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Io non sono una backpacker
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Io non sono una backpacker

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About this ebook

Italia. Durante la grande crisi economica, una giovane italiana lascia tutto e parte per l'Australia. Sta cercando il suo posto nel mondo e lotterà con tutte le sue forze per costruirsi un futuro nella terra selvaggia del profondo Sud. Durante il suo viaggio, ricco di avventure e prove esistenziali, incontrerà molti backpackers, simpatici viaggiatori con lo "zaino in spalla" che girano il mondo per un anno. Ma lei non si sente parte di questo gruppo. Il suo viaggio ha uno scopo preciso: emigrare in un Paese migliore. Riuscirà nel suo intento o tornerà a casa? Una storia vera che forse accomuna i sogni e le speranze di molti giovani italiani del Nuovo Millennio.
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateJul 19, 2016
ISBN9788892618930
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    Io non sono una backpacker - Alessandra Casalinuovo

    amore.

    Premessa

    Amo l'Australia. L'amerò per sempre.

    Il paradiso in Terra. L'eden perfetto per ogni essere vivente. Un'isola gigantesca e straordinaria.

    Non so se quel che mi ha attratto maggiormente di essa sia la sua perenne natura selvaggia o l'essere lontana da tutto e tutti migliaia di chilometri. Di certo so che, per quanto sia un Paese davvero affascinante e coinvolgente, per quanto la sua terra e i suoi paesaggi incontaminati possano rubare l'anima a chiunque, spesso e volentieri la sua aridità e durezza si manifestano, come un ciclone, su tutto ciò che gli è estraneo... In particolar modo su noi stranieri.

    L’Australia per me ha rappresentato il sogno di una vita, una sfida con me stessa, una resa dei conti con la mia anima. Una prova al limite che coinvolge emozioni, riflessioni esistenziali, affetti, decisioni razionali ed irrazionali, che possono cambiare, non solo la propria vita, ma anche, e soprattutto, ciò che si è dentro... Nel profondo.

    Dicono che il vero viaggio non sia quello effettivamente intrapreso, ma tutta la sua preparazione, il coinvolgimento emotivo che ti pervade prima ancora di arrivare a destinazione.

    Per me " il viaggio " racchiude in sé il pre-partenza, il viaggio vero e proprio e il rientro, se ne è previsto uno!

    Ho sentito l'Australia chiamarmi, l'ho sentita nel profondo come fosse parte della mia anima pur essendo italiana. Ci sono arrivata per ben due volte, a distanza di 12 anni, e forse la mia esperienza e la mia curiosità nel viverla può aiutare coloro che sentono il bisogno di affrontare un incredibile viaggio!

    Per noi sognatori, per noi appassionati di scoprire il mondo e per tutti coloro che hanno pensato almeno una volta nella vita di lasciar tutto e partire... Per noi italiani, sempre alla ricerca di un posto nel Mondo... Questo libro è per noi!

    Vi racconterò la mia storia, simile per certi versi a quella di tanti coraggiosi esploratori del Nuovo Millennio.

    Durante il mio viaggio ho scritto centinaia di e-mail alle persone che amo, aggiornandole sul mio cammino. Queste mail, oggi, sono il ricordo più prezioso che ho della mia Australia. Come se fossero un diario di vita, fatto di avventure, sogni, emozioni e riflessioni.

    Internet oggi permette a milioni di persone in tempo reale di scriversi lettere, chattare, inviarsi foto e video, ma soprattutto di comunicare!

    Nuove possibilità digitali nascono ogni giorno per la gioia di milioni di sognatori virtuali ed oggi con un click si possono conoscere e incontrare persone da qualsiasi parte del mondo.

    E' la nuova Era dei giovani digitali senza confini!

    In questo mondo super tecnologico cambiano non solo i modi di comunicare, ma si stravolge completamente il senso più profondo della relazione umana. Per non parlare del reale significato di letteratura e grammatica italiana.

    E-mail, blog, chat ... Chi usa più la punteggiatura?

    Nickname, soprannomi buffi e modi di dire quotidiani, diventano parte essenziale di un nuovo modo di gridare al mondo chi siamo e cosa sogniamo.

    Io faccio parte di questa generazione e voglio condividere con voi il mio viaggio, nello stesso modo in cui l'ho vissuto con i miei cari, anche se a 17.000 km di distanza!

    Introduzione

    Viaggia con me, ti porterò nel mio mondo.

    Io sono semplicemente Ale. Alex per gli Australiani.

    Il mio primo viaggio in Australia inizia nel lontano 1996.

    All'epoca i miei genitori si arrabattavano per far crescere me e i miei fratelli nel modo migliore possibile. Mio padre era un militare dell'Esercito e mia madre a quei tempi era commessa all'UPIM.

    In Italia la vita era ancora confortevole. Le strade sicure anche nel cuore della notte.

    La routine quotidiana tra scuola, casa, sport e amici. Io frequentavo il liceo magistrale allora.

    La mia infanzia era finita forzatamente da molti anni con la separazione dei miei genitori, ma nelle mie nuove vesti adolescenziali non ho mai avuto un gran conforto.

    A casa tutto sembrava peggiorare di anno in anno.

    La malattia di mio padre, il suo trasferimento a Palermo, le crisi esistenziali di una super mamma sola che deve occuparsi di tutto e tutti. Le responsabilità degli adulti mi hanno sempre investito e assorbito con tale forza che non sono mai stata una vera adolescente.

    A scuola mi sentivo come un pesce rosso in mezzo a tanti meravigliosi pesciolini tropicali...

