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Quentin Heart, Cacciatore di Vampiri
Quentin Heart, Cacciatore di Vampiri
Quentin Heart, Cacciatore di Vampiri
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Quentin Heart, Cacciatore di Vampiri

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About this ebook

Quentin Heart è un mago geniale con problemi sufficienti per tre persone. Sua madre sta morendo di cancro, un signore dei vampiri vuole farlo diventare una sua proprietà e un branco di necrolupi ha deciso di fargli da guardie del corpo a quattro zampe.

Quando il suo amico Glenn viene assassinato, Quentin Heart deve scoprire il colpevole e ritrovare il corpo. Sfortunatamente Jakinson, il nuovo signore dei vampiri, ha deciso di impedire a Quentin di cacciarsi nei guai.

Infastidito dal fatto che il mondo intero sembri intenzionato a ucciderlo o a tenerlo sotto controllo, Quentin è costretto a opposri a vampiri, membri psicopatici del popolo fatato e a una nuova ed enorme quantità di magia. Avrà bisogno di ben più dei suoi poteri per uscirne. Chissà, forse gli ci vorrà l’amore.

LanguageItaliano
PublisherAmber Kell
Release dateApr 6, 2016
ISBN9781311115034
Quentin Heart, Cacciatore di Vampiri
Author

Amber Kell

Amber Kell is a dreamer who has been writing stories in her head for as long as she could remember.She lives in Seattle with her husband, two sons, three cats and one very stupid dog. To learn more about her current books or works in progress, check out her blog at http://amberkell.wordpress.com.Her fans can also reach her at amberkellwrites@gmail.com.

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    Book preview

    Quentin Heart, Cacciatore di Vampiri - Amber Kell

    Capitolo Uno

    Quentin Heart aveva un brutto presentimento quando si sedette al tavolo della cucina e posò lo sguardo sull’alta pila di fatture mediche.

    Intrufolarsi nella casa di Trina Heart per impadronirsi di quei documenti era stato tristemente facile: la madre di Quentin era stata ricoverata in ospedale quella stessa mattina. Il cancro era tornato a manifestarsi e Quentin non poteva far altro che stare a guardare mentre la donna, un tempo piena di vita, si consumava lentamente. Le condizioni di sua madre erano migliorate dopo che l’ultimo ciclo di chemioterapia aveva eliminato il nodulo che si era formato nella parte interna del suo braccio, ma le ultime analisi avevano rivelato una recrudescenza della malattia.

    Quentin si asciugò le lacrime che gli scorrevano lungo il viso. Non c’era tempo per l’autocommiserazione. Doveva essere forte per lei. Dopo che ebbe tirato su col naso e si fu sfregato gli occhi diverse volte, la vista gli si schiarì a sufficienza per mettere a fuoco le cifre terribilmente alte stampate sulle fatture di fronte a lui. Una volta giunto alla fine della pila, rischiò di perdere il senno. Persino vendere la casa di sua madre e ogni altra loro proprietà sarebbe bastato a malapena a intaccare quel debito enorme.

    Anche se la ditta per cui lavorava sua madre aveva esteso la sua assicurazione sanitaria, quest’ultima non copriva le pozioni sperimentali che i medici avevano cominciato a somministrarle nella speranza di interrompere il progresso del male.

    Merda. Quentin spazzò il tavolo con un braccio e le fatture volarono via, andando a sparpagliarsi sulle mattonelle del pavimento fino a coprirle quasi completamente.

    Erano mesi che, per il bene di sua madre, cercava di mantenere il controllo delle proprie emozioni. Le era sempre rimasto accanto mentre, uno dopo l’altro, i medici le davano notizie ogni volta peggiori, e l’aveva tenuta stretta quando aveva pianto per la perdita dei capelli e il venir meno delle forze.

    Vaffanculo. Aveva bisogno di pensare ad altro. Decise di andare al suo laboratorio e lavorare un po’. Doveva ancora concludere la sua tesi di dottorato e sapeva che, se la malattia di sua madre avesse interferito col suo futuro, lei non se lo sarebbe mai perdonato. In quel momento, a Quentin non sarebbe potuto importare di meno dell’università, ma non osava deludere sua madre, e la donna non aveva certo bisogno di subire ulteriore stress.

    Chissà, magari concentrarsi su un argomento facile come l’ingegneria magica speculativa sarebbe stato meglio che struggersi per non aver scelto di studiare la magia curativa. Ma sebbene il suo potere si fosse dimostrato superiore alle aspettative di quasi tutti, esso non includeva doti lenitive. Era una magia violenta piuttosto che dolce. Perfetta per dare spettacolo, ma non per guarire i corpi.

