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Una Questione Di Sangue
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Una Questione Di Sangue

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About this ebook

La morte del Re scatena le più recondite ambizioni del Principe Racitro sul trono su cui ora poggiano le sempre assise natiche del fratello maggiore Espio. Il Principe pone le fondamenta della sua scalata al potere nell’Arena delle Battaglie, dove con i suoi trionfi si conquista popolarità presso il popolo e l’approvazione delle nobili famiglie, tanto da spingere Re Espio a penarsene. Dotato di acume e arguzia, Espio si dimostra freddo e scaltro nel contrastare le insolenti manovre del fratello. Sicché l’esacerbarsi della contesa condurrà i due fratelli a misconoscere il loro legame di sangue e al precipitare degli eventi. Su uno sfondo di sangue, intrighi, manipolazioni e guerre intestine, solo uno, alla fine, si ergerà quale unico Re di Ridget.

Due Fratelli. Due Re. Due Avversari. Due Nemici. Un Vincitore.

LanguageItaliano
PublisherJulius Jamaro
Release dateOct 7, 2015
ISBN9781311152435
Una Questione Di Sangue
Author

Julius Jamaro

Julius Jamaro is a man whose ambition is second only to his haughtiness.Original versions of his books are written in Italian, but the pretentious author has decided to make English translations by himself which, certainly, will make you turn up your nose due to the many imprecisions.As far as the future goals of this author are concerned, he’s arrogant enough to write other historical novels (and, he claims, with a higher dosage of fantasy) taking place in the Rumianic world.

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    Una Questione Di Sangue - Julius Jamaro

    Chapter 1 - Racitro

    Racitro, secondo in linea di successione, esaminò l'austero volto del padre mentre le sabbie di Eristoph ne assimilavano l'ormai gracile corpo segnato da lunga malattia.

    Spiò con la coda dell'occhio il fratello maggiore, il quale, avvinto in un abito di seta, confezionato per celebrare la per lui grande occasione, teneva le dita intrecciate in preghiera e il mento affondato nello svigorito petto. Negli occhi gli risplendevano, in un velo di circostanziali lacrime, i bagliori delle torce.

    Davvero una bella interpretazione, Espio.

    Racitro si sfregò l'occhio sinistro nel tentativo di lenire il bruciore arrecatogli dal pungente odore delle essenze floreali effuse dal corpo del padre. Il lento richiudersi dell'abbraccio dei granelli di sabbia separò Racitro da quei lineamenti tirati e severi che non avevano abbandonato il volto del padre nemmeno dopo la morte.

    Serrò le palpebre e diede sfogo a un sospiro. Un mugugno soverchiò la cacofonia liturgica prodotta dal tamburellare dei piedi degli officianti e dei presenti sul terreno. Racitro volse al fratello, le cui gote si contrassero nell'espressione appartenuta al padre.

    Credi forse di potermi intimidire?

    I singulti della madre diedero a Espio una quanto mai opportuna scusa per distogliere lo sguardo. Espio le afferrò il braccio per sorreggerla.

    Racitro scalpicciò con lo stivale il terreno polveroso e s'infilò le mani nelle tasche. Alle prime parole di condoglianza di Flania, la ruffiana, approfittò della calca e si allontanò, dirigendosi al Palazzo Zaffiro.

    Levatosi di dosso quei cenci tanto puliti da procurargli un'irritazione al collo che ancora andava grattandosi, Racitro discese la scalinata di pietra calcarea. Accompagnato solo dal crepitio dei propri passi e dall'ardore vivace della torcia, giunse nei sotterranei dell'Arena dei combattimenti.

    Sbuffi luminescenti pervennero da sotto la porta della palestra. Oltre la soglia trovò Mallo, il campione dell'Arena. Questi ricambiò lo sguardo per qualche istante. Si volse, sogghignò e inarcò le spalle solo per potersi alzare.

    Mi sono irrobustito più di quanto tu lo sia mai stato. E questo ti rode.