    Non riuscivo a capire le chiacchiere e i ridolini continui delle mie compagne. Stupidera, così la chiamava mia mamma. Sta di fatto che io proprio non capivo perché parlare tanto di ragazzi, discoteca, uscite serali, moda e quant'altro. Finita la scuola dovevo studiare, occuparmi di mio fratello e sostenere la fragile forza di mia madre. Io ero grande, e seria... Troppo seria.

    Non ricordo esattamente come sia andata. So solo che un giorno mia mamma mi parlò di un'associazione: Intercultura. Questa associazione portava i ragazzi italiani all'estero durante le vacanze estive. Mia mamma mi spiegò che avrei potuto fare un viaggio, ovunque, nel Mondo.

    Dovevo solo scegliere. Credo che questo sia stato il suo modo per chiedere scusa per tanti dolori, tanti traumi e una vita perennemente condizionata dalla malattia di mio padre.

    Io scelsi. Australia.

    Avevo una terribile paura di lasciare casa. Mia mamma, più che altro. Io ero la sua fan migliore, la sua roccia, la sua spalla destra.

    Ma tutto si sarebbe concluso in un paio di mesi. Un breve viaggio in un mondo nuovo.

    Intercultura organizzò tutto. Sarei stata ospite di una vera famiglia australiana. Avrei avuto due sorelle più o meno coetanee. Di giorno avrei frequentato un college privato e seguito un piano personalizzato di studio. Dopo la scuola avrei vissuto esperienze e avventure uniche.

    Pregai. Molto. Pregai che per due mesi mio padre stesse bene.

    Partii. Sola, per la prima volta in tutta la mia vita. Avevo 16 anni.

    L'altro capo del Mondo si rivelò incredibilmente meraviglioso.

    Amai tutto dell'Australia.

    Amai le sue campagne sconfinate, le casette a misura d'uomo. La possibilità di alzarti al mattino e fare colazione in giardino tra cavalli e pecore. L'oceano caldo e ricco di una sorprendente vita subacquea. Le città costruite sulla spiaggia. Le persone, così anticamente radicate in costumi e abitudini semplici e familiari. La famiglia.

    Forse questa è stata per me la più grande novità e scoperta.

    La famiglia che mi ospitò fu talmente dolce e premurosa, che per un attimo mi illusi davvero di essere parte di questa nuova vita.

    Un padre e una madre simpatici, divertenti, spensierati, ma soprattutto stabili.

    Avevo due sorelle nel pieno di una specie di adulta adolescenza che studiavano in un college impressionante. A scuola mi aiutarono a costruire un percorso di studio assolutamente assurdo. Dovevo seguire obbligatoriamente le lezioni di inglese e letteratura, ma oltre a ciò potevo frequentare tutti i corsi che volevo. Nella scuola gli studenti potevano godere di un teatro, di strumenti musicali e di tutte le attrezzature sportive che volevano. Nel parco del college trionfava una piscina olimpionica, un campo da football e un altro campo perfettamente tagliato in stile inglese dove sperimentare cricket, calcio e rugby.

    Scelsi arte, biologia e una specie di educazione motoria.

    Con grande sorpresa scoprii così che queste discipline, per me vere e proprie passioni troppo poco coltivate in Italia, eguagliavano per importanza e fascino le lezioni di inglese e di letteratura.

    La professoressa di arte impartiva le sue lezioni in un vero laboratorio artistico e spesso ci faceva lavorare en plein air, in parchi e giardini veri.

    Il corso di motoria, invece, prevedeva gite al mare per provare a surfare nell'Oceano Indiano anche in pieno inverno.

    Perfino il corso di biologia si è rivelato superlativo. Il corso si svolgeva in un laboratorio scientifico che farebbe invidia ad una università, con microscopi, vetrini e materiale interattivo per studiare qualsiasi forma vivente del Pianeta.

    Alex era la novità italiana e lì a scuola si studia Italiano. La comunità di Italiani è infatti talmente radicata che in diverse scuole gli alunni studiano la nostra lingua esattamente come noi la loro.

    Nel giro di pochi giorni tutti sapevano del mio arrivo. Perfino le bimbe delle elementari volevano conoscere la straniera italiana. Volevano provare le poche parole imparate e sentire la mia voce, la mia lingua. Diventai una delle ragazze più popolari di tutto il college.

    Non credo di aver mai conosciuto così tanti coetanei in poco tempo. Non tutti ovviamente diventarono dei veri e propri amici, ma lì trovai davvero delle compagne sincere con cui condividere giornate adolescenziali spensierate.

    Era la scuola dei miei sogni!

    Il pomeriggio le mie sorelle lavoravano in qualche fast food. Dovevano risparmiare per il loro grande anno sabbatico. Mi spiegarono, cioè, che tutti gli Australiani dopo il liceo avevano la possibilità di prendersi un anno di pausa, prima di iniziare l'università.

    Visitano gran parte dell'Europa e l'Italia rimane tuttora una delle mete preferite con cui cominciare il viaggio. Poi si continua il tour a Parigi, Londra, Berlino...

    Insomma una sorta di rito di passaggio tra il mondo adolescenziale e quello degli adulti. Il loro viaggio sarebbe iniziato l'anno successivo, al termine del liceo, a circa 17 anni.

    Pensai che il mio viaggio rendeva anche me un po’ australiana.

    Per due mesi fui felice, viva, assetata di sapere e di conoscere.

    Il giorno del mio ritorno, in aeroporto, piansi. Disperatamente.

    Avevo respirato, gustato e sentito con ogni cellula del mio corpo l'Australia. Ormai faceva parte di me, una visione di vita meravigliosamente umana. Un paradiso terrestre in sinergia cosmica con la Terra e l'Universo.

    Il giorno del mio risveglio in Italia giurai a me stessa che da grande sarei tornata in quei luoghi e forse ci sarei rimasta per sempre.

