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Uno dei due
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Uno dei due

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About this ebook

Il primo capitolo della vicenda di Edwin Chester.

Il braccio destro di un boss malavitoso decide di cambiare vita e abbandona la criminalità. Naturalmente il suo “ex capo” non approva, e tenta di fargliela pagare. Lo scontro che ne deriva, alla fine del quale soltanto Uno dei due potrà spuntarla, diviene simbolo del continuo fronteggiarsi degli opposti che contraddistingue le vicende umane. Sogno e realtà, passato e futuro, bene e male, luce e ombra, odio e amore, rancore e perdono, autobiografia e finzione: nella narrazione sembrano tutti coesistere in un equilibrio instabile, che inevitabilmente sfocia in una mescolanza, in una contaminazione reciproca. Perché nulla è tutto bianco o tutto nero; la realtà è piuttosto un continuo digradare tra le infinite sfumature del grigio.

Ma se il bianco è l’insieme di tutti i colori e il nero l’assenza dei medesimi, si può immaginare che tra il bianco e il nero si dispongano non le diverse gradazioni di grigio, bensì tutte le singole tonalità dell’iride. Un invito, tra le righe, a colorare i nostri giorni, a trasformare il grigiore della quotidianità nell’arcobaleno della vita.
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateNov 13, 2012
ISBN9788867517886
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    Uno dei due - Fabrizio Nava

    FABRIZIO NAVA

    UNO DEI DUE

    Youcanprint Self-Publishing

    Copyright © 2012

    Youcanprint Self-Publishing

    Via Roma 73 - 73039 Tricase (LE)

    Tel. 0832.1836509

    Fax. 0832.1836533

    info@youcanprint.it

    www.youcanprint.it

    Titolo | Uno dei due

    Autore | Fabrizio Nava

    Copertina a cura dell’autore

    ISBN | 9788867517886

    Prima edizione digitale 2012

    Questo eBook non potrà formare oggetto di scambio, commercio, prestito e rivendita e non potrà essere in alcun modo diffuso senza il previo consenso scritto dell’autore.

    Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata costituisce violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla legge 633/1941

    A Roberta.

    E alla speranza.

    PROLOGO

    Il signore distinto, giunto dall’Italia, siede di fronte al dottor Jean Liaget con una ventiquattrore in grembo. Il modo di vestire e gli atteggiamenti ne attestano l’elevato rango.

    Rinomato psicologo esperto nelle problematiche dell’infanzia, Liaget risiede in una modesta villa di periferia dove, in un locale al pian terreno adibito a studio, riceve chiunque si rivolga a lui in cerca di aiuto. Grazie alla grande empatia verso i bambini, unita ad una non comune capacità di comunicare con essi, la sua fama, in più di vent’anni di attività, si è estesa ben oltre i confini nazionali, come dimostra il numero, in continuo aumento, dei pazienti stranieri.

    Vede, dottore, tutto è cominciato circa due mesi fa, subito dopo la tragica morte del mio primogenito, Carlo, diciassette anni… L’uomo interrompe il racconto coprendosi gli occhi con la mano, sopraffatto dal ricordo del triste evento. Dal canto suo, lo psicologo, munito di un blocco per appunti e una penna, attende pazientemente dietro la scrivania.

    Da circa due mesi, intorno alla mezzanotte riprende l’italiano dopo alcuni istanti Giacomo, l’altro mio figlio di quasi sei anni, che di solito va a coricarsi intorno alle nove di sera, inizia a urlare disperatamente. Accorsi nella sua camera, mia moglie ed io lo troviamo immancabilmente in una sorta di trance, né sveglio né addormentato. Seduto sul letto, terrorizzato, fissa un qualcosa di inesistente nell’angolo della stanza e, additando in quella direzione, esclama: –  Un fantasma… un fantasma si sta portando via Carlo! – Sebbene cerchiamo di riportarlo in sé in tutti i modi, Giacomo persiste in questo stato di delirio e a nulla valgono i nostri tentativi di tranquillizzarlo. Finché, dopo circa mezzora, da solo, si riaddormenta senza più interruzioni fino al mattino seguente, quando pare non ricordarsi minimamente di quanto accaduto – o perlomeno non ne ha mai fatto cenno.

