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Korowai
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Ebook113 pages1 hour

Korowai

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Secondo la tradizione del popolo Korowai, nella profonda giungla della Nuova Guinea, quando un male incurabile colpisce un membro della tribù, significa che il demone Khakhua si è impossessato del malcapitato. Il moribondo, con l’ultimo fiato in gola, sussurra quel nome alla persona a lui più cara. Quando ciò accade, per scacciare la presenza demoniaca, non resta che fare una cosa: uccidere l’individuo e spartire il suo corpo smembrato fra i membri della tribù.

Wabe è il secondo genito del capovillaggio. Wabe ha sempre seguito le regole e le tradizioni dei Korowai, ma quando il nome mormorato è quello di Kumati, la ragazza di cui è innamorato, dovrà scegliere se scacciare il demone o mettere in salvo la donna amata.

Franklin è un disertore americano durante la guerra in Vietnam. Franklin ha scelto di affogare i ricordi della guerra in una bettola di Wewak. La sua esistenza scorre lenta nell’oblio fino al giorno in cui riceverà la richiesta d’aiuto della dottoressa Maria Ortega.

Un romanzo in cui l’attenta ricerca antropologica e le esotiche atmosfere immergeranno il lettore in una straordinaria avventura ai confini del mondo.
LanguageItaliano
PublisherBAT Edizioni
Release dateJun 18, 2017
ISBN9788894865066
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    Korowai - Gerónimo Bardo

    Gerónimo Bardo

    KOROWAI

    Traduzione dallo spagnolo

    di Margherita Papiri

    Titolo originale: Korowai

    © Copyright 2015 by Gerónimo Bardo

    © Copyright 2017 by BAT Edizioni

    Traduzione di Margherita Papiri

    BAT è un marchio editoriale di Openmind Srls

    Via Volta, 72 – 20013 Magenta (MI)

    www.bat-edizioni.it

    ISBN 9788894865066

    Progetto grafico: BAT Edizioni

    Tutti i diritti sono riservati

    Parte prima

    1

    L’aria è immobile e satura di profumi. Wabe avanza sicuro nell’alto fogliame, seguendo il varco lasciato da suo fratello maggiore, Ombomb, che tiene un enorme casuario sulla spalla. Le donne lo puliranno e metteranno la sua carne nel forno scavato sotto terra, ma Wabe non potrà unirsi al banchetto perché quella sera al villaggio inizierà la cerimonia del kunande e lui sa bene che mangiare carne di casuario prima del rito potrebbe togliergli tutti i poteri di uomo e cacciatore.

    Wabe ha assistito al kunande di Ombomb, molte stagioni prima. Tutti i giovani non sposati del villaggio sedevano attorno al fuoco cantando e strofinandosi il viso l’un l’altra. Ombomb poi si era alzato insieme a Welima ed erano andati nella capanna della sorella di lei, dove avevano mangiato, bevuto e fatto l’intreccio. Io ho giocato con lei e lei con me, gli aveva detto Ombomb due giorni dopo, mentre erano a caccia. Siamo andati nei cespugli e l’ho presa.

    Adesso toccherà a lui. Anyuai lo ha scelto e Wabe conosce l’usanza. È stato così per suo fratello, per suo padre e per tutti gli altri uomini. Anyuai lo ha deciso e lo ha comunicato alla sua famiglia che poi si è consultata con quella di Wabe. Anyuai, sempre in giro liscia e lucida, la gonna allegra, gli occhi in cerca di qualcosa. Pronta ad aiutare le donne più anziane nel trovare il legname, dare la caccia ai colombi, abbattere tronchi di palma da sago, costruire trappole per i vermi, raccogliere i frutti dell’albero del pane in occasione delle feste.

    Wabe segue Ombomb, le sue reni coperte di corteccia, la fascia di giunchi portata intorno alla vita, il casco sormontato dalle piume scarlatte dell’uccello del paradiso. La pelle nuda riluce di una sostanza oleosa.

    Passano in un intreccio di alberi di tangket. Osservano un uccello dalle piume scarlatte svolazzare basso tra i rami.

    Una lancinante spuma di sole filtra tra la vegetazione, si riflette nell’acqua di uno stagno. Intorno la verde immobilità della foresta.

    Ombomb si ferma per riposarsi, getta a terra il grosso uccello e guarda Wabe raggiungerlo:

    – Devi farti forte e portarlo tu, il casuario. Questa notte farai l’intreccio con Anyuai. Devi essere forte.

