3D. Una storia
By Anna Sambo
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Tre donne.
Preda di un delirio di onnipotenza, un uomo le osserva, pronto a nutrirsi delle loro emozioni, ma le cose non andranno come lui si aspetta.
Un’eredità, tre donne, una scelta: tre dimensioni apparentemente diverse per un viaggio nel mondo dei sentimenti femminili.
Tre donne, cinquantenni, si trovano di fronte a un evento straordinario, quello che può cambiare la vita, e lo affrontano in modo diverso, ognuna con i propri strumenti e la propria personalità.
Laura è un’insegnante con la passione per la poesia; Beatrice è una ricca signora; Elisa, donna molto religiosa, è una commessa e si prende cura del fratello affetto da una grave forma di paralisi.
Le donne vengono convocate separatamente nello studio dell’avvocato Serafini e ricevono ognuna la lettera postuma di un famoso cardiochirurgo che le ha candidate come possibili beneficiarie di una eredità di un milione di euro. Escludendo se stesse, hanno un mese di tempo per scegliere la più meritevole.
In questo percorso di vita, lungo un mese di scontata quotidianità, i pensieri e le emozioni accompagnano le tre donne verso una nuova consapevolezza, ognuna in modo diverso e unico. Forse però queste tre dimensioni appartengono a ogni donna, e le loro riflessioni ci riportano ognuna a una parte emotiva dello sfaccettato e complesso mondo femminile.
Alla fine verrà fatta la scelta, ma non sarà quella che ci si aspetta… Nel frattempo qualcuno le ha osservate da lontano, dando voce al proprio delirio.
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3D. Una storia - Anna Sambo
corridoio.
UNO
Laura
Laura osserva dalla finestra i gerani sul terrazzo di Lisa. I colori dei fiori le ricordano che l’estate è arrivata.
Il suo terrazzo è vuoto, invece. Niente fiori.
Pensa alle volte in cui ci ha provato, ha seguito i consigli di Lisa, ma non è riuscita a far fiorire niente. Non è una novità.
Anche la camelia è morta, aveva dovuto raccogliere i grandi fiori rossi dalle piastrelle macchiate di polline. Peccato, le piaceva immaginarsi seduta sulla vecchia sedia a dondolo, vicino alla pianta fiorita.
Ora il terrazzo è spoglio, la sedia impolverata.
Per un certo periodo ha avuto la passione per i pesciolini rossi. Ne aveva comprati tre al mercato, li aveva nutriti, aveva cambiato l’acqua della boccia ogni mattina, con delicatezza, per non spaventarli. Spesso si era fermata a osservarli, mentre nuotavano inconsapevoli. Aveva provato pietà. Come potevano continuare a nuotare nel loro piccolo mondo trasparente, fatto solo di altri due esserini rossi e un’alga di plastica verde? Aveva immaginato il mondo come una grande boccia di vetro in cui gli esseri umani si muovevano intorno ai loro oggetti di plastica. Si era chiesta se qualcuno li stesse guardando vivere nel loro affanno, se una mano caritatevole fosse pronta a cambiare l’acqua sporca, senza spaventarli. Aveva provato pietà.
I pesci erano morti, uno dopo l’altro. Laura aveva indossato i guanti, aveva preso il malcapitato per la coda e lo aveva gettato nella spazzatura, per tre volte. Poi aveva buttato anche la boccia di vetro.
Chiude la tenda, si allontana dalla finestra prima che la vicina la possa scorgere. Non ha voglia di chiacchierare: è il primo giorno di vacanza, deve ancora riprendere fiato. Ieri ha consegnato le schede di valutazione, ha salutato genitori e colleghi e si è lasciata alle spalle il lungo inverno.
Oggi è già estate, lo ricordano anche i gerani di Lisa.
Ha trascurato sua madre. Tutti pensano che il suo lavoro di maestra le conceda tanto tempo libero, ma non è così. Ci sono le riunioni, i compiti da correggere, i rientri pomeridiani, le lezioni da preparare; le giornate sono piene.
«Come stai?» le chiede al telefono.
«Bene», risponde, come sempre.
È stanca, però. Ora che è morto papà si sente sola. La linfa che sosteneva il suo vecchio corpo si è prosciugata, se n’è andata con lui.
Il dolore a volte avvicina, a volte allontana. Laura non sa cosa sia successo a loro due. Non si è mai sentita figlia di questa madre-bambina. Fatica a definire il rapporto che le unisce; non è amore, questo lo sa.
«Ti sei preparata da mangiare?» le chiede.
«Sì, sì, stai tranquilla, sai che mi basta poco.»
«Ti ricordi che mercoledì dobbiamo andare dal dottore?»
«Chiamami prima, se no mi dimentico.»
Si salutano. Sua madre è una persona strana. Una volta Laura ha letto in un libro di psicologia che esistono diverse tipologie d’amore. Tra queste c’è un amore di tipo assorbente
, in cui il soggetto ama nella misura in cui riceve amore. Aveva provato un moto di repulsione nel pensare a sua madre, alla sua bocca rugosa che cercava di baciarle la guancia.
Adesso, però, non ha più tempo, deve sbrigarsi.
