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IL MANUALE DELLA MARCA

Laura Minestroni
I. Il senso della marca oggi 1.1. La marca nella societ dei consumi La societ occidentale definita dei consumi proprio ad indicare la centralit che lazione di consumo riveste nelle dinamiche sociali. La marca oggi non pi soltanto una garanzia o la firma di un produttore, ma rappresenta un veicolo e uno strumento per costruire la nostra identit, indicare la nostra postura sociale, i nostri gusti, i nostri valori. Sono state sviluppate diverse teorie sul consumismo che spesso anche stato additato. La differenza vene fatta tra homo oeconomicus che secondo Keynes in media gli uomini sono disposti ad accrescere il loro consumo con laumentare del reddito ma non tanto quanto laumento del reddito. Dallaltra parte abbiamo lindividuo passivo, one dimentional e alienato, facilmente manipolabile dalle forze di mercato. Secondo Marx gli uomini si riconoscono nei prodotti del loro lavoro, secondo Marcuse si riconoscono nel prodotto delle loro merci. La conseguenza di questa polarizzazione di veduta stata il diffondersi di un luogo comune secondo il quale per societ dei consumi si intende let del libero mercato, dello shopping e delliperconsumismo. Un approccio dal quale ancora oggi ci stiamo liberando con fatica. Nella societ postindustriale contemporanea pi corretto assumere la prospettiva di una centralit del consumo o dei consumi. Il consumo quellagire sociale dotato di senso di cui parlava Max Weber. Esso va dunque analizzato alla luce di comportamenti collettivi. 1.2. Marca, consumo, identit Il consumo, cos com inteso nella sociologia unazione o un comportamento sociale che include lacquisizione, luso, il godimento, la fruizione dei beni e dei servizi, in modo che questi risultano con la sparizione fisica delloggetto in quel luogo e in quel momento, sottratti ad altri. Questa visione chiaramente riduttiva visto che oggi lacquisto di un bene unattivit routinaria che si configura con una vera e propria funzione identitaria. Scegliamo una marca che meglio ci rappresenta e decidiamo di essere suoi adepti, condividendone sul web la passione con altri individui. Tuttavia i nostri gusti sono in continuo mutamento e cos siamo infedeli, ci sconnettiamo e mutiamo identit ogni volta che lo desideriamo. La differenza intesa come appartenenza a strati sociali diversi non rappresenta pi un dato rilevante per la costruzione dellidentit. Lindividuo-consumatore si auto-costituisce si autorappresenta, attingendo alle possibilit aperte al sistema sociale, dai consumi del mercato. Nel 2001, Aakerof, premio nobel per leconomia ha definito un nuovo paradigma, quello dellhomo reciprocans: la reciprocit unattitudine mentale dei soggetti che giustifica il sacrificio di risorse materiali per contraccambiare il favore ricevuto. Emerge dunque la nozione di dono.

Godbound considera la societ come composta da insieme di individui che tentano in continuazione di sedursi e addomesticarsi a vicenda rompendo e ristabilendo legami. Il dono, in questo senso, una prestazione di beni e servizi effettuata senza garanzia di restituzione, al fine di ricercare legame sociale tra le persone1.3. La relazione individuo-marca Pi che di consumatore oggi si dovrebbe parlare di individuo-consumatore o pi semplicemente di individuo. Il consumatore stato definito come una unit economica che compie acquisti di beni e servizi sul mercato. Eppure, prima ancora di acquistare, egli agisce socialmente. Dunque e rimane un attore sociale. Ci troviamo senza dubbio alle prese con un consumatore di Nuova Generazione: soggetto evoluto, pragmatico, creativo, proattivo, innovativo. E eclettico e apparentemente contradditorio nelle sue scelte di consumo. Spesso fortemente interessato a ripartire per il maggior numero di beni e servizi il reddito che ha a disp. Certamente attento al risparmio. Non a caso s parlato di una filosofia di consumo low cost. Questo nuovo consumatore sensibile al value of money e al value for me. Gli ultimi sviluppi della ricerca vedono un filone che prende le distanze dal concetto di atteggiamento per abbracciare il concetto di attaccamento (brand attachment) che misura il gradi di apprezzamento , attenzione e attrazione del consumatore nei confronti della marca. Il concetto di attaccamento di poi ulteriormente sviluppato fino a diventare bonding, uno stretto legame che si instaura tra consumatore e alcune marche particolarmente influenti e capaci di cementare relazioni durevoli. Infine si parlato anche di brand resonance, cio la risonanza come l punto supremo di una relazione intensa, attiva e fedele tra marca e consumatore. La marca non solo una propriet dellazienda, ma svolge funzioni importanti per gli individui se riesce a produrre significazione. Sebbene la definizione pi accreditata di marca sia quella di un insieme di attributi, tangibili e intangibili, simbolizzati da un marchio, che creano valore e influenza il dibattito sulla tangibilit ancora aperto. Ritzer estremo, chiama non-cose le scarpe Nike e non-luoghi i negozi Niketown. Diversi autori hanno sostenuto, che la marca esiste solo se esiste nel pensiero e nelle percezioni del consumatore. In effetti, questa la chiave che pu trasformare una semplice marca in una marca di successo. La marca non il prodotto, i macchinari per produrlo, la tecnologia ecc. Una marca si realizza nella mente della gente. 1.4. La relazione prodotto-marca Ancora oggi, come ha osservato Semprini il pensiero economico da prova di una difficolt di fondo a pensare correttamente la relazione che si stabilisce tra prodotto e marca. Esso infatti, considera queste due entit come fondamentalmente separate.

Il prodotto appartiene alluniverso della sostanza reale, tangibile. La marca al contrario, appartiene al mondo dellesperienza soggettiva, cio una costruzione immateriale. Dunque, il punto della questione di individuare lessenza della marca. Dove risiede in senso il valore del branding contemporaneo? Nel prodotto? In nessun prodotto? La marca difficilmente iscrivibile un luogo fisico, materiale. Non letichetta, neppure il logo o il simbolo dellazienda. Si tratta di un luogo che produce e attribuisce significazione. Possiamo paragonarla a un potente mezzo di comunicazione. Nel largo consumo, anche se marca e prodotti sono due facce di una stessa medaglia, interconnesse da una costante dialettica, il prodotto sta diventando fatto centrale come organizzatore psichico e pratico del vissuto del consumatore. nel rapporto con i prodotto che gli valuta il valore della marca, il vantaggio del prezzo, la credibilit della comunicazione pubblicitaria. La marca non pi il sole ma una dei pianeti che orbitano intorno al sole-prodotto. 1.5. Il passaggio di status: da commodity a brand (e ritorno?) Commodity: prodotti allo stato grezzo, materie prime trattate sui mercati (oro, petrolio, cereali ecc.) Luniformit dei beni sul mercato fa s che a prevalere sia sempre il prezzo rispetto alle atre variabili del marketing mix. Nel mercato finanziario le commodity sono le materie prime quotate in borsa e di suddividono in: - Metalli (oro, argento, rame) - Energetici (petrolio, benzina, gas naturale ecc.) - Agricoli (soia, olio di soia, frumento, mais, avena) - Coloniali (cacao, caff, succo darancia, zucchero, cotone) - Carni (bovini, maiali) La benzina una commodity che stata brandizzata da Agip, Shell, IP ecc. Stessa cosa con Intel che ha brandizzato un microprocessore, lindustria farmaceutica ha brandizzato le molecole (Przac e Viagra). Tutto ci significa dare un significato culturale e unidentit competitiva a un prodotto che in origine non ne ha. La banana Chiquita uitlizza il concetto di dieci e lode come proposizione di vendita proprio a significare il ruolo del brand nel settore della frutta: identificare leccellenza. Lo straordinario peso della marca in categorie di prodotto in cui questa dovrebbe avere scarso rilievo dimostra che il branding riuscito nel difficile compito di traghettare il bene dalla categoria convenience a quella degli specialit goods. Altro esempio Parmacotto che crea il prosciutto cotto di marca. Il prodotto che prima era commodity viene finalmente nobilitato. un passaggio decisivo che in Italia avenne gi negli anni 50 e 60: i primi metodi di confezionamento riescono a innestare lidentit del fabbricante. Le lsite della spesa generiche si arricchiscono via via di nomi propri, nomi di marca, appunto. Osserviamo ora lo stato inverso, vale a dire la regressione da brand a commodity. Questa il processo che si verifica quando la marca non o non pi percepita al consumatore come realmente

diversa dalle marche concorrenti. La marca sentita come un semplice prodotto: quel che conta il prezzo. Pu essere devastante per le marche e pu dipendere da tre ordini di motivi: - Il ricorso alle promozioni: guerre di scaffale a colpi di sconti e offerte speciali banalizzano la marca e ne appannano il valore - Il disinvestimento in comunicazione: causa distanziamento del consumatore, indebolimento semantico del brand - Limitazione sistematica da parte dei competitor: avviene quando la marca non pi lunica a presidiare un attributo. 1.6. La marca come generatore di aura Nel panorama commerciale di oggi pressoch ogni prodotto riproducibile o clonabile. Per Bemjamin la scomparsa dellaura una caratteristica dellepoca delle masse, unepoca in cu persino lopera darte moltiplicabile. Ribaltando questa teoria, pu emergere il compito della marca contemporanea: riprodurre laura perduta e lunicit dei beni che essa identifica. La marca contemporanea condannata a tenere in vita questaura che a sua forza commerciale e anche semiotica. dunque condannata ad investire incessantemente in ricerca e innovazione, ma anche in pubblicit e attivit finalizzate a stabilire un patto comunicativo col consumatore. Essa deve proporre benefici davvero significativi e darsi un posizionamento distintivo risetto agli altri attori del mercato. In epoca di riproducibilit tecnica il compito della marca farsi irriproducibile. Persino la Coca cola con il suo ingrediente segreto trova degli eccellenti cloni nelle marche private della grande distribuzione: Esselunga Cola, Pepsi Cola, Virgin Cola ecc. In particolare tra Coca Cola e Pepsi lo scontro non avviene sugli ingredienti, ma dal punto di vista ideologico tramite pubblicit o slogan: Coke domestica e casalinga, Pepsi di strada, Coke buonista, Pepsi cinica e rivoluzionaria ecc. 1.7 La questione del prezzo oggi La sensibilit al prezzo di questi ultimi tempi non trova precedenti nemmeno in altri periodi storici di grande recessione. La marca per definizione un insieme di caratteristiche che danno valore aggiunto a un bene o un servizio al di l dei suoi benefit tangibili. La differenza di prezzo rispetto al un altro prodotto indica proprio questo valore aggiunto. Prezzo alto non pi sinonimo di elevata qualit e viceversa. Da una ricerca effettuata nel 2007 dallUniversit San Raffaele per Centromarca (Associazione delle industrie italiane di marca) emerso come, per reagire al cambiamento, il brand dovrebbe: Riappropriarsi la centralit del prodotto, attraverso lo sviluppo di reason why oggettive e tangibili e mediante linnovazione costante a 360. Soffermarsi sul concetto di qualit Proporre un nuovo statuto epistemologico di qualit.

Valorizzare i valori della Corporate, perch solo lo marca industriale possiede una propria storia e una propria cultura. Identit, mission e vision vanno costantemente implementate. Investire nel legame e nella relazione con il consumatore. Lavorare concretamente nellimpegno etico e sociale, facendo in modo che questassunzione di responsabilit sia un tratto fondativo del proprio essere marca II. Approcci alla marca 2.1. Marchio e marca: una fondamentale distinzione Nelluso comune italiano, marchio e marca sono (o meglio sembrano) sinonimi perfetti. Un vezzo molto recente quello di cooptare nel gruppo anche lespressione griffe. In realt si tratta di termini confinanti che esprimono fenomeni diversi. In tedesco e francese la stessa parola marque o Marke, in inglese invece no: marchio trademark e marca brand. Marchio: parola tecnino-giuridica, statico. un segno distintivo, un oggetto identificabile. Laccezione pi comune quella grafica, quasi sinonimo di logo. qualcosa che si percepisce attraverso i sensi (vista, tatto, udito ecc.). Il marchio anche la parte costitutiva e fondativa della marca, nel senso che un significante al quale si aggancia un discorso, un significato. Il termine indica pi semplicemente lazienda. Marca: parola fenomenologica, dimanico. La marca un soggetto che rappresenta una serie di valori e che tra linfa vitale dalla relazione con il consumatore. Il prodotto di marca ha dunque un valore aggiunto: tangibile e razionale oppure intangibile e simbolico. Inoltre, la marca pu essere un mix di elementi tangibili e intangibili. 2.2. Lapproccio giuridico e la disciplina dei marchi La parola marchio o trademark indica lesistenza di un diritto giuridico a usare una certa forma, colore, grafia, parola. Il marchio un segno, rappresentato graficamente, idoneo a distinguere e a difendere legalmente i prodotti o i servizi di unimpresa da quelli delle altre. Esso riguarda la propriet intellettuale, legalmente protetta. Il marchio registrato in virt del processo di registrazione dinanzi allUIMB (Ufficio italiano marchi e brevetti) gode di una protezione rafforzata. La registrazione dura 10 anni e pu essere rinnovata. Il simbolo che compare alle volte dopo un logo, significa trademark, marchio registrato. Da non confondere con il simbolo che si rif al titolo giuridico di copyright o con che indica diritti riservati. La bottiglia di Coca-Cola un trademark, il rombo del motore delle Harley Davidson, la ricetta di un alimento, una superficie di un mobile ecc. Essi vengono brevettati e cos protetti. Ultimamente si riflette sullutilizzo di un profumo distintivo per rendere riconoscibile il marchio. Le persone associano agli odori un valore affettivo perch hanno la capacit di suscitare emozioni. Tuttavia ancora non chiaro come si possa registrare un profumo come marchio dimpresa.

In effetti, un marchio per essere registrato deve essere raffigurabile graficamente. Ovviamente molto essenze corrispondono a precise formule chimiche, ma esistono diverso combinazioni di essenze, e profumi naturali con infinite sfumature olfattive difficilmente rappresentabili. La questione resta dunque controversa. Il marchio ha un alto grado di riconoscibilit e quindi di fidelizzazione del consumatore. Per poter validamente depositare un marchio opportuno che il segno sia nuovo, lecito e abbia capacit distintiva. I marchi depositati possono essere di tre grandi tipologie: 1. Marchio figurativo: costituito da una o pi parole in una determinata grafia o da un disegno 2. Marchio verbale: costituito da una dicitura o parola, scritta in caratteri normali 3. Altre tipologie di marchi: tridimensionale, di colore, sonoro, olfattivo, ologramma, musicale 2.3. Lapproccio di marketing Il marketing stato definito come la scienza che crea valore per il cliente. Significa portare il prodotto giusto alle persone giuste, bei modi e nei tempi giusti. un programma di investimento a lungo termine, che sviluppa prima che limpresa faccia lingresso in qualsiasi mercato. La marca costituisce, uno strumento capace di creare, presentare ed erogare un valore superiore per i consumatori. Marca: uno nome, un termine, un simbolo, un design o una combinazione di questi elementi che identifica i beni o i servizi di un venditore o di un gruppo di venditori e li differenzia da quelli concorrenti. Siamo dunque di fronte a un segno caratterizzante, che, viene creatoe/o sviluppato da unazienda essenzialmente per: - identificare se stessa - distinguere la propria offerta - offrire valori, sicurezze e garanzie ai propri acquirenti Secondo Kotler, i significati della marca si possono ridurre a sei dimensioni: - Attributi - Benefici - Valori - Cultura - Personalit - Utilizzatori Es. Mercedes ci fa pensare a unauto costosa, ben costruita ecc. Red Bull ha un Energy drink che stimola la mente e anche il corpo Questi attributi possono essere traslati in benefici funzionali e emozionali. Mercedes sicurezza e prestigio Red Bull socialit e energia La marca dice anche qualcosa circa i valori aziendali e rappresenta una certa cultura

Mercedes cultura tedesca, organizzata, efficiente, qualit. Red Bull individualismo, anticonformismo, cultura della notte, degli sport estremi, del divertimento. la marca stessa a suggerire il tipo di consumatore che comprer e user il prodotto. Red Bull tra 15 e 39 anni 2.4. Lapproccio finanziario Numerosi studi, tra cui quelli di Aaker e Jacobson, mettono in luce una relazione strettissima tra forza del brand e valore finanziario dellazienda. Tuttavia praticamente impossibile identificare un valore matematico. Alcuni autori hanno individuato quattro momenti caratteristici dellevoluzione degli approcci finanziari alla marca. Prima fase: in alcuni paesi europei si afferma il principio secondo cui il marchio pu essere trasferito liberamente, senza necessit di trasferire con esso anche lazienda o il ramo dellazienda corrispondente. Da questo momento, la valutazione del marchio non deve necessariamente tener conto del valore dei beni o dei servizi correlati ad esso, ma pu concentrarsi su una misurazione separata. Seconda fase: fase di crescita delle aziende e di concentrazione delle imprese. La Procter & Gamble acquista la Gillette per un valore di transazione di ca. 47 miliardi di $. Terza fase: tendenza alla razionalizzazione della struttura societaria di uno stesso gruppo di imprese. Fusioni. Quarta fase: tendenza a utilizzare i marchi come oggetto delle garanzie reali che limpresa contemporanea pu e deve offrire alla banca per ottenere finanziamenti. 2.5. Lapproccio semiotico La marca un soggetto che appartiene allordine del linguaggio e dei segni, cio in grado di comunicare. Oggi un numero crescente di imprese affida a esperti di brand e comunicazione il compito di effettuare analisi di tipo socio-semiotico sui discorsi generati dalle proprie marche. Lobiettivo rilevare come globalmente limpresa comunica la brand identity. La semiotica compire le prime riflessioni teoriche e critiche sulla retorica della cultura e del consumo e presenta un resoconto del cosiddetto potere ideologico delle immagini, delle modalit strategiche che producono significato attraverso i messaggi della pubblicit e della marca. Lanalisi di Roland Barthes della pubblicit della pasta Panzani dimostra come attraverso limmagine di una busta della spesa piena di frutta e verdura fresca limmagine della freschezza si ripercuoteva anche sulla pasta a e sulla marca. Lannuncio pubblicitario ha come suo primo obiettivo di comunicazione, non la vendita del prodottoma la vendita di un modello.

2.6. Lapproccio testuale La marca un potente richiamo testuale che, per essere compreso, va collocato dal punto di vista storico, sociologico, antropologico, oltre che ne suo naturale habitat economico e di mercato. Per testo di intendono: - opere letterarie - tutte le forme culturali dotati di significato: film, programmi tv, annunci stampa, spot, manifestazioni del branding ecc. Come dice Umberto Eco, il testo un macchina pigra o polisemica, che presuppone un lettore attivo guai se se un testo dicesse tutto quello che il suo destinatario dovrebbe capire. Luogo delle metafore e sostanza capace di veicolare valori, la marca un addensato di segni e significati, capace di generare discorsi e dunque retorica, linguaggio. Il testo-marca non qualcosa che consegna nelle mani del destinatario un senso concluso e compiuto, ma definisce i suoi significati in relazione al mondo che lo circonda. La relazione marca-lettore pu dunque essere intesa come un testo attivo in due direzioni: - da una parte il testo, cio la marca, ha determinati effetti sul lettore - dallaltra il lettore ha il ruolo determinante nellattribuire senso al testo e dunque la marca. Il brande emette segni attraverso la comunicazione, il marketing mix, ladvertising, le sponsorizzazioni. E cos facendo racconta una storia, la sua. 2.7. Lapproccio metaforico Nel significato di marca c lidea della traduzione simbolica di una traccia fisica in un elemento del linguaggio. La marca un luogo metaforico per eccellenza e sono proprio le metafore che si trasformano in formidabili strumenti di gestione e comprensione dei suoi meccanismi, che ne restituiscono il significato e la complessit. Ecco di seguito, alcune delle principali metafore applicate e applicabili alla marca: 1. La marca come specie vivente: Come gli animali, in mercati ipercompetitivi sopravvive chi pi capace di adattarsi allambiente, in forme di evoluzione (conglomerati, fusioni, acquisizioni, architetture di marca) e coevoluzione (alleanze, co-branding ecc.). Inoltre, scongiurare il ciclo di vita e mantenersi in uno stato di perenne constistency e attrattivit per il consumatore diventa oggi un obiettivo centrale delle imprese. 2. La marca come persona: Considerare la marca come un individuo: aspetto fisico complessivo, volto, personalit, identit, sfera emozionale e razionale, cultura. Pi una marca persona e pi avr la probabilit di incontrare unaltra persona, il consumatore. A volte si gioca sulla metafora di chiedere la consumatore: se la marca fosse una persona che persona sarebbe? Molte agenzie di pubblicit ricorrono a questo tipo di pensiero per mettere a punto il carattere di una marca. 3. La marca come un racconto: come una narrazione, con una trama, un incipit, una cronologia, dei personaggi con funzioni e dinamiche ecc.