    Di quel giorno francamente ricordo solo questo.

    La vita italiana mi pareva ancora più deprimente e monotona, ma soprattutto soffocante e stretta. Ci misi un po’ per tornare alla normalità, ma piano piano l'adolescenza si fece spazio facendomi entrare nella conformante società a tutti gli effetti.

    Fu proprio in questa fase della mia vita che conobbi Dario.

    L'ennesimo trasloco di famiglia mi portò in un piccolo paesino in provincia. In realtà non è nemmeno un paese e si definirebbe meglio con la parola quartiere. Un paio di vie a qualche chilometro da Como. Un agglomerato di palazzine, una piazzetta, una chiesa, un alimentari, una farmacia, un'edicola e un paio di bar che, in realtà, sono stati la mia casa durante l'adolescenza.

    Anyway...

    Casa nuova ma stretta, troppo stretta, appiccicata ad altri mille appartamenti.

    E fra queste palazzine un pomeriggio si contraddistingue lui. Il mio nuovo vicino di casa.

    Dario appunto.

    I dodici anni a seguire hanno rappresentato la nostra profonda amicizia. Più scoprivo il suo mondo e più lo amavo. Lui tanto simile a me nella vita, terribilmente diverso da me nel carattere.

    I nostri cammini sono sempre stati uniti da un filo magico invisibile, ma il nostro amore rimase per entrambi un segreto prezioso da custodire gelosamente.

    Per noi è stato come avere un tesoro e allo stesso tempo una paura terribile di rovinarlo, sminuirlo, distruggerlo. Per questo non siamo mai stati insieme. Siamo solo cresciuti insieme. Amandoci, terribilmente, a distanza ravvicinata. Per undici anni.

    Anni in cui ciascuno di noi ha tirato fuori il meglio di sé vivendo ogni attimo al limite del possibile. E così, con Dario, arrivarono le vere amiche. Roby, Alice, Michi, Dada, Betta, e Silvia.

    Anime con cui ho condiviso le avventure giovanili: le prime vacanze al mare, i primi morosi con cui uscire, le serate al Tartaruga (locale con musica rock dal vivo straordinariamente geniale nella mia città), i pianti per le storie finite, la laurea, le prime esperienze professionali... Non solo.

    Ale ora faceva parte di una vera compagnia.

    Personaggi strambi, uno diverso dall'altro, semplici ragazzi di quartiere, in giro per strada tutto il giorno con i loro scooter a fare ingaggi e parlare di marmitte Polini. Trascorrevamo le giornate giocando a flipper nel nostro bar-casa.

    I proprietari, una coppia senza figli, ci adottarono senza molta scelta e poco a poco entrarono a far parte della nostra grande famiglia. Diventammo noi, credo, i loro figli.

    Anime irrequiete ma buone, con il disperato bisogno di un posto sicuro in cui crescere. Amavamo inoltre trascorre i weekend e le sere in un pratone vicino ascoltando Bob Marley e giocando a pallone. Sono stati anni felici, nonostante le mie continue responsabilità familiari e le crisi saltuarie di mio padre, che mi vedeva correre a Palermo in suo soccorso.

    Mia madre, donna all'antica, mi ha imposto il coprifuoco fino all'età di 24 anni. Poi si è arresa, ma garantisco che è stata dura.

    I miei amici organizzavano gite e uscite serali che ovviamente non prevedevano il rientro di Cenerentola. Ma a mezzanotte spaccata prendevano l'auto e mi riportavano diligentemente a casa ogni sabato sera. Una volta presa la patente, mi riportavo a casa da sola lasciando la festa nel cuore del divertimento e, quando potevo, restavo da qualche amica con orari meno intransigenti a dormire.

    La fase università ha cambiato molte cose. La maggior parte degli amici lasciò gli studi e cominciò a lavorare. Il tempo a disposizione per frequentarci diminuiva radicalmente di anno in anno. Piano piano ciascuno di noi ha preso strade diverse e la compagnia ha ufficialmente smesso di esistere con i primi matrimoni.

    Per quanto mi riguarda l'università mi portò in un mondo ancora più differente.

    Incontrai persone colte, ambiziose, sognatori del futuro che volevano spiccare il volo e distinguersi professionalmente. Fu qui che conobbi Monica.

    Oggi Monica è una psicologa, volontaria umanitaria al confine con il Libano. Le nostre strade si sono separate al termine degli studi, ma le nostre vite sono rimaste legate dal comune e insaziabile bisogno di essere qualcuno in questo Mondo.

    Per pagarmi gli studi, iniziai a lavorare in un ristorante. Alle sei del mattino prendevo il treno per frequentare i corsi a Milano e la sera lavoravo. Lo studio, il lavoro e casa assorbivano gran parte delle mie energie e del mio giovane tempo.

    Amavo studiare. Lo studio sazia la mia continua sete di conoscere, sapere, saper fare, saper vivere. All'inizio scelsi veterinaria e per un po’ il mio amore per gli animali ha decisamente superato quello per gli esseri umani. Due anni stupendi e con ottimi voti. Poi un giorno un professore universitario parlò del suo-nostro futuro mestiere e di noi povere capre desiderose di diventare come lui in una maniera talmente disgustosa che mi ritirai.

    Mi laureai cinque anni dopo in psicologia dell'infanzia e mi specializzai in assistenza umanitaria. Volevo fare qualcosa di grande. Essere qualcuno tra i grandi. Volevo aiutare il mondo, i bambini e tutti i popoli della Terra.

    Più studiavo e facevo esperienza, più mi rendevo conto che in Italia non c'era posto per me.

    A Como pare che si lavori solo per raccomandazione e ogni centro in cui facevo esperienza mi sembrava sconvolgentemente mal gestito, oltre che politicamente corrotto.