    Mmm… Sembrerebbe trattarsi, interviene Liaget, di una sorta di, come noi lo chiamiamo, ‘terrore notturno’… Ma mi dica: com’erano i rapporti tra i due fratelli?

    Non idilliaci, in verità. L’uomo raramente fissa il suo interlocutore negli occhi; il suo sguardo cade ora sul foglio in cui il dottore annota di tanto in tanto alcuni appunti, ora sul curioso ciondolo metallico simboleggiante una stretta di mano, che spunta dal camice male abbottonato, per poi posarsi sulla libreria alle spalle di Liaget, in cui fanno mostra di sé le raccolte degli innumerevoli articoli nonché gli oltre trenta volumi da lui pubblicati, vere e proprie pietre miliari del suo cammino scientifico. Carlo, che ha… aveva dodici anni più di Giacomo, non ha mai realmente accettato la nascita del fratellino. Il motivo di questo suo rifiuto, lo ignoro. Fatto sta che, fin dalle sue prime settimane di vita, Giacomo è stato oggetto di veri e propri attentati da parte del fratello, per fortuna, o ringraziando il suo angelo custode, mai andati a buon fine. Per citare qualche caso, una volta, offertosi di preparare il bagnetto, Carlo scaldò a tal punto l’acqua che, se mia moglie non se ne fosse accorta in tempo, il bambino si sarebbe di certo ustionato gravemente. In un’altra occasione, il ragazzo sabotò il seggiolone di Giacomo, allentando alcuni bulloni; il nostro gatto salvò la situazione saltando provvidenzialmente sul seggiolone e facendolo cedere, prima che vi potessimo collocare la vittima predestinata. Poi, praticamente dai tre anni di Giacomo, Carlo non perdeva mai l’occasione di mettere le mani addosso al fratellino per futili motivi: gli appioppava un ceffone per averlo svegliato di notte tossendo, gli faceva lo sgambetto mentre correva per casa con l’accusa di disturbarlo nello studio, e cose simili.

    E lei come si è comportato?

    Be’, naturalmente ho ripreso Carlo più volte, spesso pesantemente, infliggendo castighi, senza comunque mai alzare le mani: non ho mai picchiato i miei figli, ma mi domando se, in alcuni casi, avrei dovuto farlo… Il volto dell’uomo sembra adombrarsi per un profondo senso di colpa e, ancora una volta, smette per un attimo di parlare.

    Esistono opinioni discordi a riguardo. Liaget interviene per cercare di allentare la tensione. In ogni caso, non sia crudele con se stesso…

    Comunque sembrava avere smesso di infierire su Giacomo, o almeno così credevamo.

    Si spieghi meglio.

    Effettivamente, Carlo non esercitava più violenza fisica sul fratello ma, da qualche mese, aveva iniziato ad attuare una forma più subdola di vessazione. Mettendo via le sue cose dopo l’infausto evento, ci è capitato tra le mani un quaderno che il ragazzo, abbiamo scoperto, usava come diario. Nonostante mia moglie fosse contraria, ho voluto dare un’occhiata: ciò che vi ho letto riferito agli ultimi due mesi prima della sua morte, mi ha sconvolto. Così dicendo, l’italiano estrae dalla valigetta un libro e il citato diario, apre quest’ultimo alla pagina indicata da un segnalibro e legge:

    "‘11 giugno. Voglio spaventarlo, anzi terrorizzarlo! E so come fare! Ho preso a prestito dalla biblioteca della scuola un libro, una raccolta dei ‘Racconti di Fantasmi’ di M. R. James, che ho letto, trovandoli alquanto eccitanti… Penso che ne trarrò lo spunto per qualche messinscena ai danni del moccioso, sfruttando le serate in cui mamma e papà escono per andare a ballare…’ Montague Rhodes James: ha mai letto qualcuno dei suoi racconti, dottore?"

