Un gigante molto invadente
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"Daniele accese la torcia e la diresse verso la muraglia semicoperta di muschio. In quel momento vide attraverso l’edera che li ricopriva che i muri non erano fatti di blocchi di pietra tenuti insieme da strati di malta, come nella maggior parte dei castelli, ma di pezzi di giocattoli rotti: centinaia di migliaia, milioni di giocattoli dimenticati, abbandonati, distrutti e maltrattati…Il bambino osservò i piedi del gigante: non calzavano scarpe, né stivali né niente del genere, erano invece avvolti in strisce di cuoio sporche e tutte ingarbugliate. Di nuovo il gigante rivolse la sua attenzione al bambino, si leccò i baffi e andò verso di lui con una lunga falcata, facendo risuonare i denti…”
Un gruppo di amici, un libro che non è quello che sembra, un gigante con il mal di denti, un mucchio di giocattoli sfacciati e un castello che nasconde una trappola a sua volta nascosta nel libro.
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Un gigante molto invadente - Rafael Estrada
1. Lunedì
Erano le nove di sera e Daniele era stanco morto, la testa appoggiata al vetro della finestra. Lo sguardo perso volava lontano, molto lontano... oltre le nuvole, in direzione della luna.
—Ufff... —sospirò.
Il pavimento era ricoperto di regali. Daniele non li aveva certo degnati di grande attenzione; giusto il tempo di strappare le belle carte da regalo, togliere il cellophane tenendo i nervi sotto controllo e lasciare che la sorpresa gli illuminasse gli occhi. Subito dopo erano già finiti sulla moquette, facendosi largo tra patatine fritte smangiucchiate, palline di mais calpestate e lecca-lecca appiccicosi fino a trovare a poco a poco la loro collocazione definitiva: in mezzo ai giocattoli vecchi.
—Daniele! —lo chiamò sua madre, che stava servendo la cena nel soggiorno da dove proveniva il rumore della televisione.—Hai già finito di riordinare?
Il bambino saltò su come una molla e bruscamente riportato alla realtà della sua cameretta andò a sbattere contro lo spigolo della scrivania. Sopportando il dolore rispose:
—No, mamma, non ho ancora finito! —ma la verità era che non aveva neanche iniziato.
Un pupazzo con la barba, simile ad uno gnomo di cattivo umore, dichiarò a voce alta:
—Il bambino sciocco si sta annoiando.
—È un po’ sssstupidino: non ha fantasia —disse il microscopio.
Daniele fece l’indifferente, come se la cosa non lo riguardasse e nel frattempo aprì il libro che Silvia gli aveva regalato proprio quel pomeriggio.
—BAMBINO, COSA DIAVOLO GUARDI!!! —gridò con evidente fastidio un gigante disegnato sulla prima pagina.— CHIUDI SUBITO, CHE C'È CORRENTE!
Colto di sorpresa, Daniele chiuse il libro e lo posò su una mensola, per leggerlo magari un altro giorno. Insieme a molti altri, il libro sarebbe rimasto lì dimenticato, in attesa che gli venisse concessa un po’ d’attenzione.
Fece scorrere lo sguardo tutt’intorno in camera sua, senza sapere bene cosa cercasse. I poster e i giocattoli sugli scaffali più che rallegrare i muri sembravano minacciarlo, rimproverandogli la sua svogliatezza: la graffettatrice che era sulla scrivania cercò di morderlo, la biro grossa, quella a dodici colori, cercò di scarabocchiarlo ma nessuno dei dodici colori ci riuscì, un volpacchiotto di peluche gli fece la linguaccia da sopra l’armadio: ptu-ptu-ptu... e il pallone da basket cominciò a dondolare pericolosamente, come se volesse saltargli sulla testa.
—Ma cosa volete da me? —si lamentò, tirando su col naso.— Sembra quasi che io vi tratti male.
—Gne, gne, gne... —cominciò a prenderlo in giro lo gnomo, scuotendo la barba.— Il bambino sciocco non sa cosa vogliamo.
Una sveglia a forma di gallina rise chiocciando e la consolle dei videogiochi si accese emettendo un fischio acuto.
—Bi-Bi-Biiiiiiiiiiiiiiip...!
—Daniele!! Non starai mica giocando, eh? —gridò sua madre, imboccando il corridoio in direzione della cameretta.
—Sta arrivando, sta arrivando! —ridacchiavano i giocattoli.— Corri, Danielino, metti in ordine... —lo schernivano, assumendo posizioni ridicole e con gli occhi fissi su di lui.
Daniele si mise la mano sulla bocca sperando che non gli tremasse il mento, ma quando sua madre irruppe nella stanza non riuscì a trattenere le lacrime.
—Cosa c’è, tesoro mio? Ti senti male?
—IL RAGAZZO SI ANNOIA, SIGNORA, POSSIBILE CHE NON SE NE SIA ACCORTA?! —ruggì il gigante da dentro il libro, ma solo Daniele riuscì a sentirlo.
—Dimmi, cosa ti succede? —chiese lei, asciugandogli affettuosamente le lacrime.
—M-mi annoio, mamma.
I giocattoli festeggiarono la dichiarazione di Daniele con frizzi, lazzi e sonore risate. Guardandolo in faccia, nessuno avrebbe mai detto che avesse festeggiato il suo compleanno proprio quel pomeriggio.
La madre lo baciò sulla fronte e lo fece sedere a tavola. Più tardi, quando il figlio si fosse ormai addormentato, lei stessa avrebbe raccolto i giocattoli e spazzato il pavimento. Non voleva mettergli pressione in caso avesse trascorso una brutta giornata.
Durante la cena, papà e mamma risero di buona voglia. Quella sera il quiz alla televisione era particolarmente divertente, perché il presentatore, davvero simpatico, scherzava con i concorrenti facendoli disperare. Durante la pubblicità, il padre di Daniele allungò il collo come se volesse uscire dalla camicia, tanto era orgoglioso:
—Guardate che bello, guardate...
Ed eccolo lì, l’ultimo lavoro di papà per la televisione: uno dei primi annunci pubblicitari di giocattoli della stagione, tutto un sorrisi di bambini bellissimi, effetti luminosi ed esplosioni scintillanti.
—Vero che è venuto bene? —domandò orgoglioso papà, ipnotizzato dallo schermo.
Ma Daniele non gli stava prestando molta attenzione. Essere preso in giro dai suoi stessi giocattoli gli aveva fatto molto male e non riusciva a smettere di pensarci. Non era mai successo prima che fossero così insolenti ridendo apertamente di lui e prendendolo in giro.
Com’era possibile che il