Sie sind auf Seite 1von 909

BIBLIOTECA

D E G L I

SCRITTORI

LATINI

CON TRADUZIONE E NOTE

C. PLINIUS SECUNDUS

t .

f i n

HI S T ORI AE MUNDI
LIBRI XXXVII

VOLUMEN SECUNDUM

VKNETIIS
EXCUDIT JOSEPH
.OCCC.XLIT

ANTONELLt

AUREIS DORATVS NUMISMATI!OS

l E

i i i

i i

DI

C.

PLI NI O SECONDO
LIBRI XX.XVII
TRADUZIONE

DI M. L O D O V I C O D O M E N I C H I
EMENDATA P E R LA PRIMA TOLTA

KCOIfOO IL TESTO LATINO

CON LAGGIUNTA D[ UN NUOVO INDICE GENERALE

VOLUME SECONDO

VENEZIA
DALLA TIP. DI G IU SEPPE ANTONELL1 ED
FRBMIATO DI M ED AG LII ' ORO

l844

C. PLINIO SECONDO

C. PLINII SECUNDI

HISTORIARUM MUNDI
LIBER XX
MEDICINAE EX HIS QUAE SERUNTUR IN HORTIS

---------------------------------

CCCUMERE SILVESTRI, XXVI.

DiL

COCOMERO SELVATICO, 2 6 .

I. IjT rande opera di natura al presente noi comincieremo, e racconteremo atl* uomo i suoi ci bi ; e lo faremo confessare, eh* egli non conosco le cose, delle quali ei vive. Niuno, bench i nomi sieno vili, stimi esser questa piccola cosa, consi derato che in questi si ragiona la pace e la guerra che la natura ha con esso lui, e gli odii e le ami cizie delle cose inanimate e mancanti di senso, le quali, eh* cosa mirabile, vengono naturalmente in servigio delluomo : il che i Greci appellaronosimpatia. Da questi due principii di odio e di amicizia si compone l universit delle cose : cos T acqua spegne il fuoco, e il sole divora I acqua, mentre la luna la produce, in modo che questi duo pianeti soffrono sempre ingiuria luno dall' altro. E per lasciar le cose alte, e ragionare delle basse, la calamita tira a s il ferro, mentre il teamede de s lo scaccia ; e il diamante, gioia delle ricchezze, il quale da nessuna altra forza pu esser vinto, spezzasi col sangue del becco ; e altre maraviglie pari a queste, o maggiori, le quali racconteremo a suo luogo. Siaoi solamente perdonalo, se comincieremo dalle cose minime, perciocchelle sono le pi utili ; e prima parerlemo degli erbaggi. i. Abbiamo gi dello che il cocomero salII. t. Cucumim silvestrem esse diximus, mul II. to infra magnitudinem sativi. Ex eo fit inedic*- valice minore che il dimestico. Di questo si fa f u i i o i. N., \ ol. 11.

T JJla lim om hinc opus naturae ordiemur, et . cibos nos homini narrabimus, faleriqae coge mus ignota esse, per quae vivat. Nemo id par vum ac modicum existimaverit, nominum vilitato deceptus. Pax secum in his aut bellum na turae dicetur, odia, amicitiaeque rerum surdarum ac sensa carentium : et, quo magis miremur, omnia ea hominum causa, quod Graeci sympa thiam appellavere; quibus cuncta constant, ignes aquis restinguentibus, aquas sole devorante, luna pariente, altero alterius injuria deficiente sidere. Atque ut a sublimioribus recedamus, ferrum ad se trahente magnete lapide, et alio rursus abigente a sese : adamantem opum gaudium, infra gilem omni celera vi et invictum, sanguine hir cino rumpente, quaeque alia in suis dicemus lo cis, paria, vel majora, mira. Tantum venia sit, minimis, sed a salutaribus ordienti, primumque ab hortensiis.

C. PLINII SECUNDI

mentum, quod voctlur elaterium, sueoo expresso e semine. Cuju* causa nisi maliirius incidatur, semen exsilit, oculorum etiam periculo. Servatur autem decerptus una nocte: postero die incidi tur arundine. Semen quoque cinere conspergi tur, ad coercendam sqcci abundantiam : quii ex pressus suscipitor aqua ooelesti, atque subsidit :. deinde sole cogitur in pastillos, ad magnos mor talium usus. Obscuritates et vitia oculorum sa nai, geoarumque ulcera. Tradunt hoc succo tactis radicibus vitium, non attingi uvas ab avibus. Radix aulem ex aceto cocta podagris illinitur, succoque dentium dolori medelar. Arida cura resina impetiginem et scabiem, quae psoram et liebenas vocant, parotidas et panos sanat, et ci catricibus colorem reddit. Et foliorum succos au ribus surdis cum aceto instillatur.

vna medicina chjamata elaterio, cavando il sugo delsme. Se a ci (are non s'incide molto per tem po, il seme schizza fuori con pericolo degli oc chi. Levato dalla pianta si serba una nolle, e I' al tro giorno s'incide con canrfa. Il seme si sparge con 1 cenere, per scemare l ' abbondanza del su go, il quale si preme in acqua piovana, e va al fondo : di poi si rappiglia al sole, fassene pa stelli per grandissimo uso degli uomini. Guari sce 1 oscurit e il difetto de gli occhi, e le crepa ' ture che sono intorno a essi. Dicesi che toccan dosi le radici delle vili con questo sugo, gli uc celli non beccano di quelle uve. La radice sua cotta con l ' aceto si mette sulle gotte, e col sugo si medica il dolore de' denti. Secca con la ragia guarisce le impetigini e la scabbia, che si chia mano tigna e volatiche, le posteme, che nascono dietro a gli orecchi, e gli enfiali nella gola, e ren de il colore alle margini delle piaghe. Distillasi ancora H sugo deHe foglie sue con l aceto negli orecchi de sordi.
D e l l * b l a t b b i o , 2 <J.

l a t e r io , x x v ii.

111. Elaterio tempestivos est autumno : nec 111.11 tempo delPelaterio l'autunno; n ultum ex medicamentis longiore aevo durat. lu c' cosa medicinale, che duri pi di questa. Co ci pi t a trimatu. Si quis recentiore uti velit, pa mincia osarsi il terzo anno. Se alcuno lo vuole stillos in novo fidili igne lento io aceto domet. usare pi fresco, dorai i pastelli eoo 1*aceto ia Melius, quo vetuslios : fuitque jam ducentis an vaso nuovo di terra, a fuoco lento. Quanto pi nis servatum, ul auctor est Tliophrastus. Et us vecchio, tanto migliore ; e gi ve ne fa serbalo que ad quinquagesimum lucernarum lumina ex- dugento anni, come scrive Teofrasto. Infioo a cin tinguit. Hoc enim veri experimentum est, si quanta spegne i lumi delle lucerne. II vero espe admotura prius quam extinguat, scintillare sur rimento di questo , se appressandolo al lume sum ac deorsum cogat. Pallidum ac laeve herba prima che lo spenga, lo faccia sfavillare di sopra ceo ac scabro melius, ac leniter amarum. Putant e di sotto. Quello eh1 pallido e polito mi conceptus adalligato semine adjuvari, si terram gliore dell' erbaceo e rozzo, ed un poco amaro. non attigerit. Partus vero, si in arietis lana alli Tengono che il seme legalo alla donna aiuti la gatum inscientis lumbis fuerit, ita ut protinus gravidanza, se non ha tocco terra ; e ch'egli aiuti ab enixu rapiatur extra domum. il parto, segli legato io lana di montone alle reui della donna, eh' essa non lo sappia ; ma bi sogna che sobito dopo il parto si levi via, e por tisi fuor di casa. Coloro che magnificano il cocomero, dicono Ipsum cucumin qui magnificant, nasci prae cipuum io Arabia, mox in Arcadia Cyrenis alii che nasce a perfezione in Arabia, di poi in Arca tradunt, similem heliotropio, cujiu inter folia et dia : altri dicono che in Cirene, do v'ei nasce simile ramos provenire magnitudine nucis juglandis. all* eliotropio, e vien grande tra le foglie e i rami Seioen aulem esse ad speciem scorpionum cauda quanto una noce, ed ha il seme simile a uno scorpione con la coda ritorta, ma bianca. Laonde replexa, sed candida. Aliqui etiam ab eo scor pioni um cucumitn vocant, efficacissimutn contra alcuni lo chiamano cocomero scorpionio, ed ha scorpionum ictus t semine et elaterio, et ad grandissima virt contra il morso de gli scorpio purgandum uterum alvosque. Modus portione ni, cos il seme, come l 'elaterio, e purga il ventre virium ab dimidio obolo ad solidum. Copiosius e la matrice. La misura da prenderne, secondo la proporzione delle forze dell' uomo, dalla met necat. d 'u n obolo fino a un obolo intiero. Se mai se ne piglia pi quantit, ammazza. Cos si bee ancora contra il male de'pidocchi, Sic ct contra phthiriasiu bibitur ; et hjdro-

HISTORIARUM MUNDI MB. XX.

pises. Illitum anginas et arterias eam meile el oleo teiere sanat.


AvGirmo coccbebb, sit* erbatico, t .

e il ritrnopico. Mescolalo con mele e olio vec chio guarisce la scheraoxia e le arterie. Dar, cocombbo sebpbotibo, o em atico, 5.

IV. a. Molli credono che questo sia quello, IV. a. Malli hanc esse apud nos qui anguinas ehe noi chiamiamo serpentino, ovvero errtico, rocetar, -ab aliis erratica, arbitrantur. Quo de cocto sparsa mares non attingant. Iidem poda del quale colto bagnandone alcuna cosa, i topi gris cum articuli morbis decoclum in aceto illi- non ne toccano. Contro a gottosi e a morbi ar niont, praesentaneo remedio. Laraborura vero ticolari collo nell* aceto aimedio di subito ef dolori semine sole siccato, dein trito, xxx dena- fetto. Al dolore delle reni giova il seme secco al rionom pondere in hemina dato aqaae. Sanat et sole, dipoi trito, pigliandone trenta debari in una tumores subitos illitam cum laete mulieram. Por emina d'acqua. Mescolato con latte di donna gua gat eas elalerium ; sed gravidis abortum facit. risce le subite enfiagioni. Lo eleterio porga le Suspiriosis prodest ; morbo vero regio in nares donne, ma fa sconciare le gravide. Giova a sospi coojecium. Lentigines ao maculas e facie tollit in rosi, e a quegli che hanno sparso il fiele, metteo* dolo nelle narici. Leva le lentigini, e le macchia sole illitam. del tiso, bagnandole al sole.
CoCUBEEB SATIVO, IX.

Dai. C O M B SEM A , 9. OO BO IN TO

V. Malti eadem omnia sativis adtribuont. Ma V. Molti attribuiscono le medesime virt al gnam etiam in eis momentum. Namque et eorum dimestico, perciocch' esso aocora di gran valo seraen, quantam tres digili adprehenderint, eam re. Perciocch pigliando del seme suo quanto ne cumino tritum , polumque in Tino, tussientibus pu stare sa tre dita, e trita col cornino, e bevuto auxiliatur. Sed et phreniticis in laete molieris ; col vino, giova 8lla tosse. Giova ancora al farne et djsentericis acetabuli mensura. Paruleota aa- tico mesciuto col latte di donna, e a' pondi, pi tem exspaeatibas cam camino pari pondere, et gliandone la quarta parte di una mina a misura ; )ocinent vitiis in aqaa malsa. Urinam movet ex e a chi sputa marcia, preso con altrettanta corni vino dulci, t in renum dolore djsteribas simul no a peso; e al fegato, mesciuto con acqua melata. cam camino infanditar. Fa orinare dandolo col vin dolce. Al mal della reni si me Ite nel cristeo col cornino. P bpobe, XI.
D u F i n n , 11.

VI. Pepones qai vocantur, refrigerant ma VI. Quei che si chiamano peponi, rinfrescano xime ia cibo, e t emolliunt alvum. Garo eorum grandemente nel cibo, e mollificano il corpo. La epiphoris oealoram aat doloribus imponitur. carne loro si mette sugli ocehi, che patiscono la* Radix sanat ulcera concreta in modam fovi, quae griraaone, o sopra a dove duole. La radioe guari eeria vocant. Eadem contrahit vomitiones : sic sce le stianxe, incrostate a modo di fiatoni, le quali catur, et io farinam tosa datar quataor obolis chiamano cerie. La medesima resta il vomito : ai in aqaa m alsa, ita a t qai biberit, qaiogentos secca, e dassene in farina pesta quattro oboli in acqoa melata ; ma eolai che bee, dee caminar poi postea passas ambulet. Haec farina et in smegma ta adjicitor. Cortex qaoqae vomitiones movet, cinquecento passi. Questa farina s*adopera ancora faciem porga t. Hoc et folia cujuscumque sativi negli empiastri astersiti. La corteccia sua muova illita. Eadem cum meile et epioyctidas sauant : il vomito, e porga la faccia. Ci fanno ancora le cam vino, canis morsus. Item millepedae : sepa foglie di qualunque pepone domestico. Le mede* Graeci vocant, oblongam, pilosis pedibus, peco sime tolte col mele guariscono i mali repentini ri praecipue nocivam. Morsam tamor insequitor, degli occhi, e col vino il morso del cane, e del et putrescit locas. Ipse cacumis odore defectam millepiedi, che i Greci chiamano sepa, ed luogo, animi. Coctos deraso cortice, ex oleo et meile, co1piedi pilosi, e molto nocivo al bestiame. Dove morde subito viene enfiatole il luogo infracida. jucundiores esse certam e it L odore dei cocomeri ri li chi fosse svenato. Sono buoni cotti, letando loro la boccia, oon olio, aceto e mele.

7
COCOBBITA, XTU.

C. PLINII SECUNDI
D
e l l a zocca,

17.

VII. 3. Cacnrbita qaoqae silvestris invenitur, VH. 3. Truovasi ancora Ia zaeea salvalica, spongos a Graecis appellata, ioapis (unde el no chiamala da1Greci spongo, Ia quale vana (onde men), digitali crassitudine, non nist io saxosis eli* prese il nome ), grossa un dito, e non nasce nascens. Hujus commaodacatae soccos stomacho se non in luoghi sassosi. Il sugo dessa masticata giova molto allo stomaco. 'admodum prodest.
COLOCYBTHIDK, X. D ella
c o l o q u in t id a ,

10.

VIIL Colocynthis vocatur alia, ipsa plena, sed minor qoam sativa. Utilior pallida, quando jus sont medicinae. Herbacea arefacta per se inanit alvum. Infosa quoque clysteribus, inte stinorum omnibus vitiis medetur, et renum, et lumborum, et paralysi : ejecto semine, aqua mul sa in ea decoquitur ad dimidias: sic tussieoti infunditor obolis quatoor. Prodest et stoma cho, farioae aridae pilolis cum decocto meile somptis. In morbo regio utiliter semina ejus sumuntur, et protinus aqua mulsa. Carnes ejus com absinthio et sale dentium dolorem tollunt. Succus vero cum aceto calefactas mobiles sistit. Item spinae, et lumborom, ac coxendicum dolo res, cum oleo si infricetur. Praeterea, mirum dictu, semina ejus si fuerint pari numero adalli gata febribus, sanare dicuntur, quas Graeci periodicas vocant. Sativae quoque rasae saccos tepefactas auribus medetur. Caro ejus interior sine semioe, clavis pedum, et suppurationibus, quae Graeci vocant apostemata. Decoctae aotem universae soccos, dentiam motus stabilit, et do lores inhibet. Vinum cum ea fervefactam, ocu lorum etiam impetus. Folia ejus cum recentibus cupressi contusa, et imposita : ipsa quoqoe tosta in argilla, ac trita cum adipe anseris, vulneribos medetur. Nec non ramentis corticis recentes podragas refrigerat, et ardores capitis, infantium maxime. Et ignes sacros, de strigmentis, vel his impositis, vel semioibos. Succus ex strigmentis, illitus cum rosaceo et aceto, febrium ardores re frigerat. Aridae cinis impositus mire combusta sanat. Chrysippus medicus damnabat eas in cibis. Sed omnium consensa stomacho uLilissimse ju dicantur, et interaneorum vesicarum que exulce rationibus.

Vili. ccene un'altra, che si chiama coloquintida, la quale piena, ma minore della domestica. Pi utile i la pallida, perch d'essa si fanno le medicine. La erbacea secca per s medesima vota il ventre. Messa necristei, medica i difetti di tutti gP intestini, e delle reni, e de1lombi, e del par ietico. Cavandone il seme, caocesi con l acqua melata, fin che torna a met, e dassene a chi ha la tosse quattro oboli. Giova ancora allo stomaco pigliandone pillole di farina secca con mele cotto. 1 semi suoi giovano al mal caduco, e subito P ac qua melata. La carne sua con P assenzio e col sale leva il dolore de denti ; e il sugo riscaldato con P aceto ferma quegli che si muovono. Giova ai dolori della schiena, delle reni e delle coscie, se si frega con olio. Oltra di ci, maravigliosa cosa a dire, ehe se i semi suoi sono di novero pari, e legati ai febbricosi, saoan quella febbre che i Gre ci chiamano periodica. 11 succo che si trae radendo la domestica, riscaldato che sia medica gli orec chi. La carne sua di dentro senza seme, giova a calli de* piedi, o a' figooli, che i Greci chiama no apostemi. Il sugo di tutta cotta rassoda i dea li che si dimenano, e ne leva il dolore. 11 vino ri scaldato con essa guarisce ancora i repentini amo ri de gli occhi. Le foglie sue peste con le foglio fresche del cipresso, e ancora essa arrostita in ar gilla, e trita col grasso dell' oca, medica le ferite. Anche i pezzi della sua corteccia rinfresca le gotte recenti, e gli ardori del capo, massimamente dei fanciulli. Riufresca ancora il fuoco sacro, ponen dovi sa o di questi pezzi, o pure dei semi. 11 sugo che n esce raschiandola, se vi s infonde olio ro sato e aceto, rinfresca gli ardori della febbre. La cenere della zucca secca maravigliossmente risana le incotture, postavi sopra. Crisippo medico la biasimava ne' cibi ; ma noodimeoo per comune opioione sono tenute utilissime allo stomaco, e alle piaghe delle interiora e della vescica.
D
elle

R a p is ,

ix .

a ape, 9 .

La rapa anch' ella medicinale. Guarisce IX. Est et rapo vis medica. Perniones fervens IX. impositum sanat. Item frigus pellit e pedibus. i pedignoni essendovi messa su calda, e caccia il Aqua decocti ejus fervens podagris eliam frigidis freddo de' piedi. L 'acqua bollente, do? essa fu

HISTORIARUM MUNDI L1B. XX.

.a

medetor: e! eradam (oram cum sale,cuicomque vitio pedam . Semen illilom et potam ia vino, contra serpentes et toxica salutare esse proditur. A multis Tero antidoti vim babere in vino et oleo. Democritus in totum ea abdicavit in cibis* propter inflationes. Diocles maguis laudibus tu lit, etiam Venerem stimulari ab eis professas : item Dionysius : magisque, si eruca <g>ndirentur. Tosta quoque articulorum dolori cum adipe prodesse.

cotta, giova aucora alle gotta fredde ; e pestala crada col sale giova a ogni difetto de* piedi. Dicesi che il seme suo bevuto col vino utile contra i serpenti e i tossici. Molti tengono eh* egli abbia forta d'antidoto nel vino e nell'olio. Democrito le biasim affatto ne cibi per rispetto che produ cono enfiagione. All incontro Diode diede loro grandissime lodi, dicendo infino ch'elle risve gliano la lussuria. 11 medesimo dice Dionisio, massimamente s'elle si condiscono con la ru chetta ; e che arrostile col grasso giovano a' dolori delle giunture.
D ella
bapa salvatica , i

B iro

silvestri ,

i.

X. Silvestre rapam in arvis maxime nascitur, X. La rapa salvatica nasce principalmente nei firaticosam, semine candido, duplo majore, quam campi: -germogliosa, di seme bianco, maggiora papaveris. Hoc ad laevigandam cutem in facie, il doppio ehe quello del papavero. Questa s 'asa totoque corpore, ntantur, mixta farina, pari a fare delicata la pelle di viso, e di tutto il corpo, mensura, ervi, hordei, tritici, et lupipi. Radix mescolandovi con pari misura farina di rubiglia, d orzo, di grano e di lupino. La radice non ad omnia ioutilis. buona a nalla.
N a p is ,
siv e bcbio , sive bouiade , v .

D el

savore , ovvebo borio , ovvero bohiada ,

5*

XI 4- Naporum duas differentias et in medi cina Graeci servant Angulosis foliorum caulibus florentis, quod bunion T ocant, purgationibus Seminaram, et vesicae et urinae alile decoctam, potam ex a q a a nralsa, vel succi drachma. Semen djsenlericis, tritumqae in aqua calida, e cyathis qoatnor. Sed urinam inhibet, si non lini semen ana bibatur. Alteram genus buniada appellant, et raphano et rapo simile: seminis praeclari con tra venena : ob id et ia antidotis utuntur illo.

XI. 4 I Greci fanno due differente di navoni nella medicina. Quello che ha i gambi delle foglia accantonati, cui chiamano bunio, utile alle purgagioni delle donne, alla vescica, e alla orina, cotto e bevuto con 1 acqua melata, o con una dramma del sugo. Il seme suo trito nell acqua calda giova a quegli che hanno male di pondi, a dassene quattro bicchieri di dieci dramme 1 li * no. Per ristrigne l ' orina, se non si bee insieme con esso il seme del lino. L 'altra sorte chiamano buniada,ed i simile al rafano a alla rapa: il suo seme ottimo contra i veleni, e perci s ' usa ne gli antidoti.
D el b ap aito s a lv a t ic o b a rm o ra c ia , i .

R aPBABO SILVESTRI ET AbMOBACU, I.

XII. Raphanum et silvestrem esse diximus. Laudatissimus ia Arcadia: quamquam et alibi nascitur, utilior urinae dumtaxat ciendae. Celero aestivo usus in Italia, et armoraciam vocant.

XII. Abbiamo detto che ci'sono ancora rafani salvalichi. I pi lodati son quelli di Arcadia, ben ch altrove pure ne nascono, pi utili solamenta a far orinare. In Italia fanno uso del rafano slatcreccio, che si domanda armoracia.
D el bap ab o se m in a to , 43.

R aphabo

sativo , x l u i .

X III. E t sativi vero, praeter ea quae circa eos dicta sint, stomachum purgant, pituitam cxtenaaat, urinam concitant, bilem detrahunt. Praeterea cortices in vino decocti, mane poli ad ternos cyathos, comminuunt et ejiciunt calculos. Udem in posca decocti contra serpentium mor* illinuntor. Ad tussim etiam mane jejunii ra-

XIII. I rafaui domeslichi, oltre a quello che abbiamo detto, porganolo stomaco, assottigliano la flemma, provocan 1 orina e frenano la bile. Di pi, le scorte col le nel vino, beeodone la mat tina tre bicchieri, rompono e fanno gillare la pie tra. Colle con posca, il che bevanda fatta d'ac qua e d 'aceto, si pongono su' morsi delle serpi.

C. PUNII SECONDI phsnus prodest cum meile: semen eorum tostam, ipsarnque commanducatum, ad lagonoponon : aqaara foliis ejus decoctis bibere, vel succum ipsius cyathis binis contra phthiriases: phlegraoni ipsos illinere tosos, livori Tero recenti corti cem cora mette: veternosis autem quam acerri mos mandere : semenque tosturo, dein contritura cum meile suspiriosis, lidem et contra vene na prosunt. Cerastis et scorpionibus adversatur : Tei ipso, vel semine infectis mauibus impune tractabis : imposiloque raphano scorpiones mo riuntur.

12

Salutares et contra fungorara aot hyoscyami


Tenena aeqne, at Nicander tradii : et contra vi

scum quoque dari Apollodori duo jubent: sed Citieussemen ex aqua tritum, Tarentinus succum. Lienem item extenuant : jocineri prosunt, et Iamborum doloribus. Hydropicis quoque ex aceto aat sinapi sumpti, et lethargicis. Praxagoras et iliosis dandos censet: Plistonicus et coelia cis. Intestinorum ulcera sanant: ac purulenta prae cordiorum, si cum meile edantur. Qoidara ad haec coquere eos in luto illitos malunt : sic et feminas purgari. Gx aceto et meile sumpti, inte stinorum animalia detrahunt. Itera ad tertias decocto eorum poto cum vino. Gnterocelis pro sunt : sanguinem quoque inutilem sic extrahunt. Medias ad haec et sanguinem exscreantibus co ctos dari jubet: et puerperis ad lactis copiam angendam. Hippocrates capitis mulieram deflu via fricari raphanis : et super arabilicum imponi contra tormenta vulvae. Reducunt et cicatricem ad colorem. Semen quoque ex aqaa impositum, sistit ulcera, quae phagedaenas vocant. Democritns Venerem hoc cibo stimulari putat: ob id fortassis voci nocere aliqui tradiderunt. Folia quae in oblongis dumtaxat nascuntur, excitare oculorum aciem dicuntur. Ubi vero acrior rapha ni medicina admota sit, hyssopum dari protinus imperant : haec antipathia est. Et aurium gravi tati succam raphani instillant. Nam vomituris summo cibo esse eos, utilissimum est.

Se si mangiano la mattina a digiuno col mele, giovado alla tosse. Il seme loro arrostito e masti cato giova a* sospirosi, e al male che si chiama lagonopono; o cocendo in acqua le foglie, e beeli do tale cocitura, o H suo sago a misura di due bicchieri, Tale coatra la malattia de* pidocchi, quaodo il corpo ne genera. Pongoosi peste sopra l ' infiammagioue, e nel lividore fresco si pone la corteccia col mele. Giova a' letargici mangiarne de' pi aspri e pi pangenti. A sospirosi atil . mangiare il seme arrostilo e pesto col mele. Gio vano ancora contra i veleni. Col suo seme, o chi ne avesse imbrattale le mani, pu senza danno toccare i cerasti e gli scorpioni. Se rafano si metto sullo scorpione, muore. Sono parimente olili contra i veleoi de' fan ghi, e dell'erba detta giusquiamo, come scrive Nicandro. Dannosi ancora conira il visco, secon do i due Apollodori ; ma Citieo vnole che si dia il seme pesto con l acqua, e Tarentino 1 sugo. As 1 sottigliano la milza, giovaao al fegato, e a1dolori de' lombi. Giovano eziaodio a rilruopichi e a le targici, presi eoo laceto, o con la senape. Prassa* gora vuole che si dieno a quegli che hanno do lore di fianco ; e Plistonico ancora a quelli che han flusso di venire. Guariscono le piaghe de glintestini, e le puzze delle precordia, mangian dosi col mele. Certi olir a queste cose voglion che ci caocano intrisi nel loto, e cosi dicono che le donne si porgano con essi. Presi con Paceto e col mete scacciano i vermini del corpo ; come ancora la loro decozione fatta fino alla terza par te, e bevuta col vino. Giovano alle crepature, e cos ancora cavano fuora il sangue cattivo. Medio vuole anco che Si dieno cotti a chi spula sangue, e alle donne che hanno partorito, per far crescere loro il latte. Ippocrate contra i dolori della ma trice insegna che si freghino co' rafani i capelli che cadono del capo alle donne, e che si ponganp sopra il bellico contro te sofferenze della matrice. Levano ancora le margini delle ferite. Il seme suo posto con P acqua, ristagna quelle piaghe, che si chiamano fagedene. cio fistole molli, che giltano marcia. Democrito di parere, che a mangiare questo cibo la lussuria si risvegli, e perci alcuni forse dissero che e' nuoce alla voce. Dicono che le foglie, che crescono solo ne' rafanilunghi, aguz zano la T i s t a . Per quando s data medicina di rafano troppo agra, vogliono che subito si dia l'issopo, perch esso opera come ^ contrario. Tnstillano ancora il sugo del rafano negli orecchi, dov'essi hanno gravezza. utilissimo che que sto cibo sia l ' ultimo a coloro che hanno a vomi tare.

.3
P astihaca , v . H ibisco ,

BISTOttlARUM MUNDI L1B. XX.


sive moloche agria , sive

*4

PISTOLOCHIA, XI.

DELLA PASTINACA, 5. DELL1 IBISCO, OWEBO MOLOCHE a g b ia , O PISTOLOCHIA, I I .

XIV. Paatinacae simile hibiscum, quod molo XIV. Alla pastinaca simile l ibisco, il quale chen agriam vocant, ei aliqui pistolochiam, ul si chiama moloche agria, e da alcuni pistolochia: ceribus cartilaginis et ossibus fractis medelur. medica le piaghe della carlilagiofc, e l ossa rotte. Folia ejaa ex aqua pola alvum solvunt, serpen Le foglie sue bevute con l ' acqua muovono U tes abigunt. Apum, vesparum, crabrouum icti corpo, e scacciano le serpi. Fregale sopra il luo bus illita m edentur. Radicem ejus ante solis or go offeso guariscono i morsi delle pecchie, delle tum erutam involvunt lana coloris, quem nati vespe, e de* calabroni. La radice sua, cavala in vum vocant, praeterea ovis quae feminam pepe- nanti che si levi il sole, si rinvolge in lana di co rit, strumisque vel suppuratis alligant. Quidam lore, detto nativo, oauche in laoa di pecora che ad hunc usum auro effodiendam censent: caven- abbia partorito femmina, e si appicca alle gavine, domque ne terram attingat. Celsus et podagris o dove la postema ha fallo capo. Alcuni per que sto effetto vogliouo eh' ella si svelga con oro, ma quae sine tumore sint, radicem ejosex vino de che non tocchi terra. Celso insegna che si appli coctam imponi jubet. chi la radioe sua cotta nel vino alle gotte, che non sono enfiate.
St a p h y u s o , s iv e
f a s t ir a c a b b b a t ic a , x x i i .

D ello

st a fil m o , o pastinaca bbbatica ,

aa.

XV. 5. Ecci un'altra sorte,ehe si chiama sta XV. 5. Alterum genus est staphylinos, quod ffino, ovvero pastinaca erratica. Il suo seme pe pastinacam erraticam vocant. Ejus semen con tritum et in vino polum, tumentem alvum, et sto, e bevuto ool vino, mitiga il corpo gon6ato, gl' isterismi e le doglie delle femmine, tanto che suffocationes mulierum, doloresque lenit in tan tum, ut vulvas corrigat : illitum quoque e passo ne corregge la matrice; e ungendo con esso quan do appassito, giova alle doglie del corpo. Agli vestri earum prosit. Viris vero prodest,cum pa uomini, pesto con altrettanto paue e bevuto col nis portione aequa trituro, ex vino polum con vino, giova contra i dolori del corpo. Fa orinare, tra ventris dolores. Pellit et urinam : et phage daenas olcerum sistit recens cum raelle imposi e posto fresco col mele, ristagna le fstole che tam, vel aridum farina inspersum. Radicem ejus gettano marcia, il che anche fa la polvere secca della sua radice. Dieuche vuole che la radice sua Dieuches contra jocineris, ac lienis, ilium, lum borum, et renum vilia ex aqua mulsa dari jubet. si dia con acqua melata contra i difetti del fega Cleophautus et dysentericis veteribus. Philistion to, della milza, de' lombi, e delle reni. Cleofanlo in lacte coquit, et ad stranguriam dat radicis dice che giova ancora al male de' pondi. Filistiouncia quatuor : ex aqua hydropicis, similiter et ne la cuoce nel latte, e contra gli stranguglioni, opisthotonias, et pleuriticis, et comitialibus. eio serratura di gola, d oncie quattro della ra Habentes eam feriri a serpentibus negantur: aul dice ; e nell* acqua a' ritruopichi, e a qaegli che qai ante gustaverint, non laedi. Percussis impo non possono piegare o voltare il capo, per la nitur cum axuugia. Folia contra cruditates man pelle o nervi del capo di dietro che son ritirali ; duntur. Orpheus amatorium ioesse staphylino non che a quegli che hanno dolore di fianco, o dixit, fortassis quoniam Venerem stimulari hoc che patiscono male caduco. Chi ha questa addos cibo certum est : ideo conceptus adjuvari aliqui so, dicono ehe non morso delle serpi, o chi pri prodiderant. Ad reliqua et sativa pollet. Effica- ma n'avr gustato, non sar offeso da esse. A'pereior tamen silvestris, magisque in petrosis nata. cossi si mette su con la sogna. Le foglie sue son Semen sativae quoque conlra scorpionum iclus, buone a mangiarle conira la indigestione. Orfeo ex vino aut posca, salutare esi. Radice ejus cir disse che lo slafilino ha virt di far amare altrui, forse perch tal cibo aiuta e desta la lussuria ; e cumscalpti dentea, dolore liberanlur. per ci alcuni dissero eh' egli aiuta il parto. Il domestico utile ancora ad altre cose. Nondime no il sai valico ha pi forza, e quello maggiormen te eh' nato fra le pietre. Il seme del domestico vale ancora contra il morso degli scorpioni, me sciuto con vino, o eoo posca. Leva il dolora dei denti, stuzzicandogli con la sua radice.

C. PLINII SECUNDI
G iugidmk D el
g irg id io .

16

XVI. Syria in horiis operosissima est : indeque proverbium Graecis: u Mulla Syrorum ole ra . Simillimam staphylino herbam erit, qoam alii gingidion vdeant, tenuius lautum at amarius, ejusdem que effectus. Estur coctum crudumque stomachi magna utilitate. Siccat enim ex alto omnes ejus humorea.

XVI. La Siria molto industriosa negli orti, e di qui nato il proverbio de* Greci : u Molti sono gli erbaggi di Siria. Quivi si semina un'er ba simile allo slafiliao, la quale alcuni chiamano gingidio, solamente pi sottile, e pi amara, ma del medesimo effetto. Mangiasi cotta e cruda con grande olitili dello stomaco, perch purga tutti i suoi umori.
D el
s is e ro , 11.

Sisama, xi. XVII. Siser erraticum sativo simila est, et affectu : stomachum excitat, fastidium abstergat, ex aceto laserpitiato sumptura, aut ex pipare et mulso, vel ex garo. Urinam ciet, utOpion credit, et Venerem. In eadem sententia est et Diodes. Prae terea cordi convenire convalescentium, aut post multas vomitiones perquam utile. Heraclides con tra argentum vivum dedit, et Veoeri subinde offensanti, aegrisque se recolligentibus. Hioesius ideo stomacho utile videri dixit, quoniam nemo tres siseres edendo continuaret : esse tamen utile convalescentibus ad vinum transeuntibus. Sativi privalim saccos cum lacte caprino potui sistit alvum.

XVII. Il siser erratico i simile al domestico, aucora nell* effetto. Risveglia lo stomaco, e leva il fastidio, quando si prende con l'aceto laserpiziato, o col pepe e vino melato, o col garo. Muo ve l ' orina, secondo che crede Opione, e ancora la lussuria. Del medesimo parere Diocle, il qua le di pi dice, che giova al cuore de'convalescenti, o utilissimo dopo molti vomili. Eruclide lo diede conira 1 argento vivo, e il male dello sfila * to, e agli ammalati, quando incominciano a ria versi. Icesio disse, che pare eh* egli sia utile allo stomaco, perch nessuno continua a mangiare tre siseri ; nondimeno alile a coloro, che risanano, e vengono al vino. Il sago del domestico, bevuto con latte di capra, ferma il corpo.
D el
s e s e le , ia .

S il e , x ti.

XVU1. Et quoniam plerosque similitodo nominam Graecorum confuodit, conteximus et de sili: sed hoc est vulgatae notitiae. Optimam Massiliense : lato enim grano et fulvo esi. Secun* dum Aethiopicum, nigrius. Creticum odoralissimum omuium. lladix jucundi odoris est. Semen esse et vultures dicuntur. Prodest homini ad tussim velerem, rupta, convulsa, in vino albo potum, liem opisthotonicis, et jooiuerum vitiis, et lorminibas, et straogariae, daarum aut trium ligularum mensura. Sunt et folia utilia, at quae parius adjuvent etiam quadrupedum.

Hoc maxime pasci dicuntur cervae pariturae. Illinuntur et igni sacro. Multumque in summo cibo concoctionibus confert, vel folio, vel semi ne. Quadrupedam quoque alvum sistit, sive tri tum potai infusum, sive mandendo commandu catum e sale. Boum morbis tritum infunditur.

XVIII. E perch la somiglianza de* nomi Gre ci confonde molti, soggiagneremo del sesele, ben ch questo conosciuto da ognuno. Ottimo il Marsigliese, perch egli ha il granello largo,e gial lo. 11 secondo l ' Etiopico, eh pi nero. Il Candiotto ha maggior odore di talli. La radice sua ha odore soave. Dicono che anche gli avoltoi ne man giano il seme. Giova all* nomo per la tosse vec chia, e dove fosse crepatura, o alcuoa cosa uscita del suo luogo, si bee in vin bianco. Giova ancora a quegli che non possono piegare, o volgere il capo per la pelle o nervi ritirati, e al male del fe gato, e agli stranguglioni, dandone la misura di due o tre cucchiai. Sono eziandio utili le sue fo glie, perch aiutano il parlo ancora degli animali quadrupedi. Dicesi che le cerve, quando hanno a partorire, si pascono di questo. Ugnesene eziaudio il fuoco sacro ; e conferisce mollo allo smaltirei mangian done per ultimo cibo o la foglia, o il seme. Fer ma similmente il ventre alle bestie, se pesto si mescola con 1*acqua che beono, o se dato lor mangiare col sale. lofondesi tri lo nelle malattie de'buoi.

'7
I u c l a , 11.

HISTORIARUM MUNDI L1B. XX.


D e l l 's h u l a , 1 1 .

XIX. In u la quoque a jejonis commanducata, dentes co n firm at, si ut eruta est, terram non adlopt: co n d ita Iassim emendat. Radicis vero de* coctae succus lineas pellit: siccatae autem in ambra farina tussi, et convulsis, et inflationibus, et arteriis medetur. Veoenatoram morsus abigit. Folia ex vino lumborum dolori illinuntur.

XIX. L'enula ancora masticata a digiuno fer ma i denti, se, come ella cavata, non tocca ter ra ; e condita leva la tosse. 11 sugo della sua radice cotta caccia le tigouole. Secca al rezzo, e fattone farina, giova alla tosse, e medica gli scon volti, le eofiagioai e le arterie. Leva le morsica' ture velenose. Le foglie sue col vino s' adoperano a1dolori de* lombi.
D b l l a c i p o l l a , %).

C aepis ,

x x t ii .

XX. Caepae silvestres uoo sunt Sativae olfa XX. CipoUe salvatiche non ci sono. Le dome ctu ipso et delacrymatione caligini medentur, stiche con l'odorato e con trar le lagrime rimedia* r magis vero succi inunctione. Semnara etiam fa* no i bagliori, e molto pi con la unzione del sago. cere traduntur, et ulcera oris sanare, comman Dicesi ancora eh' elle fanno venir sonno, e guari ducatae cum pane. E t canis morsus, virides ex scono le fessure, o piaghe della boccs, mangiate aceto illitae, aut siccae cam meile et vino, ita ut col pane. Guariscono anco i morsi de' cani, ba post diem tertium solvantur. Sic et attrita sanaat. gnate verdi nell aceto, o secche col mele e col Coctam in cinere, et epiphoris malti iiuposuere vino, io modo che si sciolgano dopo il terzo gior cum farina hordeacea, et genitalium ulceribus. no. Cos sanano ancora le fratture. Roslita nella cenere, e mescolata cn farina d'orzo, molli lhan Sacco et cicatrices oculornm, et albugines, et ar pem a inunxere: et serpentium morsas, et omnia no adoperala a guarire le lagrimazioni degli occhi, vulnera cum meile. Itera aoricalaruia cum lacte e i taruoli che vengono nelle parti geoitali. Col mulierum : et in iisdem sonitum ac gravitatem sago ungono le cicatrici, e le maglie de gli occhi, emendantes, cura adipeanseriao, aut cum meile e quando sono sanguinosi attorno attorno ; e mestillavere. E t ex aqua bibendum dedere repente colatolo col mele ne oagono i morsi delle serpi, a obmutescentibus. In dolore quoque ad dentes tutte le piaghe. Guariscono ancora gli orecchi in sieme col latte delle donne, e per guarire i me colluendos instillavere, et plagis bestiarum om desimi orecchi, quando i 1 suono, o gravit, si nium, privatim scorpionum. Alopecias fricuere, mescolano col grasso d'oca, o col mele. Dassi a bere et psoras, tasis caepis. Coctas dysenterias vescen das dedere et contra lumborum dolores : purga- con Pacqua a chi in uo subito tosse ammutolito. Insidiasi per bagnare i denti, quaudo dolgouo, menta quoque earum cremata io cinerem illinen e alle piaghe falle dalle bestie, e particolarmente tes ex aceto serpentium morsibus, sepisqne mul dagli scorpioni. Stropicciansi con le cipolle pe tipedae ex aceto. Reliqua inter medicos mira di ste le malattie nella cotenna del capo, e la rogna. versitas. Proximi utiles esse praecordiis et conco ctioni, ioflalionemque et sitim facere dixerunt. Dannosi a mangiare colle a chi ha il male dei Asclepiadis schola, ad colorem quoque validum pondi, e il dolore delle reni ; e le loro monda ture arse, e fattone cenere con l'aceto, si pongo profici hoc cibo. Et si jejuni quotidie edant, fir mitatem valetudinis custodiri : stomacho utiles no su'morsi delle serpi, e con l'aceto giovano al esse, spiritus agitatione : venirem mollire, hae* morso del millepiedi. Quanto ad altri us) gran morrboidas pellere, subditas pro balauis : succum diversit fra i medici. 1 moderni hanno avuto coro succo feniculi contra incipientes hydropises a dire, eh' elle souo inutili alle precordia e allo mire proficere. Item contra anginas, cum rata et smaltire, e che fnno rigonfiare, e aver sete. La meile. Excitari eisdem lethargicos. Varro, quae scuola d' Asclepiade dice che il mangiare delle ci sale et aceto pista est arefaclaque , vermiculis polle aiuta a far buon colore ; che se si man giano ogni d a digiuno, mantengono altrui sano; non infestari auctor est. eh' ella sono utili allo stomaco e alla agitazione dello spirito ; che mollificano il ventre, e guari scono le morici, e che il sugo loro insieme col sugo del fioocchio i'a mirabile effetto per coloro che cominciano a essere ritruopichi ; che con la rula e col mele giovano al male della spriinansia, e che le medesime fanno desiare i luUr^tci. Dice

>9

C. PUNII SECUNDI

20

Varrone che Ia cipolla pesta col sale e eoo l'aceto, e risecca, non tocca da' vermini.
P
o m o se c t iv o , x x x i i .

D el

p o rro s rttiv o ,

3a.

XXI. 6. Porrum sectivum profluvia sangui* XXI. 6.11 porro setlivo ristagna il sangue del ni sistit in naribus contrito eo obturatis, vel naso, avendolo trito, e taratone il naso, o mesco gallae mixto, aut mentae: item ex abortu proflu lato con la galla, o con la menta. Ristagna ancora via, polo succo cura lacte mulierum. Tussi etiam il sangue nella sconciatura, beeodo il sugo suo veteri, ac pectori et pulmonis vitiis medetur. Illi con latte di donna. Giova similmente alla tosse tis foliis sanantur et ambusta, et epinyctidea: ita vecchia, e a' difetti del petto e del polmone. Con vocatur ulcus, quae et syce, in angulo oculi per le sue foglie si guariscono le incotture e la epipetuo humore manans. Quidam eodem nomine niltide, detta anche sice, e son qoe' fignoli che appellaut pusulas liventes, ac noctibus inquietan di continuo versano umore dall'angolo degli tes. Et alia ulcera cum meile trito : ve) bestiarum occhi. Alcuni con questo medesimo nome chia morsus ex aceto: item serpentium. Aurium vero mano certe vesciche livide, le quali la notte dan- vilia cum felle caprioo, vel pari mensura mulsi : no passione. E buono pare ad altre nascente trito stridores cum lacte mulieris : capitis dolores, si col mele ; e con 1' aceto ai morsi delle bestie e delle serpi. Guarisce i difetti degli orecchi col in nares fundatur: dorraiturisve, in aurem duo fiele di capra, o con eguale misura di vino mela bus succi cochlearibus, uno mellis. Succus et ad lo ; e gli stridori con latte di donna. Guarisce an serpentium scorpionuraqoe ictus bibitor cum mero, et ad lumborum dolores cum vini hemina cora il dolore del capo, mettendolo nelle nari ; e a chi ha a dormire, mettendolo nell'orecchio con potus. Sanguinem vero exscreantibus et phthisi 1 cis, distillationibus longis, vel succus, vel ex ipso due cucchiai di sugo, e uno di mele. 1 sugo suo si bee col vino contra il morso delle serpi e degli cibus prodest. Item morbo regio, vel hydropi cis. Et ad renum dolores, cum ptisanae succo scorpioni, e con una emina di vino contra i dolori delle reni. Il sugo, o il cibo d 'esso giova a coloro acetabuli mensura. Idem modus cum meile, vul vas purgat. Estur vero et contra fungorum vene che sputano sangue, a' tisici, alle lunghe distilla na: imponitur et vulneribus. Venerem stimulat: xioni, a coloro che hanno sparso il fiele, e a' risitim sedat: ebrietates discutit; sed oculorum truopichi: similmente a'dolori delle reni, piglian dolo con sugo d orzata alla misura dun bicchie aciem hebetare traditur: inflationem quoque fa cere, quae tamen stomacho non noceat, ventrem- re. La misura medesima col mele purga le ma que molliat. Voci splendorem adfert. trici. Arrostito si mangia conira il veleno dei funghi, e meltesi sopra le ferite. Risveglia la lus suria, lieva la sete, 9 guarisce lubbriachezza ; ma dicesi eh' egli ingrossa la vista de gli occhi, e che fa enfiagione, la quale per noo uuoce allo sto maco, e mollifica il corpo. Rischiara similmente la voce.
P
o r r o c a p it a t o , x x x ix .

D sl

p o rro c a p ita to ,

3g.

1 XXII. Capitato major est ad eadem effectus. XXII. 1 porro capitalo fa maggiore effetto Sanguinem rejicientibus succus ejoscom gallae ne bisogni medesimi. Il sugo suo con farina di aut thuris farina, vel acacia dator. Hippocrates galla o d ' incenso, o con sugo cavato di acazia si d a coloro, che rigettano il sangue. Ippocrate et sine alia mixtura dari jubet; vulvasqoe con vuole ch' e' si dia senza altra mistura ; ed anco tractas aperire putat : fecunditatem etiam femi di parere ch* egli allarghi le matrici riserrate, e narum hoc cibo augeri. Contritum ex meile ul cera purgat. Tussim et dislillaliones thoracis, che il porro in cibo faccia le donne feconde. Trito col mele purga le nascenze crepate. Guarisce la pulmonis et arteriae vitia sanat, datum in sorbi tione ptisanae : vel crudum praeter capita, sine tosse, le distillazioni del petto, i difetti del pol pane, ita ut alternis diebus sumatur : vel si pura mone e dell' arteria, dato in bevanda d 'orzata, exscreentur. Sic et voci, vel Veoeri, somnoque o crudo, fuor che i capi, senza pane, in modo mullum confert. Capita bis aqua mutata cocta, che si pigli dei due d l'u n o ; ovvero se si sputa no cose puzzolenti. Cos mollo aiuta ancora la alvum sistunt, et fluxiones veteres. Cortex deco voce, la lussuria, e il sonno. 1 capi colti mutando ctus illitusque inficit canos.

ai

HISTORIARUM MUNDI LIB. XX. due volte 1 acqua, fermano il corpo, e le flossioni * vecchie. La corteccia cotta, e stropicciata sui ca pelli canuti, gli tigne.
A llio,
lxi.

D e l l a g li o , 6 i,

L 'aglio ha gran forza, e grande uti X XIII. Allio magna vis, magnae utilitates XXIII. contra aquarum et locorum mn taliones. Serpen lit conira la mutazione dell'acque e de1luoghi. tes abigit, et scorpiones odore : atque ut aliqui Con lodore scaccia le serpi e gli scorpioni, e, tradidere, et bestiarum omnium ictibus medetur, come dicono alcuni, guarisce i morsi d ogni be potu, vel cibo, vel illinitur : privatim contra hae- stia, beendosi, o mangiandosi, o ugnendosene ; e morrhoidas prodest, cura vino redditam vomi particolarmente giova alle morici, dato col vino ta. Ac ne contra araneorum mariam venenatam per vomito. E acciocch non ci maravigliamo che morsam valere miremur, aconitum, quod alio no giovi contra i morsi velenosi del sorcio, eh' nel genere delle donnole, vale ancora contra l ' aconi mine pardalianches vocatur, debellat : item hyo scyamum: eanum morsos, in quae vulnera cum to, il quale con altro nome si chiama pardalianmeile imponitor. Ad serpentium quidem ictos che ; non che contro il giusquiamo, e i morsi de potum cum restibus suis efficacissime ex oleo cani, nelle quali ferite si mette insieme col mele. illinitur, adtritisqne corporum partibus, vel si Bevuto contra il morso delle serpi, cosa effica in vesicas intumuerint. Qoin et suffitu eo se cissima T empiastro d 'esso e delle sue reste con candas partas evocari existimavit Hippocrates: l olio, applicato alle parli che ricevettero contu cinere eorum cara oleo, capitis ulcera mananlia sione, o che si enfiarono in vesciche. Dice Ipposanitati restituens. Suspiriosis coctam, aliqui era- crate che il suo profumo fa venire le secondine dura id tritam dedere. Diocles hydropicis cam alle donne di parto, e che la cenere sua con l'olio goarisce il lattime che mette spurgo. Dannolo al centanno, aut in fico duplici ad evacuandam al cuni cotto, e alcuni crudo e pesto a'sospirosi. Diovum : quod efficaeius praestat viride eam corian dro io mero potam. Suspiriosis aliqui et tritum cle lo d ai ritruopichi con la ccntaurea, o in fico io lacte dederant. Praxagoras et contra morbum doppio per purgare il corpo ; ma pi possente a regiam vino miscuit : et contra ileum in oleo et ridurlo liquido quando accora verde e berlo col p n lte: sic illinens slrnuiis quoque. Antiqui et in* vino insieme con coriandolo. Alcuni lo danno pe n n ieo tib u s dabant crudum. Diocles phreneticis sto col latte s1sospirosi. Prassagora lo mescola col vino a coloro, a coi s ' sparso il fiele. Contra il elixom. Contra anginas tritum imponi, et garga rizare prodest. Dentium dolorem tribus capiti- dolore dell* intestino ileo ne fa pnltiglia con l ' obns in aceto tritis imminuit, vel si decocti aqua lio, e questo empiastro guarisce ancora le gavine. colluantur, addaturque ipsum in cava dentiam. Gli antichi osavano darlo crudo a furiosi. Diode Auribus etiam instillatur succus cum adipe anse lo dava lesso a farneticanti. Giova contra la spriroanzia ponendolo su pesto, e ancora gargariz rino: phthiriases et porrigines potum, tosoni item euro aceto et nitro compescit : distillationes zandosene. Leva il dolore de1denti, tritandone cora lacte, vel tritam , perraixturave caseo molli : tre capi nello aceto, o lavandoli con l ' acqua del quo genere et raucitatem extenuat: vel phthisin, collo, e ponendone nelle concavit del dente. in fabae sorbitione. In totem antera coctam nti- Stillasi ancora il sugo negli orecchi con grasso lius est erado,elixnmqae tosto: sic et voci con d*oca. Bevuto, o applicatolo peslo con l ' aceto fert. Tineas et reliqua animalia interaneorum e col nitro, spegne il male de1pidocchi e i piz pellit, in aceto mulso coctum. Tenesmo in pulte zicori : ferma le distillazioni collo col latte, o medetor. Temporum doloribus illitura elixum : trito, o mescolato col caccio tenero; col qual et pusulis coctam nam meile, deinde tritam. Tussi modo rischiara ancora la voce fioca. In bevanda cam adipe vetusto decoctum, vel cum lacte : aut di fava guarisce il tisico. Generalmente c pi utile si sangais etiam exscreetur, vel pura,-sob pruna cotto che crudo, e lesso che rostito; e cos giova coctam, et caro mellis pari modo sumptum: con alla voce. Scaccia le tignuole, e gli all ri animali vulsis, raptis, cam sale et oleo. Naro cnm adipe degl' interiori, cotto nell aceto melato. In polti tumores suspectos sanat. Extrahit fistulis vitia glia guarisce il male de1pondi. Alesso impiastrato medica i dolori delle tempie, e cotto col. mele e eam sulphure et resina, eliara arundines cum pi ce. Lepras, licbenas, lentigines exulcerat, sanat- dipoi trito sana le vesciche, o slianze. Guarisce la qoe com origano : vel cinis ejus ex oleo et garo tosse cotto con grasso vecchio, o con latte; o illitas. Sic et sacros ignes. Sugillata aut liventia collo sotto le brage, e preso con pari quantit di eoiorem r e d o c it, combustum ex meile. Cre- mele risana chi sputasse sangue o marcia. Preso

C. PLINII SECUNDI dunt et comitialem morbum sanari, si quis eo in cibo utatur ac potione. Quartanas quoque excu tere potum caput unum cum laserpitii obolo in vino austero. Tussim et alio modo, ac pectorum suppurationes quanlaslibet sanat, fractae inco ctum fabae, alque ita in cibo sumptum, donec sanitatem restituat. Facit et somnos, atque in to tum rubicundiora corpora. Venerem quoque sti mulat cum coriandro viridi tritum, potumque e mero. Vitia ejus sunt, quod oculos hebetat, infla tiones facit,stomachum laedit copiosius sumptum, sitim gignit. Cetero contra pituitam, et gallinis et gallinaceis prodest mixtum Carre in cibo. Ju menta urinam reddere, atqoe non torqueri tra dunt, si trito natura tangatur.

con Mie e olio guarisce gli sconvolti e rotti, cb preso con grasso sana gli enfiati sospetti. Cava la marcia alle fstole con zolfo e ragia, e le canne con la pece. Guarisce la lebbra, le lichene e le lentigini con l ' origano, o se torrai la sua cenere con olio e garo mescolata. Cos guarisce ancora il fuoco acro. Arrostito col mele riduce le carni sigillate o livide al loro colore. se egli usalo in cibo e in bevanda, tengono alcuni che guarisca il mal caduco. Se ne bevi un capo con un obolo di laserpizio io vin brusco, caccia la quartana. Sana la tosse per altro modo ancora, e le marcie che menasse il petto, per quantunque sieno co piose, cotto in fava infranta, e cos mangiato, in fino a che restituisce la sanit. Produce eziandio sonno, e generalmente fa i corpi pi rubicondi. Trito col coriandolo verde, e bevuto col vino desta la lussuria. I vizii suoi sono, ch'egli ingrossa la vista, fa enfiagioni, offende lo stomaco, quando per se ne mangi assai, e genera sete. Del resto mescolato con farro giova anche a1 polli contra la pipita. Dicono che fa orinare i giumenti, e che non sentono dolore, se si tocca loro la natura con l aglio pesto.
D ella
la ttug a ,

L actuca,

il ii.

C apbiha,

it .

4. D ella

lattuga caprina ,

XXIV. Lactucae sponte nascentis primum esi XXIV. La prima sorte della lattuga, che nasce genus ejus, quam caprinam vocant, qa pisces in da s stessa, quella che si chiama caprina, la mare dejecta protinus necantur, qui sunt in pro quale coro gettata in mare, fa subito morire i ximo. Hujus lac spissatum, mox in aceto pondere pesci, che sono qui presso. Il latte suo rassodato obolorum duum, adjecto aquae uno cyatho, hy e messo nell' aceto, a peso di due oboli, aggiun dropicis datur. Caule et foliis contusis, adsperso tovi un bicchier d acqua, si d a' rilruopichi. Le sale, nervi incisi sanantur. Eadem trita ex aceto, foglie e i gambi pesti, col sale sparsovi sopra, colluta matutinis bis mense, dentium dolorem guariscono i nervi tagliati. La medesima lattuga prohibent. pesta con faceto leva il dolore de' denti.
C aesapo , i . I sati, i. L actoca
silvatica , v ii .

D el

cesapo , i

. D ell * isati , i . D ella SELVATICA, 7 .

l a t tu g a

XXV. 7. Alterum est genas quod Graeci caesapon vocant. Hujus folia trita et cum polenta illita ulceribus medentur. Haec in arvis nascitur. Terlium genus est in silvis nascens, isatin vocant. Hujus folia trita cum polenta vulneribus prosunt. Quarto infectores lanarum utuntur, quod glaston vocant: simile erat lapatho silvestri foliis, uisi plura haberet, et uigriora. Sanguioem sistit. Pha gedaenas et putrescentia ulcera, quae serpuni, sanat: item tumores aule suppurationem. Contra iguem sacrum radice vel foliis prodest : vel ari lieues pota. Haec propria singulis.

XXV. 7. L'altra sorte quella,che i Greci chia mano cesapo, le cui foglie trite e impiastrale con la polenta, guariscono le nascenze, o rotture. Questa nasce ne* campi. cci la terza sorte, ch e nasce ne*boschi, e chiamasi isati. Le foglie di questa peste con la polenta, giovano alle ferite. La quarta sorte si domanda glasto : usasi dai tin to ri delle lane, ed simile nelle foglie al lapato se l vatico, se non che le ha pi nere, e in pi num ero. Ferma il sangue, guarisce le nascenze che rodono, e le piaghe putride che serpeggiano, e cos gli enfiali innanzi che facciano marcia. Giova con la radice, o cou le foglie conira il fuoco sacro, e bevuta buona al male della milza. Queste sona cose proprie a ciascuua.

HISTORIARUM MUNDI LIB. XX. H im c u ,


xvh.

D ella

i h a c ia ,

17.

XXVI. C oram onia au lem sponte nascentibus XXVL Le propriet comuni a tutte quelle che candor, ca u lis interdum cubitali longitudine, et nascono da loro stesse sono la bianchezza, il ipsi, et folii* scabritia. E r his rotunda Mia el gambo lungo talora nn braccio, e la Scabrosit brevia h a b e n te m sont qui hieraciam vocent, qq>>- ne* gambi e nelle foglie. Quella che ha le foglie niara accipitres scalpendo earo sucooque oculos tonde e corte, chiamata da alcuni ieracia, per linguendo, obscuritatem , qaum sensere, discu ciocch gli sparvieri, i quali in Greco si chiamano tiant Soccos om nibus candidas, viribus quoque ieraci, graffiandola, e col sugo d 'essa tinnendosi papaveri sim ilis : carpitur per messes inciso cait- gli occhi, si rischiarano la vista, quando se la le : conditur ia fictili d o t o , ad multa praeclarus. sentono oscurata. Il sugo di tolte bianco, e si Sanat omnia oculorum vitia curo lacte mulierum-: mile al papavero di virt: ricogliesi per mieti argenta, nubeculas, cicatrice*, adustionesqne tore, intaccandone il gambo : riponsi in un vaso omnes: p n e c ip u e caligines. Imponitor etiam nnovo di terra, ed buonissimo a molti usi. Col ocolis in lana c o a tra epiphoras. ldera snecos al- lntle di donna guarisce lotti i difetti degli occhi. vam porgat, i a posca polus ad duos obolos. Ser* Leva le maglie, i panni, le margini, tolte le ar pealiom ictibus medetur in vino polus. E t folia, sioni, e massimamente le caligini. Ponsi ancora Ihjrsique triti, ex aceto bibuntur. Vulneri illi sugli occhi in lana con Ira le lagrimaziooi. Ancora nantur maxime contra scorpionum ictus. Verum il suo sago purga il corpo, bevalo con la posca alla eoolra phalangi a commixto vino ex aceto. Alii misura di due oboli. Bevuto col vino guarisce il quoque venenis resistunt, exceptis quae strangu morso delle serpi. Beonsi ancora le sne foglie ar lando necant, a u t iis qoae vesicae nocent : item rostite, e i torsi pesti nellaceto. Fassene impiastri psiramythio excepto. Imponantur et ventri ex alle ferite, e massimamente conira la morsicatura meile atque aceto, ad detrahenda vitia alvi. Uri degli scorpioni; ma contra i ragni velenosi si me nae difficultates succus emendat. Cralevas eum scola in vino con l aceto. Resistono ancora agli et hydropicis obolis duobus in aceto et eyatho altri veleni, in fuor che a quegli che ammazzano per soffocazione, o a quegli, che nuocono alla ve vini dari jubet. scica, eccello quello che si chiama psimmitio. Pongonsi ancora sul corpo col mele e con l'aceto, a medicare i difetti del ventre. Il sugo leva la difficolt della orina. Crateva vuole eh* ella si dia a rilruopichi con dae oboli di aceto, e un bicchier di vino. Alcuni raccolgono ancora il sugo delle dome Quidam et e sativis colligont succum minus efficacem. Peculiares earum vires par tiro jam di stiche, il quale per non tanto possente. Le loro peculiari forze si sono gi dette, le qoali sono, di ctae suat, somaum faciendi, Venereroqne inhi far sonno, di raffredare la (assona, di rinfrescare, bendi, aestum refrigerandi, stomachum purgan di, saoguineiu augendi. Non paucae restant : quo- di porgar Io stomaco, e d 'acrescere il sangue. Ma a i a u et inflationes discutiunt, ructosque leues fa ce ne restano ancora di molle altre, perciocch'elle ciunt. Nec olla res in cibis avidiUlem incitat, in- levano le enfiagioni, e fanno i rutti leggeri. Ne ci Jtibelqae eadem : in causa alleruiraque modus est. alcuna altra cosa, che desti l 'appetito ne' cib, e S ic e t alvum copiosiores solvant, modicae sistunl. che insieme poscia lo raffreni ; per essa hi l'una L e o tiliam piluitae digerunt, atque, at aliqui tra e l ' altra cosa con moderazione. Cos mangiando ne abbondevolmente muovono il corpo, e prese d id e ru n t, sensus purgant. Stomachi dissoluti uti lissim e a d j u T a n t u r : in eo usu et oxyporopolae in poca copia lo ristagnano. Smaltiscono la visco asp erita tem addito dulci ad intinctam aceti tem sit della flemma, e come slcnni dissero, purgano p e r a n te s : si crassior pituita sit, scillite aut vino i sensi. Aintano ntilissimamente gli stomachi dis a b s in th it e : et ai tnssis sentiator, hyasopite ad soluti: e per tale effetto i venditori1di cose acetose m i x t o . Dantur coeliacis cum Intubo erratico, et temperan l'amarezza di codeste lattughe con me a d d u ritia m praecordiorum. Dantur ct melancho scere all* aceto qualche dolciore. Se la flemma lic is candidae copiosiores, et ad vesicae vitis. Pra- molto grossa, si d con l ' aceto, dove stata infusa x a g o r a s et djsenlericis dedit. Ambustis quoque la cipolla, o con vino di assenzio. E se la tosse si p r o s u n t recentibus, priusquam pusiolae fiant,cum sente, mescolisi con vino, fallo dell' issopo. Dasseaade illitae. Ulcera etiam, quae serpant, coercenlt ne adeboli di stomaco col radicchio erratico, e a initio cum aphronitro, mox in vino. Tritae igni quelli che patiscono dorezze delle precordia. Dan-

#7

C. PUNII SECONDI

a8

sacro illinuntur. Convulsa et laxata caulibus tri tis curo polenta ex aqua frigida leniunt. Eruptio nes papularum, ex vino et poleota. In cholera quoque coctas patinis dederant : ad qaod utilis simae quam maximi caulis et amarae. Quidam lacte infundunt. Defervefacti hi caules ct stoma cho utilissimi traduntur: sicut somno aestiva maxime lactuca et amara lactenique, quam me* conidem vocavimus. Hoc lac et oculorum claritati cum muliebri lacte utilissimum esse praecipitur, dum tempestive capiti inunguntur. Oculorum quoque vitiis, quae frigore in iis facta sunt. Mi ras et alias invenio laudes : thoracis etiam vitiis prodesse, non secus quam abrotonum, cum meile Attico. Purgari et feminas hoc cibo. Semen sati varum contra scorpiones dari. Semine trito ex vino poto et libidinum imaginationes in somno compesci, lentantes aquas non nocere lactucam dentibus. Quidam tamen frequentiores in cibo officere claritati culorum tradiderant.

non le bianche pi copiosamente a'mantnconici, e a'difetti della vescica. Prassagora usava darle an cora a quegli che hanno il male de'pondi. Giovano anco alle cotture fresche, prima che sieno levate le vesciche, mettendo vele sa peste col sale. Raf frenano ancora i taruoli che impigliano, da prin cipio con la schiuma di nitro, dipoi col vino. Peste si mettono sol fuoco sacro. 1 gambi triti con polenta in acqna fredda giovano alle membra peste e convulse. Con polenta e vino mitigano il vainolo, quando ei rompe. Dannosi ancora cotte nella padella contra la collera : alla qaal cosa sono utilissime quelle che hanno gambo molto grande, e sono amare. Certi vi infondono latte. Questi gambi bolliti si dicono esser utilissimi allo sto maco, come al sonno utilissima la lattuga estiva che sia amara, ed abbia di molto latte, la quale chiamammo meconide. Questo latte col latte di donna dicesi eh' utilissimo ancora a rischiarare la vista, quando se n ugne il capo a tempo debito. Guarisce ancora i difetti degli occhi,venuti loro per freddo. Io truovo por dell' altre loro maravigliose qualit, e fra queste, ch'esse son molto utili al costolame del petto, non meno che l ' abruotino, col mele Ateniese ; che le donne si purgano con que sto cibo ; che il seme delle dimestiche si d contra gli scorpioni ; che il seme loro pesto e bevuto col vino leva le imaginazioni notturne della lus suria ; e che le acque tentanti non nuocono a chi mangia la lattuga. Alcuni per tengono che il mangiare spesso della lattuga faccia danno alla vista.
D e lla b ie to la , 2 4 .

8 m , xxiv. XXVII. 8. Nec beta sine remediis est utraque. Sive candidae, sive nigrae radix recens, et made facta, suspensa funiculo, contra serpentium mor sus effieax esse dicitur. Candida beta cocta, et cum allio crudo sumpta contra tineas: nigrae radices ita in aqua coctae, porriginem tollunt : atque in totum efficacior esse traditur nigra. Suc cus ejus capitis dolores veteres,et vertigioes : item -sonitum aurium sedat, infusus iis : ciet urinam. Medetur dysentericis injecta, et morbo regio. Dolores quoque dentium sedat illitus succus. Et contra serpentiom ictus vilet, sed hujus radici dumtaxat expressus. Ipsa vero decocta, pernioni bus occurrit. Albae succus epiphoras sedat, fronte illita : aluminis pauco admixto, ignem sacrum. Sine oleo trita licet, adustis medetur. Et contra eruptiones papularum, coctaque eadem contra nlcera quae serpunt, illinitur : et alopeciis cruda, et ulceribus quae in capite manant. Succus ejus cura meile naribus inditus capnt purgat. Coqui tur et cum lenticula addito aceto, ut ventretp

XXVII. 8. L* una e 1*altra bietola ancora ha il suo rimedio. La radice cos della nera, come della bianca, fresca e bagnata, e appiccata con un filo dicesi che ha virt contra il morso delle serpi. La bietola bianca cotta, e mangiata con I'agli crudo, contra le tignuole. Le radici della nera cotte nell acqua levano il pizzicore: in generale dicono che la nera ha pi forza. Il sugo suo gua risce i dolori vecchi del capo, e le vertigini ; e infuso negli orecchi, leva il suono d essi. Muove l ' orina : medica il male de1pondi, e coloro che hanno sparso il fiele. 11 sugo suo impiastrato sui denti, mitiga il dolore. Vale ancora contra il morso delle serpi ; ma e' vuole essere solo cavato della radice. La bietola cotta utile a' pedignoni. Il sugo della bietola bianca fregata sulla fronte sana le lagrimazioni degli occhi, e mescolandovi un poco d'allume, guarisce il fuoco sacro. Pesta senza olio sana le cotture, e ancora buona con-' tro il rompere del vainolo: colta s'impiastra, m . medicare le rotture che impigliano. Cruda buo-

HISTORIARUM MONDI L1B. XX. molliat. V a lid iu s cocta fluxiones stomachi sistit ct ventris.

3o

na alla pelarella, e alle rotture che docciano mar cia del capo. Se il sugo suo si mette col mele sulle narici purga il capo. Cuocesi anche con la lente, grugnendovi dell' aceto, per mollificar il corpo. Cotta pi gagliardamente ferma i ribollimenti dello stomaco e del ventre.
D el lim o n o , o bb u k o id e, 3.

L u a o a i o , s i t i n b u o id e , u i.

XXYI1I. E s t e t beta silvestris, quam limonion vocant, alii n e u ro id e s, multum minoribus tenuioribusque ac d ensioribus foliis, undecim saepe, caule V n. H ujus folia ambustis utilia, gustantium iY os adstringunt. Semen acetabuli mensura dysen terias prodest. A qua et e radice coctae maculas vestium elui d ic a n t, ilemqae membranarum.

XXVIII. cci ancora una bietola salvatica, la quale si chiama limonio, e da alcuni neuroide, che ha le foglie molto minori, pi sottili, e pi lolle, e spesso undici a novero, con gambo simile al giglio. Le foglie sue giovano alle cotture, e ri stringono la bocca di chi le gusta. 11 seme suo preso a misura d* un bicchiere giova al mal dei pondi. Dicono che l acqua della radice della bie tola cotta leva le macchie delle vesti delle carte.
D ell*in d iv ia , 4*

I btdbo , IV.

XXIX. Intubi quoque non extra remedia XXIX. La indivia ancb* ella ha i suoi rimedii. sunt. Succus eorum cum rosaceo et aceto capitis 11 sugo suo con olio rosato e aceto mitiga i dolori dolores lenit. Idem que cum vino potus, jocineris, del capo. Bevuto col vino giova al fegato, e alla vescica, e ponsi sulle lagrimatoie de gli occhi. La ct Tesicae : e t epiphoris imponitur. Erraticam apud nos quidam ambulam appellavere. In iEgy- erratica da alcuni de* nostri chiamata ambula. pto cichorium vocant, quod silvestre sit. Sativum In Egitto la chiamano cicoria, per essere salvati ca, e la domestica seri, la quale minore, ed ha aulem serin, quod est minas et venosius. pi vene.
C jCBOUO, ST B CHBESTO, SIVB PABCBAT1Q, V QUAE AMBUBAJA, XII. D ella acoxu, o c b b s to , o pancbazio, CHE PUB SI DICE AMBtIBAGlA, 13.

XXX. Cichorium refrigerat. In cibo sumptum X.XX. La cicoria rinfresca. Presa nel cibo, e et Blitum collectiones, succusque decocti ventrem posta dove si fa raccolta di puzza, la risolve ; e solvit. Jocineri, et renibus, et stomacho prodest. il sugo della colla muove il corpo. Giova al fe gato, alle reni e allo stomaco. Se si cuoce nell* aItem s* in aceto decoquatur, urinae tormina di ceto, leva i dolori dell' orina ; e il mal caduco, scutit. Item morbum regium e mulso, si sine fe bre tii feneam adjuvat. Mulierum quidem pur- presa col vino melato, se chi l ' ha senza febbre. gztionibas decoctum in aqua adeo prodest, ut Aiuta la vescica, e cotta nell' acqua giova talmente emortuos partus Irahat. Adjiciunt Magi, succo alle purgagioni delle donne, che tira fuori anoora totius cum oleo perunctos favorabiliores fieri, et i parti morti. Dicono i Magi, che quegli che sono nuli col sugo di tutta una pianta, hanno assai quae velint, facilius impetrare. Quod quidem favore, e pi facilmente impetrano ci che vo propter singularem salubritatem aliqui chreston gliono. Alcuni per la singolare salubrit sua la appellant, alii pancration. chiamano eresio, alcuni altri paocrazio.
H
e d t p h o id e

iv .

D ell1 ediphoida, 4*

XXXI. E t silv e stre genus, alii hedypnoida roeut, Uliores fo lii. Stamachum dissolutum adtiriogit cocta : c r u d a q u e sistit alvum. Et dysenttridsprodest, m a g i c u m lenle. Rupta et convul* utroque g e a e re ju v a n tu r . l lem quibus gni'sa rziclad inis m o r b o uat.

XXXI. La salvatica chiamata da alcuni edipnoida, che ha la foglia pi larga. Cotta rislrigne lo stomaco dissoluto, e cruda ferma il corpo. Giova a coloro, che hanno il male de pondi, e massimamente con la lente. La cruda e la colta aiuta le parti rotle e mosse dal suo luogo ; e similmente gioia a quegli che sono sfilali.

C. PUNII SECONDI
Sull* G l l i l i ,
111.

MeDICWAJ, VII.

S pecie d e l s e r i, 3. m e d ic i , 7.

XXXU. Seris el ipsa lactucae simiHima, duorum generum etl : silvestris melior. Nigra ista, et aestiva. Deterior hiberna, et candidior. Utra que amara, stomacho utilissima, praecipue quem humor vexal. Cum aceto ia cibo refrigerant vel illitae: discutiuutque et alios, quam stomachi. Cura poleula silvestrium radices stomachi causa sorbeatur : et cardiacis illiuuutur super sinistram mammam ex aceto. Omoes hae et podagricis uti les, et saoguioem rejicientibus : item quibus geuitura fluat, alterco dierum potu. Petronius Dio dotus, qui aotilegomena scripsit, ia totum damoavil seria multis modis argueo. Sed aliorum omnium opinio resistit

XXXII. La seri ancora similissima alla lat tuga, ed di due sorti ; ma la selvatica miglio re. Questa nera e statereccia ; quella vende reccia, e pi bianca. L una e l ' altra amara, e utilissima allo stomaco, massimamente quando l'umore lo travaglia. Mangiate con l'aceto lo rinfrescano, o ancora impiastrandovele ; e dissol vono gli umori anco altrove che nello stomaco. Beonsi le radici della salvatica con la polenta a bene dello stomaco. A' cardiaci ne fanno impia stro con l'aceto sopra la poppa manca. Tutte queste medicine sono utili a' cottosi, e a chi ri getta sangue, e a chi fosse sfilalo, beendone di due d I* uno. Petronio Diodoto, il quale scrisse le contraddizioni, biasim affatto la seri, ripren dendola in molti modi. Ma l'opinione di tutti gli altri gli contraria.
D e l c a v o lo , 87. O rm o n i d i c a to h e .

B rassica,

lx xx vu .

C atomis

placita .

XXX11I. 9. Brassicae laudes longum est exse XXXIII. 9. Lungo sarebbe a volere raccontare qui, quum et Chrysippus medicus privatim volu le lodi del cavolo; perciocch Crisippo medico ne men ei dicaverit, per singula membra hominis scrisse nn volume, distinto secondo tutti i mem digestum, et Dieuches : aule omnes autem Pytha bri dell' uomo, e ancora Dieuche ; ma Pitagora goras et Cato non paroius celebrarint. Cujus sen e Catone le celebrarono pi che gli altri. Io rac tentiam vel eo diligentius persequi par est, ut conter pi diligentemente la opinione di Cato noscatur qua medicina usus sit annis dc Romanus ne acciocch si conosca qual fosse l'uso della me populus. Ia tres species divisere eam Graeci, an dicina fra i Romani gi sei cento anni. Gli anti tiquissimi. Crispam, quam selinoidea vocaverunt, chissimi Greci Io divisero in tre specie. 11 crespo, a similitudine apii foliorum, stomacho utilem, il quale chiamarono selinoidea dalla similitudine alvum modice mollientem. Alteram leam, latis delle foglie dell appio: esso utile allo stomaco, e follis e caule exeuntibus. Unde caulodera quidam lieve mollificante al corpo. La seconda lea, di lar vocavere, nullius in medicina momenti. Tertia ghe foglie, le quali escono del gambo; oode alcuni est proprie appellala crambe, tenuioribusque fo la chiamarono caulode, che non di veruua im liis, et simplioibus, densissiraisque : amarior, sed portanza nella medicina. La terza propriamente efficacissima. Cato crispam maxime probat, dein chiamata crambe, che ha le foglie molto solfili, laevem grandibus foliis, caule magno. Prodesse e semplici, e spessissime: .pi amara, ma molto tradit capitis doloribus, oculorum caligiui sciu- possente. Catone loda molto il cavolo crespo, di tillationique, lieni, stomacho, praecordiis, crudam poi il pulito di foglie grandi, e di gran gambo. ex aceto et meile, coriandro, rula, menla, laseris Dice che giova a' dolori del capo, a' bagliori e radicula, sumptam acetabulis duobus matutino : alle distillazioni de gli occhi, alla milza e allo tantamque esse vim, ut qui terat, validiorem fieri stomaco, e alle precordia. Pigliasi la mattioa cru e sentiat. Ergo vel cum his tritam, sorbendam, do a misura di due bicchieri, poi che fu mescolato vel ex hoc intinctu sumendam. Podagrae autem con aceto, mele, coriandolo, ruta, menta, e una morbisque articulariis illini cum rutae, coriandri, piccola radice di lasero ; ed di tanta virt, che et salis mica, hordei farina. Aqna quoque ejus chi pesta queste cose, si sente pi gagliardo. Beeai decocta, nervos articulosque mire juvari. Si fo dunque pesto con queste cose, o si piglia solamente veantur vulnera, et recentia et vetera, etiam car intinto con esse. A' gottosi se ue fa empiastro cinomata, qnae nullis aliis medicamentis sanari con ruta, coriandoli, un granello di sale, e farina possint. Foveri prius aqna calida jubet, ac bis die d'orzo. La decozione sua mirabilmente aiuta i tritam imponi. Sic etiam fistulas, et luxala, et nervi c le giunture. E ottima fomentazione ancora humores evocari, quaeque discuti opus sit In alle ferite fresche e vecchie, e a' cancheri, i quali somnia etiam, vigiliasque tollere dccoclaui, i con uessuua altra medicina si possouo medicare.

33

HISTORIARUM MUNDI LIB. XX.

34

jtjiioi edant quamplutimam ex oleo et sale. Tormina, ai decocta iterum decoquatur, addito oleo, tale, cumino, polenta. Si ita sumatur sine pane, magis profuturam. Inter reliqua bilem de* trahi per vinum nigrum pota. Qain et nrinam ejus qui bra5cam esitaverit, adservari, calefactamque nervis remedio esse. Verba ipsios sub jiciam, ad exprimendam sententiam : u Paeros pasillos si laves ea urina, nnmquam debiles fieri n. Auribus qaoque ex vino saccum brassicae tepi dam instillari suadet. Idque etiam tarditati audieolom prodesse adsererat. El impetigines eadea sanari sine ulcere.

Catone vuole che si faccia prima fomentazione con acqua calda, e dipoi vi si ponga due volte il d il cavolo pesto. Cos anco curano le fistole, le slogature, e gli enfiati, i quali sia bisogno far ve nire a capo. Se a digiuno se ne mangia assai cotto con olio e sale, leva le vigilie e i sogni. Sa na i tormini, cio dolori di corpo, se cotto un'al tra volta si cuoce, aggiugnendovi olio, sale, cu mino e polenta. Se si piglia cos senza pane, giova pi. Fra 1 altre cose, bevuto col vin nero * purga I umore maninconico. Vuole ancora che si serbi l ' orina di colui, che avr mangiato il ca volo, ch scaldata giova i nervi. Porr le sue pa role, per cavarne la sentenza : u Se tu laverai con quella orina i bambini, non saranno mai deboli . Vuole ancora che il sugo lepido col vino ti metta negli orecchi, affermando che giova a chi ha lu dir grosso. Guarisce le volatiche, senza eh1elle vengano a capo. Opinioni d e Gbbci.

G l l B C O I O a PLACITA.

XXXIV. Graecorum qnoqne opiniones jim XXXIV. Bisogna ancora mettere le opinioni et Catonis causa poni convenit, in iis dumtaxat, de Greci, per sopperire a quelle cose che Catone qnae il le praetermiserit. Biles detrahere non per ha lasciate addietro. Essi tengono che quando il coctam potant. Item alvum solvere, eamdemqne cavolo non ootto affatto, purghi la collera ; che bis eoetam sistere. Vino adversari, ut inimicam ei cos muova ancora il corpo, e due volte cotto vitibus. Antecedente in cibis caveri ebrietatem, lo ristringa ; che sia contrario al vino, come ni postea sumpta crapulam discuti. Hunc cibum et mico alle viti ; e che chi lo piglia innanzi man oculorum claritati conferre mallum : succum ve giare non possa ubbriacarsi, e preso dopo man ro eradae vel angulis tantum tactis cnm Attico giare levi la crapula. Vogliono ancora che questo nelle, plorimum. Facillime concoqni, ciboque eo cibo giovi molto a rischiarar la vista, e che il sugo seosus purgari. Erasistrati schola clamat, nihil suo crudo col mele Ateniese faccia maggiore ef esse otilins stomacho nervisque, ideo et paralyti fe! lo, con toccare solamente gli angoli degli occhi; cis et tremulis dari jubes, et sanguinem exscrean e che facilmente si smaltisca, e mangiatolo giovi a tibus. Hippocrates coeliacis et dysentericis bis purgare il senso. La scuola dErasistrato grida,che coctam cum sale. Item ad tenesmum, et renum non c cosa pi utile allo stomaco, e a'nervi ; e causa: laciis quoque nbertatem puerperis hoc perci lo dannoal parietico, e a chi trema, e a chi cibo 6eri judicans, et purgationem feminis. Cru sputa sangue. Ippocrate vuole che si dia a deboli dos qoidem ea olis si mandatur, partus quoque di stomaco, e al male de pondi colto due volle emortuos pellit. Apollodorus adversus fungorum col sale ; e ancora a chi ha gran voglia d andar enena semen aut soccum bibendum censet. Phi del corpo con premiti senza andar cosa alcuna, e listion opistholonicis succum ex lacte caprino a* dolori delle reni ; e tiene ancora che questo cum sale et raelle. Invenio et a podsgra liberatos cibo faccia venire dovizia di latte a quelle donne edendo eam, decoctaeque jus bibendo. Hoc et che hanno partorito, e la purgazione femminile. cardiacis datum , el comitialibus morbis, addito Se il suo torso si mangia crudo, caccia fuora an sale, liem splenicis in vino albo per dies x l . cora il parto che sia morto in corpo. Apollodoro Ictericis, nec n o n et phreneticis radicis crudae vuole che si bea il seme o il sugo suo contra il soccum gargarizandum bibendumque demon* veleno de funghi. Filistione d allo spasimo, che strat. Contra v ero singultus cum coriandro et per ritrarre i nervi tira la testa allindietro verso aoetho, meile ac pipere, ex acelo. le spalle, il sugo mescolalo col latte caprino, col sale e col mele.Truovo ancora che si sono liberali dalle gotte coloro che l hanno mangiato, o che hanno bevuto il brodo di esso collo. Questo brodo si dato ancora acardiaci,e al mal caduco, aggiun tovi sale ; come auche a quegli che hanno il male

35

C. PUNII SLCUA'DI

36

Illitam quoque prodesse inflationibus stoma chi. Itera serpentium ictibus, et sordidis ulceri bus, ac vetustis, vel ipsam aquam cum hordeacea farina : succum ex aceto, vel cum feno graeco. Sic aliqui et articulis, podagrisque imponunt. Epinyclidas, ac quidquid alind serpit in corpore, imposita levat. Item repentioas caligines: has et si maoditur ex aceto. Sugillata vero et alios li vores pura illita. Lepras et psoras cum alumine rotundo ex aceto. Sic et fluentes capillos relinet. Epicharmus testium et genitalium malis hanc utilissime imponi asserit. Efficacius eam dem cuna faba trita. Item convulsis cum ruta. Contra ardo rem febrium et stomachi vilia cura rutae semine: et ad secundas. Et muris aranei morsus, foliorum aridorum farina alterutra parte exinanit.

della milza, in vin bianco per quaranta giorni. A quegli, che hanno sparso il fiele,e a' frenetichi an cora utile a bere, e gargarizzare, il sugo della radice cruda ; e contra i singhiozzi preso col co riandolo, con 1 aneto, con mele e pepe ed aceto. * Impiastrato ancora giova all* enfiagioni dello stomaco. A' morsi delle serpi e a piaghe sordide e vecchie buona lacqua sua con farina dorzo t e il sugo suo misto con laceto, o col fieno greoo. Cos alcuni lo pongono sulle giunture, e sulle gotte. Leva ancora lepinittide, ci sono alcune macchie rosse rilevate, che vengono pi la notte che il giorno con ardore e prurito, e ogni malore eh* serpeggia pel corpo, se vi posto sopra ; come anche le caligini repentine; il che si ottiene anche mangiandolo con lo aceto. Postovi su puro gua risce i suggellati, e altri lividori: guarisce la lebbra, e la rogna, con allume tondo tuffato nell ' aceto. Cos ritiene ancora i capelli che cascano. Epicarmo dice che il cavolo utilissimo al male de1testicoli e del membro genitale; ma molto maggior virt ha con le fave peste. Agli sconvolti giova con la ruta. Giova contra l ardore delle febbri e i difetti dello stomaco, col seme della ruta ; e a purgare le seconde alle donne. Ai morsi del lopo aragno utile la polvere delle sue foglie secche dall' una e l altra parte.
D el
b ro c c o lo .

Cyma.

XXXV. Ex omnibus brassicae generibus sua XXXV. Fra tutte le sorti di cavoli soavissimo vissima est cyma, etsi inutilis habelur, difficilis il broccolo, ancora che sia tenuto disutile, diffi in coquendo, et renibus contraria. Illud quoque cile nel cuocersi, e contrario alle reni. Questo non est oroillenilura, aquam decoctae, ad lot non anco da tacersi, che P acqua di esso colto, usus laudatam, foelere humi effusam. Stirpium lodata a U nti bisogni, puzza se si versa per terra. brassicae aridorum cinis, inter caustica intelligi- La cenere delle sue radici secche si mette fra i tur. Ad coxendicum dolores cum adipe vetusto. medicamenti adustivi. Giova alle doglie delle coAt cum lasere et aceto in vicem psilothri evulsis scie con sugna vecchia. Ma con lasere e aceto, io illitus pilis, nasci alios prohibet. Bibitur et cura cambio dell1unguento da levare i peli, fregato oleo subfervefactus, vel per se elixus, ad convulsa a* peli svelti, non ve ne lascia nascere pi altri. Beesi con olio alquanto bollito, o lesso per s et rupta intus, lapsumque ex alio. stesso, perch sia buono a' membri scommessi, e rolli, e a chi fosse caduto da alto. Dirai adunque : or non hanno anco i cavoli Nulla ergo sunt crimina brassicae? immo vero apud eosdem animae gravitatem facere, dentibus alcuu difetto ? anzi s ; e fra gli altri fanno cattivo alito, nuocono a denti, e alle gengive, e in E gitto et gingivis nocere : et in Aegypto propter ama non se ne mangia per rispetto deli amaritudine ritudinem non estur. loro.
BaASSfCA SILVBSTH1S, XXVII. D
e l c a v o l o s a l v a t ic o ,

27.

XXXVI. Silvestris, sive erraticae immenso XXXVI. Catone loda assai pi gli effetti d el plus effectus laudat Calo, adeo ut aridae quoque salvatico, o erratico, di maniera che la farina desso secco, solamente per lodore preso co' b u farinam in olfactorio collectam, vel odore tan tum naribus rapto, vilia earum graveolentiamque chi del uaso, afferma che guarisce i difetti, e il puzzo loro. Questa sorte di cavolo alcuni lo c h ia sanare adfirmet. Uauc alii pelraeain vocaut, iui-

3?

HISTORIARUM MUNDI L1B. XX.

35

cMflufin Vino, qaro praecipue vitis fugiat: ani ii ooo poMit fugere, moriatur. Folia habet ana, parva, rotanda, laevia, plantis oleria similior, candidior aativa, et hirsutior. Hanc inflationibaa nederi, melancholicis quoque, ac vulneri bos re* cealibas, cum meile, ita ne solvantur ante diem teptimnm : strumis, fistulis, in aqua contritam, Chrysippus auctor est. Et alii vero compescere aia corporis quae serpant : nomas vocant. Item icresoeolia absumere. Cicatrices ad planum rediftre. Oris ulcera et tonsillas, manducatam et coctam,aoeco gargarizato cura meile tollere. Item psoras, et lepras veteres, ipsius tribus cum parti* bos eomduabas aluminis in aceto acri illitis. Epichtraos satis eaae eam contra canis rabiosi mor so impooi. Melius si cum lasere, et acato acri. JV qooqoe canes ea, si detur ex carne. Semen eeari ejaa tostum auxiliatur contra serpentes, fungos, tauri sanguinem. Folia cocta splenicis in cibo data, et cruda illita cum sulphure et nitro pro* uat Item mammarum duritiae. Radicum cinis vae in faucibus tumenti tactu medetur : et pa rotidas cum mella illitus reprimit: serpentium morsos sanat. Virium brassicae uoum et magnum argumentum addemus, et mirabile. Crustae si occupent intus vasa omnia, in quibus aquae fer vent in tantum, ut non sit eas avellere, ai brasca in iis decoquatur, abscedunt.

mano petreo, molto nimico al vino, percli la ite soprattutto lo sfugge ; o se noi pu fuggire, si muore. Ha foglie separale, piccole, tonde,dilieale, simili a foglie di erbaggio,ed pi bianco e pi aspro del domestico. Questo guarisce le enfia gioc ai, la maninconia e le ferite fresche, col mele, pur che non ai sciolgano innanzi il settimo giorno ; pesto nell'acqua guarisce le gavioe, e le fistole, sic come scrive Chrisippo. Altri dicono che raffrena i mali del corpo,che scorrono per le membra,i quali si chiamano nome, e leva via le crescenze. Riduoe le margini al piano. Leva le bolle della bocca e le tonsille masticandolo cotto, e gargarizzando il sugo col mele. Guariace ancora la rogna e la leb* bra vecchia, facendone empiastro con aceto forte, e togliendo le tre parti d' esso, e due d* allume. Epicarno dice che basta solo apporlo alla parte offesa, per guarire dal morso del cane arrabbiato. Ma molto meglio , se si mette cou lasro e aceto forte. Dicono ancora eh' egli uccide i cani, se si d loro con la carne. 11 seme suo arrostito giova contra le serpi, i veleni de' funghi e il sangue di toro. Le foglie sue date a mangiare giovano a chi ha il male della milza, e giovano ancora crude, fattone empiastro con zolfo e nitro : cos ancora alla durezza delle poppe. La cenere delle sue ra dici, col toccare, medica nella carne della gola lo enfiato della ugula ; e le postreme dopo l ' orec chie, impiastratovi col mele ; e sana i morsi delle serpi. Aggiugneremo ancora un grande e maraviglioso esempio della virt del cavolo. Se i vasi, ne' quali bollono l 'acque, fanno dentro crosta, di maniera che non si possa spiccare, sa vi si cuoce il cavolo, ai spieoa.
D il l a
lapsaha , i

L a t u i i , i.

XXXVII. I n te r silvestres brassicas et lapsana XXXVII. Fra i cavoli salvatichi C quello *1pedalis altitudinis, hirsutis foliis, sinapi simi- ancora, che si chiama lapsana, alto un piede, con nisi candidior esset flore. Coquitur in cibo. foglie ruvide, simigliente alla senapa, con la sola Alvum lenit et m ollit. differenza eh' pi bianco di fiore. Caocesi per mangiare, e leggermente mollifica il corpo.
M a a is a
sbassici,

i.

D il c a v o lo i u i i o , I.

XXXVI II. M arina brassica vehementissime ex omnibus alv o m det. Coquitur propter acri* moniam cum p in g u i carne, stomacho inimicuti ma. S cilla, xxiii. XXXIX. S c illa r u m ia medicina alba est quae femina n ig ra. Quae caodidissima fuerit, erit. H u ic aridis tunicis direptis, quod Miquuai e v iv o eat, consectum suspenditur lino,

XXXVIII. Il cavolo marino molto pi che tutti gli altri cavoli muove il corpo. Caocesi per lo soo agro con la carne grassa, ed inimicissimo allo stomaco.
D blla SCILLA, a3.

XXXIX. Delle cipolle chiamate sciite la bianca in medicina il maschio, e la nera femmina. La pi bianca migliore. A questa si levano le scorze secche, e l ' altre che aon verdi ai ritagliano

39

C. PLINII SECONDI a pongonsi sopra un panno, io aodo che non si tocchino. Poi quando aon secche si tuffano in aceto fortissimo, cos pendenti, che da nessun lato toc chino il vaso. Questo si fi quarantotto giorni in* nanzi il solstizio. Poi il vaso turato col gesto si mette sotto i tegoli, che ricevano il sole di tutto il giorno. Dopo quel numero di giorni si lieva via il vaso, e cavasene la cipolla, e l ' aceto si cola. Que sto rischiara mollo la vista. E sano allo stomaco, e al dolore del fianco, pigliandone doe di poco per volta. Ma egli di tanta forza, che pigliandolo con troppa avidit, per uo momento di tempo 1 nomo pare che sia morto. Giova ancora masti candola alle gengie, ed a* denti. Presa con laceto e col mele ammazza le tignuole e altri vermini del corpo ; e mettendola fresca sotto la lingua, fa in modo, che i ritruopichi non sentono sete. Cao* cesi in pi modi nella pentola, la quale si mette nel forno impiastrata o col grasso, o eoi loto, o se ne fan pezzi e si pongono in tegami. Anche cruda si secca, si taglia a briccioli e diocesi uell aceto, e allora si mette sui morsi delle serpi. Quando arrostila, si purga, e il mezzo dessa si torna a cuocer nell acqua. Csi cotta utile a rilruopichi, e a provocar l orina, beendone tre oboli col mele e con laceto. Cos anche a quegli che hanno male di milza, o a chi per male di stomaco nuota il cibo, se per non si sente piagale le interiora. Giova a lormini, a chi si sparge il fiele, e alla tosse vecchia eoa sospiro. Le sue foglie guariscono le gavine, tenu tola quattro giorni in soluzione. Colla, e fattone empiastro con olio, leva la forfora del capo, e il lattime che getti. Cuocesi ancora nel mele per mangiare, e massimamente acciocch faccia smal tire ; e cos anche porga gl interiori. Cotta nel lolio, e mescolata con la ragia, guaritee le crepa ture de piedi. Il seme tuo si mette col mele al dolore de lombi. Dice Pitagora che teoeudo la scilla appiccata sopra la porla, noa lascia entrar in casa n malie, n incantesimi.
D b*b u l b i , 3o.

modicis intervallis. Postea arida frusta in cadum aceti quam asperrimi pendentia immerguntur, ita ne ulla parte vas contingant. Hoc fit ante sol stitium, diebos x l v i i i . Gypso deinde oblitus ca dus ponitor sob tegulis, totius diei solem acci pientibus. Post eum numerum dierum tollitur as, scilla eximitur, acetum transfunditur. Hoc clariorem oculorum aciem facit. Salutare est sto machi laterumque doloribus, parum sumptum binis diebus. Sed tanta vis est, ut avidius hau stum extinctae animae momento aliquo speciem praebeat. Prodest et gingivis, et dentibus, vel per se commanducata. Tineas et reliqua ventris ani malia pellit ex aceto et meile sumpta. Linguae quoque recns subjecta praestat, ne hydropici siliant. Coquitur pluribus modis: in olla, qnae conjiciatur in clibanum aut furnnm, vel adipe aut luto illita, aut frustatim in patinis. Et cruda siccatur, deinde conciditur, coquiturqne in aceto, tum serpentium ictibns imponitur. Tosta quoque purgatur, et medium ejus iterum in aqua co quitor.

Usos sic coctae ad hydropieos, ad urinam cien dam trihus obolis cum meile et aceto potae. Item ad splenicos, et stomachicos (si non sentiant ulcus), quibus innatet cibus. Ad tormina, regios morbos, tussim veterem cum suspirio. Discutit et foliis strumas, quadrinis diebus soluta. Furfures capi tis, et ulcera manantia illita, ex oleo cocla. Co quitur et in meile cibi gratia, maxime uti coctio nem facias. Sic el interiora purgat. Rimas pedum sanat in oleo cocta, et mixta resinae. Semen ejus lumborum dolori ex meile imponitur. Pytha goras scillam in limine quoque januae suspen sam malorum medicamentoram introitum pel Iere tradit.

Db

b u lb is ,

xxx.

XL. Ceterum bulbi ex aceto et sulphure vul neribus in facie medentur. Per se vero triti ner vorum contractioni, et ex vino porrigini : cum meile, canum morsibus : Erasistrato placet cum pice. Sanguinem idem eos sislere tradit illitos cum meile. Alii, si e naribus fluat, coriandrum et farinam adjiciunt. Theodorus et lichenas ex aceto bulbis curat : et erumpentia in capite, cura viuo austero ant ovo. Et bulbos epiphoris idem illinit, et sic lippitudini medetur. Aeque vilia quae sunt in facie, eorum rubentes maxime, in ole illiti cum meile et nitro emendant ; lentigi-

XL. 1 bulbi, che sono una sorte di cipolle, con laceto e col zolfo medicano le ferite nel viso. Triti da per s medicano i nervi ritirati, e col vino, il pizzicore : col mele, i morsi de cani. Erasistrato vuole accompagnarvi la pece. 1 me 1 desimo dice, che impiastrali col mele, fermano il sangue. Altri, s egli esce del naso, v aggiungono coriandoli e farina. Teodoro guarisce ancora le volatiche del volto con le cipolle e con laceto ; e i mali che rompono nel capo, col vino brusco, o con l ' uovo. Fanne accora empiastro alla lagrima, che viene dagli occhi, e a chi ha gli occhi cispi.

H1ST0RIARDM MONDI L1B. XX. 1 bolbi vi vestri che fao rssa Ia radice medicano ancora i difetti della faccia, stropicciandoli al sole con mele e nitro; e le leotigioi col viao, o col co comero cotto. Giovano molto per s medesimi alla ferite, ovvero, secondo Damione, col vin melalo, se si lasciano in soluzione per cinque giorni. Co stui medica ancora con essi gli orecchi rotti, e la flemma de1testicoli. Nel dolore delle giunture mescolano la farioa. Cotti uel vino, e fattone empiastro sai corpo, mollificano la dorezza de gl ioteriori. Daonosi al male de pondi nel vino temperato con l acqua piovana. Per le convul sioni interne si pigliano col silfio, in pillole grossi qoaoto una fava. Pel sadore si pestano, e fassene empiastro. Sono olili a nervi, e per qoesto si danoo aoche al parlelico. Quegli che son rossi, col mele e col sale sanano prestissimo l ' ossa scommesse ne* piedi. Quelli di Megara destano grandemente la lussuria : quegli degli orti presi con sapa, o con vin colto, aiutano il parto : i saivalichi presi con laserpizio, e fattone pillole, mitigano le piaghe e i difetti degl' ioteriori. An che il seme de* domestichi si bee nel vino conira i ragni velenosi. Impiastrami eoo l aceto contra il morso delle serpi. Gli antichi osavano dare a bere il seme a* furiosi. 11 fiore debulbi trito leva le macchie delle gambe, che si son fatte col fuoco. Diocle di parere che i bulbi ingrossino la vista ; e aggiugne, che i lessi sono manco utili, che gli arrosti, e che difficilmente si smaltiscono, *pi o meno, secondo la forza che ha la nalura di cia scuno. 1
D el b u lb ib e , i . D el b u lb o vom itobio.

nem cum vino, al cacami cocio. Vulneribus quoque mire prosunt per se, ani, at Damion, ex mulso, si qninto die solvantur. Iisdem et auri culas fractas carat, et testium pituitas. Ia articalorum doloribus misceat farinam. Ia vino co cti illiti ventri, duritiam praecordiorum emol liunt. Dyseniericis in vino ex aqua coelesti tem perato dantur. Ad convolsa inlus cam silphio pilulis fabae magnitudine. Ad sudorem Iasi illi nantur. Nervis utiles: ideo et paralyticis dantur. Laxata in pedibus, qni sont rufi ex his, citissime sanant cum meile et Mie. Veoerem maxime Me garici stimulant : hortensii, partum cum sapa aat passo sumpti : silvestres, interaneorum plagas et vitia, eam silphio pilulis devoratis sedant. Et aitirorom sem en contra phalangia bibitor io vi no. Jpa ex aceto illinuntor contra serpentiom ctus. Semen a n tiq u i bibendum insanientibus daJmoL Flos b a lb o ro m tritus crurum maculas va riet*tesque ig n e factas emendat. Diocles ocalos hebetari ab iis p u ta t. Elixos assis minus uliles esie adjicit, e t Ufficile concoqui ex vi uniuscu jusque n a tu ra e .

D e BOE.niii b , i. D b b o lb o vo m ito aio.

XLl. B olbinem Graeci vocant herbam portatti (oltis, rubicundo bolbo. Uaec traditur vul neribus mire utilis, dumtaxat recentibus. Bulbus qacm vomitorium vocant ab effectu, folia habet nigra, ceteris longiora.

XLl. 1 Greci chiamano bulbine un erba, che ha le foglie di porro, e bulbo rossigno. Questa si dice maravigliosamente giovare alle ferite, sol tanto fresche. Il bulbo, che dalleffetto si chiama vomitorio, ha le foglie nere, e pi lunghe che tutti gli altri.
D boli asp a b a g i.

D e a sp a b a g is.

XL11.10. Utilissimus stomacho cibus aspara g i tradaotur. Cumino qoidem addito inflationes sto m ac h i colique discutiunt : iidem oculis clari ta te m adferunt. Yeotrem leniter molliuot. Pe d o r i s ct spinae doloribus, intestiuorumque vitiis p r o s a n t , vino quom coquuntur addito. Ad lumb o r a m et renum dolores, semen trium obolorum p o n d e r e , pari cumini bibitur. Veoerem stimu la n t. U rinam cient utilissime, praeterquam vesi cam exulcerant. Radix qooque, plurimorum prae dicatio n e, trita, et ex vino albo pota, calculos exturbat lumborum et renum dolores

XLII. io. II cibo dello asparago, secoodoche si dice, otilissinoo allo stomaco, e aggiontovi il cornino caccia le infammagioni dallo stomaco e dellintestino colon ; e rischiara anco la vista. Gli asparagi mollificano leggermente il corpo: giovaoo adolori del pettoedella schiena, e adifetti deglin teriori, quando son cotti col vino ; non che addo lori de looibi e delle reni, beendo il seme loro a peso di tre oboli con altrettanto cornino. Destano la lussuria, e muovono utilissimamente 1 orina, ma rodono la vescica. La Ior radice ancora, se condo che molti dicono, pesla e bevala in vin

43

C. PLINII SECUNDI

44

sedat. Quidam et ad vulvae dolorem, radicem cuoi vino dulci propinant. Eadem in aceto deco cta contra elephantiasin proficit. Asparago trito ex oleo perunctam pangi ab apibus negant.

bianco rompe la pietra, e mitiga i dolori-decom bi, e delle reni. Alcuni danno la radioe con vin dolce al dolore della matrice. La medesima cotta nell1aceto giova contra I*elefantiasi, eh ' specie di lebbra. Dicono che chi unto con gli asparagi pesti con l olio non punto dalle pecchie.
D ella
cobbdda , o libico , ovvero obmirio ,

Db cobbuda,

s i t e li iy c o , s i t e h o b b ik o , m y .

a f.

XL1II. Silvestrem aspa ragam aliqai corru dam, aliqui Libycum vocant, Allici hormenuro. Hujus ad supra dicta omnia efficacior vis, et can didiori major. Regium morbara extenuat. Vene ris causa aquam eorum decoctam bibi jnbent ad heminam. Ad idem et semen valet cum anelbo, ternis utrinsqne obolis. Datur et ad serpentium ictus soccus decoclus. Radix miscetur radiot ma rathri inter efficacissima auxilia. Si sanguis per urinam reddatur, semen asparagi, et apii, et cu mini ternis obolis in vini cyathis duobus, quinis diebus, Chrysippus dari jubet. Sic et hydropicis contrariam esse, quamvis urinam moveat, docet: item Veneri. Vesicae quoque, nisi decoctum: quae aqua si canibus detur, occidi eos. In vino decoctae radicis succum, si ore contineatur, den tibus mederi.

XLUI. Lo asparago selvatico alcuni lo chia mano corruda, alcuni Libico, e gli Ateniesi ormeno. La forta di questo pi possente a tutte le cose sopraddette,e maggiore ancora l'h a il pi bianco. Minuisce il male di coloro che han no sparso il fiele. Alcuni beono la sua cocitura per desiare la lussuria, a misura d una emina. A questo medesimo vale ancora il seme con l ane to, l ' uno e I1altro a misura di tre oboli. 11 sugo suo cotto si d pur contra il morso delle serpi. La radice ancora si mescola con la radice del mara tro,e va fra i pi efficaci rimedii. Sesce sangue con l orina, Crisippo vuole che si dia il seme del1 asparago e dell appio con tre oboli di cornino, in due bicchieri di vino, per cinque giorni. Ma cos dice eh contrario a ritruopichi, ancora eh provochi lorina; e contra la lussuria anco ra. Alla vescica eziandio giova, ma vuole essere cotto : lacqua della cocitura se si d acani, gli ammazza. Il sugo della sna radice cotta nel vino, tenendolo in bocca, sana i denti.
D e l l appio, 1 7 .

De

a v io , x v i i .

XL1V. 11. Apio gratia in vulgo est. Namque rami largis portionibus per jiira innatant, et io Condimentis peculiarem gratiam habent. Praete rea oculis illitura cura meile, ita ut subinde fo veantur ferventi succo decocti, aliisque membro rum epiphoris : per se tritum, aut cum pane, vel polenta impositum, mire auxiliatur. Pisces quo que si aegrotent in piscinis, apio viridi recrean tur. Verum apud eruditos non aliud erutura ter ra in raajore sententiarum varietate est. Distin guitur sexu. Chrysippus feminam ese dicit cris pioribus foliis et duris, crasso caule, sapore acri et fervido. Dionysius nigriorem, brevioris radieis, vermiculos gignentem: arabo neutrum ad eibos admittendum, immo omnino nefas: nara id defunctorum epulis feralibus dicatum esse: visus quoque claritati inimicum. Caule feminae ver miculos gigni. Ideoque eos qui ederint, sterile scere, mares femitiasque. In puerperiis vero ab eo cibo comitiales fieri qui ubera hauriunt. Innoeentiorem tamen esse marem. Eaqtfe causa est, ne inter nefastos frutices damnetur. Mammarum duritiam impositis foliis emollit. Suaviores aquas

XL1V. t t . L appio ha riputazione nel vulgo, perciocch i rami suoi abbondantemente nuota no nel brodo, e hanno peculiar grazia adope randoli per conditura. Oltra di ci mirabilmente giova agli occhi impiastratovi sopra col mele, ma cos eh essi si bagnino col sugo cotto e mol to caldo; e parimente alle flussioni degli altri membri ; o pesto semplicemente, o postovi su con pane e polenta. Anche i pesci ammalali nei vivai si ricreano con l appio verde. Ma fra gli uomini dotti non c alcuna altra cosa cavala dalla terra che produca maggior variet di pa reri. Distinguesi per sesso. Dice Crisippo che la femmina ha le foglie pi crespe, il gambo grosso, e sapore forte e pungente. Dionisio dice che il maschio pi nero, ha pi corta radice, e genera verminnzzi. Araendue per dicono che n i l uno n l altro si dee mangiare, e eh' egli cosa abbominevole affatto ; perch egli dedicato alle vivande de morti, ed nimico ancora alla vista. 11 gambo della femmina fa verminuzzi ; e per questo ciascuno che ne mangia, o maschio o femmioa, diventa sterile. Que* bambini, che pop*

45

HlSTOfilAKOM MONDI UB. .XX.

46

potai incoctam praestat Sacco maxime radicis eam vino Ium bora m dolores mitigat. Eodem jore instillato gravila lem auriom. Semine urinam ciet, menstrua, ac secuodas partus. Et, si foveantar semine decocto, sugillata reddit colori. Cum ovi albo illitam, a a t ex aqaa coctam potamque re nibus medetur ; io frigida tritam oris alceribus. Semen cam vino, vel radix cum veteri vino, vesicae calculos frangant. Semen datar et arquatis ex fino albo.

pando ne mangiassero, pigliano il male caduco. Meno noeevole il maschio, e per questa cagione egli non posto fra gli sterpi nefasti. Le foglie sue poste sulle poppe indurite mollificano la duressa loro. Colto nell'acqua, la fa pi soave a bere. 11 sugo suo, e massimamente della radice, col vino mitiga la doglia de* lombi. Quaodo colto mitiga la gravezza degli orecchi, se vengavi stillato deotro il suo brodo. Il seme provoca l'ori na, le purgagioni delle donne, e le secondine. E se col seme cotto farai fomeoto a'suggellati, ne ritor na il oolore. Mescolato col bianco dell' uovo, o cotto con l acqua, e bevuto, medica le reni. Pesto iu acqua fredda guarisce gli ulceri della bocca. 1 seme sao, o la radice, col vin vecchio rompe 1 1 pietre nella vescica. Il seme si d por a quegli che vanno chinali, col vin bianco.
D b LL1APP1ASTBO, O MBLIS5OFILL0.

Db ANASTIO, S1VB HELISSOPHYLLO.

XLV. Apiastrara Hyginus quidem melissophjllen appellat. Sed et in confessa damnatione est veoeuatam in Sardinia. Contexenda enim sant omnia, ex eodem nomine apad Graecos pendeolia.
Os
olusatro ,

XLV. Igino chiama 1 appiastro mdissofillo. * In Sardigna per testimonio d* ogni nomo vele noso. 11dico, perch voglio raccontare tulle quel le cose, le quali appresso i Greci hanno somiglia u* za con questo nome.
D bll' olusatbo, o ipposblino, i i . D ell'obboskLiaro, a. D sll' bliosblibo, i .

ss vb aipposBLiwo, x i. O bbosblivo ,

ii.

B blbosbliho, i .

XLVI. Olusatrum, quod hipposelinnm ocaot, adversatur scorpionibus. Poto semine tor minibus, et interaneis medetur. Itemque difficul tatibus arioae semen ejus decoctum ex mulso potam. Radix ejus in vino decocta calculos pellit, et Iamborum ac laleris dolores. Caois rabiosi morsibus potum e t illitura medelur. Succos ejas algente* calefacit potus. Quartum geoas ex eodem bciaat aliqui oreoselinon, palmum alto frutice ac recto ; semine cumino simili, urinae et men s/rui* efficax. Heleoselino vis privata contra ara* ocos. Sed et orcoaelino feminae porgantur e vino.

XLVI. L 'erba olosatro, chiamata da alcuni ipposelino, rimedio a* morsi dello scorpione. Il seme suo bevuto rimedia alla diseoleria e ai dolori degl' intestini. 1 seme suo cotto nel vin 1 melalo,e bevuto, buono alla difficult dellorina. La radice sua colta nel vino spigne fuora la pie tra, e guarisce i dolori de' lombi e del fianco. Bevuto o impiastratovi sopra, medica il morso del cane arrabbialo. Il sugo sao bevuto riscalda coloro, che hanno freddo. Alcuoi fanno del me dsimo un quarto genere, eh l'oreoselino. Que sto ha il suo gambo alto un palmo, e dritto, si mile nel seme al cornino, possente ili1orina e alle purgagioni delle donne. L 'elioselino ba parlicolar virt conira i ragni ; e le donne ancora si purgano con esso preso col vino.
D sl
fetboselino, i

D b FETiosEUiio, i. Busblmo, i .

b del buselino, i .

XLVli. 13. A lio genere petroselcium quidam appellant in saxis natam, praecipuum ad vomieu, cochlearibus binis succi additis in cyathum marrubii succi, atque ita aquae calidae tribus ejathis. Addidere quidam buselinom, differens brevitate caulis a sativo et radicis colore rufo, 'iasdem effectos. P ra e valere contra serpentes pota u linita.

XLV1I. ia. Alcuni chiamano d 'u n altro ge nere il petroselino nato ne' sassi, ollimo alle po steme che gettano, mettendo due cucchiai del suo sugo io un bicchiere di sugo di marrobio con Ire bicchieri d 'acqua calda. Alcuni altri v' hanno aggiunto il buselino, differente dal domestico nella brevit del gambo, e nel color rossigno della radice, ma del medesimo effetto. Dicono che bevuto o postovi sopra vale contra le serpi.

4?
D OCIMO, XXXV.

C. PLIMI SECONDI DftL BASILICO, 35.

48

XLVIII. Ocimum quoqae Chrysippus gravi ter iucrepuit, inutile stomacho, oriuae, oculorum quoque claritati. Praeterea insaniam facere, et lethargos, et jocineris vilia ; ideoque capras id aspernari : hominibus quoque fugiendum censet. Addunt quidam Irilum si operiatur lapide, scor pionem gignere : commanducatum et in sole po situm, vermes afferre. Airi vero, si eo die feriatur quispiam a scorpione, quo ederit ocimum, servari non posse. Quin immo tradunt aliqui manipulo ocimi cum cancris decem marinis vel fluviatilibus trito, convenire ad id scorpiones ex proximo. Diodotus in empiricis etiam pediculos facere oci mi cibum.

Secuta aetas acriter defendit : nam id esse ca pras. Nec minas quam mentham et rutam jcorpionum terrestrium ictibns, marinornmque veneois mederi ex vino, addito aceto exiguo. Usu quoque compertura deficientibus ex aceto odoratum sa lutare esse. Item lethargicis, et inflammatis refri gerationi. Illitum capitis doloribus cum rosaceo, aut myrteo, aut aceto : item oculorum epiphoris impositura ex vino. Stomacho quoque utile,infla tiones et raclum ex aceto dissolvere sumptum. Alvum sistere impositum, urinam ciere. Sic et morbo regio et hydropicis prodesse. Choleras eo et distillationes stomachi inhiberi. Ergo etiam coeliacis Philistion dedit: et coctam dysentericis, t colicis Plistonicus. Aliqui et in tenesmo, et sanguinem exscreantibus, in vino: duritia quoque praecordiorum. Illinitur mammis, extinguilque lactis proventum. Auribus utilissimum infantium, praecipue cum adipe anserino. Semeu tritum et haustum naribus sternutamenta movet, et distil lationes quoque capiti illitum : vulvas purgat in cibo, ex aceto. Verrucas mixto atramento sutorio tollit. Venerem stimulat. Ideo etiam equis asinis* que, admissurae tempore ingeritur.

i 3. Silvestri ocimo vis efficacior ad eadem omnia: peculiaris ad vitia, quae vomitionibus crebris contrahuntur. Vomicisque vulvae, contraque bestiarum morsus e vino radice effica cissima.

XLVIII. Crisippo biasima molto il basilico, come dannoso allo stomaco, alla orina e alla rista degli occhi. Oltra di ci dice che fa impazzare, fa venire il letargo, e nuoce grandemente al fe gato, e che per questo le capre lo rifiutano ; e cosi consiglia ancora gli uomini che lo debbano fuggire. Aggiungono alcuni, che il basilico pesto e coperto d' una pietra produce scorpioni ; e ma sticato e messo al sole proJuce vermini. Dicono gli Africani, che se alcuno fia morso dalfo scor pione in quel giorno eh' egli avr mangiato del basilico, non potr guarire. E di pi dicono al cuni, che pestando un mazzo di basilico con dieci granchi marini, o di fiume, tutti gli scorpioni vicini quivi si radunano. Dice Diodoto negli em pirici, che osandolo per cibo genera pidocchi. L'et che seguit lha gagliardamente difeso, e dice che fino alle capre ne mangiano. N manco che la ruta e la menta medica il morso degli scor pioni terrestri, e il veleno de marini col vino, aggiuntovi un poco d 'aceto. Essi truovato ancora per esperienza, ch'egli salutifero a fiutarlo con l ' aceto a chi fosse venuto in angoscia. Rinfresca similmente i letargici, e gl infiammati. Impia strato con olio rosato, o con olio di mortine, o aceto, buono a1dolori del capo ; non che alja lagrimazione degli occhi,postovi su col vino.Dicono ancora, eh' egli utile allo stomaco, e che risolve le infiammagioni e il rutto ; che ferma il corpo postovi sopra, e che provoca l'orina ; che cos gio va pure a coloro che hanno sparso il fiele, e a ritrnopichi ; e che egli ristagna le collere e le distil lazioni dello stomaco. Per Filistione lo d anco ra a* deboli di stomaco, e Plistonico lo d cotto al male de' pondi e a'colici. Alcuni lo danno nel vino a chi non pu andare del corpo, avendone gran voglia, a quegli che sputano sangue, e per la durezza degl'interiori. Impiastrasi sulle poppe, e fa seccare il latte. E utilissimo, massimamente con grasso d 'oca, agli orecchi de' fanciulli. Il se me suo pesto, e messo nel naso, moove gli star nuti ; e ancora le distallazioni, impiastrato sul ca po. Purga le matrici mangiato con 1' aceto. Me scolato con cera da calzolai leva i porri. Risveglia la lussuria ; e perci si d a' cavalli e agli asini, quando hanno da montare. i 3. Il basilico salvatico ha pi forza a tu tte le cose gi dette ; per la sua propria virt e coa tra i difetti, che nascono dagli spessi vomiti. L a sua radice nel vino potentissima alle piaghe del la matrice, e conira il morso delle bestie.

f e
E
io c a , x i .

HISTORIARUM MONDI LIB. XX.


D il l a
buchetta, i i

XL1X. Erucae semen scorpionum venenis el muris aranei medelar. Bestiolas omnes innascentes corpori arcet : vitia cutis io facie cum meile illiiiun. Lentigines ex aceto. Cicatrices nigra re ducit ad candorem cum felle bubulo, Ajuul ver bera subituris polum ex vino duritiam quamdam contra seoaum inducere. In coudieadis obsoniis taota est suavitas, nt Graeci euzoroon appellave rint. Putant subtrita eruca si foveantur oculi, claritatem reatilui : tassim infantium sedari. Ra dix e\us io aqna decocta fracta ossa extrahit. Naro de Venere stimulanda diximus : tria foiia silvestriserucae sinistra manu decerpta, et trita, in agna mulsa si bibantur.

XL1X. Il seme della ruchetta medica il ve leno degli scorpioni e del topo ragno : spegna tulle le bestiole, che nascono nel corpo, e impia strato col mele leva i difetti della pelle nel viso, e eon l ' aceto le lentigini. Col fiele di bue fa che le margini nere tornano bianche. Dicono alcuni, che .chi ha da essere battuto, se prima lo bee nel vino, non sente le battiture. In condir le vivande tanto la soavit sua, che i Greci lo chiamarono euzomo. Tengono alcuni, che il fomentare gK occhi con la ruchetta pesta torni il vedere, e che guarisca la tosse a1bambini. La saa radice coita nell acqua tira fuori le ossa rotte. Gi abbiamo detto che a risvegliar la lussuria voglionsi corre tre foglie di ruchetta salvatica con la man man ca, e berle peste in acqua melata.
N a s t o u i i o , 4 *-

Njjtubtio , xui. L. E contrario nasturtium Venerem iobibet, aninmrn exacnit, ut dixirou. Duo ejus fenera : alvum porgat, detrahit bilem polum x pondere in aqua. Cum lomento strania illitam, opertam* que brassica, praeclare medetur. Alterum st ni grius, quod capitis vitia porgat. Visam compur gat. Commotas raeoles sedat ex aceto sumptam. Lienem ex vino potam, vel cum fico. Tussim x focile, si quotidie jejuni sumant. Semen ex vino o arnia inleslioorum animalia pellit : efficacius ad dito mentastro. Prodest et contra suspiria et tus sim, rum origano et vioo dulci. Pectoris dolori bus decoctum in lacte caprino. Panos discutit e o a pice,extrahitque corpori acoLeos. Et maculas iilitom ex aceto. Cootra carcinomata adjeitor ovorum albam. Et lienibus illioitar ex aceto. In fantibus vero e meile utilissime. Sextius adjicit, uatum serpentes fugare, scorpionibus resistere. Capitis dolores contrito, et alopecias emendari addito sinapi : gravitatem aurium trito imposito auribns cum fico. Dentium dolores infuso in aures M i c c o . Porriginem et ulcera capitis cum adipe anserino. Furunculos concoquit cum fermento. Carbnncnlos ad suppurationem perducit, et rum pit. Phagedaenas ulcerum expurgat cam meile. Coxendicibus et lumbis cam polenta ex aceto illi n itu r : item licheni: item ungnibus scabris : quip pe satu ra ejus caustica est. Optimum aulem Ba bylonium. Silvestri vero ad omnia ea effectos maior.

L. Per lo contrario, il nastnraio raffrena la lussuria, e aguzza lanimo, come dicemmo. Egli di due sorti : il bianco purga, e bevuto nell'ac qua a peso di un denaro spegne la collera. Se al tri ne far empiastro con farina di fave, e il por r sulle gavine, e coprirallo eoi cavolo, le guari r benissimo. I / altro pi nero, e porga i difetti del capo, rischiara la vista, e preso con l ' aceto acqueta la mente travagliata. Bevuto eoi vino, o col fico, guariace la milza. Leva ancora la tome, pigliandone ogni mattina a digiuno ool mele. H seme suo preso col vino caccia ogni animale degli interiori, ed ha maggior virt aggiugnendovi il mentastro. Giova ancora con l'origano, e col vin dolce, a' sospiri e alla tosse ; e cotto in latte di capra, a' dolori del petto. Mescolalo con la pece leva gli enfiati che sono sotto le ascelle e nell' anguinaglia, e trae fuora gli stecchi infitti. Facen done empiastro con laceto, leva le macchie. Con tra le cancrene vi s 'aggiugpe albume d 'novo. Alla milza farai empiastro oon l'aceto; ma ai bambini meglio col mele. Seslio dice, che ano caccia le serpi, e resiste agli scorpioni. Pesto gua risca le doflie del capo ; e aggiugnendovi senape medica, le alopecie, che sono stianse brutte nel capo, e mettendovelo su petto oo' fichi, leva la gravezza degli orecchi. Spegne il dolore deden ti , infondendo il suo sugo negli orecchi. Gol grasso delloca leva via la forforagginee il laUima del capo. Impiastralo con maria malora i fignoli. Conduce i cerboncdli a far capo, e gli rompe. Col mele purga le nascerne. Con polenta e oon aceto fessene empiastro alle coscie e a1lombi, non che alk milza, e alle ugae aspre, perciocch la na-

C. PLINII SECUNDI

5a

tura sua ha forza di cauterio. Ottimo il nastur zio Babilouio ; ma il selvatico a ogni cosa gi delta pi possente.
R
o t i , l x x x iv .

ella b uta,

84-

L l.ln praecipuis alem medicaminibus rula st. Laliora satirae folia, rami fruticosiore*. Sil vestris horrida ad effectum est, et ad omnia acrior. Succos exprimitur, tusa el aspersa modice, et in pyxide Cypria adservatur. Hic copiosior datus ve neni noxiam oblinet, io Macedonia maxime juxta flumen Aliacmooem. Mirumqoe, cicutae succo extinguitur: adeo etiam venenorum venena sunt, quando cicutae succus prodesl manibus colligen tiam ratam. Cetero inter prima miscetur antido tis, praecipueque Galatica. Quaecumque autem ruta et per se pro antidoto valet, foliis tritis, et ex vino sumptis. Contra aconitum maxime, et vi scum. Item fungos, sive in potu detur, sive in cibo. Simili modo contra serpentium ictus, utpote quum mustelae dimicaturae cum his, rutam prius edendo se muniant. Valent et contra scorpionum, el contra araneorum, apium, crabronum, vespa rum aculeos, et cantharidas, ac salamandras, canisve rabiosi morsus: acetabuli mensura succus e vino bibitur, et folia trita vel commanducata im ponuntur cura meile et sale, vel cum aceto et pice decocta. Socco vero perunctos aut eam habentes, negant feriri ab his maleficiis: serpeutesque, si uratur ruta, nidorem fugere. Efficacissima tamen est silvestris radix cum vino sumpta. Earadem adjiciunt efficaciorera esse sub dio potam.

Pythagoras et in hac marem minoribus ber* baoeique coloris foliis a femina discrevit: eam laetioribus foliis et colore. Idem oculis noxiam putavit : falsum, quoniam scalptores et pictores hoe cibo utuntur ocolorum causa, cum pane vel nasturtio : caprae quoque silvestres propter vi sum, ot ajunt. Multi succo ejus cum meile Attico inuncti discusserunt caligines, vel cum lacte mu lieris puerum enixae, vel puro succo angulis ocu lorum lactis. Epiphoras cum polenla imposita lenit. Item capitis dolores pota cum vino, aut cum aceto t rosaceo illita. Si vero sit cephalaea, cum Carina hordeacea et aceto. Eadem crudita* tes discutit, mox inflationes, dolores stomachi veteres. Vulvas aperit, corcgilqua conversatili!'

LI. Fra le ottime medicine la ruta. La dome stica ha le foglie pi larghe e i rami pi germo glianti. La salvatica troppo violenta ne' suoi effetti, e troppo acre, qualunque s l uso che se ne faccia. Trasseneil sugo bagnandola un poco con acqua, e poi pestandola, il quale sugo si ripo ne in bossolo, o alberello di rame di Cipro. Que sto, dandone assai, fa effetto di veleno; e massimamente di quella ruta di Macedonia, la quale nasce appresso il fiume Aliacmone. Ed maraviglia, che il sugo della cicuta la spegne ; tanto vero che i veleni hanno i contravveleni loro; perocch il sugo della cicuta giova alle mani di chi coglie la ruta.Tra le prime cose si mescola negli antidoti; e massima mente quella di Galizia. Qualunque ruta anche da s stessa vale per antidoto, eoo le foglie trite e pre se col vino, e massimamente contra l'aconito e il visco. Vale contra i funghi ancora, se si d in be vanda, o in cibo. Similmente conira i morsi delle serpi ; talch le donnole, avendo a combatter con esse, si fortificano prima col mangiare della ruta. Vale ancora con ira i morsi degli scorpioni, con ira gli aghi de' ragni, delle pecchie, de'calabro ni, e delle vespe, contra le canterelle, le salaman dre, e le morsicature de'cani arrabbiati : beesi col vino alla misura d 'bn bicchiere, e le sue foglie peste o masticale vi si pongono sopra con mete e con sale, ovvero colte con aceto e con pece. Quegli che sono unii col suo sugo, o l ' hanno addosso, dicesi che nou possono essere offesi da simili maleficii. Se la ruta s'arde, le serpi fuggooo dal suo odore. Nondimeno la radice selva tica presa col viuo potentissima, e dicono ch'ella ha ancora maggior virt beendosi allo scoperto dell' aria. Pitagora discerne in questa il maschio dalle Co glie minori, e di color d'erba, e dice esser la fem mina di colore pi bello. Ei per s'ingann molto a credere eh' ella sia nociva agli occhi, ch i pit tori e gli scultori usano di mangiarla per conto de gli occhi col psue o col nasturtio; come ancora, secondo che si dice, la mangiano le capre salvatiche per migliorare la vista. Molti unti col sago suo e col mele Ateniese levarono i bagliori, o col puro sugo, toccando gli angoli degli occhi. Leva ancora le lagrimazioni d'essi, messavi su con 1* polenta. Bevuta col vino, o con l aceto, mitiga i dolori del capo, ovvero ugneadosi cou olio rosa to. E se fosse cefalea, cio dolore cronico e pes simo di capo, si mescola con Zarina d ' orzo

53

HISTORIARUM MONDI UB. XX.

54

U ia nelle, toto venire et pectore. Hydropici* cam fico, et decocta ad dimidias partes, potaque es vino.

Sic bibitor et ad pectoris dolores, laterdmet Iamborum, t asses, suspiria : pulmonum, jocinerom, renum vitia, horrores frigidos. Ad crapulae gravedioes decoquuulur folia poturis. Et in cibo Tei eroda, vel decocta oondilave pr* desi liem torminibus in bissopo decocta, et cura vino. Sic et sanguinem sistit interiorem, et 6a< riora indita : sic et collutis dentibus prodest. An ribes quoque in dolore saccus infunditur : custo dito, ot diximus, modo, in silvestri. Contra tar dilalem vero sonituotque, cum rosaceo, vel cura boreo oleo, aut cumino et meile. Succus et phreneticis ex aceto trilae instillatur in tempora et cerebrum. Adjecerout aliqui et serpyllum, et laorum, illinentes capita et colla. Dederant et lethargicis ex acelo olfaciendum. Dederunt ei comitialibus bibendum decoctae succum in cya this qnatuor ante accessiones, quarum frigus in tolerabile est : alsiosisque eradam iu cibo. Urinam quoqoe vel craentam pellit. Feminarum etiam purgationes, secondasque, etiam emortuos par Uu, ut Hippocrati videtur, ex vino dulci nigro pota. Itaque illitam et vulvarum causa etiam suf fire jubet.

Diocles et cardiacis imponit ex aceto et meile cam ferina hordeacea. Et contra ileom decocta brina io oleo, e t velleribus collecta. Mulli vero et contra parolentas exscreationes siccae dra chmas duas, solpbaria unam et dimidiam sumi censent:et co n tra cruentas, ramos Ires io vino decoctos. Dator e t dysenlericis cum caseo in vino contri u. D ederunt ct cum butumine infriatam potioni propter anhelitum. Ex alto lapsis seminis ires uncias. O lei libra vinique sextario illinitur cara oleo coctis foliis, partibus quas frigas sdasseriL Si urinam movet (at Hippocrati videtnr) mirum est quosdam dare velut inhibentem potui, contra incontinentiam urinae. Psoras et lepras eum meile et alom ine illita emendat. Item vitili gines, verrucas, strumas, et similia, cum strycbno et adipa suillo ac taurino sevo. Item ignem sacrum ex acelb et oleo, vel psimmythio : carbunculum ex aceto. N onnulli laserpitium una illini jubent, sine quo ep injetidaa pustulas ourant. Imponunt et Ttntmrf turgentibus decoctam, et pituitae ernftionibas cam cera. Testium vero epiphoris con nii (areae teneris, adeo peculiari in visceri-

con acato. Fa smaltire il cibo non digeritole seda gli enfiati e i vecchi dolori di stomaco. Apre la matrice e corregge le sue inversioni, impiastrata con mele e posta per tutto il ventre ed il petto. Giova a' ritruopiebi, beendola cotta nel vino eoi fichi infin che torni per met. Nel medesimo modo si bee per le doglie del petto, de1 fianchi e de1lombi, per la tosse, per li sospiri, i difetti del polmone, del fegato, e delle reni : guarisce ancora i capricci freddi. Alla gra vezza, che procedesse per essersi troppo pieno di cibi, cuoconsi le foglie e dannosi a bere ; e giova ancora in cibo eroda, o cotta, o condita. Gotta nell' issopo, o col vino, giova a* termini. Cosi ri stagna il sangue interiore, e del naso. Giova ai denti, bagnandoli con essa. Tale alla doglia degli orecchi, mettendovi deotro il suo sugo, osservan do gi il modo che s* detto, rapporto alla salvati* ea. Gontra la tarditi e lo strepito degli oreeehi si mesce con olio rosato, o con olio laurino, o cornino e mele. Il sago d 'essa pesta nell* aceto si pone sulle tempie a chi avesse il farnetieo..Alcnni vag giungono il sermollino e l'alloro, ugnendo il capo e il collo. Dassi con l ' aceto a fiatarla a letargici. Dannosi a bere quattro bicchieri di sugo di rota cotta a chi patisce di mal caduco, innanzi eh ei lor venga, il cui freddo i insopportabile. Dassi cruda a mangiare contra i singhiozzi. Caccia fuora l ' orina ancora che sanguinsa. E, come dice Ippocrate, bevuta nel vin dolce nero caccia fuor le purgagioni delle donne, e le seconde, e i parti morti ancora. E cosi impiastrata vuole che ai fac cia fumare per cagione della matrice. Diode la d a cardiaci con aceto, mele e fari na d 'orzo ; e contra il male degl' interiori cotta con farina nell olio, e raccolta in -fili di lana. Molti danno a coloro, che sputano marcia, due dramme di rata secca, e ooa e mezza di solfo; e a chi sputano sangue tre rami cotti nel vino. Dassi ancora al male de pondi trita col cado nel vino. Diederla anco pesta col bitume a bere per fare buon alito. A qoegti che sono caduti da alto, si d i treoncie del seme. Con una libbra d olio, dove si sien cotte le sue foglie, e con un sestario di vino, s 'impiastrano quelle parti, le quali son riarse dal freddo. Se muove l orina, come Ippocrate dice, i maraviglia che alcuni la dieno a chi non pu ritener T orina. Impiastrata col mele e con l al*lame guarisce la rogna e la lebbra ; e quelle maccbie che vengono per tutto il corpo, i porri, le scro* fe, e simili mali, impiastrata con istricno e grasse di porco e sevo di toro. Pel fuoco sacro s impia stra con aceto e olio, o psimmizio ; e pel carbon chio con l aceto. Alenai Vogliono che si ponga iosieme con essa laserpizio, senta il quale curano certe bolloline, le quali vengono la notte. Poh-

55

C. PUNII SECUNW

50

bos his effecto, al silvestri rota cuoi axungia Te leri illitos ramioes sanari prodant. Fracla quoque membra semine trito cum cera imposito. Radix ratae sanguinem oculis suffusum, et toto corpore cicatrices aut maculas illita emendat.

Ex reliquis quae traduntor, mirum est, quora ferventem rotae naturam este conveniat, fascico limi ejos ia rosaceo decoctum addita oncia aloes, perunctis sudorem reprimere. Ile noque genera tiones impediri hoc cibo 5 ideo in proflavi ge nitali dator, et Venerem crebro per somoia ima ginantibus. Praecavendam est gravidis abstineant hoc cibo : necari enim partas invenio. Eadem ex onmibos salis qoadropedom quoque morbis in Mximo usu est* sive difficile spirantibus, sive co ntn maleficorum animaliam ictos, infusa per nares ex vino : aut si sanguisugam exhauserint, ex aeeto : et quocomqoe in simili morborum ge nere, ut in homine, temperata.

gonla ancora cotta sulle poppe, eh* enfiano, e con la cera vale contro la flemma. Agli umori che co lano dei testicoli, mescolata con rami teneri rf al loro, tanto peculiare la rata per I*effetto che fa in que visceri, che dicono come la selvatica con sugna vecchia guarisce i mali de testicoli sol che sieao tocchi da essa. Guarisconsi membra rotte anoora col seme trito, e postovi su coi la cera. La radice della rota guarisce il sangue sparso per gli occhi; e in tulio il corpo le margini e altre mac chie, fregatovi sopra. Fra le altre cose che si dicono, maraviglia eh essendo la natura della m ia calda, se se n cuoce un fasoetto nell' olio rosato, con a 1 oncia 1 daloe, reprime il sodore a coloro che se ne un gono. Dicono ancora, che a mangiare la ruta s impedisce la generazione, e per ci si d a co loro che sono sfilati, o che in sogno hanno im maginazioni veneree. Da questo eibo s hanno a guardar molto le donne gravide, perch io troovo eh* egli uccide la creatura. Ella fra tulle V altre erbe mollo utile alle iufirmit dequadropedi, o quando easi con difficult alitano, o quando ei sono punii da cose veleuose, mettendola loro per le nari col vino ; o con l aceto, se avessero in ghiottito mignatte ; e in ciascuna altra sorte di si mili malattie, anche per 1' uomo, ma temperata.

Mbbtastro, xx. LU. 1 4 Mentastrum silvestris menta est, dif ferens specie foliorum, quae sunt figura ocimi, pulegii colore. Propter quod quidam silvestre palegiom vocant, lis commanducatis et impositis tanari elephantiasin, Msgni Pompeji aetate, fortoito cojosdam experimento propter pudorem M e illita compertum est. Eadem illinantur bib an torque adversas scolopendras, et serpentium fotus, drachmis duabus in vini cyathis duobus. Adversus scorpionum ictas cum sale, oleo, et aoeto. Item adversos scolopendras jus decocti : adversas omnia venena servantor folia arida, ad farinae modum. Substratum vel accensum fagat etiam scorpiones.

Dai. m e n t a s t r o ,

30

Potam feminas purgat a porto : sed partus necat. Ruptis, convulsis* sed parcius: orlhopnoi* cis, torminibus, choleris, efficacissimnm i item lumbia, podagris impositum. Suocus auribus ver minosis instillatur. In regio morbo bibitor. Stra nie illinitor. Somoia Veneris inhibet. Tineas pellit ex aceto potam. Contra porriginem ex aeeto infaaditur capiti in sole.

Lll. 14. Mentastro menta selvatica, diffe rente nella forma delle foglie, le quali sono quasi come quelle del basilico, di colore di puleggio ; e per ci alcuui lo chiamano puleggio selvatico. Queste foglie masticate guariscono la elefanzfa ; il che si vide per pruova al tempo di Pompeo Magno, perch un certo uomo per coprire il ma lore se le pose a caso sul viso, e guarinne. Fassene empiastro ancora contra i morsi delle scolopen dre e delle serpi, beendone due dramme in due bicchieri di vino. Pigliasene a* morsi degli scor pioni con sale, olio ed aceto. Lmsua cocitura buona contra le scolopendre, e le sue foglie sec che a modo di farina s* adoperano contra tutti ) veleni. Spargendosene la terra, beendone pro fumo, si cacciano gli scorpioni. Il suo sugo bevuto purga le donne, quando hanno partorito, ma uccide la creatura. A quegli che non possono mandar fuora l afito, e a* te r mini, e a* collerici potentissimo ; c cosi posto sa*lombi e solle gotte. Il sugo soo si mette negli orecchi verminosi. Beesi per coloro, che hanno sparso il fiele. Fassene empialtro alle gavine. Raffrena i sogni amorosi. Bevuto con laceto caccia i vermini. Con P aceto ancora giova al pizzicore, ungendone il capo al sole.

HISTORIARUM MUNDI LJB XX.


D b mista , i i l
D klla
mutta,

58
4>

LI IL U entie ipsius odor animum excitat, et por ariditatem in cibis* ideo embammatum mixlurae familiaris. Ipsa acesccre, rat coire, denserqoe lac non patitur. Qusre laetis potionibus additar, ae kujui coagulati potu strangulantur. Datar io aqua aa t mulso : eadern ri resistere ge> erationi ereditar, cohibendo genitalia denseri. Aeqae maribus ae feminis sistit sanguinei : et pnrgatione feminairom inhibet : cum amylo ex aqaa pota, coeljaeontan impetas. Syriation et vomicas vulvae curavit illa. Jociaernm vilia ternis obolis ex molto datis. Item sanguinem exscreanti* busiasorbitionem.Ukera in capi te infantium mire sanai. Arterias h a mi das siccat, siccas adstringitw Pituitas corruptas purgat in malso et aqaa.

Voei saccus sub certamine ulilb dam luxat, qai et gargarixatar ara tornente, adjecta ruta et coriandro ex Jacte. Utilis et contra tonsillas cum alumine : linguae asperae eam meile. Ad convulsa intus per se, viliisque pulmonis. Singultas et t o * roiiiones sistit cum succo granati, ut Democrilos aaonslri. Eeeenlis succus narium vitia spiritu subii aci os emeodat. Ipsa trita choleras, in aceto quidem pota. Sanguinis fluxiones intus. Ileum etiam imposita cum polenta : et si mimmae ten dantur. Illinitur et temporibus in eapilis dolore. Soanitnr et contra soolopendrss, et scorpiones marino, et ad serpentes. Epiphoris illinitur, et omoibos in capite eruptionibus : itera aedis vitiis. Intertrigines quoque, vel si teaeatar tantum, prohibet Auribus cum mulso instillatur. Ajuut et lieni mederi eam in horto gustatam, ila ne vellatur, si is qui mordeat, dicat se lieni mederi, per dies ix. Aridae quoque farinam tribas digilis adpreheosam, et stomschi dolorem sedare in aqna : el similiter aspersam in potionem, ventris animalia expellere.

L lll. I / odore della menta desta I' animo, e II sapor suo risveglia I appetito ne' cibi ; e perci s usa molto negl*intingoli, ovvero manicaretti. Ella non lascia rinforzare, n rappigliarsi il latte e perci si mette nelle bevaude di latte, acciocch per lo beverlo rappreso non porti soffocazione. Per la medesima virt impedisce la generatione, pigliandola eon I*acqua e col vin melato, perch rappiglia il seme. Rislagna il sangue egualmente a1maschi e alle femmiue, e impedisce le purgazio ni delle donne. Se si bee con nna mistura di grano e di latte, che si chiama milo, nellacqua, raffrena i flussi di ventre impetuosi. Siriazione medic gi con essa le fistole della matrice, e anco i difetti del fegato, dandone tre oboli col vin melato. Cos si d a sorseggiare ancora a quegli, che spulano saugne. Guarisce mirabilmente i malori nel capo de bambini. Secca l arterie umide, e ristrigne le secche. Col vino melato e con l acqua purga le flemme corrotte. 11 sugo suo utile alla voce solamente nel tempo, che altri ha a cantare. Gargarizzasi, quan do togoia ingrossata, aggiugnendovi ruta e co riandoli con latte. E utile conira gli enfiati della gola con allume, e alla lingua aspra col mele. Per s sola giova alle convulsioni interne, e a difetti del polmooe. Democrito dice che eon sugo di melagrana leva i singhiozzi e i vomiti. 11 sugo della menta fresca guarisce i difetti del naso ; e pesta e bevuta con laceto purga la collera, e flassi del sangue dentro al eoapo. Guarisce ancora il male del fianco, postavi su con la polenta, e se le poppe si distendono, o sono enfiate. Fregaisi anco alle tempie, quando duole il capo. Pigliasi similmente contra le scolopendre, gli scorpioni marini, e le serpi. Ungonsene le lagrimaloie degli occhi, e tutte le rotture del capo, e i difetti del sedere. Rimedia ancora a certe scorticature dei membri che si toccano insieme e stropicciansi, onde n* esce a modo di sudore, pur solamente a tenervela sopra. Infondasi negli orecchi col vin melalo. Dicono che guarisce la milza gustata nelI* orlo senza averla, se oolai he la mangia dice per nove giorni ebe medica la milza. Cosi atoohe la polvere detta secca presa cou tre dita ; la quale infusa nell acqua sana il dolore dello stomaoo; e similmente sparsa nella bevanda caccia i ver mini del corpo.
D el p o u m i o , a $ .

B t M u n io , i i t .

L1T. Maga* societas eum hae ad reereaOdos fcfectos animo pnlegio, emm surculis snis in am-

L1V. Ha gran conveninte col paleggio a ri creare la stanchezza dall animo, mettendo i suoi

C, P IJN lt SECONDI

60

pallas vitreas aceti ulrisqae dejectis. Qua de cau sa dignior e pulegio corona vertigini, qoam e rosi, cubiculis nostris pronuntiata est. Nam et capiti dolores imposita dicitur levare. Q uid et olfactu capita tueri contra frigorum aeatusque injuriam, et ab siti traditur ; neque aestuarereos, qui duos e pulegio surculos impositos auribus in aole habeant. Illinitur etiam in dolorihus oum polenta et aceto. Femina efficacior. Est autem haec flore purpureo. Mas candidum habet. Nau seas cum sale et polenta in frigida aqua pota inhibet. Sic et pectoris ac ventris dolorem. Sto* machi autem ex aqua item rosiones sistit, et vo mitiones cum aceto et polenta. Intestinorum vitia meile decocta et nitro sanat. Urinam pellit ex yino ; et si ammineum sil, et calculos, et interio res omnes dolores. Ex meile et aceto sedat men strua, et secundas. Vulvas conversas corrigit. De functos partus ejicit. Semen obmutescentibus olfactu admovetur. Comitialibus io aceto cyalbi meutura datur. Si aquae insalubres bibendae sint, tritum aspergitur. Lassitudines corporis, si cum ino tradatur, minuit.

Nervorum causa, et in contractione, cum sale et aceto et meile confricatur in opisthotono. Bibitur-ad serpentium ictus decoctum : ad scorpio* num et in vino tritum, maxime quod iu siccis nascitur. Ad oris exulcerationes,ad lusiira efficax habetur. Flo recentis incensus, pulices necat odore. Xenocrates pulegii ramum lana involutum, iu tertianis- ante accessionem olfactandum dari, aut stragulis subjici, et ita collocari aegrum, inter remedia tradit.

sprochetli in ampolle di vetro che abbiano dell'ace to. Per la qual cagione s 'i da(jt sentenza nelle no stre camere, che la corona del paleggio sia migliore alla vertigine, che quella delle rose; perch messa sul capo dicest che leva il dolore. Truovasi anco, che col fiutarlo solo conserva il capo contra la violeosa del freddo, e del caldo, e della sete. Di cono ancora, che quegli che stanno al sole non sentono troppo caldo, se hanno due massetti di puleggio posti negli orecchi. Impiastrasi ancora ne1dolori con polenta e con aoeto. La femmina pi possente : questa ha il fior rosso, meulre il maschio l'h a bianco. Bevuta corsale e eoo I polenta nell' acqua fredda, non lascia venire i fastidii di stomaco ; e cosi ancora leva i dolori del petto e del corpo. Con acqua ferma le rosionidelto stomaco, e le vomitasioni con aceto e po lenta. Cotta con mele e oon nitro guarisce i di fetti degl' interiori. Col vino muove 1 orina ; e * se il vino ammineo, leva i mali della pietra, e tulli i dolori di dentro. Col mele e con l ' aceto ristagna le purgagioni delle donne, e le seconde : fa tornare la matrice al suo luogo, e manda fnora i parti. Il seme soo si d a fiutare a quegli, che ammutoliscono. A quegli che hanno il male ca duco, si d nell' aceto a misura d 'nn bicchiere. Se fosse bisogno bere acqua malsana, vi si sparge deotro trito ; e se si d con vino, mitiga le lassez ze del oorpo. Per cagione de' nervi e rallrappatione si frega con sale, aceto e mele a chi ha ritirati i nervi da I collo al capo, che lo fanno stare come rattoppa to. Beesi cotto contra i morsi delle serpi : contro quegli degli scorpioni, Irilo ancora nel vino,massi mamente quello che oasce in luoghi secchi. Tienst eh' egli abbia virt per le fessure, e nasoeoze della bocca, e per la tosse. Il fiore del fresco abbruciato ammazza le pulci pur con l ' odore. Senocrate d a fiutare un ramo di puleggio, rinvolto con la lana, a chi ha la terzana, innanzi l ' accesso, o lo mette sotto i panni del letto, e cos vi pone sa l'ammalato ; e questo mette fra i rimedii. Dtb
POLBCOIO

p B VULBOIO SILYBSTBI, X f l l l .

8AL VATI CO, l8.

LV. Silvestri ad eadem vis efficacior est, quod simile est origano, minoribus foliis, quam sali vam : et a quibusdam dictamnos vocatur. Gusta tum a pecore eaprisque, balatum concitat. Unde qnidam Graeci littera mutata blechona voca verunt. Natura tam fervens est, ut illitas paries exul ceret. Tussi in perfrictione fricari ante balnea convenit: et aute accessionum horrorem, convul sis^ et torminibus. Podagris mire prodest.

LV. Il selvatico ha maggior forza agli stessi efTetli, ed simile all' origano : ha foglie mioori che il domestico, e da alcuni chiamato dittamo. Mangiato dalle pecore e dalle capre, le fa belare ; onde alcuni Greci mutando le lettere lo chiama* rouo blecone. di natura s caldo, che dove si stropiccia, fa venire le coeciuole. Nella tosse conviene far le fregagioni innanzi al bagni i e per le convulsioni e i tormini, si d iouaasi il capriccio dell' accesso loro. Giova mirabilmente alle gotte.

6.

HISTORIARUM MUNDI LlB. XX. Dassi a bere con mele ssle a fegatosi, e fp che le marcia del polmone si possono spolare. utile alla milza col sale ; non che alla vescica, e a' Sospirosi e all* enfiagioni : cotto egualmente eoi sago corregge la matrice, e giova contra la scolopendra terresti e o marina, e contra gli scor pioni, e particolarmente contra il morso dell* uo mo. La sua radice fresca potentissima contra le piaghe che crescono. La secca fa levare le margini.
DELLA NEPITELLA, Q.

Hepaticis cam meile el sale bibendam datar : pulraooam vitia exscrea bilia facit. Ad lienem cam sale utile est, et vescicae, et suspiriis, et inflatio nibus : decoctum succo aequaliter, et volvas cor rigit : et contra scolopendra! terrestrem vel ma rinam: ilem scorpiones ; privatimqoe valet contra hominis morsum. Radix contra incresoentia ul cera recens potentissima. Arida vero cicatricibus decorem ad fert.

Da aapBTA, ix. LV1. Itera pulegio est nepelaeqae societas. Decoefa enim in aqua ad tertias discutiant fri gora, molieram que menstruis prosont. Et aestate tedaol calores. N epeta quoque vires contra ser pentes habet. F u m aro ex ea nidoremque fagiani, qaam et su b ste rn e re in raetu obdormitaris alile esi. Tusa ae g ilo p iis imponitor, el capitis dolori bus recens c a r a te rtia parte panis temperata aceto illinitor. S u c c u s e ju s instillatus naribos supinis, profluvium s a n g u in is sistit. Item radix, quae cum mjrti semine in passo lepido gargarizata auginis taedelur.

LV1. II puleggio e la nepitella hanno compa gnia insieme ; perciocch cotti nell* acqua fino alla terza parie levano il freddo, e giovano alle pnrgagioni delle donne. La state temperano il caldo. La nepitella ancora ha virt contra le serpi, perch* esse fuggono il profumo e I* odor suo. buono anco porla sotto a chi ha a dormire, ' egli avesse paura. Pesta si mette sopra una spe cie di mal d 'occhi, che viene ne' peli delle palpe bre, e fresca si pone alla doglia del capo con la lerza parte d un pane temperato con l ' aceto. Stando supino, e ricevendo il sugo nella nari, fa ristagnare il sangue del naso : cos anche la sua radice, la qnale, gargarizzandosene insieme con vin colto tiepido e con seme di mortine, guarisce i serramenti della gola.
D e l co n in o , 4 8 . D e l
conino sacvatico ,

Ds CON1BO,

T L V Ill.

Ds

CtMIHO SILVESTBI, XXVI.

26.

LY1I. C am inum silvestre est praeteoae, qua terni aut q u in is foliis velati serratis. Sed el sa tivo magnus usas, in stornaci praecipue remeDiscutit pitaitas, et inflationes, tritum et ara pane sumptum, vel potam ex aqua vinoque: tormina quoque et intestinorum dolores. Verumtameaomne pallorem bibentibus gignit. Ita certe ferunt Porcii Latronis, clari inter magistros di cendi, adsectatores, similitudinem coloris stndiis contracti imitatos ; et panilo ante Jaliam Vindilem adsertorem illum a Nerone libertatis, capta tione testamenti sic lenocinatura. Nariaro sangui nem pastillis inditam vel ex aceto recens sistit. E t oculorum epiphoris per se impositum, turoenfib as cum meile prodest. Iafaatibas imponi in v e n tre satis est. Morbo regio in vino albo a bali* n eis datur.

s 5. Aethiopicum maxime io posca, et in ecli gm ate eam meile. Africano paullatim urinae in continentiam cohiberi putant. Sativam datar ad

LVIl.il cornino sai valico sottile, ed ha quat tro o cinque foglie per posta, le qaali souo a modo di sega. Il domestico molto utile, mas simamente allo stomaco. Leva la flemma e la ven tosit, pesto e mangiato col pane, o bevuto nelI* acqna e nel vino : cos leva anche i tormini e le doglie delle badelle, ma fa pallido chi lo bee. Certo che dicono, come i discepoli di Porcio Latrone, uomo molto eccellente fra i maestri del dire, imitarono la somiglianza del colore acquistato dagli studii ; e poco avanti Giulio Vindice, che fa il primo a ribellar da Nerone e porsi io liber ti, us questo colore per allettare il principe a conferirgli onori sulla speranza della sua vicina morte, e quindi della sua eredit. Ristagna il san gue del naso, messovi sa ia pastelli, o mescolato fresco con 1*aceto. Guarisce le lagrimasioni degli occhi postovi per s, e agli enfiali giova eoi mete. Basta a* bambloi porlo sul corpo. A quegli die hanno sparso il fiele ri d a bere nel vin bianoo dopo i bagni. i 5. Il cornino Etiopico s impiastra col mele nella posca e in certo elettnario lambitivo dette eoligma. Aleaot tengono che l 'Africano abbia

6?

C. PLINII SECUMDJ

64

jocineris vilia tostum, Iriluro in aceto, lie n ad vertiginem. Iit vero quos acrior urina mordeat, in dulci Iriluro vino. Ad vulvarum vilia in vino: praeterque, impositis vellere foliis : testium tu moribus, tostum trilumque cum meile, aul cum rosaceo et cera.

Silvestre ad omnia eadem efficacius. Praeterea ad serpentes curo oleo, ad scorpiones, ad scolo pendras. Sistit et vomitionem nauseasque ex vino, quanlum adprehenderint tres digiti. Propter co lum quoque bibitur illiniturque, vel peoicillis fervens adprimitur fasciis. Slrangulaliones vulvae potum in viuo aperit, tribus drachmis in tribns cyathis vini. Auribus instillatur ad sonitus atque tinnitus cum sebo vitulino, vel meile. Sugillatis illinitur cum raelle, et uva passa, et aceto. Lenti gini nigrae ex aceto.

gran virt di ristagnare il flusso dell'orina. 11 domestico s' adopera arrostito a* difetti del fega to, e trito nell' aceto ; e cos ancora oonlra il capogirlo. A quegli che souo gravemente trava gliati dall' orina si d pesto con vin dolce. A' di* folti delle matrici si d nel vino ; a' quali in oltre sapplicano le toglie in velli di lana : a' gonfia menti de' testicoli si poue arrostilo, e trito non mele, olio rosalo e cera. Il salvalico ha maggior virt a tulle le mede sime cose. Olir di ci si d con olio conira il morso delle serpi, de#li scorpioni e delle scolo pendre. Col vino ferma il vomito e i fastidii dello stomaco, dato quanto se ne pu pigliare con tre dita. Beesi ancora per li dolori coliche impiastra si, o fattone come pennelli, si comprime eoo fa* scie. Bevuto nel vino apre le strangolazioni della matrice, pigliandone tre dramme in tre bicchieri di tino. Insellasi negli orecchi a coloro, a coi risaonano, con sevo di vitello, o con mele. Im piastrasi a' suggellali con mele, uva passa e aceto : e con l ' aceto pure alle lenligiui nere.
D ell'
am bi , i o .

Db aumi, x. LVUI. Est cumino simillimnm, quod Graeci vocant amrai. Quidam vero Aethiopicnna cumi num id esse existimant. Hippocrates regium ap pellat, videlicet quia efficacius Aegyptio judica vit. Plerique alterius naturae in lotura putant, quoniam sit exilius el candidius. Similis autem et huic usus : namque et panibus Alexandrinis subjicitur, et condimentis interponitur. Inflatio nes et tormina discutit. Urinas el menstrua ciet. Sugillata et oculorum epiphoras railigat. Cum lini semine scorpionum ictus in vino potum drachmis duabus, privatimque ceraslarum, oim pari portione myrrhae. Colorem quoque bibentium similiter mutat in pallorem. Suffitum cum uva passa et resina, volvam pnrgat. Tradunt facilius concipere eas, quae odorentur id per coitum.

LV111. Somiglia molto al cornino, quello che i Greci chiamano aromi. Alcuni tengooo ch 'ei sia il cornino Etiopico. Ippocrale lo chiama regio, perch lo giudic di maggior virt che l ' Egizio. Altri del tulio lo slimano d'allra natura, perch egli pi sottile e pi bianco. Per nell' uso simile ad esso ; perocch ili Alessandria si matte nel pane, e adoperasi necondimenti. Scaccia gli enfiati e i torni ini. Provoca l'orina, e le purgagio ni delle doune.iVliligu i suggella ti, e le lagrimazioni degli occhi. Bevulone due dramme nel vino eoo seme di lino medica il morso degli scorpioni ; e particolarmente quello delle ceraste, con eguale porzione di mirra, t'a similmente veuire pallidi coloro che lo beono. Fattone profumo con avo passa, o con ragia, purga le matrici. Dicono che quelle donne, le quali usando il coito lo fiutano, facilmente ingravidano.
D el
cappero,

De a r m i , xviu.
LIX. De cappari satis digimos inter peregri nos frutices. Non ulendum transmarino : inno* f.enlius Italicam est. Ferant, eos qui qaotidie id edunt, paralysi non periclitari, nec lienis dolo ribus. Radix efus vitiligines albas tollit, si trita in sole firicenlur. Splenicis prodeat in vino potas radicis cortex duabus drachmis, dempto balinea rum au. Ferontque xxxv diebus per orinavi et ivom totum lienem emitti. Bihilar ia lamboram doloribus, ac paraijrti. Dentiam dolorea aedat

8.

LIX. De1capperi abbiamo ragionato abbastan za fra gli sterpi forestieri. Non da usare l ' o ltre marino : l ' Italiano manco pericoloso. Dicono che chi gli asa ogui di non senle il parietico, n dolore di milza.La sua radice leva le vitiligiui bian che, cio la morfa, se pesta vi si stropiccia su a l sole. La corteccia della radice a peso di due dram me bevuta nel vino giova a quegli che hanno il male della milza, levato l ' uso de bagni. Dicono che in trenta cinque giorni per V orina e per ae-

63

HISTORIARUM MUNDI UB. XX.

G 6

trilum ex aceto semen decoctam, vel manducata radix. Infunditur et aurium dolori decoctam oleo. Ulcera quae phagedaenas vocant, folia et radix recens cura meile sanant. Sic et strumas discntit radix : parotidas, vermicolosque cocta iu aqua. Joci neris quoque malis medetur. Dant et ad taenias in aceto et meile. Oris exulcerationes io aceto decocta tollit : stomacho inutile esse inter anciores convenit.

cesso si getta tutta la milta. Beesi per la doglia de* lombi, e per lo parietico. Il seme suo pesto, e cotto nell' aceto, mitiga il dolore de* denti, ovve ro masticando la radice. Metlesi negli orecchi, quando dolgono, cotto nell* olio. Le soe foglie, la radice fresca eoi mele guarisoe quelle piaghe* che si chiamane fagedene. Cos la radice manda ancora via le gavine, e cotta nell1acqua le poste me intorno agli orecchi, e i vermini. Medica pa rimente i mali del fegato. Dassi con I* aeeto e col mele contra le tignuole e i vermini. Cotta nellaceto sana le vesciche della bocca, ma s'ac cordano gli autori eh' ella inutile allo stomaco.
D el
ligustico o farace ,

De

lig u s tic o ,

sivr.

fa ra c e ,

iv.

4>

LX. Ligusticum (aliqui panacem vocant) sto macho utile est. Item convulsionibus et inflatio* ibus. S ont et qui cunilam bubulam appellave rint, ut diximus, falso.
D b CUVILA BOBULA, V.

LX. Il ligustico (chiamata da aleoni panace) utile allo stomaco, alle convulsioni, e alle ven tosit. Alcuni ancora, come abbiamo detto, lhan no chiamata conila bubnb, ma a torto.
D ella
curila bubcla ,

5.

LXI. 16. Conilae praeter sativam plura sunt in medicina frener. Quae bnbnla appellatur, semen pulegii habet, utile ad vulnera comman ducatum impositumqne, ut quinto post die solvatnr. E t contra serpentes in vino bibitur, ac tritum plagae imponitur. Vulnera ab iis facta perfricantur. Item testudines cum serpentibus pugnaturae hac se muniunt : quidamque in hoc oso panaceam vocant. Sedat et tumores, et viri liora mala, sicca, vel foliis tritis, in omni nsu mire congruens ex vino.

LXI. 16. Della conila, oltra la domestica, sono pi sorti in medicina. Quella che si chiama bubu la, ha seme come il paleggio, che i alile alle ferita masticato, e postovi so, ma si lascia sciogliere fino al quarto giorno. Beesi ancora in vino contra le serpi, e pesto si mette sulla piaga, e le ferite da quelle latte si stropicciano. Le testuggini quando hanno a combattere con le serpi, si mu niscono con questa erba, e alcuni per questo toso la chiamano panace. Mitiga anche gli enfiati, a i mali del membro virile, seeea, o con le foglie peste ; ed i ottima in ogni uso mesoolata col vino.
D ella
curila gallinacea , ovvero obigaro ,

Db c u r i l a

g a l l i n a c e a , s iv e o b ig a r o , v .

5.

LXII. Est alia cunila, gallinacea appellata no stris, Graecis origanum Heracleoticam. 'Prodest oeolis trita addito sale. Tussim quoque emendat, et jocinerttm vilia. Laterum dolores cum farina, oleo et aceto in sorbitionem temperata. Praeci pue vero serpentium morsos.
D e ccrilagire, viti.

LXII. cci on*altra cunila, chiamata da* no stri gallinacea, da* Greei origano Eradeotico. Questa col sale pesta giova agli occhi, scaccia la tosse e i difetti dd fegato. Caccia la doglia del fianco con farina, olio e aceto stemperata in be vanda. Ma soprattutto guarisce i morsi delle serpi.
D ella
corilagirb ,

8.

LXIII. Tertium genus est ejus, quae a Graeci* mascula, # nostris cunilago vocatur, odoris foedi, radicis lignosae, folio aspero. Vires ejus vehementissimas in omnibus generibus earum (radunt. Manipulo quoque ejus abjecto, omnes a tota domo blattas convenire ad eain. Privatilo Aversus scorpiones ex posca pollere. Tribus fofai ex oleo peruncto homine, fugari serpentes.

LXIII. La teria sorte chiamata da* Greci maschia, e da* nostri cunilagine, di brutto odore, di radice legnosa, e di foglie aspre. Dicono che in tuiti i generi suoi ha grandissima forza, e ancora, che gittatone un mazzo per terra, tutte le piattole della casa si raunano ad essa ; ma particolarmente con la posca vale conira gli scorpioni. L'uom * unto con tre foglie bagnate nell' olio fa fuggire
le serpi.

g7 Di
curila , iio l l i ,

C. PLINII SECUNDI i. Di
cubila libarotide , i u .

D ella

curila m olle ,

S. D ella 3.

curila liba-

otidb ,

LXIV. E contrario qaae mollia voealar, pilo siori bas foliis se ramis acalealij, tril* mellis odo* rem habet, digitis tacta ejus cohaerescentibus. Altera thuris, quam libanotidem appellamus. Me detur utraque contra serpentes ex vino vel aceto. Pulices etiam contritae cum aqua sparsae necant.

LXIV. Per Io contrario quella che si chiama molle, ha le foglie pi pilose, e i rami appuntati : pesta ha odore di rode, e le dita si appiccano insieme a toccarla. L'altra che si chiama liba notide, ha odore d 'incenso. Luna e l ' altra con vino, o aceto, vale contra le serpi. Peste e sparse con l acqua ammazzano le pulci.
D b l l a c u r i l a s a tiv a , 3. D e l l a c u r i l a m o r ta s a , 7 .

D b c u r i l a s a tiv a , h i. C o n ila m o k ta r a , vii.

LXV. Sativa quoque suos usus habet. Succus ejus cum rosaceo auriculas juvat. Ipsa ad ictus bibitur. - F it ex ea montana, serpyllo similis, efficax contra serpentes. Urinam movet: purgat et a partu mulieres. Concoctionem mire adjuvat, et ad cibos aviditatem. Utraque vel in cruditate je junis in potione aspersa. Luxatis quoque utilis. Contra vesparum et similes ictus, ex farina hor deacea et posca, utilissima. Libanotidis alia genera suis dicentur locis.

LXV. La domestica ancora ha le sue virt. Il sugo suo con olio rosato giova agli orecchi. Beesi a guarir delle percosse. Fassi di questa la montana, simile al aermollino, possente contra le serpi. Muove 1 orina, e * purga le doune dopo il parto. Aiuta mirabilmente la digestione, e fa venire appetito di mangiare. L una e l ' altra si d nel bere a digiuno a chi non ismaltisce. utile ancora a quegli che hanno i membri usciti del luogo loro. Con farina d orzo e posca utilissima contra le vespe e simili pun ture. Dellaltre sorti della libanotide si ragioner al suo luogo.
D el tlFEKlTBy o SILIQUASTRO, 5.

D b V1PBR1TIDB, SIVB SILIQUASTRO, V.

LXVI. 17. Piperitis, quam et siliquastrum appellavimus, contra morbos comitiales bibitur. Castor et aliter demonstrabat, caule rubro et longo, densis geniculis, foliis lauri, semine albo, tenui, gustu piperis, utilem gengivis, dentibus, oris suavitate, et ructibus.

LXVI. 17. 11 piperite, il quale chiamammo ancora siliquastro, si bee contra il opale caduco. Castore lo dimostrava altrimenti, dicendo ch'egli ha il gambo rosso e lungo, con nodi spessi, e fo glia d'alloro, con seme bianco e sottile, con gusto di pepe, utile alle gengie, a' denti, alla soavit della bocca, e a rutti.
D e l l ' o r io a v o o r i t i , o p x asio , 6 .

D b ORIOARO OBITI, SIVB FRASIO, VI.

LXVII. Origanum quod in sapore cunilam aemulatur, ut diximus, plura genera in medicina habet: onitin vel prasion appellant, non dissimile hyssopo. Privalim ejus usus contra rosiones sto machi in tepida aqua, et contra cruditates : con tra araneos scorpionesque in vino albo : luxata et incussa in aceto, et oleo, et lana.

LXVII. L 'origano, il quale nel sapore sl mile alla cunila, come dicemmo, ha pi specie in medicina, e chiamasi oniti, ovvero prasio, ed poco differente dall'issopo. Questo buono parti colarmente alle rosure dello stomaoo e alla crudit con l ' acqua tiepida, e contra i ragui e gli scor pioni col vin bianco. Pei membri sconci, o am maccati, utile in aceto, olio e lana.
D e l tr a g o rig a r o , 9 .

D b t r a g o r i g a r o , ix .

LXVIII. Tragoriganum similius est serpyllo silvestri. Urinam ciet, tumores discutit, contra viscum potum, viperaeque ictum efficacissimum, slomachoque acida ructanti, et praecordiis. Tui

LXVUI. Il tragrigano smile al sermollino salvalico. Muove l'orina,leva gli enBali, poten tissimo a berlo contra il viseo, al morso della vipera, c allo stomaco che fa rutti acetosi, e agli

&>

HISTORIARUM MUNDI L1B. XX.

70

sientibus qaoqae eam meile dalur,et pleuriticis, el peripneumonicis.

interiori viziati. Dassi alla tosse, e a quegli che haono il male del fianco, e a quegli che hanno male al polmone. D iu . origavo rra cu o : m e 3. Midichw , 3o. LX1X. L eraclio aneora di tre ragioni. U pi nero ha le foglie pi larghe, ed glutinoso. 11 secondo ha foglie minori, e morbide, e no differente dsl sansuco, il quale alcuni vogliono piuttosto chiamare prasio. La terza speeie in mezzo di queste due, ma meno possente. 11 Candiotto ottimo, perch egli ha eziandio mi gliore odore. Dopo questo lo Smirneo, pi odo roso, e dipoi 1 Eracleotico, il quale chiamano * oniti ; e questo pi alile a bere. Comunemente buon per cacciar le serpi, per darlo cotto a mangiare a* percossi, per muover P orina a chi lo bee, per medicare le rotture e le convulsioni, mescolato con radice di panace.Colto infino alla sesta parte con fichi e con issopo, a misura d1un bicchiere medica i rilruopichi. Gua risce scabbia, rogna e pizzicore ; ma vuoisi pren dere in sulP ire al bagno. Il sugo suo eon latte A mette negli orecchi. Medica gli enfiati della gola e della ugola, e ancora le ulcere del capo. Colto e bevuto con cenere in vino spegne il veleno deir oppio e del gesso. Bevuto a misura d' un bicchiere mollifica il corpo. Fassene empiastro ai suggellati, non che al dolore de1denti, coi con mele e con nitro fa bianchi. Ristagna il sangue del naso. buono con farina d orzo alle posteme degli orecchi. All asprezza delle arterie si pesta cou galla e mele. Alla milza giovano le sue foglie eoi mele e col sale. Colto con l1aceto e col sale, e preso a poco a poco, assottiglia la flemma grossa e nera. Trito con P olio si mette ne' bachi del naso a coloro che hanno sparso il fiele. Gli stan chi s'ungono con esso, ma per in modo che il ventre non si tocchi. Sana le Goccinole,o bolloline rosse che vengono sul dosso, mescolato con pece. Trito col fico apre S ciccioni, e con olio, aceto e farina d'orzo sana le scrofe. Impiastrato col fico guarisce i dolori del fianco. Pesto e impiastrato eon aceto sana il flusso del sangue nelle parti genitali, e le reliquie delle purgagioni del parto.
D el
lrp id io ,

Da origavo hm acuo : g e rir ui. Mrdicirab m . LX1X. Heraeliom qaoqae tria genera habet, nigrius, latiorbas foliis, glaiinosam. Alleram exifioribas, mollias, sampsucho non dissimile, qood aliqai prasion vocare malnnt. Tertiam est ioter haee medium, minas qaam cetera efficax. Optimum aatem Creticam; oam et jocande olet. Proximam Smyrnaeum, odorius. Heracleoticam, ad potam a tilias, qaod onitin vocant.

Communis autem usos serpentes fugare, per* cossis esui dare decoctum, potu urinam ciere, ra ptis, convulsis mederi cum panacis radice, hydropicis oam fico, aut cum hyssopo, acetabuli men suris deooetnm ad sextam. Item ad scabiem, pruriginem, psoras, in descensione balinearum. Sue* cus auribus infunditor cum lacte. Tonsillis quo que et avis medetar, et capitis ulceribus. Venena opii et gypsi extinguit decoctnm, si eum cinere in vino bibatur. Aivam mollit acetabuli mensura. Sugillatis illinitur. Item dentium dolori, quibus etiam et candorem facit, cum meile et nitro. San guinem narium sistit. Ad parotidas deeoqoilur cum hordeacea farina. Ad arterias asperas cum galla et meile teritor : ad lienem folia cum meile et sale. Crassiores pituitas et nigras extenuat co ctam cam aceto et sale, sumptum paullatim. Re* gio morbo tritam cam oleo in nares infunditur. Lassi peranguntur ex eo, ita ut ne venter attin gatur. Epioyctidas cam pice sanat Furanoulos aperit cum fico trita : strumas cum oleo et aceto et brina hordeacea. Lateris dolores cum fico illi tum. Fluitone* sanguinis in genitalibus tusum, et acelo illitum. Reliquias purgationum a partu.

l e p id io ,

n i.

3.

LXX. Lepidium inter urentia intelligitur. Sie et in lacie entem emendat exulcerando, ut tamen cera et rosaceo facile sanetur. Sic et lepras, et psoras tollit s e m p e r facile, et cicatricum ulcera. Tradunt in dolore dentium adalligatum brachio <{u doleat, convertere dolorem.

LXX. Il lepidio va fra le cose che riardono. Esso emenda la pelle pur nella faccia, cos impia gandola. che nondimeno con la cera e con 1 olio * rosato facilmente si sani. Cos sempre e facilmente leva via la lebbra, e la rogna, e le rotture delle cicatrici. Dicono che leva il dolore de1denti le galo al braccio da quella parte, dalla quale duole.

7'

C. PLINII SECONDI

7*

De

gith , site velabtbio , xxiii .

D el

git ,

o h e l a h t i o , a3.

LXX1. Gilh ex Graecia, alii melanthium, alii


melanaperraoD vocant. Optimum, quam excita-

tissimi odori*, et quam nigerrimum. Medetur aerpeotiom plagia et scorpionum. Illini ex aceto ac malle repe rio, incenaoque aerpeolea fugari. Bi bitor drachma una et contra araneos. Distillationem narium discutit tusum in linteolo olfa ctam. Capitis dolores illitum ex aceto et iufusum naribus. Cam irino oculoram epiphoras et tumo re*. Dentiam dolores coctum cum aceto. Ulcera oris tritam aut commanducatum. Item lepras et lentigines ex aceto. Diffiealtates spirandi addito nitro potam. Doritias, tumoresque veteres, et suppurationes, illitam. Lacte mulierum auget continuis diebus sumptum. Colligitur succusejus, t hyoscyami. Similiterque largior, venenum est, quod miremor: quum semen gratissime panes etiam condiat. Oculos quoque purgat: urinam et menses cieL Quinimmo linteolo deligatis lantom granis xxx secondas It ahi reperio. Ajunt et clavis io pedibus mederi tritum in urina : calices suffilu necare: item muscas.

LXXJ. II git alcuni Greci Io chiamaoo melati* lio, altri melaspermo. Ottimo quello che ha grandissimo odore, ed nerissimo. Medica le fe rite delle serpi e degli scorpioni, lo truovo che egli a' impiastra col mele e con I1aceto, e arden dolo fa fuggire le serpi. Beesene una dramma par contra i ragni. Pasto in un lenzuolo e fintato ristagna le distillazioni del naso. Impiastrato oon 1 aceto, e iofoso nel naso, leva il dolore del capo. * Con lo irino guarisce le lagrime degli occhi e gli enfiati j e cotto nell* aceto, il dolore de* denti. Pesto o masticalo guarisce le crepature della bocca ; e con 1 aceto, la lebbra e le lentigini. * Beesi col vino contra la difficolt del respirare Impiastrato guarisoe le durezze, gli enfiati vecchi, e le suppurazioni. Presone ogni giorno accresce il latte delle donne. Raoeogliesi il sago oo, eome quello del giusqaiaoto. Similmente preso in trop pa abbondanza veleno, di che mi maraviglio molto, perciocch il seme suo si mette per ooaa delicatissima nel pane. Purga gli occhi ancora, provoca Porina, e le purgagioni delle donne. Di pi, truovo che legatone in una pezzolina solo trenta granella, cava le seconde. Dieono ancora, che pesto nell orina guarisce i chiodi, ovvero dccioni ne piedi. Il suo profumo ammazza le cantare e le mosche.
D ell * a b i c e ,
o a m c b to , 6 i .

De

a k b s o , s iv e a m c b t o , l x i .

LXX11. E t aoesom adversus scorpiones ex bibitor, Pythagorae inter pauca laudatum, sive crudum, sive decoctum. Item viride aridumve, omnibus quae condiuntur, quaeque intingan tur, desideratum. Panis etiam cruslis inferioribus subditum. Saccis qooqoe additur: cum amaris nucibus vina commendat. Qoin ipsum oris hali tum jucundiorem facit, foetoremque tollit man ducatum matutinis eum smyrnio,et meile exiguo, mox vino collatum. Vullum juniorem praestat. Insomnia, levat suspensam in pulvino, ut dor mientes olfaciant. Appetentiam ciborum p raestat, qoando id quoqqe ioter artificia deliciae fecere, ex quo labor desiit cibos poscere. Ob has causas qvidam anicetum id vocavere.
Vino

LXXII. Gli anid si beono col vino contra gli scorpioni. Pitagora gli loda molto o crudi, o cotti.Sieno verdi, o secchi, son motto desiderati in tutte le cose che si condiscono, e che s* intingono. Mettonsi sotto la crosta inferiore del pane. Ag* giungonsi ancora a*sacchi da colare il vino, e con le noci amare fanno i vini migliori.Di pi fanno anco migliore Palilo della bocca, e lievano il puzxore, masticati la mattina con lo smirneo e nn poco di mele, dipoi bagnati col vino; ed anche fanno parere il volto pi giovane. Se s* appiccano aopra il piuraacdo, in modo che quegli che dormono gli fintino, levano i sogni. Fanno venire appetito di mangiare, poich le delizie posero questo an cora tra gli artificii, di destar Tappetilo auche in altro tempo, che quando desto dalla fatica e dal l'esercizio. Per questa cagione alcuni chiamarono queslo erbaggio anicelo.

niSTOfilARUH MONDI LIB. XX.


Ubi o m w n i ,
e t b b l iq u a b m b d ic ib a b b x b o .

74

DOVB SI TftOVf IL MIGMOBB, B DELLE ALTEE MEDICIKB CBB SI PABBO DI ESSO.

LXXUI. Laudatissimam est Creticum, proxi* tura A tfyptiom . Hoc ligostici vicem praestat in eoadimentis. Dolores capitis levat suffitum nari bus. Epiphoris oculorum renor radicem ejus tassm im ponit: lolla* ipsum cum croco pari modo et vino, e t per se tritum eum polenta ad magnas finzione*, extrahendisque, si qua in oculos inci derint. Narium quoque cardnodes consumit illitom ex aqua. Sedat anginas cum meile et hyssopo ex aceto gargarizalum. Auribus infunditur cum rosaceo. Thoracis pituitas purgat tostura : eum roelle sumptam, melius. Cura acetabulo anesi nu ces amaras i. purgatas tere i meile ad tossina. Facillime vero anesi drachmae tres, papaveris duae miscentur meile ad fabae magnitudinem, et ternis diebus sumuntur. Praecipuum antera est d ructus: ideo inflationibus, et coeliacis mede tur. Singultus et olfactum decoctum potumque inhibet. Foliis decoctis digerit cruditates. Suc cus decocti cum apio olfactus sternutamenta inhi bet Potum somnum concitat: calculos pellit: vomitiones cohibet, et praecordiorum tumores, fct pectorum vitiis, nervis quoque, quibus succin ctum est corpus, utilissimum. Prodest el capitis doloribus instillari succum cum oleo decocti. Non aliud utilius veniri et intestinis putant : ideo dysenlericis et in tenesmo datur toslum. Aliqui addunt et opium, pilulis in die lernis lupini ma* gnitudine in vini cyatho dilutis. Dieuches el ad lumborum dolores succo usus est. Seroen hydro picis, et coeliacis dedit trilum cum menta : Evenor radicem ad renes. Dalion herbarius partu rientibus ex eo cataplasma imposuit cum apio : item vulvarum dolori ; dedilque bibendum cum anelho parturientibus. Phreneticis quoque illinivit recens cura polenta. Sic el infantibus comi tiale vitium,aut contracliones sentientibus. Pytha goras quidem negat corripi vilio comitiali io manu habentes: ideoque quaropluriroum domi sereodum. Parere quoque facilius olfactantes. Et slatini a partu dandum polui polenta aspersa. Sosimenes conira omnes durilias ex aceto usus est eo, et contra lassitudines, in oleo decoquens ad dilo nitro. Semine ejus poto, lassitudinis auxilium viatoribus spopondit. Heraclides ad inflationes stomachi semen tribus digitis cum castorei obolis duobus ex mulso dedit. Similiter ad veniris aut intestinorum inllationes. Et orlhopnoicis, quod Urnis digitis prehenderit seminis, tanluradera hyoscyami cum lacte asinino. Multi vomituris acetabula ejus et folia lauri decem trita in aqua, Sbenda inter coenam suadent. Strangulatus vul-

LXX1II. Eccellentissimo il Candiotlo, poi l1Egizio. Questo serve n e'condimenti in luogo del ligustico. Fattone profumo al naso leva i do lori del capo. Evenore pone la sua radice pesta sulle lagrimatoie degli occhi, lolla lo adopera con eguale misura di gruogo e vino, e pesto di per s con polenta contro le gran flussioni, e per cavare d che fosse caduto negli occhi. Bagnalo con I1acqua consuma le putrefazioni del naso, che sono come specie di cancheri. Stato nell' aceto, e gargarizzato con mele e issopo, leva gli strangu glioni. Mettesi negli orecchi con I' olio rosato. Arrostilo porga la flemma del petto, e meglio pigliandolo eoi mele. Pesterai nel mele cinquanta nod amare purgale con un bicchiere d 'anici con. tra la tosse Facilisaimameole tre dramme d'anici e due di papaveri si mescolano col mele alla gran detta di una fava, e pigliausi in tre giorni. So prattutto per i utile a'rutti, e perd medica 1 enfiagioni dello stomaco, i tormini delle budelle, e i flussi di ventre. Fintalo cotto e bevuto leva il singhiozzo.Con le foglie co Ite fa smal li re le indige* siioni. Ifsugo suo cotto con l'appio e fiutato leva 10 starnulo.Bevuto fa dormire, fa gillare la pietra, ritiene il vomito, e le enfiagioni degl'interiori. utilissimo ancora 'difetti del petto, e a' nervi, dai qoali il corpo attorniato. Il sugo degli anici cotti nell'olio giova a instillarlo alla doglia dd capo.Non c' cosa pi utile al corpo e agl' interiori, e per ci si danno arrostili al male de' pondi, e a quel male che patisce il corpo, quando non pu man dar fuori il cibo smallilo. Alcuni v1aggiungono tre pillole d'oppio per giorno, grandi quanto un lupino, stemperale in un bicchier di vino. Dieuche ne qs il sugo alle doglie de'lombi ; e il seme diede a' ritruopichi, e a quegli che hanno lo sto maco debole, trito con la menta. Evenore ne us la radice pel male delie reni. Oalione erbario n* fece empiastro con appio alle donne che partori scono, e a' dolori delle matrici, e diedelo anche bere con lo aneto alle donne di parlo. Ancora fresco lo impiastr con la polenta ai frenetichi ; e ai bucinili, che abbiano il male caduco, o rat toppino. Pitagora afferma che quegli che lo ten gono in mano non souo assaliti dal male caduco) e per questo da seminarne assai uegli orti do mestici. Dice egli ancora, che pi agevolmente partoriscono le donne che lo (lutano. Subito dopo 1 parto si debbe dare a bere, sparsavi sopra la 1 polenta. Sosimene 1 us con l'aceto conira tulle ' le durezze, e contra le tassazioni, cocendolo nell'olio, aggiuntovi il nitro. Il sogo suo bevuto

C. PLINII SECONDI vae, si manducetur et linatur calidam, vel si bi batur cum cailoreo io aceto et meile, sedat. Ver tigines a partu cura semine cucumeris et lini pari mensura ternum digitorum, vini albi tribus cya this discutit.

7C

Tlepolemns ad quartanas ternis digitis semi nis anesi et feniculi usos est in aceto et mellis cyatho uno. Lenit articulares morbos, cum ama ris nucibus illitum. Sunt qui et aspidum venenis adversari naturam ejus putent. Urinam ciet. Si tim cohibet. Venerem stimulat. Cum vino sudo rem leuiter praestat. Vestes quoque a tineis de fendit. Efficacius semper recens, et quo nigrius. Stomacho tamen inutile est, praeterqoam in flato.

aiuta molto coloro che camminano. Eraclide lo diede contra le enfiagioni dello stomaco, quanto si piglia con tre dita, con due oboli di castoreo stato nel vin melato ; e similmente contra le en fiagioni del corpo e degl'interiori; non ch ea quegli che hanno lasima, quel tanto di seme che si piglia con tre dita, e altrettanto di giusquiamo con latte asinino. Molti consigliano che se ne din a bere fra la cena a quegli che hanno a vomitare, con dieci foglie d'alloro trite nell'acqua. Se si ma stica, e fregasi caldo, leva le soffocazioni della matrice; o se si bee col castoreo nell'aceto e mele. Leva i capogirli che vengono dopo il parlo, pi gliandone quanto se ne toglie con tre dita, con seme di cooomero e di lino ad eguai misura, e con tre bicchieri di vin bianco. Tlepolemo us il seme degli anici e del finoe chio alle quartane, quanto se ne pu pigliare eoo tre dita, pesto nell'aceto con un bicehier di mele. Impiastrato con noci amare mitiga i morbi arti colari. Sono alcuni che credono che la natura sua sia contra il veleno dell' aspido. Muove l orina ; spegna la sete ; stimola la lussuria. Preso eoi vino fa leggermente sodare. Difende eziandio le vesti dalle tignuole. 11 fresco sempre pi possente, e quanto egli pi nero. Nondimeno inutile allo stomaco, fuor che al ventoso.
D e l l ' a h b to , 9 .

Db

ahbtbo , ix .

LXXIV. 18. Anethum quoque ructus movet, et tormina sedat. Alvum sistit. Epiphoris radices illinuntur ex aqua vel vino. Singultus cohibet iemen fervens, olfactum. Sumptum ez aqna, sedat cruditates. Cinis ejus uvam in faucibus levat: oculos et genituram hebetat.

LXXIV. 18. L'anelo anch'egli muove il rutto, e mitiga i lormini. Ferma il corpo. Delle sue radici si fa impiastro alle lagrime degli occhi con ac qua e con vino. Fiotando il seme suo caldo ritie ne i singhiozzi. Preso con l ' acqua fa smaltire. La sua cenere leva l ' ugola nella gola, ingrossa la vista e indobolisce la genitura.
D e l S1C0PB5I0, o sagapeho , i 3.

D e sacopkhio , s iv b sagapeuo , x iii .

LXXV.Sacopeninm, quod apud nos gignitur, in totum transmarino alienatur. Illud enim ham moniaci lacrymae simile, sagapenon vocatur. Pro dest laterum et pectoris doloribus, convulsis, tussibus vetustis, exscreationibusque, praecordio* fora tumoribus. Sanat et vertigines, tremulos, opisthotonicos, lienes, lumbos, perfrictiones. Da tur et olfactandum ex aceto in strangulatu vul vae. Ceteris et potui datur, el cum oleo infrica tur. Prodest et contra mala medicamenta*

LXXV. II sacopenio nostrale differente af fatto dall'oltramarino . Perciocch quello e h ' simile alla lagrima dell'ammoniaco, si chiama sagapeno. Giova a' dolori del fianco e del petto, agli sconvolti, alla tosse vecchia, e agli enfiati delle interiora. Guarisce i capogtri, i tremiti, gli spasimi, che per ritirare i nervi tirano la testa in dietro verso le spalle, le milze, i lombi e i bri vidi. Dassi a fiutare ancora con l aceto nella sof focazione della matrice. Agli altri mali si d bere, e si stropiccia con olio. Giova ancora con tra le malie.

77

HISTOHIAROM MUNDI L1B. XX. DsL PAPAVERO


B1ABC0 ,

De r m v i u a l b o , u t . D b m p a t e u n i g e o , v i n . Db s o p o r e : d b o m o , i . C o h t r a p o t i o r e s q d a s mtrfuvooft b t Xntynrufirovi-, e t < r e - r r / x d j , e t xotXtaxs v o c a n t . Db m b c o m o , i . Q o o m o d o


SCCCCS HERBAEGM COLL1GBBDUS.

3. Del

NEBO,

8. DbL SAPO
bbvandb cb

RE : d e l l o p p i o , i . C o b t e o l i b C1L1ACHE.

APPELLANO AHODIlfl, E LBSS1P1ERTI, B PEPTICHE

D el

m b c o b io , i . C o m e s ' a b b i a a

E ACCORRE IL SUGO DBLL' ERBE.

LXXVI. Noi abbiamo raccontato tre specie de'papaveri che si seminano, e abbiamo promesso altre cose di quegli che nascono da s stessi. Il calice de' bianchi domestichi si pesta, e beeai per dormire. 11 seme medica una specie di lebbra, che si chiama elefanz/a. Del papavero nero si ge nera sopore, intaccandone il fusto quando in grossa, come consiglia Diagora. lolla per vuole che ci si faccia quando esso fiorilo, in an'ora di d sereno, cio quando la rugiada rasciulta. Vogliono che si intacchi solto il capo e il calice. N in altra specie s 'intacca il capo stesso. Questo sugo, come d'ogni altra erba, si riceve Succos et hic, el herbae cufoscomqne lana excipitur : aut si exiguus est, angue pollicis, ot uella lana; o s' poco, nell'ugna del dito grosso, come quel della lattuga; e il giorno seguente quello lsclads,et postero die magis quod inaruit. Papa veris vero largus densatur, et in pastillos tritus eh' risecco. Il sugo del papavero ch' abbondan io umbra siccator, non vi soporifera modo, ve te, si rappiglia, e in pastelli si secca allombra, e rum si copiosior haoriator, etiam mortifera per chiamasi oppio, il quale non solamente fa dor mire, ma ancora pigliandone troppo f morire. somnos : opium vocant. Sic scimus interemptam Cos sappiamo che mor il padre di Postumio Li Postumii Licinii Caecinae praetorii viri patrem ia Hispania bavili, quum valetudo impatibilis cinio Cecina, stalo pretore in Ispagna, essendogli diam vitae fecisset : item plerosqoe alios. Qua per la sua mala disposizione venuta in odio la de causa magna concertatio exstitit. Diagoras el vita ; e cos molti altri. Per la qual cosa questo Erasistratus in totum damnavere, ut mortiferum, sugo suscit tra i medici gran differenza d'opi nioni. Diagora ed Erasistrato lo vietarono affatto, iofondi vetantes. Praeterea, quoniam visui noce ret. Addidit Andreas, ideo non protinos excaecari come cosa mortifera; e di picche nuoce alla vista. Scrive Andrea che non accieca subito,.. perch eo, quooiam adulteraretur Alexandriae. Sed po ' stes usus ejus non improbatus est medicamento egli falsificato in Alessandria. Ma dipoi 1 uso nobili, qood diacodion vocant. Semine qooque d'esso non tennesi cos biasimevole, per un nobile ejos trito in pastillos, e lacte utantur ad somnum: medicamento che se ne fa, il quale si chiama diaitem ad capitia dolores cum rosaoeo : cum hoc et codio. Usasi ancora per far dormire il seme suo aurium dolori instillatur. Podagris illinitur cum pesto con latte in pastelli ; e anco per la doglia hete mulieratn~ Sic et foliis ipsis otootnr. Item del capo con olio rosalo. Questo anche si stilla d sacros ignes e t vulnera ex aceto. Ego tamen negli orecchi, quando dolgono. Ponsi sulle gotte damnaverim collyriis addi : multoque magis quas con latte di donna. Cos ancora usano le sue vocaot lexipyretos, qnasque pepticas et coeliacas. foglie. Al fuoco sacro, e alle ferile lo usano con Nigrum tamen coeliacis in vino dator. Sativam I*aceto. Io per biasimerei chi ne mettesse nelle omne majus: rotanda ei capita; at silvestri longa medicine da occhi, e molto pi chi in quelle, che ac pusilla, et ad omnes effectas valentior a. Deco son medicine da febbri, e da smaltire, e al flusso quitur et b ib itu r contra vigilias: eademqae aqua del corpo per debolezza di stomaco. Nondimeno fovent ora. O ptim am in siccis, et abi raro pluat. il papavero nero si d col vino al detto flusso di Quum capita ipsa et folia decoquuntur, saccus ventre. Quegli che si seminano, tutti fanno i capi pi tondi. I salvatichi lo fanno lungo e sottile, ma mecooium vocator, multum opio ignavior. pi possente ad ogni suo uso. Cuocesi, e beesi contra le vigilie ; e con quella acqua si bagna la bocca. Sono ottimi in luoghi secchi, e dove piove di rado. Quando essi capi e foglie si cuocono, il sugo si chiama meconio, che molto pi de bole che l ' oppio.

LXXVI. Papaveris sativi tria diximus genera: et sponte nascentis alia promisimus. E sativis, albi calyx ipse teritor, et e vino bibitor somni cansa. Semen elephantiasi medetur. E nigro papavere sopor gignitor scapo inciso, nt Diagoras suadet, quum turgescit: ul Iollas,quum deflorescit,hora sereni diei, hoc est, quum ros in eo exaruerit. In cidi jubent sub capite et calyce. Nec in alio genere ipsam inciditur caput.

79

C PUNII .

SECONDI

Bo

Experimentum opii est primum io odore : sincerum enim perpeli non est: raoi in lucerai*, ut pura luceat flamma, et at ei Linctum demam oleat : quae in fucato non eveniunt. Accenditur quoque difficilius, et crebro eztinguitur. Est in ceri experimeutum et in aqua, quoniam in nu bila innatat : fictum in pustulas coit.

Sed maxime miniai, aestivo sole deprehendi. Sincerum enira sudat, et se diluit, donee auoco recenti simile fiat. Mnesides optime servari putat hyoscyami semine adjecto: alii in faba.

II primo esperimento dell' oppio nell' odo re. perch il sincero e schietto non si pu patire : dipoi nelle lucerne, che la fiamma riluca pura, o finalmente spento getti odore ; le quali cose non avvengono nel falsificato. In oltre pi difficil mente s 'accende, e spesso si spegne. Fassi ancora l esperimento dello schietto nell' acqua, perch il vero galleggia sopra l* acqua a guisa di nugola, dove il falsificato ri raccoglie in bolle. Ma gran maraviglia, eh* e' si conosca al sole di state. Perciocch lo schietto suda, e si scioglie fin che *i fa simile al sugo fresco. Mneside dice che si conserva benissimo aggiugnendovi seme di giusquiamo : altri lo conservano nella fava.
D el
pa pav ero r ba,

Db

p a p a v b r b r h o e a , ii .

a.

LXXV1I . 19. Inter saliva et silvestria medium ^enus, quoniam in arvis, sed spnte nasceretur, rhoeam vocavimus et erraticum. Quidam id de cerptum protinus cum loto calyce mandunt. Al vum exinaniunt capita quinque decocta in vini tribus heminis pota, et somnum faciunt.

LXXVII. 19. Tra i domestichi e i salvatichi c* una specie di mezzo, e perch nascerebbe nei campi, ma da si stesso!, lo chiamammo rea ed er ratico. Certi sabito che-1 hanno colto, lo man- * piano con tutto il calice. Cinque capi cotti bevuti in tre emine di vino muovono il oorpo, e fanno dormire.
D bl
p ap av ero s a lv a tic o c e r a ti ti, o g la u c io , o p a r a lio , 6.

Db

pa pav brb

s il v e s t r i c b r a t it i,

*i y b

g l a u c io ,

SIVB PAkALlO, VI.

LXXVIIl. Silvestrium unum genus, ceratitin vocant, nigrum, cubitali altitudine, radice crassa et corticosa, calyculo inflexo, ut cornicula. Folia minora et tenuiora, quam ceteris silvestribus. Semen exile, tempestivum est messibus: alvum purgat dimidio acetabulo in mulso. Folia trita cum oleo, argenta jumentorum sanant. Radix acetabuli mensura coeta in duobus sextariis a d dimidias, datur ad himborum T i tia et jocineris. Carbunculis medentur ex meile folia.

Quidam hoe genus glaucion vocant, alii pa ralion. Nascitur enim iu adflalu maris, aut nitroso loco.
Db
p a p a v e r b s i l v e s t r i h b r a c l i o , s i v e a p h r o , iv . D
i a c o d io n .

LXXVIII. ccene una specie di saWatioo,ehe si chiama ceratiti, nero e alto un braccio, con la radice grossa e corteccioss, col calice! to ripiegato, come cornicino. Questo ha le foglie minori, ed pi sottile che gli altri salvatichi. Il seme suo minuto,e utile araenrtroi : purgrf il corpo alla misura d* un bicchiere nel vin mela to. Le sue foglie trite con olio guariscono le na scente de* giumenti. La radice cotta alla misuri d'uno acetabolo, cio di diciotto dramme, in due sestarii d* acqua, fin che venga alla met, sr d a difetti d* lombi e del fegato. Le foglie cof mele guariscono i earboncdli. Alcuni chiamano questa specie glaucio, al Ir? paralio. Perciocch nasce dove spira 1 aere mari* * no, o in luogo nitroso.
D b l s a l v a t i c o b r a c l i o , o a p r o , 4-

D bl nuconio.

LXXIX. Alterum e silvestribus genus heraclion vocatur, ab aliis aphron, foliis ( si procul intuearis) speciem passerum praebentibus, radice in summa terrae cute, semine spumeo. Ex hoc lina splendorem trahunt aestate. Tunditur in pila comitialibus morbis, acetabuli mensura in vino albo: vomitionem enim facit. Medicamento, quod diacodion cl arteriace vocatur, jitilsiaium.

LXX1X. Un' altra sorte di salvatico si chiama eraelio, e da alcuni afro, le cui foglie a vederle di lontano paion passere: la sua radice nella superficie della terra, ed ba il seme spumoso. Da questo i lini la state pigliano splendore. Il seme si pesta nel mortaio, e dassi a bere a misura di diciotlo dramme col vin bianco al male caduco, clic f* vomitare, cd utilissimo al medicamento,

HISTORIARUM MUND1 LIB. XX.

8a

Fit autem hujus papaveris aut cujuscuroque sil* vestris capitibus cxx iu aquae coelestis sextariis tribas biduo maceratis, in eademque discoctis : deinde saccatis, iteruraque cum meile decoctis ad dimidias partes vapore tenui. Addidere postea drachmas senas croci, hypocisthidis, thuris, aca ciae, et passi Cretici sextarium. Haec ostentatio ne; simplex quidem et antiqua illa salubritas papavere el meile constat.

il quale chiamano diacodio e arteriace. Fassi di questo papavero e degli altri salvatichi con cento venti capi tenuti due giorni in maceco in tre se starii d acqua piovana, dipoi secchi, e colti a fuoco lento col mele, infiuch tornino per met. Hanno* i aggiunto poi sei dramme di gruogo, d1ipocislide, d 'incenso, e d 'acacia, e un sestario di vin collo di Candia. Questa per una vanit { ma quella semplice e tanto salubre medicina an tica i composta di papavero e mele.
D el
papavbbo titix a l o , o pabalio ,

P a t a v i T iT H T is A L ttir,

siv b p a r a l i u m ,

n i.

3.

LXXX. Tertium genus est tithymalon : me cona vocant, alii paralion, folio lini, albo, capite Mfuiladinis fabae. Colligitur uva fiorente. Sic catur in umbra. Semen potum purgat alvum, di* midio acetabulo in mnlso. Cujuscumque autem papaveris caput viride, vel siccum, illitum epi phoras oculorum lenit. Opium ex vino meraculo si protinus detur, scorpionum ictibus resistit. Aliqui hoc tantum nigro tribuunt, si capita ejus vd folia terantur.

LXXX. La terza specie il tirimalo, che si chiama mecotie, e da alcuni paralio, che ha foglie come il lino e bianche, e il capo grande quanto una fava. Ricogliesi quando P uva fiorisce. Sec casi al rezzo. Il seme suo bevuto a misura di mezzo bicchiere in vin melato purga il corpo. Il capo verde, o secco di qual si voglia papavero leva le lagrime dagli occhi. L'oppio con vin puro, se si da subito, medica il morso degli scorpioni. Alcuni attribuiscono questo solamente al nero, se il capo o le foglie si pestano.
D ella p o r c e l l a n a , o v v b r p b p l i o , 43.

D s PORCILACA, QUAS ET PEPLIS, XLV.

LXXXI. ao. Est et porcilaca, quam peplin vocant, non mullum sativa efficacior : cujus me morabiles usus traduntur. Sagittarum venena, et serpent ioro haemorrhoidum, et presterum restiosui; pro cibo sumpta, et plagis imposita, ex* trahi. Item hyoscyami, pota e passo expresso socco. Quam ipsa non est, semen ejus simili effe cto prodest. Besistit et aquarum vitiis, capitis dolori, olcrribusqne in vino tosa et imposita. Reliqaa ulcera commanducata cum meile sanat. Sic et infamium cerebro imponitur, umbilicoque prociduo. In epiphoris vero omnium, fronti tempoributqoe cum polents. Sed ipsis oculis, et lacte et meile. Eadem, si procidant oculi, foliis tritis cum cortidbus fabae. Pustulis cum polenta et sale et aceto. Ulcera oris tumoremque gingivarum commanducata cruda sedat : itero dentium dolo res* Tonsillarum ulcera, succus decoctae. Quidam adjecere paullum myrrhae. Nam et mobiles den tes stabilit commanducata. Cruditates sedat, vocemque firmat, e t sitim arcet. Cervicis dolores, cum galla, et lini semine, et meile, pari mensura lat. Mammarum vilia, cum meile, aut Cimolia treta. Salutaris est suspiriosis, semine cura meile W to. Stomachum in acetariis sumpta corrobo ri. Ardentibus febribus imponitur cura polenta. alias manducata refrigerat etiam intestina, ^mitiones sistit. Dyseuleriac ct vomicis eslur ^eto, vel b ib itn r cum cumino. Tenesmis au-

LXXXI. b o . cci anco la porcellana, la quale si chiama peplio, non molto pi possente che quella che si semina ; della quale si contano no tabili virt. Ella estingue i veleni delle saette, e delle serpi emorroide dell1India, c dei presteri ; e mangiata, e posta solle piaghe gli cava fuori ; il che opera bevuta ancora col sugo del giusquiamo premuto con vin cotto. Quando essa non si Iruovasse, il seme suo giova per simile effetto. Giova a* difetti dell'acque, al dolore del capo, e alle crepature, pesta nel vino e postavi sopra. Gua risce ancora le altre piaghe masticala col mele. Cos si mette sul cervello de* fanciulli, e al bellico che cade. Per le lagrime degli occhi di chicchesaia si mette sul fronte e sulle lempie con polenta ; ma sopra gli occhi si mette con latte e mele. La me* desima, se essi caggionn, giova con le foglie peste con le cortecce della fava. Alle bolle, o vesciche, giova con polenta, e sale e aceto. Masticala cruda mitiga le crepature della bocca, e gli enfiati delie gengie, e il dolore de' denti. 1 sugo della colla 1 leva il dolore delle gangole. Certi v'aggiunsero un poco di mirra. Perciocch masticala ferma anco i denti, che si dimenano. Mitiga le indige stioni, ferma la voce, e leva la sete. Con galla e seme di lino e mele per egual misura ripara ai dolori del collo. Con mele, o con creta Cimolia, la quale usano i tintori, leva*i difetti delle pop pe. utile ancora a'sospirosi, bevuto il seme suo

C. PLINII SECUNDI tem cocta, et comitialibus cibo vel potu prodest. Purgationibus mulierum, acetabuli mensura in sapa. Podagris calidis, cum sale illita, et sacro igni. Succus ejus polus renes juvat, ac vesicas. Ventris animalia pellit. Ad vulnerum dolores ex oleo curo polenta imponitur. Nervorum duritias emollit. Metrodorus, qui 'Enrtrofitiv rvr $i%orofioufjtivuf scripsit, purgationibus a partu dandam censuit. Venerem inhibet, Venerisque somnia. Praetorii viri pater est, Hispaniae princeps, quem scio propter impatibiles uvae morbos, radicem ejus filo suspensam c collo gerere, praeterquam in balineis: ita liberatum incommodo omni. Quin etiam inveni apud auctores, caput illitum ea dislillalionem anno toto non sentire. Oculos tamen hebetare putatur.

con mele. Presa nell* insalata conforta lo stoma co. Ponsi con la polenta alle febbri ardenti. Ma sticata rinfresca ancora gl* interiori. Ferma il vo mito. Conira la dissenteria e le posteme si mangia con 1 aceto, o si bee col cornino. Cotta giova al * tenesmo; e a quegli che hanno il mal caduco giova a mangiarla, o berla. Alle purgagioni delle donne utile nella sapa, alla misura d*un bic chiere. Giova alle gotte calde impiastrata col sale, e al fuoco sacro. 1 sugo suo bevuto giova 1 alle reni e alla vescica. Scaccia i vermini del cor po. Ponsi * dolori delle ferite, con polenta ba gnata nell* olio. Mollifica la durezza de* nervi. Metrodoro, il qtiale scrisse uu ristretto delle me dicine tratte delle radici dell'erbe, vuole che si dia alle purgagioni dopo il parlo. Raffrena la lus suria, e i sogni amorosi, lo so che uno de' primi uomini della Spagna, padre di un gi stato pretore, per una insopportabile malattia dell* ugola, porta la sua radice attaccata con un filo al collo, eccetto che ne'bsgni; e cos liberato da ogni iocomodo. Di pi bo trovalo appresso autori, che il capo eh' impiastralo con essa, non sente per lutto 1' anno catarro : nondimeno si pensa che egli in grossi la vista.
D el
c o r i a n d o l o , 21.

De

c o b t a r d a o , x x i.

LXXXI1. Coriandrum inter silvestria non in venitur. Praecipuum tamen esse constat Aegy ptium. Valet contra serpentium genus unam, quod amphisbaenas vocant, potum impositumque. Sanat et alia vuloera. Epinyctidas, pustulas tritum. Sic et omnes tumores colleclionesque cum meile, aut uva passa. Panos vero ex aceto tritum. Seminis grana tria in tertianis devorari jubent aliqut ante accessionem : vel plura illini fronti. Sunt qui et ante solis ortum cervicalibus subjici efficaciter putent. Vis magna ad refrige randos ardores viridi. Ulcera quoque, quae ser punt, sanat cura raelle vel uva passa : item testes, ambusta, carbunculos, aures : cum lacte mulieris epiphoras oculorum : veniris et intestinorum flu. xiones semen ex aqua potum. Bibitur et in fcholeris cura ruta. Pellit animalia interaneorum, cum mali Punici succo et oleo semen polum.

Xenocrates tradit rem miram, si vera est: menstrua contineri uno dic, si unum granum biberint feminae: biduo, si duo: ct totidem die bus quot grana sumpserint. Marcus Varro, co-

LXXX11. Il coriandolo non si truova fra le cose salvatiche. Tuttavia quello d' Egitto il pi stimato. Vale contra una sorte di serpi, che si chiamano anfesibene, bevuto e postovi sopra. Sa na ancora l ' altre ferite. Guarisce le epinittide, le quali sono alcune macchie rosse rilevate, che vengono pi la notte che il giorno con ardore e prurito; guarisce le vesciche e lutti gli e n fiali, e ogni male che fa raccolta d 'umori, con mele, o uva passa ; non che i tumori delti p ani, pesto con laceto. Vogliono alcuni che si m angino tre granella del suo seme nelle terzane, innanzi 1 accesso, o pi impiastrarne alla fronte. Sono a l * cuni che innanzi il nascere del sole stimano c h e sia cosa possente metterne sotto i guanciali. Il verde ha gran forza a rinfrescare gli ardori. C o n mele o uva passa risana le rotture che v an n o impigliando, e i testicoli, e i membri in co tti, i carboncelli, gli orecchi ; e col latte di donna le lagrimazioni degli occhi. 1 flussi del corpo e d e gl intestini son guariti dal seme bevuto con t'a c qua. Beesi ancora conira la collera con la r u t a . Il seme bevuto col sago di mela grana e c o n l ' olio scaccia i vermini del corpo. Senocrale dice una cosa maravigliosa, 9* I la ver ; cio, che il menstruo si ritiene un g i o r no, se le donne ne beono un granello ; e d u e giorni, se due ; e tanti giorni, quanti g r a n i u e

85

HISTORIARUM MUNDI LIB. XX.

80

riandr subtrito cum acelo, carnem incorruptam aes la te servari pulat.

hanno pigliato. Marco Varrone tiene che il co riandolo pesto oon 1 aceto conservi la stale la * carne incorrotta.
D ell 1a tb iplic s , i 3 .

D b a t r i p l i c e , x iii.

LXXXII1. Atriplex el silvestre et salivam esi. Pythagoras tamquam faceret hydropicos, morbosqoe regios, et pallorem, concoqueretur difficillime : ac ne in horiis quidem juxta id na sci quidquazn, nisi languidam,culpavit. Addidere Dionysias e t Diocles, plurimos gigni ex eo mor bos. Nec nisi mutala saepe aqua coquendum : stomacho contrarium esse, lentigines et papulas gigoere. Miror, quare difficulter in Italia id nasci tradiderit Solon Smyrnaeas. Hippocrates vulva rum vitiis id in fan d it cum bela. Lycus Neapolilanas contra cantharidas bibendum dedit. Panos, furoacitlos incipientes, duritias omnes, vel cocio vel erodo u tilite r illini putavit. Ilem ignem sa cram, cam m ella, aceto nitroque: similiter poda gras. Vagaes sc a b ro s detrahere dicitur sine ulce re. Sani qui e t m o rb o regio dent semen ejus cum m arterias e t tonsillas nitro addito perfricent, eile, alrura m oveant, co c to vel per se, vel cum malva aut lenticula, co n c ita n te s vomitiones. Silvestri capillos lin g a n t, e t d supra scripta utuniur.

LXXXllI. Latriplice salvatico e domestico. biasimalo da Pitagora, come se facesse altrui diventar rilruopico, e traboccare il fiele, e palli dezza, e difficolt di smaltire il cibo. Biasiraollo ancora dicendo che negli orti non gli nasce ap presso cosa alcuna, se non languida. Aggiunsero Dionisio e Diocle,ch'egli fa nascere assaissime in fer mili, che non si dee cuocere se non si mula spesso I' acqua, e eh1egli coutrario allo stomaco, e ge nera lentiggini e bolle. Maravigliomi come Solone Smirneo abbia dello eh* ei nasce difficilmente ia Italia. Ippocrate lo infonde con la bietola a' di felli della matrice. Lieo Napoletano lo diede a bere conira le cantarelle, e tenue che utilmeute s'impiastri o sugli enfiati della gola,e sui Agnoli o ciccioni, quando incominciano,e sopra tulle le du rezze, tanto colto che crudo; e che con mele, aceto e nitro guarisca il fuoco sacro, e similmente le got te. Dicesi che cava le ugna aspre senza ferita. Al cuni danno il seme suo col mele eziandio a colo ro che hanno traboccalo il fiele, e aggiugnendovi il nitro ne stropicciano le arterie, e i mali della gola che non lasciano inghiottire: muovono il corpo, coucitando il vomito, col seme cotto pec s stesso, o cotto con la malva o con la lenticchia. Col salvatico tingono i capegli, e l'adoperano an cora alle cose detle di sopra.
D e l l a m alv a m alopb, i 3 . D i l l a m a lv a m a la ch e, i . D e l l a m a lv a a l t e a , o p l i s t o l o c i a , 5 9 .

Malva h a u o p b , x i i i . M a lv a m a la c h e , i . M a lv a a l t h a i a , s i v a p l i s t o lo c i a , l i x .

LWX1V. a i . E contrario in magnis laudiboi malva est u traq u e, et sativa et silvestris. Duo genera earum amplitudine folii discernuntur. Majorem Graeci malopen vocant in sativis. Alte ram ab emolliendo ventre diclam putant mala chen. E silvestribus, cui grande folium et radices albae, althaea vocatur, ab excellentia effectus : a quibusdam plistolocia. Orane solum, in quo se ranto r, pinguius faciunt. Huic contra omnes acuiealos ictus efficax vis, praecipue scorpionum, esp aro m , similiumque, el muris aranei. Quin et frsta eam oleo qualibet earum peruncti ante, vel h a b e n te s eas non feriuntur. Folium impositam sc o rp io n ib u s torporem adfert. Valent et contra v e n e n a . Aculeos omnes extrahunt illitae crudae c a m n itro : potae vero decoctae cum radice sua, le p o ris marini venena restinguunt: et ut quidam d ic a n t, si vomatur.

LXXX1V. ai. Per lo contrario mollo lodala la malva, sia la domestica, o sia la salvatica. Dna sooo le sorti di essa, che si conoscono alle fo glie. I Greci mettono la malope nelle domesti che. L 'altra, perch mollifica il corpo, vogliono che si chiami malache. Fra le salvalicbe, quella che ha le foglie grandi e le radici bianche si chia ma altea, dalla eccellenza dell' effetto : da alcuni delta plistolocia. Ingrassano ogni terreno, dove elle son seminate. Questa ultima ba grandissima forza conira tutti i colpi di punture, e massima mente degli scorpioni, delle vespe, e di simili, e del topo ragno. Di pi, quegli che sono unti di qnale si voglia d 'esse, pesta con l ' olio, o che l hanno addosso, non souo mai feriti. La foglia posta sogli scorpioni gli la stordire, e rimanere senza forze. Valgono pur conira i veleni. Cavano ogni acnleo,impiastrandovelesu crudecolnitro;e bevute colte con la loro radice spengono i veleni

C. PLINII SECONDI

88

De eisdem mira et alii traduntur. Sed maxi me, si quotidie quis succi ex qualibet earum sorbeat cyathum dimidium, omnibus morbis cariturum. Cicera manantia in capite sanant in urina putrefactae, licheuas et ulcera oris cum meile. Radix decocta, furfures capi lis et dentium mobilitates. Ejus, quae unum caulem habet, ra dice circa dentem qui doleat pungunt, donec desinat dolor. Eadem strumas et parotidas panosque, addita bominis saliva, purgat citra vul nus. Semen in vino nigro polum a pituita et nauseis liberat. Radix mammarum vitiis occurrit, adalligata in lana nigra. Tussim in lacte cocla, et sorbitionis modo sumpta, quinis diebus emen* dat. Stomacho inutiles Sextius Niger dicit. Olym pias Thebana, abortivas esse cum adipe anseris : aliqui purgari feminas, foliis earum manus plenae mensura in oleo et vino sumptis. Utique conslat parturientes foliis substratis celerius solvi: pro tinus a partu revocandum, ne vulva sequatur.

Dant et succum bibendum parturientibus je junis, in vino decoctae hemina. Quin et semen adalligant brachio, genitale non continentium. Adeoque eae Veneri nascuntur, ut semen unicau lis aspersum genitali,feminarum aviditates augere ad infinitum Xenocrates tradal : itemque tres fadices juxta adalligatas: tenesmo el dysentericis utilissime infundi : item sedis vitiis, vel si foveatur. Melancholicis quoque succus datur eyathis ternis tepidus : et iusanienlibus, quater nis. Decoctae comitialibus heminae succi. Dis et calculosis, et inflatione, et torminibus, aut opisthotonico laborantibus, tepidus illinitur. El sa cris ignibus, et ambustis, decocta in oleum folia imponuntur: et ad vulnerum impetua cruda cura pane. Succus decoctae nervis prodest, et vesicae, et intestinorum rosionibus. Vulvas et cibo et in fusione emojlit in oleo: succus decoctae potus halitus suaves facit.

Althaeae in omnibus supra dictis efficacior radix : praecipue convulsis ruplisque. Cocta in aqua alvum sistit. Ex vino albo strumas, et paro*

della lepre marina ; e come dicono alcuni, se si vomita. Racconlansi ancora altre cose raaravigliose di esse. E massimamente, che chi bee ogni giorno un bicchiere e mezzo del sugo di qual si voglia d'esse, mai non sentir malattia alcuna. Putrefalle nelP orina guariscono le rotture che colano nel capo; e adoperale col mele medicano le volatiche e le crepature della bocca. La radice cotta leva le forfore del capo, e ferma i denti che si dimenano. Coo la radice di quella che ha un gambo solo, si stuzzica intorno al dente che duole, infino a che cessa il dolore. Questa insieme con la scili va purga senza ferita le scrofe, le posteme dietro agli orec chi, e i pani. 1 seme bevuto in vin nero guarisce 1 la flemma e i fastidii dello stomaco. La radice legala in lana nera medica i difetti delle poppe. Colla nel latte, e presa a modo di bere per cinque giorni, guarisce la tosse. Sestio Nigro dice che sono inutili allo stomaco. Olimpia Tebana dice che la malva presa col grasso d* oca fa sconciare. Alcuni dicono chele donne si purgaoo con le fo glie loro prese alla misura d'ima piena menala in olio e vino. E ' non dubbio alcuno, che le donne che partoriscono, essendo messe sotto di loro le foglie, partoriscon pi tosto ; ma subito dop il parto si debbono levare, acciocch la ma trice non veuga fuora. 11 sugo nel vino a misura d' una emina si d a bere a digiuno a quelle donne che partoriscono. Di pi, legasi il seme pesto al braccio a coloro,che non ritengono lo sperma. E sono tanto appro priale alla lussuria,che il seme di quella che ha un gambo solo, sparso sul membro genitale, secondo che dice Senocrate, accresce in infinito l'appetito delle donne: cosi anche tre radici legate insieme. Con grande utilit s'adoperano al tenesmo, che specie di mal di pondi ; e giovano anco a1 difelli del sedere, eziandio se gliene vien fatto fomento. Dassi il sugo a' maninconici tiepido in tre bic chieri di vino, e in quattro a quei che impazzano. A quegli che hanno il mal caduco si d una emina di sugo della colta. Impiastrasi tiepido al dello male, a quel della pietra, alla ventosit, a' lo rmini, e allo spasimo, che per ritirare i nervi, tira la testa all1indietro verso le spalle. Al fuoco sacro, e agl' incotti si pongono le foglie cotte nell' olio ; e crude col pane valgono conira gli empiti delle ferite. II sugo della cotta giova ai nervi, alla v e scica, e a'rosicamenti delle budella. Mollifica le matrici con Polio in cibo o in infusione: il su o sugo bevuto, quaud'essa cotta, d all'alito buo nissimo odore. In tulle le cose dette di sopra ha pi forza la radice dell1allea ; massimamente a1rolli e scon volti. Cotta nell'acqua ferma il corpo. Col \ i u

HISTORIARUM MUNDI UB. XX. bianco guarisce le scrofe, le posteme dietro agli orecchi, e le poppe enfiale: le foglie cotte nel vino, e poste sui pani, gli levan via. Le foglie secche cotte nel latte guariscono prestissimo qual si voglia gran tosse. Ippocrale dava a bere il sugo della radice dell' altea colla a' feriti, e a quei che avevano seie per difetto di sangue, e metlevala sulle ferite con mele e ragia. L'adoperava anco alle contusioni, alle slogature, agli enfiati, amu scoli, a*nervi e alle giunture; e la dava a bere in vino contro all* asma, e al mal de' pondi. Cosa maravigliosa , che mettendo all'aria l'acqua con entrovi essa radice, si rappiglia a guisa di latte. Quanto pi fresca, tanlo pi possente.
D bl l a v a t o
s a lv a tic o , o v v e ro o s s a lid e , o l a p a t o

tidas., et mammarum inflammationes, et panos ih vino folia decocla et illi la lolluni. Eadero arida io lacle decocla, quamlibet perniciosae tusai citiime m edentur. Hippocrates vulneratis, siiienlibusque defeetu u a ;u m ii, radie decoctae succum bibendum d e d it: et ipsam vulneribus cum meile el resina : item contusis, luxatis, tumentibus, et musculis, nervis, articulis imposuit : et asthmati cis ac dyseo te ricis in vino bibendum dedit. Mi rum, aquam radice ea addita addensari sub dio, atque lactescere. Efficacior autem, quo recentior.

De

l a pa th o s i l v u t m

s iv b o x a m d b , s iv b l a p a -

TfiO C A H T lK a ia o , SIVE BUJSICB, I . PATBU, I I . PATBO, IV .

Db

U1PPOLAPATHO,

Db HYDROLAVi. D b OXYLA-

CAUTERI SO, O ROMICE, I .

D bll' i p p o l a p a t o ,

6.

DELL1 1DROLAPATO, Dell' o s s i l a p a t o , 4 *

a.

LXXXV. Nec lapathum dissimiles effectus ha bet. Est autem et silvestre, quod alii oxalidem appellant, sapore proximum, foliis acutis, colore belae candidae, radice minima : nostri rumicem, alii lapatho i d cantherinum, ad slrumas curo axun gia efScacissimom. Est et alterum genus fere, oijLpathoo vocant, salivo idem similius, el acu tiora habet folia ac rubriora, non nisi in palu stribus nascens. Sunt qui hydrolapalkon tradunt in aqua n a t u m . Est et aliud hippolapathon, rnajus salivo, candidiosqae, ac spissius. Silvestria Morpiooum ictibus medenlur, et ferire prohi beat habentes. Radix acelo decocla, si colluatur sudcus, dentibos auxiliatur: si vero bibatur, mor bo regio. Semen stomachi inextricabilia vitia saoaL

Hippolapathi radices privatim ungues scabros detrabuol. Djsenlericos semen duabus drachmis io riao potum liberat. Oxylapathi semeu lotum inaqua coelesti, sanguinem rejicientibus adjecta acacia lentis magnitudine prodest. Praestanlissimos pastillos faciunt ex foliis et radice, addito ni tro ct thure exiguo. Jn usu aceto diluunt.

LXXXV. Il lapato anch' egli fa simili effetti. V ' anche il salvalico, il quale alcuni chiamano ossalide, vicino a quello per sapore, con foglie acute di colore di bietola bianca, e con piccola radice. 1 nostri lo chiamano romice, alcuni lapato canterino, potentissimo con la sugna alle gavine. cci on' altra specie chiamata ossilapato, pi si mile al domestico, se non che ha le foglie pi aguzze e pi rosse, e non nasce s non in luoghi pantanosi. Alcuni pongono fra questi l ' idrolapato, il quale nasce nell'acqua. cci anco l'ippolapalo, maggiore che il domestico, e pi bianco, e pi folto. Il salvatico medica le ponture dello scorpione, e chi ne porta non punto. Il sugot della sua radice cotta nell' aceto giova ai denti che ne sienn sciacquati ; e se si bee, giova a chi ha sparso il fiele. Il seme guarisce i difetti dello stomaco, da'quali 1' uomo non si pu strigare. 11 seme dell' ippolapalo beendone due dram me nel vino, guarisce il male de' pondi. 11 seme dell' ossilapalo lavato in acqua piovapa, giova a quegli che sputano sangue, aggiuntavi dell'aca cia, alla grandezza di una lente. Fannosi ottimi pastelli delle foglie e della radice, aggiunto il ni tro e un poco d ' incenso, le quali cose stempera no eon l'aceto, quando ne lo vogliono adoperare.
D el
l a p a t o s a tiv o ,

De

l a p a t h o s a t i v o , x x i.

Db

b d l a p a t h o , i.

a i. D el

b o la p a to , i.

LXXXV1. Sed sativam io epiphoris oculorum illimat fironlibus. Radice licheaas et lepras cu rant. In vino vero decocla, strumas, et parotidas, et calculos: pota vino et lienes illita, coelicos acque, et dysentericos, et tenesmos. Ad eadem* <t*eomnia efficacius jus lapathi: et ructus facit, vinam ciet, e l caliginem oculorum discutit;

LXXXVI. Ma il domestico s impiastra alla fronte per le lagrimaiioni degli occhi. La radiee guarisce le volatiche della faccia, e la lebbra. Colta nel vino medica le scrofe, le posteme die tro agli orecchi, e il male della pietra. Bevuta nel vino giova al male della milza, e a* deboli di sto maco, e al male de' pondi, e al tenesmo. A tolte

C. PLINII SECONDI

9*

itera pruritum corporis, in solia belinearum ad ditum, aut prius ipsum illitum sine oleo. Firmat et commanducata radix dentes. Eadem decocta cum vino, sistit alvum : folia solvunt. Adjecit Solon (ne quid omittamus) bolapatbon, radicis tantum altitudine differens et erga dysenlericos effectu, potae ex vino.

le medesime cose pi possente il brodo del lapalo : esso fa ratti, e provoca l orina, e leva la caligine degli occhi j cos ancora leva il pizzicore del corpo messo ne' sedili de' bagni, o bagnan done prima il corpo stesso senza olio. La radice masticata ferma i denli. Cotta col vino ristagna il corpo ; ma le foglie lo muovono. Aggiunse So lone ( perch non rimanga addietro nulla) il bu iapato, il quale differente soltanto nell' altez za della radice, e nell' effetto che fa essa al male de*pondi sciolta e bevala col vino. ' Di tb b
soetb d i sbkafe .

Db

sihapi

gbubba

iuM .

bdicivab xliv .

M edicine , 44*

LXXXYII. 22. Sinapi, cujus in salivis tria genera diximus, Pythagoras principatum habere ex his, quorum sublime vis feratur, judicavit, quoniam non aliud, magis in nares et cerebrum penetret. Ad serpentium ictus et scorpionum tritum cum aceto illinitur. Fungorum venena di scutit. Contra pituitam tenetur in ore, donec Ii* qnescat, aut gargarizatur cum aqua mulsa. Ad dentium dolorem manditur: ad uvam gargariza tur cum aceto et meile. Stomacho utilissimum contra omnia vilia, pulmontbusque. Exscreatio nes faciles facit in cibo sumptum : datur el suspi riosis. Item comitialibus taediis cum succo cucu merum. Sensus, atque sternutamentis caput pur gat, alvum mollit, menstrua et urinam ciet. Hy dropicis imponitor, cum fico et cumino tusum ternis partibus. Comitiali morbo, et vulvarum conversione offocalus excitat odore, aceto mixto : item le thargicos. Adjicitur lordylion. Est autem id se men ex seseli. Et si vehementior somnus lethar gicos premat, cruribus aut etiam capiti illinitur cum fico ex aceto. Veteres dolores thoracis, lum borum, coxendicum, humerorum, et in quacumqna parte corporis ex alto vitia extrahenda sunt, illitum caustica vi emendat, pustulas faciendo. At in magna duritia sine fico impositum : vel si vehementior ustio timeatur, per duplices pannos. Uluntur ad alopecias cora rubrica, psoras, lepras, phthiriases, lichenas, opislhotonicos. Inungunt quoque scabras genas, aut caligantes oculos cura meile. Succusque tribus modis exprimitur in fictili, calescitque in eo sole modice. Exit et e caoliculo succus lacteus, qui ita quum induruit, dentium dolori medetur. Semen ac radix quum immaduere musto, conterantur, manusqae plenae mensura sorbentur ad firmandas fauces, stoma chum, oculos, caput, sensusque omnes : mulierum etiam lassitudines,saluberrimae genere medicinae. Calculos quoque discutit potum in aceto. Illini tur et livoribus sugillatisque cum meile et adipe

LXXXV1I. 22. La senape, della quale noi po nemmo tre specie fra l'erbe domestiche, secondo Pitagora tiene il primo luogo tra quelle, la cui forza sale in alto ; perch non cosa che pi pe netri nel naso e al cervello. Pesta con l ' aceto si adopera a'morsi delle serpi e degli scorpioni. Caccia il veleno de' funghi. Conira la flemma si tiene in bocca, finch si liquefaccia, o si gargariz za cou acqua melata. Masticasi al dolore de*denli. Gargarizzasi con aceto e mele per bene dell' ugo la. utilissima a tutti i difetti dello stomaco e de* polmoni. Presa col cibo fa spurgare facilmen te, e dassi ancora ai sospirosi ; e tiepida col sugo di cocomeri si d contra il mal caduco. Purga i sensi, e cogli starnuti porga il capo, mollifica il corpo, e provoca i mesi delle donne e 1 orina. * Ponsi a' rilruopichi pesta oon fico e cornino alla terza parte. Giova a! mal caduco, e mescolata con aceto fa profumo, che torna la matrice al suo luogo : giova ancora a'letargici. Aggiugnevisi il tordilio; che il seme del sesili. E se un gran sonno desse pur noia a' letargici, si frega alle gambe, o al capo ancora, con fico nell'aceto. Ha virt causti ca, e imbiutata la parte lesa la guarisce con levarvi delle vesciche. I mali che vogliono esser cos g ua riti sono, le doglie vecchie del costolame, dei lombi, delle coscie, degli omeri, e qualunque di fetto dei membri che voglia essere estirpato dal fondo. Dove fosse gran durezza s adopera senza fico; e se si temesse maggior riardimento, si ap plica sopra a doppii panni. Usasi con la robrica contrala pelatina, contra la rogna, la lebbra, il male de* pidocchi, le volatiche, e lo spasimo con ri ti ramento de* nervi del collo. Ungonsi ancora le guance ruvide, o gli occhi caliginosi, col mele. Il sugo si preme in vaso di terra per tre modi, e riscaldasi in esso al sole temperatamente. Esce ancora del piccolo gambo sugo di latte, il quale quando cos indorilo, leva il dolore de* den ti. Il seme e la radice, quando son bagnati di m osto, si pestano, e beonsi alla misura d ' una piena m e-

93

HISTORIARUM MUNDI L1B. XX.

94

anserino, aut cera Cypria. Fit et oleom ex eo se mine madefacto in oleo expressoque, quo utuntur ad nervorum rigores, iumborumque et coxendi cum perfrictiones.

nata, a confermare le canne della gola, Io stoma co, gli occhi, il capo, e tutti i sentimenti; e per le stanchezze delle donne sono utilissima medicina. Bevuto con l'aceto, rompe la pietra. Fassene im piastro a lividori e a suggellali con mele e grasso d* oca, o cera Cipriana. ('assi olio ancora del seme macerato nell* olio, e premuto, il quale s 'usa ai nervi rattrappati, e alla frigidit de' lombi e delle coscie.
D b l l adabca, 48.

De

adabca,

xr.vm .

LXXXVIII. Sinapis naturam effectuaque eos dem habere tra d itu r adarca, inter silvas tacta, ia cortice calamorum sub ipsa coma uascens.

LXXXVIII. Dicono che 1 adarca ba la mede sima natura, e produce gli stessi effetti che la se nape. Questa uua salsuggiue che nasce fra le selve nella corteccia delle canne soltesso la chio ma loro.
D bl m a b b o b io , o p b a s i o , o
liro s tb o fo ,

De h a b b c s io

s it b

p b a s i o , s iv b l i r o s t b o p b o ,

s iv *

o filo p b d e ,

PBILOPABDB, SIVB PH 1L0 C&ABE, XXIX.

O F1LOCABE, 2 9 .

LXXXIX. Marrubium plerique inter primas herbas commendavere, quod Graeci prasion vo cant, alii linostrophon, nonnulli philopaeda, aut pbilochares, noti us quam ut indicandum sit. Hu jus folia seraenque contrita prosunt contra ser pentes, pectorum et lateris dolores, tussim Telerem. E t iis qui sanguinem rejecerint, eximie uti le, scopis ejus cum panico aqua decoctis, ut aspe ritas succi mitigetur. Imponitur strumis cum adipe. Sunt qui viridis semen, quantum duobus digitis capiant, cum farris pugillo decocturo, ad dito exiguo olei e t salis, sorberi jejunis ad tussim jubeant. Alii nihil comparant in eadem eausa marrubii et feniculi succis ad sextarios ternos expressis, decocti sque ad sextarios duos, tum ad dilo mellis sextario*- rursus decocto ad sexUrios duos, si eochlearii mensura in die sorbeatur in quae cyatho. E t virilium vitiis tusum cum meile mire prodest. Lichenas purgat ex aceto. Ruptis, convolsis, spasticis nervis salutare. Potam alvum solvit cum sale et aceto. Item menstrua et secun das mulierum. Arida farina cum meile ad tussim siccam efficacissima est. Item gangraenas, et plerygia.

Saccos Tero auriculis, et naribus, et morbo regio, miouendaeqoe bili cum meile prodest. Item contra venena inter pauca potens. Ipsa her ba stomachum e t exscreationes pectoris purgat, cum iride et meile. Urinam ciet : cavenda tamen (aulceratae vesicae, et renum vitiis. Dicitur suc cos et claritatem oculorum adjuvare. Castor martahii duo g en era tradii : nigrum, et quod magis

LXXXIX. Molti commendano il raarrobio tra le prime erbe, il quale i Greci chiamano prasio, altri linostrofo, alcuni filopede, o filocare, eh assai pi noto di quello che si pu dimostrare. Il seme e le foglie sue peste giovano contra le serpi, e alle doglie del petto e delle costole, e alla tosse vecchia. utilissimo a quegli, che getta no il sangue, cocendo i pennacchi suoi col panico nellacqua, per mitigare l'asprezza del sugo. Ado perasi con grasso alle scrofe. Alcuni a digiuno danno> a bere contra la tosse tanto seme del ver de, quando si pu pigliare con due dila, colto con un pugno di farro e un poco d'olio e di sale. Per lo medesimo effetto tolgono tre sesiarii di sugo di marrobio e di finocchio, e fannolo bollire fio he scemi il terzo, dipoi v'aggiungono on sesta rio di mele ; e di nuovo fanno bollire, fin che tornino due sesiarii, e daonone nu cucchiaio il giorno con un bicchier d 'acqua. Pesto con mele giova mollo a1difetti del membro virile. Con l ' aceto purga le volatiche. salutare alle frat ture, alle convulsioni e allo spasimo de' nervi. Bevalo con sale e aceto muove il corpo ; e cos i mesi e le seconde della donne. La sua fariua, cio quando egli spolverizzato, col mele ha gran virt conira la tosse secca ; e cos alle can crene, e alle pellicole che cuoprono l'occhio. Il sugo suo preso cou mele giova alle orec chie, al naso, a quegli che hanno traboccato il fiele, e a scemare la collera. Fra le altre cose che hanno virt contra i veleni, questo sugo in poten za nha poche eguali. L erba stessa per s pur ga lo stomaco e 1' escreazioni del petto con ireo e mele. Muove P orina, ma non si vuol dare, se la vescica scorticata, e se le reni hanno

&

C. PLINI! SECONDI difetto. Dicono che il tao sugo rischiara la vista. Castore mette due sorti di marrobio, il nero, e il bianco, che pi gli piace. Egli mette il sugo in un uovo vlo, e infonde tiepido l'uovo stesao nel mele con eguale porzione ; e afferma che rompe, purga e guarisce le posteme. L'adopera ancora pesto con sugna vecchia a' morsi del cane.
D e l s b rm o llin o , 18.

probat, caiidiJuiu. In uvuto inane soccum addii i, ipsumque ovura infundit meile aequis porlio ni bus, tpe faci uro : vomicas rumpere, purgare, persanare promi Ileus : illitis etiam vulneribus cane factis luso cum axungia veteri.

SBRPYLLO, XVIII.

XC. Serpyllum a serpendo putant dictam: quod io silvestri evenit, in pelris maxime. Sati vum non serpit, sed ad palmae altitudinem ioeressi t. Pinguius voluntarium, et candidioribus foliis ramisque, adversus serpentes efficax, maxi me cenchrin, et scolopendras terrestres ac mari nas, et scorpiones, decoctis ex vino ramis foliisque. Fugat et odore omnes, si uratur. Et contra marinorum venena praecipue valet. Capitis dolo ribus decoctum io aceto illinitur temporibus ac fronti cum rosaceo. Item phreneticis, lethargicis: contra tormina, et urinae difficultates, anginas, vomitiones, drachmis quatuor datur. Ex aqua bibitur et ad jocinerum desideria. Folia obolis quatuor dantur ad lienem ex acelo. Ad cruentas exscreationes teritur in cyathis duobus aceti el luellis.

XC. Il sermollino chiamasi serpillo, perch serpe, cio si distende, va impigliando ; ma questo interviene nel salvalico, e massimamente tra i sassi. Il dimestico non impiglia, ma cresce all'altezza d un palmo. Pi grasso quello che nasce da s, e ha le foglie e i rami pi bianchi : questo utile contra le serpi, e massimamente quello, che si chiama cencre, e contra le scolopen dre terrestri e marine, e gli scorpioni, cocendo i rami e le foglie sue nel vino. S'egli s'arde, con l'odor suo scaccia tulle le serpi. Giova molto con tra il veleno degli animali marini. Cotto nell'aceto si mette alle tempie e alla fronte con olio rotalo contra la doglia del capo. Da'sene quattro dramme al farnetico, a' letargici, al male de' lormini, alla liffcult delPorina, agli stranguglioni e al vomi to. Beesi con acqua per le infermit del fegato. Dannosi quattro oboli delle sue foglie con l'aceto alla milza. Dai a chi spula sangue pesto in due bicchieri d'aceto e di mele.
D el
s is im rrio ,

De

s is y m b r io , s iv b t h y m r r a b o , x x i i i .

o t i m b r e o , a3.

XCI. Sisymbrium silvestre a quibusdam thym raeum appellatum, pedati non amplius altitudi ne. Quod in riguis nascitur, simile nasturtio est. Utrumque efficax adversus aculeata animalia, ut crabrones et similia. Quod in sicco ortnm, odo ratura est, et inseritur coronis, angustiore folio. Sedant ulraque capitis dolorem : item epiphoras, ut Philinns tradit. Alii panem addunt : alii per se decoquunt io vino. Sanat et epinyctidas, cutisque vitia in facie mulierum intra quartum liem noctibus impositam, diebusque detractura. Vomitiones, singultus, tormina, stomachi disso* liilioues cohibet, sive in cibo sumptum, sive suct potum. Non edendum gravidis, nisi inorino conceptu. Quippe etiam impositum ejicit. Movet urinam cum vino potura : silvestre et calculos. Quos vigilare opus sit, excitat infusura capiti cura aceto.
ii

XCI. Il sisimbrio salvatico, chiamato da alcuni limbreo, non vien pi alto d' un braccio. Quello che nasce negli acquitrini, simile al nasturzio. L'uno e l'altro giova conira le punture de'cala broni, e simili. Quello che nasce in secco, ha buono odore, e meltcsi nelle ghirlande, e h* pi piccole foglie. L' uno e Paltro, secondo che inse gna Filino, mitiga la doglia del capo, e le lagrimazioni degli occhi. Alcuni v'aggiungono pane ; altri Io cuocono per s nel vino. Guarisce ancora certe macchie rosse, le quali vengono pi la not te che il giorno non senza pizzicore, e 1 difetti della pelle nel viso delle donne, in quattro d, messovi la notte e cavato il giorno. Preso in cibo, o bevuto, ferma il vomito, il singhiozzo, i lor mini e le dissolutioni dello stomaco. Nou da darlo a mangiare alle donne gravide, salvo se non morta la creatura ; perche ancora a porlo sul corpo la maoda fuora. Bevuto col vino, muo ve l'orina : il salvalico fa gittare le pietre. Infuso sul capo con aceto, risveglia coloro che bisogna che veglino.

97

HISTORIARUM MUNDI UB. XX. Ds u n iM iu , xzx.


D el
sen e d e l l i t o , 3o.

XCU. Lioi semen cum aliis quidem in usu esi : et per se mulierum colis vitia emendat io facie. Oculorum aciem sacco adjavat. Epiphoras cam ihore et aqua, aut eum myrrha ac vino se dat: parotidas cura meile, aut adipe, aat cera: stomachi solutiones inspersam polentae modo : ngioas in aqua et oleo decoctam, et cam aoeso illitam. Torretur, u t alvam sistat. Coeliacis, et dysentericis im ponitur ex aeeto. Ad jocineris do lores estur cum uv a passa. Ad phlhisin utilissime e semine fiunt ecligmata. Masculorum, nervorum, articulorum, cervicum duritias, cerebri mem branas mitigat farina seminis, nitro aut sale, aat cioen additis. Eadem cam fico idem concoquit sc maturat. Cam radice vero cucumeris silvestris ei trahit quaecumque corpori inhaereant. Sic et fracta osia. Serpere ulcus in vino decocta prohi bet, eruptiones pituitae cum meile. Emendat un gues scabros cum pari modo nastartii: testium vilia et ramices cum retina et myrrha : et fan* graenas ex aqua. Stomachi dolores cum feno grae* ro sextariis ulritisqu$ decoctis in aqua multa. In testinorum et thoracis perniciosa vilia, clystere io oleo, aat meile.

XCII. U seme del lino in oso con altre cose : da s stesso emenda i difetti della pelle nel viso delle donoe. Col sago sao aiuta la vista degli oc chi. Con iocenso e acqua, ovvero con mira e con vino, ferma le lagrimazioni degli occhi: con mele, sugna, o cera, guarisce le posteme dietro agli orecchi; e messo a modo di polenta, le solu zioni dello stomaco. Colto nell'acqoa e nellolio, e impiastrato con anici, guarisce gli stranguglioni. Arrostiscesi per fermare il corpo. Ponsi con l aceto a coloro che hanno debolezza di stomaco, e al male de* pondi. Mangiasi con uva passa per le doglie del fegato. Del seme sno si fa ottimo lattovaro al tisico. La farina del sno seme eoo nitro, o sale, o cenere, mitiga le durezze de'moscoli, dei oervi, delle giunture, del collo, e i pannicoli del cervello. Col fico cnoce e matara le medesime cose. Con la radice del cocomero salvatico tira fuora tutte quelle cose che stanno attaccate al corpo ; a od le ossa rotte. Cotta nel vioo non lascia ampliare la piaga ; e col mele impedisce le rotture delta flemma.Coo pari misura di nasturzio cura le ugne aspre t e i difetti de1testicoli e le rosicature della vescica oon ragia e mirra ; e le gangrenecon P acqua. Guarisce le doglie dello stomaco col fien greco, cuocendosene un sestario dell' uno e P altro in acqua melala. Emenda i di fetti delle interiora e del torace in argomento con olio, o mele.
D bl
b lito , 6.

D s b l it o , v i .

XC1I1. Blilura iners videtur ac sine sapore, *ul acrimonia ulla. Unde convicium feminis apud Menandrum faciunt mariti. Stomacho inutile est. Venirem adeo to rb a t, ut choleram faciat aliquiIm Dia tur tam en adversas scorpiooes polam e u. vino prodesse, e t clavis pedam illioi : item lieni bus, et temporum dolori, ex oleo. Hippocrates meostroa sisti eo cibo putat

XCI1I. Il blilo pare pigro, e senza sapore, o alcuna acrimonia; onde i mariti appresso Menaodro poeta ne fanno villania alle donne. E iou tile allo stomaco. Travaglia in modo il corpo, che ad alcuni fa collera. Dicesi nondimeno che bevuto con vino giova contra gli scorpioni ; e a farne empiastro, a1calli de' piedi ; e con olio, alla milza e alla doglia delle tempie. Ippocrate tiene che questo cibo ristagni le purgagioni delle donne.
D e l meu : d e l l a t a v i s t i c o , 7.

Db n o :

db

A T u im t c o , v ii.

XC1V. a3. M eam in Italia noo nisi a medicis ieritur, et iis admodum paucis. Duo geoera ejus. Nobilius atbanaaoticnm vocant, illi tamquam ab Athamante inventam , bi quoniam laudatissimum u Athamante reperiatur ; foliis aoeso simile, et naie aliquando bicubitali, radicibus multis, obli1s, nigris, quibusdam allissimis: minas rufum, illud alteram . Ciet urinam io aqua potum, trita Tei decocta. Inflationes stomachi mire

XCIV. :*3. II meu non si semina in Italia se non da' medici, e ben pochi. Egli di dae sorti. Il pi nobile essi lo chiamano ataraantico, quasi che fosse trovato da Atamante ; o, secondo alcuni al tri, perch'egli si truovi ottimo nel monte Atamante. Nelle foglie simile agli anici, e talora ha il gambo luogo dae cubiti, con molte radici oblique e nere, e alcune d 'esse fondissime, ed mauco rossigno che l ' altra specie.. Bevuto nel-

99

C. PLINII SECUNDI

IOO

discutit. Item tormina, t vesicae vitia : vulva* ruroque articulis cum meile, iofantibus cum apio illitum imo veniri oriaas movet.

l'acqua con Ia radice pesta, o cotta, muove l'o ri na. Caccia mirabilmente le ventosit dello sto maco ; e cos i tormini, e i difetti della vescica ; e impiastrato con l ' appio agli articoli della ma trice, e a* faociullini con l ' appio nella inferiora parte del corpo, muove l'orina.
D rl
*
v ib o c c b io ,

Db

p e ric o lo , x x k .

aa.

XGV. Fenicolom nobilitavere serpente! gu statu, ut diximus, senectam exuendo, oculorumqoe aciem succo ejus reficiendo : onde intelle ctum est, homiaum quoque caliginem praecipue eo levari. Colligitur hic caule turgescente, et in sole siccator, inungiturque ex meile. Ubique hoc est. Laudatissimus in Iberia e lacryrais fit, et e semine recenti. Fit et e radicibus prima germi natione incisis.
De
h ip p o m A r a th r o , s iv b m t r s m b o , v .

XCV. 11 finocchio stato nobilitato dalle serpi, perch esse gustandolo ringiovaniscono, e rischiarano la vista loro col sogo. Per s' inteso che esso rimuove ancora la caligine dagli ooehi degli uomini. Questo si coglie quando il gambo gonfia : seccasi al sole, e ugnesi di mele. Ne nasce per tutto. Eccellentissimo si fa in Ispagna delle sue lagrime, e del seme fresco. Fassene ancora delle radici tagliate nella prima germinaxiooe.
D ell i p p o m a r a t r o ,
o m irsih b o ,

5.

XCVI. Est et in hoc genere silvestre, qood alii hipporoarathron, alii myrsineom vocant, fo liis majoribus, gustu acriore, procerius, brachiali crassitudine, radice candida. Nascitur in calidis, sed saxosis. Diocles et aliud hippomarathri genus tradit, longo et angusto folio, semine coriandri. Medicinae in sativo, ad scorpionum ictus et ser pentium, semine in vino poto. Succus el auribus instillatur, verraiculosque in bis necat. Ipsum condimentis prope omnibus inseritur : oxyporis etiam aptissime. Quin et panis crustis subditur. Semen stomachum dissolutum adslringit, vel in febribus sumptura. Nauseam ex aqua tritam sedat. Pulmonibus et jocineribus laudatissimum. Ven trem sistit, quum modice sumitur, urinam ciet, et tormina mitigat decoctam, lactisque defectu potam mammas replet. Radix cum ptisana sum pta renes purgat, sive decocto socco, sive semine sumpto. Prodest et hydropicis radix ex vino co ci. Item convulsis. Illinuntur folia tumoribus ardentibus ex aceto. Calculos vesicae pellunt. Ge niturae abundantiam quoquo modo haustura facit. Verendis amicissimum, sive ad fovendum radice cum vino cocta, sive contrita in oleo illitum. Multi tumoribus et sugillatis cum cera illinunt. Et radice in succo vel cum raelle contra canis morsum utantur, et contra multipedam ex vino.

Hipporaarathron ad omnia vehementius. Calcolos praecipue pellit. Prodest vesicae cum vino leui,et feminarum menstruis haerentibus. Effica cius in eo semeo, quam radix. Modus ia ulroqae,

XCVI. In questo genere c' anco il salvatico, il quale alcuni chiamano ipporoaratro, altri rairsineo, che ha le foglie pi grandi, e pi acri, ed pi alto, grosso nn braccio, e di radice bianca. Nasce in luoghi caldi, ma sassosi. Diocle mette un'altra sorte dippomaralro,che ha la foglia Ion ica e stretta, e il seme di coriandolo. 11 domestico, beendosi il suo seme oel vino, medica i morsi de gli scorpioni e delle serpi. Il sogo si stilla negli orecchi, e ammazza in essi i vermini. Esso si mette quasi in tutti i condimenti, e specialmente in quelli di sapor acido ; ed anche si pone sotto le cortecce del pane. Il seme ristrigoe lo stomaco dissoloto, preso ancora nella febbre. Trito nell ' acqua leva il fastidio dello stomaco. ottimo al polmone e al fegato. Quando se ne piglia poco ferma il corpo, provoca l'orina, e cotto mitiga i tormini, e bevuto riempie le poppe di latte. La sua radice presa con l'acqua d'orzo porga le reni, sia che se ne pigli il sugo cotto, sia che il seme. Anco la radice cotta nel vino giova a' rilruopichi e alle convulsioni. Le foglie sue eoo l'aceto si mettono sopra gli enfiati ardenti. Cacciano le pietre della vescica. Bevuto in qualunque modo si voglia fa abbondanza di sperma. amicissimo alle parti ge nitali, e la radice colta col vino vale a fare fomen tazioni, o essendosi pesta, a farne empiastro con olio. Molli l ' adoperano con cera agli enfiati e suggellati. Usano ancora la radice nel sogo col mele contra il morso del cane, e col vino contra il molti piedi. L 'ippomaratro molto pi possente a latto le cose ; e soprattutto fa gettare la pietra. Giova alla vescica con vino leggero, e alle purgagioni delle donne, che non escon fuori, la ci ha pi

101

MSTORIARGN MUNDI L1B. XX.

IO

quod duobos digitis^rilarn additar in polionem. Peiriehus, qui Ophiaca scripsit, et Micton, qui Rhiiotomumena, advertas serpentes nibil hippomarathro efficacias patavere. Sane et Nicander non In novissimis posuit.

virt il seme che la radice. La misura nell'ano e laltro berne quanto si piglia con due dila, pe sto e ridotto a bevanda. Petrico, il quale scrisse delle serpi e de veleni, e Milione, che scrisse delle medicine che si ricavano dalle radici dellerbe, tengono che non ci sia cosa migliore con tra le serpi, che l ippomaratro. E Nicandro anchesso gli diede per ci grandissima lode. Dbl CAtrAPB,g. XCVII. 11 canape nacque prima nelle selve, con la foglia molto nera e aspra. Dicono che il seme suo spegne lo sperma degli uomini. II sugo d'esso caccia i vermini degli orecchi, e ogni altro animale che vi fosse entrato ; ma fa dolere il capo. Ed ha tanta forxa, che messo nell- acqua si dice che la fa rappigliare. Imper bevuto nell acqua giova al corpo de giumeati. La radice cotta nell'acqua mollifica le congiunture ratto p pate, e cos le gotte, e simili empiti. Del crudo si fa empiastro alle incotture; ma spesso si mula prima che secchi.
\

D b cin u k i, ix. XCVII. Cannabis in silvis primam nata est, nigrior foliis, et asperior. Semen ejus exlinguere genit aram virorum dicitur. Succus ex eo vermi culos sariam, e t qaodeamque animal intraverit, ejicit, sed cam dolore capitis. Tantaque vis ei esi, ot, aquae infusa, coagulare eam dicatur. Et ideo janeo torum Ito succurrit pota ia aqua. Radix coolractos articulos emollit in aqua cocta : item podagras, et similes impetas. Ambustis cruda illinitor, sed saepias mutator prinsquam arescat.

Da

fbbola,

viii.

D blla rucLA , 8.

XCV1II. Ferola semen anetho simile habet. Qeae ab uno caale dividitur in cacumine, femina palatur. Caules eduntur decocti* commendantorqoe inusto ac meile, stomacho utiles. Sin plures suropli, capitis dolorem faciunt. Radix denarii pondere iu vini cyathis duobus, bibitur adversus serpentes. Et ipsa radix imponilur. Sic et tormi nibus medetur. Ex oleo aulem et aceto, contra dores immodicos, vel in febribus proficit. Suc cos ferulae alvum solvit fabae magnitudine devo ratos. E viridi medulla vulvis utilis, et ad omnia ea vitia, d sanguiner sistendum decem grana Kmio b ib a a ta r , ia vino trita, vel medulla. Soot qui comitialibus morbis dandum putant loos qoarta, sexta, septima, lingula mensura. Nalora ferularum mnraenis infestissima est : ta ctae siquidem ea moriootur. Castor radicis sucemn et oculorum claritati conferre multum pu tavit Db c a b d o o ,

XCVI1I. La ferula ha il seroe simile allanelo. Qoella che da on gambo si divide nella cima, si tiene che sia la femmina. Mangiansi i suoi gambi cotti, e son mollo lodati col mosto e col mele, per essere utili allo stomaco. Ma se se ne mangia molli, fanno dolere il capo. La radice a peso di un denaio si bee io due bicchieri di vino conira le serpi, e mettevisi sulla ferita la radice ; e cos medica ancora i tormini. Con lolio e con laceto giova ne gran sudori della febbre. Il sugo della ferula, mangiandone quanto grossa una fava, scioglie il corpo. On ramoscello di ferula verde utile a tulli questi difetti. A fermare il sangue si beonfc dieci granelli di seme pesti nel vino, o la midolla. Alcuni la danno a chi ha il male ca duco, il quarto, sesto e settimo giorno della luna, a misura d un cucchiaio. La natura della ferula inimicissima alle lamprede, perciocch tocche con essa si muoiono. Castore tiene che il sugo della sua radice giovi mollo a rischiarar la vista.
D bl
c a b d o , o s c o lin o , 6.

s iv b s c o ly m o , v i.

XC1X. E t de carduorum sala inter hortensia diiimus: quapropter et medicinam ex iis uon differamus. Silvestrium geners sunt duo, uputn fruticosius a terra statim: alterum unicaule cras sius. Utrique folia pauca, spinosa, muricatis cacu minibus. Sed alter florem purpureum mittit inler cdios culeos, c eleriter canescentem, e t abeun-

XCIX. Del seminare de*cardi abbiamo ragio nato, quando trattammo degli erbaggi, e per ci ragioneremo ancora delle lor medicine. I salva tichi sono di doe sorti : uno, che germoglia su bito da terra; l allro, che fa un gambo solo e pi grosso. L uno e 1 altro ha poche foglie, spi * nose, e con le cime a foggia di murice. Per

C. PLINII SECUNDI H1ST0R. MUNDI UB. XX. lem cam aara : scolymon Graeci vocant. Hic an tequam floreat contusus atque expressus, illito succo alopecias replet. Radix cujuscumque ex aqua decocta potoribus sitim facere narratur. Stomachum corroborat : et vulvis ( si credimns ) etiam conferre aliquid traditur, ut mares gignantur. Ita enim Chaereas Atheniensis scripsit, et Glaucias, qui circa carduos diligentissimus vide* tur. Mastiche cardui odorem commendat oris. I' uno C fiore rosso in mezzo a piccoli spini, il s quale imbianca tosto, e vassene con l'aria: i Greci lo chiamano scolimo. Questo pestato innanzi che fiorisca, e posto col.sngo sopra le alopecie, le rag guaglia e riempie. Dicono che la radice d'amen* due cotta nell1acqua fa sete a chi la bee. Forti fica lo stomaco, e dicono (se lo vogliamo credere) che giova ancora qualche cosa alla matrice, per far ingravidare di maschio. Cos scrisse Cherea Ateniese, e Glaucia, il quale pare diligentissimo circa i cardi. 11 mastice del cardo fa buon alilo.
COHPOSIZIOBB DELLA TBUCA.

h e b ia c a e c o m p o s it io .

C. a4 Ante discessam ab hortensiis, unam compositionem ex his clarissimam sabtexemus, adversos venenata animalia, incisam lapide versi bus in limine aedis Aesculapii. Serpylli doum denarioratn pondus : opopanaci), et mei, tantamdem siogaloram, trifolii pondas denarii : anesi, et feniculi seminis, et ammii, et apii, denariorum senum singalis generibus, ervi farinae duodecim. Haec tusa cribrataqae vino quam possit excellen ti, digeruntor in pastillos, victoriati pondere. Ex his singuli dantur ex vini mixti cyathis ternis. Hac theriaca magnas Antiochus rex adversos omnia venena usos traditur.

C. a4 Innanzi che noi d partiamo dall' erbe degli orti, fia bene che mettiamo una composi zione d 'esse nobilissima contra gli animali vele nosi, scolpita in versi in pietra nella soglia del tempio d1Escala pio. Di aermollino due denari a peso, di opopanace e di meo altrettanto per cia scuno, di trifoglio on denaio di peso, d1aaeto, danice, di seme di finocchio, dammio, e dappio denari sei per ciascuno, e di farina di rabiglie denari dodici. Tulle queste cose peste e stacciate con vino quanto si possa dire eccellente, si com partiscono in pastelli a peso d una moneta detta vittoriato, che saria quanto uno scudo. Ciascun bicchiere di questi si d i mescolato con tra bic chieri di vino. Dicesi che il gran re Antiooo ns qaesta triaca contra tatti i veleni.

C. PUNII SECUNDI

HISTORIARUM MUNDI
LIBER XXI
NATOR A FLORUM ET CORONAMENTORUM
i

-------------* < ---------------

Ds

I T A O P H lO U t : S U T A .

D elle

s t e o f i o l s : de1 s e r t i .

I. i. preeetto di Catone, che negli orti si dovessero seminare i fiori da fare le ghirlande, la cui finezza massimamente iodescrivibile, per ch niuoo pi facilmente ne pu favellare, di quello che la natura gli sa dipingere ; massima mente quando ella scherza e si trastulla nell* al legrezza di s gran dovizia. Perciocch ella ha fatte P altre cose per bisogno e per alimento ; e perci ha voluto che vivano i secoli e gli anni. Ma i fiori e gli odori genera ella d per d, con grande, come si pu vedere, ammonizione degli uomioi, ehe le cose, le quali leggiadrissimamente fioriscono, prestissimamente marciscono ancora. Ma n anco la pittura sufficiente a rappre S e d ne pictura quidem sufficiente imagioi c o l o r a n s reddendae, mixturarumque varietati, sentare la imagine de* colori, e la variet delle i v e a l t e r n i atqne multiplices inter se nectantur, misture, o quando scambievolmente e di diverse sive p r iv a t is generam funiculis ia orbem, in obii sorti insieme intreeciano, o quando alcune co q u u m , i n ambitum, quaedam coronae per coronas rone o ghirlande fatte d1una ragion sola, corro c a r m iB t. no per altre ghirlande in tondo, o iu obliquo, o in cerchio. II. p . Tenuioribus utebantur antiqni, stroppos JI. a. Gli antichi usavano ghirlande molto p p d la n te s : unde nata strophiola. Quin et voca* sottili, cui chiamavano stroppi ; onde si son poi W lnm ip sn m tarde communicatum est, ioter sa- dette strofiole. Anzi lo stesso vocabolo di corona * M n ln m et bellicos honores coronis suum no- pen assai a divulgarsi, e solamente ne1sacrificii v in dicantibus. Quum vero e floribus Aerent e negli onori della guerra s'usavano chiamare fla , a serendo serviae appellabantur ; quod corone. Quando poi si facevano di fiori, perehq

1 .1. JLn horti* ieri et coronamenta jusi it Cato, ioenarrabili florom maxime subtilitate; quando nulli potest facilius esse loqui, quam rerum na turae pio gere, lascivienti praesertim, et iu maguo fftudio fertilitatis tam variae ludenti. Quippe reJiqoa osos alimentiqne gratia genuit; ideoque Secala annosque tribuit iis. Flpres vero odoresq o e in dieaa gignit : magoa, ut palam est, admo n itio n e hominum, quae spectatissime floreant, ceIc rrim e marcescere.

Fu

C. PU N II SECUNDI p ad Graeco quoque non adeo antiquitas pla cuit.

108

essi erano serti, cio intrecciati, le chiamavano servie; il die presso gli stessi Greci non molto antico.

Qui isvbbibbibt miscebb flobbs, et qoabdo phimum COBOLLAB APPELLATAS, ET QCABE.

D a CHI V O BIPETBBE l U FBE LA FBIM VO O LSl SO A L TA DI V ESCEBB FIOBI, E Q A D B B B BOXE LE UNO BB C BORE, B PEBCH. O

III. Arborom enim ramis coronari in aacris III. 1 Greci osarono prima fare ghirlande di certaminibus, mos erat primum. Postea variari rami d 'alberi ne' giuochi sacri. Poscia comincia coeptum mixtura versicolori florum, quae invi rono a variarle con mistura di fiori, che alternas cem odores coloresque accenderet, Sicyone, ex sero i colori e le fragranze ; il che avvenne pri ingenio Pausiae pictoris atque Glycerae corona mamente nella citt di Sicione per ingegno di riae, dilectae admodum illi, quum opera ejus Paasia pittore e di Glicera facitrice di ghirlande, pictura imitaretur, et illa provocans variaret, es- a lui sommamente cara ; perciocch egli oeU'opesetque certamen artis ac naturae. ra e componimento delle sue ghirlande con la pittura la imitava, ed ella provocandolo inge gnava di variare. Cos veniva ad essere un con trasto dell1arte e della natura. Oggid ancora ci sono tavole di tali sue pittu Quale* etiam nunc exstant artificis illius ta re, e massimamente quella eh 1 chiamata Stefabellae, atque in primis appellata Stephaneplocos, noploco, nella quale egli ritrasse Glicera. Ci fu qua pinxit ipsam. Idque factum est post olympiadopo la centesima olimpia. Di questo modo essen dem centesimam. Sic coronis e floribus receptis, paullo roox subiere, quae vocantur Aegyptiae, ac dosi cominciale le ghirlande de' fiori, poco dopo vennero in uso quelle che si chiamarono Egizie, e deinde hibernae, quum terra flores uegat, ramen dipoi le vernerecci, le quali si facevano di bructo e cornibus tincto. Paullatimque et Romae sub cioli di corna colorati, perch di quella stagione la repsit appellatio, corollis inter initia propter gra terra oon fa fiori. A poco a poco si attribu loro un cilitatem nomioatis : mox et corollariis, postquam nome anche in Roma,e chiamaronsi da principio, e lamina aerea tenui inaurata aut inargentata per rispetto della sottigliezza loro, corolle, e poi dabantur. corollarii, quando si davano fatte di foglia di rame indorato o inargentato. Qois FEIMUS CO H S FOLIIS ABGEKTB1 ET ACEBIS BO A S dbdebit. Q oaeb cobollabia dicta. Db lemviscis. Qois fbimuii caelavbbit bos.
C hi fu il fbiko che mspebsasse ghiblabde coi

FOGLIE DI A BH E D OBO. P eBCH COBOLLAElt BG TO * FO B DETTE. Db L M lSC CHI FO IL PBU A BO B W I. TO FABLI SG OLPIBB.

IV. 3. Crassus dives, primus argento auroque IV. 3. Crasso, quel gran riccone, fu il prim o folia imitatus, ludis suis coronas dedit. Accesse- che ne* suoi giuochi diede ghirlande con foglio d ' oro e d 'argento. V' aggiunsero poi i lemnisci runtque et lemnisci, quos adjici ipsarnm corona ( queste erano cintole e legature d ' esse ghirlan rum honos erat propter Etroscas, quibus jungi nisi aurei noo debebant. Puri diu fuere ii. Caelare d e), i quali era d 'o u o re che s aggiugnessero loro per rispetto delle ghirlande Toscane, alle eos primus instituit P. Claudius Pulcher, braquali non si dovevano aggiugnere se non d 'o ro . cteasque etiam philyrae dediL Questi lungo tempo furono pori. 11 primo che gli facesse scolpire fu P. Claudio Pulcro, il quale o rn quelle, che si chiamano filire, di piastre o foghe di metallo. QlJABTUS HOBOB COBOBABCV APTD AftTIQOOS FUBB1 T.

I b quabto obobb fossebo le cobobb FB SSO GLI ANTICHI. B

V. Semper tamen auctoritas vel ladicro quae V. Nondimeno sempre ebbero autorit quelle* che s'acquistavano ne'giuochi. Perocch scen sitarum fuit. Namque ad certamina in circum per ludos et ipsi descendebant, et servos suos devano a lottare nel circo i padroni stessi, e vi

HISTORIARUM MUNDI L 1 B. XXI. quique m ittebant. Inde illa xii*tabularum lex: u Qui coronam parit ipse, pecuniave ejos virtutis ergo duitor ei. Quam servi equive meruissent, pecunia partam lege dici, nemo dubitavit. Quis ergo bonos ? u t ipai mortuo, parentibusque ejus, dom io Ius positus esset, forisve ferretu r, sine fnude esset imposita. Alias in usu promiscuo ne ludicrae quidem erant.

no

mandavano ciascuno i suoi servi. Di qui fu quella legge delle dodici tavole : a Qualunque acquista ! oorona o da s o col cavallo o servo da lui prez zolato, si giudica degno d 'onore. N ha dubbio alcuno, che quella corona che i servi o i cavalli si hanno acquistata, per legge si dee dire acquistata per pecunia. Ora in che consisteva egli questo onore? permetteva la legge che quando era morto o egli, o il padre, potesse tenere detta ghirlanda e mentre ch'era in casa, e meutre ch'era portato alla sepoltura. Per n anco le ghirlande da giuoco si potevano lasciar osare ad alta persona.
S b v b b it
d e g l i a r t ic h i b a p p o b t o a q u e s t e .

SSVEAITAS ABTIQUOHUM IR COBORIS.

VI. Jngeosque et hinc severitas. L. Fulvius VI. Di qui nacque gran severit. L. Fulvio srgeutarius, bello Puoico secundo, cum corona argentario nel tempo della seconda guerra Car nucea in terdia e pergula sua in (oram prospe- taginese, essendosi inteso come egli di giorno xisse dictus, e x auctoritate senatus in carcerem avea guardato dalla sua pergola net foro con una abductus, n o n ante finem belli emissus est. P. ghirlanda di rose, per ordine del senato fu messo Bfuoatius, q u u m demptam Marsyae coronam e in prigione, dove egli stette sino al fine della Boribas capiti auo imposuisset, atque ob id duci guerra. P. Munazio avendosi messa in capo una eum io vincula trium viri jussissent, appellavit ghirlanda di fiori, la quale era stata tolta a lVlartribaaot plebis. Nec intercessere illi : aliter quam sia, i triumviri comandarono che per ci fosse Athenis,ubi comesaabundi juvenes ante meridiem menato in prigione, ed esso s'appell a1tribuni eoa ventos sapientiam quoque doctrinae frequen della plebe. Ma essi non si opposero a quella tabant. Apud nos exemplum licentiae hujus non condanna ; ben pi severi che gli Ateniesi, fra i est aliud quam filia divi Augusti, cajas luxuria quali i giovinastri stavano in gozzoviglia innanzi noctibus coronatam Marsyam, litterae illius dei il mezzod, ed entravano licenziosamente anche gemunt. nelle scuole de* savii ad apprendere le dottrine loro. Appresso di noi non v* ha esempio di que sta licenza, altro che la figliuola dell* imperadore Augusto, per la cui lussuria le lettere sue si dolgouo che Marsia stesse coronato la notte.
Q c il FLOBJSCS COBOBAVEB1 POFBLUS ROMARCI. T V II.Florum q o id e m populus Romanus hono- rem Scipioni U a l o m habuit. Serapio cognominabaiar, p ro p ter sim ilitudinem suarii cujusdam negotiatoris. O b id erat io tribunatu plebi ad modum gratu s, d ig n u sq u e Africanorum familia. Nee erat in b o n is funeris impensa. Asses ergo contolit p o p o lu s, a c funus elocavit, quaque prae ferebatur, flo re s e prospectu omni sparsit Chi fu coborato di fiobi dal popolo R omaro. VII. 11 popolo Romano attribu 1 onore dei * fiori solamente a Scipione. Egli era cognominato Serapione, perch somigliava mollo no certo mer catante da porci cos chiamalo. Perci nel tribu nato era egli molto caro alla plebe, e degno della famiglia degli Africani. E siccome non ebbe tanto patrimonio, che se gli potesse pagare la spesa del mortorio, il popolo diede del suo e ne appalt le esequie, e per tutlo dovunque passava il morto , erano gettati fiori.
GhIBLARDB DI PI FIOBI. DBLLB GH 1 BLARDE CUCI TE : DI QOBLLE DI FOGLIE DI HAEDO : DBLLB FOEBITB DI SBTA.

P actiles c o b o b a i . D b sutilibus coeoris : DE HAKVIHIS ; DB SEB1 CIS.

V ili. E gii fino allora le ghirlande si faceva VIII. E t ja m tn n e coronae deorum honos ersnt, et la r iu m poblicorum privatorumqoe, ac no io ooore degli dei, e de* lari pobblici e privati, fcpolcrorom, e t m a o iu m ; summaque auctoritas e delle sepolture, e dell* ombre ; ed erano in gran ripalaiione le ghirlande falle di varie froodi e putili coronae. S u li le s Saliorum sacris invenimus,

Ili

C. PLINII SECUNDI fiori. Troviamo ancora che ne* sacrificii d e'sa cerdoti di Marte s ' usavano ghirlande cucite, e specialmente n e 'conviti sacri. Passarono poi alle ghirlande di sole rose, e crebbe tanto la pompa, che nessuna ghirlanda avea grazia, se non era tutta di foglia : furono portale poi le ghirlande cucite d India o di l dall' India. E tenuta cosa delicatissima darle di foglie di nardo, o intorniate di seta a pi colori e imbiu tale di unguenti. A tal termine giunse finora la lussuria delle donne.
QoALI AUTORI SCRIVESSERO SOPRA

el solerai) coenis. 1'rsnsiere deinde ad rosaria ; oque luxuria processit, ni non esset graiia nisi mero folio : sulilibus mox petilis ab India, aut olir Indos.

Lautissimam qaippe habetor e nardi folio cs dari, aut veste serica versicolores unguentis ma didas. Hunc babet novissime exilum luxuria fe miuarum.
D * FLORIBUS QUI SCRIPSERINT. CtBOPATRAB REGINAE FACTO 1B CORONIS.

1 FIORI. FATTO

DELLA REGINA CLEOPATRA RISPETTO AI FIORI.

IX, Et apud Graecos quidem de coronis priIX. Appresso i Greci hanno scritto libri par va lira scripsere Mnesilheus alque Callimachus ticolari delle ghirlande Mnesteo e Callimaco me medici, quae nocerent capili : quoniam et in hoc dici, dando a conoscere quelle che nuocono al esi aliqua valetudinis portio, ia potu atque hila capo, perciocch ancora da qoesto canto pu es ritate praecipue odorom vi subrepente fallaciter, sere alterata la nostra salute, dacch nel bere e scelerata Cleopatrae solerlia. Namque in apparatu nell'allegrezza soprattutto,intanto che si va spar belli Actiaci gratificationem ipsius reginae An gendo l ' odore ci pu essere nascosta trama, come tonio timente, nec nisi praegustatos cibos sumenlo prova la scellerata astuzia di Geopalra. Peroc te, fertur pavore ejus lusisse, extremis coronae ch temendo M. Antonio, nell'apparato della guer floribus veneno illitis, ipsaque capili imposita, ra Azziaoa, le cortesie di quella reina,e oon toccan mox procedente hilaritate invitavit Antouium, do di cibo alcuno, se prima non se ne faceva far u t coronas bibereut. Quis ita timeret insidias? la credenza, dicesi ch'ella per pigliarsi gioco Ergo concerpta in scyphum incipienti haurire della paura di lui si mise io capo una ghirlanda, opposita manu : u En ego sum, inquil, illa, Marce i cui fiori di fuora erano avvelenati : dipoi cre Antoni, quam tu nova praegustantium diligentia scendo l ' allegrezza e la festa, invit Antonio a caves : adeo mihi, si possim sine te vivere, occasio bere in compagnia sua le ghirlande. E chi avreb au t ratio deest. Inde eductum custodia bibere be allora temuto di tradimento e d ' inganno ? jussit, illico exspirantem. De floribus supra diclos Essendo adunque stritolale le ghirlande nel bic scripsit Theophrastus apud Graecos. Ex noslris chiere, e cominciando M. Antonio a voler bere, autem inscripsere aliqui libros Anlhologicon : Cleopatra gliele tolse di roano, e disse : Ecco flores vefo persecutus est nemo, quod equidem ohe io sono quella, Antonio mio caro, da coi tu inveniam. Nec nos nunc scilicet coronas necte con tanta diligenza li guardi dal pigliar i cibi : mus: id enim frivolum est: sed de floribus, quae vedi, s ' io potessi vivere senza te, se mi manche videbuntur digna, memorabimus. rebbe l'occasione o il modo di nuocerli, n Fece poi trarre un di prigione, il quale bevuto di quel vino mor subito. De* fiori, olir gli autori citati sopra, scrisse Teofrasto appresso i Greci. Dei nostri alconi hanno intitolato i lor libri Antologicon ; ma per ninno, eh* io sappia, ha trattato de' fiori. N anco noi ora insegneremo a compor ghirlande, perch ci cosa ride fole, ma conte remo de* fiori quelle cose, che ci parranno degne.

Db r o s a

: g e r i r b jd * x ii.

D e l l a r o s a : do d ici sp e c ie d i sa .

X. 4. Paucissima nostri genera coronamento X. 4- I nostri hanno conosciuto pochissimi fiori negli orli da fare ghirlande, e quasi sola rum inler hortensia novere, ac paene violas ro mente viole e rose. Nasce la rosa piuttosto da spi sa sque tantam. Rosa nascitor spina verius, qoam no che da frutice} anzi essa viene ancora dal ro frutice, in rubo quoque proveniens, illic eliam ipcundi odoris, quamvis angusti. Germinat omnis vo, ma d ' un odore che molto non si dilata, q u an tunque giocondo sia. Prima germoglia tutta in primo iudusa granoso cortice. Quo mox intume-

iis

HISTORIARUM MUNDI L 1B. XXI. Chiosa ia corteccia scabra e qua* di granelli, Ia qual dipoi rigonfia, e a guisa di verde vaso d'ala bastro se ne viene appuntata, e a poca a poco s'apre rosseggiando, e distende, e nel mezzo della sua boccia contiene piccoli spilletti gialli.Ndle ghirlan de ella si adopera poco, o quasi nulla. Macerasi con l ' olio, il che s ' os gii fino si tempo de'T roiani, secondo il testimonio d'Omero. Pass poi negli un guenti, come abbiamo detto, ed per s medesi ma medicinale. Metlesi negli impiastri e medicine degli occhi, per la sua mordace sottigliezza, e non nociva a spargere del sugo le mense e le squisite vivande. 1 nostri n'hann o due sorti celebratissime, la Prenestina e la Campana. Alcuni altri v' hanno aggiunta la Milesia, la quale d* un colore molto acceso, e non passa dodici foglie. Dopo questa la Trachinis, eh' manco rossa. Dipoi l ' Alabandica, assai pi vile, le cui foglie biancheggiano. Vilissima la spineola, che ha mollissime, ma minutissime foglie. Le rose son differenti anche per moltitudine di foglie, per asprezza, per mor bidezza, per colore e per odore. Pochissime sono di cinque foglie, l'altresono di pi, essendovene d ' una sorte, che si chisma cenlofoglie, che in Campagna d'Italia, e in Grecia intorno a' campi Filippici ; ma quivi non nascono nella terra del paese. Il monte Pangeo qui vicino le produce di numerose e piccole foglie; onde gli uomini del paese trasferendole, le seminano, ed elle in questo modo si fanno grandi. Ma questa non la pi odorata, come n anche quella che ha larga e gran foglia. 1 segno dell' odore la ruvidezza della 1 corteccia. Cepione al tempo di Tiberio imp. non volle che la cenlofoglie si meltesse nelle ghiron de, fuor che nelle parti estreme. Non vaga n per odore, n per bellezza, quella che i nostri chia mano Greca, e i Greci licni, la qual non nasce se non ne' luoghi umidi, n mai passa cinque foglie, ed ha la grandezza della viola, ed senza odore veruno. ccene u n 'a ltra chiamata Grecula, la quale ha i pannicoli delle foglie avviluppati, e mai non si apre, se non costretta dalla mano ; e pare sempre che spunti allora, con foglie larghe. U n'altra esce fuori da gambo simile alla malva, e ba foglie d* ulivo, e chiamasi raosceuto. Fra queste di mediocre grandezza l'autunnale, che si chiarita co roncola. Tulle sono senza odore, fuor che la coroneola, e la nata nel rovo : per tanti modi si adulterano. La vera slessa prevale soprattutto a seconda del suo terreno. In Cirene odoratissima ; e per questo n' quivi bellissimo unguento. In Cartagine di Spagna per lutto il verno primaticcia. Importa ancora molto la temperie dell aere. Perciocch sono certi anni, eh' ella ha manco odore. Olir di ci ciascuna i

ente, et io virides alabaslros fastigato, paallatim rubescens dehiscit, ac sete pandit, ia calycis medio sui stantis complexa luteos apices. Usas ejus in coronis prope minimos est. Oleo macera* lar, iilqne jam Trojanis temporibus, Homero teste. Praeterea in unguenta tram i t, n t diximui. Per se medicas artes praebet. Emplastris atque collyriis in se ritu r mordaci subtilitate. Mensarum etiam deliciis perungendis minime noxia.

Gener* ejas n o stri fecere celeberrima, Prae nestinam et Campanam. Addidere alii Milesiam, coi sit ardentissima* colos, non excedenti duo* dena folia. P roxim am ei Trachiniam minus ru bentem. Mox Alabandicam viliorem, al|>icantibns foliis. Vilissimam vero plurimis, sed minutis simis, spineolam. Differunt enim moltitudine fo lioraro, asperitate, laevore, colore, odore. Pau cissima quina folia, ac deiode numerosiora : quara sit genus ejas, quam centifoliam vocant : quae est in Campania Italiae, Graeciae vero circa Phi lippos : sed ib i non suae terrae proventu. Pan gaeas mons in vicino fert, numerosis foliis ac parvis: unde accolae transferentes conserunt, ipsaque plantatione proficiunt. Non autem talis odoratissima est, nec cui latissimum maximuraqne folinm. Bre viterqae indicium est odoris, sca britia cori icis. Caepio Tiberii Caesaris principatu, negsvit centifoliam in coronas addi, praeterquam extremo* velat sad cardines. Nec odore, nec spe cie probabilis e s t, quae Graeca appellator a no stris, a Graecis lychnis, non nisi in humidis locis proveniens, nee nm quam excedens quinque folia, violaeqae m agnitudine, odore nullo. Est et alia Graecula appellata, convoluta foliorum paniculis, nee dehiscens n isi m anu coacta, semperque na scenti similis, latissim i) foliis.

Alia fu n d itu r e caule malvaceo, folia oleae babente, m osceuion vocant. Atque inter has me dia magnitudine aatumnalis, quam coroneolam vocant. Omnea sin e odore, praeter coroneolam et in rabo n a ta m : tot modis adulterantur. E t alias vera q u o q u e plarimum solo praevalet. Cy renis odoratissim a est : ideoque ibi angnentnm pulcherrimam. C arthagine Hispaniae, bieme tota praecox. R efert e t coeli temperies. Quibusdam nim annis m in u s odorata provenit. Praeterea m ii siods q u a m hnmidis odoralior. Seri nec pitfcnibus v o lt, n ec argillosis locis, nec riguis,

G. P U N II SECUNDI ontenta rari*, proprieque ruderatum agrum amat. pi odorosa ne' luoghi scchi, che negli umidi. Non vuole terra grassa, n argillosa, n vuole es sere inaffiata, ma si contenta di terreno leggeri, e propriamente ama la terra piena di calci naoci. Primaticcia la Campana, serotina la Milesia. L' ultima ebe rimane la Prenestina. Zappansi pi sotto che le biade, e pi leggermente ebe le vili. Penano assai a venire del seme, che si ritro va entro la scorsa di quel calicetto ooperto di la nugine, il quale serve di base al fiore : per questo si piantano per magliuoli tolti dal gambo. Pian tasi per occhi delle radici, come le canne, quella specie di pallida e spinosa, che ha lunghissime verghe e non pi che cinque foglie, la quale di specie Greca. Ogni rosa ama d essere potata e arsa: traspiantandola ancora, come li vite, viene tosto e bene. Ponsi co' gambi lunghi quattro dita, o pi, dopo il tramontare delle Vergilie; e dipoi quando regna il vento Favonio si traspianta, eon ispazio d' nn piede una dall' altra, e spesso si la vora d ' attorno. Coloro che vogliono fare le rose primaticcie, fanno fossa d 1nn piede intorno la radice, e mltonvi acqua calda, quando la boccia comincia a germogliare.
Q
u a t t r o s p b c ib d i g i g l i .

Praecox Campana est, sera Milesia. Novissime laroeo desinit Praenestina. Fodiuntur aliius quam fruges, levius quam vites. Tardissime proveniunt semine, quod in ipso cortice est, sub ipso flore, opertum lanugine: ob id potius caule conciso inseruntur : et ocellis radicis, ut arundo, unum geuus inseritur pallidae, spinosae, longissimis virgis, quinquefoliae, quae e Graecis altera est. Omuis aulem recisione atque ustione proficit : translatione quoque, u t vilis, optima ocissimeque provenit, surculis quaternum digitorum lon gitudine, aut ampliore, post Vergiliarum occa sum sala : dein per Favonium translata, pedali bus intervallis crebroqae circumfossa.

- Qui praecocem faciunt, pedali circa radicem scrobe aquam calidam infundunt, germinare in cipiente calyce.

L il ii

gbubra iv .

XI. 5. Il giglio va dopo la rosa per nobilt, e XI. 5. Lilium rosae nobilitate proximnm est, per certa somiglianza d'olio e dunguento, che si quadam cognatione unguenti oleique, quod chiama lirino. Unito con le rose, molto si eonfa, lirinon appellatur. Gt impositum etiam maxime e comincia a mezzo il tempo d ' esse. N alcuno rosas decet, medio provenlu earum incipiens. altro fiore cresce a maggiore altezza, essendo egli Nec ulli florum xcelsitas major, interdum cubi talora lungo tre braccia, per sempre col collo torum trium, languido semper collo, et non suf languido, e poco sufficiente a sostenere il peso ficiente capitis oneri. Candor ejus eximius, foris del capo. Egli bianco oltra modo, con le foglie striali, et ab an?ustiis in latitudinem panllalim vergate di fuori, le quali dal basso allargandosi a .sose laxantis effigie calathi, resupinis per ambifura labris, tenuiqne filo et semine, stantibus ift poco a poco, fanoo la forma d un piccolo paviere, con i vivagni all'intorno resupini, e dal cuore medio crocis. Ita odor, colorqne duplex, et alius di lai sopra a sottili fila s'alzano come semi che calycis, alius staminis, differentia angusta. In un* tirano al colore del zafferano. Cos ha egli o dore guenti vero oleique usa, et folia non spernuntur. e colore di dae sorti ; che altro quello del cali Est flos non dissimilis illi in herba, quam con ce, altro quello delle vergole, bench non se ne volvulum vocant, nascens per frutecta, nullo possa rilevar chiaro la differenza. Le foglie sue si ndore, nec crocis intus: candorem tantum refe adoperano ancora per uso d' unguento e d ' olio. rens, ac veluti naturae rudimentum lilia facere cci nn fiore poco differente da questo in rondisceniis. Alba lilia iisdem omnibus modis u n erba, che si chiama vilucchio, il quale nasce seruntur, quibas rosa : et hoc amplius lacryma per le siepi, e non ba alcun odore, n zafferano sua, ul hipposelinum : nihilque est fecundius, dentro; n ha niente altro che la bianchezza ; tt l nna radice quinquagenos saepe emittente balbos. quasi un principio della natura, che impari a Est et rubens lilium, quod Graeci crinon vocant. fare i gigli. 1 bianchi si seminano per tutti i m odi Alii florem ejns cynorrhodon. Laudatissimam in ehe le rose, e di pi con la lagrima lor propria, Antiochia, et Laodicea Syriae, mox in Phaselide. come I* ipposelino. Non e ' cosa pi feconda d i Quartam locam oblinet in Italia nascens. esso, ch spesse volte una radice mette cinquanta capi. cci anco il giglio rosso, il quale i G reci chiamano crino. Alcuni chiamano il suo flore c i-

w7

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXI.

tiS

norrodo. Nasce eccellentissimo in Antiochia, in Laodicea di Siria, poi m Faselide. Il quarto luo go ottiene quello che nasce in Italia.
N a ECISSI 6 I K I III.

T re

s p e c ie d e l harciso .

XII. Sant e t p urpurea lilia, aliquando gemi XII. Sonci ancora i gigli purpurei, i quali no caule, carnosiore tantum radice, aaajorisque hanno talora due gambi, con radice solameale balbi, sed u o iu s: narcissum vocant. Hujus alle pi carnosa, e di maggior capo, ma d nn solo, e ram genus flore candido, calyce purpureo. Dif chiamasi narciso. Di questo c1 u n 'a ltra sorte, ferentia a liliis est e t haec, quod narcissis folia in che ha il fiore bianco e il calice rosso. diffe radice sun t, probatissimis ia Lyciae montibus. rente da 1gigli in questo, che le foglie del narciso Tertio generi cetersi eadem, calyx herbaceus. sono nella radice, ed esso nasce bellissimo nei Omnes serotini. Poat Aratorum enim florent, ac monti di Licia. cci uoa terza specie della mede* per aequinoctium autum num . sima forma, eccetto che ha la buccia verde. T utti fioriscono tardi, cio dopo l ' Arturo, e per 1 < ' quinozio dell' autunno.
Q u A J T C M SBUBK TINGOATOK* OT INFECTA S C A R T O * .

CoMBSI TINGA IL 3BUE, PERCH IL GIGLIO BASCA DI QUEL COLORE.

XIII. Hanno anco trovalo i prodigiosi inge XIII. In v e n ta est et in his ratio inserendi, monstrificis h o m in u m ingeniis. Colligantur nam* gni degli uomini modo l1innestare i gigli. Col gono dunque i gambi, che si seccauo del mese di. qua mense J u l io scapi arasceoles, liliaque stupeoLuglio, e appiccano i gigli al fumo. Dipoi rim asi duotur in fu m o . Dein nudantibus se nodulis, in spogliati i nodegti si mettono del mese di Marza fcece nigri v in i, vel graeci, mense Martio mace in macero in feccia di via itero, perch piglino il rantor, ut co lo rem percipiant, atque ita in scro biculis s e ru n to r, heminis faecis circumfusis. Sic colore ; e cos si poogouo in fossicelle, e intorno a ciascun d ' essi si sparge un emina di feccia. In fiunt purpurea lilia : mirumque, lingui aliquid, questo modo i gigli nascono porporini ; e certo ut nascatur infectum . gran maraviglia, che alcuna cosa che ai tiaga abbia a nascere intinta*
Q u U iD lO O O V
colajttitb ,

QOASQHS HISCANTUR , SBEANTUR ,


sub

CoMB OGNI FJOBB, SECONDO LA SOA SPECIE, SI SEMINI, BASCA E SI COLTIVI.

sino olis g e n er ib u s . V iola* COLOBBS I I I . LUTEAE GKIUA. V.

T&B COLOBI DELLE VIOLE.'

C in q u e s p e c ie d e l l e g ia l l e .

XIV. 6. Violis bonos proximus. Earumque XIV. 6 . Dopo i gigli le viole hanno il primo, plura genera. P u rp u reae, luteae, albae : plantis luogo d ' onore. Ve ne sono di molle sorti, pur-, aes, ut olus satae. Ex iis vero, quae sponte puree, gialle, bianche, che tutte si pongono con apricis et m acris locis proveniuot, purpureae, la le piante, come il cavolo. Fra queste, quelle che tiore folio, stalim a b radice carnoso, exeunti vengono da s in luoghi solatii e magri sono pur soiaeque graeco n o m in e a celeris discernuntur, puree, le quali hanno pi larghe foglie e carnose appellatae ia, e t ab b is ianthina vestis. E salivis subilo sopra la radice. Queste sole si discernono dalle altra per greco vocabolo, e dicosi ia, dalle maxima a u cto ritas Iuleis. Genera iis Tusculana, quali presero poi il nome le vesli iantine. Fra le. et quae m a n n a appellatur, folio aliquando latiodomestiche in pi riputazione sono le gialle. Le, ve, sed m inus o do rato. In totum vero sine odore, specie di queste sono la Tusculana, e quella che, tninutoque folio calalbiana, munus autumni, ce si chiama marina, con la foglia un poco pi larga* terae veris. ma manco odorata. La calaziana non ha ponto, d ' odore, e ha le foglie minute : questa viene in, autunno, le altre in primavera.

>*9
D b CALTHA : BBGICS FLOS.

C. PLINII SECUNDI
D blla c a l t a : f i o * r b g i o .

190

XV. Proxima ei caltha est concolori amplitu dine. Vincit numero foliorum marinam, quinque non excedentem. Eadem odore superatur : est enim gravis calthae. Non levior ei, quam scopam regiam appellant: quamquam folia ejaa olent, non flores. D b b a o c h a b b . D b c om b& bto. D b a s a b o . XVI. Bacchar quoque radicis tantam odoratae est, a qnibusdam nardum rnsticum appellatam. Ungaenta ex ea radice fieri solita apud antiquos, Aristophanes priscae comoediae poeta testis est. Uode quidam errore falso barbaricam eam appella bant. Odor est ei cinnamomo proximus. Gracili solo nec hamido provenit. Simillimum ei, com bretum appellator, foliorum exilitate usqae in fila attenuata, et procerius quam bacchar. Nec haec sunt tantam, sed eornm qaoqae error cor rigendos est, qui bacchar rusticam nardom appellavere. Est enim alia herba sic cognominata, qoam Graeci asaron vocant, cujos speciem figoraraqoe diximus in nardi generibns. Quin immo asaron invenio vocitari, quoniam in corona* non addatur.

XV. Prossima a questa i la calta di somigliaote grandezza e colore. Avanza di nomero di foglie Ia marina, che non ne ha (Jl di cinqoe ; ma da eis* vinta d ' odore, perch la calta lo ha grave. N pi lieve odore ha quella, che si chiama scopa regia, beoch lo gettino le foglie, e non il fiore.
D bl baccabo : d e l com bbkto : d b l l a sa b o .

XVI. Il baccaro ancora ba solo la radice odo rfera, chiamalo da alcuni nardo rustico. Scriva Aristofaoe antico poeta comico, che gli antichi usavano fare ongoenti di quella radice. Onde al cuni pigliando errore falsamente la chiamavano barbarica. L odore suo simile al cinnamomo. Viene in terreno sottile, ma non amido. Molto simile a questo quella che si chiama combreto, che ha le foglie sottili quasi come filo, e pi lun ghe che il baccaro. N basta aver ci detto : noi dobbiamo correggere anco T errore di coloro, che chiamano il baccaro nardo rustico. Perch ella u n 'altra erba cos cognominata, la quale i Greci chiamano asaro, la coi speeie e fi gora raccontam mo ragiooando del nardo. Anzi troovo io eh* egli si chiama asaro, perch non si mette nelle ghir lande.
D e l za F fbb a r o : dovb m e g l io fio b isc a : q u a l i
FIORI EBANO IR PBBGIO AI TEMPI DI TBOIA.

Db c b o co : u b i o m n i f l o b b t : q u i flo h k s
TROJANIS TBMPOBIBUS.

XVII. Il zafferano salvalico ottimo, ma non XVII. Crocom silvestre optimam : serere in bene seminarlo in Italia, perch di ogni dram m a Italia minime expedit, ad scripola osqoe singola di esso il terreno ne annoila uno screpolo, come areis decoquentibus. Seritur radicis bolbo. Sati a dire che se ne ritrae un terzo meno della spesa. vam latius,majosqoe,ct nitidius,sed multo lenias, Si pianta per radice a balbo. 11 domestico p i degenerans abiqae, nec fecundam etiam Cyrenis, largo, e maggiore e pi chiaro ; ma facilmente obi semper flores laudatissimi. Prima nobilitas traligna in ogni loogo, non fecondo n anco a Cilicio, et ibi in Coryco monte : dein Lyciae monte Olympo: mox Centuripino Siciliae. Ali Cirene, dove i fior sempre sono eccellentissimi. La prima nobilt data a quello di Cilicia, che qai Phlegraeo secandam locam dedere. Adulte nel monte Corico : dipoi a quello di Licia, nel rator nihil aeqoe. Probatio sinceri, si imposita monta Olimpo; e poscia al Centoripioo di Sicilia. manu crepat, veloti fragile. Humidum enim, qood evenit adulteratione,cedit. Altera probatio : Alcani hanno dato il secondo loogo al Flegreo. Non cosa che si falsifichi quanto qoesta. La si manu prolata ad ora leniter faciem ocolosque prova del sincero e schietto , se postovi su la mordeat. Est per se genas saliti blandissimam mano scoppia, come fragile. Perciocch l ' am ido , valgo, qoam sit medio candidam, dialeucon vo che si fa per falsificaziooe, scoppia veram ente. cant. Contra Cyrenaico vitium, qood omni croco L altra proova , se toccando il zafferano, e p o r nicrios est, et celerrime marcescit. Optimam tando la mano al viso, morde leggermente la ubicamqoe qaod pinguissimam, et brevis capilli: faccia e gli occhi. Il domestico per s piacevo pessimam vero, qaod sitam redolet. Muciaans lissimo tatto, e quando sia bianco nel mezzo, lo auctor est, in Lycia anno septimo aut octavo chiamano dialeoco. Il Cirenaico ba qoesto difetto, transferri in locum subactum, atqoe ita degene eh' egli pi nero che gli altri, e tosto marcisce. rans renovari. Usos ejas io coronis nusquam. 11 migliore in ogni luogo quello eh* p i graaHerba enim est folio angusto paene in capilla-

ISI

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXI. so, e ba i capegli corti ; il peggiore quello che fiutandolo sa di muffa. Scrive Mudano che in Licia il settimo o l ' ottavo anno si traspone in luogo ben coltivato; e ritiene che cos il dege nere ripigli la sua natura. Non si mette mai nelle ghirlande, perch egli ha le foglie strette, e quasi come capegli. Ma si confa maravigliosamente col vin dolce, e cos pesto riempie d' odore tutti i teatri. Fiorisce nel tramontar delle Vergilie per po chi giorni, e mette il fiore dalle foglie Verdeg gia e raccogliesi nella bruma. Seccasi all ombra, ancora che sia di verno. Ha radice carnosa, e pi vivace che gli altri. Giovagli esser premuto e calpestato dal piede, e cos fa migliore pruova. Perci appresso alle vie e fonti bellissimo. Fino a tempi di Troia era in pregio. Certo che Omero loda questi tre fiori, cio il loto, il zaffe** rano e il giacinto
DftLLA HATU&i DEGLI ODOlf.

acati m odum . Sed tioo mire coogruit, praeci pue dolci : trita m ad theatra replenda.

Floret Vergilionkm occasa paucis diebus, foKoqne florem expellit. V iret brume, et colligi* tur; siecator u m bra, melius etiam hiberna. Car nosa e t illi rad ix, vivaciorqne quam ceteris. Gaudet calcari e t atteri pede, quo melius prove nit. Ideo juxla semitas ac fontes laetissimum. Trojanis temporibus jam erat honos ei. Hos certe flores Homertu tre* landat, loton, crocon, hyacialhum.

O s l i m i ODOHCH.

XVIII. 7. Omnium autem odoramentorum, XVIII. 7 . 1 fiori ed erbe da odore sono diffe atque herbarum differentia est in colore, et odo-*- renti tra loro nel colore, nell'odore, e nel sugo. re, et succo. O dorato sapor raro ulli non amarus : Rade volte , ohe la cosa che ha odore, non sia e contrario dulcia raro odorata. Itaque et vina amara di sapore ; e per contrario le dolci rade volte hanno odore. Per questo i vini hanno pi arastis odoratiora, et silvestria magis omnia sati vis. Quorumdam odor suavior e longinquo, pro odore che i mosti, e tutte le cose selvatiche pi che le domestiche. Alcuno odore pi soave di prius admotus hebetatur, u t violae. Rosa recens lontano, e d ' appresso scema, come quel delle a longinquo olet, sicca propius. Omnis autem viole. La rosa fresca getta odore di lontano, e la verno tem pore acrior, e t matutinis: quidquid ad secca d appresso ; ma Tresca o no, di primavera e meridianas horas diei vergit, hebetator. Novella la mattina ha miglior odore. Ogni cosa volta qooqoe vetustis minus odorata. Acerrimus tamen mezzo giorno ha manco odore. Le cose novelle dor omnium aestate media. Rosa et crocum odo hanno meno odore che le antiche; ma di mezza ratiora, quatn serenis diebus leguntur: et omnia state ogni odore potentissimo. Le rose e il zaf in calidis, quam in frigidis. In Aegypto tamen ferano hanno maggior odore, quando son m iti minime odorati flores, quia nebulosus e t rosci per sereno, e ogni cosa pi ne' luoghi caldi ch das ar est a Nilo flumine. Quorumdam suavitati ne4 freddi. In Egitto per i fiori hanno poco gravitas inest. Quaedam, dum virent, non olent, odore, perch il Nilo vi fa l ' aria nebbiosa e ru propter homorem nimium : u t buceros, quod est giadosa. Con la soavit d ' alcuni fiori accorafenom graecum. Acutas odor non omnium sine pagoata ancora la graviti. Alcone cose, quando saeeo est, u t violae, rosae, croco. Q uae vero ex acatis socco carent, eorAm omnium odor gravis, soA verdi, non oliscono per rispett del troppo ot io lilio utriusque generis. Abrotonum et ama more, come il bacer, cio il fien greco. L odor acuto proviene in molli ancora dal sugo, racos aere* habent odores. Quorumdam flos tan come della viola, della rosa e del zafferano. Ma tam jucundas, reliquae partes ignavae, u t viola, le cose che hanno odore scoto, e non sugo, son ae rosae. Hortensiorum odoratissima qnae sicca, at rota, meata, a piam , et quae in siccis nascan tutte di odor grave, come il giglio dell'una e l'al tur. Quaedam vetustate odoratiora, ut cotonea : tra sorte. L ' abrotino e la persa hanno grande eademque decerpta, qnam in suis radicibus. Qaae* odore. Alcone cose hanno solo il fiore odorifero, e l ' altre parti senza odore, come la viola e la fan non nisi defraeta, aut ex attritu olent : alia rosa. Tra l ' erbe degli orti maggior odore hanno & nisi detracto cortice: quaedam vero non nisi on le secche, come la ruta, la menta, l ' appio, e quel Ma: sicut th o ra myrrhaeque. le che nascono in loogo secco. Alcuoe quando sono pi vecchie hanno maggior odore, come ion le mele cotogne} e pi quandosop colte, cbe

123

C. P U N II SECUNDI

>94

Flores triti orane* anurioret, qqam intacti. Aliqua arida diutius odorem continent, ut melilo* tos. Quaedam locum ipsum odo ratiorem faciunt, u t iria : quin et arborem totam, cujutcumque radices attingit. Hesperis noctu magis olet, inde nomine invenio. Animalium nullum odoratum, nisi si de pantheris, quod dictum est, credimus.

sull albero. Alcune non banrio odor se non n rompono, o stropicciano. Alcune non l ' hanno, su non si leva loro la corteccia. Alcune altre se non s abbruciano, come l incenso e la mirra. Tutti i fiori sono pi amari pesti, che quando non sono tocchi. Alcune cose secche mantengono lungamente l1 odore, come il meliloto. Alcune fanno il luogo loro pi odorifero, come l1 iride ; anzi tutto un albero, solo a toccare le radici. L 'erb a esperi ha maggior odore la notte ; e di qui ha preso il nome. Non c1 ninno animale odorifero, se non vogliamo credere quello che si dice delle pantere.
D ell '
a id s .

Iu s .

XIX. Illa quoque non omittenda differentia XIX. Mi pare di non dover omettere u n'altra est, odoramentorum molta nihil pertinere ad differenza, ed , che molti odori sono, che non si coronamenta, u t irin, atque saliuncam, quam appartengono a corone e ghirlande, come quel dell* iri e della saliunca, bench Io abbiano maraquam nobilissimi odoris utramque. Sed iris ra viglioso. Ma l'iride lodato solo per la sua radice, dice tantum commendatur, unguentis et medici e nasce per fare unguenti e medicine. Viene eccel nae nascens. Laudatissima in Illyrico, et ibi quo que non in maritimis, sed in silvestribus Drilo- lentissimo in )schiavonia,e quivi pure non ne'luo ghi marittimi, ma nesalvatichi di Drilone di nis, et Naronae. Proxima in Macedonia, longis Narona. Dopo c1 quello di Macedonia : questo sima haec et candicans, et exilis. Tertium locum habet Africana, amplissima inter omnes, gusLu- lunghissimo, bianco e sottile. 11 terzo luogo ha l ' Africano, maggiore che tutti gli altri, e amaris que amarissima. Illyrica quoque duorum gene simo al gusto. Lo Schiavone anch' egli di due rum est : raphanitis a similitudine : e t quae me sorti ; il rafanito, cosi nomato dalla somiglianza lior, rhixolomos subrufa. Optima, quae sternu eh' egli ha col rafano | e il rizotomo, che mi tamenta tactu movet. Caulem habet oubitalem, erectum. Floret diversi coloris specie, sicut arcus gliore e rosseggia. Ottimo quello, che toccan dolo fa starnutire. Ha il gambo lungo un braccio, coelestis, unde et nomen. Non im probatur et Pi sidica. E t fossuri tribus ante mensibus mulsa e dritto. Fiorisce io diversi colori, come l ' are celeste, onde ha preso il nome. Non biasimato aqua circumfusa, hoc velati placamento terrae ancora il Pisidico. Quegli che 1 hanno a avegliere* * blandiuntur, circumscripta mucrone gladii orbe per tre mesi innanzi lo bagnano intorno con acqua triplici : et quum legerint eam, protinus in coe melata, e in un certo modo con questi veiai ac lum adtollunt. Natura est fervens, traetataque carezzano il terreno ; cos anche segnanlo all' in pusulas ambusti modo facit. torno con la panta d* un coltello in tre giri ; e eome poi l ' hanno colto, subito l ' alzano al cielo. di natura calda, ed essendo tocco 1 vesciche ai modo di chi sia incotto; Si vuole sopra ogni altra cosa, che le persone Praecipitnr ante omnia, ut casti legant Te caste, e non altri, P abbiano a corre. Srate tosto redines oon sicca modo, verum et in terra celer i tarli, non solamente secco, ma ancora esseodo rime sentit. Optimum antea irinum Leucade et Elide ferebatur: jarapridem enim et serita r: io terra. Gi veniva ottimo iride di Leucade e d E lide, perch ha gi gran tempo die vi si semina : nunc e Pamphylia : sed Cilicium maxime lauda ora vien di Panfilia ; ma sommsmente lodato tur, atque e septemtrionalibus. quello di Cilicia e d ' alcune posture del setten trione.
D . SALIOKCA. D ella
salicrca .

XX. Saliunca folio quidem subbrevi, et quod XX. La saliunca fogliosa, ma corta, e n o n si pu annodare. Sta appiccata a numerosa radice, necti non possit, radici numerosae cohaeret, her ba verius quam flos, densa velqti manu pressa, e veramente si pu piuttosto chiamare erba, ch e

135

UISTOMA RUM MUNDI L1B. XXI.

12G

brerilerque cespes sui generis. Pannonia hanc gigoit et Norici, Alpiumque aprica : urbium, Eporedia: tantae suavitatis, ut metallum esse coe perit. Vestibus interponi eam gratissimum.

fiore, ed ristretta come se fosse stata'premuta con mano: a dir corto, cespuglio di specie pro pria. Nasce in Ungheria e in Baviera, e neluoghi a solatio dell* Alpi, e nel paese d ' Ivrea ; ed li s preziosa soavit, che ha cominciato a essere posto tra le rendite dello stato, come le cave de1metalli. Usasi per gentilezza a metterla fra le vesti.
D bl
po l io ,

P o l i u m , s iv b t b o t h b io h .

o te d t& io .

XXI. Sic e i apud Graecos polion herbam, XXI. Cos fanno i Greci dell erba polio, illu iudytam Musaei et Hesiodi laudibus, ad omnia stre per le lodi che le danno Moseo ed Esiodo, I utilem praedicantium, superque cetera ad famam quali dicono ch'ella utile a tutte le cose, e fra etiam ae dignitates, prorsosque miram, si modo I ' altre ad acquistare ancora fama e dignit, e (uttradunt) folia ejus mane candida, meridie certo cosa maravigliosa ( s ' egli vero quel che purpurea, sole occidente caerulea aspiciuntur. dicono) che le sue foglie la mattina sien bianche, a mezzo giorno rosse, e la sera verdi. Duo genera ejus : campestre, majus: silvestre, E di due sorti : il domestico maggiore, il quod minus est. Quidam teuthrion vocant Folia salvatico minore. Alcuni lo chiamano teutrio. inis hominis similia, a radice protinus, nam quam Le foglie sue somigliano I capei canuti dell' uomo, palmo alliora. cominciano sulla radice ; n mai sono pi alti d* un palmo. Vbstidm
a b m u l a t io com fl o b ib d s .

DBLLB VBJTI, CBE S il R O IMITATO IL COLOBR d b ' FI 0B1 .

XXII. 8. E t d e odoratis floribus satis dictam : io qnibus unguento -vicisse naturam gaudens lu xuria, vestibus quoque provocavit eos flores qui colore commendantur. Hos animadverto tres esse principales. Rubentem, in cocco, qui a rosis mi grante gratia, idem trahitur suspectu et in pur puras Tyrias, dibapbasque, ac Laconicas. Alium in amethysto, qua a viola, et ipse in purpureum, quemque ia n th in u m appellavimus. Geoera enim tractamas, in species multas sese spargentia. Tertius u t, q u i p ro p rie conchylii intelligitur, multis modis : o n u s in heliotropio, et in aliquo e* his plerumque satu ratio r: alius in malva, ad porporaminclinans: alius in viola serotina,con chyliorum vegetissim us. Paria nunc componunlar, et natura a tq u e luxuria depugnant.

Lutei video h o n o re m antiquissimum, in nu ptialibus flam m eis totam feminis concessam : et fortassis ideo n o n numerari inter principale* hoc est, co m m u n es maribus ac feminis, quoniam ncieta p rin c ip a tu m dedit..

XXII. 8. Ora basti il fin qui dello de' fiori odoriferi; ne'cui unguenti gode la lussuria di aver vinto la natura ; ma non fu contenta abbastanza : essa volle anche competere, nell'ornar le sue ve sti, con que fiori, i quali hanno color pi bello. Io trovo che questi oolori sono tre principali : l'u n o rosseggiante, vale a dire la grana, che acquista grazia dalla rosa, e fa bellissima vista nel* le porpore Tirie, nelle ritinte, e nelle Laconiche. L 'altro l ' ametisto, che ritrae dalla viola, e tira anch' esso al purpureo, da noi gi detto iantino. E qui si osservi che noi tocchiamo i generi dei co lori, cbe in molte specie si suddividono. Il terzo quello che propriamente intende per conchi* Jio, il quale ha molte modificazioni : nna nel girasole, .che talora assai carico e pieno : un'al* tra nella malva che pende in porpora: u n ' altra nella viola serotina, che il pi vivo e nitido colore che derivi dal conchilio. AI presente s ' introdotta la gara, e contendono insieme la na tura e la lussuria. Truovo lonore del giallo essere antichissimo, conceduto alle sole vesti nuziali delle donne. E forse per ci non si mette fra i principali, cio comuni a' maschi e alle femmine, essendo stato luso promiscuo che diede il principato agli altri.

C. PLINII SECUNDI D eLL AMAKAaXO.

128

AuAIiAKTHOS.

XXUI. Amarantho non dubie vincimur. Est autem spica purpurea verius, quam flos aliquis, et ipse sine odore. Mirum in eo, gaudere decerpi et laetius renasci. Provenit Augnilo mense : du rat in autumnum. Alexandrino palma, qui de cerptus adservatur. Mireque, postquam defecere cuncti flores, madefactus aqua revivescit, et hibernas coronas facit. Summa e}u> natura in nomine est, appellato, quoniam non marcescat.

XX II I. Ma senta dubbio noi sismo vinti dall amaranto, il quale veramente pi tosto spiga porporina, che fiore, e non ba odore alcu no. cosa maravigliosa in esso, eh' egli am i desser collo, e pi abbondevolmente poi rinasca. Viene del mese d* Agosto, e dura fino all au tu n no. LAlessandrino tiene il principato, il quale oolto si conserva. Ed maraviglia, che poi che lutti gli altri fiori mancarono, questo bagnato con l acqua rinviene, e serve a far ghirlande d i verno. Tutta la sua natura divisata nel nome, essendo egli cos chiamato perch non marcisce. Dbl c ia n o b d e l l o lo c b is o .

C tA N O S : HOLOCHBTSOS.

XXIV. Nel nome ancora significata la n a XXIV. In nomine et cyani colos: item holotura del ciano, che un colore, e dell* olocriso. chrysi. Omnes autem hi flores non fuere in nsu Per (ulti questi fiori non furono in uso al tem Alexandri Magni aetate, quoniam proximi a po d Alessandro Magno, perch gli autori, che morie ejus auctores siluere de illis: quo mani furono poco dopo la morte sua, non n 'h a n n o festum est postea placuisse. A Graecis tamen re parlato 1 onde si vede come eglino sono piaciuti perto* quis dubitet ; non aliter Italia usurpante dipoi. Ma per chi dubita eh essi non sieno stati nomina illorum ? trovati da' Greci, poich l Italia gli chiama se condo i nomi loro ?
P
e t il iu m

b e l l io .

D el v b t i l i o : d b l b b l l i o h b . XXV. La Grecia similmente pose 1 nom e al 1 petilio, il quale nasce l'autunno intorno aprn ni, e piace solo per rispetto del colore, il quale di rosa salvatica. Ha cinque foglie, ma piccole. E maraviglia che questo fiore pieghi la cima, e che non nasca se non con la foglia torta, e con piocola boccia, di vario colore, la quale ha in s il seme glsllo. Giallo similmente il fiore chiamato beltione, il quale coronato di cinquantacinque barboline. Questi sono fiori di prato, ma i pi non eono io uso, e perci non hanno nome, o lhanno diverso, secondo la diversit de* luoghi. Del crisocome, o crisiti. XXVI. Il crisocome, ovvero crisiti, non h a nome latino. alto un palmo, e fa grappoli fo lli d i coccoline daureo colore : ha radice nera, e sa pore di dolce brusco, e nasce in luoghi p etro si ombrosi.
D i q u il l e p i a n t e c h e d a b f i o b i p bb l b

XXV. At Hercules petilio ipsa nomen impo suit, autumnali, circaque vepres nascenti, et tan tum colore commendato, qui est rosae silvestris. Folia parva, quina. Mirumque in eo flore, infle cti cacumen, et non nisi retorto folia nasci, parvo calyce, ac versicolori, luteum semen includente.

Luteus et bellio pastillicantibus quinquag enis rquinis barbulis coronatur. Pratenses hi flores, ae sine usu plerique, et ideo sine nominibas. Quin e t his ipsis alia alii vocabula imponunt.
C h &y s o c o m b ,
s iv b c h r y s i t i s ,

XXVI. Cbrysoeome, sive chrysitis, non habet latinam appellationem. Palmi altitudine est, co mantibus fulgore auri corymbis, radice nigra, ex austero dulci, in petrosis opacisque nascens.

Q lJ l VBUTlCBS

v l o b b cokonbh t.

coaom .

XXVII. 9. E t fere peractis colorum quoque ce leberrimis, transeat ralio ad eas coronas, quae varietale sola placent. Duo earum genera, quan-

XXVII. g. Avendo noi trattato quasi d i t u t t i i pi nobili colori, ragioneremo di quelle g h ir lande, le quali piacciono solo per la variet l o r o .

HISTORIARUM MONDI L1B. XXI.

i3o

do afiae flore constant. aliae folio. Florem esse dixerim geuistas(nam que et iis decerpitur luteus): item rh o d o d e n d ro n : item zisipha, quae et Cap padocia v o c a n tu r: his odoratus, similis olearum floribus. Io v e p rib u s nascitur cyclaminum, de quo plura alias. F lo s ejus Colossicus in coronas admittitor.

Esse sono di due sorti ; perciocch alcuoe sono di fiori, e alcuue di Iroodi. Fiore dir io che sieno le ginestre { perch anche da esse si coglie il giallo), e cos il rododendro, e le zizife ancora, chiamate pur Cappadocie, il cui odore simile t quello de' fiori dell* olivo ; e finalmente il cicla mino, che nasce tra1 p ru n i, del quale un1altra volta ragioneremo pi a lungo. Il fior suo pur pureo, somigliante al belletto della citt di Colussi in Troade, si mette nelle ghirlande. D i quelle cbb solb foglie.

Q o i FOLIO.

XXVIII. Le foglio della amilace, dell'ellera e XXVIII. F o l i a in coronamentis smilacis et ederae, c o ry m b ic ju e earum oblinent principa del corimbo vanno nelle ghirlande, e tali ghir lande banuo il primo luogo. Di easi abbiamo gi tum, de q u ib u s in fruticum loco abutide diximus. ragionato iu copia parlando dei frutici. Sonci Sunt et alta pener homi ni hos graecis indicanda, altre ragioni di piante da ghirlande, le quali ap quia ooslris m a j o r e ex parte hujus nomenclatupelleremo co' nomi greci, perch i Latini ntm si ne defuit c u r a , k it pleraqu eorum In exteris souo curali di porre lor nome. La maggior parte terris nSseuntut*, n o b is tamen consectanda, quo* d'essi nascono in paesi lontani ; ma da noi tono niam de n a t u r a se rm o , non de llaKa est. stali ricerchi, essendo inlenzion nostra trattare della naturi di tutte le cose, non pure d 'ila* lia sola.
Me l o t h b o s , s p i b a b a ,
uttabha.

o b ig a h o m : cmBohom sivb

D el

mulotbo,

s p ib b a ,

o b ig a k o ,

creobo

c a s ia

CASIA, GSSEK A DCO! MELISSOPHYttOM SIVE MB* M e l i l o t o s , quae s b s t o l a C am pan a .

di dub specib
D el C a m p a a.

: dbl mblissofii.lo o melittewa.


,
che arche d ic e s i

m buloto

s ta n i

la

X XIX . Ergo in coronamenta folio venere raelo th ro o , spirae, origanon, cneoron, quod casiam Hyrinns vocat : et quod cunilaginem, quae co nyza : metissophyllon, quod apiastrum : melilo to n , quod sertulam Campanaro vocamus. Est eoim in Campania Italiae laudatissima, Graecis in S un io : mox Chalcidica elCreliea: ubicumque vero asperis e< silvestribus nata. Coronas ex ea auliquilus factitatas, indicio e st nomen sertulae, quod occupavit. Odor ejus croco ricinus est, et flos; ipsa cana. Placet ma xim e foliis brevissimis atque pinguissimis.

XXIX. Vengono adunque nelle ghirlande di foglie il melotro, la spirea, 1' origano, il cneoro, che Igino chiama cassia ; e la cooiza, letta gi cu nilagine ; e il roelissofillo, che si chiama appia^ slro ; e il meliloto, che noi chiamiamo serlula Campana, perch' eccellentissima in Campagna d'Italia, e in Sunio di Grecia; poi in Calcide e in Creta ; nascente solo in luoghi aspri e salvatichi. Di questa anticamente si facevano ghirlande, come ce ne d segno il nome di serlula, eh' ella ha preso. L'odore e il fior suo vicino a quello del zafferano, ma essa bianca. Piace mollo quella che ha le foglie tortissime e grassissime.
Di

T siro t.ii GsifBBA in. H y e id o m i. X X X . Folto c o ro n i! et trifolium. Tria ejus fenera. M irtyanthes vocant Graeci, alii asphaltion, majore folio, q u o nlrintur coronarii. Alterum acuto, o ry trip h y llo n . Tertium e l omibus mi nutissimum. I n t e r b aec nervosi cauliculi quibusb, u t r o a r a tb rd , hippomaralhro, myophono. Clunlor e f e r u lis e t corymbis; et ederae flore purpureo. E s t e t i n alio genere earum silvestriku rosis simili* E l in * quoque colos lanium Iclcctat, o > o r a u l e 1 abest. 1

tb e sagiori di tb ifo g lio. D e l mioforo.

XXX. Con le foglie del trifoglio sneora si fanno ghirlande. ccenedi tre sorli; l'uno chia mato dai Greci miniante, da altri asfaltio, che ha le foglie maggiori che gli altri, usate in prefe renza da quegli che fanno le ghirlande. 11 secon do, che ha le foglie acute, chiamato ossitrifillo. Il terzo il pi minuto di lutti. Fra questi sono alcuni che haono il gambo nervoso, come il maralro, l ' ippomaralro e il miofono. Usano la fe rula, le coccole e il fior rosso dell' ellcra. Kcui

C. PLINII SECUNDI un' altra sorte simile alle rose salvatiche, cbe si appella cistro. Di questi diletta solamenta il co lore, perch non hanno fragranza veruna. 10. El cneori duo genera, nigri atqoe can io. Il cneoro di doe sorti ; cio nero e bian didi. Hoc et odoratum : ramosa arabo. Florent co : questo odoroso, e l uno e l altro fornito post aequinoctium autumnum. Totidem et ori di rami. Fioriscono dopo l'equinozio dellauton gani in coronamentis species. Alterius enim nalno. Altrettante sono le specie dell' origano nelle Jum semen. Id, cui odor est, Creticum vocatur. ghirlande, perch l'altro, che detto tragorigauo, non ha seme veruno. Quello che ha odore, si chiama Cretico,
T
h y m i gbm bba h i .

lore

(U s c b r t ia ,

Di

tre

r a o io r i d i t i n o . N ascb d a l f i o r e s b h ib a to ,
BOB DAL I B M .

KOH SEMIR8.

XXXI. Altrettante cono le specie del timo, XXXI. Totidem et thymi : candidum, ac ni cio bianeo e nero. Fiorisce intorno a* so Isti zi, gricans. Florei autem circa solstitia, quum et allorch le pecchie lo colgono, e si fa l'angario apes deccrpunt, et augurium mellis est. Proven del mele ; perch qaando esso abbondevolmenle tum enim sperant apiarii large florescente eo. fiorisce, coloro cha attendono alle pecchie spe Laeditur imbribus, aroittitque florem. Semen rano dovizia di mele. Dalle piogge offeso, e thymi non potest deprehendi, quum origani perde il fiore. Il ano aeme non ai pu corre ; perquam minutum, non tamen fallat. Sed quid mentre quello dell' origano, bench sia minutis interest occultasse id natorara ? In flore ipso insimo, si pu. Ma che rileva che la natura l ' abbia telligitur, satoque eo nascitur. Quid non tentanascoso ? Si sa che nello stesso fiore, perch se vere homines? Mellis Attici in toto orbe summa minatolo nasce. E che non hanno tentato gli laus existimatur. Ergo translatum est ex Attica uomini? Il mele Ateniese tenuto in gran ripu thymum, et vix flore (uti docemus) satum. Sed tazione per tutto il mondo. Si conduoe adunque alia ratio naturae obstitit, non durante Attico il timo dal territorio di Atene, e (come diciamo) thymo, nisi in addata maris. E rat quidem haec si po appena seminare col suo fiore. Alla diffi opinio antiqua in omni thymo, ideoque non na colt di cogliere il seme u n 'altra n' ha aggiunto sci in Arcadia. Tunc oleam non putabant gigni, la natura, poich il timo Attico non dar se noa nisi intra ccc stadia a mari. Thymis quidem nnnc dove senta l'alito del mare. Era questa l'opinione etiam lapideos campos in provincia Narbonensi degli aolichi in ogni sorte di timo, e perci tene reiertos scimus : hoc paene solo reditu, e longin vano che non nascesse in Arcadia. Allora non qui* regionibus pecudum millibus convenien credevano neppure che l ' ulivo nascesse pi lon tibus, u t tbymo vescantur. tano dal mare che trentasette miglia e mezzo. In Provenza sono campi sassosi pieni di timo, i quali quasi non rendono altro; se non che di paese lontano vengono a pascere il timo le bestie.
Go
it ia

D blla

c o b iz a .

XXXII. Et conyzae duo genera in corona mentis, mas ac femina. Differentia in folio. Te nuius feminae, et constrictius, angustiusqne : imbricatum maris, et ramosius. Flos quoque magis splendet ejus, serotinos utrique post Ar cturum. Mas odore gravior, femina acutior : et ideo contra bestiarum morsus aptior. Folia femi nae mellis odorem habent. Masculae radix a quibusdam libanotis appellatur, de qua dixi mus.

XXXII. Usansi due sorti di coniza nelle gh ir lande, cio il maschio e la femmina. La differenza nelle foglie.. L# femmina le ha pi sottili, p i strette e pi corte : il maschio le ha in foggia d embrice, e pi ramose. II sao fiore anohe p i riluce : 1' uno e l'altro lo fa serotino dopo lA r turo. 11 maschio ha odore pi grave, e la fem m i na pi acuto, e perci migliore contra i m orsi delle bestie. Le faglie della femmina hanno o d o re di mele. La radice del maschio da alcuni ch ia mata libanoti, di che gi abbiamo parlala.

i33

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXI.

134

JoflS PLOS! HRM8 ROCALLK5 . H i LEVI DM. PlLO l. Q o i l u m BT FOLIO ODORAVA.

D e l p io r d i Giovb : D e l l ' e m e r o c a l l e . D e l l ' r l e h io .

D e l p l o x . P ia n t e odorose b e l l e ram e

r b e l l e v o g l ie .

XXX1U. E t tantom folio coronant, Jovis flos, amaracus, hemerocalles, abrotonum, heleniam, sisym brium , serpyllum, omnia surculosa, roue m odo. Colore tantum placet Jovis flos, odor abest : sicut et illi, qui graece phlox voca tor. Et ram is autem et folio odorata sunt, exce pto serpyllo. Helenium e laerymis Helenae dici tor natum, e t ideo in Helene insula laudatissimum. Est aotem frutex hum i se spargens dodrantali* bos ramulis, folio simili serpyllo.

XXXIII. Il fior di Giove, la persa, Temercalle, l ' abrotino, lelenio, il sisimbrio, ilsermollino, solo con le foglie fanno ghirlanda. Questi son pieni di germogli, come la rosa. 11 fior di Giove piace solo per rispetto del colore, perch non ha olezzo, siccome qoello che i Greci chiamano flex. Gli altri s o n o odorati ne' rami e nelle foglie, fuor che il sermolliuo. L'elenio si dice che nacque delle lagrime d ' Elena, e che perci eccellentissimo nell1isola Elene. Questo uno sterpo, il quale va per terra con piccoli vami, e ha le foglie aimiti quelle del sermollino.
D e l l ' a r r o tin o . D b l l ' a d o b io d i o d e m a n ie r e . P ia n t e c h e si pr o pa g a n o da s . D e l lbocan -

AtaoTomm. A dobitjm, genera ii . I psa se proPAOABTIA. L eDCARTHBM . DM

TEM O. XXXIV. L 'abrotino ha odore giocondo e XXXIV. Abrotonum odore jucunde gravi floret; est autem flos aurei eoioris. Vacuum sponte grave, e il fiore di color d'oro. Nasce da s me provenit. Cacomiue suo se propagat. Seritur desimo, e con la pania sua da s si propagina. autem semine melius, quam radice aut sarculo : Ponsi meglio col seme, che con radice, o con semine quoque non sine negotio: plantaria trans* piante : quello eh' nato di seme di pi van feruntur. Sic et adonium. Utrumque aestate. taggio, poich le pianticelle si possono trasporre. Alsiosa enim admodum sunt, et sole tamen nimio Cos fa 1 adonto ; ma l uno e l altro di state, * laedantur. Sed ubi convaluere, rutae vice fruti perch temono il freddo, quantunque anco il can t Abrotono simile odore leacanlhemum est, troppo sole gli offende. Per quando sono appre flore Ibo foliosam. si, crescono e germogliano come la ruta. All* abrotino simile il leucanlemo, che ha il fior bian co e foglioso.
A m araci
o b se r a doo.

D i DDE SPECIE DELL* AMARACO.

XXXV. i i . Amaracum Diodes medieus et XXXV. 11. Diocle medico e i Siciliani chia marono amaraco quello che l ' Egitto e la Siria Sicula gess appellavere, quod Aegyptus et Syria chiaman sansuco. Seminasi all'uno e l'altro modo, sampsocham. S eritur utroque genere, et semine cio col seme, e col ramo, ed pi vivace che i et ramo, vivacius sopradictis, et odore melius. sopraddetti, e di miglior odore. L' amaraco fa Copiosam amaraco aeque,quam abrotono, semen. Sed abrotono radix ana et alte descendens: cele mollo seme, come l ' abrotino. Ma l ' abrotino ha una radice sola, e che va molto sotto, la quale ris in somma te rra leviter haerens. Reliquorum satio autum no fiere incipiente, nec non et vere negli altri legger mente *' appiglia alla superficie della terra. Gli altri si seminano nel principio qoiboadam locis, qnae umbra gaudent, et aqua, dell' autunno, e anche nella primavera in certi ac fimo. luoghi che amano l ' ombra e l ' acqua e il gras sume.
N tctbgrktdm ,
s iv b c h en o m y c bo s , s iv b

D e l n it t r g r e t o ,

c b b n o m o o , o n t t t il o p a .

NYCTALOPS.

X X X V I. Nyclegreton inter pauca miratus est tfcaaoeritus, colori* bysgini, folio spinae, nec a terta se adtollenlem , praecipuam in Gedrosia

XXXVI. Tra le cose rare Democrito ammira il niltegreto, che ha color di porpora e foglie di spina, e che non cresce molto alto, ed eccellente

C. PLINII SECUNDI narrai. Erui posi aequinoctium vernum radici bus.- Magos Parthorumque rege uti hac h erta ad vola suscipienda. Eamdem vocari chenomychon, quoniam anseres a priroo oonspectu ejus expavescant: ab aliis nyclalopa, quoniam e lon ginquo noctibus fulgeat.
M e l il o t o s .

in Gedrosia. Dice che ai cava con le radici dopo l'equinozio della primavera; che i Magi e i re dei Parti usaop questa erba, quando fan-voti ; ch'el la si chiama ancora chenomieo, perch le oche co me la veggooo subito si spaveotano ; e che da al cuni domandata oitlilopi, pereti' ella riluce di lontano la notte. D el
m e l il o t o .

XXXVII. Melilotos ubique nascitur : lauda* tissima tamen in Attica : ubicumque vero recens nec candicans, et croco quam simillima : quam quam in Italia odoralior candida.

XXX VII. II meliloto nasce per (otto; ma per eccellentissimo nel paese d 'Alene. In ogni luogo fresco, e non biancheggia, ed molto simile al zafferano, bench in Italia aia molto odorifero bianco. Con q u a l
o r d i n e d i te m p i n a s c o n o i f i o r i . F i o r i
m e l a n t io : l ' e l io c r is o : il

QOO ORDIRE TEMPORUM FLORES HISCANTUR. VERNI FLORES : VIOLA : ANEMONS CORONARIA : OENAN THE HERRA : MELIANTBUM : HELIOCHRYSOS GLA . DIOLUS : HYACINTHOS.

DI PRIMAVERA : LA VIOLA : L'ANEMONE CORONARIO:


l erra e n a n t e : il

g l a d i o l o : i l g ia c i n t o .

XXXVIII. Florum prima ver nuntiantium * viola alba. Tepidioribus vero locin cliam hieme emicat. Postea quae ion appellatur, el purpurea. Proxime flammea, quae et phlox vocatur, silve stris dumlaxal. Cyclaminum bis anno, vere et aulnrano: aestales hieraesque fugit. Seriores su pra dictis aliquando narcissus et lilium trans maria: in Italia quidem, u t diximus,post rosam. Nam in Graecia tardius etiamnum anemone. Est autem haec silvestrium bolborum flos, aliaque quam quae dicetur in medicinis. Sequitur oenan the, melianthum : ex silvestribus heliochrysos. Deinde alterum genas anemones, quae limonia vocatur. Post hanc gladiolus comitatas hyacin this. Novissima rosa : eademque prima deficit, excepta sativa: e celeris hyacinthus maxime du rat, et viola alba, et oenanlhe : sed haec ila, si divolsa crebro prohibeatur io semen abire. Naaciiur locis tepidis. Odor idem ei, qui germinan tibus ovis, alque inde nomen.

Hyacinthum comitator fabula doplex,luctum praeferens ejus quem Apollo dilexerat, aut ex Ajacis cruore editi, ita discurrentibus venis, ut gr aeca rum litterarum figura AI legatur inscripta.

Heliochrysos florem babet auro similem, fo lium tenne, cauliculum quoque gracilem, sed durum. Hoc coronare se Magi, si et unguenta sumantur ex auro, quod apyron vocant, ad gra tiam quoque vitae gloriamque pertinere arbi trantur. E t verni quidem fleres hi sunt.

XXXVIII. La viola bianca il primo Bore, che annunzi! la primavera; e ne luoghi caldi viene- anco fuori il verno. Poi quella, che si chiama io, ed purpurea. Dopo la flammea, che si chiama anco flox, solamente salvatica. Il cicla mino fa due volte l ' anno, cio la primavera e l ' autunno : fugge la stale e il verno. Pi serotini che i sopraddetti alcuna volta sono il narciso e il giglio olir mare; ma in Italia,come dicemmo, vengono dopo le rose. Perciocch in Grecia sono ancora pi serotini che l'anemone. Questo il fiore delle cipolle salvaliche, e diverso da quello, di cui si parler nelle medicine. Segue Penante e il melianto, e de'salvatichi l eliocriso. Dipoi un'altra sorte d anemone, che si chiama limo nio. Dopo questo, il gladiolo accompagnalo coi giacinti. L* ultima la rosa. Essa ancora il pri mo fiore che manca, fuor che la domestica : fra gli altri il giacinto dura molto, e la viola bianoa, e l ' enante ; ma questo solamente se svelto spesso non si lascia semenzire. Nasce in luoghi caldi, e ha il medesimo odore che hanno l ' uve, quando elle germogliano, d ' onde s 'ha preso il nome. Il giacinto accompagnato da due favole, cio, eh' egli ritenga colore luttuoso in m em ori di quel fanciullo, che Apolline am, o perch nacque del sangue d' Aiace, perocch egli ha in s alcune vene, le quali paiono lettere greche, le quali dicono AI. L' eliocriso ha il fiore simile alloro, le foglie minute, il gambo sottile e duro. Credono che d i questo si facciano i Magi le ghirlande, se pigliano anche 1' unguento del vaso d 'o ro , il quale chia mano apiron, e che giovi a procacciarsi b en iv o lenza e gloria. Tulli questi sono i fiori di p rim a vera.

i37

HISTORIARUM MLINDI L1B. XXI.

esttvi

flores:

l y c h r is

: t ip b t o x : amaracus SIVB CBAMARDAPHRK.

F io r i d i s t a t b ; i l lic b i : i l t i f i o : l ' a m araco f r i g i o : DCB SORTI m POTO, DDE D* ORSINA: r>A VIRc a p e r v i MCA, o c a m e d a p n b . D e m .* k r b a s e m p r e VERDE.

PBRYGICS. P o T H l GERVBA DUO. ORSIRAR GENERA DUO. VlNCAPBBVlRCA , Q o AR SEMPRE VIREAT DEBBA.

XXXIX. S u c ce d an t illis estivi, lychnis, el Jovis flos, e t a lteru m genus lilii. Item tiphyon, et amaracus, q o e m Phrygiam cognominant. Sed maxime spectabilis pothos. Duo genera hujos : imam, coi flos hyacinthi est : alterum candidius, qai fere n a sc ila r in tumulis, qaoaiam fortius darai. E t iris aestate (lorei. Abeunt et hi, mareescuolqoe, Alii ra r s a s subeunt autumno : ter tiam genas lilii : $t crocum in utroque genere : nam hebes a lte ru m odoratum : primis omnia imbribus em ican tia. Coronarii qnidem et spinae fiore utantur : q u ip p e quum spiane albae cauli coli inter o b lectam en ta gulae quoque condiantur. Bic est trans m a ria o rdo florum. In Italia violis saccedil rosa : h u ic intervenit lilium: rosam cya nos excipit, cy an u m aroaranthus. Nam vincapervioea semper v ire t, in modum lineae foliis genieulathn circu m d a ta , topiaria herba. Inopiam Uroen florum aliq u a n d o supplet. Haec a Graecis cfcamaedaphne v o catu r.

XXXIX. Vengono dopo questi i fiori dell stil le, cio il licini, il fior di Giove, e un* altra sorte di giglio; non che il tifio, e Pamuraco cognomina to Frigio. Viene inoltre il poto, il quale molto vago da vedere, ed di due sorti ; l ' uno che ha il fior di giacinto, I*altro ch pi bianco, e nasce per lo pi ne* poggi, il perch dura molto. L* iri fiorisce anch* egli la stale. Questi se ne vanno, e marciscono ; e di nuovo ne vengono degli altri l'autunno, cio, una terza orte di giglio, e il gruogo dell' uno e l'a ltro genere, 1' uno senza odore,' e l ' altro odorifero, i quali escono lutti fuori per le prime piogge. Quegli che fanno le ghirlande usano ancora il fiore della spina ; dacch le messe tenere della spina bianca si mettono fra le vivan de delicate. Questo P ordine de* fiori d* olir mare. In Italia dopo le viole vien la rosa, e in nanzi che la rosa manchi, viene il giglio : dopo la rosa viene il ciano, e dopo il ciano lamaranto. Perciocch la vincapervinca sempre verde, cir condata di nodelli e di foglie in modo di linee. Questa erba topiaria, di cui si fanno diverse fi gure; ma talora supplisce alla carestia de* fiori. 1 Greci la chiamano caraedafne.
Q
u a r t o d u b i l a v it a a c ia s c u n f i o r e .

Ql7AM L O R G i CUIQUE FLORUM VITA.

XL. Vita lo n gissim a violae albae Irimaln. Ab eo tempore d e g e n e ra t. Rosa et quinquennium perfel, nec re c is a , nec adusta. Illo enim modo joveaesait. D ix im u s et terram referre plurimum. Nam et io Aegy p i o sine odore haec omnia : lantaroque myri is o d o r praecipuus. Alicubi etiam biois messibus an te ce d it germinatio omnium. Rosaria a F a v o n io fossa oportet esse, iterumque toblitio. E t id a g e n d a m , ut intra id tempus pur gata ac para a io t.

XL. La viola bianca ba lunghissima vita, per ch dura tre anni. Da quel tempo in l traligna. La rosa non potala, n ars, dura ancora cinque anni, perch in quel modo ringiovanisca. Dicem mo gi che ancora la terra importa assai. Percioc ch tulle queste cose in Egitto non hanno odor veruno, e solo le moriine hanno quivi grandissimo odore. In qualche luogo ancora tulli questi fiori vengono due mesi prima. 1 rosai si lavorano quan do comincia a soffiare Favonio, e un 'altra volta da mezza state. E ci si fa, perch fra questo tem po sieno purgali e netti.
Q
u a l i f i o r i v o g l io x s i p i a n t a r e p e r l e p b c c h ir .

Q bab

r& opTsa i r u

srbrkd *

m m

flores.

C b rirth e .

D el c b r i r t b .

XLI. ia. V eru m borlis coronamentisqoe maiime alvearia e t apes conveniunt, res praecipui qoaestus cosupendiiqoe, qoum Cavit. Haram ergo tw u oportet serere thymum, apiastrum, rosam, violas, lilium , cy tisum, fabam, erviliam, cunilam, tyaver, conyzam , casiam, raelilolam, melissol^jllam, ce rin th e n . *t autem cerialhe folia

XLI. i a. Agli orti e alle piante da ghirlande si confanno benissimo le pecchie, e le casse loro; cose di guadagno grandissimo, quando elle passan bene. Per cagioo d'esse adunque bisogna seminare il li mo, l'appiastro, la resa, le viole, il giglio, il citiso, la fava, la rubigli?, la cunila, il papa vero, laconica, la cassia, il melilolo, il melissofillo, e il cerinle.

C. PLINII SECONDI candido, incnrro, cubitalis, capite concavo, mel lis succum habente. Horom floris avidissimae suot, atque etiam sinapis, quod miremur, quum olivae florem ab his non attingi constet, ldeoque hanc arborem procul esse melius sit: quorn ali quas quam proxime seri conveuiat, quae et evo lantium examina invitent, nec longias abire pa tiantur. li cerinle ha Ia foglia bianca, ritorta, lunga nn braccio, e il capo concavo, ehe ha sugo di mele. Alle pecchie piacciono molto questi fiori, e quel della senape ancora; di che mi maraviglio molto, veggendo eh1elle uon toccano il fior dell* ulivo. E perci saria bene che questo albero fosse loro discosto ; dove all' inconiro bisogna pianlarvenC appresso alcuni altri, acciocch gli sciami loro possano volarvi sopra, e non abbiano a ire lon tano. D elle mfb & mit di bssb, b db*i m e n i . XLI 1. Risogna ancora tener loro discosto l'al bero del corniolo, perciocch quando elle assag giano de' suoi fiori, si muove loro il corpo, e si muoio- no. 11 rimedio dare loro sorbe peste eoo mele, orina d ' uomini, o di buoi, o graoella di melagrana spruzzate di vino ammineo. E loro gratissima ancora la ginestra. D ella pastosa d b lu pecchie. XL 111. E maraviglioso e degoo di conside razione ci eh'io ho trovato de'cibi delle pecchie. E un villaggio sul Po, che si chiama Ostiglia. Gli uomini di questo luogo, mancando la pastora alle pecchie, pongon le casse sulle navi, e la notte vanno cinque miglia contra acqua. Le pecchie uscite fuori al far del giorno, e pasciute, ritornano tutto il d alle navi, mutando luogo, infino a che dal peso aggravale le navi, conoscono quegli no mini che le casse son piene, e ritornando cavano il mele. In Ispagna fanno portar le casse dai muli per eguale cagione. D bl mele awblbsato, b db' simbdu costao ESSO. XLIV. i 3. La pastura di tanta im portansa, che alcuna volta per causa loro i meli si fa n n o ve* leu osi. In Eraclea di Ponto a certi anni sono peri colosissimi, bench fatti dalle medesime pecchie. N gli autori hanno delto di quai 6ori si facciano questi meli. Io dir quello ohe n 'h o trovato. cci una erba, la quale perch' ella uccide le bestie, a massimamente le capre, chiamata egolelro. I fiori d ' essa infradiciando, quando la primavera piovosa, diventano velenosi. Per questa sciagura non avviene ogni anno. I segni del mele avvele nato son questi, che egli non si rassoda bene, ebe il colore pi rosso, lodore strano, e subito muove lo starnato, e eh egli 4 pi pesante d e l buono. Quei che ne mangiano, si gettano in te rra , cercando il fresco, perch sudano molto. I rim e dii a ci sono assai, ma gli diremo al suo luo g o .

D b IOMII BAECM BT BEMBDlIS. , XLI1. Cornum qaoqae arborem caveri opor te t: flore ejus degustato, alvo cita moriantur. Remedium, sorba contusa e meile praebere his, vel urinam hominum, vel boum, aut grana punici mali, ammineo vino conspersa. At genistas cir cumseri alveariis gratissimum.

D b pabulo apium. XLIII. Miram est dignamqae memoratu, de alimentis quod comperi. Hostilia vicos adloitur Pado. Hujus inquilini pabulo circa deficiente im ponant navibus alvos, noctibusque quina millia passuum contrario amne naves subvehunt. Egres sae luce apes pastaeqne, ad naves quotidie remeant, mutantes locum, donec pondere ipso pressis navibas plenae alvi inlelliganlur, revectisqpe eximantur mella. E t ia Hispania mulis provehunt, simili de causa.

Db vbvemato mbllb, bt remediis ejcs.

XLIV. i 3. Tanturaqne pabulum refert, ut mella qaoqae venenata fiaot. Heracleae in Ponto, quibusdam annis perniciosissima exsistunt, ab iisdem apibus facta. Nec dixere anciores, e qui bus floribus ea fierent. Nos trademus, quae comperimas. Herba est ab exilio et juraentornra quidem, sed praecipue caprarum, appellata aegolethron. Hujus flores concipiunt noxium virus, aquoso vere marcescentes. Ita fit, a t non omni bus annis sentiatur hoc malum. Venenati si^na sunt, quod omnino non densator, quod color magis rulilns est, odor alienas, sternutamenta protinus movens, quod ponderosius innoxio. Qui edere, abjiciant se ham i, refrigerationem quaerentes; nam et sudore diffluunt. Remedia sunt multa, quae suis locis dicemus. Sed quoniam statino repraesentari aliquam laniis insidiis o por

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXI. lei, mulsum vetus e meile opHmo et ruta : salsa menta etiam , si rejiciantur sumpla crebro. Cerlumque est id malum per excrementa ad canes etiam pervenire, aimiliterque torqueri eos. Mul sam tamen ex eo iuveleralura, innocuum esse canstat: ek feminarum cutem nullo melius ememlari cuna costo, sugillata cum alo. Ma perch pur bisogna metterne innanti alcuno in tanto pericolo, ottima cosa il via raulso vecchio, con buonissimo mele e con ruta; e i sala mi ancora,se l'uomo gli ributta spesso fuora o per isputo o per vomito o per di sotto. Ed certo, che questo male per lo sterco s ' appicca a cani, e eh essi ancora ne sentono travaglio. Nondimeno il vin mulso, fatto di questo mele invecchiato, non fa mal verono. La pelle delle donne con nin na altra cosa meglio si pulisce, che con questo unito col costo ; per stropicciata prima eoa aloe. D el
m blb pa sso .

D b i m i IM ABO. 5 XLV. A lio d genus in eodem Ponti situ, geale Sannorum , mellis, quod ab insania, quam gigoit, maenomenon vocant. Id existimatur con trahi flore rhododendri, quo scatent silvae. Genaqoe ea, quum ceram in tributa Romania praestet, mei (quoniam exitiale esL) non vendit. E t in Perside, e t in Mauretaniae Caesariensis Gaetulia, contermina Massaesylis, venenati favi gignuntur : quidaioque a parte, quo nihil esse al)acius po test, nisi quod livore deprehenduntur. Quid sibi voluisse naturam iis arbitrem ur insidiis, u t ab iisdem apibus, nec omnibus annis fierent, aut non totis favis? Parum erat genuisse rem, ia qua venenum facillime darelur: etiamne hoc ipsa in m eile to t animalibus dedit ? Quid sibi voluit, n isi o t cautiorem minusque avidum faceret homi n e m ? Non enim et ipsis )ara apibus cuspides d e d e ra t, et quidem venenatas? Remedio adver sus b a s u lique non differendo. Ergo malvae suc co, a u t foliorum ederae perungi salutare est, vel percussos ea bibere. Mirum tamen est, venena p o rtan tes ore, figentesque ipsas non mori : nisi quod illa dom ina rerum omnium hanc dedit repugnantiam apibus : sicut contra serpentes Psyllis Marsisqoe in ter homines.

XLV. Nel medesimo paese di Ponto un1al tra sorte di mele, il quale in certi anni fa impaz zare, e per questo si chiama menomeno. Credesi che ci proceda da* fiori del rododendro, di cui sono pieoi i boschi. Quei popoli danno a* Romani la cera per tributo, ma oon vendono altrimenti il mele, perch* egli pericoloso. In Persia, e in Getulia, eh' oella Mauritania Cesariense, e che con fina co* Massesili, nascono fialoni velenosi, e certi da una parte sola, di che non pu essere cosa pi fallace ; se non che si conoscono per certo livi dore. O r che cosa crediamo noi che la natura abbia voluto fare con tanti tradimenti, voleudo che le medesime pecchie non facessero ogni anno il mele velenoso, n anco in tutti i fialoni ? Poco le pareva aver generata una cosa, nella quale il veleno facilmente si potesse dare, eh* essa ancora 1 ha dato nel mele a tanti animali. Che ha voluto ' ella per ci, se non far 1 uomo pi accorto, e * meno ingordo ? Perocch non aveva dato ella alle pecchie medesime I* ago, e gii avvelenato ? Ma il rimedio contra esse non da differire. Molto utile dunque ugnere col sugo della malva, o delle fo glie d*ellera, il luogo da essse leso, ovvero che i feriti se ne beano. Nondimeno da maravigliarsi coni* esse, che portano il veleno io bocca, e che pungono, fra s non se ne muoiano ; se non che la natura, signora di tutte le cose, ha dato questa repugnanza alle pecchie, siccome fra gli uomini ha dato virt a* popoli Psilli e Marsi contra le serpi.
D
b l m b l b , c h e l b m o sch e ho* t o c c a r o .

e m il l e

q u o d m u sc a s hon a t t is g u b t .

X LV I. 14. A liu d in Creta miraculum mellis. Mons est C arin a ix m passuum ambitu : intra quod spatium m uscae non reperiuntur, natumque ibi mei n u sq u a m altioguDl. Hoc experimento ogulare m edicam entis eligitur.

XLV1. 14. In Candia nn altro mele maraviglioso. Quivi il monte Carina, il quale gira nove miglia. Dentro a questo spazio non istanno mo sche, e il mele nato quivi non mai tocco da esse iu qualsivoglia luogo. Questo singolare in me dicina, e si conosce con questa pruova.

C. r u M I SECUNDI
D * AI.VfcARItS, DK ALVIS, ET CURA fcORLM. Dfcl.Lb CASSE, DEGLI ALVI, B LOBO GOVBBNO.

XLV 1I. Alvearia orientem aequinoctialem spedare convenit. Aquilonem evitent: nec Favo nium minus. Alvos optimas e cortice, secundas fero), tertias viroiue. Mulli eas et speculari lapi de fecere, ut operantes intus spectarent. Circum lini alvos 6mo bubulo utilissimum, operculum a tergo esse ambulatorium, ut proferatur intus, si magna sil alvus, aut sterili* operatio, ne despe ratione curam abjiciant : id paullatim reduci, fallente operis incremento. Alvoihieme stramento operiri, crebro suffiri, maxime lmo bubulo. Cognatum hoc iis, innascentes bestiolas necat, araneos, papiliones, teredines : apesque ipsas cxcitat. Et araneorum quidem exilium facilius est : papilio pestis anajor. Tollitur vere, quum nuturescit malva, noctu, interlunio, cocio sere no, accensis lucernis ante alvos. In eam flammam >cse inferunt.

XLVII. Bisogna che le casae stieao volte a le vante equinoziale, e schivino Aquilone, e cosi Fa vonio. Le casse sono ottime di scorza, poi le fatte di ferula, e indi quelle di vimini. Sfolti le hanno fatte di pietra trasparente, per veder lavorare dentro le pecchie. Utilissimo stuccarle con islerco di bue, e che il coperchio di dietro sia fatto in modo che vi si possa mettere e levare, acciocch si spinga iu deutro, se la cassa sia troppo pi grande che non bisogni a povero lavoro, acci che per disperazione uon lascino le pecchie la cura ; e che a poco a poco si tiri indietro, se l'opera cresce, senza che se neav visino. Le casse il verno debbono essere coperte con lo trame, e spesso profumarsi, ma*imamente con isterco di bue. Questo assai con facente alla loro natura, e ammazza le bestie eh vi nascono, cio ragnaieli, farfalle, tignuole ; e fis pi vivaci le stesse pecchie. I regnateli, a dir ve ro, si estinguono senza gran pena ; m i le ferfallb tono una peste molto ria. Si estirpano nottetem po, quahdo la malva si matura, a luna fra vec chia e nuova e per cielo sereno, ponendo lacerne At*ce*e innanzi alle casse, alla cui flamma elle in d e tta n d o si, ne vanno abbruciate.
Se
l b p e c c h ie se n t o n o f a m i .

Si

fa m em a p e s s e n t ia n t .

XLV 11I. Si cibus deesse censeatur apibus, uvas passas siccas ve,ficosque tusas, ad fores earum posuisse conveniet : i lem lanas tractas madentes passo, aut defruto, aut aqua mulsa : gallinarum etiam crudas carnes. Quibnsdsm etiam aestati bus iidem cibi praestandi, quum siccitas continua florum alimentum abstulit. Alvorum, quum rad eximitur, illini oportet exitus, raelissophyllo aut genista tritis: aut medias alba vite praecingere, e apes difTugianl. Vasa mellaria aut favos lavari aqu praecipiunt : hac decocla, fieri saluberri mum acetum.

XLVIH. Se il cibo manca alle pecchie, biso gna porre uve passe e fichi secchi dinanzi alle entrate degli alveari, o lana distesa bagnata m vi no passo, cotto, o in acqua melata ; e parte carne cruda di gallina. Alcune stati ancora s'hanno a dar loro questi medesimi cibi, quando il seccoha spen to i fiori, eh* il loro alimento. Quando si cava il mele tirile casse, bisogna impiastrare i loro buchi con melissofillo'o ginestre trite, ovvro cignere le casse con la vitalba, acciocch le pecchie non fugano. I vasi del mele, o i fiatoni, vogliono esser lavati con l ' acqua, e dicono che se quest acqua dipoi si cuoce, diventa nn aceto assai salubre.
C om e
s i f a la c e r a .

Db

c e k a f a c ie n d a .

da e o p t im a b ju s g e n e r a .

u a l i n b so n o l b q u a l i t

De

ceka

u n ic a .

MIGLIORI. D e l l a CERA PUNICA.

XL 1X. Cera fit expressis favis, sed ante pu rificatis aqua, et triduo in tenebris siccat is, quarto die liquatis igni in novo fictili, aqua favos tegenle, tunc sporta colatis. Rursus in eadem olla co quitur cera cum eadem aqua, excipilurque alia frigida, vasis meile circumlitis. Optima, quae Punica vocatur. Proxima quam maxime fulva, odorisque mellei, pura, natione autem Poutica, quam constare equidem miror iuter venenata

XL1X. La cera si fa premendo i favi, gi innanzi purificati nell* acqua, e per tre giorni asciutti al buio. Il quarto d) si fan liquefare al fuoco in vaso di terra nuovo, con tanlacqna cheli copra, e poi si mettono in una sporta a colare. Di nuovo nella stesso vaso si cuoce la cera con fa medesima acqua, e pigliasene d rira ltra fredda, impiastrando i vasi col mele. Ottima quella che si chiama P u n ica. Fui quella, ch mollo gialla, e d'odore di ineie,

M5

HISTORIARUM MUNDI U B. XXI.

>46

n e lla : deisd C re tio , plnri muro enim ex pro poli habet, de qua diximus io nalura puro. Posi has Corsica, quoniam ex buxo 6t, habere quam* dam v i a medicaminis pulalar. Panica fit hoe modo. V entilator aub divo saepius cera fulva. Deiode fervet io aqoa raarioa, ex allo pelila, ad* diio nitro. In d e lingulis hauriunt florem, id est, candidissima quaeque, transfanduntque io vas, quod exiguum frigidae habet. E t rursus marioa decoqount sep aratim : deio vas ipsum refrigerant. Et quum h aec te r fecere, juocea crate sob dio occant aole, lu n a q u e : haec enim eaodorem facit. Sol siccat : e t n e liq u e fer L protegant tenui lin* > teo. C u d id isiim a vero fit, post insolatio nem elismaom r e c o c ta . Panica medicinis utilissima. Nigreidt cero a d d ito chartaram cinere, sieat aacbais a d m ix ta rab e t. Variosqae ia colores pifaeolis t r a d i t u r , ad edaodas similitudines, et ifiDomeros m o r ta liu m usus, parietumque etiam et armorum la te l a m . Cetera de meile apibusqae ioDitara e a ru m d ic ta suat. E t hortorum quidem mais fere r a t i o p e ra c ta est.

e para, nativa dei Ponto, Ia qoal* o i b i n t h glio come si froda di meli avvelenati. Dipoi vito quella di Candia, la quale ha molla propoli, di cui ragiooammo nella nalura delle pecchie. Do po queste vien la Corsica, la quale perch si fa di bossolo, si tiene che abbia una certa Io n a di medicina. La Punica si fa in questo modo. La cera ancora gialla ai ventila spesso all aria, dipoi si fa bollire in acqoa marioa attinta d'alto mare, aggiugnendovi nitro. Indi eoo cuochiai pigliaoo il fiore, cio quella eh' pi biaaca, e verssnla in un vaso, dote ne sia un poco di fredda ; e di nuovo la cuocono a parte con la marina, dipoi rinfrescano il vaso stesso, e quando hanno fatto tra volte queste cose, la seccano allo scoperto in sa graticci al sole, e alla luca, perch questa fa bian chezza. E aooloceh le care oon ti struggano per troppo sole, le euoprono eoa nn lenzuolo sottile. Bianchissima si fa, se dopo ohe ha avuto il sole, di nuovo rionoce. La Panica utilissima alle medicine. La cera diventa negra, aggiogoeudoviai cenere di carte siccome ella rosseggia, mescolan dovi l ' ancuaa. Tirasi in diversi colori eoa diverse tinte, per rendere le simiglianxe, e per diversi bisogni delle persone, e per difesa anoora delle mura e dell armi. L altre cose del mele e delle pecchie sono gi state dette, ragionando della na tura loro. Cos s detto quasi tatto quello, che si pu dire degli orti.
U s o , HATUBA B OABAV1QL1B DBLL'BaBB CHS BASGOBO SPOBTANBB PBBSSO CIASCUB POPOLO. L b FBAGOLB, IL TAURO, IL BUSCO. L cib .
a

Sfotte ia c n T i c M m B A S cii ih q u ib b iq u b g m t i bcs u sb s , h a t u a e bdscus.

u b a c u l . F e a o a , t a u b u s ,

B a t u : obbbbl A d u o . P astin a c a n i *

BATI DI DUB SPB-

TM SIS: LU PUS SALICTARIUS.

La p a s t i r a c a

p b a tb sb : i l lu p o s a l i t t a h i o .

L. i 5. S e q a a o tu r herbse sponte nascentes, qaibo (leraequ genlium alu o la r in cibis, rnaxiraeqne Aegyptus, frugum quidem fertilissima, sed at prope sola iis carere possit : tanta est cibo* n a ex herbis abundantia. In Italia paucissimas aevimos, fraga, tam num , roseam, balia marinam, balio hortensiam, quam aliqui asparagum Galli* eum vocant. P rae te r haa pastinacam praleosem, lo p a m salictarium, eaque verius oblectamenta, quam cibos.

L. i 5. Seguono l ' erbe nascenti da loro slesse, le quali da molli popoli sono osate ne* cibi, e mas simamente in Egitto, il quale cornech abboo* dantusimo di biade, nondimeno il solo paese che beo potrebbe far senza esse ; tanta la dovizia dell' erbe, che vi si mangiaao. lo Italia poche oe conosciamo, le fragole, il tanno, il rusco, la bali marina, la ball ortolana, la quale alcuni chiamano asparago Gallico. Oltra di queste, la pastinaca pra tese, il lupo talittario, ma questi sono piuttosto trattenimenti di gola, che cibi.
D SLLA COLOCASIA.

C olocasia. L I . I a A egypto nobilissima est colocasia, quam e j a m o o aliqui vocant. Hanc e Nilo metuat, caale, q a a m coctas eat, araneoso in mandendo : thyrso a u te m , qui in te r folia emicat, spectabili : foliis b lis n m is , si arboreis comparentur, ad simililuW m eorum q a a e personata in nostris amnibus f a r n o s . Adeoqne Nili sni dolibus gaudent, ut P mhio 1. N., V ol. II.

LI. In Egitto nobilissima la colocasia, la quale alcuni chiamano oiamo. La mietono appres so il Nilo : ha il gambo arenoso a masticarlo, e il torso eh* esce tra le foglie bello : le foglie sono larghissime, se si paragonano con quelle degli al beri, ed han somiglianza di quelle, che ooi nei nostri fiumi chiamiamo personali. E tanto gli 10

,47

C. PLINII SECUNDI

14

implexi* colocasiae foliis io variam speciem vasortim, potare gratissimam habeant. Seritur jam haec in Italia.

Egizii godono delle doli del tao Nilo, che delle foglie dolia colocasia intrecciate fanno diverse sorti di vasi, e piace molto lor bere con easi. Que sta erba si semina oggid anche in Italia. Del c i c o b i o ,
a h ta lio , b to , a ra c b id h a , a b a c o , ca b -

ClCHOBlUM : ARTHALIUX, OETUM, ARACHIDI!A, ABA COS, CAUDBYALA, HYPOCHOBBIS, CAUCAL1S, AWTHBJ5CUM, SCANDII, PABTBENIUK, STRYCHBUM, CORCHOBCS; Q
uab

DB1ALA, IPOCHEBI, CAUGALI, A1TTBISCO, SCAHDICB, PABTEB10, STBICRO, COBCOBO, AFACE, AC1KOp o , BPIPBTBO. Q QUALI SEMFBZ.
u a l i p i a s t e b o b m a i f io r is c o n o ,

APBACB,

ACTHOPOS,

BPIPETBOH.

NUMQtJAM FLOBEAHT, QUAB SSMPEB.

L1I. In Aegypto proxima auctoritas cichorio est, quam diximus intubum erraticum. Nascitur post Vergilias. Floret particolalim. Radix ei lenta, quare etiam ad T i n e o la utuntur illa. Anthalium longius a flumine nascitur, mespili ma gnitudine et rotunditate, sine nucleo, sine cor tice, folio cyperi. Mandunt igni paratnm : man dunt et oetum, cni pauca folia minimaque, verum radix magna. Arachidna quidem et aracos, quum habent radices ramosas ac multiplices, nec folium, nec herbam ullam, aut quidquam aliud supra terram habent. Reliqua vulgarium in cibis apud eos herbaram nomina, candryala, hypochoeris, et caucalis, anthriscum, scandi x, quae ab aliis tragopogon vocatur, foliis crooo simillimis : partheniam, strychnum, corchorus, et aequinoctio nascens aphace, acinos : epipetron vocant, quae numqnam floret. At e contrario aphace subinde marcescente flore emittit alium, tota hieme, toto* que vere, osqae in aestatem.

LU. In Egitto dopo Ia colocasia in riputazio ne il cieorio, il quale chiamammo intubo erratico. Nasce dopo le Vergilie, e fiorisce a parti. Ha la ra dice pieghevole, e perci l ' usano ancora per le gami. L antalio nasee discosto dal fiume, grande e tondo come nespola, senza guscio, senza cor teccia, e con foglia sembiante a quella del cipero. Mangiasi colto. Mangiasi quello ancora, che si chiama eto, che ha poche e piccolissime foglie, ma gran radice. L* arachidna e laraco, ancora che abbiano radice ramosa e molteplice, non hanno per sopra la terra n foglia, n erba, n veruna altra cosa. Gli Egizii si cibano pure d 'a ltre erbe volgari, siccome la candriala, l ' ipocheri, il caucali, Tantrisco, lo scandice, il quale da alcuni detto tragopogo, ed ha le foglie molto simili a quelle del zafferano ; il partenio, lo stricno, il corcoro, e l aEace che nasce per l'equinozio, l'acinopo, che si chiama epipelro, e non fiorisce mai; mentre per contrariolaface continuamente marcendo il fiore, ne mette fuora a n 'altro, tutto il veroo e latta la primaverara fino alla state.
Q
u a t t r o s p e c ib d b l

C mici g e h e b a IV.

etneo.

LIII. Multas praeterea ignobiles habent : sed maxime celebrant cnicon Italiae ignotam, ipsis autem oleo, non cibo gratam. Hoc faciant e semine ejus. Differentia prima, silvestris et sativae. Sil vestrium duae species: ana mitior est, simili cau le, tamen rigido : itaque et cola antiquae mulie res utebantur ex illia : quare quidam atractylida vocant. Semen ejus candidum et grande, ama ram . Altera hirsutior, torosiore caule, et q ai paene humi serpat, minuto semine. Acaleataram generis haec est : qaoniam distinguenda sunt et genera.

LUI. Oltre di ci hanno molle altre erbe igno bili, e fra l ' altre celebrano il cnico, sconosciuto in Italia, e a loro grato non in cibo, ma in farne olio. L olio si fi del suo seme. La prima diffe renza del salvatico e del domestico. Di salvatichi ce ne sono di due ragioni, uno pi mansueto, e di simil gambo, ma ruvido ; e perci le donne anticamente 1 usavano per rocca, onde alcuni lo chiamano alratlilide. Il seme suo bianco, gran de e amaro. L 'altro pi aspro : ha il gam bo pi grasso, cbe va quasi per terra, e il seme m i nuto. Questo degli spinosi; perch s ' hanno a distinguere ancora i generi.
D e l l e r b e s p in o s i : e r i n g i o , g l i c i b r i z o , t b j b o l o , ow onb, f b o

Ac c l *a t i

o b r k iis

hbbbab:

b b y n g io b ,

glycyb-

BHIZA, TlIBU LU S, OKOBIS, PHEOS SIVB STOBBB, HIPPOPBAfcS.

o rm o

s te b b , if p o f a b .

LI V. Ergo quaedam herbarum spinosae sunt, quaedam ae spinis Spinosarum mullae speciei.

L1V. Alcune erbe dunque sono spinose, alcu ne senza spine. Le spinose sono di mlle rag io n i.

'4 9

HISTORIARUM MUNDI L1B. XXI.

iS o

Ia totam spina est asparagos, seorpio : nullum enim foliam habet. Quaedam spinosa, foliata suot, a t cnrdaus, eryngion, glycyrrhiza, nrlica. lis enim om aibas foliis ioest aculeata mordaci tas. Aliqua e t secandum spinam habent foliam, a t tribolus, e t onoois. Qaaedam ia folio habent e t io cade, u t pbeos, quod aliqui stoeben appel lavere. Hippophae* spiois genieulatom: tribolo proprietas, quod e t fruetom spinosam habet.

Spina affatto lo asparago, e lo scorpione, perch non ha foglia alenna. Certe erbe hanno spinose le foglie, come il cardo, lo eringio, il glicirrizo e l'or tica; perocch tatte le lor foglie son mordaci per essere rivestite di aculei. Alcune hanno la foglia lango la spina, come il tribolo e I1onone. Alcuoe hanno la spina nella foglia e net gambo, come il feo, chiamato da alcuni stebe. I / ippofae ha le spine sui nodelli ; e il tribolo ha la propriet di avere spinoso anche il fratto.
Q oattso
s p b c ib d i ostiche .

D i t i a i o s m i rv. L amium,

s c o b p io .

D bl

LAMIO, DELLO SCOBPIOBB.

LV. Ex om nibus his generibus artica maxime nosciter,acetaboli in flore purpuream lanuginem fondentibus, saepe allior binis cubitis. PJures ejudifferentiae: silvestris,quam ef feminam vo cant: m iliorque. E t in silvestri, quae dicilnr canina, acrior, caule quoque mordaci, fimbriatis foliis. Q uae vero etiam odorem fandit, Hercula nea vocatur. Semen omnihos copiosum, nigrum. Mirasa sine nilis spinaram aealeis lanuginem ipsaai esse noxiam, et tacta tantum leni p raritnai, putolasqae confestim adusto similes exsi stere. Notam est e t remedium olei. Sed morda cit* non p ro tin u s oum ipsa herba gignitur, neo in solibus roborata. Incipiens quidem ipsa nasci vere, non ingrato, mnltis etiam religioso ia cibo est, ad pellendos totius anni morbos. Silvestrium quoque radix om nem carnem teneriorem faeit, nmulque cocta ionoxia est. Morsa carens, lamium vocatar. De scorpione dicemus inter medicas.

LV. Di tutti questi generi l ' ortica mollo si conosce, perch ha i fiori che spargono una la nugine purpurea : la pianta spesso pi alta di due braccia. Questa . di pi specie. La salvatica, la qaale chiamano anche femmina, pi man sueta. Nella specie salvatica ancora quella che h chiama canina, pi aspra, con gambo mordace, e le foglie stratagliate. Quella che ha odore chiamata Ercolsnea. T atte baano il seme copioso e nero. E d maraviglia, che ancora la lana loro senza alcuna spina nociva, e dove tocca fa piz zicore,^ leva subito gallozzole sembianti a quelle di scottatura. 11 rimedio Polio La mordacit per non nasce subito insieme eon l ' erba, perocch il sole quel che le d fona. Quando la primavera ella comincia a nascere, cibo non ispiacevole, e a q u e 'molli ancora religioso, che credono eoa quella cacciare le infermit di tutto l ' anno. La radice delle selvatiche fa ogni carne pi tenera, e cocendola insieme con essa innocente. Quella ebe non pagne si chiama lamio. Dello soorpione ragioneremo tra le medicinali.
D bl
ca rd o , aco rra o fo ro , lb c ca ca rto , calcbo,

a co b r a

s iv b

p h o r o ,

l bd ca ca h th o s.

