Discover millions of ebooks, audiobooks, and so much more with a free trial

Only $11.99/month after trial. Cancel anytime.

Il grande assassino
Il grande assassino
Il grande assassino
Ebook173 pages2 hours

Il grande assassino

Rating: 0 out of 5 stars

()

Read preview

About this ebook

Due laboratori di ricerca e un dottore senza scrupoli. La falsificazione di analisi mediche e l'annuncio della scoperta per la cura contro il cancro. Due morti che sembrano accidentali: una in Valdarno, l'altra a Firenze. Due indagini parallele e un serial killer spietato sempre un passo avanti. La nuova avventura del commissario Olivieri.
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateJan 9, 2018
ISBN9788827804858
Il grande assassino

Read more from Andrea Boldi

Related to Il grande assassino

Related ebooks

Thrillers For You

View More

Related articles

Related categories

Reviews for Il grande assassino

Rating: 0 out of 5 stars
0 ratings

0 ratings0 reviews

What did you think?

Tap to rate

Review must be at least 10 words

    Book preview

    Il grande assassino - Andrea Boldi

    lavoro.

    PARTE PRIMA

    29 novembre

    La ragazzina si ridestò da un sonno leggero. Aveva la fronte appoggiata sul vetro del finestrino, lo zaino sempre vicino a sé e, dall'altro lato, la borsetta che gli aveva regalato Marco, il suo ragazzo. Fuori, la stazione era un via vai continuo di persone. Da dietro lo spesso finestrino del Freccia Rossa, quella sorta di cacofonia che si diramava all'aperto, come in un maxi concerto, arrivava ovattata. Un po' come una voce che grida in una sala da ballo piena di gente scatenata che si muove sotto una musica assordante. Preoccupata, diede uno sguardo all'orologio posto al lato del binario, proprio di fronte a lei.

    Le dieci e sette.

    Iniziò a sudare, un po' per il caldo che usciva dalle bocchette di aerazione del vagone, un po' perché preoccupata per quello che aveva fatto. Le sudavano le ascelle e continuava a sentirsi a disagio come un drogato in crisi di astinenza, tra un delirio e un altro. Se non ci fossero stati ritardi, tra poco avrebbe potuto dire di avercela fatta. A un tratto un piccione picchiò fuori dal vetro facendola trasalire. Poi cadde sul marciapiede fra la calca di persone che si affrettavano a salire in treno.

    Per un attimo sospirò allarmata, poi ancora uno sguardo all'orologio. Le dieci e otto.

    E dai! Parti. Parti!

    L'hostess delle ferrovie si avvicinò al suo posto.

    «Mi scusi signorina, posso vedere il suo biglietto?»

    Per un momento aveva temuto il peggio. Poi prese dalla borsa il documento e lo porse alla graziosa assistente. Uno sguardo alla prenotazione e la conferma che era seduta nel posto giusto. Poi il biglietto le fu restituito.

    «Buon viaggio.»

    Lo riprese con estremo vigore e, messolo al sicuro nella borsetta, quasi a dire questo è mio la ragazzina sorrise.

    «Grazie.»

    Il cellulare cominciò a suonare. Se lo era quasi aspettato. Uno sguardo al display: mamma. Rimase per un attimo, che le parve interminabile, con il dito sullo schermo del telefono poi, risoluta, rifiutò la chiamata, non tanto per paura di rispondere a sua madre, quanto per timore di quel lupo che lei aveva cominciato a frequentare dopo il divorzio. Continuava a vederlo, con la testa rivolta verso di lei, pronto a morderla con le fauci protese. Dopo averlo conosciuto, si era resa subito conto del perché non avesse figli: ne avrebbe spregiate la bellezza e la serenità. Che cosa ci avesse trovato sua madre era un mistero.

    «Che palle!» Sospirò digrignando tra i denti. Ancora uno sguardo fuori. Un minuto alla partenza.

