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Il mistero degli assassini senza testa
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Ebook324 pages4 hours

Il mistero degli assassini senza testa

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About this ebook

Inquietanti delitti sconvolgono la Francia del 1700. Gli unici testimoni parlono di uomini senza testa che avrebbero compiuto i misfatti. L'ultima vittima inoltre pareva che facesse parte di una strana setta dedita a misteriosi progetti scientifici. Tra gli altri alcuni scritti di Leonardo Da Vinci che parlavano di macchinari all'avanguardia che se mal usati potrebbero sconvolgere il mondo. Il medico legale Etoile Renée è l'unica che si sta occupando del caso mentre dall'alto si vuole chiuderlo in fretta. Misteri, avventura, azione, sentimento, antichi progetti e culti nella Francia prima della rivoluzione.
LanguageItaliano
Release dateOct 29, 2015
ISBN9788893212786
Il mistero degli assassini senza testa

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    Il mistero degli assassini senza testa - Manuel Mura

    criminali.

    Delitti irrisolti

    I soldati che sorvegliavano il corpo, senza vita e senza testa, dell'uomo che era riverso sulla strada, erano fradici dalla testa ai piedi. Era tutta la notte che si trovavano lì a prendere acqua, vento e freddo e pareva quell'incubo non finisse mai.

    Per alcuni di loro non era una novità stare in situazioni come quella, ma stavolta era ancora peggio, perché la vittima era un nobile. A quanto ne sapevano un nobile di quelli minori, uno di quelli che si erano arricchiti e avevano comprato un titolo, non come quelli puri che lo erano per nascita. Comunque fosse era una persona di una certa importanza, oltre che conosciuto in quei luoghi, e non potevano andarsene come se niente fosse.

    Il procuratore che si doveva occupare di condurre le indagini non si voleva di certo smuovere a quell'ora della notte, e per di più con un tempo così. Era già furente per essere stato disturbato e aveva delegato tutto al capo delle guardie. Questi a sua volta aveva delegato l'incombenza ai suoi uomini, che erano appunto loro, quei poveracci che dovevano sorvegliare un morto e stare con quel tempo infernale ad aspettare che arrivasse il medico legale.

    A dire il vero non capivano perché non era stato chiamato il medico del posto e ne doveva venire uno da fuori, ma neanche gli importava. L'unica cosa che volevano era che venisse e facesse in fretta, così se ne sarebbero potuti andare via.

    Anche per i veterani non era piacevole, e avevano ormai esaurito la loro già scarsa dote di pazienza.

    Guardavano la strada buia che proseguiva davanti a loro per poi girare sulla sinistra, sperando di scorgere qualcuno che potesse essere la persona che aspettavano. Le strade però erano pressoché deserte, e anche quei pochi che osavano uscire in quella notte infernale si apprestavano a correre via in fretta.

    Erano tutti infreddoliti e starnutivano, per quanto temprati stavolta erano certi di ammalarsi di brutto ed era una cosa che non si potevano permettere.

    Non c'erano scuse, o c'eri e facevi il tuo dovere e prendevi i soldi oppure nulla di nulla.

    Tra l'altro stare lì con un morto a cui era stata staccata la testa non era affatto piacevole; cercavano di distogliere lo sguardo, ma del resto la pioggia che li sferzava non permetteva di volgerlo lontano.

    Un lampo seguito da numerosi tuoni illuminò per un attimo la strada in lontananza, e parve ad alcuni di scorgere qualcosa in movimento. Aguzzando l'udito sentirono nitrire dei cavalli al galoppo e il rumore dei loro zoccoli sulla strada dissestata, e le loro speranze di finire presto la serata si riaccesero.

    Videro infine spuntare una carrozza e nuovamente si incupirono, forse era qualche nobile di passaggio che si sarebbe irritato molto nel sapere che doveva fare un altro giro. Già erano stremati e l'idea di dover anche dare spiegazioni e litigare con un nobile infuriato non li allettava affatto. Se capitava quello sbagliato poteva fare pressioni sul loro capo e alla fine gli unici a rimetterci sarebbero stati loro.

    Il gendarme Jean Jacque, il più giovane del gruppo, scambiò un'occhiata preoccupata con il suo amico Gabriel Lemon, poco più grande di lui ma con uno sguardo già da veterano. I due erano profondamente diversi sia nell'aspetto che nel carattere, ma erano sempre andati molto d'accordo, sin dal giorno che si erano ritrovati nello stesso ruolo, più di due anni prima.