ClALCSOS,

CBIGOS, POLYACARTHOS, OHOPTXOS,

emeo,
D el

POLIACARTO, OROP SSO, SLS1RS, SCOLINO.

tL x in ,

s c o ltm o s .

C hamaeleoh,

TSTRALIX,

c a m b lb o h b , t b t r a l i c b , a c a r t i c e m a s tic h e .

ACASTHICB MASTICHE.

LVI. 16. C arduus et folia et caules spinose lsonginis hab et. Item acorna, leucacanthos, chal ceos, cnicos, polyacanthos, onopyxos, helline, scolymos. Cham aeleon in foliis non habet aculeos. Est et illa differentia, quod quaedam in iis* mul ticaulia ram osaque sunt, u t carduus. Uno autem caule, nec ram osam , cnicos. Quaedam cacumine tsolum spinosa sunt, ut eryngium. Quaedam aestate florent, u t tetralix, et helxine. Scotymns quoque flo re t aero et din. Acorna colore tantum tofo d istin g u ito r, et pinguiore succo. Idem erat ttractylis q u o q u e , nisi candidior esset, et nisi aguineom saccu m fonderei. Qua de causa pho* vocatu* a quibusdam, odore etiam grati,

LVI. 16. II cardo e nelle foglie e nel gambo ha lanugine spinosa; e cos) l ' acorna, U leucacanto, il calceo, il cnico, il poliacanto, lonopisso, P elsine e lo scolimo. Il cameleone non ha spine nelle foglie. cci anco nn1altra differenza, perch alcuni d ' essi hanno pi gambi, e sono ramosi, come il cardo. II cnico non ha pi che un gambo, e non ramoso. Alconi sono spinosi solamente nella cima, come 1*eringio. Alcuni fioriscono la state, come il tetralice e 1 *elsine. Lo scolimo an cora fiorisce tardi, e lungamente. L acorna si di stingue solo pel color rosso, e per essere pi grassa di sugo. Tale sarebbe P etrattile ancora, se non fosse pi biancone non avesse sugo san-

C PLINII SECONDI sero matureicente semine, nee ante autumnum : quamquam id de omnibus spinosis dici potest. Verum omoia baeo et semine et radice nasci possunt. Scolymus carduorum generis ab iis distat, quod radix ejus vescendo eat decocla. Mirum, qnod sine intervallo tota aestate aliud floret iu eo genere, aliud concipit, aliud parturit. Aculei arescente folio desinunt pungere. Hclxine rara visa est, neque in omnibus terris : est ra dice foliosa, ez qua media velati malum extube rat, contectum sua fronde. Hujus vertex summus lacrymam continet jocandi saporis, acanthicen mastichen appellatam.

lfl2

guigno. Per la qual cosa alcuni lo chiamano fono: ha odor grave, e matura il seme tardi, n mai innanzi T autunno, bench il medesimo si pu d iredi tutteTerbespinose. Per tullequeateerbe possono nascere e di seme, e di radice. Lo scolimo, eh' della specie de* cardi, differente da essi, perch la radice sua mangiasi colla. E d maraviglia che senza intervallo per tutta la state, altro in quel genere fiorisce, altro concepe, altro partorisce le ponte. Le spine, seccando la foglia, lasciano di pungere. L elsine si vede di rado, perch non ne nasce per tutto: fogliosa fin dalla radice, del cui mezzo esce tuora rigonfiandosi a a bozzolo che pare una mela, coperta dalla soa fronde. Nella saa cima ha ana lagrima di dolcis simo sapore, la quale si chiama acantice mastiche. Dell* ettaco, ovvero catto, PTBBJNCA, PAPPO, ASCALIA. LVII. 11 catto ancora nasce solo in Sieilia, ed i duna specie sua propria: i suoi gambi vanno per terra, uscendo della radice, con la foglia larga spinosa. 1 gambi si chiamano catti, e si mangiano volentieri, ancora quando sono invecchiali. Han no un gambo solo, diritto, che si chiama pternica, e che ha la stessa soavit, ma non invecchia. Il seme sao di lanugine, la quale chiamaoo pappon ; e levala essa e la corleceia, trnovasi una tenerezza simile al cervello della palma, la qual tenerezza si chiama ascalia. V D el tribolo : dell' osose LVIII. Il tribolo non nasce se non u* luoghi paludosi, e altrove cosa crodele. Appresso il Nilo e lo Strimone si saole mangiare : inchinasi verso il fiume ed ha la foglia simile a quella del lolmo, e il picciuolo lungo. Nell* altre parti del mondo ce n* di due ragioni ; l une ha le foglie come la cicerchia, 1*altro apponiate. Questo fio risce tardi, e rinforza le siepi che fannosi alle ville. Il seme suo iu baccelli, tondo e nero. L* altro l ' ha come rena. cci po altra erba spi nosa, che si chiama onone. Questa ha le spine nei rami, e la foglia all incontro, la qaale simile alla ruta, con gambo tutto fogliato a modo di ghirlanda : viene dopo le biade, ed nimica all'a ratro, e molto vivace. DlPPBBBNZA DELL* EBBE RISPETTO Al GAM I l COBI. BOBOPO, L1ASCOSA, L* ASTEMI, IL PILLASTE, U. CBEPI, IL LOTO. LIX. I gambi d ' alcune erbe spinose vanno per terra, come di quella che si Uu^ma co ro n o -

ECTACOS, SITE CACTO, PTBBS1X, PAPPUS, ASCALIA. LV11. E t cactos qaoqae in Sicilia taotum na scitur, suae proprietatis et ipse: in terra serpunt caales, a radice emissi, lato folio et apinoso. Cau les vocant cactos : nec fastidiant ia cibis, invete ratos qnoqae. Unam caalem rectam habent,quem vocant pternica, ejusdem suavitatis, sed vetusta tis impatientem. Semen ei lanaginis, qaam pappon vocant : qoo detracto et cortice, teneritas eimilis cerebro palmae est : vocant ascalian.

T e ib u l u s : o s o r is .

LVII1. Tribulus non nisi in palustribus na scitor, dira res alibi, juxla Nilum et Strymooem amnes excipitur in cibis, inclinatus in vadum, folio ad effigiem almi, pediculo longo. At in reliqao orbe genera duo: ani cicerculae folia, alteri aculeata. Hic et serias floret, magisque septa obsidet villarum. Semen ei rotundius, nigrum, in siliqua : alteri arenaceam. Spinosorum eliamoom aliad genas ononis. In ramis enim spinas habet, adposito folio rutae mili, toto caule fo liata in modum coronae : sequitor a frngibus, aratro inimica, vivaxqae praecipue.

HlKAIVNElllA FU CAULES. COBOBOPSS t ABCHUSA, ABTHEM PHYLLABTHES, CBBPIS, LOTOS. IS,

LIX. Aculeatarum caales aliquarum per ter ram serpunt, at ejus quam coronopum vocant.

i5J

HISTORIARUM MUCIDI L1B. XXI.

154

diverso stant, anchusa inficiendo ligno ceri*fK radice api, e t e mitioribus authemis, et pbyllaothes, e t anemone, et aphace. Gaule foliato a t et crepis, e t loto*.

po. Per contrario stanno 1 anchusa, la cui radice ' i buona a tignere-il legno e la cera, e 1' antemi una delle pi delicate fra queste, il fillante, e 1 anemone, e l'aface. 11 crepi e il loto hanno il * gambo fogliato.
D iv p e b b b z b d e ll* eb b e r is p tto a llb fo g lie .

D im im u B
colatoi

h iu u d m

p o l ia .

cab p a r t i bob

rL o u A n :

q o ib c s p o l i a a DABTOM.

n e i*

Q uali

f io r is c o n o a p a & te a p a r t e : q u a l i b o b

M I T : H ELlO T B O PlO lf,

p e rd o b o l e f o g lie : g ira s o le , a d ia b to .

LX. Diflerentia folioram e t hic qaae in arbo* ribu, brevitate pediculi ac longitudine, angu stiis ipsius folii, amplitudine, angulis, incisuris, odore, flore. D iu tu rn io r hic quibusdam per par tes florentibos, a t ocimo, beliotvopio, aphacae, onoehili. Multis inter haec aeterna folia, sicut quibusdam a rb o r o m ,in primisque heliotropio, aditolo, polio.

LX. In queste erbe la differenza delle foglie consiste in ci stesso che uegli alberi, cio nella bre vit e lunghezza de' picciuoli, nella larghezza o strettezza delle foglie, negli ngoli, intagliature, odore e fiore. Questo dura pi lungamente iu alcu ne, che fioriscono per parti, come fa il basilico, il girasole, l a face, e l'onochilo. Molte tra questo erbe hanno la foglia perpetua, come alcuni albe ri, e massimamente il girasole, l'adianto e il polio.
D ell'
erbe s p ig a t r

S n a t u D i L f i u n u . S tabtopo s,
u p b o r o s , s iv b o r t y x

a lopecuros,

m -

l o s t a k io p o , l ' a l o p e c c r o ,

s iv b f l a b t a g o . T h r x a l l i *

LO STELEFURO, OVVERO OBTIGB, O PIAHTAGGIBB. D ella


t r ia l l i.

LXI. 17. A lia d ru n a s spicatarum genas, ex quo est cyuops, alopecuros, stelephuros ( qaam quidam orlygem vocant, alii plantaginem, de qua plura dicemus iu ter medicas), thryallis. Ex iis Mopeeuros spicam habet mollem, et lanugi* em deusam, n o n dissimilem vulpium oaudia, aude ei et oomen. Proxim a esi ei et stelephuroa, nisi quod illa particulatim floret. Gieborion, et Milia, circa te rra m folia habent, germinantibus ab radice post Vergilias.
P n m c i r a . O rbitbogalb .

LXI. 17. Un* altra specie quella delle spiga te, come il cinope, 1 alopecuro, lo slelefuro ( che * alcuni chiamano ortige, alcuni piantaggine, di cui ragioneremo a lungo fra l erbe medicirfali ), e la trialli. Fra queste 1 alopecuro ha spiga molle, * e lanugine folta, simile alle code delle volpi, ond* ella ha preso il nome. Simile a questa lo sto le furo, se uon che questo non fiorisce a un tratto. 11 cicorio e simili hanno le foglie intorno a terra, le quali germogliano dalla radice dopo le Vergilie. Del
p e rd ic io : d e ll* o e r i t o g a l e .

LXU. Perdicium et aliae gentes, qoam Aegy ptii, edant: n o m e n dedit avis, id maxime eruens. C n a u plurim asqae habet radiees. Item ornitbogale, caule te n e ro , candido, semipedali radice, bolbosa, molli, trib a s aut qualnor agnatis. Co n t a r in pulte.

LX 11.11 perdicio un'erb a, che altri popoli ancora oltre gli Egizii asano maogiare, e che*pre se questo nome da ua uccello, che massimamente la schianta di terra. Ba di molte e grosse radici. cci lornitogale, che ba il gambo tenero e bian co, la radice di mezzo braccio, cipollosa, tenera, con tre o quattro messe. Caocesi nella poltigia.
E
r r e c b e bascobo d o p o db a b b o f i o r i s c o b o ir so m m o

P ost a b i t o i a i c s r t u : a sommo fl o b b k t b s : ITEM AB IMO.

di qubllb cbe

d i q u e l l e c h e a b ba sso.

boo

LX11I. M iraro , loton herbam, et aegilopa, nisi post a n n u m e semine sao nasci,^Hira et aathemidis na ta r a , qaod a summo florere inci pit, qaam ceterae omnes, quae particalatim flo> tot, ab ima sui p a r te incipiant.

LX 1I 1. maraviglia, come l'erba loto e l*e* gilopa non nascono del lor seme, se non dopo l'an no. Maravigliosa anco la natura dell* antemide, che comincia a fiorire dalla cima, ancor che tutte 1 altre, le quali partitamente fioriscono, comin * cino dalla loro pi bassa parte.

155

C. PLINII SECONDI

>56

L appa, hbbba qoae I i n * u VASIT. OpUHTIA, B VOUO BAD1CBH FACIEBS. LX 1V. Notabile et in lappa, quae adhaere scit, quoniam in ipsa flos nascitur, non evidens, aed intus occultus, et intra seminat, velat anima lia, quae in se pariant. Circa Opuntem opnntia est herba, etiam homini dulcis. Mirumque e folio ejus radicem fieri, ac sic eam nasci.

L' 8BBA LAPPA GBBMOGUA BUTEO DI S DkLL Opubcia, chb si va m u sim foolib. LXIV. similmente cosa notabile nella lappa, eh1 ella stia attaccata e chiusa, producendo il fio re invisibilmente e solo ri poeto dentro di a* p e r lo spargersi che fa del seme uel seno come gli animali che partoriscono fra s stessi. Appresso a Opunte nasce un' erba, che si chiama opunzia, la quale dolce ancora all' uomo. Ed maraviglia delle sue foglie farsi radice, e cosi nascere. Dell' iasione, della cokd& illa, della picei , CHE PIOBISCB TUTTO l 'ABBO. LXV. Lo iasione ha ana foglia sola, m a cos implicala, che paion molte. La eondrilla am ara, e nella radice ha sugo agro. Amara ancora 1 a* face, e quella che si chiama picri, la qaale fiorisce anch essa tatto l anno, ed ebbe noma dalla soa amaritudine. Di quali ebbb esce il fiobe pbika che il gambo : DI QUALI 11. gambo vbiha che il fiobe : DI quel le CHE FIOBISCOBO TEE VOLTE. LXVI. Notabile la natura della scilla e del zafferano, perch ancora che tolte lerbe mandino prima foora la foglia, dipoi si rifondino nel gam bo, in queste si vede prima il gambo ohe le foglie. Nel zafferano il fiore spinto dal gambo, ma nella scilla il gambo esce da quello. Essa fiorisce tre volte, come abbiamo detto, dimostrando Ire tem pi di sementa. D el ap iao , hedicibe, 8. D el tesio. LXVII. Alcuni pongono tra le cipolle la rad i ce del cipiro, cio del gladiolo. Qoesta dolce, e cotta fa ancora il pane pi grazioso, e impiastrata con esso Io fa di pi peso. Simile a questa quella che si chiama tesio, aspra al gusto.

I asiohb, cohdbtlla, piceis, quae toto axho FLORET. LXV. Iasione unnm feliam habet, sed ita im plicatum, a t plora videantur. Condrylla amara est, et acris in radice sacci. Amara et aphace, et quae picris nominatur, et ipsa toto anno florens: nomen ei am aritado im posait

Q uibus flos, ahtiquaj* caulbs bxeast: quibus CAULIS, ABTEQUAM FLOS BXEAT: QDAB TBB FLOBBAHT. LXVI. Notabilis et scillae croeiqne natura, quod qaura omnes herbae foliam primam emit tant, mox in caalem rotundentur, in iis caulis prior intelligitar, qaam foliam. E t in croco qui dem flos impellitor caule: in scilla vero caolis exit, deinde flos ex eo emergit. Eademque ter floret, a t diximas, tria tempora arationnm osten dens. Ctpibos, medicihab viii. T bbsior. LXVII. Bolborum generi quidam adnomerant et cypiri, hoc est, gladioli, radieem. Dulcis ea est, et quae decocta panem etiam gratiorem -faciat, ponderosioremqae simul subacta. Non .dissimilis est et qaae thesion vocator, gusta aspera. AsraqDKLus, sivb hastula bboia. Abthbbicoh. LXVIII. Ceterae ejusdem generis folio diffe ran t. Asphodelus oblongum et angustam habet, aeilla latam et tractabile, gladiolus simile nomini. Asphodelus maoditur, et semine tosto, et bnlbo : sed hoe in cinere tosto, deio sale et oleo addito : -praeterea taso cam ficis, praecipua voluptate, ut videtur Hesiodo. T raditur et ante portas villa rum satum, remedio esse contra veneficiorum noxiam. Asphodeli mentionem et Homeras fecit.

Asfodelo, ovvebo astula begia. Artebico. LXVIII. L altre della medesima specie sono differenti nelle foglie. L'asfodelo ha la foglia lu n ga e stretta, Ia scilla larga e trattabile, il gladiolo l ' ha simile al nome. L ' asfodelo si mangia, e p e r ^eme arrostito, e per cipolla ; ma questa vuoisi arrostire nella cenere, poscia porvi sale ed olio ; in oltre pesta co' fichi si mangia con grandissim o piacere, come dice Esiodo. Tiensi che sem inato innanzi alla porta delle ville sia rimedio contra lo

H1ST0B1ARUM MONDI MB. XXI. Radix ejus napis modicis similis est : neque alia nam erosior, l x x x a iro n i acervatis saepe bulbi. Theophrastus, et fere Graeci, priocepsque Pytha goras, caulem ejus cubitalem, et saepe duum cu bitorum, folii* porri silvestris anlhericon voca vere : radicem vero, id est, bolbos, asphodeloo. Nostri illud albucum vocant, et asphodelum ba stala regiam , caulis acioosi : ae duo genera la ciunt. Albuco est scapos cubitalis, amplos, purus, laevis. De q u o Mago praecipit, exitu mensis Martii, ei initio A prilis, quum floruerit, nondum semine ejus intumescente, demetendam : findeodosque capos, et q u a rto die in solem proferendos : ita meatis manipulo* faciendos. Idem pistanam dieit a Graecis yocari, qaam inter olvas sagittam ap pellano*. H anc ab idibus Maji usque ad finem Octobris menai* decorticari, atqoa leni sole sic cari jobet. Id e m e t gladiolom alteram , quem eypiroa vocant, a t ipsam palustrem, Jolio mense toto seeari ju b e t a d radicem, tertioqae die ole acari, donec c a n d id o * fiat. Quotidie autem ante solcai ocddeutem i a tectum referri, q ao n ia* pdutribu* deaectia nocturni rores noceant. malie e gl'incanti. Dell'asfodelo fece mentione an che Omero. La sua radice simile a' navoni piocoli. N ve n ' alcun1altra s numerosa, avendo spesso raccolti insieme pi d'ottanta capi.Teofrasto, e quasi tutti e i Greci, e Pitagora innanti agl) altri, chiamarono il suo gambo enterico, il quale d ' un braccio, e spesso di due, con foglie di por ro salvatico ; e la radice, cio i bulbi, o capi, chia marono asfodelo. 1 nostri chiaman lo enterico aibuco, e chiaman 1' asfodelo astula regia, la quale ha gambo acinoso, e fannola di due ragioni. L 'aibuco ha lo stipite duo braccio, grande, puro, pu lito. Magone vuole che si colga all' uscita di Mar zo, e al principio d 'Aprile, quando egli i fiorito, ma non ha il seme ancora rigonfio, e che gli stipi ti si fendano, e il quarto d si mettano al sole; e cos quando son secchi se ne facciano m atti. Diceaocora che i Greci ohiamano pistana quella che tra le ulve noi chiamiamo saetta. Vuole che que sta si scortichi dai quindici di Maggio sino alla fine d ' Ottobre, e che si secchi a sol lento ; che l ' altro gladiolo, il quale si chiama eipiro, anch'esso palustre, per tutto il mese di Loglio si seghi fino alla radice, e il terzo d si secchi al sole, fin ch diventi bianco ; e finalmente che ogui giorno si riporti io casa, innanzi che il sole tramonti, perch le rugiade della notte fan danno all* erbe pai astri segate. Di sai sn c ix di Giunco. M kdicih 4 LX 1X. 18. Lo stesso Magone vuole che le me. desime cose si facciano del giunco, il quale ei chia-> ma marisco, ed buono a coprir capanne, ordi nando che si cavi del mese di Giugno fino a m et to Luglio. L 'altre cose, quanto al seccare, sono le medesime .che noi dicemmo della ulva al suo luo go. Egli fa nn'altra sorte di giunco, il quale trovo che si chiama marino, e da' Greci ossischeno.Esso di tre ragioni, aouto, sterile ( che noi chiamia mo maschio, e i Greci ossi ), e femmina, che ha il seme nero, e si domanda melancrani, ed pi grosso e pi germoglioso. Ma pi ancora lo quel lo della terza fra le sei specie, che si chiama 0I0scheno. Di qoesti nasce il melaocraoe senta altri generi : Possi e l ' olosebeno nascon del medesimo oespo. L 'olosebeno utilissimo ai bisogni delle viti, perch'egli tenero e carnoso. Produce frutto a modo di uova, che stieno attaccate insieme. Quel lo che noi chiamiamo maschio, nasce di s slesso, con la cima piantala in terra; e il melancrane del suo seme. D 'altronde le radici di tutti muoiono ogni anno. L 'oso loro a far reli da pescatori, ai bisogni delle vili, e a'lam i di lucerne, e massima mente quegli che hanno assai midolla; e ve n ' di cos grandi appresso 1 Alpi marittime, che la'

3caci o a m a a vi. Mbdicihab it .


LX1X. 18. Sim ilia praecipit et de jnnco, qnem mariscon appellat, ad texendas tegetes: et ipsam Jonio mense eximi ad Joliom medium praeripiens. Cetera de siccando, eadem qoae de alva suo loco diximus. Alterum genus j ancoram fadt, qnod m arinum , et a Graecis oxyseboenon vocari invenio. T ria genera ejus : acuti, sferilis, quem marni, et oxyn Graeci vocant: reliqua feminini, ferentis semen nigram , quem melaucranin vocant. Crassior hic et fraticosior : magisque etiamnum tertios, qui vocatur holoschoenos. E x his melaneranis sine aliis generibus nascitur. O xys aetem et holoschoenos eodem cespite. Uti* msdms ad vitilia holoschoenos, qnia mollis et c arn o sa s est. F e rt fructum ovorum cohaerentiam o d o . N ascitur autem is, quem marem appellar i a to s , ex semetipso, cacumine in terram defixo: a d a n c n n i i autem sao semine. Alioqoi omnium ra d ice s omnibus annis interm oriuntur. Osos ad u s m arinas, vitilium elegantiam, lacernarum I n a i a a , praecipua m edulla, amplitudine juxta r its r o a s Alpes tanta, u t inciso venire impleant faeoe unciarum latitudinem : in Aegyplo vero (n b ro riu n longitudinem , non aliis utiliorem.

C. PLINII SECUNDI

160

Quidam eliamnum unam genas faciunt {unci trianguli : cyperon vocant. Multi vero non discer nunt a cypiro vicinitate nominis. Nos distingue* mas atrum qae. Cypiras est gladiolos, a t dixirans, radice bulbosa, laudatissimas in Insulis Creta, dein Naxo, et pustea in Phoenice. Crtico candor odorque vicinus nardo, Naxio acrior, Phoenicio exiguum spirans, nallos Aegyptio. Nam et ibi nascitur. Discutit duritias corporum. Jam nim remedia dicemus ; quoniam et florum odoram* que generi est magnas usu in medicina.

Qaod ad cypiron attinet, Apollodorum qui dem sequar, qui negabat bibendum : quamquam professus efficacissimam esse adversas calculos, os eo fovet. Feminis quidem abortos facere non dubitat. Mirumqoe tra d it{ barbaros suffitum hojus herbae excipientes ore, lienes consumere : et non egredi domibus, nisi ab hoc suffita : vege tiores enim firmioresque sic etiam in dies fieri. Intertriginum et alarum vitiis, perfrictionibusque cnm oleo illitum, non dubie mederi.

filato il ventre sono larghi quasi un' oncia, e in Egitto ne fanno vagli. Alcuni ne mettono un* altrp sorte di gianeo triangolare, ohe chiamano cipero. Molti per non 10 distinguono dal cipiro, per la somiglinz del nome. Noi distingueremo l uno e laltro. Il cipi ro il gladiolo, come abbiamo detto, che ha la radice cipollosa, e nasce eccellentissimo nell* isole di Candia e di Nasso, e poi in Fenicia. 11 Caodiotlo bianco e d'odore vicino al nardo, quello di Nasso pi agro, il Fenicio getta poco odore, e l ' Egizio niuno ; perciooch nasce ancora quivi. Leva la durezza del corpo. Tocco le medicine un'altra volta, perch i fiori e gli odori sono osati molto in medicatore. Quanto appartiene al cipiro, io seguir Apol lodoro, il quale diceva che non si dovea bere, an cora che confessi eh egli potentissimo a rom pere la pietra. Secondo lui, ei fa sconciare le don ne. Egli ancora mette una maraviglia, che i bar bari ricevendo il profumo di questa erba per becca, consumano la milza, e non escono di easa, se non hanno fatto questo profumo ; perciocch a questo modo diventano ogni giorno pi ga gliardi e pi forti. Guarisce anco i difetti delle intertrigini, e di sotto le braccia, e le infredda ture impiastrato con olio. D el cipero, medicine i 4> C iperi, cipira. LXX. 11 cipero giunco, come abbiamo detto, anguioso, bianco appresso terra, nella cima nero, e grasso. Le foglie da basso sono pi sottili che quelle del porro, e in cima minute, fra le quali 1 seme. La sor radice i simile all' ulivo nero, I r 1 quale quando lunga si chiama ciperide, di gran de utilit nella medicina. 11 miglior cipero lAm moniaco, poi il Rodioilo, il terzo il Tereo, l 'o t timo l ' Egizio, il quale subito non si discerne, perch quivi anco nasce il cipiro, il quale per durissimo, e a fatica getta odore. Gli altri h an n o odore -simile a quello del nardo. cci anco di p e r s un' erba Indiana, la quale si chiama cipira, di forma di gengiovo, e masticata ha forza di zaffe rano. 11 cipero in medicina fa forza di psilotro. Fassene empiastro a quelle ptllicine, che si sfo gliano intorno all'unghie delle dila, e a ll'u lc e re de membri genitali, e a tutte 1 ulcere, che sono * in luoghi umidi, come quelle della bocca. La sua radice giova contra il morso delle serpi, e massimamente degli scorpioni. Bevuta ap re le matrici, e quando se ne bee in abbondanza, h a tanta forza, che le caccia fuori. Muove l ' o rin a , e la pietra, e per questo utile a' ritruopichi. Im piastrasi sull* ulcere che vanno im pigliando, e massimamente su qnelle che sono nello sto m aco , insieme col vino o con l ' aceto.

C t PERUS, MEDICINAE XIV. CtPERIS, CTP1 RA.

LXX. Cyperos jancus est, qualiter diximus, angulosus, juxta terram candidus, cacumine ni ger, pinguisque. Folia ima porraceis exiliora, in cacumine minuta, inter quae est semen. Radix olivae nigrae similis, quam, quum oblonga est, eyperida vocant, magni in medieina usus. Laus cypero prima Ammoniaco, secnnda Rhodio, ter tia Theraeo, novissima Aegyptio : qaod et confnndit intellectam, quoniam et cypiros ibi nasci tor. Sed cypiros durissima, vixqoe spirans. Cete ris odor et ipsis nardam imitans. Est et per se Indica herba, quae cypira vocatur, tingiberis effigie : commanducata croci vim reddit. Cypero vis in medicina psilothri. Illinitor pterygiis, ulceribusque genitalium, et quae in humore sunt ronibas, sicat oris ulceribus. Radix adversus serpentium ictos, et scorpionum, praesenti reme dio est. Valvas aperit pota. Largiori tanta vis, ut expellat eas. Urinam ciet, et calculos, ob id uti lissima hydropicis. Illinitur et ulceribus, quae serpunt, sed his praecipue, quae in stomacho sunt, ex vino vel aceto illita.

,6 ,

HISTORIARUM MUNDI L1B. XXI. HoLOJCHOtSOS. D bll' oloccbeko.

162

LXXi. Junci radix in Iribus heminis a q a a e decocta ad tertiat, tussi medetur. Semen tostum et in aqua potum , sislit alvum, e t feminarum m ense*. C upitis dolores facit, qui vocatur holotchoenos : ejus q u a e proxima sunt radicis, commamlucanlur adversus araneorum morsus. Inve nio etiamnum unum junci genus, quod euripiceo vocant. Hujus semine somnum allici, sed modum servandum , ne sopor fiat.

LXXI. La radice del giunco cotta in tre emine d ' acqua infino olla terza parte, medica la tosse. Il seme arrostito e bevuto nell'acqua, ferma il corpo e i mesi delle donne. Il giuoco chiamato oloscheno fa dolere il capo : la parte vicina alla radice si mangia contra il morso de'ragoi. lo truovo un' altra sorte di giunco, che si chiama euripice, il cui seme fa dormire ; ma bisogna aver cura di prenderne moderatamente, perch il sonno non sia troppo.
M e d ic in e c h e si fanno dee . cionco
o d o r if e r o , o t e d c h it b ,

Medicinae ex jm co odorato, sivb tbochite, x. LXX11. O b id et odorati junci medicinae di* ceotor, qnoniam et in Syria Coele ( ot suo loco retulimus) nascitur. Laudatissimus ex Nabataea, cognomine teuchites, proximus Babylonias., pes simus ex Africa, ac sine odore. Est aulem rotun das, vinosae mordacitatis od linguam. Sinceras io confricando odorem rosae emittit, rabentibus fragmentis. D iscutit inflationes, ob id stomacho olilij, bilemque e t sanguinem rejicientibus. Sin gultas sedat, ructus movet, urinam ciet, vesicae medelur. Ad muliebres usas decoquitur. Opisthotonicis cura resino arid a imponitur cxcalfactoria.

10.

LXX 1I. Per questo porremo le medicine anche del giunco odorifero, perciocch e' nasce ancora nella Celesiria, come abbiamo detto al suo luogo. Eccellentissimo viene di Nabalea, cognominato tenchite : prossimo a questo il Babilonio ; pes simo l Africano, e senza odore. Esso tondo, e di forza mordace alla lingua con sapore di vino. Lo schietto stropicciandolo getta odore di rosa, e i,suoi frammenti traggono in rosso. Caccia le ventosit, e perci giova allo stomaco, e a coloro che ributtano la collera e il sangue. Ferma i sin ghiozzi, muove i rutti, provoca l'orina, e medica la vescica. Cuocesi a' bisogni delle donne. Ado perasi a coloro che hanno ritirati i nervi del collo, con ragia secca, che ha virt riscaldativa.
M e d ic in e

BflDICINAB BX SCPRADICWS FLOBIBLS : EX ROSA, MED. XXXII.

cbb si f a n n o d e i s u d d e t t i f i o r i : DELLA ROSA, 3 a .

1.XXIII. Roso adslringit, refrigerat. Usus ejnsiTtor in folia, et flores, el capila. Foliorum paries quae can d id ae, ungues vacantur : in flore aliud est semen, a liu d capillus: in capite, aliud corier, aliod caly x . Folium siccatur, aut tribus modis exprim itur. P e r se, quum ungues non detrahunlur: ibi e n im humoris plurimum. Ant cotn detractis u n g u ib u s , reliqua pars aut oleo aut vino m a c e ra tu r in sole vasis vitreis. Quidam el salem adm iscent, et anchusam nonnulli, ant Hpalalhum, a n t ju n c u m odoratum : quia talis naxime prodest v u lv a e ac dysentericis. Expri muntur eadem folia detractis unguibus, trita per lioleom spissum in aerenm vas, lenique igni iorcos co q u itu r, d o n e c fiat crassitudo mellis, ii hoc eligi o p o r t e t odoratissima quaeque folia.

LXXIII. La rosa ristringe e rinfresca i corpi. L ' oso suo differente, secondo che ae ne adope rano le foglie, i fiori, e i capi. Le parti bianche delle foglie si domandano ugne. Nel fiore altro il seme, allro il capello : nel capo altra la cortec cia, altra la boccia. La foglia si secca, o in tre modi si preme ; cio, o per s, quando le ugne non si levano, perciocch quivi molto umore. O quando levate le ugne, l ' altra parte si macera ovvero in elio, o in vino al sole in vasi di vetro. Alcuni vi mettono anco il sale, e alcuni l'ancusa, o l ' aspalato, o il giunco odorato, perciocch tale mistura giova molto alla matrice, e a) male dei pondi. Premonsi le medesime foglie, gi levate via le ugne, peste per pannolino fitto in un Taso di rame, e il sugo si cuoce a fuoco lento, finch si rassodi come il mele. A qoesto effetto si scel gono tolte le foglie pi odorifere.

C. P U N I I SECUMDI

19. Vinum quomodo fieret e rosa, diximus inter geuera vini. Usus succi ad aures, oris ulcera, gingivas, tonsillas, gargarizatus, stomachum, vulvas, sedis vilia, capitis dolores. In febre per te, vel curo aceto ad somnos, nauseas. Folia urun tu r in calliblepharum. E l siccis femina adsperjiuntur. Epiphoras quoqne arida leniunt. Flos somnum facit. Inhibet fluxiones mulierum, ma xime albas, in posca potus: et sanguinis exscrea tiones. Stomachi quoque dolores, quantum ia vini cyathis tribus. Semeu his optimum crocinum, nec anniculo vetustius, et in umbra siccator. Ni grum inutile. Dentium dolori illinitur. Urinam ciet. Stomacho imponitur. Itera igni sacro non veteri. Naribus subductum caput purgat. Capita pota venirem cl sanguinem sistunt. Ungues rosae epiphoris salubres. Ulcera enim oculorum rosa sordescunt, praeterquam initiis epiphorae, ita pl arida cum pane imponatur. Folia quidem vi tiis stomachi, rosionibus el vitiis ventris, et itile* stinorum, et praecordiis utilissima, vel illita. Cibo quoque lapathi modo condiuulur. Caven dus in his silus celeriter insidens.

El aridis et expressis aliquis usos. Diapasmata inde fiunt ad sudore* coercendo*, ita ut a bali neis inarescant corpori, dein frigida abluantur. Silvestris pilulae cum adipe ursino alopecias mirifice emendant.

19. In che modo si faccia il vino della rosa, gi 1 abbiamo detto ragionando de'vini. Usasi il sugo agli orecchi, alle crepature della bocca, alle gengie, alle enfiature della gola : gargarizzando sene giova allo slomaco, alle matrici, a'difetti del fondamento, e alle doglie del capo. Nella febbre giova da s solo, e cou l ' aceto al sonno e al fa stidio dello stomaco. Le foglie a' abbruciano per medicina J occhi : eoa le secche si medicano i peltignoni. Le aride guariscono ancora le lagrimazioni dagli occhi. 11 fiore fa sonno, ristagna i flussi delle donne, e massimamente i bianchi, be vuto con la posca ; e lo sputare del sangue. Leva auco i dolori dello slomaco, quanto basta in tre bicchieri di vino. Di questi il miglior seme il giallo, n pi vecchio d ' un anno : seccasi al rez zo. Il nero disutile. Mettesi sul dolore dedeuti, muove l ' orina, ponsi sullo stomaco, e guarisce il fuoco sacro, non vecchio. Posto sotto il naso p u r ga il capo. I capi suoi bevuti fermano il corpo e il sangue. Le ugne della rosa sono utili alle lagrimazioni degli occhi ; perciocch 1' ulcere di essi diventano sordide dell umor che stillano pel sugo delle foglie, fuorch nel principio della lagriraazione, pure che esso vi si metta su secco col pane. Le foglie a' difetti dello stomaco, a' rosicamenti e difetti del ventre e delle kudelle e alle precordia sono utilissime, ancora impiastrale. Condiscono ancora per mangiare a modo di sp i naci, ma voglionsi in ci guardar dalla muffa, che tosto vi s1attacca sopra. Le secche e premute son buone a qualche co sa. Fannosene certe polveri odorose per frenare i sudori, in modo che dopo i bagni si secchino sul corpo, dipoi fredde si lavino. La rosa salvatica col grasso di orso giova maravigliosamente alle alopecie.
D el
g ig lio , a i.

Ex LILIO, XXI. LXX 1V. Lilii radices multis modis florem suum nobilitavere, contra serpentium ictas ex vino potae, et contra fungorum venena. Propter clavos pedum in vino decoquuntur, tridnoque non solvuntur. Cum adipe aut oleo decoctae, jtilos quoque adustis reddunt. E mulso polae inutilem sanguinem cum alvo trahunt. Lienique, rl ruplis, vulsis prosunt, et mensibus feminarum, in vino vero decoctae, impositaeque cum meile nervi praecisi medentur. Lichenas, et lepras, *l furfures in facie emendant. Erugant corpora. Folia io aceto cocla vulneribus imponuntur : epiphoris testium, melius cum hyoscyamo el farina tritici. Semeu illinitur igni sacro: flos et folia ulcerum vetustati. Succus qui flore expres sus est, ab aliii mei vocatur, ab alii synuui, ad

LXX1V. Le radici del giglio per molti m oda nobilitarono il fior loro, bevute col vino c o n ira i morsi delle serpi e contra il veleno de* fuoghi. Pei. calli de' piedi si cuocono nel vino, dove non b a stano a sciorle tre giorni. Colte cou grasso, o c o n olio, fanno rimettere il pelo agl incolli. B e v u te col vin melalo mandano il saugue disutile p e r i l i solto, e giovano alta milza, a' rotti, agli s c o n v o lti e alle purgagioni delle donne. Colte col v in o , e postevi su col mele, guariscono i nervi ta g lia li, 1 volatiche, la lebbra, e le forfore nella faccia. L e vano le crespe a' corpi. Le foglie colte n e l l 'a c e l u si mettono sulle ferite. Con giusquiamo e fa ri o s i di grano giovano al male de' testicoli. 11 s e m e j , i impiastra al fuoco sacro : il fiore e le foglie a l l * , piaghe vecdiic. 11 augo premuto del suo f l o r e ,

.65

HISTORIARUM MONDI LIB. XXI.

tC6

emolliendas vulvas, sudoresque faciendos, et supporationes concoquendas.

chiamato <Ia alcuni mele, da alcuni sirio, ed c buono a mollificare la matrice, a provocare i su dori e maturar le suppurazioni.
D e l r a h c is o , 1 6 .

E x BAftCUSO, xvi. LXXV. Narcissi duo genera in usa medici recipiant. U nam purpureo flore, et alterum her baceam. H unc stomacho inutilem, et ideo vomi torium, alvosque solventem, nervis inimicum, capat gravantem, et a narce narcissum dictum, noa a fabuloso puero. Otriusque radix ma Isei saporitesi. A m bustis prodest cum exiguo meile. Sic et vulneribus, et luxatis. Panis vero cum meile et avenae farina. Sic et infixa corpori ex trahit. Io polenta tritas oleoque, contusis mede tur, el lapide percussis. Purgat vulnera permi xtas farinae. N igras vitiligines emaculat. Ex hoc flore fit narcissinum oleum ad emolliendas duri tias, calfacienda quae alserint. Auribus utilissi mam : sed et capitis dolores facit.

LXXV. Due specie di narciso pongono t me. dici : uno di fior porporino, e I' altro di color di erba. Questo inutile allo stomaco, e per fa vo mitare, risolve il corpo, nimico a nervi e ag grava il capo. Il narciso cos chiamato da naroe, non da quel fanciullo, di cui favoleggiano i poeti. La radice dell uno e 1' altro ha sapore di vin melato. Con un poco di mele giova alle cotture, e cos alle ferite, e a chi ha mosso qualche mem bro di luogo; e agli enfiali delle ascelle o dellanguinaglia con mele e farina di vena. Cos anche estrae del corpo ci che vi si fosse infitto. Pesto in polenta ed olio medica le contusioni e i colpi di pietra. Mescolato con farina purga le ferite. Leva i lividori neri. Di questo fiore si fa l ' olio narcisino, buono a mollificar le durezze, e a ri scaldare le cose infrigidate. utilissimo agli orecchi, ma fa dolere il capo.
D e lle v io le , 2 8 .

v io l is ,

xxviii.

LXXVL Violae silvestres, et sativae. Purpu reae refrigerant. Contra inflammationes illinun tur stomacho ard enti. Imponuntur et capiti in fronte. Ocoloramn privatim epiphoris, et sede procidente, v u lv a e : et contra suppurationes. Crapulam, et gravedines capitis impositis coronis olfactoque d iscu tiu nt. Anginas ex aqua potae. Id qood purpureum e x iis, comitialibus medetur, maxime pueris, in aqua potum. Semen violae Korpiooibus a d v ersa tu r. Contra flos albae suppu rata aperit: ipsa d iscu tit. E t alba aulem et lutea extenuant n e n s tr u a , urinam cieut.

Miubr vis e s t recentibus: ideoque aridis post annum u teu du m . L u te a dimidio cyatho in aquae Iribus, menses tr a h it. Radices ejus eum aceto illitae sedant lie n e m : item podagram : oculorum salem inflam m ationes cum myrrha et croco. Fo ia cum meile p o r g a n t capitis ulcera : cura cera to rimas-sed is, e t q a a e ia homidis sunt. Ex aceto vero collectiones s a n a n t.

LXXVI. Le viole sono salvatiche, e domesti che. Le rosse rinfrescano la iufiarnmagioue, impia strate sullo slomaco ardente. Poogonsi ancora sul la fronte al dolore del capo; e particolarmente si adoperano alle lagrimazioni degli occhi, e alle co se che caggiono del fondamento, o della vulva, e dove raccolta marcia. Mettendone ghirlande in testa, o fiutandole levano la crapula, e la gravezza del capo. Bevute con I* acqua giovano alle stret ture della gola. Quel rosso eh in esse medica il mal caduco, e massimamente a fanciolli, bevuto con 1 acqua. Il seme della viola conira gli scor pioni. AI contrario il fiore della bianca apre le suppurazioni, e le scioglie. La bianca e la gialla scemano i menstrui, e muovono I1orina. Le fresche hanno minor forza; e perci s'usano le secche dop Panno. La gialla, messone un mez zo bicchiere in tre d'acqua, provoca le purgagio ni delle donne. Le sue radici intrise con l ' acelo mitigano la milza e le gotte ; e con mirra e zaf ferano le infiammagioni degli occhi. Le foglie col mele purgano le ulcere del capo ; e con la cera le fessure del sesso, e quelle che sono in parti umide. Con l ' aceto guariscono dove raccolta marcia.

1G7

C. PLINII SECUNDI Ex BACCHARI, XVII. h COMBRETO* I.


DfeLLA BACCARA, 17. DEL COMBRETO, I.

1G8

LXXVII. Bacchar in medicinae usu aliqui ex noslris perpressam vocant. Auxiliatur contra ser> pentes, capitis dolores fervoresque: item epipho ras. Imponitor mammis tumentibus a partu, el aegilopis incipientibus, et ignibus sacris. Odor somnum gignit. Radicem decoctam bibere spa sticis, eversis, convulsis, suspiriosis, salutare est. In tussi vetere radices ejus tres qualuorve deco quuntur ad terlias paries. Haec potio mulieres ex abortu purgat. Laterum punctiones tollit, et vesicae calculos. Tnndilur et in diapasmata. Ve stibus odoris gratia insetitur. Combretum, quod simile ei diximus, tritum cum axungia, vulnera mire sanat.

LXXVII. La baccara nell1 uso della medicina chiamala da alcuoi de'nostri perpressa. buona contra le serpi, i dolori e ribollimenti del capo, e le distillazioni degli occhi. Ponsi sulle poppe che enfiano dopo il parto, e agli egilopi quando co minciano, e al fuoco sacro. Il suo odore fa sonno. La sua radice colla utile a bere agli spastici, ai membri strarolti, a membri smossi, e a sospiro si. Per la tosse vecchia le sue radici tre o quadro volte si coocono fino alla terza parte. Questa be vanda purga le donne della sconciatura. Leva le punture del fianco e la pietra. Pestasi in polvere odorosa. Mettesi fra le vesti per l'odore. Il com breto, che noi dicemmo essergli simile, trito eoa la sngna sana maravigliosamente le ferite.
D ell '
asaro,

Ex ASARO, VIII. LXXV 1II. Asarum jocinerum vitiis salutare traditur, uncia sumptum in hemina mulsi mixti. Alvum purgat ellebori modo. Hydropicis prodest, et praecordiis, vulvisque, ac morbo regio. In mustum si addatur, facit vinum urinis ciendis. Effoditur quum folia emittit. Siccatur in umbra. Situm celerrime sentit.

8.

LXXVIII. Dicesi che l'asaro molto utile ai difetti del fegato, pigliandone un' oncia in u n 'e mina di vin di mele annacquato. Purga il corpo, come fa l ' elleboro. Giova a' rilruopichi, alle precordia, alla matrice e a chi ha traboccato il fiele. Se si mette nel mosto, fa il vino alto a provocar l ' orina. Cavasi quando comincia a mettere le fo glie. Seccasi all' ombra. Sente loslo la muffa.
D e l { ardo G allico , 8 . T

bardo

G allico ,

vih .

LXXIX. 20. E t quoniam quidam, u t diximus, nardum rusticum nominavere radicem baccharis, contexemus et Gallici nardi rimedia in hunc lo cum dilata io peregrinis arboribus. Ergo adver sus serpentes duabus drachmis in vino succurrit. Inflammationibus coli, vel ex aqua, vel ex vino. Itera jocineris, et ren u m , suffusisque felle. Et hydropicis per se, vel cum absinthio. Sistit pur gationum mulierum impetus.

LXXIX. so. E perch alcuni, siccome abbiamo dello, chiamano la radice della baccara nardo rustico, noi ragioneremo del nardo Gallico e dei suoi rimedii,i quali furono lasciali addietro, quan do trattammo degli alberi forestieri. Due dramme d ' esso bevuto nel vino sono utili contra le serpi : alla imfiammagione colica utile con acqua, o con vino. E ancora utile al fegato, alle reni, e a chi ha sparso il fiele. A' rilruopichi giova per s solo, o con l'assenzio. Ferma l ' impeto delle p u r gagioni delle donne.
D ell ' erba
che s' appella fu ,

Ex

HERBA, QUAM PHD VOCAHT, IV.

LXXX. Ejus T ero quod phu eodem loco ap pellavimus, radix datur potoi trita, vel decocta ad strangulatus, vel pectoris dolores, vel laterum. Menses quoque ciet. Bibitur cum vino.

LXXX. La radice di quell' erba, che noi n e l luogo stesso chiamammo fu, si d a bere p e s t a ovvero cotta oontro le soffocazioni, e le doglie <li petto o di fianco. Provoca eziandio i mesi. B e e s i col vino.
D el
croco,

croco ,

xx.

ao.

LXXXI. Crocum meile non solvitur, nulloqne dulci : facillime autem vino, ant aqua. Uti-

LXXXI. 11 croco o zafferano non si disfa n e l mele, n ia ltra cosa dolce, ma facilmente n d t q o 7

fy

U1ST 0 U1ARUM MUNDI MB. XXI. o nell' acqua. utilissimo in medicina. Conservasi in bossolo d 'osso. Leva tutte le arsioni ; e massi mamente quelle degli occhi, mescolato con novo; non che la soffocazione della matrice, le esulcera zioni dello stomaco, del petto, delle reni, del pol mone e della vescica ; ed molto utile alla infiammagione d'essa : similmente alla tosse, e al male di petto. Leva il pizzicore, e provoca l'o ri na. Chi prima bee il zafferano, non sente poi la crapula ; e con esso ancora si resiste alla ubbria-* chezza. Le ghirlande fatte d' esio giovano a non lasciar obbriacare. Fa sonno:leggermente muove il capo, e provoca la lussuria. 11 fior suo con creta Cimolia s ' impiastra sol fuoco sacro. Del crocomagma sibio, a. LXXX 1I. Mescolasi in molte medicine, e fu esso che diede il nome a quella che si chiama colli rio. La sua fece, poi che se n ' tratto l 'unguento, chiamato crocomagma, ha le sue utilit contra le oscurazioni degli occhi e l'orina. Riscalda pi che esso zafferano. Ottimo quello, che gustato tigne la sciliva e i denti. Medicirb chb si fanno deli.' mine, 4 * D e lla salionca, 3 LXXXIII. La iride rossa migliore che la bianca. E cosa mollo utile legarla intorno a' bam bini, massimamente quando fanno i denti, e han no la tosse ; e instillarla a quegli che hanno ver mini. Gli altri effetti suoi sono poco differenti da quelli del mele. Purgale ulcere del capo,e massimamente le marce vecchie. Pigliandone due dramme col mele purga il corpo. Beendola guarisce la tos se, i tormini, e le ventosit. Con l ' aceto sana la milza. Con la posca giova coutra il morso delle serpi e de' ragni. Pigliasi a peso di due dramme in pane o acqua conira gli scorpioni. Conira & morsi de1cani e le infreddature si pone con l'olio. Cos ancora al dolor de' nervi ; e impiastrasi eoa la ragia a lombi e alle coicie. La sua virt di riscaldare. Messa sotto il naso, muove gli starnu ti, e purga il capo. Impiastrasi alla doglia del capo con le mele cotogne o strutlee. Rimuove la cra pula, e la difficolta dell'alito. Pigliandone due oboli, muove il vomito. Postavi su col mele, tira fuora l ' Ofs* rotte. La sua farina s'usa a' panerecci che vengono sulle radici delle unghie; e col vino s'adopera a' chiovi, ovver ciccioni, e a' porri ; e non si scioglie per tre giorni. Masticala fa buono alito, e leva il puzzo di sotto le braccia. 11 sogo suo mollifica tutte le.durezze. Fa dormire, ina scema lo sperma. Guarisce le fessure del sedere, e i fichi, e tulle le cose che crescono nel corpo.

lisiroura in medicina. Adservatur cornea pyxide. Discutit inflam m ationes omnes quidem, sed ocu lorum m a x im e ex ovo illitum: vulvarum quoque strangulatus, stomachi exulcerationes, pedoris, et renum , jo c in e ra m , pulmonum, vesicaruroque; peculiariter inflam m ationi earum vehementer utile. Item tu s s i et pleuriticis. Tollit et pruritus. Urinas ciet. Q u i crocum prius biberint, crapu lam non s e n tie n t, ebrietati resistent. Coronae quoque ex eo m ulcen t ebrietatem. Soranum facil. Caput le n ite r m ovet. Venerem stimulat. Flos ejus igni sa c ro illin itu r cum creta Cimolia.

S ybic crocomagxa: ubdicinab ii . LXXXU. Ipsum plurimis medicaminibus mi scetor. C o lly rio uni etiam nomen dedit. Faex quoque expressi unguento crocino, quod croco magma ap p ellan t, habet suas utilitates contra suffusiones oculorum , urinas. Magis excalfacit, quam crocum ipsum. Optimum, quod gustatu salivam denlesque inficit. MbDICIBAB EX 1RIDB, XLI. E SALIUNCA, III.

LXXX 111. Iris rufa melior quam candida. Infantibus eam circumligari salutare est, den tientibus praecipue, et tussientibus, tinearum ve viiio laborantibus instillari. Ceteri effectus ejus non m ultam a meile differunt. Ulcera purgat capitis, praecipue suppurationes veteres. Alvum solvit duabus drachmis cum meile. Tussim, tor mina, inflationes, pota : lienes ex aceto. Contra serpentium et araneorum morsus, ex posca valet. Contra scorpiones, duarum drachmarum pondere in pane vel aqua sumitur. Contra canum morsus, ex oleo im ponitur: et contra perfrictiones. Sic et nervoram doloribus. Lumbis vero et coxen dicibus cum resina illinitur. Vis ei concalfacto ria. Naribus subducta, sternutamenta movet, capulqne purgat. Dolori capitis cum cotoneis malis aut strutheis illinitor. Crapulas quoque et ortho pnoeas discutit. Vomitiones ciet, duobus obolis sampta. Ossa fracta extrahit, imposita cum meile. Ad paronychias farina ejus utuntur: cum viuo, ad clavos, vel verrucas, triduoque non solvitur. Halitus oris com manducata abolet, alarumque vilia. Succo d u ritia s omnes emollit. Somnum conciliat, sed g e n itu ra m consumit. Sedis rimas, et condylomata, o m niaque iu corpore excrescen tia sanat.

1 7I

C. PL1N1

SECONDI

172

Sunt qui silvestrem, xyrin vorent. Strumas baec, vel pnos, vel inguina disculil. Praecipitur, ut sinistra manu ad hos osus eruatur, colligentesque dicant, cujus homiois utique causa exi mant. Scelus herbariorum aperietur in hac ineutione. Partem ejus servant, et quarumdam alia rum herbarum, sicut plantaginis: et si parum mercedis lulisse se arbitrantur, rursusque opus quaerunt, pariem eam quam servavere, eodem loco infodiunt : credo, ul vitia, quae sanaverint, laciant rebellare. Saliuncae radix in vino decocla sistit vomi tiones, corroborat stomachum. E z POLIO, XIX. LXXXIV. Polio Musaeus et Hesiodus perungi jubent dignationis gloriaeque avidos: polium tractari, coli: polium contra serpentes substerni, ori, potari : in vino decoqui recens, vel aridum, illinique. Splenicis propinant ex aceto : morbo regio in vino: et hydropicis incipientibus in vino decoctum. Vulneribus quoque sic illinunt. Se cundas mulierum , partusque emortuos pellit : ilem dolores corporis. Vesicas inanit: et epipho ris illinitur.

Alcuni chiamano siri la iride salvaiica. Questa guarisce le scrofe, i pani, e le anguinaglie. Dico no che quella che s'ha da adoperare a queste cose, si dee corre con la man manca, e chi coglie dee dire per chi, e perch la coglie. Manifesteremo in questa parte la ribalderia degli erbolai, i quali si riserbano una parie di questa e d ' alcune altre erbe, come la piantaggine.se non pare loro aver ne avuto conveniente prezzo ; e per aver pi a fare, quella parie che hanno riserbata, sotterrano in quel medesimo luogo ; e credo che ci facciano per far ritornare i mali, eh essi hanno guariti. La radice delta saliunca colla nel vino ferma il vomito, e fortifica lo stomaco.
D e l p o lio , 19.

Nec magis alia herba convenit medicamento, quod alexipharmacqn vocant. Stomacho tamen inutile esse, caputque eo im pleri, et abortum fieri poto, aliqui negant. Ad religionem addunt, ubi inventum sit, protinus adalligandum contra oculorum suffusiones, cavendumquc ne terram atlingat. Hi et folia ejus thymo similia tradunt, nisi qood molliora sunt, et lanatiore canitie. Cum ruta silvestri, et si teralur ex aqua coelesti, aspi das mitigare dicitur : et non secus atque cylinus adstringit et cohibet vulnera, prohibetque serpere.

LXXXIV. Museo ed Esiodo dicono che s' ha da ugnere col polio, chi vuole essere stimato assai, ed bramoso di gloria. Il polio si tratta e si col tiva : si soppone alla persona, si arde, si bee conIra le serpi. 1 medici lo cuocono fresco o secco nel vino, e Cannone empiastro. Lo danno bere nell' aceto a coloro che hanno male di milza, e nel vino a chi ha sparso il fiele, e cotto nel vino a chi comincia esser ritruopico. Cos lo pongono ancora sulle ferite. Egli manda fuori le seconde delle donne, e i parti morti ; e calma il dolore del corpo. Sgombera la vescica, e meltesi sulle lagrimazioni degli occhi. Non c' alcuna erba, la quale pi si confaccia con quella composizione, che si chiama alessifarroaco. Nondimeno, eh' egli sia nemico allo sto maco, che empia il capo, e che beendolo faccia sconciare, alcuni hanno per falso, alcuoi no. A ltri aggiungono che a motivo di religione, dove egli trovato, subito si dee legare contra le cateratte degli occhi, e aver cura che non tocchi lerra. Q ue sti dicono ancora che le sue foglie sono simili a quelle del timo, se non che sono pi morbide e pi lanose. Se con rula salvatica si pesta con acqua piovana, dicono che mitiga gli aspidi ; e non al trimenti che il citino rislrigne le ferite, e non le lascia impigliare.
D e l l ' o lo c e is o , 3. D e l l a c riso c o m b , 6 .

Ex HOLOCHftYSO, III. E CU SOCO E, VI. BY M LXXXV. Bolochrysos medetur stranguriae in vino pota, et oculorum epiphoris illita. Cum faece vero vini cremata et polenta, lichenas emen dat. Chrysocomes radix calfacit, et stringit. Da tur potni ad jocinerum vilia : item pulmonum : vulvae dolores in aqua mulsa decocta. Ciet men strua: et si cruda detur, hydropicorum aquam.

LXXXV. L'olocriso bevuto nel vino gnarisce gli stranguglioni ; non che le lagrimatoie degli oc chi, impiastratovi sopra. Arso con feccia di vino e polenta guarisce il male, o enfiatura di mento. La radice delle crisocome riscalda e rislrigne. Dassi a bere 'difetti del fegato e del polmone; e cotta in acqua melata, a' dolori della matrice. Caccia fuori i menstrui, e, se si d cruda, l ' acqua de* ritruopichi.

;3

HISTOKURUM MONDI L 1B. XXL Ex M ELISSOPHYLLO, XIII.


D
e l m k l is s o f il l o ,

74
i3 .

LXXXV 1. Melissophyllo sive raeliltaena si perungantur alvearia, non fugient apes. Nullo eoim magis gaudent flore. Copia istius exaniiua facillime continentur. Idem praesenlissinium est cootra ictus earum vesparuraque, et siroilium, sicut araneorum : item scorpionum. Item contra t ulvarum strangulationes, addito nitro. Contra lormioa. e Tino. Folia ejus strumis illinuntur, et sedis tiliis, cam sale. Decoctae succus feminas porgat, el inflammationes discutit, et ulcera sa nat. Articularios morbos sedat, canisque morsus. Prodest djsenlericit veteribus, et coeliacis, et orlhopooicis, lienibus, ulceribus thoracis. Caligi nes ocolorum succo cum meile inungi eximium habetor.

LXXXV 1. Se le casse delle pecchie s1ungono col melissofllo o melitlena, elle non se ne fuggi ranno mai, perciocch non c' fiore alcuno, che pi le rallegri di questo. Dall abbondanza di questo facilmente si ritengono gli sciami. Il me desimo prontissimo rimedio conira le punture loro, delle vespe, degli aragui, e degli scorpioni; non che contra le soffocazioni della matrice, aggiugnendovi il nitro. Contra i lormiui t'u s a col vi.no. Le foglie sue s impiastrano alle scrofe e ai difetti del sesso colte col sale. 11 sugo suo porga le donne, caccia le infummagioui, e guarisce le rotture. Mitiga i malori articolari e i morsi del cane. Giova al male de' pondi vecchi, a' deboli di stomaco, alla mancanza di respiro, alla milza e alle ulcere del cosiolame. tenuto per cosa mollo buona a 1bagliori ugnere gli occhi col sugo suo e col mele. D el m eliloto, i 3. LXXXVIL 11 meliloto mescolato col tuorlo delP uovo, o con seme di lino, medica gli occhi. Mitiga ancora il dolore delle mascelle; e del capo con I olio rosato ; e degli orecchi col vino passo, e lulle le gonfiezze o crepature delle mani. Calma i dolori dello stomaco collo nel vino, o crudo e Ifilo. Questo effetto medesimo fa alla matrice. Fresco e cotto nell' acqua, o nel vin passo, medica i testicoli, e il sesso ricaduto, e i mali che sono quivi ; e aggiuntovi olio rotato si mette sulle can crene. Bolle nel vio dolce ; e particolarmente ha gran virt contra gli enfiati delti fignoli, o cic cioni.
D
el

E x MILILOTO, XIII. LXXXVII. Melilotos quoque oculis medetor curo luteo ovi, a u t lini semine. Maxillarum quo que dolores leu it ; et capitis cum rosaceo : item aurium e passo, quaeque in manibus intumescant, vel erumpant. Stomachi dolores iu vioo decocla, vel cruda tritaque. Idem eficctus et ad vulvas. Tesles vero, et sedem prociduam, quaeque ibi sint vitia, receos ex aqua decocta, vel ex passo. Adjeclo rosaceo illinitur ad carcinomata. Defer vescit in vino dulci. Peculiariter et contra meliceridas efficax.

TRIFOLIO, IV.

trifo g lio , 4*

LXXXV 11I. a i. Io soessereopinionecheil tri LXXXYltl. 21. Trifolium scio credi praeva foglio valga contra il morso delle serpi e degli lere con ira serpentium ictus et scorpionum, ex vioo aut posca, seminis granis viginti polis : vel scorpioni, beendo venli granella del suo seme in foliis, et lota h erb a dccocta : serpentesque num- vino, o in posca, ovvero cocendo le foglie e tolta 1' erba ; e che le serpi non si veggano mai nel tri quam in trifolio aspici. Praeterea celebratis aucto foglio. Olir di ci essere alcuni autori famosi, ribus, coDlra o m nia venena pro antidoto suf ficere xxv gran a ejus, quod minyanlhes ex eo che dicono, come con tra ogni veleno sono suffi ciente rimedio venticinque granella del suo seme, appellavimus, tra d i. Mulla alia praeterea in re il quale per ci abbiamo chiamalo miniente; e cbe mediis ejus adscribi. Sed me contra senlentias di esso si compongono molti altri rimedii. Ma la forum gravissimi viri auctoritas movet. Sopho cles enim poeta venenatum id dicil.Situus quoque autorit d' un gravissimo uomo mi muove conira le opinioni di costoro. Perciocch Sofocle poeta c medicis, decocti, aut contriti succum infusum dice eh* egli velenoso. Simo medico anch egli corpori, easdem uredines facere, quas si percussis afferma, che se il sugo d'esso o colto, o pesto, >serpente im ponatur. Ergo non aliter utendum ijuain con tra venena, ceuuerim. Fortassis s infonde a'corpi, fa quei medesimi ardori, come tto et bis venenis iulcr se coulraria sil ualura, ; se si me tiesse a' percossi dalle serpi. Laonde io

C. PLINII SECUNDI sicut rauJtis aliis. Ilem animadverto, semen ejus, cujus minima sint folia, utile esse ad custodien dam mulierarii catis gratiam, in facie illitam. sono di parere, ch' e* non si debba usare se n o n contra i veleni. Perciocch forse questi veleni sono di contraria natura tra loro, come molti al tri. Io truovo ancora che il seme di quello che ha le foglie molto piccole utile a conservare la pelle molto pulita sol viso delle donne.
D el tih o , 99.

Ex thyuo, xxix. LXXX 1X. Thymum colligi oportet in flore, et in umbra siccari. Dao autem sunt genera ejus: candidum, radice lignosa, in collibus nascens, quod et praefertur : alterum nigrius, florisque nigri. Ulraque oculorum claritati inultum con ferre existimantur, et in cibo, et in medicamentis, liem diutinae tussi: in ecligmate faciles exscrea tiones facere cum aceto et sale. Sanguinera con crescere non pati e meile : longas fauciam dislillaliones extra illita cam sinapi, extenuare : item stomachi et ventris vilia. Modice bis lamen uten dum est, quoniam excalfaciunt, quamvis sistunt alvum: quae si exulcerata sit, denarii pondus in sextarium aceti et mellis addi oportet. Item si lateris dolor sit, aat inter scapulas, a at in thorace. Praecordiis medenlur ex acelo cum meile : quae potio dalur et in alienatione menlis, ac melancholicis. Dalur el comitialibus, qaos cor reptos olfactus excitat Ihymi. Ajunt et dormire eos oportere in molli thymo. Prodest et orlhopnoicia, et anhelatoribus, mulierumque mensibus retardatis. Vel si emorlul sint in atero parias, decoctum in aqua ad tertias. Et viris vero contra inflationes cum meile et aceto. Et si venter tur geat, lestesve, aut si vesicae dolor exigat. E vin tumores et impetus tollit impositum. Ilem curo aceto callum et verrucas. Coxendicibus imponi tur, cura vino : articulariis morbis, et luxatis, tritum ac lanae inspersum ex oleo. Dant et polio nem articulariis morbis trium obolorum pondere in tribus aceti et mellis. E t in fastidio, tritum cum sale.

LXXXIX. Il timo bisogna che si colga in fio re, e si secchi all1ombra. Egli di due ragioni : uno bianco, con la radice legnosa, che nasce ne 1poggi, e questo tenuto il migliore: un altro pi nero, che ha il fiore scaro. L 'an o e l'a ltro preso in cibo, o in medicina, si tiene che giovi a rischiarare la visla, e alla tosse vecchia. Con l'a ceto e col sale fa lo spurgo facile. Col mele non lascia rappigliare il sangue. Scema le lunghe di stillazioni della gola, impiastrando di fuori con la senape ; e cos i difetti dello stomaco e del corpo. Nondimeno da usarlo temperatamente, perch riscalda, bench fermi il corpo ; e se il cor po fosse piagato, se ne mette un denaio a peso in un sestario d aceto, o di mele. 11 medesimo si fa, se v' dolor di fianco, o fra le spalle, o nel coslolame. Medica i precordi! con l'aceto, o col mele ; la qaal bevanda si d ancora nella aliena zione di mente a'maninconici. Dassi ancora a chi ha il male caduco, i quali quando da esso sono assalili, si destano, se vien loro dato a fiu tare. Dicono eziandio che questi tali malati deb bono dormire sopra limo tenero. Giova anco a coloro, che se non istanno con la testa alta, non possono alitare ; all1anelazione, e a* mesi delle donne ritardali. Se i parli fossero morii in corpo, utile cotto nell1acqua finch scemi la terza parie. Agli nomini giova conira la ventosit, col mele e con l ' acelo, o anche se il corpo ringonfa, o se i testicoli, o il dolore della vescica lo richie de. Po'stovi sa col vino leva via gli enfiati e gli empiii. Con l ' aceto leva i calli e i porri. Sulle coscie maiale si pone insieme col vino, e pei m a lori delle giunture e perle parti dislogale si a d o pera pesto con olio e applicato in lana. Ai detti morbi delle giunture dassi ancora a bere a peso di tre oboli in altrettanto d 1acelo e di mele; e a chi avesse perdalo il gusto, si d pesto col sale.
D elL 1 BHBBOCALLE, 4*

H emebocallbs ; vedici rue iv. XC. Hemerocalles pallidum e viridi et molle folium habet, radice odorata atque bulbosa : quae cum meile imposita ventri, aqaas petiit, et san guinem eliam inutilem. Folia epiphoris oculo rum, mamraaroroquepost partam doloribus illi-

n aalar.

XC. Lemerocalle ha la foglia verde, che pende al pallido: morbida e ha la radice odorata e cipollosa, la quale posta sai corpo col mele, cac cia l'acqua e ancora il sangue inutile. Le foglie sue s1 impiastrano alle lagrimazioni degli occhi, e alla doglia delle poppe dopo il parlo.

'77

HISTORIARUM MUNDI L1B. XXI. U i u h d m ; u u a v. D sll blbmo, S.

178

XC1. Helenium ab Bektia, u u l ix imus, oa lum, favere cred itu r formae ; calem mulierum in faeie rdiquoque corpore nutrire inoorruptam. Prae terea palant usu ejus quamdam gratiam iis veaeremque conciliari. A dlribuunt et hilaritatis effe ctum eidem potae in vino, eumque quem habue rit oepenlhes illud praedicatura ab Homero, quo instili* omnis aboleatur. Est autem sueo prae dulcis. Prodest e t ortbopnoicis radix ejus in aqua jejaois pota. E st autem candida intus el dulcis. Bibitur et contra serpentium ictus ex vino. Mures qaoqae co n trita dicitur necare.

XC1. L'elenio, nato, eoaae dicemmo, dalle la grime di Elena, si tiene ohe faccia bella la perso na, e che mettendolo sul viso alle donne e nel resto del corpo, cbnservi la pelle da corruzione. Credesi olir di ci, che con 1 usarlo vengano * essi ad aoqaiataie una certa grazia e leggiadria. Beendolo nel vino gli attribuiscono un certo ef fetto 4 allegrezza, quale soleva produrre quel nepente tanto celebralo da Omero, ohe leva ogni maninoonia. Ha dolcissimo sago. Giova a coloro, che se non istanno eoi capo allo, oon possooo alitare, beando la soa radice a digiuno nell' ae qua. Essu bianca e dolca dentro. Beesi ancora con vino conira il morso delle serpi. Pesta dicesi che ammazza i topi.
D tu '
b m t w o ,

AsaoToaou; b id k h h ir

xxh.

aa.

XC11. Abrotonum do orum traditor generum, campestre ac montanum : hoc feminam, illud marem inletligi volumus. Amaritado absinthii i* utroque. Siculum laudatissimam, dein Gai ali tam. Usas e t foliis, sed major semini ad excalfaneadum : ideo nervis alile, tassi, orthopnoeae, m r a l m , ruptis, lumbis, urinae angustiis. Datur bibendam menualibas fasciculis decoctis ad ter lias partes. Ex his quaternis cyathis bibitur. Da tar e t semen tusum in aqoa drachmae pondere. Prodest e t valvae. Coneoqoit panos cam farina hordeacea, e t oculorum inflammationibus illinilor, eam eotooeo malo eocto. Serpentes fogat. Cantra ictas earum bibitur eum vino, illiniturqoe. Eflcaciashnum contra ea, quorum veneno tremore et frigus accidunt, ut seorpionum et phalaagtonm : e t contra venena alia pota pro dest, t quoquo modo algeotibns, et ad extra* benda ea, q o ae inhaereat corporibus. Pellit et interaneorum mala. Ramo ejus, si subjiciatur PMoe, V e n e ra stimulari a ju a t: effieaeissia u ^ u e eme herbam contra omnia veneficia, quibas coitus inbibeatar.

XCII. L abrotino di doe ragioni, cio ili piano e di poggio : oen quello indichiamo il ma schio, eoo questo la femmiua. L* uno e l'altro amaro come l assenzio. Il Siciliano eccellentis simo, poi quello di Galazia. Usansi ancora le foglie, ma pi virt ha il seme per riscaldare : perci utile a' nervi, alla tosse, a quegli che non possono alitare, se non istanno eon la testa alta, agli sconvolti, a' rotti, a' lombi, e alla difficolt dell' orina. Dassi a bere eocendone una menata, tanto che torni il te n o . Reeieae quattro bicchie ri. Dassi anco il seme sno pesto nell'acqua a peso d ' una dramma. Giova ancora alla matrice. Con farina d ' orzo cuoce 1 pani ; e colto con mela co togna fessene empiastro agli occhi. Caccia le ser. pi ; e conira i morsi loro si bee col vino, e s'im piastra. Ha grandissima virt eonlra quegli ani mali, il coi veleno fa triemilo e freddo, come sono gli scorpioni e i falangi ) e bevuto giova ancora contra gli altri veleni, e agl' infreddati, e a tirar fuora le cose fitte nel corpo. Caccia eziandio i mali delle budelle. Dicono che tenendosi un ramo d ' esso sotto il piumaccio, s 'infiamma la lussuriai e eh' erba potentissima cantra tutte le malie che impediscono usare il coito.

L n c u n m r a , 1. i m c t i * , ix. XCII 1. a a . Leuoanthemum suspiriosis mede, doabos p a rtib u s aceti permixtam. Sampwima sive aaouracum , in Cypro laudatissimum et lo ratissim u m , scorpionibus adversatur, ex aceto ttiale illitum . Menstruis quoque mullum confert iaporitom. M in o r est eidem polo vis. Cohibet et ottioram ep iph o ras cum polenta. Saccus decocti

Dai. ueearraaso, 1. Dsll* m m m o, 9.


XCIII. 99. Il leaeantemo mescolato oon dae parti d ' aoeto, guarisce i sospirosi. Il sansaco, ov vero amaraco, che eccellentissimo e odoratissi mo in Cipri, impiastrato con aceto e con sale, contra gli scorpioni. Giova molto ancora a' mesi delle donne, postovi sopra. Ha minor forza be vuto. Con la polenta ristagna le lagrime degli

i 79

G. PLINII SECONDI

8 o

tormioa discuti!. El uriuis el hydropicis utile. Movet et aridum sternutamenta. Fit ex eo et oleum, quod sampsuchinum vocalur aut amara cinum, ad excalfaciendos mollieudosque nervos: et vulvas calfacit. Folia sugillatis cum nelle, et luxatis cum cera prosunt.

occhi. Il sugo del colto leva i tormini. utile alie orine, e a* rilruopichi. Secco muove lo starnuto. Fassene olio, che si chiama sansuchino, o amara cino, buono pe riscaldare e mollificare i nervi ; e riscalda auco le matrici. Le foglie sue con mele giovano a* suggellati, e con cera a coloro che hanno le membra scommesse. Dell* ambmorb, o rasino, io. XC1V. Nelle ghirlande accennammo l'e r ba anemone : parleremo ora delle sue medicine. Alcuni la chiamano frenio. di doe ragioni ; la prima salvatica, l ' altra nasce ne 1luoghi domesti chi ; ma l una e l ' altra vuole il terreno sabbionoso. Questa ancora di pi sorti. Perciocch o ha il color rosso, e questa copiosissima, o por porino, o lattato. Le foglie di queste tre specie sono simili all appio, e rada volle sono pi alte che un mezzo piede. Hanno le ponte come lo asparago. 1 fior non s* apre mai se uon quando 1 lira vento, e di qui han preso il nome. La salva li ca maggiore, ha le foglie pi larghe, e il fiore scavallino. Molti s ' ingannano, credendo che questa sia l argentone ; e altri credendola quel papavero che noi chiamammo rea. Ma c' gran differenza, perch amendue questi horiscoo poi, n hanno sugo d ' anemone, n le bocce, n altro, se non cima di asparago. Le anemone giovano U dqglie del capo, alle infiammagioni, alle ma trici e al latte. Prese con l ' orzala, o postevi eoa lana muovouo le purgagioni delle donne. La ra dice masticala tira la flemma e sana i denti, e colta ristagna le lagrime degli occhi e le cicatrici. 1 Magi hanno attribuito mollo a queste erbe, e ordinato che si colgano ogni auno subilo che si vedono, c che si dica come elle si oolgono per rimedio delle terzane e delle quartane : dipoi che se ne leghi il fiore in panno rosato, e ohe si con servi all' ombra, per servirsene poi quando biso gna. La radice di quella, ehe ha il fior rosso, p e sta e messa sopra qualunque animale, fa putrefa zione ; e per questo s 'adopera a purgar le piaghe.
i D e ll ' b e a n te ,

A hem obb,

s iv b p b e b m o h

m e d i cim a e z

XC 1V. a 3. Aoeraonas coronarias lanium di ximus: nunc reddemus et medicas. Sunt qui phrenion vocent. Duo ejus genera : silvestris prima, altera in callis nascens ; utraque sabulo sis. Hujus plures species. Aut enim Phoenioeom florem habet, quae el copiosissima est : aut pur pureum, aut lacteum. Harum trium folia apio similia sunt. Nec temere semipedem altitudine excedunt, cacumine asparagi. Flos numquam se aperit, nisi vento spirante: unde et nomen acce pere. Silvestri ampliludo major, latioribusque foliis, flore Phoeniceo. Hanc, errore ducti, argemonem putant mulli : alii rursus papaver, quod rhoean appellavimus. Sed distinctio magna, quod ulraque haec postea floret. Nec autem succum illarum anemonae reddunt, aut calyces habent, nec nisi asparagi cacumen. Prosunt anemonae capitis doloribus el inflammationibus, vulvis mulierum, lacti quoque. E t menstrua cient cum ptisana sumptae, ant vellere adposilae. Radix commanducata pituitam trahit, dentes sanat: decocta oculorum epiphoras, et cicalrioes. Magi multum quidem iis tribuere, quamprimum aspicialur co anno tolli jubentes: dicique, colligi eam tertianis el quartanis remedio. Postea alli gari florem panno roseo, et in umbra adservari, ita quum opus sit adalligari. Quae ex his Phoeniceum florem habet, radice contrita, cuicumque animalium imposita, ulcus facit septica vi. Et ideo expurgandis ulceribus adhibetor.

OEBABTHE ; MEDICINAE VI.

6.

XCV. a4 <Oenanthe herba nascitur in petris, folio pastinacae, radice magua, numerosa. Caulis ejas et folia cum meile ac vino nigro pota, facili tatem pariendi praestant, secundasque purgant. Tussim e meile lolluut : urinam cient. Madix et vesicae viliis medetur.

X C?. 24. L 'erba enanle nasce fra le pietre, con foglia di pastinaca, con gran radice e num e rosa. Il gambo suo e le foglie bevute col mele e col vin nero fanno agevolezza di partorire, e p u r gano le secondine. Col mele levano la toste, e pro voca l ' orina. La tua radice medica i difetti della vescica.

i8i
H
elm ch*

HISTORIARUM MUNDI L1B. XXf.


ysum : m e d ic ira b
xt .

i8a
e lio c ris o , i i.

De l i'

XCVI. a 5. Heliochrysum, qaod alii chrysan themon vocant, ramalo habet candidos, folia subalbida, abrolono similia : ad solis repercus sam, aareae loci* in orbem velati corymbis de pendentibus, q ai namqnam marcescunt : qua de c a m deos coronant illo, qaod diligentissime servavit Ptolemaeus rex Aegypti. Nascitur in frutetis. Ciet urinas e vino poti, et menses. Du ritias et inflammationes discutit. Ambustis cura meile im ponitur. Contra serpentium ielus, et Iamborum vitia bibitur. Sanguinem concretum ventris aot vesicae absumit cum mulso. Folia ejas trita trioni obolorum pondere sistunt pro fluvia mulierum in vino albo. Vestes tnetur odore oa ioeleganti.

XCVI. #5. L1eliocriso, che alcuni chiamano crisantemo, ha ramicelli bianchi, e le foglie al quanto bianchicce, simili all1abrotino, le quali ribattendovi dentro il sole, rilocono corno oro in giro a guisa di coccole che pendono, e non marciscono mai. Per questa legione gli dei si co ronano con esso, il che diligentissimamente os serv Tolomeo re d Egitto. Nasce fra gli sterpi. Bevuto col vino provoca I1orina e le purgagioni delle donne. Caccia le durezze e le infiammagioni. Poosi col mele sopra le incotture. Beesi conira il morso delle serpi e i difetti de lombi. Col vino melato consuma il sangue rappreso del corpo e della vescica. Le foglie sue a peso di tre oboli nel vin bianco fermano i flussi delle donue. Conserva le vesti con buonissimo odore.
D bl
g ia c iu t o ,

H yacm thos ;

m b d i c th a e t u i .

8.

XCVII. a6. Hyacinthus in Gallia maxime provenit. Hoc ibi faco hysginam tingunt. Radix est bulbacea, mangonicis venalitiis pulchre nota: quae e vino dulci illita, pubertatem coercet, et non patito r erum pere. Torm inibus et araneorum raornbas resistit. Urinam impellit. Contra ser pentes et scorpiones, morbumqae regium, semen ejus cam abrolono datur.
L ychsjs ;
m e d ic h i a e v ii.

XCVII. *6. U giacinto nasce benissimo in Francia. Con esso si tigne lo isgino in luogo di grana. La sua radice cipollosa, ben conosciuta da quegli che vendono i servi, perch ponendola col vin dolce, non lascia mettere i peli. Resiste ai tormini, e a* morsi de* ragni. Muove I1 orina. 11 suo seme si d con 1 abrotino contro le serpi e * gli scorpioni, e a chi ha sparso il fiele.
D e l l a l i c i t i , <. j

sas

XCV1II. Lychnis qnoque flammea illa adverserpentes, scorpiones, crabrones, similisqne bibitor e vino semine trito. Silvestris eadem stoaacho inalilis. Alvam solvit. Ad detrahendam bttem efficacissima duabus drachmis. Scorpioni bus adeo eoa traria, ut omnino visa ea torpescant. Hadicem ejas Asiani boliten vocant : qua alligata oculo, albugines tolli dicuntur.

XCV11I. L erba licni, che ha colore di fiam ma, possente contra le serpi, gli scorpioni, i ca labroni, e simili, beendone il seme pesto in vino. La selvatica del pari inutile allo stomaco. Muo ve il corpo. A peso di due dramme potentissima a purgare la collera, ed di tanta fo n a conira gli scorpioni, che quando essi soltanto veggono questa erba, perdono i sentimenti. Gli Asiatici chiamano la sua radice bolite, la quale legata agli occhi leva I albugine.
D ella
v ih c a p b r v iv c a ,

ViMCATBavtHCA ; m b d ic in a b iv .

4-

XC1X. v ). E t vincapervinca, sive chamaedaphae, arida tosa hydropicis datnr in aqaa, co chlearis mensura, celerrimeque reddunt aqoam. Eadem decocla in cinere sparsa vino, tnmores necat. Auribus succo medetor. Alvinis imposita nullam prodesse dicitur.

XC1X. La vincapervinca, ovvero carne* dafne, secca e pesta si d a1rilruopichi nell1acqua a misura d 'u a cucchiaio, e tosto gettano Pacqaa. Cotta nella cenere e bagnata col vino secca gli enfiati. Il sago suo medica gli orecchi. Dicesi an cora che giova a quegli che hanuo dolore di corpo.

C. PLIN II SECUNDI

R osam ;

m e d ic in a e i i i .

D el

busco,

3.

C. Rosci radix decocta bibitor alternis diebus in calculorum valetudine, et tortuosiore orioa, vel cruenta. Radicem pridie eroi oportet, postero mane decoqui : ex eo sextarium vini cyathis duo bus misceri. Sunt qui et crudam radicem tritam ex aqua bibant: et in totum ad virilia, cauliculis ejus ex aceto tritis* nihil utilius putant.

C. La radice del rusco coita si bee di due d l uno al male della pietra, c all' orina sanguino sa o che esce con deviatione. Bisogna cavar la radice un d innanzi, e cuocerla poi l ' altra mat tina e con un sestario d 'essa mescolare due bic chieri di vino. Alcuni beono la radice eruda pesta cou l ' acqua. Al membro virile liensi che non si* cosa pi utils che i suoi gambi teneri petti ia vino e aceto.
D el
b a t i,

B a TIS ; MEDICINAE II.

a.

Cl. Bati* quoque alvuan mollit. Illinitur po dagricis cruda e t contusa. Acioon et coronarum causa et ciborum Aegyptii S e r u n t . Eademque erat, quae ocimum, nisi hirsutior r a m i s ac foliis esset,et admodum odorata.C iet menses et urinas.

Cl. L 'erb a bati mollifica il corpo. Arrostita e pesta s ' impiastra sopra le gotte. In Egitto si semina lerba acino per farne ghirlande, e per mangiare. Sarebbe basilico, ' ella non avesse le foglie e i rami pi ruvidi, e troppo odore. Muove le purgationi delle donne e P orina*
D ella
c o l o c a s ia ,

C o l o c a s ia ;

m e d ic in a e i i .

a.

CII. a8. Colocasia Glaucias acria corporis leniri putavit, et stomachum juvari.

CII. a8. Glaucia tiene che le o o t e agre nel cor po si possano mitigare oon la colooasM* e 1' ella giovi allo stomaco.
D ell' o
a n t il l o ,

A n t h t l l io m ,

s iv b a h t h y l l u m ; m b d ic in a b v i .

a n t il l io

6.

CUI. 09. Anthalii, qood Aegyptii edunt, nul lum altura reper usam. Sed est herba anthyllion, quam alit anthyllum vocant, duorum generum, loliis e t ramis lenticulae similis, palmi altitudine, sabulosis apricis nascens, subsalsa gustanti. Altera chamaepityi similis, brevior et hirsutior, purpu rei floris, odore gravis, in saxosis nascens. Prior vnlvi aptissima, ex rosaceo ac lacte impositat et vulneribus. Bibitur in stranguria, reniumque do loribus, tribus drachmis. Altera bibitur in duritia vulvarum, et in torminibus, et in comitiali mor bo, cura meile et aceto, quatuor drachmis.

CUI. 29. lo non truovo che l ' aatsli*, che io Egitto si mangia, sia buono a niuna altra eoe*. L 'erb a antillio, che alcuni chiamano aaliUe, di due ragioni : l ' una ha le foglie e rasai simili alla lenticchia, ed alta un palmo : nasce iu luo ghi sabbionosi e volti al sole, ed ha sapore al quanto salso. L 'altra simile al cauicpizio, ras pi breve e pi ruvida, di fiore p o rp o riu o , di grave odore, e nasce in luoghi sassosi. La prima atta alla mstrice e alle ferite, ponendola sopra con olio rosato e latte. Beesi nella stranguria, e nel dolore delle reni, a peso di tre dramme. L 'altra si bee per la durezza della matrioe, p er li toemioi e pel mal caduco, quattro dramme ool m ele non l'aceto.

P a b t b e n id m ,

s iv e l e u c a n t h b s , s iv b a m n a c u m

D el

p a b t e n io

leccante

annaco,

8.

EDICINAB VIII.

C 1V. 3o. Parthenium, alii leucanthes, alii amnacum vocant. Celsus apod nos, perdicium,

C 1V. 3 o . Il partenio alcuni lo chiamano leucante, e altri annaco. Celso in latino lo chiama

HISTORIARUM MUNSI LIB. XXI.

86

et m a n i e , N aaritar in horte r sepibus, flave albo, o i o v t m ali, n p t r a mar. Ad n i e n d i o , decocauo in d aritia vnliarMA, el inflaaauatio* aibes. S io n casa aarile et eoete im porta, bilem detrahit a t r a . O h hoc contea vertigines utilia, et calcatia. M in ita re t aaero igni: item sire mi* eum axungia iovcM nte. Magi eonira tertianae sinistra n a o n evelli eam jubent, dioique cnjus eeem veU atar, aec respioere. Dein ejus foliotn aagri lin g a ae objicere, n i m os in cyatho aqnae d u o n ta r.

perdicia 0 murale. Neaoe nelle siepi degli orti; eoa fior bianco, odore d i mela, e sapore aero. Gooeesi per sedervi sn per la dnrecsa della matri ce, e per le ioftamraagioni. Posto secco con mele e aeeto lira fc o n l ' amor meaineonico ; e per qaesto olile contra i capogirli, e il male della pietra. Impiastrasi pure al fuoco sacro, e alle e r o f o le con sugna vecchie. I Magi vogliono che d ia si svelga con la man manca eonira le terzane, e che s i dica per ehe cagione s i svelga, e A on si guardi in essa : dipoi c h e si metta la foglia sotto la lingua d e l l 1 ammalato, acciocch la inghiottisca poscia io un bicchier d ' acque. Del
tb ic iio , o s te ic n o , o a lic a c a b o , o c a l u o , o

TbTCDO K , SIVB STBYCHHOJI, S1TB HALICACABOM, TB CALLI AD A, SIVB DOBYCSIOV, SIVB MAHICOH, SIVB PEBJTTOK, SIVB HEUBAS, SIVB MOBlOlf, SIVH
MOLYj M D1CIHAB V ili.

DORICRIO, O VARICO, O PEHITTO, O REUBIDA, O MOBIO, O MOLI, 8 .

CV. 3 f . T r a i n o , qoaro qaidam atrychnoa scripsere, iHieam nee coronarii in Aegypto ole* rentnr, quos invitat ederae (oliorem similitudo, in doobus ejus generibos. Qoeruca alterum, cui ad ni coccinei, granosi io folliculis, halics cata ra vocent, alii callion. Nostri aotem vesicariam, quo niam vesicae et calcolis prosit. Frotex est surculosus verius, qoam herba : folliculis magnis, latisq u e et turbinatis, grandi intus acino, qoi matu r e r t Novembri menae. Tertio folia sunt odm i, miaime diligenter densoastranda, remedia eoa v e a e m tractantibus : quippe insaniam faoit, pervo qooq a e succo. Quamquam et Graeci eudores in jocam vertere. Drachmae eoim pondere lusam podoris gigni dixerunt, species venas iasagioesqae conspicuae obversari demonstrantes. Duplicatum hunc modum, legitimam insaniam facere. Quid quid vero adjiciatur ponderi, repraesentari mor tem. Hoc est venenum, quod innocentissimi austo lti simpliciter dorycnion appellavere, ah eo, qood cuspide* ia proeliis lingerentur illo passim nesaeole, Q a i p s n ia i iaseotahantur, asanioaa (S fnooiosvare: q a i nequiter occultabant, eryIk o o , aol B sa ra d a t a t nonnulli, perisson t ca vendi cansa c u rio sin e dicendum.

Q uin e t a lte ru m enas, qaed halicacabon vo cant, so p o ri (er uaa eat, atque etiam cyno velocius d u r t c a i : a b alwe raorioa,ab aliis aaoly appel lai*. L audatam vera iD io d e e t EteaoM , Tistarislo quidem etiam carmiae, mira oblivione innocentiae: quippe praesentaneum remedium, d dentiam mobiles firmandos, si coUoerentur

CV. Si. Il tricno che alcuni chiamarono slricno, volesse iddio che in Egitto non l usassero coloro che fanno le ghirlande, invitati a ci dalla somiglianza eh* esso ha co fiori della ellera in ambedoe le soe specie. Dequali luno ha le coc cole rosse e le boccie granellose, e qaesto chia mano alicacabo, e alcuni callio. 1 nostri lo chia mano vescicaria, perch giova alla vescica e alla pietra. piuttosto sterpo che germoglia, che non erbe 1 ha boccie grandi, e in foggia di palo ; e dentro v naa coccola grossa, la quale si ma tara del mese di Novembre. 11 terzo he foglieeoraedi basilico, le quali non sono da dimostrare oon molta tliiigoza,perchoai oerchiamo medici ae,e non ve leni. Questo pur con poeo sugo fa iaapMtare, tanto vero che gli scrittori Greci l'hanno volto in mot teggio. Essi dicono che una dramma di qaesto sugo fa che la vergogna sia giocata, e che vane imagini vengono per la fantasia. Se si raddop piasse il. peso, fa diventar pazzo affatto, e ogni poco pi mortale. Qoeste il velen ehe inno centissimi autori hanno chiamato semplioemente domento, perch nelle battaglie oravano tignere i farri dalle lanca eoa esso, che per tutto nasce. Quegli che pi parcamente lo cercavano, ehiamaronlo manico : quegli che maliziosamente lo nascondevano, chiamaronlo eritro o neurida, e al cuni perisso ; il che io tocco con queste distin zioni, acciocch se ne possa l uomo guardare. Di p i i 1 altra speeie, che ai chiama alicacabo, * fa doripire, e condaee elle aaoete pi tosto he P oppio : da alenai domandato moria, da altri moli. Vero eh* egli lodato da Diode, da ve nore, e da Titoaristo ancora ne1suoi versi, perch ha la maravigliosa propriet di far perdere altrui la memorie senza alterargli punto la salute. Di-

C. P U N II SECONDI M icacabo ' tin o : exeepliouem addidere, ne diutio* id fieret : delirationem enira gigni. En demonstranda remedia, quorum medicina mijo* ris mali periculum adferat. Commendator ergo in cibi* tertium genua, licet praeferatur horten siam saporibus. E t nihil esse corporis malorum, coi non salutare sit slrychuos, Xenocrates prae* dicat. Non tamen auxilia eorum tanti sunt, ut vel profutura de iis commemorare fes putem, prae sertim tanta copia innoxiorum medicaminum. Halicacabi radicem bibunt, qui sunt vaticinandi callentes, qood furere ad confirmandas supersti tiones aspici se volunt. Remedio est (id enira libentius retulerim ) aqua copiosa raolsa calida potui data. Nec illml praeteribo, aspidum nalurae halicacabum in tantum adversam, u t radice ejus propius admota soporetur illa sopore enecans vis earum. Ergo trita ex oleo percussis auxiliatur.

B8

cono questi autoci ch egli subito rimedio a fer mare i denti quando e si dimenano, se bagnassi con esso ; eccetto che ci non stiaccia troppo alla lunga, perch farebbe rimbambire. Ma ora si vo gliono dimostrare i rinwdii, che han seco quelle medicine, le quali possono portar pericolo di mag gior male. La terza specie adunque dell' alicaoabo lodala per mangiare, bench 1*ortense sia messo innanzi ne' sapori. Dice Seoocrate che non male alcuno nel corpo, a cui lo striato non sia utile. Nondimeno gli aiuti loro non sono di tanta importanza, che io non abbia per cosa superflua ragionare d ' essi quelle cose che giovano, massimente in tanta abbondanza d ' utili medicamenti. Quegli che sono astuti nel mestiere di vaticinare, beouo la radice dell' alicacabo, perch per con fermare la superstizione vogliono parere furiosi. Dir volentieri il rimedio a ci, il quale di molta acqua melata calda data a bere. N tacer questo pure, essere tauto contrario l ' alicacabo alla natura dell' aspido, che appressandogli la sua radice ad esso, ne rimane assopita quella potenza che ha 1 !aspido di ammazzare altrui con sopore. Pesta dunque con olio giova a chi morso dall ' aspido.
D el
corcobo,

COECHOBUS; MEDICIBAB VI.

6.

CVI. 3a. Corchorum Alexandrini cibi herba est, convolutis foliis ad similitudinem mori, prae cordiis (ut ferunt) utilis, alopeciisque et lentigi ni. Boum quoque scabiem celerrime sanari ea in venio: apud Nicandrum quidem et serpentium morsus, antequam floreat. Caicos ;
.

CVI. 3 s; 1 corcoro un' erba cibala dagli 1 Alessandrini : ha le foglie involute come il moro, e dicono eh' ntile agl' interiori, alle alopecie, e alle lentiggini. Trovo ancora appresso Nicandro che guarisce la rogna de' buoi, e i morsi delle serpi, inoanzi che fiorisca.
D e l cnico, 3.

m e d ic ih a b i u

CVU. Nec de cnico sive alraclylide verbosius dici par esset, Aegyptia herba, ni magnum con tra venenata animalia praeberet auxilium : item adversus fungos* Constant a scorpione percotsos, quamdin teneant eam herbam, non sentire cru ciatali).
P eesolota j
medici a a

CVII. Non saria cosa onesta dir molte parole del cnico, ovvero a trattilide, erba d'Egitto, aegli non fosse di grande aiuto oon tra gli animali vele nosi, e contra i funghi. Trovasi che chi m orso dallo scorpione, fin eh' egli ha questa erba in mano, noo sente la passione.
D ella
pbbsoluta, i

i.

CV1II. 33. E t persolutam Aegyptus iu hortis serit, coronaram gratia. Doo genera ejus, femina ae mas. Ulraque subdita Venerem inhiberi, virorom maxime, tradnnt.

CV 11I. 3 S. Seminasi la persoluta negli orti di Egitto, per farne ghirlanda. Ella di due ragioni, cio maschio e femmina. Dicono che l'una e l'a l tra, tenendola sotto, raffrena la lussuria, e massi mamente quella degli uomini.

*9

HISTORIARUM MUNDI L1B. XXI.


DlCHlABAZIONB
de

G lilC O K D M MOMinDM IR FO ID U IIU S ET MESSDRIS MTEBPRETATIO.

HOMI GRECI QUARTO A

PESI B MISURE.

G IX. 3 4 . E t qoooiam in mensuris quoque ac ponderi b u s c r e b r o Graecis nominibus u lendum u t , in te rp r e ta tio n e m eorum semel in hoe loco ponemus. D r a c h m a Attica (fere enim Attica obser vatione m e d ic i u tu n to r ) denarii argentei babet pondus. E s d e m q u c sex obolos pondere efficit. Obolus x c b a l c o i. Cyathus pendet drachmas x. Quom a c e ta b o li mensura dicitur, significat hemi nae qu artam p a r te m , id est, drachmas i t . Mna, quam nostri m in a m vocant, pendet drachmas Allicas ce n tu m .

C 1X. 34- E perch ancora nelle misure e net pesi si usano spesso i nomi Greci, porremo in questo luogo per una volta la dichiaraxion loro. La dramma Aleniese (perch i medici usano quasi sempre il computo Aleniese ) pesa un denaio di argento. La medesima sei oboli a peso. L'obolo dieci calchi. 11 ciato contiene io s dieci dram me. Quando si dice la misura d ' uno acetabolo, significa la quarta parte d ' un' emina, cio quin dici dramme. La mna, la quale i nostri chiamano mina, pesa cento dramme Ateuiesi.

C. PLINII SECUNDI

HISTORIARUM MUNDI
U B E R XXII
AUCTORITAS HERBARUM ET FRUGUM

---------------------------------

G in

1 I U U F 01 MAB GBATIA BTI.

Di

p o p o l i c h i s i v a lgono db i l

brbb a

CBBSCBB BBLLBZZA.

I. JTotevano aver oompito le meraviglie loro la natura e la terra, se solamente si volessero con siderare le doti del passato libro, e tante sorti d ' erbe nate per utilit, o diletto degli uomini. Ma quante pi non ne rimangono, e quanto pi maravigliose a trovarsi? Perciocch P adoperarsi esse in maggior parte o per cibo, o per odore, o per ornamento, ci ha condotti a farne innumera bili esperimenti ; dove la potenza dell* altre cose prova che la natura non fa nulla senza alcuna pi occulta cagione. i. Io trovo che sono alcuni popoli stranie II. i. Eqaidera et formae gratia ritosqueper* II. ri, i quali per esser pi begli, osano ne* corpi p e tu i, ia corporibus suis aliquas exterarum gen loro alcane erbe. Certo le donne ne'paesi barbari tiu m uti herbis quibusdam, adverto animum. si lisciano il rito, chi con un'erba, chi con un'al~ Illin a n t certe alii* aliae faciem in populis barbatra, gli ootpini ancora appresso de' Daci e dei ro ru m feminae, maresque etiam apud Daco* et Sarmali ne segnano i corpi loro. V'ha unerba, che Sarm atas corpora sna inscribant. Simile plantain Francia si chiama glaslo, simile alla piantaggine, fini glastum in Gallia vocatur, quo Britannorum della quale le donne Inglesi s ungono tutto il *]ugei nurusque toto corpore oblitae, quibusiQ acri* et nadae incedunt, Aethiopum cb- corpo, e vanno in ^srti sacrifizii ignude, imitando il colora degli Etiopi. lorem imitante*. I. * oapletae poterant miracoloni sui nator* atque ella*, reputantium vel priori* tantnra volumini* d o le s, totque genera herbarum, nlilitalibu* ho m i o a m , *at voIupUtibui genita. Sed quanto p l a r a restant ? qoantoqae mirabiliora iuventa ? lU a enim majore in parte cibi aut odoris decoc is v e commendatio ad numerosa experimenta d a x i t . Reliquarum poleotia adprobat, nihil a r e n n a natura sine liqua occultiore causa gigni.

C. PLINII SECUNDI
H e r b is
ib f ic i t e s t e s .

>1)6

Item

d b s a o m ib I b u s ,

Cone con l e r b b

si t w o o k o l e v e s t i.

Db* s a g h ih i ,

DB VEBBBRIS, DB CLABIGATIOHE.

DBLLB VBBBBBB IR OCCASIORB DI RAPPRESAGLIA.

111. a. Jam T e r o infici vestes scimus admira III. a. Sappiamo ancora come le vesti si tin bili foco. Atque ut sileamus Galatiae, Africae, gono con un mirabil sugo; e per non ragionare Lusitaniae granis, coccum imperatoriis dicatum della grana di Galazia, d ' Africa e di Portogallo, paludamentis, transalpina Gallia herbis Tyria dedicala alle vesti imperiali, la Francia transai* atque conchylia tingit, omnesque alios colores. pina ottiene con erbe il colore della porpora e Nec quaerit in profundis murices, aeque obji dello scarlatti, e tutti gli altri colori. N cerca nel ciendo escam, dum praeripit belluis marinis, in fondo del mare il pesce murice, n mettendosi a tacta etiam ancoris scrutatur vada, u t inTeniat risico di farsi esca a quelle bestie marine, alle quali brama anzi rapirne,va ricercando guadi non ancor per quod facilius matrona adultero placeat, cor tocchi dallancora per trovar cosa, onde la matro ruptor insidie!ur nuptae. Stans et in sicco carpit, na piaccia pi fi suo adultero, e il corruttore me quo fruges modo: sed culpa non ablni usu: alioglio lusinghi le donne daltri. Standosi io piedi e qui fulgentius instrui poterat luxuria, certe inno centius. Non est nunc propositum ista consectari : nel secco, l uomo raccoglie l erbe da tingere, al modo stesso che raccoglie le biade : ma la colpa nec omittemus, ut subjiciendo utiliora luxuriam non vien meno per l uso. Beo potevasi trovare vilitate circumscribamus, dicturi et alias herbis altrimenti tanta pompa, e certo con maggiore in tingi lapides, parielesque pingi. Nec tingendi ta nocenza. Al presente io non intendo i n T e s t i g a r e men rationem omisissemos, si umquam ea libe ralium artium fuisset. Interim fortius agetur : queste cose, ma trattandone altre pi utili, inse auctoritasque quanta debeatur etiam surdis, hoc gner al lusso e alla sontuosit a limitarsi a cose lievi, e toccher a suo tempo come con l erbe est, ignobilibus herbis, perhibebitur. Siquidem si tingon le pietre e si dipingono le pareli. N auctores imperii Romani gpnditoresque immen lascerei addietro la forma e il modo del tinge sum quiddam et hinc sumpsere, quoniam non re e dipingere, se quest arte fosse mai* stala aliunde sagmina in remediis publicis fuere, et in a n n o T e r a t a fra le liberali. Frattanto diremo cose sacris legationibusque Terbenae. Certe utroque ben pi importanti, e mostreremo quanta ripu nomine idem significatur, hoc est, gramen ex tazione si debba anche alle erbe pi ignobili ; arce cum sua terra evulsum : ac semper e legalis perocch gli autori e fondatori dell impero Ro quum ad hostes clarigatumque mitterentur, id mano le ebbero in sommo conto, faceodo pnr di est, res raptas clare repetitum, unus utique ver e s s e un oso importantissimo : per qaesto si ado benarius Tocabatur. perarono i sagmini o a placare gli dei o a purgare le case,', e le verbene a rimondar la mensa di Giove, oppure nelle ambascerie. Nondimeno per l ' unoj'e l altro nome vien significato il medesi mo, cio gramigna svelta da luogo paro con la sua terra ; e sempre ancora, quaudo gli arnbasciadori si mandavano a* nimici a ridomandare le cose tolte, eravene uno che si chiamava verbe nario.
D
b

COKOHA GRAVIHEA : DB BARITATE EJUS.

b l l a co r o n a d i g r a m ig r a

d e l l a su a r a r i t

IV. 3. Corona quidem nulla fait graminea IV. 3. Nessuna corona stata pi nobile che quella di gramigna, in tanta maest del popolo nobilior, in majestate populi terrarum principis, primario del inondo, e ne premii che reodeaoo {iraemiisque gloriae. Gemmatae et aureae, valla res, murales, rostratae, civicae, triumphales, post glorioso altrui. Le corone gemmale, le aoree, le vallari, le m orali, le rostrate, le civiche e le hanc fuere, santque cunctae magno' intervallo, trionfali furono dopo queste, e tutte introdotte magnaque differentia. Ceteras omnes singuli, et dopo grande intervallo, e con gran differenza. duces ipsi, iraperatoresqne militibus, aut aliquan L altre tolte gli oomioi privati, o i capitani d a do collegiis dedere : decrevit in triomphis sena vanle a soldati, e talora anche a loro collegii : tus, cura belli solatus, et populus oliosus. decretolle il senato a trionfatori, quando si tr o v scevro di pensieri di guerra, e il popolo viveva fuor di pericolo.

it f

HISTORIARUM MONDI LIB. XXII.

4. Graminea namquara nisi in desperatione


soprema contingit, nulli nisi ab universo exercitu servato decreta. Ceteras imperatores dedere, hanc solam miles im peratori. Eadem vocatur obsidio nalis, liberalis obsidione abominandoque exitio totis castris. Q uod si civicae honos, uno aliquo ac vel hum illim o cive servato, praeclarus sacer* que habetur, q uid tandem existimari debet, unius viriate servatas universus exercitui? Dabatur haec viridi e gram ine, decerpto inde ubi obses sos servasse! aliquis. Namqae summam apad an* tiqoos signum victoriae erat, herbam porrigere victos, hoc est, te rra et altrice ipsa humo, et hu matione etiam cedere : quem morem etiam nunc dorare apod G ermanos scio.

4. La corona di gramigna si concedeva quan do le cose erano in estrema disperazione, e non ad altri, che a chi avesse salvato un esercito inte ro. L* altre corone erano date dai capitani, e que sta sola la davano i soldati al capitano. Questa medesima si chiamava ancora ossidionale, quando tutto l'esercito era liberato dall'assedio, e da ogni pericolo. Se dunqae 1 onore della corona civica, * la qual si dava a chi aveva salvato un solo citta dino, aucor eh 1 e1 foste di bassa condizione, riputato sacro e onorato ; che dobbiamo noi dire, quaudo il valore dan solo libera tutto l'esercito? Usa vasi farje questa corona di gramigna verde, colta nel luogo, dove lesercito assediato era stato libero dall' assedio. Perciocch appresso gli anti chi era stimato gran segno di vittoria quando il vinto porgeva l ' erba al vincitore, perch signi ficava eh' ei gli cedesse la terra nostra nutrice, e quella che i morti riceve e ricuopre. La quale usanza so che ancora oggi dora in Alemagna. A
QUALI SOLI FU DOSATA QUESTA COEOBA.

Qoi

SOLI COXOBA U DOSATI.

5. L. Siccio Dentato ebbe nna volta questa V. 5. Donato* est ea L. Siccius Dentatus semel, V. quam civicas quatuordecim meruisset, depugnas* corona, bench n ' avesse avuto quattordici civi che, e combattuto in cento venti battaglie sempre setqoc cxx proeliis semper victor. Tanto rarius vittorioso. Tanto pi rara cosa , ohe un solo est servatorem u n u m a servatis donari. Quidam salvatore abbia dono da'salvati. Alcuni capitani imperatores et saepius donati sunt, veluti P. De das Mus, tribunos militum, ab exercitu: altera hanno ricevuto tal dono dall esercito pi d' una ab his, qui iu praesidio obsessi faerant, quanta volta, come fu P. Decio Mure, tribuno de'soldati, esset ejus honoris auctoritas, confessus religione : a cui diede tal corona 1 esercito : poi n' ebbe siquidem donatus bovem album Marti immolavit, un* altra da qnegli eh' essendo in presidio erano et centum fulvos* qui ei virtutis causa dati fue assediati. E quanto facesse egli conto di qnel rant simul ab obsessis. Hic Decius postea se con onore, lo confess con un atto di religione; dac sci, Imperioso collega, pro victoria devovit. Data ch sacrific per questo a Marte un bue bianco e est et a senato populogue Romano, qua claritate cento rossi, i quali per quella virt gli erano nihil equidem in rebos humanis sublimius duco, stati offerti dagli assediati. Questo Decio poi es Fabio illi, q o i re m omnem Romanam restituit sendo consolo fece voto della propria vita per non pagnando. Nec data, quum magistrum equi aver vittoria. Fu donata anco questa corona dal tum et exercitam ejus servasset ; tuijc satius fuit senato e popolo Romano, la qual cosa tengo che nomine aovo c o ro n ari, appellatum patrem ab his sia uno de' maggiori onori che si possano avere qaos servaverat : sed quo dicium est consensu al mondo, a quel Fabio, il quale senza combat honoratus est H annibale ex Italia pulso. Quae co tere, ma temporeggiando, rimise in piedi tolto rona adhuc sola ipsius imperii manibus imposita l ' imperio di Roma. N gli fu gi data quanda c*t, et qaod p ecu liare ei est, sola a tota Italia egli salv il maestro de'cavalieri e l'esercito suo; data. perch allora fu meglio coronarlo di nuovo no me, essendo chiamato padre da quelli eh* egli salv ; ma fugli data del comune consentim ene che s ' detto, quando Annibaie fu cacciato d 'Ita lia. La qual corona in fino a qui sola che sia posta per le mani di esso imperio, e, quel che g{i peculiare, la sola data da tutta l'Italia insieme*

C. PLINII SECONDI
Q ui
s o l o * c e n t o r io .

200

QOAL SOLO CENTUBIONE E FU COBOWATO.

TI. 6. Praeter hos contigit ejas coronae ho nos M. Calpurnio Flammae, Iribuno mililnm ia Sicilia : centurioni Tero uni ad hoc tempus Cn. Petreio Atinati, Cimbrico bello. Primum pilum is capessens sub Catulo, exclusam ab hoste legio nem suam hortatus, tribunum suum dubitantem per castra hostium erumpere interfecit, legionemque eduxit. Invenio apud auctores eumdem praeter hunc honorem, adstantibus Mario et Ca tulo cois., praetextatum immolasse ad tibicinem focalo posito. Scripsit et Sulla dictator, ab exer cita se quoque donatam apad Nolam, legatum bello Marsico. Idque etiam in villa sua Tuscula na, qaae fuit postea Ciceronis, pinxit. Quod si verum est, hoc exsecrabiliorem eam dixerim, quandoquidem eam capiti sao proscriptione sua ipse detraxit, tanto paucioribus civinm servatis, qaam postea occisis. Addat eliamnum huic gloriae superbum cognomen Felicem, ipse tamen ob sessis in toto orbe proscriptis, hac corona Sertorio cessit. Aemilianum quoque Scipioaem Varro au ctor est doaatum obsidionali ia Africa, Manilio consule, trib. cohortibus servatis, tolideraque ad servandas eas edoctis : quod et statuae ejus in foro sao divus Aogustus subscripsit. Ipsam Au gustam M. Cicerone filio consule idibas Septem bris senatus obsidionali donavit. Adeo civica non satis videbatar. Nec praeterea quemqaam hac invenimus doaatum.

VI. 6. Oltra qoesti tocc lonore di tal corona M. Calpurnio Fiamma tribuno de soldati in Sicilia; e infino a qaesto tempo a un centurione, il qoale fa Gn. Petreo Atinate nella guerra dei Cimbri. Costui sotto Calalo pigliando il primo pilo, e confortando la saa legione esclusa da qoesto, ammazz il sao tribuno, il quale non ardiva di farsi la via pel campo de nimici, e guidandola per tal via salv la detta legione1 Trovo negli . scrittori che costui medesimo, oltra qaesto onore, pot sacrificare dinanzi al fuoco vestito di prete sta, e col snoao depi fieri, essendovi alla presenza Mario e Catnlo consoli. Scrive Siila dittatore di avere ancor egli avuto tal dono dallesercito a No la, essendo legato nella guerra de Marsi ; il che anche dipinse nella saa villa Tasculana, la quale fa poi di Cicerone. Che se ci vero, ei merita pi d essere biasimato, perch egli medesimo poi si tolse tal corona nella sua crudelissima proscrizio ne, perocch tanto meno rimasero i salvati, quan to fa maggiore il numero de cittadini che fece morire. Aggiugnesse pure egli a questa gloria il superbo soprannome di Felice, che assediando in tutto il mondo i proscritti, ced questa corona a Sertorio. Scrive Varrone che Scipione Emiliano ebbe questa corona ossidionale in Africa, perch sotto Manlio consolo salv tre coorti, e altrettante ne men foora a salvar quelle ; il che limperatore Augusto fece scrivere sotto la statua di lui nel suo foro. Questa corona stessa fu dal senato con ferita ad Augusto ai tredici di Settembre l anno che egli fa consolo insieme con Cicerone figliuolo di Cicerone oratore, perch la corona civica non parve abbastanza. N oltra a questi troviamo n iu no, a cai sia stata donata la corona ossidionale.
a
M e d ic in e
c b e si fa n n o d e l l e a l t r e e b b e ,

M e DIOSHAB EX HXLIQUIS OOBOHASrXSYIS.

ONDE SI FACEAN LE COBONE.

VII. Nullae ergo herbae faere certae in hoc honore : sed qaaecumqne fuerant in periculi sede, quamvis ignobiles ignotacqne, honorem no bilem faciebant: qaod latere apad nos minas qaidem miror, cerneas negligi ea quoqae, quae ad valetudinem conservandam, cruciatusque cor poris propulsandos, et mortem arcendam perti neat. Sed quis non mores jure castiget? Addidere vivendi pretia deliciae luxasque. Numquam fuit cupido vitae n iajo r, neo minor cara. Alioram hanc operae esse credimus : ne mandato quidem nostro alios id agere, medicisqae provisum esse pro nobis. Ipsi fruim ar voluptatibus, et (qao nihil eqaidem probrosius duoo ) vivimas lien

VII. N pi un erba che un altra era quella di che si facevano tali corone, ma toglievano quella qualunque che trovavano nel luogo, d o r erano stati assediali; il che non ira maraviglio che non si sappia appresso di noi, veggendo che non si tiene conto ancora di quelle cose, le quali sono alili a conservar la sanit, e levare le malattie e i tormenti del corpo, e allontanar* la morte. E chi non riprender ragionevolmente i nostri co stami f Perciocch le delicatezze hanno accresciu ti i prezzi delle cose al vivere aecessarie. Ma non ci fu mai maggior desiderio della vita* n minor cura di essa. Noi lasciamo questa cura all opera degli altri, e pensiamo eh' essi 1 abbiano ad avere *

201

HISTORIARUM MtJNDI U B , XXII.

203

fiducia. Itomo reto plerlsqne altro ellam irrita i w n u ista commentantes, atqae frivoli operis arguimur : magno, quamquam immensi labori*, alai, sperni cam rerum n atari : quam certe Doo defuisse nobis docebimus, et invisis quoque herbis inseruisse remedia : quippe quum medici* nas dederit etiam aculeatis. Haec eoim proxime reslsat x his, q u a s priore libro nominavimus, io quibas ipsii providentiam naturae salis mirari, amplectique non est. D ederat, quas diximus, molle* dbisque gratas. Pinxerat remedia in flo ribus, visuque ip so animos invitaverat, etiam deliciis auxilia permiscens. Excogitavit aliquas upecta hispidas, ta ctu truces, ut tantum non vo cem ipsius fingenti* illas, ratiouemque reddentis exaudire videamur, n e se depascat avida quadru pes, ne procaces m anus rapiint, ne neglecta ve stigia obterant, n e insidens ales infringat : his muoieudo aculeis telisque armando, remediis n t lota ac salva sint. Ita hoc quoque, quod in iis odimus, hominum causa excogitatam est.

senza ebe neppnr noi la offeriamo loro, persuasi di aver provveduto, nell* aver dei medici, ad ogni nostro bene. Noi ci inebriamo de* diletti, e ( che ia maggior vergogna del mondo) viviamo nella fiducia altrui. Molti ridono ancora di me, che io scriva qneste cose, e che io sia messo a un im presa di poca utilit. Ma io ho questo conforto della grandissima mia fatica, che io sono sprez zalo insieme con la nalura, la quale mostrer che non ci manca, e che nell* erbe ancora odiose ha messi i rimedii, non avendo lasciato di metterle neppure in quelle che si armano di spini. Queste in fatti sono le cote che ci rimangono a trattare di quelle che noi dicemmo nel libro di sopra, nelle quali la providenza della natura non pu essere abbastanza ammirata e compresa. Ella ci ha date l'erbe, che noi abbiamo detto, tenere e grate per mangiare. Ci ha dipinti i rimedii nefiori, e invitali gli animi con la vista, mescolando ancora gli aiuti con le delizie. Dipoi n ' ha fatte alcune orride a vedere, e aspre a toccare, acciocch gl'ingordi be stiami non le pascano, n le ardite mani le colgano, e i piedi non le stimando non le calpestino, e ac ciocch P uccello posandovi su, non le rompa ; fortificandole con punte, e armandole di tali dar di, che sieno sicure e salve per li rimedii. E cos quello ancora che in esse ci dispiace, fu trovato per cagione degli nomini.
D ell'
k b ih g e , o v v b b o e b i b g i o .

Ebtig*, n v t iiYiaioir.

VIII. y. Clara in primis aculeatarum erynge V ili. 7. Fra P altre erbe spinose illustre l'eringe, ovvero eringio, la quale nasce contra le *t, sive eryngion, contra serpentes et venena omoia nascens. Adversus ictus morsusque radix serpi, e tutte le cose velenose. Conira le percosse jus bibitor drachm ae pondere in vino : aul si e morsi loro si bee la sua radice nel vino a peso plerumque tale* in jurias comitatur et febris, ex d ' una dramma. E se, come accade il pi delle aqua. Illinitur plagis, peculiariter efficax contra volte, dopo lai morsi vi fosse la febbre, si bee con ctasydros ac ra n as. Omnibus vero contra toxica dell* acqua. Fregasi sulle piaghe, e ha parlicolar et acooita efficaciorem Heraclides medicus, ia virt conira i chersidri e le botte. Eraclide me jure anseris decoctam , arbitrator. Apollodorus dico afferma, che cotla in brodo d ' oca ha mag adversus toxica c u m rana decoquit, ceteri in aqua. gior virt che qualsivoglia altra cosa contra i Ipn dura, fruticosa, spinosis foliis, caule genicu- veleni e gli aconiti. Apollodoro la cuoce co' ra hto' cubitali, e l m ajore aliqaando, alia albicans, nocchi cootra i veleni ; gli altri nell acqua. Essa Ii* nigra, radice odorata, et saliva quidem est. dura, ramosa, con foglie spinose, gambo noc Sed et sponte n ascitur in asperis et saxosis : et in chiuto, alto un braccio, e alcuna volta maggiore. Alcuna biancheggia, alcuna nera, con radice Utoribo* maris, d u rio r, nigriorque, folio apii. odorosa ; ed di ragione sativa. Pur nasce anche da s stessa in luoghi aspri e sassosi : ne' liti del mare pi dura e pi nera, ed ha la foglia simile all' appio.
C x H T U * CAPITA, XXX.

D e l l ebba

c b h t o c a p i,

3o.

IX. 8. Fra queste la bianca chiamata dai IX. S. E x b is candidam nostri ceni u mea pHa 'eant Omnes ejusdem effectus, caule et radice nostri centocapi. Di tutte quelle che fanno lo >a cibos G raeco ru m receptis utroque modo, sive tesso effetto i gambi e le radici son prese per

203

C. PU N II SECONDI

104

coquere libeat, tire cruda vsci. Portentosum csl, quoti de ea traditur : radicem ejus alteru trius sexui similitudinem referre, raram inventu : sed si viris contigerit mas, amabiles*fieri. Ob hoc et Phaonem Lesbium dilectum a Sappbo. Multae circa hoc non Magorum solum vanitates, sed etiam Pythagoricorum. Sed in medico usu praeter supra dicta auxiliatur inflationibus, torminibus, cordis vitiis, stomacho, jocineri; praecordiis in aqua mulsa, lieni in posca. Item ex mulsa reni bus, stranguriae, opistholonicis, spasmis, lumbis, hydropicis, comitialibus, mulierum mensibus, sive subsidant, sive abundent, vulvarumque omni bus vitiis. Extrahit infixa corpori cum meile. Strumas, parotidas, panos, recedentes ab ossibus carnes sanat cum axungia salsa, et cerato ; item fracturas. Crapulam praesumpta arcet, alvum sistit. Aliqui e nostris sub solstitio colligi eam jussere. Ex aqua coelesti impoui omuibus cervi cis vitiis. Oculorum quoque albugine* sanare adalligatam tradiderunt.

cibo dai Greci, tanto cotte che crude. cosa mostruosa ci che si dice d'essa, cbe la radice sua somiglia all' uno e 4' altro sesso. Truotasi di rado, e se gii uomini s 'abbattono a quella che ha il sesso mascolino, diventano amabili. Per questo dicono che Faone Lesbio fu amato da Saffo. Molte altre vanit circa ci afe dissero non solo i Magi, ina i Pitagorici ancora. Ma quanto a servigio di medicina, oltra alle cose sopraddette, utile alte ventosit, a' tormini, a difetti del cuore, alto stomaco, al fegato e agl' interiori nell1 acqua me lata, e alla milza in posea. Similmente eon lacqua melala utile alle reni, alle straogurie, a quegli che hanpo ritirati i nervi del collo, allo spasimo, a1lombi, arilruopichi, al mal caduco, al menstruo, o che non tenga, o che sia troppo, e a ogni male di matrice. Col mele cava fuori le cose fitte nel corpo. Con la sogna salsa e col cerotto guarisce le gangole, le parotide, i pani, la carne spiccata dall' osso, e anco le rotture. Pigliandola innanzi pasto, non lascia che il mangiare aggravi troppo. Ristagna il corpo. Alcuni de' nostri vogliono che ella si colga nel solstizio, e con l ' acqua piovana si ponga a tutti i mali del collo. Dicono ancori, che legandovela leva le macchie bianche degli occhi.
D bli/
acano i

Db u

io ,

i,

X. 9. Dicono alcuni, che Pacano quel me X. 9. Snnt qui et acanon eryngio adscribant, spinosam brevemque, ac latam herbam, spioisque desimo che l'eringio. E erba spinosa, corta e latioribus. Hanc impositam, sanguinem mire larga, ed ha molto larghi gli spini. Questa postavi sopra, dicono che maravigliosamente ristagna H sistere. sangue. Db
g l t c y b e h iz a , s iv b a d if s o , x v .

D bLLA GLICIBBIZA, OVVBBO ADIt>SO, l 6 .

XI. Alii eryngen falso eamdem putaverunt XI. Altri, bench falsamente, stimarono che esse et glycyrrhizam, quare subjungi eam proti ancora la glicirriza sia l ' eriogio ; per bisogna nus refert. Et ipsa sine dubio inter acateatas est, che subito ragioniamo d ' essa. Senza dubbio aa* foliis echinatis, pinguibus, tactuque gummino- cora ella spinosa, ha le foglie nociate, grane, sis, fruticosa, bioura cubitorum altitudine, flore gommose a toccare : germogliosa, alta du e cu hyaciothi, fructu pilularum platani magnitudinis. biti con fiore di giacinto, e il frntto ano grande Praestantissime in Cilicia, secunda Ponto, radice come coccole di platano. La ottima io Cilicia, dulci ; et haec tantum in usu. Capitur ea Vergi dopo quella in Ponto che ha la radice dolce ; e liarum occasu, longa ceu vitium : coloris buxei questa sola e in uso. Ricogliesi nel tramontare melior, quam nigra : quaeque lenta, quam quae delle Vergili* : lunga siccome quella delle viti. Migliore quella che ha colore di bosso, che non fragilis. Usus in subditis decoctae ad tertias, ce tero ad mellis crassitudinem, aliquando et lusae : la nera ; e la pieghevole, che quella che si frange. quo genere et vulneribus imponitur, et fancium Si usa in quei medicamenti che soppongonsi alta vitiis omnibus. Item voci utilissimo succo : sio ut lingua, cuocendosi fin che ne resti la terza parte, spissatus est, linguae subdito. Item thoraci, joci- e sia spessa come mele: Alcona volta si pesta, e neri. Hac diximus sitim famemque sedari. Ob id cos si mette alle ferite, e a tutti i mali della gola. qnidam adipson appellavere eam, et hydropicis Il sugo suo diventato spesso utile alla voce, mettendolo sotto la lingua : i utile ancora alle dedere, ne sitirent. Ideo et commanducata sto matice esty et ulceribus oris inspersa saepe, et costole del petto e al fegato. Con questa abbiamo

so5

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXII.

ao6

pterygiis. S n a l e t TeticM scabiem, renum dolo res, condylomata, ulcera geni tali aro. Dedere eam quidam potui in quartanis, drachmarnm duarum pondere, et pipere, hemina aquae. Commandu cata sanguinem ex vnloere sialit. Sunt et qui calculos ea pelli tradiderunt.

gi detto che si mitiga la seie e la fame. Perci alcuni la chiamarono adipsoo, cio senza sete, e diederla a' ritruopichi, acciocch non sentissero la sete. Laonde masticata medicamento alla bocca, e spesso sparsa alle sue crepature le gua risce : utile ancora contro le pellicole che impe discono la vista. Guarisce inoltre ta scabbia della vescica, i dolori delle reni, i fichi e i laruoli delle parli genitali. Alcuni 1 hanno data a bere nelle ' quartane a peso di due dramme, col pepe e un'em ina d'acqua. Masticata ferma il sangue della ferita. Alcuni dissero che con essa si fa gellare la pietra.
D u e s p e c ie

Tubuli geeeea , i i ; aisDiciait, xu.

bi

t b i b o l o , m e d ic i n e 1 2 .

XII. io. T rib u li unum genus in horiis nasci XII. 10. Una specie di trbolo nasce negli orti, tur, alterum ia fluminibus lanlom. Succus ex nn' altra solamente ne' fiumi. Il sugo di queste si his colligitur ad oculorum medicinas. Est enim raccoglie per medicina degli occhi, perch di natura refrigerante ; e per questo utile contra refrigerantis na lurae, et ideo ulilis contra inflam mationes collectionesque. Ulcera per se erum le iofiammazioni, e raccolte d 'umore. Col mele pentia, et praecipue in ore, cum meile sanat: guarisce le piaghe che rompono per s stesse, e item tonsillas. P o tu s calculos frangit. Thra&s, massimamente nella bocca, e le serrature della qui d Strymona habitant, foliis tribuli equos gola. Bevalo rompe le pietre. I Traci, che abitano aagiaaot: ipsi nucleo vivunt, panem facientes sol fiume Slrimone, ingrassano i cavalli con le praedulcem, et q u i contrahat ventrem. Radix foglie del tribolo, ed essi vivono del frutto, facen caste pureque collecta, discutit strumas. Semen done pan dolce,il quale ristrigne il ventre. La sua adalligatum, varicam dolores sedat : tritam vero, radice puramente e castamente colta leva le scrofe. Il seme suo mitiga i dolori delle varici, legandolo et in aquam sparsam , pulices necat. do? elle sono ; e pesto e sparso nell acqua uccide le pulci. S tobbs. XIII. i i . Stoebe, quam aliqui pheon vocant, decocta in vino, praecipue auribus purulenti* medetor: item oculis ictu cruentatis: haemorrhagiae quoque e t dysenteriae infusa.
D ella
stebe.

XIII. 11. La stebe, che alcuni chiamano feou, cotta pel vino guarisce principalmente gli orec chi, che hanno colio marcia, e gli occhi, che per percossa sono sanguinosi ; e ancora le morici e i pondi, infondendovela sopra.
. D e l l ' ip p o p i e , s p e c i e

H lFPO TH Taa CEBEBA, I I ; MEDICIEAE, I I .

a;

h b d ic ik e 2 .

XIV. 12. Hippophyes in sabulosis maritimisqoe nascitur, sp inis albis. Ederae modo racemosa est, candidis, e t ex parte rubentibus acinis. Radix succo madet, q o i a u t per se conditur, aut pastil lis farinae. H aec bilem detrabit obolo ponderis, saluberrime cu m mulso. Est altera hippophyes, ine caule, sine flore, foliis lanium minatis. Hu jus quoque succos hydropicis mire prodest. De bent ac como d a ta e esse et equorum naturae, nc que ex alia causa nomen accepisse. Quippe quae dam anim alium remediis nascuntur, locupleti divinitate ad generanda praesidia : ut non sit mirari satis in g en iu m ejus, disponentis auxilia in puera, ia causas, iu lempora, ut aliis prosit aliud

XIV. 12. L'ippofie nasce in luoghi sabbionosi e maritiimi, con bianche spine. Fa racemoli come l ' ellera, e acini bianchi e da una parte rossi. La radice fa sogo, la quale si condisce o per s mede sima, o con pastegli di farina. Questa purga la collera a peso d ' un obolo, e pigliasi benissimo col vin melato. L 'altra senza gambo, e senza fiore, e ha foglie minute. 11 sugo di questa mara vigliosamente giova a' ritruopichi. P ar che sieno accommodate alla natura de' cavalli, e per questa cagione hanno preso tal nome. E certo che alcune cose nascono per rimedii d'anim ali, perch la divinit ricca a somministrare aiuti. Onde non da maravigliarsi, i ella distingue e ordina gli

2o7

C. PU N II SECUNDI

ao8

bori, diesque anllus prope ina praesidiis re pe ri a tur.

aiuti secondo Ia diversit degli animali, la cagioni e i tempi, acciocch una cosa giovi a varii in varia ore, e quasi nessun d 1 truovi senta rimedii.
D a l l ' o k x ic a , 6 1 .

U b TTCA ; MEDICHI AB, t x i .

XV. 13. Urlica quid esse invisius potest? At XV. i 3. Che cosa ne pu essere in odio pi illa praeter oleum, quod in Aegypto ex ea fieri che l ortica? Nondimeno oltra l ' olio, il quale dixiuius, te i plurimis scatet remediis. Semen dimostrammo che si fa io Egitto dessa, molti altri ejus ciculae contrarium esse Nicander adfirm at: rimedii ci porge. Dice Nicandro che il seme suo ilem fungis et argento vivo. Appolodorus et sa- contrario alla cicuta, e a funghi, e all argento laroandris cum jure decoctae testudinis. Item vivo. Apollodoro scrive cbe cotta in brodo di adversari hyoscyamo, et serpentibus, et scorpio testuggine contra la salamandra, il giusquiamo, nibus. Quin illa ipsa amaritudo mordax, uvas in le serpi e gli scorpioni. La sua amaritudine mor ore, procidentesque vulvas, et infantium sedes, dace ancora toccando ristrigne I* avola, e la ma tactu resilire cogit: lethargicos expergisci, tactis trice eh* cade, e il sedere de bambini. Desta i cruribus, magisque fronte. Eadem canis morsi* letargici pugnendosi loro con essa le gambe, e bus addito sale medetur. Sanguinem trita naribus mollo pi la fronte. Guarisce, aggiogoendovi il indita sistit, et magis radice. Carcinomata et sor sale, il morso de cani. Pesta e messa nel naso ri dida ulcera, sale admixto ; ilem luxata sanat, et stagna il sangue ; ma pi possente la sua radice. panos, parotidas, earnesque ab ossibus receden Col sale guarisce le cancrene, le brutte nascenze, tes. Semen potum cum sapa, vulvas strangulan e le membra uscite de loro luoghi, 1 enfiature * tes aperit, et profluvia narium sistit impositum. della gola, gli orecchioni e le carni che si staccano Vomitiones in aqua mulsa sumptura a cena faci dagli ossi. Il seme sao bevuto con la sapa apre la les praestat, duobus obolis : uno aulem in vino matrice soffocala, e posto nelle nari ristagna il poto lassitudines recreat. Vulvae vitiis tostum, flusso del naso. Pigliandolo con acqua melata a acetabuli mensura: potura in sapa resistit stoma peso di due oboli fa il vomito facile dopo cena, a chi inflationibus. Orthopnoicis prodest eum mei beendone un obolo col vino ricrea la stanchezza. le: et thoracem purgat eodem ecligmate. E t lateri utile ai mali della matrioe, arrostito a misura medetur cum semine lini. Addunt hyssopum et d un acetabolo ; e bevuto con la sapa non lascia piperis aliquid. Illinitur lieni. Difficilem ventrem fare vento nello stomaco. Giova col mele a quegli tostum cibo emollit. Hippocrates vulvam purgari che non possono mandare Aiora l alito, e purga poto eo pronuntiat. Dolore levari tosto acetabuli il petto. E rimedio al fianco col seme di lino.Agmensura, dulci poto, et imposito cum sncco mal giungonvi issopo, e un poco di pepe. Impiastrasi vae. Intestinorum animalia pelli cum hydrome- sulla milza. Mollifica il corpo, ma vnole essere lite et sale. Defluvia capitjs semine illito cohone arrostilo. Ippocrate scrive che beendolo porga la stari. Articulariis morbis et podagricis plurimi matrice ; cbe leva il dolore, arrostilo a misura cum oleo vetere, aut folia cum ursino adipe trita d* un acetabolo, o bevuto col dolce, o postovi col imponunt. At eadem radix tusa cum aceto non sugo della malva; che preso con idroraelite e minus utilis: item lieni. Et coda in vino discutit sale uccide i vermini ; che fregandovi il seme fa panos, cum axungia' vetere salsa. Eadem psilo che i capegli non cadano. Assaissimo l adoperano thrum est sicca. alle gotte con olio vecchio, ovvero le foglie peste eoo grasso d* orso. A ci non manco utile la radice pesta con l ' aceto. Giova ancora cos posta alla milza. Mescolata eon sugna vecchia insalata leva le posteme larghe e piatte. Questa medesima secca unguento depilatorio. Condidit laudes ejus Phanias physicos, utilis Fania Risico racconta le sue lodi dicendo, che simam cibis coctam condilamve professus arteriae, usandola ne cibi colta o condita utilissima al tussi, ventris destillationi, stomacho, panis, paro larteria, alla tosse, alla stillazione del corpo, allo tidibus, pernionibus: cum oleo sudorem,coctam stomaco, alle posteme larghe e piatte, alle posteme cum conchyliis ciere alvum : cum ptisana pectus dopo gli orecchi e a'pedigooui; che con olio pro purgare, mulierumque menses : cum sale, ulcera voca il sudore, e cotta eoo l ostriche muove il quae serpant cohibere. Succo quoque in usu est. corpo; che con orzala purga il petlo e i mesi delle Expressus illi (usque fronti, sanguinem narium duone, e col sale ferma l ulcere che vanno im sisti l : potus uriuam ciet, calculos rumpit : uvam pigliando. 11 sugo suo a usa aucora ; e bagnai*

209

HISTORIARUM MUNDI LiB. XXII.

210

p r f ir i u lu s reprim it. Seraeo colligi messibas oportet. A lexandrinum maxime laudator. Ad omnia baec e t m itiores quidem teneraeqae effi cace*, sed praecipue silvestri illa, et amplius le pras e facie tollit, in vino pota. Si quadrupes fetam oon ad m ittat, urtica naturam fricandam monstrant

done Ia fronte, ristagna il sangue del naso. Be vendo muove P orina, e rompe la pietra. Garga rizzandolo ristrigne 1*uvola. Il seme suo si vuol cogliere per mietitura. Il pi lodato l'Alessan drino. A tutti i predetti effetti ha molta virt ancora l ' ortica che non punge, ed tenera, e massimamente la salvatica, la quale bevuta nel vino leva ancora la lebbra dal viso. Se le bestie non vengono in amore, fregherai loro la natura con T ortica. D el l a m io , 7.

L ia n ti,

vii.

XVI. 14. Quello che in genere di ortiche noi XVI. 14. E a quoque, quam lamium inter genera earum appellavimus, mitissima, et foliis appellammo lamio, mitissimo, ed ha foglie che punto noo pungono. Con un granello di sale noo mordentibus, medetur cum mica salis con guarisce le colture, gli ammaccati, le gangole, gir tusis, incussisqae, inustis, et strumis, tumoribus, enfiati, le gotte e le ferite. Ha le foglie bianche podagris, vulneribus. Album habet in medio fo nel mezzo, utili al fuoco sacro. Alcuni de' nostri lio, quod ignibus sacris medetur. Quidam e no stris tempore discrevere genera. Autumnalis distinguono le specie loro secondo i tempi. NelP autunno dicono che la sua radice appiccata a nrticae radicem alligatam in terlianis, ila at aegri quegli che hanno la terzana, li guarisce: ma nuncupentur, q u u m eruitur ea radix, dicalurque Cui, et quorum filio eximatur, liberare morbo bisogna che quando essa si svelle, si noraioi Vam malato, e dicasi a cui, e al figliuolo di chi si vo tradiderant. Hoc idem et contra quartanas pol glia adoperare. Il medesimo fanno con tra le lere. lidem urticae radice addito sale, infixa cor quartane. Dicono ancora, che la radice delPorti pori extrahi. Foliis cum axungia strumas discuti: ca col sale cava fuori le cose fitte nel corpo. Le vel si suppuraverint, erodi complerique. foglie con la sugna levano le scrofe; e s'hanno collo marcia, le rodono e risaldano.
ScOBPIOVlS GRBEEA, I I ; MEDICINA, I .

Due

s p e c i e d i s c o e p io n e , m e d io ,

XVII. i 5. vvi un* erba, che si chiama scor XVII. i 5. E x argumento nomen accepit scor pio herba. Semen enim habet ad similitudinem pione, perch ella ha il seme che somiglia la co da di esso. Ha poche foglie, e vale contro l ' ani candae scorpionis, folia pauca. Valet et adversus male del suo nome. V' ha un1 altra erba del me aaimal nominis sui. Est et alia ejusdem nominis efieetusque sine foliis, asparagi caule, in cacumine desimo nome ed effetto, la quale senza foglie, ha gambo di aspargo e la cima appuntata ; e di aculeum habens, e t inde nomen. qui ha preso il nome.
I^nrCACABTOA, SIVB PHYLLOS, SIVB ISCHIAS, SIVB P O L VGONATOS, IV.

D e lla

lb o c a c a b t a o p i l l o , o is c h ia d a , o p o lig o n a to , 4.

XVIU. 16. Leucacantham alii phyllon, alii ischiada, alii polygonaton appellant, radice cy peri, quae commanducata dentium dolores sedat, item laterum, e t lumborum, ut Hicesius tradit, emine poto drachm is octo, aut succo. Eadem raptis, convulsu medetur.

XV II I. 16. La leucacanta alcuni la chiamano (ilio, alcuni ischiada, altri poligonato. Ha radice di cipresso, la quale masticata leva il dolore dei denti. Cos anche il dolore de* fianchi e de* lom bi, come dice Icesio, bevendo del suo seme otto dramme, o del sugo. La medesima guarisce i rot ti e gli sconvolti. D e ll1blsibe,
13.

H e l x ib e , XII.

XIX. 17. L* erba chiamata elsine, da alcuni XIX. 17. Helxinen aliqui perdicium vocant, qoouiam perdices ea praecipue vescantur. Alii detta perdicio, poich le pernici la mangiano vo ihkriUn, nonnulli parthenium. Folia habet mixta lentieri. Altri la chiamano siderite, ed alcuni

21 I

C. PLINII SECONDI

212

similitudinis plantagini et marrubio, cauliculos dento, leviter rubentes, semina in capilibus lap paceis adhaerentia vestibus: unde et helxinem diclam volunt. Sed nos qualis vera esset helxine, diximus priore libro. Haec autem inficit lanas, sanat ignes sacros, et tumores, collectionesque omnes, et adusta. Panos succus cum psimmylhio, et guttura incipientia turgescere. Item veterem tussim cyatho hausto, et omnia in humido, sicut tonsillas, et varices, cura rosaceo. Imponitur et podagris cum caprino sevo, ceraque Cypria.

partenio. Ha foglie mescolate, altre simili alla piantaggine, altre al marrobbio, gambi piccoli e folti che rosseggiano un poco. 11 seme lappoloso, cbe s ' appicca alle vesti, onde vogliono cbe per ci sia chiamata elsine. Ma noi nel libro da vanti abbiamo detto quale sia la vera elsine. Questa tigne le lane, guarisce il faoco sacro, gli enfiati, ogni raccolta di marcia e le iucotture. Il sugo suo col psiraraizio guarisce ancora i gorgoz zuli, quando cominciano a ingrossare ; non che la tosse vecchia, bevendone un bicchiere, e tutti i malori umorosi, come sono gavigne e varici, eoa olio rosato. Ponsi ancora con sevo di capra e cera Cipria sopra le gotte. D el perdicio, o pabtesio, detto aschs URCEOLARE O A5TBBICO, 11.

P e BDICIIIH, SIVB PARTHERIUH, QOAB CECBOLABIS, SIVB ASTBRICUM, XI.

XX. Il perdicio o partenio (poich la siderite XX. Perdieiom sive parthenium ( nam sideri* un' altra cosa ) da1 nostri chiamata erba ur tis alia est) a nostris herba urceolaris vocatur, ceolare, da altri asterico : ha foglie simili al basi b aliis astericum, folio similis ocimo, nigrior lico, solamente pi nere, e nasce ne'legoli e celle tantum, nascens in tegulis, parietinisque. Mede mura. Pesto eoa an grano di sale medica le me tu r cum mica salis trita iisdem omnibus, quibus desime malattie che il lamio, e nell* istesso modo. lamium, et eodem modo : item vomicae, calfacto Bevuto col sugo scaldalo sana le vomiche. di succo potu. Sed contra ulcera, rupta lapsusque, ingoiare virt contro le ulcere, le fratture, le ca et praecipitia, aot vehiculorum eversiones, singu dute, e a preservar dai precipizi! e dal rovesciarsi laris. Verna caras Pericli Atheniensium principi, de veicoli. Un servo molto caro a Pericle princi quam is in arce templum aedificaret, repsissetque pe d* Atene, edificando egli un tempio nella roc super altitudinem fastigii, et inde cecidisset, hac ca, ed essendovi salito in cima, e dipoi cadalo, herba dicitur sanatas, monstrata Pericli somnio a Minerva. Quare parthenium vocari coepta est, ad* fu guarito con questa erba, la quale Miaerva mo signaturque ei deae.Hic est vernula, cojus effigies str in sogno a Pericle. Per fa cominciata poi a chiamarsi erba partenio, ed dedicata a questa ex aere fusa est, et nobilis ille Splanohnoptes. dea. Questo il servo, la cui statua fu fatta di bronzo ; questo quel nobile Splancnotte.
C h AMARLEOW,
s iv b

IXIAS, SIVB ULOPHYTOR, SIVB CY;


m e d ic in a e , x i i .

h o z o l o i i : g b k b &a e j u s , i i

D el cameleokb, o issia, o ulofito, o cinozolo: VE h 'H A DDE SPECIE, MEDIC. 12. XXL 18. Il chameleone chiamato da alcuni issia. Egli di due sorli. 11 pi bianco ha le fo glie pi aspre : va per terra e ha le spine cone quelle del riccio, e la radice dolce, e gravissimo odore. Io alcuoi luoghi genera visco bianco sotto le foglie, e massimamente intorno al nascere del la Canicola, al modo che si dice nascere lo incen so ; e perci si chiama issia. Di qaesto, come della mastice, osano le donne. Quanto al nome di caraeleone, esso gli viene dalla variet delle foglie, perch secondo il luogo mula il colore, dove nero, dove verde, dove azzurro, dove cro ceo, e dove d'altra ragione. Di questo il bianco col sugo della radice colla guarisce i ritruopichi. Beesene una dramma col vin colto. Uccide i vermini beendone uq aceta bolo ia vin brusco con iscvpe di origano. Giova

XXL 18. Chamaeleonem aliqui ixiam vocant. Duo genera ejus. Candidior asperiora folia habet: serpit in terra, echini modo spinas erigens, radi ce dulci, odore gravissimo. Quibusdam in locis viscum gignit album sub alis foliorum, maxime circa Canis ortum, quo modo thura nasci dicun tur: unde et ixia appellatur. Hoc, ut mastiche, utuntur mulieres. Quare et chamaeleon vocetnr, varietate foliorum evenit. Mutat enim cum terra colores, hic niger, illic viridis, aliubi cyaneus, aliubi croceas, atqae aliis coloribus.

Ex his candidus hydropicos sanat succo radi cis decoctae. Bibitur drachma in passo. Pellit et iuteraneorura animalia acclabuli mensura succi ejusdem, ia vino austero, cum origani scopis.

HISTORIARUM MUNDI L 1B. XXII. Facit ad difficultatem urinae. Hle soccus occidit el canes suesqae in polenta. Addila aqoa et oleo eoalrabit in se mares ac necat, nisi protinus aquam sorbeant. Radieem ejus aliqui concisam serrari jub ent funiculis pendentem, decoqountque io cibo contra fluxiones, quas Graeci rheu matismos vocant. E i nigris aliqui marem disere, cui flos purpareus esset : et feminam, cui violaceus. Uno na scantur caule cobitali, crassitudine digitali. Radi cibus earum lichenes carantur, cam sulphure et bitumine ana coctis: commanduca lis vero dentes mobiles, aut in aceto decoctis. Succo scabiem etiam quadrupedam sanant. E t ricinos canum necant : juvencos qaoqae anginae modo. Quare a quibusdam u lo p b jto u vocatur, et cynozolon, propter gravitatem odoris. F erant et haec viscum olceribas utilissimum. Omnium aulem generum coram radices scorpionibus adversantor.

**4

alla difficolt dell* orina. Questo sago con la p* leu la uccide i cani e i porci. Aggiugnendovi acqua e olio raggrinza in si i topi, e uccidegli, se di su* bito non beono acqua. Alcuni serbano la radice sua concisa, appiccandola per un filo, e cuooonla nel cibo con Ira quel flusso, che i Greci chiamano reumatismo. Dei neri chiamano maschi quegli che hanno il fior rosso, e femmina quella che l ' ha di colore violaceo. Nascono con un gambo alto un cubito, e grosso un dito. Con le radici loro si guariscono le lichene, cotte insieme con zolfo e bitume: esse masticate, o cotte nell* aceto, fermano i denti mo bili. 11 sugo guarisce ancora la scabbia delle be stie, uccide le zecche dei cani, e sana le serrature della gola de'buoi giovani. Imper alcuni lo chia mano alofito e cinozolo, per la gravit dell* odo re. Queste ancora producono visco utilissimo alle rotture. Le radici di tutte sono contrarie agli scorpioni. Dbl cobobopo.

C obobopos .

XXII. 19. Coronopus oblonga herba est cam XXII. 19. 11 coronopo un* erba lunga eoa fissuris. S eritu r interim, qaoniam radix coeliacis fessure. Seminasi perch la sua radice giova gran praeclare facit in cinere tosta. demente cotta nella ceuere ai deboli di stomaco.
A bchosa,
xiv .

D b ll'ab cosa,

14.

X X U I. 20. Et anchasae radix in asa est, di gitali crassiiudine. Finditur papjri modo : manosque inficit sanguineo colore: praeparat lanas pretiosis coloribus. Sanat ulcera in cerato, prae cipue senum : ilem adusta. Liquari non potest in aqua : oleo dissolvitur : idque sincerae experimentom est. Datur et ad r*num dolores drachma ejos potui in vino : aut si febris sit, in decocto balani. Item ia jociiyerum vitiis, et lienis, et bile suffusis. Lepris et lnligini illinitur ex aceto. Fo lia trita cum m elleet farina, luxatis imponuntur : et pota drachmis duabus in mulso alvum sistunt. Pulices necare radix in aqua decpcta tradilur.

XXIII. 20. Usasi ancora la radice dell* ancusa, la quale grossa un dito. Feodesi a modo di pa piro : macchia le mani di color sanguigno, e pre para le lane a finissimi colori. Guarisce le rotture col cerotto, massimameute quelle dei vecchi, e le incotture. Non si pu struggere nell* acqua, per si disfa nell* olio ; e questo lo esperimento a conoscere la schietta. Dassi una dramma di questa bevanda col vino pei dolori delle reoi ; o se v* febbre, con decozione di balano. Questa utile ancora ai mali del fegato, della milza, e a chi ha sparso la bile. Fregasi alla lebbra e alla lentig gine con 1 aceto. Le foglie trite col mele e fa * rina si pongono sopra quegli che hanno le mem bra uscite de* luoghi loro; e bevutene due dram me nel vin melalo fermano il corpo. Dicesi che la radice colla nell* acqua ammazza le pulci.
D blla psecdasccsa, ovvbbo bchi, o dori, 3.

P ssudoabcbosa ,

sivb echis , sivb dokis ,

lu .

XXIV. Eocene uu* altra simile, chiamala per XXIV. E st et alia similis, pseudoanchasa ob questo pseudancasa, e da certi echi o dori, e con appellata, a quibusdam vero echis, aat doris, et multis aliis nominibus : lanuginosior, et minus molti altri nomi. Questa pi lanosa e manco grassa, e di foglie pi languide. La radice nell* opinguis, tenuioribus loliis et languidioribus. Ra dix io oleo non fundit rubentem succum : et hoc lio non manda fuori sugo rosso ; nel che si di ab aochasa discernitur. Contra serpentes effica- stingue dalla vera ancusa. Bcendo le foglie o il c w u p o ta foliorum, vel seminis. Folia ictibus seme ba grandissima virt contra le serpi. Le

2l5

C. PLINII SECUNDI

a i6

itu ponuntor. Virus serpenti ani fugat. Bibitor et propter spinam. Folium ejas sinistra decerpi ju bent Magi, et cojos causa sumatur dici, tertianisque febribus adalligari.

foglie si pongono tui morto loro. Caccia il veleno delle terpi. Beesi ancora per la spina. Vogliono i Magi che le sue foglie ti colgano con la man manca, e dicasi per chi si colgono, e appicchimi a chi ha le terzana.
D e l l o r o c h ilo ,

OrOCHILOR, SIVE ABCBEBIOR, SIVB OROCHBLIS, SITE BHBX 1 SIVB BRCBBYSA, XXX. A,

a bc h eb io ,

orocxelt ,

O BBSSIA, EHCBISA,

3o.

XXV. a i. Est et alia herba proprio nomine XXV. . cci un'altra erba, il cui proprio no onocbiles, quam aliqui anchnsam vocant, alii me onochilo, che alcuni chiamaoo ancata, altri archebioo, alii onochelim, aliqui rhexiara, multi archebio, altri onocheli, altri ressia, e molti encrienchrysam, parvo frutice, flore purpureo, asperis sa. Questa fa piccolo cespuglio, il fior porporino, le foliis et ramis, radice messibus sanguinea, cetero foglie e i rami aspri : la radice quando si coglie i nigra, in sabulosis nascens, efficax contra serpen sanguigna, negli altri tempi nera: proviene in luoghi sabbionosi : ha virt contra le serpi, e tes, maximeque viperas, et radice et foliis, aeque massimamente le vipere, tanto la radice, come la cibo ac poto. Vires habet messibus. Folia trita foglia, e in bere e in mangiare. Ha le sue forze odorem cucumeris reddant. Datur in cyalhis tri nella mietitura. Le foglie peste gettano odore di bus vulva procidente. Pellit et tineas cum hysso cocomero. Dassi in tre bicchieri, quando la ma po. E t in dolore renum aut jocineris ex aqua trice esce fuora alle donne. Con l1 issopo uccide mnlsa, si febris sit : sin aliler, ex vino bibitur. Lentigini ac lepris radix illinitur. Habentes eam, le tignuole. A doglia di reni, o di fegato, si piglia con acqua melata, essendovi febbre ; non v' es a serpentibus feriri negantur. Est et alia huic si sendo, si bee col vino. La sua radice s ' impiastra milis flore rubro, minor, et ipsa ad eosdem usus. alle lentiggini e alla lebbra. Dicono che chi la Traduntque commanducata ea, si inspuatur, mori porla non pu essere morso dalle serpi. ccene serpentem. un' altra simile a questa, che ha il fior rosso e minore, e la medesima virt. Dicono che se uno, il quale 1' avesse masticata, sputasse addosso alla serpe, l ' ammazzerebbe. Db
a rt h bm id b , siv b lboca h tiiem jd b , siv e cha m ae

ai

D ell' a r te m id b , o le u c a ic tb m id e , o c am em b lo ,
O MELAHTIO, SPECIE THE } MKDIC. I I .

m elo ,

StVK VELARTHIO: OEREBA, IU J MEDICINAE, XI.

XXVI. Anthemis magnis laudibus celebratur XXVI. Asclepiade loda molto Taotetnide. Alcuni la chiamano leucantemide, altri leucanteab Asclepiade. Aliqui leucantheraida vocant, alii leucanthemum, alii eranthemon, quoniam vere mo, e altri erantemo, perche fiorisce nella pri floreat : alii chamaemelon, quoniam odorem mali mavera : altri camemelo, perch ha odore di mehabeat. Nonnulli raelanthemon vocant. Genera 1^. Alcuni anche la domandano melantemo. Eo ejus tria flore tantum distant, palmum non excecene di Ire sorti, solamente differenti nel fiore, deutia, parvisque floribus, ut rutae, candidis, aut n pi lunghi di nn palmo, con piccoli fiori bian melinis, aut purpureis. In macro solo, ant juxta chi come di rula, o di colore del mele, o p u rp u emitas colligitur vere, et in coronamenta repo rei. Nel terren magro, o presso alle vie si racco nitur. Eodem tempore et medici folia tusa in pa glie nella primavera, e riponsi per farne ghirlande. stillos digerunt : ilem florem et radicem. Dantur Nel medesimo tempo i medici pestano le foglie in pastelli, non che il fiore e la radice. Dannosi tu t omnia mixta drachmae unius pondere, contra te qneste cose mescolale al peso di una dramma serpentium omnium ictus. Pellit mortuos partus: item menstrua in potu, et urinam, calculosque. contra il morso di tutte le terpi. Beendola fa Inflationes, jocinerum vitia, bilem suffusam, aegi- uscire i parli morti, e il menstruo, e l'orina, e le lopia commanducata, ulcerum eruptiones manan pietre. Mangiandola guarisce le enfiagioni, i mali tes sanat. Ex omnibus his generibus ad calculos del fegato, la bile sparsa, le fistole e le rottu re efficacissima est, quae florem purpureum habet : che gettano. Di tutte queste sorti potentissima cujus et foliorum et fruticis amplitudo majuscula al male della pietra quella cbe ha il fiore purpu est. Hanc proprie quidam eranthemoa vocant. reo, la quale ha le foglie e il cespuglio un poco maggiore. Questa propriamente da certi chia mata erantemo.

HISTORIARUM MUNDI Life. XXII. L otos a n u ,


it .

Dell* beba lo to , 4 . XXVII. Quegli che tengono che il loto sola mente sia albero, si possono riprendere con P au torit ancora di Omero. Perch egli fra P erbe che nascono per piacere degli dei, nomioa per prima il loto. Le foglie sue col mele levano le margini, > rossori e le macchie degli occhi. D e lla lotom etba, 3 . XXVIII. cci ancora un'erba chiamata foto metra, la qual nasce del loto seminato ; del cui seme, simile al miglio, fansene pane i pastori delI* Egitto, impastandolo con P acqua e col latte. Dicono che non v ' cosa pi salutifera di quel pane, o pi leggieri, mentre che caldo ; ma che affreddato pi difficilmente si smaltisce, e pesa molto. Truovasi che coloro che ne mangiano non sentono mai male di pondi, n tenesmo, n altri mali di corpo ; e per tenuto fra i rimedii loro. Dell* eliotropio, specie 2 . Dell* elioscopio, o VEEXUCAEIA, l3. DeL TE1COCCO, O SCOEPIUEO, l4>

X X V II. Lolon qui arborem palant tantum ** el H om ero auctore coargui possuot. Is enim inter b e r b u subnascentes deorum voluptati, loton primam nominavit. Folia ejus cum meile, oculo rum cicatrices, argenta, nubeculas discutiunt. L otometba, II. X X V III. E st et fotometra, quae fit ex loto sala, ex cujus semine, simillimo porri, fiunt panes io Aegypto a pastoribus, maxime aqua vel lacie subacto. N egatur quidquam illo pane salubrius esse, aut levius, dom caleat: refrigeratus diffici lius concoquitur, fitque ponderosus. Constat eos qui illo vivant, nec dysenteria, nec tenesmo, ueque aliis m orb is ventris infestari. Itaque inter remedia e o ru m habetur.

H euoteopios : gerbea, ii . Helioscopium, site vebevcaeie, x iii . T eicoccob, sivb scobpiueck, XIV.

XXIX. Abbiamo detto pi volte la maravi XXIX. Heliotropii miraculum saepius dixi glia dell1eliotropio, il quale ancora che sia nu mus, cum sole se circumagentis, etiam nubilo golo, si gira insieme con il sole; tanto ama egli die : tantus sideris amor est : noctu velat desi quel pianeta. Di notte come per desiderio rin derio contrahi caeruleum florem. Genera ejus chiude il suo ceruleo fiore. Egli di due sorti, du o : tricoccum, et helioscopium. cio tricocco, ed elioscopio. Questo pi alto ( bench n l ' uno n l'altro Hoc altius ( quamquam utrumque semipeda non sia pi alto che un mezzo piede ), e ramoso lem altitudinem non excedit ), ab ima radice ra fino in terra. Il seme si raccoglie per mieti tura. mosum. Semen in folliculo messibus colligitur. Non nasce se non in terren grasso, e ben lavora Nascitor non nisi in pingui solo, cultoqae maxi to : il tricocco nasce per tutto. Cotto piace nei me : tricoccum ubique. Si decoquatur, invenio cibi : pi dilettevole nel latte, e mollifica il cibis placere : et in lacte jucandius alvum molliri : corpo ; e beendo il sugo del collo, lo fa di molto et si decocti succus bibatur, afficacissime exina niri. Majoris succus excipitur aestate, hora sexta : evacuare. Il sugo del maggiore si coglie la stale nell* ora sesta, e mescolasi col vino perch sia pi miscelar cum vino, sic firmior. Capitis dolores sedat, rosaceo admixto. Verrucas cum sale tollit durevole. Con elio rosalo mitiga la doglia del capo. 11 sugo delle foglie col sale leva via le ver succus e folio : unde nostri verrucariam herbam ruche, e per i nostri la chiamano erba verruca appellavere, aliis cognominari effectibus dignio ria, bench ella meriti di pigliar nome da pi rem. Namque et serpentibus, et scorpionibus reimporlanti effetti; perciocch col vino e con sistit, ex vino aut aqua mulsa, ut Apollophanes, et Apollodorus tradunt. Folia infantium destilla-* l'acqua melata resiste alle serpi e agli scorpioni, secondo che dicono Apollofane e Apollodoro. tionibus, quod siriasin vocant, illita medentur. Ilem eoo tractionibus, etiam si id comitialiter ac Le foglie sue impiastrale guariscono la dislillaziooe dei bambini, la quale si chiama siriasi, e i cidat. Decocto quoque foveri os saluberrimum rannicchiamenti, ancora che venissero col male esL Potum id pellit tineas, et renum areoas. Si caminum adjiciatur, calculos frangit. Decoqui caduco. Cocendolo molto salutare a farne fo menti alla bocca. Bevuto caccia le tignuole e la eam radice oportet, quae cum foliis et hircino kvo podagris illinitur. renella delle reai. Se vi s'aggiunge il cornino, rompe la pietra. Vuoisi cuocere con la radice, la quale con le foglie e con sevo di becco im piastrasi alle gotte.

2lf>

C. P U N II SECUNDI

330

Alteram genas, qaod trieoocam appellavimus, et alio nomine scorpiuron toc tur, folii* non olum minoribus, sed etiam io terram vergentibus. Semen ei est effigie scorpionis caadae: quare ei nomen. Vis ad omnia venenata el phalangia : sed contra scorpiones praecipue illita. Non feriuntur bibentes. Et si terram sarculo heliotropii cir cumscribat aliquis, negant scorpionem egredi. Imposita vero herba, aut oda omnino respersum, protinus mori. Seminis grana quatuor pota, quar tanis prodesse dicuntur ; tria vero tertianis : vel si berba ipsa ler circumlata subjiciatur capiti. Se men et Venerem stimulat Cum meile panos di scutit. E t verrucas hoc ntiqae beliotropiam ra dicitus extrahit, et excrescentia in sedibus. Spi nae quoque ac lumborum sanguinem corruptum trahit illitam semen, et potam, in jnre gallinacei decoctum, ant cam beta et lente. Cortex seminis liventibus colorem reddit. Magi heliotropium quartanis qaater, in tertianis ter alligari jubent ab ipso aegro, precarique eam, solntnram se no dos liberatum, et ita facere non exempta herba.

Quello che noi chiamammo tricoceo, e peral tro nome dello scorpiaro, ha le foglie non solo minori, ma rivolte a terra. Il seme suo ha forma di coda di scorpione, donde ha preso il nome. Ha virl contra le tarantole e tutti gli animali velenosi, ma specialmente contra gli scorpioni. Chi ne porta non morso da essi. E chi fa* cesse un cerchio in terra con l'eliotropio, dicono che lo scorpione non uscirebbe. Mettendogli l'er* ba a d d o s s o , o con essa bagnata aspergendolo, sa bito muore. Quattro granella del suo seme bevute giovano alla quartana, e tre alla terzana ; ovveramente circondando tre T o l te l ammalato eoa T erba, e poi mettendola sotto il capo. 11 seme desta par la lussuria. Col mele leva gli enfiali. Questo eliotropio cava ancora i porri infin dalle radici, e ogni cosa cbe cresce nel sedere. 11 sema suo, facendone empiastro sal laogo, o beendolo cotto in brodo di pollo, o in bietole e lenii, cava il sangue corrotto della schiena e dei lembi. La scorza di esso seme rende il colore a i lividi. I Magi T o g l i o n o cbe 1 ammalato stesso leghi intor no a s l'eliotropio t r e T o lte p e r guarire delle ter zane, e quattro p e r le quartane, e prieghi di tro varsene liberato qnando sciorr quel legame,* cos faccia non levata V erba.
D e i . c a l l i t & i c o , o a d i a h t o , o t b i c o m a v e , o ro>
L TR CO, O SASSIFBAGO, SPECIE

D b CALL1 TBICH0, SIVB ADUSTO, SIVB TBICHOMAHB, SIVB POLYTBICHO, SIVB SAXIFRAGA : GElfBRA II ;
EDICIRAE, XXVIII.

1 1

2,

KBDIC. 2 8 .

I/ad ian to ha un'altra maraviglia, per XXX. Aliad adianto miraculam : aestate vi XXX. ret, bruma non marcescit: aqaas respuit, perfn- ciocch la state sta verde, e il verno non marcisce: sum mersura te sicco simile est : tanta dissociatio e bench se gli getti l ' acqua, o vi si tuffi, non ti deprehenditor : unde et nomen a Graecis : alio- bagna,ma rimane asciutto; tanta la disuguaglian qai frutici topiario. Quidam callitrichon vocant, za tra loro. Di qui ha preso il nome dai Greci. molto germoglioso, e ricopre le pareti. Alcuni lo alii polytrichon, utrnmque ab effecta. Tingit chiamano callitrico, ed altri politrico, luno e l'al enim capillum : et ad hoc decoquitor in vino cum tro per cagione del suo effetto, cbe di tingere i semine apii, adjecto oleo copiose, ut crispum capegli ; al che fare si caoce nel vino con seme di densnmqae faciat: defluere autem prohibet. Dno ejus genera : candidius, et nigrum bevius- appio e mollo olio : fa i capei folti e biondi, t non gli lascia cadere. Egli di due ragioni ; bianco, e que. Id qnod majns est, polytrichon : aliqui trinero, ma pi corto. Quello e h ' maggiore si chomanes vocant. Utrtque ramnli nigro colore nitent, foliis filicis : ex quibus inferiora asperga chiama politrico, e da alcuni tricomane. L 'uno* P altro ba rami di color nero, e foglie di felce, I* ac fusca sunt : omnia autem contrariis pediculis cui parti di sotto son aspre e nericce : esse hanno densa inter se ex adverso : radix nulla. Umbro i picciuoli volti l'u n contra l altro, e si addensano sas petras, parieturaque aspergines, ac footium maxime specus sequitnr: et saxa manantia, quod incontrandosi oppostamente. Di radici fa senza. miremur, quum aqnas nn sentiat. Calculos e Nasce in rupi ombrose, in pareti che gemano, corpore mire pellit, frangitque, utique nigrum. massimamente in ispelonche derivanti acqua; Q aa de cansa potias qaam quod in saxis nascere* non che in sassi che grondeggino, il che da ma ta r, a nostris saxifragam appellatam crediderim. ravigliare, perch non sente l amido. H nero Bibitur e vino, quantum terni decerpsere digiti. leva e frange la pietra. Il perch io credo che i noatri lo chiamino sassifrago piuttosto p e r questo, Urinam cient. Serpentium et araneorum vene che perch*e' nasca in luoghi sassosi. Beesi col vino nis resistunt. In vino deoocti alvum sistunt. Ca pitis dolores corona ex his sedat. Contra scolo* quanto se ne pu pigliare con ir* dita. Muovono

HISTORIARUM MUNDI U B. XXII. pendrac morsas illinuntur, crebro auferendi, ne perurant : hoc et in alopeciis. Strumas discu tiant, farfuresque io facie, et capitis mananlia ulcera. Decoctum ex his prodest suspiriosis, et joctneri, et lieni, et felle suflusis, et hydropicis. Stranguriae illinuntur, et renibus cam absinthio. Secunda cient, e l mensUrna.

au

Sanguinem sistunt ex aceto, aut rubi succo poti. Infantes q uo qu e exulcerati perunguntur ex iis cum rosaceo et vino prius. Folium inurina pueri impubis, tritum quidem cum phronitro, et illitum ventri mulierum, ne rugosus fiat prae clare dicitur. Perdices et gallinaceos pugnaciores lien putant, in cibum eorum additis: pecorique mk utilissimos.

P orina. Resistono al veleno delle serpi e dei ra- I gni. Cotti nel vino ristagnano il corpo. Facendo ne ghirlanda miligan la doglia del capo. Fassene empiastro al morso della scolopendra, e spesso si levano, acciocch non abbrucino ; il che si osser va anco nelle alopecie. Levano le scrofe, e la for fora nel viso, e l ' ulcere del capo che colano. La lor cocitura giova a* sospirosi, al fegato, alla mil za, a chi ha sparso il fiele, e ai ritruopichi. Pongonsi con assenzio alle slrengurie e alle reni. Pro- 1 vocan le seconde e i mesi delle donne. Beeudoli cou aceto, o con sugo di pruno, ri stagnano il sangue. I bambini che hanno rogna, 0 lattiate, s' ungono con questi, ma prima con olio rosalo e con vino. Le foglie loro peste in orina di fanciullo con salnitro Africano, impia strate sul ventre delle donne fanno che non di venta grinzo. Le starne e i galli mangiando di essi divengono pi fieri a combattere, e dicono che sono utilissimi ai bestiami. D e lla
p ic b id b ,

Db

f ic h id b ,

i.

Thesiuk,

i.

i. D e l

t e s io ,

i.

XXXI. aa. P icris ab insigni amaritudine co gnomina lur, ut diximus : rotundo folio. Tollit exiiuie verrucas. Thesium quoque non dissimili amaritudine est: sed purgat alvum ; in qnem usum teritur ex aqua.
A
sphod elum , l i.

XXXI. aa. La pieride cos chiamala, come dicemmo, per la sua grade amaritudine. Ha foglia tonda. Leva maravigliosamente i porri. 11 tesio non puuto meno amaro, ma purga il corpo, trito nell'acqua. D ell*
asfo d elo ,

5 i.

XXXII. Asphodelum de clarissimisberbatum, quam heroneon aliqui appellaverunt, Hesiodus et in sil*is nasci d ix it. Dionysius, marem ac fe minam esse. Defectis corporibus et phthisicis conslat bulbos eju s cum piisana decoctos, aptis sime dari: panem que ex his cum farina subactis, saluberrimum este. Nicander et contra serpentes c scorpiones, vel caulem, quem anlhericon vo cavimus, vel sem en, vel bulbos dedit in vino tri* bus Jr^cbmis: substravilque somno contra hos melos. Dator e t contra venenata marina, et con ira scolopemlras terrestres. Cochleae mire in Campania caulem euro persequuntur, et sugendo arefaciunt. Folia quoque illinuntur venenatorum uloeribus ex vino. Bulbi nervis arliculisque eum polenta tosi illinuntur. Prodest et concisis ex aceto lichenas fricare : item ulceribus putreKeatibns ex a q u a im ponere: mammaram quo que et testium inflammationibus. Decocti in Lo ce vini, o culorum opipboris supposito linteolo cedentur. F e re in quocumque morbo magis de coctis medici u tu n tu r. Item ad tibiarum tetra obera, rim asque corporum quacumque in parte, fana arefactorum . Autumno aulem colliguntur, quum plu rim u m valcul. Succus quoque lusis

XXXII. L asfodelo Ira P erbe pi nobili, il quale alcuni chiamano eroneo. Esiodo dice che nasce nelle selve; e Dionisio, che v ' il maschio e la femmina. Le sue cipolle, cio i capi delle ra dici che mettono, cotte con l'orzata si danno con grandissimo vantaggio ai corpi estenuati e tisichi, e il pane d' esse impastate con la farina utilissimo. Nicandro ne diede nel vino a peso di tre dramme, contro le serpi e gli scorpioni, o il gambo suo, il quale chiamammo anterico, o il se me, o i bulbi : e li pose sotto a chi dorme contra queste paure. Dassi ancor* con tra i veleni di ma re, e conira le scolopendre terrestri. Le chioc ciole in Terra di lavoro vanno maravigliosamente dietro a questo gambo, e succiando lo seccano. Le foglie ancora si pongono col vino sulle ferite vele* nose. Le sue cipolle s ' impiastrano a* nervi e alle congiunture, peste con polenta. Giova fregarle, poi che trite furono nell'aceto, sopra le volatiche: similmente con acqua giovano alle piaghe pu trefatte, e alle infiammagioni delle poppe e dei testicoli. Cotte nella feccia del vino guariscono le lagrimazioni degli occhi, postovi sotto pezzolina. 1 medici le usauo piuttosto eolie quasi in ogni ma lattia} e cos ancora alle piaghe brulle delle gam-

C. P U M I SECUNDI expressus aot decoctis utilis fit corporis dolori. ' cum raelle : idem odorem carporis jucundum af fectantibus, coi iri arida et salis exiguo. Folia eliaiu supra dictis medentur, et slrurais, panis, ulceribus in facie, decorta in Tino. Cinis e radice alopecias emendat, et rimas pedum. Decoctae ra dicis in oleo succus, perniones et ambusta. Et ad gravitatem aurium infuodilur: a contraria aure in dolore dentium. Prodest et urinae pota modi co radix, et menstruis, et lateris doloribus : item ruptis, convulsis, tussibus, drachmae poudere in vino pota. Eadem ct Vomitiones adjuvat com* mauducata. Semine sumpto turbatur venter. be, e alle fessure dei corpi, in qualunque membro ci siano, asciugando prima ben bene con farina. Colgonsi nell'autunno, nel qual tempo possono as sai. Il s u g o ancora delle peste o delle cotte g i o T a col melle alla doglia del corpo, e con iride e un po co di sale a coloro che affettano di aver giocondo odore nel corpo. Le foglie ancora medicano le cose sopraddette, le scrofe, le enfiature e le cre pature del viso, cotte col T i n o . La cenere della radice guarisce le alopecie e le crepature dei pie di. 11 sugo della radice cotta guarisce i pedignoni e le incotlure. S1infonde negli orecchi a chi ha l udir grosso; e al dolor dei denti s'infonde nell'orecchio della contraria parte. La radice b e T u t a moderatamente giova ancora all' orina, ai menslrui, e ai dolori di fianco ; e bevuta nel t o o a peso d una dramma g i o T a ai rotti, agli sconvolti e alla tosse. La medesima masticata fa cilita il vomito. Pigliando il seme si turba i l ventre. Chrysermus et parotidas in vino decocta ra Crisernio con la radice colla nel vino cur le dice curavit : item strumas, admixta cacbry ex posteme dietro agli orecchi e le scrofe, mescolan vino. Quidam ajonl, si imposila radice pars ejus dovi la cacri col vino. Dicono alcuni che se, in fumo suspendatur, quartoque die solvatur, mettendovi su questa radice, una parte d ' essa si una curo radice arescere strumam. Sophocles ad appicca al fumo, e il quarto d si scioglie, la scro podagras utroque modo, coeta crudaque, usus fola si secca insieme con la radice. Sofocle l ' us est. Ad perniones decocla ex oleo dedit, et suf nell' uno e l'altro modo, cotta e cruda, alle gotte. fusis felle in t i i o , et hydropicis. Venerem quo La diede cotta con l'olio ai pedignoni, e nel que concitari cum vino et meile porunctis, ant vino a chi ha sparlo il fiele, e ai rilruopichi. D i bibentibus tradidere. Xenocrates et lichenas, cono ancora che s ' accende la lussuria a coloro psoras, lepras, radice in aceto decocta, tolli dicit. che se n' ungono, o che la beono col vino e col Ilem si cocta sit cum hyoscyamo et pice liquida mele. Dice Senocrate che con la radice cotta nelalarum quoque et feminum vitia : et capillum l ' acelo T a n n o T ia le T o l a li c h e , le rogne e la le b crispiorem fieri, raso prius capite, si radice ea bra ; e se cotta con giusquamo e pece liquida fi icetur. Simus lapides renum in vino decocta guarisce ancora i mali, che Tengono sotto le atque pola eximit. Hippocrates semen ejus ad braccia e nelle coscie ; e se avendo prima raso il impetus lienis dari censel. Jumentorum quoque capo, vi si frega sn questa radice, i capegli si ulcera ac scabiem, radix illita, aut decoctae suc fanno pi crespi. Sirao dice che cotta nel vino e cus ad pilum reducit. Mures eliam eadem fugan bevuta leva le pietre delle reni. Ippocrate d il tur, caverna praeclusa moriuntur. seme di essa agl' impeti della milza. La radice impiastrata guarisce le scorticatore e lai' scabbia delle bestie, e il sogo della cotta vi fa rim ettere il pelo. Questa medesima fa fuggire i topi, i quali rinchiusi nelle buche loro si muoiono. Alimok, xit. XXX1U. Asphodelum ab Hesiodo qoidam aliraon appellari existimavere, quod falsura arbi tror. Est euim suo nomine alimon, non parvi et ipsum erroris inter auctores. Alii enim frnlicem esse dicunt densum, candidum, sine spina, foliis oleae, sed mollioribus : coqui autem haec cibo rum gratia. Radix tormina discutit, drachmae pondere in aqua mulsa pota : item conTulsa, el rupta. Alii olus maritimum esse dixere salsum, el
D e l l * a l i n o , * 4-

XXXHI; Alconi tengono eh'Esiodo chiama alimo l ' asfodelo, il che non vero. Perch c ' 1 alimo propriamente detto, cagione anch'esso * di non piccolo errore fra gli autori. Perciocch alcuni dicono eh egli nn cespuglio folto, bian co, senza spina, con foglie di ulivo, ma pi tene re, e che questo si cooce per mangiare. La radice bevuta in acqua melata a peso d' una dramma caccia i tormiui, e le cose sconvolte e le rolte.

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXII. in rotunditatem longis, U u d a i M iu c i b i s . Duorum praeiere* generum, silTlre, et m itiu s : ulruraqae prodesse dysenlerids etiam exulceretis cum pane, stomacho vero ex ceto. U lceribus vetustis illini crudum, et vulnerum recen tiu m ir a pe l u s leniri, et luxato* rvm pedum ac vesicae dolores. Silvestri tenuiora folia, led iu eisdem remediis effectus majores, et in sananda ho m in um ac pecorum scabie. Praeie re* oilorero co rp o ri fieri; dcnlibusque cando rem, si frice n lu r radice ea. Semine linguae sub dito si lira o o n sentiri. Hoc quoque mandi et utraque etiam condiri. Cratevas terlium quoque genas tradidit, longioribus foliis et hirsutioribus, odore cupressi : u a s c i sub edera maxime : pro desse o p isth o to n is, contractionibus nervorum, tribas obolis i o sextarium aquae.
io d e
m m c d

, fo liis

Altri dissero eh i cavolo marino salso, e ehe di qui ha preso il notne, con le foglie rifondate in lungo, tenuto per cosa eccellente da mangiare: che di due ragioni, cio salvatico e domestico, e T nno e I1altro giova al male dei pondi ed a chi scorticalo col pane, e allo stomaco con la ceto : che impiastrasi crudo alle piaghe vecchie, e mitiga l ' empito delle ferite fresche, e i dolori dei piedi uscili dei loro luoghi, e della vescica: che il salvatico ha le foglie pi sottili, ma nei medesimi rimedii fa gli effetti maggiori, e nel guarire la scabbie degli uomini e delle bestie : che inoltre fa la pelle rilucente, e i denti bianchi, se si fregano con quella radice : che il seme posto sotto la lingua non lascia sentire la sete ; e che questo ancora si mangia, e l ' uno e 1 altro si con * disce. Crateva ne mette una terza specie, che ha foglie pi lunghe e pi aspre, odore di cipres so, e nasce massimamente sotto l'ellera. Dice che questo giova allo spasimo, che per ritirare i nervi tira la testa all indietro verso le spalle, e ai nervi rattrappati, preso alla misura di tre oboli in un sesiario d'acqua.
D e l l a c a s t o , o p e d e b o t e , o m e l a h f i l l o , 5.

A c a s td o s ,

s iv b

f a e d x h o s , s iv b m r l a m p h y l l o s ,

v.

XXXIV. L'acanto erba topiaria e di citl, XXXIV. A canthi, topiariae et urbanae herbae, con foglia larga e lunga, la quale ricuopre le elalo longoque folio, crepidines marginum, adsurripe dove corre l acqua, e i vivagni delle aiuole feolium que pulvinorum loros vestientis, duo rilevate. di due ragioni, appuntalo, e crespo, genera sunt : acnlealam el crispum, quod bre il quale pi corto. L'altro delicato, da alcuni vias : alleram laeve, quod aliqui paederota vo dello pederote, da altri melanfillo. Le radici di cant, alii melarophylluin. Hujus radices ustis luxaquesto giovano mirabilmente agl'incotti, ed a tisquc mire p ro au n t : ilem ruptis, convulsis, et phibisio m e tu en tib u s incoctae cibo, maxime pti chi ha i membri sconci, a chi ha la carne rotta, o crepala, a chi teme il tisico, mangiandola colta, sana. Podagris q a o q a e illiounlur tritae et cale, specialmente eoa la orzata. Fessene ancora em factae calidis. piastro alle gotte, tritandola e scaldandola.
B cplroboh , v. D el b o p l e u b o , 5.

XXXV. B a p le u ro n in sponte nascentium ole* XXXV. 1 Greci mettono nel numero dell' er rum nam ero G raec i habent, caute cubitali, foliis be, che dascooo da loro stesse, il bupleuro, ebe ba il gambo luogo un braccio, e molte foglie e multis lo ng isq ue, capite anethi, laudatum in cibis lunghe, il capo d1aneto, lodato nei cibi da Ippoab H ippocrate : ia medicina a Glaucone, et Ni era te, e nelle medicine da Glaucone e da Nican candro. S em e n contra serpentes valet. Folia ad dro. 11 seme suo vale conira le serpi. Le sue fo secundas fe m in a ru m , vel succum ex vino illinunt: glie s ' impiastrano alle donne per le secondine, et strumis folia cum sale et vino. Radix contra ovvero il sugo col vino. Le foglie col sale e col serpente* d a t a r in vino, et urinae oieadae. vina sadoperano alle scrofe. La radice si d nel vino contra le serpi, e a muover l ' orina.
B o fe b stii , i .

D bl

b o p m s ti, i.

XXXVI. I Greci con gran leggerezza lodano X X X V I. B u p r e s ti magna inconstantia Graeci molto il bupresti nei cibi, e vogliono ancora che ia laudibus c ib o ru m etiam habuere : iidemque ei sia rimedio conira il veleno. 11 nome suo direnedia ta m q u a m contra venenum prodiderunt. i5 P l w io 1. N., Vol. 1).

227

C. P U N II S&CUND1

22%

E l ipsum nomen indicio est boom certe venenum esse,quos dissilire degustata fa tentar. Quapropter nec de hac plura dicemus. Est vero causa, quare venena monstremus inter gramineas corona*, nisi libidinis causa expetenda alicui videtur, quam non aliter magis accendi palant, quam pota ea.

mostra come egli veleno ai buoi, i quali gastaadolo $000 forzati saltare. Epper non ne diremo pi cose. Nondimeno di ragione essere da noi dimostri i veleni ch'entrano nelle corone di gra migna, acci cbe altri ne sia avvertito; se pare non questerba da taluno ricerca per cagion di lussuria,stimando che non si possa essa infiammar pi, che col bere del sugo di lei.
D e l l * ela fo b o sc o , 9 .

E lapb obosc oh , IX.

XXXVII. L elafobosco come ferula, e ha il XXXVII. Elaphoboscon ferulaceum est, geni gambo a boccinoli grosso quanto un dito, e il culatum digiti crassitudine, semine corymbis dependentibus, silis effigie, sed non amaris, foliis seme simile a quello del seseli in grappoli penzigliauti, ma non amari : le foglie sono come di olasairi : et boc laudatam in cibis. Quippe etiam conditum prorogator ad arioam ciendam, lateris olusatro, e lodasi fra i cibi. Tiensi ancora in con serva per provocar 1 oriua, per guarire la doglia dolores sedandos, rapta, convulsa sananda, infla del fianco, le parli rotte, o spiccate, e per levare tiones discutiendas, colique tormenta. C ontri le ventosit e la passione dell iuleslino colon; serpentium omniamque aculeatorum ictus. Quip pe (ama est, hoc pabalo cervos resistere serpen non che contra le serpi, e ogni pu ntu ra degli ani mali che hanno l ago. Dicono che i cervi con tibus. Fistulas quoque radix nitro addito illita sanat. Siccanda autem in eos usus prius est, ne questo cibo resistono alle serpi. La sua radice col succo suo madeat, qui contra serpentium ictus nitro guarisce le fittole. Ma prim a ai secca, che non facit eam deteriorem. s ' adoperi alle gi dette cose, acciocch non sis molle del suo sugo, il quale la fa manco vakre contra i morsi delle serpi.
S c a h d ix , x . A h t h &iscus , i i .

D e l l a scan dicb, 1 0 . D e l l a h tb is c o , a.

XXXVIU. Scandix quoque in olere silvestri a Graecis pooitur, ut Opion et Erasistratas tra dunt. Item decocta alvum sistit. Semine singul* tus confeslim ex aceto sedat, lllioitur ambustis, urinas ciet. Decoctae succus prodest stomacho, jocineri, renibus, vesicae. Haec est, quam Aristo phanes Euripidi poetae objicit joculariter, ma trem ejus ne olus quidem legitimum venditasse, sed scandicem. Eadem erat anthriscus, si tenuiora folia et odoraliora haberet. Peculiaris laus ejus, quod fatigato Venere corpori succurrit, marceutesque senio jam coitus excitat. Sistit profluvia alba feminarum.
I a s i o k b, IV .

XXXVIII. 1 Greci pongono ancora la scandice fra gli erbaggi salvalichi, siccome dicono Opione ed Erasistrato. Cotta rislagoa il corpo. Il seme suo stato nell aceto ferma il singhiozzo. Poasi io su cotti, e muove l orina. 11 sugo della cotta gio va allo stomaco, al fegato, alle reni e alla vescica. Questa quell erba, che Aristofane im provera per gioco ad Euripide poeta, dicendo che la sua madre neppur cavolo vero avea vend uto , m a scan dice iti quella vece. Lo antrisco sarebbe eguale, a1 e g l i avesse le foglie pi sottili p i odorifere. L a aua pecdliar virt , eh egli soccorre al corpo a f f a t i c a t o nella battaglia amorosa, e desta il coito g i stracco per vecchiaia. Ristagna il flusso bianco d e l l e d o n n e .
D e ll ia s io h e 4 . ,

XXXIX. Et iasione olus silvestre habetur, in XXXIX. Lo iasione anch egli e r b a a a l v a li terra repens, cum lacte multo : florem fert can ca. Va per terra, ed ha di molto la tte : fa il fior didum : concilium vocaut. E t bujus eadem com bianco, che chiamasi concilio. A ncb'esso lodato mendatio ad stimulandos coitus. Cruda ex aceto al medesimo effetto di destare la lu san ria. Cibato in cibo sumpta, mulieribus lactis ubertatem prae crudo con l aceto dalle femmine, c re sc e lo ro il stat. Salutaris est phthisin sentientibus, lufanlatte. E utile a chi sente di tisico. P o s t o sul capo tium capiti illita, nutrit capillum tenacioremque ai bambini, nutrisce i capegli, e fa l a c o t e n n t pi ejus culem efficiL , tenace.

HISTORIROM MUNDI LIB. XXII.

CiDUlM, Zi.
XL. E slu r e t eaocalis, fenieulo similis, brevi caale, flore candido, cordi utilis. Saccos quoque ejus bibitur, stomacho perqnam commendatus, el ariose, calcalisque et arenis pelleodis, et vesi cae pruritibus. Exlenoat et lienis, jocineris, reniomque pituitas. Seroen menses feminarum adju tat, bileaique a p arta siceat. D atar et contra profluvia geniturae viris. Chrysippus et conceptioaibas eam putat conferre multum : bibitur io vino jejunis. Illinitur et eonira venena roarinoram, sicul Petriehas in carmine suo significat.

D el

caucalb, i

a.

XL. Mangiasi ancora il caucale, il quale i si mile ai finocchio : ha it gambo corto, il fior bian co, ed utile al cuore. Beesi ancora il suo sugo, il quale molto accomodato allo stomaco, all* orina, a cacciare la pietra, la renella e il pizzicore della vescica. Assottiglia la flemma della milza, del fegato e delle reoi. 1 seme suo aiuta i mesi 1 delle donne, e rasciuga la collera dopo il parto. Dassi inoltre agli uomini sfilati. Crisippo tiene che essa aiuti molto lo ingravidare. Beesi col vino a digiuno. Fassene ancora empiastro coatra il veleno degli animali marini, come scrive Petrico ne* suoi versi. D b l sto, 6 . XL 1. A questi aggiungono il sio, il qaale na sce bell' acqua, ed pi largo che 1 appio, pi * grasso e pi nero, copioso di seme, e di sapore del nasturzio. Giova alla orina, alle reni, alla milza e ai mei delle donne, sia mangiandolo, sia beendo la sua cocitura, o il seme col vino a peso di doe dramme. Rompe la pietra, e resiste alle acque che la fanno. Al male de'pondi giova infuso. Impiastrasi alle lentiggini : ai difetti nel viso delle donne s'impiastra la notte, e subito fa bella cute : mitiga l ' ernie, e leva la rogna de* cavalli.
D el
s il ib o .

iu m , v i .

XLI. His ad n u m en n i et sium, latius apio, in aqoa nascens, pinguius, nigriusque, copiosum semine, sapore nasturtii. Prodest urinis, renibus, lienibus, raulicrumque mensibus, sive ipsum in cibo sumptum, sive jus deeocti, sive semen e vino drachmis duabus. Calculos rumpit, aquisque quae gignant eos, resistit. Diseutericis prodest infusum. Item iHilum lentigini, et mulierum vi tiis in facie noctu illitum, momentoque cutem emendat, et ramices lenii, eqaoram etiam sca biem.
Sar.YBCM.

XL 1I. Silybum, chamaeleoui albo similem, aeque spinosam, ne iu Cilicia quidem, aul Syria, aut Phoenice, ubi uascitur, coquere tanti est: ita operosa ejus culina traditur. In medicina nul lum usum habet.
ScOLYMOH, SIT* MMOHIOV, V.

XL 1I. Il silibo simile al cameleone bianco, e spinoso cora'esso : in Cilioia, o in Soria, o in Fenicia, dove nasce, non franca la spesa a cuo cerlo ; tanto difficile la sua cucitura. In medi cina nou buono a nulla.
D e l l o s c o l i m o , o li m o b i o ,

5.

XLUI. Scolymon quoque in eibos recipit Oriens, et alio nomine limoniam appellat. Frutex est numquam cubitali altior, cristisqUe foliorum ac radice nigra, sed dulci : Eratostbeni quoque laudata in pauperis coena. Urinam ciere praeci pue tra d itu r : sanare lichenas e) lepras ex acelo. Tenerem stimulare in vino, Hesiodo et Alcaeo testibus : qui fiorente ea cicadas acerrimi cantus esae, et mulieres libidinis avidissimas, virosque ia coitum pigerrimos scripsere, velut providentia naturae hoc adjum ento tuoc valentissimo. Item graveolentiam alarum emendat radicis emedulla tae uncia, io vini Falerni heminis tribus decocta ai tertia*, e t a balineo jejuno, itemque posteih ttc ja th if slogati* pota. Miram est* qaod Xe>

XLI 1I. Lo scolimo eziandio s ' usa per ciho in Levante, e per altro nome si chiama limonio. Non cresce mai pi che un braccio. Ha crestate le foglie, e la radice nera, ma dolce. Eratostene lo loda per la cena di un povero. Dicesi sopra tutto che egli muove l ' orina, e che con l ' aceto guari sce le volatiche e la lebbra. Col vino risveglia la lussuria, secondo Esiodoe Alceo, i qnali dicono che quando ei fiorisoe, le cicale cantano a pi potere, e che gli uomini sono pigrissimi al coito, dove al l'incontro le donne ne sono desiderosissime, co me se la natura avesse proveduto questo per otti mo aiuto. Leva 1 odore cattivo di sotto le braccia, * togliendo un' oncia della sua radice senza midolla cotta in tre emine di vino Falerno fin che scemi

a3 i

C. PLINII SECUNDI per terzo, e beendola a digiuno dopo il bagno o dopo il cibo in Ire bicchieri, presi uno per volta. Maraviglia ci che dice Senocrale, aver conosciuto per prova, che quel cattivo putto se ne va per l orina.
D e l s o h c o , s p e c i e 2 , v b d i c . i 5.

nocrales promittit experimento, vilium id ex lis per urinam efflaere.

SOSCHOS : O U I U l i , MBDICI1 B XV. U

XL 1V. Estur et sonchos (ut qaem Theseo pud Callimachum adpooat Hecale), uterque, albus et niger: lactucae similes ambo, nisi spioosi essent : caule cabi la Ii, anguloso, intus cavo, sed qui fractas copioso lacte manet. Albus, qui e lacte nitor, utilis orlhopnoicis lactucarum modo, ex embammate. Erasistratus calculos per urinam pelli eo monstrat, et oris graveolentiam comman ducato corrigi. Succus trium cyathorum memura, in vino albo et oleo calefactus, adjuvat parius, ita u t a partu ambulent gravidae. Dalur el in sorbitione. Ipse cauli* decoctus facit laciis abun dantiam nutricibus, coloremque meliorem infan tiam : utilissimas his, quae lac sibi coire sentiant. Instillatur auribus succus, calidusque in strangu ria bibitur cyathi mensura, el in stomachi rosio nibus cum semine cucumeris, nndeisque pineis. Illinitur et sedis collectionibus. Bibitur contra serpentes scorpionesque ; radix vero illinitur. Eadem decocta in oleo, punici mali calyce, aurium morbis praesidium et. Haec omnia ex albo. Cleemporus nigro prohibet vesci, ut morbos faciente, de albo consentiens. Agathocles etiam con tra sanguinem tauri demonstrat succum ejus. Refrigeratoriam tamen vim esse convenit nigro, et hac caasa imponendum cura polenta. Zenon radice albi stranguriam docet sanari.

X L 1V. Mangiasi aucora il soneo (poichCal limaco dice eh' Ecale lo diede a Teseo ), tanlo il bianco che il nero : amendae son simili alla lat tuga, se non fossero spinosi : hanno il gambo lungo un braccio, a canti e vlo dentro, il qnale rompendosi manda fuori di molto latte. Il bianco, il quale riceve quel colore dal suo latte, utile nel modo che le lattughe metterlo per condimento ne'cibi a chi non pa alitare, te non con difficolt. Erasistrato dice che con esso si mandano fuora le pietre per I' orina, e masticato fa buono alilo. Il sugo alla misura di tre bicchieri in vin bianco e riscaldato cou Polio aiuta i p arti, in modo che le gravide cammiuino dopo il parto. Dassi ancora a bere. II gambo cotto fa dovizia di lalte alle balie, e miglior colore ai bambini : utilissimo a quelle che si sentono rappigliare il latte. Il sugo si liM * negli orecchi, e beesi caldo nella stranguria alla misura di un bicchiere, e nei rosicamenli dello stomaco col seme del cocomero e con pinocohi. Fessene empiastro ancora alle raccolte d 'amore nel fondamento. Beesi conira le serpi e gli scor pioni, e la radice s'impiastra. Essa colla nell'olio in ana buccia di melagrana, giova al male degli orecchi. Tutte queste cose sien dette del bianco. Cleemporo non vuole che il nero si mangi, perch fa male : del bianco acconsente. Agatocle ancora dice che il sugo di esso vale contra il sangue del toro. Nondimeno pare che il nero abbia forza di rinfrescare, e perci da porlo con la polentaZenone insegna che la radice del bianco guarisce gli stranguglioni.
D el
c o r d b il l o , o c o h o b i l l b ,

CORDBILLOR, SIVB COHDEILLE, III.

3.

XLV. Condrillon, sive condrille, folia babet intubi, circumrosis similia, caulem minus peda lem, sacco madentem amaro, radice fabae simili, aliquando numerosa. Habet proximam terrae mastichen tubercolo fabae, quae ad posita femina rum menses trahere dicitar. Tusa cum radicibus tota dividitur in pastillos, contra serpentes, ar gumento probabili: si quidem mures agrestes laesi ab his, hanc esse dicantar. Succus ex viao oocUe, alvum sistit. Eadem palpebrarum pilos inordinatissimos, pro gummi efficacissime regit. Dorotheus stomacho et concoctionibus utilem carminibus suis pronuntiavit. Aliqai feminis, et

XLV. Il condrillo, ovver condrille, ha le fo glie simili alla indivia, che paiono corrose all' in torno ; il gambo manco di nn pi, che gocciola sugo amaro,e la radice simile alla fava, alcuna vol ta numerosa. Ha presso alla terra mastice grande quanto una fava, la quale posta sulle donne diccsi che cavalor fuori i menstrui. Il condrillo pesto in tero con le radici si di divide in paslegli. e vale con tra le serpi con probabile argomento, perocch si dice che i topi salvatichi offesi dalle serpi mangia no di questa erba. Il sugo del cotto nel vino rista gna il corpo. 11 medesimo, come la gom m a, efficacissimamente ritiene i disordinali peli delle pai-

Hi

HISTORIARUM MUNDI L1B. XXII.

23*

ocolts, g en eralio n iq ae virorum contrariam pu tavere.

pebre. Doroteo ne' suoi versi disse che esso giova allo stomaco e alla digestione. Alcuni hanno te nuto che ei sia contrario a* pedignoni, agli oc chi e allo ingenerare de' maschi.
BoLBTl : LOBO PBOPBIET NASCENDO.

D b BOLETIS : PaoPBIETATBS BOBOBf IN NASCBHDO.

XLVI. ln le r ea quae temere m anduutur, et boletos m erito potuerim , optimi quidem hot cibi, sed immenso esem plo in crimen adductos, vene no Tiberio Claudio principi per hanc oceasionem a conjuge Agrippina dato: quo facto illa lerris venenum alteram , sibique ante omoes, Neronem tuum dedit. Quorum dam ez bis tacile noscuntur venena, diluto rubore, rancido aspectu, livido intus eoiore, rimosa stria, pallido per ambitum labro. Non sunt haec in quibusdam : siccique, et nitri similes, veluti guttas io vertice albas ex tanica sua gerunt. Volvam enim terra ob hoc prius gignit, ipsum postea in volva, ceu in ovo est luteum. Nec tunicae mitior gratia in cibo in fantis boleti. Rumpitur haec primo nascente : n o x increscenle, in pediculi corpus absumitur, raroque umquara geminis ex uno pede. Origo prima causaque e limo, et ncescente succo ma deatis terrae, au t radicis fere glandiferae : ioitioque spnm a lentior, dein corpus membranae simi le, rnox partus. Ut diximus, illa pernicialia, pror sos im probanda. Si enim caligaris clavus, ferrive aliq u a robigo, aut panni marcor adfuit nascenti, om nem illico succum alienum saporemque in venenum concoquit: deprehendisse qui, nisi agre stes, possunt, atqne qui colligunt ? Ducunt ipsi alia v itia : et quidem si serpentis caverna juxta fuerit, si patescentem primo adhalaverit, capaci venenorum cognatione aJ virus accipiendum. Itaque caveri conveniet, pritta quam se condant serpentes.

Signa e r a n t t o t berbae, tot arbores frnticetqoe, ab em ersu e a ru m ad latebram usque ver santes: et vel frax io tantum folia, nec postea nascentia, nec a n t e decidentia. E t boletis quidem ortus occatusqae o m n is intra dies septem est.

XLVI. Fra quelle cose che inconsideratamen te si mangiano, a me pare cbe meritamente si debbano porre i funghi boleti, che certo sono molto dilettevoli al gusto, ma per un notabile esempio dannati, rispetto al veleno che in essi fu dato a Tiberio Claudio imperadore da saa mo glie Arippina ; onde essa poi avvelen tutto il mondo, e molto pi s stessa per mezzo di Ne rone suo figlioolo. Di alcuni di essi facilmente si conosce il veleno, quando hanno un certo rossore sparso, con aspetto rancido, e dentro il color li vido con fessure striate, e pallido Porlo d'intorno. Alcuni non hanno queste cose, e secchi sono si mili al nitro, e portano come gocciole bianche nella cima della tonaca. E per questo la terra genera prima la volva, dipoi nella volva, come nell' uovo, il giallo N piace punto meno per mangiare la tonaca del boleto giovanetto. Questa si rompe quando nasce, poi nel crescere se ne va tutta nel gambo,e rade volte accade che ne sieno due in un piede. L 'origine prima e la causa vien dal limo e dal sugo della terra umida che comincia ad acidire, o dalla radice di pianta ghiandiferai da principio una sostanza pi tenace che non la schiuma, dipoi si fa corpo simile a pellicola, e finalmente ne viene il parlo. Queste, come ab biamo detto, son cose peruiziose, e per da fug gire ; poich te il boleto, quaodo si genera, ba vicino o bottone da calzari, o ferro ruginoso, o panoo marcio, subito riceve quel sugo e quel sa pore e lo ricuoce in veleno ; e chi lo pu ricono scere, se non i contadini e chi li coglie? Contrag gono i funghi eziandio altri difetti ; se la buca di qualche serpe vi foste pretso, o se quando n a scono ei vi t ' abbatte ad alitarvi aopra ; perch la natura di essi capacissima a ricevere ogni qua lit di veleuo. Per bisogoa molto guardarsene, prima che le serpi t ascondano. 1 segni del loro sparire saranno l'erb e, tanti alberi e tanti sterpi, i quali da che le serpi esoon fuori Hoo a che si ripongono stanno verdi ; e bastano anche a dare tal segno le foglie del fras sino, le quali n poi nascono, n avanti caggiono. I boleti cominciano e finiscono in selle giorni.

a35

G. PLINII SECONDI
F ur gr i : s b g h i d e g l i a w b l e h a t i .
M e d ic in e c h e s b r b p a r r , 9 .

a36

D b n g h : f o n i t b r b m a t o i u v . M e d ic i m i e e x

is ,

i .

XI^VII. aS. Fungorum lentior nalura, et nu merosa pener, sed origo non nisi ex pituita ar borum. Tutissimi, qui rubent callo, rninas dilato rubore, quara boleti. Mox candidi, velut apice flaminis insignibus pediculis. Tertium genus suil li, venenis accommodatissimi. Familias nuper in teremere, et tota convivia, Annaeum Serenum praefectum Neronis vigilum, et tribunos, centurionesque. Quae voluptas tanta ancipiti* cibi ? Quidam discrevere arborum geueribus, fico, fe rula, et guramim ferentibus : nos item fago, aut robore, aut cupresso, u t diximus. Sed sIm quis spondet in venalibus? Omnium colos lividus. Hic habebit veneni argumentum, quo similior fuerit arborum fici. Adversus haec diximus remedia, dicemusque : interim sunt aliqua et in his.

Glaucras stomacho utiles putat boletos. Sic cantur pendeutes suilli, junco transfixi, quales e Bithynia veniunt. Hi fluxionibus alvi, quas rheu matismos vocant, medentur, excresceniibusque in sede carnibus : minuunt enim eas, et tempore absumunt. Item lentiginem, el mulierum vitia in facie. Lavantur etiam, u t plumbum, oculurnm medicamento. Sordidis ulceribus et capitis eru> ptionibus, canum morsibns ex aqua illinuntor.

Libet et coqnendi dare aliquas communes in omni eo genere observationes, quando ipsae suis tuanibus deliciae praeparant bunc cibum solum, et cogitatione ante pascuntur, succineis novacu lis, aut argenteo apparatu comitante. Noxii erunt fungi, qui in coquendo duriores fient : ionocenliores, qui nitro addito coquenlur, si utique per coquantur. Tutiores fiunt cum carne cocti, aut cura pediculo piri. Prosunt et pira confestim sumpta. Debellat eos et aceti natura, contraria iis.

XLV 1I. a 3 . Pi lenta la natura de* fanghi, i quali sono d'infinite ragioni : por l'origine loro non altro se non flemma di alberi. Sicurissimi tono quegli che rosseggiano, e hanuo il callo eoa meno dilavato rossore che il boleto. Dipoi i bian chi, i quali hanno il gambo bello, e appuntato in foggia di un cappello di sacerdote flamine. La terza specie sono i porcini, accomodatissimi per veleno. Non ha molto, che hanno morto le fami glie intere, e quanti si trovarono a convito, e fra gli altri Annio Sereno capitan della guardia di Nerone, e tribuni e centurioni. Perch adunque tanto piacere si piglia di un cibo cosi pericoloso? Alcuni gli distinguono secondo le maniere degli alberi presso cui nascono, al fico, alla ferula, e a quegli che fanno gomma : noi li distinguiamo se condo che nascooo presso al faggio, al rovero, o al cipresso, come abbiamo detto. Ma ehi ci pu assicurare in quegli che si comprano ? Essi sono tutti lividi. Quanto saranno pitk simili al colore del fico, tanto manco saranno pericolosi di veleno. I rimedii da usar contro essi gli abbiamo gii inse gnali, e ne diremo ancora : fra tanto dimostriamo quelli che si traggono da essi. Glaucia tiene che i boleti, o rv er novoli, sieno utili allo stomaco. I porcini si seccano infilzati in un vinco, e appiccati, come sono quegli che vengono di Bilinia. Questi guariscono i flussi del corpo, che si chiamano reumatismi, e le carni che crescono nel sedere, perch le consumano col tempo. Cos le lentiggini, e i difetti del *i*o delle donne. Levansi ancora, come il piombo, per farne medicina da occhi. Fassene empiastro con l'acqua alle ulcere che fanno puzsa, e si morso del cane. lo voglio insegnare alcune osservazioni co muni nel cuocergli, poich non v' ha altro cibo, che i ghiotti delle pi gran delica Iure preparino in cibo con le proprie roani: si pregustano col pen* siero, e s 'imbandiscono in vasi di ambra, o con apparato di argento. 1 funghi che nel cuocere di' ventan duri sono malefichi e nocivi: meno nocivi saranno, cuocendogli insieme eoi nitro, pur che si cuocano bene. Pi sicuri saranno cotti con la carne,o con piciuuti di pera. Giova ancora mangiare subito dopo essi deUe pere. Anche l'aceto vieta loro di nuocere, perch ha nalura ad essi contraria.
D bl
s il f io ,

S i l p h i u m , v ii .

7.

XLVIII. Imbribus proveniunt omuia haec. Imbre et silphion. Venit primo e Cyrenis, ut

XLVIII. Tutti questi nascono per le piogge, come per esse nasce ancora il silfio, il quale, come

HISTORIARUM MUNDI U B . XXII. dietim el. Ex Syria nunc maxime im portatur, deterius Parlhico, sed Medico melius, extineto omni Cyreoaico, ut diximus. Usus silphii in me* dieina: foliorum, ad purgandas vulvas pellendos que emortuos partas : decoquuntur in viuo Ibo et odorato, ut bibatur mensura acetaboli a bali* usis.Radix prodest arteriis exasperatis: et colle ctioribus sanguinis illinitur. Sed ia cibis conco quitur segre Inflationes facit et raclus. Urinae quoque aoxia. Sugillatis cara vino et oleo amicis* sima, et cum cera strumis. Verracae sedis ere* briore ejus suffitu cadunt.

aSS

corae s* i detto, venne Ia prima volta da Cirene. Ora vien di Soria, peggiore del Parlico, ma mi* gliore di quel di Media, essendosi spento, come dicemmo, tutto il Cirenaico. Il silfio s' usa nelle medicine: le sue foglie si cuocono in vili bianco odorifero, a misura di uno acetabolo, e dassi nell'uscire del bagno a chi bisogna purgar la matrice, e mandar fuori la creatura morta. La sua radioe giova alle arterie esasperate, impiastrasi alle raccolte del sangue. Ma nei cibi malamente si smaltisce. Fa ventosit e rutti, e nuoce ancora all' orina. Con vino e olio amicissima ai suggel lati, e con cera alle scrofe. Mandansi via i porri del sedere, profumandogli spesso cou essa. Dbi. L A ssao, 39. XLIX. Il lasero, che viene del silfio nel modo che abbiamo detto, annoverato fra i singolari doni della natora, e adoperasi in molle composi* xioni. Per si riscalda i freddori, e bevuto scema i difetti dei nervi. Dassi alle donne nel vino, e con lana morbida s'accosta alla matrice per tirar fuora le purgagioni. Mescolato con la cera, cava i chiodi dei piedi, scalzati prima col ferro. Muove l ' orina stemperandone quaoto un cece. Audrea dice che pigliandone in maggior co pia non produce ventosit ; che giova mollo allo smaltire dei vecchi e delle donne ; e che egli pi utile il verno che la stale, ma a chi bee acqua; per da guardarsi beue di non aver dentro alcu na piaga. E buono a mangiare per riaver chi esce di malattia, perciocch dato a tempo debito ha forza di cauterio, e giova pi a chi avvezzo a pigliarlo, che non agli altri. E utile e sicuro alle cose esteriori del corpo. Bevuto spegne i veleni delle serpi e dell' armi. Fassene empiastro intorno a tali ferite, ma che sia stalo nell' acqua : solo per gli scorpioni vuole essere stato nell* olio. Alle nascenze che non ma turano, s ' adopera con farioa di orzo, e fico sec co. A' carboncelli si fa con ruta o con mele, o senza altro con un poco di visco sopra, perch s'appicchi ; e cosi al morso dei cani. Alle malat tie che crescono intorno al sesso, giova cotto nell' aceto con buccia di melagrana. utile an cora a' chiovi dei piedi, i quali si chiamano vol garmente morticiui, mescolato con nitro. Riem pie le cavit che l'alopezia lolla via col mezzo del nitro ha gi lasciate, mescolandolo con vino e zafferano, o pepe o sterco di topi e aceto. Col vino fomenta i pedignoni, e cotto con l'o lio vi si pone sopra : cosi si fa ancora al callo. di grandissima utilit ai chiovi de' piedi rasi di so pra ; n o n che contra I* acque cattive, o paesi pe stilenti, o giorni tali.

L a s s i, x x x i x .

XLIX. Laser e silphio profluens, quo dixi* mu modo, inter eximia oaturae doua numera tum, plarimis compositionibus inseritor. Per ae antem algores excalfacit, polum nervorum vitia eiteouat. Feminis datur in vino. Et lanis mollibsadmovetur vulvae ad menses ciendos. Pedum clavos drcumsca ri Beatos ferro, mixtum cerae extrahit Orinam ciet ciceris magnitudine dilu*
lOB.

Aodreas spondet, copiosius sumptum nec in* flstiooes facete,et concoctioni plurimum conferre seoibus et feminia : item hieme, quam aestate, olilins, et tora aquam bibentibus: cavendumque ne qua iotns sil exulceratio. Ab aegritudine re creationi efficax in cibo. Tempestive enim datum, cauterii vim obtinet: adsuelis etiam utilius,quam expertibus. Ad extera corporum , indubitatas confessio nes habet. Venena telorum et serpentium extingait potum : ex aq u a vulneribus his circumlini tur: scorpionum ta n tu m plagis ex oleo: ulceribus vero ooo maturescentibus cum farina hordeacea, vd fico sicca. C arbunculis cum ruta, vel cum Bete, vel per se visco superlitum, ut haereat : *c et ad canis m orsus. Excrescentibus circa se * dem, cum tegmine punici mali ex aceto decoctum. Clavis, qui vulgo m orticini appellantur, nitro xto. Alopecias n it r o ante subactas replet cum 1|Qo, et croco, a u t pipere, aut murium fimo, et ttelo. Perniones ex vino fovet, et ex oleo coctum 'ponitur : sic e t callo. Clavis pedum superrasis pwcipaae utilitatis. Contra aquas malas, pesti* t a o tractos, vel d ie s.

C. PLINII SECONDI la tasti, ava, fellis velcri suffusione, hydropisi, raucitatibus : con festini enim purgat fauces vocemque reddit. Podagras io spongia dilutam posca lenit. Pleuriticis in sorbitione vinum poiuris dalur : contractionibus, opislhotonicis, ciceris magnitudine cera circumlitum. In angina garga> rizalur. Anhelatoribus, et in tussi vetusta curo porro ex aceto dalur : aeque ex aceto his qui coagulum laciis sorbuerint. Praecordiorum vitiis synlecticis, comitialibus in vino, io aqua mulsa linguae paralysi. Coxendicibus, et lumborum do* loribus cum decocto meile illinitur. Giova alla tosse, alla ugola, a 6hi ba da molto tempo sparto il fiele, ai ritruopichi, e a quei che sono fiochi, perch subito porga te canne Iella gola, e rende la voce. Stemperato con la posca e applicato con ispugna m itigate gotte. Dassi sor seggiare ai plruretici che hanno a ber vino : dassi ai raltrappamenli, allo spasimo, ebe per ritirare i nervi tira la testa all' indietro verso le spalle, della grandezza di un cece con cera impiastrata intorno. Nella squinanzia si gargarizza. A quegli che ansano, o hanno tosse vecchia, si d col por ro nell' aceto, e con I' aceto ancora a quegli che hanno inghiottito presame di latte. Dassi in vino con acqua melala ai mali degliuleriori, ai (in iettici, a quegli che hanno il mal caduco, in vino, e nell' acqua melata al parlctico della lingua. A i dolori delle coscie e dei lombi s ' impiastra col mele cotto. lo non approvo quello che dicono g li autori, che uel dolore dei denti si mette con la cera nei buchi di essi, per essersi trovalo uno, il quale per questa cagione si gett da allo a terra, li cer io esso infiamma i tori, fregandolo al naso loro, e mescolandosi col vino fa scoppiare le serpi, in gordissime di quello. Perci io non consiglierei ancora ungersi col mele Ateniese, ancora eh'essi lo comandino. Lungo sarebbe il voler rac co ala re quante utilit egli abbia, a c c o m p a g n a l o con altre cose ; ma noi trattiamo dei semplici ; perciocch iu questi t i manifesta la nalura, e in quegli la congettura spesse volle iuganoa, e niuuo ha os servato tanto che basti I' accordo e la discordia della natura nelle misture. Della qual cosa poco pi oltra copiosamente ragioneremo.
M e le . D e l p i o p o l i ,

Non censuerim, quod auctores suadent, ca vernis dentium in dolore inditum cera includi : magno experimento hominis, qoi se ea de causa praecipitavit ex alto. Quippe lauros inflammat naribus illitis : serpentes avidissimas vini adraixtuni rumpit. Ideo nec iuungi suaserim cum At tico meile, licei praecipiant. Quas habeat utilittes admixtum aliis, immensum est referre : et nos simplicia tractamus : quoniam in his natu ram esse apparet, io illis conjecturam saepius fallacem, nulli salis custodita in mixturis concor dia naturae ac repugnantia. Qua de re mox plura.

D s M ILLE. P lO P O L IS , V. M b LLIS, XVI.

5.

D s l m e le , 16.

L, 4- Non esset mellis auctoritas in pretio minor, quam laseris, ni ubique nasceretur. Illud ipsa fabricata sil nalura : sed huic gignendo auimal, ul diximus : innumeros ad usus, si qoolies misceatur, aestimemus. Prima propolis alvorum (de qua diximus) aculeos el omnia infixa corpori extrahit, tubera discutit, dura concoquit, dolores nervorum mul cet, ulceraque jam desperantia in cicatricem eludit. Mellis quidem ipsius natura talis est, a t pu trescere corpora non sinat, jucundo sapore atque non aspero, alia quam salis na tara. Faucibus, ton sillis, anginae, omnibusque oris desideriis alilissimnm, arescenti bus in febribus linguae. Jam vero peripneumonicis, pleuriticis decoctam. Item vul* neri bos, a serpente percussis. Gt contra venena fungorum.Paralyticis io mulso: quamquam suae

L. 24. Non sarebbe in minore riputazione il mele che il lasero, s egli non nascesse in ogni luogo. Quello lo fabbric la oalura stessa, mai far questo, come dicemmo, produsse le pecchie. Nondimeno egli ha infinite utilit, se vorremo considerare in quante cose egli si mescola. Quello che nelle casse delle pecchie si chiama propoli, di cui gi dicemmo, cava le punte e ogni cosa fitta nel corpo, leva gli enfiali, mollifica I* durezze, mitiga le doglie dei nervi, e riscalda le ulcere a cui non pot altro medicamento. E di vero, la natura del mele- di non lasciar putrefare i corpi, con giocondo sapore, e non aspro, con altra nalura che il sale. Egli utHi**1 mo alle canne della gola, al male della ugola, alla suffocazione della gola, e a tutti i bisogni della bocca, e alla lingua risecca per la febbre. Col10 giova a quegli che hanno male al polmone con tosse, a chi ba dolore di fianco, e alle ferii* delle

HISTORIARUM MUNDI L1B. XXII. mulso doles constant. Mei auribus instillator cum rosaceo : lendes e t foeda capitis animalia necat. Usos despumati semper aptior : slomacbum ta men ioflat, bilem auget, fastidium creat, et oculis per se inutile aliqui arbitrantur. Rursus quidam angulos exulceratos meile tangi suadent. Mellis causas, atque differentias nationesque, et indica tionem, in apium , ac deinde florum natura dixi mus, qoam ratio operis dividi cogeret miscenda rursos, ualuram rerum pernoscere volentibus. serpi. Valeoontra i veleni dei funghi. Ai parletid ai d in vin melato, bench il vin melato abbia anch'egli le sue virt. II mele s'infonde negli orecchi con olio rosato: ammazza i lendini, e ogni altro animale brutto del capo. Il mele schiomato sempre migliore : nondimeno gonfia lo stoma co, accresce la collera, crea il fastidio ; e alcuni tengono che per s sia inutile agli occhi. Alcuni invece vogtiono che col mele si tocchino i lagrimaloi che gettano. Delle cagioni del mele, delle differenze, nascimenti e dimostrazioni sue abbia mo ragionato nella natura delle pecchie, e poi in quella dei fiori, perch la qualit dell* opera ci cosi riuse a dividere ci che poi si dovea ricon giungere per chi volesse conoscere la natura delse cose.
C on
qual gbh beb d i

Quo g

u u i c ib o r u m m o ee s q u o q u e m u t b b t u r .

ib i

n o t i n o a n c h e i c o s t u m i.

LI. In roellia operibus et aqua mulsa tractari debet Duo genera ejus: subitae ac recentis, alte ram inveteratae. Repentina despumato meile praeclaram utilitatem habet in cibo aegrotantium leti, hoc est, alicae elutae: viribus recrean dis, ore stomachoque mulcendo, ardore refrige rando. Frigidam eulm utilius dari ventri mol liendo, invenio apud auctores. Hunc potum bibendum alsiosis : item animi humilis et prae parci, quos illi dixere raicropsycbos. E t est ratio subtilitatis immensae a Platone descendens: cor pusculis rerum laevibus, scabris, angulosis, ro tandis, magis a a t minus ad aliorum naturam accedentibus i id e o non eadem omnibus amara aat dulcia esse. S ic et in lassitudine proniores eae ad iracundiam , et in sili. Ergo et haec animi asperitas, seu p o tia s animae, dulciore succo miti gator. Lenit tranaitum spiritus, et molliores facit meatos, ne scin d a n t euntem redeuntem que.

Experimenta in se cuique: nullius non ira belosque, tristitia et omnis animi impetus cibo uellitur. Id e o q u e observanda sunt, quae non solum corporum medicinam, sed et morum ha bent. D b a q u a m u ls a , xvm . L1I. A qua m ulsa et tussientibus Qtilis tradilar, calefacta in v ita t vomitiones. Contra venenum pimmythii salu taris, addito oleo. Item contra ^oscyamum, c a m lacte maxime asinino, et con tra balicacabum, u t diximus. Infonditnr et auri g e t g en italiu m fistulis. Vulvis imponitur cum pue molli, s u b itis tumoribus, luxatis, leniendis-

LI. Poich s ' parlalo degli usi del mele, vuoi si ora parlare dell acqua melata. Due sono le ra gioni di essa; la fresca, e P invecchiata. La fresca, toltane la schiuma, di grandissima utilit nel cibo leggeri degli infermi, cio d' alica stemperata, a riavere le forze, a mitigare lo stomaco e la bocca, e a rinfrescar l ' ardore. Perciocch io truovo ap presso gli autori, eh' egli pi utile darla fredda per mollificare il corpo, e che questa bevanda si dee dare agl' infreddali, e a quegli che son d 'ani mo debole, i quali essi chiamarono micropsichi. cci anco una ragione molto sottile, la quale viene da Platone, ed questa, che i lievi corpi delle cose sono aspri, anguiosi, tondi, pi o manco acco standosi alla natura degli altri, ond' che le me desime cose a tulli non sono dolci o amare. Cosi nella stanchezza e nella sete chi pi e chi meno inclinalo alla collera. Epper questa asprezza danimo, o piuttosto dell' anima, si mitiga con sugo pi dolce, il quale rammorbida i meati don de passa lo spirito, e mollifica, acciocch non lo rompano quando va o ritorna. Ci prnova ognuno in s tesso, perch l ' ira, il pianto, la tristezza ed ogni commozione dell ' animo si mitiga col cibo. Per questo sono da osservarsi quelle cose, le quali medicano non pure i corpi, ma i costumi ancora.
D e l l ' acqua m ela ta , 1 8 .

L 1I. Dicono che l ' acqua melala utile a co loro che tossono, e riscaldata invita il vomito. Con l ' olio giova contra il veleno del psimmizio, e anco contra il giusquiamo, massimamente col latte asinino, e contra l ' alicacabo, come dicemmo, tnfondesi ancora negli orecchi, e nelle fistole delle membra genitali. Ponsi sulle matrici eoa

C. P U N II SECUNDI que omnibus. Inveteratae u*um damnavere po steri, minus innocentem aqua minosque vino firmum. Longa tamen vetnstate I r a n sit in vinum, ut constat inter omnes, stomacho inutilissimum, nervisqae contrarium. pan molle, alle subite enfiagioni, a quegli che hanno i membri usciti dei loro luoghi, e a tutte le cose che hanno bisogno d ' essere mollificale. L' uso della invecchiata stato biasimato dagli uomini dei nostri tempi, come quella ch' manco innocente che l'acqua, e manco ferma che il viuo. Ma per a lungo andare passa in vino, come si sa per ognuno, inutilissimo allo stomaco, e con* trario ai nervi.
D e l v is o m e l a to , 6 .

M ulsum, vi.

LIII. Semper molsam e* vetere vtno utilissi mum, facillimeque cum meile concorporatur, et quod in dulci numquam evenit. Ex austero fa ctum non implet stomachum, neque ex decocto meile, minusque inflat, quod (ere evenit. Adpetendi quoque revocat aviditatem cibi. Alvum mollit frigido potu, pluribus calido sistit. Cor pora auget. Multi senectam longam mulsi tan tum nutritu toleravere, neque alio ullo cibo, ce lebri Pollionis Romilii exemplo. Centesimum annum excedentem eum divus Augustus hospes interrogavit, u quanam maxime ratione vigorem illum animi corporisque custodisset. At ille respondit : u Intus mulso, foris oleo, Varro re gium cognominatum morbum arquatum tradit, quoniam mulso curetur.

LII 1. Il mulso di vin vecchio sempre ulilis* sinao, e mollo facilmente s ' incorpora col mele ; il che non avviene mai del dolce. Fatto di vin brusco, o di mel cotto non empie lo stomaco, e manco enfia ; il che quasi sempre avviene. Fa venire anco altrui voglia di maogiare. Bevuto freddo mollifica il corpo, ed essendo bevuto in pi modi caldo, lo ferma. Accresce i corpi. Molti sono invecchiali assai, usando solo il vio melato senza alcun altro cibo; del che i celebre Pesem pio di Romilio Pollione ; il quale avendo passato cento anni, fu domandato dall imperadore Au gusto, u come egli aveva fatto a conservare tanto tempo il corpo e P animo nel suo vigore. Ed egli rispose : . Dentro col vin melato, e di fuori con lolio, n Varrne dice che il morbo regio si chiama arcuato, perch si medica con questo vino.
D e l m e l it it e , 3 .

M e l it i t e s , m .

LIV. Melitites quo fleret modo ex musto et ntelle, docuimus in ratione vini. Seculis jam fieri non arbitror hoc genus, inflationibus obnoxium. Solebat tamen inveteratum alvi causa dari in fe bre : item articulario mbrbo, et nervorum infir mitate laborantibus, et mulieribus vini abstemiis.

LIV. Come si faccia il melitite di mosto e di mele, l abbiamo mostro, quando trattamm o del vino. Credo che sieno passati di molti anni che non se n* fallo, perch e* fa gonfiare. N ondi meno quando egli era invecchiato soleva darsi per cagione del ventre nelle febbri, e a coloro che avevano infermit di nervi, e alle donue cbe non beessero vino.
D e ll a c e ea , 8 .

C eha ,

v h i.

LV. Mellis naturae adnexa cera est: de cujus origine, bonitate, nationibus, suis diximus locis. Omnis autem mollit, calefacit, explet corpora : recens melior. Oatur in sorbitione dysentericis, faviqae ipsi, in pulle alicae prius tostae. Adver satur laciis naturae: ac milii magnitudine decem grana cerae hausta non patiuntur coagulari lac in alomacho. Si inguen tumeat, albam ceram io pube fixisse remedio est.

LV. Alla natura del mele congiunta la c e ra , della cui origine, bont e qualit s rag io n ato al suo luogo. Ogni cera mollifica, riscalda o r ie m pie il corpo; e la fresca migliore cbe P a t i r e . D.issi a bere a chi ha il male dei pondi, ed a n c h e i favi slessi in pultiglia d alica prima arrostila. LI contraria alla natura del latte ; e beendo d ie c i granella di cera grandi quanto un granello d i panico, non lasciano rappigliare il latte nello s t o maco. Se P anguinaglia s enfia, il rimedio m e t tervi su cera bianca.

HISTOBIAROM MUNDI LIB. XXII.


COBT&A COMPOSITIORES MEDICOSUM. CuflTSO LE COMPOnilOBl DEI MEDICI.

LVL Nec bujus usus, q ao i mixla aliis prsestai, enumerare medicina possi l : siculi nec cete rorum, quae cura aliis prosunt. Ista, ut diximus, ingeniis constant. Non fecit cerotum, malagmata, emplastra, collyria, antidota, parens illa ac divi na rerum artifex : officinarum haec, immo verius avaritiae com m enta su n t Naturae quidem opera absoluta atq u e perfecta gignuntur : paucis ex esus, non ex conjectura, rebus adsumpUs, u t succo aliquo sicca temperentur ad meatus : aut corpore alio humentia, ad nexus. Scrupulatim quidem colligere ac miscere vires, non conjectu rae hamanae opus, sed impudentiae est.

Nos nec Indicarum Arabicarumque mercium, aut externi o rb is adtingimus medicinas. Non pla cent remediis tam longe nasoentia : non nobis gignuntur: im m o ne illis quidem, alloqui non Tenderent O dorum causa, ungueatorumque, et deliciarum, si placet, etiam superstitionis gralia emantur, quoniam thure supplicamus et costo. Salutem quidem sine istis posse coostare, vel ob id probabimus, n t tanto magis sui delicias pudeat.

LVI. La medicina aon pu contare le utilit della cera accompagnata con altro ; anzi non pur di essa, ma n anche delle altre eose che per giovare vogliono essere accompagnate. Queste, come s detto, derivano da' nostri ingegni. Non fece quella madre e divina artefice di tulle le cose ce rotti, fomentazioni, empiastri, collirii e antidoti: queste sono invenzioni di botteghe, anzi trovati della nostra avarizia. Le opere della natura na scono assolute e perfette : e sol poche cose si prendono secondo la virt loro nativa e non per congettura, acciocch con qualche sugo si tem perino le cose secche, perch meglio scorrano per li meati del corpo, e acciocch le cose umide si mescolino con le secche per dar loro consistenza. Ma raccrr minutamente e mescolar le forze, non opera di congettura umana, ma impudenza. Noi uon ragioniamo delle medicine che si traggon delle merci Indiane o Arabiche, n di quelle del mondo straniero. Non ci piacciono per rimedii le cose che vengono taoto discosto, per ch non nascono per noi; apii n i anco per loro, ch non le venderebbono. Compriamole s per cagio ne d ' odori, d 1unguenti e di delizie, e ss piace, compriosi ancora per superstizione, da che fio riamo sacrificio agli dei con lo incenso e col co sto. Ma la salute nostra pu bene slare senza questi, il che noi proveremo ancora per ci, che tanto pi si vergognino delle delizie loro.
M b DICIICE CHE SI FARRO DALLE BIADE : DELLA SEGA LA, i . D e l g k a r o , i . D e l l a p a g l ia , a . D e l
fa & o, i . b ca ,

Msdicutas kx f r u g ib u s . S il ig in e , i . T s it ic o , i . P alea,
ii.

F a a n ,

i.

F o v u u b u s , i . O ltba

a iik a , u .

D e l l a cbusca , a . D e l l ' o l ib a a r n i

a.

LVU. 25. Sed medicinas e floribus coronamentisque et h o rte n siis, quaeque manduntur fcerb, prosecuti, quonam modo frugum omittiausf Nimirum e t has indicare conveniat. In primis sapientissima animalium esse constat, quae fruge veseantur. Siliginis grana combusta, et trita in vino araineo, oculis illita epiphoras sedant: trilici vero (erro com busta iis, quae frigus usse rit, praesentaneo s u n t remedio. Farina tritici ex Melo cocta, n erv o ru m contractionibus : cum rouceo vero et fico si oca, myxisque decoctis, furfares tonsillis faubusque gargarizatione prosunt. Sextus Pomponius praetorii viri paler, Hispaniae tilaiorii princeps, quum horreis suis ventilandis faenderet, co rrep tu s dolore podagrae, mersit '* irilicum sesa su p e r genua : levatusque siccatis pdibas mirabilem in modum, hoc postea remediusus e s t Vis U n ta est, u t oados planos siccet

LV 1I. a 5. Ms poi che abbiamo trattato delle medicine, che vengono dai fiori e dall* erbe che si mangiano e si mettono nelle ghirlande, in che modo lascieremo noi addietro quelle delle biade? Certo eh 1egli bene insegnare ancora queste. Quegli animali-sono tenuti pi sa vii, che si pa scono di biade. Le granella della segala arrostite e peste nel vino amineo e impiastrate agli occhi mitigano le lagrimazioni, e quelle del grano ar rostile col ferro giovano snbilo a quelle cose che sono incotte dal freddo. La farina del grano cotta con l 1aceto medica i raltrappamenti dei nervi, e la crusca con olio rosato, fico secco e meliaci eotli giova, gargarizzandola, agli enfiati della gola e alle canne d* essa. Sesto Pomponio padre d uno stalo pretore, principe della Spagna citeriore, essendo sopra i suoi granai per fargli sventolare, fu preso dal dolore dtile gotte, e si ficc nel gra-

C. P U N II SECUNDI Pateam quoque tritici, vel hordei, calidam imponi ramicum inoommodis esperii ju b e n t, quaque decoctae sunt aqua foveri. Est et in farre vermi culus teredini similis: quo cavis dentium cera incluso, cadere vitiati dicuntur, etiam si Tricen tur. Olyram, ariocam diximus vocari. Hac deco cta fit medicamentum, quod Aegyptii alheram vo cant, infantibus utilissimum : sed et adultos illi n u n t o.

248

no fino al ginocchio ; e uscitone coi piedi mara vigliosamente risecchi, dipoi sempre us questo rimedio. Ha il grano tanta forza, che secca i^ba rili pieni. Chi l ' ha provato dice che la paglia del grano e dell' orzo calda giova a ogni incomodo di ernia, ed similmente buona a fare ogni fo mentazione con l acqua dov' colta. Nel farro un vermine simile al tarlo, il quale, rinchiuden dolo con la cera nella concavit dei denti, fa ca dere i guasti ; e ancora fa il medesimo effetto, se si fregano con esso. L 'olir, eh' una specie di spelds, dicemmo che si chiama arinca. Con questa cotta lassi nn medicamento, che gli Egizii chia mano antera, utilissimo a 'b a m b in i, bench i grandi ancora s ' ungono con esso.
F a r i n e p e r is p e c ie : m ed ic. 2 8 .

E FABISA PBX GENEBA : MEDICINAE XXVIII. LV11I. Farina ex hordeo et cruda et decocta collectiones, impetnsque discutit, lenit, concoquitque. Decoquitur alias in mulsa aqua aut fico sicca. Jocineris doloribus cum posca concoqui opus est, aut cum vino. Quum vero inter coquen dum discutiendum que cura est, tunc in aceto melius, aut in faece aceti, aut in cotoneis, pirisve decoctis. Ad multipedarum morsus cum meile : ad serpentium, in aceto : et contra suppurantia, ad extrahendas suppurationes, ex posca, addita resina et galla. Ad concoctione* vero, et ulcera vetera, cum resina. Ad duritias cum fimo colum barum , aut fico sicca, aut cinere. Ad nervorum inflammationes, aut intestinorum, vel laterum, vel virilium dolores, cum papavere aut meliloto, et quoties ab ossibus caro recedit. Ad strumas cum pice et impubis pueri urina, cum oleo. Cum graeco feno contra tumores praecordiorum, vel in febribus cum meile vel adipe vetusto. Suppuratis triticea farina multo lenior. Ner vis cum hyoscyami succo illinitur: ex acelo et meile, lentigini. Zeae, ex qua alicam fieri dixi mus, efficacior etiam hordeacea videtur : trim e stris, mollior. Ex vino rubro ad scorpionum ictus tepida,et sanguinem exscreantibus: item arteriae. Tussi cum caprino sebo, aut butyro. Ex feno graeco mollissima omnium. Ulcera manantia sa nat, et furfures corporis, stomachi dolores, pedes et mammas cum vino et nitro cocta. Aerina ma gis ceteris purgat ulcera vetera, et gangraenas : cum raphano et sale et aceto, lichenas : lepras cum sulphure vivo : et capi lis dolores cum adipe anserino imposita fronti. Strumas et panos coquit, tu m fimo columbino et lini semine decocta in vino.

LVII1. La farina dell1orzo e cruda e cotta ri solve, mollifica e matura gli umori raccolti, e gli empiti loro. Cuocesi ancora con l'acqua melata, o coi fichi secchi. A' dolori del fegato si cuoce con la posca, o col vino ; ma quando la cura fra il maturare e il risolvere, allora meglio cuo cerlo nell' aceto, o nella feccia dell' aceto, o in mele cotogne, o pere cotte. Giova al morso del centogambe col mele, e con l ' aceto a quello delle serpi : con la posca, aggiunta ragia e galla, vale cootra le marcie, e ad estrarle fuori : giova a maturare i malori e alle piaghe vecchie, eoo ragia ; alle durezze, con isterco di colombo, o fico secco, o cenere ; alle infiammagioni dei nervi, o ai do lori delle interiora, o dei fianchi, o dei membri genitali, e quante volte si parte la carne dalPosa con papavero o meliloto ; alle scrofole, con pece e orina di fanciulletto e olio ; con fien greco eontra gli enfiati degl' interiori, o nella febbre col mele o grasso vecchio. Dove puzza, la farina del grano molto pi mite. Impiastrasi ai nervi con sugo di giusquia mo, e con aceto e mele alle leatiggioi. La farina della spelda, di cui dicemmo che si fa l'alica, di maggior virt che quella dell'orzo. La trim estre, eio la marzolina, pi molle. Pigliasi tiepida in vin vermiglio al morso dello scorpione, a chi sputa sangue, e all'arteria: con sevo caprino, o con b a r ro, utile alla tosse. Quella del fien greco morbi dissima pi che l ' altre. Sana le ulcere che oolaoo, e la forfora del corpo, i dolori dello stomaco, e piedi e poppe, cotta con vino e nitro. Quella delle rubiglie pi ehe l ' altre purga le nascerne vec chie e le cancrene ; e con rafano, sale e aceto, le volatiche, e con zolfo vivo la lebbra. Con grasso d oca posta sulla fronte leva la doglia della testa. Cotta nel vino oon isteroo di colombo e con sem e di lino matara le scrofe e le pannocchie.

HISTORIARUM MONDI LIB. XXII.


VOLUTA, TUI.

25 o

D ella po lb bta , 8 .

M iis

LIX. D e polentae generibus in frugum looo dixim us, locorum ralione. A farina hordei disiai eo q u o d torreto r, ob id stomacho ulilis. Alvum sistit, impelusque rubicundi tumoris. E t colis illinitor, et capitis dolori cam menta, aut alia refrigerante herba. Item pernionibus et ser pentium plagis : item ambustis ez vino. Inhibet qaoqae pusulas.

LIX. Delie specie di polenta abbiamo ragio nato a bastanza trattando delle biade. Essa dif ferente dalla farina dell'orzo, perch'ella s'arro stisce, e per ci utile allo stomaco. Ferma il corpo e gli empiti de* tumori rossi. Impiastrasi agli occhi e al dolore del capo con la menta, o alcuna altra erba che rifreschi, non che ai pedignoni, e ai morsi delle serpi ; e alle incotture ancora, ma vuole esser mescolata con vino. Leva inoltre le bollicole della cute. D bl
f io x d i p a h is a ,

E P O L U M , . PCLTE, I . F i U U CHAXTAXIA, L.

5. D e l l a p o l t ig l ia , i .

D e l l a fa a ik a da ih co l la .e e , i .

LX. F arin a in pollinem subacta, vim extra hendi hum oris habet : ideo et cruores suffusis io fascias usque sanguinem perducit : efficacius io sapa. Im ponitur et pedum callo, davisque. Nam cum oleo vetere ac pice decocto polline, condylomata, et alia omni* sedis vilia, quam maxime calido mirabilem in modum carantur. Pulte corpus augetur. Farina, qaa chartae gluti nantur, sanguinem exscreantibus dalur tepida sorbenda efficaciter.

LX. Il fiore della farina impastata ha virt di cavar fuora l ' amore, e per questo a quegli che son soffusi di sangue lo tira fin nelle fascie ; e con maggior virt se nella sapa. Ponsi sopra i calli chiovi dei piedi. Con olio vecchio e fior di farina cotta con pece mirabilmente guarisce i di lombati, e tutti gli altri mali del sesso, postovi su molto caldo. La sua pulliglia ristora e ingrassa il corpo. La farina, con cui s ' incollano le carte, si d a sorseggiare tiepida a chi sputa sangue.
Dell' auca, 6 .

Ex

ALICA, VI.

L X I. Alica res Romana est, et non pridem e x o o g iu ta: alioqui non ptisanae potius laudes scripsissent Graeci. Nondum arbitror Pompeji Magni aetate in usu fuisse, et ideo vix quidqaam de ea scriptam ab Asclepiadis schola. Esse qui dem exim ie utilem nemo dubitat, sive elata de tur ex aq u a mulsa, sive ia sorbitiones decocta, sive in pultem . Eadem in alvo sistenda torretur : dein Cavorum cera coquitur, ut sapra diximus. Peculiariter tamen longo morbo ad tabitudinem redactis su bvenit, ternis ejus cyathis in sextarium aquae sensim decoctis, donec omnis aqua consu matur. P o stea s e x t a r i o lactis o v illi aut caprini addito p e r c o n t i n u o s dies, mox adjecto meile. Tali sorbitionis genere emendantur syntexes.

LXI. L ' alica cosa Romana, e non usata per l'avauti; altrimenti i Greci non avrebbono pi tosto scritte le lodi della orzata. Credo che anco* ra ella non s usasse al tempo di Pompeo Maguo; e perci la scuola d ' Asclepiade appena ha scritto alcuna cosa d ' essa. Gi non v' dubbio alcuno che ella non sia utilissima, o diasi stemperata con 1 acqua mulsa, o a bere colta, o in pulliglia. La medesima s'arrostisce per fermare il corpo, poi si cuoce con cera di favi, come dicemmo di sopra. Nondimeno la sua peculiar virt di ria ver coloro che per lunga malattia sono ridotti a consunzione, mettendosi a cuocer tre bicchieri di essa a poco a poco in un sestario di acqua, fioche tutta l'acqua si consumi. Agginngevisi poi un sestario di latte di pecora o di capra per pi giorni continui, poi si mette il mele. Con tal sorte di bevanda si guariscono l'eslrem e estenuazioni.
D e l m ig l io , 6 .

E aiLio, vi L X D . M ilio sistitur alvus, disculiuntar torm | jn q u e m usum torretur ante. Nervorum faloribos, e t aliis, fervens in sacco im ponitur: y a liu d u tiliu s : quoniam levissimum raollis-

iaamqac e*L> et caloris capacissimum. Itaque

LX 11.11 miglio ferma il corpo e leva i tormini, e a questo effetto s ' arrostisce prima. A doglie di nervi e altri dolori si mette caldo in un sac chetto, n v ' alcuna altra cosa pi utile,perch egli leggerissimo, e capacissimo di calore. Laon-

C. PLINII SECUNDI talis usos ejns est a<l omnia, qnibas calor profu turos est. Farina ejus cum pice liquida, serpen tium et multipedae plagis imponitur. de a questo modo utile a tutte quelle cose, alle quali pu giovare il caldo. La sua farina con pece liquida a*adopera al morso del centogajnbe e del le serpi. D ii
fa sic o ,

E PANICO, IV. LXI1I. Panicum Diocles medicus mei fragum appellavit. Effectus habet, quos milium. In vino polum prodest dyseulericis. Similiter his quae vaporanda ant, excalfactum imponitur. Sistit alvum in lacte caprino decoctum, et bis die bauslum : sic prodest et ad tormina.
E SESAMA, VII. S m AMOIDB, III. AlTlCTftlGO, IV.

4-

LXIII. Diocle chiama il panico mele delle biade. Egli fa i medesimi effetti, cbe il miglio. Bevuto nel vino giova al male de pondi. Ponsi caldo nella cose che hanno a svaporare. Cotto nel latte di capra ferma il corpo, beendosi due volte il giorno ; e cosi giova ancora a* tormini.
D i l l a sesa m a, 7 . D b l sb sam o id b , 3 . D e l l 1 A r t ic ir ic o ,

4.

LXIV. Sesama trita io vino sumpta, inhibet vomitiones. Aurium inflammationi illinitur, et ambustis. Eadem efficit, et dum in herba est. Hoc amplios, oculis imponitur decocta in vino. Stomacho inutilis cibus, et animae gravitatem facit. Stellionum morsibus resistit. Item ulceribus, quae cacoethe vocant, et anribus, oleam, quod ex ea fit, prodesse diximus. Sesamoidea a similitudine nomen accepit, grano amaro, folio minore. Nascitur in glareosis. Detrahit bilem in aqua potum. Semen illinitur igni sacro : discutit panos. Est etiamnum aliud sesaraoides Anticyrae nascens, quod ideo aliqui Anticyricon vocant: cetera simile erigeronti her bae, de qua sao dicemus loco : grano aesamae. D atar in vino dulci ad detractiones, quantum tribus digitis capitur, raiscentqae ellebori albi unum et dimidium obolum, purgationem eam adhibentes, maxime insaniae melancholicae, co mitialibus, podagris. Et per se drachmae pondere exinanit.

LXIV. La sesama pesta e presa col vino rista gna il vomito. Impiastrasi alla infiammagione degli orecchi, e alle cotture. 11 medesimo effetto fa ancora qaando ella in erba. Di pi colta nel vino si mette sugli occhi. la cibo inalile allo stomaco, e fa cattivo alito : eonira il morso del le tarantole. Alle ulcere che si chiamano cacoete, e alle orecchie giova, come dicemmo, l olio che di essa si trae. 11 sesamoide fu cos chiamalo dalla somigliane za che egli ha con la sesama : ha il granello amaro e la foglia minore. Nasce in laoghi ghiaiosi. Be vuto nell* acqua purga la collera. Il seme suo giova impiastrato al fuoco sacro, e leva le pan nocchie. cci ancora un altro sesamoide, che na sce in Anticira, il quale fu perci chiamato da alcaui Antici rico : nell* altre cose somiglia I erba erigeronte, di cui ragioneremo al suo luogo: nel granello simile alla sesama. Si d in viu dolce, quanto se ne pu pigliare con tre dila, con tra l evacuazioni, e mescolasi insieme con esso un obolo e mezzo di elleboro bianco. Questa purgazione principalmente s usa all umore maninconico fa rioso, al mal caduco e alle gotte. Vola ancora da s stesso pigliandone una dramma.
D e l l o r z o , 9 . D e l l o r z o d i to p i, 5 .

Ex HORDEO, IX. HORDBO MCRIRO, III. LXV. Hordeum optimum, qood candidissi mum. Succus decocti in aqua coelesti digeritur in pastillos, ut infundatur exulceratis interaneis et vulvis. Cinis ejus ambustis illinitur, et carni bus qnae recedunt ab ossibns, et eruptionibus pituitae, muris aranei morsibus. Idem adsperso sale ac meile, candorem dentibus, et suavitatem oris facit. Eos qai pane hordeaceo ntuntur, morbo pedum tenlari negant. Novem granis si furuncu lum quis circumducat, singulis ter, manu sinistra, e t omnia in ignem abjiciat,confeslim sanari ajunt.

LXV. L orzo quanto egli pi bianco, U n t o migliore. Del sugo dell orzo cotto in a cq u a piovana si fanno pastegli per infonderlo agl i n teriori esulcerali e alla matrice. La sua c en e re s impiastra alle cotture, alla earoe spiccata d a ll ossa, alla flemma e ai morsi del topo ragno. I l medesimo, spargendovi mele e sale, fa i d e n ti bianchi e bnono a lito . Dicono che coloro e h e usano pan di orzo, non possono avere male a i piedi. Se con la man manca circonderai ciccion e o 6guo!o con nove granella di orao, cio o g n u n o

253

UISTOBIRUM MUNDI LIB. XXII.

a54

Eil et herba phoenice appellata Graecis, nostris vero hord eu m m urinum . Haec trita e vino pota praedare c i e t mense*.

tre volte, gettando tulle le granella nel fuoco, aubilo guarisce. cci ancora u n'erba chiamala dai Greci fenicea, e dai nostri orzo di topi, la qual pesta e bevuta col vino muove benissimo 1 purgagioni delle donne.
D
ell*o

p t is a r a ,

iv .

rz a ta ,

4*

LXVI. P tis a n a e , quae ex hordeo fit, laudes ano volum ine condidit Hippocrates, quae nunc omnes in a lic a m transeunt. Contra quanto innocentior alica ? Hippocrates tamen sorbitionis gra tia laudavit, quoniam lubrica ex facili haurire tur, quoniam sitim arceret, quoniam in alvo non io tumesceret, quoniam facile redderetur, et adsoetb hie so lu s cibus in febri bis die possit dari : tantum re m o lu s ab istis, qui medicinam fame exerceat. Sorbitionem tamen dari totam vetuit, afculve quam succum ptisanae. Ilem quamdiu pedes frigidi essent, lune quidem nec potionem daodaia.Fit e t ex tritico glutinosior, arteriaeque exulceratae u tilio r.

LXVI. Ippocrate scrisse un libro delle lodi della ptisana, che si fa con l'orzo, le quali tutte al presente si danno all1 alica, perocch quanto non pi innocente 1' alica ? Ippocrate per altro la lod soltanto per bere,perch essendo morbida, facilmente va gi, perch lieva la sete e non rigon fia il corpo, perch agevolmente si manda fuori, e iu cibo la sola che a chi v' avvezzo si possa dar nella febbre due volle il giorno ; tanto egli remoto da questi, che esercitano la medicina per la fame. Non volle per che si dia tutta a bere, ovvero non altro che il sugo. N volle anco che la bevanda si dia mentre che i piedi son fred di. Fissi eziandio di grano pi viscosa, e pi utile all'arterie piagate.
D b l l ' a m ilo , 8. D e l l
av esa,

E x AVTLO, v a i. Aveva,

i.

i.

L X V II. Amylon hehetat oculos, gulae inutile, c o n tra quam creditur. Item sistit alvum, epipho r a s oculorum inhibet, et ulcera sanat : item pu o la s , et fluxiones sanguinis. Genas duras emollit. D a la r cum ovo his qui sanguinem rejecerint. In v e s ic a e vero dolore, semuncia amyli cum ovo, et p a ss i trib o s ovis suffervefacta, a balineo. Quin et a v e n a c e a ferina decocta in aceto naevoj tollit.

LXVI1. L'amilo ingrossa la vista, ma non utile alla gola, bench si creda il contrario. Ferma il corpo; stagna le lagrime degli occhi, guarisce le ulcere, le bolle, le effusioni di sangue, e mollifica le guancie indurale. Dassi con uovo a quegli che buttano fuora il sangue. Nel dolore della vescica si d dopo il bagno mezza oncia di amilo bollita con uovo in tanto vin passo, quanto capisce il guscio di tre uova. La farina dell'avena nell' aceto leva via i nei.
D
e l pa re,

PARE, XXI.

a i.

t XVIII. P anis hic ipse, quo vivitur, innume r a s p a e n e continet medicinas. Ex aqua et oleo a a t rosaceo mollit collectiones, ex aqua mulsa d a r i t i a * valde mitigat. Datur et ex vino ad discu* ti e n d a quae praestringi opus sit,et si magis etiamm b , e x aceto, adversas acutas pituitae fluxiones, q u a s G raeci rheumatismos vocant: item ad per c u s s a , luxata. Ad omnia autem haeo fermentatus, q u i v o c a tu r antopyros, utilior. Illinitur et paro n y c h i is , e t callo pedum in aceto. Vetus aut naoti s p a n is tusus, atque iterum coctus, sistit alvum. Vocis studiosis, el contra distillationes, siccum Me p r im o cibo, utilissimum est. Sitanius (hoc **t, e trim e stri ) incussa in facie, aut desquamala, n a aene aptissime curat. Candidus aegris, aqua **Wa firigidavs madefactus, levissimum cibum P ^ eb ct. O culorum tumori ex t u o imponitur.

LXVIII. Questo pane stesso, di che si vive, buono a infinite medicine. Stato nell'acqua e con olio, od olio rosato, mollifica il luogo che ha rac colta di umore, e con acqua melata mitiga mollo le durezze. Dassi col vino a dissolvere quelle cose che bisogna ristrignere, ancora che pi operi con l aceto contra i flussi di flemma acuta, che i Gre ci chiamano reumatismi, e ai membri percossi e usciti dei luoghi loro. pi utile a tutte queste cose darlo lievito, nel qual modo si chiama auto pi ro. Impiastrasi ancora a un male che viene fra carne e ugna, e chiamasi patereccio, e al callo dei piedi nell' aoeto. Il pane vecchio dei navigan ti, pesto e di nuovo cotto, ferma il corpo. A que gli ehe si dilettano di aver buona voce, e contra le distillazioni, utilissimo che sia secco e si man gi per primo cibo. 11 sitanio, cio il marzuolo,

s 5

C. PLINII SECDNDI

256

Sic et pusulis capitii, aut adjecta arida myrto. Tremulis panem ex aqua esse jejunis stalim a balineis demonstrant. Quin et gravitatem odorum in cubiculis ustus emendat: et vini, in saocos ad ditus.

col mele guarisce benissimo il viso pesto, o scor ticato. Il pan bianco bagnato nell aoqua ealda o fredda cibo leggerissimo per gli ammalati. Ado perasi col vino agli enfiati degli occhi, come an che alle puslule del capo, o con aggiuntavi pol vere di mortine secca. I medici consigliano che quegli che hanno il parietico mangino a digiu no, quaudo escono dai bagni, pane stato nell'ac qua. Ano nelle earaere leva il cattivo odore di esse, e del vino, oiettendolo in sacchetti.
D ella
fava ,

TABA, XVI.

16.

LX 1X. Auxiliatur et faba. Namque solida fri cta, fervensque in acre acetum conjecta, tormi nibus medetur. In cibo fressa, et cum allio cocta, coutra deploratas tusses, suppurationesque pe ctorum, quotidiano cibo sumitur : et comman ducala jejuno ore, etiam ad furunculos m aturan dos disculiendosvc im ponitur: et in vino decocta, ad testium tumores, et genitalium. Lomento quo que ex aceto decocto, tumores maturat atque aperit : item livoribus, combustis medetur. Voci eam prodesse, auctor est M. Varro. Fabalium etiam siliquarumque cinis, ad coxendices, et ad nervorum veteres dolores cura adipis suilli vetu state prodest. Et per se cortiees deoocti ad tertias sisluut alvum.

LX 1X. Giova ancora la fava, pereh fritta so da, e bollente messa in aceto forte medica i tor nimi. Infranta in cibo, e cotta con l aglio, si pi glia ogni giorno contra le tossi disperate, e le marcie raccolte nel petto ; e masticata a bocca digiuna adoperata ancora a m aturare i figneli, ed a levargli via ; e cotta nel vino, a torre gli en fiati dei testicoli e delle parli genitali. La farina di fava ancora, cotta con lo aoeto, m a tarae apre gli enfiati, e medica i lividori e le incotture. M . Varrone scrive eh ella giova alla voce. La cenere de' gambi suoi e de* baccegli giova alle coscie, e a' dolori vecchi de' nervi giova con grasso vec chio di porco. Le corteccie per s cotte fino alla terza parte fermano il ccrpo.
D blla l b b t e , 1 7 .

E x LBRTB, x v n .

LXX. Lens optima, quae facillime coquitor, et ea q u a e maxime aquam absorbet. Aciem qui dem oculorum obluudit, et stomachum inflat, sed alvum aistil iu cibo, magisque discocta coele sti aqua : eadem solvit, minus percocta. Pusulas ulcerum rumpit, eaque quae intra os sunt, pur gat et adstringit. Collectiones omnes imposita sedat, maximeque exulceratas el rimosas. Oculo rum autem epiphoras cum meliloto, aut cotoneo. Contra suppurantia cum polenta imponitur. De coctae succus ad oris cxulceraliones et genitalium adhibetur : ad sedem, cum rosaceo aut cotoneo. In his, quae acrius remedium exigant, cum palamine punici, meile modico adjecto. Ad id demum, ne celeriler inarescat, adjiciunt et betae folia. Impooilur et strumis pauisque, vel maturis vel maturesceulibus, ex aceto discocta. Rimis ex aqua mulsa: et gangraenis cum punici tegmine. Ilem podagris cum polenta, et vulvis, et renibus, per nionibus, ulceribus difficile cicatricem trahenti bus. Propter dissolutionem stomachi triginta grana lentis devorantur. In choleris quoque et dysenteria efficacior est in iribus aquis cocta: in quo usu melius sernper eam torrere ante, el tuu-

LXX. Ottima quella lente ebe facilissima a cuocere, e quella che succia pi acqua. Ella ingrossa la vista degli occhi e gonfia Io stomaco, ma ferma il corpo presa per cibo, e massima mente colta in acqua piovana ; per cotta meno, Io risolve. Rompe le bolle e purga e rstrigoe i malori che son dentro alla bocca. Postavi sopra mitiga tutte le raccolte d'umore, e massimamente le scorticate e crepate ; e con meliloto o meU cotogua le lagrime degli occhi. Ponsi con polenta sulle parli cha han fallo puzza. Il sugo delle cotte s ' adopera allo scorticato della bocca e de' geni tali, e al fondamento con olio rosato e cotogne; e dove si ricerca pi gagliardo rimedio, saggingne boccia di melagrane, e un poco di mele ; e acciocch non si seechi s ' aggiungono foglie di bietola. Goasolta con l'aceto si mette sulle scrofe e pannocchie mature, o che cominciauo a matu rare. Alle fessure meitesi eoa acqua melata, e alle caacrene con buccia di melagrana ; e simi!* mente con polenta alle matrici, alle reni, a'pedignoni, e all' ulcere che difficilmente saldano. Per la dissoluzione dello stomaoo s* inghiottiscono trenta granella di lenti. Alle collare e al male dei

H1ST0RIARC9I MONDI LIB. XXII. dere, at quam tenuissima detur, vel per >e, vel cuoi eotoiMo malo, aut piris, aut m y r to , aut in tubo erra t ico, aul beta nigra, aot plantagine. Pol mooi est m utilis, el capitis dolori, nervosisqae omnibus, el felli : neo somno facilis : ad pusulas utilis, ignique sacro, et mammis in aqua marini decocta: in aceto antem duritias et strumas discu tit Stomachi qoidem causa, polentae modo po tionibus inspergitur. Quae sunt ambusta, aqua semicocta curat, postea trita, et per cribrum ef fato furfure, mox procedente curatione addito meile. x posea coquitur ad guttura. Est et pa lustris lens per se nascens in aqua non profluente refrigeratoriae naturae : propter quod collectio* nibus illinitur, et maxime podagris, et per se, et cum polenta : glutinat et interanea procidentia.

a5S

>;*i I

pondi sono migliori colle in tre aequa; e in qe* sto bisogno sempre meglio arrostirle, o pestar* le, acciocch si dieno pi sottili, o di per s, o con mele cotogne, o con pere, o con mortine, o con endivia salvatica, o con bietola nera, o con piantaggine. La lente inutile al polmone, al dolore del capo, a tutti i nervosi e al fiele; n giova per dormire. E utile alle pus tuie e al fuooo sacro ; e alle poppe cotta in acqua marina. Cotta con l ' aceto leva le duretae e le scrofole ; e per lo alomaco se ne sparge in su quello che si bee, come ^i fa la polenta. Guarisce le cotture, mezza colla con 1 acqua, dipoi macinala e stacciata ; * poi in processo della cura vi saggiugne il ma le. Poich' stata nella posca si cuoce per la gola. cci ancora una sorte di lente palustre, che na sce per s in acqua nou corrente, di nalura riofrescaliva: per questo se ne fa empiastro alle raccolte degli umori, e massimamente alle gotte, e per s, e con polenta, e rappicca le ialeriora, che caggiouo.
D e l * ELI3FACO, O SFACO, UICES1 PUE SALVIA, l 3 .
che

Ex

BL,ILIS PHACO, SIVB

s p h a c o , q u a e s a l v ia , x i u .

LXXI. Est e t silvestri elelispbacos dicta a Graecis, ab aliis spacos. Ea est sativa lente le vior, et folio m inore, atque sicciore, et odoratiore. Est et alteru m genus ejus silvestrius, odore gravi: baecm itior. Folia habet colonei mali effi gie, sed minora e t candida, quae cam ramis decoquuntur. Menses ciet, et urinas : et pastinacae marinae ictus sanat. Torporem autem obducit percusso loco. B ib itu r eum absinthio ad dysente riam. Cum viuo eadem commorantes menses tra hit: abundantes aislit decocto ejus polo. Per se imposita herba vulnerum sanguinem cohibet. Sa nat et serpentium morsus. E t si in vino decoqua tur, prurito testium sedat. Nostri, qui nnnc sunt, herbarii elelisphacon graece, Ialine salviam voeant, mentae similem, canam, odoratam. Par tus emortuos ea adposita extrahunt : ilem ver mes aurium ulccrum que.

LXXI. cci anco la salvatica, chiamata dai Greci elelisfaco, e da altri sfaco. Questa assai pi leggeri che la lente domestica. Ha le foglie minori, pi secche e pi odorifere. ccene un' al Ira sorte di pi salvatica, che ha grave odore; e que sta pi mite. Ha le foglie simili al melo cologno, ma minori c bianche, che si cuocono co* rami. Provoca i mesi delle donne, e P orina, e guarisca i morsi della pastinaca marina. Per fa intormen tire il luogo che ha rilevato percosse. Bessi con assenzio al male depondi. La medesima bevuta con vino tira fuori il menstruo cbesoprasla; e bevendo la sua decozione ferma il superfluo. L erba po stavi su per s stessa ristagna il sangue delle ferite. Guarisce anco il morso delle serpi. E se si cuoca nel vino, mitiga il pizzicore de1 testicoli. Gli eri bolsi de' nostri tempi la chiamano ia greco eleli sfaco, e in latino salvia, simile alla menta, bianca, odorosa ; e metlendovela sopra cavano fuori la creatura morta, e i vermini degli orecchi e delle rotture.
D el
c e c e , b d e l l a c ic e r c h ia ,

t C 1 C U B , s f CICBXCULA, XXIII..

a 3.

LXX 1I. C ic e r et silveslre est, foliis salivo limile, o d o re g ra v i. Si largius sumatur, alvus wlvitur, e t in fla tio contrahitur, et tormina. To rtam salubrius h a b e tu r. Cicercula etiamnum ma lis io alvo p ro f ic it. Farina ulriusque ulcera ma nantia capitis s a n a t, efficacius lvcslris. Ilem coitiales, e t jo c in e ru ro tumores, et serpentium

LXX 1I. cci anco il ceoe salvatico, simile nelle foglie al domestico, di grave odore. Piglian done quantit muove il corpo, e genera vontosit e tormini. Tiensi che l ' arrostito sia pi salutife ro. La cicerchia ancora giova molto al corpo. La farina dell* una e 1' altra guarisce le rotture del capo che gocciolano, ma assai meglio quella del

C. PLINII 9KCUND1 ictus. Ciel mense* et orinai, grano maxime. Emendai et licbenas, et testium inflammationes, regiam morbum, hydropicos. Laedunt omnia haec genera exulceratam vesicam, et renes. Gan graenis utiliora cum meile, at his quae cacoethe vocantur. Verrucarum in omni genere prima lu na singulis granis singulas tangunt, eaqoe grana in linleolo deligata post se abjicinut, ita fugari vitium arbitrante*. Nostri praecipiunt arietinum ha aqua cum ale discoquere, ex eo bibere cya thos bino* in difficultatibus urinae. Sic et calcu los pellit, morbumque regium. Ejusdem foliis sarmenlisque decoctis, aqua quam maxime calida morbos pedum mollit, et ipsum calidum trilum que illitum. Columbini decocti aqua, horrorem tertianae et quartanae minuere creditur. Nigrum autem cum gallae dimidio tritumi oculorum ul ceribus ex passo medetor. salvalico. Guarisce pare il mal caduco, il gonfia mento del fegato e i morsi delle serpi. Muove i mesi delle donne,e 1 orina, e massimamente ci * fanno le sue granella. Guarisce le volatiche, le in fiamma gioni de1testicoli, il fiele sparto, e i ri. truopichi. Tutte queste civaie offendono la vesci ca scorticata e le reni. Col mele sono molto utili alle cancrene e alle cacoete. Tutti i porri e le ver ruche li toccano il primo d della luna, cio cia scuno eoa un granello, e legano poi le granella in petzolina, e gellansele dietro le spalle, creden dosi ia quel modo cacciare i porri. I nostri voglio no che quello che si chiama arietino* si cuoca col sale n eir acqua, e se ne beano due bicchieri alle difficolt dell' orina ; e cos alla pietra e al fiele sparlo. Cuoconsi le foglie e i rami suoi n ell'ac qua, e la cocitura calda quanto si pu patire s a dopera al male de'piedi; ed esso caldo e pesto, impiastrandolo, fa il medesimo effetto. Dicono che la cocitura in acqua del cece colombino scema i tremili della febhre terzana e della quartana. I ceci neri pesti con la met di galla e stali nel vin collo guariscono l ' ulcere degli occhi.
D ella b c b i g l i a , ao.

Kx

ERVO,

xx.

1 LX XIU. De ervo quaedam in mentione ejus diximus: nee potentiam ei minorem veteres, quam brassicae tribuere. Contra serpentium ictus ex abeto,adcrt>odilorum hominamque morsam. Si quis ervum quotidie jejuna edat, lienem ejus absumi certissimi auctores adfirmant. Farina ejus varos, sed et maculat toto corpore emendat. Ser pere ulcera non patitur : in m3ramis efficacis'imuin. Carbunculos rumpit ex vino. Urinae diffi cultates, inflationem, vitia jocineris, tenesmon, et qnae cibum non sentiont, atropha appellata, to stura, et in nucis avellanae magnitudinem meile collectam devoratumque corrigit : item impetigi nes, ex aceto coctum et quarto die solutum. Pa nos ia meile impositum suppurare prohibet. Aqna decocti perniones et pruritus sanat fovendo. Quia et aniverso C orpori, si quie quotidie jejunus bi berit, meliorfem fieri colorem existimant. Cibi* idem hominis alienum. Vomitiones movet, alvum turbat, capiti et stomacho onerosum. Genua quo que degravat. Sed madefactum pluribus diebus, mitescit, babo* jumentisquentilissimum. Siliquae ejus virides, prios quam indurescant, cum suo Caule foliisque contritae, capillos nigro co lo re
ittfiriu o t.

LXX 111. Gi dicemmo alcuna cosa della ru bi jjHa, alla quale gli antichi attribuirono non meno virt, che al cavolo. Coa aceto vale al mor so delle serpi, de'crcodili e degli uomini. Alcuni autori affermano per cosa certa, che ae ai man giasse ogni d a digiuno della rubiglia, la milsa ai consumerebbe. La farina d ' essa leva le piccole durezze della faccia e le macchie di tatto il co r po ; e non lascia l ' ulcere impigliare pi avanti. La rubiglia molto ulile alle poppe. Col vino rompe i carboncelli. Arrostita, e mangiata col mele, in pallottole alla grandezza d'una Doccinola, guarisce la difficolt dell'orina, la enfiagione, i di fetti del legalo, il mal depondi, e quemali cbe non sentono il cibo, chiamali atrofi; non che le volati che cotta con laceto, e sciolta il quarto d. Po sta col mele sulle pannocchie, non laaeia lo ro co gliere puzza. La cocitora sua guarisce i pedignoni e i pizzicori, facendovi sopra fomento. A chi ne bee ogni giorno a digiuno, tengono che faccia miglior colore in tutto il corpo. La medesima nociva per cibo all'uomo. Muove il vomito, tu rb a il corpo, grave al capo e allo stomaco. Aggrava ancora le ginocchia. Ma tenuta pi giorni in m a cero diventa pi mite, ed utilissima a' buoi e all' altre bestie. I suoi bacegli verdi innanti c h e induriacano pesti col suo gambo e foglie fauuo i capegli neri.

6i

HISTOEIARDM MONDI LIB. XXII.


E * (.OPINO, X IV .

D at

l it i

s o , a 5.

LXXIV. L upini qaoqae silvestres sant* ornai modo m in o res sativis, praeterquam im irilm lioe. Lx omnibus quae ed u n tu r, sicco ntfUt minus ponderis e st, n ee plus Utilitatis. Mitescunt ci aere sol aqua calidis. Coiorem hominis frequenliores io cibo ex h ila ra n t : amari contra aspidas va leni. Diser a tra , arid i dacortioatique triti, opposito lialeolo, o d vivum corpos redigunt. Slromas, parotidas, isa aceto cocti discutiunt. Socous deoo* ciornm c a m ru ta et pipere, vel in febri datar ad ventris anim alia pellenda, minoribus triginta an norum : p u e ris vero impositi, in ventrem jejunii promat. E t alio geoore tosti, et in defkruto poti, vel ex m eile sampti. Ii dem aviditatem cibi fc* eiunt, fastid ia m detrabuat. Farina eorum aceto mbacta, p ap u las pruritosque in balintis illita cobibet, et p e r sa siccat ulcera. Livores emendat ; ioQammationcs cam polenta sedat. Silvestrium efieacior via e st contra ooxendicum fet lumborum debilitatem. E s iisdem deoocte. lentigines, et fo ventium en tem co rrig u n t: si verad melli* era#* sitadinem d eco q u an tu r Vel sativi, vitiligines ni* fias et lepras em endant. Sativi quoqne rum puol carbunculos im positi : pinos n w w n t, aot maturant, cocti ex aceto : cicatricibus candi dum colorem red d u n t. Si vera coelesti aqua di scoquantur, succos ille smegma fit : quo fovere gangraenas, eruptiones pituitae, ulcera manantia, utilissimam. E x p ed it ad bonem bibere, et cura meUe menstruis haerentibus.

Lieni c ru d i eam fico sicca triti ex aceto im* ponuntor. R a d ix quoque io aqua deconta, urinas peffit H e d e n l o r pecori eum abamaekOne hfrba decocti, aqua in potum collata. Sanant et scabiem
qoadropedutn omnium, in afnure decocti, vel utroque liq u o re postea mixto. Fumus crematontm calice neoai.

LXXIV. 1 lupini salvatiebi ancora sono per ogni modo minori che i domestichi, fuor eho dell* amaritudine. Di tutte le civaie che si man-* giano, DRts ve n' |ia eh seoca pesi meno, e ch4 sia di maggiore utilit. Addolciscono con la cener o P acqua calda. Ubandosi spesso in cibo, visefaia* rano il colore dell'uomo. Gli amari hanuo virt contra gli aspidi. Secchi, scorticali e pesti, e messi io pezzolina, e posti sopra le piaghe di color sau* guinoso, le ritornano a vivo corpo. Colti nell* acrto levano le scrofe, e le posUftoe dopo gli orec chi. La cocitura loro con ruta e con pepe ancora nella febbre ai piglia per cacciare i vermini del corpo a quegli che non passano treni' anni, ma ai fanciulli giovano ponendoli loro sul corpo digiu-i no ; come anche arrostiti, o bevuti nel vin cotto, o preai col mela. Fauno vanire ancora voglia di mangiare, e levano il ftslidio. La farina loro im pastala oon l ' accio c impiastrata nei bagui leva le stianxe a il pm ioore, e per s seooa le rotture. Guarisca i livida ri, e M itiga le iufiammagioni eoa la polenta. 1 salvatichi banao maggior virt con* tra la debilit delle coscie e de' lombi. La cocitura loro leva le lentiggini, e rassetta la cotenna ; e se si cuocooo io modo che tornino alla grossexza del mele, ancora i domestichi,' guariscono le mac chie nere che vengono pel corpo, e la lebbra. 1 domestici ancora postivi su rompono i carbonselli, e cotti oon 1 aceto maturano, o dissolvono in * pannocchie e le scrofole, a rendono il color biao* co a lle margini. Se si cuocooo con acqua p io sa na, quel sugo diventa medicamento che vale a le v a r le macchia del viso ; col quale u tilis s im o fo m e n ta re le c a n c re n e , la flem m e* le n a s< eo z * c h e geA taoo. utile berlo p e r la railsa, e ool m e la pei menstrdi sopratteonli. * Pongonai alla miUa crudi e pesti con fiohi secchi stati nell* aooto. Anche U radi oc lordi coti* nell' acqua provoca l ' orina. Cotti con l ' erba cameleone medicano il bestiame che ne beesse l'ac qua. Guariscono le scabbia di lutti i quadrupedi, cotti nella morchia, o l ' uno e l ' altro liquore di poi mescolato; M filmo degli arsi ammazza le xaniare.
D e l l * ir io n e , G alli
o e r is im o , ch r i

Ex iKioHK, siv* anvsiuo,

quod

G auli

v a tA N ,

xv.

d ic o n o v e l a , i

5.

LXXV. Irio n em inter fruges sesamae similem esse diximus, e t o Graecis erysidiofe voeari : Galli velam ap p ellan t. E st autem irntiooaam , foliis crocee, au g ustio ribu s panilo, semine nasturtii, ^tilimimuan tussientibus cum msll*,et iu tbaracis

LXXV. Dicemmo nelle biade, che 1 irione ' simile alla sesamo, e che i Greci lo chiamano eri simo, e i Francesi vela. Egli fa cespuglio, e le sue Coglie sono un poco pi strette che quelle della ruchetta, ed ha seme di nastufow Utilissimo

2 63

G. PLINII SECUNDI col mele a chi ha la tosse, ed a chi ha nel petto spurgo marcio. Dassi ancora a chi ha sparto il fiele, a' difetti de* lombi, al male di petto, a' tor mini e a' debili di stomaco. Fassene empiastro alle posteme dietro agli orecchi, e a cancri. Al l'arsione tlef testicoli l empiastro si fa con l'ac qua, all altre cose eoi mele. utilissimo ancora a1 bambini ; e eoa mele e eoo fichi a' difetti del fondamento, ed alle gotte. Bevuto he virt anco ra contra i veleni. Medica i sospirosi, non che le fistole con sugna vecchia, ma in modo che no vada dentro. D b il' o b h i k o , 6. LXXVI. L' ormino, come abbiamo dello, nel seme simile al cornino, nel resto al porro, viene allaltezza d'un palmo. di doe ragioni : l'uno di essi ha il seme nero e lungo. Questo buono a destar la lussuria, e giova a* fiocchi bianchi e alle albugini degli occhi. L'altro be' il seme pi bian co e pi tondo. Con l'u n o e P eltro pesto e wtpiastrato per s nelP acqua si cavano le punte infittesi uel corpo. Le foglie stale nelP acelo, e peste sopra le pannocchie per s, o col mele, le levano via, non ehe i Agnoli, prime cbe facciano capo, e latte le agrimonie.
D bl
l o g l io ,

pnralentit exscrealonibu. D atar *t regio morbo, et lumborum vitiis, pleuriticis, torminibus, coe liacis. Illinitur vero parotidum et carcinornalum malis. Testium ardoribus ex aqua, alias cum meile. Infantibus quoque utilissimum. Item sedit vitii, et articulariis morbis, cum meile et fico. Contra venena etiam effieii potum. Medetur et suspiriosis, item fistulis, cum axungia veteri, ite ne in tu* addatur.

E x BOBMIBO, VI.

LXXVI. Horminum semine (ut diximus) cu mino simile est, celero porro, dodrantali altitu dine. Duorum generum : altefi semen nigrius, et oblongum. Hoc ad Venerem stimulandam, et d oculorum argema et albugines. Alteri candi dius semen et rolundios. Utroque tuso extrahun to r aculei ex corpore, per te illito ex aqua: folia ex aceto imposita, paoos per ae vel cuin meile diseatnrat: item furunculo, prMsquam capita faciant, omnesque acrimonias.

l o l io , t .

5.

LXXVII. Quin et ipsae frugum pestes io ali quo suol oso. Infelix dictum est a Virgilio lolium. Hoc tameu molitum, ex aceto coctum, imposituroque, sanat impetigines, celerius, quo saepius n atatu m est. Medetur et podagris, aliisque dolo ribus, ex oxymelite. Curatio baee a celeris differt. Aceti sextario ano dilui mellis uncias duas ju stam est : ita temperatis sextariis tribas, decocta farina lolii sextariis daobat asqae ad crassitudi nem, calidumque ipsam imponi dolentibus mem bris. Eadem farina extrahit ossa fracta.

LXXVII. Anche Perbe che son peste alle biade hanno qualche utilit in loro. Il loglio da Virgi lio chiamato infelice ; nondimeno mollificato e cotto nelP aceto guarisce le volatiche, postovi so pra, e tanto pi tosto, quanto pi spesso si mula. Medica ancora le gotte e altri dolori con ostimele. Questa cura differente delP altre. In un sestario di aceto si dissolvono doe oncie di mele, e con questo liquido si steraperan tre settarii di farina di loglio, cocendola iofino a cbe si rappigli; poi maltesi calda questa oompotiaone a* membri che dolgono. La medesima farina cava P ossa rotte.
D e l l ' u b a m il ia e ia , i .

E MILIARIA BBBBA, 1 .

LXXVIII. Miliaria appellatur herba, qaae ne cat miliam. Haec trita, et cornu cum vino infusa, podagras jumentorum dicitar sanare.

LXXV1II. cci un' erba che si chiama milia ria, la quale ammazza il miglio. Questa trita, e messa col vino nelP ugna de' cavalli, asini e buoi, dicesi che gli guarisce delle gotte.
Dbl
bbom o ,

E bbomo, i. LXXIX. Bromos semen est spicam ferentis herbae : nascitur inter vitia segetis, avenae gene re : folio et stipala triticum imitator. In cacumi nibus dependentes pervolas velut locostas habet.

i.

LXXIX. Il bromo seme d ' a n ' erba che fa la spiga : nasce fra le biade, ed specie d avena ; e nelle foglie e ne' gambi somiglia il grano. Ha nelle cime siccome piceole locuste che pendono.

HISTORIARUM MUNDI MB. XXII. Sem alile ad cataplasmata, aeque a t hordea rn, en similia. Frodesl tussientibus saccus.
E x OBOEARCHE, SIVE CYBOMOEIO, I .

aGG

ct

Il seme suo utile a fare brinate, e simili eose, come l orzo. 11 sago giova alla tosse.
D e ll
obobabchb,

ciho m obio ,

t.

LXXX. Orobsnchen appellavi mus uecantera ertam et legumina : alit cynoroorion eam appelliat, a similitudine canini genitalis. Cauliculus esi aioe sanguine, loliis rubens. Estur et per sc, t in |wtiois qoam tenera est deoocta.

LXXX. Chiamammo orobanche un* erba, la quale ammazza le rubiglie e le civaie: altri la chiamano cinomorio, per essere simile al mem bro genitale del cane. Ha gambo senza sugo foglie rosseggiarti. Mangiasi cruda da s, o in piattelli quando cotta tenera.
B es TIUOLB CHE BASCOKO FBA 1 LEGUMI.

Db

l b g u v im u m b b s t io l is .

LXXXI. E t leguminibus innascuntur bestiolae venenatae, quae manus pungunt, et periculum vitae adierant, solipugarum generis. Adversus h*s omnia eadem medentur, quae contra araneos et phalaogia demonstrantur. Et fVugum quidem haec sunt ia usa medico.

LXXXL Tra le civaie nascono alcone bejtino ie velenose, le quali pugnendo le mani fanno pe ricolo alla vita. Sono della specie delle solipun* ghe. Conira queste valgono quei medesimi rimedii, che insegnammo conira i ragni e i falangi. Queste dunque sono le medicine, che si Unno delle biade.
Z it o
b c e b v o g ia .

Db

zy th o kt c e b v is u .

LXXXI1. Ex iisdem fiant et polus, zythum ia Aegypto, celia et ceria in Hispania, cervisia et plora genera in Gallia, aliisque provinciis, quo rum omnium spuma cutem feminarum in facie nutrit. Nam quod d potum ipsum attinet, prae stat ad vini transire mentiouem, atque a vite or diri medidoas arborum.

LXXX 1L Delle medesime si fanno pozioni, cio il zito in Egitto, la celia e la ceria in Ispagna, la cervogia e molle allre in Francia c nel* l ' altre provincie, la schiuma di lolle le quali fa bella pelle nel viso alle donne. Ma avendo a trat tare del bere, meglio venire alla menzione del vino, e cominciare le medicine degli alber dalle vili.

C. PUNII SECUNDI

HISTORIARUM MUNDI
LIBER XXIII
MEDICINAE EX ARBORIBUS CULTIS

----------- #

-----------*

D * v itib u s* xx .

D illi

v it i

mbdic. ao.

I. JTeracia cerealium in medendo quoque natura ert, oauwunque q u a e ciborum, aut florum, odormaqae gratia p ro v e n iu n t supina fallare. Noo taril his Pomona, parte*]ae medicai et pendentibas dedit, non c o n te a ta protegere, arborurnqoe tkre ambra q u ae diiiaM it; immo velat indignata fh i assilit ia e n e h is quae longius a eoelo abeamt, qaaeqse p o stea eoepisient. Primum enim henioi oibam fuisse inde, et sio indocto coelsm patcique e t n sn c ex ss posse sine fra-

I. t j i s trattato della medicina eh* nelle biade, e di tutte le cote che produce la terra dalla superficie o per cibo, o per fiori e odoramenti. A questi non cede Pomona, la quale ha dato ancora virt medicinale a' tuoi frutti pendenti, non con tenta di coprire e nutricare con 1' ombra degli alberi le cose gi dette da noi : anzi come sde gnala che sia maggiore aiuto in quelle cose, le quali sono pi discoste dal cielo, e che pi tardi comiociarono. Perciocch il villo degli uomini pW enne prima dagli alberi, onde anche per ci essi erano indotti a guardare il cielo ; e ancora a' tem pi nostri potrebboo vivere senza le biade. 11. Laonde, come sdegnala, diede est dea vir 11. Ergo herow ls artes io primis dedit f itibus, t medicinale agli alberi, e mautmamenle alle oo ostenta delicia* etiam, et odores, atque m * viti, non contenta averci dato in qaegli tante fMata, ompbaco, e t oenanthe, ao massari (qaae delicatezze, e unguento l onfacio, e di eoante, e w locis d ix im u s), nobiliter instruxisse. Pi di massare ( di cui sopra abbiamo latto menzio riaam, in q a it, ho m in i voluptatis ex me est. Ego ne ). Epper disse: . Grandissimi diletti pigliano ceom vini, liq u o rem olei gigno. Ego palmas et gli uomini per me. lo genero il sugo del vino, e P*ma, totqoe v arietates: neque a t tellus, omnia il liquore dell olio. Io produco le palme, i pomi p r labores, sra n d a tauris, terenda areis, deinde xii, ut q u an d o , quantove opere cibi fiant. At e tante sorti di frulli : n fa bisogno chio, come ex me parala om nia, nec curvo laboranda, sed la terra, ogni cosa faccia con fatica, arare co buoi, battere sull aie, e finalmente macinare cosassi, vie porrigentia u ltro : et si pigeat attingere, etiam acciocch dopo mollo tempo e fatica i miei pomi lentia. C e rta v it ipsa secom, plusque utilita diventino cibo. Tutti i miei fruiti sono pronti e ri causa g e n u il eliam , quam voluplalis.

C. P U M I SECUNDI a pparecehiati,e senzadio i) curvo colouolor trava gli intorno, se gli offrono da loro stessi : e se gli uomini per pigrizia non gli colgouo, cadendo da s medesimi a loro si danne. In questa forma sforzando di vincere s stessa, ha generato agli uomini molte pi cose per cagion d utilit, che di piacere. Di
f o l iis

v iT iu ii, * t

f a m p ik o ,

tu .

D i l l e f o g l i e d e l l e v i t i , b d e l p a m p in o , j .

III. Le foglie e i pampani delle vili mitigano III. Fulia vitium el pampini capitis dolores, la doglia del capo e le infiammagioni de* corpi inllammatiunesque corporum mitigant cum po lenta. Folia per e ardore* stomachi ex aqua fri* con la polenta. Le foglie per s state nell1acqua fredda mitigano gii ardori dello stomaco, e oou fida : cam farina vero hordei* articularios mor farina d* orzo medicaoo i morbi articolari. I pam bos. Pampini Irili et impositi lumoirem omnem pani pesti seccano, postivi sopra, ogni enfiagione. siccant. Succus eorum dysentericis infusus mede tur. Lacryraa vitium, quae veluti guminis est, 11 sugo loro guarisce i pondi, iufusovi sopra. La lagrima delle vili, eh1 come gomma, guarisce b lepras et lichenas, psorat nitro ante praeparatas lebbra, le volatiche, e la rogna, preparate prima san at. Eadem cum oleo saepius pilis illitis, psi col nitro. Ungendo spesso i peli eoa la medesima, lothri effectum habet, inaximeque quam virides accensae vites exsudant : qua et verrucae tollun e oon olio, si la il medesimo effetto che col psilotur. Pampini sanguinem exscreantibus, et mu Iro, e massimamente con quella lagrima che fanno lierum a conceptu defectioni, diluti potu prosunt. le vili verdi quando elle ardooo ; eoa la qaale si Cortex vilium et folia arida, vulnerum sanguinem levano via ancora i porri. I pampani giovano a sistunt, ipsumque vulnus conglutinant. Vilis albae chi spula sangue ; e beendogli stemperati giovano viridis lusae succo impetigines tollantur. Cinis agli sfinimenti delle doone, poi che hanno par sarmentorum vitiumque et vinaceorum, condy torito. La corteccia e le foglie secche delle vili lomatis et sedis vitiis medetur ex aceto: item fermano il sangue, e risaldano le ferite. 11 sago luxatis et ambustis, et lienis tumori, cum rosaceo della vite bianca verde pesta oon l incenso caccia et ruta et aceto. Item igni sacro ex vino citra P impetigine. La cenere de* sarmenti delle viti e oleam adspergilur, et intertrigini: et pilos absudelle vinaccie stata nell aceto guarisce i fiehi ed rtil. Dant et bibendum cinerem sarmentorum ad altri difetti del sedere ; e oon olio rosato, rata lienis remedia aceto oonspersara, ita a t bini cya e aceto medica qaegli che hanno le membra scoathi in tepida aqua bibantur, utque qui biberit, cie, le incolture e lo enfiato deHa milza. Stata nel io lienem jaceat. vino senza olio e sparsa sol fuoco sacro lo risani, e consuma le scorticatore della pelle per troppa camminare, o per fregarsi 1 un membro eoa P al * tro, e leva via i peli. Dassi anco li oenere deaarmenti spruzzata daceto a bere per rimedio dell* milza ; cos per, che bevansene dae bicchieri io acqua tiepida, e colui che beve giaccia in salii milza. Gli stessi viticci triti e beali con acqua levano Clavicalae ipsae, qnibus repant vites, tritae, lusanza del vomitare. La cenere di viti eoo sugai et ex aqna potae, sistant vomitionum consueluvecchia giova contra gli enfiati, purga le fistls, di nem. Cinis vitiam cum axungia vetere contra e poi le risalda : leva le doglie de nervi nate per tumores profieit, fistulas porgat, mox et persa freddura, e i rattrappamenli : con olio guarisce W nat : item nervorum dolores frigore ortos, conparli infrante nel corpo ; e con aceto e nitro le tractionesqoe: contusas vero partes cnm oleo, carnes excrescentes in ossibus cum aceto et nitro, carni che orescono nell' ossa ; e oon olio lo piaghe scorpionum et canum plagas cura oleo. Cortic fatte dagli scorpioni e dacani. La oenere della scorza della vite fa riuasoere i peli a chi pati ar per oiois combustis pilos reddit. sione.

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXIII.


D b OMPHAC 10 V1T1DM, XIV.

D E L I .'OBFACIO DBLLB VITI, l { .

btm

IV. O m p b a d n m qua fie n t ratione incipienti* IV. Abbiamo gi insegnalo n d trattalo degli p u b e rta te , in ungaentoram loco docuimus. unguenti, come dell uva, quand' essa comincia, Nane ad m edicinam de eo pertinentia indicabi si fa 1 unguento chiamato onfacio. Ora ragione mus. Sanat ea, quae in humido sunt ulcera, ut remo delle sue medicine. Guarisce dunque le ul oris, tonsillarum , genitalium. Oculorum d aritati cere che sono in luogo umido, come della bocca, plurimum co n fert: scabritiae geoarum, ulceridelle gavigne e delle parti genitali. Giova molto busque angulorum , nubeculis, ulceribus quacum a rischiarare la vista, alla ruvidexza delle palpe que in p a rte manantibus, cicatricibus marddia, bre, alle ulcere che son negli angoli degli occhi, ossibus p u ru lente limosis. Mitigatur vehementia a' panni o maglie, a tutte le ulcere che gettano, in ejus raelle a n t passo. Prodest et dysenlericis, qualunque parte sieno, alle margini marcie e agli sanguinem exscreantibus, anginis. ossi dove sia puzza. La sua veemenza si rompe col mele o col viu collo. Giova al male de'poudi, a chi sputa sangue, s alla sqainanzia. Db
o b h a h th b , x x i. D ell'
ehartb,

21.

V. Ompbacio cohaeret oenanthe, quam viles V. Con Ponfacio s'accompagna Penante, prodotto dalle vili selvatiche, di cui s ' detto nel silvestres ferunt, dicta a nobis in unguenti ratio ne. Laudatissima in Syria, maxime drea Antio trattalo degli unguenti. E ottimo in Siria, massi mamente circa i monti d ' Antiochia e di Laodi chiae et Laodiceae montes : et ex alba vite refri gerat, adstringit, vulneribus Inspergitur, stoma cea : quello di vile bianca rinfresca, rislrigne, cho illinitur, utilis nrinae, joci aeri, capitis dolo spargesi sulle ferite e impiastrasi sullo stomaco : ribus, dysenteriois. Contra fastidia obolo ex aeeto olile alP orina, al fegato, a' dolori del capo e al pota. Siccat manantes capitis eruptiones, effica mal de' pondi. Conira i fastidii si bee con laceto a cissim a ad vitia quae sunt in humidis : ideo et misura d 'un obolo. Secca le rotture del capo, che o ris ulceribus, et verendis, ac sedi cum meile et gettano: potentissimo a'mali che sono nelle parti ero e . AJvum sistit. Genarum scabiem emendat, nmide, e per questo utile alle crepature della ocuJoraraque lacrymaliones ex vino stomachi dis bocca, e alle parli genitali, e al edere, col mele solutionem : ex aqna frigida pota sanguinis e col zafferano. Ferma il corpo. Guarisce la scab exscreationes. Cinis ejus ad collyria, et ad ulcera bia delle guance e la lagrimazione degli occhi, e porganda, e t paronychia, et pterygia, probatur. col vino la dissoluzione ddlo stomaco, e con ac U ritor in furno, dotiec panis percoquatur. Mas qua fredda bevuta lo spotare del sangue. La ce saris odoribus tantum g ig n itu r: omniaque ea nere sua buona a fare medioamenti da occhi, e aviditas h u m sni ingenii nobilitavit, rapere festi a purgare le rotture, s 1 paterecci, e quelle pel nando. licole, che si sfogliano attorno all' unghie delle dita* Ardesi nel forno, fin cbe si cuoce il pane. Il massare nasce solo per gli odori : per tutte cotali cose sono state nobilitate dall' avidit ddP inge gno umano, che le colse prima che il fiore passasse in frutto. Db
u v i s m a t u r is , h b c e n t ib u s .

U vb m a t u r b

e fre sc h e .

V I. i. Matureseentiom autem uvae veheaen- VI. 1. Dell'uve, che maturano, le nere sono pi gagliarde, e perdo il vin loro manco dilet tio re s nigrae, ideoque vinum ex his minus jucun tevole : pi soavi sono le bianche, perch ricevo d u m : suaviores albae, quoniam e translucido fa no meglio l ' aria per essere trasparenti. ciliu s accipitur aer. L 'uve fresche gonfiano lo stomaco, e per ven R ecentes stomachum, et spiritus inflatione tosit turbano il corpo ; e perci nella febbre alvu m tu rb a n ti iiaque in febri damnantur, utique biasimala la troppa copia d ' esse, perciocch ap largiores. Gravedinem enim capiti, roorbumque portano gravezza al capo, e fanno il male del le lethargicum faciunt, lnnocentiores, quae decer targo. Nuocono meno quelle, che colle sono tale ptae d i a pependere: qus ventilatione etiam utiles

275

C. PLINII SECUNDI

76

fiunt stomacho, aegrisque. Nara et refrigerant leviter et laalidiam auferunt.

appiccate qualche tempo ; per la quale ventila zione sono anco utili allo stomaco e agli amma lali ; perch elle rinfrescano leggermente, e leva no il fastidio dello stomaco.
D e l l 1 u v e c o n s e r v a t e , m e d ic . i i .

D e u v i s c o n d i t i s ; m e d ic i n a e , i i .

Le ave che sono state nel vin dolce, of VII. Qoae autem in vino dolci conditae fuere, VII. fendono il capo. Prossime 1 qoelle che sono state capot tentaut. Proximae sunt pensilibus in palea appese, son quelle altre che si sono conservate servatae. Nara io vioaceis servatae, et capot, et nella paglia ; perciocch le conservate nelle vivesicam, et stomachum infestant. Sistunt tamen naccie offendono il capo, la vescica e lo stomaco. alvom, sanguinem exscreantibus utilissimae. Quae Nondimeno fermano il corpo, e sono utilissime a vero in musto fuere, pejorem vim eliamnnra ha chi spula sangue. Per quelle che sono siate nel bent, qoam quae in vinaceis. Sapa quoque stomosto sono ancora peggiori di quelle che sodo jnacho inutiles facit. Saluberrimas potant medici state nelle viuaccie. Similmente la sapa le fa ino in coelesti aqoa servatas, etiamsi minime jucunlili allo stomaco. I medici tengono per utilissime das: sed voluptatem earum in stomachi ardore quelle che si son serbate in acqna piovana, ancor* sentiri, et in amaritudine jecoris, fellisque vomi ch elle sieno poco dilettevoli al gusto; ma il tione in choleris: hydropicis, cum ardore febrium diletto loro si sente nell'ardore dello stomaco, aegrotantibus. At in ollis servatae, et os, et sto nell* amaritudine del fegato, nel vomito del fiele machum, et aviditatem excitant. Paullo tamen per collera, e dai ritruopichi, i quali hanno ar graviores existimantur fieri vinaceorum halita. dori di febbre. Quelle che si sono serbate nelle Uvae florem in cibis si edere gallinacei, ovas non attingunt. pentole, destano la bocca, lo stomaco e l appe tito. Si tien per che riescano alqaanto pi gravi con P alito deHe vinaccia. Se si dar a beccare ai polli il fior dell'uve, non toccheranno Pav stesse.
D e s a i m b i tti s u v a r u m , i .
D e* s a r m e n t i d e l l 1 o v e , i.

VIII. Sarmenta earum, in quibus icini fuere, adstringendi vim habent, efficacior ex ollis.

V ili. I raspi loro, ne* quali furono gli acini, hanno virt ristrettiva, ma pi possenti aon que gli che sono stali nelle pentole.
D e i g u s c i d e g l i A erar,

D e n u c l e is a c in o ru m ,

v i.

6.

IX. Nuclei leioorom eam dem vim obtinent. Hi sont qoi in vino capitis dolorem faciant. To sti tritiqoe stomacho utiles sont. Inspergitor fa rina eorom, polentae modo, potioni, dysentericis, et coeliacis, et dissoluto stomacho. Decocto etiam eorum fovere psoras et proritom utile est.

IX. I gusci degli acini hanno la medesima vir t; ma stati nel vino fan dolore di capo. Arrostiti e triti sono utili allo stomaco. La polvere di questi sparsa in pozione al modo che la polenta, utile ai pondi, a'deboli di stomaco, e a chi ha Io sto maco dissolato. La lor cocitura utile a far fo mento alla rogna e al pizzicore.
De'
v in a c c iu o l i ,

D e v in a c e is , v in .

8.

X. Vinacei per se minus capiti aot vesicae no cent, quam nuclei : mammarum inflammationi triti cum sale utiles. Decoctam eorum veteres dysentericos et coeliacos jovat, et potione, et fotu.
Uva
t h e r ia c b , i v .

X. I vinacciuoli di per s nuocono meno al capo e alla vescica, che i gusci. Pesti col sale sono utili all enfiato delle poppe. La loro cocitura boona a1 pondi vecchi e a deboli di stomaco, sia per fomentare, sia per bere.
D e l l * uva
t e r ia c a ,

4.

XI. Uva theriace, de qua soo loco diximus, cou tra serpentium ictus estur. Pampino* quoque

XI. L*uva teriaca, di cui abbiamo parlato al suo luogo, si mangia conira il morso delle serpi.

77

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXIII. Dicono che ancora i parapani sono utili a man giarli e a porli sul morso, e che it viuo e 1' aceto di queste uve fa il medesimo effetto. D bu'
o v a p a s s a , o a s t a f id a ,

ejus edendos censent, imponendosque, vinumque et cetum ex his factum auxiliarem contra eadem vim habet.
U
v a p a s s a , s iv b a s t a p h is , x i v .

14.

XII. Uva pasia, quam astaphida vocant, sto XII. L uva passa, che si chiama astafida, nomachum, ventrem et interanea tentaret, nisi pro cerebbe allo stomaco, al corpo e agl1 interiori, remedio in ipsis acinis naclei essent: iis exem se non fossero per rimedio iu essi acini i noccio plis, vesicae utilis habetur ; et tussi, alba utilior. li. Levali questi, si tiene eh' ella sia utile alla ve Utilis et arteriae, et renibus: sicut ex his passum scica, e che la bianca sia pi utile alla tosse. privalim e serpentibus contra haemorrboida poutile eziandio all' arteria, e alle reni. 11 loro vin lens. Testium inflammationi cum farina cumini, passo giova particolarmente coutro quella specie aul coriandri im ponuntur: itera carbunculis, ar di serpi, che si chiamano emorroidi. Poogonsi ticulariis morbis, sine nucleis tritae cum ru ta: alle infiammagioni de' testicoli, con farina di co fovere ante vino ulcera oportet. rnino o di coriandolo; non che acarboncelli e ai mrbi articolari, trite senza noccioli con la rata. Quanto alle rotture, bisogna fomentarle prima con vino. Sanant epinjctidas et ceria : et dysenteriam Guariscono alcune macchie rosse rilevate, che cam suis nucleis. E t in oleo coctae gangraenis vengono pi la notte che il giorno con ardore, illinuntur cum cortice rapbani et meile. Podagris male che in Toscana si chiama porcellana : coi et unguium mobilibus cum panace, et per se ad lor nocciooli guariscono il mal de' pondi ; e cotte purgandum os caput que, cam pipere comman nell' olio s ' impiastrano sulle cancrene con cor ducantur. teccia di rafano e mele. Alle gotte, e all' ugna mobili s ' impiastrano eoo panace, e a purgare la bocca e il capo si mangiano per a cou pepe.
A s t a p h is
a g r i a , s iv e s t a p h i s , s iv b p i t u i t a r i a , x ii.

D bll ' a s t a f i s a g b i a ,

o s ta f i, o p itu ita ria ,

ia .

XIII. Astaphis agria, sive staphis, quam uvam XIII. L'astafisagria, ovvero stafi, la quale al tamiuiam aliqui vocant falso ( suum enim genus cuni falsamente chiamano ava taminia ( perch habet, cauliculis nigris, rectis, foliis labruscae ), d' un suo genere, con gambi neri e dritti, e fo glie di labrusca), produce foglietto, piuttosto fert follicalos verius, quam aciuos, virides, simi les ciceri : in his nucleum triangulum. Maturescit che acini, verdi, simili al cece ; ne' quali il noe* eam vindemia, nigrescitque : quum taminiae ru dolo triangolare. Maturasi e fassi nera per la ven beotes norinons acinos, sciamusque illam io apri demmia, mentre veggiamo che la taminia ha gli acini rossi, e sappiamo che quella nasce in luoghi cis nasci, h an c non nisi in opacis. His nucleis ad solazii, e questa se non al bacio. Io non crederei porealionem uti non censuerira, propter ancipiche questi noccioli si dovessero osare a purga* tem strangulationem : nec ad pituitam oris sio gione, per rispetto del pericolo dello strangolar caodaro. fauces enim laedunt. Phthiriasi caput tt reliquum corpus liberant triti, facilius admixta si ; n ad asciugare le reme della bocca, perch offendono le canne della gola. Pesti liberano il sandaracha : item prnritu, et psoris. Ad dentium dolora deco q u u n tu r in aceto, ad aurium vitia, capo e il rimanente del corpo dal male de' pi docchi, e pi facilmente mescolandovisi la sanda rheumatismum cicatricum,'ulcerum manantia. raca, e dalla rogna e dal pizzicore. A dolori dei denti si cuocono nell'aceto, a mali degli orecchi^ a rema di cicatrici, e a piaghe che gettano. Il fiore trito nel vino si bee contra le serpi, FJos trilu a in vino contra serpentes b ib itu r: semen enim abdicaverim, propter nimiam vim ma non oserei gi il seme per la troppa forza di ardore. Alcuni domandano pituitaria codesta vite, ardoris. Q u id am eam pituitariam vocant, et piar e la empiastrano sulle piaghe fatte dalie serpi. fu scrpeotiom u tiq u e illinunt.

279
L a b b c k a , x ii .

C. PLINII SECONDI
DBLLA LABBOSCA,

12.

XIV. Labrusca qaoqae oenanthen fert, satis XIV. La labrusca ancora produce renante, di dictam, quae a Graecis ampelos agria appellatur, cui s' c ragionato a bastanza. Ella st chiama apissis et candicantibus foliis, geniculata, rimoso da' Greci ampelossgria: ba le foglie spesse e bian cortice : fert ovas rubentes cocci modo, qoae cu che, con nodegli e con corteccia piena di fessu re : fa uve rosse a modo di grana, le quali pur tem in facie mulierum purgant, et varos : coxen dicum et lumborum vitiis tusae, cum foliis et gano la pelle nel viso delle donoe, e giovano per diversi mali delle costole e de' lombi, peste con sucoo prosunt. Radix decoela in aqua, pota in vini Coi eyathis duobos, humorem alvi ciet : ideo le foglie e il *ugo. La radice cotta nell* acqua e hydropicis datur. Hanc polias crediderim esse, bevuta in due bicchieri di vin di Coo moove quam vulgus uvam tamioiam vocat. Utontur ea 1'amore del ventre; e per questo si d a 'ritru o pichi. Questa creder io piuttosto che sia quella, pro amuleto : et ad exspuitionem sanguinis quo che il vulgo chiama uva taminia. Usasi a mo d'a que adhibent, non nitra gargarizationes* et ne muleto, anche contra Io sputo di sangue, ma so qoid devoretur, addito sale, thymo, aceto mulso. lamente per gargarismo, senza che punto se ne Ideo et purgationibus andpitem putant. inghiotta : aggiunge visi sale, timo, e aceto me lato. Per questo la tengono dubbiosa nelle pur gagioni.
D b SAL1CASTBO, X II.

D el

s a lica st bo ,

13.

XV. Est baio similis, sed in salictis nascens : XV. ccene un* altra simile a questa, ma na ideo distinguitur nomine, quum eosdem usus sce ne salcetti, e per questo distinta per nome, babeat, et alicastrum vocatur. Scabiem'*et pruri- ancora eh' ella abbia la medesima virt, e chia ginem hominum quadrupeduraqae aoeto mulao masi salicastro. Pesta con P aceto melato ha gran trila haec efficacius tollit. virt di cacciare la scabbia e il pizzicore degli uomini e de* quadrupedi. D*
VITE ALBA, SIVB AMFELOLROCX, SIVB STAPBYLE, SIVB KBL 0 T i n D
ella v it e a l b a , o v v bbo a m pelo lec c e, o sta-

0 ,SlVB

ABCHEZOST1, SIVB CBDBOSTI,

F1LB, O MELOTBO, O AECBEZOSTI, O CEDEOSTI, O MADO,

SIVB MADO, XXXV.

35.

XVI. Vilis alba est, quam Graeci ampeloleu* XVI. cci la vile alba, che i Greci chiamano een, alii ophiostaphylon, alii melothron, alii psi ampelolence, alcuni ofiostafilo, altri melotro, al lothrum, alii archezoslin, alii cedroitin, alii ma tri psilotro, alcuni archezosti, alcuni cedrosti, e don appellant. Hnjus sarmenta longis et exilibus alcuni mado. I sarmeoti di questa son nodosi con internodiis geniculata scandunt. Folia pampinosa lunghi e sottili bucciuoli. Le foglie sono pampi nose alla grandezza dell' ellera, e dividonsi come ad magnitudinem ederae, dividantur u t vilium. quelle delle viti. La radice bianca, grande, e si Radix alba, grandis, raphano similis inilio: ex ea caules asparagi similitudine exeunt. Hi decocti mile nel principio al rafano : da essa eacono in cibo alvum et urinam cient. Folia et caules gambi simili allo asparago. Questi cotti e m an * exulcerant corpus : utique ulcerum phagedaenis giali muovono il corpo e 1 orina. Le foglie e i et gangraenis, tibiarumque taedio cnm sale illi gambi rompono i malori del corpo : fassene e m nuntur. Semen in nva raris acinis dependet, succo piastrocon sale alle fagedene, alle cancrene e al fa rubente, postea croci. Novere id qui coria perfi* stidio delle gambe. 11 seme nell'uva pende in a c i ciont: illo enim utuntur. Psoriset lepris illiuitur. ni rari, e il sngo da principio rosseggia, dipoi Lactis abundantiam facit coctum cum tritico, po- giallo. Sannoio que* che tingono i cuoi, perch tumque. Radix numerosis utilitatibus nobilis, con l'adoperano. Fassene empiastro alla rogna e alla tra serpentium ictus trita dracmis duabus bibitur. lebbra. Cotto col grano e bevuto fa dovizia d i Vitia eutis in facie, varosque et lentigines et su latte. La radioe nobile per molte utilit. Pesta gillata emendat, et cicatrice*. Eademque praestat si bee a peso di dne dramme oontra il m orso decocta in oleo. Decoctae datur et comitialibus delle serpi. Vale a levare ogni macchia, tum o re, potus : item mente commotis, et vertigine labo lentiggine, sigillato e margine che fosse sul viso. rantibus, drachmae pondere quotidie anno loto. Il medesimo fa ancora cotta nell olio. La *ua co -

mSTOtUROM MUNDI LIB. XXIlf. Et ip u a u te m la rg io r aliquanto cosai porgat. llla vis p ra e c la ra , q ao d ossa infracta exlrabit in aqua, im p o sita , u t bryonia : quare quidam hano albam b ry o n ia m vocant. Alia vero nigra effica cior ia eodem u su cum meile el ibare.

283

S uppurationes incipientes discutit, veteres mu* tarai et p o rg a t. C ie t menses et urinam. Ecligma ei ea fit su sp irio sis, et contra lateris dolores, vul sis, ruptis. S p le n e m ternis obolis pota triginta diebus c o n su m it. lllio ita r eadem cum fico et pterygiu d ig ito ru m . E x vino secundas feminarum adpodta tr a h it : e t pituitam, drachma pota in aqna mulsa, s o c c o s radicis. Colligi debet ante aatsrilstem s e m i o is : qui illitus per se el eum ervo, laetiore fn o d am colore et cutis teneritate mangonizat c o r p o r s . Tunditur ipss radix cum piogui fico, e r u g a t q u e corpus, si stalim bina sta dia a m b u len tu r: alias urit, nisi frigida abluatur. Joesndius h o c id e m praestat nigra vilis, quoniam a lk pruri tu sa d f e r t.

citura si d a bere a chi ha il male caduco, a chi avesse Ia mente altersta e a chi avesse capogirli, ogni d una dramma per un anno. Se si piglia in quantit purga i sentimenti. Ha similmente altra gran virt, che posta nell* acqua e messavi su, come la brionia, tira fuori l ' ossa rotte : per ci alcuni la chiamano brionia bianca. ccene un' al tra nera, che ba maggior virt nel medesimo uso con mele e incenso. Questa dissolve dove si comincia a far colta ; o se gi fatta la ragunata, matura e purga. P ro voca i mesi delle donne e l ' orina. Di questa si fa pittima a1sospirosi, al dolore del fiauco, agli sconvolti ed a rotli. Beendone treota d conlioui, ogni d tre oboli, consuma la milza. Fassene e ca pissi ro co1 fichi alle pellicole, che si sfogliano in torno all' unghie delle dits. Ponendola sul luogo eoi vino, tira fuori le seconde delle donne. Been done una dramma del sogo della radice in acqua melata purga la flemma. Questo sugo si debbe raccorre innanzi che il seme sia maturo ; il qual impiastrato per s eon le rubiglie, arruffiana i corpi, facendoli di pi lieto colore, e pi bella ente. La radice si pesta eon fichi grassi, e cosi leva le grinze di tutto il corpo, se di subito cam minerai un quarto di miglio : altrimenti riarde, se non si lava con acqua fredda. Queslo medesimo effetto e molto meglio fa la vile nera, perch la bianca apporta pizzicore.
D e lla
v it e r b g b a , o b b io r ia , o c b ib o r ia ,

De v it e nsiA ,

s iv e

n to iu ,

s iv e c h i b o r i a , s iv b

G 1 S A E C 1 R T B B , SIVB PEORIA, XXXV.

O G1RECARTE, O APEORIA, 3 5 .

XVII. E st e r g o e t nigra, quam proprie bryo niam vocant, a lii chironiam , alii gynaecanthen, aut aprooiam, sim ilem priori, praelerquam co lore. Hujus e n im n ig ru m esse diximus. Asparagos ejas Diodes p r a e t u li t veris asparagis in cibo, ari ose eiendse, lie n iq u e minuendo, in frutelis et sraadinetis m a x im e nascitur. Radix fo r is n ig ra , intus buxeo colore, ossa iofiracta vel efficaeiu s extrahit, qoam supra dicta. Ceterum e id e m peculiare est, quod jumentorum cervicibus u n ic e m edetur. Ajunt, si quis villam ea p ra ec in x erit, fu gere accipilres, tutasque fieri villaticas a lite s. Iisd e m in jumento bomineque, flemina, a u t s a n g u in e m , qui se ad talos dejecerit, circumligata s a n a t. E t hactenus de vitium geaeribus

XVII. cci dunque anco la nera, la quale pro priamente si chiama brionia, da alcuni chironia, da altri ginecante, ovvero apronia, simile alla pri ma, fuor che nel colore. Dicemmo che il colore di questa nero. Diocle loda pi gli sparagi! d'essa, che i veri sparagii, per mangiarli a provocar lo rina, e a scemar la milza. Nasce per lo pi nei pruneti e ne' canneti. La radice sua di fuora nera, dentro di co lore di bosso, e pi gagliardamente tira fuori le ossa rotte, che le sopraddette. Ma la sua priocipal virt , cbe ella medica unicamente il collo dei giumenti. Dicono che essa, se si cinger con lei la casa della villa, fa fuggire gli uccelli di rapina, e assicura gli uccelli della villa. Legandola al tal lone guarisce nell uomo e nel giumento la flem ma, o il sangue che vi si raccoglie. Ma questo basti quanto alle specie delle vili.
D el
so sto, i

e h o sto,

xv.

5.

XVII I. M u s ta differentias habent naturales W, q a o d s u n t candida, aut nigra, aut inter

XVII I. Fra i mosti questa naturai differen ta , eh' essi sono bianchi, o neri, o fra l ' uno e

*83

C. PLINII SECUNDI l'altro colore ; e dalcuni si fa vioo, dalcnni altri si fa passo o vin cotto : dipoi la industria fa tra loro infinite differente. Ma in generale qoeste son le cose che s ' hanno a dire. Ogni mosto nuoce allo stomaco, ma dilet tevole alle vene. Egli uccide, se si bee di fretta e senza pigliar fiato, quando si esce dal bagno. contrario alla natura delle canterelle e alle serpi, e massimamente alla emorroide e alla sala mandra Fa dolere il capo, ed inutile alla gola. Gio va alle reni, al fegato, e agl interiori della vesci ca, perch li ammorbida. Particolarmente vale contra i bupresti, specie di bruchi velenosi. Bevuto con olio, e mandato fuori per vomito, vale contra il meconio, specie d oppio, il rappi gliar del latte, la cicuta, i veleni e il doricnio. A tutte codeste cose ha manco virt il bianco. 1 1 mosto del vin colto pi dilettevole, e fa manco dolore al capo.
T
battasi dbl

utramque : aliaque, ex quibus vinum fiat; alia* ex quibus passum ; cura differentias innumerabi les facit. Iu plenum ergo haec dixisso conveniat. Mustum omne stomacho ioutile* venis jucun> dum. A balineis raptim et sine interspiratione potam, necat. Cantharidum natorae adversatur. Item serpentibus, maxime haemorrhoidi, et sala m a n d ra . Capitis dolores facit, et gutturi inutile : pro dest renibus, jocineri, et interaueis vesicae ; col laevat enim ea. Privalim contra buprestim valet. Contra meconium, laciis coagulationem, cicu tam, toxica, dorycnium, ex oleo potura, redditumque vomilionibas. Ad omnia infirmius album, jucundius passi mostum,et quod minorem capitis dolorem adferat,

Db

v ir o .

v iv o .

XIX. Noi abbiamo raccontate assaissime ra XIX. Tini genera differentiasque perquam gioni e differenze di vino, e quasi la propriet di multas exposuimus, et fere cujusque proprietates. ciascuno. Ma n o n v* alcuna parte pi difficile a Neque ulla pars difficilior tractatu, aut numero sior : quippe quum sit lardum dictu, pluribus trattarsi, n pi numerosa di questa, essendo prosit an noceat. Praeterea quam ancipili eventu malagevole a dirsi se giova a pi, o sei uuoce; e polu statini auxilium fit, t u t venenum ? Eteoiin oltra ci con quanto dubbioso successo beendolo de natura ad remedia tantum pertinente nunc ora aiuto, ora veleno ? Perch noi parliamo ora loquimur. Unum de dando eo volumen Asclepia della natura, solo in quanto essa appartiene ari des condidit, ab eo cognominatura : qui vero medii. Asclepiade compose un libro, cognominato postea de volumine illo disseruere, innumera. Nos da lui, circa il modo di darlo : molli poi hanno ista Romana gravitate, artiumque liberaliora addisputate molle cose di questo libro. Noi dili pelenlia, non ut medici, sed ut judices salutis gentemente distingueremo queste cose con gra humanae, diligenter distioguemas. De generibus vit Romana, e secondo che vogliono le orti li singulis disserere immensam et inexplicabile est, berali, non come medici, ma come giudici della discordibus medicorum sententiis. salute umana. Il volere particolarmente discor rere di tutti i generi cosa di grandissimo tra vaglio e fatica, essendo tanto differenti i medici nelle loro opinioni.
D b S o b b i r t i h o , i u ; A lbano,
u

; F a le b k o ,

v i.

D bl

s u b b b b t ik o , m b d ic .

3.

D ell*albaro, a .

D el F alebno, 6 .

XX. Surrentinum veteres maxime probavere : XX. Gli antichi lodarono molto il vin Surren tino, e let che veone appresso lod lAlbano o sequens aetas Albanum aut Falernam. Deinde alia il Falerno. Dipoi chi uno e chi un altro, con in alii iniquissimo genere decreti, quod cuique gra tissimam, celeris omnibus pronuntiando. Quin, giustissimo giudicio, ritenendo ciascuno per mi ot constarent sententiae,quota portio lamen mor gliore quello che pi gli piaceva. Ma poniamo talium his generibns posset uti ? Jam vero nec che lutti s accordassero, nondimeno quanti poi proceres usquam sinceris. Eo venere mores, ut sono quegli che possono usar di queste specie ? nomina modo cellarum veneant, stalimque in la- N anco gli uomioi grandi in ogni luogo possono cubus vindemiae adulterentur. Ergo hercle, mi avergli schietti. A tale son venuti i costumi, che rum dictu, innocentius jam est, qaodcaraqae et olo i nomi delle celle si vendono, e subito nei lini della vendemmia si con trailan no. Maravjgliosa ignobilius. Haec tamen facere constantissime vi-

285

HISTORIARUM MUNDI MB. XXIII.

28G

dentar tic toriati, quorum mentione fecimus. Si quis hoc quoque discrimen exigit, Falernam noe in novitate, nec in oimia vetustate corpori salu bre est. Media ejus aetas a quintodecimo anno incipit. Hoc non rigido pota stomacho utile, non item io calido. E t in diutina tussi sorbetur meram utiliter a jejunis : item in quartanis. Nullo aeque venae excitantor. Alvum sistit, corpos alit. Credi tum est obscuritatem visas facere: nec prodesse nervis, aut vesicae.

Albana nervis atiliora. Stomacho minas, quae sunt dolcia : austera vel Falerno utiliora. Conco ctionem m ious adjuvant : stomachum modiceimplent. At Sorrentina nullo m odo,nec caput lentant: stomachi et intestinorum rheumatismos cohibent. Caecuba jam non gignantur.
D s S e t in o ,
i

cosa danqae a dire, che pi sincero sia quello eh pi ignobile. Eppure le opinioni che dicem mo son esse che danno il pregio e la preferenza nei vini. Ma ancora stando a queste, certo che il vin Falerno non salutevole n nuovo, n troppo vecchio. La soa mediocre et comincia dal quindicesimo anno. Questo alile allo stomaco, bevalo non freddo, n p ar caldo. Utilmente si bee puro dadigiuni, nella tosse continua, e nella quartana. Nessun altro vino risveglia pi le v e n e , che questo. Egli ferma il ventre e nutrisce il cor po. Alcuni hanno creduto eh* egli oscuri la vista, e che non giovi a' nervi, n alia vescica. I vini Albani sono molto pi utili ai nervi. I vini dolci sono manco utili allo stomaco: i bru schi sono pi utili che i Falerni. Giovano manco allo sm altire, ed empiono moderatamente lo stomaco. Ma i Surrentini per alcnn modo non tentano il capo : restringono i fiossi dello stomaco e de gl' interiori. 1 vini Cecabi non sono pi in essere.
D n S e t in o ,
i

; Stataro,

; S ig n in o ,

i.

. D ello

statan o, i

r.

D b l S ig n in o ,

XXI. At qoae supersunt Setioa, cibos concoqni cogunt. Virium plus Surrentiua, austeritatis Albana, vehementiae minas Falerna habent. Ab his Statana non longo intervallo abfuerint. Alvo citae Signinam maxime condocere indubita tum est.
D s EELIQOIS VINIS, U I V .

XXI. I Setini, che oggi s ' usano in cambio loro, fanno smaltire. Pi forza ha il vin Surren tino, l Albano pi brusco, e il Falerno pi gen tile. Dopo questi, e poco da essi differenti, sono i vini Statasi. Il Signino senza alcan dabbio ha virl di fermar il corpo mosso.
D
e g l i a l t r i v in i ,

64.

XXII. Reliqua in commune diceatar. Vino alantor vires, sanguis, colosqae hominum. Hoc qaoqae distat orbis medias, et mitior plaga a cir cumjectis: quantam illis feritas facit roboris, tan tam nobb bic succos. Lactis potns ossa alit, fru goni nervos, aquae carnes. Ideo minos ruboris est in corporibus illis, et minus roboris, conlraquelabores patientiae.

Vino modico nervi javantur, copiosiore lae dantur ; sic et ocnli. Stomachus recreator : adpeteotia c i b o T u m invitatur : tristitia et cara hebeta tor: urioa et algor expellitor : somnus conciliator. Praeterea vomitiones sistit: collectiones extra la nis horaidis impositis mitigat. Asclepiades utilita tem vini aequari vix deorum potentia pronuntia vit Vetus copiosiore aqua miscetur, magisque vrioam expellit: minus siti resistit. Dulce minus fcbrut, sed stomacho innatat : austerum facilius taacoquilar. Levissimum esi, quod celerrime in-

XXII. Deir altre cose si parler in cornane. II vino mantiene le forze, il sangue e il colore delle persone. Per qoesto ancora son differenti il mezzo della terra e i paesi di mite temperatura, da quelli che occupano le estremit di lei; perch quanto la ferit t loro fortezza, tanto fa a noi questo sugo. Il bere del latte nodrisce Tossa, quel delle biade i nervi, quel dell' acqua le carni. li perci manco colore in q u e 'corpi da noi ri moti, e manco forza, e manco pazienza ancora contra le fatiche. II poco vino aiuta i nervi, il troppo gli offen de; cos gli occhi. Lo stomacosi ricrea, l'appetito de'cibi si risveglia, la maninconia si va scemando, loriua e il freddo si caccia, e acquistasi il sonno. Olir di ci il vino ferma il vomito : ponendolo con la lana umida dove si fa raccolta, la miliga. Asclepiade ebbe a dire che la potenza degli dei appena si pa agguagliare con la utilit del vino. Il vin vecchio si mescola con pi acqna, e caccia pi l ' orina, e manco cava la sete. 11 vin dolce ubbriaca meno, ma nuota nello slomaco. 11 bru-

C. PLINII SECONDI veteratur. Mious infestat nervos, qaod vetusUle dulcescit. Stomacho minus utile est pingue, nigrani, sed corpora magia alit. Tenue et austerum minus alit, magis stomachum nutrit. Celerius per urinam transit, lantoqae magis capita tentat: hoc et io omni alio succo semel dictum sit.
sco

a88

Vinum si sit fumo inveteratum insaluberri mum est. Mangones ista in apothecis excogitare* re. Jam et patresfamilias aetatem ademere his, quae per se cariem traxere. Quo oerte vocabulo salisconsilii dedere prisci: qnoniamet in materiis cariem fumus erodit : at nos e diverso fumi ama* ritudinc vetustatem indui persuasum habemus, Qoae sont admodum exalbida, haec vetustate insalubria fiunt. Quo generosius vinum est, hoc magis vetustate crassescit, et in amaritudinem corpori minime utilem eoit. Condire eo alind minus annosum, insalubre est. Sua cuique vino saliva innocentissima, sua cuique aetas gratissima, hoc est, media.
O
b s e k v a t io n k s c ik c a v ir a , l x i .

pi facilmente si smaltisce. Quello pi leg geri, che pi tosto iovecchia. Manco nuoce ai nervi quello che invecchiando diventa dolce. 1 1 vin nero grasso meno utile allo stomaco, ma d pi nutrimento al corpo. 11 vin piccolo e brusco d meno nutrimento, ma offende meno lo stoma co ; pi prestamente passa per orina, roa tanto pi nuoce al capo ; e basti dir questo una volta di tutti i sughi. Se il vino fatto vecchio col fumo, molto nocivo. I mercatanti hanno trovato questo nei ma gazzini. E gi i padri di famiglia tolgouo Teli quegli, i quali per s medesimi sanno d intarlalo. Col qual vocabolo assai ci hanno consigliato gli antichi, perch anche uel legname il fumo coniam a i tarli. Noi per contrario ci persuadiamo di dargli vetust con l ' amarezza del fumo. Qualunque vino scialbo, invecchiando di venta mal sano. Quanto migliore, tanto pi per vecchiaia ingrossa, e rappigliasi in amaritudine nociva al corpo. Non cosa utile condire con et* il vino raen vecchio. Ciascun vino ba il suo amo re sanissimo, ciascuno ha la sua et gratissima, oio l1et di mezzo.
O
ssb &v a z io r i

CIECA i

v ir i,

6 i.

XX 111. Corpus augere volentibus, aut mollire XXUI. Chi vuole aeorescere il corpo, o mol alvum, conducit inter cibos hibere. Contra mi* lificare il ventre, bea tra il mangiare ; ma chi nuentibus, alvumque cohibentibus, sitire in eden* vuole fermare il ventre e scemare il corpo, non bea quando mangia, e poscia bea poco. E cosa do, postea param bibere. Vinum jejanos bibere, novilio invento, inutilissimum est curis, vigorem* dannosa bere a digiuno, secondo nuova inven que animi ad procinctum tendentibus : somno zione, perch egli impedisce i pensieri e il vigore vero ac securitatibus jamdudum hoc fuit, quod dell1animo a chi s'apparecchia a fare de fatti* Homerica illa Helena ante cibum ministravit. Sic m a ci torna bene a chi ha da dormire, o non ha quoque in proverbium cessit, u sapientiam vino da pensare a nulla, come ben mostr Eleo* in obumbrari, n Vino damus homines, quod soli Omero, dandolo innanzi il cibo. Onde ancora animalium non sitientes bibimus. Aqnae potum passato in proverbio, u che la sapienza oscurata interponere utilissimam i itemque jugi sa perbi dal vino. Esso bevuto solo dagli uomini, p# bere. Ebrietatem quidem frigidae potus extemplo ch siam noi soli che lo beviamo senza pure *Ter discutit. sete. cosa utile tramezzare il bere dell acqo*? utile ancora berne sopra 1 ubbriachezza, la qnl * certo beendo subito dell' acqua fresca se ne va via. Consiglia Esiodo che si bea il vin pretto venti Meracis potionibus per viginti dies ante Canis giorni innanzi al nascere della Canicola, e altret ortum, tolidemque postea, suadet Hesiodus ati. Merum quidem remedio est contra cicutas, eo* tanti dopo. 11 vin pretto rimedio contra la ci cuta, il coriandolo, l aconito, il visco, il meconio, riandrum, aconita, viscum, meconium, argentum l ' argento vivo, le pecchie, le vespe, i calabroni, vivam, apesf vespas, crabrones, phalangia, ser i falangi, e contra i morsi delle serpi e degli scr* pentium scorpionumque ictus, contraque omnia pioni, e contra tutte quelle cose c h e nuocooo quae refrigerando nocent. Privatim contra haeraffreddando ; e particolarmente contra l emor morrhoidas, presteras, fungos. Item contra in roidi, le prestere, specie di serpi, e i funghi. CoA flationes, rosionesque praecordiorum, et quoram giova pur contra l ' enfiagioni e i rosicamenti de stomachus in vomitiones effunditur : et si venter gl intcriori, e a quegli, il cui stomaco inclinato aat interanea rheumatismum sentiant. Dyenteri al vomito, e se il corpo o gl interiori hanno il ci*, sudatoribus, in longa tussi, in epiphoris, flusso. utile eziaudio a chi ha il male depondi, meracum. At vero cardiacis, in mamma laeva

HISTORIARUM MUNDI U B . XXIII. eram' iri sp o n g ia in)poni [irodit. Ad omnia aatera n a x i n e a l b u m inveterascens. Ulilitereliam fovetur v ia e calitlo virilitas jumentis : quo etiam infuso c o rn u lastitndioem auferri ajuut. Simias* quadrupedesque* quibus digiti sunt, negant cre scere adauctas m eri p o tu . a chi'suda* alla tosse luuga e alie lacrimationi degli occhi. A chi ha passione di cuore giova porre il vin pretto nella poppa ritta con la spugna. Alle quali tutte cose giovevole massimamente il bian co che iuvecchi. Utilmente ancora si fomenta eon vin caldo il membro genitale a giumenti, col quale ancora* se vi sia infuso del corno, dicono levarsi la stanchezza. Dicono che le soimie* e i quadrupedi che hanno dita, avvezzandosi a bere vin pretto, non crescono.
A QUALI MALATI V OG LIO SI DA&B* B QUANDO.

Q o iB D S ABG&IS DANDA, BT QOABDO DABDA.

Ora ragioneremo de1 vini intorno alle XXIV. N u a c circa aegritudines sermo de vini* XXIV. cri. Saluberrim um liberali ter genitis* Campaniae malattie. Utilissimo a quelli che son di buooa na quodeumque tenuissimum : volgo vero* quod tura di corpo qualunque via leggero di Terra di lavoro : al vulgo pi utile qualunque, altro questue m a x im e juverit validum. Utilissimum omoibus sacco viribus fractis. Meminerimus sue* possente, secondo la natura di ciascuno. Utilis cam esse* q u i fervendo vires e musto sibi fecerit. simo a tutti il via colalo per li sacchi. Ricorde Misceris p lu ra genera, omnibus inutile. Saluber rem o quello esser sugo, che bollendo acquista rimum, cui n ih il in musta addi tum est: meliusque* forze dal mosto. Mescolare insieme pi sorti di si nec vasis p ix adfuit. Marmore enim* et gypso* viuo, nou cosa mollo utile. Quello sanissimo, al quale essendo mosto non stato aggiunto nul aat calce condila quis ttou etiam validus expa la ; e meglio ancora, se il vaso non stalo imverit? In peirais igitur vinum marina aqua facium* pecciato. Quegli che sou conci con marmo, gesso, iout le est stomacho* nervis* vesicae. Resiua con o calcina fauno paura ancora agli uomini ben gadita* frigidis stomachis utilia existimantur. Non gliardi. 11 vino concio con acqua marina nuoce expedire vomitionibus* sicut ueque mustum* nea nervi* allo stomaco e alla vescica. 1 couei con que sapa* n cq u e passutn. Novilium resinatum n ulli conducit. Capitis dolorem et vertigines la ragia sono tenuti utili agli stomachi freddi, ma non a* vomiti ; come o ancora il mosto* n la fa c it : ab hoc licta crapula est. Tussientibus et in sapa* n il vin cotto. 11 vin nuovo concio con la rheum atism o nom inata prosunt. Item coeliacis et ragia inutile afflitto : fa doglie e vertigini di ca? d ysentericis, mulierum mensibus. po, e per questo detto crapula. I vini gi detti giovano al flusso del corpo, alla tosse a' debili di slomaco, al mal de* pondi e a* mesi delle donne.. In questo genere il rosso e il nero ristriugon I n h o c geoere robrum nigrumve magis con pi* e pi riscaldano. Manco nocivo quello eh* strin g i!, roagisque cal facit. Innocentius pice sola c u o d iiam . Sed e t picem meminisse debemus non concio con la pece sola. Ma dobbiamo anco ricor darci, come altro non la pece che flusso di. ragia a liu d esse, quam combustae resinae fluxura. Hoc g e n u s vini excalfacit* concoquit, purgat : pectori* combusta. Questa specie di viuo riscalda* fa smal tire* purga, ed utile al petto e al corpo; ed anco v e o ir i utile : item vulvarum dolori, si sine febre al dolore delle matrioi* * elle sono senza febbre, s io t, v eteri rheumatismo* exulcerationi* ruptis* al flusso vecchio* alla esulcerazione* a1rolli, agli c o a v u lsis, vomicis* nervorum infirmitati* infla spiccali, alle fistole, alla dobolezza de pervi* alla tionibus* tussi, anhelationibus* luitflis, in succida ventosit, alla tosse, a chi alita cou fatica, e a que la a u im p o situm . Ad omnia haec utiUas id, quod gli che hauno i membri usciti de loro luoghi, s p o a te natu rae suae picem resipit* pieatumque postovi su con lana succida. Ma a tulle queste cose apyeUatur. Helvenaco quoque tamen nimio caput pi utile quello che di sua natura riceve il sa te stari convenit. pore della pece, e chiamasi picato. Nondimeno ancora il troppo vino Elvico fa dolere il capo. Quanto appartiene alle febbri, cerio chc Quod ad fe b riu m valeludioes attinet, certum otttoo d andum i a febri, nisi veteribus aegris : non fi deer dar vino a chi ha febbre* se nou ai vecchi ammalati* n anco sempre, se non quando cenisi declinan t e mrbo. Iu acutis vero peri? cafe, aulii* n is i <j**i manifesta* remissiones ho* comincia andarsene il male. Ma ne* pericoli acuti non si dia vino a niuoo, s$ non a chi ba manife k a i, et has n o c l u potius: dimidia eniin pars ste remissioni, e piuttosto di notte ; perch la ^ ^ ,/f ( l | f i o c iu , h o c eri, spe so inni, bibentibus:

C. PLINII SECUNDI nee partu abortare, nee a libidine aegrotanti bus, nec in capitis doloribus, nee quorum acces siones com frigore extremitatum fiant, nec in febri tussientibus, nec in tremore nervo rum que doloribus, vai faucium, aut si vis morbi circa illa intelligatur : nec in duritia praecordiorum, vena* rum vehementia : neque in opisthotono, tetano : nec singultientibus, nec si cum febri dyspnoea sit. Minime vero oculis rigentibus, et geuis stantibus, aut defectis gravibusque : nec quoram conniventium perlucebant oculi, p alp e b rile non coeunti bus, vel si dormientibus hoc idem eveniet : aut si cruore suffunduntur oculi, vel si lemae in oculis erunt. Minime lingua fungosa, nec gravi, el su binde imperfecta loquentibus : nc si urina diffi cile reddetur, neque expavescentibus repente, nec spasticis, aut rursus torpentibus, nec si per somnos genitura effundatur. notte la m eti del pericolo a quegli cbe beeono, per la speranza del sonno. Non si dia anco a doona di parto, n a chi si sia scoocia, n a chi ammalato per lussuria, n a chi ha doglia d! capo, n ad altre doglie che vengono con freddo dell ' estremit, n a quegli che tossono nella lebbre, n nel tremito o dolore de' nervi o della gola, o se s* intenda cbe intorno a quelli sia malore al* cuno, n a chi ha durezza d1interiori o veemenza di vene, n a chi ha spasimo, che per ritirare i nervi, tira la testa all* indietro verso le spalle, n a chi ha tetano o singhiozzi, u a chi nella febbre ha difficult di respirare. Molto meno dee darsi a chi ba gli occhi aspri, le palpebre immobili, o gravi difetti ; n a quegli, i cui occhi socchiu dendosi riluceranno, n alle palpebre che non si congiungono, o se a color che dormooo questo medesimo avviene, o se gli occhi sono sparsi di sangue, o se negli occhi sar lagrima congelata e lippitudine. N dee darsi a chi ha la lingua fungosa, n a chi grave, n a quegli che non pos sono perfettamente favellare, n ancora se diffi cilmente si manda fuor l ' orina ; n a quegli che in un subito si spaventano, n allo spasimo, o a quegli che di nuovo diventano torpidi, n a ehi dormendo getta il seme.
C om b s ' a b b ia h o
a d a b b . O | s b b v a z io r i c ie c a

uomodo d a r d a .

O b s b b v a t io h e s

c ie c a b a , x c i .

0 0 ,9 1 .

XXV. Cardiacorum morbo unicam spem io XXV. Bene vero che alla cardiaca unica vino esse certum est. Sed id dandum quidam non speranza e rimedio il vino. Ma alcuni vogliono nisi in accessione censent, alii non nisi in remis che non si debba dare se non nell' augumenlo, sione. Illi, ut sudorem coerceant : hi, quia tulius altri se non nella remissione. Quegli vogliono d putant, minuente se morbo : qoam plurium sen per rislriguere il sudore, e questi perch il credo tentiam esse video. Dari utique non nisi in cibo no pi sicuro uella diminuzione della malattia ; la debet, nec a somno, nec praecedente alio potu, quale opinione veggo essere de* pi. 11 vino non hoc est, utique sitienti, nec nisi io desperatione si dee dare se non quando si mangia, e non Uopo suprema, et viro facilius quam feminae: seni, il conno, n andando innanzi altra bevanda, cio quam juveni : juveni, quam puero : hieme, quam dee darsi a quello che ha sete, n anco se non in aestate : adsuetis potius, quam expertibus. Modus estrema disperazione ; bens pi facilmente al* l ' uomo, che alla donna ; al vecchio, che al giova dandi pro vehementia vini : item mixtura. Atque vulgo satis putant unum vini cyathum duobus ne ; e al giovane piuttosto che al fanciulla; e di verno piuttosto che di state; e a chi v avvez aquae misceri. Sidissolotio sit stomachi, dandum: zo piuttosto che a chi non v* . Il modo del darlo et si cibus non descendat. secondo la potenza del vino, e secondo la mi stura. Comunemente si tiene che basti un bic chier di vino in due d ' acqua. da darsi se v* dissoluzione di stomaco, e se il cibo non discende.
D b v iris f i c t i t i i s . Db v i r i
f it t iz ii.

XXVI. Quelle sorti di vini fittizii che abbia XXVI. Inter vini genera, quae fingi docui mo dimostrato, penso ehe oggi pi non si facciano, mus, nec fieri jam arbitror, et supervacuum e che il dirue l'uso loro sia superfluo, insegnando eorum usum : quum ipsis rebus, ex quibus fin guntur, doceamus uti. E t alias modum excesse* osarsi di quelle cose, con le quali si fanno. E gi in queste cose la ostentazione de* medici avea rat medicorum in his ostentatio, velati e napis

*9*

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXIII.

394

Tinam utile ette ab armram eqaitandive lassitodine praecipieoliam : atque a t reliqaa omittamos, etiam e junipero. E t quia satias censeat, absinth ite trino utendum potius, quam absiathio i(MO? Ia reliquis om ittetur et palmeum, capiti noxium, Tatriqoe tantum moliieodo, et sanguinem exeereaotiboc aoo inolile. Fictilium non potest videri, quod bion appeMenmas, quum sit in eo sola pro arte festinatio. Prodest stomacho dissoluto, a u t cibos non perficienti, praegnanti* Imis, defectis, paralyticis, tremulis, vertigini, tor minibus, ischiadicis. In pestilentia quoqoe ac pe regrinationibus, vim magnam auxiliandi habere dicitor.

passato II modo, corae dire, che de1 navoni si fa ceva vino utile alla stanchezza dell armi e del cavalcare, e, per non dire dell'altre cose, di gine pro ancora. E chi vorr credere che sia meglio usare il vin d*assenzio, che l ' assenzio istesso ? Ma lasciamo anoora fra gli altri il vino di palma, eh* nocivo al capo, e non inolile solamente a mollifi care il corpo, e a chi spala sangue. Fittizio non pu dirsi quello che noi chiamammo bion, perch io esso tutta l arte farlo venire per tempissimo. Egli giova allo stomaco dissoluto, o che non ismaltisce, alle donne pregne, agli estenuati, al parie tico, a'capogirli, a'torraini e alle sciatiche. Dicono ancora, eh* egli ha gran virt di aiutare contro la pestilenza e gl'incomodi che intraveogono nei tieggi.
D ell'
a c e t o , m b d ic .

D * ACETO, XXVIII.

a#.

XXVII. 11 difetto del vioo passa anch' egli in XXVII. Vini etiam vitium transit in remedia. rimedio. L' aceto ha gran forza in rinfrescare, e Aceto somma vis est in refrigerando, non tamen non minore nel dissolvere. E per quando egli minor in discutiendo: ita fit u t infusura terrae sparto in terra, fa schiuma. Abbiamo gi detto spamet. D iclam est saepius, dieelurque quoties spesso, e diremo anoora, quanto e* giovi accom eom aliis p ro sit. P er se haustum fastidia discutit, pagnato con altre cose. Preso di per s leva il siogoltus cohibet,-sternutamenta olfactu. Vim in fastidio dello stomaco : raffrena col fiotarlo il sin baliaeis aestus areet, si contineatur ore. Quin et ghiozzo e lo starnuto. Tenendolo ne' bagni in eom aqaa bib ito r. Multorum stomacho utiliter bocca rimove l ' affanno del caldo. Beesi pur con gargarizatur : cum eadem eon valescentium et a l ' acqua. utile allo stomaco di molti gargariz solis ardoribus. Oculis quoque illo modo saloberzarlo ; e con l ' acqua a chi comincia riaversi dal rimum folu. Medetor potae hirudini. Item lepris, male, e contra gli ardori del sole. Con l ' acqua farforibas, olceribas manantibus, canis morsibus, ancora utile agli occhi, facendone fomeotazione. seorpionam ictibus, scolopeadrarum, muris ara nei, contraque omnium aculeatorum venena et Giova molto a chi avesse ingollato una mignatta, alla lebbra, alla forfora, all* ulcere che colano, ai pruritus. Item contra multipedae morsum. Cali morsi del cane, dello scorpione, delle scolopendre dam in spongia, adjecto sulphuris sextante sexta e del pipistrello, e contra tutti i veleni degli ani riis tribus a ceti, aut hyssopi fasciculo, medetur mali che hanno l ' ago, e contra i pizzicori ; e si sedis vitiis. I n sanguinis fluxione post excisos milmente al morso dei moltipiedi. Guarisce i di caleolos,et o m n i alia, foris in spongia impositura, fetti del fondamento, postovi caldo eoo la spugna, inlus polum cy athis binis quam acerrimum. Con mettendo un sestante di zolfo in tre sestarii d'ace globatum u tiq n e sanguinem discutit. Contra to, e una menala d'issopo. S'adopera al flosso lichenas et b ib itu r, et imponitur. Sistit alvum, del sangue, poi eh' tagliata la pietra, e al flusso et rheumatismos interaneorum infasum: item d* ogni altra maniera, applicandolo di fuori con procidentia sedis, vulvaeque. le spugne, e destro beendone due bicchieri del forte. Dissolve H sangue rappreso. Contra le vola tiche e si bee, e si pone sul male. Infondendolo ristagua il corpo e i reumi delle interiora, e ferma le cose che escono fuor del sesso o della matrice. Reprime la tosse vecchia, la rema della gola, Tussim veterem inhibet, et gnlturis rheuroal ' ortopnea, e rafferma i denti che si dimenano. tianos, o rth o p n o eam , dentiam labefactationem. Nuoce alla vescica e alla debolezza de nervi. I Vesicae nocet, oervorom que infirmitatibus. Ne medici non seppero quanta virt egli ha contrai viere m e d i , quantum contra aspidas pollerei. gli aspidi. F u, non molto, morso dall'acpido Hiper ab asp id e calcala percussus utrem aceti ferens, qu o ties deposuisset, sealiebat ictum, alias un che portava un otro d ' aeeto, e quante volle Vaio similis : intellectum ibi remedium e s t,, lo metteva gi, sentiva il dolore del morso, e

C. PLINII SECUNDI potuque succursum. Nequc allero os colluunt venena cuso gente. quando lo ripigliava, era come se non avesse mal veruno. 11 rimedio fu conosciuto quivi, e medi cato colui col dargli bere dell'aceto. N eoa altro si lavano la bocca coloro che succiano i veleni. In generale la virt e forza d'esso non solamen te doma i cibi, ma assaissime altre cose ancora. Infuso rompe le pietre, che il fuoeo prima rom pere non ha potuto. Nessuno altro sugo fa pi grati i cibi, e in questo bisogno si mitiga o col pane arrostito, o col vino, o s accende col pepe, o col lasere ; ma col sale si raffrena. Non da passare in esso un grande esempio. M. Agrippa negli ultimi anni suoi essendo gravemente trava gliato dalle gotte, e non polendo sopportare qoel dolore, us la mostruosa scienza d un medico, senza che il sapesse l ' iraperadore Angusto, pen sando che fosse multo meglio mancare dell' uso e sentimento de' piedi, piuttosto che sentire quella passione ; e cos teneva le gambe in aceto fortissi mo, quando il dolore pi lo travagliava.
D ell'
a c e t o s c il l ia o , i

In totum domitrix vis haec non ciborum modo eat, verum et rerum plurimarum. Saxa rum pit infusum, quae non ruperit ignis antece llens. Cibos quidem et sapores non alius succus commendat aut excitat; in qno usu mitigatur usto pane, aut cum vino ; vel accenditur pipere ac lasere: utique sale compescitur. Non est praelereuodum in eo exemplum ingens. Siquidem D . A Agrippa supremis suis annis conflictatus gravi morbo pedum, quum dolorem eum perpeti ne quiret, unius medicorum portentosa scientia, ignorante divo Augusto, tanti putavit usu pedum sensuque omni carere, dummodo et dolore illo careret, demersis in accora calidura cruribus in acerrimo irapelu morbi.

Ds

ACETO SCILLIHp, XVII.

7.

XXV II I. a. Quanto l'aceto scillino pi vec XXVIII. a. Accium scillinum inveteratum chio, tanto migliore. Giova, olir le cose che magis probatur. Prodest, super ea qoae diximus, abbiam dette, quando i cibi riuforzano, perch acescentibus cibis: gustatum enim discutit poe gustalo leva via quella pena. Giova a coloro che nam eam. E t his qui jejuui vomunt: callum enim reciooo a digiuno ; perch fa callo alla gola e allo laudum facit, ac stomachi : odorem oris tollit, stomaco : leva il cattivo odore della bocca, restrigingivas adstringit, dentes firmat, colorem me gne le gengie, ferma 1 denti, e fa miglior colore. * liorem praestat. Gargarizzandolo purga la tardit degli orec Tarditatem quoque aurium gargarizatione chi, e apre la via dell' udito ; il che fa eziandio purgat, et transitum auditus aperit. Oculorum che la vista diventa acuta. Giova al mal caduco, aciem obiter exacuit. Comitialibus, melancholicis, a maninconici, a' capogirli, alla soffocazione della vertiginoais, vulvarum strangulationibus, percus matrice, a chi percosso o caduto, e che per sis, aut praecipitatis, et ob id sanguine conglo questo abbia sangue rappallozzalo, a'nervi deboli bato, nervis iufirmis, renum vitiis perquam utile. e a difetli delle reni. Ma guardisene chi avesse Cavendum exulceratis. esulcerazione.
D e o x y v e l i t e , v ii . D ell * o i s i m e l b , 7.

XXIX. Gli antichi, secondo Dieuche, tempe XXIX. Oxymeli antiqui (u t Dieuches tradii) ravano l ' ossimele iu questo modo : dieci mine d i hoc modo temperabant : mellis minas decem, mele, cinque emine d ' aceto vecchio, una libbra ceti veleris heminas quinque, salis marini pondo libram ei quadrantem, aquae marinae sextarios e un quadrante di sale marino, e cinque sestarii d'acqua marina. Questo mistio cocevauo dieci quinque pariter coquebant, decies defervescente volle, raffredandosi la caldaia, e cos lo mettevano oortina, alque ita diffundebant, invelerabautque. via e lasciavano invecchiare. Tutto questo confu Sustulit totum id Asclepiades, coarguitque. Nam t Asclepiade, perch lo davano ancora nelle feb etiam in febribus dabunt. Profuisse taraen faten bri. Dicooo nondimeno eh' egli giov coulra le tur contra serpentes, quas sepas vocant, et contra serpi, che si chiamano sepe, conira il meconio e meconlum,ac viscum: et augiois calidum garga il visco, e gargarizzato caldo alla scheranzia,agli rizatum, et auribus, et oris gulturisque desideviis, quae nuuc omnia oxalrae coalingunl: id sale, orecchi e a bisogni della bocca e della gola ; 1 quali tutte cose ora si fanno con Tossalo, che ha et aceto recente efficacius est. pi virt col sale e con l ' aceto fresco.

HISTORIARUM MONDI UB. XXIII. Db s a p a ,


v ii.

D ella s a f a , 7.

XXX. V ino cognata ressapa est, mosto deco XXX. La sapa cognata al vino : fassi di cto, dooec te rtia pars sapersi!. Ex albo hoc me- mosto cotto fin che ne sieno consomali i due ter lios. C ius c o n tra cantharidas, buprestim, pinosi. E migliore di vin bianco. L* utilit sua con ru m erucas, quas pityocampas vocant, salaman tra le canterelle, il bupreste, e i brachi de' pini, dra*, et e o n ira mordentia venenata. Secandas i quali si chiamano pitiocampe, contra le salaman partusque em ortu o s trahit, cum bolbis potam. dre, ed altri animali velenosi che mordano. Be Fabianus a n e to r est, venenum esse, si quis jeju vala con cipolle tira fuori le secoode e la creatura nus a balineis id bibat. morta. Fabiano scrive che a chi la beesse a di giuno, ascendo dal bagno, essa veleno. De
fa ec e v ir i, x ii .

D e lla

f e c c i a d b l v i r o , 12 .

XXXI. Consequens horora est vini faex, cu- XXXI. Conseguente a queste cose la feccia josqoe g en eris. Ergo vini faeci tanta vis est, ot del vino in ogni genere ; la quale ha tanta forza, descendentes in cupas enecet. Experimentum che occide chi scende ne* vasi, dov* essa tenuta. demissa p ra eb et lucerna, quamdiu extingoator, La proova la lacerna, che mostra essere peri periculum denuotians. Illota miscetor medica colo lo scendere, mentre che noo vi si pu tene mentis. C u m iridis vero pari poudere, erupi io- re accesa. Se non lavata, si mescola con le medi nibos p itu ita e illioitur : et sicca vel madida con cine. Con egual peso di iride se ne fa empiastro tra p halangia, et tesliora mammaramqoe infla allumore flemmatico. Secca, o bagnata, utile tiones, vel in qoacomque parte corporis. Item contra i falangi, le poppe o i testicoli enfiati, o in com hordeacea farina, et thuris polline in vino qaal si voglia parte del corpo fosse lenfiato. Col decocta crem ator et siccatur. Experimentum est ta con farina d orzo, fior di farina e d incenso legitim e coctae, u t refrigerata linguam tacto in vino, si arde e si secca. Lo sperimento della v id e a tu r urere. Celerrime exanimatur, loco non cotta a sufficienza che toccandola con la lingua, in d o s o condita. Creraalio ei multum virium quando raffreddata, paia eh* essa la abbruci. a d jic it. Utilissima est ad compescendos lichenas Tosto divien vana, non essendo rinchiusa. L* ar fu rfu re sq u e cum fico decocla. Sic et lepris et derla le d gran forza. Colla col fico bnona a ulceribus manantibus imponitur. Fungorum na cacciare le volatiche e la forfora ; e cos s'ado turae contraria est pota, sed magis cruda. Ocu pera alla lebbra, e alle rotture che gettano; e be lorum medicamentis cocta et lota miscetor. Me vuta contraria alla natura de* funghi, ma molto detor illita e t testibus, et genitalibus. In vino pi eroda. Mescolasi colta e lavata nelle medicine aolem adversas strangurias bibitur. Quom exspi degli occhi. Impiastratavi sopra, medica i testi ravit quoque, lavandis corporibus et vestibus coli e il membro genitale. Nel vino si bee contra utitii : tuneqne usura acaciae habet. gli stranguglioni. Q u a n d o svaporata utile an cora a lavare i corpi e le vesti, e allora serve qaanto l ' acacia. De
fa ece a c e t i, x v ii.

ella

f e c c ia

d ell aceto,

17.

XXXII. La feccia dell' aceto pi gagliarda, X X X II. F aex aeeti pro materia aerior sit neper rispetto della natura d* esso aceto, e molto cesse est, m ultoque magis exulceret. Resistit suppi rode. Resiste alla puzza, che non cresca : gio porationum increm entis : stomachum, interanea, va, impiastrata, allo stomaco, alte parli interiori e venirem illita adjuvat. Sistit earum partiam rheual ventre. Ristagna i flussi di quelle parti, e t atismos, e t mulierum menses. Panos discutit mesi delle donne. Leva le pannocchie non ancora Boadum exulceratos, et anginas : sacros ignes aperte, e le serrature della gola ; e il fuoco sacro cam cera. Mammas laciis sui impatientes eadem con la cera. La medesima guarisce le poppe enfia extiagait. U ngues scabros aufert. E serpentibus te per troppo latte. Leva le ugne ronchiose. Con contra cerasta* validissima cum polenta. Cum d a o th io a u te m contra crocodili morsus, et ca- la polenta ha grandissima virt eoo tra le ceraste; e col melantio vale eonira il morso del crocodilo B - El haec c rem ata ampliat vires. Tunc addito M e del cane. Arsa cresce le forse, e cos mescolala kaliteiao oleo illita una nocte rufat capillum.

agg

C. PLINII SECUNDI

3 oo

Eadem ex aqua in linteolo adposita, valvas porgat.

con olio di lentisco, e impiastrata, in nna notte fa arrossare i capegii. Questa medesima stata nellacqua, e posta in pezzo lina porga le matrici.
D e l l a fb c c ia d e l l a sapa,

Db

fa ec k sa pa k ,

iv .

4-

XXXIII. Sapae faece ambusta sanantor, me XXXIII. La feccia della sapa guarisce le inlius addita lanugine arundinis. Eadem faece de cotlure, e meglio aggiuntovi la lanuggine delle cocta potaque, tusses veteres. Decoquitor in pa canne. La medesima feccia cotta e bevuta gua tinis cum sale et adipe ad tumorem quoque ma risce le tossi vecchie. Caocesi ancora nel tega xillarum et cervicum. me col sale e col grasso, qnando le mascelle, o il collo fosse enfiato. Db
f o l iis olbae,

xxm .

D elle

f o g l ie

d e l l ' o l iv a ,

a 3.

XXX 1Y. 3. Olearum proxima auctoritas intelligilur. Folia earum vehementissime adstringunt, purgant, sistunt. Itaque commanducata imposita ulceribus medentur, et capitis doloribus illita cura oleo. Decoctum eorum cum meile his quae medici usserint, gingivarum inflammatio nibus, paronychiis, sordidisque ulceribus, el pu trescentibus . Cum meile profluvium sanguinis e nervosis partibus cohibet. Succus eorum car bunculantibus circa oculos ulceribus et pusulis, procidentiqoe pupillae efficax : quapropter in collyria additur. Nam et veteres lacrymaliones sa nat, et genarum erosiones. Exprim itur autem succus tusis, adfuso vino et aqua coelesti, sicca tus que in pastillos digeritur. Sistit menses in la na, admotus vulvae. Utilis et sanie manantibus. Itera condylomatis, ignibus sacris, quaeque ser punt ulcera, epinyctidi.

XXXIV. 3. Prossima a quella delle viti l'au torit dellolive. Le sue foglie ristrngono molto, porgano e ristagnano. Epper masticate e poste vi sopra, medicano le ulcere, e impiastrate con olio guariscono la doglia del capo. La sua deco zione col mele si pone dove i medici hanno dato il fuoco, alle infiammagioni delle gengive, apanerecci, e alle ulcere raarcie che si putrefanno. Me* ' scolata col mele ristagna il sangue ne'luoghi ner vosi. 11 sugo loro s* adopera alle ulcere e pustule che incarbonchiano intorno agli occhi, e giova alla pupilla che casca, e per si mette nelle medi cine degli occhi, perch guarisce le lagrime vec chie, e le rosioni delle palpebre. Cavasi il sugo, quando elle sono stale in acqua piovaoa, bagnan dole col vino e pestandole : seccato che sia se ne fa pastegli. Posto in lana sulla matrice ferma il menstruo delle donne. utile ancora a quelle cose che gettano puzza, a ' condiloma!!, al faoco sacro, alle nascenze che impigliano, e ad alcune macchie rosse, che vengono pi la notte che il giorno con pizzicore.
D e l f io r e d e l l ' o liv a ,

b flore,

iv.

b olea

ip s a ,

v i.

4- D

e l l ' o l i v a s t e s s a , 6.

XXXV. Eosdem et flos earum habet effectus. XXXV. Il fior dell' oliva fa i medesimi effet ti. La cenere delle messe fiorite si adopera in U runtur et cauliculi florescentes, ut spodii vi luogo di spodio. Questa dipoi bagnata col vino di cem cinis praestet : vinoque infuso ilerum uri nuovo s ' arde, e si mette dove marcia, e alle tur. Suppurationes et panos illinunt cinere eo, pannocchie, ovvero in quella vece le foglie peste vel foliis tusis cum meile, oculos vero cura po col mele : agli occhi s ' adopera con la polenta. lenta. Il sugo del suo sterpo fresco, il quale acceso Suceos fruticis recentis accensi distillans sa distilli, guarisce le lagrime, la forfora e le piaghe nat lichenas, furfures, mananti ulcera. Nam et che colano, lo maraviglio sommamente che siensi lacryma quae ex arbore ipsa distillai Aethiopi trovati alcuni, i quali consigliano porre sui denti cae maxime oleae, mirari salis non est repertos, che dolgono la ragia che gocciola dell'olivo, mas qui dentium dolores illinendos censerent, vene num esse praedicantes, atque eliam iu oleastro sime dell' Etiopico, tuttoch affermino esser essa veleno} e vogliono che a questo effetto si colga quaerendum. E radice oleae quam tenerrimae ancora quella dell'olivo salvatico. Idi corteccia cortex derasus, in meile crebro gustatu medetur della radice dell'oliTo tenero rasa e gustata spesso sanguinem rejicientibus, et suppurata extussien-

3oi

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXIII.

3 o2

libai. Ipsias oleae cinis cum axungia tumore* sa nat: eitrabitque fistulis viltay ^ p u s sauat.

nel mele medica quelli che gettano sangue, e chi ba tosse con marcia. La cenere dellolivo eon sugna guarisce gli eofiati, e leva i malori alle fistole, e le saoa.
D e lle

Db

o u v i s a l b is , iv ; h ig e is , m .

o lite

b ia rc h e , 4. D e l l e h b o b b ,

3.

XXXVI. Olivae albae stomacho utiliores ventri minus. Praeclarum habent, ao(equam con diantur, usnm recentes, per se cibi modo devo* ratae. Medeatur enim arenosae urinae, item den tibus carnem mandeodo attritis, aut convulsis. Nigra oliva slomacbo inutilior, ventri facilior, capili et oculis non couvenit. Ulraque ambustis prodest trita e t illita. Sed nigra commanducatur, et protinus ez ore imposita pusulas gigni prohi bet Coljmbades sordida ulcera purgant, Inutiles difficultatibus urinae.

XXXVI. Le olive biaoche sono pi olili allo stomaco, manco al corpo. Hanno io loro un n o tabile oso, prima ch'elle si mettano in concia, cbe fresche si mangiano per s sole a modo di cibo. Cos guariscono lorina arenosa, e i denti o spezzati per lo mangiar carni, ovvero divelti. La oliva nera manco utile allo stomaco, pi facile da smaltire al corpo, ma non conviene al capo e agli occhi. L' una e l ' altra posta e impia strata giova aUe scottature. Ma la oera si mastica, e subito cavata di bocca, e postavi sopra, non lascia far pustole. Le olive, cbe si chiamano colimbade, porgano le piaghe che gettano marcia, ma nnocono a chi ba difficolt d orina. D blla
m o e c h ia ,

Db

a m u ic a , x x i.

a i.

XXXVII. Della morchia ci dovea parere di XXXVII. De amurca poteramus videri satis aver gi ragionato abbaslaoza, avendo segaitato diiisie, Calonem secati : sed reddenda medicinae quoque est. Gingivis e t oris olceribos, deotiom Catone ; ma abbiamo ancora a ragionare delle stabilitati efficacissime subvenit, liem ignibus medicine d'essa. Ella ha virt di guarire le gen sacris infusa, et his quae serpunt. Pernionibus give e le crepature della bocea ; ed utilissima a nigrae olivae amurca utilior : item infanlibos fo fermare i denti. Infusa medica il fuoco sacro, e que1 malori che vanno impigliando. La morchia vendis. Albae vero, molierom valvae in lana ad della oliva nera molto utile a1pedignoni, e a movetur. Malto autem omnis amurca decocta ef ficacior. Coquitur in Cyprio vase ad cr assita di-- fare fomentazioni a bambini. La morchia della Beto mellis. Usas ejus cum aceto, aut vino vetere, bianca s accosta in lana alla matrice delle donne. ant mulso, ut quaeqne causa exigat in curatione Molto maggior virt ha ogni morchia cotta. Cuooris, denliom, aorium , ulcerum manantium, ge cesi in vaso di Cipro, tanto che venga soda come nitalium, rhagadum . Vulneribus in linteolis imil mele. L uso suo con aceto, o vin vecchio, o ponilar, luxatis in lana : ingens hic usus utique vin melalo, secondo che richiede ciascuoa cora, o della bocca, o de'deoli, o degli orecchi, delle pia* inveteralo medicamento : tale enim fistulas sanat. lafuodiior sedis, genitalium, vulvae exulceratio* ghe cbe colino marcia, de'membri genitali, e dello M ioitur v ero podagris incipientibus: item crepature di sesso. Ponsi alle ferite in pezzoline, o in lana a quegli che hanno i membri fuorde'luoghi articulariis m orbis. Si vero cam omphacio recoqaaliir ad m ellis crassitudinem, casuros dentes loro. sommamente utile a molle cose, quando extrahit. Item jum entorum scabiem, cum deco egli invecchiato ; perciocch tal medicamento guarisce le fistole. Infondesi alla esulcerazione del cto lupinorum, e t chamaeleone herba, mire sanat. sesso, de membri genitali e della matrice. Im Crada am arca podagras foveri otilissimom. piastrasi alle gotte, quando elle cominciano, e ai mali delle giuntare. E se si cuoce con P onfacio fin che si rassodi come il mele, cava i denti che baono a cadere. Con la cocitore de* lupini, e eoa T erba cameleone maravigliosamente guarisce la scabbia degli animali che si mettono al giogo. atilisiimo fomentare le gotte con la morchia cruda.

C. PLINII SECUNDI De
f o l i i s o l e a s t r i , x v i. D e lle fo g lie
dell

o l i v o s a l v a t i c o , 16.

XXXV 11I. 4. Oleastri foliorum eadem natu XXXVIII. 4* Le foglie dell'olivo salvatico so ra. Spodium e cauliculis vehementius inhibet no della medesima natura. Lo spodio fallo delle rheamatismos. Sedat et inflammationes oculo messe novelle ristrigue molto gagliardamente i rum, purgat nlcera, alienata explet, excrescentia pondi. Mitiga la infaromagione degli occhi, pur ga le ulcere, rimette dove manca, e lejrgerroenle leniter erodit, sicca tque, et ad cicatricem perdu cit: cetera ut in oleis. Peculiare autem, 'quod rode la carne cresciuta, la disecca e la ia sm inar gi re : nell'altre cose ha le virt che dicemfolia decoquuntur ex meile, et dantur cochlea mo dellolivo. Nondimeno sua propriet , che ribus contra sanguinis exscreationes. Oleum tan le foglie si cuocono nel mele, e dassene un cuc tum aorius, efficaciusque : et de eo os quoque colluitur ad dentium firmitatem. Imponuntur chiaio a chi spunta sangue. L ' olio suo i pi sere ed ha maggior virt, e con esso si bagna la boc folia et paronychiis, et carbunculis, et contra ca a fermare i denti. Le foglie sfte si pongono moem collectionem cura vioo: iis vero quae a' panerecci, a' carboocelli, e contra ogni raccol purganda unt, cum meile. Misceatur oculorum medicamentis, et decoctam foliornm, et saccus ta, col vino ; e a quelle cose che s debbono pur oleastri. Utiliter etiam auribus instillatur cum gare, col mele. La cocitura delle foglie e il sugo dell'olivo salvatico entrano n e l l e medicine da oc meile, vel si pus effluat. Flore oleastri condylo mata illinuntor, et epinyctides ; item cum farina chi. Infondesi negli orecchi col mele, anche se hordeacea venter, in rheumatismo : cum oleo, gettano puzza. Le morici che non gettano sangoe, e certe macchie rosse che veogono pi la notte capitis dolores. Cutem in capite ab ossibus rece che il giorno con pizzicore, s impiastrano col dentem cauliculi decocti, et cam meile impositi fiore dell' olivo salvatico, e il venire nel mal dei comprimunt. Ex oleastro maturi in cibo sumpti sistunt alvum. Tosti aulem et cum meile triti, pondi, con farina d orzo ; e la doglia del ap0 con olio. Le sue messe cotte, e poste col mele, nomas repurgant, carbunculos roropunt. reprimono la pelle che in capo si parte laM osso. Quelle dell' olivo salvatico m ature e mangiate fermano il corpo; ma arrostite e peste col mele purgano le piaghe che vanno sempre impigliando! e rompono i carboocelli. Db
o ii r a A c io , i u . D d lla o liv a a g re s te ,

3.

XXXIX. Olei naturano causasque abunde di ximus. Ad medicinam ex olei generibus haec pertinent. Utilissimum esse omphacium, proxime viride. Praeterea quam maxime recens (nisi quum vetustissimum quaeritur), tenue, odoratum, quod que oon mordeat, e diverso quam in cibos eligi tor. Omphacium prodest gingivis. Si contineatur in ore, colorem dentium custodit magis, quam aliud : sudores cohibet.

XXXIX. Della natura e condizione dell'olio abbiamo ragionato abbastanza. Quanto alla me dicina, dico che di tutte le sorti di olio lilissimo l ' onfacino, e dopo quello il verde. Inoltre e pi utile qualunque che sia fresco (se non quan do si adopera il vecchio), sottile, odorifero e cke non morda ; rft contrario di quello che vuole e> * sere per mangiare. L 'onfacino giova alle gengi ve. Se si tiene in bocca, conserva il color dedeo* ti mollo pi che alcuna altra cosa ; e ristringe 1 sadori.
D ell'
o l io d ' b n a h t b , e d ' o g b i a l t r o o l io ,

D b o n u rm H o ,

bt

o k h i o le o , x x v iu .

28.

XL. Oenanthino idem est effectus, qui rosa ceo. Omni autem oleo mollitor corpus, vigorem et robor accipit 1 stomacho contrarium. Auget ulcerum inorementa. Fauces exasperat, et vene na omnia hebetat, praecipae psimmy thii, et gypsi, in aqua mulsa, aut ficorum siccarum decocto po lum : contra raeconium, ex aqua : contra cantha ridas, bupreslitn, salamandra, pityocampas : per

XL. L* enantino fa il medesimo effetto che il rosato. Generalmente ogni sorle. d 'o l i o mollifica il corpo, e gli d forza e vigore : il co n trario & allo stomaco. Accresce lo espurgo delle rotture. Inasprisce le canne della gola, e spunta tulli i ve leni, massimamente quello del psimmizio e del gesso, nell' acqaa melata, o bevuto con la cocitu ra de' ficchi secchi : pigliasi con l ' acqua conira

3o5

HISTORIABUM MORDI LIB. XXIU.

30 6

e potum, redditumque vomitionibus, contri omnia opra dieta. E t lassitudinum perfrictionumque refectio est. T onnina calidum potam cyalhis sex, magisque rata simul decocta pellit Item ventris animalia. Solvit alvum heminae rocnwy cam vino et calida aqna potum, aut ptisanae succo. Vulnerariis emplastris utile. Fa ciem purgat. Bubo* infusam per nares, donec m icat, inflationem sedat.

Vetus autem magis excalfacit corpora, ma* gisqoe discutit sudores. Duritias magis diffundit. Lethargicis auxiliare, et ioclinato morbo. Oculo rum claritati confert aliquid, cum pari portione ndfii acapni. Capitis doloribus remedium est. Ilem ardoribus in febri cum aqua : et si vetusti noo sit occasio, decoquitor, u t vetustatem reprae sentet.

il meconio, contra le canterelle, il boprtsU , le salamandre e le pkiocampe : bevuto per s, e ri buttato fuori per vomito, giova contro le soprad dette cose. lodatissimo per ricreare gli stanchi e gl' infreddati. Leva i tormini, beandone sei bie* chiari di caldo, e maggiormente se vi insieme cotta la rata ; e caccia i vermini ancora. Risolve il corpo, bevalo a misura d ' un emina con vino e acqoa calda, o con sogo d'orzata. utile agli em piasi ri delle ferite. Purga la faccia. Messo pe ba chi del naso a'buoi, infino a che ruttino, mitiga le ventosit. Il vecchio riscalda pi i corpi, e molto pi caccia il sudore, e mollifica le durezze. Aiuta grandemente*! letargici, e quando la malattia co mincia inclinare. Giova qualche poco a rischia rare la vista, preso eon egual porzione di mele purgato dal fumo. E rimedio a' dolori del capo, e eon l ' acqua agli ardori della febbre ; e se del vecohio non si pu avere, si cuoce, aceiooeh rappresenti il vecchio.
D
kll1 o

D a ciciao

o l eo ,

x v i.

l i o c i o ih o , 1 6 .

XLI. Oleam cicinam bibitor ad purgationes veotris cam pari caldae mensura. Priva tim dici tar purgare praecordia. Prodest et artioulorum morbis, d ori t iis omnibus, valvis, auribus, am bustis. Cum cinere vero muricum, sedis inllamBMtiooibus, item psorae. Colorem cutis com mendat, capillnmqae fertili natura evocat. Semen ex quo fit, noJIa animans attingit. Ellychnia ex ava fiunt, claritatis praecipuae. Ex oleo lumen obscoram propter nimiam piogaitudinem. Folia igni nero illinuntor ex aceto : per se autem re centia mammis et epiphoris. Eadem decocta in vino inflammationibus, cum polenta et croco) per se autem trid u o imposita faciem purgant.

XLI. L olio eicino si bee per le purgagioni del eorpo con egnal misura d 'acqoa calda. Par* ticolarmente si dice che egli porga gl ioteriori. Giova pure alle malattie delle giootare, a tutte le durezze, alle matrici, agli orecchi e alle incotture. Con la cenere del pesce murice giova alle infiammazioni del sedere e alla rogna : fa beilo il colore alla pelle, e fa nascere diviziosamente i capegli. Del seme, onde egli si fa, nessuno ani male ne tocca. Dell' uva si fan lucignoli di sin goiar chiarezza. Dall' olio viene il lume oscuro per rispetto della troppa grassezza. Le foglie con l aceto s'impiastrano al fuoco saoro, e per s fresche alle poppe e alle lagrime degli cechi. Le medesime cotte nel vino s'adoperano alle infiammagioni con la polenta e col zafferano ; e poste per s tre giorni purgano il viso.
D
e l l ' o l io delle m a ndo rle,

Db

AMTGDAU1TO,

xvi.