    Mettersi in proprio sarebbe stato un suicidio assicurato e nessuna organizzazione umanitaria voleva darmi un briciolo di stipendio neppure per finire in un angolo remoto del Pianeta.

    Il mio mondo, l'Italia, non offriva nulla di ciò che amavo veramente.

    Como, la mia città, iniziava a venirmi stretta addosso. La stessa società in cui sono cresciuta mi risultava sempre più incomprensibile e vuota.

    La mia cultura, le mie radici, la mia casa. Non sopportavo più niente.

    Mi sentivo compressa, limitata e per giunta malata. Spesso mi chiedevo se non fossi io il vero problema. Ero una disadattata sociale. O almeno così mi sentivo.

    Le mie coetanee si allontanavano sempre di più dal mio concetto di esistenza...

    Ogni sera happy hour in vari bar stilosi con ragazzi diversi e si divertivano come matte. Io non uscivo quasi mai, se non per fare lunghe passeggiate in montagna o al lago con Alice, una delle poche fedeli confidenti con cui riuscivo ancora a relazionarmi. Le parlavo del mio desiderio di partire, di vivere davvero ciò per cui avevo tanto studiato. Spesso le raccontavo del viaggio che avevo fatto anni prima in Australia e i ricordi piano piano si fecero pressanti nella mia mente.

    L’Australia invadeva i miei sogni di trovare il Paese perfetto. Perfetto per me, si intende.

    Ricca di terre sconfinate, praterie immense su cui cavalcare a perdi fiato. Parchi naturali, ovunque. E aborigeni, tra le altre particolarità. Comunità appartenenti ad una cultura che ho sempre amato e con cui avrei voluto lavorare.

    Alice mi ascoltava sempre con entusiasmo, nonostante sentisse i miei racconti australiani quasi ogni giorno. Povera, la mia fan, devo averle fatto venire il mal di testa!

    Sognavamo insieme ad occhi aperti per ore e ogni volta mi chiedeva: Be’? Che aspetti? Si può fare!

    Alice è stata da sempre la promotrice e sostenitrice ufficiale delle mie follie. La sua razionalità coraggiosa, essendo uscita di casa a 14 anni ed essendosi fatta adulta da sola, erano per me fonte di profonda ammirazione e stima.

    Da parte mia, il solo pensiero di allontanarmi da casa per troppo tempo era invece motivo di ansie e stress a cui rinunciavo volentieri. Non mi ero mai allontanata dai miei. Come avrei potuto lasciarli soli?

    Nel 2006 un'amica mi parlò di una scuola di bambini disagiati in Repubblica Dominicana. I miei progetti umanitari piacquero molto ai responsabili e mi chiesero se volevo trascorrere un periodo di tempo da loro e attuare queste attività nelle loro scuole.

    Rimasi in Dominicana per quasi tre mesi. Lavorai come insegnante, ovviamente volontaria, in una scuola elementare e imparai ad amare quei piccoli bambini cioccolatino come fossero figli miei.

    Anche questa volta il ritorno a casa fu veramente sofferto, soprattutto perché ormai sapevo cosa volevo dalla mia vita.

    Non avevo ancora trovato il mio posto nel Mondo, ma avevo scoperto cosa volevo fare. Lavorare con i bambini in difficoltà. Possibilmente, questa volta, nella terra che amavo da sempre: l’Australia.

    Como, la mia cultura, le possibilità che mi si aprivano al ritorno in patria, erano insofferenti quanto prima.

    Dicono che l’ignoranza sia una terribile cosa. A volte, invece, ignorare è ben più utile di quanto si pensi. Se non conosci, non puoi desiderare. Se non hai provato, non puoi sapere cosa si cela dietro certe esperienze.

    I miei bambini dominicani non sapevano tante cose, eppure erano felici lo stesso e con poco. Non sapevano nemmeno che esistessero certe opportunità di vita. E quindi non potevano desiderarle. Per loro era già molto poter andare a scuola.

    Ma noi sappiamo. Noi conosciamo e abbiamo vissuto ciò che loro nemmeno si sognerebbero. L’acqua calda in casa per esempio. L’elettricità. Le fognature. Case prive di pavimenti di cemento. Il wc che non sia un buco scavato nel prato fronte casa. Loro certe cose non le conoscono e non potranno mai averle.

    Io in compenso conosco fin troppo. Ho avuto così tanto che non so neppure apprezzarlo. E oggi mi ritrovo a desiderare sempre di più, senza accontentarmi mai.

    Avrei dovuto imparare di più da quei bambini. Sarei dovuta tornare a casa e sentirmi grata dell’amore dei miei genitori, delle possibilità che ho avuto nella vita. Invece tutte queste esperienze mi hanno lasciato solo una gran voglia di vivere e di scappare di nuovo. Rincorrere i miei sogni, non perdere altro tempo perché la vita è troppo breve per passare un altro giorno da infelice.

    Siamo noi i promotori del nostro futuro e non è scritto da nessuna parte che, se sono nata a Como, ci devo pure invecchiare e morire.

    Se voglio fare la psicologa o se voglio semplicemente fare la contadina, in Australia, me lo può impedire solo il Dipartimento dell’Immigrazione.

    E’ un sogno folle, ma è il mio sogno. Ho il diritto di vederlo realizzato e solo io posso farlo.

    Carica di mille aspettative e di una determinazione mai avuta prima, ho così iniziato a preparare il mio nuovo viaggio.

    Per risparmiare ho cominciato a lavorare come una disperata. Accettavo tutto. Contratti a progetto, a chiamata, turni al supermercato... Tutto.

