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Oeconomica: studi in onore di Luciano Palermo
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Oeconomica: studi in onore di Luciano Palermo

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Il volume raccoglie i contributi di alcuni tra i maggiori specialisti di storia economica e sociale dell’epoca medievale, rinascimentale e moderna, provenienti da gran parte dell’Europa – Italia, Francia, Spagna e Germania. E, scorrendo l’indice dell’opera, salta immediatamente agli occhi lo spessore delle relazioni personali e di studio di Luciano Palermo, a livello nazionale come internazionale.
LanguageItaliano
PublisherSette Città
Release dateJun 19, 2017
ISBN9788878536050
Oeconomica: studi in onore di Luciano Palermo

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    Book preview

    Oeconomica - Andrea Fara

    Palermo

    SALUTI

    Alessandro Ruggieri

    È con grande piacere che l’Università della Tuscia di Viterbo, e in particolare il Dipartimento di Economia e Impresa, promuove tra le sue pubblicazioni scientifiche questa raccolta di saggi in onore del professor Luciano Palermo, titolare della cattedra di Storia economica, in occasione dei suoi settant’anni.

    Il volume – dal significativo titolo Oeconomica. Studi in onore di Luciano Palermo – raccoglie i contributi di alcuni tra i maggiori specialisti di storia economica e sociale dell’epoca medievale, rinascimentale e moderna, provenienti da gran parte dell’Europa – Italia, Francia, Spagna e Germania. E, scorrendo l’indice dell’opera, salta immediatamente agli occhi lo spessore delle relazioni personali e di studio di Luciano Palermo, a livello nazionale come internazionale.

    Ciò non deve stupire, considerando l’ampiezza degli interessi di ricerca di Luciano Palermo; interessi che vanno dalla storia del pensiero economico alle teorie dello sviluppo economico, dall’analisi del mercato del grano a Roma allo studio delle crisi e delle carestie in età pre-industriale, senza dimenticare le fondamentali indagini pertinenti alle strutture economiche, finanziarie, bancarie e creditizie, allo spazio urbano e alle politiche mercantilistiche in diverse realtà dello Stato della Chiesa tra Medioevo, Rinascimento ed Età moderna.

    Dell’ampia esperienza scientifica di Luciano Palermo ha tratto grande beneficio il nostro Ateneo viterbese, dove il suo impegno è stato profondo nel corso degli anni, ricoprendo l’insegnamento di Storia economica fin dal 2006, prima presso il Deim - Dipartimento di Economia e Impresa (nei Corsi di laurea triennale di Economia aziendale, di Scienze organizzative e gestionali e di Scienze politiche e delle relazioni internazionali), quindi presso il Distu - Dipartimento di Studi linguistico-letterari, storico-filosofici e giuridici (nel Corso di laurea magistrale di Lingue e culture per la comunicazione internazionale).

    In tale veste ha profuso grande dedizione in numerosi insegnamenti: oltre quello di Storia economica, quelli di Storia del pensiero economico e di Storia delle relazioni economiche internazionali, ma anche di Politica economica e di Economia politica. La dedizione di Luciano Palermo nei confronti dell’Ateneo viterbese si è espressa altresì attraverso l’organizzazione e la cura di numerosi Convegni di carattere nazionale e internazionale, nonché ricoprendo gli incarichi di Coordinatore del collegio dei docenti del corso di dottorato di ricerca in Scienze storiche e dei beni culturali e di Delegato del Direttore per le attività concernenti i tirocini curriculari presso il Distu.

    L’impegno di Luciano Palermo tanto in un Dipartimento rivolto allo studio dell’economia (Deim) quanto in uno di carattere più prettamente umanistico (Distu), tra diversi corsi di laurea, è un’ulteriore dimostrazione della multidisciplinarietà dello studioso.

    Questo approccio improntato alla multidisciplinarietà e alla internazionalità è, del resto – mi si consenta sottolinearlo –, un punto di forza e un vanto dell’intero Ateneo viterbese, che – secondo i dati di una recente ricerca su 61 Università statali italiane – si colloca ormai come primo nel Lazio e secondo nell’Italia centrale; e dodicesimo a livello nazionale per quanto riguarda la ricerca. Il nostro è un piccolo Ateneo, ma occupa una posizione di tutto rispetto nel quadro generale italiano, grazie al grande lavoro di docenti, personale amministrativo e studenti. Siamo coscienti di come questo non sia un traguardo, bensì un buon punto di partenza, e di quanto ci sia ancora da fare e da lavorare. La sfida è quella non di mantenere, ma di incrementare questo livello di qualità: gli stimoli a proseguire su questa strada certamente non mancano.

