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Un filologo al Parnaso. Gianfranco Contini e la poesia di Eugenio Montale
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Ebook141 pages1 hour

Un filologo al Parnaso. Gianfranco Contini e la poesia di Eugenio Montale

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La figura di Gianfranco Contini ha una rilevante importanza nel panorama letterario della metà del Novecento, in quanto egli non fu solo critico e filologo, ma anche scrittore e traduttore. Inoltre si devono a lui nuovi metodi ecdotici che, partendo dalla critica testuale, permettono di ricostruire il processo formativo del testo in tutte le sue implicazioni storiche, estetiche e stilistiche attraverso l'analisi delle varianti. L'opera si propone di fornire un quadro biografico del critico e del suo operato accademico e letterario; nella seconda parte viene analizzato il particolare rapporto umano e professionale nato tra Contini e il grande poeta Montale, attraverso l'analisi del carteggio intercorso tra i due e tramite i saggi critici che Contini dedicò alla poesia montaliana. A dimostrazione del fatto che la poesia non può prescindere da un uso sapiente e meditato del linguaggio.
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateFeb 8, 2019
ISBN9788831602464
Un filologo al Parnaso. Gianfranco Contini e la poesia di Eugenio Montale

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    Un filologo al Parnaso. Gianfranco Contini e la poesia di Eugenio Montale - Maria Giuseppina Ferrulli

    ragionata

    I

    Gianfranco Contini

    1. La vita.

    La figura di Gianfranco Contini ha una rilevante importanza nel panorama letterario della metà del Novecento, in quanto egli non fu solo critico e filologo, ma anche scrittore e traduttore. Inoltre si devono a lui nuovi metodi ecdotici che, partendo dalla critica testuale, permettono di ricostruire il processo formativo del testo in tutte le sue implicazioni storiche, estetiche e stilistiche, attraverso l’analisi delle varianti. Per ben comprendere il periodo in cui si trovò ad operare, è necessario considerare i principali dati biografici del critico.

    Gianfranco Contini nacque a Domodossola il 4 gennaio 1912. Il padre Riccardo (Chiari, Brescia, 1881 – Friburgo, 1950), dapprima contabile della ditta Brandau¹, in seguito fu impiegato delle Ferrovie Svizzere: svolse quest’attività nel 1906, anno del matrimonio, in una stazione di frontiera con la Francia, Les Verrières Suisses, e dal 1907 a Domodossola. La madre, Maria Cernùscoli (Rivolta D’Adda, Cremona, 1884 – Firenze, 1981), era una discendente di una nobile famiglia di Lodi. Orfana dei genitori, venne educata presso il Collegio della Guastalla a Milano, dove si diplomò come maestra elementare. L’anno dopo il matrimonio nacque il primogenito, Gianfranco, che però ebbe una vita molto breve, morendo nel 1908. Fu per questo che il suo nome venne posto al secondo figlio, il critico, quattro anni dopo.

    Contini compì il ginnasio-liceo, da esterno, al Collegio Mellerio-Rosmini di Domodossola; benché frequentasse in seguito gli studi universitari a Pavia, dove si laureò in Lettere nel 1933 con una tesi su Bonvensin da la Riva, continuò a frequentare assiduamente la Biblioteca dei Padri Rosminiani nella casa madre sul Calvario. Già in quegli anni iniziò ad attendere a lavori di critica pubblicando vari saggi nella «Rivista Rosminiana» sui più svariati autori, tra cui Ungaretti e Montale. Ed è proprio dalla critica che gli giungono le più grandi soddisfazioni, tanto che egli stesso afferma: «Chiuso il lavoro della giornata, e quando torna in famiglia, per il critico il criticato, oramai chiaro e risolto, diventa motivo di soddisfazione; il successo in verità comincia per lui; proprio mentre il poeta viste controllate dal pubblico le sue carte, torna a chiudersi e difendersi nella sua privata ineffabilit໲.

    Nel 1934 Contini si recò a Torino, dove perfezionò gli studi con Santorre Debenedetti, un noto filologo ed esponente del metodo storico; ciò si può evincere già dalla lettera del 19 gennaio [1934]: «Andrò spesso a Torino, quest’anno»³. Conobbe in questa città molti intellettuali che presto sarebbero entrati a far parte dell’entourage della casa editrice Einaudi, come lo stesso Giulio Einaudi  e  uno degli organizzatori della casa editrice, Leone Ginzburg; quest’ultimo trovò la morte durante la Resistenza, nel 1944.

    Tra il 1934 e il 1936 il critico studiò a Parigi con il medievista Joseph Bédier, esperienza che gli tornò molto utile successivamente per le edizioni critiche di molte opere della poesia e della letteratura medievale. Joseph Bédier (1864-1938), infatti, fu uno dei più grandi medievisti dei suoi tempi. Dedicò la maggior parte della sua vita allo studio delle leggende e delle chansons de geste, pubblicando molte opere e saggi, tra cui adattamenti in francese moderno di opere medievali. Nelle Leggende epiche (1903-1913) sostenne l’origine recente delle chansons de geste, confutando la tesi d’una loro elaborazione collettiva.

