Zombie DOC
By Luca Pennati and Alessandro De Felice
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About this ebook
Lo stile è quasi sempre autobiografico, trascina il lettore nelle varie storie, tuffandolo in medias res, in una lotta per la sopravvivenza cruenta e senza fine, in un mondo selvaggio, privo di leggi, se non quella del più forte, che sarà forse l’unico a resistere.
Chi è il più forte? È sempre colui che ha una dose di malvagità e una spregiudicatezza superiori alla massa. È l’uomo migliore, colui che aspira a non morire grazie alla sua determinazione.
Il problema è che anche lo zombie è risoluto, brutale, cinico.
Chi vincerà, l’uomo razionale o lo zombie macchina per uccidere?! Scopritelo leggendo questo libro.
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Zombie DOC - Luca Pennati
Luca Pennati
Zombie DOC
Proprietà letteraria riservata. Copyright 2023 razione ILZ. Tutti i diritti sono riservati a norma di legge e delle convenzioni internazionali. Nessuna parte di questo romanzo può essere riprodotta e diffusa con sistemi elettronici, meccanici o di altro tipo senza l'autorizzazione scritta del collettivo razione ILZ.
Autore: Luca Pennati
Copertina: Alessandro De Felice
Prefazione: Joe Oberhausen-Valdez
Impaginazione cartacea e digitale: Alessandro De Felice Questo libro è un`opera di fantasia. Ogni riferimento a fatti e persone realmente esistenti è puramente casuale. Sito web: https://www.razioneilz.com Pagina Facebook: https://www.facebook.com/callettivo.ilz
UUID: 0e457b8a-1e0e-47a3-ba7f-20e55c25ed26
Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write
https://writeapp.io
Ad Arianna
PREFAZIONE
di Joe Oberhausen Valdez
È una raccolta di racconti il cui tema principale è l’horror, e in particolare il filone zombie, tra spargimenti di sangue a iosa e feroci battaglie.
Le vicende si svolgono quasi sempre in prima persona, attingendo spunti, idee, risoluzioni, soggetti da film e libri prodotti a centinaia, con particolari varianti che vivificano il libro, tra le quali si evidenzia la caratteristica che ogni racconto è sovente narrato con un animo spregiudicato, cinico e disinvolto, come appunto in un film dell’orrore, eccessivo e al limite della possibilità umana e reale, non seguendo uno schema prefisso, una traccia unificatrice, un copione prestabilito.
Il mondo è sempre fragile, a volte sembra finire per una guerra e un’epidemia, un disastro economico, o un evento cosmico o terrestre, ma in questo libro la catastrofe arriva dai mostri, o uomini divenuti automi immortali o quasi, insaziabili macchine o corpi inanimati e semoventi che cercano l’annientamento del vivo, spinti solo dall’istinto predatorio, dalla natura mutata, ossia pressappoco quello che avviene nel mondo dei vivi anche senza la presenza dei morti-viventi.
Lo zombie è la degenerazione dell’uomo-mostro in mostro tout court, senza la mediazione della maschera che la società impone solo per costringere gli esseri umani a una pacifica e controllata esistenza, la schiavitù sociale, la tribù cosmopolita.
Se non ci fossero leggi, regole, diplomazie, l’uomo si sarebbe già estinto infatti da secoli, e probabilmente un giorno lo farà anche senza l’ausilio della diffusione o creazione di una malattia a propagazione intercontinentale, senza ricorrere a spaventose bestie truci ed esseri senza anima.
Si distruggerà da solo, come un virus che si auto-debella dopo aver depredato l’ospite. Ma anche in detto caso, il corso del mondo, finalmente e irrimediabilmente si sbarazzerà di una bestia maledetta che ha infestato la terra per millenni. L’uomo è infatti un nocumento, un olocausto per l’esistenza della Natura.
Ma cosa rappresenta lo zombie?
Perché abbiamo paura della sua possibile comparsa e presenza
, di un’epidemia che si possa diffondere varcando mari e frontiere?
Potrebbe essere semplicemente la paura della morte che ricreiamo come elemento fittizio al fine di vedere il male all’esterno della società in cui tanto crediamo e prosperiamo; potrebbe essere il timore dell’elemento diverso che si insinua nel nostro mondo ben evoluto e vile; oppure persino la speranza che un giorno qualcosa di terrificante, reale, ferino ci costringa a gettare la bautta, tuffandoci in un mondo apocalittico e finale, dove la recita non abbia più ragione di essere trasportata attraverso il palcoscenico e divulgata alle masse pedisseque e ottuse che respirano l’aria del buonismo e della morale.