    A nome mio e dell’Ateneo di Viterbo, dunque, voglio esprimere i miei più sinceri auguri e l’attestazione di profonda stima nei confronti di Luciano Palermo per il lavoro svolto e in vista di nuovi traguardi scientifici.

    Alessandro Ruggieri

    Università della Tuscia di Viterbo

    Magnifico Rettore

    PREMESSA

    Antonio Di Vittorio

    È con vero piacere che ho accolto l’invito dei curatori di questo volume di saggi in onore di Luciano Palermo per festeggiare i suoi settant’anni. Chi si interessa di Storia economica medievale e della prima età moderna conosce il ricco contributo e l’ampiezza dei temi di ricerca che Luciano ha dedicato a questi ambiti cronologici. È ciò che emerge dal suo ricco, e forse poco conosciuto, curriculum.

    Nato a Nicotera il 22 giugno 1946, è oggi professore ordinario di Storia economica del Dipartimento di studi linguistico-letterari, storico-filosofici e giuridici dell’Università della Tuscia di Viterbo dove coordina il Dottorato di Ricerca in Scienze storiche e dei beni culturali. In precedenza ha insegnato nell’Università degli Studi di Salerno e nell’Università LUISS Guido Carli di Roma svolgendo, anche in questa sede, il ruolo di coordinatore del Dottorato in Storia e teoria dello sviluppo economico.

    La sua attività di studioso si è venuta dispiegando con altrettanta intensità in prestigiose istituzioni culturali e scientifiche: è socio ordinario dell’Istituto Nazionale di Studi Romani, di cui è anche vicepresidente; socio ordinario della Società Romana di Storia Patria e Direttore della collana Fonti e Studi per la storia economica e sociale di Roma e dello Stato Pontificio, edita dall’Istituto nazionale di Studi Romani; membro del Comitato scientifico e direttivo delle riviste Latium, Sintesi, Economia, Società, Istituzioni, Studi Romani, Quaderni (Cahiers). È, inoltre, attivo in molti Comitati scientifici: dell’Istituto Internazionale di Storia Economica Francesco Datini di Prato; del Centro Internazionale di Studi G. Ermini di Ferentino; del Centro Studi Renato Bordone sui Lombardi, sul credito e sulla banca di Asti; della collana Teologia, economia, religione, edita dalla casa editrice Aracne di Roma; è membro della Società Italiana degli Storici Economici, di cui è stato anche Revisore dei Conti.

    A questa intensa attività istituzionale fanno da corona diverse decine di saggi, volumi, scritti di varia natura, pubblicati in Italia e all’estero, che denotano l’ampiezza degli interessi di Luciano nell’ambito della Storia economica del basso Medioevo, del Rinascimento e dell’Età moderna. Ampiezza di interessi che egli ha avuto modo di dimostrare anche come visiting professor in varie sedi universitarie italiane e straniere. Voglio ricordare come, a più riprese, sia stato ospite della Maison des Sciences de l’Homme a Parigi, dove ha svolto seminari e messo a punto un volume dedicato ai problemi dello sviluppo economico delle società preindustriali. Ha preso parte con assiduità ai Convegni periodici promossi da note istituzioni scientifiche italiane, quali la Fondazione Datini di Prato, il Laboratorio di Storia Agraria del Mediterraneo, la Società Italiana degli Storici Economici, il Centro Studi Renato Bordone sui Lombardi, sul credito e sulla banca di Asti, il Centro Interuniversitario di Ricerca per la Storia Finanziaria Italiana.

    Negli anni più recenti ha svolto conferenze e seminari presso importanti istituzioni scientifiche e universitarie quali l’Università di Lione (prof. Jean-Claude Daummes), la EHESS di Lione (prof. Étienne Hubert), la Scuola Normale Superiore di Parigi (Prof. François Menant), l’Università Paris 1 Sorbonne (prof. Laurent Feller), il CNRS di Barcellona (prof. Manuel Sánchez), l’Università di Valencia (prof. Paulino Iradiel), l’Università di Lleida (prof. Flocel Sabaté), il Gonville and Caius College di Cambridge (prof. John Day). È da segnalare inoltre la partecipazione al Gruppo internazionale di ricerca sulla storia della carestia, con incontri di studio svolti annualmente a Roma, Parigi, Lleida e Barcellona, nonché la partecipazione, anche in qualità di membro del Comitato Scientifico Organizzatore, ai Convegni internazionali sulla storia della banca e del credito programmati dal Centro Studi di Asti.