    Racitro sfilò tra gli attrezzi della palestra fino a raggiungere la panca. Gettò sulla sedia il soffice panno di lino che si era portato appresso e che gli sarebbe tornato utile per asciugarsi escrezioni ben più virili delle lacrime. Valutò i pesi accatastati sul bilanciere. Cinse le dita sulla sbarra ancor prima di trovare il miglior appoggio per la schiena. Sincronizzò il proprio respiro alla contrazione dei muscoli e sollevò. Continuò a pompare, finché un rivolo di sudore non gli scivolò lungo la tempia e gli sgocciolò dal viso accaldato.

    Il volto di Mallo gli apparve davanti.

    Mi spiace per il vostro lutto, damerino, disse Mallo. E' davvero un peccato che vostro padre non abbia fatto in tempo a vedervi diventare campione. So quant'egli fosse contrario a questo vostro passatempo.

    Racitro digrignò i denti. Passatempo? Se negli ultimi tre anni mio padre non si fosse opposto al mio proponimento di rivincita, a quest'ora marcireste spoglio del vostro titolo e dei vostri onori nella fredda stalla in cui siete cresciuto.

    Mallo gli inchiodò la sbarra al collo. Racitro serrò le dita attorno al bilanciere e sollevò. Non vi riuscì. La gola oppressa gli si chiuse. Cercò fiato. Il sudore nelle mani ne svigorì la stretta. Ansò in cerca di fiato. Digrignò i denti e spinse. Si arrese. Ansò. Riprovò. Vide tutto nero.

    Mallo ritraette le mani e scoppiò a ridere tra i colpi di tosse di Racitro.

    Avrei potuto schiacciarvi se solo avessi voluto, disse Mallo. Davvero pensate sia cambiato qualcosa negli ultimi tre anni? Le vostre spalle larghe fanno solo scena. La vostra abilità quale guerriero non si misura certo con il numero di sospiri adulanti che le fanciulle recano al vostro passaggio, damerino.

    Mallo si avviò alla porta. Racitro si trasse seduto sulla panca.

    Un giorno o l'altro vi spoglierò del vostro titolo e dei vostri onori. Avete fatto il vostro tempo come Re dell'Arena.

    Mallo si voltò, sorriso beffardo marcato in viso. Vorrà dire che dovrò ingraziarmi vostro fratello, il futuro Re. Dopotutto, le sue freddure non sono così male.

    Mallo si richiuse la porta alle spalle. Racitro saltò in piedi e rifilò un pugno al sacco di sabbia. Il gancio cui era appeso gemette. Al ritorno secco del sacco, Racitro avvertì bruciore alla nocca destra. Scrollò la mano in aria e insistette ad assestare colpi con la sinistra.

    Un giorno siederò sul tuo trono, Mallo. E poi, anche su quello di Espio.

    La fresca brezza del mattino gli spirò sulla fronte e innalzò inebrianti e solleticanti refoli di polvere. In piedi al centro del campo di battaglia dell'Arena, Racitro si passò il polso sulla fronte, asportando il sudore che gli aveva impiastricciato la frangia.

    Casl fuoriuscì da uno dei pertugi nelle mura di pietra calcarea dell'Arena alte tre volte lui e lo raggiunse.

    Sapevo che sareste stato il primo anche stamani, Casl prese a esaminarlo. Da quanto siete qui? Dall'alba?

    Dal tramonto.

    Casl aggrottò entrambi i sopraccigli. Caspita. Avrei dovuto immaginarlo, abbassò lo sguardo. Sembrate di poche parole oggi...

    Non per il lutto. Mi conosci. Preferisco far parlare i miei muscoli.

    Casl volse lo sguardo al bersaglio per arcieri mezzo squarciato e ai giavellotti riversi nella polvere con cui Racitro si era allenato nelle due ore precedenti.

    Sfida?, disse Racitro.

    Sguardo rivolto ai giavellotti, Casl sogghignò.

    E' un sì.

    Racitro fece un passo indietro, mentre Casl già si stava calando in ginocchio. L'amico abbrancò il giavellotto che aveva ai piedi. Con la coda dell'occhio, Racitro studiò la posizione del giavellotto più vicino.

