Briscola il Gatto
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About this ebook
Il volume è stato rimasterizzato con il fondamentale contributo dell’ editor Patrizia Messina, moglie dell’autore e apriscatolette ufficiale, che, mettendo il suo…zampino, ha arricchito le avventure del gatto Briscola con dei particolari accattivanti che renderanno ancora più piacevole la lettura della presente antologia.
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Book preview
Briscola il Gatto - Salvo Nicolosi
Messina
Salvo Nicolosi
_____
Briscola
Il gatto
a Patrizia
al gatto Briscola
a tutti i gatti del mondo
"… ma il gatto
vuol solo essere gatto
ed ogni gatto è gatto
dai baffi alla coda
dal fiuto al topo vivo
dalla notte
fino ai suoi occhi d’oro …"
(Pablo Neruda)
La curiosità uccise il gatto,
ma la soddisfazione lo portò in vita
(Proverbio inglese)
Prefazione
In questo volume sono narrati e rivisti quattro racconti con il gatto Briscola, una bellissima micia di circa sette anni che ho voluto rendere personaggio chiave.
Briscola è effettivamente il mio gatto che ha scelto di trascorrere la sua esistenza felina beatamente tra le mura domestiche di casa mia. Ed io, gliene sono infinitamente grato.
Il Gioco di Briscola
(la mia opera prima) ed Il Gatto di Proserpina
sono due storie che definisco " condominiali " perché i fatti raccontati si svolgono appunto in un ambiente domestico come gli appartamenti di un palazzo.
Il Gatto di Ipanema
, invece, è una divertente storia ambientata in terra carioca con dei risvolti tragicomici; infine l’inquietante L’ombra di Briscola
è un vero giallo con tutte le componenti che caratterizzano questo tipo di racconto.
Briscola è naturalmente l’indiscussa protagonista ed io, ahimè, sempre e costantemente il suo umile autore-servitore.
Alcune notizie e curiosità sui nostri amici felini a quattro zampe, tratte dal WEB, completano questo manoscritto.
Manco a dirlo i fatti, le persone, gli animali, le cose, descritti in questo libro sono di pura fantasia e niente hanno a che vedere con la realtà quotidiana, ma è meglio ricordarlo … non si sa mai.
Ringrazio per la collaborazione mia moglie Patrizia che ha curato, per la fortuna di chi legge, l’editing e rivisto le quattro storie descritte, evitando così al lettore una sicura comprensibile e duratura … cefalea! .
Salvo Nicolosi
Il gioco di Briscola
Prologo
Questo racconto è frutto di un mio periodo di aspettativa.
" Chi se ne freg a direte voi, ma io un prologo dovevo pur scriverlo e siccome di inizi ne ho letti tanti, più o meno inventati, curiosi, realistici o strampalati, vi confesso che effettivamente ho preso un anno sabbatico dal mio lavoro con l’intento di cercare di far ordine tra le mie priorità e dare ascolto al mio
io " interiore, così, assieme alla mia fedele amica felina, ho deciso di dare un senso anche alla tastiera del PC e mi sono lanciato nella scrittura del mio primo racconto.
Non aspettatevi il solito libro strappalacrime sui gatti, troppo scontato; è facile far piangere, io spero invece di… non farvi ridere. Lo considero un racconto con tinte di giallo, tra il semiserio ed il semicomico. Insomma, un collage di piccole emozioni che poi sono l’essenza di un racconto breve (anche perché io non sono in grado di scrivere 100 e passa cartelle così come gli editori le chiamano).
I lettori mi comprenderanno se di tanto in tanto mi sono dovuto concedere qualche piccola licenza poetica
del tipo ". .all’improvviso questo congiuntivo " o ripiegare per una forma molto personalizzata di italiano; perdonatemi, ma è il mio primo scritto e, credetemi, si fa davvero fatica a essere corretti e precisi sopra tutto, pardon soprattuto… uffa soprattutto con questo caldo e con un gatto che non la smette più di miagolare e strofinarsi. Mi sa che ha fame.