    Risparmiavo ogni centesimo come una formichina meticolosa e limitavo le spese personali all'indispensabile. Un periodo estenuante, senza concedermi nulla, pur di arrivare alla meta il prima possibile.

    Cominciai a fare ricerche su Internet su cosa mi serviva per partire, a parte il visto e il passaporto. Scoprii che esisteva un visto di un anno per lavoratori temporanei chiamato Working Holiday Visa, che mi permetteva qualora avessi lavorato in una fattoria per tre mesi di estendere il visto ad un ulteriore anno. Il tempo, se devi realizzare un sogno, è un elemento fondamentale. E un anno in più per pianificare un eventuale trasferimento a vita era di vitale importanza. Il come ottenerlo, cioè lavorando nelle fattorie australiane, si rivelava parte del sogno stesso e quindi ancora più piacevole. Per poter praticare la mia professione di psicologa, invece, la faccenda si complicava un po'.

    Avrei dovuto far riconoscere i miei titoli di studio in Oz (soprannome di Australia) e registrarmi al loro Albo o sottospecie. Senza questa prassi non avrei mai potuto praticare la mia professione. Delusa da tanta burocrazia, dovetti quindi posticipare la mia partenza tanto sperata e rimandai di un anno ogni progetto australiano.

    Avevo 27 anni, una famiglia instabile sempre più attaccata al mio cordone ombelicale e un futuro professionale inesistente. La mazzata finale arrivò poco dopo quando mi diagnosticarono un'endometriosi in stato avanzato. Mi operarono nel giro di pochi mesi e la riabilitazione, in casa, fu piuttosto lenta. I medici mi dissero che avevo poche possibilità di avere bambini in futuro e che il tumore, seppur benigno, poteva ricomparire in qualsiasi momento.

    Mi sentii una schifezza priva di qualsiasi base sicura. Relazioni perse, una salute a dir poco cagionevole, una famiglia opprimente per quanto adorabile, una professione sbagliata... Ero una donna, mal funzionante.

    Il mondo si era letteralmente fermato, con me dentro. Nessun uomo avrebbe desiderato una donna così. Milioni di pensieri mi assorbivano il cervello. Ale non esisteva più. Mi sentivo svuotata, smarrita, confusa. Tanti progetti, tanti sogni, e poi?

    Avevo trascorso una vita a preoccuparmi degli altri. Dei miei cari. Avevo rinunciato a tante cose e quando era finalmente il mio momento, il mio tempo, ecco arrivare l’ennesimo problema. Un piccolo ostacolo che avrebbe fatto parte di me per sempre. Limitando tutta me stessa e le cose che contano di più al mondo per una donna, o per lo meno per me, avere una famiglia.

    Da anni ormai non trovavo un ragazzo interessante con cui uscire. Ci avevo provato, ma erano tutti noiosi e superficiali. Mi stufavo di loro alla prima uscita. Io cercavo altro. Volevo di più. E alla fine non provavo nemmeno a conoscerli. Le loro scelte impellenti riguardavano dove andare a fare l’aperitivo e quale paio di scarpe comprare.

    Non ne potevo più e avevo bisogno di aria.

    Dovevo riorganizzare completamente me stessa. Non potevo più lavorare così tanto perché la malattia mi faceva crollare dopo 4 ore di lavoro.

    Come avrei fatto da sola, dall’altra parte del mondo?

    Dopo l’operazione stavo un po’ meglio, ma il mio corpo non era lo stesso. Non andava al passo con la mia mente e la voglia di fare. I miei genitori ignoravano il mio dolore. Loro cercavano di dimenticare il fatto che fossi malata.

    Mi spingevano a riprendere la mia vita come se nulla fosse, a tornare a fare la figlia perfetta. Avevo in ballo l'esame di abilitazione, un'incertissima carriera che mi aspettava dietro l’angolo. Insomma non era successo poi molto. Stai bene, sei viva, non muori. Tutto finito, è andata bene.

    Io ci provavo con tutta me stessa, ma dentro non mi sentivo. Non lo accettavo, faceva male. Ennesimamente dolore e incomprensione. Tutto ciò non fece altro che crearmi un forte senso di schifo e rifiuto. Odiavo me stessa per non avermi fatto felice prima, per essere così debole e legata alle mie frustrazioni. Dovevo fare qualcosa senza perdere altro tempo. Per me. Solo per me.

    Malata o no, la mia felicità aveva la priorità assoluta e nessuno poteva ulteriormente annullare me stessa. Questa malattia divenne il mio coraggio ritrovato. Potevo farcela, dovevo realizzare il mio sogno e partire. Cercare il mio posto nel mondo, ritrovare l’Ale, la vera Ale, era l’unica cosa che contava.

    Allora decisi che era giunto il momento di rispettarmi, di ricordare, di ritornare nell'unico posto che mi aveva fatto sentire viva e serena.

    Superai l'esame di abilitazione. Misi insieme tutti i miei risparmi. Comprai un biglietto aereo e andai da mia mamma.

    - Mamma, ho deciso. Vado in Australia. -

    Tutto sommato prese bene la notizia. Meglio di quanto mi aspettassi. Nel giro di pochi giorni tutti sapevano che sarei partita, forse per sempre. Parenti e amici organizzarono una grande festa per me. Mi commossi. Non pensavo di essere davvero nel loro cuore. Lo ero.

    Poco prima di partire incontrai Dario, l'unico tra gli amici che non avevo ancora perso.

    Mi chiese di restare, di non andare. Voleva una possibilità, una, reale.

    - Proviamoci Ale, cazzo. Adesso. O sarà troppo tardi. -

    Quel giorno un pezzo del mio cuore smise di battere, ma lui non sapeva. Non sapeva chi si voleva appioppare. Non ero più la ragazza amata fino ad allora. Non mi sentivo neppure una donna in quel momento. Dovevo andare via, da tutti, anche da lui, che non meritava certo una disoccupata sterile da accudire continuamente.