    Casl portò subito uno sgualembro dritto. Racitro schivò, due passi indietro e a sinistra, piedi tosti nel calcare la polvere smossa. Casl portò la lancia sopra la spalla e l'abbassò in uno sgualembro roverso.

    Troppo prevedibile.

    Racitro arretrò di un solo passo. Caricò in avanti con la spalla ed impattò il petto di Casl. Questi rovinò a terra in un gran fragore. Racitro si avventò su un giavellotto collocato dieci Passi a sinistra. Udì un sibilo. Scartò di due passi verso sinistra. Il giavellotto di Casl gli sfiorò il ginocchio destro prima di toccare terra e di prodursi in piroette e capovolgimenti.

    Sei stato astuto, ma non hai ponderato bene le conseguenze. Ora sei disarmato.

    Racitro raccolse il giavellotto cui aveva puntato e avanzò verso Casl, il quale, come la preda, fece l'errore di voltare le spalle al leone. Racitro si arrestò, volse il giavellotto dalla parte non acuminata, caricò sul piede sinistro e lo scagliò. Il giavellotto s'infilò tra le ginocchia dell'amico, che incespicò fino a rotolare in una pozza di fango appena umido. Racitro gli fu addosso, pronto alla zuffa.

    Casl si girò, schiena a terra, mani protese in avanti. E va bene, mi arrendo.

    Una grossa macchia di fango si espanse sul camice di Casl da spalla a spalla.

    Racitro si passò una mano sulla fronte per lenire il fastidio arrecatogli da un paio di gocce di sudore.

    Vedo che, perlomeno, vi ho fatto sudare quest'oggi.

    Racitro sbuffò. Questo? Residuo della mia lunga nottata, o forse del sole che inizia ad accaldarmi.

    Felice di vedere che la scomparsa di vostro padre non ha intaccato il vostro buon umore, Casl si trasse in piedi e prese a ripulirsi il camice sporco. Racitro gli indicò il mento col dito.

    Sono sporco in viso?, Casl sollevò il mento e gonfiò il petto. Porterò orgogliosamente questo fango sulla mia barba quale prova del mio valore nell'avervi sfidato.

    Non vuoi la rivincita?

    Spade?

    Se proprio vuoi fare un altro bagno nel fango.

    Racitro si piegò in avanti e abbrancò un paio di giavellotti.

    Casl lo imitò. Avete saputo della mischia?

    Racitro fissò Casl. Quale mischia?

    Quella che si terrà domani sera. Uno dei tanti eventi per celebrare l'incoronazione del vostro amato fratello a nuovo Re di Ridget.

    Amato fratello? Ti stai facendo beffe di me, vero? Non dire sciocchezze. Se ci fosse stata in programma una mischia, sarei stato il primo a saperlo.

    Non potrei essere più serio, Principe. Calico mi ha riferito che è stata sancita a seguito di un'impulsiva decisione di vostro fratello. Al vincitore della mischia sarà concesso l'onore di sfidare in duello il campione dell'Arena la sera dell'incoronazione.

    Racitro fece roteare i due giavellotti e sorrise.

    Sconfiggere Mallo Cerzo nel giorno dell'incoronazione di Espio e divenire Re dell'Arena. Espio è davvero un citrullo. Cosa pensa che i trovatori decanteranno maggiormente? La sua sconfinata abilità nell'assidere le callose natiche sul trono? O le mie leggendarie imprese sul campo di battaglia? Dopo tre lunghi anni a sudare, vedrò ricompensati i miei sforzi. E' la mia grande occasione, Casl.

    Casl permase in un circospetto silenzio. Gli occhi castani rifuggirono lo sguardo di Racitro.

    Non avrai timore di dovermi fronteggiare nella mischia? Che succede?

    Casl sospirò. Non volevo essere io a dirvelo.

    Il braccio sinistro di Racitro prese a formicolare. Si sentì avvampare dal ventre al petto e trasse respiri lenti e profondi.

    Non può averlo fatto. Vuoi dire che...