    Questa varietà di interessi scientifici di Luciano Palermo si riflette, come si accennava in precedenza, ancora più ampiamente nella sua cospicua produzione scientifica che tocca i cento titoli. Tra essi spiccano alcuni gruppi di pubblicazioni dedicati a specifici filoni di ricerca che hanno richiamato la sua attenzione di studioso. Si tratta di temi legati alla Storia economica del basso Medioevo, del Rinascimento e dell’Età moderna, relativi soprattutto alla storia del commercio, delle istituzioni economiche, della finanza pubblica e privata, e dei sistemi creditizi e bancari. Di grande rilievo sono i suoi studi sulle teorie dello sviluppo economico delle società preindustriali, focalizzati soprattutto sull’analisi dei legami commerciali e finanziari tra i grandi centri urbani di età medievale e moderna. Non sono mancati gli approfondimenti condotti da Luciano su tematiche di ampio respiro connesse al concetto di moneta e di credito, alla storia dell’alimentazione, alle carestie e alle crisi, con alcuni importanti richiami alla storia del pensiero economico.

    Un filo conduttore che unisce gran parte della produzione scientifica di Luciano è legato alla sua terra di adozione e in particolare alla città di Roma e al territorio dello Stato della Chiesa. Lavorando in vari archivi italiani ed esteri, oltre che ovviamente in quelli romani e vaticani, Luciano Palermo ha infatti contribuito con monografie, curatele e saggi all’approfondimento di tematiche di studio dedicate alla Storia economica di Roma in età medievale e moderna, a volte estendendo l’analisi anche ad altre aree del Lazio relativamente alle quali egli ha messo in risalto alcuni aspetti legati alle infrastrutture, al paesaggio e allo sfruttamento delle risorse naturali. Di grande interesse in quest’ultimo ambito è stato il contributo offerto allo studio delle attività marittime sulle coste laziali, approfondendo specialmente il tema della storia della pesca.

    Come si rileva scorrendo l’elenco delle sue pubblicazioni, può certo dirsi che Luciano ha speso bene il tempo dedicato alla Storia economica negli ambiti temporali dai quali si sentiva più attratto e stimolato anche per il suo tipo di formazione culturale e scientifica.

    Con l’augurio affettuoso di un ancora lungo e fruttuoso percorso al nostro caro amico e collega Luciano.

    Antonio Di Vittorio

    Università di Bari

    già Presidente della Società Italiana degli Storici Economici

    NOTA DEI CURATORI

    Andrea Fara, Donatella Strangio, Manuel Vaquero Piñeiro

    Ad oggi, Luciano Palermo è autore di dieci monografie, comprese tre curatele, e di un centinaio tra saggi e contributi in volumi miscellanei, atti di convegno, riviste nazionali e internazionali. A prescindere da quanto possano rivelare numeri così indicativi in merito a un’abbondante e ininterrotta produzione storiografica, non abbiamo intenzione di compiere un’esaustiva presentazione della traiettoria scientifica di Luciano. Sarebbe un’impresa impossibile nel limitato spazio che ci siamo dati per scrivere queste brevi note di presentazione. Tuttavia, va richiamato il fatto che Luciano, da quando ha pubblicato uno dei suoi primi lavori ( Nuovi metodi della ricerca storica , in Cultura e Scuola, XLIII, 1972), è rimasto sempre fedele a un percorso di studio improntato alla continua sperimentazione di temi e approcci metodologici. La sua ampia visione di quella che doveva essere la ricerca storica in generale e quella storico-economica in particolare, lo ha portato a indagare verso una pluralità di direzioni senza però mai rinunciare a un indiscutibile legame con la documentazione, da sempre presente e al centro di una solida certezza: che la riflessione storica si costruisca attraverso un continuo intreccio tra impostazione teorica e uso delle fonti di archivio.

    Il presente volume, che parte dalla convinzione che la ricerca storica, scienza sociale imperfetta, vada interpretata come luogo di incontro e di scambio di idee, raccoglie una rappresentativa serie di contributi scritti da amici e colleghi che, nel corso degli anni, hanno intessuto con Luciano un solido retroterra di contatti scientifici e umani. Siamo, va da sé, consapevoli di aver compiuto una scelta arbitraria; ma guardando nel dettaglio l’identità delle pubblicazioni di Luciano ci è sembrato opportuno concentrare i contributi al volume intorno ad alcuni temi e ad alcune fasi storiche alle quali Luciano ha dedicato maggiore attenzione. Infatti, i titoli qui raccolti affrontano, da una pluralità di prospettive, questioni storiografiche come la carestia, i sistemi finanziari, i traffici commerciali e le politiche pubbliche. A questo punto risulta evidente che il libro non costituisce una semplice ed eterogenea raccolta di saggi in onore, ma ha l’ambizione di presentare, in maniera trasversale, un insieme di lavori che abbiano come marchio distintivo le tematiche sviluppate da Luciano e di collocarsi sulla scia delle riflessioni da lui compiute.