In un accidente similare, sopravvivrebbero solo gli individui migliori, che sono sempre stati gli uomini più cattivi, quelli che non hanno anima, che vivono il momento, che non soffrono di ansia, che non devono pagare le imposte assoggettandosi a costumi e dettami stabiliti in base al contingente ed effimero status quo; quella morale e quella precaria costituzione di regole amorfe che fanno della collettività un essere superiore, e dell’individuo un numero sacrificabile, un’esistenza che non ama, non decide, non respira, e in sintesi non vive.
Lo zombie è anche l’oltre-uomo, la mutazione che annienta il vivere civile, debole e transitorio, sorpassa l’abitudine, uccide la tranquillità, la preistoria che subentra alla civiltà, l’involuzione che si sostituisce alla luce e alla verità, portando ancora il buio, che sia giorno o che sia notte.
L’adrenalina della sopravvivenza toglie il respiro alla quiete, e l’equilibrio, imposto dall’alto di un mondo schematico e privo di prospettive, diventa ancor più nefasto, unico mezzo per potere scampare all’imprevisto cruento, che può nascondersi dietro ogni porta, per strada, nei luoghi e nei rifugi ritenuti sicuri.
La certezza del risveglio è messa a repentaglio, e solo la forza individuale riesce a stabilire se la lotta potrà essere portata avanti, da soli, in squadra, sempre al limite di un’angoscia che pervade tutto il giorno vissuto come singolo attimo.
Non esistono più viaggi, tasse, bancomat, elezioni politiche, preghiere. Quel che importa è solo l’indice della spietatezza su cui l’uomo, o quello che è, possa fare affidamento. La ragione cede il passo alla brutalità, al rettile che fugge o uccide seguendo dei parametri primordiali e impetuosi.
Che fine faranno i sopravvissuti e gli zombie?
La risposta è chiara, ironica e irrevocabile.
L’uomo razionale è la più formidabile e perversa macchina da guerra che abbia fatto la comparsa in questa splendida Natura.
Gli zombie, o qualsiasi altro nemico, saranno inevitabilmente debellati.
A uccidere gli uomini, ci penseranno altri uomini.
LA SINDROME DELLO ZOMBIE:
Un viaggio nell’abisso mentale
Immagina un cervello come il tuo, aggiungi una manciata di Sindrome di Cotard e un pizzico di Sindrome di Capgras. Ora, mescola con cura e preparati a degustare un mondo che si svelerà ai tuoi occhi in modo completamente diverso da quanto hai mai immaginato, se riuscirai a rendertene conto. La follia avvolgerà la tua mente, mentre le emozioni saranno sottratte, rubate via da un oscuro ladro dell'anima. Ti percepirai come un essere senza vita, un morto vivente. Ma andiamo con ordine, perché stiamo per immergerci nelle profonde acque di rare forme patologiche psichiatriche.
La Sindrome di Cotard, teorizzata nel tardo 1800 dallo psichiatra Jules Cotard, è una condizione psichiatrica caratterizzata da una convinzione illusoria: quella di essere morti,
di aver perso organi vitali o il proprio sangue. A causa di una interruzione patologica delle connessioni neurali tra il centro delle emozioni e le aree sensoriali del cervello, i pazienti sperimentano un'assenza completa di emozioni, convinti di essere ormai trapassati. Questa sindrome è conosciuta anche come delirio della negazione della vita,
spesso portando il paziente a disconnettersi dalla realtà e persino da sé stesso, al punto che alcuni individui hanno dichiarato di percepire l'odore del proprio corpo in decomposizione. È conosciuta anche come la Sindrome dell'Uomo Morto,
o, nel mondo anglosassone, come il Walking CorpseSyndrome,
ovvero la Sindrome del Cadavere che Cammina.
Un recente caso inglese di Cotard, dopo essere stato curato, ha descritto il proprio stato in questi termini: Quando ero in ospedale, dicevo ai medici che qualsiasi rimedio sarebbe stato inutile perché il mio cervello era morto. Avevo perso persino il gusto e l'olfatto, non sentivo il bisogno di mangiare, parlare o fare qualsiasi cosa. Ho finito per passare il mio tempo nel cimitero, perché era il luogo più vicino possibile alla morte.
La Sindrome di Capgras, anch'essa teorizzata da uno psichiatra francese, Jean Marie Joseph Capgras, rappresenta una variante della Cotard. Chi ne è affetto può essere descritto come schizofrenico paranoide, credendo con fermezza che le persone che lo circondano, anche le più care, siano state sostituite da mostri, alieni o perfidi doppelgänger intenti a perseguitarli fino alla morte.
Il panorama che si profila è decisamente poco rassicurante. Al momento, per fortuna, la quantità di casi riconducibili a queste sindromi possono essere conteggiati a meno di un centinaio alivello mondiale, ma ciò che suscita preoccupazione è l'ipotesi di manipolazioni psichiatriche su larga scala.