    Mi spiace.

    I due giavellotti che stringeva in mano crocchiarono nel rovinare al suolo.

    Lui non può. Non ha il diritto di farlo.

    Presto vostro fratello sarà Re. Ogni suo desiderio è legge.

    Racitro calciò i giavellotti, i quali crepitarono nei loro scomposti rimbalzi. A passi rombanti, si diresse verso il Palazzo Zaffiro.

    Racitro impresse la suola dei propri stivali sui gradini di marmo lucidati a mano dai servi del Palazzo Zaffiro come stesse calpestando una dopo l'altra le sfavillanti armature di quei guerrieri con cui Espio gli aveva impedito di confrontarsi nella mischia. Pestò il piede tra le fauci del leone, simbolo della famiglia reale, intarsiato nel pavimento del grande atrio da cui si dipartiva la scalinata che conduceva agli appartamenti reali.

    Lungo il corridoio del piano superiore ebbe uno spiacevole incontro con lo sdegnato cipiglio di Maire Valesi. Nell'atto di scansarla, un indegno tanfo gli risalì dalle ascelle. Abbassò il capo e osservò il proprio petto punteggiato da chiazze di terriccio impiastricciato a sudore.

    Il rimbombare degli stivali sul pavimento azzittì i cinguettii di altre nobildame assiepate lungo i corridoi e destò dalle loro faccende alcuni faticanti prestati ad ornamentare gli interni del Palazzo Zaffiro all'occorrenza della coronazione di Espio. Ovunque erano stati esposti arazzi e composizioni floreali atti a magnificarne le sedicenti imprese. Un tripudio di colori vivaci che mal s'armonizzava allo sfondo sobrio, ma regale, delle colonne e degli archi, che i loro avi avevano eretto, e che sviliva tutta la sontuosità degli zaffiri incastonati nei capitelli.

    Un vero pugno nell'occhio. Ma, se non accondiscenderai alle mie richieste, ti garantisco che non sarà l'ultimo, fratello.

    Si tempestò nella stanza del fratello, ma trovò solo una delle inservienti rimasta paralizzata nell'atto di rinfoderare un cuscino. Tornò sui propri passi e li diresse verso lo studio del fratello, ove, stante l'ora, doveva starsi intrattenendo con maestro Tobiarte per la colazione.

    La porta dello studio si spalancò prima che potesse raggiungerne la maniglia. La figura della madre, stretta in un bell'abito lungo di lino blu corredato con tanto di merletti e pizzi bianchi, aleggiò in tutta la propria magnificenza tra le statue dei grandi regnanti del passato. Un belato di Espio, rivolto a salutare la madre, attraversò la porta. Lei contraccambiò con un sorriso e agitò le dita della mano destra in un amorevole gesto.

    Non mi ha mai salutato così.

    Racitro?

    La dolce piega assunta dalle labbra della madre volse in un broncio colmo d'indignazione, mentre gli occhi castani lo squadravano da capo a piedi. Come mai qui? E in questo stato? Il tuo abbigliamento non si confà alla regalità di questo luogo. E questo lezzo..., le dita della stessa mano con cui aveva appena salutato Espio le turarono il naso. E' forse tuo intendimento domandare udienza a Espio in uno stato tanto indecoroso? Per l'amor di Eristoph, sei un Principe. Quante volte il tuo povero padre ha tenuto a ricordartelo?

    Fin troppe. E, se non erro, soleva rammentarmi anche che Principe ero nato e quale Principe sarei morto. Chiedo venia, madre. E' mio intendimento discorrere con Espio circa questioni della massima importanza.

    Per l'amor di Eristoph, nemmeno il più vile degli zotici ha mai osato presentarsi a torso nudo davanti al proprio Re.

    E quand'è stata l'ultima volta che hai visto uno zotico conferire con un Re?

    Rammento di aver visto tuo padre conferire con molti degni rappresentanti del popolo. Solo un quartilunio prima di morire, poverino, aveva conferito con pastori e vignaioli.

