Discover millions of ebooks, audiobooks, and so much more with a free trial

Only $11.99/month after trial. Cancel anytime.

Diario precario
Diario precario
Diario precario
Ebook204 pages3 hours

Diario precario

Rating: 0 out of 5 stars

()

Read preview

About this ebook

La condizione precaria e il lavoro d'insegnante di storia e filosofia richiamano un intero mondo di pensieri,atti quotidiani, speranze e preoccupazioni. Il precariato visto dall'interno condiziona il modo di leggere il vissuto quotidiano e i fatti del mondo.Frammenti di vita quotidiana, memorie personali, riflessioni filosofiche, esperienze vissute giorno dopo giorno nel mondo della scuola a rappresentare quello che è un tempo di lavoro ma anche un tempo di vita, nella realtà globalizzata della terza civiltà industriale.
LanguageItaliano
Release dateOct 11, 2015
ISBN9788892505780
Diario precario

Related to Diario precario

Related ebooks

Personal Memoirs For You

View More

Related articles

Related categories

Reviews for Diario precario

Rating: 0 out of 5 stars
0 ratings

0 ratings0 reviews

What did you think?

Tap to rate

Review must be at least 10 words

    Book preview

    Diario precario - Iacopo Nappini

    dell’autore

    Diario precario

    Vivere e insegnare al tempo delle GaE

    Presentazione

    Questa quotidiana precarietà nasce con la globalizzazione della terza rivoluzione industriale: non ci potrebbe essere la globalizzazione mondiale senza la precarietà in USA e in Europa; e la precarietà in USA è stata più forte e cronologicamente precedente rispetto all’Europa. Va subito detto che questa precarietà è diversa da quella fisiologica legata a periodi stagionali, o comunque limitati nel tempo, in cui c’è bisogno di forza-lavoro per realizzare una produzione abbondante di una qualche merce da vendere. Questa precarietà è interna ai rapporti di vita e di produzione di questa fase storica del sistema industriale e capitalista. Si tratta di una condizione che minaccia di essere la condizione fissa di tanta parte dei lavoratori del presente e del futuro ed è nata in quello che chiamiamo Occidente, negli stati del Patto Atlantico e dell’imperialismo novecentesco. La precarietà ha accompagnato la globalizzazione e ha scatenato questa crisi di senso della vita e della civiltà interrompendo quella stagione della storia che potremmo chiamare di nuovo belle epoque, ma che il mondo ha conosciuto come società consumista. La precarietà ha preceduto la crisi del 2008, ma in essa ha trovato sviluppi e compimento; anzi preme ricordare che grandi multinazionali hanno realizzato aree industriali in Stati soggetti a dittature e dispotismi proprio mentre in Italia e in Europa il lavoro diventava a giornata, a chiamata, a scadenza. Per capire la crisi attuale occorre comprendere e separare i diversi aspetti di una realtà complessa, attraverso la precarietà si può valutare l’entità sia della crisi industriale che di quella finanziaria. Dal lato agricolo la crisi è un fatto reale: negli ultimi 14 anni, la produzione di grano è stata inferiore ai consumi ben 8 volte riducendo ai minimi le scorte mondiali. A livello industriale occorre osservare che se tante industrie hanno smesso di produrre in un luogo, ad esempio Europa e Stati Uniti, è perché hanno cominciato in un altro! Precisamente alcune produzioni si sono spostate in Asia e in America Meridionale. Non si deve parlare di crisi del modello di sviluppo industriale e tecnologico perché in realtà il fenomeno in corso è l’industrializzazione dell’Asia, un continente che abbina il neo capitalismo alle dittature autoritarie o comuniste. La finanza oggi ha una dimensione multinazionale e normalmente può assecondare la crisi agricola e l’industrializzazione mondiale, ma è evidente che essa non l’ha fatto nella sua interezza dedicandosi a ben altri lucrosi affari. In questi anni c’è stato un colosso che ha sbagliato tutto: si chiamava Lehman Brothers. In USA le banche possono fallire, in Europa è più difficile, almeno così è stato fino ad oggi. Possiamo lasciare qui il mondo al suo destino ed entrare nel libro. Conosco Iacopo Nappini, da tanti anni, dai primi anni dell’università. L’autore da diversi anni descrive la degenerazione di questa società sin dai suoi inizi per così di dire di letterato e di saggista, due sue costanti sono il riferimento a certe intuizioni di Pier Paolo Pasolini sullo sviluppo industriale e sui nuovi poteri che si stavano formando in questa nuova fase della civiltà industriale e il dolce ricordo del mondo della sua infanzia. Sul sito di Futuroieri abbiamo dialogato e scritto a lungo di questa crisi, l’abbiamo analizzata insieme e fui io a spingerlo a pubblicare a pezzi sul blog un diario della vita di precario. Pensavo che lui dovesse saldare nella sua memoria quello che faceva di giorno in giorno e di anno in anno, capivo che viveva la cosa come uno sforzo di Sisifo: una fatica lunga che ogni volta ricominciava da capo. Questo libro racchiude un anno di vita, uno specifico certo, ma anche uno dei tanti di questo decennio di un professore della scuola pubblica italiana. Alla fine sono lieto di aver fatto questa breve presentazione perché mi rendo conto che la crisi e la precarietà in questo testo incontrano la persona, il male di vivere a piccole gocce arriva fino all’individuo. Questa è l’Italia e un anno di vita di un uomo: un tempo che per la finanza di oggi è un tempo lunghissimo.