Le voci riguardo ai tentativi di controllo della mente umana si fanno sempre più insistenti, e la domanda che sorge spontanea è: chi decide cosa è giusto e cosa è sbagliato?
Intanto, questa mattina mi sono guardato allo specchio e ho visto un volto che non mi somigliava affatto e non stava per niente bene. una visione inquietante che continua a tormentarmi.
GAME OVER
L'aria fredda della notte accarezzava il viso del giovane Sergente Hightower, rendendolo consapevole delle fredde gocce di sudore che dominavano la sua fronte. Era solo, circondato da un silenzio assordante. La luna piena proiettava la sua luce inquietante sulle strade vuote della città e rendeva ogni ombra una potenziale minaccia. Calmati ora,
mormorò fra sé e sé, cercando di placare la paura che cresceva dentro di lui. Devi restare calmo! Dannazione!
Sollevò lentamente lo sguardo verso il cielo stellato, pregando che una nuvola coprisse quella maledetta luna. Non c'era tempo per rimpiangere la sfortuna. Era consapevole che la ferita alla gamba non poteva aspettare. Si morse il labbro mentre cercava di mettere ordine nei pensieri, la promessa di vendicare i suoi commilitoni morti aveva la priorità. Controllò che avesse ancora abbastanza munizioni per farsi strada tra gli zombie. Non ne avrebbe lasciato fuggire neanche uno.
La città deserta sembrava un mondo abbandonato, con edifici in rovina e carcasse d’auto ovunque. Si sforzò di non far risuonare il suo zoppicare mentre si avventurava tra i vicoli stretti. Il silenzio lo avvolgeva come se la città stesse trattenendo il suo respiro in attesa del prossimo orrore.
Fece un passo avanti accompagnato da una smorfia di dolore. Guardando la sua gamba, vide il rosso appiccicoso che si era diffuso sulla parte inferiore dei suoi pantaloni mimetici. Era decisamente in cattive condizioni. Quella ferita lo avrebbe trasformato? Non lo sapeva. L’unica cosa importante era che aveva giurato a sé stesso di uccidere dieci di quelle creature per ogni fratello del suo plotone che era stato massacrato. Guardò l’orologio, trasformato o no, aveva un paio d'ore per completare la sua missione.
Prima di avanzare nel vicolo tra le due case per raggiungere la strada principale, controllò un’ultima volta che il fucile a pompa fosse in condizioni ottimali. Era ok! La canna profumava di vendetta.
Arrivato al marciapiede ispezionò i due lati della strada, ma non vide nulla. Si fermò un momento per ascoltare più attentamente.
Per i primi secondi udì solo il vento che fischiava tra i rami spogli degli alberi, e poi... lo udì. L’orrore stava arrivando. Un brivido gli corse lungo la schiena. Suoni lontani e riconoscibili si insinuarono nelle sue orecchie. Erano scarpe che strisciavano sull'asfalto e provenivano dall'estremità a destra della strada. Erano i suoni prodotti da scarponi da lavoro sporchi, scarpe eleganti logore, scarpe da ginnastica consumate e persino scarpe da infermiera sporche di sangue. Non importava quante volte li avesse sentiti, il suono delle scarpe trascinate in sincronia perfetta lo faceva sempre rabbrividire. Ciascuna di quelle creature in decomposizione si adeguava al ritmo traballante dell'intero gruppo mentre avanzavano insieme.
Ora, come uno tsunami di decadenza, si trascinavano lungo la strada. Presto, poté distinguere le oscure sagome di quelle creature senza raziocinio che si dirigevano lentamente verso di lui. Dovevano averlo annusato, e avevano fame. Avevano sempre fame. I suoi uomini erano stati il piatto principale; ora presumeva che lui sarebbe stato il dessert. Beh, avrebbe dato loro qualcosa da mangiare, rifletté mentre serrava la mascella con determinazione. Sollevò il fucile a pompa e attese che si avvicinassero.
Il suono dei morti che barcollavano venne interrotto dal fragoroso sparo del fucile a pompa. Un cranio esplose in frammenti come un disgustoso fuoco d'artificio. Il cadavere senza testa collassò pesantemente a terra. Il gruppo si fermò. Silenzio totale. Infiniti paia di occhi senza luce fissarono Hightower istantaneamente. Ripartirono con rinnovato slancio, sempre più concentrati sull’obbiettivo. Il fetore che sprigionavano invase le sue narici. Era come l'odore di un cassonetto della spazzatura del supermercato in una calda giornata estiva moltiplicato per dieci.