16.

XL1I. O leum amygdalinum porgat, mollit corpora, cotem erogat, nitorem commendat, varos cam meile to llit e facie. Prodest et auribus, cum rosaceo et meile et mali punici germine decoctum, vermiculosque in his necat, et gravitatem auditus discutit, sonos incertos et tinnitus, obiter capitis dolores, et oculorum . Medetur furunculis, et a sole nslis cum cera. Ulcera manantia et furfures un vino e x p arg at : oondylomata cum meliloto. Per se vero e ap iti illitam, somnum allicit.

XLI 1. L 'olio delle mandorlo purga, mollifica i corpi, leva le grinse e fa la carne lucente; e col mele leva dalla faccia i segni del vainolo. Gio va ancora agli orecchi cotto con olio rosato, me le e masse novelle di melagrano : ammazza in essi i vermicelli, leva la gravezza dell* udito, i mormorii e i zuffolamenli ; e facendo ci ancora leva h doglia del capo e degli occhi. Con la cera guarisca i fignoli, e chi riarso dal sole. Col vi no porga le olcere ehe colano, e la forfora ; e col meliloto le morici che non gettano sangue. Se oon questo sema altra mistura ungi il capo, la venir suono.

C. P U N II SECUNDI Db
, . D bll
o LIO

& 08

u o b u o

ib

DELL ALLOBO, 9 .

XL 11I. Oleum laurinum utilius quo reoentins, quoque viridius colore. Vis ejus excalfactoria ; ei ideo paralyticis, spastici.*, ischiadicis, sugillatis, capitis doloribus, inveterali* distillationihus, au ribus, io calyce puoioi calfadum illinitur.

XLI1I. L olio dell* alloro migliore q u a n to egli pi fresco e pi verde di colore. La i n a virt di riscaldare, e perci utile a'{>arletichi, agli spasimi, alle sciatiche, a'suggellati, a l dolori del capo, alle distillaaioui vecchie e a g li orecchi, impiastrandolo caldo in guscio di m elagrano.
D
e l l o l io della m o r t i ha ,

D b m y b t b o , xx.
XLIV. Similis el myrlei olei ratio : adstringit, indurat: medetur gingivis, dentium dolori, dysen teriae, vulvae exulceratae, vesicis, ulceribus ve tustis vel manantibus, cum squama aeris et cera. Item eruptionibus, ambustionibus. Attrita sanat, et furfures, et rhagadas, condylomata, articulos luxalos, odorem gravem corporis. A versatur cao<i tharidi, bupresti, aliisque. malis medicamentis, quae exulcerando nocent.

ao.

XL 1V. Della medesima natura 1 olio d i * moriina, perch ristrigne e indura : utile a lla gengive, a dolori de denti, a pondi, alla m a tri ce scorticata, alla vescica, e all ulcere invecchia** te, o ohe aolino, con verderame e con cera. C osi giova ancora al romper delle pustule e alle inc o t ta re. Sana le infrazioni, la forfora, le crepature lei sesso, le mnrici che non gettan sangue, le g iu n ture schiavate e l odore grave del corpo. r i medio alle canterelle, al bupestre, e agli altri ve leni che scorticano.
O
l io d b l l a c a m b m ib s ib a o v v b b o o s s im ib s in a

D b CBABAEMYBSIBAS, SIVE OXYHYBSIHAB OLEO*. DB c u ra s s im o ,


c i t b b o , c a &y ih o ,

o l io

C s id io ,

l b n t is c i -

DI CIPBBSSO, DI CITBO ; OLIO CABIIRO, DI GBANO G r id io ,


d i l b n t is g o

b o , b a l a b ib o .

o l i o b a l a r ib o .

XLV. Chamaemyrsinae,sive oxymyrsinae ea dem natura. Cupressinum oleum eosdem effectus habet, quos myrteum. Item citreum. E nuce vero >Uglande, quod earyinum appellavimus, alopeciis utile est, et tarditati aurium infusum; item capi* tis dolori illitum. Ceterum Iners et gravi sapore. Enimvero si quid in nucleo potridi fuerit, totus modus deperit. Ex Cnidio grano factum, eamdem vim habet, quam eicioum. E lentisco factum, uti lissimum acopo e st Idemque proficeret aeque ut rosaceum, ni durius paullo intelligcrelur. Ut untu r eo et contra .nimios sudores, papulasque su dorum. Scabiem jaraentorum efficacissime sanat. Balaninum oleum repurgat varos, furunculos, len* tigiaes, gingivas.

XLV. Lolio della camemirsina, o della ossimi r si oa della medesima nalura. L olio di c i presso fa i medesimi effetti, che quello della m o r tine, e cos quello del citro. L olio della noce, il quale noi chiamammo cariino, utile a m edicar la tigna ; e mettendo velo dentro, alla tardit degC orecchi ; e impiastrato, a dolori del capo. Ma pigro e grave di sapore, perch se nel di deulro punto di magagna, tutto si guasta. L* olio fattp di grano Gnidio, ha la medesima virt che il ci cino. Il fatto di lentisco utilissimo nellunguen to acopo, che si fa per le lassitudini. Giovereb* be ancora come V olio rosato, se non fosse al quanto pi duro. Usasi contra i troppi sudori, e alle pustule d essi. E ottimo a guarire la scabbia de giumenti. L olio balanino purga il vaiuolo, i fignoli, le lentiggini e le gengive. Dbl c i p b o ,
b d e l l o l i o d i e s s o , m b d . i G.
g l e o c ih o , i

Ds I

CYPBO, B * CTPBIBO, XVI. D

GLBOCtBO, I .

D b l l o l io

XLVI. Cypros qualis esaet, et quemadmodum x ea fieret oleum docuimus. Natura ejus excal facit, emoliit nervos. Folia stomacho Ulinuutor: t vulvae ooacitatae succus quoque eorum adpoaitur. Folia recentia commanduoaia, uloeribus in capite manantibus, ilem oris m edeatur, et coi?

XLVI. Che cosa sia cipro, e come si faccia olio d esso, gi 1 abbiamo insegnalo. La sua na tura di riscaldare, e di mollificare i nervi. Lt foglie sue s 'impiastrano allo slomaco, e il sugo loro s adopera alla matrice alterala. Le foglie

fresche masticale medicano le rotture del ca^o

HISTORIARUM MUNDI L . XXIII. lectionibus, condyloma lis. Decoctum foliorum ambustis et luxatis .prodest. Ipsa rufant papillum iosa, adjecto struthei mali suocp. Floa capilis do* lores sedat cam aceto illitu*' Idem combustus in cruda olla nomas sanat et putrescentia ulcera per e, tei cum meile. O dor floris olet, qui somnum facit. Adstringit gleucinum, et refrigerat, eadem ratione qua e t oenanthinum che colano, e quelle della boeea, e le raccolte di pozza, e le motrici. che non gettano saugoe. La cocitura delle foglie giova agl* incotti, e a quegli che hanno le membra sconcie. Esse foglie peste fanno i capelli rossi, aggiungendovi il sugo della mela cotogna. 1 suoi fiori impiastrati cdn l'aceto levano la doglia del capo. I medesimi arsi in pen tola eroda goarisoono la piaghe che vaoou sem pre impigliando, e 1 ulcere putrefalle, o col me le, o di per s. L 'o d o r come quello del fiore, e fa veoir sonno. L'olio gleucino ristringe e rinfre sca come l ' enantino.
D s l b a l s a m i c o , i 3. -

Da

M U i M I R O , X III.

XLV1I. Balsaminam longe pretiosissimam omniam, a t in angoentis diximus, contra omnes serpentes efficax. Oculorum claritati plurimum confert, caliginem discutit. Item dyspnoeas, col lectiones omnes daritiasqoe lenit. Sanguinem den sari prohibet, nleera purgat: auribus,capitis do loribus, trem ulis, spastici;, ruptis perquam utile. Adversatur aconito ex lacte potum. Febres cum horrore venientes perunctis leviores facit. U ten doni tamen m odico, quoniam adorit, augetque vitia non servato temperamento.

XLVI!. 11 balsamino molto pi prezioso che gli altri, come dicemmo negli unguenti, ed ha virt contra tutte le serpi. Giova assaissimo a rischiarar la vista, e leva i bagliori. Guarisce l ' asma e mollifica tutte le rac&olte di pdzza e le dorezze. Non lasria rappigliare il sangue, e por* ga le nascerne ; ed molto atile agli occhi, a'dolori del capo, a'parleticbi, agli spasimi e alle rottore. Bevendolo con latte resiste al veleno aco*oito. Ungendone l ' infermo di febbre cbe rimette eoi freddo, fa assai otite. Per da osarlo oon temperanza, perch altrimenti riarde, ed accresce i difetti.

D a MALOBATHBO,

VIII.

D ai

MALOBATBO,

8.

XLVI1I. M alobathri quoque naturam et gene ra exponimus. U rioart ciet. Oculorum epiphoris vino expressam utilissime im ponitor: item fron tibus, dormire v olea ti bos : efficacius, si et nares illinantur, a a t s i ex qua bibatur. Oris et halitus Maritalem com m endat linguae subditum folium, sicut et vestiam odorem interpositam.

XLVIII. Abbiamo ragionilo anoora della na* tura e delle specie del malobatro. Esso commove l ' orina, e premendolo col vino si pone alle lagri me degli occhi, e snlla fronte di chi vool dormi re : ma pi virt ha, se eoo esso ugoerai le nari, o se lo berai con l'acqua. La foglia saa posta sot to la lingua fa boon alito, e mescolata tra' paoni fa boon odore. D ell' o l i o d b l l 'i o s c a m o , a. D b l l ' o l i q M ain ilo i . D bl h a b c is s i b o , i . Dbl B A rA B in o , 5 . D*fc s e s a m i no, 3 . D bl ubino , 2 . Dbl Bt<HTido, x . D ell' i g u v i r o , . i . XLIX. L 'olio del giusquiamo olile a molli ficare, ma nuoce a' nervi. Reendolo fa motto nel cervello. L 'olio termino he si fa durta specie di lupini, mollifica, e fa quasi i medesimi effetti che il rotato. Del narcissino abbiamo ragionato eoi suo fiore- Il ra fan ino gnarisce il mal de' pi docchi acquistato per luoga infermit, e lava la pelle roiida del viso. L 'olio sesamino guarisce 0 dolore degli orecchi, e le nascente che impi gliano, e quelle cbe si chiamano oaeoete. Il tirino, -che noi chiamammo Faselino e Siro, i utilissimo

D i iro s c T A M tu o , u .

T bbrmibo,

i.

N ito w K o , i.

R a p h a n in o , v . S is a m m o , i u . L ib in o , i u . S e l GiTIOO, i . I g o v ib o , i .

XL1X. Hyoscyamiiiora eioojlKeitdo alile est, nervis inolile. Polum quidem cerebri motos facit. Th erro inara e lapinuem olllt, proximdm rtolaceo eficlom habeo. Narcissinum dictum est cum suo flore. R apbaoiooqi phthiriases longa valetudine contractas to llit, scabritiasqoe culis in facie emen dat Sesam inam aariam dolores sanat, et aloen quae se rp a n t, et qaae cacoethe vocant. Lirinon, qaod et Phaanlinnm et Syriam vacavimus, renibos otilissim am est, sudorihasque evocandis, vuliae m olliendae, conooqueadoqoe intui. Selgiti-

3 it

C. PLINII SECUNDI alle reni, a provocare i sudori e mollificar Ia matrice. Il selgitico dicemmo cV alile a'n erv i, come lo erbaceo ancora, il qaale si vende in Gob bio sulla via Flaminia.

cum nerri* alile ette diximos, rieut herbaceam qaoqae* quod Iguvini circe Flaminiam viam vendant.

De

b l a s o n il i, i i .

Db

v issu t o , i i .

Dill 1b l b o m b l o , a. Dbl p i s s i s o , a.
L. L'eleomelo, il quale in Soria gocciola da gli ulivi, ha sapor di mele, non senza fastidio : mollifica il corpo, ma specialmeote purga la col lera, dandone due bicchieri in un'emina d'acqua : quegli che n'hanno bevuto, impigriscono, e spes so si risentono. Quegli che haooo a combattere, ne pigliano prima un bicchiere. L 'olio pissino comunemente s ' usa a cacciare la rogna degli ani mali quadrupedi.
D b llb
p a l m i, m e d ic .

L. Elaeomeli, quod in Syria ex ipsis oleis ina* nare diximus, sapore melleo, non siue nausea, alvum solvit : bilem praecipue delrahit, duobus cyathis in hemina aquae datis : qui bibere, tor* pescunt, excilaoturque crebro. Potores cerlaluri praesumant ex eo cyalhum unum. Pissioo oleo osa* ad tasaim et qaadrapedum scabiem est.

Dl

PALMIS, IX .

9.

1. A v itib u s oleisque proxima nobilitas pal mis : inebriant recentes, capitis dolorem adfero n t : minus, siccae; nec, quantum videtor, utiles stomacho : tussim exasperant, corpus alunt. Sac caia decoctaram antiqui pro bydromelile dabant aegris ad vires recreandas, sitim sedandam, in f n an praeferebant Thebaicas. Sanguinem quo que exscreantibus utiles, in cibo maxime. Illinun to r caryotae stomacho, vesicae, ventri, intestinis, cum cotoneis et cera et croco. Sugillata emen dant. Naclei palmaram cremati in fictili novo, cinere loto spodii vicem efficiunt, miscenturque collyriis, el calliblephara laciant addito nardo.

LI. Dopo le viti e gli alivi prossima la no bilt delle palme. Le fresche ubbriacaoo, e fa ano dolere il capo : le secche a ci hanno men forza ; e per quanto pare non sono alili alto stomaco : inaiperano la tosse, e crescono il corpo. Gli anti chi osavano dare il sugo delle cotte in Itfogo di idromele agli ammalati perch riavessero le forze, e per ispegnere la sete, e a questo bisogno metteva no le Tebaiche innanzi a tutte l ' altre. Sono alili ancora a chi spnta sangue, massimamente man giandole. Delle cariote, cio del sugo d ' esse, si fa empiastro allo stomaco, alla vescica, al corpo e agl'interiori, mescolate con mele cotogne, cera, e zafferano. Guariscono le parti suggellate. La cenere, che vien dai noccioli delle palme arsi in pentola nuova, lavala che sia fa l ' effetto dello spodio,e mescolasi nelle medicine degli occhi, ag g io gand o v i il nardo.
D b l m ib o b a la h o p a lm a ,

D b PAL 1 KTBOBALAHO, I i t . CA

3.

LII. 5 . Palma quas feri myrobalanam, pro batissima in Aegypto, ossa non habet reliquarum modo in balanis. Alvam et menses d e t in vino austero, et vulnera conglutinat
Db
v a lv a b l a t b , x v i.

LII. 5 . La palma che fa il mirobalano, ottima in Egitto, non ha noccioli, come Pai tre, ne'balani. In vin brusco provoca il oorpo e i mesi delle don ne, e risalda le ferite.
D ella
pa lm a b la tb ,

16.

LUI. Palma elate, sive spathe, medicinae con fert germina, folia, corticem. Folia im ponantur praecordiis, stomacho, jocineri, ulceribus quae serpant, cicatrici repugnantia. Psoras cortex ejas tener cam resina et cera sanat diebo* xz. Deco quitur et ad testium T i l i a . Capillum denigrat suf fita, partas extrahit. Datur bibendas renam vi llis, et vesicae, et praecordiorum : el capiti, et nervis inimicus. Volvae ac ventris fluxiones sistit

LUI. La palma chiamata elafe, ovvero spate, ha baona in medicina la saa P erba, le foglie e la corteccia. Le foglie si pongono agl'interiori, allo slomaco, al fegato e alle piaghe che impigliano ; ma esse non lasciano rainmarginare. La saa cor teccia teneca'con ragia e eera guarisce io venti gior ni la rogna. Cotta buona a' malori de* testicoli. Col suo profumo annerisce i capelli e fa uscire i parti. Dassi 1 bere a' B ili delle reni, della vescica

3i$

HISTORIARUM MUNDI MB. XX11I.

3 .4

decodam ejus. Item dnis ad tonnina pota* in lino albo, in vulvarum v iti efficacissimus.

e degl'interiori; ed contraria 1 capo e a*nervi, La sua cocitura ferma i flussi della matrice e del corpo, e la cenere bevuta in vino bianco si d ai tormini, potentissima ne mali delle matrici.
M s D ia ilB DI CIASCUNA SORTE DI F IO R I, TRATTE

Midkuu b x s i i H u i m t u m o i f l o u , f o l i i s , nocro, S A IIS , CORTI CB, 5DOCO, U OV O , RADICE, ama. M a i o i d i o i i n u n o n i , t i ; g o t o m a n i, x x u ; stB o n to a im y 1.

DBLLB FOGLIE, Dfc FRUTTI, DB1 RAMI, DELLA COR TECCIA, DEI. SUGO, DEL LEGSO, DELLA RADICE, DELLA CERERE. OSSER VA1IOM RAPPORTO ALLE
m blb,

6 . R a pporto

a ' c o t o g n i,

22. R

a ppo rto

L L B MBLB STBDTIB, I .

L1 6. Proximae varietates generum mediciV. narumque, qaae mala habent. Ex bis verna, acer ba, stomacho inutilia suat : alvum, vesicam cir cumagant, nervos laedant. Cocta meliora. Coto* osa coda suaviora. Cruda tamen, dumtaxat matu la, promat sanguinem exscreantibus ac dysenlericis, cbolericis, coeliacis. Non idem prosunt de cocta, quoniam am ittunt constringentem illam vim socci. Im ponuntur et pectori in febris ardoribos: et tamen decoquuntur in aqua coeletti, ad eadem, quae sopra scripta sont. Ad stomachi au tem dolores cruda decocta ve cerati modo impo nantur. Lanugo eorum carbuncnlos sanat. Cocta >a vino, et illita cam cera, alopeciis capillum red dant. Qoae ex his cruda in meile condiuntur, alvum movent. Mellis aotem suavitati multum adjiciunt, stomachoque utilius id faciant.

Qoae vero in meile condiuntur cocta, quidam ad stomachi vitia, trita cum rosae foliis decoctis dsnt pro cibo. Saccus crudorum lienibus, orlhopnoicis, hjdropicis prodest. Item mammis, con dylomatis, varicibus. Flos et viridis, et siccus in flammationibus oculorum, exscreationibus sangoinis, mensibus muliernm. F it et sjuccus ex his mitis, cam vino dulci tusis, et coeliacis et jocinen. Decocto q ao q a e eoram foventur, si procidant volvae et interanea.

Fit et oleum ex his, quod melina m vocavimus, quoties non fu erin t in homidis nata. Ideo utilis sima, quae ex Sicilia veniunt. Minus olilia stru thia, quamvis cognata. Radix eoram circumscri pta lerra m ana sinistra capitor, ita ut qai id f|ciet, dicat quae cap iat, et cujos causa : sic adalligata, strami* m edetor.

LIV. 6. Seguono le variet delle specie e delle medicine, che hanno le mele. Fra queste le ver-nerecce e le acerbe sono inutili allo stomaco, sconvolgono il corpo e la vescica, e offendono i nervi. Colte sono migliori. Le cotogne sono pi soavi cotte; nondimeno crude, solamente mature, giovano a quegli che sputano sangue, al male dei pondi, a'collerici e a'deboli di stomaco. Non hanno quella medesima virt cotte, perch per dono la forza del sugo che ristrigne. Pongojisi ancora sol petto negli ardori della febbre, e non dimeno si cuocono io acqua piovana alle meJesiroe cose, che si son dette di sopra. A' dolori dello stomaco o crude o cotte si pongono in modo di cerotto. La lanugine loro guarisce i carboocelli. Cotta col vino e impiastrata con la cera fa rimet tere i peli alla pelarella. Le crude che s ' accon ciano nel mele muovono il corpo, e aggiungono molto alla soavit del mele, e lo fanno pi utile allo stomaco. Le cotte, d ie si tengono nel mele, alcuni le danno a mangiare peste con foglie cotte di rosa a'm ali dello stomaco. 11 sugo delle crude giova alla milza, a coloro che non possono respi rsre, se non istanno col capo alto, e a'ritruopichi: cos ancora alle poppe, alle morici che non gettano, e alle varici. 11 fiore e verde e secco giova alle infiammagioni degli occhi, a quegli che sputano sangue, e a' mesi delle donne. Fassi ancora pia cevole sugo di queste pestate oon vin dolce, il quale utile a1 deboli di stomaco e al fegato. E se le matrici e gl interiori caggiono, si fa uno fomentazione con la loro cocitura. Fassi ancora olio d'esse, il quale noi chiamam mo melino,ogni volta che non sieno nate in luoghi umidi. A questo vengono utilissime di Sicilia. Man co utili sono le struUe, bench sieno lor parenti. Pigliasi la radice lo ro , circoscrivendo la terra, eon la man manca ; ma chi lo fa, dee dire quello che (a, e per cagione di chi ; e cos legata alle scrofole le guarisce.

3 .5

C. P U N II SECONDI

DCLCIUM MALOBCM OBSBBVATIOBSS, VI } AUSTB-

M e DICMB DBLLB R I U DOLCI, 6

D sL L B A C I M I , { .

so&uu, iv. LV. Melimela el reliqua dulcia, stomachum et ventrem solvunt, siticulosa, aestuosa : sed nervos non laedunt. Orbiculata sistunt alvum, et vomi tiones, urinas cient. Silvestria mala similia sunt vernis acerbis, alvumque sistunt. Sane in hunc usura immatura opus sunt. LV. Le melimele e l altre cose dolci muovono il corpo e lo stomaoo, dauno sete e caldana, ma non offendono i nervi. Le mele tonde fermano il corpo e muovono il vomito e l orina. Le mele salvatiche sono simili a quelle acerbe della pri mavera : fermano il corpo, ma per qaesto effetto bisogna che sieno immature.
D b llb c itb e b ,

ClTEEOBUM,

v.

5.

LVI. Citrea contra venenum in vino bibun* tur, vel ipsa, vel semen. Faciunt oris suavitatem, decoclo eorum colluti, aut succo expresso. Ho rum semen edendum praecipiunt in malacia prae* gnantibus : ipsa vero contra infirmitatem stoma chi, sed non nisi ex aceto facile manduntur.

LVI. Le citree si beono nel vino contra il ve* leno, o esse, o il seme. 11 lavarsi oon la cocitura loro, e il sugo premalo fanno soavit di boecs. 11 seme desse vogliono che si dia mangiare He donne pregne, quando elle hanno voglia di tante cose strane, e si mastica ancora contra la infermi-2 t dello stomaco, ma non facilmente se non eoa Taceto.
D b m s la g k a m , a ? .

Pomcoauv, xxvi. LV1I, Punici mali novero genera nono iterare supervacuum. Ex his dolcia, quae apyrina alio nomine appellavimus, stomacho inutilia habentur, inflationes pariunt, dentes gingivasque laedunt. Quae vero ab bis sapore proxima vinosa diximus, parvum nucleum babentia utiliora pauTlo intel* ligunlur. Alvum sistunt, et stomachum, dumtaxat pauca, citraque satietatem. Sed haec minime dan da, quamquam omnino nulla, in febri, nec carne acinorna utili, nee succo. Caventur aeque vomi tionibus, ac bilem rejicientibus.

Uvam in his, ac ne mustam quidem, sed pro tinus vinum aperuit natura. Utromque asperiore cortice. Hic ex acerbis in magno uso. Vulgus co ria maxime perficere illo novit: ob id malicorium appellant medici. Urinam cieri eodem monstrant : mixtaque galla in aeeto decoctum, mobiles den tes stabilire. Expetitur gravidarum malaciae, quoniam gustatu moveat infantem . Dividitor m alum , coeleatiqiie aqna madescit ternis fere diebus. Haec bibitur frigida coeliacis, et sangui nem exscreantibus.

LV1I. soverchio riandare nove sorti di me lagrane, avendone gi parlato. Diremo solo, rap port a medicina, che le dolci, che noi per altro nome chiamammo apirine, si tiene che sieno inu tili allo stomaco : partoriscono ventosit, e offen dono i denti e le gengive. Quelle che per sapore son dopo queste, e chiamansi vinose, hanno pic colo nocciolo, e sono di poco pi utili. Fermano il corpo e lo stomaco, ma sien poche, sicch non {stucchino altrui. Non si vogliono dare nella feb bre, ancora che non ve ne sia punto, perch n la carne degli acini, n il sugo non utile. Guardisi ancora da queste chi ha il vomito, o chi sputa sangue. In queste non apparisce n uva, n mosto, m i vino subitamente. L1 una e 1 altra ha corteccia * aspra. Questa fra le acerbe in uso a molte cose. Il vulgo con essa concia le cuoia, e per questo i m e dici la chiamano malicorio. Provoca P orin a, e cotta nell1aceto con galla, ferma i denti che si muovono. Dassi alle donne gravide che han vizio di cose stravsganti, e gustandola muove la crea tura nel corpo della madre. Partesi la melagrana, e tiensi in macero in acqua di piova per tre giorni. Questa si bee fredda per coloro che son d e boli di stomaco, e per quegli che sputano sangui.
D ella
s t o m a t ic a ,

S t o m a t ic e ,

x x iv .

34.

LVIII. Ex acerbo fit medicamentum, quod stomatice vocatur, utilissimum oris vitiis, narium,

LVI1I. Dell'acerba si fa una medicina, che si chiama stomatica, utilissima a* mali della bocca,

li

HISTORIARUM MONDI Llfi. XX 1 1 I.

3x8

aurium, oculorum caligini: pterfgiis, genitalibus, et bis qM nomas -vocant, et qoae ia ulceribus excrescunt. Contra leporem marinum hoc modo: acinis detracto cortice tusis, succoque decocto ad tertias, cam erodi,, e t aluminis aciasi, m jrrbae, mellis Attid selibris.

Alii et hoc m odo freiant : panica adda multa tuodunlur: s u c c u s in cacabo novo coquitur mel lis erassitudiue, ad virilitatis et sedis vitia, et omnia quae lycio curantur, aures purulentas, epiphoras incipientes, rubras raaculas. In mani* bus rami punicorum serpentes fugant. Cortice punici ex vino decocti et impositi, perniores sa narli or. Contusura malum ex tribus heminis vini, decoctam ad hem inam , tormina et taenias pellit. Puaicum in olla nova, cooperculo illito, in furno exustum, el contritum , potumqae in vino, sistit tlfun, diaculit term ine.

delle nari e degli orecchi ; a1bagliori degli occhi, a quelle pellicole che si sfogliano intorno all un* ghie delle dila, a* malori de* genitali, alle piaghe che vanno sempre impigliando, e a quelle che crescono nelle rotture. Vale contra la lepre ma rina in questo modo : pestansi le granella, levando lor prima la corteccia, e caocesi il sugo fino alla terta parte, con mezza libbra di zafferano, d'al lume tagliato, di mirra e di mele Ateniese. Altri fanno in questo modo: pestano molte melagrane acetose, e cuocooo il sugo in vaso nuo vo, tanto che si rassodi come mele : questa deco zione alile a'mali del membro virile e del sedere, a tutte quelle cose che si enrano con un medica mento chiamato liccio, agli orecchi che gettano puzza, alle lagrime degli occhi, che cominciano, e alle macchie rosse. 1 rami del suo albero por tati in mano cacciano le serpi. Con la buccia della melagrana colta nel vino, e postavi su, si guari scono i pedignoni. La mela stessa pestata con tre emine di vino, e colta fino a un'emina, leva i tor mini e le tignuole. Messa in pentola nuova con co|erchio sopra, e arrostita nel forno, poi pesta e bevala nel vino, ferma il corpo e leva i tormini. D el
c it is o ,

De

c y t is o ,

vm .

8.

LIX. Primas pomi bujus partus florere ind piealis, cylinus vocatur Graeds, mirae observa tionis mullorum experimento. Si quis anum ex bis, solutas vinculo omni cinctus et caleeatus, atque eliam annli, decerpserit duobus digitis, pollice et quarto sinistrae manus, atque ita lustra ti* levi tactu oculis, mox in os additam devora* Terit, ne dente co n tin g at, ad firma tur nullam oculocum imbecillitatem passurus eo anno. Ii dem cjtini siccati tritiq u e , carnes excrescentes cohibent : giogivis e t dentibus medenlur : vel si mo biles sioi, decocto succo. Ipsa corpuscula trita, ulceribos qoae se rp u n t pulrescunlve, illinantur. Ilem oculorum inflammationi intestinoramque : el fere ad om nia, quae cortices malorum. Ad verMulur scorpiouibus.

LIX. II primo parto di questo frutto comin ciando a fiorire, si chiama da G red citino, il quale di grande osservazione per esperienze di molli. Se alcuno, sciolto da ogni legame di farsetto e di calzari, e ancora pure d anello, ne eoglie uno con due dita della man manca, col dito grosso e col quarto, e cos leggerm ele toc cando lo tira intorno agli occhi, e dipoi se lo metle in bocca e inghiottisce, che non tocchi il dente, a1 afferma che q u d tale non patir quel* l ' anno alcun male agli occhi. 1 medesimi cilini secchi e pesti reprimono le carni che crescono : medicano le gengfe e i denti ; e se questi si di menino, molti n'adoperano il sugo collo. Essi granelli triti guariscono gli ulceri che impigliano o che si putrefanno. Sono ancora utili alla infiammagione degli occhi e degl interiori, e quasi a tutte quelle cose, dov' utile la corteccia. Sono contrarii agli scorpioni.
D bl
b a l a u s t io ,

D s BALAUSTIO, X II.

ia .

LX. Non e st sstis mirari cursm diligentiam* que priscorum , q u i, omnia scrutati, nibil inlen* lilam reliquere. In hoc ipso cytino flosculi sunt, antequam sc ilic e t malum ipsum prodeat, erum pentes, qnos balaustium vocari diximus. HosquoS**ergo e x p e rti invenerunt scorpionibus ad veruri. Sisiunt p o t u menses lem inanip : sanant o ra

LX. Non possiamo maravigliard tanto che basti della cara e diligenza degli antichi, i quali non lasdarono cosa che non tentassero. In questo citino sono alcuni fiori, i quali escon fuori in nanzi che il citino diventi mela, e chiaraansi ba laustii. Avendo eglino dunque fattone esperienza, trovarono ebe sono ottimo rimedio contra gli

39

C. PLINII SECUNDI

Sao

ulcera, et tonsillas, a vam, sanguinis exscreationes, ventris et stomachi solutiones, genitalia, ulcera quacumque in parte manantia. Siccavere etiam u t sic quoque experirentur, inveneruntque tosorum farina dysentericos a morte revocari, alvum sisti. Quin et nucleos ipsos acinorum experiri non piguit. Tosti tnsique stomachum juvant, cibo aut potioni inspersi. Bibuulur ex aqua coelesti ad sistendam alvum. Radix decocta succum emittit, qui taenias necat, victoriati pondere. Eadem di scocta ia aequa, quas lycium, praestat utilitates.

scorpioni. Beendogli firmano i mesi delle donne, guariscono le ulcere della bocca, le gavigne, I* u* vola, lo spalar del sangue, il flusso dello stomaca e del corpo, le parli genitali, e tutte le ulcere che colano. Hanno trovato ancora* che seccandogli e facendone polvere guariscono i pondi morteti, 1 ristagnano il corpo. N increbbe loro fare espe rienza ancora de1 noccioli, i qnali arrostiti e pesti aiutano lo stomaco, spargendogli nel mangiare o nel bere. Beonsi con l acqua piovana a ristagnare il corpo. La sua radice cotta fa un sugo che am mazza le tignuole, a peso d ' una moneta ehe si chiama vittoriato. Cotta nell' acqua fa i medesimi effetti che il liccio.
M ela g ra n o s a l v a t i c o .

PUNICO SILVESTRI.

LXI. Est et silvestre punicom a similitudine appellaturo. Ejus radices rubro cortice denarii pondere ex vino potae somnos faciunt. Semine poto, aqna quae subierit cutem, siccatur. Mali punici corticis fumo culices fugantur.
PlBOBUM OBSSEV ATIO BBS, X II,

LXI. cci anco il melagrano salvatico, cosi chiamato della somiglianza, le coi radici bevale con vtao a peso d'un denaio fanno sonno. Il seme suo beendolo asciuga l 'acqoa de* rilruopichi. 11 fumo delle cortecce caccia le zanzare*
OSSBRV AZIONI SOVRA I P E R I,

13 .

LXII. 7. Pirorum omnium cibus etiam valeo* tilias onerosus, aegris quoque vini modo negator. Decocta eadem mire salubria et grata, praedpue crustumina. Quaeeumqae vero cum melledecoota, stomachnm adjuvant. Fiunt cataplasmata e piris, ad discutienda corporum vitia: et decocto eorum ad duritias utuntur. Ipsa adversantur boletis atque fungis, pelluutque pondere et pugnante succo. Piram silvestre tardissime roatnrescit, Con ciditur, suspensuraque sicoatnr ad sistendam al* vum : quod et decoctum ejus potu praestat. De coquuntur et folia cum pomo ad eosdem usus. Pirorum ligni cinis contra fungos efficacius profi* cit. Mala piraque portata jaraentis mire gravia sunt vel pauca. Remedio ajunt esse, si prius eden da dentur aliqua, aut utique ostendantur.

LX 1I. 7. Il cibo di tatte le pere aacora a'sani grave, e agli ammalati s interdice come il vino. Cotte sono molto sane e grate, massimamente le crustamine. Tutte quelle che son cotte col mele aiutano lo stomaco. Faunosi empiastri delle pere a levare i malori decorpi, e la lor cocitura s* osa alle durezze. Esse s' oppongono a' boleti, e agli altri fanghi, e scacciangli col peso, e col sago che li contrasta. La pera selvatica tardissimo si malo ra. Intaccasi, e appicoata si secoa per fermare il corpo ; il che fa ancora la sua cocitura bevuta. Caoconsi par le foglie col fratto per fare i mede simi affetti, e la cenere del legno ha molto mag gior virt contra i fanghi. Le mele e le pere sono maravigliosamente gravi a smaltirsi ancora a'gio* meuli, bench poche. Dicono che il rim edio di d , che se ne dia a mangiar prima alcuna, ori mostri almeno.
So pea 1 f ic h i, n i .

Fi c o h u m t

o b s e r v a t io n e s ,

axi.

LXIII. Fici saccas lacteus, aceti nataram ha bet. Itaque coaguli modo lac contrahit. Excipitur ante maturitatem pomi, et in nmbra siccatur, ad aperienda ulcera, cienda menstrua adposito cum luteo ovi, aut potu cnm amylo. Podagris illinitar cum farina graeci feni et aceto. Pilos quoque de trahit, palpebrarnmqae scabiem emendat 1 item lichenas et psoras. Alvum solvit. Lactis ficulni natura adversatur crabronum , vesparumque et similium venenis, privstim scorpionum. Idem

LXI 11. Il sugo latteo del fico ha qualit d'aceto, e per a modo di presame fa rappigliare il latte. Pigliasi innanzi che il fico maturi,e seccasi al rezzo, per aprir le piaghe e muovere i menstrui, ponen dolo col luorto dell'uovo, o beendolo con l'amido. Impiastrasi alle gotte con farina di fien greco e oon aceto. Leva i peli, e guarisce la scabbia delle palpebre, e le volatiche e la rogna. Risolve il cor po. La natura del lalle del fico contraria a'veleni de' oalabroni, delle vespe e simili animali, c parli*

3ai

HISTORIARUH MUNDI LIB. XXIII.

3aa

cam in n g il verrucas tollit. Foli*, et quae noa malaraere fici, strumis illinuntur, omnibutque quae emollienda sint, disculiendave. Praestant boe et per te folia. E t alii usus eorum, tamquam ia fricando lichene, et alopeciis, et quaecumque einlcerari opus sit. E t adversus canis morsus, ramorum teneri cauliculi culi im ponantur. lidem cum meile ulceribus, quae ceria vocantur, illi nuntur. E xtrahunt infracta ossa cum papaveris silvestris foliis. Canum rabiosorum morsus folio trito ex aceto restringunt. E nigra ficu candidi caulicoli illinnntur furunculis, muris aranei mor tibus cum cera. Cinis earum e foliis, gangraenis, eoosumeodisque quae excrescunt.

Fici matarae urinam cient, alvnm solvunt, nidorem movent, papulasque. Ob id autumoo insalubres, quoniam sudanti* hujus cibi opera corpora perfrigescunt. Nec stomacho utiles, sed ad breve tempus : et voci contrariae inlelligunr tnr. Novissimae salubriores, quara primae: me diatae vero numquam. Juvenum vires augent: lenibus meliorem valetudinem faciant, minusque ragarum. Sitim sedant: calorem refrigerant. Ob id non negaudae in febribus constrictis, quas stegnas vocant. Siccae fici stomachum laedunt : gutturi et fancibas magnifice utiles. Natura his excalfacien di. Sitim adferunt. Alvum molliant,rheumatismis ejus, et stomacho contrariae. Yescicae semper nliles, et anhelatoribus, ac suspiriosis. Item joci* neram, rennm, lienum vitiis. Corpus et vires adjuvant : ob id ante athletae hoc cibo pascebanlot: Pythagoras exercitator, primus ad carnes eos lramtulit. Recolligenti se a longa valetudine utilissimae. Ite m comitialibus, et hydropicis, omnibusque, q u e e maturanda aut discutienda soni, im ponuntur : efficacius calce aut nitro ad mixto. Coctae cum hyssopo pectus purgant, pi tuitam, tussim veterem . Cum vino autem ad se dem, et tumores maxillarum. Ad furunculos, pa nos, parotidas, decoctae iUinunlur. Utile et de cocto earum fovere feminas.

Decoctae q uoque eaedem cum feno graeco olile* sunt plenrilicis et peripneumonicis. Cum rota coctae torm inibus prosunt. Tibiarum ulce* ribos curo acris flore. Pterygiis cum punico malo. Ambustis, p ern io n ib us, cum cera. Hydropicis *ctae in vino, e t cum absinthio el farina hor deacea, n itro addito. Manducatae, alvum si-

eolarmeute degli scorpioni. Il medesimo oon la sngna leva i porri. Le foglie e i fichi acerbi s im piastranoalle scrofe, e a tutte le cose ehe bisogna mollificare e levar via. Questo medesimo effetto fanno anoora le foglie per s stesse. Oltre a questi, ad altri usi ancora s'adoperano,come a stropicciar le volatiche, le alopecie e tutte quelle cose che bisogna scorticare. Coulra i morsi del cane le messe tenere de* rami si metrono sulla cotenna. Le medesime col mele si pongono sulle rotture, che si chiamano ce rie. Con le foglie del papavero salvalico tirano fuori l ' ossa rotte. La foglia pesta nell'aceto ristringe i morsi de'cani arrabbiati. Le tenere messe bianche del fico nero s ' impia strano a ' frignoli, e a'morsi del topo ragno si pongono con la cera. La cenere delle foglie loro s'adopera alle caocrene, e a consumare quelle cose che crescono. I fichi malori muovono l orina, risolvono il corpo, muovono il sudore e le pustole. Laonde non sono u n i nell'autunno, perch i corpi, i quali sudano peropera di questo cibo,vengono a raffred darsi. Non sono anco utili allo stomaco, ma per breve tempo, e vedesi che soo contrarii alla voce. Gli ultimi son pi sani che i prim i,e gli affatturati non mai. Crescono le forze de' giovani, fanno miglior complessione a' vecchi, e manco grinze. Mitigano la sete, e rinfrescano il calore, e perci non s' hanno da negare alle febbri ristrette, le quali si chiamano slegne. I fichi secchi offendono lo stomaco, ma per sono molto utili alla gola. La natura loro di riscaldare. Fanno sete, mollificano il corpo, sono contrarii a suoi flussi e allo stomaco. Sono sem pre utili alla vescica, a chi ansa, a chi sospira, a' difetti del fegato, della milza e delle reni. Aiu tano i corpi e le forze, e per questo gli atleti sole vano valersene per cibo. Pitagora usandone fu il primo che gli trasfer alle carni. Sono utilissimi a chi esce di lunga malattia, al mal caduco e ai ritruopichi ; e a lutti que* mali che debbonsi ma turare o sciogliere, si mettono su, e pi utilmente ^.con la calcina, o col nitro mescolato. Cotti con lo issopo purgano il petto, la flemma e la tosse vec chia ; e colti co) vino sono utili al sedere e all'en fiato delle mascelle. Cosi si applicano a' fignoli, alle pannocchie, e alle posteme dopo gli orec chi. La cocitura loro utile ancora a fomentar le donne. I medesimi cotti con fien greco sono utili al mal di fianco, e a chi ha difficolti di respirare. Colti con ruta giovano a' tormini ;col verderame alle piaghe delle gambe ; con melagrana, a quelle pellicole che si sfogliano intorno all'unghic delle dita ; agl incolti e a' pedignoni, con cera ; a ritruo pichi colli nel vino, e con l'assenzio, farina d'or-

3a3

C. PLINII SECUNDI

tnnt. Scorpionum ictibai cum sale tritae illioutur. Carbancnlos extrahunt in vino coctae et im politae. Carcinomati, si ine ulcere est, quam pinguistimam ficum imponi, paene singulare re medium est : ilem phagedaenae. Cinis non ex alia arbore acrior: purgat, con glutinat, replet, adstringit. Bibitur et ad discu tiendum sanguinem concretum. 1tem percussis, praecipitatis, convnlsis, raptis, cyathis singulis aquae et olei. Datur tetanicis et spasticis : item potus vel infusus coeliacis, et dysentericis. E t si qais eo eum oleo perungatur, excalfacit. Idem cum cera et rosaceo subactas, atnbaslfs cicatri cem tenuissimam obducit. Lusciosos ex oleo illi tns emendat, dentiumqne vitia crebro fricata.

Produnt etiam, si quis, inclinata arbore, su pino ore aliquem nodum ejus morsu abstulerit, nullo vidente, atqne cum aluta illigatum licio e collo suspenderit, strumas et parotidas discuti. Cortex trilus cum oleo ventris ulcera sanat. Cru dae groii verrucas et thymos, nitro farinaque additis tollunt. Spodii vicem exhibet fruticum a radice exeuntium cinis. Bis tostus adjecto psimmythio digeritor in pastillos, ad ulcera oeniorum et scabritiam.

io e nitro. Mangiati ristagnano il corpo. Pesti col sale s'impiastrano a'm orsi degli scorpioni. Cotti nel vino e postivi sa tirano fnora 1eifboncelli. Se il canchero senza piaga, il pi utile rimedio porvi on grassissimo Beo, e cosi alle nascenze che rodono. Non v ' cenere d 'a ltro albero, che sia pi acre : ella porga, rappiglia, riempie e ristrigne. Beesi ancora per levare il sangue rappreso. Dassi a' percossi, a' precipitati, agli sconvolti e a'rotti, con an bicchier d'acqua e nn d'olio. Dassi al parietico e allo spasimo : e bevuto o infuso, a* debili li stomaco e a'pondi. Questa cenere riscalda, ss alcuno si unge d'essa con olio. Impastata con cera e olio rosato fa sottilissima margine agl' incotti. Impiastrata con olio guarisce coloro che non veg gono al lume, e i difetti d e'den ti col fregsre spesso. Dicono ancora, che se inchinando P albero, alcuno stando con la bocca supina leva col morso alcun nodo di quello, senza che sia veduto da altri, e legatolo alla scarpa, con un liccio l'appic ca al collo, dissolve le scrofe, e le posteme dietro agli orecchi. La corteccia sua trita con olio gua risce le ulcere del corpo. I grossi, cio quei fichi che non si maturano, crndi cacciano via i porri, con timo, nitro e farina. La cenere de' rampolli, eh' escono dalle radici, vaia in luogo di spodio. Due volte riarsa, e giuntovi il psimmizio, sa ne fa pastelli all' ulcere degli occhi e al ruvidore.
Sopra t
c a p r if ic h i,

C a p b if ic o b u m

o b s e r v a t io n e s , x l i i .

4*-

LX1V. Caprificus etiamnum multo efficacior fico. Lactis miuus hahet : surculo quoque ejus lac coagulatur in caseum. Exceptum id coactumque in duritiam, suavitatem carnibus adfert. Fricatur diluto ex aceto. Miscetur exulceratoriis medicamentis. Alvum solvit : vulvam cum amylo aperit. Pota menses ciet cum luteo ovi. Podagri cis cum farina graeci feni illinitur. Lepras, psoras, licheoas, lentigines expurgat : item venenatorum ictus, et canis morsus. Dentium quoque dolori hic succus adposilus io lana prodest, aut in cava eorum additus. Cauliculi et folia, admixto ervo, contra marinorum venena prosunt. Adjicitur et vinnm. Bubulas carnes additi caules magno ligni compendio percoquunt.

Grossi illitae strumas, et omnem collectionem emolliunt, et discutiunt. Aliquatenus et folia. Quae mollissima sunt ex his, curo aceto ulcera manantia, et epinyctidas, et furfures sanant. Cum meile folii ceria sanant, et canis morsus. Recentes cum viuo, phagedaenas. Cum papaveri* foliis ossa

LXIV. Il caprifico ha maggior vtrt che il fico. Ha raen latte, e con nna verga d'esso il lat te si rappiglia in cacio. Questo raccolto fatto duro, d soavit alle carni. Serve a stropiccia re, dilavato nell'aceto, e a mescolarsi agli un guenti esulcerativi. Risolve il corpo, e eoo amido apre la matrice. Bevuto con tuorlo d* uovo p ro voca il menstruo. Impiastrasi alle gotte con farina di fien greco. Purga la lebbra, la rogna, le vola tiche e le lentiggini, e cos i morsi degli anim ali velenosi e de'cani. Questo sugo ancora posto con la lana giova al dolore de' denti, ovvero m esso nel loro buco. Le sue messe tenere, e le foglie insieme con le rnbiglie giovano contra i v e le n i. Aggiungonvi ancora il vino. Mettendo le m esse tenere con la carne del b u e, la fanno c u o c e re con gran risparmio di legne. 1 fichi che non si maturano, impiastrati su lle scrofe le mollificano, e sulle raccolte le levati via. Le foglie in parte fanno il medesimo effetto. L e pi tenere con l ' aceto guariscono le ro ttu re c h e gettano, e certe macchie rosse rilevate, le q u a l i vengono pi la notte ebe il giorno con p i z z i -

5a5

HISTORIARUM MUNDI LIB. XX11I. core, e le forfore. Le foglie con il mele guari scono certi malori, che si chiamano cerie, e i morsi del cane. Le fresche col vino sanano le u l cere corrosive. Con le foglie del papavero cavano l ' ossa. I caprifichi che non maturano, col profu mo levano le ventosit. Bevuti resistono ancora al sangue del toro bevuto, al psiramizip e al latte rappreso. Cotti nell1acqua e impiastrali guarisco* no le posteme dietro gli orecchi. Le sue messe tenere, o i fichi che non malurauo, piccolissimi, si beono col vino s' morsi delle serpi. Il latte suo ancora s1 instilla alle piaghe, e mettonrisi su le foglie; il che si fa ancora conira il topo raguo. La cenere delle messe tenereUe mitiga Tvoli. La cenere dell albero col rade vale sU i crepature del sedere. La radice boUiia nel vino gioir al do lore da deoli. Il caprifico vernereccio colto nell ' aceto, e trito, leva via le volatiche. Im piasi rana* i pezzi del ramo senxa carlecei, minutissimi a modo di segatura. Si fa ancora del caprifico una medicina miraoolosa. Se un fanciullo, che non abbia ancor messo pelo, rompendo il ramo del caprifico ae leva 00' denti la corteccia, dove non lanugine, la midolla, legata innanzi al levar del sole, leva via le scrofe. Il caprifico circondalo al collo di tori quanto si voglia ferci, gli doma di lai modo, che gli fa rimanere immobili. SoPBA
l BBBA ta ilB O ,

extrahant. GroM caprifici inflationes discutiunt tuffilu. Resistunt cl sanguini laurino polo, et ptiramythio, et lacti coagulato potae. Ilem iu aqua leeoclae atque illitae parotida sanant. Cauliculi >ul grossi ejus quam minutissimae ad scorpionum icbu e rino bibuntur. Lac quoqi^e instillatur plagae, el folia im ponuntur. Item adversus mu rem araneum. Cauliculorum ciuis uvam iaucium sedai. Arboris ipsius cinis ex meile, rhagadia. Radix defervefacta in vino, dentium dolores. Hiberna caprificas in aceto cocta et trita, impeti gines tollit. Illinuntur ramenta rami sine cortice qoam miontissima ad scobis modum. Caprifico quoque medicinae unius miraculum addUur. Corticem ejus impubescentem puer impubis si le/racio ramo detrahat dentibus, medullam ipsam adalligatam ante solia ortum, prohibere strumas. Caprificas tauros quamlibet feroces, collo eorum circumdata, in lautam mirabili natura compescit, ut immobiles praestet.

D> U M B O

HBKBA, III.

3.

LXV. Herba quoque, qoam Graeci erineon vocant, reddenda in hoc loco propter gentilitatem. Palmum alta est, cauliculis qaiois fere, ocimi similitudine, flos candidus, semen nigrum, par vam : tritam cum meile Attico, oculorum epi phoris medetor : olcumque aotem decerpta auoat laete multo e t dulci. Herba perquam utilis suriam dolori, n itri exiguo addito. Folia resistunt venenis.

LXV. L erba aneora, ohe i Greei chiamano erineo, per rispetto alla soa nobilt d occasione di ragionare di s in qaesto luogo. Ella alta on palmo, fa cinque gambi e somiglia il basilico : fa il fior biaoco, il seme nero e piccolo, che pesto col mele Ateniese medica le lagrime degli oc chi : comunque sia colta, manda foora molto latte dolce. L erba mollo olile alla doglia degli oreoehi, aggiungendovi un poco di nitro* Le foghe resistono al veleno.
So m
a l e p &o g b o l k ,

D s ramus, iv. LXVI. P ro n i folia deceda tonsillis, gingivis : we prosunt in vino, decoclo eo subinde ore toltolo. Ipsa p ru n a alvum molliunt, slomacho non utilissima, sed brevi momento.

4-

LXVI. Le foglie del prugnolo cotte medicano le gavine, le gengive e lugola, se tu le cuoci in vi no, e bagniti la bocca. Esse prugnole o susine muovono il corpo, e non sono del lutto olili allo stomaco ( ma per breve momento.
D b l l b m s c h b , *

Db

p b &s ic is , i i .

LXVII. U tilio ra persica, Mccujque eorum, 'tiamnum in v in o w l in aceto expraaaus. Kec est liat eia pomis initooentior cibos. NcUqaam minus *wis, suoci P** qui tamen aitilo alimulei. ^Jia ejus trita illita, haemorrhagtam sialunt.

LXV 1I. Pi alili sooo le pesehc, non che il sago loro premalo nellaceto o nel vino. Non v cibo meno nocivo di questi fratti. Nessuno ha meuo odore, n pi sogo, il quale nondimeno alimola la Mie. Le sue foglie (cito e postevi au ri-

3a 7

C. PLIN11 SECDNDI

3a8

Nuclei persioorom cnm oleo et aceto, cupitis do loribus illiuuotur. Db n o n


s ilv b s tb ib u s ,

stagnano le morici. I noccioli delle pesche in aveto e olio fanno impiastro alla doglia del capo.
D elle
f b d g n o l b s a l v a t ic b b ,

n.

2.

LXV 11I. Silvestrium quidem prunorum bac che, vel radice cortex, in viuo austero si deco quantur, ita ut triens ex hemina supersit, alvum el tormina sislunt. Satis est singulos cyathos decocti sumi. Db l i m o ,
s iv e l i c h b b b a b b o b u m , u

LXVI 1I. Le prugnole salvatiche, o la cortec cia della radice del prugnolo, colle in vin biuseo, di modo che d ' una emina ne rimanga un terzo, ristagnano il corpo e i tormioi. Casta pi gliare on bicchier per volta di tale decollo.
D
e l l a b e l l e t t a , o l ic h e n e d e g l i a l b e b i,

a.

LX1X. E l in iis, et sativis prunis est limos arborum, quem Graeci lichena appellant, rhaga diis el condylomatis mire utilis.

LX 1X. Negli alberi di questi e de'susiui dome stichi una certa belletta, che i Greci chiamano lichene, utilissima alle crepature del sesso, e alle morici che non gettano.
D e ll b m obb,

Db m o b is ,

x x x ix .

30.

LXX. Mora in Aegypto et Cypro sui generis, ut diximus, largo sncoo abundant, summo cortice desquamato: altiore plaga siccantur mirabili na tura. Succus adversatur venenis serpentium, prodest dysentericis, discutit panos, omnesque collectiones: vulnera conglutinat, capitis dolores sedat, ilem aurium : splenicis bibitur, atque illi n itur : et contra perfrictiones : celerrime teredi nem sentit. Neque apud nos succo osus minor. Adversatur aconito et araneis, in vino potus. Alvum solvit : pituita*, taeniasque et similia ven tris animalia extrahit. Hoc idem praestat et cortex tritus.

Folia tingunt capillum cum fici nigrae et vitis corticibus simul coctis in aqua coelesti. Pomi ipsius saccos alvum solvit protinus. Ipsa pom i ad praesens stomacho utilia, refrigerant, sitim faciuut. Si non superveniat alios cibus, intu mescunt. Ex immaturis succus sistit alvum : ve* Iuli animalis alicujus, in hac arbore observandis miraculis, qoae in natura ejus diximus.

LXX. Le more in Egitto e in Cipri, che noi dicemmo essere duna specie propria, son di maravigliosa natura : hanno di molto sugo, se si leva la prima buccia ; ma faceudo la ferita pi profonda, si seccano. 11 sugo loro vale contra il veleno delle serpi. Giova a* pondi, dissolve V en fiature e ogni raccolta, risalda le ferite, mitiga le doglie del capo e degli orecchi. Beesi da quegli che hanno male di milza, e che patiscono infred dature ; oppure impiastrasi. Intarla presto. Non sugo appresso di noi, che s usi manco di que sto. Bevuto nel vino contrario all' aconito e ai ragni. Risolve il corpo, e caccia la flemma, le ti* gnuole e simili animali del corpo. 11 medesimo effetto fa la corteccia trita. Le foglie tingono i capelli cotte in acqua pio vana con cortecce di fico nero e di vite. Il sugo di questo frutto subito risolve il corpo. Essi frut ti fanno subita utilit allo stomaco, rinfrescano e fanno sete. Se non si mette lor sopra altro cibo, rigonfiano. Il sugo delle more acerbe ferma il corpo : io questo albero, come dalcuno animale, sono da osservarsi le propriet maravigliose, che gi dicemmo nella natura d 'esso.
D e l l a s to m a tic a , o a b t b b ia c r , o p a n c h e tto ,

S t o m a t ic e ,

s i v b a b t e b i a c e , s iv b p a n c h r e s t o s , iv .

4-

LXXI. F it ex pomo panchrestos stomatice, eadem arteriace appellata, hoe modo : sextarii tres succi e pomo, leni vapore ad crassitudinem mellis rediguntor. Post additur omphacii aridi pondos x duorom, aut myrrhae x unins, croci x unius. Haec simul trita miscentur decocto. Neque est aliud oris, arteriae, uvae, stomachi, jucuodios temedium. F it l alio modo : succi sextarii duo,

LXX1. Di questo frutto si fa un medicarne chiamato pancreslo stomatica, che pur si chiama arteriace,in questo modo: tre sestarii del sugo leggermente ai coocono, tanto che si r-assodioo come II mele. Vi s'aggiungono poi due danari a peso d* onfacio secco, e ano di mirra e ono li zafferano. Queste cose insieme peste si mescolano con la lu i cocitura. Non c ' aloua altro pi p ia -

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXIII. oitilis Attici sextarius, decoquuntur, ut supra diximus

33o

Mira sont praeterea quae produntor. Mori germinatione, priusquam folia exeant, sinistra decerpi jubentur fatura poma : ricinos Graeci vocanL Hi terram si noa attigere, saoguinem sistuoi adalligati, sive ex vulnere fluat, sive ore, sire naribus, sire haemorrhoidi* : ad hoc servantar repositi. Idem praestare et ramus dicitur lana plena defractus, incipiens fructum babere, si terram non attigerit, privati mulieribus adal ligatos lacerto, contra abundantiam roensiom. Hoc el quocumque tempore ab ipsis decerptum, ita ut terram non attingat, adalligatumque exi stimant praestare. Folia mori trita, aut arida de cocta, serpentinm ictibus imponootur. Ad id e a que pota proficitar. Scorpionibos adversator e ndioe corticis succus, ex vino a a t posca potas.

Reddenda est et antiquoram compositio. Soc cum expressam pomi m atari immaturique mix tam, coquebant in vase aereo ad mellis crassitu dinem. Aliqoi m yrrha adjecta et cupresso prae duratam ad solem torrebant, permiscentes spatha ter die. Haec erat stomatice, qua et vulnera ad cicatricem perducebant. Alia ratio: succum sic cato exprimebant pomo, molium sapori obsonio rum conferente. In medicina vero contra nomas, et pectoris pituitas, et ubicumque opas esset adslringi viscera. Dentes quoque colluebant eo. Tertiam genas sacci : foliis et radice decoctis ad ambusta ex o le o illinenda. Imponuntur et per se lolia.

Radix p e r xnesses incisa snccam dat aptissi mam dentium dolori, collectionibusque, et sup purationibus. A lvum purgat. Folia mori in urina nadefacla, p ila m coriis detrahant. Ds
c b b a s is ,

cevole rimedio alla bocca, ali' arteria, all* ugola e allo stomaco. Fassi ancora in un altro modo : caoconsi, come abbiamo detto sopra, due sestarii di sugo e un sestario di mele Ateniese. Maravigliose sono oltra ci le cose che si dico1 no del moro. Quando ei mette, prima ch'escano le foglie, con la man manca si colgono quelle che hanno a esser more, dai Greci domandate ricini. Queste, se non hanno tocco terra, legatevi ferma no il sangue, s egli esce o della piaga, o della bocca, o del naso, o delle morici, e a questo fine si salvano riposte. Dicesi che il medesimo effetto fa il ramo, rotto a luna piena, quando egli co mincia aver frutto, se egli per non ha toeeo ter ra ; e vale specialmente legato al braccio delle donne contra I* abbondanza de* menstrui. Anzi in qualunque tempo sia colto da esse donne, fa l istesso effetto, pur che non tocchi terra, e sia legato com ' detto. Le foglie del moro peste, o secche e cotte, si pongono sopra i morsi delle ser pi. In bevanda giovano al medesimo. Il sugo della corteccia della radice bevalo con vino, o con po sca, contra gli scorpioni. Diremo ancora la composizione degli antichi. Essi cocevano il sago delle more mature e delle acerbe insieme, in vaso di rame, fin che si rasso dasse come il mele. Alcuni aggiungendovi mirra e cipresso, seccavano tulio questo al sole nel vaso ben turato, mescolandolo con la spalola tre volle il giorno. Questa era la stomatica, con la quale anche risaldavano le ferite. Eravi pure altro modo : premevano il sugo delle more secche, e l'usavano nelle vivande, perch dava buon sa pore. In medicina lo davano contra le piaghe che impigliano, la flemma del petto, e dovunque bi sognava ristriguere le viscere. Lavavano ancora i denti con esso. Il terzo modo era cuocere le foglie e le radici, e con quel sago e con olio fa cevano unguento Ile cotture. Pongonsi ancora le foglie di per s. La radice tagliata per mietitura ha sugo ac comodatissimo al dolore d e 'd e n ti, e a dove raccolta puzza. Purga il corpo. Le foglie del mo ro bagnale nell* orina cavano i peli del cuoio.
D e l l b c irib g ie ,

v.

5.

LXX II. C erasa alvum molliunt, stomacho no lilia : e a d e m siccata alvum sistunt, urinam a l . ln v e o io a p u d auctores, si quis matutino roscida cum su is nucleis devoret, io tantum levari bum, u t p e d e s m orbo liberentur.

LXX 1I. Le ciriegie mollificano il corpo, e sono nocive allo stomaco. Secche fermano il corpo, e provocano l ' orina. Io truovo appresso degli au tori, che cogliendole la matlina, quando elle son rugiadose, e inghiottendole intere col nocciolo, alleggeriscono talmnte il corpo, che i piedi si liberano dal male.

33. Ob m e s p i l i s , n. D b s o b b is , n .

G. PU N II SECONDI
D
bllb n b s m l b ,

33i
s . D bllb s o m , 2.

LXX 11I. Mespila, exceptis selaniis, quae malo propiorem vim habeat, reliqua adstringunt sto machum, istuntque atrum . Ilem aorba sicca; nara recentia stomacho et alvo citae prosuol.

LXX 1II. Le nespole sono rislrettive, in foor che le setanie, le quali sono pi vicine alla natura della mela : esse ristrngono lo stomaco e fermi lo il corpo. Cosi fanno anco le sorbe secche; perciocch le fresche giovano alla stomaco e al corpo mosso.
D b llb io c i p ire , i

Db b d c ib c s

p ih k i s , x i u .

3.

LXX 1V.8 .Nuces piceae, quae resinam habent, contusae leviter, additis in singulas sextariis quae ad dimidium decoctae, sanguiuis exscrea tioni medentur, ita u t cyathi bini bibantar ex eo. Corticis e pinu io vino decoclum con Ira tormiua datur. Nuclei nucis pineae sitim sedani, et acrimoniam stomachi rosionesqoe, et contrarios hu mores consistentes ibi: et infirmitatem virium roborant, renibas et visicae utiles. Fauces viden tu r exasperare, et tussim. Bilem pellunt poti ex aqua, aut vino, aut passo, ant balanorom decocto. Misoetur his contra vehemeutiores stomachi ro siones cucumeris semen, et auccus porcilacae. Item ad vesicae ulcera et renes, quoniam et uri nam cient.

LXX 1V. 8. Le pine, che hanno ragia, ammac cate leggermente e cotte con un sestario d 'sequa per ciascuna, infino che si consumi la met, ne* dicano chi sputa sangue, par che se ne beano due bicchieri. La cocitura della corteccia del pino li d nel vino contra i tormini. 1 pinocchi levano la aete, l agrimonia e le rosioni dello stomaco, e i guasti e oorrotli umori che si fermano qaivi : fortificano la debolezza delle parli virili, e ioa ulili alle reni e alla vescica. Pare che inaspriscano le canoe della gola e la tosse. Purgano le collere bevuti con acqua, o vino, o vin c o tto , 6 cocitura di balani. Mescolasi con questi, cootra le veementi rosicazioni di atomaeo, il seme del cocomero e il sugo della porcellana. Giova eziandio alle scorti* calure della vescica e delle reni, perch anoora muove 1 orina. *
D
b llb m a hdo blb,

Db

a m y g d a l is , x x i x .

ag.

LXXV. Amygdalae amarae radicum decoctam 01 em in facie corrigit, coloremque hilariorem fcit. Nuces ipsae somnum faciunt, et aviditatem. Urinam et menses cient. Capitis dolori illinantur, tnaximeque in Cabri : si ab ebrietate, ex aeeto et rosaceo, et aquae sextario. E t sanguinem sistunt, M ia amylo et menta. Lethargicis, et comitialibus prosunt. Capite peruncto epinyctidas sanant : e vino vetere ulcera putrescentia. Canum morsus cura meile. E t furfures ex facie, ante fotu prae parata. Item jocineris et rennm dolores ex aqua pota : et sape ex ecligmate cam resina terebin thina. Calculosis et difficili urinae in passo : et ad purgandam cutm in aqua mulsa tritae, sunt efficaces.

Prosunt ecligmate joci neri, tussi, et colo, cum elelisphaco modice addito. In meile sumilur nucis avellanae magnitudo. A ju n t, quiois fere praesumptis ebrietatem non sentire polores : vulpesque, si ederint eas, nec contingat e vieino

LXXV. La cocitura delle radici delie man* dorle amare fa bella la pelle el viso, e il eolore pi lncenle. Le noci fanno sonno e avidit : rooo* vono 1 orina e i menstrui. Impiastranti al dolore * del capo, e massimamente nella febbre ; e se il dolore avviene per ubbriachezza, con aceto, olio rosato e un sestario d acqua. Ferm ano ancora il sangue, con amido e menla. Giovano alla letargia e al mal caduco. Ungeudone il capo, gaariscono alcune roacohie rosse rilevate, che vengono pii la notte che il giorno eon pizzicore, e col via vecchio le piaghe ehe marciscono, e eoi mele i morsi de'cani; aon che le forfore del viso, pre parate prima con la fomentazione. Bevute con 1 acqua tolgooo i dolori del fegato e delle reni, * e spesso con lattava? di ragia trem entina. A chi ha la pietra, e difficilmente orina, dannosi in via cotto ; e trite in acqua melata son buone Pr" gare la pelle. Giovano col lattovaro al fegato, e. alla tosse e al colo, aggiungendovi alquanto delP erba delisfoco. Pigliasi nel mele quanto una nocciuola. Dicono che pigliandone innanzi cinque, i bevitori non s'ubbriacano ; e se le volpi ue mangiano, e

333

HISTORIARUM 3KJNDI LIB. XXIII.

334

aquam lambera, mori. Minus valent in remediis dulces, et hae tamen porgant, et urinam cient. Recentes stomachum implent.

subito non beono aequa, si muoiono. Le dolci vogliono meno in medicina, e nondimeno ancora esse purgano, e muovono T orina. Le fresche em piono lo stomaco. DblU noci
OBBCHB,

D>

VOCIBUS GBASCfS, I.

I.

LXXVI. N udbns graecis eam absinthii semi-* ne ex ceto sumptis, morbos regius sanari dicitnr: ilem illilis per se Titia sedis, et privatim condylomata. Item tussis et sangoinis rejectio.

LXXVI. Dicono che pigliando le mandorle col seme dell* assensio nell* aceto, cessa il mal ca duco. Per s medesime guariscono i difetti del fondamento e in ispecielt il male de fichi. Gio vano ancora alla tosse e a chi sputa sangue.
D b l l b so c i , 9 4 .

D b 1TOLAHD1BCS, XXIY.

LXXVII. Nuces {oglandes Graeci capitis gravedine appellavere. Elenim arborum ipsarum folioramque vires in cerebrum penetrant : hoc minore torm ento, et in cibis, nuclei faciunt. Sunt aulem recentes jucundiores, siccae unguinosio res, et stomacho inutiles, difficiles concoctu, do lorem capili* inferentes, tussientibus inimicae, et vomituris jejunis : aptae in teaesaao solo ; trar buot enim pituitam . Eaedem praesumptae ve nena hebetant : item anginam curo rota et oleo. Adversantur caepis, leniuntque earum saporem. Aurium inflammationi im ponuntur cura mellis exiguo, et cum ruta mammis, et luxatis : cura caepa autem e t sale, et meile, canis horainisque roorsoi. Putamine sucis juglandis, dens cavus inuritur. Putamen combustum trituroque in oleo aut vioo, infantium capile peruncto, n utrit ca pillum : et ad alopecias eo sic utunlur. Quo plures noces q u is ederit, hoc facilius tineas pellit. Qoae perveteres snnt nuces, gangraenis et car bunculis m ed en tu r : item suggillalis : cortex ju glandium, lichenum vitio, et dysentericis. Folia trita cum aceto, aurium dolori.

In sanctuariis Mithridatis maximi regis devi eti, Cn. P o m p eju s invenit in peculiari commen tario ipsius ro a n a compositionem antidoti, e dua bus nucibus siccis, ilem ficis totidem, et rutae Miis viginti sim u l tritis, addito salis grano: et qoi hoc je ju n a s sum at, nullum venenum nocitu ram illo d ie. C o n tra rabiosi quoque canis raornm, nuclei a je ju n o homine commanducati illilip raesenti rem ed io esse dicuntur.

LXXVII. I Greci hanno chiamate iaglandele noci dalla graviti del capo; perciocch la potenza di questo albero e delle sue foglie passa nel cer vello : questo medesimo, ma con minore tormen to, fa il frutto loro a mangiarlo. Le fresche sono pi dilettevoli : le secche hanno in s pi dellantuoso, e sono inutili allo stomaco: smaltisconsi con difficolti, e fanno dolere il capo. Sono contrarie alla tosse, e a chi ha da vomitare a digiuno : utili solamente a chi ha gran voglia d'andare del corpo e non pu, perch elle cavano l flemma.Pigliandole innanzi levano la forza a* veleni ; e cosi con ruta olio guariscono la squinaraia. Resistono alle cipol le, e mitigano il sapore desse. Adoperansi con un poco di mele alla infiammagione degli orecchi ; e con ruta alte poppe, e a chi ha mosse le mem bra del suo luogo ; e con cipolla, sale e mele al morso del cane e deli* uomo. Gol guscio della noce si brucia il foro del dente. Il medesimo gu scio arrostito e pesto con olio, o in vino, ugnendone il capo de1bambini, fa mettere loro i capel li : utile ancora alla pelatine. Quanto pi noci mangia alcuno, tanto pi facilmente cacoia le ti* gnuole del corpo. Le noci vecchie guariscono la cancrene, i earboncelli e i suggellati. Il mallo delle noci giova alle volatiche e al male de'pondi. Le foglie peste con l aceto giovano alla doglia degli orecchi. Pompeo Magno avendo vinto il gran re Mi tridate trov nel suo gabioetto scritta di mano di lui una composizione d'antidoto che si fa di due noci secche, due fichi secchi e venli foglie di ru ta ; il tutto pestato insieme con un granello di sale : nessun veleno pu nuocere in quel giorno a chi a digiuno piglier questo lattovaro. Al mor so del cane arrabbiato subito rimedio che l ' uo mo a digiuno mastichi una noce, e ve la ponga sopra.

3*5 Db
a v b i . l a r is ,

C. PLINII SECUNDI iu
;
p i s t a c i i , t u i

33
p is ta c c h i, 8 .

c a s t a r i i , t .

Dbllb r o c c i u o l b , 3. Db'

D b llb c a sta g h b ,

5.

LXXVIII. Naees avellanae capitis dolorem faciunt, inflationem stomachi : et pinguitudini corporis conferuot, plus quam sit verisimile. To stae et destillationi medentur. Tasti quoque ve teri iri Ise, et in aqua mulsa polae. Quidam adjiciuut grana piperis, alii e passo bibunt. Pistacia eosdem usus et effectus habent, quos pinei nu clei, praeterque ad serpentium ictos, sive edan tur, sive bibantur. Castaneae vehementersiitont stomachi et ven tris fluxiones, alvum cient, sangoinem exscrean tibus prosunt, carnes alunt.

LXXVIII. Le nocciuole fanno dolore di capo e ventosit di stomaco: giovano a ingrassare il corpo pi che non verisimile. A rrostite guari scono 1a rema. Peste e bevute in acqua melata giovano alla tosse vecchia. Alcuni v' aggiungono parecchie granella di pepe; altri le heono col in cotti). 1 pistacchi fanuo i medesimi effetti chei pinocchi, fuor cbe a' morsi delle serpi, o beeudoli 0 mangiandoli. Le castagno fermano gagliardamente i flussi del corpo e dello stomaco : giovauo a chi sputa sangue, e (sono carne.
D e lle c a r ru b e , 5. D el c o b rio lo , i. D el c o r b e z z o l o .

De s i l i q u i s ,

v.

De c o & r o ,

i.

Db u r e d o r b .

LXX1X. Siliquae recentes, stomacho inotiits, alvum solvunt. Eaedem siccatae sistunt, storoachoque utiliores fiunt. Urinam cient. Syriacas in dolore stomachi ternas in aquae sextariis de coquunt quidam ad dimidium, eumque succum bibuut. Sudor virgae corni arbori lamina ferrea candente exceptos, noo contingente ligoo, illitaque inde ferrugo, incipientes lichenas sanat. Ar butus sive unedo, fructum fert difBeilem conco ctioni, et stomacho inutilem.

LXXIX. Le carrube fresche soao inptili silo stomaco, e smuovono il corpo. Seche lo fermano, son pi utili allo stomaco, e provocano 1 orina. * Alcuni per la doglia dello stomaco coocoo tre delle Soriane io altrettanti sestarii di acqua finche tornino alla met, e ne beono quel sugo. Rice vendo il sudore della verga del corniolo in pia stra di ferro rovente, la quale non tocchi il legno, e dipoi con la ruggine che di quivi nasce ugneodo le volatiche, quando cominciano, i guarisco no. 11 corbezzolo difficile a smaltire, ed inutile allo stomaco.
D
b g l i a l l o r i,

Da

l a u r is, l x ix .

9.

LXXX. Laurus excalfactoriam nataram habet, e t foliis, et cortice, et baccis : itaque decoctam ex is, maxime e foliis, prodesse vntvis et vesicis convenit. Illita vero vesparum, crabronnmqne, et apiam, item serpentium venenis resistant, ma xime sepis, dipsadis, et viperae. Prosunt et men sibus feminarum cum oleo cocta. Cum polenta autem, quae tenera sunt trita, ad inflammationes oculorum : cum ruta, testium : cum rosaceo, ca pitis dolores, aut cum irino. Quin et commandu cata atque devorata per triduum terna, liberant tussi : eadem prosunt suspiriis trita cum raelle. Cortex radicis cavendus gravidi. !pa radix cal culos rumpit jocineri prodest Iribus obolis in vi no odorato pota. Folia pota vomitiones movent. Baccae menses trahant adpositae tritae, vel potae. Tussim veterem et orthopnoeam sanant binae, detracto cortice in vino potae. Si et febris sit, ex aqua, aut ecligmate ex aqua mulsa, aut ex passo decoclae. Prosunt et phthisicis eodem modo, et

LXXX. L alloro riscalda, cos con la foglia 0 con la scorza, come col frutto, e per la saa deco zione, e massimamente delle foglie, c utile alla ma trice e alla vescica. F'acendone empiastro resiste molto al veleno delle vespe, de' calabroni, delle pecchie e delle serpi aucora, e massimamente di quelle, che si chiamano sepe, e dipse, e vipere. Cocendole eoo l'olio giovano a'mesi delle donne. Pestando quelle che sono tenere con la polenta, levano l'enfiato degli occhi, e con la ruta quello de'lesticoIUecon l'olio rosato, o con l'irino,la do glia del capo. Se ne masticherai, e poi inghiottirai tre per volta tre d, guariscono dalla tosse. G iova no a'sospirosi trite col mele. Guardinsi le donne gravide dalla corteccia della sua radice. Essa ra dice bevuta a peso di tre oboli in vino odorifero, rompe la pietra e giova al fegato. Le foglie, beendole, muovono il vomito. Le coccole provocano

1 menstrui, o ponendovele peste, o beemlole. Becudone due senza corteccia nel vino guariscono

33?

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXIII.

338

omnibus thoracis reumatismi. Nam et coquunt pituitam et extrabuat.

Advenas scorpiones quaternae ex vino bi buntur. Epinyclidas ex oleo illitae, et lentigines et ulcera m anantia, et ulcera oris, et furfures. Cutis pruriginem saccus baccarum emendat, el phtfiiriasin. Aurium dolori et gravitali instilla* tnr,cum vino vetere et rosaceo. Perunctos o fu giunt venenata omnia. Prodest contra ictus et polui, maxime autem ejus laurus, quae tenviora habet folia, Baccae cum vino serpentibus, et scor* pionibos, et araneis resistunt. Ex oleo et aceto illinuntor et lieni, et jocineri : gangraenis cum meile. Et in fatigatione etiam aut perfrictione succo eo perungi, nitro adjecto, prodest. Sont qoi celeritati partus multum conferre patent ra dicem, acetabuli mensura in aqua potam ; effica cius recentem, quam aridam. Quidam adversus scorpionum ictus, decem baccas dari jubent po tai. Item et in remedio uvae jacentis, quadran tem pondo baccarum, foliorumve, decoqui in aquae sextariis tribus ad tertias, eamque calidam gargarizare : et in capitis dolore, impari numero baccas cum oleo con lerere, et cal facere.

Laurus Delphicae folia trita olfaotaque subin de, pestilentiae contagia prohibent: tanto magis ii et uranlur. O leum ex Delphioa, ad cerata, acopamque, ad g>er frictiones discutiendas, nervo laxandos, la ter ia dolores, febres frigidas utile est. Item ad auriuna dolorem, in mali punici cortice tepefactum. F o lia decocta ad tertias paries aquae, uram cohibeut gargarizatione : polu alvi dolores, inleslinorumque. Tenerrima ex his trita in vino* papulas, p ru ritu sq n e , illita noctibus.

Proxime v e le n t oelera laurorum genera. Lau ros Alexandrina, ai ve Idaea, parius celeres facil, radice pota tr iu m denariorum pondere, in vini dulcis cyalbis irib u s. Secundas aliam pellit, mentetqae. E odem m o d o pota daphnoides (sive his nominibus q u a e diximus), silvestri laurus pro dest: alvum so lv it, vel recenti folio, vel arido, drachmis trib u s cum sale in bydromelite mandu cata. P ituitas e x tra b it folium et vomitu*, stoma cho inutile. Sic e t baccae quiuaedenae purgatio iit causa su m o n to r. P lib io 1* N., Vol. II.

la tosse vecchia, e la ortopnea. Se vi fotse febbre, cnoconsi con l'acqua, o con Utlovaro d'acqua melata, o di vino passo. Giovano a 'tisichi in quel medesimo modo, e ad ogni rema del petto, perch oaocono e maturano la flemma, e tiranla fuori. Contra gli scorpioni ne beono quattro eoi vino. Faoeadone empiastro eoo olio levano alenile macchie rosse rilevate, le quali vengono pi 1 notte ebe il giorno con pinicori, e le lentiggini, e le nascente che colano, e le ulcere della bocca, e le forfora. U sugo delle coccole leva il pizzicore, e il m orbo pediculare, lnstillasi negli orecchi con vin vecchio e con rosato, contra la doglia e gra vit d ' essi. Chi unto di questo guarentito de ogni cosa avvelenata. Giova berle a' morsi vele nosi, massimamente tratto delle cocooie di quel lalloro, che ha le foglie pi tenere. Le coccole eoi vino resistono alle serpi, agli soorpioni e a' ragui. Con olio e con aocto s'impiastrano alla milza e al fe gato : alle cancrene col mele. Giova ancor nella, stanchezza e nell infreddatura ugnerai oon quel sugo, aggiuntovi il nitro. Sono alcuni, che ten gono che la radice giovi assai a far partorire tosto, beendola nell' acqpa alla misura d ' un acetabolo e molto meglio la fresca, che la secca. Certi vo gliono che se ne dieno a bere dieci coccole contra i morsi degli scorpioni. Per rimedio della ugola scesa vogliono che si cuoca in tre sestarii d 'acqua fino che resta il terzo la terza parte d 'una libbra di coccole e di foglie, e che quest' acqua diasi calda a gargarizzare. Nel dolore del capo pestauo con olio le coccole in caffo, e le riscaldano. Le foglie dell' alloro Delfico, peste e fiutate poi, levano la contagione della pestilenza, e lauto. pi, s ' ella abbrucia. L 'olio dell' alloro Delfico utile a'cerolti, all'unguento mitigativo, a levare le infreddature, a mollificar i nervi, a' dolori del fianco, e alla febbre fredda. Scaldasi in corteccia di melagrana al dolore degli orecchi. Le foglie colle infino alla terza parte dell'acqua fanno tor nare 1' ugola al suo luogo, gargarizzando ; e col bere, i dolori del corpo e degl' iuteriori. Le sue foglie pi tenere peste nel vino guariscono le slianze e i pizzicori, impiastrale la notte. Dipoi valgono.l'altre specie dell' alloro. Quel lo di Alessandria o dell Ida fa partorir tosto, beendo la radice a peso di tre denari in tre bic chieri di vin dolce. Spinge fuori anco la seconda e i menstrui. Non meoo giovevole, beendolo allo stesso modo, l'alloro salvatico, o dafnoide ( per non dira gli altri nomi, onde l ' abbiamo doman dato ) : smuove il oorpo, mangiando tre dramme delle sue foglie, o secobe o fresche, col sale e cou l'idrom ele. La foglia desso cava fuori la flemma, e la vomito, ma iuulile allo slomaco. Pigliami ancora piuque o dieci coccole per purgare.
22

33g

G. PUN II SECUNDI

Db

m y bto , lx .

e l l a n o e t in e ,

60.

LXXXI. 9. Myrtus saliva candida, mitra* alili esi medicinae, quam nigra. Semen ejus medetur sanguinem exscreantibus. Ilem contra fango* io vino potum. Odorem oris commendat vel pridie commanducatam. Item apad Menandrnm Synari stosae boe edunt. D atare t dysentericis denarii pondere in vino.Uloera difficilia in extremitatibu* corporii sanat, cam vino subfervefectum, Impo nitu r lippitudini cum polenta, et cardiaci* in mamma sinistra : et contra scorpioni* ictus in mero : et ad veicicae vitia, capitis dolores, et aegilopaa, antequam suppurent : item tamoribus : exemptisqne nucleis in vino velere trilnm e m ptionibus pituitae. Suecus seminis alvnm sistit, urinam ciet. Ad eruptiones pusularum, pituitae que, cum cerato illinitur ; et eonira phalangia. Capillum denigrat. Lenius succo oleum est ex eadem m yrto: lenius et vinum, quo nnmquam inebriator. Inveteratum sistit alvum et stoma chum : tormina sanat, fastidium abigit,

Foliorum arentium farina sudores cohibet inspersa, vel in febri. Utilis et ooeliacis, et proci dentiae vulvarum, sedis vitiis, ulceribus manan tibus, igni sacro fotu, capillis fluentibus, furfuri* bus : item aliis eruptiooibus, ambustis. Additur quoque in medicamento, quod liparas vocant, eadem de causa qua oleum ex his, efficacissimnm ad ea quae in humore s u n t, tanquam in ore et vulva,

Folia ipsa fungis adversantor trita ex vino, cura cera vero articulariis morbis et collectioni bus. Eadem in vino decocta dysentericis et hy* dropicis.potui dantur. Siccantur in farinam, quae inspergitur ulceribus, aut haemorrhagiae. P u r gant et lentigines, plerygia, et paronychias, et epioyctidas, condylomata, testes, tetra ulcera : item ambusta cum ceralo.

Ad aures purulentas et foliis crematis utun tur, et succo, et decocto. Comburuntur et in an tidota. Item cauliculi flore decrepli, in novo ficti li operto cremati in furno, dein triti ex vino. E t ambuslis foliorum cinis medetur. Inguen ne iutumescat ex ulcere, salis ect surcul tm tantum

LXXXI. 9. La mortine domestica bianca meno olile alia medicina, che la nera. 11 seme sao medica chi sputa sangue; e beendolo col vioo giova contra i fanghi malefichi. Fa buono alilo ancora essendo stato mangiato il giorno innanzi. Appresso Menandro poeta i Sinarislosi ne man giano. Dassi ancora al mal de pondi a peso d'ua denaio nel vino. Bollilo alquanto col vino guari* soe le nascenze difficili nella estremit del corpo. Ponsi con polenta alla cispa degli occhi, e a que gli che hanno passione di cu o re, sulla poppa manca ; e contra i morsi dello scorpione nel vino, e a* difetti della vescica, a* dolori del capo, allegilope, innanzi eh* elle facciano puzxa, e agli en fiati ; e tritandolo e cavandone i noccioli ferma l ' umore flemmatico. Il sugo del seme ferma il corpo e provoca lf orina. Impiastrasi alle pustole che rompono e alla flemma con cerotto; n o n c h contra i falangi. Fa cepegli n eri. L'olio della medesima mortine pi gentile che il sago, e cos il vino ancora, il quale non ubbriaca mai. Quando egli invecchiato ferma il corpo e lo stomaco, guarisce i tormini e leva allo stomaco il fastidio. La polvere fatta delle foglie secche leva il sudore, spargendola, ancora nella febbre. utile pure a* deboli di stomaco, alla matrice, quando ella nscisse fuori, aJifetli del sedere, alle nascerne che cofano, al fuoco sacro con fomentazione, aes pelli cbecaggiono, alla forfora, a tutto che rompe nella pelle e agl* incotti. Mettesi ancora in una composizione, la quale si chiama lipara, perla medesima cagione, per la quale l*olio di questi potentissimo a quelle parti che sono umorose, come alla bocca e alla matrice. Le foglie peste col vino son buone cootra 1 fanghi, e conia cera contra i mali delle giunture, e le raocolte di marcia. Cotte nel vino dannosi bere a chi ha mal di pondi e a* rilruopichi. Sec* cansi in farina, che si sparge sulle rotture e sulle inorici. Purgano le lentiggini, quelle pellicole che si sfogliano attorno all* unghie delle dita, i pan** recci, quelle macchie rosse rilevate che vengono pi la notte che il giorno con pizzicore, le inorici che non gettano, i testicoli, e le piaghe brutte ; col cerotto gl* incotti. Usansi le foglie arse agli orecchi che gettano puzza, tanto pel sugo loro, che per la cocitura. Afdonsi per metterle negli antidoti ; al che valgono anche le messe tenere colte nel fiorire e arse io vaso di terra nuovo nel forno, dipoi peate col vino. La cenere delie foglie medica gl* incolli. &

3$i

HISTORIARUM MUNDI LIB. XX11L

3/ja

myrti habere sterna, oon ferro, nec terra con* Udam.

acciocch l anguinaglia non ingrossi per alcun malore, basta portar seco una vermena di morti ne, la quale non abbia tocco ferro n terra.

Db

m t b t i d a h o , X III.

Del

anB T iD A .no, i 3 .

LXXXII. Myrtidanum diximus qaomodo fie ret. Vulvae prodest, adpositn, fo la , et illitu. Mollo efficacias et cortice, et folio et semine. Kiprimitur et foliis saccos mollissimis in pila tosia, adfoso paullatim vino austero, alias aqaa coelesti: atque i t a expresso u ta n ta r ad oris se* disqoe aleera, vulvae, et T e o tr is : capilloram ni gritiam, malaram perfusiones, pargationem lenligimun, t ubi constringendum aliquid est.

LXXXII. Insegnammo gii come si fs il mirtidano, il quale facendone fomentazione e impiastro, giova alla matrice; ma molto pi con la corteccia, con le foglie e col seme. Premesi ancora il sugo, pestando in pila le foglie tenerissime, e mettendovi a poco a poco T i n brusco, e altrimenti acqua piovana. Usasi questo sago cos premuto alPulcere della bocca, del fondamento, della ma trice e del corpo ; a far neri i capegli, a malori delle gote, a levar le lentiggini, e quando da risi rignere alcuna cosa.
D e lla
m o e t ih e s a l t a t ic a , c a m b m ib s ib e , o t t e b o o s iim ib s ih b ,

Di naT O

s i l t b s t b i , s iv b o x y m y m ih b , s i t e c h a -

M A E M Y lS im , SITE XTJSCO, TI.

O BOSCO, 6 .

LXXX111. M yrtas s i lT e s tr is , si oxymyrsine, sive ebamaemyrsine, baccis rubentibus et brevilai* a sativa distat. Radix ejns in honore est, d e cocta vino, ad re n am dolores pota, et difficili uri nae, praedpueque crassae, et g r a T e o l e n t i : morbo regio, et vulvarum purgationi trita cum T in o . Cauliculi qaoqae incipientes asparagorum modo io cibo sampti, t in cinere cocti. Semen cum vino potum, aat oleo, aat aceto, calculos frangit. Item in aceto et rosaceo tritam , capitis dolores sedat : et potom, m orbara regium. Castor oxyyrsinen myrti foliis acutis, ex qoa fiant ra ri wopae, roseam T o c a T i t , ad eosdem usos. E t ha ctenos habent se medicinae urbanarum arborum. Transeamus ad silvestres.

LXXX 1I 1. La mortine salvatica, ovvero ossimirtine, o camemirsiue, differente dalla dime stica, perch ba le coccole rosse e le foglie minori. La sua radice cotta in vino e bevala utile alla doglia delle reni, e alla orina difficile, massima mente alla grossa e puzzolente ; nel vino giova a chi ba sparto il fiele, e alla purgazione della ma trice ; e cos le sue messe tenere mangiale a modo di sparagii, e colte nella cenere. Il seme bevuto in vino, ovver olio, rompe la pietra ; e trito in aceto e olio rosato mitiga la-doglia del capo ; e bevuto guarisce chi ha sparto il fiele. Castore chiama roseo la ossimirsine, che ha foglie aguzze di mir to, di cui nelle ville si fanno le scope : essa alile a medesimi efiletti. E questo basti quanto alle medicine degli alberi domestichi. Passiamo ora a

ragionare de* salvatichi.

C. PLENE SECUNDI

HISTORIARUM MUNDI
LIBER XXIV
MEDICINAE EX ARBORIBUS SILVESTRIBUS

---------------------------------

D is c o b d ia e i r r

a b b o b ib c s

b t h b b b is ,

a tq c b

D is c o rd ie

c o n c o r d ie t r a a l b e r i b t r a e r b e .

COBCORDIAB.

1.1. l . I n e qtridem, horridiorque n i t o r n


W tt) medicinis carent, sacra illa pareote rerum omnium nusquam non remedia disponente ho* mini, ot medicina fieret etiam solitudo ipsa : sed r i negala illins discordiae atque concordiae mi raculis occursantibus. Quercus et olea tam pertite a odio dissident, a t altera in allerins scrobe Epactae m o riantu r : quercus vero et juxta nucem jflgbodem. Pernicialia et brassicae cum Tite odia: ipton olas, q u o Titi foga tur, adversam cyclami no et origano rescit Quin et annosas jam, et qwe sternantar arbores, difficilius caedi, ac cele r* inarescere tradunt, si prias mana, quam fer ro, attingantur. Pomornm onera a jumentis sta tua sentiri : ac nisi prius ostendantur his, quam* tu pauca po rtent, sudare Ulico. Ferulae asini gratissimo su n t in pabulo, ceteris vero jumentis praesentaneo veneno: qua de cansa id animal Libero patri adsignatar, coi et ferula.Surdis etiam Krnm sua cuique sunt venena, ac minimis quo que. Philyra coci et polline nimium salem cibis eximunt. Praedulcium fastidium sal temperat. Nitrosae au t amarae aquae, polenta addita mitipntor, n t intra duas horas bibi possint. Qua de Bsa ia Meco vinarios additar polenta. Similis

1.1 . I l anno le selve ancora e i siti di pi orrido


aspetto le ler medicioe ; perch quella sacra ma dre di tutte le cose ha proveduto in ogni luogo i rimedii a ll'u o m o , talch ancora l1 istessa solitudi ne si confertisse in medicina ; mostrando per in ogni sua operazione maraviglioso ordine di ac cordo e di discordia. La quercia e 1* ulivo eoa tanto odio discordano tra loro, che piantato un di questi alberi nella fossa delP altro, si secca ; il che fa la quercia eziandio presso la noce. Il cavolo ancora egli ha capitai nimist con la vile ; ed esso che mette in foga le vite, posto alP incontro del ciclamino e dell origano, si secca. Dicono ancra che gli alberi antichi, i quali sono da tagliarsi, pi difficilmente si tagliano,e pi tosto si seccano, se prima si toccano con la mano, che col ferro. Le bestie da soma sentono subilo il peso delle mele,1e se prima non son mostre loro, incontanente suda no, bench ne portino poche. Le ferule sono gra tissimo pasto agli asini, dove agli altri animali sono subito veleno ; e perci questo animale dedicato a Bacco, a cui dedicata ancora la ferula. Le stesse cose pi vili hanno ciascuna il suo veleno, eie mi nime ancora. 1 cuochi levano il sale soverchio fuor delle vivande con pellicole o membrane fresche e

34?

C. PLINII SECUNDI

348

vis Rhodiae cretae, et argillae nostrali. Concordia aleni, quum pix oleo extrahitor, quando utrumque pinguis naturae est. Oleam solum calci mi scetur, qnando atrumque aquas odit. Gommi ceto facilius eluilar, atramentum aqua. Innu mera praeterea d ia, aae suis loois dioenlor assidu*.

Hinc nata medicina. Haec sola natorae plaenerat esse remedia parata valgo, inventa facilia, ac aine impendio, et qaibos vivimus. Poslea fraodes homioum et ingeniorum capturae officinas i n v e nere istas, in quibus saa cuique homini venalis prom ittitor vita. Statini compositiones et mixto* rae inexplicabiles decantantor. Arabia atque In dia in medio aestimantur : ulceriqoe parvo me dicina a Rubro mari imputatur, qaum remedia vera quotidie pauperimus quisque coenet. Nam si ex horto petantur, ani herba vel frutex quae ratur, onlla artiam vilior fiat. Ita st profecto, magnitudo populi Romani perdidit ritus, vin* cendoqae victi sumas. Paremus externis, et ana artiam imperatoribus quoque imperaverant. Ve ram de his alias plora.

sraioutaolale, e col fiore della farina, mentre per opposito il sale tempera il fastidio delle cose trop po dolci. L a c q u e nitrose o amare vengono a miti garsi, mettendovi dentro la polenta, di maniera che in termine di due ore si posson bere. Per questa cagione la polenta si mette ancora ne'vasi da vino.Sirail virt nella terra creta di Rodi, e nell' argilla nostrale. Per I1 opposito la concordia delle cose le fa pi possenti : con Polio si leva vi la pece, perch P uno e Paltro di natura grassa : P olio solo si appiglia alla calcina, poich P uno e P altro ha in odio P acqua. La gomma pi facil mente si stempera con laceto, e P inchiostro con P acqua. Cos dicasi d ' infinite altre cose, le qaali si conteranno al suo luogo. Di qui nata la medicina. Questi rimedii soli erano piaciuti alla natura, perch sono apparec chiati e pronti in ogni luogo, facili a trovarsi, e non dispendiosi, perch si fanno delle cose onde viviamo.Dipoi le frodi degli nomini e degl'ingegni hanno trovato qoeste nostre botteghe, nelle quali a ciascun uomo si promette per denari conservargli la vita.Di subitogli sono perci messe innanzi com posizioni e misture iueslricabili.L*Arabia e Plndia di sabito si ricordano, e ad ana piccola bolla dan no medicina, la quale dicono che viene dal mar Rosso ; mentre qualsivoglia povero mangia ogni d rimedii pi veri. Perciocch se cercheremo P erbe e i germogli degli orti, niuna arte diven ter pi vile della medicina. Certo la grandezza del popolo Romano ha guasti i buoni costami, e noi vincendo siamo siati vinti. Noi ubbidiamo egli slraoi, e questa arte sola comanda agl' im peradori. Ma di ci parleremo un1 altra, volta.
D e l lo t o d ' I t a l ia s i fa b h o k b d ic iv b 6 .

M e d ic in a e

bx l o t o

I t a l ic a ,

v i.

II. a. Loton herbam, itemque Aegyptiam eo II. a. Noi dicemipo di sopra che cosa loto dem nomine alias et Syrticam arborem, diximos erba, e albero Egitfo, o Sirlico del medesimo sois locis. Haec lotos, quae faba graeca appellatur nome. Qaesto. loto, che i nostri chiamano fava a nostris, alvum baccis sislit. Ramenta ligni deco greca, con le coccole sue ferma il corpo. 1 suoi cla in vino prosunt disentericis, menstruis, verti piccoli rami colli nel vino giovano a chi ha male gini, comitialibus. Cohi beo t et capillum. Mirum, di pondi, a* menstrui, a capogirli s a i mal caduco. his ramentis nihil esse amarius, frpclaque dalRitengono ancora i capegli. maraviglia, che u o a essendo cosa alcana pi amara di qpesti piccoli ciu. F it et e scobe ejas medicamentum, ex aqua myrti decocta, sobacta, et divisa ia pastillos, dypezzi, nulla siavi pi dolce che il sao fra tto . sentericis utilissimum, pondere victoriali cum Delle sue rimondature si a medicina* eolie con quae cyathis tribus. P acqua di mortine, impastate e divise in pastelli, utilissime a chi ha il male de'pondi, prendendole a peso d ' un' oncia con tre bicchieri d acqua.
G l a b m b o s,
x iii.

D bl lb o h ia s d e ,

i 3.

III. 3. Glans intrita daritias, quas cacoethes III . 3. La ghianda pesta con sogna insalata guarisce quelle durezze che si chamano. caeoete. yocaut,cam salsa axungia sanat. Vehementiora Pi possenti 1090 i legni in ta tti si toglieJa sani ligna et in omnibus cortex ipse, cortici^oe

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXIV. ludie abjecta. Haec deootla favai coeliacos. Dysentericis eliam (limitar, vel ipsagta. fiidem* qoe m iitil serpentium ictibus, rh ettttk liin ii, suppurationibus. Folia, etbaecae, vel cortex, vel meeai decocti prosunt con Ira toxica. Cortex iftinitar decoctas b e te vaccino, serpentis plagae. Datar t ex vino djaeatericia. Eftdem et d vif.

35o

corteccia ch* sotto la corteccia di sopra. Questa cotta giova al male del fianco. La ghianda ancora s'iropiasira al male de 1pondi : essa resiste a' morsi delle sterpi, alla rema, e a* luoghi che hanno rac colta marcia. Le foglie e il frutto, o la scorza, o il sug cotti giovano contra i veleni. La corteccia colta col latte di vacca l impiastra al morso delle serpi. Dassi col vino al male de* pondi. La mede sima virt ha il leccio ancora.
D e l g e a h e llo d e l le c c io ,

Cocco

il ic is ,

ni.

3.

IV. 4* Coccum ilicis valnaribus recentibus ex IV. 4 .11 granello del leccio si mette sulle ferite seeto im ponitur. Epiphoris ex aqua, et oculis fresche con Taccio. Ponsi con l'acqua sulle lagri affatis sanguine, instillatur. Est autem genas ex me degli occhi, e sugli occhi macchiali di sangue. eo b Attica fera e t Asia nascens, celerrime in Di questo una sorte che nasce nel paese d'Ateue venuculam se mutans, quod ideo stoleciou e in Asia, il quale tosto si mata in un vermicello, vocant, im probantque. Principalia ejus genera che per ci si chiama scolecio, molto biasimato. ditinos. Abbiamo ragionato altrove delle sue specie prin cipali. G alla, xxm.
D e l l a g a l l a , a 3.

V. Nec pauciora gallae genera fermus, soli* V. N ci sono msneo sorti di galla ; ch v* dam, perforatam : item albam, nigraro, roajorero, la soda, la perforata, la bianca, la nera, la mag minorem. Vis omniom similis. Optima Comma* giore, la minore ; e tutte hanno somigliante gena. Excrescentia in corpore tollunt. Prosunt virt. Ottima i la Comagena. Levano ogni cosa gtngivie, uvae, oris exulcerationi. Crematae et superflua, che cresce nel corpo. Giovano alle genviao ex tinctae, coeliacis, dyseoterieis illinuntur. gie, all'ugola e alle ulcere della bocca. Arse e Paronychiis ex meile, et unguibus scabris* pteryspeole nel vibo giovano a* deboli di stomaco, e giis, ulceribus manantibus, condylomatis, vulne impiastrate, al male de' pondi. Col mele valgono ribus q oae pbsgedaeaiea recontur. In vioo autem ai panerecci, alP unghie ruvide, alle pellicole che decoctae auribus instillantur, oculis illinuntur : si sfogliano intorno alP unghie, alP ulcere che adversa eruptiones e t panos cum aceto. Nudeus colano, e alle piaghe che si chiamano fagedene. commanducatas dentium dolorem sedat: item Cotte nel vino si mettono negli orecchi e negli intertrigines e t arobuita. Immaturae ex bis ex occhi. Coutra le rotture e le pannocchie si usano aceto potae, lienem consumunt. Eaedcmcrematae, con laceto. Il nocciolo masticato mitiga il dolore et aceto salso extinctae, menses sistant, vulvasque de1 denti, e le scorticature della pelle nate per procidentes foto. Omnis capillo denigrat. camminare, o petr fregarsi P u n membro con P altro, e le incotture. Le acerbe bevute con lo aceto consumano la milza ; e le medesime arse e sparse nelP aceto salato fermano i menstrui, e co la fomentazione le matrici eh' escono. Fanno neri i capegU. Visco,
x i.

D elvuco , 11.

VI. G ii abbiamo detto che il rovero fa ottimo V I. Viscum e robore precipuum diximus haberi, e t quo conficeretur modo. Quidam oon- isco, e mostrato in che modo e' si fa. Alcuni lo cuocono pesto dell' acqua in fino a che stia a galla. tusum in aqua decoquunt, donec innatet. Quidam Alcuni masticando gli acini, sputano la buccia. commanducantes acinos, exspuunt cortices. Opti mum est, quod sine cortice est, quodque levissi- Ottimo quello che non ha buccia, che legge rissimo, giallo di faori, e dentro ha qualit di n a m , extra fulvum, iotus porraceum, quo nihil est glutinosius. Emollit, discutit tumores, siccat porro ; di cui non cosa pi viscosa. Mollifica, strumas. Cum resina et cera panos mitigat omnis leva gli enfiali e secca le scrofe. Con ragia e con cera mitiga !e pannocchie d ' ogni sorte. Alcuni gcucrii. Q uidam ct galbanum adjiciunt, pari

35

G, PU N II SECUNDI

SS

pondere ingulorura : eoque modo el ad vuluera ntunlur. Unguium cabrili! expolit, si septenis diebus solvantur, nitroqqe colluantur. Quidam id religione efficacius fieri putant, prima lana pollectum e robore sine ferro. St terram non attigit, comitialibus mederi. Conceptam femina rum adjuvare, si omnino secuin habeant. Ulcera commanducato impositoque efficacissime sanari.

v'aggiungono il gjdbano 4 goal peso, e a qaesto modo Tosano anche alle erite.Palisoekra*id*zia delle aoghie, sciogliendole ogni di fino inselle, e lavandole col nitro. Alcuni tengono che ci i faccia meglio con la religione, adoperandosi quel lo che fu raccolto dal rovero senxa ferro iLprimo d della luna, Se nou tocca la terra, medica il male caduco. Aiuta le donne a partorire, se l hanuo seco addosso. Se si uielle masticalo sulle na scenze, maravigliosamente le guarisce.
D rllb
p il l o l e d b l r o v er e

i l u l i s r o b o r is

cbrro, v iii.

del gsbbo,

8.

VII. Roboris pilulae ex adipe ursino alopecias VII. Le pillole o coccole del rovero mesoolato capillo replent, Cerri folia, et cortex, et glans, con grasso d'orso fanno rimettere icapegli, Jov siccat collectiones supparationesque : fluxiones stata la tigna. La foglia del oerro, o la scorna o sistit. Torpentes membrorum partes corroborat la ghianda, rasciuga la raunata degli umori e la decoctum ejus fotu : coi et insidere expedit, sic* puzza, e ristagna i flussi. Conforta i membri in caudis adstringendisve partibus. Radix cerri ad tormentiti, se con la sua cocitura si fomentano; versatur scorpionibus. ed ulile tenervi dentro le parti che si vogliooo ristrignere o seccare. La radice del cerro con traria agli scorpioni.
S ubE as,
ii,

D bl

su g h ero ,

a.

VIII. Suberis cortex Irilus, ex aqua calida V11L La corleocia del sughero trita e bevala polus, sanguinem fluentem ex utralibet parie hi acqua calda ristagna il sangue in ogni parie. sislit. Ejusdem cinis ex viuo calido, sanguinem La cenere d'esso col vin caldo molto lodata per exscreantibus magaopere laudatur. chi sputa sangue.
F ago,
iy .

D el

fa g g io ,

IX- 5. Fagi folia manducantur in gingivarum labiorumque vitiis. Calculis glandis fagiaeae ciois illinilur : item cum meile alopeciis.

IX. 5. Le foglie del faggio si masticano a' di telli delle gengie e delle labbra. La cenere delle ghiande del faggio s 'impiastra alla pietra, col mele alla tigna.
Dbl
c iv rb ss o ,

C upbxsso, XXUI'

a3.

X. Cupressi folia trita serpentium ictibus im~ X. Le foglie del cipresso trite si pongono ai morsi delle serpi, e al capo con la polenta, se poounlur : et capiti cum polenta, si a sole doleat: duole per essere stato al sole: similmente alla item ramici : qua de causa et bibuutur. Testium quoque tumori cum cera illinuntur. Capillum borsa, e a questo effetto anche si beono. Fassene denigrant ex aceto. Eadem trita cum duabus empiastro con la cera all'enfiato de'testicoli. Con partibus panis mollis, et e vino amineo subacta, l ' aceto fanno neri i capelli. Trite con le due parli pedum ac nervorum dolores sedant. Pilulae di pan molle, e dipoi impiastrate con buon vin adversus serpentium ictus bibuntor, aut si ejicia- bianeo, mitigano i dolori de'piedi e de'nervi. tur sanguis : collectionibus illinuntur. Ramici Le pillole sue si beono eonira al morso delle serpi quoque tenerae lusae cum axungia et lomento, e al recere il sangue; e s 'impiaslrauo alle raccolte prosunt. Bibuntur ex eadem causa. Parotidi et di puzza. Le messe tenere peste con sugoa e fari strumae cum farina imponuntur. Exprimitur, na di fave, giovano alla borsa. Beonsi per la me desima cagione. Pongonsi con farina alle posteme succus tusis cum semine, qui mixtus oleo caligi nem oculorum aufert. Item victoriati pondere in dietro agli orecchi, e alle scrofole. Peslansi col vino potus illitusque cum fico sicca pingui, seme, e il sugo trattone, mescolato con l'olio, leva exemptis grauis, vilia testium sanat, tumore la caligiue degli occhi. Bevuto a peso d' uu' oucia

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXIV.

discutit : et cum fermento strumas. Radix cora foliis trila potaque, vesicae et stranguriae mede tur : et contra phalangia. Ramenta pota menses cieat, scorpionum ictibus adversantor.

col vino, e impiastrato con fico seeoo grasso, ca rato le granella, guarisce i mali de' testicoli, lera gli enfiali, e le scrofe col fermento. La radice pesta con le foglie e beruta medica la vescica e gli stranguglioni ; e vale contra i falangi, ragni velenosi. 1 ramioelli bevuti muovono i menstrui, e sodo contro il morso degli scorpioni.

C isio ,

xui.

Dae

cedro,

i3.

XI. Cedros magna, qaam eedrelaten vocant, XI. 11 oedro grande, il quale si chiama cedat picem, qoae cedria vocator, dentinm doloribus drdate, fa pece che si domanda cedria, utilissi atHisnmam. Frangit enim eos et extrahit: dolores ma a' dolori de' denti} perciocch gli rompe o sedaLCedri soccus ex ea quomodo fieret,diximus, cava, e ne mitiga il dolore. Come si faccia d* esso magni ad lumina usus, ni capiti dolorem inferret. il sugo di cedro, il quale molto utile alla vista, Defracta corpora incorrupta aeris serrat, viren se non facesse dolere il capo, gii lo dicemmo. tis oorrampit: mira differentia, quum vitam aufe Esso conserva lunghissimo tempo i corpi morti rat spirantibus, defunctisqne pro rita sit. Vestes incorrotti, mentre oorrompe i vivi ; e ci con maqaoque corrumpit, et animalia necat. Obfaaecnoa rarigliosa differenza, poich a' vivi leva la vita, emseam in anginis hoc remedio otendnm : neqae e in un certo modo la d i a' morti. Corrompe an io cruditatibus, quod soasere aliqui, gusta. Dentes cora le vesti, e ammassa gli animali. Perci non queqne colluere ex aceto in dolore timuerim, credo che tal rimedio si debba usare nelle serrd gravitati a u t vermibus aurium instillare. Por rature della gola, n che diasi gustare nelle crutentam est, quod tradunt, abortivum fieri in dezze, il che persuasero alcuni. Io risparmiarci Venere, ante perfusa virilitate. Phthiriases perun ancora di bagnare con questo sugo e con l 'scelo gere eo non dobitaverim, item porrigines. Sua i denti che dolgono, o instillarlo alla gravili o ai deat et contra venenom leporis marini bibere in vermini degli orecchi. E oosa mostruosa quella passo. Facilius in elephantiasi illinunt. E t ulcera che dicono alcuni, che faccia sconciatura nel coi sordida et excrescentia in iis auctores quidam, et to, bagnandone prima il membro virile. Io non oculorum albugines caligiocsque inungere eo : et dubiterei ungere oon esso il male de'pidocchi, contra pulmonis ulcera cyathum ejus sorbere o il pizzicore. Alcuni lo danao a bere contra il veleno della lepre marina in vino cotto. Pi fa jussoront : ilem adversos taenias. cilmente s'impiastra nella elefanzia, specie di leb bra. Aleuni autori hanno unto con esso le piaghe male andate, e le cose che crescono in esse, e i bagliori, e la caligine degli occhi ; e cootra i ma lori del polmone vollero che se ne beesse un bic chiere, e cos contra i vermini. Fassi di esso ancora l ' olio che ai chiama pi*Fit es eo e l oleam, quod pisselaeon rocant, reenenlioris ad omnia eadem usus. Cedri scobe aeleo, di pi gagliardo uso a tutte le medesime erpentes fugari cerinm est: item baoeis tritis cose. Che si caccino le serpi con la segatura del cedro, cosa certa. Questo si ottiene anche un cbb oleo, si qoi perungantur. gendosi con le coccole sue peste nell' olio. Canai de, x .
D bl
c b m id b , io

XII. I cedrali o fruiti del cedro guariscono XII. Cedrides, hoc est fractas cedri, tussim nnaot, urinam cient, alvum sistunt : utiles ruptis, la tosse, muovono l ' orina e fermano il corpo. convulsis, spasticis, stranguriae, vulvis, admoti : utile apporli alle rotture, alle carni spiccale, agli cootra lepores marinos, eademqae quae supra : spastici, alla stranguria, alla strettezza dell' ori na e alla matrice. Valgono contra le lepri marine ttUectionibus, ioflammalionibusqne. e contro a tutte le cose a che s 'oppone il cedro : son utili alle raccolte di marcia ed alle infiamr magioni.

C. PLINII SECUKM
G albaho , x x m . D i l galm w o,

)K

a3.

XIII. De galbano diximus. Neque hamidum XUI. Abbiamo gii parlato del galbano, il quale neque aridam probator, ed qaale docuimus. Per non voole essere n omido, n secco, ma qoale s' mostrato. Beesi di per s alla tosse vecchia, e bibi lar ad tussim veterem, suspiria, rapta, con vulsa. Imponitur ischiadicis, lateris doloribus, pa- a' sospiri, e alla carne crepata e spiccata. Adope rasi ancora alle sciatiche, a1dolori del fianco, alle ois, furuncnlis, corpori ab ossibus recedenti, stru pannocchie, a' Agnoli, alla carne che si parte dal mis, articulorum nodis, dentium quoque dolori bus. Illinitur et cum meile capitis ulceribus. l'osso, alle scrofe, a' mali delle giunture e al do Purulentis infunditur aoribos cum rosaceo ant lore de denti. Fassene empiastro eoi niello Ile nardo. Odore comitialibus subvenit, et vulva ulcere del capo. Metlesi oegli orecchi che a U r h no pozza, con rosalo o- nardo. Con 1 odor solo * strangolante, et in stomachi defeci u. medica il mal cadoco, la soffocazione della mairi* ce e la debolezza dello stomaoo. Cava fuora le sconciature, che non esoonoy Abortu non exeuntes trahit adpositv vel suffito : item ramis ellebori circumlitum atqoe ponendovelo, o facendone profomo ; il medesimo la co' rami dell' elleboro. Abbiamo detto, come subjectem. Serpentes nidore urentium fugari di ximus. Fugiunt et peruuotos galbano. Medetor ardendosi il galbano le serpi fuggooo dal ano odo* et a scorpione percussi. Bibitur et in difficili re. Elle fnggono anoora da coloro, cbe im o noti partu fabae magnitudine in vini cyatho : vulvas- di eaeo. Guarisce ancora chi stato morso dall* que conversas corrigit. Cum myrrha autem et scorpione. Beesi qoanlo una fava io on bic* in vino mortuos parius extrahit. Adversator et ebier di vino, quando la donna difficilmente par torisce. Corregge la matrice storta. Con la mina veneni, maxime toxicis, cum myrrha, et in vino. Serpente oleo et spondylio mixto tacto necat. e col vino tira fbora i parti morti. eontra i ve leni, e massimamente il tossioo, posto con mirra Nocere urinae existimator. nel vino. Se mescolato con otio e spondilio tocca la serpe, la occide. Stimasi che nooca allTorina. Amromico, r a v .
D e ll'
a m m o n ia c o ,

a{.

XlV. 6. Similis ammoniaci netor atqoe la- XIV. 6. Simile la oetara dell* ammooiao e erymae probandae* ut diximos : mollit, calfacit, il modo di fare il saggio della lagrima, come ab* discutit, dissolvit. Claritati visos in collyriis con biaroo detto : mollifica, riscalda, sommove e dis venit. Proritom, cicatrice, albugines oculorum solve. S adopera nelle medicine per rischiarar tollit. Dentium dolores sedat, efficacius accensam. la vista. Leva il pizzicore, le margini, e i panni Prodest dyspnoicis, pleuriticis, pulmonibus, ve degli occhi. Mitiga il dolore de' denti, ma con sicis, urinae cruentae, lieni, ischiadici* potam. maggior forza essendo acceso. Giova a chi ha Bie et alvam solvit. Arliculis et podagrae cum l 'asima, a quegli cbe hanno male di fianco, ai pari pondere picis aut cerae et rosaceo coctum. polmoni, alle vesciche, all orina sanguinosa, alla Maturat panos, extrahit clavos cam meile. Sic et milza, e alla sciatica, beendolo. Cos anco risolve daritias emollit. Lieoi cam aceto et oera Cypria, il corpo. Alle gotte *' adopera collo con egoal vel rosaceo, efficacissime imponitor. Lassitudine* peso di pece o di cera con olio rosato. Col mele perungi cum acelo et oleo, exiguoque nitro, utile. malora le pannocchie e cava i ciccioni de' piedi: similmente molli fio le durezze. Giova maravi gliosamente alla milza eoo acelo e cera Cipria, o rosato. utile ungere di esso i membri stracchi, con aeeto, olio e un poco di nitro.
S toucb , x. D k llo
st ib a c b ,

io .

XV. Abbiamo ragionato aocora della natura XV. Et styracis naturam in peregrini arbo ribus exposuimus. Placet praeter illa quae dixi dello slirace negli alberi forestieri. Piace aaaai, olir le cose eh' io dissi, il molto grasso, pero, e mus maxime pinguis, purus, albicantibus frag menti*. Medetur tussi, fancibus, pectoris vitiis, che ha certi pezzetti che biancheggiano. Medica la tosse, la gola, i mali del petto, e la matrice vulvae praeclusae, doritieve laboranti. Ciet men-

HISTORIARUM MUNfiI LIB. XXIV.

set pota, adporituve, Iram moHit. Invento potu modico truiitian nini resolvi, largiore contrahi. Sonitas aurium emendat ia (usum : tranas illi iaa, aerroruaque nodos. Adversatur venenis, quae frigom M ceo t: ideo et ckatse.

nne hiusa o dura. Beeudolo provoca i menstrui, e a powelo sopra mollifica il corpo, lo trovo die col berne un poco si viene a risolvere la malin conia dell animo, e a berne assai fa contrario ef fetto. Infusovi dentro leva il rumore degli or cer chi ; e impiastratovi, le scrofe e i nodi de* nervi. contrario a* veleni che nuocono per freddo, e per ci alla cicuta. Dello
spohdilio,

S v o b d y u o , x v ii.

17.

XVI. Lo spondilio, di eoi ragionammo insie XVI. SpondyUon aaa demonstratum, infun ditur capii ibus phreneticorum, et lethargicorum : me con esso, si adopera al capo de' farnetichi e item capitis dalw ib ai longis. Cum oleo vetere de letargici, e a lunghe doglie di testa. Beesi con bibitur,et ia focinerum vitiis, morbo regio, comi- olio vecchio a' mali del fegato, a ehi ba sparto tiaUbas, octbopnoiris, vulvarum slraagolatione : il fiele, al mal cadoce, a ohi non pu respirare, se quibas et suffita prodes. Alvuaa mollit. IHinitar non isti col capo alte, alle soffocazioni delle ma leeribos quae serpunt euro ruta. Flos auribus trici, alle quali giova ancora col profumo. Molli pandentis efficaciter infeaditur.Sed succus quum fica il corpo. Impiastrasi alle rotture che impi gliano con la ruta. Il fior suo giova mollo a in exprimitor, iategendos est, quoniam mire ad pe titor a mnaeis e t anilibus. Radix derasa, et in fonderlo negli orecchi che gettano puzza. Ma fistalas eoojeela, callum earum erodit. Auribus quando si preme il sago, si dee tenerlo coperto, quoque instillatur eom tuoco. Datur et ipsa con perch grandemente desiderato delle mosche e simili animali. La radice rasa e messa nelle fistole tri morbnm reatum, et ia jocineris vitio, et vairode il callo desse. Instillasi ancora eel sugo ne*mimi. Capillo* crispos fecit peruncto capite. gli orecchi. Dassi ancb1essa a chi ha sparto il fie le, al male del fegato e alle matrici. Uguendone il capo fa venire i capegli ricciuti. Snuoau,
she im m o ,

m bto, v.

D b l lo

vaowo,

sfaco, o b&xo,

5.

XVIL Spbagnos, sive sphacos, sive bryon, et ia Gallia, ut iodi cavimus, uaseitur, vulvis deeoeto iadentium utUis : item genibus et feminum tumanbot, mixtu nasturtio, et aqua salsa tritus. Cam vino autem ac resina sioca potos, urinam pellit celerrime. Hydropicos inanit, cum vino et juniperis tritus c petas.

XVII. Lo sfagno, 0 sfaco, 0 brio, nasce, come abbiamo detto, anch egli in Francia, ed utile alle matrici che escono. Mescolato col nasturzio, e pesto nell* acqua salata giova alle ginocchia e al P enfiato del pettignone. 11 sugo suo bevuto con vino e ragia secca prestissimo spigne P orina. Pesto e bevuto con vino e con ginepro risecca i ritruopichi.
D bl

T a u n i f i o , vi. XVIII. Terebinthi folia et radix eollectionibm iaiponuntur. Decoetam eoram stomachum firmat. Semea in capitis dolore bibitur in vino, et contra difficultatem urinae. Ventrem leniter d li l Venerem excitat.
D b p ic e a b t o b i c e , r m .

tbbbbihto, 6.

XVIII. Le foglie e la radice del terebinto si mette sulle raccolte La cocitura loro ferma Io stomaco. Il seme si bee in vino net dolore d d capo, e contra la difficulti dell* orina. Mollifica dolcemente il corpo e risveglia la lussuria. D ella ficea
b

dbl lab i c e ,

8.

XIX. Piceae et laricis folia trita, et in aceto decocta, dentiam dolori prosuol. Cinis corticum, intertrigini et ambustis. Potus alvum sistit, uriam movet. S a fitu vulvas corrigit. Piceae folia friiatim jo d o e ri utilia sunt, drachmae pondere a^ua aauWa poUU SHvas eas dumtaxat quae pi

XIX. Le foglie della picea e del larice peste e cotte nell1aceto giovano al dolore de1denti. La cenere della loro corteccia utile alle scorti* calure della pelle cagionate dal camminare, o dal fregarsi 1 un membro eoa Peltro, e alte incol * lare. Bevuta ferma il corpo, e move P orina. Col

35g

C. P U N II SECONDI

36o

cU resinseqoe gratta radantur, alilitiimas eoe phthisicis, aut qui longa aegritudine non recolli gent vires salis constat : et illum coeli aera plus ite quam navigationem Aegyptiam proficere pina quam laetis herbidos per montium aestiva polus.

profumo corregge b matrice. Le foglie della pi cea particolarmente sono otiti al fegato, bevute in acqua melata a peso d una dramma. Truovasi per esperienza, che quelle selve sono utilissime a* tisici, le quali si radono per rispetto della pe ce e della ragia, o a quegli che per lunga malat tia non riacquistano le forze ; e che laria di quel luogo giova pi loro, ehe navigare in Egitto, e pi che il bere di molto latte la alale so per i monti. Dar. a w n n , io.

COAMAIFITY, X.

XX. 11 camepiti si chiama in latino abiga per XX. Chamaepitys latine abiga vocator pro pter abortus, ab aliis thus terrae; cubitalibus le sconciature che produce, e da alcooi incenso di ramis, flore pinus et odore. Altera brevior, et terra: ha rami lunghi un braccio, odore e fiordi incurvae similis. Tertia eodem odore, et ideo no* pino. V1ha un'altra specie, pi corta, che par cur mine quoque, parvula, cauliculo digitali, foliis va. Ve n' ha una terza del medesimo odore, e simil scabris, exilibus, albis, io petris nascens. Omnes mente del medesimo nome: ha gambi piccoli herbae, sed propter cognationem nominis non grossi un dito, foglie aspre, sottilie bianche, enasee differendae. Prosunt adversus scorpionum ictus. nelle pietre. Tutte qoesteson erbe,leqoali non soao Item jocineri illitae cum palmis, aut cotoneis. da differire per la affinit che hanno del s o m Renibus et veiicae, decoctum earum cum farina Giovano al morso dello scorpione: giovano al hordeacea. Morbo quoque regio, et urinae diffi- fegato, impiastrandole con palme, o eoo cotogne. La cocitura loro utile eon farina d ' orso alle cui talibus ex aqua decoctae bibuntur. reni e alla vescica. Beonsi ancora cotte nell* acqua per chi ha sparto il fiele e difficolti d 'orina. L 'ultima col mele vale contra le serpi ; e po Novissima contra serpentes valet cum meile. Sic et adposila vulvas purgat. Sanguinem densa stavi su con esso purga la matrice. Bevuta tira tum extrahit pota. Sudores facit perunctis ea, pe fuori il sangue rappreso. Fa sodare chi a' ugoe culiariter renibus utilis. Fiunt ex ea et hydropicis con essa, ed particolarmente utile alle reni. Fansene pillole a' rilruopichi, le quali col fico in pilulae, cum fico alvum trahentes. Lumborum dolorem victoriati pondere in fino finit, et tus* citano il ventre ; e pigliandone a peso d 'onooda sim recentem. Mortuos partus, ex aceto cocta, et in vino, finisce il dolor de* lombi e la tosse fresos. pota, ejicere protinus dicitur. Dicono che cotta in aceto e bevota sobito maoda fuori i parti morti.
D b fit y o sa VI.

D e l l a pitiusa, 6 .

XXL Cum honore et pityusa simili de causa dicetur quam quidam in tithymali genere nu merant. Frutex est similis piceae, flore parvo, purpureo. Rilem et pituitam per alvum detrahit ?adix, decocti hemina: aut seminis lingula in balanis. Folia iu aceto decocta, furfures catis emendant : mammas quoque mixto rutae deco cto, et tormina, et serpentium ictos et in lotum collectiones incipientes.

XXL Per simil cagione perlerassi con dnore anco della piliusa* la quale alcnni pongono nel genere del ti limalo. Il cespuglio suo somiglia la picea, ed ha picciolo fiore purpureo. La sua ra dice lira fuora pel di sotto la collera e la flem ma, e basta a ci un' emina della sua cocitura, o un cucchiaio del seme in balani. Le foglie eolie nell' aceto levano le forfore della pelle : sanano le poppe mescolandovi la cocitura della ruta ; e i tormini, e il morso delle serpi, e del tutto le rac colte di puzze, quando elle cominciano.
D ella
xaoia a a .

Rbsuu, x x ii .

XXII. Resinam e supra diclia arboribus gigni XXII. Abbiamo insegnato die la ragia nasce docuimus, et genera ejus et nationes in ratione dagli alberi sopraddetti, e mostrato varie specie vini, ac postea io arboribus. Summae speciei duae: e nascimenti d 'essa nel trattato de vini, e dipoi

36r

HIST0E1ARUH MONDI LIB. XXIV. parlando degli elberi. Le prinoipeH sue specie son due ; la seeea e la liquidi. La secca di pine e di picea ; la liquida di teberiuto, di larice, di lentisco e di cipresso. Perciocch qnetti ancore fanno ragia in Asia e in Soria. Ingannanti coloro, che credono eh1ella sia una medesima della picea e del larice. La picea la 61 grassa, e sugosa e mo1 d* incenso : il larice la fa sottile, e liquida come il mele, la quale sa di lezio a fiutarla. 1 medici usano rade volte la liquida, e quasi sempre con T uovo : servoosi di quelle del larice per la tosse, e per le ulcere degl interiori. Quella del pinoencora non i molto in uso ; l altre non s usano se non cotte. Noi abbiamo gii ragionato a bastanza dediversi modi di cuocerle. Quanto a differenza d'alberi, piace la terebin* lina, la quale pi leggeri e di pi odore : quan to a sito la Cipriotta e le Soriana ; ma si questa che quella ha colore di mele Ateniese : la Cipriot ta per pi carnosa e pi secca. Nella specie secca cercano eh' elle sia candida, pura e traspa reo te ; e in ogni altra, che sia di monte piutto sto cbe di piano, e da tramontana piuttosto che da altro vento. La ragia si risolve con olio al bi sogno delle ferite e per impiastro mollitivo ; e per bevanda con mandorle emare. La natura sua i fare minori le ferite, purgare e risolvere le raccolte, e della terebintina guarire 1 difetti del petto. Si mette calda alle doglie de* membri, e allo spesimo si applica al sole. Ognesi per tutto il corpo. Usenle sopra tutto i venditori di schiavi, perch in quel modo lev* no la gracilit, essendo eh' essa slarga la cale ia tutti i membri, e fa i corpi pi capaci del cibo. Il prossimo luogo lieoe quella del lentisco, per ch ha virt di ristriguere, e pi che l ' altre maove l'orina. Laltre mollificano il oorpo, smaltiscono le cose crude, mitigano la tosse vec chia, e col profumo ancora cavano fuora i pesi della matrice. Particolarmente sono contrarie al visco. Col sevo di toro e col mele guariscono le pannocchie e simili malori. Quella del lentisco ripiega a tutto comodo le palpebre, ed utilis sima ancora alle parti rotte, agli orecchi che gettano marcia, e al pizzicore delle membra ge nitali. Quella del pino ottimamente medica le ferite del capo.
D illa vaca, 34*

sices, et liquida. S ten e pitia el picee fit: liquide e terebintho, larice leu tiaco, copre*ao. Nim et eae ferant io Asie etSyria. Fallootor qai eamdem potant ette, e picea etqae larice. Picea enim pin guem, et thuris modo succosatn fandit: larix graeilem, ac mellei liquoris, vira* redolentem. Me dici liquida raro utuntur, et in ovo fere: e larice propter tussim ulcereqae viscerum : nec piace magnopere in asu : ceteris non nisi coctis. Et coqacndi genera satis demonstravimus.

In arborato differentia placet terebinthine, odoratissima atque levissima : nationum, Cypria et Syriaca: ntraqoe mellis Attici colore: sed Cy pria carnosior, aicciorque. In sieco genere quaeraot ut sit candida, pura, perlucida. In ornai aatem, ut montana potias, quam campestris: item aquilonia potios, quam ah alio vento. Resolvitor resina ad vulnerum usus et malagmata, oleo : in potiones, amygdalis amaris. Natura in medendo contrahere vulnera, purgare, discutere oollectiom>: ilem pectoris vitia, terebinthine, lllioitur eademcalida membrorum doloribus, spasticisque in iole.

illinitur et totis corporibus, mangonum ma* rime cura, ad gracilitatem emendandam, spatiis ita laxantium cutera per singula membra, cepa* cioriqae ciborum facienda corpora. Proximum locum obtinet e lentisco, laesi ei vis et edstrinpodi. Movet et ante ceteras urinam. Reliquae veetrem molliant, cruda concoquant, tussim vetarem sedant volvae onera extrahont etiam suffitae. Privatim adversantur visco. Panoe et umilia, cum sevo t eurino et meile sauant. Palper bri lentiscine commodissime replicat. Fractis quoque utilissima, et auribus purulentis : item i prorito genitalium. Pinea capitis vnlneribus *ptioe medetur.

Pica, xxxiv. XXIII. 7. Pix quoque unde et quibas confietitlor modis, indicavimus : et ejas dao genera, Vittam, liqaidumqae. Spissarum utilissima rnefeae Brutia, quoniam pinguissima et resinosis* ana alrasque praebet utilitates : ob id magis ^ qaam ceterae. Id enim qaod ia hoc edji*

XXIII. 7. Abbiamo mostro ancora, onde e in che modo si fa la pece. Ella di due ragioni, spessa e liquida. Delle spesse utilissima alla me dicina lAbruzzese, la quale perch' grassissi ma e molto piena di ragia, ha 1' una e l ' altra utilit} e mollo pi quelle cbe rosseggia, che l'al-

863

C. PLINII SECUNDI

964

cinnt, e macula arbore meliorem ettt, non arbi tror poste intellig i. Picis natura excalfecit, explet. Adversatur privatim cerastae mortibus cam poleota: ilem anginae cam meile, distillationibus et sternutamentis a pituita. Auribus infunditur cum rosaceo : illinitur com cera. Saoat lichen, alvum solvit, exscreationes pectoris adjuvat ecli gmate, aut illita tonsillis cum meile. Sic et ulcera purgat, explet. Cum uva passa et axungia, car bunculos purgat, et putrescentia ulcera : quae wt serpunt, cam pineo cortice, aut sulphure. Phthisicis cyathi mensura quidam dederunt, et contra veterem tusum. Rhagadas sedis et pedum, panosqae, et ungues scabros emendat: vulvae duritias et courertiones odore : item lethargicos. Stromas item cum farina hordeacea, et pueri im pubis urina deeoeta ad suppurationem perducit. E t ad alopecias sicca pice oluntur. A4 mulierum mammas firutia, ex vino subfervefacta eum polli ne farraceo, quam calidissimis impositis.

tre. Quello che dicono, cheli* migliore deM *al bero maschio, non credo ehe si possa intendere. La natura della pece di riscaldare e riempiere. Ha particolar virt oon la polenta contra i morsi della cerasta, e col mele alla serratura della gola che non lasci inghiottire, allo sfilalo e agH starnuti. Infondesi eoa olio rosato alla flemma degli orecchi, e fassene empiastro oon cera. Goa* risce le volatiohe, smuove il corpo, aiuta lo spar* go del petto, e le angine col mele. Cosi anco por ga le ulcere e poi le riempie. Con uva passa e con sugna purga i carboocelli, e le ulcere che marciscono ; e quelle che impigliano, con cortec cia di pino o col zolfo. Alcuni ancora P hanno data a miiura d* un bicchiere, e contra la lotte veoehia. Goa risce le crepature del sedere e dappie di, e le pannocchie e le unghie roochiose ; e eoa I1odore le durezze e le conversioni della matrice; e cosi ancora i letargici. Colta con farina d 'orca e orina di fanciullo impubere ridace lo secolo a mandare fuor la marcia. Usano la pece secca eziaadio alla pelatiaa. L' Abruzzese giova alle poppe delle femmine riscaldata col vino e oon fiore di farioa di farro, e postavi sopra tali cose quanto ti pu calda.
O l i P1SSBLBO, O PALIMPISSA, l6 .

PlSSBLABO, SIVB PALIMPISSA, XVI.

La pece liqoida, e l'olio che si chiama XXIV. Liquida pix, oleumque quod pisselaeon XXIV. vocant, quemadmodum fieret, diximus. Quidam pisseleo, abbiamo insegnato come si faccia. Alcu Iterum decoquunt, et vocant palimpissam. Liqui ni lo ricnocono, e chiamaolo palimpissa. Con la da anginae perunguntur intus, et nva. Ad aurium liquida s 'ungono al di dentro le serrature detti dolores, claritatem oculorum, oris circumlitiones, gola che non lasciano inghiottire, e l'ugola. Giova suspiriosos, valvas, tussim veterem, et crebras a' dolori degli oreochi, a rischiarare la vista, a fare unzioni intorno alla bocca, a' sospirosi, alle exscreationes pectoris, spasmos, tremores, opi sthotonos, paralyses, nervorum dolores. Praestan- Beatrici, alla tossa vecchia, alle spesse spurgaziooi di petto, agli spasimi, a (riamiti, a'rattrapp' tissimam ad eanum et jumentorum scabiem. menti de' nervi, a'perletiehi e ai dolori della ner vatura. Ha grandissimi virt contro la scabbia de* cani e de' giumenti.
PlSS ASPE ALTO, I I .

D el

p is s a s p a l t o ,

a.

XXV. Est et pissasphaltos, mixta bitumini pice naturaliter ex ApoHoniatarum agro. Qui dam ipsi miscent, praecipuum ad scabiem peco rum remedium, aut si foetus mammas laeterit. Maturum optimum ex eo, quod, quum fervet, innatat.

XXV. cci aoco il pissasfalto, che pece me scolala col bitume, la quale naturalmente viene del paese degli Apolloniali. Certi ne fanno il mi* stio artatamente : ottimo rimedio alla scabbia de' bestiami e alle poppe, quando il parto le ha offese. Ottimo i qpello, che quando bolle va a galla.
D blla
z o p is s a ,

Z o p is s a ,

t.

XXVI. Zoplseam eradi navibus diximus cera marino sale macerata. Optima haec i tirocinio

XXVI. Noi abbiamo dotto ehe la zopissa ai rade dette navi: essa la cera ebe si d per into-

365

HISTORIARUM MONDI UB. XXIV.

oavbm. Additar olea in malaga!* ad discu tiendas collectiones.

nico, macerata con quel sale marino. Ottima quella che si cava de' navili nuovi. Questa s1a d o pera negli ungoenti per bvare gli nmori raccolti.
D
ella ted a, i

T eda,

XXVII. Teda deoocta in accio, denliom dolo* XXVII. Le tede cotte nell'aceto guariscono rts efficaciter colluunt. benissimo il dolore de denti che ne sieno sciac* quali.
L obtisco , x x u . D bl
lbbtisgo ,

aa.

XXVIII. Lentisci ex arbore, et semen, et XXVIII. L 'albero del lentisco, il suo seme, b oorlex, el la e rjo a , o iiau a cient, alvaa sistuot. corteccia e la bgrima muovono l ' orina e fermano Decoctam eoram obera quae serpant, folu. Illi- il corpo. La lor cocitura con b fomeptaModb aitar b k u i d i i , et igni sacro : gingivas colinit. guarisce le piaghe che impigliano. Fassene em Folia dentibus in dobre alterjuolur; mobiles de piasi ro a' luoghi umidi e al fuoco sacro : guarisce cocto colluanlar. Gepillam Ungant. Laeryma m > le gengive, bagnaodole con esso. Le foglie si tri* dis vitiis prodest, qaum quid siccari excalfierive taoo pel dolore de' denti ; e quei che si dimenano, opus sil. Decoctam et e bcryma slomacbo utile, si bagnano con b sua cocitura. Tingono i capegli. metum et arinam movens: qaod et capilis dolo* La lagrima giova a' mali del sedere, qnsndo biribos cum polenta illinitur. Folia tenera oculis sogui seccarvi alcuna cosa, o riscaldarveb. La inflammatis illinantur. Item mastiche lentisci cocitura della lagrima i utile allo slomaco, e replicandis palpebris, et ad extendendam entem muove il rullo e i' orina ; e con la polenta s im io Cicie, et smegmata adbibetur, et sanguinem piastra al dolore del capo. Le sue foglie tenere rejicientibus, tosai velcri : et ad omnia quae am- s'impiastrano agli occhi infiammati. La mastice mooiaci vis. Medetur et adiritis partibus, sive del lentisco impbstrasi a ripiegare le palpebre, a oleo e semine cjat facto oeracque raixto, siva fo distendere b pelle nel viso, agli unguenti detti liis, ax oleo decoctis* ai ve con aqua virilia fovean- smegmati, a quegli che vomitano sangue, alb lar. Scio Democrnlem medicam in valetudine tosse vecchia, e a tutte le cose, alb quali i buona Considiae M. Servilii consobris filiae, omnem b virt dell' ammoniaco. Medica ancora b parti caratiancm jaslerant recosantis, diu efficaciter infrante, o con olio fatto del suo seme e mesco* saa bete caprarom, quas lentisco pasoebaU b lo con b cera, o con b foglie colle con 1' olio, o se con l'acqua si fomentano b parti virili, lo so che Democralc medico nella cara di Coostdb figlinola di M. Servilio stato coasolo, b qualf 000 poteva accettare medicina alcuna troppo ga gliarda, si valse alla lunga e utilmente del b tle delle capre, b quali pasceva di batiseo.
P iiT M O , XXV. D el
flatabo,

a5.

XXIX. 8.1 platani sono contrarii a'pipistrelli. XXIX. 8. P b la n i adversantor vespertilioni* bai. Pilulae earum in vino potae denariorom Le coccole loro bevute in vino s peso di quattro <p*taor pendere, omnibns serpeuliom et scor- danari, medicano tutti i veleni de'serpenti e degli pionam venenis medentur: item ambastis. scorpioni, e gl'incolti ancora. Peste con l'aceto for Tusae aalem cara aceto acri, magisque sciiti li, te, ma molto pi con lo scillitico, fermano io ogni aagainem omnem sistunt. Et lentiginem, et car- caso il sangue. Col mele guariscono le lentiggini, cromata, melaoiasque veteres, addito melle 1 cancheri e le piaghe vecchie. Delle foglie e della mendant. Folia e t cortex illionotur collectioni* corteccia si fa empiastro dove falla raccolta, e et suppurationibus, et decoctam eoram. Cor dov passa ; e la loro cocitura &utile ancora. ticis satem in a c e U , dentinm remedi am est: fo* La sua scena con l ' aceto rimedio a' denti. Le knun tenerrima io vino albo decocta, oeniorum, foglie tenerume cotte io via bianoo medicano gli baego folioraro e t auribus et ocalis inutilis. occhi. La lana, eh' alle foglie de'platani, nnooe CttUflabrao s a n a i amboste igni vel frigore, agli occhi e agli orecchi. La cenere delle, coccob loro guarisce i colli o per fanno, o per freddo. bticx c *io9 scorpionum ictos .reitingoifc

36?

C PLINII SECUflDt

La corteccia od vino resiste a' morsi degli eorpioni.


F eaxiho , v.

Dar. pr a ssi ho ,

i.

XXX. Fraxinus qoani vim adversus serpentes XXX. Gi dicemmo che virt abbia il frassino haberet, indicavimus. Semen foliis ejus ioest, quo contra gli scorpioni- Egli ha il seme nelle foglie, medentur jocineris el lateris doloribus io vino : le quali col vino sono utili alle doglie del fegato aquam quae subit cutem, extrahunt. Corpus e del fianco. Esse asciugano aocora P acqua dei rilruopichi. Alleggeriscono col tempo il corpo obesum levant onere, sensim ad maciem reducen tes, iisdem foliis cum vino tritis ad virium por grasso, e lo riducono poco a poco a magrezza, tionem : ita ut puero quinque folia tribus cyathis togliendo le foglie peste nel vino a porporzioa della complessione di chi le piglia ; cio, scegli diluantur, robustioribus septem folia, quinis cya this vini. Non omittendum, ramenta ejus et sco fanciullo, cinque foglie in tre bicchieri di vino, e se egli d* et robusta, selle foglie in einqoe bem a quibusdam cavenda praedici. bicchieri pur di vino. Non da tralasciar di dire ci che molli avvertono, che le tagliatore le mondiglie si debbono fuggire.
Acbeb, i .
D bll'
acbbo, i

XXXI. Aceris radix contusa e viuo jocineris doloribus efficacissime imponitur.

XXXI. La radice dell* acero pesta e stata nel vino si appliea molto utilmente alle doglie dd fegato.
D e l l o p p io , 8 .

P opulo ,

v i .

XXXII. Popnli albae uvarum in nnguentis usam exposoimus. Cortex potns ischiadicis et atrangnriae prodest. Foliorum saccos calidas auriam dolori. Virgam populi in manu leneotibua intertrigo non metaitur. Populas nigra effi cacissima habetor, qoae In Creta nascitur. Comi tialibus semen ex aceto utile. Fundit illa et resi nam exigoam, qua utuntur ad malagmata. Folia podagris in aceto decocta imponuntur. Humor e cavis populi nigrae efflaens, verruca s, papulasque ex adtritu ortas tollit. Populi fcrnat et in foliis guttam, ex qaa apes propolim faciant. Gatta aeque propoli ex aqua efficax.

XXXII. L oso che si fa de*grappoli del* P oppio bianco negli unguenti, lo abbiamo gi dimostrato. La saa corteccia bevuta giova alla sciatica a alla stranguria. Il sugo delle foglie eal* do si mette alla doglia degli orecchi. Chi tiene io mano ona verga d* oppio non teme nn certo male, cbe viene da scorticatura per soffregameoto dei membri. L' oppio nero, che nasce in Candia, tenuto che abbia gran virt. 11 seme con l acelo utile al mal caduco. Questo ancora fa piccola ragia, la quale s usa negli empiastri. Le foglie colte nell* aceto si mettono snlle gotte. L amore, il quale esce de1 buchi dell* oppio nero, leva i porri, e le bolle che nascono per P attrito dei membri. Hanno questi alberi alcune gocciole nelle foglie, delle quali le pecchie fanno un cerio come riparo al foro dell entrala nella cassa. Le gocciole della propoli state nell* acqua naturale son rimedio possente.
D e l l 1 o u i o , 16.

O lm o,

x v i.

XXXUI. Ulmi et folia, et cortex, et rami, vim habent spissandi, et vulnera contrahendi. Corticis utiqae interior tilia lepras sedat, et folia ex aceto illita. Corticis denarii pondus potum in hemina aqaae frigidae, alvum porgat, pilurtasqae, et aquas privalim trahit. Imponitor et collectionibus

XXXIII. Le foglie, la corteccia e i rami del* P olmo hanno virt di rassodare e di risaldar le ferite. La membrana interiore tra il legno e b oorteccia mitiga la lebbra : ci fanno altres le fo glie state nelP aceto. Un denaio a peso di questa corteccia bevalo in un'emina d'acqua fredda

niSTORIARUM MUNDI LIB. XXIV. lacryma, et vulaeribus, et ambustis, quae deoocto fovere prodeat. Uomor io folliculis arboris bujus nuceos, coti nitorem inducit, faciemque gratiorem praestat. Cauliculi foliorum primi, vino decoeli, lumores sanant, exlrabuntqne per fistula*. Idem praestan t el tiliae corticis. Mulli corticem commanducatum vulneribus utilissimum putant: folia trita aqua adspersa pedum tumori. Humor qooqae e medulla, uti diximus, castratae arboris effluens, capillum reddit capiti illitus, defluentes que continet.

870

purga il corpo, e tira fuora la flemma, e specialmente P aequa. Imponsi la saa lagrima dov fatta raccolta, e alle ferite ; non che a quelle in collare, cui giova fomentare con la sua cocitura. L*umore che nasce nelle foglie di questo albero fa rilucere la pelle, e reode pi grazioso il viso. I primi piccioli gambi delle foglie, cotti col vino, guariscono gli enfiati, e tirano fuora per fistole. II medesimo effetto (anno le membrane fra legno e scorza. Molli tengono che la corteccia masticata sia utilissima alle ferite. Le foglie trite e asperse d 'acqua sono utili a' piedi enfiati. L ornore an cora eh' esce deHa midolla delP albero intaccato, come abbiamo detto, fa ritornare i capegli al capo impiastratone, e ferma quegli che stanno per ca dere.
D el
t ig l io

T i l i a , ? . O l e a s t e o , 1.

, 5 . D e l l o l iv o s a l v a t ic o , i .

XXXIV. A rbor tilia leniter tusa ad eadem fere n t i l u est, atque oleaster. Folia autem taotum io usa, et ad infantium ulcera M ore commandu cata: decocla u r i n a m cient: menses sistunt illita: sauguiem pota detrahunt.

XXXIV. I / albero tiglio leggermente pesto utile presso che alle medesime cose che P ulivo salvalico. Per non si adoperano che le foglie, le quali dannosi masticare a' fanciulli per le rotture in bocca : cotte muovono I' orioa, e impiastrate fermano i menstrui, e bevute tirano il sangue.
D e l s a m b u c o , i 5.

Sambuco, xv.

XXXV. Sambucos habet altarum genus magis sil Te tre, quod Graeci chamaeacten, alii belioo vocant, multo brevius* Utriiuque decoctam in vioo veteri foliorum, T e i semiuis, vel radicis, ad cyathos binos potum, stomacho inutile est, alvo detrahens aquam. Refrigerat etiam inflammationem, maxime receotis ambusti: et canta morsum cum polenta mollissimis foliorum illitis. Succus cerebri collectiones, privatimque membranae, quae circa cerebrum est, lenit infusus. Adni ejus infirmiores, quam reliqua, tiogunt capillum. Poti aceljbuli mensura, urinam movent. Foliorum mollissima ex oleo et 6ale eduntur, ad piluitam bilemque detrahendam. Ad omnia efficacior, quae minor. Badicis ejus in vino decoctae duo cyathi poti, hydropicas exinaniunt : valvas emolliunt, baset foliorum decocta insidentium. Caules teneri mitioris sambuci, in patinis cocti, alvum solvuut. Resistunt lolia et serpentium ictibusin vino pota. Podagricis cum sevo hircino vehementer prosunt cauliculi illiti, lidemque in aqua macerantur, ut ea sparsa pulices necentur. Foliorum decocto si locus spargatur, muscae necantur. Boa appellatur morbos papularum, quum rubent corpora : samW i ramo verberatur. Cortex interior tritus, ex *0 albo potos, alvum solvit.

XXXV. Il sambuco ha oltre la sua ana specie pi selvatica, la quale i Greci chiamano camealte, e altri elio, di pianta molto minore. La cocitura delle foglie, o del seme, o della radice dell uno P altro in vin vecchio, bevotone infino a dne bic chieri, inutile allo stomaco, ma cava P acqoa del corpo. Refrigera eziandio la Infiammagione, e massimamente della fresca cottora ; non che il morso del cane, togliendo le pi morbide foglie bagnate con la polenta.il sago, infondendolo, leva le raccolte del cervellone massimamente del panno eh intorno al cervello. Gli acini suoi, che hanno virt minore che tolto il resto, tingono i capelli, e bevoli a misura dun acetabolo provocano loriua. Le sue foglie pi tenere si mangiano con Polio e col sale a purgare la flemma e la collera. A ogni cosa pi potente il sambuco minore. Le radici d* esso colle in vioo, beeodone doe bicchieri vo lano i rilruopichi e mollificano la matrioe : il me desimo effetto fa la cocitura delle foglie, che stan no attaccate. I gambi teneri del sambuco dome stico cotti in tegame muovono il corpo. Le foglie bevute col vino sono olili contra il morso delle serpi. I gambi teneri con sevo di becco fanno ottimo empiastro alle gotte. I medesimi si tengo n o in macero nell* acqua, la quale poi spargen dosi per la casa ammazza le pulci. La cocitura delle foglie versata per casa fa morire le mosche.

S ja

C. PU N II SECONDI

37j

cci un oerto male, che n chiama boa, quando alcune bolle velenose vengono pel dosso : questo male si balle co' rami del sambuco. La scorta di dentro peata e bevuta col vin bianco muove il oorpo. Jn n ru o , m . D et G iam o, 11.

XXXVI. Juniperus vel ante celera omnia XXXVI. Il ginepro sopra ogni altra cosa ri* excalfacit, extenuat, cedro alias similis. Et ejus scalda e assottiglia, ed simile in ci motto al duo genera : altera major, altera minor. Ulraque cedro. Egli di due ragioni, cio il maggioree accensa serpentes fugat. Semen stomachi, pecto il minore. L uno e F altro acceso caccia le serpi. iis, lateris doloribus utile, loflaliones algoresque Il suo seme utile al dolore dello slomaoo, del discutit : tusses concoquit et duritias. Illitum pelto e del fianco. Leva l enfiagioni e il fred tumores sistit: item atvum4 baccis ex vino nigro do: matura la tosse e la durezza. Impiastrandolo poli*: item ventris tumores illitis. Miscetur et ferma gli enfiati : ferma anche il corpo, beendo antidotis oxyporis. Urinas ciet, llliuitur et oculis nel vino le sue bacche ; e impiastrandolo leva le in epiphoris. Datur convulsis, ruptis, tormini gonfiezze del ventre. Mettesi negli antidoti di bus, vulvis, ischiadicis cum vino albo potum brusca e acetosa natura. Provoca Porina. Ungonpilulis quaternis, aut decocti* riginti in vino. sene ancora gli occhi quando lagrimano. Dassi per Sunt qui et perungaol corpus e semina ejus io la carne spicoata, per la franta, a* tormini, alla serpentium metu. matrice, alla sciatica bevuto In quattro pillole col vin bianco, o cocenrione venti net vino. Alcuni che hanno paura delle serpi, si nngono il oorpo col suo seme.
S a lic i,
x iv .

A juxi**,

Dbc. s a l c io , 14. D u

s a l c io a m b a m o

i.

XXXVII. 9. Il frutto del salcio, innanzi che XXXVll. 9. Salicis fructus ante maturitatem in araneam abit : sed si prius colligatur, sangui- ai maturi, si eonverte in aragno ; ma te si coglie prima, giova a quegli che rigettao angue. La uem rejicientibus prodest. Corticis e ramis pri mis oinis, clavum et callum aqua mixta sanat. cenere della corteccia de* primi rami guarisce il Vitia culis in facie emendat, magis admixto sacco chiodo e 1 catto, mescolandovi l acqua. Guarisce 1 sao. Esi autem hio trium generum. Unum arbor i difetti delta pelle del viso, e mollo maggior* ipaa exsudat gummium raodo. Alterum manat in mente mescolandovi il suo sugo. Questo di tre plaga, quum floret, exciso cortice trium digito ragioni. Uno ne gocciola 1 albero da s stesso a * rum magnitudine. Hio ad expurganda, qoae modo di gomma ; Paltro gocciola nell* intaccato* obstent oculis; item ad fpissanda quae opus sunt, ra, quando fiorisce, intaccandosi la corteacia per cieadamque urinam, et ad omnes collectiones grandezza di tre dita. Qoesto utile a pnrgsre intus extraheudas. Tertius suoeus est detrunca quelle cose che oppongono agli occhi, a con tione ramorum a falce distillans. Ex bis ergo densare le cose che bisogna, a muovere l orina, aJiquis cum rosaceo in calyce punici calfaclus e a tirar fuora tutte le raccolte che son dentro. auribus infandilur : vel folia cocta, et cum cera Il terzo distilla dalla ronca nella tagliatura dei trita imponuntur: ilem podagricis. Cortice et rami. Alcuno dunque di qnesti con olio rosato, foliis in vino decoctis foveri nervos utilissimum. riscaldato in una scorza di melagrana, s* infonde Flos tritus cum foliis furfures purgat in facie. negli orecchi, e le foglie cotte vi si pongono con Folia contrita et pota intemperanliam libidinis cera trita. Cosi adoperane! ancora atle golte. Uti coercent, atque in lotum auferunt usum saepius lissimo fomentare i nervi con la corteccia, e sumpta. Amerinae nigrae semen cum spuma ar- con le foglie cotte nel vino. Il fiore pesto con le genli pari pondere, a balneo illitum, psilothrum foglie purga le forfore nel viso. Le foglie pesta e bevute spengono Tardore delta lussuria, e spesse est. volte prese la levano affatto. Il seme del salcio nero annerino, eoa isehiuma d'argento a peso eguale, impiastrato qaaado s'esce del bagno, ser ve per unguento da far cadere i peti.

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXIV.


Vi t i o , x x x iii.

Dkli.a vince, 33.

XXXVlll. Non maliam a salice vitilium aio XXXVIII. Poco differente da'sald Ia vitice distet vitex, foliorum quoque spectu, ni odore per servigio di legare, e ancora per laspelto delle gratior emet. Graeci lygon vocant, alii agaoa, foglie; se non che l'odore pi grazioso. I Greci quoniam matronae Thesmophoriis Atheniensium la chiamano ligon, altri agnon, perciocch lo castitatem custodientes,. his in foliis cabitus sibi matrone Ateniesi, ne' sacrificii Tesmoforii, osser sternant. Dao genera ejas : major in arborem vando castit, si fanno il letto da dormire di que salicis modo adfturgit: minor ramosa, foliis can- ste foglie. Essa di due ragioni: la maggiore didioribas lanuginosis. Prima album florem mit cresce in albero a modo di salcio ; la minore i l i cum purpureo, quae et candida vocatur : ni ramosa con foglie pi bianche e lanuginose. La gra, qoae tantam purpuream. Nascantur in palu prima fa il fior bianco con un poco di rosso, e stribus campis. chiamasi bianca. La nera quella che solamente 10 fa rosso. Nascono in luoghi paludosi. Semen potum vini quemdam saporem habet, 11 seme bevuto ba un certo sapor di vino, e e t dicitur febres solvere: et quum unguatur oleo dicesi ohe caocia la febbre. Se si mescolano con admixto, sudorem facere: sio et lassitudines dis olio, e con esse aagesi l infermo, Io fanno sodare; solvere. Urinam cient, et meoses. Caput teutaut e similmente levane la stracchezza. Provooano viai modo : nam et odor similis est. Inflationes lorma e il menstruo. Fauno dolere il <capo, coma pellunt in ioferiora. Alvum sistant : hydropicis* 1 vino, perciocch hanno simile odore. Mandano 1 et lieoibas perquam atiles. Laciis ubertatem fo gli enfiati nelle parti basse. Ristagnano il corpo: dant. Adversantur venenis serpentium, malime sono molto alili a1rilruopichi e alla milza. Fanno quae frigus inferunt. Minor effieadr.ad serpen dovizia di latte, e sono eontra il veleno delle tes : bibitor seminis drachma in vino vel posca serpi, e massimamente di quelle che inducono aut doabus foliorum tenerrimorum. freddo. La minore ha pi virt contra le serpi i beesi aoa dramma di seme col vino o eoa la po sca, ovvero due dramme di foglie delle pi tenere. F.t illinuntur atraque adversos araneorum DeIKunao l'altra si fa empiastro al morso m orsos vel perunctis tantam : suffita quoque aut de* ragni, e basta ancora ugnere. Con profamo, substratu fugant venenata. Ad Venerem impetas o col teoerle per terra cacciano le serpi. Raffre inhibent : eoqae maxime phalangiis adversantor, nano gl'impeti della lussuria, e per questo ope rano maggiormente contra le tarantole, il cui quorum morsas genitale excitat. Capitis dolorem ex ebrietate sedant cura rosaceo flos teoerique morso desta il membro genitale. I fiori e i gambi eanliculi. Seminis decoctum vehemenliorem capi teneri levano la doglia del capo, che procede da tis dolorem dissolvit fotu : et valvam etiam suffi ubbriachezza. La cocitura del seme ottima fo tu vel ad posi tu purgat: alvum cum pulegio et mentazione, quando il dolore del capo mag meile potum. Vomicas panosque difficile conco giore : giova eziandio alla matrice ponendovela quentes, eam farina hordeacea mollit. Liohenas su, o facendone profamo ; e bevala con paleggio et Jenfrgines cum aphronitro el aceto semen e mele porga il corpo. Con farina d* orzo molli ssast : et oris ulcera, et emptiones cum meile : fica le posteme e le pannocchie cbe difficilmente testini, cum butyro et foliis vitium t rhagadas maturano. Il seme sao con afronitro e aceto gua sedis, eum a q a a illitum : lufxats, cum sale et ni risce le volatiche e le lentiggini, e col mele medica gli ulceri e le nascenze della bocca. Con le foglie tro st cera. e col burro medica il male de* testicoli ; e impiastrsndovelo con l acqua guarisce le crepature, le quali vengono n*l* anello del fondamento eoa mollo cociore. Con sale, nitro e cera giova alle membra conquassate. Il seme e le foglie mettonsi negl* impiastri Et semen, t folium additur in malagmata servorum, e t podagras. Semen instillatur in oleo mollificativi de nervi, e alle gotte. Il seme cotto decoctura c a p i t i < lethargia,et phrenesi. Virgam nell' olio si distilla nel capo alla letargia e al far * y in m au habeant, aut in ductu, negantur netico. Chi tiene una verga di qaesto in mano, o a cintola, non sente scorticature della pelle per intertriginem eotirfe camminare o per fregarsi 1' an membro con I* altro.

C. PLINII SECONDI
Eaice, i.
D el l '
ebice , i .

XXXIX. Ericen Graeci vocant fruticem non molium myrice differentem, colore rorismarini, et paene iolio. Hoc adversari serpentibus tradant.

XXXIX. Chiamano i Greci erice ano sterpo non molto differente dal tamarigio, di colore di ramerino, e quasi di quella foglia. Questo diooito eh* contrario alle serpi.
D e l l a g i u s t b a , 5.

G u i n i , y. XL. Genista quoque vinculi usum praestat. Flores apibus gratissimi. Dubito an haec sit, quam Graeci auctores sparton appellavere, quum ex ea lina piscatoria apud eos factitari docuerim : et numquid hanc designaverit Homerus, quum dixit navium sparta dissoluta. Nondum enim fuisse Africanum vel Hispanum spartum in usu, certum est ; et qaum sutiles fierent naves, lino tamen, non sparto, umquam sutas. Semen ejus, quod Graeci eodem nomine appellant, in folliculis, pha seolorum modo, nascens, purgat ellebori vice, drachma et dimidia pota in aquae mulsae cyathis quatuor jejunis. Rami similiter cum fronde in aceto macerali pluribus diebus, et lusi, succum dant ischiadicis utilem, cyathi unius potu. Qui dem marina aqua macerare malunt et infundere clystere.

Perunguntor eodem succo ischiadici addito oleo. Quidam ad stranguriam utunlur semine. Genista tusa cum axungia, genua dolentia sanat.

XL. La ginestra ancora utile a legare. I suoi fiori sono gratissimi alle pecchie. Dubito che qua* sto sia quello che gli scrittori Gred chiamano sparlo, avendo io mostro, come essi di que*U usano far lini per reti da pescare, e non so ic Omero intese d 'essa, quando e* disse che si di sciolsero gli sparti delle navi ; perch non dub bio alcuno, che non era ancora in uso lo sparlo Africano n lo Spagnuolo, e ancorch i navigli si connettessero con lino, non per erano connessi con isparto. Il suo seme, che i Greci chiamano col medesimo nome, nasce in follicoli o gusci al modo de' fagiuoli. Purga come l elleboro, pigliandone a digiuno una dramma e-mezza in quattro bic chieri di acqua mdata. Similmente i rami con le froode macerati per pi di nell1aceto e poi petti dan sugo utilissimo alle sciatiche, che si bee alla misura d un bicchiere. Alcuni voglion piuttosto macerarli in acqua marina, e Carne poi eristeo. Col medesimo sugo s1ungono gli sdatici, me scolandolo con olio. Alcuni usano il seme alla atrangoria. La ginestra pesta con la sugna guari sce il dolore delle ginocchia.
D e lla
m ie ic b ,

M t XICE, SIVE TAVAB1CE, III.

o ta m a b ic e , 3 .

XLI. Myriceo, quam ericen vocat Lenaeus, similem scopis Amerinis dicit. Sanari ea carcino mata in vino decocta tritaque cum meile illita. Arbitrantur quidam hsnc esse tamaricen : sed ad lienem praecipua est, si succus ejus expressus in vino bibatur. Adeoque mirabilem ejus antipa thiam contra solum hoc viscerum faciunt, ut adfirment, si ex ea alveis factis bibant sues, sine liene inveniri. Et ideo homini quoque splenico cibaro potumque dant in vasis ex ea factis. Gravis auctor in medicina, virgam ex ea defractam, ut neque terram, neque ferrum attingeret, sedare ventris dolores adseveravit impositam, ila ut tu nica cinctnque corpori adprimerelur. Vulgus infe licem arborem eam appellat, ut diximus, quoniam nihil ferat, nec seratur umquam.

XLI. La mirice, la quale Leneo chiama elice, simile alle scope d 'Amelia. Di qnesta cotta io vino e trita col mele si fa empiastro, che guarisce le cancrene. Alcuni credono eh ella sia la tanerigia : ad ogni modo ottima alla milza, premen done il sugo e beemlolo col vino. E fanno ai mi rabile la sua virt conjra questo membro, che affermano, che se d 'essa si fanno vasi, e i porci vi beono dentro, si truovano essere senza milza. Epper danno ancora bere e mangiare ne'vasi fatti d1essa all* uomo, che ha il male della milza. On aotor famoso in medicina afferma, che una verga spezzata dalla mirice che non abbia tocco n ter ra, n ferro, mitiga i dolori d d corpo, ponendovisi sopra in modo che con la dntola, o con la camida, gli si tenga premuta. 11 vulgo la ehiamt albero infelice, come abbiamo detto, perch'ella presso di noi non fa fruito n teme.

HISTORIARUM MUNDI LB. XXIV. B bta, ix it.


D k lla B au, 39 .

3;8

XLU. Corinthus, et qaae circa est regio, bryam vocat, ejusque duo genera facit : silvestrem plane sterilem : alteram mitiorem. Haec fert in Aegypto Syriaque etiam abundanter lignosum fructnm, majorem galla, asperum gustu, quo medid utantur vice gallae, in compositionibus, quas anlheras vocant. Et lignum aatem, et flos, et folia, et cortex in eosdem usus adhibentur, quajm* quam remissiora. Datur sanguinem rejicientibus cortex tritus, et contra profluvia feminarum, coeliacis quoque. Idem tusus iinpositusque colle ctiones omnes inhibet. Foliis exprimitur succus ad haec eadem. Et in vino decoquuntur : ipsa vero adjecto raelle gangraenis illinuntur. Deco ctam earum in vino potum, vel imposita con rosaceo et cera sedani. Sic et epinyctidas sanant. Ad dentium dolorem auriumque, decoctam eo rum salutare est : radix ad eadem similiter. Folia Aoe amplius, ad ea quae serpunt imponuntur 'cum polenta. Semen drachmae pondere adversus phaJangia et araneos bibitur. Cum altilium vero pingui furunculis imponitur, EfAcax et contra serpentium ictos, praeterquam aspidum. Nec non morbo regio, phthiriasi, lendibusque, decoctura infusum prodest, abundantiamqoe mulierum .si stit. Cinis arboris ad omnia eadem prodest. Ajunt, si bovis castrati urinae immisceatur, in potu, vel in cibo, Venerem finiri. Carboque ex eo genere urina ea restinctus in umbra cooditur : idem, quum libeat accendere, resolvitur. Magi id et ex spadonis urina fieri tradiderunt.

XLII. In Corinto e nel paese all intorno la mirice si chiama bria, ed di due ragioni. La selvatica sterile affatto, laltra pi mite. Questa produce in Egitto e in Soria abbondevolmente frullo legnoso, maggiore che la galla, aspro al gosto, il quale i medici usano in luogo di galla nelle composizioni eh essi chiamano antere. U legno, il fiore, le foglie e la corteccia s' usano an cora essi, bench non abbiano la medesima virt. Dassi la corleccia trita a chi rigetta sangue, conira il flusso delle donne, e a deboli di stomaco. 11 medesimo pesto e postovi sopra mitiga le raccolte degli umori. Premesi il sugo dalle foglie a questi medesimi bisogni ; ed esse cuoconsi nel vino, e s impiastrano col mele alle cancrene. La cocitura loro bevuta in vino, o postavi con olio rosalo e con cera, le mitiga. Cos guariscono ancora alcune macchie rosse rilevate, che vengono pi la notte che il giorno con pizzore. La cocitura loro giova al dolore degli orecchi e de denti : giova alle me desime cose pur la radice. Le foglie ancora sado perano con la polenta alle nascenze che ini piglia no. Beesi-una dramma di questo seme contrai falaogi e i ragni, e roettesi a Agnoli con adipe d uccelli ingrassati. Ha virt ancoro conira il morso delle serpi, fuor che gli aspidi. I<a saa co citura infondendola giova a chi ha sparto il fiele, al male de' pidocchi e a lendini,' e ristagna il flusso delle donne. La cenere dell' albero giova tutte le medesime cose. Dicono che s ella si me scola eon l ' orina del bue castrato, o nel bere, 0 nel mangiare, spegne affatto la lussuria. Il carbone spento con la medesima orinasi ripone all'ombra, e quando si vuole accendere, si scioglie. 1 Magi dissero che ci si faceva con l orina d* uomo castralo.
D ella
y b b g a d e l s a n g u in e ,

V lB G A SARGOIREA, I.

1.

X LIII. io. Nec virga sanguinea felicior habe tur. Cortex ejus interior cicatrices, quae praesa navere, aperit.
SlLBBE, III.

XLI11. 10. La verga del sanguine non slimala punto pi felice. La sua corleccia di dentro apre le piaghe, cbe sono risaldate innanzi tempo.
Dbl s i l b b o , 3 .

XLIV. Sileris fotia illita fronti capitis dolores sedant. Ejusdem semen tritam, in oleo phthiria ses coercet. Serpentes el hunc fruticem refugiunl: hacuiomque rustici ob id ex eo gerunt.

XLIV. Le foglie del siter poste sulla fronte mitigano la doglia del capo. 11 seme del medesi mo pesto con olio reprime il male de' pidocchi. Le serpi fuggono questo sterpo, e perci i conta dini ne portano in mano baccheile.

C PLINII SECUNDI
LlGUSTSO, TU I.

38o D el
l ig o s t s o , 8

XLV. Ligustrum i eadem arbor est* qoae io Oriente cypros, suos io Enropa usas habet. Suo cos ejns nervis, articoli, algoribus ; folia ubique veteri ulceri cam salis mica, et oris exulcerationi prosunt. Acini contra phfhiriasin: item contra intertrigines, follare. Saoant el gallinaceorum pituitas acioi.

XLV. II ligustro il medesimo albero, che in Oriente il cipro. Egli ba i ssoi osi io Eoropa. 1 1 ago di esso giova * nervi, alle giuntare e al freddo: le foglie eoo no granello di sale, alle n a s c e n t e vecchie e alla esulcerazione della bocca. Gli a d n i suoi valgono contra il male de'pidocchi, e le scorticature della pelle nate per camminare, o per fregarti l oo membro con I1altro : a ci valgono pur le foglie. Gli acioi guariscono le pipite delle galline.
D ell'
ostavo , i

A lso , i .

XLVI. Folia alui ex ferventi aqua certissimo jremedio sani tumori.


E
d e r is , x x x v u i.

XLV1. Le foglie dell'ontano uscite dell'acqa* bollila sono certissimo rimedio all1enfialo.
D e ll' b llib a ,

38.

XLV1I. Ederae genera viginli demonstravi* mus. Natura omnium ia medicina anceps. Mentem turbat, et caput porgat largius pota. Nervis intus nocet. Iisdem nervis adbibita foris prodest, (su dem natura, quae aceto, ei est. Omnia genera ejus refrigerant. Urioatn cient potu : capitis dolorem sedant, praecipue cerebro, conlinentiqae cere* brom membranae, utiliter mollibus impositis foliis : cum aneto et rosaceo trilis et decoctis, addito postea rosaceo oleo. Illinuntur - auleta fronti: *t decocto eoram fovetur os, capotque perungitor. Lieni et pota et illita prosont. Deco quuntor et contra horrores febrioro, eraptionesque pituitae, satin vino teruntor. Corymbi quo que poti vel illiti lienem sanant : joctnera aotem Diti. Trahunt et menses adpositi.

Saccusederae taedia narium graveolentiamqne emendat, praecipue albae sativae. Idem infusus toarihus caput purgat, efficacias addito nitro. Infunditur etiam purulentis auribus, aut dolenti bus cum oleo. Cicatricibus qaoqae decorem facit. Ad lienes efficacior albae est, ferro calefactus: aatisque est acinos sex in vini cyathis duobus sumi. Acini qaoqae ex eadem alba terni, in aceto mulso poti, tineas pellant, in qua curatione ven i r i quoque imposuisse eos utile est. Ederae, quam ehrysocarpon appellavimus, baccis aurei eoioris ?iginti in vini sextario trilis, ita ut terni cyathi potentur, aquam quae entem subierit, urina educit Erasistratus. Ejusdem acinos quinque tri tos in rosaceo oleo, calfaclosque in cortice punici, instillavit dcnlium dolori a contraria aure. Aciui,

XLV1I. Di sopra abbiamo detto, come ci sono venti sorti d'ellera. La oalara di tatte i dubbiosa nella medicina. Turba la mente, e bevuta in ab bondanza porga il capo. Nuoce anervi di dentro, e giova loro usandola di foori. Esaa ha la medesi ma natura che l'aceto. Qualsivoglia sorte d'ellera rio frescati va. Muovono l 'orina a berle, levano il dool del capo, e massimamente giovano al cervello e al pannicolo che lo contiene, le tenere lor foglie applicate, peste prima con acelo e olio rosato e messe a cuocere, aggiungendovi poscia olio rosato un'altra volta. Impiastraci per alla fronte, e con la cocitura loro si fomenta la bocca e ugoesi il capo. Giovano e bevute, e impiastrate, alla milsa. Cuoconsi ancora contra il freddo delle febbri, e agli uomori flemmatici chescono fuori, o si pesta no nel vino. Le coccole tue bevale, o impiastrale guariscono la milza, e impiastrate sanano il fegato. Applicate alla parte tirano fuora i menstrui. Il sugo dell1ellera guarisce il fastidio e il cat tivo odore del naso, e massimameote quello della bianca domestica. Il medesimo infuso per lo naso purga il capo, e molto meglio aggiungendovi 3 nitro. Infondesi ancora negli orecchi che gettaoo puzza ; e in qne' che dolgono, con l ' olio. Fa belle le margini. Alla milza ha maggior virt il sago della bianca riscaldato col ferro, e basta pigliarne sei acini in due bicchieri di vino. Tre acini ancora della medesima bianca bevuti nell' aceto melato cacciano i vermini, e a questo efftto giova an cora porgli sai corpo. Venti acini dell'ellera, che noi chiamammo crisocarpo, i quali s o d o di colore d 'oro, pesti in un sestario di vino cavano P ac qua del ritruopico per orina, beeodone tre bic chieri per volta, secondo che insegna Erasis tra to.

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXIV.

38 *

qai croci iucca m habent, praesumpti pota crapala tutos praes tau t : item sanguinem exscreanlei rat torminibus laborantes. Ederae nigrae candidiores corymbi poli, steriles etiam viros limai. Illinitur decocla qnaecnmque in vino omnium ulcerum generi, etiamsi cacoethe sint. Lacryiaa ederae psilothrum est, phthiriaiinque tollit. FJoscujnscumque generi* triam digitorum espia, dytenterieos el alvum etiam emendat in vino salter bis die potus. Et ambustis illinitur otililer eam cera. Denigrant capillum corymbi. Ridici* soccos in aceto potus, contra phalangia prodest. H u j u s quoque ligni vaie splenicosbibentei canari invenio. E t acinos teruut, moxque comburant, e t ita iiiinonl ambusta, prius perfusa aqua calids.

Sunt qai el incidant sneci gratia, eqne utantar ad dentes erosos : frangique tradunt, proximis cera munitis, ne laedanlur. Gummim etiam in feraqaaerunt, quam ex aeeto utilissimam denti* h>* promittunt.

Egli tolse inoltre cinque di qneiti acini, e pesta tigli con olio rosalo, e scaldatili in bnccia di melagrana, gli us al dolore de* denti, infondendogli nell* orecchio opposito al dente. Gli acini, i quali hanno sugo di zafferano, bevati innanzi il eibo, fanno che la crapula non pu nuocere. Guariscono ancora chi spula sangue, e chi ha i tormini. 1 grappoli pi bianchi dell* ellera nera bevuti fanno ancora gli nomini sterili. Que*ta cotta col vino s 'adopera a tutte le nascenze, an* cora eh* Ile fossero cacoete. La lagrima dell* el lera medicina depilatoria, e leva il male de* pi docchi. Togliendo de* fiori di qualunque ellera quanto se ne pu pigliare con tre dila, e beendone due volle il giorno in vin brusco si guari scono i pondi e il flusso del corpo. ulile con cera farne empiastro alle cotture. I grappoli fan no i capegli neri. Il sugo della radice bevuto con aceto contra i falangi. Trnovo ancora, che chi ha male di milza, beendo in vaso fatto d* ellera, guarisce. Pestano ancora gli acini, poi gli ardono; dipoi gli pongon sulle eotture, ma prima bagnano con acqua calda. Alcuni glintaccano perch n*e*ca sago, il quale usano a* denti rosi, e dicono che a qaesto modo vengono a rompersi e cadere ; ma bisogna riparare eoo la cera a* denti vicini, acciocch an oora essi non si rompano. Nell ellera ancora *i raccoglie una gomma, la quale dicono essere ai denti di somma utilil.
D e l c i s t o , 5.

Cirrtfo, r. XLV1U. Graeci vicino vocabulo eisthon ap pellant fruticem majorera thymo, foliis ocimi. Boo ejus genera. Flo mastulo rosaceus, femiuae alba*. Ambo prosontdyaenlericis el solutionibus ventris, io vino ansterd, ternis digitis flore capto, t similiter bis die polo : ulceribus veteribus et ambustis cum cera : et per se oris ulceribus. Sub hi* maxime nascitor hypocislhis quam ialer berbas dicemus.

XLVUI. I Greci con vocabolo vicino al nostro chiamano cisto un cespuglio maggiore che il ti mo, il quale ha foglie di basilico. Egli di do ragioni. 11 maschio ha il fiore di eolor di rosa, la femmina bianco. Amendue questi fiori, piglian done due volte il giorno quanto se ne pu torre eon tre dita in vin brusco, guariscono il male dei pondi e il fiosso del corpo. Medicano con cera le piaghe vecchie e le iucotture, e di per s le ere pature della bocca. Sotto questi principalmente nasce 1 ipocisti, di coi ragionammo fra 1 erbe. * *
D e l o s c o e a i t e a s o , a . D bl c a m s a s s o , s . D e l l o s m i l a c b , 3. D e l c l e m a t i d e , 1 8 .

Cuso n n i i A i i o , i i . Chamabcisso, i i t . C lematide, xvui.

ii.

Smilace,

XL1X. Cissos erythranns ab iisdem appellatur inflis ederae, coxendicibus ulilis e vino potus : item lumbis. Tantam vim acini ajunt, ut sanguiMa urina detrahat. Ilem chamaecisson appellant Heram, non attollentem se a terra. El haec con tea io vino acetabuli mensura lieni medetur. Folia a m b u s t i s cam axungia. Smilax quoque, qui nicophoros cuguomiiuilur, similitudinem ede*

XLIX. I Greci chiamano ciiso entrano uner ba simile all* ellera, ulile a* dolori delle ooscie, e a* lombi, beendola col vino. Gli aciui ne hanno tanta forza, che traggono il sangue per l ' orina. Chiamano ancora camecisso 1 ellera, che non si * alza da terra. Anche qnests, pestata nel vino alla misura d* un acetabolo, medica la milza. Le foglie con sugna guariscono le iucotture. Lo smilace an-

383

C. PLINII SECUNDI

58$

rae habet, tenuioribus fpliis. Coronam ex eo laciam impari foliorum numero, ajunt capitis doloribus mederi. Quidam duo genera smilacis dixere. Alterum immortalitati proximum, in con vallibus opacis, seaodentem arbores, oomaolibus acinorum corymbis, contra venenata omoia effieacissimis, in lantom ut acinorum succo infantibus saepe instillato, nulla poslea venena nocitura sitii. Alterum genus culta amare, et in his gigni, nullius effectus. Illam esse smilacem priorem Cujus lignum ad aures sonare diximus. Similem huic aliqui clematida appellaverunt, repentem per arbores, geniculatam et ipsam, Folia ejus lepras purgaut. Semeu alvum solvit acetabuli mensura, in aquae hemina aut aqua mulsa. Dalur ex eadem causa ct decoctum ejus.

cora, che pur si ohiama nicoforo, somiglia Pellera, se non che ha le foglie pi sottili. Dicono che Gioendone ghirlanda col numero delle foglie io caffo, si guarisce il dolore.del capo. Alcuni dicono che loi smilace di due ragioni : uno che vide 1 secoli in valli ombrose e avanza 1' altetu degli alberi : tutto chiomato di coccole, potentissi me eoo tra ogni cosa velenata ; talch stillando spesso il sugo degli acini ne' fanciulli, nessun ve leno pu nuocere loro. Un' altra specie ama i luoghi coltivati, e quivi nasce, ma di nessano effetto. Il primo di essi quello smiTace, H coi legno dicemmo ohe risuona agli orecchi. Alcani chiamarono clematide un' erba simile a quesls, che s 'appicca su per gli alberi, avendo ancora essa nodelli. Le foglie sue purgano la lebbra. Il seme preso a misura d 'un acetabolo risolve il corpo, in uu emina d'acqua, o in acqua melata. La cocitura sua si d ancora per la medesima ca gione.
D e l l a canna', 19.

A& u r d ik e , XIX.

L. 11. Arundinis genera xxix demonstravimus, non aliter evidentiore illa naturae vi, quam con tinuis hi voluruiuibus tractamus. Siquidem aruo^ dinis radix contrita et imposita, filicis stirpem corpore extrahit : item arundinem filicis radix. Et quoniam plura genera fecimus, illa qoae in Judaea Syriaque nascitur odoram unguentorumque causa, urinam movet cum gramine aut apii semine decocta. Ciet menstrua admola. Medetur convulsis duobus obolis pota, jocineri, renibus, hydropi, tussi eliam suffitu, magisque cum resina. Furfuribus ulcerumque manantibus cum myrrha decocta. Excipitur et suocus ejus, fitque elaterio similis. Efficacissima autem in omni arundine quae proxima radici. Efficacia et genicula. Arun do Cypria, quae donax vocatur, corticis cinere alopecias emendat : item putrescentria ulcera. Foliis ejus ad extrahendos aculeos utuntur: effi cacibus et cotilra ignes sacros, colleclionesque omnes. Vulgaris arundo extractoriam vim habet, et recens tusa, non in radice tantum. Multum enim et ipsam arundinem valere tradunt. Mede tur et luxatis, et spinae doloribus radix in aceto illita. Eadem recens trita in viuo pota, Venerem concitat. Arundinem lanugo illita auribus, obtun dit audituro.

L. 11. Noi abbiamo detto altrove esserci reatinove sorti d i canna, nelle quali appare pi eviden te che in qualunque altra pianta quella forza di natura, che noi trattiamo continuamente in qoeiti libri. La radice della canna trita, e postavi sopra, estrae del corpo i fuscelli della felice che si sodo infitti, e similmente la radice della felice quelli della canna. E perch noi la facemmo di pi ra gioni, quella che nasce in Giodea e io Soria per odori ed unguenti, muove l ' orina, cotta con gra migna o oon seme d 'appio. Mubve 1 menstrui, ponendosi sopra. Beendone due o b o l i medica gli sconvolti, il fegato, le reni, il ritruopioo, e I* tosse ancora col profumo, e molto pi con la ra gia : medica le forfore e le rotture che gettano, cotta con mirra. Raccogliesi ancora il sugo suo, e fassi simile allo elaterio. D 'ogni s o r t e di canna maggior virt ha quella parte, che s'appressa pio alla radice. Hanno virt ancorai nodi snoi. La can na di Cipri, che si chiama donace, con la cenere del la sua corteccia guarisce la pelatina e le piaghe pu tride. Le foglie sue s* adoperano a cavar fuora gli aghi ; ed hanno egoal forta contra il foc0 M " ero, e tutte le raccolte d* umori. La canna volgare e la fresca pestata han virt di tirar fuora: ne questa virt e solamente nella radice, poich di cesi che la canna medesima ha di molto valore. La radice impiastrata eoo l ' aceto medica le mem bra escite de' loro luoghi, e i dolori della spina. La medesima pestata fresca e bevuta oel v in o de sta la lussuria. La laoogine delle canne, messa ne gli orecchi, ingrossa l ' udire.

3 t5

HISTORIARUM MONDI LIB. XXIV.

366
casta,

Pirno, a u K

f ^ in .

Dbl papibo,

3.

LI. Cognata in Aegj pio rei est arancini papy ra, pratcipaae utilitatis, quum inaruit, ad laxan> das McaaduqM fistulae, et intumescendo ad introitila! medicamentorum aperiendas. Charta qoae fit ex ea, cremata, inter caustica est. Cinis ejus ex tino potus somnum facit : ipsa ex aqua iaipotita Calium sanat. E bcmo, . LU. Ne io Aegyptu quidem nascitur ebeuus, ot docuimus: nec tractamus in mediciua alienos orbes: non om ittetur tamen propter miraculum. Seobea ejus oculis unice mederi dicunt: lignoque d colem trito cum paaso, caliginem discutit. Ex aqas vero radice, albugines oculorum. Item tus sis, pari modo dracuncali radicis adjecto oum nelle. Ebenum medici et inter erodentia adsamaat.

LI. In Egitto il papiro, che si conf mollo con la canna, quando secco, a dilatare e seccar le fistole, e gonfiandosi ad aprirle perch vi ai gossano introdurre le medicine. La carta fatta di papiro bruciandola ha virt caustica. La sua cenere bevuta col vino fa dormire : essa bagnata nell acqua, e posta sul callo, lo guarisce.
D e l l 'e b b b o ,

5.

LU. L ebeno non nasce altrimenti in Egitto, come abbiamo detto altrove ; e bench io non tratti in medicina delle stranie parti del mondo, nondimeno io non le vopassare per rispetto della maraviglia. La segatura sua, secondo che si dice, guarisce unicamente gli occhi. 1 legno pesto sopra 1 la pietra, e messo in vin cotto, leva i bagliori; e con le radici alate in acqua si guariscono le albu gini degli occhi ; non che la tossa con le mede sime oose, aggiunta altrettanta radice di dragon* colo col mele.1 medici mettono l 'ebeno ancora tra le cose ohe rodono.
Dbl b o d o d b r d b o , i.

B io d o d u h o , i . Llll. Rbododendros ne nomen quidem apud nos invenit latinum : rhododaphnen voca ut, aut neriao. Mirum, folia ejus quadrupedum venenum eise, homini vero contra serpentes praesidium, rate addita e vin o pota. Pecus etiam, et caprae, si | a biberint, io qua folia ea maduerint, mori dicantur.
& * v ; e s e b a n

Llll. 11 rododendro non ha nome latino . chiamasi rododafne, o nerio. Contasi una mara viglia d 'esso, che le sue foglie in bevanda sieno veleno alle bestie, e agli uomini rimedio contra le serpi, aggiuntovi ruta e viuo. Le capre ancora eie pecore, beendo Tacqua dove si sieno bagna te le foglie sue, si dice che muoiono.
Del
b o b , s p b c ib a : m e d ic i n e 8 . D b l LO STOMATICE, i .

; m b d ic ira b ,

v m ; s to m a tic e , i .

LIF. Nec rhus latinum nomen habet, quum io ojboi pluribus modis veniat. Nam et herba est silvestris, foliis snyrti, cauliculis brevibus, quae lioeaj pellit ; et frutex coriarius appellatur, subrabias, cubitalis, crassitudine digitali : cujus ari* Jis foliis, ut malicorio, coria perficiuntur. Medici wtem rhoicis u ta n tu r ad contusa : item coelia* eoi, et sedis uloera, aut qoae phagedaenas vocant, trita cum meile, illita cum aceto. Decoctum eorum iastillatur auribus purulentis. Fit et stomatice fccoctis ramis, al eadem, quae ex moris : sed efficacior adm ixto alumine. Illinitur eadem hy dropicorum tum ori.

LlV. N anco il rue ha nome Utino, ancora che ' usi a molte cose. Perch esso ed erba sal va tica, che scaccia i vermi, con le foglie di mor tine, e piccoli rami; e chiamasi cespuglio coriario, rossigno, alto un braccio e grosso un dito, delle cui foglie secche, come col malicorio, si conciano le cuoia. 1 medici le usano a1 roici, dove la carne pesta, a deboli di stomaco, alle crepature del sedere, o a quematuri, che si chiamano fagedene, trite con mele, e impiastrale con aceto. La cocitura loro instilla negli orecchi che gettano puzta. * Fassene pure stomatice, avendo cotti i rami, ai medesimi effetti che quel delle more; ma n mag giore la virt, mescolandovi allume. La medesima a1Impiastra agli enfiati dei rilruopichi.

387

G. PU N II SECUNDI

388
D bl
b o b b &i t b o ,

RflC EBYTHBO,

IX.

9.

LV. Rhus, qui erythros appellatur, semen est hujus fruticis. Vim habet adstringendi refrigerandique. Adspergitur pro sale obsoniis. Alvos solvit, omaesque carnes cum silphio suaviores facit. Ulceribus medetur manantibus cum meile ; asperitati linguae, percussis, lividis, desquamatis eodem modo. Capitis ulcera ad cicatricem celer rime perducit : et feminarum abundantiam sistit cibo.
E
b y th b o d a r o , x j.

LV. 11 rue che si chiama eritro, un cespu* gl io, il cui seme ha forza di ristrignere e di rin frescare. Meltesi nelle vivande in luogo di sale. Muove il corpo, e col silfio fa tutte le carni pi soavi. Col mele medica le ulcere che colano: guarisce la ruvidezza della lingua, le percosse, i lividori, e gli scorticali nel medesimo modo. Ri salda prestissimo le piaghe del capo, e mangian dolo ristagna il flusso delle donne.
D e l l e b ix b o d a b o , a .

LV1. Alia res erythrodanus, quam aliqui ereuthodanura vocant, nos rubiam, qua tinguntur lanae, pellesque perficiuntur : in medicina urinam ciet: morbum regium sanat ex aqua mulsa, et lichenas ex aceto illita : el ischiadicos, et paralyticos, ita ut bibentes laventur quotidie. Radix semenque trahunt menses, alvum sistunt, et collectiones disouliunt. Contra serpentes rami cum foliis imponuntur. Folia et capillum infi ciunt. Invenio apud quosdam morbum regium sanari hoc frutice, etiamsi adalligatus spectetur tantum.

LV1. cci un'altra erba delta eritrodano, e da alcuni chiamata ereulodauo : noi la chiamiamo robbia, con la quale si tingono le lane, e sascon ciano le pelli : in medicatura provoca 1' orina : con acqua melala guarisce chi ba traboccato il fiele; e con l1celo gli enfiali del mento, altri menti i gattoni; non che gli sciatici e i parlctid, ma con questo, che beendo si lavino ogni giorno. La radice e il seme tirano fuora i mesi, fermano il corpo, e levano le raccolte. 1 rami suoi con le foglie s'adoperano con tra il morso delle serpi Le foglie tingouo i capegli. io trovo appresso al cuni, che questo cespuglio guarisce chi ba sparto il fiele, ancora se legato solamente si guardi.
D e ll'
a l is s o ,

A l y ss o ,

i i

a.

LV11. Distat ab eo, qui alysson vocatur, foliis tantum et ramis minoribus: nomen accepit, quod a caue morsos rabiem sentire non paliLur, potus ex aceto adalligatusque. Mirum est quod additur, saniem conspecto omnino frutice eo siccari.

LV1I. Dall'eri irodano differente quello che si chiama alisso soltanto nelle foglie ne* rami miuori : prese queslo nome, perch bevuto nell ' acelo, e legatogli addosso, non lascia sentire la rabbia a chi morso da cani. maraviglia quel lo cbe si aggiugne, che solo a guardarsi questa er ba si secchi la marcia.
D b llo
s t b d t io

S t b c t h io ,

s iv b b a d i c e l a , x i i i .

A po cyho,

i i

r id ic o l a , i

3.

D e l l a p o c in o , a .

LV1I1. Tingentibus et radicula lanas praepa rat, quam struthion a Graecis vocari diximus. Medetur morbo regio et ipsa decocto ejus polo, item pecloris vitiis. Urinam ciet, alvum solvit, et vulvas purgat. Quamobrem aureum poculum medici vocant. Ea et ex meile prodest magnifice ad tussim, orthopnoeae, cochlearis mensura. Cum polenta vero et aceto lepras tollit. Eadem cum panace et capparis radice calculos frangit, peli it-que. Panos discutit, cum farioa hordeacea et vino decocta. Miscetur et malagmatis, et collyriis, cla ritatis causa : sternutamento utilis inter pauca : lieni quoque ac jocineri. Eadem pota denarii

LV11I. La radicola, che abbiamo detto esser nominala strutio dai Greci, usata dai tintori a dar la prima preparazione alla lana. Beendo la sua cocitura si guarisce chi ha sparto il fiele, e i difelli del petto. Provoca l'orina, muove il cor po, e purga le matrici. Epper i medici la chia mano bevanda aurea. Questa insieme col mele giova magnificamente alla tosse e alla ortopnea, alla misura d un cucchiaio. Con la polcata e con l ' aceto caccia via la lebbra. La medesima con la panace e la radice de' capperi rompe la pietra c la manda fuori. Colta con'farina d'orzo e eoa vino risolve le pannocchie. Mescolasi ancora iu

38ft

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXIV.

3no

unius ex malsa aqua, sospiriosos sanai. Sic et pleuriticos, et omnes lateris dolores, semen ex aqua.

eropiastri e medicine d 'occhi, per rischiarar Ia vista. Son poche cose che portino, comessa, ulile agli starnuti ; e cos alla milza e al fegato. Bevuta a peso d un denaio con acqua melata guarisce i sospirosi ; e il suo seme con 1' acqua guarisce il mal di petto e tutti i dolori di fianco. L'apocino uno sterpo, che ha le foglie del Apocjnum frutex est folio ederae, mollior tamen, et minus longis viticulis, semine acuto, lera, ma per pi tenere, e di pi corti viticci, diviso, lanuginoso, gravi odore. Ganes et omnes seme acuto, diviso, lanuginoso e di grave odore. quadrupedes necat in cibo datum. Dandolo a mangiare, ammazza i cani, e tutti gli altri quadrupedi.
R
obe

MABUO, XVIII.

D el b a m b rih o , i 8 .

LIX. E st et rosmarinum. Duo genera ejus. Alterum sterile, alterum cui et canlis, et semen resinaceum, quod cachrjs vocatur. Foliis odor thuris. Radix vulnera sanat viridis imposita, et sedis procidentia, condjlomata, et haemorrhoidas. Succus e t fruticis et radicis morbum reginm, et ea quae repurganda suat. Oculorum aciem exacui L Semen ad vetera pectoris vitia datur poioi. Et ad vulvas cum vino et pipere. Menses adjuvat. Podagris illinitur cum aerina farina. Porgat etiam leotigioes, et quae excalfacienda sont, aut qunm sudor quaerendus, illitum : item convolsis. Auget et lac in vino potam : item ra dix. Ipsa herba stromis cura aoelo illiftitur ; ad tossim cum meile prodest.

LIX. Ecci il ramerino, di due ragioni : l'uno sterile, l ' altro ha gambo, e seme resinoso, il quale si chiama cacri. Le foglie hauno odore d'in censo. La radice sua mettendovisi su verde gua risce le ferite, e le cose eh' escono del fondamen to, e le inorici che non gettano sangue. Il sugo suo 0 della radice guarisce chi ha sparto il fiele, e le cose che hanno a ripurgarsi. Aguzza la vista. Il seme si d a bere per i difelli vecchi del petto; e alla matrice con vino e pepe. Aiuta i mesi delle femmine. Fassene empiastro alle gotte con farina di rubiglie. Cos anche purga le lentiggini, e quel le cose che vogliono esse riscaldate, o dove biso gna il sudore. Bevuto io vino accresce il latte. Il medesimo effetto fa la radice. Di questa erba fossi empiastro con aceto alle scrofe, e col mele giova alla tosse.
D el c a c b i.

C achet .

LX. Cachrys multa genera habet, ut diximus. Sed haec, quae ex rore supra dicio nascitur, ai fricetur, resinosa est. Adversatur veuenis et venenatis, praeterquam anguibus. Sodores movet, tormina discutit, lactis nbertatem facit.
S abw a
h er b a , v ii.

LX. Il eacri di pi sorti, come dicemmo. Ma questo che nasce del sopraddetto ramerino, se si frega, ragioso. contra tutti i veleni, e le cose velenose, salvo que' serpi, che si chiamano angui. Muove il sudore, caccia i tormini, e fa do vizia di latte.
D e L l 'e B B A SAVINA, J.

LXI. Herba saj>tna, braihy appellata a Grae cis doorum gacierum est: altera tamarici similis folio, altera cupresso. Quare quidam Greticam pressura dixerant. A multis in suffitus pro thare adsumitur : in medicamentis vero dupli cato pondere eosdem effectas habere, quos cinaamum, traditur. Collectiones minuit, et nomas compescit. Illita tlcera purgat. Partus emortuos adposita extrahit, et soffila. Illinitur igni sacro et carbunculis. Cum die et vino pota, regio morbo medetur. Galli nacei generis pi Initas ft^rao ejus herbae sanari
ta d v D t.

LXI. H'erba gavina, da'Greci chiamata brati, di due ragioni : l'noa simile alla foglia della tatnerigia, l ' altra al cipresso. Epper fu chiamata da alcuni cipresso Candiotto. Pigliasi da molti per incenso nelle suffuraigazioni ; e nelle medici ne raddoppiando il peso, dieesi eh' ella fa i me desimi effetti che il cinnamomo. Scema le racoolte degli umori, e reprime le piaghe cancherose. Impiastrata purga le ulcere ; e postavi sopra, e col profumo ancora, cava fuora 1 parti morti. Impiastrasi al fuoco sacro, e a' carboncelli. Bevuta con mele e con vino medica chi ha sparto il fiele. Dicono che il fumo solo di que sta erba guarisce la pipita de' polli.

G. PU N II SECONDI
D blla s b l a g iu , a .

*>

S b l a g ih e , I I .

LXI1. Similis herbae huic sabinae est selago appellata. Legitur sine ferro dextra mano per fanicam, qua sinistra exuitur, velut a furante, can dida veste vestito, pureque lotis nodi* pedibus, sacro facto prius quam legatur, pane vinoque. Fertur in mappa nova. Hanc contra omnem perniciem habendam prodidere Druidae Gallorum, et cootra omnia oculorum vitia fumum ejus pro desse.

LX1I. Simile all* erba savina quella, che si chiama selagine. Cogliesi seuza ferro, con la man ritta coperta dalla vesta, s che sembri che I* no tano la furi, e la man manca scoperta : ei dee es sere vestito di bianco, e con piedi scalzi e ben lavati, avendo fatto sacrificio di pane e di vino, prima che si colga. Portasi in una tovaglia nnova. Dicono i Druidi, sacerdoti della Francia, che qnesta erba si dee tenere appresso contra ogni sommo infortunio, e che col suo fumo giova a tutti i mali degli occhi.
Del s a m o l o , a.

S amolo , i i .

LXIII. lidem saraotum herbam nominavere nasceutem in humidis: et hanc sinistra manu legi a jejunis contra morbos suum boumque, nec respicere legentem : nec alibi, quam in canali* deponere, ibique conterere poturis.

LXIII. I medesimi chiamano samolo un* erba, la quale nasce in luoghi umidi ; e vogliono che attchessa si colga a digiuno con la man manca contra te infirmila dei porci a de*buoi, e che efci la cogtie non la guardi, n i la ponga altrove che in canale, e quivi la triti, per poi darla a bere.
D blla gomma , t i .

G ommi, s i .

LXIV. Gummium genera diximns. Ex his majores effectus melioris cujusque erunt. Denti* bus inutiles sunt. Sanguinem coagulant, et ideo rejioientibes sanguinem prosunt: ile a ambustis, arteriae vitiis. Inutilem urinam cient, amariludines hebetant adstriclis celeris. Quae ex amygdala amara est, spissandique viribus efficacior, habet excalfactorias vires. Praeponuntur autem pruno rum, et cerasorum, ac vilium. Siccant illitae et adstringunt: ex aceto vero infantiom lichenas sanant. Prosunt et tussi veteri, quatuor obolis in mixte potis. Creduntur et colorem gratiorem fa cere, ciboramque appetentiam, et calculosis pro desse cum passo potae. Oculorum et vulnerum utilitatibus maxime conveniunt.

LXIV. Abbiamo ragionato, di pi sorti di gomma. Di queste le migliori fanho maggiori ef fetti. Sono inutili a denti. Fanno rappigliare il sangue, e per ci giovano a chi solito rigettarlo, alle cotture e a* difetti dell* arteria. Provocano l orina inutile, scemano I* amaritudine de* rimedii ed hanno virt rispettiva. Quella del man dorlo amara, e ha maggior virt di rassodare, e forza di riscaldare. Ma per tenuta migliore quella de* susini, de ciriegi e delle viti. Impia strandole meccano e ristringono ; e poi che so no state nell* aceto guariscono il lattine de* bam bini. Giovano anoora alla tossa vecchia, beendoue quattro oboli con vino inacquato. Credesi che facciano il colore grazioso, e dieno appetito di mangiare, e che giovino a chi ha pietra, beendole col vin passo. Sono molto utili agli occhi e alle ferite.
D e l l a n n E g iz ia , o A ba b ic a , 4*

Smwa 4 *o tP T i A , sivs

A r a b ic a ,

iv .

LXV. ia. Spinae Aegyptiae* sive Arabicae laudes in odorum loco diximus : et ipsa spissat stringilque distillationes omues, et sanguinis exscreationes, mensiumque abundantiam, etiamnum radice valentior.

LXV. ia. Abbiamo gii raccontato le lodi della spina Egizia, ovvero Arabica, nel trattato degli odori: anch*essa condensa, rassoda e ristrigne tutte le distillazioni, lo sputo del sangue, e I*ab bondanza de*mesi: pi possente la sua radice.

39
SriwA
m

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXIV.


i , i t . A c a it k io ,
i

394
acaktio , i .

D ella snA aiAvcA, a. D bll '

LXVI. Spinae albae semen cootra scorpiones auxifcator. Corona ex ea impotila, capitii dolores minuit. Huic similis esi spina ilia, qaam Graeci acanlhion vocant, minoribus multo foliis, acu leatis per extremitates, et araneosa lanugine obdaclis : qua collecta, etiam vestes quaedam bombycinis similes liant in Oriente. Ipsa folia vel radices ad remedia opisthotoni bibontar.

LXVI. Il seme della spina bianca giova contra gli scorpioni. La ghirlanda d' essa posta sul capo ne leva il dolore. Simile a questa quella spina, cbe i Greci chiamano acantio, la quale ba le fo glie molto minori, appuntate nell estremiti e piene di lana come di ragni : di essa raccolta si fanno certe vesti in Levante simili alla bombicine. Le foglie, o le radici, si beooo per lo spasimo, che per ritirare i nervi tira la testa indietro verso le spalle. D lU .' ACACIA, 8. LX VII. cci ancora la spina dell' acacia. Fassi in Egitto dalbero nero e bianco, e di verde an cora, ma migliore de* primi. Fassi anco io Galazia tenerissima d un albero mollo spinoso. Il seme di tutte simile alle lenti, se non eh' egli minore e di granello e di foglia. Raccogliesi nelI*autunno, e raccolto prima troppo pi pos sente. Rassodasi il sugo delle foglioline bagnate con acqua piovana, dipoi si trae fuori per tubi pestando esse foglie nella pila ; e allora si rassoda al sole ne' mortai, facendosene pastegli. Fassi an cora delle foglie, ma manco possente. Per accon ciar le cuoia usano il seme in cambio di galla. 11 sago nerissimo delle foglie dell'acacia di Galazia biasimato, e quello ancora eh' molto rosso. La purpurea, ovvero leucofea, e quella che age volavate si stempera, ha grao forza a rassodare e rinfrescare, e sopra ogni altra cosa utile all medicine degli occhi. Alcuni per questo effetto lavano i pastegli, altri gli arrostiscono. Tingono i capegli. Guariscono il fuoco sacro, le rollare che im pigliano, i difetti umidi del corpo, le raccolte degli umori, le congiunture percosse, i pedignoni, e quelle pellicole che si sfogliano attorno alle unghie delle dita. Fermano alle donne labbon danza de'mesi, e la matrice e il sedere che caggiono. Giovano agli occhi, e a' mali della bocca e delle membra genitali.
D ell'
a s p a l a v o , v.

A cacia , viit .

LXVII. E st et aeacia e spina. Fit in Aegypto alba oigraqoe arbore, item viridi, sed longe me lior e prioribus. Fit et in Galatia deterrima, spi* nosiorearbore. Semen omnium lenticulae simile: minore est tantum et grano et folliculo. Colligi tor autum no: ante collectom nimio validius. Spissatur soccos ez folliculis aqua coelesti perfasis: mox io pila I a s i s exprimitor organis: tunc dentatar in sole mortariis in pastillos. Fit et ex foliis m i n u a efficax. Ad coria perficienda semine pro galla u tuntor. Foliorum succus et Galalicae acaciae nigerrimos improbator : item qai valde rufus. Purpurea aut leucophaea, et quae facilli me diluitur, v i summa ad spissandum refrigerandumque est, oculorum medicamentis ante alias utifes. Lavantur io eos usus pastilli ab aliis, tor rentor ab ali. Capillom tingunt.

Sanant ignem aacrom, ulcera quae serpunt, et bnmida vilia corporis, collectiones, articulos cooIo m s , perniones, pterygia. Abundantiam mensium in feminis sislunt, vulvarnque, et se dem, procidentes. Item oculos, oris vitia, et ge nitalium.

A s p a l a t k o , 1.

LXVIII. i 3. Volgaris quoque haec spina, ex qeaeortinae fulloniae implentur, radicis usus ha bet. Per Hispaniae quidem multi, et inter odores, et sd unguenta oluntur illa, aspalathum vocan tes. Est sioe d u b io hoc nomine spina silvestris in Oriente, o t dixim us, candida, magnitudine arbojustae.

LXVIII. 13. Ancora questa spina volgare, della quale le caldaie de' tintori son piene, ha radice che utilmente sadopera. Molli in Ispagna l'usano fra gli odori e fra i profumi, e la chiamano aspa lato. senza dubbio quella spina selvatica che in Levante ha questo nome, bianca e della grandezza d'on albero comune.

C. PLINII SECUNDI
E r VSISCBPTRO,SIVS ADIPSATBBO,IIT* D1ATIROH, TUI. D e l l ' eristscettbo , o a d ip sa t e o , o d ia t ir o , 8 .

LXIX. Sed et fra (ex humilior, aeque spino sus, in Nisyro, et Rhodiorum insulis, quem alii erysisceptrum, alii adipsatheon, sive dialiron vo cant. Optimus, qui minime ferulaceus, rubens, et In purpuram vergens, detracto corlice. Nascitur pluribus locis, sed non ubique odoratos. Quam vim haberet coelesti arcu io eum inuixo, diximus. Sanat tetra oris ulcera tozaenas, genitalia exul cerata aut carbunculantia : item rhagadia : infla tiones pota discutit, et strangurias. Cortex san guinera reddentibns medetur. Decoctura ejus alvum sistit. Similia praestare silvestrem quoque putant.

LXIX. cci un altro sterpo pi piccolo, ma egualmente spinoso, oeU'isote di Nisiro e di Rodi, il quale alcuni chiamano erisiscettro, alcuni adipsateo, ovvero diatiro. Ottimo quello, ch' manco ferulaceo, e col rosso s 'accosta al colore della porpora, quando dibucciato. Nasce in molli luoghi, ma non gi odorifero in ogni dove. Abbiamo anche detto quale virt abbia, se l'arco celeste si appoggiasse in esso. Guarisce l ' ulcere brutte della bocca, e le nascente puzzo lenti nel naso,i genitali scorticati e iocarboncellali, e le fessure dell' anello nel sedere, non che le ventosit beendolo, e gli stranguglioni. La cor teccia guarisce chi sputa sangue, e la cocitura ferma il corpo. I medesimi effetti credono che faccia il salvatico.
D e l l a spina a p p e n d ic e , 2. D e ll a pissacakta , 1.

A ppb r d ic b spiita , i i . P y b a c a r t b a , i .

LXX. Spina est appendix appellata, quoniam baccae puniceo colore in ea appendices vocantor. Hae crudae per sc, et aridae in vino decoctae, alvum citam, ac tormina compescunt. Pyracanthae baccae contra serpentium ictus bibuntur.

LXX. cci una spina che si chiama appendice, perch le coccole rosse, eh' ella fa, si chiamano appendici. Queste crude di per s, e secche cotte nel vino, muovono il corpo e raffrenano i lormini. Beonsi le coccole del pissacanto cootra il morso delle serpi.
D bl
f a l iu b o , i o

P a l io b o , x .

LXXI. Paliurus quoque spinae genus est. Se men ejus Afri zuram vocant, contra scorpiones efficacissimum : itera calculosis et tussi. Folia adstrictoriam vim habeut. Radix discutit panos, collectiones, vomicas : urinas trahit pota. Deco ctum ejus potum in vino alvum sistit : serpenti bus adversatur. Radix praecipue dator in vino.

LXXI. Il paliuro anch' egli specie di spina. In Africa il seme suo si chiama zura, potentissimo contro agli scorpioni, e alla pietra e alla tosse. Le foglie hanno virt ristrettiva. La radice dissolve le pannocchie, le raccolte e le posteme, e bevuta provoca lorina. La sua deoozione in vino ferma il corpo, ed contraria alle serpi. La radice par ticolarmente ai d nel vino.
D e l l ' AGRIFOGLIO. D b LL1 AQCIFOGLtA, IO. D e l tasso , 1.

A g b if o u o . A q u if o l ia ,

x.

axo, i

LXX1I. Agrifolia contusa addito sale, articulornm morbis prosunt : baccae purgationi femi narum, coeliacis, dysentericis, ac cholericis. Io vino potae alvum sistunt. Radix decocta et illita extrahit infixa corpori. Utilissima est et luxatis, tumori busque. Aquifolia arbor in domo aut villa sata, vene ficia arcet. Flore ejus aquam glaciari Pythagoras tradit: item baculum ex ea factum, in quodvis animal emissum, etiamsi citra ceciderit defectu mittentis, ipsum per se recubitu propius adlabi :

LXXII. L'agrifoglia pesta col sale giova al male delle congiunture. Le coccole giovano alle purgazioni delle donne, a* deboli di stomaco, ai pondi e a' collerici. Bevute nel vino fermano il corpo. La radice cotta e impiastrata tira fuora le cose fitte nel corpo. utilissima alle membra uscite de' loro luoghi, e agli enfiati. L'aquifoglia albero, piantata nella casa o nella villa, leva tutte le malie e gl' incanti. Dice Pita gora che il suo fiore fa agghiacciar l'acqua, e che ci prodoce anche il bastone fallo d'essa, il quale, gittato conira qualsivoglia animale, ancora.se cade

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXIV.

tam praecipuam naturam ioeise arbori. Taxi arboris famas marea necat.

di qua da esso per difetto di chi Io trasse, non dimeno da si medesimo scorre fino all* animale ; tanto notabile natnra dicono essere in quell* al bero. II fumo dell* albero tasso ammazza i topi.
D b*b o t i, a .

R obis , i i .

LXX11I. Nec rabos ad maleficia tantam ge nuit natura, ideoque et mora his, hoc est, vel hominibus cibos dedit. Vim babeot siccandi, adstringendique: gingivis, tonsillis, genitalibus accommodatissimi. Adversantor serpentium sce leratissimis, baemorrhoidi et presteri, flos, aut mora. Scorpionum vulnera sine collectionum pe riculo inuogunt, urinam cient. Caules eorum taodontur teneri, exprimitur saccus, mox sole cogitor in crassiiadinem mellis, singulari reme dio contra mala oris, oculornmque, sangainem exscreantes, anginas, vulvas, sedes, coeliacos, po tus aut illitas. Oris quidem vitiis etiam folia commandacata prosunt, et ulceribus manantibus, aot quibuscumque in capite illinuntur. Cardiacis vel sic per se imponuntur a mamma sinistra: ilem stomachi doloribus, ocolisqae procidenti bus. Instillatur succus eorum et auribus. Saoat condylomata cum rosaceo cerato. Cauliculorum ex vino decoctum uvae praesentaneum remedium est. lidem per se in cibo sampli cymae modo, aut decocti iu vino austero, labantes dentes firmant. Alvum aislunt, et profluvia sanguinis : dyseutericis prosunt. Siccantur io umbra, ut cinis cre matorum uvam reprimat. Folia quoque arefacta et contusa, jumentorum ulceribus ulilia tradun tur. Mora, quae in his nascuntur, vel efficaciorem stomaticen praebuerint, quam saliva morus. Eadem compositione, vel cum hypocisthide tan tum et meile bibuntur in cholera, et a cardiacis, el contra araneos.

LXXUI. La natura gener i pruui non sola mente pegi' incantesimi, ma eziandio per cibo ; ond* eh* essa ha lor dato le more perch gli uo mini le mangiassero. Esse hanno forza di seccare e di ristringere, e sono accomodatissime alle gen give, alle gavignee alle membra genitali. 1 fiori, o le more, si oppongono alle emorroide e al preste re, crudelissimo pi che tutte laltre serpi. Con esse ungono i morsi degli scorpioni senza pericolo che facciano raccolta, e muovono l'orina. 1 gambi loro si peslano teneri, e se ne preme il sugo ; poi si rassoda al sole a modo di mele, e cos singolare rimedio contra i mali della bocca, degli occhi, chi sputa sangue, le serrature della gola, le ma trici, il sedere, e i deboli di stomaco, bevuto ovvero impiastralo. Le foglie masticale giovano ancora a' difetti della bocca, e alle rotture che gocciolano, o a tutte quelle cose che s impiastra no nel capo. A chi ha passion di cuore si pongono per s sole sulla poppa manca: si pongono altres sui dolori dello stomaco, e sagli occhi che ricaggiono. 11 sugo loro s' instilla ancora negli orec chi. Guarisce le morici che non gettano sangue, col cerotto rosaceo. La cocilura de'gambi col vino subito rimedio all' ugola. I medesimi per s mangiati, ma le cime solo, o cotti nel vin bru sco, fermano i denti che si dimenano. Fermano il corpo e il flusso del sangue, e giovano a'pondi. Seccansi al rezzo e s' ardono ; e la cenere loro guarisce l ' ugola. Le foglie secche e peste sono alili alle piaghe degli animali. Le more che na scono in essi, fanno migliore stomatica che le more gelse. Con la medesima composizione, ov vero con solo ipocistide e mele si beono per la collera, per la passione del caore e conira i ragni. Fra le medicine stitiche non cosa di maggior Inter medicamenta, quae styptica vocant, ni hil efficacius rubi mora ferentis radice decocta in virt, che la radice del rovo che fa le more, cotta vioo ad tertias partes, ut colluantur eo oris ulce in vino fin che tomi alla terza parte, per lavare 1 ulcere della bocca e fomentar quelle del fonda ' ra, el sedis foveantur lantaque vis est, ut spon mento; ed ha essa lauta forza, che fa diventare giae ipsae lapidescant. pietra le spugne.
C yhosba to , u t . D b l c im o s b a to ,

3.

LXX1V. Alterum genas rubi esi, in quo rosa ascitur. G ignit pilulam castaneae similem, prae cipuo remedio calculosis. Alia est cynorrhoda, fiam proximo dicemus volumine.

LXXIV.cci un'altra specie di rovo che fa le rose, e genera palle simili a* ricci delle casta gne, ottimo rimedio alla pielra. Eccene un'altra, che si chiama cinorroda, della quale ragioneremo nel seguente libro.

?99

C. PLINII SECUNDI

4"

14. Cynosbatoo alit cyuapauxin, alii neuros 14.11 cfoosbato, il quale alouni chiamano ctaapaston vocant; foliam habet vestigio hominis paosi, e altri neurospasto, ba le foglie simili alla pianta dell' uomo. Egli fa uva nera, nel cui acino simile. Fert et uvam nigram, iu cujus aoino ner vum habet, unde neurospastos dicitur. Alia est a un nervo, onde acquist il nome d neurospasto. cappari, quam medici cynosbalon appellaverunt. E differente dal cappero, ebe i medici chiamarono Hujus thyrsus, ad remedia splenis et inflatioues, cinosbato. Il torso di esso condito con 1' aceto si condilus ex aceto manditur. Nervus ejus cum mangia per rimedio della milza e della ventosit. Il suo nervo, masticalo cou mastice di Scio, pur mastiche Chia commanducatus os purgat. ga la bocca. La rosa del rovo con sugna guarisce la put Ruborum rota alopecias cum axungia emen dat. Mura capillum lingunt cum ompbacino oleo. rella. Le more con olio onfacino tingono i capel li. 11 fiore del moro ai coglie per mietitura. 1 1 Flot mori per mettes colligitur. Candidus pleu riticis praecipuus ex vioo potus, itera coeliacis. biauco bevuto col vino ottimo al mal del fian Radix ad tertias decocta, alvum sistit, et sangui- co, e a' debili di stomaco. La tua radice colla fio uem: ilem danies collutos decocto. Lodera succo che torni per terzo ferma il oorpo e il sangue, e foventur sedis atque genitalium ulcera. Cinis i denti ancora, lavandogli oou questa decozioae. Col medesimo sugo si fomentano 1 Icere del radice deprimit uvam. fondamento e della membra genitali. La cenere della sua radice reprime l ' ugola. Roao id a b o . LXXV. Idaeus rubus appellatus est, quoniam iu Ida nou alius nascitur. Est autem tenerior ac minor, rarioribus calamis innocentioribusque, sub arborum umbra nascens. Hujus flos cum meile epiphoris illinitur, et ignibus sacris : stomachicitque ex aqua bibendus datur. Cetera eadem praestat, quae lupra dicta. Dai. aovo
I dbo.

LXXV. 11 rovo Ideo oos chiamato, perch oon nasce se non nel monte Ida. Questo minore e pi tenero, e ha pi rade vermene, le quali pungon meoo ; e nasce sotto l'ombra degli alberi. Il fiore di esso serve col male a far empiastro alla lagrime degli occhi e al fuoco sacro; e dassi a bere oon acqua pei mali dello stomaco. Nel resto fa tutti gli altri effetti che si o d detti 4i sopra.
D b l b a b b o , s p e c ie

R ham ni genkxa , 1 1. M e d ic in a * v .

a.

M e d ic i!

5.

LXXVI. Inier genera ruborum rhamoot ap pellatur a Graecis, candidior et fruticotior. Is floret, ramos spargens rectis aculeis; non, ut ceteri, aduncis ; foliis majoribus. Alterum genus est silvestre,nigrius, et quadamtenus rubens. Fert veluli folliculos. Hujus radice deeocta in aqua fit medicamentum, quod vocatur lycium. Semen se cundas trahit. Alter ille candidior adslringil ma gis, refrigerat, collectionibus et vulneribus accom modatior. Folia ntriutque et cruda et deoocla illi nuntur cum oleo. Db l y c io ,
x v iii.

LXXV1. 11 ranno tra le specie de* rovi pi biaocoe pi germoglioso. Questo fiorisce ed empie i rami suoi di spini ritti, non aundnati come gli altri ; e ha foglie maggiori. L 'altra su a speoe salvatica, pi nera, rosseggia un poco, e & quasi bacegli. Con la tua radice cotta in acqua si fa a u a medicina, chiamata licio. II teme suo tira fuora le seconde. Quel altro pi bianco, pi ristrigne, rinfresca, ed pi accomodalo alle ferite e alle raccolte. Le foglie delluno e l'a ltr o s crude che colle s 'impiastrano eoo olio.
D b l l i c i o , 18.

LXXV11. Lycium praestantius e spina fieri tradunt, quam et pyxacanlhon chirouiam vocant, quales in Indicis arboribus diiimus, quoniam longe praettantissimum existimatur Indicum. Coquuntur in aqua tusi rami, radicesque, summae amaritudinis, aereo vase per triduum, ilerumque exempto ligno, dooec mellis crassitudo fiat. Adul teratur amaris succis, etiam amurca, ac felle bu bulo. Spuma ejus ac flos quidam oculorum medi-

LXXVII. Dicono che il licio si fa molto eccel lente della spina, la quale chiamano pissacauto chironia, di cui dicemmo parlando degli alberi dell' India, perch tengono l ' Indiano per molto migliore di tutti. Cuocoosi in acqua i r a tt petti e le radici ohe sono amarissime, in v a ti di rame per tre giorni, cavatone dipoi il legno, inaino a tanto che ne vien la sodezza del mele. Falsificasi con U g h i amari, e fon morchia, e con fiele di bue.

jo.

HISTORIARUM MUNDI MB. XXIV.

carneolis aJdtlur. Reliquo occo faciem purgat, ei pioras sanat, erosos angulos oculorum, veteresque fluxiones, aures purulentas, tonsillas, gingivas, tussim, sanguinis exscreationes, fabae magnila* dine devoratum : aut si ex vulneribus* fluat, illi tum: rhsgadas, genitalium ulcera, atlrilus, ulcera receotia,et serpentia, ac putrescentia. In naribus clavos, suppurationes. Bibitur et a mulieribus ia Ucte contra profluvia. Indici differentia, glebis extrinsecus nigris,iutus rufis,quum fregeris, cito nigrescentibus. Adstringit vehementer cum amariluiliue. Ad eadem omnia utile est, sed praeci pue ad geuitalia.

La ava schioma e il fiore t'adopera nelle medicino da occhi. Il resto del sugo purga la faccia e guarisee la rogna ; e pigliandone quanto i nna fava, medica gli angoli degli occhi rossi, i vecchi cola menti, gli orecchi dove sia puzza, le gavigne, le gengive, la tosse e lo sputo del sangue. Se cola dal1 ulcere, vi s* impiastra. Pesto guarisce le crepa * ture del sedere, i taruoli o piaghe delle parli geni tali, le piaghe nate per lo soffregarsi dell an membro con l'altro, le piaghe fresche, quellecha vaono impigliando e le putride. Quanto al naso, guarisce i chiodi che sono ne* buchi di esso, e la raccolte della marcia. Beesi eziandio dalle donne per fermarne i flussi. Quello d* India differente per rispetto disile zolle, che sono nere di fuori, e dentro rosse; e quando tu le frangi tosto nereg giano. Questo rislrigne gagliardamente con ama ritudine. Giova a tulle le medesime cose, e massi mamente alle parti geoitali.
D
e l l a sa rcocolla,

S a flo o o iu ,

i i

a.

LXXVIII. Sunt qui et sarcocollam spinae lacrjmaro putent, pollini thuris similem, cum qaadam acrimonia dulcem, gummioosaro. Cum vino 'm sislit fluxiones: illinitur infantibus. Vetu state et baec maxime nigrescit: melior, quo can didior.

LXXVIII. Alcuni tengono chela sarcocolla sia lagrima della spina, simile alla farina dello in censo, dolce con un poco d amarognolo, e gom mosa. Pesta col vino ristagna i flussi. Impiastrasi abambini. Anche questa diventa molto nera per la vecchiezza : e quanto pi bianca, tanto mi gliore.
D e ll* o p o ric e ,

O pqbicb ,

u.

a.

LXXIX. Unam etiamnum arborum medicinis debetur nobile medicamentum, qaod oporicen vocant. Fit ad lyaentericos storoachique vitia, ia *wpo musti albi, lento vapore decoctis malis co toneis quinque cum suis semi ii ibus, punicis toti dem. sorborum sextario, et pari meosura ejus quod rfaan Syriacon vocant, croci semuncia. Co quitur nsqoe ad crassitudinem mellis.

LXXIX. Restaci ancora un nobile medica* mento, tra le medicine che si traggono degli albe ri, il quale si chiama oporice. Fassi a* pondi, e ai mali dello stomaco, in un congio di mosto biano o , cocendo a fooco lento cinque mele cotogna c o semi loro, altrettante melagrane, fi sestario di sorbe, ed egual misura di quello che si chiama rue Siriaco, e mezza oncia di zafferano. Cuocest fino a che rassodi come mele.
D ella
t r is s a o m e ,

Tauueiia, siva

c b a v a e o b y e , s iv b c h a iia b r o p b ,

s iv e t e u c b io ,

xvi.

O TEUCRIA,

o c a m b d r ib , o iC.

cam ebo pe,

LXXX. Bis sub lexemus ea, quae Graaci com nuaicatione nominum in ambiguo fecere, anne arborum essent. i 5. Chamaedrys barba est, quae latina trixafotliciiur. Aliqui eam chamaeropem, alii leucrion appellavere. Folia habet magnitudine mentae, colore et divisura quercus. Alii serratam, et ab ea erram iovcntam esse dixere, flore paena purpu reo. Carpitur praegnans succo in petrosis, advers e rp e alium venena polu illiluque efficacissi m ilem stomacho, tussi vetustae, pituita iu gula a:

LXXX. A questi aggiugneremo quegli, i quali i Greci per la simiglianaa de* nomi lasciarono in dubbio s* erano d* alberi, o no. i 5. La camedrio an* erba, cbe in latino si chiama trissagioe. Alcuni l hanno chiamata ca merope, e altri teucria. Ha le foglie qaanto la menta, ma il colore e il taglio della quercia. Alcuni la chiamano serrata, e per questa dicoao che fu trovata la sega : ha fiore quasi purpureo. Cogliesi quando piena di sugo, in luoghi petro si, e becudosi, o ponendosi sul luogo offeso, ha

C. PLINII SECUNDI

cohaerescenle, ruptis, convulsis, lateris doloribus. Lienem consumit, urinam et menses ciet. Ob id incipientibus hydropicis efficax, manualibus sco pis ejus in iribus heminis aquae decoctae usqua d ter lias. Faciunt et pastillos, terentes eam ex aqua, ad supra dicta. Sanat et vomicas, et vetera ulcera, vel sordida cum meile. Fit et vinum ex ea pectoris vitiis. Foliorum succus cura oleo cali ginem oculorum discutit. Ad splenem ex aceto uraitur. Excalfacit perunctione.

grandissima virt oon tra il morso delle serpi'. Giova ancora allo stomaco, aHa tosse vecchia, alla flemma ferma nella gota, alla carne crepata, alla spiccata e al mal del fianco. Consuma la milza, provoca P orina e i mesi delle donne. Perci ha virt, quando comincia il ritruoplco, cuocendo manipoli delle sue scope in tre emine d* acqua, infin che scemino le due terze parti. Fassene anco ra pastegli, pestandola con l'acqua, buona egual mente alle cose sopraddette. Ella guarisce ancora le posteme, e le ulcere vecchie e brutte col mele. Fassi anco vino d'essa pei difetti del pello. Il sugo delle foglie con olio leva i bagliori degli oc* chi. Pigliasi con aceto al male della milza. Tingen do riscalda.
D b l o a m b d a fh e ,

C ha m abdavrbb , v .

5.

LXXXI. Charaaedaphne unico ramalo est, cubitali fere: folia tenuiora lauri folio. Semen ru beo adnexum foliis illinitur capitis doloribus recens. Ardotes refrigerat : ad tormina cum vino bibitur. Menses saccus ejus, et urinam ciet potu, pari usque difficiles in lana adpositus.

LXXXI. Il caraedafne ha un ramuscello solo, lungo quasi un braccio, e la foglia sottile che somiglia quella dell'alloro. Il seme suo, che ros seggia mescolalo tra le foglie, s'impiastra fresco all<i doglia del capo. Rinfresca gli ardori, e beesi con vino ai tormini. Il sugo suo bevuto provoca i menstrui e l'orina, e postovi su con lana, agevola i parli difficili.
D e l l a cam elea , 6 .

C ham bla ea , v i .

LXXXII. Cbamelaea similitudinem foliorum oleae habet. Sunt autem amara, odorata, in pe trosis, palmum altitudine non excedente. Alvum purgat: detrahit pituitam bilemque: foliis in duabus absinthii partibus decoctis, succoque eo cum meile poto. Foliis impositis et ulcera pur gantur. Ajunt, si quis ante solis ortum eam capiat, dicatque ad albugines oculorum se capere, adal> ligata discuti id vitium : quoquo modo vero col lectam jumentorum pecorumque oculis saluta* rem esse.

LXXXI1. La camelea ha le foglie simili all'o* 1ivo, le quali sono amare, e odorifere : nasce in luoghi sassosi, e non cresce pi che on palmo. Purga il corpo, e tira fuori la collera e la flemma, conendo le foglie con le due parti d 'assenzio, e beendo quel sugo col mele. Mettendo le sue foglie sulle nascenze, le purgano. Dicono che se alcune la coglie innanzi che il sole si levi, e dica che la coglie per le maglie degli occhi, e leghisela ad dosso, guarisce quel male. Cotta in qual modo si voglia, salutevole agli ocohi de' giumenti e delle pecore.
D e l cam bsice , 8 .

C hamabsycb , t i i i .

LXXXJI1. Charaaesyce lentis folia habet, ni hil se attollentia, in aridis petrosisque nasoeus. Claritati oculorum, et contra suffusiones utilissi ma, et cicatrices, caligines, nubeculas in vino cocta, inuncta. Vulvae dolores sedat adposita in linteolo. Tollit et verrucas omnium genenim illi* ta. Prodest et orthopnoicis.

LXXXIII. Il camesice ha foglie di lente, e non si alza da terra, e nasce in luoghi asciutti e sassosi. Cotto nel vino e ungendone utilissimo a rischiarar la vista, e contra le cateratte, le mar gini* le caligini e le maglie degli occhi. Postovi su in pezza lina, mitiga la doglia della matrice. Impiastrato levai porri d'ogni ragione. Giura agli ortopnoici.

HISTORIARUM MUNDI MB. XXIV.


C b a m a e c is s o
hbbba,

I.

D e l l ' b e b a c a m b c is s o , i .

LXXX1V. Chamaeeissos spicata est trilici modo, ramalis quinis fere, foliosa : quom floret, existimari potest alba viola, radice tenui : cujas bibant ischiadici folia tribas obolis, in vini cya this duobus, septem diebus, admodam amara potione.
Ch a m a el b u c b , s i n p a b f a b o , siv e f i i f d g i o , i .

LXXXIV, Ucamecisao spigate come il gra* no, e fa per lo pi cinque ramuscelli. f o g l i a t o , e quando fiorisce pare viola bianca, ed ha la ra dice sottile. Gli sciatici beono tre oboli delle foglie in due bicchieri di vino per sette di, eh una bevanda molto amara.
D b l cam bleucb , o fa k p a b o , o f a r f c g io , t .

LXXXV. Chamaeleueen apud nos farfarum, site farfogiam vocant. Nascitur secus fluvios, fo lio popoli, sed ampliore. Radix ejus imponitur carbonibus cupressi, atque is nidor per infumibulam im bibitur io veteri tussi.
C h a m a epe u c e , v . C ham a bcy pa b isso , i i . A m p e l o * PBASO, VI. S t a CBVB, I .

LXXXV. II camelence appresso di noi si chia ma farfaro, ovvero farfugio. Nasce lungo i fiumi, ha le foglie d oppio, ma maggiori. La sua radice si mette sui carboni di cipresso, e il fumo riceva lo per fornello si assorbe contro la tosse vecchia.
D b l l a cam b p b u cb , 5 . D e l c a w b c ip a b is so , a . D b LL* AMPBLOPBASO, 6< DELLO STACHI E., I .

LXXXVI. Chamaepeuce laricis folio similis, lumborum et spinae doloribus propria est. Chamaecyparissos berba ex vino pota con tra venena serpentium omnium scorpionumque pollet. Ampdoprason in vinelis nascitur, foliis porri, ructu gravis. Contra serpentium ictus eflicax. Urinam et menses ciet : eruptiones sanguinis per genitale inhibet potam imposituraque. Datur et a parta mulieribus, et contra canis morsum. Ea quoqne quae stachys vocatur, porri simi litudinem habet, longioribus foliis pluribusque, et odoris jucundi, colorisque in lateum inclinati. Pellit menstrua.
C l is o p o d io , i n .

LXXXV1. La camepeuce ha foglie simili al larice, ed buona alle doglie della achena e dei lombi. Il cameciparisso bevuto in vino vale contra il veleno di tutte le serpi e degli scorpioni. L 'ampelopraso nasce nelle vigne, con foglie di porro, e fa ruto molto noioso. Ha virt conira il morso delle serpi. Provoca i menstrui e lorina, e bevuto, o postovi sopra, ristagna il sangue che esca per li membri genitali. Dassi alle donne dopo che hanno partorito, e contra i morsi dd cane. V anche quello che si chiama stachie, orni gliante al porro, con molte pi foglie e pi lun ghe : ha odor giocondo, e colore che pende in giallo. Questo espelle i menstrui delle donne.
D e l c L ih o p o d io ,

3.

LXXXVII. Clinopodion, alii deonicion, alii copiron, alii ocymoides appellant, serpyllo simi lem, surculosam, palmi altitudine : nascitur in petrosis, orbiculato loliorum ambitu, speciem lecti pedum praebens. Bibitur ad convulsa, ru pta, strangurias, serpentium ictus. Item decoctae saccas.

LXXXVII. Il clinopodio, da alcuni chiamato cleonicio, da altri zopiro, e da altri odmoide, simile al sermollino: fa di molti germogli, ed alto un palmo. Nasce in luoghi sassosi, con un giro tondo di fiori, a guisa de* piedi del letto. Beesi per le membra sconvolte, per le rotture, per gli stranguglioni, e pe'morsi delle serpi. Cosi anche il sugo del cotto.
D b l c b h to s c h io , t ,

CenoncoLo, t. LXXXVIU. Nunc subtexemus herbas mirabilei quidem, sed minus claras, nobilibus in seqitDlia volumins dilatis. Centunculum vocant wxtri, ferius ad similitudinem capitis peonia rum, Jacc&tem in arvis ; Graeci clematidem: egregii

LXXXV1II. Ragioneremo ora d alcune erbe, maravigliose certo, ma manco illustri, volendosi differire le nobili ne* seguenti libri. Gl1Italiani chiamano centonchio un' erba, che ha le foglia appuntate, la quale g ia c e ne' C am pi a modo di

C. PLINII SECUNDI

effectos ad sitiendam alrnro in vino austero, liera sanguineoi sislil trilus cum oxymelitis aul aquae calidae cyathis quinque, denarii unius pondere : sic et ad secundas mulieram efficax.

una capperttccia, e dai Greci domandala eterna* tide. Egli fa mirabile effetto in vin brusco a fer mare il corpo. Similmente ristagna il sangue, tri to con Possimele, o con cinque bicchieri d* acqua calda al peso d 'un deuaio ; e cos ba virt alle seconde delle donn.
D e ll a c l e m a t id e , o eco it e , o scamohea .

C l e m a t id e , s it e b c h it b , s it e scam mobia .

LXXX1X. Sed Graeci clematidas el alias ha bent: unam, qvan aliqui echiten vocant, alii laginem, nonnulli lenuem scammoniam : ramos habet bipeditles, foliosos, non dissimiles icammoniae, nisi quod nigriora minoraque sunt folia. Invenilnr in vineis arvisqoe. Estur, ut olus, cura oleo ac sale : alvum ciet. Eadem a dysentericis cum lini semine ex vino austero sorbetur. Folia epiphoris imponuntur cum polenta, supposito udo linteolo. Slrnmas imposila ad suppurationem perdocnnt, deinde axungia adjecta percurant. Item haemorrhoidas cura oleo viridi, phthisicos juvant eum meile. Lactis quoque ubertatem fa ciunt in cibis sumpta. Et infantibus illita capil lum alunt. Ex aceto edentium Venerem stimulant.

LXXX1X. Ma i Greci hanno leiPai tre clema tide; una che alcuni chiamano echi te, altri lagine, altri sottile scamonea: ha rami lunghi uo piede, fogliosi, non dissimili alla scamonea, se non chele foglie sono pi nere e minori. T ro T a si nelle vigne e ne1campi, e mangiasi come il cavolo con Polio e col sale. Muove il corpo, e si bee per coloro che hanno mal di pondi, con seme di lino in visi bru sco. Le foglie con la polenta si mettono sulle la grime degli occhi, postovi sotto pannolino bagna to. Poste sulle scrofe le fanno venire a capo, poi aggiungendovi sugna le guariscono. Sanano con olio verde le morici, e col mele giovano arrisichi. Mangiandosi ancora fanno dovizia di latte alle donne. Impiastrate fanno cresoere i capegli ai bambini, e con l aceto stimolano la lussuria.
D e l l a c lb m a tid b E g iz ia , o d a f r o i d e , o p o lig o h o id b .

C l e i u t i d k A e g y p t ia , s it b d a p h n o id b , sit e p o l y GOltOIDB.

XC.'Est et alia clematis,Aegyptia cognomine, quae ab aliis daphnoides, ab aliis polygonoides vocator: folio lauri, longa tenoisque : adversus serpentes, ac privatim aspidas, ex aceto pota ef ficax. Db d b a c o b tio
l is .

XC. cci un* altra clematide, cognominata Egizia, la quale alcuni chiamano dafnoide, e al cuni altri poligonottle: ha fa foglia dell'alloro, lunga e sottile, e bevnta con P aceto ha virt conira le serpi, e massimamente contra gli aspidi.
C iec a i l d b a g o b z io .

XCI. 16. Aegyptns hsnc maxime gignit: qnae et aron, de qua inter bulbos diximus, magnae cum dracontio litis. Quidam enim eam dem esse dixerunt.Glauoias satu discrevit, draconlium sil vestrem aram pronuntiando. Aliqui radicem aron appellarunt, caulem vero draconlium, in totum alium, st modo hic est, qui apud nos dracunculus vocator. Natoque aros radicem nigrara in latitu dinem rotundem habet, raultoque majorem, et 4 manus implieatur. Dracunculus subrutilam, et draconis convoluti modo : unde et ei nomen.

XCI. 16. ^Questa erba particolarmente naice in Egitto:chiamasi auche aro, di cui ragionammo fra le cipolle, ed ha gran lite col dragonzio; pe rocch alcuni hanno detto eh* essa 4 il dragonzio stesso. Glaucia per la fa differente, quanto a pian* tagione, dicendo che il dragonzio Paro salvatico. Alcnni chiamarono la radice aro, e il gambo dra gonzio, tutto altro dal nostro, a*egli pur quello che noi chiamiamo dragoncolo. Perciocch l ' aro ha la radice nera, tonda e larga, e mollo m ag giore, la quale empierebbe la mano. Il dragoncolo l ' ha alquanto rossa, e a modo d un d ra g o u ritorto, onde s* ha preso il nome.
D b l l A ko, i 3.

Db

a o , xm.

XCU. Quin et ipsi Graeci immensam posuere differentiam, semen dracunculi fervens mordax* que tradendo: lantomque ei vlras, ul olfaclum

XCII. Anzi i Greci medesimi vi Canno gran dissima differenza, con dire, che il seme del dra goncolo caldo e mordace, e che ha al terribile

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXIV.

gravidi* H o r t a m inferat. Aron miris laudibus extulere : primum in cibis feminam praeferentes, quoniam mas durior esset, et in coquendo lentior. Pectoris vitia purgare : et aridum in potione in* spersum, aut ecligmate, urinam et menses ciere. Sic el in oxymelile potum stomacho : interaneisque exulceratis ex lacte ovillo bibendum : ad tnssim, in einere coctum ex oleo dedere. Alii coxere io lacte, ut decoctum biberetur. Epiphoris elixum imposuere : item sugillatis, tonsillis. Ex oleo hae roorrboidom vitio infudere, lentigines ex raelle illinentes. Laudavit Cleophantus et pro antidoto contra venena : pleuriticis, peripneumonicis, quo Inssientibos modo : semen intritum cum oleo aut T o ia c e o infundens aurium dolori. Dieuches tusaientibus, aut suspiriosis, et orlhopnoicis, et pura exscreantibus, farina permixtum in pane c o c t o dedit. Diodotus phthisicis e meile ecligmate, et pulmonis vitiis : ossibus etiam fractis imposuit. Partus omnium animalinm extrahit, nalurae cir cumlitum. Succus radicis cum meile Attico, ocu lorum caligines, ac stomachi vitia discutit, tussim decocti jus cum mellc. Ulcera omnium generum, sive phagedaenae sint, sive carcinomata, siveserpant, sive polypi in naribus, succus mire sanat. Polia ambustis prosuot e x vino et oleo cocta. Alvum inaniunt ex sale et aceto sumpta. E t la xatis cocta cura meile prosunt : ilem articulis podagricis cum sale, recentia vel sicca. Hippo crates utralibet ad collectiones cum m e i l e impo suit. Ad menses traheodos seminis vel radicis dra chmae duae ia vini cyathis duobus sufficiunt. Eadem polio, si a partu non purgantur, et se cundas trahit. Hippocrates et radicem ipam adpouiit. Dicunt et in pestilentia tatuiamo esse in cibis. Ebrietatem discutit. Serpentes nidore, quom crematur, privalimque aspidas fugat, ant inebriai, ita ut torpentes inveniantur. Perunctos quoque aro e laureo oleo fugiuut. Ideo et contra idui dari polu in vino nigro putant ulile. In foliis ari caseus oplirae servari traditur.

odore, che le donne gravide solo a fiutarlo si sconciano Hanno poi maravigliosamente lodato Taro, mettendo per innanzi la femmina per mangiare, perch il maschio pi duro, e pi lento a cuocersi. Dicono che purga i mali del petto, e secco messo in bevanda, o in empiastro, muovei*orina e i mesi delle donne. Bevuto cos anche nell1ossimele giova allo stomaco. Hannolo dato ancora a bere con latte di pecora a* malori degl* intestini ; e alla tosse colto nella cenere con P olio. Altri lo cuocono in latte, e dannolo a bere. Pongonlo lesso alle lagriraazioni degli occhi, e cos a*suggellali e alle gavine. Con olio P infon dono sulle morici, e cl mele lo impiastrano alle lentiggiui. Cleofanto lo lod per antidoto contra i veleni, al mal di fianco e alla difficolt di respi rare, nel modo che si d per la tosse : il seme trito con olio rosato s* infonde al duolo degli orecchi. Dieuche lo diede alla tosse, a* sospirosi, agli ortopnoici e a chi spurga marcia, mescolato con fario in pan colto. Diodolo Io appose a' tisichi in empiastro di mele, a1difetti del polmone e alP ossa rotte. Tira fuora i parli di tutti gli ani mali, ugnendo intorno alta natura. Il sugo della sua radice con mele Ateniese leva i bagliori e i difetti dello stomaco ; e la sua decozione col mele guarisce la tosse. Il sugo sno maravigliosamente guarisce tutte le ulcere, o sieno fagedene o fi Iole, o sien di quelle che impigliano, o sien polipi nel naso. Le foglie sue cotte col vino e con Polio gio vano alle incollure. Prese col sale e con P areto alleggeriscono il corpo. Cotte col mele giovano ancora alle membra mosse del luogo loro ; e fre sche o secche col sale fanno servigio alle gotte. Ip pocrate adoper l'one e laltre col mele a tulle le raecoIte.Duedramme del semeo della radice in dne bicchieri di vino bastano a tirar fuora i menstrn. Questa medesima bevanda, se le donne non si pnrgano dopo il parto, tira fuori le seconde. Ip pocrate vi adoper ancora la radice. Dicono anco eh' utile a mangiarla nella pestilenza. Leva la ubbriachezza. L odore suo, quando ella s'arde, caccia le serpi, e particolarmente gli aspidi ; o gli ubbriaca in modo, che rimangono insensati. Fun gono ancora chi unto d aro con olio d 'alloro. Perci tengono che giovi darlo bere in vin nero ancora a chi morso. Dicono che il cacio si con serva benissimo nelle foglie delP aro.
D bl
draqohcolo,

Ds

DSACCHCULO, 11.

a.

XCUl. Dracunculus, quem dixi, hordeo ma* turescente effoditur, luna crescente. Omuioo ha bentem serpentes fugiunt. Ideo percussis prodesse in potu ajunt majorem: ut et menses, si ferro non attiugatur, sistat. Saccus ejus et aurium do lori prodest.

XCII1. Il dragoacolo, ch'io ho detto, si eava quando l ' orzo maturo, a luna crescente. Le serpi fuggono chi l ' ha addosso ; e perci dicono che il maggiore giova nel bere a' percossi, e se non tocco col ferro, ferma i menstrui. 11 sugo suo giova al dolore degli orecchi.

4!

C. PMNII SECUNDI

Id antera qaod Graeai dracontion vocant, triplici effigie demonstratum mihi est : foliis be ta e, non sine thyrso, flore purpureo. Hoc est si mile aro. Alii radice longa, vel oli tignata articu losa que, monstravere : tribas omniao cauliculis : folia ejus es aceto decoqui contra serpentium ictus jubentes. Tertia demonstratio fuit, folio majore, quam cornus, radice arundinea totidem (ut adfirmabant) geniculata nodis, qaot haberet annos, totidemque esse folia. Hi ea es vino vel aqaa contra serpente* dabant.

Quello che i Grdci chiamano dragonzio, m ' stato mostro d i tre ragioni : uno con foglie come di bietola, non senza torso, e con fior porpore*. Qaesto simile all* aro. Un altro me ne fa mo strato con radice lunga e quasi dipinta, con nodi e eon tre gambi piccoli, e mi s i disse che le foglie sue s i coocooo nell' aceto contra il morso delle serpi. Il terzo mi fo mostro con le foglie maggiori che il corniolo, eon radice di canoa, e tanti nodi (secondo che d i c e T a n o ) , quanti a T e v a anni, e di altrettante foglie. Essi a s a T a n o questo con T in o o acqua contra le serpi.
D e ll' a u ,

Db a ii , iu.

3.

XCIV. Est et aris, quae in eadem Aegypto nascitur, similis aro, minor tantum miooribusque foliis, et utiqoe radice, quae tamen olivae gran dis magnitudinero implet: alba geminam caulem, altera unum tantum emittens. Medetur utraque ulceribus manantibus: item combnslis, ac fistulis collyrio immisso. Noraas sistunt decocta earum in aqua, el postea tritarum rosaceo addito. Sed unum miraculum ingens, contacto genitali cujus que feminini sexus, aoimal in perniciem agi.

XCIV. cci ancora l'ari, che nasce nello stesso Egitto, simile alP aro, se non eh* minore, ed ha le foglie minori, e la radice ancora, la quale per grande quanto ana grossa o li T a . Il bianco ha dae gambi, l'altro ne mette solamente ano. L 'ano e 1 altro medica le piaghe che colano, e le incotta* re, e le fistole, mescolatovi il collirio. Fermano le piaghe, le quali vanno sempre impigliando, aggingnendo P olio rosato ai cotti nell' acqua c dipoi triti. Ma contasi di loro una gran maravi glia, che toccando con essi la natura di ogni ani male di sesso femminino, esso ne va in rniaa.
D bl
m ille fo g lio ,

M il l e f o l io ,

s i t e m y b io p h y l l o ,

tii.

m ib io fillo ,

7.

XCV. Myriophyllon, quod nostri millefolium caolis est tener, similis feniculo, plurimis foliis : unde et nomen aeeepit. Nascitur in palu stribus, magnifici usos ad vulnera. Cum aceto bibitur ad difficultates urioae et T e s ic a e , et su spiria, praecipitalisque ex alto. Efficacissima eadem ad dentiam dolores. Etruria hoc nomine appellat herham io pratis tenuem a lateribus capillamenti modo foliosam, eximii usus ad voi* nera : boam nervos abscissos vomere solidari ea, rursosque jungi addita axungia adfirmans.
T o c a n t,

XCV. Il miriofillo, che i nostri chiamano mil lefoglio, ha il gambo tenero, simile al finocchio, con assaiisime foglie, ond* egli ha preso il nome. Nasce in luoghi pantanosi, e fa grandissimo be neficio alle ferite. Beesi con P aceto alle difficolt dell' orina e della vescica, e giova a* sospirosi e a* precipitati da alto. Esso ancora ha grandissima virt al dolore de* denti. La Toscana chiama con questo nome nn'erba sottile de* prati, fogliosa alle bande a modo di capillamento, la quale Ci grande atile alle ferite, e a rassodare i nervi dei buoi tagliati dal vomero ; affermando che di nuo vo si rappiccano insieme, con aggiungervi la sogna.
D b l PsBODOBumo,

P s E u D o B u m o , IV.

4*

XCVI. Psendobanion napi folia habet, fruti cans palmi altitudine. Laudatissima in Creta. Contra tormina atqne stranguriam, laterum praecordioramque dolores bibantar rami ejas qaini senive.

XCVI. 1 psendobonio ha le foglie di naT one, 1 e fa le messe alte un palmo. In Candia eccellen tissimo. Contra i tormini, la stranguria, i dolori de* fianchi e degl* interiori si beono cinque o sei de* suoi rami.

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXIV.

4*4

t f n ill D I ,

a ? l M T U B 4, SIVB VYBIZA, VII.

D e l l a M IBBIDI, o MIRRA, O M IBltA , J .

XCV11. Myrrhis, qaam alii smyrrhizam, alii myrrham vocant, simillima est cicutae, eanle foliisqoe et flore, minor tantom, et exilior, cibo uon insoavi*. Ciet menstrua et partns cara vino. Ajuot eamdem potam in pestilentia salutarem esse. Sabvenit et phthisicis in sorbitione. Avidi tatem cibi facit. Phalangiorora morsos restringit. Ulcera quoque in facie ant capite soccos ejos io aqua triduo maceratae saoat.

XCVII. La mirride, la quale alcuni chiama no roirixa, alcuni altri mirra, somiglia molto la oicota, se non che nel gambo, nelle foglie e nel fiore minore e pi sottile, e non spiacevole a mangiare. Col vino muove i mesi delle donne, e fa uscire i parli. Dicono ancora, ch'ella mollo utile a berla in pericolo di pestilenza. Aiuta i litichi che la beono. Fa venir voglia di mangiare. Rislrigne il morso de1falangi ; e il sago, d'essa macerata tre giorni nell' acqua guarisce le rotture che vengono nel viso e nel capo.
D e l l ' o b o b b ic h i,

O k o b b y c h i, m .

3.

XCV1II. Onobryehis folia babet lentis, lon giora paollo, florem rabentem, radicem exiguam et gracilem. Nascitur circa fontes. Siccata in fari nae modano, et inspersa vino albo, strangurias finit. Alvum sistit. Soccos ejos percoctis cam oleo sudores movet. Db m a g ic is
h b b b is .

XCVII1. L 'onobrichi ha foglie di lente, ma un poco pi lunghe, e il fiore che rosseggia, ra dice piccola e sottile. Nasce intorno a*fonti. Secca in modo di farina, e sparsa col vin bianco, guari sce le strangarie, e ferma il corpo. Il sugo suo fa sudare quegli che son unii con olio.
C ibca l ' bb bb m a g ic h e . D e l l a cobacesia , b
d e l l a c a l l ic ia .

C o ba cesia , b v c a l l ic ia .

XC1X. 17. In promisso herbarum mirabilium, occurrit aliqua dicere et de magicis. Quae enim m ira b ilio re s sunt ? P rim i eas in nostro orbe cele bravere Pythagoras atque Democritus, coaso ciali Maga. Coracesia et callicia Pythagoras aquam glaciari tradit : quarum meotiooem apud alios non reperio, nec apod eom alia de his.

XCIX. 17 Alalia trattazione che attenemmo dell'erbe maravigliose, ci occorre dire aldina cosa ancora delle magiche. per verit,quali sono pi mirabili d esse ? 1 primi che le celebrarono in {Europa furono Pitagora e Democrito, i quali seguirono i Magi. Dice Pitagora che la coracesia e la callicia faa ghiacciare l'acqua; o trovo altro scrittore che ne favelli ; n egli altro ne scrive.
D ella m im a d b , o c o b is id ia , i .

M ih t a d b , siv b c o b t sid ia , i .

C. Idem minyada appellat, nomine alio ooryaidiaia, cojus decocto iu aqua succo, protinus sanari ictus serpentium, si foveantur, dicit. Eumdem effusum in berba qui vestigio contigerint, aut forte respersi fuerint, insanabili leto perire, monstrifica prorsus natura veneni, praeterquam mira venena.

C. Il medesimo chiama miniade, e per altro nome corisidia un erba, il cui sugo cotto nell'ac qua dice che subito guarisce i morsi delle serpi, fomentandogli. Il medesimo sugo dice che ver sandolo sull' erba fa perire senza rimedio chi col piede lo tocca, o a caso n' bagnato: nalura di veleno veramente mostruosa, se non ch'ella uc cide il veleno stesso.
D ell' a p b o s s i, 6 .

Araoxi, vi. CI. Ab eodem Pythagora aproxis appellator herba, cojus radix e longinquo concipiat ignes, t naphtha, de qua in terrae miraculis diximus. Idem tradit : si qui morbi humano corpori accideriut fiorente aproii, quamvis sanatos admoni tionem eorum sentire, quoties florere eam conti gerit: et rrumeolum} el cicutam, el violam simi

CI. 11 medesimo Pitagora chiama aprossi una erba, la coi radice di lontano s 'accende, come la nafta, di cui ragionammo nerairacoli della terra. Gi di pi dice, che se al corpo amano interviene infermit alcuna, quando questa aprossi fiorisce, bench ne guarisca, nondimeno sempre ogni an no, quando torua la stagione eh'essa fiorisce,

4.5

C. PU N II SECUNDI

{16

lem conditionem habere. Nec me fallii, boc volu me ejus a quibusdam Cleemporo medico adscribi : Pythagorae pcrtrliuax fama anliquitasque vindicant. Et idipsum auctoritatem voluminibus adferl, si quis alius curae suae opus ilio viro di gnum judica vii: quod fecisse Cleemporum,qaura alia suo et nomine ederet, quis credat?

quella tal* infermit si fa sentire. La medesima natura dice essere nel grano, nella cicuta e nell viola. Gi so bene io che questo suo volume attribuito da alcuni a Cleemporo medico; m a uua perpetua fama insieme con l*antichit affer mano ch'egli di Pitagora. Per questo medesimo arreca autorit a* libri, se alcuno ha giudicato l ' opera sua degna di quell* uomo; il che chi pu credete aver fatto Cleemporo, se egli ha latitoIati altri libri del suo proprio nome T

D e m o c r ito f a b u l o s e s c r i p t a . D b a g l a o p h o t i DB, SIVB MABMOBITIDE ; ACHABMBNIDB, StVB SIVB SEMNIO ; HIPPOPHOBADB ; THBOUBBOTIO,

C lB G A L E MEDICINE MAGICHE SCRITTE DA D e MOCIIto

. D e l l * a g l a o f o t i, o m a r m o b it b :

d b l l ' a-

CHEMENlDO O IPPOFOVADA :

DEL

TBOMBBOZIO, 0

ADAMANTIDE, a b i a m i d b , t h e r i o n a b c a , A ethio PIDR, SIVB M eB O ID B ; SI VE OPHIUSA, THALASSEGLB,


p o t a m u c y d e ; t h b % g e l id e , g e l o t o p h t l n h e s t u t o r i d b , siv k p r o t o m e d ia

SKUNIO : DELL* ADAMANTIDA, ARJANIDB, TEI10MARCA, E t i O P I D E , O M e b O I D E : D E L L E OF1USA,

t a l a s s e g l b , o p o t a m d c i d e : d e l l a t e a n g e l id a ,

i.id k ;

c a s i-

DELLA G E LO TO FILLID A ,

DELL* BST1AT0BIDB, 0

GNBTB, SIVB DIONYSOBYMPHADE; HELIANTHIDB,


s iv b h e l io c a t .l i d e

PBOTOMEDIA : DELLA C ASSIGNET A, O DIONIS09IIFADA : DELL* ELI ANTK O KLIOCALLIDR : D EU- U MESIA, ESCHINOMEBE, CROCLDK, ENOTER IDE, AVA'
cam pserote.

h r r m is ia d k ,

a k sc h y n o -

MEBE,

c r o c i d b, o e b o t h e r io k , a h a c a m pse r o t e .

GII. Democriti certe chirocmeta esse constat. Al in his ille post Pythagoram Magorara sludiosinimni, quanto portentosiora trtd itf Aglaophotin herbam, quae admiratione hominum propler eximium colorem acceperit nomen, in marmori bus Arabiae nascenlem Pertico latere. Qaa de causa et marmorilin vocari. Magos utique ea uli, qnnm velint deos evocare. Achaemtnida, colore Herlri sine folio, nasci in Taradaslilis Indiae: rnjus radice in pastillos digesta, in dieque pota in vino, noxii per cruciatus nocte confiteantur omnia, pet varias nnrainum imaginationes. Ea ra derti hippophobada appellat, quoniam equae praecipue caveant eam.Theombrotion xxx schoe nis a Choa<pe nasci, pavoni* picturis similem, odore eximio. Hanc autem a regibn* Persarum comedi aul hibi contra omnia corporum incom moda. instabililalemque mentis, eamdem semnion a potentiae majestate appellari. Aliam deinde adamantida, Armeniae Cappadociaeque alumnam. Hac admota leones resupinari cum hiatu laxo. Nominiscausam esse, quod conteri nequeat. Arianidem in Arianis gigni, igneam colore: colligi, qnnm sol in Leone sit. Hujus taclu peruncta oleo ligna accendi.

CU. Tuttavia ognun sa che 1 opera detta chi * rocmeta cosa di Democrito. Costui dopo Pitagora studiosissimo delle cose de Magi, racconta cose molto pi mostruose di queste. Dice che l'rba aglaofoti, csi chiamala dalla maraviglia degli uomini per rispetto del suo bellissimo colore, nasce nei marmi d Arabia dalla parte di Persia, e perci si chiama ancora marmorite ; e che i Magi si servono di questa erba quando vogliono iu vocare gli dei ; e che l'acbemenida del colore dall'ambra senza foglia, e che nasce in Taradastili d 'India; la radice della quale, fattone paste gli, se si d a bere di giorno a'malfatlori, la nolle confessano tulle le cose, per varie immaginazioni degli dei. La medesima da lui chiamata ippofovada, perciocch le cavalle sopra tutto si guardano da questa erba. Dice che il teombrozio nasce tren ta sceni dicolo dal Coaspe,simile alla coda dipinta del pavone, e che ba grandissimo odore. Inoltre, che i re di Persia usano berla o mangiarla conin gl* incomodi del corpo, e I* instabilit di mente, e che la medesima si chiama setnnio dalla maest della sua potenza. Che v* poi uu'allra erba, chia mata adamantida, la quale nasce iu Armenia e iu Cappadocia, e appressata aiioni, fa che essi sar rovesciano ooii la gola aperta ; e che la cagione del suo nome , pereh ella non si pu pestare. Nelle campagne Ariane dice nascere un* erba, che si chiama ariauide, di colore di fuoco, la quale si raccoglie quando il sole in Lione, e d fuoco alle legne unie d 'olio, solatucnle toccandole.

4'7

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXIV.

418

Tberionarca in Cappadocia ei Mysia nascente, oranes feras torpescere, nec uisi hyaeuae uriuae ailspersu recreari. Aelhiopida in Meroe nasci. Ob iJ et meroida appellari, folio lactucae, hydropicis utilissimam e mulso potam. Ophiusam in Ele phantine ejusdem Aethiopiae, lividam, difficilemqueaspectu, qua pota terrorem miuasque serpen tium obversari, ita ut mortem sibi eo metu con sciscant: ob id cogi sacrilegos itlarn bibere. Ad versari autem ei palmeum vinum. Tbalasseglen circa Iodum amnem inveniri, quae ob id nomine alio potamaucis appellatur : hac pota lymphari homines, obversantibus miraculi*. Theangelida in Libano Syriae, Dicte Cretae montibus, et Ba bylone, et Susis Persidis nasci, qua pota Magi divinent. Gelotophyllida in Bactris, et circa Borystheaen. Haec si bibatur cura myrrha et vino, variti obversari species, ridendiqne finem non fieri, nisi potis nucleis pineae nucis cum pipere, et meile in vino palmeo. Hestiatorida a convictu ia Perside nominari : quoniam hilarentur illa. Eamdem protomediam, qua primatum apud re ges obtineant.

Casignefen, quoniam secum ipsa nascator, aec eum aliis aliis herbis. Eamdem dionysonymphadem, quoniam vino mire conveniat. Heliantbeo vocat in Themiscyrena regione et Ciliciae nontibos maritimis, folio myrti. Hac cnm adipe leonino decocta, addito croco et palmeo vino, perungi Magos et Persarum reges, ut fiat corpus aspectu jucundum. Ideo eamdem heliocallidem nominari.

Hermesias ab eodem vocatur, ad liberos ge nerandos pulchros bonosque, non berba, sed ((Miitio e nucleis pineae nncis tritis cnm mei le, myrrha, croco vino palmeo, postea admixto theombrotio et lacte, bibere generaturos jubet, et a conceptu puerperas partam nutrientes : ita fieri excellentes animo et forma, atque bonos, flaram omnium magica quoque vocabula ponit. Adjecit his Apollodorus adsectator ejus, herbam aeachynomeneo, quoniam adpropinquante mana (olia contraheret. Aliam crocida, cujas tacto phaImgia m orerentur. Cralevas oenotberidem, cu jos adspersu e vino feritas omoium animalium niligarclur. Anacampserotem celeber arte gram-

Ancora, secondo lai, in Cappadocia e in Misia nasce P erba chiamata terionarca, Ia quale fa in tormentire e perdere il senso a tutte le fiere, che non si possono ricreare se non bagnate con 1*ori na della iena. Lerba etiopida nasce in Meroe, e per ci dice che si chiama meroide : ha foglie di lattuga, e bevuta col vin melalo utilissima a' rituopichi. In Elefantine della medesima Etio pia nasce un'erba chiamata ofiusa, livida e dif fcile a guardarla, la quale bevuta dice egli che sempre rappreseota paure e minacce di serpenti ; di maniera che per quelle paure molti s 'am mazzano da loro stessi : per questo si fa bere per forza a' sacrileghi. Dice che il vino delle pal me contrario a questa erba. Truovasi lungo il fiume Indo un'erba, la quale si chiama talassegle, e perci con altro nome si domanda potamucide ; e quegli che la beono diventano furiosi, e pare loro tuttavia vedere maraviglie. Nasce la teangelida nel Libano monte della Soria, in Dite montagna di Candia, in Babilonia, e in Susa di Persia, la quale beono i Magi nelle loro divinazioni.!* gelolofillida nasce io Baltri, e circa il Borisi eoe. Questa erba a chi la bee eoo mirra e con vioo fa parere di veder cose che lo fanno tuttavia ridere, di che mai non resta, se non bee pinocchi, pepe e mele in vino di palme. In Persia nasce la esliatoride, cos chiamala dal convitto, perch fa allegrare altrui. Dicesi anco protome dia, perch ella fa ottenere il primo luogo ap presso i re. Secondo lai, la cassignela si chiama cos, peroh nasce da s sola, e non con veruna altra erba. Chiamasi ancora dionisoninfada,perch'ella ha gran convenienza col vino. Ei nomina eliaote uuerba, la quale nasoe nel paese di l'emiscira, e ne1 monti marittimi della Cilicia, ed ba la foglia dello mortine. Di questa cotta con grasso di liooe, ag giuntovi zafferano e via di palma, s'ungono i Magi e i re di Persia, per fare i corpi loro pi belli a vedergli. Perci si chiama ancora eliocallide. 11 medesimo Demoerito chiama ermesia, la quale fa generare i figliuoli belli e booni, non u* erba, ma una composizione di piooccbi pesti, e mele e mirra e vioo di palme, mescolandovi poi teombrozio e latte : dassi a bere a chi vuole inge nerare, e alle donne di parto che danno poppa. Di questa maniera dice che il bambino diventa eccellente danimo e di corpo, e buono. Di tutte queste erbe mette Democrito i vocaboli magici. Apollodoro seguace di lui aggiugne alle detto di sopra on altra erba, ehe si chiama eschinome* ne, perch appressandosi la mano, ella ritira a s le foglie. Un altra ve n , detta croctde, al cui tocco i falangi si muoiono. Crateva fa menzione

C. PLINII SECUNDI

420

malica paullo m ie, cujus omnino tactu redirent amores, vel cum odio deposili. Et abunde sit baclenus adligisse insignia Magorum ia his her.bis, alio de his aptiore dicturis loco.

della enoteride, la quale se si sparge eoi vino, mi liga la terribilit di tatti gli animali. Della anacampserole ragion, noa ha molto, an eccel le1 le grammatico, dicendo che toccandosi fa ri 1 tornare gli amori, ancora che posti gi per odio. M basti in sin qui aver tocche le maraviglie dei Magi rapporto a queste erbe, differendo il dire di esse in altro pi comodo luogo.
E b if ia .

E biph u .

CUI. 18. Eriphiam multi prodidere. Scara baeum haec in avena habet, sursum deorsum de currentem cum sono hoedi, unde et nomen accepi Hac ad vocem nibil praestantius esse tradunt.

CIII. 18. Molli hanno trattato della erifia. Questa ha ano scarafaggio, che scorre di su in gi per lo gambo con voce come di capretto, oode anco ha preso il nome. Dicono che non c con pi alile della erifia per la voce.
C b l l bb ba l a r a e ia , i . D e l l ' bb ba l a t t o ee , i. D e l l * bbba m il it a b b , t .

HBBBA I.ARABIA, 1} LACTOB1 I ; MILITABIS) L S,

C1V. Herba lanaria o v i b u s jejunis data, lactis abundaoliara facit. Aeque nota lactoris vulgo est, plena lactis, quod degustatum vomiliones con citat.,Eamdem hanc aliqai esse dicunt, alii simi lem illi, qaam militarem vocant, quoniam vulnus ferro factum, nullum noa intra dies quinque sa nat, ex oleo imposita.

C1V. L'erba detta lanaria, data alle pecore a digiuno, fa loro doviiia di latte. similmente nota ad ognuno lerba chiamala Ultore, piena di latte, il quale gustalo muove il vomito. Alcuoi dicono essere questa medesima, altri simile a essa, quella che si chiama erba militare, perch postavi su con olio guarisce iu ciuque giorni tutte le fe rite fatte col ferro.
D e lla s tb a tio te ,

S t b a t io t s s , * .

5.

CV. Celebratur antem el a Graecis stratiotes, sed ea in Aegypto lanium et inundatione Nili ascitur, aizoo similis, ni majora haberet folia. Refrigerai mire, et vulnera sanat ex acelo illita. Item ignes sacros, ac suppurationes. Sanguinem juoque qui defluii a renibus, pota cum thure nasculo mirifice sistit.

CV. 1 Greci celebrano la stratiote, la qnale nasce solamente in Egitto, e quaudo il Nilo tra bocca, simile al semprevivo, s' ella non avesse le foglie maggiori. Impiastratavi con l ' aceto, mara vigliosamente rinfresca, e guarisce le ferite, ooo cbe il fuoco sacro e i luoghi che gettano pozza. Bevuta con incenso maschio, ferma beuissimo il sangue ch'esce dalle reni.
D b l l ' ebba ra ta ir capo a q u a l c h e sta t u a , i .

H ebba d b c a p it b s t a t o ab , i .

CVI. ig. Herba in capile statuae nata, collectaque alicujus iu vestis panno, et illigata in lino rufo, capitis dolorem confestim sedare traditur.

CV1. 19. L 'erba nata nel capo d' una statua, colla e messa nel panno della vesta d ' alcuno, e legala eoo filo rosso, dicono che leva subilo il dolore del capo.
D e l l ' b b b a d b fiu m i, i .

H ebba d b flu m in ib u s , i .

CVII. Herba quaecumque a rivis aut flumini bus aale solis orlum collecta, ita ut nemo colli dentem videat, adalligata laevo brachio, ita ut eer quid sit illud ignoret, tertianas arcere lra bitur.

CVII. Ogni erba o di rivo, o di fiame, colta innanzi il levar del sole ( ma che persona 000 vegga colui die la coglie) e legata al braccio manco di chi ha la terzana, pur che l ' iu fermo 4ion sappia che cosa si sia, Io guarisce.

HISTORIARUM MONDI MB; XXIV.


H l i n g u a . I.

4 aa

ebba

D e l l ' bb ba l in g u a , t .

CVIII. Liofoa herba nascitor eirca fontes. Radix ejus combosta et trita cam adipe suis (adjiciunt a l nigra sit el sterilis ) , alopecias aiendal ungentium io sole.
H
e r b a d b c r ib r o , i .

CVIII. L 'erba lingua hasee iatorno alie fonti. La saa radice arsa e pesta con grasso di porco (e vogliono eh* ella sia nera e sterile) leva fa tigna a chi se ne agne al sole.
D e l l ' ebba c o l t a n e l v a g l io , i .

CIX. Cribro in limite adjecto, herbae iolas exstantes decerptae adalligataeqae gravidis, par tus accelerant.
H
bbba

CIX. GeMasi vaglio in riviera, e si colgono l ' erbe che vi restano dentro. Queste legate ad dosso alle donne gravide, affrettano loro il parto.
D e l l b b b a rata

DB rtM BTlS.

ni

l e t a m i.

CX. Herba qoae gigaitar sapra fimeta roris, contra anginas efficacissime pollet ex acqaa pota.

CX. L'erba che nasce sopra i letami in Vili, bevuta nell acqua ha grandissima virl contra le serrature della gola.
D ell*e b b a , p re s s o c o i i c a s i u r i n a n o , i .

e BBA

A CASOSI CRINA, I .

CXI. Herba, jaxta qaam canes ari nam fandont, evulsa ne ferro adtingatur, laxatis celerri me medetor.
R hodoba,
u i.

CXI. L 'erba, presso la quale i cani pisciano^ svelta, ma che non sia tocca con ferro, guarisce tosto le membra mosse del loogo loro.
D e lla bodoba,

3.

CXII. Rompo tinam arborem demonstravi mas' inter arbasla. Jaxta hanc vidoam vite nascitur herba, qaam Galli rhodoram voeant: caulem habet virgae ficuloeae modo geniculatam, folia urticae io medio exalbida, eadem procedente tempore tota rabentia, florem argenteam : prae cipua contra lamores, fervoresque, et collectio nes, cum axungia vetere tusa, ita ut ferro oon adtingatur : qui per ancto* est despait ad suam dextram ter. Effieadus remedium esse ajunt, si tres qooqoe trium natiouum homines perungant dei trono.
I m pia , i i .

CXII. Abbiamo gi ragionato di sopra del-*

V arbusto rompo li no. Appresso a questo vedovodi vite nasce un erba, la qoale i Francesi chia mano rodora : ella ha il gambo a nodi, come anavermena di fico, e le foglie d 'ortica scialbe nel mezzo, che col tempo rosseggiano tatte, e il fiore argentino. E ottima cantra enfiati, riscaldamenti e raccolte, pesta con sugna vecchia, in modo che non sia tocca oon ferro, se quel e h ' unto, sputa tre volte dalla soa man ritta. Ma dicono eli* p i* possente rimedio, se tre uomini U tre diverse nazioni l ' ungono dalla parte ritta.
D ell'
im p ia ,

a.

CX1I1. Herba impia vocator incana, rorisraarini aspeoto, thyrsi modo vestita atque capitato. Inde alii ramali exsurgunt sua capitula gerentes : ob id impiam appella vere,quooiam Uberi super parentem excellant. Alii potius ita appellatam, quod Bullam animal eam adtingat, exstimavere. Haec inter daos lapides trita fervet, praecipuo adver tas anginas socco, lacte et vino admixto. Miram tnditnr, n umquam ab eo morbo tentari qui gutaveriot. Itaque et suibus dari : quaeqoe medi* amentaro id noluerint haurire, eo morbo in te rimi. Snnt qoi et io aviam nidis interi a liq u id n ea putent, atqae ita non strangulari pullos ridins devora n leti.

CXIII. Erba impia si chiama oa* erb oh& biancheggia e che somiglia il ramerino, vestita e capitata a modo di tirso. Di quinci sorgono altri rami co' lor capitelli; e a* Mainata empia, per ch i figliuoli vogliono alzarsi sopra la madre. Altri piuttosto tengono ch' ella sia cosi chiamata, peroh nessuno animale la tocca. Questa erba pea sta tra due sassi bolle : il sugo suo ottimo eontra le serrature della gola, mescolatovi latte-e vino? e di cesi ebe chi avr gustato d essa, non patir mai simile infermit. Perci' si d a' porci, e quale di loro non ne vuole mangiare, si muore di quel male. Alcuni dicono che mettendo un poeo di questa erba nel nido, guarda i pulcini, che hi4

/,a3

C. P U N II SECUNDI

42

ghiollendo troppo ingordamente alcuna cosa non affogano.


T m u i PBCTB, I. D b l p b ttis b
di

Vbnbeb,

CX1V. Veneris pectinem appellant a simili* lodine pectinum, cujus radis cam malva tosa, omnia corpori infixa extrahit.

CXIV. Chiamasi pettine di Venere an' erbs, dalla somiglianza ch'ella ha col pettine, la eoi radice pesta con malva cava del corpo ogni con fittavi.
D e ll'
esssdo ,

E x EDOM, SIVB MODIA) IT.

r o d ia ,

a.

CXV. Veterno liberat, quae exedam vocator, nodia herba, coriariorum officinis nola : ea mu laris est aliis, aliisve nominibus. Nomas curai : efficacissimamque adversus scorpiones esse, po tam in vino aut posca, reperio.

CXV. L'erba nodia, che si chiama essedo, guarisce i letargici. Essa conosciuta dalle bot teghe de' coiai : da altri chiamasi molare, o eoa altri nomi. Guarisce i cancheri ; e truovo eziandio che bevuta in vino o posca, ha grandissima virt conira gli scorpioni.
D b l f il a h t e o p o , i . D b l la l a pp o l a camakia , a.

P h il a m t b e o p o s , i ; l a p p a carabi a, i i .

CXVI. Philanthropon herbam Graeci appel lant hirsutam, quoniam vestibus adhaerescat. Ez hae corona imposita capitis dolores sedat. Nam quae canaria appellatur lappa, cum pian* tagine el millefolio trita ex vino carcinomata sa nat, ternis diebus solnta. Medetor et suibus effos sa sine ferro, et addita in colluviem poturis vel ex lale ac vino. Quidam adjiciant et fodientem dicere oporten : uHaec est herba argemon, qoam Minerva reper t suibus remedium, qui de illa gustaverint.

CXVI. Chiamano i Greci filantropo nn' erba pilosa, perch s* appicca alle vesti. Se si fa ghir* landa dessa, leva il duolo del capo. Quella che si chiama lappola canaria, pesta nel vino con piantaggine e millefoglio, guarisce le fistole cancherose,sciogliendola ogni terzo gior no. Colta senza ferro, e data bere a' porci nelle loro immondezze, o eon latte e vino, dioesi che gli guarisce. Alcuni dicono che bisogna che chi la coglie dica : Questa l'erba argentone, la qoale fu trovata da Minerva per rimedio di questi porci che ne gusteranno.
D el t o b d i l o , o s i e b o ,

T o e d t l o r , i m st e b o h , m .

3.

CXVII. Tordylon alii semen silis esse dixe rant : alii herbam per se, quam et syreon voca verunt. Neque aliud de ea proditum invenio, quam in montibus nasci t combustam potu ciere menses, el pectoris exscreationes, efficaciore tiamnnm radice: succo ejus ternis obolis hausto renes sanari : addi radicem ejus et in malagmata.

CXVII. Alcuni hanno dello che il lordilo il seme del sile ; altri, eh' egli un* erba di per s, la quale hanno chiamata ancora sireo. N truovo scritto altro d'esso, se non ch'egli nasce ne'raonli. Arso e bevuto provoca i mesi delle donne, e gli spurghi del petto: la sua radice ha maggior virt. Beendo tre oboli del suo sugo si medicano le reni. La radice sua s 'adopera negli empiasi.
D e l l a g b a m ig r a , 17.

Gbambr, xvn. CXVIII. Gramen ipsum est inter herbas vul gatissimam. Geniculatis serpit internodiis, crebroque ab his, et ex cacumine novas radices spargit. Folia ejus in reliquo orbe in exilitatem fastigantor. In Parnasso tantum ederacea specie, deosius quam usquam fruticant, flore odorato candidoque. Jumentis herba non alia gratior, sive viridis, sive in feno siccata, quum detor adpersa aqua. Succum quoque ejas in Parnasso

CXVIII. La gramigna stessa an' erba molto conosciuta fra laltre. Va ampliandosi co'nodegli,e qui e qua da essi, e infino dalla cima, sparge ra dici. Le foglie sue sono appuntale e sottili. Sola mente sul monte Parnaso le ha simili a foglie d 'ellera, pi dense che in alcuno altro laogo, eoo fiore odoroso e bianco. Non c' erba pi grata alle bestie di questa, o sia verde, o sia secca io fieno, ma spruzzata di equa. Dicono anoora che

4a5

HISTORIARUM MONDI LIB. XXIV.

excipi tradaol propter ubertatem. Dalcis hic est. ]o vicem ejus ia reliqua parie terrarum succedit decoctum ad vulnera conglutinanda, quod etipsa kerba tosa praestat, tuetur que ab ioflammaliooibiu plagas. Decocto adjicitur vinum ac mei: ab aliquibas et thuris, et piperis, myrrhaeque lertiae portiones. Rursusque coquitur iu aereo vase ad dentium dolores el epiphoras. Radix decocta in vino torminibus medetur, et urinae difficulta tibus, ulceribusque vesicae. Calculos frangit. Se men vehementius urinam impellit. Alvum vomitionesque sistit. Privatim autem draconum mor sibus auxiliatur. Sunt qui.genicula novem, vel unios, vel e duabus tribusve herbis, ad huuc ar ticulorum numerum involvi lana succida nigra jubeant, ad remedia strumae, panorum ve. Jeju num debere esse qui colligat : ita ire ia domum absenti cui medeatur, supervenientique ter di cere, jejuno jejunam medicamentum dare, atque ita adalligare, triduoque id facere. Quod e gra minum genere septem internodia babet, effica cissime capiti contra dolores adalligatur. Quidam propter vesicae cruciatus decoctum ex vino gra nea ad dimidias a balineis bibi jubent.

di quella del monte Parnaso te ne cava sago per Ia sua ubert, e che esso dolce. Nell* altre parti del moodo io cambio del sago pigliano la sua cocitura a saldare le ferite ; il che si fa ancora con l'erba pesta, la quale inoltre guarda le pia ghe dalla infiammagione. Alla cocitura s'aggiugne vino e mele, e alcuni vi mettono la terza parie d 'incenso, di pepe e di mirra. Poi si caoce di nuovo in vaso di rame, e cos utile al duolo de1denti, e alle lagriraazioni degli occhi. La sua radice colta in vino medica i lormini, le difficolt dell'orina, e le ulcere della vescica. Rompe le pietre. 11 seme suo molto gagliardamente spiga l ' orina, ferma il corpo e il vomito; e particolar mente risana il morso dedragoni. Sono alcuni,eh* pigliano nove nodegli duna, di due o di tre erbe, inaino a quel numero, e gl'involgono io lana nera sucida per rimedio delle scrofe e delle pannocchie. Vogliono che chi la coglie sia digiuno, e cos vada a casa di colui eh1e1medica, e giugnendo quivi gli dica tre voile, come egli digiuno d la medi cina a persona digiuna, e dipoi gliene leghi, e cosi faccia per tre giorni.Quella specie di gramigna che fasalle nodi, legala al capo ha grandissima virt, contro al suo dolore. Alcuni danno a bere per le doglie della vescica la gramigna colta nel vino, fin che ne sia scema la met, quando il paziento esce del bagno. D il
d a t t il o ,

acty lo s, v.

5.

CXIX. Sunt qui et aculeatum gramen vocent triam geaerum : quam in cacumine aculei sunt plurimum quini, dactylon appellant : hos convo latos naribus inserunt, exlrahunlque sanguinis ciendi gratia* Allero qaod est aizoo simile, ad paronychia el pterygia unguium, et quum caro anguibus increvit, utuntur cam axungia : ideo dactylon appellantes, quia digitis medeatur. Ter tium genus dactyli, sed tenuis, nascitur iu parie tinis, aut tegulis. Huic caustica vis est. Sistit ulcera qaae serpunt. Gramen capiti circumdatum, san guini e naribus fluxiones sistit. Camelos necare traditor ia Babylonis regione, id qaod juxta vias naidlar.

CXIX. V anche una gramigna spinosa, che si divide in tre specie. L'una quella che ha nella cima al pi cinque spini, e che si chiama dat tilo. Ravviluppata si mette e si cava delle nari, perch n1esca il sangue. La seconda specie si mile al semprevivo. Questa buona a guarire certe pellicole che si sfogliano attorno all'unghie delle dHa, e a' panerecci ; e quando la carne cre sce sopra V unghie, vi si pone ron la signa ; e si chiama dattilo perch guarisce le dila. La terza specie di dattilo nasce nelle mura e nelle legule: sottile ed ha forza caustica. Ferma le uleere che impigliano. La gramigna attorniala al capo rista gna il sangue del nato. Dicono che in Babilonia la gramigna che nasce lungo le vie uccide i camelli.
D el
f i rito g r e c o , c h e p u r s i d i c e s i l i c i a ,

F e V U M GBAECUN, QUAR SILICIA, XXXI.

3t .

CXX. Nec feno graeco minor auctoritas, quod Ulia vocant, alii carphos: aliqui buceras, alii Mgoceras, quoniam coruiculis semen est simile, nos siliciam : quomodo sereretur, suo loco docuinas. Vis ejus aiccare, mollire, dissolvere. Succus decocti fem inarum pluribus malis subvenit : sive duritia, sive tum or, sive contractio sit vulvae,

CXX. Il fien greco non ha punto minore au torit : chiamaolo teli, alcuai carfo, altri bucera, altri egocera, perch il seme suo somiglia corni cine : noi lo chiamiamo silicia, e come egli si se mini, labbiamo mostro al sao luogo. La forza sua di seccare, mollificare, dissolvere. Il sugo della ma cocitura rimedia a molti mali delle doune,

4*7

C. PLINII SECONDI B1STOR. MUNDI LIB. XXIV.

foventur, insidant : infusura quoque prodest. Furfures iu facie exteouat. Spleni addito nitro decoctum et impositum medetur. Item ez aceto. Sic et jocineri decoctum. Diocles difficile parientibiu semen ejus dedit acetaboli mensura triiom in uovem cyathis sapae, ut qoam tertias paries biberint, calida lavarentur: et in balneo sudanti bus dimidium ex relicto iteram dedit : mox a balneo reliquum, pro summo auxilio. Farinam feni graeci cum hordeo, aut lini semine decoctam aqua mulsa cootra vulvae cruciatus subjecit. Ilem imposuit imo ventri. Lepras, lentigines, sulphuris pari portione mixta farina curavit, nitro ante praeparata cute, saepias die illinent, perungique prohibens.

Theodorot feno miscait quartam partem pur gati nasturtii acerrimo aceto ad lepras. Damon semen feni acetabuli dimidii mensura cura sapae et aquae novem cyathi* ad menses ciendos dedit potu. Nec dubitatur, quin decoctum ejus utilissi mum sit vulvis, interaneisque exulceratis: sicut emen articulis atque praecordiis. Si vero curo malva decoquatur, postea addito- mulso potus anle cetera vulvis iuleraneisque la u d a tu r : quip pe quum vapor quoque decocti plurimum pro sit :.alarumque etiam graveolentiam decoctum feoi emendat. Farina porrigines capitis furfuresque cum vino et nitro celeriter tollit. In hydromelite autem decocta addita axungia genitalibus caedetur: ilem pano, parotidi, podagrae, chira grae, articulis, caroibosque quae recedunt ab os sibus: aceto vero subacta luxatis. Illinitur et lie ni decocta in aceto et meile tantoro. Carcinomata subacta ex vino porgat: mox addito meile persa nat. Sumitur et sorbitio e farina ad pectus exul ceratum loncamque tossim. Diu decoquitor, do nec amaritudo desinat. Postea mei additor. Nuuc ipsa claritas herbarum dicetur.

se Ia matrice ha durezza, o enfiato, o rallrappazioue. Per guarirne esse deono farseue fomenta zioni, o sedervi sopra. Giova ancora infondendovelo. Assottiglia le forfore nel viso. Cuocesi col nitro, o con 1 aceto ancora, e adoperasi al male * della milza. Cos cotto giova parimente al fegato. Diocle dava per singoiar rimedio a chi partorisce con difficolt un acetabolo di seme pesto in nove bicchieri di sapa, volendo che dopo P averne be vuto la terza parte, la persona si lavasse in acqua calda ; poi dava loro di nuovo, mentre sudavano nel bagno, la met del restante, e P avanto poi dopo il bagno. Us contra le doglie della matrice la farina del fien greco cotta in acqoa melata con orzo, o seme di lino, e posela ancora in fondo del corpo. Con questa farina, mescolata con egaal porzione di zolfo guar la lebbra e le lentiggini, preparandone per avanti la pelle col nitro: co mandava che vi si facesse empiastro pi volte il d, ma ne vietava la unzione. Teodoro mescol col fien greco la quarta parte di nasturzio purgato con aceto fortissimo per ri medio alla lebbra. Damone us dar a bere il seme del fieo greco a misura d* un mezzo acetabolo eoa nove bicchieri d' acqua e di sapa, per tirar fuora i menstrui. N si dubita che la sua cocitura aon sia utilissima alla matrice, e alle parti di dentro scorticate, come il seme alle giunture e agli inte riori. Ma se si cuoce con malva e vi s'aggiugne poi il vin melato, molto proficuo alla matrice e agli interiori : anzi il fumo stesso di questa co citura assai giovevole. Il fien greco, s 'egli cotto, leva il cattivo odore di sotto le braecia. La farina su con vino e con nitro leva via prestamente il pizzicore e le forfore del capo. Cotta nelP idro mele con la sugna, medica le membra genitali ; e eos le posteme dopo gli orecchi, le gotte de*pie<li e delle mani, le giunture, eie carni che si spicca no dalP ossa ; e impiastrala con l 'aceto, guarisce quegli che hanno i membri usciti de* loro luoghi Cotta nell'aceto, e col mele solamente, s'impiastra alta milza. Purga le fistole cancherose impiastrata col vino, e poi col mele le guarisce. Fassene fari na, e beesi per guarire il petto impiagato e la tosse lunga. Cuocesi lungamente, finch lascia P amaro. Poi vi si aggiugne il mele. Bagioneremo ora della eccellenza dell* erbe.

C.

PUNE

SECUNDI

HISTORIARUM MUNDI
U B E R XXV
NATURAE HERBARUM SPONTE NASCENTIUM, ET AUCTORITAS

---------------------------------

D b OBIGIHB USUS BARDV.

O b IGIITE DELL* DIO DI E S .

I.1. Jpv quae naoc dicetur herbaram claritas, medidoie tantam gigneute eas tellure, ia admi rationem curae priscorum diligentiaeque auimum agit. Nihil ergo intenlatura inexpertumque illis foit: nihil deinde occultaturo, quodque non prodesse posteris vellent. At nos elaborala iis abscon dere alqae supprimere cupimus,et fraudare vitam etiam alienis bonis. Ila certe recondunt, qui pau ca aliqua novere, invidentes aliis: et neminem docere, ia auctoritatem scientiae est. Tantum ab excogitandis novis, ac juvanda vita mores absunt, iwnmumque opus ingeniorum diu jam hoc fuit, ut intra unumquemque recte facta veterum peri rent. At hercules singula quosdam inventa deo rum numero addidere : omnium utique vitam clariorem fecere cognominibus herbarum, tam benigne gratiam memoria referente. Non aeque haec cura eorum mira in hi*,qnae satu blandiun tur, aut cibo invitant: culmina quoque montium invia et solitudines abditas, oiunisque terrae fibras scrutati inrvenere, quid quaeque radix polleret, ad quos usus bet baruni folia pertinerent, etiam quadrupedum pabulo intacU ad salutis usus vertentes.

I. i. -L ia ecellenxa dell1erbe, della quale al pre sente ragioneremo, perciocch la terra le produce solo per medicina, muove l animo mio gran maraviglia della diligenza e cura degli antichi. E di vero eh'essi non lasciarono cosa alcuna, che non tentassero e provassero ; e cos nulla rimase poi ascoso, e che non volessero che giovasse a co loro, i quali avevano a venire dopo essi. Noi iavece desideriamo di nascondere e tener coperte le cose, le quali essi con gran fatica e industria scoprirono, e defraqdare la vita ancora de1beai da altri ritrovati. E certo che quegli che hauno cognizione d 'alarne poche cose, s 'ingegnano di nasconderle, per la invidia che portano altrui, e pensaoo di dar riputazione alla scienza col non insegnarla a niuno. Ma tanto sou essi lontani da trovar cose nuove, e da giovare all umana vita, che anzi P ingegno da gran tempo f'sua mag giore opera il privarla d1ogni servigio ; onde n' avvenne che i trovati degli antichi andavano di mano in mano a perire cou ciascuu di costoro. Eppure alcuni per aver trovata una sol cosa fu rono posti nel numero degli dei, e conseguirono chela vita propria divenne pi chiara p e 'cogno mi dell'erbe, facendosi dovere la memoria di render loro beuigua grati*. Ma uon egualmente

C. PLINII SECONDI

'

{3a

mirabile la diligenza d ooloro nelle cose, che semiuale danno diletto, o ne invitano a cibarle: noi reggiamo come essi hanno ricercate le cime dei monti, e i luoghi disabitati e deserti, e cerco fin nelle viscere della terra d ogni minima erha, in modo che trovarono a che sieno utfli le radici, a ehe le foglie dell erbe, ed hanno rivolte in utilit nostra quelle piante ancora che punto non son tocche dagli animali.
Qui
LATINE USUS EARUM SCBIPSER1NT.

D> COLOBO CHE

HAR!0 SCRITTO IH LATINO SOPRA


L ' USO LOBO.

li. s. Gli uomini nostri, avidissimi di lotte II. 2. Mious hoc, qaam p*r crai, nostri cele le utilit e virt, hanno ragionato di questa ma bravere, omnium utilitatom et virtutum rapacis simi. Primusquc et diu solus idem ille M. Calo, teria assai meno che non si sarebbe convenato. omnium bonarum arliura magister, paucis dum- Il primo, e lungo tempo solo cbe tratt di qoesla taxal adtigit, boum etiam medicina non omissa. cognizione, fu quel medesimo Marco Catone, mae Post eum unus illtislrium lentavit C. Valgius stro di tutte le buone arti, il quale ragion sola mente alla breve; per senza lasciare addietro eruditione speciatus, imperfecto volumine ad di neppur la medicina de' buoi. Dopo lui la tent vum Augustam, inchoata etiam praefaliooe reli quel grande nomo di Caio Valgio, persona molto giosa, at omnibus malis humanis illius potissi dotta, il quale lasci il volume imperfetto dedi mum principis semper mederetur majestas. cato all* imperadore Angusto, oon appena comin ciata una diligente prefazione, acciocch la mae st di quello amorevolissimo principe avesse il modo da medioare lutti i mali del mondo.
Q
uando a d

om anos e a n o t it ia p e r v e n e r it .

uando i

R om ani '

e b b e r o c o g n iz io n e .

Innanzi a lui, solo appresso di noi avea III. Antea condiderat solas apud nos ( qaod 111. scritto, eh* io abbia trovato, Pompeo Leoeo, li equidem inveni) Pompejus Lenaeus, Magni li bertus : quo primom tempore hanc scientiam ad berto di Pompeo Magno) e allora fu che questa nostros pervenisse animo adverto. Namque Mi* scienza pervenne la prima volta a noi. Peroeoh Mitridate, il maggior re del suo tempo, qoeU'esso thridates, maximus sua aetate regam, quem de bellavit Pompejus, omnium ante se genitorum che fu vinto da Pompeo, fu diligentissimo pi diligentissima vitae fuisse argumentis, praeter che tutti gli altri innanzi a lui nella cura della vita ; il che si sa per manifesti argomenti, oltra quam fama intelligitor. Uni ei excogitatura, quo tidie venenum bibere praesumptis remediis, at la fama ancora. Fu invenzione di lui solo bere consuetudine ipsa innoxium tieret. Primo inventa ogni giorno il veleno, avendo presi prime i ri medii, per farselo eoo l usaoza manco nocivo. genera antidoti, ex quibus jinum etiam nomen Esso fu il primo che trov -i varii antidoti, uno ejus retinet. Illius inventore! autumant, sangui de' quali ancora oggi ritiene il suo nome. Tieosi nera anatum Ponticarum miscere antidotis, quo inoltre per ritrovato suo il mescolare negli an niam veneno vivereot. Ad illum Asclepiadis, me dendi arte clari, volumina composita exstant, tidoti il sangue dell'nitre di Ponto, pereti'elle quum sollicitatas ex urbe Roma, praecepta pro vivono di veleno. Sonci anoora libri d' Ascle piade, uomo dotto nell' arte del medicare, spe se mitteret. Illum solum mortalium viginti dua bus linguis locatum eertum est, nec de subjectis dili a lui, quando mandato a chiamare gli mand i precetti in cambio di s stesso. gli solo fra gentibus ullum hominem per interpretem ap pellatum ab eo annis l v i , quibus regnavit. 1 ergo tulli gli uomini seppe favellare di venlidue lin reliqua ingenii magnitudine medicinae peculiari guaggi, e de' popoli a lui soggetti, in cinqoanter cariosus, et ab omnibus subjectis, qoi fuere tasei anni ch' e' regn, non negozi mai eoo persona per interprete alcuno. Costui adanquo, pars magna terrarum, singula exquirens, scri nium commentationum harum et exemplaria, fra 1'allre maraviglie e grandezze del sao inge gno, fu particolarmente curioso della medicina, efleclusque in arcauis suis reliquit. Pompejus au tem omni regia praeda politus, transferre ea sec e da tulli i popoli suoi soggetti, i quali teuevauo

HISTORIARUM MORDI LIB. XXV.

434

mone nostro libertum suum Lenaeum, gramma ticae artis, jussit: vitaeque ita profuit non minus, quam reipablicae victoria illa.

gran parte del mondo, ricercando (otte le cose, lasci tra i suoi segreti infiniti libri c scritture di questa professione. Onde Pompeo essendosi insi gnorito di tutto il tasoro reale, fece che Leneo sno liberto e dottissimo grammatico le tradusse nella nostra lingua ; e cos quella vittoria non giov meno alla vita, che a|Ia repubblica Romana.
D agli a v t o b i G a s c i cbb d i p i r u i o l b n u .

Da

o u e q i

im rro K H D t

qoi

i s a a u ria x s itn rr.

IV. Praeter hos Graeci auctores medicinae IV. Olir questi scrissero in medicina autori prodidere, quos suis locis diximus. Kx his Crate- Greci, de1quali abbiamo ragionato al suo luogo. m , Dionysius, Metrodorus, ratione blandissima, Tra codetti fu Craleva, Dionisio c Metrodoro, aed qua nihil paene aliud, quam rei difficultas ora piacevolissima maoiera, ma tale, che per essa iotelligatur. Pinxere namque effigies herbarum, quasi non altro s 'intende, che la difficolt della atque ita subscripsere effectus. Verum et pictura oosa ; perocch dipinsero le figure dell1erbe, e ve fallax esi, et coloribus tam numerosis, praesertim oe descrissero sotto gli effetti. Ma, oltrech la in aeaulaliooe naturae, multum degenerat Iran- pittura fallace, per colori di coti gran numero, scribeutinni sors varia. Praeterea parum est sin massimamente nel volere contraffar la natura, pi gulas earum aelates pingi, quum quadripartitis glia di molli errori la diversa maniera di coloro che li ricopiano. Olir di ci non basta dipingere le Tarietalibos anni faciem mutent. particolari et di ciascuna erba, perciocch elle secondo le quattro stagioni dell1anno mutano aspetto.
Q u i f x i m i G b a k c o b o m d b b i s c o n r o s o B R ii iT . D b ' v b im i r i i 1 G b b c i c h b scbissbbo s o f e a l b b r b b .

Perci alcuni le descrissero solamente con V. Quare celeri sermone eas tradidere: aliqui V. oc effigie quidem iudicata, et nundis plerumque le parole : alcuni senza pure mostrare altrimenti nominibus defuncti, quoniam salis videbatur po la figura, 1 hanno poste co1nudi nomi, parendo testates vimque demonstrare quaerere voleulibus. loro che bastasse dimostrarne la possania eia forza Nec eit difficile cognitu. Nobis certe, exceptis a coloro che la volessero sapere. Ned cosa molto admodum paucis, contigit reliquas com templari difficile a conoscerle, lo, in fuor che alcune poche, scientia Antonii Castoris, cui summa auctoritas ho potuto intenderle per scienza d1Antonio Ca erat in ea arte nostro aevo,visendo hortulo ejus, in store, il quale fu a1nostri tempi uomo di gran quo plurimas alebat, centesimum aetatis annum dissima riputazione in quell arie, visitando un excedens, nullam corporis malum expertus, ac suo orto, in oui n' avea moltissime : ei visse pi ne aetate quidem memoria aut vigore concussis. di cento anni senza alcuna malattia ; n scem Neque aliud m irata magis antiquitas reperietur. mai per l et la memoria o il vigore. N si trova Inventa jampridem ratio est praenuntians horas, cosa, di cui T antichit pi si sia maravigliata. uoa modo dies ac noctes, solis lunaeque defec Gi buon tempo che s1 trovalo il modo di co tuum. Durat tamen tradita persuasio in magna noscere I*ore, non pure i giorni e le notti, e I1ec parte vulgi, veneficiis et herbis id cogi, eamque cessi del sole e della luna. E nondimeno dura tuttavia una persuasione in gran parte del vulgo Dum feminarum scientiam praevalere. Certe quid boo replevere fabulis Colchis Medea, aliaeque, che questo si faccia con malie ed erbe ; e che la io primis Itala Circe, diis etiam adseripta ? unde scienza d1alcune donne in ci prevaglia. Certo arbitror natum , ut Aeschylus e vetustissimis in che Medea di Coleo ed altre hanno ripieno il mondo di favole, e massimamente Circe in Italia, potica, refertam Italiam herbarum potentia pro la quale annoverata fra gli dei. Onde io tengo deret ; m ultique Circeios, ubi habitavit illa, ma* gao argum ento etiamuuiu durante iu Marsis a che per ci Eschilo poeta antichissimo scriva, che lItalia piena derbe potentissime. Alla qual filio ejus o rta gente, quos esse domitores serpen cosa fa gran pruova, ehe ne' campi da lei chia tia constat. mali Circei durano ancora oggi i popoli Marsi discesi da un figliuolo di Circe, i quali domano ogni maniera di serpi. Omero, primo padre delle doilrine e delle Homerus quidem primus doctrinarum et an-

435

C. P U N II SECUNDI

tiquilalis parco) mullus alias in admiratione Circei, gloriam herbarum Aegypto tribuil : quum etiam, quae rigatur, Aegyptus illa non esset, po stea fluminis limo invecta. Herbas certe Aegyptias a regis uxore traditas suae Helenae plurimas nar rat, ac nobile illud ncpenlhes, oblivionem tristi tiae veoiamque adferens, el ab Heleoa utique omnibus mortalibus propinandum.

Primas autem omnium, quos memoria novit, Orpheus de herbis curiosius aliqua prodidit. Post eum Musaeus et Hesiodus polion herbam in quantum aairati sunt, diximus. Orpheus et He siodus suffitiones commendavere. Homerus et afias Dominatim herbas celebrat, quas suis locis cboemus. Ab eo Pythagoras clarus sapientia, pri mas volamen de earum effectu composuit, Apol ita i, Aeseolapioque, et in totum diis immortali bus inventione et origine adsignata. Composuit et Democritus, ambo peragratis Persidis, Arabiae, Aethiopiae, Aegyptique Magis. Adeoque ad haec adtonita antiquitas fuit, ut ad firmaverit eliara in credibilia diclu.

Xantho* historiarum auetor, iu prima earum tradit, oocitnm d r a c o n i s catulum revocatura a d vitam a parente, herba, quam balin nominat: eademque Thylonem, quem draco occiderat, re* stitntnm saluti. Et Juba in Arabia herha revoca tum ad vitam hominem tradit. Dixit Democri tus, credidit Theophrastus, esse herbam, cujus contactu illatae ab alite, quam retulimus, exsili ret cuneus a pastoribus arbori adactui: quae etiamsi f i d e carent, admirationem tamen implent: coguntque confiteri, mullum esse quod vero su persit. Inde et plerosque ita video existimare, nihil non herbarum vi effici posse, sed plurima rum vires esse incognitas : quorum in uumero fuit Herophilus clarus medicina, a quo ferunt diclum, qnasdam fortassis etiam calcatas prodetae. Observatum certe est inflammari vulnera ae morbos superventu eorum, qui pedibus iter confecerint.

antichit, bench abbia avuta Circe in gran con siderazione, attribuisce nondimeno la gloria dell ' erbe all' Egitto, ancor ehe quell1Egitto, che oggi innaffiato dal Nilo, non ci fosse allora, es sendovi poi formalo dalla belletta del fiume. Egli racconta come la moglie del re diede molle erbe d 'Egitto alla sua Elena, e fra l ' altre quella nobi le nepente, la quale ha virt di cacciare ogni me moria di tristezza; e perci meriterebbe beue che Elena ne potesse far parte a ogni persona del mondo. Ma il primo, di cui sia memoria che con qual che diligenza abbia scritto dell erbe, stato O r feo. Dopo lui quanto Museo ed Esiodo avessero in considerazione lerba chiamata polioo, gi di sopra l'ho detto. Orfeo ed Esiodo lodarono molto i profumi. Omero particolarmente celebra altre erbe, delle quali si parler al suo luogo. Dopo lui Pitagora, famoso per la sua sapienza, fu il primo che compose un volume degli effetti e virt deil ' erbe, assegnando la invenzione ed origine di questa disciplina ad Apolline ed Esculapio, e in geuerale agli dei. Dopo Pitagora scrisse d 'esse anco Democrito ; ma l ' uno e l ' altro ne ricerc prima i Magi di Persia, dArabia, d1Etiopia e di Egitto. E tanto era 1 antichit stupefalla di qne* ste cose, che ne afferm d 'incredibili ancora. Santo, scrittore d istorie, uella prima d'esse scrive che un figliuolo duu drago, ucciso, fu ritornato in vita con un' erba che si chiama bali ; e che con quella medesima Tilope ucciso dal drago fu risuscitato. Giuba scrive, come un uomo in Arabia fu tornato da morte a vita con un erba. Disse Democrito, e Teofrasio lo tenne per vero, come ai Iruova un'erba, la quale arrecata dall uc cello che abbiamo gi detto, col solo s u o tocco fa uscire subito il conio fitlo da' pastori nell' albero. Le quali cose, posto che manchino di fede, danno per altrui grandissima maraviglia, e costringono a confessare che in esie v' ba molto del vero. Di qui nasce che molli tengono che non ci cosa alcu na, la quale non si possa fare per la virt deller be ; ma cbe le forze d 'assaissime non sono cono sciute. In questa opinione dicono che fu Erofiio, medico eccellente, il quale dicesi avere asserito che forse alcune erbe ci sono, le quali giovauo solo a calpestarle. Certamente osservato le ferite e le malattie infiammarsi, sopravvenendo alcuno che abbia camminato a piedi.

0 7

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXV.

QtTABB MIROS BXEBCEANTUR BA BEMEDIA. HERBAE MIRABILITER

P erch D

r o h si f a c c i a oso d i c o t a l i b i m e d i i . per modo m a r a v io l io so

bl-

1HVBRTAB.

CyROBBHODOR, MEDICI-

l ' bbbb

r it r o v a t b .

RAB I I . D raCO RCOLCS CAULIS,

1} BBITARRICA,

V.

bl c ir o b b o d o , m e d ic ih .

a.

el dbagorcolo

dbtto caole, i

. D ell

e b b a b b it a h r ic a , i

VI. Haec erat antiqua mediana, quae tota VI. Questa era la medicioa antica, la quale migrabat in Graedae linguas. Sed qaare oon plu- passava tutta nelle liogue ddla Gtfecia. Ma la ca res noscantur, causa est, qaod eas agrestes litte* gione, perch non se ne conoscono di pi, i que rarumque ignari experiantur, ut qui oli inter sta; perch uomiai agresti e ignoranti di Iettar e illas vivant: praeterea securitas quaerendi, obvia son quegli che le sperimentano, sicoome quegli medicorum turba. Mullis etiam inventis nomina che soli vivono tra esse ; e oltra ci la non enranza desunt, sicut illi, quam retulimus in frugum di cercarle, sull' appoggio d d numero grande dei cara, scimnsque defossam in angulis segetis prae medici. A molte eziandio, che si sono trovate,man stare, ne qua ales intret. Turpissima causa rari ta cano i nomi, come a quella, di cui ragionammo tis, quod etiam qui sciunt, demonstrare nolunt, nella cura delle biade, e sappiamo ehe sotterrate tamquam ipsis periturum sit, quod tradiderint neeanti del campo ddle biade, fa che nessuno noaliis. Aocedit ratio inventionis anceps. Quippe cdlo vi entri. cci un1altra bruttissima cagione etiam in repertis, alias invenit casus, alias ( ut ddla rarit, che ancora quei cbe sanno non voglio vere dixerim ) deus. no insegnare, quasi che sia per maocar loro qaeMo eh1essi insegnassero altrui. Aggiugnesi a d il dubbio modo ddla invenzione. Perciocch di qudle ancora che si son trovate, alcuoe ne fan trovate il caso, altre, per dire il vero, l ba info gnate iddio. Insanabile ad hosce annos fuit rabidi canis Infioo a questi anni non si poteva guarire il nonus, pavorem aquae, potusque omnis adfe- morso del cane arrabbiato, il quale fa che d ir i reos odium. Nuper cujusdam milita otis in prae fugga I1acqua, ed abbia in odio ogni bevanda. torio mater vidit in quiete, ut radicem silvestris Per non molto, che la madre d'un certo soldato rosae, quam cynorrhodon voeanl, blanditam sibi della guardia vide dormendo la radice della rosa aspectu pridie in fruteto, mitteret filio bidensalvatica, la quale si chiama cinorrodo, che il di dam : in Lacetania res gerebatur, Hispaniae pro avanti s'era compiaciuta di vedere snlla siepe, e xima parte : casnque accidit, ut milite a morsu sent oroe a dirsi che la mandasse al figlinolo ohe canis incipiente aquas^ expavescere, superveniret se la beesse. Ci fu in Lacetania, parte vidna della epistola orantis ut pareret religioni : servatasque Spagna ; ed avvenne a caso, chessendo questo soliest ex insperato, et postea quisquis auxilium si dato morso da an cane arrabbiato, cominci aver mile lentavit. Alias apud anctores cyaorrbodi paura dell'acqua, quando gli sopraggitto se la let ana medicina erat: spongiolae, quae in mediis tera della madre, che pregava eh' egli ubbidisse spinis ejus naseitur, cinere curo meile, alopecias alla religione del sogno ; e cos fu salvato contra ogni speraoza, e dopo lui ciasonn altro ehe ba tenu capitis expleri. talo simile aiuto. Altre volte gli autori non faro vano che una sola medicina del cinorrodo, ed la cenere della spugaolina, che nasce nel meaao dalle sue spine, la qnale mescolata col mele fa rimettere i capegli nella tigna. Nella medesima provincia io ho veduto n d In eadem provino* cognovi in agro hospitis auper ibi repertum draeunculum appellatam cau campo d un mio ospite quivi trovato, non ha lem, pollicari crassitudine, versicoloribus vipera molto, il dragoncolo chiamato caule,grosso quau* rum maeolis, quem ferebant contra omnium lo il dito pollice, con macchie di pi oolort di morsas esse remedio: aliam, quam quos ia priori vipere, il qude dicevano eh' era rimedio conti* volumine ejasdem nominis diximus: sed huic tutti i morsi. Egli diverso da quegli, i quali n d alia figura aliudque miraculam exserentis se terra precedente volume dicemmo che hanno il medesi ad prim as serpentium vernationes, bipedali fere mo nome, poich egli ha un'altra figura e un'altra maraviglia ; eh' egli esce della terra, quando la altitudine, rorsosqoe eum iisdem in terram con dentis: nee Ottonino occultato eo apparet serpens: primavera escono fuor le serpi, alto quasi due

A3o

C. P U N II SECUNDI

T e l hoc per m sali* officioso naturae munere* ai tantum praemoneret, tempuique formidinis de monstraret.

3. Nec bestiarum solum ad nocendum scelera sunt, sed interim aquarum quoque ac locorum. Ia Germania trans Rhenum castris a Germanico Caesare promotis, maritimo tractu fons erat aquae dulcis solus, qua pota intra biennium den tes deciderent, compagesque in genibus solveren tur. Stomacacela medici vocabant, et aceloturben, ea mala. Reperta auxilio est herba, quae vocatur britannica non nervis modo et oris matis saluta ris, sed cootra anginas quoque, el contra ser pentes. Folia habet oblonga nigra, radicem ni gram. Succus ejus exprimitur el ex radice. Flo rem vibonet vocant : qui collectos prius, quam tonitrua audiantur, et devoratos, securos in to tam reddit. Frisii, qua castra erant, nostris de monstravere illam : mirorque nominis causam : nisi forte confines Oceano Britanniae, velat pro pinquae, dicavere. Non enim inde appellatam eam, quoniam ibi plurima nascerctur, certum est, etiamnum Britannia libera.

piedi, e vi si nasconde poi di bel nuovo insieme con esse ; delle quali pi non se ne vede alcuna, quando questa erba ascosa. N sarebbe poco amorevole dono della natura, se anche uon facesse altro che mostrare il tempo, nel quale dobbiamo temere le serpi. 3. N solamente le bestie sono scellerate e ma ligne a nuocere, ma alcuna volta ancora le acque e i luoghi. In Lamagna di l dal Reno, movendo Germanico Cesare il campo per la riviera, trov una fonte sola d acqua dolee, della quale a chi ne bee in termine di due anni cadono tutti i denti, c dissolvonsi le giuntare delle ginooebia. I medici chiamano questi mali stomacace e soeloturbe. Per riparar loro s ' trovata un' erba, che si chiama britannica, la quale non solamente utile a* nervi e a mali della bocca, ma buona ancora contra le serrature della gola e conira le serpi. Ha le foglie lunghe e nere, e la radice por nera. Se ne preme il sugo ancora dalla sua radice. Il fior si chiama vibone, il quale raccolto prima che s'odano i tuoni, e mangialo, fa l uomo al lutto sicaro. I Frisii, dove era il campo, le insegnarono a'uostri; ma non so onde sia la cagione del suo nome, se gi forse non stata cos chiamala da quelli che vivono presso al mare per rispetto della Britaonia vicina. N si pu dire eh* ella abbia questo no me perch in Britanuia ne sia gran dovizia, per ciocch allora la Britannia era Ubera.
I b v b b t o b i d i brbb m o lt o a i p o t a t o .

NOBILIOJB HKRBARUM INVEHTOBBS.

Fu veramente gi una certa ambitione VII. Fuit quidem et hie quondam ambitus, VII. nomioibus suis eas adoptandi, ut docebimus fe di mettere i proprii nomi all1erbe, siocome mo cisse reges: tanta res videbatur, herbam ioveoi- streremo che gi fecero i re ancora, parendo loro re, vitam juvare, nunc fortassis aliquibus curam di aver fallo gran beneficio al mondo, nel trovare nostram frivolam quoque existimalaris: adeo do un' erba per giovare alia vita ; dove forse oggi lidis sordent etiam quae ad salutem pertinent. alcuni avranno questa nostra diligenza per cosa Auctores tamea quarum inveniuntur, in primis debole; tanto puzzano alle delizie quelle cote celebrare par est, effectu earum digesto in genera ancora, le quali s* appartengono alla salute della orborum. Qua quidem in reputatione misereri vita. Ma noi siamo tenuti celebrare gli autori di ortis humanae subit, praeler fortuita casusqne, quelle che si trovano, disponendo le virt loro et quae nomina omnis hora excogilal, ad millia secondo le qualit de1 mali. Nel quale pensiero viemmi compassione dell' umana sorte, da dover morborum singulis mortalium timenda. Qui gra vissimi ex his sint discernere, stultitiae prope dare spavento ognora con le migliaia delle infer videri potest, quum suus cuique ad praeseos mit, alle quali di continuo siamo soggetti, oltre quisque atrocissimo videatur. Et de hoc tamen le disgrazie di fortuna, oltre i casi, e tutti quegli judicavere aevi experimenta, asperrimos crucia allri mali che tuttod han nuovi titoli. Ed .quaai tas esse calculorum a stillicidio vesicae : proxi pazzia, il voler giudicare quali sieno le infermit mum stomachi, tertium eorum quae in capite pi gravi, perciocch ad ognuno pare tuttavia pi terribile quel male, che al presente lo preme. doleant : pon ob alios fere morte concita. Nondimeno gli antichi hanno dato questo giudicio dietro esperimento, che crudelissimi sono i tormenti della pielra per la docciatura della ve scica : dopo questo il dolore dello, stomaco, e ap presto il duolo del capo j n quasi per alcuno

HISTORIARUM MONDI LIB. XXV.

44*

A Groecis ei noxias herbes demonstratas mi ror equidem. Neo venenorum tantum : quoniam es vitae coodilio est, ni mori plerumqne eliam optimi portas sii: trsdatqae M. Varr, Serviam Clodiam eqaitem Romanam magoitadine doloris in podagra coactam, veneno crara perunxisse, et postea caroisse sensa omni, seqae qaam dolore in ea parlo eorporis. Sed quae fuit venia mon strandi, qua meotes solverentur, parias elideres ti)r, mullaque similia f Ego nec abortiva dico, ac ne amatoria quidem, memor Lacollnm impera torem clarissimam amatorio periisse: nec alia magica porlenta, ntai ubi cavenda sant ani coar( u s d a , in primis fide eoram damnala. Sali operae fiait abondeque praestitam vitae, salutares dixisse, oc postea inventas.

altro male non c' i slato ninno, che si sia ucciso da s stesso. Maravigliomi ben assai, come i Greci abbiano insegnalo a conoscere anche lerbe nocive. Si fos sero almen contentati di solamente insegnare i veleni ; perciocch la condizione dell* umana vita tale, che spesse volle la morte riputala ottimo porto: onde M. Varrone scrive, che Servio Clodio cavalier Romano, costretto dal grandissimo dolore delle gotte, s*unse le gambe di veleno, e si con tent di perdere insieme col dolore ancora il senso di quella parte del corpo. Ma come troveranno eglino mai perdono d 'aver mostrato come si fac cia impazzare altrui, come uccidere i parti, e mol le altro simili oose ? lo non dico nulla dello scon ciare, n delle malie amorose, ricordandomi come Lucullo eccellentissimo capitan di gaerra mor per veleno amoroso ; n d'altre magiche maraviglie e mostruosit, se non dove bisogni guardarsene, o riprenderle, e biasimare chi le crede. Assai servi* gio latto all umana vita, aver ragiooalo delle cose ntili, e di quelle che si son poi ritrovale. D ii
m o l i,

Mo ly ,

iu .

3.

VIII. 4* Laodalissima herba rara est, Homero V ili. 4<Omero sopra tulle l ' altre erbe loda teste, qaam vocari o diis patat moly, et inventio quella, eh' egli stima che sia alata chiamata moli nem ejos Mercorio adsignat, contraqoe somma dagli dei medesimi, e dice che Mercurio fu quel che venefteia demonstrat. Nasci eam hodie ei rea la trov, e eh' ella ha grandissima virt contra i Pheneam, et in Cyllene Arcadiae tradant, specie veleni. Dicono ch'ella nasce oggi intorno a Fe neo, e io Cillene d* Arcadia, di quella figura che illo Homerica, radice rotanda nigraqae, magni Omero dice, con la radice tonda e nera, della tudine caepae, folio scillae: effodi aotem difficul ter. Graeci auctores florem ejus lateum pinxere, grossezza d 'una cipolla, con foglie di scilla, e qaam Homerus candidam scripserit. Inveni e malagevole a cavarsi. Gli autori Greci dicono peritis herbarum medicis, qui et in Italia nasci eh1ella fa il fior giallo, mentre Omero lo disse eam diceret, odferrique Campania mihi aliquot bianco. Ho inteso, fra i medici pratichi dell1er diebus effossam inter difficultates saxeas, radieis be, dire ad uoo come questa nasee ancora io Ita*xxx pedes loogae, ac oe sic qaidem solidae, sed lia, e non sono molli giorni eh' ella mi fu porlata di Terra di lavoro, cavata di fra i sassi, con la abruptae. radice lunga trenta piedi, e non era anco intera, che l ' aveano spezzata. Dodecatubor, i . Dii.
DODRCATBO, 1 .

IX. Ah ea toaxima auctoritas berbaeest, qaam IX. Dopo questa in grandissima riputaaione dodecatheon vocaot,omniam deorum majestatem un'erba, che si chiamo dodecateo da quegli commendantes. In aqaa potam omnibos morbis che commendano la maest di tutti gli dei. Dico no che bevala con l ' acqua guarisce tutte le in mederi tradant. Folia ejus septem, lactucis simil fermit. Ella hs sette foglie, molto simili a quelle lima, exeunt a lutea radice. della lattuga, le quali escono della radice eh' gialla. P abobia,
sivb rbhtobobos, S ivb glvctiims, i .

D e l la p b o b i a o p b h t o b o b o , o g l i c i s i d b , i .

X. L'erba peonia . di antichissima invenzio X. Vetustissima inventu paeonia est, nomenne : ella ritiene il nome del soo autore, ma da que sactoris retinet, qoam quidam penlorubon

443

G. P U N II SECONDI

444

appellant, alii glyeysiden. Haee qaoqoe dUBoaltas est, qaod eadem aliter alibi nuncupantor. Nascitor oparis montibus, caule inter folia digi torum qualuor, ferente in cacumine veluti grae cas nuces qnatuor aut quinque, lnest iis semen copiosum, rubram, nigrumque. Haec medetor et Faunornm in qoiete ludibriis. Praecipiunt ernere noeta, quoniam si picus Martius videat, luendo in oculos impetam faciat.

alcuni chiamata pantorobo, e da alcuni altri gliciside. Per v' ha difficolt a conoscerla, poich molte delle medesime cose hanno diversi nomi secondo i luoghi. Nasce in monti ombrosi, e ha fra le foglie un gambo di quattro dita, che porta in cima quattro o cinque come nocctoole. In essa sta il seme, copioso, rosso e nero. Quest* erba me dica le illusioni dei Fauni nel sonno. Vogliooo eh* ella si colga di notte, perch se l uccello pic chio la vedesse corre, s* avventerebbe altrui negli occhi.
D ella
faracb ,

P avacb , s i v b a s c l e f i o r , a .

uguho

, a.

XI. Panaces ipso nomine omnium morborara XI. La panaoe col nome suo promette rimedio remedia promittit, numerosam el diis inventori- a tulli i mali : di pi ragioni, e dicono cbe gli bus adseriptum. Unum qaippe Asdepion cogno dei ne sono stati inventori. Una specie di questa minator, quoniam is filiam Panaceam appellavit. erba si chiama Asclepio, perch costui chiam Succus coactas ferulae qoalera diximus, radice Panacea la sua figliuola. Il sugo denso come di malti corticis et salsi. Hac evolsa scrobem repleri cemmo esser quello della ferula, con radice di vario genere fragum religio est, ac terrae pia molla corteccia e salsa. Poi che quesl*erba s' ca mentum. Ubi, et quonam fieret modo, et qaale vata, di religione empire la fossa di biade di pi maxime probaretur, inter peregrina docuimus. sorti, e placare in quel modo la terra. Il che dove, Id quod e Macedonia adfcrtor, bucolico vocant, e come si facesse, e quale principalmente fosse ap provato, labbiamo mostro ragionando delle cose armentariis sponte erumpentem succum exci pientibus: hoc celerrime evanescit. Et in aliis straniere. Quello ehe tiene di Maoedonia si ehiaaulem geoeri bus improbatur maxime nigrum ac ma bucolico, perch i pastori pigliano il sago eh* esce fuor da s stesso ; e questo prestissimo molle. Id enim argumento est cera adulterati. vien manco. Nell* altre sorti biasimato assai il nero e molle, perciocch questo segno eh* egli falsificato con la cara. P m ci
H
e b a c l io h , i

D ella

f b a q s

E baclla,

S.

XII. Alterum genus heraclion vocant, et b Hercule inventum tradant : alii origanum heraeleoticnm silvestre, quoniam est origano rimile, radice inalili : de quo origano diximus.

XII. Un* altra sorte si chiama eradia, e dico no che fu trovata da rcole : altri la chiamano origano eradeotieo salvatico, perch somiglia l'origano, eoo la radice disutile; del quale origa no abbiam parlato altrove.
D e l l a p a n a c b C hi& om ia,

P a h a c b C h ie o h io h , iv .

4*

XIII. Tertium panaces chironion cognomi natur ab inventore. Folium ejus lapatho simile, majus tamen et hirsutius. Flos aureus, radix parva. Nascitor pinguibus locis. Hojus flos efficacissitons, eoque amplios, quam supra dida, pro d est
PAHACB CElITACRBUO, SIVB PHAENACEON, III.

XIII. La len a sorte di panace si chiama chirouia dall' inventor suo. La sua foglia simile a quella del lapato, ma maggiore, e pi ruvida. Ha il fior d* oro, e piccola radice. Nasce in luo ghi grassi. 11 fior suo ha grandissima virt, e per questo giova pi che le altre dette di sopra.
D e l l a p a h a c e c b h ta o b b a , o f m a c b a ,

3.

XIV. Quartum genus panacis ab eodem Chi rone repertum, centaurion cognominatur: sed et pharnaceon, in controversiam inventionis, a Pharnace rege deductam. Seritur hoc, longiori bus, quam cetera* foliis, el serratis. Radix odo-

XIV. La quarta sorte di panace ritrovala dal medesimo Chirone, si chiama cenlaurio, e e farnaceo ancora ; e per ci si dubita se fu tro vata dal re Faruace. Questa ha le foglie pi lun ghe ehe le altre e frastagliate a modo di sega.

445

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXV.

rata in ambra siccatur, viaoque gratiam adjicit. Bujus genera duo fecere, illeram Im iu folii, al teram tenuius.

44 La sua radice odorifera, e secca all ombra d grazia al vino. Altri fa questa specie di dae ra gioni, l*una di foglie pi leggeri, e l'altra di pi sonili.
D bll'
b b a c lb o ,

H iia c l io i ,

iiti

ii o n io i , iv.

o sidsaio, 4

XV. Heradeon siderion et ipsum ab Herculc XV. L 'eradeo siderio fu trovslo a neh' esso inventam est, caule teoui digitorum qua tuor al* da rcole : ha il gambo sottile, alto quattro dita, Illudine, flore puniceo, folii coriandri. Juxla il fior rouo e le foglie di coriandolo. Traovasi lacus et amnes invenitur, omniaqoe vulnera ler* intorno a' laghi e fiumi, e ha grandissima virt ro illata efficarissime sanai a guarire tutte le ferite fatte con ferro.
A n nuos CamoaiA, i.
D bll'
a m il o

C b ir o m o ,

XVL Est Chironis inventum ampelos, qaae vocatur chironia, de qua diximas iater vite*, aicali de berba, cujus inventio adsignatnr Minervae.

XVI. Ritrovato di Chirone si l'ampelo, il quale si chiama chironio : di esso abbiamo par lato fra le viti, coaie ancora dell' erba, la cui in ventione s 'attribuisce a Minerva.
D b ll* i o s a a h o , o A p o llik a b b , o a l tb b c o , s p b c ib

H y <MCTAMOS, SIVB ArOLLlBA&IS, SIVB ALTBBCUM : C B I B U II ;

SBDiaRil

H I.

a. Maniera. 3.

XVII. Herculi eam qaoqae adscribaat, qaae XVII. Attribuiscono ad Ercole ancora quello apollinaris, apud Arabas allersam: apud Graeees che si chiama apollioare, e dagli Arabi alterco, e vero hyoscyamos appellator. Plura ejus genera : da' Greci iosdamo. ccene di pi sorti : I* uno unum nigro semine fiori bus paene purpurei*, ha il seme nero, i fiori qoasi rossi, ed spinoso. spinosum. l'alis nascitur in Galatia. Vulgare au- Tale nasce in Galazia. 11 comune pi bianco, c lem candidius est, et fruticosius, Itili papavero. pi germoglioso, e va pi alto che il papavero. Il T ertii semen irionis semini simile : et omnia in seme del terso simile al seme dell' irione: tutti saniam gigneulia, capilisqee vertigines. Qoartum questi generano furore e capogirli. La quarta geoos molle, lanuginosum, pinguius ceteris, can specie morbida, lanosa, pi grassa dell' altre, didi seminis, in maritimis nasuens; hoc recepere di seme bianco, e nasce in luoghi marittimi : di medici. Item rufi seminis. Nonnumquam autem questa si servooo i medici. Fa ancora il seme candidum rufesdt, si non ematuruit, improbatur- rosso. Talora il bianco arrossisce, se non mstura; que. Et alioqui nullum, nisi quura inaruit, legi ma non stimato. Non se ne coglie nessuno, se tur. Natura vini, ideoque meutem caput que infe non secco. Ha natura di vino, e perci travaglia stans. Usus seminis et per se, et socco expresso, la mente e il capo. 1 seme suo s'usa e di per s, e 1 fcxprmilur separatila, etcauli bus foliuque: utun cavatone il sugo. Priemesi separatamente, e anche tur et radice, temeraria in totom (ut arbitror) col gambo e con le foglie : usasi eziandio la radi mediana. Quippe etiam foliis constat mentem ce ; medicina assai pericolosa, secondo che io cre corrumpi, si plura quam qnatnor bibantur. Etiara do. Perciocch si truova che le foglie ancora cor antiqui in vino febrem depelli arbitrabantur. rompono la mente, se altri u bee pi cbe qoatIr. Gli antichi eziandio tenevano che le foglie nel vino cacciassero la {ebbre. Del suo seme fassi ancora l olio, come diEt oleum fit ex semine, ut diximus, quod ipsum auribus infusura teotat mantem. Mireqne, oemmo, il quale infuso negli orecchi tenta la ut contra venenum, remedia prodidere his qui mente. Ed da maravigliare come abbiano iose id bibissent, et ipsam pro remediis : adeo nnUo gnati i rimedii contra esso, come coutra a veleno, a chi lavesse bevuto, e abbiano lui medesimo per omnia experiendi fine, ut cogereutur etiam ve rimedio di s} di maniera che non si resta mai nena prodesse. di provavo latte le cose, poich i eleni ancora I seno costretti a giovare.

4<7

C. PUN II SECONDI

44

LlBOZOSTIS, SIVB FA BTH M 105, SIVB M M O M U , Q O U H U C O I I U U : GENERA II ; MKDICIKAE XXII.

D b L LlltOZOSTB, O I A I T S I I O , O ERMUPEA, tX B N I DICBSI MERCURIALE, SPBC1 S . MBDIC. B

23 .

XVIII. 5. Linozostis, live parthenion, Mer XVIII. 5. L 'erba linozoale, ovvero partenio, corii inveutum est : ideo apud Graecos berma- i invenzione di Mercurio, e perci molli dei Gre poean malli vocant eam, apul nos omnes mercu ci lo chiamano ermupea, e i nostri tatti mercu riale m. Duo ejua geoera : masculus, ei femina, riale. Egli di dae ragioni, maschio e femmina, quae efficacior, caule cubitali, inlerdum ramoso la quale ha p ii virt : ha il gambo d 'an braccio, io cacumine, ocimo angustioribus foliis, genicu- e talora ramoso in eima, le foglie pi strette ebe il basilioo, e nodi spessi molti, e coocavi dai lis densis, alarum cavis mollis, semine io genicu lati, e il seme che pende ne' nodegli: la femmina lis dependeo le : feminae copioso, mari jaxta ge nicula stante, rariori ac brevi, contortoque: femi I1 ha copioso : il maschio l ' ba presso a' nodegli, nae, soluto et candido. Folia maribus nigriora, pi rado, breve e ritorto: la femmina l'ha sciolto feminis caudidiora: radix supervacua, praetenuis. e bianco. 1 maschi hanno le foglie pi nere, le Nascuntur io campestribus cultis. Mirum esi, femmine pi bianche : la radice i vota e sottile. Nascono in campagne ben coltivate. Ed gran quod de utroque eorum geoere proditor, ut ma res gignantur, hunc facere ; ut feminae, illam. Hoc maraviglia quello che si dice dell* uno e l altro contingere, si a cooceptu soccus protinns bibalor genere loro, cio, che prendendo il maschio fa in passo, edanturve folia decocta ex oleo et sale, ingeuerar maschi, e femmine la femmina. Dicono vel cruda ex aceto. Quidam decoquant eam in che ci avviene, se subito dopo la concezione si novo fictili cum heliolropio, et duabus aut Iri bee il sugo nel vin cotto, ovvero mangiaosi le bus spicis, donec decoquatur. Decoctum dari ju foglie cotte con olio c sale, o crude con l ' aceto. bent, el herbam ipsam in cibo, allero die purga Certi lo cuocooo in vaso di terra nuovo con elio tionis mulieribus per triduum, quarto die a bal tropio, e con due o Ire spighe, fin che sia cotto. neo coire eas. Hippocrates miris laudibus in mu Vogliono che la cocitura e l'erba stessa si dia nel lierum usu praedicavit has : ad hunc modum cibo il secondo d della purgazione alle doooe medicorum nemo novit. Ille eas vulvae cum per Ire d, e nel quarto di, dopo il bagno, s'usi meile, vel rosaceo, vel irioo, vel lirino admovil : con esse. Ippocrate li lod grandemente per ser ilem ad ciendos menses secondasque. Hoc idem vigio delle donne ; ma nessnn medico gli ha usati praestare polu fotuque dixit, lustillavit auribus in questo modo. Egli li accosta alla matrice con olidis succum, inunxitque cum vino vetere. Alvo mele, ovvero olio rosato,o di ghiaggiuolo, o lirico, folia imposuit, epiphoris, stranguriae, et vesicae. anche per tirar foora i menstrui e le seconde. Ei Decoctum ejus dedit cum myrrha et thure. Alvo dice che fanno il medesimo effetto col bere, o quidem solvendae, vel in febri decoquitur quan col fomentare. Instill ancora il sago negli orec tum manus capiat in duobus sextariia aquae ad chi puzzolenti, e gli nnse col vin vecchio. Pose dimidias ; bibitur sale et meile admixto : nec- le foglie sui corpo conira le lagrimazioni degli nou cum ungula suis, aut gallinaceo decoctum occhi, le serrature della gola e la vescica. Diede salubrius. la sua cocitura con mirra e con incenso. A muo vere il corpo, anche nella febbre, se ne cuoce quanto ne piglia la mano in due sestarii d ' acqua, fio che torni per met. Beesi con sale e mele me scolato, e il suo brodo .molto pi utile eoo ogna di porco o di gallina. Alcuni hanno tenuto che per conto di purgaPurgationis causa palavere aliqui utramqae * dandam, sive cum malva decoctum. Thoracem giooe si debba dare 1 uno e l ' altra, o la lor co purgant, bilem detrahunt, sed stomachum lae citura con la malva. Purgano il petto e cavano la collera, ma offendono lo stomaco. Degli altri dant. Reliquos asus dicemus suis locis. effetti suoi ragiooeremo al soo luogo.
A c m L U A SIDERITIS, SIVB MILLBFOL1UY, SIVB FAHACB HERACLEUM, SIVB SCOVA BBGIA, VI.

Dell a c h i l l e o s id e r i te , o m i l l e f o g l i o ,
o PAKACE BRACLBO, O SCOPA REGIA, 6 .

XIX. Invenit et Achilles discipulus Chironis, XIX. Trov ancora Achille, discepolo di Chi qua vulneribus mederetur, quae ob id achilleos rone, a n 'erba da medicare le ferite, la quale per vocator. Hac sanasse Telephum dicitur. Alii pri- ci si chiama achilleo. Dicesi eh' egli guar Telefo

HISTORIARUM MUNDI L1Q. XXV.

45o

iuuna aeruginem invenisse, utilissimam empia* siris, ideoque pingitur a cuspide decutiens eam gladio iu vulnus Telephi. Alii utroque usura me dicamen lo volunt. Aliqui et haou panacem heraeleoo, alii sideri lio, et apud d o s mille foliam v o c a n t , cubitali scapo, ramosam,minutioribus quam feoiculi foliis vestitam ab imo. Alii faleulur quit dem illam vulneribus utilem, sed veram achilleon esse scapo caeruleo pedali, sine ramis, ex omni parie singulis foliis roluudis eleganter vestitam. AUi quaJrato caule, capilulis marrubii, folio ({ucrcus. Haoe eliara praecisos nervos glutinare faciunt.

Alii sideritiu iu maceriis nascentem, quum teratur, foedi odoris. Etiamnum aliam similem baie, sed candidioribus foliis et pinguioribus, lenuiuribos cauliculis, in vineis nasceu lem. Aliam vero binuui cubi lorum, ramulis exilibus, trian guli, folio filicis, pediculo longo, betae semine, omoes vulneribus praecipuas. Nostri eam, quae est latissimo folio, scopas regias vocant. Medetur anginis suum.

con questa. Altri dicono come egli fu il primo che trov la ruggine essere utilissima negli eap p ia s tri, e per si dipinge in atto di lasciarla cadere dalla punta del coltello nella ferita di Telefo. Al tri vogliono eh1egli usasse 1 uno e 1 altro medi* carneoto. Alcuni ancora chiamano quest'erba pa nace eraclea, altri siderite : i nostri la domandano millefoglio, alta un braccio, ramosa, vestita fino a basso di foglie minori che di finocchio.. Alcuni dicono eh' bens utile alle ferite, ma che il vero achilleo ha il gambo verde, allo un piede, senza rami, eleganteraeule vestilo di foglie tonde una per parte. Alcuui dicooo eh' egli ha il gambo quadro, cou cime di marrobio, e foglie di quer cia. Dicono ancora che fa r^pplccart insieme i nervi tagliali. Alcuni dicouo che l'erba siderite, la quale nasce ne' muri falli a secco, quando ella si pesta getta Iristo odore ; e che ve n' uu altra simile a que sta, che ha le foglie pi bianche e pi grasse, e i gambi pi sottili, e nasce nelle vigne; e un1altra ancora, alta due braccia co' rami sottili e trian golari, con la foglia di felce, col picciuolo lungo, col seme di bietola ; e ebe tulle sono ottime alle ferite. 1 nostri chiamano scope regie quella che ha le foglie larghissime.Quesla guarisce gli slrauguglioni de'porci. Dai t b u c b i o ,
o b m io m b ,

b OCBIA,

SIVB BEMIOBB, S U B SfLBBIOS, I I.

o s f i b b i o , a.

XX.lnveuil el Teucer eadem aelate leucrion, quam quidam hemionion vocant, spargeutem juncos tenues, folia parva, asperis locis nascen tem, austeri* sapore, nuroquam florenlcm : ne* que semen gignil. Medetur lienibus. Constalque sic inventam: quum exla super eam projecta es sent, adhaesisse lieui, eumque exiuauisse. Ob id a quibusdam spleuiou vocatur. Narrant sues, qui radicem ejus ederint, sine splene inveniri. Qui dam rami hyssopi surculosam, folio fabae, eodem nomine appellant, el colligi florenlcm adhuc jubeoi : adeo florere non dubitant: maximeque ex Ciliciis el Pisidiae inonlibus laudant.

XX. Trov Teucro anch'egli in quel tempo il leucrio, che alcuni chiamano eraionio. Questa erba ha giunchi sottili e foglie piccole : nasce in luoghi aspri, e mai non fiorisce, n fa seme. Me dica la milza, e dicesi eh' eli* fu trovala in questo modo, che sendovi le interiora d'uua vittima sacrificala gettale sopra, ella s' appicc alla milza e votolla. Perci alcnni la chiamanosplenio. Dicono che i porci, che mangiano la sua radice, si trova no senza milza. Alcuui dicouo eh' ella fa di molte messe con ramicelli come l'issopo, e con foglie di fava : la chiamano col medesimo>uome, e voglio no eh' ella si colga quando tuttavia fiorisce; tanlo son certi che fiorisca : soprattutto lodano quella de' monti di Cilicia e di Pisidia.
M sla m fo d io , o s lle b o b o d e t t o a n c h b SPBCIB v b b a tb o ,

M tL a a p o D iD ii, s iv b
gbh sea

kllebo buu, quod

v s h a ta u m :
quom odo

in .

com ooo

colm gatub,

3 . CoMB

SI BACC0LG4, COME SI SPBaiMBBTI.

PSO BETDR.

XXL La fama di Melampode nota per le M e l a m p o d i s f a m a d i v i n a t i o n i s artibus Ab hoc a p p e l l a l u r u n u m e l l e b o r i genns arti di diviuazione. Da lui ha uome il melampo dio, eh' uua specie di elleboro. Alcuni dicono m e l a m p o d i o D . Aliqui p a s t o r e m eodem nomine che ne fu inveulore un pastor di questo nome, i n v e n i s s e t r a d u n t , capras purgari p a s t o i l l o ni* madvertenlem, datoque l a c i e earum sanasse Proe- il quale osserv che le capre pascendo quest' erba si purgavano, e che dando poi il latle di queste Isda? furentes. Quamobrem de omnibus ejus g e XXI.
n o la e s t

4*<

C. PLINII SECONDI

S*

flribu Aid 1 )1 1 convenit. Prima due sunt, 11 1 ctididaffl et Ui^aAi. Hoc radioibus ianlttm Ibtdligi M ddbt pleriqbe. Alii bli higri, platano similia, sed minora, nigtforaqoe et pluribui dlviJbri* sdsia : lbl, betae incipienti* ; haec quoque blgrtiri, et caualiUitt dorto rubescntia. Ulraque iaule palmi ferulaceo, bulborum tunicis convo lato, radice fimbriata caeparum modo. Nigro fcqni, bove,snes necantur : itaqoe cavent id, quom fcadid Vescantur. Tempestivum e isr tradunt tuiiibtil Plurimum iiutem U lidtur So Oeta ittObte : t ptimum uno ejus loco circa Pyram. Nigrom ubiqu provenit, ed melius io Helicone, qui (nons et aliis Isndtur herbis. Candidum pro batur Oetaeum : iecundum Ponticum : terlio loco Eleaticum, quod in vitibus naci ferunt : quarto Parnaiisium,quoddoieralbr AtoIico,ex vicino. Nigrum ex his melano podion vocant, quo et doMtti suffiunt, porgantqtie, spargentes et pecora, fctim ptectibtte solemni : hoc et religiosius collijgitur. PHmUro enim gladio circumscribi tr. De in qui ncciiurts est,orturo spectat: et precatur, ut id Ilbat iibi concedentibus diis Tacere, observatque gqile vlatus : (ere Cnim secantibus inte'ffest i et si prope dvolavit, moriturum illo annb qai shcddat, augurium st. Nec album facile coi* ligitar, caput adgravans, maxime nisi praesuma* tur allium, et subinde vinum sorbeatur, celeriterque fodiat ot\ Nigrum alii ectomon vbcant, alii polyrrhizon: purgat per inferna: candidum au tem vtomitiooe, oatisasque morborum extrahii : quondam terribile, postea tam promiscuum, ut plerique studiorum gratia ad pervidenda acrius, quae commentabantur, saepius sumptitaverint.

Carucadem responsurum Ztiiotiis libris : Drusum quoque apud nos, tribunorum populariM chrittimuih (cui antie omnes plebs stans plurit, Optirtiatfs tero bellam Marsicum irti pu tavere), coustat hoc medicamento liberatum co mitiali morbo in Anticyra insula. Ibi euim lulisime smitur, qubnim, ut dfximu, Sesatnoides admittent. Italia vttattttib vocat. Farina eorum 'ptt se, et tixta radicula, qua lanas diximus la b iti, sternutamentum facit, amboqoe sorti nttm. tfeguhiut aiVlW tetrafasimae radicis bfeVeque, h te vdiit dectortfciae etifcm hae. Nam *t*tta,quac

capre guari le Prelide, le quali erano impattate. Per la qua! cosa si convien dire insieme di tutte le sue specie. Le prime sono due, del bianco e dd nero. Molti dicono che la lor differenta si conosce solamente dalle radid : altri che le foglie del nero sono simili a quelle del platano, ma minori e pi nere, e fesse con pi divisare; e le foglie dd bianco simili a quelle della bietola, quando dia comincia ; ma queste ancor pi nere, e rossigne sul dosso accanatalo. L odo e Faltra ha un palmo di gambo ferulaceo, inviluppato Con iscorse come di bulbi, con radice capillata a modo di cipolla. U nero ammazza i cavalli, i buoi e i porci, i quali per ci si guardano da esso, e mangiano il bianco. Di cono chagli da corlo per la mietitura. Nascene quantit nel monte Eia, e il migliore solamente in n luogo d ' esio, intorno a Pira. Il nero nasce per tutto, ma il migliore n d monte Elicona, dove naseouo ancora altre erbe eccellenti. Il bianco buonissimo nel monte Eia, poi quel di Pooto, il terzo lo Eleaticoy il qnale dicono che nasce nelle viti : il qoarto quel di Parntso, il quale si falsi* fioa con lo Etolico che gli vlciu. 1 nero fra que 1 sti si chiama mdampodio, Col quale ancora profu mano e purgano le case, e ue aspergono il bestia* me con solenni preghi ; e questo molto religiosamente si coglie. Perciocch prima lo segnano in torno col coltello. Dipoi colui che lo dee tagliare guarda verso Levante, e prega di potere far ci con buona licenza degli dei, e osserva il volo delT aquila, il quale uoccllo quasi tempre quivi dove si ooglie : se gli vola presso, augurio che chi io taglia ai morr di quell' anno. Il bianco difficilmcnte si coglie, perch'egli aggrava il capo, se prima non si maugi dell'aglio, dipoi si sor seggi il vino, e se con prestezza non si cavi. Il nero chiamato da alcuni eotomo, e da alcuni altri polirrize: questo purga per le parti da basso. Il bianco purga per 1 bocca, e lira fuora le cagioni de'malij gi tempo terribile,ma poi divenuto tanto usuale, che molti di quelli, i quali facevano studio sopra le cose cbe voleano dar a conoscere, per questo oggetto medesimo l 'hanno preso e ripreso pi volte. Cos fece Carue^df, quando egli ebbe a ri spondere a' libri di Zenone : cos appresso di noi fce Druso, chiarissitno tribuno dell* plebe ( quel DrUso, cui immiti a tulli la plebe Stando in piedi fe' segno d 'allegrezza, e cui per contrario i nobili posero cagione della guerra contra i Marsi ), il quale con qaesto medicamento guar, dal mal ca duco nell' isola d 'Antieira. Perciocch quivi sicu rissimamente si piglia ; eh , come ho dello, me scolano seco il MMmoidct In Italia si chiama ve ratro. f a farina derii pe* , e mescolata ancora txtto afta radice* cdn la qtfsle K die si lava I* m

451

HlSTORURUBt MUNDI LIB. XXV.

45J

u t creatssMoa, caepi* simili*, caaibut tsaUira <!lur porgaiionit capi. Antiqpi radicem corticc qum carnosissimo eligebant, qpo lenujor eximeretor medulla. Bine bpmldis spongiis operlin> largetcenlemque acu in IpngLtpdinem fin debant. Dfinde fila io ombra siccabant, iis u len tes: n*c ramulos i p i t n b radice qaam grava timi cortili ita <l*ol. Opimum, qaod ycrc gusla ferventqne, in frangendo paUerera erailtiL. Uarare visi ejua xxx tonis ferppt.

l*m, fa.tt^rnutire j f amwdpcfappp vepi; *9fM>, Colgopsi le radici PM fotti# a pi Por**, * qpIfe aneor* mozze; perocch la pi grpf*, ebe glia la cipolla, i d wl<? * cani per pprearli. iWi wMicbi sceglievano 1 rtdicf! pbe avene c o r to la WP caroosa, per Irarop pi soUle roidolIvlAO*privano con iipogoe molU,e cos goufii* 1 fartr vano per lo Ipogo con pn ago : poi 04 tpfCgpaA? le fila all ombra, f di quelle ti Qj daopo cosi i ramiceli* tese ebe ?iBAfojM 4rU radice di pi grotsa corteccia. Qttfmo l> g w 9 frizzante al gusto, e che rompendolo getta pcfafr re. Dicono che la virt sua dora ben trenta anni.
H
e d ic iit b d e l m e l a w o d i o s e b o ,

Mm N I I U

MGBO XXIV. QOOUOPO DHMDCa(.

34.

C ome d e b b a p i g l i a r s i .

XXII. Nigrum medetur paralyticis, imanieutifcu*, hydnogcjs, dum tra febrjjt, podagris veteribus, articulariis morbis. Trabit ex alvo bi lem, piiuitasque. Ex aqaa dator ad leni ber mol liendam alvum, plarimum drachma, modice quatoor oboli*. Ueer aliqui et scammoneam, aed luiiot aleni. In dulcibus dalum copieis pericol u jo fert : oculorum caliginem folti ducati! : ob id qiUm t i t u n u i e trito. & rotata, tuppuL rata, dacitias concoquit et purgwt : ilem fisiulas, terlia dia exemptum. Verruca* lottil cuoi squa mis aeri .et apdacacha. Hydropicorum veltri impoavlor cura frrWa bprdecea t vino. PetoP W et jumentorum pituitas sanai, surculo per aureo M ajecip,** postaro die eadem bora e&ampto. Scabiem quadrupedum cum ligure aut cera, ac pice, vel eiwn pisselaeo.

XXII. Il nero medica il parietico, i fariosi, i jriUyQpicJv, pur eh? P?p *bt>iapo fcbbiff, V gotte vecchie e i mali delle gianlure. Purga il corpo, la qpllqra e la flemma Dpfi fon acqua a mollificare leggermente il ,c orpo; il pi flQ? dramma, il meno quattro cibali. AJ<cppi ,v k m w mescolalo la scamapea, tpa PV tiepfo il Preso io quantit Pelle cose do^ci, pfc^icplopo: cou fomento leva i bagliori degli occhi, e perejp alcuni ungono anaci;* gli occhi con psp PWtPr QpeiJo lomento raaAjara le sqroic, Je raccolte e durezze, e poi le purga; ,e le fij^ol# or, 9f*MPdo da ejso il U n o giprpp. Tpg\ie,i porri cqp iscagjie di rarpe e con san^aracf. Poaji.tpl ccppp de ritruopichi 00 ialina dorfcp e 09 yipo. risce e purga le flemme df beatifwi ipettw fo
loro pna vermena ,pegli orecchi, e cavandola l'acro giorno aita medesima ora. Q.narUce la fM bb* delle bestie con inqepso o cera, e ppoe, o (cpl j* seleo.
MeLAMropioAIAiiCQ : pt^piquBB
CHE SK NE FA HlfU , 3 .

Iran

IH A U : IVtUQMIMt a x x o JCXIII.

XXIli. A lb an optimum, quad celerrime mo vet sternutam enta: aed multam terribilia*nigro, praecipue t i qnis apparalum polurorum apud an tiquos leg at, contra bocratas,strangulatus, inlempettiva somni vires, singulius infinitos aut ternutemesta,stomachi ditstdationea, .tardiores vomilpaaul JugioMt,exiguos aut oimios. Quip pe alia J t K -adiiU, qoae copcitareut voaaitiones, l p n p |n f * 4tboanm eatraborent medicamentis, aut cly st^ ih n i* aaape liamitaoguine venis emitn . U T ro t quom prospere xedat, lerrihlU viso, varila olnaibus.vomilionmn ^t post lom i' tiaaa o b aer v aian e alvi, balinea tum dispensatioK,ioiaa M r f r is c v i, an tecea denteo moia bacc agno te rro re Camae. HaaaqpM tcaduot >absomi

XXUl. Ottimo il bianco, che fa tosto starnu tire, ma mollo pi terribile che il nero, massi mamente chi vorr leggere appresso degli antichi lo apparato che Uceyano cojqro ebe P avevano a bere contra gli estremi freddi, gli stranguglioni, liu tempestiva fprja del^PunPt.gl'oA^li fijigbiorzi ovvero-starnuti, le, di^olMiiqui.^C^o, storpilo, i vom li trpppp ^*rdi o Ippgi Iroppp tpi<coli o ,for verebi. Perciocch e^si psavo9 dace,*Ur ^pali naoversero il vonpilp, e lir^s^rp fu^rp lplr leboro stesso, o in rn^Iiqiue, o .iu < i;^ ia/e #pe? ,voUe4ncoracol cavar sapgpe ^alle.y/tpf. P iap c w ph^ la fTiesca bene, icrribil ppm j f v*m colori nelle voaMt^zipni, e dqpo m*esJeA<*W* i tarii escremeojper scoetiq, e l' wdipe M

i55

C. PU N II SECUNDI

456

carnem, si coquatur uni. Sed antiquorum viliam erat, quod propler hot metus parcius dabant : quum celerius erumpat, quo largius sumitur. Themison binas non amplius drachmas datavit : sequentes et quaternas dedere, claro Herophili praeconio, qui elleborum fortissimi ducis simili tudini aequabat. Concitatis enim intus omnibus, ipsum in primis exire. Praeterea mirum inventum est, qaod'incisum forficulis, at diximus, cribrant: cortex remanel, lmnc inaniunt: medulla cadil ; haec in nimia purgatione data tomitiones sistit.

tiene nel fare i bagni, e la cora in che ai raelle tultoquanto il corpo, e non fon altro, la stessa fama che melte spavento grandissimo ; perciocch dicono che la carne, che si cnoce con elleboro, si consuma. Ma il difetto degli antichi era, che per queste paure ne davan meno ; dove quanto pi se ne piglia, tanto pi tosto purga. Temisooe non u soleva dare pi che dae dramme: quegli che seguirono poi ne diedero quattro, per la ce* lebre sentenza di Eroflo, il quale paragonava P elleboro a un fortissimo capitano, che quando ha sollevato dentro tutte le parti, il primo a nscir fuori. Olir di ci mirabile invenzione, tagliarlo a pezzuoli con forbicine, come ahbiam dello, e passarlo per vaglio : la corteccia rimane, e volala questa, cade la midolla. Questa presa in troppo o violenta evacuazione, ferma il vomito.
OSSKRV AZIONI SOPRA CIASCUNA SPECIE, 8 6 .

ObBBVATIONBS CIECA UTRCHQOB GBHCS, LXXXVI 1I.

XXIV. Cavendum est felici quoque cura, nubilo die detur: qnippe impetibiles crucialus exsistunt. Nam aestate potius, quam hieme dan dam, non est in dubio. Corpus septem diebns ante praeparandum cibis acribus, abstiucniia vi ni, quarto et tertio die Tomitionibus, pridie ce nae abftinentia. Album et in dulci datur, aptissi me vero io lente aut pulle. Nuper invenere disse ctis raphanis inserere elleborum, rursusqne comprimere raphanos, ut transeat vis, atque eo lenimento dare. Reddi post quatuor fere horas incipit. Totam opus septenis peragitur horis. Me detur ita morbis comitialibus, ut diximus, verti gini, melancholicis, insanientibus, lymphaticis, elephantiasi albae, lepris, tetano, tremulis, poda gricis, hydropicis, incipientibusque tympanicis, stomachicis, spasticis, cynicis, ischiadicis, quar tanis, quae aliler non desinanl, lussi veteri, infla tionibus, torminibus redeuntibus.

ne XXIV. Hassi ancora da |K>r cura di non darlo in giorno che sia uuvolo, perciocch muove in sopportabili dolori. E nou dubbio alcuno, ch'e gli molto meglio darlo la stale, che il verno. Il corpo ^sei le di prima s 'ha a preparare con cibi agri, e senza ber vino, e il terzo e il quarto gior no col vomito, e il d innanzi star senza cena. Il bianco si d nelle cose dolci, e soprattutto in latte 0 in poltiglia. Nuovamente s ' trovato di fendere 1 rafani, e'inserirvi l'elleboro; dipoi premere i rafani di nuovo per farne uscire il sugo, e cos darlo pi mitigalo a chi ne bisogoi. Comincia a ributtarsi quasi dopo quattro ore, e in seil'ore produce tulio il suo effetto. Cos guarisce il mal caduco, come dicemmo, le vertigini del capo, i maninconici, i furiosi, i linfatici, l'elefanzia bian ca, la lebbra, i nervi ritirali, i triemili, le folle, i rilruopichi, il cominciar dell'idropisia della timpanite, gli stomachici, gli spastici, quegli che non si posson muovere di letto, essendo diffidali da' medici, gli sciatichi, le quartane che non fini* scono llrimenti, la tosse vecchia, le infiammagioni e i tormini che ritornano.
A CHI NOE s ' ABBIA DABB.

o ib u s

n o tr

dabdum.

XXV. Vetant dari senibus et pneris: ilem XXV. Non vogliono che si dia a'vecchi, n ai mollis ac feminei corporis aoimive, exilibus aut deboli di complessioue, e di poco spirilo, e alle teneris: et feminis minus quam viris. Ilem timi donne manco cbe agli uomioi. N anco vuoisi dis, aut si exulrerata sint praecordia, vel lumeanl: dare a persone paurose, n a chi ha magagnate o minime aanguiuem exscreantibus, causariis vel enfiate le interiora, n a chi spula sangue, n a latere, -vel faucibus. Medelur extra corporis, eru chi ha mal di fianco, o di gola. Guarisce ancora ptionibus pitaitae curo axungia salsa illitam : item fuori del corpo gli umori flemmatici impiastralo apparationi veteri. Mures polentae admixtum con ugna salata; e dove si aia fatta vecchia rac necat. Galli sagittas in venato elleboro lingunt, colta di puzza. Mescolato eoo la polenta ammazza ircumcisoqae vulnere teneriorem sentiri carnem i topi. 1Francesi nella caccia tingono le saette nel-

niSTOHlARUM MUNDI LIB. XXV.

458

idfirM Dl. Moteae qnoqaeneeaotar albo tri lo, el curo lacie sparto. Eodem el pblhiriasis emendilir.

1'elleboro, e tagliando poi intorniointornola ferita, dicono che nel resto la carne si sente pi tenera. Le mosche ancora s'ammazzano con lelleboro bianco pesto, e poi spruzzalo di latte. Col mede simo si guarisce il male de1pidocchi. Dii.
MITBtDATlO,

M I T I S I DATI A, II.

s.

XXVI. 6. Ipsi Mithridati Crateras adscripsit : X X ?! 6. Crateva medico attribu a Mitridate nnara roilhridaliam vocatam. Huic folia duo a an1erba, che si chiama milridatio. Quest'erba ndiee acanlho similia. Caolis inter utraque snsti- ha due foglie che nascono dalla radice simili a quelle dell' acanto. Il gambo tra amendne, e fa neos roseam florem. fiore di color di rosa.
ScoaooTis,
s it * s c o b d io h ,

iv.

i l l o sc o b d o t i, o v v u o s c o r d io ,

4.

XXVII. Allerara Lenaens, scordolin, site scord ion, ipsius manu adscriptaro, magnitudine cobitali, quadrangolo caule, ramosam qaernae rimili ladine, foliis lanuginosis : reperilur in Ponto, campis ptngaibos hnmidisque, gastns amari. E st et alterius generis, lalioribus foliis, mentastro similis, plorimosque utraqae ad asus per se, et inter alia in antidotis.

XXVII. Leneo ne mette un' altra disertila di sua mano, la quale ei chiama scordoli ovvero scordio, alla nn bracciocon gambo quadrangolare. Essa piena di rami siccome la quercia, e ha le foglie lanose. Truovasi in Ponto, in piani grassi e amidi, ed di sapore amaro. ccene un' altra specie con foglie pi larghe, simile al mentastro. L* una e l'altra ha molle virt e di per s, e in composizione negli antidoti.
D bL L A POLBMOlflA, OVVtBO F ILET EB 1A, O CHILIODIRAMA, 6 .

P o in so n u ,

s iv b f h il e t a e b ia , s it e c k il io d y -

BAMA, VI.

XXVIII. Polemoniam, alii phitetaeriaro, a certamine regnm inventionis appellant. Cappadoces autero chiliodynaraam, radice crassa, exili bus ramis, qoibos in sommis corymbi dependent, nigro semine : cetero rutae similis. Nascitur in montuosis.

XXVIII. La poiemonia, da molti chiamala fileleria, cos detta dal combattimento dei re nella invenzione dessa. I Cappadoci la chiamano chiliodinama : ha la radice grossa, i rami sottili, nella cui cima pendono coccole piene di seme nero : nel resto simile alla ruta. Nasce in luoghi montuosi.
D e l l 'b o p a t o b ia ,
1.

u p a t o b ia , i .

XXIX. Eupatoria quoqoe regiam auctorita tem habet, caalis lignosi, nigricantis, hirsuti, cu bitalis, et aliqaando amplioris, foliis per inter valla quinquefolii, aul cannabis, per ambitam iocisis quinquepartita, nigris el ipsis, plumosisqae : radice supervacba. Seraen dysentericis in vino potum auxiliator anice.

XXIX. La eupatoria ha ancora essa autorit reale. Il gambo suo legnoso, pendente al nero, irsuto, lungo un braccio, e talora pi, con foglie ad intervalli, simili al cinquefoglio ovvero al ca nape, frastagliate intorno in cinque parti, nere anch'esse e piumate, e con radice vota. II seme suo bevuto col vino unicamente olile al male de' pondi.
D ella
cew taobea,

tisirrA u e io ff,

s iv b

camomon, xx.

ovvaao

c h ib o h ia ,

ao.

XXX. Centaario curatus dicitor Chiron, quum Herculis excepti hospitio pertractanti ar ma, sagitta excidisset in pedem : quare aliqai efatroaion vocant. Folia sunt lata et oblonga, ser ralo ambitu, densa ab radice, caules ternam cu. biforam, genicolati. In his capita cea papaverum.

XXX. Dicono che Chirone fu medicato con la centaurea, quando ricevendo Ercole, e maneg giando le sue saette, una gli fer il piede; e per alcuni la chiamano chironia. Le sue foglie sono larghe e lunghe, frastagliale e folte d ' intorno iosino dalla radice. I gambi tono di tre braccia

45$

a 'Pl in ii SECUNDI
ra d io *

4Eo

Badie vaala, rabncnM, te a m ftapliiqiie, ad bk>a cabila, madida Moto, amana cam qaadam dalcedfcra. NncHor tn eoMibas pingui ola. Lu* datissima io Arcadia, Elide, Messenia, Pholoe, et Lycia : et io Alpibus Tere, plvrimisqae dii* loci. Io Lycia qoidem et ex ea lycium faciunt. Yis io volneribus lania, t c tia e re ic m etiam carnes tradant, si coquantur simul. Io osn radix lantani daabas drachaais bibenda, quibas dicetur? ai fe bri* sil, ia qua trila, ceteris in vino. Medetar et iisdem xnorbis decoctae saccas.

o m a l , ed ha a a o i api o*m a d i p a p a a m . L a

f r a n d e , roasiga*, i tu e a a m f n f i l e , la a g a due braccia, molle del tuo sugo, ed ha un sapone Ir a dolce e amaro. Nasce ne' poggi in terreno grasso. ottima io Arcadia, in Elide, in Messe nia, in Folne e in Licia ; e nell1Alpi ancora e ia assaissimi altri luoghi, lo J & ia - fanno ancora d i essa il licio. Dicesi eh* ella ha tanta virt nel sal dar le Aerile, che .coceudt eaa casa la earae, la rappipea. Usasi solamente la radice,<ebeo*ucnedue dramme pei mali che ai diranno; Arila iu aefwa giova dov' febbre, e agli altri in vip. 11 sqgp di questa erba cotta medica le alesse malattie.
D e l CBWTAPJIRO LKPTO, o U B A N O , fDLE T U E D ic a s i FIELE DELLA TEEBA, 2 2

CeR1ID>MI u n w , IR I lAIIM M , QOOS I KL


T E I I AB, X X II.

cci un altro centaureo. cognpminalo XXXI. Est alleram eealaorion cognomine XXXI. Ifptos, minatis loti*, <quod aliqui libadioa o- lepto, il quale ha la foglie minale 4 da alcuni ibI, quoniam secundum Iontes nascitur, origano chiamalo labadio, perch Jiasce lungo le foirti, ri lin ilr, angustioribus el loagioribns Iuli**, anga- mile all* origano, im con foglie pi strette e pi Js taale pattllnlum aUa, froiicaade, fore lychni- lunghe, con ambo fatto ad angoli, alquanto allo 4!, radice ieaui l m*pervacua, auceo effieax. e geriooglioso ; ha fiore di Ijcnide, radice ipia herba autumno legilar, succus e fronde. e vota, e sugo possente. L 'erba si coglie nelQui Jam caules concisos madefaciant diebus xnc, 1' autunno, e il sugo si trae delle foglie. Alcuni atqae ita exprimunt. Hoc centaurion nostri fel tritano i gambi, e gli bagnano per diciotto gior terrae vocaal, propter ajnaariladiaera summam. ni ; e cos,ne traggono il sitgp. Qpeplo cenjaario Galli exacon, quopiam omnia mala medicamenta chiamato da' nostri fiele di terra, per la sua grande amaritudine. 1 Francesi lo domandano polum e corpore exigat per alvum. essaco, perch }>euto manda fuora df 1oorp? per lo ventre lutili j cattivi medicamenti*
C in m ill

TBIOM 2HIS, t l.

De l

c r r t a u jm

* a i p a c # * , a-

XXX Ll. Tertiaesl CMiUuris,ogaotnMae b ia r chis. Qui eam secat, rarum est, ut non vuloeaeft tese. Haec succum sanguineum mittit. Theophra stus defendi eam, irapugnarique colligentes tra dit a triorche accipitrum genere, a quo et nomen aeoepit. Imperiti confundoul h*e pri mo generi adiignant, -Ci.raEJTDs, u. XXXUL ). Clymenus a .rge,harba appallata eat, ederae .foliis, ramosa, .caule inani, arcuUs praecincta, odore gravi, et semine ederae,,sil*flstribus el montuosis nascens. Quibus morbis pota medeatur, dicemus. Sed bic iadioaadum eat, dum medeatur, sterilitatem pota etiam viris fieri. Graeci plantagini mile*) esae dixerunt, eaule quadrato,.folliculis cara temine interne imple*is, velut in polyporum cirris. El sucous autem ia ,usu, vi su m nujo refrigerando.

XXXU. 11 terzo il centauri, cognominalo triorche. Bade volte avvieoe che chi lo taglia uoo si ferisca. Questo manda fuora sugo sanguigno. Dice Teofaslro, che.un ucctUp di rapina, detto triorche, lo difeude, e coro balle conira coloro che lo vogliopo cotrre,; dal che Ha preso il n*mp- G li.gnocauti Qoufon.dono Juiie gufale ^pqc, e jot fanno una sola, Jafxima che dioemmo.
O el C L in iro , 2.

XXXIII.,?. 11 clioaeop un'erba epv chia mala da un re che ne fri jmceo luce. Ha le fcigli# simili all' ellera, ed ramosa : ha il gambo volo, cinta di nodi, ha possente odore, fa seme come 1 *ellera, e .nasce.nelle .selve ep e ipooti. Ora di remo le infermit eh' ella medica, beeudosi. Ma qjii a' ha da ampere, che medicando (a sterili gli uxuioui ancora. 1 Greci dissero eh' ella < simile alla 'piantaggine, e ha > gambo quadro,* baccel 1 lini jjppiocaii imwine^ uc ^uali U.seme,, c a m sono i ,ric<;i dcijpolipi. II qgpjup ha gr*n for*a di rinfrescai*.

HISTORIARUM MURI* LIS. XXV. Q i n l m , sui.


D l U i e**H AH A , l 9.

4*

XXXIV. O i m l i i w invenit G enti m Hly* XXXIV. Gentio re di Sebiavonia fu qnegti norma* abtqnd NHeMM^ ia 1Hyrieo I m n ebe irovla gentiana, Ia quale nasce per tatto, ma p w ik B tiiiid u , M fraxini : sed magnitudine eceelletttistima in hchia vonia: ha foglie di frassi bfttMtt* a i i k lenir*, polKcU cvacritedine, caro no, me grandi quanto la lattuga. Il gambo te* nero, grosso quanto il dito pollice, vto dentro, et io a a i , es intervallis foliato, trium tlif a a o eoUUrao, radiee lento, subnigra, im odere: con foglie a intervalli, e cresce insiuo a tre brac quotis montiba* tuM pinii firA t. Csus B cia. Ha radice pieghevole e pende in nero : radice et succo. Radicis natura est excalfactoria, senza odore, e nasce abbondante sotto le Alpi in ted praegnantibus non bibenda terreni acquidosi. utile s la radice che il sugo. La natura della radice di riscaldare, ma le doti ne gravide s1hanno a guardare di berla.
L ysimachia , v w .
D i l l a lisim a c h ia , 8 .

XXXV. Invenit et Lytimaehns herbam lytiraacfciam, qoae ab eo nomen retinet, celebrata Eroislrato. Folia habet saliris viridia, Oorem perparvum, fruticosa, ramalis eredis, odere aeri: gigaitor in aqoosis. Vise)et tanta est, ut jumen tis isSordantibos jttgo imposita, asptritatetd cobitat.
A b t b m isia * siv b N i n t R i t t n w n ,

XXXV. Il re Lisimaco fu quel che trov ler ba lisimachia, cos detta dal suo nome, molto celebrata da Erasistrato. Ha le foglie di saldo verdi, il fior rosso, fa cespuglio, ha rami diritti ed di grave odore. Nasce in luoghi acquosi ; ed ha tanta forza, che mettendola a' giumenti, i quali non vogliano il giogo, mitiga la ferocit loro.
D e l l * a b tb m is ia , o p a b t e h i d e , AMBROSIA,

o orai, o

M ! l A M tO U i, V.

5.