    Basandosi su alcune critiche che aveva ricevuto, Quentin sospettava che i professori più anziani non aspettassero altro che di vederlo sbagliare un incantamento per farlo a pezzi. Aveva molti nemici nell’ambiente accademico — uno degli aspetti negativi dell’essere tra i più giovani studenti ad aver mai padroneggiato pozioni e incantesimi a un livello superiore.

    Si alzò in piedi e recuperò il cappotto dallo schienale della sedia. Dopo essersi vestito, prese le chiavi e il cellulare che aveva appoggiato sul tavolo e, mentre usciva dalla stanza, calpestò volutamente le fatture sparse per il pavimento. Sarebbero state ancora lì al suo ritorno e, spiegazzate o meno, avrebbero continuato a dar mostra di quelle cifre angoscianti. Al ragioniere di turno non sarebbe importato di vedere le impronte delle suole di Quentin sulla loro superficie, purché fossero state accompagnate da un cospicuo assegno.

    L’aria fredda del pomeriggio invernale gli investì il volto col suo alito gelido, ma Quentin non si lasciò intimidire. Trovava piacevole quella brezza fredda. Un senso di aspettativa gli alleggerì il passo. Chissà, forse questa volta sarebbe riuscito a creare la pozione giusta per curare sua madre. I trecento tentativi precedenti erano falliti, ma il prossimo avrebbe potuto essere quello giusto.

    Guaritori e medici gli avevano detto che non avrebbe potuto sconfiggere la malattia di sua madre con l’uso della magia, ma Quentin non intendeva dar loro retta. La giusta combinazione di elementi chimici e potere magico poteva compiere veri e propri miracoli; perché, dunque, non produrre anche una cura?

    Per fortuna, la casa di sua madre era abbastanza vicina al campus da consentirgli di raggiungerlo a piedi. Infuriato com’era, se avesse usato la magia per teletrasportarsi, avrebbe potuto subire spiacevoli effetti collaterali.

    Non si era mai preso la briga di mettere da parte il denaro per comprare un’auto con cui spostarsi quando fosse stato troppo stanco per usare la magia. Sapeva benissimo, pur non essendo laureato in economia, che non avrebbe mai accumulato il denaro necessario per acquistarne una. La sua borsa di studio copriva vitto, alloggio e libri di testo, ma poco altro. Aveva pensato di cercare un lavoro, ma esso avrebbe interferito con i suoi studi. E comunque, anche se avesse accettato una delle diverse proposte che aveva ricevuto da alcune tra le aziende magico-ingegneristiche più importanti sul mercato, lo stipendio non sarebbe comunque bastato a pagare i debiti della madre.

    Forse potrei chiedere un bonus alla firma del contratto. Rise tra sé e sé nell’immaginare la faccia che avrebbe fatto il collocatore se davvero lui avesse fatto una simile proposta.

    Un volantino attaccato a un palo del telefono attirò la sua attenzione. L’illustrazione sembrava uscita dall’incubo di un bambino. Furono tuttavia le parole stampate sotto il disegno ad attrarlo ancora più di quella visione terrificante.

    Hai bisogno di soldi? Noi abbiamo bisogno di personale. Guadagna denaro catturando i cattivi.

    Sotto la réclame c’era un numero di telefono.

    Catturare i cattivi?

    Quentin aveva sentito parlare dei cacciatori di taglie del paranormale. Si trattava di persone che davano la caccia alle peggiori creature del mondo, per riportarle in prigione o comunque nei luoghi da cui erano fuggiti. Di solito si trattava di vampiri, troll o giganti. Le comuni forze dell’ordine non avevano i mezzi per catturarli, dunque si affidavano a liberi professionisti.

    Chissà quanto pagano. Quentin si guardò attorno, ma in quel momento non c’era nessuno accanto a lui o nelle vicinanze. Con un gesto deciso, si impadronì del volantino. Non ho chissà quale forza soprannaturale, ma non per questo bisogna sottovalutarmi.

    Poteva sempre usare la magia per compensare la sua carenza di muscoli. Come diceva sempre sua madre, non si poteva mai sapere prima di sperimentare. Quentin piegò il volantino e se lo mise nella tasca della giacca. Si sarebbe informato riguardo quella faccenda dopo aver terminato il lavoro in laboratorio. Mentre camminava, si immaginò alle prese con creature terrificanti. Scacciò quelle visioni dalla mente. Per prima cosa doveva informarsi; solo dopo avrebbe meditato sull’opportunità di accostarsi al mondo dei cacciatori di taglie.