    Era già fine novembre e l'aria piuttosto fresca, ma limpida e asciutta, dava una sensazione di benessere. A quell'ora del mattino, da dietro la grande copertura della stazione centrale di Milano, la luce del sole inondava parte dei binari. Gli sembrava di avvertire il calore dei raggi sul volto e sulle braccia, ma il sudore che le si era ghiacciato addosso la fece rabbrividire. Con uno sbuffo la porta a tenuta stagna del vagone si chiuse ed una frazione di secondo più tardi il treno si mosse.

    Ancora una volta lo squillo del cellulare. Stavolta senti la rabbia salire.

    «Pronto. Che cavolo vuoi?»

    «Dove sei, disgraziata?»

    «Sono in stazione, come ti avevo già detto ieri, ieri l'altro e il giorno prima ancora.»

    «Ascoltami bene, ragazzina……» La figlia la interruppe:

    «Il treno è partito in questo momento, quindi buona giornata.» Poi la linea fu interrotta. Bloccò il numero sul cellulare per non essere disturbata. Quel senso di rabbia durò ancora qualche minuto. Poi cercò di ripulire dalla mente tutte le immagini negative, senza prevedere quanto tempo sarebbe riuscita a tenerle lontano. Chi ha detto che seguire il proprio cuore non è un bene? Cercò di concentrarsi, poi, passata la collera sorrise. Si senti felice. Di li a qualche ora lo avrebbe abbracciato forte. Un abbraccio sincero, voluto, desiderato. Atteso per troppo tempo.

    Il dottor Stefano Alighieri quella mattina si era alzato presto. Aveva lasciato moglie e figli a letto ed era uscito in compagnia del suo cane. Aveva sceso i gradini della veranda, uscendo dall'ombra proiettata dal tetto. L'aria fresca e frizzante penetrava nelle ossa fino al midollo. I capelli, ormai bianchi da tempo, svolazzavano sulla testa messi alla meno peggio, come alghe lasciate a riva dalla marea. Quella mattina saranno stati almeno cinque gradi sotto lo zero. A differenza dell'anno precendete, l'inverno era arrivato con largo anticipo. I lampioni lungo la strada baluginavano tra la luce cinerea del mattino.

    L'unico che sembrava non fare caso al freddo era il suo cane: correva dietro ad un amico immaginario, azzannando le foglie che venivano alzate dal vento. L'erba, completamente ghiacciata, scrocchiava sotto i suoi piedi. Si fermò un istante e si mise le mani in tasca come per cercare un po' di calore. Era impossibile ripararsi, anche con vestiti pesanti, da quel vento così ghiaccio. Iniziò a pesticciare per cercare di riscaldarsi e poi fece una panoramica con lo sguardo verso la vallata. In lontananza il promontorio del Pratomagno era completamente ricoperto da un candido manto bianco.

    Si girò verso casa. Dal comignolo aveva cominciato ad uscire del fumo, segno evidente che sua moglie si era alzata e aveva acceso il fuoco. Prima di andare al laboratorio si sarebbe riscaldato davanti al camino con una bella tazza di latte. Cercò il suo cane. Finalmente lo vide, con la zampa alzata mentre espletava i suoi bisogni sul tronco di un ulivo. Era in ritardo quella mattina. Attese con pazienza e poi con un fischio lo richiamò a sé e insieme si diressero verso casa.

    L'aria della cucina si era già intiepidita, ma ancora le mani e i piedi, congelati dal freddo, lo fecero tremare. Si diresse immediatamente davanti al fuoco dicendo: «buongiorno amore, stamani è particolarmente freddo.»

    «Buongiorno. Sì, è molto freddo. Appena ti sei scaldato, vieni a prendere il tuo latte. Io vado a svegliare i ragazzi.»