    Sì, ma solo per assicurarsi di poter disporre al proprio desco del miglior taglio di bestiame e del più invecchiato tra i rossi di Angusta.

    Se ti sentisse tuo padre..., si avvinghiò la gonna con le mani, ingenerando estese grinze. Mostra un po' di rispetto per chi ti ha cresciuto. E mostralo anche per tuo fratello, tuo prossimo Re.

    Non ho tempo da perdere, madre. Mio fratello è aduso vedermi sudato e sporco.

    Tu e quella tua insalubre mania dell'Arena. Quand'è che ti metterai il cuore in pace? Per quante notti dovrò ancora struggermi pregando Eristoph che nessuno ti separi da una mano, da un piede o peggio?

    Non rammento l'ultima volta che qualcuno vi abbia trovato la morte. Ma, giacché hai toccato l'argomento, dimmi, non sarà stata proprio tua la balzana idea di escludermi dalla mischia?

    Le grinze dell'abito divennero ancor più marcate in corrispondenza dei pugni. Non usare questo tono con me. Sono la Regina e, più di tutto, sono tua madre. Per l'amor di Eristoph, da dove ti è insorta cotanta insolenza? Dalle brutte compagnie che frequenti, per certo.

    E' scortesia non rispondere a una domanda.

    Lei mugugnò. E' stata una mia decisione. Espio ha solo accettato di buongrado il mio suggerimento.

    Come al solito. Prendi le sue difese a tuo scapito. Bene, lasciami allora conferire con mio fratello onde porre rimedio al tuo sbaglio.

    Espio è impegnato in faccende ben più assillanti. Presto sarà Re e avrà responsabilità ben superiori a quelle dell'esito di un insulso torneo.

    La tensione nelle vene del collo le si sciolse e lo sguardo le si raddolcì. Anche se spesso litigate, so che il legame fraterno che vi unisce vince ogni vostra divergenza. Se Espio ha deciso di non farti partecipare alla mischia, è perché ti vuole bene.

    Una vampata di furore invase il petto di Racitro.

    Scartò al fianco della madre, deciso ad avventarsi sulla maniglia. Le delicate mani della madre gli si avvinghiarono attorno al bicipite sinistro.

    Non puoi entrare senza annunziarti, lo ammonì la madre.

    Trovò Espio, avvinto in un appariscente farsetto verde e oro, assiso all'altro capo di un tavolo in frassino ampio da parete a parete. Accanto a lui, maestro Tobiarte e ben tre dei grandi tomi rilegati in pelle di capra da lui scritti. Espio ostentò un'irritante espressione posata. Gli occhi di maestro Tobiarte, invece, emisero spirali di disprezzo e le labbra gli s'inarcarono ad arte, pronte a sputare veleno.

    Ma come vi permettete?, disse il maestro. Balzò in piedi, ma, subito dopo, chinò il capo contrito. Mia Regina.

    Racitro scrutò l'ispida barbetta adolescenziale che, negli ultimi giorni, Espio si era lasciato crescere col puerile intento di apparire meno mingherlino e più savio agli occhi di quei cortigiani che presto avrebbe dovuto governare. Quindi, volse agli occhi castani, intrisi di una dolce compiacenza e serrò le dita a pugno.

    Madre, disse il nato seduto. Non è necessario che tu ti trattenga. So che hai ben altre occupazioni che domandano la tua considerazione. Prego. Ti garantisco che per dirimere la questione che Racitro è ivi giunto a sottopormi non impiegheremo che pochi minuti.

    La madre annuì; quindi, starnazzò qualcosa d'incomprensibile e si sbatté la porta alle spalle con inusuale malgarbo.

    Ma come osate palesarvi innanzi al vostro futuro Re in un tale indecoroso stato?, Tobiarte parve avere un mancamento. Oh...quanto si rattristerebbe vostro padre nel vedere quanto indisciplinato e volgare siete diventato.

    Non agitatevi, maestro, disse Espio. Vi prego. Se mio fratello è ivi giunto nei miei alloggi senza prendersi la briga di rendersi più presentabile, di certo avrà questioni della massima urgenza da sottoporre all'attenzione del futuro Re, indicò la sedia al maestro. Vi prego, sedetevi e lasciate che Racitro ci illumini.