    Volendo leggere in filigrana la sua traiettoria storiografica, un altro segno distintivo del volume è l’ampio quadro geografico che ne risulta. I saggi, rispondendo al profilo internazionale di Luciano, consentono di spaziare dalla Spagna atlantica all’Europa centro-orientale e balcanica, passando per la Francia, la Germania e le regioni italiane. Anche da questo punto di vista, speriamo di aver saputo intercettare e interpretare una delle principali qualità di Luciano, quella del dialogo trasversale come principio fondante di un carattere pronto ad andare oltre le frontiere e le divisioni rigidamente accademiche. Evidente, infatti, l’interesse dimostrato da Luciano per le grandi questioni di fondo che hanno segnato la formazione delle moderne strutture economiche globali, dalla nascita del capitalismo alle precondizioni della rivoluzione industriale. Aspetti, questi e molti altri, seguiti sempre nel contesto di una riflessione storica rivolta anzitutto a individuare la costruzione dei sistemi economici nelle sue differenti declinazioni geografiche e cronologiche. Del resto, i contributi che danno vita al volume si muovono in questa stessa direzione, andandosi a collocare in un vivace affresco di spazi e operatori economici in continuo movimento e trasformazione. Tematiche che sono centrali nello scandire il passaggio tra il Medioevo e la prima Età moderna, e che nel caso di Luciano Palermo costituiscono una sorta di denominatore comune, di filo conduttore al suo modo di intendere e costruire la ricerca storica.

    A prescindere da un meritato riconoscimento, non solo accademico, ma anche per il suo coerente e instancabile atteggiamento costruttivo e positivo, sempre volto a facilitare e rendere possibile il lavoro altrui, per noi che lo conosciamo da tempo, questo libro rappresenta un modo per festeggiare un amico e uno studioso non soltanto sul piano scientifico ma anche, e soprattutto, dal punto di vista affettivo: un gesto di riconoscimento di un profondo legame personale cresciuto nel corso degli anni.

    Un libro per Luciano che racchiude nelle sue pagine non solo contributi di indubbio valore scientifico, ma anche un patrimonio di vincoli di stima, affetto e amicizia tra persone.

    Non possiamo però chiudere queste veloci annotazioni senza riconoscere che il merito del progetto editoriale e scientifico alla base di questo volume va anche ad Anna Esposito, la quale, pur non volendo comparire tra i curatori, è stata di fondamentale appoggio e sostegno, aiutandoci a tradurre un semplice progetto in un’opera efficace e concreta.

    Andrea Fara, Donatella Strangio, Manuel Vaquero Piñeiro

    Del Atlántico norte al Mediterráneo-ciudad: Observaciones sobre los espacios de origen y difusión de la carestía en la Europa medieval (1080-1260)

    Pere Benito i Monclús

    Pere Benito i Monclús

    Universitat de Lleida

    1. Antepropósito

    Son pocos los estudios históricos que han intentado reconstruir, a escala regional o supraregional, la cronología y la topografía de las carestías en Europa durante los siglos centrales de la Edad Media y muchos menos los que lo han hecho desde una metodología moderna, es decir, sobre la base de encuestas sistemáticas y de una crítica rigurosa de las fuentes conservadas [1] .

    Como una excepción en el panorama historiográfico europeo, la península itálica sobresale por contar con los resultados de dos investigaciones dedicadas a las crisis alimentarias de la plena Edad Media: el artículo de Giuliana Albini, Un problema dimenticato: carestie ed epidemie nei secoli XI-XIII. Il caso emiliano, centrado en una región especialmente iluminada por la cronística urbana de los siglos XII-XIV, y el artículo de Bruno Figliuolo, Clima, carestie, epidemie nel Mezzogiorno continentale dal secolo IX alla metà del XIII; dos investigaciones complementarias, no sólo desde el punto de vista geográfico, sino también por el tipo de fuentes utilizadas (crónicas y anales urbanos en el primer caso y anales eclesiásticos de la época normano-sueva en el segundo), que Rinaldo Comba e Irma Naso tuvieron el acierto de reunir en un volumen dedicado a Demografia e società nell’Italia medievale (secc. IX-XIV) [2] .

    Utilizaré ambos artículos como punto de partida, concediendo una atención especial al primero de ellos por contener toda una serie de observaciones metodológicas que considero fundamentales para reconstruir la cronología y el alcance geográfico de las carestías durante los siglos centrales de la Edad Media.

    En su artículo, la profesora Albini, siguiendo la metodología adoptada por Pierre Alexandre en su estudio sobre el clima en la Edad Media [3] , aboga por la necesidad de someter las fuentes narrativas a una crítica rigurosa con el objetivo de distinguir lo que ella denomina «fonte coeve» de aquellas que no lo son. Las «fonte coeve» incluirían tanto las noticias originales, atribuibles directamente a autores o testigos contemporáneos de los hechos narrados, como las noticias no originales, derivadas de fuentes perdidas o desconocidas, copiadas en fuentes posteriores. Este último sería, para Italia, el caso de numerosos anales urbanos del siglo XII, cuyo contenido nos ha sido transmitido a través de crónicas posteriores [4] .