    Negli stessi anni, dopo aver insegnato italiano e latino al liceo di Perugia, ottenne un incarico presso l’Accademia della Crusca a Firenze e gli fu affidato l’insegnamento di Lingua e Letteratura francese all’Università di Pisa. All’anno 1935 è da attribuirsi la seguente affermazione: «Ancora autobiografia. Notiziario: non ho mai pensato così poco come quest’anno. Ho passato il tempo a lavorare (mille franchi mensili meritando che non si faccia altro; d’altronde la scoperta suscitando ancora qualche brivido sincero) e a documentarmi, con una certa violenza»⁴.  Ovviamente grazie alla continua analisi delle opere di molti autori contemporanei, riuscì a stringere anche rapporti con i giovani letterati. Al 1934 risale la sua amicizia con Carlo Emilio Gadda, scrittore che fu rivelato alla critica proprio da Contini; infatti lo presentò al pubblico in occasione della pubblicazione del Castello di Udine, il quale libro fu recensito dal critico nella rivista «Solaria».

    Nel 1938, dopo il mancato ottenimento della cattedra di Filologia romanza presso l’Università di Torino a causa del suo celibato, Contini fu chiamato quale ordinario di Filologia romanza all’Università di Friburgo. Fu proprio presso quest’università che il critico venne in contatto con la cultura ticinese, offrendo la sua collaborazione a svariati giornali locali. Inoltre, si creò intorno alla sua figura di insegnante una nutrita schiera di allievi, tra i quali alcuni erano giunti in Svizzera anche dall’Italia, a causa della guerra. Al 1939 risale l’edizione critica delle Rime di Dante Alighieri curata dal filologo per la casa editrice Einaudi.    Successivamente, nel 1942, Luigi Russo, professore di Letteratura italiana e fondatore della rivista «Belfagor», che gli aveva già fatto ottenere in precedenza l’incarico presso l’Università di Pisa, si prodigò per far costituire una cattedra di Storia della lingua nella stessa università appositamente per lo stimato Contini. Nonostante che il Senato accademico avesse approvato all’unanimità la proposta del Consiglio della Facoltà pisana, ancora una volta il decreto del 1938 sullo stato civile dei dipendenti dell’Amministrazione pubblica ostacolò la nomina del critico, che era ancora celibe.

    L’anno successivo Contini si dedicò principalmente all’analisi di un capitolo poco noto della letteratura italiana, la scuola scapigliata piemontese; questo lavoro di ricostruzione verrà però pubblicato solo nel 1953, con il titolo I racconti della Scapigliatura piemontese.

    Il settembre e l’ottobre del 1944 furono mesi colmi di eventi per Contini, il quale partecipò attivamente alla Resistenza nella sua città natale. Dopo aver costretto alla resa le truppe nazifasciste, i partigiani costituirono la Repubblica dell’Ossola, che fu una vera e propria forma di governo autonomo affiancata dal Comitato di liberazione nazionale per l’Alta Italia. La Repubblica si resse dal 10 settembre al 23 ottobre, con la creazione di una giunta di governo provvisoria, formata dai rappresentanti di tutti i partiti antifascisti. Alla stessa giunta prese parte il critico come ministro della Pubblica Istruzione; in tale veste elaborò, con la collaborazione di altri colleghi, una riforma dei programmi scolastici ispirata allo svecchiamento della cultura grazie ad una nuova apertura verso l’Europa e con principi propri di un’etica fortemente mazziniana. Dopo alcuni durissimi combattimenti con le forze della Repubblica Sociale Italiana, il 23 ottobre Domodossola e le valli circostanti vennero rioccupate dai nazifascisti, per cui i partigiani superstiti furono costretti a rifugiarsi nella vicina Confederazione. Anche Contini rientrò in Svizzera, con i suoi genitori, riprendendo l’insegnamento a Friburgo. Una volta in Svizzera, il critico si impegnò a diffondere le opere di molti scrittori italiani del Novecento, comprese le opere di Eugenio Montale, anche attraverso le antologie pubblicate da alcuni suoi colleghi; da quest’opera di propaganda ottenne un’enorme riconoscenza da parte degli scrittori e dei poeti italiani, come si può comprendere da una lettera di Montale: «Ti sono molto grato di quanto hai fatto in Suiza per diffondere la mia debole voce»⁵.

    Contini desiderava ardentemente di tornare a Firenze per incontrare i vecchi amici, che non vedeva dalla fine del conflitto; per questo nel gennaio del 1946, trovandosi finalmente a disposizione non solo un’automobile , ma anche un amico autista, si recò nella città toscana. Da quest’anno in poi la vita dell’uomo di lettere si svolse tra l’attività di insegnante a Friburgo e l’attività di critico e filologo, svolta essenzialmente nella sua casa, situata in una frazione di Domodossola, San Quirico. Della sua casa Contini dice: «Proprietà insignita d’un fecondissimo fico (che è per me come per te [Montale] la pianta più stupenda, benché végétal irregulier) e tappezzata fino a un mese fa di fragole abbastanza ad altezza di cane perché il quasi-bassotto Ilo eserciti, per ablazione diretta, il suo jus primae noctis»⁶.

    Nonostante nel 1948 il critico avrebbe potuto effettuare il trasferimento presso l’Università di Torino per la cattedra di Filologia romanza (rimasta vacante a causa della morte del suo maestro Santorre Debenedetti), egli preferì restare a Friburgo fino al 1952, quando passò al Magistero di Firenze. A nulla valsero i tentativi di riportare in patria Contini prima di quell’anno; Lanfranco Caretti, docente di letteratura italiana presso l’Università di Firenze, anzi, in un breve articolo in morte del grande critico racconta come avesse risposto a una sua lettera, in cui lo stesso Caretti cercava di indurlo ad accettare i vari ‘maneggi e compromessi ministeriali e accademici’ che i suoi sostenitori portavano avanti

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