Un barbouilleur de papier
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Book preview
Un barbouilleur de papier - Massimo Scalabrino
UN BARBOUILLEUR DE PAPIER
MASSIMO SCALABRINO
EDIZIONI SIMPLE
Via Weiden, 27
62100, Macerata
info@edizionisimple.it / www.edizionisimple.it
ISBN edizione digitale: 978-88-6259-655-8
ISBN edizione cartacea: 978-88-6259-607-7
Stampato da: WWW.STAMPALIBRI.IT - Book on Demand
Via Weiden, 27 - 62100 Macerata
Tutti i diritti sui testi presentati sono e restano dell’autore.
Ogni riproduzione anche anche parziale non preventivamente autorizzata costituisce violazione del diritto d’autore.
Copyright © Massimo Scalabrino
Prima edizione cartacea ottobre 2012
Prima edizione digitale ottobre 2012
Diritti di traduzione, riproduzione e adattamento totale o parziale e con qualsiasi mezzo riservati per tutti i paesi
Quanto mi piacerebbe che Jean François Arouet, in arte Voltaire, potesse leggere questi storie
e mi dicesse sorridendo che anch’io, come lui, non sono altro che un barbouilleur de papier….
. Così lui si definiva nella prefazione alla sua tragedia, Adelaide de Guesclin, rappresentata a Parigi nel 1734!
(édition séeréotipe de Pierre et Firmin Didot à Paris-1801)
Barbouilleur de papier… imbrattatele di carta!
Tre storie: una fantastica, 18 settembre 1952, un ragazzo incontra un uomo anziano che … indossa una Lacoste verde. Una fantascientifica, oppure l’unica soluzione possibile. Come fu che Goethe, Vivaldi, Pachelbel, Cervantes e Voltaire incontrarono Hemmeesse ad Itaca. Una breve raccolta di autobiografie: sette folletti, esistenze in uso tutti i giorni che, tuttavia, non esistono nel mondo animale, vegetale, umano, minerale, etc … etc …
18 settembre 1952
Oggi, 18 settembre del 1952, compio 18 anni, e mi vien da dire, per la prima volta! La mia festa di compleanno è stata affettuosa e piena di piccole dolcezze, di regalini. Si, anche di grande amarezza, da adesso e così sarà per sempre è mancata la mia nonna. Questo già da maggio, se ne andata quasi in silenzio nella sua camera al numero cinque, al primo piano del suo albergo. Mi ha accarezzato, mi ha raccomandato di essere buono, di studiare e poi mi hanno allontanato dal suo letto. Il numero cinque è comunicante col sei, e dallo specchio sopra il lavandino, posto al limite delle due porte, l’ ho vista nella sua fatica dell’ultimo respiro.
M’è parso impossibile.
Ora a distanza di qualche mese ho ancora negli occhi il suo nuovo volto, disteso quasi sorridente. Sereno. Poi mi sono seduto sulla grande scala di marmo dell’albergo, e cosa che non mi ricordavo di esserne capace, ho pianto. Una mia zia, accorsa per l’ultimo saluto, mi ha offerto la sua spalla abbracciandomi teneramente. Credo che nel mio futuro non dimenticherò mai il suo gesto.
Adesso, alle tre del pomeriggio, mentre aspetto Riccardo per un’ora di tennis, sono invaso dal ricordo di mia nonna che l’estate scorsa fu l’unica ad accorgersi di quanto mi stava accadendo! Mi ero innamorato! Così quando quell’agosto mi sorprese ad imboccare con pezzettini di pane con burro e marmellata, nella sua colazione mattutina, la dolcissima Paulette, sorrise con divertita complicità. Un mezzo sorriso. Nell’altro mezzo mi parve scorgere una curiosa espressione come di gelosia, di rimpianto. Il giorno della partenza di Paulette, seduta accanto a suo padre, che guidava una Chevrolet che pareva un camion, mentre la madre mi salutava con rassegnata serenità, capì cosa era successo tra noi la notte prima. Ne ebbe conferma da parte di quella favolosa spiona della Luisa, la sua grassa e fedelissima cameriera, che nel disfare la camera del mio amore trovò le tracce del nostro passaggio, da poco più di due bimbi, ad un uomo ed una donna. Che donna straordinaria, mia nonna, non me ne disse che una parola, solo sorrisi di incredula tenerezza. Spero, oggi, all’alba dei miei diciotto anni, di non dimenticarmene mai. So con certezza che non dimenticherò mai Paulette, la prima donna della mia vita! E per ora anche l’unica. Mi ha scritto nell’ ultima lettera la sua nostalgia del nostro parlottare, del nostro amore, pensando di poter organizzare un viaggio con la sua scuola in Italia, per il prossimo ottobre, a Firenze.
Chissà per quanto tempo mia nonna mi accompagnerà nel ricordo dei tanti anni che ho vissuto con lei, dei nostri viaggi divertenti e pieni di accanite discussioni, lei cattolica e fascista, io che simpatizzo per il comunismo e sto criticando duramente il mondo cattolico. Persino il dr Dragonetti mi prende in giro chiamandomi Lenin ! Stamani ci ha riprovato! Ed io sto al gioco, sapendo della sua amicizia con la mia famiglia e di come aiutò mio padre nella sua fuga, quando catturato dai nazi fascisti e portato all’aeroporto dell’Urbe, a Roma, riuscì durante un allarme a scappare e rifugiatosi a casa del Dragonetti, dove fu rivestito e messo in condizione di tornare a casa. Mi vien da sorridere pensando a mio padre con i vestiti di Dragonetti, che è praticamente una palla, grassissimo e piccolino e sempre vestito di bianco, con l’immancabile panama in testa e il bastone di bambù. Anche stamani mi ha chiamato, apostrofandomi con un Ehi, Lenin, saresti così socialista da andare a comprare due sigari per questo vecchio dentista, capitalista e monarchico?! Guarda che siano teneri, mi raccomando…
Troppo buffo e simpatico per dirgli di no!
