Urbino '68: Amore e contestazione giovanile
By Ivana Magini
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”Immaturo va bene … rozzo anche, ma non si dica che ho abbandonato una ragazza in un posto appartato, anzi diciamo pure isolato, dove potrebbe anche aggirarsi qualcuno che … E poi, c’è ragazza e ragazza. Questa è sprovveduta, non sa niente della vita, crede ancora nelle favole!”
I romanzi della scrittrice pesarese IVANA MAGINI rivelano un’esistenza ricca di esperienze diseguali, eppure così legate le une alle altre, che finiscono per comporre i tratti policromi di un unico mosaico. Partono dall’analisi dei propri disagi interiori, per arrivare ad alcune riflessioni che i nostri tempi impongono alla coscienza individuale e collettiva. Ha pubblicato numerose recensioni, oltre 90 poesie e cinque romanzi, che sono:
“Rosa Rosina”, 2010
“Il mondo di Virginia” (Prima parte), 2011
“Il mondo di Virginia” (Seconda parte), 2012
“Urbino ‘68”, 2013
“Una prof. di ferro”, 2015
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Urbino '68 - Ivana Magini
Ivana Magini
URBINO ‘68
Amore e contestazione giovanile
Ho visitato luoghi.
Ho sentito nelle ossa il
gelo delle montagne
….. camminato tra campi
arati e filari di viti
e rubato fiori oltre i cancelli
chiusi.
Ho respirato il mare,
pedalato per la città con
la brezza che sollevava
la gonna e mi sfiorava
i ginocchi.
Ho preso treni, battelli
e percorso strade
per imparare, conoscere,
scoprire …..
Non sapevo che, ogni volta,
uscivo alla ricerca di te.
Dedicato ai ricordi
e alle inquietudini
della mia giovinezza.
PARTE PRIMA
- 1 -
Ebbene, lo confesso: scrivo poesie.
Ieri, mentre riordinavo, ne ho ritrovate alcune dentro la stessa busta, finita sul fondo di un cassetto. Mi hanno colto di sorpresa, quasi a tradimento … riportandomi indietro di oltre 40 anni.
Le poesie, come è giusto che sia, hanno l’incredibile potere di creare immagini, di suggerire emozioni, di sintetizzare la vita. Ora, dopo tanto tempo – partendo da quelle e usandole come filo conduttore - cercherò, invece, di raccontare, di spiegare, di analizzare nei particolari un’epoca che è stata consegnata alla storia.
Mi chiamo Cristina De Angelis e sono un’ex sessantottina. A dirla tutta, il 1968 mi ha appena sfiorata, nel senso che – salvo una sola eccezione - non mi ha coinvolta fisicamente, trascinata nelle piazze o spinta a scendere in campo. Eppure, anche rimanendo in disparte, l’ho osservato, ascoltato, in qualche misura capito.
Nonostante le mie riserve, perfino al di là di ogni consapevolezza, ne ho respirato l’aria, ne ho subito il fascino, permettendo che indirizzasse le mie scelte e mi cambiasse il futuro. Per questo anch’io mi sento, a buon diritto, una sessantottina … con tutte le connotazioni e tutto ciò che questa definizione contiene di fortemente evocativo.
Dimenticavo di dirvi che sono nata a Pesaro da una famiglia dell’alta borghesia. Senza meriti né colpe … almeno così credevo.
Sapete? Non ho simpatia per le cronache o le biografie, tantomeno per le autobiografie, perché richiedono di imbrigliare la fantasia. Cosa impossibile, per quanto mi riguarda! E allora, lasciate che vi parli di me come se dessi vita ad un personaggio dei miei racconti. Può sembrare una contraddizione, eppure lo scrittore - sostengo da sempre - deve guardare con distacco le cose e i fatti per riuscire a descriverli in profondità, deve prendere una certa distanza dalle persone per penetrarne i sentimenti. Come il presbite, che non riesce a mettere a fuoco le immagini vicine, mentre vede perfettamente quelle lontane, con tanto di contorni nitidi e precisi.
Dunque, per sommi capi, vi racconterò la storia della mia vita. Un po’ romanzata? Forse … perché non dimentichiamo una cosa: l’onestà intellettuale – che credo di possedere - è solo una delle parti che compongono la memoria. Tutto il resto tende a filtrare, selezionare, idealizzare, perché tutto il resto è sentimento … scarsamente attendibile per definizione.