XXXVI. Malie res qaoqae bane floriant a* fedavere, ia quibas Artemisia uaor Mausoli, ado ptata hrba quae antea partheuis vocabatur. Suat qui ab Artemide llilbyia cognominatam potaut, quoniam privatila madeatur feminarum malit. Ktt autem abeiulbit modo fruticosa, majoribus Miis, pioguibusque. Ipsius duo fenera : altera lalioribos folii*, altera tenef teoaioribus, et aou nm ia maritimis nascens. Suul qui in aaedi terra nei* eadem nomine appellent, simplici caule, m i*> niiau falii, flori* copiosi, erumpentis quam uva maturescit, odore non injucundo^ quam quidam fcotryn,alii ambrosiam vocant. Talis in Cappado* oasdlar. M

XXXVI. Le donne ancora hanno aspiralo alla gloria in questa professione, e fra lallre Artemi sia moglie di Mausolo, la quale ha chiamata da s artemisia quell* erba, che prima si domandava partenide. Alcuni tengono chella abbia preso que sto nome da Artemide llitiia, perch'ella partico larmente medica i mali delle donne. Fa cespuglio a modo dell' assenzio, ma ha le foglie maggiori e grasse. di due ragioni: l'una ha le foglie molto larghe, l ' altra tenera e le ha pi sottili, e non nasce se non in luoghi marittimi Alcuui chiama no per questo nome on'erba, che nasce fra terra, con un gambo solo, con foglie piccolissime, e fiori copiosi, che sbocciano quando l ' uva matu ra : ha odore non malvagio, e da alcuni chia mata botri, e da altri ambrosia. Cos nasce in Cappadocia.
Della
h ir f e a , o e b a c lb a , o b o p a lo , o ma don : SPECHI DUE, MEUICIR. * 4 *

M aP H A E A , SIVB HKBACLIOH, SITE BHOPALOB, SIVE


mado*

: e i n a i nuo ;

m e d ic in a e x i v .

XXXVII. L erba ninfea dicono che nacque XXXVII. Nyraphaaa uala Iraditar nympha sdolypia erga Herculem mortua. Qaare hera- da uua ninfa morta per gelosia ch'ella aveva boo vocant aliqui,alii rbepalon,a radice clavae d'rcole. Per alcuni la chiamano redea, e ali. i deo que eo, qui biberint eam duodecim alcuni repak>, perch la radiee sua somiglia ooa Sebes, coito geoilaraque privar. Laudatissima n Orchomeno t Marathone. elava. K-perci colora che la beono per dodici fiorai, non possono M a r e , n ingenerare. Nasce
I eeoellenlissioM in O rc w w a t I h wil wn .

4*3

C. PLINII SECUNDI

44

Boeoti madon vocant, qoi et semen edant. Nascitur in aquosis, foliis magnis, in summa aqua, et aliis ex radice prodeuntibus, flore lilio simili, et quum defloruit, capite papaveris, tenui caule : secatur utuiuno. Radix nigra ia sole siccalur, adveriaturque alvinis. Est et alia nymphaea in Theasalia, amne Peneo, radice alba, capile luteo, ro sae magnitadiue.

1 Beoiii la chiamano madon, e mangiano il suo seme. Nasce in luoghi d ' acqua, a foglie grandi che vengono a galla, e altre che vengo no fuor della radice : ha fiore simile al giglio, e, quando sfiorisce, simile al capo del papavero : ha gambo sottile, e tagliasi l'autunno. La sua radiee nera, e seccasi al sole ; ed contra i flussi del ventre. cci un altra ninfea in Tessaglia, nel fiume Peneo, la quale ha la radice bianca, il capo giallo, grande quanto nna rosa.
S p b c i e d o e d e l l ' b u f o e b i a . M b o ic . a 6 .

o p h o b b ia b

0H e r a

. M e d i c i b a e IV.

XXXV11I. Invenit et patrum noslrorum ae XXXVUl. Trov ancora all'et de'nostri padri il re Giuba l ' erba, eh' egli chiam eufor tate rex Juba, quam appellavit euphorbiam, me bia, dal nome del suo medico. Costui fu fratello dici sui nomine. Frater is fuit Musae, a quo di vum Augustum conservatum indicavimus, lidem di Musa, il quale dicemmo che camp la vita ad fratres instituere a balineis frigida mulla corpora Augusto imperatore. 1 medesimi fratelli ordina adalringere. Anlea non erat mos, nisi calida tan rono, che quegli che uscivano de'bagni s'infred tum lavari, sicut apud Homerum etiam inveni* dassero i corpi con molta acqua fresca. Prima mus. Sed Jubae volumen quoque exstat de ea non s'usava lavare se nou con l ' aequa calda, herba, et clarum praeconium. Inveuit eam in come si truova ancora in Omero. Ma si truova monte Aliante : specie thyrsi, foliis acanthinis. anco ua libro di Giuba, che tratta di quest'erba, Vis tanta est, ut e longiuquo succus excipiatur : e la loda molto. gli la trov nel moute Atlante, incisae conto, subdilis excipulis ventriculo hoe- di forma siccome tirso, con foglie simili all'acandino, humor laciis videtur effluere: siccatus quum to. Essa di tanta forza,, che il suo sugo si coiit, ihuris effigiem habet. riceve di lontano, forando l'erba con una pertica, e facendosi esso cadere in un ventricolo di ca pretto : questo sugo pare che sia umore di latle, e quando secco e rappreso somiglia incenso. Qui colligunt, clarius videnl. Conlra serpen Questo sugo rischiara la vista a chi lo coglie. tes medetur, quacumque parte percussa: vertice E medicina contra le serpi, qualunque parte ne inciso, et medicamento addito. Ibi Gaetuli, qui sia percossa, intaccando il cocoitolo del capo, e legunt, hoedino lacte adulleranl: sed discernitur meltendovelo sopra. I Geluli, che quivi lo rac igni. Id euiiu, quod sincerum nou est, fastidien colgono, usano falsificarlo con latte di capra, ma dum odorem habet. Multum infra hunc succum ooooseesi al fuoco. Perciocch quello che non est, qui in Gallia fit x herba cbamelaea, granum schietto ha odore molto fastidioso. Molto men cocci fereule. Fraclus ammoniaco similis est: valoroso di questo sugo quello -che si fa in eliam levi gustu os accensum diu delinens, et ma Francia dell'erba camelea, la quale fa il granello gis ex iulervallo, douec fauces quoque siccet. come il oocco. Rollo eh' egli somiglia l ' ammo niaco, e ancora che molto leggermente sia gusta to, tiene lungo tempo la bocca accesa ; e sempre lardore va crescendo, fin eh egli secca anco la gola.
P l a n t a g in is
gbn eba i i .

M e d ic in a e

x x v i.

D ella

p i a n t a g g i n e , s p e c i e . .

M e d ic .

aG.

8. Temisone medico ha celebralo XXXIX. 8. Celebravit el Themisou medicus XXXIX. auch egli 1 erba piantaggiue, come se ne fosse * vulgarem herbam plantaginem, tamquam inven tor, volumine de ea edito. Duo ejus geuera. Mi- stalo inventore, e n' ha composto un libro. Ella iHtr angustioribus folii* el nigrioribus, liuguae di due ragioni : la minore, che ha le foglie pi strette e pi uere, mollo simili alla lingua pecorum simillimis, caule anguiuso, in terram inclinato, io pratis nascens. Altera major, foliis delle pecore, col gambo canleruio, e chino verso terra : nasce ne prati. L 'altra maggiore : ha laterum modo iuclosa : quae quia septena suat, quidam eam bcptapleuron vocavere. Hujus t foglie che si chiudono iu forma di lati, e perch caulis cubitalis est, ei angulosus. Nasoitur iu hu- per lo pi son selle, alcuni 1' hanno chiamala

465

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXV.

/,G6

rnidis m alto efficacior. Vis mira in siccando densaodoqae corpore, cauterii vicem obtineas. Nulla res aeque sistit fluxiones, quas Graeci rheumatis mos vocant.

ettaplearo. 11 gambo di questa lungo an brac cio, ed anguloso. Quella che nasce ne1luoghi umid, ha mollo maggior virt. Ha mirabil forza in rasciugare e seccare i corpi, e serve in luogo di cauterio. Non c ' cosa che pi di qnesta ristagni il flusso, che i Greci chiamano reuma tismo.
D b l l a bug lossa ,

B oglossos , n .

a.

XL. Jungitor buie boglossos, boum linguae similis, coi praecipuam, quod in vinum dejecta, animi voluptates auget: et vocatar eupbrosynum.

XL. A questa s 'aggiugne la buglossa, similo alla lingua de' buoi : la quale ha questa virt, che messa nel vino, accresce i piaceri delibammo : chiamasi anche eufrosino.
D ella c in o g lo s s a , 3.

CfKOGLOSSOS, II I .

XLI. Jungitor et cynoglossos, caninas imitans lioguas, topiariis operibus gratissima. Ajnntque qase tres thyrsos seminis emittit, ejus radicem potam ex aqaa ad tertianas prodesse : quae quatoor, ad quartana*. Est alia similis ei, quae ferat lappas minutas: ejus radix pota e i aqua, ranis et serpentibus adversator.

XLI. Ti la cinoglossa, simile alla liogua del cane, molto a proposito per far lavori topiarii. Dicono che la radice di quella, che fa tre torsi di seme, bevuta con l'acqua giova alle terzane ; e la radice di quella che ne fa quattro, alle quartane. V* un* altra erba simile a questa, che fa lappole minate; la cui radice bevala oon l'acqua contra le rane e le serpi.
D b l b u ft a l m o , o c acla .

B u p h t h a l x o s , s iv a

cach la m .

XL11. Est et buphthalmos, similis boum ocu lis, folio feniculi, circa oppida nascens, fruticosa caulibus, qui et manduntur decocti. Quidam cacblam vocant. Haec cum cera scirrhomata disentit.

XLII. V' pur l'erba chiamata buftalmo simi le agli occhi de'buoi,con foglie di finocchio: nasce intorno alle citt, e fa cesto di pi gambi, i quali si mangiano cotti. Alcuni la chiamano cacla. Questa con cera rissolve le durezze della carne rassodata.
E bbe c h e f o e o b o

H bebab

q u a s g e b t b s ih v e h e k c h t

s c t t h ic b , i u

a m o v a te

d a g l i ttomibi.

D e lla s c itic a ,

3.

XLUI. Invenere herbas et universae gentes. Scyibia primum eam , qnae scylhice vocatar, circa Boeotiam nascens, praedulcem alias, utilissimamque ad ea qaae spasmata vocant. Magna et ca commendatio, quod in ore eam habentes, fa mem sitimque non sentiunt.
H ip p a c e , m .

XL1II. Tolta le nazioni ancora ritrovarono dell* erbe. La Szia trov quella che s chiama scitica, la quale nasce intorno la Beozia, ed molto dolce, e utilissima alle contratture de*ner vi. Quest' erba ha an gran vanto, che coloro che la tengono in bocca non sentono fame n sete.
D e l l a ip p a c e ,

3.

XLIV. Id e a praestat apad eosdem hippace dicta, qaod in eqais quoque eam dem effectum habeat. Traduotque his duabus herbis Scythas eliam ia daodenos dies dorare in fame sitiqoe.

XLIV. Il medesimo effetto appresto di loro A quell* erba, eh* essi chiamano ippace, la qnale i anche ne* cavalli opera I* istesso. Dicono che gli Scili con queste due erbe sopportano la fame e la sete ben dodici giorni.

4c 7
IsCHAENOlf, II.

C. PLINII SECONDI D e lla


is c h r u o iib , e .

4G8

XLV. Ischaemonem Thracia invenit, qua fe runt sangninem siati, non perla modo vena, *ed eliam praecisa. Serpi! terra milio simili, follia asperis et lanuginosis, farcitur in nares. Qoae in Italia nascitur, et sanguinem eadem adalligata sistit.

XLV. La Tracia trov l erba ischemone, la qusle dicono che ristagna il sangue, non pure quando la vena aperta, ma ancora sessa taglia ta. Questa erba serpeggia per terra, ed simile al miglio, con foglie aspre e lanuginose, e meltesi ne1buchi del naso. Quella che nasce in Italia, legala che sia, ferma ancora essa il sangue.
D el C8STE0, o f s i c o t r o f o , d e t t o a b c h e v r t t o e ic a , o s e r b a t o l a , 4 8

C estros,

s iv b p s t c h o t b o f h o h , q o a b v e t t o i i c a ,

SIVB SERBATOLA, XLVUI.

XLVI. Vettones in Hispania eam, quae Tet tonica dicitur in Gallia, in Italia aetem serratula, a Graecis cestros, aut psychotrophon, ante cun ctas laudatissima. Exit anguloso caule* Cubitorum duura, a radice spargens folia fere lapathi, ser rata, semine purpureo. Folia siccantur in farinam plurimos ad usus. Fit vinum ex ea et acetum, tomacho et claritati oeniorum. Tanlumque glo riae habet, ut domus in qua sata sit, tuta existi metur a piaculis omnibus.

XLVI. I popoli Vettoni nella Spagna trova rono quella, che in Francia si chiama vettonica, in Italia serratula, e da1Greci cestro, ovvero psicotrofo, sopra tutte 1 altre lodatissima. Viene * fuora eoo un gambo a canti, lungo due braccia, spargendo dalla radice foglie come di lapato, iu laccate a modo di sega, col seme rosso. Le foglie soe si seccano per farne farina, la quale serve a pi bisogni. Fassene vino e aceto utilis simo allo stomaco e a rischiarar la vista. Questa erba ha tanta gloria, che quella casa, dove essa piantata, si tiene che sia sicura da tutte le male venture.
D
e l l a c a h t a b r ic a , e .

Cautabeica, ii .

XLV1I. In eadem Hispania inventa sic cantabrica, per divi Augusti tempora a Cantabris re perta. Nascitur ubique caule junceo pedali, in quo sunt flosculi oblongi, veluti calathi : in his semen perquam minatum. Nec alias defuere Hi spaniae herbis exquirendis, ut in quibus eliamnum hodie in numeroso et laetiore convictu, po tionem e centum herbis mulso additis, credidere saluberrimam suavissimaraque : nec quisquam genera earum jam novit ant multitudinem nu merus tamen constat in nomine.

XLV1I. Nella medesima Spagna si ritrova ta l erba cantabrica ai tempi dell imprradore Augusto, e trovaroula i popoli Cantabri. Nasce per tutto con gambo di giunco alto due piedi, nel quale sono alcuni fiorellini lunghi come un picroio pauieruzzolo, con entrovi il seme minu* (issituo. Mai non manc la Spagna di trovar erbe, di maniera che quivi ancora oggid, dove sia gran convito, s usa far bevanda di ben cento erbe, accompagnate col vin melato, utilissima e delicatissima ; n c chi conosca le specie, o la quantit d esse : nondimeno il numero i mani festo nel nome.
D
e l l a c o r s il ig ir b , i

C o r s i l i g o , i.

XLVIII. Nostra aetas meminit herbam in Marsi! repertam. Nascitur in Aequicolis circa vi cum Nervesiae: vocatur consiligo. Prodest, ut demonstrabimus suo loco, deploratis in phthisi.

XLVIII. A nostri tempi s trovata uu erba nel paese de* Sfarsi, la quale nasce ancora nel paese degli Equicoli presso al villaggio di Nervesia, e chiamasi cousiligine. Giova quest erba, come dimostreremo al suo luogo, a' lisichi diffi dati della vita.

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXV.


I
b e b is ,

11*

D b l l ' ib b b id a , 7 .

XL1X. Invenit nuper el Servilia* Democntes e primi* medeatiuru, q u a m appellavit iberida, qiuunquam ficto nomine, inventioni ejus idiignalo carmiue. Nascilur maxime circa veler mo numenta parietinasque, et inculta itioerum.Floret semper folio nasturtii, caule cubitali, semine tam parvo, t vix aspiei possit. Radici odor nastnrtii. Usus aestate efficacior, et recenti tantum. Tundi tu r difficulter. Coxendicibus et articulis omnibus cum axungia modica utilissima, viris plurimum quaternis horis, feminis minus dimidie adalligata, ut deinde in balineis descendatur in calidam, el postea oleo ac vino corpus perungatur: diebusque vicenis interpositis idem fiat, si qua admonitio doloris sapersi(. Hoc modo rheumatismos omoes sanat occultos. Imponitur non in ipsa inflamma tione, sed imminuta.

XLIX. Trov nuovamente ancora Servilio Demoprate, un* de* primi uomini che medichine, un'erba, ch'egli chiam iberida, bench con finto nome, assegnando un carme alla su* inven zione. Nasce per lo pi intorno a sepolcri vecchi, mura e viali incolti. Fa sempre il flore simile a quello del nasturzio, il gambo lungo un braccio, e il seme cos piccolo, che appena si pu vedere. La sua radice ha odore di nasturzio. Ha pi virt la stste, e solamente fresca. Pestasi con fatica. utilissima con un poco di sugna alla sciatica, e a tulte le giunture. Appiccasi agli uomini quattro ore, e alle donne meno che due : poi si fanno ire al bagno d 'acqua calda, a indi s 'ugne loro il corpo con olio e vino ; il che si fa di nuovo, framettendoci venti giorni, se vi rimane sospetto di dolore. A questo modo guarisce tutti i flussi occulti. Ponsi non nella accensione della doglia, ma quando ella scemata.
EBBB CHB VUBOBO BITBOVATB DAOLI ABIHALI. DsLLA CHBLIDOB1 6 . A,

H H B A B AB ABIVALIBOS BBFBBTAB. CaBLlO O BlA , VI.

L. Animalia quoque invenere herbas, in primisque chelidoniam. Hac enim hirundines oculi pullorum in nido restituunt visum, ut quidam: volunt, etiam erutis ooulis. Genera ejus duo: aaajor fruticosa caule, folio pastinacae erratica ampliore, ipsa altitudine duum cubitorum. Colos albicans, flos luteus. Minori folia ederae rotun diora, ininuscandida. Succus croci mordax, se men papaveris.

Florent advento hirundinum, diseessu mar cescant. Florentibus saccus exprimitor, et in ae reo vase cam meile Allico leniter cinere ferventi decoquitur, singulari remedio contra caligines ecalorum. Utuntur et per se sacco in collyriis, quae chelidonia appellantur ab ea.

L. Gli animali ancora hanno trovalo dell'er be, e massimamente la chelidonia. Perciocch le rondini con questa erba restituiscono la vista agli occhi de loro figliuolini nel nido; a, secondo alcuni, quando essi ancora avessero cavati gli occhi. di due ragioni : la maggiore ha il gambo germoglioso, le foglie maggiori che la pastinaca salvatica, ed alta ben due braccia. Ha color bianco e fior giallo. La minore ha foglie come l ' ellera, ma pi tonde e men bianche. Ha sugo di zafferano frizzante, e seme di papavero. Fioriscono queste erbe nella venuta delle rondini, e marciscono quando elle se ne vanno. Priemesi il sugo quaodo sono fiorite, e in vaso di rame con mele Attico leggermente si cuoee sulla cenere calda, ed ottimo rimedio contra i bagliori degli occhi. Usasi ancora il sago di per s ne collirii, i quali per questa erba sono chia mati chelidonii.
D e l l a can aria , i .

C a b a b ia , i .

LI. Invenerunt et eanes canariam, qua fasti dium deducunt, eamque in nostro conspectu mandant, sed ita ot numqusm intelligator qaae sit: etenim depasta cernitur. Notata est haec animalis hujus malignitas in alia herba mnjor. Percussus enim a serpente mederi qaadam sibi dicitar : sed illam homine inspectante non de cerpit.

LI. I cani trovarono I* erba canaria, con la qaale essi fi purgano lo stomaco : mangianla in presenza delle persone, ma non si pu vederci quale ella si sia, perch si vede pasciuta. S con siderata in questo animale ancora un' altra peg giore malignit, ch'ei tiene occulta un' allra erba utilissima, perch essendo egli morso dalle serpi, dicono che si medica con un' erba, cui e' non pasce mai alla presenza dell uomo.

47*
E lapboboscos : s u r a .

C. P U N II SECONDI

47
E
lapo b o so o

s b s b l i.

LII. Simplicius oervse monstravere elaphoboseon, de qua diximus. Ilem teseli enixae parlo.

LII. Molto pi semplicemente le cerve mo strarono l erba elafobosco, della quale abbiamo ragionato altrove: e cos il seieli poi chelle hanno figliato.
D
b l d it t a m o ,

DlCTAMBCM, TU I. PsECDODICTAMHUM. Q uiB tJS LOCI! POTBBTIM 1 MAB HERBAE : FBOPTBB HBBBAS IB A b c a d i a LAC POTABI.

8. P

s e d d o d it t a v o .

Ib

quali luog hi

s ib n o b b b b d i g r a n d is s im a v i b t .

Ir

A b c a d ia

SI BBB IL LATTE PBB ANIMALI.

BBBB MANGIATE DAGLI

LUI. Dictamnam ostendere, ni indicavimus, vulneratae, pastu stalim decidentibus teli*. Non est alibi, quam in Creta, ramis praetenue, pule, gio simile, fervens et acre gustu : foliis tantum ntontor. Flos nullus ei, aut semen, aut caulis. Radix tenuis ac supervacua. Et in Creta autem non spaliose nascitur : mir eque capris expetitur. Pro eo est et pseudodictamnum, multis in terris nascens, folio simile, ramulis minoribus, a qui busdam chondris vocatum. Minoris effectus sla tini intelligitor. Dictamnum enim minima por tione accendit os. Qui legere eam, in ferula vel arundine condunt, praeliganlque, ne potentia evanescat. Sunt qui dicant, ulramque nasci mul tifariam, sed deteriores in agris pinguibus : ve ram quidem dictamnum non nisi in asperis. Est et tertium genus dictaranom vocaturo, sed neque facie, neque effectu simile, folio sisy m b rii, ramis majoribus, praecedente persuasione illa, quid quid in Creta nascitur, infinito praestare ceteris ejusdem generis alibi genitis ; proxime quod iu Parnasso.

Alloqui herbiferam esse et Pelium montem in Thessalia, et Telethrium in Euboea, et totam Arcadiam ac Laconicam tradunt. Arcades quidem non medicaminibus uti, sed lacte circa ver, quo niam Ione maxime succis herbae turgeant, me* dicenturque obera pascuis. Bibunt autem vacci nam, quoniam boves omnivorae fere sunt in her bis. Potentia earum per quadrupedes etiamnum duobaa claris exemplis manifesta fit. Circa Ab deram, et limitem, qoi Diomedis vocatur, equi pasti inflammantor rabie : circa Potnias vero et asini.

LUI. Hanno le cerve mostro pare il dittamo, coi pascono quando sono ferite, e subito le saette escono loro d* addosso. Qnesla erba non na<e se non in Caudia, simile al puleggio, ed morden te e agra al gusto : usano solo le foglie. Non fa fiore, n i seme, n gambo. La radice sottile e vota. N anche in Candia ella nasce in molto spazio : piace grandemente alle capre. In cambio d 'esso c1 il pseododittamo, che nasce in molti luoghi, con foglie simili e ramicelli minori, da aiconi chiamato condri. Sobilo si conosce eh' di minor virt ; poich il vero dittamo, bench se ne pigli poco, incende la bocca. Coloro che ne col gono, usano metterlo in bocciooli di ferula o di canna, e ben richiederlo acciocch egli non perda la virt sna. Alconi dicono che amendue queste erbe nascono in molli modi, ma che sono manco possenti ne*piani grassi; e che il dittamo vero non nasce se non in luoghi aspri. Eccene a n c o ona terza specie chiamata dittamo, ma non ha forma, n effetto simile. Le foglie sue sono di sisimbrio, ma i rami son maggiori, e tuttavia questa opinione va innanzi, che ogni cosa che nasce in Candia sia pi perfelta, che se quella istessa fosse nata altrove. Dopo il dittamo di Candia lodato quello del monte Parnaso. Dieono che sono feraci di si fatte erbe ezian dio il monte Pelio in Tessaglia, il monte Telelrio in Eubea, e tutta lArcadia e la Laconia. Dicono che gli Arcadi non osano Perbe a medicina, ma il latte di primavera, perch V erbe allora sono pi ripiene di sugo, e le pastore danno al lai te virt medicinale. Beono il latte di vacca, perch qoeslo animale mangia d ogni sorte di erbe. Or, che la virt dell'erbe si dimostri pare dai qoadrupedi, pruovasi per due chiari esempii. Intorno Adder e la riva che si chiama di Diome de, i cavalli pasciuti arrabbiano, e intorno a Potoia anche gli asini.

HISTORIARUM MUNDI LIB, XXV.

454 o

A u m io c m i, s i v b a m m u ,
M A L U I T t t l A I , X XII.

s ite C re tic a , s i t i

D b l l 1 a r i s t o l o c h i a , o c l b h a t i t b , o C b e t ic a ,
V B LU O D I TERRA, R 3 .

PLISTOLOCHIA, S1TB LOCHIA r O t T U I U O I , Q O U

PLISTOLOCHIA, O LOCHIA POLIR RI IO , DETTA PUB

LIV. la te r nobilismu aristolochiae n o m e n dedisse gravidae videntor, quoniam esset f ivrn XtxoocrcuS' Nostri malum terrae vocant, et quato o r genera ejas serrant* Unam tuberibus radi cis rotundisjoliis inter mal T a m et ederam, nigrio ribus mollioribusque. Alteram masculae, radice longa q uataor digitoram longitudine, baculi cras situdine. Tertiam longissimae tenuitatis, vitis no vellae, cujos sit praecipua vis, quae clematitis vocatar, ab aliis Cretica. Omnes colore buxeo* caulibus parvis, flore purpureo. F erunt bacculas parvas, ut capparis. Valent rdice tantam* Est et qaae plistolochia vocatar, quarti gene* ris, tennior, qoam proxime dicta, deusis radicis capillamentis, junci plenior crassitudine. Hanc quidem polyrrhizon cognominant. Odor omnium medicatus, sed oblongae radici lenuiorique gra tior. Carnosi enim est corticis, unguentis quoque nardinis conveniens. Nascuntur pinguibus locis et campestribus. Effodere eas messibus tempesti vam : ita desquamato terreno servantur. Maxime tamen laudator Pontica : et in quocumque gene re ponderosissima quaeque, medicinis aptior. R otonda contra serpentes. Oblonga tamen in sum m a gloria est, si modo conceptu admola valvis in carne bubula, mares figurat, ut tradi tur. Piscatores Campaniae radicem eam quae ro tunda est, venenum terrae vocant, coraraque no bis contusam immixta calce, in mare sparsere : advolant pisces cupiditate mira, statimque exa nimati fluitant. Quae polyrrhisos cognominatur, convulsis, contusis, ex alto praecipitatis, radice pota ex aqna, utilissima esse traditur : semine pleuriticis et nervis : confirmare, excalfacere, eadem satyrion esse.

LIV. Fra 1erbe nobilissime pare che le donne gravide abbiano dato il nome alla aristolochia, perch ella ottima alle donne pregnanti. 1 nostri la chiamano mela della terra, e dicono che ve n* di quattro ragioni. Una ha le radici tonde come i tartufi : le foglie sono fra la malva e l ' ellera, pi nere e pi tenere. L 'altra maschio con ra dice lunga quattro dita, di grossezza d' un basto ne. La tersa lunga e sottile, come vite novella, la quale ha notabil forca, e chiamasi clematite, e per alcuni Cretica. Tutte hanno colore di bossolo, piccoli gambi e fior rosso. Fanno coccole piccine come capperi. Hanno virt solamente nella radice. ccene una ancora che si chiama plistolochia, la quale forma la quarta specie, pi sottile che non la delta pur ora, con folli capillamenti nella radice,e grossa quanto un giunco ben pieno. Al* cuni la chiamano polirrizo.Tutte hanno odore sa poritissimo, ma pi grazioso quella che ha radice lunga e pi sottile ; perocch essa ha la corleccia carnosa, e accomodata agli unguenti di nardo. Nascono in luoghi grassi e piani. La stagion loro di cavarle per la mietitura, e si conservano le vando lor solamente la superficie della terra. Non dimeno mollo lodata quella di Ponto; e in ogni genere quella che pesa pi pi alta alle medi* cine. La tonda vale contra le serpi. Ma per la lunga ha grandissimo vanto, s' egli pur vei*o, come si dice, che dopo la concezione, accostata alle matrici con carne di bue faocia nascere ma schio. I pescatori di Terra di lavoro quella radice eh' tonda chiamano veleno di terra ; e alla pre senza nostra lapprestarono, e mescolandola con calcina, la gettarono in mare ; dove i pesci vi corsero con grandissima furia, e di subito mo rendo boccheggiarono sopra 1 acqua. Quella che ' si domanda polirrizo, beendo la sua radice con acqua, dicono eh' utilissima a chi ha carne spic cata o crepata, e a chi per caduta fosse infrante. 1 seme giova a' pleuritici e a' nervi. La medesima 1 rassoda, riscalda, e risolvesi in beveraggio ama torio. Uso
DELL' SRBB.CORTEO IL MORSO DELLE SERPI.

USOS HERBARUM COR TUA SERPEKTJCM IC TIS.

LV. Verum et effectus earum ususque dicendi sunt: ordiendutnque a malorum omnium pessi mo, id est, serpentium ictu. Medentur ergo bri tannica herba, panacisque generum omnium radix e vino, chironii flos et semen potum, illiturave ex liao et oleo : privatimque, quae cunila bubula

LV. Ma fia bene ragionare de bisogni ed ef fetti loro, e cominciare dal peggiore di lutti i mali, cio dal morso delle serpi. Medicano dun que lerba britannica, la radice della paoace di tutti i generi col vino, il seme e il fiore della chironia, bevuto, o impiastrato con vino e olio e

475

C. PLINII SECUNDI particolarmente quella che chiamano conila habuia : la poiemonia, ovvero fileleria, beendo quat tro dramme della radice sua con via pretto ; il teucrio, la siderite, Io scordoti col vino, e parti colarmente contra le serpi che si chiamano angui, bevati e impiastrati, o col sago, o con la foglia, o con la codiata : la radice della centaoria mag giore, una dramma ia tre bicchieri di vin bianco. La genziana o verde, o secca eh' ella si sia, otti ma contra gli angui, pigliandone due dramme eoa pepe e ruta, e sei bicchieri di vino. Le serpi fun gono anche 1 odore della lisimachia. La chelido * nia si d col vino a1 percossi. La Tettonica prin cipalmente si mette soprai m oni, la quale si dice avere tanta forza, che le serpi rinchiuse in on circolo fatto d'essa, a*ammazzano percotendosi 1* ona 1*altra. Adoperasi a' morsi il seme suo a peso d on denaio con tre bicchieri di vino, o tre dramme della soa farina, e meltevisi un sesiario d ' acqaa. Cos la canlahrica, il .dittamo, l'arislolochia: meltesi ona dramma della lor radice od vino, e beesi spesso. Giova ancora impiastrata con l'aceto ; e similmente la plistolochia. Appiccati ancora sopra il cammino, caccia le serpi di casa. D ell' abgebkmia, 4. LV1. 9. La radice ancora d e ll'argemonia a peso d un denaio si bee in tre bicchieri di vino. Molle cose abbiamo a dire d'essa, e dell'altre, che prima nomineremo ; e in questa specie di medicare ragionevole nominar prima ciascuna secondo eh' pi utile. Ella ha foglie quali lo anemone divise a modo d ' appio, e nel gambo ha il capo di papavero salvatico, e cos la radice. II sugo ha colore di groogo ; agro e acuto. Nasce aocora appresso di noi nelle campagne. I nostri la fanno di tre sorti, e quella approovano, la coi radice ha odore d ' incenso. D e ll '
a g a & ic o ,

appellatur: poiemonia vel philelaeria radicis dra chmis quatuor ex roero: teucria, sideritis, acordolis x vino, privatim ad angues, potae el illitae, site succo, sive folio, sive decocto : ceolaurii majoris radix drachma in vini albi cyathis tribus: gentiana praecipue adversas angues, duabus dra chmis cum pipere et ruta, vini cyathis sex, sive viridis,sive sicca. E t lysimachiae odorem fugiunt. Datur ex vino percussis chelidonia. Morsihus im ponitur vellonica praecipue: cui vis tanta perhibelur, ut inclusae circulo ejus serpentes, ipsae sese interimant flagellando. D atur ad ictus semen ejus denarii pondere cum Iribus cyathis vini : el farina drachmis tribus sextario aquae imponitur. Cantabrica, dictamnum, aristolochia: radicis dra chma in vini hemina saepius bibenda. Prodest el illita ex aceto : similiter plistolochia. Quin et omnino suspensa supra focum fugat e domibus serpentes.

Aegemoma, tv. LVI. 9. Argemonia quoque, radice ejus dena rii pondere in vini cyathis tribus pota. Plura le ea convenit dici, ceterisque quae primum nomi nabuntur : in eo autem genere medendi primum nominari quamque, in quo maxime valebit. Folia habet, qualia anemone, divisa apii modo, caput in cauliculo papaveris silvestris, item radicem. Soccum croci colore aerem et acatum. Nascitor el in arvi apud nos. Nostri tria genera ejus fa ciant, et id demam probanl, cojus radix thus redoleat.

A g a b ic u * ,

x x x iii.

SS.

LVII. Agaricon o t fungos nascitor in arboribos circa Bosphorom, colore candido. Dalur obolis qoaluor contritum cura binis cyathis accii molsi. Id qaod in Gallia nascitur, infirmius ha betur. Praeterea mas spissior, amariorque. B icet capitis dolores facit. Femina solutior, initio goslo dulcis, mox in amaritudinem transii.

LVII. L'agarico nasce come fungo negli albe ri intorno il Bosforo, ed ha color bianco. Dawene quattro oboli pesto con due bicchieri di aceto melalo. Quello che nasce in Francia tenuto pi debole. Olir di ci il maschio pi spesso e pi amaro. Questo fa anche dolere il capo. La femmina pi rara, e a gustarla da principio dolce, poi diventa amara. D e ll' k c b i o ,
sp e c ie

c h io s g e h e b a i u

. M e d ic in a e

ii.

3. M edic a.

LVIll. Echios otriusque generis : pulegio si milis foliis coronata, drachmis duabus ex vini cyathis quatuor datur, lient, altera, quae lanugine

LVlll. L 'echio maschio e femmina : somi glia al puleggio, coronato di foglie, e lassene due dramme in qoattro bicchieri di vino. ecene

47j

HISTOHIRCM MONDI LIB. XXV.

4 ;8

distinguitur spinosa, coi el capitula viperae simi lia soni ; haec ex vino el acelo. Quidam echio personatam vocant, cujus folio nullum est latins, grandes lappasferentem. Hujus radicem decoctam ez aceto d a n i potai. Hyoscyamum con lusum cam foliis ex vino d atar peculiariter contra aspidas.

un altro, il quale si distingue per arere lana spi nosa, e capi simili alla vipera. Questo si piglia col vino e con P aceto. Alcuni chiamano echio per sonato quello che ha larga senza confroulo la fo glia, e produce lappole grandi. Dassi a bere la sua radice colta nelP aceto. 11 giusquiamo pesto con le foglie si d in Tino particolarmente contra il morto degli aspidi.
D e ll*
ib b a b o t a v b , o p e b i s t e b e o , o v e b b e h a c a ,

H je b a b o t a h b , s i t * p b b is tb b b o b , q u a b v b b b s b a c a : g b s b b a m . M e d ic i! a b

x.

s p b c ib

a.

M b d ic . i o .

LIX. N nlla tamen Romanae nobilitatis pias habet, q a a m hierabotane. Aliqui peristereona, nostri rerbenacam T o c a n t. Haee est, quam lega tos Cerre ad hostes indicavimus. Hae J o t s mensa verritur, dom us purgantur lustranturque. Gene ra ejus d u o sunt: foliosa, quam feminam putant: mas ra rio rib a s foliis. Ramuli utriusque plures, tenue, cubitales, nguloai. Folia minora, qnam quercus, angustioraque, divisuris majoribus, flos glaucus, radix longa, tenuis. Nascitur ubique in planis aquosis. Quidam non distinguunt, sed unum om nino genus faciunt, quoniam eosdem ef fectus h a b e a t

U lraque sortiuntur Galli, et praecinunt re sponsa. Sed Magi utique circa hanc insaniunt flac perunctos im petrare q u a e T e l i n t , febres abi gere, amicitias conciliare, nulliqne non morbo mederi. Coliigi circa Canis ortum debere, ita u t ne luna a u t sol conspiciat, favis ante et meile ter rae ad piamentum datis. Circumscriptam ferro effodi sinistra manu, et id sublime tolli. Siccari in umbra separa tira folia,caulem, radicem. Ajunt~ que, si aqua spargatur triclinium, qua maduerit, laetiores convictus fieri. Adversus serpentes con teritur ex vino.

LIX. Nondimeno nessuna erba ha pi della nobilt Romana, che la ierabolane. Alcuni la do mandano perislereo, e i nostri verbenaca. Questa quell'erba, la quale noi dicemmo ehe gli ambasciadori portano a' nimici. Con questa si spazza la mensa di Giove, e le case si purgano e tengon nelle. Ella di due ragioni : una fogliosa, la quale tengono che sia la femmina : il maschio ha le foglie pi rare. I ramiceli! dell1una e delP al tra sono molli, sottili, lunghi un braccio e a can toni : le Coglie minori che quelle di quercia, e pi strette, con dirisure maggiori, il fior giallo, la radice lunga e sottile. Nasce per tutto in luoghi piani acquidosi. Certi non distinguono, ma d 'am bedue ne fanno un genere, perch luna e P altra fa i medesimi effetti. Con Puna e P altra gettano le sorli i F ran cesi, e predicono le cose cbe hanno a venire. Ma iM agi veramente impazzano intorno a questa, dicono cbe chi s'unge con quest'erba, ottiene tu ite le cose che ruote, caccia ria le febbri, con cilia le amicizie e guarisce ogni malattia. Dicono eh elta si debbe corre quando nasce la Canicola, in modo che non si regga ne la luna, n il sole, essendosi gettate prima fare e mele per placare la terra: eh'essendo prima circoscritta col ferro, si cara con la man manca, e alzasi in allo ; e chella si secca all' ombra, di per s le foglie, il gambo, e la radice. Dicono ancora, che renandosi l'acqua, ond'ella fu bagnata, nella sala de'convitati, pi si rallegrano i conviti. Contra le serpi si d pesta col rino.
D bLLA BLATTAB1A, 1.
I

Bl a

t t a r i a , i.

LX. E st similis verbasco herba, quae saepe fallit pro ea capta, foliis minus candidis, caulicu lis pluribus, tlore Iuleo. Haec abjecta blattas in se contrahit, ideoque Romae blattaria vocatur.

, LX. V' un' erba simile al rerbaseo, la quale spesso inganna, presa per quella, oo foglie manco bianche, con pi gambi, e col fior giallo. Questa gettata in terra ranua intorno a s le piattole, 6 per ci a Roma la domandano blattaria.

479 Lutoaioai, 1.

C. PLINII SECUKDI
D e l l e v o it 10, 1 .

480

LXI. Lemonium suocam lacteam mittit, con creto*:dlem gammi modo, hiftnidi* locis. Datar denarii poadut in vino.
PENTAPETES, SITE FENTAPHYLLOV, ITE CRAMABZB1.0 N, QOAE QUINQUEFOLIUM, MEDICINAE XXX1U.

LXI. II lemonio manda fuori sago di latte, che cresce a modo di gomtoa in looghi amidi. Dassi nel vino a peso d on denaio.
D el p e n t a p e t e , o p e n t a f i l l o , o c a m e z b l o , c u
VOLGARMENTE CI ItQCB FOGLIO, MED1C- 3 3 .

LXII.Quinquefoliam D a lli ignotam est,qaam eliam fraga gignendo commendetur : Graeci vo cant pen tape tei, sive pentaphyllon. Quum effo ditur, rubram habet radicem. Haec inarescens, nigrescit et angulota fit. Nomen 1 numero folio rum habet. E t ipta herba incipit et desinit cum vite. Adhibetor et purgandis domiboa.

LXII. 1 oinqoefogtio oon persona che noi 1 conosca, essendo anco stimato perch fate fragole. 1 Greci lo chiamano pentapete, ovvero pentafillo. Qoando ti cava ba la radice rotta, la qaale lec candosi divien nera e fassi accantonala. Ha preso il nome dal nomero delle foglie. Essa erba co mincia e finisce oon la vite. Usasi anoora a porgar le case.
D
e l l o s p a b g a e io , i

Sparganion, i . LXIII. Advertas serpentes bibitar et ejos ra dix, qoae aparganion vocator, ex vino albo.
D
auci g e n e r a iv .

LXIII. La saa radice, che si chiama pargaoio, con vin bianco ti bee contra le serpi.
Q u a t t r o s o r t i d i d a u c o . M e d ic . 8 .

M e d ic in a e

x y ih .

LXIV. Daoci genera quatuor fecit Petronios Diodotus, quae persequi nihil attinet, quum sint l i f l e r e n l i a e duae : probatissimi in Creta, i n o x in Achaja, et in sicci* ubicumqoe nati, feniculi simi litudine, candidioribus foliis et minoribus hirsolisque. Caule pedali recto, radice soavissimi gn atus et odoris. Hoc in saxotit nascitor meridianis. Aeli qua genera ubiqae nascuotur terrenis colli bus limilibnsque, nec nisi piugui solo, foliis co riandri, caule cubitali, capitibns rotandis, saepe pluribus quam ternis, radice liguosa; et quom inaruit supervacua. Semen hujus camino simile: prioris, milio : album, acre, odoratam omnibus, et f e r T e n s . Secuadum priore vehementius eit, ideoque parce tami debet.

Si jam maxime tertiam genas facere libeat, et t simile staphylino, qaod pastinacam erraticam appellant, semine oblongo, radice dolci. Omnia haec hieme et aestate sont intacta quadrupedi, nisi post abortas. Ex aliis otos tem init: ex creti* co, radici* est : magit ad serpentes bibitur e vino drachma una. Datur et quadrupedibus percussis.

LXIV. Petronio Diodoto fece qoattro torti di daaco, le quali non occorre contare, essendoti due sole differenze. Sono eccellentistimi in Candia, poi nell' Acaia, e dovunque son nati in luoghi secchi : han similitudine del finocchio, ma con foglie pi bianche, minori e pilose. Il gambo diritto e alto nn braccio, e la radice di soavissimo gusto e odore. Nasce in luoghi sassosi volti a mez zogiorno. L altre sorti nascono per tatto nelle falde de* colli e nelle vie de* campi, n mai se non in terreno grasso : han foglie di coriandolo, con gambo lungo on braccio, con capi tondi, e spesso pi che tre, con radice legnosa, la quale quando si secca rimane vota dentro. Il seme di questa specie simile al cornino, e quello della pri ma al miglio, bianco, agro, odorifero a tutti, e frizzante. Il secondo pi gagliardo ebe il primo, e per ci pi parcamente si dee pigliare. E se pur vogliamo fare anoo la terza specie, simile allo stafilino, il qnale si chiama pastinaca erratica, col seme lungo, e con la radice dolce. Tutte queste n di verno, n di state non son tocche da animali quadrupedi, se non dopo le conciature. DelP altre utile il seme. Di quello di Candia dolce la radice, e massimamente con tra le serpi. Beesi con vino a peso d 'u n a dramma. Dassi anco ai quadrupedi stali percossi.

48

UISTO&IARDM MONDI IJB. XXV.

T a u io ia c i, u.
LXV. Therionarea aba qaam magica, et in nostro orbe nasci tu r fruticosa, foliis subviridibus, flore roseo: serpentes necat : cuicumque admota Cerae, et haec torporem adfert.

D i l l a tb & io n a b c a ,

a.

LXV. La terionarca, differente da quella dei Magi, nasce anoora in Italia, dove ella germoglia, e fa foglie verdi e fiore di color di rosa : uccide Je serpi, e ad ogni sorte di fiera s cui ella s 'acco sta, arreca torpore
D ella
perso la ta ,

P U S O LATA, SIVB iB C IO R , V III.

arcio ,

8.

LXVI. Persolata, qaara nemo ignorat, Graeci rero arcion vocant, folia habet majora etiam cu curbitis et hirsutiora, nigrioraque et crassiora, radicem albam et grandem. Haee ex vino bibitor deoariornm duum pondere.

LXV1. La persolata, erba conosciuta da ognu no, la quale i Greci chiamano arcio, ha le foglie maggiori e pi pilose anoora che quelle delle zuc che, e pi nere e pi grosse, e la radice bianca e grande. Questa si bee col vino a peso di due de nari. Del c ic la m in o , d e t t o d a i l a t i n i
o p a n p o rc in o , i a .
tu b e

C yclaminos ,

qcae tubeb tbk & , x u . ae

r a u * jr ,

LXVII. Item cyclamini radix contra serpentei omnes. Folia habet minora, quam edera, ni grioraque et tenuiora sine angulis; in quibus albicant maculae. Caule exiguo, inani, floribus purpureis, radice lata, ut rapum videri possit, cortice nigro. Nascitur in umbrosis : a nostris tuber terrae vocalur : in omnibus serenda domi bus, si veram est, obi sata sit, nihil nocere mala medicamenta : amuletum vocant. Narrant et ebrietatem repraesentari addita in vinum. Radix siccata,scillae modo concisa, reponitur: decoqui* tur eadem ad crassitudinem mellis. Suum, tamen venenum ei est : traduntque, si praegnans radi cem transgrediatur, abortum fieri.

LXVII. La radice del ciclamino contraria a tutte le serpi. Ha le foglie minori che Tellera, pi sottili e pi nere, senza canti, con certe macchie bianchiccie. Il gamJbopiocolo e vto, i fiori rossi, la radice larga, in modo che pare rapa, e la cortec cia nera. Nasce in luoghi ombrosi: i nostri lo chia mano tubero di terrju Segli vero quel che si dice, si dovrebbe piantare in tutte le case; perciocch dicono cho nella casa dove posto, non pu nuo cere incantesimo di nessuna sorte. Chiamanlo pure amuleto ; e dicono che mettendolo nel vino fa eziandio ubbriacare altrui. La radice secca, e tagliata come la cipolla squilla, si ripone : al bi sogno cuocesi fin che si rassodi quanto il mele. Nondimeno essa ba il suo veleno, e dicono che le donne gravide, che vi passano aopra, ai sconciano. Del
c ic la m in o c iss a n te m o , 4 .

y c l a m in o s c is s a b t h e m s , i t

LXVIII. Est et altera cyclaminos cognomi ne cissanlbemos, geniculatis caulibus, superva cuis, a priore distans, circa arbores se volvens, acinis ederae, sed mollibus, flore candido, spe cioso, radice supervacua. Acini tantom in usu, gustu acri, sed lenii. Siccantur in umbra, tusique dividuntur in pastillos.
CYCLAMINOS CHAUAZCI8SOS, UU

LXVIII. V' un altro ciclamino cognominato cissantemo, eh* differente dell altro, perch ha i gambi con nodi e vti, e avvolgesi agli alberi, ed ha acini d ellera, ma pi teneri : il fior suo bianco e bello, e la radice vota. Solo gli acini suoi sono in uso, agri al gusto, ma non dispiacevoli. Seccansi all'ombra, e pesti si riducono in pastelli.
D el
c ic l a m in o c a m ec is so ,

3.

LX 1X. Mihi et tertia cyclamioos demonstrata est, cognomine chamaecissos, uno omnino folio, radice ramosa, qua pisces necfutur.

LX 1X. A me stata mostra ona terza specie di ciclamino, detto camecisso, con una foglia sola, e con radice ramosa, la quale uccide i pesci.

{83

C. PUNII SECONDI
P e i c b d i o i , XX il . D el i B o e u i i o , a8 .

LXX. Sti inter prima celebrator peuceda num, iaudatiuimum in Arcadia, mox Samothra ce. Caulis ei tenui*, longos, fenicolo similis, juxta terram foliosus, radice nigra, crassa, gravi odore, succosa : gignitur in raontibns opaeis : foditor exitu autumni. Placent tenerrimae et altissimae radices: fcae ooncidnntnr in qaaternos digitos osseis cultellis, funduntque succum in umbra, ca pite prius et naribos rosaceo perunctis, ne verti go sentiatur. E t alius succus inveoitur caulibus adhaerens, incisisque manat. Probatur crassitu dine mellea, colore rufo, odore suaviter gravi, fervens gustu. E t hio io usu, et radix, et deco ctura ejus, plurimis medicamentis. Succo tamen efficacissimo, qui resolvitur amaris amygdalis, aut rota : bibitarque contra serpentes, et ex oleo perunctos tuetur.

LXX, Ma fra primi si celebra il pcocedano, eccellentissimo in Arcadia, poi io Samotracia. H a il gambo sottile, longo, simile al finocchio, fo glioso appresso terra, con la radice nera, grossa*, di grave odore e sugosa. Nasce ne' monti ombro si. Cavasi all uscita dell'autunno. Piacciono le sue pi leoere e pi profonde radici. Queste, ta gliate di quattro in quattro dita con coltelli d i osso, gettano il sogo all' ombra, ma 1' uomo dee prima aversi unto il capo e i fori del naso oon olio rosato, acciocch non gli faccia vertigine. Truovasi nn altro sugo,'che sta ne* gambi, e intac candoli n'esce fuora. migliore quello che ras sodato come il mele, di color rosso, d'odore soa vemente grave, e frizzante al gusto. S'usa di esso, della sna.radice, e della sua decozione io molte medicine. Ha per sugo potentissimo, il quale si risolve con mandorle amare, o con ruta, e beesi contra le serpi ; e stato nell' olio conserva chi se ne unge. D ell'
e b b io ,

E id ld k ,

v i.

6.

LXXI. 10 Ebuli quoque, qaem nemo igno rat, forno fugantur serpentes.
PoLEMOBIA, (.

LXXI. io. Col fumo ancora dell ebbio, il quale ognuno conosce, si fanno fuggire le serpi. Della polemobia, i . LXXII. La radice delta polemonta, solamente legata, i contraria in ispeciell agli scorpioni, a! -falangio e agli animali piccoli velenosi. L ' aristo lochia contra gli scorpioni, e l ' agarico si d alla misura di quattro o b o li in quattro bicchieri di vioo inacquato. La verbenaca s ' adopera con tra il falangio con vino o con posca ; e cos il cinquefoglio e il dauco. D el
f lo s o , d e tto veebasco, t e i a l l e , i5 .

LXXI1. Privatim adverratur scorpionibus polemoniae radix, vel adalligata tantum : item phalangio, ac celeris minoribus venenatis. Scor pionibus aristolochia : agaricum obolis quatuor in vini mixti cyathis totidem. Verbenaca et pha langio eum vino aut posea: item quinquefolium, daucum.

P h lo m o s ,

quae

v b b b a s c u v , s iv e l y c h i h t i s ,

l ic s i t e , o

SIVE THBYAT.LIS, XV.

LXX 1II. Verbascum Graeci phlomon vorant. Genera habet prima duo : album, in quo mas intelligitur : alterum nigrum, in qno femina. Tertium genus non nisi in silvis invenitur. Sunt folia brassicae laliora, pilosa, caulis erectus, cubi tali amplior. Semen rttgram inutile. Radix una, crassitudine digiti. Nascuntor et tn campestribus. Silvestri folia eletisphaci, alta, ramis liguosis.

LXXI II. I Greci chiamano il flomo verbasco. Prima si divide in due specie: il bianco, il quale s'h a per maschio; l'a ltro nero, il quale per femmina. Ve n' ha poi una terza speeie, che non si truova se non ne' boschi. Ha foglie pi larghe che il cavolo, e pilose, il gambo ritto, allo pi d'un braccio. Il seme nero e inolile: ha una sola radice, grossa quanto un dito. Nascono ancora ne' piani. Il salvatico ha foglie d' elelisfaco, alte e con rami legnosi.

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXV. PflLOMIDfcS, I.


D elle
i i o w d i , t,

(86

LXX 1V. S u o te t pMomides d ate hirsutae, ro tundis foliis, humiles. Tertia lychoitis vocatur, ab aliis Ihryallis, foliis ternis, aUt quum pluri mum quaternis, crassis, pinguibusque, ad loceriiarom lumina aptis. Ajunt in foliis ejas, quam feminam diximus, ficus omoiuo non putrescere. Distingui genera haec paeue supervacuum est, qoam sini omnia ejusdem effectus. Contra scor piones bibitor radix cum rota ex aqua, magua amari ladine, sed effectu pari.

LXX1V. Souci ancora dae flomide pilose, basse e con foglie tonde. Ve n ha una terza, che si chiama tienile* e da alcuni trialle : ha tre foglie, o al pi quattro, grosse e grasse, buone per fare i lucignoli dalle lucerne. Dicono che nelle foglie della femmina i 6chi non marciscono mai. qoasi soverchio distinguere queste specie^ perch sono tutte d ' un medesimo effetto. Contra gli scorpioni si bee la radice con ruta e con acqua : essa ha grande amaritudine, ma fa eguale effetto che l'erb a. D el TEtorofto, o H o ir io it, i. LXXV. L 'erba teli fono chiamata da alcuni scorpione per la similitudioe della radice eoa queir animale, il qaal tocco da essa ai muore. Perci chi da qoello morso, la bee. Dicooo che impiastraodo uooscorpioa morto eoo l elleboro bianco, risuscita. La radice del lelifono ammazza ogn> quadrupede, mettendola sul membro geni tale ; e ponendovi la foglia, la qoale simile al ciclamino, I' uccide il di medesimo. Qoesla erba ha il gambo a nodi, e nasce in luoghi ombrosi. Il sago della bettouica e della piantaggine contea gli scorpioni. Del
f b ib i o b , o b e c e a d a , o b o t e b i o , i.

1 'u i .T F a o a o v , siv b scok m q k , i .

LXXV. Thelyphonon herba ab aliis scorpion vocatur, propter aimilitudioem radicis, cujus lacto m o ria a lo r scorpiones. Itaqoe contra eorum ictus bibiior. Scorpionem mortoum si qois elle boro candido linat, reviviscere ajunl. Thelyphonon omnem qoadrapedem necat, imposita veren dis radice : folio quidem intra eumdem diem, qood est simile cyclamino. Ipsa genieolata nasci tur io opacis. Scorpionibus adversatur et vello oicae soccos, ac plantaginis.

P h b t b io b , s i v b b e c e a s , siv b p o t e e io b , t .

LXXVI. S o n le tra n i* veneoa, rube lis maxi me : vidimosque Psyllos in certamine patinis candefactas admittentes, ociore etiam qoam aspi dum pernicie. Auxiliatur eis phrynioo in tin o pota. Aliqui neurada appellant, alii poterion, floribus parvis, radicibus multis, nervosis* bene olentibus.

LXXVI. Hanno veleno le rane, e mas*irta mente le b otte; e avemo vedalo che i Psilli ne' loro combattimenti le tolgono riscaldate nelle tegghie: sono di pi veloce veleno he gli aspidi. In aiolo loro contro esse 1 erba frinio bevala * nel vino. Quest'erba da alconi chiamata neora da, da altri polerio : ha fiori piccoli, molte radici nervose e di buono odore. Dell'
a lis m a

A l ISMA, SIVE DAMASOB1CM, SIVB L Y B 09, XIX.

d a m a s o b io , o l i b o ,

ig.

LXX YII. llem alino, qaam alii damasonion, alii lyroo appellant. Folia erant plantaginis, nisi aogostiora essent, et magis laciniosa, convexque io terram , alias etiam venoaa similiter, caale Amplici e t tenui, cubitali, capite thyrii, radicibos densis, tenuibus, ot veratri ttigri, aeribus, odoratis, pinguibus. Nascitor io aquosis. Alterum f e o n ejusdem in silvis, nigrius, majoribus folii*, Oso* in radice nlriusque adverso ranas et lepores m arinos, drachmae ponder in viui polo. Lepori m arino adversatur et cyclaminos. Veneni tiro cani* quoque rabidi morsus habeol, contra qaos e rii cyaorrhodum) de quo diximus. Plauta-

LXXVII. V' V erba alisma, la qoale alcuni chiamano damasonio, e altri liro. Ella ha foglie di piantaggine, ma pi strette e pi orlate, e volte a terra, e talora anco renose, il gambo achietlo sottile, lungo oo braccio, e simile a tirso nella sommit: ba le radici spesse e Battili come d'elle*boro nero, agre, odorifere e grasse. Nasce in luoghi acquosi. Un' altra sorte di questa nasce ne'boschi, pi aera,, e di foglie maggiori. Lk radice dell' una e dell' altra s ' usa cootra le botte e le lepri marine, beendone una dramma nel vino. 11 ciclamino anch'egli contra la lepre maring. 11 morto del cane arrabbialo velenoso.

4*7

c . PLINII SECUNDI

488

go ad omnes bestiarum morsus pota atque illita prodeit. Velloaica ex mero vetete.

Contra di eiso s1 osa il cinorrodo, del quale abbiamo parlalo. La piantaggine bevuta t. impia strata giova a tutti i morsi delle bestie : cosi la Tettonica con vin vecchio. D bl
p b b is te b b o , 6 .

P b MSTBBBOS, v i.

LXXVIII. Peristereos vocatur, caule alto, fo liato, cacumine in alios caules se spargens, colum bis admodum familiaris, node et nomeu. Hanc habentes negant latrari a canibus.

LXXVIII. Peristereo si chiama un* erba, che ha il gambo alto e fogliuto, e in cima pi altri gambi, molto famigliare a' colombi, onde anco ha preso il nome. Dicono che a ehi porta quest* rba addosso i cani non abbaiano.
RlM ED Il CORTEO I VELBK*.

R b x b d ia

adversus v bh ev a.

LXXIX. Proxima ab his malis venena sont, quae sibimetipsi homines excogitant. Contra haec omnia magicasque artes erit primum illud Home ricum moly, dein mithridation, et scordotis, et centaorium. Potn omnia mala medicamenta exi git per alvum veltonicae semen in mulso aut passo, vel farinae dracbma in vini veteris cyathis iv. Vomere cogendi, atque iterum bibere, lis qui quotidie gustent eam, nulla nocitura mala medi camenta tradant. Poto veneno aristolochia subve* nit eadem mensura, qua contra serpentes : quin quefolii succus : agaricum, postquam vomuerint, denarii pondere ex aquae mulsae cyathis tribus.

LXXIX. Dopo questi mali ci sono veleni che gli uomini fabbricano a s slessi. Conira tutti questi e contra le arti magiche il primo rimedio sar il moli Omerico, poi il raitridatio, lo cor doli e il centaurio. 11 seme della bcltonica in viu melato o in vin colto, o una dramma dalla sua farina in quattro bicchieri di vin vecchio fa uscire per secesso tutti i mali medicamenti. Per al maialo si dee prima far recere o luna o l'altra delle dette bevande, e poi di nuovo ripigliarla. A quegli che ogni giorno gustano d'essa, nissan veleno o malia pu nuocere. Dassi 1 aristolochia ' a chi ha bevuto il veleno, nella medesima misura che contra le serpi : il sugo di cinqnefoglio ; e aga rico, poi che hanno vomitato, a peao d un denaio in tre bicchieri d* acqua melata.
D b l l * a u t i e r i no o a b a b b ib o o L icm s a g b ia , 3.

i i n u H i n v , s iv i A R m i i r n , AGBIA, U I.

s iv b l y c h h is

LXXX. Antirrhinon vocatur, sive anarrhinon, sive lychnis agria, similis lino, radice nulla, flore hyacinthi, semine vituli narium. E t hoc perunctos venastiores fieri, nec ullo malo medi camento laedi posse aut veneno, si quis in bra chiali habeat, arbitrantur Magi.

LXXX. V* un' erba, che si chiama anlirrino, o anarrino, o lienis agria, simile al lino, senza alcuna radice, con fiore di giacinto, e seme simile alle nari di vitello. Dicono che chi sugne con esso diventa pi grazioso; n veleno o malia pu nuocere a chi lo porta al braccio, secondo che credono i Magi. Dbll'
b c p l i a , i.

EtTPLIA, r .

LXXXI. Similiter ea, quam eupliam vocant, traduntque. ea perunctos commendatioris esse Cunae. Artemisiam quoque secum habentibus negant nocere mala medicamenta, bestiamve ollam, ne solem quidem. Bibitur et haec ex vino adversu opium. Alligata privati m potens Ira di* tu r, potave adversu* ranas.

LXXXI. Il medesimo efftto dicono che fa unerba, che si chiama euplia, e dicono che chi s'ugne con essa acquista miglior Cima. Dicono ancora, che a chi porta addosso 1 artemisia non * pu nuocere veleno o bestia alcuna, n anoora il sole. Beesi altres essa nel vino contra l'oppio. Dicesi che in ispecielt possente s' legata al corpo dell'oomo : bevuta oontra le rane.

&

HISTORIARUM MUttl)! LIB. XXV.


P
e e ic a u o m

49
a.
M e d ic h i,

, o n u i

ii.

M x d ic iiu e

u.

D el

p e e ic a & p o , s p e c i s

a.

LXXX 1I. Pericarpum balbi genas e s t Duae ejus species : cortice rubro allerum, nigro papa veri limile. Sed vis major quam priori : utrique autem excalfaciendi. Ideo contra cicutam dantur: contra qaam et thus, et panaces, chironium prae* cipue. Hoc et contra faogos.

LXXX 1I. Il pericarpo specie di cipolla. di due ragioni : 1 uno ha la corteccia rossa, * laltro nera e simile al papavero. Questo ha forza maggiore che il primo : l uno e l altro ha virt di riscaldare. Per questo si danno contra la cicu ta, contra la qaale si d ancora lo incenso, la panace, e spezialmente la chironia. Questa ancora si d contra i funghi.
R im e d i! a m a l i d e l c a p o , i . e d e e a c lia ,

R x m b b ia

a d t i t ia c a p it is , i . b b b a c lu , ii.

N y m pha ea,

Della

n in fe a

a.

LXXXUI. i i . Veram et generatim membra* timqoe singulis corporum morbis remedia sub* texemas, orsi a capite. Alopecias emendat nympbaeae et heracliae ra dix, si ana tritae illinantur. Polythrix distat a calli Iricbe, qaod jancos albos habet et folia plu ra, majoraque. Frutice qaoqae major est; defluen tem capillum confirmat et densat.

LXXXIII. i t . Racconteremo ancora gene ralmente e membro per membro i rimedii alle infermit particolari del corpo, cominciando dal capo. Le radici della ninfea e della eraclia guarisco no l alopecia, se insieme peste vi s impiastrano sopra. La pollilrica differente dalla callitrica, perch ha giunchi bianchi, e pi foglie e mag giori. Il cespuglio ancora maggiore, conferma i capegli che non caggiano, e gli fa pi folti.
D ella
l in g u l a c a , x.

L ih g u la c a ,

LXXX1V. Item lingalaca rca fontes nascens, cujus radix admixta combusta teritur c u m adi pe suis nigrae. Id quoque excipitur, ut ejus sit suis quae numquam peperit. Sol deinde pluri mam confert illitae. Similis u s u s est c y c la m in i radicis. Porriginem T e r a t r i r a d i x tollit in oleo decocta, vel in aqua. Capitis dolori medetor pa nacis omnium genernm radix in oleo contrita : aristolochia, e t iberis adalligata hora, T ei dialius, si pati possit, coioitante balinei asu. Medelar et daocam. P o rg a t aulem cyclaminos cum meile in nares addila : et olcera capilis sanat illita. Mede tor el peristereos.

LXXX 1V. Il medesim i fa la lingalaca, che nasce presso alle fonti, la cui radice mescolata e arsa si pesta con grasso di porca nera : per vuol essere grasso di porca che non abbia mai figliato. 11 sole dipoi conferisce molto a quella eh im piastrata. Simile utilit apporla la radice del ciclamino. La radice dellelleboro cotta nellolio, o nellacqua, leva via il pizzicore. La radice della panace dogni specie trita nellolio leva la doglia del capo, non che 1 aristolochia, e la ibera lena lavi su legala uo* ora, o pi, se si pu patire, seguitando per l uso del bagoo. rimedio a questo male ancora il daoco. 11 ciclamino messo col mele nel naso lo purga, e impiastratovi sa guarisce le nascenze nel capo. Ci fa ancora il peristereo.
D ella
c a c a l ia , o l e o n t ic a ,

C A C A U A , SIVE LE0HT1C8, III.

3.

LXXXV. Cacalia sive leootice vocator, semen margaritis m inutis simile, dependeus inter folia grandia, in m onlibas fere. Hajas grana quindecim ia oleo macerantor atque ita adverso capillo ca put ungitor.

LXXXV. Cacalia, ovvero leootica, si chiama un seme simile a perle minute, il quale pende tra foglie grandi, per lo pi ne monti. Quindici granella di esso seme si macerano nellolio, e con questo si unge il capo contra pelo.

4*
C a l l it b e ix , u .

C P U N II SECUNDI
D e l l a ca Ll it o ic a , e o .

49

LXXXVI. Fil ei ex callitriche slernotamentiira. Folia aat lenticulae: caales juaci tenuis i* miles: radice minima. Nascitur in opacis et hapaidis, gustala fervens.

LXXXVI. Moovesi starnutamento con Ia callitrica: le sue foglie sono come di lenticchia: i gam bi corae solitissimi giuochi, e hanno piccolissima radice. Nasce in luoghi ombrosi e umidi, e iriua al gulo.
D e l l ' is s o p o , 1 0 .

H y ssopum , x .

LXXX VII. Hyssopum in oleo contri Ium phthirissi resistit, et prurigiai in capite. Est aulem optimum cilicium.e Tauro monle, dein Pamphy lium, ac Smyrnaeam : stomacho contrarium. Porgat cam fico sumptum per inferna, cum mei le vomitionibus. Putant et serpentium ictibus adversari, tritum cum meile e t sale et cumino.

LXXXVI 1. Lo issopo trito nell'olio resute al male d e 'pidocchi, e al pftxieor del capo. ottimo nel monte Tauro d Cilicia, dipoi in Pan filia e a Smirna. E contrario allo stomaco. Preso con fichi purga per di sotto, e eoo mele per vomi to. Stimano cha pesto con mele e sale c cornino sia contra le serpi.
D
e l l a l o k c b it e ,

L o b c b it is , IV.

4.

LXXXVIIt. Lonchitis non, u t plerique existi maverant, eadem est quae xiphion, aut phasga nion, quamquam cuspidi similis semine. Habet enim folia porri, rubentia ad radicem, et plura, quam in caule,.capitula, personis obmicis similia, parvam exsereulibus linguam, radicibus praelon gis. Nascitur in sitientibus.

LXXXVI1I. La lonchite non , come molti hanno creduto, la medesima che il ifio, o il Ia, sganio, bench il seme suo sia simile a pania di asta. E di vero, ha foglie di porro, ma rosse infino alla radice, e pi capi quivi che nel gambo, simili alle mummie de' teatri che mellon fuori piccola lingua: ha le radici lunghe, enasoe in luoghi secchi. Del
s ifio , o p a s g a rio ,

X lP H IO K , SIVB PBASGAMOII, IV.

LXXXIX. E diverso xiphion et phasganion io humidis: qaam primum exit, gladii p>aebet speciem, caule duum cubitorum, radicis ad nucis avellanae figuram fimbriatae, qaam effodi ante messes oportet, siccari in umbra. Superior pars ejus cum thure trila, aequo pondere admixto in o , osta fracta e capite extrahit : aut si quid in corpore suppurat, vel si calcata sunt ossa carpen tis: eadem contra venena efficax.

Caput in dolore veratro, vel oleo, vel rosaceo decocto tritoque ungi convenit : peucedano ex oleo vel rosaceo, et aceto. Tepidum hoc prodest et doloribus, qui plerumque ex dimidia parte capitis sentiuntur, et vertigini. Perungunt et ra dice ejus sudoris Causa eliciendi, qaoniam causti ca vis ei est.

LXXX 1X. Per contrario il sifio e fagaoio nasce in luoghi umidi. Quando comincia a uscire della terra pare un coltello, con gambo di dae braccia, e la radice a similitudine di noociuola col mallo, la quale cavasi innanzi la mietitura, e seccasi allombra. La parte superiore di questa, pestala con incenso e mesciuta con pari peso di vino, cava l ' ossa rotte del capo, o se nel corpo alcuna parte coglie puzza, o se l ossa fossero am maccate da qualche carpento di veloce andata. Giova ancora contra i veleni. Quando duole il capo, bisogna che s'u g n a con l ' elleboro collo o pesto nell'olio, o nell'olio rosa lo ; ovvero col peucedano oon olio, od olio rosato, e aceto. Questo tiepido giova ancora * dolori, i quali il pi delle volte si sentono dalla mexxa parte del capo, e alla vertigine. Ungono ancora con la sua radice per attrarre il sudore, perch la rirt sua caustica.

1I1STQRIARUM MUKDI LIB. XXV.


P i i L u o d , s i v b c y g o iD is , s iv b C H H jrriA L to B ,
s iv b s i c & u c o v , u t i a g o n u , i .

4a4

DlL

PS1LLIO, O CIMO!DB, O CRlSTA tLIO, O SICBLICO,

o c iT o m u , i. XC. II psillio, da alcuni chiamato cinode, da altri cristallio, da altri sicelico, da altri citiomiitf, ha radice sottile vota : sermeotosa, ha nella cima granella come fave, foglie simili al capo del cane, e il seme simile alle pulei, onde n ha preso il nome. Il seme sta nelle coccole, e lerba si truo va nelle vigne. Ha gran forza di rinfrescare e di risolvere. Usasi il seme. Ponsi sulla fronte e sulle (empie nel dolore, con aceto e olio rosato, o con posca. AH1 altre malattie s'impiastra alla misura d un acetabolo con nn sestario d aequa : cosi ras sodasi e ristringesi. Allora bisogna pestarlo, e impiastrare la sua grassezza a ogni dolore e rac colta di umori e infiaramagioni. L aristolochia anch ella medica le piaghe del capo, cava fuori l ' osta rotte anche delle altre parti del corpo, ma massimamente del capo. Cos ancora fa la plistolo chia. Il tisselio molto simile all'appio. La radice d ' esso masticata purga la flemma del capo.
R
i m e d i i a m a l i d e g l i o c c h i.

XC. Psyllion stlii cyiioHlti, alii cryvtatiion, alii sicelicon, alii cynomyiani appellant, radice tenui, ju p e n acu * , sarmentosum, fabae granis in cacur .minibus, folii* cenino capili non dissimilibua, se jpiine aoiem pulici, unde et noraeu : hoc in bac ca, ipsa herba in vinei* invenitur. Vis ei ad refri gerandum et discutiendum ingens. Semen in usu. Fronti im ponitur in dolore et temporibus, ex aceto e t rosaceo aut posca. Ad cetera illinitur acetabuli mensura sextario aquae: dentai se c contrahit : tunc terere, et crassitudinem illinire oportet euicuiuqne dolori, et collectioni, inflamjoationique. Bt vulneribus capitis medetur aristo lochia, fracla extrahens ossa, et in alia quidem parie corporis, sed maxime capite: similiter plistolochia. Thysselium est non dissimile apio. Hujas rad ix commanducata purgat capitis pitui ta.

RtMSDlA OCGLOIDV.

XCI. i x Oculorum aciem cenlaurio majore putant adjuvari, si addita aqua foveanlur. Succo vero minoris cum meile,culices, nubeculas, obscu ritatem discoli, cicatrices extenuari : albugines quiJera etiam jumentorum sideriti. Jam chelido nia supra diclis omnibus mire medetur. Panacia radicem curo polenta epiphoris imponunt. Hyo scyami semen bibunt, obolo, tanturodem meconii adjicientes, vinaroqpe ad 'epiphoras inhibendas. Adjungont et gentianae succum, quem collyriis q to q te sacrioribus pro' meconio miscent. Facit claritatem et euphorbium inunctis. Instillatur planlagiois succus lippitudini. Caliginea ariitolochia discutit, lberis adalligata capiti cum quin quefolio, epiphoras, et ai qua in oculis vilia sunt, emendet.. Verbaescum epiphoris imponitur. Peristereos ex rosaceo vel aceto. Ad hypochysin et caliginem, cyclaminon in pastillos diluunt. Peucedani succum, u t diximus, ad claritatem et caligines, cam meconio et rosaoeo. Psyllion illi ni tum fronti epiphoras suspendit.

XCI. za. Egli &opinione dalcnni, che col cen tanno maggiore saiuti la vista degli occhi, se ag giuntavi l acqua si fa loro fomentazione. M col sugo del minore mescolato col mele si levano i pri mi abbagli, per cui pare che s ' abbia negli occhi mosca o zanzara, si levano le maglie e i bagliori di essi, se ne assottigliano le margini ; e con la side rite si levano ancora le albugini delle bestie. Gi a lutte codesle cose ottimo rimedio la chelidonia. La radice della panace con polenta s 'adopera alle lagrime degli occhi.' Beesi n i obolo di seme di giusquiamo con altrettanto meconio e con vino .per reprimere le medesime lagrim nioni di essi. Agginngonvi il sngo della genziana, il quale, quando vogliono fare collrii pi gagliardi, tol gono in luogo del meconio. L euforbio ancore, ngnendosene gli occhi, fa la vista chiara. Meltesi il sugo della piantaggine a chi cispo. Laristolochia leva le caligini. La ibera legata al capo col cioquefoglio guarisce le lagrime, e se altri difetti vi sono negli occhi. Il verbasco s adopera alle lagrimazioni loro, non che il perislereo coti olio rosaceo o aceto. Stemperasi il ciclamino ridotto In pastegli alla ipochisi e alla caligine. Il sugo del peucedano col meconio e con rosato si pone, co me io dissi, alta caligine, e a rischiarare la visla. Il psillio impiastralo sulla fronte ferma le lagrime degli occhi.

C. PLINII SECUNDI
A b a g a i x u , s it * c o b c h o b o k , b t qcab fb b u s o c u l o s , g k b e i la i i . M b d i c i r a e III. D b L L aBAGALLIDB, O OOBCOItO, D ITTO A R C U F1BBO OCCHIO, SPECIE

a.

M e d ic .

S.

XC 1I. xS. Anagallid* aliqua eorchoron vo cant. Dao genera ejas: mas flore phoenioeo, femi na caeruleo, nOn alii ores palmo : frulioe tenero, foliis pusillis, rotandis, in terra jacentibus : na scuntur iu horiis et aquosis. Prior floret caerulea. Ulriusque succus oculorum caliginem discutit cum mclle, et ex ictu cruorem, et argema rubens, magis cum Attico meile inunctis. Pupillas dilatat: et ideo hoc inunguntur ante, quibus paraoeutesis fit. Jumentorum quoque oculis medentur. Succus caput purgat per nares infusus, ita ut deinde vino -colluatur. Bibitor et contra angues succi drachma in vino. Mirnm, qood pecora feminam vitant. At si decepta similitudine (flore enim lantum distant) degustavere, slatim eam, quae asyla appellatur, -in remedio quaeruut : ea a nostris ferus oculus ocatur.

Praecipiunt aliqui effossuris, ante solis ortam, priusquam quidquam aliud loquantur, ter salu tare eam, tum sublatam exprimere: ita praecipuas esse vires. De euphorbii succo satis dictura est. Lippitudini, si tumor erit, absinthium cum meile tritum, itemque vettonioae farina conveniet.

XCII. iS. Alcuni chiamano 1 anagallide cor ooro. Ella di doe ragioni, li maschio ha il fior rosso, e la femmina celeste : non sono pi Iti che un palmo : il loro cespo tenero, di foglie piccole, tonde, che giacciono in terra: nascono negli orti e in luoghi acquosi. Prima fiorisce la femmina. Il sugo dell' uno e l ' altra col mele leva le caligini degli occhi, e il sangue scorso per percossa, e i fiocchi rossi negli occhi, massimamente ungen doli col mele Ateniese. Allarga le pupille ; e per ci s'ungono prima eon esso quegli, * cui si forano per levare le calaratte. Con qaesto ancora si medicano gli occhi de' giumenti. Il sugo infuso pe' buchi del naso porga il capo, pur ehe dipoi si lavi col vino. Beesi ancora una dramma del sugo nel vino contra le serpi. E maraviglia, che le pe core fuggouo la femmina. Ma se ingannate per la somiglianza (perch sono solamente differenti di fiore) l'hanno mangiata, suhito cercano per ri medio quell'erba, che si chiama asila: questa da' nostri chiamata fiero occhio. Alcuni vogliono che coloro che l ' hanno a ca vare, la cavino innanzi a levala di sole, e prima che dicano alcuna altra cosa la salutino tre volle, e allora cavata, ne premano il sugo ; e cos dicono ch'ella ha grandissima virt. Del sago dell'eaforbio s ' parlato abbastanza. E alile agli occhi cispi, te vi sar enfiato, l'assenzio pesto con mele; e la polvere della bottonica vi giova ancora. Dbll b g i l o p b , a. XCIIf. Guarisce le fistole piccole I* erba del medesimo nome, la qoale nasce nell'orzo con foglia di grano, adoperandone il seme trito eoa farina mescolata e postavi sopra, o col sago. Que sto si preme del gambo, e delle foglie che ne soa pregne, levatane la spiga ; e con Carina di gru marzuolo se ne fa pastegli.
D e lla m a rd b a g o b a ,

A b o ilo p s ,

n.

XCIII. Aegilopas sanat herba eodem nomine, ^quae in hordeo nascitur, trilici folio, semine con trito cam farina permixta impositaqoe, vel succo. .Exprimitur hic e caule foliisque praegnantibus, dempta spica, et in trimestri farina digeritur iu ,pastillos.

M a n d ba g o ba s,

s iv b c ib c a b o k ,

s iv b h o r i o r

s iv b

c ib c b io , o m o h io ,

ip p o -

HIPPOPBLOMOB : GBKERA II. M e DICIICAB XXIV*

FLOHO, SPBCIB a . M r DIC. & 4'

XCIV. Aliqui et mandragora utebantur: potea abdicatus in hac curatione est. Epiphoris (qood certum est) medetor, et oculorum dolori, radix lusa cum rosaceo et vino. Naro succus mul tis oculorum medicamentis miscetor. Mnndragoram, alii circaenm vocant. Duo ejus geuera: can didos. qui et mas: niger, qui femina existimatur, angustioribus foliis, quam laclucae, hirsutis et caulibus, radicibus binis lernisre rufuis, intus

XC 1V. Alcuni osavano la mandragora, ma ella fu levata poi da qoesta medicina. 11 certo , che la sita radice pesta con olio rosato e con vino guarisce le lagrime e il dolore degli occhi; per ciocch il sago si mescola in molte medicine di occhi.La mandragora chiamata da alcuni circeio. Ella di due ragioni. La bianca maschio, e la nera femrnioa. Ha le foglie pi strette che la lat tuga. Il gambo piloso, e ba due o tre radici

4*)7

HISTORIAROM MONDI LIB. XXV.

49*

albi*, carnosis lenerisque, paeoe cubitalibus. Fe rant m tlt avellanarom nacum magnitudine, et in his semen cen pirorum. Albam hoc alii arsena, alii morion, alii hippophtaoaon vocant. Hujas folia alba, qoam alterius latiora, n t lapathi sati vae. Cavent effossori oontrarinm ventum, et tri bas eircnlis ante gladio circumscribant : postea fodiant ad occa som spectantes. Saccas fit et e malis, et caole, deciso cacumine, et radice pun ctis aperta, aat decocta : alili* haec vel surcolo. Concisa quoque in orbicalos serva la r in vino. Soccus oon ubique invenitur, sed abi potest, circa vindemias quaeritur.

Odor gravis ei : sed radicis, et mali gravior. E i albo mala matura in umbra siccantur. Succus ex iis sole densatur : ilem radicis tnsae, vel in vino nigro ad tertias decoctae. Folia servantur in maria efficacius, alias recentium succus pestis est: sic qooque noxiae vires. Gravedinem etiam adferuot olfacta: quamquam mala in aliquibus terris manduntur, nimio tamen odore obmutescant ignari. Polo quidem largiore etiam moriuntur. Vis somnifica pro viribus bibentium. Media potio cyathi unias. Bibitur et contra serpentes, el ante seoliones punclionesque, ne sentiantur. Ob haec salis est aliquibus somnum odore quaesisse. Bibilur et pro elleboro duobus obolis io mulso. Efficacius elleborum ad vomitiones, et ad bilem nigram extrahendam.

rosse, e dentro bianche, carnose e tenere, e quasi d1 un braccio. Producono mele grandi quanto una nocciaola, e in esse il seme come di pere. Questo bianco, da alcuni chiamato arseoo, da al cuni morio, e da altri ippofiomo. Le foglie di questo son bianche e pi larghe che delP altro, come del iapato domestico. Coloro che P hanno a cavare si guardano dal vento contrario, e in nanzi col coltello la segnano con tre circoli d in torno ; dipoi la cavano, guardando verso ponente. Fassi sago s delle mele che del gambo, taglian done la cima, e aprendo la radice con punture, ovvero cocendola : utile s questa, e s la sua messa. Tagliala ancora iu girella si conserva nel vino. 11 sugo non si truova io ogni luogo ; ma dove si pu, si cerca intorno alla vendemmia. Ha grave odore, ma la radice e la mela pi grave. La mele mature si seccano all ombra. 1 1 sugo, che si cava d ' esse, si rossoda al sole ; e cos quel della radice pesta o cotta in vin nero iosino alla terza parie. Le foglie si conservano meglio nella morchia, altrimenti il sugo delle fresche peslilenzioso; ma cos ancora han virt nociva. Danno gravezza al capo, solo col fiuto ; e bench in alcuni luoghi si mangino le mele, nondimeno chi non lo sa, ammutolisce per troppo odore ; e anco chi ne bee troppo si muore. Fanno venir son no, secondo la torre di chi lo bee. La pozione me diocre un bicchiere. Beesi oon tra le serpi, e se ad alcuno s ' avesse a fare tagliature, o punture, ac ciocch non le senta, si fa berla innanzi che gli si facciano : per oi ad alcuni basta procurare il sonno con P odore. Beesi anche in luogo d ' elle boro, due oboli in vino malato. Ma l ' elleboro ha pi virt alle vomilazioni, e a cavare fuora la collera nera.
D ella
c ic u t a , i

C ic u t a ,

x iu

J.

XCV. Cicuta qooque venenum est, publica Atheniensium poena invisa, ad romita tamen usus non om ittendi. Semen habet noxium. Caulis au tem et viridis eslur a plerisque el in patinis. Lae tis hic et geniculatus, ut calami, nigricans, altior saepe binis cubitis, in cacuminibus ramosus : fo lia co rian d ri teneriora, gravi odoratu : semen aniso crassius : radix concava, nullius usus. Se mini et foliis refrigeratoria vis : quos enecat, in cipiunt algere ab extremitatibus corporis. Reme dio est, priusquam pervenial ad vitalia, vini natura excalfactoria. Sed in vino pota, irreme diabilis existim atur. Succus exprimitur foliis floribasque, tuoc enim maxime tempestivus est. Semine trito expressus, et sole densatus in pastil los, necat sauguine spissando, llaec altera vis. El ideo sic uecatorum maculac in corporibus appa-

XCV. La cicuta ancora veleno, odiata da* gli Ateniesi, essendo pubblica lor pena ne'co n dannali a morie : nondimeno non sono da passa re le utilit sue a molle cose. Il seme nocivo. Molti per mangiano il gambo ancora verde, e ne' piatii. Questo liscio e ha nodi come di cala mo, i quali nereggiano : il pi alto spesse volte due braccia, e nella cima ramoso. Le foglie sono pi sottili che quelle del coriandolo, e di grave odore : il seme pi grosso che gli anici : la ra dice vota e di nessuna utilit. Il seme e le foglie hanno virt rinfrescativa ; la quale quando d morte comincia dal gelare l'estremit del corpo. Contro essa, prima che pervenga a mortificare le parti vitali, rimedio il vino per la sua virt riscaldati va. Ma bevuta nel viuo stesso si tiene che l nou abbia rimedio alcuno. Il sugo si trae delle

499

C. PLINII SECUNDI

5oo

rent. Ad resolvenda medicamenta atu ntar illo pro aqua. F ilex eo ad refrigerandum stomachum malagma. Praecipuus tamen ad cohibenda* epi phoras aestivas, oculorumque dolores sedandos circumlitus. Miscetur collyriis, et alios omnes rheumatismos cohibet. Folia quoque tumorem omnem, doloremque, et epiphoras aedant. Anaxilius auctor est, mammas a virginitate illitas, sem per staturas. Qood certum est, lac puerperarum mammis imposita exlinguit, Veneremque testi bus circa pubertatem illi la.

Remedia liberationi, quibus bibenda censetor, non equidem praeceperimus. Maxima vis natae Susis Parthorum , mox Laconicae, Creticae, Asia ticae. In Graecia vero Megaricae, deinde Attioae.

foglie o de' fiori, perch iu quel ttm po oh' essa vegeta, egli pi utile e migliore. Quello ehe si cava del seme pestato, e che al sole si rassoda in pastegli, uccide rappigliando il sangue. Essa pro duce anche questo effetto. Perci a chi morto di questo modo se ne veggono le macchie nel corpo. A dissolvere i medicamenti usano questo sugo in luogo d ' acqua. Di etto anoora si fa em piastro dolce a rinfrescare lo stomaco. Ma soprat tutto ha gran virt a reprimere le lagrime degli occhi di state; e i dolori dessi, impiastrando velo intorno. Mescolasi ne'collirii, e reprime ogni altro umore reumatico. Le foglie ancora mitigano ogni enfiato e ogni dolore, e le lagrimazioni degli occhi. Anassilao afferma che le poppe impiastrate d'essa dalla verginit stanno sempre sode. certo che po sta snlle poppe di qnelteche hanno partorito, secca il latte ; e ognendone i testicoli in quello che si cominciano a mettere i peti, spegne la lussuria. Quanto a' rimedi! che vorrebbonsi pigliare da coloro, cui si d a bere, noi punto non li divisia* mo. Grandissima forza ha quella cicuta che ossee a Susa de* Parti, poi quella di Laconia, di Creta, e d ' Asia. In Grecia la Megarica, dipoi P Ateniese.
D
e l c b b t v o a g r io , i

C&BTHHOS AGB10C, I.

XCVI. Crethmos agrios gramias tollit oculo rum impositus, tumorem quoque polenta addita.

XCVI. Il cretmo a g r io leva via la flemma de fili occhi, postovi sopra ; e insieme con la polenta leva anche l enfiato.
D
e l l a m o l ib d b n a , i

M olybdaena,

i.

XCYII. Nascitur vulgo molybdaena, id est, plumbago, etiam in arvo, folio lapathi, erassa ra dice, hispida. Hac commanducata si oculus subin de elingatur, plumbum (quod est genus vitii) ex oculo tollitur.
C apnos
p r i v a , q u a e p e d e s g a l l in a c e i , i .

XCVII. Nasce in ogni loogo la molibdena, cio la piombaggine, e nelle campagne anoora, eoo fo glie di lapato, con grossa radice pilosa. Questa masticata, se l'occhio continuamente si frega,leva via da esso quella malattia, che si chiama piombo.
D b lla
c a p n o s p b im a , d e t t a a n c h e p i d i g a l l in a , i

XCV111. Capnos prima, qoam pedes gallina ceos vocant, nascens in parietinis et sepibus, ra mis tenuissimis sparsisque, flore purpureo, viri dis, succo caliginem discutit : itaque in medica menta oculorum additur.
C apnos
f r u t ic o s a , i i i .

XCVII1. La capnos prima, la quale per altro nome si chiama pi di gallina, nasce ne' muri e nelle siepi, con rami sottilissimi e sparti, e col fior rosso : verde, e col sugo leva la caligine degli occhi ; e per ci si mette nelle medicine loro.
D ella
c a p n o s c e s p u g l io s a ,

3.

XCIX. Similis et nomine et effectu, sed alia est capnos fruticosa, praetenera, foliis coriandri, cineracei coloris, flore purpureo. Nascitur in hor tis et segetibos hordeaceis. Claritatem facit innu etis oculis, delacrymationemque, ceu fumus : unde uoinen. Eadem evulsas palpebras reuasci prohibet.

XCIX. Simile di nome e d'effetto u n'altra capnos, cespugliosa, tenera, con fglie di corian dolo, di colore di cenere e con fior rosso. Nasce negli orti e nelle biade d ' orzo. Fa la vista chia ra, ungendone gli occhi, e gli fa lagrimare come il fumo : di qui prese il nome. La medesima non lascia rinascere le palpebre svelle.

5or

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXV.


ACOAOH, SIVB AGBIOR, XIV.

D e l l 1 aco bo, o ag b io , i 4 .

G. Aooron iridis folia habet, aogusliora lan ium, e t longiore pediculo, radices nigras, miousque venosas : cetero el bas similes iridis, gustu acres, odore non ingratas, ructu faciles. Optimae Ponticae, dein Galalicae, mox Creticae. Sed pri mae in Colchide juxta Phasin amnem, et ubi cumque in aquosis. Recentibus virus majas qaam elustis. Creticae candidiores Ponticis. Siccantur utribus in umbra digitalibus frnstii. Necnon in veniuntur, qui oxymyrsinae radicem acoron vo cant, ideoque quidam hanc acoron agrium vocare malunt. Vis ei ad calfaciendum, extenuandumque efficax, contra suffusiones et caligines oculorum succo ejusdem poto, contraque serpentes.

C. L acoro ha le foglie d' iride, ma pi stret te, e con pi lungo picciuolo : ha radici nere e manco venose : nel resto anch'esse sono simili a quelle dell' iride, agre al gusto, di odore non in grato e focili al ruttare. Sono ottime in Ponto, poi in Galaiia, dipoi in Caodia. Ma le prime s o d o in Coleo presso al fiume Fasi, e per tutto in luo ghi acquosi. Le fresche hanno maggior fprza che _ le secche. Le Candiotte sono pi bianche che quelle di Ponto. Seocansi in otri all* ombra, a pezzi non pi lunghi cbe un dito. V* chi chia ma acoro la radice dell ossimirsina, e per alcuni voglion piuttosto chiamar questa acoro agrio. Ella ha gran forza a riscaldare e assottigliare. Il sugo suo si bee contra le suffusioni e le caligini degli occhi, e contra le serpi.
D b l c o t i l e d o , s p e c ie

COTYLHDOB, O U U M 11. M b DICIBAB LXI.

a. Mbdic. 61.

Cl. Cotyledon parvula herba, cauliculo tenero pusillo, pingui folio et concavo, ut coxendices : ascitur in maritimis petrosisque, viridis, ridire olivae modo rotunda. Oculis medetur succo. E st abod genus ejusdem, sordidis foliis, latioribua deasioribusque circa radicem velut oculum cin gentibus, asperrim i gustos, longiore caule, sed pergracili. Usos ejus ad eadem, quae iris.

CI. II cotiledo unerba piccola, che ha il gambo tenero e piccolo, foglia grassa e concava siccome il seno in cui entra l osso delle cosde : nasce in luoghi marittimi e sassosi : verde, e ha la radiee tonda a modo d' uliva. Il sugo suo me dica gli occhi. V un* altra sorte della medesima * erba, con brutte foglie, pi larghe e pi folte, le quali cingono intorno la radice a guisa d 'occhio : di sapore asprissimo, e ha il gambo assai lungo, ma sotlil. Ha le medesime virt che l'erba iride.
D e l l ' a i z o o m a g g io b b , o b u f t a l m o , o

AllOUM M AJO S,SIV E BCPHTHALMOH, SIVB ZOOFHTHAL* MOR, SIVE STBBGBTHBOR, SIVB AMBB0SIOH, SIVB AMBBIMBOR, QUAE SEDUM MAGRUM, AUT OCULUS, AOT D IG IT ELLU S,MEDICHI AB XXXI. AlZOUM MIRUS, SIVB BRITHALBS, SIVB TBITHALBS, SIVB CHBYSOTBALES, QUAB ISOTBS, AUT SEDUM, XXXII.

zoo vta l

m o, O STARGBTBO, O AMBROSIA, O AMBfcINNO, DETTO ANCHE SEDO MAGRO, O OCCHIO, O DIGITEL LO, m b d ic . 3 i .

D b l l ' a i z o o m ib o b e , o b b i t a l b ,

O TRITALE, O CRISOTALE, DETTO ABCHS ISOBTE, O sed o , 3a.

CII. Aizoi duo genera. Majus in fictilibus va* seniis seritur, quod aliqni buphthalmum vocant, alii zoopbtbalmon, alii slergelhron, quod amato riis conveniat : alii hypogeson, quoniam in sub* grundiis fere nascitur. Sunt qui ambrosiam po tius vocant, et qui amerimnon: Itali sedum m a g n a n i , au t oculum, aut digitellum. Alterum mi nusculum, quod erithales vocant, alii trithales, quia ter floreat : alii chrysothales, aliqui isotes : sed aizoara Utrumque, quoniam viret semper, aliqui sempervivum. Majus cubiti altitudinem ex cedit, crassitudine plusquam pollicari. Folia ca cum ine linguae similia, carnosa, pinguia, larga succo, latitudine pollicari, alia in terram conve xa, alia stantia, ita u( ambitu effigiem imitentur oculi.

CII. L' oizoo di doe ragioni : il maggiore si mette in vasi di terra, e da alcuni chiamato buftalmo, da alcuni zooftalmo, e da altri stergetro, perch egli atto alle cose amorose : alcuni lo chiamano ipogeso, perciocch* egli per lo pi nasce sotto le gronde. Sonci di quegli, che piut tosto lo domandano ambrosia, e alcuni altri araerinno. In Italia si dimanda sedo magno, o occhio, o digitello. L ' altro piccolissimo, che si chiama eritale, e da alcuni tritale, peroh' ei fiorisce tra volte ; e chi lo domanda crisotale, chi isoete ; ma l ' uno e l ' altro aizoo, perch. f sempre verde, da alcuni chiamato semprevivo. Il maggiore pi alto d* un braccio, e grosso quanto un dito. Ha nella cima la foglia simile alla lingua, carnosa, grana, sugosa, e larga un pollice : alcune foglie

5o3

C. PLIN H SECONDI

Quod minai est, in muris parielioisqae na scitur, et tegulis: fruticosum a radice, et foliosum usque ad cacamea : foliis angastis, mucronatis, succosis, palmo allo caule : radix ioutilis.
A h u r a c h er a g b ia , q o a e il l e c e b r a , x x x ii.

stanno ritte, alcune si rivolgono verso terra, iu modo che fanno nel loro circuito forma d 'occhio. 11 minore nasce ne' muri e ne' tetti, ed ce spuglioso dalla radice e foglioso fino alla cima : ha foglie strette, appuntate e sugose : il gambo alto an palmo, la radice inulHe.
D e ll' ard e a crb
a g h ia ,

d e tta

a rc h e ille c e b ra , 3a.

CUI. Huic similis est, quam Graeci andrachnen agriam vocant, Itali illecebram, pusillis, latioribus foliis, breviori cacumine. Nascitur in petris, et eolligtfur cibi causa. Omnium harum vis eadem, refrigerare et adstringere. Medentur epiphoris folia imposita, vel succus inunctis. Pur gat enim ulcera oculorum, expletque, et ad cica tricem perducit: palpebras deglutinat. Eaedem capitis doloribus medentur, succo vel folio tem poribus tllitis. Adversantur phalangiorum ictibus: aconito vero majus aizoum praecipue. A scor pionibus quoque habentem id feriri negant.

Medentor et aurium dolori. Item succos inun ctos hyoscyami modice : item achilleae, et minoris ceataurii, et plantaginis : peucedani cum rosaceo *et meconio : acori succos cum rosa. Omnis autem strigili calefactus infunditor. Cotyledon etiam purulentis, e t cum nfeduUa cervina calefacta.

Ebuli radicis tritae succus linteo colatas, mox in sole densatas, et quum opus sit, rosaceo dilu tos et calefactos, parotidas sanat. Verbenaca quoque: ilem plantago : ilem sideritis, cum axun gia vetere.

CHI. Simile a questo quellerba, ehe i Greci chiamano andracne agria, e gl' Italiani illecebra, con foglie piccole, mollo larghe, e la cima corta. Nasce fra i sassi, e cavasi per mangiarla. Tutte queste erbe hanno una medesima fon, cio di rinfrescare e di ristrignere. Le foglie applicale, o il sugo sprsovi, guariscono le lagrime degli oc chi : perocch ei purga le ulcere loro, le riempie e le rammargina : per distacca le palpebre. Le slesse medicano i dolori del capo, impiastrando le tempie col ;ugo o con le foglie. Sono contrarie al morso de'falaogi; come l'aizoo maggiore spe cialmente all anconito. Dicono ancora, che chi lha addosso non pu esser ferito dagli scorpioni. Guariscono altres il dolore degli orecchi ; il che fa pure il sugo del giusquiamo, ugnendone temperamente: cos il sugo dellachillea, della centaurea minore, della piantaggine, e del peu cedano con olio rosato e meconio ; e il sago del* l ' acoro con le rose. Ognuno di questi sughi ri scaldalo si infonde con un certo cristo da orec chi. Il cotiledo ancora s* infonde negli orecchi che abbiano marcia, con midolla di cervo calda. Pestansi le radici dell'ebbio, e colasi C o n pezzolina il sugo, poi rassodasi al sole : dipoi quando bisogna, stemperasi con olio rosalo, e caldo s adopera alle posteme dopo le orecchie. Il medesi m o fa la verbenaca ancora, e la piantaggine, e la siderite con sagna veochia.
R iv e d ii
a *m a l i d e l va so.

e m e d ia a d

H A R im VITIA.

C 1V. Narium ozaenas emendat aristolochia cam cypero.


R
e m e d ia a d d e r t iu m d o l o r s .

CIV. L' aristolochia col cipero guarisce certi mali ne' bachi del naso di cattivo odore.
R im e d ii
a d o l o r i d b i d e n t i.

CV. Dentibus remedio sunt panacis radix commanducata, praecipne chironiae, item succus collutis: radix hyoscyami ex aceto manducata, itero polemoniae. Commanducantur et plantaginis radices, aut colluantur in aceto decoctae succo. E t folia sunt utilia, vel si sanguine gingivae pu trescant. Semen ejusdem apostemata, et collectio nes gingivarum sanat. E t aristolochia gingivas dentesque confirmat. Verbenaca cum radice oom-

CV. Giova a'denti la radice della panace ma sticata e massimamente della chironia, e del pari bagnandoli col sugo : similmente la radice del giusquiamo masticata con l aceto, e quella della poleroonia. Masticami ancora le radici della pian taggine, o si lavano nell'aceto col sugo della cotta. Anche le foglie sono ulili, eziandio se pel sangue le gengie diventano putride. 11 seme della mede sima guarisce ogni postema, e le raccolte delle

5o5

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXV. gengie. Anche P aristolochia conferma le gengie e i denti : similmente la verbenaca masticata con Ia radice, e cotta nel vino, o il sago con l1aceto, bagnandone oon esso la parte : similmente le rad ici del cinqnefoglio cotte fino alla terza parte con vino o aceto. Per prima che si caocauo si la vano con acqua salsa. La decozione da tenersi assai in bocca. Certi voglion piuttosto stropicciare con la ce nere dfel cinquefoglio. Anche la radice del ver* basco si cuoce nel vino per bagoare i denti. Si lavano altres con l issopo,col sago del peucedano, col meconio, o col sngo delle radici dell* anagallide ( e piuttosto della femmina), infondendo del sugo nel buco del naso opposto a qael deate che duole.
D l L I . ' BUGBKO,

mandncata, et decocta ex vino, at aceto saccas collatas. Ilem quinquefolii radices, decoctae ad tertias vioo aot aceto. Prius vero quam decoquan tu r, aqoa m arini a a t salsa lavantur. Decoctum d m tenendam ia ore.

Qaidam cinere qntnqoefolii frtcare malunt. E t verbasci radix decoquitor in vino ad colluen dos dentes. E t hyssopo colluuntor, et peucedani sacco, cum meconio: vel radicum auagallidis magis feminae sacco, ab altera nare, qaam doieat, infaso.

E iio biov ,

s i t i p p i o s , s iv b i u b t a i s ,

PAPPO, O ACAKT1 DB,

Q U I SBRICIO, V ili.

DBTTO ARCHI SBRICIO, b .

CVI. Erigeron a nostris vocator senecio. Hanc si ferro circumscriptam effodiat aliquis, tangatque ea dentem, et alternis ter despuat, ac reponat in eamdem locum, ita ut vivat herba, ajunt den tem eum postea non dolitnram. Herba est Irixagiois specie et mollitia, cauliculis subrubicundis. Nascitor et in teguli, et in muris. Nomen hoc Graeci dederunt, quia vere canescit. Caput ejus numerosa dividitor lanugiae ( qualis est spinuc ) in ter divisuras exeunte. Quare eam Callimachus acanlhida appellat,alii pappam. Nec deinde Grae cis de ea constat. Alii erucae foliis esse dijeru n t, alii roboris, sed minoribus mullo. Radice alii soperracua, alii nervis utili, alii potu slrangu* laote. E diverso qaidam regio morbo cum vino dederunt, et contra omaia vesicae vilia : item cordis et jocioeris. Renibus extrahere arenam dixere. Ischiadicis drachmam coro oxymelile ab ambalatione propinavere: torminibus quoque.in passo utilissimam : praecordii* etiam cibo ex aceto eam praedicantes serentesque in hortis. Nec de fuere, qui et alterum geous facerent, nec quale enet, demonstrarent, contra serpentes in aqua bibendam, edeodamque comitialibus dantes. Nos eam Romanis experim entis per usus digeremus. Lanugo ejus cum croco el exiguo aquae frigidae trita illinitur epiphoris : tosta cym mica salis, Jtrunni.

CVI. L 'eriger chiamato da nostri senecio. Se alcuno cava questa erba, incisa all1 intorno col ferro, e con essa tocca il dente, e Ire volte sputa a vicenda, poi la ripone nel medesimo luogo, in modo che P erba si rappicchi e viva, dicono che quel dente non pi per dolere. L ' erba simi le al trissagine di aspetto e di morbidezza, con gambiccini rossigui. Nasce ne1 tegoli e ne1muri. I Greci le hanno posto questo nome, perch'ella inca* nutisce la primavera. Il suo capo diviso la molla lanfe, come quella ch'esoe tra le fessure della spina. Per Callimaco la chiama acantide, e alcuui pap po. I Greci non s'accordano in altro rapporto a lei, perch alcuni dicouo che ha foglie di ruchet ta, altri di rovero, ma mollo minori. Alcuni dioono che ha la radice vota, altri eh ' olile a ner vi, e altri che strangola a berla. Per contrario alcuni la daono col vino a chi ha trabocco di fiele, e a tutti i mali della vescica, del fegato e del cuo re. Dicono che cava la renella delle reni. Dassene a bere una dramma con ossimele agli scialici, dopo che hanno camminato. utilissima ancora nel vin cotto a1torm ini; e agl' interiori dicono che giova molto in cibo con l ' aceto ; e perci la seminnn negli orti. Sono stali di quegli che n hanno fallo un altro genere, senza per insegnare quale ella si sia, e la diedero a bere con Ira le serpi nell' acqoa, cd a mangiare a chi ha il mal caduco. Noi la descriveremo secondo gli esperimenti falli dai Romani. La sua lanugine, pesta con zafferano e alquanto d'acqua fresca, s'adopera alle lagrime degli occhi : arrostila con un granello di sale si mette alle scrofe.

C. PUN II SECONDI
E m bm ebov, n . D * l l b tem b b o , a .

5,8

CVII. Ephemeron folia h ib e t lilii, ed minon , caulem parem, florem caeraleucn, seroeo su pervacuum, radicem unam digitali crassitudine, dentibus praecipuam, concisam ia aceto decoctaroque ut tepido colloanlur. E t ipsa etiam radix mobiles sistit. In catis et exesis imprimitur. Che lidoniae radix ex aceto trita continetor ore. E ro sis veratrum nigrum imponitur : mobiles utralibet decocta in aceto firmantur.

CVII. Lo e fe tto ha foglie di giglio, ma mi nori, pari gambo, fiore azzarro, e seme vano. Ha una radice sola, grossa un dito, ottima a' den ti, tagliata nell' aceto e cotta, se con questa deco zione tiepida si lavino. La stessa radice ferma i denti mobili. Mellesi ne' denti vti e rosi. La ra dice della chelidonia trita eoa l ' aceto si tiene in bocca. 1/ elleboro nero si mette sui denti rosi. I mobili per 1' ana e I altra ootta nello acelo fermano. Del
la b b b o d i V b sb b b , i .

L bium v b r b b b c m ,

i.

CVIII. Labrum venereum vocant in flamine nascentem. Est ei vermiculus, qui circa dentes necatur, aut cavis dentium cera includitur. Ca vendam, ne avulsa berba terram tangat.

CV1II. Labbro di Venere si chiama un erba, che nasce ne* fiumi. In quest' erba nn vermi cello, che si ammazza stropicciandolo intorno ai denti, o si rinchiude con la cera ne' denti bacati. Hassi d 'av er cura che l 'e r b a a v e lU non tocchi terra. Dbl b a t b a c h i o ,
CH' IL BAHUBCDLO,

B aTBACHIOM, Q U I 1ARORCDI.DI, SIVB STBOMOS, GBHESA IV . M b DICIRAB XIV.

O STBUMEA, SPBCIB 4 - M e DIC. l 4 -

CIX. Ranunculum vocamus, quem Graeci batraebion. Genera ejus quataor. Unum pinguiori bus, quam coriandri, foliis, et ad latitndiuem malvae accedentibus, colore livido, caule albo gracili, et radice alba. Nascitur in limitibus humidis et opacis. Alteram foliosius, pluribus folio rum incisuris, altis caulibus. Tertiua minimum est, gravi odore, flore aureo. Quartum simile buie, flore lacteo. Omnibus vis caustica, si cruda folia imponantur ; pusulasque, ut igois, faciunt. Ideo ad lepras et psoras eis utantur, et ad tollenda stigmata : causticisque omnibus miscent. Alopeciis imponunt, celeriter removentes. Radix in dolore commanducata diutius, rumpit dentes. Eadem sieca concisa, sterna lamentum est. Nostri herbarii strumeam vocant, qaoniam medetur strumis, et panis, parte in fnmo suspensa. Creduntque ea rursus sata, rebellare quae curaverint vitia : quo scelere et plantagine utuntur. Oris ulcera intus snccns plantaginis emendat, et folia radicesque commanducata, vel si rheumatismo laboret os. Ulcera foeloreraque quinquefoliam : ulcera psyllium.

C 1X. Noi chiamiamo ranuncolo quello che i Greci chiamano batrachio. di quattro ragioni. Uno eon foglie pi piccole che U coriandolo, le quali s ' accostano alla larghezza della malva, di color livido, di gambo bianco e sottile, e di radice bianca. Nasce in viottoli umidi e ombrosi. L'altro pi foglioso, e con pi incisure nelle foglie, ed ha il gambo alto. Il terzo pieeiolissimo : ha gra ve odore, e fior d ' oro. Il quarto simile a que sto, ed ha il fior candido. T atti hanno virt cau stica, ponendovi le foglie crude, e fanno vesciche come il fuoco. Per le adoperano alla rogna a a levare le stimmate, e le mescolano in tn tti i cau stici. Pongonli alla tigna, e tosto gli levano. U radice masticata troppo a lungo nel dolore dei denti gli rompe. La medesima secca e minuzzati fa starnutire. I nostri erbolai la chiamano stromea, perch ella guarisce le strume e i pani, ap piccandone parte al filmo. Di pi, tengono ehe ripiantandola ritornino i mali cheran gi guariti; per la quale sventura usano ancora la piantaggine. II sogo di essa piantaggine guarisce le ulcere delU bocca di dentro ; e le foglie e le radici masticale fanno il medesimo, ancora che la bocca abbia la rema. Il cinquefoglio guarisce le ulcere e il puz zo dell* alito. 11 psillio medica le ulcere.

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXV.


Stom
a t ic i, a d fo k to h bm

5io

gebeba u

Dos

SPKC1B DI MBDICIBB COBTBO IL POZZO


dell' a u to .

CX. Composita quoque ad foelorem, vel masime padendom vilium, trademus. Ergo folia myrti et lentisci pari pondere, gallae Syriacae dimidiam pondus, simul terere et vino vetusto sparsa mandere matutino, ex usu est. Vel ederae bsccas cam casia et myrrha, pari pondere ex vino. Naribus utilissimum est draconlii semen contri tam ex m eile, etiamsi carcinomata in his sint. Sugillata hyssopo emendantur. Stigmata in facie mandragoras illitus delet.

CX. Diremo ancora alcuni rimedii all1 alito puzzolente, eh* un difetto molto vergognoso. Togli adunque foglie di mortine e di lentisco a peso eguale, e la met di galla Siriaca : pesta ci lotto insieme, e spargivi vin vecchio, e la mal li na ne mastica. O veramente piglia coccole dellera con cassia e mirra a peso eguale, il tutto stalo nel vino. 11 seme del dragonzio pesto col mele, ancora che vi fosse canchero, utilissimo al naso. 1 suggellali si guariscono con 1 issopo. La man * dragora impiastratavi su medica le stimma!* e i segni falli nel viso.

C. PLnm SECONDI

HISTORIARUM MUNDI
LIBER XXVI
RELIQUAE EX HERBIS PER GENERA MORBORUM MEDICINAE

--------------------------------

De

b o v is m o b b is.

Db*m a l i

h v o v i.

I. i. dentit et facies hominum novos, omniqoe aevo priore incognitos, non Italiae modo, veram elim ani versae prope Europae, morbos : tunc quoque non tota Italia, nec per lllyrieum Gallia te aut Hispaoias magnopere vagatos, ant alibi, qoam Romae, circaqoe : sine dolore qaidem illos, *e tine pernicie v itae, sed tanta foeditate, nt qucnmqae mors praeferenda esset.

I. I. ria sentito ancora il viso dell'uomo nuove malattie, state per lo addietro incognite, non pure all* Italia, ma a quasi tutta 1 Europa; le quali n * anche allora per tutta l'Italia, n per laSchiavonia, n per la Francia, n per la Spagna o altrove ti sparsero in pi copia che a Roma e all* intorno ; senza dolore, a dir vero, o pericolo di morte, ma nondimeno di tanta bruttura, cbe pi tosto fa rebbe da sopportare ogni morte.

Q lH D SIRT LICHENES.

Chb s i a

l a lic h e n i.

U. Gravissimum ex his licheuas appellavere gneeo nomine: latine, quoniam a mento fere oriebatur, joculari primum lasoivia (ut est procax fetura multorum in alienis miseriis), mox et Wrpato vocabulo, mentagram : occupantem in noltis totos utique voltos, oculis tantam immuniboS) descendentem vero et in colla pectusque * nanus, foedo cutis furfore.

IL 1 pi grave li questi mali fu chiamato 1 lichene, con nome greco : in latino, perciocch quasi cominciava a nascere dal mento, prima per ischerzo (pigliandosi la insolenza di molti giuoco nelle miserie altrui), e dipoi per vocabolo d ' uso, fu chiamato m entagra, la quale occupava in molli tutto il viso, fuor che gli occhi, e discen deva nel collo, nel ptUo e nelle mani eoo brutta forfora di pelle.
Q
ua ndo s i s p a b ib

Quando

fu m u m

It a l ia

c o e p b b in t .

l 1I t a l ia .

HI. Non fuerat haec lues apad macores patw*qoe nostros. E t primam Tiberii Claudii Cae-

HI. Non avevano avuto gli aatiehi e padri nostri questo male ; ma la prima volta scorse per

5 i5

C. PLINII SECUNDI

5i6

saris principatu medio iritp sit in Italiam, qaodam Perusino eqnite Romano,quaestorio scriba,quum in Asia apparuisset, inde contagionem ejus im portante. Nec sensere id malum feminae, aut ser vilia, plebesqne humilis, aut media : sed proceres veloci transitn osculi maxime i foediore inulto rum , qui perpeti medicinam toleraverant, cica trice, quam morbo. Causticis namque curabatur: n i usque in ossa corpus exustum esset, rebellante taedio. Adveneruntque ex Aegypto genitrice ta lium vitiorum medici, banc solam operam adferenles, magna sua praeda. Siquidem certum est, Manilium Cornutum e praetoriis legatum Aqui tanicae provinciae, n-s c c elocasse in eo morbo curandam sese.

1 Italia nel macto del principato di Tiberio Clan*


dio imperatore, avendo un certo Perugino cava liere Romano, e cancelliere del questore, eh era venuto d' Asia, portato di l questa maledizione. N s ' appicc questo male alle donne, n a' servi, n aUa plebe, ma a' principali, e molto facilmente per mezzo del bacio ; ed era ancora in molli, ehe vi si aveano applicato rimedio, pi bruita la mar gine, ebe il male. Perciocch ella si medicava col fuoco, e ci non bastava anco, se il fuoco non an dava fin all'osso. Il perch vennero d'Egitto, fonte di tale infermit, parecchi medici, i quali faceva no sola questa cura con grandissimo lor guada gno ; tanto vero che Manilio Cornuto gi stalo pretore, essendo legato in Aquitania deposit ben dugento sesterzii per farsi medicare di que sto male. E accadde spesse volte, che una malattia nuova afflisse in buiima le persone e i paesi. E qnal mag gior maraviglia si pu vedere di questa? che in no subito nascano alcuni mali in certa parte del mon do, e io cerli membri, o et, o stati ancora di per sone, quasi che il male abbia poter di eleggerei! dove infuriare,e questo d'assalire {'fanciulli,qoello i garzoni ; questo i grandi, quello i poveri.
D a CARBOUCELLO.

Acciditque saepius, a t nova contra genera morborum gregatim senlirentur. Quo mirabilius quid potest reperiri? aliqua gigni repente vitia terrarum in parte certa, membrisque hominum certis, vel aetatibus, aut etiam fortunis, tamquam malo eligente, haeo in paeris grassari, illa in adultis : haec proceres sentire, illa pauperes.

I tbm

c a u d u cu lu s.

IV. L. Panilo, Q. Marcio censoribus, primum IV. Truovasi scritto negli annali, come essen in Italiam carbunculum venisse, annalibus con do censori L. Paolo e Q. Marcio, veone la prima scriptam est, peculiare Narbonensis provinciae volta in Italia il carboncello, informit propri e malam : qao duo consolares obiere condenlibas ordinaria della Provenza; del qnal male moriro haec nobis eodem anoo, Julius Rufus, et Q. Leno due, alati consoli nel medesimo anno ch'io canius Bassus, ille medicorum inscientia sectus ; scriveva queste cose, cio Giulio Rofo e Q- l^abic vero pollici laevae manus evulso acu ab ae> nio Basso, quegli, perch gli fa tagliato da medici metipso, tam parvo vulnere, u t vix cerni possel. inesperti, questi perch da s ateaso se lo lev dal Nascitur in occultissimis corporum parlibus, et dito grosso della man mano con nn ago, benche plerumque sub lingua, duritia rubens vari modo, con ferita al piccola, che appena ai poteva vedere. Nasce il carboncello nelle pi occulte parli del sed nigricans capite: alias livida, corpus iaten corpo, e le pi volte sotto la lingua : una darei** dens, neque intumescens, sine dolore, sine pru rossa a modo di varice, che nereggia nel capoi ritu, sine alio qaam somni indicio, quo gravatos talora livida, che si va dilatando, ma non en6i, in triduo aufert: aliquando et horrorem adferens, senza dolore, senza pizzicore e senza altro indicircaque pusulas parvas,rarius febrem: stomachum d ae non di sonno, dal quale a g g r a v a to in ire fauceaqoe quam invasit, ocissime exanimans. giorni l ' uomo ai muore. Alcuna volta addoce estremo freddo e certe piccole vesciche intorno ; di rado febbre ; e quando viene nello stomaco e nella gola, di subito ammasso.
I tem
b l b p b a r t ia s is .

D iu ' lu r m u s i.

V. Abbiamo detto come la elefantiasi non era V. Diximus elephantiasin ante Pompeji Ma a gni aetatem non accidisse in Italia, et ipsam a stata in Italia innanzi il tempo d i P o m p e o M gno : anche questa cominciava spesso nella faccia, facie saepius incipientem in nare primum vetuli prima nel naso, come una piccola lente, dipoi lenticula: mox invaleaoente per totam corpus, cresceva per latto il corpo, m aculata a varii comacaiosa, variis coloribus, el inaeqoali cute,

5i 5

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXVI. lori, facendo la pelle ineguale, dove grossa, dove sottile, e dove dura e aspra come scabbia : all* ni* timo diventava nera, e premes la carne all* ossa, rigonfiando le dita ne* piedi e nelle mani. Questo male era peculiare dell* Egitto, e quando veniva ai re, era ai popoli luttuoso ; perocch per medi cina spargevano le sedie de* bagni di sangue umano. Questa malattia fu tosto spenta in Italia, come ancora quella, che gli antichi chiamarono gemursa, la quale nasoea fra le d ila de*(Medi: ora n obliterato anco 1 nome. 1
D el
colo.

libi cru s , alibi tenui, d b n alibi, oea scabie aspera ; ad postremam vero nigrescent^ et ad ossa caroes adprimente, iotamescenlibos digitis ia pedibos manibasque. Aegypti peouliare hoc malam :. et qaam in reges incidisset, populis funebre. Qaippe in balineis solia temperabantur humano sanguine ad medicinam eam. E t hic quidem morbus celeriter in Italia restinctus est : sicut et ille, quem gemursam appellavere prisci, inter digitos pedum nascentem, etiam nomine obliterato.
I tem
colum .

VI. cosa maravigliosa anoora che altre ma VI. Id ipsum mirabile, alios desinere in nobis, alios dorare, siculi colam. Tiberii Caesaris prin lattie finiscono io noi, e altre durano, come il cipato irrepsit id malum. Nec quisquam id prior colo. Nel tempo di Tiberio imperadore venne questo male in Italia ; ed egli fu il primo a pro imperatore ipso sensit, magna civitatis ambage, quam edicto ejas excusantis valetudinem legere* varlo, eon gran travaglio della citt, perch nel leditto, nel quale egli si scusava dalla malattia, si tur nomen incognitum. Quid hoc esse dicamus, leggeva uu nome incognito. Che cosa direm noi aut quas deorum irasf Parum enim erant homini che sia questa, o qual mai sdegno degli dei ? Erano certa morborum genera, quum supra ccc essent, forse poche per 1* uomo le specie cognite di ma nisi etiam nova tim erentur? Neque ipsi autem lattie, che pur sono pi di trecento, se ancora homine pauciora sibi opera sua negotia importauL non si temeva di nuovi mali ? N poche son le cause del mal essere che *' arrecano da loro stessi gli uomini. a. Questi che abbiamo raccontati erano i ri s. Haec apad priscos erant, quae memoramus, medii usati dagli antichi, i quali durarono p a r remedia, medicinam ipsa quodammodo rerum natura (sciente, e t diu fuere. lungamente, faoendo la natura stessa in un certo modo da medico. Noi eerto troviamo i libri d*Ippocrate, il qoale Hippocratia certe, qui primas medendi prae fu il primo eh* eccellentssimamente compose i cepta datissime condidit, referta herbarum men tione invenimus volumina: nec minus Diodi* precetti del medicare, pieni de*nomi e della men sione dell' erbe. N meno il sono quegli di D iode Carystii, q ai secandus aetate faraaque exstitit: Caristio, il quale per t e per fama gli fu secon item Praxagorae, et Chrysippi, ac deinde Erasi* strati : Herophilo quidem, quamquam subtiliori* do : eos quelli di Prassagora e di Crisippo, e dipoi di Erasistrato. Quel sistema di medicina che Eroseeftae conditori, ante omnes eelebratam ralionem filo pose il primo in celebrit, quantunque la sua eam, paullatim usu efficacissimo rerum omnium setta fosse troppo dedita alle sottigliezze, uon fu magistro, peculiariter utique medicinae,ad verba suffragato cos dall* uso, d* ogni cosa maestro, e gsrrulitatemque defendente. Sedere namque in massime ndla medicina, che non venisse a poco his scholis auditioni operatos gratius erat, quam ire per solitndioee, et quaerere herbas alias alii* a poco argomento di sole parole e garrulit. Pe rocch piaceva pi il sedere nelle scuole occupati a diebus anni. udire precetti e trattazioni, ohe andare cercando per le sdve diverse erbe a diversi tempi delTanno. De Db A s c l e p i a d e
D ella
m e d ic in a n u o v a .

h o v a m e d ic in a .

m e d ic o .

D bl

m e d ic o

A s c l b p ia d b .

V II. 3 . D urabat tamen antiquitas firma, magnasqde confessae rei vindicabat reliquias, donec Asclepiades aetate Magni Pompeji orandi magi* ater, nee satis in arte ea quaestuosus, u t ad alia, quam forum, sagacis ingenii, hoc se repente eonr verdi : atque, a l u m n erat homini, q ai neo id

VII. 3. Durava tuttavia ferma P antichit, e riteneva in gran parte la sua riputazione, infin che Aselepiade ne* tempi di Pompeo Magne mae stro di retorica, ma che non guadagnava molto in qaellarte, com'era d* ingegno sagaoe e pronto ad altre cose ehe a quelle d d foco, si rivolse n

C. PLINII SECONDI egisset, nec remedia nosst, oculis qfa que perci pienda, torrenti ac meditata quotidie oratione blandiens omnia abdicavit ; totamqae medicinam ad causam revocando, conjecturae fecit : quinque res maxime communium auxiliorum professus, abstinentiam cibi, alias vini, fricationem corporis, ambulationem, gestationes: quae quum unusquis que semetipsam sibi praedare posse intelligeret, faventibus cunctis, ut essent vera quae facillima erant, universum prope bomanum genus circum* egit in se, non alio modo, quam si coelo emissus advenisset.

Sso

tratto a questa facolt; e siccome gK era necessaria, giacchi non 1 avea mai esercitala, n conosceva i rimedii, che cou la esperienza e con la veduta la investigasse, lusingando ogni d con (studiate orazioni giunse a rimuovere 1'antica forma; e rivocando tutta la medicina alla sua causa, fece congettura che cinque fossero le cose principali e a tutti comuni per fuggir le malattie : l'astinenza del mangiare, talvolta del bere, le fregagioni nei corpo, il camminare, e 1 esser portato ; e perch * ognuno intendeva queste cose essere in suo pot re, approvavano per vero quello ch'era agevole. Perci tir egli a a tutti gli uomini, come se di cielo fosse stalo spedito.
C oke
n o t l ' a s t i c a m e d ic in a .

ua

B A T l o n MEDICINAM VETBBEM MCTAVEB1T.

V ili. Trahebat praeterea menles artificio mi rabili, vinum promittendo aegris, dandoque tem pestive, tum frigidam aqaam. E t quoniam causas morborum scrutari prior Heropbilus instituerat, *ini rationem illustraverat Cleophantus apud priscos, ipse cognominari se frigida danda prae ferens, u t anetor est M. Varro, alia quoque blan dimenta excogitabat, jam suspendendo lectulos, quorum jactatu aut morbos extenuaret, aut som nos ad liceret : jam balineas avidissima hominum cupidine instituendo, et alia multa dielu grata atque jucunda : magna auctoritate ; nec minore fama, quum occurrisset ignoto funeri relato ho mine ab rogo atque servato : ne quis levibus momentis tantam conversionem factam existimet. Id solum possumus indignari, unum hominem e levissima gente, sine opibus ullis orsum, vecti galis sui causa, repente leges salutis humano generi dedisse, quas tamen postea abrogavere multi.

Asclepiadem adjuvere mulla, in antiquorum cora nimis anxia et rudia, u t obrueodi aegros veste, sudoresque omni modo ciendi : nunc cor pora ad ignes torrendi, solesve adsidue quaerendi, in urbe nibosa, immo vero tota Italia im peratri ce : tum primum pensili balinearum usu ad infinilum blandientem. Praeterea in quibusdam mor bis medendi cruciatus detraxit, u t in augiuis, -quas curabant in fauces organo demisso. Damna vit merito et vomitiones, lune supra modum frequentes. Arguit et medicamentorum potus stomacho inimicos, quod est mago* ex parte

V ili. Tirava oltra di ci gli animi delle per sone con mirabile artifcio, promettendo il vino agli ammalali, e dandolo loro quando bisognava, e cosi 1 acqua fresca. E perch prima Erofilo si * era messo a investigare le cagioni de'mali,e Cleofan lo appresso degli antichi avea mostro la regola del vino, egli volle farsi nome, secondo M. Var rone, dall'uso che introdusse dell'acqua fresca. N di ci contento and ritrovando dell' altre cose che andassero a' versi della moltitudine, come il fare letti sospesi, ne' quali per rispetto del molo agli ammalali scemasse le infermit o conciliasse il sonno. Trov similmente i bagni, ebe son dagli uomini soprainmodo desiderali, e altre cose dilet tevoli, che sarebbe troppa lunghezza a dire. Di che egli sal in grande autorit, e in non minor fama, poich incontrando uno da lui nou cono sciuto, che era portalo a seppellirsi per morto lo fece riportare a casa, e guarillo ; e questo io rife risco perch nou pensi alcuno che cou leggeri ar gomenti egli avesse rivolto s saldamente a s le persone. Ci solo si pu udire mal volentieri, che un uomo di bassissima condizione, senza facolt alcuna, cos di subilo per oggetto di suo guadagna abbia polulo dare le leggi della salule alla genera zione umana, le quali nondimeno poi furono an nullale da molli. Asclepiade trasse partilo da molle cose che si usavano nel medicare antico, levando o il troppo affannante o il troppo zotico che ci avea ; cornea dire, l'ammassar vesli sopra l'ammalato e farlo su dare per ogni m odo,oabbronzarci corpi al fuoco, o esporli conlinuamente al sole, in citt caligino sa, anzi in tutta Italia allora im peratrice ; e Ki egli il primo a introdurre l ' uso d e' bagni peosili, o di acque altronde derivate in apposite fab briche, i quali tornarono oltre ogni dire grati e piacenti. Olir di ci in .alcuni mali lev via i tormenti del medicargli, come negli strangugilo-

5*

HISTORIARUM MUNDI U B . XXVI.

5a

vetitura. Itaq u e nos io primis quae suat ito n ie h o utilia l i g u n u i .

ni, 1 quali s 'osavano medicare col mandar gi Io istromeoto nelle canne della gola. Biasim meri tamente ancora il vomito, del quale allora ti fa ceva soverchio uso, e le bevinde di medicina noeiva allo stomaco, il che p or oggi ia graa parte vietato. Epper noi ragioneremo primamente di quelle cote, cbe tono utili allo tlomaco. C om o
l ' a a t e m a g ic a .

C ohtca Magos.

4 Sopra tutto lo aiutarono le vanit ma IX. 4 S a p e r omnia adjuvere eum magicae IX. giche, salite in (anta riputazione, che facilmente anitales, in tantam e v e c t a e , ut abrogare herbia potevano levare il credilo a tulle l ' erbe. Dice fidem oonctia ponent. Aethiopide berbt amnes ae stagna ticeari conjecto, tacto claosa omnia vano i Magi, che i fiumi e gli stagni si poteva no seccare, col gettarvi dentro 1 erba Eliopida, tperiri. Achaemenide conjeela io aciem hotliom e toccandole con essa aprire tolte le cose racchiu trepidare agm ina, ae terga vertere. Lactem dari solitam a Persarum rege legatis, a t qoocomqae se : che se l erba chiamata achemeoide si scaglia venissent, omnium rerum copia abundarent, ac selle schiere de1nimici, essi subito si spaventano e mettousi in foga : ehe il re de1Persi era usato malta alanilia. Ubinam islae fuere, qoam Cimbri dare a1suoi ambasciadori l'erb a chiamata latace, T eotoniqae terribili Marte ulolarent, aot quum Loeoll us tot reges Magorum paucis legionibus acciocch dovonqoe andavano, avessero dovizia di lotte le cose. E cos dicevano molte cose simili. sternerei? Corve Romani duces primam semper Ma dove furono queste erbe, quando i Cimbri e in be His commerciorum habuere curam ? Cor i Teutoni gemevano con urli e strida le terribili bercole Caesar it miles ad Pharsaliam famem sen sit, st abondantia omnis contingere unios herbae loro disfatte? o quando Lucullo con poche legioni ruppe tanti re de' Magi ? O perch i capitani no felicitiate poterat? Non satius fnit Aemilianum Scipionem Carthaginis portas herba patefacere, stri ebbero sempre a cura i traffichi, acciocch non qoam machinis elaustra per tot annos qoatere ? mancassero di vettovaglie le truppe ? E perch i soldati di Cesare sentirono fame in Farsaglia, se Siccentur hodie meroide Pomptinae paludes, tanun1erba sola ballava a fargli aver dovizia di tutte tum qoe agri suburbanae reddatur Italiae. Nam le cose? Non era molto meglio che Scipione q aae apad earodem Democritum invenitur com Emiliano con uo* erba aprisse le porte di Carta postilo medicamenti, quo pulchri boniqoe et gine, che eoo le macchioe stare a percuoterne fbrtanati gignantur liberi, cui umquam Persa le mora per tanti anni ? Secchinsi oggi con la rum regi talea dedit ? meroide le paludi Ponline,e reodanti lanli campi e possessioni alla Italia. E quella composizione o medicamento, che ti traova appresso il medesimo Democrito, con la quale s ingenerano i figliuoli belli e buoni e fortunali, perch non gli diede mai tali ai re de' Persi ? Maraviglia per certo dee fare, che inaino a qui Mirom esset profecto, hncoique provectam sia giunta la credulit degli antichi, beuch na credaliiatem antiquorum , saluberrimis oriam ini sceste da salutiferi principii. Ma siccome gl' inge tiis: ti io ulla re modom humana ingenia novis gni umani uou si stanno nelle cose alla modera sent, atque non hane ipsam medicinam ab Ascle zione , noi proveremo a suo luogo che questa piade rc per tam, sao loco probaturi essemus eve stessa medicina me?sa in voga da Asclepiade fu ctam ultra Magos etiam. Sed haec est omni io re portala eziandio pi oltre che le stranezze degli animorum conditio, u t a necessariis orsa primo, stessi Magi. Perocch tale la condizione degli caacta pervenerint ad uimium. Igitur demonstratam a priore libro herbarum reliquos effectas animi nostri in ogni cosa, che prima si comincia da ci eh* necessario, e si passa poi insino a ci nddemas: adjiciemus, u t quasque ratio dictaeh* troppo. Laoude parleremo ora di quanto terit. resta a dire circa gli effetti dell erbe nel passalo libro dimostrate, e aggiungeremo delle altre se condo che ci deller il proposito.

5*3
LlCHB inS I U I D U . U G H H I i i tl

C. PU N II SECONDI
: MEDIOIRAB v . R im b b u a l l a u c b b b b : d e l l * b b b a L 1CHBBE, MBD1C.

5.

X. Ma per rimedio della lichene, ch on si X. Seti io licheni* remediis, atque tim foedo brutto male, raguneremo da ogni parte molte malo, plura undique acervabimus, quamquam cose, ancora che gi molte o* abbiamo insegnate. non paucis jam demonstratis. Medetur ergo pian* La medica dunque la piantaggine pesta, il cinquetago trita, quinquefolium, radix albuci ex aceto, foglio, la radice dell* albueco con laceto, i gam ficulni caule aceto decocti, hibisci radix cum glu bi di fico colti neU'aceto, la rad ice dell'ibisco bolliti tino et aceto acri decocta ad quartas. Defricantur etiam pumice, ut rumicis radix trita ex aceto illi* con oolla e aceto forte infin che torni per qnarlo. Stropicciansi ancora con la pomice, pur eba vi n atur, et flos visci cum calce subactus. Laudatur impiastri su la radice della romice pesta eoo IV et titbymali cum resiua deooetum. Lichen vero herba omnibus his praefertur, inde nomine in* ceto, e il fiore del visco mescolato con calcina. Se ne loda anche il tilimalo collo con la ragia. Ma a tutte vento. Nascitur in saxosis, folio uno ad radicem queste medicine messa innanzi 1 erba lichene, * lato, caule uno parvo, longis foliis dependenti* cos chiamata dalla virt sua contro tal m ale. bus. Haec delet et stigmata. T eritur cum meile. Nasce questa erba in luoghi sassosi con uoa fo Est aliud genus lichenis, petris totum inhaerens, glia larga che spunta dalla radice, con un gambo a t muscus, qui et ipse illinitur. Hic et sanguinem piccolo, e con foglie lunghe, che pendono da esso. sistit vulneribus instillatus, et collectiones illitus. Questa leva fin ad ogni segno. Pestasi col m ale. Morbum quoque regium cum raelle sanat ore V un' altra specie di lichene, che sta appiccala illito, et lingua. alle pietre, come il muschio, di coi pure fa im piastro. Questo infuso nelle ferite ristagna il saa* gue, e impiastrato scioglie le raccolte. Guarisce ancora il trabocco di fiele, impiastrandone la bocca e la lingua. Vogliono che coloro i quali si medicano io Q ui ita curantur, salsa lavari jubentur, ungi oleo amygdalino, hortensiis abstinere. Ad liehe* questa forma, si lavino in acqua a a l s a , e saogsoo con olio di mandorle, e oon mangino erbaggi* nas et thapsiae radice utuntur trita cum melle. Usasi ancora alle lichene la radioe della tap P*' sta col mele.
A b g ib a b . A lla
s q c ib a b z ia .

XI. Alla squinanzia in rimedio Targo0* XI. Aoginae argemonia medetur sumpta ex nia presa col vino, l ' issopo colto nel vino e vino: hyssopum cum vioo decoctum et gargariza garizzalo, il peucedano col presame d el vecchio tum : peucedanum cum coagulo vituli marini aequis partibus. Proserpinaca cum muria ex mae* marino a parti eguali, la proserpinaca peiU 000 * nis et oleo trita, vel sub lingua habita. Item soc* salamoia di pesce roenola e con olio, o W*1 eut de quinquefolio, polus cyathis tribus. Hic et sotto la lingua ; e ctfs il sugo del cinqoefcl"0 be votone tre bicckieri.Qaesto gargarixssto **"** omnibus faucium vitiis medetur gargarizatus : ancora lotti i mali delle canne della gola. M?cr> verbascum privalim tonsillis in aqua potum. basco bevalo nell acqua guarisce le senio. Stbdmis.

A llb

sc bo fe.

XII. 5 . Strumis plantago: chelidonia cam XII. 5. Alle scrofe buona la Pi,pt* ^ f C ^ J melle et axungia : quinquefolium t radix perso chelidonia con mele e oon sogna ; il e' 0^BeV ^ La radice della persolata,ancora con lugnM'P0^ latae, item curo axongia, operitor folio suo im so e si ricoopre con la soa foglia. buon ^ posita. Item artemisia: radix mandragorae ex roisia ; non che la radice della mandrag1 * aqua. Sideritis latifolia, clavo sinistra maou cir P acqua. Leganvisi su le foglie larghe dells cumfossa adalligatur, custodienda sanatis, ne rite, forale intorno con nn chiodo dslla *D rursus sata diro herbariorum scelere, ut in quica, ma s hanno da guardare coloro che bosdam, rebellet : qaod et in his, quos artemisia

5*5

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXVI.

9*6

sanaverit, praedic* reperto: item iu his, qoos plantago.

Damasonion, quae et alcea vocatar, sub sol stitio collecta, im ponitur ex aqua coelesti, folium trituro, vel radix cura axungia lusa, ila ut impo sita folio suo operialor. Sic et ad omnes cervicis dolores, tumoresque quacumque in parte.

guariti, che per Ia ribalderia degli erbolai non sia di nuovo seminala tal pianta, come suole av venire in alcuni, perch il male ritornerebbe; e di questo medesimo truovo che si fanno avverliti anoora coloro che furono guariti dall' artemisia, o dalla piantaggine ancora. L'erba daraasonio, la quale si chiama ancora aloea, raccolta nel solstizio, si mette cou lacqua piovana : la foglia vuol essere trita, o la radies pesta con sugna e messa in modo che sia coperta dalla sua foglia. Cosi utile a tulli i dolori del collo, e agli enfiali in qualunque parte.
D b ll' bbba b e lli, a.

B e l l is ,

ii.

XIII. Bellis in pratis nascitur, flore albo, ali quatenus rubenle. Hanc cum artemisia illitam, efficaciorem esse produnt.

XIII. L 'erb a belli nasce n e 'p rati col fior bianco, e un poco rosso. Dicono che questa erba impiastrala con l ' artemisia ha maggiore virt. D el a.

C o h d u r d u k , I I.

cobdobdo,

XIV. Condurdum herba solstitiali, flore ru bro, sospeusa in collo, comprimere dicitur strumas. Item verbenaca, cum plantagine. Digitorum vitiis omnibus, et privaliru pterygiis, quinquefo liam medetur.

XIV. 11 condardo, erba solstiziale, che ha il fior rosso, attaccata al collo dicesi che reprime le scrofe ; e cori la verbenaca con la pianlaggine. Il ctnqnefoglio guarisce tutti i mali delle dita, e massimamente quelle pellicole, che si sfogliano intorno alle unghie loro.
R
im b d u a l l a t o s s e .

Tossi. XV. Io pectoris vitiis vel gravissimum est tussis: buie m edetur panacis radix in vino dulci. Soccos hyoscyami etiam sanguinem exscreanli bo*: nidor quoqoe acoensi tussientibus. Item seordotis m ixto nasturtio, et resina, cum raelle tu a arida. F acit et per se faciles exscreationes. Item ceotaurinm majas, vel sanguinem rejicientibos : eai vitio t plantaginis succos medetur. Et vettooica obolis tribas in aqua, eonira p u ritien isi, eontraqne cruentas exscreationes. Persolatae radix drachm ae pondere, cura pineis nucleis un decim. Peacedani saccos, pectoris dolo ri bos, et eoram subvenit,et ideo sntidolis miscetor. Tassi daaeom : item scylhica herba. Ea demam omni bus pectoris vitiis, tussi, et purulenta exscreanliboa, obolis trib u s in passo.

6. Totidem verbascum, cujus flos est aareus. Tamia baie vis est, ut jumentis etiam non tussien tibus modo, sed ilia quoque trahentibus, auxilieler potu : q ao d e t de gentiana reperio. Radix caoKae commanducata, et. in vino madefacta, non W tantam, sed et faaeibas prodest. Hyssopi

XV. Fra i mali del petto gravissimo male la tosse : la guarisce la radice del panace in vin dol ce. 11 sugo del giusquiamo guarisce ancora chi sputa sangoe ; e l ' odor suo, quando egli arde, medica la tosse. Ci fa pur l ' erba scordoti me scolata eoi nasturzio e con la rsgia, e pesta secca col mele; e per s sola fa lo spurgo facile. Lo stes so fa la centaurea maggiore, la quale guarisce aucora chi sputa sangue ; ma a questo male giova eziandio il sogo della piantaggine. La bettonica, beendone tre oboli io acqua, utile contra le rac colle di marcia, e a chi sputa sangue ; non chela radice della persolata al peso d ' una dramma con undici pinocchi. 11 sugo del peucedano sovviene a ' dolori del petto, e l acoro anch' esso ; e perci si mette negli antidoti. Alla tosse utile il dauco, e ancora l ' erba scitica. Anzi questa giovevole a tulli i mali del petto, alla tosse, e a quegli che sputano marcia, pigliandone tre oboli in vin cotto. 6. ci pigliasi pure altrettanto verbasco, il cui fiore di color d'oro. E qaesto ha tanta forza, che beendolo aiuta fino a* giumenti, e non pur qoelli che tossono, ma qoegli ancora che battono il fianco} e d truovo anco che fa la genziana. Le radice d d la eaealia masticata e immollala nel

5a?
quinqoe rami cum duobus rulae et thoracem purgant.

0. PLINII SECUNDI
fic ia

Sa

deoodi

vino giova non solo a l t a toste i m ancora aUe canoe della gola. Cinque rami d issopo cotti ceo
d u e d i r u t a , e t r e fic h i, p o r g a n o il p e t to . D b l b e c h io , o c a k b le u c e , d e t t o ARCHE TDSS1LAG1RE, 3 .

B O W O ir, S IV I CHABAELBUCE, QUAB TOSS1LAOO, 111.

% XVI. U bechio, il quale si chiama ancora tus XVI. Tossir sedat bechion, quae et tossilago silagine, mitiga la tosse. di dae ragioni, li sal d id lu r. Duo ejus geoera. Silvestris ubi aascitur, vatico : dove e* nasce, tengono che vi sia tolto sohesse aquas credunt: et hoc habent signum P acqua ; e questo segno hanno quegli che cerca aquileges. Folia sont majuscula, quam ederae, no l ' acqua. Ha cinque o selle foglie alquanto quiuque aut septem, subalbida a lerra, saperne maggiori che l ' ellera, bianchirne di sotto, e di pallida, sine caule, sioe flore, siue semine, radice sopra pallide, senza gambo, seoza fiore, senza teoui. Quidam eamdem esse bechion et alio no teme, e cou solfile radice. Alcuni tengono che sia mine chamaeleucen putant. Hujus aridae cum ra dice famus per arundinem haustas et devoratus, la medesima erba il bechio e quella che con altro ve le rem sanare dicitur tussim : sed in siogulos nome appellasi cameleuce. Il fumo di questa erba secca con la sua radice ricevuto per cannone e haustas pastam gastaodum est. inghiottito, dicesi che guarisce la tosse vecchia; ma vuoisi pigliare nn sorso di vin colto ogni volla che si manda gi.
B b c h io v ,
q u a s s a l v ia ,

IV.

D el

b e c h io , c h '

l a s a l v ia ,

4*

XVII. Altera a quibusdam salvia appellator, XVII. L altro da alcuni chiamato salvia, si mile al verbasco : pestasi, e colato si scalda; e cosi similis verbasco : conteritur ea et colata calefit, beesi per la tosse e per lo male del fianco : ha atque ita ad tussim laterisqae dolores b ib ito r: virt ancora contra gli scorpioni e i dragoni ma contra scorpiones eadem et dracones marinos effi rini. Giova ugnere con l'olio di esso i morsi delle cax. Contra serpentes quoque ex oleo perungi ea serpi. Un manipolo d'issopo cottocon un quadran prodest. Hyssopi fasciculus cum quadrante mellis te di mele utile alla tosse. decoquitur ad tussim.
L
a t b e is e t p e c t o e i s a c s t o m a c h i d o l o e ib u s .

RlM BD Il A* DOLOBI DB1 FI ARCHI, DEL PtTTO, DELLO STOMACO.

XV 11I. 7. Lateris et pectoris doloribos verba XV II I. 7. Alle doglie del fianco e del petto scum cum ruta ex aqua: veltonicae farina bibitur alile il verbasco con ruta in acqua : la polvere ex aqua calida. della bettonica beesi in acqua calda. Stomachum corroborat scordolis succus: cen11 sago dello scordoti, la centaoria e la gen taurium, gentiana ex aqua potae. Plantago aut ziana bevale nell' acqua confortano lo stomaco ; per se sumpta in cibo, aut cum lente, alicaeve e cos la piantaggine presa di per s in cibo, o sorbitione. Veltonica alias gravis stomacho, vitia sorseggiala oon lente, o con alica. La beitonica tamen saoal pota, vel foliis commanducata. Item bens grave allo stomaco, ma per bevuta, aristolochia pota: agaricum manducatum siccum, o masticandone le foglie, gnarisoe i mali. Simil a t ex intervallo merum sorbeatur : nymphaea mente 1'aristolochia bevuta, e l'agarioo masticato heraclia illita : peucedani succus. Psyllion ardo secco, sorseggiando oon esso un poco di vin pret ribus im ponitor: vel cotyledon trita cum polenta, to a intervalli, e la ninfea eraclia impiastrala, vel aizoum. e il sugo del peucedano. 11 psillio si mette sogli ardori, o il cotiledo trito con polenta, o il sem previvo.
M olor,
s iv b s t b o r

am omor,

m.

D bl

m o l o , o s ib o

d b l l ' am omo,

3.

XIX. Molon scapo est striato, foliis mollibas, XIX. Il molo ba la boccia striala, le foglie morbide e piccole, la radice di quattro dita, nella parvis, radice iv digitorum, io qua extrema allii coi estremit il capo, siooome d ' aglio. Da alcuni caput e s t Vocatur a quibusdam syron, E x vino

HISTORIA RDM MUNDI LIB. XXVI. ilomacho, et dyspnoeae medetor : centauriura majus ecligmate : plantago succo vel cibo : veltooicae tusae pondo libra, mellis Attici semuncia, ex aqaa calida quotidie bibentibus. Aristolochia, vel agaricon, obolis ternis ex aqua calida, aut lacte asini pota. Gissantfaemos ad orthopnoeas bibitur: item hyssopum et asthmaticis. Peucedani soccus io jocineris doloribus, et pectoris laterisque, si febres noo sint. Sanguinem quoque exspoentibas subvenit agaricum, victoriati pondere tritum, et in m oki quinque cyathis datum. Idem et amoraon facit.

53o

Jocineri privatimi teocria bibitur recens, draemis iv in poscae hemioa. Veltonicae drachma una in aqua calida cyathis tribus: ad eordis vitia, iu frigidae cyathis duobus. Quinquefolii succus joaueris, et pulmonis vitiis, sanguinemque reji cientibus, et cnicumque sanguinis vitio iulus oc currit. Jocineri anagallides mire prosunt. Capnon herbam qui edere, bilem per urinam reddunt. Acoron jocineri m edetur, thoraci quoque, et praecordiis.

i chiamato siro. Gol vioo medica lo stomaco, e fa difficolt di respirare ; il che fa pure il centanno maggiore con empiastro dolce; la piantaggine bevuta in sugo, o mangiata ; una libbra di bettonica pesta con mezz* oncia di mele Ateniese be vuta ogni d in acqua calda : I* aristolochia, o l ' agarico bevuto alla misura di tre oboli in acqua calda, o in latte d* asina. Il cissantemo si bee per chi patisce strettura di petto, s che non possa alitare ; e I* issopo si d a chi ha 1 aaiuta. Il sugo * del peucedano ai d ne* dolori del fegato, del petto, e del fianoo, purch non vi sia febbre. L agarico giova ancora a chi sputa sangue, pesto a peso d un'oncia, e dato a bere ito cinque bic chieri di roulso. Questo medesimo fa 1 amomo, La teucria fresca si bee specialmente pel fe gato, a peso di quattro dramme in un' emina di posca. Beesi la betlonica per lo stesso male, una dramma in tre bicchieri J acqua calda ; e per lo male del cuore in due di fredda. Il sago del ciquefoglio dessi a'difetti del polmone e del fegato, e a chi sputa sangue, e ad ogni altro difetto che abbia il sangue internamente. Le anagallide mi rabilmente giovano al fegato. Quegli che man giano l ' erba capno, gettano la collera per orina. L 'acoro guarisce il fegato, il costolame e gl* in teriori.
D bll*efboba ,
o aba basb,

E r a m i ,s iv b

a v a b a s is ,

m.

3.

XX. La efedra, che altrimenti si chiama anaXX. Ephedra, ab aliis anabasis vocata, nasci base, nasce in luoghi ventosi, e sale in sugli alberi, tu r ventoso fere tractu, scandens arborem et ex da* cui rami penziglia : senza foglie, ma ha di ramis propendens, folio nullo, cirris numerosa, molli cincigli, i quali sono giunchi a nodegli, ed qui sunt junci geniculati, radice pallida. Datur ex vino nigro austero trita ad tussim, suspiria, ha la radice pallida. Dassi pesta eon vin vermi tormina, et sorbitione faeta, in quam vinum addi glio brusco alla tosse, a* sospiri, e a* tormini ; o cooveoit. Item gentiana madefacta pridie contrita se ne fa bevanda, ma bisogna aggiugnerci il vino. denarii pondere in vini cyathis tribus. A* que* mali giova pur la genziana bagnala il giorno avanti, e pesta a peso d* un denaio in tre bicchieri di vino.
G eum,
iii . D e ll * bbba
geo,

3.

XXI. Geum radiculas tenues habet, nigras, XXL L* erba delta geo ha radici sottili, nere e di buono odore. Medica non solo i dolori del bene olentes. Medetur non modo pectoris dolori bus, a u t lateris, sed et cruditates discutit, jucundo petto e del fianco, ma leva eziaudio le indigestioni, ed ha giocondo sapore. La verbenaca medica tulle tapore. Verbenaca vero omnibus visceribus me detor, lateribus, pulmonibus, jocineribus, thoraci. le viscere, il fianco, il polmone, il fegato e il costoPeculiariter autem pulmonibus, et quos ab his lame. Ma particolarmente al polmone, e a quegli che per ci hanno del tisico, giova la radice della phthisis tentai, radix herbae consiliginis, quam consiligine, la quale dicemmo che nuovamente nuper inventam diximus : suum quidem et peco stala trovata : essa ancora subito rimedio al ris om nis remedium praesens est pulmonum vi male del polmone de* porci e di tutte le bestie, tio, v el trajecta tantum in auricula. Bibi debet ex a q a a , haberique in ore adsidue sub lingua. ancora che sia messa solamente loro in nn orec SuperBcies ejus herbae an sit in aliquo usu, chio. Debbesi bere con l acqua, e tenere di con tinuo in bocca sotto la lingua. Non si sa per anjd h n c incertum est. Renibus prodest plauta ginis P l i n i o 1. N., V o l. l.

C. PLINII SECONDI cibas, veltonicae polus, agaricum p o lu s , o l ia tlissi.

53a

cora a che sis buona la superficie di questa erba. Giova alle reoi il mangiar della piantaggine, il bere della bettonica, e l agarico bevuto come li usa contro la tosse.
Al
f eg a t o , a l l e b e v i , a l v o m it o , i

H e p a t i,

b s h ib u s , t o s i t i o i i , l

b if o l ic m , i u

. D el

TEMOLI O, 3 .

XXU. Tripolium in m ri limis nascita r saxis, ubi adludit aoda, neqne io mari, neque in sieco, folio isatis crassiore, palmo alto , io mucrone divito, radice alba odorala, crassa, calidi gostos. Ualiur hepalicis in farre decocta. Haec herba eadem videtur quibusdam, qaae poliam, da qua suo loco diximus.

XXII. Il tripolio nasce ne* sassi marinimi, dove pereuote l'onda, n io mare n in aecco: ha la foglia oome lo isate, ma pi grossa, alta oa palmo e divisa in punta; la radice bianca, odoro sa, grossa e di caldo gusto. Cotta nel farro dasii a' fegatosi. Questa erba pare ad alcuni la mede sima che il polio, del quale abbiamo ragionato al suo luogo.
G eosfera .

G e o m p ia s h a .

XXHI. Gromphaena, alternis viridibus roseis* que per caulem foliis, in posca sangaioem reji cientibus medetor.
M
a l u b d i d m , ii.

XX1U. La gronfena, che ha su per lo gambo foglie distinte, che I1ona verde, e l altra rossa, presa io posca medica chi spala sangue.
D e l m a lu h d b o , a .

XXIV. Jocineri autem herba m alaudram , nascens in segele ac pratis, flore albo odorata. Ejus cauliculus conteritur ex vino vetere.

XXIV. L 'e rb a chiamata malandr nasce nelle biade e nc prati, col fior bianco odoroso, e medica il fegato. 11 gambicello suo si pesta col via vecchio.
D bl
ca lcb to , i

C h a l c e to m , i . MoLBMomvM, i.

. D b l m o lbm o m o * i .

XXV. Item herba chalcelam e vineis oontrita imponitur. Faciles praestat vomitiones radix vettonicae, ellebori modo, iv drachmis io passo aut rauJso. Ujssopom tritam cam meile utilius, prae sumpto oa star lio aat irione.

Molemonium denarii pondere. Est et silybo lacteus succus, qui densatus in gummi, sumitur cum melle supra dicto pondere : praecipueque bilem trahit. Rnrsus sistunt vomitionem cumi num silvestre, vettonioae farina : sumuntor ex aqaa. Abstergunt fastidia, cruditatesquc dige runt, daucum, veltonicae farina ex aqua mnlsa, plantago decocta caulium modo. Singultus heraionum sedai : item aristolochia. Suspiria clyraenos. Pleuriticis et peripoeumonicis cenlaurium ma jus: ilem hyssopum bibitur. Pleuriticis peuce dani succus.

XXV. Similmente l'e rb a che si chiama cal celo, la quale nasce nelle vigne, si mette sopra al detto male pestata. La radice della bettooica agevola il vomito al modo dell' elleboro, quattro dramme in vin cotto o melato. A ci pi utile l ' issopo trito col mele,^togliendo prima nasturzio o irione. Giova a ci anche il molemonio a peso d ' un denaio. Ha eziandio il silibo un cerio latte, U quale rassodato in gomma si piglia col mele alla misura sopraddetta, ed buonissimo a purgare la collera. A fermare il vomito vale U cornino salva tico. e la polvere della bettonica, che per piglian si con acqua. Levano il tastidio, e smaltiscono le crudit, il dauco, la polvere della bettonica con acqua melata, e la piantaggine cotta al m odo che i cavoli. L 'emonio ferma i singhiozzi, e cos I' a ri stolochia. Il dimeno ferma i sospiri. 11 cenU ario maggiore e l ' issopo si danno a bere a chi ha mal di fauco e asiraa. 11 sago del peacedano si d a ohi ha mal di fianco.

HISTORIARUM 3IDNDI MB. XXVI.


H a l o s , sivb c o to n e a , v .

D eLL' ALO,

COTONEA, 5.

XXVI. Halo* autem, quam Galli sic vocant, XXVI. L 'alo, cosi chiamato da1 Francesi, e Veneti cotoneam, medetur lateri : ilem renibus, da' Veneti colonea, medica il fianco, le reni, e la convulsisque et raptis. Similis est cunilae bubu carne spiccata e crepata. E simile alia cunila bulae, cacuminibus thymo, dulcis, et sitim sedans, bula, e nella cima al timo : dolce, e leva la sete : radicis alibi albae, alibi nigrae. ha radice dove bianca, e dove nera.
C h a m a b &o p s , i . S t o e c b a s ,
i.

D ella

ca m bbopb, i

. D

e l l a steg a d b , i

XX VII. Eosdem effectas in Uteris doloribus habet charnaerops, myrteis circa caulem gemiois foliis, capitihus graecalae rosae, ex vioo pola. Ischiadicos dolores et spinae levat agaricum po lum, a t in tucsi. Ilem stoechadis, aut vettonicae farina ex aqua mulsa. Alvi rem edia.

XX VII. L 'erba chiamata camerope fa il medesimo effetto a' dolori del fianco : ha intorno al gambo due foglie come di mortine, e i capi < H rosa greca, e beesi col vino. L agarico leva i do lori sciaticbi, e dell| schiena, bevuto come usasi nella tosse. Ci fa ancora la polvere della s(eoa4 e o della bettooica con acqua melata. R uuon
a m a u d e l v b b te e . .

X XV III. 8. Plurimam tamen homini negotii XXVIII. 8. Il ventre, per cagione del quale vive la maggior parte delle persone, reca all' uo alvos exhibet, cujas causa major pars mortaliora mo di molto travaglio. Perocch alcuna volta non vivit. Alias enim cibos non transmittit, alias noo continet, alias non capii, alias noo conficit. Eoque trasmette i cibi, alcuna volta non gli ritiene, al mores venere, ut homo maxime cibo pereat. cuna volta non gli capisce, alcuna volta non gli Pessimam corporara vas instat, u t ereditor, et vuole smaltire ; e sono venati a tale i costumi, saepius die appellat. Hujos gralia praecipue ava che 1' nomo principalmente perisce per cagione ritia expetit: hoicloxoria conditor: huic naviga* del cibo. Questo pessimo rase de' corpi fa instan tu r ad Phasio : huic profondi vada exquiruotur. za a guisa d 'a o impronto oreditore, e spesse E t nem o vilitatem ejas aestimat, consummationis volte il g iorn o d chiama. Per cagion d'esso l'av a foeditate. Ergo numerosissima est circa hanc me rizia agogna: per esso la lossoria ricerca le con dicinae opera. diture : per esso si naviga sino al fiume Fasi : per esso si cerca sino in fondo del mare. Eppor des* sono considera la sua vilt dalla sporeberla dell* cose ch' e' consoma. Laonde quasi innumerabile l ' opera della medicina intorno a esso. Una dramma di scordoli fresco pesta con vino, Sistit eam seordotis recens, drachma cam ovvero beota cotta, ferma il veotre. Al male dei vino trita, vel decocta poto. Pletonia quoquo poodi si d anoora la polemonla col vino; la ra et dysenterias ex vino datur : verbasci radix pola dice del verbasco bevuta in acqoa, alla grandezza ex aqoa doorom digitorom magnitudine : nym di doe dita ; il seme della ninfea eraclia bevuto phaeae beraclise semen cora vino potum : radix col vioo; la parte superiore della radice del sifio, perior e xiphio, drachmae pondere ex aceto. al peso d ' una dramma con 1 aceto j il senie della * Semen plantaginis in vino tritam , vel ipsa ex piantaggine pesto nel vino, o essa cotta in acelo, ceto c o c t a , aot alica ex socco ejas sampta. Item o alica presa dal sogo suo ; oppure la piantaggine eum lenticula cocta, vel aridae farina inspersa cotta con la lente, o con la farina della secca, sparsa potioni cam pspavere tosto et trito, vel succus sulla bevanda con papavero arrostito e pesto, il infusas, a a t succar vettooicae, in vino ferro cale sugo infuso, o il sugo della bettonica nel vino facto. Eadem coeliacis in vino austero dator : his riscaldato col ferro. La medesima si d i a dboli et iberis im ponitur, u t dictam eat. di stomaco in vin braseo : a qoesti ancora ai pone l ' erba chiamata ibera, come gi s ' detto. A chi ha gran voglia d 'andar del corpo, e Tenesmo ra d ix nymphaeae e Tino b ib ito r: ptyttiam in aqaa : acori radicis decoctura. Aizoi non pu, si d a bere col vino la radice d d la nin* fca, il psillio nell'acqoa, oppure la decozione della soceua alvum sistit, et dysenterias, et tineas ro-

535

C. PLINII SECONDI

536

tundas pellit. Syraphyti radix dysenterias sistit : item dauci. Aiaoum foliis contritis ex vino tor minibus resistit. Alceaa siccae farina torminibus pota oum vino.

radice dell' acoro. 11 sugo del semprevivo ferma il corpo e il mal de' pondi, e scaccia le tiguoole tonde. La radice del sinfito ferma il mal de'pondi, e cos quella del dauco. Le foglie del semprevivo peste con vino resistono a' tormini. La polvere dell'alce* secca bevuta con vino contra i tormini.
D e l l a s t r a g a l o , 3.

A st r a g a l u s,

iu

XXIX. Astragalus foli* habet longa incisuris XXIX. L'astragalo ha le foglie lunghe con multis, obliqua circa radices, caules tres aut molte incisure, ritorte iulorno la radice : ha tre quatuor foliorum plenos, floaem hyacinthi, radi o quattro gambi pieni di foglie, fiori di giacinto, ces villosas, implicatas, rubras, praeduras. Nasci radici pilose, implicate, rosse e dure. Nasce in tu r in petrosis, apricis, et iisdem nivalibus, sicut luoghi sassosi, solazii e soggetti a nevi, siccome il monte Feneo in Arcadia. La sua virt di Pheneo Arcadiae. Vis ei ad spissanda corpora. condensare i corpi. La radice bevuta nel vino Alvum sistit radix in ving pota : quo fit ut ferma il corpo, e per avviene eh' ella muove moveat urinam repercusso liquore, sicut pleraque quae alvum sistunt. Sanat et dysentercos in vino l'orin a perch fa pigliare altra via all'umore rubro tosa. Difficile autem tunditur. Eadem gin* acquoso, come molle altre cose che fermano il givarnra suppurationi utilissima est fotu. Colli corpo. Pesta nel vin vermiglio guarisce il mal gitur exitu autumni, quum folia amisit : siccatur de' pondi. Per difficilmente s pesta. La medesi in umbra. ma utile alla marcia delle gengive, facendone fomentazione. Cogliesi alla fine dell' antunno, quando ha perdute le foglie, e seccasi all* ombra.
L adamuh, x v i i i .

D bl

l a d a h o , i 8.

XXX. Fermasi il corpo anche con V uno e XXX. El ladano sistitor alvus utroqne: quod l ' altro ladano, il quale nasce nelle biade, pesto ra segetibus nascitur, contuso et cribrato : bibitur e vagliato : si bee con l ' acqua melata ; e alla col ex aqua mulsa : item ad bilem e vino. Ledon ap lera si bee col vino. Ledo si chiama un'erba, della pellatur herba, ex qua ladanum fit in Cypro, quale si fa il ladano in Cipri, che appiccasi alle bar barbis caprarum adhaerescens. Nobilius in Arabia. be delle capre.Pi nobile in Arabia. Fassi ancora F it jam et in Syria atque Africa, quod toxicon in Soria quello che si domanda tossico, ed una vocant. Nervos enim in arcu circumdatos laois rugiadosi lanugine che si appicca a certi nervi trahunt, adhaerescente roscida lanugine. Plura inviluppati in lana, i quali si distendono in appo de eo diximns inter unguenta. IToc gravissimum odore est, durissimumque tacta. Plurimum enim siti archi. Di esso abbiamo ragionato a lungo fra gli unguenti. E di gravissimo odore, e durissimo al terrae colligit : quam probetur maxime puram , toccare.Perciocch'egli raccoglie in s di molta ter odoratam, molle, viride, resinosum. Natura ei ra, dove molto lodato il paro, odoroso, tenero, molliendi, siccandi, concoquendi, somnum alli verde e ragioso. La natura sua di mollificare, ciendi. Capillnm fluentem cohibet, nigritiamque custodit. Auribns cum hydromelite aut rosaceo seccare, ricuocere e far sonno. Ferma i capegli che infunditur. Furfures cutis et manantia ulcera sale cascano, e manliengli neri. Infondesi negli orecchi addito sanat. Tussim veterem cum styrace sum con idromele, o con olio rosato. Guarisce le for ptam . Efficacissimura d ractus. fore della pelle, e le piaghe che gocciolano, ag giuntovi sale ; e la tosse vecchia preso con lo sto race. potentissimo a muovere i rutti.
C hokdxis , s iv b pssuDODicTAinroM. H y v o c m t h i s .
CORDKI, O FSBUDODITTAMO. IPOCISTI.

XXXI. Alvnm sistit et chondris, sive pseudo- XXXI. Ferma il corpo ancora il con d ri, ov dictamnum. Hypocislhis, orobethron quibusdam vero pseudodittaroo, e l ' ipocisti, chiam ato da dicta, malo granato immaturo similis. Nascitur, alcuni orobetro, simile alla melagrana acerba. t diximas, sub cistho, unde nomen. Haec arefa Nasce, come abbiamo detto, sotto il cisto, o n d e cta in am bra sistit alvnm ex vino austero nigroha preso il nome. L 'una e l'altra erba (perciocch que utraque. Duo enim genera ejus, candida et ella di dae ragioni, bianca e rossa) seccata al-

537

HISTORIARUM MONDI LIB. XXVI.

538

rufii, TJsus in m ic c o : spissat, siccat. E t rufa magis stom achi nhonutiiiB M emendat.

P o ta, trib as obolis, sanguinis exscreationes, cam amylo. Dysenterias pota, et infusa. Item ver benaca ex aqua data, ant carentibus febre ex vino am mineo cochlearibas quinqae additis in cyalhoa tres vini.
L a tii,

l ' ombria ferma il corpo, prendendola nel via brusco e vermiglio. Adoperasi il sogo, il quale ras soda e disecca. La rossa maggiormente guarisce la rema dello stomaco. Beendone tre oboli eon amido, guarisce chi sputa sangue. Bevuta e infusa guarisce i mali dei pondi. Cori anche la verbenaca data con l acqua, o a chi non ha febbre col vino amineo, metten done cinque cucchiai in tre bicchieri di vino.
D e l l * b b b a l a v k b , o s io ,

m t siov, it.

a.

XXXII. Laver qooqae oaseens in rivis condi* ta et coela torminibus medetor.

XXXII. L 'erba laver, la quale nasce ne* rivi, condita e cotta medica i tormini. D el
p o ta v o g e to , 8 .

POTAMOGETOH, VIIL STATlCE, VII.

D ella

s t a t i cb, 3.

XXXIII. PotamogetoD vero ex vino dysenteridseliam et coeliacis, similis betae foliis : minorihos lanium hirsutioribusque, pauliora supere minens extra aquam. Usas in foliis : refrigerant, spissant : peculiariter cruribus vitiosis utilia, et contra ulcerum nomas, cum meile vel aceto. Ca stor hanc aliter noverat, tenni folio elut equinis setis, thyrso longo et laevi, in aquosis nascentem. Radice sanabat strumas et duritias. Potamogeton adversator et crocodilis: itaque secom habent eam, q ui venantur. Alvam sistit et achillea.

Eosdem effectos praestat et sta lice septem caulibus, veluti rosae capita sustinens.
C ib a ti a , i i . L e o h to p o m o b ,
s it e

XXXIII. Il potsmogeto col vino medica i pondi e i deboli di stomaco ; somiglia la bietola nelle foglie, se non che le ha minori e pi pilose, ed esce di poco foor dell1acqua. Se ne usano le foglie, le quali rinfrescano e condensano; ma specialmente sono utili a*mali delle gambe, e con mele o aceto alle piaghe infistolite. Castore de scrive quest'erba d altra maniera, cio con foglie sottili come setole di cavallo, con gambo lungo e pulito, e la dice nascere in luoghi acquosi. Con la radice guariva le scrofe e le durezze. Il p o ta m o geto contrario ancora a' crocodili, e perci il portano seco coloro che gli vanno a pescare. La achillea ferma anch' ella il corpo. I medesimi effetti fa similmente la statice, la quale ha sette gambi, e sostiene come capi di rosa. D blla c e r a t i a ,
a . L b o h to p o d io , o lb o c b o b o , o

uoceobob,

s iv e

DOBIFETEO*, SIVE THOKTBETEOR, L a GOPCS, 111.

DOBIPETBO, O TORIBBTRO.

De L LAGO PO,

3.

XXXIV. Ceratia nno folio, radice nodosa ma XXXIV. La ceratia, che ha una foglia sola, la gos, in cibo coeliacis et dysentericis medetur. radice nodosa e gnfnde, mangiandosi medica i deboli di stomaco, e chi ha il male de' pondi. Leontopodion,alii leuceoron, alii doripetron, II leontopodio, che alcuni chiamano leuceoro, alii thorybetroo vocant, cujus radix alvum sistit, altri doripetro, altri toribetro, ha nella sua radi porgatque bilem, in aquam mulsam addito pon ce virt di fermare il corpo e purgar la collera, dere denariorum duorum. Nascitur in campe mettendola a peso di due denari in acqua melata. stri et gracili solo. Semen ejus potam, lymphatica Nasce nelle campagne in terreno magro. Il seme somnia facere dicitor. suo bevuto si dice che fa sogni furiosi. Lagopus sistit alvum e vino pola, aut in febri L ' erba chiamala lagopo ferma il corpo beenex aqua. Eadem inguini adalligatur ia tumore. dola col vino, o con l ' acqna a chi ha febbre. La Hascitur in segetibus. Malti super omnia laudant medesima si lega sull' anguinaglia, quando ella ad deploratos dysentericos quinquefolium, de enfiala. Nasce nelle biade. Molli sopra ogni cosa lodano il cinquefoglio contra i pondi disperati, coctis in lacte radicibus polis ; et aristolochiam cocendo nel latte le sue radici e beendole, e cos vietoriati pondere in cyalhis vini tribus. Quae ex mpra dictis calida sumentur, haec candente ferro 1' aristolochia a peso d' un* oncia in tre bicchieri di vino. Quelle cose delle sopraddette, che si pi temperari aptius erit. gliano calde, fie meglio che si scaldino col ferro rovente.

C. PLINII SECUNDI E diverso purgat alvum soccus centaurii minoris drachma in hemina aquae cum exiguo salis et celi, bileraqae detrahit. Majore lormioa discu tiuntur. Vettonica alvum solvit drachmis quatuor, ia hydromelitis cyathis novem. Ilem euphorbium, vel agaricum, drachmis duabus cum sale modico potum ex aqua, aut ia mallo obolis tribas. Solvit et cyclaminos ex aqaa pota, aut balanis subditis ; itein chamaecissi balanus. Hyssopi manipulus de coctus ad tertias cum sale, pituitas trahit illilus, vel contritus cum oxyroelile et sale : pellit que ventris animalia. Pituitam et bilem detrahit peu cedani radix. Per Io contrario purga 11 corpo e cava ta collera il sugo della centaucea.mhtere, pigliandone una dramma in un' emina d ' acqua, con no poco di sale e d' aceto. La maggiore caccia i tormini. La Jiettonica, pigliandone quattro* dramme io nove bicchieri d ' idromele, smuove il corpo. Cori P euforbio o 1* agarico, beandone due dramme eoa acqua e un poco di sale, o tre oboli in via melato. Smuove anco il ciclamino bevuto eoo P acqua, ovvero i balani messi sotto il corpo ; e similmente il balano del cameemd. Un manipolo d'issopo collo insino alla terza parie con sale purga la flemma, impiastralo, o pest don osime le e sale : esso ancora caccia i ver miai dei oorpo. La radice del peucedano cava la flemma a la collera. I
D e l l ' e pit im o , o ( t r o n o , &

E p it h y h o s , siv e h ip p o p b e o s , v iii .

XXXV. L'anagallide con l ' acqua melata pur XXXV. Alvnm purgat oagalli* ex aqaa mul ga il corpo, e cos l'epitim o, il quale il fiore sa : ilem epilhymon, qui est flos e thymo, satu dei timo, simile alla santoreggia. La differenta , re ia e simili. Differentia, quod bic herbaceus est, alterius thymi albus : quidam hippopheon vocant : che questo di colore d ' erba, e quello dell' altro sLomacho minus ulilis, vomitiones minas moret : limo bianco : alcuni lo domandano ippofeo : allo stomaco meno utile, e muove meno il vo sed tormina et iuflationes discutit. Sumitur et ecligmate ad pectoris vitia cura melle, et aliquan m ito; tuttavia mitiga i tormini e le infiammado iride. Alvum solvit, a quatuor drachmis ad gioui. Pigliasi a mali del petto ia empiastro dol ex cum mellis exiguo salisque et aceti. Quidam ce con mele, e talora con iride. Da quattro dram aliter epithyroam tradunt sine radice nasci, te me fino in sei con un poco di mele e sale e aceto nue, similitudine pallioli, rubens: siccari in um maove il corpo. Alcaai dicono che lo epitimo bra, bibi ex aqua acetabuli parte dimidia, detra nasce senza radice, sottile a similitudine di palliethere pituitam bilemque. Alvnm leniter solvit et to, e rosso ; che seccasi all' ombra, e beesi io ac nymphaea in vino austero. qua a misura di mezzo acetabolo, e che fa purgar* la flemma e la collera. La ninfea in vin brusco muove leggermente il corpo.
P
ycnocom oh, i v

D el pich o co m o , 4 XXXVI. Ci fa ancora il picnocomo, che ha le foglie come la ruchetta, ma pi grosse e pi frizzanti, la radiee tonda, di color giallo eoa ss pore di terra, con gambo quadralo, piccolo, sot tile, e con fiori di basilioo. Truovasi in luoghi sassosi. La sua radice in acqua melata a peso di dodici denari purga il oorpo, la collera e la flem ma. Il seme, bevutone una dramma nel vioa, fa ogni tumultuosi e leva le pannocchie.
D bl po l iv o n o , 3 .

XXXVI. Solvit et pyonacomon, erucae foliis crassioribus, et acrioribus, radice rotunda, lutei coloris, terram olente, caule quadrangulo, modi co, tenui, flore ocimi. Invenitur in saxosis locis. Badix ejus in aqua mulsa denariorum danra pon dere, et alvum, et bilem, et pituitam exinanit. Semeu somnia tumultuosa facit, ana drachma in vino potum. E t panos discutit

P o l tpo d io w , m .

XXXVII. Detrahit bilem polypodion, quam nostri filiculam vocant : similis enim est filici. Radix in usu, pilosa, coloris intus herbacei, crassi ladine digiti minimi, acetabulis cavernosa, ceu polyporum cirrhi, subdulcis, in petris nascens, aut sub arboribus veluslis. Exprim itur succus

XXXVII. II polipodio, che i notri chiamano filieoi, purga la collera : egli somiglia la folco. Se ne usa Ia radice, la quale pilosa, danti verde, grossa quanto il dito mignolo, tutta a seni e cavit come i ricci del polipo, e alquanto dolce: nasce tra' sassi, o sotto gli alberi vecchi. Bagnasi

HISTORIARUM MONDI LIB. XXVI. aqua madefactae: ipsa aMimte concisa inspergitur oleri, vel betae, vel malvae, vel salsamento : ant con pnlticula eoqnitur ad alvum vel in febri le* ailer solvendam. Detrahit bilem et pituitam, stomaehuau offendit. Aridae farina indita naribus polypum consum i!. Florem e t seroen noo fert.

5^2

con I* acqua, quando si vuole est ram e il sugo, Ess; trita a rairruzioli si sparge sui cavoli, sulle bietole, sulle malve, o sul saNurae ; e cotta in pultiglia muove leggermente il corpo, ancora nella febbre. Cava la collera e la flemma, ina offende lo stomaco. La polvere delle secche me*sa nelle nari consuma il polipo. Non fa fiore n seme.
D
e l l a sca m o n ea,

S c a m m o k ia , v w .

8.

XXXVIII. La scamonea ancora dissolve lo XXXV 11I. Scammonium quoque dissolutioaera stomachi facit, bilen detrahit, alvum solvit, stomaco, leva la collera e scioglie il ventre, eccet to che se in dne oboli d'essa si mettono due praeterquam ai adjiciantur alos drachmae duae dramme d'aloe. Se ne adopera il sugo: l'e rb a obolis eius duobus. Est autem succus herbae ab ramosa dalla radice, con foglie grasse, triangolari radice ram osae pinguibus foliis, triangulis, albis, e bianche, con radoe grossa, umida e nauseosa. radice crassa, madida, nauseosa. Nascitur pingui el albo solo. Radix circa Canis ortura excavatur, Nasce in terreno grasso e bianco. La sua radice si ol io ipsam confluat succus : qui sole siccatus, cava intorno al nascimento della Canicola, accioc ch in essa scorra il sugo, il quale secco dal sole digeritur ia pastillos. Siccatur et ipsa, vel cortex. si divide in pastegli. Secoasi ancora essa o la saa Laadatur natione Colophonium, Mysiam, Prieeorteccia. Tiensi per buona quella di Colofona, uense : specie autem nilidum, et quam similli mum ta u rin o glutini, fungosum tenuissimis fislo- della Misia e di Priene : a vederla essa riluce, so miglia molto alla colla di toro : fungosa eoa (is,ito liquescens, virus redolens, gumminosam, sottilissimi meati, si strugge tosto, ha gravissimo liuguae luctu lactescens, quam levissimum, quum odore, gommosa, e tocea con la lingua fa latte diluitur albescens. Hoc evenit et adulterino, leggerissimo, che quando si stempera diventa quod f i t ervi farina, et tithymali marini succo in bianco. Ci si vede anche nella falsificata, la quale Judaea fere : qnod etiam strangulat samptum. assai sovente nella Giudea si fa di farina di ribuD eprehenditor gustu: tithymalus enim liogaam excalfacit. Usus bimo : nec ante, nec poslea utili. glia e del sugo del titimalo marino, che preso ha Dedere et per se ax aqna mulsa et sale quaternis virt aneora di strangolare. Conoscesi al gusto, obolis. Sed utilissime cum alo, ita ut incipiente perch il titimalo riscalda la lingua a uso della purgatione mulsum bibatur. F it et decoctum ra cipolla. Usasi che abbia due anni, e non utile dici* iu acelo ad crassitudinem mellis, quo leprae a prima n poi. Dassene aneora di per s con acqua melata e sale quattro oboli ; ma il pi util iiiuuntur, et caput angitur iu dolore cum oleo. mente darlo con aloe, in modo che cominci la purgagione dal bere vin melato. Fassi anco deco zione della radice nell'aceto insino a che si rassodi coma mele, del quale s ' impiastra la lebbra, e ungesi, mescolando ancora fo lio , il capo che duole.
TtTH TO ALOS CHABACJAS, XXI.

D bl

ti tim a lo c a b a c ia ,

a i.

X XX IX. Titbymalum nostri herbam lacta riam vocant, alii lactucam caprinam: nanrantque bete ejas inscripto corpore, quum inaruerit, si cinis inspergatur, apparere literas, et ita quidam adulteras adloqui maluere quam codicillis. Gene ra e ja s multa. Primus cognominatur characias, qui e t masculus existimatur, ramis digitali crassi tu d in e, rubris, succosis, quinque aut sex, cubitali longitudine : a radice foliis paene deae, in ca cum inibus coma junci. Nascitur in asperis mari timis. Legitur semen aulumuo, cum coma : sicca tam sole tu n d itur, et reponitur. Succus vero ia d p ieo te pomorum -Unagiue, defractis ramulis,

XXXIX. Il titimalo chiamato da'nostri erba lattaria, e da alcuni -lattuga caprina; Dicono che se col latte suo si scrive sul corpo, e quando secco si sparge di cenere, appaiono le lettere ; ond' che certi hanno piuttosto voluto scrivere alle loro io-, naroorate in- tal modo, che per lettere. 11 ti li malo di pi ragioni. 11 primo si domanda caracia, e .questo si tiene che sia il maschio : ha i rami grossi un dito, rossi, sugosi, cinque o sei, lunghi n braccio: ha foglie cbe spulano dalla radice con simili a qudle dell' ulivo, e nella dm a ha chioma come di giunc?. Nasce in luoghi aspri e maritti mi. Il seme suo si coglie nell' autunno con chio-

543

C. PU N II SECONDI

544

excipi lor farina ervi, aat licii, al cam iis are aat. Quina* aulam gallai ciogulii excipi calii est. Traduntque eliam tolies purgari bydropioot fico tum pta,quol gullac lactia exceperit. Suocai qaam colligitur, ne attingat ocoios cavendum est. F it t e foliii lusit priore miuui efficax. F it et deco ctum e rami*. Est aemen in uiu cum melle decoctum ad catapolia solvendae alvi gratia. Se men e dentium cavia cefa includitur. Colluuntor et radici* decocto e vino aut oleo.

Illinant el lichenai tacco i bibantqae eam, a t purgent vomitione et alvo soluta, aliai atomacho inutilem. Trahit pituitam sale adjecto in pota, bilem aphronilro. Si per alvam pargari libeat, in posca : si vomilione, in pano aat aqaa mulsa. Media potio tribas obolis dalur. Fico* a cibo sumpsisse melius est. Fauces arit leniter: est enim lam ferventia naturae, ut per se extra corpori impositam, pusulas igniam modo faciat, el pro caustico in usu sit.

ma : secco al iole si pesta e ai ripone. Quanto al augo, e1si riooglie quando comincia la lana dei pomi : allora rompono i rami, e lasciano cadere il sago in farina di rabiglie, o ne* fichi, acciocch con quelli si secchi. Da ogni ramo non se ne ri ceve pi che sei gocciole. Dicono ancora, he tante volle si porgano i ritraopichi col fico, qaante gocciole di latte ba ricevalo. Ma egli d aveni cura, che quando il sago ai raccoglie non tocchi gli occhi. Fassi altres sugo delle foglie peste, ma di minor virt. Fasti anche decozione de* rami. Usasi il teme cotto col mele per farne pillole da muovere il corpo. 1) seme ti rinchiude con la cera nei fori de* denti ; i quali anche bagnanti eoo la decozione della radice in vino o in olio. Col tugo ti ungono le lichene : beonlo per purgare col vomito, o col muovere il corpo, dove per altro egli inutile allo itomaoo. Bevuto eoi sale tira fuori la flemma, e cos la collera col ni tro Africano. Se vuoi purgarti perdi so Ito, piglialo in posca ; te per lo vomito, in vio cotto, o acqua melata. Una mediocre pozione di tre oboli. meglio pigliare i fichi dopo il cibo. Riarde leg germente la gola, perch' di t ardente natura* che mettendolo tulle carni, fa vesciche, come ci fosse fuooo ; ond che si usa coma oaustioo.
D rl f i r u u o
m ie t it i,

TlTHYMALOS MYEX1TBS, SIVR CARTITBS, X XI.

c a r iit r ,

a i.

XL. Alleram genas tithymali myrsiniten vo cant : alii caryiten: foliis myrli acatis et pan gentibus, sed mollioribus ; et ipsum ia asperia nascens. Colliguntor comae ejus hordeo large* scentc, siccataeque in ombra diebos novem in aole inarescunt. Fractos non pariler matare scit, sed pars anno sequente, et nux vocatur. Inde cognomen Graeci dedere. Demelitur cum mes sium maturitate, lavalurqne, dein siccatur, et dalur cum papaveris nigri duabus partibus, ita u t sit totum acelabnli modus : minus hic vomi lionibos, qaam saperior, celeri item. Aliqni sic et folium ejas dedere, nacera vero ipsam ia mulso, aut passo, vel cum sesama. T rahit bilem e t piloilam per alvam. Oris ulcera aanal. Ad noma* oris foliam cam melle estur.

XL. Il titimalo d altra specie da alcuni ohiamalo mirsinite, e da alconi cariite : ha foglie di mortine agozze e pungenti, ma pi morbide. Nasce anch1esso in lunghi aspri. ColgonN le sue chiome qoando 1 orzo fa il granello, e tenute * all* ombra nove giorni, si seccano al sole. Il fruito non matura insieme, ma una parte resta indietro pel venturo anno, e chiamasi noce. Di qui i Greci gli posero il nome. Mietesi quando le biade son mature. Lavasi, e poi si secca, e dassi con le dee parli di papavero nero, in modo che il tatto sia un acetabolo. Questo fa vomitar meno, che l'altro detto di sopra; e cos gli altri tolti. Alconi hanno cos adoperate le u foglie, ma diedero la sua noce in vin melato, o cotto, o con la sesama. Purga la collera e la flemma per da basso. Guarisce le ul cere della bocca. Mangiasi la foglia col mele alle piaghe della bocca ohe vanno ampliando.
Db
t i t im a l o p a r a l io ,

it b y m a l o s p a r a l i o s ,

IV.

XLI. Terliam genus tithymali paralium vo catur, sive tilhymalis folio rotundo, caule pal mum alto, ramis rubentibus, semine albo, quod colligitur incipiente ova, et siccatam le rilu r, sumiturque acetabuli mensora ad purgaliones.

XLl. 11 tilimalo della terza spezie ti chiama paralio,ovvero tilimalo: questo ba le foglie tonde, il gambo alto un palmo, i rami che rosseggiano, il seme bianco, il. quale si coglie cominciando l'uva, e secco si pesta, e pigliasi alla misora d'un acetabolo per le purgagioni.

545

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXVI.


TlTHYM ALOS H ELIOSCOPI OS XVIII.

546
a l o e lio s c o p io , 1 8 . ,

Dkl t i t i m

XL 1I. Q uartam genas helioscopioo appellant, foliis porcilacae, ramalis stantibus a radice quatoor aot quinque, rubentibus, semipedali allindi ne, sacci plenis. Hoc circa oppida nascitur, semine albo, colambis gratissimo. Nomen accipit, quoniam capita cam sole circumagit. Trahit bilem per inferna in oxymelite dimidio acetabolo: ceteri usos, qai characiae.

XLI1. La quarta specie si chiama elioscopio : ba foglie di porcellana, con quattro o cinque rami che stanno dirilti dalla radice, rossi gni, alti un mezzo piede, e pieni di sugo. Questo nasce intorno alle citt, con seme bianco, gratissimo ai colombi. Piglia il nome dal girare de' suoi capi col sole. Purga la collera per le parli da basso, pigliandone un mezzo acetabolo in ostimele: osasi poi in altri modi come la caracia.
D el t i t i m a l o
c i p a r i s s i a , 18.

TlTHYMALOS CYPARISSI AS) XV1II.

X LI 1I. Quintum cyparissian vocant, propter foliorum similitudinem, caule gemino aut triplici nascentem in campestribus : cui eadem vis, qaae helioscopio aut characiae.
TlTHYMALOS FLAT YPHYLLOS, SIVB CORYMBITES, SIVB AMYGDALITBS, III.

XLIU. La quinta specie si domanda ciparissia per la simiglianza delle foglie: ha due o tre gambi, e nasce ne' piani, e ha la medesima virt che l ' elioscopio o la caracia.
D el t i t i m a l o p l a t i f i l l o , o c o r i m b i t b ,
O AMIGDAL1TB, 3 .

XLIV. Sextum plalyphyllon vocant: alii corymbileo, alii araygdaliten a similitudine. Nec allios latiora sunt folia. Pisces necat, alvum solvit, radice, vel foliis, vel succo in mulso, aut aqua mulsa drachm isqualuor. Detrahit privatira aquas.

XL 1V. La sesta specie si chiama platifillo, da alcuni corimbi te, e da altri amigdalite dalla si militudine. Ha le foglie pi larghe che qualun que altra specie. Ammazza i pesci, mnove il cor po, con la radice, o con le foglie, o col sugo in vin melalo, o in acqua melata, dandone quattro dramme. Particolarmente cava l'acqua a' ritm opichi.
D el t i t i m a l o d e n d r o i d e , o g o b io ,
O LSPTOFILLO i 8 .

T it b y m a l o s

d e b d r o id b s , s i t e c o b io s , s iv b l b p t o -

PHYLLOS, XVIII.

XLV. Septimum dendroiden cognominant, alii cobion, alii leptophyllon, in petris nascens, comosissimam ex omnibus maxime, cauliculis rabentibus, e t semine copiosissimum : ejusdem eflctas, cajas characias. Ap i o s

XLV. La settima si domanda dendroide, da alcuni cobio, e da altri leptofillo, che nasce nelle pietre, e ha pi chiome che tutti, e i gambi mol lo rossi : copioso di seme, e fa i medesimi effetti cbe la caracia.
D b l l a p p io isc h ia s , o ravahos aorta , a .

i s c h a s , s iv b r a p h a n o s a g r i a , ii .

XLVI. A pios ischas, sive raphanos agria, joncos duos sive tres spargit in terra rubentes, foliis rutae : radix caepae, sed amplior : quare quidam raphanum silvestrem vocant. Inlus habet mammam candidam, extra cortices nigros. Nasci tor in montuosis asperis, aliquando et herbosis. Effoditur vere, tusaque in fictili mergitur, dejectoque qood supernatat, reliquus succus purgat otraque parte, sesquiobolo in aqua mulsa. Sic el hydropicis datur acetabuli mensura, lospergilur el aridae radicis farina potioni, sjuntPl.INIO I. N., V o l. 11.

XLVI. L'appio ischias, o ravanos agria, spar ge due o tre giunchi per terra, rossi, con foglie di ruta e radice di cipolle, ma maggiore, il quale per ci da alcuni i chiamato ravano salvatico. Dentro bianco, ma la corleccia nera. Nasce in luoghi montuosi e aspri, e alcuna volta negli erbosi. Cavasi a primavera, e pesto si tuffa in vaso di terra, e mettesi sotto quello che va a galla. 11 resto del sugo purga per sopra e per sotto, togliendone un obolo e mezzo in acqua melata. Cos ancora se ne d un acetabolo a' rilruo pichi. Spargesi ancora nell! pozione la polvere

C. PLINII SKCUNDl que superiorem pariem ejus vomitione biles ex trahere .vin feriorem, per alvum, aquas.

548

della radice sua secca, e dicono che la superficie d'essa porga la collera per vomito, e la parte inferiore estrae le acque per da basso.
R
im e d i* a i d o l o r i

T o w iR n n

m e d e n d is .

c o n c i.

XLV 1I. Tormina disctutit quodcumque pana ces, et vetlooica, praeterquam a eruditale: peu cedani soccos et inflationes, ructus gignens : item acori radix, dauco mve, si lactucae modo samatur. Ladanum Cypriam potum interaneorom vitiis occurrit ; item gentianae farina, ex aqua tepida fabae magnitudine. Plantago mane sumpta duabus lingulis, et tertia papaveris in vini cyathis qua tuor nou veteris. Oatur et in somnum euutibus, addito nitro vel polenta, si molto post cibum detur. Colo infunditur bemina socci, vel in febri.

XLVII. Ai tormini son rimedio qualunque panace e la bettonica, eccetto che a quelli che na scono per crudit : il sugo del peucedano scio glie anche le ventosit producendo ru tti: simil mente la radice dell' acoro, o il dauco, se si piglia a modo di lattuga. 1 ladano di Cipri be 1 vuto guarisce i difetti deg l'in teriori: cos la polvere della genziana, pigliandone quanto una fava in acqua tiepida : cos la piantaggiue, pre sone la mattina due cucchiai, e un di papavero in quattro bicchieri di vioo non vecchio. Si d ancora a chi va in sonno, aggiuntovi nitro o polenta, se si dia mollo dopo il mangiare. Al dolor colico s 'infonde un' emina di sugo, anebe se vi sia febbre.
R im e d ii
a l m a l d i m il z a .

LlUNI SANANDO.

XLVIII. Agaricum potum obolis tribus in vini veteris cyatho uno, lieni medetor : et panacis omniom generum radix in mulso. Sed teucria praecipue, pota arida et decocta quantum manus capiat, in aceti heminis tribus. Ad vulnus illinitur eadem cum aceto : aut si tolerari non possit, ex ficu vel aqua. Poiemonia bibitur ex vino. Vetlonica drachma io oxymelilis cyathis Iribus. Ari stolochia, ntcoutra serpeutes. Argemonia septem diebus in cibo sumpta lienem consumere dicitur : agaricum in aceto mulso obolis duobus. Nym phaeae heracliae radix e vino pota, et ipsa con sumit. Cissantbemos, dVachma bis die sumpta, in vini albi cyathis duobus, per dies x l , lienem di citur paullatim emittere per urinam. Prodest el hyssopom cum fico decoctum. Lonchitidis radix decocta, priusquam semen emittat. Peucedani quoque radix decocla, et lieni, et renibus. Lien acori potu coosumilur. Praecordiis el ilibus uti lissimae radices. Clymeni semeu polum diebus triginta pondere denarii in vino albo. Vcttonicae farina ex melle et aceto scillite pota. Radix lon chitidis in acqoa, et teucriom illinitur. Item scordium cam cera, agaricum cum farina feni graeci.

XLVII1. Guariscono la milza tre oboli d'aga rico in un bicchiere di vin vecchio, e la radice d ' ogni specie di panace in vin melato ; ma spe cialmente la teucria secca, bevala cotta quanto ne piglia la mino in tre emine d ' aceto. La me desima s'impiastra con aceto alle ferite, o non po tendo sopportarla, col fico o con l'acqua. Guarisce la poiemonia bevuta col vino ; e una dramma di bettonica in tre bicchieri d'ossimele. L'aristolo chia si piglia siccome contra le serpi. Dicesi che mangiando selle giorni dell* argemonia, si con suma la milza, e il medesimo effetto fanno due oboli d' agarico in aceto melato. La radice della uinfea eraclia la consuma anch'essa, beendola col vino. 11 cissanlemo , pigliandone due volte il giorno una dramma in due bicchieri di viu bianco per quaranta giorni, si dice che a poco a poco mauda fuori la milza per l'o rin a. Giova ancora lo issopo collo col fico ; e la radice della lonchitide cotta prima che faccia il seme. La ra dice del peucedano cotta giova alla milza e alle reni. Consumasi la milza col bere dell acoro. Le radici sue sono utilissime agl iuteriori e a' fian chi. Giova alla milza il seme del dim eno bevuto trenta giorni al peso d'un denato nel vio bianco: la farina della bel Umica bevuta con mele e aceto scillitico, la radice della lonchitide nell'acqua, e il teucrio impiastrato. Impiastrasi anche lo scor dio con lacera, e l'agarico con farina di fien greco.

540

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXVI.

5o
E ALLA VESCICA-

C u cn u t T

VESICAK.

Al CALCOLI

XL 1X. Vesicae malit, conlraque calculos, gra vissimis cruciatibus, ut diximus, auxilio est poleionia ex vino pota: itera agaricam. PUntago radice vel foliis potis x passo. Vettonica, ut io jocinere diximus : ilem ramici, pota atque illita : eadem ad strangurias efficacissima. Ad calculos quidam vettonicam et verbenacam et millefolium aequis portionibus, ex aqaa, pro singulari reme dio bibere suadeut. Strangurias discuti et dic tamno certum e st. Ilem quinquefolio decocto ad tertias in vino : hoc et enterocelicis dari atque illini, utilissimum est. Xiphii quoque radix supe rior orinam ciet infantibus. Enterocelicis dalur ex aqua, et illinitur vesicae viliis. Peucedani suc cus infantium ramici : et umbilicis eminentibus psyllton illinitur. Urinam cient anagallides, acoriqoe radicis decoctum, vel ipsa trita polaque:et omnia vesicae vitia sanat. Et calculos herba et radix cotyledonis. Itemque genitalium inflammationem omnem, pari pondere caulis, et seminis myrrhae. Ebulum teneris curo foliis tritum, ex vino potum, calculos pellit : impositum te ste s sauat. Erigeron quoque cum farina thuris et vino dulci, testium inflammationes sanat. Sympbyli radix illita enterocelas cobibel ; genitalium oomas hypocisthis alba. Artemisia quoque datur contra calculos ex vino dulci, et ad stranguriam. Dolores vesicae sedat ex vino nymphaeae heracliae radix.

XL 1X. Ai mali della vescica, e coutra i mali della pietra io aiuto, come abbiamo detto, nei pi gravi dolori, la poiemonia bevuta nel vino; e cos l ' agarico : la radici o foglie della piantag gine bevute col viu colto ; e la bettonica, presa come dicemmo bisognare al fegato. Questa be vuta e impiastrata giova ancora alla borsa, ed di grandissima virt eziandio agli stranguglioni. Alcuni al male della pietra danno per singoiar rimedio a bere nel l'acqua la bettonica, la verbe naca e il millefoglio ad eguali porzioni. E certa cosa, che il dittamo leva gli stranguglioni ; non che il cinquefoglio, cotto nel viuo infino alla terza parte. Questo si d molto utilmente ezian dio a coloro, a'q u ali caggiono gl intestini da basso nella borsa. La radice superiore del sifio muove l'orina a' btrabiui. A coloro, a' quali cag giono gl' intestili! da basso nella borsa,, si d eoo l'acqu a, e impiastrasi a'm ali della vescica. Il sugo del peucedano guarisce la borsa de' bambi ni, e il psillio s impiastra al bellico, quando egli esce troppo in fuori. Provocan l ' orina le anagallide, e la decozione della radice dell1acoro, ov vero essa radice pesta e bevuta, la qoale altres guarisce lutti i difetti della vescica. L* erba e la radice del cotiledo guarisce la pietra, e qualunque infiaroraagione del membro genitale, con peso pari del gambo e del seme di mirra. L ' ebbio tenero trito cou le foglie, e bevuto con vino manda fuori la pietra, e postovi su guarisce i testicoli. Lo eriger ancora, con polvere d 'in censo e vin dolce, guarisce le iufiamnagionft dei testicoli. La radice del sinfito impiastrala guaifrsce quegli, a' quali caggiono gl' intestini da basto nella borsa ; e lo ipocisti bianco le fistola d e lle parti genitali. Lurlemisia col vin dolce si d par essa contra il a de della pietra, e agli sfrangiar gliuni. La radice della niufea eraclia col vino mitiga i dolori della vescica.
D bl
, i i . C a c e i.

C *B T B II05, x i. C a c h x ts .

csbtuo

L. E ad em vis crethmo ab Hippocrate adraodam laudatae. Est autem inter eas quae eduntur silvestrium herbarum . Hanc certe apud Callima chum a p p o s i t rustica illa Hecale : speciesque est batis hortensiae. Caulis unas palmum altus, se men ferens odoratum , ceu libanotidis rotundum, siccatam ru m p itu r : habet intus nucleum candi dum, q u em aliqui cachryn vocant. Folio pingui, albicaute veluti olivae, crassiore, et salso gustu : radice* d ig iti crassitudine tres aut quatuor. Na-

L. Ippocrate dice che il cretino, tanto lodato da lui, ha la medesima virt. Questa una dalT erbe talvatiche, che si mangiano, Certo che il cretino appresso Callimaco messo in tavola da quella sna con la dio a Ecale : a vederlo simile a batide ortense. 11 gambo suo alto un palmo, il se me odorifero,e tondo come quello del ramerino. Quando secco si rompe : dentro ha un nocciolo bianco, il quale alcuni chiamano cacri. Ha foglie grasse e biancheggianti come d ' ulivo, ma pi

55

G. PLINII SECUNDI

55

scitor in maritimis petrosis. Eitur crodum coctumve cum olere, odorati saporis et jacundi.

Serratur etiam io moria : praecipoi usus ad stranguriam, folio, vel caule, vel radice ez vioo. Colorem quoque corporis gratiorem facit: verum equo largior inflationes. Alvum solvit decocto, arinamque, et a renibus humorem trabit. Sic et alceae siccae farina in vino pota, stranguriam tollit, efficacius addito dauco. Lieni qooque utilis. Ad versus serpentes bibitor. Jumentis quoque in pituita, aut stranguria hordeo inspersa succurrit.

grosse, e salse al gusto ; e tre o quattro radici grosse quanto un dito. Nasce in luoghi marittimi sassosi, e mangiasi cotto e crudo con erbaggio, ed ha sapore odorifero e giocondo. Conservasi ancora nella salamoia, e cosi molto utile agli stranguglioni, sia che si usi la foglia, sia che il gambo, o la radice col vino. Fa aocora pi gratioso il colore del corpo ; ma pigliandone troppo fa enfiare altrui. La saa de cozione muove il corpo, e tira P orina e l1 amor delle reni. Cosi aoche la polvere dell' alcea secca bevuta nel vino leva gli stranguglioni, e molto maggiormente se vi s ' aggiugne il dauco. utile ancora alla milza. Beesi contra le serpi. Giova altres mescolata nell'orzo a'gium enti che pati scono di flemma, o che di stranguglioni.
D e l l ' a b t il l io , a . D e l l ' a b t il l b , a .

ArraY LLioH, i i . A r t h y l l i , n .

LL A nthjllion est lenti simillima, qoae in vino pota vesicas vitiis liberat, sanguinem sislit. Altera est anthyllis, chamaepityos similis, flore purpureo, odore gravi, radice intubi.
C bfaba , i .

LI. L 'antillio somiglia molto la lente, e bevuto nel vino guarisce i mali della vescica. V ' anche 1' erba antille simile al camepili : ha fior rosso, odor grave e radice d'endivia.
D blla c b p e a , i .

LII. Ve! magis medetur cepaea, similis por* cilacae, nigriore radice, sed inutili, nascens in litoribus arenosis, gustu amara. In vino cum aspa ragi radice vesicae plurimam prodest.

L 1I. pi medicinale la cepea, simile alla porcellana, di pi nera radice, ma inutile, la quale nasce in lidi arenosi, amara al gusto. Nel vino con la radice dell* asparago giova grandemente alla vescica.
D 8 LL' IPERICO, O CAMBP1T1, O COB1SOH, 9 .

H y p b r ic o b ,

s iv b c h a m a e p it y s , s iv b c o r is o k ,

IX.

L 1II. Eadem praestat hypericou, quam alii chamepytin, alii corison appellant, oleraceo fru tice, tenui, cubitali, rabente, folio ratae, odore acri, semine in siliqua nigro, maturescente curo hordeo. Natura semini spissandi : alvum sistit : urinam ciet : vesicae cum vino bibitor.

LIU. Le medesime cose fa lo iperico, il qaale alcuni chiamano camepili, e altri corison : (a cespo di cavolo, sottile, alto un braccio, rossigoo, con foglie di ruta, odor forte, seme nero in baccegli, e maturasi quando l ' orso. La natura del seme di condensare : ferma il corpo, muove l ' orina, e beesi al male della pietra col vino.
D bl c a b o s, o ip e ric o , io .

C abo s,

s iv b h y p b b ic o b , x .

L 1V. Est aliud hypericon, quod alii cariu ap pellant, folio tamaricis, et sub ea nascitur, sed pinguioribus foliis et minus rubentibus, odora tam , palmo altias, suave, leniter vcutom. Vis seminis excalfactoria : et ideo inflationem facit : sed stomacho non inutile : praecipuum ad stranguriam, si exulcerata non sit vesica. Mede tur et pleuriticis ex vino potum.

L1V. V' un altro iperico, da alcuni chiamato caros, il quale na>ce sollo la tamerigia, e o ' ha le foglie simili, ma pi grasse e men rosse : odoroso, pi alto d'uo palmo, soave e piacevolmente acuto. La virt del seme di riscaldare : perci fa enfiagione, ma non utile allo slomaco: agli stranguglioni olilissiroo, se la vescica non scorticata. Bevuto cou vino guarisce il mal di fianco.

55S
C iiu T n n ,

HISTORIARUM MONDI LIB. XXVI.


1. P m i u u , 1. C n n i m i r a , 1. A r m a i s , 1.

554

. D b l c a l l i t b i c g , 1. D i l l a p b b p b e s s a , i . D e l c b h a n t e m o , 1. D e l l ' a r t e m o , i.

LV. Vesicae autem callithrix trita simul cam cumino, et data ex vioo albo. Verbenaca quoque cam foliis decocta ad tertia*, vel radix e|as e nabo calido calculo ejicit. Item perpressa, quae Aretii et iu Illyrico na scitur, in aqua decocta e tribas hemioisad unam, et pota. Trifolium ex vino sumptum. E t chrysan themon). AoIberno m quoque calculos ejicit, parvis a radice foliis quinis, caulibus longis duobus flore roseo : radices tritae per se, ceu laver crudum.

LV. E utile alla vescica il callitrico pesto insieme col cornino e dato in vin biaoco. La ver benaca cotta cou le foglie insioo alla le n a parte, o la radice sua col vin melato caldo, fa gettare la pietra. La perpressa, la quale nasce io Arezzo e in Ischiavonia, colta iu tre emine d'acqua finch ritorni il terzo, e bevuta, fa il medesimo effetto : cos il trifoglio bevuto col vino, e il crisantemo. Anehe l'antemo fa gettar la pietra. Ha cinque piccole foglie sulla radice due gambi lunghi con fior di rota : lo stesso effetto fanno le sue radici trite, per s sole, non che il laver crudo.
S il a o .

S il a o s .

LVI. Silaos nascitor glareosis et perennibus rivis, eobitalis apii similitudine. Coquitur, ut olas acidum, magna utilitate vesicae: quae si seabiem sentiat, panacis radice sanatur,aliter inu tile vesicis. Calculos pellit malnm erraticum, radicis libra in vini congio decocta ad dimidias : inde heminae manntur per triduum. Reliquum ex vino cam sio : et urtici marina, et daucum, et plantaginis semeu ex viuo.

LVI. Il silao nasce in rivi ghiaiosi, e che sempre durano : lungo nn braccio, e somiglia l'appio. Cuoeesi come il cavolo acido, con grande utilit della vescica, la quale se sente scabbia, si guarisce con la radice della pauace, altrimenti inutile alla vescica. Il melo erratico fa uscir fuori la pietra, cuo cendo una libbra della radice in un congio di vino insino alla met : se ne piglia tre d un'emina | l giorno. Il resto si adopera in vioo con sio. Si mile effetto fa l'ortica marina, il dauco, e il seme di piantaggine oon vino.
Ebba
f c l v ia b a .

H kbba fu lv iah a. LVU. E t herba folviana trita ex vino (et haec nomtn inventoris habet, nola tractantibus), uriom cie.

LV 1I. L 'erba fulviana trita con viuo muove l orina. Anche questa porta il nome del suo inventore; ben nota agli uomini di questa pro fessione.
R
i m b d ii a l m a l b

e s t iu m

AC SBD1S VITIIS.

D a ' t e s t ic o l i

b d b l fo n d a m en to .

LV11I. Scordiou testium lumores sedat. Hyo scyamum genitalibus medetur : peucedani succus n mede, et semen, stranguriae: agaricum obolis Iribus iu Tini veteris cyatho uno : trifolii radix dnehmis duabus in vino : dauci una drachma, *1 seminis. Ischiadici et semine et foliis erylhrot a i Iri t is sanantur : panace poto : et infricata pdemonia, aristolochiae decocto folii. Agarico qoidem et nervos, qui plalys appellatur, et humerorum dolor sanalor. obolis tribus in vini ve teris cyatho uno poto. Quinquefolium ischiadicis et bibitur e t im ponitur. Item scammonia decocta n a hordei farina. Semen hyperici ulriusque bi bite ex tino.

LV 11I. Lo scordio mitiga il dolore de' testi coli. Il giusquiamo guarisce i membri genitali. 11 sugo del peocedano col mele, e il seme, giova agli stranguglioni : cos tre oboli d ' agarico in un bicchier di vin vecchio : due dramme di radice di trifoglio io vino : una dramma di dauco, o del seme. Gli scialici si guariscono col seme, e con le foglie (este dell1eritrodauo, e col bere la panace, e col fregarvi la poiemonia, e con le foglie cotte d ell'aristolochia. Con 1 agarico si guarisce ' il nervo che si chiama plutis, e il dolore delle spalle, beendone tre oboli in un bicchier di vin vecchio. Il dnquefoglio si bee e appicca agli sciatici; e cos la scamonea cotta con farina

555

C. PLINII SECONDI

556

d orzo. II sem e dell' uno e l altro ip erico si bee col vin o.

Sedis vitia et attritus celerrima sinat planta go: coudylomala quinquefolium : sedem eversam cyclamini radix ex aceto. Anagallidum caerulea procideutiara sedis retro agit ; e diverso rubens proritat. Colyledoa condylomata et haemorrhoi* das mire curat. Tesiium (umores acori radix de cocta io vino, trilaque, el illita. Intertrigines negat fieri Cato, absinthium Ponticum secum ha bentibus.

9. Alii adjiciunt et pulegium : quod jejunus qui Ugerit, si post se alliget, iuguinis dolores pro* hibet, aut sedat coeplos.

La piantaggine guarisce prestissimo i mali del fondamento : il cioquefoglio guarisce i condilomali : la radice d d ciclamino con P aceto medica il fondamento rivolto : l'anagaliide verde ripigoc indentro le cose eh' eseoao d esso fondamento, e per lo contrario la rossa le lira fuori. 11 colikdo guarisce benissimo i coudiloraali e le morici. La radice dell' acoro cotta in vino, a impiastratavi sopra, guarisce gli enfiati de' testicoli. Dice Catoue, che I*assenzio Poulico a chi lo porta addosso non lascia venire lo scorticamento fallo per orina. 9. Alcuni v'aggiungono il paleggio, il qualese Ili lo coglie, purch sia digiuno, dielro a s Io lega, leva i dolori dell anguinaglia, o mitigai gi cominciati.
E rb a
iw g o in a r ia ,

I h g c i r a l i s , siv b a r g e m o .

o arg e m o b e.

LIX. Inguinalis ( quam quidam argemonera vocant ) passim iu vepribus nascens, ut prosit inguinibus, in manu lantnro habenda eat.

LIX. l/e rb a inguiuaria, ohe alcuni chiamano argentone, la quale nasce |r tolto fra gli spini, basLa solo averi* in mano, acciocch'elLa giovi all'anguinaglia. Agli
e n f i a t i d e l l 'a k g o i k a g l i a .

Ad

f a h o s . C h r y s ip p e o s , i.

D el

c risim

o , 1.

LX. Panos sanat paucescum meile: plantago cum sale : quinquefolium : persolatae radix, 1^ iu stm m is: ilem daruasonium : verbascum cura sua radice tusum, vino aspersuro, folioque invo lutum, et ila in cinere calfaclum, ut imponatur calidum. Experti adfirraa vera, plurimum referre si virgo imponat nuda, jejuna jejuno, et manu supina tangens dicat: u Negat Apollo pestem posse crescere, cui nuda virgo restinguat : atque ila retrorsa manu ler dical, totiesque despuant ambo. Medetur et radix mandragorae ex aqua : radicis scammoniae decoctum c a m meile: sideritis cara adipe vetere; vel chrysippea cum ficis pinguibus : el haec ab inventore habet nomen.

LX. Agli enfiali dell anguinaglia, che veagouo pure sul cocuzzolo t sotto le ascelle^ giova il cinquefoglio, la radice della persolata, siccome nelle gangole, il damasonio, il verbasco pesto con la sua radice, spruzzalo di vino, e inviluppato nelle foglie, e cosi scaldata sulla cenere, acciocch si ponga caldo. Quegli che n'hanno fattola pruova dicono che giova assaissimo che una vergine ignuda ne lo ponga, pur che ella e l'ammalato sica digiuni, e che con la man rovescia toccando dica: u Afferma Apolline cbe non po crescere malattia, cui ammorzi una vergine ignuda: e cos dica tre volte con la mano ritirata indietro, e ambedue spulino tre volte. Medica ancora la radice della mandragola con l'acqua, la cocitura della radice della scamonea col mele, la siderite con grasso vecchio, o la crisippea con fichi grassi: anche questa ha preso il nome dal suo inventore.
A lla
l d s s d k ia .

Ad

V eherem .

LXI. 10. Venerem in totum adiniil, ut dixi mus, nymphaea heraclia : eadem semel pota, in x l dies. Insomnia quoque Veneris a jejuno pota, et m cibo sumpta. Illita quoque radix genitalibus, inhibet non solum Venerem, sed cl affluentiam genilnrae, ob id corpus alere vocemque dicitur. Adpeteutiam Veneria fpeit radix e xiphio aipe-

LX 1. 10. La ninfea e radia, come gi dicem mo, bevuta una volta il di per quaranta giorni, spegno affatto la lussuria. Bevuta a digiuno, 0 presa io cibo, leva i sogni amorosi. La radice sua impiastrata alle membra genitali, non solamente raffrena la lussuria, ma ancora il flusso del seme, e per questo si dice che nutrisce il corpQ e I# vo-

557

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXVI.

558

rior, dala polu in vioo. liero quam crethmon agrfoa appeHaoti et hormino agrios cam polenta oeo trita.

ce. La radice superiore del lifio, data a bere in


vino, accende la lussuria. Il medesimo effetto fa quell erba, che si chiama cretino agrio, e l 'o r mino agrio pesto con 1 poleula.
D e l l ' o b c s i, o
s e r a p ia ,

OftCBM,

SITE SBRAPIA, T.

5.

LX1I. Sd iater pauea mirabilis est orchis herba : site serapias, folii* porri, caule palmeo,, flore purpureo, gemina radice, testicoli simili : ila a t m ajor, site ( ut aliqui dicant ) durior, ex aqaa pota excitet libidinem: minor, sire mollior, e lacle caprino inhibeat. Qaidam folio scillae esse dicant, laeviore ac minore, osale spinoso. Radices sanant oris aloera: thoracis pi taitas, alvum sistunt e vino polae.

Concitatricem vim habet satyrioo. Duo ejos genera : ana longioribus foliis, qaam oleae, caule qoaloor digitorum , flore purpureo, radice ge mina ad formem hominis testiam, alternis annis intamescenle ea ac residente. Altera salyrios or chis cognominatur, et femina esse creditur. Di stinguitur internodiis et ramosiore frutice, radice fascinis olili. Naseitur fere juxla mare. Haec lu raor es, et vitia partiam earam eum polenta illita sedat, vel per se. Superioris radix in lacte ovis colonicae data, nervos intendit: eadem ex aqua rem ittit.

LX 11. Ma son poche erbe s maravigliose come l orchi, ovvero serapia, che ha le foglie di porro, il gambo di palma, il fior rosso, e la radice dop pia, simile a'testicoli : la maraviglia che la mag giore, o, come alcuni dicono, la pi dura, bevuta con l'acqua accende la lussuria, la mitiore, ovve ro la pi tenera, cou latte caprino la spegne. Al cuni dicono eh' ella ha foglia di scilla, ma pi pulita e minore, e gambo spinoso. Le sue radici guariscono le ulcere della bocca, e la flemma del petto ; e bevute in vino ristagnano il corpo. 11 satirio ha fona d infiammare la lussuria. Egli di due sorti : l ' uno ha le foglie pi langhe che l'ulivo, il gambo di quattro dila, il lior ros so , e due radici a modo di testicoli d'uom o, le quali I' un anao gonfiano, l ' altro scemano. L altro satirio si chiama orchis, e tiensi che sia femmina. differente pei nodi, perch fa cesto pi ramoso, ed ha radice utile al mal d ' occhio. Nasce quasi appresso il mare. Questo guarisce gli enfiali e i difetti di quelle parli, impiastrandovelo con polenta, o posto di per s. La radice del primo in latte di pecora villereccia disleude i nervi, e per opposito in acqua gli raccoglie.
D
e l s a t ir io ,

S a TTRIOR, SIVB BBYTBRAICo H, IV.

e r it b a ic o ,

4-

LXIU. Graeci satyrion, foliis lilii rubri, mi noribus, et tribus non amplio* e lerra exeuntibus tradant, caule laevi, cubitali, nudo, radice gemi na; cujus inferior pars el major mares gignat, superior ac minor feiuinas. Kt aliud genus satyrii erylhraicon appellant, semine viticis tuajore, lae vi: dorae radici, cortice rubro, iulus album iududi, sapore subdulce, fere io moutuosis inve niri. Venerem, etiamsi omnino manu teneatur radix, stimulari : adeo si bibatur in viuo austero. Arietibus quoque et hircis segnioribus in pota dari. L i a Sarmatis, equis ob adsiduum laborem pigrioribus iu coitu, quod vilium prosedamum vocant. Vim ejus restinguit aqua mulsa, aut la ctuca sumpta. In totum quidem Graeci, quum concitationem hanc volunt significare, satyrion appellant: rie et crataegin cognominantes, et ihelygonon, et arrhenogoaon, quararo semen te stium simile est. Tithymali qooque ramorum medullam habentes, ad Venerem proniores fieri dicuotar. Prodigiosa sunt, quae circa hoc tradi dit Theophrastus, anetor alioqai gravis, septoa-

LXIII. Dicono i Greci che il satirio ha foglie di giglio rosso, ma minori, e sono oon pi che Ire, che escouo di terra : ha il gambo pulito, allo un braccio, e ignudo : ha doppia radice, e la in terior parie e maggiore genera maschi, la M ip e riore e minore femmine. V ' un altro salirio, chiamato eritraico, il quale ha seme di vitice, ma maggiore : pulito, di radice dura, di corteccia rossa, e dentro bianca, di sapore alquanto dolce, e solito ritrovarsi in luoghi montuosi. La radice, ancora lenendola in mano, desta la l u s s u r i a , rox pi, s' ella si bee iu v i n brusco. Dassi a bere ai montoni e a'becchi, quando essi non sono bene caldi in amore. 1 Sarmali usano darlo a' lor ca valli, che per la continua fatica s o n o p i g r i al coi to ; il qual difetto si chiama prosedamo. L' acqua melata, o la lattuga presa spegne U sua virt. I Greci quaado vogliono significare questa conci tazione venerea, la dicono satino, o anche la chia mano cretegi, e teligono, e arrenogono, perch il seme di queste erbe e simile a* testicoli. Dioesi an cora, che coloro che hanno addosso la midolla dei

559

C. PLINII SBCUMH

56o

geno coila durasse libidinem contacta herbae cujuidam, cujus nomen genusque non posuit.

rami dal titimalo si/anno pi ardenti alla lussuria. Stranissima cosa quella che intorno a ci scrsse Teofrasto, autore per altro grave, cio cbe solo col toccar un' erba, il coi nome e forma egli non descrisse altrimeuti, l'uom o abbia carnalmente usalo ben settanta volle di seguilo.
COBTRO LE GOTTE E t MALI DE* PIED I.

Ad

y o d a g ea m , e t m obbos h d o i .

LXIV. Sideritis adalligata varices minuit, et sine dolora persanat. Podagrae morbus rarior solebat esse non modo patrum avorumque me moria, verum etiam nostra, peregrinus at ipse. Nam si Italiae fuisset antiquitus, latinum uomen invenisset. Insanabilis non est eradendus; quippa quoniam et in multis sponte desiit, et in pluribus cura. Medentur panacis radices, cam uva passa : succus hyoscyami cum farina, vel semen : scordion ex aceto : iberis, uti dictum est. Verbenaca cum axnngia trita, cyclamini radix; cujns decoctum et pernionibus prodest. Podagras refrigerat radix e xiphio, semen e psyllio, cicuta cum lithar gyro aut axungia, aizoum in primo impelu po dagrae rubentis, hoc est, calidae. Ulrilibet vero convenit erigeron cum axungia ; plantaginis folia trita addito sale modico, argentoni lusa ex raelle. Medetur el verbenaca illita, aut si pedes maceran tur in aqua in qua decocla sit.

LXIV. La siderite legatavi sopra fa scemar le varici, e fa ancora eh' elle pi non dolgono. La infermit delle gotte soleva esser pi rara, nuo solamente ai tempi de' padri e avoli nostri, ma ancora a' presenti. Auche questa venne Ira noi d 'altronde. 11 che perci si prova, cbe se anticamente fosse stata in Italia, avrebbe avuto nome latino. Non da credere, che tale infer mila non si possa guarire, perch io molti s veduta risanare per s stessa, e in molti per cura medica. Medicano le gotte le radici della panacc con uva passa} il sugo del giusquiamo con la in rina, o il seme ; lo scordio con l ' aceto, e l ' erba ibera, come gi s* dello : la verbenaca pesta eoo sugna, la radice del ciclamino, la cui decozione giova ancora a' pedignoni. Rinfrescano le gotte la radice del sifio, il se noe del psillio, la cicuta col lilargirio o con la sugna, e il semprevivo nel pri mo empito della gotta, qoand'ella rosseggia, ov vero calda. A ll'uno e all' altro stalo di essa si convengono l ' eriger con la sugna, le foglie trite della piaulaggioe con un poco di sale, e l'argemonia pesta col mele. Medica ancora la verbeoacs impiastrala, o il tener de' piedi a mollificarsi nel la sua decozione.
D ella
l a p p a g in e ,

a p p a g o , s iv e m u l l d g o , i .

Asperu go, i .

m o l l u g ih e , i

ello a spr esg o, i

LXV. El lappago, similis aiiagallidi, nisi esset ramosior, ac pluribus foliis aspera, rugosa, aspe rioris succi, gravis odoris: quae talis est, raollogo vocatur. Similis, sed asperioribus foliis, asperugo. Superioris saccus expressus pondere xi denario rum in vini cyaibis duobus quotidie sumitur.

LXV. Giova alle gotle pur la lappagine, la quale simile alia anagallide, fuorch eli' pi ramosa e di pi foglie, aspra, crespa, di sogo mollo apro e d 'odor grave : quella eh' tale, si chiama mollugine. Simile lo asperugo, se noo che ha foglie pi aspre. Il sugo della lappagine premuto si piglia a peso di undici denari in due bicchieri di vino, ogni d uua volta.
D el f ic o s , o f u c o m a r in o , s p e c ie 3 .
L
a p p a b o a r ia .

P h y c o ,

q u o d f u c u s m a r ib u s , g e n e r a i h b o a r ia .

. L a ppa

LXVL Praecipue vero liberat eo malo phycos thalassiou, id est, fucus marinus, lactucae similis, qui conchyliis substernitur: non podagrae mo do, sed omnibus articulorum morbis impositus, priusquam exarefiat. Tria autem genera ejus: lalum, et alterum longius, quadamtenus rabens :

LXV1. Ma soprattutto libera da quel male l'e rb a ficos talassion, cio foco marino, simile alla lattuga, la quale si mette sotto a'conchilii, e non solamente libera dalla gotta, ma da ogni male di giunture, meltendovela su prima che s e c c h i Ella di Ira orti : una larga, e l ' altra pi lunga

561

HISTORIARUM MUNDI Uff. XXVJ.

56a

tertium crispis foliis, quo lo Crei* veste* tingane i o n nia ejusdem ustis. Nicander ea et adveraos serpente* in vino dedit. Salutare est et etneo ejus herbae, quam psyllion appellavimus, made* factam aqaa, admixtis in heminam seminis, resi nae colopboniae cochlearibus duobus, thuris uno. Laudantur et mandragorae folia cum polenta tusa.

i i . Talis vero tumentibus limos aquaticus cura oleo subactos mire prodest. Articulis saccus e centanno m inore. Idem nervis utilissimus. Item eentauris. Veltonica nervis discurrentibus per scapnlas, humeris, spinae, Ioni bis, pota ut io jocinere. Arlicolis quinquefolium impositum. Mandragorae folia cura polenta, vel radix recens tusa cum cucumere silvestri, vel decocta in aqua. Digitorum ia pedibus rimis polypodii ra d ii. Ar ticuli* succus hyoscyami cum axungia i amoni succus cura decocto : item centunculus deooeta, vel muscus reeens ex aqua obligatus, donec ina* rescat. Ilem lappae boariae radix e vino pota.

Cyclaminos decocta in aqaa pernioncolos curai, omniaque alia frigoris vitia. Perniunculos et cotyledon cam axongia : folia ex balrachio: epiihymi succos. Clavos pdarn extrahit ladanom cum castoreo : verbenaca ex vino.

e insino a certa parte rossa : la terza ha le foglie crespe, con la quale in Candia si tingono i panuk tulle e tre sono utili al medesimo effetto. Ni candro medico le dava ancora nel vino contra il veleno delle serpi. Utile ancora il seme di quell'erba, la quale chiamammo psillio, bagnato in acqua, mescolando in un* emina di seme due cucchiai di ragia colofonia, e uno d incenso. Lo datisi ancora le foglie dalla mandragola peste con la poleota. i . La belletta d ' acqua rimenata con l'o lio maravigliosamente giova a'talloni enfiali, llsngo della centaurea minore giova alle giunture dediti: utilissimo ancora a' nervi ; e cos il centaurio. I 4 beitonica utile a nervi che discorrono per le scapule, alle spalle, alla schiena, a'lo m b i, bevuta come s ' usa pel fegato. Il cinquefoglio si mette sulle giunture che patiscono, e cos le fo glie della mandragola con la polenta, o la soa radice fresca pesta eon cocomero salvatico, o cotta 10 acqua. Alle crepature nelle dila de'piedi si metle la radice del polipodio. Alle giunture il sugo del giusquiamo con la sogna : il sugo deU'araomo con la decozione: il centonchio colto, o il muschio fresco con l ' acqua, legatovi insino a che inaridi sca ; e cos la radice della lappola boaria bevuta col vino. Il ciclamino cotto nell'acqua guarisce i pedi gnoni, e ogni altro male che proceda da freddo. 1 cotiledone anch' esso con la sogna guarisce i 1 pedignoni, e le foglie del batrachio, e il sugo del l'epitimo. 1 laudano col castoreo, e la verbenaca 1 col vino cavano i chiovi de* piedi.
C o r t e o 1 m a li c b e d is c o r r o n o p bb t u t t o il

Ad m a l a q v a b t o t i s c o a v o a n w o b a s s a e t t o .

eoa p .

LXVII. Nune peractis roaKs quae membratim sentiuntur, dicemus de his, quae lotis corporibus gntssaulur. Remedia au lem haec communia in venio. Ante omnes poiaodam d o d eca iberna, de qua dixioios : deiode panacis omnium generom radices, pecoliariler longinquis morbis, et semeo iuieraneorum iliis. Ad omnes vero corporis do lores succum e scordio ; item vettonicae, qoae pota colorem plumbeum corporis privativi emen dat, graliorem qoe reduciL

LX VII. Ora atendo aoi trattato de' mali che si sentono membro per membro, ragioneremo di quegli che scorrono per tolto il corpo. I rimedii comuni trovo che son questi. Per primo il dodecateo bevuto, di coi s ' parlato : dipoi le radici della pauace d ' ogni sorte, e massimamente alle malattie lunghe, e il seme di essa a' mali degP in teriori. A tutti i dolori del corpo utile il sugo dello scordio ; non che quello della bettonica, la quale bevuta particolarmente leva dal corpo il colore di piombo, e riduccio pi grazioso.
D e l o e e a h io , o m i r r i , o m ib tis : s p e c ie 3 . M b d ic . 6 .

G sB A K IO a, SIVB MTB1HIS, SIVB MTET1S : GSREBA III . M e d ic ir a b VI.

LXV III. Geranion aliqui myrrhin : alii myrlidao appellant. Similis est cicutae, foliis minu tioribus, et caule brevior, rotun d a, saporis et odoris jncundi. Nostri sic eam tradunt. Graeci P l i h i o I. K . , V ol. II.

LXV 111. Il geranio da alcuni chiamato mir ri, e da altri mirtis. simile alla cicuta, con le foglie pi piccole e il gambo pi corto, tondo, di sapo. e e odore molto grato. I nostri lo descrivono

563

C. PLINII SECONDI di questo modo ; ma i Greci dicono eh* egli ha le foglie poco pi bianche ehe la malva, i gambi sottili e pilosi, con rame a intervalli lunghe due palmi, e in esse le foglie, fra le qaali nella cima son siccome piccoli capi di gra. Un altra specie ha I* foglie d ' anemone, con divisare pi lunghe, con radice tonda a modo di mela: dolce,e utilissimo a que che vannosi riavendo dal male d ' imbecil lit ; e questo presso a poco il vero. Beesi alla misura d ' una dram pa in tre bicchieri di vino due volte il giorno eontra il tisico e contra la ventosit : anche erodo fa il medesimo effetto. Il sago della radice medica gli orecchi. 11 seme a misura di quattro dramme bevuto con pepe e con mirra giova allo spasimo, che per riti rare i nervi tira la testa all1indietro verso le spalle. Il sugo della piantaggine, beeodolo, e an cora essa cotta, guarisce del tisico ; e mangiata col sale e con I' olio dopo il sonno della mattina, ha virt rio Cresca ti va. La medesima si d a coloro che si chiamano atroft, cio che dimagrano per non sentir la forza del nutrimento, l ' an giorno s e l'altro no. La bettonica si d a* risichi in lattovaro fatto con mele : la presa quanto noa fava : due oboli d ' agarico si beono in vin cotto, o il dauco con cenlaarea maggiore in vino. Alle fiigedene ( il che nome di fame insaziabile, e alcuna volta di nascenze)si danno i titimali insieme eoo i sesami.
D e l l a o w o T k ra, o
o n o r i,

folii candidioribus paullo quam malvae, cauli* bus lenuibos, pilosis, ramosam es intervalli*, bi num palmorum, el io his foliis, inter quae io cacuminibus capitola sint gruum. Alteram genas foliis anemones, divisuris longioribus, radice mali modo rotanda, dulci, reficientibus se ab imbe cillitate olilissima : el fere talis vera est. Bibitor contra phthisin drachma in vini cyathis tribas bis die. Ilem contra inflationes: et cruda idem praestat. Soccos radicis aaribas medetor. Opisthotonicis semeo drachmis quatuor cum pipere et myrrha polum. Phthisin sanat et plantaginis succus, si bibatur, et ipsa decocta. In cibo cum sale et oleo, et a somno matutino, refrigerat. Eadem dator his, quos atrophos vocant, inter posi li* diebus. Tettonica vero phthisicis, ecligma te cum melle, fabae magnitudine : agaricum po tum duobus obolis in passo, vel daucon cura cen tanno majore in vino. Phagedaenis (quod nomen sine modo esurientium est, et alias alcerom) litbyn u li medentur cara sesamis sumpli.

O r OTHBBA, s rv s OVITRIS, I1L

3.

LXIX. Inter mala universi corporis vigiliae sant plerisque. Haram remedio monstratur pa nacea, clyraepos, aristolochia, et odore, et perun cto capite: aizonm, sive sedaro, si involutum panno nigro, ignorantis pulvino subjiciatur : et opothera, sive onuris, hilaritatem ad ferens in vioo, amygdalaceo folio, flore roseo, fruticosa, longa radice, et quum siccata est, vinum olente. Haec in poto data feras qooqae m itigat

Cruditates, qoae nauseam ftcinnt, digerit vettonica. Eadem pota a cena concoctionem facit, in ozymelitis cyathis tribas drachmae pondere : et crapulam discutit. Liem agaricum post cibum in aqaa calida potam. Paralysia vettonica sanare dicitur : item iberis, ut dictam est. Eadem et torpentibus membris prodest : item argemonia, omnia quae periclitentur secari, discutiendo.

LXIX. Alcuni pongono le vigilie fra gli altri mali di tatto il corpo. Per rimedio d'esse si pi glia hi panace, il climeno, l'aristolocbia, tanto odo randole, quanto ungendosene il capo. Meltesi anche sotto il capo, ma che il paziente oon lo sappia, il semprevivo, o sedo, rinvolto in panoo nero, e cos la onotera, ovvero onuri, la quale eoi vino apporta allegrezza : questa ha foglia di man dorla e fior di rosa : cespoglinta e di lunga radi ce; e quando secca ha odor di vino. Qaesta data a bere mitiga ancora le fiere. La beitonica smaltisce 'le crudit che fanno nausea. Beendone una dramma in tre bicchieri d'ossimele dopo cena aiuta a smaltire : leva an cora la crapula. Cos fa l'agarico bevuto dopo mangiare in acqua calda. Dicesi che la bettonica guarisce il parielico, e la ibera anchella, come gi s ' dello. La medesima giova a' membri in tormentiti ; e l ' argemonia tira via ta tti i mali che portano pericolo a segarli.

565

HISTORIARUM MONDI LIB. XXVI.


A d COMITIALBS.
Contro
il m al cad uco.

566

LX X . Comiliales sanant panaci*, qaam heraclion dixim us, radicet potae cum coagulo titilli marini, ila u t sint panacis tres paries: planta go pola: vettonicae in oxyraelile drachma, vel agaricum obolis tribus: folia quinquefolii ex aqaa. Sanat et archezostis, sed anno pota. Sanat et baccharis radix arida in pulverem contrita, eyalbis trib as cum coriandri ano in aqua calida. Et centunculus trita in aceto, aut meile, aut in aqua calida : verbenaca ex vino pota : hyssopi baccae ternae contritae, et in aqua potae diebus sedecim : peucedanum cum coagulo vituli marini aequis portionibus potum : quinquefolii contrita folia ex vio pota diebus xxxi : vettonicae farina pondere x m cum aceti scillitici cyatho, mellis Allici uncia : scammoniom obolis duobus cum castorei drachm is qnatoor.

LXX. La radice della panace che noi chia mammo eraclea, col presame del vitello marino, in modo che vi sieno le tre parti della panace, guarisce quei che hanno il mal caduco : il mede simo effetto fa la piantaggine bevuta, e una dram ma di bettooica in ossimele, ovvero tre oboli di agarico, o le foglie del dnqaefoglio con l ' acqua. Guarisce ancora l'erba archezosti, ma bevuta per un anno. Guarisce similmente la radice della bac cara secca e fatta in polvere,io tre bicchieri dacqua calda con coriandoli : il centonchio trito nell* ace to, o nel mele, o nell* acqua calda : la verbenaca bevuta col vino : tre coccole d issopo peste e be vute nell* acqua per sedici giorni : il peacedano bevalo col presame del vitello marino ad egaal porzione: le foglie del cinquefoglio peste col vino, e bevute par trentun giorno : la polvere di bettonica a peso di tre denari con un bicchiere d* aceto scillitico, e an* oncia di mele Ateniese : due oboli di scamonea con quattro dramme di castoreo.
C o k t b o LB FEBBRI.

Ad p e b rb s . LXXI. Febres frigidas leviores facit agaricum potum in calida aqua: tertianas sideritis cum oleo : item ladanum, quod in segetibus nascitur, coutusum : plantago ex aqua mulsa, duabus ho ris ante accessionem pota binis drachmis : vel saccos radicis madefactae vel tusae : vel ipsa ra dix triia in aqua ferro calfacta. Quidam ternas radices in tribus eyalbis aquae dedere. Iidem in quartanis et quaternas fecerunt. Buglosso inaresceote, si quis medullam e caule eximat, dicatque ad quem liberandum febri id feciat, et alliget ei septeo folia ante accessionem, aiunt febri liberari.

Item vettonicae drachmam, in aqoae mulsae cyathis trib a s : vel agaricum, maxime in his fe bribus, quae cum horrore veniant..Quinquefolii folia quidam terna lertianis dedere, quaterna qoartanis, plura ceteris : alii omnibus tres obo los cum pipere ex aqua malsa. Verbenaca qui dem et jumentorum febribas in vino medetur : sed ia tertiaais a tertio genicalo incisa, quartanis a qaarlo. Bibitur e t semen hyperici otrigsque io qoartanis, et horroribus. Vettonicae farina, quae omnes horrores coercet. Item panaces, adeo excalfactoria natura, ut.per nivera ituris bibere id perungique o praecipiant. E t aristolochia perfrictionibus resistit.

LXXI. Alleggerisce le febbri fredde l agarico bevuto in acqua calda, e le terzane la siderite con olio:similmente il laudano, il quale nasce nelle bia de, se sia pesto: la piantaggine con laeqna melata, beendone due dramme due ore innanzi la remis sione, o il sugo della radice bagnata o pesta : ovvero essa radice pesta nell* acqua, riscaldata col ferro. Alcuni usarono di dare tre radici in tre bicchieri d 'acqua, e nelle quartane quattro. Quando il bugloeso si secca, se alcuno cavi I midolla del gambo, e dica per chi il faocia affin di liberarlo dalla febbre, e leghigli addosso sette foglie innanzi la remissione,dicono che l'inferm o fia liberalo dalla febbre. Similmente giova una dramma di bettonica in tre bicchieri d acqua melata ; o l'agarico, e massi mamente nelle febbri che vengono con freddo. Alcuni danno tre foglie di cinquefoglio nella terzana, e quattro nelle quartane, e pi nell* al tre, e in quelle d ogni altro genere tre oboli di pepe in acqua melata. Dassi la verbenaca col vino ancora alla febbre delle bestie da soma ; ma per le terzane si taglia nel terzo nodo, e per le quartana nel quarto. Beesi il seme dell* uno e dell* altro ipperico nelle quartane, e ne* freddi : cos pure la ferina della bettonica, la qoale mitiga ogni.fred do} e la panace ancora, la qnale di natura s calda, che vogliono che quegli che hanno a ire per le nevi, la beano, e s* ungano con essa. Anche 1' aristolochia resisto alle freddare.

G. PLINII SECUNDI
A d PHBBBESIIf, LETHABGUJf, CABBURCOLOS.

568

COHTBO LA FBBR SIA, IL LETARGO, I CABBORCKLL1. U LXXII. Il farnetico si guarisce col sonno, coi fa Tenire il peucedano infuso sul capo con aeeto e sugo d' anagallide. Per lo contrario fatica dettare i letargici ; nondimeno dicono che ci fa il sugo del peucedanoy bagnando con esso le nari. Contra il furore si bee la bettonica. U panace rompe i carboncelli. Fanno il medesimo effetto la polvere della beitonica con l'acqua, o il carolo con 1' iocenso, beendone spesso la coci tura calda; o la bragia di an carbone spento allo ra di presenza, togliendola eoi dito e impiastran dola ; o la piantaggine pesta. COBTBO L IDROPISIA. Dell ATTA, O BBBIO. * D ella cameatta. LXXUI. A guarire gl' idropici si d il titimafo caracia : la piantaggine in cibo, s e prima linfermo avr mangiato pao secco senza bere : due dramme di bettonica in dae bicchieri di T i n o , o di vin melato ; o agarico, o seme di lonchitide bevalo con dae cucchiai d'acqna : il psillio col vino: il s u g o nell'anagallide : la radice del cotiledone con Tin melato : la radice dell'ebbio fresco, solamente scossa, e non lavata, quanto se ne pu pigliare oon due dita, con un' emina di Ttn vecchio caldo : dae dramme della radice del trifoglio in vino:il titimalo cognominato platifillo : Il seme dell' ipe rico, che si chiama corio. Dassi pare la radice dell' atta, la quale alcuni tengono che sia l ' ebbio, pesta in tre bicchieri di vino, se non t ' febbre, o il seme col vin nero : cosi la verbenaca, quanto se ne piglia con noa me nata, colta in acqua fin ch'ella torni per met. Ma soprattutto si tiene ehe sia buonissimo il sogo della camealta. La piantaggine e la radice del ciclamino col mele guariscono le rotture della flemma ; e le foglie dell' ebbio peste, e postevi sa col vin vecchio, guariscono le boe, che sono bol licine rosse. Il ag dello atriono im piastrato goariaoe il pizxioore. Corteo il fuoco sacbo. LXXIV. rimedio al fuoco saero il sempreTiro, le foglie trite della cieata, e la radice della mandragola. Qoesta segasi in fette, come il coco mero, e prima s'appicca sopra il mosto, poi oel fumo, e finalmente si pesta nel T in o , o nell' aceto. Giova ancora la fomentazione con Tino di morti ne: nn sestante d i menta, nn* oncia di solfo vivo pesto con l ' aceto insieme; e la fuligine con Pace* to. Molte specie ci sodo di faoco sacro, fra i qotli

LXX 1I. Phreneticoi tomnui ito it, qoi don* tingit peucedano ex aceto capili infoio* a na gali idom occo. Ediverso lethargicosexcitare labor eii: boc prae* tante ( ut perbibent ) ex acelo naribos tacti peocedaoi occo. Contra insania* treItonica bibitor. Carbunculos rum pit panace. Sanat vettonicae farina ex aqua, aat brassica cara thure, frequenti pota calidae : T e i e carbone in conspectu retincto, favilla, digito ablata et illita : vel plantago tusa.

Ad

h t d b o p ic o .

A ctb,

s iv b e b c l c m .

C ha m aba cte.

LXXIII. Tithymalas characia hydropicos sa nat : plantago in cibo, q u a m prias panem sic caro ederint sine pota : Tettonica drachroi dua bus in daobascyathis vini aut molai: vel agaricum, el semen lonchitidis daabas lingulis ex aqaa po tam : psyllion ex Tino: anagallidum saccus: cotyle donis radix e mulso: ebuli recentis radix, excas*a tantam , rtec collata, qaod dao digiti comprehen dant, ex T i n i T e te r i calidi hemina : trifolii radix drachmis daabas ex Tino : tithymalum, platyphyllon cognomine: semen byperici, qaod ooris appellator. Acte, qaam qaidam esse ebntum potant, ra dice contrita in Tini cyathis tribus, si febris absit, T e i semine ex T in o nigro. Item verbenaca, fasci c o l o manns plenae decocta in aqaa ad dimidias. Praecipue tamen ehamaeactes snccns aptissi mas creditor. Eruptiones pitaitae emendant plan tago, cyclamini radix e melle : e b o l i folia trita, e t e T e i e r e Tino imposita etiam boam sanant, id e s t , rabentes papia*.Prariginem saccus slrychni illitas.

Ad u n i

sacbum b b s i r d d i .

LXXIV. Igni aero medetor aizoom : folia trita cicotae : mandragorae radix. Secator io as set a t cacami*: primoqne saper mustam suspen ditur, mox in fumo : dein tunditur in T i n o aut aceto. Prodest et Tino myrteo foTere: mentae sextans, t t salphnri* uncia, ex aceto *imul tri ta : fuligo ex aceto. Ignis sacri plora sant genera* inter qaae mediam hominem ambiens, qoi zo* ster appellator, et enecat, *i cinxerit. Medetur

M*

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXVL v* quello, chiamato zoster, che rioigne I* uoiuu per mezzo, eP ramazza ogni rolla che 1' ha ricinto. Queslo Io medica la piantaggine con creta cimoKa, e il peristereo per s, la radice della persolata. Gli altri fuochi che vanno impigliando, gii guarisce la radice del cotiledone col vin me lato, il semprevivo, e il sogo del linozosle con l ' aceto.
C o m o LB SCOHC1ATTBB DB*KBOBBt.

plantago cura crela c i roolia, et peristereos per e: radix persolatae. Alila quae serpant, colyledouis radix cum m also, aizoum, saccus linozoslis ex ace lo.

A j>l u x a t a ,

sakabda.

LXXV. ia . Eadix polypodii illita luxatis me detor. Doloremque et tumores tollunt semeu psyllii, folia plantaginis tosa, sale modico addito: verbasci semen ex vino decoctum et contrituro : cicuta c o n axongia. Folia epheraeri tuberibus tumoribusquo illinuntor, quae eliamdum discuti possunt.

LXXV. ia. La radice del polipodio, irapiagirandocela su, guarisce i membri sconci. Il seme del psillio, e le foglie della piantaggine peste con poco sale ne levano il dolore e gli enfiali : il teme del verbasco colto nel vioo e pesto, e la cicuta eoo la sugna fan lo stesso effetto. Le foglie del1 efemero s impiastrano sdi bitorzoli e sugli enfiati, mentre che si possono ancora dissolvere. Counrao
l ittb b iz ia .

d m om uv liG im .

LXXVI. Morboni regium io ocolis praecipue mirari est, tenuitatem illam densi Ia temque tunicaram felle sobeoote. Hippocrates a septimo die in febre m ortiferum signum esse dneuit. Nos scin o s vixisse aliquos etiam ab hac desperatione. Fit vero e t citra febres, irapugoaturque cenlaurio majore, u t diximus, poto, ve t tonica, agarici obolis tribus ex vini veleris cyatho : ilem verbe nacae lolio, obolis tribas ex vini calidi bemioa quatriduo.

Sed celerrime quinquefolii succus medetur tribus cyathis potus cum sale et meile. Cyclamini radix drachm is tribus bibitur in loco calido, et a perfrictionibus toto : sudores enim felleos mo vet. Folia tussilaginis ex aqua : semen linoznslis ntriusqae inspersum potioni^ vel cum absinthio aut cieere decoctam : byssopi baccae cum aqua potae : lieheo herba, si, quum sumitur, celero Iere abstineator : polythrix io vino dala, sCruthioo in mulso.

LXXVI. Il morbo regio cosa mirabile, Spe-* cialmente quando vien negli occhi ; che certo gran maraviglia come fra tanta sottigliezza e den sit di pannicoli si spppialli il fiele. Ippocrate in segn che la febbre dopo il settimo giorno Se gno mortale. Ma noi abbiamo veduti di quei che avean queslo segoo, e non son morti. Viene an eora Senza febbre, c Io guarisce, coin dicemmo, la centaurea maggiore in bevanda, la bettonica,' non che Ire oboli d ' agarico io un bicchiere di vin vecchio, ovvero la foglia di verbenaca in un emina di vin caldo per quattro giorni. Prestissimo lo guarisce il sugo del cinqnefo* glio, beendone (re bicchieri con sale e mele. La radice del ciclamino si bee alla misura di tre dramme in luogo.caldo, e sioliro dalle freddure, perch concita sudori di fiele. Similmente le fo glie della lossilagloe con l'acqua : il strae dell uno e l'altro linozoste sparso sopra la bevanda, o colto con lo assenzio o col cece : le coccole del l'issopo bevute con l'acqna: l'erba lichene, pur che quando si piglia si lascino tutti gli altri erbaggi t il polilrice dato nel vino, e lo strutio uel viu melato.
CORTBO t rUBUHCULT.

Ad FORtmccLos. LXXV 11. Passim et in qoaeamque parte maxima incommoda nascuntur, qui furunculi vo cantur, m ortiferum aliquando malo na confectis corporibus. Remedio soot pycnocomi folia trita cum polenta, i nondum capot fecerint. Discu tiant et folia ephedri illita.

LX XVII. Io ogni parte del corpo, e eoa grao* de iocomodo nascono i farunculi, i quali riduco no alcuna volta a mortalit i corpi. II rimedio loro sono le foglie del picnocomo pesto con la polenta, s' essi non hanno fatto ancor espo. Le foglie altres dell'efedro impiastrate gli fanno risolvere.

G. P U N II SECUNDI Am f i s t o l a *
sa rabda s.

5 ja

G ohtbo

l b f is t o l e .

LXXVI1I. Fistulae qaoqae ia omni parte serpant, medicorum vilio male sectis corporibus Auxilio est centauriam minas, collyriis cam melle decocto additis: plantaginis saccas infusas: quin quefoliam cum sale et melle: ladanam cam ca storeo : cotyledon cum medulla cervina calefacta e t imposita : verbasci radicis medulla collyrii tenuitate in fistulam additor: vel aristolochiae radix, rei saccas tithymali.

LXXVIII. Similmente le fistole si vanno im pigliando per tatto il corpo, e d per colpa dd medici, i quali tagliano male. Il loro rim edio la centaurea m iaore, aggiugnendovi collirii eoa mele cotto : il sugo della piantaggine infuso, e il cinquefoglio col sale e col mele : il ladano col castoreo : il cotiledone con midolla di cervo po stavi su calda : la midolla della radice del verba sco, sottile in foggia di collirio, messa nella fisto la, ovvero la radice dell* aristolochia, o il sago del titimalo.
C orteo
lb bacco lte b l e d o eb zsb.

Ad c o l l e c t i o n e s ,

e t d u ritia s .

LXX1X. Collectiones inflammationesqne sa nant argemoniae folia illita. Daritias et collectiones omnes verbenaca, vel quinquefoliam deco ctam in aceto : verbasci folia vel radix, hyssopum e vino impositam: acori radix, decocto ejns herbae fovealibus : aizoara. Item qoae contusa sint, daritiasque el sinas corporis, illecebra. Omnia infixa corpori extrahant, foiia tussilaginis, daucum, semen leontopodii tritam in aqaa cum polenta.

Suppurationibus Im ponantur pycnocomi folia trita cara poleota, vel semen: item orchis. Yitia, qoae sint in ossibos, satyrii radice imposita, effi cacissime sanari dicantur. Nomae et collectiones omnes foco maris, priusquam inarescat. E t alceae radix collectiones discutit.

LXXIX. Le foglie dell* argemonia impiastrale guariscono gli eofiati e le raccolte. La verbenaca, o il cinquefoglio colto nel l'aceto, guarisce le du rezze e le raccolte : ci par faano le foglie o la radice del verbasco, lo issopo ool vino, la radice dell' acoro, fomentando con la sua decozione, e il semprevivo. Le parti che fossero ammaccale, le durezze e le cavit delle pieghe si risana eoa l'erb a illecebra. T atto ci e h ' fitto nel corpo tirano fuori le foglie della tassilagine, il daaco, il seme del leootopodio pesto in acqua con la polenta. Sulle aposteme si pongono le foglie del pienocorno pesle con la polenta, ovvero il soo seme, e 1' orchi ancora. La radice del satirio ha gran virt di guarire ogni dilTetto dell' ossa. Le piaghe che impigliano, e tutte le raccolte, si guariscono eoi foco del mare, prima che si secchi. Aoche la radice dell' alcea risolve le raccolte.
C orteo
le cotture.

Ad

a m b u sta .

LXXX. Ambusta sanantur plantagine, arctio, ita u t cicatrix fallat. Folia ejos in aqaa decocta et contrita illinaotar : radices cyclamini cum aizoo : herba ipsa hyperici, qaod corion appel la i nn as.

LXXX. Le eottnre si guariscono con la pian taggine, e oon l ' arlio, in modo ehe la margine non si vede. Le foglie sue cotte nell' acqua e peste s ' impiastrano : fanoo lo stesso effetto le radici del ciclamino col semprevivo, e l'erba dell'iperico, che noi chiamammo corio.
C orteo
i l v a l e d e r b e v i b i d o l o s i a t ic o l a b i .

d n e k v o s e t a r t ic u l o s .

LXXXI. Nervis et articulis convenit plantago trita cnm sale : argemonia tusa ex melle. Peuce dani sacco perungantur spastici, tetaoid. Nervo rum duritiae aegilops socco, doloribus erigeron ex aceto illinitur. Epi thymo spastids, et opisthotonicis perungi : semine hyperid, quod coris vocator, idemqae bibere prodest. Phrynioa dicitur etiam abscissos sanare nervos, ri oonfe-

LXXXI. A 'nervi e alle giunture utile la piantaggine pesta col sale, e l argemonia pesta col mele. Gli spastici e i tetanaci s ' ungono col sago del peacedano. Alle durezze de'nervi alile il sago dell* egilope, e a' dolori lo eriger con l'aceto. L' epitimo guarisce lo spasimo, e a' nervi che contraendosi si ripiegano al contra rio alile la sua arnione : tali effetti fc pure il

5;3

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXVI.

5 ;4

slim im ponatur trita vel mansa. Spasticis, tre mulis, opisthotonicis, alceae radix kibilar ex sqaa m o k a. Sic et rigores excalfacit.

seme dell*iperico che si chiama corio, il quale giova anche bevalo. Dioesi ancora, che l erba frinio guarisce i nervi tagliati, se subito vi si mette su pesta o masticata. La radice dell'alcea con acqaa melata dassi bere agli spastici, a 'tre manti, e agli opistotonid. Cos ancora riscalda i rigori.
CoH TEO IL FLUSSO DI SANGUE.

A d s a b g u ik is p e o f l c v id m .

LXXXII. Sanguiois profluviam sistit herbae paeoniae semen rubram . Eadem et in radice vis. Cljfoenos vero, si ore sangnis rejiciatur, sive e naribus, sive alvo fluat, sive feminarum utero. Item lysimachia pota vel illita, vel naribas indi ta: itera plantaginis semen : quinquefoliam po lum el illitum : cicutae semen in nares, si inde fluat, trilu m ex aqaa inditom : aizoom, astragali radix : sistit et ischaemon, et achillea.

LXXXII. 11 seme rosso dell'erba peonia rista gna il flusso del sangue : la medesima virt ha la soa radice. La radice per del ciclamino ferma il sangue che venisse dalla bocca, o dal naso, o dall'alvo o dall' utero delle donne. Ci fa ancora la lisimachia bevuta, o impiastrala, o messa nelle nari, e il seme della piantaggine : il cinquefoglio bevuto e impiastrato : il seme della cicuta pesta con acqoa e messo nelle nari, se il sangoe viene di quivi : il semprevivo, la radice dell' astragalo, 10 ischemone e l'anchillea ristagnano tutte. D e ll'
b e b a ip p u b i, o b f e d b o , o a n a b a s i, c h e l 'e q u i s e t o , sp e c ie

Hirrim is,

s i v b e p h e d b o r , s iv b a b a e a s i s , q u a b

EQCISBTUV , GENERA 11. MEDICINAE XVIII.

a.

M e d ic i .

18.

LXXXI1I. i 3. Eqaisetura hippuris a Graecis dicta, et in pratis vituperata nobis (est autem pilas terrae, eqoioae setae similis), lienes curso rum extinguit decocta fictili novo ad tertias, quantam vas capiat, et per triduum heminis pota : unctis esculentis ante diem unum interdi citu r. Graecorem varia circa hanc opinio. Alii pinas loliis similem, nigricantem, eodem nomine appelhnt, vim ejus admirabilem tradentes, san guinis profluvia vel tacto tantum ea homine sisti. Alii hippurin, alii ephedron,alii anabasio vocant. Tradaotque juxta arbores nasci, et scandentem eas dependere comis junceis multis nigris, a t est equorum cauda, geniculatis ramulis, folia habere pauca, lennia, exigua. Semen rotandum, simile eorisndro, radice lignosa : nasci in arbustis ma xime. Vis ejus spissare corpora. Succus sanguinero e naribus fluentem inclusos sistit : ilem alvum. M edetur dysentericis in vino dulci, polus cyathis tribus. Urinam ciet: tussim, orthopnoeam sanat : item rupta, et quae serpunt. Intestinis et vesicae folia bibuntur. Eoterocelem cohibet. Fa ciant et aliam hippurin, brevioribus et molliori bus comis, candidioribusque, perquam utilem ischiadicis, et vulneribus ex aceto impositam, propter sanguinem sistendum.

LXXXIII. i 3 . L'erba equiseto chiamala dai Greci ippuri, nasce ne'prati, da noi vituperata: ella pelo della terra, simile alla setola cavallina : cotta in pentola nuova alla quantit che vi capisce finche resti la terza parte, consuma la milza de* cursori, e beesi per tre giorni, in ciascuno u n 'em in a; ma un d innanzi si vieta ogni cibo unto. Le opinioni de' Greci intorno a questa erba son divise. Alcuni chiamano con questo nome un* erba, che ha foglie simili al pino, e pende al nero ; e dannole maravigliosa virt a ristagnare 1 flusso del sangue dell'uomo, p ar ch'egli sola 1 mente sia tocco con essa. Chi la chiama ippuri, chi efedro, e chi anabasi. Dicono eh' ella nasce appresso gli alberi : salila sopra essi, ne pende gi eoo molta chioma nera quasi di giunchi, come la coda de'cavalli, con ramoscelli pieni di nodi, e poche foglie, sottili e piccole. Il seme tondo, e simile al coriandolo, e la radice legnosa : nasce massimamente sugli arbnscelli. La virt sua di condensare i corpi. Il sugo messo nelle nari ristagna il sangue, e il ventre ancora. Beendone tre bicchieri in vin dolce guarisce il male de pondi. Provoca l ' orina : sana la tosse, la ortopnea, la carne crepata, e le piaghe che im pigliano. Le foglie si beono per gl interiori e per la vescica. Guarisce quegli a quali caggiono gl intestini da basso nella borsa. Fanno eziandio an'altra ippuri con gambi pi corti,e pi morbidi, e pi bianchi, la quale molto ulile agli sciatici, non che alle ferite, ponendovela con aceto, per fermarne il sangue.

575

C. PLINII SECUNDI

5j6

E l nymphaea trita plagi* iropouitur. Peuce danum cam emine cupressi bibitur, i sangui* per os redditus est, fluxitve ab Inferiti. Sideritis tantam Tim habel, u t quamvis reoenti gladiatoris vulneri illigata, sanguinem claudat : quod facil e l ferulae cinis, vel carbo: fungos vero etiam ef ficacius, qui secundum radicem ejus nascilur.

'Anche la ninfea psth si mette sulle piaghe. Beesi il peucedano col seme del cipresso, se tl sangue esce per bocca, o viene dalle parti infe riori. La siderite ha tanta forza, che legata ad ogni ferita dei gladiatori, bench sia fresca, ne ferma il sangue : ci fa ancora la cenere o il carbone della ferula : molto pi opera il fungo che nasca appresso alle sue radici.
S t e f a it o m b l o .

S t e p h a h o m e l is .

LXXXI V. Per nares autem fluenti, et cicuta* semen tritum ex aqua iodituraque, efficax habe tu r : iern stephanonielis ex aqua. Veltonicae fa rina e lacte caprino pota, sistit ex ubere fluen tem, plantagoque contusa. Ejusdem succus vo mentibus sanguinem dalur. Ad erralicum autem radix persolatae cum axungia vetere illita pro batur.

LXXXIV. Quando esce il sangue del naso giova mollo il seme delta cicuta petto con l'acqua, e postovi su ; a cosi lo stefanomelo con Tacqui. La polvere della bettonica bevuta in b ile di capra ferma il sangue eh* esce delle poppe ; e d fa ancora la piantaggine pesta. Il sugo della medesima erba si d a coloro che vomitano sangue. Allo erratico s* impiastra la radice della persolata con sugna vecchia. Ai
v a l i de* e o t t i e s c o n v o l t i . D b l l ' e e w t a l b , i.

Ad

b u p t a e t co k to t . s a .

r y s it iia l e s , i .

LXXXV. Ruptis, convulsisque, ex alto deje ctis, cenlaurium majus, gentianae radix trita vel derocia, vel succus veltonicae, et hoc amplius a vocis aut lateris contentionibus: panaces,scordion aristolochia, pola : agaricum ilem contusis et eversis potam duobus obolis in mulsi cyathis irib u s: aut si febris sit, io aqua m ulsa: verba scum, cujns flos similis auro est : acori radix, aizoum omne, sed majoris succus efficacissime : ilem symphyti radicis decoctum : daucum cru dum. Erysithales est flore luteo, foliis acanlhi: bibitur e vino : itero charaaerops : ct in sorbitio ne irio, vel plantago omnibus modis.

LXXXV. A rotti, agli sconvolti, e a'caduti da Ito giovevole la cen(aerea maggiore, la ra<li> ce della genziana trita o cotta, o il sogo della bet tonica, e molto pi se que' mali dipendono da troppo sforzo di voce o di fianco : la paoace, lo scordio, Paristolochia, bevuta : similmente l'aga rico agli ammaccati e sconvolti, bevuto alla mi sura di due oboli in tre bicchieri di vin melalo, o se v* febbre, in acqna melala : il verbasco, il cui fiore simile a ll'o ro : la radice dell*acoro, ogni specie di semprevivo, e massimamente il sugo del maggiore : la decozione della radice del sin filo, e il dauco orudo. Lo erisiule ha il fior giallo e L faglie d acanto : beesi col vino ; e cos e la camerope : l ' irio utile a sonarlo, o la pian taggine in tutti i modi.
A lla f t i & i a s i .

A d PHTHlEIASilT.

LXXXVI. Ilem phthiriasi, qua Sylla dictator cousumplus est, nascunturque in sanguine ipso hominis animalia exesura corpus, resistitor uvae taminiae succo, aut veratri, cum oleo peruncti corporibus. Tamiuia quidem ia aceto decocta, etiam vestes eo taedio liberat.

LXXXVI. Alla flirasi, del qnal male mor Siila dittatore, e nascono nel sangue dell* uomo animali che mangiano il corpo, riparasi col sogo dell' uva taminia, o con quello dell* elleboro, ugoemlone i corpi con l olio. La uva tamioia cotta nell*acelo libera ancora le vesti da quel fastidio.
A llb
u l c e r e b a l l e p ia g h e .

Ad u l c e r a e t v u lb e x a .

LXXXYII. 14. Ulcera mullorum sunt gene rum, ac mullis modis curantur. Panacis omnium ^ n e ru m radix e vioo calido illinitur m ananti bus. Siccat privalim, quam chiroaiam diximus.

LXXXVII. 14. Sonci molte specie d*u!cere, e medicaosi in pi modi. La radice della panace d ogni sorte col vin caldo s*impiaslria a quelle che gettano marcia. Quella che noi chiamammo

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXVI. Cum meile trita tobera aperit: u k erib oiq o a, quae serpnnt, deploratis auxilio est, coni aerie flore vino temperato, omnibus modis, vel flore, vel semine, vel radice. Eadem cum polenU vetu stis vulneribus prodest. Heraclion quoque siderioo, apollinaris, psylliura, tragacantha, scordotis cum raelle purgat. Farina ejus carnes excrescen tes per se insparsa consumit. Poiemonia ulcera, quae cacoethe vocant, sanat; centaureum ma jus imparium vel illitum, ilem minoris coma deco cta vel trita, vetera quoque ulcera purgat et persanat. Folliculi clymeni recentibus plagis im ponantur. Illinitur autem gentiana ulceribus, qaae serpunt, radice tusa vel decocta in aqua ad mellis crassitudinem, vel succo : vulneribus, ex ea facilini lycium. Lysimachia recentibus plagis medetur. Planiago omnium generum ulceribus, peculiariter feminarum, senum, et infantium. Igni emollita melior, et cum cerato, crassa ulce rum labra purgat, nomas sistit. Tritam suis foliis integere oportet. Soppurationes, collectiones, sioas ulcerum, chelidonia quoque siocantur : vulnera adeo, u t etiam pro spodio utantur. Ea dem jam desperatis cura axungia imponitur. Dic tamnum pota sagittas pellit, et alia tela extrahit illita. Bibitur ex aquae cyatho foliorum obolo.

5 78

Proxime pseudodictaranom. Utraque etiam suppurationes discutit. Aristolochia quoque pu tria ulcera exest : sordida expurgat cum meile, vermesque ex trah it : itero clavos in ulcere natos, el infixa corp o ri omnia, praecipue sagittas, et ossa fracta curn resina. Cava vero ulcera explet per se. Et c u m iride recentia vulnera ex aceto. Vetera u lc era verbenaca, quinquefolium cum sale et meile. Radices persolatae, vulneribus fer ro illatis recentibus im ponuntur: folia veteribus. Cam axungia utrumque : et suo folio operitur. D a m a so n iu ro , u t in struma: folia verbasci ex aceto ant vino. Peristereos ad omnia genera, vel callosorum pntrescentium qne ulcerum facit. Ma nantia nym phaeae heracliae radix sanat. Item cyclamini ra d ix vel per se, vel ex aceto, vel cum nelle. E adem e t contra steatomata efficax, sicut ad ulcera m anantia hyssopum : item peucedanum, cni ad recen tia vulnera vis tanta est, ut squamam ossibos e x tra h a t.

P raestant hoc et anagallides, cohibentqne

chironia ha speciale virt a diseccare. Pesta col mele apre gli enfiati ; ed rim edio a quelle ulcere che impigliano, e sono gi sfidate, 000 fiore di ra me temperato eoi vino, in tutti i modi, o il fiore, o il seme, o la radice. La medesima con la polenta giova alle ferite vecchie. Il siderio eraclio eziandio, lapollinare, il psillio, la tragacaota, e Io scordoti col mele son erbe purgative. La costui polvere sparta per s consuma le earni che crescono. La poleioonia guarisce quelle piaghe ehe si chiamano cacoete, e similmente la centaurea maggiore spar sa o impiastrata ; e la chioma della minore, cot ta o trita, purga e sana ancora ie piaghe vecchie. Le foglioline del dimeno si pongono sulle piaghe fresche. Della genziana s impiastra sulle piaghe che impigliano la radice pesta, o cotta in acqoa fin che si rassodi come il mele, o il sugo : alle ferite ulile medicina il licio che si fa di essa. La lisimachia medica le piaghe fresche. La pian taggine guarisce gli ulceri di tutte le sorti, e particolarmente quei delle donne, de* vecchi e de' bambini. Ammollita col fuoco migliore, e col cerotto purga le labbra grosse per crepature, e ferma le posteme. Messa so pesta vuol esser coperta con le sue foglie. La chelidonia disecca ancora le marcie, le raccolte e le piaghe incava te ; e le ferite aneora, di modo che s'usa per ispodio. La medesima s ' adopera con la sogna a quelle ulcere che gi si tengono per {spacciate. 11 dittamo bevuto cava fuori le saette, e impiastrato cava gli altri ferri infitti nel corpo. Beesi in un bicchiere d'acqua un obolo delle sue foglie. Dopo questo c il pseudodittamo. L* uno e 1 altro leva le marcie raccolte. L ' aristolochia ancora consuma le piaghe putride, e col mele purga le brutture, e cava fuora i vermini e i chiodi nati nelle piaghe, e tutte le cose fitte nel corpo, e massimamente le saette, e l ' ossa rotte con la ragia. Per s riempie le piaghe incavate ; e con l'irid e nell'aceto risana le ferite fresche. La verbenaca guarisce le piaghe vecchie ; come pure il cinquefoglio col sale e col mele. La radice della persolata s 'adopera alle ferite fresche fatte con ferro, e la foglia alle ferite vecchie ; l ' ona e P altra con sugna, e cuopresi con le sue foglie. Il damasonio s'usa come alle scrofole ; e le foglie del verbasco eoo aceto o con vino. 11 peristereo giova agli ulceri d'ogni sorte, e a quegli ancora, che sono callosi e putrefalli. La radice nella ninfea eradia guarisce gli ulceri che colano marcia. 11 medesimo fa la radice del ciclamino di per s, o con l'aceto, o col mele. utile ancora contra gli steatomati, come l'issopo agli ulceri che gettano. Similmente il peucedano, il quale ha tanta virt alle ferite fresche, che leva agli ossi le scaglie. Fanno il medesimo effetto leanagallide,e raf-

C. PLINII SECONDI quas vocaul nomas, el rehumalismos. Cliles et recentibus plagis, sed praecipue seoum corpori. Cum cerato apostemata et ulcera tetra, folia man dragorae recentia t radix vulnera cum raelle aat oleo: cicuta cum siligine mixla m ero: aizoum herpetas quoque et nomas, ac putrescentia, sicut erigeron T e r m i nosa : recentia autem vainera astragali radix : el vetera quoque ulcera purgat hypocisthis ulraque. Leontopodii semen tritum in aqua, el cum polenta illitam, spicula sagitta rum extrahit : ilem pycnocomi semen. Tithymalos characias succo gangraenas, phagedaenas, putria, vel decocto ramorum cum polenta et oleo : orchis radices boc amplius, et caioethe ex aceto cum melle, siccae e t recentes : per se oeuothera efferentia sese ulcera sanat. Scythae vul nera scythice curant. Ad carcinomata, argemonia ex raelle efficacissima est.

58o

Vulneribus praesanatis asphodeli radix deco cta, ut diximus, trita cura polenta et illita : quibusciimque vero apollioaris. Astragali radix in pulverem trita humidis ulceribus prodest: ilem callilhrix decocta iu aqua. Privalim vero iis quae calceameuto facta si ut, verbenaca, nec non et lysimachia contrita, ac nymphaea arida infriata. Polylhrix inveteratis iisdem utilior.

frenano le posteme e i reumatismi. Sono utili an cora alle piaghe fresche, ma specialmente al corpo de* vecchi. Le foglie fresche della mandragola eoa cerotto guariscono le posteme, e gli ulceri brutti, e la radice le ferite con mele o con olio : ci l ancora la cicuta mescolata alla siligine col vino. Il semprevivo guarisce anco l'erpete, le posteme le cose putrefatte, come l'erigerone le verminose. La radice dello astragalo guarisce le ferite fre sche, e l una e 1 altra ipocisti purga gli ulceri * vecchi. Il seme dal leontopodio pesto in acqua, e impiastrato con la polenta, tira fuori il ferro delle saette ; il che fa ancora il seme del pienoco mo. Il tilimalo caracia col sago guarisce le gangrene, le fagedene e le posteme putrefalle, oppure la decozione de' suoi rami con la polenta e eoa Polio: le radici dell orchi hanno queste virt di pi, che in aceto con mele guariscono le piaghe incurabili, secche e fresche : la enotera di per s medica le piaghe che vengon faora spontanea mente. Gli Scili guariscono le ferite con l'erb a scitica. Largemotria col mele ha grandissima virt di guarire le piaghe infistolite. La radice dello asfodelo cotta, come abbiamo detto, pesta con polenta e impiastrata guarisce le ferite avanti curate; ma Tapollinare le guarisce tutte. La radice dell* astragalo pesta in polvere giova alle piaghe umide ; e cos fa ancora la callitrice cotta uell'acqua. La verbenaca guarisce specialmente gli scorticati prodotti dai calzari, e aucora la lisimachia pesta, e la ninfea secca frauU. La politrice pi utile alle medesime piaghe in vecchiate.

POLYCHEMOS, I.

D el

p o l ic k e m o r b ,

i.

LXXXV1II. Polycnemon cunilae babulae similis est, semine pulegii, surculosa, multis ge niculis, corymbo odorato, acri et dulci odore : ferro (actis vulneribus commanducata imponitur, quinio die solvitur. Symphyton ad cicatricem celerrime perducit: item sideritis. Haec imponi tu r ex melle. Verbasci semine ac foliis ex vino decoctis ac tritis omnia corpori infixa extrahun tu r: item mandragorae foliis cam polenta : cycla mini radicibus cum melle. Trixaginis folia in oleo contrita iis maxime adhibentur ulceribus, quae serpu n t:et alga in melle trita. Vettonica ad carcinomata, et melanias veteres, addito sale.

LXXXVIII. Il policnemone simile alla cunila bubula : ha il seme come il puleggio, feslueoso, ha molti nodi, ha coccole odorifere di odor forte e dolce : mettesi masticata sulle ferite latte col ferro, e il quinto d si leva via. II siofito conduce prestissimo alla margine, e la siderite ancora. Questa si pone col mele. Col seme del verbasco e con le foglie colle col vino e peste si cavan fuori tutte le cose fitte uel corpo : ci fanno ancora le foglie della mandragola con polenta, e le radici del ciclamino insieme col mele. Le foglie della trissagine peste nell'olio s'usano massime a quelle piaghe che impigliano; e cos l'alga pesta nel mele. La bettonica utile alle piaghe infistolite, e alle raelanie vecchie, aggiuntovi il sale. A LEV AB
VIA LB VER BUCHE, E RISANARE LB CICATRICI.

Ad v e r b v c a s

t o l l e n d a s , b t c ic a tric & s s a v a b d a s .

LXXX 1X. Verrucas tollit argemonia ex aceto, vel batrachii radix, quae el ungues scabros aufert.

LXXX1X. Levano i porri, l ' argemonia con laceto o la radice dell' erba raanucchiaia delta

58i

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXVI.

5Sa

Linozoslidis tttriusque folia, *d sncco* illitos. Tilhymali omnes genera verrucarum omnium : itera omnia pterygia, varosque tollunt. Cioatrices cam elegantia ad colorem reduci! ladanara. Arte* raisiam t elelisphacum alligatas qai habeat rialor* negalnr lassitudinem sentire.

baimeli io. Ia qoale leva via aneora Pugne scabro se. Ci fanno similmente le foglie dell'una e Paltra linozoslide, o il sago impiastrato. Tutti i titimali levano i porri di ogni sorte, e le pellici* ne che si sfogliauo intorno all' unghie, e ancora i vaiuol. Il ladano riduce le margine benissimo al vero colore. Dicchi che chi porta addosso Partemisia e l'elisfaco per viaggio, non sente mai stanchezza. Al VALI D IL L I DOME. XC i 5. A guarire le infermit delle donne st d generalmente il seme nero dell* erba peonia con aequa melala. La medesima virt ha la radice per muovere i menstrni. 11 seme della panace con assenzio muove i menstrui e 1 sudori : e cos fa lo scordoti, beeudolo, o impiastrandotelo sopra. La beitonica si bee eonira tutti i mali delle matrici alla misura d' una dramma con tre bic chieri di vino* e contra que mali che vengono dopo il parto. L'erba chiamala achillea, appiccan dola, ferma 1 troppi menstrni, e la sua decozione li ferma a quelle che vi seggono sopra. Il seme del giusquiamo col tino si mette in stille poppe $ e della radice si fa empiastro sul luogo. Si mette in sulle poppe ancora la chelidonia. Le radici della panace ponendole alla matrice' tirano fuora le seconde che si sono ferme, o i parli morti ; e la pansce stessa bevuta col vino e postavi su co! mele porga le matrici. La polemoaia bevuta col vino, caccia fuora le seconde, e con l'odore purga le matrici. Il sugo della centaurea minore been dolo, e fomentandolo, muove i menslrui. La radi ce ddla maggiore ne* medesimi modi giova nei dolori della matrice ; e vadendola e ponendovela sopra, cava fuora i parli morti. La piantaggine si pone in lana nel dolore della matrice, e beesi nella soffocazione. Ma il dittamo ha bene grandissima virl, perciocch egli maove i menstrni, e tira fuora i parti morii o intraversati : beesi con l ' acqoa an obolo delle foglie ; la qual bevanda ha tanta virt in queste cose, che non si porla pure nelle camere delle donne gravide. N solamente ha virt beendone, ma ancora facendone profumo, o mettendone sul luogo. Dopo esso il pseudodittamo, il quale per vuol essere cotto col vino a peso d un denaio per muovere i menstrui. L'aristolochia giova io molti modi, perciocch' ella mnove i menstrui e le seconde, e tira faora i part morti, grugnendovi mirra e pepe, beendola, o metten dola sul luogo. Ritorna ancora al sao Inogo la matrice che fosse uscita fuori, beendola, o po nendola , o facendone profumo , specialmente s ' e s s a tenue e sottile. Tre oboli d'agarico in un

Ad

HtLiBBfn Hoatos.

XC. 5. Maliebribos morbis medetor mafcime io universum paeoniae herbae semen nigrum ex aqaa mulsa. Eadem et in radice vis menses ciet : panacis semen cum absinthio menses et sndores: scordo!is pola et illito. Vettonica drachma in tioi eyatbis tribas bibitur contra omnia Vulvaram vitia, ant quae a partu fioot. Menses nimios sistit achillea imposita, et decoctum ejus insiden tibus. Mammis imponitur hyoscyami semen ez vino : lods radix e cataplasmate : et mammis etiam chelidonia. Secandas morantes, vel parius emortuos, radices panacis adposilae extrahant. Ipsam panaces in vino potom vulvas purgat, adpositumque cum meile. Poiemonia pota ex vino secandas pellit: nidore corrigit vulvas.. Centaurei minoris saccas pota, fotuqae menses eiet. Item majoris ra d it, in vulvae doloribus iisdem modis prodest. Derasa vero et adposita* ex trabi t partas emortuos.

Plantago adponitnr in lana in dolore vulvae: in strangulata bibitar. Sed praecipua dictamno vis est. Menses ciet, partus emortuos vel trans versos ejicit : b ibitur ex aqoa foliorum obolo, adeo ad baec efficax, nt ne in cubienlum quidem praegnantium inferatur. Nec potu tantum, sed et illitu, et suffita valet. Proxime pseododictamntim. Sed menses ciet cum mero decoctum pondere de narii. Pluribus tamen modis aristolochia prodest: Sim et menses, et secundas d et, et enoorltos partus extrahit, myrrha et pipere additis, pota, vel subdita. Vnlvas qnoque procidentes inhibet foto, T e l soffila, vel subjecta, maxime tenuis. Strangulatum ab his, mensiumque difficultatem, agaricum trib as obolis ia vini veteris cyatho po tam, emendat : peristereos adposita in adipe suillo recenti : antirrhinon cum rosaceo et meile. Ilem adposita nymphseae thessalae radix, dolori medelar. Ia vino nigro pota profluvia inhibet.

583

C. PLINII SECUNDI

58*

E d ire n o d e l cyclamini radix pota et ad posita. E t vesicae insidentium dacocto medetnr.

Secandas pola cissanthemos pellit, vulvam sanat. E xiphio radix superior menses ciet, dra chma ex aceto pota. Peucedanum strangulatus vulvae nidore ustum recreai: mensec albos prae cipue psyllium drachma in cyathis Iribus aquae mulsae ciet: semen mandragorae potum vulvam purgat. Menses ciet succus adpositos, et emortuos partus. Nimia rursus profluvia sistit semen cum vivo sulphure : contra facit batrachion potu vel cibo, ardens alias, ut diximus, cruda. Sed cocta commendatur sale, et oleo, ct cumino. Daucum e t menses et secundas potu facillime pellit. Lada num suf(ilu corrigit vulvas : dolori earum exuleratisque imponitur. Emortua scammonium pellit, potum vel adpositum. Menses ciet bypericum utrumque, adpositum. Ante alia vero, ut Hippocrati videtur, crethmos e vino, semine vel radice : cortice trahit et secundas : succurrit et strangulationibus ex aqua pota : ilem radix e ge ranio peculiariter secundis, inflationibusque vul varum conveniens: purgat hippuris pota et adposita vulvas. Polygonus pota menses ciet, et althaeae radix. Folia plantaginis pellunt, item agaricum ex aqua mulsa.

Artemisia vulvae medetur trita, ex oleo irino, aut fico, aut cum myrrha adposita. Ejusdem ra dix pota in tantum purgat, ut partus enectos extrahat. Menses et secundas ciet ramorum de coctum insidentibus : item folia pota drachma. Ad eadem omnia prosunt vel imposita ventri, immo eum farina hordeacea. Acoron quoque utile est interioribus feminarum morbis, et co nyza utraque, el crethmos. E t anthyllides duae vulvis utilissimae, torminibusque, secundarum morae, in vino potae. Calliihrix fotu medetor, albogines in capite tollit, capillos inficit oleo trita. Geranion in vino albo polum, hypocisthis in rubro, profluvium sistunt. Hyssopum suffocatiooes laxat. Radix verbenacae pota ex aqua, ad omnia in parta aut ex partu mala, prestantissi ma est. Peucedano quidam miscent in vino nigro

bicchier di vin vecchio bevati dopo le delle erbe giovano contro la soffocazione della nutrice, e la difficolt de* mesi : cos fa il peristereo ib sovi su con grasso di porco fresco, e lo antirrioo con rosato e con mele. La radice delta ninfei tessala, e postavi su, leva via i dolori. Bevati in vin nero ristagna il flusso. Per lo contrario li radice del ciclamino pesta e bevuta gli muove; e cotia guarisce la vescica a chi vi segga sopra. Il cissantemo bevuto manda fuora le seconde, e guarisce la matrice. La radiee superiore del si fio muove i menstrui, beeudone una drammi in aceto. Il peucedano, ardendolo, con l'odore ricrea la soffocazione della matrice. Il psillio, piglian done una dramma in tre bicchieri d'acqui m ela* ta, ottimo a' menstrui bianchi : il seme della mandragola, beendolo, purga la matrice. Il sago poitovi sopra maove i raenstrai, e lira faori il parto morto. Il seme eoi zolfo vivo arresta i troppi flussi: il contrario fa l'erb a ranocchiaia detta balrachio, o in bevanda o in cibo, quella stessa che cruda ba virt caustica, siccome dicem mo : per commendata cotta con sale, olio e cornino. 11 dauco bevuto facilissiroamenle muore i menstrui e le seconde. 11 laudano io profumo corregge la matrice, e ponsi addolori d'essa, e alle scorlicaziuni. La scamonea bevuto, o postavi sopra, manda fuora i parli morti. L'uno e l'aliro iperico postovi muove i menstrui. Ma sopra ogni altra cosa, come tiene Ippocrate, n* utile il seme,o la radice del cretmo con vino : la corteccia lira fuora altres le seconde, e soccorre alle soffocazioni bevuta con l acqua. La radice del fermio particolarmente accommodata alle seconde, e alle infiammagioni delle matrici. La ippuii **' vuta, e postavi sopra, purga le matrici. La poi'* gonia bevuta muove i menstrui, e cos fa ancora la radice dell* altea. Le foglie dalla pianlagpnf* e l*agarico con l'acqua melata, gli spingon fuori. L artemisia pesta medica la matrice, posi* sa con olio irioo, o con fico, o con mirra. La radice della medesima bevuta pnrga di tal maniera, che cava fuora i parti morti. La decozione de* rami1 chi vi siede sopra muove i menstrui e le seconde; e cos le foglie, beendone ana dramma. Poste sol corpo giovano a tolte le medesime cose,emegl>* con farina d* orzo. L acoro anch* egli olile ili* malattie interiori delle donoe, e l un *l,ra coniza, e il cretmo. Anche le due antfllide bevale nel vino tono utilissime alle matrici, a'iormini, e a trar fuora le seconde che si sono ferme. L* calitrice medica con la fomentazione, le** ^ * bugini nel capo, e fa neri i capegli trit coa l'olio. Il geranio bevuto nel vin biioco, el 'P0* cisti nel vermiglio fermano il fluiso. Lo allarga le soffocazioni. La radice della verbeoacs

5*5

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXVI.

586

seinen copresti contritura. Nam semen psyllii defervefactum io aqua, quam intepuit, epiphoras omnes oleri leoit. Symphytoa Iritum io viuo uigro evocat menses. Partas adcelerat scordo t is pota, drachma socci ia aqaa mulsa cyathis quatu o r : dictamni folia praeclare daator ex aqua. Constat aaias oboli pondere, vel si inori ui siut in utero infantes, protinas reddi siae vexalioue poerperae. Similiter prodest pseudodic tamnum, sed lardias : cyclamioos adalligata : cissauthemos pota : item vettouicae farina ex aqaa mulsa.

bevuta con T acqua utilissima a tutte le infer mit prodotte dal parto. Certi mescolano eoi peacedaoo nel vin nero il seme del cipresso pesto ; perocch il seme del pallilo bevuto nell* acqua, quando intepid mitiga ogni epifora d rll utero, llsinfito pesto nel vin neve tira fuora i menstrui. Una dramma di sago di scordati bevuto in quat tro bicchieri d acqua m e lta affretta il parlo : le foglie del dittamo si danno con bello effetto uellacqoa. Trovasi che tali foglie a peso dun obolo, quando bene fosse morto il parto, subito il fanno ascire senza dolore della donna. Giova similmen te il pseudodittamo, ma pi tardi : il ciclamino legandogliele addosso : il cissantemo bevuto, e la polvere della bettonica con acqua melala.
D
b ll * absbvooobo,

Aanifoooiroir, i.

T h b l y g o r o r , i.

t. D

b l t b l io o b o , i .

XCI. Arsenogonon et thelygonon herbae snnt habentes ovas floribas oleae similes, pallidiores tamen, semen albam papaveris modo. Thelygoni polo feminam concipi narrant. Arsenogonon ab ea temine oleae, nec alio distat. Hujus potu mares generari perhibentor,si credimus. Alii ulramque ocimo similem tradant. Arseaogoai autem semen geminam esse testibus simile.

XCI. I/O arsenogono e il teligono son erbe, che fanno uve simili a* fiori dell* ulivo, ma pi pallide, e il seme bianco al modo del papavero. Dicooo che beendo il teligono s* ingenera fem mina. L* arsenogono differente da quello nel1 aver il seroe simile all olivo, e non in altro. * Dicono che beendo d* esso s* ingenera maschio. Altri dicono che amendue queste erbe sono simili al basilico, e che il seme dell*arsenogono dop pio, e simile a* testicoli.
D
b l m a sto s.

M asto s.

XCI1. Mammaram vitiis eizoam, quod digi tellum appellavimus, onice medetur. Erigeron ex passo mammas uberiores facit : sonchum in farre coctnm. Qaae vero mastos vocatar, illita, pilos mammarnra e parta aasceatiam aufert, et testas in facie, aliaque cutis vitia emendat. Gentiana, nymphaea heraclia illita, cyclamini radix, maculas omnes. Cacaliae grana cerae liquidae exten dunt cutem in facie, eragantqae : vitia omnia acori radix em endat

XC 1I. II semprevivo, il quale chiamammo digitello, guarisce mirabilmente i difetti delle poppe. Lo erigerone col vin cotto empie le poppe di latte ; e cosi il sonco cotto nel farro. L* erba chiamata raaslos, impiastra, leva i peli delle poppe, che nascono per lo parto, le durezze rilevate che veogono sulla faccia, e altri difetti nella pelle. La genziana, la ninfea eraclia impiastrata e la radice del ciclamino levano ogni macchia. Le granella della cacalia mescolata con cera liquida disten* dono la pelle, e levano le grinze. La radice delI* acoro corregge ogni difetto.
A TIHGBBB I CAPELLI. LISIMACHIA. D
b l l o PB I,

An

c a p i l l o s - L y s im a c h i a .

O ra ir s ,

t.

I.

XCIII. Capillom lysimachia flavam facit : de* aigrat bypericon, qaod t corioa vocatur. Item ophrys herba denticolato oleri similis : Miis duobus. Nigritiam dat et polemonia, in oleo decocta. Psilothrum nos quidem in mulieri* bos medicamentis tractamus : verum jam et viris est in uso. Efficanssironm autem habetur archeiostis: item tithymali succo, vel in sole cum oleo illito creb ro , vel evolsis pilis. Quadrupedam scabiem sanat hyssopara ex oleo, suum anginas peculiariter sideritis. Verum et reliqua genera herbarum reddamus.

XCIII. La lisimachia fa i capelli biondi : I*ipe rico, eh chiamato ancora corio, li fa oeri. Cosi fa l*erba ofri, simile al cavolo dentico lato, eoa dae foglie. La poiemonia aocora gli fa neri cotta nell* olio. Del psilotro gi noi ragio niamo nelle medicine delle donne, ma I* asano eziandio gli aotnioi. tenato utilissimo l'arrhe* zoste. Adoperasi del pari il sago del titimalo, o impiastrato spesso eoa Polio al sole, o dove i peli furono svelti. Lissopo con Polio guarisce la scabbia degli animali quadrupedi ; e la siderite peculiarmente gli stranguglioni de* porci. Ma ragioniamo ora dell altre specie dell* erbe.

C. PUNII SECUNDI

HISTORIARUM MUNDI
LIBER XXVII
RELIQUA GENERA HERBARUM, E T MEDICINAE.

-----------------

A u tiq o o ro m c ib c a h a e c c c e a .

D e l l a c o h a d e g li a h tic h i c ie c a

in i.

1. i. v Jrcat profecto apud me certe tractata ipso admiratio antiquitatis: qaantoque major copia herbarum dicenda restat, tanto magis ado rare prisco n i in ia inveniendo curam, in traden do benignitatem subit. Nec dabie superata hoc modo possct videri etiam rerum natorae ipsius munificentia, si humaui operis esset inventio. None vero d eoram fuisse eam apparet, aut certe divinam, etiam quom homo inveniret : eamdemqoe omniom parentem et genuisse haec, et osten disse, nullo vitae miraculo majore, ai verum fa teri volumus. Scythicam herbam a Maeotis paludibos, et euphorbiam e monte Atlante ultraqae Herculis columnas : et ipso rerum naturae defe cta, parte alia brittauicam ex Oceani insulis extra terras positis, itemqoe Aethiopidem ab exnsto tideribos axe: alias praeterea aliunde ultro citroqoe humanae saluti in toto orbe portari, immen Romanae pacis majestate, non homines modo diversis iuler se terris gentibdsque, verum etiam montes et excedentia iu nubes.juga, partosque eorum et herbas qooque invicem osten tante. Aeternum qoaeso deorum sit munus iitud. Adeo Romanos, velut alteram locem, dedisse reImu humanis videntur.

I. i. V eramente quanto io tratto pi di tal cose, pi cresce appresso di m ela maraviglia del) antichit : e quanto maggiore abbondanza di erbe rimane a dire, tanto ho in maggior ve nerazione la cura degli antichi nel trovarle, e la benignit nel dimostrarle. N c dubbio alcuno che per questo modo potrebbe parer vinta la mu nificenza della natura medesima, se la invenzione loro si potesse attribuire solo ad opera umana. Ma ora si vede chesaa vuoisi attribuire agli dei, o almeno che fu opera divina anche quando l ' uo mo le ritrov, e che la stessa causa, d'ogni cosa produttrice, gener quest'erbe e le dimostr, per on miracolo, a dire il vero, il maggiore che potessero vedere gli uomini. L 'erba scitica si trae dalle paludi Mediche, a la euforbia dal monte Atlante e da oltre le colonne d' Ercole : in altra parte, l dove pare che la natura manchi d ' influi re, l ' erba britannica si trae dalle isole dell' Ocea no situate oltre i confini della terra, e l'etiopida dalle parti riarse del mondo ; ed altre molte, che siccome quelle si portano innanzi e indietro per lutto il mondo a salute della umana vita. 11 che si dee pur ripetere da quella vastissima pace che gode l ' impero Romano, perocch per essa dato a conoscere non solameote gli uomini di diverse

G. PUN II SECONDI terre e nazioni, ma i monti eziandio e i gioghi che s ' alzano fin tra le nuvole, e le produzioni ed erbe Io so. Piaccia agli dei, che questo lor dono sia eleruo. E certo par bene eh essi abbiano mes so i Romani al mondo come per n n ' altra luceAcOHITDM, ITE THELTPHOIfOH, SltB C aM A O , SITE T MHH PARDAL1AHCHES, SIVE SCORPIOH : M D CIH B IV. K1 A
D e l l ' a c o w ito ,

te lif o w o , ca m m a ro , p a r d a l i a r

c h e , o SCORPIOHE, MBOICIH. 4*

II. a. SecI antiquorum caram diligentiamqae li. a. Ma chi potrebbe mai lodare abbastanza la cura e diligenza degli antichi, trovandosi che quis possit satis venerar, quam eonslet omnium Tenenorum ocissimum esse acooilum : et lactis l aconito prestissimo sopra tutti gli altri veleni, qaoqae geniIalibas femioiai sexas animalium e che se tocca i membri genitali di qualunque eodem die inferre m o r t e m ? Hoc fuit v e n e n u m , animale di sesso femminino, il d medesimo 1 uc * qno interemptas dormientes a Calpurnio Bestia cide ? Questo fu il veleno, col quale Marco Ceciuxores M. Caecilias accusator objecit. Hinc illa lio accus Calpurnio Bestia che egli uccidesse le mogli mentre che elle dormivano. Di qui ebbe atrox peroratio ejus in digitum. Qrlum fabulae o a r r a T e r e e spamis Cerberi canis, extrahente ab origine quella sua terribile perorazione del dito. Inferis Hercale, ideoqae pad Heracleam Ponti- Dicono le favole, ehe questo veleno nacque dalla cam, ubi monstratur is ad inferos aditus, gigni. schiuma del can Cerbero, quando Ercole Io tir Hoc quoque tamen in usus ba manae salutis verfuor dell'ioferno ; e per ci nasce in gran quan tere : scorpionum ictibus adversari, experiendo tit ad Eraolea di Ponto, dove si mostrano le ca datam in Tino calido. Ea est natura u t hominem verne, per le quali egli and all inferno. Nondi occidat, nisi invenerit quod in homine perimat. meno ancora questo veleno s ' convertito in uso Cum eo solo colluctator, T e l u t pari intus invento. dell'umana salute, intendendo per esperienza, Sola haec pogua est, qaam venenum in visceri che l ' aconito preso in vin caldo spegne il veleno bus reperii : roirumque, exitialia per se ambo del morso dello scorpione. La sua natura ducci quum sint, duo T e n e n a in homine commoriun dere 1 uomo, se non ritrova in esso altra cosa da tur, ut homo supersit. Immo vero etiam ferarum uccidere. Con ci solo combatte, come s egli remedia antiqoi prodiderant, demonstrando quo avesse trovato dentro un suo pari. Questa batta* modo venenata quoque ipsa sanarentur. glia quando egli truova il veleno negl interio ri; ed maraviglia che essendo amendne questi ve leni di per s mortiferi, amendne si muoiono nell ' uomo, perch l ' uomo viva. Di pi, gli antichi hanno ancora trovato i rimedii delle fiere, dimostrando pur come le cose velenosa si possauo sa nare. Torpescunt scorpiones aconiti tacto, stupentGli scorpioni rimangono senza sentimento, qoe pallentes, et vinci se eonfitentur. Auxiliatur quando son tocchi dall' aconito, e pallidi si danno his elleborum album, tactu resolvente : ceditqoe per vinti. Ma s'essi toccano l ' elleboro bianco, son aconitum duobus malis, suo et omninm. Quae si liberi ; e l ' aconito la perde con doppio danno, e quis ullo forte ab homine excogitari potuisse di s e di tolti. Che se alcuno si desse a crederei credit, ingrate deorum munera intelligit. Tan che abbia potuto trovar l ' uomo queste cose, gunt carnes aconito, necanlque gastatu earum aTrebbe ingrata e falsa opinione de' doni degli dei. 1 cacciatori gettano alle pantere carni intrise pantheras : nisi hoc fieret, repleturas illos situs. Ob id qaidam pardalianches appellavere. At illas di aeonilo, perch esse gustandole subito si muo statim liberari morte, excrementorum hominis iono : se ci non fosse crescerebbero a dismisura. gustu, demonstratura.Quod certe casu repertum Per questo alcuni Io appellano pardalianche. Non quis dubitet? et quoties fiat etiam nane ut n o T u r a dimeno egli dimostrato che se mangiano deUo nasci ? quoniam feris ralio et nsus inter se tradi sterco umano, elle si liberan dal pericolo di mo non possit. rire. Or chi dubiter che ci non sia stato tro vato a caso ? e che ogni Tolta ehe lo fanno, come nnovo trovato ? perch le fiere n per ragione, n per esperienza lo posson mostrare tra loro. 3. Hic ergo casas, hic est ille, qni plurima in 3 . Questo dunque il caso, questo quel d io , Tita invenit dens. Hoo habet nomea, per quem che nella vita umana ha trovato Unte cose. T ale

59>

HI STORIARCI* MUNDI LIB. XXVII.

S tf

in ld lig ilu r adem el parens rerum omnium el m agistra -natura, utraque conjectura pari, si ve i*ta q u o lid ie feras invenire, sire semper scire judiem a. Pudeodom que rursus, omnia animalia, quae sin t salutaria ipsis, noase, praeter hominem. Sed m ajores oculorum quoque medicamentis co ni lum misceri saluberrime promulgavere: aperta professione malum qoidena nullum esse sine ali* quo bono. Fas ergo nobis erit, qui nulla diximus venena, m onstrare qoale sit aconitum, vel de prehendendi gratia.

Folia h abet cyclamini aut cucumeris, non plura quatuor, b radice leniter hirsuta. Radicem modicam cam au ro similem marino. Quare qui dam cammaron appellavere, alii tbelyphoooo, ex qua diximus causa. Radix incurvatur paullum scorpionum modo, quare et scorpion aliqui ap pellavere. Nec defuere, qui myoctonon appellare mallent, quoniam procul et e longinquo odore mores necat. Nascitur iu nudis, cautibus, quas acaoas nom inant.E t ideo aconitum aliqoi dixere, nullo juxta, ne pulvere quidem nutriente. Haoo aliqui rationem nominis attulere. Alii quoniam vis eadem in m orte etset, qnae cotibus ad ferri aciem deterendam, statknque admota velocitai sentiretur.

il nome di quel dio, per Io quale intende che la slessa natura i madre ad un tempo e maestra di lutle le cose ; e gii ne sta la congettura, sia che giudichiamo che le dette fiere ripetano ogni di quel ritrovato, sia che crediamo che n abbiano sempre la cognizione. Per abbiano noi bene da vergognarci, che tutti gli animali conoscano le cose a loro utili, fuor che l ' nomo. Ma tornando a proposito, gli antichi ordinarono che l ' aconito si mescolasse nelle medicine degli occhi, non senza grande utilit ; il ehe chiaramente dimostra, come non c' male alcuno, cbe non abbia in s qualche cosa di bene. Sar dunque lecito a noi, i quali non abbiam detto dalcuna cosa velenosa, mostrare che cosa sia lo aconito, almanco per sa perlo conoseere. Egli ha le foglie di ciclamino o di cocomero, non pi che quattro, le quali nascono sulla radice, e sono morbidamente pilose. Ha poca radice, si mile al gambero marino. Epper alcuoi 1 hanno * chiamalo gambero, e alcuni telifoao, per la ra gione che abbiamo detto. E siccome la radice ' piega un poco a modo di scorpione, perci alcu1 1 10 chiamarono scorpione. Ci sono anco stati alcu ni che 1 hanno chiamato miottono, perch di * lontano col suo odore uccide i topi. Nasce su pietre ignude, le quali si domandano acooe ; e perci, secondo alcuni, s ' chiamato aconito. Pres so di s non ha pure uo poco di polvere, non che terra, che lo nutrisca. E questa secondo alcuni la cagione del suo nome. Altri dicono eh* egli cos chiamato perch ha quella medesima prestez za io dare altrui la morte, che ha la cote iu dare 1 t a f lio al ferro ; perocch come a* preso se ne 1 sente di subito la sua velocit.
D b l l ' B T io r iD i, 4*

A e t h io p is ,

iv .

111. 4 L etiopida ha le foglie simili al Ho 111. 4*Aethiopis folia habet phlomo similia, mo, le quali vengono dalla radice, grandi, molte m agnaci multa, et hirsuta ab radice. Caulem e pilose. Il suo gambo quadrangolo, ruvido, siquadrangulum, scabram, similem arctio, multis mila all arlio, ramoso e vto. 11 seme simile a ooncavom alis : semen ervo simile, candidum, quello della rubiglia, bianco e doppie. Ha molte geminum : radices numerosas, longas, plenas, radici, langhe, piene, pieghevoli e paniose a gu olfe*, glutinosus gustu. Siccae nigrescool, dustarle. Come son secche nereggiano, e acquistano nnturque, u t cornua videri possint. Praeter tale sodezza, che paiono corna. Oltre che in Etio Aethiopiam nascuntor et in Ida monte Troadis, pia, nasce nel monte Ida di Troia e in Messenia. et in Messenia. Colliguntur anlumno, siccantor Cogliesi l'autunno, e seccasi al sole alcuni di sole aliqoot diebus, ne situm sentiant. Meden perch non mnffi. Bevuta in vin bianco guarisce tor vulvis potae in vino albo, ischiadicis, pleuri la matrice. La sua decozione si d a bere agK ticis, faucibus scabris, decoctae potu dantnr. Sed sciatici, a pleuritici e alla scabrezza della gola. qaae ex Aethiopia venit, eximia eit, atque illico Ma quella che viene d ' Etiopia ottima, e subito prodest. giova.

C. PLINII SECONDI Ao iu t m , i t .
D el l '
is iu t o

, 4*

IV. Ageraton f e r u l a c e a est, Inorimi pakao- IV. L*agoraio ferulacea, alto due p a i , si mile all* origano, e nel fiore ha erte bolle gialle. rem a l t i t u d i n e , o r i g a n o similis, flore bullis au L odore di quest* erba, quando ella arde, muove reis. Hujus uslae n i d o r u rusam c i e t , T u l v a s q u e l orina, e purga la matrice, e maggiormentes purgat, taoto m a g is i n s i d e n t i b u s . Causa n o m i n i s , quelle donne che t seggono sopra. E osai chia q u o n i a m d i u t i s s i m e n o n m a r c e s c it . mato, perch dura assai, ohe non marcisoe. Atott, xxix. Dell*aloe, 99.

V. Aloe scillae similitudinem habet, major, et V. L aloe somiglia la cipolla squilla, se non pinguioribus follia, ex obliquo striata. Caulis eh* maggiore, e ha foglie pi grasse, le quali sono striale a traverso. Il gambo suo tenero, ejus tener est, rubeas medius, non dissimilis antberico : radice una, ceu palo, in terram demissa : rosseggia nel mezzo, ed simile allo enterico. g r a T i odore, gustu amara. Laudatissima ex India Ha una sola radice, fitta in terra a no- dipelo, adfertar, sed naseitur et in Asia : non tamen ea dodor grave e di sapore amaro. Il migliore tiene utuotur, nisi ad Tulnera recentibus foliis : miri dindia, ma nasce ancora in Asia : non per Posa fice e n i m conglutinat, T e i succo. Ob i d in turbi no, se non quando ha le foglie freaehe : allora nibus cadorum e a m serunt, u t aizoura majus. utile alle ferite, perciocch ma ra Tigliosa nenie ri Quidam et caulem ante maturitatem seminis inci salda, pur col sugo solo. E perci lo tengono nei dunt succi gratia, aliqui et folia. InTenilur et per testi o pitali, come il sempreTTo maggiore. Atenni se lacryma adhaerens. Ergo p a T i m e n l a n d u m , n b i ancora tagliano il gambo innanzi-ohe il seme a l sata sit, censent, ut lacryma non absorbeatur. luri, per ricorre il sago ; e alcuni altri anche In Fuere, qui traderent in Judaea super Hierosoly foglie. Truorasi ancora in esso la lagrima ebe vi ma metallicam ejus naturam : sed nulla magis pende da s. Il perch gli fanno il pavioMUte lotte, improba est, neque alia nigrior est, aut humi* acciocch quando essa cade, la terra non la soesi d io r. Dicono alconi, che in Giudea sopra Geroeolina ai tru o T a in caTa, come i metalli ; ma nessun alt specie peggiore, n pi nera, n pi oaaettosa. E rit ergo optima pinguis ac nitida, rufi co Ottimo dunque il grasso e lucente, di color loris, (riabilis, ac jocineris rooJo eoaola, facile rossigno, che si pu tritare, che sta rappreso s liquescens. Improbanda nigra et lura, arenosa modo di fegato, e che facilmente si liquefa. 1 1 quoque, quae et guslu intelligitur. Gummi aduU contrario del nero, duro e arenoso, il quale si teratur, et acacia. Nalura ejus spissare, densare, conosce ancora a gustarlo. Si falsifica oon la gom et leuiter calfacere i usus in multis, sed principa ma, e con lacacia. La sua natura di condensare, lis alvum solvere, quum paene sola medicamen di rassodare, e leggermente riscaldare. Usasi a torum, quae id praestant, confirmet etiam sto molte cose, e massimamente a smuoTere il oorpo; machum, adeo non infestet ulla vi eonlraria. Bi ed quasi solo tra le medioine atte questo ef bitur draohma ; ad stomachi Tero dissolutionem, fetto medesimo, che ancora afforzi lo stomaco, e in duobus cyathis aquae tepidae Tei frigidae, co non gli faccia sentire m o lata influenza. Beeeene chlearis mensura, bis ter Te in die ex in ter Tallii, a misura una dramma, la quale alla dissoluziooc u t res exigit. Purgationis etiam ausa plurimum dello stomaco beesi in due bicchieri d* acqua tie tribus drachmis. Efficacior si pota ea sumatur pida, o fredda, alla misura d* un cucchiaio due o cibus. Capillum fluentem continet cum Tino au tre Tolte il giorno con interTallo, come ricerea il stero, capite in sole contra capillum peruncto. bisogno. Eziandio per purgare se ne piglia al pi tre dramme. Ha maggior Trl,sedopo che s* be Dolorem capili s sedat temporibus et fronti im vuto si piglia il cibo. Col T in brusco ferma i caposila ex aoeto et rosaceo, dilutiorque infusa. Ooulorum vitia omnia sanari ea convenit : priva pegli che caggiooo, ugnendosene il capo al sole contra pelo. Posto sulle tempie e sulla fronte eoa tila prnrigines et scabiem genarum : ilem insi gnita ac livida, illita cum melle, maxime Pontioo. aceto e olio rosato, mitiga il duol del capo, ridot to liquido, e fattovelo gocciolar sopra. bene Tonsillas, gingivas, et omnia oris alcera. Sangui di guarire con esso tutti i mali degli occhi, e par nis exscreationes, si modicae sint, drachma ex ticolarmente il pizzicore, e la scabbia de* coperchi aqua:si minus, ex aceto pota. Vulnerum quoque loro, e cos gli sfregi e i liTdori, impiastrato col sanguinem, et undecumque fluentem sistit per

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXVII.

5o

ex aceto. Atte etiaa est vnlaeribos oliim a, ad oieatrieeaa perdocens.

Eadem inspergitor exoleeratis genitalibus vi* roram , condylomatis, rimisque sedis alias ex vino, alias ex passo, alias sieca per se, u t exigit miti ganda oratio, aot coercenda. Haemorrhoidum qoaqoa abundantiam leniter sistit. Dysenteriae rafanditnr. E t si difficilius oonooqaantur cibi, bibitor a cana modico intervallo. E t ia regio morbo trib as obolis ex qoa. Devorantor et pilalae u n meile decooto, aot resina terebinthina, ad p o rg a s da interiora. Digitorom pterygia tol lit. O e n la ra n medicamentis lavator, a t qood sit arenosissimam sobsidat. Aut torretor in testa, peanaqoe subinde versator, ut possit aequaliter torreri.

Mia, massimamente di Ponto. Guarisce le geniti, le geagie, e tutte le Crepature della bocca ; lo spurgare del sangue, se non molto, bevuto a misura di una dramma nell acqoa ; se no, nelT aceto. Ristagna aoeora per si, o con l aceto, il sangue delle ferite, o dovunque si venga. E anco utilissimo alle ferite, ridocendole a ram marginare. L aloe si sparge sulle scorticatore ne'm em bri genitali degli nomini, sai condilomati e sulle fes sure del sedere, quando col vino, quando col vin cotto, e quando secco p s, secondo che la cura vuole essere mite, o forte. Lievemente ristagna I abbondanza delle moriei. Infondasi al male dei pondi ; e se difficilmente si ricoocono i cibi, beesi a breve intervallo dopo la cena. Al trabocco del fiele se ne beono tre oboli in acqua. Man giasi in pillole con decozione di mele, o ragia di trementina, a purgare le interiora. Leva le pellicine che si sfogliano intorno alle unghie delle dita. Nella medicina degli occhi si lava, ac ciocch vada gi tatta l arena che ei fosse ; o si arrostisce io un testo, e con una penna di cont nuo si volta, perch e goal mente ai possa arrostire.
D bll *algsa,
i.

Alcea, i .
I . Aleea folia habet similia verbenacae, quae aristereoa oagnom inatar, caules tres aut qostoor, foliom plenos, florem rosae, radices albas, qaam ptartaram m , cubitales, obliquas. Nascitor in p ia g a i solo, aec siooo. Usos radicis ex vino vel ex aqaa dysentericis, alvo citae, et raptis, con volsis.

VI. L* alcea ha le foglie simili alla verbenaca, la qaale si chiama ancora aristereo : ha tre o quat tro gambi pieni di foglie, ha fior di rosa, rad k i bianche, il pi delle volte sei, 1saghe un bracoio, e torte. Nasce in terreno grasso e non secco. La sua radice con vino, o oon acqua giova al male de*pondi, al corpo smosso, a*crepati, e agli sconvolti.
D bll '
a u o, i

lT N ri, 1.
VH. Alypon cauliculus est molli capite, non ditsimifis betae, aere gustala ac lentam, mordensqae vehementer et accendens. Alvnm solvit in aqaa mnlsa, addito sale modico. Minima po tio doaram drachmarum, media quatuor, m axi' ma sex : ea purgatio quibusdam datur e gallina ceo jure.
A i M S , AD BADSM QUAB I R A I , V.

VII. L alipo ha un gambicioo eoa cima mor bida, poco differente dalla bietola, agro e molle al gusto, mordente molto e accendente. Moove tt corpo con acqua melata, aggiuntovi un poco di sale. La minima porzione dite dramme, la mez zana quattro, la maggiore sei : questa purga a ta luni si d con brodo di pollo.
D bll * alsibs
qubllb stesse msdicivb ckr

dbll ' blsib B,

5.

V ili. Alsiae, quam quidam myosoton appellaat, nasci tu r in lucis, onde et alsine dieta est. Incipit a media bieofe, arescit aestate media : qvam prorepit, moscalornm aures imitator fo liis. Sed aliam docebimos esse, quae jattias rayosotis vocetur. Haec eadem erat quae helxine, nisi minor minusque hirsuta esset. Nascitur in hortis, et maxime in parietibos. Quum teritur,

V ili. L* alsine, che alcuni ohiamaao miosoto, nasce ne1boschi, onde ba preso il nome. Comin cia a m e z z o T e r n o , e secca a m e z z a state : quando ella cresee, le foglie sue paiono orecchi di topi. Ma noi mostreremo no' altra erba, la quale pi giustamente si pu chiamare miosoto. Questa parrebbe la medesima che l ' elsioe, s e ella non fosse minore e men pilosa. Nasce negli orti, e

9 9

c. p u m i SECONDI

Ooo

odooera cisoomeris re d d it U s u ejos 4 collectio nes inflammationesque: et io eadem omnia qoae helxine, sed infirmius. Epiphoris peculiariter im ponitor: item verendis, ulceribusque cura farina hordeacea. Succus ejos auribus infunditur.

massimamente nelle mora. Qondo etta ti pesta ha odore di cocomero. utile alle raccolte e alle infiammagioni ; ed ha le medesime virt, che l elsine, ma pi debolmente. Adoperasi partico larmente alle lagrimazioni degli occhi, metten dotela su : utile al membro genitale e agli ulceri con farina d orzo. 11 suo sogo s infonde negli orecchi.
D bLL* ABDROSACB, 6.

A mdrosacbs, v i .

IX. L androsace un erba bianca, amara, IX. ndrosaces herba est alba, amara, sine foliis, folliculos in cirris habeos, et in his semen : senza foglie, che nelle ciocche ba baccelli, e dentrovi il seme. Nasce ne* luoghi marittimi, e mas nascitur in maritimis Syriae maxime. Datur hy simamente della Soria. Diasene a* ritruopichi due dropicis drachmis duabus tusa aut decocta in dramme, pesta o cotta in aoqua, o in aceto, o io aqua, vel aceto, vel vino. Vehementer enim uri in o , perch provoca molto 1*orina. Dassi ancora nas ciet. Datur et podagricis illiniturque. Idem alle gotte, e impiastra risi. Il medesimo effetto & effectus et seminis. il seme.
A hdrosarmom , iv a ascy r o v , t i . D e l l * a h d ro s e m o , o a s c i r o , 6 .

X. Apdrosaemon, site (u t alii appellavere) ascyron, non absimile est hyperico, de qua dixi mus, cauliculis ma>oribus, densioribusque, et magis rubentibus, ('olia alba rutae figura : semen papaveris nigri. Comae tritae sanguineo succo manant. Odor eis resinosus. Gignitur in vioeis. Fere medio autumno effoditur, suspenditurque. Usus ad purgandam alvum tusae cum semine, potaequ matutino, vel a cena, duabus drachmis in aqoa mulsa, vel vino, vel aqua pura, totius potionis sextario. Trahit bilem : prodest ischiadi maxime. Sed postera die capparis radicem resi nae permixtam devorare oportet drachmae pon dere, ilerumque quatridui intervallo eadem fa cere: a purgatione autera ipsa robustiores vinum bibere, infirmiores aquam. Imponitur et poda gris, et ambustis, et vulneribus, cohibens san guinem.
A m brosia , siv b b o t r t s , siv b a r t e m isia , h i .

X. Lo androsemo, o, come alcuni lo chiama rono, asciro, non molto differente dall iperioo, di coi abbiamo parlato, ma ha i gambi maggiori, e pi folti, e pi rossi. Le foglie ha bianche s modo di ruta : il seme di papavero nero. Le chio me peste fanno sugo sangoigno. Ha odor di ragia. Nasce nelle vigne. Cavasi a mezzo l autnnoo, e appiccasi. Porga il corpo pesto col seme, e bora to nell alba, ovvero dopo cena, due dramme ic acqua melata, o io viuo, o in acqua pura, sicch tutta la pozione sia un sestario. Tira foori la collera. Giova molto agli sciatici, ma bisogna il seguente d pigliare ona dramma di radice di capperi mescolata con ragia, e on altra volta di B a quattro giorni fare il medesimo. Dopo la purgagione chi gagliardo bea vino ; chi debole bea acqua. Ponsi alle gotte, elle cotture o alle fe rite, e ristagna il saogne.
D e l l a m b ro s ia , o b o t r i s a , o a r t e m is ia ,

3.

XI. Ambrosia vagi nominis est, et circa alias herbes fluctuati : unam habet certam, densam, ramosam, tenuem, trium fere palmorum, tertia parte radice breviore, foliis rutae circa imum caulem. In ramulis semen est uvis dependentibus, odore vinoso : qua de causa botrys a quibusdam vocatur, ab aliis artemisia. Coronantor illa Cappadoces. Usus ejos ad ea qoae discuti opus sit.

XI. L ambrosia, eh nome assai vago e dato a pi erbe, indica specialmente quella che ha gambo folto, ramoso, sottile, lungo quasi tre pslmi, la radice la terza parte pi corta, e foglie di ruta circa la pi bassa parte del gambo. U seme nerami in grappi pendenti, ed ha odore vinoso. Per alconi lachiamano botrisa, e alcuni artemisia. I Cappadoci fanno ghirlande d essa. utile alk cose che si vogliono dissolvere.

HISTORIARUM MONDI LIB. XXVII.


wMUi, m i oaoais, v. Dbll a h o b id b , o o b o b im , 5.

X II. Anonin quidam oaooida m a lu n t vocare, XII. L' anonide, che alcuni voglion piuttosto ram osam , similem fieno graeco, niti fruticosior chiamare ononide, ramosa, e simile al fien gre h in a tio r q u e esset, odore jucunda, post ver spi* co, se non fosse pi cespugliosa e pilosa, e d ' odor n o n . E tlu r etiam muria condita. Recens T ir o giocondo : dopo la primavera spinosa. Mangiasi margine* ulcerum erodit. Radix decoquitur in anche conservata nella salamoia. Fresca rade gli posca dolori dentium. Eadem cum meile pota, orli delle nascente. La radice si cuoce in posca al calculos pellit. Comitialibus datur in oxjm elite dolore de deoti. Bevuta col mele manda fuora la decocla a d dimidias. pietra. Colta in essimele fin che torni per met, dassi al mal caduco.
A s a g y e o s , siv b aco pob , m . D e l l 'a r a g i b o , o a c o p o ,

3.

X III. Anagyros, quam aliqui acopon vocant, fruticosa est, gravis odore, flore oleris: semen in corniculis non brevibus gignit, simile reuibus, quod durescit per messes. Folia collectionibus im ponuntur, difficulterque parientibus adalli gantur, ita u t a partn statim auferantur. Quod s emortuus haereat, et secundae mensesque mo rentur, drachma bibuntur in passo folia. Sic et suspiriosis dantur : et in vino vetere ad phalangiorum morsus. Radix discutiendis concoquendiaque adhibetur. Semen commanducatum vomi tiones facit.
A r o by m o s,
v.

XIII. L anagiro, che alcuni chiamano acopo, cespuglioso, ha grave odore, e fior di cavolo : fa il seme in certi cornetti lunghi simili agli ar nioni, il quale indurisce per la mietitura. Le fo glie si pongono sulle raccolte, e legansi addosso a chi difficilmente partorisce, ma subito dopo il parto si levano. Se per la creatura morta non uscisse, e le seconde e i mestrui soprastcssero, si bee una dramma di esse in vin ootto. Cos si danno anche a sospirosi; e in vin vecchio pei mor si de' falangi. La radice si adopera per dissolvere e maturare. Il seme masticalo fa vomitare. D ell* ABORiHO, 5 . XIV. L 'erba anonimo con non Irovar nome l ' ha trovalo. Viene di Scisia, celebrala da Icesio, medico di noo piccola autorit, e da Aristogitone ancora : ottima alle ferite, pesta eon l ' aequa e postavi sopra : bevuta giovevole alle poppe, agli interiori percossi, e a chi sputa sangue. Hanno tenuto ancora, eh' ella si possa dar bere a' feriti. Credo che sia favoloso, che ardendosi quest' erba fresca, il ferro o il rame Srugginisca.
D e l l ' a p a b ib b , o obfacocabvo,

XIV. Anonymos non inveniendo nomen in venit. Adfertnr e Scythia, celebrata Hicesio, non parvae auctoritatis medico : ilem Aristogitoni : in vulneribus praeclara, ex aqua tusa et imposi ta : pota vero,mammis praecordiisque percussis: item sanguinem exscreantibus. Putavere et bi bendam vulneratis. Fabulosa arbitror, quae adji ciuntur : recente ea, si uratur, ferrum aut aes ferruminari.

A v itm ,

SIVB OMPHACOCABPOS, SIVB PH1LABTHBOPOS, IV.

O FILAHTBOPO, 4XV. 5 . Lo sparine, da alcuni chiamato onfacocarpo, e da alcuni filantropo, ramoso e piloso, e ne' rami fa ad intervalli certi cerchi di cinque o di sei foglie. Ha il seme rotondo, duro, concavo e alquanto dolce. Nasce tra il grano, o negli orti o ne' prati ; e per la sua asprezza s ' appicca altresi ai vestimenti. Ha virl contra i serpi e i falangi, beendo una dramma del seme col vino. Le foglie poste sulla ferita fermano l abbondanza del san gue: il sugo si mette negli orecchi.

XV. 5 . Aparinen aliqui omphacocarpon, alii philanthropon vocant, ramosam, hirsutam, qui n a senisve in orbem circa ramos foliis per inter valla. Semen rotundum, durum, concavum, sub dulce. Nascitur in frumentario agro, aut hortis pratisve, asperitate etiam vestium tenaci. Efficax contra serpentes, semine poto ex vino drachma : et contra phalangia. Sanguinis abundantiam ex vulneribus reprim unt folia imposita : succus au ribus in ten ditur.

6o3
A acTM R, N H ARCTOBCM, T.

C. PLINII SECONDI

D ui1a b t io , o u n to , S.
XVI. L* arlio, che alcnn chiamano a rta ro , simile nelle foglie al verbasco, se non che cono pi piloae : ha il gambo lungo e molle, e il cerne di cornino. Nasce in luoghi pietrosi, con radice tenera, bianca e dolce. Cuooesi nel vino al dolore de denti, di maniera che collo si ritenga io beeca. Beesi per la sciatica, e per gli stranguglioni : col vino ponsi sopra le incollare, e sopra i pedignoni. Fomenlansi questi mali medesimi eon la radice e col seme trito nel vino. D i l l 1a sple b o , o BMioaio, a.

XVI* Arclioa aliqui arcturum vocant: similia eat verbasco follia, niai quod hirautiora suoi : caule longo, aaolli, acmine cumini. Nascitur in petrosis, radice tenera, alba, dulcique. Decoqui tur in vino ad dentium dolorem, ita ut continea tur ore decoctum. Bibitur propter ischiada et stranguriam i e vioo ambustis imponitur, et perniooibas. Foventur eadem eum radioe semine trito in viuo.

A s p l e n o s , siv b h e v io b io s , II.

XVII. L aspleno chiamato da alcuni emio XVI1. Asplenon sunt qui hemionion vocant, nio : ha molle foglie lunghe quattro pollici, ra foliia trientalibus mullis, radice timosa, caverno sa, sicut filicis, candida, hirsuta : nec caulem, n<j dice motosa, cavernosa come di felce, bianca c pilosa : non ha gambo, n i fiore, n acme. Nasce florem, nec semen habet. Nascitur in petris, pa nelle pietre, in muri ombrosi e umidi, eccellen ri ctibosque opacis, humidis*: laudatissima in Cre* tissimo in Candia. Il sugo delle foglie < que H ta. Bojus foHorum in aceto decocto per dies xxx poto lienem absumi ajunt : et illinuntur autem : at erba cotto con l acelo, e bevuto per trenta eadem sedante siugottus. Non danda feminis, giorni, dicono che consuma la rnllta : se oe fa etiandto impiastro. Quest erba leva il siughiotquoniam sterilitatem facit. xo. Non da darla alle donne, perch le fa sterili.
A sclbpu s, i i . D e l l a sc l e pia d e ,

a.

XVIII. L Asclepiade ha foglie di citer, rami XVIII. Asclepias folia ederae habet, ramos longos, radices numerosas, tenues, odoratas: flo lunghi, assai radici, sottili e odorifere : grave l odore del suo fiore, ed ha seme come la seco ris virua grave, aeraen secoridacae. Nascitur in nd aci. Nasce ne monli. Le sue radici medicano montibus. Kadices torminibus medentur, et cooi tormini e giovano conira il m ono delle serpa, tra serpentium idos, nou solum polo, sed etiam illitu. non solamente a berle, ma anoora a farne empia stro. A a tn , s iv b BUBomoft,
111.

D e l l ap T e b ,

o ausonio, 3 .

XIX. Aster ab aliquibus bubonion appellatur, quoniam inguinum praesentaneum remedium est. Cauliculos foliis oblongis ddobvs aut Iribus : in cacumine capitula stellae modo radiata. Bibitur et adversua serpentes. Sed ad inguinum medici nam, sinistra manu decerpi jubent, el juxta cin ctui alligari. Prodest et coxendicis dolori adalli get*. Ascraoif,
sivb ascyboid bs , iv .

XIX. L aster chiamato da alcuni bubonio, perch rimedio pronto all anguinaglie. Il gam bo ha due o Ire foglie lunghe, e nella cima picco li capi a raggi a modo di stella. Beesi conira le serpi. Ma per medicare l anguinagtia vogliono che si colga con la man maocaT e leghici a lalo alla cintura. Giova al dolore delle giunture della cosoie legatovi sopra.
D e l l a s c m o , o a s c ie o id e ,

4*

XX. Ascyron et ascyroides similia sunt inter se, et hyperteo : sed majores babet ramos, quod ascyroides vocatur, ferulaceos, omnino rubentes: capitulis parris, luteis. Semen in calyculis pusil lum, nigrum, reiinosura. Comae tritae velut cruentant. Qua dc causa quidam hauc androsae-

XX. L'asciro c l'asciroide sono simili fra loro e all' iperioo : per quello che si chiama aste roide ha i rami maggiori, a modo di ferula, che son rossi affatto, con piccioli gambi gialli* e il seme piccolo in caliceli!, nero e ragioso. Le chio me tri le quasi che insanguinano. E perci alcuni

6o5

HISTOKIARUM MUNDI U B. XXVII. 10 chiamarono androgino. Usasi il Mrae agli sei*fichi, beendone due dramme in un m to rio d ' idromele. Muove il corpo, purga le collere, e fas sene empiastro ancora sopra le incotture.
D b l l apaca , 3 .

m vocavere. Usus traini* il ischiadicos, poi oQ

dnlw idraclim i iq hydromelitis witaro. Alvura olvit, bilem de trahit. Illinitur et ambustis.

Am aca,

h i.

XXI. Aphaca tenui* admodum folia habel : pusillo altior lenticula est. Siliquas majores fert, ia quibus terna aut quaterna semina sunt ni griora, madidiora, et minora lenticula. Nascitur io arvis. Natura ei ad spissandum efficacior quam lenti : reliquo usu eosdem effectus habet. Sto machi alvique fluxiones sislit semea decoctum.

XXI L'afaca ha le foglie molto ottjli, fd un poco pi alla che la lente. Fa maggiori bacca gli, ne* quali sooo tre o quattro semi pi neri e pi umidi, e pi piccoli che que della lente. Na sce ne' campi. La sua natura di condensare, nel che di maggior forza ehe la lente : nel resto fa i medesimi effetti. Il seme suo cotto ferma i flussi dello stomaco e del corpo.
D b l l 1 ALciaio,

Alcibiom, i .
XXII. Alcibion qualis esset herba, apud au ctores non reperi. Sed radicem ejus et folia trita, ad serpentis morsum itnpoui et bibi : folia, quan tum manus capiat, trita cum vini meri oyathis tribus, aut radicem drachmarum trium pondere cum tin i eadem mensura.

i.

XXII. Io non ho trovato appresso gli autori quale erba sia lo alcibio. Ma essi vogliono che la radice e le foglie d'essa peste si pongano sql morso delle serpi, e che si beano ancora : le foglie, quan to se ne pu pigliare con una mauo, peste con lr bicchieri di vin puro, o la radice al peso di Ufi dramme ou 1 medesima misura di viuo.
D b l l ' ALBTTOBOLOFO, CU S LA GUSTA, a .

A l b c t o i o l o p i d s , qoax CA1STA, iu

XX II I. Aleclorolophos, quae apud os crista dicitur, folia habet similia gallinacei cristae, plu ra, caulem tenuem, semen uigrum in siliquis. Utilij tussientibus cocta cum faba fresa, meile addito ; et caligini oculorum. Solidum semen conjicitur io oculum, nec turbat, sed in se cali* ginein contrahit. Mutat oolorem, sed ex nigro albicare incipit, et intumescit, ac per se exit.

XX II I. L1 alettorolopo, che appresto di noi si chiama crista, ha le foglie simili alla cresta del gallo e son molle, il gambo sottile, il seme nero in baccegli. utile a chi ha la tosse colto con fa va infranta e con un poco di mele | M Q cbe alla O caligine degli occhi. Il seme sodo si mette nell ' occhio, n lo turba altrimenti, ma tira in si la caligine. Muta il colore, ma dal nero cominci* * biancheggiare, e rigonfia, ed esce da per s.
D b l l a lo , c h k i l s u m o p e t b s o , l4 -

Aio, q u o d

s t m p h t t o k p e t s a k o m , x iv .

XXIV. 6. Alum ns vocamus, Graeci symphyton petraeum, simile eunilae bubulae foliis parris, ramis tribus aut quatuor a radice, cacu minibus thymi, surculosum, odoratum, guslu dalce, salivam ciens, radice longa rutila. Nasci tor iu petris, ideo petraeum eognominatum : utilissimum lateribus, renibus, torminibus, pe ctori, pulmonibus, sanguinem rejicientibus, fau> cibos asperis. Bibitur radix trita, et in vino de* coela, et aliquando superlinitur. Quin et com manducata sitim sedat, praecipueque pulmonem refrigerat. Luxatis quoque imponitur, et contu tu: leait interanea. Alvum sistit cocta iu cinere, detractisque folliculis trita cura piperis novem gnais, et ex aqua pota. Vulneribus sanandis tan ta praestanti* e*t* utcarnes quoque, dum coquuo-

XXIV. 6. Quello che noi chiamiamo *lo, i Greci lo dimandano sinfito petreo, simile 1 * cu 1 nila bubula, con foglie piccole, con tre o quattro varai vegnenti dalla radice, con le cime come il timo, cespuglioso, odorifero e dolce al gusto; mnove la sciliva, e ha radice lunga, la quale ros seggia. Nasce fra le pietre, e per questo cogno minato pel reo : utilissimo al fianco, alla inilxa, alle reni, a* tormini, al petto, al polmone, a chi sputa sangue, e all* gola aspra. Beesi la radice pe sta, e cotta nel vino ; e talora vi li pon di fuori ; masticata spegne la seie, e soprattutto rinfresca 1 polmone. Ponsi ancora sopra i membri mossi 1 di suo luogo, e sopra gli sconvolti ; e lenisce gli interiori. Ferma il corpo cotta nella cenere, e pesta senza la bucci* con nove granella di pepe.

607

C. PLINII SECUNDI

G08

tur, eonglotinet addila : onde et Graeci nomeo imposuere. Ossibus quoque fractis medetur.

e bevuta con 1' eque. di tasta virt a goarir le ferite, che rappicca ancora le carni, qoando si cuocooo, onde i Greci le diedero il nome. Medica similmente 1 ossa rolte.
D ell
a l g a bo ssa , i

A lga

bufa, i .

XXV. 7. Alga rufa, et scorpionum clibos.

XXV. 7. L alga rossa uUle a*morsi degl scorpioni.


D e l l 1a t t e a , 1 .

A ctaea, i .

XXVI. Actaea gravi foliorum odore, caulibus asperis geniculatis, semine nigro, ut ederae, baccis mollibus, nascitur in opacis et asperis, aquosisque. Dalur acetabulo pieno interioribus femi narum morbis.
A mfblos AGBIA, IV.

XXVI. L altea ha le foglie di grave odore, i gambi aspri e nodosi, il seme nero, come qoeUo dell' ellera, e le coccole molli. Nasce io luoghi ombriferi, aspri e acquosi. Dassene un acetabolo pieno alle malattie interiori delle donne.
D ell
a m p e l o s a g b ia ,

4*

XXVII. Ampelos agria vocatur herba, foliis duris cineracei coloris, qualem in salis diximus, viticulis longis, callosis, rubentibus, qualiter flos, quem Jovis flammam appellavimus in violis: fert semen simile punici mali acinis. Radix tju s deco cta in aquae cyathis lernis, additis vini Coi cya this duobus, alvum solvit leniter, ideoque hydro picis dator. Vulvae vilia et cutis iu facie mulie rum emendai. Ischiadicos qooque uti hac herba prodest, tusa cora foliis, et illita cum succo suo.

XXVII. Ampelos agria chiamasi un erba che ha le foglie dure e di colore di cenere, onde gii ragionammo, viticci lunghi, callosi e rossi, come il fiore che chiamammo fiamma di Giove tra le viole : fa seme simile alle melagrane in acini L* sua radice colta io tre bicchieri d acqua e in dee di vin di Chio muove leggermente il c o r p o ; per questo si d a ritruopichi. Guarisce i difetti della matrice, e la pelle nel viso delle donne. Questa erba ancora, pestandola con le foglie, e del saga facendone unziooe, giova agli sciatichi.
D ell
a s s e n z io , s p b c ib

A b s in t h iu m ,

gbhbba i i i .

M e d ic in a e

x l v iii.

) . M e d ic .

XXVIII. Sonci pi sorti d assenzio : il noto XXVIII. Absinthii genera plura sunt : Santo nicum appellatur a Galliae civitate : Ponticum a nico cosi si chiama da Santes ci U della Frauda, il Pontico dal Ponto, dove i bestiami ingrassano Ponto, ubi pecora pinguescuot illo, et oh id sine felle reperiuntur; neque aliud praestantias: roul- con esso, e per questo si truovano senza fiele: toque.Italicum amarius, sed medulla Pontici dui* n ce o alcun altro migliore : l Italiano molto pi amaro, ma la midolla del Pontico dolce. cis. De usu ejus convenit dicere, herbae facillimae, atque inter paucas utilissimae, praeterea sacris Del suo uso convien bene disoorrere : un erba populi Romani oelebratae peculiariter. Siquidem facilissima, e fra poche altre utilissima, e oltra Latinarum feriis quadrigae certant in Capitolio, ci particolarmente celebrata ne aacrificii del po polo Romano. Perciocch nelle ferie Lalioe, dova vietorque absinthium bibit : credo, sanitatem praemio dari honorifice arbitratis majoribus. si fanno i corsi de carri a quattro cavalli, chi Stomachum corroborat, et ob hoc sapor ejos in vince bee l ' assenzio : io credo che ci facessero gli antichi perch stimassero cosa molto onorata vina transfertur, ut diximus. Bibiiur et decoctum aqua, ac postea nocte et die refrigeratum sub dio, dar loro per premio la saniti. Conforta lo stoma decoctis sex drachmis foliorum cum ramis suis co, e per ci il ano aapore si d i a* vini, come di in coelestis aqoae sextariis iribus : oportet et sa cemmo. Beesi ancora la sua decozione nell acqua, lem addi. Vetustissime in usu est. Bibiiur et ma la quale si tiene al sereno on d e una notte : si fa cuocendo aei dramme di foglie 00 proprii rami defacti dilutum : ila enim appelletur hoc genus. Diluti ratio, ut (quisquis fuerit modus aquae) le in tre sestarii d* acqua piovana ; ma bisogna gatur per triduum. Tritum raro in usu est, sicut , mettervi pure del sale. Qoesta antichissima usan za. Beesi auche il diloto che si fa d esso bagnato : et suocus expressi. Exprim itur autem, quum pri cosi si chiama tale specie di bevanda. Questo mam senfen turgescit, madefactum equa triduo

HISTORIARUM MUNDI UB. XXVII.


rtctdt) ut liaculo Mptem diebus. Deinde coctam ia eae tm 4 tertias, x heroi u ia in Aquae sex* iariis x l t , iterumqoe percolatam ledle coquitor ad crassitudinem mellis, qualiter ex midoce cen taureo quaeritur succus. Sed hic absiathii inuti lis stomacho capilique est, quum sit ille decocti saluberrimus. Namque edslriagit stomachum bi lem q ne detrahit, urinam ciet, alvum emollit, et iu lolore sanat: ventris animalia pellit,malaciam s to m a c h i t inflationes discutit eam sili et nardo fallico, a celo exiguo addito. Fastidia absterget : conooctioaes adjutat. Cruditates detrahit eam rat, et pipere, et sale; Aatiqui purgationis causa dabant, cum marinae aquae veteris sextario, semiuis sex drachmis, cum tribus salis, et mellis cyatho. Efficacius purgai duplicato sale. Diligen ter autem teri debet, propter difficultatem. Qui dam et in polenta dedere supra dielani pondus, addito pulegio : alii pueris in fico sicca, ut ama ritudinem bUereal. Thoracem purgat cum iride mmpion). In regio morbo crudum bibilur cura apio, au t adiaulo. Adversus inflationes, calidum paulialim orbetur ex aqua : jocioeris eausa cum fallico nardo : lienis, cum aoeto, ant pulle, aut fico'sumitur. Adversatur fungis ex aceto : item visco: cicutae ex vino, et muris aranei morsibus, draconi tuarino, scarpiouibus.

610

Oculorum claritati multum confert. Epipheri* cum pasto imponitur,sugillatis cum meile. Au res decuctuiu ejus vaporis sutftu sanat: aut si raaoeot tante, cam meile tritum. Urinam ac men ses cient tres qiiatuorve ramuli, cura gallici nardi radice una, eyalbis aquae tu Menses privatira cum meile sumptum, et iu veliere adposiiura. Aoginis subvenit cum meile et nitro. Epmyctidas ex aqua sanat : vulnera recentia, priusquam aqua tangantur, im p o situ ro : praeterea capitis ulcera. Peculiariter ilibus imponitur, cum Cypria cera, aut cum fico. Sanat et pruritus. Non est dandam in febri. Naaseem maris arcet in naviga tionibus potura : ingaiaam tamorem m ventrali habitum. Somnos alMcit olfactum, aut inscio sub capite positum. Vestibos iasertam tineas aroet. Catiecsex oleo perunctis abigit :et fumo, si aratur. Atramentocn librarium ex diluto ejas temperatum, litteras a musculis tuetur. Capillum denigrat absialhii cinis, unguento rosaceoque permixtus.

diluto ( qualunque sia la misura dell'acqua) vuole essser coperto per Ire giorni. Pestalo rade volte s ua, come ancora il sogo del premuto. Preraesi per tosto che il seme ingrossa, tenuto tre giorni nell* acqua, quando fresca; o s'egli secco, sette. Dipoicotto io vsso di rame infino al terzo a misura di dieoi emine in quarantacinque sestarii d'acqua, di nuovo si cola e si cuoce a fuoco lento infin che si rassodi quanto il mele, come quando si cerca il sugo della centaurea minore. Ma questa d eci sione del sugo deH' assenzio inutile allo stomaco e al capo, dove quell* altra sanissima, pereiooeh reslrigoe lo stomaco e eavaae la collera, provoca 1 orina, mollifica il corpo e ne risana il dolore, * uccide i vermini, dissolve la malacia dello stoma co e leva le iofiammagioni, con sili e nardo gal lico, e con un poco d* aceto. Fa che esso stomaoo non ist in fastidio, e lo aiuta a smaltire. Con ruta, pepe e sale purga le cose non ismailite. Gli antichi per porga re davano in un sestario d 'ac qua marina vecchia sei dramme di seme con Ire di sale e u bicchiere di mele. Ma oon maggior forza porga raddoppiandosi il sale. Vuoisi per diligentemente pestare, per esser esso a ci trop po difficile. Certi usarono dare il sopraddetto peso nella polenta, aggiugneudovi il puleggio : altri danno a fanciulli le foglie nel fico, acciocch non s* accorgalo cosi dell* amaritudine. Preso con I* iride purjra il petto. Nel trabocco del fiele si l>ee crudo con oppio, o adianto. Contra le ven tosit inghiottisce caldo a poco a poco con l'ac qua t per il fegato si piglia eon nardo gallico, e per la milza con aceto, o pultiglia ovvero fico. contrario a* funghi con I* aoeto, e al vitco, e alla cicuta eoi vino, e a'morsi dal topo aragno, al dra gone marino, e agH scorpioni. Conferisce molto a rischiarar la vista. Ponsi sulle lagrimazioni degli occhi con vin cotto, e ai suggellati con mele. La decozione col profumo del suo vapore guarisce gli orecchi ; o se gettano marcia, petto con mele. Tre o quattro ramiceli! muovono l ' rina e i mestrui, con una radice di nardo gallico, e sei bicchieri d ' aequa ; e partico larmente i mestroi preso con mele, e posto con lana. Sovvieuc agli stranguglioni con mele e ni tro. Guarisce le epinittide oon acqua, le ferite fresche postovi su prima cbe sieno tocche dall' ac qua, e le rollare del capo. Peoaliarmeate si pone a' fianchi, eon cera Cipria, o oon fioo. Guarisce aocbe i pizzicori. Non si debbe dare a chi ha febbre. Essendo bevuto leva i fastidii del mare nella navigazione. Leva l'enfiato delfengninaglia, tenuto el veulrale. Fiutandolo fa venir sonno, o posto sotto il capo altrui, cbe non lo sappia. Messo fra i vestimenti, vale contro le tigouole. Scaooia le zanzare da quegli cbe son unti di esso con

C ui

C. PLINII SECUNDI l ' olio, e aocora col fumo, se si brnia. Se lo in chiostro si tempera con esso, fa che i topolini non toccano le lettere scritte con tal mistura. La ce nere dell* assenzio mescolata con unguento eolio rosato fa i capegli neri.
A b s in t h iu m i i i n s i ,
s it e s b iip h ic m

A s s e n z io

ta iio , o

s b b ip io .

XXIX. Havviraltres lo assenzio marino, che XXIX. Eat et absinthium marinam, qaod da molti nominato serifio, ottimo in Taposki qaidam seriphlum vocant, probatissimum in Taposiri Aegypti. Hujus r a m a m Isiaci praeferre sod* Egitto. I sacerdoti della dea Iside usano porta lemne habent. Angustias priore, minusqae ama re i rami d esso nelle loro solennit. Egli pi stretto e manco amaro che il primo : nimica rum, stomacho inimicam, alvam molHt, pellitqae animalia interaneorum. Bibitor cam oleo et sale, allo stomaco, mollica il corpo, e ammazza i ver mini. Beesi con olio e sale, o stemperato in patti aot io farinae trimestris sorbitione dilatam. Co gli di farina di grano marzuolo. Caocesi quanto quitor, quantum manos capiat, in aqoae sextario la mano ne piglia in on sestario d* acqua infitto ad dimidias. che toroi per met.
B a LLCTBS, SITE VOBBUM H1GBCM, u i . D
b l b a l l o t a , o p o b b o icebo ,

3.

XXX. 8. Balloten alio nomine porrum ni XXX. 8 .11 ballote chiamato per altro nome gram Graeci, vocant, herbam fruticosam, angu da Greci porro nero : on erba cespugliosa, con losis cantibus nigris, hirsotis foliis vestientibus, gambi angolosi e neri,vestiti di foglie irsute, mtgmajoribus qoam porri, et nigrioribus, graveolen giori che qoelle del porro e pi nere, e di grave tibus. Vis ejus efficax adversus canis morsus, ex odore. La virtA sua vale a'morsi del cane, po nendovi su le foglie peste col sale; e cos acon sale foliis trilis impositae : item ad condylomata, coclis cinere, in folio oleris. P w g at et sordida d fornati, cocendole nella cenere inviluppate in foglia di cavolo. Purga ancora le nascenze palli ulcera cnm melle. de col mele,
B otbys,
s iv e a x b e o s u , s iv e a b t e m is ia , i .

D b l b o tb i s , o a m b ro sia ,

a b tb m is ia ,

r.

XXXI. Botrys fruticosa herba est, luteis ra mulis. Semen circa totos nascitur : folia cichorio similia, loveoitur in torrentiom ripis. Medetur orthopnoieis. Hoc Cappadooes ambrosiam vocant, alii artemisiam.
B babtla, i.

XXXI. Bolris un* erba cespugliosa, co' rami gialli. 11 seme nasce per tutte le sue parti. Le fo glie sono simili al cicorio. Truovasi nelle rive de* fossati. E utile agli ortopnoici. 1 Cappadoci la chiamano ambrosia, e alconi artemisia.
D ella
b b a b il a , i

XXXII. Brabyla spissandi vim habet cotonei mali modo : nec amplios de ea tradunt aoctores.

XXXII. La brabila ba forza di ritirignere co me la mela cotogna : gli scrittori altro non dico no d essa.
D e l b b io b m a r i n o , 5.

B eyob i a u i o i i ,

v.

XXXIII. Bryon marinum, herba sine dubita tione est, lactucae foliis similis, rogosa velati con tracta, sine caule, ab ima radice exeuntibus foliis. Nascitor in scopulis maxime, teslisque terra comprehensis. Praecipua siccandi ei spissandique vis, et collectiones omnes inflammalionesque co hibendi, praecipue dodagrae, et quidquid refri gerare opus sit.

XXXIII. Il brion senza dubbio erba marioa, simile alle foglie della laItoga, grinzosn, e come in s ristretta, senza gambo, con foglie che escono dalla bassa radice. Nasce negli scogli, e ne* nicchi fitti in terra. Ha gran forza di riseccare e conden sare, e di reprimere tatte le raccolte e infiammagioni, e massimamente delle gotte, e tatto quello che ha bisogno di rinfrescarsi.

6i3

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXVll.


B o p u ra o H , iD el bcvudxo, i.

6>/J

XXXIV. Bupleuri e n e a a d io ta * s e r p e n tiu m


d a ri r e p e r to , fo v e riq u e p la g a s d e c o c ta e a h e rb a , a d je c ti fo liis m o r i a a t o r ig a n i.

XXXIV. Traovo ohe il seme del baplearo si d al morso delle serpi, e ehe con esso cotte si fo mentano le piaghe, aggiuntevi- foglie d i moro o d* origano.
D e lla
catabtasce , i

C a takabce , i . C e v o s , i.

. D el

g em o , i

XXXV. Catanancen Thessalam herbam, qua lis sit, a nobis describi supervacuum est, quum sit usus ejus ad amatoria tantum. Illud non ab re est dixisse ad detegendas Magicas vanitates, ele ctam ad hunc usam conjectura, quoniam arescens contraheret se ad speciem unguium milvi exani* mati. Eadem ex causa et cemos silebitur a nobis.

XXXV. Vana fatica i eh* io tolga a descrivere quale aia l erba eatananoe di Tessaglia, poi che ella non s adopera ad altro, che alle cose amato rie. Per non gi fuor di proposito il dire, per iscoprir le vanit Magiche, come tale erba s ' eles se a questo uso per congettura, perch quando ella si secca, si ritira in forma d* ugna di nibbio morto. Per la medesima cagione non diremo auco nulla del oemo.
D e lla c a lia ,

C a l ia , i u .

3.

XXXVI. La calsa di due sorti : 1* una si* XXXVI. Calsa duorum generum est. Una si mile all* erba aro ; nasce in luoghi arati, cogliesi milis aro. Nascitnr in arationibus. Colligitor an innanzi che si secchi, e usasi alle medesime cose tequam inarescat, ususque eosdem habet, quos che l ' aro. Beesi ancora la sua radice per purgare arum. Bibitur quoque radix hujus ad exinanien das altos, mensesque mulierum : itero caulis cum il corpo, c i mestrui delle donoe. I gambi con foliis in leguminibus decoctus, sanat tenesmon. le foglie cotti nelle citaie guariscono il male dei pondi. C alsa altera, sita aschosa, sitb rhibocimia, ii . XXX VII. Alterum genus ejus quidam anchusani vocant, alii rbinochisiam. Folia lactucae lon giora, plumosa, radice rubra, quae igues sacros cum flore polentae sanat imposita : jocineris au tem vilia, in vino albo pota.

Di a l t e a

c a ls a ,

a s c o s a , o a n o c a is iA ,

a.

XXXVII. I / altra specie sua da alcuni chia mata ancusa, da altri rinochisia. Le foglie sono pi lunghe che di lattoga, piumose, di radice rossa, la quale guarisoe il fuoco sacro messati su col fiore della polenta ; e i mali del fegato b etu ta in vin bianco.
D e lla c u c e a ,

Cibcaxa, m .

3.

XXXVIII. La cireea simile allo stricno do* XXXV11I. Circaea strjchno sativo similis est, mestico, con fior nero, piccolo, e poco seme co flore nigro, pusillo, p arto semine, u t milii, na rae di miglio, il qual nasce in certi cornicini : ha seente in quibusdam corniculis, radice semipeda Ire o quattro radici di mezzo braccio, biaoche, li, triplici ferme, aut quadruplici, alba, odorata, guslos calidi. Nascitur in apricis saxis. Diluitur odorifere e di caldo gusto. Nasce in sassi volti al sole. Stemperasi nel vino, e beesi a' dolori della in tino, bibiturque ad dolorem tu ita e et tilia. matrice ; al qual fine bisogoa ebe stia in macero Macerari oportet io sexlariis Iribus quadrantem un quadrante di radice, pesta iu tre seitarii di radicis tusae, noctem et diem. T rahit eadem po tio et secundas : semine lac minuitur, in vino vino un di e una notte. La medesima bevanda lira a s le seconde, e col seme si diminuisce il aut mulsa aqua poto. latte, bevuto in vino, o in acqua melata.

C. PLINII SECONDI
CiasMB, i. D sl c ia s * , i .

6 ,6

XXXIX. Cirsion eaalieulas est duum cubito rum, tm a g tlo similis, foliis spinosis circumdatus. Spinee molles soni. Folia bovis linguae similia, minora, snbcaodida et ia cacumine capitula pur purea, quae solvuntur in lanugines. Hanc herbam radicemve ejus adalligatam dolores varieum sa nare tradunt.
C u T iio o a io v , o n m in .
M c d ic ih a e

XXXIX. Il cursien u* gambo tenero di due braoeia, di forma triangolare, circondato di foglie spinose. Le spine sono lettere, le foglie simili alla lingua del bue, ma miuori, alquanto bianche, e nella cima hanno piccoli capi rossi, che si risol vono in lanugine. Questa erba, o la radice sua legata si dice che guarisce il dolore delle varici.
D sL caA T B O G oao, sPB cia 3. M b o ic . &

m i.

XL. Crataeogonon spicae tritici simile est, multis calamis ex una radice emicantibus : mal* toramque geniculorum. Nascitur in opacis, semi ne milii, vehementer aspero gustu : qood si bi bant ex vino ante cenam tribus obolis in cyathis aquae totidem, mulier ac vir, ante conceptum diebus x l virilis sexus partum futurum a junt. Est et alia cralaeogonos, quae thelygouos vocatur. Differentia intelligilnr lenitale guslus. Sunt qui florem crataeogoni bibentes mulieres intra x l diem concipere tradant. Eadem sanant ulcera reter nigra eum meile : explent sinus ulcerum, et atropha carnosiora faciunt : purulenta expur gant: penos discutinnt: podagras collectionesque omnes leniunt, peculiariter mammarum. Theo phrastus arboris genus intelligi voluit crataegon, sive crataegona, quam Itali aquifoliam vocant.

XL. 11 crateogono simile alla spiga del gra no, con molti gambi, che vengono fuor d*una ra dice, ed han molli nodi. Nasce in luoghi ombrosi, con seme di miglio, e sapore molto aspro. Se la moglie e il marito lo beono innanzi cena, alla misura di tre oboli in altretlanti bicchieri d ac qoa, quaranta giorni avanti alla concezione, di cooo che il parto sar maschio. V* un allro cra teogono, il quale si chiama teligono. La differen za si conosce per la lenit del gusto. Alcuni di cono ehe le donne che beono il fiore del erateogono, ingravidono fra quaranta giorni. Queste erbe guariscono le piaghe vecchie nere col mele, riempiooo i vti delle piaghe, fanno le magretze p i carnose, purgano lo1 puzza, levano i pani, mitigano le gotte e le raccolte, e massimamente quelle delle poppe. Teofrasto volse che s'inten desse, che il erateg O M O , ovvero cralegona, sia la specie d albero, che gl* Italiani chiamano acquiJbglio.
D bl
c b o c o d il io ,

b o c o d il io h ,

u.

a.

XLI. Crocodilion chamaeleonis herbae nigrae figuram habet, radice longa, aequaliter crassa, odoris asperi. Nascitur in sabuletis. Pota sangui nero per nares pellit copiosum crassumque, atque ila lienem consumere dicitur.
CTHOSOaCBIS, SIVB OBCHIS, IV.

XLI. Il crocodilio ha figura di camefeone : i un*erba nera, con radice lunga, egualmente gros sa e d* odore aspro. Nasce in luoghi sabbionosi. Bevuta fa venir copioso e grosso sangue per lo naso ; e cos dicono che consuma la milza.
D e l ciffosoBCHt, o o b c h i,

4*

XL 1I. Cynosorchin aliqui orchin vocant, fo liis oleae, mollibus, ternis per semipedem longi tudinis in terra stratis, radice bulbosa, oblonga, duplici ordine : superiore quae durior est, el in feriore quae mollior. E duntur ut bulbi cocti, in vineis fere inventae. Ex his radicibus si maiorem edant viri, mares generari dicunt : si minorem feminae, alterum sexum. In Thessalia molliorem in lacte caprino viri bibunt ad stimulandos coi tus, duriorem vero ad inhibeudos. Adversautur alter alteri.

XL 1I. Il cinosorchi da alconi chiamato orchi, ha foglie d* ulivo, tenere, a Ire a tre d* un mezzo piede di longhezza e distese in terra, con radice ci pollosa,lunga, con doppioordine, per la superiore, eh* pi dura, e per linferiore, eh* pi tenera. Mangiansi colte come le cipollr, e truovansi per lo pi nelle vigne. Di queste radici se gli uomini mangiano la maggiore, dicono che ingenerano maschi; se le femmine la minore, generano 1 al * tro sesso. In Tessaglia gli uomini beono la pi tenera in latte caprino a provocare il coito, e la pi dura a proibirlo. E contraria Puna airalir-j.

6 l?

HISTORIARUM MONDI LIB. XXVII.


D e l o r s o l a c a r o . s v k c ie

CflBYSOLACHANUM , G K R U A II. MeDICI.VAK III. C o a g u l u m t u b a a e , 11.

D k l p resam i u e i.la tp .r b a ,

a. Memc. a.

3.

X LIll. Chrysolachanum io pineto, lactucae mile uaecilur. Sanai nervos incisos, si eoufesliui imponatur. E l aliud geoua chrysolachaui trailitur, flore aureo, foliis oleris. Coctum estur, ut olus molle. Herba hac adalligata morbum regium habentibus, ila at spedari ab his possit, sanari id s iu m traditur. De chrysolachano nec satis dici seio, nec plura reperto. Namque el hoc vitio la boravere proximi utique herbarii nostri, qaod ipsi nolas velnl vulgares, strictim, et nominibus Isolani indicavere: tamquam coagulo terrae alvum sisti, stranguriam dissolvi, si bibatur ex vino aat aqu.

XLIII. II crisolaoano simile alle lattuga nasce Depineti. Se si mette subito sai nervi tagliati, gli guarisce. Dicesi esservi un1altra specie di erosolaeano, di fior giallo, oon foglie di cavolo. Man giasi cotto come il cavolo tenero. Dieono che que gli che hanno il trabocco del fiele, se tengono questa erba legata addosso, in modo che da essi possa esser veduta, guariscono di quel male. Del crisolaeaoo non so che s sia ragionalo h bastanza, n truovo pi cose da riferirne. Di questo manca mento hanno peccato eziandio gli erbolai lei tempi a noi vicini, perch dell* erbe non han che indicato certe note comuni, in ristretto, e coi soli nomi, come quando dissero che col presame della terra ai ferma il corpo e dissolvonsi gli strangu glioni, beendosi col vino, o con l acqua.
D bl
c o l ic o , o s t b o m o , o s t b ic b o ,

Coucvs,

SIV B STRUMDS, SIVB TBVCBBOS, VI.

6.

XLIV. C alici folia Irita caro aceto, serpendam ictibus et scorpionum mederi. Qaidam hane alio nomine slrum um appellant, alii grece strychnon : acinos habet nigros. Ex his cyaihus succi cum mulsi duobus, medetur lumbis : ilem capilis do lori eaaa rosaceo infusus. Ipsa strumis illita.

XL1V. Le foglie del culico peste con T aceto medicano il morso delle serpi e degli scorpioni. Alcuni per altro nome chiamano questa erba stramo, e altri con vocabolo Greco slricno : ha gli acini neri. Di questi nn bicchier di sugo con dae di vin melato medica i lombi ; non che il dolore del capo infuso con olio rosato. Esso culico impiastrato guarisce le scrofe.
D
e ll a cobvbbva,

C o s r n v i, u. XLV. Peculiaris est Alpinis maxime fluminibos conferva, appellata a conferruminando, spon gia aquarum dulcium verius, quam mntcus aut herba, villoeae densitatis atqae fistulosae. Cura tam ea s c i o , o m n i b u s fere o s s i b u s confractis, pro la p s a m ex arbore a l t a putatorem, circumdata u D iv erso c o r p o r i , aqaam suam inspergentibus, q u o tie s i n a r e s c e r e t : raroque, n e c nisi deficien tem h e r b a m m s t s l i o s i i eausa resolventibus, con v a lu is se v i x c r e d i b i l i celeritate.

a.

XLV. La conferva particolarmente na*ce in torno a* fiumi dell1 Alpi, cosi chiamala dal con ferruminare, cio risaldare ; pi veramente spu gna d acqua dolce, che masco, o erba, con folli velli, e accanatala. Io truovo, come un contadino che potava, essendo cadalo da nn albero molto alto, e perci avendosi rollo qaasi tulle I os*a, fu guarito con questa erba, con la quale gli fa sciarono tatto il corpo, begnavanlo con la sua acqua, quando si riseccava ; n lo scioglievano se non per mutar l'erb a , quando essa veniva meno: guar con incredibil prestezza.
D
ella gbaba di

occum

G b id io m ,

ii.

u id o ,

a.

XLVI. 9. Cocco Gnidio color cocei, magni tudo g ran o piperis major, vis ardens. Itaque in fan d ev o ratu r ne adorat, quum galam tvaosit Baie vie praesentanea contra cicutam.

XLVi. 9. La grana di Gnido ha colordi gra na, maggiore ehe il granello del pepe, ed ha v irt di riardere. Per s inghiottisce rinvolta nel pene, acciocch quando passa per la gola, non la riarda. Questa erba rimedio prontissimo con* tra la ckata.

6 ig
D ipsaoos, m .

C PLINII SECUNDI
D b l f t im c o , S.

Oso

XLVII. Sistit alvam dipsacos: foli* habet lactucae, bullasque ip in o a i io dorsi medio, cau lem duum cubitorum, iisdem spinis horridum, genicula ejus binis foliis araplectentibus, concavo alarum sinu, in quo substitit ros salsus. In cacu mine capitula sunt echinata spinis. Nascitur in aquosis. Sanat rimas sedis. Ilem fistulas decocta in vino radice, usque dum sit crassitudo cerae, ut possit in fistula* collyrium mitti. Item verrucas omnium generum. Quidam et alarum, quas supra diximus, succum illinunt bis.

XLVII. U dipsaco ferma il corpo : ha foglie di lattuga, e nel mezzo del dosso ba certa bolla spinose. Il gambo di due braccia, co* medesimi spini. Due foglie abbracciano i suoi nodi, eoo certa concavit, dove si raccoglie salsa rugiada. Nella cima ha capi pinosi che paiono ricci. N a sce ne* luoghi acquosi. Guarisce le fessure del sedere, e le fistole ancora, cocendo la radice io vino, insin che rassodi come cera, aecioecbsi possa mettere nella fistola ; e similmeate i porri di ogni sorte. Alcuni anoora tingono questi porri eoi sugo delle foglie gi dette.
D bl l a d b i o p t b u , a.

D a T o m a u , u. XLV11I. Dryopteris filici similis, in arboribus nascitur, tenui foliorum subdulcium incisura, ra dice hirsula. Vis ei caustica est. Ideo psilothrum est radix tusa : illinitur enim, usque dum sudo res evocet: iternmque, et tertio, ita ne sudor abluatur.

XLVIII. La drioptere sim ile alla felce nasce negli alberi : ha foglie alquanto dolci con sottili tagliature, e la radice pilosa. Essa ha virt cau stica. Per della sua radice pesta si S piilotro, m perocch impiastrasi infino a che provochi i su dori, e oos la seconda volta* e la terza, ma oon s che si lavi il sudore.
D bl c a lo r o s o , i .

D r y o pho roh, i.

XL 1X. Dryophonon similis herba est, cauli* colis tenuibus, cubitalibus, circumdatis utrimque foliis pollicari amplitudine, qualia oxymyrsines, sed candidioribus mollioribosque, flore candido sambuci. Edunt cauliculos decoctos. Semine vero ejus pro pipere utuntur.
E
l a t ih b , i i .

XLIX. 11 driofono simile ad essa, con gam bi sottili, alti uu braccio, circondati per tutto di fo glie larghe un pollice, quali ha P ossirnirsioe, m a pi bianche e pi tenere, con fior bianco di sam buco. Mangiansi i gambicelli cotti; e il teme wo s'adopera in cambio di pepe.
D ella b l a t i h b , a.

L. Elaline folia habet helxinae, pusilla, pilosa, rotunda, semipedalibus ramulis quinis senisve a radice statim foliosis. Nascitur in segetibus, acerba gnstu, et ideo oculorum fluxionibus efficax, foliis cum polenta tritis et impositis, subdito linteolo. Eudera cum lini semine cocta sorbitionis usu dysenleria liberat.

L. L a datine ha le foglie di ebirie piccole pilose, tonde, oon cinqoe o sei rami d1nn m e**0 braccio, fogliosi fin dalla radioe. Nasce nelle bis* de : acerba al gusto, e perci giovano aglio8* *! che colano le sue foglie peste con polenta e poste*1 e* sopra eoo sotto una pezza di panoolino. La m desiraa solta con seme di lino, di maniera che possa bere, guarisce altrui del male de' pondi.
D bll ' b h p b t b o , d e t t o
c a lc ifra g a ,

m p b t r o s , q u a b c a l c ip b a g a ,

IV.

LI. Empetros, quam nostri calcifragam vocant, nascitur iu montibus maritimis, fere io saxo : quo propius mari fuerit, minus salsa est : potaqoe bilem trahit, ac pituitas: quo longius magisque terrena, amarior sentitur. T rahit aqnam. Sumitur autem iu jure aliquo, aut in hydromelite. Vetu state vires perdit. Recens urinas ciet decoctum in aqua vel tritum, calculosque frangit. Qui fidem

LI. L empetro, che i nostri chiamano calcifraga, nasce ne* monti marittimi, quasi nel as* quanto pi presso al mare, tanto men iab bevuto porga la collera e la flemma : quanfe ^ P * discosto dal mare e pi in fra terra, si seots P1 amaro. Tira a s l ' acqua. Pigliasi in qaalche bro do, o nell* idromele. Perde le forze per la chiezza. Fresco muove l orina, colte in acqo>0

Gai

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXVII. pesto, e cos ancora rompe le pietre. Coloro che vogliono aoquistar fede a questa asserzione, affer mano che le pietre che bollono insieme seco, si rompono.
Di l i ' e f j p a tt b , o e lle b o b in e , 2.

promino huic quaerant, adfirmaot lapillos, qui subfervefiant una, rompi.

p i p a c t i s , s iv b b l l b b o b in b , i i .

L ll. Epipactis, ab aliis elleborioe vocatur, parva herba, exigui* folii, jocineris vitiis utilis sima, et contra venena pota.

LII. Lepipatle, chiamata da alcuni elleborine, piccola erba e di piccole foglie : utilissima ai mali del fegato, e si be.e contra i veleni.
D
e l l * b f ix e d io ,

E pmbdioii,

ui.

3.

L 1IL Epimedion caulis est oon magnas, ede rae foliis denis atqae duodeois, numquam florens, radioe tenui, nigra, gravi odore. Nasdtur in hunidis, et huic spissandi refrigerandiqne natura, feminis cavenda. Folia in vino trila virginum mammas cohibent.

LI 1I. L epiraedio ha piccolo gambo, con dieci o dodici foglie sembianti a quelle dell' ellera : mai oon fiorisce, ha radice sottile, nera e di grave odore. Nasce in luoghi umidi, e la natura sua di rinfrescare : da guardarne le donne. Le fo glie sue peste nel vino rassodano le poppe delle fanciulle.
I D el l * b n w e a f i l l o , 3 .

iu a m t u o r

iu .

LIV. Enneapbyllon, looga folia novena habet, causticae natnrae. Imponitur lana circumdatum, ne urat latios : continuo enim pusulas excitat : Iamborum doloribus, et coxendicum utilissimum.

L1V. Lo enneafillo ha nove foglie lunghe, ed di natura caustica. Ponsi circondato di lana, ac ciocch non abbruci in largo, perch leva conti nuamente vesciche: utilissimo a' dolori de'lom bi e delle coscie. Di
d u e s p b c ib d e l l a f e l c e , c h e i G b e c i a p p e l l a no UNA PTBBI, ALTBI BLECNO ; L* ALTBA T E LtPTBBI, O NINFEA PTEBI. II.

il ic is

genera

duo

quam

raeci

p t b b iii,

a l ii

B L B C H B O N , IT B M T H E L Y P T B B lfl, N Y M PH A EA M P T B B III Y O C A B T, X I .

LV. Filicis duo genera, nec florem habent, nec semen. Pterin Graeci vocant, alii blechnon, cujus ex ona radice complures exeunt filices, bina etiam cubita excedentes longitudine, non graves odore. Hanc marem existimant. Alterum genas thelypterin Graeci vocant, alii nymphaeam pterin. Est autem singularis, alque non fruticosa, brevior, molliorque, el densior, foliis ad radicem canaliculata. Ulriusque radice sues pinguescunt. Folia ulriusque lateribus pinnata, unde nomen Graeci imposuere. Radices utrique longae in obli quum, nigrae, praecipoe quum inaruere. Siccari autem eas sole oportet. Nascuntur ubique, sed maxime frigido solo. Effodi debent Vergiliis oc cidentibus. Usus radicis in trimatu laotum, neque antea, neque postea. Pellunt interaneorum ani malia : ex bis taenias cum melle : cetera ex vino dolci triduo potae. Ulraque stomacho inutilissi ma. Alvnm solvit : primo bilem trahens, mox aquam : melius taenias cum scammonii pari pon dere. Radix ejus duum obolorum pondere ex aqua, post unius diei abstinentiam bibitur, melle praeguslalo contra rheumatismos. Neutra danda

LV. La felce di due sorti, che non han n fiore, n seme. I Greci la chiamano pteri, ed alcuni blecno: da nna sola di lei radice escono pi felici, le quali ancora passano due bracoia di lunghezza : di odore non grave. Tengono che questa sia il ma schio. Chiamano i Greci l'a ltra specie tdipteri, e alcuni ninfea pteri. Questa nna sola, oon ce spugliosa, pi corta, pi teser e pi folta, con foglie alla radice, e scanalala. Con la radice del l'ima e dell'altra i porci ingrassano. Le foglie di amendue sono da lati simili a penne d ' uccelli, onde i Greci le posero tal nome. L una e l ' altra ha radici lunghe per traverso, nere, e massimamente quaudo son secche. Bisogna per eh1elle si secchino al sole. Nascono in ogni luogo, e so prattutto ne' terreni freddi. Debbonsi cavare nel tramontar delle Virgilie. La radice sua oon s ' adopera se non di tre anni: non prima* n poi. Cac ciano i vermini fuor delle budelle ; ma le tignuole col mele, gli altri vermini bevute col vin dolce per tre giorni. L 'una e l'altra inutilissima allo stoma co. Muove il corpo, e prima ne trae la collera, dipoi l'acqua, ma molto meglio le tignuole con pari peso

6a3

C. ri.IN lI SECUNDI
li scamonea. La sua radice a peso di due oboli con T acqua si bee dopo l ' astinenza cT un giorno, gustalo prima il mele, contra il male de' pondi. N l ' una u l ' altra si dee dare alle donne, per ciocch fa sconciare le gravide, e l ' altre le fa ste rili. La farina loro si sparge sulle piaghe bruite, e sul collo alle bestie da giogo. Le foglie ammaz zano le cimici, e allonlanan da s le serpi. Perci ne' luoghi sospetti utile a distenderne; e abbru ciale ancora le fanno fuggire per l ' odore. 1 me dici fecero differenza ancora di quest' erba. Otti ma la Macedonica, poi la Cassiopica.
D bl
v s t ig b o s b d i b u s .

mulieribus, quoniam gravidis abortum, oeleris terilitalem facit. Fariua earum uloeribut tetris inspergitur: jumentorum quoque cervicibus. Fo lia cimicem necant : serpentem noo recipiant. Ideo substerni utile est in locis suspectis: ustae etiam fugant nidore. Fecere iflediei hojus quoque herbae discrimen. Optima Macedonice esi, secun da Cassiopica.

F t s n iOBOLi'1. LVI. Feraur bubulum appellatur herba, nervis et ipsa utilis, recens in aeeto ae sale trita.

LY1. V' un' erba, che si chiama petignone di bue, utile anch'essa a' nervi, pestata fresca in aceto e sale.
D e l l a g a lk o p s b , o g a le o b d o lo , o g a l l i o , 6 .

a l e o p s is , s iv b g a l b o b d o l o n , s iv b g a l l i o , v i .