    Sobre estas premisas y a partir de una encuesta sistemática sobre las fuentes narrativas conservadas para una región especialmente iluminada como la Emilia, Albini detecta una práctica inexistencia de datos sobre carestías y hambrunas antes de las primeras crisis frumentarias de los años 1176-1182, con la única excepción de la hambruna italiana de 1085, ampliamente documentada por fuentes posteriores. A partir de 1220 las noticias de carestías se hacen más frecuentes hasta devenir sistemáticas durante la segunda mitad del siglo XIII [5] , coincidiendo con la tendencia observada en otras regiones del Mediterráneo Occidental [6] .

    Esta tónica es común tanto a las informaciones sobre carestías como a las noticias de epidemias y de desastres naturales, por lo que resulta evidente que nos hallamos ante un problema de fuentes atribuible a la escasez de noticias procedentes de antiguos anales urbanos (annali cittadini) inseridas en crónicas posteriores. La eclosión de datos se produce a partir del momento en que disponemos de crónicas ciudadanas, redactadas por cronistas oficiales, que, atentos a la climatología y a la evolución de los mercados alimentarios, registran de manera continuada y más o menos sistemática las crisis del periodo en el que vivieron: Giovanni Codagnello, canciller del concejo de Plasencia, entre 1170 y 1220 [7] , Alberto Miliolo, notario de Reggio, entre 1273 y 1280 [8] , el franciscano Salimbene de Adam en Parma entre 1281 y 1287 [9] , Guarino en Plasencia entre 1289 y 1322 y su continuador entre 1324 y 1339 [10] , Sagacino della Gazzata en Reggio entre 1316 y 1347 [11] , Bonifazio da Morano en Módena entre 1319 y 1347 [12] , Giovanni Cornazani en Parma entre 1337 y 1355 [13] , Giovanni da Bazzano en Módena entre 1345 y 1363 [14] , Giovanni Pietro de Ripalta en Plasencia entre 1350 y 1374 [15] y Giovanni Mussi en Plasencia entre 1375 y 1399 [16] .

    «Trattandosi di dati negativi» la autora nos previene de la tentación de interpretar «che ci si trova di fronte ad un progressivo peggioramento: ad un’epoca che non avrebbe conosciuto momenti di crisi, se non estretamente lontani tra di loro nel tempo, sarebbe succeduta un’epoca in cui le crisi si sarebbero manifestate con maggior frequenza», aunque, prudente, añade que la penuria de fuentes tampoco permite excluir de manera categórica la hipótesis de una agravamiento de la cuestión frumentaria [17] .

    El objetivo de esta contribución es precisamente replantear «il problema dimenticato» por Albini, a saber, si la ausencia de noticias analísticas sobre carestías y hambrunas durante el largo periodo que va de 1085 a 1170 y la posterior eclosión de datos sobre crisis frumentarias en las crónicas emilianas, se debe sólo a un efecto de las fuentes o si, por el contrario, es un reflejo de la incidencia desigual que las carestías tuvieron en la región y en la península itálica antes y después de la década de 1170.

    Para intentar resolver este problema confrontaré los resultados de la encuesta de Albini con los datos obtenidos por Bruno Figliuolo para el Mezzogiorno italiano y con una encuesta más amplia sobre las fuentes analísticas y cronísticas conservadas para la península italiana para el periodo 1080-1260. La ampliación del espectro geográfico de la encuesta debe permitir determinar si la ausencia de fuentes anteriores a 1170 es particular de la región emiliana o común a otras regiones del norte y del sur de Italia y si las carestías registradas en Emilia a patir de finales del siglo XII fueron un fenómeno regional o supraregional.

    En segundo lugar, presentaré de manera sucinta los resultados de una encuesta sobre fuentes del Occidente de Europa con el objetivo de situar la península italiana y Cataluña en el conjunto de las crisis alimentarias suprarregionales entre 1090 y 1260 y determinar hasta qué punto las carestías italianas fueron un fenómeno exclusivamente peninsular o no.

    En tercer y último lugar, confrontaré la encuesta italiana con los resultados de una amplia encuesta sobre fuentes documentales catalanas que permiten reconstruir de manera indirecta la cronología de las carestías en esta región [18] . El objetivo de este análisis comparativo es señalar la existencia de correlaciones entre los malos ciclos en Italia y en Cataluña que permitirían hablar de crisis suprarregionales de ámbito Mediterráneo.