    Franco Allegri

    Introduzione

    Cosa è oggi il lavoro del docente? Sembra una foglia, un tronco in mare aperto, una nuvola nel cielo. Ossia qualcosa che viene spinto qua e là dal vento, dalle onde, dal caso. Diario precario è il racconto della precarietà a partire da sé. Una collezione di frammenti di vita quotidiana, esperienze vissute giorno dopo giorno nel mondo della scuola e nell’anormalità di una condizione che diventa normalità e vissuto quotidiano, nell’impossibilità di affermare un diritto individuale e legittimo. Emozioni, considerazioni, riflessioni diventano lo specchio e l’espressione di un disagio che va oltre la sfera lavorativa per estendersi alla intera dimensione esistenziale. E intanto, mentre la vita ti passa davanti, le illusioni del passato si rivelano infantili ingenuità, e il presente si decompone e invecchia senza mai lasciare intravedere qualcosa di altro e di migliore. Dalle pagine del diario emerge l’esigenza di rivendicare il diritto ad un proprio percorso di vita e alla propria identità personale e professionale, ma anche un senso di fragilità e di malessere profondo, di fronte alla mancanza di prospettive e di fronte a un futuro spogliato di ogni certezza. Alla difficoltà di convivere con l'idea della precarietà come propria condizione di vita, si aggiunge l’impossibilità di incidere sul quotidiano e di dare una impronta propria e personale al divenire delle cose, in una realtà, che è quella della terza civiltà industriale e della globalizzazione, dominata dalla differenza, dal conflitto, dall’interesse privato, dalla precarietà e dal Dio-denaro. Ma cosa significa davvero essere insegnanti precari nella scuola di oggi? Significa vivere speranze, pensieri, illusioni e delusioni, momenti di soddisfazione e di difficoltà, con l’amara sensazione di predicare al vento, agli alberi, alle rocce, profeti inascoltati, ma anche con la certezza che ciò che si insegna oggi darà i suoi frutti e sarà apprezzato un giorno a distanza di anni;significa un tempo di lavoro vissuto tra attese, convocazioni, nomine e poi lezioni, compiti, registri elettronici, e scrutini fino alla restituzione delle chiavi del cassetto e fino alla prossima convocazione….

    Emozioni e sensazioni contrastanti, aspettative e rimpianti si alternano e si intrecciano tra le pagine del diario attraverso il racconto di esperienze quotidiane e di un mestiere, unico e diverso da tutti con una sua propria dimensione ideale e profetica, un mestiere che è porsi domande, creare e costruire di continuo percorsi educativi e di insegnamento. L’autore pone l’accento sulla specificità della figura del docente che è non solo lavoratore, ma soprattutto educatore e insegnante, e le sue difficoltà sono quelle oggettive di chi si trova ad operare in un sistema in crisi che, riflesso della società in generale e della sua precarietà, continua a sminuirne il ruolo ed il significato sociale. Da qui l’esigenza fortemente sentita di riappropriarsi della propria dignità professionale, attraverso la valorizzazione del proprio lavoro e il riconoscimento di precise garanzie di continuità lavorativa; ma a tale esigenza si contrappone, altrettanto forte, la consapevolezza di vivere un mondo, quello della scuola, che manifesta oggi in tutti i suoi aspetti gli effetti nefasti delle tante pseudo-riforme che si sono susseguite negli anni, mentre si delinea per il futuro la prospettiva di una ‘buona scuola ‘ assolutamente in continuità con il passato (e quindi ancora una volta espressione di pura e demagogica propaganda politica). Una scuola in cui leggi, circolari e normative contraddittorie e a volte anche inique, procedure di assunzione e reclutamento del personale prive di logica e buon senso, graduatorie fatte e disfatte sono ormai diventate elemento strutturale del sistema, ed il segno evidente della mancanza di una seria e precisa volontà politica di programmare, costruire e investire. Il ‘Diario precario’ vuole essere dunque un invito a riflettere su quello che è un tempo di lavoro ma anche di vita, e a considerare che le rivendicazioni dei precari, dei loro diritti e della loro dignità, ora più che mai, dovrebbero essere una battaglia di tutto il mondo della scuola.