    Non ebbi il coraggio di dirgli della mia malattia. Il modo in cui mi guardava era lo stesso da 11 anni. Non volevo perderlo. Non lui. Volevo che rimanesse il mio Dario. L’unico che mi aveva amato davvero, da lontano e senza pretese. Non volevo che quello sguardo colmo di stima e amore se ne andasse via per sempre. E sapevo che il suo desiderio di diventare padre era grande quanto il mio di essere mamma, un giorno. Odiavo l’idea che potesse pensarmi come una donna a metà. Preferivo che mi odiasse per la mia indipendenza e voglia di fuggire, piuttosto che per questo.

    Partii.

    28 ottobre 2008. Milano Malpensa. Destinazione: Sydney.

    Capitolo 1

    Il viaggio comincia nei nostri pensieri

    Non c’è nulla di più emozionante che prepararsi per una grande avventura. Breve o lunga che sia, tu sai che in qualche modo ti segnerà e diventerà parte dei tuoi ricordi per sempre.

    Dietro a ogni viaggio, si cela un duro lavoro di preparazione. Non solo fisica, ed economica, ma soprattutto mentale. L’adrenalina che si prova aggiungendo ogni giorno un piccolo tassello verso la meta, è un’esperienza che vale quanto il viaggio stesso. E’ un conto alla rovescia verso il tuo sogno, magari quello che desideri da una vita.

    Tutto intorno a te cambia. Le tue priorità, i tuoi bisogni, i tuoi valori. Tutto si modifica e perfino le persone che ti circondano cominciano a relazionarsi con te in modi particolarmente sorprendenti.

    Tu diventi l’eroe.

    Non avevi mai pensato che tante persone potessero comprendere il tuo bisogno di partire e lasciare la loro vita quotidiana.

    Invece, il mondo è pieno di sognatori vagabondi che si alzano ogni mattina e si immaginano in una realtà diversa. Si vestono, si recano a lavoro e iniziano la routine giornaliera ancora con quel sospiro nel cuore.

    Forse … Un giorno, magari … Oppure no … Non in questa vita. Facciamo nella prossima.

    Pochi hanno il coraggio e la fortuna di scegliere di partire e provare a vivere nel luogo a cui sentono di appartenere. Allora sognano attraverso te. Ti stimano, ti ammirano. Tu sì che hai coraggio.

    Ma come fai? E la famiglia? Il lavoro? E gli amici?

    Milioni di domande che pretendono una risposta pratica per colmare i loro dubbi e ansie. Nel caso in cui un giorno …

    Ci sono davvero così tanti problemi? Sì, forse un po’, ma non è una decisione così difficile ed irrazionale. Bisogna informarsi, organizzarsi e sbattersi, come in tutte le altre scelte di vita.

    Si devono fare i compiti a casa per non rischiare troppo, ma quando si vuole davvero qualcosa non ci sono limiti o confini. Non si è degli eroi per questo. E non serve neppure così tanto coraggio. Soprattutto se il viaggio è anche una fuga. Ci vuole ben altro fervore per restare dove tutto ti assorbe e ricominciare da capo dove hai sempre vissuto. Lasciare è facile, restare è difficile. Scacciare i tuoi fantasmi e risolvere i problemi affrontandoli faccia a faccia. Questo è essere una grande persona.

    Ci sono i pro e i contro anche nell’abbandonare tutto. A qualcosa dovrai sempre rinunciare. E’ il prezzo che devi pagare, comunque, in qualche modo. Solo tu puoi sapere quanto ti costerà e cosa ha più valore per te stesso.

    E mentre conoscenti e parenti continuano a sospirare e aggiornarsi con avidità sui tuoi progressi, tu fai i bagagli, controlli che tutto sia organizzato alla perfezione ed inizi a realizzare davvero che sei quasi a meno tre, meno due, meno uno.

    Il viaggio è arrivato. Tutto è pronto. Ci siamo, si parte. Non si può più tornare indietro.

    Una miriade di dubbi e perplessità esplodono all’improvviso.

    Ma che ci vado a fare? Che diavolo sto facendo?

    Ho quasi 30 anni, sono una folle ad aver pensato un solo istante di potercela fare.

    Oddio … Il panico!

    Nota: Perdonate la pateticità di alcune mail ... Sono una mammona, lo confesso!

    Parte di questo viaggio doveva servire per staccare il famoso cordone ombelicale, ma non sempre ha funzionato. Son fiera della mia famiglia e non mi vergogno di provare tanto amore per i miei cari. Son sicura che chi ha vissuto lontano da casa per un lungo periodo, saprà comprendere i miei sentimenti e magari farsi quattro risate se sono troppo sdolcinata e patetica!

    Chat pre viaggio

    Chat con Monica, 22 febbraio 2008

    Monica, Santo Domingo, mentre lavora nell’Ambasciata Italiana locale.

    Ale, Italia, ha da poco ricevuto il suo Working Holiday Visa.

    Chiacchierata internazionale sul senso del Mondo e della vita!

    15.39

    Monica: ciao amore miooooooooooooooooooooooooooooooo

    15.40 me: ciaooooooooooooooo

    Monica: hai visto che siamo riusciteeeeeeeeeeeeeeeeeeee

    me: che figata siamo davvero in linea contemporaneamente?

    non ci credo.....!!!!!!!

    Monica: ma certo amore mioooooooooooooooooo

    visto??

    me: grande news...oggi mi è arrivato il visto per l'Australia.......!!!!!!!!!!!!