4. La marca come un territorio: considerare la marca come una provincia di significato, una regione, una nazione un esercizio di astrazione e di ricerca utile al management per meglio gestire la complessit nei mercati in cui opera. possibile gestire il territorio come marca. Come nellapproccio territoriale che prevede lutilizzo di strategie di brand management nel processo di valorizzazione del territorio. 2.8. Lapproccio metonimico Brand e prodotti di marca fanno parte della nostra cultura materiale e della nostra esperienza quotidiana. Sono intrecciato al tessuto della nostra societ ed entrano nel nostro linguaggio. Basti pensare alluso che ci sa delle parole come: scottex, coca, aspirina, rimmel, tampax, rollerblade. Dal punto di vista nominale le marche non simparentano con ci che gi esiste, ma inventano cose nuove (Walkman). Prima tutte queste parole erano nomi depositati, oggi sono nomi di cose di uso comune. Alcuni autori a questo proposito hanno parlato di privatizzazione della di una parte della lingua, si preferisce tuttavia utilizzare il concetto di metonimia: una figura retorica di sostituzione dove una parte sta per il tutto. Un nome proprio di marca va a designare lintera categoria merceologica, ovvero tutti i prodotti della stessa specie. 2.9. Lapproccio dinamico: la marca come medium Medium: strumento attraverso il quale avvengono processi di mediazione simbolica in una data comunit o societ. Si pu affermare che la marca un medium. Essa si configura come una rappresentazione sintetica di significati, attraverso cui gli individui mediano il proprio rapporto con i prodotti e con lesperienza del consumo. Jameson: medium ci che congiunge una specifica forma di produzione stetica a un tecnologi e unistituzione sociale Krauss: mdium la relazione tra supporto tecnico e le convinzioni attraverso cui un determinato genere lavora. Lury parla di marca come interfaccia. Sostiene che certe pratiche di marketing abbiano delle profonde analogie con certe tecniche di programmazione del computer e del broadcasting. Lesempio pi significativo di queste tecniche il loop, la ripetizione circolare. La marca sembra sembra fuzionare cos. Il brand progredisce ed emerge in una serie di cicli, in un processo continuo di differenziazione dei prodotti e integrazione della marca. A ben vedere, proprio sullinterfaccia della marca avviene una sorta di interazione mediata. Consideriamo infatti il brand come un mezzo tecnico che consente la trasmissione di informazioni o di contenuti simbolici tra persone distanti nello spazio e nel tempo. III. Storia della marca 3.1. Il marchio delle origini

La marca ha origini anitichissime. Prima ancora di essere contrassegno visibile di prodotti industriali e aziende commerciali, il marchio stato un segno indelebile fatto con il ferro sul corpo degli animali per attestare la propriet o sulla pelle degli uomini colpevoli di delitti infamanti. I marchi soddisfano un bisogno innato delluomo di identificazione, conoscenza, sicurezza ecc. ma anche un bisogno fondamentale di comunicazione. Gi terrecotte e vasellame dellera precristiana riportavano segni distintivi. Cos come 5000 anni fa i mattoni in Mesopotamia e i pavimenti delle tombe dei faraoni degli antichi egizi. Questi marchi sono tracce iconografiche con contenuti linguistici, che hanno la funzione di identificare chi li ha prodotti differenziandoli dagli altri. Queste proto marche fanno parte di un passaggio importante e decisivo che va dalloralit primaria, del tutto ignara della scrittura e della stampa, alloralit secondaria, che imprigiona per sempre le parole e i segni grafici in un campo visivo. Le pratiche di marchiatura venivano usate anche dalle trib per differenziarsi, Indios, peruviani, Maori ecc. Questi marchi servono a differenziarsi dalla altre trib, ma anche per differenziare i ranghi sociali allinterno della stessa. Il marchio che portano i cavalieri nelle favole dopo un battaglia il segno delleroe che vinto. Per Propp il marchio segno particolare: designa leroe, cio il protagonista, che dopo aver compiuto limpresa, trionfer. Latto di marchiature accompagna dunque luomo nel suo cammino di civilit e nel suo agire sociale. Ovviamente pi in l sono stati marchiati anche oggetti e prodotti spesso con finalit commerciali. Finalit che contengono i germi e le funzioni basilari del brand moderno: - Identficazione - Apprpriazone - Differenziazione - Garanzia (indica laffidabilit del produttore) 3.2. La marca moderna La marca moderna nasce con il consumo di massa. Agli inizi del Novecento il mercato composto da prodotti anonimi, venduti sfusi, a peso: le cosiddette commodity. Le liste della spesa sono generiche. Quella che fa la differenza sul prodotto non la marca, ma il luogo ed il contesto nel quale sono venduti. I venditori stessi fungono da tramite per lazienda, consigliano il cliente e lo rassicurano. Tutto ci molto lontano la packaging, dalladvertising, non c marca. Sino a questo momento la marca non parla alla gente, non comunica, non fa pubblicit. La storia della marca moderna, quella che finalmente parla al consumatore, senza intermediari, inizia dopo la rivoluzione industriale. La produzione di massa immette sul mercato un numero crescente di beni e li rende accessibili a strati sempre pi vasti della popolazione. La domanda viene sollecitata grazie a strumenti sempre pi persuasivi: pubblicit, packaging, certi personaggi di marca che nascono proprio a cavallo tra l800 e il 900 per rendere pi familiari le merci.

Lassorbimento e la richiesta continua dei prodotti sono la premessa indispensabile per la sopravvivenza delle fabbriche e per lespansione produttiva. Si passa dunque da uneconomia caratterizzata da derrate agricole e manufatti artigianali alla produzione in serie. Es. Ford autoveicoli Coca-Cola Michelin Scheweppes ecc. Gi alla fine del XIX secolo in Europa, si assiste allemergere della nuova classe sociale borghese e allavvio di un processo di forte stratificazione della societ in ceti, sulla base della ricchezza posseduta, cui corrisponde una progressiva differenziazione dei comportamenti sociali: tra questo lagire di consumo. Con laumento della divisione del lavoro, gli individui si fanno sempre pi dipendenti gli uni dagli altri: ognuno ha bisogno di beni e servizi forniti da coloro che svolgono attivit differenti dalla propria. Marx pone le basi per lelaborazione weberiana del concetto di stile di vita, concependo il consumo come atto sociale. Fino alla battuta darresto della seconda guerra mondiale. 3.3. Il dopoguerra in Italia Dopo la seconda guerra mondiale, i modelli di consumo acquisiscono una valenza non pi strettamente economica. Diventano indicatori di status e strumento di integrazione sociale. Allequivalenza risparmio-valore, caratteristica della prima fase del capitalismo, si sostituisce quella del consumo-valore. Il passaggio dalletica del risparmio alla legittimazione etica del consumo, segna, nel nostro paese, linizio di una nuova societ. Le marche sostituiscono gradualmente i prodotti artigianali provenienti dalla fattoria, dallorto o dalla bottega. Adesso vengono creati i primi supermercati con delle campagne pubblicitarie che puntano a rendere pi familiari i nuovi prodotti confezionati, mostra come utilizzarli, enfatizza il ruolo della marca e garantisce la qualit. Non dobbiamo dimenticare per che per tutto il dopoguerra il bottegaio rimane una figura centrale. Anche in presenza di marche e prodotti impacchettati industrialmente, il bottegaio continua a consigliare e suggerire. LEsselunga di Viale Regina Giovanna introduce nel nostro paese il modello self-service in un unico luogo. Questa getta i semi per la nascita del moderno consumatore. Gradatamente, la piccola distribuzione cede il passo alla grande. Il consumatore allinizio spaventato e crea resistenza perch non pi sicuro del prodotto che andr a comprare. Con il passare del tempo le resistenze diminuiscono e i timori si dissolvono, i consumatore impara anche a fare meno dei consigli del bottegaio. La marca appare sui cartelloni pubblicitari nel carosello in tv. I consumatori diventa pi autonomi e acquisiscono progressivamente le competenze e gli strumenti critici per selezionare i prodotti migliori.

3.4. Anni Sessanta: marca, urbanizzazione e cultura del libero servizio A partire dalla seconda met degli anni 60, la grande distribuzione rappresenta la prima risposta , ai nuovi stili di vita che si vanno configurando nelle societ industriali avanzate: una vita urbana, pi frenetica, caratterizzata dallanonimato, dalla necessit di risparmio di tempo e denaro, da una crescente autonomia e discrezionalit del consumatore. Verso la fine degli anni 60 con lesplodere nelle piazze della contestazione giovanile che mette sotto accusa il capitalismo, i consumi privati degli italiani continuano ad aumentare a livelli oggi impensabili. Le spese delle famiglie si orientano sempre pi a soddisfare nuovi bisogni secondari. Alla nascente simbologia di status nasce lidea di standard package o dotazione minima e ottimale di beni e che ciascuna famiglia deve possedere per sentirsi partecipe a pieno diritto della nuova cultura dei consumi. Nella transazione dagli anni 60 agli anni 70 il marketing passa gradatamente alla vendita dei prodotti allascolto del mercato. Da un orientamento alla produzione a un orientamento al consumo. Nascono le ricerche motivazionali che studiano i consumi. 3.5. Anni Settanta: la critica alla societ dei consumi Gli shock petroliferi del 1973 del 1977 segnano una battuta darresto nel processo di crescita delle economie industriali occidentali. la prima rimessa in questione della societ dei consumi. In particolare Baudrillard critica il sistema delle pubblicit e mette in discussione tutto il sistema. Gli anni 70 appaiono oggi come anni complessi e pieni di chiaroscuri. Per tutto il decennio il consumo rimane una dimensione scarsamente rappresentativa della nostra societ. Si criticano lo status symbol, si preferisce lartigianato, larte povera, il folklore. Il jeans surclassano lalta moda e si assiste a un interesse per lecologia, per lusato e per il recupero. La gente continua a spendere, ma quella fede incondizionata nel consumo, che aveva un sostenuto il periodo del dopoguerra, sembra incrinarsi. Le marche si accontentano di tenere un profilo basso, mentre dalla seconda met degli anni 70 in poi, la grande distribuzione in Italia inizia a crescere sensibilmente. Nel 1975 leconomia italiana comincia lentamente a riprendersi. Verso la fine del decennio i consumi si sviluppano in maniera nuova, abbracciando nuovi percorsi. Le pubblicit non sono solo per benzine, alimentari, automobili, elettrodomestici ecc., ma cominciano anche per tv, abbigliamento, impianti stereo, acolici, bellezza, svago, moda ecc. Si tratta dunque non solo di beni di prima necessit, ma anche secondari. Intanto, tra la fine del 1976 e i primi mesi del 1977 avviene un passaggio epocale. Due eventi altamente significativi sincrociano: la fine del Carosello e la nascita della televisione a colori. 3.6. Anni Ottanta: lautonomia della marca

A cavallo tra gli anni 70 e 80 si assiste a una decisiva trasformazione nella marca. Cresce la competitivit nei mercati e aumenta il contenuto in ricerca e innovazione di beni a largo consumo. Si dilata sensibilmente il numero di prodotti allinterno di uno stesso comparto merceologico. proprio allinizio degli anni 80 che i settori marketing delle aziende cominciano a guardare a societ come un territorio disomogeneo e frammentato. Non pi consumatore medio, ma gruppi con caratteristiche sociali e culturali ben distinte. Adesso si ragiona in termini di audience/target. Il brand cambia ruolo: le imprese comprendono che la comunicazione pu costituire vantaggio competitivo. Le aziende si accingono a instaurare rapporti diretti con i consumatori. Lattualit e la cronaca si fanno pervasive: entrano nellimmaginario individuale, alimentate dai mass media. Grandi mutamenti sconvolgono lo scenario politico internazionale: - 1988: azione di disgelo tra USA e URSS - 1989: abbattimento del muro di Berlino 1977: sul territorio nazionale operano 246 televisioni private e 1637 stazioni radiofoniche. Nasce una nuova epoca della televisione, in cui le finalit culturali vengono subordinate a esigenze di pubblicit e di audience. Aumentano le tv private, e con il disintegrarsi del monopolio pubblico dellaudivisivo, lofferta di supporti di comunicazione aumenta in maniera considerevole. La pubblicit si moltiplica e per la prima volta di parla delle marche come fossero delle persone. Aumento delle pubblicit che vede i suoi spettatori come clienti. Si crea cos una fusione tra logica commerciale, genetica del brand e quella spettacolare, tipica dellentertainment, dellinfotainment, della comunicazione. A Parigi, Jean Marie Boursicot inaugura la nut des Publivores, proiezione non stop di dodici ore di commercial da tutto il mondo. Sono gli anni di dove c Barilla c casa. LOlvetti entra ance nel contesto sociale trattando temtiche come. Il razzsmo, limmigrazione clandestina, gli handicap, la guerra ecc. Sono anche gli anni della pubblicit spettacolare, dei grandi effetti speciali. Lintento di Jaques Sgula di inventare un cuore ai prodotti, sin a quel momento trattati come cose. 3.7 Anni 90: lallargamento del raggio dazione della marca Il tramonto degli anni 80 segna in Italia una fase di profondo e accelerato mutamento, anche nella gestione strategica del brand e dei modelli di consumo. Si assiste a uno spostamento sugli aspetti hard e sul valore percepito nel rapporto prezzo/qualit. La crisi economica del 1993 segna la nascita di un nuovo consumatore economy oriented e bargain oriented (orientato al risparmio e allaffare), e, sul versante distributivo, lo sviluppo quantitativo degli hard discount sul territorio. Es. Philip Morris, multinazionale americana, annuncia la riduzione del prezzo del pacchetto di Marlboro. Negli anni 90 si forma un inedito consenso sociale nei confronti delle marche: liberalismo, cultura dimpresa e consumo, sembrano essere i valori dominanti. Nello stesso tempo cambia e si amplia la gamma dellofferta.

Le nuove tecnologie e in particolar modo Internet, contribuiscono allallargamento del raggio dazione della marca. Grazie al www la comunicazione ormai diventata globale: non esistono pi confini per chiunque voglia comunicare con mondo intero. Diverse multinazionali rivisitano i loro modelli di gestione del business. A livello di strategie di comunicazione si assiste a una omologazione di brand nazionali e modelli regionali o addirittura globali. Il piccolo supermercato entra a far parte di una catena, i punti vendita si affiliano a centinaia e, in alcuni casi a migliaia, a livello locale e anche internazionale. La grande distribuzione mette in pratica un massiccio potenziamento dei prodotti con i propri marchi. Ora i consumatori sono diventati poligami, eclettici, curiosi, attenti. In particolare, oltre il concetto di fedelt, viene messo in crisi il concetto di sensibilit alla marca e con esso il grado di risposta del consumatore alle dimensioni valoriali del prodotto riconosciute. Alcune grandi imprese tentano di arginare laffronto del competitor combattendo la battaglia sullo stesso fronte quello de prezzi: sconti, ribassi, promozioni e offerte ecc. Ci a lungo andare anzich consolidare la marca finiscono per indebolirla e sgretolarne la qualit percepita. 3.8. Il nuovo millennio: marca, reciprocit, rete Lultima fase nelle evoluzioni storiche de brand quella che vede il passaggio della marca moderna, industriale, fortemente ancorata al mondo della produzione e dei prodotti, alla marca postmoderna, immersa nelluniverso dei servizi, della comunicazione, del linguaggio. In questo contesto, il consumo e la marca, sono mossi, prima ancora che dalla logica dellhomo oecnomicus, da quella dellhomo reciprocano: un atteggiamento in cui giocano un ruolo determinante la fiducia, la relazione, lo scambio e il legame. Il nuovo millennio contrassegnato dalla crisi economica. Le marche arrivano in un situazione paradossale: da una parte sono potenti, desiderate e amate; dallaltra sono attraversate da contraddizioni e fratture che si manifestano proprio quando la congiuntura si ribalta, di fonte alle minacce e alla insidie del mercato. Queste marche saranno ancora pi fragili quando la crisi economica far apparire la corruzione e lirresponsabilit di un certo numero di grandi aziende: Parmalat, Cirio, Enron, Worldcom ecc. IV La marca contemporanea 4.1. La nuova centralit della marca Se il consumo il linguaggio della societ contemporanea, la marca un elemento della sua grammatica. Questa marca ha assunto oggi una nuova centralit. Occupa una posizione strategica allincrocio di tre dimensioni particolarmente importanti nello spazio sociale contemporaneo: il consumo, la comunicazione e leconomia. Le marche si emancipano dal proprio orginiario core business e sposano lentertainment, levento culturale, la comunicazione sul web, il fare comunit rilevando nuove singolari attitudini: - Creare mondi possibili - Narrare storie

Connettere e creare legami Parlare ai sensi Partecipare alla costruzione dellidentit individuale Disseminarsi socialmente Utilizzare pi media Ibirdare le categorie merceologiche Partecipare alla costruzione dellimmaginario Utilizzare il linguaggio delle emozioni e dei sentimenti Generare esperienze Farsi attore sociale.

4.2. Creare mondi possibili: il brand-world Quando diciamo che la marca ha la propriet di creare mondi possibili, intendiamo che capace di produrre un sistema di segni coerente al proprio interno e intellegibile agli individui, che si configura come un universo capace di riempire di significato il nostro agire di consumo e di organizzare la nostra esperienza quotidiana. Non dobbiamo chiederci se i mondi possibili esistano realmente: essi sono una possibile configurazione della realt di cui possiamo parlare o che possiamo immaginare. Quello del mulino Bianco ad esempio, un mondo possibile, una costruzione fantastica che per attribuisce valore, contenuto e senso al prodotto. 4.3. Narrare storie: la marca story-teller Le marche contemporanee narrano storie come non avevano mai fatto in passato. Lo fanno attraverso il mix di comunicazione, new media, lagire delle imprese ecc. Significa rendersi protagonista di una vicenda in progress, ma sempre uguale a se stessa e considerare lindividuo-consumatore come il lettore ideale di tale vicenda. La storia sempre pi adattata al target e rappresenta la strategia adottata dallimpresa. Le strategie sono il prodotto di una logica e di un pensiero rigorosi. Tuttavia anche vero che le migliori strategie sono ispirate dallimmaginazione e dalla creativit. Tutte le marche leggendarie hanno costruito le proprie strategie attorno a grandi narrazioni. La marca va considerata alla stregua di un ipertesto che ingloba ed esprime una quantit di messaggi e di linguaggi: - le icone (etichetta, shopping bag, le immagini visive) - i suoni (jingle, il rumore del motore, la lattina che si apre della Pepsi) - le modalit duso del prodotto - i contenuto sensoriali - il patrimonio simbolico e valoriale Ma il vero e definitivo collante per lipertesto la storia, lordine del discorso: lio narrante del branding.

Il racconto della marca riesce a suscitare emozioni e riflessioni in chi lascolta, gettando un ponte tra limmaginario e il reale. La storia consente alla marca di raggiungere una molteplicit di obiettivi funzionali alla sua esistenza: - La condensazione: la storia seleziona e sintetizza quelli che sono i significati. - La semplificazione: la storia , quasi sempre, di immediato significato, accessibile a tutti perch traduce i concetti pi complessi in termini semplici - La memorizzazione: la storia di facile memorizzazione. Il ricordo uno dei principali driver che genera la notoriet di marca. - Le associazioni: la storia consente di traslare sulla marca ethos e pathos. 4.4. Connettere e creare legami: il linking value della marca La marca contemporanea possiede un valore di connessione che non conosceva sino a un recente passato. La sua abilit relazionale potenziata dai new media, dalle possibilit offerte dalla rete, dai social network ecc. Si manifesta attraverso relazioni personalizzate e two sided: - lindividuo collabora attivamente alla costruzione di una relazione con la marca, partecipa a determinare il significato, a migliorare la qualit dei prodotti e della comunicazione. Es. Ebay: il prodotto venduto che crea il link tra due individui 4.5. Parlare ai sensi: il polisensualismo delle marche La marca fa ricorso allenfasi sul proprio lato emozionale per rendersi desiderabile e comunicare con maggiore efficacia. Levidenza empirica rivela come le strategie di posizionamento dei brand nella mente del consumatore attingano sempre pi al linguaggio delle emozioni e dei sensi. Siamo entrati nellera del polisensualismo, in cui il ricorso ai cinque sensi una logica che domina il processo di acquisto e di consumo e che caratterizza la strategie di prodotto e di marketing. (vista, udito, olfatto, tatto e gusto) Es. LOral: crea una tinta per capelli dalle nuance golose ispirate alle cromie del cioccolato. Aquolina: bagni schiuma a diversi gusti LG: LG chocolate, ancora una volta la componente del cioccolato. 4.6.Partecipare alla costruzione dellidentit individuale Nella societ moderna, lindividuo ha acquisito una nuova abilit: quella di parlare di s attraverso la mediazione di oggetti, delle marche e delle esperienze di consumo. In breve: dimmi che marca compri e ti dir chi sei. Sono una persona raffinata se vesto Ralph Lauren, sono un atleta serio se cardiofrequenzimetro Polar, sono un creativo perch uso un PC Apple. mi alleno con il

Diversi autori si chiedono se esista un rapporto diretto tra la definizione di S e la scelta della marca. La questione controversa, tuttavia bisogna rilevare che la scelta della marca sensibile a certi valori della percezione del proprio s ideale ed direttamente connessa al tipo di stile di vita che esso esprime e la cui scelta va a rafforzare. 4.7. Disseminarsi socialmente: la logica del branding Il concetto di disseminazione sociale della marca esposto per la prima volta da Semprini nel 1996 per descrivere il fenomeno dellallargamento della logica di marca allo spazio sociale e al di l della sfera commerciale. Es. Il Milan una squadra di calcio, ma allo stesso tempo viene percepita come un soggetto economico che compie acquisizioni, cessioni, revisione dei costi e dei bilanci. Ha tifosi e vende i biglietti indipendentemente dallandamento della squadra. gestita con una logica di marketing. Tale disseminazione sociale della marca si ritrova anche nello sfruttamento di prodotti cinematografici con la stessa logica del brand: ovvero progetti di marca che si manifestano principalmente attraverso i film, ma che si concretizzano in una gran quantit di prodotti derivati (gadget, produzioni teatrali ecc.). Prodotti che rendono presente la marca nello spazio sociale, nella vita quotidiana dei fan e della saga. 4.8. Utilizzare pi media: la marca crossmediale Il brand oggi sperimenta nuoci territori comunicativi, simultaneamente orchestrandoli. La crossmedialit consiste nel declinare un progetto di marca su pi media, distribuendo in ciascuno di questi, contenuti originali, unici tra loro e complementari. La frammentazione dei mezzi di comunicazione pubblicitaria, lindebolimento dei media generalisti e lemergere di forme di comunicazione interattive e alternative (blog, sms, mms, forum, chat, gli advergames ecc.). determinano unarena entro cui i brand pi attenti e sensibili al cambiamento giocano oggi la propria partita. Il consumatore moderno si trova cos di fronte a unofferta sempre pi diversificata. Stiamo assistendo al passaggio da pochi mercati di massa a una moltiplicazione di mercati di nicchia, grazie alle nuove tecnologia che facilitano lacquisto di beni e servizi personalizzati. La crossmedialit strettamente connessa alleffetto web 2.0. Es. Big Brother Grande Fratello: un programma ma anche una marca che si diffusa attraverso i canali tecnologici pi diversi. Gli spettatori sono passivi ma allo stesso tempo anche attivi perch hanno la possibilit di votare e cambiare il corso della trasmissione. Questo processo di crossmedialit avviene anche attraverso la cinematografia/film. Es. Coca-Cola ha creato un film pubblicitario che stato presentato in anteprima su Second Life.

4.9. Ibridare le categorie Grazie alla marca contemporanea, capace di unire pi dimensioni del consumo, le categorie merceologiche tendono a fondersi, sino trasformarsi in mercati. La convergenza dellofferta, delle tecnologie delle esperienze di consumo generare forme di concorrenza ibirda. Es. Harry Potter: prima libro, poi film e in seguito firma zainetti e diari passando dalle guerre sul prezzo nella grande distribuzione al social web e al passaparola. Birra Duff: inventata nella serie dei Simpson oggi stata realmente commercializzata Mascono la nutriceutica (combinazione di nutrizione e farmaceutica), i functional foddo, il fitainment (fitness ed entertainment) e ledutainment. Questi fenomeni di ibridazione sono tipici della marca contemporanea. Ai consolidati punti di vendita monoservizio, si stanno affiancando negozi ibridi che si distinguono per unofferta trasversale che non rientra nella classica distinzione tra settori e categorie merceologiche. Esse sono chiamate a dare risposta alla pluralit di istanze, motivazioni e valori degli individui contemporanei. Es. Bibliocaf letterario: Biblioteca e caffetteria Laudromat caf: servizio di lavanderia e ristorante Il negozio diventa da point of permanence a point of meeting. 4.12. Generare esperienze: la brand experience Consumare beni e servizi oggi sempre pi unattivit che attiene alla sfera del desiderio, dellautorealizzazione, della partecipazione individuale, della conoscenza. Per questo la marca ha sviluppato una spiccata attitudine a generare esperienze attorno agli oggetti che firma. Unesperienza una sorta di conoscenza a posteriori che deriva dal coinvolgimento in una cosa o un evento, o, nello specifico, in una marca. Locali come Planet Hollywood, Hard Rock Caf, sono stati creati per offrire unesperienza e momenti indimenticabili. La Disney fa la stessa cosa con i suoi parco giochi. Non fa altro che immergere il visitatore nel mondo della marca, con i suoi personaggi, il suo codice comunicativo e la sua lingua. 4.13 Farsi attore sociale: citizen brand Le aziende si fanno attori sociali partecipando attivamente a cause sociali. Si chiama CRM Cause Related Marketing e la marca diventa una citizen brand. Es. America Express: finanzia il restauro della Statua della Libert di New York.