    La mamma mi ucciderebbe.

    Trina era malata al punto da trascorrere intere giornate a vomitare, eppure anche un maestro della stregoneria avrebbe invidiato la sua forza d’animo. Aveva cresciuto Quentin da sola, dopo che l’uomo che l’aveva messa incinta l’aveva lasciata preferendole una compagna che aveva incontrato l’approvazione alla sua famiglia. Quentin non aveva mai conosciuto suo padre, semplicemente perché l’uomo non aveva mai avuto interesse a conoscerlo. Aveva pagato il suo mantenimento fino a quando Quentin non aveva compiuto diciott’anni, dopodiché aveva smesso di farlo, senza nemmeno scrivergli una lettera. Ai tempi, Quentin aveva già accettato l’idea che a suo padre non importasse nulla di lui, ma ciò non aveva reso quella situazione meno dolorosa.

    La vista dell’edificio che ospitava il laboratorio calmò il suo cuore in tumulto. Là dentro, se non altro, avrebbe potuto nascondersi dal mondo. I suoi problemi svanivano tutte le volte che si circondava di incantesimi e pozioni. Aveva l’opportunità di trascorrere ore immerso in un mondo tutto suo, fino a quando qualcuno non gli ricordava che, se intendeva sopravvivere, il cibo non era opzionale.

    Il suo telefono prese a squillare. Quentin si frugò in tasca velocemente, il cuore che batteva all’impazzata. Da quando sua madre era stata ricoverata, ogni squillo di cellulare era una fonte di terrore: temeva sempre di udire la voce di un medico che annunciava la morte della donna.

    Quando si era rifiutato di abbandonare il capezzale della madre, lei aveva ordinato agli inservienti dell’ospedale di cacciarlo. Quentin aveva ricevuto l’ordine di non tornare per almeno due giorni. Trina era contraria al fatto che trascorresse le giornate a occuparsi di lei, ritenendolo poco salutare. Quentin, dal canto suo, credeva che la vera ragione fosse un’altra: sua madre non voleva che il figlio la vedesse spegnersi lentamente. A quanto pareva, per lei, la sofferenza che si leggeva nei suoi occhi era ancora più dolorosa della lotta contro il cancro.

    Quentin aveva davvero la madre migliore di tutto il mondo magico.

    Dopo aver posato lo sguardo sullo schermo del cellulare, si calmò. Ciao, Glenn.

    Ciao, Quotto. Ti va di uscire stasera?

    La voce squillante di Glenn Rhodes gli strappò un sorriso.

    Stavo andando in laboratorio.

    Ah, per la miseria. Non puoi continuare a nasconderti. Sappiamo tutti e due che non uscirai più da lì.

    Non è mica un buco nero, protestò Quentin.

    Ti concedo di rimanerci fino alle dieci. Poi vengo a prenderti. Il tono fermo della voce di Glenn suggeriva che non si sarebbe lasciato convincere.

    Quentin diede un’occhiata all’orologio. Aveva comunque cinque ore a disposizione. Siamo d’accordo. Chiamami quando sarai qui e aspettami fuori. Nessuno poteva entrare nel laboratorio senza autorizzazione.

    Glenn sospirò. Ti conviene. Non ho nessuna intenzione di aspettare che inventi chissà quale formula magica.

    Dovrò comunque tornare a casa per cambiarmi prima di uscire. Forse sarebbe meglio trovarci al mio appartamento.

    Eh no. Così riusciresti a trovare una scusa per non uscire. Verrò con te, così ti aiuterò anche a decidere cosa indossare.

    Ci vediamo, allora. Quentin non era certo ansioso di passare una serata all’insegna della musica alta e di balli poco edificanti, ma forse trascorrere un po’ di tempo in compagnia di un amico avrebbe contribuito ad alleviare il suo stress. Il laboratorio e la discoteca potevano anche essere la combinazione giusta. Del resto, non sarebbe potuto tornare all’ospedale fino al giorno dopo. Sua madre aveva dato istruzioni precise all’infermiera: Quentin non poteva andare a trovarla prima delle nove di mattina. Dettava legge persino dal suo letto di morte.

    Quentin chiuse la comunicazione e si rimise il telefono in tasca. Come sempre, gli enormi cartelli di avvertimento posti al di fuori del laboratorio gli strapparono un sorriso. Se anche qualcuno avesse ignorato che là dentro si sperimentasse con la magia, i cartelli che richiamavano all’obbligo di indossare occhiali protettivi, braccialetti anti-magia e scarpe antinfortunistiche a prova di pozione sarebbero stati un indizio più che sufficiente.

