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Opera al Nero
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Opera al Nero

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Opera al Nero è una silloge di poesie gotiche che indagano, celebrano e si inchinano alla condanna della non corrispondenza tra lo sguardo, l’anima e il fato. Sono la veglia eterna di un amore senza speranza e la biografia di una lontananza, da esso e dalla propria vita, preda di una sensibilità inquieta ed esasperata. L’assenza, la morte e il dolore da esse causato sono il filo conduttore della raccolta: la solitudine percepita nel sentire che la persona amata, il tempo e l’esistenza non corrispondono, la difficoltà a vivere l’istante con il peso del distacco e dello smarrimento addosso.

Il titolo denuncia l’idea di una prima, fondamentale e forse perenne, fase di trasformazione: la dissoluzione del punto di vista impressa nella vena decadente dei versi, la tendenza a indugiare sulla caducità e sui richiami simbolici. Un verso indiretto nella composizione ma, forte del suo simbolismo, più diretto al sentire; liriche che nella loro oscurità criptano messaggi permeati di richiami metaforici, malattia, pathos e anagrammi che danno origine a inevitabili gorghi di ossessione.

Per chi percepisce in maniera più sofferta il contatto con la realtà e con l’Altrove, deve poter esistere un modo diverso di vivere le parole e la poesia deve rivendicare questa esigenza, richiamare immagini e musicalità che marchino coscienza e orecchio con suadente brutalità, portando in superficie alterità celate all’immediatezza dei sensi.
LanguageItaliano
Release dateJul 1, 2015
ISBN9788863967081
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    Opera al Nero - Silvia Chiarante

    udire…

    Negro semen

    Resta.

    Nella litania del tuo viso senza forma

    celata al verso stanco, tinto a lutto nella penna

    quella vibrazione del dettaglio che sprofonda

    al tremore inerme d’orma greve che s’arresta.

    Dorme.

    Il senso dispera.

    Quando il tatto materia non sonda

    spaurito l’abisso levarsi di nebbia

    ode ove il passo terreno non calca.

    D’etereo teatro comparsa del Nulla

    cigola lenta la giostra fantasma

    a pressar i volti sull’anime in pena

    ché oscillan la ruota e calano in scena.

    Vieni.

    A far ossa delle carni che non fosti

    dallo spettro irrisolto che m’agita nembi

    che umìli destàti infestati risvegli

    covati digressio alla via dei non vivi.

    Erri e non smuovi né tempi né luoghi

    a render le spoglie alla chioma recisa

    dal fido rimedio dell’affidar seme

    ai suoli scarlatti della mia brama.

    Sepolte, nel baccanale d’abiura negata

    le sterili rime di messi tardive,

    all’orgia sfrenata di stirpe marchiata

    dalnegro semenche riempie la bocca

    che avida s’apre a sugger ricolma

    il rivolo scuro che prona nel sabba

    la strega inquisita legata in ginocchio

    a estorcer segreto dall’Opus trascritto

    scontando esorcismo, legioni sul ceppo

    mutan sembiante nei fumi d’ardore

    dal ceppo incendiando falangi in lapillo

    nell’anima lesa vestita di fiamme

    e cieca alla resa placan l’attesa

    di lancia ferale che fiera trafigga

    quel che crudele aprì con ferita

    il dardo del pathos che al rogo condanna.

    A te

    Distillo il mio veleno. E con esso, a te brindo.

    La mia devozione riempirà il tuo calice.

    A te…

    Nel sabba della sorte mi confondo tra le carte

    e resto come Appeso tra le fronde del mio esistere.

    Verranno le tue mani a sfiorare la mia pelle

    nel mio dicembre eterno, decadente del suo sfarzo?

    Ascolta il mio lamento, la redenzione che non cerco

    ho nascosto nel germoglio del momento mai dischiuso.

    La mia schiena, di graffi e di tempo,

    appoggio fredda alla corteccia

    del salice che piange la speranza mai abortita,

    e che folle ride e s’impicca all’orizzonte,

    ghigno d’abile suicida nella morsa dell’attesa.

    Barcolla con me follia… verrà il giorno a

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