Come si scrive in questi casi, i fatti e le persone descritte sono decisamente frutto della mia mente contorta e non credo proprio che nella realtà siano mai accaduti degli episodi come quelli narrati in questo manoscritto. Buona lettura.
Capitolo Uno
... adesso mi era tutto chiaro, ogni momento, ogni istante, ogni particolare si fondevano con una verità assurda ma l’unica plausibile; non mi restava che coglierlo di sorpresa e ucciderlo, sperando che a sua volta non uccidesse anche me. Dovevo agire in fretta, la sua casa dava proprio sulla strada dove era stato commesso il primo omicidio e l’entrata era ancora transennata dal nastro giallo della scientifica. Come un gatto scavalcai senza indugio l’ostacolo, ed aiutandomi con un grimaldello riuscii ad entrare nell’appartamento dello sconosciuto. Lo sentii russare, sulle pareti ancora tracce di sangue delle tantissime vittime di questo spietato serial killer che avevo avuto per anni come vicino. La polizia lo aveva sotto il naso, ma non sospettava di certo di una persona che fingeva di essere invalida, ma che invece era solo un omicida senza scrupoli.
Ormai avevo deciso, dovevo vendicare quegli innocenti; ma ad un tratto sentii un rumore, dei passi, la bestia
si era svegliata; aveva capito che c’era qualcuno in casa. Mi vide, cominciò a corrermi dietro, in fretta e con il cuore in gola imboccai la prima porta a destra nel corridoio: era la cucina. Presi un coltello tra i tanti che sporgevano minacciosi dal ceppo sul ripiano di marmo, lui era ormai alle mie spalle, un attimo... quando... crashhhhh!!
E che cavolo!! Briscola!! Mai una volta che riesca a vedermi in pace un film, e proprio sul finale… «Che hai combinato?» Ancora una volta quella settimana, la vidi con tra le zampe paffute quella boccettina di vetro, vuota. Continua a giocarci facendola rotolare rumorosamente sul pavimento e quando ha fame, per dispetto, la fa cadere giù dal tavolo ma stavolta ha fatto cadere anche una tazzina con un residuo di caffè che ha macchiato il pavimento; addio film, la birra mi è andata di traverso, pazienza, puliamo tutto, diamo da mangiare al gatto e buonanotte.
In fondo non dovrei prendermela più di tanto, lei è fatta così, dolce, tenera, imprevedibile, ma del resto, come tutti i gatti, tremendamente abitudinaria nel suo apparente quieto vivere.
Ricordo come fosse ieri quando decise di diventare la mia coinquilina senza neanche trattare l’affitto. Entrò, si accomodò placidamente sul divano fissandomi per niente impaurita con quei sui grandi occhioni gialli di gatto; fu amore a prima vista ed io, che al massimo nella mia vita avevo avuto un paio di pesci rossi e qualche volatile in gabbia, improvvisamente mi ritrovai con un quadrupede peloso, morbido e coccolone ma straordinariamente affiatato con me che non mi conosceva affatto e con casa mia, come se avesse sempre vissuto lì.
«Un gatto? Salvo ma è fantastico!!»
Questa fu la reazione della mia amica e collega Demetra.
Demetra era le responsabile del servizio di farmacia per preparazione e allestimento
dei medicinali che trattava l’ospedale dove entrambi lavoravamo. Il laboratorio si occupava della lavorazione dei prodotti galenici per i reparti ospedalieri dell’Azienda.