Oltre alletica e alla responsabilit, questa indeita soluzione di cittadinanza sembra voler abbracciare unidea allargata di altruismo. V Ruoli e funzioni della marca 5.1. A cosa serve la marca? Confezioni colorate, nomi, loghi, etichette e pubblicit non sono un lusso, ma rispondono a un bisogno di riconoscimento da parte dei consumatori. La marca un concentrato di informazioni sulle caratteristiche dellofferta e ci aiuta nei processi decisionali. Un brand forte ha la capacit di: - Facilitare i processi decisionali del consumatore - Ridurre i costi di ricerca, accelerare e semplificare le scelte dacquisto - Offrire garanzie - Orientare le aspettative nei confronti dellofferta - Arricchire prodotti e servizi di valenze simboliche e affettive - Ridurre i rischi legati a prodotto o al servizio 5.2. Il patto con la marca: la fiducia Gli individui scelgono le marche adottando un criterio di affidabilit. La fiducia tra un consumatore e una marca una fiducia generalizzata e sociale. Il concetto di fiducia semanticamente vicino a quello di comunit: entrambi sono legati allidea di aspettative intersoggettive, di dimensione non razionale dellazione, di legami non contrattuali tra le persone. Avere fiducia significa ridurre altri sentimenti come il disorientamento, la paura o la diffidenza. Esistono almeno 3 diverse condizioni nelle quali gli individui concedono fiducia ad altri soggetti sociali: - Familiarit (interazioni ripetute) - Interesse (valutazione costi/benefici) - Valori (favoriscono comportamenti di reciprocit) Ci fidiamo delle marche con le quali abbiamo stabilito un rapporto di familiarit grazie alle interazioni ripetute; ci fidiamo della marca che offre un buon value of money; ci fidiamo della marca di cui condividiamo etica e valori. Ma la fiducia merce fragile e negoziabile, la si conquista e la si perde. anche un atto di volont. La fiducia lobiettivo strategico della marca al suo affermarsi presso la societ dei consumi. Ci negli anni 60 avveniva principalmente attraverso la visibilit, pi visibilit pi fiducia. Oggi diverso la fiducia si conquista attraverso standard di qualit, innovazione e servizio superiori rispetto alla concorrenza. Negli anni 80 la pubblicit tende a fare leva sullemotivit, tende a commuovere, a spettacolarizzarsi. La marca on-line, ad esempio, si pensi al caso Amazon, il paradigma dei come, in tempo di globalizzazione, i brand riesca a gestire e articolare le proprie strategie anche attorno a temi come la

fiducia e la sicurezza. Ordinazione facile e sicura. La sicurezza viene inoltre garantita dalle informazioni e dalle cifre: oltre 3 milioni di clienti hanno gi acquistato da Amazon senza essere vittime di frode o truffe. Non essendo un atto volontario, ma un sentimento negoziabile la fiducia pu dirsi una precondizione e una conseguenza degli acquisti. 5.3. La marca come promessa La marca vive di acquisti ripetuti nel tempo. Per questo obbligata alla lealt verso il suo pubblico. Ogni marca contiene implicitamente una promessa che sancisce un patto di fiducia, una negoziazione di significati. Col termine promessa ci si riferisce allimpegno a compiere una certa azione. Implica assunzione di responsabilit da un lato e affidamento dallaltro. evidente come il funzionamento di una marca sia quello di una promessa a lungo termine che va ogni volta negoziata e riadattata ai tempi e alle esigenze dei consumatori. 5.4. Fiducia nella marca o nelle istituzioni? Una survey condotta qualche anno fa dallHenley Centre di Londra aveva rvelato come il pubblico inglese ha pi fiducia in marche come Kelloggs, Heinz, Marks & Spencer piuttosto che nel Parlamento, nella polizia e nelle leggi del sistema britannico. Se la marca disattende le promesse o le attese dei consumatori, essi possono decidere di non acquistarla pi, oppure lazienda rivedr la propria offerta al fine di sintonizzarsi con i bisogni del consumatore. Nel caso della politica non funziona cos: una volta che gli elettori hanno dato il proprio voto, avrebbero pochissimi strumenti di controllo su chi li governa. Molti professionisti della gestione strategica della marca sono oggi convinti che il mercato sia, in effetti, molto pi democratico rispetto agli organismi politico costituzionali. Secondo questa prospettiva, il mercato, soprattutto quello del largo consumo, rappresenterebbe la manifestazione della libert di scelta. Esprimerebbe lopinione popolare attaraverso linterazione di tre dimensioni: offerta, domanda, ricerche sul consumatore. 5.5. La riduzione del rischio Ogni scelta dacquisto comporta dei rischi. A differenza dellincertezza, che imponderabile e non calcolabile, il rischio qualcosa di calcolabile e quindi controllabile. Leccellenza qualitativa e performativa, laffidabilit e la garanzia che appartengono, per definizione e statuto epistemologico alla marca, rappresentano quelli che Kapferer ha definito gli estintori di rischio della marca.

In genere, pi il consumatore esperto e coinvolto in un determinato mercato, pi aumenta la percezione del rischio. Es. Un viaggiatore esperto percepir i rischi legati ala scelta di un tour operator: insidie del low cost, truffe, servizi scadenti, promesse disattese ecc. In generale i consumatori, secondo il livello di coinvolgemmo dellacquisto e la sensibilit alla marca nel mercato di riferimento, possono percepire una serie di rischi connessi allacquisto di determinati prodotti: - Rischio funzionale - Rischio fisico - Rischio finanziario - Rischio sociale - Rischio psicologico - Rischio temporale 5.5.1 Rischio funzionale Appartengono alla categoria dei rischi funzionali: mafunzionamenti, cattiva resa, scarsa efficacia. La grande marca in grado di diminuire le possibilit legate ai rischi. Ci affidiamo pi volentieri a una compagnia aerea nota, con un brand forte e consolidato, che a un piccolo velivolo di una piccola flotta. 5.5.2. Rischio fisico I consumatori precepiscono un rischio fisico quando il prodotto pu minacciare la salute, mettere a repentaglio la vita, quando non sano, non fresco, non genuino, non sicuro. Nel settore food, i pi recenti casi di contraffazione e contaminazione hanno innalzato la soglia di attenzione del consumatore su tematiche legate alla filiera, alle materie prime utlizzate. I produttori di marca hanno saputo gestire tali crisi alimentari comunicando e informando in maniera chiara. Alcune marche in questo settore hanno rassicurato il consumatore: eliminando i polifosfati, il glutammato ecc. e garantendo tracciabilit della filiera. 5.5.3. Rischio finanziario I consumatori percepiscono un rischio finanziario quando temono che il valore del prodotto o del servizio non corrisponda al suo prezzo. Temono di buttar via il proprio denaro. Ovviamente la percezione di questo tipo di rischio sar tanto maggiore quanto limpegno monetario sar consistente. Es. Investimenti bancari, E-bay, agenzie immobiliari Una marca forte, con i riconoscimento del pubblico di cui gode, serve a ridurre il rischio, e, soprattutto la percezione di questo.

5.5.4. Rischio sociale Consumare ha una valenza sociale: attraverso i beni che acquistiamo e le marche che scegliamo, non facciamo altro che autopresentarci. Lindividuo-consumatore pu percepire un rischio sociale legato allimmagine del prodotto, che si riflette sulla propria immagine sociale. presente nella misura in cui altri individui sono in grado di valutare la nostra decisione di acquisto. 5.5.5. Rischio psicologico Lindividuo, specie quando vi un forte coinvolgimento nei confronti del prodotto, preferisce quella marca in grado di confortare le sue scelte, le sue opinioni, le sue attitudini e in grado di assecondare i suoi desideri. La marca affermata, grazie anche alla pubblicit e alla comunicazione, pu ridurre la dissonanza che si verifica quando si manifesta un conflitto tra due i pi elementi cognitivi, che abbiano per il consumatore una certa rilevaza (ad esempio prezzo e valore). 5.5.6. Rischio temporale Possibili rischi temporali: il prodotto ci fa perdere tempo, non user friendly, non offre un servizio efficiente, bisogna montarlo, bisogna leggere le istruzioni, non si soddisfa ecc. La marca in grado di attutirli, di ridurne levenienza. 5.6. Le funzioni della marca per il consumatore Agli inizi degli anni 90 Kapferer individua e descrive otto funzioni della marca per il consumatore. A ognuna di queste funzioni fa corrispondere altrettanti pacchetti di benefici: 1. Funzione di identificazione Grazie alla marca il consumatore pu identificare rapidamente il prodotto e distinguerlo dalla concorrenza. La marca riduce dunque i costi di ricerca. 2. Funzione di praticit La marca permette un risparmio di tempo e di energia in caso di riacquisto ed strettamente legata al concetto di fedelt. la memoria del prodotto. Si innescano cos meccanismi di fidelizzazione e attaccamento al brand. 3. Funzione di garanzia La marca simpegna pubblicamente: una promessa di buone prestazioni. Garantisce livelli di qualit e performance costanti 4. Funzione di ottimizzazione 5. Funzione di personalizzazione La marca offre allindividuo un confronto nella definizione dellimmagine di s in un contesto sociale. uno strumento con cui il consumatore pu avanzare pretese circa una particolare immagine che vuole restituire agli altri 6. Funzione di permanenza La marca assicura la permanenza di un legame che si protrae nel tempo e va di pari passo con la fedelt dei consumatori. La soddisfazione del consumatore genera fedelt la fedelt genera familiarit, la familiarit genera, infine, una relazione stabile e duratura. 7. Funzione edonistica

La marca fonte di piacere, soprattutto grazie al suo polisensualismo o alla sua estetica. Il momento dellacquisto simile a un gioco. Ogni punto vendita offre oggi uno spettacolo della merce. 8. Funzione etica 5.7. Le funzioni della marca per il produttore Alle operazioni di branding limpresa destina ungenti investimenti finanziari, perch la marca per il prduttore assolve una serie di importanti funzioni: Attiva un canale di comunicazione con gli individui Crea differenze significative allinterno del mercato Determina la cultura dimpresa Arricchisce lazienda di risorse intellettuali Consente una pi elevata capillarit distributiva Aumenta le performance finanziarie aziendali

Nonostante questa serie di vantaggi, la marca troppo spesso vista come un semplice strumenti tattico, invece che come una strategia di business. 5.8. Le funzioni della marca per il distributore Per i rivenditori al dettaglio o altri membri del canale distributivo, le marche svolgono una serie di importanti funzioni attraendo linteresse del pubblico e generando comportamenti di fedelt. La marca rappresenta linterfaccia tra distribuzione e consumatore. Essa riempe di sgnificati gli scaffali della distribuzione. Il consumatore apprende a organizzare i significati, a caratterizzare tipologie merceologiche, a configurare modalit ed esperienze duso e, in definitiva, a scegliere grazie alla presenza della marca nel punto vendita. evidente che le marche svolgono molteplici importanti funzioni per il distributore: - Attrarre linteresse dei consumatori - Organizzare i significati e la base cognitiva per il processo dacquisto - Generare comportamenti di fedelt - Creare limmagine dellinsegna e del punto vendita - Dare senso alle private label - Garantire margini di guadagno pi ampi - Garantire volumi di vendita pi elevati 5.9. La private label Le private label sono le marche private del distributore. Le prime in Italia sono state quelle di Giesse, Coop, Esselunga ecc, spesso commercializzate sotto il marchio-ombrello del dettagliante, in altri casi con dei nomi propri di fantasia. Si tratta di prodotti solitamente realizzati o forniti da societ terze per esser commercializzati con il marchio della societ che vende. Il prezzo di solito inferiore a quello delle grandi marche con una qualit piuttosto competitiva.

La segmentazione del brand portfolio, struttare lofferta e le private label e si possono suddividere in diverse tipologie, a seconda del posizionamento e del prezzo: - Marca di primo prezzo: prodotti con il minor prezzo della categoria, meno 50% rispetto alla marca industriale leader - Marca premium: prodotti con un prezzo maggiore di quello della marca industriale (anche 30%) caratterizzati da alta qualit. - Marca insegna: prodotti con il marchi dellinsegna commerciale con un prezzo in media inferiore del 25% - Marca bio: prodotti biologici con un prezzo equivalente o maggiore fino al 15% della marca industriale leader. Es. Esselunga: va da prodotti a primo prezzo a quelli di altissima qualit per i clienti pi raffinati. Inoltre, Esselunga ha altre marche commerciali con tre linee di orientamento: Esselunga Bio, Esselunga Ecolabel, Esseluna Naturama (prodotti controllati in ogni fase). VI Lidentit della marca 6.1. Brand identity Quello del brand identity non un concetto nuovo, ma lo si inizia studiare in profondit solo negli ultimi tempi. La gestione della marca, per lungo tempo, stata affidata ad approcci legati allimmagine, alla notoriet, alla visibilit, senza concentrarsi su un vero e proprio concetto di identit. A partire dagli anni 90 anche Kapferer riconosce che i problemi che si pongono oggi sono pi complessi di quelli di dieci o venti anni fa. Servono dunque dei concetti pi affinati per consentire una migliore presa sulla realt. In effetti, nellultimo decennio del 900 si assistito a un importante processo di cambiamento: moltiplicazione dei prodotti, fenomeni di me too (imitazione sistematica), nascita della marche private, saturazione di molti mercati ecc. Il volume di pubblicit aumentato in maniera talmente esponenziale da raggiungere uno stato di ipercomunicazione. Non era dunque pi sufficiente emettere messaggi, ma bisognava emettere messaggi efficaci. Senza unidentit chiara e definita, la marca rischia di mettere segnali incongrui, di polverizzare i suoi sforzi comunicativi. Secondo Aaker e Joachimsthaler la marca dovrebbe riuscire a: - Creare risonanza con il consumatore - Differenziare la marca rispetto ai concorrenti - Rappresentare ci che lazienda pu fare (vision) e far nel tempo (mission) Lidentit permette alla marca di tracciare una linea-guida, un contenuto, un progetto. Unidentit chiara e fficace svolge importanti funzioni: - Definisce il carattere e la proposta di valore del prodotto o del servizio - Propone questo carattere in modo distinto rispetto alla concorrenza - Trasmette un potere emotivo capace di andare al di l dellimmagine

Lidentit esprime ci che la marca , e ci che vuole essere, ma anche ci che deve arrivare al consumatore. Lo deve fare in tutte le sue forme: simboli, colori, slogan, atmosfere eventi e con il comportamento dei dipendenti. Non si parla solo di unimmagine di coordinata, ma significa configurare un progetto di senso, una serie di valori e segni di riconoscimento. 6.2. I contenuti dellidentit Esistono essenzialmente 4 grandi contenuti che entrano significativamente a comporre e strutturare lidentit della marca: 1. Valori di prodotto Prodotti, servizi, posizionamento, attributi e benefici. Uno degli elementi centrali dellidentit di una marca di solito il suo prodotto di punta (Nutella per Ferrero, iPod per Apple, moka per Bialetti ecc.) Esso determina il tipo di associazioni auspicabili e realizzabili per la marca.I contributi del prodotto/servizio possono creare un valore aggiunto, lofferta di qualcosa in pi o di meglio che determina lidentit del brand. 2. Contenuti emotivi Personalit della marca, attributi simbolici e emozionali, relazione tra consumatore e marca). Il brand, come le persone pu essere percepito come una personalit unica. Attraverso lattribuzione di contenuti emotivi, caratteriali, umani allidentit della marca possibile creare un vantaggio auto espressivo che diventa un veicolo per consentire ai consumatori di raccontare la propria personalit attraverso il brand. Inoltre, i contenuti emotivi costituiscono la base di un rapporto di lunga durata tra marca e consumatore. Es. coccolino contiene nella sua identit la tenerezza, la morbidezza, laffettivit. 3. Valori sociali Significato sociale dei prodotti e del brand, agire sociale delle imprese. 4. Cultura dimpresa Storia dellazienda, contesto produttivo, vocazione produttiva, core business, cultura aziendale, capitale umano, mission, vision ecc. 6.4. La brand identity secondo D.A. Aaker Secondo Aaker lidentit di marca un insieme di connotazioni che chi ha il compito di curare la strategia, dovrebbe cercare di costruire o conservare. Gi in Building Strong Brands Aaker sosteneva che gli elementi dellidentit di marca fanno capo a 4 prospettive diverse: - La marca come prodotto (gamma di prodotti, articoli, attributi, rapporto qualit/valore ecc.) - La marca come organizzazione (connotazioni istituzionali, natura locale o globale) - La marca come persona (personalit della marca, relazione tra consumatore e marca) - La marca come simbolo (metafore, iconografia ed eredit culturale della marca) Ognuno di queste prospettive permette di attribuire elementi identitari al brand.

Aaker definisce la struttura dellidentit di marca e lo fa graficamente proponendo un sistema composto da due cerchi concentrici: core identity e extended identity. La core identity dovrebbe rimanere immutata anche se il brand si estende a nuovi prodotti o penetra nuovi mercati. Lextended identity comprende tutti gli elementi che non rientrano nellidentit centrale. Vi si trovano la personalit della amrca, i suoi benefici emotivi o di auto espressione e limmagine dellutilizzatore ideale, ovvero tutto ci che simboleggia la relazione individuo marca. 6.5. Il prisma di J.N Kapferer Nella prima met degli anni 90, Kapferer propone un modello per illustrare il concetto di brand identity: un prisma ideale che rappresenta tutte le facce della marca. Graficamente un esagono. I sei lati sono composti da altrettante dimensioni che si influenzano reciprocamente e formano un unicum indissolubile: - luogo fisico - personalit - cultura - relazione - riflesso - mentalizzazione Questo approccio considera la marca, in prima istanza, come un luogo fisico, un pacchetto di attributi tangibili. quello che Lombardi definisce il piumaggio. Pu essere un simbolo grafico, un personaggio di marca, o in generale una caratteristica che viene subito alla mente: il cioccolato per Ferrero, la sicurezza per Volvo, il blu per Barilla. Non si tratta solo di un mero criterio estetico, ma di un punto di forza. La personalit: la marca acquisisce un carattere nel momento in cui inizia a comunicare. La rendono simile a una persona: Telecom simpatica, Omnitel dinamica, Apple amichevole ecc. La pi agile per conferire un carattere di personali quella di prendere un testimonial divo dello star system. La marca ha una terza dimensione: la cultura. lincarnazione di un storia imprenditoriale. Il volto culturale della marca quello dei suoi principi fondamentali, delle due origini, delle sue espressioni, delle sue manifestazioni. La marca anche relazione: un legame simbolico, uno scambio di contenuti e di significati tra persone. Linvito di Nike Just do it!, lOral Perch voi valete. Il riflesso: limmagine esteriore che la marca restituisce del proprio utilizzatore ideale. La marca lincarnazione del consumatore-tipo e produce, quasi di rimbalzo, unimmagine del tipo do persona che la sceglier. Attentzione, per: il riflesso non va confuso con il target. Si tratta di sue ordini di pubblico differente: uno ideale e laltro reale.

Infine la mentalizzazione. Se il riflesso lo specchio esteriore del target, la rappresentazione mentale il suo specchi interno, la relazione che il consumatore intrattiene con se stesso attraverso il consumo della marca. Kapferer riporta il caso di Porsche, brand che restituisce la mentalizzazione di un acquirente teso a dimostrare a se stesso di potercela fare. Il prisma dellidentit non fa altro che ribadire lassoluta complessit della marca, la sua natura polisemica, la sua essenza relazionale e discorsiva. 6.6. Le Enciclopedie di Semprini Lautore considera lidentit della marca come frutto dellincastro di tre grandi sottosistemi in constante trasformazione e relazione dialettica. Li chiama Eciclopedie. Semprini designa dunque lidentit della marca, come figlia di tre sottosistemi: - Enciclopedia della produzione - Contesto - Enciclopedia della ricezione A formare lEnciclopedia della produzione concorrono: cultura, valori dellazienda, obiettivi a corto e lungo termine, visione del contesto del mercato, visione del contesto socio-culturale, piano di lancio della marca. Il Contesto determinato dallambiente sociale, culturale, politico e economico in sui la marca si trova a operare. LEnciclopedia di ricezione a sua volta composta da: atteggiamenti e motivazioni, valori, sensibilit socio-culturali, pratiche di consumo, interpretazione dellEnciclopedia della produzione. 6.9. Il caso Dash: la luce e il s ideale Nel 2006 Dash, brand leader nel settore dei detersivi per bucato decide mi mettere da parte il famoso claim pi bianco non si pu per passare a pi luce alla tua vita. Quello di sostituire il bianco con la luce, si riveler in meno di 2 anni un vero passo falso: le vendite si contraggono e lidentit di Dash si indebolisce. La consumatrice si era fatta lidea che se un prodotto sbianca allora aggressivo ed efficace. Lazienda ha voluto cambiare proprio in vista del fatto che creava nuovi prodotti per colorati, delicati ecc. Dash ha voluto comunicare un messaggio pi ampio, capace di superare lo stretto funzionalismo del prodotto che rimuove le macchie ostinate a nuovi valori intangibili, risultati alla fine troppo astratti e aulici per essere funzionali alla comunicazione. Il bianco di Dash nel tempo avevo acquisito tutta una serie di significati: il pulito, ligiene, la perfezione, le tradizioni, la fedelt, il matrimoni, la casa, il corredo ecc.