    Jean era un ragazzo di media altezza e piuttosto robusto, con spalle larghe e fisico piuttosto atletico, anche se non eccezionale per essere un gendarme. Aveva capelli castani piuttosto folti e arruffati, ma ora erano schiacciati dal cappello e soprattutto dalla pioggia che li aveva ormai inzuppati d'acqua. Gli occhi erano verdi e avevano un che di semplice, riflettevano la sua personalità.

    Era sempre stato un ragazzo semplice e sincero, senza particolari grilli per la testa e nemmeno un grande acume, ma ci teneva a fare bene il suo dovere e comportarsi con onestà.

    I suoi erano dei modesti allevatori che si sentivano fieri di avere un figlio tra i soldati, anche se a dire il vero era la carriera più comune.

    Lui comunque non era mai stato portato per altri lavori né tanto meno per lo studio, così aveva deciso di arruolarsi, ed anche se si aspettava una vita diversa non ne era pentito. Almeno fino a quel momento, in cui si sentiva oltre che inutile anche stupido ad essere come una pedina manovrata a piacimento dai suoi superiori.

    Comunque era una cosa comune e che bisognava accettare, anche se lui avrebbe voluto adoperarsi per arrestare i criminali e proteggere il paese. Quando si è giovani c'è l'entusiasmo che ti spinge a non vedere le cose come stanno, ma poi bisogna fare i conti con la realtà, che non è sempre piacevole.

    Era una vita dura quella del gendarme. Bisognava superare gli infiniti allenamenti, che erano molto duri, obbedire ad ogni ordine dei superiori, anche quelli in apparenza senza senso. Oltre a stare alle intemperie in notti come quelle, naturalmente.

    Si rischiava la pelle in più occasioni e bisognava anche stare attenti a non pestare i piedi alle persone sbagliate, e quella era la cosa che Jean meno sopportava. Gli avevano sempre insegnato che tutti gli uomini erano uguali, ma all’atto pratico non era così, e questo non riusciva proprio a farselo andare giù.

    Per la maggior parte dei suoi compagni contava solo la paga, che seppur misera dava da mangiare, o almeno contribuiva, visto che diversi alla fine si arrangiavano come potevano e non sempre in maniera, per così dire, pulita.

    Chi faceva il suo mestiere doveva anche imparare a non vedere, sentire e parlare a seconda delle circostanze, ed era un'altra cosa che non gli piaceva per niente. In effetti c'erano diverse cose che non gli piacevano ma facevano parte del gioco, della vita che aveva scelto, e comunque voleva proseguire per quella strada. Non solo perché non avrebbe saputo che altro fare, ma anche perché malgrado tutto nell'insieme gli piaceva. A volte a dire il vero, in quel momento non ne era molto convinto, ma era il tipo che una volta imboccata una strada non si tirava indietro davanti alle difficoltà.

    D’altra parte invidiava il suo amico Gabriel, che non se la prendeva mai troppo e pensava solo alle donne e al divertimento. Lui era alto, magro ma atletico, con capelli biondi piuttosto lunghi e lisci e penetranti occhi azzurri. Era bello come pochi, con lineamenti fini e fare sicuro, e non c'era donna che gli dicesse di no.

    Aveva anche un che di autoritario oltre che di simpatico, e seppur fosse una recluta come lui, già veniva considerato da molti come capo assoluto. Sapeva come essere convincente e farsi rispettare ed era l'unico che sorrideva sempre, anche nelle situazioni peggiori.

    Anche in quel mentre era l'unico di loro che pareva non far troppo caso alla situazione, stava fumando con tranquillità una sigaretta e ne offrì una anche agli altri.

    Jean non fumava, e poi ora che aveva visto la carrozza concentrava lì tutte le sue attenzioni, e pure gli altri fecero lo stesso.

    La carrozza si fermò davanti a loro e prima che andassero dal conducente a dirgli che doveva cambiare strada videro qualcuno scendere.

    Il conducente svelto andò a portare un ombrello alla figura appena uscita, ma questa declinò l'offerta e si avvicinò velocemente verso di loro tra lo stupore generale. Non capivano bene se si trattasse di un uomo o di una donna ma pareva una figura maschile, anche se piuttosto magra e non molto alta. Quando però fu vicino e poterono un minimo distinguerne i contorni, ebbero diversi dubbi al riguardo. Il suo viso, ricoperto da un buono strato di cipria bianco, era ora esposto al maltempo e delineava dei tratti delicati, che parevano femminili.

    Con la maschera bianca non si sarebbe capito, ma ora che veniva lavata via videro un naso sottile e ben fatto, come la bocca, da cui pareva impossibile trapelasse un sorriso: era sicuramente una donna.