    Sandra, la moglie, armeggiava davanti ai fornelli, mentre canticchiava la sua canzone preferita, come era solita fare. Una voce sottile, ma allo stesso tempo suadente. Stefano sorrise. Amava sua moglie. Profondamente.

    Ogni volta che intonava quella canzone di Tiziano Ferro, in cui il cantante dice che ha soltanto una vita e la vorrebbe dividere con la sua dolce metà, provava un brivido. Non solo era intonata, ma era anche una cuoca eccezionale e una brava madre. Il profumo di caffè, latte caldo e biscotti era inebriante. Sandra versò il latte nella tazza e girò la testa verso le scale. Dal piano di sopra era cominciata la solita tiritera. I figli si erano svegliati da soli ed avevano cominciato a litigare per l'uso del bagno. Ne avevano due in casa, solo che la mattina nessuno voleva usare quello del piano di sotto.

    «Sei uno stronzo!» Disse uno dei due fratelli sbattendo con il pugno la porta del bagno.

    «Basta, Tommaso! Scendi e usa quello a pian terreno. E poi non offendere tuo fratello Francesco.»

    «Ma babbo, lo fa sempre apposta. Perché non posso usare io per primo il bagno?»

    «Ti ho detto basta! Scendi e vieni a fare colazione. In bagno ci andrai dopo.» Il dottor Alighieri aveva alterato il tono di voce.

    «Tuo padre ha ragione,» fece eco la mamma.

    «Vieni a prendere latte e biscotti!»

    Dal piano di sopra Tommaso, senza farsi sentire dai genitori, disse a suo fratello:

    «Sei solo uno stronzo. Adesso vado giù e mangio anche la tua di colazione così impari a farmi incazzare.»

    Per tutta risposta il fratello maggiore dall'interno del bagno rispose con una scorreggia.

    «Vaffanculo!»

    Dopodiché si buttò giù a rotta di collo per le scale.

    «Buongiorno!» Disse appena entrato in cucina. Il dottor Alighieri e sua moglie risposero all'unisono al figlio, poi Sandra lo fece accomodare sulla sedia e gli servì la colazione.

    «Tieni tesoro, adesso mangia.»

    Il ragazzo divorò con ferocia una quantità esagerata di biscotti, prese il caffè latte e poi tornò di sopra per vedere se il fratello era uscito dal bagno.

    «Stanno crescendo. Ti ricordi, Stefano, quando erano piccoli e dovevamo cambiarli di continuo? Sembra ieri ed invece sono già passati quindici anni.»

    «È vero, il tempo è volato via in un attimo. Fra qualche anno quando prenderanno la patente e cominceranno ad uscire sempre, li perderemo. Credo che Tommaso si sia fidanzato.» «Come fai a saperlo? Mi aveva assicurato che non ti avrebbe detto niente.»

    Con un esperssione sorniona Stefano guardò lo moglie e disse:

    «L'ho visto ieri sera in compagnia di quella figliola. Vedessi come ci davano dentro con quelle lingue.»

    «Ma Stefano, che dici! Sono ragazzi.»

    Con una punta di tristezza per il tempo passato il dottor Alighieri rispose alla moglie.

    «No! Adesso sono già uomini.»

    Sorridendo, schioccò una bacio sulle labbra della moglie. Poi pensò alle ricerche che stava svolgendo. Sperò di ricevere presto qualche buona notizia. In quel caso, il futuro che gli si parava davanti sarebbe stato più che positivo. Doveva pensare al lavoro, ma l'idea di uscire nuovamente all'addiaccio lo fece rabbrividire. Si fece coraggio. Indossò il cappotto, si sistemò la sciarpa al collo e, dopo aver preso la borsa, uscì e si diresse verso il laboratorio.