Con il concetto di luce dash si elevata a nuove suggestioni: candore, purezza, serenit, armonia, equilibrio, piacere, femminilit, vita. Perdendo di vista la sua identit e la concretezza. 6.10. Il caso Yorkie: identit di genere della marca Osserviamo il caso di un prodotto Nestl, una barretta al cioccolato per il mercato britannico. Uno snack a cui stata attribuita una precisa identit di genere. Infatti comunicando ci che non un prodotto per ragazze, il prodotto e con esso il brand assume tratti di virilit e attributi maschili. Concetto: Its not for Girls. Compare anche sul packaging del prodotto. Lidea di marketing quella che uomini e donne mangiano in maniera diversa. 6.11 Lunicit della marca tra materiale e immateriale Alcune marche sono riuscite a costruire vantaggio competitivo attraverso la perfomance tagibile di un prodotto. Dash: lava cos bianco che pi bianco non si pu Gillette Fusion: innovazione delle 5 lame Parmacotto: il primo prosciutto cotto senza polifosfati Altre, come la moda o i profumi hanno creato vantaggio grazie ad elementi intangibili. Levis. idea di libert Chanel n5: femminilit senza tempo Mulino Bianco: ritorno alla natura Il prodotto veicola i valori immateriali della marca, mentre lidentit si arricchisce progressivamente di quegli aspetti che si aggiungono alla sua presenza fisica: personalit, attributi tangibili ecc. Molte ricerche hanno dimostrato come la combinazione di un beneficio emozionale, simbolico e di un materiale tangibile possa essere ottenuto considerando singolarmente uno dei due benefici. 6.12. Unique Selling Proposition Da una ricerca svolta nei primi anni 40 si scopre che le pubblicit che hanno pi successo e che convincono i consumatori a comprare la marca sono quelle che comunicano delle promesse uniche. Tale promessa nasce dal prodotto stesso, dai suoi attributi performativi, dai suoi benefit. la prima formulazione della USP (Unique Selling Proposition). Reeves, grande protagonista della storia della pubblicit, ne individua i tre comandamenti: - Ogni campagna pubblicitaria deve proporre un beneficio per il consumatore - Deve essere un beneficio che la concorrenza non pu offrire o che, di fatto, non offre - Il beneficio deve essere cos forte da poter spingere milioni di consumatori allacquisto

Il concetto successivo quello del posizionamento. Sebbene i due approcci siano sostanzialmente differenti, Reeves nel segnalare la presenza, nel prodotto, di un vantaggio unico, non fa altro che collocare la marca nella mente del consumatore. LUSP ha dei limiti: non prende in considerazione lambiente socio culturale del consumatore. Tuttavia quando Reeves metteva in pratica le sue teorie, il martellamento pubblicitario del singolo beneficio risultava sufficiente. Oggi il discorso sullUSP piuttosto controverso, dato che difficile per una marca avere un elemento distintivo cos forte, non ancora clonato o presidiato da follower. Esistono pi probabilit di costruire une diversit rilevante che un unicit. 6.13. Unique Emotional Plus Agli antipodi della comunicazione razionale di Rosser Reeves si collocano le teorizzazioni del pubblicitario Burnett. Unique Emotional Plus: creazione di miti e personaggi ispirati allimmaginario americano e capaci di formare brand personality e brand identity. Burnett pensa che ogni prodotto abbia un contenuto emozionale. Attraverso la comunicazione il brand pu rivelare questo pathos. Tony la tigre di kellogs, il cowboy della Marlboro sono sue creazioni. Pur essendo stato teorizzato pi di 50 anni fa, lUEP un concetto non del tutto estinto. Lemotional branding, la lovemark e il marketing esperienziale possono considerarsi derivazioni dellidea di Burnett: la marca che emoziona stabilisce relazioni positive e durature con il gli individui. 6.14. Branded Differentiator Una funzione, una caratteristica, un servizio, un programma o un ingrediente che sia davvero significativo per i consumatori e di cui le aziende abbiano consapevolezza strategica. Secondo lautore posso dirsi differenziatori di marca: 1. Una funzione specifica della marca (Gatorade: reintegrare i Sali minerali) 2. Una caratteristica di marca (Riso Gallo pronto in 5 min beneficio per consumatore) 3. Un ingrediente o una tecnologia di marca: fa parte dellofferta e implica un beneficio o un senso di fiducia per il consumatore (Activia con Bifidus Essens) 4. Un servizio di marca: potenzia lofferta attraverso un contenuto di servizio (Amazon: sistema Pay Pal) 5. Un programma di marca: migliora lofferta e rafforza il brand attraverso attivit promozionale Grazie al branded differentiator, la marca sar percepita come lunica soluzione praticabile in grado di soddisfare i suoi bisogni e desideri. Il branded differentiator dovrebbe essere: - Un attributo molto importante per il target

Una dimensione supportata da punti di forza organizzativa Un beneficio non presidiato dalla concorrenza

Il branded differentiator ha sia dei benefici razionali che emotivi. I benefici razionali sono quelli che sono un risultato di un ragionamento logico: migliore rapporto qualit prezzo, la marca che lava a fondo senza strap la marca che non scuoce mai ecc. I benefici emotivi o di auto espressione sono quelli che soddisfano cuore e anima: la marca che si prende cura del tuo bambino, la marca della passione, la marca di cui ti puoi fidare ecc.

VII. I significati della marca 7.1. La perennit del nome Il nome della marca qualcosa di essenziale, unico e perenne. Se lettering, confezione, packaging e pubblicit possono essere soggetti a evoluzioni nel corso degli anni, per il nome sempre auspicabile costanza e lunga durata. Lideazione del marchio commerciale viene sviluppata a partire dalla sua definizione verbale (verbal branding), ovvero dalla scrittura del nome, che in seguito verr interpretata a livello grafico (visual branding). Il compito principale del brand name quello di permettere al consumatore di distingue il prodotto. Il nome vincente quello in grado di richiamare posizionamento e valori della marca, in modo originale, unico e distintivo. Il nome di marca composto in genere da una parola. Tuttavia esistono anche nomu composti da pi parole, da brevi frasi, da combinazioni alfanumeriche. Il nome di marca fidelizza, crea una relazione con il consumatore. 7.2. Le funzioni del nome di marca Identificare la proposta commerciale Differenziare dalla concorrenza Personalizzare in modo specifico Facilitare la comunicazione Proteggere dalla contraffazione Capitalizzare gli investimenti negli anni

Le principali caratteristiche di un nome di marca. Esso dovrebbe essere: - Semplice - Familiare - Distintivo - Memorizzabile - Significativo - Piacevole - Trasferibile - Adattabile - Tutelabile

7.3. Tipologie di brand name I nomi di marca si possono classificare in due principali famiglie: - Nomi descrittivi: detti anche esplicativi o denotativi, descrivono le qualit fisiche e funzionali dellofferta. Non danno luogo a interpretazioni soggettive. Sono i pi adatti a ottimizzare le performance commerciali. Es. Pagine utili, Poltronesof - Nomi evocativi: detti anche simbolici o connotativi, richiamano luniverso semantico dellofferta attraverso il suono, lo stile il significato. Cio rimandano ad altri significati, arricchendosi di associazioni. Possono dare luogo a diverse interpretazioni. Es. Apple, mela pu far venire in mente tantissime immagini: mela di Adamo ed Eva, dunque il paradiso perduto; la freschezza, la semplicit, la natura, la mela di Biancaneve ecc. 7.4. La naming strategy La naming strategy un approccio strategico legato allo sviluppo dei nomi di prodotti, dei servizi o delle marche nel loto contesto competitivo aziendale. Si tratta di stabilire la funzione a lungo termine dei nomi commerciali,in relazione agli attori del mercato, ma anche in relazioni a tutte le marche e i prodotti dello stesso gruppo. Per fare questo necessario definire un territorio semantico coerente: insieme di significati, delle connotazioni e delle associazioni presenti nei nomi utilizzati dallazienda. Es. Danone ha adottato una precisa strategia che consiste nel declinare il nome della Corporate sui singoli prodotti: Danacol, Danito, Danette Mulino Bianco nella linea panetti ha creato: granetti, rugotti, michetti ecc. 7.5. Lanalisi linguistica del brand name Lapproccio linguistico considera il nome come linsieme di tre dimensioni: suono, forma, significato. Il primo impatto del brand name fonetico, ma a seguire viene il significato espresso da questi suoni, cos come la loro facilit di pronuncia. Studiare un nome equivale a definire la sua forma grammaticale: - sostantivo (Trsor, Apple, Ralf Lauren ecc.) - aggettivo (Magnifique) - avverbio (Presto) - verbo (Essere) Consente inoltre di determinare lorigine linguistica. Nike greco, Clinique francese sempre importante valutare i possibili significati che determinate parole assumono nei diversi paesi.

Es. Pallor: additivo sbiancante tedesco. In Italia non funzionerebbe perch connotazione negativa. 7.6. La difendibilit del brand name Difendibilit legale di un nome. Bisogna verificare che nessun altro lo abbia gi utilizzato e registrato prima e che nessuno ne faccia un uso inappropriato. Qualsiasi parole, numero, o loro combinazione pu essere difeso come marchio denominativo di propriet. A patto, per, che non si utilizzi esclusivamente una parola necessaria alla descrizione del prodotto. Es. Computer Uno stesso brand name pu identificare prodotti diversi: Fiorucci-salume e moda; Beretta-salumi e armi da fuoco In teoria, volendo estendere la tutela del nome si pu estendere il deposito a tutte le classi di prodotti. Il brand name deve essere libero da qualunque similitudine che potrebbe renderlo a rischio contraffazione. Di fatto la similitudine pu essere ortografica, visuale, fonetica, intellettuale (Trsor/Bijou). 7.7. Visual brand-naming Una volta scelto il nome si procede con la sua interpretazione visuale, cio grafica. Si sceglie il carattere tipografico, il colore ecc. Lobiettivo quello di comunicare i valori del brand, ma anche di esprimere coerenza con il posizionamento del prodotto. Linsieme di nome, lettering e logo, il marchio. 7.8. Re-naming Ribattezzare aziende o prodotti con nomi nuovi non mai unoperazione auspicabile. Tuttavia spesso necessaria. La globalizzazione ad esempio ha constretto molte Corporation a concentrare la comunicazioni in un unico nome e simbolo, anzich avere per ogni paese brand name diversi. Loperazione di cambiare il nome sempre delicatissima e pericolosa. Il nome gi affermato anche gi riconosciuto dai consumatori. Procedere al re-naming vuol dire fare un investimento massiccio nella comunicazione. Es.

Adersen Consulting Accenture: causa di un divorzio societario con Andersen International Omnitel Vodafone: dopo acquisto Preferibilmente il cambiamento dovrebbe avvenire per tappe, attraverso una comunicazioni mirata a informare. 7.9. Il logo Il logo , insieme al nome, la prima forma di comunicazione della marca. Logo viene dal greco logos, che significa parola. la forma abbreviata per definire il logotipo, termine oramai in disuso che indica una rappresentazione grafica atta a indicare un prodotto o un marchio di fabbrica. Il logo pu avere unarticolazione significante di tipo complesso (lettering+simbolo) o semplice (solo lettering o solo simbolo). Le sue funzioni sono principalmente quelle di: - Indetificazione - Differenziazione - Trasmissione di messaggi e valori - Granzia - Memotizzazione Elementi da considerare al momento della creazione del logo sono: - La marca/il prodotto - Il target - Il brand name Il logo di successo in genere un segno permanente, duraturo e stabile. 7.10 Il simbolo Il simbolo unimmagine, un segno grafico, unicona, un personaggio che ha la capacit di farci affezionare al brand. Quando efficace e memorabile pu essere percepito come la marca tout court. Es. Cavallino di Ferrari Conchiglia di Shell Mela di Apple I simboli di marca sono di varia natura. Classi e tipologie a seconda del tipo di rappresentazione di cui si fanno portaori: 1. Rappresentazione di tipo figurativo: figure stilizzate, sagome di oggetti, personaggi, animali ecc. 2. Segno astratto (Swoosh di Nike, losanga di Renault) 3. Personaggio (Mastro Lindo, Tony Tiger di Kelloggs)

7.11 Il packaging Il packaging contiene, protegge, conserva. I primi prodotti di marca, venduti sfusi, si differenziavano dai concorrenti proprio grazie allinvolucro esterno con cui venivano confezionati. Affinch un packaging di prodotto possa dirsi davvero efficace dovrebbero sussistere almeno cinque condizioni: 1. 2. 3. 4. 5. Chiarezza (si deve capire di che prodotto si tratta) Distintivit Esperienza (connessione emozionale e polisensoriale tra consumatore e marca) Innovazione (nuove soluzioni in termini di praticit, tecnologia ecc.) Funzionalit

Da un lato il packaging serve a conservare il prodotto, dallaltra a mostralo nella sua luce migliore. 7.12 Il pay-off Il pay-off la sintetica elaborazione verbale che, attraverso la comunicazione e i messaggi pubblicitari racconta la marca. definito da un enunciato rivolto al consumatore e al pubblico. una frase, un motto, che condensa il posizionamento, la missione, i valori ecc. Un tempo si chiamava slogan Es. Nike - Just do it!: una filosofia dellazione, dellengagement, della sfida Nokia-connecting people: linking value Mc Donalds- Im lovinit: idea di un sentimento che continua, che c sempre stato. Lifelong relationship. Tradotto in diverse lingue. Loral passata da Perch io valgo a Perch voi valete, segno di nuova estroversione della marca, di unapertura alla relazione con i suoi consumatori.

VIII Percezione e vissuto della marca 8.1. Limmagine di marca Limmagine di marca linsieme delle percezioni su una marca presenti nella memoria del consumatore. Sono informazioni che provengono dal prodotto, da esperienza e vissuto di consumo, dalla pubblicit, dal packaging, dalla comunicazione, dai mass media ecc. I comportamenti comunicativi sono per limpresa una questione di coerenza. Stabiliscono un patto col consumatore che non pu essere disatteso, anche a fronte dellevoluzione del brand, delle sue trasformazioni, dei suoi riposizionamenti. Per questo limmagine di marca potrebbe risultare confuso e opaca quando: - La comunicazione incoerente - La comunicazione debole e sfocata - La comunicazione non distintiva rispetto i competitor - Avvengono continui cambi di strategia e di linguaggio Il testo della marca, quindi, produce senso solo se sussiste una continuit di senso, vale a dire una relazione coerente, fra gli enunciati che lo compongono, fra le espressioni testuali e i meccanismi di riconoscimento, identificazione, decodifica che attiva. 8.2. Danni dimmagine per la marca Quali sono le cause che possono determinare danni allimmagine di una marca. Le cause sono endogene e esogene. Alcune sotto la diretta responsabilit dellazienda, altre indipendenti da questa, impreviste e incontrollabili.
1. Fatti di cronaca in cui il nome dellimpresa sia negativamente implicato per responsabilit

2. 3. 4. 5.

diretta legata a comportamenti non etici (Nestl e il caso Tetrapack tossico, Nestl e il caso del latte in polvere nel terzo mondo, Nike e lo sfruttamento del lavoro minorile nel sudest asiatico) Bassa soddisfazione del consumatore Deficit de prodotto: defaillance qualitativa del prodotto. Perrieri, partita dacqua al benzene. Deficit di servizio Contraffazione

Limmagine di marca potrebbe non essere in linea con il desiderio dellazienda e tuttavia essere fortemente radicata nella mente della gente. Prodotta e elaborata dal consumatore, essa tende a sfuggire al controllo del brand management. Ecco perch limpresa dovrebbe costantemente monitorare limmagine della propria marca e lavorare a partire da questa, facendo ricerca sulla percezione e sul vissuto del consumatore. 8.3. Strategie di cambiamento dellimmagine In alcuni casi, quando limpresa verifica che la brand image debole, oppure connotata negativamente, pu essere necessario lavorare sulle percezioni dei consumatori, con strategie di comunicazione e prodotto.

Diversificare lofferta attraverso limmissione sul mercato di prototipi: nuovi prodotti con un posizionamento differente. Es. Mercedes: simbolo di eleganza, negli anni 90 viene percepita come ostentativa e per anziani. Con il lancio della Classe A muta radicalmente diventando sobria, giovane e dinamica Louis Vuitton: danno irreparabile con la contraffazione 8.4. Le fonti parassite Limmagine di una marca pu essere intaccata da fonti parassite. Dalla biologia sappiamo che il parassita un organismo che vive sopra o dentro un altro organismo e trae da esso i mezzi per la sussistenza, con proprio beneficio e danno per lospite. Limmagine un decodifica, una interpretazione di segni. Questi segni possono provenire dalla stessa brand identity o da altri fattori che in nome della marca la allontanano dalla sua vera natura, generando cos un nuovo senso, indesiderato, fuorviante.

Secondo Kapferer esistono 3 grandi fonti parassite per la marca: Il mimetismo La corsa alla seduzion Lidentit fantasma Alle quali a nostro avviso vanno aggiunte: Il testimonial cannibale Lestensione-flop Il brand stretching dissennato Il brand licensing senza strategia 8.4.1 Il mimetismo La pratica di mimetismo consiste in comportamenti da me too o look alike, cio imitazione sistematica dei competitor da parte di un altro brand. Le marche che praticano il mimetismo replicano laspetto esteriore, i temi chiave della pubblicit, i benefici distintivi ecc. Ci conduce a un significato appannato dellimmagine, che risulter poco distintiva e priva di una reale rappresentativit Es. Orzo Pupo mimetico rispetto a Orzo Bimbo. 8.4.2. La corsa alla seduzione La corsa alla seduzione una preoccupazione unicamente centrata sulla necessit di acquisire unimmagine che piace. La marca seduttrice surfa continuamente sullonda delle mode e delle tendenze, senza avere una propria coerenza e identit. Es. Settore della moda.

8.4.3. Lidentit fantasma Lidentit fantasma quella che comunica un s ideale ma non reale, si svela nel tempo, dopo che la comunicazione risultata troppo distante dalla verit. Es. Windows Vista. Il prodotto che era una brand extension non riuscito a soddisfare i consumatori e limmagine di marca ne ha sofferto. Sistema troppo complesso imposto agli utenti perch pre-installato nei PC. I consumatori si sono sentiti ingannati e loro aspettative sono state disattese. 8.4.4 Il testimonial cannibale Anche il testimonial pu rivelarsi un parassita, se la sua identit finisce per cannibalizzare quella della marca sovrapponendosi a essa. Lavazza divenuta sinonimo di Nino Manfredi per molti anni. 8.4.5. Lestensione-flop Quando i brand decide di intraprendere una strategia di prodotto in un comparto merceologico nuovo, distante dal proprio business. Ma se il salto di territorio incongruo, la brand image ne risentir negativamente. Es. Chiquita: lancio di sorbetti alla banana e poi lancio di succhi esotici e della frutta fresca. Lextension stata fatta proprio quando il mercato delle banane attraversava una crisi. Lesperimento di chiquita frozen juice bars stata definita un totale disastro. Chiquita exotic juices idem. La marca era tradizionalmente legata al prodotto banana dal 1940. Lidentit storica risultava difficile da mettere in disparte. 8.4.6. IL brand stretching dissennato Casi in cui la marca che storicamente produce attacchi da sci inizia a commercializzare biciclette da corsa ecc. Infatti, se da una parte la marca pu diventare un reale moltiplicatore di valore, dallaltra essa non trasforma automaticamente in business ogni cosa. Come nellattivit fisica lo stretching deve essere seguito con cautela quando il corpo riscaldato. 8.4.7. Il brand licensing senza strategia Consiste nel cedere luso di un marchio a unaltra impresa, dietro pagamento di royalties. Il licenziante, cio il proprietario del marchio responsabile del mantenimento di un trattamento uniforme della propriet della licenza. Il che significa stabilire dei canoni di immagine e di qualit che serviranno da guida per coloro che andranno ad applicarli ad altre categorie merceologiche.

una fase gestibile correttamente solo se lazienda ha unidea molto precisa della propria identit e ha formalizzato questa identit in parametri fissi e repetibili. Rischio di parassitismo. 8.5. Dalla brand image alla brand reputation La reputazione la credibilit che riconosciamo a un individuo o a unisttuzione per le sue azioni passate. Gambetta e Bacharach distinguono 2 problemi in questa prospettiva: Problema primario della fiducia: sulla base di quali segnali reputazionali diamo fiducia agli altri? Problema secondario della fiducia: a partire da questi segnali, in che circostanze ci impegniamo in relazioni di fiducia? La buona reputazione un obiettivo strategico delle aziende di successo. C anche un senso differente nel quale possiamo intendere la reputazione, quello morale. Che uso fanno gli individui della reputazione? La reputazione un segnale di status che serve a orientare e nostre scelte in situazioni di incertezza conoscitiva. La componente maggiore de concetto di reputazione linsieme delle percezioni delle principali categorie di stakeholder. Limportanza della relazione lega il concetto di reputazione con quello di cittadinanza sociale. Nellera del web 2.0 la marca si mette a nudo, si rende visibile. Gli utenti possono esprimere le propre opinioni sulla marca e quindi creare la reputazione attraverso i blog e le aziende devono dare grande importanza a questi mezzi di comunicazione. Troppo aziende hanno pagato sulla propria pelle attivit di buzz negativo che si erano largamente diffuse. Le aziende devono monitorare costantemente le opinioni dei consumatori al fine di evitare queste spiacevoli situazione dalle quali difficilmente ci si rialza. 8.6. Notoriet di marca Capacit di un acquirente potenziale di riconoscere o ricordare che la marca presente in una certa classe di prodotto, stabilendo cos un legame fra classe di prodotto e marca. La notoriet indica il grado di conoscenza di un determinato brand da parte del consumatore. Si conquista attraverso la comunicazione, il marketing mix, lesperienza duso e il passaparola. La componente ricordo entra in gioco in maniera significativa, secondo un duplice criterio di selezione: Spontaneo: misura la percentuale di individui che spontaneamente citano il brand quando viene chiesto loro di nominare una marca in una certa categoria merceologica Aiutato: misura la percentuale di individui che riconoscono il brand quando viene mostrata loro una lista di marche. Detta anche notoriet suggerita.

