Apologia dell'ateismo
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Apologia dell'ateismo - Giuseppe Rensi
DIGITALI
Intro
«Contro ogni Dio, l’ateismo asserisce e fonda la sua causa con sicurezza incrollabile e trionfale»: è questa la prima decisa affermazione del saggio che il filosofo italosvizzero Giuseppe Rensi scrisse nel 1925. Apologia dell’ateismo procede nella propria dimostrazione confrontandosi con vari periodi del pensiero religioso e filosofico, da Agostino a Kant, rivalutando in parte le fedi primitive e identificando Dio con il non-Essere. Il testo di questa edizione, emendato da qualche refuso, è stato prudentemente attualizzato in alcuni termini.
Avvertenza
Allo spiritello critico di Mileti
Omnem, quae nunc obducta tuenti
mortalis hebetat visus tibi et humida circum
caligat, nubem eripiam.
(Virgilio)
Quare religio pedibus subiecta vicissim
opteritur, nos exaequat victoria caelo.
(Lucrezio)
Come un musicista, così un filosofo può talora avere il desiderio di eseguire una sonata su di una corda sola – quella che gli pare più opportuna in date circostanze far udire – e riuscirci; pur conoscendo che altre corde vi sono nel suo strumento che si potrebbero toccare, e pur sapendo, o da sole o unitamente a quella su cui ora svolge il suo motivo, toccare anche quest’altre.
La lettura di questa apologia, e specialmente dei capitoli I e II di essa, potrebbe venir utilmente integrata con quella dei miei due volumi Interiora Rerum e Realismo, dove si troveranno delucidazioni e conferme.
G. R.
Che cosa è Essere
Contro ogni Dio, l’ateismo asserisce e fonda la sua causa con sicurezza incrollabile e trionfale.
La sua causa è una cosa sola con la ragione
, con la logica, sicché volerla oppugnare è semplicemente insorgere contro le fondamentali leggi logiche del pensiero. È una cosa sola con la mente sana, con la mentalità sviluppata e civile, con la capacità di ragionare correttamente, con la ragione intesa come l’opposto dell’allucinazione o dell’alienazione mentale. Negare l’ateismo è cadere nell’allucinazione, nella pazzia, nella mentalità crepuscolare dei bambini e dei selvaggi, incapaci di distinguere l’ è dal non è. Giacché la causa dell’ateismo ha appunto la sua base invincibile nel concetto più elementare: quello di Essere.
Stabilito con precisione e chiarezza che cosa è Essere, resone conto a se stessi fuor degli equivoci e del vago, la questione è immediatamente risolta, e l’inconcussa validità dell’ateismo assodata con la medesima inamovibile certezza con cui lo è un teorema di geometria elementare, chi non riconosce la verità del quale è fuori della ragione, è pazzo.
Devo scusarmi se la semplice e rigorosa dimostrazione che darò di tutto ciò urterà vivamente i credenti di vario ordine, i negatori d’ogni tinta dell’ateismo; se tale dimostrazione li relega fuori della sfera della ragione; se essa sfida la loro indignazione col venir così a comprovare che non si può credere per ragione, ma si crede solo soffocando e negando la ragione, piegandola e deviandola di proposito e preconcetto a suffragare fallacemente quel che già si vuole credere e costringendola a sofisticare se stessa per tener fermo a ciò che si vuol credere.
Indignazione pericolosa, perché prepotente e violenta, come quelle di tutti coloro che credono alcunché non per ragione ma contro ragione, e per mero impulso della volontà cieca che esige così: al che la violenza naturalmente e necessariamente si congiunge. – Mi duole offendere costoro; e offenderli tanto più in quanto la dimostrazione di tutto ciò è semplicissima, chiarissima, inoppugnabile. Ma non si può farne a meno, ché la logica lo esige.
E appunto in questo momento di ritorno, anche politicamente opportunistico, di tutte le vecchie menzogne, le vecchie rugiadose autosuggestioni, i vecchi patetici sdilinquimenti, occorre che qualche voce si levi a sostegno di quella semplice logica che con la sua ventata pura e fredda, spazza via implacabilmente tutta questa umida nuvolaglia e rifà terso e rigido il sereno del cielo intellettuale.
Ho detto che la causa dell’ateismo si fonda invincibile sul concetto di Essere.
Che cosa è Essere? È la risposta esatta a questa domanda che risolve la questione dando alla causa dell’ateismo la vittoria irrevocabile.
E la risposta è la seguente.
Essere significa ciò che si può vedere, toccare, percepire. È soltanto ciò che può essere visto, toccato, percepito.
Quando si dice che è solo ciò che può essere percepito, quel può non va inteso nel senso che esista solo ciò sovra cui sia effettivamente possibile metter l’occhio e la mano; ma nel senso che, anche quando questo di fatto non possa accadere mai, pure la cosa che è deve possedere una natura tale per cui sia per sé suscettibile di essere vista, toccata, percepita. Ciò che è, è solo ciò che viene necessariamente pensato come tale che, date opportune condizioni, sia possibile vederlo e toccarlo.
Ciò che è, insomma, è solo ciò che, quand’anche in questo momento non si possa vedere e toccare, o, eziandio, in linea di mero fatto, non si possa vedere e toccare mai, pure sarebbe, sotto certe circostanze, suscettibile di essere visto e toccato; ciò, quindi, che è di natura identica e continua a quella di questo mondo che si vede e si tocca, così da possedere le medesime condizioni di visibilità e tangibilità di questo.
Con queste delucidazioni, ripeto: è soltanto quello che può essere visto, toccato, percepito; essere
non vuol dire altro che questo.
Tale dunque la definizione di Essere. Ma siccome dire la cosa così è troppo semplice, e un filosofo non ci farebbe una bella figura, diciamola al modo di Kant.
La nostra mente possiede una serie di concetti fondamentali, coi quali pensiamo ordinatamente il reale: per esempio, i concetti di esistenza, di sostanza, di causa. Questi concetti non ci vengono dall’esperienza, sono a priori, sono anzi preventivamente necessari all’esistenza dell’esperienza, cioè di un mondo da conoscere, perché, senza di essi, noi