    Emme

    Diario Precario

    Data. Dal 17/9 al 20/9 /2012

    Note.

    Settimana difficile aperta sotto il segno dell’incerto. Trovata supplenza fino ad avente diritto. Quanto? Forse una settimana, forse un mese. Dipende. Ma non da me.

    Considerazioni.

    Tutti gli anni si ripete la formalità per l’attribuzione delle cattedre annuali, i docenti che vengono incaricati insegnano per un anno di solito da settembre a fine giugno; vengono generalmente chiamati supplenti annuali. In realtà coprono, il più delle volte veri e propri posti di lavoro. Aspettando il giorno della convocazione per i diversi incarichi annuali ho accettato una supplenza temporanea che durerà una o due settimane. Quando avrò l’incarico annuale cesserà la mia supplenza temporanea.

    Questa condizione ricorda i fili tirati dai burattinai nel film di Pasolini Cosa sono le nuvole. Su Youtube è visibile a pezzi il film pasoliniano, ormai i grandi del passato ritornano artificialmente nel mondo del virtuale. Il mio essere al lavoro dipende da variabili di cui non sono né responsabile e neppure parte della soluzione. La precarietà attraverso il reclutamento del corpo docente entra nell’educazione e nella scuola. Non avevo mai pensato a una cosa del genere, ma in effetti il sistema scolastico è il riflesso della società in generale e quindi anche della condizione lavorativa liquida spalmata su tutti i livelli di vita e lavoro.

    Ricordare.

    Il docente non è solo un lavoratore, è anche educatore e insegnante. Un po’ difficile continuare a pensarla così in una società dove prevale l’interesse personale, la competizione individuale aldilà e contro le regole della civile convivenza fra umani, la pubblicità commerciale, il possesso di beni materiali e di denari come senso unico e ultimo della vita. Il docente è forzato, talvolta, ad essere filosofo nel senso meno simpatico del termine ossia di quello del pensiero critico e della saggezza marginale al reale in quanto reale. Tuttavia, questa considerazione può essere facilmente impugnata. LA CIVILTA’ INDUSTRIALE tende a trasformare ogni tipologia di attività umana in un lavoro salariato, in un fatto di produzione stipendiato. Tutto ciò che di concreto, reale, ordinato, integrato avviene in una civiltà industriale necessita di burocrazia, di controllo, di regolamenti, di leggi, di strutturazione in un sistema di produzione, sviluppo e consumo e manco a dirlo di obsolescenza, sostituzione, trasformazione in spazzatura forse riciclabile. Un Socrate che teneva le sue lezioni con dialoghi tenuti in piazza, nelle vie di Atene, nelle case di privati, in occasioni più o meno festose oggi non potrebbe essere collocato nel numero dei docenti. La docenza esige l’integrazione in un sistema, in regole, in un lavoro stipendiato, in un sistema di organizzazione burocratica e amministrativa complessa. Tutto deve entrare in una qualche logica amministrativa, produttiva, organizzativa; lo spirito libero socratico è troppo intellettuale per l’ordinario, troppo eccentrico per il banale, troppo intellettualmente sovversivo per il quotidiano. L’inquietudine e la curiosità portata dalla filosofia risponde a qualcosa d’interiore e completamente svincolato dalla realtà ordinata e civile. In effetti il Socrate era figlio di una civiltà pre-industriale e per molti aspetti ancora arcaica. Questa civiltà è il nuovo tempo, un tempo diverso da quello naturale delle stagioni, dei mesi, del sorgere e tramontare del sole. La civiltà industriale è una natura altra e seconda e sta creando al sua umanità, la sua gente, perfino il suo mondo.

    Data. 24/09/2012

    Note.

    Ieri notte vista comunicazione convocazioni del Centro Servizi Amministrativi, abbreviato CSA. In arrivo nuovo probabile posto di lavoro. Non mi piace. La cosa è una scadenza obbligata ma mi fa star male. Questo prendere e lasciare mi dà fastidio, mi dà il senso delle cose fatte a metà, imperfette. Perché questo mio mestiere viene trattato in questo modo?Tutte le volte provo disagio. E’ il senso del dover rincominciare da capo, rifare di nuovo un percorso di lavoro, di studio, di educazione, di banale quotidianità.