La notoriet di marca si sviluppa secondo una piramide che va da un sentimento dincertezza relativo al riconoscimento della marca, sino alla convinzione che la marca sia lunica nella classe di prodotto o servizio. Alla base della piramide c la marca sconosciuta poi salendo si articola nella maniera seguente: Riconoscimento della marca: si basa su un test di ricordo aiutato (aided recall). Si legge una lista di marche appartenenti allo stesso settore e si chiede di indicare quelle conosciute. Livello minimo di notoriet. Ricordo spontaneo della marca: si basa sulla richiesta fatta allintervistato di citare marche di una specifica categoria di riferimento attraverso il test dellunaided recall. Top of mind: la prima marca citata allinterno di un dato comparto merceologico in un test di ricordo spontaneo. Dominanza: unica marca ricordata spontaneamente dal consumatore nella categoria di riferimento. Notoriet significa per la marca capacit di evocare col nomi il proprio universo e il proprio mondo: fatto di prodotti, servizi, promesse, linguaggio, vissuto e immaginario. 8.7. Sensibilit di marca La sensibilit della marca limportanza del fattore marca nel processo dacquisto o pi in generale nellatteggiamento di consumo. Per arrivare a un scelta tra prodotti analoghi, gli individui possono utilizzare criteri differenti, che variano da persona a persona. Possono scegliere in base al prezzo, al formato, alla pubblicit, alla reperibilit o alla distribuzione. E non da ultimo, possono prendere in considerazione la marca, cio considerarla come elemento significativo ai fini della decisione dacquisto. Kapferer e Laurent fondano la loro teoria sullidea che la sensibilit vari da mercato a mercato, da individuo e individuo, da un periodo allaltro. Occorre dunque considerare la situazione dacquisto e in particolare: Il grado di interesse del consumatore verso quel particolare mercato La percezione del rischio nellacquisto di quel particolare prodotto I valori sociali attributi dal consumatore a quel prodotto I valori emotivi/affettivi attribuiti dal consumatore a quel prodotto La percezione di differenze significative tra prodotti nella stessa categoria La competenza del consumatore rispetto a quel mercato o a quella categoria Ecco le principali variabili che influenzano o determinano la sensibilit alla marca: Variabili psicologiche: livello di coinvolgimento verso il prodotto, autostima, percezione del rischio Variabili socio-culturali: importanza della marca per il gruppo di riferimento Variabili socio-economiche: reddito Biografia individuale: et del consumatore, esperienze duso Categoria di prodotto: conoscenza, competenza

Una recente ricerca ha messo in luce come la sensibilit degli adolescenti rispetto al settore dellabbigliamento dipenda, in larga misura dallinfluenza dei pari, dallinnovativit della moda, dalla competenza del consumatore, dallet ecc. La sensibilit alla marca misurabile. Kapferer e Laurent hanno fatto una ricerca in Francia nel 1992. Attraverso ricerche quali quantitative gli autori hanno elaborato un indice sintetico di sensibilit alla marca, utilizzabile nella stessa forma per prodotti assai diversi tra loro. La ricerca offre valido spunto per capire come la sensibilit alla marca dipenda in larga misura anche dalle epoche e dalle culture. 8.8 Dominanza Una marca fortemente associata a una categoria di prodotti o servizi ha un vantaggio: nella mente dei consumatori riesce a isolarsi dai concorrenti e guadagnare un margine di distacco di tipo percettivo. Questa marca detta dominante. Alcuni autori articolano il concetto di dominanza di una marca distinguendo tra: Category dominance: forza dellassociazione tra categoria e marca (quanto la categoria scarpe spotive in grado di evocare Nike) Instance dominance: forza dellassociazione inversa, cio tra marca e categoria in cui compete (quanto Nike in grado di evocare la categoria scarpe sportive) Osservando i casi eccellenti possibile rilevare con grande chiarezza che le marche acquisiscono questo grado di dominanza quando: Sono innovative, cio creano prodotti che prima non cerano (Post-it, Tampax, Nescaf) Creano una categoria merceologica che prima non esisteva (Red Bull, Rollerblade) oppure fanno nascere brand in mercati che erano territorio di commodity (Chiquita, Melinda, Intel) Investono in comunicazione molto pi dei competitor (Ferrero, Mulino Bianco, Duracell) Hanno unelevata brand awarness o notoriet di marca (Nike, Ikea, Colgate, Mercedes ecc.) 8.9. Dalla fedelt al commitment Creare custode loyality e quindi fedelt dovrebbe essere lobiettivo finale il significato ultimo del valore di un brand. Tuttavia, ci troviamo oggi di fronte ad un orientamento di sistematica infedelt da parte degli individui nei confronti della marca, nella maggior parte dei settori del consumo, dettato da diversi fattori: Crisi economica e propensione al risparmio Vastit e variet dellofferta Promozioni e politiche di prezo Marche del distributore e non marche Il consumatore oggi si costituisce, per ciascun comparto, una shopping list di marche, una sorta di paniere selettivo con un ristretto numero di marche- in genere non pi di tre- per poi scegliere allinterno di queste, con grande discrezionalit. Aaker individua diversi livelli di fedelt alla marca, che rappresentano segmenti di consumatori, con stili di vita, abitudini e esigenze diverse. Nella sua piramide di fedelt il livello pi basso :

acquirente infedele: sceglie solo in base al prezzo acquirenti abituali soddisfatti: non hanno motivi di insoddisfazione e quindi di cambiamento. Questo elemento diventa vulnerabile non appena la concorrenza propone un evidente benefit particolare o un vantaggio competitivo. Acquirenti soddisfatti con costi di cambiamento: i fedeli che riacquistano una determinata marca e non hanno intenzione di passare alla concorrenza: cambiare comprterebbe loro costi e rischi. Amore per la marca: dovuto probabilmente a esperienze duso positive. Acquirente coinvolto: scelgono il brand per soddisfare sia aspetti funzionali che di immagine. Dobbiamo riconoscere che la piramide di Aaker risulta essere sempre pi anacronistica, o, perlomeno, difficilmente applicabile alla realt odierna. In tempi di recessione economica, di forte sensibilit al prezzo, ogni teorema sulla fedelt sembra crollare inesorabilmente. La fedelt alla marca dipende anche dalle modalit con cui viene progettata la spesa. Per esempio nel settore dei prodotti convenience possibile individuare almeno 4 diverse modalit: Chi ha pianificato lacquisto del prodotto e della marca Chi ha pianificato in anticipo il prodotto ma non la marca Chi compra una marca diversa da quella pianificata Chi acquista dimpulso Solo per la prima modalit, che riguarda il 20% degli acquisti si potrebbe parlare di fedelt alla marca. Il Brand Commitment indica il grado di coinvolgimento/impegno/partecipazione degli individui-consumatori dei confronti di una particolare marca. Pu essere misurato attraverso interviste e questionari. Affinch si possa parlare di commitment, dovrebbero verificarsi le seguenti condizioni: Tendenza al riacquisto e allutilizzo frequente della marca Attitudini favorevoli verso il brand portfolio Disposizione a sostenere cos di ricerca Disposizione a sostenere una differenziale di prezzo Elevati indici di custode satisfaction Sensibilit alla marca nella categoria merceologica Percezione di una positiva branda image Sensibilit alla comunicazione della marca 8.9.1. La carta fedelt Un grande strumento di fidelizzazione della clientela nella grande distribuzione la carta fedelt: una carta personale che permette di registrare i punti ottenuti ad ogni acquisto. La carta fidelizza attraverso la cosiddetta promozione differita. Essa permette inoltre di monitorare gli acquisti, raccogliere dati e informazioni di diversa natura: permette di conoscere gli stili di vita, i gusti, le preferenze alimentari, la sensibilit ecologica ecc.

Sono anche questi gli elementi sui quali si basano le aziende per realizzare strategie di micro marketing. Si dimostrato che il cliente fedele spende di pi perch acquistano con pi regolarit. Per un corretto uso dei dati personali dei clienti da parte delle societ che rilasciano le fidelity card, il Garante della privacy ha fissato alcune linee guida per i programmi di fidelizzazione con un provvedimento del 24 febbraio 2005: Le societ devono informare i clienti in maniera chiara e completa deluso che verr fatto de dati che li riguardano, Le aziende devono ridurre al minimo luso della informazioni personali Il tempo di conservazione dei dati personali dei clienti non pu superare un anno per i dati raccolti a fini di proliferazione, mentre quelli raccolti ai fini di marketing non pu superare i due anni. obbligatorio, infine, adottare le necessarie misure di sicurezza per evitare rischi di manomissione, furto o perdita dei dati. IX. Il posizionamento 9.1. Posizionare una marca Il termine posizionamento stato introdotto per la prima volta nel vocabolario del branding e del marketing da Ries e Trout nel loro libro Positoning: the battle for your mind. Il posizionamento non il modo di collocare i prodotto sullo scaffale, ma il modo di collocare la marca nella mente del potenziale consumatore. il discorso attraverso cui la marca sostiene di essere differente e migliore rispetto a qualsiasi altra marca del suo stesso comparto merceologico, sotto diversi aspetti. Il posizionamento consente di gestire correttamente ogni elemento del marketing mix e di impostare coerentemente alle aspettative ai desideri del target il discorso di marca. Per decidere il posizionamento di un brand la lanciare sul mercato o per valutarlo a posteriori necessario dunque analizzare le attese e le percezioni del pubblico. In particolare: Gli attributi ricercati nel prodotto e limportanza che rivestono nella decisione dellacquisto La presenza percepita di tali attributi nelle diverse marche del comparto di riferimento I fattori che determinano la percezione di tali attributi 9.2. Il posizionamento come atto comunicativo Ries e Trout considerano il posizionamento della marca come un atto eminentemente comunicativo. Posizionare una marca significa: Collocare la marca in unarea precisa allinterno dello scenario competitivo. Affinch avvenga la marca deve proporre attributi e benefici unici e distintivi. Individuare il tipo di pubblico a cui rivolgersi, ossia il target. Affinch questo avvenga occorre che gli attributi e i benefici siano rilevanti, desiderabili e significativi per il segmenti di individui a cui la marca rivolta. Esistono alcune marche che sono talmente trasversali e di culto da configurarsi come interclassiste e trans generazionali. Si pensi alla Nutella.

Occupare uno spazio definito nellimmaginario del consumatore. Il brand deve dunque comunicare con chiarezza il suo discorso, la sua personalit, il suo stile, il suo mondo possibile. Per ottenere questo risultato ci deve essere la massima congruenza tra le performance del prodotto, il nome, il marchio, la confezione, il tipo di punto-vendita, il prezzo, la comunicazione pubblicitaria. 9.3. Leve di posizionamento Sono le caratteristiche base alle quali possibile collocare una marca nella mente del pubblico e dei consumatori. Esse cambiano a seconda delle classi di prodotto o servizio, della categoria di consumo ecc.

Alcune tra le principali e pi diffuse leve del posizionamento sono rappresentate da: Attributi fisici e simbolici Benefici e servizi offerti Occasioni duso o specifiche funzioni associate al prodotto Caratteristiche degli utilizzatori Categoria di prodotti/servizi Risorse immateriali Prezzo Paese dorigine Identificazione con un testimonial o un opinion leader Il posizionamento pu far leva su valori, sulle dimensioni intangibili o sulle prestazioni di prodotto. Limportante che riesca a configurare la marca come qualcosa di particolarmente significativo nella mente del potenziale consumatore. Affinch tale condizione si verifichi, gli attributi dovrebbero essere: Coerenti Credibili Congrui Rilevanti ai fini della motivazione di aqcuisto Caratterizzanti Il posizionamento dovrebbe considerare almeno quattro elementi che contribuiscono a definire la collocazione della marca nel mercato e della mente dei consumatori: Destinatari: Le attitudini, i valori, i caratteri socio-demografici Scenario competitivo: La categoria in cui il marchio compete Benefici distintivi: i benefici della marca pi avvincenti e motivanti nei cuori e nelle menti dei consumatori rispetto alla concorrenza. Reason to Believe: la prova che il marchio offre ci che promette 9.4. Reason to believe La Reason to Believe quellargomento che prova la credibilit della marca. Essa aggiunge sostanza alla brand promise e definisce un campo di precise aspettative presso il consumatore. Es.

Un brand di automobili promette che il modello X una scelta intelligente per i guidatori seri. Cosa lo rende una scelta intelligente? Il costruttore potrebbe incorniciare la sua promessa attraverso due Reason to believe: prestazioni sportive e sicurezza. La Reason to believe pu essere di ordine tecninco-razionale o funzionale-affettivo: Tecnico-razionale: la prova del bucato before after dimostra che Dash lava pi bianco come promette di fare. Funzionale-affettivo: conto Arancio offre un tasso netto del 4,75 quindi sono un risparmiatore intelligente che usa la zucca. 9.5. Triangolo e quadrilatero del posizionamento Diversi autori contemporanei hanno fornito importanti contributi teorici in merito al concetto di posizionamento. Il tratto che accomuna i vari punti di vista lidea che il posizionamento risulterebbe dal gioco combinatorio di una serie di quesiti o dimensioni necessarie. Variot e Kapferer, agli inizi degli anni 80, considera uno schema triangolare in cui il posizionamento generato dallarea circoscritta da tre segmenti: Pourquoi? A qui? Quand? Questo primo modello trova una prima evoluzione quando Kapferer aggiunge la quarta dimensione. il famoso quadrilatero del posizionamento: La marca perch? la Reason to believe, ovvero la dimensione della promessa. Acqua Lete con la minor presenza di sodio, Kit Kat per un break gustoso ecc. La marca per chi? la dimensione del destinatario. Significa definire il target. La marca quando? In quale momento della giornata, stagione e situazione ha senso il brand? Kinder Bueno per i fuori pasto. Ferrero Rocher per i mitici ricevimenti dellAmbasciatore ecc. La marca contro chi? necessario compiere unattenta analisi dello scenario competitivo, per definire i confini della marca. possibile individuare due tipi di soglie: confini con diretti competitor (Dixan e Dash) e con prodotti fungibili (pasta e riso, biscotti e merendine). 9.6. Altri modelli di posizionamento Lombardi, riprendendo lo studio condotto da Rossier e Percy, analizza il posizionamento sulla base di tre ordini di scelte: Il territorio Il target Il beneficio Anche qui ritorna la metodologia degli interrogativi. Posizionare la marca significa, in sintesi, rispondere a tre domande fondamentali: Che cos il prodotto?

Per chi esiste la marca? Che cosa offre la marca?

X. La Corporate e il brand 10.1. La Corporate Con il termine Corporate si indica limpresa a monte della marca. Essa rappresenta la figura istituzionale di riferimento. Le sue funzioni sono molteplici: dal coordinamento alle economie di scala, dallo sviluppo di valori comuni a centro finanziario. Pu rappresentare il vero asset competitivo, il biglietto da visita del brand. E qui entra in gioco il comportamento delle aziende. Se la Corporate agisce in maniera non responsabile, se la sua reputazione minata, la prima a risentirne sfavorevolmente la marca. Pertanto il Capitale Corporate sintreccia indissolubilmente col Capitale Marca nella costruzione del valore e della reputazione di unimpresa. quello che Kapferer chiama leffetto della fonte. 10.2. Strategie di gestione della Corporate e del brand: i modelli occidentale e giapponese Modello occidentale: La Corporate costituiva un soggetto prevalentemente finanziario, che non comunicava, non parlava di s al grande pubblico. Erano le marche a rivolgersi alla gente, ai consumatori. Nate per differenziarsi dai competitor, le marche hanno assunto una propria autonomia e personalit senza alcun riferimento alla casa madre o Corporate. Es. Procter & Gamble (Pampers, Ariel, Gillettem Braun, Swiffer) ha divulgato il concetto di marca-prodotto. Lo ha fatto firmandosi in maniera molto discreta, quasi invisibile sul retro delle confezioni enfatizzando il carattere unico di ogni brand nel proprio mercato di riferimento. Modello giapponese: Kapferer contrappone il modello orientale a quello occidentale, in particolare quello giapponese. Esso uso la Corporate per inglobare, mettere in comune risorse, creare legami tra ci che separato. In Giappone le grandi marche sono marche ombrello di vaste dimensioni. Es. Yamaha utilizza lo stesso marchio per le motociclette, la motonautica, i pianoforti, violini ecc. Idem per Toshiba, Sony ecc. Per queste Corporate, la reputazione dellimpresa ha la precedenza sulla reputazione del prodotto. Il modello di comportamento dacquisto che prevarrebbe in Giappone quello della fedelt alla marca, prima ancora che ai prodotti.

Tuttavia, nellultimo decennio, questo tipo di atteggiamento nipponico ha iniziato a diffondersi anche nei paesi occidentali. In particolare nel 1008n successo qualcosa che seconda Kapferer ha modificato il modo si fare brand management in occidente. LOral interrompe una lunga tradizione di marketing delle singole marche e ha iniziato a firmarsi come Corporate utilizzando solo un pay-off Perch voi valete. Tale cambiamento frutto del mutamento sociale e del nuovo ruolo assunto dalle imprese nei confronti dei pubblici con cui deve confrontarsi. la fonte prima ancora del prodotto a determinare il patto di fiducia con lindividuo-consumatore. Limpresa diventa un attore sociale. Oggi tutte le grandi marche sentono il bisogno di definire la propria missione, la propria ragion dessere e i propri grandi valori di fondo, al pari della gradi Corporate. Si gestiscono marche come imprese e imprese come marche in uninedita convergenza tra i sue paradigmi. Anche le imprese giapponesi ha ripreso il modello occidentale in alcuni settori, riconoscendo che a volte necessario seguire il modello dellappropriazione delloggetto. 10.3. Le funzioni della Corporate Le relazioni tra Corporate e brand, ma anche tra Corporate e subsidiary, cio imprese sussidiarie, sono state a lungo studiate come vere e proprie architetture, alberi genealogici. A seconda della natura e delle interdipendenze tra Corporate e imprese sussidiarie, possibile individuare 4 ruoli principali svolti dalla Corporate: 1. Coordinamento La Corporate coordina le attivit svolte dalle sussidiarie nei mercati geografici di riferimento con lobiettivo di creare sinergie tra le varie unit del gruppo. Esso si accompagna spesso allazione di connessione tra le diverse unit organizzative per lo sviluppo di valori culturali comuni. 2. Economie di scala La Corporate si occupa di fornire servizi a valore aggiunto a favore delle unit locali che presidiano i vari mercati o dei singoli brand. Le economie di scala posso derivare dalla condivisione di risorse tecnologiche, di produzione, commerciali ecc. Il ruolo della Corporate non dovrebbe limitare lautonomia delle singole unit ma creare le migliori condizioni per la loro operativit e per il successo. 3. Sviluppo e comunicazione di valori culturali comuni Comunicazione e valori culturali comuni risultano essere elementi particolarmente efficaci per la creazione di un linguaggio e sentire condiviso in grado di mantenere coesione tra brand e sussidiarie o business unit. I core values fondano i brand values della marca, ne rappresentano i principi ispiratori. 4. Centro finanziario La Corporate riceve le risorse finanziarie dagli azionisti e dai finanziatori e le rialloca presso le sussidiarie, secondo una prospettiva di gestione del portafoglio, ottimizzando impieghi e fonti a livello globale.

10.4. Core business Il core business un set di capacit (in genere una, massimo tre) in grado di dare vantaggio strategico allimpresa. ci che lazienda sa fare meglio, cio la sua vocazione imprenditoriale. Pu esse anche ci che lazienda fa da sempre, cio il settore che storicamente la contraddistingue. Tuttavia, oggi, in unepoca di acquisizioni e fusioni, il core business pu anche essere ci cge lazienda sa vendere meglio e quindi contribuisce maggiormente al suo fatturato complessivo. Es. Gruppo LVMH: il suo core business il lusso. Ossia un termine ampio che riesce a inglobare i numerosissimi prodotti di propriet del gruppo (Dior, Sephora, Dom Perignon, Zenith ecc.) Heineken: il suo core business la birra 10.5. Brand portfolio strategy La strategia di brand portfolio il risultato di una sistematizzazione dei ruoli e delle relazioni tra marche di una stessa azienda al fine di garantire che queste siano chiaramente posizionate nella mente del pubblico e collocate nel mercato di riferimento. Esistono 3 principali sistemi di architetture di marca, a cui corrispondono i modelli per sistematizzare le relazioni gerarchiche tra Corporate, brand e prodotti: - Master brand o architettura monolitica: Il Corporate nome utilizzato su tutti i prodotti e servizi offerti dallimpresa. lapproccio giapponese. - Endorsed brand Tutte le sub-brands sono collegate gerarchicamente alla Corporate che funge da garante. Questo collegamento comunicato e reso manifesto attraverso un sistema di significati e segni (Kit Kat e Nestl, Mulino Bianco e Barilla, Elvive e lOral Paris). - Freestanding o product-brand La Corporate opera come proprietaria dei marchi e ogni prodotto e servizio ha un proprio brand, una propria identit e un proprio target di riferimento. lapproccio occidentale. La pianificazione strategica prevede interventi in tre ambiti distinti: la gestione del business dellimpresa come portafoglio di investimenti la valutazione dei punti forza di ciascun business considerando il tasso di crescita del mercato il posizionamento dellimpresa e la sua sintonia con il mercato la definizione di una strategia Inoltre, molte grandi imprese sono costruire da pi livelli organizzativi, in genere 4: livello dimpresa i Corporate livello di divisione livello di unit daffari o business unit livello di responsabile della progettazione di un piano strategico

La Corporate deve occuparsi di 4 attivit di pianificazione: Definizione della mission della vision Identificazione del core business e delle strategie di business unit Assegnazione delle risorse alla business unit Valutazione delle opportunit di crescita 10.6. Mission La mission quellenunciato definito e formulato dallimpresa che si rivolge a tutti i suoi pubblici o stakeholder per comunicare le finalit e gli obiettivi del brand o delle Corporate. Allinizio dellattivit di unimpresa lo scopo o la missione ben preciso. Ma col tempo, con levoluzione dellorganizzazione, dei mercati e del contesto socioculturale, esso pu risultare meno chiaro. Quando il management avverte che la Corporate o la marca sta perdendo di vista le proprie finalit, dovrebbe riconsiderare gli obiettivi aziendali ponendosi le seguenti domande: Chi siamo? Cosa vogliamo fare? Per chi lo facciamo? Perch lo facciamo? Questi interrogativi, a prima vista banali, sono in realt i pi critici e difficili per limpresa. stato osservato come il Brand Mission Statement dovrebbe configurarsi come un proposizione abbastanza ampia da motivare la crescita dei dipendenti. Non dovrebbe tuttavia essere troppo generico e universale, cosa che succede spesso: Ikea: Creare un vita quotidiana migliore per la maggior parte della gente Disney: Creare sogni Nestl Crediamo che la ricerca possa aiutarci a fare cibi migliori, cos che la gente possa vivere una vita migliore. Altre volte il Brand Mission Statement si riduce a uno slogan. 10.7 Vision Il termine vision indica la proiezione di una scenario futuro che rispecchia gli ideali, i valori, le aspirazioni di chi fissa gli obiettivi. il sogno che solo le persone allinterno della societ credono sia realizzabile. Solo grazie a una visione coraggiosa, molte aziende allo stato nascente hanno raggiunto straordinari successi commerciali. Il Brand Vision Statement quella semplice frase che descrive il traguardo che la Corporate o la marca intende raggiungere. La sua funzione quella di ispirare i soggetti coinvolti. Uno degli errori maggiori delle aziende quello di concentrarsi su obiettivi a breve termine come i miglioramenti della redditivit o di un processo. Lobiettivo dovrebbe essere proiettato verso il lontano futuro e dovrebbe e tenere conto degli eventuali cambiamenti culturali, sociali, tecnologici ecc.

Es. - Apple: Man is the creator of change in this world. As such, he should be above systems and structures, and not subordinate to them. - Orange: At orange we believe that together we can do more 10.8. Corporate image Una Corporate image la totalit delle immagini, delle idee, delle valutazioni su unazienda, che si formano nella mente di coloro che entrano in contatto con essa. Spesso nel linguaggio comune si parla di immagine coordinata, intendendo il coordinamento degli aspetti grafici nella comunicazione dellidentit dellimpresa. Tale definizione non del tutto corretta. La brand image non si stabilisce a tavolino, ma si autogenera nella mente del pubblico. Vi convergono la comunicazione dimpresa, mission e vision, il comportamento dellazienda ecc. Altri fattori esterni contribuiscono alla formazione di una Corporate image: mezzi di info, giornalisti, sindacati, blog, forum, passaparola ecc. La Corporate identity partecipa alla costruzione della Corporate image. Questa a sua volta, attraverso la Corporate reputation positiva rafforza lequity della marca. Il circolo virtuoso. 10.9. Corporate reputation Per la Corporate reputation valgono gran parte delle riflessioni sulla Brand reputation. Se la Corporate image una fotografia mentale dellimpresa, la Corporate reputation si configura come linsieme di giudizi di valore espressi dai diversi stakeholder circa i comportamenti di un organizzazione e la sua affidabilit nel corso del tempo. Mentre limmagine si forma rapidamente per la reputazione sono necessari comportamenti ripetuti e coerenti. Gli elementi che influenzano la reputazione di unimpresa sono diversi: comunicazione e trasparenza reputazione personale del CEO/management mass media/opinion leader azionisti dipendenti consumatori analisti finanziari ambiente online Oggi, il concetto di Corporate reputation online nel web marketing uno dei pi discussi e controversi. Il rischio pi serio per le imprese quello di diventare oggetto di critiche attraverso forum, blog e altre piattaforme virtuali. In genere questo tipo di attacchi pu essere di 4 tipi: Attacco alla seriet della Corporate: il sito di X non mai aggiornato, non c da fidarsi Attacco ai prodotti o ai brand che fanno capi alla Corporate Attacco alla professionalit il numero verde sempre occupato, poca gentilezza, scarsi servizi Attacco alletica e alla responsabilit della Corporate lavoro minorile, Nestl ecc.