    Quentin appoggiò la mano sul pannello di accesso. Un bagliore ne tracciò il contorno prima che la luce, da rossa, diventasse verde. Quentin afferrò la maniglia della porta e la aprì tirando. Doveva fare in fretta. Una volta sbloccata, la porta si richiudeva automaticamente dopo solo cinque secondi.

    Fu colto da una zaffata simile all’odore di uova marce. Per poco non gli venne da vomitare. Qualcuno doveva aver commesso un errore di proporzioni epiche.

    Cribbio, Daisy, stai cercando di ammazzarci tutti? La voce del professor Rendall giunse alle orecchie di Quentin attraverso lo spesso vetro di protezione.

    Quentin non si voltò. Se fosse stato colto a sbirciare, avrebbe attirato su di sé l’attenzione di Rendall, ed evitare quel professore in particolare era diventato per lui un pilastro della sua carriera studentesca. La personalità acida del docente aveva distrutto l’orgoglio di più di un accademico. In molti erano fuggiti a causa sua.

    Quentin non udì la risposta di Daisy. Probabilmente era solo una questione di giorni prima che la ragazza abbandonasse gli studi. Una settimana prima, gli aveva detto in confidenza che non credeva di essere portata per quel genere di cose. E, guardando i suoi voti, Quentin non poteva che essere d’accordo. Daisy era una ragazza intelligente, ma il suo talento per l’incantamento non eguagliava la sua erudizione, e il suo potere magico era decisamente scarso.

    Quentin si diresse verso gli armadietti e si fermò di fronte a quello la cui targhetta riportava il suo nome. Tracciò un glifo col dito sulla superficie dello sportello mentre mormorava un incantesimo. Un lieve scampanellio confermò che aveva utilizzato la formula giusta. Una volta aperto l’armadietto, si ritrovò di fronte un paio di scarpe antinfortunistiche e guanti da lavoro. Quentin aveva comprato le più costose protezioni per le dita che si trovavano sul mercato, ma ne era valsa la pena: la loro magia era così efficace che non gli sembrava neppure di indossarli.

    Fu pronto in pochi istanti. Non aveva bisogno di indossare gli occhialoni protettivi: quando aveva conseguito la laurea magistrale, sua madre aveva speso una cifra scandalosa per comprargli un paio di occhiali anti-magia. La formula magica stampigliata sulla montatura gli dava la garanzia di poterli indossare per una vita, dovendo sostituire solo le lenti quando necessario. Dubitava che avrebbe mai potuto permettersene un altro paio. Un’uscita di tanto in tanto era l’unico lusso che si concedeva — e anche in quel caso, solo durante l’happy hour.

    Con decisione, Quentin scacciò l’ansia dalla sua mente. Distrarsi durante la creazione di un nuovo incantamento poteva portare solo che guai e lui non intendeva provocare un disastro a causa della propria inadempienza alle norme.

    Chiuse l’armadietto e si diresse verso il secondo controllo di sicurezza. Per superarlo dovette sottoporsi a una scansione della retina e pronunciare un breve incantesimo. Nessun individuo sprovvisto di poteri magici avrebbe potuto superare quella barriera.

    Un lieve bip confermò l’approvazione delle credenziali di Quentin. Poi la porta scorrevole si aprì. Entrando, Quentin cercò di non vomitare a causa del lezzo.

    Quella cretina di Daisy ha rovinato un’altra pozione, ringhiò Rendall.

    Quentin annuì, ma non fece commenti. Non intendeva gettare benzina sul fuoco dell’ipocrisia del professore.

    Nessun commento? Pensavo che, tra tutti, almeno lei avrebbe avuto qualcosa da dire di fronte all’incompetenza della sua collega.

    Io? E perché? Quentin non approvava quel genere di negatività, né intendeva aggredire verbalmente la ragazza. Qualunque cosa avesse potuto dirle, non sarebbe stato feroce come la rabbia che Daisy provava nei propri confronti, né come i commenti di Rendall.

    Il docente aggrottò la fronte. Avrebbe potuto essere considerato un uomo attraente, non fosse stato per le continue smorfie che ne deformavano i tratti. Borbottò all’indirizzo di Quentin: Perché, con l’eccezione del sottoscritto, lei è il nostro miglior mescitore di pozioni. Eppure ci tocca avere a che fare con imbecilli del genere.

    "Beh,

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