Demetra era un tipo davvero in gamba, mi ricordo che arrivò circa tre anni addietro. Alta, bruna con grandi occhi nocciola. Il suo primo giorno di lavoro era emozionata ma già decisa. Vestiva in modo molto semplice, ma qualsiasi cosa indossasse le stava a pennello, sarà per quel fisico asciutto e minuto ma non affatto trascurato che la contraddistingueva. Insomma, un bel tipino , poco appariscente in effetti, ma con un fascino particolare ed accattivante che mi colpì subito. Ci volle un po’ però per rompere il ghiaccio; all’inizio sembrava che esistesse solo il suo lavoro ma poi con il tempo allentò ogni resistenza…
Come spesso accade, parlando e cominciando a frequentarci anche fuori dall’ospedale, all’inizio magari con la scusa di un passaggio in auto, poi con incontri occasionali, anche se mirati, al centro commerciale vicino, ecco che cominciammo a trovare parecchie cose in comune e brevemente iniziammo una relazione quasi ormai inevitabile; era chiaro a tutti ormai la nostra storia, ma non volevamo ancora renderla ufficiale; avremmo potuto creare problemi con i nostri colleghi e quindi durante le ore lavorative eravamo solo compagni di lavoro per poi lasciarci andare quando eravamo da soli. Del resto, dovevamo rifarci del tempo perduto perché entrambi venivamo da rapporti finiti ed in malo modo, e quindi forzatamente single in cerca di riscatto.
Demetra mi parlò a lungo di sé: seconda di due sorelle, non conobbe mai il padre e di conseguenza presto arrivarono le responsabilità di una famiglia sulle spalle; studiava e lavorava nei posti più disparati e con qualsiasi mansione riuscisse a trovare: cameriera, segretaria, babysitter, cassiera; nonostante i sacrifici, le notti insonni a studiare si laureò in poco tempo, per la soddisfazione e la gioia della sua famiglia e dei suoi amici.
Dal canto mio tentai spesso di chiederle qualcosa in più su suo padre e la sua famiglia, ma quando cercavo di addentrarmi nei dettagli lei ogni volta evitava drasticamente l’argomento cambiando umore e velando gli occhi di una malinconia che chiudeva il mondo fuori.
Era evidente che mi nascondesse qualcosa. E qualcosa di importante. Pensai ad un abbandono, come capita tante volte, o ad una figura maschile fugace e spesso assente. Purtroppo la verità era ben altra.
Capitolo Due
Demetra possedeva anche lei un dolcissimo gatto dal mantello bianco e nero del tutto simile alla mia gattina, che aveva chiamato Spino.
La sera successiva al mio incontro con la micia, Demetra arrivò intorno alle diciannove (aveva le chiavi di casa, visto che ormai ci si frequentava abbastanza assiduamente e avevamo deciso, non senza qualche titubanza, che da lì a poco avremmo provato a convivere seriamente); quando vide la gatta rimase letteralmente incantata
da quel musetto. La accarezzò, le fece tanti grattini sul collo e sulla morbida testolina pelosa, e la micia ricambiò come i gatti sanno fare, con tante fusa e zuccatine . Non c’era dubbio: Demetra le piaceva.
Cenammo con una riuscitissima parmigiana che avevo preparato nel pomeriggio e vinello frizzante e fresco che andava giù una meraviglia; sparecchiammo la tavola, la gatta stava finendo le briciole sotto il tavolo leccandosi soddisfatta la zampina, ci accoccolammo sul divano per vedere il film che davano quella sera sul primo canale ma come quasi ogni volta, non riuscimmo a vedere nulla lasciandoci travolgere dalla passione.
Alle sette la radiosveglia ci ricordò che era ora di alzarsi. Mentre preparavamo insieme la colazione, Demetra in calzoncini e maglietta attillata che metteva in evidenza le forme, mi fece notare un particolare mentre la gatta lappava dal suo piattino un po’ di latte: il canino destro della micia era spuntato. Questo particolare la rendeva unica
.
«No, per fortuna non è rotto, è solo leggermente smussato» disse rassicurandoci Fabio, l’amico veterinario di Demetra, quando l’indomani portammo la gattina per una visita di controllo: era sana, né pulci, né acari; «Strano per un randagio» ci fece notare Fabio; magari era stata abbandonata, oppure era scappata da una vita che non le piaceva più; in ogni caso, decisi di farla vaccinare comunque e tenerla con me, anzi con noi, visto che con il passare dei giorni la presenza di Demetra era sempre più costante e adesso c’era un motivo in più per vederci tutti i giorni.