1. 2. 3. 4.

10.10 Corporate citizenship Si indica la consapevolezza da parte dellimpresa del suo ruolo come attore sociale, cio come membro responsabile e significativo della comunit in cui inserita. La Corporate citizenship indica limpegno a: - Collocare i principi etici nel cuore della strategia dimpresa - Compiere continui sforzi per il miglioramento di prodotti, servizi e customer satisfaction - Assicurarsi che ogni decisione o operazione relativa al business aziendale promuova il benessere della societ - Migliorare la qualit della vita dei propri collaboratori e delle loro famiglie - Avere a cuore il futuro del pianeta e delle prossime generazioni Vedi libro di Fumagalli.

XI. Il valore della marca 11.1. Misurare il valore del brand Col termine brand equity sintende comunemente il valore aggiunto che una marca conferisce a un prodotto o a un servizio. Questo valore si riflette nelle percezioni e nei comportamenti dacquisto dei consumatori rispetto alla marca, ma anche le quota di mercato, nel valore azionario e nella profittabilit della marca per limpresa. Nello studio del valore della marca i ricercatori e gli operatori di marketing assumono varie prospettive: - Approcci consumer based - Asset based: prendono in considerazione risorse tangibili e intangibili della marca - Business oriented: considerano il valore monetario Oggi misurare il valore di una marca pu essere indispensabile in uno di questi casi: - nelle acquisizioni e fusioni - nel brand licensing - nel fund rasising - nelle sponsorizzazioni - per il brand management - nei bilanci aziendali 11.2. Brand equity (Aaker) Uno dei paradigmi pi noti di misurazione del valore del brand quello di Aaker, pioniere delle riflessioni sulle marche e sulla loro identit. Il valore della marca, secondo Aaker, si basa su una serie di attivit e passivit a essa associate che aggiungono o sottraggono valore al prodotto o servizio. Perch attivit e passivit influiscano sul valore della marca, necessario che siano strettamente associate al nome o al marchio e rientrano in 5 categorie: - fedelt alla marca - notoriet del nome - qualit percepita - altri valori associati alla marca - altre risorse esclusive della marca Il metodo di Aaker indubbiamente consumer oriented. 11.3. Consumer Based Brand Equity-CBBE (Keller) Analizza il valore del brand la punto di vista del consumatore, partendo dal presupposto che il successo di una marca determinato dalla comprensione dei bisogni e desideri del pubblico e dalla sua capacit di soddisfarli.

La forza di una marca si baserebbe su ci che gli individui hanno appreso, visto, sentito, percepito e sperimentato personalmente nel tempo, a proposito di tale marca. Tale modello utilizzato oggi per mettere a punto marche forti. La teoria di Keller si basa sui 3 elementi chiave seguenti: - La conoscenza del brand - Leffetto differenziale - La risposta del consumatore alle attivit di marketing Il valore del brand deriverebbe dunque dallesistenza di differenze nelle reazioni dei consumatori. In assenza di tali differenze il prodotto si classificherebbe tra le commodity. La conoscenza del brand determina leffetto differenziale e si articola attraverso due componenti: - Consapevolezza del brand: capacit di identificare il brand in condizioni diverse - Immagine del brand I vantaggi di una consapevolezza del consumatore nei confronti del brand sono essenzialmente di 3 tipi: 1. Vantaggi di apprendimento: consentono che, nella memoria degli individui, si formi un nodo informativo relativo alla marca attraverso gli elementi di riconoscimento del brand. 2. Vantaggi di considerazione: fanno s che il consumatore pensi al brand come qualcosa che soddisfa i suoi bisogni. 3. Vantaggi di scelta: la consapevolezza del brand influenza la scelta tra pi prodotti. La creazione di consapevolezza di un brand avviene accrescendo il grado di familiarit presso il pubblico mediante unesposizione ripetuta: consumo ripetuto, manifestazioni, sistema comunicativo ecc. Essa un passaggio necessario ma non sufficiente nella costruzione del suo valore. Infatti, entra in gioco la brand image, cio linsieme delle percezioni su una marca presenti nella memoria dei consumatori. 11.3.1. La piramide CBBE Il modello CBBE propone un processo concepito come una sequenza di fasi che conducono alla generazione di una marca forte capace di produrre valore per il consumatore. I passaggi che prevedono il raggiungimento di determinati obiettivi rispetto al target attuale o potenziale, si possono riassumere cos: Far s che i consumatori identifichino la marca e lassocino con una specifica categoria merceologica Imprimere nella mente dei consumatori il significato della marca nella sua totalit, stabilendo un legame strategico Suscitare una risposta opportuna allidentificazione e alle associazioni create Trasformare questa risposta in una relazione Consumatore-marca fondata su una fedelt intensa, attiva e partecipata Secondo Keller, le 4 fasi corrispondono ad altrettanti quesiti che i consumatori si pongono di fronte al brand: - Chi sei

- Cosa sei? - Cosa penso di te? - Quale relazione pu esserci tra te e me? La piramide CBBE il modello generativo del valore di una marca. Essa attraversata da 4 stadi a salire: 1. Prominenza il primo stadio, quello della consapevolezza che i consumatori hanno del brand. Fa riferimento alla capacit degli individui di riconoscere la marca e richiamarla alla memoria. 2. Performance/Immagine Immagine:Fase in cui una serie di associazioni relative alla marca possono formarsi direttamente o indirettamente nella mente del consumatore. Performance: Modalit in cui il prodotto o servizio soddisfa i bisogni di natura funzionale e razionale dei consumatori. 3. Giudizi/Sensazioni Giudizi: opinioni e valutazioni personali dei consumatori. Sensazioni: reazioni emotive alla marca e dipendono dal valore sociale e affettivo evocato. 4. Risonanza Fa riferimento allintensit del legame psicologico/affettivo tra individuo e marca. Si manifesta tramite il tasso di ripetizione dellacquisto. C risonanza quando c: fedelt, attaccamento alla marca, impegno attivo. 11.4. Brand Asset Valuator (Young & Rubicam) Il Brand Asset Valuato (BAV) uno strumento di misurazione del valore della marca messo a punto dallagenzia di pubblicit Young & Rubicam. Ricerca su quasi 200.000 consumatori di 40 paesi. Il BAV fornisce indicatori comparativi di migliaia di brand in centinaia di categorie. Attraverso il BAV possibile misurare lo stato di salute e i significati del brand; verificare la validit della strategia utilizzata, individuare il posizionamento, rapportarsi ai competitor, esaminare opportunit di partnership ecc. Siamo di nuovo di fronte a un approccio di tipo generativo. Il BAV conferma che la costruzione di una marca di successo passa attraverso una successione precisa di percezioni del consumatore: Diversit Peculiarit percepita di una determinata marca. Ci che la distingue. Rilevanza Deve essere percepito un reale beneficio della diversit. La combinazione dei due primi pilastri rappresenta il potenziale di crescita del futuro. Oggi la difficolt maggiore di una marca proprio quella di raggiungere una diversit rilevante. Stima

Considerazione in cui tenuta la marca da parte dei consumatori. Se i primi due step sono riempiti di solito segue la stima. Familiarit Pi profondo e radicato nel consumatore. Non significa solo conoscere la marca, ma comprendere a pieno quello che rappresenta fino a considerarla parte integrante del proprio ambiente. La combinazione familiarit e stima rappresenta la statura che misura la grandezza attuaale della marca rispetto a quanto costruito in passato. Marche con Stima> a Familiarit sono di solito le pi nuove. Le marche con Familiarit> a Stima sono generalmente percepite di bassa qualit. Negli ultimi 14 anni, le rilevazioni BAV hanno dimostrato che le dimensioni Diversit, Rilevanza, Stima e Familiarit sono coerentemente collegate alla capacit di ciascun brand di produrre ricchezza e profitti. XII. La personalit della marca e il consumatore 12.1. La centralit consumatore I modelli pi recentemente accreditati indicano che il processo psicologico profondo delle scelte del consumatore sta nel tentativo di ridurre attraverso il significato dellacquisto e le associazioni interiorizzate sulloggetto o brand acquistato la distanza tra il proprio s attuale e il proprio s aspitazionale. Questo processo fondamentale ha una serie di corollari: Affinch il brand sia desiderabile il consumatore dovrebbe percepire una somiglianza tra la personalit propria e quella della marca necessario inoltre che si stabilisca il vissuto di una relazione affettiva, di empatia e di conferma. Questo spiega il grande ritorno di umanizzazioni dei prodotti (Michelin con il Bibendum). La marca altamente rilevante sul piano emotivo: il consumatore sperimenta un rapporto affettivo con il prodotto/brand a tutti i suoi derivati (logo, icone, packaging ecc.) Il brand rilevante per lautostima e la fiducia del s. Limportanza della Corporate cresce perch, allapprofondirsi del legame col prodotto, il consumatore esige unulteriore rassicurazione, un impegno garantito e serio. 12.2. Brand personality Per rimanere in cita la marca deve evolvesi rimanendo uguale a se stessa. Ci che rende davvero unica la marca la sua capacit di tradursi in persona. stato scritto che se Nutella fosse una persona sarebbe una splendida quarantenne sempre seducente e seduttiva, incredibilmente desiderabile, mai fuori moda. Coca-cola ha chiarito a tutto il mondo che per vincere e conquistare il cuore del consumatore bisogna avere una personalit. stata probabilmente la prima.

Pepsi si intestardita a voler dimostrare che non era vero e che era tutta una questione di gusto facendo il blind test. Pepsi pi buona? Pu darsi, ma gli americani amavano Coke. I grandi media, le grandi agenzie di pubblicit non potranno pi dominare nel nuovo sistema della comunicazione di marca. Siamo dunque di fronte a uno scenario mai visto prima. La personalit della marca appare come la naturale evoluzione di un concetto classico del brand management: il posizionamento. Posizionare una marca in un mercato significa stabilirne le le differenze rispetto ai competitor, i confini territoriali, le performance distintive. A differenza del posizionamento destinato a evolvere nel tempo, una personalit di marca piena, strategica e ben costruita rimane perch possiede coerenza nel mutamento. Ecco alcuni vantaggi a lungo termine di una consistente brand personality. - stabilit - coerenza: la marca evolve rimanendo fedele a se stessa - credibilit - leadership: ruolo guida - top of mind status - fiducia -unicit - intimit - appeal: attraente Oggi la rotta cambiata anche per Apple: lidentit rimasta forte, ma si umanizzata. Apple fit customers expectations. 12.3. Il caso di Apple e IBM Sono oramai spot di culto, quelli in cui Apple racconta la propria identit mettendo in scena la diffrenza tra Mac e OC, rispettivamente un ragazzo cool ed easy a un signore anziano col riporto. Apple dal 2006 ha impostato la sua battaglia commerciale con IBM costruendo i messaggi pubblicitari attorni alla metafora della persona. Gli spot raccontano i dialoghi tra 2 uomini: il signor Apple e il signor IBM. Luno giovane e laltro vecchio. Uno che soffre di obesit e in tenuta da ospedale quando si scaricano gli aggiornamenti. 12.4. La metafora della persona I grandi player dei mercati globali assomigliano sempre pi a persone. Red Bull individualista, professionale, creativo, autoironico, innovativo e persino mistico- Hello Kitty tenera e infantile. Nike vincente ecc. Provare a immaginare la marca sotto spoglie di un essere umano certamente unutile simulazione in pratica dagli anni 70.

evidente che la marca-persona destinata ad assomigliare in maniera significativa al proprio utilizzatore: se il consumatore di Nike giovane, dinamico, sportivo la personalit del brand corrispondente incarner difficilmente tratti di tradizionalismo, maturit, lentezza ecc. 12.5. Le dimensioni della brand-persona Il modello pi strutturato e forse pi classico di brand personalit quello di Aaker. La marca come luogo in cui si declinano e vengono rappresentate cinque importanti dimensioni di un s ideale: sincerity excitement competence sophistication ruggedness Si tratta di uno schema classico per certi versi sin troppo simbolico, pertanto vincolante, ovvero stretto, Certo che, al pari di ognuno di noi, le marche uniscono un versante visibile, estetico che appartiene allordine dellimmagine a un lato intangibile, astratto che appartiene allordine dellidentit. La marca possiede: un volto: Logo, slogan, packaging let: giovani e vecchie marche il ruolo di genere: maschio o femmina (Marlboro, Chanel) il carattere la cultura: condensato di esperienze e di saperi, di tecnologie e di competenze la professione: missione, incarico da svolgere la biografia: la storia della marca.

XIII. Il territorio della marca 13.1. Estensioni di marca Lestensione di marca una pratica crescente de brand management contemporaneo. anche una delle operazioni pi discusse e controverse. Estendere una marca significa allargare il suo raggio dazione a nuovi prodotti, pi meno affini e coerenti al core business. Es. Barilla- pasta e sughi Utilizza il nome di una delle sue marche gi esistenti, piuttosto che un nuovo brand name e fa uneconomia di scala. Questa pratica esplode negli anni 80. Le prime a muoversi in questa direzione sono le griffe dhaute couture che dalla moda e i beni di lusso hanno raggiunto il settore degli accessori, dellorologeria, dei profumi e della cosmetica. Sviluppare e lanciare una nuova marca appare sempre pi rischioso e difficile. 13.1.1. Estensione e streching Line extension, brand extension, brand stretching sono le tre modalit che qui di seguito analizzeremo.
1. Line extension: la marca propone nuove varianti dello stesso prodotto

Ecco alcune tipologie di line extension: lo stesso prodotto un nuovo gusto/aroma/ingrediente (Grand Soleil) lo stesso prodotto, un diverso posizionamento e design (Mercedes classe A, C, E ecc.) lo stesso prodotto, un nuovo formato (Dash e Dash tablets)

2. Brand extension: la marca va verso nuovi comparti merceologici, sebbene contibui e coerenti alla

produzione originaria e al core business. - un nuovo prodotto, lo stesso beneficio distintivo (mars da bere, ringo biscotto gelato) - un nuovo prodotto complementare o accessorio (mentadent dentifricio e spazzolino) - un nuovo prodotto, stessa esperienza imprenditoriale (Parmalat si estsa ai succhi freschi sfruttando lesperienza nella pastorizzazione e nel tetrapack) - un nuovo prodotto, stesso designer o stilista, stessa celebrity
3. Brand streching: la marca sallontana dal proprio territorio e dal core business. unopera

rischiosa e pochi sono i casi si successo (Virgin). 13.1.2. Line extension Quelch e Kenny ritengono che le imprese abbiano perseguito la pratica delle line extension per tre ragioni fondamentali: Sono un metodo low cost e low risk per rispondere ai bisogni di vari segmenti di consumatori Possono soddisfare le differenti richieste del consumatore attraverso unampia variet di beni sotto una singola marca

Sono un espediente competitivo a breve termine per incrementare il controllo della marca sugli spazi limitati degli scaffali. La line extension un tappa necessaria nellevoluzione della marca nel tempo. evidente che lestensione di linea rinforza la marca allargandone la consumer base, espandendone il mercato. Tuttavia, la logica della line extension non definitivamente immune da rischi. Uneccessiva proliferazione di prodotti con la stessa etichetta pu comportare: aumenti incontrollabili dei costi indebolimento dellimmagine di marca relazioni perturbate tra distributori e retailer Potremmo concludere, che non esistono strategie perfette. La line extension dovrebbe essere contenuta, limitata, focalizzata e ben gestita. 13.2. Le alleanze di marca Il contesto socioculturale e di mercato in cui oggi operano le imprese caratterizzato da elevata complessit ambientale. Turbolenza e imprevedibilit sono le parole chiave. A livello teorica, il primo a proporre il concetto di alleanze di marketing stato Adler, che ha parlato di symbiotic marketing quale alleanza di risorse o programmi tra due organizzazioni indipendenti per aumentare il potenziale di mercato di ciascuno. Tale studio apre la strasa a quello che in anni successivi stato definito il co-marketing, allinterno del quale le alleanze di marca possono essere non sono collocate, ma considerate la massima espressione. 13.2.1. Co-branding Le strategie di co-branding fanno parte di quegli accordi tra imprese in cui i partner convengono lutilizzo, congiunto o disgiunto, delle rispettive marche, in vista del perseguimento di obiettivi comuni o autonomi, ma tra loro compatibili.

Si tratta di una strategia per: allargare il raggio dazione del brand incrementare la reputazione del brand entrare in nuovi mercati comprendere e presidiare nuove frontiere tecnologiche ridurre i costi attraverso economie di scala intervenire sulla propria immagine e sulla percezione del brand da parte del consumatore rafforzare il posizionamento del brand e riposizionarlo intercettare nuovi pubblici o essere ancora pi convincenti con la propria consumer base generare ulteriori ricavi in termini economici Per Aaker unalleanza di marca efficace dovrebbe offrire ai consumatori una proposta convincente, in grado di trasformarsi in un vantaggio competitivo. 13.2.2. Tipologie di co-branding

In passato, le operazioni di co-branding riguardavano relazioni tra imprese di tipo verticale (tra produttore e intermediari della distribuzione, franchising o cessione di vendita) e di tipo orizzontale (imprese operanti nello stesso settore: licensing, marchi collettivi). Oggi si assiste allaumento di accordi di tipo laterale in cui la relazione si instaura tra imprese che operano in settori merceologici diversi tra loro. Queste diverse relazioni cooperative assumono varie forme e possono suddividersi in tre grandi tipologie: 1. Merchandising dei marchi: Il marchio viene ceduto in licenza ad aziende che operano in settori diversi. Es. accordi riguardanti luso in licenza di marchi relativi a personaggi di fumetti, dei cartoni animati o delle opere letterarie. (Hello Kitty). 2. La comunicazione coopertiva: Le imprese mettono insieme i rispettivi marchi nellambito di iniziative pubblicitarie, o in generale in attivit di comunicazione congiunte. (Mc Donalds e Disney con lhappy Meal, Pringles e Blockbuster) 3. La co-denominazione: Associazione tra una marca ospitante e una marca ospitat. Tale relazione collaborativa implica: - Co-definizione di benefit funzionali e/o simbolici da parte delle marche coinvolte - Co-firma del prodotto da parte delle marche coinvolte Il co-branding pu essere di tipo funzionale o simbolico: 1. Co-branding funzionale: Indicazione di due o pi marche coinvolte nella realizzazione del medesimo prodotto, in modo da rendere esplicita la collaborazione tra i brand. il caso di Intel che fornisce microprocessori ai produttori di computer concedendo di apporre il marchio Intel-inside. 2. Co-branding simbolico: associare alla marca del produttore ospitante una marca portatrice di attributi simbolici, sociali, psicologici o esperienziali ch siano affini o funzionaku alla brabd identuty e positivi per la brand image di entrambi i soggetti. (Coca-Cola e Roberto Cavalli, Twingo e Kenzo) 13.2.3. Rischi e pericoli del co-branding Le alleanze tra marche presentano dei rischi significativi specie se coinvolgono brand forti e di elevata notoriet. Secondo Aaker uno dei rischi principali legato alle strategie di lungo termine. In effetti, se uno dei partner nel tempo dovesse indebolirsi, perdere smalto o subire un danno di immagine ecc. laltro otterrebbe i benefici attesi e nella peggiore delle ipotesi, ne uscirebbe danneggiato. Keller, Busaca e Ostillio individuano i principali svantaggi del co-branding:

Perdita del controllo Rischio diluzione del valore di marca Effetti di feedback negativi Perdita di concentrazione e chiarezza Distrazione organizzativa Aaker fornisce alcune regole di buona condotta per le marche coinvolte in un co-branding di successo:

1. Deve esserci una solida base in termini di apporto di valore reciproco, che deve garantire continuit 2. Lalleanza deve assumere una valenza strategica per entrambe le parti 3. Deve esserci un valido team integrato, cio una squadra mista in grado di operare in maniera sinergica.