Al fine di farmi perdonare, prenderò a prestito le parole di un grande come Manzoni, il quale fece un’affermazione che sfido chiunque a contestare: Il cuore, chi gli dà retta, ha sempre qualche cosa da dire su quello che sarà. Ma che sa il cuore? Appena un poco di quello che è già accaduto
.
- 2 -
Paola Zanchi, da sempre la migliore amica di Cristina, era rimasta orfana di padre ancora piccolissima. Sua madre, Maria, costretta a cercarsi un lavoro per provvedere ad entrambe, era diventata la governante di casa De Angelis, praticamente una di famiglia. Lei e la bambina si erano sistemate nella foresteria in fondo al giardino, ma Paola era cresciuta insieme a Cristina nell’enorme villa che si affacciava sul viale Trieste e nella quale la piccola, essendo figlia unica, si sarebbe sentita troppo sola.
Le due erano inseparabili … come si dice, ‘pappa e ciccia’. Il padre di Cristina, l’avvocato Lorenzo De Angelis, lo ripeteva spesso, non senza una punta di sarcasmo nella voce. Infatti Paola, a motivo di una grave disfunzione, era grassa, grassa davvero! I medici avevano sperato che lo sviluppo potesse rimettere in equilibrio i suoi ormoni, ma non era successo, purtroppo! Comunque, mentre la mamma di Cristina, la signora Clara, aveva accolto Maria e Paoletta come un dono del cielo, il marito disapprovava, non vedeva di buon occhio quella promiscuità di stati sociali. Solo a distanza di tempo fu costretto ad ammettere che la vicinanza di Paola, una bambina giudiziosa, educata e intelligente, avrebbe potuto avere un’influenza positiva sulla formazione di sua figlia. Tanto più che, essendo di due anni più grande, sarebbe stata in grado di aiutarla nello studio e negli odiatissimi compiti per casa.
Era inevitabile che Paola, crescendo, sviluppasse un complesso d’inferiorità che, tuttavia, riusciva a nascondere ironizzando, ridendo di se stessa. D’altra parte, era ricercatissima, amata e rispettata da uno stuolo di amici, amici veri. Però non aveva corteggiatori … perché lei era super intelligente, di compagnia, anche divertente, ma rimaneva pur sempre una ‘cicciona’. Certo, non era facile convivere col suo problema in una società così attenta alle apparenze. Il fatto che la definissero ‘bella dentro’, pur essendo la verità, la indispettiva moltissimo.
A dire il vero, per Cristina era bella anche fuori, nonostante tutto abbastanza proporzionata, agile nei movimenti. E poi aveva un viso bellissimo! Come tutte le persone che riescono a non soccombere, a non lasciarsi affossare dal proprio handicap, Paola aveva sviluppato una personalità travolgente, trascinatrice, da leader. Il tutto accompagnato da una maturità precoce che la rendeva saggia. Cristina la considerava il suo grillo parlante, la voce della sua coscienza, il suo punto di riferimento, il suo tutto. Paola, dal canto suo, nutriva per lei un affetto senza ipocrisia e senza invidia. Infatti, la sorvegliava, la proteggeva, la consigliava come una sorella maggiore, pur non essendo, per natura, né pedante né bacchettona.
- 3 -
Quando i compagni di scuola o gli amici organizzavano un ‘festino’, Paola veniva invitata per prima. Qualcuno mormorava malignamente che lo facessero perché passava volentieri i compiti di latino e greco, o perché le femmine non vedevano in lei una possibile rivale in amore. Come avrebbero potuto!?
Ma la ragione vera era un’altra … incontestabile: la Zanchi era vivace, simpatica e piena di idee, insomma l’animatrice ideale di quelle festicciole che, altrimenti, si sarebbero ridotte ai soliti balli rigorosamente lenti da ballare guancia a guancia … dondolando abbracciati sulla stessa mattonella
, come cantava Rita Pavone. Il mangiadischi, gli scantinati addobbati alla buona, le luci abbassate, qualche mano che si allungava, morta o viva che fosse. Insomma, le solite cose. Invece, lei conosceva tanti giochi di società con i quali riusciva a coinvolgere tutti. Almeno per un po’. Per il resto, rimaneva seduta a far tappezzeria, ma non perdeva il sorriso e il buonumore. In fondo, non era colpa di nessuno. Lo diceva lei stessa che i compagni, più che abbracciarla, avrebbero dovuto circumnavigarla. No, non si poteva fare!