    15.41 Monica: noooooooooooooooooooooooo

    davvero amica mia??????????????????????????

    vistoooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooo

    me: come noooooooooooooooooooooo

    siiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii

    15.42 Monica: ma ovviooooooooooooo

    me: e adesso chi mi tiene più in Italia!!

    tu amore come stai?

    Monica: sto bene amore mio. BENE DAVVERO.

    15.43 me: ho letto la tua mail...sono contenta che stai vivendo questi momenti da favola...era ora!

    sei a lavoro adesso?

    Monica: SI AMO. TU?

    15.45 me: si fino alle 20...che palle...

    non ho capito se sei a lavoro o in giro..

    Monica: NO SONO AL LAVORO AMORE, SONO LE 10 E MEZZA

    15.46 sono in Ambasciata

    me: senti ma ora come faccio a sapere quando sei in linea o no

    15.47 Monica: allora

    quando entri in chat e vedi pallino verde vicino mio nome

    è perché sono in linea

    se lo vedi rosso ci sono ma sono occupata.

    se pallino è grigio è perché non ci sono

    ci sei amo?

    15.48 me: si ci sono

    Monica: ok :D

    me: ogni tanto mi rompono le palle, ma ci sono sempre!!!!!

    Monica: se non risp è perché è tornato tutor, tata, e non posso più ok?

    me: ok ma perché ora mi dà rosso?

    15.50 Monica: perché ho messo io che sono occupata.

    così altri non mi disturbano amore

    me: ah...brava!!

    15.51 Monica: amo hai letto sul mio blog?

    ti sono arrivate le foto?

    me: non ancora ma oggi guardo tutto

    Monica: ok amo

    15.52 me: scusami ma questo periodo son stata un po’ out...

    me: mi mancano 2 mesi esatti e finisco tirocinio di m...

    Monica: wow che figata amore

    sono troppo felice per te! :D

    Monica: anche io sono felice ma mi succedono cose assurde qui

    ti spiego.

    io qui sono sempre serena e conosco una Monica che non conoscevo. Sempre con sorriso Ale. La notte però faccio sempre incubi di essere a casa in Italia, allora mi sveglio e piango.

    Ogni notte sempre lo stesso incubo da almeno 2 settimane

    me: cosa sogni ami?

    Monica: mi sveglio che vedo la mia camera a casa e piango

    sogno che mi sveglio nel letto a casa mia e tra il sonno e la veglia non capisco dove sono. Poi appena realizzo di essere ancora qui sento un sollievo che mi fa piangere.

    Ale ho paura.

    me: un bell'incubo...il tuo inconscio ti gioca brutti scherzi...

    Monica: tra soli 2 mesi tutto questo finisce

    me: senti

    Monica: e io non posso tornare se non voglio morire.

    me: aspetta...

    15.56 Monica: cioè non posso tornare capisci? che torno a fare?

    Devo iniziare a trovare un lavoro e non voglio in Italia capisci?

    me: quale è la tua casa? lo sai?

    15.57 Monica: io sento che se stessi qui, nella Santo Domingo fuori dai barrios, con uno stipendio italiano o in dollari ho trovato il mio posto.

    me: hai sentito o visto Elio?

    Monica: no Ale ma ho parlato con Maria

    Non credo potrei accettare di vivere con 8mila pesos al mese, ne spendo 2 mila solo per la spesa

    Maria fa una vita DAVVERO DURA QUI

    E IO ADESSO NON POSSO CONTINUARE A DIRE DI PROVARE E VEDERE, ORA DEVO INIZIARE A LAVORARE SUL SERIO ALE.

    me: amore sarà dura avere uno stipendio italiano lì

    Monica: LO SO A MENO CHE DIO MI LASCI IN AMBASCIATA A LAVORARE

    MA LO SAI CHE LA SEGRETARIA SEMPLICE QUI PRENDE 2500 EURO

    MA LO SAI....

    me: devi cercare di capire quali sono le tue priorità, le tue e non quelle dei tuoi...

    Monica: SAI CHE VUOL DIRE QUI?

    16.00 me: si lo so è un affronto alla povertà!!!

    ami non ti servono tutti quei soldi per vivere lì

    Monica: LO SO AMORE MA IN PESOS NON PUOI FARTI PAGARE.

    SENTI IO VIVO NELLA ZONA PIU ASSURDA NON ESCO UNA SOLA sera, faccio la vita da reclusa ed esco solo il weekend, ma al mese mi partono 700 euro.

    Monica: mi manchi

    dici che ci rivedremo mai?

    me: anche tu

    Monica: ................

    me: certo

    Monica: ci penso ogni giorno, io e te ci rivedremo?

    16.04 me: intanto inizia a sognare me così smetti di fare incubi!

    Monica: :D

    me: non so amore ma credo di sì

    in ogni caso sei dentro di me e non ti cambio con nessuna

    Monica: .................

    e nemmeno io

    quando te ne vai allora

    mese preciso lo sai?

    16.05 me: e poi con questa super tecnologia possiamo comunicare di brutto!

    a ottobre......sicuro!

    Monica: amore è tornato tutor azz

    intanto ti abbraccio forte forte se riesco ti scrivo qua e là

    me: ok allora a dopo io sono qui bacio

    16.06 Monica: ok :)

    intanto però scrivimi di te che fai

    16.07 me: niente che faccio... sono in mezzo ai miei nonnini della Croce Verde, che ogni tanto mi chiedono qualcosa e aspetto ottobre per vedere il sole... tirocinio due mesi e son libera, poi ho Esame di Stato, che farò a Torino, così in max due mesi saprò risultato e poi parto!!!!

    16.09 Monica: ottimo Ale

    io Esame di Stato neanche ci penso più

    proprio non sarà più la mia strada

    Monica: ho la conferma

    me: la conferma di che?

