Ovunque nel mondo
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Ovunque nel mondo - Federica Leonardi
Innesti
Ovunque nel mondo
di Federica Leonardi
Immagine di copertina: a partire da fantasy-2252522_1920 di Kellerpics (Pixabay.com) su modello originale girl-1793733_1920 di Jerzy Gorecki (Pixabay.com)
Editing: Vito Di Domenico
Produzione digitale e montaggio grafico: Daniele Picciuti
ISBN: 9788885497160
Nero Press Edizioni
http://neropress.it
© Associazione Culturale Nero Cafè
Edizione digitale marzo 2018
Federica Leonardi
Ovunque nel tempo
Indice
1
2
3
4
5
6
7
L'autrice
[La solitudine] era qualcosa che poteva perseguitare e opprimere, che poteva deformare l’aspetto normale delle cose e giocare alla mente i tiri più maligni.
John Wyndham, Il giorno dei trifidi
Nel silenzio e nel buio, qualche volta, io odo scorrere la vita con un rombo così terribile, Bianca Maria, che io vorrei morire per non udirlo più.
Gabriele D’Annunzio, La città morta
1
Ciondolano al ritmo degli altoparlanti, storditi dal calore pomeridiano.
Stretti gli uni agli altri in una soffocante catena di carne e metallo, imprigionati in un’attesa che sembra destinata a prolungarsi in eterno. Donne e uomini, giovani e vecchi, tutti sconosciuti gli uni per gli altri e tuttavia animati dalla stessa insofferenza, ronzano vicino alla sola cassa aperta del supermercato come tante mosche attorno a una carogna.
Tra questi, Lia. Lia che sospira, avanzando di un passetto, e il piccolo cestino di fragole le scrocchia tra le braccia, stritolato dal resto della spesa. La borsa di tela floscia le penzola dal polso. Alle sue spalle, un vecchio scheletrito le pungola la coscia con il carrello. Un livido le si spande come muffa sulla gamba.
La donna che le sta davanti ha riempito la cassa di scatolette, surgelati, confezioni formato famiglia di cibo, prodotti per la casa, croccantini per il cane, bagnoschiuma e saponette: la spesa sufficiente a riempire un rifugio antiatomico.
Lia conta gli oggetti che lo scanner fagocita un pezzo alla volta, poi si osserva le braccia: le fragole, il tonno, un panino, un finocchio dal ciuffo verde. Tutto quello che può permettersi. Se non fosse per vedere sua cugina, se non fosse per il lavoro che le ha promesso, si terrebbe alla larga da quel posto. Da quella gente. Ma Adele le ha detto di passare e allora eccola lì, con la sua piccola spesa e le sue grandi speranze, mentre giugno sta per schiudersi, come le bocche di leone che incrostano la facciata del monolocale in cui abita da quando l’hanno lasciata andare. La sua tana precaria. Il vaso incrinato in cui sta cercando di far attecchire le radici piccole e contorte della sua nuova vita.
Cinque mesi. Cinque mesi senza lavoro. Cinque mesi a racimolare il fondo dei risparmi. Pochi spicci ancora, prima che tutto rovini una seconda volta. Adele sempre più somigliante a un miraggio che lei si ostina a inseguire, come un assetato insegue l’illusione di un’oasi in pieno deserto mentre, lentamente, muore.
Lia si morde la guancia, finché il dolore non è che un sordo pulsare dietro i timpani, e si sposta in avanti, riempiendo il centimetro di vuoto