    Per la verità no.

    Sono tra i più lucidi e inquietanti annoverati dalla tradizione britannica. L’autore narra di demoni orrendi, rappresentanti di un ignoto altrettanto spaventoso, e lo fa in modo tale da catturare il lettore, lasciandolo impietrito e angosciato. Mi sono procurato il libro e l’ho letto io stesso. L’ho portato con me: forse potrà aiutarla ad avere un quadro più completo della questione. L’uomo porge a Liaget il volume precedentemente estratto dalla ventiquattrore e continua: "Più oltre Carlo scrive:

    ‘13 giugno. Oggi pomeriggio, Giacomo mi ha chiesto cosa stessi leggendo; storie di fantasmi, ho risposto. Alla sua domanda riguardo a cosa fossero i fantasmi, gli ho spiegato che si tratta di esseri brutti, cattivi, molto cattivi, che vanno in giro vestiti di stracci o coperti di lunghi peli o avvolti in un lenzuolo bianco o in fasce, e a volte mangiano chi li vede. Giacomo, con mia grande gioia, è impallidito e, dopo essere rimasto per un po’ immobile e zitto, è corso via…’

    Instillato il seme della paura, qualche giorno dopo, approfittando dell’assenza mia e di mia moglie, inscenò la prima sciagurata rappresentazione, basata sul racconto C’era una volta un uomo che abitava vicino a un camposanto.

    ‘18 giugno. Ieri verso mezzanotte, mi sono fasciato quasi come una mummia e mi sono introdotto nella stanza dove Giacomo dormiva, piazzandomi davanti alla finestra, da cui penetrava la luce lunare. Ho battuto forte contro il vetro, in modo tale che Giacomo si svegliasse. Guardando nella mia direzione, ha scorto la mia sagoma scura ed è rimasto immobile con gli occhi spalancati (ho potuto scorgerne il bianco grazie al chiaro di luna). Ho cominciato a muovermi per la camera strisciando i piedi sul pavimento. Poi con voce stridula ho chiesto più volte: – Dov’è? – mentre mi soffermavo a guardare negli angoli e mi chinavo a cercare sotto la scrivania. Mio fratello, di cui potevo quasi avvertire lo sguardo su di me, ha domandato singhiozzando: – S…sei un f…fant…asma? – Mi sono girato di scatto verso il letto senza dire niente, ho sollevato le braccia e, gridando con voce grave: – Sei qui!… –, mi sono precipitato verso di lui. Giacomo ha cominciato a urlare e piangere disperatamente, coprendosi il viso con il lenzuolo; approfittando del momento in cui non mi poteva vedere, mi sono dileguato…’

    Cosa ne dice, dottore?"

    Non posso che concordare con lei: sconvolgente! risponde Liaget, riflettendo in cuor suo che non gli sarebbe dispiaciuto conoscere questo Carlo di persona. 

    E questo non è che l’inizio! riprende l’italiano. "Le leggo un altro episodio, ispirato a L’album del canonico Alberico:

    ‘13 luglio. Continua la campagna antifratello. Oggi pomeriggio ho rappresentato un altro atto, complice nuovamente l’assenza di mamma e papà. Tagliate alcune ciocche dei miei capelli neri, me le sono appiccicate sul dorso delle mani così da renderle eccezionalmente pelose, più di qualsiasi mano umana. Poi ho applicato alle dita delle lunghe e acuminate unghie animalesche (di cui taccio l’origine…) e mi sono infilato un manto scuro coprendomi completamente: solo una piccola apertura mi consentiva di vedere. Così bardato, mi sono avvicinato di soppiatto a Giacomo, che stava disegnando in soggiorno. Tenendomi accovacciato, ho appoggiato la mano orrendamente camuffata sul tavolo accanto al gomito sinistro del moccioso che, accortosi improvvisamente della cosa, è balzato dalla sedia con un grido. Mi sono alzato anch’io, sollevando le mani sopra di lui e ringhiando sinistramente. Giacomo è rimasto per un attimo immobile, gli occhi sbarrati rivolti verso la mia figura minacciosa; nel suo sguardo potevo chiaramente scorgere il terrore che lo paralizzava. D’un tratto, è scattato come una molla, passando al mio fianco, ed è scappato urlando…’ "

    Ma lei e sua moglie non vi siete accorti di nulla? domanda lo psicologo dopo un breve attimo di silenzio. Giacomo non manifestava segni di angoscia o comportamenti inusuali?

    "Niente che ci insospettisse. Aveva dei momenti, diciamo, di trance, quasi che la sua mente fosse smarrita chissà dove, e il suo sguardo sembrava spiritato, ma il tutto si esauriva in pochi attimi e non gli abbiamo dato peso. Poi ha cominciato a perdere qualche ciocca di capelli, ciò che peraltro gli era già accaduto intorno ai due anni, e che il medico attribuì a delle carenze alimentari unitamente al vizio del bambino di attorcigliarsi i capelli con le dita; la cosa comunque si risolse in breve tempo, per cui il rimanifestarsi del problema non ci ha preoccupato particolarmente. Ma mi lasci riportare ciò che Carlo scrisse il giorno stesso della sua morte…

    ‘10 agosto. Fra poco i miei andranno a far compere e avrò campo libero per un altro spettacolo. Questa volta mi ispirerò al racconto La vignetta, in cui il protagonista ricorda alcuni episodi della sua infanzia, quando un essere maligno, una forma drappeggiata si muoveva tra gli alberi, dietro i cespugli, sul vialetto del giardino, suscitando in lui una sorta di intima paura… Ho già preparato il lenzuolo che fa al caso mio: un po’ ingiallito, l’ho recuperato in un baule della soffitta. Intorno alle undici, Giacomo esce sempre in giardino, e lì lo aspetterò, dietro la siepe o arrampicato su un albero. Sono proprio impaziente di vedere di nuovo la sua reazione, specie ora che sento che sta cedendo…’ "

    E come andarono le cose?

    Nel peggiore dei modi, purtroppo. Tornati a casa, ci trovammo di fronte ad una scena tragica: ai piedi di un frassino, Giacomo sedeva immobile, lo sguardo fisso nel vuoto e gli occhi colmi di lacrime; a pochi passi da lui, giaceva il corpo senza vita di Carlo, avvolto in un lenzuolo giallognolo che lo copriva completamente, ad eccezione del volto, sfigurato da una espressione di terrore mai vista. Nel mettere in atto quella sua ultima maledetta messinscena, Carlo aveva cercato di arrampicarsi sulla pianta; era un ragazzo agile, non certo nuovo ad imprese simili ma, probabilmente impacciato dal travestimento, mise un piede in fallo e cadde in malo modo, spezzandosi l’osso del collo. Appena ci vide, Giacomo esclamò: – Un fantasma! Un fantasma ha portato via Carlo… – Era palesemente sotto shock.  

    Trascorrono alcuni minuti nel silenzio più totale, durante i quali Jean Liaget termina di annotare alcune frasi. Mentre la mano scorre agilmente sul foglio, decorandolo con una calligrafia impeccabile, la mente torna al recente passato, quando, prima della diffusione su larga scala della penna a sfera, scrivere risultava un’operazione tutt’altro che semplice.

    Poi, riempito un bicchiere d’acqua, il dottore lo porge all’italiano.

    Vorrei fare una chiacchierata con Giacomo, per farmi un’idea più precisa… A proposito, dov’è?