14. La marca e il tempo 14.1. Ciclo di vita della marca IL concetto di ciclo di vita ha a lungo predominato negli approcci teorici al consumo a allimpresa. Si pensava che la marca fosse soggetta a un destino inevitabile, come quello degli esseri umani: nascita, maturit, declino e scomparsa. In realt numerose big-brand sono riuscite a mantenere inalterate la loro leadership. American Express, Bayer, Budweiser, Coca-Cola: sono marche nate tra la seconda met dell800 e i primi del 900. Sono state capaci di cambiare rimanendo fedeli a se stesse. Se andiamo a vedere le strategie adottate dalle marche ultracentenarie emerge una significativa abilit di gestire il mutamento, declinata in tre fondamentali dimensioni: Capacit di leggere alcuni cambiamenti allo stato nascente in atto nella societ, nel mercato e nello stesso consumatore Capacit di mantenere constante sintonia con questi tre principali soggetti (societ, mercato e consumatore) Capacit di mutare incessantemente senza perdere la propria fisionomia 14.2. Consistency e cambiamento Conistency significa coerenza, compattezza, armonia. La Consistency della marca la sua coerenza nel tempo. La continuit dei segni emessi, unita alla loto incessante attualizzazione, consente al brand di durare a lungo e occupare uno spazio distintivo nella mente degli individui. Tanti autori hanno descritto questo genere di marche , come quelle che vivono un percorso speciale, fatto da tre grandi periodi: Eroismo (ingresso trionfale nel mercato) Saggezza (la conquista della fiducia del pubblico) Mito (la coscienza dei propri valori, il raggiungimento della consistency) Alcune caratteristiche della marca generano consistency pi di altre: Attualit: costante sintonia con valori e tendenze in atto nella societ Rilevanza: proposta di vantaggi e benefici sempre significativi e attrattivi per il target Serialit: coerenza nel mutamento, senza tradire il DNA e lidentit storica della marca Assecondare i cambiamenti del consumatore, del mercato e della societ richiede un notevole sforzo predittivo. Tale sforzo si esprime a livello tecnologico o di prodotto, con lorientamento alla ricerca e la tensione allinnovazione. A livello finanziario, attraverso analisi del valore e proiezioni di scenari microeconomici. A livello socioculturale, indagando il cambiamento e il trend. A livello comunicativo, attraverso lo studio dei nuovi linguaggi e dei nuovi mezzi. 14.3. I fattori critici dellinvecchiamento Diversi autori si sono occupati del rapporto tra marca e tempo. Nella marca esistono delle dimensioni sensibili alleffetto del tempo. Si tratta di aspetti strutturali che tendono ad

arrugginire e che il management dovrebbe conoscere e monitorare, al fine di prevenire lobsolescenza o reagirvi prontamente. Le principali aree critiche sono rappresentate da: Prodotto Tanto pi il prodotto sar sofisticato, cio evoluto rispetto al prodotto base, quanto pi esso sar a rischio dinvecchiamento. Un alto contenuto di tecnologia e innovazione render il bene obsoleto se la ricerca e sviluppo non metteranno a punto nuove varianti, nuove soluzioni per il consumatore in tempo reale. Mercato Linvecchiamento tocca in particolare i beni di largo consumo la logica si fonda su un marketing della domanda. Meno soggetti sono i beni di lusso che spesso corrispondono a un marketing dellfferta, I beni di largo consumo ad acquisto ricorrente come alimentari, pulizia ecc. sono quelli che avvertono maggiormente la pressione del tempo. Target Pi il target ristretto, pi omogeneo. In questo caso, se la marca invecchia, lazione negativa toccher tutto il target. In caso di un target largo, invece i diversi segmenti reagiranno in maniera differente allinvecchiamento. Core business Pi il core business legato allinnovazione pi i rischi di invecchiamento sono elevati. La marca in questo caso obbligata ad aggiornarsi costantemente, pena lobsolescenza. Market share La posizione di mercato. Una marca leader dovr aggiornare e rinnovare sistematicamente la propria offerta al fine di evitare gli effeti dellinvecchiamento. Aziende come Nike, Apple, lOral non possono permettersi di non rinnovarsi. Et cronologica Pi la marca anziana pi il processo dinvecchiamento di sconter con la sua identit. Spesso la storia di un brand pu diventare un ricordo indelebile nella mente dei consumatori e rendere particolarmente impegnativa la strategia anti-age. In una marca giovane invece let cronologica pu costituire un vantaggio utile a preparare serenamente il piano di reazione agli attacchi nel tempo. Tecnologia Pi lattivit dellimpresa legata alla tecnologia, pi la marca avvertir la pressione del tempo. In certi settori la giovinezza della marca subordinata allevoluzione costante della tecnologia. (informatica, elettronica, biotecnologie) Competitor Pi la marca costretta ad affrontare la concorrenza pi sar soggetta allinvecchiamento. Comunicazione La quantit della comunicazione, cos come la sua qualit, determinano il grado di reattivit necessaria per affrontare il passare degli anni. Quasi paradossalmente il rischio maggiore allaumentare dellesposizione. minore per quelle marche ove la comunicazione sia pi discreta. Come sempre, non solo un fatto di quantit. La natura della comunicazione incide

sul ciclo di vita della marca. Il brand che utilizza cosidic comunicativi legati alle nuove tecnologie, ai nuovi linguaggio e media sar maggiormente soggetta allinvecchiamento rispetto a quello che utilizza codici tradizionali. 14.4. Valutare linvecchiamento Le marche invecchiano per diversi e numerosi motivi. Alcuni oggettivi legati alle caratteristiche tangibili del prodotto o del servizio, alla quote di mercato, agli investimenti in ricerca e sviluppo ecc. Altri soggettivi legati alla percezione del consumatore, il vissuto del prodotto, la sintonia della marca con le trasformazioni sociali. Secondo Contour e Lehu, una marca che fondi la propria relazione con i consumatori sulla sola base cognitiva della promessa, rischia di essere in preda a una spirale di rilanci e sorpassi continui. Se invece sviluppa un legame emozionale abbastanza potente con il consumatore, avr unarma invisibile capace di rafforzarne lidentit. 14.4.1. Valutare le dimensioni oggettive dellinvecchiamento I segni del tempo sono misurabili. Le dimensioni oggettive che consentono la valutazione dellinvecchiamento di una marca hanno a che fare con gli aspetti tangibili del prodotto e del mercato. Tali dimensioni riguardano: - Tecnologia e prodotto Un brand invecchia quando riceve scarsi investimenti in ricerca e sviluppo oppure quando la sua tecnologia sorpassata. - Caratteristiche di prodotto Un brand invecchia quando offre una qualit dei prodotti inferiore ai concorrenti, quando linnovazione del prodotto rallentata, quando il design sorpassato. - Posizione rispetto allo scenario concorrenziale Diminuzione del valore economico-finanziario della marca, diminuzione delle quote di mercato, sorpasso dei follower. Arrivo di nuovi competitor possono determinare lobsolescenza del brand. - Pubblico Un sensibile calo della fedelt del cliente, la diminuzione degli acquisti, laumento dellet media dei consumatori sono fattori critici di invecchiamento per la marca. 14.4.2. Valutare le dimensioni soggettive dellinvecchiamento Linvecchiamento anche un fatto di percezione: sono gli altri che ci attribuiscono unet. Alcune marche possono essere percepite come perennemente giovani (Coca-Cola). Altre, per quanto giovani, possiedono nel vissuto del consumatore, unesperienza e una solidit che le fanno sembrare pi mature di quanto effettivamente non siano. Come pu unimpresa capire come viene percepito il suo brand da parte del consumatore? Possiamo sintetizzare la valutazione con i parametri seguenti:

- Et percepita dalla marca Le cause della percezione di tale invecchiamento sono molteplici: diminuzione della copertura mediatica, associazioni inappropriate e penalizzanti rispetto al nome della marca, arrivo di numerosi giovani concorrenti ecc. - Percezione del prodotto Continui cambi si strategia, posizionamento alterato o senza effetti, sovrabbondanza di prodotti commercializzati in licenza, disaffezione da parte degli opinion leader sono solo alcune delle situazioni in cui una percezione negativa del prodotto genera unobsolescenza della marca. - Percezione della comunicazione Continui cambi dellagenzia pubblicitaria, calo degli investimenti, tono di voce considerato superato, packaging obsoleto ecc. sono alcuni dei casi di comunicazione incoerente che indeboliscono la Consistency della marca e la rende, agli occhi del pubblico, invecchiata. 14.5. Il ringiovanimento e lo Zeitgeist della marca possibile in molti casi ringiovanire una marca agendo al momento giusto sulle dimensioni pi sensibili al passare del tempo. Occorre innanzitutto constatare i degni dellinvecchiamento. Un approccio strategico dovr garantire unattenta vigilanza e una pronta capacit di reazione al minimo segnale. Lo sviluppo di un piano preventivo contro linvecchiamento meno costoso dellidentificazione metodica della cause che lhanno generato e dellintervento tattico su uno o pi fattori di ringiovanimento. Si tratta di affrontare un problema di immagine non di notoriet. Se la notoriet pu essere associata alla rapidit, limmagine necessita di tempo, di permanenza, affinch si configuri in maniera chiara e duratura nella mente del consumatore. Le marche che cavalcano il successo con pienezza di sgnificati e consistency cono quelle che abbracciano lo Zeitgeist, cio lo spirito prevalente di unepoca e di una societ. Zeitgeist: il clima generale intellettuale, morale e culturale di unera. Lo zeitgeist per la marca qui e ora e significa: - La consistency - Lattualit culturale - Lo spirito che caratterizza lepoca in corso - La sintonia - La vicinanza al sentire comune a allethos prevalente - Lo sguardo alle tendenze emergenti - Lo sguardo ai segnali del cambiamento - La lettura, interpretazione e adozione di linguaggi e i codici del target di riferimento - Laggiornamento incessante dei significati periferici; lintensit della relazione con il consumatore Ecco alcune marche che oggi incarnano lo Zeitgeist pi di alte: Apple iPod, Zara, Ryanair, eBay.

XV. Le emozioni 15.1. La marca e il linguaggio delle emozioni Il linguaggio delle emozioni appartiene alla marca. Il vecchio mantra del marketing suggeriva alle imprese di ottenere vantaggio competitivo attraverso un beneficio razionale e di promuoverlo: Volvo lauto pi sicura, Esselunga prezzi corti ecc. Ma nella complessit dei mercati contemporanei, a fronte di un consumatore sempre pi esigente, selettivo ed esigente, un simile approccio appare riduttivo. Soprattutto perch qualsiasi vantaggio rischia di essere imitato dai concorrenti in tempi brevi. Per questo oggi le imprese cercano di sviluppare brand identity e messaggi che coinvolgano il cuore prima ancora che la mente. Le emozioni sono connaturate alla nostra esperienza. Esistono delle emozioni fondamentali, essenziali - gioia, sorpresa, rabbia, disgusto e interesse - dalle quali scienziati ritengono derivino tutte le altre. Le emozioni sono degli straordinari canali di comunicazione. Ci informano in maniera elementare e immediata, di quanto sta accadendo dentro e fuori di noi. Il rilievo della componente emotiva negli atti di acquisto non rappresenta certo una novit. Ma da qua a sottolineare, come adesso accade, lassoluta centralit nella costruzione e nellidentit della marca, la differenza davvero significativa. Negli ultimi anni si infatti registrato un incremento del consumo di beni e servizi di tipo edonistico, in cui le componenti multisensoriali, fantastiche e emotive dellesperienza individuale svolgono una funzione centrale e decisiva. La pubblicit descrive le modalit di consumo del prodotto attraverso immagini che parlano di momenti di piacere intenso e coinvolgimenti ludici. Es. Le auto sono luoghi da vivere intensamente. Persino per gli sms si utilizzano gli emoticons. 15.2. Le basi neurologiche del rapporto tra consumatore e marca Soltanto a partire dai primi anni 2000 si assiste a un crescente interesse verso il neuro marketing, inteso come lapplicazione delle tecniche neuro-scientifiche allo studio del comportamento umano in relazione al mercato. Numerose ricerche hanno indicato che la marca eserciterebbe una certa azione sui processi di scelta individuali e nei compiti di valutazione ed espressione delle proprie preferenze provocando una reazione neurale di tipo affettivo, emozionale e mnemonico. Uno degli studio pi noti in questo senso quello di McLure, finalizzato a indagare le motivazioni alla base della scelta tra Coca-Cola e Pepsi Cola. Nel blind test, dove prevale la risposta sensoriale al gusti, si osserva lattivazione della corteccia prefrontale ventromediale che deputata alla gestione delle preferenze. Nel test con marche visibili invece, le informazioni sensoriali influivano in misura modesta nella determinazione del comportamento. La vista della marca condizionava, infatti, la decisione, stimolando altre aree celebrali, quelle legate alla memoria e allemotivit.

I consumatori preferivano i bicchieri con le marche nonostante nei bicchieri anonimi fosse presente la stessa bevanda. Ulteriori esperimenti hanno dimostrato che esistono particolari stimoli a livello celebrale quanto il soggetto un consumatore fedele in presenza della sua marca preferita. 15.3. Emotional equity Molta della letteratura pi recente che ha affrontato il tema del brand e della sua comunicazione, s dedicata al tema delle emozioni. Si parlato spesso di Emotional Branding e numerosi autori hanno introdotto il concetto di Emotional Equity: la capacit della marca di emozionare i consumatori. Il potere del brand nasce dalla sua capacit di generare associazioni simboliche e affettive che si trasformano in sentimenti profondi. Sebbene esistano delle motivazioni razionali nella scelta di una marca, quasi sempre queste verranno tradotte in preferenze emozionali. In linea di massima, le emozioni positive prodotte dalla marca dipendono da stimoli di varia natura: sensoriale, relazionale o simbolica. -

Stimoli di natura sensoriale: I colori, la grafica, le immagini piacevoli Gli odori, i profumi, le sensazioni olfattive I suoni Il design I sapori e il gusto Stimoli di natura relazionale: Il linguaggio della marca (modo di comunicare, di fare pubblicit) La soddisfazione del consumatore Linterattivit della marca attraverso i new media La prossimit e la vicinanza fisica della marca (presenza del punto vendita, nelle case e nelle dispense della gente) Stimoli di natura simbolica La personalit della marca La capacit della marca di ispirare La capacit immaginifica, della marca (costruzione di mondi possibili, regressione allinfanzia ecc.) La continuit della marca nelle esistenze individuali Linnovazione come gratificazione e come risposta ai bisogni e alle aspettative 15.4. Emotional branding Sviluppato nel 2001 dal Desgrippes Gob group e teorizzato da Marc Gob, questo approccio si fonda su un assioma fondamentale: il consumatore, e non il prodotto, a essere in prima linea nelle strategie di marca.

LEmotional branding finalizzato ad esplorare in maniera strategica tutte le modalit attraverso cui le marche sono in grado di connettersi con le persone. Gob indica alcune linee di condotta capaci di trasformare un semplice brand in un brand emozionale. Ecco i dieci comandamenti dellEmotional branding: 1. Dal consumatore allindividuo Nella societ contemporanea il termine consumatore diventato anacronistico. Il destinatario prima di tutto un individuo che oltre ad acquistare vive e che non ha solo dei bisogni ma anche dei desideri 2. Dal prodotto allesperienza Il canale dellesperienza diventa una modalit di accesso ai desideri della gente. 3. Dallonest allaffidabilit Lonest unaspettativa dei consumatori e un dovere delle imprese, cio un obbligo giuridico ed oramai un prerequisito per le marche. La fiducia, invece, un patto silenzioso, unintima relazione tra individuo e brand: qualcosa da conquistare. 4. Dalla qualit alla preferenza Anche la qualit oramai un prerequisito. Cio unofferta necessaria per rimanere competitivi. Gob introduce il concetto di preferenza, una reale connection tra consumatori e brand unadesione incondizionata. 5. Dalla notoriet alla desiderabilit Essere conosciuta ed essere desiderata. 6. Dallidentit alla personalit Non pi sufficiente comunicare lunicit e la desiderabilit. Lidentit senza personalit risulta oggi fredda e sterile. Lidentit esprime la differenza con i competitor. La personalit, invece, riguarda lumanit della marca:il suo carattere e il suo carisma 7. Dalla funzionalit alla sensorialit 8. Dallubiquit alla presenza Lubiquit, che garantisce visibilit, non assicura quella connessione emozionale in grado di motivare il consumatore contemporaneo. una dimensione quantitativa. La presenza, al contrario qualitativa: una dimensione sentita, cio percepita in maniera emotiva e affettiva. 9. Dalla comunicazione al dialogo Non solo verso lesterno ma anche feedback. 10. Dal servizio alla relazione Un ristorante che oltre ad offrire un buon servizio aggiunge anche un benvenuto personalizzato al cliente, il quale viene salutato per nome, accolto affettuosamente sicuramente un ristorante eccellente. 15.5. La marca esperenziale

Hoolbrook e Hirschman collocano per la prima volta la nozione di esperienza nellambito delle teorie del consumo. Lobiettivo dellapproccio esperienziale immergere lindividuo in un contesto capace di generare emozioni positive e piacere estetico. LExperimental marketing, approccio teorizzato del 1999 dal Schmitt, per la prima volta definisce lesperienza di consumo attraverso: Aspetti sensoriali (Sense) Primo e pi basso livello di esperienza. Esperienze sensoriali utilizzando il gusto, lolfatto, il tatto, ludito e la vista. Lobiettivo di ottenere un impatto sensoriale sui consumatori per aggiungere valore allidentit della marca. Aspetti affettivi (Feel) Esperienze affettive e interiori del consumatore. Lobiettivo quello di suscitare emozioni. Aspetti cognitivi (Think) Obiettivo di creare stimoli ed esperienze per la mente. Fa appello alle abilit di problem solving, voglia di scoprire, capire e apprendere sempre cose nuove del consumatore. Aspetti comportamentali (Act) Suggerire una o pi azioni al consumatore, coinvolgendoli attraverso promesse di nuovi stili di vita e nuove esperienze di consumo in grado di arricchire e migliorare lesistenza. Aspetti relazionali (Relate) Ingloba al suo interno tutti i moduli precedenti. Va oltre lesperienza personale del consumatore perch lo inserisce in un contesto sociale pi ampio. Lesperienza mette lindividuo in relazione con si s ideale, altri individui e con altri gruppi. 15.6. Lovemark: la relazione damore con la marca Il rapporto con la marca spesso riducibile a una relazione damore. Lacquisto come dono rappresenta la capacit degli individui di usare beni come ponti comunicativi. Baudrillard afferma che lo scambio simbolico una rituale di socializzazione che avviene attraverso dei segni. Idem Roberts secondo cui lultima frontiera del marketing il Lovemark: quella marca che riesce ad instuarare con il consumatore un rapporto quasi amoroso. Se in passato si trattava di un sentimento spontaneo, oggi diventa una vera e propria strategia de brand management. Siamo passati da una attention economy a una attraction economy. I tre ingredienti per costruire da zero una Lovemark sono: Mistero, Sensualit e Intimit. Essa colpisce dunque la sfera sensoriale attraverso un uso sapiente degli elementi del design, ma anche risvegliando i 5 sensi. Es. Google, Tabasco, Burberry, Uhu, Lego. XVI. Brand e imprese globali 16.1 La globalizzazione della marca Il tema della globalizzazione si polarizzato attorno a due pensieri unici e dominanti:

Pensiero economico e liberista: vede questo processo come libera produzione e circolazione delle merci, quasi un sinonimo di democratizzazione. Pensiero No Global: una vera ideologia antiglobalizzazione fondata sul rifiuto della logica di mercato; il rifiuto della concentrazione economico-finanziaria nei paesi occidentali avanzati ecc.

Laffermarsi di nuovi sistemi di comunicazione sta trasformando il legame tra luogo fisico e ambiente sociale. Sta alterando la geografia della vita politica, culturale, relazionale. Si assiste allo sradicamento delle relazioni umane dai contest di interazione; al passaggio dalla comunit tradizionale ai social network centrati sullindividuo. In questo scenario la marca da un lato risponde alle logiche economiche di internazionalizzazione, dallaltro asseconda quel processo di globalizzazione della cultura e dellimmaginario che alimentato dai nuovi media. 16.2. Il caso di Hello Kitty Hello Kitty un brand di propriet della Sanrio, colosso giapponese dellindustria dellentertainement. Il successo globale di questa marca, ribalta il luogo comune secondo cui la globalizzazione della cultura made in USA. La gattina senza bocca con il suo soft power incarna i valori tipici della cultura giapponese e li esporta in tutto il mondo. Carino, small, soft, infantile, without arms and mouth, non sexual, mute, insecure sono questi gli aggettivi che si associano a questo brand. Si tratta della cultura kawaii, una subcultura giovanile giapponese che insieme un modo di pensare, di essere, di parlare, di scrivere e di atteggiarsi: uno stile e unestetica. Per comprendere e radici del suo successo globale bisogna dunque guardare oltre il marketing tradizionale, oltre agli stereotipi sulla globalizzazione omologante e iniziare a pensare a come la cultura possa essere trasmessa attraverso valori, e non soltanto attraverso oggetti. 16.3. Le strategie del marketing globale A partire dalla seconda met degli anni 50 del secolo scorso, numerose imprese attive sul piano internazionale hanno cominciato ad assumere una morfologia di tipo policentrico. Hanno cio, creato filiali o sussidiarie allestero. Talo aziende sussidiarie erano in grado di far fronte alle esigenze di consumatori e mercati molto diversi e lontani tra loro. Sfruttando il know how della casa madre, analizzavano i bisogni del consumatore locale. Dalla met degli anni 60 levoluzione sociale e politica, gli sviluppi della comunicazione e una crescente circolazione delle informazioni hanno favorito unomogeneizzazione dei mercati. Le imprese internazionali hanno creato dei coordinamenti su base regionale (regioni del mondo). Si fabbricavano prodotti ad hoc per ogni regione. Allo stesso tempo si centralizzata lattivit di ricerca, di studio e analisi dei bisogni del consumatore.

A partire dagli anni 90 i grandi gruppo internazionali si sono orientati sempre pi verso lofferta di un prodotto omogeneo per un consumatore considerato omogeneo nei differenti mercati geografici. Cio un prodotto globale. Hanno dunque sempre pi centralizzato le funzioni aziendali. Oggi limpresa procede verso la razionalizzazione della sua posizione produttiva e commerciale nelle diverse zone del mondo, cui corrisponde una differenziazione strategica, comunicativa, economica e organizzativa. Il processo di internazionalizzazione della marca stato definito un meta-processo in quanto articolato in pi fasi. 16.4. Standardizzazione e adattamento Lobiettivo del marketing globale quello di creare e mettere a punto marche e prodotti capaci di avere successo ovunque, e dunque in grado di rispondere alle esigenze dei consumatori nel mondo. Questo obiettivo dovrebbe tradursi in politiche di prodotto, prezzo, distribuzione e comunicazione. Quante marche e quanti consumatori posso dirsi davvero globali? La questione controversa oltre che retorica. Ci che si dimentica, che i consumi dipendono sempre dal contesto sociale di un paese e possiedono un significato culturale, antropologico e semiotico. vero che oggi la nostra personale mappa del mondo fatta di un immaginario globale, nutrito dai media che rendono universali i mega-brand, le mode e gli stili ecc. Ogni ragazzo del mondo ha un paio di Nike, ha mangiato una volta un Big Mac ecc. Ma anche vero che le differenze locali, in fatto di valori culturali, sono allorigine di fondamentali divergenze nel comportamento del consumatore. Ad esempio i francesi consumano 4 volte pi yogurt degli inglesi, i greci usano ketchup su pasta, uova e carne. Diversi manuali di brand management sostengono che, affinch il marketing globale possa avere successo necessario che si verifichino 3 condizioni: - Che esista un consumatore globale - Che esista un linguaggio globale - Che esista un contesto competitivo globale (che il prodotto globale competa con concorrenti globali in tutti i paesi del mondo) 16.5. Pensare globalmente, agire localmente Globalizzare una marca significa, posizionarla in maniera efficace e coerente nei vari paesi, ma non necessariamente utilizzare ovunque lo stesso nome, lo stesso prodotto, lo stesso programma di marketing e di comunicazione. Occorre infatti tenere conto di alcune importanti differenze oggettive e soggettive che variano da individuo a individuo, da paese a paese. Vediamo quali: - Differenze culturali, etiche, religiose - Differenze di atteggiamento generale verso la pubblicit - Differenze nella sensibilit alla marca in riferimento a specifici mercati - Differenze di sensibilit di prezzo - Differenze nella reattivit alle promozioni - Diversa forza delle sponsorizzazioni - Fasi differenti del ciclo di vita della marca o del prodotto nei vari paesi - Differenze normative nei diversi paesi

16.6. Il caso del caff Sebbene consumato in quasi tutto il mondo, l caff rappresenta il paradigma di un prodotto non facilmente globalizzabile. Il caff si pu fare in maniera completamente diversa a seconda del paese. Gli italiani lo vogliono corto e concentrato. Il claim di Lavazza pi lo mandi gi e pi ti tira su, ben descrive ci che gli italiano cercano. I tedeschi lo bevono lungo per rilassarsi. Sono numerosi i marchi che hanno rinunciato a globalizzarsi, oppure sono dovuti ricorrere a strategie di adattamento culturale della marca e del prodotto. Il caso si Nescaf dimostra come globalizzare una marca di caff richieda specifici adattamenti culturali: del prodotto e della comunicazione. Nescaf un brand attraverso il quale il concetto think globally, act locally ha trovato applicazione concreta. Nescaf inventa la Red Cup, un nuovo modo di consumare il caff per gli italiani. Noi beviamo il caff spesso di mattina e soli per svegliarci un po. Red Cup, invece, stato posizionato come caff lungo, da bere nella tazza rossa brandizzata, magari nel pomeriggio. Da sorseggiare in compagnia rilassandosi. Nestl riuscita a creare una nuova abitudine per i giovani italiani. Es. Illy con tazzine di artisti. (vedi libro Martino). 16.7. Il caso dei detersivi compatti Esistono diversi settori del consumo dove lo sviluppo di un prodotto globale presenta seri limiti dovuti allatteggiamento e alle abitudini degli individui. Uno di questi il mercato dei detersivi per lavatrice. Negli anni 90, il settore Ricerca & Sviluppo di alcune multinazionali cre il detersivo monodose da inserire in lavatrice. Questa soluzione innovativa, per, non riscosse il medesimo successo in ogni angolo del globo. Anzi, in alcuni paesi risult un flop, come in Italia. Le resistenze culturali allinnovazione, unite a un vissuto del bucato molto tradizionalista e matriarcale, tipiche del nostro paese, hanno fatto s che la donna italiana non abbia accettato limposizione del quantitativo predosato. Ha avuto molto successo il giappone e nord europa. 16.8. La mcdonaldizzazione della societ Ritzer, parla di mcdnalodizzazione, cio di un processo che allarga i principi della ristorazione fast food a molti settori della societ americana e del resto del mondo e alle principali istituzioni sociali (scuola, sport, politica, sanit, ecc.) La mcdonaldizzazione con le sue regole immutabili e ordinate, la sua gerarchia inesorabile, il suo assetto codificato e indeformabile, rappresenterebbe unestensione della teoria weberiana.