Non restava che dare un nome alla gatta e, sinceramente, non pensavo fosse una cosa così difficile; volevo qualcosa di particolare, di non comune, ma soprattutto un nome che rispecchiasse le caratteristiche della gattina; con Demetra cercammo sul web e trovammo una miriade di nomi, ce n’erano per tutti i gusti: mici, micie, nomi epici, eroi della storia, dei cartoni animati. Nessuno però mi colpì particolarmente. Si era fatto ormai tardi, Demetra tornò a casa sua e, quando avevo ormai perso le speranze, come spesso accade…
Non avevo ancora sonno, mi sedetti alla scrivania ingombra di carte, appunti, scontrini, e aprii il mio pc; sull’angolo a sinistra mi accorsi di una vecchia cartella soprannominata varie
e ci cliccai sopra: all’interno c’erano dei giochi di carte che avevo caricato tanto tempo prima per poi lasciarli lì ad occupare spazio inutilmente; stavo per cestinarla, ma per curiosità aprii ad uno ad uno i files e cominciai a eliminarli poco per volta: prima il poker, poi la scopa, poi la scala quaranta ed infine la briscola...; «Briscola?» Fu come un flash, un lampo nel buio più fitto in una notte nera come la pece. Come non averci pensato prima?! Era quel nome non comune che, non so perché, ma si addiceva perfettamente alla mia gatta. Briscola fa rima con discola! «E se ti chiamassi Briscola?» le chiesi, come se lei potesse capirmi e rispondermi a tono, un suo dolcissimo miaoooo mi smentì! Mi venne vicino e strofinò il musetto sulla mia mano mentre le accarezzavo le morbide orecchie pelose. Avevo capito che era d’accordo. Da quella sera Briscola fece parte della mia famiglia... ancora tutta da formare.
Capitolo Tre
Era passato un po’ di tempo da quando Briscola era entrata nella mia vita. In quelle settimane avevo letteralmente gattificato la casa con lettiere, giocattolini vari, palline colorate; avevo dato sfogo alla mia voglia di bricolage costruendo un percorso felino fatto di mensole e mobiletti di ogni forma e misura posizionati ad hoc lungo le pareti delle stanze di casa mia. Briscola amava molto stare nei punti più in alto per osservare e studiare l’ambiente da una posizione privilegiata.
Ma quando un giorno Demetra portò a casa un enorme scatolone con dentro un castello per gatti, ricco di ripiani e scalette, fu davvero il top. Cominciammo entusiasti a montarlo, con Briscola che ci saltellava intorno eccitatissima, aiutandoci con le viti ed i tasselli forniti dentro la scatola, e con uno schema complicatissimo di montaggio scritto ovviamente in lingua orientale impiegammo quasi tutto pomeriggio a costruirlo, ma alla fine il castello fu pronto.
Briscola con aria circospetta lo scrutò prima da lontano, poi cautamente si avvicinò, lo annusò minuziosamente, gli girò attorno un paio di volte poi ci guardò con quella sua aria furbetta di gatto ed infine, con un salto, balzò dentro la scatola di cartone aperta sul pavimento!!
Tipicamente felino. Si sa che i gatti adorano le scatole. Di tutte le forme e misure.
Con Briscola le giornate erano una continua scoperta. Briscola amava la lingerie di Demetra ed i miei calzini puzzolenti. Infatti una mattina rischiammo seriamente di fare tardi al lavoro perché, dopo aver fatto colazione, Demetra corse in fretta a vestirsi ma non trovava più il suo reggiseno che aveva appoggiato sopra al letto; lo cercammo nei posti più impensabili ma niente, così decise con un sorriso malizioso