LVII. Galeopsis, aut, ut alii, galeobdolon, vel gallion, caulem et folia habet articae laeviora, et quae gravem odorem trita reddant: flore purpu reo. Nascitur circa sepes ac semitas ubique. Folia caulesque duritias el carcinomata sanant, ex ace to. trita et imposita : item strumas. Panos et pa rotidas discutiunt. Gx usu est et decoctae sncco fovere. Putrescentia quoque et gangraenas sanai cum sale.

LVII. La galeopse, ovvero, come alcuni la chiamano, galeobdolo, o gallio, ha gambo e foglie d 'ortica, ma pi polite, le quali trite gettano grave odore. Il suo flore rosio. Nasce per tutto iutorno alle siepi ed ai sentieri. Le foglie e il gambo guariscono le durezze e le piaghe infisto lite, peste in aceto e postevi sopra ; e cos le scro fe. Risolvono ancora le posteme larghe e piatte, e le posteme dietro agli orecchi. utile fomen tarle col sugo di essa cotta. Col sale guarisce le parli che putrefanno e le cancrene.
D ella
glauce, i

laux> i .

LVIII. Glaox antiquitus eugalaeton vocaba tur, cytiso et lenticulae foliis similis: aversa can didiora. Rami in terram serpunt quini senive, admodum tenues ab radice. Flosculi purpurei exeout. Invenitur juxta mare. Coquitur in sorbi tione similaginis, ad excitaodam ubertatem laciis. Eam qui hauserint, balineis oti convenit.

LV 11I. La glauce anticamente si chiamava eugaiatto : ha foglie simili al citiso e alla lenticchia, e quando sono volte al contrario, sono pi bian che. I rami vanno per terra cioque o sei, e sono sottilissimi fin dalla radice. I suoi fiori son por porini Si trova presso il mare, e fa copta di latte, colla in bevanda di similagine. Per chi la piglia bisogna che usi i bagni. D bl
g l a u c io ,

l a u c io n , i i i .

C o l l t b io v ,

ii.

3. D el

c o l l ib io ,

a.

LIX. io . Glaucion in Syria et Parthia naseilur, humilis herba, densis foliis, fere papaveris, minoribus tamen sordidioribusque, odoris tetri, gustus amari cum adstrictione. Granum habet crocei coloris. Hoc in olla fictili Iulo circumli tura, in clibanis calefaciunt : deinde exempto sac cum exprimunt ejusdem nominis: usas est et sacci et foliorum, si terantur, adversus epiphoras, quae universae uno impetu cadunt. Hinc tempe rato r collyrium, quod medici diaglaacion voca ut.

LIX. io. II glaucio nasce in S o ria eio P artia: un erba bassa, e di foglie folle, presso che si mili a quelle di papavero, ma minori e pi sordide. Ha brutto odore, sapore amaro e rislrettivo. Ha granello di color giallo. Si mette in pentola di terra coperta, e ben turata con la belletta, e cuo cesi nel forno; dipoi si leva e se ne spreme il sugo, clte ha il medesimo nome. Il sugo e le fo glie, se si pestano, sono utili alle lagrime degli occhi, le quali caggiono tulle a un tratto. Coa

6a5

HISTORURUM MUNDI LIB. XXVII.

626

Laclis qooque ubertas intermissa restituitur. Su mitur ejus rei causa ex aqua.

questo sugo si tempera un unguento da occbi, ii quale i medici chiamano diaglaucio. Pigliandolo restituisce altres il latte perduto ; al qual fine si piglia poi che fu nell* acqua.
DbLLA GLIC1S1DE, O PBOBIA, O PBtfTOHOBO,

G ly ctsid k , s iv b

pa e o n ia , s it e pbntohoboh ,

xx.

20.

LX. Glycyside, qaam aliqui paeoniam, aul pentorobon vocant, caulem habet duum cubito rum, com itantibus duobus aut tribas, subruti lum, cate lan ri: folia qualia isatis, pinguiora, rotaodioraque et minora : semen in siliquis, aliud grano rubeole, aliud nigro. Duo autem genera snnt. Femina existimatur, cujus radicibus cen balani longiores circiter octo aut sex adhaerent. Mas plures habet, quoniam non una radice nixus est, palmi altitudine, eandidaque : goslu adstringit. Feminae folia tnyrrham redolent, et densiora sant. Nascuntur in silvis. T radunt noctu effo diendas, q soniam pico Marlio impetum in oculos facienle, interdia pericolosam sit. Radix vero quum effodiatur, periculum esse ne sedes proci dat, Magna id vanitate ad osteotalionem rei fictum arbitror. Usus io his diversus. Rubra enim grana rabentes menses sistunt, xv fere pota in vino ni gro. Nigra gran valvis medentur, ex passo aut vino totidem pota. Radix omnes veniris dolores sedat iu vino, alvumqne purgat: sanat opisthotonm n, morbum regium, renes, vesicam : arteriam autem et stomachum decocta in vino : alvumque sistit: estur etiaro contra malam mentis: sed in medendo quatuor drachmae satis sunt. Grana ni gra auxiliantur et suppressionibus nocturnis, in vino pota, qno dictum est numero. Stomachi vero erosionibus, et esse ea, et iliinire prodest. Suppu rationes quoque discutiuntur, recentes nigro se mine, veleres rubro. Ulrumque auxiliatur a ser pente percussis : el pueris coulra caloulos, inci piente stranguria.

LX. La gticiinde, la quale alcuni chiamano peonia, ovvero pentorobo, ha gambo di due pal mi, accompagnato da due o tre altri, alquanto rossigno, con buccia d1alloro, le foglie simili a quelle dell isate, ma pi grasse, pi toode, e pi piccole. Ha il seme iu baccegli, altro di granello rosso, altro di nero. di due sorti. La femmina si stima che sia quella, che ha appiccati alle radi ci come balani lunghi, o sei od olto. 11 maschio ne ha pi, perch sorge da pi radici, alle un palmo, e bianche* A gustarlo ristri gne. Le foglie della femmina sanno d mirra, e sono pi folte. Nascono nelle selve. Dicono eh* elle si debbono cavar di notte, ch di giorno pericoloso ; per ciocch il picchio si suole avventare agli occhi di chi le cava ; e che quando si cava la radioe, pe ricolo che ricaggia il sedere. Ma penso che ci sia stato finto con gran vanit, per dare riputazione alla cosa. L* uso loro diverso, perch i grani rossi fermano i mestrui rossi, beendone circa quindici nel vin nero. I grani neri medicano la matrice, beeodone altrettanti in vin passo, o in naturale. La radice nel vino mitiga tutti i dolori di ventre, purga il corpo, guarisce lo spasimo, che per ritirare i nervi tira la testa indietro verso le spalle, il trabocco del fiele, le reni e la vescica : guarisce Tarleria e lo stomaco, colta nel vino, e ferma il corpo : mangiasi ancora contra il male della mente, ma nel medicare bastano quattro dramme. Le granella nere giovano alle oppres sioni che i Fauui fauno parere nel sonno, bevute in vino al numero che s detto. Ma a'rosicamenli dello atomico giova mangiarle, oppure im piastrarle. Levano ancora le raccolte di puzza, le fresche col seme nero, le vecchie col rosso. Luna e l ' altra aiula i percossi dalle serpi, e i fanciulli contra il male della pietra, quaudo comiuciano gli stranguglioni. D bl
g n a f a l io ,

G n ap h am o v ,

n v b c b a m a b z b l o n , v i.

cavazklo ,

6.

LXI. Gnaphalion alii chamaezelon vocant, cujos foliis albis mollibusque pro tomento utun tur : sane et similia sunt. Datur in vino austero ad dysenteriam : ventris solulioues mensesque mulierum sistit. Infunditur autem tenesmo. Illi nitur et putrescentibus ulcerum.

LXI. Il gnafalio da alconi chiamato carnezelo : le sue foglie bianche e tenere s usano in cambio di borra ; e certo la somigliano molto. Dassi in vin brusco ai male de'pondi, a1flussi del corpo, e a fermare il mestruo delle donne. A coloro che hanno gran voglia d uscire del corpo, e non ponno, e s infonde. Impiastrasi ancora alle piaghe che si fanno putride.

C37
G
allidbaga, i .

C, PLINII SECUNDI
D e LLA GALUDBAGA, I .

LX 1I, Gallidragam vocat Xenocrates leucacantho similem, palustrem et spinosam, caule fe rulaceo, alto, coi summo capile inhaeret simile ovo. In hoc crescente aetate vermiculos nasci tra dunt, quos pyxide conditos adalligari cum pane brachio ad eam pariem, qua deos doleat, raireque illico dolorem tolli. Valere non diutios anno, et ita si terram non attigerit.

LXII. Gallidraga chiama Senocrate u n 'erb a simile al leucanto, palustre e spinosa, col gambo di ferula, alto, a cui nella cima del capo sta attac c a la cosa simile a un uovo, nel quale, crescendo per la et, dicesi che nascono vermicelli, che messi in bossolo, e legati, quando bisogna, oon pane al braccio da quella parte, per dove duole il dente, maravigliosamente fanno che subito si parte il dolore} ma quell' uovo non vale pi che un anno, ed anche a condizione che non tocchi terra.
|
i

H olcus , i .

D b l l ' olco , 1.

LXI 1I. L 'erba chiamata olco nasce in sassi LXIII. Holcus in saxis nascitur siccis. Aristas , secchi, ba spighe sottili nella cima, e nel gambo habet in cacumine, tenui culmo : quale hordeum ha reste come l'o rto . Questa erba legata intorno restibile. Hec circa caput alligala, vel circa la al capo, o intorno al braccio, cava le reste del certum, educit e corpore aristas. Quidam ob id arislidara vocant. corpo, e perci alcuni la chiamano arislida.
H y o sibis , i . D i l l a io s ib i , i .

LXIV. Hyosiris intubo similis, sed minor, el tactu asperior ; vulneribus contusa praeclare medetur. Holo ste o ,
iii.

LXIV. La iosiri simile alla endivia, ma mi nore, e pi aspra a toccare : peata medica benissi mo le ferite.
D e l l ' o lo s te o ,

3.

LXV. Holosteon sine duritia est, herba ex adverso appellata a Graecis, sicut fel dulce, te nuis usque in capillamenti speciem, longitudine qualuor digitorum, ceu gramen ; folii angustis, adslringens gustu. Nascilur in collibus terrenis. Usus ejus ad convulsa, rupta, in vino pota. Vul nera quoque conglutinat. Nam et carnes cogun*tur, addila.

LXV. L olosteo u n'erba senza durezza, la quale fu cos chiamata dai Greci per vocabolo di significazione contraria, come il fiel dolce : sot tile di modo, che non cede alla sottigliezza del capello, e lungo quattro dita, come la gramigna: ha foglie strette, e a gustarlo rislrigne. Nasce io colli terreni. Adoperasi alle membra sconvolte e rotte, bevuto in vino. Risalda ancora le ferite, e rappiglia insieme le carni, se si fa bollire con esse.
D e l l ' ippo fb st o v , 6 .

HIPPO ph absto s , v i.

LXVI. Hippophaeston nascilur in spinis, ex quibus fiunt aeneae fulloniae, sine cauliculo, sine flore, capitulis tantum inanibus, et foliis parvis, multis, herbacei coloris, radiculas habens albas, molle*. Succus earum exprimitur aestate, ad sol vendam alvum, Iribus obolis, maxime in comi tialibus morbis, et tremulis, hydropicis. Contra vertigines, orthopnoeas, paralyses incipientes.

LXVI. L ippofeston nasce in quelle spine, che si usano ne' purghi da panni, senza gambo e senza fiore, solamente con capi vani, e foglie pic cole e molle : ha color d ' erba, e radici piccole, bianche e pieghevoli. Il sugo loro si preme di state, per ismovere il corpo. 11 peso Ire oboli, massimamente al mal caduco, o a chi trema, o al ritruopico; uon che contra i capogirli, l'orlopuea, e il parietico che comiucia.
D e l l ' ipo g lo ssa , i .

H ypoglossa , 1.

LXVII. 11. Hypoglossa folia habel figura sil | LXVII. 11. La ipoglossa ha le foglie a rooJo vestris n>yrli, concava, spinosa, el iu his ceu liu- 1 di mortine salvalica, concave c spiuosc, dalle

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXVII. goas, follo parvo exeonte de foliis. Capitis dolo rem corona e s his imposita minoit.
H m eoov.

C3o

quali a guisa di lingua escono piccole al ire foglie. Una ghirlanda di queste leva il dolor del capo.
D b l l ' if s c o o .

LXVIII. Hypecoon io segelibas nascitor, foliis rutae Natora ejas eadem quae papaveris rcco.

LXVIII. Lo ipecoo nasce nelle biade, e ha foglie di rata. della medesima natura, che il sugo del papavero.
D e l l * id e a , 4

b i u , IT .

L X 1X. Idaeae herbae folia sunt, qaae oxyrnyrtnes : adhaerent his velut para piai, in quibas flos. Ipsa alvum, meosesqoe, et omnem ahundan tiam sanguinis sistit. Spissandi cohibe ndique as tor am h a b e t lsorraos, n. LXX. Isopyron aliqai phasiolon vocant, quo niam folinm, qaod est aneso simile, io pampinos torqoetor. Capitala soat ia snmmo caule tenaia, plena seminis melanthii. Contra tnssim, et cetera pectoris vitia, ex mella an t aqua mulsa} item jocineri utilissima,
L a thteu, n .

LXIX. L 'erba idea ha foglie d ' ossimirsina : in esse stanno attaccati certi pampani ne' quali il fiore. Ferma il corpo, i mestrui e ogni abbon d a n e di sangue. Ha natura di rassodare e di costrignere.
D e l l ' is o v ib o , a .

LXX. L 'isopiro i chiamalo da alcuni ftriolo, perch la foglia saa, la qoale simile agli aoici, si risolve in viticci. Ha in sommo del gambo piccoli capi pieni di seme simile a quello del melautio. Usasi conira la tosse e altri difetti del petto con mele e acqua melala. anoora utilissimo al fegato*
D el l a t i a i, a.

LXXI. Lathyris folia habet malta laclocae similia, teauiora germina multa, in quibus semen taniculis continetur, a t capparis: quae quura inara ere, exiraoatur grana piperis magnitudine, candida, dulcia, facilia purgatu. Haec vicena in aqaa pura aat malsa pota hydropicos sanant. Thahunt et bilem. Qui vehementius purgari t o lunt, cam folliculis ipsis sumunt ea : nam stomacham laedoot. Itaque invenlum est, a t cum pisce aat jure gallinaoei sumerentur.

LXXI. Il latiri ba molte foglie, simili alla lattoga, e germogli pi sottili, ed assai, ne'qaali il se me fra certi pannicoli, come il cappero : quando questi pannicoli sono secchi, si cavano certe gra nella, grandi siccome quelle del pepe, bianche, dolci e facili a purgare. Guariscono i rilruopichi, beendone venti in acqua pura, o melala. Purgano ancora la collera. Coloro che pi gagliardamente vogliono purgarsi, pigliano le granella con la lor buona; perciocch'elle ofleodono lo stomaoo. Onde s ' trovalo, eh' elle si pigliassero con brodo di gallina, o con pesce.
D e l lb o o to f e ta lo ,

L e o h to fe ta l o b , i l

a.

LXX1I. Leontopetalon, alii rhapekm vocant, folio brassicae, caule semipedali : alae multae, se ratu In cacumi oe, in siliquis, ciceris modo : radix rapo similis, grandis, nigra. Naseitur in arvis. Radix adversatur omnium serpentium generibus e i vino pota : nec alia res celerius proficit. Datur et ischiadicis.

LXX 1I. Il leontopetalo* chiamato d aleuni rspeio, ha foglia di cavolo, e molti ramiceli*!, il gambo di mezzo braccio, il seme nella cima in baccellini a modo di cece, la radice simile alla rapa, grande e nera. Nasce ne'campi. La radice bevuta con vino contraria ad ogni sorte di ser penti; n v ' altra cosa che giovi pi presto. Dassi ancora agli scialichi.
D e lla
lic a p s id e ,

L tcapsos, u. LXXI 1I. Lycapsos longioribus, qaam lactuca, esi foliis, crassioribatque. Caule longo, hirsulo,

2.

LXX 1I 1. La lieapside ba le foglie pi lunghe che la lattuga, e pi grasse, il gambo tango e pi

63 r

G. PUNII SECONDI

63j

a tignati* malli* cubitalibus, flore parr, purpu reo. Nascitur in campestribus. Illinitur cum fa rina hordeacea igni sacro. Sudores in febribus movet, sucoo aquae calidae admixto.

loso, a cui d intorno altri ne nascono dun buc cio : fa fior piccolo e rosso. Nasce nelle campagne. Fassene empiastro con farina d* orzo al fuoco sa cro. Muove il sudore nella febbre col sugo mesco lato nell acqua calda.
D b l LITOSVB1 MO,

LlTHOSPBEMOH,

s iv b

AEGONTCHOB, SIVB D I0IPY E 05,

e c o h ic o ,

d io s p ik o ,

SIVE HEBACLSON, II.

O BRACLBO,

a.

LXX 1V. Inter omnes herbas lilhospermo ni hil est mirabilius. Aliqui aegonychon vocaut, alii diospyron, lii beracleos. Herba quincunciaiis fere, foliis duplo majoribus quam rutae, ramalis surculosis, crassitudine junci : gerit juxta folia singulas velati barbulas, et earum in cacuminibus lapillos candore et rotunditate margaritarum , magnitudine ciceris, duritia vero lapidea. Ipsi, qua pediculis adhaereant, cavernulas habent, et intus semen. Nascitur et in Italia, sed laudatissi mum in Creta. Nec quidquam inter herbas ma jore quidem miracnlo adspexi. Tantus est decor, velat aurifiouro arte alternis inter folia candican tibus margaritis : tam exquisita difficultas lapidis ex herba nascentis. Jacere atque humi serpere auctores tradunt. Ego vulsam, non haerentem vidi. Iis lapillis drachmae pondere potis in vino albo calculos frangi, peltique constat, et strangu riam discuti. Neque in alia herbarum fides est visu statim, ad quam medicinam nata sit. Est au tem ejus speoiea, ut etiam sine anctore visa statim nosci possit

LXXIV. Fra tutte l ' altre erbe non ve n i pi maravigliosa del litospermo. Alcuni lo chia mano egonico, altri diospiro, altri eraeleo. Qaesta erba quasi di cinque oncie, di foglie il dop pio maggiori che quelle della ruta, con ramicelli d'assai messe, grossi quanto il giunco. Porti presso alle foglie come particolari barbe, e nella cima loro come pietroline, bianche e tonde com e le perle, di grandezza di ceee, e dure come pie tre. Queste l dove i lor picciuoli stanno attaccati, han certe concavit, e dentrovi il seme. Nasce in Italia, ma il migliore in Candia. Non ho veduto fra l erbe cosa di maggior maraviglia, perocch tanta la leggiadria di quelle pietroline simili a perle e biancheggianti tra foglia e foglia, e tanto mirabil cosa che un' erba le produca, che paioli piuttosto pietruzze lavorale per man d artefice. Dicono gli autori, che giace e serpeggia per terra. 10 P ho veduto svelto, e non attaccato. Queste pietroline, bevute al'pesn d ona dramosfovin bianco, rompono le pietre, e le spingono fuori; e levano la stranguria. N altra erba , che subito dal vederla dimostri a quale medicina sia nata. Inoltre la sua forma tale, che si pu conoscere ancora senza 1 indizio altrui. *
D b l n s e i i o n i p ib tb a .

a p i d i s m u sc u s .

LXXV. Lapis vulgaris juxta flnmina fert mnscom siccum, canum. Hic fricatur altero lapide, addita hominis saliva:illo lapide tangitur impeti go. Qui tangit, dicit :

LXXV. La pietra volgare appresso i fi 1 produce muschio secco e canuto. Q o e sto si sin*piccia con un altro sasso, mescolandovi sali* di uomo, e con quella pietra si tocca la rogna, e toccando si dicono queste parale Greche :
Q X t y t r i , x a rfo ffV ft, X v x a % y f i o s f*f&

Quiyirit

Xtlxof yftof Sftfti

1 che vuol dire: fuggite, canterelle,che il lupo*!* 1 vatico vi segue.


L u te u m , i . D bl
luteo, t.

LXXVI. Limeum herba appellatur a Gallis, qna sagittas in venatu tingunt medicamento, qnod venenum cervarium vocant. Ex hac in tres modios salivati additur, quantum in unam sagit tam addi solet : ita offa demittitur boum faucibus in morbis. Alligari postea ad praesepia oportet,

LXXVI. Limeo chiamano i Francesi unerbj, con la quale tingono le saette nella c a c c ia ;.* medicarne chiamano essi veleno cervario. Diqoe* sto si mette in tre modii di s a li v a to qowlo **,u0^ porre in una saetta ; e tal f a r i n a ta si m*1 "J ** gola a buoi ne* lor mali. Per bisogna legarli P01

33

HISTORIARUM MONDI LIB. XXVII.

634

douec porgentur ; insanire enim solent : si rador insequitur, aqua .frigida perfaudi.

alla mangiatoia, finche si purghino, perch imperversano molto: se sudano, si bagnano con acqua fredda.
D el la l so c e , o m esolecce, e lecca , 3.

e c c e , s it e m e so le v c e , e t lbo ca s, i i i .

LXXVII. Leuce mercuriali similis, nomen ex causa accepit, per medium folium candida linea transcurreole : quare mesoleucon quidam Tocanl. Succus ejus fislulas sanat: ipsa contrita, carcino mata. Fortassis eadem sit, quae leucas appellatur, conlra omnia marina venena efficax. Speciem ejus aoctores non tradunt, nec aliud, quam tilTesi rem latio ri bos foliis esse efflcaciorem, hanc semine acriorem.

LXXVII. La leuce simile alia mercorella, cos chiamata perch per mezzo delle sue foglie trascorre una linea bianca : per queslo alcuni la chiamano mesoleuco. Il sugo suo guarisce le fisto le, ed essa pesta guarisce le piaghe incancherite. Forse quella medesima, che si chiama leuca, la quale ha virt conlra tutti i veleni marini. Gli autori non descrivono altrimenti la sua figura, n altro dicono, se non che la salvatica ha pi larghe foglie e pi possenti, meulre questa ha seme pi agro.
D ella
lecco gbafe,

L e c c o g e a p k is ,

v.

5.

LXXVIII. Leucographis qualis esset, scriptum : quod eo magis miror, quoniam utilis proditur sanguinem exscreantibus, iribus obolis cum croco : item coeliacis : tri Ia ex aqua et ad posita, profluvio feminarum : oculorum quoque medicamentis, et explendis ulceribus, quae fiunt ia Icoeris partibws corporis.
bob reperi

LXXVIII. lo non ho mai trovato scrillo quale sia la forma dell erba leucografe ; di che multo mi maraviglio, perch dicono che essa alla misura di tre oboli con zafferano utile a chi sputa san gue e a' deboli di stomaco ; e pesta con acqua, e messavi su, all' abbondanza del flusso delle don ne, a* medicamenti degli occhi, e a risaldare le piaghe che si fanno nelle parti tenere del corpo.
D e l m e d io , 3.

Mboioh, III. LXX 1X. i x Medion folia habet iridis sali vae, caulem tripedalem, el in eo florem grandem, purpuream, rotnndum , semine minuto, radicem semipedalem. In saxis opacis nascitur. Radix drachmis duabus cum meile menses feminarum sistit, ecligmate per aliquot dies suinpto. Semen quoque in vino, trilum contra abundantiam fe minarum dalur.

LXX1X. ia . 11 medio ha foglie d' iride dome stica, e gambo alto Ire piedi, e in rsso fior grande, rosso e tondo, con seme minuto, e la radice di mezzo piede.Nasce in sassi ombrosi. Due dramme della sua radice con mele ristagna i mesi delle donne, pigliandola per alcuni giorni per bocca, e inghiottendola a poco a poco. Il seme ancora si d pesto nel vino conira l'abbondanza del flusso delle donne.
D e lla
m io s o t a , o m io s o t i ,

M yo so ta ,

s i t e m y o s o t is , i u

3.

LXXX. Myosota, sire myosotis, laevis herl>a, caulibus pluribus ab una radice, aliquatenus ru bentibus, concavis, ab imo foliisngustis, oblon gis, dorso acuto, nigris, per intervalla adsidue geminatis, tenuibus cauliculis ex alis prodeunti bus, flore caeruleo., Radix digitali crassitudine mullis capillamentis'fimbriata. Vis ei septica et exulceratrix, ideoque aegilopas sanat. Traditili Aegjptii, mensis quem Ibiatin vocant die xxvm ferein Augustum mensem incurrente, si quis hujus herbae socco inungitur mane priusquam loqua tur, noo lippiturum eo anno.

T.XXX. La miosota, o T T e r o miosoti, un'erba pulita, con pi gambi da uua sola radice, i quali pendono in rosso, e souo voti. Ha foglie fin dap pi, strette e lunghe, con dosso aguzzo, nere, e a due a due con intervalli. Ha sottili gambi che escono da altri gambi, e il fiore azzurro. La radi ce grossa un dito, con molte barbuccie che pa iono capegli. Ha virt di fendere e scorticare, e per-questo guarisce le egilope. Dicono gli Kpizii, che se nel d venlolto del mese tiate, il quale viene a essere a noi quasi I' Agosto, alcuno se ne unge la mattina innanzi che favelli, nou sente per quell' anno la cispa.

635

C. PUNII SECONDI
M yagbob, i . D bl iia o b o , i .

6JG

LXXXI. Myagrns herba ferulacea est foliis similis rubiae, tripedanea. Semen oleosum, quod et fit ex eo. Medelur ori* ulceribas perunctis hoc succo. N n u , i. LXXXII. Herba, quae vocator nyraa, tribas foliis longis intubaceis, illita cicatrices ad colorem reducit.
N a t b ix , i .

LXXXI. H miagro nn1 erba ferulacea, che ha foglie simile alla robbia. L altezza soa tre piedi. Il seme olioso, e fassene olio che con U sua unzione guarisce gli ulceri della bocca.
D b l l a r im a , i .

LXXXII. L' erba, che si chiama ninna, ha tre foglie lunghe d'endivia : impiastrata alle margini le ritorna al lor colore.
D bl la r a t * ic e , i .

LXXXI1I. Natrix vocatur herba, cujos radix evulsa viros hirci redolet. Hac in Piceno a femi nis abigunt, qoos mira persuasione Fatuos vocanl: ego species lymphantium hoc modo ani morum esse crediderim, qui tali medicamento juventur.

LXXXIII. Chiamasi natrice nn* erba, la coi radice svelta sa d1 odore di becco. Con qoesla erba nella Marca d'Ancona rimuovono dalle don ne quegli che per maravigliosa credenza si chia mano Fatui : io voglio credere che sia specie di furore di mente quel male che con questa erba ri medica.
D b l l ' o d o r t it b , t .

O d o k t it is , i .

LXXXIV. Odontitis inter feni genera est, cauliculis densis ab eadem radice, geniculatis, triangulis, nigris. In geniculis folia parva habe, longiora tamen quam polygonon. Semen io alis hordeo simile, florem purpuream, pusillum. Na scitur in pratis. Decoctum cauliculorum ejos in vino austero, quantum manus capiat, dentium dolori medelur, ita ut cootineatar ore.
O thohha , m .

LXXXIV. L odontite ona specie di 6eoo, che ha i gambicini folli dalla medesima radice, nodosi, triangolari e neri. Nei nodi ha piccole foglie, ma pi lunghe che il poligono. Il seme simile all' orzo, e il fior rosso e piccolo. N aice ne' prati. La decozione de* suoi gambi, quanto se ne pu pigliar con mano, in vin brusco, tenen dola in bocca leva il dolore de' denti.
D b ll' o to r r a ,

3.

LXXXV. Othonna in Syria nascitor, similis erucae, perforatis crebro foliis, flore croci : quare quidam anemonero vocaverunt. Saccus ejus ocu lorum medicamentis convenit. Mordet enim leni ter el excalfacit, adctringilque siccando. Purgat cicatrice*, et nnbeculas, et quidquid obstat. Qui dam tradunt lavari, atqne ita siccslam digeri in pastillos.

LXXXV. L 'otonna nasce in Sona inaile *H a ruchetta, con foglie spesso forate, e fio re di tafferano : per ci alcuni la chiamarono anemone. H suo sugo utile nelle medicine da occhi ; peroc ch morde leggermente e riscalda ; e nell**00' garsi ristrigne. Purga le margini delle piaghe ^ nubecule, e lotto quello che d fastidio alla viitoAlcuni dicono che si lava, e dipoi asciutta n' duce in pastelli.*
D b l l orosma , i .

O nosua , i .

LXXXVI. Onosma longa folia habet fere ad digitos, in terra jacentia, tria, ad similitudi nem anchusae incisa, sine caule, sine flore, sine semine : praegnans si edat earn, eut supergredia tur, aborlum facere dicitur.
Ire s

LXXXVI. l/onosma ha le foglie lunghe qoa* tre dita, le quali giacciono io terra : sono tre, fo gliate a foggia dell'erba ancusa, senza gambo, e ** fiore, e senza seme. Dicesi che se una dnna gr** vida mangia, di questa erba, oppure vi pa$ia*op** si sconcia.

65;

U1STORIAROM MONDI UB. XXVII.


O b OPORDO*, V.

G38

D bll' o b o p o b d o , 5. LXXXVII. Dioesi che se gli asini mangiano dell'erba onopordo, fanno strepito col ventre. Provoca I* orina e i mestrui, ferma il corpo, e risolve le supporazioni e le raccolte di puzza.
D e l l ' o s ib i, 4.

LXXXVH. Onopordon i i comederint M in i, crepitus reddere diconinr. Trahit urioas et men ce: alvum sistit : suppurationes et collectiones discutit.
O
s t b is , i t .

LXXXVI li. Osyris ramolos fert nigros, te nues, lentos : et in iis folia nigra, ceu lini : seroenque in ramulis nigrum initio, dein colore mutalo rubescens. Smegmata mulieribus faciunt ex his. Radicum decoctum potum, sanat arqualos. Eae dem, priusquam maturescat semen, concisae, et sole siccatae, alvum sistunt. Posi maturitatem vero collectae, et in sor bilione decoctae, rheuma tismis ventris medentur, et per se tritae ex aqna coelesti bibantur.
O xts , II.

LXXXVIII. L'osiri fa ramicelli neri, sottili e pieghevoli, e in essi foglie nere come di lino : ha il seme ne'ram i, nero da principio, dipoi muta colore e rosseggia. Di questi si fanno empiaslri purgativi alle donne. La decozione delle sue radici guarisce gli itterici ; ed esse, prima che il seme si maturi, tagliale e secche al sole fermano il corpo. Colte poi che il seme maturo, e cotte in bevan da, medicano il mal de' pondi ; ed anche per s trite si beouo con l'acqua piovana.
D e l l ' o s i, a .

LXXX 1X. Oxys folia terna habet. Datur ad stomachum dissolutum. Edunt et qui enterocelen habent.
PoLYABTBBMUII, SIVB BATRA CHIOS, 111.

LXXXIX. L 'osi ha tre foglie. Dassi allo sto maco dissoluto, e a coloro a cui gli intestini sono caduti nella borsa da basso.
D el p o l i a b t b m o , o b a t b a c h i o , 3 .

XC. Polyantheronm, quam quidam batrachion appellant, caustica vi exulcerat cicatrices, et ad colorem reducit. Eademquc vitiligines concor porat.
POLYGOMJV, SIVB THALASSUS, SIVB CARC1RBTHBOH, SIVB CLEMA, SIVB MYRTOPETALOS, QOAB SARGOIBAB1A, SIVE OBEOS: GBBBBA IV. M EDIC! RAB XLI1I.

XC. Il polianlemo, che alcuni chiamano baIrarhio, con virt caustica scortica le cicatrici e le riduce a buon colore. Toglie via la morfea, e riduce la pelle simile al resto del corpo.
D el p o lig o n o , o t a l a s s i a , o c a r c i r e t r o , o c l r k a ,
O M1RTOPETALO, CH' ORBO : SPECIE

i LA

SARGCIRARIA, OVVERO

4. Medic. 43.

XCI. Polygonon Graeci vocant, quam nos sanguinariam : non attollitur o terra, foliis rutae, emine graminis: succus ejus infusus naribus supprimit sanguioem : et potus cum vino, cujos* libet produviura exscreationesque cruentas inhi bet. Qui plura genera polygoni faciunt, hanc marem inlelligi volunt, appellarique a multitu dine seminis, aut densitate fruticis calligonon. Alii polygonalon, a frequeulia geniculorum: alii theulhalida, alii carciuelhrou, alii clema, mulli utjrtopelalon. Nec non iuveniuntur, qui haue feminam esse dicunt : marem aulem majorero, niinusque nigraro, et geniculis densiorem, semine sub omnibus foliis lurgesceutem. Quocumque baec modo se habeant, vis earum est spissare ac refrigerare. Semina alvum solvunl : largius suinpia urinara cieut, rheumatismos cohibent : qui i iiou fuere, nou piosunt. Slomatlii fervori folia

XCI.I Greci chiamano poligono quellerba che noi chiamiamo sanguinaria : ella noo s 'alza punto da terra, ha foglie di ruta, e seme di gramigna. 11 sugo suo infuso nelle nari ristagua il sangue, e bevuto in vino ristagua il flusso d' ogni parte e gli spurghi sanguigni. Quegli che mettono pi sorli di poligono, dicono che queslo il maschio, e dalla quantit del seme, o dalla densit del ce spuglio lo chiaman calligono. Altri il dicono poligonalo dalla frequenza de'nodi : altri leut.ilida, altri carciuelro, altri clema, e molti mirlopelalo. Alcuni ancora dicono, che questa femmina, e che il maschio maggiore, e pi nero, e pi spesso di nodi, e che ha il seme rigonfio sotto ogni foglia. Ma in qualunque modo si sia, la virt loro di condensare e rinfrescare. I semi muovono il cor po : pigliandone in quantit, provocano V orina, e ristringono i reumatismi ; e se non vi fossero

639

c - PUNII SECUND1

G0 4

imponantur : vesicae dolori illinuntur, et ifenibus sacris. Succus et a u r i b o s purulentis instillatur, et oculorum dolori per se. Dabatur et ia febribus ante accessiones duobus cyathis in tertianis, quartanisque praecipue ; item cholericis, dysentericis, et in solutione stomaohi. Tertium genus oreon vocatur, in montibus nascens, arundini tenerae simile, uno caule, densis geniculis et in se infrac tis, foliis aulem piceae, radicis supervacuae, inef ficacius quam superiora. Peculiare ischiadicis. Quartum genus silvestre appellatur, paene arbo ris modo frutex, radice lignosa, stirpe cedri rubi eundo : ramis sparti, binum palmorum, nigris geniculorum ternis quaUrnisve articulis.

Huic quoque spissandi nator, sapor mali cotonei. Decoquitur ia 'aqua ad tertias, aut aridi farina inspergitur et oris ulceribus et attritis par tibus. Propter gingivarum vero vilia commandu catur. Nomas sistit omniaqne quae serpunt, aut difficilem cicatricem habent. Privalim vero sanat a nive facta ulcera. Herbarii et ad anginas utun tu r illa : et in capitis dolore coronam ex ea im ponunt : et contra epiphoras collo circumdant. ]n tertianis quidam sinistra manu evulsam adal ligant: adeo contra profluvia sanguinis, nec ollam magis aridam quam polygonum, servant.

questi, non giovano a nulla. Pongonsi le foglie al fervore dello stomaco ; e fassene empiastro ai dolori della vescica e al fuoco sacro. In fon desi il sugo negli orecchi dove sia marcia, e alle doglie d'occhi. Dassi alle febbri terzane innanzi agH eccessi in due bicchieri d ' acqua, e massime alle quartane: similmente al male de'pondi,ai collerici, e nella dissoluzione dello slomaco. La terza specie chiamata oreo, e nasce ne1 monti, simile a canna tenera : ha un sol gambo, e spessi nodi, e in s rotti. Ha foglie di picea, radice vota, ed di minor virt che le sopraddette : suo pro prio valore alla scia. La quarta specie si chiama salvatica, che germoglia quasi eome albero : ha radice legnosa, e sterpo di cedro rosso. 1 rami suoi somigliano a quelli dello sparto, lunghi due palmi, con I r e o quattro nodi neri. Questa similmente ha natura di consolidare, e ha sapore di mela cotogna. Caocesi io acqua insino alla terza parte, o si mette in polvere agli ulceri della bocca, e alle parli logore. Masticasi per lo male delle gengie. Ferma le piaghe vec chie, e tulli i mali che impigliano, o che difficil mente vengono a margine ; e soprattutlo guari sce gli ulceri fatti dalla neve. Gli erbotai 1* usano ancora alla squinanzia. Fannoue ghirlande al rapo, quando e' duole, e la pongono intorno al collo per fermare le lagrime degli occhi. Legaula nella terzana, svelta con la man manca, e eoolra i flussi del sangue. N alcun1altra erba serbano pi secca che il poligono.
D e i . PABCBAZIO, 1 .

a h c b a t iu * ,

XI.

XCII. Pancration aliqui scillam pusillam ap pellare malunt, foliis albi lilii, longioribus crassioribusque, radice bulbi magni, colore rufo. Alvum solvit sac<'o, cnm farina ervi sumpto : ulcera pur gat. Hydropicis splenicisque cum melle dalur. Alii decoquunt eam, donec aqua dulcis fiat : ea-, que eflusa radicem terentes digerunt in pastillos sole siccatos : et postea utuntur ad capitis ulcera, et cetera quae repurganda sunt. Item ad tussim, quantum tribus digitis apprehenderint, in vina dantes: et ad lateris dolores, aut peripneumonicis ecligmate. Dant et propter ischiada in vioo bibendum, et propler tormina, meusesque ciendos.

XCII. Il pancrazio chiamato da alcuni scilla piccola : ha foglie di giglio bianco, ma pi luoghe e pi grosse, e radice di gran cipolla, di color rosso. 11 sugo piglialo con. farina di rubiglie muove il corpo c purga le nascenze. Dassi col mele a1ritruopichi, e a chi ha male di milza. Al cuni lo cuocono tanto che 1 acqua diventa dolce, * dipoi in essa pestano la radice e ne fanno pastegli, i quali seccati al sole si adoperano agli ulceri del capo, e alle, cose che hanno bisogno di pur garsi : similmente alla tosse, qnanto se ne pu pigliare con tre dita, dandolo col vino ; e a do lori di fianco, e all*asma, pigliandolo in bocca e inghiottendolo a poco a poco. Per la sciatica si bee nel vioo, e pe* tormini, e per provocare i mestrui.

P b PLIS, SIVB SYCB, SIVB MECOftlOR APHBODES, 111.

Dbl

p b p lo , o s ic e ,

v b c o rio a f a o d e ,

3.

XCIII. Peplis, quam aliqui sycen, alii meco nion, alii mecona aphrode vocant, ex una radice tenui frulicat, foliis rutae paullo lalioribus, semi-

XC 1I 1. Il peplo, che alcuni chiamano sice, e alcuni meconio afrode, fa cespuglio in su radice sottile, con foglie poco pi larghe che di ruta,

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXVII. foliis rotundo, minore qaam candidi p a imerii. ln ler viles fere colligitur messibus : siccaturque cam frucla suo, subjectis, in qaae exci dat. Hoc poto alvus solvitur, bilis c piluiU de trahitur. Medi* polio est acetabuli mensura, in aquae mulsae heminis tribas. Et cibis inspergitor obtonusque ad molliendam alvam.
ne iab

G4

col seme tondo sotlo le foglie, minore che di pa pavero bianco. Nasce tra le viti, e ricogliesi per mietitura : seccasi col sno frullo, somaxeltendovi stuoia o altro su cui e' caschi. Beendo d ' esso si muove il corpo, e tirasi fuora la collera e la flem ma. Una mediocre pozione un acetabolo in tre emine d'acqua melata. Spargesi ancora ne'cibi per muovere il corpo.
D b l pe b ic l iu b b o , 5.

PBB1CLYHBNOB, V.

XCIV. Periclymenos fraticat et ipsa, ex in tervallo duo folia habens, subcandida, mollia. In cacumine aulem semen inler folia durum, et qaod difficile vellatur. Nascitur iu arvis ac sepibus, convolvens se adminiculis quibuscunique. Semen ejus umbra siccatum tunditur et in pastillos dige ritur. Hi resolati dautur in vini albi cyathis Iri bus, tricenis diebos ad lienem : eumque urina craeola, aut per alvum absumit: quod inlelligitur a decimo slatim die. Urinam cieut el folia decocta : quae et orlhopnoicis prosunt. Partum quoque adjuvant, secundasque peli aut pota simili modo.
p B L B a n w , ii.

XCIV. Il periclimeno fa cespuglio aoch' esso : ha per intervalli due foglie bianche e morbide : nella cima ha il seme tra le foglie, duro, il quale difficilmente si cava. Nasce ne'campi e nelle siepi, e avvolgesi a ogni cosa che truova. 11 seme suo si secca all'ombra, e pestasi, e fassene pastegli, che stemperali in tre bicchieri di vin bianoo si danno trenta giorni alla milza, e la consumano o per la via del corpo, o per orina sanguinosa ; il che si cono sce dopo i dieci giorni. Anche le foglie cotte provocan l'orina, giovano a ehi patisce d asima, aiutano i parti, e bevute in simi! modo mandano faori le seoonde.
D bl pb l b c ib o , i .

XCV. Pelecinum in segetibus diximus nasci, fruticosam cauliculis, foliis ciceris. Semen in sili quis fert, corniculorum modo aduncis, ternis quaternisve, quale gith novimus, amaram, sto macho utile. A dditur in antidota.
PoLYGALA, i.

XCV. 11 pelecino dicemmo che nasce nelle biade: cespuglioso ed ha foglie di cece: fa il seme ne' bacegli piegati a modo di corna, i quali sono tre o quattro insieme, siccome vedemmo quelli del gii : questo seme amaro e utile allo stomaco. Meltesi negli antidoti.
D b l la po l ig a l a , i .

XCVI. Polygala palmi altitudinem petii, in caule summo foliis lenticulae, guata adslriclo, quae pota laciis abundantiam facit.

XCVI. La poligala* cresce all'altezza d ' nn palmo, e nella cima del gambo ha le foglie simili alla lente, e sapor ristretlivo. Bevuta fa dovizia di latte.
D e l p o t b e io , o f b ih io , o hbu bada , 4*

POTZMOZT, SIVB PHBYBIOH, SIVB SBOBAS, IV.

XCVU. P o terio n , aat ( ut alii vocant ) phrynion, ve) neu rad a, large fruticat, spinis retorrida, Unngine spissa, foliis parvis, rotandis, ramulis longis, m ollibus, lentis, tenni bus,flore longo, her bacei coloris : seminis nulli usus, sed gustu acuto el odorato. In v e n ito r in aqaosis collibus. Radices bibet duas a u t tres, binum cubitorum ia altitu dine, nervosas, candidas, firmas. Circumfoditur aulumuo, praeciso frutice dat succum gummi si milem. R adix m ira vulneribus sanandis traditur, praedpneque nervis vel praecisis illita. Decoctum quoque ejos cu m melle polum dissolutiones nertonun, ct infirm itates, et incisuras juvat.

XCV li. U poterio, o, come alcuni lo chiama no, frinio, ovvero neurada, fa cespuglio largo e spinoso : ha spessa lanugine, foglie piccole e ri tonde, e ramicini lunghi e morbidi, pieghevoli e soltili ; e fa fiori lunghi di colore d'erba. 11 seme suo non i olile a nulla, ma di sapore acuto e odorifero. Nasce in colli acquitrini. Fa due o tre radici, che vanoo alla profondili di dae braccia, nervose, bianche e ferme. Scalzasi nell' autunno, e intaccato d sugo simile alla gomma. Dicono che la sua radice maravigliosamente guarisce le ferite, e soprattutto impiastrandola a'nervi taglia ti. La sua decozione bevola col mele aiata la dissoluzione, la debilit e le tagliature de' nervi.

G{3

C. PU N II SECUNDI
P b a l a h g it b s , m * f b a l a s g io i ,
SIVB LBCCACA5THOIT, IV. D el
f a l a s q it b ,

f a l a r g io , o l b o c a c a v t o ,

4-

XCVII1. Phalaogites, a quibusdam phalangion vocatur, ab aliis leucanlhemon, Tei (u t in qui busdam exemplaribus invenio ) leucacaatha. Ra muli sunt ei numquam pauciores duobus, in di versa tendentes : flos candidus : lilio rubro simi Iis, semine nigro, la lo, ad lenticulae dimidiae figuram, multo tenuiore, radice tenui herbacei coloris. Hujus folio, Tel flore, Tei semine auxi liantur contra scorpionum, pbalangioromque, el serpentium ictus : ilem contra torraiua.
P b t t b c is a , i.

XCVI1I. U falangite &chiamato da alcuni fa* langio, da altri leucantemo, ovvero, come io trovo in alcuni lesti, leucacanto. Esso non ha mai manco di due rami, i quali si distendono in di* verse parti : ha il fior bianco, e simile al giglio rosso : il seme nero, e largo a guisa di metta lente, e molto pi sottile ; e la radice di colore d1erba. La foglia, o il fiore, o il seme di questa erba medica il morso degli scorpioni, de' falangi e delle serpi ; ed utile ancora a' tormini.
D
k l l a f it e c m a , i

XCIX. Phytenma quale sit, describere super* vacuum liabeo, quum sit usus ejus lautum ad amatoria.
P byllov, i ,

XCIX. Io non iscrivo come sia fatta la fileuuia, perei ella non ulile se non a cose amorose.

Dbl f i l l o b , i .
C. Fillon chiamano i Greci un' erba, he na sce in monti sassosi : la femmina ha colore pi d erba, il gambo sottile, piooola radice, e seme tondo simile al papavero. Questa fa ingenerar feiuraiua. Ma il maschio, eh' solo drffereole nel seme, il quale d* uliva che incominci, fa nasce* re maschi. L ano e l 'altro si bee nel vino.
D bl
f b l a r d b io ,

C. Phyllon a Graecis T o c a t u r herba in saxosis rooutibus, femina magis herbacei coloris, caule tenui, radice parva, semine rotundo, papaveri si* mili. Haec sui sexus facit partus: mares autem mas semine tantum differens, quod est incipientis olivae. Utruuique bibitnr in vino.

P b b l l a b d b io n , i i .

a.

Cl. Phellandrion nascitur in palustribus, folio apii. Bibitur semen ejus propter calculos et vesi cae incommoda.
P h a l a b is , i i .

CI. Il felandrio nasce in luoghi paludosi, e ha le foglie d1appio. Beesi il seme suo per chi ha il inai della pietra e della vescica.
D bl f a i a b , a.

CII. Phalaris thyrsum habet longnm, tenuem, ceu calamum, in summo florem inclinatam : se men simile sesamae. E t boc calculos frangit, po tum ex vino vel aceto cum meile et lacte, idem et vilia vesicae sanat.
POLT&BBIZOR, I.

CII. Il falari ha festuco lungo e sottile, come un calamo, e nella cima nn fior chino. Il seme suo simile al sesamo, il quale rompe la pietra bevalo in vino o io aceto con mele e latte. Gua risce ancora i mali della vescica.
D
b l p o l ib b iz o ,

i.

CUI. Polyrrhizon folia habet myrti, radices mullas. Hae tusae dantur in vino contra serpen* Ics : prosunt et quadrupedibus.
P&OSBBF1HACA, V.

CUI. Il polirrixo ha foglie di mortine, e molte radici, le quali si danno peste nel vino eonira le serpi : giovano ancora agli animali quadrupedi.
D
b l l a f b o s s b f ir a c a ,

5.

C1V. Proserpinaca herba vulgaris est, eximii adversus scorpiones remedii. Eadem contrita, addita muria et oleo e maenis, anginam eximie

C 1V. La proserpinaca un' erba volgare, di gran rimedio contra gli scorpioni. Dicono cbe pesta con salamoia e olio guarisce beuissimo la

<545

HISTOblARUM MUNDI MB. XXVII.

(tfd

cu rari tradunt. Praeterea el in qoantalibet lassi tudine recreari defesso*, etiam quum obmutue rin t, i subjiciatur linguae. Si devoretur, vomi tionem equi salutarem.

squinanzia. 01 tra di ci dicono ch'ella conforta molto gli stanchi, in qual si voglia stanchezza, ancora se fosse s grande, che lor uon permettesse di favellara, pure a metterla solamente sotto la lingua. S 'ella a' inghiottisce, fa molto utilmente vomitare.

R iic o ii, m v i. CV. Rhacoma ad dertur ex hi*, quae sopra Pontom sont, regionibus. Radix costo nigro si milis, m inor et rufior panilo, sine odore, calfaciens gustu et adstringens. Eadem trita vini colo rem reddit, ad crocum inclinantem. Illita colle ctiones inflammationesque sedat : vulnera sanat : epiphoras oculorum sedat ex passo illita : insi gnita cum melle, et alia liventia ex aceto. Farina ejus inspergitur contra cacoethe, et sanguinem rejicientibus dractimae pondere in aqua. Dysen tericis etiam et coeliacis, si febri carent, in vino : sio aliter, ex aqua. Facilius teritur, nocte antecedente madefacta. Dalur et decoctum ejus biben dum duplici mensura ad rupta, convulsa, coniosis, ex sublimi devolatis. Si pectoris siut dolores, additor piperis aliquid et myrrhae : si dissolutio stomachi, ex frigida aqua sum itur: sic et in tussi velere, ao purulentis exscreationibus : item hepa ticis, splenicis, ischiadicis: ad renom vitia, suspiria', orthopnoeas.

D ella

bacom a,

36.

Arteriae scabritias sanat ex passo, tribus o b o lis poti* trita, aut decoctum ejus. Lichena* quoqae ex aceto imposita sanat. Bibitur contra infla tiones, et perfrictiones, febres frigidas, siugultus, tormina, asperitates, capitis gravitates, melancho lica* vertigines, lassitudinum dolores, et convul siones.

CV. La racoraa si porta di qae'paesi, che sono sopra il Ponto. La saa radice simile al costo nero, ma minore, e alquanto pi rossa : non ha odore, ed di gusto riscaldalivo ed astringente. Pesta rende il colore del vino, che pende in zaf ferano. Impiastrata, mitiga le raccolte e le infiammagiooi, e guarisce le ferite : impiastrata col vin cotto giova alle lagrime degli occhi. Col mele leva i segni delle sigillature, e con l'aceto gli altri lividori. La sua farina si sparge sulle piaghe in cancherite; e dassene una dramma a peso io acqua a chi spota sangue. Dassi ancora io vioo al mal de' pondi, e a* deboli di slomaco, p a r eh' essi nou abbiano febbre ; ma se altrimenti, con acqua. Pi facilmente ai pesta, teoendosi una notte innanzi in molle. La sua decozione anoora si d con dop pia misura alle crepature, alla sconvoltare, a'per* cossi, ed ai cadali da alto. Se vi sono dolori di petto, vi si mette un poco di pepe e di m irra; e se v'ha dissolozione di slomaco, pigliasi con acqoa fredda : cos piova eziandio alla tossa veechia, a quegli che sputano marcia, al fegato, alla milza e alla sciatica, non che a* mali delle reni, a' sospiri e allo spasimo. Con vin cotto guarisce le ruvidezze dell' ar teria, beendola pesta alla misura- di tre oboli, o beandone la decozione. Porga ancora le volatiche postavi so con lo aceto. Beesi contro le ventosit, i gran freddi, le febbri frigide, i singhiozzi, l tormini, l'asperit, la gravezza d capo, i capogirli maninconichi, i dolori per {stanchezza, e le sconvolture.
D ella b jsse d a , a.

B bsbd a , i t .

CVI. Circa Ariminum nota est hrba, qaam resedam voeant. Discutit collectiones, inflamma(ionesque omnes: qui corant ea, addant haec verba: Reseda, morbos reseda : sciane, scisrte quis hic pullos egerit ? radices nec capot, nec pe des habeant. Haec ter dicant, toliesqoe de spuunt.

CVI. Nasce appresso Rimini un 'erb a assai conosciuta, che si chiama reseda. Quest* erba leva le raccolte, e lotte le infiaramagioni. Coloro che medican con essa dicono queste parole : u Reseda, seda le malattie : sai tu, sai tu chi ba mandato qui i polli ? le radici non abbiano n i capo n piedi. Queste parole si dicono tre volte, e altrettante li spala.

C. PLINII SKCUNDI 3.

S to bcb a s , i i i .

D b lla s te c a ,

CV11. Stoechas in insulis tantum jusdem no minis gignitur, odorata herba, coma hyssopi, amara gusto. Menses ciet potu : pectoris dolores levat. Antidotis quoque miscetur.

CVII. I / erba steca nasce slamente nell* isole del medesimo nome : odorifera, ha chioma di issopo, ed amara a gustare. Beendosi muove i mestrui, e caccia i dolori del petto. Mescolasi ancora negli antidoti.
D
b l solano, c bb i

SoLASCM , QUAE G lA E C l STBYCBNON, II.

r e c i c h ia m a n o

STH1CNO, 2 .

CVI11. t 3 . Solanum Graecistrychnon vocanl, nt tradit Cornelius Celsus. Huic vis reprimendi refrigerandiqae.
S m y h n io n ,
x x x ii.

CVIII. i 3 .1 Greci, come scrive Cornelio Cel so, chiamano il solano stricno. Q uest'erba ha virt di reprimere e rinfrescare.
D b llo s m ib n io , 3 a . D e l s in o , 2.

S in o n , u .

CIX. Smyrnion caulem habet apii, folia latiora, et maxime circa stolones multos, quorum a sinu exsiliunt pinguia, ad terram infracta, odore medicato, et cum quadam acrimonia jucnndo, colore in luteum languescente, capit ibus caulium orbiculatis, nt apii : semine rotundo, nigro, quod arescit incipiente aestate. Radix quoque odorata, gustu acri mordet, succosa, mollis. Cortex ejus foris niger, intus pallidos. Odor myrrhae habet qualitatem : unde et nomen. Nascitur et in saxosis collibus, et in terrenis. Usus ejus excalfacere. Urinam et menses cient folia et radix. Semen al vum sistit. Radix collectiones et suppurationes non veteres, ilem dnritias discutit illita. Prodest et contra phalangia ac serpentes, admixto cachry ant polio, ant melissopbyllo, in vino pota : sed particula lira, quoniam universitate vomitionem movet. Qua de causa aliquando cum ruta dalur. Medetur tossi et orthopnoeae semen, vel radix : ilem thoracis, ant lienis, ant renum, aut vesicae vitiis. Radix autem ruptis, convulsis. Parius quo que adjuvat, et secundas pellit. Datnr et ischia dicis cam crethmo in vino. Sudores ciet et ruclus: ideo inflationem stomachi discutit. Vulnera ad cicatricem perducit. Exprimitur et succus radici, utilis feminis, et thoracis praecordiorumque de sideriis : calfacit enim et concoquit, et purgat.

Semen peculiaritet hydropicis datur potu: quibas et succas illinitur, et malagmata e cortice arido. E t ad obsonia utuntor cum mulso et oleo, et garo, maxime in elixis carnibus.

C1X. Lo smirnio ha gambo d ' appio, ma foglie pi larghe, e massimamente intorno ai molli gam bi che vi germogliano ; dal cui seno ne vengono fuori grasse, rivolte alla terra, con odor medici nale e dilettevole per certo agretto : ha color che pende in giallo, i capi de' gambi orbiculati come l appio, il seme ritondo e nero, il quale secca quando comincia la state. La sua radice^ ancora odorosa, morde col gusto agro, sugosa e tenera. La sua corleccia nera di fuori, di dentro palli da. L 'odor suo ha qualit di mirra, e di qui ha preso il nome. Nasce in colline sassose, e in ter rene. La sua natura di riscaldare. Le foglie e la radice provocano I' orina e i mesi. Il seme ferma il corpo. La radice, impiastrandola, dissolve dove fosse raccolta, o marcia non vecchia ; e pesta dis solve anche le duretze. Bevuta in vino, mesco landovi il cacri, o il polio, o il melissofillo, utile contra i falangi e le serpi ; ma beesi a parie a parte, perch in un tratto farebbe vomitare. Im per alcuna volta si d con la ruta. Il seme e la ra dice roedican la tosse e I'asima ; e cos i difetti del costolame, della milza, delle reni e della vescica. La radice giova alla carne crepata o spiccata, aiuta i parti, e manda fuora le seconde. Dassi pure agli sciatici con cretmo in vino. Commove i sudori e i rutti, e per questo dissolve le ventosit dello stomaco. Riduce le ferite a margine. Della radice si spreme sugo, utile ai bisogni del peltignone, del coslolame e degl'interiori, perch riscalda, smaltisce e purga. Il seme ha particolar virt al ritroopico, dato gli in bevanda. Del sugo si fa impiastro, e della corteccia secca ungnento mollitivo, utili al dello male. Queste cose s ' usano ancora nelle vivande con vino melato, olio e salamoia di pesce, e massimamente nelle carni lesse insieme.

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXVII. Sinon concoctione* facit, sapore simillima pipcr. Eadem iu dolore stomachi efficax.

65o

Il sioo aiuta a smaltire : di sapore mollo simile al pepe. Egli ha virt per la doglia dello stomaco.
D bl
t b l b f io ,

e l e p h io v ,

IV.

4*

CX.Telephion porcilacaesimilis est et caule et foliis. Rami a radice septeni oclooive fruticant, foliis crassis, carnosis. Nascitur in cultis, et ma xime inler vites. Illinitur lentigini, et quuin inaruit, deteritor. Illinitur et vitiligini, ternis tere mensibus, senis horis noctis aot diei : postea farina hordeacea illinilur. Medetur et vulneribus et fistutis.

CX. Il telefio simile alla porcellana nel gam bo e oelle foglie. Della radice sua surgono cesti di setta o d ' otto rami con foglie grosse e carnose. Nasce in luoghi cultivati, e massimamente tra le viti. Impiastrasi alle lentiggini, e quando secco si pesta. Impiastrasi pure alle vitiligini, che sono certe scaglie della pelle, per circa tre mesi, sei ore della notte o del giorno ; poi s*impiastra con fa rina d* orzo. Medica altres le ferite e le fistole.
D b l TBrcoaiAKs, 5 .

T e ic h o h a n b s , v .

CXI. Trichomanes adianto similis est, exilius nodo, uigriusque, foliis lenticulae densis, amaris, adversis in ler se. Deeoctum ejus strangurias sa nat in vino albo polum, addito cumino ruslico. Illitum cohibet capillos defloentes : ut si efflu xerint, reparat. Alopeciasque densat tritum, et in oleo illitam . Sternumenta quoque gustata movet.

CXI. 11 tricomane simile all* adianlo, ma pi sottile e pi nero ; e ha foglie di lenti, spesse, amare, e F una contra Taltra. LA sua decozione bevuta nel vin bianco guarisce gli stranguglioni, aggiugnendovi cornino ruslico. Impiastrato fa che i cape gli non cascano, e se son caduti, gli fft rimettere. Pesto e incorporato con olio guarisce le tigna. Gustandolo ancora fa starnutire.
D el t a l i t b c o , i .

T B it iT im a , i.

CXI 1. Thalitruum folia coriandri habet pin guiora panilo, caulem papaveris. Nascitur ubique, praecipue in campestribus. Medentur ulceribus folia cum melle.
T hlaspi , IV.

CXII. 1 lalitruo ha foglie di coriandolo, un 1 poco pi grasse, e gambo di papavero. Nasce per tutto, e massimamente ne* piani. Le foglie sue col mele guariscono gli ulceri.
Del
tla spo,

4*

CXIII. Thlaspi duorom generum est: angu stis foliis digitali longitudine et latitudine, in terram versis, in cacumine divisis, cauliculo semi pedali, non sine ramis: peltarum specie, semine incluso lenticulae effigie, nisi quod infringitur, onde nomen. Flos albicat. Nascitur in semitis et sepibus. Semen asperi gustos, bilem et pituitam utrimque extrahit. Modus sumendi, acetabuli mensura. Prodest et ischiadicis infusum, donec sanguinem trahat. Menses quoque ciet, sed parius oecat. Alterum thlaspi. aliqui persicura napy ?o* caot, latis foliis, radtcibus magnis, et ipsum utile ischiadicorum infusioni. Prodest et inguinibus ulrumque. Praecipitur, ut qui colligit, dicat su mere se eoo tra inguina, et contra omnes colle ctiones, et contra vulnera, uoaque manu tollat.

CXIlI. 1 tlaspo di due sorli: l uno ha fo 1 glie strette, e lunghe e larghe siccome un dito, rivolte a terra e divise nella cima : il gambo alto un mezzo piede: i rami suoi sono in foggia di' rotelle, il seme rinchiuso come di lente, se non che s infrange : di qui ha preso il nome. Il fiore biancheggia. Nasce nelle vie, e per le siepi. Il seme aspro al gusto, e purga per ambe le parti la co llera e la flemma. La presa un acetab olo . Giova ancora alla sciatica, infuso sin che tiri fuo ra il sangue. Provoca altres i mestrui, ma uccide i parti. I / altro tlaspo da alcuni chiamato napi persico : ha le foglie larghe, le radici grandi ; ed esa ancora i utile infondendolo alla sciatica. L uno e I altro giova all* anguioaglia. Vuoisi che colui che lo coglie dica di corio contra l1anguinaglia, e contra le raccolte, e conira le ferite, e che Io colga con nna mano.

C. P U M I SECONDI
D blla t b a c h im a , i .

652

T b a c h ib ia , i .

CXIV. Trachini* berba qnali sii, non tradi tur. Credo el faUum esse promissura Democriti. Portentosam enim est adalligatam triduo absu mere lienes.
T
b a g o b is , i .

CX 1V. Non si traova come sia fatta l* erba trachinia, e per credo che P asserzione di De mocrito sia falsa, cio che legata addosso conia mi in tre d la milza.
D
b l t b a g o r i, i

CXV. Tragonis, sive (ragion, nascitur in Cre tae tantum insulae maritimis, junipero similis, et semine, et folio, et ramis. Succns ejus lacteus in gumini spissatus, vel semen, impositione spicula e corpore ejicit: tunditur recens et cum vino illinitur, aut siccae farina cum mclle. Eadem laciis abundantiam facit : mammisque unice me detur.

CXV. Il tragoni, ovvero tragio, nasce foll mente ne luoghi marittimi di Candia, simile al ginepro e di seme e di foglie e di rami. 11 sugo suo eh* come di latte, rassodato in gomma, o il seme, col porvelo sopra cava il ferro delle ferite. Pestasi quando fresco, e impiastrasi con vino, o la farina di esso secco col mele. Egli fa eziandio dovizia di latte, e medica eccellentemente le poppe.
D e l t k a g o s , o s c o b p io , 4 .

b a g o s , s iv b s c o b p io ,

IV.

CXVI. Est et alia berba tragos, quam aliqui scorpion vocant, semipedem alta, fruticosa, sine foliis, pusillis racemis rubentibus, grano tritici, l'ilio cacumine, et ipsa in maritimis nasceos. Hujus ramorum x ant xu cacumina trita ex vno pota coeliacis, dysentericis, sanguinem exscrean tibus, mensiumque abundantiae auxiliantur.

CXYI. V un* altra erba nominata trago*, che alcuni chiamano scorpio, alta mezzo pi, cespugliosa, senza foglie, con piccoli racemoli cbe ros seggiano, con granello come di grano, e con cima appuntata. Anche questa nasce ne* luoghi marit timi. Dieci o dodici cime de* rami di quest* erba peste e bevute col vino giovano ai deboli di sto macho, al male de* pondi, a chi sputa sangue, e alla abbondanza de* mestrui.
D e l tb a g o p o g o , 1 .

b a g o po g o s, i .

CXV 1I. Est et tragopogon, quem alii comen vocant, cante parvo, foliis croci, radice longa, dulci, super caulem calyce lato, nigro. Nascitur in asperis, sine osa.

CXVII. V* anco il tragopogo, che alcuni chiamano come, il quale ha piccolo gambo, foglie di zafferano, radice lunga, dolce, e sopra il gam bo boccia larga e nera. Nasca in luoghi aspri, e non serve a nulla.
SoPBA L* B T DELL* BBBB.

b a b t a t ib c s h b b b a b o m .

CXVIII. Et de herbis quidem memori digna hactenus accepimus, aot comperimus. In fine rurum admonere non ab re judicamus, alia* aliis virium aetates esse. Longissimo tempore durat elateriura, ut diximus : chamaeleon niger x l an nis : centaureum non ultra xu. Peucedanum sex. Aristolochia ac vitis silvestris anno in umbra ser vantur. Et animalium quidem exterorum nullum aliud radices a nobis dictas attingit, excepta spondyle, qaae omnes persequitur. Genus id ser pentis est.

CXVIII. Questo quanto abbiamo letto del* Perbe appresso d*altri, o trovato da noi, che sia degno di memoria. Non per fuor di proposito in qaesto fine ricordare, che diverse erbe seco nd o la toro et hanno diverse forze. Lo elaterio dora lunghissimo tempo, come abbiamo detto ; il eameleon nero quaranta anni ; il centanno non pi che dodici. 11 peocedano dura sei anni. L* aristo lochia e la vite salvatica dura an anno nell*om bra. Nessuno degli animali forestieri tocca le ra dici da noi dette, eccetto la spondile, la quale latte le seguita. Questa una specie di serpe.

GI>3

HISTORIARUM MUNDI U fi. XXVII.


QOOHODO CBJUSQCB VI1ES BPF1CACIOBES. CoMB SIA CIASCOIU DI * AGGlOBB,,VIBT.

654

CXIX. Ne illud quidem dubilaiur, oraoium radicum vim effectusque minui, si fructus prius maturescant : itera semioum, aule radice propler succum incisa. Resolvitur autem omnium viscoosueludioe : e t desinunt prodesse, quum opus est, quae quotidie in usu fuere, aeque quam nocere. Omoes vero herbae vehemenliores effectu viri busque soni in frigidis locis, et io aquilouiis : item siccis. I
G jS T IU 9 I V1TIA DIVERSA.

CXIXi Non v 'h a dubbio che la virt e l'e f fetto delle radici diventa minore, se ' aspetta che il frutto si maturi. Scema ancora la virt del seme, se innanzi s intacca la radice per avere il ' sugo. L* utilit di tutte si perde per la consue tudine ; e quelle che sono stale luogo tempo in uso, si rimangono del giovare qoaodo ue sarebbe uopo, cos come del nuocere. Tulle I* erbe sono pi gagliarde e di oiaggior virt ne'luoghi fred di, ne' volti * tramontana, e ne' secchi.
DlFFEBEVZB TEA LB GENTI.

CXX. Suol et genlium differentiae non me diocres: sicut accepimus de lineis lumbricisque, ioesse Aegypti, Arabiae, Syriae, Ciliciae populis : c diverso Graeciae, Phrygiae omnino non inna sci. flfioos id mirum, quam quod io confinio At ticae Boeotiaeque Thebanis innascuntur, quum absint Atheniensibus. Qoae contemplatio aufert rursus nos ad ipsorum animalium naturas, inge uilasque iis vel certiores morborum omnium me dicinas. Rerum enim omnium parens, oullum animal ad hoc tanlum ut pasceretur, aut alia sa tiaret, nasci voluit : arlesque salutares inseruit et visceribus, quippe quum surdis eliam rebus ineruerit. Tum vero illa animae auxilia p re s ta n tissima ex au i ma alia esse voluit, coulemplatione ante cuncta m irabili.

CXX. Sono differenze noo piccole ancora ri spetto alle genti. Perciocch io odo dire, che le tignuole e i'lombrichi sono io Egitto, in Arabia, iu Soria e in Cilicia ; e per coolrario non sono io Grecia n in Frigia. E questo di mioor mara viglia, che sapere che nascono nel paese d ' Attica, di Beozia e di Tebe, e che non ne sono in Atene. La qual considerazione di nuovo ci lira a trattare la natura degli animali, e la medicina di tutte le malattie ingenerata in essi, e pi certa. Percioc ch la natura madre di tutte le cose non ha fatto nascere niuno animale a questo fine solo, perch e' pasca, o satolli gli altri animali, ma pose nelle viscere loro arti salutifere, e noo a loro solamen te, ma altres nelle cose ioaoimate. Nel che fare essa volle che i pi eccellenti rimedii della vita procedessero da u n 'altra vita; provvidenza a contemplarsi sopra tulle le altre maravigliosa.

C. PUM I SECUNDI

HISTORIARUM MUNDI
LIBER XX.VHI
MEDICINAE EX ANIMALIBUS

--------------------------------

Ex

B O a iM BJUWDIA.

M&DICIBB C H I TBAOGOBSI d a l l '

00*0.

1.1, 1/ietae erant omnium rerom nalurae, inter codam ac terram nascentium, reslabantque qaae ex ipm tellure fodiantur, si non herbarum c fralicam trac lata remedia auferrent transverso*, ex ipsis animalibus quae sanantur, reperta majore medicioa. Qui ergo dixerimus herbas, et floram imagiues, ac pleraque inventu rara ac difficilia, iidem tacebimus quid in ipso homine prosit ho mini, ceteraque genera remediorum inter nos viveutia ? quum praesertim, nisi carenti dolori bus roorbisque vi la ipsa poena fiat. Miuime vero : oaoemque insumemus operam, licet fastidii peri culum urgeat ; quando ila decretom est, mino rem gratiae, quam utilitatum vitae, respectam Ubere. Quin immo exlerna quoque, et barbaros etiam rilu* indagabimus. Fides Uniam auctores ppellet. Quamquam et ipsi conseosu prope indi cala eligere laboravimus, potiusque curae rerum, quam copiae institimus. Illud admonuisse perquam aeeessarium est, dictas jam a nobis natura* aniulUun, et quaa cujusqoe essent inventa (neque enim minas profuere medicinas reperiendo, qaam prosunt praebendo ) : nunc quae in ipsis auxilieovr iudieari, ncque illie in totam omissa. Itaque kec esse quidem alia, illis tamen conoexa.

I. i. H i ras i ragionalo della natura di tolte co se ehe uascono fra il cielo e la le m , e rimaneva no quelle ohe si cavano d ' essa terra, e i rimedi! che si traggono dall'erbe e dalle piante test InW late non ci avessero tolto gi di proposito, p erla maggior copia di medicina cbe ne mostrano gli animali nei loro risanare. Avendo noi donque ragionato dell'erbe e d e 'fio ri, di p i cose rare e difficili a trovarsi, taeeremo poi quelle cose cbe trovansi nell' uomo atesso giovevoli all'uomo, e Paltre sorti di rimedii che vivono fra noi? massimamente essendoci la vita in pena, se vivia mo in infermit e in dolori Veramente che non faremo. Anti ci metteremo ogni industria e fatica, bench si porli pericolo di non venire altrui a noia ; poich ci siam prefisti di aver piuttosto in mira le utilit della vita, che la grazia e la lode. Di pi noi tratteremo ancora dslle cose straniere e de' barbari eostomi, e in ci gli autori che noi seguitiamo, aggiustino fede alle nostre parole, benchnoi ei siamo ingegnati di eleggere le oose giudicate quasi per comune ooosen lin e a to , e piuttosto abbiamo atteso alla esattene* cbe all*ab bondaaaa di esse. Per di gran necessit avver tire altrui, come avendo noi gi periato della natura degli animali, e quali ooe da eiascuuo

C. PLINII SECONDI fieno sfatte trattate ( perciocch non a* giovato manco nel trovare ls medicine, che si giovi nel darle ), veniamo ora a dimostrare qnai medicine ci sieno a nostro aiuto iu essi animali, bench se ne sia anco ragionato ne* luoghi, ne' quali di sopra trattammo d* essi, Queste saraono dunque altre cose, ma per attaccate con qoelle. II. Comiocieremo dall'uomo, ricercando lui II. Incipiemus aulem ab homine, ipsum tibi per ntile di lui stesso, bench subito gran difficol exquirentes, immeota stalim difficultate obvia. t ci s ' opponga. Beesi il sangue de' gladiatori, come da vive Sanguinera quoque gladiatorum bibunt, ut tazze, per il mal caduco, bench ci dia non pic viventibus poculi*, comitiales morbi : quod spe colo spavento il vederlo bere dalle fiere ne' teatri. ttare facientes in eadem arena feras quoque hor Ma questo medesimo saogoe dicooo aver maggior ror est. At hercule illi ex homine ipso sorbere virt, se si bee caldo, succiando la ferita dell'uo efficacissimom putant calidum spirantemque, et mo non ancora morto, e l ' anima insieme col nnuna ipsam aoimam ex osculo vulnerum : quum gqe ; quantunqae rifugga l ' uomo dall' appressare plagis ne ferarum quidem admoveri ora fas sit le sue labbra alle ferite delle fiere medeaime. Aihumana. Alii medullas crurum quaerunt, et cere* uni cercano le midolle delle gambe, e il cervello brum infantium. Nec pauci apud Graecos, singu de' piccoli bambini ; e molti sono appresso dei lorum viscerum raembrorumque etiam sapores Greci, i quali hanno descritto il proprio sapore dixere, omnia persecuti usque ad resegmina un d ciascun membro umano, non lasciando nulla, guium : quasi vero sanitas videri possit, feram ex insino alle tagliature dell1 unghie ; come se possa homine fieri, morboque dignum iu ipsa medici parere un guadagno di sanit il diventare d ' uomo na : egregia hercule frustratione, si non prosit. fiera, e degno di malore fra le stesse medicine; con Adspici humana exta nefas habetur: quid mandi? inganno verameote onoralo, quando non giovasse. Quis ista invenit ostenta? Tecum enim res erit, Egli scelleratezza solamente il guardare le inte eversor juris humani, monstrorumque artifex, riora dell' uomo ; or che fi a dunque a mangiarle ? qui primus ea coodidisti : credo, ne vita tui obli E chi ha trovato queste cose mostruose ? La colpa visceretur. Quis invenit singula membra humana sar tua, distruttore della ragione umana, e mae mandere? qna conjectura inductus ? Quam potest stro di orrende cose, il quale sei stalo il primo a medicioa ista originem habuisse? Quis veneficia innocentiora effecit, quam remedia? Esto, barbari comporle; e credo che non per altro, se non se per exlerniqne rilus invenerint : etiamne Graeci suas ch s* avesse a tenere memoria della tua vita. Chi fecere has artes? Exstant coromentatiooes Demo mai trov che s'avessero a mangiare le membra criti, ad alia noxii hominis e capite ossa plus proumane?Qua! mai congettura lo mosse? Quale ori desse : ad alia, amici et hospitis. Jam vero vi in gine pu mai avere avuto questa medicina? Chi ha terempti dente gingivas in dolore scarificari, Apol fatto meo nocevoli i veneficii, che i rimedii ? Ma lonius efficacissimura scripsit : Miletus, oeniorum poniamo che i barbari e gli stranieri ne sieno suffusiones felle hominis sanari. Artemon calvaria Stali inventori ; dovevano per questo i Greci fare interfecti, neque cremati, propinavit aquam e sua tale arte ? Sonci libri di Democrito, dov' egli fonte noctu comitialibus morbis. Ex eadem su scrive che a certe cose giovano pi I1ossa delloospendio interempti catapotia fecit, contra canis mo inimico, massimamente del capo, e a certe rabiosi morsus Antaeus. Alque etiam quadrupe altre pi quelle dell1ospite e dell'am ico. Dice des homines sanavere : contra inflationes boum, Apollonio, eh1 egli ottimo rimedio alla doglia perforatis cornibos inserentes ossa homaoa : ubi delle gengive, scalzarle con un dente d uomo homo occisus esset, aut crematus, siliginem quae morto per forza ; e Mileto dice, che le suffusioni pernoctasset, suum morbis dando. Procul a nobis degli occhi si guariscono col fiele dell1 uomo. nostrisque litteris absint ista. Nos auxilia dicemus, Arleraone diede a bere di notte aoqoa di fonte a non piacula : sicobi lactis puerperarum usus me chi avea il mal cadoco col teschio di uomo ucci deri potuit, sicobi saliva, taclusve corporis, cete- so, e non arso. Anteo feee bevanda o pillole al morso del cane rabbioso del teschio d ' on im raque similia. Vitam quidem non adeo e*peten dam censemus, u t quoquo modo trahenda sit. piccato. Ma ci non basta : degli uomini ancora Quisquis es talis, aeque moriere, etiam quom s ' osato face medicina alle bestie ; e nelle enfia obscenus vixeris, aut nefandus. Quapropter hoc gioni dei buoi forensi loro le corna, e m ettonprimum quisque in remediis animi sui habeat : visi dentro ossa umane : si d alle infermit dei ex omnibus bonis, quae homini tribuit oatara, porci la segai*, che sia stala uu* nolle dove l uo-

66i

H1STOE1ARDM MUNDI LIB. XXVIU. ino sia stato uoeiso, o abbruciato. Ma queste cose sieno lontane da noi, e da'nostri scritti ; percioc* ch l'anim o mio di mostrare le medicine, e non le tristizie ; come sarebbe, se in alcuna cosa pot medicare il latte delle donne di parto, se U sci li va, o il tatto del corpo, o altre cose simili. Cbe poi la vita sia da bramar s avidamente che basti il trarla in qualunque modo, io penso che no. T u, qualunque tu sia che cos non pensi, morrai siccome gli altri, anche se avrai creduto di goderla fra le oscenit e le nefandezze. Epper ciascuno abbia questo ottimo rimedio nell' animo suo, cbe di tatti i beni, i quali la natura ha dato all uomo, non ce n* niuno migliore, che morire per tempo ; e, eh* bellissima cosa, ehe ciascuno la si pu procacciare da s stesso.
S e KSL MBDICA l l AJBIABO AL e u * FO TE& t LB P A IO LE,

nullam melius esse tempestiva morte : idque in ea optimum, qaod illam sibi quisque praestare poterit.

Air SIT M IMDBMDO T I I I O I D I VIS ALIQUA.

HI. a. Ex hom ine remediorum primum maxi mae quaestionis, e t semper incertae est, valeantue aliquid verba e t incantamenta carminum. Quod si veram est, hom ini acceptam ferri oportere con veniat. Sed viritim sapientissimi cujusque respuit fides. In universum vero omnibus horis credit vila, nec sentit. Quippe victimas caedi sine preca tione non videtur referre, aut deos rite consuli. Praeterea alia su n t verba impetritis, alia depulso riis, alia coromendationis.'Vidiraasque certis pre cationibus obsecrasse summos magistratus : et ne quid verborum praetereatur, aut praeposterum dicatur, de scripto praeire aliquem : rursusque alium custodem d ari, qui ad tendat : alium vero praeponi, qni faveri linguis jubeat: tibicinem caoere, ne quid aliud axaudiatur : utraque me moria insigni, quoties ipsae dirae obslrepentea nocuerint, qaotiesve precatio erraverit: sic re pente extis adim i capita vel corda, aut geminari victima stante. D urat immenso exemplo Decionun patris filiique, quo se devovere, carmen. Exstat Tucciae Vestalis incestae precatio, qua usa aquam in cribro tulit, anno Urbis ncix. Boaruv vero in foro Graecam Graecamque defossos, aut aliarum gentium, curo quibus tum res esset, etiam nostra aetas vidit. Cujus sacri precationem, qua olet praeire quindecimvirum collegii magister, si qais legat, profecto vim carminum fateatur, ea Mania approbantibus octingentorum triginta anorum eventibus. Vestales nostras hodie credimus Boadum egressa Urbe maneipia fugitiva retinere io loeo precatione : quum si semel recipiatar ea ratio, et deos preces aliquas exaudire, aut illis isoTeri verbis, confitendum sit. De tota conje ctione prisci quidem nostri perpetuo talia prodifa t, difficillirauinquees his, eliam fulmina elici,

l auo loeo docuimus.

III. 3. Gran quistioae stata, n i per anoora mai decisa, rapporto ai rimedii che vengono dal** T nomo, se le parole e gl' incantesimi valgano al cuna cosa. Cbe se ci 2 vero, converr riconoscerne dall'uomo la derivazione degli effetti. Per in par ticolare non v ha alcuno di ben savia mente eh# a ci dia fede, quantunque in genere l ' opinione del volgo se ne persuada ad ognora, seoza per una certa cognizione ed un vero sentire. Di fatto, 1' uccider le vittime senza preghi non par che sia santa n legittima cosa, n che valga a consultare il voler degli dei. Oltra di ci, altre parole s'usa* no per rilevar qualche cosa dall'osservazione dell* interiora, altre per divertire un augurio, altre per porre cosa in tutela degli dei. Abbiamo veduto con determinate forinole aver pregato anoara supremi magistrati ; e acciocch delle parole non rimanga alcuna cosa addietro, o parole non si di cano al contrario, ano le pronunzia innanzi conio scritto: dassi on altro a guardiano, perchattenda} e no altro si stabilisce a comandar silenzio; e v'ha un trombetta che suona, perch ehi prega non sia distratto dall' udire altra cosa ; e se ne ricordano memorabili effetti, e quando le furie stesse nocquero col loro strepitare, e quando si commise errore nel priego : cos pure se in nn tratto gl' interiori rimangono senza il tronco delle vene del fegato, o senza cuore, a se questi raddoppiano, stando la vittima ritta. Dora tuttavia con singolare esempio la preghiera de' Decii padre e figliuolo, con la quale si son votati. E di Tuecia vergine Vestale, accusata d ' incesto, noto similmente il preg, per cui ella port acqua nel vaglio, l ' anno dalla edificazione di Roma seicento nove. L 'et nostra medesima ha veduto un Greco e una Greca sotter rarsi vivi nella piazza de'buoi, o nomini d'altre nazioni, con le quali s 'aveva allora che fare. E se

C. PLINII SECUNDI

664

alcuno legger il prego di questo sacrificio, c h e si suol pronunziare dal maestro del collegio d e i quindicemviri, confesser certo che i versi h an n o forza, e ci Col testimonio desuccessi di ben o tto cento trenta anni. Noi crediamo oggi ancora, ch e le nostre Vestali con parole di priego ritengono i servi fugittivi, i quali non sieno ancora usciti della d ll ; dove se ci s'appruora per vero, si dee tenere per fermo che gli dei esaudiscano a l cuni priegbi, e muovansi per quelle parole. 1 nostri antichi hanno di continuo tramandata lai disci plina ; e noi al suo luogo abbiamo mostro, come con le parole s'ottiene pur la cosa pi malagevole che sia, cio il far venire le saette del cielo.
OsTHITTA BT SA1TC1B I, ET N f l L U .
I PBODIGII SI BATTBBOOHO, B SI ALLONTANALO.

IV. Lucio Pisonenel primo libro degli Annali IV. L. Piso primo Annalium auotor est, Tui* scrive che il re Tulio Ostilio volle far venire Ium Hostilium regem ex Nnmae libris eodem, qua illum, sacrificio Jovem coelo devocare cona Giove dal cieloeon quel medesimo sacrifci, con tam, quoniam parum rile quaedam fecisset, ful che Nuraa, come ne lasci scritto ne* suoi libri, mine iclum. Mulli vero maenarum rerum fata et 1 area innanzi fatto venire: e perch' egli non os * uctenta verbis permutari. Quura in Tarpejo fo serv per appunto certe cose che sono in tal sacri di entes delubro fundamenta, capot humauum fcio, fu percosso dalla saetta. Molti anche dicouo, invenissent, missis ob id ad se legatis, Etrnriae che i fati e i prodigii rapporto a rilevanti rose si celeberrimus vates Olenus Calenus praeclaram mutano per forza di parole. Avendo i Romani tro id fortunatumque cernens, interrogatione in suam vato nel cavare i fondamenti del tempio sul Tarpeo gentem transferre lentavit, scipione prius deter nn capo d'uomo, mandarono amhasciadori in T o minata templi imagine in solo ante se: u Hoc scana a Oleno Caleno eccellentissimo indorino; ergo Sicilia, Romani T bic templum Jovis optimi il quale avendo conosciuto come quello era un maximi futurum est : hic caput invenimus : ottimo augurio, tent di trasferirlo nella sua na eoostantissima Annalium adfirmatione, transitu zione, avendo prima con una bacchetta disegna rum fuisse fatum in Etruriam, ni praemoniti a tosi innanzi in terra la forma del tempio R o m a n o , Alio vatis legati Romani respondissent: u Non pla- e poi detto : .Dite voi dunque, o Romani : qui Ita ne hic, sed Romae inventum caput dicimus, w ad essere il tempio di Giove ottimo massimo : qui IIeram id aceidisse tradunt, quura in fastigium trovammo on capo umano? w Affermano le istorie, ejusdem delubri praeparatae quadrigae fictiles in che questo destino si sarebbe trasferito in Tosra(ornaoe crevissent : et iterum simili modo reten na, se gli amhasciadori Romani, fatti di ci avver tum augurium. Haec satis sint, exemplis ul appa tili dal figliuolo dell'indovino, non avessero ri reat, ostentorum vires et in nostra potestate esse: sposto : Non gi qui, ma a Roma diciamo essere ac prout quaeque accepta *in, ita valere. stato trovato il capo. i Il medesimo dicono che avvenne, quando, fatti quattro cavalli di terra aggiogati al carro par porgli in cima del mede simo tempio, e dipoi messi a cuocere nella forna ce, diventarono maggiori ; nella quale occasione in simil modo fu riteouto l augurio. Ma sono abbastanza questi esempli, perch si vegga per essi come la forza de* prodigii pure in nostra possanza,e vagliono seeondo che ciascuno p re s o . la augurosa erte disciplina constat, n e q u e Certamente si truova nella disciplina degli diras, neque uUa auspicia pertinere ad eos, qui auguri, che n maledizioni, n twruno auspicio q u a m q a e ren ingveilientes, observare se ea nega appartiene a quegli, i quali nel limprende re qual verint: .quo manere divinae indulgentiae ma jus che cosa dieono di non v 'aver masso o u ra ; del nullum esL Quid? noa et Irgwa ipsaviia in duo* qual dono la divina indulgenza non ne pu dare deeira tabulis verba aaot? t Qoi fruges excantas* alcun altromaggiore. B aon si truova anco scrino ait. n Et alibi, Qui m a la m c a r m e n iaeantassit. n nelle leggi delle dodici tavole ? Chi avesse in*

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXVIII. Verrius Flaccas anciores ponit, quibas credat, in oppugnationibus ante omnia solitum i Romanis sacerdotibus evocari deum, cujus in tutela id op pidum esset : promittique illi eamdem, aut am pliorem apad Romanos cultum. E t durat in pontiBcum disciplina kl sacram : constatqoe ideo oc cultatam, in cujus dei tutela Roma esset, ne qui hostium simili modo agerent.

GG G

Defigi quidem diris deprecationibus nem oM n raetoil. Huc perlinet ovorn m, ut ex sorbuerit quis que, calyces, cochlearumque, protinus frangi, aut eosdem cochlearibus perforari. Hinc Theocriti apud Graecos, Catulli apud nos, proximeque Virgilii incantamentorum amatoria imitatio. F i glinarum opera multi rumpi credun;! tali modo : non pauci etiam serpentes ipsas recanere : et hunc anum illis esse intellectum, contrahique Marso rum cantu, etiam in nocturna quiete. Etfrm pa rietes incendiorum deprecationibus constfribuntnr. Neque est facile dicto, externa verba atque ineffabilia abrogent fidem validius, an latina ino pinata, et quae irridicula videri cogit animus, semper aliquid immensum exspectans, ae dignum deo m orendo, immo vero qnod numini imperet. Dixit Homerus, profluvium sanguinis vulnerato femine Ulyssem inhibuisse carmine: Theophra stus, ischiadicos sanari. Cato prodidit luxatis membris carmen auxiliare, M. Varro podagris. Caesarem dictatorem post unum a nei pi t em vehi culi casum, ferunt semper, nt primum consedis set, id quod plerosque Daae facere scimus, car mine ter repetito securitatem itinerum aucupari solitum.

cantate le biade. E altrove : Chi avesse fatto cattivo incantesimo. Verrio Flacco mette gli autori che gli paion degni di fede, i quali dicono, come nelle oppugnaxioai delle eitU per prima cosa i sacerdoti Romani osavano chiamare il dio, il quale aveva la tutela e la protettane di quella citt, e gli promettevano il culto medesimo, o maggiore, appresso a' Romani. Queslo sacrificio dura tuttavia nella disciplina de* pontefici ; e per ci si dice che sempre fu tenuto ascoso in tutela di qual dio fosse Roma, acciocch alcuno de' ni nnici per simil modo a s noi tirasse. Inoltre, non v' ha ninno che non tema d ' es ser confitto per maledizioni o parole imprecato ne. A questo appartiene l'usanza, che, come alcu no ha bevuto nova o mangiato chiocciole, aobitorompe i gusci, o gli fora co' cucchiai. Di qui trag gono imitazione gl* incantesimi amorosi di Teo crito appresso i Grcer, e di Catullo e Virgilio appresso di noi. Molti tengono che per tal m o d o si possano rompere i vasi degli stoviglia!, e non pochi credono ancora, che le serpi stesse sciol gano gl'incantesimi, e che anzi non abbiano altra intelligenza che questa, e che allo incantesimo de'Marsi si ritirino, ancora nel notturno riposo. Serivonsi parole anco nelle mura, in occasione d'incendio, acciocch la fiamma non si dilati. Ed cosa difficile a dice, se le parole straniere, e che non debbonsi pronunziare,abbiano maggior forza di levar la fede, o le latine non pensate, o quelle che ne fa parer ridicole l'animo n o stro , il quale sempre risguarda a qualche cosa grande, e degna di muover dio, o piuttosto comanda alla deit. Dice Omero,che Ulisse con incanti ristagn il san gue, che gli usciva della coscia ferita : dice Teofrasto, cbe con gl' incanti si guariscono le sciati che. Catone tiene ohe gli incantesimi giovino a far tornare le membra aanosso a'lo ro luoghi, e M. Varrone che He gotte. Cesare dittatore, poi ch con periodo cadde della carretta, subito che era montato su usava sempre ripetere per tre volte un certo carme, per allontanare da s tal pericolo ; il d te reggiamo che ancora oggi si fa per molti.
V a n ii c o rrim i.

Va& notes. ii

V. In conferma del fio qui detto trarrem o ora V. L ib e t hanc partem singulorum quoque argomento dalla ooscienza d i ciascuno. Perch conscientia eoarguere. Cur enim primum anni v' ha egli I* usanza che il primo d dell* anno ci incipientis diem laetis precatiooibus iovicem fau preghiamo l ' un l ' altro felicit e salute con liete stum om ioam ur? Cur publicis lustris eliam no parole? Perch nelle purificazioni e sacrificii pub mina victimas ducentium prospera legimus? Cur blici cerchiamo ohe coloro, i quali meoano le vit et fascinationibus adoratione peculiari occurritime, abbiano felice nome? Perch oon partico mus alii, graecam Neroesin invocantes : cujus ob lari parole ripariamo alle fascinazioni, invocando id Romae simulacrum in Capitolio eit, quamvis la greca Nemesi, la cui statua perci posta in Utilium nom en uoa sil ? Cur ad mentionem de

C. PLINII SECONDI functorum, testamur memoriam eoram a nobis sollicitari? Cur impares numeros ad omnia ehementiores credimus : idque in febribus die rum observatione intelligitur? Cur ad primiliaa pomorum, haec T e ie ra esse diciraas, alia nova optamus? Cur sternuentes salutamus? quod etiam Tiberiani Caesarem, tristissimum ( u t constat) homiunm, in vehiculo exegisse tradunt. E t aliqui nomine quoque consalutarc, religiosius putant. Quin et absentes tinnitu aurium praesentire ser mones de se, receptum est. Attalus adfirmat, scor pione viso, si quis dicat u duo, * cohiberi, nec vibrare ictus. Et quoniam scorpio admonuit, in Africa nemo destinat aliquid, nisi praefatus u Africam, In oeteris vero gentibus, deos obte statur, u ut velint, n Nam si mensa adsit, annutum ponere tralatitium videmus,quouiam multaseli*m religiones pollere manifestum est. Alids saliva post aurem digito relata, sollicitudinem animi propitiat. Pollices, quum faveamus^ premere etiam proverbio jubemur. In adorando dexteram ad osculum referimus, totumque corpus circum agimus: quod in laevum fecisse, Galliae religio sius credunt. Fulgetras poppysmis adorare, con sensus geulium est.
doq

66

Incendia inter epnlas nominata, aqais sub mensas profusis abominamur. Recedente aliquo ab epolis, simul verri solum : aut bibente convi va, mensam vel repositorium tolli, inauspicatissi mum judicatur. Servii Sulpicii principis viri commentatio est, quamobrem mensa linquenda non sit: nondum enim plores, qaam convivae numerabantur. Nam sternumento revocari fercu lum meniamve, si non postea gustetur aliquid, inter diras habetur, aut omnino non esae. Haec instituere illi, qni omnibus negotiis horisque in teresse credebant deos: et ideo placatos etiam vitiis nostris reliquerunt. Quin et repente con ticescere convivium adnotatura est, non nisi in pari praesentiam numero: isque famae labor est, ad qoemcHmqae eoram perlinens. Cibas etiam e manu prolapaot reddebatur, utique per mensas : vetabantqae munditiarum causa deflare. E t sont condita auguria, quid loqnenti eogitanlive id ac ciderit : inter exsecratissima, si pontifici accidat dicis causa epulanti. In mensa uliqoe id reponi, adoleriqae ad Larem, piatio esi. Uedicameals,

Campidoglio a Roma, beoehi il nome non sia b* tioo? Perch quando si viene a ricordare a morto, protestiamo di non voler molestare la me moria loro ? Perch crediamo noi che i numeri in caffo abbiano maggior forza io tutte le cose, come si conosce nelle febbri per I1 osservatone de' giorni ? Perch ne' primi frutti usiamo dire, questi son vecchi, ne desideriamo altri di nuovi? Per ch si saluta quando altri starnutisce? il eh* si dice che Tiberio Cesare tristissimo degli uo mini, come ognun sa, richiedeva che gli fame fatto anche essendo in carretta. Alcuni ancora tengooochesm pi religioso nel dar il saluto chia mare altri per nome. Di pi, opinione che pel fischiare degli orecchi coloro che sono assenti sentano che noi parliamo di loro. Aitalo afferai che se quando alcuno vede lo scorpione, dice due, n e1si rimane e non d ferita. E perch lo scorpione m.i richiama ci alla memoria, aggiun ger che in Africa niuno si mette a (are cou al cuna, se prima non dice u Africa. Negli altri paesi prima si pregano gli dei, . ebe ne sien con tenti. Se c' la mensa, vegliam o comunemente che si depone Panello, perch non c' dubbio al cuno, che ancora molti atti li religione valgooo assai. Alcuni tengono di mitigare i pensieri del l'animo ponendo col dito la saliva d ie tr o all'orec chio. E quando noi vogliamo dar segno di fatore, usiamo premere i pollici, come ne avvita anche il proverbio. Nell1adorare mettiamo la man ritta alla bocca, e aggiriamo tutto il corpo ; il che lire dalla parte manca stimano i Francesi che sia pi religioso. Adorare i folgori con sottil sibilo delle labbra cosa comune fra le genti tutte. Diam segno di abominare gl1 incendii, se ioa nominali mentre che si mangia, con gettar dell1 acqua sotto la tavola. Se quando alcuno si parte da mangiare, si spazza il terreno, o beendo il con vitato, si leva la tavola o il tagliere, tenuto per cattivissimo augurio. Servio Sulpicio, uno deprimi uomini di Roma, d la ragione onde la meo1 1 non si dee lasciare ( e allora tante eran le quanti a novero i convitati), perch se succede starnuto intanto che si torna alla tavola e alle vivande, s1 ha per malissima ventura, se noli* poi si gustasse. Furono ordinate queste cose ds coloro, i quali si davano a credere che gl* fossero presenti a t'utti i negozi!, e a tolte le ore e perci gli lasciarono placati ancora a1***" vizii. Di pi, a1 osservalo che nel convito eoo si fa silenzio in un tratto, se non pari il aa' mero di quegli che vi son presenti ; il q u a le aagurio prenunzia iattura di fama e d1estima0** a ciascano di loro. Il cibo caduto di mano si r*st* tu iva, ma per sopra la mensa ; ed era vielalo che ai soffiasse sopra le tavole per farle nelle* 5

6 Gq

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXVIII.

670

priusquam adhibeantur, ia mensa ferte deposita, negant prodeste. Ungues resecari nondinis Roma* ois tacenti, atque a digito indice, moltorara pe cuniae religiosum est. Capillum T e r o contrectari, coatra defluvia ac dolores capitis x v i i luna, atqiie XMX. Pagana lega in plerisque Italiae praediis ca vetur, ne mulieres per itinera ambulantes tor queant fuso*, ut omnino detectos ferant, quo niam adversetur id omnium spei, praecipueqne fragum. M. Servilius Nonianus princeps civitatis, non pridem in metn lippitudinis, priusquam ipse eam nominaret, aliusve ei praediceret, duabus litteris graeeis p et a , chartam inscriptam, circum* ligatam lin o , subnectebat collo: Mucianus ter consul, eadem observatione viventem muscam in linteolo albo : his remediis carere ipsos lippitu dine praedicantes. Carmina qaaedam exstant con tra grandines, contraque morborum geoera, contraque am busta, quaedam etiam experta : sed prodendo obstat ingens verecundia, in tanta aninoram varietate. Quapropter de his, ut libitum cuique faerit, opinetur.

prendeva anche augurio da qnllo ehe alenno fa vellava o pensava, quando ci gli accadeva : au gurio d e 'pi esecrabili, se ci accadera al ponte fice cella cena espiatoria dopo il sacrificio.Riporre sulla mensa il cibo caduto al pontefice e arderlo ai Lari rito purgatorio. Dicono che non giovau punto le medicine poste per caso oella tavola f>rima che s 'adoperino. 11 tagliarsi le ugne qnando mercato in Eoma, stando cheto, e cominciare dal diio indice, metta in pericolo la pecunia di molti. Brancicare i capegli ne' diciassette, o ven tinove giorni della luna, vale contra il cader loro e i dolori del capo. In molti villaggi d ' Italia s ' provisi per propria legge, che le donne per cam mino non torcano i fusi,o non gli portino al lotto scoperti, perch ci s'oppone a ogni speranza, e massimamente delle biade. Mareo Servilio No mano, uno de' primi uomini di Roma, dubitando di diventare cispo, prima eh' esso nominasse tal male, o altri gliene predicesse, s ' appiccava al collo una caria legala attorno con lioo, dov'erano scritte due lettere greche r ed a ; e Muciano, il qoale era stalo tre volte consolo, oon fai medesima osservazione s'appiccava ana mosca viva io pezza bianca ; affermando essi che con questi rimedi! guarivano della cispa. Sonci ancora alcuni versi contra la grandine, e contra le malattie, e contra le incotture, certi ancora approvati dall' effetto. Ma mi vergogno raccontargli in tanta variet di animi. E per ciascuno d'essi creda qual che gli pare.
M e d ic i
che si traggono d a l l ' domo,

Ex TUO

XXDICWAB, BT OBIEBVATlOlfBS CCXXVI ; FOBEO, V III.

X OSSEBVAZIOM, 2 o 6 : b a ' f a n c i u l l i , 8 .

VI. 3 . Noi abbiamo ragionato a pieno tra le VI. 3 . Hominum monstrificas naturas et vene maraviglie delle genti le mostruose natare degK ficos aspectas diximus in pertentis gentium, et uomini, gli aspetti venefici, e molte propriet di molias animalium proprietates, qaae repeti su animali, le quali sarebbe superfluo replicare. Di pervacuum eat. Quorumdam homioum tota cor alcuni uomini utile tutto il corpo, come di pora prosunt : n t ex his familiis qaae sunt terrori quelle famiglie che spaventano le serpi, e toccan Krpenlibus, tactu ipso levant percussos, suctuve modico. Q uorum e genere sunt Psylli, Marsiqne, do, o succiando un poco medicano i morsi loro, siccome sono i Psilli, i Marsi, e quegli che nell* iet qai Ophiogenes vocantur in insula Cypro: ex qaa familia legatus Evagoo nomine, a consulibus sola di Cipri si chiamano Ofiogeni. Della qual fa miglia essendo venuto arabasciadore a Roma uno Hornae in dolium serpentium conjectas experi che uvea nome Evagone, per fare esperimento menti causa, circummulcentibus linguis miracu della cosa fu messo da' consoli in una botte piena lam praebuit. Signum ejus familiae est, si modo di serpi, le quali con universale stupore domesti adhuc durat, vernis temporibus odoris virus. At que eorum sndor quoque medebatur, non modo camente si misero a leccarlo con la lingua. Il se gno di quella famiglia, se pur dura ancora, che nliva. Nam i a insula Nili Tentyri nascentes tanto nella primavera gettano grave odore. E non so wnt crocodilis terrori, ut vocem quoque eorum l a m e n t e la saliva di costoro, ma il sudore ancora fugiant. Hornm omnium generum in sua repumedicava. Quegli che nascono in Tentiro, isola foaotia interventum quoque mederi constat: del Nilo, danno tanto spavento a' crocodili, che *icoli adgravari vulnera introilu eorum, qui urafuerint serpentium, canisve dente laesi, non pure essi, ma la voce loro gli fa fuggire. Questi tulli ancora solamente intervenendovi medicano, litlem gallinarum incubitus, pecorum fetus, abor-

ji

C. PU N II SECONDI

67

lu vilianl. Tantum remanet virai, excepto Motel malo, ut venefci fianl veuena pasti. Remedio est, ablui prius manus eorum, aquaque illa eos, qui bus medearis, inspergi. Rursus a scorpione ali* quaudo percussi, uumquam postea a crabronibus, vespis, api bus ve feriunlur. Minus miretur hoc qui sciat vestem a tineis non altiugi, quae fueril in funere : serpeutes aegre praeterquam laeva aaaau exlrahi.

per rispetto della ripugnanza che v'ha Ira la s ilu ra loro le serpi ; siccome per lo centraravviene che le ferite incrudeliscono, quando sovraggiugno al ferito alcuno che fosse gi stato morso da' serpi, da' cani. Questi medesimi faow conciare le pe core, le uova oovale; e tanto veleno rim ane, olo ehe siasi appiccato il male una volta, ehe chi l ' ha ricevuto diventa venefico. Il rimedio far lavare le mani a questi tali, e gettare poi quell' acqua addoMo a coloro che tu medichi. Per Io contra rio, chi morso una volta dallo scorpione, non dipoi mai ponto da calabroni, n da vespe, n da pecchie. Ma di ci non molto si m aravi gl ieri chi sappia che i panni adoperali nel mortorio non intignano, e che le serpi difficilmente si trag gono vi, se non con la man manca. G Pythagorae inventis non temere Callere, im Rade volte inpanna il numero delle vocali dei positivarum iioroinum i rapa rem vocalium numenomi posti appositamente, secondo il ritrovato tram, clauditates, oculive orbitatem, ac similes di Pitagora, al zoppo, o al cieco, e a simili im casus dextris adsiguare partibus, parem laevis. perfezioni, assegnando il caffo alla parte ritta, e il pari alla mancina. 4. Fernl difficiles parius statim solvi, quura 4. Dicono che la donna, eh' sovra parto, quis tectum, in quo sil gravida, transmiserit la agevolmente partorisce, se alcuo getta in modo pide, vel missili, ex bis, qui tria animalia singulis che trapassi il tetto, sotto il quale ella , un sasso, ictibus interfecerint, hominem, aprum, ursum. 0 arme alcuna <Ia lanciare, con la quale sieno sta Probabilius id acit hasta velitaris, evnlsa e cor ti morti tre animali, ciascuno a on colpo, cio un pore hominis, si terram non attigerit. Eosdem uomo, un cinghiale e un' orsa. Molto maglio si enim illata effeetus habet. Sic et sagittas corpore ottiene un tale effetto, se si adopera u n ' aita di eductas, si terram non attigerint, subjectas cu cavaliere tratta del corpo dell' uomo, purch non bantibus, amatorium esse, Orpheus et Archelaus abbia tocco la terra. Scrivono ancora Orfeo ed scribunt. Quin el comitialem morbum sanari cibo Archelao, che le saelte tratte del corpo dell'uomo, e carne ferae occisae eodem ferro, quo homo in eh' elle oon abbiauo tocco terra, se tu le porrai terfectus sil. Quorumdam partes medicae sunt, sotto a chi dorme, han forza di costrignere ad sicuti diximus de Pyrrhi regis pollice. Et Elide amare. Dicono ancora, che si guarisce il mal ca solebat ostendi Pelopis costa, quam eburneam duco mangiando carne di fiera uccisa con quel adfirmabant. Naevos iu facie tondere, religiosum medesimo ferro, col quale sia stato morto l'uomo. babenl etiam nunc mulli. Alcuni in certi membri hanno virt di medicare, come dicemmo del dito grosso del re Pirro. Nella citt d ' Elide solevasi mostrare la costola di Pelo pe, la quale si diceva eh' era di avorio. Tagliare 1 oei nel volto, molti credono tuttavia che aia cou di cattito augurio.

Ex SALIVA.

Dalla

s c h iv a .

VII. Hominum vero in primis jejunam sali VII. Abbiamo gi detto come la sciliva delvaro contra aerpeotes praesidio esse, doeuimus. I' uomo digiuno ottimo rimedio con Ira le serpi. Sed et alios efficaces ejus usus recognoscat vita. Ma essa ha bene ancora degli altri rimedii. Per Despuimus comitiales morbos, hoc est, contagia ciocch spuliamo contro al mal caduco, e a questo regerimus. Simili modo et fascinationes repercu mo Jo cacciamo da ooi la contagione di quel male, timus, dextraeque clauditatis occursum. Veniam lu simil guisa ripariamo al fascino e all' interve quoque a deis spei alicujus audacioris petimus, ia nire di zoppo dalla parte destra. Domandiamo finum spuendo. Eliam eadem ratione leroa des ancora perdono agli dei d* alcuna nostra troppo puere deprecatioue, in omni medicina mos est, ardita sperausa, sputando nel seno dalla veaie. Per atque ita effectus adjuvare : incipientes furuueuquesto in ogui medicina susa spulare pregaudo lum ter praesignare jejuna saliva. Miruui dicemus, per Ire volte, per aiutarne cosi gli effetti. Quaudo

6 ,1

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXVIII.

c 74

sed espernebto facile : si qoem poenireat iolos emina* cominasve illati, et staimi exspuatm e diam in manam, qaa percossit, levator ilKco per cosso* a poena. Hoc saepe delumbata quadrupede adprobatur, statio* a tali remedio oorreclo ani malis ingressa. Quidam vero adgravant ictos, ante conatam simili modo saliva in mano ingesta. Cre damus ergo lichenas leprasqoe jejunae illilo adsidoo arceri: ilem lippitudines, matutina qnotidie vdot inunctione : carcinomata, malo terrae sub acto: cervici* dolorem, saliva jejani dextra manu ad dextrum- poplitem relata, laev* ad sinistram : si qaod animal aurem intraverit, et inspuatur, exire. Jnter a au leta est, editae qaemqae urinae iospoere: similiter in calceamentum dextri pedis, antequam indaatur: item qoum quis transeat locum, in qao aliquod periculum adierit. Marcion Smyrnaeus, qui de simplicibus effectibus scripsit, ram pi scolopendrs marinas sputo tra dit: item rubetas, aliasqoe ranas: Opilius, ser pentes, si quis in hiatum ea rura exspuat. Salpe, torporem sedari quocumque membro insta pente, si qnis in sinam exspuat : aut si superior palpebra saliva langa lar. Non si haec, et illa credamus rite fieri : extranei interventu, aut si dormiens specte tur in fa n s,* nutrice leroa adspui: quamquam illos religione tutatur et Fascinus, imperatorum qaoque, non solum infantium custos, qui deus inter sacra Romana * Vestalibus colii^r, et car ro* trium phantium, sub his peodens, defendit roedkus iovidiae: jubetque eosdem respicere si* milis medicina lingaae, u t sil exorala a tergo Fortuna gloriae carnifex.

i Agnoli cominciano, si segnano tre volte intorno con la sciliva a digrano. Dir ancora no* cosa maravigliosa, ma facile a provare : se alcuno si pente d aver percosso altrui o da presso o da lungi, e subito si sputa nel mezzo della mano, con la qnale l ' ha percosso, incontanente s 'alleg gerisce la pena dell' offeso. Queslo si pruova spesso in qaalehe bestia dilombata, che subito per tal rimedio ripiglia l'an d ar diritto. Alcuni altri aggravano le percosse, spalandosi in questo modo medesimo sulla mano, innanzi la percossa: Crediamo adunque, che le volatiche e la lebbra col continuo fregare della sciliva a digiuno si le vano via ; eome anche la cispa degli occhi, ugnendola con essa ogni mattina per tempo : levansi via ancora le fistole incancherite con una mela di tarra impaslrata con saliva: il dolore del collo, mettendo la sciliva dell' uomo a digiuno con la maa ritta al ginocchio ritto, e con la manca al maoeo ; e se alcuno animale sar entraloneU ' orocchio, e vi si sputa dentro, subilo n'uscir fuo ri. Usasi per rimedio contro le malie e glincalesimi lo sputare di qoal si voglia nell* orina subitoche ella fatta, e similmente nella calta o scarpa ritta prima eh ella si calti ; e cos si fa ancora quando altri passa un luogo, dovegli sialo a qualche pericolo. Marrione da Smirne, il quale scrisse degli effetti semplici, dice che con lo sputo si fanno scoppiare le scolopendre marine, e le botte, e i ranocchi. Opilio dice che il medesimo avviene alle serpi, se alcuno spula loro in bocca, quando la tengono aperta. Quando a|cano ha qualche membro in tormentilo, per essere sialo tocco dalla salpa, dicono che se altri gli spaia nel sen dell* veste,o gli tocca la palpebra di sopra con la sciliva, lo libera da quel torpore. Che se crediamo che giustamente si facciano queste cose,dobbiamo cre dere che giustamente ancora, se v* interviene uno strano, o se il bambino che dorme guardato da alcuno, la balia sputi tre volle; bench ancora per religione il bambino in tutela del dio Fascino, dio custode par degl'impei'adori, non che de'soli bambiui, il qoale nelle sagre Romane i coltivato dalle Vestali, e appeso sotto il carro de* trionfatori li guarda dall' invidia, ma lor ricorda la condizione umana, acciocch nella gloria abbiano propizia Fortuna tra i molli che dopo le spalle sono loro lancia ti.
D bllb b r e t t e a e d b l l b o r e c c h i * .

E x s o b d ib u s AtmitJM.

V ili. M orso* hominis inter *sperrimos quo Medentur sordes ex auribus: ac ne qais m ir e tu r , etiam scorpionnm ictibus serpcatium qae, statim impositae. Melius e p ciM H
q ue n u m e r a t a r .

Vili. 11 morso dell nomo anch' esso ter fra i peggiori che sieoo: per le bruttare d oreochi lo guariscono. E acciocch alcuno non a maravigli, queste medesime brattare, postevi

C. PLINII SECUNDI auribus proiaBl : ila t redivias sanar. Serptfntium vero ictum, contusi ilcalii humani farina. subito, guariscono ancora il morso degli scorpioni e dello serpi ; ma molto meglio giovano toglien dosi degli orecchi di aloano che fa percosso. Si milmente si guariscono i mali che nasoono intorno alle unghie. 11 morso delle serpi si guarisce altres con la polvere d ' un dente umano pestato.
D
a i c a p e l l i, d a i d e n t i, e c c .

Ex CAPILLO, DBHTE, ETC.

IX. Capillus puerorum, qui primum decisus IX. Dicono che i primi capelli, che son tagliali a' fanciulli, mitigano le doglie delle gotte, legan est, podagrae impetus dicitur levare circumliga dogli intorno dov U doglia ; e soprattutto quelli tus: et in totum impubium impositui. Virorum de'fanciulli non aneor giunti a pubert. 1 capelli quoque capillus, canis morsibus medetur ex aceto : et capitum vulneribus ex oleo aut T in o . Si degli uomini con l ' aceto medicano il morso del credimus, n revulso cruci, quartanis. Combustus cane, e con l ' olio, o col vino guariscono le ferite aeque capillus, carcinomati. Pueri qui primas del capo. E s ' egli pur da credere, dioesi che i ceciderit deas, ut terram non attingat, iaclusus capelli d ' uno dispiccato dalle forche guariscono in armillam, et adsidue in brachio habitus, mnla quartana. II capello arso giova alle piaghe ioliebriura locorum dolores prohibet. Pollex in fistolite. Il primo dente che il fanciullo perde, se pede praeligatus proximo digito, tomores inguinon abbia tocco terra, messo in una maniglia, e itura sedat. In manu dextra duo medii lino levi portato di continuo al braccio, non lascia venir ter colligati, destillationes atqne lippitudines ar doglia nella natura delle donne. Il dito grosso cent. Quin et ejectus lapillus calculoso, alligatusde' piedi, legalo al diio che gli vicino, leva gli enfiali dell'angainaglia. Il legare i due diti di que supra pobem levare ceteros dicitur, ac jocim etto della man ritta guarisce la cispa e il goc neris etiam dolores: ac celeritatem partas facere. ciolare degli occhi. Dicesi che la pi e tr a zza m a n Addidit Granius, efficaci orem ad hoc esse frro data fuori da chi patisce di calcoli, se sia legata exemptam. Partus adcelerat vicinos, ex quo quaeque conceperit, si cinctu suo soluto feminam sopra il pettignone, libera da tolte le altre, e leva cinxerit, dein solverit, adjecta precatione, u se i dolori del fegato, e rende agevole il parto. Per stima Granio chea ci sia pi efficace la pietruzza viaxisse, euradem et soluturum, atque abierit. estratta con ferro. Affretlausi i parti gi vidui, se colui che ha ingravidata la donna, la cigne del suo cinto, dipoi la scioglie, aggiugnendovi queste parole: lo t ' ho legata, e io medesimo ti sdor r j n e poi se ne parla. E t S1W GDIHE, VEHEKB, ETC.
D al
s a n g u e , d a l c o it o , b c c .

X. Sanguine ipsius hominis, ex quacnmqae X. Orfeo ed Archelao dicono essere cosa di parte emisso, efficacissime anginam illini tradunt gran virt ugnere la squinanzia col sangue d ' esso Orpheas et Archelaus: itera ora, comitiali morbo nomo, da qualunque parte sia uscito fuori ; e cos lapsorum : exsurgere enim protinus. Quidam, si ancora unger la bocca di coloro che son caduti dal mal caduco, poich si vede che subito si driz pollices pedom pungantur, exque his guttae re ferantur in faciem : aut si virgo dextro pollice zano. Alcuni dicono esser utile a questo effetto, se attingat: hac conjectura censentes virgiaes carnes si pungono loro le dila grosse de'piedi, e le goccio le del sangue che n' esce si mettono sulla faccia ; edendas. Aeschines Atheniensis excrementorum cinere anginis medebatur, et tonsillis, uvisque, et o se una vergine col pollice destro li tocca, perch congetturano di dover mangiare carni vergini. carcinomatis. Hoc medicamentum vocabat bo tryon. Multa genera morborum primo coitu sol Eschine Ateniese medicava la squinanzia con la vantur, primoque feminarum mense. Aut si hoc cenere degli escrementi arsi ; e cos le senici, le ugole e le fistole incancherite. E questa medicina non contingit, longiqua fiunt, maximeque comi tiales. Quin et a serpente ac scorpione percussos chiamava egli botrion. Molte sorti di malattie coitu levari produnt : verum feminas Venere ea guariscono nel primo coito, e nel primo mestruo delle donne. O se par ci non avviene, quei mali laedi. Oculorum vitia fieri negant, nec lippire eos, qui qaam pedes lavant, aqua inde ter oculos diventano lunghissimi, e m an ima mente il mal tangant. cadueo. Dicono ancora, che chi morso dalle

677

HISTOKIAUOM MUNDI U B . XXVIU.

G ?8

serpi e dallo scorpione, s ' egli usa il coito, guari sce ; dove allincontro la donna patisce mollo pi. Dicono che non diventa mai cispo, n ha male agli occhi colui, il quale ogni volta che 3 lavato i piedi, si tocca tre volte gli occhi con quella la vatura. L i MoBTUIS. D ai morti.

X I. Im m atura morie raptorum m n u , stru XI. Affermano ancora che le scrofe, le poste mas, parotidas, gultura, lactu sanari ad firma ni. me dopo gli orecchi e le fauci guariscono, se sua tocche dalla mano d' uno che sia morto di morie Q uidam vero ctijuicoaiqoe defuncti, dumtaxat sui acerba. Alcuni dicono clic toccandosi con la luano sexus, laeva m auu aversa. Et eligno fuigure icto, di qual si voglia morto, si ha l'islesso effetto, pur rejectis post terga manibus, demorderi aliquid, el ad ieniem qui dolca!, admoveri, remedio esse che sia del medesimo sesso, e che si tocchi col ro p ro d u n t. Sunt qui praecipiant denlem suffiri vescio della man manca. Vogliono ancora che sia ulil rimedio alla doglia de' denti lo spiccare col dente hom inis sui sexus, el eum qui caninos vo cetur, insepulto exemplum adalligari. Terram e morso alquanto d un legno, che sia sialo percosso dalla saetta ; ma mentre rbe si spicca, si tenga le calvaria, psilothrum esse palpebrarum traduut. mani dietro, e poi con quel pezzo si tocchi il dente Herba vero, si qna ibi genita sit, commanducata, che duole. Alcuni snno profumo al dente che duo dentes cadere. Ulcera non serpere osse komiois le con denle d ' uomo del medesimo sesso, e anco circumscripta . Alii e tribas puteis pari men gli legano addosso il dente canino cavato a uno sura aquas miscent, et prolibant novo fictili: che nou sia sepolto. Dicono che la terra tratta reliquum d an t in lertianis accessu febrium biben del teschio d 'nn moria rimedio per le palpebre; dum. Isdem in quartanis fragmentum clavi a ma che cadono i denti a chi mangiasse erba che sia ero ce, involutum lana, collo sobneclunl : aut nata da quella terra. Le nascenze circondate con sparlnm e cruce : libcratoque eondunt caverna, osso d uomo non impigliano pi avanti. Alcuni quam sol non attingat. tolgono acqua di tre pozzi con egual misura, e mescolano insieme, e n* beono un poco in. vaso nuovo di terra, e danno a bere il resto a chi ha la terzana, quando ella nell'accesso. Nelle quar tane traggono della turca un pezzo di chiodo, e inviluppalo in lana lo legano al collo : ovvero usano sparlo levato pur dalla forca ; e quando il malato guarito, lo mettono in una buca, dove non entri il sole.
M
a g o b c m c o m x e b t a v r ia .

V a b ib i s t r u z i o n i d e ' M a g i .

XH. Magorum haec commenta sunt. Ut co lem, qua ferramenta saepe eiacula sini, subje ctam ignari cervicalibus, de veneficio deficientis, evocare indicium, ut ipse dicat quid sibi datum iit, et ubi, et quo tempore : auctorem tamen nou nominare. Fulmine utique percusso, circumactum in vulnus hominem loqui protinus constat, lu guinibus medentur aliqui, licium telae detractum alligantes novenis septenisve nodis, ad singulos nominantes viduam aliquam, atque ita inguini adalligantes. Licio el clavum aliodve, quod quis calcaverit, alligatum ipsos jubent gerere, ne sit dolori vulnus. Verrucas avellunt a vicesima luna, in lim itibus snpini ipsam inluenles, ultra caput manibus porrectis, et quidquid adprehendere, eo fricantes. Clavam corporis, quum cadit slella, si

XII. Sono invenzioni di Magi queste che di remo. Se si mette sotto il piumaccio a uno che venga meno per malie, ma che non se n avvegga, la pietra dove il ferro molte volle stato arrotalo, subito libero. 11 segno di ci , eh 1 egli dica che cosa gli stata data, e dove, e in che tempo, ma non nomini chi. Qualunque percosso dalla saet ta, se si rivolge in sulla percossa, subito favella. Alcuni per guarire Panguinaglia annodano un liccio tratto dalla tela con nove o selle nodi, e ad ogni nodo nominano una vedova, e dipoi le gano l anguinaglia con esso. Vogliono che chi ferito di chiodo, o d altra cosa, la quale egli ab bia calpesto, porli addosso tal cosa, acciocch non senta il dolore. A svellere i porri, dopo il veoteiimo di della luna stanno supini nella vi

. P U N II SECONDI

680

quis distringat, vel cito sanari ajnnt : cardinibus ostiorum aceto adfuso, lutam fronti illitum, capi tia dolorem sedare: item laqueum suspendiosi circumdatum temporibus. Si quid e pisce haese rit faucibus, iu aquam demissis frigidam pedibus, cadere. Si vero ex aliis ossibus, impositis eapiti x eodem vase ossiculis. Si panis haereat, ex eo dem in ulramque aurem addito pane.

e guardano essa luna e distendendo le mani di l dal capo, e con id ehe pigliano si stropicciano. Se alcuno strigne il Agnolo, q u a n d o una stella cade, dicono che tosto guarisce. Bagnano i gan gheri dell1uscio con l aceto, e d i quel loto che tanno ungono la fronte per levare la doglia del capo : o ancora avvolgonsi alle tem pie il capeslr* di qualche impiccato. Se lisca, o qualche altra cosa del pesce rimane in gola, tengono i piedi in equa fredda, e quella tal cosa cade. Ma s 'egli altro osso, pongono in capo ossicine tolte del me desimo piatto ; e a*egli pane, m ettono del me desimo pane in amendue gli orecchi.
D
al l o t o d b l l * u o m o .

Ex

SOBDIBUS HOMINIS.

1 ginnasii de* Greci, uom ini molto bra XIII. Quin et sordes hominis in magnis fecere XIII. remediis quaestuosorum gygmnasia Graecorum : mosi di guadagno, vogliono ohe il loto dell* uomo sia ottima medicina ; perciocch stropicciando 0 quippe ea strigmenta molliunt, calfacinnt, discu tiunt,complent, sudore et oleo mediciuam facien raschiando 1 nomo ne cavano u n suecidume, cbe * tibus. Vulvis inflammatis, contractisque admo poi buono a mollificare, riscaldare, sciogliere, ventur. Sic et menses cient : sedis inflammationes ed empiere, adoperato con sudore ed olio. Poosi et condylomata leniuut : ilem nervorum dolores, alle matrici contratte o infiammate. la questo luxata, articulorum nodos. Efficacinra ad eadem, modo ancora provoca i mestrui : mitiga le instrigmenta a balineis, et ideo miscentur suppu fiamraagioni e i fichi del sedere, il dolore dei ratoriis medicamentis. Nam illa, quae sunt e ce nervi, i membri mossi di luogo, e i nodi delle romate, permixta coeno, articulos tantum mol giuntare. Alle medesime cose ha maggior virt liunt, calfaciunt, discutiunt efficacius: sed ad quello che cavano dell* uomo quando esce dei celera minus valent. Excedit fidem impudens bagni ; e per ci si mescola negli empiailri, che cnra, qua sordes virilitatis centra scorpionum si pongono dov* raccolta puzza. Perocch il ictus singularis remedii, celeberrimi auctores succidume di cera e d* olio che si raschia dii lot clamant. Rursus in feminis, quas infantium alvo tatori, mescolandovi il fango, ha pi forza sola editas in utero ipso, contra sterilitatem subdi mente a mollificare le giunture, riscaldare e dis censent: meconium vocant. Immo etiam ipsos solvere : all altre cose vai meno. Dicono famo gymnasiorum rasere .parietes : et illae quoque sissimi autori nna cosa ehe non si pu credere ; ed aordes excalfactoriam vim habere dicuntur: pa pur vergogna a dirla ; che le lordure del mem nos discutiunt. Ciceribus senum puerorumque, et bro virile sono ottimo rimedio al morso dello desquamatis ambustisve illinuntur. scorpione. Chiamano meconio quella sporciziache del ventre della creatura esce nel corpo della ma dre, e dicono eh* ella ntile contra la steriliti. Ma che p i f radono anco le mura de* lo r ginnaiii, e dicono che quelle bruttare hanno virt di ri scaldare, che dissolvono i pani, e che impiastranti agli ulceri de* vecchi e de* fanciulli, e agli scorti cali e alle cotture.

Ab a n im o

h o m ir is p e h d b s t e s h e d i c i r a i .

M e d ic in e

c h e p r o c e d o n o d a l l * a !*> d e l l * uom o.

XIV. Eo minus omitti convenit ab animo hominis pendentes medicinas . Abstinere cibo om ni,aut pota, alias vino tanlum aut carne, alias balineis, qaum quid eorum postulet voletudo, in praesentissimis remediis habetur. His remediis adnumeralur exercitatio, intentio vocis, ungi, fricari cum ratione. Vehemens enim fricatio

XIV. Ricordate queste, non s* hanno da ps** sare le medicine, che dipendono dall* aoimo del1* oomo. Per ottimo rimedio tenuto Pastenersi da ogni mangiare, o bere, alcuna v o lta solamen** dal vino o dalla carne, o da' bagni, s e c o n d o che la complessione richiede. A questi rimeii s aggiungono Io esercivo, lo sforzar la voce, limg*-

68*

HISTORIARUM MONDI LIB. XXVIII.

68a

pistat, lenis mollii : molla adimit corpus, auget modica. In primis vero prodest ambulatio, gesta tio, e t ea pluribus modis. Equitatio stomacho et coxis utilissima : phthisi navigatio : longis morbe, locorum mutatio. Item somno mederi sibi, aat lectulo, aut rara vomitione. Supini cubitus oculis eoadocunt, at proni tussibus, in latera adversum destillationes. Aristoteles et Fabianus plurimum somniari circa ver et autumnum tradunt, magisque supino cubitu, at prono nihil. Theophrastus celerius concoqui dextri lateris incubitu, diffici lius a supinis. Sol quoque remediorum maximum ab ipso sibi praestari potest, sicut linteorum strigiliumque vehementia : perfundere caput calida ante balinearum vaporationem, et postea frigida, saluberrimum intelligilur. Item praesumere cibis, et interponere frigidam, ejusdemqoe potu somnot antecedere, e t si libeat,interrumpere. Notandum, nullum aliud animal calidos potus sequi, ideoque non esse naturales. Meros ante somnos colluere on, propter halitus : frigida matutinis impari numero ad cavendos dentium dolores : item posea oculos contra lippitudines, certa experimenta sunt : sieut totins corporis valetudini in varietate vietos inobservata.

re, e il fregare destramente ; perciocch la fregagion gagliarda rassoda il corpo, e la soave lo mollifica ; la molla scema il corpo, e la temperala lo accresce. Ma soprattutto giova l andare, e il farsi portare; e ci in molti modi. Il cavalcare utilissimo allo stomaco e alle coscie. Il navigare a* tisichi, e la mutazione de'luoghi alle lunghe in fermiti; Similmente si medica col sonno o coi letto, o con vomiti rari. 11 dormir supino utile agli occhi, e bocconi alla tosse : per lato vieta la polluzione. Aristotele e Fabiano dicono che si sogna mollo nella primavera e nell' autunno, e pi chi dorme supino ; ma chi dorme bocconi, nulla. Dice Teofrasto che pi tosto smaltisce, chi dorme sul lato ritto, e pi difficilmente chi dorme supino. Anche il sole rimedio efficacissimo, che 1' nomo per s medesimo pu prestarsi, siccome il forte stropiccio depanai o delle stregghie: immol lare il capo con acqua calda innanzi l ' evapora zione del bagno, e dipoi con la fredda, molto sana cosa. Cos anche pigliare innanzi il cibo acqua fredda, e frammetterla a quello, e berne ionanzi al sonno, e, se piace,interrompendolo. Ma d ' avvertire, come nessun altro animale, faor che 1' nomo, cerca il bere caldo, il qnale perci si conosca che non naturale. Lavarsi la bocca con vin pretto innanzi il dormire per rispetto de U' alilo, e la mattina pigliare parecchi sorsi di acqua fresca in caffo contra il mal* d e 'd e n ti; e similmente bagnarsi gli occhi con posca contra la cispa, son cose che l ' esperienza ha dimostrato salutevoli ; siccome altre ve ne hanno salutevoli a tutto il corpo, obe per la variet del vitto non sono osservate. 5. Dice Ippocrate che le interiora di chi non 5. Hippocrates tradit non prandentium exta desina invecchiano pi tosto. Ma ci disse in celerius senescere. Verum id remediis cecinit, quanto alla causa di sanit che ne' cibi, non in nou epulis : quippe multo utilissima est tempe quanto alle vivande; perciocch la temperanza rantia in cibi*. L. Lucullus hanc de se praefectu ram servo d e d era t : ultimoque probro manos iu ne' cibi i utilissima. L. Lucullo aveva dato a un cibis trium phali seni dejiciebatur, vel in Capito suo servo autorit sopra di s, quanto alla copia delle vivande, e quel vecchio trionfale, ancora lio epulanti, pudenda re, servo suo^facilius pareeh' egli mangiasse in Campidoglio, si lasoiava eoa re, quam sibi. sua vergogna levar dal cibo la mano : cosa vitu perevole, ubbidire pi facilmente a nn suo servo, che a s stesso. Ex
STBBirDTAVRKTO.

D b LLO STAIHUTO.

XV. 6. Sternutam enta pinna gravidem emen dant : et si q u is mnlae nares, ut tradunt, oscu lo attingat, sternum enta et singultum. Ob hoc Varro s u a d e t palmam alterna manu scalpere. Plerique annutum e sinistra in longissimum dex terae d ig itu m transferre, aut ia aquam ferventem nanus im m ergere. Theophrastus senes laborio i | si stern u ere dicit.

XV. 6. Lo starnuto eccitato con una penna leva la gravezza del capo ; e se alcuno, secondo che si dice, locasse le nari d'nna mula con le labbra, non molestalo da starnuto n da sin ghiozzo. Varrone persuade che a questo fine si stropiccino le palme delle mani a vicenda. Altri dicono che si dee trasferire l ' anello della man manca nel pi lungo dito della man ritta, o taf-

683

. PLINII SECONDI

G8*

fare le meni in acqua bollente. Dice Teofrasto, che i vecchi starnutiscono con pi fatica. Ex V i i e i l
D a i.
c o it o .

XVI. Venerem damnavit Democritus, ut iri XVI. Democrito biasim assai il coito, per qua homo alius exsiliret ex bomine. Est bercuie ciocch in esso esce fuor dell1 uomo un altro no raritas ejos utilior. Athletae tamen torpentes re mo. E nel vero l ' usarlo di rado m olto utile stituuntur Venere : vox revocatur, quam e can lu ttavia i lottatori con l osare il coito ripigliano dida declinat in fuscam. Medetur et Iamborum le addormentate forte i la voce si racquista, quan dolori, oculorum hebetationi, mente captis, ac do di chiara ella diventa fosca. Esso medica altres melancholicis. i dolori de' lombi, rischiara la vista, giova ai mentecatti e maninoonici.
PaoMISCDA BBMED1A.
IllK B B n PBOMlSCPi,

Sedere presso alie gravide, o qoaodo XVII. Adsidere gravidis, vel qoam remedium XVII. alieni ad hibeato r, digitis peclinatim inter se si d rimedio ad alcuno, intrecciando le dita iasieme, l uno nell altro a modo di pettine, ma implexis, veneficium est : idque compertum tra dant Alcmena Heronlem partente. Pejus, si circa lia ; e dicooo che ci si conobbe esser vero, quan n u m ambove genua. Item poplites alternis geni- do Alcmena partoriva Ercole. peggio aocora, se con le dita cos tot re oda te si tieoe un ginoc bus imponi. Ideo haee io eonciliis ducom potchio, o amendue. Cos anco, se si m ette un fislatamve fieri vetuere majores, velat omnem nocchio sopra I* altro. E perci gli antichi vieta actum impedientia. Vetuere el sacris, votisve, rono che nel consiglio de capitani, o d* alcun ma simili modo interesse. Capita autem aperiri ad gistrato, queste cose nou si facessero, per essere co specto agstratuum, non venerationis causa {as me d impedimento ad ogni atione. Vietarono an sere, sed ( ut Varro auotor est ) valetudinis, quo cora che niuno stesse a quel modo ne sacrificii^e piam firmior a consuetudine ea fierent. Qnom ne voti. Cavarsi di capo a magistrati, secoudo quid ooulo inciderit, alterum comprimi prodest. Varrone, non fu trovato per far toro onore, ma Quum aqaa dextrae auriculae, sinistro pede ex per sanila, acciocch i capi per tale usanxa si ve sultare, capite in dextrum hume rum devexo : nissero pi a fortificare. Quando alcuna cosa en invicem e diversa aore. Si tussim concitet saliva, trata in un occhio, giova comprimer l ' a l t r o . in fronte ab alio adflari. Si jacet ava, a vertice morsu alterius suspendi. In Cervicis dolore popli Quando entra lacqua nell' orecchio ritto , utile le* friare, aut cervioem in poplitum. Pedes in saltare sul pi mano, e piegare il capo sul lato burae deponi, si nervi in his ernribusve tendauritto : s'e n tra nel m anco, si fa il contrario. tus in lectulo. Aut si in laeva parte id accidat, Quando la sciliva muove la tosse, fia bene che sinistrae plantae pollicem dextra maou ad prehen altri aliti nella fronte. Se l ' uvola cade, ritorna, di. Item e diverso. Extremitates corporis vel quando un altro morde il coecuttolo del capo. aurium perstriogi contra horrores corporis, san Nel dolore del collo stropiccia la parte di dietro guinem ve narium immodicum. Lino vel papyro del ginocchio^ e nel dolore di qudla il collo. Se principia genitalium: femur medium, ad cohi nel letto i nervi de' piedi o delle gambe si disten benda uriuae profluvia. In stomachi solutione dono, metti i piedi in terra. E se ci interviene nella parte manca, piglia il dito grosso del pi pedes pressare, aut mauus iu ferventem aqaam dimittere. Jam et sermoni parci, moltia de causis manco con la man ritta. E s' egli avviene dalla salutareest. Triennio Maecenatem Melissum acce parte ritta, fa il contrario. Giova p iiticare le pimus silentium sibi imperavisse, a convulsione estremit del corpo o degli orecchi ne' capricci reddito sauguine. Nam eversos, scandentesque ac del corpo, e nel troppo flusso di sangue del naso: jacentes, si qoid ingruat, contraque ictus spiritum con lino o con papiro la prima parte d d membro cohibere singularis praesidii est : quod inventum genitale; e il m etto del femore a restrignere il esse animalis docaimus. Clavum ferream defige troppo flusso dell' orina : oella dissolutione dello re, in quo loco primum caput defixerit corruens stomaco premere i piedi, o mettere le mani in morbo comitiali, absolutorium ejus mali dicitur. acqua bollente. Il trattenersi di favellare ulile Contra renum, aut Iamborum, vesicaeque crucia per molle ragioni, lo ho inteso come Mecenate tus, in balinearum soliis pronos urinam reddere Melisso stette tre anni senza favellare, perch per mitigatorium habetur. Vulnera nodo Herculis convulsione avea vomitato sangue. E ottim o aiuto

6S5

HISTORIARUM MONDI MB. XXV11I.


a chi i precipitato, a chi sale, o a chi giace, se qualche cosa gli viene addosso, o coutra i colpi, ritenere l alito ; il che si truova eere stata in venzione d un animale. Dicesi che un chiovo fitto io quel luogo dve ficc prima il capo alcuno che sia caduto del mal caduco, singoiar rimedio a quel male. Mitiga mollo le doglie delle reni, de' lombi e della vescica, orinar bocconi nelle bu che de' bagni. Maraviglia a dire quanto sia pi presta la medicina, legando le ferite col nodo di Ercole. Dicesi ancora, che i cinti cotidiani eoa tal nodo hanno perticolar virt, perch fa Ercole quel ohe lo insegn. Scrisse ancora Demetrio un libro sulle utilit del numero quaternario, e per ch non si dovessero bere quattro bicchieri, n quattro sestarii. Per riparare alla cispa giova fre gare dietro agli orecchi, e la fronte per gli occhi lagrimosi. Quando l ' uomo ammalato buono augurio per esso che non morr di quella malat tia, finch le papille degli occhi rappresentano le immagini delle cose.
D s l l ' obiica .

praeligare, rairurn quantum o d o r medicina st. Aiqne eliam quotidiani cinctas tali nodo, viip qaamdam habere utilem dicantar : quippe q a a m Hercules eam prodiderit. N u m e r a la quoque qua ternarium Demetrias condito volumine, et qaare quaterni cyathi sextariive non essent potandi. Contra lippitadinem retro aares fricare prodeat, et lacrymosis oculis frontem. Augurium ex ho mine ipso est, uon timendi mortem in aegritu dine, quamdiu oculorum pupillae imaginem red dant.

D s u b ih a .

XY111. Magna et arinae non ratio solam, sed eliam religio apud auctores invenitar, digesta in genera. Spadonum quoque ad fecunditatis bene* fici*. Verum ex his quae referre faa sit, impu bi um puerorum contra saliva aspidum, quaf ptyadas vocant, quoniam venena in ocalos homi* num exspuant: contra oeniorum albogines, obicurilales, cicatrices, argema, palpebras, et cnm erri farina contra adustiones: contra auriom pnra, ermicoloaqae, si decoqaatar ad dimidias partes euro porro capitato novo fictili. Vaporatio quoque ea menses feminarum ciet.' Sal pe fovet illa oculos firmitatis causa : illinit sole usta, cum ' ii albumine, efficacias struthiocameli, binis horis. Hac et atram enti litnrae ablauntur. Virilis podagris m e detur, argomento fullonum, quos ideo tentali eo morbo negant. Veteri miscetor cinis ostreorum, adverso eropliooes io corpore infantium, et omnia ulcera manantia. Ea exesis, ambustis, sedis vitiis, rhagadiis et scorpionum ictibus tHinitar. Obstetricum nobilitas non alio ncco efficacius carati pronuntiavit corporum pronto* : nitro addito, ulcera capitam, porrigi nes, nomas, praecipue genitalium. Soa cuique autem (quod fas sit dixisse) maxime prodest, confeslira per se, canis morsui, echinorumque pinis inhaereotibas, et in spongia lanisve impo nis : aut adversos caois rabidi morsus, cinere ex < tobacto: contraque serpentium ictns. Nam a ootra scolopendra miram proditor, vertice laeto arinae suae gulta, liberari protinus laeso.

XV11I. Trovanti ancora negli autori molle cose dell* orina, secondo le specie di essa, e del concetto religioso in che si tiene. Quella degli uomini castrati apporta beneficio di fecondit. Ma per riferire quello ch' lecito, l'orina de'fan ciulli contra la saliva degli aspidi che si chia mano ptiadi, perch sputano il veleno negli occhi delle persone. Giova ancora agli occhi contra l'albugine, loscuriti, le margini, l'argem a e le palpebre; e con farina di robiglie contra i cociori. buona similmente conira la flemma degli orec chi e i vermini, cuocendosi finch torni per met een porro capitato in vaso nuovo di terra. Quest* vaporazione provoca ancora i mestrui. Con la salpe fomenta gli occhi, e li coda : quando ri scaldata dal sole se ne fa empiaatro con albume d ' uovo per due ore ; ma ha maggior virt, e sono nova di strazinolo. Con questa si levano altres gli sgorbii e le cancellature dello inchio stro. L 'o rina del maschio fa guarire le gotte ; e ci dimostrano i tintori e i purgatori, i qnali non hanno mai tal male. L 'o rin a vecchia mescolata con la cenere delle ostriche utile a ogni nascenza del corpo de' bambini, e a lotte le piaghe che gettano. Impiastrasi ancora a' luoghi rosi, alle cotture, a'difetli e crepature del sedere, e amorsi degli scorpioni. Le levatrici affermano ehe con niuno altro sago meglio guariscono i pizzicori del corpo ; e cos, aggiungendovi nitro, le stianze del capo, le forforaggini e le piaghe, massimamente del membro enita1e. Giova sopra tntto ( m i s i pcvm etla.ildirlo) a ciascano la sua, ba-

67

c. rumi sacram

688

gnando subito oon essa it morso del cane, e Be aptae de ricci fitte nelle carni, posta in ispugna, o in lana t ora tra il- morso del cane rabbiosi, e coatra i morsi delle serpi, giova con la cenere rimettala in essa. Dicono per maraviglia che il toccare il capo con una gocciola della propria orina singoiar rimedio contra il morso delle scolopendre.
A o g o b ia T i u n m i M
e x u b ih a .

v o o a ii

d i s a h i t t r a t t i d a l l * O B I5A .

XIX. Auguria valetudinis ex ea traduntur. Si XIX. Dallorina si pigliano augurii intorno mane candida, dein rufii ait : illo modo conco alla sanit. Se la mallina bianca, e dipoi ro*iiquere, hoc concoxisse significatur. Biala signa gna, quella significa essere nello sm altire, questa rubrae, pessima oigrae: mala ballantis, et crassae : avere smaltilo. cattivo segno s* essa rossa; pessimo s nera ; cattivo se fa sonagli ed grossa. in qua quod subsidit, si album est, significat Se, quando tale, fa posatura bianca, significa circa articulos, aut viscera dolorem imminere. Eadem viridis, morbum viscerum : pallida, bilis: dolore avvenire nelle giunture o nelle viscere. rubeos, sanguinis. Mala, et in qua velati furfures, Sella verde, prennnzia mal dinteriora ; se palli atque nubeculae appareot. Diluta qnoque alba da, di bile ; se rossigoa, di sangue. Cattiva ancora vitiosa est: mortifera vero crassa, gravi odore: quella, nella quale si veggono quasi forfore et in pueris tenuis ac diluta. Magi vetant ejus nuvolette. La bianca dilavata parimente cattiva. causa contra solem lunamqne nudari, aut umbram La grossa e di cattivo odore i mortale ; come nei cujosqoam ab ipsa respergi. Hesiodus joxta ob fanciulli la sottile e dilavata. I Magi perci non stantia reddi suadet, ne deum aliquem nudatio vogliono cbe aleano si scuopra per orinare contra offendat. Ostbanes cootra mala medicamenta il sole o la lana, n che si bagni con essa I* ombra omnia promisit auxiliari, matutinis horis suam di chicchessia. Esiodo ci coosiglia, che oriniamo cuique instillatam ia pedem. appresso a qualche ostacolo, acciocch nello sco prirei non offendiamo qualche dio. Ostane dice eh egli aiuto contra ogni cattiva medicatura, se la mattina la goccioliamo sui piedi. Ex
ID L 1U I , u p k u u

xu.

MeDICISB 4 l TBATTB DABLB DOIIB.

XX. 7. Le cose che si raccontano de'corpi XX. 7. Quae <x mulierum corporibus tra delle donne aocostano a miracoli e mostri, per duntur, ad porteotorum miraoula accedunt, ut tacere le sconciature nominate a parte a parte fra sileamus divisos membratim in scelera abortu^ mensium piacula, quaeque alia non obstetrices le scelleraoze, e i mestrui e l 'altre cose ancora, le qoali non solo le levatrici, ma le baldracche utes modo, verum etiam ipsae meretrices prodidere. se hanno insegnate. Ardendosi i loro capegli *i Capilli si crementur, odore serpentes fugari. Eo fanno fuggir le serpLCol medesimo odore si ripara dem odore valvae morbo strangulata respirare. Cinere eo quidem, si in testa sint cremati, vel alte soffocazioni della matrice. Con la cenere loro, se sono arsi io vaso di terra, o schiuma d1 argeoto, cum spama argenti, scabritias oculorum ac prurigines emendari : ilem verrucas, et infantium si guariscono le asprezze e i pizzicori degli occhi; ulcera cum meile. Capi lis quoque vulnera, et e col mele, i porri e le rotture de'fanciulli. Gua riscono ancora le ferite del capo, e le raccolte di omnium sinus, addito meile ac thure. Panos, po tutte le piaghe, afgiugneudovi mele e incenso. dagras, cum adipe suillo, sacrum ignem, sanguiCon grasso di porco guarisconsi le posteme lar nemque sisti illito, et formicationes corporum. ghe e piatte, le gotte e il fuoco sacro ; e subito si ferma il sangue e i forraicokunenli del corpo. Ex
U C T B MULIBB1S.

D a i.

l a ttb della dohna.

XXI. De lactis usu convenit, dulcissimum esse XXL II latte chiara -cosa eh' egli dolcis simo e tenerissimo ; assai utile nella lunga febbre, mollisaimuroque, et in longa febre, coeliacisque utilissimum, maxime ejus quae jam infantem re e a' debili di stomaco, e massimamente di quella

<9

HISTORIARUM MUNDI U B. XXVIII.

690

moverit. El in malacia stomachi, in febribus, rosiooibusque efficacissiimum experiuntur. Item mammarum collectionibus cum thure, oculo ab icta cruore sutfuso, et in dolore, aut epiphoris, si immulgeatur, plurimum prodest : magisque cum melle at narcissi succo, aut thuris pollina. Semperque in omni usu efficacia ejus, qaae marem enixa sil : multoque efficacissimum ejus,quae ge minos mares : et si vino ipsa cibisque acrioribus abstineat. Mixto praeterea ovorum candido li quore, madidaque lana frontibus impositum, fluxiooes oculorum snspendit. Nam si rana saliva sua oculum asperserit, praecipuum est remedium. Et contra morsura ejusdem bibitur, instiJIatarque. Eum qui simul matris filiaeque lacte ioaactns sit, liberari omoi oculorum metu in totam vitam adfirmanl. Anrium quoque vitiis medetur, admixlo modice oleo : aut si ab ictu doleant, anserino adi pe tepefactum. Si odor gravior sit, ut plerumque fit longis vitiis, diluto mella laoa includitur. E t -contra morbum regium iu oculis relictum, instil latur cum elaterio. Peculiariter valet potum con ira venena, quae data sunt e marino lepore, buprcstique, et, u t Aristoteles tradit, dorycnion ; et cootra insaniam, quae facta sit hyoscyami potu. Podagris quoque jubent illini cura cicuta. AJii cum oesypo e t adipe anserino : qualiter etiam vul varum doloribus imponitur. Alvum etiam aislit potam, ut Rabirius scribit, el meuses det. Ejus vero qoae feminam enixa sit, ad vitia tantum in facie sananda praevalet. Pulmonum quoque in commoda lacte mulieris sanantur: cui ai admisceator impubis pueri urina, vel mei Atticum, omnia singulorum cochlearium mensura, m ur mura qooque aurium ejici invenio. Ejus quae marem peperit lacte gustato, canes rabiosos fieri negant.

donna che abbia gi divezzato il bambino. Alle languidezze dello stomaco, nella febbre e nelle rosioni si truova che ha grandissima virt. Giova ancora assai con incenso alle raccolte di puzza nelle poppe, e all'occhio sparso di sangue per ragion di percossa, e a' suoi dolori e lagrimazioni, se vi si munge sopra ; e maggiormente col mele e sugo di narciso, o polvere d* incenso. Per in ogni bisogno ha sempre maggior virt il latta di quella donna che ha partorito maschio, e molto maggiormente di qnella che ha fatti due maschi a un portato, e s ' essa si ritiene da vino e da agrumi. In oltre mescolato con lo albume deUuovo, e con lana bagnata posto sulla fronta, ferme il gocciolare dagli occhi. Cos ottimo rimedio, se la botta avr schizzato negli occhi la sua tal liva. Beesi ancora, e iostillaai contra il morso della medesima. Colui eh' unlo con latte della madfe e della figliuola insieme, dicouo e h ' libero da ogni paura di mal d'occhi per tutto il tempp della sua vita. Guarisca ancora il mala dagli orec chi mescolandovi olio, ma poco j ovvero aa dol gono per percossa, intepidito con grasso d ' oc*. Sa T odora desse noia, come le pi volta avviene ne* mali luoghi, stemperato col mele chiude in lana. Stillasi oon sugo di cocomero selvatico al trabocco del fiale rima so negli occhi. Vale parti colarmente contra il veleno dato con lepre marina, o con bupreste, e, come dice Aristotele, oontra il dorienio, eh ' una specie di veleno ebe fa addor mentare j e nontra la pazzia, che proceda da aver bevuto giaaquiamo. Impiastrasi ancora con cicuta alle gotta. Altri io daono con la immondiiia ohe a1attacca alla lana dalle pecora, a grasso d ' oca, come anco si d pel dolore della raetrioe. Bevalo ferma il oorpo, come scrive Rabirio, e provoca i mestrui. U latte della donna che ha partorito femmina giova solo a' difetti che sono nel viso. Gl' incomodi del polmone similmente si guari scono oon latte di donna, col quale altres, mesco lato con orina di fanciullo senza barba, o male Ateniese, ciascuno alla misura d 'u n cucchiaio, truovo che si cavano i mormorii degli orecchi. Dicono che i cani, i quali hanno gustalo latta di donna che ba partorito maschio, non possono di ventare rabbiosi.
D alla
s g iu v a p k l l a d o r m a .

Ex

SALIVA MVLTO1S.

XXII. Moliaris quoque salivam jejunae poten tem dijndiaant oculis cruentatis. El si contra epi phoras, ferventes anguli oculorum subinde mafctiaat : efficacius, si cibo vfooqoe se pridie ea abstinuerit. Invenio et fascia mulieris alligato ra pite, dolorea minui.

XXU. Giudicano ancora la sciliva della donna digiuna utile agli occhi sanguino, a contra le lagrimazioni, se tu ne bagnerai i canti infiammati degli occhi : ma ha molto m agpor virt, aa il giorno innanzi ella non avr mangiato n beanto. 1 troovo ancora, ebe a legar! U capo con benda di femmina si scena il dolore.

C. PUN II SECONDI E s m nsiBtrs.


D a * m b stb o i.

XXIII. Oltra di queste, raecontausi cose fbor XXIII. Post haec nullus eil modui. Jam prid'ogni credenza. E prima,ehe se le donnestan no mom abigi grandine* turbinesque contra fulgura, de, quando hanno il mestruo, cacciano le gran ipsa in mense connudata, sic averti violentiam dini, i turbini, le saette, e ogni mal tempo ; e nel coeli: in navigando quidem tempestates etiam navigare, le tempeste, ancora senza mestruo. I sine menstruis. Ex ipsis vero mensibus, monstri mestrui stessi, siccome dicemmo nel sao luogo, ficis alias, uti suo loco indicavimus, dira et infan da vaticinantur : e quibus dixisse non pudeat, si producono effetti molto orrendi ; e fra le altre cose non vergogniamoci di dire, che se tal vio in defectu lunae solisve congruat vii illa, irreme lenza s'abbatte a incontrar nell' ecdissi della luna diabilem fieri : non segnius et in silente luna, coio del sole, nou ha rimedio alcuno : n p i mite tusque tum maribus exitiales esse atque pestife ros. Purpuram quoque ab his eo tempore pollui : essa nel tempo che la lana sta occulta ; anzi al tanto vim esse majorem. Quocumque autem alio lora il eoilo pestifero a* maschi. Dicono che io menstruo, si nudatae segetem ambiant, erucas, quel tempo esse macchiano anco le porpore inde* lebilmente ; tanto allora maggior la forza. la ac vermiculos, scarabaeosque, ac noxia alia deci qualunque altro m estruo, s elle vanno ignude dere. Metrodorus Scepsius in Cappadocia inven tum prodii, ob multitudinem cantharidum. Ire intorno alle biade, fanno cadere lutti i bruchi, vermicelli, scarafaggi, e ogni altro animale n oci ergo per media arva, retectis super clunes vesti vo. Metrodoro Scepsio dice che ci fu trovato in bus. Alibi servatur, ut nudis pedibus eant, capil lo dnctuque dissoluto. Cavendum ne id oriente Cappadocia per la gran mollitudine delle cante relle. Vanno esse adunque per mezzo le campa sole faciant: sementem enim arescere. Item no gne co' panni alzali sopra le natiche. Altrove si vellas vites ejus tactum in perpetuam laedi: ru bada eh* elle vadano a pi nudi e eoo disciolte la tam et ederas, res medicatissimas, illico mori. cintura e le chiome. Per s* ba d ' aver cura che Multa diximus- de bac violentia. Sed praeter illa non facciano ci nel levar del sole, perch &certum est, apes tactis alveariis fugere: lina, rebbono seccare la sementa. Le viti novelle toc qoam coquantur, nigrescere: aciem in cultris tonsorum hebetescere: aes contactum grave virus che dal mestruo restano sempre offese, e la ruta odoris accipere et aeruginem, magis si decre e P ellera, cose medicinalissime, subito maoiouo. Molte cote abbiamo lette di questa violenza. scente luna id aoeidat: equas, si sint gravidae, ta ctas abortura pati. Quin et aspectu omnino, Ma oltra quelle, certo che le pecchie, se oe quamvis procul visas, si purgatio illa post virgi fossero tocche le casse loro, si fuggono : i lini, nitatem prima sit, ant in virgine aetatis sponte. quando si cuocono, diventano nericci : il taglio Nam bitumen in Judaea nascens, sola hac vi su de* rasoi ingrossa : il rame tocco irruggioiace, perari filo vestis contactae, docuimus. Ne igne e piglia reo odore, massimamente se d avviene quidem vincitur, quo cuncta : cinisque etiam ille, a luna scema ; e le cavalle, se son gravide, tocche si quis aspergat lavandis vestibus, purpuras mu con esso si sconciano. Anzi ci avviene solo a ve tat, florem coloribus adim it, ne ipsis quidem derle, bench sieno vedute di lontano, se quella purgazione la prima dopo la virginit, o a' ella feminis malo suo inter se iramunibus. Abortam facit illitas, aut si omnino praegnans supergre volontaria nell'et virginale. Il bitume che na sce nella Giudea, con questa sola forza abbiamo diatur. Quae Lais et Elephantis inter se contraria dello che si pu superare, e basta un filo della prodidere de abortivis, carboue e radice brassicae, veste tocca da tal bruttura. Il mestruo oon la vel myrti, vel tamaricis in eo sanguine exstincto: scia la sua forza neppur per fuoco, che consuma item asinas non concipere tot annis, quot grana pur lutle l ' altre cose ; e quella cenere ancora, se hordei contacta ederint : quaeque alia nuncupa alcuuo la sparge uel lavare le vesti, mula le porpo vere monstrifica, aut inter ipsas pugnantia : quum re, e leva il fiore a'colori( e cos neppure le douoc haec fecunditatem fieri iisdem modis, quibus illa fra s sono libere di questo lor male. Impiastrato sterilitatem, praenuntiaret, melius est non cre le fa sconciare, o se pure la donna pregna solo dere. Bythus Dyrrachenos hebetata aspectu spe vi passa sopra. QueUe cose che fra s in opposi sola recipere nitorem tradit, iisdem aversa rursus zione scrissero Laide ed Elefanlide delle " tr contuentibus : omnemque vim talem resolvi, si mullum piscem seoum habeant. Multi vero ineste | lure, quando si estingue iu quel sangue un car etiam remedia lauto malo a junt: podagras illini: | bone della radice del cavolo, o della m ortine, o stratam el parotidas, panos, sacros ignes, farun- | della lamerigia ; e che le asine stanno tanti anni culos, epiphoras tractatu earum mulierum leniri. senza impregnare, quante granella d 'orzo tocche

63

HISTORIARUM MONO! LIB. XXVili.

694

L an e l Salpa canam rabiosorum morsus, et ter tiana* quartanasqee febres, menstruo in lana arietis nigri, argenteo brachiali iodato. Diotimus Thebanus, vel oronino vestit ita infectae p o r t i u n cula, ae vel lido, brachiali inserta. Sotira obste trix, tertianit qoartanisque eifieadtsimum dixit plantas aegri subterlini : multoque efficacius ab ip muliere, et ignoranti. Sie et comitiales exci tari. Iceltdas medicas qaartaoas coita finiri, iacipieatibos dam taxat menstruis, spopondit. Inter omnes vero couveoit, si aqaa potasque formide tur a morso canis, supposita tantam calyci lacinia tali, sutim metum eum discali : videlicet praevalente sympathia illa Graecor ara, qaam rabiem canam ejos sanguinis gustata indpere dixerimus. Cinere eo jumentorum omnium ulcera sanari cer tum est, addita caminorum farina et eera. Macu lat antem e veste eas, non nisi ejusdem urina ablai. Cinerem p erse rosaceo mixtum, femina rum praecipoe, capitis sedare dolores illitam firooti; asperrimamqac vim profluvii ejut ette primis annis virginitate toluta. Id quoque con venit, quo nihil equidem libentius crediderim, laciit omnino menslruo postibas, irritas fieri Ma gorum artes, generis vanissimi, ut aestimare licet. Ponara enim vel modestissimum e promissis eo ram : ex homioe si quidem resegmina angaium e pedibus manibusque cera permixta, ita ut di catur tertianae, vel quotidianae, vel quartanae febri re mediam qaaeri, ante solis ortura alienae janaae ad figi jubent, ad remedia io iis morbis : quanta vanitate, si falsum est? quantave noxia, si transferunt morbos ? lonocentiores ex his om nium digitorum resegmina auguiaro, ad cavernat formicarum abjici jabent, eamqae quae prima coeperit trahere, correptam subnecti collo, ita discoli m orbum.

da esto si truovano aver mangialo ; c altre cose mostruose che hanno detto, o contrarie tra s stesse, dicendo l una che in quei medesimi modi ti fa la fecondit, che l'altra dice farti la sterilit, meglio non crederle. Scrive Bito da Doraxxo, che gli specchi offuscati dalle donne col guardarli, riacquistano lo splendor loro, se le medesime di nuovo vi guardano dentro all oppositore che tal forza si toglie loro, se haono seco il pesce mullo. Molti dicono ancora, che tanto male, siccome il mestruo, buono a fare qualche medicina. Con esso s* ungono le gotte : le scrofe, le posteme dopo le orecchie, le posteme larghe e piatte, il faoco sacro, i fignoli, e le lagrime degli occhi si miti gano, se sieb tastate da tali donne. Laide e Salpe dicono che si guariscono i morsi del cane rab bioso e la febbre terzana e quartana inchiudendo in bracciale d 'argento il mestruo pogo in lana di monton nero. Diatimo l'ebano vuole che ci ti fiiccia con una pezzuola di panno maochiato di mestroo, o anche .solo con un liccio, messo nel bracdale. Sotira levatrice disse eh egli molla atile alla terzana e alla quartana, ugnendone le piante de'piedi all'amm alato; e che molto mag gior virt ba, se la donna stessa Fogne, eh'egli nou sappia. Cos anche si ridestano gli epiietld. Icelida medico afferma che la quartana finisce se l uomo s'impaccia con la donna quando il me struo comincia. Tutti per s ' accordano, che se per lo morso del cane arrabbiato alcuno teme di ber V acqua, poneudo sotto il vaso l ' orlo della vette tinta di mestruo, subito quella paura cessa, in forza di quella che i Greci dicono simpatia ; perocch noi abbiamo gi acceonato che i cani arrabbiano gustando tal sangue. N v' ha dubbio che eoo la cenere de' carboni estinti in esso si guariscono le piaghe di tutti i giumenti, aggiagnendovi polvere di cammino e cera ; e che le macchie delle vesti non si cacciano se non con l ' orina dalla donna medesima. Tale cenere me scolata con olio rosato, e impiastrata sulla fronte, mitiga il duol del capo, e massimamente delle donne. Grandissima forza ha questo fiosso nei primi acni dopo la virginit. A questo ta tti an cora a' accordano, e ci fadlmente mi si lasda credere, che solo a toccare le porte delle case col mestruo, si ripara a tutte le vanit de'Magi. O r eooter solo una delle pi modeste loro promesse. Vogliono che pigliate lemozxatore delle agne de' piedi e delle maoi, e mescolate con cera dicen do che si cerca rimedio alla febbre terzana, alla cotidiana e alla quartana, si affiggano innanzi che. si levi il sole alle porle d ' un altro per rime dio di questi mali. Or quanta vanit in questo, ,> egli falso ! o quanto nocumento, se si trasfe risce il male a chi nqn v' lia colpa ! I meno insani

6g5

. PUNII SECUNDI
tra e*si vogliono cbe le aaoiiature delle agne ai gettino ne' buchi delle formiche, e quella che prima eominoia tirarle, ii pigli e si leghi al 00U0, riputando che cos il mele se ne parta.

Ex rMSGftiMS artmalibos : db blbphaiito, viii.

D ag li

a n im a l i p o k b s t ib b i

d a ll* elbfaw tb,

8.

XXIV. 8. Haec sunt qua retulisse fai it, ac XXIV. 8. Queste sono di quelle cote che si pleraque ex iis Don niii honore dicto. Reliqaa in* potevano dire, di molte delle quali non s ' detto ohe il conto in coi sono tenute. L altre sono vitu (etltbilii et infeuda, nt festioel oratio ab horoine perose, e da non parlarne, tal che il mio discorso fugere. In celeris claritates animalium ant ope rifugge di pi ragionare dell'uomo. Nel Pah re cose rum sequemur. Elephanti sanguis praecipue ma ris, fluxiones omnes, quas rheumatismos vocant, seguiremo l eccellente degli animali, o d ell' ope re loro. Il angue dell* elefante, massimamente del sistit.Ramentiseboriscum meile Attico, ut ajunt, maschio, ferma tolti i flussi che si chiamano reu nubeculae in facie, scobe paronychia tolluntur. matismi. Coi petxolini dell'avorio e col mele Proboscidis tactu capitis dolor levatur, efficacius Ateniese, come dicono, si levano le nugole nel vi si etsternuat. Dextra pars proboscidis cum Lemnia rubrica adalligata, impetti* libidinum stimulat. so ; e con la segatura, i paterecci. Col toccar* della proboscide si leva il duol del eapo, e iaolte Sabiguia et syuteeticis prodest, jecurque comitia libus morbis. meglio se anche starnuta. La part ritta detta pro boscide legata con terra rossa di Leono stimola la lussuria. Il sangue giova a* sintetici, e il fegato al mal caduco.
' Lbohb, x.
D
a l l bo w b , i o

XXV. Leonis adipes cum rosaceo cutem in XXV. Il grasso del leone con olio rosato eonserva la pelle nel viso dalle magagne, e mantiene facie custodiunt a vitiis, candoremque servant. Sanant et adnsla nivibui, articulornroque tumo il candore. Risana anche le parli aduste p er tenevi, e gli enfiati delle giunture. La vanii* deMagi pro res. Magorum vanitas perunctis eo adipe, facilio rem gratiam apud populos regesve prom ittit : mette a chi ugoe di quel grasso piA faoil gratia appresso i re e popoli, e massimamente piglian praecipue tamen eo pingui, quod iit inter super cilia, ubi esse nullum potest. Similia dentis, ma dosi di quello eh' fra le ciglia, dove oon ne pad essere. Simili promesse fanno de' lenti, massita axime a dextra parte, villique e rostro inferiori, promissa sunt. Fel aqua addita, claritatem oculis mente della parte ritta, e de' velli della parte in inunctis facit : et cam adipe ejusdem, comitiales feriore del muso. Il fiele con un poco d ' aequa ri schiara la vista degli occhi che ne sono unti : e morbos discutit, levi gustu, et ut protinus, qui sumpsere, cursu id digerant. Cor in cibo sum col grasso del medesimo guarisce il mal caduco, ptam , quartanis medetur : adeps cum rosaceo gustandosene un poco, e facendo che subito quei quotidianis febribus. Perunctos eos bestiae fu che l'hanno preso, lo smaltiscano col oorrere. Il giunt. Resistere etiam insidiis videtur. cuore preso per c ib o guarisce la febbre quartana; e il grasso con l olio rosalo, la febbre continua. Le bestie fuggono quegli che sono unti d ' esso. Pare ancora ch'egli abbia virt conira i tradi menti e gl' inganni.
C am elo,
x.

D al c a m elo , io .

XXVI. Cameli cerebrum arefacturo, polum- XXVI. Dicono che il cervello del cam elo, que ex aceto, comitialibus morbis ajunt mederi i secco e bevuto con l'aceto, guarisce il mal cadu item fel cum mette potum : hoc et anginae. C*n- co ; e cos il fiele bevuto con mele. Queslo gua risce anche la squinanxia- La coda secca dissolve da arefacta solvi alvum : fimi einere drispari ca il corpo. Con la cenere dello sterco e con olio si pillum cnm oleo. E t dysentericis prodest illitas fanno i capegli crespi. La cenere impiastrala, e be cinis, potnsque quantum Iribus digrlis capiatur, vuta quanto se ne pu pigliare con tre dita, giova et comitialibus morbis. Urinam fuHonibus utilis simam esse tradunt : itemque ulceribu m Stianti1 al male de' pondi, e al mal caduco. Dicono che

9 ?

HISTORIARUM MONDI LIB. XXVIII.

69

boae B arbaros m servare qainqiM nio, e t heoi* ais p o ta ciere alvam. Seta* e cauda contorta*, e t sinistro brachio alligatas quartanis mederi.

P orina soa buonissima por li tintori, e per le piaghe ehe gocciolano. Certo i che i Barbari la serbaao cinque anni, e che bevuta a misura di an'emioa muove il oorpo. Le setole della coda ri torte, e legate al braccio n aaco, guariscono la qoartaoa.
D a l la ib v a , 7 9 .

H m iu ,

lx x ix .

XXV 11. Hyaenam Magi ex omnibus animali- XXVII. I Magi posero la iena fra tolti gli bus in maxima admiratione posuerunt, ut pote animali in gran riputazione, come quella, alla quale altribuiacono le arti magiche, e Io n a da ti cui e t ipsi magicas artes dederint, vimqoe, qua allietai ad se homines mente aEenatos. De per rare a s i gli nomini alienati della mente. Ch' a M muti ogni anno il sesso, g ii I* abbiamo detto di m utatione sexus annua vice diximus, ceteraque de monstrifica natura ejus: aunc persequemur sopra, come anche dicemmo le aftre cose della quaecnm que medicinis produntor. Praecipne mostruosa natura sua: ora seguite remo quella pantheris terrori esse traditor, ut ne con en tur che sono per le mediarne. Dicono eh* ette mettono grandissimo spavento alle pantere, di modo che quidem resistere : et aliquid e 00rio ejus haben queste ooo ardiscono pure d i tare loro oontrasto^ tem noo appeti. Miruraque dictu, si pelles utriusqnc contrariae suspendantur, decidere pilos pen- e non hanno ardire d* affrontar neppnr l ' uomo che abbia addosso alquanto del cuoio loro. Kd Iberae. Q uum fugiant venantem, declinare ad cosa maraviglia* a dire, che appiccandosi le pelli d ex tram , u t praetergressi hominis vesligia occu d' amendne qoesti animali, 1' ona Oontra 1 altra, pent. Q uod si successerit, alienari meate, ac vel ca g io n o i peli della pantera. Quaud*ete foggoex e q u o bomioem decidere. At si in laevam de oo il cacciatore, si volgono a man ritta, per occu torserit, deficientis argumentum esse, celeremqoe pare l ' orme dell' nomo h* passato innanzi. K capturam. Facilius autem capi, si cinctus suos se ci avviene, dicono oh* egli esce del cervello, veaalor, flagetlumque imperitans equo septenis alligaverit nodis. Mox, ut est solers ambagibus e che cade da cavallo. Ma se piega a man manca, segno eh' ella vien meno, e che tosto s ha da vaoitas Magorum, capi jubent Geminorum si prendere. Pi facilmente si prende, se il caccia g nu m transeunte luna, singulosque prope pilos servavi. Capitis dolori alligatam cutem prodesse, to rat spronando 1 cavallo, lego i suoi cinti e la sferza oon sette nodi. Dipoi, secondo che i Magi qame fuerit io capite ejos. Lippitudini lei illitum sono ani e pieni di menaogne, vogliono ch'ella frontibus : oot ne omotno lippiatur, daanotom sia presa quando la luna passa pei Gemini, e ebe cana anellis Allici eyathis tribas, et croci oncia si serbioo quasi lutti i pali. La pelle del saoeapo inanelum : sic et caligines discuti, et suffusiones. legala a quello dell' uomo giova al dooto del ca Claritatem cscilari melius inveteralo medicamen po. 11 fiele impiastralo sulla fronte giova alla ci to. Adservari aulem io Cypria pyxide.Eodem sa nari argenta, scabritias, excrescentia in oculis : spa ; e perch al tulio oon si faocia aspo, ne cessaria lo decozione di esso eoo tra bicchieri di iteap cwalrioes. Glaoeomata vero jocineris recen mele Ateniese, e con un' oncia di zafferano, im tis inassati sanie, cum despumato melle inuuetis. piastrala : cosi si levano aoehe le caligini e le ofDeoles ejos dentium doloribus tactu prodesse fusoaziooi. La vista si rischiara meglio con tal vel adalligatos ordine: ho merorum et laceriorum medicamento invecchiato. Conservasi in vaao di doloribus. Ejusdem destles, si de sinistra parte rame di Cipro. Con questo medesiaeo si guari rostri eruti sint, illigatos pecoris sn t capri pelle scono certi fiocchi biaocki negli occhi, le ruvi stomachi cruciatibus. Pulmones in cibo aomplos dezze, e le cose che crescono in essi ; non ehe coeliacis; Ventriculis, cinerem cum oleo illitum. le cicatrici. La marcia del fegato fresco arro Nervis, medullas e dorso cum leo vetere ac feUe. stito guarisce il mole d ' occhi, quando luoaor Febribus quartanis, jecur degustatnm ter ante cristallino diviene di color glaneo, facendovi un smessi noes. Podagris, pinaeciste rara cum liagua zione ool mele schiumato. I suoi denti giovano I et dextro pede vitali marini, addito Celle Lauri no, om nia paritor cuoia.atque illita hyaenae pelle. duolo de' denti, solo ebe si toccbioo, o anche se si legano per ordine ; e cosi le spalle di essa al In eodean aaorbo prodesse et Tei cam lapide assi*. Tremulis, spasticis, exsilientibus, et quibus cor dolore deUe spalle e delle braccia, i denti della mascella manca, legati ia pelle di pecora o diapalpitet, aliqw d ex corde coolom mandendum, pra, giovano alla doglia dello otomaoo. Il polmo ita m reliquae partis einas cum cerebro byaenae ttliaator. Piloa etiam auferri hac compositione ii- ne imangiato giova a* deboti di stomaoo, e la ce-

C. PLINII SECONDI
lita , a tp w m (elle, eruitis pria* qaos renasci | oon libeat. Sio et palpebri* ioutiles tolli. Luno- j boram doloribus carnet lutabis edendas, illinendasque cum oleo . Sterilitatem mulierum emendari, oculo cam { ly c jrrb iu et aoelho am pio in cibo, promitto intra triduom conceptu. Contra nocturnos pavores umbrarumque terro rem, uous e magnis dentibus lino alligatos suc currere narratur. Furenlet suffiri eodem et cir cumligari ante pectus, cum adipe renium, aut jocinere, aut pelle praecipiant. Mulieri candida a pectore hyaenae caro, et pili septem, et geni tale cervi, si illigentur dorcadis pelle, collo suspenta, continere partus prom itluutur. Veoerem stimulare genftalia ad sexus suos in raelle sumetiamsi viri malierom coitus oderint. Qoin immo totius domus concordiam, eodem genitali el articulo apinae cara ad haereo te corio adservaJi constare: hanc apinae articulum, sivenodnra, allantion vocant : e*t autem primas. In comitia lium quoque remediis habent eOm. Adipe accen0 serpentes fugari dicanl. Maxilla comminata in aneso, et in cibo aumpta, horrores sedari. Eodem affila mulierum menses evocari. Tantumqe est vanitatis, ufrsi ad brachium alligetur superioris ostri dextrae partis -deos, jaculaotioro ictas deerraturos oegent. Palalo ejusdem arefacto, et cum alumine Aegyptio calfacto, ac ler in ore per mutato, foetores et ulcera oris emendari. Eos ve ro qui linguam in calceamento sub pede babeant, non latrari a canibus. Sinistra parte erebri nari bus illita, morbos perniciosos mitigari, sive ho ra ixiam, si ve quadrupedum. Frooti corium fasci nationibus resistere. Cervicis carnes, sive man dantur, sive bibantur, arefactae, lumbornm do loribus. Nervis a dorso armisque, sufliendos ner vorum dolores. Pilos rostri admotos mulierum labris amatoriam esse. Jecar iu potu datum, tor minibus et calculis mederi. Jam cor in cibo potuve samptam, omnibus doloribus corporum au xiliari : lienem lienibus: omentum, ulcerum in flammationibus cum oleo : medullas, doloribus *pinae et nervorom lassitudioi. Renium oervos potos in vino cum tbnre, fecunditatem restituere demptam veneficio. Vulvam cam mali punici dulcis cortice io pota datam prodesse tnaliernm valvae. Adipe e lumbi* suffiri difficulter parten te*, et *tatim parer. E dorso medullam adalli gatam contra vanas *pecies opitulari. Spasticis, genitale e maribus suffitu. Item lippientibus, ruptis, et contra inflammationes : servatos pedes, tactu: laeves dextris partibus, dextros laevis. Sinistrum pedem saperlatum parturienti, lethalem esae ; dextro illato facile eniti. Membranam quae fel continuerit, cardiaci* potam in vino, vel in cibo samptam, soccorrere : vescicam in vino nere impiastrala con olio, al ventricolo. La m i dolla del dotto oon olio vecchio e fiele giova ai nervi. Alla febbre quartana utile il fegato, g u standooe tre volte ionanzi eh* essa rimetta. Alle gotte giova la cenere della schiena con la lingua e col pi ritto del vecchio marino, aggiuntovi fiele di toro : tutte queste cose si cuocono insie me, e impiastranti in pelle di iena. Al m ede d o male giova il fiele con la pietra astia. A chi triemano le membra, agli spastici, a chi balza im provviso e a chi il cuor batte ai d mangiare una parte del cuore : del retto si fa cenere, e con essa e col cervello della iena si fa empiastro. Con que sta compositione si levano i peli, ungendoli di essa, o anche solamente col fiele per s, svegliendo innanzi tulli qae' che si vuole non rinascano; e cos si levano dalle palpebre qaegii cbe sooo inalili. Al dolore de' lombi utile mangiare la carne de* suoi lombi, e impiastrarla eon olio. L*occhio suo mangiato con la regolizia e con lo aneto leva in .modo la sterilit delle donne, che in tre giorni ingravidano. Uoo de* suoi denti maggiori legato io pezza di lino e portalo addos so, lava la paure notturne e dell* ombre. Con questo medesimo vogliono che si faccia profumo a1 furiosi, e che si fasci innanzi al petto col grasso delle reni, o col fegato, o con la pelle. Se io pelle di dorcade appiccherai al collo alla donna la carne candida del petto della ien a, e sette peli, e il membro genitale del cerva, asterr il parto. Di cono che il membro genitale preso nel mele, se condo i essi suoi, stimola la lussuria, aneora che gli uomini avessero a noia il coito con le donne. Di pi, dicooo che tatta la casa sta io concordia, se vi si conserva il medesimo membro genitale e la giuntura della spina con la lor pelle attaccala; la quale giuntura, o nodo, chiamasi atlanzio, ed la prima vertebra sopra il dorso. Usasi ancora al mal caduco. Dicono che ardendone il grasso ti fanno fuggire le serpi. Pestando una parte delle mascelle eoo anici, e mangiandosi, si mitigano gli orrori. Col medesimo profumo si provocano i mestrai. Ed tanta la vanit de Magi, eh* etri dicono, cbe legandosi al braccio il dente del lato diritto del maso, tutti i colpi di qaei che laudano vanno a dare nel segno. 11 suo palato secco, ri scaldalo con allume di Egitto, e messo tre volte in bocca guarisce l alito puzzolente e le ( M a g h e della bocca. Dicono che a quegli che portano nella scarpa aolto il piede la lingua della iena i cani non abbaiano. La parte manca d d ano cer vello impiastrata al naso, dicono che mitiga i ali pericolosi o degli nomini, o d dle bestie ; e ohe la pelle della fronte utile oontro le fascinazioni. Le carni del collo, mangiandosi o beando* giovano secche a* dolori de* lombi. Giovano ai

yoi

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXVIII.

io*

potem., o m in i orMBcontinDtiuii. Quae au tem in veaic inventa ait urina, additis oleo ae M ano, e i atelle, hamtara prodesse aegrimoniae veteri. Costarum primam el octavam soffitti raptis salutarem esse : ex spina vero partaci en tibos os sa : sanguinem eam polenta sumptam toeunnibus. Eodem taclis postibusrubicamqoe Mago rasa infe* stari artes, uon elici deos, nec colloqui, sive lacer* is , sive pelvi, sive aqna, sive pila, sive qoo alio genere tentenlar. Carnes si edantur, contra canis rabidi morsos -efficaces esse : eliambum jecur effieseiaa.Garnes vel ossa homiois, si qoae in ventricu lo occisae inveniantur : soffitu podagricis auxiliari. Si nngnes inveniantur in his, mortem alicujos capientium significari. Excrementa sive ossa red dita, quam interim itur, contra magicas insidias pollere. Fim um , quod in intestinis ioventuro sit, arefactam, ad dysenlerieos valere potum : illi* tnmque cum adipe anserino opitulari toto cor pore laesis malo medieamento : a cane vero mor sis adipem illitum , et coriam substratam. Rursus tali sinistri cinere decocto cum sanguine muste lae perunctos omoibns odio venire : idem fieri oculo decocto. Saper omnia esi, quod extremam fistulam intestini contra ducum, ac potestatum ioiquitatcs commonstrant, et ad successus peti tionum , judicio rum que ae lilium eventus, si omnino tantum aliquis secum habeat. Ejusdem caverna sinistro lacerto alligata si quis mulierem respictat, amatorium esse tam praesens, u t silico sequatur. Ejusdem loci pilorum cinerem ex oleo illitum viris, qui sint probrosae mollitiei, seve ras, n o n modo pudicos mores induere.

nervi quelle del dosso e degli omeri, e il profumo d'esse al dolore de'nervi. I peli del muso, acco stati alle labbra delle dooue, banno virt di farle amare altrui. Il fegato bevuto medica i tormini e il male di pietra. Il cuor mangiato, o bevuto, giova a tutti i dolori de'corpi, e la milza alle milze ; e lo strigolo delle budelle cou olio alle infiammagiooi delle rotture. Le midolle giovano a' dolori della schiena, e alla slraccheua de' ner vi. Beendo i nervi delle reni nel vino con l ' in censo si ricovera la sanit, che fosse stata levala con incanti e con malie. La matrice date a bere con corteccia di melagrane dolci giova alla ma trice delle donne. Profumare col grasso de' lombi donna che non possa partorire, fa che subito par torisca. Portare addosso la midolla della schiena vale contra le vane immaginazioni. Giova agli spastici far loro profumo col membro genitale del maschio. 1 piedi loro giovauo a chi cispo, a' rotti, alle infiamroagioui, toccando col pi ritto le parti manche, e col manco le riite. 11 pi man co posto sopra la donna che portorisce, cosa mortale ; ma il pi ritto agevola il parlo. La membrana, dove sU il fiele, bevuta in vino, o mangiata, giova a chi ha doglia di cuore. La ve scica bevuta in vino giova a chi non pu ritenere l ' orina. L orina che si truova nella vescica, me scolandovi olio, sesamo e mele, e beeudola, giova alla acrimouia vecchia. 11 profumo della prima e dell' ottava costola ulile a1 rotti ; e le ossa della schiena giovano a chi partorisce ; e il sangue pre so con polenta, a'tormini. Toccando eoo questo gli usci, sono infeste da per tulio le arti de' Magi : non vengono gli dei chiamali, n rispondono a chi gli chiama, bench si teolino con catini, con acqua, con palla, o in qual si voglia altro modo. 11 mangiare delle sue carni giova mollo al morso del c a n e arrabbiato ; ma mollo pi il fegato. Se nel suo corpo si truovano o caroi, od ossa d'uomo, son utili a far profumo alle gotte. Se vi si truovano unghie, significano la morte d'alcuno di quegli che l ' hanno presa. Lo sterco, o 1*ossa che getta men tre eh' uccisa, hanno virt contra l ' arte magica. Lo sterco che si traova nelle budella, secco e be vuto giova al male d e'p o n d i; e facendone em piastro con grasso d ' oca, aiuta chi stato offeso da cattiva medicina. Il grasso impiastralo giova a chi morso dal cane, e il cuoio messovi sotto. Se si cuoce la cenere del tallone manco col sangue di donnola, quegli che ne sono unii, vengono in odio a tutle le persone. Il medesimo effetto fa 1 oocbio cotto. Per il pi importante dicono es * ser qoesto, che chi porta addosso la estrema par te del bodello, sicaro dalle iniquit de' principi e de' magistrali, e ha felice successo delle doman de, e de* giudicii, e delle liti, solamente con lo

yo*

G. P LIHtl SECONDI

averpe aeco** lalilM . Lu a n mwmmm legala al braccio maneo dioooo ebe ha lauta fo n a aUe cast d1la m ^ abe ae a la n o risguarda p a r solo ma douna, subito iaaguito da casa. Lo cenere de* peli dal aaedesimo lawgo, im piatra la a w aHs agli t o n a i troppo Inaaariaii, a o a n U a m te gli h coati, n o malte in Uro coalumi severi.
COOCOMLO, XXI. CbOCODILSA, u . XX Vili. Proxime fabulosus est croco tlilut, ingens qaoqae ille, coi viti in aqua terraque communi*. Duo enim genera eorum : iIKus e dex tra maxtRa dentes adalligati dextro lacerto, coi ta*, si credimns, stimulant. Canini ejus dentes febres statas arcent thure repleti, sunt enim cavi, ita ne diebns quinque ab aegro cernalur qui adalligaverit. Idem pollere et ventre exemptos lapillos, adversas febriam horrores venientes tra dunt. Kadero de canta Aegyptii pferungunt et adipe aegros suos. D ai. caooeMLo, a i . D j h a o i o o d o i a ,
> i.

Alter illi similis, multam infra magnitudine, ht terra lanium, odoratissimisqoe floribas vivit. Ob id intestina ejus diligenter exquiruntur jucando nidore referta. Crocodileam vocant, oculofom vitiis atilissimam, cum porri succo inunctis, et contra soffasiones vel caligines. Illita qooque ex oleo cyprino, molestias in facie enascentes tollit : ex aqaa vero morbos omnes, quorum na tura serpit m facie, nitoremque reddit. Lentigi nes tollit ac varos, maciilasqne omnes. Et contra comitiales morbos bibitor ex aceto mulso binis obolis. Adposila menses ciet. Optima, qnae can didissima, et friabilis, miuimeqoe ponderosa: quum teratur, inter digitos fermentescens. Lava tur, ut cerussa. Adulterant am jlo, aul cimolia, sed maxime qui captos oryza tantum pascunt. Felle inunctis oculis ex melle contra snffusiones, nihil utilius praedicant Intestinis et reliqao cor pore ejus suffiri vulva laborantes salutare tra dant. Item velleribus circumdari vapore ejusdem infectis. Corii ntriusque cinis ex aceto illitos his partibus, quas secar i opus sit, ut nidor cremati, tensura omnem scalpelli aufert. Sanguis ulriusque claritatem visus inunctis donat, et cicatrices ocu lorum emendat. Corpus ipsum excepto oapile pedibosque, elixam manditur ischiadicis, lusainque veterem sanat, praecipue in pueris: flem lumborum dolores. Habeat et adipem, quo taatus pUus defluit. Hic perunctos, crocodilis tuetor, instillatarqne morsibus. Cor adnexum in lana ovis nigrae, cui buHus alius oolor incursaverit, et

prine parto genitae, qoartaM abigere dkitur.

XXV 111. Dopo qoealo ai tiene per hwokm il crocodilo, quel s grande aninale, ckt vin laoto in terra, quanto in acqua. Sono didueae*ti : i denti della mascella della prima speciei le gati al braccio ritto, se ci pare coca da credere, stimolano la lussuria. 1 denti sooi coniai ri pieoi d'incenso, perocch e'so n cavi, levano la leb bre periodica ; ma bisogna che quegli che li appicc stia cinque giorni ehe lo ammalato aoi vegga. Dicono che valgono ancora contro > ri bro li delle febbri, quando vengono, le pietroline ca vale del venire. P e r queata cagione gli Egiaiaai ungono gli ammalati loro con quel grasso. Laltra specie di erooodilo simile a questa ma molto minore : vive solo in terra, e di odo ratissimi fiori. Epper son molto ricercate le fal della sue, per essere piene di soave odore. Fassene un medicarne chiamato croeodilea, utilissimo ai mali degli occhi, se si ungano col sugo del porro, e co n tra gli umori soorsi intorno agli occhi, e ai bagliori. Mescolala con olio ciprino, leva le Mo lestie che nascono nel viso ; e con l aoqua leva tutti i mali della faeda, la cui nalura impigliare di tempo in tempo; e rischiara la pelle. Caccia le leutiggini, il vaiuolo, e ogni macchia. Beeiene due oboli con aceto melalo conira il mal cadoco. Posta sul luogo provoca i mesi delle donne. Ot tima la pi bianca, e alla a risolversi, e poco pe sante, e che quaudo si stropiccia fermenta tra le dila. Lavasi come la biacca. Falsificasi con amido e con dmolia, e massimamente quella de' croco dili che preti vivono solamente di riso. Dicono che nessuna cosa pi utile a nguere gli occhi con Ira le suffusioni, e gli umori scorsivi, che il fiele di questi animali con mele. Dicono ancora, eh' ottimo rimedio far profumo degl' intestini e del resto del corpo alle donne che patiscono male di matrice; o in vii oppa rie io lane che ab biano ricevuto il sno vapore. Se si fa empiastro con l ' aceto e con la cenere del cuoio d ell' uno e dell* altro a quelle parti che bisogna tagliare, o se i fa lor giungere l'odore del cuoio arso, l'uomo ne perde il entimento di maniera, che n o n scote il taglio. Il sangue dell' uno e l ' altro crocodilo rischiara la vista a quegli che se ne ungono, e leva le margini degli occhi. Esso corpo, fuorch

7*

HISTORIARUM JfUMH UB. XXV11I.

7*

il capo i piedi, ti d mangiar letto agli tciatichl, e guarisce la lotte vecchia, massimamente ne' fan ciulli ; e i dolori lombi. Hanno pur il loro gratto, il qoale loocando i capeHi, gli fa cadere. Chi ugne con etto oon pu estere offeso dai crooodilij e inslillasl a morti. Il cuor suo legato in lane di pecora nera, che non abbia altro colore, e nata nel primo parto, ti dice cha caccia la febbre quartana.

CgANAKMMB, xv.

D u c iiB u o m , i 5.

XXIX. Jungemfcs illit aatlliina et peregriXXIX. Aggiagueremo a questi rimili altri n a aoque ammalia : priusque eharoaeleonetn, pc> animali stranieri, e prima il camaleone, il quale da Democrito fu riputato degno d 'un particolare aalari t t l iae dignam existimatam Demoeri. lo, ac per tingala membra dittectum, non tine volume, e descritto parlitaraente membro per membro, con noo piccolo nostro diletto di cono magna voluptate nostra, cognilit prodiiitque mendaciis graecoe vanitalit. Similis et magni la* scere e far chiare le menzogne de* Greci. della dine est sopra dicto crocodilo, spinae tantam acu grandezza del prefato crocodilo, differente solo per tiore curvatura, et caudae amplitudine dislana. pi acuta curvatura della spina, e per la larghezza Nullum animai pavidias existimatur, et ideo ver* della coda. Tieosi che non vi sia pi pauroso ani* colori* esse mutationis. Vis ejus maxima contra male di questo, e eh' egli perci ai muti in varii accipitrum genus. Detrahere enim supervolantem colori. Ha grandistima forza contra gli tparvieri, ad ae traditur, et voluntariam praebere laceran perch ti dice che tira gi quello che vola sopra dam ceteris animalibus. Capot ejot et guttur si di lui, e volontariamente ti latcia tbranare dagli roboreis lignis aooendaatur, imbrium et toni* altri animali. 11 capo tuo e la gola abbruciati con traum concursus facere, Democritus narrat : item legne di rovero, fanno raunare piogge e tuoni, jecor in teguli* uttum. Reliqua ad vene6ota per come dice Democrito : ci fa ancora il fegato arso sopra i tegoli. Lallre cose ch'egli riferisce appar tinentia quae dicit, quamquam falsa existimantes, tenenti a malie, quantunque noi le stimiamo falte, omittemus, praeterquam ubi irrisu coarguendum. In lasceremo fuori, salvo allorquando le tocche D extro oculo, *i viventi eruatur, albugines ocu remo par darglieue la beffa. Ei dice che l'occhio lorum cum lacte caprino lolii: lingua adalligata, ritto di questo animale, oavatogli mentre vive, pericula puerperii. Eumdem salutaram este par turientibus, si sil domi : si vero iuferalur, perni leva via le albugini con latte di capra ; e ohe la lingua legata leva i pericoli del partorire. Il me ciosissimum. Linguam, si viventi adempta sit, ad desimo, essendo in casa, ulile alle donne ohe judiotorum eventus pollete. Cor adversus quar hanoo a partorire ) ma se vi fosse portato, dan tanas illigatum nigra lana primae lonsurae. Pe nosissimo. La lingua, essendogli cavala quando dem e prioribus dextrum, hyaenae pelle adalliga egli vivo, fa aver buon successo alle Uti. Il cuore tum sinistro brachio, contra latrocinia terroreslegato in lana nera di prima tonsura giova contra que noclarnot pollere. Item dextram mamillam la febbre quartana. Il pi ritto de' primi, legato contra formidines, pavoresque. Sinistram vero in pelle d ' iena al braccio manco, vale oontra i la pedem torreri in furno cum herba, qoae eque dronecci e gli spaventi notturni ; e similmente la chamaeleon voetar, additoque unguento in pa poppa ritta contra le paure. Dice inoltre, cbe ar stillos digeri : eos in ligneum vas oonditoa, prae dendosi il pi manco uel forno con 1 erba ebe si * stare, ai credimus, ue cernatur oh aliis qui habeat Armum dektrum ad vincendos adversarios vel chiama auch' ella cam eleo ne, e aggiungendosi un hostes valere} utique ai abjectos ejusdem oervbs gueale, se ne fan paslegli, i quali riposti in vaso di legoo, fanno che colui cbe gli ha, ae ci voglia calcaverit. Sinistrum humerum quibus monstris consecret, qualiter somnia quae velit, et quibus mo credere, non veduto dagli altri. La apalla rit ta ha virt di far vincere gli avverta ri, o niraiei, te velit, m ittantur, pudet referre. Omnia qa dextro pede reaolvi i sicut sinistro latere lethargos, qaot alcuno avendo gettati via i nervi d esto, gli cal pester. lo veramente mi vergogno a dire di ehe fecerit dextrum . Capitis dolores, insperso vino, mostrosit ei faocia capace la apalla manca, e come in qud latus alterutrum maceratum sit, sanari. Feminis sinistri, vel pedis cineri si misceatur lac per virt d ' essa ti mandino i sogni che tu vuoi, e a chi tu vuoi ; i quali tutti ai risolvono pei col suilluuh podagrice* fieri illiti* pedibus. Felle pi ritto. S im ln en le il fianco sinistro ha virt di glaucoma ta at offusiones corrigi prope eredi tur,

G. PUNII SBC0ND1
tridui inuuclione : serpentes fagari igoibut instil lato : mustelas contrahi in aquam conjecto: cor pore vero illito delrahi pilos. Idem praestare n arrant jecur, cum ranae rubetae pulmone illi tum. Praeterea jocinere amatoria dissolvi. Melan cholicos autem sfcuari, si ex eorio chamaeleonis herbae succus bibatur. Intestina et fsrlum eorum, quum id animal nullo cibo vivat, cum simiarum urina illita inimicorum januae, odium omnium hominum his conciliare. Cauda flumina et aqua rum impetus sisti, serpentes soporari. Eadem me dicata cedro et myrrha, illigataque gemino ramo palmae, percussam aquam discuti, ut quae intus sint omnia appareant : utinamque eo ramo con tactus esset Democritus, quoniam ita loquacitates immodicas promisit inhiberi. Palamque est, virum alias sagacein et vitae utilissimum, nimio juvandi mortales studio prolapsum.

708

destare i letarghi cagionati dal fianoo destro. Le vasi alle donne il duol del capo, bagoadolo ool vino, dove sia stato in macero ano de' suoi lati. La cenere della coscia o del p ii manco, a si me scoli con latte di porca, e pongasi a' piedi, fa va nire le gotte. 11 suo fiele leva il mal d* occhio, che cola umore risolutivo, e le suffusioni, ognendo tre d -.stillatosul fnoco fa fuggire le serpi: geltato nell'acqua fa rannicchiare le donnole; e un gendone il corpo, ne fa cadere i peli. Il medesimo effetto fa il fegato unto col polmone della botta. Col fegato ancora si dissolvono le malie amorose. Guariscono i maoinconici beendo della boccia dell erba cameleone, la quale abbia sago. Gl* in testini e lo sterco ao, bench questo animala non maugi cosa alcuna, ugnendo d1essi eoo orina di scimie le porte del nemioo, placa I' odio d* ogni pi crudele. Con la coda si fermano i fiumi e la furia dell* acque, e le serpi s* addormentano. Con la coda ancora, medicata oon cedro e mirra, e legata a doppio ramo di palma, se percolerai l'acqua, l ' apre in modo, che ai vede ci ehe v* dentro; e volessedio che con quel ramo ancora fot ae stato tocco Democrito, poichVdisse ch'egli avea virt di fare star cheti coloro, che cicalano trop po. N c' dubbio aloono, che questo uomo nelI* altre cose sagace e utilissimo Ila vita nauti, per troppa voglia di giovare al mondo* troppo trascorse.
D a l lo s c i i c o , 4 .

Sciaoo,

IV.

XXX. Ex eadem similitudine est scincus, quem quidam terrestrem crocodilnm esse dixe rant, candidiore autem, et tenuiore cute. Praeci pua tamen differentia dignoscitur a crocodilo, squamarum serie a cauda ad caput versa. Maxi mus Indicus, deinde Arabicus. Adferuntur salsi. Rostrum ejus et pedes in vino albo poti, cupidi tates Veneris accendunt : utique curo salyrio et erucae semine, singulis drachmis omnium, ac piperis duabus admixtis, ita u t pastilli singularum drachmarum bibantur: per se laterom carnes oboli binis cum myrrha et pipere pari modo potae, efficaciores ad idem creduntur. Prodest el contra sagittaram venena, ut Apelles tradit, ante posteaque sumptus. In antidota quoque nobilia additur. Sextius plus quam drachmae pondere in vini hemina potom , perniciem adferre tradit. Praeterea ejusdem decocti jus cum melle samp4um, Venerem inhibere.
H ip p o p o v a b o ^
v ii.

XXX. Simile a questo lo scinco, il quale al cuni dioono esser crocodilo terrestre, ma cheha la pelle pi bianca e pi sottile. Pnr si distingue apertamente dal crocodilo acquatico, perch*egli ha volto l ' ordine delle scaglie al contrario, dalla coda al capo. 1 maggiori sono in India, dipoi io Arabia. Sono portati a Roma insalali. Il muso saa e i piedi bevuti in vin bianco accendono la lus suria, meacolandovi salirio e seme di ruchetta, di ciascano ana dramma, e due di ppe. La presa un pastello d* ona dramma. Credasi che la carne de' fianchi, pigliandone due oboli con mirra e pepe, e beeodola nel medesimo modo, abbia in ci maggior fo na. Giova, pigliandolo innanzi e poi, a chi percosso da saetta avvelenala, aecoodo che scrive Apelle. Meltesi ancora negli antidoti nobili. Scrive Sestio, che beendone in un* emina di vino pi che una dramma, dannoso. La de cozione tua presa col mele raffrena la laaauria.
D a ll* i r p o ro ta v o , 7.

XXXI. Est crocodilo cognatio quaedam amnis ejusdem, geminique victus, cam hippopotamo,

XXXI. Ha una eerta attinenza col croeodilo, per lo nascer nel medesimo fiume, od essere ani*

79

HIST0B1ARUM MUNDI LIB. XXV111.

7 ie

repertore detrahendi sanguinis, u t diximur. Plu rimi a a lem saper Seiticam praefeeturam. Hojas corii cinis cam aqoa illitae, paaoe sanai : adeps frigidat febres: item fimam soffila. Dentes e parte beva dolores dentina), scarificatis gingivis. Pellis ejose sinistra parte frontis in inguina adalligata, Venerem inhibet. Ejadem einis alopecias explet. Testiculi drachma ex aqaa contra serpentes bibi tur. Sangoine pictores utuntur.

male d1 acqoa e di terra, lo ippopotamo, il qoale, corae dicemmo di sopra, trov il cavare il sanguer Sono molti di questi animali nel paese Saitieo. La cenere del cuoio dell ippopotamo impiastrata con acqua guarisce le pannocchie. Il grasso gaa ritee le febbri fredde, e cosi fa il profamo del saa sterco. 1 denti della parte manca mitigano il do lor de* denti, scalzaodo le gengive. La pelle della parte manca della fronte legata alle membra ge nitali raffredda la lussuria. La cenere saa rimetta la pelarella. Beesi una dramma del sao testicolo eoa aoqaa conira le serpi. 1 pittori osano il sao sangue. Da
l d f o c e e v ib b o ,

L y n ce, v.

5.

XXXII. Peregrinae sunt et lynces, qnse cia nume omnium quadra pedum cernunt. (Jngues e*rum omnes cum corio exuri efficacissime in Carpatilo insala tradunt. Hoc etnere poto propu dia virornm : ejosdem adspersa, feminarum libidioes inhiberi : item pruritus corporum : orina, stillicidia vesicae, ltaqae eam prolinut terra pedibos adgesta o b raere traditur. Eadem aotem et jugatorum dolori monstrator in remedio. Hacte>oi de externis.

XXXII. 1 lapi cervieri sono animali stranieri, i quali hanno acutissima vista. Dicono che nell* isola di Carpato ardono con gran profitto tatte le loro unghie col eaoso. La oeoere di qaeste beeodosi raffrena il membro genitale de1 maschi, e spargendola raffrena la lassoria delle d onne; e similmente i pizzicori del corpo. L 'orina impe disce la sgocciolatura della vescica. Perci dicono che questo aoimale ricoopre sabito la saa eoa la terra. Giova ancora al dolore delle faaci. Ma questo basti degli animali stranieri.
M k DICIHS CONDRI TBATTB DAGLI ANIMALI SALVATICHI, O d a ' DOMESTICI DELLA STESSA SPECIE. DEL LATTE, OSSEE VAZIOSI, 54>

MeDICMAS COMMOSES BX ASINALIBUS F E B IS , AOT EIUSDEM GKBEBIS VLACIU1S. LACTIS OSVS, BT OBSBBTATIoms, LIV.

Uso

XXXIII. 9. Nunc revertemur ad nostrum or bem: primomtjue communia animalium remedia ilque eximia dioemas : siculi de laciis usu. Uti lissimum cuique maternam. Concipere nutrices exitiosam est : hi saa t eaim infantes, qai colodfati appellantor, densato lacte in casei speciem. Est satem colostra, prima a parta spongiosa den sitas lactis. Maxime aalem alit quodeumque hu manum, mox caprinum : node fortassis fabalae Jovem ita nutritam dixere. Dulcissimum ab homi nis camelioum, efficacissimum ex asinis. Magnotvni animalium et corporum facilius redditur. Stomacho accommodatissimum caprioum, quooiaia froade magis, qoam herba vescantur. Bu bulam medicatius. Ovillum dulcius et magis alit, stomacho minas utile, quoniam est pinguias. Onne autem vernum aquatius aestivo, et de novellis: probatissimam vero, qaod in ungue haeret, aee defluii. Innocentias decoctam, praecipue cam calculis mariois. Alvos maxime solvitar babaio. Mqos satem inflat quodcaspque decoctum.

XXXIII. 9 Ritorneremo ora a noi, e prima tratteremo delle comuni e nel tempo stesso eccel lenti medicine che si traggono dagli animali, co minciando dall'uso del latte. A ciascuno utilissimo il materno. cosa pessima che le balie ingravidi* no : i brabini che ne nascono chiamansi apponto colostrati, perch allora nella donna il latte si rassoda a modo di cacio. Colostra la prima den sit spugnosa del latte dopo il parto. Di grandis simo nutrimento il latte della donna, poi quello della capra ; e per ci forse le favole han detto che Giove prese il latte da ana capra. Dopo quello della donna, dolcissimo quello del camelo, e potentissimo quello dell* asina. Quello degli ani mali e de' rorp grandi pi facilmente si rimanda per secesso. Il caprino accomodatissimo allo stomaco, perch le capre si pascono pi di frondi, che d ' erbe. Quello della vacca pi medicinale : quello della pecora pi dolce, e d im agg io r nu trimento, ma tttfuo ulile allo stomaco, per es sere pi g ra s si g n i latte pi acquidoso la primavera che la state, siccome a oche quello delle bestie novelle : il latte ehe si ferma sull' unghia, e non corre, tenuto migliore. p: innocente

C. PLINII SECUNDI
quando egli eolio, massime e se pietre n u ria e . Quello della vucea risolve molto iA carpa. Ogni latte eolio rigonfia meno. .Usesi il latte a guarire ogni luogo internamen te uloerslo, e massime le reni, la vescica, gl inte stini, la gola e i polm oni} ed esternarne ale il pizzicore della cute, e il catarro, dopo l'aslioeau di bere e di mangiare. Perch i litichi, i consunti di forze e i cachettici in Arcadia beano il Ielle della vacca, l abbiamo dello quando ragionam mo dell' erbe. Truovasi d* alcuni, che beendo latle d ' asina si sono liberati dalle gotte de' piedi e delle mani. 1 medici hanno aggiunto un'altra specie di latte, il quale essi chiamarono schisto. Si fa io questo modo : indirsi bollire il latte caprino in un vaso nuovo di terra, e mescolasi oon rami freschi di fico, e con altrettanti bicchieri di vin melalo, quante sono l ' emine di lalle. Quando bolle, acciocch non trabocchi attorno, vi si melle un bicchiere d argento eoa acqua fredda, ma iu modo che non si versi nulla. Levalo poi dal fuoco, nel raffreddarti si divide, e il siero si separa dal latle. Alcuni cuoeono lo slesso siero, molto polente col vin melato, infino alla terza parte, e dipoi lo raffreddano allo scoperto. Se ne bee utilmente un'em ina il d con intervalli, per cinque giorni ; ed meglio farsi |orlare dopo che s bevuto. Dassi a chi patisce del mal cadu co, a' loanineouici, al perlelico, alla lebbra, alla elefaolia, e alle infermit delle grani ore. lufondesi ancora il lalle alle resinazioni falle dalle medicine. E se il mal de' pondi abbrocia, vi si pone su la decozione con pietruzze marine, o con orzala. Giova pi ancora alle rosicazioni de gl'intestini il latle della vacca, o quello della pe cora. Il fresco similmente s'infonde al mal dei pondi, ma al dolor colico s'infonde crudo: coti anche alla matrice, e eoo tra il morso delle aerpi. E valoroso pure contra il veleno del piliocamp e , del bupreste, delle canterelle, o della sala mandra. Quello di vacca particolarmente si d a quegli che avessero bevuto il colchico, le oscula, il doricuio, o la lepre m arina} conte quello della asioa si d contra il gesso, la biacca, il zolfo, e l'ar gento vivo ; e ancora al corpo stitico nelle febbri. Dtilissimamente ancora dassi a gargarizzare a chi ha scorticata dentro la gola. Beesi altresi per gli atrofi, col qual nome si chiamaoo quelli che so gliono riavere le forze dopo l ' infermit, e adla febbre ancora, la quale non abbia duol di capo. Giova a' fanciulli dar loro un* eroina di b ile est* nino tananai al cibe, o se nell' uscire dal cibo sentono rosioni: per gli antdii sempre ne leneano in serbo, e quando non potevano aver di questo, toglievano del caprino. Il siero del Ielle di vacca utilissimo a chi patisce d'asima o di si retiura

U rat lacti* ad omnia ia lo i exuloirtU , maxi ma feoea, Tesicam, interanea, fauces, pulmones : foris pruri tam cutis, eruptiones pituitae, post abstinentiam. Nam ut ia Arcadia bobolum bibe rent phthisici, synteclicique, et oachectae, diximus in ratione herbarum. Sont inter exempla, qui aeiainum bibendo liberali sint podagra, chiragrave. Medici speciem unam addidere laciis generi bus, quod schislon appellavere. Id fit hoc modo : fictili novo fervet caprinam maxime, ramisque ficulneis recentibus miscetur, additis totidem cyathis mulsi, quot sint heminae lactis. Qaam fervet, ae circumfundatur, praestat cyathus ar genteus cum frigida aqua demissus, ila ne quid infundat: ablatum deinde igni, refrigeratione di viditor, e t discedit serum a lacte. Quidam et ipsum serum jam mulso poleolissimum, deco quunt ad tertias paries, t sob dio refrigeranl. Bibitnr aulem efficacissime heminis per intervalla singulis, diebus quinis: melius a potu gestari. Datur comitialibus, melancholicis, paralyticis, in kpei*, elephantiasi, articulariis morbis.

Infunditur quoque Kac eontra rosiones a me dicamentis facias. Et si urat dysenteria, decoctum cnm marinis lapillis, aut cum ptisana hordeacea. Ilem ad rosiones intestinorum, bubulum sui ovil lum utilius. Recens quoque dysentericis iofundita r : ad colum aulem, crudum : ilem vulvae, et propter serpentium ictus : polisve pityocampes, baprestis, cantharidum, aut salaroandrae venenis. Privalim bubalum his qui colchicon biberint, aut cicutam, aut dorycnium, aut leporem mari num : sicut asininum contra gypsum, el cerus sam, et sulphur, et argentum vivum : item durae alvo in febri. Gargarizatur quoque faucibus esul cerati* utilissime. Et bibitur ab imbecillitate vi ves- recolligentibus,quos atrophos vocant: in febri etiam quae careat dolore capitis. Pueris aule cibnm, laciis asinini heminam dari, aul si exitus cibi rosiones sentirent, antiqui iu arcanis habue ra n t : si hoc non esset, caprini. Bubuli serum orlhopnoiois prodest aute celera, addito nastnrlio. Inunguntur etiam oculi, in lactis heminii sesamae additis drachmis quatuor tritis in lippitudine. Ca prino lienes sanantur, post bidui inediam l eri ia 4ie edera pastis capris, per triduum polo sine alio cibo. Lactis usus alias contrarius capitis do* laribus, hepaticis, splenicis, nervorum vi lio, fe-

7'3

HISTORIARUM MONDI LIR. XXVIII.

014

bres haben liba, vertigini, prteterquam pacg*tionis gratia, gravedini, tassientibas, lippU. Suiltam utilissimum tenesmo, dysenteriae, nec non phthisicis. Hoc et mulieribus saluberrimum qui dicereoI, fuerunt.

di petto, aggiuntovi il nasturtio. Tre emine di latte con quattro dramme di sesamo pesto sono ottima nntione agli occhi cbpi. 11 latte di capra bevuto tre giorni senta altro cibo, guarisce la milta ; ma bisogna che la capra sia stata digiuna due giorni, e il terso non abbia pasciuto se oon ellera. L oso del latte per altro contrario al duol del capo, a* fegatosi, al male della milta, a' difetti de* nervi, alle febbri, a* capogirli, salvo se s usa per purgare, alla gravetta, alla tosse e alla cispa. Il porciuo utilissimo a chi ha voglia d ' uscire del corpo e non pu, al mal de pondi, e a tisichi. Alcuni hanno detto ancora, eh egli molto gio vevole alle donne.
D b
c a c i,

D b ca su s, x ii.

ia .

XXXIV. De generibus oaseorum diximus, XXXIV. Delle tpecie di cacio abbiamo dotto, quum de uberibus singulisqne animalium raemquando ragionammo delle poppe, e di ciaseun bris dicaremus. Sextius eosdem effectus equino, membro degli animali. Sestio dice ehe il latte ca quos bubulo, tradit. Hunc vocant hippacen. Slovallino a i medesimi effetti che quello delle vacnacho utiles, qui non siut salsi, id est, recto les. he, e lo chiama ippace. Utili allo stomaoo sono i Veteres alvum sistunt, corpusque minuunt, stofreschi, cio quelli cbe non sono salati. 1 vecchi aacbo u lilio ros : et in lotum salsa miuuunt cor* fermano il ventre e scemano il corpo, ma eoo pi pus, alunt mollia. Caseus recens cam meile, su utili allo stomaco ; a universalmente le cose salale gillata emendat, mollis alvum sistit. Sedat tonnisoemano il corpo, e le tenere nutriscono. Il cacio W pastillis iu vino austero decoctis, rursusque ia fresco col mele leva le parti suggellate^ il tenero patina tostis cum meile. Sapron vocant, qui curo ferma il corpo. Mitiga i tormini, cocendone pa isle et sorbis siccis e vino tritus potusque mede stelli in vini brusco, e poi arroventandoli di nuo tur coeliacis. Geuilalium carbunculis caprinus vo nel tegame con mele. Chiamasi sapro quel tritus et imposi tus : item acidus oum oxymelite. ascio, che con sale e sorbe secche trito nel vino Maculis in balineo illitus oleo interlinitur. e bevuto medicai i deboli di stomaco. 11 cacio ca prino guarisce i carboncegli delle parti genitali, trito e messovi sopra : similmente l acido oon ossimele. Sopra le macchie simpiastra nel bagno, e s imbiuta con olio.
B o ty b o ,

xxv.

D b l bcbbo, a 5 .

XXXV. Di latte si fa il burro, cibo eccellen XXXV. E lacte fit et butyrum, barbararum tissimo delle nationi barbare, il quale divide i gealtusa lautissimus cibus, et qui divites a plebe diieeroat. Plurim um e bubulo, et inde nomen : ricchi dalla plebe. Fassi per lo pi de buoi, e di qui ha preso il nome: il pi grasso del latte d i piofoi9MBoni ex oribus. Fit et ex caprino, sed peeora. Si fa eeiendio di latte caprino ; ma que hiesse, eaMacto laete : aestate, expresso tsutum sto latte l invero si scalda, la state solamente si w kw jactato in longis vasis, angusto foramine preme, dimenandolo spesso in lunghi vasi, i ^iritum accipientibus sub ipso ore, alias praeligito. Additnr'paullulum aquae, ut acescat. Quod quali abbieno nella boeoa solo un piccolo bueo, onde possano ricever l ' aria : talora questo baco t maxime coactum, in summo fluitat: id exem* si tura legandolo. Aggiugnevisi un poco daoqua, plom addito sale, oxygala vocatur. Reliquum acciocch pigli dell acido. Quello eh molto faoquunt in ollis. Ibi quod supernatat, butyrum rappreso, se ne sla galla. Questo si mette di at, oleosam natura. Quo magis virus resipit, hoc per s, e insalasi, e si ehiama ossigaie. Il reato praestantius judicatur. Pluribus compositionibus si euooe in pentole: quel cbe va a galla il nisoetur inveteratum. Natura ejus sdstriogere, burro di nature olioso. Quello cbe ha disgustoso Bollire, replere, purgare. odore, riputato migliore. Quando egli vec chio si mussola in molte compositioni. Le sua

C. PLINII SECONDI

716

natura di ristringere, mollificare, r {scaldare e purgare.


O x ygala, i .

Dlb

LATTO A01DO, I .

XXXVI. Oxygala ft et alio modo, acido lacte XXXVI. Fassi la ossigaia ancora in altro mo addilo in recens quod velis inacescere, alitissimum do, mescolando il latte rinforzalo con qnel fresco, stomacho. Effectas dicem as suis locis. che vuoi inacidisca : cos utilissimo allo stoma co. Ma de' suoi effetti diremo a suo luogo.
A d ip is
c s e s , b t o b s e h v a t io h e s , l i i .

Osi

d x l l a s u g h a , b o s s b a v a z io h i ,

5 2.

XXXVII. Proxima ia corarauaibus adipi laas XXXVII. Dopo il latte e il cacio, fra le cose est, sed maxime suillo, apud antiqaos etiam reli comuni lodala la sugna, e massimamente la giosius. Certe novae uuptae in Iran lei, etiamnnm porcina, la quale appresso gli antichi avea an solemne habent postes eo attingere, Inveteratur cora in conio di cosa religiosa. Certo le spose duobas modis, aat cum sale, aat sincerus : tanto uovelle ancora oggi quando entrano in casa del marito, fanno la cerimonia di ungerne l ascio utilior, qnanto sit vetustior. Axungiam Graeci etiam appellavere jam io voluminibus tuis. Neque con essa. In due modi la sugna invecchia, o col est occulta virium causa, quoniam id animal hersale o senza ; tanto pi utile, quanto pi vec chia. 1 Greci ne libri loro la chiamarono assunbaram radicibus vescitor. Itaque etiam fimo in gia. N occulta la causa della saa virt, perch numeri usus. Quamobrera non de alia loqoimar questo animale si pasce di radici d erbe : per sae : mullo efficacior est femina, et quae non pe* questa causa medesima ancora il suo sterco ha di perii. Mullo vero praestantior in apris est. Osos molte virt. Quel della femmina molto miglio igitur axungiae est ad emollienda, excalfacienda, re, e massimamente di quella che non ha figliato, discutienda, porgandaqae. Medicorum aliqui ad ma molto pi della salvatica. La sogna alile a mixto anseris adipe, laurorumque sevo et oesypo, mollificare, riscaldare, dissolvere e purgare. Al ad podagras ali jubeat. Si vero permanet dolor, cuni medici 1 usano alle gotte, mescolandovi cum cera, myrto, resina, pice. Sincera axangia grasso d1 oca, sevo di loro, e sacidume di vacca. medetur ambuslis vel nive : pernionibus aulem cam hordei cinere et galla pari modo. Prodast et E se il dolore dura, la mescolano con cera, mor tine, ragia e pece. La sogna schietta medica le confricatis membris, itinerumqae lassitudines et colture, ancora che fossero per neve; e i pefatigationes levai. Ad tussim velerem recens de dignoni con cenere d 'o rz o e galla per egaale coquitor quadrantis pondere in vini cyathis tribus addito melle. Vetus etiam phthisin iu pilulis sum misura. Giova ancora a' membri soffregati, e leva la stanchezza del viaggio. Per la tosse vecchia si pta sanat, quae sine sale inveterala esi. Omnino cuoce nn quadrante di sugna fresca in tre bic enim non nisi ad ea quae purganda sint, aut quae non sint exulcerata, salsa pelilur. Quidam qua chieri di vino, e aggiugnevisi mele. La vecchia non insalala presa in pillole guarisce il tisico. drantes axungiae et mulsi in vini nyalhis tribus Perocch non si usa la salata se non alle cose che decoquunt conlra phthises, quarto quoque die picem liquidam in ovo sumi jubent, circumligatis hanno a purgarsi, o alle parli che non sono esul cerate. Alcuni cuocono un quadrante di augna e lateribus, et pectoribus, el scapalis eorum qui phthisin sentiunt. Tantaque est vis, ut genibus un di vin melato in tre bicchieri di vino ooalra il tisico, e ad ogni qoarto d danoo pece liquida etiam adalligata, redeat in os sapor, earaque ex spuere videantur. E sue quae noa peperit, aptis io un uovo,legando i fianchi e il petto e le scapa sime alu n to r ad cutem mulieres. Contra scabiem le di lale ammalato. E tanta la sua forza, che legata al ginocchio rende il sapore fino alla bocca, vero quivis, admixto jumentorum sevo, pro parte e ne promuove lo apato. Le donne adoperano tertia, et pice, pariterqae subfervefaclis. Sincera benissimo per far bella b pelle, la sogna della partas in abortum vergentes nutrit, collyrii modo porca che non abbia figliato. Qaalunqne che pa sabdita. Cicatrices concolores facit cerussa ad mix*' tisce b scabbia, mescola con la pece il evo dei ta, vel argenti spuma. At cum sulphure, anguiom giumenti, per b le n a parte, e Io fa bollire in scabritias emendat. Medetur et capillo fluenti ; et sieme. La schietta nutrisce i parli, che sono peri olceribas in capite mulierum cam gallae parte qaarta : el infumata pilis oculorum. Datur et colosi di sconciarsi, poeta sotto a lb donna a modo di Collirio. Mescolala con biacca, o con phthisicis unciatim, cora vini veteris hemina de ischiuma d argento, fa tornare le eicabrici al cococta, donec tres unciae e toto restent. Aliqui t

7>7

HISTORIABDH MDHD1 LIB. XXV111.

7i0

m e llis e x ig u u m a d jioroal. Pani illinito c cam calca, ile m fo ro n c u lis, d a ritiae q ac m am m arum . Rupi, e t c o n v u ls a , e t loxala sanai. Clave, e t rima, c a lliq a e vilia, cam elleboro albo : parotidas ad m ix t a farina salsam entariae lealae : quo genere p r o f ic it e t ad strum as. P ru ritu s et papulas in balin e o p e ru n ctis tollit : alioque eliaranuan m odo po d a g ric is prodest m ixto oleo vetere, contrito una sarc o p h ag o lapide, e t quinqnefolio luto in vino, e l c a m calce, vel cum cinere. Facit et pecoliare e m p la stru m u x i x ponderi cenlum spumae ar g e n te a e m ix lis, utilissim um contra inflam mationes u lc e ru m . Adipe verrino inungi p u tan t utile, quae q u e serp an t, illinire cum resina. A ntiqui m axim e a x ib o s vehiculorum pertingendis, ad faciliorem circu m actu m rotarum u tebantur : unde nomen : sic q u o q u e utili medicina, cum illa ferrugine ro ta ru m , ad sedis vitia v irilila lisq u e.E tp e r se axun giam m edici antiqui m axime probabant reuibus d etractam , exem plisque venis aqua coelesti frica bant c re b ro , decoquebantque fictili novo saepius, tam dem um adservantes. Convenit salsam magis em ollire, excalfacere, discutere, utiliorem que esse vino lotam . Masurius palmam lupino adipi dedisse antiquos tra d ii. Ideo novas nuptas illo perungere postes solitas, ne quid mali m edicam enti inferrelur.

lore loro. Col zolfo emenda la ru v id etsa delle unghie. Ferm a ancora i capegli che cascano, e le ro ttu re nel capo delle donne, con la q o arta parte di galla ; e in fu n ala giova a* peli degli occbi. Dassi ancora a ' tisici u n 'o n c ia per volta, colla con u n ' mina di vin vecchio, fino a che in lutto rim angano tre oncie. Altri v'aggiungono aucora un poco di mele. Impiastrasi alle pannocchie con calcina, e a' figlioli, e alla durezza delle poppe. G uarisce i rotti, gli sconvolti, e le m em bra usci te d e ' lor luoghi ; c con elleboro bianco i chiodi, le fessure, e i inali del callo : guarisce ancora le posteme larghe e piatte, mescolandovi polvere di vaso di terra, nel quale sieno siati salsum i: per lo qual m odo giova altres alle scrofe. Leva i piz zicori e le pustole a coloro che se n ' ungono nel bagno : p e r altro modo aucora giova a ' gottosi con olio vecchio, pestandovi insieme la pietra sarcofago, e il ciuquefoglio gi trito nel vino, o con calcina o con cenere. Fa ancora peculiare em piastro, togliendone settanlacinque danari a peso e mescolandola cou cento di schiuma d 'a rg e n to ; il.qnale empiastro utilissim o contra le infiammagioni delle piaghe. Pensano che sia utile uguersi con grasso di verro, e quelle piaghe che vanno im pigliando, im piastrare con ragia. Gli antichi usavano ognere con essa gii assi dei carri, acciocch pi agevolm ente le ru o te girassero so pra essi, e di qui fu chiam ala assungia. E d an cora u tile m edicina quella ferruggine o succidume della ruota, a* mali del sedere e del m em bro virile. I medici antichi approvavano m olto la so gna per s che fosse levata dagli arnioni, e toltene le vene, la stropicciavano spesso con aequa pio vana, e spesso la cocevauo io vaso di terra nuo vo, e poi la serbavano. S ' fatto esperienza che la salata m olto pi mollifica, riscalda e risolve, ed pi utile ancora se sia lavala col vino. Dice Ma surio, che gli antichi preposero la sugna del lupo a tutte I' altre. P er questo le spose novelle sole vano ungerne le porle, acciocch non v' eutrasse alcuna malia, n incantesimo.
D bl sbvo .

De

sb vo.

XX X V ili. Quel che si dice della sugna, il me X X X V III. Quae ratio adipis, eadem in his desimo s ' intende del sevo degli anim ali che ru quae ru m in a n t sevi est, aliis modis, non m inoris gum ano, il quale bench s'adoperi in altri m odi, potentiae. P erficitu r om ne exem ptis venis aqua non punto di m inor virt. Si fa ogni sevo le marina vel salsa lotum , mox in pilM tusum , advando via le vene, e bagnandolo cou l ' acqua ma spersa m arina. C rebro postea coquitor, donec rina o salata, dipoi pestandolo nella pila e spruz odor o m nis aboleatur. Mox adsiduo sole ad can zandolo d 'aequa m arina. Dipoi spesso si cuoce, dorem re d u c itu r. A renibus autem laodalissimum fino a che si levi lu tto I' odore. Poi col tenerlo est. Si vero vetus revocetur ad coram , liquefieri d i contiooo al sole, si riduce a bianchezza. O gui prius ju b e n t : m ox frigida aqoa lavari saepius, sevo delle reni eccellentissimo. Se s ' ba da ado deia liquefacere adfaso vino quam odoratissim o. perare io medicina il vecchio, vogliono che prim a Eodemque m o d o iterum ac saepius coqount, do

C. PLINII SECUNDI
nec v irai evanescat. Molli priva linfe tic taoronsm ; leonum que, ae pantherarum* el carnatorum p in guia ourari jnbent. U m i (licetor tuis locis. i stragga, dipoi si lavi spesso oon aequa fredda, e finalm ente nel liquefarlo vi ai infonda ino del pi eccellente { e li nuovo nel m edesim o mode spesso io onooono, fin ehe n ' esca qu el sentore. Molli particolarm ente vogliono d ie eos si curino i grassi d e ' tori, de' lioni, dette pantere, e de' ce* meli. Dell' utilit si ragioner al soo luogo.

D& MEDULLA.

D e lla

m id o l l a .

X X X IX . Le m idolle ancora to n o tu tte d'eoa XXXIX. Communis e t ratio m edullarum est. maniera. T u tte mollificano, riem piono, seccano, e Omnes m olliunt, explent, siccant, excalfaciunt. riscaldano. Eccellentissima quella del cervio, Laudatissima cervina, m ox vitulina, dein hircina, poi quella del vitello, poi quella del becco e della e t caprina. C u ra n tu r ante autum onm recentes capra. Curansi innanzi l'a u tu n n o , lavate fresche, lotae, siccalaeque in um bra : per cribrum dein e secche all* om bra. Dipoi colale p e r vaglio est liquatae, per lintea exprim nnlur, ac reponuntur pezzoline si prem ono, e ripongonsi in vasi di ter* iu fictili, locis frigidis. va in luoghi freschi.
F
bllb.

D el

f ie l e .

XL. In ter omnia avtem comm unia anim alium vel praestantissim i effectus fel est. Vis ejas excal facere, m ordere, scindere, extrahere, discutere. Minorum animalinm subtilius intelligitur, et ideo ad oculorum medicamenta utilius existim atur. T aurino praecipua potentia, etiam in aere pellibusque colore aureo ducendis. O m ne autem cura lu r recens praeligato ore lino crasso, demissum in ferventem aquam semihora, mox siccatum sine sole, atque in meile couditum . D am natur equi num , tantum inter venena : ideo flamiui sacrorum eqaum tangere non licet, quum Romae publicis sacris equus etiam im m oletur.

XL. F ra le cose comuni a tu tti gli animali, il fiele di grandissima virt. La forza sua di ri scaldare, m ordere, tagliare, tira r fuori e risol vere. 11 fiele degli anim ali m inori pi sottile,* per questo pi utile alle m edicine degli oechi. Quello del toro eccellente in d a re color aureo nel rame e nelle pelli. O gni fiele curasi fresco :si lega il collo della vescica con grosso filo, e met te a bollire una mezza ora ; dipoi si secca senta sole, c riponsi nel mele. Il fiele del cavallo bia simato come veleno; e per questo non lecito al sacerdote toccare il cavallo ; perciocch a Roma nei sacrificii pubblici si sacrifica ancora questo animale.
D el
sa r g o b .

S a n g o ir b .

XLI. Q uia e t sanguis eorum septicam vim habet.Item equarum ,praeterquam virginum , ero dit, em arginat ulcera. T aurinos quidem reoens in te r venena est, excepta Aegir. Ibi euim sacer dos T errae vaticinatura, tauri sanguinem bibit, prius quam in specum desceodat. T antum potest sym pathia illa, de qua loquim ur, u t aliquando religione, aut looo fiat. D rusus trib n n u s plebei tra d itu r caprinum bibisse, quam pallore et iuvidia veneni sibi d ati insim ulare Q. Caepionem ini micum vellet. Hircorum sanguini la n ta v ise st, nt ferram entorum subtilitas non aliter aorios indu re tu r, scabritia peliatur vehem entius, quam lima. Non ig itu r e t sangois aniinaiiom inter comm unia dici potest, e t ideo soia quisque d k t t a r efflatibus.

X LI. 11 sangue loro ha la virt ristrettiv i: quel delle cavalle, fuorch delle vergini, rode e raro m argina le ferite. Il sangue del to ro fresco com putato tra i veleni, fuorch in E gira. Per ciocch quivi la sacerdotesse della T e rra essendo per indovinare, bee il sangue del loro, prima eh* ella scenda nella spelonca. T ento p u quella sim patia, della quale parliam o, che talo ra deriva dalla religione o dai luoghi. Dioesi che Droso tribuno della plebe bevve qaello delle capra, quando con la faccia pallida volle d a r sospetto di essere stato avvelenato da Q. C epione suo ni mico. 11 sangne de* becchi ha s gran fo rza, cha la sottigliezza d e' ferram enti pi gagliardam ente s ' indura con esso, che con qualsivoglia altra oost e la r o t t e n e loro aneora si lev* m eglio oon questo sangue, e h e ob 1 lima* 11 sangu* dunque

HISTOfBARtfai MUNDI U B . XXVIII.

? 9ft

4 e g ti

a n im a li n o n si p a d m e tte re fra le c o se oon

jfe o a i t e p e r q o e to s i r a g io n e r p a rtic o la rm e n te d i escono s e c o n d o i s u o i e ffe tti. P ltM T M U M I M U i n NBMCtMAI N 0U T M I* o a a o s . C o vra* s u p i r m . E x o ta ria , m m ik M b d ic ib b s p e c ia l i t b a t t b d a i m i t i m


tottb

MALATTIA. CORTEO 1 aSBPBHTI. D i i CBBVI.


ch ' o s t a l e .

u o , o r a m i, in o , c it ili ir

hobim ; asibo*

D a l c b b v ia tt o . D a l l ' o f io . D a l

DALL* CAPXB B DAI CAPBBTTl. D a l l AMBO.

XL1I . D igerem us enim i i naia n g a la am, pi rim am que eooira M r p v t d . E xitio hi eM eeafos necao ig n o rai, u t i quae n o l i xtraela cavaro i m andentes. Nec vero ipsi piraa tesqua la n ta n i adversantur, seti m em bratim quoque. F u g a ri eas n id o re orafi eorum si o ra to r, dictum est : a l de som m o gu ttu re osti ossibus, coagre gari dicu o lu r. Pelle ejusdem anim alis substratae, securos praestant ab eo m etu aomoo. Coagalom quoque ex aceto potum ab iclu : et i om nino tractatum sit,e o die oon ferit sevpens.Testes qao qae ejus inveterati, vel genitale m aris, salutariter d a n to r in vino : item venter, quem centipel lionem vocant. F ugiunt et oraoiao denlem c e rti habenles, a o t m edulla peruncto, sevove oervi lct a u t vituli. Sommi autem remedii praefer tu r hinnulei coagulum , m airi aler exsecti, a t iodicavim us. Sanguine quoque cervino, i ooa u ra n tu r draco n tio n , e t cunilago, et ancbusa len ii sci ligno, c o n trah i serpentes trad u n t. Dissipari deiude, si sanguine detracto adjiciatur pyrethrum .

Invenio a pnd auctores Graecos anim al cervo minus, e t pilo demum simile, quod opbion voca re lar. S ard in iam id tantnm ferre solitam. Hoc jnleriisse a r b itro r,e t ideo medicina ex eo om itto. io . Apri quoque cerebrum contra em lauda tor cum sanguine. Jecur etiam inveteratum cam ruta polum ex vino. Item adeps, cum melle resio a q u e . Sim ili m odo verrioura jecur, et fellis dum tax a t fibra, x q u atuor pondere, vel cerebrum in vino potum . C aprarum cornu vel pilis accensis, fugari serpeotes dicunt, cioerem qne e co rn a po tum vel illitum contra ictus valere: ilem lactis hauslus cum uva tam inia, vel urinae cum aceto scillite : caseum caprinum cum origano imposi tam , vel sevum cum cera. Millia praeterea rem e diorum ex eo anim ali dem onstrantur, sieut appa rebit : quo d equidem m iror, quura febri negetur carere. A m plior potentia feris ejusdem generi,

X L 1I. C om partirem o p ertanto l 'a a o degti anim ali secondo le singole inferm it, e m aggior m ente cotttra le serpi. O g n o a sa che 1 oervi fad loro-di graadiscim o danno, di m odo che se alcuna a* neUe caverne, la tirano foori e la m angiano. N sai naocon loro solamente eoli* alito, ma coti la m em bra ancora. S? detto ehe ardendosi il corno ile' cervi ai fanno fuggire le serpi ; eppure i n a rra che ardendoti le o n a ehe tono nella ci ma della gola, le aerpi i raonano insieme. Chi dorm o olle pelli di questi anim ali, non pe ricolo che le serpi se gli appressino. Anche il pre same bevuto con l ' acelo medica il morso della serpe, e chi l'ha anche sol m aneggialo, in quel di n one ferito da essa.I testicoli del eervo invecchiali, o il m em bro genitale del maschio, utilissimi sono a bergli col vino e il ventre ancora, che si chia ma ceatopellione. Fungono anco da quelli che hanno ad dosso il denle del cervio,e da quegli che son o unti della midolla o del aevo del cervio, o del cervielto. Ma sopra to lli t rimedii tiensi che sia il presame del cervotino m orto nel corpo della m adre, siccome abbiam o f i indicato. Dicono an co ra, che ardendo col sanjtoe del cervo l ' erba dragontea, la cunilagine e I* ancusa col legno del tallisco le serpi ai s g ro p p a n o in s, e dipoi si fanno fufrrir via, se levatone il ssngue, vi si m ette l'e rb a piretro. Io trovo appresto gl! autori Greci on anim ale m inore del cervo, ma nel pelo e nei denti cimile ad etto, che ti chiam a oflo, e che nasce solam ente in Sardigna. Io credo che questo tal anim ale si aia perduto, e perci non pongo le sue medicine. io . lodato aneora il cervello del cinghia le eoi sangue eontra le serpi ; e cos il fegato vecchio bevalo nel vino con la ru ta, e il augnac elo con mele e ragia. P er simil m odo giova il fe gato del verro, e del fiele solamente le veooline, al peao di q u a ttro danari, o il cervello stato nel vino. Abbruciandosi il corno e i peli delle capre, dicono che si fanno fuggire le serpi, e che la ce nere del corno bevuta o impastata vale eontra i morsi : cos anche il latte bevnto con l'uva tarai ni a, o l'o rio a con l'aceto squillilico; e il cacio di capra postovi con l'o rig a n o , o il sevo con lac e ra . O llm di ci, ti dim ostrano beu altre m igliaia di rimedii falli da questo animale, come si vedr j

C. PLINII SECUNDI
qood num erosissim am esse d iiim as. Alie Tero e l bircis. Democritus eliem num effeci u e jas auget, q a i singularis natas sit. Fim o qaoqae caprarum in aceto decocto illini ictus serpentium placet, e t recentis cinere in vino : atque in totum difficilius se recolligentes a serpentium ictu, in caprilibus optim e convalescunt. Q ui efficacias v o lan t m ede ri, occisae caprae alvnm dissectam cum fimo intus rep erto statim illigaot. Alii cam era recentem hoed o ru m pilo suffiunt, eoderoque nidore fugant serpentes. U tu n tu r e t pelle eorum recente ad plagas, carne et fimo equi in agro pasti, coagulo leporis ex aceto, contraque scorpionem e t m urem araneum . A jant autem non feriri leporis cuagulo perunctos. A scorpione percussis, fimum caprae efficacius cum aceto decoctum a u x iliatu r: lardum jusque decocti potum his, qui buprestim hause rin t. Quineliara si quis asino in aurem percussum a scorpione se dicat, transire malum protinus tr a d u n t: venenataque om nia accenso ejas p u l m one fugere. E t fimo vituli suffiri percussos a scorpione prodest.

7*4

di che m olto mi mBraviglio, dicendosi che n o n mai senza febbre. M aggior virt hanno ancora le capre salvatiche, le quali dicemmo essere di molte ragioni. Hanno le loro v irt anco i becchi, e Dem ocrito dice esser m aggiore la v irt di quegli cbe son nati soli. Usasi di porre a' m orsi delle serpi lo sterco delle capre cotto in aeeto, ovvero la cenere dello sterco fresco nel vino ; e in gene rale quegli che difficilmente si rihanno dal morso della serpe, stando ne caprili, si rinfrancano be nissimo. Quegli che vogliono medicare tali morsi eon pi efficacia, pigliano il ventre della capra, poi eh* ella m orta, e cos caldo l aprono, e con lo sterco che vi trovano entro lo legano sol morso. Alcuni profum ano le carni fresche de' capretti col pelo, e con quell' odore cacciano le serpi. Ussno anco le pelli d'e ssi freiche alle piaghe, la carnee lo stereo di cavallo pasciuto alla cam pagna, e il presame della lepre con l ' aceto contra lo scorpione e l i topo ragno. Dicono che chi unto col presame della lepre non pu essere morso. Lo sterco della capra cotto nell* aceto mollo efficace contro lo scorpione. Il lardo e il brodo d ' essa, beendolo, guarisce chi ha inghiottito il bupreste. Dicono di pi, che se alcuno dice nell' orecchio all* asino d ' essere stalo percosso dallo scorpione, subito si trasferisce quel male in lui, e che tu tti gli animali velenosi fuggono, quando si arde il loro polmone. Giova ancora far profum o di sterco di vitello al norso dello scorpione.
C o r t e a i l m osso d e l c a n e a r r a b b i a t o . D al vi
t e l l o

CoRTBA CARIS RABIDI MORSOS. Ex TITOLO, HIRCO,


DIVERSIS ANIMALIBUS.

,DAL BECCO, DA VARII ALTRI ANIMALI.

X L I1I. Q m is rabiosi m orsu foeta vulnera ciry gum cidunt ad vivas usque paries quidam , carnem que vituli adm ovent, et jus ex eodem carnis decoctae d an t potui, aut axungiam cum calce tusam . Ilirci jecore im posito, ne tentari quidem q aa e m etu adfirm ant. L audant et caprae fimam ex vino illitu m : melis, e t cuculi, et hirundinis decoctum et potum . Ad reliquos bestiarum morsus caprinum caseum siccum cura origano im ponunt, e t bibi ju b e n t: ad hom ipis m orsus carnem bubulam coctam, effi cacius vituli, si n on ante quintum diem solvant.

XLITI. Alcuni tagliano into rn o il m orso fatto dal cane rabbioso fin sulla carne viva, e poogonvi la carne del vitello, e danno a bere il b ro d o di tal carne, ovvero vi m ettono la sugna pesta oon la calcina. Dicono che il fegato del becco, ponendolo sulla ferita, leva via affatto la paura di toccare l ' acqua a chi morso. Lodano anche lo sterco della capra postovi su con vino, e cos il bere la decozione della mar tora, del cuculio e della rondine. A ' m orsi delle altre bestie pongono cacio di capra secco con origano, e vogliono ancora che si bea : a'm orsi d e ll'u o m o pongono la carne di bue c o tta ; ma m olto maggior virl ha quella del vitello, se non si scioglie innanzi il quinto giorno.
C ontro l e
m a lie

CoETRA VENEFICIA.

XLIV. Veneficiis rostrum lupi resistere inve teratum ajunt, ob idqae villarum portis praefi gunt. Hoc idem praestare et pellis e cervice solida

X L 1V. Dicono che il muso del lupo secco ha virl contra le malie, e per questo lo ficcano alle porte delle case di villa. Tengono che il medesimo

9*5

HISTORIARUM MOTDI U B . XXVIII.

7*6

exiatim atur : qotppe taola vis est animalis, prae t e r ea q a a e retulim us, n i vestigia ejus calotta equi* a d ie ra n t torporem .

effetto faceia la pelle d d collo, perch qaesto ani m ale di tanta forza, oltre quelle cote che ntft abbiam o raooonte, che le vestigie sue, calpeste d a 'c a valli, gli fanno ia to n a e u tire .
COSTRO I VBLBH.

C onti

t h u .

XLV. li q a i argentoni t t o i d biberint, lar d u m rem edio e s t Asinino lacte poto venena re stin g u u n tu r, peculiariter si hyoscyamum potum sit, a u t viscum, aut cicala, a u t lepus m arinus, aut o p o carp ath am , a t pharioon, a n i dorycnium , et i coagalom alicui nocuerit: nam id quoque vene n u m est prim a laetis coagulatione. Multos ejus et alios usas dicem us. Sed meminisse o p ortebit re centi u ten d a m , aut non m alto postea tepefacto. N ullum enim oelerias evanescit. Ossa quoque asi ni c o n in o la e t decocta, contra leporis m arini venenum d an tu r. Om nia eadem onagri* efficaciora.

D e equiferis non scripserunt Graeci, quoniam terrae illae non g ig n e b a n t V erum tam eo fortior om nia eadem , quam ia equis inteltigi debent. La cie quino venena leporis m arini, et tozioa expug a a a lu r. Nec uros a u t bisontes h abuerunt Graeci in experim entis, quam quam bove fero refertis In diae rilvis: portione tam en eadem effieeciora m nia ex his credi par est. Sic quoque lacte bu bulo cuncta venena expugnari trad u n t, maxime supra dieta : et si ephem erum im pactum sit : aut si cantharides datae, vom itione oip o ii egeri : sic et caprino ja r e cantharidas. Contra ea vero quae exulceratione enecant, sebum vitulinum vel bu bulam auxiliatur. Nara contra sangaisagas potas butyrum rem edio esi, cum aceto ferro calfacto : quod et per se prodest co atra venena. Nam si oleam non sit, vicem ejas repraesentat. Mullipedae m orsus cum meile sanat. Omasi quoqae ja re poto venena supra dieta expugnari p utant, p rivatim T e r o aconita e t cicntas : item qoe vitulino sevo. C aprinas casens recens, his qui viscnm bi b e rin t : lac vero contra cantharidas rem edio est, e t contra ephem eri potam cum tam inia uva. San guis caprinas decoctos cam m edulla contra toxica venena su m itu r: hoedinacontra re iiq a a.Coagu lata hoedi contra viscam, e t chamaeleonem al bum , sanguinem qae taurinum , contra qnem et leporis coagula m est ex aceto. C ontra pastinacam vero e t om niom m arinorum ictus vel m orsas, coagulum leporis, vel hoedi, vel agni, drachm ae pondere ex vino. Leporis coagulum et contra veaena a d d ito r anlidotis. Papilio qno>|ae luccfua-

XLV. U lardo del lupo ottim o rim edio a chi avesse bevuto argento vivo. Beendo latte dasina, si estinguono i veleni, massimamente se si ha be vuto giusquiam o, o visco, o cicuta, o lepre m a rina, o opocarpeto, o farico, o dolicnio, che specie di sonnifero, e se il caglio avesse nociuto ad alcuno { perch questo ancora1 velno nella prim a rappigliamone del latte. Racconteremo an* cora m olta altre v irt sue. Ma bisogner rioordarsi di usarlo fresco, o n on m olto dipoi tiepido? perch ninna cosa perde pi tosto che questo la v irt . Dannosi anoora Possa dellasino ro tte colle contra il veleno della lepre m arina. T u tto le medesime virt sonore m aggiori, negli a n n i salvatici. 1 Greci non iscrissero nulla de* cavalli salva licbi, perch nou nascono ne* paesi loro. Noadi m eno tu tti i medesimi rim edii si riconoscono pi gagliardi in essi, che ne domestiqhit Con latto d i cavalla si ripara al veleno della lepre m arina, e a tossichi. N anco i Greci hanno fatta m ai esperienza degli uri o de bisonti, bench i boschi d India sieno pieni di buoi salvatichi ; nondim eno r a gionevole cosa che tu tti i medesimi effetti si ab biano in proporzione per pi efficaci di questi. Cos dicono ancora che il latte di vacca ripara a tulli i veleni, e massimamente a ' sopraddetti ; e se si fosse u rtato 1 efem era, o se si fossero date le canterelle, tu tte queste cose si gettano fuora col v o m ito } e cos ancora le canterelle con b ro d o di carne di capra. A' veleni che neeidono a ltru i per iscortieazione, utile il sevo-di vitello e d i bue. E pper a chi avesse bevuto m ignatte, si d per rim edio il b a rro oon aceto scaldato col ferro, il quale giova ancora per s contra i veleni ; pe rocch dove non olio, tolgono questo in suo scambio. G uarisce i morsi dei m ollipiedi. T iensi ancora, cbe beendo il brodo dell omaso, ai estin guano tu tti i sopraddetti veleni, e specialmente 1* aconito e la cicuta ; ed anche col sevo di vitel lo. II cacio di capra fresco rim edio a quegli che hanno bevnto il visco, e il latte contra le cante relle, e con uva taminia contra l efem era bevuto. 11 sangue di capra cotto con midolla si piglia con tra i tossichi : quello di capra contra gli a ltri ve leni. 11 caglio d d capretto pigliasi contra il visco, e il cameleone bianco, e il sangue di toro { contra il quale si piglia ancora il caglio della lepre eoa

C. P LI RII SECONDI
rum lom inibua p4 f o l u u ,i n l e r mala medicamen- ta num eratur. Huic contrarium eat jecur caprin u m : *icut lei veneficiis ex niaatela raaliea factis. H iac deinde revertem ur ad genera m orborum .

79

l accio. Il caglio della lep re, o del capretto o d a l1* agnello a peao d 'u a a dram m a nel vino, ai p ig lia eontra la pastinaca, e le porcoase o i m o n i d i (u lte le bestie velenose di m are. Il caglio della le p re s'adopera ancora negli antidoti eontra i veleni.L a farfalla che vola ne* lam i delle lucerne a* an n o vera fra i cattivi m edicam enti. A. questa con trario il fegato di capra, come il fiele contrario alle m alie fatte di donnole sabatiche. R itorniam o ora alle specie dalle inferm it.

l o CAVUT, ET ALOPICTAS.

Al l L I M I CAVO) B ALCA T 1 GSA.


XLVI. i i . U sognaodo dell' orso mescolalo oon ladano e con a d ira lo , ritiene i capegli che noo caschino, guarisce le pelatine, c la rarit delle ciglia, co' funghi delle lucerne e oon la fu liggine oh' nel becco d ' eaae. Giova al pizzicore meaoolalo col Tino : a questo medesimo effetto giova la cenere del corno del cervo col vino, ed altres a fare che tra i capelli oon ai propaghi quel mal faalidioao d e' pidocchi : sim ilm ente il fiele di capra con creta cimolia e aceto, in modo che alquanto ai riaeechino sul capo. Il m edesim o fa il fiele di scrofa con orina di loro. Che s ' egli vecchio, guarisce ancora le forfore, mettendovi un poco di zolfo. Seri vooo che la cenere ddaaem bro gioitale dell asino fa i capegli p i folti, e leva via la caoutexta, se si rade il capo, e poi sim piastra con queata ; ed anche ae i capelli ai atre* picciano con piombo ed olio. Si fan folli ancora con 1 orina di poledro asinino, aggiungendovi il * nardo per m itigare il cattivo odore di esso, l a piastrano la tigna con fiele di toro e allum e dE gitto intiepiditi. L orina del toro ha g ran v irt di g u a rite gli nleeri del capo che colano, e cos l ' o rin a vecchia d d l' uomo, aggiugnendovi ciclamino a zolfo. Ma m olto meglio fa il fiele del vitello, il quale riscal d ato oon aceto u ed d e ancora le lendini. Il sevo del vitello pesto col sale uliliaaimo agli ulceri del capo. Lodasi ancora a questo effetto U augna della volpe, ma m ollo pi il fiele im piastrato cou iaterco e senape ad egual porzione. La polvere, o la cenere di corna caprine, ma m eglio di becco, aggiugnendovi n itro , seme di laraerigia, bur ro e olio, m aravigliosam ente ferm ano i capegli che oon caschino, aa prim a ae ne rade il capo. La ecnare della carne im peetrata con olio fa nera la ciglia. Dicono che il latte di capra uccide le leu* d ini : lo s t e r c o d ' case col m ele leva le chiazze della tigna : la cenere delle unghie eoo la pece ritiene i capegli che non easehioo. La cenere della lepre con olio di m ortine leva il doolo d e l capo, e d fa ancora l ' acqua avanzata all aaino, o al bue, quando gli h a bevuto; e, a'egli d a credere,

XLVI. i t . Capilli deflnvia ursinus adeps a d m is to ladaoo e t adianto continet, alopeciasqne m en d at, e t raritatem aupetrciliornm, cam fungii luoernarum ,ac fuligine, quae est in rostri* earum . P orrigioi cura vino prodeat, d ha oc e t cornai cervini n ia e vino, a tq u e non taedia anim alium oapillia incresoant. lte m fel caprionm cara creta aimolia e t aoeto, aie u t paullnra capiti inareaoant. Item fel scrofinum cum urina tauri. Si vero vetus ait, etiam IWrfures adjiecto sulphure em endat. Ci nere genitalia asinini spissari capillum putant, e t a canili* vindioari, ai raaia illinatur, pluraboqoe tritu s eum oleo. D enm ri et asinini pulli cura u ri na : adm iaceutque nardum fastidii gratia. Alope cias felle taurino cum Aegyptio alum ine tepefae t iUinuBt.

Capitia nlcera m anantia urioa tauri efrieaciter aanat: item hominia vetua, si cydam inura adji cietur, e t aulphar. Efficacius tam en e t vitulinum fa i: quo oom aceto ealfacto e t leodea tolluntur. Sevnm vitulinum cum sale tritu m , capitis ulceri bus utilissim am . L audatur e t vulpium adeps, aed praecipue fel e t fimum eum ainapia pari modo illitum . C aprini cornos ferina vel cinis, roagisqoe U m ani, ad d ito n itra e t tamaricia semine, et bu ty ro oleoque, prina capite raso, m ire continent ita fluentem capillum . Siculi carnis cinere ex oleo illito aaparcilia nigrescunt. Lacte caprino lendea toUi tra d u n t : fimo cam m elle alopecias expleri : ite m ungularum d n e re c u m pice, fluentem capil lu m oontioeri. L eporinus cinis cum oleo m yrteo capitia dolorem sedat : itam aqoa pota, qoae e i o vis a u t asini p o ta relieta eat : et, si credimus, olpia masculae genitale oircam ligatum : cornus cervini cinis illitoa ex aceto, aut rosaceo, a u t ex irin o .

tlISTORIARUM MONDI * 1 B. XXVIII.


ii medsimo effetto i* 11 m em bro genitale dd le volpe maschio legato in to rn o al capo, e Ia ce* n ere deft corno del c e rto con aceto, olio ro iatd e irino.
d

ocefcoav*

tit ia .

At

h a u d* occat.

XLVII. Q ealoram p ip h o ru b a b aio aevo eam eleo eoeto iMmant. C errin i cerna* einere scabritias eoram dem h m n g ao t : laaeronet autem ipio eAceciore* patant. (opi excrm entia eircanalini seflationes prodest. Cioere eorum cum Auico meile foangi obtcarilate* : ilem felle ursi* no. Epioyetides, adipe aprugno cero rosaceo. U ugolae atioioae cin is inunctas e la o lacie, cicatri ce* oculorum, e t albugines tollit. Mednlla bubula e dextro crure p rio re trita cam fuligine, pilis, et palpebrarum v itiis an g u lo rn m q u eo ccn rrit: calli blephari m odo fuligo in hoc nsa tem peratur : optime ellychnio papyraceo, oleoqoe sesamino, faligioe in novum vas pennis detersa. Efficacissi me tamen evulsos ibi pilos eorcet. Felle tauri cum ori albo, collyria fiant, aquaque dissoluta iooogunt per qo atrid n am . Sevum vituli cum oseris adipe e t ocim i succo, genarum vitiis aptis simam est. E jusdem medullae eu ut par pondere carae et olei vel rosacei, addito ovo, duritiae ge narum illinantur. Caseo molli caprino imposito ei aqna calida epiphorae aed a n tu r : si tum or sit, ex malle. U troroque vero aero calido fovendam. Sicca lippitudo, lom bali* suum exustis atque con* Uiti*, et impositis tollitur.

Capras negant lippire, qnoniam eae quasdam herhas.edant : ilem d o rc ad a t: e t ob id fimum arum cara circum datum nova luna devorare ju bent E t qooniam noeta aeque quoqae cernant, M geiae hircino sanati lusciosos pulant, nyctaItpa* Graecis dictos : caprae vero jociuere, in vino austero decocto. Q uidam inassati jocineris unie inungunt, a o t felle caprae, carnesqoe eas vtsei, et dum c o q u an tu r oculos vaporari his (wteeipinot. Id quoque referre a rb ilra n tu r, u t telili caloris fuerit. V olant e t oculos saffiri, joci*<re in ollis decocto : quidam inassato. Fel qui dem caprinam pluribus m odis a d sn m an t: eum tolle, contra caligines : cum veratri candidi ter tia perle, coatra g U a m a s I i : cam vino, c o n lrf

XLV II. Le lagrim e degli occhi s* im piastrano eon aevo di bue cotto con olio. U ngendo con la Cenere del corno del cervo si levano le scabbie. M atiensi che sieno di m aggior v irt le ponte d esso corna. Lo stereo del lupo im piastrato giova alle suffusioni degli occhi : ungoosi le oscurit d esti con ceoere di lupo e mele ; e cosi con fiele d'orso. C erte macchie rosse rilevate, che vengono pi la notte che il giorno con ardore e pizzicore, si guariscono con sugna di cinghiale e con olio rosato. Le ceoere dell' unghia dell' asino bagnala col sao latte leva le m argini degli occhi, e le albu gini. La midolla bovina della gamba ri U dinanzi pesta eon foliggioe, ritiene i peli, medica i difetti nelle palpebre e negli angoli degli occhi : la fulig gine iu qaesto bisogno ti tem pera a modo di calliblefaro, che medicina o unguento la occhi : il ehe ti la benissimo oon laeignolo di papiro e olio di sesamo; ma la fuliggine vuoi essere prim a detersa oon penne in an vaso nnovo. Ha per troppo gran f o n a a im pedire l'increm ento dei peli qoivi avelli. Fannoai ungueali da occhi di fiele di loro eon album e d* uovo, co quali gi stem perati con l acqua si ungono gli occhi per qual* tro giorni. Il sevo di vitello con sugna d ' oca e sago di basilico, utilissim o a ' viaii delle coperchie degli occhi ; la tu a m idolla ancora con pari peso d ' olio o d ' olio rosato, aggiuntovi l ' uovo* m itiga la durezza delle coperchie degli occhi. 11 cacio molle della capre posto sull' ocohio con acqua calda m itiga le lagrim e, e se vi enfiato, col mele. L ' uno e 1*a ltro si fom enta con siero ealdo. Q uando gli occhi sono cispicou siccit, vi si pongono i lombi del porco arrostili e pesti. Diceti che le capre e le dorcade non diven* tano mai cispe, per rispetto di certe erbe ch elle m angiano ; e perci dicono che giova inghiottire lo sterco loro involto in cera, qnando la luna nuova. E siccome esse veggono aucora la notte, di cono cbe col sangue di becco guariscono coloro che non veggono a lam e di lucerne, i quali dai Greci sono chiam ali nittalopi, e col fegato delle capra cotto in vin brusco. Alconi ungono con quello che ola dal fegato a rro stito , o col fiele , delle eapra, e danno a m angiare di quelle carni, e m entre che si cuocono, fanno ricevere quel fumo negli occhi. A questo effetto tengono che tien m igliori le capre di color rossigno. F anno Qcora profum o agli occhi qel fegato cotto in

;3 i

C. PLINII SECUNDI

73

cioatrices, el albagiues, e t caKginet, et pterygia, e t argenta : ad palpebrat vero evulso p r i u pilo, cum succo oleris, ita u t unctio inarescat. C ontra ruptas tuniculas, cura lacte mulieris. Ad om nia inveteratum fel efficacius putant. Nec abdicant fimum ex melle illilu m , epiphoris: contraque dolores, m edullam : item pulm onem leporis. E t ad caligines fel cum passo a u t melle. Lupino quoque adipe, vel medulla suum , fricari oculos coutra lippitudines praecipiunt. Nam vulpinam linguam habentes in arm illa, lippituros negant.

pentola : alconi il fanno con P arrostito. P ig liasi il fiele caprino in m olti modi ; col mele c o n tra i bagliori, eoo elleboro bianco per terza p a r te eontra il male degli occhi ; eoi vino coutra i seg n i di piaghe gi saldate, eontra le m acchie bian ch e negli occhi, i bagliori, e quelle pellicole c h e ai sfogliano intorno all* unghie delle dila, e i fiocchi bjaochi negli oochi. A guarire le palpebre t svel gono prim a i peli, poi con fiele e sugo d i cavolo le bagnano e lasciano che I* o n o re t si secchi aopra. Con latte di donna esso utile c an tra le tooacelle ro tte. A ogni cosa liensi che sia m igliore il file vecchio. Pigliano ancora lo stereo, e eoo mele o fanno empiastro alle lagrim e degli occhi. Al d o lore degli occhi tolgono la midolla, e cos il p o l mone della lepre. 11 fiele con vin colto, o con m ele, m itiga i bagliori. Vogliono ancora che gli occhi cispi si stropiccioo con sugna di lo p o o midolla di porco. Dicono che chi porla legala al braccio una llugua di volpe, non patir mai q u e sto male.
Al DOL0B1 B MALI D* OBSCCBIS*.

Ad

a d b i u x d o l o r is , b t v r r u .

X L V III. Aurium dolori e t vitiis m edetur ori n a apri in vitro servala: fel apri vel suis, vel bu bulum cum oleo cicino e t rosaceo aequis p ortio nibus. Praecipue vero taurinum , cum p o rri socco tepidum , vel cum meile, si suppuret. C ontraque odorem gravem per se tepefactum in m elieorio. In ea pnrle rupta cum lacte m ulierum efficaciter ftanat. Quidam etiam ingravatas aures sio per luenda* putant. Alii cum senecta serpentium et ceto includunt lanas collutas ante calida aqua. A ut si m ajor sit gravitas aurium , fel cam m yrrha et ruta in malicorio excalfactura infundunt : lar dum quoque pingue: item fimum asini recens cnm rosaceo in stillatu r: om niaqoe ea tepefacta. U tilior equi spuma, vel equini fimi recentis cinis cnm rosaceo. Sevum bubulum cum adipe anseri no, butyrum recens. U rina caprae, vel tauri, au t fullonia vetus fdlfacta, vapore per lagenae colium snbennte. Admiscent et aceti tertiam partem : et aliquid urinae vituli, qui nondum herbam purstaVf rit. F im um etiam m ixto felle ejusdem . E t cu tem . quam re lin q u u n t angues, excalfactis prius auribus. Lana aulem m edicamina ea includuntur. Prodest e t sevum vituli cum anseris a d ip e , et ocimi succo : ejusdem medulla adm ixto cumino trito infusa. Virus verrinum e scrofa exceptum priusquam terram attingat, contra dolores. A uribus Fractis glutinum e naturis T i t u l o r u m factum, e t in a q u a liquatum . Aliis vitiis adeps vulpium . Item fel caprinum cura rosaceo tepido, aut porri succo : a u t si sint rupta ibi aliqua, e lacte mulie ris. Si gravitas it a u d ie n d i, fel

bblu c m ua m u

XLVUl. L 'o rin a del cinghiale serbata io vaso di vetro medica il dolore e il male degli orecchi ; e del pari il fiele di cinghiale, o d i porco, o di bue, con olio ricino e rosato ad e guai porzione. Giova specialmente il fiele del toro, tiepido con sugo di p o rro , o con mele, se g ettano marcia. Coutra il grave odore utile intiepidito p e r t in boccia di m elagrana. Con latte di donna guarisce benissimo le ro ttu re di quella parte. Alconi vo gliono ancora, che gli orecchi si lavino p e r que sto m odo, quando patiscono gravezza. A lcuni con 10 scoglio delle serpi, e con 1* aceto, vi riochiuggono lane lavate prim a con acqua calda; o se pure la g ra v iti degli orecchi m aggiore, v* infondono 1 fiele con m irra e ruta, riscaldato in boccia di 1 m elagrana; o il lardo grasso: inslillavisi ancora lo sterco d ' asino fresco con olio rosato; m a lotte queste cose hanno ad essere tiepide. P i olile la schiuma del cavallo, o la cenere del ano stereo fresco con olio rosato : il sevo di bue con grasso d 1 oca e b u rro fresco : P orina di capro o di toro, o saponata vecchia di tintori riscaldata, facendovi giungere il vapore per lo collo del vaso. V i si me scola altres la terza parte d* aceto, e un poco d ' orina di vitello che non abbia ancora assaggiato erba ; e lo sterco mescolato col fiele del medesi mo-; e lo scoglio che lasciano le serpi, avendo prim a riscaldati gli orecchi. Questi m edicam enti si rinchiuggono nella lana. Giova ancora il sevo di vitello con grasso d 'o c a, e sugo di basilico, o la m idolla del medesimo animale, m escolandovi cornino pesto. Il sudore del verro preso nel nion-

?33

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXVIII.

?3{

orto oapraa, Tel hirci, ra l a i poa it. Io qnoeum qoe aulenti tuo p o tan t haee efficaciora in cornu aprino pr die* T i g i n t i infam ata. Laodaot et coagulum leporis tertia denarii parte, dimidia* que saoopeni in ammirieo T in o . Parolidaa ursinus adeps com prim it pari pondere cerae e t laorini nt L Addunt quidam hypocislhidem : et per se buljrom illitam , si prina foveantur feni graeci decocti succo. Efficacius cum strychoo. P rosunt et vulpiom testes, e t taurinus sanguis aridos tri tos. Orina caprae calfacta instillata auribus: fimomque ejusdem cam axungia illitam .

lare la porco, prima che tocchi terra, giora con tra i dolori. Agli orecchi ro tti u tile la colla fatta delle n a tu re ^e vitelli, stem perata nell acqua. Agli altri mali giora il grasso delle rolpi. Simil m ente il fiele di capra con olio rosato tiepido, o con sugo di porro ; e se r* ro ttu ra alcuna, col latte di donna. Se v grarezza nell1 u d i r e , o se r m arcia, giora il fiele del bue con l orina della capra o d e l becco. T n tte queste cose in qualun q u e, bisogno hanno m aggior T i r t , tenendole re n ti giorni al fam o in corno di capra. Lodasi ancora la terza pa rte d nn denaio di presame di lepre, e la m et di sagapeoo in vino ammineo. La augna dell* orso in pari peso di cera e di sevo di toro guarisce le posteme dietro gli orecchi. Alcuni V aggiungono lo ipocistide, e b u r r o p er s medesimo im piastralo, se prima si fom entano col sugo del fien greco c otto; e m olto meglio an cora con lo stricno. Giovano anco i testicoli della rolpe, e il sangue del toro, secco e poi macinato. L ' orina della capra calda gocciolala negli orec chi, e lo sterco suo im piastrato con la s u g n a .

An

DEBTiUlf DOLOEBS.

Al

DOLORI DBI DENTI.

XL1X. D entes mobiles confirm at c errin i cor nus cinis, dolo resqne eorum mi ligat, sire infri antor, sire coH aantar. Q uidam efficaciorem ad omws eosdem usus e ra d i cornos farinam arbi trantor. Dentifricia n tro q ae m odo fiunt. Magnam remedium est in luporum capitis einere. Certum qoe est in excrem entis eorum plerum que inreniri ossa. Haec adalligata earodem efleotum habent. Item leporina coagula per aurem Infusa contra dolores: et capitis eorum cinis dentifricium est, adjectoque n ard o m ulcet graveolentiam oris. Aliqoi mortuorum capitum cinerem miscuisse m alont. R eperitur in latere leporis aeni os simile : boc scarificari dentes in dolore suadent. Talus bnbolas accensas, eos q a i labant cum dolore, admotos confirm at. Ejusdem cinis cum m yrrha, dentifirieium est. Ossa quoque ex ungulis suum combusta, euradem usum praebent : item ossa ex acetabulis p e r n a r u m , circa quae coxendices ver tantur. Iisdem sanari, demissis in fauces jum en torum, T e r m i n a t i o n e s notnm est : sed et combu ris deutes confirm ari. Asinino quoque lacte per cussu vexatos?aot dentium ejusdem cinere; li chene ilem eqoi c n m oleo infoso per aurem . E st antera hoc n on hippomanes, quod alioqui noxium onitto, sed in equoram genibus, ac super ungu las. Praeterea iu corde equorum invenitur os, dentibus caninis maximis simile : hoc scarificari dolorem, au t exem pto dente em ortoi equi maxilH*,sd num erum ejus qni doleat, dem onstrant. Equarum rirtas a coitu in lychnis acceosam Ane

X L 1X. La cenere di corno di cervo rafferm a i denti che si dim enano, e m itiga il dolor d 'essi, o stropicciandotela o tarandogli con quella. Al enai lenirono che a fare il medesimo effetto sia d m aggior v irt la polvere del corno crudo. I denti si stropieciauo con V una e con P altra. G ran v irt ancora ha la cenere del capo dei lu pi. Nello sterco < essi m olte ro lte si trovano 1 certe ossa, le quali tenendole addosso fanno il medesimo effetto. Il presame della lepre infondesi negli orecchi oontra il dolore d essi. La cenere del capo di lei olii cosa a stropicciarne i d en ti ; e aggiungendoti il nardo, m itiga P a lilo cattivo della boca. Alcuni ri mescolano cenere di capo di topi. T rn o ta si nel lato della lepre un osso si mile all* ago, e con esso togliono che si stuzzi chino i denti quando e1 dolgono. Il tallone d i bue, acceso e appressalo al dente che si dim ena eon dolore, lo rassoda. La ceoere del medesimo con m irra giora a stropicciare i denti. L ossa delle unghie dei poroi arse fanno il medesimo effetto: e cos le ossa di quelle cavit in cui en trano gli ossi delle coscie. Con questa medesime cenare si guariscono le inverm ioazioni dei giu m enti, m ettendola loro in gola; e con essa brucia ta sr rafferm ano ancora i denti. Si guariscono le percosse col latte d 'a sin a o con la cenere dei denti di essa ; e con certa verruca del cavallo in fusa con olio per P orecchio. Questo non lo ipporoane, di coi non parlo, per essere nocivo, ma Iruorasi nelle ginocchia dei cavalli, e sopra

p u m i

s B c u iw i l ' unghie. I n d ir e nel cuore dei cavalli on omo simile a dente eaotno : dicono ebe on caso buono stutzi/oare il dolore d e' denti, o rv e ro on on dente tra tto dalla masoella del cavallo, il quale sia in quel num ero eh* il dente che dno* le. Quella colatura delle cavalle ehe gocciola dal coito, accesa nelle lacerne, secondo che scrive Anassilao, fa d ie ei paia vedere capi di cavalli. 11 medesimo diee ehe avviene degli asini. Questo ippom ane ha tanta fo n a nelle malie e negli in* centesimi, che mescolalo col m etallo in forma di cavalla O lim pia, fa che appressandovisi i cavalli macchi vengano in rabbia di coito. Leva anche essa i dolori dei denti la colla dei legnaiuoli, cot ta io acqua e im piastratavi su, e poco dipoi le vata : per si debbon subito lavare i den ti col vino, dove sien cotte buccie di m elagrana dolce. Stimasi ancora che giovi bagnarli con latle di ca pra, o con fiele di toro. Dicono che giova a stro picciar i denti con la cenere de* talloni freschi della capra, e quasi che di tu lle le bestie della villa, per non av ere a dire tante volte una me desima cosa. Ai d i f b t t i d e l
v is o .

silaos prodi dii, equinorum capitum vitu* M p n H o l i n roonstrifioe: sim iliter x asinis. Nam hip* pomanes l i n l i i in veneficio t k i babet, ut adfnam aeris m ixturae in effigiem equae Olym piae, julmolos m arei equos ad rabiem coitus agat. Me d e tu r denlibus et fabrile glutinum , in aqoa de coctum , illitum qae, et n o x panilo detraetnm , ita Ut coofestim colluantur T in o , in quo decocti s a n t cortices mali punici dulcia. Effieax h a b e tu r e t caprino lacte collui dente, vel felle taurino. T aJoruro caprae recentium cinis denlrifieio placet, et om nium fere villaticarum quadrupedum , ne laepiui eadem dicantur.

Ad

f a c i hi v i t u

L. ia . Cu lem in facie erugari, et tenerescere, et candorem custodire laete asinino p a te n t. No tum q u e est q u a s d a m quotidie septingenties no* n e r o fovere. Poppaea hoe Neronis principis insti Init, balinearum qooque solia sic tem perans, ob hoc asinarum gregibus eam com itantibus. Im pe tus pituitae in facie, b utyro illito to llontnr : effi* eacius cnm cerussa. Sincero vero vitia qaae er p u n t, insuper imposita farine hordeacea. Cicera in facie mem brana e partu bovis m adida. Frivo* hira videatur, non tam en om ittendum , p ro p ter desideria m ulierum : talnm candidi juvenci, qua* draginta diebus noetibusque, donec resolvatur in liquorem decoctum, e t illinitam linteolo, cando rera,cnlisqaeerogationetn praesta re.Fim o taurino m alas rubescere a ju n t: non a t eroeoditeam illini m elius: sed foveri frigida e t ante et postea jubent. Aestates, et qtrae decolorem faciant cutem , fimum vituli cum oleo e t gam m i m aoa subactam emen dat. Ulcera oris ac rimae, sevum vitali vel bovie cum adipe anserino, et ocimi succo. E st e t alia m ix tu ra , sevo vituli cnm m edulla cervi, et albae pinae foliis una tritis Idem praestat et m edulla cum resina, vel si vaccina sit, et jus e carne vac cina. Liehenas oris praestantissime vincit gluti n um facturo e genitalibus vitulorum , liquatum , aceto cum sulphure vivo, ramo ficulneo perm ix tu m , ita u t bis die recens illinatur. Item lepras ex melle et aceto decoctum , quas e t jecor hirci calidum illilura tollit : icat e le p h a n tia s fel ca-

L . ia . Tieni ebe H latte d e ir aeioa levi le grinze del viao e faeeia la pelle ten e ra e locante ) e trnovasi oome alcune donne ogni d i ai fomen tano con esso, tenendone le belle m a n d re d i set tecento, sioeome feee Poppea m oglie di Nerone im peratore, la quale ancora tem per la sedia nei bagni, m enando seco p e r tale effetto i branchi deir asine. 11 b u rro leva via la fleaama del viso: fa meglio mescolandolo con biacoa. Schietto leva i difetti che si distendono per lo viso, mettendovi p u r sopra farina d orso. Le bolle, e sim ili cose che nascono sul viso, si guariscono con quella m em brana o pellieina o buccia, che rim ane del parto della vaeea. E bench paia cosa debole e dirsi, nondim eno per piacere lle d o n n e nn b scer di dire, eorne la decozione del tallone di on giovenco bianco fatta io quaranta gio rn i e in quaranta no tti, finch ta tto il licore sia ri obito, e im piastrata in paondlioo, m antiene il viso In* cente e senza grinze. Lo stereo lei to ro fa 1 guance rosse, meglio ehe non si facaia im piastran dovi sopra quello del crocodilo ; ma vogliono che prim a e poi si fomenti con 1 acqua fresca. * Lo sterco del vitello rimenoto a m ano con olio e con gomma leva via 1 adustione che fa la state * sul viso, e tu tto d che m uta il colore. G li scor ticati e le crepature del viso si m edicano col sevo del vitello o del bue, insieme con sugna d ' oca e sogo di basilico. Fassene ancora u n 'a ltr a m i stura : evo di vitello e m idolla di cervo, e foglie

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXY 1I 1 .


prim am : M itm oam lepras ac f a r f a r o , tauri fel, a d d ito n itro : urina asini circa Gaoia o riam : m a cola io facie, fel otrio sq o e p e r sete aqna infra lu m , evitatw que solibus ao ventis post detractam c o te m . Sim ilis effectu* et io taurino vi Ialino ve felle, cum semine cunilae, ac cinere e cornu c erv in o , ai Canicula exoriente com buralur. Asi n in o sevo cicatricibus ac licheni leprisque m axi m e color re d d ito r. Hirci fel e t lentigines tollit, adm ixto caseo, com vivo sulphure spongiaeqoe d n e r e , u t mellis ait crassilndo. Aliqui inveterato felle u ti malueca, m ixtu calidis furfuribus po n d e ro oboli unius, qoaluorque mellis, prius defri catis maeulis. Efficax ejusdem et sevum cum m elanthio, e t sulphure, e t iride. Labrorum fissu ris cum adipe anserino, ac m edulla cervina resinaque e l calee. Invenio apad a ociores, bis qui lentigines habeant, negari magices sacrificiorum o so a . di spina bianca, tu ito pesto insieme. Il medesimo effetto fa il m idollo con la ragia, ancora cbe fosse di vacca, e il b rodo della carne vaccina. La colla fetta de' m em bri genitali del vitello, stemperala con acto e con solfo vivo, e mescolata con ramo di fico, e impiastrala fresca due volle il giorno, m anda via le volatiche. Manda via p u r la lebbra, colla eoo mele e con aceto. A qoesto male me dicina ancora il fegato del becco im piastrato cal do ; come il fiele di eapra alla elefantiasi : e alla lebbra e alle forfore quella del toro iosieme col n itro ; e l'o rin a dell' asino intorno il nascim ento della Canicola. Leva le macchie del viso il fiele del vitello insieme col seme della cnnila, e ce n e re del corno di cervio, se questo s ' abbrucia quando nasce la Canicola. Col sero dell' asino si to m a il colore alle m argiui, alle volatiche e alla lebbra. Il fiele del becco leva via le lentiggini, m escolandovi cacio, zolfo vivo, cenere di spugna, di maniera che si rassodi come mele. Alcuni usano a ci piuttosto il fiele invecchiato, mesco landovi crusca calda, un obolo a peso, e quattro di mele ; ma stropicciano prima le macchie. Ha virt ancora il sevo del medesmo con m elanlio, zolfo e iride. Alle fessure delle labbra s'adopera grasso d 'o c a , midolla di cervio, ragia e calcina. Io truovo scrino da alcuni autori, che a quegli che hanno lentiggini, si niega 1 uso dei sacrificii * magici.
A lle
t o n s il l e , k a lle scro fe.

A o TONSILLAS, BT STBtniAS.

LI. Lacie bubulo aut caprino tonsillae el a r teriae exulceratae juvantur. G argarizatur tep i dum, u t est expressum, aut calefaclom. Caprinum utilius, curo malva decoctum e t sale exiguo. L in guae exulcerationi et arteriarum prodest jus omasi gargarizatam : tonsillis autem privatim renes vulptum aridi, cum meile triti illitique : anginae fel taurinum vel caprinum cum meile. Jecur m elis ex aqaa oris gravitatem , ulceraqae b u ty ru m em endat. Spinam aliudve quid faucibus a d b aereo i, extrinsecus fimo perfricatis, aut reddi a u t delabi tra d u n t. Strum a* discutit fel aprioum , vel bubulum tepidum SUitom. Nara coagulum leporis e vino ia linteolo exulceratis dom taxat im ponitor. D iscutit e t ungulae asini vel equi rinis, ex oleo, vel aqua illitos, e t urina calefacta : e t bovis un gulae cinis ex aqna : fimum quoque fervens ex aceto.'Item sevum caprinum cum cal ce, a u t fimum ex aceto decoctam , teslesque vu l pini. P rodest et sapo : Galliarom hoc inventam ru tilandis capillis : fit ex sevo et cinere. O ptim as fagino e t caprioo : duobus m odii, spissus ac li quidus : u terq u e apud G erm anos m ajore in usu V iris qoam fe m in is . _

LI. Con latte di vacca o di capra si medicano le senici e ie arterie scorticate. Gargarizzasi tiepido, c o m ' prem uto, oppure riscaldato. 11 caprino p i utile cotto con la malva, e con un poco di sale.Allo scorticato della lingua e dell'arteria gio va gargarizzare il brodo della trippa. La propria m edicina delle senici l ' arnione della volpe sec co, pesto e im piastralo con mele. Il fiele del toro o della capra col mele giova alta squinanzia. Il fegato della m artora con l ' acqua guarisce la gravit della bocca, e il b u rro le ro ttu re. D i cono che se rim ane spina, o altra cosa attaccala alla gola, stropicciandosi di fuori con lo s te r r o della m artora, o si manda fuori, o cade gi. 11 fiele di cinghiale, o di bue tiepido im piastrato leva le scrofe. 11 presame della lepre nel viuo si adopera in una pezza solamente sugli scorticati. La cenere delle unghie dell'asino o del cavallo gli leva via, im piastrata con olio e acqua, e la orina riscaldala ; e la cenere dell' unghie del bue con l'acqua, o lo stereo bollito con l ' aceto. 11 me desimo fa il sevo di capra con calcina, o lo sterco cotto con 1' aceto, e i testicoli della volpe. Giova ancora i l sapone. Q u e st' invenzione d e 'F r a u -

739

C. PU N II SECUNDI

74

cesi per fare biondi I capegli : ai comporne i s e v o e cenere. O ttim o di m m n di la g g i e di sevo di capra, p e r 4 oe m odii spesso liq u i do : l ' ano e P altro osano in Lomagna p i g li uom ini c h e le donne.
A d CKAVIGUtt DOLOBES. A l DOLOai DILLA GOLLOTTOlA.

L ll. Cervicum dolores butyro a a t adipe u r lino perfricantur : rigores bobulo sevo quod et slram is prodest cum oleo. Dolorem inflexibilem (opisthotonon vocant) levat urina caprae auribus infusa, aut fimum cum balbis illitam : ungues contusos fel cujuscum que animalis circumliga* tum : pterygia digitorum fel tauri aridum aqua calida dissolutam . Quidam adjiciunt sulphur et alum en, pari pondere om nium .

L 1L 1 dolori del eolio ai stropicciano oon b u r ro , o oon sevo d orso: i rigori oon eevo di bue, il quale giova aacera eoo olio Ile scrofe. Q u e l do lore, per lo quale l ' uom o non pa piegarsi ( che si chiaoui epislotoao ), si leva p e r l o rin a d i co p ra infusa negli oreoehi, o per lo ste re o impia* strato con scalogni. Il fiele d o g o i anim ale gua risce le unghie percosso, legatovi sopra. I l fido del toro stem perato io acqua calda guarisce lo pellicole che si sfogliano into rn o alle u nghie d d l e dita. Certi v' aggiungono zolfo e allum e, ciascano cosa pari peso.
A l l a to sse , b a l bb c b b b s a k o b .

Ad

tussim , b t

sA irau iais e i s ^ b b a tio n e s .

L1II. Tussim jecur lu^i ex vino tepido sanat: ursinum que fel adm ixto melle, aut ex cornus bubuli summis partibus cinis. Saliva equi triduo pota eam m aturari tradunt: pulmo cervinus cum gula sua arefactus in fnmo, dein tusus ex melle, quotidiano ecligmate. Efficacior est ad id subulo cervorum generis. Sanguinem exspuentes, cerviui cornus cinii: coagulum leporis tertia parte dena rii cum terra Samia e t vino m yrteo polum sanat. Ejosdera fimi cinis in vino vesperi potus, nooturnas tusses : pili quoque leporis suffiti ex trah u n t pulm onibns difficiles exicreationes. Purulentas antem exulcerationes pectoris pulm onisque, e t a pulm one graveolentiam halitus, butyrum effica cissime juvat, cnm pari m odo mellis Attici de coctum, donec rufescat, et m atutinis sum ptum ad m ensuram lingulae. Q uidam pro ipelle, Uricis resinam addere m aluere. Si sanguis rejiciatur, efficacem trad u n t bubulum saaguiuem , modice tc u m aceto sum ptum : nam de taurino credere, m erarium est. Sed glutinum taurinum tribus obolis cum calida aqua bibitur in vetere sangui nis exscreatione.

L I1I. Il fegato del lupo in vin tiepido guarisce la tosse : cos il fiele dell orso mesoolato col me le, o la ceuere d ell' estrem it del corno bovioo. Con la sciliva di cavallo bevuta per tre giorni dicono eh*essa viene a m a tu riti. L a guarisco anco il polmone del cervio con la sua canna secco si fumo, dipoi pesto col mele, e fattone ogni giorno empiastro. A ci pi efficace il cervo che ha le corna diritte e non ramose. L a cenere del corno del cervo guarisce chi spala sangue. Uoa terza parte di denaio di presam e di lepre bevuto con terra Samia e vino d i m o rtin e Cs il medesimo effetto. La ceoere del suo sterco beva la nel vino la sera guarisce la tosse n o ttu rn a ; e il profum o de' peli della lepre tira fuori i difficili spurghi del polm one. Giova m olto il b o r ro alla esulcerazione del petto e del polmone^ love sia m arcia, o al tristo odore dell alito che viene dal polmone, cuocendosi esso b a rro con altrettante mele Ateniese, fin che diventi rossigno : piglia sene la m attina quanto ne tiene un cucchiaio. Al coni in cambio di m d e v 'aggiungono ragia di larice. A chi rigetta sangue dicono che giova bere un poco di sangue di bue con aceto : non da credere che sia buono il sangue di to ro . Per la colla di toro bevuta alla m isura di tr e oboi in aoqua calda giova allo sp arg o vecchio del u n go*.

A d STOMACHI DOLOBBS.

A l DOLOBI DELLO STOMACO.

LI V. i 3. Stomachum exulceratum lactis asini ni polus reficit : item bubuli. Rosiones ejus caro

L 1V. i3 . Bea latte dasina o di vacca, chi ba lo stomaco scorticalo. La carne del bue cotta in

9 t<

HISTORIARUM MONDI MB. XXVIII.


aceto e vino guarisce i rodim enti dello stomaco. La cenere del corno del cervo guarisce i re ara atismi. T re bicchieri di sangue di capretto, bevuti caldi con altrettanto aceto forte, guariscono chi spata sangue; e d fa aneora il presame con Ih tessa parte d* aeeto.
A l DOLOfcl DBL FEGATO, B At SOSPTBI.

b o ta la ad m isto aeeto et fin o cocta. Rheum atismos oornoa cervini, dai*. S a a g rin is xscreaiionea boedinus sangois recens, ad cyathos terno* cote aceto acri f a r i modo ferve* pou ; cagukun tc rtia p a rte ex acalo p o l a a .

Ad jo c in a is d o i o u s , i r s o s p u ia .
LV. J o d a e ris dolora*, lap i jecu r aridom ex aaalso: aiin i jccor aridum cnm petroselini p*rli ba duabos, ao naeibus tribus, ex meHe trita m et m i cibo s a m p ta a : stagni* bhrdao* cibo apta to*. Suspiriosis an te om nia effioax est poto* eqoii e n n m saoguiais. Proxim e lacti* asinini tepidi a n bolbis decocti, ita o t eram ex eo b ib ala r : addilo in tre* beni ina* eyalbo nastartii per fon aqua, d d a d e meile d ila ti. Jecur quoque Talpi num , a o t p a lm o , in vino nigro, aot fel orsinum in aqaa, laxat m eatas spirandi.

LV. A1dolori del fegato giova il fegato secc del lupo con vin melato: il fegato secco dell'asino con due p arti d i prezzem olo e tre n o d , pesto cl m ele m aagiato ; e cos il sangue d i becco ac(comodato in d b o . A4sospirosi sopra ogni altra cosa giova bere il sangue de cavalli salvatichi. Dopo qaesto buooo bere latte d asina tiepido ootlo con cipolle, in modo che di esso si bea il mero : in tre emine d esso si m ette un bicchiere di nasturzio sparso d* acqua, e dipoi stem perato oon mele. Il fegato o il polmone della volpe nel -vin verm iglio, il fiele dell* orso nell* acqua, al larga i meati dell* alito. Ai
d o l o b i d e ' l o m b i.

A L o a so av M

o o l o b ss .

L V I. L u m b o ru m dolore*, e t quaecumque alia molliri opa* sit, orsino adipe fricari convenit: n erem a p rio i.a u t suilli fimi inveterati adspergi potioni vini. A d fe rau t e t Magi saa com m enta. P rim u m om nium , rabiem hircorum , si m ulceatur b arba, m itigari; eadem praecisa, n*n abire eos in alienum gregem . Huic admiscent fimum capri n um , e t sa b d ilo lioteolo uncto, cava m anu, q u a n tum pati possil, fervens sustinere jubent : ita u t si lue va p a rs doleat, haec medicina in dextra mano fia t, a n i e contrario. F im um quoqae ad eam nsaa aou* aereae puneti* tolli ju b en t. Mo do* c ac atio ais est, donec vapor ad lombo* p er veniam a e o tia ta r. Postea vero m anam p orro tuso ilfioaat, ite m lum bos ipso fimo cam m d le : suadentque in eodem dolore et tesles leporis de vo race. Ischiadicis fimam bubulum im ponunt, oalfactam in folii* ctoere fe rte a li. In renum dolore leporis ra n ca or udos devorari ju b en t, a o t eerte coelos, ita n e d en te contingantur. V entris qui dem d o lo re len ta ri n eg an t talum leporis habentes.

L VI. I dolori dei lom bi, e qualunque altra cosa sia di bisogno mollificare, si stropicciano col grasso d ' orso ; o si m ette nella bevanda del vino ceoere di sterco vecchio di cinghiale o di porco. Hanno ancora i Magi le loro invenzioni. E prim a dicono cbe la rabbia de1 becchi si mi tiga lisciando loro la barba ; e che s ella si ta glia, essi non vanno nel gregge altrui. Con que sta mescolano stereo di capra, e vi m ettono sotto una pezza di lino unta, la quale vogliono che si sostenga n d ia concavit della mano, quanto pad patire rovente ; a condizione che ae il lato m anco duole, questa medicina si faccia n d la m aa ritta , o per lo contrario. Vogliono ancora, che per fore questo effetto si pigli lo stereo eon punta d 'a g o di ra m e : questa eo ra o n e dee durare fiochi il vapore si scote pervenire a* lombi. Im piastrano poi la m ano di p orro pesto, e i lombi di esso sterco con mele ; e dicono ancor*, che nel medesimo dolore giova inghiottire i testicoli della lepre. Agli scia tichi appongono lo sterco del bue riscaldato in foglie sulla bragia. Al dolor delle veni vogliono che d m angino gli arnioni d d la lepre e rad i, o cotti, in m odo cbe non sieoo p a r tocchi dal dente. D icono ancora, che chi p o rla addosso u n tallone di lepre non sente mai dolore d i corpo.

C PL1NU SECONDI
A d MBMBX SARABDPM.

7 tt
A z isa b a b b
la

n u i

LVII. Lienem sedai fel apri vel iais poiana, ,vel cervini corous cinis in aceto. Efficacissime tamen inveteratus lien asini, ita ut in triduo a m tia to r utilit*. Asinini pulli fimum, quod prim um edidit (poleam vocant Syri ), dant in aceto m ul so : d a tu r e t equi lingua inveterata ex vioo prae sentaneo m edicam ento, u t didicisse se ex Barba ris Caecilius Bion tra d id it: et lien bubulus simili snodo : recens autem atsus vel elixus in cibo. In vescica quoque bovis, allii capita xx lusa, cum ceti sextario, im ponuntur ad lienis dolores. Ea dem e i causa emi lienem vituli, quanti indieatus sit, ju b en t Magi, nulla pretii cunclalione: quo niam hoc quoque religiose p ertineat: ditisum que pe r lougitudinem aduecli tunicae utrim que, et induentem pali decidere ad pedes: deio collectum iu um bra arefacere. Q uum hoc liat, simul resi dere lienem aegri vitiatum , liberarique m orbo dicitur. Prodest et pulmo vulpium cinere sicca tus, atque in aqua potus, h e m hoedorum lien impositu*.

LV II. II fid e dei porco salvatioo, o dom estico, bevuto, o la cenere d e l e a ra o del c ervo n e ll'a c e to, medica la milza. Ma m igliore la m ilze vec chia dell* asino, talchi in tre giorni se ne sente 1 utilit. Lo sterco prim o ddl* asinino ( i Soriani lo chiamano polea ) si d i io aceto m elato. Dassi ancora la lingua vechia del cavallo col vino ; e questo rim edio prestissimo, secondo che Ceelio Bione dice avere im parato da B a rb ari; e s l m ilm ente la milsa di bne, la quale se fr e s a , ei d a m angiare arrostita o lessa. Pongoosi ancor sul dolor della milza venti capi d agli pesti e messi in una vescica di bue con no settario d 'a ceto. 1 Magi vogliono che per fare queste m edi cina si com peri la milza del bue per q u d pregio che il venditore ne chiede, senza forvi alcune re sistenza, perch questo ancora credono che s ap partenga alla religione ; e divisa p e r lo lungo si appicchi alla tonica sopra am bedue i lati, e il malato lasci che quando indossa essa tonaca quel la milza li caggia a piedi ; dipoi si raccolga e secchi al rezzo. Q uando ci si fa, dicono che la milza del melato sgonfia e guarisce. Giova an cora il polmone della volpe secco e fatto in pol vere e bevuto con l acqua ; e sim ilm ente la mil za de capretti posta sul male.

An

al vim.

A BISTA G I ABB I li

CORPO.

LVIII. i{ . Alvum sistit cervi sanguis: item ornus cinis : jecur aprioum ex vino potum citra salem recensque : item assum soillum, vel hirci nu m decoctum ad quintam heminam in vino. Coagulum leporis iu vino ciceris m agnitudine : u t si febris sit, ex aqua. Aliqui e t gallam a d ji ciu n t, alii per se leporis sanguine contenti sn n t Jacte cocto. Equini fimi cinis in aqua potus. T au rin i cornus veteris ex p arte ima cinis, inspersus potioni aquae. Sanguis hircinus in carbone deco ctus : corinm caprinum cum suo pilo deooctnm, succo epoto.

LVUI. 4- 11 sangue di cervo, o la cenere del suo corno, ristagna il corpo: cos fa il fegato fre sco del porco salvatico, bevuto senza sale col vi no : cos il fegato del domestico a rro stito , o quel lo d d becco colto nel vino finch si rid u ce a cin que em ine. 11 medesimo fa ancora il presame della lepre nel viuo quanto un cece ; o se vi fosse febbre, nell acqua. Alcuni vaggiungono la galla: altri tolgono sangue di lepre c o tto n d latte. Rista gna il corpo ancora la cenere dello stereo d i caval lo bevuto nell1acqua : la cenere dell1 estrem it di corno taurino gi vecchio, sparta sulla bevanda di acqua: il sangue d i becco cotto in sulla bragia : la pelle d i capra decotta eoi suo pelo, d i cui si bee solamente il sugo. Risolve il corpo il presame del cavallo, e il Coagulum equi, e t sanguis caprinus, ?el m e sangue o il m idollo o il fegato della capra : il dulla, vel jecur, alvum solvit. Fel lupi cum ela fiele del lupo legato al bellico con elaterio : il terio um bilico illigatnm . Vel lactis equini potus : latte di cavalla bevuto, o quel della capra con item caprini cum sale e t melle. Caprae fel cum sale e mele : il fiel della capra con sogo d i cicla cyclamini succo e t alnmiois m omento. Aliqui et m ino e un poco d ' allume. Altri Aggiungono nitru m et aquam adjecisse malunt. Fel tauri cum n itro e acqua. Il fiele del toro pesto con assen* absinthio tritu m ac subditum pastillo. Butyrum i zio, e fattone pastello, fa il medesimo effetto ; e largius sum ptum . I cos il b o rro preso copiosamente.

7*5

HIST0R1AB0M MUNDI LI*. XXVIII.

$4

C odiaci* etd y sen terid ft radetar jctur vaeciJMua. C orna* cervini ciuis Iribo* digiti* capta in p o tio n e a q u e . Coagulala lepori* sobaclom io pone : *i ra r o sanguinen d e tra h an t, ih polenta. A p rin i re i soilli vel leporini fin i ciois, inspero* potio o i tepidi vini. Vi tuli qnoqoe jas vulgariter io te r auxilia co eliaeoran e l dysentericoram tra d a n t Lacti* asinini polo* utilior, addilo n ella. Nec n in o * efficax fin i cini*ex tin o atriq u e litio . I t e n polea sapra dieta. E qui coagnlom , q a o d a liqui hippaceo appellant, etiam si aaoguinem detrahant, vl fin i cinis, dentinm qae ejasdera lu s o r a n b rin a , ulularis dicitor : e l b a b ali lacli* decocti polos. Dysenterici* addi n e llis e x ig u u n p rs e d p ia o t : e t si lo rn io a sint, co m as cerrini cinerem : ut lei ta o rio u n c u n in o m ixtum , e t cucurbitae carne* a n b ilico in p o o ere. Caseus recens vaccinus im m ittitur ad u tro n q o e vitium. I t e n bulyrum hem inis quatuor, cum resinae te rebinthinae sextante, aut c o n n alv a decoela, aut rosaceo. D ator el se*nm vitulinum , a a t im butam . Item m edullae excoquuntur cara farina ceraeque exiguo, et oleo, u t sorberi possint. Medulla et in pane su b ig itu r. Lac c a p rin u n ad dimidias partes decocturo. Si sint et torm ina, a dditor protropum . T orm inibus salis esse remedii io leporis coagulo poto e vino tepido, vel semel, a rb itra n tu r aliqoi. C autiore*et *aoguine caprino coro farina hordea cea e l resina ventrem illinunt. Ad om nes epipho ra s ventris illini caseara mollem suadeot: veterem autem in farina tritum , coeliads e t djsentericis d ari, cyatho easei in cyathis vini tribus. Sanguis caprioos decoctus cum m edulla dysenterieis. Je c u r assam caprae coeliacis subvenit, nagisque etiam hirci, in vino austero decoctum potam qae, vel ex oleo m yrteo umbilico impositum. Quidam d ecoquant a trib as sextariis aquae ad heminam, addita ru ta. U tu n tu r e t liene asso caprae hircive, e t sevo hirci io p a n eq a i cinere coctas it : caprae, s renibus m axim e,at p e rse h a u ris lu r: protinusq g e m odice frigidam sorberi jubent. Aliqai et in qua decoctam sevum adm ixta polenta, et cum i n o , et anetho, aoetoqoe. Illinunt et v e n tre n coe liads, fimo cum n e lle decocto. U lontur ad tr a m q u e v itia n et eoagalo hoedi in vino m yr ti te, m agnitudine fabae poto : et sanguine ejus d e m in cibum form ato, quem sanguiculum vo c a n t. In fu n d a n t dysenterias e t glutinum tauri nam aq aa calida re so la tu n . Inflationes discatit vitulinam fimum in vino decoclun. Intestinorum vitiis n ag n o p ece prodest coagulum cervorum , deeoetnm a n lenta belaque, atque in cibo so raptam . Leporis p ilo rn n cinis c o n n e lle deooetas. L actis caprini potus, decocti c u n malva, exigno ale addito. Si e t eoagulm n addatur, ma joribus e m o lo n e n tis fiat. laden vis esi e t in

Ai debili di stomaco e al m ale de* pondi gio va il fegato di vacca : la cenere d i corna di cer vio, quanto se ne pu pigliare con tre dita, be-i vaia nell* acqua : il p re sa n e della lepre inpa** stato col pane ; e se cavano il sangue, s1 impasta e o a la polenta : la cenere dello sterco del cin ghiale, o del porco, o della lepre, sparto nel vino tiepido quando si bee. Anche il brodo del vitello passa volgarm ente tra i rimedii a debili di stomaco e al n a ie de pondi. 11 bere del latte d asina pi utile, specialnente mescolato col n e le . N ha n io o r virt la cenere dello sterco sno col vino, taoto per l uno che per l'a ltro n a ie ; e cos la sopraddetta polea. Il p re sa n e del cavallo, il quale alcuni ch ian an o ippace, an cora quando ne cavano il sangue, o la cenere del suo sterco, o la polvere de' denti, tenuto p er o t ti n o rin e d io : cos il bere il latte di vacca* A l n a ie de pondi vogliono che s'aggiunga a a poco di n e le , e se vi sono to rn in i, cenere d i corno di cervio, o fiele di toro mescolato col co n in o , e che si ponga della zucca sul bellico. Il cacio fresco di vacea si appone all uno e all* altro n a ie ; e cos tre e n in e di b u rro , con a A sestante di ragia tre n e n tin a cotta con n alv a o con olio rosato. Usasi a d ancora sevo di vitel lo, o di bae. Similmente ne caocono i midolli eoo farina e cenere, e con un poco d olio, in n o d o che si possa bere. Impastasi ancora il m i dollo col pane. 11 latte di capra si cuoce fin che to rn i per met. Se vi sono i torm ini, v aggiun gono ancora il protropo. Alcuni vogliono che sia saffi d e n te rin e d io a to r n in i il bere una volta il p resan e della lepre col vin tiepido. Qua gli che sono pi accorti fanno e n p ia stro snl ventre con sangue di capra, e farina d orzo e ragia. Vogliono che si faccia em piastro d i cacio tenero a ogoi epifora del ventre. Del vecchio fanno polvere a debili di sto n a c o ,e al n a ie dei pondi, dando on bicchier di cacio in tre bic chieri d i vino. Il sangue della capra cotto col n id o llo giova al n a ie de pondi. 11 fegato a rro stito della capra utile a debili di slomaco, ma pi qoello de) becco cotto nel vin brusco e be vuto, o posto sul bellico eoo olio di roortioe. Al cuni lo caocono cou tre sestarii d acqoa fin che si riduce a on* emina, m ettendovi ruta. Usasi ancora la n ilz a arrostila della capra, o del becco, e sevo di becco io pane ebe sia cotto nella cene re : della capra osasi n a s s in a n e o te il sevo degli aroioni, acciocch per s medesimo si possa in ghiottire ; vogliono per che di sabito si sor seggi un poco d ' acqua fresca. Alcuni tolgono il sevo colto io acqoa, mescolandovi polenta, c o n i no, aneto e aceto. Fanno e n p ia stro snl ventre a* deboli di stonaco e o a lo sterco cotto col n e l# .

34?

G. 9 LIM I SECDHOl
Usano ali* a a o a all* a ltro male aneora il presame del capretto in vin di m ortine, b e ra to aUar sa r d a n a far a, e il taa g n e del medesisna for m ato in cibo, che chiam ano sangaicoto. Al mal d e 'p o n d i infondono coda d i to ro stemperala con acqoa calda. Lo stereo del rile tta cotto n d rin o leva le ventosit. Il presame di cervo cotto con lente c bietole, e cos mangiato, giora molto al male degl* intestini : cosi la cenere de* peli deMa lepre cotta col mele : cosi il bere lafte di apra cotto con m a lta , aggina to ri a n poro di sale ; e se r i s* aggiugne il presame, sar molto p i utile. La medesima r i r t ba ancora il sero di capra in alcana bevanda, p a rc h i subito s bea aeqaa fredda. La cenere di coscia d i capretto, secondo che si dice, m aravigliosam ente rappieca le intestine rotte. Lo ste reo della lepre cotto ed mele, e ogni giorno preso q uanto ona fava, guarisce anoora quegti che si tengono p e r ispacd a ti. Lodasi anche il sugo d d la capra cotto coi suoi peli.
Al
m al d e * poto t , a i

s e to caprino io sorbitione aliqua, a li proli a us b e u ria lar frgida aqaa. Ilem fe a io u m hoedi e ia n rupta intestina a rare m ire trad itu r. F im u m lep o rli cum melle deooctum, e t q u o tid ie fabae ma gnitudine um ptum , ita u t deploralo sanaverint. L audant e l caprini capitis cum ais pilis deoaeti
MCCBSHe

Ad n n s m t t ,

t a b r is , colo* .

v i u n n , a i d o l o ii c o l io .

LIX . Tenesmos, id est, crebra et inanis T o tani desttrgendi, toHHur poto lacte asinino : ilem bubulo. T aeniarum genera pellit cerrini 'C orno s cinis p o ta s. Quae io excrementis lupi dixim us in ren iri ossa, si terram non a ttin g erin t, colo m edentur, adalligata brachio. Polea quoque supra dieta m agnopere prodest in sapa decocla. Ilem soiUi fimi farina addito cam ino in aqaa 1ra ta e decoctae. Cornus c errin i teneri cinis, co chleis Africanis cam testa sua Iasis m ixtus, in vini potione.

LIX . La spessa e vana rolont d* andare dd corpo si manda via beendo latte d* asina, o di vacca. Beendo cenere di corno di cervo si man dano ria tutte le sorti di term in i. Q n d le ossa, che noi dicem mo ritro ra rsi n d lo sterco d d topo, p a rc h i non abbiano tocco terra, legate al brac cio guariscono il dolor colico. Anche la polea detta di sopra, cotta nella sapa, giova ro d io ; ed altres la polrere dello sterco di porco, ag g iu n to ti il cim ino in acqna di ru ta cotta : cori p are la cenere di corno tenero di c e rto , mesco lata con chiocciole Africane peste col loro gusdo, in beranda di rino.
A llB DOSLIB D* OlIHA I AL VAL* DI PTKTSA.

Ad

tbsicam ,

r r calcolo .

L X . i 5. Vesicae ealcntorainqoe cruciatibus a n xiliatar urina a p r i, e t ipsa remica pro cibo sum pto; efficacias, si p rias fam o m aceretur n trom qoe. Vesicam elixam m andi o p o rte t; et a m uliere, feminae suis. la re n ia n tn r et in jociae' lib a s eorum lapilli, ant duritie lapiHis similes, candidi, sicuti in -vulgari sue: quibas contritis >atqae potis in rino, pelli calculos ajunt. Ipso apro tam gra ris sua urina est, a t nisi egests, fugae non sufficiat, ac Vtelnl derinctus opprim atur. E xuri illa tra d n n t eos. Leporis renes inveterati, in rino poti, calculos p ellant. In perna saam articulos esse dixim us, quorum decoctam ja s facit urinae u tile. Asini renes in rete rati, tritique, e l in rin o m ero dati, vesicae m edentor. Calculos expellant lid ie a e s quiai ex tin o ant mulso po ti diebus x l .

LX . i 5. Alla doglia d d la vescica c d d la pietra giora 1* orina del ringhiale, e la stessa di lai resdea mangiata : 1* uno e 1* altra ha m olto m aggior r ir t , se prim a ri macera al fumo. Bisogna man giare la reteica lessa, e se la donna la m angia, ha da essere di porca femmina. T ro o ra n ri no* Cagati loro eerte pietruxze, o cose dure com e pietre, bianche, come n d porco dim estico; le quali pelle e bevute n d tin o dicesi che hanno v i l t d i man dar fuori la pietra. L* orina sua d i tan ta noia al d nghiale, che se non la manda fuori, n o n po fuggire, e si lasda prendere come se d trovasse legalo. Diceri che 1*orioa gli riarde. G li arm oni dd la lepre inrecchiati, come eon bevuti col vino cacdano fuori la ptetfra. Ndla coaria del porco dicemmo che sono alcune g iu n tu re * AsBa ani

? 49

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXVIII.

7 S

P fodest ftl ungulae equinae etnia, in vino, a o t aqua. Item fimum caprarum in m olio, efficacias silvestrium. P ili quoque caprini cinis. V erendoram carbunculis, eercbrum ap ri vel suis, sanguisq o e V ilia vero, quae in eadem parie serpunt, jecur eorum combusturo, maxime >aniperi ligno, cum charta et arrhenico sanat : fimi cinis : fel bubulam cum alam ine Aegyptio 9 m yrrha ad crassitudinem mellis subactum , insuper beta ex viuo cocta im posita: caro quoque. Manantia vero ulcera, servum cum medulla viluli in vino deco ctam : fel caprinum cura melle rab iq u e succo : vel si serpaut, fimum etiam prodesse cum melle dicu n t, aut cum aceto, et per se bulyrum .T ealiara to m o r sero viluli, addilo n itro cohibetur : vel fimo ejusdem ex aceto dococlo. U rinae inconti nentiam cohibet vesica aprina, si assa m andalur. U ngalaram apri vel sais cinis polioni inspersas. Vesica feminae suis combusta ac pola: ilem hoedi, v el pulm o: cerebrum leporis in vino : ejusdem testicoli tosti, vel coagulum cum anserino adipe fa polenta: renes asiuini in m ero triti potique. M agi v errini genilalis cinere polo ex vino dulci d em onstrant urinam facere in canis cubili, ac verba adjicere, * ne ipse urinam faciat, u t canis, in suo cubili. Rursas ciet arinam vesica sais, si terram non a ttig erit, im poiita pubi.

cocitura si fa brodo alile alPorina. Gli arnioni del* 1 'asino vecchi e pesti e dati a bare in vino schiette medicano la vescica. Le verruche de'cavalli d e tte lichene, bevute in vino o ia acqua m elata qua* ranta giorni, caoeiano fuori la pietra. Giova a questo ancora la cenere d 'u g n a d i cavallo, ia vino o in acqua ; ed anche lo sterco delle capre in via melalo, ma m olto m igliore quello delie salvati* c h e; ed anche la cenere di peli di capra. Il cer* velie del cinghiale o del porco, o il sangue, giova a'carboncelli del m em bro genitale, il loro fegato arso, massimamente con legoe li ginepro con caria e arrenico, guarisce i mali del m edesim a m em bro, i quali vanno impigliando. A questo giova aocora la cenere del loro stereo, e il fiele d i bue con allum e d*E gitto e m irra, ridotto sodo e spesso c o r e e il mele, e inoltre la bietola cotta col vino e postavi opra, e la carne ancora. 11 sevo di vitello con la saa m idolla, cotto in vino, gua risce le piaghe che colano : ovvero quello della capra con mele e sugo di rovo ; e se impigliano, dicono che giova ancora lo stereo col mele o eoa P acelo ; e il b u rro per s medesimo. 11 sevo del vitello eoa nitro leva 1' enfiato de1 testieoli, e cosi il suo sterco collo con l'aceto. La vescica del cin ghiale mangiata arrosto guarisce chi non pu ri tener 1 orina : ci fa ancora la cenere dell' ugna del porco o del cinghiale sparta sulla bevanda : la vescica della troia arsa e bevuta : quella del capretto, ovvero il polm one: il cervello della le pre eoi viuo : i suoi testicoli arrostili, o il presa me con sugna d oca iu polenta ; e finalm ente gli Arnioni d asino pesti e bevuti col vin pretto. I Magi dim ostrano che il m em bro genitale del ver ro bevuto in vin dolce fa venir l'o rin a nel covac ciolo del cane ; ma deesi dire, che non si vuol fare l orina nel p ro p rio giaciglio, come il cane non la fa nel suo covacciolo. La vescica del po r co, se oon avr tocco terra, m ettendola sai petti* gaone, provoca l ' orina.
ALLB MALATTIE
db*

A n GBHITAUOM, BT SBDIS V1TU.

MEMBRI GKHITAU B

DEL FOBDAMEKTO.

L X I. Sedis viliis praeclare prodest fel ursi n u m c o n adipe. Quidam adjicidht spumam ar* g e n ti ae th u s. P rodest e t bu ty ru m cum adipe a n s e rin o ac rosaceo. Modum ipsae res statuunt, u t sia t illitu faciles. Praeclare m edetor e t tau ri n a m fel, ia linteolis concerptis : rim asque per d a c i ! a d cicatricem , Inflationibus ia ea parte, sejsssm v itu li, m axim e ab inguinibus cum r u ta ; c e l e r i s v itiis m edetur sanguis caprinus cum po l e n t a . Ite m fel capripam condylom atis per se. I t e u fel lupinam , ex vino. Panos e t apostemata a q uacum que parte anguis ursinus discutit :

LX I. Giova beniimo a 'm ali del fondam ento il fiele dell orto con le ugna. Alcuni v' aggiun gono schiuma d* argento e incenso. Giova a ci eziandio il b u rro eoa sugna d oca e olio rosato. La m isura loro vuol essere quanto che basti per* cli se ne possa far bene l em piastro. Medica pure il fiele del toro in pezza inviluppata, e ri* salda benissimo le crcpai ure. 11 sevo di vitello con la ru ta, massimamente tolto dell'angainaglia, giova all'enfiagioni di quella p arte? il sangue caprino con la polenta medica gli altri difetti. Il Cele della capra utile per s a fichi > e simile

7S |

c. PLINII SECUNDI

752

ilem taurinus aridus tritus. Praeeipuum tam en rem edium tra d itu r iu calculo onagri : qoem di citu r, quum interficiatur, reddere urina, liqui diorem initio, sed in terra spissantem se. Hic adalligatos femini, omnes impetus discutit, omni* q n e suppuratione liberat. Est autem rarus inven tu , nec ez om ni onagro, sed celebri remedio. Prodest e t urina asini cum melanthio. E t ungulae equinae cinis cum oleo e t aqua illitus. Sangnis equi, praecipue admissarii : e t sanguis bubulus : ilem fel. G iro quoque eosdem effeclus habet calida im posita: et ungulae cinis ex aqua aut m eile: urina caprarum : hircorum quoque carnes in aqua decoctae : aut fimum ex his cum meile decoctum : verrinum fe l: urina suum in lana imposita. Fem ina adteri adurique equitatu no tum est. Utilissimum est ad omnes inde cautas, spumam equi ex ore, inguinibus illinire. Inguina et ex ulcerum causa intum escunt. Remedio sunt qui setae tres totidem nodis alligatae intra ulcus.

m ente il fiele del lupo col vino. I l sangue ddP orso risolve le pannocchie e le posteme, in qualunque luogo sieno; e cos quello del toro, secco e fatto io polvere. Per s ' ha per peculiare rimedio il calculo dell* asino salvatico, il qnale, secondo che si dice; quando 1*anim ale ucciso, si trova nell* orina d* esso, e da principio n liquido n sedo, ma quando va in te rra acqoU durezza. Questo calculo legato sulla coscia risolte ogni em pito, e libera da ogni m arcia. Trovali per rade volte, e non in ogni asino sabatico, ma rim edio famoso. Giova anco l ' orina delI* asino col jnelantio ; e la cenere dell* ugna del cavallo, facendone im piastro con olio e acqua: il sangue del cavallo, e massimamente dello stal lone; e il sangue e il fiele del bue. La carne, m ettendotela su calda, fa i medesimi effetti, e la ceoere dell* unghia con l acqua o col mele : Po rina delle capre: la carne del becco cotto nella acqna, o lo sterco cotto col mele : il fide di ver ro : P orina del porco posta in lana. gi noto, che per cavalcare le coscio si stropicciano e a* in fiammano. A ogni male che da questo procede giova la schiuma del cavallo, o della bocca, o delle coscie. L* anguinaglia ingrossa anche per alcuna esulcerazione. Il rim edio tre setole di cavallo legate con altrettanti nodi entro Is piaga*
A l l e g o t t e b a * d o l o r i d e * p ie o i .

Ad p o d a g ra m bt pedum d o lo e e s .
LX1I. 16. Podagris m detur ursinus adeps, faurinum que sevum pari pondere et cerae. Ad d u n t quidam hypocisthida e t gallam. Alii hirci num praeferunt sevum cum fimo caprae, et croco, sinapive, vel caulibus ederae tritis, ac perdicio, vel flore cucum eris silvestris. Item bo ti* fimum cum aceti faece. Magnificant et vituli, qui nondnm herbam gustaverit, fimum : aut per fe sanguinem tauri : vulpem decoctam vivam, donec ossa tantum restent : lupumve vivum oleo cerati m odo incoctum : sevum hircinum , cum helxines parte aequa, sinapis tertia : fimi caprini cinerem cum axungia. Q uin e t ischiadicos uri sub pollicibus pedum eo fimo fervente, utilissime trad u n t. A rticulorum que vitiis fel ursinum utilis simum esse, et leporis pedes adalligatos. Poda gras quidem m itigari pede leporis viventis absci so, si quis secum adsidue habeat. Perniones ursi nus adeps, rimasque pedum omnes sarcit : effi cacius alum ine addito: sevum caprinum : dentium equi b rin a : aprinum vel suillum fel : cum adipe )>ulmo im positus: etsi subtriti sint cootusive ofISensatione: si vero adusti frigore, leporini pili tin is. Ejusdem pulmo contusis dissectus, aut pul m onis cinis. Sole adusta, sevo asinino aptissime u ra n tu r : ilem bubulo cum rosaceo; Clavos et

LX11. 16. rimedio alle gotte la sugna d 'o r so e il sevo di toro con egual peso di cera. Aleani vi aggiungono ipocistide e galla. Alcuni pre pongono il sevo del becco con lo sterco della capra, e con zafferano, o senape, o gambi teneri d ' ellera, e parietaria, o fiori di cocom ero salva tico ; e cos sterco di bue con feccia d* ac elo . Si tiene in gran conto p o r lo sterco del vitello, che non abbia aucora pasciuto erba, o il sangue del toro per s medesimo ; una volpe cotta viva sin a tanto cbe non restino se non Possa ; un topo vivo iocotto nelPolio in m odo di cerotto ; il se*o del becco con pari peso d* elsine e la terza parte di senape; la cenere dello sterco di c a p r a eoa sogna. Di pi, dicono essere utilissimo con que sto sterco bollente ardere sotto le d ita grosse dei piedi gli sciatichi. A* mali delle g iu n tu re dico* no eh* utilissimo il fiele dell* orso, e i piedi della lepre legatiti sopra. Alcuni dicono che le gotte si m itigano col piede delta lepre tagliato quando ella viva, portandolo di continuo seco. Guarisce i pedignoni e tutte le crepature dei pie di il grasso dell* orso ; molto m eglio aggiugnendovi allum e: il sevo di capra ; la polvere di denti d i c a ta llo ; il fiele di porco o di cinghiale; il polm one col sevo postoti sopra, eziandio le oso

HISTORIARUM MONDI LIB. XXV11I.

r ii

d o n callique ritia, fimum apri w l sai n o m i illi tu ia, ac terlio die solatum sanai : talorum ci a k , ptilm o i p r i i w , aut w ilU t,a a l oervious. Ad i r i la calceamentorum, t r i t a M ia i c u b i lato suo
ittita. C l a m i w n u i Ira lw lim coni thuris pollioe. Perniones w t a r t a n M b w la m : raelius ii ex velare calceamento : injurias e calceata, e x oleo coni caprin i dose. Varicum dolores scdat fimi titalini ciau, eunt lilii bulbis decoctus, addilo melle m o d ico ; item qae om aia infiam mata, el oppafuliones. Sed podagricis prodest et a rii co la n is a a o r b is , e m aribus praecipae vitalis. A rticu lara m adiriti*, fd aprorum v d suura, liateo e d facto im posilum : vitulique qui n a n d am herbam gustaverit, fimum : ilem c a p rin a * cam meUe in aceto decoctum . Uagoe* scabro* sevum vitali em endat: item caprioam adm ixta saBdaracha. Verrucas vero aufert v i t a l i a i fimi d n is ex aceto : asini u rin ae t a t u a .

p ro d o tti da a ttrito o da contusione. Ma se sono iaeotti dal freddo, giova loro la cenere di peli di lepre. Il polmone di questa giova a' percossi tagliato, o la cenere del polmone. Le cose incot te dal sole si guariscono benissimo col sevo d* asino, e con qoello di bue con olio rosato. Lo sterco fresco del cinghiale o d d porco, impia strato, e il terzo d sciolto, guarisce i chiodi, le erepatare e i calli. La cenere de* talloni, il pol m one di cinghiale, o di porco, o di cervio, i buo no al medesimo. L ' orina dell' asino col suo loto im piastrata guarisce dove le scarpe avessero fatto male. 11 sevo de buoi eoa farina d ' incenso gua risce i chiodi : il lor cuoio arso, e meglio di scar pa vecchia, guarisce i pedignooi. La cenere del cuoio caprino con olio guarisce dove le scarpe hanno fatto male. La cenere dello stereo d d vi tello, cotto con cipolle di giglio, e con a n poco di mele, m itiga i dolori delle varici. Gnarisce ancora tu tte le infiam magioni, e le piaghe che colano marcia. Questa m ededm a cosa giova a n cora alle gotte e ad altri mali di giunture, e mas sim am ente a ' di vitelli maschi. Il fiele d e ' cin ghiali o d e ' p o rd , posto oon una p e z n scaldale alle giu n tu re logore, e lo sterco d d vitello che uou abbia m angiata aneora e rb a ; e sim ilm ente lo sterco di capra colto con mele n d l'aceto fanno lo stesso effetto. Il scvo del vitello guarisce le ugne ruvide ; e quello di capra ancora, mesco landovi la sandaraca. La cenere dello sterco del vitello con l'a c e to m ando via i p o r ri; e ci fa ancora il loto d ' orina d* asioo.
A l v a l cad cgo .

Ad qow iuum

hoboom.

L X III. Com itiali m orbo testes ursinos edisae prodest^ v d aprinos bibisse ex lacte equino aut ex aqua : item aprinam urinam eX aceto mulso : efficacius, quae inaruerit ia vesica saa. D antur et suam testiculi inveterati tritiq u e in suis lacte, p n e e e d e n te vini abstinentis, et sequente continoia diebus. D a u tar e t leporis sale custoditi pulmoams, cam thuris tertia parie, iu vino albo, per diea x x x . Item coagula ejusdem. Asia cerebrum ex a q a a m ulsa, infum atam prius ia loliis, sem un cia p e r dies: vel ungularum ejus d n is cochleari* bue biuis toto mense potos, item testes sale riserv ati et inspersi potioni, in asinarum m axim e laete, vel ex aqaa. Membraam p artu s earum , praeeipne si marem pepererint, olfactata acce dente m o rb o comitialium resistit. Sunt q a i e saare n ig ro q a e cor edeodam cura pane sub d io prim a a n t secanda luna praecipiant. Alii carnem, ui aangainera aceto dilutum p e r dies x l bi^ d n m . Q uidam urinam equi aquae ferrariae ex olfiflioM m iscent, eadem que potione ef lym-

L X III. Giova d m al caduco II m angiare i testieoli ddl* orso, ovvero bere quegli d d d n ghiale con latte di cavalla o con acqua ; e cosi ancora I* orina di cinghiale con aceto m elato, e m olto pi beendo quella ebe siasi risecca nella sua vescica. Dannosi ancora i testicoli porcini invecchiati e pesti in latte di porca, essendosi per alcuni giorni prim a lasciato di ber vino, e conti nuandosi allora per alcuni a ltri dipoi. Dannosi similmente in vin b i a n c o per trenta giorni i polmoni della lepre conservati nel sale, con la terza parte d incenso: cos anche i presami del la medesima. Dassi anche il cervello dell' adno con acqua m elata, affumicato prim a nelle foglie, atra mezza oacia per giorno ; o la eenere dell' ri gua d d medesimo, bevuta per tutto un mese, due cucchiai il giorno. Sim ilm ente i testicoli conservati eoi sale, e sparsi sulla bevanda, mas sim am ente in ltte d'asin a o di cavalla. La mem brana del p arte d 'e sse , specialmente se hanno partorito maschio, come fiutata resiste al mai

7$S

G. P U N II SECONDI

f*

phaticis m edentur. Com itiali boa d a lu r e t lactia e quini potua, lichenque in aceto mulao bibendoa. D a n lar e t carnes caprinae iu rogo hominia lostae, u t volunt Magi. Sevum earum cum felle taurino p ari pondere decoctum , et in folliculo fellis reconditum , ila ue lerram attingat, poi am e r o ex aqua sublim e. M orbum ipaum deprehen d it caprini cornua, vel cervini usti nidor. Sidera tis urina pulii aainini nardo a d d il l o perunctione prodesse dicitur.

caduco quando a* viene. Alcuni vogliono Ile ai m angi il cuoire d ' un astno maschio e n e ro eoi pane allo aeoperto il prim o o il aecondo d della luna. Alcuni dicono la c arn e ; altri vogliono ehe p e r quaranta giorni ai bea il aangue stem perato con l'aceto. Certi mescolano lorina del eavallo con I* acqua ferrata delle pile de fabbri, con la quale bevanda medicano anche gli apiritati. Al mal caduco daasi bere e latle di cavalla, e lichene, d um ore d nna certa sua verruca, in aceto me lato. 1 Magi danno la carne di capra a rro g ila al fuoco, dove aia alato arso P uom o : il evo di capra con egual peso di fiele di toro, eo lio e ri posto nella veacica del fiele, di m aniera che nou tocchi terra , e bevuto con aequa dalla lessa ve scica tenuta alto aopra la bocca. L odore del corno arso di capra, o di cervio, fa oonoaeere il male. Dicesi che l ' orina d* un aainino mescolata con n a rd o per unzione giova agli assiderali.
A l a o a a o a x o io .

Ad Moaaov asoion.
XiXlV. Begio m orbo cornua cervini ernia : aanguia aainini pulii ex vino. Item fimum aainini palli, quod prim um edidit a partu, datum fabae m agnitudine e vino m edetur intra diem tertium . Eadem e t ex equino pullo aim iliterque via esi.

L X 1V. Al trabocco del fid e utile la cenere di corno di cervo : il sangue del poledro asinino con vino. Lo sterco del medesimo, ma che aia il prim o che getta poich egli nato, preao quanto una fava col vino, guarisce in tre giorni. Lo slesso effetto fa quello del poledro cavallino, e nel medesimo m odo.
A l la f r a t t u b a d e l l e o ssa .

A d ossa f a a c t a .

LXV. Fractis ossibus praeaenlaneua maxilla rum apri cinia vel suis. Item lardum elixum alque circum ligatum m ira celerilale aolidal. Coalia quidem fraciia laudatur unice caprinum fimum ex vino vetere : aperit, ex trah it, persapat.

LXV. La cenere delle mascelle di cinghiale o di porco subito rim edio allosaa ro tte. II lardo lesso ancora, legatovi intorno, le risalda con rairabil p r e s le tz a . Alle costole ro tte dicono i h unico rim edio lo sterco di capra con v ia .vecchia^ perch egli apre, tira fuori e risalda.
A l la f e b b r e .

Advsbebs.
LXVI. Febrea arcet cervorum caro, u t dixi m us. Eaa quidem quae certo dierum num ero re* deunt, oculus lupi dexter salaua adalligaluaque, si credimna Magis. E st genus febrium , quod a a* phem erinon vocant. Hoc liberari trad u n t, ai quia e vena auris aaiui trea guttaa aangninis in duabus hem inis aquae hauserit. Q uartanis Magi excre m enta felis cum digito bubonis adalligari ju b en t, e t ne re d d a n t, non rem overi septeno circuitu. Quia hoc, quaeso, invenire polnit P quae ve est ista m ixtura? cur digitus potisaimum bubonis d e ctu s est? Modestiores jecur felis decrescente luna occisae inveteratum sale x vioo bibendum ante accessiones quartanae dixere, lidem Magi (m i bubuli cioere consperso puerorum uriua

LXV1. La carne di cervio leva la febbre, co me abbiam o dello. Dicono iM a g i che l occhio ritto del lupo, inaalalo e portato addoaao, guariace q u d la febbre che torna io certo num ero di giorni. Ci ha una sorte di febbre che si c h ia a a anfem erina : di questa febbre guariace chi caver d d la vena dellorecchio dell'asino tre g o c d o le d i sangue, e in due em ine d acqna le bea. Vogliono i Magi che alla febbre quartana ai leghi lo alerco della gatta con un dito di gufo ; e acciocch ella non torni, non ai levi fino al aeltim o giorno. Ma chi ha potuto tro v ar ci ? e che m ialura questa? e perch prindpalm ente a eletto il d ito del gufo ? 1 pi modesti dissero che si dee bere col vino il fegato -ddla gatta uccisa a luna scema, io*

7*9

HISTORIARUM MONDI L I XXV111.

58

ilfin a n t digito* pedum , m anibnsque lepori* cor uleH iginU C eegulnsn an te accessione* propinaci. D a ta r e t caseus caprinas re cena cam m elle, dilif i a U r aero sprem o. <

veechialo col sale, innanzi che la quartaua rim etta. I medesimi Magi ungono i d iti de* piedi cob o ri na di fanciullo, sparsovi sopra cenere di stereo di bue, e legano alle m ani il caore delle lepre. Dati none il presam e innanzi che la febbre rimetta'. Dassi ancore cado di capre fresco con mele, poi che ne fu diligentem ente cavato il siere. A* MABlRCOmCI, LETARGICI, TISICI. LX V II. 17. Lo sterco del vitello cotto nel vino si d i per rim edio a' roaninconici. La milza dell1 aiino messa su per lo naso oon l aceto ri sveglia i letargici. Ci fa ancora 1*odore del co r no di capra, o de' peli, e il fegato del doghiate, il quale perci si d ancora a'sonnacchiosi. 1 tisici si medicano col fegato del lupo nel vino, e col lar do di troia m agra pasciate d ' erbe, e con la carne d ' asino presa col brodo. Con questo m odo in Acaia massimamente si medica questo male. Di^ cono che giova a ci aocora il forno dello sterno secco d i bue, ehe abbia pasciuto verde pasco, preso p e r un bucciuolo di canna. Fanoosi anche* a lb m isura di due cucchiai, pillole da in ghiottire della punta del corno arso di bue oon alquanto mele. Molli dicono che col sevo di capra in pol tiglia d i elica si guarisce il tisico e la tosse, o eoi fresco stem perato col vin cotto, in m odo che se ne m ette u n 'o n d a per bicchiere, e vi si mescoli u n ramo di ruta. Un certo autore dice che con n n bicchiere di sevo di camozza, e con altrettanto latte, egli guar gi un tisico, eh1 era dato p e r m orto. Alcuni dicono che la cenere dello sterco de porci giova nel vin cotto, e il polm one del cervio, massimamente del giovane, secco al fum o e pesto nel vino. Ai U T u o v ic n . LXV 111. L o rin a della vesdea del cinghiale data a bere a poco a poco, giova a ' ritruopichi ; e m ollo meglio quella ch secca nella sua vescica. Giova altres la oenere dello stereo d i bue, m e ' sima m ente di toro, parlo di q u e ' d ' arm ento (que sta cenere si chiama bolbiton), alla m isura d i tre cucchiai in un'em ioa di vin m elalo ; di vacca p e r le donoe, c di maschio per gli uom ini ; il che i Magi come m islerio tennero ascoso. Sim ilm ente giova lo sterco del vitello maschio im p ia strato ; la cenere dello sterco del vitello nel vino, col seme di stafilino a pari porziooe : il sangue di capra con la m idolla. Tengono che sia m eglio il sangue d e' becchi, massimamente se sono pa sciuti di lentisco.

A d MBfcASCHUCOS, L a m u a G ic o s, MTHISICOS.

LXV1I. 17. Melancholicis fimoro vitali in vino decoctam rem edio e s t Lethargicos excitat asini tiehen narbos illilas ex aceto : caprini coro s s n id o r a a t pilo ru m : jecnr prinum . lta q u e e t ve* teraoss dietur. Phthisicis m edentur, jecu r lapi ex vino, macrae suis feminae herbis pastae lar doni* cernes asininae ex ju re som ptae. H oc ge nere m axim e in Achaja c ara n t id m alam . Fim i quoque a rid i, sed pabulo v irid i paste bove, fu* m ra n d in e haastom prodesse tra d a n t. Bubuli qooque eornus m aoronem exustam , d ao ru m co chleari a m m ensura, addito raelle, pilnlis devora* l k C ap rae sevo in p a lte ex alice et phthisin et tossim sanari, vel recenti, cum m ais* liqoefaoto, ite n i o ncia ia cyathum a d d atu r, rataeq ae ram o p e rm isc e a tu r, a o u pauci tra d u n t. Rupicaprae sevi cyatho, e t lactis pari m ensura, deploratum phthisicam convaluisse certus auctor adfinuat. S u n t e t q u i suum film cinerem profuisse scrip* aerini in pesso : e t cervi pulm onem m axim e su bulonis, siccalom in fum o, tritom que in vino.

b y d o o icos,

LXV 111. Hydropicis auxiliatur urioa vesicae apri paullatiro dele in p o ta s : efficacius quae in* aru erit e u m vesiea sua. Fimi taurini maxime, sed et h a b o li, de arm entivis loquor ( quod1bolbiton vocant), cinis cochlearium trium in mulsi hemioa, bovis fem inae in m ulieribus, et ex altero sexu in v i r i s , quod veluti m ysterium occultarunt Magi. Fim um -vituli masculi illitum : fimi vitulini d n is c o m sem ine staphylini, aequa portione ex vino:- san g n is caprinus cum m edulla. Efficaciorem putant h irc o ru m , u tiq u e si lentisco pascantur.

9*9

& r u M i s e o im k i
A d 1G1 JBM SACBVU, UT u v n i o i l l PITU ITA .

A l rooco s a c m *

u a u catus

d b lla

m u .

L & 1X. Jgfl sacro ursiim s adeps illinitur : m a xim e qui (t ad renes: vilulionm f i n o n recens, vel bubulum : laseus caprino siccos oum p orro t ram enta pellis pervinae dctecla pumice,, ex acelo trita. R ubori cum p n irig in e , equi spara, ut ungulae cio< E ruptionibus pituilae, asinini fimi cinis cura butyro. Papulis nigris, caseus caprinus sicco ex meile el aeelo io balioeis, oleo rem oto. Puslulis suilli fimi cinis aqua illitus, vel corno cervini cinis.

LX1X. AI fuoco saoro s ' im piastra 9 ause di orso, e specialmeole qoello eh nelle reni ; lo sterco fresco del vitello, o de' buoi j il cacio di capra secco col porro : pezzi di pelle di cervio, levali via eoo la pomice, e triti con I* aceto. La schioma d d cavallo, o la eenere d d P ag o a, leva via il rossore col pizzicore. La ceoere di sterco d ' asino col b u r ro giova agli am ori della flemma. 11 cacio di capra secoo oon male e aceto ne' ba gni, rimosso l olio, utile all# stiam o nere. Lo cenere di sterco di porco, im piastrata oon acqua, o ceoere di corno d i cervio, giova atta bolle.

Ad l u x a t ,

a d d c b itia s , b t fd b d n c d lo s .

A1aSBMBBI SCOICI,

ALLE MJUBUSU, A I PIOUOLS.

LXX. Luxalis recens fimum aprinum vel suil lum : ilem vitulinum : verris spuma recens cum aUBto; fimum caprinum cum m eile: bobula caro imposila. Ad tum ores fimum suilluta in lesta calfoctum tri tum que cum oleo.D urilias corporum om ues m ollit optim e adeps lapis illitus. In his quae rom pere opus est plurim um proficit fimum ta b u lu m io cinere calfactum, a u t caprinum in tin o vel acelo decoctam . Ia furuncaiis sevum bubulum com sale: aut si d olor est, iotinclum leo liquefactum siue sale : sim ili m odo ca prinum .

L XX. Lo stereo fresco di cioghiale o di poreo buono a quegli ehe hanno i m em bri sconci ; e quello del vitello ancora. O ltre a questo otile la schiuma del verro fresca con l aceto : lo stereo di capra eoi mele : la carne di bue postavi aopn. Goarisce l enfiato lo etereo del porco, riscaldato io no testo e pestato con olio. Leva benissim o tol te le durezze del corpo il grasso del lu p o impia s tra to . Sopra quelle cose cbe bisogua rompere, giova assai lo sterco del bne riscaldato nella ce nere, o quello di capra cotto nel vino o nell1 aceto. Giova afigooli il sevo del bue col sale, o ss v' dolore, in tin to nell1olio e liqnefatto sent a sale ; e per simil m odo quello di capra.
A l l b incoT T O B B . D b l l a
c o l l a b o v ih a d a s c b -

Ad

a u u o s ta .

Db

o l o t i h o ta u b m o p b o b a h d o ,

ET KBD1CINAB KX BO, V II.

GL1BBB, B MBDICIRB CHS SB UH PARVO, J .

L X X I. In am bustis ursinus adeps cum lilii radicibus: aprinum aut suillum fimum invetera tum : se tarum ex his e penicillis tectoriis cinis cum .adipe tritu s : tali bubuli cinis eam C e ra et m edulla cervina* vel lau ri: fimum leporis. E t ca praru m fimus sine cicatrice sanare dicitur. Glotinum praestantissim um fit ex auribus taurorum , e t genitalibus. Nec qoidquam efficacius prodest ambusti. Sed a dulteratur nibil aeque, quibusvis pellibus inveteratis, calceameulisque etiam deco ctis. R hodiacam fidelissimum : eoque pictores et m edici u tu n to r. Id quoque quo candidius, eo probatius. N igrum et lignosum dam nator.

L X X 1. Alle incotlure ulile il grasso d ' orso cou radici di gig lio : lo stereo invecchiato di cioghiale o di porco : la cenere delle setole di questi* oavale d e' pennegli, coi quali s* im bianca no le m ura, im pastata col grasso: la ceoere di talloue di boe con cera e m idolla di cervio, o d i lo ro : lo steroo della lepre. Lo sterco delle capre si dice ohe goarisce, n i non ram m argina. La colla si fa ottim a degli oreechi de* lo ri, e dei m em bri geoitali ; e non c ' cosa cbe p i di qoesla giovi alle incolture. Ma non ' cosa ancora cbe pi si falsi fichi con qoal si voglia pelle invecchiala ed anche con pelle di acarpe colla. Quella di Rodi fedelissima : d i casa si valgono i medici e i dipintori. Anche questa quanto pi bianca, tanto m igliore. L a nera e legnosa biasim ala.

HlSTOtUAftOMM CNDl L . XXVIII.


d im o im DOLOBBS, BT OBTUM. A l BOLOBl

n f HBUVI,

B ALLB CORTCSIORI.

LXX11. N ervorum doloribus, fimum capriuum decoctui in ceto cum m elle, U liliuim am putant, vel pntresoenU nervo. S p u m ili, e l per* cassa -vitiata, fimo aprugno c o rso i, vere collecto e l a rc ta to . Sic el quadriga* agente tractos, ro tave vulnerato : e l quoquo m odo sanguine con tu o , vel ai recens illinatur. Sunt qui incoxiise aceto utilius palent. Q uin e t in po ta Carinam eam ruptis, convaloeralisque, e t evertis, ex aceto salutarem p rom ittunt. Reverentiores cinerem ejos ex aqua b ib a n t F erno tqoe e t Neronem principem hae potione recreari solitum , quam lie quoque se trigario adprobare vellet. P roxi mam suillo fim o vim putant.

LXK1L Lo sterco di capra colto in aceto con mele si tiene ehe sia utilissimo a 'd o lo ri de* nervi, ancora ehe il nervo sia fracido. Gli ipasimi e I luoghi m agagnati p e r pereoise si medicano con istereo di oioghiale, raccolto nella prim avera e Beccato. Con esso ancora li medica chi foiie stra scinala da carrette, o infranto dalle ruote, e in qualunque m odo il sangue foste am m accato: giova ancora a p o rv d o fresco. Alcuni credon pi utile cuocerlo con l aceto. Dassi ancora a bere la polvere di questo sterco nell aceto a 'ro tti, a1feriti, e a ' caduti. 1 p i tim idi beon la cenere d 1esso in aeqna. Dicono che Nerone im peratore usava ricrearsi con questa bevanda, quando voleva piacere nel Irigario. Dopo questo dicono che lo sterco di porco ha la v irt m aggiore.

A d u i O D i m ih t b n d d u .

A B1STAGHAXB

IL SAHODB.

L X X I 11. 18. Sanguinem sistit coagulum cer vinam e x aceto : item leporis. H ujus quiem e t piloram cinis : item ex fimo asini ciois ilElus. Efficacior vis e m aribus aceto adm ixto, e t in laoa ad o m ne profluvium im posito : sim iliter ex aqoino capite e t femine. Aut fimi vitulorum cinis illitus ex aceto. Item caprini vel fimi ex aceto. H ircini vero jociaeris dissecti sanie efficacior : e l cinis ulriusque ex vino potos, vel n arib u s ex aceto illitus. H irciui quoque u tris vinarii dum taxat cinis, cum pari pondere resinae : quo ge nere sistitu r sanguis, e t vuluus glu tin atu r. Hoedinom q u o q u e coagulum ex aceto, et feminam ejos c o m b o ilo ru m ciois, sim iliter pollere tradoetur.

L X X111. 18. A ristagnare il sangue buono il presame di cervo con l aceto, e quello della lepre ancora. Cos fa la cenere de suoi peli, e la cenere dello sterco d ' asino messavi sopra. Mag gior v irt ha la cenere di quello de maschi me scolata con aceto, e posta in lana ad ogni flusso. Similmente di capo e ooscia di cavallo ; o cenere di sterco di vitello im piastrata con aceto ; o la cenere di corno caprino, o di steroo con aceto. Molto m igliore il sangue guasto di legato fesso di becco ; e la cenere di questo e di quello be vala con vino, o im piastrata eoo aceto al naso. Giova anche la oenere d* un o tro da vino di becco con altrettanta ragia ; col quale si rista gna il sangue e si salda la ferita. Dicesi ancora che hanno la medesima v irt il presame di ca pretto con l aceto, e la cenere della sua coscia abbruciata.
A llk
u l c e r i, b p ia g h e in f is t o l it e .

An

ULCERA, BT CABCfROUATA.

L X X 1V . U lcera sanat in tibiis c ru rib u iq u e sdeps u rsin u s, adm ixta rubrica. Quae vero ser pant, M ap ru g n u m cum resina et cerasia : m a xillarum a p r i vel suum cinis : fimum suum illi* Uun siccum : item caprinum x aceto subfervebclum . C elera p o rg a n tu r et explentur butyro : cornus c e rv in i cinere, vel m edulla c e rv i: felle taurino c u m cyprino oleo, aut irin o . Fim um re* ceas s u a m , vel ia veterati farina illinitur vulneri bus f e r ro Cadis. Phagedaenis e t fistulis m in ita r fel ta u r i, c u m succo p o rri, aut lacte m ulierum , vi sanguis arid u s cum cotyledone her^a. Carci nom ata c u ra t coagulum leporis, cum pari pon-

LXXIV. La sugna d orso mescolata con la sinopia guarisce le piaghe nelle gambe. Il fiele di cinghiale con ragia e biacca m edica le piaghe che vanno im pigliando. 11 medesimo effetto fa la cenere della mascella del cinghiale, o de por ci ; o lo sterco de porci secco e im piastralo, o quello di capra alquanto bollito con l acelo. L altre cose si purgano ed empiono col b u rro , con la cenere di ooruo di cervio, o con m idolla di esso anim ale; con fiele di toro e olio di cipro, ed irino. Lo sterco fresco de porci, o .la polvere dell invecchiato s im piastra alle ferite falle con ferro. Alle fsgedene e alle fistole s adopera il

G; PU M I 8BCDND1
dere capparis adspersum vino : gangraenas ursi
n a m fel penna illiium : asini ongularum cinis ea quae serp an t ulcera inspersus. Sanguis eqoi a d ro d it carqes septica v i: ilem fimi equini inve terati favilla. Ea vero qaae phagedaenas vocant in ulcerum genere, corii bu b ali cinis cam melle. Caro vilnli recentia vulnera non p a tilu r intum e scere: fimum bubulum cum melle. Fem inam vi tuli cinis sordida ulcera, e t quae cacoethe vocant, e lacte m ulieris sanat. Recentes vero plagas ferro illatas, glutinum laurinum liquefactum , tertio die solntum . Caseus caprinus siocos ex aceto ac m elle, purgat ulcera. Q aae vero serpant, cohibet sevum cum cera : item addita pice ac sulphure percurat. Sim iliter proficit ad cacoethe, feminum cinis e lacte m ulieris. E t ad carbunculos, suis fep in a e cerebrum tostum illilum que. fiele del toro con ango di porro, o latte d i d o n n a ; o il sangue secco con l'e r b a c o tile d o n e . 11 presame della lepre con pari peso di c a p p e ri guarisce le piaghe infistolii*, spru tz* n d o v ea del vino. 11 fiele dell orso, ngnendo con pernia; medica le cancrene. La cenere delPtcnghia d 'a s i no, sparsavi sopra, guarisce quelle piag h e cbe impigliano. Il sangue del cavallo ro d e le carn i per la saa v irl putrefattiva ; e fa a n e ra la cenere del suo sterco vecchio. Laceoerre della pelle del bue guarisce g lt ulceri, cbe si chiam ano fagedene. Le corna del vitello non lasciano enfiare le ferite fresce, e lo sterco di boe col r a d e fa 8 medesimo e fltto. La cenere delle coscie di vitello con latte di donna guariaee g li ulceri sordidi, e quegli che si chiam ano eaeoete* La colla del toro guarisce le ferite fresche fa tle e d ferro : adoperasi stru tta , e levasi il terzo giorno. Il cacio di capra secco con aceto e m ele purga le ulcere ; e il sevo con la cera arresta quelle che si dilatano ; ed anche le risana, se gli si aggtongooo pece e zolfo. La cenere della coscia del becco con latte di donna giova atte ulcere dette cacoete ; e il cervello della troia A rrostite e ifflpiasi rato, giova a* earbonelli.
A lla
rogna.

Ad

scabie .

LXXV. Scabiem hom inis, asininae m edullae m axim e abolent, et urinae ejusdem cum suo luto illitae. B utyrum etiam , quod in jum entis proficit eum resina calida : glutinum taurinum in aceto liquefactum , addila calce: fel caprinum com alu m inis cinere : boas fimum bubulum : unde e t no m en traxere. Canum scabies sanatur bubulo san> guine recenti : iterum que, quuio inarescat, illito* el postero die abluto cinere lixivio.

LXXV. La midolla dell' asino buonissima a guarire la rogna dell' nomo. Ci fa ancora P ori na del medesimo im piastrata col suo loto ; e il bu rro ancora, il quale giova a ' gium enti eoe ragia calda. Il m edesim o effetto opera la coHa del toro stru tta n ell' ceto , m escolata eoa calci na ; e il fiele di capra eon cenere d* aliarne. Le boe, che sono certe bolloline roste che vengono per lo corpo, si m edicauo con la bovina, onde hanno preso il nom e. 11 sangue fresco del bue guarisce la rogna d e 'c a n i, il quale quando si secca, di nuovo im piastrasi, e il d dopo si bagna con cenere di ranno.
A ESTRARRR CI CHR S* INFISSO NRLLR MEMBRA, R A LBVARR LE MARUBI DBLLB HAGBB.

A d EXTRAHENDA QUAB SUNT INFIXA CORPORI,


j

RT AD CICATRICI SANANDAS.

LXXV I. Spinae ac similia corpori ex trah u n tu r felis excrem entis : ilem caprae ex vino : coa gulo quocum que, sed m axim e leporis, cum thuris polline e t oleo, a u t cara vieci pari p o n d e re, ani cum propoli. Cicatrice nigras sevum asininum reducit ad colorem . Fel vituli extenuat calfactam . N e d id adjiciant m yrrham et m ei e t c ro ca m , aereaque pyxide condunt. A liqui e t florem aeris admiieen.

LXXVI. L o stereo della faioa tira fuor del corpo spine e simili cose. Cos fa quello delle capra oon vino ; cos qualunque presam e, e ma** sim araenle di lepre, con fior d ' incenso e olio, o con pari peso di visco, o oon propoi d i pecchie. 11 sevo d ' asino leva le m argini, e le riduce al colore naturale. 11 fiele caldo del vitelle le assot tiglia. I medici V aggiungono m irra e mele e zafferano, e pongnio in bossolo d i ram e. Alcuni vi mescolano fior d i rame.

965

HISTOBIARCM MONDI U fi. XXVIII.

A* ROM IBIU

liU .

Ai b a l i

d e l l b n o tria.

L X X T 1I. 19. Malie rum purgationes adjavat LXXVU. 19. II fiele di loro posto id lana fel ta u ri m lana succida adpositum . Olympias uccida aiuta le purg atio n i delle donne. Olimpia T hebana a d d it hyssopum e t nitrum . C ornus cer T ebana v* aggiunse issopo e n itro . 11 medesimo v in i einia potos. Ilem vulvas laborantes, illitu effetto fa la cenere del corno di cervio bevuta. q u o q u e : e t fel taurinum cum opio adpositum Giova ancora al mate della m atrice, im piastrato | obolis binis. Vulvas e t pilo eervino suffire pro o o n che il fiele di loro messovi sopra con oppio a dest. T ra d u n t cervas, quum senserint se gravidas, peso di dne oboli. E ancora util cosa far profum lapillum devorare : quem in excrem eotis re p eti alla m atrice con peli di cervio. Dicono che quando tu m , a u t.in vulva ( nam e t ibi in v en itu r), custo le cerve si sentono gravide, inghiottiscono una d ir e partes adalligatum . In v eniuntur e l ossicula pietruxca. Questa trovata nello sterco loro, o i o corde et iu vulva, perquam utilia gravidis p a r nella m atrice ( perch ancora qui si trova ), se la to rie n ti busque. Nam de pomiee, qui in vaceagravida la porta addosso, non si sconcia. T rovanti ru m u te ro sim ili m odo in v e n itu r, dixim us in ancora eerte ostici ne nel cuor loro e nella m atri nalura boom . L u p i adeps illitus vulvas m ollit: ce, m olto u tili alle donne gravide e a quelle che dolores earnm , jecur. Carnes lupi edisse parituris partoriscono. Della pomice, che sim ilm ente si p ro d e st: a u t si incipientibus p artu rire sit juxta trova nel corpo delle vacche, abbiamo detto, ra q u i ederit, adeo u t etiam contra illatas noxias gionando della natu ra d e 'b u o i. Il grasso del lupo im piastrato mollifica la m atrice ; e il fegato ne valeal. E om dem su p e rv e n ire , perniciosum esi. leva il dolore. La carne de*lupi giova a m angiar Magnus e t leporis usus m ulieribus. Vulvas ad la alle donne che hanno da p arto rire ; o se a juvat pulm o a rid u s polus: profluvia jecur cum quelle che cominciano a p arto rire sia presso chi Samia te rra ex aqua potum : secuadas coagulum : n ' abbia m angiato, di m aniera eh' ella giova an caventur pridiana balinea. Illitum q u o q u e cum croco e t p * rri succo, vellere adpositum , abortus cora eontra a 'nocum enti ricevuti. Ma se il lupo sopraggiunte loro, quando elle partoriscono, m ortuos expellit. Si vulvae leporum in cibis su c o s a di gran danno. Giova ancora m olto la lepre m a n tu r, m ares concipi putant. Hoc e t lestieulis e o ru m , e t coagulo profici. Conceptum leporis alle donne. Il suo polmon secco bevuto utile alla m atrice. 11 ventre con terra Samia bevut u te r o exem ptura his quae parere desierint, resti b ile m fecunditatem adferre. Sed pro conceptu, nell' acqua utile a 'lo r flussi : il presame manda fuora le seconde, ma guardinsi di non usar bagni le p o ris saniem e t viro Magi propinant. Item vir* il giorno in n an ti. Im piastralo ancora con zaffe g in i novera grana fimi, ut stent perpetuo mam m ae. Coagulum quoque ob id cum melle illinunt : rano e sogo di p orro, e postovi con lana, m anda sanguinem , ubi evulsos pilos renasci nolont. In fuora i parli m orti. Se la m atrice di lepre si flationi Yolvae, fimum aprugnum suillurave cnm m angia, dicono che la donna ingravida di ma oleo illin i prodest. Effioaeins sistit farina aridi, schio. Q uesto fanno pure i testicoli, e il presame ut a d sp e rg atu r polioni, vel si gravidae aut puer loro. Il feto della lepre trailo del corpo giova a perae to rq u ea n tu r. Lacie suis polo cum mulso quelle donne che si sono rimase <T ingravidare, perch rinova la feconditi. I Magi per in cam djn v ao tu r partus m ulierum . Per se vero potum , deficientia ubera puerperarum replet. Eadem cir bio del feto danno a bere il sangue c orrotto di cum lita sanguine feminae suis, m inus crescent. essa lepre ancora al maschio ; e alle vergini nove granella di sterco, acciocch le poppe loro non Si d o le n t, laciis asinini potu m ulcentur? quod ricaschino, ma sem pre stieoo sode. P er questo addito m ello sum ptum , et purgationes earum v im piastrano anche il presame della lepre eoo adjovat. S an at et vulvarum exulcerationes ejus dem an im alis sevum inveteraturo, e t in vellere I mele ; e il sangoe, dove non vogliono che rim et tano i pelli divelti. Alla enfiagione della m atrice adpositum duritiem vulvarum emollit. Per se giova fare em piastro di sterco di cinghiale, o di vero recens vel inveteratum , ex aqua illitom , altro porco con olio. Ma m olto m eglio m ettere psilo th ri yim obtinet. Ejusdem anim alis lien io la polvere d ' esso secco sol bere : il che si fe an v eteratus, ex aqua illitus, mammis abundantiam cora alle donne gravide, o a quelle che sentono fecit: v ulvas suffitu corrigit. Ungulae asininae doglie di partorire. A* p arti d aiuto il bere latle suffitae p a rtu ra m aturant, u t vel abortus evoce di porca. Questo, bevuto per s medesimo fa copia tu r: n e e a lite r a d b ib e u tu r, quoniam viventem d i latte. Le poppe un te col saogue di troia cre p a r i u m necant. Ejusdem anim alis fimum si re scono m eno. S'elle dolgono, beendo lalle d'asina cens im p o n a tu r, profluvi* sanguinis m ire sedare se ne m itiga il dolore. Q uesto latte, se vi s ' agdicitor. N ecnpn et nis, ejqsdem f in j , qui e t

7*7

G. PLUHI SECONDI

vulvae prodest imposita*. E qui spum a illila per die* x l , prius qaam prim um nascaotur pili, re stinguuntur. Itein cornus cervini decocto j me* lios, si reeeotia sint cornua. Lacte equino jovauto r valvae collutae. Quod si m ortuas partas sentiatur, lichen ex aqaa dolci polus ejicit. Item ungulae tuffilo, a u t fimum aridam . Vulvas pro cidentes b u tyrum infusum sistit. Induratam vol vam ap erit fel bubulum rosaceo adm ixto, foris vellere cum resina terebinthina im posito. A junt e t suffitu fimi e mare bove, procidentes vulvas reprim i, p a rta s adjuvari ; conceptus vero vaccini lactis potu. Sterilitatem ob p artu s vexationem fieri, certum esL Hanc em endari Olym pias The baua adfirraal felle laurino, e t adipe serpentium , aerugine, ac melle, medicatis locis ante coitu*. Vitulinum quoque fel, in pnrgationibus *ob coilu dtpersum valvae, etiam duritiam v enlrit emol l i t , e t profluvium m inuit umbilico peruncto, a lq a e in totum vulvae prodest. M odum statuunt fellis pondere denarii, opii tertia, adm ixto am yg dalino oleo,, quantum esse s*lis appareat : hoc ia vellere im ponunt. Masculi fel vituli, cum mellis dim idio tritu u i, servatur ad vulvas. C arnem vi* tuli si cum aristolochia inassatam e d an t ciroa conceptum , m ares parituras pro m ittu n t. Medulla vituli in vino ex aqua decocta cam sevo, exul cerationibus vulvarum imposita prodest. Item adeps vulpium , excrem entom que feliam : boc cam resina e t rosaceo im positam . C aprino c orna saffiri vulvam , utilissim um p utant. Silvestrium caprarum saoguis cum palma m arioa pilos de trahit. C eterarum vero fe l, callum vulvaram em ollit in sp ersu m , e t a purgatione conceptus facit. Sic quoque psilothri vis fficitor, si evolsis pilis triduo servetur illitum . Profluvium , quam vis imm eusum , urina caprae pota sisti, obstetri ces p ro m ittu n t, et si fimum illinatur. M em brana caprarum in qua p artus e d itu r, inveterata, potuque sumpta in vino, secundas pellit. Hoedorum pilis suffiri vulvas, utile p a ta u t, e t in profluvio sanguinis coagulum bibi, aut hyoscyami semen im poni. E bove silvestri nigro si sanguine ricini lum bi peru n g an tu r m u lie ri, taedium Veneris fieri, dicit Oslbanes. Idem am oris, pola hirci u rin a, adm ixto propter fastidium nardo.

giunge mele, aiuta le purgagioni. Anche il sevo del medesimo animale, invecchialo, guarisce le esulcerationi della matrice ; e postovi su eoo lana ne mollifica la dnreaza. Per a medesimo fresco o vecchio, impiastralo eon equa, ha virt di psilotro. La a ik a vecchia del medesimo animale impiastrala con aoqaa fa dovizia di latte ; e fa cendone profamo giova alla matrice. Profananda con agna d 'asino a' affretta il parto, aaa per in occasione di aborto ; n mai in altro caso si li queslo profano, perciooah'egli ammazza il parto vivo. Lo sterco del medesimo animale, mettendovelo sa fresco, ristagoa maravigliosamente 1 flusso dei sangue. Similmente la cenere del detto stereo, la quale giova aneora a porla alla matrice. Ungendo quaranta di oon ischinna di cavalla i peli, innanzi che nascano, si viene a spegnerli; e similmente con la decocione delle noma di cer vio ; ma meglio che le corna sien fresche. U latte di cavalla giova alla matrice, lavandola a esso. Se il parto si sente essere norto, on bere la lichene, o certa verruca della cavalla, been dola in acqua dolce, si fa uscir fuori, l i mede simo effetto fa il profamo deli* unghia saa, o lo sterco secco. Il barro infaso ferma la matrice eh' esce fuori*. 1 fiele di bue mescohrto eon otto 1 rosato apre la natrice indorata, mettendo di faori lana eoa trementina. Anche il profano della bovina del bue maschio, secondo che si dice, C tornar dentro la matriee, e ainta il parta. i Il bere latte di vacca aiuta il concetto. Chiaro , che dalla molestia e travaglio del parto procede la sterilit. Dice Olimpia Tebana che questo di* felto si corregge medioaodo il loogo innanzi il coilo oon fiele di toro, grasso di serpe e rnggtae e mele. Il fld di vitello, agnendo il collo detta matrioe coti esso nelle purgagioni al tempo del coito, mollifice la durezza del ventre, e ofuendo il bellico scema il flusso, e in ogni cosa giova alla matrice. Vogliono che ei preoda an danaio a peso li fiele, un terzo di danaio d'oppio, mescolato con olio di mandorle, quanto pare che basti { e tatto quest si aaetie in lana. II fiele del vitrflo naaehio, pesto con Untela di mele, si setba per la natri ce. Se la donna intoraf ai tempo oh' ella ingnvi da manger carne di vitello maschio arrostita con lerba delta aristolochia,fartorir maschio. 1 midollo del vitello messo nel vino a cotto in 1 acqua con sevo guarisce la esulcerazione della matrice, ponendovelo sopra. Ci fa ancora sogna di volpe, e sterco di faina posto su con ragia e olio rosato. Tieosi per cosa mollo ulile far pro famo alla matrice con corn di capra, il nnguc delle capre salveliche.con palma marina cava i peli. 11 fiele dell*altea capre mollifica il celio delia matrioe sparlo sopra f-e dopa la pnrgegioM s

?4 r

h i s t o r i A s m m ondi u n . x x v iii.

77

ingravidare. Coei annera he virt di psitofro, se svegKeudo i peli si lasde stare impiastrato tre giorni. Affermano le levetrld, ehe beendo orina di capra si ristagna ogni pi gran flusso, ovvero se sf fa empiastro di sterco caprino. La pelle, che rima ne dd parto delle capre, invecchiata e bevuta col vino, manda fuori la seconda. Tiensi per util cosa far profumo alla matrice con peli di capretto ,en d troppo flesse del sangue bere II presame, o porvelo su con seme di giusquiamo. Dice Ostane che ae si ungono i lombi della donna con sangue di seeahe di bue aalvetieo nero, le viene a noie Attrito; e Tamoee ancora, beando oasna di beoan^een le quale si mescala il narde per levare illeu o .
Ao n r i a n n i m i m .

Ai nam d b 1 Bim m. LXXVlli. Non enae pi utile ni beemini A e il burro * per e* e eoi mde, maiabua esente al mettere de1denti, e elle gengive, e allei scorticelo ddla bocca. li deste del lupe appieoato al bambino, gli leve le paure, e il mele dei met tere i denti. 11 medesimo effetto fa le pelle. Die, no annera ehe i cavalli, che abbiane addosae i denti maggiori del lopo, non si stancano nd cor rere. Se ugnerai la poppa ddla balia oon presa me di lepre, subito si ristegna il ventre al bam bino. 11 fegato dell asino stillato in bocca al bambino con nn poco di pensee, Io difende dal mal caduco, e dagli altri difetti: vogliono ohe d si feeda per quaranta giorni. La pelle ddT asino fa che i bambini non sono paurosi. 1 denti, che sona i piami a cadere al cavallo, tenuti al cella e*fanciulli fanno ehe i denti che naSeono non de loro molestie; ma hanno pi virt se non bau tocco terre. La mUea del bue si mangia noi mele, e fssene empiestro et dolore detta mil za. Impiaatrad anche alle ulcere ehe gettano marcia, per mescolata een mele. Le milza del vitello cotta nel vioo, pesta e impiastrata giova alle piccole piaghe della bocca. I Magi fanno pas sare per un anello doro il celabro della capra, e lo stillano in bocca a bambini, prima che lor si dia latte, per guardarli dal mal caduco e da ogni infermiti lor propria. Lo sterco di capra legato al oollo in panno mitiga i bambini Inquieti, e massimamente le bambine. Le gengive unte con lette di capra, o oon cervello di lepre, Cadimento mettono i denti. A& som e a l
sv b o b b .

LXXVII1 lofentibusnihil butyro uttfu, per e I co n indie : p m atta et in dentitione, el 4 |ia|T ai, et ad ora ulcera. Oena lapi adalligatae infcnlMun pavores prohibet, deutientiqne m**hos: qaod et pellis tapine preeaUL Deatea qui ea eoram raaximi equi* qooque adalligati, in fatigabilem carso m praeslare dia fln r. Lepore* otB|qle ilHto ubere sistitur infeutium alvo. le* eur assai, admixta modice paneoe, instillatum m oc, a nomitialibns morbis et aBis infentes tuelur : bee xx. diebus fieri praecipiunt. Bt pallia asini in)Nl, impavidos infantes fedi. Dentea qui quis primaun cadunt, facilem den(Moneta praestant infantibus adalligati: efficacia, ai terram non attigere. Lien bubulus in melle editur: et illinitur od lienie dolores : ad ulcera manantia cum d k . lie n vituli m vino dsoeetns, tritusque et ttbtus, plcuecula oris. Cerebrum caprae Magi per annakua aureum trajectam, prius qaam lao de tur, infantibus instillant contra oomitialea, otisroaque infantium morbos. Caprinum fimum ioquietos iofeotes adalligatum panno cohibet, ma xime puellas. Lacte caprino, aul eerehro lepoaum perunotae gingivae, faciles dentitiones faciunt.

Ad

sottrai BT SVDOBKM.

LXXIX. Somnos fieri lepore sumpto in dbis Ceto arbitratur : vulgas et gratiam corpori in n dies, frivolo quidem joco, cui Umcn aliqua de*

LXX1X. Le lepre mungiate, secondo Catone* fa sonno. 11vulgo ancora erede ehe il mangiare nove d continui lepre feccia l ' nomo grazioso.

77i

C. P U N II SECUNDI

71*

beat subesse caiua in l u t a persuasione. Magi felle caprae, sacrificatae dum taxat, illito ocolis, Tel sab pulvino posilo, som num allici dicunt. Sudores in hibet corniu caprini cinis e m yrleo oleo perunctis

E bench il volgo sia autore di pooo ero d ilo , nondim eno tanto consenso debbe avere qualche fede. Dicono i M agi, che il fiele di c a p ra , la quale sia stala sacrificata, im piastrato agli occhi, o messo sotto il piumaccio, fa venir sonno. La cenere di corno di capra con olio d i m o rtile fa ferm are il sudore a chi se n 'u n g e .
A l l a l u ssu b ia b a l l u b b b ia c h b z z a .

Ad V n n u ,

b t b b iib t a t b * .

LXXX . Coitus stim ulat fel aprugnum illitum : ilem m edullae suum hauslae : sevum asininum* anseris masculi adipe adm ixto illitum . Item a coitu equi Virgilio quoque descriptum virus, et testiculi equiui aridi, ut polioni interi possint, dexterve asini testis in vino polus p ro portione, -vel adalligatus brachiali. Ejusdem a coitu spuma collecta roseo p a n n o , el iuclusa a rg e n to , u t Osthanes tradit. Salpe genitale in oleum fervens m ergi jubet septies, eoque perungi pertinentes partes. Bialeon cinerem ex eodem bibi, vel tauri a coilu urinam , lutoque ipso illini pubem. A t e diverso m uris fimo illito cohibetur virorum Ve nus. E brietatem arcet pulm o apri aut suis assus* jejuni cibo sum ptus eo die : ilem hoedinus.

LXXX. Ad incitare il coito giova il fide del cinghiale im piastrato : cos le m idolle del porco bevute: cos il sevo dell'asino im piastrato una col grasso delP oca maschio. Giova egualm ente quelP um ore che cade del coito del cavallo, descritto ancora da Virgilio, e i testicoli secchi de'cavalli, iu modo che si possano m ettere in bevanda; o il testicolo destro delP asino, bevuto in vino a proporzione, o legato al braedo. Giova altres la schiuma presa d d coito del medesimo in pan no ro s a to , e rinchiusa in argento, come dice Ostane. Salpe vuole che si tuffi il m em bro ge nitale n d P o lio bollito sette volte, e con esso s ' ungano le parti vidne. BiaIcone voole che si bea la cenere del medesimo o P o rin a d d toro, dopo il coito, e con quel loto s ' n nga il petti* gnone. P e r lo c o n tra rio , im piastrando con lo sterco del to p o , si raffrena la lussuria oe' ma schi. 11 polmone del cinghiale o d el porco, ar ro s tito , guarisce la ubbriach^zxa d i quel d, m angiato a digiuno : ci fa anche il polm oue d d capretto.
M a b a v i g u o s b c o s b d a b m a l i . T b a o g o b s i mudi*

M ib a db a it o am b o s . S u b t u b d i c i h a b BX APBO,
XII J SUB, LX} CBBVO, I I I ; LUPO, XXVII ; UBSO,

a n

d a l c m o n iA L B ,

ia .

D a l p o rc o ,

60.

D al

x ir v ;

onagbo ,

xu ;

asibo , l x x v i

; po lb a , m ;
LXXXI J

c b b v o , 3 . D a l lu p o , 3 7 . D a ll* o b s o , s { . D a l* l o h a g b o , 1 3 . D a l l 1 a s ib o , 7 6 . D a l l o s t b b c o DBL FBTO ASIHBSCO, 3 . D a l CAVALLO SALVAI T ic o , i i . D a l c o a g u l o d b l p u l b d b o , i . D a l c a v a l l o , 4& D a l c a c i o d i c a v a l l o , i . D ai BUOI SALVATICI!, 3 . D a L BUE, 8 l . D A L TOBO, 5 3 . D a l v i t e l l o , 5 9 . D a l l a lb p b b , 6 4 * D a l l a v o lp b , 3 0 . D a l v a b to b o , 3 . D a l g a t t o , 5. D a lla c a p b a, 116. D a l becco, 3 i. D a l c a PBBTTO, 3 1 .

BQUIPBBO, X I ; BQUULBI COAGULO, 1 1 KQUO, X LII ) HIPPACB, i ; BOBUS PBBIS, II ; BOVE, TAUBO, LU I ; VITULO, LIX

LBPOBE, LXIV J VULCAPBA,CXVI} HIBCO,

PB, x x ; MBLB, 11J * L B ,v ; xxxi ; aoB D o, xxi.

LXXXI. io . Mira praeterea trad u n tu r in eis dem anim alibus. Vestigium equi excussum u n g a la ( a t solet plerum que ) si quis collectum repo nat, singulius rem edium esse recordantibus quo nam loco id reposuerint. Jeour luporom equinae ungulae simile esse, e t rum pi equos qui vestigia luporum sub equite sequantur. T alis suum discor diae vim quamdam iuesse. Iu incendiis, si fimi aliquid egeratur e stabulis, facilius e xtrahi, nec recurrere oves bovesque. H ircorum carnea virus

LXXXI. 30. De' medesimi anim ali m irabili altre cose si raccontano, oltre alle gi d ette. Se alcuno raccoglie il vestigio del pi del cavallo, levato dall' ugna, come le pi volte suole avve nire, e lo ripone, dicono eh' egli rim edio s ferm are il singhiozzo a quegli che si ricordano dove 1*hanno riposto. Il fegato d e ' lupi dicono esser simile all' ugna del cavallo, e che > cavalli scoppiano, quando sotto il cavalcatore seguono l ' orm e d e ' lupi. Dicono a n c o ra , che i u llo o i

77*

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXV111.