Hightower poté sentire il suo cuore battere forte nel petto mentre affrontava l'orda dei non morti. Mentre sparava, il suo pensiero corse ai suoi compagni caduti, ricordando le loro facce e il loro coraggio. La promessa fatta sé stesso di vendicarli, gli diede la forza di continuare nonostante la situazione ormai disperata.
Il Sergente sparò di nuovo, causando un’altra esplosione di cranio. Il gruppo si fermò nuovamente per voltarsi e guardare il loro secondo membro decapitato. Grazie a Dio! Pensò Hightower , queste cose sono stupide come le galline, e sparò di nuovo. Tuttavia, poco prima, nonostante fossero lenti e decerebrati, erano riusciti a rinchiudere lui e i suoi uomini in un budello e a compiere una carneficina.
E adesso si stava ripetendo tutto da capo. L’orda continuò ad avanzare, costringendo Hightower a retrocedere per mantenere la distanza. Erano decisamente troppi. Sapeva di non avere abbastanza proiettili per ucciderli tutti, ma voleva eliminarne quanti più possibile, conservando abbastanza munizioni per tornare al posto sicuro. Nonostante tutto, si sentiva bene, provava la stessa soddisfazione che si prova quando si schiaccia un brufolo testardo. Ecco quello che sono, pensò Hightower, brufoli pieni di pus che devono essere schiacciati, ed era l’uomo giusto al posto giusto.
Hightower si mise a fare un casino assurdo per attirare l’attenzione di quelle bestie e come il Pifferaio Magico con i suoi topi, li invitò a seguirlo. Mentre indietreggiava all’unisono con il loro avanzamento fece echeggiare altri spari e altre teste esplosero e altri corpi vestiti di stracci caddero uno dopo l'altro sul freddo asfalto.
Era così concentrato sui cadaveriche si ammucchiavano durante la sparatoria che non notò il secondo sciame che si stava avvicinando alle sue spalle. Quando si rese conto di ciò, Hightower era già circondato. Ispezionò freneticamente la situazione alla ricerca di un varco. Il lato nord della strada era il meno affollato, forse una decina di zombie. Senza esitazione, corse zoppicando verso quella direzione; aprì il fuoco sul morto più vicino, poi su un secondo e un terzo, sgomberando abbastanza spazio per passare attraverso il centro di quel piccolo gruppo e riuscì a rifugiarsi nel vicolo vicino.
Scomparve rapidamente nell'oscurità. Merda!
gridò Hightower quando raggiunse l'angolo cieco del vicolo. Davanti a lui si ergeva un muro di cemento alto tre metri, sinistramente illuminato dalla luce della luna. Maledizione, maledizione, maledizione!
Ogni imprecazione era più forte della precedente. Inoltre, non solo tali parole non furono minimamente di conforto, ma i suoni di strisciamento alle sue spalle diventavano sempre più fragorosi. Il suo cuore batteva all'impazzata. Era già morto, lo sapeva, non aveva scampo.
Senza il lusso del tempo per poter pensare serenamente, il suo unico istinto fu arrabbiarsi. Stava per soccombere ma era deciso a portare con sé il maggior numero possibile di cadaveri ambulanti. Il Sergente si voltò e caricò come un toro che vede rosso, come un rimorchiatore che affronta l’onda più alta nel mezzo di un gigantesco tsunami.
I colpi di fucile a pompa rimbombarono potentemente nel vicolo. Lampo dopo lampo, cadavere dopo cadavere caddero, ma ancora continuavano ad avanzare come un’inondazione irrefrenabile. Il vicolo era ormai tappezzato di carne marcia quando Hightower finì le munizioni. Costretto contro il gigantesco muro tombale, lo circondarono e si accumularono su di lui. Rimase soffocato nel loro fetore mentre lo sbranavano, ognuno di loro affamato e in lotta per la sua parte di carne calda e saporita.
" GAME OVER, AMICOOOO!" gridò con l'ultimo respiro.
Zombie uccisi: 25
Il tuo grado: Veterano III
Punti acquisiti: 45
Punti totali: 1456
Replay? Sì / No
Merda!
gridò Fabio quando spense la consolle in preda alla frustrazione.
Che cosa hai detto?
lo rimproverò la madre, sentendo il suo sfogo mentre stava passando davanti alla sua stanza. Ora si trovava fuori dalla porta, aspettando una spiegazione con uno sguardo severo.
Scusami, mamma. È solo che... come si aspettano che uccida così tanti zombie con misero fucile a pompa? Datemi almeno un mitragliatore!!
rispose Fabio, cercando di nascondere la sua delusione.
Sua madre sorrise e scosse la testa. "Lo capisco, caro. Ma ricorda, è solo un gioco. Ora