    Il giovane dottore Carmine Butti, assistente di laboratorio del centro per la ricerca contro il cancro, stava armeggiando con le apparecchiature in attesa che arrivasse il dottor Alighieri. A Carmine, oltre al proprio lavoro, piaceva solo mangiare. Era in forte sovrappeso e detestava qualsiasi tipo di sport. Da quando aveva conosciuto Carla si era ripromesso di perdere almeno dieci chili, ma detestava il fiatone che gli veniva subito dopo poche centinaia di metri di corsa. Carla era carina, si domandava come avesse potuto fare a conquistarla. La maggior parte dei suoi amici era molto più fotogenica. Doveva cominciare di sicuro da una dieta ferrea. Intanto però si era iscritto in palestra. Odiava profondamente tutte le persone che ci andavano. Si chiedeva perchè lo facessero. Il giorno che ci era andato aveva provato un imbarazzo terribile nello sfoggiare quel girovita ormai da rischio cardio vascolare di fronte a ragazze e ragazzi scolpiti grazie ad anni e anni di duro lavoro sugli attrezzi. A lui tutto questo sembrava impossibile.

    Si era sentito gli sguardi addosso, sguardi che in ogni momento sentenziavano una sola cosa: Ciccione.

    Scosse la testa. Alla palestra ed alla dieta avrebbe pensato dopo. Aveva tracciato una cartina mentale tutta la notte pensando e ripensando a quello che avrebbe fatto. Di certo suo padre, da profondo credente, non avrebbe approvato. Mentire era un peccato. Sperò vivamente che quel Qualcuno che era nell'aldilà facesse ciò che andava fatto, ovvero dargli l'assoluzione. Suo padre credeva profondamente nel perdono, l'ipotesi di condanna non fu neanche presa in considerazione.

    Era stato sveglio tutta la notte studiando il sistema per mettere in atto quello che aveva escogitato. Poi con ancora i vestiti del giorno prima indosso, senza nanche preoccuparsi di fare una doccia, era uscito di casa e si era recato in laboratorio di buon ora, per esserci prima che il suo capo arrivasse.

    Anche se fuori era freddo, il sudore scorreva sulle guance rosse e ruvide di barba come grandi lacrime.

    Era agitato, ma al momento l'obbiettivo principale era arraffare i fondi per la ricerca. Contava solo quello. Non poteva permettersi di restare senza lavoro adesso che aveva una ragazza. O meglio: una volta presi i soldi, ben volentieri sarebbe rimasto senza lavoro! Era più che sicuro che avrebbe convinto Carla a seguirlo alle Canarie. Già si era immaginato a non far niente dalla mattina alla sera, vivendo di rendita in un luogo dove per undici mesi all'anno si sta in pantaloni corti. Rivolse lo sguardo all'esterno cercando di non pensare alle pulsazioni che cominciava a sentire forti in gola. Diede un occhiata ai risultati dell'ultimo composto sperimentato.

    Soggetto: Simona Lombardi carcinoma lobulare seno destro

    Test eseguiti: chirurgia per rimuovere il tessuto canceroso

    Farmaci per la chemioterapia

    Terapia di radiazioni

    Composto sperimentale

    Risultati: dopo la rimozione chirurgica del tumore nessuna delle terapie adottate si è rivelata producente. Metastasi diffuse anche ai polmoni.

    Letta la scheda della paziente, il dottor Butti imprecò in maniera esagerata sbattendo i pugni sul tavolo. Quasi ci aveva creduto che il nuovo composto sperimentale avrebbe potuto dare qualche risultato positivo per quella povera donna ed una speranza a tutte le persone che stavano lottando contro la malattia. Forse lo aveva fatto per autoconvincersi che quello che stava per fare non era cosa sbagliata. Con 270000 nuovi casi ogni anno in Italia e con oltre 160000 decessi sperava in qualcosa di meglio. I fondi per la sperimentazione e la ricerca stavano finendo e con il solo 1,3% del Prodotto Interno Lordo investito dall'Italia in quel settore, sarebbero andati poco lontano. Prese la cartella

    Enjoying the preview?
    Page 1 of 1