774

noo resipere, si panem bordeaeenm eo die quo interficiantur, ederint, laserve d ila tam biberint. N ullas vero teredinem sentire, luna decrescente in d u rata s tale. Adeoque n ihil omissam est, a t leporem sa rd a m celerius pinguescere reperiam as. Anim alium vero m edicinas : si saoguis profluat jum entis, suillam Amaro ex vino infundendam . Boum aatem m orbis sevum, salphur vivam , al lium silvestre, ovum coctam : omnia haec trita in vino danda, aut vulpis adipem . Carnem cabal linam discoctam , potu saum m orbis m ederi. O m nium vero quadrupedum m o rb is, capram solidam eum corio, et ranam rubetam discoctas. Gallinaceos non attingi a vulpibus, qui jecar anim alis ejus aridum ederint : vl si pellicula ex eo collo inducta, galli inierint. Similia in felle m ustelae. Boves in C ypro contra torm ioa, hom i num excrem entis sibi m ederi. Non subteri pedes boum , si priu s cornua pice liquida perungantur. Lupos in agrum non accedere, si capti unius pe dibus infractis, cultroque adacto, paullatim san guis circa fines agri sp arg atu r: atque ipse defo d iatu r iu eo loco, ex qno coeperit trahi. A ut si vom erem , quo prim us sulcus eo anno in agro doctus sit, excussum aratro , focus L arium , quo familia eonvenit, absum at : ae lupum nulli an i mali nocitu ru m in eo agro, qoam dia id fiat. Hinc deinde re v ertem u r ad anim alia sui generis, quae aot placida n o n sunt, a u t fera.

depporci baono una certa virt d i m etter discor dia. Negl* io ce n d ii, se si cava un poco di loto delle stalle, pi agevolm ente le pecore e i buoi si traggon di l , e non ricorrono indietro. Le carni de' becchi non sanno m ai di lezzo, se il d che e 's o n o uccisi hanno m angiato pane d 'o rz o , e bevuto lasero stem perato : n mai esse intarlano, se sono risecche col sale a luna scema. E tanto s ' ricerca ogni cosa, che noi troviam o scritto, come la lepre sorda pi tosto iograssa. Q aanto poi alle m edicine che si fanno agli anim ali stessi, se a ' gium enti esce sangue, si caccia loro in gola sterco di porco col vino ; e a* mali de1 buoi sevo, zolfo, vioo, aglio salvatico e uovo cotto : tu tte queste cose voglionsi dar peste nel vino, ovvero sugna di volpe. La carne d i cavallo discotta e messa nel bere guarisce i mali de* porci. A tutte le in ferm iti de* quadrupedi utile una capra intera con la pelle, e nna b o tta , ben cucinate* La volpe non piglia i polli, i quali hanno bec cato il fegato secco di quell* animale, ovvero se il gallo avr ingravidata la femm ina avendo al collo la boccia di quel fegato. Simili cose dico no del fiele della donnola. I buoi in C ipri m e dicano i loro torm ini con isterco d uomo. I piedi de* buoi non si logorano, se prim a s* u n gono le corna con pece liquida. Se si piglia u n lupo e gli si rom pono i piedi, e dipoi messovi entro il coltello si strascinano intorno la posses sione, di m aniera che il sangue sempre gioccioli in terra, e dipoi si so tterri il lupo in quel luogo dove cominci a essere strascinato, i lupi non entrano mai in quella possessione. Ci si ottiene anche se il focolare, dove tu tta la fami glia si ra u o a , consuma il vom ero cavato dalI* aratro, col qual vomero s* fatto il prim o sol co di quello anno in quella possessione; e ag giungono che il lupo non nocer ad alcuno ani male in quella possessione, m entre che ci si fa ri. T ornerem o ora agli anim ali di specie pro pria, i quali non sono m ansueti n salvatichi.

C. PLUTO SECUNDI

HISTORIARUM MUNDI
L I B E R X X I X
W l d W I X t U I Q n i U W A U B D I, QUAE AU* PLAClftA

VO STHfT, tt

1 0T l i t i .

----- ------------

D* OEIOIRS VEDIC1HAK.
1 . 1 . l l lm raM dioran, d q m H dIo iniW a tiu praalo riari, p lan i de ipa medendi a i t i c o f m t dicere: quam quam nou ignaro* sim, mMi a n te baee Liliao serm one o ta d ili, antoep que IbM cbu essa re rem oaanium novarum ,
tattaaa trtiq o e, tam sterilis gratiae, ftantaeque dif* f i a r i w i i iu pr o udo. Sed queaiam oeeoiftin verisimile est om nium qai baea noscaat Cogita tioni, quonam m odo exoleverint iu m edianae uso) quae tam parala a tq u e pertinentia eraht ; m iru m q u e e t iudignum p ro tin u s subit, nullam artium ineoastautioreito faisae, t etiatnm im sae pius aaatauri, quum sit fructuosior uulla. Dii# friainm inveotocts suos adsigaavit, e t ooelo di* cavit. Netaoon t hodie muiUCurram ah oraculis m edicina p e titu r. Auxit deinde famam etiam cri m ine, ietum fulm ine Aesculapium fabulata, quo* aiam T yndareum revocavisset a d vitam . Neo ta men cessavit n a rrare alios revixisse opera sua, clara T ro ja n is tem poribus, quibus fama certior, vulnerum tam en dum taxat remediis.

DELLA O U O IH DBLLA VBD1CIIA.

1. t . X i a natura de r i taedii, e la u l t i M i a e delle cose che resta a, e delle passate, ai efo n an a ragionar diCasam ente delT a rte stessa del m dieare; ancora e h ' io aappia, che u iono innanzi a afte h a rag*a t d i questa m ateria in lingua L*> tina, e che delle Osa nuove grandissiaia l'incertezza, massime di questa specie, nel cui esporre sono p e r ire incontro a pochissimo favore e a somma difficolti. Nondim eno io ne ragioner, per essere verisim ile ohe ohi di queste cose si conosce venga in pensiero come mai nella medi csaa sieno ite in disuso quelle ooae eh* eraao si p ro n te ed a d atte: nel he considerare vien suba to da Aire le m eraviglie, piuttoato da a v e n ir sdegno che n iu n 'a rte sia stata pi incostante che la m edicina, e che spesse volte ancora sia interve n u to d i m utarla, bench eeanoa ne aia pi fr u t tuosa. Q aesta h a fatto-num i-i prim i suoi inventori e postigli in cielo. Anzi ancora oggi m olte e varie m edicine si dom andano agli oracoli. Ha oltra di questo acquistatosi fama per via di colpa, favo leggiando eh scubpk> fosse m o rto di aaelt* da cielo, per oh egli rito rn in ita T indaride g i i monto. Ma o o n p e r questo ha lasciato d i d ira, alenai a ltri esser risuscitati p e r suo aintq,, il quale alla guenra d i T roia, di che se a e ha certa

779

C. PLINII SECUNDI

780

k &ma, divwsne m olio elebre, ma solo o e 'r i mo dii delle ferite. D b H n r o c u n : q o a v d o n o n n i c lih ic b , q u i s o
n m c i IATEALEPTICE.

D i IrpocmATB : q o a v d o
B FBBGAMBRTI.

wv

is titu ita u

m b d sc ie a

VBATICA, QOAHDO QUBLLA CHB COBA OOlf UBZ10B1

U. Sequentia ejas (m iram dicta) in nocte den sissima latuere osque ad Peloponnesiacnro bellum : tunc eam revocavit in locem Hippocrates, genitus in insula Coo, in prim is clara ac valida, et Aescu lapio dicata. Is quum fuisset mos, liberatos m or bis scribere in tem plo ejus dei quid auxiliatum esset, u t postea sim ilitudo proficeret, exscripsisse ea trad itu r, atque ( u t V arro apud nos c redit ) tem plo crem ato, instituisse medicinam hanc, quae Clinice vocatur. Nec fuit postea quaestus m odus : quoniam Prodicus S dym briae natus, e discipulis ejo*, instituit quam vocant Iatralepticen, et a n cioribus quoque m edicorum ac m ediastinis vec tigal invenit.

II. L ' altre cose sue, che seguitarono ( ma raviglia a dire ), in foltissima o sc u rili stettero nascose fino alla guerra della Morea. Allora Ip pocrate fu quel che la rito rn in luce. Costui nacque nell1isola di Coo, fra le prim e p e r fama e potenza, e dedicata ad Esculapio. E ssendo adun que allora questa usanza, ehe quegli e h ' erano liberati dalle m alattie, scrivessero nel tem pio di quel dio, di che medicina furono giovati, acciocch poi la sim ilitudine profilasse altrui, si dice che Ippocrate le avea trascritte, e ( come appresso di noi scrive V arrone ) essendo g ii arso il tempio, institui questa medicina, che si chiam a Clinica. N i ci fu poi modo nel guadagno, perciocch P ro dico nato in Selim bria, suo discepolo, trov quel la sorte di m edicina, che si chiam a latraleltica, cio medicina u n to ria ; e trov nuovo guadagno a quegli che i medici usavano p e r ungere, e ai m ediastini, i quali sono vili famigli e ministri de1 medici.

D b Cibysivpo, b t E bashtbato.

Di

C b is if p o b d i E b a s is t b a t o .

III. Crisippo oon di m olto ciarleria m u t le co* III. H orum placita Chrysippus Ingenti g a rru se trovate da costoro; ed E rasistrato discepolo di litate m utavit, plurim um que e t ex Chrysippo esso, e nato d ' una figliuola d 1 A ristotele, mut discipulus ejus E rasistratus, Aristotelis filia geni tus. Hic Antiocho rege sanato ceu tum talentis anch1 egli assaissimo della invenzione d i Crisippo. donatus est a rege Ptolem aeo filio ejus, u t inci Costui avendo gu arito il re Antiooo, e b b e in do piam n t e t praem ia artis ostendere. no cento talenti dal re Tolom eo di lu i figliuolo; il che diciamo p e r com inciar aneora a diaaoetmrc il guadagno che si faceva di quest1 a rte . D b KumiCB.
D e l l a m e d icih a a basa s u l l ' b spb x sb v z a .

IV. Un1altra fazione d i m ediei, c h e pigli il IV. Alia feetio (ab experim entis cognom inant nom e dagli esperim ohti, incom inci la em pirica Em piricen ) coepit in Sicilia, Aerone A grigentino in Sicilia per m esso dAcrone A grigentino, com Empedoclis physici auctoritate com m endato. m endato p e r V a u to riti d1 Em pedocle fisico.
D b H bbo philo ,
b t bbliquis il m jst b ib c s medicis

D i E b o v il o b d b o l i a l t b i il l o s t b i m e d ic i : q u i * TB VOLTB SIASI MUTATA LA BAGIOEB DELLA MBMCINA.

QUOTrZS BATIO MBD1CIVAB BOTATA SIT.

V. D issederuntque hae diu scholae, et omnes eas dam navit H erophilus, in m usicos pedes vena ru m pulsu descripto per aetatum gradns. Deserta deindo et haec secta est, quoniam neeesse e ra t iu ea litteras scire. M utata e t quam postea Asclepia des (ut retulim us) invenerat. A uditor eja s T ho-

V. Queste scuole dissentirono fan lo ro per lunga pezza, fin ch i furono poi tutte d a n n ate da Erofilo, il quale deaeriate il b attere delle ven e, per li gradi d elP eti, secondo i piedi musicali. D ipoi fu abbandonata anche questa setta, perch bisognava io essa saper di lettere. Molossi anco p o i q uelli

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXIX.


aison fuit, qoi qoae in ter iftitia n r i p ii i , illo n facedente vito, ad saa placita m utavit. Sed el illa Antonius Mosa ejusdem auctoritate d ir i Augusti, quem cootraria medicina gravi pericolo exemerat. Multos praetereo medicos, celeberrimosque ex iis Cassios, Calpetanos, A rruutios, AIbutios, Rubrios. Ducena quinquagena s annua mercede iis fuere apud principes. Q. vero S te rti nius imputavit principibus, quod sestertiis quin genis aanois cooteolus essei t sexeena enim sibi quaestu U rbis fuisse num eratis dom ibus osten debat. Par et fra tri ejus merces a Claudio Cesare infusa est : c essa sque, quam quam exhausti, ope* ribus Neapoli exornata, heredi - s ccc reliquere, quantum ad eam aetatem A rruntius solus. E x o r tos deinde est Vectius Valens, adulterio Messali nae Claudii Caesaris nobilitatus, pariterque elo quentiae adseclator. Is eam potentiam nactus, novam in stitu it seciam. che, eo me io dissi, Asclepiade avea trovala. F u suo discepolo Tem isone, il quale alia m orte d i lui m ut secoodo le sue opinioni ci che da principe avea scritto. Antonio Musa poi m ut il sistema an che di Tem isooe con l'autorit dAugosto im pera tor, il quale eoo altra m aniera di medicina egB avea liberato da pericolo grave. Lascio da p a rte m olli m edici p u re illustri, e fra gli altri i Gassi, i Calpetani, gli A ronzi, gli Albozii e i R u b rii, i quali ebbero dagli im peratori dugento cin quanta sestertii 1 anno di salario. Ma Q uinto S tertinio rim prover di tal somma gl ir pera dori, dicendo che egli era contento d i cinquecento sestertii T a n n o ; poich dim ostrava che guada gnavano seicento del c o rsre la citt, annoverando le case. 11 suo fratello ancora ebbe la medesima provisione da Claudio im p erad o re; e bench egli scemasse le sue entrate, per rispetto degli oroa m enti eh e fece a Napoli, nondim eno lasciarono trecentom ila sestertii agli eredi, quanto a quella et lasci solo A rru n tio . Venne poi su V estio Valente, nom inato p e r l ' adulterio di Messalina moglie di Claodio im peradore, e parim ente sto* dioso d'eloquenza. Costui aveodosi perci acqui stato potere, in stitu i una nuova setta. La medesima et, nel principato di N erone, si diede alla medicina di Tessalo, il quale c a s s tutte le cose ordinate dai m aggiori ; e con una certa rabbia soppose a tu tti i medici d ogoi et. O r di che ingegno e prudenza si possa sto n a re questo tale, si conosce benissimo per questo solo argom ento, che ei nel suo sepolcro, eh nella via Appia, s inscrisse laironico, ovvero vincitore nella perizia di tu tti i medici. N inno istrione, 0 guidatore di carri a tre cavalli, aveva mag gior compagnia, quando com pariva in pubblico. A cosloi and innanzi di riputazione Crina da Marsiglia, il quale perch aveva due arti, cio medicina e astrologia, fu pi avveduto, e dava 1 cibi osservando le ore secondo il m oto delle sic V e un diario m atematico. Non m o lto , che m orendo lasci cento mila sesterzi!, q u an ti all incirca ne bisognarono per far le m uraglie della patria, o quelle d altre citt. Costoro reg gevano i fati insino a tanto che C arm e, nato pure auoh'egli in Marsiglia, venne a Roma. Costui non solo dann i medici stati innanzi a lui, ma i ba gni ancora, e consigli che gli uom ini, ancorch ne gran geli, si bagnassero con acqua fredda ; e lu ta v a gli amm alali ne laghi. E noi vedem m o allora uomioi vecchi stali consoli intirizzati di freddo fino all ostentazione. Di ci fa fede ancora Anneo Seneca. E non dubbio alcuoo, che cer cando costoro d 'a cq u ista rsi fama con qualche novit, facevano m ercanzia della vita nostra. Di qui uascevano le differente tra i m edici

fiadera aetas Neronis principatu ad Thessa lam transilivit, delentem cuncta m ajorum piaci la, et ra b ie quadam in om nis aevi medicos pero rantem : quali prudentia ingenioqoe, aestim ari vel uno argum ento abunde potest, quum monu m ento suo (quod est Appia via) Jatronicen se in scripserit. Nullius histrionum equarum qne triga rii com itatior egressus in poblico e r a t: quom Crioas Massiliensis arte gem inata, u t cautior reBgiosiorque, ad siderum m otos ex ephem eride m athem atica cibos dando, horasque observando, aoctoritate eum praecessit : nuperque centies n-s reliquit, m u ris patriae, m oenibusque aliis paene non m in o ri som m a exstructis. Hi regebant fata, quum rep eo te civitatem Charm is ex eadem Mas silia inv asit, dam natis non solum prioribus me dicis, v e ru m et balineis: frigidaque etiam h ib er nis a lg o rib u s lavari persuasit. Mersit aegros in lacus. V k leb am u s senes consulares usque io osten tationem rigentes. Q ua de re exstat etiam Annaei Seneca* adetipulatio. Nec dubium est, omnes istos famam n o v ita te aliqua aucupantes anima statim nostra o e g o tisri.

H iao illa e c irca aegros miserae sententiarum

C. PUKU SECONDI
concertationes, nuMo U n a consente, oc video* to r m g m m a lte ri . Hine iUa u M ie ii m onomeo li inscriptio: * turba so m edicorum p e r iiiM M utator a rs quotidio lotica interpolis, e t iogeoioru m G racdae flato impeUimnr. Palam qoe est, a l qoisque in te r iato* loquendo polleat, im peratorem illioo vitae nostrae necisque fieri : ceo vero non millia gentium ine medici* degant, nec ta m en ine m edicina t sicot popola* Rom ano* altra sexcentesimum annum , neo ipse in accipiendi* artibo* lentus, m edicinae vero etiam avidus, do nec expertem dam navit.

y*

circa la salute dell* am m alato, perch n iw io a 'a c cordava con |K altri, p e r n oo parere d i e ed e tg li Di qui viene, ohe in m olte se pallo re si tro o m sc a tto : la m oltitudine de mediai l 'h a ooeiso. * Molasi ogni d i q o e si'a rle , e sem pre si rif t, a noi siamo, a cos dire, travagliali dal vento d egl' in gegni della Grecia. Sobito ohe alcuno sopra ff gli altri con brav u ra di parole, diventa im peratore della vita e della m o rte nostra ; come se inficile m igliaia d ' uom ini non vivessero senaa esodici, beoch non senza medicine ; siccome fa il popolo Rom aoo, che stette pi di seceoto an n i senza me dico, bench non fosse oegligeote d 'im p a ra re ogai arte, e della medicina fosse a oche assai derfderoso, insino a tanto che fattone la pruova, la biasim. Cm t u
il

Q o i m i n i H o m i h s d ic d s , b t q d a k d o .

paino

msdico ir

Roba, n

qmho

V). E tenim percensere insignia prisoornm m his m oribos eoovenit. Cassias Hem ina, ex antiqoissimis auctor eat, p rim am e medici* venisse Rom am Peloponneso A rchagalhum Lysaniae filiom , L. em ilio, M. Livio coss., anno U rbis nxxxv, eiqoe jos Q uiritium d atam , e t tabernam in com pito Acilio em ptam ob id pob lice: vulne rariu m eam fuisse e re dictam : m ireqae g ra ta m adventum ejas initio : m ox a saevitia secandi urendsque, transisse oomeo in carnificem , et in taedium artem omnesque medioos : q a o d claris sime intelligi potest ex M. Catone, cujus auetorita ti trium phas etqae censura m inim um confe ra n t : tanto plus m ipso est. Q oem obrem verba ejus ipsa poeem us.

VI. Non sar fuor di proposito riandare le cose degli antichi *a questo rispello. Cassio Em i na, autore antico, scrive, che il p rim o medico che venisse a Rom a, venne dalla M orea, e chiamossi Arcagato figliuolo di Lisania, essendo consoli L. Emilio e M. Livio, l ' anoo cinquecento trentacioqoe dopo la edificazione di Rola, o fu Catto cit tadino Rom ano, e p e r qaesto pubblicaoiente gli fu com pera una bottega nel com pito Acilio. D ioono peo ehe dalla professione fa detto vain e ra rio, cio facitore di ferite, e ehe la saa ventile fu da principio m olto grata. Dipoi p e r la crudelt eh ' egli osava del tagliare, e del d a r fuoeo, si aeqoisl nom e di carnefice, tanto e h e lo tta l'a rte e i medici vennero a noia ; il che si pu conoscere benwsiaso da q o d lo che disse M. C atone, alla coi autorit il trioofo e la oensura conferiscono ben poco: tanto di pi io lui. P o rre m o dunque qui le sue parole form ali. C bb oioM cie p a c e s sb b o i R o m a ri u ' n w
ARTIOHI.

Q u id d b m ed ic is a r t iq u is R o s a r i lu n ic A V sa u rr.

VII. u Dicam de istis Graecis suo loco, Marce fili : qoid Athenis exqaisitum hebeam , e t quod bonam sit iliorara litterss inspicere, non perd i scere, viacam. Nequissim am et indooile genus illoram : e t boc puta vatem dixisse : Q oandocum que isla gens suas litteras dabit, om nia cor rum pet : ta m etiam magis, si medicos soos huo m ittet. Ju ra ro o t in ter se Barbaro* necare omne* m edicina. E t hoc ipsam m ercede f r d a o t, a l fide* iis sit, e t facile disperdant. Nos qooqae d ictitaot Baebaros, et sp o rd o s nos, qoam alios opicos, ap pellatione foedant. In terd ix i tib i de medicis.

V II. k Io d ir di questi G reci, o M arco figliool mio, al suo luogo : qoel e h ' io n e h o ioteso io A tene, e che sia bene guardare le le tte re loro, m non im pararle, s il far conoscere. Essi sono p e s sim e e tristissime persone; e fa conto e h e e i li aia detto da a n profeta : Finch questa gente inge gner le sue lettere, corrom per e guaster o g n i cosa ; e m olto m aggiorm ente se m anderanno q u i i medici loro. Essi hanno giurato fra lo ro di v o lere amm azzare tulli i Barbari eoa la m ed irio a. Ma questo fanno essi per pagam ento, acciocch tanto pi sia credulo loro, e pi facilm ente p o s sano a ed d e re altrui. E ssppi che questi tris ti c h ia m ano p o r noi altri B arberi, e pi sporcam e n te

U ISTORIAR DM SlUNl LIB. XXIX.

786

contam inano noi, che non fanno gli a ltri rozzi e grossolani popoli, eoo code*la appellazione, lo l ho detto questo, perch tu non ti travagli coi medici. w

V rm

m k d ic ir a e .

i f e t t i d b l l a h e d ic ik a .

V ili. A tque hic Calo dcv anno U rbis nostrae obiit, l x x x v suo, ne quis illi defuisse publice tem pora, a u t privalim vitae spalia ad experien dum a rb itre tu r. Q uid ergo ? damnatam ab eo re m utilissimam credim us? Minime heroules: subjicit enim qua mediciua et se e t conjugem usque ad lo n g a senectam perduxerit, iis ipsis scilicet, qoae nunc nos tractam us ; profilaiurque esse com m entarium sibi, quo m edeatur filio, ser vis fam iliaribus, quem nos per genera usus sui digeum us. Non rem antiqui dam nabant, sed ar tem. M axim e vero quaestum esse imm ani pretio vitae, re c u s a b a n t Meo templum Aesculapii, eliam quum reciperetur is deus, exlra U rbem fecisse, iLerumqoe in insala, trad u n tu r. B t quum Grae cos Italia pellerent, diu post Catonem , excepisse m edicos. Augebo providentiam illorum . Solam hanc artiu m Graecarum nondum exercet Romana gra v ila s in tanto fru c tn ; paucissimi Q uirilium attig ere , e t ipsi statim ad Graecos trausfugae : ioam o vero auctoritas aliter quam graece eam trac tan tib u s, etiam apud im peritos expertesque lin g u a e , non est. Ac m inus credunt, quae ad sa lu te m suam perlinent, si iotelligunt. Itaque her cule in hac artium sola evenit, u t coicum que m edicom se professo statim credatur, quum sit periculum in nullo mendacio raaju*. Non tamen lliod intuem ur, adeo blanda est sperandi pro se cuique dulcedo. Nulla praeterea lex, quae puniat inscitiam : capitale nullum exem plum vindictae. D iscan t perieulis nostris, e t experim enta per m o rte s ag n n t : medicoque tan|um hom inem oo> d d isse im punitas sumroa est. Quinim m o transit convicium , e t intem perantia culpatur : ullroque q o i p eriere arg u u n to r. Sed decuriae pro m ore censuris principum exam inantur : inquisitio per p a reo tes a g itu r; et qui de num m o judicet, a G a d ib u s c o lu u n isq u e Herculis arcessitur: de e x silio vero non aisi x l v electis viris d a to r ta b ella. A t de judice ipso quales in consilium e unt, stalim occisuro? Merito, dum nem ini nostrum libet scire quid saloli soae opus sit. Alienis pedi bus am bulam us : alienis oculis agnoscimus : alie na m em oria salutam us: aliena vivimus opera. P e rie ru n tq a e rerum naturae p re tia , e t vitae a rg o m e n ta . Nihil aliud pro nostro habem us, q a a m delicias.

VI 11. Mor questo Catone fa n n o seicento cin que dopo la edificazione di Roma, c h 'eg li aveva ollanlacinque anni, acciocch alcuno non creda che gli mancasse il tem po, o lo spazio della vita, per fare esperim ento di queste eose. Che direm o noi adonque ? Vorrem o poi credere eh ' egli abbia biasimata una cosa utilissim a? Certam ente no ; perocch soggiuose poi per quali medicine egli conducesse s e la moglie fino alla ta ig a vecchiaia, che sano appunto le medesime, le quali ora noi trattiam o; e confessa d'avere n n comm entario, col quale medica il figlinolo e i servi della famiglia, le quali cose noi dividiamo per le sue specie, secondo l ' uso che se ne fa. Gli antichi non biasimavano le cose, ma l arte. Sopra tu tto avevano per m ale, che si facesse della vita un m ercato di enorm e guadagno. E per questo dicooo aver fallo il tempio d ' Esculapio, quando ricevettero questo dio fuor della citt, e a n ' altra volta in isola ; n ricevet tero i medici se non quando cacciarono i Greci d ' Italia, che fu lungo tempo anoora dopo la m orte di Catone, lo accrescer la providenza loro. La gravit Rom ana, ancorch ella ci oonosca tanto guadagno, non ha ancora voluto esercitare questa arte d e' Greci ; e que' pochissimi de' nostri che p u r v' han dato m ano, ripararono essi pure tra i Greci. Anzi non hanno autorit se non quelli che la trattano alla greca, ancora appresso agl* igno ra n ti, e che non hanno esperienza della lingaa, e che manco credono le cose eh ' appartengono alla salute laro, qoando le intendono.Laonde in questa arte sola avviene, che subito si creda a ciascuno che fa professione di m edico, ancora che ogni altra falsit non porti m aggior pericolo di questa. Bla noi non guardiam o a questo, tanto ba piace vole dolcezza ogni persona nella speranza del vi vere. O lir di ci non v' legge alcuna, che ponisca questa ignoranza, non c ' alcun esempio capi tale di vendetta. 1 m anigoldi im parano con peri colo nostro, e fanno esperienza con la nostra m orte; n al}ri fuor che il medico pu uccider l ' uomo a tutta im punit. Ma peggio, che questo ci torna in villania, e dassene la colpa a ' disordini nostri ; e quegli che sono stati aiorti, vengono ripresi. Noi veggiarao ehe le decarie secondo l ' usanza sono esaminale dalle censore d e' principi, e fassi la inquisizione per gli stessi parenti : si chiamano

7*7

C. PLINII SECONDI

788

Noo deseram Calonem tam ambitiosae arlic invidiae a me objectum , aul senatum illum , qui ita ceusebat : idqae non crim inibus artis arreptis, u t aliquis exspectaverit. Q uid enim venenorum ferlilius,aut unde plures testam entorum insidiae? Jam vero el adulteria etiam in principum domi* bus, u t Eudem i in Livia D rusi Caesaris: ilem Valentis, in que dictam est regina. Non sint artis ista, sed hom inum . Non magia haec Urbi tim u it Cato, ut equidem credo, quam regiuas. Ne ava ritiam quidem a rg o a m , rapacesque nundinas peudeutibus fatis, et dolorum in d ic a tu ra m , ac m ortis arrham , aut arcana praecepta. Squamam in oculjs emovendam potias, quam extrahendam : per quae effectum est, o t nihil magia prodesse v id eretu r, quam m ultitudo grassantfum . Neque <;nim pudor, sed aem uli pretia som m ittont. No tum est ab eodem C harm ide unum aegrum ex provincialibus b - s ducentis reconductum : Al con ti vulnerum medico n - s c dam nato ademisse Claudium principem ; eidem que in Gallia exsulauti, et deinde restituito, adquisitum non minus in tra paucos annos. E t baec personis im putentur. Ne faecem quidem aot inscitiam ejus turbae a r guam us, ipsorum intem perantiam iu m orbis, aquarum calidarum diverticulis : imperiosam iued ia m ,e ta b iisdem deficientibus ciboa saepius die ingestos, mille praeterea poenitentiae modis, culioarum etiam praecepti* e l unguentorum m ixtu ris, quando nullas omisere vitae illecebras. Invehi peregrinas m erces, couciliarique externa prelia, displicuisse m ajoribus crediderim equidem : non tam en hoc Catonem providisse, quum dam naret artem . T heriace vocatur excogitata compositio luxuriae. F it ex rebus externis, qunm tol rem e dia dederit n atura, quae singula sufficerent. Mithridaticum antidotum ex rebus l i v com ponitur, inierim outlo pondere aequali, et quarum dam re ru m saxagesima denarii unius im perala. Quo deorum perfidiam istam m onslranle ? Hominum *nim subtilitas tanta esse non potuit. O steptatio

intin da Gade c dalle colnne d ' Ercole i trib u n i erarii che soprintendano e giudichino del d a n a ro ; e per dare sentenza d ' esilio non bisogna m eno che un convegno di qoarantacinque uom ini. Ma p e r sentenziare sopra il medico, ovvero sopra qaesto giudice che subito danna a m o rte il m alato, quando mai si tiene concilio? E m e rita m e n te , perch niuoo di noi si prende cura di sapere quel che gli bisogni per la salute sua. Noi an d ia mo oon gli altru i piedi : noi vergiam o cogli occhi a ltru i, con la m em oria altru i salutiam o, e p e r altrui opera viviamo. E certo che i prezzi della natura delle cose son m ancali insiem e eoo gli argom enti della vita. Noi non abbiam o a ltro di nostro, se non che le delizie e gli agi. Non lascier Catone da me opposto allo iovidia di cosi ambiziosa arte, o quel senato che cos giudicava, n dir anco che il difetto sia d e ll'a r te, come alcuno si crederebbe, bench nessona apparecchi pi veleni, n pi inganni ne*testa m enti. Non dico nnlla degli adulterii commessi ancora nelle case de' principi, come di Eaderoo in Livia di Druso, e di Valente netta reina, di cui dicemmo. Questi non sono vizii d e ll'a rte , ma delle persone. Io credo che Catone non ebbe m aggior paura di questo per la c itt, d ie delle reine. Non dir nnlla d ell'avarizia, e deflerapad mercanzie che i medici fanno ne' m ali vietai alla m orte : non del prezzo che pattuiscono per gua rir qualche dolore; della caparra perch n o n abbia a succeder la m orte, o i precetti co n tra rii alla opinione del volgo, come sarebbe, cbe piaticelo s* hanno a cac d ar gi le m aglie negli occhi, ehe non cavarsi ; per li qoali avvenne, che pare che niente pi giovi che una m oltitudine d'assassini. Perciocch non li rende pi onesti il p u d o re, ma il m inor prezzo dom andato d a ll'e m u lo . Tniovasi che lo stesso Carraide lolse a g uarire la secon da volta u n provinciale per lugento sestertii, e Claudio im pera dor tolse cento mila sesterzii ad lconte medico di ferite, stato condannalo; il quale essendo stato bandito in F raneia, e dipoi rimesso, ne acquist non m anco in poehianni. A n c h e quest* eose s ' im putino alle persone. Non riprendiam o aneora la feccia o la ignoranza della tu rb a di co storo, l ' eccessivo ahuso delle acque calde oelle in ferm iti, la imperiosa dieta, e i cibi di cbe spesse volte il giorno sopraccarican l'a m m a la lo che ve nisse m eno, e olir ci le mille sofferenze che esigono, e i precetti che impongono nel far le vivande, e la m istura de*li unguenti ; perocch essi non hanno lasciato addietro alcun losiughevole allettam ento di vita. Io c reder cerio ehe a' nostri m aggiori dispiacesse grandeaoente, che nuove e straniere m ercanzie si conducessero, e si facesser compere di oggetti esteri da enorme

7*9

niSTOHlAltOM MUNDI LI*. XXIX.

79

artis et porlenloM scientiae vendilalio manifesta l. Ac ne ipsi quidem illam novere :com perique vulgo pr cinnabari iodica in medicameola mi nim o addi, inscitia D o m in i , qaod esse venenum docebim us inler pigm eata. Veruni haec ad singulorom salutem perlinent. Illa aulem , quae tim uit Cato, a tq u e providit, innocentiora m ulto e l parva opinatu, quae proceres artis ejos de semet ipsi fateantur. Illa perdidere im perii m ores, illa quae sani paiim ur, luctatos, cerom ata, ceu valetudinis causa in stitu ta: balineae ardentes, quibus persua sere in corporibus cibos coqui, u t nemo non m ious validus exiret, obedientissimi vero efierre o to r. P o to s deinde jejunorum ac vom itiones, et ru rsu sp erp o latio n es,a c p ilo ru m eviratio insti lale resinis eoram -: item qae pectines in feminis quidem publicati, lia est profecto : lues m orum , nec aliuode m ajor quam e medicina, vatem pror sus q u o tid ie facit Calonem, et oraculom : u Salis esse iogeoia Graecorum inspicere, non perdi scere. n

Haec fu e rin t dicenda p ro senatu illo, seicentisque populi Romani annis, adversas artem , in q aa c onditione insidiosissima auctoritatem pessi m is boni faeionl : simnl eoo tra attonitas quorum dam persuasiones, qoi prodesse nisi pretiosa non p u taa t. N eque enim dubitaverim aliquibus fa stidio fn lu ra , quae dicentur animalia : a t non V irgilio foit nom inare formicas nulla necessitate, ei eurcoliooes, ac

prezzo : ma non credo per che Calone ci pro vedesse, quando egli biasim q u e st'arte . Essi chiam ano teriaca, una strana composizione di lus so. f a s s i di cose straniere, m entre la n atura ci ha dato tanti rim edii, che ciascuno p e rs bastereb be. Il m itridatico si compone di cinquantaquattro cose, tutte a diverso peso, ed alcuna alla sessan tesima parte d ' un denaio. Quale iddio ha inse* gnato m ai questa perfidia T Poich certo non i da credere che gli uom ini abbiano avuto tan ta sottigliezza. Non dubbio alcuno, che questa ostentazione di a rte , e vana m ostra della lor ciur m erla. Ma n ancora essi conoscono quelle cose ; ed ho corounemenLe veduto to rre m inio in cam bio di cinabro d ' India, per la ignoranza del no me ; il che dim ostrerem o nel trattato de' colori esser veleno. Per queste cose im portano alla salute d ' ognuno. Ma quelle che Catone tem e previde, son quelle che si stimao m eno dannose e leggeri, le quali i professori di q n e st'arte confes sano da s medesimi. Quelle oose che sofleriamo da sani, quelle han dato a terra i costumi dell* im pero, vale a dire le lutle, le uozioni di cera e d 'o lio , da essi ordinate a pretesto di sanit : i bagni arden ti, per li quali ci persuadono che i cibi si cuocano nello stomaco, acciocch niuoo non n uscisse me no gagliardo, e quegli che fossero obbidienfissi mi ne fosaero tra tti m orti. Dipoi bevande a di giuno e vom itazioni, e quindi altri beveraggi, e levar nella virilit i peli eon te ragie, e p ortar le donne scoperti i peltignoni. Cos : la corruzione de' costum i, la quale non d 'a ltro n d e maggiore, che dalla medicina, fa ogni d Catone indovino, di cui verissimo l'oracolo, che basta d a ri' oc chio al sapere de' Greci, m a non im pararlo. Q uesto ho io voluto dire a lodtf dell* antico senato, e dei bea seicento anni che conta il po polo Rom ano, eontra quest' arte, nella quale pei* inganno d e' medici i buoni danno riputazione al tristi, e p a T te ancora eontra le ostinate persua sioni d 'alcuni, i quali non vogliono credere che la m edicina possa giovare, s ' ella non osta caro. N dubito punto, ebe non abbiano a essere in fa stidio ad alcnni gli animali, di cui avrem o a p a r lare. Ma non fu vietato a Virgilio nom inar senza alcuna necessit le formiche, i gorgogli, e .....................le celle piene Di piattole che in odio hanno la luce: n a O m ero tra le battaglie degli dei descrivere la im prontitudine della mosca ; n alla n atu ra generare simili anim ali, bench ella generi Tuo* mo. E per ciascuno consideri le cagioni e gli effetti, e n on le coae.

. . . .

Lucifugis congesta cubilia Mallis :

H om ero in le r proelia deorum im probitalem m uscae describere: non naturae gignere ista, quum g ig n a t hom inem . P roinde cautas qoisque e i effectis*, non res, aes limei.
m s

C. PLINII SECONDI
R em edia ex l m u , x x x v . R im e d ii t e a t t i d a l la l aba ,

79a

35.

IX. O rdiem ur antem a confessis, hoc est, lanis IX . Coraincieremo dunque da cose manifeste, ovisque, n t obiter rebus praecipuis honos in cio dalle lane e dalle pecore, acciocch nel dis prim is perhibeat or. Quaedam etiam sic alienis corso del ragionam ento s ' attribuisca il primo locis, tam en obiter dici necesse erit. Nec deerat onore alle cose pi degne. Sar necessario ancora, m ateriae pom pa, si quidqnam aliod intueri libe perch cos ricercher il progresso, d ire alcone re t, quam fidem operis. Q uippe inter prim a pro cose, bench non sieno messe nel luogo a loro ditis etiam ex cinere phoenicis nidoque m edicinis, conveniente. Non mi mancava pompa al suggello, ceu vero id certum esset, atque non fabulosum. se io voleva guardare ad altro, che ad usar nella Irrid ere est, vilae remedia post millesimum an mia opera tutta la fedelt. Perch certam ente fra num red itu ra m onstrare. le prim e cose si trovano medicine fatte d t cenere di fenice, e del nido suo, come se qoesta fosse certa, e non favolosa. Ed cosa da rid ere , che m ostrino i rim edii della vita avere a ritornare dopo mille anni. a. Gli antichi Romani avevano le lane anoora in a. Lanis anctoritatem veteres Romani etiam religiosa autorit, volendo che con esse toccassero religiosam habuere, postes a nubentibus attingi gli usci della porta le donne che andavano a ma jubentes : p raeterq ae cultnm et tutelam contra rito. O ltra I ornam ento ed il rip aro contra il frigora, succidae plurim a praestant remedia ex freddo, le lane soccide danno m olli rim edii con oleo vinoqoe, aut aeeto, p ro u t quaeque m ulceri m orderi ve opus sit, e t adstringi, laxarive, luxatis olio, vino, o aceto, secondo che in ciascon male m em b ris, dolentibusque nervis im positae, e t bisogna addolcire, o m ordere, ristrig n e rr, o al crebro suffusae. Q uidam etiam salem admiscent largare, poste sui m em bri usciti de* loro luoghi, luxatis. Alii cum lana rutam tritam adipem que e a nervi che dolgono, e spesso bagnate. Alcuni aggiungono ancora sale i 1m em bri mossi de' lor im ponunt. Item contusis tum entibusqne. Halitus luoghi: alcuni oon la lana pongono ru ta pesta e quoque oris gratiores facere traditur, confricatis sugna. Cos anco I' adoperano a 'm e m b ri am d eatibus atque gingivis, adm ixto melle. Prodest maccati ed enfiati. C redono altres che l alito e t phreneticis suffitu. Sanguinem in naribus sistit della bocca diventi pi grazioso, stropicciando i com oleo rosaoeo: et alio m odo indita auribus denti e le gengive con la lana e col m ele. Il suo obtoratis spissios. Q uin e t ulceribus vetustis im profum o giova al farnetico. Ristagna il sangue p o n ito r cum melle. Vulnera ex vino, vel aceto, n e lle 'n ari con olio rosato, o altrim enti mettesi vel aqua frigida et oleo expressa sanat. Arietis negli orecchi spesso turati. Adoperasi alle na vellera lota frigida ex oleo madefacta, io m ulie scenze vecchie col mele. Bagnala con vino, o ace bribus mali inflammationes vulvae sedant. E t si to, o acqua fresca e olio, guarisce le ferite. La lana procidant, suffitu reprim unt. Succida lana impo del m ontone, lavata in acqua fredda, e bagnala in sita subditaque m ortuos partus e v o ca t. Sistit olio n e ' mali delle donne m itiga gl*incendii della etiam profluvia earum . At canis rabiosi m orsibus m atrice ; e se questa uscisse fuora, il profum o di Inculcata post diem septim um solvitur. Reduvias quella la fa ritornare. La lana succida m essa sotto sanat, ex aqua frigida. Eadem n itro , sulphure, alla m atrice ne tira fuori i parti m orti. Ristagna oleo, aceto, pice liquida ferveotibus tincta, quam ancora i flussi di q u e lla . Calcasi lana succida calidissima imposita bis die,lum borum dolores sul morso del cane rabbioso, e sciogliesi il set sedat. Sanguinem sistit ex ariete succida, articulos tim o giorno. Con l'ac q u a fredda risaua i pa extrem itatum praeligans. Laudatissima om nis e nerecci. Cava le doglie de' lombi iutrisa in nitro, collo: natione vero Galatica, T arentina, Attica, zolfo, olio, aceto, e pece liquida bollenti, e poita Milesia. Succidam im ponunt et desquamatis, per quanto pi calda si pn sofferire due volle il cussis, lividis, incussis, collisis, contritis, dejectis, giorno. Quella di m ontone succida ristagna il capitis et aliis dolorihus, stomachi inflam mationi, sangue, legata alle g iunture d e ll'e strem it . In ex aceto e t rosaceo. Cinis ejus illin itu r a dtritis, ogni lana quella del collo pi lodata ; e se vo vulneratis, ambustis. E t in oculorum medicamen gliamo dire del paese, pi stim ata quella di ta additur : item in fistulas, auresque suppuratas. G alatia, di T aranto, del paese d 'Atene, d e ll'i A d haee detonsam eam, alii evulsam , decisis sola di Mileto. Adoperasi ancora la lana succida sum m is partibns siccant, carpuntqoe, e t in fictili a ' percossi, lividi, ammaccati, triti, pesti, caduti, crudo com ponunt, ac m elle perfundunt, u rn n tqne. Alii assulis tedae subjectis, et subinde intera ' dolori del capo e d ' altre parti, alle ventosit

79*

HISTORIARUM MUNDI U l i . XXIX .

^4

strati), oleo adspcrsam accen<l unt, cinerem que in labellis aqua addila confricant m anu, e t considera patiuntur, idque saepias m utantes aquam , donec linguam adslringat leniter, nec m ordeat. Tunc cinerem reponunt. Vis ejus septica est, efficacissimeque genas purgat.

dello stomaco, con aceto e olio rosato. La sua ce n e re s ' im piastra a percosse, a ferite, e a colture. M ettesi nelle m edicine degli occhi, e nelle fistole ancora, e negli orecchi che abbiano fatto marcia. A queste cose alcuui pigliano lana tosa, altri lana svelta, che asciugauo, recisene le estrem it, e scarmigliata la m ettono in v a s o di terra, e sparsa di mele la bruciano. Alcuni vi m ellouo verghe di teda, sotto e poscia I r a mezzo, e gettandovi olio labbruciano; e ne stropiccian la cenere con m ano in catini con l'a c q u a , e lascianvela riposare; e questo fanno di spesso, m utando l'acqua fin che leggerm ente stringa la lingua, ma non m orda. Allora la ripongono. La virt saa di putrefare, e purga benissimo le coperchie degli occhi.
D
ella la n a s u c c id a ,

De

o e sy p o , x x x ii.

3a.

X. Qnio ipsae sordes pecudum, sudorque fe X. 11 loto e il sudore delle pecore, massima m ente delia laua di sotto le spalle e di sotto le minum, et alarum , adhaerentes lanis ( oesypum coscie, che si chiama esipo, buooo a infinite cose. vocant), inoum eros prope usus habent. In A tti cis ovibus geuito palma. F it pluribus m odis: sed Quello delle pecore Ateniesi m igliore di lu tti (eli altri. Fassi in pi m odi, ma m igliore quel probatissimam, lana ab his partibus recenti con cerpta, aut qoibuscum que sordibus succidis pri lo, che si fa pigliando la lana cresciuta da poca mam collectis, ac lento ingni iu aeneo subfervein quelle parti, o qualunque loto che si raccolga etis,et refrigeratis, pioguique quod supernatet, per la prim a volta; e in vaso di rame si fa bollire collecto in fictili vase, iterum que decocta priori un poco a fuoco len to ; e dipoi quando fredda nateria: quae pinguitudo utraque frigida aqua si piglia il grasso e h ' rimaso di sopra, e m ettesi lavator, et ia linteo saccatur, ac sole to rretu r, in vaso di terra, e la lana di nuovo si fa bollire: donec candida fiat ac translucida. Tum in stannea indi di nuovo si piglia il grasso, e dipoi l 'a n o e pyxide conditur. Probatio autem , u t sordium 1' altro si lava in acqua fredda, e mettesi in panvirus oleat, et m anu fricante ex aqua non lique nolino a seccarsi, e liensi al sole tanto, che di tur, sed albescat ut cerussa. Oculis utilissimum venti bianco e trasparente. Allora si ripone ia contra inflam m ationes, genarum que callum. Q ui alberelli di stagno. La prova di queslo , che dam in testa to rre n t, donec pinguitudinem am it 1' odore suo sappia di lezzo di tal b ru ttu ra , e tat, utilius tale existim antes erosis et duris genis, stropicciandolo con la man molle non si strugga, ma imbianchisca come biacca. utilissimo agli >ogulis scabiosis et lacrym antibus. Ulcera non occhi, contra le infiammazioni e il callo delle oculorum m o d o sanat, sed oris etiam et genita lium, cura anserino adipe. M edetur e t vulvae in coperchie loro. Alcuni arrostendolo in un testo, fanno che nou perde la grassezza, e questo ten flammationibus e t sedis rhagadiis, et condylom a gono che sia utile alle coperchie degli occhi rose tis cum m elilo to ac butyro. Reliquos usos ejus e d u re , e alle lagrim aloie scabbiose e che goc tuo loco digerem us. Sordes quoque caodarum ciolano. Con sugna d 'o c a ulile Don solo agli concretae io pilulas, ac siccatae per se tusaeque in ulceri degli occhi, ma ancora della bocca, e dei farinam et illitae dentibus m ire prosunt, etiam m em bri genitali. Guarisce aocora le infiam ma labantibus: gingivisque, si carcinoma serpat. Jam gioni della m atrice, le crepature del fondam ento, vero pura v e lle ra , aut per se imposita caecis do e i condilom ati con meliloto e eon b u rro . L 'al latibus, a u t accepto sulphure : e t cinis eorum , tre sue virl conterem o per ordine al debito feuilalium v itiis. T anlum que pollent, ut roedicaluogo. 11 loto eziandio della coda, rassodato ia tttntis q u o q u e superponantur. M edentur ante pillole, e secco per s e ridotto in farina giova onuia e t p e c o ri ipsi, si fastidio non pascatur. m olto, stropicciandolo sopra, a' denti, eziandio so Cauda e n im q u a m arctissime praeligata, evulsa si dimenano ; e alle gengive, se cancro vi serpeg ode lana s ta lim vescuntur. T raduotque qnod giasse. 1 velli p a ri, o posti per s giovano ai u lta n o d u m s il e cauda praem ori. dolori interni, o di che non si conosce la causa, o anche con zolfo: la cenere loro giova a ' difetti delle parti genitali. C d hanno le lane tanta v ir-

C. P U N II SECUNDI

7D6

t, che si m ettono ancora sopra i medicamenti. Sopra ogni altra cosa medicano le stesse pecore, se per fastidio non pascono; perocch se stretlissimamente legata la coda, spiccasi la lana di l, subito esse pascono. Per dicono che latta la lana della coda eh' fuori di quel legame non ha pi vita. Ovis, xxi. D ille
dova,

a i.

3. Hanno le lane ancora lega con l'uovo, XI. S. Lanae h abent e l cum ovis socie la lem XI. airoul fronti impositae contra epiphoras. Non e insieme poste sulla fronte valgono eontra le opus est eas in hoc usu radicula esse curatas, lagrim e degli occhi. Ned bisogno che le laoe in questo caso sieno governale con la radielta, neque aliud, quam candidum ex ovo infundi, ac n che si pigli altro che l album e dell'uovo e pollinem thuris. Ova per se infuso candido oculis farina d incenso. Q uesto album e p e r s mede* epiphoras cohibent, urenlesque refrigerant. Qui* sirao^>osto sull'occhio leva le lagrim e, e riufredam cum croco praeferunt, el pro aqua miscent sca I' occhio infiam mato. Alcuni preferiscono collyriis. Infantibus vero contra lippitudines vix usarlo con zafferano, e m ettonlo nelle medicine aliud rem edium est, butyro adm ixto recenti. Ea degli occhi in luogo d 'a cq u a . A 'bam bini appena dem cum oleo (rita ignes sacros leniunt, hetae si trova altro rim edio, quando 9000 cispi, che ioliis superilligatis. Candido ovorum in oculis el pili reclinantur, ammoniaco trito adm ixloque. album e mescolalo con b u rro. Q ueste medesime cose pestate con olio m itigano il fuoco sacro, E t vari in facie cum pineis nucleis ac melle m o m ettendovi di sopra foglie di bietola. L'albume dico. Ipsa facies illita sole non a d u ritu r. Ambusta con ammoniaco pesto e mescolato fa ripiegare i aquis si statim ovo occupentur, pusulas non sen peli dell'occhio ; e copinocchi e un poco di mele tiu n t. Quidam admiscent farinam hordeaceam, el leva i vaiuoli della faccia ; e impiastrandone il salis parum . Ulceribus vero ex am busto, cum viso, non sar riarso dal sole. Le cotture fatte candido ovorum to*tum hordeum , et suillo adipe, per acqua bollente, se subilo vi si pon so V albom ire prodest. Eadem curatione ad sedis vitia in e, non levano vescica. Alcuni vi mescolano u tu n tu r : infantibus qnidera, etiam si quid ibi farina d ' orzo e un poco di sale. Agli scorticali procidat. Ad pedum riiiixs ovorum candido de per cotture giova assai mescolare con l ' albume cocto cum cerussae denariorum duum pondere, dell'u o v o orzo a rrostilo e sugna di porco. Il pari spum ae argenti, m yrrhae exiguo, deinde vino. Ad ignem sacrum, candido ovorum trito m edesimo adoperano a ' mali del fondamento, e cum amylo. A junt et vulnera candido glutinari, a' bambini pure, ancora quando cadesse loro gi calculosque pelli. Lutea ovorum cocta u t indure nulla del fondamento. Alle crepature de* piedi scant, adm ixlo croco modice, item melle et lacte s ' adopera albume d ' uovo cotto con d a e denari Mulieres illita, dolores oculorum m itigant. Vel a peso di biacca, e 'altrettan to di schiuma d 'a r cura rosaceo el mulso lana oculis imposita, vel gento e un poco di m irra, e dipoi vino. Al fuoco cum trito apii semine, ac polenta in mulso illita. sacro s'usa albume d'uovo pesto con am ido. Dico Prodest et tussientibus per se luteum devoratum no ancora, che con l'album e le ferite si risatdano, liquidum , ita u t dentibus non a ttin g atu r: thora e la pietra si rom pe. II tuorlo dell' novo sodo cis destillationibus, faucium scabritiae. Privalim con un poco di zafferano e di mele im piastrato contra haem orrhoidom m orsum illin itu r, sorbecon latte di donna, m iliga il duol degli occhi ; h irq u e crudam . P rodest et renibus, vesicae rosio ovvero m etiendo lor sopra la lana con olio rosato nibus exulceralionibusque, et cruenta exscrean e vin melato, o con seme d* appio pesto, e po tibus. Q uinque ovorum Iulea in vini hemina lenta im piastrala in vin melato. 11 tao rlo detcrnda sorbentor dyseulericis, cum cinere puta 1* novo liquido, inghiottito in m odo che non m inis sui, et papaveris succo ac vino. D antur tocchi i denti, giova alla tosse, non che alle dicoeliacis cum uvae passa pinguis pari pondere, stillazioni del costolam e, e all* asprezza della et m alicorii, per triduum aequis portionibus. E t gola. Particolarm ente s* im piastra e o n tra il m or alio m odo lutea ovorum trium , lardi veteris et so dell' em orroide, e beesi crudo. G iova ancora mellis quadrantibus, vini veleris cyathis tribus, alle reni, alle corrosioni e scorticam enti della trita ad crassitudinem mellis, el quum opus sit, vescica, e a chi sputa sangue. Per lo male de'poiidi beonsi cinque tuorli crudi d ' uova in u n ' e m iu a irvellanae nucis m agnitudine ex aqua pota. Item di vino, Cuti la cenere de lor gusci, su g o di ex oleo fricta terna, to tis ori pridie rauceratis in

797

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXIX.

79

celo. Sio et lienterici*.Sanguinem autem rejicien tib u s, cum tribua cyathis m usii. U tu n tu r iisdem d liv en tia,si vetustiora sini, cura bolbis ae melle. S istu n t et menses m ulierum cocta, e t ex vino pota : e l inflationes quoque vulvae cruda cum oleo a u t vino illita. Utilia sunl et cervicis dolori bus cum anserino adipe el rosaceo. Sedis etiara vitiis in d u rata igni, u t calore quoque prosint. E t condylom atis cura rosaceo. Ilem ambustis durata io aqua, m ox in prnnapolam inibus exustis: tura Iulea ex rosaceo illinuntur. Fiunt et tota lutea, quae vocant schista, quom triduo incubila tolluot u r . Stom achum dissoluturo confirm ant pulli ovo r u m cam gallae dim idio, ita ne ante duas horas alius cibus sum atur. D ant el dysentericis pnllos in ipso ovo decoctos, adm ixta vini austeri heroina, et pari n o d o olei polentaeqoe. M embrana putam inis detracta sive crudo, sive cocto, labio rum fissuris m edetur. Putam inis cinis ia vioo p o tu s, sanguinis e ru p tio n ib u s. C om buri s k m m em brana o p o rtet : sic fit et dentifricium . Idem cinis e t m ulierum menses curo m yrrha illitos sistit. F irm ita s putam inum tanta est, u t recta, nec vi, nec pondere ullo frangantur, nec nisi paullulum inflexa rotuudilate. T ota ova adjuvant p ar tum cum ru ta , et anetho, el cumioo pota e vino. Scabiem corporum ac pru ritu m oleo et cedria m ixlis tollunt. Ulcera quoque hum ida in capite, cyclamino adm ixta. Ad puris et sanguinis exscrea tiones ovum crudum cum p o rri sectivi succo, p a riq u e mensura mellis Graeci calfactum hauri tu r . D antur et tussientibus cocta, e t trita cam m elle, et cruda cnm passo oleique pari m odo. In fu n d u n tu r et virilitatis vitiis , singula cum ternis passi cyathis, amylique semuncia a balineis. A dversus ictus serpentium cocta tritaqae adjecto n astu rtio illinuntur. Cibo quot modis ju v en t no tum e st, quum transm eent faucium tum orem , calfacluque o b ite r foveant. Nullus est alius cibus, qui in aeg ritu d in e alat, neque oneret, sim ulque vim polus ac cibi habeat. M aceratorum in aceto m olliri dixim us putam eo. Talibus cum farina in panem subactis coeliacis recreantur. Quidam ita reso lata in patinis to rreri utilius putant. Quo genere non alvos tantum , sed e t menses femina rum sistu n t : a n t si m ajor sit im petus, cruda cum farina x aqua h a u riu n tu r. E t per se lutea ex iis decocta in aceto, donec indurescant ; iterum que cum trito pipere to rren tu r ad cohibendas alvos. F it e t dysentericis remedium* singulare, ovo ef-r fuso in fictili novo, ejusdem que ovi m ensura, a t p r i a s in t om nia, melle, mox aceto, item oleo, confusis c rebroque perm ixtis. Quo fa erin t ea e x cellen tio ra, hoc praesentias rem ediara erit* Alii eadem m ensura pro oleo et aceto resinam a djiciunt rubentem , viuum que; et alio modo

papavero e vino. Dannosi ancora aMebili di sto maco con pari peso d ' uva passa pingue, e con buccia d i m elagrana, tre giorni a parti ugaatk lu altro m odo si pigliano tre tuorli, a a quadrane te di lardo vecchio a a di mele, e tre bicchieri di vin vecchio, d ib attuti insiem e, e k l t i rasso^ dare come mele ; e quando fa bisogno se ne pi glia con l ' acquu quanto una noeciuola. 11 me-* destino effetto fanno tre Inorli frin nell' olio, ma che le uova sieno state un giorno prim a ia macero oell' aceto. Cos im piastrate giovano an cora al male della lienteria;*e con tre bicchieri di mosto, a chi sputa sangue. Questi medesimi si adoperano a lividi vecchi, con cipolle e mele. Colti e bevuti nel vino ristagnano i mesi delle donne: crudi e im piastrati con olio e vino levano la ventosit della matrice. Sono utili ancora ai dolori della collottola con sogna d 'o c a e con olio rosalo. Giovano sim ilm ente a' mali del se* dere fatti dori col fuoco ; talch giovano ancora col calore. Con olio rosato sono utili a* condilo mali. AgP incotti giovano falli du ri nell' acqua, ardendosene poi i gusci sulle bracie, ed essi tuorli s ' im piastrano con olio rosato. Fannosi le uova ancora tulle gialle, le quali si chiamano schiste, quando covate tre giorni si levano di sollo la gallina. I pulcini che sono nell' uovo con la met di galla, in m odo che per due ore Innanzi non ti pigli altro cibo, conferm ano lo stomaco disso luto. Danuosi ancora al male d e' pondi i pulcini cotti nell' uovo slesso, mescolatovi un ' emina di vin brusco, e pari misura di olio e di polenta. La buccia levata dell' novo o cotta, o cruda, m edica i fessi de' labbri. La cenere de' gusci dell' uovo bevuta in vino giova a chi si rom pe alcuna veua, ma vuoisi ard ere senza la buccia ; e in questo medesimo m odo se ne fa polvere da stropic ciare i denti. La medesima cenere im piastrata con m irra ferma i mesi delle donne. La durezza de' gusci tanta, che stando riiti, n per forza, n per peso alcuno si possono rom pere, se non quando fossero male rilondati. L ' uova bevute in fin o con m irra e aneto e cornino aiutano a partorire, e mescolate con olio e cedria levano la scabbia del corpo e il pizzicore ; e mescolate con ciclamino levano il lattim e del capo. A chi sputa m arcia o sangue si d a bere un uovo cru do con sugo di po rro segaticelo, e a ltrettanto mele Greeo riscaldato. Dannosi ancora a chi ha tosse cotti e pesti eoi m ele, e erodi col via cotto e con olio a m isura eguale. lafondonsi ancora ai mali del m em bro virile, ciascuno con tre bic chieri di vin passo, e mezza o n d a d'am ido, quan do s ' esce del bagno. C otti e pesti col nasturzio s' im piastrano a' m orsi delle Serpi. In quanti m odi giovino in cibo, gi nolo, perch se la

799

C. PI-INI! SECONDI

80 0

tem perant, olei U ntum mensura pari, pineiqoe corticis duabus sexagesimis denariorum , nna ejas ^nod rh a m dixim us, mellis obolis qoinqoe siraul decoctis, ita u t cibu* alias post qu ato o r horas avoiatar. T orm inibus quoque m alti ra d e n tu r , ora bina eum allii spici* qtialuor una lerendo, vinique hemina calefaciendo, atque ita potui dando. E t ne q uid desit ovorum gratiae, candi dum ex his adm ixtum oalci vivae glutinat rii ri fragmenta. Vis vero tanta est, u t lignum p e rfu suro ovo non ardeat, ac ne vestis quidem contacta aduratur. De gallinarum autem ovis taolura loculi sumus, quum e t reliquarum alitum restent ma nae utilit les, sicut suis locis dicemus.

gola sia enfiata, nel passarvi essi sopra vi fanno benissimo fom enlo col p roprio calore. Niuno altro ctfeo nella malattia nutrisce non aggrava, e insieme ha forza di bevanda e di cibo. Noi abbiamo gi detto di sopra, che tenendogli in molle nell* aceto, s ' intenerisce loro il guscio. Con tali uova dunque im pastate nel pane si fa giovamento a ' debili di stomaco. Alcuni tengooo che sia pi utile, quando sono cos mollificati, arrostirgli nel tegame : in queslo m odo ristagna no non solamente il corpo, ma i mesi delle don ne ; e se 1 em pito del flusso m aggiore, si me scolano erode con la farina, e beonsi eoo l'acqua. Ancora il tuorlo, per s cotto nell' aceto fin cbe egli indurisce, pesto con pepe, si arro sti: per restrignere il corpo. Fassi ancora un singoiar rim edio al male d e' pondi, m ettendo un uovo ia an vaso nuovo di terra, e alla misura del mede simo novo, io modo che tu tte le cose sien pari, mele, e poi aceto e olio, spesso rim enati. E quan to queste cose saranno m igliori, tan to sar pi eccellente esso rim edio. A ll con la medesima misura, in cambio d ' olio e aceto, aggiungono ragia rossa e vino ; e per altro m odo temperati la composizione solamente con pari m isura di o)fc>, e con dne sessantesimi di dnaio d i cortec cia di pino, e un di quello che noi chiamammo ra s, colti insieme con cinque oboli di mele, in m odo che si pigli altro cibo dopo q u attro ore. Molti ancora medicano i torm ini, pestando in sieme due uova con q uattro spicchi d'aglio e un* emina di vino, riscaldando il tu tto , e cos dando a bere. E acciocch alcuna cosa non si taccia della virt dell1 uova, I' album e d' esii mescolato con calcina viva tiene appiccati insie me i pezzi del vetro ro tto . E d di tan ta fona, che nn legno bagnato nell novo non arde, n anco la vesta eh' tocca con esso. Ma noi finora non abbiamo favellato se non dell* uova delle galline, m entre ci sono grandi utilit dell uova ancora degli altri uccelli, come direm o a* suoi luoghi.
D T X E DOVA DB* SEBPEHTI.

Db

s e b p b r t i o m o v is .

X II. Praeterea est ovorum genus in m agna XII. O ltra ai d etti, c* una sorte d* cova, la Galliarum fama, omissam Graecis. Angues innu qoale ha gran riputazione in F rancia, di cui i m eri aestate convoluti, salivis faucium corpoGreci noo hanno fatto menzione. La state iofioite rum que spumis artifici complexu gloaserantar, serpi avviluppate insieme, con la saliva della gola anguinum appellatur. D ruidae sibilis id dicunt econ la schioma del corposi aggruppano concerto iu sublime jactari, sagoque oportere intercipi, ne artificioso abbracciam ento: l uovo che ne fanno, tellaretn allingat. Profugere raptorem equo: ser si chiama anguino. Dicono i D ruidi, che le serpi pentes enim insequi, donec arceantur amnis alieon fischi le gettano in alto, e che bisogna rice cujus interventu. E xperim entum ejti* etie, si verle nel grem bo della veste che si chiama sago, contra aqaas fluitet vel aoro vinctum . Atque, ut innanzi che tocchino terra ; e che ohi le toglie a esi Magorum solerli occultandis fraudibus sagax, qaesto modo dee fuggire a cavallo con ogni pre

Of

HISTO01AW N MU1WI LiB. XXIX.

Bau

certo Jup* c tp ic p d p m ccn stn t, tam quam con gruere p i a t i o n e m ea m serpentium , h u m sai tit rb ifrii, Vidi quidem i4 ovum meli orbiculati modici ipagaitndtnft, crasi cartilaginis, velut acetabulis brachiorum poJypi crebris, insigne Druidis* Ad victorias litium ac regum a d ita s,m ire Ispdatur 1 tantae n a i t i t i s , a t habentem id in lite in sio u equitem Romanurn e Vocontiis, a divo Claudio principe interem ptum noo ob aliud sciam. Hic taiueq complexus anguium et efferato* rum concordia, aauta videtur esse, quare exte rae geptes caduceum in pacis argom enti circum* data effigie anguium fecerint, Neque enim cri-, statos esse io caduceo mos e s t

sie sta , p e r e t i le aerpi lo segui taaor fin che al valicar di qualche fiume elle non possono ir p i inM f ii. La pruova che l'a o v a sia quello, che fluiti in fiume, ancora ' ciato d oro. 1 Magi, peeob sono accorti ia nasrondere f i 1 inganni loro, vo*gliono ohe si pigli tale oovo in certi giorni detta luna; come ae foese in arb itrio delluom o il quan do le serpi facciano tali aova. Io ha ved alo quest* uovo grande qu aalo una piccola mela tonda, o ra erosi di cartilagine, con iapeste cavit quali son nelle braccia del polpo, casa notabile a ' D ruidi. Serve m olto qaesto oovo a far vincere i piali, a avere facile udienza dai principi. E d tan ta la v a n iti, che un cavalier R om ano de* Voconzii, il qaale nel litigare avea questo novo in seoo, fu chiam ato da Claudio im peradore, e per questa cagione da lui fu fatto m orire. Nondimeno que sto abbracciam ento econoordi delle serpi, ehe avviene anche tra le p i fiere, pare che abbia dato cagione alle straniere nazioni di figurare il caduceo, la qual verga in segno di pace si attornia d ' im m agini di serpi. Perciocch quelle cbe si figurano nel caduceo non si sogliono fare oaa creste.

Os COMAGSKO

q q v p u u b iid o . M e d i c i r a s EX 8 0 , IV.

Cous 9 faacu 1

cu* aosho. M aniam m esso,

4.

XUI. D e anserum ovis m agnae utilitatis, ipso* foe ansere d ic ta ri hoc ia valpm w e, d e b e * honorem e t C om agenorum clarissimae ei. FU ex adipe anserum : alioqni celeberrim i u*us e s tf ad hac ip Com egene Syriae parte cum clooam o, easia, pipera albo, herba quae C ontagine voeator, obrutis nive vatis, odore jucundo, utilissi mam ad p erfrictiones, convulsiones, csecos aut labitos dolores, om niaque quae acopis cu ran tu r : oagaenturaque pariter, ae m edjcam ettqm est. Fit et ip S y ria alio m odo, adipe aviam aurato, et di(|m ps, additis erysisceptro, xylobalsamo, pheepee eia le , item calamo, singulorum pondere qai si( adipis,cum vino bis a u t ter subJervefactium* Fit autem hiem e, quoniam aestate non glaoiat ; nisi 4ccepta cera. M ulta praeterea reapedia su n t ex ansere ( q a o d m iror ), aequa qpam in corvis. Namque a n ser corvusqoe ab te ttale iu autum num morbo conflictari dicuntur.

X III. In qu esto lib ro dovendo io ragionare delle uov delle oche, le quali sona di grande utilit, e delle oche ancora, far oswre a u n eccel lente medicarne del paese di Ceeaegene. Passi di sugna dr oca ; e certo questa sugna di grande utilit. Ma in Coraagene citt di Sona si fa con cinnamomo, cassia, pepe bianco, e un erba che si chiama Coraagene ; e i vasi in che si m ette si cuoprono di neve : di gratissim o odore, e u ti lissimo par le p e rd iz io n i, alle ooavofeien e a su b iti e o s intesi dolori, e a tn tti i m ali cbe si medicano cen l'e rb a acopo. unguento insiem e a m edicina. Fasai aneoea in Seria in altre moto* di sugna d uccelli curata come dicem mo, aggnua* tovi erisiscettro, silobel ram o, d a te feneeo e ca lamo ; ciascun di questi si m eite e tanto peso, quanto la sngns, e ta tti insiem e eon vino s fan bollire dne o tre volte. Fasti di verno, perch la state non si rappiglia, ae n e a vi si me Ite la aera. Molti altri rim edii si fanno dell oca, come pure ( di che mi maraviglio ) de corvi. Perciocch si dice ch il corvo e loca dalla state fino allau tu n no com battono con l inferm it.
R tH lD ll TEATTI DAL CARE.

R in sm a

ex c a r e .

XIV. 4 * D e anserum honore, quam m etuere Gallorum in Capitolium adscqnsu dlsprebenso, diximus E adem de causa supplici appua canes P l in io I. N., V o l . II.

XIV. {. Dell'onore* ehe leoche meritarono, quando i Galli assalirone U CaitoKo, abbiamo ragtppafro altrove. Per quella medesima cagione
5i

8o3

C. PLINII SECUS DI

804

p en d o n i in le r aedem Juventatis el Sam m sni, m i in furca sambucea arbore fixi. Sed plara de hoc anim ali dici cogunt priscorum mores. Catalos lactentes adeo puros existim abant ad cibum , ut etiam placandis num inibus hostiarum vice ole re n tu r his. Genito m ane catulo res divina- fit, et in coenis deum eliam num ponitor catnlina. Adi tialibus quidem epulis celebrem fnisse, Plauti fa bulae indicio sont. Sanguine canino contra toxi ca nibil praestantias pu tan t. Vomitiones qooque b o c anim al m onstrasse hom ini videtor. E t alios o sa i ex eo m ire laudatos referem us sais locis.

i cani sono latti n itr ir e ogni anno fra il tem pio della G iovent e quello di Som m ano, im piccati vivi a un albero di sambuco. Ma i costum i degli antichi mi costringono a d ir pi cose di questo anim ate. Essi stim avano i canini d i latte tanto puri per cibo, che ne facevano sacrificio per placare gli dei. Fassi anco sacrificio d el canino nato la m attina, e oggi ancora nelle cene degli dei si m ette la carne di cane. Nelle com m edie di Plauto si legge, come di questa carne si soleva m angiare nelle cene aditiali. T engono che non sia cosa pi utile eontra il veleno, che il saogue di cane. P are anco che questo anim ale abbia in segnato all uom o aiutarsi col vom ito. Ragione rem o al suo luogo di m olte altre e maravigliose utilit, che si traggono d ' esso.
RlMBDII APPOSITI AD OGBl MALATTIA DBL COBFO. C orteo
i l m o bso d e ' s b b p b b t i.

R iK m i

pbb

MOBBOS

c o b p o b is d ig e s t a .

A dv bbscs

s b b p b b t i d h ic t u s .

Eb

mobb.

im e d i t b a t t i

DAL TOPO.

XV. R itorniam o ora all'ordine nostro. Ha gran XV. Nunc ad statutum ordioem pergemus. v irt eontra il m orso delle serpi lo stereo della A dvertns serpentium ictos efficacia h a b e n tu r, pecora fresco, cotto col vino, e posto sul m orso; fimom pecudis recens in vino decoctum illitum e cos i topi sparati e posti sol luogo offeso ; la q o e : m ures dissecti et im positi, quorum n alu ra cui natu ra non p unto da sprezzarsi, e massima non est spernenda, praecipue in adscenso side m ente nel m ontare de* pianeti, com1 detto, ere* rum , u t dixim us, cum lum ine lunae fibrarum scendo e scemando col lam e della luna il nomero num ero crescente atque decrescente. T ra d u n t delle lor fibre. Dicono i Magi, che dando at Magi, jocinere m uris dato porcis in fico, sequi porco il fegato de* topi nel fico, questo animale dantem id anim al. In hom ine qooque sim iliter valere, sed resolvi cyatho olei poto. segue tuttavia chi gliele d ; e che fa ancorali medesimo effetto nell'uom o, ma che ci si risolve col bere uo bicchiere d ' olio. Ex
MUSTELA. D alla
dohhola.

XVI. M ustelarum duo genera. A lleram sil XV I. Due sorti sono di donnole, T an a delle vestre, distaus m agnitudine. Graeci vocant ictiquali salvatica e differente di grandezza. 1 das. H aram fel conlra aspides d icitor efficax, G reci le chiam ano ittide. Dicesi che il fiele di cetero veoenom. Haec aotem qoae in dom ibos queste ha virt eontra gli aspidi: del resto esso nostris o berrat, et eatnlos saos ( a t actor est Ci veleno. Questa che sta per le case nostre, e tut cero ) q aotidie transfert, m nlatqoe sedem, ser tavia va qua e l tram utando di luogo ogni d i pentes persequitor. Ex ea inveterata sale denarii suoi calellini,* come dice Cicerone, e non tiene pondus 10 cyathis trib u s d a tu r percussis: an t mai un sito, perseguita le serpi. Di essa invec ventriculus coriandro fartus inveteratusque e t in chiata col sale si d il peso d ' nn denaio in tre vino potus. E t catulus mustelae etiam efficacius. bicchieri ai percossi ; o il suo ventriglio pieno di coriandoli, invecchiato e bevuto nel vino. Il suo piccolo figliuolo ha ancora m olto maggior virt.
E x CIMICIBUS. D
a l l e c iv ic i.

XVII. Quaedam pudenda dicto tanta aucto XVII. C erte cose vergognose e sporche a dire, rum adseveratione com m endantar, u t praeterire p e r essere elle con tanta osservanza ricordale fas non sil. Siquidem illa concordia rerum , a a t dagli antichi, non ist bene lasciarle da parie. repugnantia medicinae gigr.uular : veluli cimiPerocch le medicine nascono dalla concordia o

H1STOBI&ROM MONDI LIB. XXIX.


c a m t a i a i l i i foedissimi, e t dieta qaoqae fasti d ie n d i n a tu ra , coutra aerpentiam m o rta i, e t praecipue aspidam valere d icitar, ltem eontra venena om nia : argum eoto, quod dieant gallinas, q u o d ie id ederint, non intarlici ab aspide : carne sq o e earum pereassit p larim am prodesse. Ex his qoae trad u n t, hum anissim am est, illinire norsibos cum sanguine testudinis : item raffila eoram abigere saogaisagas adhaerentes, haustas* qu e ab anim alibus restinguere io p o ta dalos. Quam quam e t oculos quidam iis inuogoot tritis cam tale et lacle m ulierum : auresqoe, cam melle e t rosaceo adm ixtis. E os qui agrestes sint, e t io m alva nascantur, crem atos, cioere perm ixto ro saceo infondant auribus. Cetera quae de bis tra d a n t, vomicae, e t quartanarnm rem edia, alioru m q a e m orborum , quamquam oo, a u l cera, a u t aba ioclasos censeant devoraodos, falsa, oec referenda a rb itro r. L ethargi tameo m edicinae cam argom ento adhibent, qoooiam vincatur aspidum som nifica vis, septenos in cyatho aqaae dante*, puerilibus annis quaternos. E t in stran guria fistulae im posuere. Adeo nihil parens illa rerum om nium sine ingentibus causis genuit. Quin e t adalligatos laevo brachio binos lana subrepta pastoribus, resistere noctornis febribus p ro d id ero n t, d iurnis in roseo panno. R ursus iis a dversatur scolopendra, suffitoque enecat.

806

rip u g n an te delle c o se; siccome le cimiei, ani m ale sporchissim o, e da avere a schifo poro a m entovarlo, si dice che hanno virt eontra le serpi, e m assimam ente gli aspidi, a eontra lo tti i veleni. Di ehe dicono esser questo il segno, che le galline, in quel d che hanno beeoato le cim iei, non sono m orse dall* aspido ; e che la lo r carne ancora giova m olto a quegli che son m orsi. Di to lte le cose che si scrivono io qoesto proposito, um aoissim o fare a* m orsi em piastro di cimici con sangue di testoggine. Dicono ancora, h e eoi p ro fa n o d* esse si cacciano via le m ignatte appic cate. Dandole bere agli anim ali, che nell* abbeve rare avessero inghiottito qualche m ignatta, d ette ^pignatte muoiono. Alcuni ancora ongono gli occhi eoo le cimici peste con sale e eoo latte d i Slonna ; e gli orecchi ancora, mescolandole con mele e olio rosato. Le cimici selvatiche, e massi m am ente quelle che nascono nella malva, si ardo no, e la cenere loro si m ette con olio rotato negli orecchi. Gli a ltri loro rim edii, i quali si dioe che giovano alle posteme e alle qoartane e a d a ltri mali, beoch vogliooo che s* ioghiottiscaoo r in chiuse io cera, in uovo o in C iri, stim o ehe sien Calsi e da uoo rap p o rtare. Noodim eno ^ a r g o m enta che tien o medicina alla letargia, vedato che vincono la grave sonnolenta indotta dal1' aspido, dandone sette iu u n bicchier d* acqoa a chi m orso, e se io et faoeiulleaea, q u a ttro . A doperam i ancora al m em bro genitale che non d passaggio a ll'o rin a ; tanto piacque alla n atu ra m adre del tutto nou generare nulla seoza cagio* ue. Dicono che legatene d ae al braccio involte in lana furala a* pastori, resistono alle febbri della notte, o a quelle del giorno in paono rosato. 11 cenlogambe nimico a qoesti anim ali, e il ta o profum o le accide.
D x g li
a s p id i.

Da i i r u i s o i .

X V 111. Gli aspidi uccidono quei che m ordono XV111. Aspides percosso* torpore et somno con sonno e con torpore. N alcuna serpe ha necant, om nium serpentium m inim e sanabiles. veleno pi pericoloso di qoetto. Se per qaesto Sed e t venenum earum s i saogoioem a I t i o g i t , lor veleoo tocca il sangue o fresca ferita, di sabi a a t recena volnos, statim io terim it : ioveteratom to uccide ; ma se tocca nascente o alcuoo m alor oleas, tard ia s. D e eetero potam quantalibet copia, vecchio, pi tard i ammazza. Del resto, beeodolo non nocet. N on est eoim tabifica v is: itaq ae in qual si voglia quantit, non nuoce, perch non oecisa m o rsu earum aoimalia, c i b is ioooxia saot. cosa corru ltiv a. Per gli anim ali uccisi da que C unctarer in proferendo ex his rem edio, nisi M. sto veleno, si possono m angiare seoza pericolo V arronem aeirem l x x x i i i vitae anno prodidisse, veruno. D ubiterei di raccontare i rim edii eontra aspidom icto s efficacissime sanari, haosta a per questi anim ali, s* io non sapessi che M. Varrone ca sais ip e o ru m orina. T anno ottantesim o terzo della sua vita scritte essere ottim o rim edio che i m orti da q uetli beano 1* orine.

C. P U N II SECONDI

El

B lS IU S C .

D al fcAsiLTsto.

X l . Basilisci, qum etiam s e rp e n te ipsae f d f i a t t ) alias U ioln necantem , qui hom inem Tel i i spicit talai& v dioilur ia Ieri m ere, sangoinem K i g i m iri laudibus oeiebviDl, eoanlem pici* ridodo e t colore* dilatum cinnabari clariorem fiH T rib u n a * e t e t eeeoeseus petitionum a potette* lib a i) efc a dii* eliam precum , m orborum rame* U n , tfenetteeum amolela* Q uidam M S aturai I .sanguinem appellant.

XIX. II bisitltto fuggito dsH aUre serpi, perch con lodore le uccide : dittai he ttedde l'uomo ancora guardandolo. I Magi attribimeond maravigtiose lodi al stw sangue, it qtaate M q tr sta Ia sodezza o il clor deNi ptte, stemperato ha oolore pi chiare ehe cinabro. AtltRmiseongil ancora virt di far riesci re prosperamente le domande fatte ai principi e a* magistrati, e Ji preghiere eziandio porle agli dei, e di guarire le infermit e di allontanare le malie. Alenili lo chiamano sangue di Saturno.

Ex D iM M n.

Dal DfcAoftz.

XX. l ) M o non habet venena. Caput efas XX. Il dragone itoti ba v d e h . P ro m ettan o ehe il capo suo messo stillo la tb g lh della porta, Inferni jan aeru m ubditum , prnpitlfetis dorati* avendo propiziati gli dei con V orazine, T* la c ttt ita diiss fon ta n a tam o a v a facere pronailiiUir. fortunata. Dicono che qnegH d ie fc*ungono eoa { fodis j w l a n t t n t i i , t oam melle trilis, inungli occhi loro, i qnfcli sieno invecchiati t pesti col ettto on paveseere ad noelarnas imagines, ellam mele, ancora che sieno di n a tu ra paurosi, non pavidos. Cordis piague iu palle dorcadum nervis hanno paura delle im m agini nottu rn e. Il grasse cervinis adalligatum in lacerto, conferre indicio ru m victoriae. P rim um spondylum aditas pote* eh* nella pelle del cnor delle dorcade, legate al braecio con nervi di cervio, dicono ohe Confe staUun am icare. Dentea ejus illigatos p e llita s risce alla vittoria de* piati. E il prim o nodo del cprearnm cerviois nervis, m ites praestare dom i suo collo fa felice la entrala a 'p rin c ip i. I denti nos* plestatesqne exorabiles. Sed euper om aia est Oompositio, qua in v id o s faciunt Magorum suoi legali io pelle di capra cou oervi di t e m o , fanno piacevoli i signori, e placabili i m agistrati. n w a d td a : canda draconis et capite, pilis leonis Ma sopra a tu lle va la com posizione, con la quale iro n ie , t m edulla ejasdem , e q ai victoria spu i Magi bugiardi prom ettono che gli uom ini si m a, canis u ngaibas adalligatis cervino corio, nerviaqere cervi alternatis e t dorcadfs : quae coar rendono invilii. Questa la coda e il capo del guisse n o n m inas refert, quam co ntraria serpendragone, con peli della fronte del lione, e midolla del m edesimo, e schiuma di cavallo vittorioso, tibaa rem edia dem onstratae, quoniam haeo mo e ugue di cane legate con cuoio di cervio, e nervi ra m veneficia eant. Draconum adipem venenata di cervo e di dorcade, presi scam bievolm ente or fu g iu n t: ilem , si u ra tu r, ichneum onum : fugiant et urticis trilis in aceto perunctos. l uno, or l'a ltro . La quale im postura tanto im porta che si riprenda, q n a a lo im porla che si di m ostrino i rim edii eontra le serpi, perch essa il v d e ao d e' costumi. T u lle le cave velenose hanuo avverso il grasso de* dragoui, e similmente, purch si bruci qaello degl' icneum oni : batta* avversi altres eofotto che en m t i con orlici* peste e state a e ir ceto. E x vi****. X X I. Viperae caput impoMkftn, vel sAtriui f t i u n quae percaaaerit, sine fine prodest. Item fi q o h eam ipsam in vapore baento sustineat: a j m t e n t o praecanere : item si qui xustx* ejus inarem illinat, f r e t t i aniem ad percussum ser pentes necessitate n a tu ra e , Nigidius anelar est. C aput quidem dissecant Scythae in ler aures ad exim endum lapillum , quem ajunt ab ea devorari D u
i

vw eaa.

X X I. Il capo d d la vipera posto aul m eno, e qaello a m o d ' u n ' altra, ebe a od a b b ia p w osata, giova senza fine ; e sim ilm ente se afona* la IM M oou u u bastone al vapore d ' acqua bolleote, pe rocch si dice che fa incantesimo ; o se egli impia stra la cenere di quella che fa arsa. Scrive Nigi dio, che le serpi per necessit di natura ritornano a chi hanno ferito. Usano gli Scili fendere il capo

H IS T O R IA M * I O N
territa. Alii ipso toto capite n tn n lu r. F iu n t ex vipera pastilli, q u i tboriaei v a o aitn r i Graecis, ternis digitis utrim q u e am putatis, exem ptisque iatorancia, et Uvore apsne ad h ae re* te , reliquo co rp o re in pallila x aqua et anetho disdocto* spioiaqwe ex em p tis, et addita sim ilaginei atque ita u m b ra aiocatia pastillis, quibus ad: m ulta m edicam ent u lu n lu r. Signifioaudatn Videtur e vipera ta n tu m bue fieri. Q uidam p u rg a ta e , u t apra d ictum est, adipem cum olei aextaria dcco* qttabt ad dim idias. E x eo, quum opus sit, ternis stilli* additis in oleum p e ru ag a atu c , a t omnes bestiae fugiant os.

LIB. XXIX.

S to

d'essa per trarn e fuora una pietruzxa, eh tra gli orecchi, la quale Qua divora per paura. A ltri usano tu tto il capo. Fannosi della vipera certi pastelli* i quali d a ' Greci si ehiamtmb tettaci, ta gliandone da amb le estrem it tre dita, e cavata dono l in te rio ri, e h spina livida e h ' appiccata alla sehiena ; H resto dei corpo si cuoce in tegam e eon acqoa e aneto, cavandone le fcpioe, aggi*gnendo similagine t i pastelli cos fatti si seccano all' om bra, s ' ulano a m olle medieine. Per bassi da sapere che ci si fa solam ente di vipera. Al* cuni tolgono sola la sugna della vipera purgfet, come abbiam o detto, e la ooeono in e n sesta rio d ' olio, tanto ehe torni p e r tneUL E quando Al bisogno, l ' uom m ette tre gocciole di questa oota nell' olio, e uageai, acciocch tu tte le bestie lo faggaua* Om
u

C l KBLlQVtS S B K M B T nres.

u n i toniti.

XX 1L P raeterea constat, a n tra tnmuro er* pentiva ictus, quamvis i M a n a b ile s , ipsarum eerpeutiom exta imposita auxiliari : eosque q u i ali* quando viperae jcenr onctum h a u s e rin t, num q u M postea fcriti a serpente. Neque angnii te* aeaatus at, niai p e r mensem lana instigata*. Sed pw dust vrvu com prehensis, et ia aqua contusus, si foveatur ila fcorsus. Q uin t inesse ei rem edia mulla c re d u n tu r, u t digerem us, e t ideo Aescula pio dieatuf. D etnoerkut quidem m onstra quae dam x hia conficit, n t possiot avium serm ones inleJMgi. Anguis Aesculapius E pidauro Romam adveeiut eat : vulgoque pascitur e t in dom ibus. AcTiisi incendila semina e x o rre atu r, non esset fisenndiiati e o n im resistere.

In o rb e terra rn m pulcherrim um anguium ge nas est, q u a d e t in aqua vivit, feydfi vocantur, nudis serpentium inferiore veneno* H orum jecur servatone ad ver sua percussos a b h b auxilium est. Scorpio tritu s steUioanm veneno adversator. Fit e n i n t e stellionibus m alum m edicam entum . Nam quum im m ortuus est vino, facium eorum qui b ib e rin t lentigine obducit. O b hoc in un* gueuto necant enm , insidiantes pellicum formae. Remedium est ovi luteum , el m ei ac nitrum . Fel sleliionum tritu m in aqua mustelas congregare ticttur*

X X II. O ltra di ei si tra e v a ehe l taterio** di questa serpi poste in su qualunque m orso di serpe, quantunque pericolosissimo, lo guariscano $ c ohe quegli, che hawno alcuna volta m angiato i l legata callo della vipera, mai pi noti sotro feriti daUe serpi. N anco il serpe^ ehe ai chiama angue, velenoso, ae non i instigato fra il me*e dalla lan a. Ma presa viva, e pasta nell* a o q ta , medi cinale, facendo fom entazione d'esso al m orso delle serpi. Si tiene anzi eh' egli abbia in s m olli ri medii, come direm o, e per ci dedicato ad Esco* lapio. Dem ocrito dice che d esso si fanno alcune maraviglie, a potere intendere la favella dei vola tili. L 'an g u e Esculapio da E pidauro fu arrecato a Roma : una specie s m ansueta, che si tiene da ognuno nelle case. E se l ' uova loro non fossero abbruciate, ne nascerebbon tan ti, che non si po trebbe resister loro. V ' una bellissima sorte d ' angui, che vivono anche in acqua, e chiamaosi id ri, 1 quali d i veleno non sono inferiori a Verona altra serpe. C hi m orso da alcuno d ' essi, ha per aingoiar rim edio un fegato di questi angui. L a soorpioo pesto giov c an tra il veloa delle tarantole. Di-case si fa u m al aaedicafcaento Per* ciocch s ' elle affogano nel vino, coloro che bemea di quel vino diventano lentigginosi, e perci al cuni le m ettono negli ungoenti odoriferi, volendo in questo m odo far dispiacere d i e donne, che si lisciano il viso. Il rim edio di ci un tuorlo di uov oca m ele e nitro. Dieeai (4 * il fiele della tarantola pesto neU' acqoa rio n a le donnole.

C. P U M I SECUNDI
D s M U N A IM A . D blla s a u b u s u .

X X III. In le r om nia venenata salam andrae X X III. F ra ta tti gli anim ali velenosi la sala soelusm axim um e s t Celera eniin singulos feriunt, m andra pessima ; perciocch l a ltre serpi feri nec plnres pariter in te rim a n t : a t om ittam , qaod scono an solo p e r volta, e non uccidono p t a un perire coosdentiaTdicuntar hom ine percosso, nc tratto : n dir ora l'o p in io n e di m olti, i quali que amplius adm itti ad terras : salam andra popu dicono che la salam andra subito eh* ella ha per los p ariter secare im providos potest. Nam si a r cosso alcuno, si m uore di pentim ento, e che la b o ri irrepsit, omnia poma inficit veneno, el eos terra pi non la rioeve : ma essa pu uccidere qui ederint, necat frigida vi, nihil aconito distans. tatto un popolo alla im provisla, perciocch sella Q uinim m o si contacto ab ea ligno vel pede crosta m onta sur un albero, lo corrom pe tu tto di veleno, panis incoquatur, idem veneficium est : vel si in e con la sua fredda forza, la quale non ponto puteum cadat. Q uippe qoum saliva ejus quacum differente dall acooito, uccide tulli quegli, d ie ne mangiano i frutti. E, che pi, se il pane si cuo que parte c o rp o ris, vel in pede imo respersa, om ais in toto corpore defluat pilus. Tam en talis, cesse con legne tocche da essa, ne verrebbe il me desimo effetto : cos aocora s* ella cadesse io un ac tanti veneni a quibusdam anim alium , ut subus, pozzo. E se la sciliva d* essa toccasse qualuoque m anditur, dom inante eadem illa reru m dissiden parte del corpo, fosse pure la p unta del piede, tia. Venenum ejus restingui prim um om nium ab cadono i peli per tu tto il corpo. N ondim eoo s his quae vescantur illa , ex his verisimile est, terribil veleno seoza pericolo m angiato da al quae p ro d a n tu r, cantharidam potu, aut lacerta cuni anim ali, e m assimam ente da* po rci, per ri in cibo sum pta : cetera adversantia dixim us, dispetto di quells discordia, eh* fra tu lle le cose. feouisque suis locis. E x ipsa qoae Magi tra d u n t eontra incendia, quoniam ignes sola anim alium Che il m angiare della sua carne valga so p ra ttu tto extinguat, si foreut vera, jam esset experta Ro a spegnere il veleno di lei, si trova esser verisi ma. Sextius Venerem accendi cibo earum , si de m ile per quello che si dice del bere le cantarelle tractis interaneis,' et pedibus, e t capite in melle e del m angiar le lucertole : le a ltre cose che al suo serventur, trad it, negatque restingui ignem ab iis. veleno si oppongono parte ne abbiam o delle, ne direm o a* suoi luoghi. DeUe cose che i Magi dicono della salam audra ra p p o rto gl incandii, che sola essa fra gli altri anim ali li speoga, se fos ser vere, Rom a g ii n avrebbe fetta la prova. Scrive Sestio, che la salam andra riserbala nel m ek, avendone prim a tra tte le in terio ra, i piedi il capo, m angiata accende la lussuria ; m a dice ebe non vero eh essa spenga il fuoco. E x VOLDCBIBDS, ADVEBSUS SKRPBNTBS; BX VCLTCBE.
D a g l i u c c e l l i,

coiryao i

s k b p i.

Da l l * a v o l t o i o .

X X IV .O ra degli uocelli chesoo rim ed io coutra XXIV. E volucribus in aaxiliam contra ser le serpi, prim a l avoltoio; ma s* osservato an pentes prim i vultures. A dnotatnm quoque m iuus cora, che quei che hanno le penne nere, h a n man virium esse nigris. Pennarum ex his nidore, si co forza. Con 1*odore delle lor penne, a* elle si u ra n tu r, fugari eas dicunt. Item cor ejos alitis ardono, dicono che si fanno fuggir le serpi. Di habentes, tutos este ab im petu non solum ser cono aocora, che ehi ha il caore di qaell* uccello, pentium , sed etiam ferarum , latronum qoe, et re non solam ente sicuro dalla furia delle se rp i, m a gam ira. ancora delle fiere, de* ladri e dell ira de* re . E x GALLIHACEIS.
D a i p o l l i.

XXV. Le carni de polli sparate, e cos calde XXV. C arnibus gallinaeeoram , ita u t tepe poste sul luogo offeso, guariscono il veleno : ci b a n t avulsae, adpositis, venena serpentium do fa aocora il cervello d essi bevuto nel vino. I m an tu r: item cerebro in vino poto. P arth i galli P a rti usano piuttosto p o rre sulle ferite il cervello nae m alunt cerebrum plagis im ponere. Jus quo della gallina. Il b rodo d* esse ancora b evuto m e que ex his polum praeclare m edetur, e t in m ultis dica benissimo : maraviglioso in m olti a ltri bisoaliis usibas m irabile. Pantherae leonesque non

8i3

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXIX.

814

attingunt peranctos c o , praecipae si et alliam faerit iococlam . Alvum solvit validius e vetere gallinaceo. Prodest e t c o n tri longinqnas febres, et torpentibas m em bris, trem ulisqae, e t articu lariis m orbis: io capitis d o lo rib u s: epip h o ris, inflationibus, fastidiis, incipiente tenesm o, joci neri, renibns, vesicae: contra cruditates, snspiria. Itaqoe etiam faciendi ejas exstant praecepta. Ef ficacius enim cocti cum olere m arino, ant cybio, aot cappari, a u t apio, aut herba m ercuriali, au t pelypodio, aut anetho : utilissim e antera in con giis tribas aqnae ad tres heminas c o n snpradielis herbis, et refrigeratum snb dio dari tem pestivis anleeedeote vom itiooe. Non praeteribo m iracu lum, quamquam ad m edicinam non pertinens: si aoro liquescenti gallinarum m em bra miscean tur, consum unt id in se. Ita hoc venennm auri est At gallinaceis ipsis'circulo e sarm entis addito in coU oib, oon canant.

gni. Le pantere n i lioni non toccano mai quegli che sono a n ti con esso, e massimamente se d e ntro vi fn cotto aglio. Ha v irt di m uovere il corpo ; e con p i forza, quando il pollo ben vecchio. Giova ancora contra la febbre di lungo tem po, a* m em bri intorm entiti e t r e m a ti , a' mali delle g ianture, a* dolori del capo, alle lagrim e degli occhi, agli enfiati, a* fastidii, al tenesmo quando e'com incia, al fegato, agli arniooi, alla vescica; contra le indigestioni e i sospiri. E perci ancora ci sono i precetti del farlo. Ha m aggior virt cotto con cavolo m arino, o cibio, o capperi, o appio, o m ercorella, o polipodio, o aneto. Utilissimamente si fa che tre congii d ' acqua con le sopraddette erbe tornino a tre emine ; poi si lascia raffreddare allo scoperto, e dassi la m attina ; ma vogliono che prim a si faccia vom ito. Non voglio lasciare addie tro una m araviglia,ancora ch'ella oon appartenga p onto alla medicina : se si mescola la carne della* gallina con I* oro liquido, essa consuma 1* oro in s i medesima. E cosi questo il veleno dell oro. I galli non cantan mai, se tn fai loro in to rn o I collo un cerchio di serm ento.
D a g l i a l t e i c c c s l l i.

E x U LtQOIS AVIBUS.

XXVI. A uxiliatur cootra serpentes et colum barum caro recens c o n ce rp ta , et h irundinum : bubonis pedes asti cam plum bagine herba. Nec omittam in h ac qooqae alite exem plam magicae vanitatis. Q uippe p raeter reliqaa portentosa m en dacia, cor e ja s im positam mammae m olieris dor* mieolis sinistrae, trad u n t efficere, u t om nia se creta p ro n u n tiet. Praeterea in pugnam ferentes idem, fortes fieri. E jusdem ovo ad capillum re media dem o n strat. Quis autem , quaeso, ovum bubonis u m q u ara videre p o tu it, quum ipsam avem vidisse prodigium sit? quis utique expe* riri,el p raecipue in capillo? Sanguine quidem pulli bubonis etiam crispari capillam p ro m ittan t.

Cajas g e n eris prope videri possint, qaae tra dant et de v e spertilione : si ter circum latus dom ni vivas, p e r feoestram inverso capite infigatur, amaletnm esse : privatim qae ovilibus circum ra ptum to tie s , e t pedibus suspensum i n supero limine. S au g ain em quoque ejas cum carduo, contra serp en tiu m ictus in ter praecipua landant.

XXVI. La carne fresca de* colombi e deller rondini giova contra le serpi ; e anco i piedi dr gufo arro stiti con nn* erba, che si chiama piom baggine. Non vo* lasciare ancora in qoesto ucoello un esempio della v a n iti de* Magi. Essi o ltra P al tre loro m onstruose m enzogne, dicono che se sr mettesse il cuor del gufo sulla poppa manca della donna ehe dorm e, essa direbbe tu tti i suoi segreti ? e che chi lo porta addosso in battaglia, diventa pi gagliardo. O ltra di questo, dicono che P nova suo i rim edio a* cape gli. Ma dicamisi di grazia, dove si mai trovato chi abbi visto uovo di gufo, se il vedere esso gufo i riputato cosa prodigiosaT E chi n ' ha p otato fare sperienza, e massimam ento ne' capegli ? Dicono ancora, che col sangue d ei figlinoli del gnfo si fanno capegli riocinli. Di questa medesima specie sono le cose che essi dicono de* pipistregli, cio, che se qaesto uccello p o rtato vivo into rn o a una casa per tre volte, e per s i m edesim o' s'appicca nella finestra col capo rovescio, vale cootra gl1 incantesim i ; e particolarm ente contra quelli che nascono alle pecore, portato a ltrettan te volte in to rn o la stalla, e sospeso co piedi in su al lim itare di sopra. Lo dasi il sangue suo col cardo tra i principali rim e dii contra il m orso delle serpi.

PMW1I SB C W O I
E X PHALAHGIIS. oEUM GBRERA, ET AKAREOftCIT.

Dai

FALAROl.

SpBClfc L0% 0,

E DE* fcAGSI-

XXVII- Phalangium est Italiae i g i o t u ^ el p lurium generosa: uoum simile form icae, sed m a lta majuA, ra.fa capile, reliqua parte corporis pigra, Ibis incursantibus guttis. Aoerbior hujus, qoam vespae ictus. Vivit maxime circa fornos et saolas. Iu rem edio est, si quis generis alterum percusso ostendat. B t ad hoc se tv an ta r m o rtai. Inven iu n tu r et cortices eoram , qui triti e t poti m edentur : et mustelae catuli, u t dixim us supra. Aeque phalangion Graeci vocant inler genera araneorum , sed distinguunt lap i nom ine. T e rtia m genas est eodem phalangi om ine araneus lanuginosas, grandissim o capite. Q o dissecto inveniri d icu n tu r intua v e r tic a li duo, adalligatique m ulieribus cervina pelle anle solis o rta m , praestare ne concipiant, u t Caecilius in conuneutariis reliquit. Vis e annua e st: quam olam ex om ni at ocio dixisse ias sit, quoniam aliquarum fecunditas plena liberis lali ve*ia in diget. V ocatur e t rhagion acino nigro sim ilis, ore m iaim o sub alvo, pedibus brevissimis, tam quam imperfectis. D olor a morsu ejus qualis a scorpione. U rina similis araneis textis. Idem erat asterion, nisi distingueretur virgulis albis. Hujus m urtus genua labefactat. P ejor u tro q u e est cae ruleus, lanugine nig ra, caliginem cosci taos, e t vom itus araneoso*, &tiamnqm d eterio r, a era* bro n e penna lanium differens. Hic el ad m ecitm perducit. M yrm ecion formicae similis espile, alvo nigra, guttis albis distinguentibus, vesparum do lore torquet. T elrag a ath ii duo genera habent : pejor m edium caput distinguente lia ea alba, e t transversa altera. Hic oris tum orem facit. At ci nereus posteriore p arte candicans, lentior. Mini m e aulem noxius eodem colore, qoi telas muscis in parietibus latissime pandit. Contra oanoium nw rsns rem edio eat gallinaceam cerebrum cum piperis exiguo potum in posca, ilem formicae quinque p otae: pecudum fimi cinis illitus ex aceto: et ipsi aranei quicomqiae, in oleo putvefeali.

X X V II. U frlangio anim ale non ooewwfcUe in Itali, ed d i pi speeie. Alenai sono simili alle form iche, me m ollo m aggiori, eoi eap o roes*, e il resto del oorpo nero, sparso d 'a lc u n e aaaccfcie bianche. La forila d ' essi m ollo peg g io re eh* quella delle vespe. Q uesti per lo pV si truovaao in torno a ' forni e a ' m ulini. Il rim edio , m ostrare a ehi stato m orso un fabuigio del m edesim o ge* nere ; e per questo si serbano, quando si trovata m orti. Le cortecce loro peste e bevuta, guhriseouo ancora d ette punture | e cos i figliuoli M a donnola, coro* abbiam o dello di sopra. I Greei ancora chiam ano falangi una sorte d aragoo, ma Io distinguono oon nom e di lupo. L a terza specie, secondo il medesimo nome d i CaUngio, il reguo piloso, con grandissim o capo. Se questa capo si taglia per mezzo, dicono trovarsi dentro d ae verm icelli, e questi legati addosso alla donna con pelle di cervio, innanzi al levar del sole, fanno eh* ella non pu ingravidare, siccome scrive C edlio ne* suoi comm entarii. Questa v irt dora un aano, la qual sola fra tutte le m edicine, che impe discono la concesioivu ho votato Insegnare ; per ciocch la fecondit d alcuoe donne cariche di figliuoli ha bisogno di tal m edicam ento. C pure u n altra speeie, che si chiama ra g io n , m ile w l acino nero, oon piccola bocca so tto il corpo, con piedi cortissim i, e quasi che im perfetti. Il morso suo mena tanto dolore, q u a n te quello dello scor pione. L 'orina simile alle loro ragne tessute. Il medesimo anim ale si potrebbe d ire che fesse quel lo che si chiama asterion, se n o n fosae vergheg giato di bianco. Il morse* d 'e sso fa indebolire le ginocchia. Peggior dell' u n a e 1 a ltro u n egao * verde con lana nera, il quel col o r s o Induce bagliori, e vomit srseeosi. Ve n* u n f. attivo ancora, differente dal calabrone solam ente nelle penne. Questo fa dim agrare a ltru i. Il m irm edo, simile nel capo alla form ica, ha il corpo nero, distinto con certe macchie bianche, e fa il mede simo dolore ebe le vespe. 11 U traganle di due sorti : peggiore quello che ha il capa segnato da una linea bianca, e da no1aHra per traverso. Qne sto s enfiare il volto. L 'a ltro cenerognolo e biancheggia dalla parte diuanzi, ed p i pigro. Non nocevole quello del medesimo colore, il quale fis la td a da pigliar le mosche p e r 1 mura. C ontra il morso di tu tti i falangi o ttim o rim edio b ere il cervello della gallina con o n poco di pepe in posca. 11 medesimo effetto Canno cinque form iche bevute, la cenere dello slereo delle pe core im piastrata con l ' aceto ; ovvero a ltre tta n ti regnateli di che sorte si vogliano p u trefa tti n d I' olio.

8*7

HISTORIARUM MONDI LIB. XXIX.

818

Mori* a ram i m orsus sanatur coagulo agnino in vino polo : ungulae arietinae cinara com melle, ranslelae catulo, a t i s serpentibus licium est. Si jum enta m om orderit, mus recens cum sale impo n ito r, a u t fel vespertilionis ex aceto. E t ipsa mos araneus contra se rem edium est, divulsus et im positus. Nam si praegnans m om ordit, protioos dissilit. O ptim um , si im pooatur qui m om orderit. Sed et alios ad bone usum servant iu oleo, aot lato circum litos. Est contra m orsum ejus rem edio terra ex orbila. F e ru n t enim non trausiri ab eo orbitam , torpore quodam naturae.

11 morso del topo aragno si g uariste eoo p re same d* agnello bevalo oel vino ; con cenere di ngna di m ontone con m ele9 o eoa n a figliuolo della donoola, come detto parlando della ser pi. Se avr morso gium enti, vi si m ette sopra u n topo fresco col sale, ovvero il fiele del pipistrello con I* aceto. Lo stesso topo aragno per rim edio contra s medesimo, se apre e ponsi sul m orso. Se tal animale m orde, quando egli pregno, d i subito scoppia. O ttim o rimedio porvi so qoello che ba morso. P er ancora degli a ltri si serbano nell olio, o rinvolti nel loto, per qoesta m edicina. Ottim o rimedio ancora coolra questo morso la terra della via,cbe fa la ruota del c a rro ; perocch dicono eh* esso noo pu passare par ta l via par on certo torpore, cbe gli d la oatora.
D a i, u a m o .

Ex

STKLMOVC.

X X VIII. Scorpionibus contrarius maxime invicem stellio tra d itu r, ut visu quoque pavorem iis adferat, e t torporem frigidi sudoris. Itaque in oleo pnirefaciont eum, et ila ea vulnera perun gant. Q oidaw oleo illo spumam argenteam daeoqonnt ad em plastri geous, atque ila illinnot. Huoc Graeci coloten vocaot, e t ascalaboten, e t gateoieo. In Italia non nascitur. E st eoim hic plenos lentigine, stridoris acerb i, e t v escitur; quae om nia a uostris stellionibus aliena s u n t

XXVUI. Dicono ancora che la tarantola* o ram arro, m olto contraria agli scorpioni, talch solo a goardargli m ette loro paora, e glio to rmeotisce eoo sudor freddo. Per la putrefanno o e ir olio, e oon essa ongooo i morsi. Alcuni eoa questo olio cuocono la schiuma d e irargento, fanno em piastro, e cosi ungono. 1 Greci la chia* mano colote, e ascalabote e galeote. Noo casce i a Ita lia ; ed piena di lentiggioe, stride acerba mente, e si pasce; le qoali tutta cose sono alieoe dalle, nostre tarantole.
D a o i v n s i in s e t t i .

Ex

B iv B a sis

ih s z c t is .

XXIX. Prodest et gallinarum fimi cinis illi tos, draconis jecur, lacerta divulsa, mus divulsus, scorpio ipse suae plagae imposiius, aut assus in cibo sum ptus, aut potus in meri cyathis duobus. P roprium est scorpionum , quod manos palmam non feriunt, nec nisi pilos attigere. Lapillus qualiscumque, ab ea parie qua in terra erat, imposi tas plagae, levat dolorem . Ilem testa terra operta ex aliqua parte, sicut erat, imposita, liberare di citur. Noo debeo t respicere qui im ponunt, et ca vere ne sol aspiciat.

V ernes terre n i triti impositi prosunt. Multa e t alia ex his rem edia sunt, propter quae in melle servantor. Noctua apibos contraria, e t vespis, crabrom busqoe, e t aanguisogis : pici qooque m artii ro strum secum babenles non feriunlur ab iis. Ad versantur e t locustarum minimae sine pennis, quos aU elebos vocant.

XXIX. Giova ancora la eenere dello stereo delle galline im piastrata, il fegato di dragone, ooa lucertola sm em brata, uo topo sparate,, lo scor pione messo sulla ferita fatta da esso, o mangia to arrostito, ovvero bevalo in d o e e bicchieri di vino schietto. propriet dello scorinone di noo m ordere mai la palma della mano, e oon toc care se oon ne' peli. Q oalonque pietrolina posto sol morso, da qoella parte che essa toccava terra, leva il dolore. Uo lesto, da qoalnoqne parte sia coperto di terra, messo neHa piaga siccome s ' raccolto, dicesi che goarisce. Per colui che In m ette, non dee goardarvi, e aver cura ancora che il sole non vi giunga. Giovano a ci i lom brichi pesti, e postivi sopra. Questi s o d o olili m olti a ltri rim edii, e perci si conservano nel mele. La civetta contraria alle pecchie, alle vespe, a ' calabroni e alle m ignatte. Coloro che portaoo addosso il becco del picchio non sono offesi mai da codesti animali. Sono eon trarie ancora a qoello locaste piccole, che non hanno penne, le quali si chiamano attelabi.

8 i)

C. PLIMI SECONDI
Vi anco ana specie di formiche velenose ; ma noo comuni in Italia. Cicerone le chiam a soliponghe, e in G ranata si dom andano salpughe. A queste e a tu lte le form iche c o ntrario il cuore del pipistrello. Alle salamandre sono avverse le canterelle, come dicemmo.
D alle
cartebelle.

Est et formicarum genus venenatum : non fere in Italia. Solipugas Cicero appellat,'salpngiis Bae tica. lis car vespertilionis contrarium , omnibus* <ju formicis. Selaroandris cantharidas diximos resistere. Ex

CAHTHABID1B(JS.

XXX. Sed in iis magna quaestio, quoniam XXX. G ran questione si fa, se, o come sgab ipsa venena sunt polae vesicae cum cruciatu biano a usare le canterelle, per eh esse, beendosi, praecipuo. Cosiioum equitem Rom anum , amicitia son velenose con gran dolore di vescica. Nerone Neronis principis notum , qnum is lichene corre im peradore fece venire fin d ' E gitto un medico, p tas esset, vocatus ex Aegypto medicus ob hanc acciocch e' guarisse Cossino cavalier Romano, valetudinem ejus a Caesare, quum cantharidum c h 'e ra molto in grazia sua, il quale era molta potum praeparare voluisset, interem it. V eram il mal concio dalle volatiche; e questo medico, litas prodesse non dubium est, cora succo tam iavendo voluto dargli a bere canterelle, l ' accise. niae uvae, et sevo ovis vel caprae. Ipsarom can Nondim eno non dubbio alcuno, che facendone tharidam venenum in qua parte sit, non constat em piastro con sugo d ' uva tam inia, e sevo di intef auctores. Alii in pedibus et cspite existi pecora, o di capra, e ugnendo con esso le volati m ant esse, alii negant. Coovenit tantum pennas che, giova molto. Gli autori noo sono d'accordo earum auxiliari, in quacum que parte sit venenum . fra loro, in che p arte del corpo le canterello Ipsa* nascantur ex vermiculo, in spongia m axi abbiano il veleno. Alcuni dicono esser n e 'p ie d i e me cynorrhodi quae fit in caule, sed fecundissime nel capo, altri uiegano. Nondimeno lu tti a' accor dano che le penne loro son giovevoli, in qualun in fraxino : ceterae in alba rosa, minus efficaces. que parte sia il veleno. Esse nascono d ' un ver Potentissimae i uter omnes v a ria e , luteis lineis, mine, e massimamente di quello, e h ' nella spu quas in pennis transversas habent m ultam pin gues : inertiores minutae, L tae, pilosae : inutilis gna del rosaio salvatico, la quale nasce nd gambo. simae vero, unius coloris macraeque. C on d u n tu r Fecondissime sono quelle, che nascono nel fras ia calice fictili non picato, et linteo colligato, con sino : l ' altre, che sono ne' rosai bianchi, hanno gestae rosa m atura,et suspenduntur saper acetum manco virt. Potentissim e fra tutte I' altre can cum sale Fervens, donec per linteolum vaporentur, terelle son quelle che son vergheggiate d i linee postea reponuntur. Vis earum adurere c o rp u s, gialle, le quali hanno a traverso nelle penne, e crustas obducere. Eadem pilyocampis, in picea che sono assai grasse : m olto pi p ig re son le nascentibos : eadem bupresti : sim iliterque prae m inute, larghe e pilose : inutilissim e quelle che parantur. Efficaeissimac om ats ad lepras lichenassono d ' un colore e magre. Mettonsi in vaso di q o e : dicuntur e t menses ciere et urinam . Ideo terra non invetriato, e legato con un pannolioo : Uippocmles et hydropicis dabat. Canlhnrides ob raccoltom i quando le rose son m alore. Appiccati jectae sunt Caloni Uticensi, ceu venenum ven si sopra l'aceto insalalo, che bolla fin ch il \adidisset in auctioue regia, quoniam eas sestertiis pore passi a esse per lo pannolino; dipoi s ripon l x addixerat. gono. La stessa virl loro di ard ere il corpo e fare stianta. La stessa virt hanno le piliocam pe,le quali nascono nella picea, e l ' istessa han n o anco i bupresti, che si preparano essi p a re in questo mo do. T u tti hanno grandissima virl a g u arire la lebbra e le volatiche. Dicesi aucora, e h ' elle pro vocano i mesi delle donne e lorina ; e p er Ippo crate usava darle a 'ritrn o p ich i. F u rim proverato Catone Utincense, come s'egl avesse venduto veleno, quando nel m ettere a ll'in c a n to le cose regie, vendette le eaoterelle al pregio di sessanta sesterzi!. 5. A quel medesimo incanto ( e ci sia d e tto 5. E l setum ablem slruthiotam elifium tone venisse sestertiis tx x obiter dictum sit, efficaciocosi di passaggio) si vend il sevo di s tru tto lo ris ad oiftnia usus, quam est adeps anseriuus. trenta seslerzii, il quale a ogni tosa m igliora assai, che quello delloca.

ftat

HISTORIARUM MONDI LIB. XXIX. C orra* v i i m i au qua.


C o r t e o a lcu n i v e l b r i .

62

XX XL Dixim us el mellis veneoati genera : eontra qaod ulnuiur n e ll e , in quo ape* siot jaortuae. Idem poloni in v iuo, rem edium est vitiorum , qoae e cibo piscium gignuntur.

XXXI. Ragionammo di sopra d ' alcuoe sorti di mele velenoso : eontra esso s'usa il mele, dove sieno morte le pecchie. Il medesimo utile, beendolo col vino, a quei mali che vengono per man giar de' pesci.
CoRTRO IL SORSO DEL CARE ARRABBIATO.

CoHTBA CARIS BABIDI OBICI.

X X X II. In anis rabiosi morsu tu etu r a pa XX XII. AI morso del cane arrabbiato giova, vore aquae, capitia, caoini cinis illitus vulneri. per non aver paura dell' acqua, porre sul m or O portet antera com buri omnia eodem m odo, ut so la cenere d ' un capo di cane arso. Risogna per ardere ogni cosa al modo medesimo, per semel dicamus, in vase fictili novo, argilla cir cumlito, atque ila in furnum indito. Idem et iu dirlo solo una volta, cio ia vaso di terra nuovo, potione profieit. Quidam ob id edendum dede turato bene con argilla, e cos posto nel forno. runt. Aliqui e t vermem e cadavere canino adalli Quesla cener stessa giova a darla a bere. Alcuni gavere : m enstruave canis in panuo subdidere l ' hanno data a mangiare. Alcaoi legano all' 00calyci, aut intua ipsius caudae pilos combustos mo i vermini del cadavere del cane. AJenoi leu* gono sotto il vaso, col qoale beono, panno ba iuuere vulneri. Coi* caoiuum habentem fugiunt gnalo nel m enstruo della cagna, ovvero cuciono canes. Non latran t vero, lingua canina in calcea* dentro la piaga peli arai d d la coda di quella. Chi m ento snbdita pollici : aut caudam mustelae, quae porta addosso il cuore del cane, i cani lo fuggo* abscissa dimissa sit, habentes. Est limus salivae no. Esi non abbaiano a quegli, che teogono nelle aub lingua rabiosi canis, qui datus in polo, firi scarpe sotto il dito grosso la lingua del cane} hydrophobos noo patilur. Mullo tamen utilissime ovvero a chi avesse addosso una coda li donnola, jecor ejus, qui in rabie m om orderit, d a tu r, si ch'ella perdesse perch alcuno gliele abbia recisa. possit fieri, crudum m andendum : si minus, quo Il caue arrabbiato ha un certo loto di saliva sotto quo m odo coctum, aut jus coctis carnibus. E st la liogua, il quale dato bere a chi stato m orso vermiculos in linnua canum , qui vocatur a G rae fa c h 'eg li non diventa pauroso dell'equa. Ma cis ly tta ; quo exem pto infantibus catulis, liec m olto pi utilm ente vien dato m angiare il fegato rabidi fiant, nec fastidium sentiunt. Idem ter di i|uel cane, il quale ba m orso ; e potendo, m e if o i circum latus, d a lu r m orsis a rabioso, ne ra glio sarebbe m angiarlo crudo : non potendo,m an b id i fiaut. E t cerebello gallinaceo occurritur. Sed diti cotto in qualche modo, ovvero beasi il brode id devoratum anno tantum eo prodest* A ju n te t delle sue cerui cotte. Hanno i cani un verm inuixo cristam galli coulfilam efficaciter im posi, e t an nella lingua, il quale i Greci chiamano litta ; il seris adipem cum melle. Saliuntur e t carnes quale se si cava a' canini, quando son piccini, non eorum , qoi rabidi fuerunt, ad eadem remedia in arrabbiano mai, n sentono (astidio alcuno. Que cibo dandae. Q uin e t necantur catuli statim in sto medesimo portato tre volte intorno al fuoco, aqoa, ad sexum ejos qui m om orderit, u t jecur si d a chi stato morso, perchegli non arrabbi. crudum devoretur ex iis. Prodest et fimum galli Riparasi ancora a questo male con un cervello d naceum , dum taxat rufam , ex aoeto impositum : gallina; ma questo m angialo giova solamente e t m o ria aranei caudae n is, ita u t ipse, cui ab per quell' aono. Dicono ancora, che la cresta per scissa ait, vivus d im ittatur : glebula ex hirundi stata e messa sul morso, e cos il grasso dell' oca num u id o illita ex aceto: vel pulli hirundinis col mele, sono cose utilissime. Le carni di quei com busti : m em brana sive aeoectus anguium , ver cani che furono rabbiosi, s'iusalano e dannosi a n a tio n e exuta, cura cancro masculo ex vino trita. m angiare per li medesimi rinedii. Affogansi an N ani etiam p e r se reposita in arcis arm ariisque, cora nell* acqua i catd liu i di quel sesso, onde tineas necat. T anta vis mali est, ut urina quoque quello che ha morso, acciocch d'essi si m angi il calcata rabiosi canis noceat, maxime ulcus haben fegato crudo. Giova ancora lo stereo ilelle galline, tibus. R em edio est fimum caballinum adspersum ma solamente il rosso, postovi su con l ' aceto : lp aceto, e t calfactum in fico impositum. Miuus hoc cenere della coda del topo ragno, in modo che m iretu r, q u i cogitet, lapidem a cane m orsum , esso topo, a cui ella sia slata tagliata, si lasci Bique io p ro verbium discordiae venispe. Qui in a ndar vivo : la terra tolta del uido delle roodini, urinam c a n is ruam egesserit, torporem lumboo essi rondiuini arsi : lo scoglio che lasciano la fum s e n tir e dicunt. LacerU , quam hi sepa, alii

5*5

C. PU N K SECONDI

S a*

chalcidicen vocant, io vin* pola m o n u i sao* M U t.

se rpi nella prim avera, posto con granchio ma schio. Questo scoglio aneora, posto per s stesso nelle casse e negli arm ari, ammazza le tigouole. Tania poi la furia del m ale, che ancora la orina del cane rabbioso calpesta nuoce, e massimamente a coloro che hanno piaga. E rim edio lo sterco di cavallo sparso d 'a ce to , e riscaldato, e postovi m col fico. Manco si m araviglier di questo, chi penser, come la pietra morsa dal cane venuta infino in proverbio di discordia. Chi orioa nell orina del cane, dicesi cbe si sente intorm entire i lombi. La lucertola, che alcuni chiam ano sepa, e altri calci di ce, bevuta nel vino guarisce i suoi morsi.
C o im o LI A ITU VELIWI.

C om i & U V v n m . BQA

X X X III. Veneficiis ex mustela silvestri factis, XXXIII. Alle malie fatte della donnola salva* contrarium eoi jo i gallinacei Telerio larga h a atica, contrario il brodo del gallo vecchio larga atnm t peculiariter contra aconitum , addi parum m ente bevoto : particolarm ente contra l 'aconi lo aalio oportet. Gallinarum fimum dnm taxat can bisogna m ettervi un poco di sale. L o sterco delle didum , in hyssopo decoctum, a u t mulso, contra galline solamente bianco, cotto in issopo in via venena fango rum boletorum que: item inflatio melato, medica il veleno de* funghi e de* boleti, e nes, ac strangulationes: quod m irem ur, quum , oi le infiammagioni, e le soffocazioni ; di che bene aliud animal gustaverit id fimum, torm inibus et da m aravigliarsi, perciocch ogoi altro animale inflationibus adfidatur. Sanguis anserinu* con* che mangia di qoello sterco, subito patisce tar tra lepores marino* valet, cum olei aequa portio lo ini e ventosit. Il sangue d ' oca giova coolra la ne. Item contra mala medicamenta omnia a dierlepre m arina, con egoal porzione d olio. Conser va tu r cum Lemnia rubrica et spinae albae succo, vasi ancora contra tolti gli altri cattivi medica pastillorum drachm is q u in q u e, qui in cyathis m enti eon sinopia di Lenno, e sugo di spica bian ternis aquae bibantur: item mustelae catulus, ut ca, con einqoe dram m e di pastegli, i quali hanno ftupra diximus, praeparatos. Coagulum quoque a esser bevoti in tre bicchieri dacqua. Ci fa agninum adversus omnia mala medicamenta ancora u n donnolino preparalo com e io d m i pollet: ilem u n g u is anatum Ponticarum . Itaque di sopra. Il presame degli agnelli giova contra e t spissatus servatur, viooquc dilu itu r. Quidam tu tli i cattivi m edicamenti, e il sngue delle feminae anatis efficaciorem putant. Simili modo a n itre di Ponto. E perci si salva anche rassoda contra venena omnia, ciconiarum ventriculus to, e stemperasi col vioo. Alcuni vogliono cbe sia valet, coagulum peoorii. Jus ex carne arietum m igliore quello deUanitra fem m ioa. Giova simil privatim adversus cantharidas: itam lac oviom m ente il ventriglio delle cicogne contra tu tti i calidum, praeterque iis qui bnprestin aut aconi veleni, e il presame della peoora. Giova p artico tum biberint. Columbarum silvestrium fimum larm ente contro le canterelle il b rodo della carne privatim contra argenti vivi potum . Contra di m ontone, e il latte caldo delle pecore, in fuor to x ic a , mustela vulgaris inveterata, binis dra ch a quegli, che avessero bevuto b o p e s tri, o chm is pota. aconito. Lo sterco delle ootombe selvatiche giova molto a chi avesse bevuto argento vivo. C ontra il tossico si beono due dram m e di donnola volgare invecchiata.

Ad a l o p ic u *.

RlMBDlI ALLA T I C I i.

XXXIV. 6. Alopeciis replet fimi pecudum XXXIV. 6. La cenere delle pecore con olio cinis cum oleo cyprino e t melle: item ungularum ciprino e mele, e la cenere dell ngna d el m ulo o m uli vel m ulae ex oleo m yrteo. Praeterea ( u t della m ola con olio di m ortine, riem pie le m ar V arro noster tra d it) m urinum fimum, quod gini della tigna. Ci fa ancora ( come dice il ite m muscerdas appellat. E t muscarum capita nostro V arrone) lo sterco di topo, ch*egli chiam a tecentia, prius folio ficulneo asperatas. Alii san jm ucerda; e i capi freschi delle mosche} m a p rim a

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXIX.


p u ta e m o M m a o lu n tu r. Alii deflem diebus cinerem earum illinant eam einere chartae, vel D u c a m , ita u l sil tertia pars e muscis. Alii lacte m u lie ru m cum brassica cinerem muscarum subi g u n t. Q uidam melle lanium . Nullum auiroal mio u s docile existim atur, m inorisve intellectus : eo m irabilius est, Olympiae sacro certam ine, nubes earu m im m olato lauro, deo quem M jiodem vo c a n t, extra territo riu m id abire. Alopecias ciois e m urium capitibus, caudisque, et totius muris, e m e n d a t: praecipue si veneficio acciderit haec in ju ria. Item herinacei cinis cum melle, aut co riu m combustum cum pice liquida. Caput qui d e m ejus uslum per se, etiam cicatricibus pilos re d d it. Alopecias autem in ea curatione praepa ra ri opo rtet novacula, e t sinapi. Q uidam ex ace to oli m aluerunt. Quae de herinaceo dicuntur, om nia tanto magis valebunt in hystrice. Lacertae quoque, u t docuimus, combustae cum radice re* ceni is arundini*, quae u t una crem ari possit, mi n u t i a findenda est : ita m yrtheo oleo perm ixto cineres capillorum defluvia continent. Efficacius virides lacer tae omnia eadem praestant. Etiam nom u tilias adm ixto sale, et adipe ursino, e t caepa tusa. Q uidam dena* virides in decem sextariis olei veleris discoquunt, contenti semel in mense ungere. Pellium viperinarum cinis, alopecias ce lerrim e explet : item gallinarum fimum recens illitam . Corvi ovum in aereo vase perm ixtum illilam q u e deraso capite nigritiam capilli ad fert; aed donec inarescat, oleum in ore habendum est, n e e t dentes sim ul nigrescant. Idque in um bra laciendum , neque ante quatriduum abluendum . Alii sanguine e t cerebro ejus u ta n tu r cum vino nigro. Alii excoquunt ipsum, et nocle in concabia in plum beum vas coodont. Aliqui alopecias eantbaride trita illinunt cum pice liquida, n itro praeparata cute. Caustica vis earum , cavendum que ne ex u lceren t alte. Poslea ad ulcera ita facta, capita m u riu m , et fel murium* e t fimum cum elleboro e t p ip e re illini jubent.

826

inaspriti con foglie di fico. Alcuni usano a ci sangue di mosche. Altri per dieci giorni v impia strano la cenere l o r o con cenere di carte, o di noci, in m odo che quella delle mosche sia la terza parie. Alcuni iulridouo la cenere di mosche con latle di donne e con cavolo ; altri solo eoa mele. Tieosi che non ci sia nessuno anim ale manco docile, n di m inore intelletto ; e per cosa tanto pi meravigliosa, che ne giuochi sacri d* Olimpia grandi nuvoli di mosche se ne vanne fuor di quel paese, subilo eh sacrificato il toro a quel dio, ehessi chiam ano Miiode. La cenere de capi e delle code de topi e d i tu tto il corpo guarisce la tigoa, massimamente se questo male fosse nato per malie. Ci fa ancora la cenere dello spinoso col mele, o il suo cuoio arso con pece liquida. Il capo di questo anim ale arso per s slesso, rim ette i peli nelle m argini. In questa cura per si prepara la tigna col rasoio e con la sena pe. Alcuui l usano pi volonlieri eoa l aceto. T u lio quello che s detto dello spinoso, m olto m eglio si applica all istrice. La cenere della lu certola, come dicem mo, arsa con radici di canna fresca, le quali acciocch meglio ardano, si mi nuzzano, e cou olio di m o rtin e , ripara che i capegli non cascano. A ogni cosa giova mollo pit la lucertola verde, massimamente mescolandovi sale, sugna d ' o r s o , e cipolle peste. Alcuni cnocono dieci lucertole verdi in dieei sestarii d ' olio vecchio, e stim ano che basti a ugnere una volta il mese. La cenere della pelle di vipera risalda pre stissimo le m argini della ligna, e cosi fa lo sterco delle galline im piastratovi su fresco. L uovo del corvo d ib attu to io vaso di rame, e im piastrato poi sul capo raso, fa i capegli n eri; ma bisogna, insino a tanto che 1 uovo si risecca sul capo, tenere olio iu bocca, acciocch i denti neh essi non diventino eri. Ci si dee fare all' om bra, n si vuol levare innanzi quattro giorni. Alcuni usano il sangue e il cervello suo con vin vermi glio. Alcuni cuocono esso corvo, e in quella parte della notte, nella quale ciascun dorm e, lo ripon gono in vaso di piom bo. Alconi pongono sulla tigna canterelle peste con pece liqoida, ma prim a preparano la pelle col oitr. Le canterelle soa rotto rio , e bisogna aver cura eh elle non rom pano troppo sotto. Vogliono poi, ehe dove la canterella ba ro tto , si faccia empiastro di topo, di fiele d i topo, e di sterco di quel m edesim o con elleboro e pepe.
ALLB LBBDlttl b a g l i bsc b b n b h ti d b c a v il l i .

A d lrz id k s e t p o b b ig ik b s.

XXXV. Le lendini s uccidono con la sugna XX X V . Lende* tollan tu r adipe canino, vl del cane, ovvero m angiando quella serpe, che si aognibus in cibo sumptis anguillarum m odo: aut chiama a D g u e, nel medesimo m odo che si m aavernatione eoram * quam exaunl, pole. Porrigi*

C. PU N II SECONDI
/ies felle o*ilio cam c r i l i cimolia, liuilu capii*, doaec inarescat. giamo le anguille, ovvero beendo lo scoglio elu geltauo nella prim avera. Il pizzicore del capo si leva col fiele della pecora im p iastrato m i capo con creta cituolia, iusino a lauto cbe si risecch.

Ad d o lo k b s e t y d lh k r a c a p itis .

Ai BOLOOI

E NUUTC DBL CAPO.

XXXVI. Alle doglie d d capo o ttim o rimedio XXXVI. Capi lis doloribus remedio su o l co sono le chiocciole, le quali si tro v an o nude, c chlearum , quae nudae inveniuntur nondum pe oon ancora perfette, levato loro il capo, italloractae, ablata capila, ex bis lapidea durilia exem ite certe cose, le qoali sono d u re cu tue sasso, a p t a : est autem calcoli latitu d in e : quae dalli della larghezza d una pietrozza : q ueste si lega* gantur, et m inutae fronti illinuntur tritae. Item no al collo, e le m iuute si pestano, e s ' impiastra* oesypum : ossa e capite vulturis adalligata, aut no sulla fronte. Ci fanno aucora le laue soccide, cerebrum cum oleo et cedria peruncto capite, et le ossa del capo dell' avolloio appiccate addo**, in to s naribus illitis. Cornicis cerebrum coctum, io cibo sum ptum , ?! noctuae, idem praestal: ovveram ente l ugnare il capo, e l ' impiastrar* galUnaceosqne si inclusus absliueatur die ac no dentro alle nari col cervello del c o rro , e olio e cte, pari inedia ejns qui doleat, evulsis collo plu pece di cedro. 11 medesimo effetto fa il cervello della cornacchia, o della civetta, c o llo e mangia* m is circum ligalisque, vel cristis : mustelae cinis 10 ; o se si rinchiude un gallo si che stia o d di a illitus: surculus ex nido milvi pulvino subjectus: una notte senza m angiare e bere, com e colui a m urioa pellis cremata ex acelo illito cinere. LLchi duole il capo, e poi gli si svelgono le penoe maois ioter duas orbitas inventae ossiculum per aurem cum ebore trajectum , vel in pellicula ca del collo, o la creata, legansi in to rn o al cape del .paziente. Giova sim ilm ente ugnerai con la nina adalligatura: quod rem edium pluribus sem* perque prodest. F racto capili araoei tela ex oleo cenere della donnola, o p orre sotto il guanciale et aceto imposita, non nisi vulnere sanato, absce nn fuscello tolto del nido del n ibbio, o la eeners dit. Haec et vulneribus tonstrinarum sanguinem della pelle del topo arsa, e im piastrata con aceto. sistit. A cerebro vero proUuenlem , anseris san Giova pure Possici no della lumaca trovala fina 1 guis aut anatis infusus : adepsque earum dem ali due vie, cbe fanno le m ole del carro, messo nell'o tum cum rosaceo. Cochleae m atutino pascentis recchio con avorio, o legato con pellolioa dicane; arundine caput praecisum, maxime luna plena, 1 quale rim edio sempre giova a m olle cose. Se 1 lineo panno adalligant capitis doloribus licio : sulla ro ttu ra del capo si m ette la lela del regnatelo out cera alba fronti illinunt, e t pilos caninos con olio e aceto, non se ne leva se n o n sanala la panno adalligant. piaga. Questa ristagna il sangue alle tagliatore de barbieri. Ma per ristagnare il sangue che scorre del cervello, bisogna il sangue d ell'oca o dell' anitra infuso ; e il grasso d e ' medesimi uc celli colto con olio rosato. Il capo della chiocciola, tagliato con un pezzo di canna la m attin a qoaodo ella pasce, massimamente essendo la luna pieoa, si lega in pannolino a 'd o lo ri del capo eon filo; o con cera bianca s'im piastra alla fronte, e leganvi sopra con panno peli canini.
AD VA1 .PBMAS.

Al

MALI D ILLE PALPKBAE.

* XXX VII. Cerebrum cornicis in cibo sani ploro, palpebras gignere d ic itu r: oesypora cum m yrrha calidum specillo illitam . Idem praestare musca rum , fim ique m urini cinerem aequis portionibus, u t efficiatur dimidium pondus denarii, prom itti* tu r, additis duabus sextis denarii e alibi, ut om nia oesypo illin an tu r: item m urini catuli triti in vi s o vetere ad crassiludtaera acopi. Pilos in his incom m odos, evulsos renasci nou patitur fel he rinacei ; ovorum stellionis liquor : salanipudiae

XX XVII. Dicesi che il *.ervello delle cornac chie preso in cibo genera le palpebre : d si ot tiene ancora im biutandovi con tenta esipo caldo con m irra. Il medesimo effetto fa la ceoere ili mosche e di stereo di topo ad egoal porzione, in modo che si faccia il peso di m ezzo denaio, aggiuntovi due sesti di denaio di stib io ; e tutte queste cose peste s1im piastrano con lo esipO: si milmente i lopoliui piccoli pesti ucl vin vecchio^ alla grossezza dell' acopo. 11 fiele dello spiuvao

8*9

niSTORlARUM MUNDI LIB: XXIX.

83o

.cidi* : liceriko viridi* fel ia fin * albo, ole coftaim ad crassitudinem mellis in aereo vate : hi rundinis pallorum c ia it cum lacte tilhym ali, spumaque cochlearum .

non patisce che i peli incomodi in esee svelti pi rinascano. Ci fanno ancora il licore delle uova del ram arro ; la ceoere della salamandra ; il fiele delle lucertole verdi nel vin bianco ra s sodalo al sole come mele in vaso di ra m e ; la cenere de' rondini con latte di tilim alo e schiuma di chiocciole. Ai
m a l i d e g l i o c c h i.

A OCOtOBOM

v i t i a.

X X X V III. Glaocomala dicuoi Magi cerebro X X X V ili. Dicono i Magi, che si purgano i calali septem dierom em endari, specillo demisso glaucomati col cervello d un canino per sette d, io dextram partem , ai dexter ocalus cu retu r : in insertando ooa tasta nella parte ritta, se si cura am tram , ai sinister : a a t felle recenti asionis. T occhio ritto , e nella manca, se il manco, o il N n d u t r a a est id genas, q uibas piuma aorium fiele fresco d on assiuolo. E questa ona specie modo m icat. Soffutiooeoi oculoram eanino felle di nottole, a coi trem ola la piam a n e' lati del malebat, qaam hyaenae c u rare Apollonius Pila* capo a modo d 1orecchi. Apollonio Pitaoeo Vole oaens cum n e lle : item albugines. M uriam capiva che le macchie di sangue, si curassero piuH loro eaudarom qoe ci ere ex melle inunctis, cla tosto col fiele del cane, d ie della iena, aggiun ritatem visas restitui d icunt, m ultoque magis tovi mele ; e le albugini degli occhi ancor. gliris a u t m uris silvestris cinere, aut aquilae ce Dicono che ngneodosi gli oochi con la cenere rebro vel Celle, Cum Attico melle ciois e t adeps de1capi a delle code de* topi, e col mele, si ri* soricis com busti trito s, lacrymosis oculis plori* schiara la vista $ ma m olto p i con quella del n a m confert : stibis quid est, dicemus in metal ghiro, o del topo salvatico, o con cervello e fiele lis. Mustelae cinis in suffusionibus : ilem lacertae l 'aquila. Agli occhi lagrim osi giova mollissimo hirundioisve cerebruio: quae etiam tritae coclae la ceoere e la sogna pesta d* nn topo arso, eoa ve fronti illitae, epiphoras sedani, sive per se, mele Ateoiense. Lo stibio che cosa sia, si d ir i, sive cum polline, sive cum thure. Sio et solatis, ragionando de' m etalli. La cenere della donnola id est, sole correptis pro san t. Vivas quoque cre giova agli occhi sangoioosi; e cos il cervello m a re , e t cinere earum cura melle Cretico inungi Iella lucertola o della rondine, le quali ancora o caligines, utilissimum est. Jum entorum oculis peste, o cotte, im piastrate solla froote m itigano m e m b ra n a aspidis, quam exuerit, cum adipe le lagrim e degli occhi, o per s, o con farina o eju sd em , claritatem inunctis facit. Viperam vi con incenso. Io questo m odo medesimo giovano vam in fictili aovo com burere, addito fenicali a qoegli, che hanno il viso macchiato d a ll'a rd o r del sole. Utilissimo ancora arderle vive, e eoa sacco ad cyathum unum , et i buris manna una, la cenere loro, e m ele Candiotlo ungere gli occhi a tque ita suffusiones oculorum et caligines in u n caliginosi. Lo scoglio, che l aspido getta, col gere, utilissim um esi. Medicameotum id echion grasso del medesimo, rende la vista a' gium enti. vocatur. F it et collyrium e vipera, in olla pu tre Giova ancora m olto ardere la vipera viva in vaso facta, verm iculisque enatis cum croco tritis. E xu di te rra ouovo con no bicchiere di sugo di finoe r i to r io olla cum sale : quem lingendo claritatem chio, e con un grano d'incenso, e con questo un* oeniorum consequantur, e t stomachi toliusque gere gli oochi conira le suffusioni e. i bagliori. corporis tem pestivitates. Hic sal el pecori d atur Questa m edicina si chiam a echio. Fassi collirio salubritatis causa, et in antidotum contra ser ancora con una vipera lasciata putrefare in n a pentes a d d itu r. Quidam e t viperis o la n tu r in vasche coi verm ini n ati d ' ^ssa, pesti col za Aerat cibis. P rim a m om niam occisae statim salem in ilo . Ardesi in vaso con sale, e chi lo iaghiotle a os a d d i ju b e a t, donec liquescat : quatuor digito (loco a poco ricovera la vista chiara, e nello sto* rum m ensura utrim que praecisa, exem ptisque raaco e tu lio il corpo sta beo disposto. Questo iuteraoeis discoquunt in aequa, aut oleo, sale, sale si d ancora al bestiam e per cagione di sani* anetho, e t om nibus aut statim vescuotur,aut pane l, e mcttesi nell* antidoto, ehe si fa eontra 1 culligunt u t saepius utantur. Jus p raeter supra serpi. Alcuni usano le vipere per cibo. Subito lieta p ediculos e toto corpore expellit, pru ritu sche son m orte si caccia il sale in bocca insino que etiam sum m ae cutis. Effectum ostendit et che alliquidisca, e da ambe le estrem it si taglia per se c ap itis viperini cinis. Utilissime oculos una lunghezza di q u attro d ila , e cavandone le in n o g it. Ile ro q u e adeps viperinus. De felle non interiora si cuocono in acqua o in olio con sale e audacter suaserim quae praecipiunt, quoniam (ut a n e lo ; e queste si mangiano al presente, ovvro aoo loco docuim us) non a lia i est serpentium

C. P U N II SECUNDI
venenum . Anguium adeps aerungini m ixtus, r a ptas oculorum paries aanat : et m em brana sive aeueclus vernatione coroni exusta si adfricelur, clarilatem facit. Boae quoque fel praedicatur ad *1 bugine*, sufiusioqes, caligines ; adeps sim iliter yd claritatem .

B it

Aquilae, qaam dixim os pullos ad contuendam solem experiri, m ixto felle cam melle Attico in u n g u n tu r nubeculae, e t caligationes, suffusionesque oculorum . Eadem vis e t in vulturino felle est cam p o rri succo, et melle exiguo. Item in galli nacei felle ad argem a, e t ad albugines ex aqaa d ila to : ilem ad suffusiones o culorum , m axime candidi gallinacei. Fim um quoque gallinaceorum, d a m ta x at rubrum , lasciosis illini m onstrant. L au d a n i e t gallinae fel, sed praecipue adipem , contra pusulas ia pupiHis. Has scilicet ejas rei gratia sa g in an t. Adjuvat m irifice et ruptas oculorum tu n i culas, adm ixtis schislo e t haem atite lapidibus. F im um quoque earum dam taxat candidam , in oleo vetere corneisqoe pyxidibus adservant, ad pupillarum albugines. Q ua in m entione signifi candam est, pavooes fimum suum resorbere tradi, invidentes hom inum utilitatibas. Aecipiter de coctae in rosaceo efflcacissimus ad inunctiones oraninra viliorom p u tatu r : item fimi ejus cinis eum Attico melle. L audator et milvi jecur. F i m um quoque colum barum ex aceto ad aegitopas. Sim iliter ad albugines et cicatrices. Fel anseri n a m , sanguis anatum contusis ocalis, ita ut postea oesypo et melle ioungantur. F el perdicum cum m ellis aequo pondere; per se vero, ad claritatem . Hippocratis putant auctoritate adjici, qao d in ar gentea pyxide id servari jab e n t Ova perdicum ia vase aereo decocta cum melle, ulceribus oeolsrom e t glaucomatis m edentur.C olum barum , tortu ru m , palum bium , perdicum sanguis, oculis cruore suf fusis eximie prodest. In columbis masculae efficaciorem putant. Vena autem sub a b ad hunc usam inciditur, quoniam suo calore u tilior est. Super poni o portet splenium e melle decoctam lanam que succidam ex oleo ac vino. E arum dem aviam sanguis nyctalopas sanat : et jecur ovium : atque ( n t in capris dixim us ) efficacius fulvae. Decocto quoque ejus oculos abluere suadent : et m edulla dolores tum oresque illinere. Baboois oculorum

s ' impiastrano, eoi pane per usarle piA volte. Q uesto brodo ancora, oltra le cose gi delle, caccia i pidocchi di tu tto il corpo, e il pm ioore della cute. Questo effetto fa la cenere del cape della vipera di per s. Con essa si ungono mollo utilm ente gli occhi. A ci usasi anche il grasso di vipera. Del fiele non m 'assicurerei confortare quel che alcuni dicono, perch (com e io bogi dello altrove) il veleoo delle serpi n o o altro che questo. La sugna degli angui mescolata eoa la ruggine guarisce le parli ro tte depli occhi; e stropicciando gli ocohi con la pelle d essi, o eoa lo scoglio che gettano a prim avera, ai rischiara la vista. Lodasi m ollo ancora il fiele della bub bola per le albugini, suffusioni, e bagliori, e si m ilm ente il grasso per rischiarare la vista. Ungonsi anoora gli occhi p e r le d e lle macchi^ suffusioni e bagliori eoi fiele d i quell* aquila, la quale dicemmo altrove che sforza i suoi figliarti a fissare il sole, mescolandovi mele Aleniedse.La medesima v irt ha il fiele dell* avoltoio eoi sugo del porro, e con un poco di mele. E cosi il fiele del gallo stem perato n e ll'a c q u a giova a certi fiocchi bianchi, che sono negli occhi ; e alle saffasioni giova m assimamente quello del gallo bianco. U ngono ancora i cispi con lo stereo rosso del gallo. Lodasi altres per questo effetto il fiele della gellina, e massimamente la sugna per certe bollicine che nascono nella pupilla ; e perci le ingrassano. Aiuta m irabilm ente aneora la boccia dellocchio rotta, mescolandovi schisto ed ema tite, le quali son due pietre. Serbasi ancora lo sterco bianco d* esse con olio vecchio in bossoli di corno alle albugini deHe pupille. Ma venendo a questo proposito, aggiunger che i pavoni io ghiotti scono lo sterco loro, siccome quegli che hanno invidia alla utilit degli uom ini. L o gpar viere cotto in olio rosato si tiene cha sia utilissi mo alte unzioni di tu tti i m alori ; e cos ancom la cenere del suo sterco con mete Ateniese. Lo dasi ancora il fegato d el nibbio. L o stereo deHe colombe con aceto giova alle egilope: e simil m ente alle albugini e alle m argini. Il fiele d*oea, e il sangue delPanitre giova agli occhi pesti; eoa questo per, che s ' ungano poi con esipo e mete. Giova altres il fiele deHe starne con eguat peso di m ele: per s solo ancora risch iara te vista. Per vogliono che si conservi in bossolo d 'a r gento ; il che credono essere insegnato da Ip p o crate. L nova deHe starne colte in ra so di ram e con mele guariscono gli ulceri, e i glaucom ati de gli occhi. Il sangue deHe colombe, to rto re , colom bi salva tichi e starne giova benissim o agli occhi, dove scorso sangue. Tengono che ne*colom bi sia m igliore quello de* maschi. P e r questo Intaccano la vena, eh* sotto l ali, perch pi a lile pet

HISTORIARUM MWU)* LU. XXIX.

S|

eitm eoUjrio mixtos H erjUlwa ocalis facere proaaittitar. Tortur b l i albugines extenuat : iAeae c b lu n u n dai*; fim a oencbridis: accipitram generia hanc Gnaei faciunt. Argeme ex malia omnibus, qu*e supra soripta suat, sanator. Me! utilissimum oculi*, ia quo sunt apes immortc. Ciooniae pallam qoi ederit, negatur eaaii WitiiM lippituros: isem qoi draconi* capot hebeat. Hnjai adipe et alle caia oleo valere, io* aipieotes caligines discoli tradunt. Hirnodinnm pollo pieoa looa cacaacant, reslilotaqae eornm aeia capila comburuntur : boe oioere caia nelle a tuatur d claritatem, at dolorea,ac lippitudines, et ictus.

Laceri q a o q ae p luribasm odi d oeniorum veesedia adsum uut. Alii viridem ioclodont n o to letiK t aa lapillo* q a i voeaotor cineedia q aee e t ioguinam tum oribus adligari e d e n t, n o te m aifols signantes, et singulos detrah u u t p e r dies. N oao e m itta n t laeertem : lapillo* servant a d oculorum d o la te*. Alii terram a n b s te n a a t lacerta e viridi aaaaecoiae, a t n o a io vitreo vasa a n n u o s melo* d a n t e fa n o solide vel a u re : q a n m recepisse vi* som lacertam apparuit p a r v itru m , emissa e a , aooolie a a o tra Kppitudiaem a lo o tn r. Alii capitia em ete p ro alibi od saa b ri lias. Q aidam viridem lo o fo ollo ia sabulosis nascet tam co m b u ren t, e t incipientem epipbocom in u n g u n t : ilem glau* comata. Mos Id a e etiam aculis p a n cta e r a t i s , a ja n t visum reverti, eadem qae qaee ia lacertis et ann alis feeioot. Serpenti* ocolum d e xtrum adalligatam eontra epiphoras prodesse, si serpeos viva d im ittatur. Laerym antibu* sioe fine oculi*, ciois atcBio u b capitis cnm slibi esim ie m edetor. A ia n d muaearii tela, et praecipue spelunca ipaa im posita p e r frontem ad dao tem pora, in splenio aliquo, ita u t a puero im pobe et capiatur e t im ponetur, nec is trid u o se ostendat i cui m edea tur, neve a lte ru le r nodis pedibus terram attingat kn diebns, m irabiliter epipboris m ederi dioontur. Albugines qooqoe dicitu r tollere inuoetiooe ara* aeus c an d id u s, longissimis aa tenuissimis pedibus, contritas in oleo vetere Sed ia etiam , c u jo rc ra ssbstm um textum est, in contignationibus fare, adalligatas poaoo, epiphoras Mna re trad itu r. Sca-

rispetto dd sno>calda, Jlieogne porvi d ia o p m U milza colla od m d e , e lana saeida k f M l a d i olio c vino. Il saogac de medesimi ucoeili g a arir sce le nittalope : le guarisce pure il fegato dalla pecora, ma (come dicemmo parlando Ielle capre) ha p i v irt quelle che pende in giallo. Vogliono che si bagnino gli occhi anoora con la soa co d ia ra : col m idollo guariscono i dolori e gli um ori. La cenere degli occhi del gufo, messa oc colliri!, rischiara la vista. Lo sterco della to rto ra assottiglia le albogioi, e oosi fa la oenere delle chiocciola, a lo stereo d d l uccello ecneride, il quale i G reci vogliooo che sia specie di sparviere. I fiocchi biaochi negli occhi si guariscono col mele e oon tu tte le cow dette di aopra. Il mele, nel quale sieno m orte la pecchie, utilissim o agli occhi. Dicesi che chi avr m angiato un cicognino, non diventer m ai cU po,n colui ancora, ehe poeter addosso u n capo di dragone. Dicono ancora che col grasso d 'e s s o ,e mele c olio vecchio, si levano i bagliori quando cominciano. Acciecano i ron dinini, quando la Iona piena, e riavuta che ab biano la vista, se nc abbruciano i capi. Usasi que sta cenere col mele a rischiarare la vilt a do lori, alle cispe, e alle percosse. Pigliaoo ancor* le lucertole in pi modi rim edio degli occhi. Alcuni rinchiudooo la lucer tola verde io vaso di terra nuovo, e nove pietrozze a novero d i quelle che si chiam ano d n e die, le q a a li si legano ancora agli enfieti della n goioaglie, e segnano ciascena con segni, e pie traggono nna al giorno. Il nono d lasciano ir via la lucertola e salvano le pietru zzeper i dolori degli oeehi. A kuoi spianano la terra sotto la lucertole verde accecala, e insieme iu vaso di vetro rinehiuggoao anelli di ferro sodo, o d o r o ; e quando p a r lo vetro trasparente appare che d i a abbia ricevuta la vista, la lascieoo ire, e osano gli anelli eontra la a sp a . A ltri usano la cenere del capo io luogo di stibio alla ruvidezza. A lenai abbruciano 1* lucertola verde dal collo lu n g o , che nasce in loeghi sabbiooosi, e con essa ungono la lagrim a dell occhio, quando ella co m incia $ e sim ilm ente i glaucom ati. Dicono che ae si cavano gli occhi d ia donoola eziandio con p a n to re , rito rn a loro la vista, e che con essa si faono le m edesim e cose che della lucertola e degli anelli. L occhio ritto delle serpe, se si porta legalo addosso, dicono che giova alle la grim e degli occhi, se si lascis ire la serpe viva. La cenere d d capo d d ram arro giova benissimo agli occhi, che lagrim ano di cootiouo, mescolan do la cenere oon lo stibio. Dicono altres, che giova m ollo d ie lagrim e degli occhi la td a d d ragno moscaio con qualunque em piastro, e mas simamente ponendo il buco sulle fronte fino ad

615

G. PL1NU SfcCUNM
am endue le tem pie, m a che ila p rm e m estavi su da fldcivllo sbarbato, e il fcndollo stia poi Ire giorni che non si lasci vedere a colai che t f f i m edica, n veruno di to r o 'f a quei g io rn i tocchi terra coi piedi nudi. Bioesi anoora che il ragnatelo biaoco, il quale ha K iogM m tri e sottHisaiaM piedi, pesto nell olto vecchio ulfliasimo, m h gendolo, p e rfo ra re l e albugini. P er anebo quel ragno* il quale l i grossissime tele specialmen te oeHe tr a ta ta r e , produce ottim o rim edio alle lagrim e degli ooebi. L o scarafaggio verde di sua natu ra aguzza i a vista a d i i le g uarda ; epper gli scultori delle gioie ricreano la vista eoi guar dare in essi.

rabaei viridi* natura contuentia fn visni exacuil. Itaqoe gemm arum scalptores coatuK u eorum a d quiescunt.

A d AtUUCM DOLOBBS, BT V fT U .

Al

DOLOB1 a B A U T T l l DBLLB ORBCCBIK.

Il fiele della pecora col m ele porga XXXIX. Aures p u rg at fel pecudis cum meHe : XXXIX. gli orecchi; e il latte di cagna, stillandovdo Canini lactis istiltatio sedt dolorem . G ravitatem dentro, m itiga il dolore. La sogna con lassem io adeps cura absinthio et oleo vetere: item adeps an e olio vecchio leva la gravezza degli occhi ; e se rio as. Q uidam adjiciunt succum caepae et allii, pari m odo. U tu n tu r et per se ovis form icarum . cosi il grasso d ' oca. Alcuni v* aggiungono sago di cipolla e d 'a g lio per eguale m isura. Usano Nam que et huic animali est medicina: constatque ursos aegros hoc cibo sanari. Anserum , om oium ancora nova di form iche per s , perdoech que avium adeps praep aratu r, exem ptisque venis questo animale ancora buono a far m ed ian a ; m nibus patina novo fictili operta in sole, sub talch fino agli orsi amm alati gaarsooo eoo qaesto cibo. Preparasi anoora il grasso d d le dita qua ferventi liq u a tu r: saccatusque lineis saccis, e t in fictili no ro repositus loco frigido: oche e di ta lli gli Mcdli, e cavate tu tte le vene si m ettono ia nn catino oparto d u n coperchio m inus putrescit addito melle. M urium cibis cum nuovo d i terra n e l sole, e messavi sotto aoqua m elle instillatos, aut cum rosaceo decoctos au* bollente si h struggere ; e insaccalo io saochi di riu m dolores sedat. Si aliquod anim al ih trav erit, tela, si ripone in vaso naovo di te rra ia luogo praecipuum rem edium est m urium fel aceto di* freddo: manco si corrom pe, aggiungendovi mele. lo tu m . Si aqua in traverit, adeps anserinus cura cepae succo. Gliris detracta pelle, inteslinisque La cenere d e' topi instiUata eon a u le , o c o lla eoa exem ptis, discoquitur melle in vase novo. Medici olio rosalo, m itiga i dolori degli oreoohi. Se vi entrato alcuno anim ale, il m iglior rim edio il m alunt e nardo decoqui usque ad tertias, atque ita adservari : deinde quum opus sit, strigili te fid e de* topi stem perato eoo aoeto. Se vi entra to acqoa, il m igliore il grasso d'oca eoo sago di pefacta infundere. Constat deplorata aurium vitia dpolla. Cuocesi il ghiro scorticato e aparato col eo rem edio sao ari: a o t si terreni vermes cum m ele in vaso nnovo. 1 m ed ia vogliono piuttosto dipe anseris decocti infundantur. Item ex arbo che si cooca col nardo, inaino che to rn i p e r terso, rib u s ru b ri oleo triti exulceratis e t ruptis a u ri e cosi si se rb i; e poi quando bisogna, d m etta b u s praeclare m edentur. Lacerti inveterati in os tiepido nell'oreoohio. Ne c' dubbio alcuno, che 'pendentium addito sale, contusas, et ab ictu ogni disperato m ale d e ll'o re cc h io goarisce io laesas aures sanant: efficacissime autem ferrugi questo m odo, ovvero m ettendovi lom brichi c o lli neas maculas habentes, lin d s etiam per caudam in grasso d 'o c a . I vermini rossi ancora, cbe distincti. Millepeda, ab aliis centipeda, aot m ul nascono negli alberi, pesti con 1* olio giovano tipeda dicta, animal est e vermibus terrae, pilom irabilm ente agli -orecchi scorticali o ro lli. Le kum, m ultis pedibus arcuatim repens, tactnque lucertole tenute appiccate oon la booca d i sotto, contrahens se : oniscon Graeci vocant, alii tylon : e peste col sd e , guariscono le percosse degli efficacem n a rra n t ad aurium dolores, in cortice orecchi ; ma sono m olto m igliori qu elle cbe panici mali decoctum, et porri succo. A ddnnt et hanno macchie com e di ruggine, e h a n n o v e r rosaceum , e t in alteram aurem infundunt. Illam gheggiala la coda con alarne linee. II m illepiedi, antem quae non arcuatur, sepa Graeci vocaot, che aleoni chiam ano oentipeda, o rooltipeda, d i i scolopendram % m in o re m , perniciosamque. uoa sorte di verme di terra , piloso e d i m o lti Cochleae, quae sunt in usu cibi, cum m yrrha, piedi, cbe fii arco d d la schiena o d i ' a n d a re , a ao t thnris polline adpositae : item m inatae, e t

8 S7

H m O ftlA K D M MONDI LIB. XXIX.

|* ft

l a i a e , i M d u i m i r i o n iU iaualar cum melle. SaB r t w eevpeotiom ferveste letta octo, inatillalur r o aaoeo a d m ista , c o atra oaana qoidem vitia effi-. ut aed c e n tra graveolentiam peeeeipae: e o i m p a r a le tee ani, x aeeto: melina eam felle oap o n o t1 bubalo, ul testodiaia m eriaee. Velut l i o r a n n o eadem m em brana non prodest, nec i a b r e perfusa, I. alieni pnlanl. Ilem a ran e i sanaca e am rosaceo, e m per ae ia b o a , vel cam c ro co , aucibas prodeat : gryllo eum ua lerra e flb taus e t illitae. Magnam aueloriU tem knic a n im a li perbibet N igtditti, m ajorem Magi, q ao i a t o re tro n m b a b l, tecram qoe lerebre(, sWidat n o e lib a . V enantor om formica circum ligata capllo, ia caveoaam jos.confecte, efflato p riu t p o lv e re n a t e t i ooofeUt : ita.form icae com plexu e x tra h ito r. Yentrie. gallinaceorum m em brana quae abjk solet, inveterala e t in vino trila , auribo p a n d e n tia calida infu n d itu r ; gallinarum qooqoe adeps.

Eal et qanedam pinguitudo blattae, ai capot a v d b tu r : hanc tritam uua cum rosaceo auribus mire prodeste dicunt, ed b o am , qua incluterint, poti paollom extrahendam . Celerrim e enim id pingoe tran sire in anim al, fieriqae vermiculum . Alii bina teroaave in oleo decoctas efficacissime auribus m ederi scribunt, e t trila* io linteolo ira. poni contusis. Hoc quoque anim al in le r pudenda est : sed p ro p ter adm irationem naturae, priscorum qne curae, totum in hoc loco explicandam . Plura earum genera fecerant. Molles, quas in oleo deporta, verrucis efficaciter illini experti soot. Alterum geoos myloecon appelbvere, circa m obs fere nascent. Has eapite detracto adtritaa, lepras sanasse, M ota e t Pieton io exem plis reliquerant. Terliam g e n at e t odoris taedio invitam , exacota dune, com pisteb eo sanare ulcera alia insanabi lia : strom a*, panot diebnt viginti uno impositae, perenata, c o n ta ta, cacoethe, scabiem, fnrunculoep e , d e tra ctis pedibot e t peoni. Nos haec etiam aadiia fastidim us. A t h e rc o b Diodoros e t in m or bo regio, e t ortbopnoicis te id dedisse trad it cura renna et m elle. T antum potestatis habet ea ars

loeo i i rannicchia: d a ' Q m i i e U i n i i o o a i i w , da, altan tilo. Q aesto co llo i a eerteeoia d i ftaebn | m u e sago d i p o n o , guariaoe m irabilm ente I i doglie degli or eeah i. A ggiuogonvi olio tornio, e In infondono n e ll'a ltro orecchio. Vi un alt* ver mine di m olti piedi, il quale non Ca aroa quandi* va, chiam ato dai Greci aepa, e d a alcuni scolo pendra: m inore e nocivo. Le chiocciole ancora, che si m angiano, si pongono all1 orecchio con m irra e farina di incenso. Le m inute e larghe r im piastrano alle ro tto re degli orecchi con mele. A rrostiscono lo teoglio della serpe in testo ro vente, e con olio rosato lo in stilb n o negli orecchi, ed utile a ogni male, e massimamente a levare il cattivo odore ; o te gli orecchi avettero eolio m arcia, vi si m ette eon aceto ; ma meglio con fiele di capra, o di boe, o di testuggine m arina. Lo scoglio che abbia passato I' anno non gio ra, n se la pioggia ancora l aveste bagnato, come dicono m olli. La bava del regnatelo oon olio ro talo, o p e r t in lana,, o con aafierano p o n agli orecchi } il grillo cavato con la tue terra , e im piastrato. Nigidio d grand* autorit, a questa au&aUiwp; mpggjore gliene davano, i Magi, per** c h 'eg li cammina all in d ietro , fora il terreno, q Iride la notte. Pigliasi eoa ana fornica, legata intorno con un ceppilo, e. mesta nella so ca verna, soffiando prim a nella polvere acciocch non s ' asconda ; e cos per lo stringersi con la form ica, ti cava fuori il grillo. La buccia del ven triglio de' polli, che si suole gettar via, invecchia ta pesta nel vino a' infonde oalda negli oreochi, che fanno pu zza; ed anche g ratto di gallina. ancora certo gratto nella, piattola, te le ti tpicca il capo, il quale pesto insiem e con olio ro sato dicono che giova m irabilm ente agli orecchi ; ma bitogna che la lana, eoo b quale s ' inchiu**, si cavi poco dipoi ; perciocch questo grasso p re stissimo diventa animale, e fassi vermicello. Alcu ni dicono che due o tre piattole colte o d i ' olio guariscono gli orecchi* e peste io pencolino le pongono a ' loogbi percossi. Questo un anim ale da-verae vergogna e schifo, ma per b m aravi glia delU natura, e per b cura degli antichi, d ir d cbe te n e pu d ire in qoeslo luogo. Sonoene d i pi eorti : altre aon m orbide e tenere, e queste ti cuoconoeon lolio, e hanno virl di levare i por ri. C n 'altra to rte di piattola, che ti chiam a mileco, per lo pi nasce intorno alle m adne. Musa e P ittone negli esempii loro hanno scritto d 'a v e r oon esse guarito U lebbra antica, levando loro prim a il capo, e poi pestandole e m ettendole sul m ale. L a terza specie pi fastidiosa, perch ha odore rincreecevole, e la groppa aguzza : dicesi che queste insiem e con olio Catto di pece guariscono i m ali p e r altra via ia c n n b ili. G uariscono le

G. PLINII SECUNDI H1ST0R. MUNDI LIB. XXIX.


p i medbaaMAto fondi qaidqafd trih . H anth atm m i co m a cinerem cremata rte w m a A m ed I m nana in cornee pyxida centtere, u4 irin i r f f it o f iiw M u d e a A ortfitfpaeids, a l rhea* dMIIck Infixa utiqa corpori ilfttas eitrabete iMMMt. IM iHSIbstantni aoribnr Quoque est, m quo tfpM emortusto sant. n n fb fo i pani 9m eMCin giorno, i o n a M pereeesie infranti, le piaghe maligne In&steUte, h rogna, i cveeioni, e statili ose ^ ma e a fa u i toro le gambe e ie peone. Noi di queste eoaealsWame schifo sobmante alP adirle : eppnre Diodon me dico afferma d arar gaarito con f atato animate, aggiungendovi ragia a mala, il tr abocco del fia le, a lo spasimo a ritiramento da' narri. Taarta autorit ha l arte delia medidoa, di pater dare ei he le piace per rimedio. Pare quegli ebe asano maggiore amenit, &ano ardere qaesto animala, e ne serbano la cenere in bossoli doao, pesto il mettono m criatei agli ortopaoici, ed al reumatici. Per ne dubbie atean, ohe ogni cosa fitte nel corpo si Ure fooii Impiastrandoti sopra b piattob. 11 meb H i quale sieno maria b peeehb, utiUaalao agli orecehk l u i n m n D isno oca oaaocm. XL. Lo sterco colombino o per s solo, o me scolato con brina d o n o o di rena, guarisce b posteme dietro agli orecchi. Fanno lo stesso ef fetto il certello, o il fegato della ciretta mfaso oon olio nell* orecchio, o nelb postema; il c e n to gambe impiastrato con b terza parte di ragia ; e i grilli o impiastratiti, o legatiti aopra. L'altra sorti di mali, e le medioine che si fanno di questi medesimi, o simili animali, racconteremo nel se guente libro.

Ad riBofiDAs. X L h n t i u comprmi colambinam stereo* itf p e r te, te i un brina hordeacea M t a tm a o M . IfoetoMqoe oerebrdm tei jecur cam oleo infasam M r itd tt, adi parotidi : nrallipeda con reainae tertia parte illita : grylli sire illiti, sire adalligati. At reliqua morborum genera medScinasqae ex tffedem animalibos, aat ejnsdem generis, seqaenli d ie n n i tohunine.

C. PLEuI SECUNDI

HISTORIARUM MUNDI
LIBER XXX
MEDICINAE EX ANIMALIBUS RELIQUAE.

----------

D t o m to iit R M m .

&BZ.L* OftfOWB t a t ' i l i 1 tfKMCA, !

I.T .U ft agieas m M M nepiM qnM m M t a dante opem parte, ubicamqoe eaasae locusqoe pwekM t,eoirgainas, detegcaaasqae tia n ir a : ia paucis lameo digna res esi, de qua plora di eurtar, Tel eoipao qaod farad alenimi ma artium ptanaum io toto (erraram orbe, plurimisqae M air wfloir. Auctoritatem ei maximam Iriiw nemo miretor, qaaodoqoidem sola irtram tres afe Bpnio*ininw humanae mentis complexa ia uaam m redegit. Natam primum e medicina nmo dubitat, ac specie salutari irrepsisse velat Hiarem sanclioremqde medicinam : Ha hiandis ibrir desideratfssimisque promissis addkttsse tire* "dipoair, ad qoat maxime etiamnum caligai hamoMm geoua. Atque ut hoc quoque suggesse rit, arisaoisse avtes atathema!icas, nollo noo avido fa ta la da n o aceodi, alqoa ea e eoelo verissime peti credente. Ita possessis homsoam mmlMi HpW vineali, io U sto a fastigii adolevit, ot faAeqoe etiam io magna parto gentium pneva* ct io Orieote regam regibus imperet.

t. i. I T id volte, dove 1* cagiooeoit luogo l rtcerasfva, ne* libri pasaati ho confatati le vanit delT arie magica, e io ttgvit adcotra altrt! ne discoprir per confettarle. Merita nondimeno die di lei si ragiooi molto riguardo ad'alcune poche cote, e massimamente per questo rispetto, perch ancora ch*eHa sia la pi inganno* irte th ri irwovi, ha per avuto grandissima ri putatione h lutt il mondo perpi secoli. N si maravigli alcuno, ehe ella s* Acquistasse grandissima autoritl, perocch esm sola ha abbraccialo in s creatore arti, le qoaH sopri latte 1 alM tengono V imperio detta menu * umana. E per la prima ognuno se com'eUa data dalla medicina, e sotto aspetto di salutevole il sparse oonie cosa pi sant* e pi eccellenti} che essa m d i h li non : io questomodo alle pro^ messe sae molto desiderate e pieoe di tdsinghe aggiunse l'autorit della religione, nella quale per aneora la geoeraiiooe amaca va molto al baio. E poich di questo aoeora sparse persuasione, prese con s le arti matematiche, le quali possono molto oeR* uomo, perch ognono bramoso di sapere le cose avvenire, e crede che verissima a m ie si passano intendere dal del*. Avendo* ella duoqoe legatoci scoliamoli degli uooaioi eco la pedi) gioota o torta olteaiavcho ioggidtaocort

843

C. PLINII SECONDI

844

I gran perle del mondo, e in Qaanteaoiiauda a* de' re.


Q d a i d o bt a 9 0 0 c o m u t : a q o is u s CBLSBBATA SIT. Q uavdo b da c o i bbbb r m i i c i r i o : DA CBI r u CCLBBBATA.

II. Sine dubio illio orta io Perside 1 Zoroa- - II. S e n i dubbio eli naoqoe eoli in Persia tre, nt inter auctores convenit. Sed unas hic da Zoroastro, come dicooo gli scrittori. Ma se fuerit, an postea et alius, non satis constat. Eudo- fu ua solo, o par dopo lai alcuno altro, non si xus, qui inter sapientiae sectas clarissimam, uti- sa ben certo. Eudosso, il quale fra le sette della liMmamqae eam intelligi voluit, Zoroastrem filosofia volle eh1ella fosse cono sciata per chia hanc sex millibusanaoram ante Platonis mortem rissima e utilissima, disse che queslo Zoroastro faisse prodidit Sic et Aristoteles, llermippas qai fu sei mila anni innanzi alla morte di Platone; de tota ea arte diligentissime scripsit, et vicies e cosi disse anoora Aristotele. Ermippo, il qoale centom millia versuum a Zoroastre condita, indi con somma diligenza scrisse di tolta quest* arte, cibus quoque voluminam ejus positis explanavit, e comment ben due milioni di verri composti praeceptorem, a quo institutum diceret, tradidit da Zoroastro con apporvi ancora i titoli avolami Azonacem ; ipsum vero quinque millibus anno- di lui, disse che il maestro che gl* insegn fa rara ante Trojaaam bellum fuisse. Miram hoc in Axonace, e che Zoroastro fa cinque mila aoni primis, durasse memoriam artemque tam longo innanzi alla guerra Troiana. Ma prima da ma ravigliarsi, come la memoria e 1 arte ua dorasse * aevo, commentariis non intercedenlibas, praete tanto tempo senxa libri, massimamente non es rea nec claris nec conlinais successionibus custo sendo conservata n da chiari n da continuali ditam. Qttolus eoira quisque auditu sallem cogni tos habet, qni soli cognominantor, Apuscoram saccessori. Perciocch quanti sono coloro,che per et Zaratam Medos, Babjloniosque Marmartira et udita almeoo conoscano Apuscoro e Zarato di Me Arabantiphocam, aut Assyriam Tarmoeodam, dia, Marmaro e Arabantifooo di Babilonia, o Tar ai oenda d 'Assiri, i quali non hanno scritto cosa quorum nulla exlanl monumenta ? Maxime ta men mirum est, in bello Trojano tantum de arte alcuna ? Nondimeno de meraviglier grande ea silentium fuisse Homero, tanlumque operis ex mente, che Omero non faccia menzion veruna eadem in Ulyssis erroribus, adeo nt totum opus di quest* arte nella goerra Troiana, mentre tanto non aliunde constet. Siquidem Protea et Sirenum la nomina ne* viaggi d* Ulisse, cbe in quasi tolta qaell* opera non ragiona d* altro. Certo cbe gli cantus apad eum 000 aliter intelligi volant: Circe atiqae et inferam evocatione hoc.solam aalori vogliono che presto di lai uoa s*abbia a in agi. Nec postea quisquam dixit, quonam modo tendere altrimenti ci che dice di Proteo e del can venisset Telmessum religiosissimam urbem, qoao to delle Sirene, e che in Circe e nelle compana do transissetad Thessalas matres, qoaram cogno dell*infernali non sia attivala che P arte magica. men diu obtinuit in nostro orbe alienae gentis. Ninno poi ha scritto come qoesfarte se ne venisse Trojanis itaque temporibus Chironis medicinis in Telmesso, citt religiosissima, e quando di quivi contenta, ct solo Marte fulminante*miror eqaidem passasse in Tessaglia, dove la professavano le don Achillis populis fa m a m ejus in tantum adhaesisse, ne} onde in Italia fa lungamente chiamata con no a t Menander quoque litterarum subtilitati sine mestraniero arte delle donne Tessaliche. Laonde, aemulo genitus, Thessalam cognominaret faba siccome nei tempi Troiani fu essa contenta delle tam, complexam ambages feminarum detrahen medicine di Chirone e del solo Merle fnlaainanle, tium lunam. Orphea potarem e propinquo pri maravigliomioome in qnei popoli corresse tal fa mam intulisse, ad vicina nsqnf superstitionem ma di quest' arte, che Menandro, noeso d* sceme ac medicinae profectum, si non expers sedes seme pari nelle lettere, e nato nelle medesime ejas tota Thrace magices faistet. citt di Telmesso, chiami Tessala qoeUe comidie, nella .qoale delcrivele femnrioe ehe oen in canti chiamano Ja lune in terne, lo crederei ehe Orfeo, nato vicino a qaesto luogo, avesse intro dotto nelle vicinanze la superstizione e, gli rifatti della medicina, se lutta Parte magica non fosse venuta di Persia in Tracia. Il primo, che si sappia, per quanto io truovo Primas, qaod exstet, a i eqaidem invenio, commentatas de ce Qsthanes, Xerxem regem scritto, cbe trattasse di quest* arte, fa Ostane, il Persarum bello, quod is Graeciae intubi, ooa- qoale, in compagnia di Serse re di Persia, venne

ty l

HISTORIARUM M IM I L II. XXX.

80

talos : ae velai M in iti* artis portentosae sparsisse, obiler infecto, quacumque coromeaverat, mundo. Diligentiores panilo ante hunc ponunt Zoroa strem alium Proconnesium. Quod certum est, hic maxime O iA im ad rabiem, bo d aviditatem aiodo scientiae ejtu, Graeeorum popolo* egiL Quamquam animadverto n o n u m litterarmo cla ritatem gloriamque ex aa adenlia antiqoitos et paen* M m p e r petitam. Certe Pythagorae, Eope* dodes, Democrito*, Plato ad banc discendam navigavere, exsilii* o rin i, quam peregrinationibus, soseeptis. Hano reversi praedicavere : hanc in arcani* habuere. Deooerito* Apollobohen Coptitcn, ei Dardanum e Phoeoiee illustravit, volaminiha* Dardani io sepnlcrom ejos petitis : sois vero ex disciplina eoram edKtis : qoae recepta ab olilo boooom , atqoe traomse per nemoriam, eqoe ae nihil io vita, mirandum est. lu tantom fide* isti* bsque omne deest, adeo ut ii quieetera in viro illo probant, haec ejus esse opeo inficien tur. Sed frustra. Hunc enim maxime adfixisse animi* e a m dulcedinem constat. Plenuraque mi raculi et hoc, pariter utrasque artes effloruisse : medicinam dico, magicenqoe, eadoo atate Miam Hippocrate, ha ne Demorito illostraotiboe, irco Peloponnesiacam Graeciae bellam, quod festum est a ccc Urbis ooclrae anno. Eat et alia magiees belio, a Mose t Jaon* et Lotape ao Jodaei* pendens, sed mullis millibu* annorum post Zo roastrem. Tao lo recenti or eat Cypria. Noo levem et Alexandri magni temporibus aoetoritateo ad* didit profusioni secundus Oslbanes, coaoitato eju* exornatu*, pbneque, qood nemo dubitet, orbem terrarum peragravit.

alla guerra eh* ei port alla Grecia, e per viaggio sp a rM i semi di questa mostruosa arte, con met tere guasto e infezione a tutta quella parte di mondo che pasnva. Ma innaoxi a costui i pi di ligenti scrittori pongono Zoroastro, non il primo, ma un altro di Proconneso. Il certo che Ostana non solamente mise desiderio, ma rabbia di que st arte a' popoli della Grecia. Nondimeno io truovo ebe anticamente e quasi poi sempre cer cavano acquistare splendor nelle lettere e gloria da questa facolt. Certamente Pitagora, Empedo cle, Democrito e Platone impresero navigazioni, o, a meglio dire, esiKi, per imparare quest' arte, e tornati ehe furono a cam la predicarono, a la tennero fra le arcano loro eoo. Democrito illoatr Apollobeche Coptite, e Dardano di Fenicia, avendo trovati I volumi di Dardano nella sua se poltura ; ed egli poi compose libri secondo la disciplina d ' essi. Ma da maravigliarsi, che quest' arte sia stala dipoi ricevuta dagli altri uo mini, e che siasi perpetuata nella memoria s che nulla pi, perch si poca fede data a quest* ar et, che coloro che approvano tutti gli altri libri d i Democrito, dicono che questo opere non sono o e . Ma in vano ; perciocch non dubbio alcuno che quella scienza gli fu a cuore sommamente. B questa ancora gran maravigtia, che ambedue queste arti parieoote fiorirono, d ie o la medicina e T arte magica ; cb nella medesima et quella fu illustrata da Ippocrate, e questa d a Demoori lo, intorno alb guerra della Biorea in Grecia, la qual si fece trecento anni dopo la edificazione d i Roma. V un'altra baione di arte magica, ehe deriva da Mos, lampe, Lotape e da* Giudei, ma molto migliaia d 'aoni dopo Zoroastro. Molto pi fresca la Cipria. Aggiunse a tale professione non poca autorit a tempi d Alesmodro magno il secondo Ostane, il quale accompagn il suo esercito, e cerc quasi tutto il mondo, il ehe non dubbio a nessuno. Ss l* I t a l i a
MIRI. la

A a axBOCOBOiT bam I t a l ia : qoa o n y i o M saA T 0 i T t r o n i T BOMiaan u i m o l a m .

asiaci t : q b a h v o viet

la m i

ma VOLTA IL SBSATO

60

SI SACXIPICASOBO TO*

III. Certo ebe appresso i popoli d Italia ri 111. Cxstaot certe et apud Italas gentes vesti* gia ejos io doodechn tabulis nostri, aliisque mangono ancora i suoi vestigii nelle nostre do arganeoti*, quae priore volamioe exposui, d c l v i i dici tavole, e altri argomenti, eh' io dichiarai nel demum aooo Urbis, n. Cornelio Lentulo, P. libro dinanzi a questo. Finalmente 1 anno sei Liciato Crosso coss., seoatuscensoltom botnm cento cinquanlasette dopo la edificazione di Ro est, u ne homo immolaretur: palamque fuit io ma, essendo consoli Gneo Cornelio Lentulo, e P. Licinio Crasso, fu fatta una ordinazione in onatea pus illud o c ri prodigiosi celebratio. to, u che niun uomo fosse sacrificalo; e truovasi per chiaro, che fino allora si facevano sacrificii mostruosi.

H7
De G l l u i m D bcidis .

C. PUNII UCDlUM
' D b i D b o id i d e l l a G a l l ia .

IV, Gallias utique el qvi4 a ad nostram munoriam, Namque Tiberii C ieurii prioripalus sustulit Druidas eorum, et boe genus T(am aaedicoruraque. 8ed quid ego hee cemm ao M in in arie Oceanan quoque transgressa, et ad naturae inane pervecta 7 Britsuoia bedieque eam adlouile celebrai tantis caerimoniis, a l dedisse Persis videri possit. Adeo ista loto mando consensere, quamquam discordi et sibi ignoto. Nec salis aestimari potest, quantum Romania debea tur, qui sustulere monstra, in qaibus ho minem occidere religiosissimum erat, mandi vere etiam saluberrimum.

IV. Ci aw ra in Francia Mora f is s i na sici teaapi. Perch assento imperat o re Tihsris furono levati via i Druidi loro, cimili altre sveli di medici e d indovini. Ma perche r acconto io queste ceee in questa arte, che passa ta ancora oltre mare, e giunta fino a dove la natura non influisce? Oggid gl'inglesi oon tante cerimonie la edebrano, che para eh essi labbiano data ai Persiani. Vedi dunque quanto tutto il mondo, beueb fra s medesimo sia dieoardaftle ed inso gnilo, saccorda a celebrare questarte. Neipu stimare qnanto obbligo il mondo abbia co Ro mani, i quali abbiano levato via qnei sacrificii mostruosi, ne' qu*h cosa religiosiasiana ara ucci der luomo, e saluberrima a maogiarle.
D e llb s r r c is
d e l l a m a g ia .

Da o b h b b ib u s

m a g ic b s .

V. a. Ut narravit Oslhanes, species ejw plo- V. a. Le specie di quest* arte, come dice Osta res aUDL Namque et aqua, el sphaeris, et itrc , et ne, son asolte : perciocch nua ve n , cbe pro Stellio, el luoeruis, ae pelvibus, securibusqne, et mette ose divine dell acqua, dalle sfere, daH *malti* aliis modi* divina promittit : praeterea ria, dalle stelle, dalle lucerne, da bacini, dalle aco umbrarum, inferorumque colloquia: que omnia ri, e da molta altre simili cose : p r o m e t le nuco di * aetate nostra pineeps Nero tana felsaque eom* far favellare altrui eon 1 anime, e eon gli spiriti infernali ; le quali tutte cose Nerone imperaders perit: quippe nou citharae I r a g io iq u e canius li aliati nostra oonobbe esaer noce false; perocch bido illi major f u ti, fortuna rerum bmnanarum non ebbe egli maggior desiderio e agonia di sonar summa gestivate in profundis animi vitlis. Pri* la celera, edi recitare nette tragedie, ehe a avesse mumque imperare diis concupivit, nee quidquam di quest' arte, essendosi la fortuna signora dette generesiua voluit. Memo u rn q u a m nltt artium va lidius fetit. Ad baec, non opes ei defucte, non umane cose allegrata de* profondi vizii dell* ani vires, non discentis ingenium, aliaque non pa* mo suo. E per la prima, egli ebbe desiderio di co tiente mnndo. lmmensnaa et indubitetnm exem* mandare fino agli dei, che fu il sno pi nobile e generoso desiderio. Niun altro favor alcuna arte p k u m est faine artis, qua n i dereliquit Nero : u t i quanto egli la magica. Al cbe non mancarono a naaaqde inferos potius et quoscumque de suspi * cionibus s u is deos consuluisset, quam lupanaribus lui le facolt, n le forze, o 1 ingegno d'impe rare, n altre cose, che il mondo non sa compor atque prostitutis maudasset inquisitiones eas: unVa profeto sacrai baubari licet fetiqde ritus, tare.. E bene grandissimo argomento cbe que non mitiora* qua na eogitationes ejus, faissent. st' arte si'frisa, laverla Nerone abbandonala; e volesse Dio, eh* egli avesse piuttosto ricerco il Saevius sic nos replevit u m b r is . consiglio degli dei infernali sopra i suoi sospetti, e non avesse commessa tale arte a' chiassi e luo ghi diooqaati, cbe veramente non ci sarebbe stetn sacrificio alcuno, ancor cbe barbaro e strano, cbe non fosse stato pi mansueto che 4 suoi pen sieri. E cosi pi crudelmente ci riempi d*ombre.
M ago a c u
p e r f u g ia .

a l s it db*

M a g i.

VI. Hanno i Magi certi loro rifugi e scuse, e VI. Sunt quaedam Magis perfugia, veluli len tiginem habentibus non obsequi numina f aul dicono che gli dei non ubbidiscono a quegli die

UISTORUUUM MUNDI LIB. XXX.


c m ii. Obstet forte hoc in illo ? Nihil membri* defuit. Nam dies eligere certos liberum erat : pe cudes vero, quibus non nisi ater colos esset, fa cile. Nam homines immolare etiam gratissimum. Irtngus ad eum Tiridates venerat, Armeniacum de se tiium phum adlereti, et ide< provinciis gratis. Navigare noluerat, quoniam xspurre iu maria, nliisque mortalium necessitatibus violare naturam eam fas non putant. Magos secum addu x e r a t . Magicis etiam coeuis emn initiaverat. Non tamm quum regnunei daret, hanc ab eo accipere itum valuit. Proinde ita persuasum sil, intesta bilem, irritam, inanem es*e, habentem tamen quasdam veritatis umbras : sed in bis veneficas artes pollere, noo magicas. Quaerat aliquis, quae sint mentili veteres Magi, quum adolescentibus uobis visus Apion grammaticae artis, prodiderit rynccephaliam herbam, quae iu Aegypto vocare tur osyrites, divinam, et contra omnia veneficia: sed si tota erueretur, statim eum qui eruisset, mori : seque evocasse umbras ad percunetandum Homerum, quanam patria, quibusque parentibus penitns essef, non tamen ausus profiteri, quid sibi respondisse dicerct.

haono lentiggine, n si laiciano veder loro. Forse queato difetto fu impedimento a Nerone? Egli non ebbe difetto alcuno nelle membra, e poteva anco eleggere tutti i giorni pi accomodati ; e quanto al trovar pecore nere, gli era.facile cosa. Perocch avea per gratissimo sacrificare ancora gli uomini. Era venuto a trovarlo un certo Tiri date Mago, portandogli di s nn trionfo Arme niaco, per lo quale era odioso alle provmcie. Era voluto venire per terra, e non per mare, perch i Magi usano dire ehe non lecito violare il mare con lo sputo, o con I' altre purgagioni, le quati escono dell* uomo. Costui avea menati seco altri Magi, e aveva aocora introdotto Nerone alle cene de1Magi, ma nondimeno benchegli desse a costui il regno d 'Armenia, oon pot avere l'arte ma gica da lui. Crediamo adunque, ch'ella sia cosa biasimevole vana, ma nondimeno eh* ella abbia in s certe ombre di verit, dove hanno pi luogo gl'incantesimi e le malie che l ' arte magica. Ri cerchiamo adonqae quali sieno state le falsit degli antichi Magi, eonciossiach a'tempi nostri Apione grammatico ebbe a lire, che si truova una certa erba chiamata cinocefaglia, e in Egitto mirile, la quale ha fona divina, ed eontra tutte le malie ; ma che eolui che la sreglie, subito muore. Di pi afferma, c,h' egli costrinse per virt di quest' erba gli spiriti a dirgli di qnal patria fa Omero, e chi fu il padre e la madre sua ; nondi meno non ard dire quello che gli fu risposto.
O pinioni
m

e t a l pis

o p im o M a g o e u * ;

m s d i c i k a s v.

'

v a g so v b a l b t a l p e ; u w c

. 5.

V11. 3. Peculiare vanitatis sit argumentum, TU. 3. Grande argomento della vanit dei quod animalium cunctorum talpas maxime mi Magi sia qnesto, eh' essi hanno in grandissima rati tur, tot modis a reruiu naturaJdamnatas, cae veneratione le talpe sopra tatti gli altri animali, citate perpetua, tenebris etiaranum aliis defossas le quali in tanti modi sono state odiate dalla na sepultis'}ue similes. Nullis aeque credunt extis, tura, per la perpetua cecit loro, e per istar elle nullum religionis capacius judicant animal: ut di continuo in altre tenebre sotterra, come sepol si juis cor ejus recens patpilansque devoret, di te. A nesaune altre viscere di animali credono pi vinationis et rerum efficiendarum eventas pro che a queste, e ninno altro animale credono che mittant. Dente talpae vivae exempto, sanari sia pi capace di religione; e dicono che se alcuno dentium dolores adalligato adfirmant. Celera ex inghiottisce il cuor fresco di questo animale, sar eo animali placita eorum, suis reddemus locis. indovino delle cose che hanno a venire. Affer Nec quidquam probabilius invenietur, quam mano ancora, che col dente cavato a talpa viva, moris aranei morsibus adversari eas, quoniam et legato, si guarisce il dolore de'denti. I / altre cose, eh'essi raccontano di questa bestiuola, le terra,orbitis (u t diximus) depressa adversa diremo al suo luogo. N alcuna cosa si trover tur. pi probabile, che quelle opporsi a'morsi del topo ragno, perch anco la terra, come abbiamo detto, calcata dalle ruote del carro, giova a questo effetto.

C. PLINII SECUNDI
R e LIQUAE MEDICI HAE p e r MORBOS DIGESTAE EX ANIMALIBUS. Ad DEKTIOM DOLORES.

85a

A X T R E MEDICINE T R A T T E DAGL! A M M A L I, SRCOSDO LB SPECIE DELLE M ALA TTIE. A i DOLORI D B I D E S T I.

VIII. Oltra di ci, secondo loro, la cenere dei Vili. Celero dentiam doloribus ( at iidem narrant) medetur canum qui rabie perierunt, capi arsi senza carne de1cani, che son morti di rabbia, guarisce il dolor de' denti, instillata con capitum cinis crematorum sine carnibus, instilla tus ex oleo Cyprino per aurem, cujus e parte olio Ciprio per P orecchio dalla parie onde essi doleant. Caninus dens sinister maximus, circum- dolgono. Ci fa pure il maggior dente canino della mascella manca, stuzzicandosi con esso il scar ificato eo qui doleat: aut draconis os e spi na : item enhydridis. Est autem serpens mascu dente che duole; o l ' osso della spina del dragone; lus et albus. Hujus maximo dente circuroscarifi- 0 quello dell'enidride. Queslo uo serpe maschio cant. At in superiorum dolore duos superiores e bianco : col dente maggiore di queslo serpe si adalligant, e diverso inferiores. Hujus adipe pe stuzzicano i denti all' intorno. Ma nel dolore dei denti di sopra vi si legano i due di sopra, e per runguntur, qui crocodilum captant. Dentes sca rificantur ossibus lacertae e fronte luna plena contrario quei di sotto. Col grasso di questo serpe exemptis, ita ne terram attingant. Colluunt cani s' ungono coloro, che pigliano i crocodili. Sluznis dentibus decoctis in vino ad dimidias paries. zicansi ancora i denti con P ossa delle lucertole, Cinis eorum pueros tarde dentientes adjnvatcum tratte loro della fronte a luna piena, s che non melle. Fit eodem modo et dentifricium. Cavis tocchino terra. Lavansi ancora co' denti Caniai denlibus inis e murino fimo inditur, vel jecur cotti nel vino, sin che torni per met. La cener di questi denti con mele aiuta i bambini, che pe lacertarum aridum. Anguinum cor si mordeatur, aut alligetur, efficax habetur. Sunt inter eos, qui nano a mettere i denti. Fassi nel medesimo modo murem bis in mense jubeant mandi, doloresque polvere da nettare i denti. La cenere dello sterco ita cavere. Vermes terreni decocti in oleo, infu- del topo si melle nel deute, ovvero il fegato secco sique auriculae, cujus a parte doleant, praestant delle lucertole. 1 ctjore delP angue masticalo a 1 levamentum. Eorumdem cinis exesis dentibus legatovi sopra, tiensi che gli giovi. Sono alctmt conjectui, ex facili cadere eos cogit : integros do Ira loro, i quali vogliono che due volte il mese si lentes illitus juvat. Comburi autem oportet in mangi il topo, perch cos non dolgono i denti. testa. Prosunt et cam mori radice in aceto scil 1 lombrichi colti nelP olio, e messi nell' orecchio lite decocti, ita nt colluantur dentes. Is quoque da quella parte dove il <fcnte che duole, miti vermiculus, qui in herba, Veneris labro appella gano il dolore. La ceoere de' medesimi messa nei ta, invenitur, cavis dentium inditus mire prodest. denti guasti facilmente gli fa cadere, e stropic Nam erucae brassicae, ejus contactu cadunt. Et e ciandone i denti sani gK aiuta ; ma bisogna ab malva cimices infunduntur auribus cum rosaceo. bruciargli in tegghia di terra. Giovano ancora Arenulae, quae inveniuntur in cornibus cochlea cotti con la radice del moro in aceto sqaillitico, rum, cavis dentium inditae, stalim liberant do? e bagnarne i denti. Quel vermicello ancora, che lore. Cochlearum inanium cinis cum myrrha si Iruova nell* erba chiamata labbro di Venere, gingivis prodest : serpentis cum sale in olla exu messo ne1buchi de'denti, giova assai : perciocch stae cinis cum rosaceo ia contrariam aorem iq? ancora toccando con esso il cavolo ne fa cadere i fusus. bruchi. Le cimici, che si truovano nella malva, s' infondono anch1esse negli orecchi eoa oli ro sato. Le arenoline, che si tfovano nelle corna delle chiocciole, messe ne* buchi de' denti, subito levano il dolore. La cenere delle chiocciole volt, con mirra, giova alle gengive; e cos la cenere della serpe arsa in pentola con sale e olio rosalo, messa nell' orecchio opposito. Anguinae vernationis membrana cam oleo, La pellolina dello scoglio della serpe, della tedaeque resina calefacta, el auri alterutri infusa: angue, che getta la primavera, riscaldata con olio adjiciunt aliqui thus el rosaceam: eadem cavis e ragia di leda, e infusa in un orecchio, giova indita, ut sine molestia cadant, praestant. Vanum mollo. Alcuni v' aggiungono incenso, e oKo ro arbitror esse, circa Canis ortum angues candidos salo. La medesima messa ne' buchi fa che i denti membranam eam exuere, quoniam nec in Italia caggiono senza dolore. Io penso che sia una visum est, mulloque raiuus credibile iu tepidis vanit, che al nascere della Canicola gli angui regiuuibus tam sero exui, llanc autem vel iuve- bianchi gettino la scoglio, perch ci aou s '

853

HISTORIARUM MONDI LI B. XXX.

854

leratam curo ocra celerrime deotes evellere iradunt. Et dens anguium adalligatus dolore* mi tigai. Sunt qui et araneum animai ipsura sinistra oanu capiam, tritumque in rosaceo, et in atirem iafusom, cuju a parte doleat, prodesse arbitren tur. Ossiculis gallinarum in pariete servatis, fistu la salva, adacto dente vel gingiva scarificata, projectoque ossiculo* statim dolorem abire tradunt. Item fimo corvi lana adalligato, vel passerum cum oleo calefacto, et proximae auriculae infuso, pruritum quidem intolerabilem facit, et ideo to lerabilius est passeris pullorum sarmentis crematoru<p cinerem ex aceto infricare.

visio mai in Italia ; e molto meno credibile cbe ne' paesi caldi lo gettino s lardi. Dicono che questo scoglio, ancorch sia invecchiato, con la cera prestissimo sveglie i denti. 1 dente dell an 1 gue legatovi scema il dolore. Alcuni tengono che il ragnatelo preso con la man manca e pesto in olio rosato, e infuso nell orecchio dalla parte che duole, giovi assai. Gli ossicini delle galline ser bati nel maro, ma che il canale sia salvo, dime nando il dente, o stuzzicando la gengiva, e get tando via poi quell ossicino, fanno, secondo che si dice, ch'e sabito se ne parte il dolore. Lo sterco del corbo, legato con lana, o delle passere con olio caldo e infuso nel prossimo orecchio, fa intol lerabile pizzicore; e per questo meglio stropic ciare a denti con l aceto la cenere de*passerini arsi co sermenti.
Al
c a tti v o a u t o e a l l e u lc e r e d e l l a bocca.

A o o b i* s a p o b e m e t o l c e b a .

IX. 4* Alcuni dicono che si fa buon alilo di IX. 4* Or** saporem commendari adfirmant, murino cinere coro melle si fricentur dentes. Ad bocca stropicciando i denti con cenere di topi col miscent quidam marathri radices. Penna vulturis mele. Alcuni vi mescolano le radici del maralro. si scalpanlnr dentes, acidum halitam faciunt. Hoc Stropicciando i denti con la penna dell avoltoio, idem hystricis spina fecisse, *d firmitatem perti si fa l alito acetoso. E voler fermare i denti, si fa net. Linguae ulcera et labrorum, hirundines in questo medesimo con la spina dell istrice. Le mulso decoctae sanant. Adeps anseris aut galli rondini cotte in vin melato gnariscono le scortinae, rimas. Oesypum curo galla, araneorum telae calore della lingua e delle labbra. 1 grasso del1 candidae, et qoae in trabibus parvae texuntur. Si l'oca, o della gallina, guarisce le crepature. Lo ferventia os intus exusserint, lacte canino statim esipo con galla, e le tele bianche de ragnateli. e sanabitur. quelle piccole che si tessono alle travi, fanno il medesimo effetto. Se cose troppo calde avranno iucotta la bocca dentro, sabito si gaarr con latte di cagna.
Ad
f a c i e i m a c o l a *.

A lle

m a c c h ie d e l

v is o .

X. Lesipo con mele di Corsica, il quale si X. Macula* in facie, oesypum cam melle Cor sico, quod asperrimum habetur, extenuat. Item tiene che sia asprissimo, rassottiglia le macchie scobem cutis in facie cam rosaceo impositam vel del viso; e la forfora della pelle nella faccia, lere; quidam et batyrum addunt. Si vero vitili postovi sopra in lana con olio rosato. Alconi vaggiungono il burro. Ma se vi sono vitiligini, i gines sint, fel cauinuro prius acu compunctas. Li utile il fiele del cane, ma prima si voglion pan ventia et sugillata pulmones arietum pecudum gere con lago. 1 polmoni de montoni e delle que, in tenues consecti membranas, calidi impo siti, vel columbinum fimum. Cutem in facie adeps pecore, tagliati in pezzi minuti, postivi su caldi, anseris, vel gallinae custodit. Lichenas et murino o lo sterco de colombi, guariscono i lividi, e le fimo ex aceto illinunt, et cinere herinacei ex parti suggellate, 11 grasso d oca, o quello di gal oleo. In bac curatione prius nitro ex aceio (aciem lina, guarisce la pelle nel viso. Fassi empiastro foveri praecipiunt. Tollit ex facie vitia et co alle volatiche con lo sterco di topo, con aceto, e la chlearum, quae latae et minutae passim inve- cenere dispinoso nell olio. In questa cara vo niontur, cam melle cinis. Omnim quidem gliono cbe prima si fomenti la faccia col nitro cochlearum ciois spissat, calfacit, smectica vi : et nell'aceto. Leva i difetti del viso ancora la cenere ideo causticis commiscetur, psorisque, et lentigi delle chiocciole, che larghe e minute si trovano ni illinitur. Invenio et formicas herculaoeas ap per tutto col mele. E in vero la cenere dogni pellari, qaibas trilis adjecto sale exiguo, talia chicociola condensa e riscalda con virt purgati ilia s a n e n t u r . Bupresti* animal est r a r p r a in va ; e per questo si mescola con xoltorii, e ponsi

855

C. PUNII SECUNDI

856

llalia, simillimam scarabaeo longipedi. Fallit inler herbas bovem maxime, unde et nomen iaveoit, devoratamque lacto felle ita inflammat, ut rumpat. Haec cum hircino sero illita lichenas e x f a c ie tollit s e p ti c a vi, ut supra dictum esi. Vulturinas sanguis cam chamaeleonis albae ( q u a m herbam esse dicimus) radice, el cedria tritus contectusque' brassica, lepras sanat : i l e m p e d e s locustarum cum sevo h i r c i n o I t i l i . Varos adeps gallinaceus cum caepa tritus et subactus. Utilissimam et in facie m e i, io qno spes sint im mortuae. Praecipue lamen faciem purgai atque erugat cygui adeps. Stigmata deleniar columbino fimo es aceto.

alia tigna, e alle lentiggini. Io trnovo ancora certe formiche chiamale erculanee, le quali peste con un poco di sale guariscono ti difelli. 11 bupreste animale raro in Italia, molto simile allo scara faggio d e 'p ed i lunghi. Egli inganna molto fra l'erbe specialmente il bue, e di qui anco sha preso il nome; e inghiollito da esso, come ha tocco il fiele, lo infiamma in lai modo, che lo (a scoppiare. Queslo impiastrato con sevo di becco, leva le volatiche del viso con virt purgativa, come s ' dello di sopra. Il sangue dell' avoltoio, con la radice del cahieleone Ranco ( il quale dicemmo eh un erba ), e pesto con cedria, e posto in foglia di cavolo, guarisce la lebbra ; e cos fanno i piedi delle locuste pesti con sero l becco. I grasso di gallo pesto con cipolla, e po stovi sopra, manda via il vainolo. Utilissimo ancora al viso il mele, nel quale sieno morie le pecchie. Ma nondimeno il grasso del cigno purga benissimo il viso, e manda via le grinze. 1 segni fatti dalle percosse si levano eon lo sterco di co lombo nell' aceto. Al MALI
DELLA GOLA.

A d VITIA FAGCltW.

XI. Gravedinem invenio finiri, si qois nares XI. Io truovo che se alcuno bacia il naso fel molinus osculetur. Uva el faucium dolor mitiga topo, manda via il dolore del capo. L' ugola, e il tur fimo agnorum, priusquam herbam gustave- dolore della gola si mitiga con Io sterco degli vini, in ambra arefacto. Uva sncco cochleae ae agnelli secco al rezzo, prima eh'essi abbiano transfossae illila, at cochlea ipsa in fumo suspen mangiala erba. L'ugola si sana col sugo della datur. Hirundinum cinere cam melle: sic et chiocciola bacata con l'ago, e impiastrata, ma tonsillis succurritur. Tonsillas et fauces lactis eh' essa chiocciola s 'appicchi al fumo ; o con la (svilii gargarizatio adjuvat. Multipeda trila, fi cenere delle rondini col mele ; e cos si guarisco mum columbinam cum passo gargarizatum,etiam no le scenici. 1 latte ancora della pecora garga 1 cum fico arida ac nitro imposilum extra, asperi rizzato col mele giova alle scenici e alla gola. Il cenlogambe pesto, lo sterco de' colombi garga tatem faucium et destillationes leniunt. rizzato col vin collo, o posto di fuori eoa fico secco e nitro, levano le asprezze della gola, e le distillazioni. Debbonsi le chiocciole cuocere senza lavarle, Cochleae coqui debent illotae: demptoqae tantam terreni conteri, et in passo dari polui. e levando solo la parte terrestre, pestarsi e darsi Sant qui Astypalaeicas efficacissima* patent, et a bere in vin cotto. lcuui tengono le Astipaleiche lmegtna earum. Lenit et gryllus infricatus : aut per efficacissime, e in esse la sottile fuliggine loto. i qois manibus, qaibus eum contriverit tonsillas Mitiga ancora il grillo fregatovi dentro, ovvero se alcuno toccher le scenici con le mani, eoa le ttingat. quali 1 avr pesto. *

Ad AtfGIHAS BT STBDMAS.

A lle

g a v iu b e a l l e s c r o f e .

XII. Anginis felle anserino cura elaterio et Xl!. Il fiele dell1oca con elaterio e mele gua melle citissime succurritur : cerebro noctuae, ci risce prestissimo la squinanzia, e ci fa ancora il cervello delta civetta, e la ceoerc della rondine nere hirundinis, ex aqna calida poto. Hujus me dicinae auctor est Ovidius pota. Sed efficaciores bevuta con acqua calda. Di questa niedicioa ad omnia qaae ex hirundinibus monstrantur, autore Ovidio poeta. Ma molto migliori a tutte pulli silvestrium. Figura nidorum eas deprehen tutte quelle cose, che si medicano con le rondini, dit. Multo Unren efficacissimi ripariarum pulli. s o d o i rondinini salvatichi. La figura de'nidi

857

BfTOfllARUM MUNDI LIB. XXX.

858

II vocaot io riparano cavi* mdifieantes. Sunt qui cujuscumque hiruodiois pulhim edendaro cen seat, ne loto tono metoatur id malum. Strtogo bio* coito sanguine comburunt io n te , et cio* reta e u n pane al polo daot. Quidam et muitelae ci aeri* pari modo admiscenl. Sic el ad strumae remedi* daot: et comitialibus qaolidie polu. In ale qaoqae servatae hirundine* ad anginam aoa drachma bibuntur : cui malo et nidus carota mederi dieilar pota*.

ce gli mostra. Nondimeno molto a proposito sono

Millepedam illfa anginis, effcaci*simnro po tant. Alii xxi trita* in aqoae mulsae hemina lari per arundinem, quoaiam dentibas lactis nihil prosint. Trado ni et murem cum verbenaca exco* cium, si bibatur is liquor, remedio ette. Et corri giam caoioam ter collo circumdatam : fimnm colambinam vino et oleo permixlum. Cervici* nervi* et opislhotono, ex milvi nido surculus vitici* adalligatas auxiliari dicitor. 5. Strumis exulceratis mustelae sanguis: ipsa decocta in vino : non tamen sectis admovetur. .Ajaat et cibo somplam idem efficere. Vel cineri ejos sarmentis combustae'miscelar axungia. Laeerlus viridi* adalligatur : post dies xxx oportet alium adalligari. Quidam cor ejus in argenteo vasculo servant, ad feminaram strumas. Veeres cochleae cum lesta sua lusae illinunlar, maxime quae frutectis adhaerent. Item cinis aspidum cum sevo taurino imponilar. Anguinos adeps mixtas oleo : item anguiaro cinis ex oleo illitas, vel cnm cera. Edisse quoque eos medios, abscisis utrim que extremis artubus, adversus strumas prodest: vel cinerem bibisse in novo fictili ita crematorum : efficacius multo inler duas orbitas occiso rum.

Et grjllum illinire cnm s a a terra effossum m adent: item fimura columbarum per se, vel cum farina hordeacea, aut avenacea ex aceto. Talpae cinerea ex melle illinire. Alii jecor ejos* dem contritam inler manas illinant, et triduo noa abluant. Dextram quoqae pedem ejus reme dio**e strumis ad firmant. Alii praecidunt caput, et cum terra a talpis excitata lotum digerant in pastillos, pyxida stannea, et atuntar ad omnia qoae intumescunt, et qaae apostemata voeanl, quaeque in cervice sint : vescique sailla tunc vetaut. T auri vocantur scarabaei terrestres, ricino

i rondinini di quelle che figliano ne' nidi fatti nelle grotte. Alconi tengono che si debba man giare il rondinino di qual si voglia rondine, acciocch per lutto P anno non si tema di questo male. Ardonsi i rondinini strangolali col sangue in vaso, e dassi la cenere con pane, o a bere. Ai roni a pari misura mescolano 1* cenere della donnola, e cos la danno per rimedio ancora alle scrofe ; e a l mal caduco in bevanda ogni d. Le rondini ancora si serbano insalate, e dassene a bere una dramma eontra gli stranguglioni ; al qual male giova ancora il nido loro bevulo. Alcnni alla squinanzia fregano il centogambe. Alcuni ne pestano ventuno, e dannoli a bere in un'emina d'acqua melata con nn boccinolo, |>erch toccando i drnti nulla gioverebbono. Dicono an cora che buon rimedio bere la cocitura del topo e della verbenaca ; e a volgere tre volte al collo una cintola di pelle di caue ; e sterco di colombi con vino e olio. Dicesi che a' mali de' uervi del collo ritirati giova legarvi un fuscello di vite tratto del nido del nibbio. 5. Alle scrofole ulcerate giova il sangue della donnola ; ed essa medesima cotta nel vino ; ma non la pongono alle tagliate. Dicono che ancora mangiandola fa il medesimo effetto. Mescolano similmente la sogna alla cenere della donnola arsi co' sermenti di vite, e vi fasciano una lucertola verde; ma dopo trenta giorni bisogna fasciarven un apra. Alcnni serbano il cnor tuo in vaso di argento, e dicono esser alile alle scrofe delle donne. A questo male s ' impiastrano pure chioc ciole vecchie pestate col guscio loro, e massimamente quelle che sono appiccale agli sterpi. La cenere degli aspidi vi si mette con sevo di toro, o il grasso dell' angne mescolato con olio, o la ce nere del medesimo impiastrata con olio o con cera. Giova ancora alle scrofe il mangiare di questi angui, tagliando loro prima il rapo e la coda, o bere in vaso nnovo la cenere di quegli, che sono arsi cos tagliali. Ma molto meglio s adopera la cenere di quegli angui, che sono stali morti fra le dne vie, che fanno le ruote del carro. Vogliono ancora, ehe vi s impiastri il grillo cavatoceli la sua lerra ; o lo stereo de'colombi per s, o con farina d'orzo o d'avena con laceto'; 0 che vi s 'impiastri cenere di talpa col mele. Al cuni frangendo con le mani il fegato d'essa ve lo impiastrano sopra, e per Ire giorni non lo lavano. Dieono ancora, che il pi ritlo d 'essa rimedio alle scrofe. Alconi pigliano il capo della talpa, la terra mossa da lei, e pestano, e fanno pastegli, 1 quali ripongono in alberelli di slagno ; e ci usano a tuite I ' enfiagioni, e alle posteme, e al ogni male che nel olio; e iu quel tempo vie-

859

C. PLINII SECONDI

860

similes : nomen cornicula dedere. Alii pediculos terrae vocant. Ab his quoque terram egestam, illinunt strumis, et similibus vitiis, et podagris* Triduo noo abluunt : prodeslque haec medicina in annum. Omuiaque his adscribuot, quae nos in gryllis retulimus. Quidam et a formicis terra egesta sic utuntur. Alii vermes terrenos totidem, quot sint strumae, adalligant, parilerque cum his arescunt. Alii viperam circa Canis ortum circumcidunt, ut diximus, dein mediam combu runt. Cinerem eum dant bibendum ter septenis diebus, quantum prehenditur ternis digitis : sic strumis medentur. Aliqui vero circumligant eas lino, quo praeligata infra caput vipera pepende rit, donec exanimaretur. Et millepedis utuntur, addita resinae terebinthinae parte quarta : quo medicamento omnia apostemata curari jubent.

tano la carne di porco. Sonci aleoni scarafaggi terragnnoli, che ai chiamano tori, simili alle zecche, cos delti per rispetto delle cornicine ehe hanuo. Alcuni gli chiamano pidocchi della terra. Pigliano dunque la terra che questi animali ca vano, e pongonla alle scrofe* e a simili altri matite alle gotte ; e non la lavano se non dopo tre gior ni. Questa medicina giova on anno. Attribuiscono inoltre a questo animale tulle le virt, che noi abbiamo dello del grillo. Alcuni a qaesto mede* simo usano la terra cavata dalle formiche. Alcuni vi legano su tanti lombrichi, quante sono le scrofe, e le lasciaoo seccare insieme. Alcuni intor no il nasoimento della Canicula tagliano le estre mit della vipera, e ardono le parie del mezzo; e di quella cenere danno a bere ventun d quanto se ne pu pigliare con le dita ; e cos medicano le scrofe. Alcuni circondano le scrofe slesse con filo, col qoale sia stata impiccata una vipera'fcgata sotto il capo fino a che mor. Usano ancora il centogambe con la quarta parte di trementina; col qual medicamento guariscono tulle le po steme.
Ai
d o lo x i d b l l b s p a ll e .

AD riCMBHOlUH DOLORES.

XIII. Homeri doloribus mustelae cinis cum XIII. La ceoere della donnola concer guari cera medetur. Ne sint alae hirsutae formicarum sce le doglie delle spalle. Le uova delle formiche ova pueris infricata praestant. Ilem mangonibus, stropicciale sulle ascelle de* fanciulli, fanno che ut lanugo tardior sit pubescentium, sanguis e noo sono pilose. E quei che vendooo i servi, testiculis agnorum, qui castrantur: qui evulsis acciocch la calueine della barba nasca pi tarda a' giovani, v impiastrano il sangue de' testicoli pilis illitus et contra virus proficit. degli agnelli che si castrano; il quale impiastrato dove furono svelti i peli, giova ancora contra il lezzo.
Ad
p b a e c o x d io x c m d o lo h e s .

Ai d o l o b i

d b ' p o lm o n i.

XIV. Praecordia vocamus uno nomine exta XIV, Noi chiamiamo preenrdia le interiora in homine : quorum in dolore cujuscumque delP uomo, nel dolore de'quali di qualunque partis, si capulus lactens admoveatur, adprima- parte accostandosi un canino di lalle, e p r e m e n turque his partibus, transire in eum morbos di dosi so queste parli, si dice che la malattia passa in esso. Ci si conosce, perch scorticandolo e citur. Idque in exenterato, perfusoque vino de bagnandolo di vino, si vede in esso quella viscera, prehendi, vitiato viscere illo quod doluerit ho minis: et obrui tales religio est. Hi quoque, quos che doleva all* uomo, magagnata ; ed religione meiitaeos vocamus, stomachi dolorem sedant affogare questi (ali animali. Questi canini ancora, adplicati saepius. Transire morbos aegritudine che si chiamano meli lei, postivi sopra spesao, mitigano il dolore dello stomaco. Le infermit eorum intelligitur, plerumque et morte. gi si veggono passare in essi per le malattie, delle quali ammalano e spesso anco ai muoiono. 6. 1 topi, e massimamente gli Africani, guari G. Pulmonis quoque vitiis medentur et ma res, maxime Africani, detracta cute in oleo et scono i polmoni, scorticali e cotti nell' olio e nel sale decocti, atque in cibo sumpti. Eadem res et sale, e presi per cibo. La medesima cosa medica chi sputasse marcia o sangue. purulentis vel cruentis exscreationibus medetur.

8Gi
Ad s t o m a c h i

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXX.


d o lo b b s .

Al DOLOSI

DELLO STOMACO.

XV. Praecipoe vero cachlearum cibu stoma* XV. Il cibare specialmente della chiocciola cho : in qua eas subfervefieri intacto corpore buonissimo allo stomaco: per bisogna che senza earum oportet, mx et in pruna torreri, nihilo toccare il corpo loro si facciano bollire nell'acqua, addilo, alqoe ila e vino garoque suini, praecipae dipoi s'arrosliscano su'earboni, senza aggiugnervi Africanas. Nuper hoc compertum plurimi pro nulla, e cos pigliarle con vino e garo, e massima desse. Id quoque observant, ut numero impari mente le Africane. S ' trovato, non molto, che sumantur. Virus tamen earum gravitatem halitus questo ha giovato a moltissimi. Questo s 'osserva facit. Prosunt et sanguiuem exscreantibus, dem ancora, che son da pigliare in caffo. Nondiraeuo pta testa tritae in aquae polo. Landatissimae l ' umor loro fa cattivo alito. Levando loro il capo, aulem sunt Africanae : ex his Solitanae : Aslypa* e poi pestandole e dandole a bere in acqua, gio laeicae, et Siculae modicae, quoniam magnitudo vano a coloro che sputan sangue. Eccellentissime duras facit et sine succo : Balearicae, quas oavati- sono le Africane, e fra queste le Solitane : le Astiu t T o p a n t , quoniam in speluncis nascuntur. Lau paleiche, e le Siciliane piccole, perch la grandezza datae et ex iusulis, Caprearum. Nnllae aulem le la dure e senza sugo ; e le Baleariche, le quali cibi gratae, neque veteres, neque recentes. Flu si chiamano cavatiche, perch' elle nascono nelle viatile:) et albae virus habent : nec silvestres sto- spelonche. Sono lodate aocora quelle dell'isola di (nacho utiles, alvnm solvurtt. Ilem omnes minutae. Caprea. Tuttavia niuna sorte di queste n secche, Contra marinae stomacho utiliores: efficacissima* n fresche, noo sono buone da mangiare. Quelle tamen in dolore stomachi. Laudatiores traduntur de'fiumi e le bianche hanno terribile odore: le quaecumque vivae cum aceto devoratae. Praete salvatiche nuocono allo stomaco, e muovono il rea sunt quae aceratae vocantur, latae, multifa corpo ; e cos ancora tutte le minute. Per lo con riam nascente*, de quarum usu suis dicemus trario le marine sono molto utili allo stomaco ; e hauno gran virt al dolor d'esso. Pi lodale sono locis, quando si mangiano vive con lo aceto. Sonci di quelle ancora, che si chiamano acerate, larghe, e che nascono in molti modi, delle quali ragione remo al suo luogo. La pellicina, che si leva de' ventrgli de' polli, Gallinaceorum veniris membrana inveterata et inspersa potioni destillationes pectoris et bu- secca e messa nella bevanda, leva la scesa che cade raidam tussim, vel receus tosta leoit. Cochleae sul petto e la tosse umida ; e s ' fresca, s 'arro crudae tritae cum aquae tepidae cyaihis Iribus stisce. Le chiocciole crude peste, inghiottite con si sorbeantur, tussim sedant. Destillationes sedat (re bicchieri d'acqua tiepida, mitigano la tosse. La pelle del cane inviluppata a ogni diio leva la et canina cutis cuilibet digito circumdata. Jure scesa ; e Io stomaco si conforta col brodo delle perdicum stomachus recreatur. starne.
Ad
j o a n K u a d o lo b b s , b t b b jb c tio h b s s a u g u ih is .

Al

DOLOBI DBL FEGATO, B ALLO SPOTAB SA5G0B.

La donnola salvatica, o il fegato d* essa XVI. Jocineris doloribus medetur mustela XVI. mangiato medica i dolori del fegato ; e ci fa an silvestris in cibo snmpls, vel jocinera ejus. Item cora il furetto arrostilo a modo di porchella. II viverra porcelli modo inassata. Suspiriosis multi pedae, ita ut ter septenae in Attico melle diluan- moltipiedi olile a sospirosi, ma ne tolgono ven to r, et per arundinem bibantur. Omne enim vas tuno, e bagnanli nel mele Aleniese, e beonli con earu m nigrescit contactu. Quidam torrent ex his un bucciuolo di canna. Perciocch' essi fauoo nero sextarium iu patina, donec candidae fiant: tunc ogni vaso che toccano. Alcuni li cnocono in tega melle miscent. Alii centipedam vocant, et ex me con acqua di fossato, tanto che diveolino bianchi: allora vi mescolano il mele. Alcuni lo aqua dari jubent. Cochleae iu cibos his qnos lin quit animus, aut quorum alienatur mens, aut chiamano centogambe,e dannolo a bere nell'acqua. quibus vertigines fiunt, ex passi cyathis Iribus Dannosi le chiocciole a mangiare a quegli, a chi singulae contritae cum sua testa et calefactae, in manca l ' animo, o sono alienati della mente, o potu datae diebus plurimum novem. AJiqoi sin* hanno capogirli, oiascuna con tre bicchieri di vin gulas primo die dedere, sequenti binas, tertio collo pesta col suo guscio e riscaldala, data a bere teruas, quarlo duas, quinio unam. Sic cl suipiiia uove giorni al pi. Alcuni ne danno uua il primo

C. PLINII SECUNDI emendant et vomicus. Esse animal locustae simile sine pennis, quod troxalis graece vocetur, Lati num nomen non babeal, aliqui arbitrantur : oec pauci auctores hoc esse quod gryllus vocetur. Ex bis xx torreri jubent, ac bibi e mulso contra or thopnoeas, sanguinemque exspuentibus. Est qui cochleis illotis protropum infundat, vel marinam aquam, ita decoquat, et in cibo sumat: aut si tri tae cum testis suis sumantur cum protropo : sic et tussi medentur. Vomicas privatim sanat mei in quo apes sint demortuae. Sanguinem rejicien tibus pulmo vulturinus vitigineis lignis cumbustus, adjecto flore mali Puuici ex parte dimidia, item coloneoruin liliorumque iiadeiu portiouibus potus mane atque vesperi ili vino,si febres absiut. Si minus, ex aqua in qua cotonea decocta sint. giorno, l altro due, il terzo tre il quarto due, il quinto una. Cos guariscouo ancora i sospiri e le posteme. V un auiinale simile alla locusta sansa * penne, il quale in Greco si chiama trossali, ma non ha, secondo alcuni, nome Latino : non pochi autori tengono eh* e' sia il grillo. Di questi ani mai etti se ne tanno arrostire vouti, e bere col via melato coatra il ritiramento de' nervi, e per co loro ehe sputan sangue. Alcuni infondono il pro tropo sopra le chiocciole non lavate, o acqua salsa, e cos le cuocono, e le mangiano, o le pigliane peste col guscio e col protropo : cos guariscono anche la tosse. Il mele, nel quale sieoo motte la pecchie, particolarmente guarisce le posteme. A coloro che sputan sangue giova il polmone dell avolloio arso con legno di vite, aggiuntovi il fiore della melagrana per la met, e pari punirne di quegli del pero cotogno e de' gigli, beesi la mattina e la sera in vino, se nou v febbre; a t ella v' , con acqua, nella quale ai sieno cotta pere cotogne.
A lla
m ilz a ,

A d L is tie x .

XVII. Pecudis lieu recens magicis praeceptis XVII. La milza della pecora fresca si disten ^uper dolcutepn lienem extenditur, dicente eo de, secondo i precetti magici, sopra la milza ehe ,qui medeatur, lieni se remedium facere.n Post dolga, dicendo quello che medica, eh*esso fa rimedio alla inilia. Vogliono dipoi che si rin hoc jubent eum in pariete dormitorii ejus tecto rio includi, et obsignari aunulo, terque novies chiuda con iulonico nel muro della camera sua, carmen dici. Canious si viventi eximatur et in e si suggelli con I' anello, e dicauai ventisette cibo sumatur, liberat eo vitio. Quidam recentem volle le parole dell incantesimo. La milza del superilligant. Alii duum dierum catuli ex ceto eane, cavatagli mentre eh1 viro, e mangiata, scillitico dant ignoranti, vel heriuacei lienem. guarisce di quel male. Alcuni vi legano sopra la Jtem cochlearum cinerem cum semine lini et ur fresca, altri quella d 'n n canino di due giorni ticae addito melle, donec persanet. con aceto squillitico, e dannola all* ammalato cbe non lo sappia, or vero la milza d ' uno spinoso : cos pure la cenere delle chiocciole col seme di lino e d ortica e mele, finch guarisca affatto. Libera ancora la lucertola verde da quel do Eo liberat et lacerta viridis, viva in olla ante cubiculum dormitorium ejus cui medeatur, su- lore, tenendola vira in noa pantola appiccala so speusa, utegrediens reverlensque attingat manu: pra 1' uscio dove dorme il maialo, di maniera che cinis e capite bubonis cuin unguento : mei iu quo quando esce o entra la possa toccare con la ma apes sint mortuae : araneus, et maxime qui lycos no : ci fa ancora la cenere del capo del gufo eoo unguento ; e il mele dove sieno morte le pec vocatur. chie ; e il ragno, e massimamente quello che si chiama licos.
A d LATERIS, ET LUMBORUM DOLORES.

Ai d o l o k i

de'

ri a r c h i

e de* lo m b i.

X VIII. Upupae cor iu lateris doloribus landatur, et cochlearum cinis in ptisana decoctarum, quae et per se illinuutur. Cania rabiosi calvariae cinis potioni inspergitur. Lumborum dolori stellio transmarinas capite ablato et intestinis, deco ctus iu vino cum papaveris nigri denarii pondere dimidio, co succo bibitur. Laccrlae virides decisis

XVIII. Al male del fianco lodato il cuore della bubola, e la cenere delle chiocciole cotte nella ptisana ; le quali aneora per s medesime a' impiastrano. La cenere del teschio del cane arrabbiato si sparge sulla bevanda. Al dolore de* lombi si cuoce il ramarro oltremarino, levan dogli il capo e le interiora con mezzo denaio

865

U1ST0B1ARUM MUNDI LIB. XXX.

866

pedibus et capite, ito cibo sumuntur. Cochleae Ires contritae coro testis suis, atque in vino deco ctae cum piperis granis x t . Aquilae pedes evel lunt in aversnm a suffragine, ila ut dexter dexte rae partis doloribus adalligetur, sinister Iaerae. Multipeda quoque, quam oniscon appellavimus, medetur denarii pondere ex vino cyaiiiis duobus pota. Vermem terrenum catillo ligneo ante fi*so et ferro vincto impositum, aqua excepta perfun dere, et defodere, unde effoderis, Magi jubrnl, n o i aquam bibere catillo, mire id prodesse ischiadicis adfirmanles.

a peso di papavero nero, e si bee con que) sugo. Usano ancora mangiarsi lucertole verdi, levato loro H c a p o e i piedi ; tre chiocciole peste col guscio, e cotte in vino, oon quindici granella di pepe. Svelgonsi i (M edi dell* aquila al contrario fino alla congiuntura della coscia, e legano il ritto alla parte ritta, e il manco alla manca. Gua risce ancora quel moltipiedi, che si chiama oni sco, bevendone ua denaio 000 due bicchieri di vino. 1 Magi pigliano una scodella di legno lesa*, e sprangata con ferro, e mettonvi lombrichi, e gli bagnano con l acqua, e sotterrangli dove gK hanno cavati, e dipoi danno a bevente 1 acqua con quella scodella ; il die dicono giovar molto all* sciatica. Ai
male db*roani.

Ad

d y s e m t e h ic o s .

XIX. 7. Djsentericos recreant femina pecu XIX. 7. Le cosate delle peoore eolie con seme dum decocta cum lini semine aqna pota. Caseus di lino ristagnano i pondi, beendone il brodo : ovillus vetus, sevum ovium decoctum in vino au cos fia il cado di peoara veoehio, o il sevo delle stero. Boo et ileo medetur, et tussi veteri. Dysen pecore cotto in vin brosco. Questo medica an tericis stellio transmarinus ablatis intestinis et cora il fianeo, e la tosse vecchia. AI male dei capite, pedibusque ac cute, decoctus eque I pondi giova ir ramarro oltremarino, levatogli il cibo sumpios. Cochleae duae curo ovo, utraqne capo e i piedi, le interiora e la pelle, e cotto e cum putamine contrita, atque in vase novo addi mangiato : due chiocciole eoi guado e un uovo to sale et passi ejathis duobus, aut palmarum eoi gosdo pesti insieme, e messi in vaso nuovo succo et aquae cyathis tribus subferve factis et in eoo sale e due bicchieri di vin eolio, ovvero potu dat is. Prosunt et combustae, ut ciuis earum sogo di palme e tre bicchieri d* acqua si fanno bibatur in vino, addito resinae momento. Cochleae cuocere, e quandolevato il bollore, si bee. Truonudae, de quibus diximus, in Africa maxime in- vasi, come abbiam dello, chiocciole nude, massi veoiuulur, utilissimae dysentericis, quinae com mamente in Africa, utilissime al male de* pondi, bustae cum denarii pondere dimidii acaciae : ex abbrudandone dnque con nn mezzo denaio di eo cinere dantur cochlearia bina in vino myrtite, acacia ; e di quella cenere si danno dne cucchiai aut quolibet austero cum pari modo caldae. Qui in vino di mortine, o In ogni vin brusco, e al dam omnibus Africanis ila utuntur. Alii totidem trettanta acqua calda. Alcuni osano in questo Africauas, vel latas infundunt polius. Gl si major modo le Africane. Altri pigliano piuttosto altret fluxio sit, addunt acaciam fabae magnitudine. tante Africane, o delle larghe. E se il flusso Senectus anguium dysentericis, et tenesmis in troppo grande, v*aggiongono tanta aeada, quan stanneo vase decoquitur cum rosaceo. Vel si in to una fava. Lo scoglio che le serpi gettano si alio, cura tubulo stanneo illinitur. cuoce in vaso di stagno con olio rosato al male de* pondi, e al tenesmo. O se in altro, s* infonde nel sedere con tubo di ftagno. Jus e gallinaceo iisdem medetur : sed veleris Il brodo di pollo goarisce il medesimo male; gallinacei vehementius salsum jus alvum det. ma meglio se il gallo vecchio, poich il suo Membrana gallinarum tosta et data in oleo ac sa brodo insalato muove il corpo. La membrana delle le, coeliacorum dolores mulcet. Abstineri autem galline arrostita, e data in olio e sale, mitiga i do a frugibus ante et gallinam et hominem oportet. lori de* deboli di stomaco ; ma bisogna che pri Fimum columbi un m tostum potumque. Caro pa ma I* nomo e la gallina s* astengano dalle biade. lumbis in aceto deeoota dysentericis et coeliacis Ci fa ancora lo sterco di colombo arrostito e uedetur. Turdus inassatos cum myrti baeds dy- bevuto. La carne di colombo salvatico cotta nek* senlericis : item merulae. Mei in quo sint im- l'aceto mediet i mali depoodi, e i deboli di sto maco. Il tordo arrostito con eocoole di mortine nortuae apes, decoctum. guarisce il male de* pondi ; le merle, o il mele, dove sieno morte le pecchie, cotto.

867

C. PLINII SECUNDI
Ad
ile o r , b t b b liq c a v b rtb is t i t i a .
A l MALI DBLL* IR TES T1R 0 ILKO

868
E DBL V B R TR B .

XX. Gravissimam Titiam ileos appellator. Huic resisti ajunt discerpti vespertilinnis sangui ne : etiam illito ventre subveniri. Sistit alvum primum cochlea, sicut diximus in suspiriosis, temperata. Item cinis earum quae vivae crematae sint, potus ex vino austero. Gallinaceornm jecur assum, aut ventricoli membrana, qaae abjici so let, inveterata, admixto papaveris socco. Alii re centem torrent ex vino bibendam. Jus perdicum, et per se ventriculus contritus ex vino nigro. Item palumbus feros, e posca decoctos. Lien pe cudis tortus, et in vino tritus. Fimuiu c o l u m b i num cum melle illitum. Ossifragi venter arefactus el potus, iis qui cibos non conficiunt, utilissimus, vel si manu tantum teneant capientes cibum. Qui dam adalligant ex hac causa, sed continuare non debent : maciem enim facit. Sistit et anatum ma scularum sanguis. Inflationem discolit cochlearum cibus. Tormina lien oviom tostos, atqoe e vino potus : palumbos ferus ex posca decoctas : apodes ex vino : cinis ibidis sine pennis crematae potus. Qood praeterea traditor in torminibus, mirum est : anate adposita ventri transire mor bum, anatemque emori Tormina et melle caran tur, in qno soni apes immortoae, decocto. Coli vitium efficacissime sanantor ave galerita assa in cibo sompta. Quidam ia vase novo com plomia exuri jubent, conterique in cinerem* bibiqoe ex aqaa cocblearibos ternis per qoatridoom : qui dam cor ejos adalligari femini: alii recens tepensque ad hoc devorari. Consularis Asprenatam do mus est, in qqa alter e fratribus colo liberatos est, ave hac in cibo sumpta, et corde ejus armilla aurea incluso : alter sacrificio quodam, facto crur dis laterculis ad formam camini, atque ot sacrom perae tum erat, obstructo agello,

Unum est ossifrago intestinam mirabili natora, omnia devorata conficienti. Hujus pariem extremam adalligatam prodesse contra colum constat. Sunt occulti interaneorum morbi, de quibus mirum proditur. Si catuli, priusquam videaut, adplicentor triduo stomacho maxime ac pectori, et ex. ore aegri suctdm lactis accipiant, transire vim morbi, postremo exanimari, dissectisqoc palam fieri aegri causas. Mori et humari

XX. C1 un gravissimo male, che si chiama ileos : a queslo male si ripara col sangue di pi pistrello, sbranandolo; e ancora impiastrandone il corpo. 11 medesimo fa la chiocciola, preparala come dicemmo parlando de' sospirosi. Simil mente la cenere di quelle che sieno stale arse vive, beendole nel vin brusco : il fegato de'polli arrostito con la buccia secca del veutriglio, U quale si suole gettar via, mescolandovi sugo di papavero. Alcuoi, s1ella fresca, 1' arrostiscono, e heonla nel vino. Giova pure il brodo delle star ne, e ancora il ventriglio di per s pesto col vin vermiglio : un colombo salvalico cotto io posca : la milza della pecora arrostita, e pesta nel vioo : 10 sterco del colombo impiastrato con mele. II ventriglio dell'ossifrago, eh* specie d' aquila secco e bevuto utilissimo a chi non {smaltisce : giova eziandio s' ei lo tiene in mano, quando maogia. Alcuno se I* appicca adosso, ma non si dee tenere di contnuo, perch fa dimagrare. Quello delle anitre maschie fa ristagnare il san gue. Il cibo delle chiocciole rompe la ventosit. La milza delle pecore arrostila, bevuta col vino, guarisce i tormini ; e il colombo salvalico cotto nella posca ; e i rondoni cotti nel vino. La ce nere delP uccello ibis, il quale simile alla cico gna, ma che sia arso senza penne, si bee a quel medesimo. Dicesi ancora per gran maraviglia del male de' tormini, che mettendosi un* anitra sul corpo, il male se le appicca, e ella muorsi. I tormini si guariscono ancora col mele cotto, dove sieno morte le pecchie. 1 dolor colico si 1 guarisce benissimo col mangiare 1 allodola colta * arrosto. Alcuni I' ardono in un vaso nuovo eoa le penne, e (annone cenere, e beonla con l'acqua, tre cucchiai per quattro giorni. Certi si legano 1 coor suo solle coscie. Alcuni lo mangiano fre 1 sco riscaldato. V' la nobil famiglia degli Aspre* nati, nella qoale 1' ano di doe fratelli fu liberato da'dolori colici, mangiando questo uccello, e por tando il caor sao rinchiuso in una smaniglia di oro : P altro avendo fatto an certo sacrificio di mattoni erodi a oso di fornace ; e come fu for nito il sacrificio, ne (or il tempietto L' ossifrago ha un budello di mara Tigliosa natura, il qoale smaltisce ogni cosa eh' egli in ghiottisce; la cui parie estrema legala addosso giova mollo contra i dolori colici. Sono certi mali occulti nella viscere, dequali si dicono cose maravigliose : cbe se i canini, innanzi che apra no gli occhi, s 'accostino per tre giorni allo sto maco e al pelto, e succino latte dalla boeca delI' ammalato, in essi passa la furia del male,

BBj)

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXX.

870

debere eo* obrutos terra. Magi quidem vespertiBonis sanguine contacto venire, in tolum annum caveri dolorem tradunt : aut in dolore, si quis aqua in per pedes fluentem haurire sustineat.

finalmente se ne muoiono : allora parandoti danno a conoscer le cause dell' infermit deH'ammalato. Per quesli animalini, morti che sono, si debbono sotterrare m terra. Dicono i Magi, che toccando il corpo col sangue del pipistrello, per tulio l'anno non si sente tal dolore : ovvero se alcuno, mentre eh' egli ha il dolore, sostiene di ber l'acqua che gli scorre per li piedi.
Al
m a le d b l l a p u t e a , b d e l l a v e s c ic a .

Ad c a l c u l o s ,

b t v b s ic a x .

XXI. 8. Murino fimo eonira calculos illinere XXL 8. Contra il male della pielra giova im Venirem prodest. Herinacei carnem jucundam piastrarsi il corpo con iaterco di topo. Dicono esse ajunt, si capite percusso uno ictu interficia che la carne dello spinoso molto dilettevole, se tur, prios quam in se urinam reddat : eos qui si ammazza d' un sol colpo nel capo, prima che carnem ederint, stranguriae morbum contrahere egli si bagni con la sua orina ; e quegli che aminime posse. Haec caro ad hunc modum occisi, vranno mangialo di questa carne, non sentiranno stillicidia in vesica emendat; ilem sutiitus ex eo gli stranguglioni. La carne dello spinoso ucciso dem. Quod si urinam in se reddiderit, eos qui in questo modo guarisce le distillazioni della ve carnem ederint, stranguriae morbum contrahere scica : cosi anche il profumo del medesimo Ma traditur. Jubent et V e r m e s terrenos bibi ex vino se egli s 'orina addosso, dicono che chi mangia aut passo ad commiuueudos calculos : vel co della sua carne, piglia il male degli stranguglioni. chleas decoctas, ut io suspiriosis. Easdem exem Vogliono ancora che si beano i lombrichi nel ptas testis trilasque, tres in vini cyatho bibi, se vino o cotto, o non cotto, per consumare la pie quenti die duas, terlia die unam, ut stillicidium tra ; o che si usino le chioceiole, colle come di urinae emendent. Testarum vero inanium cine cemmo de' sospirosi. Di queste, trattone il guscio rem ad calculos pellendos. Idem bydri jecur bibi, e pestate, se ne beono tre in un bicchier di vino, l'altro d.due, il terzo d una, per ottimo rime v e l cinerem scorpionum iu pane sumi, vel si quis cum locusta edit. Lapillos qui in gallinaceorum dio a chi non ritiene la orina. A rompere la pie tra giova bere la cenere de' guschi vli. Bere il vescica, aut in palumbium ventricnlo invenian tur, conteri et potioni inspergi. Ilem membranam fegato dell' idro, o mangiare col pane la cenere e ventriculo gallinacei aridam : vel si recens sit, degli scorpioni, o mangiar con esso delle locusta tostam. Fimum quoque palumbinum in faba sumi fa lo stesso effetto : cos pestare le pietruzze, che contra ralculos et alias difficultates vesicae. Simi si truovano nella vescica de* galli, o nel ventriglio liter plumarum cinerem palumbium ferorum ex de*colombi, e spargerle nel vino che si bee: e aceto mulso. Et intestinorum ex his cenerem co la buccia secca del ventriglio del pollo ; o *' ella chlearibus tribus. E nido hirundinum glebulam fresca, arrostita. Pigliasi ancora lo sterco dei dilutam aqua calida. Otsifragi ventrem arefac colombi cou le fave contra il mele della pietra, tum. Turturis fimum in mulso decoctum, vel e altre difficult della vescica ; o la cenere delle ipsius discoctae jus. Turdos quoque edisse eum penne de' colombi salvatichi nell' aceto melato ; baccis myrti prodest urinae : cicadas tostas in o tre cucchiai di cenere degl' intestini d 'essi ; o il loto eh' nel nido delle rondini, stemperalo patellis : millepedam oniscon bibisse : et in v e s i cae doloribus decoctum agninorum pedom. Al con acqoa calda ; il ventriglio dell'ossifrago sec vum ciet gallinaceorum discoctorum jus, e \ acria co ; o lo sterco della tortora colto nel vin melato, mollit. Ciet et hirandinum fimum, adjectrf melle ovvero il brodo d 'essa tortora cotta. Giova an cora all orioa mangiare tordi arrostiti con coc subditum. cole di mortine; e cicale arrostile nelle tegghie, e bere ancora il millepiedi onisco. La cocitura de' peducci degli agnelli giova alle doglie della vescica. 11 brodo de' polli cotti muove il corpo, e mollifica le cose agre. Muove ancora lo sterco delle rondini postovi sotto col mele.

87 1

C PLINII SECUNDI A U D I I ,
ET T U M D O I O I TITIA. A l MALI DEL FONDAMENTO DBL SBSSO.

XXIJ. Sedis ntiis effcadssima aut, oesypum ( qaidam adjiciant pompholygem el rosaceam ) : caciai capitis dnis : senecta serpentis ex aceto t si rhagades sint, dnis fimi canini candidi cura rosaceo ; ajuntque inventum Aesculapii esse; eodemqae et verrucas efficacissime tolli : murini fimi dnis, adeps cygni, sevum bovis. Prociden tia ibi succus cochlearum panctis evocatus illita repellit. Adtritis medetur cinis maris silvatici eam melle : fel herinacd, cum vespertilionis : et anserinus cum cerebro, et alumine, et oesypo. Firaam columbinum cum melle. Condylomatis privatim araneos dempto capite pedibasqae in fricatas. Ne acria perurant, adeps anserinus cum .fera Punica, cerussa, rosaceo : adeps eygni. Haec et haemorrhoidas sanare dicuntor. Ischiadicis eochleas crudas tritas cum vino amineo et pipere potu prodesse dicunt : lacertam viridem in cibo ablatis pedibus, interaneis, capite. Sic et stellio nem, adjectis huic papaveris nigri obolis tribus. Boptis convolsis fel oviom cum lacte mulierum. Verendorum formicationibus verrudsque mede tur arietini pulmonis inassati sanies. Ceteris vi tiis, vellerufcn qus vel sordidorum cinia ex aqua : sevum ex omento pecudis, praecipue a renibns, admixto cinere pumicis et sale : lana succida ex aequa frigida : carnes pecudis combustae ex aqua: molae ungularum cinis: dentis caballini contusi farina iuspersa. Testibus vero, brina ex ossibus eaoini capitis sine carne tusis. Si deddat testium alter, spumam cochlearum illitam remedio esse

tradunt.

Tetris ibi ulceribus, et manantibus, auxilian tor canioi capitis recentis cineres: cochleae latae, parvae, contritae ex aceto : senectus anguium ex aceto, vel einis ejus : mei, iu quo apes sint im mortuae, cum resioa : cochleae nudae, quas in Africa gigni diximus, tritae cum thruris polline et ovorum albo : trecesimo die resolvunt. Afiqui pro thure bulbum admiscent. Hydroceticis stel liones mire prodesse tradunt, capite, pedibus, in teraneis ademptis, reliquum corpus inassatum : in cibo id saepius datur : sicut ad urinae incooti-

XXII. A* mali del sesso sono ottimo rimedio, 10 esipo (alcuni v' aggiungono il ponfolige e Po lio rosato ) ; la cenere del capo del cane ; lo scoglio della serpe con Taceto : o se vi sono fes sure, la cenere dello sterco del cane bianco cou olio rosato : dicono che questa fu invenzione li Escuta pio, e ohe pur ottima a levare i porri. La ceoere dello sterco del topo, il grasso del ci gno, il sevo del bue fanno il medesimo effetto. 11 sogo delle chiocciole tirato fuor con le ponte guarisce le cose che cascano del sedere. La cenere del topo salvatico col mele medica i membri per cossi ; e cosi il fiele detto spinoso con quello Jd pipistrello; o quello dell'oca col cervello, allume, ed esipo ; e cos lo sterco di colombo con mele. A1condilomati particolarmente si frega il ragnatelo, levandogli prima il capo e i piedi. Accioc ch le cose agre non abbrndno, si piglia grasso d 'oca con cera Africana, biacca e olio rosato; o grasso di cigno. Dicesi che queste cose guarisco no ancora le morici. Dicono similmente che la ehiocciole crude peste con vioo amineo e pepe giovano a darle a bere agli sdatichi ; o mangiare la locertola verde, levandole i piedi, gl* interior* e il capo ; e cos il ramarro, e insieme con esso tre oboli di papavero nero. Il fiele delle pecore con latle di donna giova a' rolli e sconvolti. L umore che cade del polmone de! moutone a r rostito guarisce i formi cola menti e le verruche delle parti vergognose. La cenere de suoi velli, ancora imbrattati, con P acqua, guarisce gli altri mali di quivi : il sevo fatto dello strigolo, ovvero trippa della pecora, massimamente da quella parte eh* inverso gfi arnioni, mescolandovi ce nere di melagrana e sale : la lana succida con acqua fredda : la carne di pecora abbruciata eoo acqua ; la cenere dell' ugna li mula ; la polvere 4e* denti di cavallo pesti, spargendovda su. La polvere detPossa di capo di cane peste senza car ne giova a1 testicoli. Se cadesse un granello, di cono eh1i ottimo rimedio impiastrarlo di schio ma di chiocciole. Se nel detto membro aooo nascenze brutte, e die gettino, la cenere di capo di cane freaeo le guarisce. Ci fanno ancora le chiocdole schiacdate e piccine peste con Taceto ; lo scoglio degli angoi, ovvero la ceoere di esso : il mele dove sien morie le pecchie, con ragia: le chiocciole onde, le quali io fissi che naseooo io Africa, peste con farina d incenso, e albume d uovo, e tale impiastro vi si tieo so un mese. Alcuni io cambio d 'incenso vi mettono cipolla. I ramarri arrostiti, levalo loro il capo, i piedi e gP interiori,

8?3

HISTORIARUM MONDI Lift. XXX. e il resto dui corpo arrostilo* giovano mirabil mente agl' idrocelici* cio a coloro, a cui cascano le viscere da baaso : ci si d spesso a mangiare. Giova a quegli ancora* che non possono rileuere l'orina, il grasso del cane con allume pesto, quan to grossa una fava. A ci beesi anco la cenere delle chiocciole Africane oon la carne e col gu* scio ; o mangiansi le lingue arrostite di tre oche, secondo cbe insegna Auassilao. Il sevo delle pe core con sale arrostito apre le pannocchie. Lo sterco de' topi con polvere d1incenso e sandaraca le leva via ; e la cenere della lucertola postavi sopra divisa ; e il centogambe pesto con la terza parte di trementina. Alcuni ancora mescolano la sinopia con la chiocciola pesta. La cenere di per s delle chiocciole vote mescolata con cera ha forza di dissolvere ; e cos lo sterco delle co lombe per s impiastrato o con farina d orzo, o d ' avena. Le canterelle mescolate con calcina aprono le pannocchie, come con lo scarpello. Le chiocciole minule impiastrate col ffiefe mitigano gli enfiati dell'anguiuaglia.
Aix e g o tte b a' mai db* piedi.

Dentiam, eaninnm adipem e n a alumine scino, fabae magnitudine : cochlea* Africanas cura tua carae ei lesta ereaulas poto cinere. Anser trium linguas inassatas in cibo : hujus rei auelor est Anasilaus. Panos aperit sevum pecudum cum sale tosto. Marinum fimum admixto thuris pol line, et sandaraca discutit. L acertae cinis* et ipsa divisa imposita; item multipeda eoo trita* admixta resina terebinthina ex parte lerlia. Quidam et sinopidem admiscent coohleae contusae. Et per se cinis iuanium cochlearum eerae mixtus, discus soriam vim habet. Fimum columbarum per sese, vel cum farina hordeacea* aut avenacea illilora. Cantharides mixta calce panos scalpelli vice aufe runt. Inguinam tumorem cocblcae minutae cnm mUe illitae leniunt.

An

st

ao u o s n o n i.

XXIII. 9. Varices ne nascantnr lacertae san XXIII. 9. Acciocch non nascano le varici, guine pueris crura jejunis a jejuno illiiiuntur. I' uomo digiuno impiastra le gambe a' fanciulli Podagras lenU oesypum cum lacie mulieris et digiuui con sangue di lucertola. Mitigali le gotte* cerussa: fimum pecudum* qaod liquidam red lo esipo con latte di donua ; lo sterco delle peco dunt : pulmones pecudum : fel arietis oum sevo : re, quello eh' esse fanno liquido ; il polmone di mures dissecti iroposiii: sanguis mustelae cum esse) il fiele del moulone col sevo; i topi tagliati plantagine illitns, et vivae combnstae cinis ex per mezzo, e postivi sopra ; il sangue della douacelo, et rosaceo, si penua illinatur, vel si cera et nola impiastrato cun la piantaggine, e la cener rosaceum admisceatur : fel caninum, ita ne manu d' essa arsa viva con aceto e olio rosato, se s 'im attingatur, sed penna illinatur: fimum gaHina* piastra con una penna, o se vi si mescoli cera e rom : verminm terrenorum cinis cura melle, ita olio rosato ; il fiele del cane* in modo che non si ut tertio die solvantur. Alii ex aqua illinere ma tocchi con la mano, ma s'impiastri con la penna ; lunt. Alii ipsos aceto mensura cum melle cyathis lo sterco delle gallioe; la cenere de'lombrichi tribus, pedibus ante rosaceo perunctis. Cochleae col mele, in modo che si sciolga il terzo giorno. latae potae tollere dicuntur pedum el articulo Alcuni vogliono piuttosto impiastrare con l ' ac rum dolores. Bibantur antem binae in vino tri qua. Altri fanno empiastro d* essi lombrichi con tae. Eaedem illinuntur cum helxine herbae succo. l'aceto, alla misura di tre bicchieri con mele, Quidam ex aceto intrivisse contenti sunt. Qui avendo unti prima i piedi con olio rosalo. Le dam sale cam vipera cremato in olla nova, et chiocciole larghe bevute, secondo che si dice, le saepius sumpto, ajunt podagra liberari. Utile esse vano i dolori de1piedi e delle giunture. Beonsene et adipe viperino podes perungi. El de milvo ad- dne peste net vino. Le medesima s1impiastrano firmant, si inveterato tritoque, quaotum tres di col sugo dell'erba elsine. Certi si contentano di giti capiant, bibatnr ex aqna. Aut si pedes san intriderle con l'aceto. Alcuni dicooo, che ardendo guine tumeant, urtica : vel pennis palumborum, sale con uua vipera in pentola nuova, e piglian qQum primum nascentur, tritis cum urtica. Quin do spesso, si guarisce dalle gotte; al che anche ct fimos eorum articolorum doloribus illinitur: utile ugnere i piedi con grasso di vipera. Dicono ilem cinis mustelae aut cochlearum, et cum amy ancora, che il nibbio buono, se invecchiato e lo, vel tragacantha. Incussos articnlos aranei telae pesto si bee con l ' acqoa* quanto ne pigliano tr commodissime curant Sunt qui cinere earum uti dita : se i piedi sono ulcerati con perdita di san malint* sicot fimi columbini* cnm polenta et vino gue, buona l'ortica, o le penne de'colombi sal vatici, loato chelle nascono, peste con l'o ralbo.

8;5

C. PLINII SECONDI tica. Simpiastra anco il loro itttoo addolori delle giunture; o la cenere della donnola,o dell*chioc ci ole, aggiunto amido, o tragaoanto* Le tele dei ragnatela guariscono benissimo le giunture per cosse. Alcuni usano pittoslo la ceoere dello stereo di colombo con polenta e vin bianco. Il sevo delle pectore con la ceoere de'capelli delle donne sobito rimedio alle giunture uscite de' loro luoghi. Ponsi ancora a* pedignoni il seto delle pecore cou aliarne; o oenere di capo di cane* o sterco di topo. E se le rotture fossero petrefat te, aggiugnendovi cera, le fanno r a ta marginare ; o la cenere de' ghiri arsi con olio, o quella del topo selvatico col mele. Giova anche quella dei lombrichi con olio vecchio ; ed anche le chioc ciole, che si trovano nude. La cenere di qodfe^ che sieno abbruciate vive, guarisce tutte le cre pature de' piedi. La cenere dello sterco di gallina, o la cenere dello sterco di colombo con olio gua risce le scorticature. La cenere d4 una suola di scarpa vecchia abbruciata, e il polmone d'agnello 0 di montone, guarisce grattature o scorticamen ti falli dai calzari. La polvere del dente di ca vallo pesto giova particolarmente a guarire la marcia. Il sangue della lucertola verde soppesto e sparsovi sopra leggermente guarisce i piedi de gli uomini e delle bestie. L 'orina del mulo, o della mula, impiastrala col loto sno guarisce i chiodi de' piedi. Similmente lo sterco Ielle pe core, il fegato della lucertola verde, o il sangue posto in on fiocco di lana spiccala dalla pecora: 1 lombrichi con olio ; il capo del ramarro con pari peso di vetrice pesto con olio ; lo stereo di colombo colto con aceto. L* orina del cane fre sca impiastrata col suo loto leva ogni sorte di callo ; e cosi la cenere dello sterco canino eoo cera ; lo sterco Ielle pecore ; il saugue fresco dei topi impiastratovi, o esso topo sbranato,e messo vi sopra ; il fiele dello spinoso ; il capo, o il san gue della lucertola, o la cenere di tutta essa ; lo sooglio della serpe chiamata angue ; lo sterco di gallina con olio e nitro. Le canterelle peste con uva taminia rodono i calli ; ma poi che sono con rosi, vi si metton sopra le cose che abbiano delle per innanzi esser utili a guarire i membri ulce rati. Al MALI
DI TUTTO IL COKPO.

Articulis laxatis praesentaneum e$t r t o b h pecudis cum ciuere e capillo mulierum. Pernio nibus quoque imponitur aevum pecudum cum lumine : canini capitis cinis, aut fimi murini. Quod si pura si ut, ulcera cera addita ad cicatri cem perducunt c vel gliriura crematorum favilla ex oleo : item muris silvatici cum melle : ver mium quoque terrenorum cum oleo velere: el cochleae, quae nudae ioveniuntur. Ulcera omnia pedum sanat cinis earum, quae vivae combustae sint : fimi gallinarum cinis exulcerationes, co lumbini fimi ex oleo. Adtrilus etiam calceamen torum, veleris soleae crematae cinis, agninus pulmo et arietis sanat. Dentis caballini contusi farina privalim subluviem. Lacertae viridis san* guis subtritus, et hominum el jumentorum pe des sublitus sanat. Clavos pedum urina muli mulaeve cum luto suo illita : fimum ovium. Jecur lacertae viridis, vel sanguis flocco impositus. Yermes terreni ex oleo : stellionis caput curo vi ticis pari modo tritum ex oleo : fimum columbi num decoctum ex aceto. Verrucas vero omnium generum urina canis recens cum suo luto allita: fimi canini ciois cura cera : fimum ovium : sanguis recens murinus illitus, vel ipse mus divulsus: herinacei fel : caput lacertae, vel sanguis, vel cinis totius : membrana senectutis anguium : fimura gallinaceum cum oleo et nitro. Cantharides cum uva tarainia intritae exedunt: sed ita erosas aliis, quae ad persananda ulcera monstravimus, curari oportet.

A d m a la q o a e t o t i s c o r p o r ib d s m e tc e h d a s o h t .

XXIV. io. Ritorneremo ora a quelle cose che XXIV. i o . Nunc revertemur d ea, quae tolis corporibus metuenda sunt. Fel canis nigri ma in tolto il corpo s' hanno da temere. Dicono i sculi amuletum esse Adagi dicunt domus totius, Magi che il fiele del cao nero maschio ha virt suffitae eo purificataeve, contra omnia mala me eontra gl' incantesimi, e malie di tutta la casa, dicamenta. Item sanguine canis respersis parieti profumata o purificata con esso. 11 medesimo si bus, genitalique ejus sub limine januae defosso. ottiene ancora, spargendosi il sangue del cane Minus mirentur hoc, qai sciunt foedissimum per le mura dell* casa, e sotterrando il suo mena-

8 ?y

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXX.

8 ;8

auimalium in qaantam magnificent ricinum, quoniam uni nullus sil exitus saginae, nec finis alia quam morte, diutius in fame viventi. Septe* nis ita diebns durasse tradunt : at in satietate paucioribus dehiscere. Hunc ex aure sinistra ca nis omnes dolores sedare adalligaturo. Kumdera in augurio vitalium habent. Nara si aeger ei re spondeat qui inlnlerit, a pedibus stanti interro ga otique de morbo, spem vitae certam esse : mo ri larum nihil respondere. Adjiciant, ut evellatur ex aore laeva canis, cui non sit alius, quam niger color. Nigidius fager lota die canes conspectum ejus, qui e sue id animal evellerit, scriptum reli quit. Rorsus Magi Iradvot, lymphatos sanguini* talpae adspersu resipiscere: eos vero qui a noctur nis diis Faunisque agitentur, draconis liogoa, et oeulis et felle inlestinisqoe in vino et oleo deco ctis, ac sub dio noetu refrigeratis, perunctos ma-* In linis vespertinisqoe liberari.

bro genitale sotto la soglia dell* uscio. Meno si maraviglieranno di ci coloro, che sanno quanto i medesimi Magi magnificano uno sporchissimo animale, chiamato zecca, perch esso solo si tro va che non ha uscita alle cose che mangia, n altro fine che nella morte, e vive assai senza mangiare ; perch si dice che vive sette giorni senza cibo; ma mangiando vive meno, perch scoppia. Sono dunque alcuni, che dicono che a legarsi addosso una zecca levata dall orecchio manco del cane si T e n g o n o a mitigare tolti i do lori. Hanno la medesima per augario delle cose vitali, perciocch se alcuno la porla dove Pam-* malo, e standogli a* piedi lo domanda del mal, ed esso gli risponde, hanno per certo che goarr; e non rispondendo morr. Di pi vaggiungono, che questo animaletto sia spiccalo dall orecchio manco del cane, il quale sia tutto nero. Scrive Nigidio, che i cani tatto un giorno faggono da colui, che abbia spiccalo questa zecca del porco. Dicono ancora i Magi, che spargendosi il sangue della talpa addosso a furiosi, ritornano in s stessi ; e che quegli, che sono travagliati dagli dei notturni e da Fauni, cuocendo la lingua, gli occhi, il fiele e glinteriori del dragone in vino e olio, e di notte raffreddandogli allaria, e ungen dosene la mattina, la sera sono liberati.
A lle
grattature.

Ad PBRFBICTIOBES. XXV. Perfrictionibus remedio esse tradit Ni cander amphisbaenam mortuam adalligatam, vel pellem tantum ejus. Quiniromoarbori,qoaecaedatur,adalligata non algere caedentes,fadliusque suc cidere. Itaque sola serpentium frigori se committit, prima omnium procedens, et ante cuculi cantum. Aliud est cuculo miraculam, quo quis loco primo audiat alitem illam, si dexter pes circumscriba tur, ae vestigium id effodiatur, noo gigni pulir* ces, ubicumque spargatur.

XXV. Dice Nicandro che l anfisbena morta legata sulle soffregazioni, o pur solamente la pelle dessa, le guarisce s anzi, che s ella si lega allatbero che si taglia, non si raffreda chi lo taglia, e pi facilmente ancora lo taglia. Questa serpe sola sassicura al freddo, ed la prima di tutte chesca fuori, e innanzi al canto del cuculio. Un altra maraviglia del cuculio, che nel laogo, dove al cuno la prima Tolta labbia udito, se si segna in torno il pi ritto, e cavasi questa orma, dovunque si sparge qael terreno non nascono mai pulci.
A l MtffcBO REGIO.

Ad paralysis.

XXVI. Paralysin caventibus pinguia glirium decoctorum et soricum utilissima tradunt esse: millepedas, ut in anginis diximus, potas phlhisin eutientibus : lacertam viridem decoctam in vini sextariis Iribos ad cyathum unum, singulis cochlearibus sumptis per dies, donec convalescant. Cochlearum cinerem potum io vino.

XXVI. Dicati che il grasso de ghiri e de topi cotti utilissimo a coloro che hanno paura di diventar parletichi. Il centogambe, siccome io dissi negli strsnguglioni, bevuto giova a quegli che sentono del tisico, o una lucertola verde, cotta in tre sestarii di vino ridotti a un bicchiere, ogni di beendone nn cucchiaio, insino che si gua risca. Fa lo stesso effetto la cenere delle chioc ciole bevuta nel vino.

*79
Ad
mobbum c o m it ia l i* .

C. PLINII SECUNDI

ftS o

Al

m a l caduco.

XXVII. Comitialibus morbis oesypum cnm XXVIL Al male cadooo giova P esipo alia grossezza d'ona oocdoola con a poecbetto di myrrhae momento, et vini cyathis daobus dilu turo, magnitudine nucis avellanae, a balineo po mirra,stemperato in due bicchieri di vino e bevalo lum. Testiculos arietinos inveteratos, tritosqae qoando si esce del bagno : i granelli del atontooe dimidio denarii pondere in aqua vel lactis asinini invecchiali e pesti, a peso d 'on mezzo denaio ia hemina. Interdicitur vini polus quinis diebus acqua, o io un* carina di latte d* asina ; ma vietasi ente et postea. Magnifice laudatur et sanguis pe il vino per cinque giorni iooanzi, e cinque dopo. cudum potus: item fel cum melle, praecipue Lodasi ancora molto il sangue della pecora bevalo, agninum. Catulus lactens sumptas, absciso capite o anche il fiele col mele, e massimamente qaello pedibusqne ex vino et myrrha. Lichen malae d'agnello; oppure un canino di latte, tagliatogli potus in oxymelite cyathis tribns. Stellionis trans* il capo e le gambe, preso con vino e mirra. Faano roariui cinis polos io aceto. Tonicula stellionis, lo stesso effetto la milza della mnla bevala in tre quam eodem modo, at anguis, exuit, pota. Qui bicchieri d'ossimele; la oenere della tarantola dam et ipsum arundine exenteratam invetera* oltramarina bevuta con 1' aceto j Io scoglio della tumqne bibendum dedere. Alii in cibo in ligneis tarantola bevuto, il qoale essa gotta siceoeae la verubus inassatum. Operae pretium est scire s*rpe. Alcnni la sveotrano con nna canna, e sec quomodo praeripiatur, qauro exuitur membrana cante, e dannola a bere. Altri la mangiano arro hiberna, alias devoranti eam, quoniam nullam stita in ischidone di legno. Bene vero ch'egli animal fraudulentius invidere homini tradant, difficile trovare tale scoglio, perch ella ae lo Inde stellionum nomen ajunt in maledictam mangia, e dicono che ninno altro animale pi translatura. Observaot cubile ejus aestatibus. Est fraudolento e invidioso verso l ' uoaao di qoesto. autem in loricis ostiornm fenestrarttmque, aat E di qui dicono che il nome di taraotola pas cameris sepulcrisve : ibi vere incipieate fissis sato in ingiuria. Osservano adunque la state il soo arundinibus textas opponant casas, quarum an covile, il quale nell' ioionico degli osa e delle finestre, o nelle volle o ne'sepolcri. Quivi qoando gustiis etiam gaudet, eo facilius exuens circum datum torporem. Sed eo derelicto non potest re la primavera comincia, fa certe a goisa di gabbie vocare, Nihil ei remedio in oomitialibus morbis tessute di canne fesse, ed ella ascendo del covile, praefertur. Prodest et cerrbrum mustelae inve* e passando fra quelle gretIole strette, lascia lo feratum potumque, et jecur ejus; testiculi, vul- scoglio ; ma lascialo che I' ha, non pu tornare vaque, aut ventriculus inveteratus cum coriandro, addietro. Dicono esser questo ottimo rimedio al ut diximus: item cinis: silvestris vero lota in male caduco. Giova ancora il cervello della don cibo sumpta. Eadem omnia praedicantqr ex vi* nola seoco e bevalo, e il suo fegato ; e i testicoli e verr. Lacerta viridis curo condimentis, qnae fa la matrice, o il ventre seeco con coriandoli, coaae stidium abstergeant, ablatis pedibas et capite. dicemmo ; e cosi la cenere ; e la salvatica man* Cochlearum cinis, addito semine lini t urticae piandola tolta. Tutte le medesime cose ai dicoao cura melle, aoclu sanat. Magis placet draconis della faina. Giova altres la lucertola verde, eoo cauda in pelle dorcadis adalligata cervinis nervis: condimenti che ne levino il fastidio, tagliandole i vel lapilli e ventre pullorum hirundinum sinistro piedi e il capo. La cenere delle chiocciole col lacerto adnexi. Diconlur enim excluso pullo la-t seme del lino e della ortica col mele guarisce que pillam dare. Quod si pullus is detur incipienti in gli che se ne ungono. Preferiscono i Magi la coda cibo, quem primum peperoni, quom qois prU del dragone legata in pelle di dorcade con nervi nam teolatus sit, liberatur eo malo. Postea me di cervio, o le pietroline del ventriglio de* ron detur hirondioam sanguis cum thure, vel cor dinini, attaccate al braccio manco; perocch si recens devoraturo. Quin et e nido earum lapidai dice ohe quando il rondinino usc dell' uovo la impositus recreare dicitor confestim, et adalliga* madre manda fuori una pielruaza. Dicono ancora, tus io perpetuum tueri. che dandosi mangiar il primo rondinino la prima volta che si sente tal naie, si ritorna al-tatto li bero l ' ammalato. Dipoi medica il sangue delle rondini con incenso, o il caore fresco inghiottito. E ancora togliendo uaa pietra del nido loro, e ponendola sulla persona, dicono che sobilo si ri crea, e legatavi sempre conserva.

H ISTORIARCI MUNU1 U fi. XXX. Praedicatur et jecor milvi dem iU tia, et se necto* u rp u lio ro . Jecur vulturi tritum cute m io sanguine ter septenis diebw potum. Cor pulli vulturini adalligatum. Sed ipsum vullerem in cibo deri juheot, et quidem satiatem buroano cadavere. Quidam pectus ejus bibendum censeul, et io cerriuo calyce. Aut teales gallinacei ex aqua et lacle, antecedente quiuqoe dierum abstiuenlia vini, ob id inveteratos. Fuere et qui viginli uuam muscas ruias, et quidem emortuas, ip potu darent, infirmioribus pauciores.

88a

Lodasi ancra il fegato del nibbio ioghi otti lo, e lo scoglio delle serpi ; o il fegoto dell evoltolo pesto eoi sao sangue, e bevalo per tre settimane ; 0 il coore dell'avoltoio piccolo legato alla persona. Vogliooo ancora che si dia a mangiare esso avoltoio, e pure allora eh egli ben satollo di carne umana. Alcuni vogliono che si dia a bere il petto suo in una tazza di cerro ; o i graoelli del gallo con acqoa e latte, essendosi astenuto cinque gior ni dal vino : per qaesto si lasciano invecchiare. Furono alcuni che hanno dato a bere ventane mosca rossa e morta ; ma a1pi infermi ne daouo manco.
Al j i o b b o
b ig io .

Ad

m o b b g m u g i d i (.

XXVIII. i i . Morbo regio resistunt sordes XXVIII. ii . Al trabocco del fiele riparano le auriuoi, aut naammaruu pecudis denarii pondere sporchezze che s cavano degli orecchi, o delle um myrrhae momento, et vini cyathis duobus : poppe delle pecore, al peso d un denaio con un caoiei capitis cinis io mulso ; multipeda in vini poco di mirra e due bicchieri di vino : la cenere hemina : vermes terrni iu aceto mulso cum myr- del capo del cane iu vio melato : il centogambe jba. Gallina si sit luteis pedibus prius aqua puri- in un' emina di vino : i lombrichi in aceto melalo Jicalis, dein collutis vino, quod bibalur. Cere* con mirra. Fa lo stesso effetto la galliua, che abbia .brum perdicis ant aquilae iu vini eyalbis tribus. 1 piedi gialli, purificati prima con l ' acqua, dipoi Cinis plumarum aut interaneorum paliynbis in lavati con vino ; e questo si dee bere : il cervello della starna o dell* aquila in Ire bicchieri di vino : ^nulso ad cochlearia tria. Passerum cinis sarmen tis crematorum cochlearibus duobus iu aqua la ceoere delle peone, o delle iuterio ra del colom nulsa. Avis kterus vocatur a colore, quae si spe bo salvalico con vin melato, fino in Ire cucchiai ; cietur, sjinari id malum tradunt, et avem mori, oppure due cucchiai di cenere di passere arse con sermenti in acqua melala. V un uccello, che si ^lauc puto latine vocari galgulum. chiama illero per rispetto del suo colore : queslo s ' guardato dallo ammalato, dicono che lo gua risce di quel male, ma ei si muore. Credo eh1egli $i chiami io latino galgulo.
Ad
fh b e b b s ih .

A lla fb b m s m .

XXIX. Phreneticis prodesse videtor pulmo XXIX. Il polmone delle pecore caldo legato .pecudum calidus circa raput alligatus. Nam mu intorno al capo pare che guarisca il farnetico. Per ris cerebrum dare potui ex aqua, aut cinerem ciocch chi potrebbe dare a bere el furioso in snosteUe, vel etiam inveteratas herinacei carnes, acqua noo solamente an cervello di topo, o cenequis possit fnrenti, etiamsi certa sit medicina? re di donnola, o ancora le carni secche dello spi Bubonis certe oculorum cinerem inter ea, quibus noso, quando ben fosse sicurissima medicina ? La prodigiose vitam ludificantor, acceperim. Praeci- ceuere degli occhi del gufo mi pare da mettere paeque febriam medicioa placitis earum rennu- tra le cose che con ona certa mostruosit scher liat. Namque et io xu signa digessere eam sole niscono la vita : certo la medicina delle febbri non tr*osmeanle iteromqoe luna: qqod totum abdi- s 'accorda al parere di costoro. Fereioccbi la di vidono in dodici modi, secondo i segni che per caotluro paucis e pluribus edocebo. Siquidem jcreroatis trilisquecmn oleo perungi jubent aegros corre il sole e la luna, ma io confuter il lutto qoam Geminos traosit sol, cristis, el auribus, et con pochi esempli, de' molli che ne poirei addur unguibus gallinaceorum : si lana, radiis barbisque re. Perciocch vogliono cbe gl1infermi s'ungano coram : si Virginem alteroter, hordei graois : s con essi arsi e pesti eoo olio, quando il sole in Sagittarium, vespertilionis alis : si Leouem luna, Gemini, con la cresta, gli orecchi e le unghie dei galli ; ma se la luna in detto segno, con la barba ,tamaricis fronde, et adjiciuQt* Mlivae : si Aqua riu m , e buxo carbonibus tritis. Ex istis confessa, de galli : se uno di questi due pianeti nella Ver gine, con granella d'orzo : ac nel Sagittario, con u t certe verisimilia ponemus, sicut et lethargum

883

C. PLINII SECONDI ale di pipistrello : se la lana in Leone, con le foglie della tamerigia, e T'aggiungono ancora, cha ella sia dell domestica : se in Aquario, oon car boni di bosso pesti. Di tutte queste cose noi povw remo quelle che ciascun confessa, o che almeno on verisimili, come ssrebbe, che i letargici si de stino con gli odori che muovono lo starnalo, e fra questi forse sono utili i testicoli della donnola invecchiati, o il fegato arso. A questi aocora pen sano che rii utile legar loro il polmone di pecora caldo intorno il capo. Aixb
fbsbbv

olfactoriis excitari : inter ea fortassis mustelae testicolis inveterati!, aat jocinere usto. Hit quo que palmonera pecudis calidum circa caput adal? .ligari putant utile.

Ad

fbbk es.

Nelle quartane dicono che la mediche XXX. In quartanis medicina propemodum XXX. nihil pollet. Quarpobrem plura eorura remedia risolutivs poco o nulla giova. Epper contere ponemus, priraumque ea, quae adalligari jubent : mo molti rimedii loro, e prima quegli che voglio no che si leghino. La polvere, dove si sia rivolto pulverem in quo se accipiter volutaverit, lino ru tilo in linteolo: canis nigri dentem longissimum. 10 sparviere, ia pannolino legato con filo rosso: 1 Pseudosphecem vocant vespam, quae singularis 1 pi lungo dente d' un can nero. Chiamasi pseovolitat : hanc sinistra manu dprehensam subne- dosfece una vespa che vola sola : questa presa con la man manca si lega alla persona : alcuno altro ctuut: alii vero, quam quis eo anno viderit pri mam. Viperae caput abscisum in linteolo, vel cor vi lega su la prima ch'egli ha vedutaquell'anno; Tivenlis exemplum. Muris rostellum auriculasque o il capo tagliato dalla vipera in un pannolioo ; o summas roseo panno, ipsumque dimittunt. La il cuore cavato ad una viva ; o il muso d* un topo certae vivae dextrum oculum effossum, mox cum e la cima degli orecchi in panno rosato ; ed esso capite suo deciso,in pellicula caprina.Scarabaeum topo si liscia andare: l'occhio ritto cavato della qui pilas volvit. Propter hunc Aegypti magna lucertola verde viva, a cui dipoi si aggiunge H pars scarabaeos inter numina colit, curiosa capo suo tagliato, messo in pelle di capra : lo sca Apionis interpretatione, qaa colligat solis ope rafaggio, che volta le pallottole. Per questo gran rum similitudinem huic animali esse, ad excu parte dell'Egitto adora gli scarafaggi per loro dei, sandos gentis suae ritus. Sed et alium adalligant per una curiosa interpretazione di Appione, per Magi, cai suat cornicula reflexa, sinistra manu la quale egli raccoglie che l ' opere di questo ani-: collectum. Tertium, qui vocatur.fallo, albis gut male sono simili a quelle del sole, e questo per tis, dissectum utrique lacerto adalligant : cetera iscusare I* usanza della sua gente. Ma i Magi ne sinistro. Cor angaiiim sinistra manu exemplum appiccano un altro, il quale ha le cornicine ripie viventibus. Scorpionis caudae qualuor articulos gate, raccolto con la man manca. La le ria specie cum aculeo, panno nigro, ita ut nec scorpionem quello che si chiama fntlone, con macchie bian dimissam, nec eum qui alligaverit videat aeger che: lo dividouo e appiccano ad amenduele brac triduo. Post tertium circuitum id condat. cia; mentre gli altri scarafaggi appiccano al manca Fa lo stesso efftto il cuor dell' aogue trattogli di corpo vivo con la mano sinistra: cos quattro nodi della coda dello scorpione con la punta in panno nero ; ma che lo ammalalo per tre giorni non vegga n Io scorpione, n colui che glie l'sppicca; e dopo i tre d lo nasconda. Erucam in linteolo ter lino circumdant toti Circondano quei che medicano tre Tolte con dem nodis, ad singulos dicentes, quare faciat qui filo in pannolino un bruco con tre nodi, e a cia medebitur. Limacem in pellicula, vel quatuor li scun nodo dicono perch questo fanno. Fa lo stesso macum capita, praecisa arundine. Multipedam effetto ona Inmaca messa in una pellicina, o quat lana involatam. Vermiculos ex quibus tabani tro capidi lumaca tagliati con la canna : un centoiiunt, antequam pennas germinent.*Alios e spi gambe rinvolto in lana :i vermini, de' quali si for nosis frutectis lanuginosos. Quidam ex illis qua mano! tafani, innanzi che facciano le penne, e altri ternos inclusos juglandis nucis putamiue adalli pilosi che nascono trai pruni. Alcuni rinchiudono gant : cochleasque, quae nudae inveniuntor. Stel quattro d'essi in uu guscio di noce, e appiccati lionem iuclusuia capsulis subjiciunt capiti, et gli; e co le chiocciole che ri trovavano nude. Rio*

885

HIST0B1A&UM MONDI LIB. XXX. chiudono il ramarro in qualche cassettina, e pongongliele sotto il capo ; e partendo la febbre, lo lasciano ire. Danno a mangiare il cuore dello smergo marino cavatogli senza ferro, e daonone a bere eon acqua calda ; o i cuori delle fondini eoi mele. Altri daauo innanzi l'accesso della febbre una dramma di sterco d esse in tre bicchieri di latte di capra, o di pecora, o di vin colto. Alcuni vogliono ch' elle s inghiottiscano lui- le. I Parli usano bere per rimedio alla quartana la sesta parte d 'un denaio di pelle d? aspido oon, altrettanto pece. Crisippo filosofo dice, ehe le- nere legato addosso il friganio rimedio aU* quartana. Ma n egli scrive quale questo animale si sia, n io truovo chi lo conosca. Nondimeno m ' paruto riferire quello eh' stalo detto da si grave filosofo, acciocch chi volesse usare mag gior diligenza in cercarne, lo possa fare. Tiensi per cosa utilissima nelle malattie lunghe fran giare carne di cornacchie, e impiastrare il nido* di quelle. Puossi fare eziandio nelle tersane l 'eprieoza, giacch un sollievo delle miserie; L'avere ragioui di sperare, se giovi mettere sopra,, le lempie e sulla fronte il ragno, che si do-, manda lico, con la sua tela iu empiastro di rag} e di cera) ovvero esso regnatelo legato con ca lamo, come si dice cbe giova ancora allaltre feb bri. Giova ancora una lucertola riochiusa viva ia no vaso,dove ella possa capire; nel qual moda dicono che spesso si mandano via le febbri reta-; dive.
A l l a id r o p is ia .

tob dectna febris emittant. Devorari autem ju bent cor mergi manni siae ferito exemptum, invetera tum qae conteri, et in calida aqua bibi. Corda hirandinum cum melle Alii fimam dra chma una in lactis caprini et ovilli, vel passi cya this tribas, ante accessiones.

Soni qai totas censeant devorandas. Aspidis otem pondere sexta parte denarii cum piperis pari medo, Parlhorom gentes in remedium quar tanae bibunt. Chrysippus philosophus tradidit pbryganion adalligatum remedio esse quartanis. Qaod esset animal neque ille descripsit, nec no* invenimus qui oovisaet. Demonstrandum tamea fuit a tam gravi auctore dictum, si co jus cura efficacior esset inquirentis. Cornicis carnes esse, et nidum illinire, in longis morbis utilissimum putaut. E t in tertianis fiat potestas experiendi, quoniam miserias copia spei delectat, anne aranei, quem lycon vocant, tela cum ipso, in splenio re sinae ceraeque imposita utrisque temporibus el fronti prosil : aut ipse calamo adalligatus, quali ter et aliis febribus prodesse traditur : item la certa viridis adalligata viva io eo vase quod cepiat. Quo genere et recidivas frequenter bigi adfirmanL

Ao

HYDlOPISIR.

XXXI. Hydropicis oesypum ex vino addita ityrrha modice potui dator, nucis avellanae ma gnitudine. Aliqui addunt et anserinum adipem ex vino myrteo. Sordes ab uberibus ovium eumdem e ffe c tu m habent. Item carnes ia veteratae berioacei sa coptae. Vomitus qaoque canum illitas ventri, aquaaa trahere promit litor.
D IGNE* SAC&UM.

XXXI. Lo esipo si d bere quanto una noe* ciuola in vino con nn poco di mirra arHrneptchi. Alcuni v'aggiungono sugna d'oca e olio di mortis ne. Il medesimo effetto fa il loto, eh tra le poppq delle pecore j o la carne secca dello spinoso man giandosi. Dicono ancora che il vomito del cap impiastrato sul corpo lira fuori J'aqua.
A l fu o c o sacro .

XXXII. 12. Igni sacro medetur oesypum curo pomphftlyge at rosaceo, ricini sanguis, vermes terreni ex aceto illiti, gryllus cootri tus in mani* bos. Quo genere praestat, ut qui id fecerit,'ante* qaam incipiat vitium, loto eo anno caneat. Opoiw tei aa(em eum ferro cam terra cavernae saaf tolli. Adepc anseris. Viperae caput aridam adservalom e t cono basium, deinde ex aceto impositum. Scoccine serpentium ex aqua illita a balineo cam flam ine t ecto agnino.

XXXII. ia. Guarisce il fuoco sacro lo esipo col poofoligeeolio rosalo, il saogue di secca, i lom brichi impiastrati con 1' aceto, e il grillo disfallo con le mani. Chi far ci prima che il male gl^ incominci, non l avr in tulio Tanno ; ma biso gna cavare col ferro il grillo con la terra della sua caverna. Fa lo stesso effetto il grasso d1oca ; il capo di vipera secco e arso, e poi messovi su coi} l'aceto ; o lo scoglio di serpe bagnato con acque dolce dopo il bagno, e con bitume e sevo df agnello.

C. PLINII SKCCNDI
A d CAKBONCtXOS.

At c a b o m c m .li.

XXXIII. Carban culus firno cetanbioo abole XXXIII. U carboncello si medica con isterco tor per m ittico, vel cara Hai temine e* aceto di oolombo, faceadone empiastro con seme di molto. Item apibui, quae ia melle tini moriate, lino e aceto melato ; ovvero metleodovi sa peo* impolitis. Polentaque imposita iaiperta. la Te* chie morte nel mele. Giova ancora spargervi so reodii, ceterisqae ibi ulceribus, occurrit e melle pra polenta. Ma se questo fosse nelle parti ver oetypam cam piarabi iqaamit. Item fimora pe- gognose, o t fesse col altra ulcera o nseeazi, eadom incipientibus earbancalis. Tubera et vi si adopera Io esipo eoi mele e eoo iscaglie di quaeeumqae molliri opus est, efficacissime inse piombo. Lo stereo di pecora a' asa quando i earr d o adipe euraatur. Idem praestat et gruura carboocelli cominciano. 1 bitorzoli, tolte te adeps. cose ohe hanno bisogno d'osser mollificate, si gnariseon benissimo col mettervi sa grasso d'oca. Il medesimo li il grasso delle gru.
Ad f o b u b c o lo s .
A i FIONOLI.

XXXIV. Faruncotis mederi dicitar aranens, XXXIV. Dieesi ehe il regnatelo, prima eh*4 priusquam nominetur impositos, et tertio die si nomini postovi su, guarisce i ctocumi, e il terzo solutus. Mas araneus pendens enecatas, sic at d si leva via. E cos il topo ragno ucciso mentre che terram ne postea attingat, ter circumdatus furun sta sospeso, in maniera che poi non tocchi lem, tre volle circondato in torno il ciccione, sputando culo, toties exspuentibus medente, et coi is me debitur. Ex gallinaceo fimo qaod est rufam ma tre volte il medico e il paziente. Fanno lo stes* xime, recene illitum e x aceto. Ventriculus cico effetto lo sterco del gallo, e massimamente il rosso, impiastrato fnesco con l'aceto ; H ventriglio ddla niae ex vino decoctus. Muscae impari numero in frica tae digito medico. Sordes ex pecudum aori- cicogna cotto col vino ; le mosche, m a oovero cotis. Seram o r i a m T e la s oaai cinere e capillis catfo, fregatevi sa col dito dal medico ; le spor mulierom. Sevura arietis cum cinere pomicis et chezze degli orecchi delle pecore ; il sevo vec chio dette pecore con cenere de'capegli delle atti pari pondere. donne ; il sevo di montone con cenere di pomice e altrettanto sale.
Ad
a m b c s ta .

A l l e ih c o t t d e e .

XXXV. Guariscono le incollare la ceneri di XXXV. Ambnslis cantai capitis cinis mede tur. Item gliriom cura oleo. Fimam ovi ara curo capo di cane; e quella de1 ghiri con l'olio ; b cera. Murium cinis : cochlearum quoque : sic ut sterco delle peoore mescolato eoo cera ; la ceoere de' topi, o delle chiocciole, e c U in modo, che ne cicatrix quidem Appareat. Irem adeps viperi non paia pare la margine. Coti graaso della vi 1 nos. Fitti colombini cinis ex oleo illitos. pera ; o la cenare di ileroo colombo impia strata con olio. Ad h e e v o b c m
d o lo b e s .

Al

d o l o i e d e i s a v i.

XXXVI. Nervottim nodfs medetor capitis XXXVi. Guariscono i nodi do' oervi la co viperini cinis ex oleo cyprino. Terreni Termes nere del capo di vipera, b p is itr ita eoo olio as cum melle iltili. Doloribus eorum amphisbaena pri n ) Llombrichi impiailrati eoi mele. Levaoo il mortua adalligata. Adeps vulturinus cura ventre dolore di oervi, la serpe enfisbeoa aerta, e le gatavi aopra >il grasso d ' avoHoie seco e pesi* arefectus, contritmqae cara adipe soillo invete rat*. Ciois e capite bubonis in mntso potus cora col ventriglio; eoo sogna vecchia di porco. I Magi KKi ridice, si Magis credimus. In cootractione danoo a bere la cenere dt capo di goto eoo via nervorum caro palombioa in cibis prodest et melato, e radice di giglio. Nelle contras m , av ih veterata : herinacei, spavticis : ilem mastelae vero ritiramenti di nervi, giova mangiare estrae di colombo, ancora l ' etti secca ; e agli spostici dnis. Serpentium senectus in ptlle taurina adal ligata spasmos fieri prohibet. Opisthotonos milvi giova quella dello spinoso ; e cos la ceoere della

9
je c u r a rid u m Ir ibo*

II1STOEIARUM MURISI LIB. XXX. htlii ib i q a a e mulsae <51-

890

tiii* tribus potum.

donnei*. Lo seoglio della serpe legato in pelle'dr toro non lascia venire lo spasimo. Tre oboli df fegato di nibbio secco bevuti in tre bicchieri di acqua melata guariscono quelle oontraiioai del nervi che ripiegano i sembri all inverso.

A d trncnvK e t D torroB O ii v rm .

Ai

lA L o u d b l l ' o a a a iB 1 d b l l b d i t a .

XXXVII. Reduvias, et qitie in digitis nascun XXXVII. La cenere del capo del cane, o l | tor pterygia, tollunt, canini capili* eioit, aut matrice colta in olio, ungendovi di sopra con valva decocta in oleo, superillito butyro ovillo burro di pecora col mele, guarisce le redovie; cam mette. Ileo folliculus eaj asti bel animalium queslo i nn male, che nasce quando la pelle si felli*. Unguium scabritiam cantharides eum pice risolve intorno all' unghia; e quelle pellicole che tertio die solutae, aul locosiae. cum sevo hircino. si sfogliano intorno all' unghie delle'dita. Ci fa Pecudum sevnm. Aliqoi miscent viscam et por aaeova la vescica del fiele di qnal si voglia atrt-' tulacam, alii aeris florem et viscum, ita at tertio male. Le canterelle con la pece levano la ruvM die solvant. deiza dell unghie, ma voglionsi levare il terso giorno; o le locuste peste con sevo di becco; o il sevo delle pecore. Alcuni vi mescolano visco a porcellana, altri verderame e visco, e simimeutt 10 sfa*dano il terso giorno.
A d s A m o in m n a r s tr o rv ,

BtSTA4tU*B IL

3ARGOS.

XXXVIII. i 3. Sanguinem siati! in naribas XXXVIII. i 3. II sevo dell'Striglio delle pe-* sevum ex meato pecudum inditam. Ilem eoa* core posto su ristagna il sangue del nnso. Cosi guhsm ex aqna, maxime agninum, subductum fa il presame, e massimamente d1agnello, cm vel infusam, etiamsi alia *oa prosint. Adeps an acqoa messovi, o infuso, se bene ('altre ose noa serinas eam batyro pari pondere pastillis inge giovassero ; grasso d 'oca con altrettanto barra iles. Cochlearum terrena. Sed et ipsae extractae messovi in pastelli ; la parte terrena delle chioe* terti*. K naribas fluentem sistunt cochleae eoa- ole ; e le chiocciole ancora cavate fuor del gu trilae fronti illitae : aranei tela : gallinacei cere* scio. Le chiocciole peste e impiastrate sulla fronte bellam, vel sangui s, prodnvia ex cerebro j item fermano il sangue del naso. Fa lo stesso edetto columbinos, eb id ervetus coneretusque. Si vero la tela del ragnatelo stessavi sopra. Il cervello ex valnere immodice fluat, im i caballini cnm del pollo, o il sangue, ne guarisce il flusso, qaao* pu tamia ibo* ovorum cremati cinis impositni mi do anche usciste del cervello. Il sangue del co* ne sistit. lombo riserbasi e si rsssoda auch'esso per questo effetto. Ma se della ferita uscisse troppa sangue* la cenere di stereo di cavallo bruciato con gusci d' uova mettendo vela su, mirabilmente ristagna

Ad tncnii n v o in u .
XXXIX. Vulneribus medetor oesypum eam bordai cinere et aerugine aequis pertihus. Ad car cinoma ta quoque ae serpenda valet. Krodit et alceram margines : carftesqne escreseenfes ad ae* qualitatem redigit. Explet qooqu, et ad rientrism perducit. Magna vis et in cinere pecudum fiati ad carcinomata, addito nitro : at in cinere a etsibus fcauinnm igninorum, praecipue in hi* aleerih a s, quae cicatricem non trahant. Magni et paloaonibiis, prsectpue arietum : excrescentes es rues in ulceribus ad aeqaaBtatem efficacissime reducunt. Fimo quoqoe ipso ovium sub testo calefacto et subacto tumor vulnerum edatur:

A llb c l c b b s b a l i b f a e r * .

XXXIX. Lo esipo con cenere d 'e rto e rag* ghie s parti eguali medica le ferite. Giova ancora1 a fistole, e altri mali ehe impigliano. Rode anco le margini delle piaghe; e le carni che ricresco^ no ridace alla egualit. Riempie etiandio e t rammargiaere. Gran forza ha enoorts la cenere dello stereo delle pecore a cancheri e a fistole, aggiugnendovi nitro; o la cenere dell'ossa delle cosci e degli agnelli, massimamente in quelle rot ture che non risaldano. Gran virt parimente ha 1 polmone de1montoni. Esso pareggia benissimo 1 la carne che ricresce nelle piaghe. Lo sterco della pecora riscaldato sotto la trgghia, e impiastrato,

C. PUNII SfcCUNDt fistulae purgaotar saoanturqaee ilem epioyctides. Somma vero vis ia caoiai capitis cioere: excrescenti omaia spodii vice erodit ac persab i L Et murino fimo eroduntur. Item muslelae finii cinere. Duritias etiam ia alto ulcerum, et carcinomata persequitur multipeda trita, admixta resina terebinthina et siaopide. Eadeibque utilissima suot in his ulceribus, quae vermibus periclitantor. guarisce gli enfiati dlie feHte; Le fistole aocora si purgaoo, e goariscoo e o a esso; e cos alcune macchie rosse, che vengono pi la D o t t e c h e il giorno eoo ardore e prurito. Ma sopra tatto graa virt ha la cenere del capo del cane; perch cor rode e guarisce tulli i malori ricresciuti, cose se fosse spodio* Corrodonsi anoora eoo lb sterco de* topi, e eoo la cenere di sterco di doooola. Il ceotogambe pesto rode le durezze de* malori insino al fondo, e le fistole, mescolata ragia, tre mentina e sinopia. Le medesime cose sono alt* lissime a malori* i quali vaono a pericolo d 'ioverminare. Di pi, i vermiui islessi hanno mirabili uti lit. Quegli che si chiamaoo cossi* e oasoooo net legno, guariscono tutte le rotture. Abbruciati eoo pari peso d' anici, e impiastrali eoo olio, guariscono le nome. Risaldano le ferite fresche i lombrichi ; talchsi crede ancor, che impiastra ti in sette giorni guariscono i nervi tagliati: per questo effetto si conservano nell* aceto. La cene re loro leva le margini pi dure delle piaghe, con pece liquida, ovvero mele simblio. Alcuni gli usaao secchi al sole alle ferita con P aceto, e oon li sfasciauo se non dopo due giorni. Nel modo medesimo giovan le chiocciole terreoe, le quali peste e messe sa risaldaao le ferite fresche, e fermaao le piaghe infistolite. Erpes chiamato da* Greci no certo aoimale, il qaale mirabilreeele guarisce i mali che vanno impigliando. Giovano aocora le chiocciole pesle co* gusci ; e ooo la mir ra e eoo lo ioceoso dicesi ehe gaariscooo anco i nervi tagliati. Il grasso ancora del dragooe seoo al sole mirabilmeote giova ; e cos il cervello di pollo alle piaghe fresche. Il cibo delle vipere, pigliandolo col sale, dicono che fa gli ulceri pi trattabili, e li guarisce pi presto. Antonio Uosa medico, quando s abbattere a ulceri incurabili, dava a mangiare carne di vipera, e con rairahil prestezza gli guariva. La cenere de* trossalidi col mele leva le margini dure de'mali ; e eoo lo stereo di colombo eoo arsenico e mele rode qaello che da rodere. Le ferite si risaldano beoissimo col cervello del gufo, e con grasso doca; e quelle ohe si chiamaoo cacoete, si risaldaoo eoo la ce nere delle coscie del moatone e oon latte di don na, colalo prima diligeotemente in peonoUno. Lo stesso fa la .bubbola cotta nell* olio, eoi qsaie liquidilo si mescola borro di pecora e mele. Lo pecchie morte nel mele mollificano le labbro troppo dare degli alceri. 1 sangue e le ceoere 1 della donnola guarisce la elefantiasi. I liridi e i segoi delle battitore tolte si levano metteodori sa pelle fresca di peoora.

Quin et vermium ipsornm genera mirandos usus habent. Cosses, qui in ligno nascuntor, sa nant ulcera omnia. Nomas T e r o combusti eam pari pondere anesi, et ex oleo illiti. Vulnera re* centia conglutinant terreni, adeo at oerros qao qae abscisos illitis solidari intra septimum diem persuasio sit: itaque io melle servandos censent. Ciois eoram margines ulcerum dariores absu mit, cum pice liquida, T e i simblio melle. Quidam arefactis in cole ad vulnera ex aceto otuntar, nec solvunt, nisi bidao intermisso. Eadem ratione et cocblearam terrena prosunt : tota eque exemptae, tusae et impositae, recentia vulnera conglutinant, et nomas sistunt. Herpes quoqae animal a Grae cis vocatur, quo praecipue sanantur quaecumqae erpaut. Cochleae prosuut eis cum testis suis tu sae: cum myrrha quidem et thure, etiam prae cisos nervos sanare dicantur. Draconum quoque deps siccatus in sole magnopere prodest: item gallinacei cerebrum receotibus plagis. Sale viperino in cibo somplo, tradunt el ulcera tractabi liora fieri, ac sanari celerius. Antonios qnidem medicas qaum incidisset insanabilia ulcera, vipe ras edendas dabat, miraqoe celeritate persana bat. Troxalidam cinis margines ulceraro duros afert cam melle: item fimi columbini cinis cum erseuico et melle, ea quae erodenda sont. Bubo nis cerebrum caro adipe anserino mire vulnera dicitor glatinare: qoae vero vocantur cacoethe, cinis feminum arietis cnm lacte muliebri, dili genter prius elutis linteolis : ulula avis cocta in oleo, coi liquato miscetor butyrum ovillum et m e t . Ulcerato labra duriora apes io melle mor tase emolliunt. Et elephantiasia sanguis et ciois mastelae. Verberum volnera, atque vibices, pel libus oviom recentibus impositis obliterantur.

8q3
Ad o t u

HISTORIARUM MUNDI LIB. XX*.


fracta. A llb
fb a tto b b dbllb ossa .

6q4

XL. Articalorom fractarii cinis feminam pa rodia pecaliariter'medetar: Acacias cum cera. Idea medicamentum fit et maxillis simul uitis, cornaqae cervino et cera mollita rosaceo. Ossiboi fraclis canioam eerebram linteolo illita, sa* per positis boii, qaae sobinde suffundantur, fere xiv diebos solidat: nec tardias cinis silvestris n aris cutn melle : ant vermiom terrenoram, qai etism asta tr a b it

XL. La cenere dede coscie della pecora mira bil mente gna risce le rattore delle giuntare ; ma molto meglio con la cera. Il medesimo si fa aru dendo insieme le mascelle e il corno del cervio, e con ocra mollificata con olio rosato. 1 cervello 1 del cane impiastrato in pannolino sulle ossa rot te, sovrapponendovi lana, la quale di continuo si bagni, qaasi in quattordici di le consolida : n pi tardamente la cenere del topo salvatico col mele, o la cenere de' lombrichi, la qaale ancora cava le ossa.
LI.B VABOIBl BELLB FBB1TB, ALLA VOBFBA.

A s CICATBICIS, BT TITILMIBBB.

* XL1. Cicatrices ad colorem redocit pecodnm polmo, praeeipue ex ariete, seram ex oitro: la certae viridis cinis : vernatio aogaiom ex vino decocta: fimum colambiaum cam melle. Item vitiligines albas ex vino. Ad vitiliginem et can tharides cam rutae folioram daabas parti bas in ole, donec (ormieet catis, tolerandae sont. Po stea Cavere, oleoqae perungere, necessariam: iterumqae illinere, idque diebus pluribas facere, caventes exnlceratiouem altam. Ad easdem viti ligines et mnscas illini jubent cara radice lapa thorum : gallinarum fimum candidam, servatum ia oleo vetere cornea pyxide : vespertilionum angaioem : fel herinacei ex aqaa. Scabim ve* ro , boboais qerebrum cam aphronitro, sed ante omnia sanguis caninas, sedant: praritam oochleae p ira ta e , latae, cpotrilae, illitae. XLI. Ridocono la margioe al colore, il pol mone della pecora, e molto meglio del montone, 0 il sevo col nitro} la cenere della lucertola ver de; lo scoglio dellangue colto col vino; lo sterco di colombo col mele, il qaale col vino leva pure le volatiche. A questa giova altres sovrapporre le canterelle con dae parti di foglie di ruta al sole, le quali s hanno a patir tanto finch la pelle incominci a formicolare. Bisogna poi fomentarle, e ugnerle con olio, e di nuovo impiastrare, e'ci fare per pi giorni ; avendo ben cura che non si scortichi troppo. Alle medesime volatiche voglio no ancora che vi s 'impiastrino le mosche con le radici degli spinaci ; lo sterco bianco di gallina, conservato cou olio vecchio in alberello d osso; il sangue de pipistrelli ; il fiele dello spinoso con P acqoa. Il cervello del gofo con l ' afronitro, ma sopra tutto il sangue canino, guarisce la scabbia : levano il pizzicore le chiocciole minate, larghe peste e impiastrate. A CAVABB DAL
COBPO C i CHE VI SI & 1BFISSO.

Ad

ma q u a b e x t b a b r b d a

smrr

c o a ro a t.

XL1I. Arondines, et tela, quaeque alia extrabenda sont corpori, evocat mas dissectas impo sitas. Praecipue vero lacerta dissecta, et vel caput ejos tantam contusam cam sale impositam. Co chleae ex bis qaae gregatim folia sectantur, con tusae impositaeque cam testis, et eae qaae man dantor, exemptae testi*: sed cam leporis, coagulo efficacissime. Ossa anguium eamdem cum coa gulo cujoscumque quadrupedis intra tertiam diem adprobaat effectam. Laudantor el panlbar pdes tritae eam farina feordei.

XLII. Il topo sparato, e postovi sa, cava de! corpo le canne, e le frecce, e tlte P altre cose che sono da cavarsi. Ma molto meglio le lucertole sparate, o il capo loro solamente, pesto con sale e messovi su. Lo stesso fanno le chiocciole, di quelle che seguitano a compagnia le foglie, insie me peste e postevi sopra in testi, e quelle che <t 'mangiano, cavate foor del guscio ; ma molto miglior rimedio con presame di lepre. Le ossa dell' angue col presame di qual si voglia quadru pede io termine di tre giorni fanno il medesimo effetto. Sono lodate ancora le canterelle peste con 1 Carina d 'orso.

C, PLINII SKCCNDl
A o a O L H S U Ii MALA*

M
At A LI DBU.S D O n i.

. XL1I1. 14. Itt muliebribus m a lia m e m b ra n a e pariu ovium proficiuul, ic u t in c a p ri* re ttili* mus. Firouro quoque pecudum e o s d e m usus h a i J>eL Locustarum suffitu s ir a n g u r ia e masime mu lierum juvantur. Gallinaceorum te s te a subinile ai a conceptu dal mulier, mares in ntero fieri dicuntur. Partus conceptos hystricum einis potqs continet : maturat caoinum lac polum , evocai ine m brina e canuro secundis, si terram non a Hit gerit. Lumbos parturientium polus laciis, fimum murinum aqua pluvia dilutum, mammas mulie^ rum a parlu tumentes reficit. Cinis herinaceorum cum oleo perunctarum custodit parlua eonira abortos. Facilius enituntur, quae fimum anseridum cum aquae cyathis duobus sorbuere: aut fx utriculo mustelino per genitale effluenleaquas, Vermes terreni illiti, ne cervicis scapularumque nervi doleant, praestant. Graves seeundas peU Junt ip passo poti. Iidera per se impositi, mam marum suppurationes concoquunt el aperiunt, exlrahuntque, et ad cicatricem perducunt. Lac devocnnt poli cum muUo. Inveniuntur et ver* /n icu li , qui adalligati polio conlinent parium, Detrahuntur autem sub partu : alias enili non patiuntur. Cavendum etiam iein terra ponantur. Conceptus q u o q o e causa dantur in potu quini bt septeni. Cochleae iu cibo sumptae adcelerant parium : item conceptum impositae cura croco. Eaedem, ex amylo el tragacantha illitae, proflu via sistunt. Prosont et purgationibus sumptae in cibo, et vulvam aversam corrigant cura medulla cervina, ita ul uni cochleae denarii pondus ad datur et cyperi : inflationes quoque vulvarum discutiuot exemptae testis, Iritaeque cum rosaceo. Ad haec Astypalaeicae maxime eliguntur. Alio modo Africanae binae tritae cum feni Graeci quod tribus digitis capiatur, addito melle cochleafibns q uatuor, illiuuutur alvo, prios irino succo perunctae. Sunt et minutae longaeque, candidae ^cochleae, passim oberrantes. Eae arefactae sole #n tegulis, lusaeque in farina, miscentur lomen-r to aequis partibus, candoremqne et laevorem corpori adfrrunt. Scabendi desideria tollant fniunlae et latae cum polenta. Viperam mulier praegnans si transcenderit, aborturo faciet : ilem* amphisbaenam, mortuam dumtaxat. Nam vivam habentes in pyxide, impone Iranseont, etiam si mortua sit : atque adservata, partus faciles praestat vel mortua. Mirum , si sine adservata transcenderit gravida, innoxium fiqri,ai protinus transcendat adservalam. Aogois inveterati suffitos menstrua adj ovant.

XL1(I. 14. Ne* mali delle dome giova la pelle, nella quale invUappato il f l i t delle pecore, come dicemmo nelle capre, Larterco delle pecora fa il medesimo effetto. Il profumo delle locuste aiata molto le strangorie, e aaawiroaraootc ddls donne. Se la donna mangia granelli di gallo sa* bito dopo la conceiiane, dtcooo ehe fa bambia maschio. La cenere dell* istrice bevuta fa rileaere il parto gi concepoto ; e beeodo il latte ddla cagna s affretta il parto: la pelle della seconda de* cani, s* ella nou tocca terra, ha virt di far venir fuora la creatura. Il bere il latte aiuta i lombi li quelle che partoriscono ; e lo sterco dd topo stemperato con acqua piovana goarisce le poppe delle ddnne rigonfiale nel parto. Ughendo la donna gravida non la cenere degli spinosi e con olio, si coqiervtt che non si sonnoia. Pi facil mente partoriscono quelle, che beono stereo di oca in due bicchieri d 'aequa, o V acqua, la qoale per il membro genitale esce della matrice della donnola. Impiastrando i lombrichi ani oollo, a sulle spalle, ai ottiene che non dolgono i n e r v i ; e bevati in vin cotto spingono fuori le seconde deM e donne. Posti sulle poppe fanno ma tarare i nuli di quelle, e aprire; e oavano la marcia, e risaldaoo. Reendogli eoi vin melato provocano il latte. Traovnsi certi vermini nella gramigna, i quali tenuti appiccali addoaso, fanno cbe la donna non si scon cia, ma si levano quando il tempo lei partori re, altrimenti la donna non potrebbe figliare. Bi sogna anche guardarsi di non gli porre in terra. Dannosi ancora a b?re cinque o selle per ingra vidare. Il mangiar delle chiocciole affretta il par to; e postevi col lafferauo aiutano a ingravidare; e impiastrandole con amido e tragacanto, rista gnano i Quasi. Giovano aneora mangiandcl alle purgagioni e alla soffocatone della matrice eoa midolla di cervo, cio no denaio per chiocciola, e con cipero ; e tratte de* gusci, e peate eoaolio rosato1 risolvono la ventosit della matrice. Ma a , questo speoialmente s'eleggo ne le Astipaleiche. In altro moda aneora si tolgono dna chiocciole Afri cane con tanto fien greco, quanto pigliano tre dita, e quattro cucchiai di mele. Ungooss con elio irino, e dipoi s* impiastrano sol corpo. Sonci certe chiocciole bianche, larghe e minute, ehe vanno per tulio. Queste si seccano al sole in em brici, e peste in farina ss mescolasse eoa fatim di fave per ogoal parte : fanno il corpo bianco e li scio. Le minute e schiacciate con polenta levano il pizzicore. Sconciasi la doona gravida, se paaaa sopra la vipera. Il simile interviene s* ella paaaa sopra I* anfisbeoa, ma solamente a* morta. Che

'HISTORIARUM MUNDI LIB. XXX.

$9 se la donna n' avene una viva in vaso, non of fre nocumento, bench passasse sopra una moria. Se si serba agevola i parti, bench sia morta. Maraviglia , che se una donna passa sopra lei, non la vedeudo, e senza averne in mano una ri serbala, non le nuoce, se vedutala tubilo ripassa sopra la riserbala. Il profumo dell' angue vecchio aiuta i menstrui.
A d AGEVOLAI! IL PAETO.

D PABTOM JOVABDOM.

XL1V. Anguium seoectus adalligata lumbis, faciliores parius facit, protinus a puerperio re* movenda. Daut el in vino bibendam cum thure : liter sumpta, aborlum facit. Baculum, quo angui rana excussa ait, parturientes adjuvat: troxalidum etnia ilfttns cum melle, purgationes. Item araneas, qui filum deducit ex alto, capi debet mano cava, tritusque admoveri : quod si redeun tem prehenderit, inhibebit idem purgationes.

Lapis aetiles in aquilae repertus nido, custo dit parlua coutra omoes abortuum insidias. Penna vulturina subjecta pedibus adjuvat partnrientes. Ovum corvi gravidis cavendum constat, quoniam transgressis abortum per os faciat. Fimum accipi tris in mulso polum, videtur fecondas faoere. Vulvarum duritias et collectiones adeps anserinus aut eygni emollit.

XL1V. Lo scoglio degli augni legato a' lombi agevola il parto ; ma subito che la femmina ha partorito, si vuol levare. Dannola anco a bere in vino con incenso : presa altrimenti fa sconciare. Il bastone, col qoale sia stata fatta cadere la rana di bocca alP angue, aiuta a partorire. La cenere del trossali col mele aiuta le purgagioni. A ci anche pigliano il ragno, quando da alto scende, segando il filo con la mano concava, e schiacciato ve lo pongono ; e se si prese quando ritorna, proibir le purgagioni. La pietra che si chiama etite, trovata nel nido delP aquila, conserva i parti coutra tutte le insi die delle sconciature. La penna delP avoltoio po sta sotto i piedi aiuta quelle che partoriscono. Le donne debbono guardarsi dalP uova de' corbi, perch passaodo sopra esse vanno a pericolo di sconciarsi. Lo sterco dello sparviere bevuto bel vin melato fa le donne, feconde. 1 grasso dell' o1 ca, o del ciguo, mollifica le durezze e le raccolte delle matrici. A co b seev ab e
l e p o p p e.

Ad m

n u s seev abdas.

XLV. Maramas a partu custodit adeps ansaria cum rosaceo et araneo. Phryges et Lycaoues mam mis puerperio vexatas invenere olidum adipem utilem eaae: his quae vulva strangulentur et blat tas illinunt. Ovorum perdicis putaminum cinis csdmiae mixtus, et cerae, stantes mammas servat. Palant e t ter circumductas ovo perdicis non in clinari : e t si sorbeantur eadem, fecunditatem fa cere : lactis quoque copiam. Cum anserino adipe perunctis mammis, dolores minuere, molas uteri rumpere, scabiem vulvarum sedare, si cum cimi ce trito illinantur.

XLV. 11 grasso dell'oca con l'olio rosalo e col ragno conserva le poppe dopo il parto. 1 po poli della Frigia e della Licaonia hanno trovato, che il grasso dell' otide utile alle poppe che hanno male per lo parto ; e alle soffocazioni della matrice v impiastrano piattole. La cenere dei gusci dell uova delle starne mescolata con cadmia e cera, conserta le poppe che stieno sode. Tiensi che circondandole Ire volte con uovo di starne non caschino allrtmenli. Il sorbire le medesime uova fa le donne feconde, e fa loro dovizia di lalle. E ungendo le poppe con grasso d 'oca, sce mano i dolori, rompono la mole dell' utero, e. impiastrandole con cimice trito, mitigano la ro gna delle matrici.
A SVELLERE I PELI.

Ad

p ilo s to lle b d o s .

XLVI. Vespertilionum sanguis psilothri vim habet : sed malis puerorum illitus non satis pro ficit, nisi aerugo, vel cicutae semen postea indu*

XLV1. 1 sangoe de' pipistrelli ba forza di 1 psilotro, ma impiastrato sulle guance de' fanciulli non giova gran fatto, se non vi si mette poi U

99

C. PLINII SECUBUI

900

calar : sic enim aut io totam tolluntor pili, at non excedunt lanuginem. Idem et cerebro eorum profici potant. Est autem duplex, rubens Utique et candidum. Aliqui sanguinem et jecur ejusdem admiscent. Quidam iu tribas heminis olei disco quunt viperam, exemplis ossibus psilothri vice utuntur, evulsis prios pilis quos renasci nolunt. Fel herinacei psilothrum est, utique mixto cere bro vespertilionis el lacie caprino : ilem per se cinis. Lacte canis pritoi parius, evulsis pilis quos renasci noi aat, vel nondum nalis, perunclis par tibus, alii non surgunt. Idem evenire traditur anguino rieini evulsi cani : ilem hirundinino sanguine, vel felle.

i 5. Ovis formicarum sopercilia denigrari cum muscis tritis tradunt. Si vero oculi nigri nascen tium placeant, soricem praegnanti edendum. Ca pilli ne canescant vermium terrenorum cinere praestari admixto oleo.

serae della ruchetta, o ddla dcots. In questo modo o i peli si levano affatto, o non vi nascoso se non le calugini. Tiensi anoora che il cervello d essi faccia il medesimo effetto. Questo cervello di due ragioni, cio rossiguo e bianco. A i lam vi mescolano il sangue e il fegato del pipistrello. Alcuni cuocono la vipera iu tre emioe dolio, e cavatone l ' ossa ne usano in cambio di pnlotro, svegliendo prima i peli, i quali non vogliono ebe rinascano. Il fiele dello spinoso psilotro, m esco lato con cervello di pipistrello e con latte di ca pra ; oppure la cenere per s medesima. HkUe di cagns del primo parto , svegliendo I peli, i quali non vogliono che rinascano, o infeudo quelle parti innanti che nascano, fa ehe gKaltri non vengono piA su. Dicesi che II tango* delle zecche spiccale de' cani fa il medesimo effetto; e cosi il sangue o il fide dlie rondini. i 5. Dicono ohe le uovtp delle fonnMw eoo mosche peste fanno le dgtia nere. Se vogliam o che gli occhi di quegli che hanno a nascere md neri, dassi a mangiare un topo alla donna gravidi. Pigliasi cenere di lombrichi mescolata con olio, acciocch i capegli non diventino canuti. Al
MALt DB* B A ttB im .

Ad

m obbos ih p a r t iu m .

XLV1I. Infantibus, qui lacte coucreto Texan tur, praesidio est agninum coagulum ex aqua potum. Aut si coagulatio laciis acciderit, discuti tor coagulo ex aceto dato. Ad dentitiones, cere brum pecoris utilissimum est. Ossibus in canino fimo inventis, aduslio infantium, quae vocatur airiasis, adalligatis emendatur : ramex infantium lacertae viridis admotae dormientibus morsu. Postea arundini alligata suspenditor in fumo: traduntque pariter cum ea exspirante sanari in fantem. Cochlearum saliva illita infantium oculis, palpebras eorrigit, gignitqoe. Ramicosis cochlea rum dnis cum thnre ex uvis albo succo illitus per dies triginta medetur. Inveniuntur in corni culis cochlearum arenaceae duritiae : eae denti tionem facilem praestant adalligatae. Cochlearum inanium dnis admixtus cerae, proddentium inte raneorum partes extremas prohibet. Oportet au tem dneri misceri saniem punctis emissam e cere bro viperae. Cerebrum viperae illigatam pellicu lae dentitiones adjuvat. Idem valent et grandissi mi dentes serpentium. Fimum corvi lana adal ligatum infantium tussi medetur. Vix est serio complecti qoaedam : non omittenda lameA, quia sunt prodita. Ramici infantium lacerta mederi jubent. Marem bane prehendi. Id intelligi et qttod sub cauda nuam cavernam ha beat. Id agendum, ut per aurum, et argentum, rat ostrum mordeat vilinm. Tuto in calyce novo

XLV1I. Il presame dell* agrtdlo bevuto con P icqua giova a* bambini, i quali *e sentono do lore pel latte rappreso, si sollevano dando loro presame con l'aceto. 11 cervello della pecora ti* lissimo al mettere i denti. L ossa trovate nello sterco del cane, legatevi so, guariscono 1 adu * stione de1 bambini, che si chhma sinate. Il nule della borsa de' bambini si guarisce col mono della lucertola terde, accostata loro qutado dor mono. Questa poi si lega a una eanna, e atlaccsa a! fumo, e dicono che il bambino guarisce subito eh* ella si muore. La saliva delle chiocciole po*U sulle palpebre de* bambini corregge le palpe bre, e le genera. La cenere delle chiocdols eoo inoeosoesugo d albume d* uovo, ugueodo per trenta giorni, guarisce il male della borsa. Traovansi nelle corna delle chiocdole cose dure eoa rena, le quali appiccate a* bambini, frano net* tere i denti. La cenere de' gusd delle chiocciole mescolata con cera, fa che il budello de*b** bini non esce fuori. Ma bisogna mescolare 00 questa cenere P umore eh* esce del capo delta1 ' pera, esseodo punto con un ago. 1 cervello dd 1 la vipera legato alla pellolina, aiuta mettere denti, e al medsimo effetto giovano i denti maggiori delle serpi. Lo sterco del corbo legato oon lana mediea la tosse de* bambini. Appetta si possono raccontare certe cose senta riso, le 1*' non son per da lasdare, perch si Itiwwo

901

HlSTORJA&Gfll NDNDI LIB. XXX.

*>

iU iftiM ', el ia fufao ponitur. Uripa infantium cohibetur mqrtbusclixis in cibo dati#. 3cwabieoru m corno* grandia denticolata, adalligata bis, p alati naturam oblinent. Bovae capiti lapillum inease tradunt, quem ab eo exspui i uecem time*t,ipopioantis praeciso capite exemptum, adalr ligalmpque, mire prodesse deolilioni. Item cere brum ejuedem ad modem uaum adalligari Ju b en t: et Umecis lapillum aive ossiculum, quod inveoitnr io dorso. Magnifice juvat et ovis cere brum gingivis illitum : ti cui aure* adeps anserinua caif pcimi succo ipiposilui. Supt vermiculi ip spinosis herbis asperi, lanuginosi : ho* adalli gatos protinus mederi tradunt infantibus, ij quid ez cibo haereat,

scrtte. Dicono che la lecertela medica la berta de' bambini, ma che j dee pigliar maschio, il quale ti conosce da una caverna eh' egli ha setto la coda. Deesi far questo in maniera eh1e1 morde quel male per oro, per argento* e per porpora. Legasi poi in un bicchier nuovo, e si mette al fumo. EUstrignoii l orina de' bambini* dando loro a mangiare topi lessi. Le corna dentate de gli scarafaggi, appiccate a' bambini, hanno v jrti di difenderli contra le malattie e gl incantesmi. Dicono che il bue ha una pietra nel capo, la qnale spulata da esso, se e1teme la morte, ma essendogli tagliato il capo allimprovviso, e cava tagli la pietra, e legata al bambino, F aiuta be nissimo a mettere i denti. Ci fa ancora il cer vello del medesimo nell' istesso modo appiccato, e la pietrnzza, ovvero ossicino che si traova nel dosso della lumaca. Giova molto ancora il cer vello della pecora atropioeiato alle gengive, come agli orecchi la sgna dell'oca con sugo di basi lico. Sono oell'erbe spinose certi vermicelli aspri e pilosi, i quali legiandogli addotto e* bambini, tubilo gli guariscono, se alcuna patte del cibo non andasse gi. Al tempo. XLVJUf Lo etipe ceu uo pochette di afeirra temperato io due bicchieri di vino, ovvero con ugna d* oca e vino di moatioe, induce tenne ai bambini ; cos il qucniIo appiccato loro addotto con pelle di lepre ; o il beeee delF ardeola legato alla fronte in pelle d'asino. Stimano che qaesto becco per s stesto bagnato col vino faccia il medesimo effetto. Per lo contrario oon lascia ve nir sonno, se s 'appicca loro un capo secco di pi pistrello.
A lla
l s s o iia .

An tensos. XLVMl Sojnoot albeii oesypum c u t mjrrrbee memento in vini cyathis duobus dilutura, vel a adipe interino et vino myrtsie : avi* cu cules leporina pelle adalligatus : ardeolae vettrom in pelle niaiM fconti adalligatam. Putant et per ae roatnua ejaadem effectos aeae tino collutum. directo totipom arjcet yesperliiwwtit pepai an d* adalttgalwn.

Ad VaaaKM . XLJX- la urina virili Lae*rJa cotta, Venata* jo* qqi Ceceri*, inhibet. Naca iptftr amatoria eawe

Magi ibcunjt. Inhibet et fimuw cochleae at cojumbinati eam oleo et vipo potum* Pulmonis v>4torioi dextrae parte* Venerem coocUaot viri* adalligatae groit pelle. Item si Iute ez o?u qoior qae columbarum, admixto adipis snilli denarii pondere, x melle t>rbe*niyjr. Pjt*t*r?t ip cibo vel ova eorum. Gallinacei dexter teslis arietina pelle adalligatos, lbium cu>ei;es cum adipf ante ris et irino perunctU, i conceptu# sil, partes continone : contra inhiberi Venerem pugnatoris galli testiculi* anserino adig>e iUilisadalligatisqoe pelle retiiq* tradunt, l^epn cujuscumqua galli gallinacei, si a* tanguwe gallinacei lecte sobjiciaptpr. Cggppjt cppcjptrf invidas setff panda

XL1X. Colui che uccide una lucertola in orina virile spegue la lussurie di smesso. Perocchi Ma gi dicono che queste animale tra le malie amorote. Lo sterco delle chiocciola e del colombo, be vuto con vino e olio, raffrena il medesimo deside rio. La perle ritta del polmone dellavoitoio, legata in pelle di gru, desta la lotturia negli oomioi. E cos se beono cinque luorla d'uova di colomba col mele e con un denaio di sogna di porco. Lo slesto ot^epgoBo, se maogiaoo passere, o luova d' e*te, o se ti legano addosso il granello ritto del gallo in pelle di montone. La cenere degi' ibici (questi sone specie di cavriuoli ) con augna d'oca e con olio irino fa che la doooa gravida, che si ugne di questa composizione, ritiene il pajrto. Dicono che i testicoli del gallo combattente uoti

c. p l i n i i t q tiN r
malae, si janctis evellantur, inler se colligatae ih coito. Qoi ia arinsm canis soam ingesserit, dici tor ad Venerem pigrior fieri. Miram et de stel lionis cinere (si veram est) linamento involatum ia sinistra mana Venerem stimolare : si transferatar in dextram, inhibere. Itero vespertilionis sangninem collectam flocco, supposilumque ca piti mulierum, libidinem movere: aat anseris lingaam in cibo vel potione sumptam.

rt

con sugna d* oca e appiccati con pefle di mootone, levano il desiderio della lussuria ; e che fanno lo stesso efftto que'di ciascun gallo anco ra, se col sangue pur di gallo ii mettono sotto il letto. Le letole cavate ddla coda della mola, legate al maschio e alla femmina, qoaodo smo nell' alto amoroso, costringono a ingravidare, sebbne non vogliono. Chi piscia nell' orina dd cane, si dice che si fa pi pigro nei piaceri amo rosi. meraviglia quello che si dice della cenere del ramarro ( s 'egli vero), ebe rinvolta in pannoltno nella msn manca, provochi la lussuria; e se si mette nella man maeoa, la impedisoe. 1 1 sangue del pipistrello, raccolto in fiocco, e posto sotto il capo delle donne, desta ia loro la lassa rla ; o la lingaa dell oca da loro mangiala o bevuta.
Al
m a lb d b ' p id o c c h i, x a l t r i RIMED1I PROMISCUI.

AD PHTHIRIASI*, IT ALIA HORVCLLA P 10MISCU. '

L. Phthiriasin si toto corpore pota membrana senectolis angoiom triduo necat: ac seram exem pto caseo potum cam exiguo sale. Gateos, si cere brum mastelae coagulo addatur, negant corrom pi vetnstate, aut a muribus attingi. Ejusdem mu stelae cinis si detur in offa gallioaceis pallis et colambinis, latos esse a mustelis. Jumentorum urinae tormina vespertilione adalligato finiun tur. Verminatio ter circumlato vereudis palum bo : miram dictu : palambos emissus moritur, jumentum liberatur confestim.

L. Lo scoglio delle serpi bevuto per tre gior ni leva il male de' pidocchi che nascono per tutto il corpo ; e cos fa il siere, cavatone il cacio, bevuto con un poco di sale. Se il cervello della donnola si metter col presame, dicono che i caci nou si guasteranno mai per 1 vecchietta, o sa 1 ranno manomessi da' topi. La cenere ddla mede sima donnola, se si d a beccare a'polli a 'pipioni, dicesi ehe gli assicura dalle donnole. Il pi pistrello, legatovi sa, guarisce i tormini deH'orina delle bestie da soma. Se la bestia ha verni ni, si circonda uu colombo salvatico teism o al membro genitale tre volte ; ed i gran maraviglia a dire, che lasciando ire il colombo si amore, e la bestia subito gnarisoe.
A lla
u b b b ia c h b z z a .

Ad r b h ik ta t e . Ll. Ebriosis ova noeluae per triduum data in vino, taedium ejus Adducunt. Ebrietatem arcet pecudum assus pulm praesumptus. Hirundinis rostri cinis eum myrrha tritus, et in vino quod bibetur inspersus, securos p Aes tabit a temulen tia. Invenit hoc Horas Assyriorum rex.

Ll. Le aova della civetta date per tre giorni a bere a coloro ohe spesso s ubbriacano, fanno vevenire loro a noia il vino. Chi piglia limanti il polmone della pecora arrostito non s' ubbriaca. Se si mette la cenere delle rondini pesta con m i r r a nel vino che si bee, nessuno ne diventer ebbro. Questo trovato di Oro re d'Asshria.
D e LLB MARAVIGLIE D I A lC tm i B I l T l l .

N o t a b il ia a n im a l iu m .

LI1. Praeter haec sunt notabilia animalium ad hoc volumen pertinentium. Gromphenam avem io Sardioia narrant grui similem, ignotam jam etiam Sardis, ut existimo. In eadem provin cia est ophion, cervis tantum pilo similis, nec alibi nascens, lidm auctores nominavere subju gum, quod nec quale esset animal, nec ubi na-

Lll. Sono, olir di queste, altre cose notabili degli animali appartenenti a questo volarne. Di cono che in Sardegna un uccello simile al gru, chiamato gronfena, il quale, siccome io stimo, non pur conosciuto da' Sardi istessi. Nella me desima provincia l ' ofio, simile a cervi sola mente nel pelo il qdal animile noo nasce altro-

95

HISTORIARUM MUNDI UB. XXX.

906

oeretar tradiderant. Fatue quidem non dabtto, quam et mediciae ex co sint demonstratae. M. Cicero tradit animalia biuros vocari, qui vitea in Campania erodant

ve. 1 medesimi autori fanno mentione del subigiogo ; ma non iscrivono che animale e' sia, n i dove nasca, lo non dubito gi eh1egli sia, poich si sono insegnate a fare medicine di esso. Scrive Marco Tullio che sono animali, che si chiamano biuri, i quali iti Campagna rodono le vili.
ALTAB MAAAV1GL1B.

R e l iq u a b ib a b iu a .

LIII. 16. Reliqna mirabilia ex his quae diximus. Non latrari a cane membrana ex secundis canis habentem, aut leporis fimum vel pilos te nentem. In culicum genere muliones non am plius, qaam nno die, vivere. Eosqne qui arbora rii pici rostrum habeant, et mella eximant, ab apibus non attingi. Porcos sequi eam, a quo ce rebrum corvi acceperint in offa. Pulverem, in quo se mula volutaverit, corpori inspersum miti gare ardores amoris. Sorices fugari, si unus ca stratos emittatur. Anguina pelle, et sale, et farre cum serpyllo contritis una, dejectisque cnm vino in fauces boum, uva maturescente, loto anno eos valere : vel si hirundinum pulli I r ib u s offis den tur. Pulvere e vestigio anguium collecto, sparsas apes in alvos reverti. Arietis dextro te s te praeli gato oves tantum gigni. Non lassari in ullo labo re, qui nervos ex alis et cruribus gruis habeant. Mulas non calcitrare, quum vinum biberint. Un gulas tantum mularum repertas, neque aliam ul lam materiam, quae non perroderetur veneno Stygis aquae, quum id daudum Alexaudro Ma gno Antipater mitteret, memoria dignum est, magna Aristotelis infamia excogitatum.

Nunc ad aquatilia revertemur.

LUI. 16. Queste sono altre maraviglie degli animali die abbiamo raccontati. E prima, chi porta addosso la pelle della seconda della cagne, nessun cane gli abbaia ; n i ancora chi tiene stereo di lepre, o i suoi peli. Nella spede delle zanza re, i mulioni non vivono pi d* un giorno. Quel li che cavano il mele, se hanno addosso nn bec co di picchio alberaio, non son tocchi dalle pecchie, i porci vanno dietro a quegli, che nella poltiglia hanno dato loro il cervdlo del corbo. La polvere, dove s*i voltolala la mula, mitiga gli ardori d 'amore a chi se la sparge addosso. Tolti i topi faggono, se uno se ne castra, e la sciasi andare. Dicono ancora, che pestando insie me la pelle della serpe, sale, farro e sermollino, e mettendo tutte queste cose nella gola a* buoi quando l ' uva cominda a maturare, stanno sani tutto 1 anno : ovvero se si danno loro a mangiare * tre rondinini iu tre pultiglie. Dicono similmente, che le pecchie, spargendo loro addosso la polvere ricolta nella via che fanno le serpi, subito tornano alle case loro ; e che legando il granello ritto al montone, non ingenera se non femmine. Chi porta addosso i nervi dell* ali e ddle gambe di gru, non si stanca per alcuna fatica. Le mule che hanno bevuto vino non traggono cald. Dicesi an cora, che non si trov materia alcuna, che non rodesse il veleno dell* acqua di Slige, quando An tipatro lo volle dare ad Alessandro Magno, se non I* unghia della mula ; cosa memorabile, che eoa grande sua infamia fu ritrovata da Aristole. Ora da qui innanzi torneremo a ragionare degli animali d 'acqua.

G. PLINII SECUNDI

HISTORIARUM MUNDI
LIBER XXXI
M J i D I C I N A t X A Q U A T IL IB U S .

A q UABUM MIRA0IL1A.

M a b a v ig l ib DKLLK ACQOK.

J. i. A quatilium sequnolur iu medicina beue- I. i. Seguono i beneficii degli animali d'acqua ficia, opifice natura ne in illis quidem cessante, nelle medicine, perciocch in essi ancora adopera et per nodas fluetusqae au reciprocos aestas, gran maestria la natura, ed esercita le sue infa amniamqae rapidos cursus improbas esercente ticabili forse per 1' acque e per l ' onde, e per la vires : nusquam poteulia ma j ore, si verum faleri correntia del mare che ora rigonfia, e ora sgon volnraos : quippe hoc elementum ceteris omnibus fia, e per li rapidissimi corsi de* fiumi ; ch se vo imperat. Terras devorant aquae, flammas necant, gliamo confessare il vero, ella non ha maggior scandunt in sublime, et coelum quoque sibi indi potente altrove, perch questo elemento signo* cant, ac nubium obtenta vitalem spiritum stran reggia tutti gli altri. Le acque inghiottiscono la terra, le acque spengono il fuoco, le acque mon gulant: quae causa fulmina elidit, ipso secum dis cordante mundo. Quid esse mirahilius potest tano in alto, e s 'usurpano l ' aria ancora ; e con quis io coelo stantibus f Al illae ceu parum sit distendervi le nubi opprimono lo spirito vitale, la qual cagione manda fuor le saette, discordando ia tantam pervenire altitudinem, rapiunt eo se enni piscium esamina, saepe etiam lapides : sub- il mondo seco stesso. Cbe maggior maraviglia pu eootque, portantes aliena pondera. Eaedein ca dirsi, quanto che le acqoe stiano neir aria ? Ma dentes omnium terra nascentiam causa fiunt, esse come se poco fosse pervenire a tanta attes prorsas m irabili natura, si qois velit reputare ut ta, vi rapiscono ancora seco le schiere de pesci, fruges gignantur, arbores fruticesqoe vivant, in e spesso innaltano pietre, e altri pesi che sono coelum migrare aqaas, anitaamque etiam herbis estranei a loro. Le medesime acqoe, cadendo, son vitalem Inde deferre : justa confessione, omnes cagione di tutte le cose cbe nascono in terra, e (eme quoque vires aquarum este benefici. Qua- certo con mirfcbil natura, se alcnno Vorr consi-

C. PLINII SECUNDI
derare come si generino le biade, come gli alberi e gli sterpi vivano, e come Tacque vadano per T aria, e portino ancora di l all erbe P anima vitale ; e, a confessare il vero, tutte le forze della terra derivano per benefici dell* acque. Epper, Innanzi a ogni altra cosa porremo gli esempli della poteoza d'esse. Perciocch chi sarebbe mai cblui che potesse raccontarle tutte !
D b l l a d ip f b b b b z a d b l l b a c q u e .

propter ante omnia ipsarum potentiae exempla ponemus. Cunctas enim qois mortalium eonmerare queat f

A q o a b u x d if f e b e r t ia e .

a. Sputano benignamente fuora, e ia molti II. a. Emicaot benigne passimque in plurimis 11. terris, alibi frigidae, alibi calidae, alibi junctae, luoghi del mondo, P acque dove fredde, e dove sicut in Tarbellis Aquitanica gente, et in Pyre calde, e in alcun luogo congiunte, come nel paese naeis montibus, tenui intervallo discernente. Ali* de1Tarbelli, popoli di Guascogna, e ne'monti Pirenei, separandole ben piccolo intervallo. Al bi tepidae egelidseque auxilia morborum profitentes, et e cunctis animalium hominum tantum trove tiepide e agghiacciate portano rimedio alle causa erumpentes. Augent numerum deorum no infermit, e vengono sol fuori per eagiooe degli minibus variis, urbesque condunt, sicut Puteolos uomini, non per gli altri animali. Accrescono il in Campania, Statyellas in Liguria, Sextias in novero degli dei con diversi nomi, edificano a iti, Narbonensi provincia. Nusquam tamen largius come Pozzuolo in terra di Lavoro, Slatiella io Liguria, e Assaix in Provenza; nondimeoo in quam in Bajano sinu, uec pluribus auxiliandi ge neribus, aliae sulphuris, aliae alumnis, aliae salis, oiuno altro luogo pi largamente che nel golfo aliae nitri, aliae bituminis, nonnullae etiam acida di Baia, n con pi sorti di rimedii. Alcune met salsave mixtura. Vapore quoque ipso aliquae tono zolfo, altre allume, altre sale, altre oilro, al prosuut. Tantaque eis est vis, ut balineas calefa tre bitume, e alcune acetosa e salsa mistura. Alcu ciant, ac frigidam etiam in soliis fervere cogaut, ne ancora giovano solo col vapore. Ami sono di tanta forza, che riscaldano i bagni, e costringono quae iu Bajano Posidianae vocantur, nomine ac cepto a Claudii Caesaris liberto. Obsonia quoque la fredda a bollirvi ; le quali acque io Baiano si percoquunt. Vaporant et in mari ipso, quae Li chiamano Posidiane, avendo preso il nome da ua liberto di Claudio imperadore. Cuoco no ancora le cinii Crassi luere : mediosque inter fluctus exsi vivande. Sonoci similmente delP acque, le qaak stit aliquid valetudini salutare. furono di Licinio Crasso, che vaporano nel mare, e nel mezzo dell' acque si truova cosa utile alta sanit.
A qoabum
b d ic iita e : o b s r b v a tio b b s , c c lx v i.

M a D ie n ti DI ACQOB, B OSSBBVAZIOTC, 6 6 .

HI. Jam generatimi nervis prosunt pedibusve, aut coxendicibus, aliae luxatis, fractisve. Inauiunt alvos. Sauant vulnera. Capiti auribusque privatim medentur: oculis vero Ciceronianae. Digna memoratu villa est ab Averno lacu Puteolos ten dentibus imposila litori, celebrata porticu ac ne more, quam et vocabat U. Cicero Academiam, ab exeniplo Athenarum, ibi compositis volumi nibus ejusdem nominis, in qua et monumenta sibi instauraverat, ceu vero non et in toto terra rum orbe fecisset. Hujus in parte prima, exiguo post obitum ipsius, Antistio Velere possidente, eruperunt fontes calidi, perquam salubres ocnlis, celebrati carmine Laureae Tullii, qui fuit e liber tis ejus, ut protinus noscantur ministri etiam ex illarum hiiutu majestas ingens. Ponam enim

111. Gi generalmente giovano a* nervi, a* pie di, alla sciatica, a' dislogati, o a' rotti. Esse vota no il corpo, guariscono ogni nascenza, e parti colarmente guariscono il capo e gli orecchi. Le Ciceroniane guariscono gli occhi. una villa degna di memoria, posta sul lido e sulla via che va dal lago Averno a Pozzuolo, la quple M. Tullio adorn di loggia e di giardino, e chia ma vaia Accademia dall Accademia d Atene avendo composti quivi i libri del medesimo nome, a nella quale s'aveva fatto un monu mento, come qoa se lo avesse anco fatto per tutto il mondo. Nella prima parte di questa villa, poco tempo dopo la sua morte, posseden dola Antistio Vetere, vennero fuora foipti caldi, moltp giovevoli agli occhi, celebrati dai veni di

9 **

HISTORIARUM MUNDI LI& XXXI.

* 1*

i p s a m c a r m e n , d ig n u m u b iq u e , e t n o n ib i M a l u m le g i.

Laurea Tnlli, ehe f uno de'liberti Maoi,aediooabi n oanoaca esiapdio il valore dei ministro che na feee il aggio. Laonde io porroane qui i versi, degni d ' esser letti per tutto, nonch sola* mente quivi : Dove, o cultor chiarissimo e famoso De la Romana lingua, ugnor verdeggi L a sa lv a e V A c c a d em ia g i i t u a v illa ,' Or F orna Aotiatia Vetera, e rinnova Con pi leggiadra, e vie saggine vaghezza. Quivi sorgono acque amaor non pi travate, Cbe refrigerio agli echi, ed ntil danna.
T a le h a a l a n o C icer o n e o n e r e i l l u o g o D a to ,, in s e o p r ir q u e s te m ir a b il i fcque,

Qood tua, Remanae vindex clarissime lingua*, Silva loco melina aargare jussa viret : Alque Academiae celebratam Domine villam Nunc reparat cullo aub poliore Votata: Hie etiara apparent Ijrmphaenou anteroperlae, Languida. fM infuso lumina rore levant Nimirum loontipso sui Cioenlnis honotfi Hoc dedita hae fontesquam patefecit ope. Ut, qnoniam tolum legilur aine fine per orbem, Siot plures, oculis qaae medeantur, aqoaa

Acci eam* ei par tu tu il mondo letto, Sienei molle acqua anoora otiH agli occhi.
Q r r s t t auqi ja pb o d o c a b o n o o i t n r , BDOHi ALLA M t l M . a s te

Q ouas

f m m w ita ts m f a c ia b t, q p w h i i m m

MOUUtOK.

<4 IV. In adem Cfcmpaniae ragione Sinnaawuaa IV. IV medsimo paese di Terra di Lavoro aquae alerilHatem feminarum, et viratam ima* sono T acque di Sesia, la quali si dice che levano la steriliti alle donne, e la pania degli uomini. niaaa abolere produntur.
Q u a l i * o alcolosis . Q u a li a l m a i d il l a f i i t i a .

V. In Aenaria mania calculosis niideri. Et V. NeU? fatila d lsrfria guariscono il male della quae vocalor acidula, ab Teano Sidicino quatuor pietra. Ve ne ha nna sorie che si chiama acidula, uaHlibus passuum: haec frigida. Ite in Stabiano, lnlkoa da Teano di Terra di Lavoro quattro qaae dimidia vocatur : et in Venafrano, ex fante miglia, la quale fredda. In Stabiano quella, acidulo. Idem eoatiagirin Velino laeu po^nltboh che si chiama dimidia, in quello di Venafro si Item in Syriae fcole juxta Taura m montem, an* sente di sapore acidulo. 11 medesimo si sente chi et or est M. Varr : et in Phrygiae GaHo floAito bee dell* acqua del lago Velino; e d un fonte Callimachus. Sed ibi in potando necessarius mo* di Soria, appresso il monte Tauro, secondo che das, ne lymphatos agai: quod inAeliopta aedder scrive M. Varrone ; e del fiume Gallo di Frigia, bis, qui e fonie rubro biberint, Ctesias scribit siccome dice Callimaco. Ma quivi necessaria moderazione nal bere, acciocch quell'acqua non faccia gli uomini furiaci; il chi accade in Etio pia a quegli che beono del fonte roseo, sioooma scrive Clesta.
Q o A L ts T O i m i l D ,

QCALI ALLE FEK 1T*.

VI. Joxta Romam AlbuTae aqnae vnlneribos VI. Presso a Roma le acqne del fiume Albula medentur : egelidae bae : sed Cutiliae in Sabinia medicano le ferite ; e queste sono alquanto gela gelidissimae, sU clu quodam corpora invadant, al te : ma le Cutilie nel paese de Sabini sono geli prope morsas videri possit : aptissimae stomacho, dissime, e con un certo succiamento entrano nel corpo di maniera che quasi pare un morso : sono nervis, universo corpori. altissime allo stomaco, a1nervi, e a tutto il corpo.
QlTALBS VAkTDH CTOflPQJHAHT. Q u a l i cowsekviko i l pa b t o .

VII. Thespi amni fons conceptus mulieribot VII. Il fonte di Tespie fa ingravidare le don repraesentat: itera in Arcadia flumen Ebtum. ne, e cos il fiume Elato in Arcadia. Il fonte Lino Plisio I. N., Vol. 11. 5

C. PLINII SECUNDI Custodit autem foetum Linus foos ia eadem Ar cadia, abortusque fieri non patitur. E diverso in Pyrrhaea flumen, quod Aphrodisium vocatur, steriles facit.
Q ualbs v it i l ig i hem t o l l a h t .

nella medesima Areadia custodisce 1 parto, e 1 non lascia fare sconciature. Per lo contrario ira fiume in Pirrea, ebe si chiama Afrodisio, il quale fa le donne sterili.
Q u a li l e v ir o la m o bfba .

VIII. Lacus Alphion vitiligines tollit. Varro Vili. H lago dAlfone leva le volatiche.Scrive auctor est, Titium quemdaAi praetura fundum, Varrone che un certo Tizio, il quale era stato marmorei signi faciem habuisse pro.pter id vitium. pretore, aveva il viso come una statua di marmo, Cydnus Ciliciae amnis podagricis medetur, sicut per rispetto di questo male. Il Cidoo, fiume di apparet in epistola Cassii Parmensis ad M. An Cilicia, medica le (otte, come si* legge in una tonium. Contra, aquarum culpa in Troezene lettera di Cassio da Parma a M. Antonio. Per lo omnium pedes vitia sentiunt. Tungri civitas Gal contrario, in Trezene per difetto delPacque liae fontem habet insignem, plurimis bullis stel tutti hanno male ne1piedi. Tungri citt della lantem, ferruginei saporis : quod ipsum non nisi Francia ha un nolabil fonte con pi sonagli a in fine pptus iutelligitqr. Purgat hio corpora, modo di stelle, di sapor di ferro, ehe non n tertianas febres discutit, calculorumque vitia. sente, se non dipoi che s* bevuto. L acqua di Eadem aqaa igne admoto turbida fit : c postre questo fonte purga i corpi, guarisce la febbre mo rubescit. Lgucogaei fqutes iqter Puteolos et terzana, e il mata ddla pitra. La medesima Neapolim oculis et vulneribus medentur. Cicero acqua, accostatovi il fooco, diviene torbida, e io Admirandis posuit, Reatinis tantum paludibus all' altimo rosseggia. I fonti Ltucogei lira Napoli UUgnlas jumentorum in Jurari. e Pzznolo guariscono gli occhi e le ferite. Ci cerone pose fra le cose maravigliose, che la ugne de1 giumenti, cio cavalli, a ini e moli, induriscono solamente nelle paludi di Rieti.
QuAB COLQXZM LABIS PACIAST. Q u a l i d ia b o c o lo r * a l l * l a re .

Eudicui in Estiaeotide fontes duos tradit esse, Ceronem, ex quo bibentes oves nigras fieri : Nelea, ex quo albas, ex utroque autem varias. Theophrastus in Thuriis Crathim candorem fa cere, Sybarim nigritiam bojbus ac pecori.

IX. Dice Eudico, ha in Estieotide sono due fonti, l ' uno chiamato Cerone, di cui beeodo le pecore diventano nere j ma ae beono delT al tro chiamato Nelea, diventano bianche ; e dell'uno e P altro si fanno varie. Scrive Teofrasto, che nel paese de Turii il fiume Grate fa venire bianchi i buoi, e l ' altre bestie che ne beauoi e per contrario, il fiume Sibari gli s neri.
Q u a l i a g l i u o m ir i .

QUAB HOMTKIBOl.

X. Quin et homines pentire differentiam eam. X. Ei di pi dice, che gli nomini sentono la Nam qui e Sybari bibant, nigriores esse, durio- medesima differenza, perciocch quegli ehe resque, et crispo capillo : qui ex Crathi, candidos beono dell* acqua del Sihari sono pi neri e mollioresque, ac porrecta coma. Item in Mace pi duri, e hanno i capei ricciuti ; e quegli che donia qui velint sibi candida nasci, ad Aliacmo- beono dell'acqua del Crate, sono bianchi e nem ducere : qui nigra aut fusca ad Axium. Idem pi morbidi, ed hanno i capegli distesi. Dica omnia fusca quibusdam in locis tradit nasci, et ancora, che in Macedonia quando vogliono che fruges quoque, sicut in Messapiis. At in Lusis nascano loro cose bianche, le menano al fiame Arcadiae quodam fonte mures terrestres vivere Aliacmone, e quegli che le vogliono nere o bru et conversari. Erythris Aleos amnis pilos gignit ne, le menano all Assio. Il medesimo Teofrasto in corporibus. dice, che in alconi luoghi tutte le cose nascon nere, e le biade ancora, come nel paese dei Messapii ; ma che in un certo fonte d ' Arcadia, che si chiama Lusi, vivono e stanno topi ter restri. In Eritre il fiume Aleo genera i peli nei corpi.

9 i?

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXXI.


Q oa b mbmobiam ; q dae o b l iv io b b m .
Q
c ALI

FACIAHO MEMORIA, QOALI OBLIVIOBE.

XI. In Boeotia ad Trophonium deum joxta flumen Orchomenon dao sant fontes, quorum Iter memoriam, alter oblivionem adfert, inde nominibus inventis.
Q u u s u a o a s u b tilita te m ; q u ab ia b d jta tb m ; QUAB CABOBAM VOCBM,

XI. In Beozia prtesso il dio Trofonio vicino al fiume Orcomeuo sono due fonti, l'uno de'quali fa memoria, l'altro oblivione, e da questo hanno preso il nome.
Q u a l i b b b d o B o i sb b si p i s o t t i l i : q o a m p i

oaoaai : q u a l i

c a h o b a l a voce.

XII. In Cilicia apud oppidum Cescam rivas fluit Nas, ex quo bibentium subtiliores sensas fieri M. Varro tradit. At in Cea insola fontem esae, qao hebetes fiant, Zamae ia Africa, qao ca norae voces.

XII. Scrive Varrone, che un rio, il qoale in Cilicia, appresso la citt di Cesco,e si chiama Nus, fa i sensi pi aottili a chi ne bee. Nell* isola di Cea un fonte, il quale fa i sentimenti grossi ; e a Zama in Africa n uno, che a chi ne bee fa la voce canora.
Q
u a l i v a c c ia b o v e s i b e a b o i a i l v u

Q uab

viai ta b d iu m ;

qu ab ib e b e u b t.

QUALI UBBBIACHISO.

XIU. Vinum in taedinm venire his qui ex Cli torio lacu biberint, ait Eudoxus: Theopompus, inebriari fontibaa iis quos diximas. Mucianas Andri e fonte Liberi patris, statis diebas septenis ejus dei vinum fluere, si auferatur a conspectu templi, sapore in aquam transeunte.

XIII. A quegli che beono del lago Clitorio viene a noia il vino, siccome dice Eudosao; e Teopompo dice che quegli che beono di que sti fonti, che abbiamo detto, s' ubbriacano. Scri ve Muciano, che del fonte di Bacco, eh' in An dro, per sette giorni ordinali di quel dio esce vino, e se si leva di vista del tempio, trapassa il sapore in acqaa.
Q u a l i abbia no la v ib t d b l l ' o l io .

Q oab o l b i vicem p b a e s t b b t .

XIV. Polycritus explere olei vicem juxta So XIV. Dice Policlito, che a Soli di Cilicia un los Ciliciae fontem. Theophrastus hoc idem fieri fonte, la cui acqua serve in cambio d* olio. Teom Aethiopia ejusdem nominis fonte. Lycos in frasto dice che questo medesimo fa in Etiopia un Indiae terris fontem esse, cujus aqua lucernae fonte, che ha l ' istesso nome. Lieo afferma essere ardeant. Idem Ecbatanis tradilur. Theopompus un fonte in India, per la cui acqua ardono le lucerne. Un simile si dice essere in Ecbatane. in Scotusa lacum esse dicit, qui vulneribus me Teopompo dice che in Scotusa nn lago, il quale detor. guarisce le ferite.
Q oab salsas , b t am arae , Q o a l i sibho s a l jb , q u a l i am a re .

XV. Dice Giuba che nel paese de1Trogloditi XV. Juba in Trogodytis lacum, insanam ma lefica vi appellatum, ter die fieri amarum salsam- an lago, chiamato insano per rispetto della sua que, ac deinde dulcem, lotiesque etiam noeta, malefica forza, il quale tre volte il giorno si a scatentem albis serpentibus vicenum cubitorum. amaro e salso, e poi dolce, e tante volte la notte, Idem io Arabia fontem exsilire tanta vi, ut nulla pieno di serpi bianche, longhe venti braccia l'una. 11 medesimo dice, che in Arabia esce fuori un mora pondus impactum respuat. fonte con tanta forza, che ogni grave peso, cbe vi si getta dentro, rimanda fuora.

c, Qqae a ia eoau t ; qoae i i i m

p u n ii

sE O o m n
Q o a l i etardtso

, by plo ea to m

rooii

s a s s i: q u a l* u t m c a b o

FACIABT) QOAE AVOEElf AEAEE DICARTUE.

AL EISO, E AI. PIANTO: QOALI FACCIABO EBSTAJE

V AJWBE.
XVI. 1'beophrastas Marsyae fontem in Phry XVI. Scrive Teofrasto ehe ii fonte di Minis gia ad Celaenarum oppidum saxa gerere. Nou in Frigia presso alla citt di Celene manda faori procul ab eo duo sunt fontes, Ciaeon et Gelon, i sassi. Poco discosto da esso sono due altri fonti, eb effecta Graecornm nominum dicti. Cyzici fons Cleon t Gelo*, cosi chiamali dfT A tto de* noCupidinis vooatur, ex qoo potantes amorem de- nomi Greci, h t Gfeieo cr-1! fonie, che si chiama pooere Mucianus credit. di Cupidine, del quale quegli che beono, siccome crede Modano, depobgoo I*amore.
PSE TBIDUUMCALEBTES HAUSTU. D b Ci 1 acqua , c h b a t t in t a d u b a ca ld a PRE TE* OIOBNI.

XVII. Cranone est fons calidus citra summum XVII. Cranoue uu fonte caldo, non per d fervorem, qui fo vinum additus, triduo ealorem bollente, il quale messo nel vino in tre giorni polionis custodii in vasis. Sunt et Mattiaci in ritiene H calore della KwVandi rie* visi, in La Germania fontes ealidi trans Rhenum, quorum magna di l dal Reno sono i fonti Mattiaci caldi, haustns triduo fervet. Circa margines vero puoii- de* quali I*acqua che s attigne bolle tre giorni. cem 'faciunt aquae. Queste acque intrno alle m arcai ' n io pomice.
AqUAHVM MIRACULA. 1> Q01BUS OH SIA NBBGABTUB ; 1B QIBOS NIHIL. M a e a v ig lib d e l l e 'a c q u e : I n q u a m o c m c o s a VADA AL TONDO, *N QUALI NIUHA COSA.

XVII!. si quit fide carere ex hi* aliqua arbitrator, dhcat in nulla parte naturae raajora esse miracula: quamquam inter imtia operis abun de multa retulimus. Ctesias tradit Siden vocari stagnum iu Indis, in quo nihil innatet, omnia mergantur. Caelius apud noe in Averno ait etiam 1blia obsidere : Varro, aves, quae advolaverint, emori. Contra in Africae lacu Apuscidamo omnia fluitant, nihil mergitur: item in Siciliae fonte Pbinthia, ut Apion tradit : et in Medorum lacu puteoque Saturni. Fons Limyrae transire solet in loca vicina, portendens aliquid : mirumque quod cnm piscibus transit. Responsa ab his petunt in colae cibo, quem rapiunt adnuentes: si vero even tum negent, caudis abigunt.

XVIII. E* se pure alcuno pensasse, che alcuna di queste cose non fosse da credere, sappia ebe in nessuna parie di natura sono maggiori mira coli ; bench gi nel principio dell* opera copiosa mente n'abbiamo dette molte cose. Scrive Cte sia, che in India lo stagno Side, dove niuna cosa galleggia, ma tutte vanno a fondo. Celio dice, che in Italia nel Iago Averno te foglie anco ra vanno a fondo; e Varrone diceche gli uccelli, I quali volano snpr* esso, muoiono. AH* incontro nel lago Apuscidamo dTAfrica tutte le cose stan no a galla, e cos in Fintia fonte di Sicilia, come scrive Apione ; e nel lago di Media, e nel pozzo di Saturno. La fonte di Liraira soole passare nei luoghi vicini, quando significa aver a essere qual che coa; ed maraviglia, ch'ella porta seco anco i pesci, da* qoali gli uomini del paese ricevono le risposte per cenni, che detli pesci fanno mentre che ricevono il cibo da loro : e quando voglioo mostrare che non ha da essere ci che costoro domandano, allora non pigliano il cibo, ma con la coda da s Io cacciano. Amnis Olacbas in Bithynia Bryazum alluit Il fiume Olaca in Bitinta ba'gna Briazo ( cos (hoc t templo et deo nomen) : cujus gurgitem vi si chiama il tempio e il dio ) ; nelle coi acque perjuri neganlur pati, velut flammam urentem. coloro che hanno giuralo il falso, patiscono co Et in CantBbria fontes Tamarici in auguriis habea me se fosse fiamma ardente. In Cantabria le funli tur. Tres snnt, octonis pedibus distantes. Ia unum Tamarici danno augurii. Queste sono tre fonti * alveum coSunt vasto singuli amne. Siccantur duo lontane otto piedi lisina dall* altra, e 1 acque decim diebus, aliquando vicenis, citra suspieio- loro raccolte insieme fanno un gran fiume. Sec nem ullam aquae, quum sit vicinus illis fons sine cami per dodici giornit e talora venti, im a che

HISTORWRC MONDI LIB. XXXI. intermissione largos. Ditum st, non profluere eos n p iw n foiw iifcyi : sioat proxime Lartia Liansa, legato poft praeteram, post septem etti dice oooiJHi In Jadaea rivus sabbatis omnibus SCCSIiM# P 1" si tappia ove ne vada f acqua, perch nn altro frate vicino a questi st tempre pieno. Cosa in felice 4 eh* essi non crrane, quando slcuoo gli sta a vedere ; come avvenne, non mollo, a Lar tio Licinio legato dopo la pretura, poich selle giorni dipoi si mor. In Giudea nn rio, il qual* si secca ogni sabato.
Acqos m ic id ia li : p s jc i a v v i l i t a t i .

Aqmb itiin i ; usobs iu m a t i.

XIX. Per opposito sono altri miracoli infelici. XIX. E diverio miracola alia dir. Ctesia* in Armenia scribit esse foulem, ex quo nigros picce* Scrive Ctesia che in Armeoia un fonte, nel qua le sono pesci neri, che subilo fanno morire chi iltieo morlem adferre i bis : quod et cire* Da nubii exortam audivi, donee venialur ad fontem gli mangia ; e ci ho odilo dire ancora essere a i* ad posi tua*, ob|i fi ai tur id geaus piscium intorno all* uscita del Danubio, infino a cbe si ldeoque ibi caput ejus aronis intelligit fama, li oc viene a un foule posto presso al suo letto, dove idem et in Lydia iu stagno nympharum tradpnt. finisce questa sorte di pesci. Epper s* intende lo Achaja ad Pheneum aqaa proflaite saxis, Siyx per fama esser quivi il capo di quel fiume. Dicoappellatur, qoae illico oecat, ut diximus. Sed esse uo che il medesimo avviene ancora in Lidia nello e piace parto in ea tradit Theophrastus, letales ataguo dfcM male. In Aeaia presso al Feneo scor et ipso*, qaod non in alio geiMfle mortiferorum re un* aoqua fuor de' sassi, che si chiama Stige, fonti am. Necare aquas Theopompus et io Tbracia la quale, come abbiamo detto, ammetta subito pud Cy*hro* dieitt Lycos io Leontini* lertio altrui. Ma Teofrasto dice cbe in essa sono pesci piccoli, ohe ammestano anch* essi, il he non die, quam qui* biherjt. Varr ad Soracten io fon te, cujus it latitndo quatuor p*dum : sole oriente avviene negli altri fonti mortiferi. Dice Teopompo, ehe io Tracia aaeora presso a Clero 1 acque * eum exundare ferventi simHesa, av*s quae degu staverint, jwata mortuas jaCere. Namque el haec ammazzano, e il Libo, eh* nel pause de* Leon insidiosa condilioesl, quod quaedam etiam blao- tini, neeide il terao giorno chi bee della sua acqua. diuutur aspeetu, ut ad Nooacaint Arcadiae. Omni<- Scrive Varrone che appresso a Soralte nn fon po coire oulla deterient quali Wle. flaiic pulant te, largo quattro piedi, il quale quaodo si leva nimio frigore esse noxiam, ut pol* quum profluens il sole, trabocca come uo Vaso bollente, e gti ipsa lapidescat. uccelli, cbe ne beoo, rimangon morti. Perocch alcune acque hanno una certa natura insidiosa, onde lusingano eon l ' aspetto, siccome avviene a Nonacri d Arcadia. Percioocb quell* acqua non ha esternamente qualit veruna che spaventi al trui, ma liensi eh* ella sia nociva per Csser troppo fredda, siccome quella, ehe scorrendo diveuta asso. Aliler circa Thessalica Tempe, quoniam vmm Altrimenti avviene intorna a Tempe in Tea omnibus terrori est: tradontque eliam aes ac sa glia, perch la vista sola di qoefl' acqua d spa forum erodi illa aqua. Profluit (ut indicavimus) vento a ognuoo ; e dicono eh* ella rode il rame brevi spatio : mirumque, siliqua silvestris ample e il ferro. Scorre, come dicemmo, per breve spa cti radicibus fon toto eum dicitur, semper florens tio, ed maraviglia che una siliqua salvatiea, porpura. Et quaedam aui generi* herba io labris come si dice, abbraccia con le radici questa fonie, fockUo viret. Ia Macedonis, n o n procul Euripidis e fiorisce sempre di porpora. V* anche ona certa poetae sepulcro, dno rivi confluunt, altar salaber erba particolare che sta verde ne* margini della fonte, la Macedonia, poco discosto dal sepolcro rimi potus, alter mortiferi. di Euripide poeta:, errono due rivi, I*uno salu tifero, l ' altro mortifero a bere.
Q oab l

annas

v ia h t, a o t u n d m

fa c ia h t.

Q c ALI *' IMPIBTVMO, QTCALI t I V i m i l O ALTBO.-

XX. Nel paese de* Perpereni una fonte, la XX. In Perperenis fons est, quamcumqoe ri* i gst, lapideam faciens terram : it*m calidae aquae quale dovunque scorre, A la terra pietrosa ; e in iu Euboeae Delio. Nam qua cadit rivus, saxa iu Delio d* fiubea una fonie d* acqua ealda, e un

C. PLINII S t CONDI
altitudinem crescunt In Earymenis dejectae co ronae io fontem, lapides fiunt. In Colossis flamen est, quo lateres coojecti, lapidea extrahuntor. In Scyretico metallo arbores quaecumque flumine alluuntur, saxa fiunt cum ramis. Destillantes quo que gullae in lapides durescant in antris Coryciis: nam Miezae iu Macedonia, eliam pendentes in ipsis cameris : at in Coryco, quum cecidere. In quibusdam speluncis utroque raodo, coluranasque faciunt, ut in Phausia Chersonesi Rhodiorum in antro magno, etiam discolori aspecta. Et hacte nus contenti simus exemplis.

94

rio che fa crescere in alletta i assi ch e* b sfn s. Nel paese degli Eurimeoi le cerone che soa get tata in un fonte, diventano pietre. E on fiam in quel de1Colossi, nel quale i mattoni che vi si gettano diventano pietra. Nelle cave Sciretich lutti gli alberi che sono bagnati dal fiume si faono sassi co1rami. Le gocciole che distillano nel le spelonche Coricie induriscono in pietre, e a Mieza in Macedonia, mentre eh1 elle pendono tuttavia nelle grotte, si fanno pietra; ma in Co rico, poi che son cadale* In oerle spelonche que sto avviene per l ' ano e l ' altro modo, e Cannone colonne, come in Faasia del Chersoneso Rodiano in una grande spelonca, dove Cannosi ancora di diversi colori. Ma iofino a qui siamo contenti di questi esempii.
D alla s a l u b r i t d a l l a a c q u a .

Db s a lu b r ita te aqcaeum .

3. Dispaiasi fra i medici, che sorte di XXI. 3. Quaeritur inter medicos, cufns gene XXI. ris aqaae sint utilissimae. Stagnantes pigrasqne acqoa sia alile. Essi meritamente biasimano quel merito damnant, utiliores quae profluant existi le ehe stagnano e sono pigre, stimando pi adii mantes : cursa enim percassaque ipso exteaaari quelle che eorroao, perciocch eoi crso e col ptque proficere. Eoqoe miror, cisternarum ab dibattersi insieme s* assottigliano e si fanno per aliquibus maxime probari. Sed hi rationem ad- fette. Epper mi maraviglio, come alconi lodino ferunt, quoniam levissima sit imbrium aqoa, ut P acque delle cisterne. Ma questi rendono la ca qaae sabine potuerit ao pendere in aere. Ideo et gione, dicendo, che l acqoa piovana leggerissi nives praeferant imbribus, nivibasqae etiam gla ma, siccome quella che ha potuto salire, e stare ciem, velut adfiniom coacta sabtilitale. Leviora in aria sospesa. E perci prepongono le nevi alle enim haec esse, et glaciem malto leviorem aqaa. piogge, e il ghiaccio, alle nevi, ristrignendo la Horam sententiam reCelli interest vitae. In primis sottiglietza secondo i loro stati affini. E queste enim levitas illa deprehendi aliter, quam senso, dicono essere pi leggeri, e il ghiaccio molto pi vix potest, nallo paene momento ponderis aqais legger che l acqua. Ora egli importa molto alla inter se distantibus. Nec levitatis in pluvia aqaa vita umana il riprovare I opinione di costoro. argumeatam est subisse eam in- coelum, qaam Perciocch per la prima, quella leggeretaa a fatica etiam lapides subire appareat, cadensqae inficia si pu conoscere altrimenti, che per l ' effetto che essa fa nel ventrcolo, perch le acque non hanno tur halita terrae. Quo fit at pluviae aquae sor dium inesse plurimam seatiatur, citissimeqae quasi veruna differenza di peso tra loro. N si pu ideo caleBataqaa pluvia. Ni vera quidem glaciem- dire che, perch lacqua sia salita nelParia in que subtilissimam elementi ejas videri miror, pioggia, questo sia seguo di leggerei**, veggendo dposito grandinnm argomento, e quibas pesti noi che le pietre ancora vi salgono, e che l ' acqoa lentissimam potum esse convenit Nec vero panci cadeodo dell'aria, diventa infetta pel vapore della terra. Epper avviene che noi sentiamo di mollo ioter ipsos e contrario ex gelu ao nivibus insa luberrimos potus praedicant, qaoniam exactura loto nell acqua piovana, e che quindi si scalda sit inde, quod tenuissimum fuerit. Minui certe tosto. Maravigliomi ancora come essi tengooo che Jiqaorera omnem eoo gelatione deprehenditor, et le nevi il ghiaccio sieno la parte pi& sottile di rore nimio scabiem fieri, pruina uredinem, co quello elemento, massimamente per l argomento gnatis et nivis causis. Pluvias quidem aquas ce che si pu fare della gragnuola, la qaale pestilen tissima cosa a bere. Molti fra costoro dicono il con lerrime putrescere convenit, minimeqae dorare in navigatione. Epigenes autem, aquam quae se trario, affermando che il ghiaccio e la neve nano pties putrefacta purgata sit, perhibet amplius non mal sani a bere, perch la parte pi sottile svapo potrescere. Nam cisternas etiam medici confiten rata fuor d essi. Certo vedesi manifestamente che tur inutiles, alvo duritias facientes, faucibusque: ogni liquore scema agghiacciando, e per troppa etiam limi non aliis ioesse pias, aat animalium rugiada si genera pizucore e rogna, e la brinataqoae faciunt taediam, confitendum habent Nec riarde per le cagioni simili che la neve. Le acqoe tatim amnium utilissimas esse, siculi nec torrea- piovane, come oguano confessa, in brevissimo

g&5

HISTORIARUM MONDI LIB. XXXI.

9 a6

tiun uNias, Iscusque plurimo salubres maxime. Q uaedam igitocot hujos generi* aptissimae aliae alibi. Parthorum refe* ex Choospe et Eulaeo Untam bibunt: et eae quamvis in longinqua comita tor ilio*. E t horum placere potum, non quia sint amnes, apparet : quoniam nec e Tigri, neo Eu phrate, nec mollis aliis bibant.

spazio s 'infracidano, e per mare dorano poco tempo. Epigene dibe, che I'aequa putrefatta tette volle purgata non s'infracida pi. Confessano ancora i medici, che l ' acqua della cisterna no civa al corpo, perch lo fa duro, e similmente la gola; n alcuna altra acqua ha pi belletta di que sta, n pi animali che dan noia. Ma n anche ogni acqua di fiome utilissima, n alcuna di torrente; mentre invece molti laghi son molto sani. Aloane adunque di questa specie sono uti lissime, secondo i varii sili. I re de' Parli beono solamente del fiume Coaspe e deil'Euleo, e ben-* ch vadano molto lontano, sempre ue portano seco; la quale per piace loro, non perch'ella sia di fiome, perch non beono del Tigri n del1' Eufrate, n di molti altri fiumi.
D
e ' d if e t t i d bllb a cq u e.

D s

v it iis a q u a ru m .

La belletta il difetto dell' acque : nonXXII. lim as aqoarum vitiam est : si tamen XXII. ilc n anmis angeillis scateat, salubritatis indi dimeno se a d medesimo fiome sono aoguille, cium habetor : siculi frigoris, tineas io fonte gi segno di saniti ; come di freddo, se nel fonte na gni. Ante omnia aulem damnantur amarae: et scono le tignaole. 9opra lotte laltre sono biasi qaae, quum sorbentor, statim implent : qaod mate le acqoe amare, e quelle che subito gonfan evenit Troezene. Nam astrosas atque salmacidas chi ne bee, il che accade in Trezene. Perch chi ia desertis Rabrum mare petentes, addita palen* va per diserti al msr Rosso, vi ritrova acque ni trose, le quali fanno utili e sane in termine di ta, utiles intra duas horas laciunt, ipsaque ve scantur polenta. Damnantur in primis fontes, due ore, mettendovi polenta, della quale poi si ciqui coenum faciunt, quique malum colorem bi bano. Biasimami i fonti che fanno belletta, e quelli bentibus : refert et si vasa aerea inficiunt, aut si che fanno mal colore a chi ne bee ; e importa legumina tarde percoquunt, si liquatae leniter ancora, se l ' acque macchiano i vasi di rame, o se cuocooo lardi le civaie* e se liquefatte lentamente terram relinquunt, decoctaeqae crassis obdu cunt vasa crustis. Est etiamnum vilium non lasciano terra, e cotte cuoprooo i vasi comedi ioetidae raodo, verum oronino quidquam resi foste. difetto dell' acqua ancora nou solo che pientis, jucundum sit illud licet gralumque, et ut ella sia puzzolente, ma eziandio eh' ella sappia di saepe, ad viciniam lactis accedens. Aquam salu alcuna cosa, bench sia dilettevole e grato quel brem aeri quam simillimam esse oportet. Unus in sapore, e come suole spesso, si accosti al sapor toto orbe traditur foos aquae jucunde oleotis io del latte. L'acqua sana bisogna che sia molto si TMesppolamia, Chabura. Fabulae rationem tdfe- mile all'aria. In tutto il mondo si dice essere un ruqt, quoniam eo Juno perfusa sit. De celero fonte solo che ha dilettevole odore, e questo io Csbura di Mesopotamia. Le favole danno per ra aquarum salubrium sapor odorve nullps gione di questo, che Giunone si bagn in esso. (Ubet. Ma generalmente le acque, se debbono esser sane, non hanno da avere n sapore, n odore.
PfiOBATIO AQUABCM. D
e l co n oscere l e a c q u e .