    2. Carestías y hambrunas en la península itálica

    La encuesta sobre las fuentes narrativas italianas (tabla 1), pone de relieve que el vacío de noticias analísticas sobre carestías entre 1085 y el último cuarto del siglo XII no es un fenómeno exclusivo de las fuentes emilianas, sino común al conjunto de tradiciones analísticas urbanas del norte de Italia y compartido también por los anales eclesiásticos del periodo normando del Mezzogiorno.

    La tabla italiana permite constatar no sólo la ausencia casi absoluta de noticias sobre hambrunas antes de 1162, sino también, a partir de esta fecha, la proliferación en el tiempo y en el espacio de noticias sobre hambrunas en la series analísticas independientes de Génova, Milán, Brescia, Padua, Parma, Bolonia, Plasencia y Pisa, y también con cierto desfase, a partir de 1181, en el Mezzogiorno italiano.

    Este fenómeno debe llamarnos poderosamente la antención ya que la imagen resultante es de un contraste radical entre dos épocas. Si entre 1085 y 1162 más de siete hambrunas continentales no están representadas en las fuentes italianas, a partir de 1162 casi todos los malos ciclos generales – con las únicas excepciones de las crisis de 1195-1198 y 1252-1253 – están documentados, aquí o allà, por alguna de las series de anales urbanos italianos, tanto en el norte como en el sur de la península. Tratándose de un fenómeno común a tradiciones analísticas independientes y diversas, del norte y del sur de Italia, tenemos motivos para sospechar que no nos hallamos ante lo que a simple vista podría parecer un efecto de fuentes.

    Algunos anales urbanos especialmente prolijos avalan la hipótesis de un incremento de la frecuencia y gravedad de las hambrunas a partir de la década de 1170. Los Annales Pisani de Bernardo Magarone, por ejemplo, registran en 1162 una gran carestía de grano, vino, aceite y de toda suerte de verduras y leguminosas acompañada de una gran mortandad [19] ; en 1174 una «magna fames» y «grandis penuria» que altera el precio de una gran variedad de alimentos (cereales, leguminosas, castañas, vino, aceite, miel) [20] ; en 1177 y 1178 una gran carestía de trigo, vino, legumbres y toda suerte de mercancías [21] ; y a partir de junio de 1181 una larga hambruna de veinticinco meses de duración durante la cual «non fu visto nè odito in anzi tanta carestia di ogni cosa» [22] .

    Resulta oportuno introducir aquí una segunda observación de naturaleza heurística necesaria para interpretar correctamente la evidencia narrativa sobre las crisis alimentarias. Los anales urbanos no consignan de manera sistemática las carestías que afectan una determinada ciudad; se hacen eco sólo de algunas de las hambrunas más graves, acontecimientos parangonables a catástrofes naturales por sus consecuencias sobre la población [23] . Partiendo del carácter no sistemático de los anales como premisa, debemos considerar la coincidencia de dos o más noticias coetáneas en tradiciones analísticas independientes, sin conexión entre sí, como un indicio de un posible ciclo de carácter supraregional. Por el contrario, de la sola existencia de noticias locales aisladas no podemos inferir que una determinada carestía tuviera carácter estrictamente local. Siendo la mayoría de informaciones analísticas locales – exceptuando aquellas que nos dan una idea aproximada del área geográfica afectada –, es necesario disponer de encuestas amplias y a escala supraregional, para descartar que la carestía en cuestión no se trata de una manifestación local de una crisis de mayor alcance.

    Si consideramos que lo que las fuentes italianas reflejan cada vez con mayor frecuencia a partir de 1162 no son hambrunas locales, sino el impacto local de crisis alimentarias supraregionales, peninsulares o continentales, el contraste entre los dos periodos resulta aún más llamativo.

    3. La península italiana y Cataluña en el contexto de las carestías y hambrunas generales (1090-1260)

    3.1. Carestías y hambrunas supraregionales en Europa (1090-1260).

    Cambiemos ahora de escala para observar cual es el lugar de la península itálica en las grandes carestías de este periodo y determinar en qué casos las crisis italianas se corresponden con hambrunas europeas y en cuales no. Presentaré aquí de manera sucinta los resultados de una amplia encuesta sobre fuentes narrativas occidentales entre 1090 y 1260 [24] .

    Entre los inviernos de 1093 y de 1095 una grave hambruna causa estragos a lo largo y ancho de la Europa nórdica, central y mediterránea, desde los Cárpatos hasta las islas británicas y la península ibérica. Hambre, peste y mortalidad son ampliamente atestiguados por numerosas fuentes narrativas en Cataluña, Poitou, Anjou, Normandía, Inglaterra, Flandes, Renania, Sajonia, Franconia, Baviera y Veneto. La península italiana no parece mantenerse al margen de esta hambruna que afecta duramente Cataluña y, de manera general, la península ibérica [25] .