    Quando parli così, non ti sopporto.

    Racitro fronteggiò quei due sguardi inquisitori. Ingoiò il groppo. Mi è stato riferito che hai indetto una mischia, ma che hai imposto ch'io non vi partecipi.

    E voi siete venuto qui per questo?, disse Tobiarte.

    Non biasimatelo, Espio allungò una mano a trattenere e calmare l'impeto del maestro. Palesarsi lurido e graveolente è il suo modo di renderci edotti dell'importanza che per lui ha combattere in quell'Arena.

    Quanto siete paziente, mio Re, il maestro rivolse uno sguardo mellifluo a Espio. Poi, gli occhi traboccanti veleno si posarono su Racitro. Voi avreste molto da imparare da vostro fratello.

    Tacete, maestro, disse Racitro. Quindi, si rivolse a Espio. Intendi dirimere la questione, dunque?

    Se devo dire la verità, fratello caro, ho meditato a lungo sulla faccenda. Sei prestante, sei forte, qual migliore avversario potrebbe esserci per Mallo Cerzo all'infuori di te? Ma, poi, ho ponderato meglio la situazione. Tu hai già avuto la tua occasione con Mallo Cerzo. Ed io sto per diventare Re e amministratore della giustizia e, in quanto tale, ho trovato più giusto concedere un'occasione a chi finora non ne ha avute.

    Che grande affabulatore. Vediamo se gradisci la tua stessa pietanza. Ma non è un combattimento qualunque quello di cui si stiamo dissertando. E' il combattimento per celebrare la tua coronazione. E chi meglio di me potrebbe renderti l'onore che meriti?

    Ma, fratello caro, nella mischia si adoperano spade vere, affilate, non come quelle da addestramento che tu usi brandire per diletto.

    Racitro sentì le vene della fronte pulsare.

    Sta cercando di provocarmi, di indurmi una reazione violenta onde nutrire il proprio compiacimento. Se papà mi ha insegnato qualcosa, è che un atto di sottomissione val ben mille parole. Dimmi cosa vuoi.

    Espio si trattenne a fatica dallo sfregarsi le mani. Mio caro fratello. Ero ben conscio che avremmo avuto una simile conversazione nel momento stesso in cui ho deciso di tenerti fuori della mischia. Tuttavia, lungi da me pensare che ti saresti abbassato a scendere a condizioni in modo tanto arrendevole. Mi sarei atteso molta più teatralità da par tuo. Avresti potuto malmenare uno dei partecipanti ed entrare nella mischia sotto le misteriose spoglie di combattente mascherato.

    Lo stratagemma di Terzito. Lungi da me pensare tu non ti sia già arrovellato il cervello onde evitare ch'io possa servirmene. Arriviamo al dunque.

    Molto bene. Appagherò il tuo desiderio di sangue e sudore. Potrai partecipare alla mischia.

    A che condizione?

    Vediamo, il dito indice gli tamburellò sulla gota e la bocca assunse una famelica piega.

    Come se avessi bisogno di pensarci. Vuoi solo prolungare il tuo divertimento.

    Esigo..., Maledetto. che sia tu a portare la mia corona sul cuscino di piume d'oca bardato di velluto verde lungo la navata del tempio di Eristoph nel giorno della mia coronazione innanzi all'intera corte e ai più insigni rappresentanti del popolino.

    Racitro serrò i pugni.

    Potrei apporre la firma delle mie nocche sul tuo viso e fare di te il primo Re ad ascendere al trono con un occhio pesto.

    Esigo, inoltre, sia tu ad apporre fisicamente la corona sul mio capo in segno della tua devozione.

    Racitro si studiò la nocca destra, le dita serratesi a pugno e il fango incagliato sotto le unghie.

    In ultimo, esigo sia tu il primo a genufletterti al mio cospetto e a pronunziare la formula di rito.