E Cris? Aveva il problema contrario: era facile che i ragazzi s’innamorassero di lei, perché era bellissima, praticamente perfetta … anche se alla fine, dopo mesi di serafica contemplazione, finivano per accontentarsi di ragazzine più terrene e ‘palpabili’. Sì, perché Cristina era algida come un’eterea visione, un’icona posta sulla sommità di una torre d’avorio. Ciò nonostante, ne aveva sempre tanti di ‘filarini’ che le facevano gli occhi dolci: alcuni intraprendenti, alcuni timidi, altri che si atteggiavano a uomini vissuti, altri ancora che speravano di far colpo mostrandosi perennemente tristi e incompresi. Di ritorno a casa, le due ragazze ne avevano di commenti da fare e anche di risate!
Ma non era malizia. Era la spensieratezza della loro età, la leggerezza dei pensieri, l’emozione del cuore che le prime ‘cotte’ facevano battere più forte. Erano tempi belli, quelli, pieni di progetti da realizzare, di sogni da afferrare al volo.
- 4 -
Il mangiadischi, quello strano aggeggio metà valigetta e metà tostapane, che ingoiava i 45 giri, fu una seconda rivoluzione copernicana, il primo esempio di musica trasportabile. Aveva solo sessanta minuti di autonomia, ma bastava non dimenticare la scorta di pile usa e getta, ed era fatta!
E allora, d’Estate, lo si portava nelle gite in campagna, assieme al plaid e al cestino delle vivande.
I nostri lo portavano soprattutto al mare, verso il tramonto, quando il sole concedeva un po’ di tregua, gli ombrelloni si chiudevano, e le orde di ‘bagnanti’ stranieri restituivano la spiaggia ai suoi legittimi proprietari, i pesaresi. E allora giù, a tutto volume: Paul Anka con la sempreverde Diana
, i Pooh, i Rokes, l’Equipe 84, I Camaleonti, i Dik Dik. E poi Rita Pavone, Caterina Caselli, Bobby Solo, Nico Fidenco, la Zanicchi, Milva, Fausto Leali, Little Tony, Mal dei Primitives ecc. ecc. ecc.
Naturalmente, Celentano la faceva da padrone, insieme a Mina, ma quella arrivava alla fine, nella luce dell’imbrunire, nel languore della sera. Una volta, la sua Mi sei scoppiato dentro al cuore
, fece letteralmente scoppiare il mangiadischi. Dopo il primo attimo di spavento, i ragazzi fecero una colletta e spedirono Giuseppe detto ‘Garibaldi’ a comprarne un altro, di corsa, prima che i negozi chiudessero. La serata fu salva!
Dopo cena, sempre in gruppo, erano soliti passeggiare sul lungomare, mangiando un cono gelato che, immancabilmente, finiva per sciogliersi e colare sulla maglietta o sui pantaloni … e si trattava quasi sempre del gusto al cioccolato! Ogni volta, dopo che il danno era fatto, si ripromettevano di gustarselo in silenzio quel benedetto gelato, di leccarselo in santa pace o di mordicchiarlo con garbo, come faceva Cristina. Tanto ce n’era di tempo per le chiacchiere! E invece no, non ce n’era, non abbastanza. Erano troppe le cose da dire, le storie da raccontare, i saluti, le risate, le esclamazioni, gli ammiccamenti, le lacrime, le confidenze, i segreti da sussurrare all’orecchio.
Spesso entravano in qualche bar per ascoltare il juke- box, quell’altare pagano luccicante, lampeggiante e misterioso davanti al quale sostavano con espressione stupefatta e adorante. A Fatti mandare dalla mamma a prendere il latte …
faceva eco, poco distante, Andavo a cento all’ora per veder la bimba mia, ie ie ie, ie ie ie …
. Gianni Morandi imperversava, con grande compiacimento di Cristina che era una sua fan, anche se, personalmente, preferiva gettonare le sue canzoni più romantiche, del tipo Se non avessi più te
o La fisarmonica
.
- 5 -
Insomma, i giorni trascorrevano sereni e spensierati per Paola e, spesso, anche per Cristina, quando aveva il permesso di uscire, e non era oppressa da assurde regole di comportamento, dal controllo della lunghezza-gonna, nonchè da limiti di orario invalicabili. Vale a dire tutte le volte