Beatrice
Ha corso per venti minuti sul tapis roulant, ne mancano ancora dieci di cyclette e gli ultimi di pesi, poi ha finito. Non vuole mettere su nemmeno un grammo.
Di fronte a lei la sua immagine allo specchio: spettinata, sudata. Si piace.
Una bella doccia calda la rimetterà in sesto. I capelli avrebbero bisogno del parrucchiere, ma non ha tempo. Adele l’aspetta a casa con il piatto unico ordinato stamattina: solo trecento calorie. Un boccone al volo, un cambio d’abito veloce e via. Dovrebbe farcela.
Il personal trainer la saluta sfoderando il suo solito super sorriso.
Beatrice si chiede se ci stia provando. Pensa a Cecilia, che ha tradito il marito con il suo istruttore di tennis. Un classico: vent’anni di meno, fisico da modello, discreta cultura. E brava Cecilia. Lei no. Se dovesse trovarsi un amante, vorrebbe una storia travolgente: rose rosse, champagne e appostamenti. Uno che sappia corteggiare una donna. Inoltre, dovrebbe essere un uomo molto benestante, altrimenti non metterebbe a repentaglio il rapporto con suo marito. Non potrebbe certo rinunciare al lusso. Sorride al proprio riflesso nello specchio. È ancora bella, non dimostra i suoi cinquant’anni, e non si è ancora rifatta niente.
Era splendida il giorno in cui aveva conosciuto suo marito. Si trovavano al circolo del bridge, e Alfredo l’aveva notata subito. Lo avevano colpito la sua bellezza e la sua eleganza, le aveva detto in seguito.
L’uomo era di bell’aspetto e indossava con disinvoltura un abito di alta sartoria: era la preda giusta.
Beatrice ricorda di avere ringraziato se stessa, venticinque anni fa, per avere scelto il look perfetto: chignon elaborato, orecchini pendenti con perle bianche, tubino di pizzo nero al ginocchio. I soldi non le erano mai mancati, ma quell’imprenditore ricco sfondato le avrebbe garantito una vita da sogno. Aveva deciso subito che Alfredo sarebbe stato suo.
Non fa spesso bilanci della propria vita e non vuole farne nemmeno ora, mentre si accinge a entrare nella doccia. Si lascia travolgere dal getto d’acqua calda, il vapore riempie lo spazio ristretto. A modo suo ama il marito, e anche lui la ama. Hanno avuto due figli meravigliosi e una vita spensierata. Beatrice è stata una buona moglie. Questo basta.
La suoneria del cellulare annuncia la chiamata di sua madre. Beatrice si lega i capelli in una coda e risponde.
«Piccola, dove sei?»
«Mamma, quando avrò novant’anni mi chiamerai ancora piccola?»
«Eh, quando avrai novant’anni io, di certo, non ci sarò più.»
«Non è vero! Tu sei immortale!»
«Lasciamo stare, dài. Piuttosto: hai ricevuto la notifica dell’avvocato?»
«Sì, mamma, infatti vado di fretta perché devo essere lì alle cinque e mezza. Sono così curiosa! L’avvocato Serafini non ha voluto anticiparmi niente. Ha solo detto che si tratta di una buona notizia.»
«Sì, lo aveva detto anche a me, la settimana scorsa. Fammi sapere subito, eh?»
Si salutano. Sua madre è sempre stata molto affettuosa. Baci, abbracci, carezze. Lei, invece, non ama farsi toccare. Ha bisogno del suo spazio vitale, e se qualcuno si avvicina un po’ di più, indietreggia. Succede persino con Alfredo. Deve sentirsi libera di muoversi. A due anni Alice aveva già imparato a mandarle i baci soffiandoli sul palmo della mano, come fa lei. Flavio le assomiglia: se qualcuno cerca di sfiorargli una guancia con un bacio, si ritrae.
Chissà cosa avrà da dirle, questo avvocato Serafini.
Al telefono ha parlato di buone notizie, per fortuna. Ha detto che si tratta di un affare molto importante e ha raccomandato la puntualità.
Decide che indosserà il tailleur blu di Valentino.
Esce dalla palestra, chiama un taxi. Ha solo trenta minuti.
Elisa
«Cosa mangiamo oggi?»
«Sorpresa: scampi e insalatina.»
«Cosa festeggiamo?»
«Perché? Per mangiare una volta gli scampi bisogna per forza festeggiare qualcosa?»
Paolo sorride, ma lei sa a cosa sta pensando. Ultimamente arrivano a stento a fine mese: lei cerca di risparmiare più che può, ma le bollette arrivano puntualmente, e bisogna pagarle. Anche il mutuo bisogna pagarlo. Sul cibo cerca di risparmiare, ma una volta all’anno potranno pure gustarsi gli scampi anche loro!
Elisa osserva suo marito. Ha lo sguardo fisso sul tavolo; con le dita appallottola un pezzettino di mollica di pane. È preoccupato, lo sa. Quando ha dei pensieri fa così: abbassa lo sguardo e tocca nervosamente qualcosa.
«Vedrai che passerà! È dura per tutti. Siamo in tempo di crisi», gli dice.
Lo vede anche al negozio: le persone curiosano tra la merce esposta, molte ragazze provano