    Racitro fece schioccare il pugno destro nella mano sinistra, all'altezza del petto. Prese a rantolare, mentre il gusto amaro dell'umiliazione gli rampava in bocca. Fece per muovere un passo verso il fratello onde infrangere un pugno su quel grugno compiaciuto. La gamba destra ebbe uno spasmo e lo fece barcollare. Desistette.

    Ragiona. Si lanciò in profondi e composti respiri. L'Arena. L'Arena è più importante. L'Arena è il mio regno.

    Rilasciò il pugno dalla mano che lo teneva e chinò il capo in un profondo respiro.

    Sta bene.

    Quindi, Racitro lasciò la stanza col solo rammarico di non aver contemplato più a lungo l'espressione disorientata del fratello.

    Chapter 2 - Espio

    Espio scavò con le natiche l'imbottitura del divanetto in pelle di daino onde sciogliere la tensione che gli attanagliava la schiena fin dal risveglio. Incrociò le braccia e prese a picchiettare le dita sul bicipite sinistro. Un Re non dovrebbe aspettar cotanto un manipolo di sudici commedianti. A breve dovrò tenere udienza con i cuochi onde stabilire le portate da servire al banchetto per la mia coronazione.

    Celete scosse il capo, ridestandosi da quel lungo torpore nel quale precipitava ogni qualvolta Espio gli concedeva un minuto di pausa. Le palpebre dell'anziano sbatterono asincrone. Aclezio sarà qui a minuti con i cinque favoriti della mischia. Ma, mi domando, se sia stato savio, stante il vostro impellente scadenzario, penarvi tanto per simili inezie.

    Espio sbuffò.

    Dovrò pur concedermi qualche sfizio che appaghi il mio diletto.

    Appoggiò il gomito sinistro su un bracciolo e posò il mento sulla nocca. Gingillò il calice mezzo vuoto di vino rosso speziato alla noce moscata e se ne concesse un sorso e poi un altro.

    Non mi aspettavo che Racitro scendesse a patti. Non posso permettere che vinca nel giorno che attendo da ventiquattro anni.

    Qualcuno bussò alla porta appena prima che le piaghe formateglisi sulle natiche lo costringessero a cambiare posizione. A giudicare dalla voce profonda, ma gaudente, doveva trattarsi di Aclezio; l'uomo si palesò avvinto in un farsetto decorato con lustrini color smeraldo ben più vivaci della sobria tunica antracite del grimo Celete. A seguire Aclezio, come i pulcini seguitano alla chioccia, ecco cinque energumeni più alti di lui di tutta la testa e di buona parte del collo. Giovanotti forti, muscoli ben in evidenza come nelle sculture degli antichi eroi. Aclezio li aveva fatti mettere in ghingheri, ma i loro fisici sviluppati mal sopportavano la costrizione imposta dai farsetti di corte, soprattutto attorno alle spalle e alla vita.

    I miei presunti campioni non sono più di cinque massi di roccia a malapena sgrezzata impacchettati in festoni di lino.

    I cinque gli si allinearono innanzi e fecero gran sfoggio delle loro ineleganti posture oblique. Due, in particolare, mostrarono un innaturale inarcamento in avanti della schiena. Sul viso di un terzo risaltava una vistosa cicatrice che, dall'orecchio sinistro, discendeva il profilo della mandibola scavando un solco nella boscosa barba. Le evasive pupille del quarto suggerivano fosse strabico. L'ultimo, che era anche il più giovane, stante la compostezza, doveva essere di nobile estrazione o, quanto meno, avvezzo agli ambienti nobiliari. Insistette gingillandosi i riccioli biondi che, ostinati, continuavano a ricadergli sugli occhi.

    Vostra Maestà, Aclezio ostentò un inchino. Vi presento i cinque favoriti per la mischia che avrà luogo questa sera. Sono certo che al concludersi della tenzone elargirete il vostro encomio a uno di questi cinque validi combattenti. Li ho visti giornalmente sudare, sporcarsi, cadere, rialzarsi e lottare senza mai arrendersi.

    Siete bravo a cicalare, ma ancora non avete accennato a quanto più m'intriga.