Come osserva Ritzer, oggi molti settori della societ hanno dovuto cambiare o svilupparsi per adeguarsi alle modalit efficientistiche pretese da chi ha fatto labitudine alla corsia di sorpasso del ristorante fast food. Secondo Weber loccidente moderno arrivato ad essere governato da: - Efficienza: Mc Donalads efficiente. Si riesce a ordinare e consumare un pasto nel giro di pochi minuti. La natura degli ingredienti permette rapidit e semplicit di cucina e confezionamento. - Prevedibilit: Mc Donalds, uniformit e standardizzazione. - Calcolabilit: Da Mc tutto quantificato.Il numero delle calorie, la temperatura e cottura ideale, il tempo di preparazione, il costo e le dimensioni di ogni singola voce del menu. - Controllo: la sostituzione della tecnologia umana con quella delle macchine garantisce una maggiore possibilit di controllo. 16.9. La globalizzazione del nulla (Ritzer) Nella globalizzazione del nulla, lautore getta una luce nuova sul concetto di globalizzazione dividendolo in due parti: - Glocalization: linterazione globale-locale produce il glocale. Tuttavia il termine ignora i processi globali che tendono a sopraffare il locale. Per questo conia un altro termine: grobalization, che indica il processo per cui gli imperativi di crescita spingono organizzazione a espandersi globalmente e a estendersi sul locale. - Globalization La globalizzazione conterrebbe, un conflitto profondo tra questi due sottoprocessi, glocale e globale: entrambi porterebbero la morte del puramente locale. Questa perdita de puramente locale al centro del ragionamento critico sviluppato da Ritzer. Ci che concepito e controllato localmente avrebbe contenuto distintivo, mentre ci che o centralmente o globalmente no. molto pi facile globalizzare forme vuote cio il nulla che forme piene di contenuto, cio il qualcosa. Ritzer utilizza il concetto di nulla come forme sociali generalmente concepite e controllate centralmente che sono relativamente prive di contenuto sostanziale e distintivo. Egli afferma che il protagonista assoluto della globalizzazione il nulla, inteso come ogni cosa priva di elementi distintivi perch pensata e prodotta in modo centralizzato per essere imposta nel resto del mondo. Ritzer analizza 4 tipi di nulla per osservare linfluenza delle grandi Corporation globali nellimporre consumi e comportamenti: 1. Non-luoghi (ipermercati, centri commerciali, Casin di Las Vegas) 2. Non-cose (vestiti Dolce&Gabbana, lingerie Victorias Secret, magliette Hard Rock Caf) 3. Non-persone (commessi dei fast food e dei centri commerciali, televenditori) 4. Non-servizi (quelli forniti dal bancomat, grandi siti internet dedicati al consumo come Amazon.com, il telepass, la pompa di benzina self-service) XVII. Nuovi linguaggi e nuovi media per la marca 17.1. Il cambiamento di scenario

A partire dalla met degli anni 90 si verifica un radicale cambiamento nei mezzi di comunicazione e nellagire del consumatore. Bassa tecnologia Alta Tecnologia Monomedia Multimedia Generalista Pluralista Monolitico Frammentato Passivo Attivo Poche Scelte Infinite Opzioni Ridondanza Ingaggio 17.2. La marca e i contenuti generati dagli utenti (il consum-autore) Sta cambiando qualcosa nel mondo della marca. La marca fino a un recente passato di era imposta un imperativo categorico: be interesting! Oggi mutato in: be intertested! Ovvero sii interessata a ci che dicono, pensano e fanno i tuoi consumatori. Alucne marche chiedono ai propri consumatori di fargli da consulenti sottoponendogli la scelta della visual identity del nuovo prodotto. Il consumatore diventa dunque un consum-autore, in grado di re-inventare gli annunci, i messaggi, i segni della marca e i prodotti creati per lui. Nuovi consumatori, nuove agenzie e new media sono i protagonisti di questo mutato scenario. Procter & Gamble ha deciso di utilizzare meno TV e pubblicit stampa e pi web e iniziative nn convenzionali: operazione di street marketing attuata a Times Square per pubblicizzare la carta igienica Charmin con la sponsorizzazione di un bagno pubblico. La marca passata da: Parla di sAscolta laltro SubitaPartecipata ArroganzaCuriosit Regalare mondi possibiliFornire supportino evidence StorytellerContent creator AffabulatriceProblem solving NarcisistaEmpatica SuperstarUna di noi Proporre gli intangibileLegittimare gli intangibile 17.3. Brand site Il sito web pu davvero incarnare lessenza e le missioni della marca, la sua identit, il suo spirito e i suoi valori: una sorta di nuova piattaforma comunicativa. a partire dalla presenza nel mercato reale, quello off-line, che limpresa pu identificare quei valori e quegli attributi identitari che guidano il brand verso la propria strategia on-line. Solo se il feedback della presenza del brand sul sito integra la presenza off-line, consolidandola, allora lintero meccanismo comunicativo si autoalimenta e funziona.

Si sono individuati 4 fattori critici di successo in grado di fare del sito di marca il luogo elettivo, nella Rete, in cui si rafforzi il rapporto tra brand e individui: 1. Personalizzazione del brand site attraverso servizi e contenuti ad hoc in grado di realizzare il flusso comunicativo su misura. Anche se molti criticano Internet perch lo ritengono impersonale, in realt ha delle funzioni che permettono di personalizzare lofferta e la comunicazione. Es. riconosce lutente e lo saluta per nome, crea pacchetti e offerte su misura gi apprezzati da clienti con lo stesso profilo ecc. 2. Specializzazione tematica del brand site quale luogo virtuale verticalmente sviluppato a partire da un argomento che possa godere di enorme portata informativa, costituire un punto di riferimento per professionisti, appassionati e curiosi ecc. Linternauta attivo, svolge pi attivit allo stesso tempo su diversi siti e si espone intenzionalmente alla comunicazione. Nel web il consumatore, affrancato dalla possibilit di disconnettersi o di uscire dal sito, pare non avere nessun obbligo. La specializzazione tematica del sito pu dunque offrire un supporto alla motivazione degli individui. 3. Iniziative dintrattenimento, che per mezzo di giochi, applicazioni ludiche stimolino il coinvolgimento esperienziale e relazioni emotive con la marca. Es. Axe deodorante
4. Stimolazione di comodit on-line. La rete organizzare comunit virtuali di consumatori,

acquirenti coinvolti o potenziali. Crea dinamiche di scambio e dincontro capaci di sensibilizzare e fidelizzare il pubblico attorno alla marca, ai suoi valori, ai suoi significati. 17.5. Internet per le imprese Internet offre occasioni del tutto inedite per gestire il business e la marca i modo efficiente. A Attraverso il web infatti possibile: - Comunicare la marca in unarea geografica pi estesa - Svolgere ricerche pi efficienti sul consumatore e sui mercati - Personalizzare offerte, servizi e messaggi per i singoli consumatori - Inviare annunci, comunicazioni, buoni, campioni omaggio ai consumatori che ne fanno richiesta o altri - Migliorare la logistica e tutte le operazioni di condivisione delle informazioni e di comunicazione interna ed esterna - Informare e preparare meglio i dipendenti e rivenditori - Creare una rete Intranet per facilitare la comunicazione tra dipendenti - Emettere ordini, effettuare transazioni e pagamenti con i fornitori 17.6. I media emergenti per la marca Le nuove opportunit generate dal sistema dei new media si muovono verso la costruzione di vere relazioni individuo-marca. Se ne avvantaggeranno le imprese che, per prime, riusciranno a capire il nuovo sistema e le marche che riusciranno a sfruttare le enormi possibilit offerte da quelli che oggi sono i media emergenti. Eccone alcuni: Eventi a carattere territoriale e locale: Nike organizza il corso di corsa, un programma di avvicinamento al running, nei capoluoghi italiani, sponsorizza inoltre tornei di basket negli

USA. Coca-Cola presenta The Media Running Challenge, cinque chilometri a piedi non competitivi a scopo benefico. Promozioni: Nestl lancia Fitness Dance Workout, programma di allenamento video legato allaacquisto dei cereali. Grande distribuzione: concorso Pepsi per il film 007 con oltre 200 gadget e 1500 palet box nei super e ipermercati) Punto vendita monomarca: Apple Store e Nike Store Temporary store: Durex a Milano Hotel: yahoo sponsorizza la catena Sheraton von postazioni internet nei principali hotel. Ristorazione Palestre Blog Alleanze tra marche

Le marche sono destinate a comunicare diversamente attraverso i new media. A fronte del nuovo sistema, vinceranno quelle che lo faranno mediante un vero e proprio poligono i comunicazione. Attraverso i nuovi media e i nuovi linguaggi la marca oggi dovrebbe: - Costruire vere relazioni con il consumatore - Saper innovare in ambiti nuovi - Ottenere il consenso del consumatore poter istaurare relazioni basate sulla reciprocit - Promuovere comunit di like-minded individuls (iPod party organizzati da Apple) - Parlare la consumatore attraverso pi media - Avere rilevanza nella vita e nelle passioni de consumatore - Creare esperienze - Riuscire a risolvere i problemi del consumatore - Trovare partner con cui creare valore per il consumatore 17.7. Product placamento Il product placement unna forma di comunicazione commerciale in cui un prodotto, un servizio, un marchio, un packaging, un brand name, logo ecc. intenzionalmente posizionato in un contesto narrativo come film per il cinema, telefilm, fiction, programma televisivo, video musicale, programma ecc. Si tratta di un messaggio ibirido a met tra quello pubblicitario e quello scenografico/creativo. La prima pellicola della storia dei fratelli Lumire, in cui gli operai escono dallomonima fabbrica, stata indicata da molti come il primo esempio del product placement. Ma soprattutto dalla seconda met degli anni 20 e poi con lintroduzione del sonoro che negli Usa il grande schermo inizia a sfruttare questa possibilit in termini pubblicitari. Es. Nel 1953, grazie al film Quando la moglie in vacanza, le patatine sgranocchiate da Marylin Monroe escono dalla nicchia per diventare in breve tempo leader del mercato. Risale al 1973 la comparsa del brand Coca-Cola sulla maglietta di uno dei protagonisti di Jesus Christ Superstar. Guardato con grande diffidenza, in certi casi additato come messaggio subliminale, il product palcement ha subito successivamente un iter legislativo complesso e controverso. Oggi diventato un

forma legale di comunicazione. Da qui in poi, il cinema si evoluto e marchi, loghi e simboli del brand sono oggi ben evidenziati nelle inquadrature. Entrano nelle sceneggiature e nei dialoghi. 17.7.1 Tipologie di product placement Il product placement pu essere realizzat in varie forme e secondo diverse modalit: - Verbale: allinterno dei dialoghi - Visivo: come set decoration - Integrato: nella costruzione della sceneggiatura attorno alla marca che acquisisce in tal modo un ruolo sostanziale nello sviluppo della storia (Il diavolo veste Prada, Herbie il maggiolino tutto matto)
17.7.2. Vantaggi e rischi del product placement Rispetto ad altri media, il product placement offre diversi vantaggi per unazienda e il suo brand. - I film, le fiction, i video musicali, i videogiochi entro cui si inserisce il product placamento consentono di raggiungere target specifici - Lassociazione del brand al contesto narrativo facilita una risonanza di significati tra marca e personaggi/storia/valori che rafforzano la brand image$ - Lassociazione del brand a un personaggio famoso genera leffetto testimonial, riverberando la notoriet del personaggio sulla marca Le operazioni di product palcement non sono immuni da rischi. possibile definire la ex-ante e ex-post la riuscita del posizionamento in termini qualitativi. Alcune dimensioni suggestive per valutare e misurare le potenzialit di unoperazione di product placamento sono quelle relative a: 1. Il livello di esposizione: quante volte o quanti minuti la marca appare nel corso del film. 2. Il livello di integrazione della marca nel plot narrativo: indica la capacit della marca di essere parte della storia. Se tale livello basso, cio se la marca poco pi di scenografia e attrezzeria, si parla di placement commerciale. Se alto, cio se la marca partecipa alla costruzione dellidentit dei personaggi, si parla di placement culturale. 17.8. Il blog Il blog o weblog un sito web strutturalmente votata allinterattivit. nato come strumento di pubblicazione di contenuti informativi personali, una specie di diario on-line. Sebbene dia una degli strumenti pi maturi del web 2.0., ancora poco diffuso nella strategia di marca dimpresa, dove invece potrebbe garantire una forte accelerazione alla comunicazione interna ed esterna. Un blog aziendale a uso interno consente limmediata rintracciabilit dellinformazione, il coordinamento in tempo reale dei dipendenti/blogger, la partecipazione diffusa del personale dellazienda ecc. Un blog di marca rivolto al pubblico non presenta differenze strutturali rispetto ai blog interni. Il blog permette di aprire un dialogo alla pari con i consumatori. Lazienda non fa pi marketing tradizionale, ma apre una conversazione continua con chiunque apra la pagina e legga i contenuto pubblicati. Il blog si caratterizza dunque per una componente tecnologica e una sociale. Lazienda che vi ricorre per dialogare col pubblico deve seguire determinate linee di comportamento, convenzionali nella blogosfera: condivisione delle informazioni, sincerit, apertura, rispetto degli interlocutori ecc. Ma la blogosfera un ambiente che le imprese pi sensibili allattualit socioculturale non dovrebbero sottovalutare: molti consumatori spesso commentano la comunicazione di marca, i disservizi dei prodotti, gli spot pubblicitari e lesperienza duso e il vissuto di consumo.

Ogni articolo legato a un thread (il filo del discorso). anche accompagnato da un blogroll, cio una sezione che contiene link ad altri blog, attinenti a quei contenuti. I feed aggregatore citano il sito periodicamente. 17.8.1. Il caso Kryptonite Il caso Kryptonite, azienda produttrice di lucchetti, un buon esempio dellimportanza che ricopre oggi la blogosfera per la comunicazione di marca. Nel 1992 negli Usa una rivista di ciclismo descrive come i lucchetti in forma di U, tipo Kryptonite, possano essere facilmente scassinati con una penna Bic. Per lungo tempo questa notizia ebbe un impatto molto modesto sullopinione pubblico. Kryptonite non ritenne opportuno reagire, nemmeno apportare modifiche al design. Dodici anni dopo, un video pubblicato su un blog mostrava come aprire i lucchetti Kryptonite in 30 sec. La notizia si diffuse rapidamente attraverso la rete fino ad arrivare alla TV. Questo port lazienda a una grande crisi, nonostante linformazioni circolasse gi da anni. Si sono subito premuniti e dopo dieci mesi di no comment, Kryptonite provvede alla sostituzione dei prodotti, senza annunci, senza alcuna comunicazione ufficiale. Non lo fecero perch non potevano dire che avrebbero sostituito tutti i lucchetti difettosi senza avere la certezza dellesito finale. Nonostante lazienda avesse sostituito tutti i lucchetti difettosi, per molto tempo, digitando Kryptonite su Google, in cima alla lista comparivano gli articoli critici sulla vicenda. 17.9. Le trib della marca: dal valore duso al valore di connessione Una delle caratteristiche della marca contemporanea proprio quella di riuscire ad aggregare pi individui in comunit. Ovvero facilitare esperienze condivisibile dai consumatori. La trib di marca un insieme di individui con caratteristiche socio-demografiche molto diverse, ma collegati da una stessa soggettivit, avvicinati da attivit elettive, caratterizzati da passioni condivise (iPod party). possibile che nel territorio socioculturale del clan o della neo-trib siscrivano pi marche, che condividono valori e significati, linguaggi e segni. La trib diventa allora multi totemica. Alcune marche hanno afferrato il vantaggio di questo tipo di link. Nike con liPod collegato alle sue running shoe e a une comunit virtuale. Liter della marca, nella mente del consumatore segue una serie di step che vanno dalla presenza alla relazione, fino al bonding (attaccamento): - Presenza della marca - Rilevanza della marca - Performance della marca - Vantaggio della marca - Attaccamento - Empatia - Commitment - Indetificazione - Comunicazione two-sway - Sense of community - Active engagement - Brand resonance - Brand relationship - Bonding

17.10.1. Brand community Nutella Dopo i siti-vetrina istituzionali inaugurati nel 2001 in Italia, Germania, Austria e Francia, nel 2002 Ferrero decide di ospitare gli appassionati in un sito dedicato. Si tratta del sito www.mynutella.it. uno spazio in cui convergono decina di fan club. un media indipendente e laterale allazienda.

Grazie alla creazione di questa comunit, passione per Nutella divenuta un motivo di aggregazione e conoscenza, di connessione e incontro. divenuta, cio, linking value. Ogni utente pu gestire il proprio spazio personale con foto, messaggi, esperienze, hobby e sensazioni legate alla Nutella. C anche una newsletter mensile che contiene notizie relative ai fatti di cronaca in cui stata coinvolta Nutella, ricette, informazioni sulle promozioni Ferreo ecc. Nutella lesempio paradigmatica, tutto italiano ,a alla fine globale, di come una marca riesca ad aggregare per sintonia. 17.11. Il marketing virale La pubblicit generalista sta vivendo da alcuni decenni una fase di profonda crisi. Accade cos che le grandi aziende, anche le pi globali, si vadano appropriando di uno strumento antico ed efficacissimo: il passaparola. Kapferer parla del marketing du bouche oreille e lo definisce il pi vecchio media del mondo. Occorre per fare una distinzione tra il passaparola e il viral marketing. Il passaparola un processo di divulgazione delle informazioni da parte di uno o pi individui verso una cerchia ristretta di persone. Nel viral marketing la diffusione avviene da uno a molti. Il marketing virale una strategia di comunicazione a basso costo che, se funziona, ha effetti positivi difficilmente raggiungibili con altri mezzi. Hotmail.com stato uno dei primi a offrire gratuitamente una servizio di posta elettronica gratuita. Il fatto che siano diventati leader del settore si deve alla strategia di mareketing ciralee che consiste nel far seguire ogni messaggio e-mail dellutente da un messaggio, non invasivo, che dice: ottieni la tua casella e-mail provata e gratis con www.hotmail.com. 17.11.1 Il caso Dove: evoluzione della bellezza o evoluzione dei media? Il Grand Prix del Festival della Pubblicit a Cannes 2007 stato assegnato a Evolution. Lo spot descrive, con ironia, levoluzione dellidea di bellezza e la sua fatale riduzione a stereotipo. Si tratta di una campagna promossa da The Dove Self Esteem Fund. Obiettivo: diffondere un concetto di Real Beauty, vera bellezza. Educare le donne a una sana autostima. Un premio controverso, perch Evolution era stato inizialmente inserito nella categoria Fundraising. stato successivamente dislocato dalla giuria in Corporate image. Laspetto interessante di questa vittoria che Evolution nasce e vive come un filmato virale. Su youtube sono apparse le parodie di Evolution. 17.12. Il guerrilla marketing Termine usato per la prima volta da Levinson. una forma di comunicazione non convenzionale che utilizza creativit, immaginazione, ed energia in luogo di grandi investimenti economici. Si tratta di un attacco a sorpresa del consumatore, come in una guerrilla. Il guerilla marketing ribalta la tecnica di attirare lattenzione del consumatore aumentando la quantit di diffusione di una pubblicit. Non si tratta di colpire un destinatario passivo, ma di incuriosire e coinvolgerlo. La sorpresa innesca passaparola, il passaparola si propaga in maniera virale producendo notoriet. Il passaggio quello dalla ridondanza allingaggio. Si tratta di rendere partecipe un attore sociale del proprio controllo. 17.12.1. Le regole per una guerrilla vincente

La tipologia di prodotto: non tutti i prodotti e servizi sono adatti a una campagna di guerrilla marketing. Sono pi adatti prodotti innovativi, quelli destinati a un target giovane. Lidea che si intende trasmettere. Deve essere originale, in grado di suscitare attenzione, curiosit e sorpresa. Il teaser. Occorre agganciare e intrigare il pubblico con un messaggio allusivo ed evocativo che colpisca senza essere diretto. Laffetto virale- Se il teaser funziona si innesca leffetto virale. La gestione del successo. Quando la campagna raggiunge il culmine, il teaser va svelato. Leffetto virale si trasforma in un effetto community.

17.3. Suvertising, culture jamming, mega brand Subvertising: sovvertire, dissacrare, parodiare, ribaltare. Oggi accade che lindividuo risponda al mondo della marca e ai suoi annunci per mezzo di racconti, storie e progetti comunicativi finalizzati alla ridicolizzazione o al contrasto editoriale a un brand commerciale o politico. Siamo di fronte a unanti-pubblicit. Il suo obiettivo far riflettere, introdurre un dubbio, attraverso il sorriso. Alcune modalit e forme retoriche utilizzate sono quelle del detournement (annunci pubblicitari, pay-off, marchi e prodotti conosciuti,, vengono strappati dal loro contesto abituale e inseriti un una nuova relazione); fake (sostituzione dei contenuti dei cartelloni pubblicitari); camouflage (travestimento dellout-fit formale); sniping (manipolazione dei contenuti con bombolette spray, pennarelli ecc.); site cloning (clonazione dei siti). In particolare, tra i contenuti ricorrenti delle operazioni di subvertising troviamo: lo strapotere delle multinazionali le sperimentazioni sugli animali il nucleare lambiente, il clima la violazione dei diritti umani loppressione e la tortura gli stereotipi gli Ogm il consumismo

Es. Mc Donalds: grande accusato in relazione al problema dellobesit infantile. Pubblicit con bambini grassi. Shell, impresa petrolifera. Critica della struttura del messaggio con lobiettivo di sensibilizzare lopinion e pubblica sui temi dellinquinamento.

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