    Entre el invierno de 1099 y 1101 una hambruna imprevista y una virulenta mortandad devastan las regiones centrales del Imperio (Renania, Alsacia y Suabia) y Borgoña.

    Una gran carestía de pan, vino y sal afecta la Gallia y las islas británicas durante tres años, entre abril de 1109 y finales de 1111. El ciclo de esta hambruna atlántica está documentado en Inglaterra, Normandía, Flandes, Hainaut, París, Sens, Orleans, Anjou, Poitou, Barcelona y los condados catalanes. Los espacios germánico e italiano se mantienen completamente ajenos a sus efectos.

    Entre 1124 y 1126 una grave hambruna, seguida de una gran mortandad, devasta Inglaterra y Flandes. En el continente, sus efectos se documentan también en las regiones de Poitou, Borgoña, Suabia, Renania, Franconia y Westfalia. La carestía sufrida por Cataluña entre la primavera y el otoño de 1126 es probablemente un efecto indirecto de esta hambruna septentrional, de la cual Italia parece mantenerse al abrigo.

    Inglaterra y Flandes son de nuevo el origen geográfico de otra hambruna atlántica. Según las crónicas flamencas, el invierno frío y el verano lluvioso de los años 1143-1144 provocaron malas cosechas en las regiones atlánticas y una grave hambruna se desencadenó en 1144 en Inglaterra, Flandes, Artois y Normandía.

    Entre 1145 y 1146 las ciudades de Flandes, Bravante, Normandía, Anjou, norte de Borgoña, Champaña, Alsacia, Renania, Westfalia, Suabia y Baviera experimentan subidas espectaculares, en algunos casos sin precedentes, de los precios de los cereales. Los condados catalanes registran dificultades entre invierno de 1146 y primavera de 1147 probablemente como efecto colateral de la hambruna del norte y centro de Europa.

    En 1150-1151 el esquema se repite. Una grave hambruna y una mortandad epidémica se ciernen sobre Flandes, Normandía, Champaña, Borgoña, Alsacia, Lorena, Renania, Sajonia, Suabia, Turingia y Baviera. Los efectos de esta hambruna se perciben en Cataluña entre la primavera de 1152 y el otoño de 1153. Por el contrario, todo parece indicar que las islas británicas y la península italiana se mantuvieron a resguardo del flagelo.

    Entre 1161 y 1163 una grave hambruna sacude Inglaterra, Utrecht, Bravante, Normandía, Bretaña, Anjou, Poitou, Limoges, Vendôme, París, Sens, Champaña, Lorena, Renania y Turingia. Los dominios continentales de los Plantagenet resultan especialmente afectados por el flagelo, que también golpea con dureza la Lombardía, la Toscana y Cataluña. En Milán el sitio de Federico II Barbaroja multiplica los efectos devastadores de la carestía durante el verano de 1162. Coetáneamente, Pisa sufre de una gran carestía de grano, vino, aceite y de toda suerte de legumbres.

    La hambruna que entre el invierno de 1171 y las mieses de 1173 afecta la Lombardía, la Liguria, Cataluña y el norte de Portugal, parece tener un origen y un alcance eminentemente meridional, con una débil o nula repercusión en el norte de Europa.

    Más general se presenta la «fames permaxima» que, según un cronicón anónimo de Laon, en 1175 avanzaba «per omnem Galliam atque Germaniam». Los efectos de la crisis de 1175-1176 se documentan en Inglaterra, Hainaut, Bretaña, Poitou, Anjou, Turena, Borgoña, Champaña, Lorena, Toscana y Cataluña. Hasta 1176 la zona más castigada por esta hambruna atlántica parece, sin embargo, el noroeste de Francia.

    En 1177, en cambio, la crisis va a persistir y agravarse en Limoges y Dijon y el epicentro de la hambruna se desplaza hacia las ciudades de Lombardía (Milán, Pavía y Brescia), la Emilia-Romaña (Bolonia y Parma) y la Toscana (Pisa y Florencia), las cuales experimentan subidas espectaculares de los precios de los cereales, del vino y de las legumbres entre principios de septiembre de 1176/1177 y junio de 1177/1178.

    Poco tiempo después, en 1181-1182, Italia vuelve a ser el epicentro de una grave crisis frumentaria. Tras el invierno de 1181 las grandes ciudades de la Lombardía (Brescia), el Veneto (Padua), la Emilia-Romaña (Plasencia, Parma, Bolonia), la Toscana (Pisa, Florencia) y la Campania son duramente golpeadas por esta hambruna italiana, los efectos de la cual se dejan sentir en Cataluña. En Toscana la fase crítica de la hambruna («magior fame») dura 25 meses entre junio de 1181/1182 y la soldadura de 1183/1184.