    – Il villaggio è vicino.

    Ombomb indica il casuario:

    – Tocca a te. Se non riesci a trasportare questo, come farai a essere forte per i figli che avrai?

    Wabe lo osserva. Vede nel fratello la saggezza di chi prenderà a breve il posto del padre, ormai vecchio, a capo del villaggio. Come lui, Ombomb è un uomo dalla gola e le orecchie aperte. È il suo buanyn, l’emulo scelto da suo padre per farlo diventare un grande uomo. Presto però Ombomb non dovrà più gridare e pestare i piedi per farsi rispettare: con il rito del kunande cambierà tutto nella vita di Wabe.

    Si china, solleva il casuario, se lo appoggia sulle spalle e riprende il cammino. Ombomb lo segue tenendo le lance.

    Costeggiano la sponda del fiume, avanzano sepolti in una massicciata di arbusti e di alberi del sego. I loro piedi poggiano sul terreno rosso e scivoloso, si muovono sicuri, tra grigi rami sottili, fusti contorti, viluppi di liane abbracciate senza fine ai tronchi dei grossi alberi. La foresta è oscura e nereggiante.

    Entrano in una radura e poi scendono per un lieve dislivello di fango indurito.

    Il sole è ancora in cielo, ma sta per scurire. Le ombre della montagna cominciano ad allungarsi e il primo freddo della sera si riversa sulla valle.

    Improvvisamente è un gran gridare di voci che si rincorrono da un albero all’altro.

    Su un lato gli appezzamenti delle colocasie, dall’altro il grande recinto dei maiali ciechi.

    Il villaggio brulica di figure dipinte e ornate di piume che si muovono tra il fumo dei fuochi.

    Gruppi di donne giungono dai giardini delle colocasie. I corpi sono curvi sotto il peso delle ceste di patate dolci che portano sul dorso. Qualcuna ha il figlio appeso al petto con una cinghia di corteccia.

    Quando Wabe e Ombomb vengono avvistati da un gruppo di giovani cacciatori seduti sotto un albero, si levano urla di benvenuto che echeggiano in tutta la valle.

    In un angolo lontano dello spiazzo un bambino dà da mangiare ai maiali ciechi. Grugniscono e strillano sentendo l’odore della polpa di colocasia e della buccia delle banane.

    Gli uomini sono seduti davanti alla capanna di Dobomugao, il padre di Wabe e Ombomb. Stanno intessendo dei copricapi da cerimonia con fibre, gomma, piume variopinte e gusci verdi di scarabei. Un anziano intreccia un fodero per la sua ascia, un altro scheggia una pietra per farne la testa del suo bastone. Degli uomini più giovani stanno legando gli archi di bambù con i quali andranno a caccia di cuschi dopo la lunga cerimonia del kunande.

    Wabe e Ombomb percorrono un sentiero che passa dietro il villaggio e si fermano davanti alla capanna di Yanbu, lo stregone. L’anziano è seduto a gambe incrociate sotto le fronde di una palma, il volto illuminato dalle braci di una pipa di lucertola. Ha penne di pappagallo infilate nel naso. Un pipistrello al guinzaglio è immobile di fianco a lui.

    Wabe lascia cadere il casuario catturato davanti a Yanbu. Lo stregone lo guarda e torna a concentrarsi sulla sua attività. Intorno a lui ci sono quattro parti di un corpo umano, smembrato. Mostra il cervello, dentro una cesta, a Ombomb:

    – Per tuo padre. – Poi osserva le viscere e riflette come suddividerlo tra i restanti membri della tribù. – Mambi prima di morire ha detto a sua moglie che il demone Khakhua aveva assunto le sembianze del fratello per ucciderlo. Quando i demoni diventano topi, cuschi o alligatori è più difficile organizzare battute di caccia. Abbiamo scongiurato la maledizione prima, quando voi eravate nella foresta.

    – Dai i pezzi migliori di questo casuario alla moglie e alle figlie di Mambi – dice Ombomb.

    – Sarà fatto.

    I due fratelli tornano verso la loro capanna. Wabe è attratto dal serpente che sua madre, Amus, sta scuoiando appoggiata al tronco dell’albero di sego. Il serpente continua a dimenarsi attaccato alla lenza che sprofonda nella sua bocca, fino alla remota regione dei visceri, dove l’esca si è inesorabilmente conficcata. Davanti

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