Un ultimo abbraccio
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Un ultimo abbraccio - Antonella Di Martino
www.antonelladimartino.it
Un ultimo abbraccio
Antonella Di Martino
1.
Un salottino silenzioso, dal soffitto alto. Pareti color verde acqua. Una grande finestra, sul lato sinistro, velata da tende di lino bianco. Riviste patinate su un tavolino. Un vaso di camelie bianche, freschissime. Poltrone disposte a cerchio davanti a un grande vetro. Dietro il vetro, una stanza da letto, nella penombra. Sotto le coperte c’è qualcuno. Forse una donna. Molto probabilmente sta dormendo. Accanto al letto, una sacca per flebo.
Seduto di fronte al vetro, un uomo di mezza età. Si sta asciugando il moccio e le lacrime dalla faccia.
La porta scivola senza fare rumore. «Mi scusi...»
L’uomo sobbalza. Il fazzoletto gli cade a terra. Impreca. Lo raccoglie. Barcolla. Cerca di ricomporsi. Si asciuga ancora un po’.
La donna in camice bianco rimane immobile. Senza parole.
«Mi scusi, dottoressa. Non l’avevo sentita entrare. Mi dispiace. Deve parlarmi di mia moglie?»
«Sì, vorrei parlarle delle condizioni di sua moglie. Ma anche la sua salute, ingegner Parisi, è in pericolo. Ho già provato a consigliarle uno specialista o un gruppo di sostegno. Non voglio insistere. Ma ho una buona notizia, che può aiutarla a star meglio: c’è stato un miglioramento, e...»
«Un miglioramento? Ma che cosa sta dicendo?» sbotta lui, puntando l’indice contro il vetro «Anna non vuole più vedermi, si rende conto? Mi ha perfino sputato addosso. Non sembra più lei. La mia Anna! Così dolce, delicata. Sempre controllata. E questo sarebbe un miglioramento?»
«Sì, mi rendo conto del suo disagio. Eppure, il comportamento di sua moglie costituisce un segnale positivo. Si ricorda quando temeva che non si risvegliasse più? Attualmente, gran parte delle sue condizioni fisiche può definirsi buona. Certo, le sue condizioni mentali richiedono tempo e cure. Ma lei deve aggrapparsi alla certezza che il tempo sta lavorando per voi. Per sua moglie, quindi anche per lei. Questa consapevolezza dovrebbe aiutarla a star meglio. Il peggio è passato.»
L’uomo distoglie lo sguardo. Si perde a pensare. "E anche se fosse passato? Dovresti provare l’esperienza, dottoressa. Tu che sei sempre così distaccata. Professionale. Se ti sputassi addosso, come reagiresti? Ma è troppo facile, per voi che non siete immersi nella merda della disperazione, della malattia. Voi, di sopra, curate. Vi sporcate un poco le mani, ma niente di più. Noi, immersi nel fosso, anneghiamo. Curare non è soffrire. Per conoscere il dolore bisogna sentirlo sulla carne.