XXUl. Alcuni con la bilancia danno giudicio XX11I. Quidam statera judicant de salubri tate, frustrante diligentia, quando perrarum est, della sanit dell'acqua ; ma qoesta una diligenza ni levior sit aliqua. Certior subtilitas, inter pares ingannevole e vana, perch rade volte avviene meliorem e^se, qoae calefiat reffigeceturqne ce che un' acqua sia pi leggeri che l ' altra. Miglior lerius. Q uin exhaustam,vssis quae roaau peudeant partito ritenere che fra le acqoe pari miglior depositis in humum, tepescere ad firmant. Ex qu ella che si raffredda e si riscalda pi tosto. An quonam ergo genere maxime probabilis contin- xi affermano, che cavala con vasi da portate 4

937

C. PUNII SECUMW

fl? Puleisniimron), a i in ffid ii eonttar vi-* deo : ed hit, q a ib u exercitationis ralio ombro baosto contingit, et illa tcnaitas colante terra.

ntaao, a- pori gi is teria qapsti visi, atta si riaoalda. Q o s b a e f u daaqne sw m lM noi per la migliore. Veramente quella da p o n i, orna veg gio usarsi nelle eliti r sa di qua* potai special mente, onde pi se oe attinge, perch paasaudn per la terra diventa pi aottil* : Questo besti f s n t s alU sanit. A f o k r e f itSalubritati haec satis ant. Frigori et opaci tas necessaria, ulque codam videant, Soper qua fresca, necessaria 1*ombra P oscurit, e * omnia observatio nn, eadem et ad perennita eh* ella vegga 1 aria. Ma soprattutto s* ba da oatem pertinet, nt ille e vado exsiliat vena, non e servare una cosa, che vale anche perch l acqua lateribus. Barn nt lactn gelida all, etiam arte non manchi, cio che la vena venga da qoalcbe eontingit : ai etiam espressa in allnm, aot e so* tralto di fiume, e non da mattoni. Puossi ancora fare con artificio che l ' acqua aia fredda al tatto, blimi dejecta, verberato corripiat aSra. In natan do qtridem spiritum continentibfs frigidior sen* se o quando ella sorge in Ilo, o cadendo da alto, titor eadeja. Nronis principis inventam eat, de nel percuotere fa vento. Una medesima acqua a coquere aquam, vitroqne demissam in divi* re- chi nnota pare pi fredda, ritenendo P alito. Fa frigerare.lta voluptas frigoris cootingit sine vitiis inventione di Nerone imperadore cuocere I*ae nivis. Omnem utique decoctam utiliorem esse qua, e messa iu vaso di vetro pori# nella neve per convenit: ilem calefactam magis refrigerari, sub* rinfrescarla. Cos si piglia il diletto del fresco tilissimo invento. Vitiosae aquae remedium est, senza i difetti nella neve. Ogni acqoa cotta senza si dccoqoHtur ad limidis partes. Aqua frigida dubbio pi sana s d meglio raffreddale la ingesta sistitur sanguis. Acatus io balineis arcetor, calda, che torre 1* fredda per a medesima. S si quia ore teneat Quaesunt hausta frigidissimae^ 1 acqa aattiva, il rimedia cuocerla i o chella * non pefiade et tactai esse, alternante hoc bono* torni per met. Con 1 acqua fredda ei ristagna 3 * mulli familiari templo colligant. sangue. Chi la tiene io bocca ne* bagni, oon santo caldo. Molti per domestico esempio raooolgooa* ehe oon perch lacque sia freddiiseiaia al gesto, per questo sia freddilaaia al tatto, perch aBevolle si scambia.
D e iQ oi Msncr*.
D bit .* acqua M abc I a.

XXIV. Clarissima aquarum omnium in toto orbe, frigoris aakibritalisqoe palma praeconio Urbis, Marcia est, inter reliqua deum moneM U rbi.tributa. Vocabatur haec qdoodam' Aofcja, fons autem ipse Pitonia. Oritur in ultimis montibos Pelignomm: transit Marsos et Futiinuni lacum, Romam non dubie petens. Moi in specas mersa, in Tiburtin se aprit novem millibus pass. fornicibus structis perducta. Primus eam io Ur bem ducere auspicatus est Ancus Marcius, unus e regibus. Postea Q. Marcius Rex in praetura. Rursosque res li luit M. Agrippa. De a q o a
V ib g ib e .

XXIV. Lo migliore acqua d d mondo per freddo e per sanit, a testimonio di tu Ha R obm , l acqua Marcia, tra gli akri doni degli dei con ceduta a Roma. Questa acqua si chiamava gii Aufeia, e la sua fonie Pi Ionia. Ella -asce negl ultimi monti de* Peligni, passa I Maral a fl bgo Fucino, andando drillo a Roma. Dipoi nascon dendosi sotterra, riesce nella via Tiburtina, e da nove miglia viene a Roma per condotto fililo so pra archi. Il re Anco Marcio fu il primo che la condusse a Roma ; poi Quinto Marcio Re ndh sua pretura ; e finalmente. M. Agrippa la restitu.
D e l l acqoa V e b g ib e .

XXV. Idem et Virgioera adduxit ab octavi lapidis diverticulo doobus millibus pass. Praene stina via. Juxta est Herculaneus rivus, quem refugins Virginis nomen oblinuil. Horum amnium comparatione, differentia supra dieta deprehen ditur, quum quantum Virgo tactu, tantum prae stet Marcia haustu. Quamquam ntriusque jam priJem Urbi periit volaptas, ambitione avaritia-

XXV. Il medesimo condusse I*acqua Vergine da due miglia discosto, per la traversa che fa la via Prenestiua all ottava pietra inllHaria. Ap presso v II rio Erculaueo, che rifriggendo da tal nme piglia quello di acqua Vergine. Pel peragone di questi dne fiumi ai conosce la so praddetta differenta, perch quanto la Vergine pi fredda a toccare, tanty la.Marcia avanza

93

HISTORIARUM : MUNDI LIB. XXXI.

3o

que ia villas m Mbwkaoi detorqoentibt* pubi* cam salnlem.

al gusto. Nondimeno gii buon tempo passato il diletto dell* una e dell' altra nella citt per l'ambizione e avarizia, che a pretesto della salu te comune l ' ha tirata nelle ville, e luoghi fuor di Roma. Dai, MODO DI
EITAOVAK ACQOA.

A quas m t u i u o i u m

XXVI. Non ab re it, quaerendi aquas jun XXVI. Non sar fuor di proposito mostrare xisse rationem. Reperiuuiur ia convallibus ma qui la regola di cercar le acque. Le acque prin x i m e , et quodam convexitatis cardine, aul mon cipalmente si trovano nelle valli, e dove ci ha tium radicibus. Multi septemtrionales ubique principio di concavit, o nelle radici dei monti. partes aquosas existima v e re . Qua in re varieta Molli hanno tenuto che le parli settentrionali tem naturae aperuisse conveniat. In Hyrcanis sieno per lutto acquose}. nel che sar conve montibus a meridiano latere non pluit. Ideo sil niente dimostrare la variet della natura. Nei vigeri Aquilonis tanluoi parte sunt. At Olympus, monti dell' lrcania dalla parie di mezzogiorno Ossa, Parnassus, Apenninos, Alpes, undique ve non piove ; e per ci hanno solamente le selve sti au lur, amnibus perfunduntur. Aliqui ab Au di verso Aquilone. Ma l'Olimpo, l'Ossa, il Par stro, sicut in Creta Albi montes. Nihil ergo in his naso, l ' Apennino, e le Alpi sono tulle vestite di perpetuae observationis judicabitur. selve e bagnate da fiumi. Alcuui han fiumi solo di verso mezzogiorno, siccome sono in Candia i monti Bianchi. Non si giudicher dun que in questi cosa alcona di stabile osserva zione. Sica*
AQOAXDM.

D egl ' i r d i z i i r n i i n o v A i t t a t L 1 a c q o a .

XXV11. Aquarum sunt notae, juncus, aut XXVII. Soo segni dell' acque il giuneo, o la anaodo, aut herba, de qua dictam est : mullam- canna, o la InssiUgiue salvatica, di cui abbiamo q u e alicui loco pectore iucubans rana. Salix eoim ragionato; e qoando la rana si posa assai in erratica, et alnos, aul vitex, aut arundo, aut edera alcun luogo col petlo. Perciocch il salcio er sponte proveniunt, et corrivatione aquae pluviae ratico, e l'ontano o la vetrice, o la canna o l'elin locum humiliorem e superioribus deflueutis, lera nascono da loro, per derivazione d'acqua augurio fallaci. Certior multo nebulosa exhalatio piovana che scorre da Joogo alto in buso ; onde est, ante orlum solis longios intuentibus : quod u son segno fallace. Molto pi certo segno la ex edilo quidam speculantur, proni terram mento esalazione della nebbia che ai vede di lontano stliogeute. Est et peculiaris aelimalio peritis innanzi il levar del sole; il che alconi inve stigano da luogo alto, toccando bocconi la tantum nola, quam ferventissimo aestu sequun tur, dieique horis ardntissimis, qualis ex quo terra col mento. C ' un'altra particalar con que loco repcrcussus spleudeat. Nam si terra si- gettura, noia solo a uomini intendenti, la quale essi seguono nel grao caldo, e nell' ore pi ar tieoie humidioresi ille, indubitata spes promit titur. Sed tanta intentione oculorum opus est, ut denti del giorno ; investigando di qnal luogo indolescant : quod fugientes ad alia experimenta pi riplenda la riflessione del sole. Perch se decurrunt, loco iu altilndinem pedum quinque quando la terra asselata, quel luogo si vede pi umido, ci senxa dubio segno manifesto defosso, ollisque e figlino opere crudis, sui pe rarata pelvi aerea cooperto, lueernaque ardente d'acqua. Ma bisogna tenere tanto fissi gli occhi, concamerata frondibus, dein terra. Si figlinum che spesse volte dolgano. Fuggendo dunque questo incomodo, fanno un' altra pruova, e ca humidoa ruplumve, aut in aere sudor, ve) lucer na aiue defectu olei r e s lio c U , aut etiam vellus vano sotto cinqoe piedi ; dipoi vi mettono entro Imae madidum reperiatar, non dubie promittunt pentole crude, o bacini di rame unti, e lucer quas. Quidam et igne prius excoquunt lo c u m , na accesa, sopra la quale fanno come nn volto di frasche. Dipoi ricuoprono tulio eoo la terra. taato efficaciore vasorum argomento. Se trovano poscia le pentole umide o rotte, o sodore nel bacino, o la lucerna senza manca mento d'olio spenta, o se si troova il vello del la lana umido, pigliano indubitata speranza di

931

C. PLINII SECUNDI acqaa. Aleoni prima vi fanno fuoco, e dipoi il segno de* vasi pi certo.

DlFFEBBBTlAB AQCA&UM PE GEBBBA TBBBAB.

D e U DIFFERENZA DBLLB ACQUB SECORDO LA QUALIT DELLA TBBBA.

XXVIII. Terra vero ipsa promittit candican- XXVIII. La terra ancora promette P acqa, tibus maculis, aut tota glauci coloris. Io nigra quando ella ba in s alcune macchie biancheg eoim scaturigines non fere sunt perennes. Figu gianti, o tutta di color verde ; perciocch le laris creta semper adimit apes. Nec amplius pu plle nella terra nera il pi delle volte oon do teum fodiunt, coria terrae observantes, ut a n i rano. La terra da fare stoviglie leva sempre ogni gra descendat ordo supra dictus. Aqua semper speranza. N pi a fondo cavano, osservando le dulcis in argillosa terra, frigidior in tofo. Nam pelli da terra, e che dalla nera si parta T or que et hic probatur. Dulces enim levissimasque dine sopraddetto. L aequa sempre dolce nella facit, et colando continet sordes. Sabulum exiles terra argillosa, e pi fredda nel tufo, perch anco limosasque promittit. Glarea incertas venas, sed ra il tufo s'appruova, atteso eh* e fa Pacqna dol boni saporis. Sabulum masculum, et arena, et ce e leggeri, e nel lasciarla colare ritiene ogni carbunculus, certas stabilesque et salubres. Rubra bruttura. Il sabbione ne promette poca e fan saxa optimas, speique certissimae. Radices mon gosa. La ghiaia promette vene incerte, ma di tium saxosae, et silex, boc amplius rigentes. buon sapore. 11 sabbion maschio, e la rena, e il Oportet autem fodientibus humidiores adsidue carbonchio promettono acqua certa, Ubile e respondere glebas, faciliusque ferramenta de sana. I sassi rossi promettono acqua ottima, ed scendere. Depressis pnteis sulphurata vel alumi segno certo. Le radici del monte sassoso, e nosa occurrentia putearios necant. Experimen la pietra selce promettono il medesimo, e olir tum hujus periculi est demissa ardens lucerna, si ci, che F acqua sari fresca. Bisogna per che extinguatur. Tunc secundum puteum dextra ac chi cava Iruovi sempre il terreno pi umido, e sinistra fodiunt aestuaria, quae graviorem illum che il ferro pi facilmente si ficchi. Quando al halitum recipiant. Fit et sine his vitiis altitudine basso de* pozzi i cavatori trovano acqoa allumi ipsa gravior aer, quem emendant adsiduo linteo nosa o zolfosa, sono da essa morti. Lo esperi rum jactatu eventilando. Qiram ad qaam ven mento di queslo pericolo , se mandando gi tum est, sine arenato opus surgit, ne venae ob una lucerna si spegne, Allora appresso al poz struantur. Qaaedam aquae vere statim incipiente zo da man ritta e man manca si cavano certi sfo frigidiores sunt, quarum non iu alto origo est : gatoi, i qnali ricevono quel rapore velenoso. Ma hibernis enim constant imbribus : quaedam Ca ancora senza questi difetti l*aria per la profon nis ortu, sicut in Macedoniae Pella utrumque. dili diventa molesta ; alla quale rimediano, fa Ante oppidum enim incipiente aestate, frigida est cendone di continuo vento con lenzuola. Quando palustris: dein maximo aestu in excelsioribus si arriva allacqua, la parete del pozzo non vuol oppidi riget. Hoc et in Chio evenit, simili ratione essere cementata per non torre I*entratura alk portus et oppidi. Athenis Enneacrnnos nimbosa vene che vi derivano. Alcone acque, aabito che aestate frigidior est, qaam puteas in Jovis horto. la primavera incomincia, diventano pi fredde, At ille siccitatibus riget: maxime autem putei la cui origine non troppo a fondo, perch son circa Arctaram. fatte delle piogge del verno : alcune quando na sce la Canicola. Ambedue queste cambnnze si veggono a Pella di Macedonia. Perciocch dinanzi alla citt, incominciando la alate, Pacqna di palude diventa fredda; dipoi ne*caldi grandi ri raffredda ne* luoghi pi rilevati. Il medesimo avviene anco nell* isola di Scio per simil ragione, e nel porlo, e nella citt. In Atene, quando la siale piovosa, lo Enneacrano pi freddo, die non il pozxo nel giardino di Giove. Ma questo ne* tempi secchi molto freddo ; come i pozzi massimamente in torno al nascimento d* Arturo. 4. Non mancano neppure la siale, ma talli 4- Non ipsa aestate dificiant, omnesqae qua triduo eo subsidnnt. Jam vero molti hieme tota : abbassano in quei quattro giorni. Molti aneora ut circa Olympum, vere primum aqais redeanti- in tolto il terno, siccome avviene intorno al

9*3

H1STORIAROM MONDI LIB. XXXI.

934

boa. In Sicilia quidem circa Mesimro et MyUi hieme ia totam inarescunt fonica: aestate exun dant, amnemque faciunt. Apolloniae in Ponto fona jaxta mare aestate tantum superfluit, et ma xime circa Canis orlom : parcius, si frigidior sii aestas. Quaedam terrae imbribus sicciores fiuot, velat in Narniensi agro : quod Admirandis suis inseruit M. Cicero, siccitate lutam fieri prodens, imbre palverem.

monte Olimpo, e l acque poi ritornano a pri mavera. In Sieilia intorno a Messina e Mila di verno i fonti seccano afitto, e la state trabocca no, e fanno fiome. In Apollonia di Ponto una fonte presso al mare, che solamente la state tra bocca, e massimamente nel nascere della Canico la, e manca quanto la state pi fredda. Alcone terre diventano pi seocbe per le piogge, come nel paese di Narni; il ehe M. Cicerone raccont fra le sue Maraviglie, dicendo die pel secco vi si fa fango, e per la pioggia polvere.
P b o p b ib t d b l l e acqub secondo l e st a g io v i .

a t io a q u a b u x

ru i

t b m f o ia

A m i.

XXIX. Omois aqaa hieme dulcior, aestate XXIX. Ogni acqua di verno pl dolce, di autem minus, autumno minime : minusqae per stale meno, e di autonno molto meno j e maneo siccitates. Neque aequalis amaium plerumque ne gran secchi. Le pi volte ancora il gusto dei gustos est, magna alvei differentia. Quippe tales fiumi non i uguale, per la gran differenza del sunt aqaae, qualis terra per quam fluunt, qua- letto. veramente tali sono l acqoe, quale lesque herbarum, quas lavant, succi. Ergo iidem la terra per donde elle scorrono, e qusli sono amnes parte aliqua reperiuntur insalubres. Ma i sughi dell erbe che lavano. Onde i medesimi lio t saporem el influentes rivi, ut Borysthenem, fiumi da qualche parte si ritraovano non sani. victiqae diluantur. Aliqoi vero et imbre mutan Mutano anco sapore a fiumi i rivi eh* entrano tor. Ter accidit in Bosporo, at salsi deciderent, in essi, siccome accade al Boriatene, sicch le necarentque frumenta: toties et Nili rigua pluviae lor acque si stemperano. Alcuni si mutano per amara fecere, magna pestilentia Aegypti. le piogge. Tre volte accadalo nel Bosforo, che le piogge vennero gi salse, e guastarono tutte le biade; e altrettante volte le piogge hauno fatto amare le innondazioni del Nilo, con gran pestilenza dellEgitto.
A q u ABOK SUBITO NASCENTIUM AUT DESIHEHTIUJI OBSBB VATIO HISTOBICA. OsSEBVAZIONE STOB1CA SOPBA LB ACQUB CHE SUBITO NASCONO, O SPABISCORO.

XXX. Nascono alcuna volta de fonti, quando XXX. Nascuntur fontes decisis plerumque silvis, quos arborum alimenta consumebant : sicut si tagliano le selve, i quali prima erano assor io Haemo obsideote Gallos Cassandro, quura valli bii! dagli alberi per loro alimento ; siccome av gtalia silvas cecidissent. Plerumque vero damnosi venne nel monte Emo, dove i Galli assediali da Cassaudro tagliarono i boschi per fare sleccati. torreates corrivantur detracta collibus silva, con tinere nimbos ac digerere consueta. El coli mo- Spesse volte nei monti si formano dannosi tor veriqne terram, calluraque summae culis solvi, renti, tagliandosi la selva, la quale soleva rite nere l acqua e smaltirla in diversi luoghi. Gran aqoarum inlerest. Proditur certe in Crela expu gnato oppido, quod vocabatur Arcadia, cessasse differenza ancora si fa nell acque, coltivando e movendo la terra, e levando il callo della sua fontes, amnesque qui in eo situ mulli erant : rur sus condito post sex annos emersisse, uli quaeque superficie. Laonde dicono, che essendosi disfalla in Candia una cill, chiamata Arcadia, cessa* coepissent partes coli. rono molle fonti e fiumi, che erano in quel silo. Dipoi rifatta la citt il sesto anno, in qua lunque parte, dove erano state l acque, comin ciarono a lavorare la terra, le trovarono come erano prima. 5. 1 terremoti ancora mandano fuori alcuna 5. Terrae quoque motus profundunt, sotbentvolta l acque, e alcuna volta l inghiottiscono, queaquas: sicut circa Pheueum Arcadiae quin quies accidisse constat. Sic et in Coryco monte come manifesto essere intervenuto cinque volte intorno a Feneo d Arcadia. Cos ancora nel amnis erupit, posleaque coeptas est coli. Ma mu talio mira, obi causa anlla evideas apparet : sicut monte Corico nacque on fiume, poi che il monte

035

C. PLINI SECUNDI

i)36

ii Magnesia calidas facias frigidas, salis non mu talo sapore. Et in Ciria, obi Neptuni templum est, amois qoi fuerat ante dulcis, mutatos in salem eat. Bt illa miraculi plena, Arelhusam Syracusis limum redolere per Olympia: verique simile, quoniam Alpheus in eam insulam sub ima maria parateci. Rhodiorum fons in Chersoneso nono anno purgametota egerit. Mutantur et colores aquarum : sicut Babylone lacus aestate rubraa habet diebus zi. Et Borysthenes aestatis temporibus caeruleos fertur, quamquam omnium aqua rum tenuissimus: ideoque innatans Hypani. In quo et illud mirabile, Auslris flantibus superio rem Hypanim fieri. Sed teuuilatis argumentum tft aliud est, quod nullum halitum, non modo nebulam emittat. Qui volunt diligentes circa hoe videri, dicunt aquas graviores post brumam fieri.

cominci a esnr coltivato. Ma gran n a n rg lit, ehe senza aleooa manifesta cagione certe aeqoe prima fredde diventano calde, senza cambiare H lor sapore salato, come accadde in Magnesia. E io Caria, dove il tempio di Nettuno, nn fiume pri ma dolce si mut in alto. N questo pure seosa gran maraviglia, che il fonte Aretuseo lo Siracusa per li aacrificii Olimpici sa di fango ; ed veri* simile, perch il fiume Alfeo vien correndo per sotto il mare in questa isola. La fonie de' Rodiatii nel Chersoneso ad ogni nono anno manda fuori le sue mondiglie. Mutansi ancora i colori delle acque, siccome il lago di Babilonia, che per undici giorni la siale ha Tacque rosse. Il Borstene nel tempo della state verde, ancora che le sue acque sieno sottilissime pi che tutte l 'altre; e per ci entrando nel fiume Ipani, vi nuota di sopra. Ma c' questa maraviglia ancora, che sof fiando venti di mezzogiorno, lo Ipani sta disopra. C pure un altro segno della sua sottigliez za, che d 'esso non si vede uscir alito, iiooch nebbia alcuna. Coloro, che in questo voglion pa rer diligenti, dicono che l ' acque dopo mesto verno diventano pi gravi.
D
b l c o m i c o b d d u i l b a o q d i.

a t io a q u a * h o c b r d a b .

XXXI. 6. Celerum a fonte duci fictilibus tubis utilissimum est crassitudine binum digitorum, commissoris pyxidati*, ita ut superior iniret, cal ce viva ex oleo laevigatis. Libramentum aquae in centeno* pedes sursum elici, minimum erit: si cuniculo veniet, in binos adactus, lamioae esse debebunt, per quas surgere in sublime opus fue rit, e plumbo. Subit altitudinem exorlus sui. Si longiore tractu veniet, subeat crebro descendalque, ne libramenta pereant. Fistulas denum pe dum longitudinis esse legitimum est : et, si quifiariae erunt, sexagena pondo pendere : si octo nariae, centena : si denariae, centena vicena, ac deinde ad has portiones. Denariae appellantur, cujns laminae latitudo, antequam curvetur, digitorum decem est, dimidioque ejus quinaria. In omui anfractu collis quinariam fieri, ubi dometur impetus, necessa rium est: Item castella, prout res exiget.

XXXI. 6. Utilissima cosa condarre I' acqua dalle fonti per doccioni di terra grossi due di ta, che si commettano 1 un con 1 altro in forma * di bossolo, in modo che il superiore entri, in tonacali di calcina viva con olio. Alzare il livel lo delle acque a canto piedi, cosa piccolissima : se verr per un canale in due vie, le lame, per le quali bisogna che 1' acqua monti, debbono essere di piombo. Ella pasta l 'altezza della sua origine. Se verr per lungo tratto, conviene che spetto salga e scenda, sicch non perda il suo livello. Conviene che le canne sieno lunghe dieci piedi; e, se sono di cinque, siano sessanta libbre a peso; se di otto, di cento libbre ; se di dieci, di cento venti, e di mano in mano a questa proporzione. Di dieci si chiama quella, la larghezza della cui lama, innanzi che si pieghi, dieci dila; e la met sua quella di cinque. E necessario che in ogni piegatura e circuito di colle si usi qoella di cinque, dove si domi l ' impeto dell acqua ; e i bollini, secondo che ricerca la cosa.
C om e
s ' a b b ia m o a o s a e b l b m b d i c u i a l i .

Q oowodo d ic a t is d t m d d i .

XXXII. Homerum calidorum fontium men tionem non fecisse demiror, quum alioqui lavari calida frequenter indacerel : videlicet quia me dicina tunc non erat haec, quae nunc aquarum perfugio olilor. Est autem utilis solphorataner*

f XXXII. lo mi maraviglio che Omero non ab bia fallo menzione de'fonti caldi, massimamente mostrando egli, come le persone usavano lavarsi spesso d aqaa calda : ma allora non era questa maniera di medicina, ehe ora si vale cotanto del-

HISTORIARUM MUNDI MB. XXXI. vis, aluminata paralyticis, aat firn ili modo solutis: L itania 4 ut nitrosa, qualis Cali lia, bibendo atque pargatiooibu*. Pleriqoe in gloria ducunt, p la ria horu perpeti calorara earum : quod est inimi ciati mura : namque paullo diutias, quam ba lineis, uti oportet, e postea frigida dulcedine, aee sioe o l e o discedentes : qaod valgas alienum arbitrator, idcirco noo libi corporibus magis booxiu. Quippe et vaslilte odoris capita re plentor, et frigore infestantur sudant ia, corporata parte mersa. Similis error, qaam plurimo potu gloriaiUium. Vidique jam targidos bibendo : in tantam a l anali integerentur ea te, qaam reddi non ponet hausta multitudo aquae. Nec boe ergo fieri convenit sine crebro salis gustu. Utuntur et coeno fontium ipsorum utiliter : sed ita, si illitam sole inarescat. Nec vero omnes quae sint calidae^ medicatas esse credendum, sicut in Segesta Sici liae, Larissa, Troade, Melo, Lipara. Nec decolor species aeris argenti ve (ut multi existimavere) me* dieaminum argumentum est : quando nihil eoram in Patavinis fontibus, ne odoris quidem diSeren lia aliqua deprehenditur.

9**

P aequa. L* aequa zotfosa alile a4nervi ; e quell che tiene d'allumo, al parletieo, o a chi impedito da simile malattia. La bituminala o nitrosa, come i l ' acqua Culilia, utile a bere, e alle purga gioni. Molti si gloriano di patire parecchie ore il caldo delle acque, che cosa inimicissima ; per ciocch bisogna usarle poco pi lungamente che i bagni, e dipoi aUascire usar acqua fredda dolce, e non senza olio ; la qual coia dal vulgo stima la fuor di proposito e di ragione, e per questo i corpi sono pi sottoposti a malattie. Perch il troppo odore riempie il capo, e il freddo of fende le parti che sodano, essendo tuffala I al tra parte del corpo. Simile error fanno coloro che si vantano di bere assai. Io ho gi veduto uomini si gonfiati beendo, che la carne ha rico*, perto le anella ; non potendo essi rigettare I*ac* qua presa. Non si faccia dunque questo disordine che non si gusti spesso il sale. Usasi utilmente ancora la belletta de'bagni, se impiastrata si secca al sole. Ma non da credere che tutte 1 ac* qne caMe sieno medicinali, come veggiamo in Segesta citt di Sicilia, in Larissa, in Troade, in Magnesia, in Melo e in Lipari. N anco l scolorirsi dell'argento o del rame intinto in esse (come alcuni hanno stimalo) segno che Tac que sieno medicinali, perciocch ne' bagni di Padova n questo si vede, n alcuna differenza nell odore.
C o k e q u e l l e di h a b e .

I t e m v a b i n i s . Q u id ra o s iT r a v i g a t i o .

Ache

g io v i i l

HAVIGABE.

XXXIII. Medendi modus idem et io marinis XXXIll.il medesimo modo di medicare debbe esser pur nellacqua marina, la quale si scalda erit, quae calefiunt ad nervorum dolores, ferru a' dolori di nervi, a risaldar rotture, e ossa am minandas fracturas, ossaque contusa : item cor maccate, e a diseccare i corpi ancora, per la pora siccanda, qua de causa et frigido mari utun tur. Praeterea est alius usus multiplex, principalis qual cagione usasi l ' acqua fredda marina. Olir vero navigandi phthisi adfeclis, ut diximus, aut di ci alile in molti altri modi, massimasanguinem exscreantibus: sicul proxime Annaeum mente perch, come s' detto, il navigare giova Gallionem fecisse post consulatum meminimus. grandemente a* tisichi, o a chi sputa sangue, come Neque enim Aegyplus propter se petitur, sed ci ricordiamo che fece Anneo Gallione poco dopo propter longinquitatem navigandi. Quin et vo il suo consolalo. Perocch non si va gi in Egitto solo per andarvi, ma per rispetto della lunghez mitiones ipsae instabili volutatione commotae plu za del viaggio. Olir di questo, i vomiti che son rimis morbis capitis, oculorum, pectoris, meden tur: omnibusque, propter quae elleborum bibitur. mossi dall* agitazione del mare, giovano a molti mali di capo, d 'occhi e di petto ; e finalmente a Aquam vero maris per se efficaciorem discutien dis tumoribus putant medici, si HIh decoquatur tutti i mali, per li quali si bee lo elleboro. Ten gono inoltre i medici,che lacqua del mare per hordeacea farina ad parotidas. Emplastris etiam, maxime albis, et malagmatis raisceot. Prodest et s medesima sia molto migliore per dissolvere iofusa cerebroicto. Bibitur quoque, quamvis non gli enfiati ; e s 'ella si cuoce con farina dorzo, sine injuria stomachi, ad purganda corpora, bi- alle posteme dietro allorecchie. Mescolasi ancora, in empiastri bianchi, e in altri empiastri molli lemque atram, aut sanguinem concretum redden ti vi. Giova infusa al cervello ferito. Beesi ancora dam alterutra parte. Quidam et in quartanis de dere eam bibendam, et in tenesmis articularibus- bench non senza offesa di stomaco, a purgare i que morbi* adservatam, et in hoc vetustate virus corpi, e l ' amor maninconioo, o fare ascire il

C. PUNII SECONDI .deponentem. Aliqui decoctam, omnes ex alto hau stam, nollaque dulcium roixlara corruptam, in q a o a s a praecedere T o r a ilu m volant, lu n e quo que acetam aat vioum aqaa miscent. Qui purara ledere, raphanos sapermandi ex raulso aceto ju bent, ut ad vomitiones revocent. Clysteribus quo que marinara infundunt tepefaciam.Testium qui dem tumori fovendo non aliud praeferunt. Item pernionum vitio ante ulcera. Simili modo pruritibus, psoris, et lichenum curationi. Lendes quoque et tetra capitis<auimalia hac carantur : et liventia reducit eadem ad colorem. In quibus curationibus post marinam aceto calido fovere plurimum pro dest. Quin et ad ictus venenatos salutaris intelli gitur, ut phalangiorum et scorpionum : et plyade respersis. Calida aatem in his adsumitar. Suffitur eadem cum aceto capitis doloribus. Tormina quo que et choleram calida infusa clysteribas sedat. Difficilius perfrigescunt marina calefacti. Mam mas sororiantes, praecordia, maciemque corporis piscinae maris corrigunt. Aariuro gravitatem, ca pitis dolores, cum aceto ferventium vapor. Rubi ginem ferro marinae celerrime exierunt. Pecorum quoque scabiem sanant, lanasque emolliunt. sangue rappreso dall1 mia delle parli. Certi 1 hanno data a bere nelle quartane, e serbatila * per darla nel tenesmo, eh' specie di male di pondi, e ne' mali delle giunture, acciocch de ponga per la vecchiezza del suo sentore. Alcu ni la vogliono prima cotta : tutti la pigliano d 'allo mare, oon corrotta da alcuna mistura di cose dolci ; nel quale oso vogliono ehe vada innanti il vomito, e anco allora mescolano eoa l ' acqoa aceto, o vino. Quei che la danno para, vogliooo cbe vi si mastichi sopra ravam con aceto melato, per provocare il vomito. Negli argomenti ancora s'infonde l 'acqua marina in* tiepidita. N altra cosa che si preponga a fo mentare gli enfiati de' testicoli ; e cosi a' pedi* gooni, innanti che scoppino, e similmente ai pitxicori, alla rogna, e alle volatiche. Guarisconsi ancora con questa le lendini e i brutti animali del capo; e si riducono i lividi al colore. Iu queste curationi, dopo l'acqna marina, giova assai fomentare la parte ooo l'aceto caldo. Di pi, si tiene ch'ella sia utile alle percosse velenose, come de' falangi, e degli scorpioni, e a quegli che sono stati tocchi dalla bava dell' aspido. In queste cose si piglia calda. Fassi di questa pro fumo con aceto a' dolori del capo. Mitiga ancora infusa calda negli argomenti, i tormioi e la col lera. Quegli che sono riscaldati da acqua marina calda, pi difficilmente raffreddano. Le acque del mare lolle da piscina correggono le poppe enfiate, le interiora, e la durezza del corpo. 11 vapore d'esse quando bollono guarisce il dolor degli orecchi, e la gravezza del capo, mescolaudovi l ' aceto. Le acque marine levano prestamente la ruggine dd ferro. Guariscono ancora la rogna delle pecore, e faono la lana morbida. %
C om e
f a a t e r r a s i po ssa f a r b l

Q ookodo m i i u

a q u a ia uBDiTaaaABEo f i e r i p o s s it.

*a c q o a

sa lsa.

Ben so io cbe queste cose possono XXXIV. Nec ignoro baec medi ter raueis su XXXIV. parere superflue a' que* che vivono fra terra. Ma pervacua videri posse. Verum et hoc cura provi la provvida cura degli uomini ha trovato il modo dit, iaveuta ratione qua sibi qaisque aquam ma ris faceret. Illud iu ea ratione miraro, si plus onde ciascuno si faccia l ' acqua del mare. Nella qaam sextarius salis in qaatuor aqaae sextarios quale operazione coia di gran maraviglia, che mergatur, vinci aquam, salemque non liquari. se si mette pi che un sestariQ di sale in quattro sesiarii di acqua, il sale va al fondo, e non ai Cetero sextarius salis cum quatuor aquae sexta riis, salsissimi maris vim et ualuram implet. Mo strugge. Del resto un sesia rio di sale con quattro se deratissimum autem putant, sopra dictam aquae starii d 'acqua acquista forza e natura di salsissi mo mare. Tengono poi che sia cosa ben ordinata, mensuram octonis cyathis salis temperari, quo niam ita et nervos excalefaciat, et eorpas non se la suddetta misura d 'acqua temperasi con otto bicchieri di sale, perch in questo modo riscalda exasperet. i nervi, e non esaspera il corpo.

94*

HISTOHUBUM MONDI UB. XXXI.


QCOMODO TflALASSOMELI. C o n IL TALASSOBILE.

94*

XXXV. Invetera tur et qaod vocaot thalasso- XXXV. Invecchiasi pure quella composizione mdi, aequi* portionibus maris, mellis, imbris ex che si chiama talassomele, dove entra per egual allo : el ad hunc owm advehant, fictilique rase porzione acqua salsa, mele e acqua piovana di et picato condunt. Prodent ad purgationes maxi alto mare : a questo effetto la portano, e raetme sine stomachi vexatione, et sapore grato et tonla in un vaso di terra impeciato. Giova alle odore. purgagiooi, massimamente senza travaglio di sto maco, ed ha grato sapore e odore.
QUOMODO HTDEOMEU. C om e l id r o m e l e .

XXXVI. Hjdromeli qaoqae ex imbre puro XXXVI. Solevasi gii ancora fare l ' idromele cum melle temperabatur quondam, qaod dare- di pura acqua piovana con mele, il quale si dava tur adpetentibos vini aegris, velati innocentiore agli ammalali che desideravano viuo, cprae be potu, damoatam jam multis annis, iisdem vitiis, vanda manco oociva. Ma gi son molti anni, che egli stato messo da parte, perch' egli ha quei quibas vinum, nec iisdem utilitatibus. medesimi difetti che il vino, non gi le medesime utilit.
R e MKDIOM C O IT U PEEEGUHAS AQOAS. R im ed io c o h tb o l e acque f o e e s t ie e e .

XXXVII. Quia saepe navigantes delecta aquae XXXVII. Perch i naviganti hanno spesso dulcis laborant, haec quoque subsidia demon- mancamento d acqua dolce, noi ancora dimo strabimos. Expansa circa navim vellera madescant streremo come si possano giovare. Spargonsi, e accepto halita maris, quibas humor dulcis expri distendonsi velli di lana intorno alle navi, da cui, mitor. Item demissae reticulis in mare concavae quando han preso l'alito del mare, si preme dolce umore. Cos anche mettendo con piccole reti palle e cera pilae, vel vasa inania obturata, dolcem in tra se colligunt humorem. Nam iu terra marina di cera vote in mare, o vasi vti turati, queste aqaa argilla percolata dulcescit. Luxata corpora palle e vasi raccolgono entro di s dolce umore. e t homioom et quadrupedam, natando in cojus Perocch in terra I*acqua marina colata perla libeat generis aqua, facillime in artos redeunt. terra argilla diventa dolce. 1 corpi degli uomioi e delle bestie schiavati nuotando in qualunque E st et in metu peregrinandola, ut lentent vale tudinem aquae ignotae: hoc caveot e balineis acqua facilmente ritornano a congiungersi. Hanno avuto paura i pellegrinanti a tentare la natora egressi statim frigidam suspectam haariendo. dell acqua, ebe conoscono. Ma provanlo piglian dola fredda, quaudo escono del bagno. Ex
MOSCO, MBDIOVAB VI. MbDICMAB EX ABEBIS. D a l M oscaio , m e d ic in e 6 . M e d ic i PATTE DELL* ABEMA.

XXXVili. Il muschio eh' nell1acqua giova XXXVIII. Muscas, qui in aqua fuerit, poda gris illitus prodest : item oleo admixto, talorum alle gotte, ponendovelo su ; e mescolato con olio dolori tamorique. Spuma aquae adfricla verro* giova alla doglia e allo enfiato de talloni. La cas tollit. Nec non arena litorum mari*, praecipue schioma che fa l ' acqua quando ripercuote, leva tennis et sole candens, in medicina est siccandis i porri. E similmente l arena del lido del mare, corporibus coopertis hydropicorum, aat rheuma massimamente la sottile e riscaldata dal sole, gio va ancora a ritruopichi, e a chi ha reumatismo, tismos sentientium. sotterrando vegli dentro, perch si diseccauo i corpi. E questo basti dell' acque : ora ragioneremo Et hactenos de aquit : nunc de aquatilibus. Ordiemur autem, ut in reliquis, a principalibus delle cose acquatili : e comincieremo dalle prin cipali loro, le quali sono il sale e la spugna. eorum, quae sunt sal et spongia.

c. fuiui sEcocm i
Db s a l
g e h e b i b d s , b t GOBtpBcnjaiB, b t m b d i c i r u ; OBSBBV ATI OR ES CCIV. D ellk
s p e c ie d b l

94 4

al ,

b conb

u ri,

b su b

MEDICINE : OS1EBVAZIOH1 2 0 $ .

XXXIX. 7. Sal omnis aut fit, aul gignitur: XXXIX. 7. Ogni sale o ai fa, o naaee di per ulrumque pluribus modis, sed causa gemina, a, e I' uno e l altro in pi modi ; ma le ragioai sono due, o perch I umore ai congela^ o perch coscio humore, aut siccat. Siccator in lacu Ta rentino aestivis solibus, toturaque stagnum iu si secca. Seccasi nel lago di Taranto per li soli ii salero abii, modicum alioqui, alliLudine genua state, e tutto lo stagno diventa sale, il qeale non excedens. Item in Sicilia in lacu qui Cocani- poco fondo e non passa il ginocchio. In Sicilia cus vocatur, et alio juxta Gelam. Horum extre ancora nel lago, che si chiama Cocanioo, e in un mitates tantum inarescunt,sicut in Phrygia, Cap altro presso alla citt di Gela. Ma in questi si ri ' padocia, Aspendi, ubi largius coquitur, et usque seccano solamente 1 estremit, siccome in Frigia, ad medium lacum. Aliud etiam iu eo mirabile, in Cappadocia, e in Aspendi, dove pi largamente quod tanturodem nocte subvenit, quantum die si cuoce, e fino a mezzo il lago. Nel quale ancora auferas. Omnis est talis sal minutus, atque non un' altra maraviglia, perch quanto se ne cava gleba est. il giorno, tanto ve ne viene la notte. Ogni altro sale minuto, e non zolla. Aliud genus ex aquis maris sponte gignitur, Un' altra specie nasce per s medesimo delspuma in extremis liloribus ac scopulis rciicla. l ' acqua del mare dalla schiuma rimasa nelle Hic omnis rore densatur : et est acrior qui in stremit de* lidi o degli scogli. Tutto questo si rassoda per la rugiada, e quello che ai trupva ne scopulis invenitur. gli scogli pi forte. Sunt etiamnUm naturales differentiae tres. Sonci ancora tre differenze na tarali. Perch Namque in Bactris duo lacus vasti, alter ad Scy- ne' Batlri sono due laghi grandi, l ' ano verso gli thas versus, alter ad Arios, sale exaestuant: sicut Scili, l altro verso gli Arii, i quali ribollono di ad Citium in Cypro, el circa Memphin,extrahunt sale; come a Citio in Cipri, e intorno a Msafi, e lacu, dein sole siccant. Sed et summa fluminum dove lo cavano del lago, dipoi lo seccano al sole. densantur in salem, amne reliquo veluli sub gelu Le superficie de' fiumi ancora si rassodano io sale, fluente, ul apud Caspias portas, quae salis flumi- e il rimanente del fiume scorre come sotto un ua appellantur. Item circa Mardos et Armenios. ghiaccio, come appresso le porte Caspie, le quali Praeterea apud Bactros amnes Ochus et Oxus, ex si chiamano fiumi di sale ; e ancora intorno ai adposilis montibus deferuut salis raineula. Suul popoli Mardi e Armeni. Inoltre presso a' Baitri il et in Africa lacus, el quidem turbidi, salem fe fiume Oco e l ' Osso da lor monti ne portano pez rentes. Ferunt quidem el calidi fontes, sicut Pa zi di sale. Sono ancora in Africa de' laghi torbi gasaei. Et hactenus habent se genera ex aquis di, cbe fanno il sale. Fanno anco sale i fonti caldi, sponte provenienza. come sono i Pegasei, E questo basti quanto a* sali, cbe nascono dell' acque da loro stessi. Sono ancora monti nativi di sale, come FOSunt et monles nativi salis, ut iu Indis Ororoenus, in quo lapicidarum modo caeditur rena- romeno in India, nel quale si taglia il sale, come scens : majusque regum vectigal ex eo, quam ex dalle cave le pietre, quando rioasce: quivi ricavano auro est atque margaritis. Effoditur el e terra, d* esso rosggiore entrata, che non fanno dell' or nt palam est, humore densato, in Cappadocia. Ibi e delle perle. Cavasi ancora di terra, come ema quidem caeditur specularium lapidum modo. ni Testo, per l ' umore condensato, in Cappadocia. Quivi si taglia come le pietre da specchi. Sono k Pondus magnum glebis,quas micas vulgus appel lat. Gherris Arabiae oppido muros domosque zolle di gran peso, le quali il vulgo chiama mi massis salis faciunt, aqua ferruminantes. Invenit che. In Gherri citt d 'Arabia fanno i muri e le et juxta Pelusium Ptolemaeus rex, quum castra case di masse di sale, le quali risaldano cas l'ac faceret. Quo exemplo postea inter Aegyptum et qua. Il re Tolomeo ne trov a Pelusio, facendo Arabiam, etiam squalentibus locis, ooeptus est gli alloggiamenti al campo. Per lo quale esempio inveniri, detractis arenis : qualiter et per Africae poi fra 1 Egitto e l ' Arabia, ancora ne' luoghi sitientia usque ad Ammonis oraculum. Is quidem deserti, se ue cominci a trovare, levando di so crescens cum luna noctibus. Naiu Cyreuaki tra pra P arene ; come aoco per i luoghi secchi delcius nobilitantur ammoniaco et ipso, quia sub l'Africa fino all' oracolo d'Aminone. Queslo cre arenis inveniatur, appellato. Similis est colore sce di notte tempo insieme con la luna : perocch il paese di Cirene nobilitalo per il sale amatoalumini, quod schislon vocant, longis glebis, ue-

045

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXXI.

94

qii perlucidis, ingratas sapore, sed medicioae ulilis. P rabatur quam maxime perspicuus, reclii scissoris. Insigne ile eo prodhur, quod levissimas intra specus suos, in lucem ouiversam prolatus, vix credibili pondere ingravescat. Causa evidens, cuniculorum spirita madido sic adjuvante mo lientes, ut adjuvant aquae. Adulterantur Siculo, quem Cocanicum appellavimus : necnon et Cy prio mire simili. In Hispania quoque Citeriore Egeleslae caeditur, glebis paene translueentibus, cui jam pridem palma a plerisqne medicis inter omuia salis genera perhibetur. Omnis locas in quo reperitar sal, sterilis est, nibilque gignit: et io totum sponte nascens intra haec est.

Factilii varia geoera. Vulgaris pluriroosqoa io salinis, meri ad fuso, noo sine aquae dolcis ri* guis, sed imbre maxime juvante, ac super omnia sole multo, noo liter inarescens. Africa circa Ulieam consI ruit acervos salis ad collium speciem: qui ubi sole Iwiaque induruere, nullo humore li quescunt, vixque ellam frro caeduntur. Fit ta men et in Creta sine riguis, ia salinas mare in fundentibus : et circa Aegyptum, ipso mari in fluente in solum (al credo) Nilo succosum. Fit et e puteis iu salinas ingestis. Prima densatio Baby lone in bitumen liquidum cogitur, oleo simile, quo et q lucernis utuntor : hoc detracto subest sal. Et io Cappadocia e puteis ac fonte aqoam ia salinas ingerunt. In Chaonia excoquunt aqoam ex fonte, refrigerandoque salem faciunt inertem, nec caudidum. Galliae Germaniaeque ardentibus lignis aquam salsam infundunt.

niaco, cosi chiamalo perch si truova sotto l arene. Di colore simile allo allume : si chiama schiston, di longhe zolle, e non trasparenti, di sapor non grato, ma ntile alla medicina. Apprnovasi molto il trasparente, che ba le fessure dirit te. Una cosa notabile si racconta d esso, cio, che essendo egli leggerissimo nella spelonca sua, come egli messo all* aria diventa grave, quasi d incredibil peso. La cagione di ci chiara, perch 1' aria umida delle caverne amia nel modo stesso quei che lo cavano , come aiutano l ' acqne. Con traffassi col Siciliano, che noi chiamammo Cocanico, e col Cipriolto aocora, che lo somiglia molto. Tagliasi altres in Egelesta di Spagoa, con zolle quasi trasparenti, il quale gii gran tempo te ne lo il migliora da moki medici fra tutte P altre sorti di sale. Ogoi loogo, dove si truova il sale, sterile, non produce nulla, e quello che nasce da s fa lo stesso effetto. Quello che si fa, di diversa sorti. H vdigare e copiosissimo si fa nelle salioe, mettendovi intorno acqoa di mare e innaffiando d acqua dolce; ma principalmeote vi bisogna l aiuto della pioggia, e sopra tutte le cose mollo sole ; ch altrimenti non secca. L'Africa appresso Utica fa monti di sale a modo di colline, i qoali qoando per lo sole e per la Iona sono indorili, noo si struggono pi per alcuno umore, e vi bisogna quasi il ferro a tagliarli. Nondimeno ia Candia ancora si fa il sale, senza innaffiarvi d 'acqoa dolce, mettendo solo T acqoa salsa nelle salioe. Intorno all' Egitto si fa per T acque del mare che scorrono in terra, la quale, come io credo, sogosa per rispetto del Nilo. Fassi ancora de* pozzi, mettendo l1acqoa loro nelle saline. La prima condensazione in Ba bilonia quando si rappiglia io bilame liquido, simile all' olio, che perci usano anco nelle In cerne ; e trattone questo, v sotto il sale. Anche in Cappadocia hanno pozzi e fonti, la cui acqua mettono nelle saline. In Caonia cnocono l acqoa d'una foote, e raffreddandola fanno sale, ma pigro, e non bianco. In Francia e in Lamagna geltano l ' acqua salsa so legni ardenti.
D blla
m u b ia .

De Muau.

XL. Hispaniae quadam sui parte e poteis XL. In una certa parte di Spagnai'attingono haurionl, muriam appellant : et illi quidem etiam de' pozzi, e chiamanla muria, e pensano che fac lignum referre arbitrantur. Quercus optima, ut cia differenza in che legname si getti. Hanno la quae per se cinere sincero vim salis reddat : alibi quercia par migliore, perch la sua cenere ancora esrylus laudatur: ita infuso liquore salso carbo senza altra mistara ha virt di sale. Altrove lo eliam in salem vertitor. Quicumqoe ligno confit dano il noccinolo, e cos infondendovi I*acqoa sal, niger est. Apud Theophrastum invenio, Um salsa il carbone ancora diventa sale. Ogni sale bros arundinis et junci cinerem decoquere aqua fatto di legno nero, lo trovo in Teofrasto, che solitos, donec exigunm superesset humoris. Quin i popoli Umbri cuocooo la cenere delle canne e et e muria salsamentorum recoquilur, ilerumque 1 de* giunchi insino a tanto che vi rimana molto

947

C. PLINII SECUNDI

94*

consumpto liquore ad naturam suam redit: vulgo e maeuis jucundissimus.

poco umore. Ricuocevi aneora la salamoia, e di nuovo, consumato il licore, ritorna alla sua na tura : comunemente giocondissimo sale quello, che si fa di salamoia di mene, i quali sono pesci piccoli simili alle aringhe.
D e l l * a u t o e it d e l sale , cesiti s t o b ic i i s o .

Da

SALIS AUCTORITATE^ B ISTO RICA CXX.

XLI. Marinorum maxime laudatur Cyprius a Salamine: de stagnis Tarentinus, ac Phrygius, qui Tatiaeus vocatur. Hi duo oculis utiles. A Cappadocia vero, qui in laterculis ad ferior, culis nitorem dicitur facere. Magis tamen extendit is, quem Citieam appellavimus. Itaque a partu ven trem eo cum melanthio illinunt. Salsissimus sal qui siccissimus: suavissimus omnium Tarentiuus atque candidissimus: et de celero fragilis, qui maxime candidus. Pluvia dulcescit omnis. Sua* viorem tamen rores faciunt: sed copiosum Aqui lonis flatus. Austro non nascilur. Flos salis non iit, uisi Aqdilonibus. Id igne nec crepitat, nec exsilit Tragasaeus, neque Acanlhius ab oppido appellatus: nec ullius spuma, aut raraeutum, aut tenuis. Agrigenliuus iguium patiens, ex aqua exsilit. Sunt et colorum differentiae. Ruber Memphi, rufus est circa Oxum : Centuripis purpureus. Ciroa Gelam in eadem Sicilia tanli splendoris, nl imaginem recipiat. In Cappadocia croceus ef foditor, translucidus et odoratissimi. Ad medi cinae usus, antiqui Tarentinum maxime lauda bant. Ab oc quemcumque e marinis : ex eo gene re, spumeum praecipue. Jumentorum vero et boum oculis, Tragasaauinel Baeticum. Ad obso nium et cibum, ulilior, quisquis facile liquescit ; itero humidior : minorem enim amaritudinem habent, ut Atticus el Euboicus. Servandis carni bus aptior acer t siccus, ut Megaricus. Conditur etiam odoribus additis, et pulmentarii vicem im plet, excitans aviditatem, invitansque in omnibus cibis, ita ut sit peculiaris ex eo inlelleclos inter innumera condimenta. Ita est in mandendo quae situs garo. Quin et pecudes arraenlaque et jumenla sale maxime sollicitantur ad pastum mullo largiore lacie, mulloque gratiore etiaui in caseo dole.

Ergo bercules vita humauior sine sale non quii degere: adeoque necessarium elementum est, ut transierit intellectus ad voluptatem ani mi quoque. Nam ila sales appellantur: omnUque viiae lepos el summa hilaritas, laborumqoe

XL1. De* sali di mare molto lodato qoello di Salamina io Cipri, e degli stagoi quello di Taranto, e il Frigio, il quale si chiama latteo. Questi due sali sono utili agli occhi. Quello die viene di Cappadocia in mattoncini, fa rilucere ia pelle. Ma mollo pi la distende quello che noi chiamammo Cilieo. E perci le donne, poich hanuo partorito, sungono il corpo con esso e col melanlio. Salsissimo quel sale eh' secchis simo : il Tarenlino delicatissimo e bianchissimo *pi che gli altri ; e sempre il pi bianco pi fragile. Ogni sale addolcisce per la pioggia. Ma nondimeno le rugiade lo fanno molto pi deli cato, e il soffiare del vento Aquilone lo fa copioso. Per Ostro non nasce. Il fiore del sale non si fa se non per Aquilone. Il l ragaseo, n PAcantio, cos chiamato dal luogo dove e* nasce, oon (scop pia nel fuoco, n salta ; n la schiuma dalcono, n i pezzi, n il tritume. Lo Agrigentino patisce il fuoco, e salta fuor dell' acqua. Sono ancora difI ferenze di colori. Quello di Menfi rosseggia, in torno a Osso rosso, e a Centorip purpureo. Intorno a Gela pure in Sicilia di tanto sptendo. re, che altri vi si specchia dentro. In Cappadoda si eava giallo, tralucente e molto odorato. Per 1 aso della medicina gli antichi lodavan molto il Tarentino. Dopo queslo lodavano ogni sale che si fa d* acqua salsa, e di questo genere sopra tutto 10 schiumoso. Ma il Tragaseo e il Granatino tiensi che sia giovevole agli occhi degli animali da soma e de' buoi. Ne* cibi e nelle vivande pi utile ogni sale che agevolmente si strugge, e il pi umido, perch ha manco amaritudine, come l ' Ateniese e 1 Euboico. Per conservar le carni pi a proposito F agro e secco, come quello di Megara. Componsi ancora con odori che vi si metlono ; e risveglia e invita 1 appetito in tutti i * cibi, sicch mollo bene si distingue anche in mes so a infinite vivande. Per questa ragione il p r molto ricerco. Oltra oi, il bestiame grosso e il minuto grandemente invitato a pascere dal sale, 1 qual fa loro dovizia di latte, e molto grazioso 1 gentile il oacio, che se ne fa. Certamente dunque quella vita che ha deiT amano, non pu essere senza sale ; ed d e mento tanto necessario, che ancora il suo gusto pass a' diletti dell* animo. E perci tolte le pia cevolezze, arguzie e multi allegri sono chiamati

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXXI. req u ies non lio mafii vocabolo contisi. Hono ri b a s eliun mililiaeque interponitur, salariis inde dictis, magna apud antiquos auctoritate, sicut ap p a ret ex nomine Salarie viae, quoniam illa salem in Sabino* portari convenerat. Aneas Mar cius rex salis modios sex mille ia congiario dedit populo, et salinas primus instituit. Varro etiam pulmentarii vice usos veteres, auctor est : et salem cnm pane esitasse eos proverbio apparet. Maxime tamen in sacris intelligilur auctoritas, quando nulla conficiantur sine mola salsa. sali, luterponsi ancora agli onori e alla milizia, e di qua han nome i salarii, e fu di grande auto rit appresso agli antichi, come si vede nel nome della via Salaria, coi detta, perch per essa si portava il sale a* Sabini. Il re Anco Marcio diede al popolo sei mila moggia di sale ne* doni eh1ei faceva al pubblica, e fu il primo che ordin le sali ne. Varrone dice che gli antichi usarono il sale an cora in luogo di vivanda, e ebe le pi volte man giavano il pane col sale e col cacio, come si di mostra per proverbio. Ma sopra tutto 1 autorit * sua si conosce ne' sacrificii, perciocch non se ne fa niuno senta la pulliglia insalata.
D e l p io b d b l s a l e , s p b c ib DBLLA SALSOOGME, 3 .

los s il is ,

xx

sa lso g o ,

ao :

XLII. Salinarnm sinceritas summam fecit suam differentiam, quamdam QmNam salis, quae leviasima ex eo est et candidissima ; appellator et flos talis, in totum diversa rea* humidiorisque natu rae, et crocei coloris, aut rufi, veluti rubigo salis : odore qooque ingrato, ceu gari, dissentiens a sale, non modo a spuma. iEgyptus invenit, videtnrque Nilo deferri. Et fontibus tamen quibus dam innatat. Optimum ex eo, quod olei quam dam pinguitudinem reddit. Est enim etiam in sale pinguitudo, quod miramur. Adulteratur au tem tinguiturque rubrica, aut plerumque testa trita : qui fucos aqua deprehenditur, diluente factilium colorem : quom veros ille non abi oleo resolvatur, et uoguenlarii propter colorem eo maxime utantur. Canitia in vasis summa est : media vero pars hnmidior, ut diximus. Floris natura aspera, excalfactoria, stomacho inutilis. Sudorem ciet, alvum solvit in vino et aqua, aco pis et smegmatis utilis. Detrahit el ex palpebris pilos efficacissime. Faeees imae ooncntiunlur, ut color croci redeat. Praeter haec etiamnum ap pellatur in salinis salsugo, ab aliis salsilago, lota liquida, marina qua salsior vi dislans.

XLII. Quanto a purezza, le saline hanno diffe renza tra loro : la fa una certa favilla di sale, la quale leggerissima e bianchissima,e chiamasi an che fior di sale,che in tutto aosa diversa, e di na tura pi umida,e di eolor giallo o rossi goa, e come ruggine di sale: eziandio d* odore spiacevole, e quasi di garo, non solamente differente dal sale, ma ancora dalla schiuma. Ne fu trovatore l'Egit to, e pare che si formi nel Nilo: nondimeno si vede anehe galleggiare in carte fonti. Fra questo, ottimo quello che ha in s eerla grassume di olio. E oerto nel sale un grassume; il che bene da maravigliarsi. Falsificasi spesso con la sinopia o col meltoa pesto. Ma l acqoa & la riprova, perch' ella d a conoscere il color fiato, perch il color vero noo si dissolve ae non con 1 olio, * e gli unguentarii osano volentieri di qaello pe* rispello del colore. Lascia gran bianchezza nei vasi: la parte di messo pi umida, come abbia mo detto. La natura del fior del sale aspra, calda e nociva allo stomaco. Provoca il sudore* muove il corpo nel vino e ned* acqua, ma utile in eerti medicamenti, ehe levena la atMichetta, e che nettano. Ha grande efficacia a cavar i peli delle palpebre. Le feocie dd fondo si mescolano, acciocch torni il colore del zafferano. Olir questo nelle salioe si chioma salsuggiae, e anche salsilaggine, Pumor tatto liquido e pi salso, ehe si trova sotto la crosta dd sale, ma differente di fona dall* acqoa marina.
D bl
cabo, i

D b 6 AB0 ,

xv.

5.

XLIII. Aliud e t i a m n u m liquoris exquisiti gequod garon vocavere, intestinis piscium, eeierisqoe quae abjicienda essent, sale maceratu, ut sit illa putrescentium sanies. Hoc olim confi ciebatur ex piace, quem Graeci garon vocabant;
bds,

XLIII. C un* altra sorte di licore molto esquisito, che si chiama garo, il qaale si fa degli interiori di pesce, e dell* altre cose che s avrebbono a gettar via, macerate col sale ; e per si pu dire che sia la sanie di quelle cose pntre-

95i

C. PLINII SECUNDI

n52

capite ejas asto, suffito extrahi secundas mon strantes.

8. Nunc e scombro pisce laudatissimum in Carthaginis Spartariae oetariis : Sociorum id appellatur, singulis millibus nummum permutan tibus congios fere binos. Nec liquor ullus paene praeter nngaenta majore in pretio esse coepit, nobilitati* etiam gentibus. Scombros quidem, et Mauretania, Baelicaeque Garteia, ez Oceano in trantes capiunt, ad nihil aliud utiles. Laudantur et Clazomenae garo, Pompejique, et Leplis : sicut muria Antipolis, ac Thurii, jam vero el Dalmatia.

falle. Qaesto licore si faceva gi di qnei pesce, che i Greci chiamano garo. Il capo di queslo pesce arso, e fattone profumo, fa venir faora b seconde che dimorano. 8. Ora si fa lodatissimo del pesce sgombro del cetarii. Questi sono luoghi sul mare, dove s 'in salano i pesci grandi, in Cartagine Spartana: chiamasi quello de' Compagni; e quivi dite con gii in circa valgono mite nummi. N alcuno al tro licore, fuor che gli unguenti, incominci a essere in pregio appresso aucora a popoli illu stri. Pigliansi eziandio pii sgombri in Barberia, in Granala, e in Cartea di Spagna, all' uscir che fanno dell' Oceano ; e questi non sono quasi alili ad al Ir. Lodasi ancora Clazomene pel sao gara, e Pompei e Lepti ; come per la salamoia Aulipoli, e Turio, e la Dalmazia anch'ella.
D e lla
h d b ia ,

Db M vaiA , XV ;

d b alece, v iii.

i 5 : d b ll* a le c e , 8 .

XLIV. Vitium hnjus est alex, imperfecta nec eolata faex. Coepit tamen et privatim ex inutili piscicnlo, rainimoque confici. Apuana nostri, aphien Graeci vocant, quoniam is piscicalus e pluvia nascitur. Forojulienses piscem ex quo faciant, lupum appellant. Transiit deinde in lu xuriam, creveruntque genera ad infinitum: siculi garum ad colorem mulsi veteris, adeoqae dilu tam suavitatem, a t bibi possit. Aliad vero caslimoniaram superstitioni etiam, sacrisque Judaeis dicatam, qaod fit e piscibus squama carentibus. Sic alex pervenit d ostreas, echinos, urticas, cammaros, mullorom joci nera. Ionumerisqae ge neribus d saporem gulae coepit sal tabescere. Hoec obiter indicata smt desideriis vitae : et ipsa tamen nonnallias usas iu medendo. Namque et alece scabies pecoris sanatur, intasa per cutem incisam : et contra canis raprsus draconisque ma rini prodest. In linteolis aatem concerptis impo nitur. E t garo ambusta recentia sanantur, si quis infundat, ac non nominet garnm. Contra canum qaoqae morsam prodest, maximeqae crocodili, et ulceribus quae serpunt, aut sordidis. Oris quoque et aurium alceribus aut doloribus miri fice prodest. Muria quoque, sive illa salsugo, spissat, mordet, extenuat, siccat. Dysentericis ntilis est, etiam si nome intestina corripit. Ischia dicis, caeliacis veteribus, infunditur. Fotu quo que apud mediterraneos aquae marinae vicem pensat.

XLIV.L'atece il vizio d'essa,cio la feccia im perfetta e non colata. Nondimeno s' cominciato a farla in privato d'inutili e minati pesciolini. I no stri Latini lo chiamano apua, e i Greci a Re, per ciocch questo pesciolino nasce di pioggia. I Fur iani chiamano lupo il pesce; di che lo fanno. passato poi in magnificenza, talch le specie sue son cresciate in infinito; siccome anche han fallo il garo del colore del vin melato vecchio, e di una soavit cos temperala, che si pad bere. Ce n' un' altra specie, la qnale s' usa nei super stiziosi riti di Cerere casta e ne' sacrificii dei Giudei ; e questa si fa di pesci che non abbiano scaglie. Cos l ' alece pervenuto alla ripntaziooe dell'ostriche, de'ricci marini, dell ortiche, dei gamberi, e de fegati delle triglie. E finalmente fanno corrompere il tale in mille modi, per trovare sapore dileltevole alla gola. Basti adunque aver raccontate queste cote, che servono al deside rio della gola, accadendo a proposito ; le quali per sono ancora in qualche parte medicinali. Perch con l'alece si goarisce la rogna del bestia me, intaccando la pelle, e infondendovelo den tro: giova anco contra il morso del cane e del drago marino. Mettesi in pezzuole di pannolino sfilale. Il garo anch'esso guarisce le cotture fre sche, sevi s'infonde sopra, e non si nomina garo. Giova similmente contra il morso de*cani, e mas simamente del crocodilo, e agli ulceri che impi gliano, o ai sordidi. Giova mirabilmente ancora agli ulceri della bocca e degli orecchi, o ' dolori. La salamoia eziandio, ovvero quella salsuggine che s ' detta, rassoda, morde, assottiglia e disec ca. E parimente ntile al mal de' pondi, bench il male sia passato nelle budella. Infondesi a quei cbe patiscono sciatica, e ai mali vecchi di stomaca.

9^3

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXXI.

954

Ne*paesi fra terra fassi fomentazione con essa ia cambio di acqua marina.
D * BATUBA SALIS i DB SPUMA SALIS. D e l l a n a t u r a d e l s a l e : d e l l a schium a d i esso .

XLV. 9. Salj* catara est per se ignea, et ini mica ignibus, fagieas eos, omnia erodens. Cor pora vero adstringens, siccans, alligans : defan ata etiam a putrescendo vindicans, ut durent ita per secula. Ia medendo vero mordens, adurens, repurgans, extenuans, dissolvens. Stomacho lan ium inutilis, praeterquam ad excitandam avidi tatem. Adversus serpentium morsus cnm origaao, melle, hyssopo. Contra cerasten cum origa no, a u t cedria, ant pice, aat melle. Auxiliatur coatra scalopendras ex acelo potas : adversus scorpionum ictas, curo quarta parta lini seminis, ex oleo vel aceto illilus : adversas crabrones vero vel vespas, similiaqoe, ex acelo. Ad heterocraneas, capilisque ulcera, et pusalas, papulas ve, e t incipientes verrucas, cum sevo vitulino : item ocisloram remediis, el ad excrescentes ibi earnes, totiasque corporis pterygia : sed io oeulis pecu liariter: ob id collyriis emplastrisque additur. Ad haec maxime probatur Tattaeus, autCaunites. Ex icta vero suflusis cruore oculis sugillalisque, cum myrrha pari pondere ac melle, aat cum hys sopo ex aqaa calida, utque foveantur salsugine. Ad haec Hispaniensis eligitur, contraine suffu siones oculorum cura lacte iu coliculis lerilUr. Privalim sugillationibus in linteolo involutus, crebroque ex aqua ferventi imposilns. Ulceribus oris maoantibas in linteolo concerpto. Gingiva rum tumori infricatus. Et conlra scabri liem lin guae fractus comroinutusque. Ajunt dentes non erodi, nec pulvescere, si quis quotidie mane jeju nus salem contineat sub lingua, donec liquescat. Lepras idem, et furunculos, et lichenas, et psorss emendat cum passa uva, exempto ejus ligno, el sevo bubalo, atque origano, ac fermento, vel pa ne, maxime Thebaicns. Hic et ad pruritns eligi tur. Tonsillis et nvis cum melle prodest. Quicumque ad anginas : hoc amplios, cum oleo et aceto eodem tempore extra faucibus illitus cum pice li* qoida. Emollit et alvom in vino mixtus innoxie : et taeniarum genera pellit in vino potus. Aestus balinearum convalescentes ut tolerare possint, linguae subditus praestat. Nervorum dolorem, maxime circa humeros et renes, in saccis aqua ferventi crebro madefactus levat. Colum tormiisaque et coxarum dolores potus : et in iisdem saccis impositus candens. Podagras cura farina ex anelle et oleo tritas, ibi maxime usurpanda obser vatione, quae tolis corporibus nihil esse utilins sale et sole dixit. Itaque cornea videmus corpora piscaloram. Sed hoc praecipuam dicalar ia po-

XLV. 9. La natura del sale per s focosa, e nimica de' fuochi, fuggendo essi, e rodendo tutte le cose. Ristrigne, disecca, e lega i corpi ; n lascia pur corrompere i morii, che cos durano i secoli. In medicina morde, abbrucia, purga, assottiglia, e risolve. Solamente inutile allo sto maco, fuorch a risvegliar Tappetilo. Giova ai morsi delle serpi, con origano, mele e issopo ; e eontra quella specie di serpe, che si chiama cera ste, con origano, o cedria, o pece, o mele. Bevuto con P aceto aiuta eontra le scolopendre. Amorsi dello scorpione s adopera con ia quarta parte di seme di lino, impiastralo con olio, o aceto ; e eontra calabroni, vespe, o simili cose s impiastra con aceto. Con sevo d vitello s* usa al male del capo, quando duole per enfiatura, alle piaghe, vesciche, e stianze del capo, e alle verruche quan do cominciano. S'usa anco ne*rimedii degli occhi, alla carne che vi nascesse, e alle pterigie di lutto il corpo, ina sopra tutto agli occhi stessi, e per questo si mette ne* collirii e negli empiastri. Per tale effetto lodato molto il sale Tatteo o il Caunite. Ma quando fossescorsosauguenegli occhi per percossa, si melle con pari peso di mirra e mele, 0 cou issopo in acqua calda p<*r fomentargli con salsuggine. Per qneslo effetto si piglia il sale Spagnuolo, e conira le suffusioni degli occhi s pesta con lalle fra due pietre. Giova particolarmente a'suggellati messo in pannolino, e spe*so rimesovi con acqua bollente. Agli ulceri della bocca, he gettano, si mette con fila di pene; e soffre pdsi sulle gengive enfiale. Franto e minuzzalo s'ado pera eontra la ruvidezza della lingua. Diersi che 1 denti non si rodono, n si guastano, se ogni mat tina a digiuno si tiene sotto la lingua un poco di sale finch si strugga. Il medesimo guarisce la leb bra, i ciccioni, le volatiche e la rogna, con uva passa, cavatone il suo nocciolo, e con sevo di bue, e origano, e con fermento o pane, massimamente il Tebaico. Questo s adopera ancora al pizzicore. Giova col mele a* senici, e alla ugola. Ciascun sale giova alla squinanzia; e molto meglio con olio e acelo impiastrato nel medesimo tempo alla gola di fuori con pece liquida. Mescolato nel vino mollifica il corpo ; e bevuto nel vino, ne scaccia i vermini. Posto sotto la lingua, fa che quei che si risanano, possono sopportare il caldo de1bagni. Leva il dolore de'nervi, massimamente circa le spalle e le reai, tenuto ne* saccbi, e ba gnato spesso con acqua bolleote. Bevuto o messo caldo ne' medesimi cacchi leva i dolori colici, i

955

C. PLINII SECONDI tormini e i dolori delle coscie. Giova alle gotte, pesto con farina mele e olio. E qui a punto applicabile P osservazione, la quale insegn ehe nessuna altra cosa giova a* corpi pi che il sale e il sole. Epper veggi amo i corpi de* pescatori duri, come se fossero d osso. Ma questo priadpalmente si dee dire rapporto alle gotte. Leva anco i chiodi de' piedi, e i pedignoni. Poosi con olio sulle incotture, o masticato, e reprime le vesciche. Con aceto e issopo s 'adopera al fuoco sacro, e agli ulceri che impigliano; e con ava taminia alle piaghe incancherite. Pesto eoa tarioa d 'orzo s1adopera alle crepature degli ulceri, po nendovi sopra una pezza bagnata col vino. Quegli che, per essersi loro sparto il fiele, sentono piizicore, si stropicciano al fuoco eoo sale, olio e aceto insin che sudino ; e quei che sono stanchi, si stropicciano con sale e olio. Molti haooo gua rito ancora i rilruopichi col sale, e hanno noto il malato di febbre, nel caldo d 'essa, eoa olio e sale ; e dandolo a leccare hanno levato la tosse vecchia. Agli scialicbi lo mettono negli argomen ti. Pongono ancora il sale alle nascenze, dove cresce la carne cattiva, oche sono putrefatte. Fonsi a' morsi de crocodili, messo nell' aceto, e Intin tovi pezze di patmolmo, ma prima eoo fie n bat tervi le ulcere strette ben forte. Beesi ancora contra l ' oppio nell* aceto melato. Ponst a quegli cbe hanno sconcio alcun osso, con farina e mele; e a ' bitorzoli. Giova al dolor de* denti eon aoeto, e ancora impiastratovi con ragia. Ma la schiuma del sale pi dilettevole, e pi utile a latte le cose. Negli impiastri mitigativi a* adopera ogni sale per riscaldare ; il qual giova aneora a dis tendere la pelle, e farla delicata. Im p ia stra to v i su leva la rogna de* bestiami grossi e minali. Leccasi, e poi si sputa negli occhi delle bestie da soma. E qaesto basti aver detto del sale.
D b l l b sp ec ie d e l m t b o ,
b

dagris. Tollit et clavos pedam : item perniooes. Ambustis ex oleo imponitur, aut commanduca tus, pasulasque reprimit. Ignibus vero sacri*, ulceribusque quae serpunt, ex aceto, aut hyssopo. Carcinomatis cura uva taminia. Phagedaenis ul cerum, tostum cum farina hordei : super impo sito linteolo madente vino. Morbo regio labo rantes, donec sudent ad ignem, contra prnritus quos sentiunt, ex oleo et aceto infricatus juvat : et fatigatos ex oleo. Multi et hydropicos sale cu ravere, fervoresque fehrium cura oleo perunxe re, et tussim velerem linctu ejus discussere. Cly steribus infudere ischiadicis. Ulcerum excrescen tibus vel putrescentibus imposuere. Crocodilo rum morsibus ex aceto in linteolis, ita at pave rentur arcte vincta ulcera. Bibitur et contra opium ex aceto mulso. Luxatis imponitur cum farina et melle: item extuberationibus. Dentium dolori curo aceto fotus, et illitus cum resina prodest. Ad omnia autem spuma salis jucundior utiliorque. Sed quicumque sal acopis additur ad excalfactio nes : ilem smegmatis ad extenuandam cutem levandaraqne. Pecorum quoque scabiem et boum illitus tollit. Daturque lingendus : et oculis ju mentorum inspuitur. Haec et de sale dicta sint.

D b H1TH1 GBHBBIBUS, BT CONFECTURIS, BT VSDICIHIS: OBS8BVATIORES CCXXI.

c o n si r i , a

su b

MEDICINE : OSSEEVAZlom 3 3 1.

XLVI. io. Non est differenda et nitri natura, non multum a sale distans : et eo diligentius di ligentius dicenda, quia palam est et medicos, qui de eo scripsere, ignorasse naturam, nec quem* quam Theophrasto diligentius tradidisse. Exi guum fit apud Medos, canescentibus siccitate convallibus, quod vocant halmyrhaga. Minus etiam in Thracia juxta Philippos, sordidum ter ra, quod appellant agrium. Nam quercu cremala numquam multum factitatum est, et jam pridem in totum omissum. Aquae vero nitrosae pluribus locis reperiuntur, sed sine viribus densandi. Op timum copiosumque fin Litis Macedoniae, quod vocaot chal astricum, candidum, purumque, pro-

XLVI. io. Abbiamo a ragionare ancora della natura del nitro, la quale non mollo differente dal sale ; e tanto pi debbesene trattare con di ligenza, perch pare che i medici, i quali ne hanno scritto, non I* abbiano conosciuto ; n al cuno pi diligentemente ne ha trattato, che Teofrasi o. Fassene poco in Media nelle valli, te quali imbiancano per lo secco : chiamasi quivi almiraga. Manco se ne fa ancora in Tracia appresto a Filippi, e questo imbrattato di terra, e chiamaolo agrio. Delle quercie arse non se n* mai fatto mollo, e gi gran tempo s* dismesso affat to. In molti luoghi si trovano acque nitrose, ma non hanno forza di rappigliare. Ottimo e copioso

9^7

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXXI.

958

ximuro li. Lacus est nitrosus, exsilienle melio dulcis fonticulo. Ibi tI uilrura circa Canis ortum novenis diebus, lolidemque cessai, ao rur sus iuaatat, et deinde cessat. Quo apparet, soli naiarara esse quae gignat, quouiam compertura est, nec soles proficere quidquara quum cesset, uec imbres. Mirum esi el illud, scatebra fonticuli semper emicanle, lacum neque aligeri, neque iluere. lis aulem diebus, quibus gignitur, si fuere imbres, salsius nitrum faciunt : aquilones dete rius, quia validius commovent limuro. Et hoc quidem nascitur.

lu Aegypto aulem conficilur mullo abundan tius, sed deterius ; nam fuscum lapidosumque est. Fit paene eodem modo quo sal, nisi quod sa linis mare iufuudunt, Nilum autem nitrariis. Hae cedente Nilo madent succo nitri x l diebus c o n tinuis, o o n ( ut in Macedonia ) statis. Si eliam imbres adfuerint, minus de fluiuine addunl :slatimque ut densari est coeplum, rapitur, ne re solvatur io nitrariis. Sic quoque olei nalura in tervenit, ad acabiem animaliora ulilis. Ipsum au tem couditum iu acervis durai. Mirum, iu lacu Ascauio, el quibusdsro circa Chalcida fontibus, summas aquas dulces esse polarique, inferiores uilrosas. In nitro optimum, quod tenuissimum : el ideo spuma melior. Ad aliqua lamen sordi dum, tamquam ad inficiendas purpuras tinclurasque omnes. Maguus et nitro usus, qui dicetur suo loco.

Nitrariae Aegypti circa Naucratim et Mem phim lautum solebant esse, circa Memphim de teriores. Nam et lapidescit ibi in acervis : multique sont cumuli ea de causa saxei. Faciunt ex his vasa, nec non frequenter liquatum cnm sulphure coquentes in carbonibus. Ad ea quoque, quae inveterari volunt, illo nilro ulonlur. Sont ibi ni trariae, in quibus et rufum exit a colore lerrae. Spumam nitri, qnae maxime laodatur, autiqui negabant fieri, nisi quum ros cecidisset, prae gnantibus nitrariis, sed nondum parientibns. Ita que non fieri incitatis, eliamsi caderet. Alii acer vorum fermento gigni existimavere. Pi*oxima aetas medicorum aphronitrum tradidit in Asia colligi, in speluncis mollibus destillans. Specas eos cotica* vocant ; deiu siccant sole.

in Lite di Macedonia, e chiamasi oalastrico, bianco, puro e multo siinile al sale. un lago nitroso, del cui mezzo esce una fonte d'acqua dolce. Quivi ai fa il nitro per nove giorni intor no al nascimento della Canicola, e dipoi cessa altrettanti di ; e dopo quegli si vede un'allra volta galleggiare, e poi manca affatto. Onde si vede che la natura del luogo lo genera ; per ciocch s ' trovalo che quando e' manca uon gio va punto il sole, n le piogge. C' anco un* altra maraviglia, che sebbene la polla di quella fonie tempre getti, nondimeno il lago uon cresce, n d 'alcuna parie trabocca. E se in quei giorni, che il nilro nasce, vengono piogge, fanno il nitro pi salso ; e se sono venti aquilonari, peggiore, poi ch sollevano troppo la belletta. Nasce dnnque anche questo. In Egitto lo fsnno, e bench e' non sia buo no, in maggior quantit, perciocch fosco e pietroso. Fassi quasi nel medesimo modo che U sale, se non che nelle saline mettono acqua di mare, e nelle nitrerie acqua del Nilo. Quando il Nilo si parie, le nitrerie restano bagnale del sugo del nilro per quaranta giorni continui ; e questi d non sono i medesimi ogni anno, come in Ma cedonia. E se anche piova, vi mettono manco acqua del fiume, e subito eh' comincialo a ras sodarsi, si cava, acciocch non si strugga nelle nitrerie. Cos aucora v' interviene la natura dell ' olio, utile alla rogna degli animali. Il nitro dura riposto e ammassalo. Cosa maravigliosa , che nel lago Ascanio, e in certe fonti intorno a Calcide, le acque di sopra son dolci e si beono, e quelle del fondo sono nitrose. Nel nilro le parti pi sotlili sono migliori, e per questo la schiuma buonissima. Il nilro lordo utile ad alcune cose, come a tignere di porpora, e d 'ogni allro colore. Della grande utilit del nitro ragionere mo al suo luogo. Le nitrerie d'Egitto solevano essere sola mente intorno a Naucrati e Meufi ; e intorno a Menfi peggiori. Perciocch quivi ammontalo che sia; diventa pietra ; e per questa cagione vi sono molti monti sassei di tale specie. Di questi fanno vasi, e spesse volte strutio lo caocono al sol* coi carboni. A quelle cose che vogliono che durin secche, usano quel nitro. Sonvi ancora nitrerie, nelle quali si fa il nitro rosso dal colore della terra. Dicevano gli antichi che la schiuma del ni tro, la quale mollo lodata, non si faceva se non quando la rugiada cadeva sulle nitrerie che fos ser pregne, ma non partorissero ancora. Epper non nasce per isliraolarle bench vi caggia la ru giada. Alcuui hanno tenuto eh' ei nasca per lo fermento delle copriture. Ma i medici della pros sima el dicono ebe in Asia si raccoglie l'afroni-

951 >

C. PLINII SECUNDI

960

Optimum pulatur Lydiura : probalio, ul si! minime ponderosum, el maxime friabile, colore pacne purpureo. Hoc in pastillis adferlur. Aegy ptium in vasis picatis, ne liquescat. Vasa quoque ea sole iuarescenlia perficniulur, Nitri probatio, ut sit tenuissimum et qaam maxime spongiosum fistulosumque. Adulteratur in Aegypto calce : deprehenditur gustu. Since rum enim facile resolvitur : adulterarum pungit. Calce adspersum reddit odorem vehementem. Uritur in testa operturo, ne exsullel : alias igni non exsilit nitrum : nihilque gignit aul alii, quam in salinis herbae gignanlur, et in mari tot ani malia, lanium algae. Sed majorem e s s e acrimo niam nitri apparet, non hoc lanium argumento, ,sed in illo, quod nitrariae calceamenta protiuus consumunt : alias salubres, oculorumque claritati utiles. In nitrariis non iippiuut. Ulcera allata eo celerrime sanantur: ibi facla, I a r d e . Get et su dores cum oleo perunctis, corpusque emollit. In pane salis vice utuntur chalaslraeo : ad raphanos Aegyptio: teneriores eos facit: sed obsonia alba et deteriora, olera viridiora. In medicina autem calfacit, extenuat, mordet spi&tat, siccat, exulce rat. Ulile his, quae evocanda sini, aut discutien da, et lenius mordenda atque exlenaanda, sicut in papulis pusulisque. Quidam in hoc usu accen sum vino austero restinguunt, atque ita trito in balineis utuntur sine oleo. Sudares nimios iuhibel curo arida iride, adjecto oleo viridi. Extenuat et cicatrices oculorum, et scabritias genarum cum fico illitum, aut decoctum iu passo ad dimidias partes : ilem cantra argenta oculorum. Ungues decoctum cum passo in mali punici calyce adju vat: claritatem visus, cum raelle inunctura. Pro dest dentium dolori ex vino, si cam pipere col luantur : itera cum porro decoctum. Nigrescen tes dentes crematum dentifricio ad colorem re ducit. Capitis animalia e l lendes necal, cum Sa pinia terra illitam e x oleo. Auribus purulentis vi no liquatum infunditur. Sordes ejusdem partis rodit ex aceto. Sonitus et tinnitos discutit sic cum additura. Vitiligines albas cum cimolia cre ta, aequo pondere ex aceto, in sole illitum emeo dat. Furunculos admixtum resinae extrahit, aut cum uva alba passa, nncleis ejus simul tritis. Te stium inflammationi occurrit: item eruptionibus pituitae in toto corpore cumaxuugia. Contraque canis morius, addita et resina : initiis cum aceto illinitur.

tro, il quale gocciola nelle spelonche umide, le q usti si chiamano coliche, e di poi si secca al sole. Il Lidio stimato il migliore. La prnova di esso , che non sia ponto grave, e facilmente si stritoli, e sia di colore qugsi porporino. Questo s 'arreca in pastelli ; ma quel d' Egitto viene in vasi impecia t i , acciocch Qon si strugga. Q u e s t i vasi diventano perfetti seccandosi al sole. La pruova del nitro , ch'egli sia sottilissimo, mollo spugnoso, e foralo. Falsificasi in Egitto con la calcina, ma si conosce al gusto ; perciocch il sincero facilmente si risolve, e il falsificato pance. Sparlovi su la calcina rende grande odore. Ardesi coperto eon tesli, acciocch noo salii fuora ; al* trimenli non salta del fuoco : non genera n nutrisce nulla, bench nelle saline nascano del1' erbe, e in mare tanti pesci, e tanta alga. Ma veramente il nitro pi agro, che il sale ; il che non solo si conosce per queslo segno, ma an cora perch nelle nilrerie le scarpe si consona* tosto, dove per altro son sane, e utilia rischiarar la vista. Nelle nilrerie niuno diventa cisposo. Chi vi va con ulceri o piaghe, guarisce in pochissimo spazio di tempo, ma chi a' impiaga quivi, lari ci vien sano. ]1 nitro muove sudore a quegli che se ne ungono con olio, e mollifica il corpo. Usasi il calaslreo nel pane in cambio di sale, e quello di Egitto s'adopera a'ravani, perch gli fa pi tene ri ; ma le vivande le fa bianche e peggiori, e gli erbaggi pi verdi. Nella medicina riscalda, assot tiglia, morde, condensa, disecca e scortica. utile a quelle cose che si vogliono tirar fuori, o levar via, e leggermente mordere, ed estenuarsi, come nelle bolle e sitarne. Alcuni per queslo effetto l'accendono, e dipoi lo spengono in vin brusco, e cos pesto lo usano ne' bagni senza olio. Egli reprime il troppo sudore, con la iride secca ac compagnala con olio verde. Impiastrato con fico, 0 collo nel vin passo fin che torni per met, assot tiglia le margini degli occhi, e le rnvidexze dei coperchi loro, e giova ancora conira i fiocchi de gli occhi. Il nitro cotto col vin passo in buccia di melagrana aiuta le unghie, e untovi col mele, ri schiara la visla. Giora col vino al dolore de* denti, se si lavino col pepe; e cos cotto co' porri. Ars fregandolo a' denti neri gli fa ritornare al loro colore. Impiastrato con terra Samia nell'olio, ammazza gli animali e le lendini del capo, lofondesi negli orecchi che hanno falla marcia, stem peralo col vino. Con lacelo rode le brutture della medesima parte. Postovi secco lieva il romore c zufolamento degli orecchi. Impiastralo al sole con creta cimolia e pari peso d'aceto, guarisce la morfea bianca. Mescolato con ragia tira fuora 1 ciccioni, o con ava bianca passa pesla insieme co suoi noccioli. Ripara alla inGammagione dei

g6

HISTORIARUM MONDI MB. XXXI.

9*

Sie et serpentino morsibus, phagedaeis, et ulceribus qaae serpant, ut pai reseuni, emri calce ex aeeto. Hydropicis cum fico tosoni da tur ilH* iturque. Discoli! et termina, si decoeiom biba tur pondere drachmae cam rota, yel antho, vel camino. Reficit lassitodioes cam oleo et aceto peninctoruio. Et conira algores horroresqoe prodest, manibus pedrbosque confricatis cora oleo. Comprimit et prurilos ioffuiorura felle, ma xime cnm ceto in osa datam. Succorrit et ve nenis fnogorum ex posca potam : aat si bupre sti* pasta sit, x sqoa, vomitioftesqne erocat. His qoi sanguinem tauri biberint, curo lasete datur. In facie qooque exulcerationes sanat cum melle e t lacte bubalo. Ambustis tostam, donec nigre* acat, trildmqoe illinitur. Infunditur ventris et reniom dolori, ant rigori corporum, nervorum* que doloribus. Paralysi io liugoa cum pane im* ponitor. Suspiriosis in ptisana somilor. Tussim veterem sanai flore, mixto galbano resinae tere* biothinae, pari poodere omnium, ita ut fabae magnitudo devoretor. Coquitur, dilolomqoe po stea cam pice liqaida sorbendum io angioa da* tur. Flos ejus cum oleo cyprino articolorom do loribus in sole jucundus est. Regium quoque snorbom extenoat in potione vini. Et iuflationes discutit: sanguinis profloviom e naribus sistit ex ferventi aqua vapore naribos rapto. Porrigi* nem alumine permixto tollit : alarum virus ex qua quotidiano fotu : ulcera ex pituita nata cera permixtam : quo genere nervis qooque prodest: coeliacis infunditur. Perungi ante accessiones frigidas nitro et oleo multi praecepere i sicut ad* versus lepras, lentigines. Podagricis in balineis uti solio nitri prodest, atrophis, opisthotonis, te tanis. Sal nitrum sulphuri concoctum ili lapidem vertitur.

testicoli, e alla flemma eh* esce fuori per tutto il eorpo, oon la sugna. Vale anche coatra i morsi del cane, aggiungendovi ragia t nel principio ai pone con 1 aceto. * Nel medesimo modo giova a* morsi dello api, alle fagedene, e alle nascesse che impigliano, o si corrompooo, epa calcina e aceto. Daasi pesto 00* fichi, ovvero s>impiastra, a* ri trae pi chi. Ri solve aocora i tormini, beeodone del cotto nao dramma oon 1 olio e oon rata, o aneto, o contino. * Ristora chi stanco, ugnandolo con olio e aeeto. Giova ancora eontra il freddo, mescolandolo eoa olio, e stropicciandone le mani o i piedi. Leva M pizzicore a quegli che hanno sparso il fiele, mas simamente pigliandolo con 1 aceto. Bevoto con * posca giova eontra il veleno de* funghi ; e dan dolo con 1 acqoa a chi avesse mangiato bupreste, * muove il vomito. Dassi a quegli che hanno bevu to sangue di toro, con lasero. Con mele e latte di vacca guarisce gli scorticati del viso. Arrostiscesi tanto che si faccia nero, e ponsi pesto sulle cottu re. Infondesi al dolore del ventre e degli arnioni, e a* ratlrappamenti del corpo, e adolori de* nervi. Ponsi col pane sulla lingua a chi ha parietico. I sospirosi lo pigliano eoo la orlata. Mescolato col fiore del galbano e con trementina, ognono per ognal parte, ma che non patai la grandezza d*una fava, e inghiottito, guarisce la tosse vecohia. Cuo cesse poi stemperato con pece liquida si d i a bere alla schinsnzia. Il fiore del nitro con olio ciprino impiastrato al sole leva il dolore delle giunture. Bevoto col vino scema il trabocco del fiele. Leva via anche le enfiagioni ; e ricevendo per le uarici il vapore di lui messo in acqoa bollente, ristagna il sangue del naso. Mescolato con allume leva il pizzicore, e il lezzo e cattivo odore di sotto le braccia, fomentandole con l'acqua c eoi nitro ogni d. Guarisce gli ulceri nati per flemma, mescolan dolo con la cera, ma in questo modo giova ancora a*nervi, Infotidsi a* deboli di stomaco. Molti vo gliono ehe l Infermo s* unga eo olio nitro innanzi 1*accesso freddo della febbre. Cos giova aocora eontra la lebbra e le lentiggini. Giova ai gottosi usare nel bagno seggiola di nitro, e a chi non pu purgarsi, o raltrappcto. Il sai nitro cotto col zolfo diventa pietra.
t> tL B SfrtGBB, M EDICI* OSSUVAZIOUI *)!.

D a s to h g i i s ,

MfticiUAt,

r r o a s tiv lT to n ti

icti.

XLVI 1. 11. Spongiarum genera diximus in naturis aqoatllltim marinorom. Qaidam eas ita distinguunt. Alias ex his mares existimavere, te nui fistula, spissioresque, persorbentes, qoae et tingantur in deliciis, aliquando et purpura : alias feminas, majoribus tistnlis ac perpetuis. E mari b u s duriores alias, quas appellant tragos, tenuis-

XLVII. 11. Delle Specie delle spugne a b b ia m o ragionalo nel trattato degli animali acquatici marini. Alcuni le distinguono in questo modo. Vogliono th alcune d*esse sieno maschi, quello cio che hanno il canale sottile, che sono p i spess, che inzuppano stai, e le qoali per bel lezza si tibgouo, e talora di porpora ; e dicono

C. PLINII SECUNDI simis filialis alqae densissimis. Candidae cura fiunt, e mollissimis recentes per aestatem tioclae .salis spama, ad lunam ei proinas slernunlnr in versae, hoc est, qua parie adhaesere, ut candojem bibant. Animal esse docuimus eliam cruore inhaerento. Aliqui narrant t auditu regi eas, .contrahique ad sonum, exprimentes abundantiam hnrqoris, nec avelli petris posse, ideo abscindi ac isaniem emittere. Quin et eas quae ab Aquilone .sint genitae, praeferunt ceteris. Nec usquam diu tius durare spiritum medici adfirmant. Sic et .prodesse corporibus, quia nostro suum misceant : et ideo magis recentes magisque humidas: sed minus in calida aqua, minusque anctas, aut un ctis corporibus impositu : et spissas ipinus adhaer fescere. che le femmine sono quelle che hanno i anali maggiori e continuati. De' maschi alcune ve ne sono pi dure, che si chiamano tragi, ed hanno i canali sottilissimi e spessissimi. Fannosi bianche con diligenza, togliendole fresche di quella spe cie che sono pi morbide, e la state si tingono con la schioma del sale ; e lengonsi all* lana e alla brinata, in modo che la parte la qoale en appiccata allo scoglio, stia volta in so, acciocch elle beano la bianchezza. Abbiamo fatto conosce re che le spugne sono animali, e eh* elle hanno sangue. Alcuni dicono ancora eh' elle odono, e quando senton roroore, si ristringono, e gettano 1' umidit per appiccarsi meglio, n si possono spiccare dalle pietre, se non si tagliano; e allora gettano umore. Mettono innanti all' altre anche quelle che sono generate da' venti aettentrionali. Dicono i medici ohe in nessuno altro c o rp o dora pi lungo tempo lo spirito vitale. E cos giovano ai corpi, perch'elle mescolano il loro col nostro, e perci son migliori le pi fresche c pi amide; ma manco giovano nell1acqua calda, e manco le nnte, o poste sopra i corpi unti : le spesse s'attac cano meno. Delle pi tenere si fanno pennelli, i qoafi guariscono gli enfiati degli occhi postivi so con vin melato. I medesimi sono utilissimi a nettare la cispa degli occhi, ma bisogna che sieno sotti lissimi e delicatissimi. Le spugne con posca si mettono sulle lagrime degli occhi ; e con aceto caldo al dolore del capo. Nel resto le spugne fre sche dissolvono, mollificano e mitigano. Le vec* chie non risaldano le ferite. Usansi a nettare, a forbire, a fomentare, e a coprire dopo la foiaci tazione, tanto che vi si metta altro. Poate sopra le nascerne amide e vecchie, le rasciugano. Le rotture e ferite ulilissiraameote si fomentano con le spugne. Con quelle si leva il sangue, quando alcun membro si taglia, acciocch si pos sa vedere quanto s 'ba a fare. Poqgonsi ancora alle infiaramagioni delle ferite alcuna volta ascsntte, alcuna volta bagnale, o in aceto, o ia vino, o in acqua fresca. Poste con acqua piovana rasciu gano, e non lasciano enfiare la ferita. Pongonsi ancora a' membri saldi, quando vacillano per ca gione occulta, quando bisogna dissolvere, e alle posteme ancora ; ma le posteme s 'ungono con mele cotto. Cos giovano anohe alle giunture, al cuna volta bagnate in aceto insalato, e talora in posca. Se 1' umore vi ribolle, si bagnano nell' acqua. Mollificano ancora i calli, bagnate con acqua salsa; ma contra il morso degli scorpioni eoa accio. Nella cura delle ferite servono in cambio di lana succida, quaudo con vino e olio, e quando con la medesima. Questa la differenza, che le l?ne mollificano, e le spugne ristringono, e leva-

Mollissimum genas earam penicilli: oculo rum tumores levant ex mulso impositi, lidem abstergendae lippitudini utilissimi .* eosqne te nuissimos et mollissimos esse oportet. Imponun tor et spongiae ipsae epiphoris ex posca : ex aceto calido ad capitis dolores. De cetero recentes dis cutiunt, molliant, mitigant. Veteres non gluti nant tulnera. Usns earum ad abstergenda, foven da, operienda, a fotu, dum aliod imponatur. Ul cera quoque bumida et senilia impositae siccant: fracturae et vulnera spongiis utilissime foventur, Sanguis rapitur in secando, nt curatio perspici possit. E t ipsae vulnerum inflammationibus im ponuntor, nunc siccae,none aceto adspersae, none ino, nane aqaa frigida. Ex aqua vero coelesti iniT positae, secta recentia non patiuntnr intumescere, Iqnponuntnr et integris psrlibas, sed fluctione occulta laborantibus, quae discutienda sit, et iis quae apostemata vocant, melle decoclo perunctis. Item articulis, alias aceto salso madidae, alias e posca. Si ferveat impetus, ex aqua. Eaedem et callo, e salsa : at contra scorpionum ictus ex ace to. In vulnerum curatione et succidae lanae vicem implent, nunc ex vino et oleo, non ex eadem. Differentia haec, quod lanae emolliunt, spongiae coercent, rapiuntque vitia ulcerum. Circumligan tur et hydropicis siccae, vel ex aqua tepida por scave, utcumque blaudioribus opus est operiri re aut siccari cutem. Imponuntur et his morbis, quos vaporari oporteat, ferventi aqua perfusae, expressaeque inter duas tabulas. Sic et impositae stomacho prosunt,et in febri coglrauimios ardores.

965

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXXI.

966

Sed splenicis e posca, ignibus sacris ex aceto, efficaciores qoam aliud. Imponi oportet sic, ut sanas quoqoe partes spatiose operiant. Sanguinis pro fluvium sisluat ex aceto, aut frigida. Livorem ab ictu recentem ex aqua salsa calida saepius mulula tollunt, testium tumorem doloremque ex posca. Ad canum morsas utiliter contusae imponuntur ex aceto, aut frigida, aut melle, subinde humectandae. Africanae cinis cum porri sectivi succo sanguinem rejicientibus haustu salis ex frigida prodest. Idem cinis vel cnm oleo vel aceto fronti illitos, tertianas tollit. Privatim Africanae ex posca tumorem discutiunt. Omnium autem cinis cum pice crematarum,sanguinem sistit vulnerum. Aliqui raras tantum, ad hoc cura pice urunt. Et oculorum causa comburuntur in cruda olla figu lini operis, plurimum proficiente eo cinere con tra scabritias genarum, excrescentesque carnes, e t quidquid opus sit ibi destringere, spissare, explere. Utilius in eo usu lavare cinerem. Prae stant et strigilum vicem, linteolorumque, ad feclis corporibus. Et contra solem apte protegunt ca pita. Medici inscitia ad duo nomina eas redegere: Africanas quarum firmius sit robur : Rhodiacasque, ad fovendum molliores. Nunc autem mollis simae circa muros Antiphelli urbis reperiuntur. Trogus auctor est, circa Lyciam penicillos mol lissimos nasci in alto, unde ablatae sint spoogiae. Polybius super aegrum suspensos, quietiores fa cere noctes.

Nunc revertemur ad marina animalia et aqua tilia.

no via i difetti delle piaghe. Legansi a' rilruopi chi secche, o con acqua tiepida, o posca ; ma bi sogna che sieno pi tuorbide e pieghevoli a co prire, o riseccare la pelle. Pongonsi ancora a quelle malattie, le quali bisogna che svaporino, bagnate d acqua bollente, e premute fra due la-, ole. Cos poste giovano ancora allo stomaco, e nella febbre contra i troppi ardori. Ma a chi ha male di milza con la posca, e al fuoco sacro eoa l'aceto, son pi giovevoli che alcuna altra cosa. Bisogna porsi cos, acciocch agiatamente vengano a coprire ancora le parti sane. Con aceto o acqua fredda fermano il flusso del sangue. Con acqua salsa calda, mutata spesso, levano il livido fresco dopo la percossa ; e con posca l'enfialo e dolore dei testicoli. A' morsi de'cani s 'adoperano utilmente tagliale con aceto, o acqua fredda, o mele, ba gnandosi continuamente. La cenere della spugna Africana col sugo del porro segaticcio giova a quegli che sputano sangue, bevuta in acqua fred da e sale. La medesima cenere impiastrata sulla fronte con olio o aceto guarisce la febbre terzaqa. E particolarmente le Africaue con posca guariscono l'enfiato. La cenere di tutte le spugne arse con pece ristagna il sangue delle ferite. Al cuni per questo effetto ardono solamente le rade con la pece. Ardonsi ancora per cagione degli occhi in pentola cruda di stovigliaio, giovando molto quella cenere alle ruvidezze de' coperchi degli occhi, alle carni che crescono, e a tutto quel lo che quivi sia bisogno rslrignere, rassodare* riempiere. pi utile in questo bisogno lavare la cenere. Usansi ancora in cambio di scingatoi da stropicciare e fregare ne' corpi malsani. Con tra il sole comodamente cuoprono il capo. I me dici per ignoranza l ' hanno ridotta a due nomi ; Africane, le quali sono pi dure, e Rodiana pi tenera a fomentare. Ora si truovano tenerissime intorno alle mnra della citt d 'Antifello. Scrive Trogo, che intorno alla Licia nascono tenerissimi pennelli in mare in que'luoghi donde si sono levate le spugne. Polibio dice, che appiccandogli sopra lo infermo, gli fanno aver la notte pi quieta. Ritorneremo ora agli animali marittimi e acquatili.

C. PLINII SECUNDI

HISTORIARUM MUNDI
UBER XXXII
MEDICINAE EX AQUATILIBUS.

---------------------------------

Da a c u n n ii, n*
I. V e n lu m esi ad n n a i natane exe*uplorumjue, per raram ordinem * et iptum sue sponte tccunril immensam potentiae oeealUe docuuentom, t prorsas nee aliud altre qmsri debeat, >ec per aut simile possit inveniri, ipsa se yiqceo natura, et quidem numerosis modis. Quid rsa violentius mari venlisve, et turbinibus el )rocelii* ? quo majore hominum ingenio in ulla ai parte adjuta est, quam velis remisque ? Adlator bis et reciproci aestua inenarrabilis vis rersumque totum mare in flumen.

Dl rwci acam ws, a.


i, N o i siamo giunti al sommo della nalura e della storia, seguitando P ordine ; dove da s ci si para innanzi nn grandissimo testimonio duna potenza a noi oeeulta, in forma che non dobbia mo cercare pi avanti, n possiamo trovare pari o simile,perch io questo la natura vince s stessa, e in infiniti modi lo mostra. Perciocch qual cosa pi violenta, che il mare o i venti, e i turbini e le procelle, dove la natura non aiutata con mag giore ingegno degli uomini, che 00'remi e con le vele? Aggiungasi a questo aocora la incredibile forza del mare, il quale or cresce, ora scema, di maniera che pare che tutto il mare sia diventato un fiume. 1. Nondimeno un pesciolino ben piccolo, chia mato echeneide,ha forza in s di ritenere tutti que sti impeti, bench a un tratto vadano alla medesima volta. Sieno i venti furiosi quanto possono essere, e le lem peste, egli comanda al furore, e ritiene quelle s gran forze, e ferma i navili; il che non ponuo fare tulle le foni, n le ancore del pi malagevole peso. Raffrena dunque gli empiti, e senza alenna sua fatica doina la rabbia del mondo, non col ri tenere, me solo oon raccostarsi. Questa s piccola cosa abbastanza eontra a* tanti empiti, per fare che i navigli non vadano, fila lo tr ip le di mare

i.Tamen omnia haec, periterque eodem impeleolia, u d u s ae parvae admodum pisciculos, ecbeie*sappellatus,iu se tenet. Ruant venti licet, et saeriant procellae, imperat furori, viresque tantas x>inpescit, et cogit stare navigia: quod non vincula iUa, non ancorae pondere irrevocabili jaclae. Inrenat impetas, et domat mundi rabiem nullo suo bore, non retinendo, aut alio modo, quam adhaeenio. Hoc tantulo satis est contra tot impelo*, ut etet ire navigia. Sed armatae classes imponunt ibi turrium propugnacula, ut in mari quoque pupetor, velnl e muri*. Heu vanitas humana! quum

97*

C. PLINII SECUNDI

rostra illa aere ferroque d i C lu i armata, snii p e dali* inhibere possit, ac tenere devincta, piscicu lus. Fertnr Actiaco Uarte tenuisse praetoriam navim Antonii, properantis circumire et exhor tari suos, donec transiret in aliam ; ideoque Cae sariana classis impetu madore protinus venit. Te nni! et nostra memoria Caji priocipis ab Astura Antium renavigantis : ut res est etiam auspicalis pisciculos. Siquidem novissime tum in Urbem reversus ille imperator, suis telis confossus est. Nec longa fuit illius morae admiratio, statini causa intellecta, quum e tota classe quinquere mis sola non proficeret, exsilientibus protinus qui id quaererent circa navim, invenere adhae rentem gubernaculo, osteoderuntque Cajo, indi gnanti hoc fuisse qnod se revocaret, quadringentorumque reraigum obsequio contra se interce deret. Constabat peculiariter miratum quomodo adhaerens tenuisset, nec idem polleret in navi gium receptus. Qui tunc posteaqne videre, eum limaci magnae similem esse dicunt. Nos plurium opiniones posuimus in natura aquatilium, quum de eo diceremus. Nec dubitamus idem valere omnia genera, qnnm celebri et consecrato etiam exemplo apud Gnidiam Venerem conchas quo que ejnsdem potentiae credi oecesse sit. E nostris qnidam latine remoram appellavere eum ; mirumque, e Graecis alii lubricos partus atque proci dentes contineri ad maturitatem, adalligato eo (ut diximus), prodiderunt : alii sale adservatum adalligatumque gravidis partas solvere, ob id alio nomine odyoolytem appellari. Quocnmqae modo ista se habeant, quis ab hoc tenendi navi gia exemplo de ulla potentia natnrae atque ef fectu, in remediis sponte nascentium rerum du bitet?

97 si pongSno i castelli In sulle navi, acciocch in mare ancora si combatta come sulle mura. O va nit delle mondane cose ! un pesciolino lungo mezzo piede pu impedire e fermare q u e'rostri armati di rame e di ferro contra tutte le percosse. Dicesi cbe nella giornata che si fece al promon torio d 'Azzio quello animaletlo ritenne la nave capitana d'Antonio, il quale s'affrettava d'ire attorno a far animo a'suoi, tanto eh' egli dovette passare in un' altra ; onde l ' armata di Cesare subito con maggiore impeto gli venne addosso. E a' tempi nostri ancora riteune il legno di Caligola imperadore, il quale navigava da Astara ad Anzio ; epper si pu credere eh' egli sia pesce di augurio; perocch essendo allora tornalo quello imperadore a Roma, fu ammazzato con le sue proprie armi. N fu gran fatto lunga la maravi glia di quella dimora, per essersi intesa subito la cagione ; perciocch vedendosi che di tntta l ' ar mata Ia quinquereme sola non andava innanzi, subito saltando fuora alcuni a cercar quel pescio lino intorno la nave, lo trovarono chegli era attaccato al timone ; e mostraronlo a Caligola, il qnal s'era sdegnato che questa bestiuola l'a vesse fatto fermare, e avesse avnto pi fona che quattrocento marinari. La maraviglia era parti colarmente in questo, come attaccandosi al navilio avesse avuto forza di fermarlo, e tolto dentro non avesse il medesimo potere. Coloro che lo videro allora e poi, dicono ch'egli simile a una gran lumaca. Noi abbiamo raccontato le opinioni di molti tieMa nathra degli animali acquatici, quando Sragionammo d'esso. E abbiamo per cer to, cbe l 'altre sue specie anoora possono il me desimo, perciocch per la eelebre consacratione che si fa al tempio di Venere Gnidia, necessa rio credere che vi siea nicchi della medesima possanza. Alcuni de nostri Latini I' hanno chia mato remora. Alcuni Greei dicono, che appic candolo ( come abbiamo detto ) addosso alla don na che sia per {sconciarsi, ritiene il parto fine al tempo debito. Alcuni dicono, che conservandolo insalato e appiccandolo poi alle donne* le fa par torire ; e perci con altro nome si chiama odinolite. Ma in qualooque modo si sia, ohi dabher della potenza della natura, e dell* effetto ano, nei rimedii che nascono per s medesimi, ricordan dosi di questo pesciolino* che ritiene i legni P

Db TomraDntt, v m .

D illi

T O E K D IB B , 8 .

Anzi anoo senza qaesto esempio basterebbe II. Quin et sine hoc exemplo per se satis es II. set ex eodem mari torpedo : 'etiam procul, et e quello della torpdine marina, la quale essendo longinquo, vel si hasta virgave attingatur, quam tocca ancora ehe di loataho, e con asta, o eoo vis praevalidos lacertos torpescere, quamlibet ad mazza, fa intormentire ogni gagliardo braccio, e cursum Veloces alligari pedes: Q aod si necesse ogni veloce pi al correre. Se questo esempio

97

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXXII.

974

bbnoi ialeri hoc exemplo 1111 vim aUquun, qaae odore lanium el qoadam aura ja i corporis adficiat membra, qoid non de remediorum omniom momentis sperandum est ?

donqoe ei sforza a confessare che sia alcuna po tenza, la quale solamente o con l 'odore, o eon cerio alilo che esca del suo corpo impedisca 1 membra, perch non abbiamo noi a sperare di tulli i rimedii ?
D alla
l b fb b im b ib a ,

Ds i n o u

M iiim , t .

5.

III. Non svnt minos mira, qoae de lepore ma III. Non punto minor maraviglia qaello che r i no tradantur. Veoenam est aliis in pota, aot in si conta della lepre marina ; la quale essendo data cibo datos, aliis etiam visos. Siquidem gravidae a bere, o mangiare, veleno ad alcuno, e.ad al ci omninoaspexerint feminam ex eo genere dum cuno ancora pur solamen le a vederla. Perciocch taxat, slalim naosea et redoodatione stomachi le donne gravide pur che guardino solo uaa lepre tilia m fatentor, ac deinde abortum faciant. Re marina che sia femmina, sabito eon fastidio e medio est mas, ob id indorata* sale, ut io bra travaglio di slomaco dimostrano il male, e Anal chialibus habeant. Eadem res in mari et lacto mente si soonciano. Il rimedio avere una lepre quidem nocet. Vescitor eo onom tantum anima* maritta maschio, la quale sia serbata insalala pec liom ol non intereat, mallus pUcis: tenerescit simile effetto, e tenerla legata al braccio. Questo tantam , et ingratior, viliorqae fit. Homines qui pesce ancora in mare toccandosi nuoce. Mangia bus impactas est, piscem olent, hoc prime argu* di questo pesce un animai solo, che per ci noia mento veneficium id deprehenditor. Celero * o - muore, e questo il pesce mullo, ovvero triglia : riuntor tolidem diebus, qaot vixerit lepas; in- solamente diveota pi tenero, e manco grato e certiqae temporis veneficium id esse, anetor est pi vile. Gli uomini che l hanno urtato sanno di Licinios Macer. In India adfirmant non capi vi pesce, e con questo primo segno si conosce tal ventem : inviceroqoe ibi hominem illi pro vene veneficio, dipoi muoiono in tanti giorni, qnanli no esse, ac vel digito omnino io mari tactam vissuta la lepre. Scrive Licinio Macro che questa mori. Esse aatem ampliorem multo, sicut reliqua veleno non ha termine certo. Dicono che in India non si pu pigliar vivo, e che quivi all'incontro asinalia. l ' uomo veleno alla lepre, perch essendo tocca in mare solamente eoo un dito, si muore. Di pi dicono che quivi molto maggiore, come gli altri animali.
MlBABILlA R o B B l MAB1S. M a b a v ig l ib
dbl mab

Rosso.

IV. Jaba in his volominibas, qaae scripsit ad C. Caesarem Augusti filium,* de Arabia, tradit mitolos marinos ternas heminas capere. Cetos sexcentorum pedam longitudinis, et trecentorum sexagintm latitudinis in flumen Arabiae intrasse, piogoique ejos mercatores negotiatos, et omniom pisCfara adipe camelos perangi in eo situ, ut asi los ah his fugent odore.

IV. Gioba iu quei libri dell'Arabia eh'egli scrisse a Caio Cesare figliuolo d 'Augusto, dice ebe il mitolo ( questi sono specie d 'ostriche ) oapiseein vaao di tre emine; e che nel fiume di Arabia entrarono balene longhe seicento piedi, e larghe trecento sessanta, e che i mercanti fecer traffico del grasso loro, e che in qoel paese s 'un gono del grasso d'ogni pesce i cammelli, acciocch per l ' odore fuggano da essi i tafani.
D ell'
ib d u s t b ia d b ' p e s c i.

Db o en is piscimi. V. a. Mihi videntor mira et qoae Ovidius prodidit piscinm ingenia, in eo volumine, qaod Halieaticon inscribitur. Scarom inclosom nastis, nan fronte erompere, nec infestis viminibus ca pai inserere : sed aversam caadae ielibos crebris laxare fores, atqne ita retrorsum erompere. Quem lactatam ejos si forte alias scarus extriosecos vi deat, adprehensa mordicus cauda adjuvare nisus erumpenti*. Lupam rete circumdalum arena*

V. a. A me paiono maravigliose par qnelle cose che Ovidio disse de'pesci, in quel volume eh' egli intitol Alieutico : ci sono, che il pesce scaro, rinchiuso nelle nasse, non cerca di uscir fuori con la fronte, n di mettere il capo fra le grettole che lo noiano, ma con gli spessi colpi della coda allarga l entrate; e cos esce fuora airindietro. L se per caso alcuno altro scaro di fuori vede qaello che s'affatichi, pigliando

97

. PUNII SECONDI

97*

arar* canti*, alque ita cond, dum transeat rete. Muraenanl ruaeulas adpetere ipsas, consciam tara* tis ac lubrici tergi, tum multiplici flexa laxare, donee evadat. Poi ypam hamos ad petere, brachiisqae complecti, oon morta : nec pria* dimittere, qaam escam circumroserit, ant arundine levatum extra aquam. Scit et mugil esse in esca hamum, insidiasque non ignorat: aviditas tamen tanla est, ut cauda verberando excutiat cibum. Minus hi providendo lupus striertiae habet, sed magnum rbdr in poeniteodo. Nam ut haesit in hamo, tu multuoso discorsa laxat vulnera, donec excidaot insidiae. Muraena amplius devorant, quam ha* mum, admoventque dentibus lineas, atque ita eroJunt. Anthiam tradit idem infixo hama in vertere se, quoniam sit in dorso coltellata el spina, eaque lineam praesecare. Licinius Maeer inurafebas tanttfm feminini sexus esse tradit, et concipere e serpentibus, ut diximus: ob id sibilo a piscatoribus, tamquam serpentibus, evocari et tapi : pinguescere jactatu, fuste non interimi, easdem ferula protinus. Animant in eauda habere eertum est, eaque icta celerrime exanimari : at capitis ictu difficulter. Novacula pisce quae tacta Sunt, ferrum olent. Durissimum esse piscium eonstat, qui orbis vocetur : rotundus est, et sine squamis, totusque capite eonstat.

alquanto It ooda mai sforza d 'aiutarlo perda esca fuori. Il pesce lupo, circondato dalla vele, dicono ehe solca l arene eon la cda, e in que sto modo sappiatta mentre gli passa aopra la rete. La murena o lampreda, ricordandosi des ser tonda e sdrocciolosa, si mette nelle maglie della rete, e tanto si scontorce, che le allarga, a cos scampa. U polpo piglia l amo con la braccia, e non con la bocca, n lo lascia infin che noe rode 1'esca, o che non sia con la canna innalzata sopra l'acqna. Il muggine sa anch*esso che l a mo nell' esca, ma tanto ingordo, ehe con la coda lo percuote tanto che ne spicca l ' esca. 1 lupo ha manco industria nel conoscer il percolo, ma gran forza nel ravvedersi; perciocch essendo preso dall'amo si dibatte tanto, che allargala ferita, di maniera che l ' amo n* esce. Le murene inghiottiscono l'am fin che arrivano alla carda, co' loro denti la rodono. Dice lo stesso Ovidio che l'aatia, per avere il dosso tagliente perle penne ehe vi sono, si rovescia sulla corda, e la ta glia. Licinio Macro dice che le murene son tulle femmine, ma che le serpi le impregnano, come dicemmo, e per qdesto i pescatori fischiando le fanno venire a s, e le pigliano. Ingrassano per l ' agitarsi, e per ucciderle non vale la massa, ma s bene la sferza. Non dubbio alcuno eh' elle han la vita nella coda, e percossa quella subito muoiono ; ma percosse nel capo, panano molto a morire. Le cose che son tocche dal pesce ra s o io , sanno di ferro. Vedesi manifesto che il peste orbi durissimo fra tutti : questo pesce tondo, senza scaglie, e tutto capo.
M ib a b il i
p b o f b ib t

P b o p b is ta tb s

f is c ic m

h ib a b ilb s .

dei

p e s c i.

Scrive Trebio Nigro, che quando il pesca VI. Milvago quoties cernatur ex Ita annata VI. volitans, tempestates mulari, Trbins Niger an** milvagine vola sopra l'acqua, significa mutatione di tempo} e ch il pesce sifia, cio coltello, ha il etor st Xiphisra, id est, gladinm, rostro mu cronato esse : ab hoe naves perfossas mergi ia becco appuntato ; e dicono che questo pesce fera Oceano, ad locoa Mauretaniae, qui Cotta voce- i navili, di maniera ehe n' ha som m eni in a ire tur, non procnl Lixo flumine. Idem loligines presso un luogo di Mauritania, che si chiama Col ta, poco discosto dal fiume Lisso. Il medesimo evolare ex aqua tradii, tanta moltitudine, ut na dice, che le loligioi volano fuor dell* acqua in vigia demergant. tanta moltitudine, che affondanti i navili su cui si gettano.
U bi
bdabt b h a r d .

DOVB F1GLUTO III B A N U l i A IX B MAKU

TII. E manu vescuntur pisces in plnribns quidem Caesaris villis : aed quae veteres prodi dere in stagnis^ non piscinis, admirati, in Eloro Siciliae castello, non procul Syraousis : item in Labrandei Jovis fonte anguillas : hae et inaures additas gerunt. Similiter in Chio juxta Senum

' VII. In molte ville di Cesare i pesai pigliano il mangiare ia mano agli nomini; ma son mira bili cose quelle che gli antichi scrissero essersi vedute fsre ai pesci, non gi ne' vivai, ma sibbene negli stagni, come in Eloro castello di Sici lia poco lontano da Sifacosa ; a nella fonte d

$77

HISTORIARUM MUNDI UB. XXXII.

978

delubrum : in Mesopotamiae qooque fonie Chabara, de quo diximus.

Giove Labrandio le anguille : queste portano eziandio ornamento agli orecchi ; e similmente nell1isola di Scio appreso il tempio de1Vecchi, e in Cabura fonte di Mesopotamia, di coi abbia* n o parlalo. Dova
coBoscA Bo l a

Ubi

vocem a g b o s c a b t, s t

mi u s r o i u

D ia n a

voca, a d o t b

d ia b o

io o o m

a x p isc ib u s.

Vili. Nam in Lyeiae Myris in fonte Apollinis, qoem Corium appellant, ter fistula evocati ve niunt ad augurium. Diripere eos carnes objectas, laetum eat con suitanti bos: caudis abigere, dirum. Hterapoli Syriae in lacu Veneris aedituorum vo cibus parent vocati: exoruati auro veniunt: adolaotes scalpuntur : ora hiatia manibus inserendis praebent. In Stabiano Campaniae ad Herculis petram, melanuri in mari panem abjectoA ra piunt: iidem ad nullam cibum, in qno hamus sit, accadant

V ili. Percicchi a Miri di Licia nel fonte di Apolline, che si chiama Curio, i pesci sendo chia mati tre volte col zuffolo vengono alT augurio. Se pigliano le carni gettate loro, buona nuova per chi vuol sapere ci che ha da venire; e catti va, quando le gettano Indietro con la coda. A Gerapoli di Soria, nel lago di Venere, chiamati ubbidiscono alle voci de1custodi del tempio, e vengono ornati di oro, e con certa blandizia si dimenano guizzando, e danno le bocche aperte a quegli che vi vogliono metter le mani. In Istabia di Campagna, a un luogo che si chiama la pietra d'rcole, i pesci chiamati metanoli piglia no il pane gettato in mare, e non s* accostano a cibo alcuno, dove sia fitto P amo. Dova 1 PESCI
SIERO AMAXI, DOTE SALSI, DOTE DOLCI.

Ubi amaei imT viscas, u b i

salii,

ni

dulcbs.

IX. Nec illa ia novissimis mira, amaros esse IX. Questa anco non delle oliime maravi pisces ad Pelen insulam, et ad Clazomenas. Con glie, che nelP isola di Pele, e in Clazomene vi tra, ad scopulum Sidliae, ac Leptin Africae, et sono i pasci amari. Allincontro sono allo scoglio Euboeam, et Dyrrachium. Rursus ita salsos, nt di Sicilia, a Tripoli di Barberia, ad Eubea e a possint salsamenta existimari, circa Cephaleniam Durazto. Altri sono tanto insalati, che si possono et Ampelon, et Paron, et Deli petras : io portu chiamare saltami, intorno a Cefalonia, Ampelo ejusdem insulae, dulces. Qaam differentiam pa Paro, e le pietre di Deio ; e nel porto della me bulo constare non est dubiom. Apion maximum desima isola son dolci. La qual differenza non piscium esao tradit porcam, quem Lacedaemonii dubbio alcuno che viene dal mangiare. Apione orlhragoriecom vocant: grunnire eum, quum scrive, che il maggior pesce che si truovi il eapiatnr. Esse vero illam naturae accidentiam, porco, il quale i Lacedemoni chiamano ortragoquod mags miremur, etiam in locis quibusdam, risco, e dicono eh* ei ragghia, quando preso. adposito occurrit exemplo. Siquidem salsamenta Tali accidenti son proprii ancora della natura di omniom generum in Italia Beneventi refici con- alcuni siti, eh maggior maraviglia; e questo provati con un esempio; perciocch i salsa mi di aut. ogni ragione a Benevento d'Italia ritornano freschi.
Q
u a b d o m a b ib i p is c e s i b u s o p e im u m

assa coara-

Q u a n d o 1 pesci m a b ib i a b b ia n o c o m in c ia to a v e n i r e in uso . O e d in a z io n e d i N um a
ai

a iB T . N

u m a b b e g is c o n s t it u t io d b p js c ib o s .

a a p p o r to

PESCI.

X. Pisces marinos in usu fuisse protinus condita Roma, auctor est Cassius Hemina : cujus verba da ea re hic subjiciam: uNuma constituit, ut pisces qui squamosi non essent ne pollucerent : parsimonia commentus, ut eonvivia publica et privata, coenaeque ad pulvinaria facilius compa-

a X. Cassio Emina scrive, che i Romani osaro no i pesci marini insin da principio che fa edifi cata Roma; le cui parole in questo suggello met ter qoi appresso. Noma ordin che i pesci, i qoali non hanno scaglie non si dessero in vivan da n in sacrificio, provedendo alta parsimonia,

979

C. PLINII SECUNDI

9 80

rarentur : ni qai ad pollactora emerent, prelio minus parcerent eaque praemercarentur.

perch pi facilmente si potettero ordinare i ooovili pubblici e privati, e le cene religiose ; eccetto te qnei che li compravano per sacrificio noo ba dassero alla spesa, e gli avessero comprali innanzi.*
Dei;
co ba llo , m e d ic in e

D b c u b a l i o : m e d ic iiu e b t o b ib b v a tio b b s , h i t .

m o s s b b v a z io k i

44*

XI. Quantam apnd nos Indicit margaritit XI. Qoanto appresto di noi valgooo le perle pretiam est, de qaibas sao loco satis diximus, Orientali, delle quali ragionammo al suo luogo, tantum apud Indos in curalio. Namque isla per tanto valgooo i coralli appretto gl*Indiani; per suasione gentium constant. Gignilur quidem et ch queste cose hanno il presso dalla stima che in Rubro mari, sed nigrius : item in Persico vo ne fanno gli oomini. Nasce il corallo a d mar catur tace : laudatissimum in Gallico sino circa Rosso, ma pi nero ; e io qnei di Persie o t Stoechadas insulas, et in Siculo circa Aeolias, ac ri, e chiamasi iace : nasce buonissimo nel golgo Drepanum. Nascilur et apnd Graviscas, et ante di Francia intorno all1itole Orcade, e nel mare Neapolim Campaniae: maximeque rubens, sed di Sicilia intorno Eolia e Trapani. Nasce ancora molle, et ideo vilissimum Erythris. Forma est ei a Gravitea, e in nauti a Napoli di Campania. Ad fruticis, color viridis. Baccae ejus candidae sob Eritre molto rotto, ma tenero, e perci vilis aqua ac molles : exemptae confestim durantur et simo. Ha forma d'arbotcello, e di colore verde : rubescant, quasi corna sativa specie atque ma le coccole tue sotto acqua tono bianche e mor gnitudine. Ajunt tactu protinus lapidescere, si bide ; ma apiccate diventano dure e rotte d for vivat. Itaque occnpari, evellique retibus aut acri ma, e di grandezza delle corniole domestiche. ferramento praecidi. Qua de causa coralium vo Dicono che toccandogli mentre che sono vivi, citatum interpretantur. Probatissimum quam tubilo diventano pietra. Epper li prevengono maxime rubens, et quam ramosissimum, nec sca io tirargli fuor con le reti, o mozzargli con ferro biosum, aut lapidenm, aut rursus inane, et con tagliente. Per questa cagiona interpretano che ss cavum. Auctoritas baccarum ejus non minus In chiami corallo. Eccellentissimo quello ch pi dorum viris quoque pretiosa est, quam feminis rosso e pi ramoso, e non ruvido, o pietroso, n i nostris uniones Indici. Aruspices eorum vatesque vto, n concavo. N tono io minor prezzo agjli in primis religiosum id gestamen emoliendis pe uomini d 'India le coccole di queato, ehe sieoo le ricoli* arbitrantur. Itaque et decore et religione perle Indiane appresso le nostre donne. Gli aroapici e indovini loro ttimano cbe a portargli ad gaudent. Prius quam hoe notesceret, Galli gla dios, scuta, galeas adornabant eo. None tanta pe dosso giovi per fuggire i pericoli. Epper gli por tano e per l bellezza loro e per la religione. Prima nuria est vendibili merce, ut perquam raro cer natur in suo orbe. Surculi infantiae adalligati, che queste cose fossero note, i Francesi osavano tutelam habere creduntur. Contraque torminum, ornare le spade, gli scodi t gli elmi loro di co ac vesicae, et calculorum mala in pulverem igne ralli. Ora d' tanta carestia, per la gran vendita redacti, potique eum aqua auxiliantur. Simili che te ne fa, che rado ti Iruova dove nasce. Tieoai modo ex vino poli, aut si febris sit, ex aqua, che i aorcoli di questi coralli sieno difesa dei somnum adferunt. Ignibus diu repugnant. Sed bambini a fargli portar loro al oollo. Ardons, e eodem medicamine saepius poto tradunt lienem la lor polvere arsa e bevuta con l ' acqua giova quoque absumi. Sanguinem rejicientibus ex- a' tormini, alla vescica e alla pietra. E similmente screantibusve medentur. Cinis eorum miscetur bevuti nel vino, o se v ' febbre bevuti oon l'a oculorum medicamentis. Spissat enim ac refri cqua fanno venir sonno. Per lungo spazio di tempo resistono al fuoco. Ma bevuti troppo spetto di gerat. Ulcerum cava explet. Cicatrices extenuat. ceti che coutumano la milza. Guariscono quei cbe vomitano o sputaoo sangue. Mescolasi ancora la cenere detti nelle medicine degli occhi, per ch consolida e rinfresca. Riempie le cavit delle ulcere: assottiglia le margini.

HISTORIARUM MONDI LIB. XXXII.


C h B I PESCI BABBO SIMPATIA B ABTIPAVIA P tB CBB- .
t i l u o g h i ; b d e l l a d isc o b d ia

ESSE l f LOCOnCM SYHPATHIAK , BT ABTIPATB1 AM, BT M DUCOBMA IBTBB SB AEIHOBUH.Db OALBO, MULLO, I T ; BT F ilT IU C A , IX.

i l i lobo . D bl

OALBO B DELLA TBIGLIA, MEDIC1BB B OSSBBVAZIOBI l 5 ; B DBLLA PASTIBACA 9 .

XII. Qaod ad repagnantiam rerom ad tinet, XU. Quanto s* appartiene alla repugnanza quam Graeci antipathiam vocant, nibil est oaqoam delle cose, la quale i Greci chiamano antipatia, venenatius, qaam io mari pastinaca, otpote qoom non cosa pi velenosa in alcan luogo che il radio ejus arbores necari dixerimus. Hanc lamen pesce pastinaca, il qoale dicemmo che col suo perseqaitar galeos. Idem et alios qoidem pisces, raggio appuntato ammazza gli alberi. Nondime sed pastioaeas praecipue, sicot io terra serpentes no il pesce galeo, che d dietro a molti altri pe mosteb. Taota est aviditas ipsias veneni. Percas* sci, perseguila specialmente essa pastinaca, come sis vero ab ea medetor et bie qoidem, aed et mal la donnola in terra perseguila le serpi; tanta Pavidit del veleno d*essa. Il medesimo pesco lus, ac laser. goarisce quegli, che sono morsi dalla pastinaca ; il che fa ancora la triglia, e quello che si chiama lasero. Db b is
q u ib u s m t b b b a b t iw a q u a v ic to s b s t.

Db

D i q u e lli che

vrvoao ia

t b b b a com e ih a c q u a .

CASTOBB1S : MBDIC1BAB BT OBSBBVATIOBES, LXVI.

D b ' castobbi , m ed ic ib b b ossbbv aziobi , 6 6 .

XIII. S. Spectabilis natorae potentia io bis , XIII. 3 . Nobil potenza ancora esercita la na quoqoe, qoibos et io terris et io aqoa vietos est, tura in quegli animali cbe vivono e iu terra e io sicat et fibris, qoos castores vocant, et castorea acqoa, quali sono i fibri, che si chiamano castori, testes eorum. Ampatari hos ab ipsis, qnnm es come i testicoli loro castorei. Dice Sestio, nomo piantar, negat Sextios diligentissima* medicinae. diligentissimo nella medicina, che non vero che Quinimmo parvos esse obstrictosqae, et adhae essi se gli taglino da loro stessi, quando vengon rentes spinae, nec adimi sine vita, animalis posse. presi. Anzi dice egli che gli hanno piccoli, ristretti, Adulterali autem renibus ejosdem, qai sint e attaccati alla spina, n si posson levare senza le grandes, qaam veri testes parvi admodom repe- var loro anco la vita. Dice altre che si falsificano nantor. Praeterea ne vesicas qoidem esse, qoam con gli arnioni del medesimo animale che son sint geminae, qaod oalli ammaliano. In hia folli molto grandi, mentre ! veri testicoli si truovano culis inveoiri Uqnorero, et adservari sale, ltaqoe molto piccoli. Oltra di ci non haono vescica, inter probationes Calsi, esse folliculos gemioos ex avendo in quel cambio due membrane ; il che noo ooxu dependentes, qaod ipsam corrompi non avviene a veruno altro animale. Io quelle fraade conjieientiom gammi com sangaioe, aot membrane dice che si truova un liqoore, die ai ammoaiaeom : quoniam ammoniaci coloris esse conserva nel sale. Laonde a voler conoscere il fal daheaot, tooicis ciroomdati, liquore velati meUis so dal vero, si guarda che sieoe due vesdcoline, cercai, odore graves, gusto amaro, et acri, fria le quali pendano da un nodo; il che aoeora si biles. Efficacissimi e Ponto, Galatiaqae, mox Ingegnano di corrompere oon inganno, metten Africo. Stentamente olfacta movent. Somnam dovi gomma con sale ammoniaco, perch debbo eooeiliant, com rosaceo et peocedaoo peruncto no essere del colore dello ammoniaco, attorniati capite : et per se poti io aqoa : ob id phreneticis da an oerto liqoore simile a un mela ceroao, di utiles. Item lethargioos odoris soffilo excitant : odor grave, di sapore amaro e agro, o facile a vulvanunque exanimationes vel subditi. stritolarsi. Ottimi sono in Ponto, io Galazia, e poi io Africa. Fiatandogli fanno stornotire. Fanno dormire, ognendo il capo con essi e eon olio ro sato e con peacedano ; ovvero bevali nell* aequa di per s ; e per ci sono otiti al farnetico. Il pro fumo di qoeato odore riaveglia i letargici; a fa cendone sopposte, levano la soffocazione della matrice. Beandone doe dramme con acqoa e pulegio, E t menses ae secandas cient, daabas drachmis ex aqaa eam palegio poti. Medentor et vertigini, provocano i mesi e le seconde delle donna. Medi opislkotonis, tremulis spastieis, nervorum viLus cano i capogirli i nervi rattrappati o ritirati,

983

C. PLINII SECUNDI

9i

isohiadicis, stomachicis, p ira ljlid i, perunctis omnibut : vel Uriti ad crassitudinem mellis cam semine vitids, x aceto at rosaceo. Sie et contra comitiales sumpti : poti ?ero contra inflationes, tormina, venena. Differentia tantam contra ge nera est mixturae. Quippe adversas scorpiones ex Tino bibuntor : adversus phalangia et araneos, ex malso, ita at Yomitione reddantur, aut at reti neantur, cum ruta : adversus chalcidas cum myr ti te : adversus cerasten et presteras, cum panace, aut ru ta, ex vino: adversus ceteras serpentes, cum vino. Dari binas drachmas satis est : eorum qaae adjiciantur, singulas. Auxiliantur privalim contra viscum ex aceto: adversus aconitum ex lacte, ant aqaa : adversum elleborum albam ex qua malsa nitroque. Medentor et dentibai, infusi cum oleo triti in arem, cujus parte doleant : arium doloribas melius, si cum meconio. Clari tatem visas feeiunt cam melle AUico inuncti. Cohi bent singultas ex ceto. Urina quoque fibri resistit renenis, et ob id in antidota additur. Adservatar atem optime in sua vesica, ut aliqui existimant.

tremuli, gli spasimi, i difetti de1nervi, gli scia tici, gli stomachici, e il parletieo, col farne unzio ne a dascuno, o veramente pesti alla g ro sse del mele cou seme di vetrioe nell' aceto, ovvero nell olio rotato. Giovano ancora presi in questo modo eontra il male caduco ; ma bevali valgoao contra l enfiagioni, tormini e veleni. La diffe renza solo conira i generi della mistura. Per ciocch coutra gli scorpiooi si beooo col vioo, contra i falangi e i ragni col vin melato, accioc ch si ribattino col vomito, o, perch si riten gano, si beono con la ruta. Contra le caldde ai beono col vioo di mortine; cootra le ceraste, e le prestere eoo la panace, o eoo la rota nel vioo; e conira 1*altre serpi col vino. Bastane a dama due dramme, e nna dramma di qoelle cose che s'aggiungono. Aiutano particolarmente coatra il visco nell* aceto: eontra l'aconito nel latte, o nell1acqua.* eontra l'elleboro bianco con I*acqua mdata o col nitro. Al daolo de* deoti si pestano con Polio, e meitonsi ndPorecchio da quella parta dove il dente duole ; ma al dolore degli orecchi giovano pi col meconio. Mescolanti col mele Ateniese, e ogoeodone gli oochi rischiarano la vista. Coo P aceto fermaoo il sioghiosso. Lo . rioa aocora del fibro resiste a* veleni, e per dd si mette negli antidoti. Conservasi benissimo, seoondo P opinione d aleoni, ndla soa veactea.
D b l l a tb s to g g ih b , m ed ici bb b o s s b b ta b s o h i, 6 6 .

D i Tsmroim: m is ic ih a b

b t o b s b b v a tio h b s , l x t i .

XIV. 4* Geminos similiter victas in aquis ter- XIV. 4. Vivono aocora le testoggioi in aequa raqne testudinum, effectnsque par : honore ha e in terra, e fanno gli effetti medesimi ; e meri bendo, vel propter excellens in usn pretium, na- tano onore s per P eccellente uso che se ne fa, toraeque proprietatem. Sunt ergo testudinum e s anco per la propriet ddla lor natura. Sooo genera, terrestres, marinae, lutariae, et quae in adunque le testuggini di pi ragioni, do terre dolci aqaa vivunt. Has qaidam e Graecis emydas stri, marine, fangose, e qudle che vivono in acqoa appellant Terrestrium carnes suffitionibus pro dolce. Alconi Gred chiamano queste emide. Le priae, magicisque artibus refutandis, et contra carni delle terrestri sono utili a scacciare i pro venena salutares prodantur. Plarimae in Africa. fumi le arti magiche, e sono aneo giovevoli Hae ibi amputato capite pedibusque, pro antidoto eontra i veleni. Assaissimo ne sono in Africa. dari dicantar : et ex jare in cibo sumptae, stru Dicesi che qaivi tagliato il capo e i piedi si danno mas discatere, lienes tollere: item comitiales mor per antidoto, e prese col dbo in brodo guarisco bos. Sanguis earum claritatem visus fecit, suffu- no le scrofe, le volatiche e il mal caduco. Il san tionesqua oeniorum tollit. Et contra serpentium gue loro rischiara la vista, e leva gli umori seorsi omniom et araneorum ae similium venena auxi negli occhi : aiata con tra il veleoo di lotte le ser liatur, servato sasgoine in farina pilnlis factis, et pi, ragni, botte e simili animali, salvandosi caso ' quum opus sit io vioo datis. Felle testudioum sangue io ferioa, e quando fa bisogno dandolo oum Attico melle glaoeomata inuogi prodest : et in pillole con vino. Giova ugnare le macchie che scorpionum plagae instillari. Tegumenti dnis vino vengono negli occhi col fiele delle testuggini me et oleo subactus pedom rimas alceraqae sanat scolato col mele Ateniese; e alle piaghe degli Squamae e somma parte derasae,'et io poto datae, scorpioni s 'instills. La eenere del suo guscio im Venerem cohibent Eo magis hoc miram, quo piastrata con vioo e olio goarisce le fessure e niam totius legamenti farina accendere traditur crepature de* piedi. Le scaglie rase della parie di libidinem. Urinam earum aliter quam in vesicis sopra, date a bere, raffrenano la lussarla. E qoe dissectarum, inveniri posse noo arbitror : et inter sto tanto maggior meraviglia, perch lo poi*

>85

HISTOEIAROM MONDI LIB. XXXII.

986

m boe quoque esse,qaae portentosa Magi demontrent, ad versus aspiduin ictus iugulare, effica:iore tameo, ut ajunt, cimicibus admistis. Ova lorata iliinuntur strumis, et ulceribus frigore aul idusUone factis. Sorbentur ia stomachi doloribus.

Marinarum carnes admixtae ranarum rami* bua contra salamandras praeclare auxiliantur. Keqae est testudine alind salamaodrae adversius. Sanguine alopeciarum inanitas, el por rigo, omnuque capitis ulcera curantur. Inarescere eum opor tet, lenteque ablui. Instillatur et dolori aariwn cum laete mulierum. Adversos comitiales morbos manditur cum polline frumenti. Miscetur autem sanguis heminis tribas, aceti hemina, vino addito: bis et eum hordeacea farina, aceto quoque ad mixto, ut sit qood devoretor fabae magnitudine. Haee singula et matutina et vespertina dantur, dein post aliquot dies bina vespera. Comitialibus instillatur ore diducto, his qui modice corrtpiantur. Spasmo cum castoreo clystere iofunditar. Qood si dentes ter anno colluantur testudinum sanguine, iramunes a dolore fiunt. Et anhelitus discutit, quasque orthopnoeas vocant: ad has in polenta dator. Fel testudinum claritatem oenio rum facit: cicatrices extenuat: tonsillas sedat, et anginas, et omnia oris vitia : privatim nomas ibi : item testium. Naribus illitum comitiales erigit, adtollilque. Idem cum vernatione anguium aceto admixto, unioe purulentis auribns prodest. Qui dam bubulum fel admiscent, decoetaromque car nium testodinis s u c c u m , addita aeque vernatione snguiam. Sed vino testudinem excoquuot. Ocu lorum utique vitia omnia fel inunelura cum melle emendat: suffusiones etiam. Marioae felle com fluviatilis sanguine, et laete, capillus muliernm inficitur. Fel contra salamandra*, vel suocum de coctae bibisse satis est.

Testudinum est tertium genus in coeno etpaladibus viventium. Latitudo his in dorso pectori umilia, nec convexo curvata calyce, ingrata visu. Ex huc quoque tamen aliqua eontiogunt auxilia. Trea namque in succensa sarmenta conjectae., dividentibus se tegumentis rapiuntur: tum evulsae carne earum coqnunlor in aquae congio, sale

vere di tutto il guseio si dice che infiammo la lussuria. Io non credo che I* orina loro ai posse trovare altrimenti, che nella vescica di quelle ehe si sparano. Ma questa ancora i Magi dicooo eh* mirabil rimedio contra il morso degli aspi di, e tengono eh* ella operi molto meglio, quan do ai mescolano cimici con essa. Le oova sue in durate s impiastrano alle scrofe e agli ulceri nati o per arsione, o per freddo. Beoosi al dolore del lo stomaco. Le carni delle testuggini marine mescolate eon le carni de'ranoochi aiutano mirabilmente contra le salamandre. Non i altro animale pi contrario alla salamandra, che la testuggine. Col sangue suo si levano le forfore, si guariscono le ebiazze lasciate dalla tigna, e tutti gli ulceri del capo. Bisogna che questo si risecch, e lentamente si bagni. Mettesi negli orecchi che dolgono, eoa latte di doona. Masticasi oon fiore di farina di grano oontra il mal caduco. Tre emine di saogue si mescolano in una d aceto, dipoi vi s*aggiugne vino, e farina d* o n o mescolata por con aee to : quello che si piglia sia quanto una fava. Questa porziooe ti d mattina e sera, e dopo al cuni di si d al doppio la sera. Mettesi io bocca, aprendola loro, a quegli che mediocremente pa tiscono di mal caduco. Allo spasimo si mette ne gli argomenti col castoreo. E se tre volte in nu anno ti lavano i denti con sangue di testuggine, mai pi non dolgono. Risolve 1 anelito, e quella * difficolt di respiro cbe ti chiama ortopnea; e a questo male si d con la polenta. 11 fiele delle te stuggini rischiara la vista, assottiglia le margini, leva le senici e le angine, e tutti i mali della bocca, e massimamente le piaghe che fossero in essa, e quelle de* testicoli molto riscaldati. Infondendolo nel naso per lo mal caduco, fa rizzare quei ehe caggiono. Con lo scoglio delle serpi mescolato epa aceto singoiar rimedio agli orecchi che avessero raccolto marcia. Alcuni v'aggiungono fiele di bue, esngo delle carni cotte della testuggine, e scoglio di serpe. Ma cuocono la testuggine in vino, li fiele suo mescolato col mele, e untone gli occhi, lev* ogni male da quegli, e ancora gli umori acorti in etti. Il piede della testuggine marina col san gue di quella di fiume,e latte vale a tingere i capelli delle donne. Cftntra la salamandra giova bere il fiele della testuggine o il brodo di essa colta. C* una terza specie di testuggini, le qnali vivono nella belletta e ne'paduli. Queste sono cosi schiacciate ani dosso come di sotto, senza con vessit alcuna, e perci brutte a vedere. Ma que ste ancora son bnone a qualche cosa. Perciocch gettansene tre sopra i sarmenti accesi, e quanJo il guscio s* apre, i leva la carne, e cuocesi in 119

9*7

C. PUNII SECONDI

9W

modioe addito : ila deeoetarum ad tarila* parte* succo*, paralysio t arlicalario* morbo* aentientibuc bibitur. Detrahit ilem fel pitoilas, s a n g u io e n que vitiatum. Sistitur ab eo remedio alvu* aqoae frigidae poto. Ex quarto genere testudinum, quae sont in amnibus, divulsarum pingui cum aizoo herba toso, admixto unguento et semine lilii, ante acces siones si perungantur aegri, praeter caput, mox convoluti calidam aqaam bibant,* quartanis libe rari dicuntur. Hanc testudinem quintadecima Inoa capi oportere, at plus pingoium reperiatur. Ve rum aegrum aextadecima luna perungi tradunt. Ex eodem genere testudinum sangui* instillatus C e re b ro capitis dolores sedat >item stroma*. Sunt qai lestndinum sanguinem cultro aereo supina ram cepitibus praecisis, excipi novo fictili jubent: ignem aerum, cuju*cumque generi* sanguine illini : item capitU ulcera manantia, et verruca*. Iidem promittunt testudinum omnium fimo panos diacuti. Et licet incredibile dictu sit, aliqui tra dant tardius ire navigia, testudini* pedem dex trum vehentia.

eoagio d* acqua, aggiugnendovi an pono. di sale, tanto che tornino la terza parte. Questo sago beono quegli ehe haaao parletieo, o male di grafi tare. Il fiele anoora cava fuori la flemma, e il sangue corrotto. Bevalo iar acqua fredda ristagna il corpo. La quarta specie di testuggini cono nefiutai. Dicono che pigliando il grasso di queste, e pe standolo con l ' erba sempreviva, e meacolaodovi unguento e seme di giglio, e con questo angendo a chi ha b quartana, innanzi che venga la re missione, tutto il oorpo, fuorch il capo, e dipoi bene inviluppato dandogli a bere acqua calda, guarisce della quartana. Bisogna che q uesta te stuggine si pigli a luna piena, accioeeh dia a pi grassa. Ma dicou bene, ehe P ammalalo s1ha da ugnere quando la lana comiada a scemare. 11sangue di queste medesime testuggini inse llato leva il continuo dolore del capo ; oon le scrofe. Alcuni dicono ehe le testuggini si debbono tener supine, e con un ooltdlo di rame tagliare loro il capo, e ricever il sangue in un vaso di terra nuo vo : alcuni uogooo il fuoco sacro col sangoe di qoal si voglia testuggine, e le crepature d d capo che geltaoo, e i porri. Dicoao anoora, che lo sterco di tutte le testoggioi risolve le pannocchie. E bench ella sia cosa incredibile, alcuni vogtioa dire che i navili, i quali portano il pi ritto della testuggine, vanno pi adagio.
fiu ta m i

REMEDIA IX AQUATILIBUS M HOMO* DIGESTA.

te a tti

dai

rasa, n o n a ni

CIASC SA M U ALATTIA. XV. Hine deinde in morbos digeremus aqua XV. Ora ragioneremo de' pead secondo la tilia, noo qoia ignoremus gratiorem esse univer qualit delle malattie, non perch non sappiamo sitatem animalium, majorisqoe miraculi : sed boje che la universit degli animali non aia pi grata, utilius eat vitae, eontribota habere remedia,qaam e di maggior maraviglia, ma perch pia alale alla vita avere rimedii raccolti insieme, perdo* aliad alii prosit, aliud alibi facilias ioveaiatar. ch chi giova a una cosa, e ehi a an'altra ; e quale si truova pi facilmente in un luogo, e quale in on altro.
CoilTBA V M M A, BT VBWnCIA t VX AUSATA, III ; I I STILLA MABIBA, III.

C o rn o t vblesi a i vessncii. Dell* o ra ta medic. S. D ella s t i l l a m a s u t a, 3.

XVI. 5. Venenatam mei diximus ubi nasce- XVI. 5 . Noi abbiamo gi detto dove nasce il retar. Aaxilio est pi*ci* aurata in cibo. Vel *i ex mele velenoso. 11 *uo rimedio mangiare il pesce nelle sincero fastidium craditasve, qaae sit gra orata. O se del mete sincero ne veni**e fastidio, vissima, incidat, testudinem circumcisi* pedibns, o crudit gravissima, dice Pdope ch gli ripara capite, cauda, decoctam, antidotum esse, aactor la testaggine cotta, tagliandole prima i piedi, il est Pelops, scincamque Apelles. Quid esset scin- capo e la coda. Apdle tiene che d f a d a lo cus, diximus: saepias vero, quantam veneficii in scinco. Gi abbiamo detto che cosa sia lo adnoo ; inenstrais mulierum. Contra omnia ea auxiliatur, e spesse volte ancora a* ragionato quanto sia a t diximus, malia*. Item coatra pastlnacami et vdenoso il menstruo delle donne. Contre tutte Scorpione* terrestres marinosqae, et dracones, et queste cose rimedio, come dicemmo, la triglia; phalangi* illitas sumptasve in cibo. Ejusdem re- la qual vai* anche oontra il pfsee parti nata, gfi

9*9

RISTORIABDM MtWDI LIB. XXXII.

centi e capile cinis contra omnia m o a , prifa tim contra foofos. Mala medicamenta inferri ne gant poste, aut certe nooere, stella marina vulpino saogaine illita, et adfiza limini superiori, aut davo aereo januae.

99 scorpioni terrestri e marioi, i dragoni e i falangi, messo in empiastro, o mangiato. La cenere del capo di qaesto petce fresco contra tatti i veleni, e massimamente contra i fanghi del medesimo. Di cooo che non ti pa apportare cattivi medicamen ti, o certe non nuocere, te I* stella marina impiatirata con tangue di volpe appiccala al cardinale della porta, o con an chiodo di rame alla porta sletta.
CORTEO 1 MOBSI DB* SBBPERTI, B DB* CARI, B COR

C om i

SBBPBRT1UM ICTUS, BT CAVUM M0BSUM, BT

VEEEHATA : EX DBACORB MAXI ITO, BT SALSAMERT l t , XXV ; IX S IE D I*, I ; EX CTBIO, X I.

TEO LB COSE VBLSaoSB: DEL DEAGOBB MABIBO, B


d e pesc i sb b b a ti

m
i i

sa lb,

5. D e lle

sa bdel*

le ,

i. D e l

c ie io ,

XVII. Draconis marini scorpionamqne ictus, XVIL 1 morsi de1 dragoni marini e degli carnibus earam impositis : ilem araneorum mor seorpieni si guariseono mettendovi su la lor car ant tanantnr. In summa contra m ia veoena, vel ne ; e cos) ancora il morso de* ragni. In generale, poto, vel icto, vel morsa noxa, succut earnm e oontra tutti i vdeni, o bevuti, o ricevati per per jure decoctarum, efficacissima* habetnr. Sant et cossa, o nocevoli per morso, il sogo delle carni di servatis piscibut medici use, taltamenioromqae quel tal animale cotte nel brodo si tiene ehe abbia cibet prodest serpente perenti, et contra be- gran virt. Sono medicina ancora i pesci terbati ; stiarum ictus, mero subinde hausto, ila nt ad e il mangiar dei salsa mi giova a quegli che son vesperam cibnt vomitione reddatnr. Peculiariter morsi dalle serpi, e contra le percosse delle bestie, a cbalcide, ceraste, aut quat sepas vocant, aut beendo poi vin pretto, in modo che il cibo si dope, diptadeve percussis. Conira tcorpionem venga a recere la aera. Soprattutto giova a quegli largiut turni, ted non evomi salsamenta prodett, ehe son percossi dalla terpe calcide, dlla ceraste, ila at sili* loleretur : et imponere eadem plagis o da quella ehe ai chiama tepa, dalla elope, o dalla convenit. Contra crocodilorum quidem morsus dipta. Contra gli scorpioni si pigliano i salsami pi non aliud praesenliut habetur. Privatim contra largamente, ma non giova vomitarli, che ansi dee* pretterit morsam sarda prodest. Imponontur sal si sopportarne la sete; e convien porre i medesimi samenta et eontra canit rabioti : vel si non tint sulle piaghe. Contra il morso de* crocodili non c* rimedio pi presto. La sardella giova particolar ferro otLse plagae, corporaque clysteribus exina mente al morso del prestere. Ponti ancora il salsunita, hoc per te tofficit. Et cootra draconem ma rinam ex aceto imponantur. Idem et cybio ef me sopra il morso del cane arrabbiato ; e bench fectu*. Draco quidem marinas ad spinae suae, qua il morso non sia brucialo col ferro, e il corpo non ferit, venenum, ipse impositus, vd cerebro toto sia vlo con argomenti, questo per s basta. Punsi anco sul morto del dragon marino con l'aceto. Il prodest. medesimo effetto fa il dbio. Giova porre il dragon marino sul suo veleno, dove egli ha ferito con la spina, o tutto il suo cervello.
Rava
a b ih a , v i

f l u v ia t il is , l i

bava bubbta, i

Della

b a r o c c h ia

s u b ir ,

6 . D ella

e a r o c c h ia

OBSEBVATIOHBS CIECA EAS, XXXV.

DI FIUM E,

5 l . DELLA BAROCCHIA BU EETA, I*

OSSEBVAUORI CIECA ESSE, 3 5 .

Il tugo delle rane marine colte n d XVIII. Ranarum marinarnm ex vino et aceto XVIII. vino o nell'aceto ti bee contra i veleni, e contra decoctarum saccus contra venena bibitur, et con tra ranae rubetae venenum, et contra salamandras. il veleno delle botte e delle salamandre. Quelle t fluviatilibus, si caroes edantur, jasve decocta- de* fiumi giovano, mangiando la carne loro, o nm sorbeatur, prosunt et contra leporem mari beendo il brodo dove elle ton cotte, contra la naio, e t contra serpentes supra dictas. Contra lepre marina, e con Ira le dette terpi. Contra gli scorpiones ex vino. Democritus quidem tradit, scorpioni, col vino. Dice Democrito cbe cavando si quis extrahat ranae viventi linguam, nulla alia la lingua a un ranocchio vivo, ma che non vi sia corporis parte adhaereo te, ipsaque dimissa in appiccata altra parte del corpo, e lasciando il ra aquam, imponat supra cordis palpitationem mu* nocchio nell* acqua, e poi mettendo quella lingua

99

C. PLINII SECUNDI
sul petto alta donna che donne, dove le balte il cuore, essa risponder a ci ehe le sar doman* dato. I Magi ancora vaggiungono altre cote, le quali te fossero vere, i ranocchi sarebbono molto pi ulili alla vita umana, che le leggi. Perch trapassando la natura delle rane oon nna canna per la bocca, e ficcando il marito quel fuscello ne* menstrui, egli fa venire a noia tutti gli adul terii alla moglie. Chi mette la carne de ranoc chi sull* amo, chiaro eh egli alletta i pesa, e massimamente le porpore. Dicono ehe il fegato de ranocchi doppio : si mette innanzi alle formiche, e quella parte dw elle manomettono, giova con ira tutti i veleni. Sono alcune che vivono solamente tra' pruneti, e per ci si chiamano rubete, c o m e dioemmo : i Greei le domandano frini : queste son maggiori deB'altre, e hanno due come cornicine, piene di veleno. Gli autori scrivono a gara cote maravigliose d esse; Dicono eh etsendo portate fra le brigate le frano tutte ammutolire. Gettando un ossidoo, chelle hanno dal lato ritto, nell acqua bollente, il vaao si raffredda, n mai pi bolle, fin che non tratto fuora qaelP osso. Questo osso si truova, dando la rana alle formiche, le quali ne rodono la carne : tutte queste ossa si mettono nell olio. Dieooo che elle hanno un altro osso nel lato manco, il quale essendo messo nell* acqoa, fa parere attrai eh ella bolla ; e chiamasi apocino. Con questo osso si raffrena la furia de cani, si risveglia l amore, e dandolo a bere si fa nascere briga fra glinnamo rati. Portandolo legato addosso si desta la lutea* ria. Inoltre, l osso del lato ritto raffredda le cote bollenti. Questo ancora legato in pellidna fresca di agnello guarisce la quartana e altre febbri. Con esso si raffrena lamore. La milxa di queste rane giova eontra i veleni che si fanno d esse.
D e l b r io s i, 6 . D ei g b a r c h i d i fiu w e , 7 . D e ll e c h i o c c i o l e d i f iu m e , 7 . D b p o e c e l l i , o fo e c i,

lieri dormienti, quaecuraque interrogaverit, vera responsa ram. Addunt etiamnum alia Magi, quae si vera sunt, multo utiliore vitae existimentur ranae, qoaro lege*. Namqoe arondine trantfixa natura per o*, arcalo* in menstroi* defigatur a marito, adolteriorum taedium fieri. Carnibu* earum in hamum additis, praecipue purpuras certum est allici.

Jeeor ranae geminum esse dicunt, objiciqne formici* oportere : eam partem, quam adpetaut, contra omoia venena este pro antidoto. Sunt quae in vepribus tantum vivunt, ob Id rubetarum no taio e, ut diximus, quas Graeci phryno* vocant, grandissimae cunctarum, gemiti* veluti cornibus, plenae venefioiorum. Mira de hi* certatim tra* dunt auctore*. Illatis in populum aileotium fieri. Ossiculo, qood sit in dextro latere, in aquam fer ventem dejecto, refrigerari vas, nec postea fer vere, nisi exempto. Id inveniri objecta rana for* micis, oarnibusque erosis : singula in olium addi. Et aliod esse in sinistro latere, qoo dejeoto fer vere videatur, apooynon vocari. Canam impetas eo cohiberi, amorem concitari, et jnrgia, addito in potionem. Venerem adalligatum stimulare. Bursus a dexlro latere refrigerari ferventia. Hoc et quartanas sanari adalligato in pellicula agnina recenti, aliasqoe febres. Amorem inbiberi eo. Item ex hi* ranis lien contra venena, quae fiant ex ipsis.

E ithtdris , v i ; carchi p l u v ia t il e s , v ii ; coc hleae


FLUVIATILES, VII j POECELLI, SIVE P0EC1, II.

a.

XIX. Auxiliatur vero etiam efficacius colubra XIX. per molto migliore il serpe colebro in aqaa vivens: hujus adipem et fel habentes qui che vive nell'acqua : quegli che vanno a caccia di crocodilos venentar, mire adjuvari dicunt, nibil crocodili, aveodo addosso il fiele e il grasso descontra belloa audente. Efficacius etiamnom, si so, si dice che maravigliosamente sono aialati, herba potamogiton misceatur. Cancri fluviatile* d maniera che quelle bestie non naooono lor triti poliqae ex aqaa recentes, seu cinere adser- ponto. Molto meglio anoora meecolare eoa vato, contra venena omnia prosunt, privatira qneste cote lerba potamogito. 1 granchi de fintai contra scorpionum ictus cum lacte asinino : vel petti e bevuti freschi oon l'acqua, o la ceoere si non sit, caprioo, vel quocumque. Addi et vi loro conservata, giovano eontra tutti i veleni, e nnra oportet. Necant eos triti cum ocimo admoti. particolarmente eontra il morso degli scorpioni, Eadem vis contra venenatorum omnium morsas, con latte d asina ; e ae non se ne pu avere, eoa privalim scytalen, et angues, et contra leporem latte di capra, o qualunque altro. Bisogna aggio* tnarinum, ac ranam rubetam. Cinis eorum serva* gnervi ancora vino. Pesti col basilico, ae vi s* ap tu* prodest pavore potus periclitantibus ex canis pressano, gli ucoidooo. La medesima virt hann*

1)03

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXXII.

994

rabiosi morsibus. Quidam adjiciunt gentianam, et dant io viuo. Nam si jam pavor occupaverit, pastillos vino subactos devorandos ita praecipiunt.

Decem vero cancris cum ocimi manipolo alli gatis, omnes qui ibi sint scorpioues ad eum lo cum coituros Magi dicunt: et cura ocimo ipsos cineremve eorum percussis imponunt. Minus ia omnibus his marini prosunt, ut Thrasyllus auctor est. Nihil autem aeque adversari serpentibus, quam cancros, suesque percussas hoc pabulo sibi mederi. Quum sol sit in Cancro, torqueri serpentes. Ictibus scorpionum et carnes fluviatilium co chlearum resistunt crudae vel coctae. Quidam ob id alus quoque adservant. Imponunt et ipsis plagis. Coracini pisoes-Nilo quidem peculiares sunt : sed et nos baec omnibus terris demonstra mus. Carues eorum adversus scorpiones valent impositae. Inter venena sunt piscium, porci ma rini spinae in dorso, cruciatu magno laesorum : remedio est limus ex reliquo piscium eorum corpore.
V ITOLO s M Ainros, x ; n u x a b b a, i ;
s c h in i,

con tra il morso di lotti gli animali velenosi, par ticolarmente contra la scitale, gli angui, la lepre marina e la botta. La cenere loro serbata jgiova bevuta per la paura a quegli che s o d o in pericolo per il morso di cane arrabbiato. Alcuni v aggiun gono la genziana, e la danno nel vino. Perciocch se gi la paura avr occupato l ' uomo, ne fanno pastelli col vino, e dandogli a inghiottire. Dicouo i Magi, che legando dieci granchi a un mazzo di basilico, tutti gli scorpioni di quel luogo vi si raunano; e pongono essi, o la ce nere loro, col basilico a1morsi degli scorpioni. Scrive Trattilo, che i marini hanno manco virt in tulle quesle cose ; che niuna cosa lauto con traria agli scorpioni, quanto i granchi; che i porci percossi da loro si medicano con questo cibo. Quando il sole in Granchio, le serpi stanno ammalate. La carne delle chiocciole di fiume o cruda o cotta resiste a* morsi degli scor pioni. E per ci alconi le conservano ancora in salale. Mettonsi sulle piaghe. I pesci coracini par ticolarmente nascono nel Nilo ; ma noi mostriamo ssere proprii d'ogni altro paese. La cerne loro vale eontra il morso degli scorpioni. Le spino del dosso del porco marino sono veleno ehe d gran tormento a quei che sono offesi : il rimedio i la belletta del resto del corpo loro.
D e l v i t e l l o HAEiero, 1 0 . D e l l a u d e e e a , i . D b g li e c h i n i, 1 1 .

x i.

XX. Canis rabidi morsu potum expavescenti XX. Ungesi la lacci- quegli, che per esser bus faciem perungunt adipe vituli marini. Effi morsi da cane arrabbiato, hanno paura dell* ac cacius, si medulla hyaenae, el oleo e lentisco, et qua, c o n la sugna del vitello marino. Ma mollo cera misceatur. Muraenae morsus ipsarum capitis meglio opera, se con essa si mescola la midolla cinere sanantnr. Et pastinaca contra snum ictum della iena, olio di lentisco e cera. Il morso della murena si guarisce con la ceoere del capo di essa. remedio est, cinere suo ex aceto illito, vel alte Aoche la pastinaca rimedio eontra la sua per rius. Cibi causa extrahi debet e dorso ejus, quid * quid simile est croco, capntque totum : et hanc cossa, impiastrata con la cenere sua con 1 aceto, autem, et omnia testacea modice collui in cibis, o conira la percossa d* altri. Per volerla mangiare i debbe cavar del suo dosso tutto quello che quia saporis gratia perit. B lepore marino vene ficium restinguunt poti hippocampi. Contra do- pare zafferano, e tutto il capo. Ma s questa ehe tutti i pesci rinchiusi in guscio, si dilavano poco rycniara echini maxime prosunt : et iis qui suc cum carpathii biberent, praecipue jure sumpto. quando si vogliono mangiare, perch altrimenti Et cancri marini decocti jus contra dorycnium i viene a perdere la grazia del sapore. Gli ippo efficax babetur. Peculiariter vero contra leporis campi bevuti spengono il veleno della lepre ma rina. Gli echini giovano molto eontra il doricnio: marini venena. il brodo loro utile a quegli che hanno bevuto s u g o d i c a r p a t i o . Il b r o d o dei granchi marini cotti si tiene c h e abbia gran virt eontra il do ricnio; ma specialmente eontra il veleno della lepre marina.
O sT ftBO BO M GENERA : BT OESEEVATI09BS, AC MBD1CMAB, IX.

SfBCIB DELLE OSTBICHB, E 0S3BEVAZ10KI e m e d icin e, 9 .

X X I. 6. Et ostrea adversantur iisdem. Nec XXL 6. Le ostriche hanno virl conira ilpolcst videri salis dictum esse de bis, quum pal detto veleno. Ma ia questo o o n si dette a ba-

C. PUNII SECONDI
-ma mensarum divitam adlribuatar illis. Gasdent dulcibus quia, et obi plurimi influunt amnet : pelagb parva et rara sant. Gignuntor tamen et in petrotis, carentibusque aqoaram duleiam adcreata, ticat circa Gryniam et Myrinam. Gran descunt sideris qoidem rationem maxime, ut in natura aquatilium diximus: sed privatim circa initia aestatis, multo lacte praegnantia, atque obi ol penetret in vada. Haec videtur canta, quare inipora in alto reperiantur. Opacitat cohibet in remeatam, et trutitia minas adpetunt cibot. Variant coloribus, rufa Hispaniae, fusca Illyrico, nigra t carne et testa Cireeiis. Praecipua vero habentur in qoacamque geo te spissa, nec saliva saa labrioa, crassitudine potius spectanda, qaam latitudine >neque in luto capta, neqoe in arenoais, sed solido vado, spoodylo brevi atque non carnoso, nee Abris lacinioso, ac tota in alvo. Ad dant peritiores notam, ambiente purpureo crine Abra, coque argumento genorosa interpretantur, calliblepharata appellantes. Gaadent et peregri natione, transferrique in ignotas aquas. Sic Brunditiana Averno compatta; et tuum retinere succom, et a Lucrino adoptare credantur. Haec sint dicta de corpore.

996

Dicemat et de nationibus ?ne fraudentur glo ria sua litora: sed dicemas aliena lingua, quae que peritissima? huju censurae in nostro aevo fuit. Sunt ergo Muciani verba, quae aubjiciam : Cyzicena majora Lucrinis, dulciora Britannici*, * suaviora Eduliis, aeriora Lepticis, pleoiora Lu censibus, sicciora Coryphanteni, teneriora litri* cit, candidiora Circeientibas. n Sed his neque dolciore, neqae teneriora ette ulla compertum eat. In Iodico mari Alexandri rerum auctoret pedalia inveniri prodidere. Necnon inter nos ne potis cujusdam nomenclator tridacna appellavit : tantae amplitudinis intelligi cupient, ut ter mor denda essent

Dos eoram medica hoc in loco tota dicetur. Stomachum unice reficiunt: fastidiis medentur. Addiditqae luxuria frigus obrutis nive, summa montium et maris ima miscens. Molliunt alvum leniter. Eadem quoque cocta cum mulso, teoesrao, qui tine exulceratione iit, liberant. Vesicarum ulcera quoque repurgant. Cocta iu eonohis suis

stanta di esse, perciocch gi boon tempo a* dato loro il vanto sopra l altre vivande presso i ricchi. Godono delP acque dolci, e dove corron dentro assaissimi fiumi ; c per qaesto in Bare sono piccole e rare. Nascono in luoghi pietrosi, e dove non vengono acque dolo, come intorno a Grinio e Mirica. Crescono principalmente se condo che fa la lana, come dicemmo ragionando degli animali acquatici ; ma particolarmente in torno il principio della state son piene di mollo latte, e dove 1 sole penetra Insino al fondo. Que 1 sta par che sia la cagione perch si trovano minori negli altri luoghi. Perciocch l1ombra e il rezzo non le lascia crescere, e stando manincooiche noo hanno voglia di mangiare. Sono di diversi colori: io Ispagna son rossi gn e, in Ischiavonia brune, in citt Vecchia nere di carne c di gusdo. Le migliori in qpal si voglia paese sono le grosse, e quelle che per la loro sciliva non sono lisci, e piuttosto grosse che large, e che non si pigliaoo in luogo fangoso, ma in fondo sodo, col collo corto e non carnoso, o orlato di piccole vene, e cbe sono tutte ventre. I pi pratichi v* aggiungono questo segno, che intorno alte sue vendine giri an capello purpureo : oon questo argomento in terpretano quella essere delle migliori, e chia matile calliblefarate. Amano altres la mutazione di sito, e d'essere trasportate in aeqoe incognite. Cosi si crede che le Brundusine pasciute nel lago Averno ritengono il lor sogo, e quello 4 el lago Lucrino. Queste cose siano dette del corpo. Ragioneremo ancora de* siti ove nascono, ac ciocch questi pure non sieno defraudati deDa gloria loro; ma diremo con Paltrui lingua, la quale fu peritissima di tal dottrina nella nostra et. Sono adunque parole di Muciano quelle che lo scrivo qui sotto : u Le ostriche Cizicene sono maggiori che le Lucrioe, pi dolci che le Inglesi, pi soavi dell Edulie, pi agre che quelle di Tri poli di Barberia, pi piene che le Lucchesi, pi secche che le Gorifantene, pi tenere che le Istria ne, pi bianche che le Girceiesi. Ma non si truova che alcune sieno pi dolci, n pi tenere di queste. Gli autori delle cose dAlessandro Magoo dissero che nel mar d* India si truovano lunghe un piede. E appresso di noi fu non so chi, che gi le chiam tridacne, volendo che s intendesse, come elle erano tanto grandi, che se ne potava far tre bocconi d una. La virt loro in medicina si racconter tulta in questo luogo. Ristorano benissimo lo stomacose medicano i fastidii. La lunaria vaggiunse il freddo, ricoprendole 4 neve, a mescolando 1 altezza i * de* monti con la bassezza del mare. Mollificano il corpo leggermente. Le medesime, cotte col via melalo, guariscono dal male di tenesmo, che sia

997
a li

HISTORIARUM MUNDI L ia XXXII.

g0

clausa T e n e rm i, mire destillationibus pro s a a t. Testee ostreorum cinis q t u b sedata et tonsilUs adm ixto melle. Eodem modo parotidas, panos, mammarumqoe duritias, capitum ulcera ex aqua: cntemque mulierum exendit. Inspergitur et am bustis ; et dentifricio placet. Pruritibus quoque e l eruptionibus pituitae ex aceto medetor. Cru dae s i tundantur, strumas sanant, e tperniooes pe dum. Pdrpurae quoque contra venena prosunt.

seoza scorticamento. Purgano ancora le crepatura delle vesciche. Cotte n loro gusci oos chiusi giovano mirabilmente allo sfilato. La cenere del guscio loro mitiga l ugola ; e anche le cenici, me* scolandovi il mele. Similmente le posteme dietro agli orecchi, le pannochie, la durezza delle poppe, gli ulceri del capo con l acqua : distende altres la pelle alle donne. Spargesi sulle cotture ; e piace per istcopicciare i denti. Con l aceto'guarisce il pizzicore e il rompere della flemma. Se si pestano crude guariscono le sorofe e i pedignoni de'piadi. Le porpore similmente giovano eontra i veleni.
Dell alga mabiia, a.

A lg a maxima , i i .

XXII. E t algam maris theriacen esse Nicander XXII. Scrive Nicandro, che ancora 1'erbe dei tradit. Plura ejus genera, uti diximus : longo fo mare, chiamata alga, i teriaca. Sono di pi ra lio etlatiore, rubente, aliave crispo. Laudatissima, gioni, come abbiamo detto : di foglia lunga e lar quae in Creta insola jaxta terram in petris nasci ga, di rossa, e di crespa. Ottima quella che nasce tor : tingendis etiam lanis ita colorem adligans, in Candia presso a terra fra le pietre, e anoora s ut elui postea non possit. vino jubet eam dari. tingere le lane, perch lega talmente il colora, che non si pu spegnere. Ei vuole eh* ella si din eoi vino.
Ad a lo p e c ia * , b t c a p i l l o s b t c a p i t i s u l c b e a :
IPPOCAMP 0S, XI ; MOS MABWUS, II ; SCOEPIO MA
M M IS , X II ;

Corra a
DI

l a t i g h a , i d i f e t t i db* c a p e l l i b l b u l -

CBXE DBL CAPO. DELL'IPPOCAMPO,


m a b i,

11. D e l TOPOtiro, i a . D a l l e

s a r g c is v o a b , v n ;

m o u cb s, x iii;

a . D e l l o s c o e p io e b

mae

g o w c h tlia , t , b tc .

SAWGOTSCGHB, 7 . DbLLA MCEICE, 1$. DbLLA COHeaiG LtA ,

5,

boc.

7. La cenere dell ippocampo mesco XXIII. 7. Alopecias replet hippocampi cinis, XXIII. lata con nitro e sogna di porco, o semplice eoa nitro et adipe suillo mixtus, aut sinceras ex ace to. Praeparant autem sepiarum crustae farina me l ' aceto, riempie le margiai della tigna. Per si dicamentis cutem, et muris marini cinis cum oleo: vuol preparare la pelle con medicamenti, corno sono la polvere della crosta ddle seppie, la cenere item echini cum carnibus suis cremati : fel scor pionis marini. Ranarum quoque trium, si vivae del topo marino eon l olio ; e cos la cenere del in olla concrementur, cinis cum melle: melius riodo marino arso con le carni sue. Il medesimo effetto fa il fiele dello scorpione marino. E ano cum pice liquida. Capillum denigrant sanguisu gae, quae in nigro vino diebus l x computruere. la cenere di tre ranocchi, se si ardono vivi in pentola col mele ; e meglio cou pece liquida. Lo Alii in aceti sextariis duobus sanguisugarum sex tarium in vase plumbeo jubent putrescere toti* mignatte fanno i capegli neri, se saranno putre dem diebus, mox illini in sol*. Sornatius tantam fatte due mesi nel vin vermiglio. Alcuni vogliono ehe un sesiario di mignatte con due sestarii di Tim hanc tradit, u t nisi olenm ore contineant qui tingunt, dentes quoque eorum denigrari dicat. aceto si putrefacciano io vaso di piombo il mede Capitis ulceribus, muricum vel purpurarum te simo tempo, e poi s 'impiastrino al sole. Dice Sorstae dnis cum melle utiliter illinitur : conchylio Mtio che hanno tanta forza, che se quei che tin rum, vel m non urantur, farina ex aqua : dolori* gono non tengono dell'olio in bocca, i denti loro ancora diventan neri. La cenere del guscio delle bos, castoreum cam peacedano et rosaceo. murici o delle porpore con mele utilmente s'im piastra agli ulceri del capo ; e la farina de' conchilii, ancora se non s1ardono, con acqua. Giova a' dolori anco il castoreo con peacedano e olio volato.

999
A d oculos * n u in m

C. PLINII SECUNDI
i : f is c i * a d e ps , i ; cal RlXEDIt AL U

xooo

DEGLI OCCHI E DELLB PAT.PEB1E.

u o in r s u s , i t ; co iA C iin f e l , i ; se p u s , x x iii ;

D el grasso db 1 pe s c i , i . D e l c a l l io s ib o , f . D e l p ib l d e l c o e a c ir o , i . D e l l a s e p p ia , D e l l it t io c o l l a , 5 , ecc .

1CHTHTOCOLLA,

V, BTC.

23.

XXIV. Omnium piseiam fluviatiliora mari' XXIV. Il grasso di tutti i pesci di fiume e di' norumque adeps liquefactus sole admixto melle, mare, strutto e mescolato con olio e mele, giova oculorum claritati plurimum confert: item ca assaissimo a rischiarar la vista, e similmente if storeum eum melle. Callionyrai fel cicatrices sa castoreo col mele. Il fiele del callionimo guarisce na t, et carnes oculorum supervacuas consumit. le margini, e consuma la carne soverchia degli occhi. Nessun pesce ha maggior quantit di fiele Nulli hoc piseiom eopiosius, ut existimavit Me di questo, come anco fu parere di Menandro nelle nander quoque in comoediis. Idem piscis et uranoscopos vocatur, ab oculo quem in capite Habet. sue commedie. Questo pesce si chiama ancora E t coracini fel excitat visum. Et marini scorpio uranoscopo, dall' occhio eh' egli ha nel capo. An nis rufi cum oleo vetere aut melle Attico inci che il fiele del coracino giova alla vista. Quello pientes suffusiones discutit : inungi ter oportet dello scorpione marino rosso con olio vecchio o mele Ateniese leva gli umori scorsi negli occhi, Intermissis diebus. Eadem ratio albugines o c u lorum tollit. Mullorum cibo aciem oculorum he quando cominciano: bisogna ugnerli tre volle, betari tradunt. Lepus marinus ipse quidem' ve- frammettendo sempre un giorno. Il medesimo enotas est: sed cinis ejus in palpebris pilos inu rimedio leva le margini degli occhi. Dicono ehe il tiles evulsos cohibet. Et ad hone usum utilissimi mangiare delle triglie ingrossa la vista degli oc minimi : item pectuncoli salsi triti cura cedria : chi. La lepre marina veramente velenosa, ma et ranae, quas diopetes, et calamitas vocant : san- la sua cenere leva i peli inutili nelle palpebre; e a pois earum cum lacryma vitis, si evulso pilo pal questo le minori sono pi atili. Ci fanno anco i pebris illinitur. Oculorum tumorem ruborem- pettunculi salati con cedria, e il sangae delle rane, que sepiae cortex cnm lacte mulierum illiius se che si chiamano diopete e caiamite, con lagrima dat ; et per se scabritias emendat. Invertunt ita di vite s'impiastra alle palpebre essendo stelli i que genas id agentes, et medicamentum anferunt peli. La corteccia di seppia con latte di doqna guarisce l'enfiagione e il rossore degli occhi; e post paullum, rosaceoque inungunt, et pane im impiastrata di per s leva le ruvidezze. Quegli posito mitigant. Eodem cortice et nyctalopes cu rantur, in farinam trito et ex aceto illito. Extra dunque che ci fanno, arrovesciano le palpebre e poco dopo levano il medicamento, e ungono con hit et squamas ejus cinis. Cicatrices oculorum eum melle sanat, pterygia cum sale et cadmia sin olio rosato, e mettonvi pane per mitigare. Con gulis drachmis. Emendat et albugines oculorum la medesima corteccia ridotta in polvere, e im jumentornm. Aiunt et ossiculo ejus pena*, si te piastrata eoa l'aceto si guariscono coloro che rantur. sanari. Echini ex aceto epinyctidas tol veggon poco di giorno, e meglio di notte. Questa lunt. Eumdem corobnri eam viperinis pellibus cenere ancora cava le scaglie degli occhi, e eoi ranisque, et cinerem adspergi potioni jubent Ma mele guarisce le margini di essi, e col sale e con gi , claritatem t s u s promittentes. Ichthyocolla la cadmia, togliendo nna dramma di ciascuna, le appellator piscis, cui glutinosum est corium : pterigie, cio qnelte pellicole che si sfogliano in idemqne nomen glutino eius. Hoc epinvctidas torno all' unghie delle dita. Leva ancora le ma tollit. Quidam ex ventre, non e corio, fieri dirnnt glie degli occhi delle bestie da soma. Dicono ichthyocollara, ut glutinnm taorinum. Laudatur simihnente che con P ossicine sue, pestandole, Pontica, candida, et carens venis squamisqne. et guariscono le palpebre. 1 ricci marini con aceto qaae celerrime liquescit. Madescere antem debet guariscono al enne macchie rosse rilevate, che ven concisa in aqua, aut in aceto nocte ac die : mox gono pi la notte che il giorno con ardore e pru tundi marinis lapidibus, nt f a c ili u s liqnescat. rito. Vogliono i Magi che questo pesce si arda Utilem eam in capitis doloribns adfirmant, et con pelli di vipere e con ranocchi, e la cenere tetanothris. Ranae dexter oculus dextro, sinistro si sparga nel vino che si bee, affermando cbe r~laevns, suspensi e collo n a t i v i coloris panno, lip schiara la vista. Ittiocolla si chiama un pesce, il pitudines sanant. Quod si per coi lura ranae eruan cui cuoio appiccaticcio : la sua colla ha il mede tur, albuginem quoque, adligati similiter in pu simo nome. Questo manda via quelle macchie tamina ovi. Reliqnae carnes impositae sugillatio rosse, che vengono pi la notte che i l g i o r n o con nem rapiunt. Cancri etiam oculos adalligatos pizzicore. Alcuni dicono che la ittiocolla si fa dd collo mederi lippitudini dicant. Est parva raoa ventre, non del cuoio, come U colla di toro.

IOOI

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXXII.

rooa

In arodioeli* et barbi# maxime vivens, mula ae sine voce, viridis, si forte hauriatur, ventres boum distendens. Hujus corporis humorem specillis de* rasam claritatem oculis ipunetis narrant ad ferre: ipsasque carnes doloribus oculorum superponunt. Rauas etiam quindecim conjectas in fictile novum juncis configunt quidam t suecoqae earum, qui ita effluxerit, admiscent vitis albae laorymam, atque ila palpebras emendant, inutilibus pilis exemptis, acu instillantes hunc suoaum in vesti gia evulsorum. Mrges psilothrum palpebrarum faciebat in aceto enecans putrescentes, et ad hoc utebatur multis variisque per aquationes autumni nascentibus. ldepi praestare sanguisugarum cinis ex aceto illitus putatur. Comburi eas oporlel iu novo vase. Idem taeniae jecur siccatum pondere x. iv cum oleo cedriuo peronctis pilis novem mensibus.

Lodasi la Pontica, eli' bianca, sesta Tene e senza scaglie, e tosto si strugge. Dehbesi mettere a molle tagliata nell* acqua, o nell acelo, e lasciar tela una notte e on giorno. Dipoi si pesta con pietre marine, acciocch pi facilmente si strug* ga. Dicono eh1ella giova alla doglia del capo, e a1ttano tri, cio a quegli che per rigore di nervi non si posson voltare, o valere della persona. Ap piccando gli occhi de'ranocchi al collo avviluppali in panno di color naturale, e mettendo l'occhio ritto al ritto, e il manco al manco, guariscono la cispa. Che se si cavano gli occhi a' ranocchi nel coito, levano le maglie, legali similmente in gu scio di uovo. L altre carni da'ranocchi, pstevi sopra, levano i suggellali. Dicono ancora, che gli occhi del granchio legati al collo guariscono la cispa. V' nna piccola ranoeehia, la quale per lo pi ata ne* cannotti, e nell1 erbe, mutola e senta voce, e T e r d e , la qusle s mangiata da' buoi fa gonfiar loro il corpo. L 'umore di questa ranoc chia si raccoglie eopennelli, il quale, a quel che ai dice, ungendone gli occhi, fa rischiarare la vista. La carne sua si mette, sugli occhi che dolgono. Alcuni mettono in un vaao nuovo di terra quin~ dici ranocchi, e forangli co giunchi, e 1 umore che n esce mescolano oon le lagrime eh escono della vite bianca, e cos correggono le palpebre dai peli inoliti, perch prima gli svelgono, e poi eoa nno spillo gncriolatoo questaequa nel luogo, onde uscito il pelo. Mepes medico usava far il psilotra delle palpebre ammantando I ranocchi nell'acelo,e lasciandoteli putrefare, e perci si valeva de'molli e varii che nascono per gli acquattoni dell au* tanno. Credesi che la cenere delle mignatte, im* piasi rat a con l acelo, faccia il medesimo effetto. Bisogna abbruciarle in un vaso nuovo. Si ado* pera ancora il fegato della tenia secca a peso di quattro denari, e mescolato con olio cedrino, se ne ungono i peli nove mesi.
C obtbo
i mali dellb o r e c c h ie .

Ad

a c b io m v it ia

b a t ia , i

b a c c b d s , s iv b h y x o n ,

ella

b a t ia ,

I l ; MARINI PED1CCLI, II, ETC.

i. D el

bacco,

b is s o n a ,

a. Dk p e d u n c o l i

SABINI, 2 , BCC.

XXV. Auribos utilissimam batise piscis fel XXV. Utilissimo agli orecchi il fiele fresco renens, sed et inveteratum vino; ilem becchi, del pesce batide, a a'egli secco, col vino; qnem qaidam myxona vocant : ilem callionymi quello ancora del pesce becco, il quale alcuni <om rosaceo infusum : vel castoreum eum papa chiamano missona ; e quello similmente del cal ver* succo. Vocant et in mari pediculos, eosqoe lionimo con olio rosalo, ovvero il castoreo con tritos instillari ex aceto auribus jubent. Et per suge di papavero. Quegli, ehe in mare si chia se conchylio infecta lana magnopere prodest. mano peduaeuli, pesti con l ' acelo si gocciolano Qoidsmsesto et nitro madefaciunt. Suntque qui negli orecchi. Giova molto ancora la lana tinta praecipue contra omnia aurium vitia laudent in grana senta altro. Alenai la bagnano eon aceto gari excellentis cyathum, mellis dimidio amplius, e nitro. Alcuni lodano assai a lutti i mali degli orecchi un bicchiere di buonissimo garo, pi dia ceti cyalhum in calyce novo lenta prona deco quere, subinde spuma pensis detersa, et postquam meazq di mele, a ono d' aceta ; a questa mister*

io o S

C. PUNII SECONDI

desierit ipomare, lepidam infbodm . Si tameaot ures, coriandri socco pria mitigandas iidem praecipiant. Ranarum adeps ioslillalns, slalim dolores tollit Cancrorom fluviatilium saccas cam farina hordeacea aurium vulneribus efficacissime prodest. Parotides maricum testae cinere cam melle, wl conchyliorum es mulso carantar.

in vaso naorn di terra fcmto eaocere fboco lento, di continuo levano via la schiuma con na penna, e poieh rimato di schiomare, la metto no tiepida nell* orecchio. Se gli orecchi aono en fiali, i medesimi vogliono ehe prima si mitighioo col sago del coriandolo. U grasso de* rsnooch instillato, sabito leta i dolori. Il sago de* granchi di fiume eon farina d*orto giova assaissimo alle ferite degli orecchi. La cener del fascio deHe murici col eade, o quella del gascio de* conchilii col vin melato, goarisce le postema dietro agli orecchi.

Ad DRjrntm d o l o r i s : e i a m o l i ,

iv , k t c .

CoiTao i noLoai oai s im . D n u c a v i c o l a , 4, acc.

I dolori de* denti si mitigano eoo le XXVI. Dentiam dolores sedantor ossibus XXVI. draconis marini scarificatis giogivis: cerebro ossa del dragone marino, stuzzicaodo le gengive. caniculae in oleo decocto adservatoqae, a t ex eo Il cervello del pesce cane, cotto nell* o lio , si coodeates semel annocolloaotar. Pastinacae quoqoe conserva, acciocch una volta lanno si lavioo i radio scarificare gingivat, et in dolore utilisii* denti con esso. Giova molto ancora stuzzicare le n o n . Conteritur is, et cam elleboro albo illitos, gengive con lo stile della pastinaca, quando pi dentei sina vexatione ex,trahit. Salsamentorum dolgono i denti. Questo si pesta, e con lo elleboro bianco impiastrato, cava i denti senza dolore. etiam fictili vase combustorum cinis, addita fari na marmoris, inter remedia est. Et cybia vetera La cenere ancora de* salsumi arti io vaso di terra, osta in novo vase, dein trila, prosunt doloribus. aggiuntavi polvere di marmo, si metta fra i ri Aeqne prodesse dicantor oroniam salsamentorom medii. Anche i cibii vecchi abbruciati in vaso noovo, di poi pesti, son giovevoli adolori. Dicesi pinae corabostae, tri taeque, et illitae. Decoquun tur et ranae siogolae ia aceti heminis, ut dentes che ancora giovano le lische di tutti i salsnmi ita coltoanlur, contineaturqoe in ore saccos. Si arse e macinate, e im piagatone il dente. Cuofastidiam obstaret, suspendebat pedibus poste* consi ancora i ranocchi, ctascono in nn* emina riorihos eas Sallustius Dionysius, ut ex ore virus d* aceto, e quell* amore si tieae in bocca per deflueret io acetum fervens, idque e ploribus ra bagnarne i denti. Ma acciocch il lezzume non nis. Fortioribus stomachis ex' jure mandendas facesse fastidio, Sallaitio Dionigio le ir piccava dabat. Maxillaresque ita sanari dentes praecipue per li piedi di dietro, acciocch quell* amore putant, mobiles vero supra dicto aceto stabiliri. lezzoso ascisse per b*>cca in aceto bollente, e que sto toglieva di pi raoocchi. Agli stomachi pi gagliardi gli dava a mangiare col brodo: In que sto modo teneva di poter guarire i denti mascel lari; e quegli che si dimenano fermava con 1 ceto gi detto. * Alcuni a qaesto effetto mettono in molle dee Ad hoe qoidam ranarum corpora binarnm praecisis pedibus in viat hemina macerant, et ranocchie, tagliando loro i piedi, in an* emina di ita colini dentium labantes jubent. Aliqui totas vino, e cos vogliono che si lavino i denti che si adalligant maxillis. Alii denas in aceti sextariis dimenano. Alcuni le legano tutte intiere alle tribas decoxere ad tertia partes, ot mobiles den mascelle. Alcuni n* hanno cotti dieci in tre sestatiam stabilirent. Necnon xxxvi ranarum corda in rii d* aceto fino alla terza parte, per fermare i olei veteris sextario sub aereo testo disooxere, nt denti che si dimenano. Haono cotto aneora trentasei cuori di ranoochi in uo sestario d* olio vec infunderent per anrem dolentis maxillae. Alii je chio, sotto tegghia di rame, per infonderlo od* cur ranae decoctum et tritum com melle impo suere dentibus. Omoia sapra scripta ex marina 1*orecchio della mascella che duole. Altri il le rana efficaciora. Sicariosi et foetidi suot, centum gato della rana eotto e trito con mele poeero in furno arefieri per noctem praeeipiuut : postea sopra i denti. Tutte le cose dette hanno maggior tautamdem salis addi atque ita frieari. Enhydris virt togliendole della rana marina. Se i denti vocatar a Graecis oolabra in aqna vivens. Hejas sono intarlati e guasti, vogliono che ai secchino qaataor dentiam saperioribtu in dolore toptrio* cento ranocchi nel forno, UsandovegU stare una

oo5

HISTORIARUM MONDI UB. XXXII.

1006

rum gingivas tcirifio o t, inferiorum inferioribus.

Aliqui canino tantum earum contenti sunt. Utun tor et cancrorum cinere: nam moricum dai* dcntifiricfom N i

notte, e poi vi s 'aggiugoe altrettanto sale, e fre gami essi denti. 1 Gred chiamano enidre una serpe che vive nelP acqoa. Con quattro denti di sopra di questa serpe, quando dolgono quei df sopra si stuzzicano le gengive; e cou quei di sotto il dolore di quei di sotto. Alcuni usano solamente il dente canino di questa serpe. Usano ancora la cenere de1granchi, perch la cenere delle marici utile a stropicciare i denti.
COHTXO XiB
v o l a t ic h e , e le m a c c h ie del v is o .

Ad u c n s i s ,

t fa c ib i m a c c la s : d i i w i t o i , v iii;

COLYTIA, SITE COBYT)A, IV ; HiLCTOHIDM , VII } THTHVOS, V, ETC.

D el d e l f i r o , A. D e lla D ell* a l c io h e o , 7. D el

c o l i t i a , o c o h it ia , tom o

4*

5,

ecc.

XXVII. Lichenas et lepras tollit adeps viluli XXVII. 11 grasso del vitello marino leva le marini : maenarum cinis cum mellis obolis ternis: volatiche e la lebbra. Ci fa ancora la ceoere jecor pastinacae in leo decoctam : hippocampi, delle murene con tre oboli di mele, e il fegato a t delphini cinis ex aqna illitas. Exulcerationem ddla pestioaca cotto nell* olio, e la cenere delaequi debet euratio, quae perdodl ad cicatricem. l ippocampo e del delfino, impiastrata con l1ac Qaidam delphini jecur in fictili torreat, donec qoa. Alla scorticazione dee segoir la cura che fa pinguitudo similis oleo fluat, ac peruoguut. Mu rammarginare. Alcuni arrostiscono il fegato del ricum vel conchyliorum testae ciois maculas ia delfino in un vaso di terra, finch il grasso coli Acie mulierum purgat cum melle illitus, cute co a similitudine d olio, e con esso ungono. La ce que erugat, exteuditque septenis diebus illitus, nere del gusdo delle murici, o de conchilii, ita at octavo candido ovorum foveantur. Muri purga le macchie nel viso delle donne, impia cum generis sunt, qaae vocant Graeci eoluthia, strato con mele, e leva le grinze della pelle, e alii oorythia, turbinata aeque, sed minora multo, distende, impiastrando per sette d, ma il d ot cfficmora etiam, et oris halitum custodieolia. tavo si fomentano con allume d uovo. C una sorte di murid, che i Greci chiamano colulii, alcuni coritii, e sono a foggia di paleo, ma molto mtoori; questi hanno gran virt e fanno buon alito in bocca. IchtfcyocoUa erogat eatem, extenditque, in La colla di pesce leva le grinte del viso, e aqua deeocla horis quatuor, dfcin contusa, et su distende la pelle, cotta in acqua quattro ore, bacta ad liqaorem usque mellis. Ita praeparata in dipoi pesta e stemperata e rimenata fiochi torni vase novo eondilur, et in usu quatuor drachmis liquida come il mele : cos preparata si serba in ejos binae solpburis, et anchusae totidem, octo vaso nuovo, e quando la vogliono adoperare, pi spumae argeuteae adduntur, adspersaque aqua gliano quattro dramme d'essa, due di zolfo, terantur una. Sic illita facies post quatuor horas altrettante d*ancusa, e otto di schiuma d* argen ablaitur. Medetur et lentigini ceterisque vitiis, to; e pestano tutto insieme, spruzzandovi su delex ossibus sepiarum dnis. Idam et carnes excre P acqua. Cos impiastrano il viso, e dopo quattro scentes tollit et humida ulcera. ore lo lavaoo. La cenere delP ossa della seppia leva le lentiggini, e gli altri difetti del viso. La medesima leva via la carne che cresce, e gli ul ceri umidi. II ranocchio cotto in cinqoe emine d* acqua Psoras tollit rana deoocta in heminis quinque marina, tanto che la decozione si rassodi come q aae marinae : excoqui debet donec sit lentitu il mele, guarisce la rogna. do mellis. 8. Fassi iu mare aocora P alcioneo cos chia 8. F it in mari et haleyoneum appellatum, ex Bidis, ut aliqui existimant, halcyonum et ceycom : mato, come vogliono alconi, da' nidi degli uccelli ut alii, e sordibus spumarum crassescentibus: alii, alcioni e ceici, e secondo alcuni altri, dal loto e limo, vel quadam maris lanugine. Quatuor ejus delle schiume q u s n d o elle pi ingrossano: alcuni genera : cinereum spissom, odoris asperi : a)|erum dicono di meta, o d' una certa lanogioe del ma molle, lenius, odore fere algae : lenium candidio re. Questo di quattro ragioni : uno cenero ris v e r m i c u l i : quartum pumicosius, spoogiaeque gnolo, spesso, e d1odore aspro ; 1' altro tenero e patri simile. Paene purpureum, quod optimum, pi ddicato, e quasi d 'odore d alga : il terzo di

i oo7

C. PLINII SECUNDI

1008

boc ei attleiium vocatur. Quo candiditi* autem, hoc minus probabile est. Via eorum, ut exulce rent, purgent. Usui tostis et sine oleo. Mire le pras, lichenas, leutigiues tollunt cam lupino, el sulphuris duobus obolis. Halcyoneo oluntur ek ad oculorum cicatrices. Andreas ad lepras cancri cinere cum oleo usus est: Atlalus thynni adipe recenti ad oris ulcera.

pi bianco vermmazzo : il quarto pi pnrascoso, Minile alla Spagna putrefatta, se d quasi porpo re, la migliore, e chiamasi milesio ; e quanto pi bianco, peggiore. La fora* loro di scor ti care e purgare. Usansi arrostiti e senza olio. Con lupini e due oboli di zolfo mirabilmente cacciano la lebbra, le volatiche e le lentiggini. Usasi ancora l alcioneo alle margini degli occhi. Andrea ns alla lebbra la cenere di granchio con olio; e Alialo us alle crepature il grasso col tonno fresco.
C o n tro l e s c r o f e , l e
sco lo pen d ra,

Ad

strum as, p a r o t i d a s , a n g in a s, t ia

b t f a o c io m t i

p a ro tid b , l e
sa u r o , i

a b g rte , b 1
cosca, i .

: MAENAE, Z I ; SCOLOPENDRA, II } SAURUS,!}

ALI DBLLA GOLA. DELLA B H O L A , 1 3 . D e LLA a.

CONCHAE, I ; SILURUS, XV, ETC.

D el

D e lla

P el

s ilu ro ,

j 5 , scc.

XXVIII. Maenarum maria, et capitani cinis XXVili. La salamoia delle morene, eia acne* cum melle sanat strumas. P<ungi piscis ejus, qui re de1capi loro cql mele guarisce le scrofe. Giova rana in mari appellatur, ossiculo de cauda, ita ut pagnere con l ossicino della coda di qael pesce, non vuluerel, prodest. Id iaciendum quotidie, che in mare si chiama rana, ma di maniera che donec percurentur. Eadem viset pastinacae radio, passi bene addentro, e qaesto da fare ogai gior et lepori marino imposito, ita a t celeriter remo*, no, fin ehe si fuariscaao. La medesima forza ha veantar : echini testis contusis et ex aceto illitis; l 'ago della pastinaoa, e la lepre marina postavi ilem scolopendrae marinae e melle: cancro fla* *u ; ma bisogna subilo levarle via, L istesso efviatili contrito vel combusto ex melle. Mirifioe fallo fanno i gusci del riccio marino pesti, e * prosunt et sepiae ossa cum axungia vetere contusa impiastrativi sa con 1 aceto ; e coai la scolopen dra marina eoi mele, e il granchio di fiume pesto et illita. Sic et ad parodidas utuntur, et sauri pi o arso eoi mele. Mirabilmente fiorano ancora scis raariui joci neri bus. Quin et lestis cadi salsa mentarii tusis cam axungia vetere, muricuraque Tossa della seppia pesle e impiastrate con sugna cinere ex oleo ad parotidas strumasque. Rigor vecchia. I / usano anco alle posteme dietro agli cervicis mollitur marinis, qui pediculi vocantur, orecchi, e il fegato del sauro pesce marino. Medraebina pota: castoreo polo cum pipere ex mal- dicansi similmente le posteme dietro agli orecchi so mixto Canis decocti* ex oleo et aale, ut sorbea e le scrofe co* rottami di vaso, dove sialo il tur succus. Sic el opisthotono medentur, et teta salsume, pesti con Vugna vecchia, e oon ceoere di no : spasticis vero pipere adjecto. Anginas mae murici con olio. Quando il eolio inoordalo, se narum salsarum ex capitibus cinis ex melle illitus ue allenta il rigore beendo una dramma di que abolet : ranarum decoctarum ex aceto succus ; gli, cbe si chiamano pidocchi di mare. Beesi anco hic et oontra tonsillas prodest. il castoreo oon pepe e vin melato mescolato eoa ranocchi cotti eoa olio sale, ma se ne bee il sago. Cos si medicano anoora quegli, ehe per vere i nervi intirizzati, non si possono distende re, o valere della persona, aggiuntovi il pepe; h cenere del capo delle menole insalate, impiastrata col mele, guarisce gli stranguglioni; e cos il su* go delle rane cotte con 1 aceto : questo giova * ancora contra le senici. Cancri fluviatiles triti singa'.i in heminam 1 granehi di fiume pesti, essendo eotti a eoo aquae anginis medentur gargarizati : aut e vmo, a uno in un* emina d acqua, gargarizzati,e be et calida aqua poti. Uvae medetor garum cochlea vuti con vino, o acqua calda, guariscono gli Jtrauribus subditum. Vocem silari recentes, talsive, in gnglioni. Il garo giova all uvola messovi a con cibo sampti adjavanl. tatto eon oocchiaio. I siluri, pesci del Nilo, man giati freschi o insalati aiutano la vooe.
Ad t u s s i * ,
e t p e c to ris v itia . C on tro
la to sse e i

ali

del

petto .

XXIX. Vomitiones mulli inveterati tritique, XXlXi Le triglie secche e peste in bevanda in potione concitant. Suspiriosis castorea cum provocano il vomi lo. 11castoreo bevalo a digiuno

>0991

H1STOR1AJUJ MOffM L1B, XXXII.

MMr

ammoniaci exigqa porUone r i celo bmiUq jeju nis utilissima poju, Eadeip potio ip im o i toro* chi edpi ex ceto mulo cJido. Tu*sim i f ^ r e dicuntur piscium modo e jore decoctae in patnis nutae. Suspensae aleni pedibusquam didiiitT t' rii in patiuara saliva earum, exenterari jobenlur, abjeclisqne inleraneis condiri. Est rana parva arborem scanfleps, atque ex ea vocifera* : io huju* os si quii exspuat, ipsamque demilUl* tassi liberari narrator. Praecipiant et cochleae crudae carnem tritam Ubere ex qua calida io tqssi cruenta.

co# un poco d 'snmonaee ><lki lootiltssi mo i sospirosi. La medesim i bevanda em aeeft^ caldo melato leve lo spasimet delU stomaco. D icono che i ranoeobi olii in tegame epa Wodo, opro* i pappi %noo la toase. S i spigo*od per tt> piedi, e quando la aciliva loro sar distillata p er b p w nel tegame, s'aprono e votene eaanea I* cose dentro si condiscono. C ne rene pteoola ebe sale sugli alberi, e quivi canta. Dicono che chi le sputa io bone*, e poi le Uk m ira, guariao* della tosse. Dassi aucora bere eoo P acqua le car-> ne della chiocciola cruda per gnastra delia I s i sanguinosa.
C o rte o i p o u u n i v k i o , n 'r t t i c i i . O s i l e sTaoMBo, o c o m a i o n e * , 6 . D a l l a t b t b a ,

A d J 0 C IH 1 1 3 , XT LATEBIt OOLOIBS: ITAOMBUS, B U


cohcha lohg a, vi

t b t o ju ,

v,

xtq.

5 , BOCt

XXX. 9. Jocioeris doloribus scorpio marina* XXX. 9. Ammazzasi lo scerpicoe marino n el in vino necatur, ut inde bibator. Copohae loogae vino, e dassi a bere per li dolori dello stornano. carnes ex mulso polae cam aqua, pari modo : La darne dell1ostrica lunga bevuta con fin mils* aui, ai febres siut, ex aqoa mulsa. Lateris dolore* lo, e cou acqoa per pajti misura, o,se v lebbre,* leniunt hippocampi tosi i sumpti, letheaqae simi con acqua melala, fa il medesimo effetto. 1 pesci lis ostreo in cibo sumpta : ischiadicorum, muria ippocampi mangiali arrosto, mitigano il duol del fianco, e le tetee, le quali sono simili alPostriche, iluri clystere infusa. Dantur autem conchae ter nis obolis dilutae io vini sextariis duobus per dies prese io cibo : alla sciatica giova la salamoia del siluro infusa nelP argomento. Dannosi ancora Ire oboli di cooche, pesci marini, stemperate in due sestarii di T i n o , per quindici giorni.
A o ALTI T IT I4 : OLUS MAB1SUM, 1} TACES, XXT J I T O L I , 111; PELOSI DES, 1} SEBIPHIOM, 11} MAE* VAE, XII ; BHYTHIROS, 11, ETC. C orteo
i m ali o bl vbrtbb.

D b ll

e r b a g g io

m a-

b ir o , i

. D el
i

muco,

a 5. D b i

m it o l i,

3.

D b lla

p e l o b id e ,

. D e l s e b i f i o , a. D e l l a b b o l a , i a .

D em /

e r o t ir o ,

2 , s cc .

XXXI. Alvum emollit silurus e jure, et tor pedo in cibo. Et olus marinam simile sativo : sto macho inimicum, alvum facillime purgat: sed propter acrimoniam cum pingui carae ooqpitnr ; el omnium piacium jus. Idem et nrinas fiet, e Tino maxime. Optimum e soorpionibus et iulide, et saxatilibus, nec virus resipientibus- Coqui de bent cam anetho, apio, coriandro, porro* additis oleo et sale. Purgant et cybia vetera, privatimque cruditates, pituitam bitemque trahunt.Purgante! myaces, quorum natura tota in hoc loco dicetur. AeerTantur muricum modo, vivunlquein algosis, gratissimi aulnmno.et ubi multa d alcis aqua mi scetur mari, ob id in Aegjpto laudatissimi. Pro cedente hieme, amaritudinem trahant, coloremqae robrum. Horum jus traditur alvam et vesicas exinanire, interanea destriogere, omnia adaperire, renes purgare, sanguinero adipemque minuere. Itaque utilissimi sunt hydropicis, mulierum pur gationibus, morbo regio, articulario, inflationi bus. Ilem prodesse felli, pituitae, pulmonis, jocineris, splenis vitiis, rheumatismis. Fauces lanium

XXXI. Il siluro col brodo mollifica il corpo, e la torpedine presa in cibo. 11 cavolo marino, simile a quello degli orti, nimico allo stomaco,, ma facilissimamente purga il corpp. Per la in a agrimonia si cuoce con carne grassa. Tale an cora il brodo di lutti i pesci. Questo provoco ali res P orina, e massimamente col vino otti mo degli scorpioni, del. giulide, e desanatili, e di quei che oon ritengono il T e la n o . Debbonsi c u o c e re con aneto, appio, coriandolo, porro, olio e sale. Purgano ancora i cibii vecchi, e partico larmente le cose non ismailite ; e tirano fuori U flemma e la collera. Purgano anco i pesci miaci, de' quali ragioneremo appieno in q u e s to luogo. R a c c o lg o n s i tulli insieme, s ta n d o a d d o s s o P uno alP altro in luoghi, dove sia alga. Sono gratissimi nella stagione delP autunno, e dove molla acqua dolce si mescola eoo la marina; e perci sono o ttim i in Egitto. Entrando poi A verno, pigliano P amaro e il color rosso. Dicono che il brodo di q u e s to pesce vota il corpo e la vescica, e ristrigoe le interiora ; e apre ogni cosa, purga le reni, e

M i:

C. PLWII SECONDI

io ta

sant, vocemque lundual. Ulcera quae serpibt, aot'sin t purganda, sanant: item carcinoma* le.' Cremati autem, nt mnrices, et morsas canum hominamque caca mdle, lepras, lentigines. Cinis oram lotos emeodat caligine*, glngivarnm et dentium vitia, eruptiones pituitae : et coatra dorycaium aut opearpathon antidoti vicem obti nent. Degenerant io duas species : io mituloi, qai salem virusque resipiunt : myiscas qaae rotun ditate differant, minores allqaanto atque hirtae, tenuioribus testis, carne dulciores. Mituli quoque, a t murices, einere caustieam vim habent : et ad lepras, lentigines, maculas. Lavantur quoque plumbi modo ad genarum crassitudines, et ocu lorum albugines, caliginesque, atque in aliis partibus tordida ulcera, capltisque pusulas. Carnes vero eorum ad canis morsas imponuntur. At pelorides emoHiunt alvum : item castorea es qua mulsa drachmis binis. Qui vehementias vo lunt, addunt cucumeris sativi radicis siccatae drachmaiq, et apheooitri duas.

Tetheae torminibus et inflationibus occur runt. Inveniuntur hae in foliis marinis sugentes, fungorum verius generis, quam piscium. Eaedem et tenesmo m dissolvunt, renumqne vitia. Nascitur et in hiari absinthiupj, quod aliqui seriphium vocant4 circa Taposirin maxime. Ae gypti, exilius terrestri. Alvum solvit, et noxiis animalibus intestina liberat. Solvuqt et sepiae. In cibo dantur ciira oleo, et sale, et farina, de coctae. Maenae salsae cuti} felle taurino illitae umbilico, alvum solvunt. Ju; piscium in patina coctorum cum lactucis tenesmum discutit. Cancri fluviatiles triti ex aqua poti, alyum sistunt, uri nam cient, in vino alvum. A dem p brachiis calculos pellunt tribus obolis cum myrrha triti, singulis eorum drachmis. Ileos et inflationes ca storea cum dauci semine, et petroselini, quantuiq ternis digitis fumatur, ex mulsi calidi cyathis quatuor: tormina vero cum anetho ex vino mi xto. Erylhini in ciho su rapti sislunt alvum. Dysentericis medentur ranae cum scilla decoctae, ita ut pastilli fiant : vel cor earum melle tritum, ut tradit Niceratus. Morbo regio salsamentum cum pipere, ita ut reliqua carqe abstinealqr.

diminuisce il sangue e la sugna. Perci sono uti lissimi a'ritroopichi, alle purgagioni deHe donne, al trabocco del fiele, alle gotte, e alla ventosit. Giovano ancora al fiele e alla flemma, al pol mone, al fegato, alla milza, e 'reumatismi. Sola mente inaspriscono le canne della gola, e oflodon la voce. Guariscono gli ulceri ehe impigliano, fanno purgare dove bisogna, e guariscono le fistole ehe incancheriscono. Arsi come i marici medicano il morso de* cani e degli nomini, col mele ; e la lebbra e le lentiggini. La ceoere di questo pesce bevuta leva le caligini, i difetti delle gengive e de* denti, e le furie della flem va ; ed per antidoto contra il doricnio, o I* opocarpato. Tralignano in due specie ; in mitali, i quali san di sale e lesto; e in mnsche, le quali sono diffe renti per la loro rotondit, alquanto minori e ruvide, e di guscio sottile, e di carne pi dolce. La cenere del mitulo, come quella del murice, ha forta di rotlorio, e vale contra la febbre, le len tiggini e le macchie. Lavami ancora a modo di piombo alla grossezza delle guance, a* bagliori degli occhi, alle albugini, alle piaghe sordide nelle altre parti, e alle stiapie del capo. La carne loro s* adopera al morso de1 cani. Le peloride ancb*esse mollificano il corpo, e con due dramme di castorea in acqua melata. Coloro che li voglio no fare un poco pi gagliarda, v*aggiungono una dramma di radice eco; < cocomero domestico^ J> e due d afronitrci. Le tetee sono otili a* tormini e alle ventosit. Si trovano nelle foglie marine, cui succiano, e sono piuttosto specie di funghi, che di pesci. Le medesime ancora risolvono il tenesmo, e i difetti delle reni.' Nsce in mare ancor* lo assenzio, che alenai chiamano serifo, massimamente intorno a Taporisi d* Egitto, ed pi sottl che il terrestre. Questo muove il corpo, e libera gl* interiori da* eli aoiraali nocivi. Mnovonl ancora le seppie. Queste si danno a mangiare cotte con olio, sale e farina. Ll menale insalate con fiele di toro im e piastrate sul bellico muovono il corpo. II brodo de' pesci cotti nel tegame con le lattughe guari sce il tenesmo. I granchi di fiume pesti e bevuti nell1acqua ristagnano il corpo, provocano P ori na, e nel vino il corpo. Levale lor le braccia, e pesti, una dramma d* essi con tre oboli di mirra manda fpora la pietra. Il castoreo cq! seme del dauco e del prezzemolo, quanto se ne pu pi gliare con tre dita, con quattro bicchieri di via melato caldo leva la ventosit del fianco ; e i tor mini con I* aneto, mescolatoci vino. Gli erilioi mangiati fermano il corpo. l 'ranocchi cotti con la cipolla scilla, in modo che se ne facciano pa stelli, guariscono il qiale depqnd j, e ci fa ancora,

HISTOMRIH* MQHD1 LIB. XXXII. come Nioerato scrive, U coor d essi pesto eoi mate. U sslaome eel pepe, ma ohe non ai magi altra carne, gaarisoe il trabocco del; fide.
AD U I B U , CALCOLOS, AC T M C il TITI A : (OLIA VIi ; b lsb d b a , i { o s t ic a M AsraA, u ; 9 0 USO 1 A U H I , w ; OSTCSB*, S IC .

C o rrso i ali della milza, della mbtsa, s della Vsactca. Dac psacaooua.D bl bombo, i . D blla m j i p m , i . Du i 1oswioa s i h a , s * D el polmoni a a ia o , 6. O s t u M o ^ iio c . <

XXXIL 11 pesce soglia postovi sopeai medita XXXII. Lienl nedclar solca pisci importa*: steaa torpedo : i n a rk o ab ai rivai : dein remlt- la milza : cos la torpedine, e il rombo vivo, il Utar ia mre. Scordo; monna necatus io viaov qoale poi si rimette in mare. Lo seorpioo di maret vesicae vitie, et eaknrios n u l . Lapis, qui inveni* morie ael vino, gaarisoe i mali della vescica e tu r ia sodrpiooie striai caoda, pondere oboli le pietre. Lo stea*o effetto l i la pietra cbeai.twopotai : enbydridis jccar : blendioram cinis cam va nella coda delle sciorpion marino, bevala al ruta. Inveaioalor | ia bacchi pisci* capite em peso d*un obolo; il fegati detta serpe aaidrado lapilli. Hi poli xaqa calcolosi* medeotar. Ajuut e la ooaere de Ueadii eoa la :rat*. Travasasi, nel et urlicoaa menaam in vino polam prodesse ; capo del pesce booeo certe case oste pietre kaet item palonooem a irio n n deeoetaa in aqna. Ova qnaale cotte eoo P acqua medicano beatati aao sepiae nraam movent, reniuaqoe pituitas extra: dii ha il male della pielm. Dieoao attore, che hunt. Ruta convuUa cancri fluviatiles triti in asi* l ortica marina bevala ael via* giovo aamivc il nioo lacie maxime sanant : echini vero cum spi polmoae marino cotto nell acqua. Le aeva dalle nis sui* contusi in vino poti calculos. Modus sin seppia muovono lorfcia, e cavano la flemme-.deir goli* hemina : bibilor doneo prosit, et alias in le reni. 1 franchi di fiame pesti i latte d* asina cibi* ad hoc pro6ciunt. Purgator vesica et pecti saldano benissimo le parti rotte sooncie. I ricci num cibo. x his mare* alii donacas, alii solo marini pesti eoa le loro spine, e bevuti n d vhw, vocant : feminas onychas. Uriuam mares movent. mandano foor la pietra. La amava del viao nn* Dulciores ieminae sunt et unicolores. Sepiae quo emina per ciascuno. Beesi inaino a che gibvi. A que ova orinam movent, rene* porgant. ci medesimo tono olili anche frangiandoli. Pur gasi la vescica ancora col mangiare i pesci pettini. I maschi di questi sono chiamali da alcuni dona ci, e da alcuni aali ; e le femmine oniche. 1 ma schi provocano P orina. Le femmine sono pi dolci, e d an colore. Le nova di seppia ancora provocano P orina, e porgono le r e a i
Ad
e s t e s o c e l a *, bt s e d is v it ia

bx

co lo sso

Comrso

l b c b e p a t u s b k a l t b i m a li d b l f o s d a -

AQUATICO, I ; SX HTDSO, I ; MUGILE, I J PELAMIDB, I I I , ETC.

m e h to . D b l c o l o s s o a c q u a t i c o , i . D b l l i d s o , I . D b l m o g g is b , i . D e l l a p e la m id b , S , e c c .

XXXIII. Enterocetis lepns illinilnr tritus com XXXUI. La lepre pesta col mele s impiastra melle. Jecur quoque aquaticae colabrae, item hy a coloro a coi sono calate gi le viscere nella dri tritum potomqoe, calculosis prodest. Ischia borsa. Il fegato della serpe acquatica, e qoello dico* aotem liberant salsamenta ex siluro infusa del pesce idro pesto e bevoto, giova a chi ha il clystere, evacuala prius alvo. Sedis adtritoa cinis male della pietra. I salsomi del siloro messi negli e capite mugilum mulloromqoe: comburuntur argomenti liberauo gli sciatici ; essendosi prime aotem in fictili vase: illini com melle debenl. evacoato il corpo. La cenere del capo demuggini Ilem capitis maenarum cinis et ad rhagadas, el e delle triglie guarisce fa scoriicazione del sedere: ad condylomata ulilis: sicut pelamidum salsarum ardonsi in vaso di terra. Debbonsi impiastrare col capitom cinis, vel cybiorum com melle. Torpedo mele. La ceoere del capo delle menolegiova anche adposita procidentis interanei morbom ibi cor- essa alle crepature del fondamento, e acondilo eet. Cancrorum fluviatilium cinia ex olea et cera, mali, come la cenere de capi delle peleade insa rima* in eadem parte emendat : item et marini lale, ovvero de cibii col mele. La torpedine, men tendola sul luogo, fa ritirare il budello, che uscisse cancri polline. fuori. La cenere di granchi di finme con olio a cera risalda le fessure nel medesimo luogo; a anco la cenere del granchio marino.

C.

PL1&II SECONDI

loifi

Ao 9UM, B* VEEEBD0OT7M tlT IA : OlilM, t ;


r n i , ifr; i ^ u i i u t , ta ; w m i d i s , in , a r e.

COBTBO I CABBOHCBLLI B ALTE1 HALI DBLLB M H VBBGOGROSB. D e LT.A SCISMA, 1. DBLLA PBECA, 4 : D e l l a s q o a t i r a , 2 . D b l l a s a b i d b , 3 , bcc.

XXXlV.TuonaliiBM nti oracini discutiunt: eciaeme interanea et quaafte combustae : c o rpio in vin eeoctiM, ita vt foveular ex iUo. At echinorum testae contusae e l ex a q u a illitae, in* dpientibas pani resistunt. Maricam el purpuh ro a i d n i* ntroque modo, lire discutere o p u s n i indpientea, live concocto mittere. Quidam ila componunt medica mentam : cerae et tharis draehmat xx, spumae ardenti x l , d n e r i s muri b u s x, olei veteris heminam. Prosant per se < l* saanenlacocta. Cancri fluviatile* triti verendorum (m m Im disoutiant: ciois ex capte maenarum: item catmes decoctae et impositae. Similiter per* M salsae e capite dnis meHe addito. Pelamidunv apitis d n ia , aat sqaatinae pisds culis combatta. Haee eat, qaa diximus lignum poliri : quia et n a ri fabrile* m u exeunt. Prosunt et smarides lHtae : item marieom vd purpuraram testae dnis onm melle: efficacias crematarum Sum cartoibns sais. Carbancalos verendorum privctim salsamenta cocta cnm melle restinguunt. At te stem, ai descenderit, cochlearum spaaaa illini volunt

XXXIV. Il salsa me del eoracino risolve le pannocchie ; e cori le 4nterk>ra e le ssgKe ane della sdena, e lo scorpione cotto nel Tino, col quale si fanno le fomentazioni. I g asa d d riccio marino pesti e impiastrati oon l'acqna resistono alle pannocchie che inoomndano. La cenere dd murid, o delle porpore, resiate quelle che ven gono, e apre le matare. Alcnni tanno I*empia stro in qnesto modo: venti dramme di cera e di incenso, quaranta di schHmte d 'argento, died di cenere di mnrid, e nn' emina d 'olio vecchio. I aalsomi cotti giovano da a soli. I granchi 4i fiosse pesti levano le vesdchee le bolleddle parti vergognose ; e d 6 anoora la cenere del capo ddle menole, e la lor carne cotta e postarvi sopra. Simil mente la cenere del capo della perca, o pesce per sico, col mele; ola cenere del capo delle pelamide, o la pelle d d pesce squatina abbruciata. Questa quella, con la qnale dicemmo che si pulisce it le gno ; perciocch del mare ancora escono gl instromenti de* larnainott. Giovano ancora i pesa chiamati smaridi impiastrati ; e la cenere de* f a sci detta murice, o della porpora col mele. Ma molto mglio operano, se i gusci loro sono ani insieme con la carne. 1 salsomi cotti col mele spengono i carboncelli delle parti vergognose, e se saranno passali dentro nel testicolo, si vogliono ngnere oon la schiama delle chiocciole.
R im e d i ! n i
b it b h b e b l * o b ih a .
bcc.

Ad m u s i

w dMw

n fiA i

: o tb id i w ,

i,

aro.

D e l l * o riD io , 1 ,

XXXV. Drinae incontinentiam hippocampi . XXXV. I pesci ippocampi arrostiti, e speste tosti et in dbo saepius sumpti emendant. Item volte mangiati, fanno ritenere I* orina a chi noo bphidion pisciculos congro similh cnm lilii ra- potesse ritenerla. Ci fa ancora un pesciolino che 'dice. Plsdcnli minati, ex ventre ejos qili devo* si chiama ofido, simile a! Congro, con radice di raverit erempti, et cremati, ita ut cinis eortim giglio ; e i pesdofini minuti cavati fnr del cor l>ibatur e t aqua. Jubent et cochleas Africanas rura po di quel che gli ha inghiottiti, e arsi, heemta au a carne comburi, cineremque ex vino signino la cenere loro con Pacqua. Fanno ardere ancora 'dtrt. le chiocciole Africane con la carne, e danno a bere la cenere d*esse con vino signiuo. Ad p o d a g b a s , b t te d c m cx m e r o , iv ; b e t o r ,
d o lo b e s : i, b t c . C o r t e o lb c o t t e k i d o l o r i d e i
D
el f ie r o ,

p ib d i .
ecc.

4- D e l

b r io s e ,

XXXVT. Podagris articolariisque morbis otite > it olenm, in quo decoeta sint ranarum intestina: et rnbetae cinis cnm adipe vetere. Quidam et hordei cinerem adjiciunt, trium reram aeqno pondere. Jubent et lepore marino recenii |**dafram fricSri. Fibrinis quoque pellibus Calceari,

XXXVI. Atte gotte e a* mali dette ginn tare Utile l ' olio, nel quate s* cotto nn ranocchio, e le sue interiora; e la cenere d* una botta con su gna vecchia. Alcuni v'aggiungono cenere d'orto, e pigliano queste tre cose con pari peso. Voglio no ancora che ai freghino le gotte con la lepre

10*7

HISTORIARUM MONDI LYB. XXXII.

Wifc

l u d n e F o n l m fibri. lUm vtloli marWih c u ju * et adeps prodect. N n noa ib r^ an , de qn li* liroos, laotaeae simile, rugosioribus folti i* line osale. N stars est ei styptica. lmpasitwmque lenit impetes podagrae. Ilem i l f t , de qea ipss dictam est, oiw em lorqne in ea, te arida imponatur. Perniones c o m m i I pulmo m arinus, caoorique marini cinis e x oloo,ilem fluviatiles triti, sieqec einere et oleo subacti : et sileri adeps. Bt io arti* culis, morborum impetas sedant ranae subinde recente* impositae : qaidam dimetta* jubent im pasti. Corpussugei jasm italorw n, etoooehsram.

tn a rio a fre s c a , e c h e st c a t tin o c o n p e lli d i fib r o o C asto ro , e ' m a s s im a m e n te d i q u e llo d i ? o t o ; e s im ilm e n te d i p e lle d i v ite llo m u r in o , il c u i g ra s so g io v a m o llo .

Fa q u e s to e ffe tto a n c o r a il b r io n e , d i Ha n a t u r i s titlc a . Mitiga

c u \ a b b ia m o p a r la to , s im ile a lla la ttu g a , c o n fo g lie p i c re s p e , s e n z a g a m b o . la fu r ia d e lle g o tte j>ostovi s o p ra ; cos) f t 'P a lg a , d e lta q a a l e s* p a r la to d i s o p r a ; m a o sse rv a si c h e n o n si p o n g a secca. I l p o lm o n e m a rin o g u a ris c e i p e d ig n o l, e la c e n e re d e l g ra n c h io m a rin o c o n l ' o l i o ; e i g r a n c h i d i fiu m e [te sti, e c o si im p ia s tr a ti, c o n c e n e r e e o lio

; e il g ra s so d e l s ilu ro . Le d o g lie d e lle g iu n tu r e si g u a ris c o n o col m e t Il b r o d o e d e i c o n c h ilii a c c re s c e il c o r p o . Cotrrao i l v a l c a d u c o .

te re d i c o n lin o o su d e ' ra n o c c h i fre s c h i : a lc n n i v o g lio n o c h e vi si p o n g a n o s u s p a r a ti. d e ' m itu li

A d c o m it ia l u .

XXXVII. Comitiale, nt dixiiain, eoagnlnwi


itoli marini bihont toro Iurte equino, asini n re, u t cirm ponici succo, qoidam ex areto mulso. Nec non aliqni per se pilnlas devorant. Castoreum fat aceli mulsi cyathis tribus jejunis dal or. Hi* vero, qui saepias corripiuntur, clystere infusum mirifice prodest. Castorei drachmae dtae esse debebunt, melli* et olei sextarius, et aqaae lin tomdem. Ad praesens Tero correptis olfactu sub venit com ceto. Dator el mustelae marinae jeeor, itera muris : vel testudinum sanguis.

XXXVII. Coloro che patiscono di mal caduco, come dicemmo, beono il presame del vecchio ma rino con latte di cavalla, o d ' asina, o con sago di melagrana ; alcuni con areto melato. Alcuni an cora fattone pillole le pigliano senza altro. Dassi a digiuno il castoreo in tre bicchieri di vin me lato. A coloro ebe spesso hanno tal male giova assaissimo mettere nell argomento due dramme di castoreo, e un sestario di mete e d olio, e al trettanta acqua. Va mentre che il male gK piglia, giova loro fiutare il r<loreo con l'aceto. Dassi lro anco il fegato della donnola marina ; e li sangue dei topi o delle testuggini. C orteo le febbri. Del pesce asino, t. D el pagro,!.
D e l l a b a l e r a , i , ecc .

Ad m

u s :

n
n

a s i u o p is c e , i ;

M o to , i ;

l i l i t R i , I, ETC.

XXXVIII. io. Febrium circoiios tollit jecnr XXX vm. io. 1 fegato del delfino mangiato 1 delphini gustatam ante accessiones. Hippocampi innanzi la rimessione leva il periodo delle febbri. Necantur in rosaceo, ot peronganlur aegri in fri Il pesce ippocampo si fa morire nell* olio rosato, gidis febribus. El ipsi adafliganiur aegris. Ilem e con ess s* nngono gli ammalati nella febbre ex asello pisce lapilli, qtii plena lana inveniuntur fredda, ed esso pesce si tiene addossa allo amma io capite, alligantur in linteolo. Pagri fluviatilis lato. Certe pietruzze ancora, le qaali a luna piena si tmovan nel capo del pesce asino, s legano ih longissimus dent capillo adalligatus, ila ut quinque pezza di lin o , e s attaccano al collo. 1 pi 1 diebuseum qui alligaverit, non cernat aeger: ranae lungo dente del pagro, pesce di fiume, attaccasi in trivio decoctae oleo ahjeclis carnibus, perunctos eoo capegli ; ma bisogna che l ' infermo stia cin liberant quartanis. Sunt qoi strangulatas in oleo, que d senza vedere chi gliele ha attacralo. Gua ipsas clam adalligent, oleoque eo peroneanl. Cor riscono ancora della quartana i ranocchi cotti ia earom adalligatum frigora febrium minuit : et nn crocicchio di via con olio; ma gettati via i oleum, io quo intestina decocta sint. Maxime autem ranocchi, con quell* umore s* ogne 1 infermo. * quartanis liberant, ablatis unguibus ranae adalli Alcuni gli affogano nell*olio, e appiccangli allo gatae, et rubelae. Jecur ejus vel Cor adalligatur io panno leucophaeo. Cancri fluviatiles triti in ammalato, che non Io sappia, e Pungono con quefoleo et aqua, perunctis ante accessiones in fehriTolio. Appiccano similmente il cuore de* ranoc chi al febbricoso per iscemare il freddo ; e giova bos prosunl. Aliqui et pip*r addunt. Alii decoctos anche 1 olio dove sien cotti gP interiori d* essi. * ad qu artas in vino e balineo egressis bibere sua dent in quartanis. Aliqtai vero sinistrum oculara Ma sopra lu tto guariscono la quartana i ranocchi

oig

C. P U M I SECiHIBl

<oa?

devorari jubeat. Magi qooqui osali eorum le olis ortum adalligatis aegrp, ila. al caecos dimittant in quam, tertianas abigi promittunt, Eosdem oculos cum earnibus lusciniae io pelle cervina adalligatos* praestare vigiliam sonino fu gato tradunt. Io lethargum vergentibus coagulo balaenae, aut vituli marini ad olfactam aluntur. Alii sanguinem testudinum lethargicis illinunt. Tertianis mederi dicitur et spondylus per se adalligalus : quartanis cochleae fluviatiles in cibo receoles. Quidam ob id adservanl sale, ut deot tritas io pota.

e le bolle appiccate addsso,' lavate tro l un ghie; e simiVnealfe. il legato d* esse appiccato ia panno grigio; I graoebi difiome pesti neir oli# e nir M fM giovano atto febbre, ugnando eoa essi P ammalato Wmaoxi I remissione. Alenai vi aggiungono anche Hpepe. Alcuni gU euocooo nel vioo finch ne resta Is quatta parte, e li danooa bere nelluscita del bagno a quegli ohe hauoo la quartana. Atouni fitsao loro inghiottire f oocbto sinistro. Proaaettoaoanoora i Magi, cbe t'ia formo guarir dlia1 lebbre letama, legandosi addossa gli occhi della ranocchia iunanzi il levar del sake^ e lasciaodo tornare le ranocchie cosi cieche ndl ' acqua. Dicooo similmente, che gli occhi delle medesime legati in pelle di cervio eoo carne di luscignuolo fanno fuggire il sonno, e stare altrui desto. Usano il presame della balena o del vec chio marino, e datinolo a fivtsfre a chi assalita dal letargo. Alcuoi ai letargici impiastrano il sangue della testdggine* Dioesi che lo spondilo pesce marino, legato scoia altro addosso lo isfermo, lo guarisce delb terzana. Mangiando chioc ciole di fiumi fresche, si guarisce la quartana. Alcuni per ci stesso le insalano, e danooka bere peste.
CONTXO I LETARGICI, I CACHETTICI, E 1 BITEUOPICHl.

Ad

l e t h a r g ic o s , c a c h e c t ic o s , h y d b o f ic o s .

XXXIX. Strombi in aceto putrefacti, lethar gicos excitant odore. Prosunt et cardiacis. Ca checticis, quorum corpus macie cooficitur, tethea tilia snnt curo rnta ac melle. Hydropicis mede tur adeps delphini liquatus, cura vino potus. Gra vitati saporis occurritur laciis naribu* unguento, aut odoribus, vel quoquo mndo obturatis. Strom bi qnoqne carnes tritae, et in multi Iribus hemi nis pari modo aqnae, aut si febres sint, ex aqua mulsa datae proficiant. Itera saccas cancrorara fluviatilium cnm raelle. Ranae quoqoe aquaticae in vino vetere et farre decoctae, *c pro cibo sumptae, ita at bibatur ex eodem vase. Vel testudo decisis pedibus, capite, cauda, et intestinis exem ptis. reliqna carne ita condita, nt citra fastidium jnm i possit. Cancri fluviatiles ex jure sumpli, el phthisicis prodesse traduntur.

XXXIX. Gli strombi putrefatti nell'aeeto ri svegliano i letargici con lodor loro. Giovano aa* cora a chi ha debolezza di cuore. Ie tetee con la ruta e col mele s o d o utili acachettici, il cui cor po assottiglialo per magrezza. Il grasso del delfi no strutto e bevuto col vino guarisce i ritroepichi. Alla molestia dell odore si ripara toccando le nari con unguenti, ovvero odori, o lenendole in alcn modo turale. Giora ancora la carne dello strombo pesta ia Ire emine di via melalo eoa pari misura dacqua ; e se vi fosse febbre, ai danno in acqua melata : cosi il sugo de* granchi di fiume col mele ; e similmente i ranocchi d acqua colti in vin vecchio e farro, e presi in cibo ; ma biso gnerebbe col medesimo vaso, dove sono stali cotti. Ovvero una testuggine, tagliatole i piedi, la coda e il capo, e cavatele le cose dentro; conden do le sae carni in modo che noo facciano fasti dio allo stomaco. 1 granchi di fiume presicol brodo si dice che giovano ancora a' lisichi.
CORTEO LE I5COTTCRB E l t FUOCO SACRO.

An AMBOSTA,

>T 1GNBS SACBOS.

XL. Adusta sanantor cancri marini vel fluvia tilis cinere ; el quae ferventi aqna combasta suat. Haec caratio etiam pilos restituit cum ranarum .fluviatilium cinere. Putantque utendum cnm cer* et adipe ursino. Prodest el fibrinarum pellium cinis. Igoes sacros restinguunt m u ru m vi?eo>

XL. La cenere del granchio marino o di fiume guarisce le incotture, e quelle cose, che si sono incoile eon acqua bolleote. Questa medicina rimette aooora i peli con la cenere de ranocchi di fiume; per peusauo che si debba usare oon cera e grasso d orso. La cenere della pelle del

IOI

HI STORIAR DM MUNDI U. XXXII.

. to si

tjdm veritres impositi : pedtbus posterioribus prona* adalligari jubent, a l crebriore anhelitu prosiat. Dtaotur et ihiroram capilitm cinere, salsamentorum ex aceto. Pruritum scabieraqae' ooo hominom modo, sed et quadrupdum efficsciuime sedai jecur pastinacae decoctum in oleo.

castoro giova anch essa egualmente. 1 ventrigli de' ranocchi vivi spengono il fuoco sacro, postivi sopra: vogliono che bocconi vi si leghino coi piedi di dietro, acciocch giovino con pi spesso anelito. Osasi altres la cenere de* capi dei siluri, e di quella dei salsumi con laceto. Il fegato della p a s tin a i eoHo nellolio mitiga il pizzicore della scabbia, non solamente degli uomini, ma ancora de* quadrupedi. C om o
i m a li D ai ira a v i.

Ad k bb v o b c x

v ip A .

XLI. Nervos vel praeciso* purpuraram callum, qao se operiunt, tusum glutiuat. Tetanicos eoagulam titoli adjuvat ito tino potam oboli pon dere : 4lem ichthyocolla. Tremulos castoreum, sf ex oleo perungantur. Mullos in cibo inutiles ner* vis invenio, >
A d IISTBITDDlf MXODIHEK, BT AD B X T I A n iD t : BX FOLVPO ; EX SAVGOISOGIS, ETC.

XLI. Il tallo delle porpore, col quale elle si ricnoprono, pesto, risalda i nervi ancora che ta gliati. Il presame del vecchio marino, feevnto n rf vino al peso d* un obolo, aiuta que* cbe patisco* no ritirameoto di nervi ; e anco la colla di pesce. II castoreo aiuta i tremoli, se si ungono eon olio, lo traovo che il mangiare le triglie nuoce anervi.
A BISTAGBABfc B CAVABE IL SAWGCB. D e l p oL feo , f . D bl lb sa h g d iso g bb , bcc .

XLII. Sanguinem fieri piscium cibo putant%1 sisti polypo tuso illitoque. De quo et haeo Ira* dantur : marlam ipsum ex sese emittere, et ideo non debere addi in coquendo : secari arnndine : ferro enino infici, vitiomqne trahere natura de-> lineate. Ad sanguinem sistendum et ranarum ilHount cinerem, vel sanguinem inarefactum. Quidam ex ea rana, qoom Graeci calamiten vo cant, quoniam inter arandioes frutfeesqne vivat, roloima omomra et viridissima, cinerem fieri ju bent. Aliqai et nascentium ranaram in aqna, qaibas adhac canda est, in calyee novo combu starum cinerem, si per nares fluat, injiciendum. Dirersns hirudinum, quas sanguUugs vocant, d extrahendum sanguinem usus est. Quippe eadem ratio earottt, quae oneorMtarnm medici nalium, d corpora levanda sangaioC, spiramenta bianda, judicatur. Sed vitium, qaod admissae aenei desiderium fvciont circa eadem tempora anai semper ejusdem medicinae; Multi podagris quoque admittendas censuare. Deeidant satiatae* et pondera ipso sanguinis detractae, ani sale adspersae. Aliquando tamen adftxa relinquunt ca pita, quae causa vulnera insanabili fcoit, et mul tos interimit, sicut Messalinum e consularibus patriciis, quam ad gena admisisset. Invebnnf vi rus remedio verso: fnaximeque ru fo ita formi dantur. Ergo sugentia ora forficibus praecidunt: ac velati siphonibos defluit sanguis : paullatlmque norientium capit se contrahant, nec relinquun tor. Natura earum adversatur cimicibus, et suffita necat eos. Fibrinarum pel libra cum piee liqnida combustarom cinis, narium profluvia sistit) succo porri anilitas.

XLII. Alcuni tengono, che il mangiare dei pesci faccia sangue, e che si fermi col polpo pesto' e impiastralo. Di esso queste eose si dicono an cora, che per s medesimo manda fuori la sala moia, e per qaesto non vi si debbe aggiognere nel cuocerlo ; e che si debbe tagliare con canna, perch col ferro si macula, e contrae difetto al cessar di vivere. A fermare il sangue s* impiastra: la cenere de* ranocchi, o il sangue secco. Alconi fanno cenere di quell rana, che i Greei chiama no caiamite, perch ella sta fra le canne e nelle siepi, ed pi piccola e pi verde deir altre. Alcuni tolgono la cenere di quelle cbe nascono in acqua, le quaK ancora hanno la coda, arden dole in vaso nuovo, se esce sangue per il naso, e* ve la infondono. A pi bisogni s* usano le m P gnatte, che chiamansi sanguisughe, a cavar san gue. Porcioech* elle (anno il medesimo effetto che le-coppelle, ad alleggerire i corpi di sangve, e rilassare gli spiramenti. Ma portano questo inoo^ modo, che usandosi un tratto, bisogna sempre nei medesimi tempi dell' anno usare la medesima me dicina. Alconi l'hanno adoperate ancora alle gotte. Spiccansi quando sono satolle, e si levano da s per lo peso del sangue, ovvero se si spruzzano di sale. Ma nondimeno vi lasciano talora appiccato il capo, la qual eoa fa le ferite insanabili, e nam mazza molti, siccome avvenne a Messalino, uomo nobile e gii stato consolo, adendosele messe alle ginocehia. Cosi inducono il veleno in cambio che fere rimedio ; e massime le rosse sono da essere molto temale. Tagliasi adunqae loro la becca, che M iccia, con le forbici, oitde il saligne n' esce come di doccie ; e a poco a poco i capi di quelle cbe

ioa}

C PUNII SECUNDI

104

nnoioso si ranoipchieno non vi^rimangopo. La natura loro contraria alle cimici, e col profumo le amnvazta. La cenere della pelle del castoro v m eoo pece liquida fiermf il sangue ch'esce dal naso* mollificato con uga d# porro.
A o BXTBABBBDA COEPOBI IHHABEBaTU.

Ad

bstba& del coepo bb

ci

che vi si

ibfisso.

XLIII. Extrahunt tela corpori inhaerentia cepiarom testae ex aqua, salsamentorum carnes, cancri fluviatiles triti, siluri fluviatilis, qui et alibi quatn in Nilo nascitur, carnes impositae recentes sive salsae. Ejusdem cinis extrahit, et finis spinae q u s vicem spodii praebe U

XLIII. Tirano fuor del corpo i ferri che vi fos attaccati, i gusci delle seppie con acqua, la carne de' salumi, i granchi di fiume pesti, e la carne postavi su fresca o insalata del. siluro di fiume, il quale nasce ancora altrove che nel Nilo. La cenere del medesirap, o il grasso, .{li tira fuo ri; e la cenere della spina sua ha virt di ipodio; questo un ripurgamento che ai piglia dalle (or naci del rame.
sero

A b u l c e r a , c a r c i n o m a t a , e t c a b b u h c u lo s .

Corteo

lb ulcere,

1 cancri, 1 c u a o s a L ii.

XL 1V. Ulcera quae serpuot, ?t qoae in his excrescunt, ex capite maeuarnra cinis, vel siluri co&rcet. Carcinomata percarum capita salsarum : efficacius si cineri earum misceatur sal, et cunila capit*La, oleoqoe subigantur. Cancri manni cinis usti cum plumbo, carcinomata compescit. Ad hoc et fluviatilis sufficit cum melle, lioeaque lauugiue. Aliqui maluut alumen melque miscere cineri. Phagedaenae siluro inveterato, et cum sandaracha trito : cacoethe, et nomae, et pulresceutia cybio velere sanantur. Vermes innati ranarum felle tol luntur : fistulae aperiuulur, siccantur que salsa* mentis cura linteolo immissis, lntraque alterum diem callum omoem auferuut, et putrescentia ulcerum, qoaeque serpunt, emplastri modo su* bacia et illita. Et alex purgat ulcera in linteolis ooncerptis. Item echinorum testae ciuis. Carbun* culos coracioorum salsamenta illita discutiunt. Itero mullorum salsamenti cinis. Quidam capite tantum utuntur cum melle, fel coracinorum car ne. Mnrieura cinis cum oleo tumorem tollit : oicatriees, fel scorpionis ma'rni.

XLIV. La cenere de1capi delle menole, o del siluro, ferma gli ulceri che impigliano, e la carne trista che vi cresce. Il capo del pesce persico insa lato guarisce le piaghe incancherite, ma molto meglio mescolando con la cener d'esso, il sale e la cunila capitata, e intridendo eoo olio. La cene re del granchio marino arso col piombo ristrigne le piaghe infistolite. A questo effetto buono ancora il granchio di fiume con mele 0 buaggine di lino. Ma alcuni mescolano piuttosto allume e mele eoa la cenere. Il siluro vecchio, pesto con sandaraca, guarisce le aedene ; le fistole, e ogoi male putrefatto, il cibio vecchio. I vermini oati nelle piaghe si levano via col fiele de* ranocchi, e le fistole si riscaldano col mettervi laste bagnato nel salsa me. Queste in termine d' uu giorno lev vano lotto il callo, e gli ulceri putrefalli e quelli che serpeggiano, riaaeaate e masse tu nodo di empiastro. Anche 1 alece messo sa io fila fine ' purga le ftaseenie. Ci fi ancora la cenere del guscio de' ricci. U salsurae de' coracini asosso sui earboncelli, gli guarisce, e anco la cepero del saisome delle triglie. Alcuni usano ao|o 9 capo col mele, o 000 la carne del coracino. I* oenere dei murici oon olio leva l'enfiato. 1 fiele dello scor* 1 pion marino lava le margini. .

Ad v e r r u c a * , e t o s g o iu m c a b r i t i * * >
EX GLARO, I , ETC.

C on to lb v u io a u , b la scabbia d c u i
vB frw * . D bl 6 U 1 0 , i , a c c .

XL V. Vecruea* tollit gleni jecur illitum: ca pitis maenarum cinis cum allio tritus : |d thymia o rudis utuntur : fel scorpionis marini rufi : sma rides tritae illitae. Alex defervefacta unguium scabritiam, einisque e capite maenarum extenuat.

XLV. 11 fegato del {Imo in c astra to caccia i porri, e similmente la cenere delle menole pestai# con aglio : a quelle nloere che vengooo nella car ne simili alle foglie di timo usano le dette coso erode. U va i porri anco il fiele delio scorpione marino rosso ; 0 le smaride peste e impiastrate.

ioaS

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXXU.

ioa 6

L* alece, datogli an bollore, leva la ruvidezza dell* unghie, e la cenere del capo delle raenole 1 assottiglia. *
A d m o lie b c m h o u o i : u laccisco , i , b t c .

C om o

1 MALI DBLLB DONNE. D e l

GLAOCISCO, I , ECC.

XLVI. Mulieribus lactia copiam facit glaucisc u jure sumptus, et smarides cum ptisana sumptae, vel cum feniculo decoctae. Mammas ipsas muricum vel purpurae testarum cinis eum mella efficaciter sanat. Cancri fluviatiles illiti, vel marini, pilos in mamma, vel muricum carues ad positae tollunt. Squatinae illitae crescere mam mas non patiuntor. Delphini adipe linamenta accensa excitant volvae strangulatu oppressas. Item scombri in aceto putrefacti. Percarum vel maenarum capitis cinis admixto sale, et conila, oleoqae, vulvae medetur : suffitione quoque se cundas detrahit. Item vituli marini adeps instil latur igni naribas intermortuarum vulvae vitio : coagulo ejusdem in vellere imposito. Pulmo ma rinus alligatus purgat egregie profluvia. Echini viventes tusi et in vino dolci poti. Sistant et can cri fluviatiles triti in vino potiqne. Item siluri suffitu, praecipue Africi, faciliores partus fieri di cuntur. Cancri ex aqua poti profluvia sistere: ex hyssopo purgare. Et si partus stranguletur, simi liter poti auxiliantur. Eosdem recentes vel aridos bibant ad partas continendos. Hippocrates ad purgationes mortuosque partus utitur illis, cum quinis lapathi radicibus, cum rota et fuligine tritis, et in mulso datis potui, lidem in jure cocti cum Japatho et apio, menstraas purgationes expe diunt: lacliscfue ubertatem faciunt. Item in febri quae sit cum capitis doloribus et oculorum pal pitatione, mulieribus iu vino austero poti pro* desse dicantur. Castoreum ex mulso potum pur gationibus prodest : contraque vulvam olfactum cum aceto et pice, aut subditum pastillis. Ad se cundas etiam uti eodem prodest cum panace in qoatnor cyathis vini : et a frigore laborantibus ternis obolis. Sed si castoreum fibrumve super grediatur gravida, abortura facere dicitur, el pe riclitari partus, si superferatur. Mirum et quod de torpedine invenio : si capiatur, quum luna in Libra sit, Iriduoque adservelur sub dio, faciles partas facere postea, quoties inferetur. Adjuvare et pastinacae radius adalligatus umbilico existi matur, si viventi ablatus sit, ipsaque denuo in mare dimissa. Invenio apud quosdam ostracium vocari, qaod aliqui onychem vocant: hoc suffi tam valvae poenis mire resistere. Odorem esse castorei, meliusque cnm eo usium proficere. Ve tera qaoqae ulcera et cacoethe ejusdem cinere sanari. Nam carbunculos et carcinomata in mu-

XLVI. 11 pesce glaucisco preso col brodo fa dovizia di latte alle donne, e cos i pesci smaridi presi con la orzata, o cotti col finocchio. La cenere del pesce porpora, o de1gusci delle mnrici mescolata col mele, guarisce benissimo le poppe delle donne. 1 granchi di fiume o di mare impia strati levano i peli delle poppe, o la carne dei murici messavi su. Le squatine impiastrate non lasciano crescere le poppe. Le pezzoline accese col grosso del delfino risvegliano quelle donne, che sono oppresse dalla straogolazione della ma trice. Similmente gli scombri putrefatti nell'ace to. La cenere del capo del pesce persico o delle menole, mescolata con sale, cunila e olio, medica la matrice, e col profumo lira fuori le seconde, il grasso del vecchio marino col fuoco s 'instilla nelle nari delle donne tramortite per il male della matrice, e col presame del medesimo vi si mette in lana. La cenere del polmon marino legatovi sa pnrga benissimo i flussi, e i ricci vivi pesti e be vali in vin dolce. Fermangli ancora i granchi di fiomc pesti e bevati nel vino. Col profumo del siluro, massimamente Africano, dicesi che i parti si fanno pi facili. 1 granchi bevuti con l'acqua ristagnano il flusso; e eon lo issopo pur gano : similmente bevuti aiutano, quando il par to si strangola. 1 medesimi si beono freschi o sec chi per ritenere i parti. Ippocrate gli adopera alle purgagioni, e a tirar fuora la creatura mor ta, pesti con cinque radici di lapato, con ruta e fuliggine, e dagli a bere in vin melato. Bevuti nel brodo con lapato e appio aiutano le purgagioni del menstruo, e fanno dovizia di latte. Dicest ancora, cbe giovano alle donne bevuti in vin bru sco nella fbbre, che venga con dolor di capo e palpitazione d' occhi. Il castoreo bevuto col vin melato giova alle purgazioni ; c oon tra la matrice fintato con aceto e pece, ovvero pesto in pastel li. Giova ancora usarlo con panace in quattro bicchieri di vino a tirar fuora le seconde, e I r e oboli a chi fosse molestato dal freddo. Ma se la donna gravida passa sopra il castoreo o il fibro, dicesi che si sconcia, e il parto nato patisce, se vi portato sopra. Cosa maravigliosa ancora quella, cb' io troovo delia torpedine, che s 'ella vien presa quando la luna nel segno della Lib bra, e tiensi tre giorni allo scoperto, agevola i parti, e dipoi ogni volta eh' portata dove la looaa sta per partorire. Dicesi ancora che lo stilo

102?

C. PU M I SECONDI

10 2 S

lieram parie praeseutissimo remedio sanari tra* d ant cancro femina, cam salis flore contuso, post plenam lunam, el ex aqua illito.

defla pastinaca fa il medesimo effetto, legandolo sul bellico, pur che si cavi alla pastinaca viva, e ella si rigetti in mare, lo truovo che alcuni chia mano ostracio quello che da certi altri detto oniche : questo, faoendone profumo, giova molto a' dolori della matrice. Ha odore di castoreo, ed meglio quando arso con esso. La cenere d'es so guarisce gli ulceri vecehi, e le piaghe maligne. Dicono che un granchio femmina pesto eoi fiore del sale dopo la luna piena, e impiastrato 00 l ' acqoa, i ottimo rimedio a guarire i carboocelli e le fistole nella natura delle donne.
A LEVARE I P I& l, DRPII.ATORII.

Ad f i l o s

t o l l b n d o s , v s il o t b k a .

XLV1I. Psilothrum est thynni sangois, fel, jecur, sive recentia, si ve servata. Jecur etiam tri* lum, mixtaque cedria plumbea pyxide adservaium. Ita pueros mangouizavit Salpe obstetrix. Eadem vis esi pulmoni marino : leporis marini sanguini el felli : vel si in oleo hic necetur. Cancri, scolopendrae marinae cinis cum oleo: urtica inariua trita ex acelo scillile : torpedinis cere* brum cum alumine illito sexta luna. Eanae par vae, quam 'm oculorum curalioue descripsimus, sanies efficacissime psilolhrum est, si recens illi natur: et ipsa arefacta ac tusa, mox decocta tribus lieminis ad tertias, vel in oleo decocta aereis vasis eadem mensura. Alii ex quindecim ranis confi ciunt psilothrum, sicut in oculis diximus.

Sanguisugae quoque toslae in vase fictili et ex acelo illitae, eumdem contra pilos habent ef fectum. Hic et suffitus urentium eas necat cimices invectos. Castoreo quoque cum melle pro psilo thro usi pluribus diebtif reperiunliir. In onni autem psilothro evelleudi prius sunt pili.

XLV1I. Il sangue, il fiele, o il fegato del tonno, o freschi, o insalati, sono psilotro; e anoo II fegato pesto, mescolandovi oedria, < riposto io alberello di biombo. Una levatrice, che si chiam Salpe, us di tale mistura a fare che i fanciulli non met tessero peli. La medesima virt ha il polmon ma rino, il sangue e il fiele della lepre mariua, ovvero se questa lepre s* ammazza nell* olio. La cenere del granchio marino e della scolopendra con oBo, 1' ortica marina pesta con aceto squillilico, il cervello della torpedine impiastrato con allume nel qaintodecimo d della luna faono lo stesso effetto. La bava della botta piccola, della qaale ragionammo nella cura degli occhi, potentissimo psilotro, se s impiastra fresco ; ed essa botta ao cora secca e pesta, e poi cotta io tre emine fiochi torni il terzo, o cotta n e l l olio io Taso di rame alla stessa miaura. Alconi fanno il psilotro di quindici ranocchie, come dicemmo ragionando degli occhi. Le mignatte anoora arrostile in vaso di Verr, e impiastrate con l aceto, fanno il medesimo ef fetto eontra i peli. Il profumo delle mignatte arse uccide le cimici. Truovasi ancora chi ba osato per pi giorni il castoreo col mele per psilotro. In ogni psilotro per si debbono prima cavare i peli.
C o n t r a 1 MALI DB* BAMBINI.

Ad

i n f a r t u mobbos.

XLVIII. Infantium gingivis dentitionibusque plurimum confert delphini cura melle dentium ciuis, et si ipso dente gingivae tangantur. Adalli gatus idem pavores repentinos tollit. Idem effe ctus et caniculae dentis. Ulcera vero, qaae in auribus, aul ulla corporis parte flant, cancrorum fluviatilium succus cum farina hordeacea sanat. Et ad reliquos morbos triti in oleo perunctis proiunt. Siriasira infantium spongia frigida cre bro hnmefact, rana inversa adalligata efficacis sime sanat, quam aridam inveniri ad&rmant.

XLV11I. La cenere de denti del delfino col mele giova molto alle gengive, e al mettere dei denti de1bambini, e se con esso dente si toccano le gengive. Il medesimo dente legato caccia le subite paure ; e lo stesso effetto fa il dente del pesce cane. Il sugo degranchi di fiume con farina d orzo guarisce gli ulceri che nascono negli orec chi, o in alcuna altra parte del corpo. Testi nel lolio giovano a quegli che ne sooo unti, nelle altre malattie. Una spugna inumidita spesso in quel sugo, o un ranocchio legalo sopra il cervello dei

103 9

HISTORIARUM MUNDI L1R. XXXII.

io3o

bambini a rovescio goarisce benissimo Ia striasi loro : e dicono che il ranocchio vi si truova poi secco.
Ad
e b b ie t a t e m a &c s h d a m : b u b b l l i o , i

P b b a llo b ta b a b b

u b b b ia c h b z z a .

D el fe a g o li-

ABG01LLA, 1 ; OVA IMBIBA, I.

o , z . D b l l * a n g u i l l a , i . D b ll* o v a m a x in a , i .

XLIX. Mullas io vino occatas, vel piscis ra* bellio, vel anguillae duae, item ava marina in vino patrefacta, iis qui iode biberint, taediam vini adfert.
Ad
v e h e r e m i r h i b b r d a m , v e l c o r c it a r d a m

XLIX. La trglia morta nel vino, o il pesce fragolino ovvero rnbellio, o due anguille, o 1' uva marina putrefatta nel vino, a quei che ne ber ranno fa venire a noia il viuo.
P bb
se d a b b o d e s t a s e l a l o s s u b ia .

h ip p o -

D ell' ,

ip p o p o ecc.

POTAMIA, I ; DENS CBOCODILI, I, BTC.

t a m i, i

. D el

d b h t b d e l c b o c o d il o , i

L. Venerem inhibet echeneis, et hippopotami froatise sinistra parte pellis ia agnina adalligata, felve torpedinis vivae genitalibus illitum. Conci tant cochlearum fluviatilium carnes sale adservalae, et ip pota x vino datae : erylhini in cibo sam pti: jecur ranae diopetis vel calamitae in pellicula gruis alligatum, vel dens crocodili ma xillaris, adnexus brachio, vel hippocampus, vel nervi rubetae dextro lacerto adalligati. Amorem finit in pecoris recenti corio rubeta alligala.

L. La pelle del pesce echeneide, e dell' ippo* potamo legata in pelle d'agnello dalla parte sini stra della fronte raffrena la lussuria ; o il fiele della torpedine viva impiastrato sulle parti geni* tali. All1incontro la carne delle chiocciole di fiu me, conservata nel sale, e data a bere nel vino, la risvegliano. II medesimo effetto fa lo eritino maogiato ; il fegato della rana chiamata diopete o dell* altra detta calamita, legato in pellicina di gru, o il dente mascellare del crocodilo legato al braccio, o l ' ippocampo, o i nervi della botta le gati al braccio ritto. La botta legata in pelle fresca di pecora leva l ' amore.
C orteo
l e m a l a t t ie d e g l ia s im a l t .

Ad

a b im a l iu m m o b b o s .

Ll. Equorum scabiem ranae decoctae in aqua extenqani, donec illiniri possit. Ajunt ita curatos n o o repeti postea. Salpe negat canes latrare, qui* bus in offa rana viva data sit.

LI. I rauocchi cotti nell' acqua finch si pos sano impiastrare, assottigliano la rogna de'cavalli. Dicono cbe quei che sono carati ia questo modo, non ricaggiono poi pi in simile malattia. Salpe afferma che dandosi a mangiare acani un ranoc chio vivo, non arrabbiano.
D b GLI ALTBl AHIMALI D ' ACQUA. D e l l ' AD ABC A, O c A L A H o c so ,

Db h c l i q u i s
TfTM, ETC.

a q u a t i l i b u s : a d a b c a , s iv b c a l a m o -

CHHUS, 111 ; CALAMUS, V ili ; SBPUtt ATBAMBR-

3.

D el

calam o ,

8 . D e ll'

ih c r io -

STBO DELLA SEPPIA, ECC.

L il. inter aquatilia dici debet et calamochnus, latine ada rea appellata. Nascitur circa arundines l e o n e s e spuma aqme dulcis ac marinae, obi se miscent. Vim habet causticam : ideo acopis addi to r contra perfrictionum vitia. Tollit et mulierum lentigines in facie. E t calami simnl dici debent : phragmitis radix recens tosa laxatis medetur, et spinae doloribus ex aceto illita. Cyprii vero, qui et donax v o c a t u r , cortex alopeciis medetnr ustus, et ulceribus vete ratis : folia extrahendis quae infixa sint corpori, et i g n i a a c ro . Paniculae flos si aurea intravit,
x s o r d a t.

LII. Tra gli animali acquatici debbesi porre ancora il calamocno, che in latino si chiama adarc a . Nasce intorno alle cannuecie di schiuma di acqua dolce e marina, dove si mescolano insieme. Ha forza di rottorio, e per si mescola negli un guenti mitigativi contra i mali delle scorlicazioni. Leva ancora le lentiggini nel viso delle donne. Hassi ancora a ragionare de' calami. La radice del fragmile pesta fresca medica I' ossa ascile dei luoghi loro, e impiastrata con l'aceto i dolori della reui. La corteccia del ciprio, il quale si chiama ancora donace, arsa medica le alopecie e gli ulceri vecchi. Le foglie sono buone a tirar fuora le cose che son fitte nel corpo, e al fuoco sacro. 11 fiore

io

3i

C. PLINII SECONDI

io3a

Sepiae atramento tanta vis est, at in lucerna addito Aethiopas videri, ablato priore lumine, Aoaxilaus tradat. Rubeta excocta aqua, potui data, suum morbis medetor : vel cujusque ranae cinis. Pulmone marino si confricetur lignum, ar dere videtur, adeo ut baculum ita praeluceat.

della pannocchia, s* egli entra negli orecchi, as sorda. Scrive Anassilao, che linchiostro della seppia ha tanta forza, che messo nella lacerna, e levato il primo lame, fa parer neri tatti coloro che sono quivi. La botta cotta data a bere nell' acqoa medica i mali de porci ; e il medesimo fa ancora la cenere di qualsivoglia rana. Se un legno si frega col polmon marino, pare ebe egli arda di maniera che pare ana facellina.
N
omi

A V I ALI LU OMNIUM IR MARI VIVENTIUM


NOMINA, OLXXVI.

di t u t t i

gli

a n im a li c h e

vivoao

1B MARK, 1 7 6 .

LIII. ii . Peracta aquatilium dote, non alie num videtur indicare per tot maria, tam vasta, et tot millibus passuum terrae infusa, extraque circumdata mensura paene ipsius mundi, quae intelligantur animalia centum septuaginta qua tuor omnino generum esse, ea que nominatim complecti : quod in terrestribus volucribusque fieri non quit. Neqae enim omnis Iadiae, Aelbiopiaeque, aut Scythiae, desertorumve novimus fe ras aut Tolucres, quum hominum ipsorum multo plurimae sint differentiae, quas invenire potui mus. Accedat his Taprobane, insulaeque aliae Oceani fabulose narratae. Profecto conveniet non posse omnia genera in contemplationem univer sam vocari. At hercules in tanto mari Oceano quaecumque nascuntur, certa sunt, notioraque, quod miremur, quae profundo natura mersit.

Ut a belluis ordiamur, arbores, physeteres, balaenae, pristes, tritones, nereides, elephanti, homines qui marini vocantnr, rotae, orcae, arie tes, masculi, et alii piscium forma arietes, del phini, celebresque Homero tituli. Luxuriae vero testudines, et medicis fibri, quorum e geoere la tras nusquam mari accepimus mergi, tantum marina dicentes. Jam caniculae, dromones, cor nutae, gladii, serrae: communesque terrae, mari, amni, hippopotami, crocodili : et amni tantum ac mari, tbynnides, siluri, coracini, pereae.

Peculiares aulem maris, acipenser, aurata, asellus, acharne, aphya, alopecias, anguilla, ara* oeus, box, batis, bacchus, batrachas, belone, quo* aculeatos vocamus, balanus, corvus, citharas c rhomborum genere pessimus : chalcis, cobio, callarias asellorum generis, ni minor sael; colias

L1II. 11. Avendo gi mostrato la virt e qua lit degli animali dacqaa, non fuor di proposito far sapere, come in tanti e s smisurati mari, i quali e fra terra per ispazio di tante miglia si distendono, e di fuori con la misura qaasi del mondo la circondano tutta, le specie di quegli che si possono chiamare animali di mare soae cento settantasei, dei quali racconteremo < nomi; la qual cosa non si pu fare negli animali di terra, n manco negli uccelli. Perciocch noi non cono sciamo tutte le fiere, le qaali sono in India, m Etiopia o in Scizia, o nei deserti, e s s e n d o le diffe renze degli uomini stessi molte pi che noi non abbiamo potuto trovare. Aggiungasi a questi la l aprobana, e laltre isole favolose dellOceano ; e certo si vedr che non possiamo abbracciare in questa universale contemplazione della natura tutte le specie degH animali. Ma per lo contrario lutti li animali che nascono in s gran mare, coma lOceano, son certi, e noti, che ben da maravi gliare, avendoli la nalura immersi nel pi pro fondo delle acque. E per cominciare dagli animali maggiori, d sono gli alberi, i fiseleri, le balene, le priste, i tritoni, le nereide, gli elefanti, gli nomini ehe si chiamano marini, le tote, le orche, i montoni, i musculi, e altri montoni in forma di pesci, ('del fni, e i vecchi marini celebrati da Omero. Le testuggini conosciute per la nostra lussuria, e i fi bri, cio i beveri, per la medicina, nel coi gene re noi troviamo che le lontu mai non si tuffino in mare. Sonci le canicole, i dromooi, le cornate, le spade, e le seghe : gli ippopotami e i crocodili che vivono in mare, in terra, e ne1 f i u t a ; a i tonni, i siluri, i coracini e i pesci persichi che vivono solo ne* fiumi e in mare. f*roprii di mare sono l acipcnsere, l orata, l asinelio, l acarne, l alia, l alopecia, l anguilla, il ragno, il box, il bali, il bacco, il batraeo, i be loni, i quali chiamano aculeati, il balano, il corvo, il citaro, eh il pessimo nella specie de1rombi ; il calcide, il cobio, il callaria della specie degli asif

io33

HISTORIARUM MURU LIB. XXXII.

toM

sive piritiMii, tive sexitcnns a patria Baetica, lacertorum minimi: ab iis maeolici: cjb io o , ita Tocatar copcisa pelamis, qdae post u dies a P onto in Maeotin revertitur : cordyla, et haec pelamis pusilla, qaam in Pontnm e Maeotide exit, hoc nomea habel: cantharus, callionymns, sive arano scopas cinaedi soli piscium lo tei : cnide, quam nos articam vocamus : cancrorum genera, chamae striatae, chamae laeves : cbamae pelori des, generis varietate distantes et rotunditate: chamae glycymerides, qaae sunt majores quam pelorides : coluthia sive eorythia : concharum genera, inter qoae et margaritiferae: cochleae, qaarum generis pentadactyli, meliccmbales, actinophorae dicuntur quibus cantant: extra haec sunt rotandae in oleario usu cochleae: cucumis, cynopus, cammarus, cynosdexia. Draco : quidam aliud volunl esie dracunculum : est autem gerri culae simili* : aculeos in branchiis habet ad cau dam spectantes, sic ut scorpio laedit, dum manu tol|itur Erythinus, echeneis, echinus, elephanti locustarom generis uigri, pedibus quaternis, bi sulcis ; praeterea brachia duo hinis articulis, singuiisque forficibus denticolati*. Faber s i t o zeus. Glaucisci, glanis, gonger, gerres, gai eos, garos. Hippns, hippuros, hirundo, halipleumon, hippo campos, hepar, helacatenes. Sont lacertorum ge nera: loligo volitans, locustae, lucernae, lepris, lamyros, lepus, leones, quorom brachia cancris similia sunt, reliqoa pars locustae. Mullus, meru la inter saxatiles laudata, mugil, melannrus, mae na, meryx, muraena, mys, mitalos, myiscus, mu rex. Ocalata, ophidion, ostrea, otia : orcynos : hie est pelamidum generis maximus, neque redit ia Maeotio, similis tritoni, vetnstale melior: or bis, orthragoriscus. Phager, phycis saxatilium: pekanis : earum generis maxima apolectos voca tor, durior tritone : .poras, pitiarus, passer, pa stinaca : polyporum genera : pectines maximi et nigerrimi aestate, laudatissimi Mitylenis, Tynda ride, Salonis, Allini, Antii, in-insola Alexandriae in Aegypto : pectunculi, purpurae, pegrides, pin na, pinnolerae. Rhina, qoem squalum vocamos : rhombus. Scarus principalis hodie : solea, sargus, scilla, sarda : ita vocatur pelamis longa, ex Ocea no veniens: scomber, salpa, sparus, scorpaena, scorpio, sciadeus, sciaena, scolopendra, smyrus, sepia, strombus, solen, sive aulos, sive donax, sive onyx, sive dactylus: spondylus, smarides, stella, spongia. Turdus inler saxatiles nobilis: thynnus, tbranis, quem alii xiphiam vocant: thassa, torpedo, telhea : triion pelamidum gene ris m agni: ex eo uraea cybia fiunt. Veneriae, uva. Xiphias.

nelli, se non fosse minore: il colia o partano, o ses si tano che nasce in Betica, la minima delle lucer tole. Dopo questi i meotici, il cibio,oos chiama ii pesce pelamide tagliato, il quale dopo quaranta giorni ritorna dal mare di Ponto nella palude Meotide : la cordila, questa piccola pelamide, la quale cos si chiama, quando ella esce della palude Meolid ed entra nel Ponto: il cantaro, il callio nimo, ovvero uranoscopo, i cinedi, soli gialli fra tntti gli altri pesci : la cnide, che noi chiamiamo ortica. Specie di granchi sono le carne striate, le carne levigate, le came peloride, differenti per la variet della specie, e per la ritondil loro : le carne glicimeride, le quali sono maggiori che le peloride: icolotii ovvero coritii: specie di nicchi, tra le quali porr anco le madriperle, sono : le chiocciole, della cui specie sono i pentadattili, le raelicembale, e le attinofore, con le quali si canta. Fuor di queste sono chiocciole tonde in aso di olio, il cocomero, il ciaopo, il cammaro, il cinosdessia : il dragone ; alconi vogliono che il dragoncolo sia on altro pesce: simile alla cornac chia. Egli ba le spine nelle branche, volte in verso la coda; al qnal modo ancora lo scorpione offen de, quando egli preso con mano. Lo eritino, lo echeneide, e lo echino, gli elefanti, specie di lo custe, neri, di quattro pi, fessi in due parti; ollrt di'ci hanno due braccia con due congiunture, e forficine addentale. Il fabro, ovvero zeo, i glau ci ici, il glani, il gongro, il gerre, il galeo, il garo; l'ippo, lippuro, la rondine, l ' alipleumone, l ip pocampo, l 'epare, I' elacatene. Sono specie di lu certole, la loligine che vola, le locuste, le lucerne, il lepri, il lamiro, la lepre, i lioni, le cui branche sono simili a quelle de granchi, l'altra parie alla locusta: la triglia, la merla lodata fra i pesci sassatili, il muggine, il melanuro, la menola, il me nce, la murena, il mis, il milulo, il miisco, la mu rice. L oculata, l'o fid io , lostrica, l otia, e 1 orcino. Questo il maggiore della specie delie pelamide, e non torna nella palude Meotide, simi le al tritone, e quanto pi vecchio migliore. L orbo, l orlragorisco, il fagro, il Pici degassa tili, la pelamide : di questa specie la maggiore si chiama apolelto, pi duro che il tritone: il poro, il pitiaro, il passero, la pastinaca. Della specie dei polpi sono i petiini grandissimi e nerissimi la state, eccellentissimi nell isola di Ale telino, in Tindarida, in Salona, in Allino, in Antio, e nella isola d Alessandria in Egitto: i petlunculi, lo porpore, i pegridi, la pinna, le pinnotera, la rina che noi chiamiamo squato, il rombo. Lo scaro oggi mollo stimato, la soglia, il sargo, la scilla, e la sarda, cos si chiama la pelamide lunga, la quale viene dallOceano : lo sgombro, la salpa, lo sparo, la scorpena, lo scorpione, lo sciadeo, la sciena, la

io35

C. PUN II SECUNDI HISTOK. MUNDI LIB. XXXII.

io36

seolpendra, k> emiro, la seppia, lo strombo, il se lene, ovvero aulo, ovvero dori ace, ovvero onice, ovvero dattilo, lo spondilo, lo smarde, la stella, la spugna. Il sordo, nobile fra i pesci sassatiti. Il tonuo, il trani, che aleuni chiamano xifia, la tassa, la torpedine, il tetea, il tritone della maggiore spe cie delle pelamide, di cui si fanno papardelle. le renerie, l ' uva, e le xifie.
A p UD OviDIOM POfITA NOMINA. N o m i c it a t i da O v id io .

LIV. His adjiciemus ab Ovidio posita nomina, quae apad neminem aliam reperiunlur ; sed for tassi* in Ponto nascanlar, ubi id volumen sa pre mis suis temporibus inchoavit : bovem, cercyrum in scopulis viventem, orphum, rubentemque erythinura, sparulum, picUs mormyras, aureique coloris chrysophryn, permeca, tragum, et pla centem cauda labrum, epodas lati generis. Prae ter haec insignia piscium tradit, channera ex seipia concipere, glaucnm aestate namqnam ap parere, pompilum qui semper comitetur navigio rum cursus, chromin qui nidificet in aquis. Elo pem quoque dicit esse uostris incognitum uudis: ex quo apparet falli eos, qui eumdem acipense rem existimaverunt. Elopi palmam saporis inter pisces multi dedere.

LIV. Aggiugneremo a questi i nomi de* pesci posti da Ovidio, i quali non si trovano appresso a nessuno altro, ma nascono forse in Ponto, dove egli negli ottimi anni di sua vita cominci questo libro : il bue, il cerriro che vive negli scogli, P orso, e l ' eritine, che rosseggia, lo sparolo, le mormire dipiote, e il crisofri di color d'oro, la permeca, il trago, e il labro, la cui coda piace, e 1*epode larghe. Oltra queste ricorda cose nota bili di pesci, cio che il pesce canne s* ingravida da s stessa, e il glauco che non si vede mai la state ; il pompilo che sempre accompagna i navili, il cromi che & il nido nell acqoa. Diee anco che il pesee elope non si truova ne1 nostri mari, onde si vede che eoloro singannano, i quali ten gono ehe egli sia lo acipensere. Molti hanno dato il vanto di sapore all1elope fra gli altri pes.
P e s c i n o i n o m ik a ti d a

P isces a m jl l o a d c to x b n o m in a t i .

vsaetto

a u to

a*.

LV. Sunt praeterea a nullo auctore nominali, sudis latine appellatus, Graecis sphyraena, rostro similis nomine, magnitudine inter amplissimos, rarus, sed non degener. Appellantur et pernae concharum generis, circa Ponlias insulas frequen tissima e. Slant velul suillo crnre longo in areua defixae, bianlesque, qua limpitudo est, pedali non minus spalio, cibum venantur. Denles in circuitu marginum habent peclinatim spissatos, lnlus pro apondylo grandis caro est. Et hyaenam piscem vidi in Aenaria insula captum.

Exeunt praeter baee purgamenta aliqua re latu indigna, et algis polius adnumeranda, quam animalibus.

LV. Sonci oltra questi alcuni pesci non nomi nati da persona : uno chiamato in latino sudis, e da' Greci sfrena, simile di becco al nome, graode fra i maggiori, raro, ma non tralignaste. Sooci anco le perne, di specie di conche, frequentissime intorno all isole Ponxia: stanno come ona coscia lunga di porco fitte nellarena, e oon bocca aper ta, la quale larga uo braccio. Vivooo di rapina. Hanno i denti all intorno dell estremit, spesa come pettine. Dentro in luogo delPosso del collo hanno una gran carne. Ho veduto anco preso il pesce iena nell isola d Ischia, che metteva inori il capo. Oltra questi sono alcune altre mondiglie in degne d esser mentovate, e piuttosto da essere annoverate fra le alghe, che fra gli animali.

C. PLM1 SECUNDI

HISTORIARUM MUNDI
LIBER XXXIII
M E T A L L O R U M NATURAE.

De u e t a t . l i s .

Dbi

m e ta lli.

). 1*1 et alla nane, ipsaeque opes, et rerum pretia dicentur, tellurem intus exquireate cura multi plici modo : quippe alibi divitiis foditur, quaerenle vita aarum, argentum, electrum, ae* : alibi deliciis gemmas et parietum digitorumque pig menta : alibi temeritati ferrum, auro etiam gra tius inter bella caedesque. Persequimur omnes ejus fibras, vivimusque super excavatam, miran tes dehiscere aliquando, aut intremiscere illam, ceu vero non hoc etiam indignatione sacrae pa reatis exprim i possit. Imus in viscera ejus, et in sede Maninm opes quaerimus, tamquam parum benigna fertilique, quaqua secatur. Et inter haec minimum remediorum gratia scrutamur : quoto enim cuique fodiendi causa medicina est? Quam quam et haec summa sni parte tribuit, ut minime parca, facilisque in omnibus quaecamqne protaat. illa nos premant, iHa nos ad inferos agunt, quae occultavit atque demersit, illa quae non nascuntur repente. Mens ad inane evolans reputet quae deinde futura sit finis seculis omnibus exhauriendi eam: quousque penetratura avaritia. Qaam innocens, quam beata, immo vero et deli bata esset vita, si nihil aliunde, quam supra terras, concupisceret, baberetque nonnisi quod secam esi

I. XVagioneremo ora de metalli, delle ricchezze, e de' pregi delle cose, le quali dagli uomini con tanta cura e diligenza sono cercate fio dentro alle viscere della terra ; perciocch in alcuni luoghi per conto di ricchezza si cava l ' oro, l argento il rame, e lo stagno ; in alcuni altri per conto di pompa e delicalura si cavano gioie e ornamenti da mani e da mura: altrove per nostra bestialit si cava il ferro, il quale nelle guerre e nelle ucci sioni assai pi grato che Toro. Noi andiamo ri cercando ogni sua minima vena, e viviamo sopra la terra cavata, la quale talora non senza nostra maraviglia veggiamo aprirsi o tremare ; il ch pure si pu credere che sia un'espressione di sde gno di questa sacra madre. Noi entriamo nelle viscere d1essa, e nella sedia dell inferno cerchia mo le ricchezze, quasi eh* ella fosse poco amore vole e fertile dove ella vien fessa e tagliata. E fra queste cose il meno che si cerca per conto della medicina. Chi infatti che si metta a cavare la terra per cagione di cose medicinali? Bench tai cose ci d la terra nella sua superfcie, come quella che in nessuna parie avara, ma facile e cortese di tutte le cose che giovano. Ma noi siamo sforzati, e iosino allo inferno tirati da qulle cose, le quali Ila ha nascose e tuffate, e le quali in

C. PLINII SECUNDI b m t non nascono. L i mente ohe vola 1 m 1 vane, consideri quale abbia ad eeie il fine di votarla per tatti i secoli, e infino a dove l ' avari* zia abbia a penetrare. Quanto innocente, quanto felice, anzi quanto delicata sarebbe la vita nostra, l'ella non desiderasse niente altro che quello eh sopra la terra, e niente altro se non quel eh* seco! Ds
aubo.

D bll o b o .

Cavasi 1*oro, o appresso a quello la criso 11. Eruitur aurum, et ehrysocolla juita, ut II. pretiosior videatur, non natura. Parura erat unam colla, acciocch pai* pi preziosa per essergli pres vitae invenisse pestem, nisi in pretio esset auri so, che per la sua natura. Perciocch era poco aver etiam sanies. Quaerebat argentum avaritia : boui trovata nna peste alla vita, se ancora non si met consuluit interini! invenisse minium, rubenlisque teva in prezzo la corruzione dell* oro. L'avarizia terrae excogitavit usum. O prodiga ingenia ! quot cercava dell* argento, e in tanto le parve assai modis auximus pretia rerum ? Accessit ars pictu aver trovato il minio, e pens come potesse usare rae ; et aurum argentumque caelando carius fe la terra rossa. O prodighi ingegni, in quanti cimus. Didicit homo naturam provocare. Auxere modi abbiamo noi cresciuti i pregi delle cosa ! et artem vitiorum irritamenta. Io poculis libidi S* aggiunta 1*arte della pilLnra, e con iscolpirlo nes celebraverunt, ac per obscoenitates bibere. abbiamo fatto pi caro l ' oro e l ' argento, che Abjecta deinde suut haec, et sordere coepere : et non era. L*uomo ha imparato a provocare la na tura, e gl* incitamenti de* vizii hanno accresciuto auri argentique nimium fuit. Murrhina et cry stallini ex eadem terra effodimus, quibus pretium l*arle. Noi ci siamo dilettati fin di scolpire le lus faceret ipsa fragilitas. Hoc argumentum opum, surie nelle tazze, e cos a bere con disonest. Sohaec vera luxuriae gloria existimata est, habere nosi poi dispregiale aocora queste cose, e venne quod posset statim totum perire. Nec boc fuit nausea dell* oro e dell* argento. Della medesima satis, turba gemmarum potamus, et smaragdis terra caviamo la murrina e il cristallo, i quali, per teximus calyces : ac temulentiae causa tenere lu esser fragili sono assai in pregio. Questo segno d* esser ricco, questa stimata vera gloria di ma diam juvat : el aurum jam accessio est. gnificenza, aver cosa, che iu un momento possa tutta perire. N questo ancora stato assai, che noi beiamo con mollitudine delle gioie, e faccia mo i vasi da bere di smeraldi; e per rispetto dell 'ubbriachezza ci giova signoreggiar l 'India : l'oro non altro che nna giunta.
Q
oae p b im a com m en d a tio b ju s .

u a n d o c o m i n c i i .* o b o a v e r e a u t o r i t .

i. Volesse Dio che tutta si potesse levare III. i. Ulinamque posset e vita in totum abdi 111. del mondo la fame e ingordigia scellerata dell'oro, cari anri sacra fames, ut celeberrimi auctores di come nobilissimi-autori hanno detto! Esso la xere ! Proscissum est conviciis ab optimis quibus que, el ad perniciem vitae repertum. Quantum cerato con ogni sorte di villania da tutti i buoni, feliciore aevo, quum res ipsae permulabantur e trovalo a danno e ruina della umana vita. Quan inter se, sicut et Trojanis temporibus faclilatum to erano assai pi felici i tempi, quando le cose Homero credi convenit ! Ita ( ut opinor ) com si cambiavano l'nna con l'altra,come ai po cre mercia victus gratia invecta. Alios coriis boum, dere a Omero che si facesse al tempo della guerra alios ferro captivisque rebus mutasse tradit : Troiana! Perocch io credo che il commercio per rispetto del vitto fosse trovato, dove alconi quamquam et ipse mirator auri, aestimationes rerum ita fecit, ut centum boum arma aurea per con la pelle de* buoi, altri col ferro e coi bottini mutasse Glaucum diceret cum Diomedis armis di guerra facevano scambio, bench anoora esso oovem boum. Ex qaa consuetudine muleta legam Omero, aveodo in maraviglia 1*oro, fece la stima alle cose di maniera, che introdusse Glauco cam antiquarum pecore constat, etiam Romae. biare 1 armi d oro di cento bnoi con 1 arm e di * *

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXXIIL Diomede di nove buoi. Per qaesta osanw la condannagione dell' aulica legge era di bestiame, an eora a Roma.
D b AHBCLOEUM ACEEOECH OEIG1BB.

D bll' o b ig in b dbll* anelli ' omo.

IV. P m iaan i vitae scelus fecit, qui idf primas IV. Pessima seelleraggne fece all' umana vita induit digitis. Nec hoc qais fecerit traditur. Nam solui, che fu il primo a portare in dito anella di de Prometheo omnia fabulosa arbitror, quam oro. Per chi ne fosse il primo,non si ritrova. Per quam illi qaoqoe ferreum aonulura dedit antiqui ciocch io stimo favola tutto quello che si diee di tas : vinculumque id, oon gestamen, intelligi vo- Prometeo, bench l'antichit ancora a costui desse loil. Midae quidem annuluro, quo d rea macto ha l'anello di ferro, e volesse che qoesto 'intendesse beo lem emo cerneret, quis non etiam fabulosio peruu legatne.e non per un ornamento.Ma chi non re* fateatur f Manos et prorsus sioistrae maxi confesser cbe l'anello di Mida,il quale rivolto fa ma aactoritatem conciliavere auro, non qoidem ceva invisibile chi l'aveva in dito, non sia pi favo Romanae, quarum ia more ferream id erat, ut loso? Diedero grandissima autorit all'oro te mani virtutis bellicae, insigne. De regibus Romanis sinistre, e non gi fra i Romani, il cui costarne era non facile dixerim. Nullum habet Romali in Ca di portare l ' anello di ferro in segno di virt mi pitolio statua, nec praeter Numae Serviique Tullii litare. D e're Romani difficil cosa potere inten alia, ac ne Lucii quidem Bruti. Hoc in Tarquiniis dere il vero. La statua di Romolo in Capitolio maxime miror, quorum e Graecia fuit origo, unde non ha nessuno anello, n alcuna altra statua, hic annulorum usus venit, quamquam etiam fuor che quella di Noma e di Servio Tullio, n nane Lacedaemone ferreo utuntur. Sed a Prisco anco quella di Lueio Bruto. In questo molto mi ma Tarquinio omnium primo filium, quum in prae raviglio de'Tarquinii, la coi origine fn di Grecia, textae annis occidisset hostem, bulla aurea dona onde veune questa usanza delle anella, bench an tam eonstat: unde mos bullae duravit, nt eorum cora in Lacedemone le usino di ferro. Ma pur si qui equo merui; sent filii, insigne id haberent, traova, come Prisco Tarquinio fa il primo cbe ceteri lorum. Et ideo miror Tarquinii ejus sta don al figliuolo, per avere egli, essendo ancora tuam sine annulo esse. Quamquam et de nomine fsociullo, ucciso il nimioo, un fermaglio d 'oro, ipso ambigi video : Graeci a digitis appellavere, onde pass poi innanzi l usanza di donare questo apud pos prisci angulum vocabant: postea et ornamento, ma solamente a quegli i eoi padri Graeci et nostri symbolum. Longo certe tempore avessero fattola milizia a cavallo; dove agli altri ne senatum quidem Romanum habuisse aureos fanciulli non si dava altro che no collare di pelle manifestum est. Siquidem his tantum qui legati senza oro. Epper mi maraviglio, come la statua ad exteras gentes itnri essent, annuii publice da di qoel Tarquioio sia senza anello. Bench io veg bantur : credo, quoniam ita exterorum honora gio che dubita ancora del nome : i Greci lo tissimi intelligebautur. Neque aliis uti mos fuit, chiamarono dalle dita, e gli antichi Latini lo qoam qui ex ea causa publice accepissent; vulchiamavano ungolo, e dipoi i Greci e i nostri goque sic triumphabant. Et quum corona ex auro simbolo. Ma per non dubbio aloano, che Etrusca sustineretur a tergo, aunulus tamen in per lungo tempo neppure il senato Romano port digito ferreus erat, aequa fortuna triumphantis, l 'anella d 'oro, perciocch coloro solo, che andava et servi coronam sustinentis. Sic triumphavit de no ambasciadori alle nazioni straniere, gli porta Jugurtha C. Marius : aureumque non ante ter vano, e davanti loro del pubblico; e credo che tium consulatum sumpsisse traditur. Hi quoque, ci si facesse, perch sapevano come l 'anella era qui ob legationem acceperant aureos, in publico no io uso e pregio appresso gli stranieri.N alcuno tantum utebantur his: intra domos vero ferreis. altro gli usava, se noo coloro, che per tal cagione Quo argumento etiam nunc spousae muneri fer gli avevano dal pubblico ; e cos comunemente reus aunulus mittitur, isque sine gemma. trionfavano. E bench uel trionfo il servo portasse sopra il capo del trionfante la corna Etrusca d'oro, nondimeno il trionfante aveva in dito l'anello di ferro, come anco il servo che sosteneva la corona. Cos Caio Mario trionf di Giugurta ; e dicesi che non port anello d'oro innanzi il terzo consolato. Quegli anoora che per l'ambasceria le avevano prese d 'oro, non le usavano se non in pubblico, e in casa le portavano di ferro. Per ancora oggi

C. PL1MI SECUNDI s* usa mandare alla sposa I anello di ferro, sema gioia entrovi. Neppure io veggo che al tempo della guerra di Troia s'usasse anello alcnoo,n Omero ne Ci men zione in luogo vefurio J bbhegli dica th s'usa vano donare tavolette da scriver lettere, e aocora resti rinchiuse in casset te, e vasi d'oro e d 'a r g e n t o , e ci tutto legato bens, ma senta segno d'anello. E quando dice che i capitani si traevano a sorte per combattere con chi gli avea provocali, non dioe per che si sortiiser con le anella. Nelle ancora che si fabbricavano le statue degli dei, e le fibbie, e l ' altre cose per oroamento deUf donne, come i pendenti degli orecchi, ma non fi parola di anella. Coloi che fu il primo a ordinare l'aneHe, lo feoe a rilento, e mitfelo nella man manca, dove si vede meno; meuire, se l'onore fosse stilo sicuro, lo doveva far vedere nella ritta. Che se si dicesse che l'avessero messo in quella, perch non dia im pedimento,questo maggiore nella manca,la quale tiene lo scndo. Dice ancora Omero, che ornavano i capegli dell' uomo con oro, e per questo nou so se la prima u*anxa cominci dalle donne.
D e l l b ao*MB
d b l l ' o b o fbb sso

Equidem nec Iliacis temporibus ullos fuisse annulos video: nu sq u a m certe Homerus dicit, qaam et eodicHk missitatos epistolarum gratia indicet, et con<!ilas arcis vestes, ac vasa aurea argenteaque, et ea colligata nodi, nod annidi, nota. Sortiri quoque contra provocationem du ces non aunalis tradit. Fabricam eliam deum fibula*, et alia muliebris cultas, sicut inaures, in primordio factitasse, sine meatione annalorum. E t quisquis primas instituit, cunctanter id fecit, laevitque manibus, lalentibosque induil : qaam, si bonos securus fuisset, dextra fuerit ostentan dus. Quod si iropedimentam potuit in eo aliquod mtelligi, etiam serioris usas argnmentam est, majus in laeva faisse, qua scutum capitur. Est quidem apud eumdem Homerum virorum crinibua aurum implexum : ideo nescio an prior usos a feminis coeperit.

Db tono

A tm i a p u d a r t i q o o s .

o li A m e n .

Roma stette gran tempo che non ebbe oro, Romae ne fuit quidem aurum nisi admo- V. te non poco ; e certo quando presa da' Galli ebbe Gallis capta Urbe pax emeretur, non plus quam a comperar la pace, non pot fare pi che miHe mille pondo potuere. Nec ignoro M. Crassum libbre d ' oro. Peraltro io so che M. Crasso, duo mittia pondo auri rapuisse tuo et Pompeji quando la terza volta fa consulo con Pompeo, secondo consulatu, e Capitolini Jovis solio, a tolse due mila libbre doro della sedia di Giove Capitolino, il quale oro era slato riposto quivi Camillo ibi condita, et ideo a plerisque existi mari duo millia pondo coliate. Sed qud accessit, da Camillo, e che per questo stimano molli che taoto fosse dato da loro a* Galli. Ma quello che Gallorum praeda fuit, detraetumque ab hia in perle cptae Urbis delubris. Gallos autem cora vi s* aggiunse, fu la preda de* Galli, e quel die fu cavalo da loro per li templi nella parte della eitti auro pugnare solitos* Torquatus indicio est. Ap presa. E che i Galli fossero usati a combattete paret ergo Gallorum templorumque lantumdem, neo amplku fuisse: qaod quidem in augurio iu- con ornamenti d oro, ne fa fede Torquato. Pare adunque, che quello de1Galli e de* templi fu al teUectnm est* quum Capitolinus duplum reddi disset. Illud quoque obiter indicare convenit, trettanto, il che certo s'intese ueH'augurio, avendo quoniAm de annulis sermonem repetimus, aedi rese Giove Capitolino il doppio. Qnesto s* ha da tuum cuilodiae ejus compreheosum, fracta in ore sapere ancora cos per passaggio, poich ri pigia mo il favellare dell' anella, che il guardiaoo di annuii gemma, statim exspirasse, et iudicium ita quel tempio essendo colto in furio, rottasi in eistinetum. Ergo ut maxime duo tantam millia bocca la gemma dell*anello, subito mori, e cosi pondo, quum capta est Roma anno ccctxiv fuere, per lo indicio. Furono dunque al pi duemila qunm jam capitum liberornm censa essent c l i i millia, quingenti x.xxm. In eadem post annos libbre d 'oro quando fu presa Roma d* intorno cccvn quod ex Capitolinae aedis incendio ceteris- all'anno trecento sessantaquattro, quando gi que omnibus delubris C. Marius filius Praeneste erano scritti nel censo cento cinquaatadue mila e detulerat, tredecim millia pondo, qoae sub eo cinquecento settanlalr capi di uomini liberi.Netta titulo io triumpho transtulit Sulla, et argenti vi medesima dopo trecentosetle anni, quello che millia. Idem ex reliqua oraui victoria pridie Caio Mario figliuolo di Mario port da Palestrioa transtulerat auri pondo xv millia, argenti pondo dell' incendio del tempio Capitolino e di tulli gli altri lempii, fu tredici mila libbre, le quali sotto centum et quindecim millia. quel titolo Siila port nel trionfo, cou seimila V.

dnm exiguum, longo tempore. Certe quum a

fof

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXX111.

1046

libbre d argento. II medesimo di (allo il rima* Dente della vittoria il giorno innanzi aveva, por tato qaindiciraila libbre d ' oro, e cento quindici mila d ' argento. D b io** ASMDLoauii Acaaoaou.
D e l p r i v i l e g i o d e l l e a r e l l a d*

oao.

VI. F requentar aatera usa* annulorura aou VI. Non si truova che inuanzi il tempo di sole Co Flaviam Annii filiam deprehenditur. Gneo Flavio figliuolo d'Annio, le anella sosassero Hic namque publicati* diebu* faslis, qno* popula gran fatto. Perciocch costui poich ebbe pub a paucis principum quotidie petebat, tan laro gra- blicati i d fasti, i quali il popolo con grande tianp plebi* adeptas est ( alioqai libertino patre istanza tuttod richiedeva da alcuol pochi dei le o ila tv ^ ip*e Appii Caeci scriba, cojus hortata principali della citt, * acquist lanla grazia apr MCepent eo dies, consultando adsidu* Miraci presso la plebe ( essendo egli per altro nato di ingeoio, proiffulgaveratque ), ut aedilis curulis padre libertioo,ed esso caocelliere dAppio Cieco, crearetur com Q. Anicio Praenestino, qai pauci a cui conforti egli avea raccolti quei giorni, dor ante anni* hostis fuisset, praeteritis C. Poetelio mandandone di cootiouo con sagace ingegno, e et Domitio* quorum patres consule* fuerant- Ad* gli avea divulgati ), che fu creato edile carole con ditara Flavia, at simul t tribunos plebis esscU Qaiato Anicio Prenestino, il quale pochi anni Q ao tacto tanta senatus indignatione t i i r a l , at innanzi era stato rabello del corauoe, essendo aanulas ab eo abjectos foiose io antiquissimi* re ribattati G. Petilio e Domizio, i eoi padri erano pe ri at ur anealibu*. Fallit plerosqoe, qaod tam stati coasoli. F a aggianto a Flavio, eh* ' fosso et equestrem ordinem id *fecisse aratrantor. aoco tribuno della plebe. Per la qual cosa il Etenim adjectum hoc qaoqut, u ed et phalera eoato prece taoto sdegoo, che nelle istorie posila, proptereaqne oomen eqaltam adjectam antiche si troova, che tutti posero gi le anella* * e*t. Annoio* qaoqae deposito* a nobilitate, in Ma molti * ingannano, credendo ehe I ordino Aqoales relatum est, non a senatu uoiverso. Hoc equestre facesse questo medesimo. Perciocch actum P. Sempronio, P. Sulpicio eoosulibo*. vi fu scritto il nome decavalieri solo perch pri ma s era detto che costoro u aveano anche poste Flaviu* vovit aedem Concordiae, ai popolo re conciliasse! ordines. Et quum od id peennia po gi le falere. Troovasi scritto ancora nelle blica non 4 *eerpretar,ex mulctatitia feneralori- istorie, siccome i gentiluomini, ma oon tatto il bus condemnati* aediealam aeream fecit io Grae- secalo, misero gi le anella. Questo avvenne es co*ta*i, qae tane opra Comitium erat. Incidit* sendo consoli P. Semprooio e P. Sulpicio. Flavio que in tabella aerea eam aedem, ducenti* qnatoor si vol di fare un tempio all Concardia, se egli poteva riconciliare insieme il senato e la plebe anni* post Capitolinam, dedicatam. Ita c c c c x l i x a condita Urbe gestum est: ct primum anoulo- E percb egli non pot ottenere che per questo effetto si assegnassero denari del pubblico, lece rum v&tigium exstat : promiscui au tara usus al terum secando Panico bello : neqoe enim aliter uu tempio piccolo di rame oon denari fatti di potaisaeot trimodia illa aonuloram Carlhagioem coodannagiooi tratte dagli sarai, e qaesto temn ab Haonibalf mitti. Inter Caepiooem qooque et pio fece egli fare in luogo che si chiamava GreDrosom ex annoio io auctione venali, inimicitiae costati, chera allora opra il Comizio* e feee scri vere in ana tavola di rame, come quel tempio era coepere : uode origo Sociali* belli, et exilia re stato dedicato dugenloquattro anni dopo il tem rum. Ne tum quidem omne* senatores habue ran t : otpote quam memoria avorara malti pio Capitolino. Qaesto avvenne qoattroeenlo a praetura qaoqae fanoli, in Cerreo consenuerint, quaranta aove anni dopo la edificazione di Roma, sicut Calpurniam et Maolllom, qui legatus Caji e questo il primo vestigio eh* si vegga dell? a* Morii foerat Jogurlhino bello, Feoestella tradit : nella. C' un altro segno eh die l osassero p e r et molli L. Fofidium illuan, ad qaem Scaaras de ogni alato nella seconda guerra Cartaginese, per* vite saa *crip*it : in Quinctiorum vero familia ohe Annibale non avrebbe altrimenti potato man* aurora, ne femina* qoidem, habere mos fuerit : dare a Cartagfoe quelle tre moggia danella. ouUosqae maino nnaios major par genliam Cominci ancora la nimicizia tra Copione e Dvaso konMouaMfa^ etiam qoi sub imperio nostro de per aao anello ohe si vendeva all incanto, onde gant, hodieqoe habeat Non sigaat Oriens aat e b b e origine poi la guerra Sociale, e la rana dello stato. Ma n anco in q u e tempi tatti i sonatovi Aegyptas eliom nm c, IHteria con Unta aolis. portavano nello d oro, perch al tempo degti avoli nostri, molti eli* erano alati pretori soleva*

io47

c. p u n ii seco ndi

>o48

Multis hoc modis, ut cetera omoia, laxuria variavit, gemmai addendo exquisiti fulgoris, censnque optimo digitos onerando, sicul dice mus in gemmarAm volumine : mox et effigies varias caelando, ut alibi ars, alibi materia esset in pretio. Alia* deinde gemmas violari nefas pa lavit: ae ne qois lignandi camam in annulis esse inlelligeret, solidas induit. Quasdam vero neque ab ea parte quae digito occultatur, auro elusit, aurnmqoe millibus lapillorum vilius fecil. Contra vero mulli oullas admittunt gemmas, auroque ipso signaat: id Claudii Caesaris principatu re pertum. Nec non et servitia jam ferrum auro dngaot: alia per sese mero auro deeorant : cojus liceotiae origo nomine ipso in Samothrace id in stitutum declarat.

Singulis primo digitis geri mos fuerat, qui sont minimis proximi: sic in Numae et Servii Tullii statuis videmus. Postea pollici proximo in doere, etiam deorum simulacris: dein juvit et minimo dare. Galliae Britanniaeqoe medio dicun tur usae. Hio none solus excipitur: ceteri omnes onerantor, atque etiam privalim articoli minori bus aliis. Suot qoi tres uni minimo congerant: alii vero et hoie unam tantam, qoo signantem signent. Conditas ille ut res rara, et injuria usus indigna, velat e sacrario promitur: et nnum in riuimo digito habuisse, pretiosioris in recondito aapoUectilis ostentatio est Jam alii pondera eo rum ostentant. Aliis plores quam unum, gestare labor est. Alii bracteas infarcire leviore materia, propter casam, tatias gemmarum sollicitudini potant. Alii sub gemmis venena clodunt, sicut Demosthenes summus Graeciae orator, anuulosque mortis gratia habent. Denique ut plurimam opam soelera aonolis fiunt. Qoae fuit illa prisco rum vita, qualis innocentia, in qua nihil signaba tur? At nono cibi quoque ac polos annoio vin dicantur a rapina. Hoc profecere mancipiorum legiones, et io domo torba externa, ao servorom quoque causa nomenclator adhibendus. Aliter pad antiqaosjsingoli MarcfporesLuciporesve do-

no portargli di ferro, come Fenestella scrive di Calpurnio e di Manilio, il quale fu luogotenente di Mario nella guerra contra Giugurta. Molli dicono ci di L. Fufidio, a cui Scauro scrisse Ia sua vita ; e nella famiglia de'Quinzii usanza fa, ebe n anco le donne portassero oro ; e la maggior parte ancora delle genti e degli oomioi non hanno alcuno anello, n anco quegli che vivono sotto il nostro imperio. L* Oriente e l'Egitto al d doggi ancora non suggellano, contenti delle lettere sole. La lossuria ha in molti modi variato questo, come lutte l altre cose, aggiugnendovi gioie di rarissimo splendore, e aggravando le dita di gran dissime ricchezze, come diremo nel libro delle gioie ; e dipoi intagliandovi diverse figure, accioc ch iu uu luogo l ' arte, e in on altro la materia (oste in pregio. Pens dipoi ebe fosse male vio lare altre gioie, e acciocch alcuno non credeste che la cagione del suggellare fosse nell' auetla, vi mise le gioie intere. Alcune gioie oon volle che ancora in quella parte ehe tocca il dito fosser coperte d 'oro, e f I* oro pi vile che mille pieIruzze. All* incoutro molli non osano gioia alcu na, ma suggellano eon I1 oro, come si trova es< sersi usato al tempo di Claudio imperadore. Ma fino agli schiavi oggi cingono il ferro eoo l oro, e alcune cose ornano d 'oro schietto ; e 1 origine * di questa licenzia dimostra per il D o m e essersi trovala in Samotracia. Osavasi prima portare solomn anello in quel dito, eh* presso al mignolo ; come si vede nelle statue di Numa e di Servio Tullio. Poi anche nelle statoe degli dei le misero nel dito vicino al grosso, e poi ne misero anco nel mignolo. Dicesi che in Francia e Inghilterra s'usavano nel dito di mezzo. Ma ora questo solo ne riman senza, e tntti gli altri ne son pieni, e particolarmente ancora le giunlnre di altri minori. Alcuni d o met tono fino a tre oel mignolo, e certi ve oe pongo no un solo, col quale suggellano. Quello, come cosa rara, e come non degna d 'ingiuria, si cava fuori come d* un santuario, e Taverne ano nel dito mignolo, segno d* averne messi in serbo di pi preziosi. Altri gii fanno ostentazione del peso loro. Alcuni altri hanno per fatica portarne pi d'uno. Altri gli fanno di piastra sottile, per ch sien pi leggeri, e acciocch cadendo non goastiao le gioie. Alcuni rinchiudono veleni sotto le gioie, come fece Demosleoe sommo orator Gre co, e tengono l anella per aver pronta la morte. Finalmente molte scelleratezze si fanno con le anella. Che vita fu mai quella dgK antichi, e ehe innocenza, quando non si suggellava nuda ? Ma oggi fino al pane e al vino eon l anello a* assicu rano dadi tapina. Questa rutiliti che ne viene

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXXU. minorant gentile, omnem vietam m protoiscuo habebant : neo 11* Ioni custodia a domestici* opus erat. Nane rapiendae comparantur epolae, pariterque qui rapiant eas, et claves quoque ipsas signasse non est salis: gravatis somno ant mo nentibus annali detrahnntur: majorqae vitae ratio circa hoc instnsroentam esse coepit, incer tum a quo tempore. Videmur tamen posse in externis auctoritatem ejas rei mtelligere, circa Polycratem Sami tyrannum, coi delectas ille an nutus in mare abjectos, capto relatus est pisce, ipso circiter ccxxi annum urbis nostrae interfecto. Celebratior qoidem usus cum fenore coepisse de bet : argumento est consuetudo vulgi, ad spon siones etiamnnm annnlo exsiliente, tracta ab eo teyopore, quo nondum erat arrha velocior: ut plane adfirmare possimus, nommos ante apud nos, mox coepisse annulos. De nummis paullo post dicetur. dalPaver servi da poterne comporre nna legione, dall'aver in casa una torba di stranieri,tanto che ne bisogni un computista, il quale ci rammenti i nomi loro. Fra i nostri antichi per contrario aveva ciascuno il suo Marciporo o Luciporo, delizia del padrone, col quale aveva comune il vitto; n era bisogno in casa di alcuno, che facesse la goardia da quei di casa. Or* si comprano vivande, che saranno rubate, e similmente quei che le rubano, e non basta ancora aver segnate esse chiavi, che Tanella son cavate di dito a' padroni addormen tati, o a quei che muoiono ; tanto che le anella cominciarono ad avere importanza, bench noa si possa determinare in che tempo. Ma pare non dimeno cbe noi possiamo ritrovare l importanza di questa cosa negli stranieri, e massimamente in Polierale re di Saruo, il qoale avendo gettato in mare Fanello tanto da lai amato, lo riebbe, ch gli fu riportato in an pesce preso. Costui fu morto intorno a dugento trenta anni dopo la edificazio ne di Roma. Codesta usanza si fece pi frequente per le usure : n* prova il costume del volgo, perch oggi ancora oelle convenzioni si d l 'anel lo. Cominci dunque quando ancora non era P arra, talch possiamo affermare, che presso a noi prima cominciarono i denari, e poco dipoi le aoella. De1denari ragioneremo poco dipoi.
D b l l b d b c o r ib d * g ic d ic t .

Ds

Dscvmiis JUDICUM.

VII. Annuii distinxere alteram ordinem plebe, ut semel coeperant esse celebres, sicut tu nica ab annulis -senatum : quamquam et hoc sero : vslgoque purpura laliore tunicae usos]invenimos etiam praecones, sieut patrem Lacii Aelii Stilonis, Praeconini ob id cognominati. Sed annuii plane medium ordinem, tertiumque, plebi et patribus inaernere : qnod antea militares eqoi nomen de derant, hoc nunc pecuniae judices tribount. Nee pridem id factum : divo Augusto decurias ordi nante, major pars judicum in ferreo annoio fuit : iiqoe non eqoites, sed jodices vocabantur. Equi tum nomen subsistebat in turmis equorum pu blicorum. Judicum quoque non nisi qoatuor de curiae fuere primo : vixque singula millia in de curiis inventa sunt, nondum provinciis ad hoo munus admissis : servatamene in hodiernum est, nequis e novis civibus in iis judicaret.

% Decuriae quoque ipsae pluribus discretae . noorinilMU fier,tribunorum aeris, et seleotorom, et judicum. Praeter hos etiamnuu nongenti vo-

Le anella hanno distinto i nobili dalla a VII. plebe, il che avveniva quando in essa alcuno co minciava a nobilitarsi, come la tonica distinse il seoato solo dalle anella, bench ci pure sia stato tardi, perch troviamo che ognuno, infino ai banditori, usava larghe fasce di porpora nella tonica, come fu il padre di L. Elio Stilone, il qua le fu perci chiamato Preconino. Ma veramente le anella fecero il terzo ordine, cio l equestre, in mezzo tra il senato e la plebe; il nome che i cavalli militari davano prima, a! presente Io dan no i giudici della pecunia. Non mollo tempo che fu queslo, perciocch quando P imperadore Angusto ordinava le decurie, la maggior parte de giudici aveva anella di ferro, e questi non si chiamavano cavalieri, ma giudici. 1 nome di ca 1 valieri rimaneva nelle bande de cavalli pubblici. Da principio ancora non vi erano pi che quattro deeurie di giudici, e appena si trovavano mille per decuria, perch le province non erano ancorri state ricevute a questo ufficio ; e insino a questo d s osservato che nessuno de nuovi cittadini sia eletto giudice. 2. Furono ancora le decurie distinte in pi nomi, de* tribuni del denaro, descelti, e dei giu dici. Oltra di questo ancora 'erano i novecento,

c. rumi 8 C 9 H E 0H
cabantur, ex omnibus eleoti ad cqtlodiendas ci sta* suffragiorum in comitiis. Et divisos bic quo* que ordo erat sa perb a usurpatione uominum : quum alias se nongentum, alius selectum, alias tribaoum appellaret.

08*

soeltl fra tolli a guardare le csto de' soffragli ne' comizii. Ed anche questo ordine avea le m divisioni, secondo i nomi dic superbamente i avea appropriati, perciocch altri ai chiamava novecento, altri scelto, d tri tribuno.

Ds eQOBSTai o r d i u b .
Vili. Tiberii demam principatus nono aono io unitatem venii equester ordo : annolorumque auctoritati forma constituta esi, C. Asinio Pollio-* ne, C. Anlistio Velere coss. anno Urbis condi tae d c c l x x v qaod miremur, futili paene de causa, qaum C. Sulpicius Galba, duro juvenalem famam apnd principem popinarum poenis aucupatur, queslus esset in senatu, vnlgo institores ejuscul* pae defendi apnulis. Hac de caasa consiliatum, pe cui jus id esset, nisi cai ingenuo ipsi, patri avoque paterno sestertia cccc census fuissel, et lege Jalia theatrali in xiv ordinibus sedendi. Po stea gregatim insigne id adpeti coepiam. Propterque haec discrimina Cajas princeps decoriant quintam adjecit ; tanturaque natum est fastas, at qaae sab divo Augusto impleri nou potuerant decuriae, non capiant eum ordinem, passimque ad ornamenta ea etiam servitute liberati transi liant : quod antea numqnam erat facium, quo niam io ferreo annulo equites judicesque intelligebantur : adeoque promiscanm id esse coepit, ut apud Claudium Caesarem, in censura ejus, uous ex equitibus Flavius Proculus, quadringentos ex ea causa reos postularet. Ila dum separatur ordo #b ingenuis, communicatus est cum servitiis.

D su/ oaoias

b^ o w t k b .

Judicum aulem appellatione separari eum ordinem, primi omnium instituere Gracchi, di scordi popularitate in contumeliam senatus : mox ta debellata, auclorilas nominis vario seditionum eventa circa publicanos substitit: et aliqnamdin tertiae vires publicani fuere. Marcus Cicero de* mum stabilivit equestre nomen in consolatu *uo, ei senatam concilians, ex eo se ordine profectum fsse celebrans, ejnsque vires peculiari popularitate qoaerens. Ab illo tempore plane hoc terliom cor pus io republica factam est, ooepitque adjici se natui popaloque Romano, et eqaester ordo. Qua Je causa et none post populum scribitur, quia novitime coeptus esf adjici.

V ili. Finalmente l ' anno nono dellimperio di Tiberio, nel cooiolato di C. Asinio Pollione e di C. Antisiio Vetere, settecento settantadnqae anni dopo la edifcatione di Rema, lordine eque stre venne un corpo solo, e fu findmentc stabi lito chi avesse aatorit di portare le anella, il che ci maravigliamo che avvenisse per piccola cagione, perciocch il giovine Caio Sulpicio Galba, mentre ehe cercava dacquistarsi grazia e favore appresso il principe, eon ordinare pena a* tavernieri, fece querela in senato, che i colpevoli di quel negozio erano difesi per le anella. Per questa cagione fa ordinato, che niono potesse portare andlo d'oro, se non chi fosse nato nobile, e il coi padre e avolo paterno avessero avolo d entrata quattrocento sesterzii, e per la legge Giulia pertinente a teatro avessero diritto di sedere ne' quattordici primi gradi. Dipoi a stormo ognuno cominci a doman dare tale dignit. Per queste differenze Caio im peradore v' aggiunse la quinta decuria, e tanto vi nacque di fasto e di superbia, ohe le decurie, le quali sotto I*imperadore Augusto non si pote vano empiere, ora non ban luogo da ricevere lutti i concorrenti, e per tolto possano a quegli ora** menti ancora coloro che sono stati schiavi ; il che prima non s era mai pi fallo, perche i cavalieri e i giudici si distinguevano dall* codio di ferro i ma questo incominci ad essere tanto comune, che appresso a Claudio imperadore nella censura sua, Flavio Procolo, uno de' cavalieri, accas quattrocento per questa cagione. E cos mentre che questo ordina si volse dividere da* nobili, s'accompagn co'servi. Furono primi i Gracchi, i quali sotto nome di giudici disegnarono separare queat' ordine, per fare ingiuria d senato nella loro popolare discordia. Dipoi, vinti che furono questi, lauto rit dd nome, con vario successo ddle sedai ni, si ferm presso i pubblicani, i quali per al cun tempo furono la terza potenza. Findmeoie M. Cicerone nel no consolato stabil il nome equestre, e riconcili loro il senato, vantandosi dessere ascilo da questo ordine, e cercandogli appoggio con quella sna grazia popolare. Da qael tempo io qua questo fa il terzo corpo odia re pubblica ; e d senato e d popolo Romeno Com in ci aggiungersi l ' ordine equestre. Per-le quale cose ancora oggi l ' ordine equestre si noaaina pK

o53

H1STORIARCM HINDI IJB. XXXDI.

,o54

I' alliaso iuugo, porcile fu 1' ultimo a estere ag>girato agli altri. Q o o n ts
O H M SQ0BSTE1S O W H I U M V A fO I . Q O im VOLTB I t HOME DfcLL OEDIRB
bqdbs T b b n o t .

IX. Equitum quidem etiam nomen ipsum IX. Olir di ci il nome stesso degli equlll siepe varia luna est, in bis quoque qui ad equit* ha avuto molle variet anche in quelli che veni luna trahebantur. Celeret tub Romulo regibusque vano associali a qoell'ordine. Perciocch gli equiti appellali tuoi : deinde esumi net : postea Irotta 1 al tempo di Romolo e de* re si chiamarono celeri, li, qaam appidam iu Taicit d ira Vobinios pat- dipoi flotsomini, poi trossuli, avendo egtido pre iuam iz m sioe allo pedilum adjumento cepitteot so una terra io Toscaoa di qoa da Bolsena nove ejas vocabuli : idqoe duravit ultra Q, Gracchum* miglia, senza alcuno aiolo di fanteria, la qual Jemine certe, qui ab ab amiclia ejot Graocbaoos terra aveva qaesto nome : e queslo nome dur appellatos est, tcripium reliquit hit verbis: Qaod fin dopo Caio Gracho, come si vede nel libro ad qaestrem ordinem adlioet, antea trossulos di Giuoio, il quale per I1amicizia eh' egli aveva vocant: ideoqae quia non inldligant trossulos seoo, si chiam Graeeano, le coi parole sono qoe^ nomen quid valeat, mullee pudet trossulos Vo- slot Quanto appartiene all' ordine equestre, pari.n dioo ohe gi si chiamavano trossuli ; ma molli perch oon intendono la origioe di qaesto no rise frasaio, si vergognano d esser chiamali per tal nome.

Da DUBIS MIL1T4&1BDS, AOSEIS, BT AEQEETEI.


X.Suut adhuc aliquae non omitlendae io auro diflereuliae. Auxilia quippe et extersos torquibus aureis donavere, at cives oon nisi argenteis. Prae* lerque, armillas civibus dedere, qsfcs non habeat externi.

Db' M S I

MILITASI D ' OSO a D* ASSESTO.

X. Sono ancora alcune differenze nell'oro, da non essere con silenzio passate. Fu costume di donare a' soldati ausiliari e stranici i collane di oro, dove a'cittadini nou si darauo se noo d' ar gento. Per le armille si davano a' cittadini, e non a* forestieri.

QOAHDO H ISO M C O lO ti M U k M t t .

Q DARDO PO DATA U

PE1MA VOLTA COEORA D'OSO.

XI. lidem { quod magis miremur ) erosas x XI. 1 medesimi Romani (di che bene ci mare* auro dedere civibus. Quis primum donatus sit ea, vigliamo) diedero corone d 'o ro 'cittadini, lo non inveni : equidem quis prunus donaverit, a L. non truovo ehi prima avesse tal dono, ma beu Pisone tn d itar A. Pestuauas dictator: apad Isoam diee Laeio Pisone che il primo che la dottaste fu Regillam castris Latinorum ex puga alis, ei cajas A. Potlumio dittatore, il quale avendo espugnino maxime opera capta etteol, h a s c coronam ex il campo da Latini tul lago Regillo, don quetla praeda it dedit. Ilem L. Lentulus cos. Servio Cor- corona della preda a colui, per la cui opera prinndio Merendae, Samnitum oppido capto : sed dpalmente sera preso quel campo. Similmente huic quioque librarum. Piso Frugi filiam ex pri-* Laoio Lentolo consolo la diede a Sergio Corne vaia pecunia dosa vii} eamqae coronam testa* lio Merenda, avendo egli preso una terra dd Sanniti 1 ma questa era di cinque libbre d ' oro. mento d praelegavit. PisOne Frugi don ana corona d* oro al figliuolo de* ssoi denari privati, lasciandogliela per lesta* meato*

Db b b u q o o

u so m u p u | i u w .

Dbll' oso

d b ll'

oso

p b a li d orm e.

X II. 3 . Deorum vero honori iu sacrii nihil XII. 3 . Per onorare i sacrifidi degli dei altro iKsd excogitatam est, quam a t auratis cornibus non fa ordinato, se non che solamente le mag* hostise, majores dumtaxat, imknolarenlur. Sed ia giori ostie fossero sacrificate eo' erni dorati. Ma u ilitii quoque in tantam adolevit haeo luxuria) nella milzia ancora crebbe talmente questa pottt* irt M .B m ti in Philippicis oampis epistolae repe* pa, cbe si trovarono lettera di M. Bruto nelle

io55

G. PUK1I SECONDI

io56

riantur frementes, fibnlas tribunicias ex aaro ge ri. Ila hercales : idem enim tu, Brul, mulierum pedibus aurum gestari tacuisti: el d o s sceleris arguimus illum, qui primus auro digoitatem per annolos fecit, ut habeant io laceri is jam pridem et viri, quod e Dardanis venit, itaque et Darda num vocabatur. Viriolae Celticae dicuntor: viriae Celtibericae. Habeant feminae in armillis digitisque totis, collo, auribus, spiris: discurrant catenae circa latera, et in secreto margaritarum sacculi e collo dominarum aureo pendeanl, ut in somno quoque unionum conscientia adsit : etiamne pe dibus induitur, atque inter stolam plebemqae hunc medium feminarum equestrem ordinem facit? Honestius viri paedagogiis id damus: balineasque dives puerorum forma eonverlit. Jam vere etiam Harpocratem, statuasque Aegyptio rum numinum, in digitis viri quoque portare incipiunt. Fuit et alia Claudii principatu differen tia insolens his, quibus admissionem liberti ejus dedissent, imaginem principis ex auro in annulo gerendi, magna criminum occasione : quia omoia salutaris exortus Vespasiani imperatoris abolevit, aequaliter publicando principem. De anulis au reis eorumque usu hacteuus dictum sit.

campagne Filippiche, le quali si dolevano che i tribuni portassero le fibbie' d' oro. Ebbene : ma per tu medesimo, o Brato, non dicesti poi nulla dell oro ehe le donne portano sui piedi. Ha noi di questa scelleraggine biasimiamo quel primo, il quale diede dignit all1oro per le anella, d raaoiera ehe gli uomini ancora lo portino alle braccia ; e siccome ci veuuto da* Dardani, per questo si chiamava Dardano lornamento d ' oro alle braccia degli nomini. Sonci anche le eos dette viriole Celtiche, e le virie Cdtibericbe. Ab biano par le donne l'oro ne' fermagli, in tutti i diti, nel col|p, per gli orecchi, e pei capelli : di scorrano le catene d'oro intorno a' lati, e dal collo delle madonne nelle stanze segrete pendano pure in taschetti le perle legate in oro, acciocch an cora nel sonno vi sia la coscienza delle perle; ma ri dovr ancora metterlo a'piedi, e fare delle don ne un ordine equestre di messo fra la plebe e h stola ? Noi uomini eon pi onest lo diamo ai garzoni da piacere, e la bellezza de* garzoni & rivolgere a s tutti i bagni. Ma gi ancora gli uo mini cominciano a portare in dito Arpocrale, e le statue degli dei d'Egitto. Fu anche a n 'altra differenza nell' imperio di Claudio che mai non era stata, che potessero portare la immagine del principe intagliata nell' anello quei soli, ' quali lo concedevano i suoi liberti con grande occasio ne di delitti ; le quali tatte cose il salutifero prin cipato di Vespasiano imperadore lev via, e con cesse che ognuno indistintamente potesse portare la figura del prencipe. Ma basti aver detto questo delle anella d 'oro e dell* uso di essi.
D b l l a n o v i t d* o b o . Q u a u d o si e o m a a l ' OBO b I' ABOBBTO. CoMB

D s HUMMO AOBEO. Q CAJUM n i S D I SIGHATUM BST AUSUM BT ASGSSTUM. AaTBQOAM BA S I O I A U I xua,


q o is m o s

co n a b b s' USASSB IL BAH*, IB -

ia

asse: o o TISS

BY QUAS MAXIMA PBCUBIA BT QU1B0S TBMPOBIBOS

NABZI CHB SI COBIASSBBO MOBBTB, B QCALB FU LA MAOGIOB SOMMA DI DABABIBBL PBIMO CBBSO.QuaBTB VOLTE B IV QUALI TEMPI IL BAMS COBIATO FU 1B BIFDTAZIOBB.

PBIMO CBM U . Q

AUCTOBITAS ABRIS SUMMIS SIO JIATIS.

La secouda scelleraggine fece colai, che X lll. Proximam scelus fecit, qai primas ex XIII. auro denarium signavit: quod et ipsam latei, fa il primo a coniare moneta d 'oro, il qaale per auctore incerto. Populus Romanus be argento ancora non si sa ohi si fosse. Il popolo Romano quidem signato, ante Pyrrhum regem devictum innanzi che fosse vinto il re Pirro, non aveva ancora usato argento in moneta. Aveva l'aase dd usus est. Librales ( unde eliam ounc libella dici tur, et dupondius ) adpendebanlur asses. Qaare peso d'una libbra (onde ancora oggi detta libella, e dipondio ancora ). Epper dicevano peoa grave aeris gravis poena dicta. Et adhuc expensa in ra tionibus dicuntur : ilem impendia, et dependere. di rame. E ancora ne' conti e nelle ragioni si ado Quin et militum stipendia, boo est, stipis poudera, pera la voce espense, cio pesate, e le vod dispen dii e dispendiare. Di pi, la paga de' soldati di dispensatores, libripendes dicuntur : qua consue tudine in his emptionibus, qaae mancipii sunt, cesi stipendio, cio il loro guadagno a peso, e etiam nunc libra interpooilar. Servius rex primas quei che lo dispensano son chiamati libripeodi, signavit aes. Antea radi usos Romae Timaeos cio pesatosi con la stadera ; e per questo ancora tradit. Signatum el nola peeudam: aode et pe- oggi nelle comprine degli appalta tori s 'interpone la capis appellata. Maximas censas cx m assiam fui? stufer. Il re Servio fu il primo che coni moneta

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXXIII. ilio rege : el leo baec prima classi*. Argentoni signatum est anno Urbis g c c c l x x x v , Q. Ogulnio,C. Fabio ooes., quinque annis ante priniurn bellum Punicam. E t plaeoil denarium pro decem libris aeris, quinarium pro quinque, sestertium pro do poodio ac sentisse. Librale aotem pondos aeria ioaininntnm bello Punico primo,quum impensi* res publica non sufficeret; constitutumque ut assea se xtantario pondere ferirentur. Ita quinqoe partea factae lucri, dissolutumque aes alienum. Nota aeris fuit ex altera parte Janua geminus,ex altera rostrum navia : in triente vero et quadrante, rates. Qua drans antea teruncios vocator a tribus anci is. Po stea Hannibale urgetote Marcum Miuucium, Q. Fabio Maximo dictatore, asses unciales facti : pla cai tque denarium sedecim assibus permutari, quinarium octonis, sestertium quaternis. Ita res publica dimidium lucrata est. In militari tameo stipendio semper deoarius pro decem assibus da tas. Notae argenti fuere bigae atque quadrigae : el iode bigati quadrigatique dicti. Mox lege Pe lria semunciales asses foeti. Livius Drusus in tribuato plebis octavam partem aeris argento miscuit. Qui none victoriatas appellatur, lege Clodia percussos est. Antea euim bic nummus ex IIIyrico advectus, mercis loco habebatur. Est au tem signatus Victoria, et inde nomen. Aureus nummus post anuum l x i i percussus C st, quam argenteus, ita ut scripulum valeret sestertiis vi cenis : qood effecit in libras, ratioue sestertiorum, q oi tone erant, sestertios d c c c c . Post baec placuit i nummos signari ex auri libris : paullatimque priocipes imminuere pondus : minutissime Nero ad x tf.

to58

rame. Secondo che scrive Timeo, innanzi a lui s 'usava a Roma il rame rotto. La prima figura che vi si fece sopra fu una pecora, e per ci la moneta coniata si ohiam pecunia. 11maggiore esti mo al tempo di quel re fu cento dieci mila assi, e per ci questa fu la prima classe degli estimali.Comi neiossi a coniare P argento l 'anno quatlroceuto ottantanque dopo la edificazione di Roma, essen do oonsoli Q. Ogulnio e C. Fabio, cinque anni in nanti la prima guerra Cartaginese. Piacque che il denaro fosse per dieoi libbre di rame, il quinario per cinque, il sesterzio per due libbre e mezzo. Non potendo poi la repubblica nella prima guerra Cartaginese reggere alle spese, scemarouo il peso della libbra del rame, e ordinarono cbe gli assi fossero coniati di peso seslantario, cio col calo del sesto ; e cosi si ebbe il guadagno della quinta parte, e si pag il debito. Il conio del rame fu da una parie Giano con due visi, e dall' altra un becco di prua di nave ; ma nel Iriente e nel qua drante vera uua zalta. Il quadrante prima era chiamato teruncio, perch'eradi tre oncie. Dipoi, strignendo Annibaie Marco Miuucio, essendo Q. Fabio Massimo dittatore, furono fatti gli assi di un' oncia, e ordinossi che il denaro valesse sedici assi, il quinario otto, il sesterzio quattro; e cos la repubblica guadagn la met. Ma per nella paga dei soldati il denaro si cool sempre per dieci assi. La stampa dell' argento fu una carretta di due cavalli, e di quattro, e di qui si chiamaro no bigati, o quadrigali. Dipoi per la legge di Pa pirio gli assi furono fatti di mezza oncia. Livio Droso essendo tribuno della plebe mescol l ' ot tava parte di rame nella moneta d 'argento. Quel la moneta, che ora si chiama vittoriato, fu battuta per la legge Clodia. Perciocch questa moneta era stata portata prima di Schiavonia; e tenevasi in luogo di merce. Chiamossi vittoriato, perch' egli avea stampata ona Vittoria. La moneta d'oro si stamp sessantadue anni dopo che quella d'ar gento, di modo che lo scrupolo valeva venti se sterzi! ; il che fece che, secondo la ragione de' se stertii eh'erano allora, novecento sesterzii fossero una libbra d'oro. Dopo questo s 'ordin che di una libbra d 'oro si coniassero cinquanta nummi, il cui peso a poco a poco da'principi fu diminuito: il minimo sotto Nerone fu ridotto a quarantacin que nummi.
D ella
c u p id it d e l l ' o r o .

s s t io a t io db c u p id it a t e

ACBI.

Ma dal nummo deriv la prima origine XIV. Sed a nommo prima origo avaritiae, XIV. fenore excogitata, quaestuosaque segnitia. Nec dell avarizia, per la usura e pigra arie di guada gnare. Questo a poco a poco crebbe in rabbia, panilatim exarsit rabie quadam, non jam avari tia, sed fames auri : ut pole quum Seplimuleius, talch non pi avarizia, ma fame d 'oro, siccome Caji G racchi familiaris, auro rependeudum caput fu quando Settimuleio famigliare di Caio Grae-

C. PLINII SECUNDI ejos excisam ad Opimium tulerit* plumboque io os addilo parricidio suo rempublicam eliam cir cumscripserit ; oec jam Quiritium aliquo, sed universo noraiue Romano infami, rex Mithridates Aquilio duci capto aurum in os infudit: haec paril babendi cupido. Pudet intuentem tantum nomina ista, quae subinde nova graeco sermone excogitantur, expresso argenteis vasis auro aut incluso : quibus deliciis veneunt tam inaurata quarn aurea, quum sciamus interdixisse castris suis Spartacum, ne quis aurum haberet aut ar gentum. Tanto fuit plus animi fugitivis nostris. Messala orator prodidit, Antonium triumvirum aureis usum vasis io omnibus obscoenis desideriis, pudendo crimine etiam Cleopatrae. Summae apnd exieros licentiae fuerat, poculo aureo pulvinis subdito , Philippum regem dormire solitum. Aguonem Teium Alexandri Magni praefectum aureis clavis suffigere crepidas. Antonius apud nos in coutumelium naturae vilitatem auro fecit: proscriptione dignum, sed Spartaci.

1060

co, avendo patinilo il capo suo per altrettanto oro quanto ei pesava, lo port tagliato a Opimio, e avendogli messo piombo in bocca, col suo amarinaraento ingann ancora la repubblica; e il re Mitridate non g ii per alcuno decittadini Romani infame, ma per tolto il nome Romano, avendo preao Aquilio capitano, gli infuse oro io bocca; di queste cose fa il desiderio d1avere, lo mi ver gogno solo a vedere questi nomi, i quali si sentono ogni di nuovi nel parlar greoo, imprimendo loro ne vasi d1argento, o riuchiudendovelo dentro ; per le quali delizie tanto si vendono i vasi indo rali, quanto quei d oro, aucora che noi sappiamo che Spartaco vietasse che nessuno avesse oro o argento nel sno campo. Tanto eraoo pi ma gnanimi i nostri servi fuggitivi. Messala oratore scerive, come M. Antonio triumviro us vasi d oro in tulli i suoi desiderii disonesti, oon vergo gnoso biasimo anoora di Cleopatra. Appresso ai popoli stranieri fu imputato a gran licenza e la scivia al re Filippo, ch'egli dormendo tenesse una tazza d oro sotto il capezzale, e che Agnone Teio prefetto d1Alessandro Maguo mettesse bul lette d 'oro nelle pianelle. Antonio presso di noi in dispregio della natura ridusse comune l ' oro e a vii prezzo ; cosa degna di prosorizione non solo, ma di quella di Spartaco.
D
ei

QfJl PtCBlMUM

ADBl ET ARGENTI P0SSBDEB1RT.

PI GEAH POSSESSORI d ' OBO E n* AAGESTO.

Certo mi maraviglio che il popolo Ro XV. Equidem miror populum Romanum victis XV. gentibus iu tribulo semper argentum imperitas* mano mettesse tributo alle nazioni soggiogate da se, non aurum : sicut Carthagiui cum Hannibale lui sempre argento, e non o ro , come a Car viciae xii u pondo annua in quinquaginta annos, tagine vinta insieme con Annibaie, alla qaale nihil auri. Neo potest videri penuria mundi id impose dodici mila libbre d 'argento di tributo per cinquanta anni, e non punto d oro. N ai evenisse. Jam Midas et Croesus iufinilura posse derant. Jam Cyrus devicta Asia pondo xxxiv m pu credere che ci si facesse perch allora il invenerat, praeter vasa aurea, aurumque factum, mondo avesse carestia d' oro ; perciocch Mida e et in eo folia ac platanum, vilemque. Qua victo* Creso n avevano avuto influito ; c Ciro, vinta ria argenti quingenta millia talentorum reporta* che egli ebbe l1Asia, vi trov treniaquatlro (pila libbre d oro, olir i vasi aurei, e 1' oro la \it, ct craterem Semiramidis, cujus pondus quin voralo, e fra questo foglie, un platano e una vite. decim taleuta colligebat. Talentum autem Aegyp tium pondo LXIX patere Varro tradit. Jam Nella qnal vittoria acquist cinquecento mila ta regnaverat in Colchis Salauces et Esubopes, qui lenti d'argento, e la tazza di Semiramide, la quale terram virginem nactus, plurimum argenti auripesava quindici taleuii ; e scrive Varrone che que eruisse dicitur iu Suanorum gente, et alioqui il talento Egizio ottanta libbre. Gi avevauo velleribus aureis inclyto reguo. Sed et illius au- regnato sopra i Colchi Salauce ed Esubope, il nae caincrae, et argenteae trabes narrantur, et quale ritrovando la terra aucura verginee intatta, columnae, atque parastatae, victo Sesostri Ae> dicono che cav di mollo oro e argento nel paese g)pti rege, tara superbo, ut prodatur anuis qui dei Suaui; ma senza questo era quel regno assai busque sorte reges singulos e subjectis jungere famoso pei velli d 'oro. Dicesi aucora, che costui ad currum solitus, atque ita triumphare. negli edificii suoi aveva camere d ' oro, e travi di argento, e colonne, c pilastri;, e poich'egli e b b e viuto Sesoslri re d' Egitto, fu tanto superbo, che M truova scritto ehe ogui auuo faceva trarre * sorte de' re suoi suggelli, i quali egli adoperavi olla carretta iu cambio di cavalli* e cos liiuufau

joG i

HISTORIARUM MONDI LIB. XXXUI.


Q

ioGa

. Q oA H M PRIM O * AROENTI A A U T D S IH U U i .
Q
uabdo

o a n d o s i c o m in c i o s a r e d ' a p p a r a t i a r g e n t e i n ell' arbna.

is a c u .

u a n d o n b l l b sc b n e .

XVI. E t not fecimus, qaae posteri fabulosa XVI. Al tempo nostro ancora si sono falle arbitrentur. Caesar qoi postea diclalor fuit, pri delle cose, le quali coloro che verranno dopo noi mas io aedilitate manere patris tuuebri, ornai le avranno per favolose. Cesare, che fu poi ditta apparata argenteo osas : ferasqae argenteis bastis tore, fu il primo che nella sua edilit ne' giuochi incessivere tam primam noxii, qaod etiam ia funebri che egli fece in onore di suo padre, os manicipiis aeroalantar. C. Antonius lados scena tutto 1' apparato del teatro d' argento, e fu allora argentea fecit. Item L. Muraena, et Cajos prin la prima volta, che s ' veduto combatter contro ceps in Circo pegma duxit, in quo fuere argenti le fiere con aste d 'argento ; il che passato io pondo cxxiv m . Claudius successor ejus, quum uso ancora nelle terre e castella municipali. Caio de Britannia triumpharet, inter coronas au Antonio ne'giuochi che fece vesl tutta la scena di reas, vn m pondo habere, quam contulisset Hi argento. Lucio Murena e Caligola imperadore nel spania Citerior, ix c qaam Gallia Comata, titulis teatro chiamato Circo introdussero i giuochi detti indicavit Hujus deinde successor Nero, Pompeji pegmi, nei quali furono cento ventiquattro mila theatrum operuit auro in uoam diem, quod Ti libbre di argento. Claudio saccessor suo, quando ridati regi Armeniae ostenderet. Et quota pars ea egli trionfava dell' Inghilterra, fra le corone d 'oro fuit aureae domos ambientis orbem ? u' ebbe una che pesava sette mila libbre, donatagli dalla Spagna citeriore, e un' altra di taovecento donatagli dalla Gallia Comata, siccome indicavano le soprascritte. Dipoi Nerone suo successore fece coprire d 'oro il teatro di Pompeo per quel solo giorno che egli lo volle mostrare a Tiridalc re dArmenia. E questa non fu che una particella dello apparalo del palazzo aureo, il quale circon dava tutta Roma.
Q
o ib u s t b m p o r i b o s p l o r i n o s i i n a e b a r i o p o p o l i

In

quali

tem pi

fu

n e l l ' b r a r io d e l p o p o l o d'

Ro

R om ani

a c r i b t a r g e n t i f d b r it .

MANO MAGGIOR SOMMA D ' ORO B

ARGENTO.

XVII. Auri in aerario populi Romani fuere, XVII. Nel consolato di Sesto Giulio e di Lu Sex. Julio, L. Aurelio coss., septem annis aote cio Aurelio, che fu sette anni innanzi alla terza bellum Panicum tertium, pondo xvi m d c c c x , guerra Cartaginese, furono nella camera del co argenti xxn m l x x , et in numerato l x u l x x x v mune sedici mila ottocento dieci libbre d 'oro, e ventidue mila settanta d 'argento, e in contante m cccc. Item Sex. Jolio, L. Marcio c o m ., hoc est, belli Socialis initio,auri pondo x y i xx m d c c c x x ix . sei milioni dogento ollantacinque mille quattro C. Caesar primo introitu Urbis, civili bello suo, cento libbre. Cosi nel consolato di Sesto Giulio e di Lucio Marcio, che fu nel principio della guerra es aerario protulit laterum aareoram i t m , ar genteorum xxxv m , et in numerato h - s c c c c . Nec Sociale, furono un milione seicento ventimila ottocento ventinove libbre d 'oro. Giulio Cesare fuit aliis temporibus respublica locupletior. Intu la prima volta che egli entr in Roma nella guer lit Aemilius Paulus, Perseo rege victo, e Macedo nica praeda h - s mm ccc, a quo tempore populus ra civile, cav della camera del comune quindici mila libbre in piastre d 'oro e Irentacinque mila Romanus tribolum pendere desiit. in argento e in contante quaranta milioni di se sterzi i. La repubblica mai per alcuno altro tempo non fu pi ricca. Paolo Emilio, avendo vinto Perseo re di Macedonia, port della preda trenta milioni di sesterzii, e il popolo Romano allora cominci a non pagare gabelle n gravezze.
Q
o a h d o p r i m u m l a c u n a r ia in a u r a t a .

Q ia k d o

s i c o m in c i

in o r a r e l b s o f f it t e .

XVUI. Laquearia, qaae nane et iu privatis domibus auro legnolur, posi Carthaginem erer-

XVIII. I quadri de' palchi, i quali ora anche nelle case de' privati si cuoproo d 'oro, si comin-

ioG3

C. PUNII SECUNDI ciarono a indorare in Capitolio dopo Ia raina di Cartagine uella censura di Loeio Mummio. Dipoi si cominci a far quel medesimo nelle volte, e nelle mura, le quali anch esse come vasi s 'indo rano. Ma la eli di Catulo ebbe varia opinion d lui, perch egli fu il primo che indor i tegoli del Capitolio, i quali erano di rame.
D elle
ca u se, o n d e l *o b o b a t a n t a k ip c t a z io b b .

sam primo inaurala sunt in Capitolio, censura L. Mummii. Inde transiere in cameras quoque et parietes, qui jam et ipii tamquam vasa inauran tur : quum sua aetas varia de Catulo existima verit, quod legulas aereas Capitolii inaurasse! primus.

d IBOS

DE CAOSIS PRAECIPUA AICTOB1TAS ACRO.

Degl inventori dell'oro, come quasi di XIX. Inventores auri, sicut melallorura fere XIX. omnium, septimo volumine diximus. Praecipuam tutti gli altri metalli, abbiam ragionato nel setti gratiam huic materiae fuisse arbitror, non colore, mo libro. Io credo che questo metallo sia venuto qui in argento clarior est, magisque diei similis, in riputazione non per rispetto del colore, il quale et ideo militaribus signis familiarior, quoniam is nell argento pi chiaro, e pi simile al giorno, longius fulget : manifesto errore eorum, qui co e per questo pi famigliare all insegne di guerra, lorem siderum placuisse in auro arbitrantur, perch esso risplende pi di lontano ; con ma quum in gemmis aliisque rebus non sit praeci nifesto errore di coloro, i quali vogliono che nel puus. Nec pondere aul facilitate materiae praela l'oro sia piaciuto il colore delle stelle,conciossiacb tum est ceteris metallis, quum cedat per utrumque nelle gioie, e nelle altre cose non sia il pi stimato. plumbo. Sed quia rerum uni nihil igne deperit, N anche stato messo inoanzi agli altri metalli tuto etiam in incendiis rogisque. Quinimmo quo perch e sia pi grave, o pi agevole a lavprarsi, perciocch il piombo lo viuce nell una e nellal saepius arsit, proficit ad bonitatem. Aurique ex tra qualit ; ma perch egli solo fra tutte le cose perimentum ignis est, ut simili colore rubeat, iguescatque: id ipsum obrussam vocant. Primum non si consuma nel fuoco, e negl* incendii e nelle autem bonilalis argumentum est, quam difficilli fiamme si rilruova tutto, e quanto pi arde, tanto me accendi. Praeterea mirum, prunae violentis migliore. Delloro paragone il fuoco: rosseg simae igni indomitum, palea citissime ardescere: gia con simile colore che fa il fuoco, e chiamasi atque ut purgetur, cum plumbo coqui. Altera obrizzo. Il primo segno della bont aua , ch'egli causa pretii major, quam minimum mu deleri, difficilmente s'accende. Olir di ci maraviglia, che nella brada di legni beo forti indomito, e quum argeuto, aere, plumbo,lineae producantur, uelia paglia prestissimo s' accende, e perch si manusque sordescaul decidua materia. Nec aliud laxius dilatatur, aut numerosius dividitur, ut pole purghi si cuoce col piombo. La seconda cagione cujus unciae in septingenas et quinquagenas, plu- perch egli vaglia pi, , perch non si logora resque bracteas, quaternum utroque digitorum, per adoperarlo, n si pu graffiare, e farvi linee, come nell'argento, nel rame e nel piombo, n spargantur. Crassissimae ex his praeneslinae vo cantur, etiamnum retinentes nomen, Fortunae tinge le roani per la materia che se ne spicchi. N alcuno altro metallo che pi si distenda, o inaurato ibi fidelissime simulacro. Proxima bra ctea quaestoria appellatur. Hispania strigiles vocat in pi parli si divida; perocch un*oncia si divide auri parvulas massas, quod super omula solum irt in settecento e cinquanta e pi piastre, larghe da massa aul ramento capitur. Quum cetera in me- ogni parte quattro dita. Le pid grosse di queste tallis reperta igni periieiantur, hoc statim aurum si chiamano anche oggi prenesline, delle quali est, consummataraque materiam protinus habet, continuo indorala la statua della Fortuna in Fre nesie. Dipoi vien la piastra che si chiama questoquum ita invenitur. Haec enim inventio ejus na turalis est: alia quam dicemus, coacta. Super ria. In Ispagna si chiamano strigili alcune piccolis cetera non rubigo ulla, non aerugo, non aliud sime masse d 'oro, il quale di tutti i metalli solo si ex ipso quod consumat bonitatem, miuualve pon piglia in massa, o in pezzo; conciossiach, meotre dus. Jam contra salis el aceti succos domitores gli altri metalli truovali nelle cave si lanno per rerum, constantia: superque omnia netur, ac texi fetti nel fuoco, questo subito oro, e subito ha tur lanae modo, et sine lana. Tunica aurea trium la materia in perfezione, quando cos si truova. phasse Tarquiuium Priscum Verrius docet. Nos Questa la sua Maturale invenzione: l altra, vidimus Agrippinam Claudii principis, edente eo che noi diremo, per forza. Sopra 1 altre cose navalis proelii spectaculum, adsidenlem ei, iudu- esso non ha alcuna ruggine, non alcnna rosicalam paludamento, auro textili sine alia materia. zione, nou altra cosa che ne consumi la bont, e Attalicis vero jatnpridera intexitur, invento re scemi il peso. Gi non teme saghi di sale e d'aceto, gum Asiae. i quali domauo tutte le cose, e soprattutto fessesi

11 *f>5

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXXIII.

luGO

come lana, e essa lana. Scrive Verrio, die Tar quinio Prisco trionf in toniea d1oro. G io mi ricordo aver veduto Agrippina moglie di Clandio imperadore sedere appresso di lui, quando egli era nello spettacolo della battaglia navale, vestita d'una vesta chiamata paludamento, tessuta di solo oro enza altra materia. Gi da lungo tempo si in tesse nelle reati Atlaliche, il che fu invenzione dei re d' Aia.
R a t io ir a u h a b d i .
M odo
di m oeabk.

XX. Marmori et ii qaae candefieri non pos s u n t, ovi candido illinitur : ligno, glutini ratione composila: leucophoron vocant. Quid it hoc, a o t quemadmodum fiat, suo loco docebimus. Aes in aurari argento vivo, aut certe hydrargyro, le gitimum erat : de quibus, ut dicemus* illorum naturam reddentes, excogitata fraus est. Namque aes cruciatur in primi, accensumque restinguitur sale, aceto, alumine. Postea exarenatur, an satis recoctum sit, splendore deprehendente : iterum<^ue exhalflur igni, ut postit edoroilam, mixtis pumice, alumine, argento vivo* inductas accipere bracteas. Alumen in purgando vim habet, qua lem esse diximus plumbo.

XX. Nel marmo, e in quelle cose che non si possono imbianchire, stendesi Toro con albume di uovo; e nel legno, con certa composizione di colla che chiamasi leucoforo.Che cosa sia, o come si fac cia,lo mostreremo al suo luogo.Usavasi indorare il rame con argento vivo, ovvero con litargiro, dei quali per imitarne la natura hanno trovato frande, come diremo *nd trattato d essi. Perdoech il rame si tormenta molto, e aoceso si spegne oon sale, aceto e allume. Pei si stropieda con P arena, e lo splendore mostra s'egli i ricotto a bastanza % e di nuovo si manteca d fuoco, acciocch domo, mescolando con esso pomice, allume e argento vivo, possa pigliare la foglia. L'allume ha forca td e in purgare, qude dicemmo che ha il piombo^
D bl
modo

D * UIVBBIEBDO A vao.

Di m o v A a s l o so .

XXI. Aurum invenitur in nostro orbe: nt omittamus Indicum, a formicis, aut apud Scytha gryphis erutum. Apud nos Iribus modi : flumi num ramentis, ut in Tago Hispaniae, Pado Italiae, Hebro Thraciae, Pactolo Asiae, Gange Indiae. Nec ullum absolutius aurum est, nt cursu ipso trituque perpolitum.

Alio modo puteorum scrobibus effoditur, aut in ruina montium. Quare utraque ratio dicetur. Aurum qui quaerunt, ante omnia segullum tol lunt : ita vocatur indicium. Alveus hic eat: are naeque lavantur, atque ex eo quod reedit, con jectura capitur. Invenitur aliquando in summa lellure protinus, rara felicitale: ut nuper in Dal matia principatu Neronis, singulis diebus etiam quinquagenas libras fundens. Gum ai inventum est in summo cespite, talutatium vocant, si et aro ei tellus sobest. Getero montes Hispaniae aridi sterilesque, et in quibus nihil aliud gigna tur, huic bono coguntur fertiles esse. Qood puteis foditur, canalicium vocant, alii canalieuse; mar moris glareae inhaerens, noo illo modo, quo ia Oriente sapphiro atque thebaico, aliisque iu gemmis sciutillat, sed rotea amplexum raarmor-

XXI. 4 Trnovasi l ' oro ne' paesi nostri, per noo dire ora nulla di qudlo, che le formiche nelT ladia, o i griffoni cavano nella Sctzia. Truovasi appresso di noi in tre modi, o a d arena de' fin mi, come nel Tago fiume di Spagoa, nel Po dl Italia, nell' Ebro di Traeia, n d Pattolo d ' Asia, nel Gsnge d India. N deano altro pi puro di questo, perch egli si ripulisce con lo strpio* darsi nal corso del fiume. Nel seeondo modo n cava faoendo p o id , nella ruioa de' monti ; e per ragioneremo dal* l'uno e dellaltro modo. Coloro che cercano )'or<\ la prima cosa levano il seguilo, ehe cos si chiama 1' indicio d 'esso. Questo il letto dd fiume : le arene si lavano, e quello che d 'esse va a fondo, si piglia per congettura. Talora avviene per rara avventura, chegli subito si Iruova in cima ddla terra, come poco fa avvenne in Dalmazia al tempo di Nerone, dove ogni giorno se ne coglievano cinquanta libbre. Trovossene a n o di gomma io sommo delle zolle erbose, e si chiama talutazio se sotto quell oro vi sta la terra. Ma i monti della Spagna arigli e sterili, ne' qoali non nasce altra cosa, sono costretti a dar fuori di queslo bene. Qoello che si cava de' pozzi, si chiama ca nalicio ; alcuni lo chiamano canaliese : esso si

1067

C. PLINII SECONDI

1068

ri. Vagantor hi vena rum canale* per latera pu teorum, et huc illuo, inde nomine in T e n to : tellusque ligneis columnis suspenditur. Qaod effossum est, fundilur, lavator, aritar, molitur in farinam, ao pilis cuditur. Vocant argentum, qaod exit a fornace: sudorisque, qui e camino jactatur, par atia, in omni metallo scoria appellatur. Haec in auro tunditur, iteruraque coquitur. Catini fiunt ex tasconio. Hoc est terra alba simili* argillae. Neque enim alia flatum, ignemque, el ardentem materiam tolerat.

Tertia ratio opera vicerit Gigantum. Cuniculis per magoa spatia actis cavantur montes ad lacer narum lumina. Badem mensura vigiliarum est : multisque mensibus non cernitur dies. Arrugias id genas vocant : siduntqae rimae subito, et op primunt operatos: ut jam minus temerarium videatar e profundo maris petere margaritas: tanto noceotiores fecimus terras. Relinquuntur itaque fornices crebri montibus sustinendis. Ocpursanl in utroque genere silices. Hos ignh el aceto ram pnnt Saepius vero, quoniam in cuni culis vaporet fumus strangulat, caedont, fractu ris c l libras fere agentibus : egeruntque humeris noctibus ac diebus, per tenebras proximis tra dentes : lucem novissimi cernuat. Si longior vi detur silex, latus sequitur fossa, ambitque. Tamen in silice facilior existimatur opera. Est namque terra ex quodam argillae genere, glareae mixta (candidam vocant) prope inexpugnabilis. Cuneis eara ferreis adgrediontar, et iisdem malleis: nihilqne durius putant, nisi quod inter omnia auri fames durissima est. Peracto opere, cervices fornicum ab ultimo caedunt. Dat signum ruina, eamque solas intelligit in cacumine montis ejus pervigil. Hic voce ictuve evocari jubet operas, parilerque ipse devolat. Mons fraotus cadit ab ese longe, fragore qui concipi hnmana mente non possit, et flatu incredibili. Spectant victores ruinam naturae. Nec tamen adhnc aurum est : nec sciere esse, quum fodere. Tantaque ad peri cula et impendia salis fuit causae, sperare quod caperent.

appicca alla ghiaia (le* marmi, non in quel modo che in Levante sfavilla nel zaffiro, nel tebaico e in altre gioie, ma abbracciando i minuzzoli del marmo. Questi canali e vene scorrono qua t l per lo marmo, e per li lati delle cave, e qoiodi ne venne il nome ; e la terra si puntella con co lonne di legno. Qaello che hanno cavato, si pesta, si lava, si arde, e macinasi in polvere, e pestasi in morlai, o in pile. Si chiama argento quello che per l ' ardore della fornace esce fuori ; e la sporchezza dell'umidore che esce per lo cam mino si chiama scoria in ogni metallo. Questa nell* oro si ricuoce di naovo, e si pesta. 1 catini da cnocervelo si fanno di tasconio. Questa una terra biacca simile aU'argilla, perch nessuna altra terra resiste a* mantici, e al fuoco, e alla materia ardente. La terza via e modo vincerebbe l ' opera dei Giganti ; perciocch cavano i monti, procedendo per grande spazio a lume di lucerne. Quivi tanto si vegghia e tanto si riposa, e per molti mesi non si vede giorno. Queste escavazioni si chiamano arrugie ; i coi fessi spesso rotinaoo io un subito, e cooprono gli operai ; cos che pare manco teme rario ire a trovar le perle nel fondo del mare ; tanto abbiamo fatta pi pericolosa la terra. La sciansi dunque spessi archi per sostener la terra so pravi. Truovansi nell'uno e nell'altro modo massi di pietra ; e questi si rompono col fuoco e eoa l'aceto. E perch spesso in quelle cave il vapore e il fumo affogherebbe gli operai, spexran que'massi con martelli di ferro di cento cinquanta libbre incirca, e portano la terra solle spalle il giorno e la notte, dandola fra le tenebre l ' uno all'altro di roano in mano ; e solamente gli ultimi veggono la luce. E se il masso pare troppo lungo, lo rom pono da' fianchi e seguono a scavarvi all* intorno. Nondimeno si tiene che sia pi facile lavorare ne' massi. Perch c' una certa sorte di terra argilla mescolata con ghiaia (chiamanla bianca), la quale quasi inespugnabile. Questa terra com battono con coni) di ferro, e co* medesimi mar telli, e tengono che non ci sia cosa pi dar, se non che fra tutte le cose durissima la fame dell 'oro. Fornita eh' l ' opera, cominciano a rom pere le spalle degli archi dell ultima parte. La ruina che sta per avvenire d segno : la cono* ce quel solo, eh* vigilante nella cima del monte. Costui con la Voce, o con percossa sabito comanda che si facciano uscire l ' opere, ed esso ancora su bito vola gi. Il monte rotto cade per s stesso con s grande strepito, che non si potrebbe immagi nare da mente umana, e con incredibile soffia mento. Gli operai, come vincitori stanno a guar dare la ruina della natura. E nondimeno non ci ancora oro, n sapevano che ne fosse, quando

BISTORIA&UM MUNDI LIB. XXXIII. cavavano. Nel mettersi a tanti pericoli parve loro avere sofficiente cagione di sperare quel che de sideravano. C un altra fatica pari a questa, e di mag giore spesa ancora, perch per levare questa ruina, bisogna che vi conducano fiumi dagli alti gioghi, e spesse volte cento miglia di lontano. Questi si chiamano corrughi, credo dalla lor corrivazione,e certo che questa gran fatica. Bisogna bene com prendere il peso della caduta, acciocch possa portar via le materie tra coi scorre, e per si fa derivare da altissimi luoghi. Se ci ha vallate o intervalli, gli uniscono con canali che vi sca vano. In qualche luogo fona tagliar le ripe, dove mettano le doccie. Coloro che tagliano, vi stanno sospesi legati con le funi, sicch chi di lontano li vede, stima che sieno non gi qualche fiera, ma specie d 'uccelli. Questi per la maggior parte stando sospesi pigliano le misure e tracciano le lioeeal cammino; epper l'uomo non ha sotto di s luogo da collocarvi il piede.Con le mani trag gono a s la terra per giudicare s' ella sia molle, o soda a sostentare le travi. Questa specie di terra si chiama urio. Si conducono adunque per pietre e ghiaia, e fuggono lo urio. Ne'principii delle cascate fanno piscine ne' ciglia de' monti dugento piedi per ogni verso, e dieci a fondo. La sciano in queste risaiacquatoi qnasi di tre piedi qnadri, e quando dipoi sturano il lago gi pieno, l ' acqua esce con tanta furia, cbe tira i saaai. Un'altra fatica nel piano, perch cavano foste, nelle quali Urino l ' acque. Queste si chia mano aganghe, e si spianano grado per grado. In fondo d 'esse mettono sterpi mili al rameri no, chiamati ulici, i quali sono aspri, e ritengono l ' oro. Da' lati chiudono con tavole, le quali sospendonsi per le rupi, e cosi scorre il canale di terra in mare. Per queste cagioni la Spagna ha fatto gran profitto. Nel primo modo le acque si cavano, bench con gran fatica, acciocch non occupino i pozzi; io questo si lasciano scorrere. L' oro che si cerca con lo scavo non si cuoce, ma subito perfetto ; e cos si ritrova in masse ; e similmente ne' pozzi se ne trovano che passan dieci libbre. Gli Spagnuoli le chiamano palache, ed altri palacurne ; e i medesimi quello che in pezzi miuuti lo dimandano baluce. L'ulice seccalo s abbrucia, e la ceuere sua si lava, mettendovi sotto un cespuglio erboso, acciocch l oro vi si posi. Alcuni hanno detto che l'Asturia, la Galizia e il Portogallo ne fanno ogni anno venti mila libbre iu quesla mauiera ; ma che 1' Asturia ne produce la maggior parte. N in alcun lato del mondo per tanto tempo stala maggior fertilit. In Italia per ordinazione degli antichi nostri fu proibito che non se ne cavasse, come s ' detto altrove ;

Alio par labor, ao vel maj oris impendii, fla mina ad lavandam baoc ruinam jugi* montium ducere obiler a centesimo plerumque lapide. Corrugos vocant, a corrivatione, credo: nimirum et hic labor est. Praecepisse libramentum oportet, ut furat is qua influat : itaque altissimi partibus ducitur. Convallis et intervalla substructis cana libus jungontur. Alibi rape inviae caedunJtur, sedemque trabibus cavatae praebere coguntur. I qui caedit, funibus pendet, ut procul intuentibas species ne ferarum qoidem, sed alitum fiat. Pen dentes majore ex parte librant,, et lineas itineri praeducunt. Itaque insistentis vestigiis homini locus non est. Manns trahuntur ad omen, ut ter rae vilium importent. Id genus terrae urium vocant. Ergo per silices calculosve ducuntur, et uriam evitant. Ad capita dejectus in superciliis montium piscinae cavantur : ducentos pedes in quasque partes, et in altitudioem denos. Emissa ria in his quina pedum quadratorum ternum fere linquuntur, et repleto stagno excussis obtura mentis erumpit torrens tanta vi, ut saxa pro volvat.

Alios etiamnum in plano labor. Forne per quas profluat, cavantur; agangas vocant: eae sternuntur gradatim ulice. Frutex est roris .ma iini similis, asper, aurumque retinens.Lalera elu duntur tabulis, ac per praerupta suspenduntur, canali ita profluente de terra iu mare. His de causis jam promovit Hispauia. In priore genere, quae exhauriantur immenso labore, ne occopent puteos, in hoc rigantur. Aurum arrugia quaesi tum non coquitur, sed stalim suum est. Inveniun tur ita massae. Ncc non iu puteis etiam denas excedentes libras. Palacas Hispani, alii palacuruas : iidem quod minutum eat, balucem vocant. Ulex siccatus uritur, et cinis ejus lavatur substrato cespite herboso, ut sidat aurum. Vicena millia pondo d hanc modani annis singulis Asturiam atque Gallaeciam et Lusitaniam praestare quidam prodiderunt, ita ut plurimum Asturia gignat. Neque in alia parte terrarum tot seculis haec fertilitas. Italiae parci vetere interdicto patrum diximus: alioqui nulla fecundior metallorum quo que erat tellus. Exstat lex censoria Ictimulorum aurifodinae, Vercellensi agro, qua cavebatur, nc plus quinque millibus hominum in qgiere publi cani h ab ercu t.

C. PLINII SECONDI

1072

ch altrimenti non c ,paese alcuno, che abbia maggior dovizia di metalli. C una legge ceuxo ria per quelli, che avevano affitto le cave dell'oro, la qual proibiva nel contado di Vercelli che i pubblicani non potessero teuer pi che cinque mila uomini a lavorare.

Db AVRIPIGMBBTO.

D bll' o bpw srto.

XXII. Aurum faciendi est etiamnnm nna ratio XXII. G' anoo un altro modo di fare oro ex aaripigmento, quod in Syria fodilar pictori- dell* orpimento, ehe in Soria si cava per li dipin tori nella cima della terra, di color d oro, ma b u s , in somma tellure, auri colore, sed fragili, lapidnm specularium modo, lavilaveratqae spes fragile a modo delle pietre da specehi. E gii dalla Cajato principem avidissimum anri: quamobrem speranxa invitato Caio imperatore, ingordissimo jnssit excoqni magnam pondas: et plane fecit di oro, comand che se ne cocesse gran quantit; S u ru m excellens, sed ita parvi ponderis, ut detri onde se ne fece Oro eccellente, ma tanto leggeri, che si veniva a perdere; e di questo fu cagione la mentum sentiret, illud propter avaritiam exper tus : quamquam auripigmenti librae x iv permu oa avarizia, bench si desse quattro denari per una libbra d*orpimento; n dipoi fa tentata tarentur : nec postea tentatnm ab allo est. questa cosa per alcuno.
D b b ib c t b o . D b l l ' blbttbo.

XXIH. Omni auro inest argentum vario pon dere, alibi nona, alibi octava parte. In uno tan tam Galliae metallo, qaod vocant albncrarense, tricesima sexta portio invenitnr : ideo ceiris praeest. Ubicumque qointa argenti portio est, electrum vocatar. Scrobes eae reperiontur in canaliensi. F it et cura electram argentana addito. Quod si quintam portionem excessit, incudibus non resistit. Et eleotro anotorttas, Homero teste, qni Menelai regiam auro, electro, argento, ebore fulgere tradit. Minervae templum habet Lindos, ansulae Rhodiorum, in qno Helena sacravit caly cem ex electro. Adjicit historia, mammae saae mensara. Electri natura est, ad lucernarum lumi na clarius argento splendere. Qnod est nativam, et venena deprehendit. Namque discurrunt in calycibns arens, coelestibus similes, cum igneo stridore : et gemina ratione praedienut.

XXIII. In ogni oro argento di vario peso, ma deve la nona parte, e dove lottava. In una cava sola di Francia, in luogo che si chiama albuorarense, trovasi che non vi se non la trentesimasesta parte, e perci tenuto miglior degli altri. Dovunque la quinta parte d'argento,quel lo si chiama elettro ; e questo si truova nell' oro de* poiti. Fassi aacora lo elettro con artificio, aggiugoendovi argent ; ma se passa la quinta parte, non regge al martello. Anche l'elettro, per testimonio di Omero fu in pregio, perch egli scrive ohe la corte di Menelao rilucea latta d'oro, di elettro, d 'argento e davorio. In Lindo isola de' Rodiani il tempio di Minerva, doie Elena consacr nn calice latto d'elettro, e la storia vi aggiunge, come egli era alta misura della saa poppa. La natora dello elettro di rilucere al lume della lucerna, pi che l ' argento. Quello che naturale, dimostra il veleno; perch appa iono nelle tazze archi simili all1aroo celeste eon istridore di fuoco ; e questo effetto si vede in due modi.
P bima s t a t u a d* o b o .

PaiMAB AUBBAE STATUAE.

XXIV. Aurea statua prima omniom nulla XXIV. La prima statua d1 oro tutta soda, ehe inanitate, et antequam ex aere aliqua illo modo si chiama olosfirata, cio tirata a martello, e fieret, quam vocant holosphyraton, in templo prima che se ne facesse alcuna di rame in quel Anaitidis posita dicitur (quo sit situ terrarum no modo, dicono che fu posta nel tempio di Anaitide men hoc significavimus), numine gentibus illis (dove e* fosse lo dicemmo), nume fra quei popoh sacratissimo. Direpta est Antonii Parthicis rebus. divolissimfc Fu tolta nella guerra d* A nton io Scitnmque narratur dictum unius veteranorum eontra i Parli. Raccontasi un molto arguto d* un Bononiae, hospitali divi Augusti ooena, quum soldato veterano di Bologna, il quale avendo a

io?3

HISTORIA&UM MONDI L . XXXllI.

io;4

inU rrogartior, essetne Teram, eam qui primas violasse! hoc numen, ocalis membrisqae captam u p i r a n t f Respondit enim, u tum maxime Angustum <de crure ejas coeaare, seqae illam Me, totamqae sibi censum ex ea rapina Ho minum primns et auream statuam et solidem Gorgias .Leontinus Delphis in tempto sibi posai t, u x circiter olympiade. Tantos erat docendae oratoriae srtis qaaestus.

cenar seoo P imperatore Augusto, ed essendo dimandalo, u se egli era vero che il primo cbe avea manomesso la statoa di qael dio, perduto degli occhi e delle membra fosse morto T rispo se, u che Augusto cenava duna gamba desso, e che egli era quello, e che tntta la sua entrata era di quel bottina. Il primo fu Gorgia Leontino, die fece a s stesso una statoa d oro massiccio nel tempio d Apollioe in Delfo d intorno alla olim piade settantesima ; tanto era grande il guadagno d insegnar l ' arte oratoria.
D b l l o bo s i F s a a o m bdicivb , 8 .

M b d ic u m b bx ad e o , v iii .

XXV. Auram plurimis modis pollet in reme XXV. I/o ro entra in pi modi nella medicina. diis. Volnerstisque, et iofaatibas adplicatux, nt Mettesi addosso a quegli ehe son feriti, a ai bam miaas noceant, quae inferantur, veneficia. Est et bini, aociocch gl incantesimi e le m*tie non ipsi superlato vis malefica, gallinarum qaoqae et nuocan loro. Esso ha ancora virt malefica poste peeorum feturis. Remedium est abluere illatum, sopra U parto delle gaiime e delle pecore. Il ri et gargare eos quibas mederi velis. Torretur et medio lavarle, e spruzzar oon quell acqua a w salis gemino pondere, triplici missos, et rur coloro che tu vuoi medicare. Abbruciasi con sum cum duabus salis portionibus, et una lapidis, sale, che sia due volte tanto, e con tre tanti di quem schiston vocant: ita virus tradit rebus una misi, e di nuovo con due psrti di sale, e una crematis in fictili vase, ipsum purum et incorru parie di certe pietra, che si chiama schisto ; e cos ptum. Reliquos cinis servatas in fictili, et ex aqua lascia il veleno alle cose abbruciale insieme con illitus, lichenas in facie sansL Lomento eum con esso in un vaso di terra, ed esso rimane paro e venit ablui. Fistulas etiam sanat, et quae vocan incorrotto. 11 resto della ceoere conservata in vaso tur haemorrhoides. Quod si Iritus pumex adji di terra, e impiastrata con l acqua, guarisce te ciatur, pulria ulcera et tetri odoris emendat. Ex volatiche nel riso ; ma poi bisogna lavaria con melle vero decoctam cam melanthio, et illitum ferina di feve. Guarisce ancora le fistole e le ino ambilico, leniter solvit alvum. Auro verrucas rici. E se vi si sggiogne pomice pesta, guarisce curari M. Varro actor est. le piaghe putride, e di cattivo odore. Cotto nel mele eoo melantio, e impiastrato sul bellico, smuove leggermente il corpo. M. Varrone dice che epn Poro si guariscono i porri e i calli. Db CBmvsooau>A>
D a n CBISOCOLLA.