    En 1190-1191 el hambre golpea Francia y en 1191-1192 Portugal, Galicia, Castilla, Toscana, Campania y la Terra del Lavoro.

    Entre 1195 y 1197 Occidente sufre una de las hambrunas y crisis de mortalidad más graves del periodo medieval. Algunas crónicas destacan el carácter general de esta crisis que a partir de 1195 afecta a toda Europa, desde los Apeninos al Océano. Entre 1195 y 1197 la hambruna es documentada en Inglaterra, Flandes, Bravante, Lieja, Hainaut, Normandía, Limoges, Vendôme, París, Champaña, Alsacia, Lorena, Renania, Suabia, Baviera y Cataluña. La península italiana, duramente castigada por las carestías de los años 1171-1173, 1176-1177, 1181-1182 y 1192, parece mantenerse al margen de la crisis europea.

    Entre el verano de 1201 y 1203 una hambruna, de probable origen meridional, golpea la península italiana – donde 1202 será conocido como «l’anno della fame» –, la península ibérica, la Galia y las islas británicas. Carestía de trigo, hambruna, peste y mortalidad se suceden en Lombardía, Romaña, Tuscia, Campania, la Terra di Lavoro, Apulia, Sicilia, Cataluña, Portugal, la región de Limoges, Normandía, Lieja, Inglaterra e Irlanda.

    En 1211 una hambruna hace aparición de manera imprevista en Baviera. El año siguiente la crisis frumentaria golpea las ciudades de la Lombardía, la Emilia-Romaña, Apulia, Sicilia y el reino de Castilla. Cataluña y Borgoña sufren también, en 1212, carestía de pan y vino.

    En 1216 una grave hambruna oprime Baviera, Austria, la Marca del Imperio, Bohemia y Hungría. Como consecuencia de la crisis centroeuropea algunas ciudades del norte de Italia y de Borgoña sufren también carestía y mortalidad: Reggio, en Emilia, en 1216 y Dijon en 1217. En Lieja en 1217 el trigo se vende el doble de caro de lo habitual.

    En 1224 una grave hambruna golpea Italia: Lombardía y Sicilia resultan las regiones más afectadas por la crisis.

    Sin relación aparente con la hambruna italiana, tras el invierno de 1225 una carestía causada por una sequía estival afecta a Alemania, Francia y la península ibérica. Entre el invierno de 1225 y la soldadura de 1226 los precios de los cereales suben en Frisia, Flandes, Normandía, Sajonia, Turingia, Baviera, Suabia y Barcelona.

    Italia, que había sufrido la hambruna en 1224 pero que permanece a resguardo de la crisis continental de 1225, inicia en 1226 un nuevo ciclo malo que alcanza su fase crítica durante el invierno de 1227. La hambruna italiana afecta principalmente a las ciudades de Parma, Reggio, Modena, Bolonia y Rávena en Emilia-Romaña, Florencia y Siena en Toscana, y Roma.

    Una serie de cosechas deficientes en Inglaterra entre 1232 y 1234 y una cosecha muy mala en Francia y calamitosa en Gascoña en 1234 desencadenan un nuevo ciclo de hambre, peste y mortalidad en la Europa nórdica y atlántica. Entre 1233 y 1234 Aquitania, Normandía, Champaña, Borgoña, Livonia y el valle del Po (Plasencia) sufren la carestía. Entre el invierno de 1235 y la soldadura de 1236, la hambruna, que sigue causando estragos en Normandía, en Aquitania, de manera especial en Poitou y la región de Limoges, y en Borgoña, se extiende por Alemania y Austria. En Cataluña el alza de los precios de los cereales coincide con la primera campaña de la conquista valenciana.

    A raíz del invasión mongol de 1242, Hungría sufre una terrible hambruna. Este mismo año se inicia en Italia del norte una nueva crisis de ciclo trienal. Las regiones afectadas por la hambruna de 1242-1244 son el Veneto (Padua), la Lombardía, en especial Milán y su obispado, y la Emilia (Plasencia). En 1245 el hambre se documenta en Brescia y Verona.

    En 1252-1253 una hambruna y una crisis de mortalidad afectan, según la crónica de Metz de Jean de Mailly, a la Lotaringia. La carestía es atestiguada por otras fuentes en Renania, Alsacia y Austria.

    Más general, larga e intensa se presenta la hambruna que entre 1257 y 1260 afecta a Inglaterra, Francia, Alemania, Italia, y la península ibérica.

    Francia y, de manera especial, los dominios continentales de los Plantagenet, sufre una carestía de pan, vino y otros alimentos que sigue de cerca la evolución de la hambruna inglesa, bien descrita por Matías Paris en su Chronica Maiora. Los precios del trigo y del vino suben en Normandía, Aquitania, París, Toulouse, Sens, Bretaña, etc.

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