    Gli occhi scuri parevano confondersi con la notte e conferirle un senso d'inquietudine, che veniva accentuato dalla cipria che le copriva le sopracciglia. Avevano però un che di determinato e rispettoso, come il suo portamento che, pur essendo di bassa statura, le conferiva un'autorità che poteva appartenere solo ad una classe nobile. Si chiesero subito tutti cosa ci facesse lì e perché si stesse prendendo tutta l'acqua da capo a piedi.

    Anche la parrucca bianca, tipica dell'epoca, serviva a poco contro la bufera che si era scatenata, e rischiava di essere portata via dal vento. Da essa emergevano dei corti capelli neri lisci, che a guardarli meglio erano in realtà legati e ammassati tutti insieme e tenuti fermi da una o più spille.

    Era una maniera poco usuale per una donna, soprattutto se nobile, il cui rango imponeva determinate etichette.

    Il vestito scuro elegante copriva di sicuro il poco seno che possedeva e pure i pantaloni non mettevano in risalto il suo corpo che, anche se femminile, non pareva molto accattivante.

    Si fermò a pochi passi da tutti loro, che si erano riuniti uno vicino all'altro e non ebbero più dubbi che si trattasse di una donna, anche se la bellezza, almeno nel fisico, non pareva il suo forte.

    <>

    La ragazza esibì un documento, una piccola pergamena che i soldati neanche guardarono.

    Più che altro erano stupiti, non avevano mai visto una donna ad occupare un simile ruolo, in più quella pareva appartenere alla classe nobile e tutti apparivano perplessi.

    Comunque fosse voleva anche dire che l'incubo era finito e una volta compiute le formalità se ne sarebbero potuti andare, e il buonumore tornò subito.

    Gabriel fu il primo a riprendersi dallo stupore e rompere il silenzio degli altri.

    <>

    <>

    <>

    <>

    <>

    Il giovane fece un leggero inchino simulando quello di un galantuomo; era di sicuro il tipo a cui nessuna donna diceva di no, ma Etoile non lo degnò nemmeno di uno sguardo.

    Guardò brevemente tutti gli altri soldati, erano per lo più giovani e, a giudicare dalle loro facce, molto contrariati per stare lì, e non vedevano l'ora di andarsene. Del resto era normale, lo facevano per lo più per soldi e volevano faticare il meno possibile. Lo sapeva, era una vita dura la loro, che molti avevano scelto per necessità e non per passione.

    L'unico che aveva uno sguardo diverso era un giovane vicino a Gabriel, forse il più giovane di tutti. I suoi occhi verdi esprimevano semplicità ma anche passione, malgrado la situazione.

    <> chiese Etoile a quel giovane.

    <>

    <>

    <> rispose Gabriel, ma si fermò incrociando lo sguardo di lei.

    <> rispose Jean.

    <> chiese Etoile.

    <> risposero in diversi.

    <> spiegò Gabriel.

    <>

    <>

    <>

    <>

    <>

    <>

    <>

    <> chiesero in diversi.

    <>

    Rimasero un po' titubanti, non aspettandosi quella risposta immediata, e poi dissero che erano lì da diverse ore, almeno quattro.

    <>

    <> disse Gabriel scrollandosi l'incombenza di dosso.

    Etoile guardò Jean con i suoi occhi scuri, come a scrutargli dentro. Lui si sentì a disagio e pareva piccolo e inerme di fronte a quello sguardo, malgrado fosse il doppio della ragazza.

    <> balbettò, incerto su come parlare, ma lei non pareva turbata nel sentirsi dare del tu.

    A dire il vero niente pareva turbarla, nemmeno la pioggia forte che la bagnava da capo a piedi, o il vento che le aveva fatto giusto cadere la parrucca. Il cocchiere poco distante l'aveva raccolta e gliel’aveva portata, ma lei disse solo di tornare sulla carrozza e aspettarla lì, e lui così fece.

    Ora i suoi corti capelli neri erano totalmente esposti alle intemperie, ma non se ne preoccupava. Pareva proprio una statua. Ora però che la cipria era totalmente scomparsa dal suo volto, come la parrucca, pareva anche aver acquistato un minimo di femminilità e - pensò il giovane - anche un certo fascino.

    <> Anche gli altri lo fissavano, impazienti di potersene finalmente andare da lì, e lui non volendo fare né brutta figura né prolungare le loro sofferenze parlò tutto di botto.

    <> spiegò Jean, non sapendo cos'altro aggiungere e sperando di essere stato esauriente.

    <>

    <>

    <>

    <> dissero in diversi.

    <>

    <> rispose Gabriel.