Con tutto questo quel ciccione di Riccardo non si fa vedere; io o lui abbiamo confuso il nostro appuntamento. Qui si sta bene, freschi, nel mio primo pomeriggio da diciottenne. Sono l’unico in tutto il circolo del tennis che gioca nel primo pomeriggio d’estate con Riccardo, che pensa così di dimagrire. Non me ne importa niente, gioca bene e mi diverto. Però non viene.
Penso a Paulette, chissà se tornerà in ottobre. Le farò da guida per Firenze. Mi piacerebbe si ripetesse il miracolo della mia prima volta. Sposarla? Si a diciotto anni, con l’ultima del classico da fare. Geniale! E poi l’università. Già vorrei sapere cosa mi piacerebbe fare. Medicina? Legge? Si dice giurisprudenza! Nulla? Ho un anno per pensarci, e se stesse a me mi vorrei occupare di filosofia, non storia della filosofia, ma fare filosofia. Come si dice, filosofia teoretica, e poi non lo so…stare seduto qui a pensare perché Riccardo non viene. Simpatico Riccardo, un avvocato con la casa piena di macchiaioli e persino un Renoir, grasso e buon giocatore di tennis. Figlio di un avvocato comunista. Si può essere comunista e avvocato? Beh, ci sono dei cattolici che sono comunisti. O l’uno o l’altro. Mia nonna diceva che Cristo era stato il primo socialista. Ma lei era una donna straordinaria! Poteva inventarsi e dire di tutto. Tra l’altro non ho mai capito che avesse a che fare il suo modo di pensare con il fascismo. Misteri. Forse ognuno di noi ha dei misteri. Io che misteri ho? Non mi sembra di aver misteri. Sono trasparente e lavato col Tide. Qui finisce che mi addormento. La pineta, a quest’ora, ispira un sonnellino. C’è silenzio, una brezzolina fresca che allieta il caldo, un bel cielo pulito. Ora davvero ci schiaccio un sonnellino. Tra l’altro ho mangiato troppe lasagne. Arriva qualcuno: ma non è Riccardo.
Possibile che con le tante panchine della pineta questo voglia proprio sedersi qui. Oh, già.
Posso?
Prego
Curioso. Non riesco a capire quanti anni abbia, o per caso che intenzioni abbia. Sembra leggermente affannato.
Giochi a tennis?
Quasi quasi gli rispondo che mi sono vestito così perché è carnevale. Sarò gentile.
Si
E allora perché sei qui
Oh bella. Perché mi da del tu, e poi che gliene importa.
Aspetto un amico
Faccio per raccogliere il sacco e andarmene, quando con una strana voce, che mi par di conoscere, mi chiede se non ho voglia di fare quattro chiacchiere con lui. Non parlare con gli sconosciuti, il mondo è pieno di gente cattiva, mi diceva mia mamma quando ero piccolo. Ma, ho l’impressione viva e curiosa di conoscere già questa persona. Lo esamino con attenzione. Spero non mi offra caramelle! Bei mocassini, anch’io porto la stessa marca.
Ha una Lacoste verde, mai viste, credevo fossero solo bianche, con pantaloni di gabardine verdognoli.
E’ ben vestito. Gli occhiali! Come piacciono a me! Di tartaruga, di celluloide insomma di quel che è, gialli chiari. E poi, questa si che è buffa, porta come me, l’orologio al polso destro! I capelli castani e i baffi quasi bianchi. Allora è proprio un vecchio.
Hai finito di scrutarmi?!
Prego?
Scusa, ho avuto l’impressione che tu ti stessi domandando come mai con tante panchine libere mi sono seduto proprio qui, perché ti do del tu, come se ti conoscessi; e poi, che tu volessi nel giudicare come sono vestito, cercare di capire tutti i perché possibili. O no?
Questa è bella, mi legge nel pensiero; ora gli do una racchettata sul cranio e me ne vado. Accidenti a Riccardo!
No, mi incuriosisce, non avevo mai visto delle Lacoste verdi! Anche perché non mi piace attaccare discorso con persone sconosciute. Mi sembra semplice
Certo: tuttavia non esistono gli sconosciuti, siamo tutti uguali. Anche se tutti diversi. E poi che tu dica a me di esserti sconosciuto, beh! si da un lato è plausibile, anche se assolutamente impensabile.
Perché, la conosco? E’ forse un’ amico di mia nonna?
Ecco, mettiamola così! sono stato un ammiratore di tua nonna, tanti anni fa, e ancora la porto nel cuore
Certo, allora da giovane, la nonna doveva essere molto bella e molto vivace
Da giovane? Oh si! No, io l’ho conosciuta già grande, quasi settant’anni fa
E’ mancata da pochi mesi.
Questo lo sapevo.
Lei non c’ era, o non mi pare di averla vista al suo funerale
Vero. Non mi hai visto. Ma c’ero.Tu eri molto commosso. Non ti era possibile vedere chi c’era o no
Diamogliela per buona. Quel cavolo di un Riccardo, chissà perché non viene.
Allora il tuo amico non viene?
Pare di no. Vuol giocare lei con me, sa giocare a tennis?
Questa si, che sarebbe curiosa, che mi mettessi a giocare a tennis con te, e magari vincessi!
Perché curiosa?
Perché…perché sono tanti anni che non gioco più. Anzi, no, non è vero, l’estate scorsa ho palleggiato con un allenatore al mare…e dopo neppure mezz’ora avevo un fiatone da locomotiva. Non reggerei nei confronti di un ragazzo … come te
"Perché