    Qui fuori, nella sala d’attesa con la mamma, risponde l’uomo dopo aver bevuto. Qual è la sua opinione, dottore?

    Come le dicevo, devo parlare con il bambino per giungere ad una conclusione definitiva. E, se mi consente, vorrei anche esaminare il diario del fratello.

    Naturalmente.

    In generale, situazioni di questo tipo possono cessare spontaneamente, nel giro di qualche settimana oppure è possibile che vi dobbiate trasferire in un'altra città, forse in una altro Paese, per aiutare il bambino a superare questo momento. Giacomo potrebbe crescere portandosi dentro, magari inconsciamente, la paura della morte, o meglio di ciò che c’è oltre la morte, ciò che ha a che fare con lo spiritismo, con lo spettrale, con l’aldilà; sempre inconsciamente, potrebbe cercare di esorcizzare queste sue paure. Una volta risolte le sue problematiche attuali, esiste l’eventualità che, anche a distanza di anni, un evento eccezionale, emotivamente importante, faccia riemergere il problema. Ma le ripeto, prima voglio vedere suo figlio.

    Vado a chiamarlo immediatamente. 

    UNO DEI DUE

    1.

    Primo pomeriggio di una domenica d’agosto.

    Per chi non ami starsene chiuso in casa schiavo dell’aria condizionata, il parco adiacente la città rappresenta l’unica possibilità di trovare sollievo dalla calura estiva: l’ombra dei larici e degli abeti, che abbondano nella zona, insieme alla brezza che spira di tanto in tanto proveniente dalle colline poco distanti, rende sopportabile la temperatura delle prime ore pomeridiane. Persino gli uccelli, per sfuggire al sole battente, sembrano darsi appuntamento tra le fronde, dove intrecciano vivaci discussioni, come stessero esprimendo opinioni sui passanti: un bambino spericolato che in bicicletta fa slalom tra le persone, una ragazza un po’ grassoccia che nonostante tutto non rinuncia ad un ricco cono gelato, un signore che porta a spasso il cane con tanto di paletta e sacchetto, un tizio che si concede il piacere di un sigaro suscitando il malcontento di chi gli passa accanto.

    C’è poi chi si sdraia sull’erba per crogiolarsi al sole o chi organizza delle sfide a pallone. Qualcuno si dedica al classico jogging, altri più ardimentosi si cimentano con skate-board e roller-blade. Coppie di giovani e meno giovani si scambiano tenerezze ed effusioni, sulle panchine o al riparo di una siepe. Il parco è molto frequentato nei giorni festivi.

    Ma esiste un’altra attrattiva che la gente del posto, e non solo, apprezza: una torre, opera di un bizzarro architetto che ha trovato non si sa come il consenso delle autorità locali, si erge imponente proprio al centro del parco fino all’altezza di circa novanta metri. La sommità della costruzione ospita un raffinato ristorante meta di avventori provenienti da ogni dove, che qui possono gustare specialità culinarie adatte a tutti i palati. Accade spesso di incontrarvi persone giunte dalla capitale, sebbene questa possa vantare numerosi locali quotati sulle più autorevoli guide gastronomiche e nonostante la distanza di oltre cento chilometri. Al piano superiore, una terrazza offre inoltre ai visitatori una vista senza eguali, considerando che la città è praticamente priva di grattacieli e l’edificio più alto è il campanile della cattedrale. L’occhio spazia senza ostacoli per trecentosessanta gradi, dalle colline a nord, al lago a est che, con la foresta attigua è di recente stato eletto a riserva naturale; dal profilo della cittadina a sud, dove spiccano il duomo e il palazzo di vetro del municipio, alla pianura sconfinata a ovest che nelle giornate terse lascia intravedere l’oceano all’orizzonte.

    Consumato un lauto pranzo alla torre, Edwin Chester sta passeggiando

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