Una fiesta mobile
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Book preview
Una fiesta mobile - Gail McDowell
Introduzione
Ernest aveva un talento per fare pensare alla gente che qualsiasi pretesa verso un appetito della vita doveva per forza essere sostenuta da un sano appetito per il cibo
.
Peter Griffin, Less Than a Treason.
Quando mi è stato proposto di scrivere un libro su Hemingway e il cibo, ho subito accettato con entusiasmo. Poi mi sono chiesta che relazione ci fosse tra i due: Hemingway fa venire in mente le corride, la guerra, le bevute epiche, i safari, la pesca d’altura, l’avventura. Ma non cene a lume di candela e cucine accoglienti. Infatti non scrive molto di cibo, e a volte addirittura i suoi personaggi soffrono la fame. Giovane autore alle prime armi, non sempre poteva permettersi pasti regolari: questa fame la ritroviamo nei suoi personaggi.
Come in Festa mobile, dove compare spesso:
"Ti veniva una gran fame, a Parigi, quando non mangiavi abbastanza, perché in tutte le vetrine delle panetterie si vedevano cose squisite e la gente mangiava fuori, seduta ai tavoli all’aperto, e tu vedevi e sentivi l’odore dei cibi".
E ancora:
"Quando si ha venticinque anni e un fisico da peso massimo, saltare un pasto mette addosso una gran fame. Ma è anche vero che affina tutte le facoltà, e io scoprii che molte persone delle quali scrivevo avevano un robustissimo appetito e una gran voglia di mangiare, e quasi tutte non vedevano l’ora di bersi un bicchiere".
Descrive anche pranzi e bevute nei minimi dettagli. Questa attenzione per la cucina e la convivialità aiuta i personaggi a entrare nella scena locale fino a diventarne parte, così che alla fine, anche attraverso il cibo, il lettore viene trasportato in paesi lontani e coinvolto in avventure, non solo culinarie.
A Hemingway piaceva il cibo semplice, quello che la gente mangia in campagna, il tipo di cibo che si appiccica alle tue costole e ti dà la sensazione che hai davvero davanti qualcosa a cui dedicarti con gusto, senza preoccuparti troppo delle buone maniere
. Una bottiglia di vino o un cocktail non mancavano mai. Il cibo occupava un posto importante nella sua vita.
Molti di noi hanno letto le sue opere, e probabilmente tutti possono ricordare qualche titolo senza pensarci troppo. La figura pubblica di papà Hemingway
è diventata parte della cultura moderna, ma cosa sappiamo della persona dietro la facciata?
Questo libro vuole essere una biografia particolare di Ernest Hemingway: la vita e gli amori, ma anche e soprattutto i suoi gusti nel mangiare e nel bere. Piatti deliziosi fecero parte della sua vita e segnarono momenti importanti nel suo percorso artistico. Le ricette di alcuni di questi, come quelle tratte dai racconti e dai romanzi, aiuteranno a portare la memoria di Ernest Hemingway di nuovo in vita e dentro le nostre cucine. Naturalmente non può mancare un capitolo dedicato ai suoi cocktail preferiti. Come dicono in Fiesta, Arriba! Su la bottiglia!
.
I primi anni
Ernest Hemingway nasce il 21 luglio 1899 a Oak Park, nell’Illinois. Diventerà celebre per la fame di vita e per la forza che usa nel ricrearla nei romanzi e nei racconti. Ecco perché fin da giovane potrebbe aver sviluppato un appetito da buongustaio – ma non certo nella cucina di sua madre.
Grace Hall Hemingway era stata in gioventù una cantante lirica di talento. Non sapeva nulla di cucina: la madre l’aveva tenuta lontana dalla vita domestica perché potesse concentrarsi sulla musica. Grace si adattò a questo stile di vita. Ci fu però una ricetta, quella del tea cake inglese del libro di cucina della madre, nella quale Grace si cimentò con successo, al punto di vederla pubblicata. Marcelline, figlia di Grace e sorella prediletta di Ernest, ricorda nel suo libro, At the Hemingways, quanto i tea cakes le piacessero, al punto di chiedere a sua madre di imparare a preparare anche altre torte. "Ho dimostrato di saper cucinare con i miei tea cakes disse Grace,
e non intendo correre il rischio di rovinare la mia reputazione cercando di preparare altro".
Grace Hemingway’s tea cakes
Se questo è il meglio che Grace sapesse fare, allora faceva bene a tenersi alla larga dalla cucina! Comunque, per interesse storico, ecco la ricetta.
Ingredienti:
1/2 cubetto scarso di lievito
un quarto di cucchiaino di sale
340 ml. di acqua tiepida
650 gr. di farina
15 gr. di burro sciolto
2 cucchiaini di strutto
2 uova intere sbattute
200 gr. di zucchero
115 ml. di latte tiepido
150 gr. di uvetta
abbondante burro fuso
In una ciotola mescolate con una frusta il lievito, il sale e l’acqua tiepida per qualche minuto, finché il lievito si è sciolto. Aggiungete 200 grammi di farina e mescolate per rendere l’impasto liscio e omogeneo. Coprite con un canovaccio e lasciate riposare, lontano da spifferi, per due ore.
Quando la pasta sarà lievitata, aggiungete il burro e lo strutto, il resto della farina, le uova sbattute, lo zucchero, il latte tiepido e l’uvetta. Mescolate energicamente. Coprite di nuovo e lasciate riposare ancora un’ora.
Distribuite il composto in due o tre stampi da plumcake precedentemente imburrati, e lasciate riposare almeno due ore.
Riscaldate il forno a 180°.
Cuocete le torte a metà altezza per 25-30 minuti, finché appaiono dorate. Prima di servirle, tiepide, spennellatele di abbondante burro fuso.
Era Grace a dare ai figli un’educazione artistica e culturale. Li portava ai concerti e all’opera. Tutti e sei i ragazzi (Ernest era il secondo – aveva quattro sorelle e un fratello) studiarono musica. Ernest imparò a suonare il violoncello, arrivando a esibirsi nell’orchestra della scuola, ma alla fine la madre dovette arrendersi alla sua mancanza di interesse per la musica e permettergli di abbandonare gli studi.
Il padre di Ernest, Clarence Edmonds Hemingway, ebbe più influenza di Grace nell’educazione