    Monica: conferma che a me di fare la psicologa in Italia proprio... preferisco vendere empanada qui!

    cioè proprio non mi serve il titolo Ale

    mi serve il sole

    me: ah guarda quello nemmeno a me... tanto con o senza titolo ci aspetta comunque la disoccupazione!!!!!!!!!!

    Monica: capisci....

    e sono capace di raggiungerti là se non mi va bene qui

    ajjajajajajajajajajajajajajajaja

    apriamo un'attività

    sai che sto facendo un corso di inglese ogni sera fino le 20?

    me: forse lavorerò nei campi in mezzo a mucche e aborigeni! certo che vieni con me tanto la bachata la balliamo in macchina la notte!!!

    Monica: ti adoro Aleeeeeeeeeeeeeeeeee

    me: io dovrò iniziare a ripassare se voglio dire due frasi decentemente!

    16.12 Monica: fossi un uomo non ti lascerei maiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii

    ahhahahahaahahahhahahahahahaah

    come hai avuto il visto?

    16.14 me: Il visto l'ho fatto tramite un'associazione via internet e in 3 gg me l'hanno mandato via mail!

    è una figata ami...ora qualche piccola spesa...l'aereo...!!...e poi viaaaaaaaaa! devo risparmiare un sacco ma spero di farcela..

    Ho trovato un sito pieno di gente che ha fatto come me...lavorano tutti anche se cose un po’ così tipo cameriere, lavapiatti... un po’ precari ma sono sicura che il destino mi aiuterà a trovare qualcosa di migliore...

    io intanto parto...poi vedo dove mi porta il vento! mi piacerebbe lavorare con gli aborigeni ma non è facile... boh... mi sembra di perdere tempo a star qui quando so la risposta a quello che cerco, ma devo avere pazienza..

    16.21 Monica: amore mio ti leggo ma non posso risp

    16.22 me: tranquilla amore...già sapere che sei oltre le mie parole mi basta per sentirti più vicina...

    non sai quanto mi manchi...la cosa strana è che nonostante viviamo esperienze diverse in posti diversi riesco a sentire ogni tuo movimento, sensazione, immagine, pensiero...

    sempre!

    come se fossimo insieme sempre...

    spero con tutto il cuore che i prox mesi ti portino ciò che cerchi

    16.36 Monica: lo spero tanto tanto amore.

    Monica: IO ADESSO TENTO QUI IN AMBASCIATA A FARE LA FACCIA DI MERDA E CHIEDERE SE POSSONO CONSIGLIARMI DOVE MANDARE MIO CV E VEDO CHE MI DICONO...

    TU DICI DI FARE LA FACCIA DI MERDA?

    CAVOLO VOGLIO STARE QUI

    16.44 E NON VORREI ASPETTARE TROPPO

    me: amore ma certooooooooooo!!!!!!!!!!!!!

    Monica: OKOK

    me: senti non è faccia di merda ma penso che siano in pochi quelli che poi restano lì in modo definitivo quindi se hanno qualche risorsa penso che ti aiuterebbero!

    16.45 Monica: SPERIAMO DAVVERO ALE GUARDA PARLO CON GESU’ OGNI GIORNO

    SPERO CAPISCA COSA HO NEL CUORE

    16.48 me: non so cosa risponderti amore... Il mio concetto religioso è un po’ diverso dal tuo ma sono sicura che ti sente sempre!

    Monica: :D

    spero confido in lui tutta me stessaaaaaaa

    16.50 me: sempreeeeeeeeeeeee!

    devi solo mandare messaggi chiari e decisi pensare positivo e circondarti di energia +++++!

    16.51 Monica: ovviooooooooooo jajajajajaja

    me: vedrai che se focalizzi la meta e ti senti bene, tutto il mondo ti circonderà e risponderà come tu vuoi!

    17.13 Monica: :)

    me: ora sono in linea con Alice su Skype! le ho detto se apre account così siamo tutte e 3 in linea ma è stra presa...

    Monica: tranquilla quando potrà!!

    17.14 me: dai comunque sto coso è assurdo...ti rendi conto che sono 2 ore che chiacchieriamo beatamente!?

    a che ora finisci di lav?

    17.15 Monica: ahahahahah oggi alle 17.30

    pesanteeeeeeeeeee

    dalle 8 e 15 del mattino

    me: io ne ho fino alle 20 ed a far più o meno nulla...ho portato da studiare ma zero voglia...

    ahahahahahah

    17.16 Monica: che palle guardaaaaaaaaaaaaaaaa

    voglio andare al mare

    ahahaha

    17.18 me: sei messa come me...io ho fatto 9-14.30 al tirocinio e ora qui...giornata lungaaaaaaaaaa

    e tanto per dire....niente mare manco a volerlo...

    Monica: :D

    Monica: non posso andare neanchiooooooooooooooo

    a Santo Domingo non c’è spiaggia, la prima vicina è boca chica

    me: si certo ma se ce l'hai lì a un metro

    Monica: no a 20 kmmmmmmmmmmmmm

    17.20 che se in Italia li fai in 15 minuti qui li fai in un oraAAAAAAAAAAAAA

    me: non c'è il mare, ma il porto e il malecol

    si dice così????!

    si insomma il lungo mare per dolci innamorati!

    Monica: siiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii ma senti esco da qui alle 17.30 e corro all'accademia a inglese fino le 20. torno a casa cena e letto

    questa è la mia vita qui amoooooooooooo

    il mare solo weekend

    17.21 me: certo che però anche tu il corso di inglese potevi risparmiartelo...

    Monica: no amore perché ho paura potrà servire e voglio essere pronta su ogni fronte...

    me:

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