    Considerazioni.

    Questa è l’ennesima volta che succede.

    Dieci anni di lavoro nel settore fanno pensare al trascorrere delle cose nella vita umana. Oggi qui, domani là. Forse… Il tempo che scorre mi nuoce. Mi fa pensare e mi costringe a rivivere i passaggi più importanti della mia vita. Sono sicuro di sognarli in forma contorta di notte, ma per fortuna queste cose sfumano e si dissolvono all’alba. Sono sogni. Forse.

    Ricordare.

    Il mestiere presuppone di dover ripercorrere in modo diverso strade simili, esperienze già osservate, fatti noti. Continuità e discontinuità si formano nel capriccio di qualcosa su cui non si ha potere. Vietato crollare di testa.

    Data. 26/09/2012

    Note.

    Giorno della convocazione. Ore 9. Aula grande per le conferenze di un noto istituto di Scandicci dove anni fa ho prestato servizio, un ritorno al passato per un veterano delle supplenze annuali come me.

    Prima impressione: cancelli chiusi, professori precari fuori e personale istituto e allievi dentro assieme ai responsabili della convocazione. Immagine mistica: il dentro e il fuori dal Tempio, iniziati e profani, fedeli e catecumeni.

    Curiosa visione di carattere sacro con abbondanza di citazioni fantozziane. Poi il fastidio dell’attesa, battute di umor nero, al cancello un volantinaggio di offerte per corsi di specializzazione, uno striscione dei precari, molte insegnanti donne, squilli di cellulare. La commissione che inizia i lavori e chiama secondo la procedura e le classi d’insegnamento dalle liste delle graduatorie. Considerazioni e battute per ingannare il fastidio e l’ansia. Dopo tre ore arriva il mio turno, mi ritrovo ad accettare uno spezzone di quattordici ore. Stranamente si tratta della stessa situazione dell’altro anno, solo che le 14 ore stavolta non hanno dato origine a una cattedra di 18 sommando le 14 ore della sede di Campi con le 4 quella di quella di Sesto. Quelle quattro ore dovrebbero essere attribuite dal dirigente, la logica dovrebbe esser di vedermele attribuite. Prima cosa da fare è andare a restituire la chiave nell’istituto dove faccio la supplenza, informarli del nuovo incarico e del fatto che lascio la supplenza temporanea per la nomina annuale e andare nella nuova scuola. Una volta là prendere subito servizio e chiedere un nuovo cassetto, una nuova chiave e i nuovi registri. Come ogni anno, ma ogni anno sempre peggio per me. Sempre più fastidio davanti a questa procedura, quasi un rito della burocrazia. Così vola il primo pomeriggio fra la scuola che devo lasciare per la cattedra del CSA e quella nuova dove avevo la supplenza fino ad avente diritto per le formalità del caso. Nuovo anno scolastico, nuovo lavoro, vecchi problemi, rifare i programmi.

    Considerazioni.

    Questa volta mi è capitata la conferma di quanto sia clamorosa in termini numerici la presenza femminile nella scuola. Alcune professoresse sono entrate nel bagno dei maschi. Non entravano più nel loro, del resto noi non eravamo la maggioranza. Sulle prime ho avuto una sorta d’espressione di sorpresa, mi ero chiesto se non avessi sbagliato porta ed ero corso a vedere, tutto a posto. Poi ho capito che la necessità fisiologica fa saltare le convenzioni, e la realtà parla di una larga maggioranza di donne nella scuola. Questo mi fa pensare al fatto che in fondo ci deve essere una sorta di pregiudizio nella scuola, infatti via via che si sale d’importanza nella gerarchia dell’insegnamento la presenza femminile si fa più rara. Tante le donne maestre, molte le professoresse delle scuole medie e dei licei ma molte meno fra i professori universitari. Di fatto è una gerarchia non scritta, qualcosa di tacito, di noto e nello stesso tempo di non formalizzato. Il sotto della gerarchia a prevalenza femminile, il sopra a prevalenza maschile. Mi piacerebbe avere un po’ di statistiche per provare o smentire questo mio pensiero. In rete si trova molto materiale sulla composizione della scuola italiana e del corpo docente, credo che non durerò tanta fatica per trovare delle conferme a quanto penso da anni ormai.

    Enjoying the preview?
    Page 1 of 1