    <>

    <> rispose Gabriel mettendosi subito in mostra.

    <>

    <> chiesero in diversi.

    <>

    <> disse Etoile indicando Gabriel e Jean.

    Il primo stava per obiettare, ma lei si era già allontanata per portarsi davanti al cadavere, scrutandolo con attenzione e toccandolo in alcuni punti dopo essersi messa dei guanti neri.

    Tutti loro la guardarono in maniera strana, era proprio una persona insolita e commentavano già che doveva toccare proprio a loro.

    <>

    <> dissero in diversi.

    <> disse Gabriel di rimando.

    Jean non li ascoltava e si avvicinò a Etoile rimanendo però a debita distanza.

    A vederla con attenzione, anche se giovane, le pareva una vera professionista, che curava con attenzione ogni particolare e prendeva tutto con serietà e passione.

    Si sentì molto affine con lei; era contento di poterle essere utile e l'avrebbe accompagnata volentieri.

    Lei guardò diverse volte la faccia dell'uomo morto come potesse dirle qualcosa, e alla fine frugò nelle sue tasche ed estrasse alcune cose.

    <>

    Il ragazzo aveva con sé l'occorrente e glielo portò, e in una busta mise alcuni oggetti che appartenevano al morto. Aveva con sé poche cose. La ragazza trovò un piccolo orologio d'oro molto ben fatto, una manciata di monete, molto poche, un'agendina e una piccola pergamena.

    Ora non aveva tempo per leggerla e non voleva poi che si bagnasse, ma vide in fondo ad essa uno strano simbolo, che pareva una doppia croce gialla.

    <>

    <> rispoe Jean.

    <> dissero diversi soldati, più in tono di domanda che di affermazione.

    <>

    <>

    <>

    <> disse Gabriel.

    <>

    <> dissero in diversi, riluttanti all'ingrato compito che li attendeva.

    <>

    <> ordinò Etoile, che prima di partire dette istruzioni al cocchiere di precederla dal medico e di alloggiare lì per la notte.

    Gabriel condusse lei e Jean tra diverse vie buie, accompagnati solo dagli ululati del vento e dalla pioggia che pareva non diminuire mai.

    Per fare quella che era solo una breve distanza ci era voluto più tempo del previsto, ma alla fine arrivarono in una piccola casa separata leggermente da alcune altre.

    Più che una casa era una baracca, c'era solo un piccolo terreno incolto e diverse erbacce, ed anche se ci fosse stato qualcosa di buono con quel tempo era rovinato.

    Bussarono ad una grossa porta posta sopra alcuni gradini di pietra. L'intera struttura di mattoni era estremamente piccola e giusto una persona ci poteva vivere.

    Sentivano una voce dall'interno ma nessun gli aprì.

    <> gridò Gabriel.

    <> rispose una voce maschile che pareva provenire da un uomo non più giovane.

    <>

    <>

    Pareva fuori di sé da come parlava, e forse lo era. I due uomini guardarono incerti Etoile, che non pareva persona che si rassegnasse facilmente.

    <> disse Etoile.

    <>

    <> intimò Etoile in tono perentorio. Un tuono forte parve sottolineare ancora di più le sue parole e dopo un attimo la porta si aprì lentamente.

    C'era un uomo di una certa età piuttosto corpulento e non molto alto. Aveva baffi folti marroni tendenti al bianco, capelli scuri unti e bagnati ed indossava una maglia grigia lacera e sporca. Tutto in lui dava l'idea di lasciato andare, e che non amasse la pulizia e l'ordine.

    La casa, un unico locale, era un putiferio di disordine assoluto, e lo sguardo dell'uomo accentuava una mancanza di precisione come di controllo, per non dire una certa follia.

    L'uomo aveva in mano una piccola candela, e diverse ne erano poste qua e là, illuminando quell'ammasso di oggetti sparsi alla rinfusa nella piccola casa, dove in fondo si scorgeva un piccolo giaciglio.

    <>

    <>

    <>

    Lo sguardo dell'uomo pareva pura follia, guardava loro, poi fuori, non li fece nemmeno accomodare, e visto il disordine quasi preferivano così.

    Chiusero la porta per non far entrare vento ed acqua ma rimasero sulla soglia aspettando che l'uomo tornasse in sé, sempre che fosse possibile.

    <>

    <>

    <>

    <> Etoile parlando in tono più confidenziale mise l'uomo più a suo agio.

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    <> intimò Etoile. <>

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    <>

    <>

    L'uomo cominciò a piangere ed agitarsi, pareva proprio un classico attacco di panico, e i due

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