    E chi tra questi giovanotti possiede capacità comparabili a quelle di mio fratello?

    Lo studio sprofondò nel silenzio.

    E' chiaro che singolarmente nessuno di questi ardimentosi combattenti può aspirare a parificare l'abilità di mio fratello, o sbaglio?

    Avete ragione, Maestà. Come sempre. Ma vi posso assicurare che ognuno di loro vanta spiccate doti nel combattimento con la spada e con la lancia. Ognuno di loro potrebbe disporre di vostro fratello fino a sollevarlo e scaraventarlo nella polvere.

    Mi state forse dicendo che non sapete chi estrarre dal lotto?

    Aclezio tentennò. Vedete, sire. Ho pensato di affidare la scelta al vostro esperto consiglio.

    E da quando, di grazia, sono diventato esperto di combattimenti?

    Sulla sedia imbottita, Celete ritornò alla vita. Perché non tutti e cinque, Maestà? Poter disporre delle abilità di cinque partecipanti su venti vi garantirebbe una ben maggior probabilità di ottener ragione nella disputa con vostro fratello. I miei occhi hanno visto tante mischie, tutte caratterizzate da una continua evoluzione di alleanze e tradimenti. Se uno non è in grado di sconfiggere vostro fratello, cinque faranno al caso vostro.

    Ecco perché vi ho voluto accanto. Ma ancora non basta. Non posso permettermi fragili alleanze. La vostra idea m'alletta, ma necessita di un ulteriore personale tocco del Re, si rivolse ai cinque guerrieri. Personalmente, non nutro interesse nel parteggiare per uno piuttosto che per l'altro. Sarà l'Arena, come da secolar tradizione, a emettere il proprio verdetto. Ma, vi sia chiaro, quanto dev'essere impedito è che l'Arena intronizzi mio fratello. Vi elargirò un compenso di dieci monete d'oro a testa se accetterete di collaborare onde eliminare mio fratello dalla tenzone. Altre dieci a colui il quale si fregerà personalmente della sua resa.

    I cinque sollevarono il capo all'unisono, ringalluzziti all'idea. Si scambiarono sguardi complici e bisbigli nel loro rozzo linguaggio della giungla. Espio li congedò, per nulla smanioso di fare da astante alle loro dispute.

    Ho fatto la mia mossa, fratello. Attendo con ansia di constatare quale contromisura le opporrai.

    Espio emerse tra gli spalti dell'Arena accolto dallo stridulo cantico innalzato dai trombonisti e dalla levata di natiche del popolino, rizzatosi in piedi onde porgere rispettosi omaggi all'ingresso della persona più illustre. Espio accennò un saluto con la mano onde recare letizia a quell'ammasso di plebei sudicioni e sviscera ducati.

    Sia ringraziato il mio avo Caiano per aver imposto il pagamento di una tariffa all'ingresso di questi zotici. La taglia su Racitro sarà pagata senza intaccare i forzieri reali.

    S'incamminò tra due ali di folla, tenute a debita distanza dalla guardia reale. Nondimeno, fu raggiunto da fetenti ventate veicolanti miasmi ascellari.

    Giunto al palco d'onore si appollaiò sul proprio scranno. Sprofondò nel soffice cuscino in piume d'oca rivestito di seta e posò le mani sui braccioli istorianti le gesta di guerrieri leggendari. L'ametista sporgente incastonata nel bracciolo gli recò prurito al polso destro. Lavorò il cuscino con le natiche onde trovare la posizione che più lo aggradasse.

    Non avendo ancora moglie, alla sinistra di Espio sedette la madre. Una severa apprensione le marcò i tratti del viso e, come di consueto, si calò in un silenzio rituale nel quale non sembrava trarre nemmeno respiro. All'ingresso di Racitro avrebbe preso a singhiozzare e sospirare ogni qualvolta il beneamato secondogenito si fosse trovato a subire l'iniziativa d'un avversario.

    Se tutto va come ho programmato, stasera dovrò penarmi parecchio per consolarti, mamma.

    Lo

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