XXVI. 5 . La crisocolla nn umore ne pozzi, XXVI. 5 . Chrysocolla humor est in puteis, quos diximus, per venam snri defluens, crasse- che noi dicemmo, il quale scorre per le vene delscente limo rigoribus hibernis usque in duritism l'oro, quando la belletta si rassoda per li freddi del verno, fino che viene dura come pomice. pumicis. Laudatiorem eamdem in aerariis metal lis, et proximam in argentariis fieri compertam Truovasi eh ella si fa molto eccellente nelle cave del rame, e dopo ques4a quelle cbe si fa nelle est. Invenitur t in plumbariis, vilior etiam aura ria. In omnibus aulem iis metallis fit et cura, cave dell argento. Truovasene un*alira nelle multum infra naturalem Hlam: immissis in vensm cave del piombo, ma pi vile anoora che quella delloro. Per fessi in tutti questi metalli ezian aquis leviter hieme tota, usqae in Junium men sem, dein siccatis in Junio et Jolio : u t plane in- dio con artifcio, me inferiore di molto alla natu rale, eoi mettere acqua nella vena leggermente telligatur nibil aliud chrysocolls, quam vena pu tris. Nativa duritia maxime distat: luteam vocant. tutto il verno fino al mese di Giugno, dipoi Et tamen illa quoque herba, qoam luteam sppel- lasciandola seccare di Giugno e di Luglio; onde ei vede chiaro ohe la erisoeulla non altroch vetta bnt, tingitor. Nature est, quae lino lanseve, ad saccum bibendum. Tunditur in pila, deinde tenui putrida. La naturale molto pi dura, ehiamasi cribro cernitur: postea molitur,ac deinde tenuius lutea. Nondimeno si tigne ancora con quellerba cribratur. Quidquid non transmeat, repetitur in che si chiama lutea. della medesima natura che pila, dein molitur. Pulvis scraper in catinos dige- la lana e il lino a bere il sago. Pestasi nella pila,

. PLICHI SECONDI ritor, et ex accio maoerator, ot omnia duritia solvatur: ao rursus tunditur, dein lavatur in conchis, ricca turque.Tunc tingitur alumine schisto, et herba opra dicta : pingitarque, antequam pingat. Eeferl quam bibula docilitqae sii. Nam nisi rapuit eoiorem, adduntur scytanum atque tnrbystum : ita voctfnt medicamenta sorbere co gentia.

10,6

poi si staccia con on sotlil vaglio ; dipoi 4 ma cina, e pi sottilmente si staccia. Ci che non passa, si pesta, e macinasi di nuovo. La polvere si manda sempre ne'catini, e macerasi eoa lo aceto, acciocch tolta la durezza si risolva ; e di nuovo si pesta, e lavasi in cotiche, e ai secca. Allora si tigne con aliarne schisto, e con la detla erba, e dipignesi innanzi eh' ella dipinga. Im porta assai ch'ella facilmente succi il colore, perch se non ha preso il colore, vi s 'aggiungono 10 scilano e il lorbislo : cosi si chiamano i medi camenti, che la costringono a succiare.
C o m e sb nb u si s e l l a p it t c b a .

a t io e j o s in f i c t c i i s .

XXVII. Quando i pittori hanno tinto, la XXV11. Quum tinxere pictores, orobitin vo cant, ejusque duo genera faciant : luteam, quae chiamano orobiti, e fannooe di duo sorti; di servator in lomentum : el liquidam, globulis su lutea, la quale serbano in farina di fave, e dore resolutis. Haec utraque genera in Cypro liquida, eh* quaudo i pestelli trasudando fiant. Laudatissima io Armenia, secanda in Ma risolvono. Amendne questa sorti si Canno in Cipri, ma la prima in eccellenza in Armenia, la seconda cedonia, largissima in Hispania. Somma commen dationis, colorem in herba segetis laete virentis in Macedonia, e abbondantissima in 1spago. La quam simillime reddat. Visumqae jam esi Neronis miglior lode che possa avere, , eh* ella rasifa principis spectaculis arenam Circi chrysocolla benissimo colore di biade in erba molto verde. sterni, quum ipse concolori panno aurigaturas E gi s ' visto negli spettacoli di Nerone impe esset. Indocta opificum torba Iribus eam generi radore, che l ' arena del teatro fu coperta di cri bus dislioguil : asperam, quae taxatur in libras socolla, perch egli aveva a correre in carretta denariis vn : mediam, quae denariis quinis : ad- coperta di panno di simil colore. Gli artefici di tritam, quam et herbaceam vocant, qoae x m. poco valore la dividono in tre specie : nna aspra, Sublinunt aatem arenosam, priusquam inducant, la quale tassata in sette denari la libbra; la atramento, et paraelonio. Haec sunt tenacia ejus mezzana in cinque denari ; e la trita, la quale si et colori blanda. Paraetoniam, quoniam est na chiama ancora erbacea, in tre. Fauno letto all* atura pinguissimum, et propter laevorem tenacis renosa, prima che la pongano, con atramento e simum, atramento adspergitur,ne paraetonii can paretonio. Queste sono cose che le danno tenacit dor pallorem chrysocollae adferat.Luteam putant e piacevole colore ; perch il paretonio di na a luto herba dictam, quam ipsam caeruleo subtri tura viscosissimo, e per la sua delicatezza tena tam, pro chrysocolla inducunt, vilissimo geoere cissimo : bagnasi per oon lo al ramento, accioc atqae fallacissimo. ch il licor bianco del paretonio non faccia la crisocolla pallida. Tengono che la lutea sia eoa chiamata dall* erba lutea, la quale aoppesta coi verde scuro mettono nella crisoeolla, modo vilis simo e fallacissimo. Ex
CHftYSOCOLLA MEDICINA* VI. D b l l a c b iso c o ll a s i fan n o m e d ic in e 6 .

XXVIII. Usus chrysocollae et in medicina est XXV1IL La crisocolla in medicina mescolata ad purganda vulnera cum cera et oleo. Eadem con cera e olio purga le ferite ; e per s sola per se arida siocat et contrahit. Datar et in angi arida, secca e ristrigne. Dassi ancora negli stran na, orthopnoea ve, lingenda cum melle. Concitat guglioni, a coloro che non possono alitare, se vomitiones : miscetur et collyriis ad cicatrices non istanno ritti, mescolandosi col mele. Provoca oculorum : ac viridibus emplastris, ad dolores 1 vomito : meltesi ne* collirii alle cicatrici degli 1 occhi, e negl* impiastri verdi, a mitigare i dolori, mitigandos, et cicatrices trahendas. Hanc chry socollam medici cesio appellant, qoae non est e a tirare le cicatrici. I medici chiamano q u e s t a orobitis. crisooolla accesi, che non la orobite.

>77

HISTORIABDM MONDI LtB. XXXIII


D bl la cb iso c o ll a o b o l i

D S AURIFICUM CHRYSOCOLLA, I t i U l f l I M .

o u n c i, o

sa v tbu a .

XXIX. Chrysocollam et aurifice* ibi vindi- XXIX. Gli orafi anch' essi usano la crisoeolla adglutinaodo toro : et inde omnes appella per appiccare l oro, e da questo dieono ehe ha tam similiter utentes dicunt. Temperatur antem preso il nome, in qualunque cosa s'adoperi. Que ea Cypria aerugine, et puari impubis arioa, ad sta si tempera eoa la ruggine di Cipri, e con ori dilo nitro. Teritur Cyprio aere in Cypriis mor na di fanciullo senta barba, aggiuntovi il nitro. tariis: santernam vocant nostri. Ita ferruminatur Pestasi in rame Ciprio, in moriarii Ciprii: i aurum, qaod argentosum vocant. Signumqne esi, nostri la chiamano santerna. Cos si commette si addita santerna niteseit. E diverso aerosom l'oro, il quale si domanda argentoso. Il segno ne , s aggiunta la santerna, risplende. Per lo eoo* contrahit se, hebetaturque, et difficulter ferru minatur. Ad id glutinum fit auro, et septima trario l oro, che ha molto rame, si ritira e in* grossa, e difficilmente * appicca. Questa colla si parte argenti ad supradicta addili, unaque con fa, aggiugneudo oro, e la settima parte d'argento tritis. alle sopraddette cose insieme peste.
cniI

M lU I O U NAT D IA S , GLUTIffABDl ISTER SE, BT


PSBFlCU m M S METALLICIS RKBUI.

M a r a v ig l ib d b l l a s a t u r a h b l com m b ttbr e
FBA LOBO B FOBMARB I D1VBBSI METALLI.

XXX. Con lei i par est reliqoa circa hoc, ut XXX. Hassi a ragionare ancora dell'altre cose appartenenti a questo, acciocch si venga a in* universa naturae contingat admiratio. Auri glu tinum est tale. Argilla ferro, cadmia aeris massis, tendere tutto il miracolo della natura. La colla alumen laminis, resina plumbo et marmori : sed dell'oro tale. L'argilla s'appicca col ferro, la plumbum nigram albo juagitor, ipsumque album cadmia alle masse del rame, l ' allume alle piastre, la ragia al piombo e al marmo ; ma il piombo sibi oleo. Item stannum aeramentis, stanno a r nero si eongiunge col bianco, e il piombo bianeo gentum. Pineis optime lignis aes ferrumque fun ditur: sed et Aegyptia papyro: paleis aurum. a s stesso con l olio : similmente lo stagoo col Calx aqua accenditur, et Thracias lapis : idemque rame, e P argento con lo stagoo. Il rame e il oleo restinguitur. Ignis autem aceto maxime, et ferro si fondono benismo con legoe di pino, e visco, et ovo. Terra minime flagrai. Carbooi ma col papiro d'Egitto; e l ' oro con la paglia. La caleina s 'accende con l ' acqua, e ancora 1 pietra ior vis exasto, iterumque flagranti. di Tracia, la quale si spegne con l ' olio. Il fuoco s 'accende grandemente con I*aceto, col visco e eoo l ' uovo. La terra non arde punto. 11 carbone ha maggior forse, se speoto di nuovo si raooende.
D b a b g b rto . D ell' a r o e r t o .

XXXI. 6. Dopo l ' oro ragioneremo delle mi XXXI. 6. Ab his argenti metalla dicantur, niere dellargento ; e questa la seconda palaia. quae sequens insania est. Nonnisi in puteis repe titur, nullaquesui spe nascitur: nullis, ut in auro, L*argento oon si truova se non ne' pozzi ; e na scis senza dare alcuna speranza di s, noo rilu lacenlibus scintillis. Terra est alia rnfa,a!ia cine cendo in esso nessuna scintilla, come nell* oro. racea. Excoqui non potest, nisi cum plumbo ni gro, aut cam vena plumbi. Galenam vocant, quae La terra sua dove rossigna, e dove cenerognola. juxta argenti venas plerumque reperi tur. Et Non si pu cuocere senza il piombo nero, o senza eodem opar igniam descendit pars in plumbum, vena di piombo. Chiamano galena quella, che rgenlam. aulem superne innatat, ut oleum aquis. spesse volte si traova appresso le vene dell' ar Reperitar ia omnibus paene provinciis, sed in gento ; e con un medesimo fooco parte va, al Hispania pulcherrimam : id qaoqae in sterili solo, fondo, e diventa piombo, e l ' argento rimane di atqae elinm montibas: et abicumque una inventa sopra a galla, come l'olio nell'acqua. Traovasi P argento quasi in tutte le province, ma bellis vana eat, non procol invenitur alia. Hoe quidem simo in Ispagna, in terreno sterile, e ne' monti et b omni fere materia: uode metalla Graeci vi dentur dixisse. Miram, adhuc per Hispania* ab anoora; e dovunque si truova una vena, quivi poco lontano n' nn' altra. Ma ci avviene quasi Hannibale inchoatos puteos durare, sua ab inven toribus nomina habentes. Ex qaeis Bebalo appl- in ogtai altra materia ; onde pare che per ci i

1079

G PL1NII SECONDI

1080

Utor hodie que, qui ccc pondo Hannibali submini stravit in dies, d mille quingentos jam passas cavato monte, per qaod patiam Aquitani stantes diebas noctibusque egerunt sqass laceroaram mensura, amnemque faciant. Argenti vena, qaae in sommo reperta est, crudaria appellatur. Finis antiqois fodiendi solebat esse alumen inventum : ultra nihil quaerebatur. Nuper inventa aeris vena infra alnmen alba, finem spei fecit. Odor ex ar genti fodinis inimicas omnibus animalibus, sed maxime canibus. Aurum argentumque qao mol lias, eo pulchrius. Lineas ex -argento nigros pre dasi pleriqne mirantor.

Greci gli abbiamo chiamati metalli. E maraviglia, che oggid ancora per la Spagna durino le care gi comincia^ da Annibaie, le quali cave ha n n o preso il nome da' loro inventori. Fra esse oggi ancora si chiama Bebulo quella che dava ogni A trecento libbre d 'argento ad Annibaie ; e gi cavato queato monte mille cinquecento passi, per lo qaale spatio gli Aquilani il giorno e la notte cavano tanta acqaa stagnantevi, a misura che do rano acoese certe lacerne, che ne fanno fam e. La vena dell'argento ch stata trovata nella cima, si chiama cradaria. Usavano gli antichi ftaire di cavare ogni volta die trovavano lo allume, a cercavano pi oltra ; ma perch novameato han no trovato la vena bianca del rame di l dallo allume, non fanno alcun fine alla speranza. L' odore delle cave dello argento inimico a ogni animale, e massimamente a* eani. Quanto Toro e l'argento pi molle, tanto pi bello. Molli si maravigliano che dell' argento si facciano li nee nere.
D b l l ' a b g b b t o v iv o .

D b a b o b h to v iv o .

XXX11. Est et lapis in his venis, cojus vomica XXXII. In queste vene pare ana pietra, liquoris aeterni argentum vivum appellatur : ve- della quale esce tuttavia argento vivo: qaesto UOnam rerum omnium. Exest ac perrumpit vasa veleno di lotte le cose. E 'rode e fora i vasi. In permanans tabe dirs. Omnia ei innatant, praeter esso tutte le cose nuotano, in forche l'oro. Questo aoram : id unam ad se trahit. Ideo et optime solo tira a s, e per questo ottimamente purga, porgat, ceteras ejas sordes exqiuens crebro ja- gettando tutte le sue brattare, col dimenarlo otatu fictilibus io vasis, alutis injectis. Sed ut spesso in vasi di terra. Lorati via i difetti, anco ipsum ab aoro discedat, in pelles subaclss effun ra esso si separa dall'oro. Versesi in pelli messevi ditor, per qass sudoris vice defluens, parnm re sotto, e scorrendo per esse a goisa di sudore, linquit aoram. Ergo et quam aera inaurantur, lascia l ' oro schietto. Quando adunque ancora il soblitom bracteis pertinacissime retinet. Verum rame s'indora, ritiene tenacissimameole la foglia, pallore detegit simplices aut praetenues bracteas. se sotto vi si stende l ' argento vivo. Per con la Qnspropter id furtum quaerentes, ovi liquore pallidezza scuopre se la foglia dell' oro troppo candido usam eum adulteravere : mox et by- sottile. Quegli adunque, ehe vollero nascondere drargyro, de quo suo dicemus loco. Et alias ar questo furto, falsificsrono l ' oso suo con albume gentum vivum non largam inventum est d 'novo, e poi col litargiro, del quale ragioneremo al soo luogo. Altrimenti non si trova in gran quantit I' argento vivo.
D S STIMI, SIVB S T I, SIVB ALABASTBO, SIVB LABBASO, SIVB PLATYOPHTHALMO.

D ello s tim i, o s t i m o ,

o a la b a s tro .,

o LABBASO, O PLATIOTTALMO.

XXXIU. Io iisdem argenti metallis invenitnr, ut jproprie dicamus, spumae lapis candidae nilen* Usque, non tamen traoslncentis : stimi appellant, alii slibiam* alii alabastrum, alii larbason. Duo ejas genera, mas et femina. Magis probant femi nam : horridior est mas, scabriorqoe, et minus ponderosus minnsqoe radians et arenosior : fe mina contra nitet, friabilis, fissorisque, non glo bis dehiscens.

XXXIII. Nelle medesime cave dell'argento si troova, per favellar propriamente, ano pietra di schioma bianca e risplendente, non per tras parente, la quale alconi chiamano alimi, altri stibio, altri alabastro, altri larboso. Questa pietra di dae sorti, cio maschio 0 femmina : la fem mina pi stimato ; il maschio pi aspro, pi ravido, pi leggeri, manco chialro e pi arenoso: aU'inaontro la femmina riluee al stritolo, e s'apro eoa fessure, non a petzetti.

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXXIII. Ex o u D ic n ii vii. So


SS FASSO HtM OBK

7.

XXXIV. Vi* ejos adetringere, et refrigerare : XXXIV. Le farsa saa di ristrigoere e di principalis aulem circa oculos : namque ideo etiam rinfrescare, e principalmente intorno agli occhi $ pleriqoe platyophthalmon id appellavere, quo e perci molti ancora lo chiamarono plalioftalmo, niam in calliblepharis mulierum dilatet oculo*. pereh esso allarga gli occhi nel difetto delle pai* Et fluxiones inhibet oeniornm, exulcerationes- pebre delle donne. Ristrigne anco l'umore che que, farina ejus ac thuris, gammi admixto. Sistit cola degli oochi, e le scorticasiooi, eon la polvere et sanguinem e cerebro defioentem. Effioacior et sua e dell* incenso, mescolatovi gomma. Ristagna eoolra recentia vulnera : et coatra veteres canni altres il sangue che scorre del cervello. Ha mag saorsus inspersas farina : et contra ambasta igai, gior virt eontra le ferite fresche, e eontra i oum adipe, ac spuma argenti, cerussaqae, et cera. morsi vecchi de' cani, sparsavi sopra la farina, e Uritur autem offis boboli fimi circumlitum in eontra le incottare del foooo, con sogna, schioma dibaois: dein restinguitur malie rum lacte, Ieri d* argento, biacca e cera. Ardesi nel forno, rin torque in mortariis, admixta aqua pluvia. Ac chiuso in tortelli di sterco di bue, poi si spegne subinde turbidum transfunditor in aeream vas, oon btte di donna, e pestasi in mortaio eon et mundatnr nitro. Faex ejus intelligitor plum acqua piovana. Dipoi cosi torbido si mette in bosissima, quaeque snbaedit in mortario, abjici* vaso di rame, e purgasi col nitro. La feccia sua turqoo. Dei a vas, in quo turbida transfusa saot, molto piombosa : rimane del fondo del mortaio, opertam linteo per noctem relinquitur, et po e gettasi via. Dipoi il vaso, dove messo torbido, stero die quod innatat, effunditur, spoogiaque si lascia stare uoa notte al ooperto con pannoti* tollitur. Quod ibi subsedit, flos intelligitur, ac no, e laltro giorno si getta via laeqaa ch venata linteolo interposito in sole siccatnr, non ut pera a galla, e si rasciuga oon ona spugoa. Qaello che rescat. Iterumque io mortario teritur, et in pa rimane nel fondo i il fiore, e con on pannolino stillos dividitur. Ante omnia autem urendi mo si rascinga al sole, ma non per in modo ehe si do* neoesiarius est, ne plumbum fiat. Quidam secchi affatto. Di nuovo si pesta poi nel mortaio* aen fimo utuntur coqoentes, sed adipe. Alii tri* e fassene pastelli. Ma sopra tutto bisogna arderlo tam in aqua triplici linteo saccant, faecemqoe con destressa, aceiocch e npn diventi piombo abjiciunt, idqae quod defluxit, transfondont, Alconi noo osaoo bovina, qoaodo lo caocono, quidquid subsi(lat colliges tes : emplastris quoque ma augna : alcuni quando pesto con I*acqua, lasciugano in triplicato pannolino, e gettano ria et collyriis miscent. la feccia, facendo passare quel che 11 ha di liqui do, e raccolgono quel che rimane a fondo, e mettonlo in impiastri e collirii. Ds scosta
a b g s s ti.

Msdtcmms

sx b a .

D b l la sc o r ia d e l l a s g b s t o . M e d ic in e ch e ss s s t a s s o .

XXXV. Scoriam in argento Graeci vocant XXXV. La scoria i*ell* argento chiamata helcysma. Vis ejus adstringere et refrigerare cor da* Greci eleisma. La forza saa di ristrignere e pora. Additor emplastris, ut molybdaena, de qua rinfrescare i corpi. Mettesi negli empiastri come dicemus in plumbo, cicatricibus maxime gloti- la molibdena, della qaale diremo ragionando del aandis : a t eontra tenesmos, dysenteriasque, in* piombo, massimamente per ricongiogoere le mar fusa clysteribus cum myrteo oleo. Addunt et in gini ; e adoperasi negli argomenti con olio di medicamenta, quae vocant liparas, ad excrescen mortine eontra il tenesmo e il mal de* poodi. tia nleerum, aut ex adtritu facta, aut in capite Mettesi ancora ne* medicamenti, ehe si chiamano lipare, e alla carne ricresciate delle piaghe, o manantia. nelle piaghe fatte per percossa, o che gocciolano nel capo. Fessi nella medesime miniere ancora quella, Fit in iisdem metalli* et qoae vocatur spassa argenti. Genera efes tria: optima qaam chrysitin che si ohiame sehiuma d* argento. Questa di voeant: sonanda, qaam argyritin: tertia, quass tre sorti : la migliora qaella, che si chioma eri malybdatin. Et pleraaaqoe omnes bi oolores in site ; la seconda, che arguite ; lo tersa, che mol* iisdem tubuli* inveniun tur. Probatissima est At | libdite. Le pi volte tatti questi colori si troovatica, proxim a BispaoieasM. Chrysitis jt veot 00 ne* medesimi doccioni. CcceUotissima i 1*A-

IO

C. PUNII SECUflDl

10S4

ipsa fit, argyritis ex argento, molybditis piombi ipsius fusura, quae fit Puteolis, el iode habet nomea. Omni* autem fit exoocla sua materia ex superiori catino defluens in inferiorem, et ex eo sublata veruculis ferreis, atque in ipsa flamma convolute, ut sit modici ponderis. Est aulem, ot ex nomine ipso intelligi potest, fervescentis ma teriae spuma. Distat a scoria, quo potest spuma a faece distare. Alterum purgantis se materiae, alterum purgatae vilium est. Quidam duo gene ra faciunt spumae, quae vocant hythrida el peumenem, tertium molybdaenam, in plumbo dicen dam. Spuma ut sit utilis, iterum coquitur, con fractis tubulis ad magnitudinem annulorum : ila accensa follibus, ad separandos carbones cineremque, abluitur aceto aut vino, simulque re stinguitur. Quod si sit argyritis, ut candor ei detur, magnitudine fabae confracta, in fictili co qui jubetur ex aqua, addito in linteolis trilieo et hordeo novis, donec ea purgentur. Postea sex diebos terunt iu morUriis, ter die abluentes aqua frigida : et quum desinant, calida, addito sale fossili, in libram spomae obolo. Novissimo die condunt in plumbeo vase. Alii com faba can dida ac ptisana coquunt, et in sole siccant. Alii in lana candida cum faba, donec lanam non de migret. Tunc salem fossilem adjiciunt, subinde qua mutata, siccantque diebus x l calidissimis aestatis. Nee non in venire suillo in equa co quant, exemptamque nitro fricant, et nt supra, terunt in mortariis cum sale. Sunt qui non co quant, sed cnm sale terant, et adjecta aqua abluant.

Usus ejus ad collyria, et litu ad muliebrium cicatricum foeditates tollendas, maculasque, et abluendam capillum. Vis aulem siccare, mollire, refrigerare, temperare, purgare, explere ulcera, tumores lenire. Talibusque emplastris supra di ctis ignes etiam sacros tollit cum ruta, myrtoque, et aeeto: itemque perniones cum myrto el cera.

teniese; dopo questa Ia Spagnuola. Lo cri site si Is d'essa vena, 1'agirite d*argento, la molibdite della liquefazione del piombo, bt quale si fa a Poizuolo, e quindi ha preso il nome. Si fa riasco lta della sua materia eolia, facendola colate di uno in altro catino eon mestola di ferro, riaeuandola sopra la fiamma, acciocch pesi poesi Questa , siccome mostra il nome, schiuma della bollente e futura materia. diversa della teoria, quanto pu estere diverta la schiuma dalla feccia. L 'uno vizio ddla materia, la quale si purga ; T altro vizio di quella, eh* gi purgete. Alcuni fanno due sorti di schiuma, e chiamante ilrida e penatene; la terza si appdla raolibdena, di cui si dir ragionando d d piombo. La schiuma si rieos ce di nuovo, accioocb' d b sia utile, ron docrioai grandi come e nella ; e coti accesa 00' mantici, a separarla dalla cenere e da' carboni, si bagna con aceto e oon vino, e insieme si spegno. Che se argirite, acciocch si faeda bianca, s e n t i i pezzi grandi quanto una fava, e cuooeti in vaso di (erra in acqua, aggiugnendo nelle pezsoline grano e orzo nuovi finch si purghino. Sei giorni pei b pestano ne'mortai, e tre volte il d bagnano oon l ' acqua fredda ; e quando restano, oon b calda, aggiugnendovi nn obolo di sale di cava per lib bra. L 'ultimo d la ripongono in vaso di piombo. Alcuni la cuocono con Cava bianca o orzate, la seccano al sole : alcuni in lana bianca con Cava, finche non faccia nera la lana. Allora vi metton sale di cava, mutandovi di tento in tanto l ' acqoa, e seccsnla per quaranta giorni de' pi caldi deUa state. Cuoeonla ancora in venire di porco nell* ac qua, e cavatala fuori la stropiedano col nitro; e, come abbiam delio, la pestano ne' mortai eoo tale. Alcuni non la cuocono, ma la pestano col sale, e aggiuntevi acqua la lavano. Ustti ne'colirii, e fregati a mandar via la spor chezza e le macchine ndle margini delle donne, e a lavorare i capegli. La forza sua di seccare, mollificare gli coltati, rinfrescare, temperare, pur gare, riempiere le piaghe, e mitigare gli enfiali. Con tali empiasi detti di sopra goarisce il fuoco sacro, con ruta, mortioe e aoeto ; e i pedignoni con mortine e cera.
D b l m ib io . Q u b b t o b i

Db M im o.

Q o a m b b lig io s u m a v o d

rossa

b e lh h o o a

AHT1QOOS FU1BIT.

COSA VBBSSO GLI AHTICHI.

7. Nelle miniere dell'argento trovasi XXXVI. 7. Invenitur in argentariis metallis XXXVI. minium quoque, et nune inler pigmenta magnae ancora il minio, che ora nella pittura di gran auctoritatis, et quondam apad Romanos non so riputazione, e. gi appresso i Romani oon sita lum maximae, sed etiam sacrae. Enumerat an mente di grandissima, ma aneora di sacra. Ver ciores Verrius, quibus credere n t neceste, Jovis rio racoonta gli autori, degni di fede, i quali asse ipeiut simulacri faciem diebus festis minio illini riscono come il viso delb statua di Giove i giorni solitem trkxnpbantumqoe oorpoca : sic Camil- dalle fette si soleva tingere di minio, i corpi di

io85

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXXIII.

1086

loto triumphasse. Hac religione etiam nune addi ia v a f nenia coenae triumphali, et a censoribus ia primis Jovem miniandam locari. Cujas rei causam quidam miror : quamquam et hodie id expeti eonstat Aethiopum populis, tolosque eo lingi proceres, buoeque ibi deorum simnlacris colorem case. Quapropter diligentius peraequeorar omnia de eo.

coloro che trionfavano ; e come in questo modo trionf Camillo. Con questa religione s 'osa an cora oggi negli unguenti della cena trionfale; e i censori fra le prime cose danno in cottimo a mi niare la statua di Giove. Onde io mi maraviglio molto della cagione di tal cosa, beneh aocora oggi ci s ' usi assai ne1popoli di Etiopia, dove tutti i nobili si tingono di minio, e dove questo colore si d alle statae degli dei. Epper pi diligeotemenle ragioneremo d* esso. Dbll*k v b b z io v b
b o b ig ib b

D b i b t b j t i o m u v a , iv o b io u b .

ni

bsso .

XXXVII. Theophrastus xc annis aole Praxi- XXXVII. Teofraslo novsnta anni iananzi a bulum Atheaieasium magislralum (quod lempus Prassibulo magistrato degli Anteniesi (il qual exit in Urbis nostrae c c c x lix aanum ) tradit intempo viene appunto a cadere negli anni trecento ventam minium a Callia Atheniense, initio spe quaraotaoove dopo la edificazione di Roma ) di rante aurum posse exooqui arena rubente in ce che il minio fu trovato da Callia Ateniese, H aaetaUis argenti : hane fuisse originem ejua. Re quale da principio pens di poter fare oro ddperiti aulem jam lum in Hispania, sed durum et T arena che rosseggiava nelle miniere dell' ar areoosom : ilem apud Colchos ia rupe quadam gento, e ehe questa fu l origine sua. Che fino al inaccessa, ex qua jaculaoles decuterent: id esae lora si trovava in Iipagna, ma duro e arenoso; e adulteram : optimum vero supra Ephesum Gl* nel paese di Colchi aocora io nna eerta ripa inac biania agris. Arenam cocci colorem habere : haoc cessibile, della quale si faceva cadere eon le saet teri, dein lavari fariuam : et quod subsidat, ite te, e questo era falsificato; e che ottimo si truo rum lavari. Differentiam arlis esse, quod alii mi va va sopra Efeso nelle campagne Cilbiaine. Dice nium faciant prima lotura : apud alios id esse inoltre, che l'arena sua ha colore di grana, la dilutius, sequentis aulem loturae optimum. quale si pesta, e poi se ne lava la polvere, e quel lo che va al fondo si torna a lavare. Dice che' differenza nell* arte, perch alcuni fanno il minio nella prima lavatura: appresso alcuni questo troppo liquido, e il migliore quello della seeon* da lavatura.
O b c ib h a b a b i . D s l CltUBBO.

XXXVIII. Auetorilatem colori fuisse non mi XXX Vili, lo non mi maraviglio ponto, che ror. Jam enim Trojania temporibus rubrica in questo colore fosse in riputazione, perciocch fino al tempo della guerra di Troia era in prezao honore eral, Homero teste, qui naves ea com mendat, alias circa picturas pigmentaque rarus. la terra rossa, come scrive Omero, il quale com menda per quella le navi, bench egli per altro Miltoa vocant Graeci minium: quidam, cinna parli aasai raro della pittura a de' colori. 1 Greci bari. Unde natas error, Iodico cinnabaris nomi ne. Sie enim appellant illi saniem draconis elisi chiamano il minio milto, e alcuni cioabari. Oode elephantorum morienlium pondere, permixto nato errore per io Indico nome dnabaro. Per utriusque animalis sanguiae, ut diximas. Neque ciocch cos chiamano essi il sangue ch'esce del drago straccialo dal peso degli elefaoli che muo alias est color, qui ia piclaris proprie sangui nem reddat. Illa cinnabaris antidotis medicamen- iono, mescolato con quello di essi elefanti, come lisqne utilissima est. At hercule medici, quia dicemmo altrove. Ne e' altro colore, che pi dnnaberin vocant, pro ea utuntur hoc minio, propriamente eontra ficcia il colore del sangue nelle pitture. Quel cinabro utilissimo negli an qaod veneaam esse paullo mox docebimus. tidoti e nelle mediane. U i medici sotto il nome di cinabro usano il mioio in lnogo d'esso; il quale poco dipoi mostreremo eh' veleno.

o87
R a tio a m u i u , b t

C. PLINII SBCUMH imi ia


r s c iim is .

10M

Com a*vai it

c jv a b b o b

i l istmo i u v tm a a .

XXXIX. Cinnabari Teiere, quae etiamounc vocant monochromata, pingebant. Pinxerunt et Ephesio minio, quod derelictum eat, quia curati* magni operis rat. Praeterea utruroque nimia aere existimatur. Idcirco transiere ad rubricam, t sinopidem, de quibus suis logis dicara. Cinna* baris adulteratur sanguine caprino, aut aorbia tritis. Prelium sincerae, nummi quadraginta.

XXXIX. Usavano gK antichi dipingete eoi cinabro quelle pittare, le quali ancora oggi Ma rnano monoerornata, cio d' un color auto. Di pinsero ancora col minio da Efeao, il quale hanno dismetto, perch era troppo faticoso a conciarlo; e l ' uno e laltro era stimalo troppo agro. Epper cominciarono a usare la rubrica, e la tinopia, delle quali ragioneremo a1suoi luoghi. U cinabro ai falsifica con sangue di capra, o oon sorbe peate. Il prezxo del vero quaranta nummi.
S fb c ib d b l a n n o . M e d i c i c h b

G nut

m k il

Msoicnas

bx h r io .

se aa r i -

XL. Juba minium nasci et in arraania tra dit : Timagenes et in Aethiopia. Sed neutro ex loco invehitur ad nos, nec fere aliunde quam ex Hispania. Celeberrimum ex Sisaponensi regione in Baetica, miniario metallo vectigalibus popoli Romani, nullius rei diligentiore custodia. Non Iket id ibi perficere excoqui que. Romam defer* tur vena signata, ad dena millia fere pondo an nua. Romae autem lavalur : in vendendo, pretio statuta lege, oe modum excederet, 1 4 l x x in librae. Sed adulteratur multis modia, unde prae da aoeietati.

Namque est alterum genus in omnibus fere argentariis, ilemque plumbarii* metallis, quod fit exusto lapide veuis permixto, oon ex illo, cujus vomicam argentum virum appellavimus ( is enim et ipse in argeutum excoquitur ) ; aed ex aliis imul repertis. Steriles etiam plumbi de prehenduntur suo colore, nec nisi in fornacibus rubescentes exustique tunduntur in farinam. Et hoc est secundarium minium perquam paoeia notum, multum infra naturales illas arenas. Hoc ergo adulteratur minium in officinis sociorum : item sjrico. Quonam modo sjricom fiat, suo loco dicemus. Sublini autem syrioo minium compendii ratio demoostrat. Et alio modo pingentium furto opportunum est, plenos subiode abluentium penieillos. Sidit aulem in aqua, constatque foranti bus. Sincero cocci nitor esse debet Secundarii autem splendor in parietibus aentit uliginem. Quamquam hoc rubigo quaedam metalli est Stsaponentibus autem miniariis suae T enae arena aine argento excoquitur auri modo. Probatur auro candente : fucatum nigrescit : sincerum re tinet eoiorem. Invenio et calce adulterari. Ac simili ratione ferri caodentis lamina, si non sit aurum, deprehendi illico. Solis atque lauae con tactus inimicus: remedium, ut parieti siccato

XL. Diee Giuba che il minio nasce anoora ia Carmania, e Timagene ehe anche in Etiopia. M a da niuoo di questi due luoghi portato a nei, che non viene qnasi d 'altro luogo, cbe di Spagna. L 'eccellentissimo viene dalla contrada Siaapcaeaa in Granala, ne c ' pi diligente guardia, ehe quella ehe si mette nelle cave del minio, cbe aaa rendita dovuta al popolo Romano. Quivi non ai pu fare, n cuocerlo, ma fanno venire a Roma la vena auggellata, quasi dieci mila libbre Panno. Lavasi a Roma, dove s* ordinato per legger cbe non ai venda pi cbe aettanta sesterzii h libbra. Ma si falsifica in molli modi; il che una ruberia de' pubblicani che lo conciano a Roma. Perciocch Te n ' un'altra specie quaai ia tutte le cave dell'argento, e ancora del piombo, e questo si fa del cuocere una certa pietra, la quale ai trova nelle vene, ma non quella, di coi mostrammo che viene l'argento v iti ( perch di qnella, cocendola, si fa l'argento), e la detta pietra ti cuoce oon al ite cote insieme trovatevi. Trovanti ancora pietre sterili, n d'altro colore ehe di piombo, le quali non arre iti cono ae 000 nella fornace : queste poi Che sono cotte si pestano, e fessene polvere, e qaesto il aeeoado minio, co nosciuto da pochi, ma men buono assai cbe fra quelle naturali arene. Questo, adunque ai falsifica nelle botteghe dei prelati pubblicani ; e col atrio ancora. Come codesto lirico ai faccia. Io diremo al tuo l n o g o . Per ragione di risparmio sotto il sirico si mette il minio. Per altro modo aneora opportuno al furto de* dipintori, i quali bvan tuttavia i lor pennelli che ne tono pieni. Esso va affondo nell' acqua ; e coti chi lo rubano il fanno durare. 11 minio achietto debbe avere colora di grana. Lo apleudore del teeondo minio fa o(foscaxione nelle mura, bench ci tia certa ragghia di metallo. Del minio di Sitapone cuoceai la rena della sua T ena tenta argento. Provasi con l'oro rovente, perch il falsificato tocco da tale oro

>o#9

HISTORIARUM MONDI LIB. XXX11I.

1090

cara panica com olo liquefata candens iclii iod a c a tu r: iterumque admolit gallae earbonibos ad araiar ' ad sodorem usque : postea candelis aubqgatur : ac deinde tinte paria, sieat et marm ora nitescunt. Qui miniam in officinis potiunt, faciem laxis Tesicis illigant, ne in respiraodo pernicialem pulverem tranant : el tamen nt per illas spectent. Miniora in voluminibus quoque scriptora usorpatur, elarioresque litteras, vel in auro, Tei ia marmore, etiam in sepulcris facit.

diventa nero, e lo schietto ritiene il colore. Io tro vo, che egli si falsifica ancora con la calcina; e per simile raodo eon ona piastra di ferro rovenlegnan donon si possa avere oro; subito si conosce. Fagli danno assai l esser tocco dal sole e dalla luna : il rimedio questo, che qtiaodo il moro secco vi si freghi sopra col pennello cera punica strutta con olio: di poi accostatovi carboni di galla ai scalda fino a che sodi : poi si stropiccia eon can dele, e da ultimo con pure pexxoline : cos ancora ei fanno risplendere i marmi. Quegli che puliscono il minio nelle botteghe, si legano al viso vesciche larghe, acciocch nel respirare non tirino a s qoella perniciosa polvere; in modo per che per esse veggano. Usasi il minio ancora a scriver libri, e fa le lettere pi chiare, o nell* oro, o nel marmo, e ancora nelle sepolture. Dbl
l it a b g ib o .

D b HYDBABGYBO.

XLI. 8. Ex secondario invenit vita et hydrargyrum in vicem argenti vivi, panilo ante dilatnm. F it aulem doobus modis : aereis mortariis pislillisque trito minio ex aceto: aot patinis fictilibus impositum ferrea concha, calyce cooperiam, ar gilla superillita : dein snb patinis accentum folli Ima continuo igni,alque ila calycis sudore deterac, qoi fit argenti oolore et aqua* liquore. Idem guttis dividi facilis, et lubrico humore eoirfloere. Quod qoum venenum esse conveniat, omtaia quae de mioio in medicinae usu tradantur, te meraria arbitror : praeterquam fortassis illito capite .ventreve, sanguinem sistendam, dum ne quid penetret in viscera, ac vulnus attingat : ali ter utendum non equidem censeam.

XLI. 8. Del secondo minio s ' trovato il litargiro, di cui abbiamo differito a qui di parlare, in luogo d 'argento vivo. Si fa in due modi : nel primo si pesta il minio con l acelo io morlaio di bronco con pestello pur di bronxo ; ovvero metlesi in vani larghi di terra, e cuopresi eoa coperchio di ferro, e tarasi bene con terra argil la. Dipoi si fa continuo fuoco sotto co1mantici, e raccogliesi il licore che suda nel coperchio. Qaesto ha colore d 'argeoto, ed liquido come acqua. Facilmente si divide in gocciole, e corre come umor liquido. 11 che essendo certo eh* veleno, a me pare temeraria cosa ci che se ne fa in medicina, eccetto forse che impiastrarlo al ca po, o al ventre, per fare ristagnare il sangue, parch non penetri in alcun viscere, e non tocchi alcun luogo rotto ; altrimenti a me pare da noa osarlo.
D
b l m odo d utobabb l a b g b b t o .

D i M U T O IH iO lM IO .

XL 1I. Hydrargyro argentum inauratur solum none prope, quum et in aera simili modo duci debeat. Sed eadem fraus, quae in omni vilae parte iogeniosiisima est, viliorem excogitavit materiam, ut docuimus.

XL1I. lodorasi al presente solamente 1*argen to col litargiro, e nondimeno in simil modo si debbe indorare ancora il rame. Ma la medesima fraude, la quale molto ingegnosa in ogni parte della vita, ha trovato pi vii materia, come ab biamo dimostro.
D
elle p ib t b o l ib b c h e t r o v a r si f b a l o b o .

Db c o t i c u l i s

a u b a b iis .

XL111. Auri argenlique mentionem comitator lapis, qoem coticulam appellant, quondam ooo solitas inveniri, nisi in flumine Tmolo, ut auctor est Teophrastus : none vero passim : quem alii beractiam, alii lydium vocant. Sunt autem mo dici, quaterna* uncias longitudinis, binasque U-

XL11I. in compagnia dell* oro e dell' argento va un sassolino, che si chiama coticula, che gi non si soleva trovare se nou nel fiume Tmolo, come scrive Teofraslo ; ma ora si truova in ogoi luogo : altri lo chiamano eraclio, altri lidio. Questi sassolini son piccoli, non pi lunghi di quattro

C. PUNII SECONDI (ladini* non excedentes. Quod 1 sole fuit ia hit, melini quam qaod a terra. Bis coliculis periti, qaam e vena ut lima rapuerint experimentum, protino* dicunt quantum auri sit io ea, quantum argenti vel aeris, scripulari differentia, mirabili ratione, non fallente.

1092

onde, n pi larghi di m . fa questi migliore la parte eh' volta al ole, che quella che tocca la terra. 1 periti dotti io questa arte lolguoo la belletta delle vene, se questo ttasolinn fanno esperimento tale, ebs di subito dicooo quanto oro, quanto argento, o quanto carne tenga sano a ano scrupolo; n mai sono ingannali.

A m otrn e m , n

u m m n i.

Sraos m

ix

' abo uto,

s co n ai n u n n

XLIV. Argenti daae differentiae. Batillis fer reis candeoUbas ramento imposito, qaod candi dum permaneat, probatur. Proxima bonitas rufo, nulla nigro. Sed experimento quoqae fraus in tervenit : servatis in virorum urina batillis, infi citur ita rameotum obiter dum uritur, candoreroqoe mentitur. Est aliud experimentum politi, et in halitu hominis, si sudet protinus, nubemque discutiat.

XLIV. Doe sodo le specie dell' argento. Po stine i pezxolini sovra palette di ferro roventi, quello che rimane bianco approvato. La pros sima bont nel rosso; il nero non valle nulla. Interviene inganno aneora nello esperimento, perch tenute quelle palette in orina d ' uomini, quel pezzo ne piglia in modo la impressione, mentre che si arde, cbe si mostra bianco. ua altro esperimento di quello eh* polito, nell'alito dell' uomo, se esso suda subito, e poi lascia spa rire la nugola impressa da quell' alito.
D bou snccn s.

Dasnkuus.
XLV. 9. Laminas duci, et specula fieri non nisi ex oplijno posse creditum fuerat. Id quoque jam fraude corrumpitur. Sed natura mira est imagines reddendi, qaod repercusso aere atque io oculos regesto fieri convenit. Eadem vi in speculis usa polita cratsitudine, paullumqae pro* pulsa dilatatur in immensum magnitudo imagi num. Tantum interest repercossum illum respuat, au excipiat. Qoin etiam pocula ita figurantur, exsculptis intas crebris ceu speculis, ut vel uno intuente, populm totidem imaginum fiat. Exco gitantur et monstrifica, ut in templo Smyrnae dicata. Id evenit figura materiae. Plurimumque refert concava sint et poculi modo, an parma* tbrecidicae, media depressa an elala, transversa an obliqua, supina an recta, qualitate excipientis figurae torquente venientes umbras. Nec enim est aliud illa imago, quam digesta claritas mate riae excipientis umbrem. Atque ut omnia de spe culis peragantur hoc loco, optima apud majores fuerant Brundisina, stanno et aere mixtis. Prae lata sunt argentea. Primus fecit Praxiteles, Magni Pompeji aetate. Nuper credi coeptum, certiorem imaginem reddi, auro opposito aversis.

XLV. 9. Una volta si credeva che non si potes sero distendere le piastre, e fare specchi, se non dell'ottimo argento. Gi questo ancora si falsifica con inganno. La natura sua maravigliosa nel rendere le immagini, che com' esso le ha raccolte le lascia rimbalzare negli occhi. Per la medesima cagione ci avvieoe negli specchi, ripolendo f i continuo la loro rozzezza, e levata alquanto, si allarga in infinito la graodezza dlT immagine ; tanta la differenza, se il metallo la ribatta, o se la riceva. Figuransi ancora i vaai da bere in qaesto modo, che vi sieno dentro molte parti, come specchi, di maniera che se uo solo vi guarda, si viene a fare gran moltitudine d 'im magini. Inventaosi ancora cose prodigiose, qaaK son dedicate nel tempio di Smirna. Questo av viene per la figura della materia. (T gran dif ferenza, cbe le piastre sieno concave e in forma di tazze, o depresse nel mezzo, o come la targa di Trece gladiatore, ovvero rilevate, o ae per 1' opposito, o per obbliquo, o supine o ritte; perch la qualit della figura della piastra piglia in diverso modo l ' ombre che vi si veogoao a dipingere. Perciocch quella immagine noa altro che la predisposta chiarezza della materia che riceve l ' ombra. E acciocch tutte le cote de gli specchi si trattino in questo luogo, tuono appresso gli antichi ottimi i Brudusini, mescolali di stagno e di rame ; ma pi ti stimavano quelli i h' erano fatti d 'argeoto. II primo fa Pressitele, che gli lece al tempo di Pompeo Magno; e da poco in qoa hanno cominciato a credere che

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXXIII. w tria maglio la immagine ogni volte he al dirimpetto di essisi meli* oro. Da Axotmm M f itm . XLVI. Tingit I Aegyplns argentum, at in vasis A.aobem satin spectet : pingitque, *on cae lat argentum. Transii inde materia et ad trium phales sUUiss : mirnmque, crescit pretiam ful goris excaecati. Id M item fit hoc modo : miscentur a rg e n to tertiae aeris Cyprii tenuissimi, qaod co ronariam vocant, et sulphuris vivi, quantam ar genti. Conflantur ita in fictili circumlito argilla. Modos coquendi, donec se ipsa operoula aperiant. Nigrescit e t ovi indurali Iuleo, ut tamen aceto et crela deteratur. Miscuit denario triemvir Antonius ferrum. Miscentur aera falsae monetae. Alii e pondere subtrshunt, quum it justum l u x i * e libris s i g n ari. Igitur ars facta denarios probare, tam jocouda lege plebi, ut Mario Gratidiano viealim lota slatuas dicaverit. Mirumqoe, io bae artium sola vitia discantar, et falsi denarii spectator eieroplar, pluribusque veru denariis adulterinas emitor.
D b u ' a m m t o E g iz ia .

XLVI. In Egitto tmgeo* 1*argento per poter vedere il loro dio Anube ne1 vasi : quivi l 'argen to si dipinge, non si scolpisoe. Passa dipoi questa materia alle statue trionfali) ed mirabil cosa che ne cresce il prezzo, se ha lo splendore acce n to , il ehe si fa in questo modo. Mescolasi con 1 argento la terza parte di rame di Cipri sottili** simo, il qual *i chiama coronario, e tanto zolfo vivo quanto l ' argento. Fonde! in vaso di terra turato cen argilla. Cuoeesi tante, che il coperchi ' apre da si stesso. Diventa nero con tuorlo fi uovo doro, ma pestasi con aceto e creta. Marco Antonio, il triumviro, mescol il ferro nel denaio. Mescolasi ancora il rame nella moneta falsa. Alcuni scemano il peso, essendo ragione vole che una libbra ne faccia ottantaqoaltro da nari. Adunque ' fetta arte per conoscere il denaio, con legge tanto grata alla plebe, che ella per ci dedic statue intere per tulle le vie a Mario Gratidiano. Ed maraviglia, che solo in questa arte s* imparano i vizii, e imitasi lo esem pio del denaio falsificato, e un falso denaio si compera con molti veri.
O
b l la st b a g b a b d e pe c c h ia

De

im m o d ic a p e c c h i a : q u o b c m

m a x im a e ov es

c h i ebbe

t*

FUB&IHT.

MAGGlOHl BICCHEZZB.

XLVJL 10. Non erat apud antiquos numeros nitra ocotoni millia : itaque t hodie molliplican tur haec, ut decies centeoa millia, aut saeptos di catior. Fenus hoc fecit, ouramusque percussos: et sic qooque aes alienam eUamnam appellatur. Postea divites cognominati : dummodo notam sit, eum qui primus acceperit hoc cognomen, deooliste creditoribus suis. Ex eadem gente M. Crassus negabat locupletem esse, nisi qui reditu annuo legionem tueri posset. In agris sestertium mm posedit, Quiritium post Sallam ditissimus. Nec fuit alis, uisi totum Parthorum esorissel aurum : atque ut nomen quidem optimi occupaverit (juiit enim insectari inexplebilem istam habendi cupidinem), multos postea cognovimus servitule liberato opulentiores : parilerque Ire Claudii principatu, Pallantem, Callistum, et Narcissum. Atque ut hi omittantur, tamquam adhuc rerum potiautnr, C. Atinio Galle, C. Marcio Censorino eon. a. d. vi. KaL Febr. C. Caecilius Claudius Isidoro teslameulo suo edixit, quamvis mulla eivili bello perdidisset, tamen relinquere servo rum quatuor milita cenlam sedecim : juga boum Iris millia sexcenta, reliqui pecoris ce quiuquar

XLVil. io. Non era appresso gliaritiehi mag* gir numero che cento migliaia, epper ancor oggi quello medesimo si multiplica ; come verbigrazia quaudo si dice dieci volle cento mila, pi. Questo ebbe origiue dall'usura, e dal denaio battuto ; e cos ancora il debito si chiama al pre* sente metallo d 'altri. Ne venne dipoi il nome di ricchi, pur che si sappia che il primo, che s'acqui st questo nome, fall co'suoi creditori. Marco Crasso della medesima famiglia usava dire, che non si poteva chiamar ricco, ebr uon avea (anta entrata, da poter mantenere una legione. Costui ebbe possessioni per venti milioni di seslersii, e fu il maggior ricco di Roma dopo Siila. N gji bast questo, che desider ancora tutto l ' oro de' Parti ; e bench egli abbia avuto nome di gran riccoue ( perciocch questa insaziabile cu pidigia d 'avere merita pur d 'essere biasimala ), abbiamo por conosciuto molti, che erano stati servi, mollo pi riochi di lui, e fra gli altri tre a un tratto nell* imperio di Claudio, cio PaiUnte, Callisto e Narcisso, E per non dir nulla di questi, <>m se ancora tenessero l'imperio, eisendo consoli Caio Asinio Gallo e Caio Marcio

J<*95
g itili

C. PLINII SECONDI

1096

septem millia:.ia numerato h - s d c . Fone rari e jossU h - s xi. Congerant excedentes numeraro opes, quota tamen portio erant Ptolemaei f quem Varro tradit, Pompejo res gerente circa Judaeam, octona millia equitum sua pecunia tolera?isse : mille convivas, totidem aureis poto riis, rantantem vasa cam ferculis, saginasse. Quota vero ille ipse ( neque enim de regibus loquor ) portio fuit Pythii Bithyni, qui platanum aoream, vitemque nobilem illam Dario regi donavit: Xerxis cupias, hoc est, septies centena l x x x v u i millia hominum excepit epulo, stipendium quinquemensium frumentamque pollicitus, ut e quin que liberis in delecta senectuti auae onus saltem concederetur. Hunc quoque ipsam aliquis com* paret Croeso regi. Quae ( malam ) amentia est, id in vita cupere, quod aut etiam servis contige rit, aut ne in regibus qaidem invenerit finem !

Censorino, a' ventisette d Gennaio, Caio GeriEo Claudio Isidoro disse nel testamento, che, ben ch egli avesse perduto molte cose nella gaerra civile, laaciava nondimeno quattromila cento ae* dici servi, tre mila seicento paia di baoi, e dal tro bestiame dagento.cinquantasette mila, e ses santa milioni di sestenii io contanti. Volle che nel suo mortorio si pendesse un milione e cen to mila sesterzi!. Ma per quanto si mettano insie me innumerabili ricchezze, nondimeno ehe por* zione saranno di quelle di Tolomeo? il qnal, come dice Varrone, quando Pompeo gaerreggiava in Giudea, manteneva a sue spese otto mila ca valli, e fece un convito a mille persone con altret tante coppe d 'oro, mutando i vasi con le lor vivande. Ma per noo parlare di re, cbe parte sono ancora queste ricchezze con 1' avere di Pizio di Bitiaia, il quale don a Dario nn platano d'oro, quella tanto famosa vite, e diede mangiare a tutto 1' esercito di Serse, il quale era settecento ottan totto mila persone, assicurando loro la paga e fl grano di ciuque mesi, acciocch di cinque suoi figliuoli gliene fosse conceduto almeno ano nella sua vecchiezza ? E cbe sarebbe, se noi ora facessi mo paragone di costui col re Creso ? Cbe pazzia in malora la nostra, desiderare in vita quello ehe ancora i servi hanno avuto, o che neppnr nei re ha avuto fioe.
Q gabdo la pr im a v o l ta il p o p o l o R omaho GETT DANARI.

Q uando p r ih c m

po p u l o s

R omanus stipk m

SPARSERIT.

XLVII1. Populos Romanus stipem spargere coepi t, Sp. Postumio, Q. Marcio cos. Tanta abun dantia pecuniae erat, ut eam conferret L. Scipio ni, ex qua is ludos fecit. Nam quod Agrippae Menenio sextantes aeris in funus contulit,honoris id necessitatisqae propter paupertatem Agrippae, non largitionis esse dixerim.

XLV11I. 11 popol Romano cominci a gettar danari, essendo consoli Spurio Postomio e Quin to Marcio, ed avea tanta dovizia di essi, che ne diede a Lucio Scipione, perch oe tacesse spetta colo. Non dico nulla al presente de' danari dati ad Agrippa Menenio nelle esequie, perch ci fa per onore e necessit, e non per dono, per la povert di Agrippa. Dbl
lusso

Db

l u x u r i a m v a s is a r o b k te i .

ut

v a s i d 'a r o b m t o .

XLIX. 11. Vasa ex argento mira inconstantia [ humani ingenii variat,nnllum genus officinae diu probando, nunc firraiana, nane clodiana, nunc gratiana : etenim tabernas mensis adoptavimus : nunc anaglypla, in asperitalemque excisa, circa linearum picturas quaerimus. Jam vero et mensas repositoriis imponimus, et ad sustinenda obsonia iulerradimus latera : et interest, qaam plurimum lima perdiderit. Vasa coquinaria ex argento Cal vus orator fieri qairitat : at nos carracas ex ar gento caelare invenimus : nostraque aetate Pop paea coujax Nermais principi delicatioribus ju mentis suis soleas ex aaro qaoqae iaduere.

XLIX. 11. La meravigliosa leggerezza degli umani ingegni varia i vasi d' argento, non ap provando alcuna sorte di officina lungo tempo. Perch ora vogliamo i firraiani, ora i dodiaai, ora i graziani, tanto che abbiamo introdotte boiteghe cbe fabbricano mense : ora vogliaso le mense a bassirilieti e rendale aspre per coltu re che circondano i dipinti. E gi riponiamo le mense intere sulle credenze, e oe radiamo i lati a sostenere i cibi, e importa quanto se ne sia perduto per la lima. Calvo oralor si dnole cbe i vasi di cucina si facessero d'argento. Ma noi abbiamo trovato di scolpire le carrozze d argeoto i e a tempi nostri, Poppea moglie di Nerone

093

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXXIII.

imperadore faceta fare i ferri d' oro l piedi ai suoi pi favoriti cavalli.
F r d o a u t a t u a b t iq c a b u
argbbto i u i p u

<

E i e m p ii d b l l a f r u g a l it a s t ic a r is p b Tt o a l l ' a r g u it o .

L. Libra xxxn argenti Africanos seqaens heredi reliquit, ldemque qaam de Poenis trium pharet, qoalaor millia c o c l x x x pondo Ir ansi alit. Hoc argenti loia Carthago habait, illa terraram aemula, qaot mensarum postea apparatu victa? Nama alia quidem deleta, idem Africanas in tri u m p h o militibus x v i i dedit. O viros illo imperi* lore dignos, qaibas hoc sati fuit ! Frater ejos Allobrogicus primus omnium pondo mille habuit. Al Lifia Druu in tribunatu plebi, x. Nam propter qainqae pondo notatum a censoribus triumphalem senem, fabulosum jam videtur. Item Catam Aelium, qaum legati Aetolorum in conso lata prandentem in fictilibus adissent, missa ab his vasa argentea non accepisse, neqae aliud habuisse argenti ad supremum vitae diem, quam dao pocula, quae L. Paulus socer ei ob virtutem, devicto Perseo rege, dooasset. Invenimus legatos Carthaginiensium dixisse nullos hominam inter sese benignius vivere, quam Romanos. Eodem enim argento apud omnes coenitavisse ipo. At hercales Pompejam Pulinum Arelatensi equilis Romani filium, paternaque gente pellitum, quod x ii pondo argenti habuisset apad exercitum, fero cissimi gentibus oppositam scimas.

L. L 'Africano minore test trentadae libbre d 'argento ; e quando trionf de' Cartaginesi, ne pose nell'erario quattro mila trecento ottanta. Questo fu tatto l ' argento che aveva Cartagine, quell' emula di tutto il mondo : eppure quanto di pi non se ne impiega ora in un apparato di tavola ! Avendo poi il medesimo Africano vinta e pianata Nu marni a, nel sao trionfo dispens ciascun soldato selle denari. O uomini veramente degni di quel capitano, i quali di si poca cosa furon coalenti ! Lo Allobrogico suo fratello fa il primo, che n'ebbe mille libbre. Livio Droso essendo tribuno della plebe n' ebbe dieci mila. E gi oggi tenuto per favola, che un vecchio che aveva trionfalo, fosse condannato da'censori, perch ne avea cinque libbre ; ed altres che Cato Elio, avendolo trovato gli amhasciadori degli Etoli, nel suo consolato, eh egli mangiava in vasi di terra, non accettaste i vasi d'argento, che erano stali mandati da loro ; n in lutto il tempo di sua vita avesse altro argento, che due tazze, le quali Lucio Paolo suo suocero gli don per la sua virt nella guerra di Macedonia. Troviamo che gli ambasciadori de' Cartaginesi ebbero a dire, come nessuna sorte d 'uomini tra loro vi veva con pi benignit che i Roman*, perch coi medesimi vasi d 'argento avevano cenalo con tatti. Certo che Pompeo Paolino figliuolo d ' un cava liere d'Arli, cacciato fuor della patria, perch nell esercito aveva dodici libbre d 'argento, fa messo incontro a ferocissime genti.
Q u a b d o s i c o m in c i f o r b i r e l b l e t t a

Q o a i d o pa im v m l ic t is m d i s t d m a d d it u m .

eoa LI. Lectos vero mulierum jam pridem totos operiri argento, et triclinia qnaedam quibas argentam addidisse primos traditur Carvilius Pollio, eques Romanus, non ut operiret, aut Deliaca specie faceret, sed Punicana. Uem et aureos fecit. Nec multo post argentei Deliacos imitali sont. Qaae omnia expiavit bellum civile Sullanam. Q DANDO
LA (ICES IMMODICAS FACTAB, PBIMCM TTMPAHA PACTA.

a r g s b t o ._

LI. Veggiamo ancoracerti letti di donne tatti coperti d 'argento, e cos ancora alcuni triclinii, ne' quali Carvilio Pollione cavalier Romano fu il primo che ponesse argento, non perch fossero di opera, o di forma Deliaca, ma s di Punica. Il medesimo ne fece d'oro. Poco dipoi quelli di argento imitarono i Deliaci, le quali tutte cose purg la guerra civile di Siila.
Q cardo p u a o a p a t t i so ntuosissim i bacim i. Q uando t ih p a h i d ' abg - b t o . b

QAD. OHO

L II. Paullo enim ante haec facta sunt, lancesqae e centenis libris argenti, quas tunc super quingentas numero Romae fuisse constat, mul*

Lll. Poco innanzi alle dette cose furono fatti i piattelli o bacini di cento libbre d'argento, de'qual erano allora in Roma pi di cinquecento;

1099

G F U M I SECONDI

1100

tosque b ea* pro*eriptos, dolo oaooupisoaotium. Erubeseanl^iiuales, qui bellum civile illud taliboi vili imputavere. Noitra aetas fortior fuit : Claudii prioaipatu aervua ejui Drusillanus no* miue Rotundus, dispeosator Hispaniae Citerioris, quingenariam lancem habuit, cui fabricandae officina prius exaedificata fuerat: et comites ejus, ocio oeccL librarum : quaeso, ut quam multi eas conservi ejus inferrent, aut quibus eoenaulibus ? Cornelius Nepos tradit aute Sulla4 victoriam duo tantum triclinia Romae fuisse argentea. Reposi toriis argentum addi sua memoria coeptum, Fe nestella, qui obiit novissimo Tiberii Caesaris priucipatu. Sed et testudinea tum in usura ve nisse. Anle se autem panilo, lignea, rotunda, solida : nec mullo majora, quam mensas fuisse. Se quidem puero, quadrata at compacta, aut acere operta, aut citro coepisse. Mox additum argentum in angulis, lineasque per commissuras. Tympana vero se juvene appellala stateras, et lances, quas antiqui magidas appdlaverant.

molti furono IW rnbetli per inganno di coloro tti che se ne volevaoo impadronire. Vergognasi le istorie, le qoali imputauo la goerra civile a questi visil. La mostra e t tata pi fotta : natT impe rio di Claudio, il soo servo Drosillaoo di nome Rotondo, cassiere della Spagoa Citeriore, ebbe an bacino di cinquanta libbre, e per lavorarlo biso gn far prima l officina ; e i compagai suoi ae avevano otto che pesavano ottocento cinquanta libbre. E perch queslo, se bisognava che molti loro conservi gli portassero nel convito, o che fossero in gran nomero i convitali ? Scrive Cor nelio Nipote, che innanzi alla vittoria di SiHa erano in Roma solamente due credenze d* argen to. Feuestella, che mori gli ultimi auai dell'im pero di Tiberio, dice che a soo teoipo s'usi metter* l 'argento nelle credenze, e che ne venne I' o*o anche delle credenze intarsiate di festeg gine. Ma poco inoanzi a si dice che erano di legno tondo e sodo, e che non erano molto mag giori che le mense ; e che essendo egli laoriaUo s ' incominciarono a far qoadrate e com m esse, coperte di legno di acero, o di cedro. Fu 4ipoi aggiunto lo argento oegli aogoli e linee per le commissore. Essendo lui giovane si chiamavano timpani qnei vasi, che gli antichi domandarono magide.
STXAOaaBDB SOMMA D 'AAGBXTO.

IMMODICA ABOCMTl FECCRM.

LIII. Nec copia tantum argenti furit vita, sed validius paene manipretiis : idque jam pridem, ut ignoscamus nobis. Delphinos quinis millibus se stertium in libras emplos C. Gracchus habuit. Lucius vero Crassus orator duos scyphos Mento ris artificis mano caelatos sestertiis c. Confessos tamen est, numquam se his uti propter verecun diam ausuro. Coo*tat eurodem sestertium vi mil libus io singulas libras vasa empta habuisse. Asia primum devicta luxuriam misit in Italiam. Siqui dem Lucius Scipio transtulit iu triumpho argenti cadali pondo m c c c c l. Et vasorom aureorum pon do m >anno conditae Urbis quiogeutesiroo sexa gesimo quinto. Eadem Asia domita multo etiam gravios adflixit mores, iuutiliorque victoria illa hereditas Attalo rege mortuo fuit. Tum enim haec emeudi Romae in auctionibus regiis vere condia exempta est, Urbis aono sexcentesimo vi cesimo secundo, mediis quinquaginta septem an nis erudila civitate amare eiiam,non solum admi rari, opulentiam externam: immenso et Achaicae victoriae monetilo ad impellendos mores, quae et ipsa hoc intervallo, anuo Urbis sexcentesimo clavo parta, signa et tabulas picta invexit, ne qoid deesset: parilerque luxuria nata est, et Carthago soblala: ita congro eu li bos latis, ut

LUI. N folleggi solamente per copia < ar T gento la vita, ma pi per l ' artificio, e queslo gi di gran tempo; il che giustifica i tempr nostri. C. Gracco ebbe uua specie di vasi detti delfini, eh' egli comper cinque mila sesterzii la libbra. L. Crasso oratore comper due lazze scolpite di mauo di Mentore artefice, cento sesterzii. Nondi meno confess di non avere mai avolo ardire di usargli, per vergogna. Troovasi ancora che il medesimo ebbe vasi, i quali egli comper sci mila sesterzii la libbra. L 'Asia la prima volta cbe fa vinta mand le pompe e la morbidezza ia Italia ; perch L. Scipione uel soo trionfo port mille quattrocento cinquanta libbre d' argento lavo rato, e mille cinquecento libbre di vasi d* oro, l'auno cinquecensessantesimo quinto dopo b edi ficazione di Roma. La medesima Asia domata molto pi gravemente ancora afflisse i costoau, e pi imitile fu di quella villoria l'ered iti dal re Alialo lasciala. Perch allora a Roma si perd ogni vergogna del comperare negl' incanti cbe si facevano di quella eredit. Questo fu l'anno seicento veutidue della edificazione di Roma, gi per ispazio di cioquaolaselle anni, essendo am maestrata la citt oon solamente avere ia mara viglia le ricchezza degli stranieri, ma amai le

T IOf

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXXIII.

nos

liberet ampleotl Ttli,(t Kceret. Petiere et dignalioDem hinc aliqui veterum. C. Martia* poft vi ctoriam Cimbricam cantharis potane Liberi patria exemplo traditor, illa arator Arpinas, el manipo lane imperator.

ancora. Fn di grandissima importante anoora a ruinar i buoni costami U vittoria dall1Acaia, U quale anco essa in queslo termine Panno seicento otto della edifieaxione di Roma, condusse in Italia le statue acquistate, e le tavole dipinte, acciocch non mancasse nulla ; e a on tratto nacque la lassarla, e Cartagioe venne meno, accordandosi cosi i fati, che piacesse e fosse lecito abbraccUre i visii. Di qoi alconi degli aotichi accattarono onore e dignit, come fa G. Mario, il qaale dopo U vittoria che egli ebbe eontra i Cimbri, eomin* d a bere eo* barletti per imitare Bacco ; e questo fa qaello aratore d1Arpino, il quale di vilissimo soldato era divenuto capitan generale d* esercIh
D i l l i s t a t u s n* a m b i t o .

Da STATUII AASXVtt. L 1V. is. Argenti D ia m io slatoas primam divi Aogusli in adulatione lemporom transisse, Calao existimatur. Jam enim triumpho Magoi F o a p q i reperimos translatam Pharnacis, qoi primos regnavit iu Ponto, argenteam statuam : ilem Mithridatis Eu patoris, et curras aureos argeoteoaque. Argentum succedit aliquando et auro, luxo feminarum plebis compedes sibi ex eo fa cientium, quas induere aureas mos tritior vetat. Vidimus et ipsi Arellium Fuscum (motum eque stri ordine, ob insignem calumniam, qaam cele britate adseotarentor adolescentium scholae) ex argento annulos habentem. Et quid haee atliuet colligere, quam capuli militom,ebore etiam fasti dito, cadentur argento, vaginae catillis, baltei laminis crepitent? Jam vero paedagogia ad tran situm virilitatis custodiantur argento : faminae Uventor, et, nisi argentea, solia fastidiant: eademque materia et cibis, et probris serviat. Videret haec Fabricius, et stratas argento mulierum bali neas, ita ot vestigio locos non sit, cnm viris la vantium : Fabricios,ioquam, qui bellicosos impe ratores pios quam pateram et salinam ex argento habere vetabat. Videret hinc dona fortium fieri, aut in haec frangi. Qea mores! Fabricii nos pudet.

LIV. i l Coloro sono In errore, ehe dicono che leprime statae d argento fossero fatte In onore delP imperadore Angusto per l adulazione che regnava in qoei tempi. Perciocch nel trionfo di Pompeo Magno si truova che fu portata h statua dargento di Farnace, il quale fu il primo re di Pooto, e quella di Mitridate Eupatore, e carri d* oro e d 'argento. Saccede aleuna volta l'argento all'oro per la pompa delle donne plebee, le qoali fanno a* piedi vezti d1argento, i quali un* usanza pi severa non comporta oggi che si farcito d'oro. Noi abbiamo veduto ancora Arellio Fusco (levalo dell* ordine de'cavalieri per nna notabile calunnia, essendo nella celebriti delle scuole corteggiato da* giovani) portava l anella d argento. Ma a che proposito raccontare queste aose, poich i manichi dalle spade de* soldati, essendo venato V avorio a noia, si lavorano d* ar gento ; e le vsgine e le cinture risonano per IO campanelle, e le piastre d* argento ? Ma si serrino eon argento le camere de* fandulli prossimi a vi rilit e custoditi dal pedante ; e le donue si lavino in argento, n piaccia loro se non sedia inargen tata ; e la medesima materia serva alle vivande e alle cose sporche. Se Fabrizio vedesse ora queste cose, e i bagni delle donne, quando elle si lavano con gli nomini, Ustricati d'argento, di maniera che non v* dove mettere i piedi ; Fabrizio, dico, il quale non voleva che i capitani valentissimi avessero pi che nna tassa e una saliera d* ar gento ; e se vedesse di qui farsi i doni degli uo mini valorosi, o rompersi per far queste cose; o costumi corrotti ! noi d vergogneremmo innanzi a Fabrizio.

C. PU N ll 9E0UNDI N o m t i f on&im, bt A tn ria m is t t a m


D e l l a b c c b l u h ia d i m o l t e o m u k a t
a it e v ic i ir

A aoem o.

LV. Miram in aro caelando inclaruisse n emi ne ot, argento multos. Maxime tamen laudatas est Bfentor, de qao sapra diximus. Quatuor paria ab eo omnino facta aunt ; ac jam nullum exstare di* eitur, Ephesiae Dianae templi, aut Capitolini io* ceodiis. Varro et aereum signum ejas habuisse scripsit. Proximi ab eo in admiratione Acragas, et Boethus, et Mjrs fuere. Exstant hodie oinium opera in insula Rhodiorum: BoElhi apud Lindiam Minervam: Acragantis in templo Litoti patris in ipsa Rhodo, Bacchae Centauriqoe caelati in scyphis : Myos in eadem aede, et Silenus, et Cupidines. Acragantis et venatus in scyphis ma gna fama. Post hos oelebratus est Calamis et An tipater, quique Satyrnm in phiala gravatum somno collocavisse verius, quam caelasse dictus est, Stratonfcus. Mox Cyzicenus Tanriscus. Item Ariston et Ennicus Mitylenaei laudantur, et Hecataeos : et circa Magni Pompeji aetatem Praxiteles, Posi donius Ephesius, Laedas Stratiates, qui proelia rmatosque caelavit: Zopyrus, qui Areopagilas, et judicium Orestis, in duobus scyphis h - 1 xu aestimatis. Fuit dein Pytheas, cujus dune unciae X venierant. Ulysses et Diomedes erant in phialae emblemate, Palladiam subripientes. Fecit idem et cocos magiriscia appellatos, parvulis potoriis, aed e quibus ne exempla quidem liceret expri mere, tam opportune injuriae subtilitas erat; Ha buit et Teucer crustarius famam. Subitoque ars haec ita exolevit, ut sola jam vetustate censeatur, usque adeo adtritis caelaturis, ne figura discerni possit, auctoritas constet. Argentum medicatis equis inficitor, atqne etiam addato salso, sicut in mediterraneis Hispaniae.

LV. maraviglia, come nel lavorare l'oro non ci sia stata persona eccellente, e molti aell ' argento. Ma nondimeno molto stalo lodato Mentore, di cui abbiamo parlato di sopra. Dice* che egli fece in tuttoquattro cose pari : ora non n' pi in essere niuna. Il tempio di Diana Efesia in terra, il tempio Capitoli no arso. Scrve Varrone ch'egli ebbe una statua di bromo di suo. Dopo lui furono in riputazione Acragante, e Boeto, e Mio. Oggi sono opere di lutti costoro odl ' isola di Rodi : Hi Boeto appresso Minerva Liadia, d'Acragante nel tempio di Bacco in Rodi; una Baccante e un Centauro* scolpiti in tazze; e nel medesimo tmpio un Sileno e no Cupidine di mano di Mio. Ebbe gran fama ancorarla caccia d'Acragante scolpita nelle lazze. Dopo qeesli furono celebrati Calamia e Antipatro, e fratoni* co, il quale veramente piuttosto ai pu dire che mettesse in ona guastada un satiro sonnacchioso, che non ch'esso lo scolpisse. Dipoi son lodati Taerisco Ciziceno, e Aristone ed Eunico, amendoeda Metelino, ed Eeateo, e intorno al tempo di Pom peo Magno Prassitele, Posidonio da Efeso, e Ledo Straziate, il quale scolp battaglie, e nomini ar mati: Zopiro, il quale scolp gli Areopagiti, e il giudicio d* Oreste in due tazze, le qaali furono stimate dodici sesterzii. Fu dipoi Pitea, di cai due oncie si venderono dieci. Erano Ulisse e Dio mede acolpiti in uno smalto di coppa, i quali ru bavano il Palladio. Costui medesimo fece in piccoli vasi da bere i cuochi chiamali magi risei, ma dei quali impossibile sarebbe stato esprimere esempi!, tanto erano sottili,e perci agevoli a essere guasti. Teucro crustario anch' egli ebbe fama, ma le sue opere in dn sabito talmente vennero meno, dia oggi non stimato per altro, che per l ' antichit sua ; e le figure sono in tal guisa consumate, che a fatica si possono discernere ; e solo la riputazione ne dura. L'argento si tigne con acque artifidate, e ancora con {spruzzarlo d'acqua salsa, come s'un ne' paesi fra terra in Ispagna. Del s i l b ,
b d b ' p b im i c h b f i n s e r o c o m B IH CHB MODO.

Db s i l b ,

b t q u i n u m i s ile f ir x b b ib t, e t q c a BATIOBB.

asso,

LVI. In argenti, -et auri metallis nascnntnr etiamnum pigmenta, sil et caeruleum. Sil proprie limos est. Optimum ex eo quod Atticom vocatur. Pretium in pondo libras, x n. Proximum raarmorosam, dimidio Attici pretio. Tertium genus est pressum, qaod alii syricum vocant ex insula Syro. Jam quidem et ex Achaja, quod utuntor ad

LVI. Nelle cave dell' oro e dell' argento na scono ancora colori, cio il giallo e il verde. Il giallo propriamente belletta. 11 migliore d 'esso quello che si chiama Ateniese. 11 prezzo sao due denari la libbra. II prossimo il marmoroso, cbe vale la met manco. La terza specie il presso, il quale alcuni chiamano sirico dell' isola di Sira.

H T & iitiimnm ut. mm. K Q iA


pieturae^mbi al. PreliMn ia Ubrn, n-t bini. D poodiis vere delraetis, quod lucidam vonol, c fiilE i Tcokaii hoc M km el Attico ad lamie* utuntur : d abaco, non Disi marmoro,<qaoni<a marmor in eo rsislit amariladini calci*. Eifodlu r el ad xx ab Urbe lapide, ia montibu. Pc?tea aritur, pressum appellantibus qoi adulterini. Scd esse falsum exostumque emarilodine apparet, et quoniam resolaCun in pai veeeii* est. Sile pinge re instituere primi Polygnotus et Micon, Attico dumtaxat. Hoc secuta aetas d lumiua asa est: ad ambra autem Syrice et Lydio. Ljdiom Sardibu emebatur, quod aunc omittant.

i loG

Ge aaeora d* Aehaia, Uqaale oui alt ombre deMa pittura : vale dae eSterxii la libbra. Vale d a e assi m e n o qaello che si chiama lucido, che Vrene d i Frauda. QueV 4 i' Ateolese s'usa a dare P i lumi. Alle tavole oon aano se non il marmorovo, perciocch ia esso il marmo tesiate alla amaritudine della calcina. Traodasi incora ofli monti vanti miglia discosto da Roma. Dipoi s ab* brucia, e quei* che lo falsificane, lo ehimano presso. Ma ben l'amaritudine sua fa conoscere che egli falso e abbrneiato, e perch risoluto in polvere. 1 primi che usarono a dipingere col sile, furono Poiignoto e Micone, ma solamente cou f Ateniese. L et che segu dopo 1' us a dare t lumi; e a dare P ombre, il Sirico e il Lidio. 11 Lidio si comperava a Sardi, ma al presente stato dismesso. Dbl c e r u l e o . LVII. i 3. 11 ceruleo arena. Di questo anti camente furono tre pecie : l ' Egizio, molto lo dalo : lo Scitico, che facilmente si disf, e qoando si pesta, si mata in quattro colori, in pi bianco, o pi nero. 11 Ciprio ai melle ancora innanzi a questo. Aggiugnesi a questi quel da Pozzuolo, e lo Spagnuolo, essendosi cominciata a far quivi P arena. Tingesi tutto, e caocesi nella sua erba, e bee il sugo. 11 resto si fa nel medesimo modo che la crisocolla. Del ceruleo si fa quello che si chiama lomento, e questo si fa pestando, o lavan do, ed pi candido che il ceruleo. 1 prezzo suo 1 dieci denari la libbra, del ceruleo otto. Usanlo in terra creta, perch non sopporta la calcina. Nuo vamente venuto in uso il Vestoriano, cos chia mato dall* autore. Fassi della pf leggeri parte dell' Egizio : il prezzo suo quaranta denari la libbra. A quel medesimo s 'adopera il Pozzolano, fuorch alle finestre. E chiamato ciano. Non inolio tempo, che s ' cominciato a condurre l'in diano, il qual vale otto deoari la libbra. Usasi nella pittura alle incisure, cio all' ombre che si dividono col lume. V' nna vilissima specie di lomento, che alcuni chiamano trito, il quale stimato cinque assi la libbra. La prova che il ceruleo sia puro e vero, , che mettendolo sui carboni, soffi : il falso si fa cuocendo viola ecce nellacqua, e dipoi premendo il sugo in pannolino in creta Eretria.
M e d ic i che
si

Db c u o l e o . LVII. >3 . Caeruleam arena est. Hojos genera tria fuere antiquitus: Aegyptium, quod maxime probatur. Scythicam, hoc diluitur facile : quam* q*ie teritur, in i t colores mutatur, candidiorem nigriorem ve.Praefertaf hniceliam num Cyprium. Accessit his Puteolanum et Hispaniense, arena ibi coufici coepta. Tingitur autem omne, et in saa coquitur herba, bibilqae saccaro. Reliqua confectura eadem qaae chysocollae. Ex caeruleo fit, qaod vocatur lomentum: perficitur id lavan do lereodove : hoc est caeruleo candidius. Pretia ejus, x x in libras : caerulei, x vili. Usus in creta, calcis impatiens. Nuper acce*sit el Vestorianum ab auctore appellatam. Fit ex Aegyptii levissima parte : pretium ejus, x xi in libras. Idem et Pu t e o l a n i asus, praeterque ad fenestras: vocant cyanon. Non pridem adportari el ludicum esi coepiam, cujus pretium x vm in libras. Ratio in pictura ad incisuras, hoc est, umbras divideudas ab lumine. Est et vilissimum genus lomenti, qui* dam tritum vocant, quinis assibus aestimatum. Caerulei sinceri experimentum in carboue ui fla g ret : fraus, viola arida decocta iu aqua, succoq u e per linteam expresso in cretam Eretriam.

M b DICIRIE BX CAERDLBO.

babbo d b l c e r c l r o .

LV 111. Vi ejos in medicina, nt purget ulcera. I ta q u e el emplastri adjiciunt : item causlicis. T e r i t u r autem difficillime sil. In medendo leviter m o r d e t , adsiriogitque, et explet ulcera. Urilur

LV11I. La virt del ceruleo nelle medicine di purgare le ulcere; e perci si mette negli empiaslri, e ne1rolorii ancora. Il sile, cio il giallo, difficilmente si pesi*. Nel medicare leggermente

iio 7

C. P U M I SECONDI HISTOR. BIONDI U fi. XXXIII. morde, rislrigne, e risalda gli ulceri. Abbrucila in vasi di terra, acciocch giovi. I pregi delie eo*e che qua e l abbiamo posti, sappiamo beoe che sono diversi secondo i luoghi, che si ontano quasi ogni anno, secondo ehe si fanno i viaggi per mare, o secondo che ciascuno ha mercatalo, o tt alcun forte appaltatore rincar il p re z z o devi veri ; non mi scordando coin Demetrio fu acca salo al consolo da tutta la universit de* mercanti de' colori e delle drogherie nel principato di Ne rone. Nondimeno fu necessario porsi que' pregi, che il pi delle volte erano a Roma, acciocch si esprimesse P autorit delle cose.

in fictilibus, ut prosit. Preti* rerum, quae otqoara posuimas, non ignoramas li* ia aliis loci* esse, et omnibus paene anni* matari, proni navigatio nes constiterint, aut ot quisque mercatas sit, aut aliquis praevalens manceps annonam flagellet: non obliti Demetrium a tota seplasia Neronis principatu accusatum apud consules: poni tamen aecessarium fuit, quae plerumque erant Romae, at exprimeretur auctoritas rerum.

C. PLIM SECUNDI

HISTORIARUM MUNDI
LIBER XXXIV
A B R I S M E T A L L A

---- ----------------------------

A U U MATALLA.

D llU

OATS DAL I i .

1. 1. X roxima dicantar aeri metalla, coi et io <uo proximam et pretium, immo vero ante argentum, ac paene etiam ante aurum, Corinthio. Stipis quoque auctoritas, ut diximus. Hinc aera militum : tribuni aerarii, et aerarium, obaerati, et aere diruti. Docuimus quamdiu populus Ro manus aere tantum signato usus siU Sed et alia vetustas aequalem Urbi auctoritatem ejas deci* rat, a rege Numa collegio tertio aerariorum fa bram institelo.

1 .1. U r i ragioneremo delle miniere del rame,e il pregio del Corintio, eh' prossimo a questo nell uso, e che anzi va innanzi all' argento, e quasi ancora innanzi all oro. In questo, come abbiam detto, sta l ' ao lori l della moneta, detta stipe. Di qui han nome le pecunie dei soldati, e i tribuni erarii, e lo erario, e gli oberali, e i privi di paga per cagion d 'ignominia. Noi abbiamo dimostro quaolo lougo tempo il popolo Romano usasse solo moneta di rame. Ma l'antichit fa vedere altres che l ' autorit di qaeito metallo fa contemporanea alla citt, avendo il re Nama or dinato il terzo collegio de'fabbri di rami.
S p b c ib d b l u m l

Gm u

ABRIS.

La vena si cava in qael modo ch' i detto, II. Vena quo dictam est modo effoditur, igni- II. e fassi perfetta col fuoeo. Fatti anco della pietra que perficitur. Fit et e lapide aeroso, quem vo cant cadmiam. Celebritas in Asia, et quondam piena di rame che ai chiama cadmia, celebrato in Asia, e gi in Terra di Lavoro, ora nel contado in Campania, nunc in Bergomatiam agro, extre di Bergjuno, ai confini d'Italia. Dicono che da ma parte Italiae. Ferantque nuper etiam in Ger poco tempo in qua se n' trovato in mania provincia repertum. Fassi ancora d un' altra pietra, la quale ai a. Fit et ex alio lapide quem chalciten voeant a. in Cypro, afai priaia foit aeris inventio : mox chiama calcite in Cipri, dove prima si trov il vilitas praecipua, reperto in aliis terris praestas- rame, Venne poi in pochissima stima, per esmrne

in i

C. PLINII SECUNDI

11 i a

tiore, maxime aurichalco* qood praecipoam boT nilatem adrairalionemque dia obtinnit. Neo re* peritor longo jam tempore, effeta tellure. Pro ximum bonitate fuit Sallustianam io Centronum alpino tracta, non longi et ipsum aevi. Successitquc ei I^iviaoom in Gallia. Ulrumque metallo rum domini appellatum : illud b- amico divi Augusti, hoc a conjuge, velocis defectus. Livia num quoque certe admodum exiguum invenitur. Summa gloria nunc iu Marianum conversa, quod et Cordubense dicitur. Hoc a Liviano cadmiata maxime sorbet, et aorichalci bonitatem imitatur in sestertiis dupondiariisqoe, Cyprio suo assibus cooteotis. Et hactenas nobilitas in aere naturalis se habet.

trovato del migliore in altri paesi, e massima mente l ' oricalco, il quale per la sua singclar bont stato loogo tempo assai stimato. Ma di molto tempo che oon se ne truova pi, e pare che la terra si sia rimata di partorirne. Prossimo a qusto per bont fu il Ssllustiino trovato nelle Alpi de' Centroni ; ma n ancb* esso dar luo go tempo. A questo successe il Liviano in Gallia : l ' uno e l altro prese il nome da* signori delle cave, cio quello da Sallustio favorito d' Augoslo, e questo da Livia sua moglie, ma manc tosto. Del Liviano certamente oggi se ne truova mollo poco. Tutta la gloria ora si rivolta al Mariaoo, il qual si, chiama, aneora Cordovese. Qaesto dopo il Liviaao succia mollo la cadmia,e imita la boot dell* oricalco ne1sesterzii e oe dipondiarii, men tre gli assi stanno cooleati del loro Cipriotto. In questa forma sta la bont del rame naturale.
D b l C o r in t io .

uab

C o r in t h ia .

L1altre specie si formano per arii6cio: 111. Reliqua geoera artifcio constaut, quae III. suis locis reddentur, summa claritate ante omni noi ne ragioneremo a soo loogo, e primamen indicata.Quondam aes confusuro auro argenloque te ne sporremo la celebrit. Gi si soleva me miscebatur, et tameu ars pretiosior erat: nunc scolare il rame confusamente con Toro e con incertum est pejor haec sit, an materia. Mirura- l argento, e pi preziosa era P a rte ; ma al que, quum ad infinitum operum pretia creverint, preseole non si sa certo qual sia peggiore, o lar auctoritas artis extincta est. Quaestus causa enim, te, o la materia. Ed maraviglia, che, bench i pregi di queste cose sieno cresciuti in io fi ut omnia, exerceri coepla esi, quae gloriae sole bat. Ideo etiam 'deorum adseripta1operi, quum ni lo, nondimenoT autorit dell'arte spenta. proceres gentinm claritatem et hac via quaere Ma la cagione di ci , perch (come latte le cose) rent: adeoque exolevit fundendi aeris pretiosi s incominciato a far per guadagno, dove prima ratio, ut j'amdiu ne fortuna quidem in aere )tis si soleva fare per gloria. E perci rao to ril d quest'arte stata attribuita agli dei, pereh gli artis habeat. uomioi eccedenti cercarono fama per quest* via; e s ' talmente dismesso il modo di fondere me tallo prezioso, che lungo tempo n anco la Cor tona non ba arbitrio d'arte nel rame. Ma in quell' antica gloria il Corintio molto Ex illa aotem antiqua gloria Corinthium roalime laudatur: hoc casas tniscalt, Corinlho, lodato. Questa mistura Ai fatta a caso e per fortana, quando quella citt arse; Ed maraviglia, qaam caperetur, iocensa : mireqoe circa id mul torum adfeciatio foit : quippe quum tradatur, quanto sia desiderato da molti ; perciocch dico non alia de causa Verrem, quem Cicero damna no che per nessuna altra cagione da M. Antonio verat, proscriptum esse ab Antonio, qoam quod fu proscritto Verre, gi da Cicerone condannalo, Corinthiis se ei cessurum negavisset. At mihi se oon perch egli aveva avuto a dire che noo major pars eorum simulare eam scieuliatn vide gli oederebbe ne vasi Corintii. Ma a me pare tor, ad segtegandos se a ceteris ihagis, quam in- che la maggior parte di eoctora simuli di sapere telligere aliquid ibi subtilius : el huc paucis do questa scieuza per voler separare s dagli altri, cebo. Corinthus capta est olympiadls cLvni anno pi che per iotendere quivi pi sottilmente alcu tertio, nostrae Urbis ocvm: quam ante saecala na cosa { e questo mostrer io in poebe parole. fictores nobiles esse desissent, qaorom iste omnia Fu preso Corinto il terso anno dell' olimpiade tigna hodie Corinthia appellant. Quapropter ad centocinquantotto, e della edificazione di Roma eoarguendos eos ponemos artificum aetates. Nam seicento otto, qoando gi ma secolo immori enne Urbis noslraeannos ex supradicta comparatione mancati i nobili maestri, le coi opere oggi pet olyropiadam colligere facile erit: Suot ergo vasa tatti si chiamano Corntie. Onde per riprovare tantam Corinthia, qaae isti elegantiores modo costoro, io descriver T eli degli artefici. Perdo* in esculenta tranferunt> modo in lucernas, aot ch faci! cosa sar fare il conto'degli anni della

i i 3 |

HISTORI AROM MONDI LIB. XXXIV. oitl nostra con le olimpiadi. Sono adunque vasi Coriotii solamente quegl, i quali questi nostri eleganti e delicati al presente scolpendo il rame trasferiscono quando in vasi da mangiare, quando iu lacerne, o in vasi da scaricare il soverchio peso del ventre. Questo rame di tre sorti: b ian co , il quale rilace quasi come P argento, e perci fa tenuto migliore in lai mistura. La seconda specie gialla d oro. La tersa ha dell uno e dell' allro metallo agguagliatamene. Oltra queste specie ce ,n' un' altra, di cui noo si pu rendere ragione ; e bench fatta per mano di nomo la Fortuna abbia dato un certo temperamento alla soa sta tua e all* altre figure, preziqso pel suo colore, il quale pende in quello del fegato, e per questo 10 chiamano epatizon, per lontano del Corintio : va lutt'ora molto innanzi quello delP isole di Egina e di Deio, i quali lungo tempo tennero il primo Inogo. D el
D e l ia c o ,

trulleo;, nullo munditiarum despectu. Ejus Irle geoera : candidum,argento oilore qoam proxime accedens, in qao illa mixtura praevaluit: alteram, in quo suri fulva .natura : tertium ia quo aequa lis omnium temperies fuit. Praeter haeo est, cu jus ratio non potest reddi, quamquam hominis roana facta dederit Fortuita temperamentum si mulacro signisque, illud suo colore pretiosum ad jocineris imaginem vergens, quod ideo hepatioq appellant, procul a Corinthio ; longe tam eo ante Aegioelicura atque Deliacum, quae dia ob-. tinuere principatum.

Q o ti D

b l ia c a .

IV. Antiquissima aeris gloria Deliaco fu it, IV. La fama di quel di Deio antichissima, mercatus ia Delo concelebrante toto orbe, et ideo perch quivi celebrava fiera e mercato quasi tutto 1 cara officinis tricliniorum pedibus fuicrisque. 1 mondo, e per questo qui si fabbricavano i piedi Ibi prima nobilitas aeris. Pervenit deiode ad e gli appoggi de' triclinii. Quivi fu la prima no deum simulacra, eftigiemque hominum, el alio* bilt del rame. Pass poi alle statue degli dei{ rum animaliora. degli uomini e degli altri animali.
Q
oae

A e o in e t ic a .

e l l 1 E g in e t ic o .

"V. Proxima laus Aeginetico fuit. Insala et ipsa, nec aes gigneos, sed officinarum temperatu ra nobilitala. Bos aereus indecaplus io foro Boa rio esi Romae. Hoc erit exemplar Aeginetici aeris : Deliaci aulem Jupiter in Capitolio in Jovis Tonantis aede. Illo aere Myron usus est, hoc Po* lyde tus, aequales atque condiscipuli. Aemulatio iis et in materia fuit.

V. Dopo questo fu in pregio il rame di Egina. Questa un' isola anch essa, che non produce rame, ma nobilitata per la temperatura delle sue botteghe. Da questa isola fu porlato a Roma nel foro Boario il bue di rame ; e questo il saggio del rame di Egina. Di quello di Ddo la Slalua di Giove posta in Campidoglio otl tempio di Giove Tonante. Quello us Mirone, e questo Polidelo, i quali furoao eguali, e discepoli d ' un medesimo maestro. Questi ebbero ancora emula zione e concorrenza riguardo alla materia.
D e i c a n d e l ie r i .

Da

c* in )B i.* B is.

VI. 3. Privatila Aegina candelabrorum super VI.3 . Egina particolarmente lavor solo le par ti superiori de' candelieri, siccome Taranto i nodi* ficiem dumtaxat elaboravit, sicut Tareotum ca pos. Io his ergo juncta commendatio officinarum ovvero bocce. In questo adunque deesi comune la est. Nec pudet tribunorum militarium salai iis lode alle botteghe. N si vergognano i tribuni em ere, quum ipsum oomen a candelarum lumine militari comprare i candelieri Corintii coi loro impositum appareat. Accessio caa delabri Ialia salarii, il cui nome par che sia loro imposto dal 1 fuit : Theonis jussu praeconis, Clesippas fullo, luma delle caodele. 1 pregio di lai candelieri g ibber praeterea et alio foedus aspectu, emente crebbe in questo modo. Avendo Gegania compe id Geganta sestertiis quinquaginta, ademqoe rato un candeliere corintio per cinquanta sester sten tan te convivio emptum, ludibrii causa nu* tii, e mostrando essa per pompa io un convito fotae, atque impotentia libidinis receptos in to- d 'averlo compro da un certo Clesippo purgatos

xi i S

C. PLINII SECONDI

i t 16

rum, mox ili testamentutai, praedives, numinum vice illud candelabrum coluit, et hanc Corinthii* fabulam adjecit : vindicatis tamen moribus nobili sepulcro, per qaod aeterna sapra terras Geganiae dcdecoris memoria duraret. Sed quam esse nalla Corinthia candelabra constet, nomen id praed* pue in his celebratur, qaoniam Mummii victoria Corinthum quidem diruit,sed compluribus Acha jae oppidis simul aera dispersit.

dipanni, seri gnato, e del resto della persona mol to bratto, per ordine di Teone banditore costai si spogli nodo, per far rider la brigata, e Gagania senza vergogna alcona della sua lassarla se lo tir nel letto, e poi ancora lo don nel suo testa mento ; in maniera che essendo divenato molto ricco, adorava quel candeliere come cosa divina, e questa favola appose ai vasi Corntii, vendican do nondimeno i costumi suoi eon a a nobil sepol cro, per lo quale dorasse eterna sopra la terra la memoria del vitupero di Gegania. Ma perciocch, non d sono pi candelieri Corntii, aa tal nome priocipalmente si celebra in questi, perch la vittoria di Mummio rain bens Corinto, ma ancora disperse i metalli di molte dtt di Acaia.
D egli
orba m brti d i ram e p e i t e m p l i.

Ds

te m p lo r u m o r b a m e n tis e x a e e e .

VII. Gli antichi feeero le soglie e le porte di VII. Prisci limina eliam ac valvas ex aere in templis factitavere. Inveoio et a Cn. Octavio, qni rame ne* templi. E io trovo che Gneo Ottavio, il de Perseo rege navalem triumphnm egit, factam quale trionf del re Perseo da lui vinto in batta porticum duplicem ad circum Flaminium, qaae glia navale, fece un portico doppio al arco Fla ooriothia sit appellata a capitulis aereis columna* minio, il qnal fa chiamato Corintio da* capitelli di rame ddle coloaae. Truovo ancora, che il rum. Vestae quoque aedem ipsam Syracosana su perficie tegi placuisse. Syracusana sunt in Pan tempio ddla dea Vesta fu coperto ddla superfi theo capita columnarum a M. Agrippa posita. cie Siracusana. Nel Panteo sono i capitdli ddle Quin etiam privata opulentia eo modo usurpata colonne Siracusani posti da Mareo Agrippa. La est. Camillo imer crimina objecit Sp. Carvilius privata magnificenza ha tenuto il medesimo modo. Spurio Carvilio questore fra gli altri man quaestor, quod aerata ostia haberet io domo. camenti rimprover a Camillo, ch'egli aveva io casa le porle di rame. De t r i c l i r i i s
a e b e i* . D
e i t r ic l ir ii d i r a m b .

VIII. Nam triclinia aerata, abacosqne, et mo Vili. Lucio Pisone afferma che Gneo Manlio, essendosi vinta l'Asia, fu il primo die porlo nel nopodia Cn. Manliam Asia devicta primum inve nisse triumpho suo, qoem doxit Orbis anno soo trionfo, il quale egli condusse l'anno cinque cento sessaotasette ddla edificaxion di Roma, tri p l x v i i , L. Piso auctor est. Antias quidem L. Crassum, heredem L. Crassi oratoris, malta clinii di rame, tavole e mense piccole, che hanno uo pi solo. E Anzia scrive, che Lucio Crasso etiam triclinia aerata vendidisse. Ex aere (actita vere et cortinas, tripodum nomine delphicas, erede di L. Crasso oratore vend molti triclinii di rame. Furono ancora fatte di rame le cortine quoniam donis maxime Apollinis delpbid dica bantur. Placuere et lychnuchi pensiles in delubris, de' tripodi chiamate delfiche, perch principal autarboram modo mala fereotium lucentes: qualis mente si dedicavano in dono ad Apolline delfieo. est in templo Apollinis Palatini, quod Alexander Piacquero ancora ne* templi le lucerne sospese Magnas Thebarum expugnatione captam in Cyme rilucenti a modo di alberi che portano mele, quale quello n d tempio di Apolline Palatino, il dicaverat eidem deo. quale Alessandro Magno nella espugnazione di Tebe pred e dedic ia Cime al medesime dio.
Q u o d m w n i d e i s im u la c ro * E o m ae bx a e e e f a c t u m . D e OE1GIEB STATOAEUM, BT H OIORE. Q
u ALB

FU LA PRIMA STATUA DI RAMR A R

om a.

D e l l *o r i g i h b b o h o e b d e l l e s t a t u s .

IX. 4 Transiit deinde ara ubique volgo ad IX. 4. Pass dipoi l'arte io ogni paeae a far lo statae degli dd. Io truova, che I r prima statua effigies deorum. Romae simnlacram ex aere fa ctum Cereri primam reperio ex peculio Sp. Cas- di rame in Roma fa fatta a Cesare ddla facolt

su ?

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXXIV.

1118

ni qactn regnum adfectsntem pater ipsius inte remerat. Tranaiit et ab di ad hominaia siatoas, atque imagines mullis modis. Bitumine antiqui tingebant eas, quo magis mirum est placuisse auro integere. Hoo nescio an Romanum fuerit inven tum : eerte etiam Romae non habet vetustatem. Effigies hominum non solebant exprimi, nisi aliqua illustri esosa perpetuitatem merentium, primo sacrorum certaminum victoria, maximeque Olympiae : ubi omnium qui vicissent statuas dicari mos erat. Eorum vero, qui ter ibi supera vissent, ex membris ipsorum similitudine expressa, quas iconicas vocant. Athenienses nescio an primi omnium Harmodio et Aristogitoni tyrannicidis pubiiee posuerint statuas. Hoe actum est eodem anno, quo et Romae reges pulsi. Excepta deinde res est a toto orbe terrarum humanissima ambi tione. E t jam omnium municipiorum foris statuae ornamentum esse coepere, prorogarique memoria hominom, et hominum, et honores legendi aevo basibus inscribi, ne in sepulcris tanlnm legeren tur. Mox forum et in domibus privatis factum atque in atriis. Honos dicala m instituit sic oolere patronos.

di Spurio Cassio, ii quale fu morto da suo padre, perch volea farsi sigoore delP impero. Cotninciaronsi poi a fare le stale degli dei agli nomini in molti modi. Gli antichi usarono dipignerle di bilame ; e per mi maraviglio, come piacesse loro ricoprirle d oro. Io non saprei ben dire se questa fu invenzione de Romani, ma so ben que sto, che in Roma ancora ella noo molto antica. Non si solevano ritrarre al naturale uomini se non quegli che meritavano perpetuiti per qoaP> che notabil cosa, e prima per la vittoria ne* sacri giuochi, e massimamente gli Olimpici, dove si usava dedicare le statue di tutti coloro, cha avevano vinto. E a quegli che avevano vinto tre volte facevano una statua, che fosse loro simile in lutti i membri, le quali statue si chiamavano iconi che, lo noo so se gli Ateniesi furono i primi, i quali facessero statue ad Armodio e Aristogitone, perch essi ammazzaronoil tiranno. Questoavvenne il me* desimo anno che io Roma furono cacciati i re. Pass poi questa usanza con la pi piacevole gara per lutto il mondo. E gi le statue hanno cominciato a esser ornamento delle piazze per tutte le terre, e a prolungarsi la memoria degli uomini, e scriversi i titoli d ooore che si vollero ricordare alla posterit, nelle basi di esse, nou pure nelle sepolture. S poi fatta la piazza nelle case private, e negli atrii, perch il rispetto dei clienti prese a onorare in questo modo i loro pa droni, S p k ii > FiGoaa d b l l b
sta tu s.

S rA T O A lO i S I M i t U G U 1 K . U

X. 5. Anticamente s' usava dedicare le statue X. 5. Togatae effigies antiquitus ita dicaban togate. Usaronsi ancora a far nnde con un1asta tur. Placuere et-nudae tenentes hastam, ab ephe borum e gymnasiis exemplaribus, quas Achilleas in mano, a somiglianza de* giovanetti cbe s 'eser vocant* Graeci res est, nihil velare ; at conlra citano ne* ginnasii, le quali si chiamano Achillee. Romana ae militaris, thoracas addere. Caesar 11 farle scoperte senza alcuna cosa intorno, qoidem dictator loricatam sibi dicari in foro suo usanza Greca. Ma allincontro foggia Romana passus est. Nem Lupercorum habitu factae, tam e militare, farle con la corazza indosso. Epper Cesare dittatore ebbe a caro che nel suo foro novitiae sunt, quam quae nuper prodiere paenu lis indutae. Mancinus eodem habitu sil* statuit, gli fosse dedicata una statua con 1' armadura. quo deditus est. Notatum ah auctoribus, et L. Perciocch quelle che son falle in abito di Luper Aociam poetam in Camenarum aede maxima ci, sono tanto nuove, quanto quelle che nuova mente sono venute vestite di tabarro, cappa, o forma statuam sibi posuisse, quum brevis admo dum fuisset Equestres vero statuae Romanam mantello. Mancino si fece ona statua con quello celebrationem habent, orto sine dubio a Graecis medesimo abito che s'arrese. Truovasi scritto exemplo. Sed illi celetas tantum dicabant in sacris ancora, che Accio poeta si fece porre una statua victores. Postea vero et qui bigis vel quadrigis ael tempio delle Muse, la quale era grandissima, vicissent. Unde et nostri currus nati in his qui laddove egli era ben piccolo di statore. Le statue triumphavissent. Serum hoc, et in his non nisi a a cavallo, le quali sono celebrate a Roma, senza dubbio hanno tolto l'esempio da'Greci. Ma essi le divo Augusto sejuges, sicut et dcphanli. davano solamente a coloro eh' erano stati vinci tori ne'giuochi sacri, e dipoi a quelli che avessero vinto nelle carrette di due cavalli, o di quattro. Di qui l ' uso fra i nostri di dare il carro a quelli

C. PUNII SECONDI

In*

ebe avessero triopAit. Ma tardi, e a*noslri tempii non son* dati se non ad Augusto i sei cavalli ag giogati ad m carro, e gli elefanti t
Q o i b o s p a m um p u b l i c e p o s i t a b ; q u ib u s p a i
1

A CHI

FUEoHO POST8 LA PEIUA

VLTA IN

M7BBIICO ;

n o * m c o l u m n a . Q u a n d o U o & tb a .

A CHI LA FBI ITA VOLTA SOPBA COLONNE f \} ASDO

F oaoN o p o s t i

1 Rosrar. 1

XI. Non velus et biga rum celebra lk> in bis XI. Non cosa antica ancora la usanza delle qui praelura functi corru vecti esseal per Circutn. carrette da due cavalli in quelli che dopo la pre Aatiquior columnarum, sicut C. Maenio, qui de tura erano portati iu carretta pel Circo. Ma bene vicerat priscos Latinos, qoi bus ex foedere tertias pi antica i quella delle colonne, come quella praedae Romanus populus praedabat, eodemque di Gn. Meniof che aveva vinto gli antichi Latini, in consulatu in suggestu Rostra devietis Antiati* a' quali il popolo Romano s1era convenuto di bus fixerat anno Orbis g c g c x v i . Item Cajo Duil dare la terza parte della preda, e nel medesima lio, qui primus navalem triumphum egit de Poe* consolato aveva attaccati i beochi delle navi, per nis, quae est etiam nunc in Foro. Item P. Miou- aver vinto gliAnxiali* I* anno quattrocento se cio praefecto an no nae, ex tra portam Trigeminam, dici della edificazione di Roma. E quella ancora unciaria stipa collata, nescio an primo honore di Caio Duillio, il quale fu il primo che per mare tali a populo, antea enim a senatu erat : praeclara trionf da* Cartaginesi, la quale tatua ancora res, nisi frivolis coepisset initiis. Namque et Atti oggi ndla piazza. E quella di P. Mintfoeio pre Navii statua fuit ante Curiam, cujus basis confla sidente della grascia, fuor della porta Trigemina, gravit Curia incensa P. Clodii funere. Fuit et Ber* la quale fu fatta di denari raccolti dal popolo ; e inodori Ephesii io Comitio, legum, quas decerne non so se questa fu la prima statua, la quale il viri scribebant, interpretis, publice dicata. Alia popolo concedesse, perciociocch prima il senato causa, alia auctoritas M. Horatii Coclitis statuae, era quello che la coucedeva, cosa veramente ono <}uae durat hodieque, quum hoste a ponte Su rala, se uon avesse avuto debil principio. Perch blicio solus arcuisset. Equidem et Sibyllae juxta anco la statua di Atto Navio era dinauzi alla Cu Rostra esse non miror, tres siut licet: una, quam ria. la cui base arse, quando abbruci la Curia Sextus Pacuvius Taurus aedilis plebis instituit: nell' esequie di P. Clodio. Fu ancora nel comitio duae, quas 31. Messala. Primas putarem has, el quella d' Erioodoro da Efeso, interprete delle Atti Navi, positas aetate Tarquinii Prisci, nisi leggi, che i decemviri facevano. Altra cagioue e maggiore autorit fu nella statua d Orazio Co regum antecedentium essent in Capitolio. dile, la quale ancora oggi in piedi, per avere gli solo tenuto il ponte Sublicio conira i niiasci. E certamente eh'io non mi maraviglio, che ne sieno tre della Sibilla appresso i Rostri, una fctta da Pacuvio Tauro edile della plebe, e dus da M. Messala. Crederei che queste quella d Atto Navio fossero le prime, le quali furono poste al tempo di Tarquinio Prisco, se non u fossero ia Capitolio dei re antecedenti. Tra questa la statua di Romolo scasa 6. Ex bis Romuli est sine tunica, sicut el Ca 6. milli in Rostris, et ante aedem Castorum fuit Q. vesta, come quella di Camillo ne*Rostri, e innan ftlarcii Tremuli equestris, togata, qui Samnites zi il tempio di Castore fu la statua a cavallo a togata di Q. Marcio Tremolo, il quale aveva vinto bis devicerat,captaque Anagnia, populum stipen dio liberaverat. Inter antiquissimas sunt et Tulli due volte i Sanniti, c presa Anagni, aveva libe Cloelii, Lucii Roscii, Spurii Naulii, C. Fuleioii rato il popolo dal tributo. Fra le antichissime an in Rostris, a Fidenatibus in legatione interfecto^ cora sono queHe di Tullio CleKo; di L. Roseto, di tum . Hoc a republica tribui solebat injuria caesis, Sp. Nauzio, e di C. Fulcinio ne'Rostri, i quali in iicut et P. Jonio, et Tito Coruncanio, qui ab carico di ambascimdori furono uccisi d a 'Fidenati. Teusa Illyriorum regina interfecti eraot. Non Questo onore soleva dare il popolo Romano a omittendum videtur, quod Anoales adnotavere, quegli, eh'erano stati uccisi a torlo, come ancora tripedaneas his statuas in Foro statutas. Haeo v i la statua di P. Giunio, e di Tito Coruncanio, i delicet mensura honorata tunc erat. Non praete quali erano stati ammazzali da Teusa regina di ribo Cn. Octavium, ob unum scilicet verbum. Schiavonia. Non da passare quello che si trova

IU I

HISTORIARUM MONDI LIB. XXXIV.

tu i

Bic rogem Aoihi*cam,n<d*hiruro ae m p o im m -dittate*, virga q u m le nebat forte oiroomscrrpsit, et priui qaaro graderetur ehrdilo illo, repanram dare coegit. ia qua legatione interfecto enatas tatuai pool jussit qaam iicnhliuimo tam io Rostris. Invenitor stala a decreta et Tara e Gajae, iw Saffetiae virgfcfti testali, a t po reto r abi vellet: qaod adjectum oon minua honoris habet, qaam (eminae eaae decretam. Me ritam epos io ipsis ponam Aouabum verbi*: u Qaod campum Tiberiaata gratificata esset ea populo, m

eritto negli Annali, che nel fo ro forano patte coloro statue di Ire piedi. Questa misnra era al lora ouorata. Nou lascer ancora di dire di Goeo Ottavio per qoelKi sua franca risposta.Costui esseodo ambasciatore ad Antioco, e dicendogli esso An tioco u che volea tempo a rispondergli a eoo ona bacchetta cbVgti aveva a caso iu mano, gli fece in torno uo cerchio, e prima eh' egli uscisse di quel cerchio, lo costrinse a dar risposta. Onde essendo egli stato morto in quella amba*ceria,il senato gli fece fi*re la tatua e porre ne' Rostri ael hiogo pi cospicuo. Trovasi anche la statua ordinata a Taracia Caia, ovvero Suflfozia vergine vestale, a offadizione cbe fosse posta dove ella tolesse ; la qual cosa non di manco onore, che l ' essere ordinata uua statua a una donna. Il merito suo porr con le parole islesse degli Annali, u perch ella aveva donato il campo Tiberino al popolo Romano. A q u a li
s tb a b ib b i f o b o h o p u b s lic a m b r tb p o s tb

Q u ib u s b x tb b h is R o h a k p u b lic c p o s ita e .

m R oba. XII. Invenio et Pythagorae, et Alcibiadi, in oranbus Comitii positas, qintra bello Samniti Apollo Pythias fortissimo Grajae geniis j ussisset, et alteri sapientissimo, simulacra celebri 4oco dicari: a stetere donee Solla dictator ibi Curiam &cerel. Miromqueest, illos patres Socrati cunctis ab eodem deo sapientia praelato Pythagoran praetatisse, aut tot aliis viriate Alcibiadem, aut quemqoam otroqae Themistocli. Columnarum ratio erat, attolli supra eeteros mortales: qood t arcus significant novftio invento. Primos ta men bonos caepit a Graecis. Nollique arbHror piare* stat nas dicatas, qoam Phalereo Demetrio Athenis. Siquidem c c c l x statuere, nondom anno Itane numernm dierum exoedente, qnas mox laceravere. Statuerant Romae etiam io omuibos vicis G. Maria Gratidiano tribus, ut diximas, ^asdemqae subvertere Sollae introito. XII. lo trovo ancora, che furono fatte statue a Pitagora e Alcibiade ne' comi dei Comizio, quando nella guerra de' Sanniti ApolUne Pitio comand che si facessero statoe io laogo molto onorato a due Greci, l'imo H pi valoroso, e l'al tro il pi savio di quella nazione, le quali stettero finch Siila dittatore quivi fece la Curia. Ed * maraviglia come quei padri preponessero PHagara a Socrate, il quale dal medesimo dio era stato riputato il pi savio uomo del mondo, o Alcibiade a tanti altri in virt, o preponessero alcuno altro a Temistocle per l'ona e Pai ira cagio ne. La caosa della istituzione delle colonne Ri per innalzarsi sopra tatti gli altri oomloi j la qaal cosa significano gli archi ancora, i quali sono invenzione noova. Nondimeno il primo onore cominci da Greci j e io credo cbe oiuno altro avesse pi statue, che Demetrio Falereo in Atene. Perciocch gliene furono poste trecento sessanta, non passando ancora l'anno questo numero di giorni; le quali furono poi ruinate dagli Atenie si. Le trib ancora avevano posto statue in tutti i canti di Roma a C. Mario Gratidiano, come di cemmo, e dipoi le guastarono nell'entrata di Siila.
Q o i C VO LA U l l i STATUA BQUBCIM POSTA PUB* BLtCASfBHTB IR R O B A , B M DUALI 0 tB I 0 t o s o PO DB IH PUBBBJQO.

oab p m

R obab

s t a t u a b q o b s t i $ p v b l ic b p o -

S ltA , BT QOIBDS R o KAB MULIBBIBCS t PTJBI.ICO POStTA*.

XMI. Pedestres sine dnbio Romae fuere ia auctoritate longo tempore. Equestrram tamen origo perquam vetas est, cam feminis etiam ho*nore- eoimnonicata. Gtoetiae ohn statua est

XI IL La latve a piedi sanaa dubbio furono per lungo teaapo io ripatamioiie in Roma. Ma.pe r l ' origine delle tatae cavallo molto antica, n w I m dato anoora questo onore alle donne.

C. PLINII SECUKUi equestris, ceu parum esset ioga eara cingi : quum Lucretiae,ac Bruto, qui expuleraoi reges,propter quos Cloelia inter obsides fuerat, uon decernerentur. Hunc-primam cum Coclitis publice dica tam crediderim : Alto euim ac Sibyllae Tarqui nium, et reges sibi ipsos posuisse verisimile est : nisi Cloeliae quoque Piso traderelab his positam, qui una obsides fuerant, redditis a Porsena in honorem ejus. diverso Annius fetialis, equetrem, quae fuerit contra Jovis Statoris aedem in vestibulo Superbi domus, Valeriae fuisse Publi colae consulis filiae : earoque solam refugisse, Tiberimque tranavisse, ceteris obsidibus, quae Porsenae piillcbaniui, interemptis Tarquinii in sidiis. Perciocch c* la statua a cavallo di Clelia, come se fosse stato poco vestirla di toga ; ancora ebe non fosse stala falla statua di questa maniera n a Lucrezia, n a Bruto, i quali avevaoo cacciati i re di Roma, per i quali Clelia era stata fra gli slatiehi. lo crederei che questa e quella d* Oratio Coclite siaoo stale le prime dedioate in pubblica, perciocch egli verisimile che innanzi a quel tempo Tarquinio e gli altri facessero delle atatns a s stessi, ad AIto e alla Sibilla, se Pisone noa melLesse, che quella a Clelia fu posta da coloro che seco furono slatichi, i quali furono restituiti da Porsena in onore di lei. Per lo contrario, Anoio feciale dice, che fu falla una statua a cavallo, la quale fu allo incontro di Giove Statore nella en trata delia casa di Tarquinio Superbo, a Valeria figliuola di Publicola consolo, e che ella sola se ne fugg, e pass il Tevere, e gli altri sfatichi eh' erano mandati a Porsena, furono morti per inganno di Tarquinio.
QOARDO TUTTE LE STATOE S POBBLICAMUBTB CBE PRIVATAMENTE FOBONO TOLTE VIA DEL F DBBUCO.

oando

omne* p r iv a t i*

bt

p o b l ic a s

statuab

BX POBLICO SUBLATAS.

XIV. L. Piso prodidit, ftl. Aemilio, C. Popi lio 1 coss., a censoribus P. Cornelio Scipione, 1 M. Popilio, statuas circa Forum eorum qui ma gistratum gesserant, sublatas omnes, praeter eas quae populi aut senatus sententia statutae essent. Eam vero quam apud aedem Telluris statuisset ibi Sp. Cassius, qui regnum adfectaverat, etiam conflatam a censoribus. Nimirum iu ea quoque re ambitioni providebant illi viri. Exstant Cato nis incensura vociferatioues,mulieribus Romanis in provinciis statuas poni. Nec tamen potuit iohi> bere quominus Bomae quoque ponerentur, sicuti Corneliae Gracchorum matri, quae fuit Africani prioris filia. Sedens huic posita, soleisque sina amento insignis, in Metelli poblica porticu : quae statua nunc est in Octaviae operibus.

XIV. L. Pisone scrive, come essendo consoli M. Emilio, e Caio Popilio la aecouda volta, i cen sori, eh' erano P. Cornelio Scipioue e M. Popilia, levarono tulle le statue di coloro eh' erano stali in raaglrato, iu fuor che quelle che erano state falle per ordine del senato o del popolo ; e che i medesimi censori fecero fondere quella che Sp. Cassio, il quale affettava signoria, * avea Catto fare appresso il tempio della Tellure. E certo anche in questa cosa que' saggi provedevano alla ambizione. Si canservauo ancora le querele di Catone nella sua ceosura, quando si doleva che nelle proviuce si facessero stalue alle donne Ro mane. N per pot impedire che a Roma noo si facessero ancora, siccome fu a Coruelia madre de' Gracchi, la quale fu figliuola dell' Africana maggiore. A questa donna fu posta una statua sedente, con le pianelle seuza guiggie, nel pub blico portico di Metello; la quale statua ora fra le opere d 'Ottavia.
Q o a l i FOBONO LE FB 1 ME POSTE IH PUBBLICO FBA GLI STRANIERI.

o ae f e im a e

ab e x t e r iu s

p o b l ic e p o s it a e .

XV. Publice autem ab exteris posita est XV. Pubblicamente aocora in Roma ne fu -Romae . Aelio tribuno plebis, lege perlata in fatta una dagli stranieri a C. Elio tribuno d e lla Stenium Statilium Lueanum, qui Thurinos bis plebe, perch aveva fatta una legge eontra Stento infestaverat: ob id Aelium Thurini statua et Statilio Lucano, il quale aveva due T o l t e tra v a corona aurea donaverunt, lidem postea Fabri gliati i Turiui; per l o che i Turini gli dooarooo cium donavere statua, liberati obsidione. Paisim- una statua e una corona d 'oro. 1 medesimi poi que gentes in clientelas ita receptae : adeo discri fecero una statua a Fabricio, essendo liberali men omne sublatum, ut Hannibalis etiam Siatuae dall' assedio. E cos per tutto poi i dicali usarono

11*5

HISTORIARUM MONDI LIB. XXXIV.

tribus locis visaolar ia Urbe, cujus intra rouros olfis hostium emisit hastam.

fare statue a padroni e benefattori loro; e fu tal nenie levata via ogni differenza, che fino ad Annibaie furono falle statue in ire luoghi di Boma, il quale solo de1nemici lanci Tasta dentro alle mura.
C hk c t F o a o ii o i a I t a l i a a r t i c a m e n t e s t a t p a s i i .

FuiSSS ABTIQU1TOS I I I t a l ia STATOABIOS.

XVI. 7. Fuisseaatem stalaariara artem fami XVI. 7. Che 1' arie del fare statue sia stata liarem Italiae qaoqae et vetustam, indicant, Her- aulica e molto famigliare alla Italia, lo dimostra ooles ab Evandro sacratus, ut prodant, in foro l'rcole consacralo, come dicono, da Evandro Boari, qui triumphalis voclur, atque per triom- nel foro Boario, il quale si chiama Ercole trion phes vestiler habitu triumphali. Praeterea Janus fale, e per ogni trionfo si veste in abito trionfale. gessious a Noma vege dicatus, qui pacis belli que Olir di ci Io mostra il Giano con dne leste' de argomento colitur, digitis ila figuratis, ut treceo- dicato dal re Nuroa, il quale si riverisce in segno torom qaiuqnegiuta quinque dierum nota, per di pace e di guerra, con le dita figurale in modo, signifieotioMm anni, temporis et aevi se deum che esprimendo il numero trecento cinquantaindica rei. Signa quoque Thuscaoica per terras cinque in significazione de' giorni dell anno, si dispersa, qaae io Etroria factitata oon est du- appalesa per dio del tempo e dell1et. Sono anco binm. Deorum tantam palarem ea faisae, oi ra sparse per le castella le statue Toscane, le quali Metrodorus Scepsius, cui cognomen a Romani non dubbio alcuno che furono fatte in Toscana. nominis odio iodilum est, propter duo millia Facilmente crederei ch'elle fossero solo siate degli statuarum Volsinios expugnatos objiceret. Mi- dei, se ' Metrodoro Scepsio, il quale prese il so rumqae mibi videtor, quura statuarum origo prannome dall odio eh- egli portava a' Romani, tam vetas io Italia sit, lignea potius aut fictilia non avesse rimproverato che i Bolsenesi furono deorum simulacra in delubris dicata, usque ad saccheggiati per due milla staine. E pernii ma devictam Asiam, onde luxuria. Similitudines ravigli, che essendo l ' origine delle statue tanto exprimendi quae prima fuerit origo, in ea quom antica in Italia, i simulacri degli dei si facessero plasticen Graeci vocant, dici convenientius erit : ne templi piuttosto di legna, o di terra, inaino etenim prior, quam statuaria, fuit. Sed haec ad che l ' Asia fu soggiogala, onde venuto poi ogni iofinitam effloruit multorum voluminum opere, soverchio di spesa. Or quale fosse la prima origiM si qoris plura persequi velit : omnia enim quis di ritrarre al naturale in quel modo che i Greci possit ? chiamano plastico, sar pi convenevole cosa o dire* perch fu prima che la statuaria. Ma questo fior in iofinito, tanto che bisognerebbono pi li bri se alcono ne volesse trattare a sufficienza ; a chi potrebbe trattarne per intero?
Ds
P B B Tflt 5IOROBOM IMMODICIS.

Ds PBBZtl

ESOESITANTI DELLE STATUE.

XVII. In M. Scauri aedilitate tria millia signo XVII. Essendo edile M. Scauro furono sola rum in scena tantum fuere temporario theatro. mente nella scena del teatro temporario Ure niU Mummius devicta Achaja replevit Urbem : ipse statue. Mommio avendo vinto 1' Acaia, riempi 1 excessit non relicturas filiae dotem. Car enim oitti di statue, ed esso mori poi seoza lasciar por noo cam excusatione ponatur? Multa et Lucolli tanto, ohe la figliuola ai potesse maritare. Il che invexere. Rhodi etiamnam tria millia signorum gli fu scusa del lusso qui per lai aameotato. I esse, Mucianus ter consol prodidit : oec pauciora Luculli anch' essi ne condussero molte. Muciano Athenis, Olympiae, Delphis superasse credantur. stato tre volte consolo, scrisse come in Rodi vi Quis ista mortalium persequi possit? ant quis eraoo aocora Ire mila statue ; e credesi che ne osos noscendi intelligatur? Insignia tamen ma rimangano noo ponto manco io Atene, in Olimpio xime, et aliqua de causa notata, voluptarium sit e in Delfo. Chi sarebbe colui, che potesse tenere attigisse, a rtificesqoe celebra tos nomioa visse, sin-r conto di tutte queste cose ? o chi basterebbe mas goloram quoque inexplicabili multitudine, quum solo a poterlo pensare ? Nondimeno ne piace toci Lysippus nex opera fecisse dicator, tantae omnia carne alcune delle pi insigni, e per qualche ca artis, at claritatem possent dare vel singola. gione notabili, e nominare gli artefici illastci, an Nameruto appattrisse defuncto eo, quam thesau* cor che infinita sia la moltitadioe dell opere di

C. PUNH SECtJMM r a p effregisset heres,: solitam enim s mani pretio eojusque signi denarios seponiN aureo* singulos. Evecia supra humanam fidem ars csl successa, moa et audacia, fn argomenlqm sue* cessas anum exemplaro <!feram, nec deorum hominisve similitudinis expressae. Aetas nostra vidit a Capitolio, priusquam id novissime con flagravit a Vitellianis incensum, in cella Junonis, cancro ex aere vulnus suum lambentem .* oujus -exiroiom miraculam et in discreta veri similitu do^ non; eo solum intelligitur, quod ibi dicata fuerat, veram et nova satisdatione : nam ssam a nulla par videbatur : capite tutelario* cavere pro -eo* instituti publici luit.

taS

ciaaoon d* essi ; pereioecb Ltnppo w le si trova che fece di sua mano seicento dieci opere, lotte di tanto artificio, che ciascuna di per s basterebbe a dar fama. Questo numero si trov dopo che egli fu morto, aprendo 1 erede il sue * tesoro, perciocch egli soleva riporvi un danaio d'oro del presto di ciascaoa statua* hsoslsossi sopra l umana fede l ' arte col successo, e poi eoa l audacia. Per testimonio del successa s d tk r r i solo un esempio, e oon di effigi*di dei, n d'uo mini. Alla et nostra s veduto in Capital a , prima cbe egli fosse arso da' VUeM saui, sella etti di Giunone, un cane d bronco che lecca la sua piaga la cui gran maraviglia, e la propria s s gliania del vero, non solamente i oaaiosca da questo, ptrcb' dia foaae<dedicata quivi, ma ancora dalla nuova malleveria, percioech a s a parando alcuna somma bastevole, rispetto al su vaiare, fi per pubblico decreto ordinalo che colora che n' avevano la guardia, obhNgasseru Iu vii per quella statua.
D ei
c o l s s i c e l e b r a t i s s i m i di R o u a .

Db

c o lo s s is ia

U rbb

c e le b b b b im is.

Dell audacia ci sono infinit m oipir. XVIll. A-udaeiae mnamera sunt exempla. XV111. Mole* quippe excogitatas vtdesMM statuarum, Pecche noi veggiamo grandissime moli A statae, f w esfaweu voeaat, torribus pars. Talis est in le quali chiamano eolossi, eguali alle torvi. Tab 1' Apolline in Capitello, trasportata da M. La Capitolio Apollo, translatus a M. Lucullo ex Apol lonio Ponti urbe, xxx cubitorum, quingenti cullo d 'Apollonia eitt ds> Ponto, luogo trenta t ah ut is Cactus: talis ia Campo MartioJupitera di braccia, e fatto per cento cinquanta* talenti. Tale vo ClaodioCaesare dicatus, qoi vocatar Pompeje- in canapo Marzio il Giove, dedicata la Claudia imperadore, il qoale si chiama Pooapeiauo par n i i vicinitate theatri: talia et Tarenti factus a Lysippo xl cubitorum. Miniai in eo, quodrmann, esser vicino al teatro di Poiapeo. Tale q od di t ierant, mobilis (ea catio libramenti est), nullis Taranto ancora, fatto da Lisippo di quaranta braccia. Ed maraviglia io esso, che sebbene S B T llsla r procellis. Id qoidem providisse et artMcs dicitur, modico intervallo, v a d s maxime toccandolo con la mano, siccome dicono, si muove flatum opus erat frangi, opposita columna. Itaque- ( tale il suo equilibrio), non per mai minalo propter magni ludinem difficultatemque moven da alcuna tempesta. Dicesi che a questo provvide di, non attigit eam Fabius Verrucosas, quum lartefice, ponendogli incontro a piccolo ioterHerculem, qai est m Capitolio, inde transferret. vallo una colonna, dove era pi oecusaario cbe Ante omnes autem in admiratione fuit Solis il vento si rompesse. Oude per la graodexza sua, e colosso Rhodi, quem fecerat Chares Lis dius, per la difficolt di muoverlo, Fabio Verrucoso noo Lysippi supra dicti discipulos. Septuaginta cubi lo tocc altrimenti, bench egli trasportasse di l te n t altitudini fuit. Hoc simulacrum post I' Ercole, oh' io Capitoli. Ma sopra tutto fu io quinquagesimum sextum anoam terrae motu maraviglia il colosso dei Sole in Rodi, il quale fu prostratam, sed jacens quoque miraculo est fatto da Carete Liodio, discepolo d d sopraddetto Pauci1pellicem efus amplectuntur. Majores sunt Lisippo. Egli fu alto settanta braccia. Queslo si digiti, quam pleraeqao statuae. Vasti specas hiant mulacro dopo oioquanlasei anni ruin per terredefractis membris. Spectantor intas magnae molis moto, ma giacendo ancorate una maraviglia. Pochi saxa, quorum pondere stabiliverat coostitaens. possono abbracciare il suo- dito grosso. Le dita Duodecim annis tradon t effectam ccc taleolis, sue son maggiori che molte sUloe; e le cavit qaae contulerant ex apparatu regis Demetrii nelle rollare delle sue membra paiono grand rette to, moua* taedio. Sunt alii minores hoe ia spelonche. Veggousi dentro sassi amisurali, sul eadm urbe colossi ceutam numero-: sed ubicum peso de' quali l ' artefice ferm questa statua. D i' que singoli feissent, nobilitaturi locum. Praeier- cono eh' egli fu fatto in dodici anni, e che ost que bos deorum qdtoque, quos fecit Bryaxis. trecento talenti, i quali furono Inatti klI'appaEaio Factitairitoolessasct Italia. VidirmascertcThosee- d d re Domettio, il quei par assurgi* venato a

niSTOatAROM MOTU LIB. XXXIV.


d ittiti ApalKoeio kiU U M hra templi Augusti, qoinqOaginta podum a pllice, dottora aere mi rabiliorem, a pulchritudine. F edt e Sp. Carvi lio Jovesa, qui est ia Capitalio, victis Samnitibaa aaerata lege pngnentibus, e pectoralibus e*rum, oCreisque et galeta. AmpKtndo tanta esl, ut corvspicieUtr a Latiari Jove. Reiiqoiis limae w*m alatnaa* fedt, qoaa si ante pedea simulacri ejm. Babent in wdem Capitolio admirationem et ca pila duo, quae P. Lentatus consul dfeavit : alte ram a Charete sopra dicto factam : iltw nm ferii Decius, comparatione in tantam victus, at artifi ciosi tniaioe probabilia artificis videatur.

i >So

Veram onaem amplitudinem statuarum efus generia vidi aetate nostra Zenodorus, Mercurio facto ia civitate Galliae- Arvernis, per annes de cem, H-s cooc manipretio. Is postquam satis ibi artem adprobaverat, Romam adeitus est t Nero ne, nbi destinatam Hliua principis siro al aerum, coWunm fecit, cx |>edum longitudine, qui dicatos SaKi venerationi est, damnatis sceleribus illi os prioeipis. Mirabamur in offidna non modo ex argilla similitudinem insignem, veram et ex parvis admodnm sorcnKs, qnod primam operis instar ftait. ba stalua indicavit interisse fundendi aeria adentiam, quum et Nero largiri aurum argentumque paratus esset, et Zenodorus scientia

Statuam Arvernorum quum laceret, provin ciae Vibio Avito praesidente, duo pocula Calamidia marra caelata qnae Cassio Silano, avonculo ejus, praeceptori suo Germanicus Caesar adamata domvevat, aemulatus est, nt vix ulla d Hierentia e s s e t artis. Quantoque major in Zenodoro prae stantia fait, tanto magis deprehendi aeris oblite rata potest.

& Signh, quae vocant Corinthia, plerique ia tantum capiunlnr, ni secum drenmferaot, sieot Hortensius orator Sphingem Verri reo ablatam. P ro p te r quam Cioero illo jaiieii in allereationa neganti ei w so aenigmata intvlligere* * respondi

oia, lasci l* assedio df Rodi. {Velia medesima citili Sono altri eento eolossi minori di questo, osascono le qual basterebbe da s a nobilitare il kmgO dove e* fosse. Olir questi d sono cinque colossi di dei, i quali furono fatti da Briassi. Csossi anco in Italia dare de* colossi ; perciocch noi reg giamo 1 Apolline di lavoro Toscano nella libreria * del tempio d1 Augu.il, di cinquanta piedi dal dito grosso; ed in dubbio s 'egli pi mirabile pel bronzo, o per la sua bellezza. Fece ancora Sp. Carvilio il Giove, eh in Capitolio, avendo vinti i Sanniti, i quali combattevano per la legge sacra, de* pettorali, degli schinieri e degli elmi loro. Questo colosso tasto grande, che si vede da Giove Laziario. Delle reliquie della lima fece egli la sua statua, la quale innanzi i piedi di quel simulacro. Nel medesimo Capitolio ancora sono due teste di gran maraviglia, le qnali furono dedicate da P. Lentulo consolo; l ' m a fatta dal sopraddetto Carote, e l 'afcra da Decio, il quale (lineate fu vinto nel paragone, ebe Partifido pare d artefice meno^che mediocre. Ma ogui grandezza di statue diqnel genere vin se a* tempi nostri.Zenodoro, avendo egli fatto nnr Merendo in Alveraia citt della Frane io dieci anni per prezzo- di quattrocento sesterzi}. Costui, poi che quivi a bastarna aveva apparata 1 arto, * fu chiamato a ftoma da Nerone, dove feee il eo losao destinato per simulacro di quel principe, lungo cento died piedi, il quale fu dedicato al Sole, morto ehe fu Nerone, e con esso lui spenta la memoria delle sue ribalderie. Noi stavamo oon maraviglia guardando nella ava bottega non solo s eccellente figura fatta di terra, ma ancora di molti piccoli fuscegli, onde ne fece 1 abbono. * Qodla statua mostr come era mancata lasdensa di fondere il bronce ; perdoech Nerone erag tt prontissimo a somministrarne, se l avesse F arte fice richiesto, P oro e Ptrgento, e Zenodoro nellarle di lavorare di materia liqatda e di sooltara non era inferiore a ninno degli antichi. Qoando egK faceva la statua agli- Alterni, o in qaella proviaria era al governo Vibio Avito, contraffece Ine coppe scolpite per mano di Cala mide, le qtaK, essendogli molto care, Germanico Cesare te don a Cassio Silano fratello della ma dre e suo precettore ; e le somigli di tal manie ra, ehe appena v era alcuna differenta ddParte: E quanto fu Zenodoro pi eccellente, tanto mag giormente si pu conoscere H perdimento ddParfe. 8. Le staine chiamalo Corintie sono talmente amate da alcuui, ehe lo portano con esso lorot come Ortensio oratore os di portare la Sfinge, eh* egli avea tolta a Verre. Per la qnal cesa CU cerone in gindido, dicendogli Ostensio u. ak*eg)i

C. PLUVII SECUNDI quoniam Sphingem domi haberet. Circumtulit ei Nero princeps Arotonem, de qaa dicemus: et paallo ante G. Cestius consularis signum, quod s e c u r a eliara in proelio babail. Alexandri quoque Magni tabernaculum sostinere traduntur solitae statuae, ex quibus duae ante Martis Ultoris aedem dicatae snnt, totidem ante regiam.
k debere,

n fe

non s 'intendeva d ' nimmi, rispose k eh egli doveva intendere, perch'egli aveva in caaa la Sfin ge. Nerone imperadore anch'egli portava at torno I' Amatone, della qaale ragioneremo, e pooo dianzi Caio Cestio alato consolo, una slatta, la quale egli aveva ancora seeo nella battaglia. Dicooo similmente cbe alcune staine solevano so stenere il padiglione d' Alessandro Magno, dae delle quali sono dedicate inuanzi il tempio di Marte Vendicatore, e altrettante dittanti al pa lazzo reale.
E c c e lle n ti
opbbb

N o b il it a t e

e z abbe o p b e u h , e t a e t ip ic c k , c c c l x y i.

a r t e f ic i

in b a v e , 366.

XIX.. Minoribus simulacris signisque innume ra prope artificum multitudo nobilitata et. Anle omnes tamen Phidia Atheniensis, Jove Olympiae beto, ex ebore qoidem et auro : sed et ex aere signa fecit.Flornit autem olympiade l x x x i i i , circi ter ccc nostrae Urbis aono. Quo eodem tempore aemuli ejus fuere Alcamenes, Critias, Nestodes, Begias. Et deinde olympiade l x x x v i i , Agelades, Galloo, Polycletus, Phradmon, Gorgias, Lacon, Myron, Pythagoras, Scopas, Perelius. Ex his Po lycletus discipulos habuit Argium, Asopodorom, Alexim, Aristidem, Phrynonem, Dinonem, Athe nodorum, Deraearo Clitoriam : Myron Lycium. Nonagesima quinta olympiade floruere Naucydes, Dinomenes, Canachus, Patrocles. Centesima se cunda, Polycles, Crphissodotus, Leochares, flypalodorus.Centesima quarta, Praxiteles,Euphra nor. Centesima septima, Echion, Therimachus. Centesima quartadecima, Lysippus fuit, quum et Alexander Magnus. Item Lysislratus, et frater ejus Slhenii, Euphronides, Sostratus, Ion, Silanion : in hoc mirabile, qaod nullo doctore nobi li fuit ipse. Discipulo* habuit Zeuxim, et Iadem. Centesima vioesima, Eutychide, Euthycrales, Labippus, Cephissodotus, Timarchu, Pyroroachus. Cessavit deinde ars, ac rursus olympiade centesima quinquagesima quinta revixit, quum fuere longe quidem iofra praedictos, probati tamen, Antaeus, Callistratus, Polycles, Athenaeus, Callixenu, Pythoeles, Pythias, Timoeles. Ila distinctis celeberrimorum aetatibus, insigne raptim transcurram, reliqua multitudine passim dispersa. Tenere autem et in certamen laudatissi mi, quamquam diversi aetatibus geniti, quoniam feceraot Amazonas: quae quum in templo Ephe siae Dianae dicarentur, placuit eligi probatissi mam, ipsorum artificum, qui praesente erant, judioio, quum apparuit eam esse, quam omne secundam a sua quisque judicassent. Haec est Polycleti, proxima ab ea Phidiae, tertio Ctesilai, quanta Cydoni,; quinta Phradmonis.

XIX. Ma di figure e slatue minori ci fa gran numero di ottimi maestri. Ma nondimeno sopra tutti gli altri Fidia Ateniese per la figura di Giove, ch'egli fece io Olimpia, di ebano e doro: ma e' fece ancora statue di bronzo. Costai fior nell'olimpiade ottantatreesima, intorno a'trecento anni della edificazione di Roma. In qnei medesi mo tempo furono suoi emoli Alcamene, Critia, Nestode, Egia. E dipoi nell' olimpiade ottaatesiroasettima, Agelade, Catione, Polideto, Frodino ne, Gorgia, Lacoue,. Mirone, Pitagora, Scopa, Perelio. Fra questi Policleto ebbe discepoli Ar gio, Asopodoro, Alessi, Aristide, Frittone, Dino ne, Atenodoro, Demea Clitorio, e Mirone Lido. Fiorirono nellolimpiade novantacinqaeaima Naecide, Dinoraene, Caoaco, Patrode. Nella centenraaseconda, Polide, Cefissodoto, Leoca re, Hipttodoro. Nella centesimaquarta Prassi tele ed Eafrauone. Nella centosettesima Echione e Terimaco. Nella centoquattordicesima fu Lisippo, al tempo di Alessandro Magno. Similmente Lisistrato e Siene suo fratello, Eufrouide, Sostrato, Ione e Silanione. Di costui da maravigliarsi, eh' egli divent illustre senza aver avuto aleno maestro. Furono suoi discepoli, Zeasi e Isdt. Nella ceutoventesima Eutichide, Euticrate, Laip* po, Cefissodoto, Timarco e Piromaco. Cess dipoi quest'arte, e di nuovo rivisse nella olimpiade centocinquantacinquesima, quando fiorivano Antas, Callistrato, Polide, Ateneo, Callisseno, Pitode, Pitia e Timode, artefici certo eccellenti, ma di gran lunga inferiori a' sopraddetti. Avendo dun que cos distinte leti de' pi illostri, trascorrer l'altra moltitudine di per s, senza tenere ordine. Vennero dunque in contenzione, bench fossero nati in diversi tempi, artefici nobilissimi, perch avendo fatto figure d' Amazoni, le quali avean si a dedicare nel tempio di Diana Efesia, pia cque che si elegessero quelle che fossero pi ap provale dal gludioio d 'essi artefici, i quali ecsae allora presenti} e quella fa tenata nobilissima,

i33

HISTORIARUM MUNDI UB. XXXIV.

i34

Phidias, praeter Jovem Olympium, quem nemo aemulatur, fecit et ex ebore aeque Mmm*> tara Alhenis, quae est in Parthenone adstans. Ex aere vero praeter Amatone supra lictam, Minervam tam eximiae pulchritudinis, ut formae eogoomea acceperit. Fecit et Clidocbum,el altara Minervam, quam Romae Aemilius Paulus ad aedem Fortunae hu)iKce diei dedicavit. Item duo signa, quae Calulus io eadem aede potuit pallia ta : ei alleram colossicon nodum : primusqae artem toreuticen aperuisse atque demonstrasse merito judicator. Polycletus Sicyonios Ageladae diseipulos, Dia dumenum fecil molliter joveneip, centum talen tis nobilitatum : idem et Doryphorum viriliter pyerqm. Fecil et quem canona artifiees vocant, Hueamentu artis ex eo petentes, velut a lege qua dam : solusque hominum arlem ipse fecisse, artis opere judicatur. Fecil et destringentem, el uudum talo incessentem..Duosque pueros, ilem talis nudos ludentes, qui vocantur Astragalizonies: et sunt in Titi imperatoris atrio: quo opere nullum absolutius plerique judicant. Item Mercurium, qui fuit Lysimachiae: Herculem, qui Romae, Anteum a terra suslinenlem. Arlemoua, qui Periphoretos appellatus est. Hic consumraasie haue scientiam judicatur, el ioreuliceu sic erudisse, nl Phidias aperuisse. Proprium ejusdem, ut uno crure insisterent signa, excogitasse : quadrata tamen ea esse tradit Varro, et paeue ad unum exemplum.

Myronem Eleutlieris natum, et ipsam Agela dae discipulum, bucula maxime nobilitavit, cele bratis versibus laudata : quando alieno plerique ingenio Agis, quam suo* commendantor. Fecit et cauem, et discobolon, et Persea, et Pristas, et Satyrum admirantem tibias, et Minervam : Del* phicos pentathlos paneratiastas: Herculem etiam, q u i est apod Circum maximum in aede Pompeji M agai. Fecisse et cicadae monumentum ac Io costae earmioibus suis Erinna significat. Fecit et Apollinem* quem a triumviro Antonio subla tura restituii Ephesiis divus Augustas, admoni tus in quiete* Primas hic multiplicssse vsriets* leas videtur, uamerosior in arte, quam Polycle tu s, et in symmetria diligent io r : et ipse ISrnen corporum lemis cariosus, animi sensos non expressisse, oapillum quoque et pnbem non

la qaale ciascuno giudic seconda dopo la sua. Questa quella di Policleto, poi quella di Fidia, la terza di Ctesilao, la quarta di Cidoue, la quin ta di Fradraon*. Fidis olir il Giove Olimpio, nel quale nessano 10 raggiugne, fece d 'avorio ancora una Minerva in Atene, la quale nel Partenone, ritta in piedi. Fece anche di bronzo, oltra la sopraddetta Amazone, una Minerva di s rara bellezza, che dalla forma prese il suo cognome. Fece sncora 1 Clidnoo, e un1altra Minerva, la quale Paolo 1 Emilio dedic in Roma al tempio della Fortuna di quel d ; e similraeote due staine palliate, le quali Calalo pose nel medesimo tempio ; e un altro colosso ignudo ; e meritamente fu giudi calo il primo che aprisse e dimostrasse Parte toreutica. Policlelo Sicionio discepolo di Agelade feoe Diadumeno giovane delicato, il quale fu stimato e venduto cento talenti, e Doriforo fanciullo di virile aspetto. Fece anche quello che gli artefici chiaman cauone, i quali pigliano da esso i linea menti dell'arte, come da una certa legge; e solo degli uomini giudicalo aver formala l'arte con l'opera dell'arie sua. Fece aocora uno che slregghia s medesimo e con un dado provoca uno ignudo : e due fanciulli ignudi, i quali giuoeano a' dadi, e chiauiansi Astragalizouti, i quali sono nella sala di Tito imperadore : questa opera tenuta da molli per la pi finita che si Iruovi. Fece anche il Mercurio, che fu in Lisimachia, e I' Ercole eh' iu Roma, che tiene Auteo sospeso in aria ; e 1' Artemone, il quale si chiam Perifo* reto. Costui si tiene che riducesse tale arte a per fezione, e che educasse la toreutica, siccome Fidia l'aveva inventata. Fu costui il primo che incomin ci a fare le statue in modo, che si reggessero io un piede. Scrive per Varrone ch'elle son quadrate, quasi a un modo. Miroue nato in Eleutere, e anch* egli disce polo d 'Agelade, fa in grandissima fama per la statua d'una vacea, ch e' fece, molto lodata dai versi de poeti; siccome spesso avviene,che molti sono pi lodali per l'ingegno altiui, che per il suo proprio valore. Fece anco un cane, e la figura d 'ano che lancia un disco, e il Perseo, e le Priste, che s o n o grandissimi pesci marini, e un Satiro che stupisce d 'udir sonare i pifferi, e nna Mi nerva, e i penlalli di Delfo, che combattevano col paucrazio, e ancora l Ercole, che appresso il Circo massimo nel tempio di Pompeo Magno. Fece anco un monumento a una cicala e a una locusta, come Erinna afferma ne' suoi versi. Fece sncora 1' Apolline, il quale lo imperadore Angu sto restimi agli Efesii, avvertitone in sogno che era sts^o torp tolto da M. Antonio. Costui pare

35

C. PLIMU SBCODOl
che fosse il primo che moltiplicasse la variet, e fu pi numeroso che Polidelo e pi diligente nella simelria, ovvero proporzione, ma oca fu sollecito se non nel corpo : non espresse i seusi dell* animo, n lece i capegli, o gli altri peH che sono nel oorpo, pi e m e n d a tile dell' amichiti rotta. Costui fu vinto da Pitagora da Reggio d'itafia, per una figura di pancratiaste, eh egli pose b Delfo. Fu superalo ancora da Leontino, quando fece Astilo, che correva lo stadio, il qual* si mostra in Olimpia, e Libi fanciullo d ie ha iu mano una tavoletta, e nel medesimo luogo una ignudo, il quale porta frutti ; e a Siracusa ea toppo, il qoale chi lo vede pare che onta ildole* re. Fece parimente Apolline, che raonu la cetcn, e uu serpente che pare esser morto dalle sue saette, il quale chiamato Dicee, perch quando Tebe fu presa da Alessandro Magno, un certo che fafgiva, nascose il suo oro nel seno d* esao. Qaesd fu il primo che espresse i nervi e le vene, c i ca pegli eoo molta diKgeata. Fu anoora un altro Pitagora da Seno, da principio pittore, le cui statue souo sette, igmide, nel tempio della Fortuna, e una d un vecchio, le quali sono molto lodate. Dioesi ohe costui fu mollo simile di viso al primo ; e Sostrato fu di scepolo e figliuolo d 'una sorella di Pitagora di Reggio. Dice Duri che Lisippo Siciooio non fu sua discepolo, e Tullio afferma che s ; ma che prina fu fabbro di rame, e dipoi si mise alla pitter per risposta di E pompo, perch essendo de* mandato quale dagli antichi artefici egli imitasse^ disse, mostrando una moltitudine d'uomini, cbe si dovea imitare la natura, e non gli arteftei. Co* stni fece pi statue di tutti, come abbiamo dello, fra le quali fu quello che stregghia si stesso, il qual Ut. Agrippa dedic innanzi alle sue teraie, mirabilmente grato a Tiberio imperadore ; il qua le non pot contenersi, che, bench nel principio del suo imperio egli raffrenasse assai le sue veglie, non se lo facesse portare in camera, mettendo qui* vi un altra statua ; il che fu oon taoto dispiacere del popolo di Roma, eh egli si mise a gridare net teatro, cbe quella statua si dovesse tornare al ano luogo ; onde l ' imperatore, bench l ' avesse molto cara, ve la fece tornare. Aoquist credito Lisippo per la figura d*una donna ubbriaca ehe suona il muffolo, e per certi cani, e per una caccia; e soprattutto per la carretta del Sek di quattro cavalli, eh*e'lece a*Rodieoi. Fees anco Alessandra Magno oon molte opere, avendo cominciato dalla fanciullezza di esso : le quale statua Nerone peradore, perch'ellu gli piacque molto, fece pdoraae. Ma siccome quella ricche***

emendatius fesse, quam rudis antiquitas mati tuisset.

Vicit euan Pythagoras Rheginus ex Italia, pancratiasta Delphis posito. Eundem vicit et Leoulious, qui fecit stadiodromon Astylon, qai Olympiae ostenditur : et Libyn puerum teoentem tabellam, eodem loco, ct mala ferentem no dum. Syracusis autem claudicantem : cuius ulceris doldrera sentire etiam spectantes videntur. Item Apollinem, serpentemque ejus sagittis confici: citharoedum, qui Dicaeus appellatus eat, quoniam quum Thebae ab Alexandro caperentur, aurum fugiente onditum, sinu ejus celatum esset. Hic primus nervos et venas expressit, capiHumque diligentius.

Fuit et alius Pythagoras Samius, initio pictor, cujus signa ad aedem Fortunae hujusoe diei septem nuda, el seuis unum , laudata sunt. Hic supra dicto facie quoque indiscreta similis fuisse traditur: Rhegini aulem discipulus et filius soro ris fuisse Sostralus. Lysippum Sicyonium, Duris negat, Tullius fuisse discipulum adfirroat, sed primo aerarium labrum, audeodi rationem cepisse pictoris Eupompi responso. um enim interrogatum, quam sequeretur atecedeutium, dixisse demoustrata hominum multitudine, u Naturam ipsam imitan dam esse, oon artificem. Plurima ex omnibus sigua fecit, ut diximus, fecundissimae artis, inter quae destringentem se, quem Marcus Agrippa ante thermas suas dicavit, mire gratum Tiberio prin cipi : qui non quivit temperare sibi in eo, quam* quam imperiosus sui inter iuilia principatus, translulitque in cubiculum, alio ibi siguo substi* tuto : quum quidem tanta populi Romani contu macia fuit, ut magnis theatri clamoribus reponi Apoxyomenon flagitaverit, princepsque, quam quam adamatum, reposuerit. Nobilitatur Lysip pus et temulenta tibicina, et canibus ac venatio ne. Iu primis vero quadriga cum Sole Rhodiorum. Fecit et Alexandrum Magnum multis operibus, a pueritia ejus orsus. Quam statuam ioaurari jus sit Nero princeps, delectatus admodum illa. Dein quum pretio perisset gratia artis, detractum est aurum : pretioslorque talis existimatur, etiam cicatricibus operis atque concisuris, in quibus au rum haeserat, remanentibus. Idem fecit Hephae stionem Alexandri Stagni amicam, quetn quidam

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXXIV. Polycleto adseribrat, qunm ii centom prope s b d i ante fuerit. Idem Alexandri venationem, qoae Delphis sacrata est: Albanie Satyram: tur mam Alexandri, in qua amicorara ejus imagines somma omniom similitudine expressit. Has Metellus, Macedonia subacta, transtulit Romam. Fe cil et quadrigas multorum genernm. Statuariae avii plurimum traditur contulisse, capillum expri mendo, capita minora faciendo, quam antiqui : corpora graciliora, siccioraque, per quae proce ritas signorum major videretur. Non habet lati num nomen symmetria, quam diligentissime cu stodivit, nova intactaque ratione quadratas veteram statnras permutando: vulgoque dicebat, < ab illis factos, quales essent, homines : a se, 6 quales viderentur esse. w Propriae hnjas viden tur esse argutiae operum, custoditae in minimis qooque rebus.

n38

Filios el discipulos reliquit laudatos artifices, Lahippum, et Bedam, sed ante orno es Euthycralem: quamquam is constantiam patris potius aemulatus, qnsm elegantiam, austero maluit ge n e re , quam jucundo, placere. Uaqoe optime expressit Herculem Delphis, et Alexandrum, Thespio venatorem , et Thespiadas : proelium equestre: simulacrum Trophonii ad oraculum: quadrigas Medeae complures : equum com fisci nis : canes venantium. Hujus porro discipulus fuit Tisicrates, et ipse Sicyonius, sed Lysippi sectae propior, ut vix di scernantur complura signa: ceu senex Thebanus, Demetrius rex, Peucestes Alexandri Magni ser vator, digfas tanta gloria. Artifices, qui compositis voluminibus condi dere baec, miris laudibus celebrant, et Telephaaera Phoceum, ignotum alias, qnouiam iu Tbessalia habitaverit, ubi latoerint opera ejus : aiioqui auflfragiis Ipsorum aequatur Polycleto , My roni, Pythagorae. Laudant ejus Larissam, et Spintbarum pentathlon, et Apollinem. Alii non hanc ignobilitatis fuisse causam, sed quoniam se regum Xerxis atque Darii officiuis dediderit, exMtimaut.

facea perire la grazia dell1arte, ne fu levato Poro; e fu stimata poi assai pi preziosa senza quello, beneh iu certe fessore rimanessero i segni e 1 macchie di quell'oro. 1 medesimo autore fece 1 Efestione amico d1Alessandro Magno, il quale alcuni vogliono dire che fosse fatto da Policleto, mentre costui fu quasi cento anni innanzi. Fece ancora la aaccia d1Alessandro, la quale dedi cata in Delfo; e in Atene un Satiro ; e ritrasse Alessandro e gli amici suoi, che somigliavano benissimo lutti. Queste statue furono portale a Roma da Metello, poi eh' egli ebbe soggiogata la Macedonia. Fece ancora carrette da quattro ca valli di pi sorli. Dicesi eh1egli fece assaissimo giovamento all1arte della scoltura, esprimendo i capegli, e facendo i capi minori che gli antichi, e i corpi pi schietti e pi secchi, per le quali cose molto maggiore appare la grandezza delle statue. Nonha nome Ialino la simetria, la quale fu da Ini diligenlissimamente osservata, perch egli con nuova e non pi usata maniera permut le statue quadre degli antichi ; e usava dire u che gli antichi avevano falli gli uoraiui quali essi erano-, ec| esso gli faceva come gli pareva che fossero falli. Pare che fosse propriet di lui solo dare alle opere una cotale arguzia, osservala da lui ancora nelle minime cose. Lasci dopo s figliuoli e discepoli artefici molto eccellenti, Laippo e Beda, ma iunauzi a tulli Eulicrate ; ancora che costui imitasse piuttosto la costanza, che la eleganza del pud re, e volle piut tosto piacere per una sua maniera bizzarra, che non per piacevole. Espresse dunque ottimamente Ercole in Delfo, e Alessandro, e Tespi cacciatore, e i Tespiadi, e una battaglia di cavalli, e il simu lacro di Trofonio presso il suo oracolo, e molte quadrighe di Medea, e un cavallo con le ceste, e alcuni cani da caccia. Di costui fu discepolo Tisicrate, anch1egli di Sicione, ma pi vicino alla selta di Lisippo, di maniera che molte statue a fatica si conoscono per sue; come il vecchio Tebano, il reDemelrio, e Peucesle che salv Alessandro Magno, degno di tanta gloria. Coloro, i quali hanno scritto libri di queste cose, e ne lodano gli artefici, celebrano con molte lodi ancora Telefane Foceo, il quale per atiro non punto conosciuto, perch l ' opere sue non sono uscite di Tessaglia, dove egli abit ; e col favor loro lo fanno pari a Policleto, a Mirone e a Pitagora. Costoro lodauo alcune figure di lui, cio la Larissa, e Spintaro maestro delle cinque arti, e uu Apolline. Alcuui credono che non fu la suddette la cagione che lo fece ignobile, ma perch* egli si diede all1opera di due re, Serse e Durio.

* i3 j)

C. PLINII >ECUNDi

1140

Praxitele* quoque marmore felicior : ideo et clarior fuit. Fecit tamen ex aere pulcherrima opera : Proserpinae raptum : item Catagusam, et Liberum patrem, et Ebrietatem, nobilemque una Satyrum, quem Graeci Periboeton cognominant. Signa etiam, quae ante Felicitatis aedem fuere, Veneremque, quae cum ipsa aede incendio cre mata est Claudii principatu, marmoreae illi suae per terras incl)tae parem. Ilem Stephusam, Spilumencn, Oenophorum : Harmodium et Aristo gitonem tyrannicidas, quos a Xerxe Persarum rege captos victa Perside Atheniensibus remisit Magnus Alexander. Fecit et puberem Apollinem subrepenti lacertae comiuus sagitta insidianlem, quem Sauroctonon vocaut. Spectantur et duo signa ejus diversos adfectus exprimentia, flentis matronae, et meretricis gaudentis. Hauc putant Phrynen fuisse, deprehenduutque in ea amorem urti ficis, et mercedem in vultu meretrici.

Prasjsitole fu pi felice n d marino, e perdo pi illustre. Fece nondimeno bellissime opere di bronzo, cio il ratto di Proserpina, e CaUgnsa, e Bacco, e la Ubbriachezza, e insieme a n bdliawno Satiro, il quale i Greci chiamano P eriboeto.Fece ancora alcune statue, le quali furono poste innami al tempio della Felicit, e Venere, la quale ane cou questo tempio al tempo di Claudio impen* dore,4>ari a quella sua di marmo tanto famosa per tutto il mondo. Fece altres Stefusa, Spillimene, Enoforo, Armodio e Aristogitone, che uccisero il tiranno ; i quali essendo stali presi da Serse re de' Persi, furono poi rimandati da Alessandro Magno agli Ateniesi, poich egli ebbe vinta la Persia. Fece anco un Apolline giovanetto, cbe con una saetta sta appostando a n a lucertola che esce fuori, il qual si chiama Saurottone. Veggonsi ancora due statue di lui, le quali espri mono due diversi affetti, d una matrona che piaoge, e d 'una meretrice che ride. Questa leogouo che fosse Frine, e veggono in lei Pamore dell'artefice, e la mercede nel volto della me retrice. Habet el simulacrum benignila ejus. Calami C ' anche una figura che partecipa della dis enim quadrigae aurigam suum imposuit, oe benignit di lui ; e questa la figura del suo melior in equorum effigie defecisse in homine carrettiere eh' ei pose sulla carretta fabbricata crederetur. Ipsa Calamis et alias quadrigas bigas- da Calamide ; con che fe' altres apparire^ come que fecit, equis semper sine aemulo expressis. Sed colui che avea saputo far benissimo la figura dei ue videatur in hotninum effigie inferior, Alcme cavalli, non era da meno nel far qnella dell'uomo. na nullius est nobilior. Ed esso Calamide fece dell' altre carrette da quat tro cavalli, e da due, esprimendo sempre i cavalli senza aver pari. Ma acciocch non paia ch'egli non sapesse anco fare le figure degli uomini, ne*suno fece mai Alcmena cos nobile, come egli la fece. Alcamene discepolo di Fidia fece anch' egli Alcamene Phidiae discipulus et marmorea fecit, et aereum pentathlon, qui vocalur Encri figure di marmo, e un penlallo di bronzo, il quale si chiama Encrinomeno. Aristide discepolo nomenos. At Polycleti discipulus Aristides qua drigas bigasque. Iphicratis Leaena laudatur : di PoKcIeto fece carrette di quattro e di due ca scortum haec lyrae cantu familiare Harmodio et valli. molto lodata la Leena d'ificrale. Costei Aristogitoni, consilia eorum de tyrannicidio, era una femmina, la qoale per saper sonare di usque ad mortem excruciata a tyrannis, non lira, avendo pratica dArmodio e d 'Aristogitooe, prodidit. Quamobrem Athenienses eL honorem oon volle mai confessare il trattato loro d 'am habere ei voleutes, nec tamen scortum celebrasse, mazzare il tiranno, aocor ch'ella fosse martoriala uuiuial uomiuis ejus fecere; atque ut intelligere- sino alla morte. Per la qual cosa gli Ateniesi vo tur causa honoris, in opere linguam addi ab arti lendo onerarla, n per volendo celebrar ona fice vetuerunt. meretrice, fecero l'animale del suo nome; acciocch si conoscesse fallo per cagione dooore, ordinarono che l'artefice la facesse senza lingua. Bryaxis Aesculapium et Seleucum fecit; BeBriassi fece la statua di Esculapio e di Seleuco, das, adorantem. Balton, Apollinem, et Junonem, Beda fece uua figura in atto di adorare. Ballo un qui sunl llomae in Concordiae templo. Apolline e una Giunone, le quali figure sono in Roma nel tempio della Concordia. Clesilao fece la figura d uu ferito, che slava Ctesilaus vulneratum deficientem, in quo pos sit iulelligi quauluin restet animae : et Olym tuttavia per morire, in cui si poteva vedere quan pium Pericicm dignuin cognomiue. Mirumque in to restava di vivo ; e Pericle Olimpio degno di

i.4i

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXXIV. quel cognome. Ed cosa raaravigtiosa in questa arte, ch'ella sollev gli uomini nobili a mollo maggiore nobilt. Cefssodolo fece una mirabile Minerva nel porto d'Atene, e un aliare nel tempio di Giove Salvatore nel medesimo porto, a cui poche altre statue si possono agguagliare. Canaco nel Didimeo fece un Apolline ignudo, il quale si chiama Filesio, di bronzo con temperatura eginelica ; e insieme con esso un cervo eoa i pi cos sospesi, che sotto si trae un filo, e potandosi nel suolo or con le dila c or con le calcagna, articola cos le zampe in ambe le parti, che a vicenda le nne dopo le altre risaltano in su. Il medesimo fece fanciulli Celetizonli, ci , che si dilettano a ca valcare. Cherea fece Alessandro Magno, e Filippo suo padre. Desilao fece il Doriforo, e una Amazone fe rita. Demetrio fece una figura di Lisiraache, la quale fu sacerdotessa di Minerva ses'santaquattro anni. Il medesimo fece la statua di Minerva, 1 quale perci si chiama Musica, che i serpenti che sono nella sua Gorgone, risuonano sonandosi la celera. 11 medesimo fece Simone a cavallo, il quale fu il primo che scrisse della disciplina a cavallo. Dedalo anch'esso lodato tra gli statua rii, il quale fece due fanciulli che ai stregghiano 1' un l ' altro. Dinomeno fece Protesilao, e Pilodemo lottatore. Eufranore fece una statna di Alessandro Pa ride, nella quale si loda lo averlo figurato di maniera, che tutte qneste cose insieme si com prendono in esso, com* egli fu giudice delle tre dee, innamorato d 'Elens, e uccisore d ' Achille. Di costui opera la Minerva in Roma, che ai chiama Catoliana, sotto il Capitolio dedicata da Q. Lutezio Catulo; e la statua del Buono Even to, che nella man ritta ha ina tazza, e nella man ca nna spiga e un papavero. Fece anco la statoa di Latona di parto, che ha in collo i bambini Apolline e Diana ; e questa statua nel tempio della Concordia. Fece ancora carrette da quattro cavalli e da due, e nn Cliduco di bellissima for ma : fece la Virt e la Grecia, amendne in forma di colosso, e una donna che ammirando adora. Fece anche Alessandro e Filippo su carrette di quattro cavalli. Eotichide fece nna figura del fiume Eurota, nella qual figura molti giudicarono l'arte istessa pi scorrevole che il fiume. Egia fece alcune staine molto lodate, siceome sono la Minerva, e il re Pirro, e due fanciulli, i quali si dilettano a cavalcare, e Castore e Polluce innanzi il tempio di Giove Tooante. Nella colo nia di Pario 1*Ercole d Isidoro. Eleutereo Licio fu discepolo di Mirone, il quale fece la statua d ' un fanciullo, che soffia nel fuoco che si fpegne, statua degna del suo maestro,

hae arte est, quod nobiles viro* nobiliores feeit. Cepbissodotus Minervam mirabilem in portu Atheniensia ni, et aram ad templum Jovi* Serva tone in eodem portu, coi pauca comparantar. Canachus Apollinem nudum, qui Philesius cognomioator in Didymaeo, aeginetien aeris lemperatora. Cervumqoe una ila vestigiis suspendii, ut linum subter pedes trahatur, alterno morsu digi tis calceque retinentibus solum, ita vertebrato dente ntrisqoe in partibus, ut s repulsu per viees resiliat. Idem et Celetizontas pueros fecit. Chaereas Alexandrum Magnum, et Philippum palrem ejus fecit.

Desilans Doryphoron, et Amazonem vulnera tam. Demetrius Lysimachen, quae sacerdos Mi nervae fuit annis sexaginta quatuor. Idem et Mi nervam quae Musica appellatur, qooniam draco nes in Gorgone ejas d ictus citharae tinnita resonant. Idem eqniiem Simonem, qui primus de equitatu seripsit. Daedalus et ipse inler fictores laudatos, poeros duos destringentes se fecit. Dinomenes Protesilaum, et Pythodemum lucta torem.

Euphranoris Alexander Paris est : in quo laudatur, quod omnia simul intelligantur, judex dearum, amator Helenae, et tamen Achillis in terfector. to ju s est Minerva Romae, quae dicitur Catoliana, infra Capitolium a Quinto Luta lio Catulo dicata : et simulacrum Boni Eventus, dexlra pateram, sinistra spicam au papaver tenens. Item Latona puerpera, Apollinem et Dianam infantes sustinens, in aede Concordiae. Fecit et quadrigas bigasque, et Cliduchon eximia forma: et Virtutem,et Graeciam,utrasque colos seas : mulierem admirantem et adorantem. Ilem Alexandrum et Philippum in quadrigis. Eutychides Eurolam, in quo artem ipso amne liqui diorem plorimi dixere.

Hegiae Minerva Pyrrhusqoe rex lamlatur, et Celetizontes pueri, et Castor et Pollux ante aedem Jovis Tonantis. In Pario colonia Hercules Isidori. Elentberens Lycias Myronis discipolui fuit, qui fecit dignum praeceptore puerum sufflantem languido signes, et Argonautps. Leo chares aqui-

n /,3

C. PLINI1 SECONDI

'4't

bm, sentientem quid rapiti in Ganymede, et cui ferat, parcentcm anguibus etiam per vestem : puerum Antolycon pancratio victorem, propter quem Xenophon Symposion scripsit : Jovemque illum Tonantem in Capitolio, ante cuncta lauda bilem : item Apollinem diadematum. Lyciscus Lagonero puerum subdolse ac fucatae vernilitatis. Lycus et ipse puerum suffitorem.

e gli Argonauti. Leocare fece k statua d 'o sa aquila, b quale pare cbe s1accorga quello ch'ella rapisce nel rapir Ganimede, e a cbi lo porto; la quale oon l'unghie non che ne offenda il corpo, ma non pare i panni. Fece anche Antolioo fanciullo vincitore nel pancrazio, per lo qaale Senofonte scrisse il Simposio, e quel Giove Tooanle in Capi tolio, lodato sopra tolte V altre cose. Fece anco Apolline col diadema. Liciaco fece Lagone faociullo dapparente aspetto di servo giullare. Lieo anchegli fece un altro fanciullo che sofia. Menecmo fece an vitello, il qaale presalo Menaec.hmi vitulus gena premitor, replicata cervice : ipseqne Menaechraus scripsit de sua arte. da ginocchio, e tiene il collo ripiegato : et mede simo scrisse dell* arte sua. Naucide fece un Mercurio, e nn che soglia Naucydes Mercurio, et Discobolo, et immo* il disco, e an che sacrifica nn montone, figure lanie arietem censetur. Nauceruslnctalorero anhe lantem fecit. Niceratus Aesculapium, et Hygiam, molto lodate. Nauoero fece nn lottatore, che an sa. Nicerato fece Esculapio e Igia, i qoali sono a qui sunt in Concordiae templo Romae. Roma nel tempio della Concordia. Pyromachi quadriga regitur ab Alcibiade. La carretta di quattro cavalli, governala da Polycles Hermaphroditum nobilem fccit. Pyrrhus Alcibiade, opera di Piroraaeo. Poliele fece an Hygiam, el Miuervam : Phoenix Lysippi disci bellissimo Ermafrodito. Pirro fece Igia e Miner pulus, Epithersen. va ; e Fenice discepolo di Lisippo fece Epiterse. Stipax Cyprius ano celebratur signo, SplanStipace Cipriolto lodato per la sola statua di chnople. Periclis Olympii vernula hio fuit, exta Splaocnotte. Costui fu servo di Pericle Otta pio, torrens, ignem oris pleni spirita accendens. Sila- ed in atto di arrostire carne, e di accendere il nion Apollodorum fudil, fictorem et ipsum, sed fuoco con soffiarvi entro. Silauione fece la statua inter cunctos diligeniissimum artis, et inimicum d Apollodoro, il quale fu scultore anch1 esso, sui judicem, crebro perfecta signa frangentem, ma fra gli altri diligentissimo, e giudice nimico dura satiari cupiditate artis nou quit, et ideo di s stesso, e che spesso rompeva le statae che insanum cognominatum. Hoc in eo expressit, nec aveva fatte, mentre che non poteva saziare la hominem ex aere fecit, sed iracundiam : Achillem cupidigia dell* arte; e per ci fa cognominato nobilem. Item Epistaten exercentem athletas : pazzo. Questo atto dunque espresse nella prefata Slrongylion, Amazonem, quam ab excellentia statua, che gli riusc non nn uomo, ma un vero crurum Eucnemon appellant, ob id in comitatu ritratto dell iracondia. Feee auche an bellissimo Neronis principis circumlatam. Itero fecit pne- Achille: Epistrate, chesercita gli atleti: Slronrura, quem amando Brutus Philippensis cogno gilio ne Amazone, li quale per le bellissime gam mine suo illustravit. be ch'ella aveva fuchiamata Eucoemo; e per ci Nerone imperadore se la faceva portare appresso dovunque egli andava. Fece anoora a fanciullo, il quale amalo da Bruto Filippense, fu celebre pel cognome ehe prese di lai. Theodorus, qui labyrinlbum fecit Sami, ipse Teodoro, che fece il labirhtto in Samo, for se ex aere fudit, praeter imililudinem mirabilem m ancora s stesso di brouxo ; e oltre la mira fama magnae subtilitatis celebratus. Dextra limam bile somiglianza, celebrato per fama di gran tenet, laeva Iribus digitis quadrigulam tenuii, sottigliezza. Egli con la mao ritta tieoe la lima, 4rauslatam Praeuesle, tantae parvitatis, ut totam e con la mauca con tra dita tieue una carretta tirata da quattro cavalli: fu trasportato da Preneeam currumque et aurigam integeret alis simul ste, ed tanto piccolo, cbe lutto il carro, i caval facta musca. li e il carrettiere copriva uua mosca eon l'ali fatta insieme col resto dell' opera. Senocrate discepolo di Tisicrale, o, come vo Xenocrates Tisicralis discipulas, ant, nt alii, Eulhycratis, vicit utrosque copia signorum, el de gliono alcuni, d 'Eolicrate, vinse 1' ano e l ' altro in quantit di statae, e compose libri della sua ua arte composuit volumina. arte. Pi artefici scolpirono la battaglia di Alalo ed Pluresartifices fecere Attali et Eumenis adver-

>>45

HISTORIARUM MUNW MB. XXXIV.

,4 0

us Gallos proelia : Isigonus, Pyromachus, Siri* Ionicus, Antigonus, qui condidit volninioa de sua arte. Bolhi, quamquam argento meliori, io fons eximie anserem strangulat.. Atque ex omnibus, qoae retuli, clarissima quaeque jam sunt dicata a Vespasiano priocipe in tempio Pa cis, aliisque ejus operibus, violentia Neronis in Crbem convecta, et in sellariis domus aureae dis posita. Praeterea sunt aequalitate celebrati artifices ; aed nullis opernm suorum praecipui. Ariston, qui I argentum caelare solitus est : Calliades, Cie* aias, Cantharus Sicyonius, Dionysodorus Critiae discipulus, Deliades, Euphorion, Eunicus, et HeCalaeos, argeuti caelatores : Lesbocles, Prodorus, Pythodicus, Polygnotus: iidera pictores nobilis simi. Ilem ex caelatoribus, Stratonicus, Scymnus, qui fuit Critiae discipulus. Nunc perceusebo eos, qui ejusdem generis pera fecerunt, ut Apollodorus, Androbnlus, Asclepiodorus, Alevas, philosophos: Apellas et adorantes feminas: Antigonus el Perixymeooo, tyrannicidasqae supra dictos : Antimachus, Athe nodorus feminas nobiles : Aristodemus et loda tore, bigasque oum auriga, philosophos, anas, Seleucnm regem. Habet gratiam suam hujos quo que Doryphorus. * Cephissodoti duo fuere: prioris est Mercu rios, Liberum patrem infantia nutriens. Fecit et coocionaotem manu elaia : persona in incerto est. Sequens philosophos fecit. Colotes qui cum Phi dia Jovem Olympium fecerat, philosophos. Item Cleon, et Cenchramis, et Callicles, et Cepbis: Cbalcosthenes et comoedos, et athletas.

Dahippns Paralyomenon. Daiphrou, et Demo critus, et Daemon, philosophos. fcpigonus omnia fere praedicta imitatus prae cessit io lubicine, et matri interfectae iufante miserabiliter blandienle, el Eubolide, digitis computante. Mieoo athlelis spectator: Menogenes, qua drigis. Nee miout Niceratus omnia, quae celeri, adgressus, repraesentavit Alcibiadem, lampadeijue accensa matrem ejus Demaratem sacrilieauleu. Tisicratis bigae Piston mulierem imposuit, ldemque fecit Marlem et Mercurium, qui sunt in Concordiae templo Romae. Perillum nemo laudai saeviorem Phalaride tyranno, cui taurum fecil, mugitus hominis pollicitus igae subdito, et

Eumene contra i Galli, cio Isigono, Piromaco,, Slratonico, e Antigono, il qaale compose anche esso libri della sua arte. Boeto, bench fosse mi glior maestro in argento, feee on fanciullo ehe strangola on' oca. Di tutte quelle cose, eh' io ho racconte, le pi illustri sono dedicate io Roma da Vespasiano imperadore nel tem p io della Pace, e in altre sue fabbriche, avendole prima la vio lenza di Nerone condotte nella citi, e poste a ornare la sua casa d 'oro. Oltra di ci sono artefici che tengono on gra do eguale, ma non sono celebrali per alcana dell' opere loro. Aristone, il quale soleva scolpire in argento, Calliade, Ctesia, Cantaro Siciooio, Dionisodoro discepolo di Crilia, Deliade, E ufo* rione, Eunico ed Ecateo, scultori drgento. Lesbocle, Prodoro, Pitodico e Poligooto furono ancora nobilissimi pittori. Furono scultori Siratouico, e Scinno, che fu discepolo di Crilia. Ora racconter quelli che fecero opere delta medesima sorte, siccome furono Apollodoro, An^ drobolo, Asclepiodoro, Aleva, i quali fecero filo* sofi: Apella fece anehe femmine io alto di adorare^ Antigono fe1anche Parissiomeno e i sopraddetti oceisori detiranni. Antimaco e Atenodoro donne nobili. Aristodemo fece lottatori, carrette di duo cavalli col carrettiere, filosofi, vecchie e il re Se leuco. E anco il Doriforo di costai ha moll grazia. Furono due, che si chiamarono Cefissodolit il primo fece Mercorio, che allieva Bacco nella sua faociullexza. Fece ancora uno, che parlamenta eoo la mano alzata, il quale non si sa chi ei si sia. L altro fece filosofi. Colote, il qual# insieme con Fidia aveva fatto il Giove Olimpio, fece statue di filosofi. Cos fecero ancora Cleone e Cencrami, e Callide e Cefi : Calcoslene fece ancora comici e lottatori. Daippo fece Paraliomeno : Daifone, Democri to e Demone fecero figure di filosofi. Epigono avendo imitato quasi tutte le pre dette cose avant ogni altro in un trombetta, e io un bambino che miserabilmente vezzeggia la madre morta, e in Eubolide che fa conto con le dita. Mieooe fu eccellente in fare atleti, e Menogene io carrette di quattro cavalli. Nicerato anch' egli si sforz di fare tulle le cose, che avevano fatto gli altri, e fece Alcibiade al oaturle, e Demarate soa madre, la quale sa crifica co' lumi accesi. Tisicrale fece una donna chiamala Pisto sopra la carrella. Ei medesimo fece Marte e Mercurio, i quali sono in Roma nel tempio della Concordia. Non c' niuno che Iodi Perillo assai pi crudele di Falarirle tiranno, al qnale egli fece un toro,

i4?

C. PLINII SECUNDI

1148

prima* eam expertas cruciatum justiore saevitia. In hoc a sim alacris deam horainamque devocave rat humanissimam artem, ldeone tot conditores ejas elaboraverant, at ez ea tormenta fierent ? Ita que una de caasa servantur opera ejus, ut quisquis Ula videat, oderit manus.

Sthenis Cererem, Jovem, Minervam fecit, qui annt Romae in Concordiae templo. Idem flentes matronas, et adorantes, sacrificantesque. Sirnon canem et sagittarium fecit. Stratonicns caelator ille philosophos : Scopas ulraque. Athletas autem, et armatos, et venatores, sacrificantesque, Balton, Euchir, Glaucides, Helio* dorus, Hicanus, Lophon, Lyson, Leon, Meaodorus, Myiagrus, Polycrates, Polydorus, Pytbocritas, Protogenes, idem pictura clarissimus, ul dicemus : Patrocles, Polis, Posidonius, qui et ar gentum caelavit nobiliter, natione Ephesius, Pe* riclymenus, Philon, Siroenus, Timotheus, Theoranestus, Timarchides, Timon, Tisias, Thrason. Ex omnibus autem maxime cognomine insi gnis est Callimachus, semper calumniator sui, nec finem habens diligentiae, ob id Cacizotechnos appellatus, memorabili exemplo adhibendi carae modum. Hnjus sunt saltantes Lacaenae, emenda tum opus, sed in qao gratiam omnem diligentia abstulerit. Hunc quidam et pictorem fuisse tra dant. Non aere captos, nec arte, anam solummodo Zenonis statuam Cypria in expeditione non vendidit Cato, sed quia philosophi erat, ut obiter hoc quoque noscatur tam inane exemplum.

In mentione statuarum est et ana non prae* tereunda, quamqnam auctoris incerti, juxta Ro stra, Herculis tunicati, oetaeo habitu, Romae, torva facie, sentieuleque suprema in tunica. In hac tres sunt tituli : L. Luculli imperatoris, de tnanubiis : alter, pupillum Luculli filium ex se natusconsulto dedicasse : terlius, T. Septimium Sabinum aedilem curulem ex privato in publicum restituisse. Tot certaminum tantaeque dignatio nis simulacrum id fuit.

promettendogli ehe mettendovi sotto il foco mug girebbe. Ma esso fa il primo che prov questo tormento, con giustissima crudelt del tirioao, poich'egli aveva tradotta l'arte umanissima dal fare dei ed nomini, a questa spietata invenzione. S 'erano dunque affaticati tanti artefici di quell ' arie, acciocch con essa si componessero tor menti? Per questa cagione adunque si conservano l'opere sue, acciocch qualunque le vede, gli porti odio. Steni feCerere, Giove, e Minerva, i quali sooo in Roma nel tempio della Concordia. 11 medesimo fece matrone piangenti, adoranti, e sacrificanti. Simone feee un cane e un arciere. Stratonico lo scultore fece filosofi ; e I* uno e I' altro fe' Scopa. Atleti, uomini armati, cacciatori, e sacrificanti gli fecero Battone, Euchire, Glaucide, Eliodoro, lcano, Lofone, Lisooe, Leone, Menodoro, Miiagro, Policrate, Polidoro, Pitocrito, e Protogene, cbe fu chiarissimo ancora nella pittura, come dicem mo : Patrocle, Poli, Posidonio, il qaale scolp no bilmente in argento, e fu da Efeso ; PericKmeuo, Filone, Simeno, Timoteo, Teonnesto, Timarchide, Timone, Tisia e Trasone. Fra tutti questi molto illustre anche pel sao cognome, Callimaco, il quale sempre si biasimava da s stesso, e non finiva mai d* usare diligenza nelle sue cose, e perci chiamato Cacizotecno; il che vale per esempio, che anche in ogni pi gran cura ' ha da usare moderzione. Costui tefce le donue Spartane che ballano, opera forbita, ma per tale, che la diligenza le lev tutta la grazia. Alcuni dicono che costui fu ancora pittore. Ca tone nella espedizione di Cipri, noo perch egli fosse invaghito del bronzo, n dall' arte, non vend neppure una statua di Zenone, ma perch'el la era d ' un filosofo, per non passare ancora que sto esempio, sebbene di poco rilievo. Nel ragionarsi delle statue, una ve n ' , la quale non merita d'essere passata con ailenzio, aocora .he non si sappia chi la facesse, e questo un Ercole eh' ne1 Rostri in Roma, vestito di lungo abito di roba elea, con una cera b r u s c a , che pare che senta le pene estreme c a g i o n a t e g l i dalla veste velenata. In questa statua sono tre ti toli: uno di L. Lucullo generale d'esercito, cbe accenna essersi fatta delle spoglie nemiche : il se condo dice che nn figliuolo pupillo di Lucollo la dedic per ordine del senato : il terzo titolo dice, come T. Settimio Sabino edile curule di loogo privato l ' ha messa io pubblico. Di tante contese e tanta dignit fa questa statua.

>49
D lF F E R B R ttA B

HISTORIARUM MONDI LIB. XXXIV.


a b r is , s t m ix t c r a b .

n5o

De

ptropo.

DlFFERBNZB B m i s t u r e DEL RAMB. D e l p i r o p o .

D b COMPARO AERE.

D bl r a m b C a m p a n o .

XX. 9. Nunc revertemur ad differentias aeris XX. g. Ritorneremo ora alle differenze e mi e l mixturas, lu Cjprio coronariam tenuator in sture del bronzo. Nel Cipriolto il coronario, laminas taurorumque felle tinctam, speciem aari che s 'assottiglia in piastre, e tinto con fiele tao* in coronis hislrionam praebet. Idemque in oneias rino pare che sia oro, e fassene corone per gl* iadditis auri scrupulis senis, praetenui pyropi strioni. Il medesimo, mettendo sei scrnopoli d obractea ignescit. Regulare et in aliis fit metallis: ro in un' oncia d' esso, con sottile foglia di piropo itemque caldarium. Differentia, quod caldariam s 'infuoca. 11 regolare si fa eziandio nell' altre iiindilur tantum, malleis fragile, quibas regulare mioiere. C' differenza ancora, che quello che si obsequitur, ab aliis ductile appellatum, quale chiama caldario solamente si fonde, ma non regge omne Cyprium est. Sed et in ceteris metallis, al martello, al quale regge il regolare, da alcuni cura disiai a caldario. Omne enim purgatis dili chiamato duttile, siccome tutto quello di Cipri. gentius igni vitiis, excoctisque, regulare est. In Ma ancora in tulle le cave s'usa una cura diffe reliquis generibus palma Campano. Simile in rente da quella che usasi rispetto al caldario, per multis parlibus Italiae, provinciisque. Sed octonas ciocch qualunque rame, colto di maniera che sia plumbi libras addunt, et bene recoquunt propter ben purgato da ogni vizio, regolare. Nell'altre spe inopiam ligni. Quantum ea res differentiae adfe- cie i migliore il Campano. Simile in molte parli rat, in Gallia maxime sentitur, ubi inter lapides d ' Italia; e in altri paesi. Ma v'aggiungono otto candefactos funditur. Exurenle enim coolura ni libbre di piombo, e ricooconlo ad agio per care grum atque fragile conficitur. Praeterea semel stia di legne. Quanto ci faccia differenza, si co* recoquant: quod saepius fecisse, bonitati pluri nosce in Francia, dove egli si fonde tra le pietre mum confert. Id quoque notasse non ab re est, roventi. Perch ardendolo, perla cottura si viene aes omne frigore magno melius fundi. a far nero e fragile. Oltracci ricooconlo una volta, ma molto migliore, se ci si fa pi volte. N anche fuora di proposito saper questo, come ogni rame si fonde meglio per lo gran freddo. La segoeote tempera per le statue, e per le Sequens temperatura statuaria est, eademque tabularis, hoc modo : massa proflatur in primis : lavole ancora, in questo modo. Prima si fonde la mox in proflatum additur tertia por li q aeria col massa, poi in quella materia gi fonduta si mette lectanei, hoc est, ex usu coempti. Peculiare in eo il terzo di rame colleltaneo, cio di quello osato condimentum adtrilu domili, et consuetudine ni* che si compera. E peculiare e proprio condimento torre del logoro e usato, e ehe per l ' adoperarlo toris veluli mansuefacti. Miscentur et plumbi ar gentarii pondo duodena ac selibrae, centenis pro siasi fatto lucente. Mescolano ancora dodici libbre flati. Appellatur eliamnum et formalis tempera e mezza di piombo argentario in cento libbre di tura aeris tenerrimi, quoniam nigri plumbi de fonduto. Chiamasi ancora formale nna tempera cima portio additur, et argentarii vicesima : ma di rame tenerissimo, perch vi s' ggiugoe la de xi me q u e ita colorem bibit, quem Graecanicum cima parte di piombo nero, e la ventesima di vocant. Novissima est, quae vocatur ollaria, vase piombo argentario; e cosi specialmente bee il nomen hoc danle, ternis aut quaternis libris colore che si chiama Grecanico. L 'ultima la tempera, che si chiama ollaria, la quale piglia plumbi argentarii in centenas aeris additis. Cy prio si addatur plumbum, colos purpurae fit in tal nome dal vaso : in questa si mettono tre o quattro libbre di piombo argentario in cento statuarum praetextis. libbre di rame. Se al rame Ciprio s aggiogne piombo, vi nasce colere di porpora, il quale s'usa nelle preteste delle statue. Db s e r v a n d o
aere.

D el m o d o d i c o n s e r v a r e i l r a m e .

X X I. Aera extersa rubiginem celerius trahunt, XXL I rami forbiti irruginiseono pi tosto che quam neglecta, nisi oleo perungantur. Servari ea gli altri, se nou s 'ungono con l ' olio. Dicesi che optime in liquida pice tradunt. Usus aeris ad si conservano benissimo nella pece liquida. 11 perpetuitatem monumentorum jampridem trans- rame utile a perpetuare la memoria delle cose,

C. PUNII SECUNDI la Ius est, tabulis aereis, in qnibn publicae con stitutiones inciduntor.
D * CADMIA.

u5s

e p e r c i le o r d in a z io n i p u b b lic h e s i n t a g lia n o in ta v o le d i r a m e .
D ella
c a d m ia .

io. 1 metalli del rame ci porgono me XXII. io. Metalla aerie mallis modis instruant XXII. dicina in molti modi, e massimamente perch medieinam, nipote qaam ulcera omnia ibi ocis sime sanentur. Maxime tamen prodest cadmia. ogni nascenza e malore con essi subito guarisco* F it sine dubio haec et in argenti fornacibus, can no. Ma soprattutto giova la cadmia. Questa senza dubbio si fa ancora nelle fornaci dello argento, didior ac minas ponderosa, sed nequaquam com paranda aerariae. Plura aulem genera sunt. Nam- ed pi bianca, e pesa meno, ma non punto que ut ipse lapis, ex quo fit aes, cadmia vocator, d agguagliarsi a quella del rame. Di questa ce n fusuris necessarius, medicinae inutilis : sic rtfrsus sono pi sorti, perciocch la pietra stessa, di cui Sn fornacibus exsistit, aliamque nominis sui ori- si la il rame, si chiama cadmia, ed necessaria al finem recipit. Fit anlem egesta flammis atque fondere, ma iuutile alla medicina. Questa si trova flaln tenuissima parie materiae, cameris laleri- anche nelle fornaci, e riceve da un' altra origine 3 busve fornacum pro quantitale levitali* applicata. suo nome. Fassi della pi sotlil parte della mate Tenuissima est in ipso fornacum ore, qua fiam* ria, mandata fuori dalle fiamme e dal fiato, la nae eructantur, appellata capnilis, exusta, et quale resta appiccata o alla volta, o alla parete iiimia levitate similis favillae. Interior optima, della fornace, secondo che pi o meno leggeri. cameris dependens, et ab eo argumento botryitis La pi sottile nella bocca stessa della fornace, cognominata: ponderosior haec priore, levior donde le fiamme si sforzano d' uscire, chiamala eculoris. Duo ejus colores: deterior cioereus, capoile: riarsa, e per troppa leggerezza simile puniceds melior, friabilis, oculorumque medica alla favilla. ottima quella di dentro, che pende mentis utilissima. Tertia est in lateribus forna- dalle volte, e perci si chiama bolrile : questa cum, quae propter gravitatem ad cameras perve pesa pi che la prima, ed i pi leggeri dell'altre nire non potuit. Haec dicitnr placiti, el ipsa ab che seguono. Due sono i suoi colori, il pi cattivo ^argumento. Plana enim crosta est verius, quam il cenerognolo, il purpureo i migliore. facile pumex, intus varia, ad psoras utilior, et ad cica a stritolarsi, e utilissima alle medicine degli ootrice! trahendas. Flunnt ex ea duo alia genera : chi. La terza appiccata ne* lati delle fornaci, la onycbitis extra paene caerulea, intus onychis ma quale per la sua gravezza non pot aggiuguere culis similis. Ostracitis tota nigra, et e celeris alle volici Questa la piacili, cos chiamala an'sordidissima, vulneribus maxime ulilis. Omnis eh' essa per la sua natura. Perocch pi tosto -autem cadmia in Cypri fornacibus optima, ite- una costa piana, che non pomice, dentro varia, rumque a medicis coquitur carbone puro, atque mollo utile alla rogna, e a risaldare le margini. ubi in cinerem rediit, extinguitur vino amineo, Da questa ue vengono ancora due altre sorti, quae ad emplastra praeparator: quae vero ad cio l'onichite, che di fuori quasi verde, e psoras, aceto. Qoidam in ollis fictilibus tusam dentro smile alle macchie del serpentino. L ofunt, c lavant in mortariis, postea siccant. stracile tutta nera, e pi sporca di tutte Taltre, ina mollo utile alle ferite. Nondimeno ogni cad mia nelle fornaci di Cipri ottima, la quale di nuovo si cuoce da'medici con carbon puro ; e co me ritorna in ceuere, si spegne col vino amineo; questa quella che si ordina per gli empiastri: quella che s'adopera alla rogna, s 'estingue con 1'aceto. Certi l ardono pesta in pentole di terra, e la lavano ne' mortai, poi la seccano. Mufodoro arde sui carboni questa pietra, che Nymphodorus lspidem ipsum quam gravissi mum spississimumque urit pruna, el exustura pur gravissima, e sodissima, e arsa la spegne col vino chio, e pestala, dipoi la staccia cou uua pez chio vino restinguit, lunditque, mox liuleo cri brat, atque in mortario terit, mox aqua pluvia z a , e pestala nel mortaio, poi la melle a molle in macerat, ilerumque terit quod subsidii, dooec acqua piovaua, e di nuovu torna a pestare quello cerussae simili fiat, nulla dentium offensa. lia- die va al fondo, finch si fa situile IL biacca, senza dem lollae actio : sed quam purissimum lapidem alcuna offesa de' denti. Il medesimo fa lolla, uia eligit. sceglie perci pietre purissime.

1x53
U lD I C I U I U

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXXIV.


BA IT . AbRIS O R I BPFBCTUS
ir m b d ic ir a .

M e d i c u s , c h e sb r e f a r r o , i 5. E f f e t t i i r MCDICIRA DEL RAME BRUCIATO.

XXIII. Cadmile effectus siccare, persanare, XXIII. Lo effetto della cadmia seccare, sa abiere fluxione*, plerjrgU el sordes oculorum nare, fermare i flussi, guarire le pellicole, che si purgare, cabritiem extenuare, el quidquid in sfogliano intorno alle unghie delle dita, e parplumbi effectu dicemus. Et es ipsum ad omnia gare le sporchezze degli occhi, e fare ci che noi eadem uritur : praeterque, albugines oculorum et diremo nello effetto del piombo. Ardesi ancora cicatrices. Ulcera quoque oculorum cum lacte il rame per tutte le medesime cose, faor che per aanat, idque Aegyptii collyrii modo terunt in le albugini e margini degli occhi. Col latte gua coticulis. Facit et vomitiones e melle sumptum. risce ancora gli ulceri degli occhi, e gli Egizii lo Uritur autem cyprium in fictilibus crudis cum pestano in pietre a modo di collirio. Preso col nlphnris pari pondere, circumlito spiramento, mele provoca il vomito. Il rame Ciprio s 'abbru in caminis, donec vasa ipsa percoquantur. Qui cia in vasi di terra cruda con pari peso di solfo : dam et salem addant, alii alumen pro sulphure, il vaso si cura bene, e si mette nella fornace tanto alii nihil, sed acelo tantum aspergunt. Ustum che il vaso stesso si cuoca. Alcuni v aggiungono teritur mortario Thebaico, aqua pluvia lavatur, sale, e chi allume in cambio di zolfo, e chi non vi mettono nulla, ma solamente lo bagnano daceto. ilerumqua adjecta largiore teritur, et dum consi dat, relinquitor i hoc saepius, donec ad speciem Come egli arso, lo pestano in mortaio Tebaico, minii redeat. Tone siccatam in sole, in aerea e lavanlo con acqua piovana, e di nuovo con pi pyxide servatur. acqua lo pestano, e lascianlo tare fin che va al fondo, e questo fanno spesso, finch diventa come minio. Allora lo seccano al sole, e poi lo serbano in bossolo di rame.
D
b sc o r ia a e b i s .

ella

s c o r ia

dbl

ram b.

XXIV. i i . Et scoria aeris simili modo lava XXIV. il . Lavasi ancora la scoria del rame tur, minore effectu, quam aes ipsum. Sed et aeris nel medesimo modo, con minore effetto eh* esso flos medicinae utilis est Fit aere fuso, et in alias rame. Ma il fiore del rame anch' esso utile alla fornaces translato : ibi flatu erebriore excutiantur medicina. Fassi del rame fouduto, e trasferito velut milii squamae, quas vocant florem. Cadunt neirsltre fornaci : quivi spesso soffiando ne esco autem, quum panes aeris aqua refrigerantur rn- no come scorie di miglio, le quali si chiamano bentque. Similiter ex eis fit, quam vocant lepida, fiore. Caggiono quando i paci del rame si raf et sio adulteratur flos, ut squama veneat decussa freddano eon P acqua, e rosseggiano. Fassi pari vi clavis, in qnos panes aerei ferromiiientur. In mente d* essa ona certa cosa, che si chiama lepi Cypri maxime officiai* omnia. Differentia haec da, con che il fiore si falsifica, talch in cambio d 'esso veodesi codesta scaglia, che scossa dalla est, quod squama excutitur ictibus iisdem pani forza de1 chiodi, coi quali i pani del rame si bus : flos cadit sponte. uniscono. Tutte queste cose si fanno principal mente nelle officine di Cipri. La differenza que sta, che la scaglia si spicea da* pani battendogli, mentre il fiore cade da s medesimo. Da
s t o b o n a t b a b b is : m e d ic ir a b b x h i s , x l v i i . D ello
sto m o m a te dbl

ram e :

m b d ic im

CHE s e HE FARRO,

fyj.

XXV. Squamae est alteram genas subtilius, XXV. Ci un'altra sorte di scaglia pi sot ex summa scilicet lanugine decussum, quod vo tile, la quale cade dalla superficie della sua lana, cant stomoma. Atque haec omnia medici | quod e chiamante stomoma. Tutte queste cose ( e ci pace eoram dixisse liceat) ignorant, pars major sia detto con bnooa pace loro ) sono incognite ai et nomina : in tantam a conficiendis medicamini medici, e buona parte d essi non sanno pure i bus absunt, qaod esse propriam medieioae sole nomi ; tanto sono lontani dal saper comporre bat. Nunc qooties incidere in KbeHos, oomponere medicami, bench ci soleva esser proprio delta ex bis volentes aliqua, hoc est, impendio misero* medicina. Ora quando s abbattono a qualche Piaaio 1. M ., V o l. U .

C. PLINII SECUNDI ram experiri commentaria, credant Seplasiae omnia fraadibus corrumpenti. Jam qoidem facta emplastra et collyria mercantor : tabesque mer cium, aut fraos Seplasiae sic exteritor.

n56

E t squama autem et flos uruntor in patinis fictilibus aut aereis, deinde lavantur, ut supra, d eosdem osos : et amplios ad nariom carnosa T i t i a : ilemque sedis : et gravitates aurium, per fistulas in eas flatu impulsa : et uvas oris, farina admota. Tollit et tonsillas cum melle. Fit et ex candido aere squama longe Cypria inefficacior. Nec non urina pueri prius macerant clavos, panesque. Quidam vero excussam squamam terunt, et aqua pluvia lavant. Dant et hydropicis eam duabos drachmis in mulsi hemina et illinunt cum polline.

libro, desiderano comporre alcuna cosa secondo quelli, ovvero alle spese de miseri Care qualche esperimento, e credono alla Seplasia ( ci sono i profumieri di Capua ), che con ogni fraude tatto queste cose corrompe. Comperano empiastri collirii gi fatti, e la faccia delle merci ; o la (ro de della Seplasia cos rimane occolta. La scaglia e il fiore i 1 ardono in T a s i di rane o di terra, dipoi si lavano, come abbiamo detto di sopra, e per le medesime cose. Oltra di ci sono utili a* visii carnosi delle nari e del fonda mento, calla gravezza degli orecchi, oe'quali per bucciuolo col soffio ai mettono, e agli ulceri della bocca con la farina. Col mele guarisce la senici. Fassi anche di rame candido una scagha che ha manco virt assai che la Cipria, e prima macerano con orina di fanciullo i fignoli e i pani. Alcuni pestano la scaglia, e iavanla in acqua pio vana, e dannola a' rilruopichi a peso di do dramme in un' emina di vin melato, e franose empiastro con fiore di brina.
D
ella

A e BUGO : MKDICIRAB BX BA, XVII.

r u g g i r e . M e d ic i h e ,

ij

Di grande utilit ancora la ruggine, XXVI. Aeruginis qnoqoe magnas osos. Sed XXVI. pluribos fit ea modis. Namque et lapidi, ex qoo ma fassi in pi modi ; perciocch si rade dalle coquitor aes, deraditor : et aere candido per pietre, delle quali si fa il rame, e anco del rame forato, atque in cadis saper acetum sospenso, candido forato, e sospeso in vasi sopra Faceto, aereo obturatis operculo: molto probatiore, quam e turato con coperchio di rame; e questo m o l t o si hoc idem squamis fiat. Quidam vasa ipsa can migliore che quello che si fa delle scaglie. Alcuni didi aeris fictilibus condant iu aceto, radontque mettono i T a si di rame bianco in vasi di terra x die. Alii vinaceis contegont, totidemqoe post con aceto, e radongli il decimo giorno. Altri dies radant. Alii delimatam aeris scobem aceto cuoprono d i T i n a c c ia , e dopo altrettanti di gli spargunt, vercantqae spathis saepius die, donec radono. Altri bagnano d aceto le tagliatore del absumator. Eamdemqoe scobem alii terere in rame limate, e spesse T o lte il d le rivolgono, fino mortariis aereis ex aceto maloot. Ocissime T e r o a c h e si consonai. Alcani altri pestano piottosto contingit coronarium recisamentis in acetom ad la medesima ritagliatora ne' mortai d i rame con ditis. Adulterant marmore trito maxime Rhodiam aceto. 11 coronario irroginisce tosto, mettendo le aeruginem, alii punice, aot gommi. Praecipue riciditure nello aceto. Falsificasi la ruggine, e aotem fallit atramento sutorio adulterata. Cetera massimamente la Rodiaoa, col marmo pesto. Altri enim dente deprehendantur, stridentia in fren fanno ci con pomice o con gomma. Moltissimo dendo. Experimentum in batillo ferreo. Nam i n g a n n a q u e l l a , eh1 f a l s i f ic a ta con la tinta nera quae sincera est, suam colorem retinet : quae de c a lz o l a i, perch l ' altre si conoscono al dente, mixta atramento, rubescit. Deprehenditor et stridendo nel masticarle. Lo esperimento si fa con papyro, galla prios macerato : nigrescit enim sta p a l e t t a di ferro. Perciocch quella, eh' schietta, tina aerugine illita. Deprehenditur et visu, mali ritiene il suo colore ; quella eh' mescolata eoo gne virens. Sed sive sinceram sive adulteratam, la tinta, rosseggia. Conoscesi ancora col papiro aptissimum est siccatam in patina nova uri et m a c e r a t o prima nella galla, perch subito si fa versari, donec favilla fiat: postea teritur et recon nero per la ruggine stropicciata. Conoscesi an ditur. Aliqui in erodis fictilibus oront, donec cora alla rista, perch ha cattivo color verde. Ma figlinum percoquatur. Nonnulli et thus masculum o schietta, o contraffatta, bene seccarla, e ar admiscent. Lavatur autem aerugo, sicut cadmia. derla in un vaso nuovo, e rivolgerla tuttavia fin cb' ella diventi cenere : dipoi si pesta e ripoasi. Alcuni l ardono in vasi crudi di terra, fino che i vasi ancora si cuocaoo. Alcuni mescolano ancora incenso maschio. Lavaiene g ii la raggine cometa cadmia.

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXXIV. Vi* ejos collyriis ocotoni m aptissima, delacryroationibus mordendo proficiens. Sed ablni necessarium penicillis calidis, donec rodere de sinet.
H n u a ti.

n& ft

La sua virt ottima nelle medicine degli occhi, e mordendo giova alle lagriraazioni. Ma necessario bagnare co penelli caldi fio che lasci di rodere.
D ell'
ib b a c io .

XXVII. Hiencium vocatur collyrium, qaod XXVII. C un collirio, che si chiama ieraeio, ita maxime constat: temperatnr autem id am il quale massimamente si fa nel detto modo, e moniaci unciis quatuor, aeruginis cypriae dua temperasi con quattro oncie di ammoniaco, e due bus, atramenti satorii, quod cbalcantbum vocant, di raggine cipria, e altrettante di tinta da calzo totidem : misyos vero nna, croci sex. Haec omnia lai, che si chiama calcanto, e una di misio, e sei trita aceto Thasio colliguntur in pilulas, excel di zafferano. Tutte qoesle cose peste s'impiastra lentis remedii, eontra initia glaucoma tura et suf no con l ' aceto Tasio, e fassene pillole ; il che fusionum, contra caligines, et scabritias, et albu ottimo rimedio quando il colore cristallino degli gines, ae genarum vitia. Cruda aatem aerugo occhi comincia a farsi verde, e eontra i bagliori vulnerariis emplastris miscetur. Oris gingivarnm- degli occhi, e lasprezza, e i pani, e eontra ogni que ulcerationem mirifice emendat, et labiorum difetto delle palbebre. La ruggine cruda si mette ulcera cum oleo. Quod si et cera addatur, pur negli empiastri da ferite, e mirabilmente guarisce gat, et ad cicatricem perducit. Aerugo et callum le esulcerazioni della bocca e delle gengie, e gli fistularum erodit, vitiornmquequae circa sedem, ulceri delle labbra con l ' olio ; e se vi ' aggiugne sive per se, sive cum ammoniaco illila, vel collyrii cera, purga e salda. Rode ancora il callo delle fi modo in fistulas adacta. Eademque cum resinae stole, e de' mali che sono intorno al fondamento, terebinthinae tertia parte subacta, lepras tollit. o di per s, o con l ' ammoniaco, o in forma di collirio, meltendola nella fistola ; e mettendovi la terza parte di trementina, guarisce la lebbra.
S colbx m u : n b d i c i h a b b x b o , x v i i .
D b l l a s c o l e c i a d b l b a v e : m b d ic ib b , 17.

XXVIII. 12. Est et alteram genus aeruginis, XXVili. ia. C anco unaltra specie di rug vocant scoleciam : in Cyprio aere hoc, trito gine, la quale si chiama scolecia. Questa si fa in alumine et sale, aut nitro pari pondere, cum aceto mortaio di rame Cipriotto con allume pesto e albo quam acerrimo. Non fit hoc nisi aestuosissi sale, o nitro per egual parte con aceto bianco mis diebus circa Canis ortum. Teritur autem do fortissimo. N si fa se non ne' d caldissimi, e in nec viride fiat, contrahatque se vermiculorum torno il nascimento della Canicola, e pestati fin specie, unde et nomen. Quod vilium ut emende che diventi vferde, e ritirisi a guisa di vermini, tur, duae partes quae fuere aceti, miscentur urina onde ha preso il nome. S 'ella poco efficace o pueri impubis. Idem autem in medicamentis et non colorata, vi si mette due parti pi che non santerna efficit, qua diximus aurum ferruminari, l'aceto d'orinadi fanciullo. Fa nelle affalturazioni ususque ulriusque, qui aeruginis. Seolecia fit et dell' oro Io stesso effetto che la santerna, con la per se, derasa ah aerario lapide, de quo nunc quale dicemmo che l ' oro s' appicca ; dell* uno e dicemus. l ' altro si fa lo stesso nso che delia ruggine. La scolecia si fa ancora per s medesima, rasa dalla pietra del rame, della quale al presente parie* remo.
quam

Ds

c h a l c i t i : m e d ic i r a b b x b a , v n .

D el c a l c i t e : m e d ic i n e ,

< j.

XXlX.Chalcilin vocant lapidem,ex quo ipsum aes coquitur. Distat a cadmia, quod illa super terram ex subdialibus petris caeditur, haec ex obrutis. Item qaod chalcitis friat se statim, mollis natura, a t videatur lanago concreta. Est et alia distinctio, qaod chalcitis tria genera continet, aeris, el misyos et soryos, de quibus singulis di cemus suis locis. Habet aatem aeris venas oblou-

XXIX. Chiamasi calcite una pietra, della quale si fa similmente il rame. differente dalla cad mia, perch quella si cava sopra terra, e delle pietre scoperte: questa delie sotterrate; ed anche perch la calcite si spolverizza subito, perch' di natura morbida, esimile a nna muffa. C' ancora nn'altra distinzione, che la calcili contiene ire specief rame, misi e sor, de' quali particolarmente

C. PLINII SISCTNDI gas. Probatur mellei coloris, gracili venarum dis cursu, friabilis, nec lapidosa. Putant et recentem utiliorem esse, quouiam inveterata sory fiat. Vis ejus ad excrescentia in ulceribus, sangoinem sistere, gingivas, uvam, tonsillas farina compe scere. Volvae quoque vitiis in vellere imponitur. Cum succo vero porri verendorum additor em plastris. Maceratur aotem in fictili ex aceto cir cumlito fimo, diebus x l , et colorem croci trahit. Tunc admixto cadmiae pari pondere, medicamen* tum efficit, psoricon dictum. Qnod si dnae partes cbalcitidis tertia cadmiae temperentor, aerios hoc idem fiet : etiamnum vehementius, si aceto, qoam vino temperentor. Tosta vero efficacior fit ad eadem omnia.

1160

ragion eremo al soo luogo; ma U rame a vena bislonghe. Lodasi quella che ha colore di mele, eoa sottile discorso di vene, facile a stritolarsi, e non pietrosa. Tiensi ancora che la fresca sia pi olile, perch invecchiando diventa sori. La virt sua di levare la carne che cresoe nelle piaghe, fermare il sangue, mitigare le gengie, la ugola, e con la farina mitigare le senici. Adoperasi ancora in lana a'mali della matrice, e con sugo di porri si mette negli empiastri de* membri vergognosi. Tiensi a molle in vaso di terra con aceto, impiastratavi in torno belletta, per quaranta giorni, e piglia colera di zafferano. Allora mescolando seco egual peso di cadmia, fa on medicamento che si chiama psorico. Che se si mescoleranno dne terzi di ealcite con un terzo di eadmia, qoesto medesimo sari pi agro ; ma molto pi agro e pi gagliardo an cora temperandola con laceto cbe col vino. Ar rostendola ha molto pi virt a tolte le medesime cose.
D el s u b : m e d ic in e , 8 .

SORY : MEDJC1BAK BX BO, VIII.

XXX. Sorj Aegyptium maxime laudator, moltom superato Cyprio, Hispaniensi, et Africo : qoamqoam oculorum quoque curationi qnidam utilius Cyprium pulant : sed in quacnmque D a tione optimum, cui maximum viros in olfactu, trituque pinguiter nigrescens, et spongiosum. Stomacho res contraria in tantum, ut quibusdam olfactu modo vomitiones moveat. Et Aegyptium quidem tale: alterius nationis contritum splende* scit, ut misy, et est lapidosius. Prodest aotem et dentium dolori, si contineator, atque colloat : et oris olceribus gravibus, quaeque serpunt. Uritur carbouibus, ut chalcitis.
Misy :
m b d ic ih a b b x b o , x iv .

XXX. Il sori d* Egitto molto lodato, vinendo di gran lunga il Cipriotto, lo Spagnoolo e l ' Africano, bench alcuni tengono che il Cipriot to sia molto ulile alla cura degli occhi : ma ia ciascona nazione quello migliore, che ha odor pi possente, e col pestarlo s 'impingua e diventa nero e spugnoso. E cosa tanto contraria allo sto maco, cbe solo a fiutarlo fa vomitare alcuni. Tale anche lo Egizio. Qnello d'altra nazione, quando pesto, riluce, siccome il misi, ed pietroso. Te nendolo in bocca giova contro al dolore de' denti, e agli ulceri della bocca molesti, e a quelli che impigliano. Abbruciasi sai carboni, come la calcite.
D bl m isi : m e d i c i , i 4 -

XXXI. Misy aliqui tradiderunt fieri exusto lapide in scrobibus, flori ejus luteo miscelile se ligni pinei favilla. Revera autem e supradicto fit lapide, concretum natura, discreluoique, et opti mum in Cypriorum officinis : cujus nolae suut friati aureae scintillae, et quum teratur, arenosa natura, sive terrea, chalcitidi similis. Hoc admi scent, qui aurum purgant Utilitas ejus.infusi cum rosaceo auribus purulentis: et in laua impo siti, capitis olceribns Exteuual etiam scabritias oculorom inveteratas. Praecipue ntile tonsillis, contraque anginas, et suppurata. Ratio, ut sede cim drachmae in hemina aceti coquantur addito melle, donec lentescat. Sic ad sopradieta olile est. Quoties opos sit molliri vim ejas, mei adspergitor. Erodit et callom fistularum, ex aceto foven tium : et collyriis additor. Sistit et sanguinem, ul-

XXXI. Alcuni dicono che il misi si fa cuocendo la pietra nelle fosse, e mescolandosi il suo fiore giallo con la cenere del legno del pino. Ma in effetto egli si fa della sopraddetta pietra, rappresa dalla nalnra, e divisa : ottimo si fa Cipri. 1 segni suoi sono, quando si stritola luciear come di fa ville d oro, e quaodo si pesta, essere di natura arenosa, ovvero terrea, e simile alla calcite. Questo mescolano insieme con l ' oro i purgatori di esso metallo. Giova infonderlo con olio rosalo negli orecchi che haouo puzza, e porlo io lana nelle na scenze e malori del capo. Assoliiglia ancora le ru videzze degli occhi invecchiate, molto utile alle senici, agli strauguglioni, e a' luoghi che hanno raccolto marcia. La misura della composizione , cuocerne sedaci dramme in ua* emina d aceto, aggiogaeudov mele, tanto che diventi viscoso.

i G

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXXIV.

n6a

ceraque qaae serpant, quaeve putrescant. Absum it et excrescentes carnes. Peculiariter virilitatis vitiis alile : et feminarum profluvium sistiU

E cos) * utile alle cosa sopraddette. Ogni volta che bisogna mollificare la sue forza, vi si sparge mele. Fomentandolo con l aceto, rode i calli delle fistole, e mettesi ne*collirii. Ferma ancora il san gue, e gli ulceri che impigliano, e quelli che di vengono putridi. Consuma similmente la carne cattiva che cresce. Ma sua propria virt contro i difetti de'membri virili, e ancora ristagna il flusso delle donne.
D e i , ca lcan to , o in c h io st r o da c a lzo la i ,
WBD1CI1IB l 6 .

C h a l ca h t h u m , siv b atram entum su t o &id K :


EDIC1NAE EX EO, XV I.

1 Greci hanno fatto somiglianza tra XXXII. Graeci cognationem eeris nomine XXXII. fecerunt et atramento sutorio. Appellant enim il nome del rame, e la tinta de' calzolai, cui chia ehalcanthum. Nec ullius aeque mira natura est. mano calcanto. Non c' cosa alcuna di natura tanto Fit in Hispaniae puteis staguisve, id genus aquae mirabile quanto questa. Fassi in Ispagna di pozzi habentibus. Decoquitur e a , admixta dulci pari o di stagni, i' quali abbiano quella specie d 'aoqua. Cuocesi per egual parte con acqua dolce, mensura, et in piscinas ligneas funditur. Iramobilibus super has transtris dependent restes lapillis e poi si rovescia in vasche di legno. Sopra vi si pongono travicelli immobili, dai quali pendono extentae, quibus adhaerescens limus, vitreis aci nis imaginem quamdam uvae reddit. Exemplum cordicelle con pietruzze in fondo che le tengono ita siccatur diebus xxx. Color est caeruleus, per tese. A queste appiccasi da s la belletta, la quale quam spectabili nitore, vitrumque esse creditur : prende la forma degli acini dell'uva, che paiono di diluendo fit atramentum tingendis coriis. Fit et vetro. Spiccato si secca io trenta giorni. II colore pluribus modis, genere terrae eo in scrobes cava verde, ma di chiarissimo splendore, e pare ve to: quarum e lateribus destillantes hiberno gelu tro, ma-stemperandolo diventa trementaio da stirias, stalagmia n vocant: neque est purius aliud. tingere cuoia. Fassi anche in pi modi di quella Sed ex eo candidum colorem sentientem violam, specie cavata nelle fosse, da' lati delle quali le leucoion appellant. Fit et in saxorum catiois, gocciole stillanti del gelo del verno si chiamano pluvia aqua corrivato limo gelante. Fit et salis stalagmie, ne ce n' altro pi puro d 'esso. Ma il modo, flagrantissimo sole admissas dulces aquas suo colore bianco, che sente di viola, si do eogente. Ideo duplici quidam differentia, fossile, manda leucoio. Fassi ancora in luoghi concavi nei aut faclitium appellant hoc : pallidius, et quan- sassi, dove la belletta portatavi dall' acqua piova na si rappiglia. Fassi parimente a modo di sale* tum colore, tantum bonitate deterius. quando il sole ardentissimo rappiglia le acque dolci, le quali v'entrano dentro. E perci alconi con doppia differenza lo chiamaoo fossile o fatti zio : quanto pi pallido, e quanto manco colore ha, tanto raen buono. Per bisogno della medicina il Cipriotto Probant maxime Cyprium in medicinae usu! Sumitur ad depellenda ventris animalia drachmae mollo lodato. Pigliasi per cacciare i vermini del pondere cum melle. Purgat et caput dilntum, corpo a peso d ' una dramma col mele. Stempe et naribus instillatura : item stomachum, cum randolo e stillandolo per il naso, purga il capo; melle aot aqua mulsa sumptum. Medetur et preso con mele, o con acqua melata, purga lo oculorum scabritiei dolorive, et caligini, et oris stomaco. Guarisce ancora l 'asprezza, o il dolore ulceribus. Sistit et sanguinem narium : itera hae- degli occhi, e la caligine, e le crepature della boc morrboidum. Extrahit ossa fracta cum semine ca. Ferma il sangue del naso, e delle onorici. Col hyoscyami. Suspendit epiphoras, penicillo fronti seme del giusquiamo cava fuori Tossa rotte. Posto impositum. Efficax et in emplastris ad purganda col pennello sulla fronte, sospende le lagrime ulcera, et exscrescentia ulcerum. Tollit et uvas, degli occhi. Ha virt ancora negli empiastri a vel si decocto tangantur.Cum lini quoque semine purgare le ferite, e le carni che crescono delle superponitur emplastris ad dolores tollendos : piaghe. Leva le ugole, ancora che si tocchino col quodqne ex eo candicat, in eo usu praefertur colto. Col seme del lino si pone sopra gli empia violaceis, si gravitati aurium per fistulas iuspire- stri a levare i dolori ; e tutto quello che di esso tur. Vulnera etiam per se illitum unat, sed tin- biancheggia, in quell' uso da preferirsi al pao-

n63

G. PLINII SECUNDI

xi64

f i t c ic a tric e s . N a p e r q o e i n v e n ta m , a r s o r a m io a r e n s e t le o n o m o r a in s p a r g e r e illo : ta n ta q o e e s t i s in s d s tf in g e n d o , u t n o n q n e a n l m o r d e r e .

n a n o , e in s p ira s i p e r b o c c in o li a ll* g r a v it d e g li o re c c h i. G o a ris c e a n c o r a d i p e r s le f e r it e im p ia s tr a to , m a fa liv id e le c ic a tr ic i. D a p o c o io q o a l in v e n ta to d i s p a r g e r n e le b o c c h e de* lioni e d e g li o rs i n e l te a tr o , e ta n ta la f o r z a s u n e l ris tr in g e r e , c h e e ssi n o n p o sso n o m o r d e r e .

P OHPHOLTX.

D ella

po itfo l ig e .

XXXIII. i 3 . Nelle cave del rame si truova XXXIII. 13. Etiamnum in aerariis reperianancora la ponfolige e lo spodio. Fra essi questa tur, qaae vocant pompbolygem et spodon. Diffe rentia, quod poropholyx lotar* paratur ; spodos differenza, che la ponfolige si prepara col lavarla, illota est. Aliqui id quod sit eandidum levissi- e lo spodio cosa non lavata. Alcuni dissero che muraque, pompholygem dixere : et esse aeris et quello eh* bianco e leggerissimo, ponfolige, cadmiae favillam. Spodon nigriorem ponderosio- e dicono eh' la cenere del rame e della cadmia; remqoe esse,derasam parietibus fornacom, mixtis e che lo spodio pi nero e pi grave, e che si scintillis, aliquando et carbonibus. Haec aceto rade dalle mura delle fornaci mescolandovi le accepto odorem aeris praestat, et si tangatur ceneri, e talora anco i carboni. Questa, pigliando lingua, saporem horridam. Convenit oculoram aceto, rende odore di rame, e se si tocca con la medicamentis, quiboscumque vitiis occurrens, et lingua, ba sapore orrido. Adoperasi nelle medi ad omnia, qaae spodos : hoc solam distat, quod cine degli occhi, e giova a tntti i mali, e a tolte hojus elutior vis est. Additur et in emplastra, le cose che lo spodio. In ona cosa sola da esco quibus leois quaeritor refrigeratio et siccatio. differente, che la virt di questo pi dilavativa. Utilior ad omnia quae vino lota est. Mettesi ancora negli empiastri, neqoali si ricerca doloe rinfrescamento e disseccazione. Quella eh' lavata col vino molto pi olile a tutte le cose.
S p o d iu m :
m e d i c u a b b x h is , v i .

D e l l o sp o d io : m e d i c i t e a t t b d a isso , 6.

XXXIV. Spodos Cypria optima. Fit aotem XXXIV. Lo spodio di Cipri ottimo. Fassi di cadmia e di pietra di rame liquefatti. Qaesto liquescentibus cadmia, et aerario lapide. Levissi mam hoc efflator et ocios, evola tqoe e forcaci bus, leggerissimamente e tosto si soffia via, e vola foor et tectis adhaerescit, a fuligioe distans candore. delle fornaci, e appiccasi a' tetti, differente dalla fuliggine per la bianchezza. Quello che di esso Qaod minus candidum ex eo, immaturae forna cis argumentom est : boc quidam pompbolygem meno bianoo segno di fornace non matura ; a vocant. Quod vero rubicandios ex iis invenitur, questo alcuni lo chiamano ponfolige. Ma quello acriorem vim habet, exulceratque adeo, at qaam che si Irova pi rosso, ha maggior virl e forza, e lavatar, si ocalos attingat, excaecet. Est et mellei talmente scortica, che quando si lava, se per caso coloris spodos, in qua plorimum aeris intelligi- tocca gli occhi, accieca altrui. V' ha ano spodio tur. Sed quodeumque genus lavando fit utilius : eziandio che ha colore di mele, nel qaale perci purgator ante penna, dein crassiore lotora. Digi si conosce essere di molto rame. Ma ogni specie tis scabritiem exterant. Media vis ejus est, qaae d 'esso lavandosi viene a farsi pi giovevole. Por gasi prima con una penna, poi con una lavatura vioo lavatur. Est aliqua et in genere vini diffe rentia. Leni enim lota collyriis oculoram nimium pi grossa, e con le dita se ne leva l asprezza. vigiliis fatigatorum apta putator. Eadem efBcacior La sua virt di mezzo quella, che ai lava col ulceribus qaae manant, vel oris quae madent, et vioo; ma la qualit del vino vi fa ona certa differenza. Perciocch quello che si lava col via omnibus medicamentis, quae paraotur contra gangraenas. Fit et in argenti fornacibus spodos, dolce buona medicina per gli occhi affaticati per quam vocaut lauriotin. Utilissima aulem oculis troppe vigilie. Esso molto migliore per gli ulceri adfirmatur, quae fiat in aurariis: nec in alia parie che gettano, o agli umidi che son nella bocca, e a tulle le medicine che si fanno conira le cancrene. magis est vitae ingenia mirari. Quippe ne inqui renda essent metalla, vilissimis rebus utilitates Fassi ancora nelle fornaci dell'argento lo spodio, che si chiama lauriote. Ma utilissimo tenuto easdem excogitavit. qoello che si fa nelle fornaci dell' oro. N c' cosa, dove maggior maraviglia mostrino gli umaai ingegni, perciocch affiue che non avessimo a ccr*

n <55

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXXIV.

1166

care i metalli, si sono ritrovate nelle cose pi vili le stesse utilit. Amapooii o m b r a ,
xv.

S fb c ib

o b l i .

A im s p o n io , i 5 .

XXXV. Antispodon vocant cinerem fici arbo- XXXV. Chiamasi antispodio la cenere delP si* vii, vel caprifici, vel myrti foliorum cnm tenerri bero fico, o del fioo salvatico, o delle foglie della mis ramorum partibus, vel oleastri, vel cotonei mortine con le pi tenere parti de* rami, o del mali, vel lenitici. Item ex moris immaturis, id l'ulivo salvatico,o del melo cotogno, o del lentiico. est, candidis, in sole arefactis : vel e buxi coma, Fassi anco di more acerbe, cio bianche, secche al vd pseudocyperi, aut rubi, aut terebinthi, vel sole; o della chioma del bosso, o del pseudocipero, oenanthes. Taurini quoque glutinis, aut linteo- o del rovo, o del terebinto, o dell'eoante. Si tro rom cinerem, similiter pollere inventum est. vato ancora, che la cenere della colla del toro, o Uruntor omnia ea crudo fictili in fornacibus, dei panni lini ha la medesima virt. Tutte queste donec figlina percoquantur. cose dette di sopra s'ardono in vaso di terra crudo, e tengonsi nella fornace tanto che il vaso si cuoca.
S fbgka .
D e ll o s pe g n a .

XXXVI. In aerariis officinis et spegma fit, jam liquanto aere atque percocto, additis etiamnum carbonibus, flatuque accensis : ac repente vehemeoliori flatu exspuitur aeris palea quae dam. Solum, quo excipiatur, esse stratum debet.

XXXVI. Fassi ancora lo spegma nelle fornaci del rame, quando il rame gi strotto e cotto, aggiogandovi di nuovo carboni, e lentamente accendendogli ; e subito con gagliardo soffio si sputa fuori eerta sehiuma di rame ; ma la terra che la riceve debbe essere lastricata.
D bl n traiG B .

Db

d ipk e to b .

XXXVII. Facile ab ea discernitur, qaam in iisdem officinis diphrygem vocant Graeci, ab eo qood bii torreatur. Cujos origo triplex. Fieri enim traditor ex lapide pyrite cremato in cami nis, donec excoquatur in rubricam. Fit et in Cy pro ex luto cujusdam specus arefacto prius, mox penllatim circumdatis sarmentis. Tertio fit modo in fornacibus aeris faece subsidente. Differentiae siquidem, quod aes ipsum in catino defluit, sco ria extra fornaces, flos supernatat, diphryges re manet. Quidam tradunt in fornacibus globos la pidis qoi coquantur, ferruminari: circa bos aes fervere, ipsum vero non percoqui, nisi transla tum in alias fornaces, et esse nodum quemdam materiae. Id quod ex cocto supersit, diphryges vocari. Ratio ejus in medicina similis supra dictis : siccare, et excresceulia cousumere, et perpurgare. Probatur lingua, ut eam siccet tactu statim, saporemque aeris reddat.

XXXVII. Lo spegma facilmente si conosce da quello, che nelle medesime fornaci i Greci chiama no difrige, percioccheiso s'arde due volte. L'ori gine di questo in tre modi. Perch dicono ch'ei si fa della pietra pirite, arsa nella fornace cuocen dola fioch diventi terra rossa. Fassi ancora ia Cipri della belletta d' una spelonca, la quale pri ma si secca, dipoi attorniata di sermenti s 'arde. Nel terzo modo si fa nelle fornaci del rame, della feccia che rimane in fondo. V' questa differenza, che il rame corre nel catino, la scoria fuori della foruace, il fiore nuota di sopra, e il difrige rimane. Alcuni dicono che le palle di pietra che si cnocono nella fornace, s'appiccano insieme: intorno a queste bolle il rame, che per non si cuoce, se non si tramuta in un' altra fornace, e che cos come il nervo della materia. Quello che avanza quando cotto chiamasi difrige. L'utilit sua nella medicina simile alle cose sopraddette, cio di seccare, e consumare le cose che crescono e di purgare. La prova del buono , che mettendosi sulla lingua, subito la risecchi, e abbia sapore di rame.

u6j

C. PUNII SECUNDI

Db t b i e b t b

S e b v ilio .

D e l t b ib s t b S b e v il io .

XXXVIII. Uonm etiamnum w rii miraculam XXXVUl. Ragioneremo ancora d* an altra omittemus. Servilia familia illustris io Fastis, miracolo del rame. La famiglia de* Servilii, illa stre ne* Fasti, psce uoa moneta di rame chia trientem aereum paicit auro et argento, consu mentem utrumque. Origo atque natura ejus in mata triente con oro e con argento, ed comperta est mibi. Verba ipsa de ea re Messalae consuma 1*uno 1*altro. Dell* origine e natan senis ponam, u Serviliorum familia habel trien sua non saprei dir nulla. Porr nallamaneo te tem sacrum, cui summa cum cura magnificentia- parole del vecchio Messala: La famiglia d que sacra quotannis faciunt : quem ferunt alias Servilii ha un triente sacro, al quale fanno sacri ficio ogni anno con cura e magnificenza grande, crevisse, alias decrevisse videri, et ex eo ant ho norem aut deminutionem familiae significari. e dicono che talora pare che sia cresciuto, e talo ra scemato, e che ci significa quando l onore, e quando lo scadimento di quella famiglia. *
doo

Db fb b b i

m e ta llis .

D b l fb b b o b su b m ib ib b e .

14. Ragioniamo ora delle miniere del XXXIX. 14. Proxime indicari debent metalla XXXIX. ferro, ottimo e pessimo instrumento della umana ferri, optimo pessimoqne vitae instrumento. Si quidem hoc tellurem scindimus, serimus arbusta, vita. Perciocch con esso fendiamo la lem , se ponimus pomaria, vites squalore deciso annis miniamo gli alberi, piantiamo i giardini, e po omnibus oogimus juvenescere. Hoc exstruimus tando le viti ogni anno le facciamo ringiovanire. tecta, caedimus saxa, omnesque ad alios usus ferro Di esso usiamo a fabbricare le case, a tagliare i utimnr. Sed eodem ad bella, caedes, latrocinia, sassi ; di esso usiamo in tutti gli altri bisogni. Ma oon cominus solum, sed etiam missili volucrique, il medesimo ancora usiamo alle battaglie, alle nunc tormentis excusso, nunc lacertis, nunc vero uccisioui, e a'iadronecci ; n solamente da presto, pennato : quam sceleratissimam humani ingenii ma lanciandolo da lontano, o con le mani, o con fraudem arbitror. Siquidem, ut ocius mors per gli stromeoti^e talora anco lo facciamo pennuto, veniret ad hominem, alitem illam fecimus, pen- e ci penso io che sia scelleratissimo inganno delnasque ferro dedimus, Quamobrem culpa ejus I* amano ingegno. Perch, al fine che la morte non naturae fiat accepta. Aliquot experimentis pi velocemente aggiugnesse all* uomo, la faccia probatum est posse innocens esse ferrum. In foe mo uccello, e mettemmo le penne al ferro. Per dere, quod expulsis regibus populo Romano de la colpa si dee attribuire all* uomo, e non alla dit Porsena, nominalim comprehensum inveni natura. Per alcuni esperimenti s provato che mus, ne ferro nisi in agricultura uterentur. Et il ferro pa essere innocente. Nelle ooavenaloni, cum stilo scribere intutum, ut vetustissimi aucto le quali Parsene, cacciati che furono i re, diede res prodiderunt. Magni Pompeji in tertio consu al popolo Romano, troviamo che espressamente vi latu exstat edictum, in tumultu necis Clodiauae, fu compreso, che non usassero ferro se non ndprohibeatis ullum telum esse in Urbe. l ' agricoltura. Mal sicuro aacora scrivere con la stile, come dicono antichissimi autori. La leni volta che Pompeo Magoo fu consolo, fu (atto an editto nel tumulto della morte di Clodio, il quale proibiva che niuna arme si potesse tenere ia Roma.
S im u l a c i * b x f e b b o ; ca e l a td b a b bx f e b e o . . D b l l b s t a t u e d i f e b e o . S c d l t o b b b e l fbbbo .

XL. Et tamen vita ipsa non defuit honorem mitiorem habere ferro quoque. Aristonidas arti fex quum exprimere velie! Athamantis furorem Learcho filio praecipitato residentem poenilentia^aes ferrumque miscuit, ut rubigine ejui per nitorem aeris relucente, exprimeretur verecun diae rubor. Hoc signum exstat Thebis hodierno die. Est in eadem urbe el ferreus Hercules,

XL. E nondimeno il mondo ancora da prin cipio onor il ferro. Aristouida artefice volendo esprimere il furore d* Atamante, il quale avendo scaglialo a rompicollo Leareo suo figliuolo vi stava sopra doleute e pentito, mescol insieme ferro e rame, acciocch la ruggine sua per Io splendore del rame riluceudo, venisse a esprimere il rossore della vergogna. Questa statua oggi iu

iGu

HISTOH1ARUM MUNDI LIB. XXXIV. Tebe. Nella medesima citt un Ercole di ferro* fatto da Alcone mosso dalla pazienza delle fatiche di quel dio. Veggiamo ancora in Roma tazze di ferro dedicate nel tempio di Giove Vendicatore. Opponsi per al ferro la stessa benignit di natu ra* la quale con la ruggine lo punisce, e con la stessa ptovidenxa niente fa nelle cose pi mortale che quello, che dannosissimo alla mortalit.
D if f e r e n z e
e tem peba del ferro.

qaem fecit Alcoa, laborum dei patientia inductas. Videmus et Romae scyphos e ferro dicalo* in templo Marlis Ultoris. Obstitit eadem naturae Benignila, exigentis a ferro ipso poenas rubigi ne : eademque providentia nihil in rebus morta libus (adente, quam quod infestissimum morta litati.
DlFFERENTIAE FEBEI, ET TEMPEBATUBA.

XLI. Ferri metalla ubique propemodum reperiuntur* quippe insula etiam llaliae Ilva gigneote : minimaque difficultate coguoicuutur, ipso colore terrae manifesto; sed ratio eadem excoquendis venis. In Cappadocia tantum quae stio est, aquae an terrae fiat acceptum, quoniam perfusa certo fluvio terra, neque aliter ferrum e fornacibus reddit. Differentia ferri numerosa. Prima in genere terrae coelive. Aliae molle tantum, plumboque vicinius subministrant : aliae fragile et aerosum* rotarumque usibus et clavis maxime fugiendum* cui prior ratio convenit. Aliud brevitate sola placet, clavisque caligariis: aliud rubiginem celerius sentit. Stricturae vocantur massae omues, quod non in aliis metallis, a stringenda acie vo cabulo imposito. Et fbrnacum maxima differen tia est : nucleusque qnidem ferri excoquitur in his ad indurandam aciem : aliquae modo ad densandas incudet* malleorum ve rostra. Summa autem differentia in aqua est, cui subinde candeus immergitur. Haec alibi atque alibi utilior nobilitavit loca gloria ferri, siccul BilbilinJn Hispania et Turiassonem, Comum io Italia, quum ferraria metalla in bis locis non sint. Ex omni* bus autem generibus palma Serico ferro est. Seres hop cum vestibus suis pellibusque mittunt. Secundf Parthico : neque alia genera ferri cx mesa aeie temperantur: ceteris enim admiscetur mollior complexus. In nostro orbe aliubi vena bonitatem hanc praestat, ut in Noricis: aliubi factura, ut Sulmone aqua, uti diximus. Quippe quum in exacuendo oleares cotes, aquariaeque differant, et oleo delicatior fiat acies. Mirumque, quum excoquatur vena* aquae modo liquari fer rum , postea in spongias frangi. Tenuiora ferra menta oleo restingui mos est, pe aqua in fragili tatem durentur. A ferro sanguis humanus se uldsdtur. Contactum namque eo, celerius subinde rubiginem trahit.

XLI. Le cave del ferro si trovano quasi per tutto, perciocch ne nasce ancora nell' Elba isola d'Italia ; e facilmente si conoscono, perch ne d segno il colore stesso delia terra : ma nel cuocer ne le vene si tiene il modo medesimo. Solo in Cappadocia dubbio se 1 acqua, o. la terra facda * il ferro, perch la terra quivi cuocendosi non fa ferro, se uon bagnata con l ' acqua d 'un certo fiume. Le differenze nel ferro sono molte e diverse. E prima per la qualit della terra e dell' aria* perch in alcuni luoghi nasce dolce e molto vici no al piombo ; altrove fragile e ramoso, ma non utile alle ruote* n buono per fare aguti, come la prima spede. Altrove piace solo in cose picco le, siccome sono bullette da scarpa : altrove tosto irrugginisce. Le masse tutte del ferro, le quali non sono negli altri metalli, si domandano stretture, perch il solo ferro rovente* a mirarlo, ristrigne la vista dell' occhio. Gran differenza ancra nelle fornad. In queste si cuoce il nucleo del ferro per temperare il taglio e le punte. Alcune sono atte a condensare le ancudini, e il becco de' mar telli. Grandissima v' ancora differenza neU'aqua, nella quale quando roveote si tuffi. Quest' acqua dov' migliore ha dato maggior fama al luogo per la bont del ferro* siccome Bilbili e Turiassone in Ispagna, e Como in Italia, bench quivi non sia vena di ferro. Ma d 'ogni altra specie di ferro migliore il ferro Serico. Questo viene dai popoli Seri con le veste e pelli loro. La seconda specie di bont del ferro Partico : queste due sola specie si mescolano con l ' altro per fare il taglio: nelle altre si mescola ferro pi tenero. Ne'nostri paesi, in alcun luogo tal bont procede dalla vena, come in Baviera, e in alcun altro dal la fattura, come a Sulmona, il che viene dall' aequa, come dicemmo. Perciocch neH* arrotare, le pietre a olio e quelle ad acqua s o n o differenti : con l ' olio il taglio si fa pi delicato. Ed mara viglia, che cuocendosi la vena, il ferro si strugge come acqua, e dipoi si rompe in ispugue. 1 ferra menti pi sottili si temperano cou lolio, perch l ' acqua gli farebbe fragili. Il sangue umano fa la sua vendetta sopra il ferro, perciocch s tosto che lo tocca, lo fa irrugjgiuire.

C. PLINII SECDN01
D
b f k a r o q u o d v iv u m a p p e l l a r i .

1 17*

D i QOELLO CHB APPELLANO FEBBO VIVO.

XLII. De magnete lapide suo loco dicemus, concordiaqae qaam cura ferro habet. Sola haec materiae vires ab eo lapide accipit, retinetque loogo tempore, aliud adprehendeos ferrum, ut anonlorum caleua pectetur interdum : quod im peritum vulgus appellat ferrum vivum, vulneraque tali asperiora fiunt. Lapis hic iu Cantabria nascitur, non ille magnes verus caule continua, sed sparsa bullatione, ita appellant: nescio an vitro fundendo perinde utilis : nondum enim expertus est quisquam : ferrum utique inficit ea dem vi. Magnete lapide Dinochares architectus Alexandriae Arsinoes templum concamerare in choaverat, ut in eo simulacrum ejiis e ferro pendere in aere videretur. Intercessit mors et ipsius et Ptolemaei, qui id sorori suae jusserat fieri.

XLII. Della pietra calamita ragioneremo al suo luogo, e della concordia eh' ella ha col ferro. Sola questa materia piglia forza da quella pietra, e per lungo tempo la ritiene, prendendo dopo un ferro un altro ferro, tal che si vede siccome ana catena d* anelli, il che dall' ignorante vulgo chiamato ferro vivo : le ferite di tal ferro sooo molto pi aspre. Nasce questa pietra ancora ia Navarra, non quella vera caLmita di tutla pietra, ma con isparsa bullazione, che con chiamano; non so se ulile altres a fondere il vetro, perch alcu no non 1 ha ancora provato; ma veramente im * beve il ferro della medesima virt che la calami ta. Della medesima pietra aveva comincialo Dinocrate, architetto d' Alessandria, a voltare il tempio d* Arsinoe, acciccch la statua di ferro, eh' egli vi metteva, paresse che fosse io aria so spesa. Ma intervenne la morte e di lui, e di To lomeo, il quale aveva commesso che queslo si facesse in onore di sua sorella.
RlMBDII ALLA BCGGIHB.

RCBIGIIIIS REMEDIA.

XL1II. i 5. Metallorum omnium vena ferri largissima est. Cantabriae maritimae parte, quam Oceanus adluit, mons praerupte altus, incredi bile dictu, totus ex ea a\aterie est, ut in ambitu Oceani diximus. Ferrum accensum igni, nisi duretur ictibus, corrumpitur. Rubens non est habile tundendo, neque antequam albescere incipiat. Aceto aut alumine illitum fit aeri simile. A rubigine vindicatur cerussa, et gypso, el liqui da pice. Haec est temperatura a Graecis antipa thia dicta. Ferunt quidam et religione quadam id fieri. Et exstare ferream catenam apud Eu phratem amnem, in urbe quae Zeugma appellatur, qua Alexander Magnus ibi junxerat pontem, cujus annulos qui refecti sunt, rubigine infestari, carentibus ea prioribus.

XLII1. iS. La vena del ferro molto pi larga che quella degli altri metalli. Nella parte di Navarra marittima, eh' bagnata dal mare, un monte allo e ripido, il quale, eh ' incredibile a dire, tutto di quella materia, come abbiamo detto allrove, trattando del circuito dell' Oceano. 11 ferro affocato se non s'indurisce a colpi di martello, si corrompe. Il rosso non buono da essere martellalo, n prima che cominci a imbian chire. Impiastrato con lo aceto o con lo alluma diventa simile al rame. Conservasi dalla ruggine con biacca, gesso e pece liquida. Questa tempera chiamala da'Greci antipatia. Dicono alcuni che questo si fa pure con certa religione, e cho si trova una catena di ferro presso al fiume Eufrate, in uua citt che si chiama Zeugma, con la quale Alessandro Magoo leg quivi il ponte, i cui anelli rifalli si arrugginiscono, e non mai i primi.
M E D IC I! CHB SI TRAGGONO DAL FBBBO, 7.

Medicinas fex pe*no, vii. XLIV. Medicina e ferro esi et alia, quam se candi. Namque circumscribi circulos, terve cir cumlato mucrone, et adultis el iufanlibus prodest voulra noxia medicamenta: el praefixisse iu limiue e sepulcro evulsos clavos adversus noctur nas lymphaliones. Puogique leviler mucrone, quo percussus homo sit, contra dolores laterum peclorumque subito*, qui punctiouem ad ferant. QuaeJam ustione saiiautur: privatim vero cauis

XL1V. 11 ferro oltra il tagliare i membri per sanit, ancora medicinale. Perch disegnando un circolo, o tre volte intorniandd la spada in torno a giovani e bambioi, giova loro oonIra le malie ; e ficcando nella soglia chiodi, cavali da una sepoltura, valgono conira le fantasie notturne. Pungersi leggermente con la punta del ferro, di cui sia stalo percosso l ' uomo, giova conira i dolori subili de' fianchi e de' petti di coloro, che

11 jZ

niSTORIRUM MUNDI MB. XXXIV.

1174

rabidi morsus. Quippe eliam praevalente morbo, expavesoeotesque poturo, usta plaga illico liberantur. Calefit etiaru ferro candente aqua, in multis vitiis, privatine vero dysentericis.

fanno la puntura. Alcuni mali si guariscono dando loro il fuoco col ferro, e particolarmente il morso del cane arrabbiato. Perch facendosi possente la malattia, in raodo che 1 uomo cominci avere paura dell' acqua, dando fuoco alla piaga guarisce a un tratto. In molte malattie ancora ai scalda l'acqua col ferro rovente, e massime nel male de' pondi.
MBDICINE CHE DALLA RUGGIRE,

M e d ic in a e

bx r u b i g i n e , x i v .

\^.

XLV. Est et rubigo ipsa in remediis, et sic Telephum proditur sanasse Achilles, sive id aerea, sive ferrea cuspide fecit. Ita certe pingitur eam decntieos gladio. Sed rubigo ferri deraditur tu mido ferro clavis veteribus. Potentia ejus ligare, siccare, sistere. Emendat alopecias illita. Utuntur et ad scabritias genarum, pusulasque totius cor poris, cura cera et oleo royrteo : ad ignes vero sacros ex aceto : item ad scabiem, paronychia, in linteolis. Sistit et feminarum profluvia imposita velleribus. Plagis quoque recentibus vino diluta, et cum myrrha subacta, et condylomatis ex aceto prodest. Podagras quoque illita lenit.

XLV. La ruggine anch' essa rimedio ; con che si dice che Achille guar Telefo, facendo ci con la punta di rame, o di ferro che si fosse. Cer to e' si dipinge in atto di far cadere la ruggine dal coltello. Ma la ruggine del ferro si rade con ferro umido da chiodi vecchi. La virt sua di legare, seccare e rislrignere. Impiastrata guarisce le chiazze della tigna. Usasi ancora con cera e olio di mortine alla ruvidezza delle palpebre, e alle vesciche di tutto il corpo : con aceto al fuoco sa cro, e alla rogna ancora; e ai paterecci delle dita in pezzuole di pannolino. Postavi su con lana ferma i flussi delle donne. Stemperata con vino, e impiastrata con mirra, giova alle piaghe fre sche. Giova con aceto alle piaghe che nascono intorno al fondamento. Impiastrata mitiga ancora le gotte.
M e d i c ih e
che dalla

Mkxmcirab b x

squama f k b b i, x v ii.

Htgrbm-

squam a

del

*b b r o , 17.

PLASTRUM.

D e l l ' ig b e m p la sto .

XLVI. Squama quoque ferri in usu est ex cie, aut mucronibus, maxime simili, sed acriore vi,quam rubigo : quamobrem et contra epiphoras oculorum adsumitur. Sanguinemqoe sistit, quum vulnera maxime ferro fiant. Sistit et feminarum profluvia. Imponitur et contra lienum vitia. Haemorrhoidas compescit, ulcerumque serpentia. Et genis prodest, farinae modo adspersa pauliisper. Praecipua tamen commendatio ejus in hygreroplastro ad purganda vulnera fistulasque, et omne callum erodendum, et rasis ossibus carnes re creandas. Componitur hoc modo: picis oboli sex : cimoliae cretae drachmae duae: aeris tusi drachmae duae: squamae ferreae, totidem : cerae, sex : olei sextarius. His adjicitur, quum sunt re purganda vulnera aut replenda, ceratum.

XLVI. La scaglia del taglio, o della punta fa i medesimi effetti che la ruggine, ma eoo pi virt; epper si adopera ancora eontra le lagrime degli occhi. Ferma il sangue, massimamente delle ferite fatte col ferro. Ristagoa ancora il flusso delle1 don ne. Ponsi al fianco contro i difetti della milza. Rafreoa le morici, e le nascenze che impigliano. Giova ancora alle palpebre sparsavi sopra a poco a poco a modi farina. Ma grandissima la sua virt neir igreroplastro a purgare le ferite e le fstole, e a rodere ogni callo, e a far rinascere la carne sull'ossa rase. Fassi in questo modo: sei oboli di pece, due dramme di creta cimolia, due dramme di rame pesto, altrettante di scaglia di ferro, sei dramme di cera e un sestario d'olio. A queste cose ' aggiugne il cerato, quando si vuole ripurgare, o risaldar le ferite.
. D
b l p i o m b o b su b m i r i c h e

Db p l u m b i

h b t a l l i s : d b p lu m b o a l b o ; d b n i g r i OBIGIHB DUPLICI.

d b l p io m b o b ia n c o

DI DOPPIA ORIGINE DEL BBRO.

XLVII. 16. Sequitur nalura plumbi. Cajus duo genera, nigrum, atqae candidum. Pretiosis simam candidum, a Graecis appellatum cassite-

XLVI1. 16. Segue la natura del piombo; il quale di due specie, nero e bianco. Preziosissi mo il bianco, chiamalo da'Greci cassitero, di cui

*'79
E x PLUMBO, MED1CIHAE XV.

C. PLINI! SECONDI

1 180

MEDICIffE CHE SI FABRO DEL PIOMBO, l 5 .

L. 18. In medicina per te piombi a i est cicatrices reprimere: adalligatisque Iamborum et renam parti lamiois frigidiore natura inhibere impetus Veneris. Visaque in quiele Venerea sponte nalorae erumpentia usqoe in morbi ge nus, his laminis Calvus oralor cohibuisse tradi to r, viresque corporis stadiorum labori custo disse* Nero ( quoniam ita diis placnit ) princeps, lamina pectori imposila, sub ea cantica exclamans, alendis vocibus demonstravit ralionem. Coquitur ad mediciuae usus, patinis fictilibus, substrato sulphuris minuto, laminis impositis tenuibus, opertisque sulphure et ferro mixtis. Quum coqui tur, munienda in eo opere foramina spiritus con venit : alioqui plumbi fornacium halitus noxias sentilnr, et pestilens,et canibus ocissime: omnium ' vero metallorum, muscis et culicibus : quamobrem non sunt ea taedia in metallis. Quidam in coquendo scobem plumbi lima quaesitam sul phuri miscent : alii cerussam potius, quam sul phur. Fit et lotura plurimi usus in medicina, quum se ipso teritur in mortariis plumbeis addi ta aqua coelesti, donec crassescat. Postea super natans aqua tollitur spongiis: quod crassissimum fuit, siccatum dividitur in pastillos.Quidam lima tum plumbum sic terunt: quidam etiam plumba ginem admiscent: alii vero acetum, alii vinum, alii adipem, alii rosam. Quidam ia mortario lapi deo, et maxime Thebaico, plumbeo pistillo terere malunt : candidiusque fit ita medicamentum. Id autem quod ustum est plumbum, lavatur, el te* ri tur, ut cadmia. Potest adstringere, sistere, con trahere cicatrices. Usos enim ex eodem, et in oculorum medicamentis, et maxime contra pro cidentiam eorum, et inanitatem ulcerum, excrescenliave, rimasque sedis, aut haemorrhoidas, ut condylomata. Ad haec maxime lotura plumbi facit: cinis autem usti ad ulcera serpentia, aut sordida: ea dem que, qaae chartis, ratio profectus. Uritur aulem in patinis per laminas minutas cum sulphure, versatum rudibus ferreis aut ferulaceis, donec liquor mutetur ia cinerem. Dein refrigeratam terilur in farinam. Alii limatam scobem in fictili crudo coquunt in caminis, do nec percoquatur figlinum. Aliqui cerussam mi scent pari mensura, aat hordeum, teruntque, ut in crudo dictum est, et praeferunt sic tritum plumbum spodio Cyprio.

L. 18. L* uso del piombo nella mediana di per s di reprimere le margini; e legandosi pia stre di piombo alla parte de* lombi e delle reoi, con la sua fredda natura raffrena la lassarla. Di cesi che Calvo oratore con queste piastre di piom bo si liber dalle corruzioni notturne, per le quali era caduto in infermit; e cos si mautenne le forze del corpo per la fatica degli studii. Ne rone imperadore ( perch cos piacque agli dei ), si metteva una piastra di piombo sul petto, quan do cantava, e cos insegn il modo di mantener la voce. Cuocesi per bisogno della medicina ia vasi di terra, distendendosi sotto zolfo minalo, e ponendovi sottilissime lane, coperte con zolfo e ferro' mescolati. Quando si cuoce, bisogna turar bene i buchi dove egli sfiata ; altrimenti si sente uscire delle fornaci del piombo alito pestilente e nocivo, e a1cani in un tratto. L alilo, ch'esce di tutte le fornaci de* metalli nuoce alle mosche e alle zanzare. Epper simili fastidii non sono ia esse cave. Alcuni nel cuocere mescolano limatura di piombo col zolfo : alcuni piuttosto biacca, cho zolfo. Fassi anche una lavatura di assai utilit nella medicina, quando per s stessa si pesta oe: mortai di piombo, aggiungendovi acqua piovana fino a che si condensi. Poi con la spugna si leva l'acqua che rimane; e le parti pi condensate si seccano, e fansene pastelli. Alcuni pestano il piombo limato in qaesto modo: alcuni vi mescolano eziandio la piombaggine ; e chi vi mette aceto, chi vino, chi sugna, e chi rose. Alcuni vogliono piuttosto pe stare in mortaio di pietra, e massimamente Tebaica, con pestello di piombo ; e a queslo modo vien pi bianco. 11 piombo, eh* arso in qaesto modo, si lava e si pesta come la cadmia. Pu ristrignere, ristagnare, e risaldare le cicatrici. E utile ancora alle medicine degli occhi, e massime alla discesa loro, alla carne ricresciuta n e 'm a lo ri, e alle fessure del fondamento, alle inorici, e alla carne cattiva, che cresce di fuori. A queste cose giova molto la lavatura del piombo. La cenere del piombo arsa utile a* mali che impigliano, o che gettano marcia ; e fa il medesimo effetto che le carte. Ardesi in vaso di terra in piastre minute con zolfo, e rivolgesi con verghe di ferro, o d i ferula, finch il liquore si muti in cenere. Dipoi raffreddato si macina. Altri pigliano la limatura, e cuoconla nelle fornaci in vaso di terra crudo, tanto che il vaso si cuoca. Alcuni vi mescolano biacca con pari misura, oppure orzo, e pestano, come abbiamo detto nel crudo, e il pesto in qaesto modo preferiscono allo spodio Ciprio.

1i8

HISTORIARUM MONDI l i b . XXXIV.

Ex

SCOEIA PLUMBI, MBD1CIRAB XVI.

MbDICISE CHB DELLA SC0B1A DBL PIOMBO, l 6 .

LI. Scoria quoque piombi in usu est, optimaque, quae ad luteuin maxime colorem accedit, sue plumbi reliquiis, aul sulphuris specie, et terra carens. Lavatur haec io mortariis minulim fracla, donec aqua luteum colorem trahat, et transfunditur in vas purum, idque saepiui, usque dum subsidal, quod utilissimum est: eosdemque effectus habel, quos plumbum, sed acriores. Mi rari succurrit experientiam vitae, ne faece quidem rerum, excrementoruraque foeditatem in tentata tot modis.
S p o d iu m
bx p l u m b o .

LI. Usasi ancora Ia scoria del piombo, e quella migliore che tira pi al giallo, senza reliquie di piombo, o apparenza di zolfo, e senza terra. Lavasi questa scoria, rotta minuta, ne* mortai, finch l acqua diventi gialla, e rimutasi in vaso puro tante volte, che rimanga al fondo; e que sto utilissimo: fa qoei medesimi effetti che il piombo, ma pi possenti. In questo molto mi maraviglio, come gli juomini abbiano fatto espe rienza insino della bruttura e della spazzatura in tanti modi.
D ello
s p o d io del p io m b o .

L1I. Fit et spodium ex plumbo eodem modo, quo ex Cyprio aere diximus. Lavatur in linteis raris aqua coelesti, separalurque terrenum transfusione, cribratumque teritur. Quidam pulverem pennis detergere malunt, ac terere in vino odo rato.

LU. Fassi lo spodio ancora del piombo nel modo medesimo, che noi dicemmo farsi del rame Ciprio. Lavasi in pezzoline rare con acqua piovana, e cos colando si purga dalla parte terre stre, e vagliato si pesta. Alcuni vogliono piutt* sto levare via la polvere con le penne, e pestare in vino odorifero.
D
e l l a m o l ib d e h a : m e d ic in e i

De

m o l y b d a b e a : m e d ic i t u b b x b a , x v

5.

L1II. Est et molybdaena, quam alio loco ga lenam vocavimus, vena argenti plumbique com munis. Melior haec, quanto magis 'urei coloris, quanloque minus plumbosa, friabilis, et modice gravis. Cocta cum oleo, jocineris colorem trahit. Adhaerescit et auri et argenti fornacibus. Et hanc metallicam vocant. Laudatissima quae in Zephyrio fiat. Probantur minime terrenae, miuimeque lapidosae : coquuntur lavanturque sco riae modo. Usos in liparas, ad lenienda refrigerandaqne ulcera : emplastrisque, qoae non alli gantur: sed illita ad cicatricem perducunt, in teneris corporibus mollissimisque partibus. Com positio ejus est libris tribus, et cerae libra una, olei tribus heminis, quod in senili corpore cum fracibus additur. Temperatur et cum spuma ar genti, et scoria piombi, ad dysenteriam, et teneMDum, fovendo calida.

LUI. C anco la molibdena, la quale altrove abbiamo chiamata galena, vena comune dargen to e di piombo. Questa migliori, quanto ha pi del color dell oro, e quanto manco piom bosa, e agevole a stritolarsi, e mediocremente grave. Cotta con olio piglia colore di fegato. At taccasi alle fornaci d oro e dargento, e chiamasi metallica. Eccellentissima quella che si fa in Zefirio. Non sono approvate quelle che non han no punto di terra, e non sono pietrose ; cuoconsi e lavansi come la scoria. Sono utili in una certa sorte di medicamento, che si chiama lipara, a mi tigare e rinfrescare gli ulceri, e negli empiastri che non si fasciano ; ma impiastrate conducono a rammarginare, ne corpi dilicati, e nelle parli pi tenere. La composizione sua di tre libbre, una libbra di cera, e tre emine dolio, il che sopra a corpo vecchio si pone con le morchie. Tem perasi ancora con ischiuma d argento e scoria di piombo, facendo fomentazioni con essa calda al male de pondi, e al tenesmo. D el
p sim m izio , o b i a c c a , m k d ic .

D e F s m m T H io ,

s iv b c b b u s s a

m e d ic in a e v i .

G.

L 1V. Psimmythium quoque, hoc est, cerus sam, plumbariae dant officinae. Laudatissimum iu Rhodo. Fit autem ramenlis plumbi tenuissimis super vas aceti asperrimi impositis, atque ita destillantibus. Quod ex eo cecidit in ipsum ace-

L1V. Fassi ancora il psimmizio, cio la biacca, nelle fornaci del piombo. eccellentissimo in Rodi. Fassi di sottilissimi pezzi di piombo posti sopra un vaso daceto fortissimo, e lasciali stilla re. Quello che di ci viene a cadere nello aceto,

i .83

G. PUNII SECUNDI HISTOU. MUNDI LIB. XXXIV.

1184

tum, arefactum molitur et cribratur, ilerumque aceto mixto in pastillos dividitor, et ia sole sic catur aestate. Fit et alio modo : addito in urceos aceti plumbo, obluralos per dies decem, derasoque oeu situ, ac rursus rejecto, donec deficiat materia. Quod derasum est, teritur et cribratur, et coquitur io patinis, misceturque rudiculis do nec rubescat, et simile sandaracae fiat. Dein la* a la r dulci aqua, donec nubeculae omoes eluan tur. Siccatur similiter postea, et io pastillos divi* ditur. Vis ejus eadem, quae supra diclis : levis sima tantum ex omnibus: praeterque ad candorem feminarum adhibetur. Est autem letalis potus sicut spumae argenti. Postea cerussa ipsa si co quatur, rufescit.

si secca, si pesta e si vaglia, e di nuovo mescolan dovi aceto se ue fa pastelli, e seccausi al sole di state. Fassi ancora in altro modo. Mettono il piombo ue vasi dell' aceto, turati per dieci gior ni, e poi ne radono quella parie, che pare quasi muffa; e dipoi rigettano il piombo nell'aceto, fa cendo cos fino a tanto che la materia venga meno. Quello che fu raso si pesta, staccia, e cuocesi; e rimestasi cou un fuscello, tanto cbe diventi rosso, e simile alla sandaraca. Dipoi si lava con acqua dolce, lanlo che si purghi da ogni macchia. Simil mente dipoi si secca, e fansene pastelli. Questo ha la stessa efficacia cbe i sopraddetti, e solo pi leggeri che tutti gli altri, in fuor che quello, che le donoe adoperano a farsi bianche. Ma mortale a berlo, come ancora la schiuma del l'argento. La biacca poi se si cuoce, diventa rossa.
D e l l a s a n d a r a c a : m e d ic i n a 11 .

S andaraca :

m e d ic in a e e x b a , x i .

LV. Sandaracae quoque propemodum dieta natura st. luvenilur antera et in aurariis et in argentariis metallis : melior quo magis rufa, quoque magis virus redolens, ac pura, friabilisque. Valet purgare, sistere, excalfacere, perro dere. Smma ejus dos septica. Explet alopecias ex aoeto illi Ia. Additur oculorum medicamentis. Fauces purgat cum melle sumpta. Suspiriosis tussientibusque jucunde medetur, cum resiua lerebiulhini in cibo sumpta. Suffita quoque cum cedro, ipso nidore iisdem medetur.

LV.Della sandaraca abbiamo gi poco men che dimostralo quanto perliene alla sua natura. Nondi meno aggiungiamo, chessa si trova nelle cave delI' oro dell' argento, ed migliore quanto pi rossa, e quanto ba pi noioso odore, e che sia pura, e facilmente si stritoli. Vale a purgare, a risaldare, a riscaldare, e a rodere. La sua priudpal virt di rompere. Impiastrata con aceto riempie le margini della tigna. Adoperasi ue' medicamenti degli occhi. Presa col mele, purga la gola, e fa la voce chiara e sonora. Presa in cibo con tremen tina, guarisce benissimo i sospirosi, e quelli cbe hanno la tosse. Il suo profumo, mescolandovi il cedro, fa i medesimi effetti.
D ello
a r s e n ic o .

A e b e n ic c m .

LV1. Et arrenicum ex eadem est materia. Quod optimum, coloris etiam in auro excellentis : quod vero pallidius aut sandaracae simile est, deterius existimatur. Est et tertium genus, quo miscetur aureus color sandaracae. Utraque haec squamosa. Illud vero siccum, purumque, gracili venarum discursu fissile. Vis eadem quae supra, sed acrior. Itaque et causticis additur, et psilo thris. Tollit et pterygia digitorum, carnesque narium, et condylomata, et quidquid excrescit. Torrtur, ut validius prosit, ia nova testa, donec mutet colorem.

LV1. L'arsenico ancora esso della medesiaoa materia. Quello che ha pi del colore dell'oro, tenuto il migliore : e quello eh pi pallido, e pi simile alla sandaraca, stimato il peggiore. C' anco una terza specie, dove il colore d 'oro si mescola con la sandaraca : questi due s o d o scagliosi. Laltro secco, puro, e con sottile di scorso di vene facilmente si fende. Ha la medesima forza che que di sopra, ma pi possente. Epper si mette ne'cauterii, e oe psilotr. Leva le pel licole che si sfogliano intorno alle unghie delle dita, e le carni delle nari, e i mali nati intorno al fondamento, e ci che vi ricresce di cattivo. Arrostiscesi, acciocch sia pi gagliardo, ia vaao nuovo di terra, iufiu che muti colore.

C. PLINII SECUNDI

HISTORIARUM MUNDI
LIBER XXXV
DE P I C T U R A ET COLORIBUS.

------------------

Hoiros

PICTURAE.

DsiXA

NOBILT DILLA PITTURA.

I . ^letaliorum , quibus opec constant, nascentiamqoe in ei nator* indicata propemodum eat : ita connexis -rebus ut immensa medicinae silva, officioarumqae tenebrae, et morosa caelandi, fin* gendique, ac tingendi subtilitas siraol dicerentur. Restant terrae ipsius lapidumque genera, vel numerosiore serie, plurimis sibgula a Graecis praeripue'voluminibos tractata. Nos in iis brevi tatem sequemur ntilem instituto: hoc modo nihil necessariam aat naturale omittentes.

i . Primumque dicenms quae restant de pictnn , arte quondam nobili, tunc quum expeteretur a regibas populisque, et illos nobilitante, quo esset dignata posteris tradere : nunc vero in to tam marmoribus pulsa, jam quidem et auro : nec tantam u t parietes toti operiantur, vrum et in terraso marmore, vermiculatisque ad effigies rerum et animalium crustis. Non placent jam abaci, nec spatia montis in cubiculo delitentia : coepimus et lapidem pingere. Hoc Claudii prin cipato inveotum: Neronis vero, maculas qoae

I. N o i abbiamo io gran parte dimostro la na tura de1metalli, ne* quali consistono le ricchezze, e delle cose aocora mescolate insieme con essi : per essere tutte queste cose l una con l altra appiccate, dovevamo anche mostrare una grandis sima selva dr medicina, e tenebrose fabbriche, e la stucchevole diligenza di scolpire, di figurare, e di tingere. Restano ora le specie della terra e delle pietre, specie in molto pi numero che quelle dei metalli, ciascuna delle quali stata trattata in pi volumi, e massimamente da* Greci. Noi in queste cose seguiremo un'utile brevit secondo il nostro costume, n per lasceremo addietro cosa alcuna necessaria o naturale. i. C prima diremo quello che rimane a dire della pittura, arte per lo passalo molto nobile, allora eh* ella era desiderata da* re e da' popoli, e che nobilitava quegli, i quali ella si degnava di raccomandare a' posteri ; ora innestala fino nei marmi, e gi ancora nell'oro, perch noo solo tutte se ne coprono le mura, ma il marmo stesso si rade e pulisce per intarsiarvi immagini di cose e d'animali. Non ci gradiscono pi le tavole marmo r e e ,^ tanta partedi monte sepolta in ogni stanza : ' abbiamo cominciato a dipingere fin le pietre.Queslo

C. PLINII SECUNDI

ii08

non essent, io cruslis iusercudo, ud L lem y.ru a re, utovalus esset Numidicos, ut purpura distin gueretur Synnadicas,qualiter illos nasci optarent deliciae. Montium haec subsidia deficientium : nec cessat luxuria id agere, at quam plurimum incendiis perdat.

a* trovato al lampo di Claudio imperadore. Al tempo di Nreona si cominci incrostar nel marmo diverse macchie, eh* esso non avea, a variare la unit, e si volle che il marmo Numidico ricevesse macchie ovale, e il Sinnadico macchie porporine, come il lasso vorrebbe die nascessero. Questi so no sussidii di monti che vengono a mancare ; n cessa la lussuria di far queslo, per offrire da di struggere assai agi'incendii.
D
il l a r o b il t d b l l b im m a g is i.

Honos

IHAG1SCM.

II. 2. Imaginum quidem pictura quam maxi II. a. Con la pittura le immagini si facevano me similes in aevum propagabanlur figurae: quod rimanere adatto simili al naturale per lungo spa in totum exolevit. Aerei ponuntur clypei, argen zio di tempo; ma questa cosa s ' dismessa in teae facies surdo figurarum discrimine,statuarum tulio. Oggi si pongono scudi di rame, e facce di capita permutantur, vulgatis jam pridem salibus argeolo con impropria differenza di figure, e etiam carminum. Adeo materiam'raalcmt conspici pemuiansi le teste delle statue, onde gi un pezzo omnes, quam se nosci. El inter haec pinacothecas ne va pei versi de' poeti il ridicolo. Tanto vuole veteribus tabulis consuunt, alienasque effigies ognuno che piullosto si conosca la materia, che il colunf, ipsi honorem non nisi in pretio ducentes, proprio ingegno. E fra le altre mattezze fanno le ut frangat heres, furisque detrahat laqueus. Ita coverte alle antiche pitture, e onorano le straniere que nullius effigie vivente, imagines pecuniae, effigie, non islimando esserci onore se non nel non suas, relinquunt, lidera palaestras athleta prezzo, acciocch lo erede le spezzi, e il ladro le rum imaginibus, et ceromata sua exornant, et tiri gi col laccio. E cosi non vivendo la effigie vultus Epicuri per cubicula gestant, ac circum d 'alcuuo, lasciano le immagini della peconia, e ferunt secum. Natali ejus vicesima luna sacrifi non le loro. 1 medesimi adornano le palestre e le cant, feriasque omni mense custodiunt, quas stante dove s 'ungono i lottatori, con le immagi Icadas vocaut, ii maxime qui se nc viveules qui ni degli atleti, e portano i volli di Epicuro per dem nosci volunt. Ita est profecto : artes desidia le camere, e recangli seco attorno. Nel natale di perdidit: et quoniam animorum imagines non lui sacrificano nella ventesima luna, e osservano sunt, negligunlur etiam corporum. ogni mese le ferie chiamale Icade, a massimameote quegli, i quali non vogliono essere conosciuti an cora mentre cbe vivono. Cos invero: la iulngardaggine ha fatto perdere le arti, e perch non sono immagini degli animi, si dispreizano ancora quelle de* corpi. Aliter apud majores in atriis haec erant quae Ma ben altre appresso degli antichi erano le speclarcnlur, non signa externorum artificum) effigie che si vedevano negli audroni, non statae nec aera, aut marmora : expressi cera vullus sin di artefici stranieri, n di bronzo, o di marmo: gulis disponebantur armariis, ut essent imagi erano volli espressi in cera al naturale, disposti nes, quae comitarentur gentilitia funera : semin nicchie, acciocch vi fossero immagini, cbe perque defuncto aliquo, lotus aderat familiae accompagnassero i morlorii della famiglia; e ejus, qui umquatn fuerat, populus. Stemmata sempre quando moriva alcuno vi era presente vero lineis discurrebant ad imagines piclas. Ta tulio il popolo di quella famiglia, quanto ce nen blina codicibus implebantur, et monumentis re mai stalo. Sotto alle pinte immagini s t a v a n o de rum in magistratu gestarum. Aliae foris et circa scritti i titoli e le appellazioni delle persone in limina domitarum geotium imagines erant, adfi- quelle rappresentale. Gli archivii si empievano xis hostium spoliis, quae aec emptori refigere ili libri, e di ricordi di cose falle in magistrato. liceret : triumphabantque etiam dominis mutatis Al di fuori intorno alle soglie erano le immagini ipsae domus : et erat haec stimulatio ingens, de' gran domatori di popoli, con appiccatevi le exprobrantibus tectis, quotidie imbellem domi spoglie de' nemici, cui non poteva spiccare nepnum intrare in alienum triumphum. Exstat Mes pur chi comperava la casa; e cos le case islesse salae oratoris indignatio, qua prqhibuil inseri trionfavano ancora quando avevano molali pa genti suae Laevinorum alienam imaginem. Simi droni : questo era un. graode stimolo, rimprotelis causa Messalae scoi expressit volumina illa, raudo que letti il pigro padrone che entrava 1

HISTORIARUM MENDI LIB. XXXV.

190

quae de Familiis condidit, quilro Scipioni* Pom poniani U'*naiset atrium, vidisaetque adoptione testamen laria Salulionis (hoc enim fuerat cogno>nco), Africanorum dedecore notam irrepentem Scipionum nomini. Sed pace Messalamm dixisse liceat, etiam rateliri clarorum imagines, erat aliqais virtutum amor : multoque honestius, quam mereri, ne quis suas expeteret.

Non est praetereundam et novitiam inven iam. Siquidem noo solum ex auro argentare, aat certe ex aere in bibliothecis dicantur illi, quorum immortales animae in locis iisdem loquuntur: quinimmo etiam quae non sunt, finguntur, parinnlqne desideria non traditi vultus, sicut ia Homero evenit. Quo majns (ut equidem arbitror) nallam est felicitatis specimen, qaam sero per omnes scire capere, qaalis fuerit aliqais. Asinii Pollionis hoc Romae inventnm, qai primas bi bliothecam dicando, ingenia hominam rem pobli cam fecit. An priores coeperint Alexandriae et Pergami reges, qui bibliothecas magno certamine instituere, non facile dixerim.

Imaginum amore flagrasse quosdam testes sunt et Atticus ille Ciceronis edito de his volu mine, et Marcos Varro benignissimo invento, insertis voluminum suorum fecunditati, non nomioibus tantum septingentorum illustrium, sed et aliquo modo imaginibus, non passos interci dere figuras, aut vetustatem aevi contra homines valere, inventor muneris etiam diis invidiosi, quando immortalitatem non solum dedit, verum etiam in omne terras misit, ut praesentes esse ubique, et credi possent.

luogo del trionfo d* altri. Trovasi ancon oggi Ir diceria di Messala oratore, per la quale si oppose che la immagine de* Levini fosse posta nella sua famiglia. Per la medesima cagione Messala il vecchio scrisse alcuni libri delle Famiglie, perch passando per lo cortile di Scipione Pomponiano, vide per adozione di testamento, come il nome di Saluzione (cos chiamavasi il testatore) con carico e biasimo degli Africani s*era insinuato nella famiglia degli Scipioni. Ma sia detto con pace de* Messali, il mettere ancora fra le sne im magini quelle degli uomini illustri, era avere qualche amore alle virt, e ci era cosa molto pi onorata che ottenere che alcuno non vi po nesse le sue. Non ancora da passate oca nuova inven zione; perch non solamente si dedicano nell librerie le coloro immagini d* oro e d argento, 0 almeno di rame, le cui anime immortali nei medesimi luoghi parlano ; ma quelle ancora, che noo sono, si fingono, e partoriscono desiderio i volti, de* quali non si ba la impronta, come av venne io Omero. Della qual cosa ( come io pen so) non altra maggiore apparenza di felicit, quanto che sempre cerchino tatti come alcuno fosse fatto. E questo fa a Roma invenzione d* Asioio Pollione, il qaale essendo il primo a dedi care la libreria, fece gl'ingegni degli uomini cosa pubblica. N saprei ben dire se farooo i pri mi a cominciare i re d 'Alessandria e di'Pergamo, 1 quali con gran gara fra loro instituirono li brerie. Ma che gli antichi si dilettassero delle imma gini, testimoni ne sono, e quell* Attico amico di Cicerone, che ne scrisse un libro, e M. Varrone, il quale con benignissima invenzione mise nei saoi volumi non solamente i nomi di settecento uomini illustri, ma in certo modo le immagini, non sopportando che le figure si perdessero, o che Paolicbit del tempo avesse forza contro gli nomini. Onde per la invenzione di tale officio pot essere ancora odiato dagli dei, poich non solamente diede a quelli la immortalit, m an a* cora gli mand per tatto il monda, acciocch potessero essere, ed essere conosciuti per tatto. Q uaudo
s i c o m in c i u s a r e d i s c u d i

u a n d o pr im u m

c l y p e i im a g in u m

in s t it u t i

con

so p ra v i

BT QUANDO PRIMUM IB POBLICO POSITI.

IMMAGINI : B QUABDO SI POSERO LA PRIMA VOLTA IH PUBBLICO.

III. 3 . Et hc quidem alienis ille praestitit. IIL 5. Questo fece Varrone agli straoieri. Ma secondo ch'io trovo, Appio Claudio, che facon* Sa orum vero clypeos in sacro vel publico priva tila dicare primus instituit (at reperio) Appias solo eon Servilio nell'anno da genio cinquanta* Claudius, qui coosol cnm Servilio fnit anno nove dopo la edificazione di Roma, fa il primo che ordin a dedicarsi privatamente gli scudi Urbis c c L ix . Posait enim ia Bellonae aede majo res suos, placuitque in excelso spectari, et titulos de* suoi in luogo sacro, o pubblico ; perch pose

iiq

C. PU N II SECUNDI

1196

comprobavit. Puer magni profecta* in ea arte obiit. Dignatio nutem praecipua Romae increvit (ut existimo) a M. Valerio Max. Messala, quum princeps tabulam picturae proelii, quo Carthagi nienses et Hieronem in Sicilia devicerat, pro posuit ia Utere curiae Hostiliae, anno ab Urbe condita ccccxc. Fecit hoc idem et L. Scipio, tabulamque victoriae suae Asiaticae ia Capitolio posuit: idque aegre tulisse fratrem Africanam tradunt, haud immerito quando filius ejus in Illo proelio captus fuerat. Noo dissimilem offensionem et Aemiliani subiit Lucius Hostilius Mancinus, qui primus Carthaginem irruperat, situm ejus oppugnationesque depictas proponendo in Foro, et ipse adsistcns populo spectanti singula enarran do : qua comitate proximis comitii consulatum adeptas est. Habuit et scena ludis Claudii Pulchri magnam admirationem pioturae, qoum ad tegu larum similitudinem corvi decepti imagine advo larent.

di Q. Pedio, U quale fu consolo, e trionf, e da Cesare dittatore fu lascialo erede insieme eon Angosto, essendo matolo per natura, fu per con siglio di Messala oratore, della cui famiglia era 1 avola del fanciullo, posto a imparare l ' arte della pittura, e ci piacque ancora ad Augusto. 11 fanciullo mor, avendo gi fatto gran profitto in quell' arte. Ma la dignit della pittura crebbe a Roma, come io stimo, da M. Valerio Massimo Messala, il quale fu il primo che pose nel lato della curia Ostilia la tavola dove era dipiota fa battaglia, nella quale egli aveva rotti i Cartagi nesi e Gerone in Sicilia, l anno quattrocento novanta della edificazione di Roma. Qaesto me* desimo ancora fece L. Scipione, e pose in Capi tolio la tavola della vittoria, eh* egli aveva avola in Asia. Dicono che Scipione Africano l'ebbe molto per male, e meritamente, perciocch il suo figliuolo era stato preso in quella battaglia. Si mile offesa fece a Scipione Emiliano L. Ostilio Mancino, il quale era stato il primo a entrare per fona in Cartagine, ponendo in piazza dipinto il sito di essa, e la espugnazione, ed esso standovi presso a raccontare tutti i particolari al popolo, che stava guardando ; per la qual benignit fa poi ne* prossimi comizi! fatto consolo. Ebbe ancora la scena gran maraviglia di pitture ne* gioorhi di Clandio Pulcro, dove i corvi ingannati dalla so miglianza detegoli, volarono per posarvisi sopra.
Q u a n d o s ' b b b e b o ih i i p u t a z i o h e l e f i t t o * e s t e r e ih R oma .

QOANDO PBIMCM EXTBRtHS PICTU BIS


d ig k it a s

R oma* .

V ili. Tabnlis aulem externis auctoritatem Romae publice fecit primas omnium Ludas Mummias, cui cognomen Achajci victoria dedit. Namque quum in praeda vendenda rex Attalus distraxisset et x vi emisset tabulam Aristidis, Liberam patrem, pretiam miratas, saspicalusque aliquid in ea virtutis, quod ipse nesciret, revoca vit tabulam, Attalo multum querente, et in Cere ris delubro posuit: q a a m primam arbitror pictu ram externam Romae publicatam. Deiode video et in Foro positas valgo. Hinc enim ille Crassi oratoris lepos agentis sub Veteribus, quum testis compellatas instaret : u Dic ergo, Crasse, qnalem me reris ? u Talem, inquit, ostendens in tabula pictam iaficetissime Gallum exserentem linguam. Ia Foro fuit et illa pastoris senis cum baculo, de q o R Teutonorum legatas respondit, interrogatus, u quanti eum aestimaret,* u sibi donari nolle talem vivam, verumque. 1

V ili. Ma il primo che desse ripatazione pub blicamente in Roma alle tavole straniere, fu Lo do Mummio, il quale per la vittoria d 'Acaia si acquist soprannome dAcaico. Perciocch aven do il re Attalo nel vendersi la preda compero u n tovola d Aristide, dov era dipinto Bacco, per seicento mila danari, maravigliatosi del prezzo, e perci sospettando ch ella non avesse in a qualche vitt eh ei non conoscesse, revoc li ta vola, dolendosene mollo Aitalo, e la pose nd tempio di Cerere; e credo cbe questa fesse la prima pittura straniera che si pubblicasse in Ro ma. Veggo di poi ohe se ne sono messe di aaoko altre in piazza. Di qai nacque quel motto ar guto di Crasso oratore nd trattare una ansa sotto i Rostri vecchi ; cb dicendogli on testimo ne interrogato : Dimmi adunque, o Crasso, d i pensi to eh io sia ? u Tale n rispose, mostran dogli un Gallo stranamente dipiato ia una tavola, ehe metteva fuor la lingua. Fu ancora in piazza la pittura d un pastor vecchio con un bastone ia mano, del quale essendo domandato n amhasciadore de Tedeschi, per quanto l avrebbe

H 97

HISTOKIARCM MONDI LIB. XXXV.

n 08

comprato, ripose, uche neppur vivo e vero non avrebbe volato che gli fosse donato, se fosse late.
QGABBO PB1MUM DIGNITAS P1CTUBAX, BT QUIBUS PUBLICE R oA B . QOASDO LA PITTURA COMINCIO SALME IN DIGNIT, 8 QUALI PUBBLICAMENTE F CEO NO IN CREDITO A

R om a .

IX. Sed praecipuam auctoritatem fecit poblice IX. Ma grandissima riputazione diede in pub tabulis Caesar dictator, Ajace et Medea ante Ve blico alle tavole di pittura Cesare dittatore, neris Genetricis aedem dicatis. Posi eum M. avendo dedicale le figure di Aiace e di Medea Agrippa vir rusticitati propior qaam deliciis. dinanzi al tempio di Veoere Genitrice ; e dopo Exstat certe ejus oratio magnifica, et maximo lai, M. Agrippa, sebben uomo che lenea pi della civium digna, de tabulis omoibus signisque po rusticit della villa che della delicatezza cittadi blica odis : quod fieri satius fuisset, quam in villa na. Certo v* ona sua orazione magnifica e de rum exsilia pelli. Verum eadem illa torvitas tabu gna di grandissimo cittadino, la quale egli com las duas Ajacis et Veneris mercata est a Cyzice* pose per ottenere che si ponessero in pubblico nis x ui. Io thermarum quoque calidiasima parte tutte le pillare e scnlture; il che sarebbe stato piarmoribu* incluserat parvas tabellas, panilo meglio, che mandarle nelle ville, come in esilio. ante, quum reficerentur, sublatas. Nondimeno bench cos rustico comper due pitture d Aiace e di Venere da* Ciziceui per tre cento mila danari. Avea aneora nella pi calda parte delle terme allogate fra i marmi piccole tavolette dipinte, le quali poco innanzi furono levale quando le terme si rifacevano. Qui
v ic to b ia s

soa s

f i c t a s p b o p o s u b e u s t.

D i q u e lli c u

fe c e b o d ip in g e re

LB PaO PBIE VITTOBJB.

Sopra tulli lo imperadore Augusto pose X. Super omnes divus Augustus in foro suo X. celeberrima in parte posuit tabulas duas, quae nella sua piazza, nella pi bella parie d 'essa, doe belli faciem pictam habent et triumphum. Idem tavole, nell' una delle quali dipinta la guerra, Castores ac Victoriam posuil, et quas dicemus e nell1altra il trionfo. 11 medesimo pose i Castori, ub artificum mentione in templo Caesaris patris, la. Vittoria, e altre pillure nel tempio di Cesare suo padre, delle quali noi ragioneremo, quando idem io curia quoqoe, quam in Comitio conse crabat, duas tabulas impressit parieti. Nemeam faremo menzione de' pittori. Nella curia, la quale sedentem fcupra leonem, palmigeram ipsam, ad* egli consacrava nel Comizio, commesse due ta stante cum bacalo sene, cujus supra caput tabula vole nel muro. L' una rappresenta Nemea, che bigae dependet. Nicias scripsit se inussisse : tali siede addosso a un lione, con in mano una pal enim usus est verbo* Alterius tabulae admiratio ma, e un vecchio che le sta innanzi con un ba est, poberem filium seni patri similem esse, salva stone, sopra il capo della quale una tavola dove aetatis differenti, supervolant* aquila draconem un carro da doe cavalli. Nicia scrisse d'averla complexa. Philochares hoc sunm opus esse testa egli infiammata, osando proprio questa parola. tus est : immensa, vel onam si qui tantum hanc Nell'altra tavola una maraviglia, cio un figliuo tabulam aestimet, polentia artis, quura propter lo giovanetto, ch' molto simile al padre, salvo la Philocharem, ignobilissimos alioqui Glaucioaem differenza dell'et, eon sopravi un'aquila volante, filiumque ejus Aristippum, senalus populusque che ha ghermito una serpe con gli artigli. Filo Romanus lot seculis speciet. Posuit et Tiberius care afferm che questa era siala sua opera. Im Caesar minime comis imperator, in templo ipsius mensa veramente la potenza di quest' arte, chi vorr considerare solamente questa tavola, per Augusti, quas mox indicabimai. ciocch per cagione di Filocare, il senato e popolo Romano vede ancora oggi, come se fossero vivi e presenti, Glauoione, e Aristippo suo figliuolo, uomini oscurissimi, i quali gi tanto tempo ha son morti. Pose ancora Tiberio imperadore, per sona per altro poco piacevole, nel lempio d 'Au gusto alcune figure, delle qaali loslo ragioneremo

9
R a t io fin o b n d l

G. PUNII SECUNDI
D bl m o d o d i d i f i b g s r e .

in *

XI. 5 . Hacleuus dicium sii de dignitate arti XI. 5 . Basti P aver- ragionato tosino a qui detta anorientis. Quibus coloribus singulis primi pin dignit d 'nn arfe gi presso a morire. Quali xissent, diximus, qoam de pigmentis traderemus fossero i colori usali da' primi che dipinsero, il in metallis. Qui monochromatea genera picturae dicemmo gi quando trattammo de' colori nei vocaverint, qui deinde, et qaae invenerint, et metalli. Chi abbia dato il nome alla pittura mo quibus temporibus, dicemus in mentione artifi nocromatica, e chi dipoi, e in quali tempi /ces cum, qooniam indicare naturas colorum, causa sero nuove scoperte, il diremo facendo menziooe instituti operis prior est. Tandem se ars ipsa di degli artefici, ;perch 1 ordine dell opera vuole ', stinxit, et invenit lumen atque umbras, differentia che mostriamo prima la natura de' color. Con colorum alterna vice sese excitante. Deinde adje? landar del tempo l'arte si distinse da s stessa, dos est splendor, alius hic qoam lumen : quem e trov i lumi e l ' ombre per la differenta dd quia inter hoc et umbram esset, appellaverunt colori, i quali si risvegliano l ' un l ' altro. wisi tonon: commissuras vero colorum et transitus, poi aggiunto lo splendore, il quale altra cosi harmogen. che il lume; e fu chiamato tono, perch fra questo e l'ombra ; e 1 commessura e il transito de' colori, armegen.
D e COLORIBUS RATITIS, ET DR COLORIBUS PACTITIIS, BT DB PIGMENTIS, PRAETER METALLICA.
D ei
colori n a t u r a l i, b de f it t im i si

, s

u su a dai

belletta,

OLTRB I

colori c u

PASSO

METALLI.

Xll. 6. Sunt autem colores austeri, aut floridi. XII. 6. I color sono austeri o fioriti': l noe Utruraque natura, aut mixtura evenit. Floridi e l ' altro viene per natura, o per mislfo. 'Fiorili sunt, quos dominus pingenti praestat, minium, sono quelli, i quali chi ordina il lavoro sommi armenium, cinnabaris, chrysocolla, indicum, pur nistra al pittore, siccome sono il minio., P ar purissum. Celeri austeri. Ex omnibus alii nascun menio, il cinabro, la crisocolla, lo "indico, e la tur, alii fiunt. Nascuntur sinopis, rubrica, parae- porporina. Gli altri sono iutieri. Di tutti i color tonium, melinum, eretria, auripigmentum. Celeri alcuni nascono, alcuni si fanno. Nascono Jasiaofinguntur, primumque quos in metallis diximus. pia, la rubrica, ' il parelooio, il mdino, 1* ere Praeterea e vilioribus, ochra, cerussa usta, sanda tria e.l orpimento. Gli altri si compongono, raca, sandyx, syricnm, atramentum. prima quelli che abbiamo detto ne' metalli. O ltra questi si compongono, fra i pi vili, l'ocra, 1 biacca arsa, la sandaraca, la sandice, il sirico, e Palramento. . . . * Db s ir o p id b
: m e d ic in a e b x b a , x i.
D ella
s in o p ia

m e d ic in e , c h e s e h e p a n n o , i i

.. i

i.

XIII. Sinopis inventa est primom in Ponto : XIII. La sinopia fu la. prima volta trovata nomen a Sinope urbe. Nascitur et in Aegypto, in Ponto, e prese il nome dalla citt di Sinope. Balearibus, Africa : sed optima in Lemno, et in Nasceancora in Egitto, in Maiorica e in MiooCappadocia, effossa e speluncis. Quae saxis adhae rica, e io Africa ; ma ottima nell* isola di Sta sit, excellit. Glebis suus colos, extra maculosus. timene e in Cappadocia, cavata delle spdonche. Hacque usi sunt veteres ad splendorem. Species Quella che s* attacca a* sassi, tenuta per la mi sinopidis tres : rubra, et minus rubens, et inter gliore. Le zolle hanno il lor colore, per coi si co has media. Pretium optimae in libras, x u. Usus noscono: di fuori son maculose. Di questa usarono ad penicillum, aat si lignum colorare libeat. Ejus, gli antichi per dar lo splendore.'La sinopia di tre quae ex Africa venit, octoni asses : cicerculum sorti, rossa, e manco rossa, e una eh* in mexxo appellant. Quae magis ceteris rubet, nlilior aba fra queste. La migliore vale due deoari la libbra. cis. Idem pretium ejus, quae pressior vocatur, et Usasi col pennello, o a voler colorire il legno. est maxime fusca. Usas ejus ad bases abacorum. Quella che viene d 'Africa, vale olio assi, e chia In medicina vero blandus, emplastrisque et ma masi cicerculo. Quella eh* pi rossa dell' altre, lagmatis, sive sicca compositione ejus, sive liqui pi utile nelle tavole. Il medesimo vale quella, da, fcili ; contra ulcera in humore sita, velati che si chiama pressiore, ed molto bruna. Q uesta

la o i

HISTOBIARON UDUM LIB. XXXV.

t*

ori, icdii. Alvaro sistit iofoM : feminarum prfluvia, pola deoarii pondere. Eadem adotta siccat scabrtias oculorum, e vioo maxime.

si adopera nelle basi ddle tavole. E piacevole in mediana, s'accomodo aglvimpiastri ed ai molliScalivi, sia secca la composisiooe, o sia liqoida; e vale eontra Je crepature eh* si In n o in logo putido, come ndla bocca o nel sedere..Ferma il corpo, bagnandolo oon essa. Bevala al peaod'on denaio ferma i flu ii delle donne. 1 medesima arsa, e massimamente eoi vino, seeea le ruvideue dgli occhi.
D b l l a tb b b a b o s sa x s u u t m a L b b b ia :

D b i u i i m | db n u i L u m ia : s m a i a
bxba*

ix.

B D icun 9.

XIV. Rabricae fenvs in ea voloere intelligi XIV. Certi volsero che s' iotenilaese per essa qaidam secandae auctoritatis : palmam enim una spede di rubrica o terra rosm di seconda au torit, perohi davano il primo luogo a qudla di Lemniae dabaoL Minio proxima haec est, mal to antiqais celebrat*, cpm insola, in qoa nasd* Stalimene. Questa virine al minio, aaolto eie* lar. Nec nisi signat* vennmdabatar: onde, et br,ata dagli antichi.con la isola in he nasoa. Non spbragidem appellavere. Hao minium sublinant si vendeva se non soggellata; e perci si chiama adalterantqoe. In m^didua, praeclara res habe* va sfragide. Con questa intridono e felsifieano H tnr. Epiphoras enim oculorum mitigat et dolores minio. In medicina si tiene eh' eUa aia cosa eoodcircumlita. Aegilopas manere prohibet. Sangui leote ( perciocch impiastrata mitiga le lagriaae, nem rejideutibus ex aceto datur bibenda. Bibitur e i dolori degli occhi. Non lascia gocciolare leet oniaa lienas* reaamqae vitia, et purgationes gilope degli occhi. D*ssi a bere con aceto a co feminarum. Item et contra venena, et serpentium loro che rigettano saligne. Beasi anoora centra il ictus terrestrium mariuorumque, omnibus ideo male della milza, e delle reni, e allo purgagioni delle donne, e eontao il veleno, e i mossi delle antidotis familiaris. serpi terrestri e marioe, e per questo usata in tatti gli antidoti.
Db Abotptia tbbba.
D b l l a t b b b a E o iz ia .

XV. Ex reliquis rubricae generibns, .febris utiliasima Aegjpti* et Africana, quoniam maxime sorbeatur picturis.
Db o a u u .

XV. Quanto alle altrespede di rubrica, a* feb> bri sono utilissime la Egisia e l'Africana, perch yanno molto assorbite nelle pi tiara.
D b l l a ocba .

XVI. Nasdtur autem et in ferrariis metallis ochra : ex ea fit exusta rubrica, in ollis novis luto drcnraliiis. Quo magis arsit in caminis, hoc me lior. Omnis autem rubrica siccat, ideoque et emplastris convenit, igni etiam sacro.

XVI. Ne nasce anche nelle cave del ferro, e questa l ' ocra. Di essa arsa io pentole nuove impiastrato con belletta si fa la rubrica. Quanto pi arsa, tanto migliore. Ogni rubrica dissec ca, e perci si conviene agli empiastri, e aneo al fuoco sacro.
Dbl LBUCorono.

L s o c s tio ii .

XVII. Sinopidis pootieee sdibna, silis Incidi XVII. D 'una metta libbra di sinopia di Pon libris x et melini graeeiensis duabus mixtis tritis- to e di died libbre di sile Incido, e due di melino que nna, per dies xu, leucophorum fit, hoc est, greco mescolate e peste insieme per dodid d, si b il leucoforo, do la colla dell' oro, qoando vo glutinum auri, quum inducitur ligno. gliamo attaccarlo al legno.

ta 3
P m iro n n .

C. PLlNfl SfiGOMH Dib PAarrotiio

XVIII. Faraetotaion b m e o loci habet e t XVIII. Il parelonio ha preso il nome da un Aegypto : spaiaaa maris esae dicant solidatam luogo d Egitto : dicono eh* schioma di mare, coni limo : et ideo onchae mitratae inveoionlar rassodata con la belletta, e che per qaesto si truo hOkFHtln Graia insala, atque Cyrenis. Adul vano in esso minute conche. Fassi ancora nell1iterator R am e creta ci molia decocla, conipitta1 sola di Candia e in Cireue. Falsificasi io Roma * taqae. Preliam optimo io pondo sex, x t. K can con la creta cimolia cotta e rassodata. Il migliore didis coloribus pinguissimum, et tecloriis tena vale un danaro per ogni sei libbre. De'colori cissimam, propter laevorem. biaftehl fi pi gvttso, e ngP ibtonkail H pi tenace per la sua lisotatura. Mniirak i neotcmiM
bx h o , t i .

Dai. em uo : Maare. 6. XIX. Il rneKnoancora d ib bbuco, ed o t timo nell' isola di Melo. Nuca ancora ia Sano, tua i dipintori noli )'0*tlo perch troppo grasso. Dislesi in iwr lo avan quivi, ricercandone le vene Ifa i sassi. Fa ftfeHa medicina il medesimo effetto die la creta rtri*. Oltra di d risecca 1* lingua a toccsrlo, cava i peli, ed tnitigante. 11 prezzo suo an sestertio la libbra. De bianch ci ha un terzo calore, la biaca, della qua ragio nammo nelle cave del piovtibo. Trotosri ancora a Smirne una (erra nella possessione di Teodoto, la qaale gli antichi asatano a dipignere i navHr. Ora si fa d 'acelo e di piombo, come dicemmo.
D
e l l a b ia c c a b o c c ia t a .

XIX. fitoinom cabdidom et ipsam est, opiimom m Melo insala* I SatoO qaoqrto hascitur : sed o non otantnr pictores proptef nimiam pingailudioem. Aderbante# effodiubt ibi ibter taxi venas aferntantes.In meditfna euirideu osata Mbet, queoa etri reta; Praetert* fingttam fatili ficcaU Pifas detrahit et mitigat. Pretom in librai serteriii stogali. Est et colo tertius e candidis, ermiae, cojes rationta In pluibbi me tani dixiura*. Fnit et terra per ve in Tbeodtl fondo inventa Stnymae, qua vetere ad naviam ffetarM atebaotar. None dtanis ex plumbo et aceto fit, i diximus.
C bedssa u sta .

XX. Usta casu reperta incendio Piraeei, ce n ala in orafo trem at* Hac primo* oso* st Nicias apra dieta* Optine anno Asiatica habetur, qa et purpurea appellator* P retiam ejw in Kbraa, i vi. Fit et Romae cremato sile marmoroso, et re stincto aceto. Sine aita m>tfi*nt umbrae.

XX. Qaella biacca che si chiama usla, fu tro vata a caso in nn incendio di Pireo, sendovisi abbondala I* biacca negli orci Nieia gii dello fit il primo che Tosasse. Oggi quella d'Asia i tenu ta la migliore, e chiamasi anche purpurea. Questa vale sei denari la libbra. Fatai ancora a Roma di sile marmoroso, spento con l ' aceto. Senza la biacca asta non si possono far l ombre.
D a tL A TE&BA E& BTBf A ! V BM C. .

K aarau n a n a : uwtncn^t ax

b a , v i.

XXI. Eretria terrae mie habet nomea. Hae XXI. La terra Etelfi ba prso il nome dal sao Nicomachns, et Parrhasias osi. Refrigerat, emol* paese. Questa fu usata da Nicomaco e da Parrasio. litque. Explet vulnera, si coquatur, ad siceanda Rinfresca e rammorbidisce. Risalda le ferite, e otilis : praedpua et capitis doloribus, et ad de se si cuoce, molto alile diiseccare, e specialprehendenda obscura. Subesse enim ea intelli* mente alla doglia del capo, e a far conoscere i goni, ti ex aqua illita non areecat. malori interni ohe non si veggano. Perciocch se tu la metti stemperata eoo l ' acqaa* e noo si risecc, segna die ci ba di sotta malore.
S abd axaca .
D ella
s a k d a &a c a .

XXII. Sandaracam et ochram Jaba tradit in insula Rubri maris Topato nasci : sed inde non pervehantur ad nos. Sandaraca quomodo fieret,

XXII. Giuba scrive che la sandaraca e 1*ocra nascono in Topazo isola del mar Rosso ; ma a noi non provengono di l. Noi abbiamo gi dello

liti

HlST0RM *9Bt*QlU>I LI. XXXT. come si fa la sandaraca. Fassi ancora la falsa, di biacca cotta nella fornace. 11 colora debbe essere di fuoco. Uoa libbra vale cinque assi.
D blla s a n d ic e .

dtimo*. Fit et odoltevin* ix m w * io fornace oocta. Colo* esse dejtet 0 tinm iii. Pretium io Ih braa, lu c i qaini.
Sahotx.

XXUI. Heecsi torreatur, aequa parte rubrica admixta^apdycem (iei^Q flivqaio animadverto Virfiiiua existimasse herbem id u n , ilio veu ;

XX11L La sandaraca, se ai ahbvocia e li ai maseola egual patte di rubrica, la aandiee Osservo che Virgilio si credette che la saodioe fossa un' erba, io qael verso :
La sandice all1agnello che la ciba Tingo spontanea la lanosa palle.

Spoote u saodyx pa*tUc# vestiet agno*.

Preliam io libru, diiuidiuu ejus, quod saudaraW Neo font ilij dao colore me jerieponderi*.

Vale la libbra mia la moti meno che la aanderaca* Non ci sono altri colori che abbiane maggior peso della endice. . Dai. amico.

S ititfik

XXIV. luler faeiltios est et lynaun, qmo a h XXIV. Fra i colori fattizi e incora il sirinimn oblini dUiwus Fit autem aisiopide etsen co, il guaio <Macinio ohe ai metto folio il minio. l 4jca mixtis., Questo colore i fa mescolando inaiarne U sioopia e la sandice.

InixuioH.

D el

t e b h e s t a io .

XXV. Atramentum qaoqae ialcr factitio* XXV. Il trementaio auch egli si potr met eri, quamquam est et terra geminae origini*. tere tra i colori fattizii, benchesso di due sorti, Aat enim *alyagiata nodo emanet, at terra ipa e viene di doe aorli di terra, Perocch a si rac sulphurei coloris ad hoc probatur. Inventi sant coglie simile a salsuggine sopra la terra, o la pictore*, qui t eptitari* carbones infectos effo terra lessa di colore di zolfo ; e questo miglio derent. Importuna baec omnia ao pofilia. Fit re, Si on trovati de* pittori, i quali hanno carote eoira e fuligine plqrUxit modi*, resina el pioe i carboni oopcrti di esso fuor delle urne sepoL m oti*. Propter quod officina* e tiara aedificavere, crali. Ma tutte queste 0040 son malagevoli o di fbmura eam non emittente*. Laudatissimum eo fresco ritrovato. Egli i fa in pi modi con la dem modo fit e tedi*, Adulterator forw cun bo* fileggine, oon la ragia o con )a pece arie. Pe* lioearamqoe fuligine, quo ad volumina cribepd* questo olfatto haooo fatto ancora le faeine a po plnotar. Soni qqi et vioi faecem ieeatam eaco- sta, senza lasciare uscire qael forno, BacoUealMi qoaut : adfirmanlqoe, *i ex tono vino fac fuefit, imo fassi io questo modo di legto. di teda* W * lodici *peoi*m idatramentum praebere. PoJygno-r sifieaai con la filiggine delle fornaci e de bagni, lu* e t Micoq celeberrimi pintore* Athenis, e vine- e questo a* osa a sorivere libri. Alcuni cooCPOQ ceia lecere: irygioop eppellaut. Apelles commentus la feccia secca, del vioo, c dicono che sa 1 feccia est e x ebore combusto facete, quod elephantinam sar di vin boono, quel trementao-parrfr che sin aaatit- A4 potatur at Indicum, inexploratae d 'India. Polignoto e Micope, e&eUentiseimi pii* adhuc inventioni* mihi, Fit etiam apud iofiaetores tori in Atene, fecero delle vinacce questo colore ex flore nigro, qoi adhaerescit aereis cortinis. medesimo, dandogli il nome di trigino. Apelle trov a farlo d e l l ' a v o r i o lo chiapp elefanFit et e tedi* ligno combatto* irititque in morta rio carboniba*. Mira in hoc sepiaram natura : tino. Ne viene ancora portato d'india, il quale per aed ex hia aoaiiit. Omne autem atnmeolun sole anche non ho inteso come si faccia. Fapsi anco perficitor, librariam gommi, tectorium glutino t ppiremn i tintori d un fior nero, che sattacca ai admivto Qaod anlttn actio liquefactam est* paiuoli di rame. Fa*si parimente di legno di teda arso, pestandone i carboni nel mortaio. Jdwvi-r aegro aleiUtr. gljoaa in questo la oatnra delle sepie; ano non m fa d'cfse< Ogni trementaio a*affin* al sole, fpeUo da aerifero dm fe gomiPAi e qael da tingere 009

i**7

C. PLINTI SECONDI

m 8

mescolarvi la ooila. Ma qoello ehA stratto udI*aceto, dMkUmeote ai-lava.


P n iu m o i.
D blla N I N U M .

Degli altri colori, i quali abbiamo det XXVI. E reliquis eoloribas, qao dominis XXVI. Airi diximus, propter magnitudinem pretii, ante to che si somministrano1da chi ordina il lavoro, eaanes est parpuriMom e creta argentaria : cuna per rispetto che valgono molto, sopra tatti h pupari* pariter tingitur, bibitqae an ooloreur porporine, che si fa di creta d* argento: essa celerius baia. Praecipuum eal primam, fervente tigne insieme eon le porpore, e bee qaii colore pi tosto che le lane. La migliore la prima, ine aheno radibas medicamentis inebriatam. Proxi mam, egesto o,'addita reta in jns idem. E t qao- briata nel paiuolo bolleote con rozzi medicamen Ues id factam est, levatur boaitas pr numero, ti. La seconda si fa cavando fuor quella, e aggio g an d o creta nel medesimo brodo. E ogni volta dilatiore sanie. Qoare Puteolanum potius lauda tor, qaam Tyrium, aat Gaetulicam, vel Laconi che ei s fitto, se le toglie la booti, secondo cbe cam, onde pretiosissimae parperee. Causa est, la materia viene a essere pi dilavata. Perci la qaod hyegino maxime iafidtur, ru b ia n M ja e co Pozzolana piuttosto lodata che la Tiria, o la gitar sorbere. Vilissimam a Canusio. Pretium Getulica, o la Laconica, onde vengono preziosis baie a siogalis denariis ia libras, ad Irigiota. Pio* sime porpore. La cagione , chella si tinge gran g a l a sandyce sublita, mox ovo inducentes pur demente con lo isgino, ed sforzata succiarsi la purissum, fulgorem miaii faciunt. Si parpuram rabbia. Vilissima quella che viene da Canusio. fetore malunt, caeruleam sublinuut, max purpu Il prezzo di questa 4 da uao ai trenta denari la rissum ex ovo iadnoant. libbra. Coloro cbe dipingono, prima mettooo la sandice, poi oon la chiara dell* uovo vi tirano sa la porporina, e fanno lo splendore d d minio. Se vogliono fare la porpora, rimettono sotto il ver de senro o perso, poi vi tirane su la porporina con l ' novo.

lamcm : m u m c u a e

bx bo, i t .

D u i Im o : a m a f

XXVII. Ab hoc maxima aactoritas Indico. XX VII. Da ci ha evalo 1*Indico gran ripu E r India venit, arundinum spumae adhaerescente tazione. D*India se ne porta la belletta attaccata limo: qaam teritur, nigrum: at in diluendo alla schiuma delle canne, e quando si pesta i ne ro. Ma nello stemperarlo fa una mirabile mistura mixturam purpurae caeruleique mirabilem red dit.' Alteram geaus ejas est ia parpurariis officinis di porpora e di verde scuro. C* da* altra specie itonatans cortinis : et est porpora spuma. Qui d caso, che-nelle officine della porpora sta a galla adulterati!, vero Indico tingunt stercora colum nelle caldaie j ed schiuma di porpora. Quei ehe bina : aut cretam Selinusiam : vel annnlariam lo falsificano, mescolano con I* Indico veto lo vero inficiant. Probatur carbone. Reddit enim, sterco di colombo, o creta -Selinusia, o anularia. quod sincerum est,flammam excellentis purpurae: Provasi col carbone1 perciocch il sincero renda ; et dam fumat, odorem maris. Ob id quidam e ona fiamma d*eccellente porpora, e mentre che scopulis id colligi putant. Pretium Indico, x x in fama sa d* odore di mare. BpperA alcuni tengo libras. In medimna Indicum vigores et impetus no che si raccolga dagli scogli. Lo Indico vale sedat, siccatqoe ulcera. dieci denari la libbra. In medictu* mitiga I rigori e gl empiti, e dissecca le piaghe.
A m asium : m e d ic m a b x b o ;
i.

Dbll* A ia io : n s i a i . t .

D?Armenia' viettc quel eolote che s XXVIII. Armenia mittit, quod ejas nmine XXVIII. ppellatar. Lapis est hic quoque chrysocollae chiama Armenio. Qoesta 'una pietra tinta an* mdo infectas: optimasque est, qui maxime vi- ch'ella a mdo della erisooolla : tal colore quan to pi verde migliore, tenendo di varile senro. tinus est, commaaicato colore eam caeruleo-. So lebant librae ejas tricenis natnniis U u ri. Inventa Solevasi vendere trecento denari la libbra. S* per Hispania* arena est, similem curam recipiens. trovata in Ispagna un* arena, la quale l il mede Itaque ad denarios senos vititM rediit. Distat a simo effetto, e perci i rinvilito, ehe non vale

IM>9

H1STORU1 0 M M tM Life. XXXV.


p i c h e ei d e u r i la lib b r a .

tsto
un p o c o
p i b ia n -

c a e r u le o c a n d o r * m o d ic o , q u i te n e r io r e m h n o c e fIM ft c a io re m .U s U m i a e d k i o a a d p ilo s la b iu m i U d 4 w M h * ) ' m a x iin c q o e -io p a lp e b ri .

c o e h * il v e rd e s c u ro , e fa p i - le s e r o q o e s to c o lo r e . l o m e d ie io a s e rv e s o la m e n te a f a r c re s c e re

i peli, e massimamente nelle palpebre. VniDi A rr n n . XXIX. Soni etiamnnm novitii duo colores, et Viride quod Appiuium voeatur, et q a o d cbrysoeoMam mentitor, ceu parum multa sittl mend acia ejus. FU et ex creta viridi, aestimatum sestertiis in libras. A iim ii. XXX. Annoiare qood vocant, candidam esi, quo muliebre picturae illuminantur. Fit el ipsum ex ereta, admixtis vitreis gemmi ex vulgi anna lis, onde el annulare dictum.
D b l v b b b b A p p ia *0 .

y H sm o m .

XXIX. Sonci ancora du colori nuovi di po chissima valuta: il verde, che si chiama Appiano, e contraffa la crisocolla gialla, quasi che poche sieno le falsiti dessa. Fassi anche di creta verde, e vale un sesterzio la libbra.
D L l A RD L1BI.

XXX. Quel che si chiama' anulare, i bianco, e con esso s alluminano le pittare muliebri. Fassi anchesso di ereta, mescolandovi gioie di vetro, che sono nelle anella del vulgo; e per questo s chiamato anulare.
Q
u a li c o l o b i bo b si h b t t a b o ib fb b sc o .

Qoi

c o lo b e s

eno

i o i ir d u c a s to b .

XXXI. 7. Di lutti i colori, qo*lK che amano XXXI. 7. Ex omnibus coloribus cretulam amant, ndoque illini recusant, purpurissimum, la creta e che rifiutano d esser dati a fresco, sono Indicum, caeruleum, melinum, auripigmentum, la porporina, I* Iodico, U verdescuro, il melino, Appianum, cerussa. Cerae tinguntur iisdem colo* l ' orpimento, l Appiano e la biacca. Le cere si tingono di questi medesimi colori nelle pitturo a ribos ad eas picturas, quae inuruntor, alieno pa rietibus genere, sed classibus familiari, jam vero fuoco con maniera diversa che nello mura, ma et onerariis navibus: quooiam et pericula ex* famigliare alle flotte, e gi aneora alle navi da pingimus, ne quis miretur et rogos pingi; juvat- carico, perch dipingiamo i pericoli ancora, ac quo pugnaturos ad morlem, *ut oerte caedem, ciocch alcono noo si maravigli ohe si dipingano speciose vehi. Qua contemplatione tot colorum, i fuochi che abbruciano i morti; e- quei che hanno a combatter* per morire, o per uccidere tante varietate, subii antiquitatem mirari. altrui, si pigliano piacere d*esser tradotti da legni ornati. Per la quale contemplazione di tanti co lori, e tanto diversi, mi viene d* far. maraviglia dell* antichit. Qoiacs
c o lo m b i itm id i p ib iib ib it. COH QOALI COLOBI FIHOBfSBBO OLI AITTlCBI.

XXXU. Qoatuor coloribus solis immortalia iM opera fecere : ex albis aaelino, ex silaceis At* a lico, ex rubris sinopide Pontica, ex nigris atra* mento, Apelles, Echion, Melanthius, Nicomachus, datissimi pictores, quum tabolae eorum-singulae oppidorum venirent opibus. Nunc et purpuris in pariete* migrantibus, et India conferente flumi num suorum limum, et draconum et elephanto rum saniem, nulla nobilis picturaJest. Omnia ergo-rodiora tunc fuere, quura*minor copia. Ita est, qooniam, u t supra dfctmns, raram, non- ani mi,- pretmf'excubatur.

XXXII. C00 qusttro colori soli-fecero quelle opere immortali (de' bianchi il melioo, de'sitacei l ' Attico, de'rossi la sinopia Pontica, d e 'neri 1' atramento) Apelle, Echione, Melando e Nioomaco,pittori eccellentissimi, le cui opere elevano le ricchesce d* ona citt. Ora sebbene s ' osano le porpore ne'muri, e la belletta ebe ne manda l'ndia de' suoi fiumi, e il sangue di drago e di elefante ; nondimeno non si fa alcuna pittura nobile. Tulle le cose adunque allora si facevano migliori, quan do; era minore dovisi*. Cos ; perch, come ab biamo detto di sopra, la cura nostra volta alle ricchezze, e non alla virt dell' attimo.

a p u w i eco w h
.

U l|

QuAIOO PUMtm, GL49UTOft9 ?W M , *T ,


PICVUBAB PBOPOUTA8 SI ST.

Qoaupe wv*cmo m v u u fOM p i w n u M n


DEI QLAOUffOftl,

SSJIWITI IS I W it M

XXXIII. Et nostrae aetstis insaniam in piclu- XXXIII. Non lascer di dire la pazzia ddTet ra non omittam, Naro prioeept jusserat coloi- nostra intorno d b - pittura. NtiOne imperadore senm te pingi cxz pedani iu liuteo, incognitum fece dipignere un colosso di cento venti piedi in ad hpc tempus, Ea piatura quura practa eistt in panndtoo, odsa io ogotta infioo questo tempo ; M riuii borii*, scoenia fulmine am o piima A quando la pittura fu finita, ar*e negli orli Va* hortorum perle cosfligravit. Libertus ejiu quiwn nani da un. folgore con la miglior parte degli darei Anlii monus gladiatoriiua, publicas porti* orli. Il suo liberto volando in i u i o farei (m u cus investivit picturi, ut constai, gladiatorum, chi de' gladiatori, fece dipignere tutti i portici pubblici, dove erano ritratti al naturale, come si rninistrorumque omnium veris imaginibus reddi tis. Hic roullis jam scouJis summas animus in sa per ognuno, i gladiatori, e tutti i ministri. E pictura. Pingi autem gladiatoria munera, atqne in questo stette la magnificenza della piltnra gi in publico exponi coepis a . Terentio Lodino. per tantotoaapo. 1 iu<9chi de'gladiatori oominIs avo io, a quo adoptatus fuerat, triginta paria iaroosi la p r * volta e dipignere e %motto in Foro per triduum dedit, tabularoque pidaa iu pubblico da C. Terentio Lucano. Coetui in onore dell'avolo suo che l'aveva adottato,oe in nemore Dianae posuit. produsse in piazza trenta copie per tre giorni, e una tavola dipinta nel bosco sacro di Diana.

De a e t a t e p i c t d b a b : r AftYiriCtUi M

m o b i l i t a t e s opb& um , PICTCKA,

D b ll' b t d e l l a p itto b a : b c c b llb h t i o h m

ccc*.

,H JttWWCt III PTf>M3&.


XXXIV. 8. Ragioner ora con maggior bre vit che posatoi Isia degli uotaiui illustri in questa arte, perch oon d d mio proposito l'estendermi di troppo. Baster dunque nominiurc alcuni per transit, e mentre che faremo menzione degli altri, soeglieod l 'opere pid eccellenti che meri' tano d 'esser toccate, o che durino ancora o che gi aieoo perdute. Nou s 'accorda in questa parlo la diligente de' Greci, celebrando egliuo i pittori moKe olimpiadi dopo gli scultori e i toreuti ; e il primo odia olimpiade novantesima, mentre si dice che ancora Fidia da principio fu pittore, e che in Atene dipinse uno scudo ; e inoltre, come ognuno confessa, nella olimpiade oitantatreesiau fu Paneo mio-tea (dio, il quabdipiuse in Elide b scudo di Minerva al di dentro, la qual Minerva era stata latta d* Colote discepolo di Fidia,u cui esso ero abto di dulo io Cpre il Giove Olimpio. Ma che diremo noi, che Candaub re di Lidia, l ' ultimo degli Eraclidi, il quale fu chiamalo a n c h e MiniBo, comper per Uqq oro, quanto ella pesava, h tavola, dove Bularoo pittore avea dipinU b bat taglia da'Magneti lo tanta riputazione era albra la pittare. Bisogno ehe os avvenisse inum o al tempo di Rowobt pftrdocch Candente moiri odia dioiottesMM olimpiade, o coma d enni vo gliono, 1*anno medesimo che Romolo, easendo allora l'arte nominata, eomech non perfetta. Or se questo deest ammettere, vedesi altres che i suoi prindpii furono pi antichi, e che qu d li che dipinsero i monocromali,do le pitture d u a aol

XXX| V. 8. Nunc celebres in ea arte q u in maxima .brevitate percurram ; aeque enim insti-* iuli peris est ampla exsecutio. Itaque .quosdam vtlut io transcursu, et io alioram mentione obi-* ter nominasse satis erit, exceptis operum clarita tibus, qaae el ipsa conveniet attingi, sive exstant, sive intercidere. Non eouslat sibi in hae parie Graeporura. diligentis, multas post olyropiadas celebrando pictores, quaaa statuarios, ae toreu tas : primumqee olympiade uonagesima, quam et Pbidiao ipsum ioilio pictorem fuisse tradatur, Olyrapiumque Athesis ab eo pictum: praeterea in confesso sit, octogesima tertia .faine Panaenum fratrem ejus, qui clypeum intus pinxit, Elide, Mioervee, quam fecerat Cololes Phidiae discipulus, et in faciendo Jove Olympio adjutor. Qoid quod io confesso periode esi, Balarehi pi. eteri* Vafeolam, in qui erat Magnetum prodium, a Candaule rege Lydiae Heradidaram noriisi. mo, qi i Mynrilqs vocitatus est, repensam au* r s t Tata jam dignatio picturae erat. Id circa aetatem Romuli acciderit neeease est : duo enim de vioesieta olfmpiade interiit Caodaolea: au* (I quidam Iradant) eodem anno, quo Romufas, pisi faUor* Muifesia jam tum claritate artis adeo non absolutae. Quod si rocipi nece*se est, simul apparat mullo vetustiora principia case, ooaque qui monochromata p in u rip t {quorum aetas noo traditur), alsfuanto ante fuisse, Hygiemonem, Diniam, Charmadam, et qui primus in pictura marem feminamque discrevit, Euraarnm Athe-

ftstS

HlSTOBUUKJM MUNDl

XXX?.

ionsonlj figane. omino* m i itevi stwro j qfiqne ianlo)teeioo*ait,CiiM Baem CUonoeam. Use c m g r i p b M T M itrkaboi, obliqua i n i f i n i t t varie faraaare valute, roptojsutes, m ^ e iw lw' fUe, I despicientes* Artiettii* tiara membra di* r iw tili V atfi protulit: prseterqae io ?uM et M |M ,ct<M iM TiL faakemu qutdta frtitf Pbidiae, Itero preeli Oc* Atheniensium odvemm P a n u pcd M mlhoM f n ln a pie* il. Adeo jam colorum uo increbuerat, a i io eo proelio ico** M of feia pioiitM tradatar, Alhaaieoaiaao Mil tiades^ Callimachum} Cynegiram i Berbero rum Datim, Actopbeniei*.

colore, furenoalquaetopriaia, siccome lgaemone^ Danio, Corfnada, ed Eumare Ateniese, il qaale fa il prikae ehe nella pitter distioie il match dall* femmina, ed obbe ardito d* imitare tutte le Ago re; e Cimone Cleoneo, il quale ripeti le invenzio ni di lui. Costai trov le categrefe, cio gli scorci, e U formare volti a variet, riguardanti indietro^ e in ao, o gi. Distinse ancoro i membri con le giunture. Mostr le vene nel corpo, e le crespe e le falde ne* panni. Paneo fratello di Fidia dipiuse ancora la battaglia degli Ateniesi oonira i Per siani a Maratona. Taoto oro gi crosciali) l ' uso de' eolorit e l arte era gi venuta io tenia perle* afone* che nel dipingere quella giornata ritrasse al naturale i capitani ; degli Ateniesi M ibidcj Callimaco e Ciaegiro ; e de' Barbari, Dati e r-i tofane.

Pnrrtuus n m o i c titu in i
XXXV.g.Qaioimmwcerteme* pietarae tieni fiorente eo tosttaUfem est Corinthi se Delphi*: p rin o K |n omoroes certavit cam Time gore ChaleM m e, saporatos ab o PythKe, <|d4 et ipsiyt Ttaaagorae Cannine vetusto apporci, cbrooicoraro errare te a dubio. AKi quoque post hos davi faem amie nenegesimem olyaapiadem, ieot Poly gaoius Tbastea, quiprim as mulieres (acida veste p iatili capite aan x n mitri* venteoloribns pei ruit, ptarimainque pictarae primas contulit. Si* quidem iusilieit os adaperire, dente ostendere, w U om ab in liq ta rigore variare. Hujas est ta*bala in porticu Pompeji, qoae ante Curiam ejui foeaat: in q a a dubitator, aeendentem corti elypeO paxarit^ an. desaendeatem. Hic Delphis aedem p ia a r it: Me et Attieni perticoni, qoae Poecile voeatur, grataito, qaum partem ejut Mrcoft mer cede pingeret : uode major buie auctoritas. Siqui* dem Amphictyone) qaod est poblicum Graecie coacsliaaa, boapitia ei gratuite decrevere. Foit et aliua Micon, qui minoris cognomino distinguitor t cujos fitta Tioiartte et ipsa pinsit.

Pomi 0 4 0 A

tlf F IT T C iA .

XXXV. 9. Focosi ancora 0 Corinto e in Delfo il gareggiamento nella pittura al tempo che Paned fioriva, e Ai egli il primo che pareggi con Tirasi gora Celidonie, e rimase da lui vinto ne* giuochi Apollinari, come li trnova ancora In certi versi oattobi d esso Thfeagora, eon ittOaifbsto errore delle croniche. Furono dopo costoro oncora oltri pittori'iHttslrf innaml lo olimpiade novantesima, siccome PotignoioTasio* il quale ftk il primo che dipiooe lo donne C on vestimenti lucidi, e coperse il oapo loro eoo aiter di pi colori ; ed esso hi il primo ehe miglior assaissimo la pittura. Per* ciocch egli oominei a fare la bocca aperta, 0 mostrare i denti, e 0 Variare i volti fuor dell* an* tico rigore. Di mano di costai una tavola nel portico di Pompeo, la quale era stata tonami aH Caria d ao ; nella quale si sta io dubbio, se ano che v eon lo seodo, alga o scenda. Cosini dipinse il tempio di Delfo : dipinse ancora il por ti c o di Alene, che si chiama Pecile, gratuitamente1 , bench Micone ne dipignesse una parte a prezzo; e per egli fu di maggior riputazione. Perciocch gli Anfizioni, i quali tono il pubblico concilio della Grecia, gli diedero abitazioni in dono. Fu un altro Micone il quale si chiama il minore a differenza dell altro, la cui figliuola Timaretc onoh casa dipinse. Di 4ca.i1 caa rissano c o l p u ca Q Siuau invamuoaa 1
s iu o

Qdi r t e i a u o r i n t u n , 11 q d m qow m in o s
m m ik iT
mi

mvuOA, n ( d Miricm iiw

qcsll

a i h cat ra abtb, a da

IH S .

C l l MA LA COMMA DIFFICOLT DI OSSO.

XXX VI. Nonagesima antem olympiodc faere A f loophen* Cephisso doros, PhryUo** fivenor p* ter Parrhasii* et proeeeptor atesini pictori, de eeis ennie 4ipemest osnnee hi jam iUaatces,

XXXVI. Ma nellolimpiade novantesima fero* ne Agloofone, Cefissodoro, FriHe* Evenore padre 0 maestra di Parretio grandissimo pittore, di'eni iagioneromo mI n o secolo $ latti gi illnetrii ote

C. FLISH H S a o m nontameb, in q i^ b u h w rn t expositio betel, 1 fcstitMi ad lamina arlia : in quibus primus relulsit Apollodoro* Atheniensis nooagesima lertia olimpiade. Hic priraus spedes exprimere inali* tuit, prirausque gloriam penidllo jare contali!. Ejas eat Sacerdos adorans, et Ajax fulmine-in census, qai Pergami pectatur hodie : neqoe ante eum tabula aliius oslenditar, qaae leneat oculos.

is 4

non per che io e ai debba fam a ii U nasti a i ragionamento, dorende noi t w i n a 'l a n i det> Parte, oe*qoali il primo che ebbe nome, fa Apol lodoro Ateniese nell* olimpiade n o fm triiw in a . Questo fa il primo, che acmnd esprimete k bdletse, e il primo, che ragionovelaeente dieie gloria al pennello. Esso fece mi eeceralo he dora, e Aiace abbrodato dal folgora* il quab oggi in Pergamo ; n i innansi a Ini si vede Invali dalcuno cbe tanto occupi l ' occhio. Dopo costui Zeusi Eradeote eaitr per le porta Ab hoc artis fores aperias Zeuxis Heracleotes intravit, olympiadis nonagesimae qaintae anno aperte deU*>arte, Tanno quarto delPolimpiade quarto, audentemque jam aliquid peuidllum novantacinquesiroa, e tir il pennello, ehe area ( de hoc enim adhuc loquimur ) ad magnam glo preso qoalche ardire ( perch noi favelliamo an riam perduxit, a quibusdam falso in octogesima cora d 'esso ), a gran gloria, falsamente posto da nona oljmpiade positos, qnnm fuiise necesse est alcuni nell* olimpiade ottantanovesima, essendo Demophilum Himeraenm, el Neseam Thasiam; necessario che gii innanti fuase stato Deaao&lo quoniam utrius eorum discipulus fuerit, ambigi Imerco e Nesea Tasio, perch non si sa di quale tor. In eam Apollodorussupra dietas versus fe di qaesli due-eglifasse disoepolo. Sopra di lui il cit, t Artem ipsis ablatam Zeuxin ferre seeom.n sopraddetto Apollodoro compose versi, dicendo Ope quoque tantas adquisivit, in pstenlatione come Zensi portava aeoo 1 ant# lolla loro. -> earom, Olympiae aoreis litteris iu palliorum tes Aoquist ancora tante riochezae, ehe per farsi seris insertam nomen sunm ostentaret. Postea conoscere ben rioeo, mise il suo nome ia Olimpia donare opera sua iusliluit, quod ea nullo satis a lettere d oro no* quadri de* vestimenti. Dise digno pretio permutari posse diceret, staili Als> gn poi di voler donare le opere soe^ dipendo ohe menam Agrigentinis, Pana Arehelao. F ed t et non c* era presto ragionevole cbe pagar le pot* Penelopen, in qua pinxisse mores videtor: et se; siccome egli don 1 Alcmena agli Agrigen athletam. Adeoqoe sibi io illo placuit, nt versam tini, e la figora di Pane ad Archelao. Feee noe subscriberet,celebrem exeo, u Invisarum aliquem ooa Penelope, odia qual figura parvo eh* e'dip*facilius, quam imitaturum. Magnificus eat Jn- gnesse i costumi, e ano atleta. E talmente si piter ejus iu throno, adstanlibas diis ; et Hercu oompiaeque- in esso, che vi fece sotto qod soo les iofians dracones slraugolsns, Alcmena matre verso famoso, il qual diceva; come era pi fedi coram pavente et Amphitryone. Deprehenditur cosa invidiarlo, che imitarlo, n Magnifico il soo tamen Zeuxis grandior in capitibusarticulisque: Giove sedeole in trono, con gli dd in piedi al* * alioqoi anlns diligentia, u t Agrigentinis facturas 1 intorno ; e 1 rcole bambino, il qaale stran tabulam, qoam io templo Junonis Ladniae po gola i dragoni, con innanti sua madm paventata blice dicarent, inspexerit virgines eorum nodas, e Anfitrione. Nondimeno conosce che Zona et quinque elegerit, a t qood io quaque laodatis- faceva troppo grandi le leale e le giuntare; n e per altro osava tanta diligenta, eh* esseodo egli simom esset, piotare redderet. Pinxit et mono chromata ex albo. per fare ona tavolargli Agrigentini, la quale essi erano per dedieare pubblioamente ael lampi di Giuoone Lacinia, volle vedere le. loro vergini ignude, e ne accise dnqne, per polere eolia pit ter rappresentare quelle parti, le quali in cia scuna d* esse fossero pi eccellenti. Dipinse an cora certe figure, tutte di color bianco. Contemporanei ed emoli suoi furono l i io. Aeqoales ejas et aemuli foere Timanthea, io. Aodrocydes, Eupompua, Parrhasios. Descendisse mante, Aodrocide, Eupompo e Parrasio. Dicooo hic in certamen com Zeoxide traditor. E t qoum ehe quest'ultimo dipinse a proova eon Zeusi; e ille detalisset uvas pidas tanto sooeesso, ut in aveudo Zeosi arrecate ove dipiate taoto bene, d ie scenam aves advolarent, ipse detulisse linteam gli uccelli credendo che fossero ove vere, valacono a beccare ; egli mise fuori un lentuolo dipinto, pictum, ita veritate repraesentata, ut Zeuxis, ali tum judido tumens, flagitaret tandem remoto lin il quale pereva tanto v e ro , cbe Zeusi, superbo teo ostendi picturam, atque intellecto errore con pel gindido dogli oooelii, solledlava puro a dirgfi cederet palmam ingenuo pudore, quoniam ipse eh*e*levasse la:ola, e mostrasse la p ittu ra ;e voluues fefellisset, Pacrhasiusautemsearlifioem. ooooadto T e r r o r e j s biam p e r vinto eoo m*

I21J

H1STOK1ARUM MONDI LIB. XXXV.

1218

Fertur et poste* Zeuxis pinxisse puerum ovas ferentem, ad q a u quam advolauet avis, eadem ingenaitat processit iratus operi, et di xit : u Uvas melius pinxi, quam puerum : [nam si et hoc consummassem, avis timere debuerat.n Fecit et figlina'opera, quae sola io Ambracia re licta sunt, quum inde Musas Fulvius Nobilior Romam transferret. Xeuxidis manu Romae He lena est in Philippi porticibus: et in Concor diae delubro Marsyas religatus. Parrhasius Ephesi natus, et ipse multa constituit. Primua symme triam picturae dedit, primus argutias vultus, elegantiam capilli, venustatem oris, confessione artificum in lineis extremis palmam adeptus. Haec est is pictura summa sublimitas. Corpora enim pingere et media rerum, est qoidem magni operis; sed in quo mulli gloriam tulerint. Extre ma corporum facere et desinenti picturae modam includere, raram in saccetsu artis invenitur. Am bire enim debet se extremitas ipsa, et sic desine re, at promittat alia post se : ostendatque etiam quae occultat. Hanc ei gloriam concessere Anti gonus, et Xenocrates, qoi dc Pichiri* scripsere : praedicantes quoque, non solam confitentes. Alia molta graphidis vestigia exstant in tabulis ac membranis ejus, ex quihus proficere dicuntur artifices. Minor tamen ridetur, sibi comparatus, io mediis corporibus exprimendis. Piuxit Demon Atbeniensiom, argumento quoque ingenioso. Volebat namque varium, iracundum, injustum, inconstantem : eamdem exorabilem, clementem, misericordem, excelsam, gloriosum, humilem, ferocem, fugacem que, et omnia pariter ostende re. Idem pinxit Thesea, qui Romae in Capitolio fuit: et Navarchum thoracatum. Et in una tabula, quae est Rhodi, Meleagrum, Herculem, Persea. Haec ibi ter fulmine ambusta, neque obliterata, hoc ipso miraculam auget. Pinxit et Archigallum : qaam picturam amavit Tiberius princeps : atque, ut auctor est Decius Eculeo, x.x sestertiis aesti matam, cubiculo suo inclusit. Pinxit et Cressam notricem, infantemque in manibus ejus : et Philiscum: et Liberum patrem adstante Virtute: et Pueros duos, in qoibus spectatur securitas, et aetatis simplicitas : item Sacerdotem adstaole puero cam acerra et corona. Sunt et duae pictu rae ejus nobilissimae : Hoplilites in certamine ita decurrens, ut sudare rideatur : alter arma deponeoa, a t anhelare sentiatur. Laudantur et Aeneas, Castorque ac Pollux in eadem tabula : item Tele phus, Achilles, Agamemnon, Ulysses. Fecundus artifex, sed quo nemo insolentius et arrogantias sit usas gloria artis. Namqae et cognomina u*ur-

bil vergogna; perch egli aveva ingannalo gli uccelli, e Parrasio aveva ingannato lui, ch era artefice. Dicono che Zeusi dipinse poi un fanciullo che portava uve, alle quali volando gli uccelli, con la medesima vergogna s adir eontra l opera sua, dicendo : lo ho saputo dipingere meglio le uve, che il fanciullo ; perciocch se io avessi ridotto bene a perfezione il fanciullo, gli uccelli ne avrebbono avuto paura. Fece ancora opere di terra, le quali sole rimasero in Ambracia, qoan do Fulvio Nobiliore porlo di quivi le Muse a Roma. Di mano di Zeusi in Roma Klena nei portici di Filippo ; e nel tempio della Concordia Marsia legato. Parrasio, nato a Efeso, fece anche egli di molte cose. Egli fu il primo che diede proporzione alla pittura, egli fu il primo che diede arguzia al viso, attillatura acapegli, leggia dria alla bocca, e per confessione degli artefici si acquist la palma nel dare i contorni alle figure. E questo il maggior pregio che abbia la pittu ra. Perch il dipignere i corpi, e le parli medie delle cose, certo gran maestria, dove per molli hanno acquistato gloria. Ma nel fare l estremili de corpi, e dar I*orlo alla pittura nel suo confi ne, di rado si truova fatto con buon successo dell arie. Perciocch V estremit islessa si debbe circondare da s medesima, e finire di maniera, eh ella prometta altre cote dopo s, e dimostri ancora quelle che nasconde. Questa gloria con cessero a Parrasio Antigono e Senocrale, i quali scrissero della pittnra, non solamente confessan dola, ma menandone ancora le pi gran lodi. Molti vestigii ancora restano del suo disegno in sulle tavole e carte di capretto, dalle quali si dice che gli artefici imparano assai. Nondimeno para gonandolo a s stesso riesce asnai minore nello esprimere il mezzo dei corpi. Dipinse ancora il Demonio, ovver genio degli Ateniesi, e certo che ingegnoso n era largomento. Perciocch in uno istesso tempo voleva dimostrarlo vario, collerico, ingiusto, instabile, e similmente placabile, cle mente, misericordioso, eccelso, glorioso, amile, feroce, fugace, e tutte queste cose a un tratto. Dipinse ancora il Teseo, che fu a Roma nel Ca pitolio, e Navarco in corazza. E in una tavola, che in Rodi, Meleagro, Ercole e Perseo. Questa tavola fu quivi tre volte percossa dalla saetta, e abbronzata non per arse affatto; il che vera mente accresce la maraviglia. Dipinse ancora Archigallo, la qual pittura fu mollo cara a Tibe rio imperadore; il quale, siccome scrive Decio Eculeone, la comper sessanta sesterzii, e tenne in camera sua. Dipinse ancora Cressa balia col bambino in braccio; Filisco, e Bacco, il quale ha ritta innanzi la Virl; e dae fanciulli, ne quali

121 j

C. PLINII SECONDI

11

pavit, Abrodiaetum se appellando, aliisque verbis principem artis, et eam ab se consummatam. Super omnia Apollinis se radice ortum : et Her culem, qui est Lindi, talem a se pictum, qualem saepe in quiete vidisset. Ergo magnis suffragiis superatus a Timanthe Sami, in Ajace armorumque judicio, u herois nomine se moleste ferre dicebat, quod ilerum ab indigno victos esset. Pinxit et minoribus labellis libidines, eo genere petulantis joci se reficiens.

Nam Timanthi vel plurimum adfuit ingenii. Ejus enim est Iphigenia, oratorum laudibus ce lebrata, qua stante ad aras peritura, quum moestos pinxisset omnes, praecipue patruum, et tri stitiae omnem imaginem consumpsisset, patris ipsius vultum velavit, quem digue non poterat ostendere. Sunt et alia ingenii ejus exemplaria, veluti Cyclops dormiens in parvula tabella: cujus et sic magnitudinem exprimere copiens, pinxit juxta Satyros, thyrso pollicem ejus melientes. Atque in unius hujus operibus iutelligilur plus iemper, quam pingitur ; et quum ars summa sit, ingeuium tamen ultra artem est. Pinxit el heroa absolutissimi operis, artem ipsam complexus vi ros pingendi : quod opus nunc Romae in templo Pacis est.

Kuxenidas hac aetate docuit Aristidem prae* clarum artificem: Eupompus Pamphilum Apellis praeceptorem^ Est Eupompi Victor certamine gymnico palmam tenens. Ipsius auctoritas tanta fuit, ut diviserit picturam in genera tria, quae ante euro duo fuere : Helladicum, et quod Asiaticum appellabant. Propter hunc qui erat Sicyonius, diviso Helladico, tria facta sunt: Jonicuro,Sicyo nium, Atticum). Pamphili, Cogualio el Proelium ad Phliun*

si conosce la sicurt e la seraplicezza dell' et lo* ro ; e un Sacerdote con un fanciullo appresso, cb< tiene 1 incenso e la corona. Sono oltra ci due * sue nobilissime figure che contendono della vit toria, 1 una delle quali corre in modo che pare * eh' ella sudi; e l altra si disarma, e pare cbe an si. Sono lodati ancora in nna medesima tavola Enea, Castoree Polisce; e similmente Telefa, Achille, Agamennone e Ulisse. Esso fn artefice veramente ricco d invenzione, ma nessuno os l ' arte con pi insolenza e arroganza di lui. Perciocch egli si pose di molti soprannomi, chia mandosi quando Abrodieto, e quando io alIr modo, con darsi vanto d'essere il primo di queiP arte, e d* averla esso ridotta a perfezione. So prattutto si vantava d 'esser disceso da Apolline, e l'aver dipinto l'rcole, eh* in Lindo, pro prio di quella maniera, ehe pi volle se l'avea sognato. Essendo dunque vinto in Samo da 11* mante con gran favore di popolo nell* Aiaee e nel giodicio dell armi, diceva che di mala vo glia si dava il nome di eroe, poich per la sec o n da volta era stato vinto da un manco di lai. Dipinse ancora in tavolette piecole certe figure lascive, ricreandosi con simil maniera di piace volezze. Timante fa veramente nomo di grande inge gno. Di sua mano la Ifigenia, tanto celebrata dagli oratori : questa fanciulla sta dinanzi all' al tare per dover morire; dove avendo Timante di pinto tutte le persone alP intorno, e massima mente il zio, dolorose e meste, di maniera cbe egli vi avea espresso ogni immagine di dolore e d* affanno, coperse finalmente il viso al padre, perch non vi poteva esprimere tanto dolore che bastasse. Sono ancora altre pruove del sao inge gno, siccome, il Ciclope, che dorme, in una pic cola tavoletta ; dove volendo esprimere la a n grandezza, gli dipinse appresso alcuni Satiri, i quali gli misurano il dito grosso col tirso. In ogni opera di costui solo si vede pi cbe non v ' di pinto; e bench vi sia grande arte, l'ingegno per le va al di sopra. Dipiuse ancora un eroe, ch* figura perfettissima, dove mostr t u t t a l'arte di dipignere gli nomini ; la qual figura ora a Roma nl tempio della Pace. Eusenida fu nel medesimo t e m p o , e insegn ad Aristide, artefice eccellente: Euporopo in s e g n a Panfilo maestro d'Apelle. Di Euporopo ua Vin citore nella lotta, che ha la vittoria in mano.Costai fu di tanta autorit, che divise la pittura in tre specie, le quali innanzi a lui furono due; cio P Elladica e 1 Asiatica. Onde per rispetto di lai. * che et Sicionio, fu divisa l 'Elladica, cos se ne fecero tre ; la Ionica, la Sicionia e 1*Ateniese. Di mano di Panfilo la Cognazione, e la

123 1

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXXV.

1332

tem, ac Victoria Atheniensium : item Ulysses in rate. Ipse Macedo natione, sed primus in pictura omnibus litteris eruditus, praecipue arithmetice et geometrice, sine quibus negabat artem perfici jx>sse. Docuit neminem minoris talento annuo : quam raercedem ei Apelles et Melanthius dedere. E t hujus auctoritate effectum est Sicyone primum, deinde et in loia Graecia, ut pueri ingenui aole omnia graphicen, hoc est, picturam in buxo do cerentur, recipereturque ars ea in primum gra dum liberalium. Semper quidem bonos ei fuit, ut ingenui exercerent, mox ut honesti: perpetuo interdicto ne servitia docerentur. Ideo neqtie in Lac, neque in toreutice, ullius qoi servierit opera celebrantur*

Clari etiam c v i i olympiade exstitere Echion, et Therimacus. Echionis sunt nobiles picturae, Liber pater, item Tragoedia et Comoedia: Semi ramis ex ancilla regnum adipiscens, Anus lampa das praeferens, et Nova nupta verecundia no tabilis. Verum omnes prius genitos fulurosque postea superavit Apelles Cous, olympiade cxn. Picturae plura solus prope, quam ceteri omnes, contulit, voluminibus eliam editis, quae doctrinam eam continent. Praecipua ejus in arte venustas fuit: quom eadem aetate maximi pictores essent, quo rum opera quum admiraretur, collaudatis omni bus: u deesse iis unam Yeuerem dicebat, quam Graeci Charila vocant : cetera omnia contigisse : sed hac soli sibi neminem parem. E t aliam glo riam usurpavit, quiam Protogenis opus immensi laboris ac curae supra modum anxiae miraretur. Dixit enim, * omnia sibi cum illo paria esse, aut illi meliora : sed uno se praestare, quod manum ille de tabula non sciret tollere : memorabili praecepto, u nocere saepe nimiam diligentiam. Fuit autem non minoris simplicitatis, quam artis. Melanthio de dispositione cedebat, Asclepiodoro de mensuris, hoc est, quanto quid a quo distare deberet.

Scitum est inter Protogenem et eum quod accidit. Ille Rhodi vivebat : quo quom Apelles dnavigasset, avidos cognoscendi opera ejus, fama tantum sibi cogniti, continuo officinam

Giornata di Flinnte, e la Vittoria degli Ateniesi: e Ulisse in nave. Costui fu di Macedonia, ma il primo fra i pittori, che fosse scienziato, e massi mamente d aritmetica, e di geometria, senza te quali usava dire die l ' arte non si poteva ridurre a perfezione. Non insegn a nessuno per manco prezzo, che d un lalento l anno ; e cos Io paga rono Apelle e Melaolio. Per l ' autorit di lui si ordin prima ia Sicione, e dipoi in tutta la Gra da, che i faocioli nobili imparassero la prima co sa disegnare in tavolette di bosso, e che questa arte avesse il primo grado fra le arti liberali. E certo ebbe continuo quest'ooore di essere eserci tata dai nobili, e in seguito dalle persone onorate, eoo perpetuo editto eh' dia non s 'insegnasse a servi. E perci n in questa, n ndla scultura non si vede opera illustre d 'alcun servo. Fiorirono ancora nella olimpiade centesima settima Echione e Terimaco. Ecbione fece alcune pitture nobili, siccome sono il Bacco, la Trage dia, la Commedia, Semiramide, che di serva ac quista il regno, una vecchia che porta la lampada, e una sposa novella notabile per la verecondia ch'ella mostra nell'atto suo. Ma tutti quegli che nacquero prima di lui, e tolti quegli ancora che vennero dopo Ini, furono vinti da Apelle di Coo, nella olimpiade centododicesima ; il quale fu s grande nella pittura, che egli solo fece in essa quasi maggior profitto, che tulli gli altri insieme, e compose anco libri, i quali trattano quella dottrina. Egli super tutti nella leggiadria, ancora chea quel tempo fossero grandissimi pittori ; le cui opere essendo da lui molto ammirate e lodate, usava dire, che man cata loro una certa Venere, che i Greci chia mano Carila, e noi Grazia; a e eh essi avevano avuto luite l ' altre perfezioni, ma in questa sola niuno era eguale a lui. Usurpossi anco un'altra gloria, e ci fu, eh'essendo egli una volta tutto pensoso e pieno di maraviglia a vedere una figura di Protogene, dove egli aveva usato fatica e gran dissima diligenza, ebbe a dire; a come egli in tutte le cose era pari a colui, e forse anco supe riore, ma ehesso in ona cosa lo avanzava, e questo era, che Protogene non sapeva levar mai 1 maoo dalla tavola, n dando in tal modo un uotabil ricordo, cio, u che spesse volte la troppa diligenza altrui nuoce. Ma egli ebbe bene noo punto minore semplicit che arte. Egli cedeva* Melantio di disposizione, e ad Asclepiodoro delle misure, cio quanto una cosa debba essere loolana dall' altra. Notabil cosa quella, che pass fra Protogene e lui. Slava Protogene a Rodi, dove essendo ilo per mare Apdle, desideroso molto di conoscere di vista lui, il quale egli conosceva solamente pel*

1223

C. PLINII SECUNDI fama, subito and a trovarlo a bottega. Era allora Protogene foor di casa, e non c* e n altri che nna vecchia, la quale era lasciata guardia d* una gran pittura, eh egli tuttavia dipingeva. Questa vec chia rispose che Protogene era fuor di casa, domandandogli chi era che lo voleva; disse Apat ie, k lo voleva io; e dato di mano a un pennello, tir una linea sottilissima di colore perla tavola. Tornato cha fu Protogene a casa, la vecchia gli disse quel ch'era passato. Dicono ehe l'artefice subito avendo considerato bene la sottigliezxa d i quella linea, disse, che colui eh* era venuto quivi, era Apelle; perciocch altri che egli non avrebbe potuto fare cosa tanto perfetta. Allora Protoge ne tir una linea pi sottile d ' un altro colore in quella medesima, a ascendo di casa, ordin alla vecchia, che se colui tornava, gliela mostrasse, e dicessegli, come colui eh' egli cercava, I' aveva fatta, e cos avvenne. Perciocch essendo tor nato Apelle, ma vergognandosi d 'esser violo, tagli quelle due linee con un terzo colore, non vi lasciando pi luogo da farvene alcuna altra pi sottile. Perch Protogene confessandosi di esser vinto, corse al porto, cercando di quel fo restiere. E contentassi che quella tavola rima nesse con quelle linee, con maraviglia d'ognuno, ma soprattutto degli nomini dell' arte. Truovasi che questa tavola and a male, quando la prima volta arse la casa di Cesare in p a la z x o , desidero samente prima veduta da ognuno ; la quale come che fosse mollo grande, altro non conteneva in s fuor che linee, le quali fuggivano la vista, e fra V opere illustri di molti parea quasi vana, e perci allettava gli occhi delle persone, ed era mollo pi nobile d'ogni altra figura. Ebba Apelle per usanza in tutto il tempo della sna vita, di non lasciar mai passare alcun giorno per molto eh1e' fosse occupalo in altre faccende, che tirando almeno nna linea egli non esercitasse l'arte sua, e ci da lui venne poi in proverbio. 1 1 medesimo fornita ch'egli aveva un'opera la met teva fuori perch ognuno che passava la poteste vedere, ed egli nascondendosi poi dietro la figura, stava ascoltando i difetti che l'erano apposti, e coti stimava miglior giudice il vulgo che s stesso. Dicono che egli fu lassato da un calzolaio, d'aver fatto in una pianella una fibbia mane* che oon bisognava, perch tornando il medesimo l'altro giorno, insuperbito per averlo avvisato del pri mo difetto, e tassandolo di non so che intorno la gamba, sdegnatosi gli fece un mal viso, cou dirgli, u che nn calzolaio noo poteva d ar giudicio se non della pianella, e questo motto ancora pass in proverbio. Fu persona molto piacevole e garbata, e per ci era molto grato ad Alessandro Magno, il quale

petii. Aberat ipse, seJ tabulam amplae magnitu dinis io machina aptatam picturae, anas una cu stodiebat. Haec Protogenem (oris esse respondit, ioterrogavitque, a quo quaesitum diceret. Ab hoc, inquit Apelles: arreptoque penicillo lineam -ex colore duxit summae tenuitatis per tabulam. Reverso Protogeni, quae gesta erant, anus indi cavit. Ferunt artificem protinus contemplatum subtilitatem, dixisse Apellem venisse : non enim cadere in alium tam absolutum opus. Ipsumqne alio colore tenuiorem lineam in illa ipsa duxisse, praecepisseque abeuntem, si redisset ille, osten* deret, adjiceretque bunc esse quem quaereret : atqne ita evenit. Revertitur enim Apelles, sed vinci erubescens, tertio colore lineas secuit, nul lam relinquens amplius subtilitati locom. Al Pro togenes victum se confessus, io portum devolavit, hospitem quaerens. Placuitque sic eam tabulam posteris tradi, omnium quidem, sed artificum praecipuo miraculo. Consumptam eam priore in cendio domus Caesaris in Palatio audio : specta tam olim tanto spatio nihil aliud continentem, quam lineas visum effugientes, inler egregia mullorom opera inani similem, et eo ipso alli cientem, omnique opera nobiliorem.

Apelli fuit alioqui perpetua consuetudo,numqaam tam occupatam diem agendi, ut non lineam ducendo exerceret artem : quod ab eo in prover bium venit. Idem perfecta opera proponebat in pergula transeuntibus, atque post ipsam tabulam latens, vitia quae notarentur auscultabat, vulgum diligentiorem judicem, quam se praeferens. Feruntqoe a satore reprehensam, quod in crepidis nna pauciores intns fecisset ansas : eodem, postero die, superbo emendatione pristinae admonitionis, cavillante circa crus, indignatam prospexisse, denuntiantem, u ne sapra crepidam judicatet, n quod et ipsum in proverbium venit.

Fait enim et comitas illi, propter quam gra tior Alexandro Magno erat, frequenter in offici-

taaS

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXXV.

1226

nam ventilimi : u m , nt diximus, ab alio pingi e, vetuerat edicto. Sed et in officina imperite molla differenti silentium comiter suadebat, ri deri enm dicens a pueris qui colores tererent Tantum erat auctoritati juris in regem, alioqui iracundum : quamquam Alexander honorem ei clarissimo perhibuit exemplo. Namque quum di lectam sibi ex pallacis suis praecipue, nomine Campaspen, nudam pingi ob admirationem for mae ab Apelle jussisset, enmque, dura paret, captum amore sensisset, dono eam dedit : ma gnus animo, major imperio sui : nec minor hoc facto, quam victoria aliqua. Quippe se vicit, nec torum tantum suum, sed etiam affectum donavit artifici: ne dilectae quidem respectu motus, ut quae modo regis fuisset, modo pictoris esset. Sunt qui Venerem Anadyomenen illo pictam xempburi putant.

Apelles et in aemulis benignus. Protogeni dignationem primus Rhodi constituit. Sordebat suis, ut plerumque domestica : percunctantique u quanti liceret opera effecta, n parvum nescio quid dixerat : at ille quinquagenis talentis popo scit : femaraque dispersit, a se emere, ut pro suis Tenderet. Ea res concitavit Rhodios ad intelligendum artificem : nee nisi augenlibos pretium, cessit.

Imaginem adeo similitudinis indiscretae pin xit, ut ( incredibile dictu ) Apion grammaticus scriptum reliquerit, quemdam ex facie hominam addivinantera ( quos metoposcopos vocant) ex iis dixisse aut futurae mortis annos, aut praeteritae. Non fuerat ei gratia in comitatu Alexandri cum Ptolemaeo : quo regnante, Alexandriam vi tem pesta lis expulsus, subornato fraude aemulorum plano regio, invitatus ad coeoam venit : in<ligoan lique Ptolemaeo, et vocatores suos osten denti, ut diceret a quo eorum invitatus esset, arrepto carbone extinclo e foculo, imaginera in pariete delineavit, adgnoscente vultum plani re ge, ex inchoato protinus. Pinxit et Anligoni re gis imaginem altero lumina orbam, priusexcogi-

andava spesso a trovarlo a bottega, perciocch, come io dissi, egli aveva orditiato che ninno al tro lo dipignesse. E perch Alessandro stando in bottega discorreva di molte cose dell' arte con poco giudicio in vero, Apelle amorevolmeote lo consigliava che stesse cheto, dicendo u che i fat tori, i quali macinavano i colori, si facevano bef fe di lui. Tanto la soa riputazione poteva ap presso a quel re, il quale per altro era molto col lerico, ancora che Alessandro con un chiarissimo esempio gli fece un grande onore. Perciocch avendosi egli da lui fatto ritrarre igouda una sua femmina bellissima e molto favorita, la quale aveva nome Campaspe, Apelle, intendendo come egli per dispetto della sua gran bellezza, fiera mente s'era innamorato di lei, gliene fece un presente. Uomo d'animo veramente grande, e maggiore perch sapeva comandare anco a s stesso ; n punto minore per questo atto, cbe per alcuna vittoria sua. Perciocch egli vinse s stesso, n solamente il letto suo, ma il proprio amore ancora dqn a quello artefice; tanto che egli non ebbe pur rispetto alla sua favorita, vo lendo che quella che dianzi era stata donna di un re, fosse ora d ' un pittore. Alcuni dicono che la Venere Anadiomne fu ritratta da lui al natu rale di quetla donoa. Era Apelle amorevole ancora verso i suoi concorrenti, ed egli fu il primo cbe diede ripu tazione a Protogene in Rodi. Stimava Protoge ne poco le cose sue, come per lo pi avviene di quelle cose che s'hanno tuttavia innanzi agli occhi, perch domandandogli Apelle u quanto egli voleva in pagamento d'una sua figura, esso gli avea chiesto una certa poca somma, dove Apelle ne chiese poi cinquanta talenti, e pubblic una voce che comperava le opere di lui per ven derle poi per cose sue. Questa coss mise Pro togene in credito appresso i Rodiotti, tanto che egli cominci poi a vender loro pi caro le sue figure. Ritraeva tanto bene e per appunto al natu rale, che Apione grammatico scrive (cosa incre dibile a dirsi ) che uno, il quale giudicava se condo i lineamenti del viso (chiamansi questi tali roetoscopi ) da questi ritraiti indovinava gli anni della morte avvenire o della passata. Non aveva avnto grazia in compagnia d' Alessandro con Tolomeo, perch'essendo egli una volta giun to in Alessandria per fortuna di mare, fu da un certo buffone del re, subornato per inganno dei suoi concorrenti, invitalo a mangiare col re, e cos v'and. Perch essendosi sdegnato Tolo meo, e mostrandogli i servidori suoi, i quali ave vano carico d* invitar le persone a mangiar seco, perch gli dicesse qual d essi areva invitato;

C. PLINII SECONDI tata raliooe vilia condendi : obliquam namque fecil, ut quod corpori deerat, picturae potius deesse videretur: lanlumque eam partem e facie ostendit, quam totam poterat ostendere. Sunt inter opera ejus et exspirantium imagiues. Quae autem nobilissima sint, non est facile dictu. preso subito in mano un carbone spento, lo ri trasse sul muro, dove il re, subito d ie vide ab bozzarlo, riconobbe il viso di qael furfante. Ri trasse ancora il re Antigono cieco da un echio, e fu il primo che trov la maniera di nascondere i difetti naturali, perci occh egli lo dipinse in profilo, acciocch questo che mancava al corpo, piuttosto paresse che mancasse alla pittura ; e mostr solo quella parte del viso, la quale egli poteva mostrar tutta. Fra le opere sne sono an cora certe figure di persone che danno i tratti. Ma quali sieno le migliori, difficile sarebbe a dire. Augusto imperatore dedic una Venere, la quale esce del mare, nel tempio di Cesare suo padre, la qual Venere si chiama Anadiomne, essendo tale opera, mentre eh1ella si loda, vinta, ma per illustrata da versi greci. Essendo poi questa figura gnasla nella parte inferiore, ooa si trov chi la potesse rassettare. Ma codesta in giuria torn in gloria dell' artefice. Questa tavo la intign per la vecchiezza, onde Nerone nel suo imperio ve ne mise un'altra in cambio d'essa di mano di Doroteo. Aveva Apelle cominciata unaltra Venere a'Coi, edera anco per avan zare quella sua di prima. Ebbegli invidia la morte, fornita che n'ebbe una parie, n si trov chi avesse ardire di finire quella figura secondo lil disegno. Dipinse ancora Alessandro Magno, che ha il folgore in mano, nel tempio d Diana Efesia, e questa figura fu pagata venti talenti d 'oro. Le dita pare che sieno di rilievo, e che il folgore sia fuor della tavola. Ma per sappiano coloro che leggooo, che tulle queste cose furooo fatte con quattro colori : di questa figura fa pa gato grossamente, perciocch vi ebbe moneta di oro a misura, e non a novero. Dipinse ancora la pompa di Megabizo, sacer dote di Diana Efesia, e Clito che monta a cavallo per ire alla guerra, e un paggio che gli porge U celata. Lungo sarebbe a dire quante volle egli dipignesse Alessandro e Filippo. Dipinse a' Sa mii Abrone, e a' Rodiotti Menandro re di Caria. Dipinse ancora Anceo, e in Alessandria Gorgo* sleue Iragedo ; e in Roma Castore e Polluce eoa una Vittoria, e eon Alessandro Magno. Fece si milmente la immagine della Guerra, con le mani legale dietro le spalle, e Alessandro che trionfa sul carro. Amendne queste tavole furono poste da Augusto imperadore con temperata semplicit nella pi nohil parie della sua piazza; dove lo imperador Claudio, levando dall' una e l'altra il viso d'Alessandro, stim meglio farvi mettere quel d' Augusto. Tengono che sia di sua mano ancora nel tempio d 'Antonia l ' Ercole volto con le spalle, acciocch, quello eh' difficilissimo a farsi, la pittura pi veramente mostrasse che

Venerem exeuntem e mari divus Augustus dicavit in delubro patris Caesaris, quae Anadyo mene vocatur, versibus graecis tali opere, dum laudatur, victo, sed illustrato. Hujus inferiorem partem corruptam qui reficeret, non potuit reperiri. Verum ipsa injuria cessit in gloriam arti ficis. Consenuit baec tabula carie : aliamque pro ea Nero principatu substituit suo, Dorothei manu. Apelles inchoaverat aliam Venerem Cois, supera* turus eliara suam illam priorem. Invidit mors peracta parte : nec qui succederet operi ad prae* scripta lineamenta inventus esi. Pinxit et Ale* xandrum Magnum, fulmen tenentem, in templo Ephesiae Dianae, viginti talentis auri. Digiti emi* nere videntur, et fulmen extra tabulam esse. Legentes meminerint omnia ea quatuor coloribus facla. Immane tabulae pretium, accepit aureos mensura, non numero.

Pinxit et Megabyzi, sacerdotis Dianae Ephe* siae, pompam : Clitum equo ad bellum feslinan* tem: galeam poscenti armigerum porrigentem. Alexandrum et Philippum quoties pinxerit, enu* memre supervacuum est. Mirantur ejus Abronem Samii, et Menandrum regem Cariae tthodii. Ilem Ancaeum : Alexandriae Gorgoslhenem tra goedum : Romae Castorem et Pollucem, 'cum Victoria et Alexaudro Magno: item Belli imagi* nero, restrictis ad terga manibus, Alexandro in curru triarophante. Quas utrasque tabulas divus Augustus in fori sui partibus celeberrimis dica verai simplicitate moderata. Divus Claudius pluris existimavit, utrisque excisa facie Alexandri, divi Augusti imaginem subdere. Ejusdem arbi trantur manu esse et in Antoniae templo Hercu* lem aversum: ulf quod esi difficillimum, faciem ejus ostendat verius piclura, quam promittat. Pinxit et heroa nudum: eaque pictura nataram ipsam provocavit.

1229

H1STOK1ARUM MUNDI LIB. XXXV. promettesse H viso d'esso. Dipinse aacora an eroe ignudo, e con quella pittura provoc la natura istessa. C' anco, ovver fa di saa mano, un cavallo dipinto a concorrenza, dove lasciando il giudicio degli nomini, appell a quello degli animali. Per ciocch conoscendo egli come i suoi concorrenti con le pratiche, le quali essi avevano fatte, gli sarebbono rimasi superiori, fece venire cavalle quivi dove ciascuoo avea dipinto il suo cavallo ; 10 quali standosi chete a vedere tutti gli altri, rignarono solo al cavallo d'Apelle; il che indi poi usossi far sempre in quell' arte per simile esperimento. Fece anco Neottolemo a cavallo con Ira i Persiani, Archelao con la moglie e con la figliuola, a Antigono in corazza a cavallo. Co loro che hanno maggior giudicio in quest' arte, giudicano per delle migliori opere, ch'e' facesse, 1 medesimo re a cavallo ; e una figura di Diana 1 in compagnia d 'alcune vergini, le quali fanno sacrificio; nelle quali figure pare ch'egli vin cesse i versi d* Omero, i quali descrivono ci stesso. Dipinse ancora alcune cose, le quali non si possono dipignere, siccome tuoni, baleni e folgori, i quali per altro nome si chiamano Bron te, Astrape, e Ceraunobolia. Le invenzioni sue giovarono agli altri ancora nell' arte. In una cosa sola non fu niuno che lo potesse imitare; e ci fu, che fornite che egli aveva le opere, dava loro una tinta nera tanto sottile, che di riverbero rilevava in un tempo la chiarezza de'colori, e parte le difendeva dalla polvere e dalle sporcherie, e finalmente le faceva parere di rilievo a chi le guardava. Ma ci faceva egli altres con gran ragione, acciocch la chia rezza de' colori non offendesse la vista, essendo come se si guardasse da lungi per pietre traspa renti ; e la medesima cosa dava occultamente au sterit a' colori troppo fioriti. Contemporaneo a lui fu Aristide Tehano. Co stui fa il primo pittore che dipinse l'animo ed espresse tutti i sentimenti, i quali da' Greci sono chiamali eie ; e le passioni ancora: vero , che fu alquanto duro nel colorire. Truovasi di sua mano un bambino, cbe s'appicca alla poppa del la madre che muore per le ferite, essendo presa la citt, e vedesi cbe la madre sente, e teme cbe il bambino, essendo morto il latte, non succi il sangue. La quale tavola Alessandro Magno aveva falla portare a Fella sna patria. Il medesimo di pinse la baltaglia co' Persiani, ponendo in quella tavola ben cento uomini, convenutoli con Mnasone tiranno degli Eiatesi d' avere dieci mine di ciascuna figura. Dipinse ancora carrette di quat tro cavalli in alto di correre, e uno che supplica, il quale par quasi cbe favelli. Dipinse alcuni

E li et quo# ejas, sive fait, piet* in oer la mine: qaod judicium ad muta* quadrupedes provocavit ab hominibus. Namque ambila aemulos praevalere sentiens, singulorum pictaras ioduclis equis osteodil: Apellis laulum equo ad hinnivere, idqoe et poslea semper illius experi* mentam arlis ostentatur. Fecit et Neoptolemum, ex equo adversos Persas, Archelaum cum uxore et filia, Antigonam thoracatum cum equo ince dentem. Periliores artis praeferunt omnibus ejus operibus eumdem regem sedentem in equo : Dia nam sacrificanliam virginam choro mixtam : quibas vicisse Homeri versas videtur idipsum describentis. Pioxit el quae pingi non possunt, tonitrua, fulgura, fulgelraqne : Bronten, Aslrapen, Cerannoboliau appellant.

Inventa ejus et ceteris profaere in arte.- Unum imitari nemo potuit, quod absoluta opera atra mento illinebat ita tenui, ut idiptam repercussa claritates coiorom excitaret, castodiretque mpul vere et sordibus, ad manam intuenti demum appareret. Sed et oum ratione magoa : ne colo rum claritas oculoram aciem offenderet, velati per lapidem speeularem intoentibuse iongioqno: et eadem res nimis floridis coloribus austerit* lem occulte daret.

Aeqaalis ejas fhit Aristides Thebanus. Is om nium primas animam pinxit, et sensas homiois expressit, qaae vocant Graeci ethe : item perlurbatiooes : durior panilo in coloribus. Hujus pi ctura est, oppido capto ad matris morientis e vulnere mammam adrepens infans : intelligiturque sentire mater et timere, ne emortao lacte sanguinem lambat. Quam tabulam Alexander Magnas traostalerat Pellam in patriam suam. Idem pinxit proelium cum Persis, centum homi nes ea tabula complexas, pactusque in singulos mnas denas a tyranno Elateusium Mnasone.* Pin xit et currentes quadrigas, et supplicantem paene cum voee: et venatores cum captura: et Leonlionem pictorem: et Anapavomenen, propter fratris amorem morientem. Item Libernm pa trem , e t Ariadnen, spectatos Romae in aede Ce-

C. PLINII SECUNDI reris : tragoedum, et pueram, in Apolliais: caja tabulae gratia interiit pictori inscitia, cui ter gendam eam mandaverat M. Junius praetor sub die ludorum Apollinarium. Spectata est et in aede Fidei in Capitolio imago senis cnm lyra puerum docentis. Pinxit et aegrum sine fine lau datum. Qua in arte tantum valuit, ut Attalus rex unam tabnlam ejus centum talentis emisse tra datur.

ia3a

Simul, ut dictum est, et Protogenas floruit. Patria ei Caunus, geniis Rhodiis subjectae. Sum ma paupertas initio, artisque summa intentio, et ideo minor ferlilita. Qui eum docuerit, non pulant constare. Quidam et nave pinxisse usqae ad annum quinquagesimum: argumentum esse, quod quum Athenis celeberrimo loco Minervae delubri propylaeon pingeret, ubi fecit nobilem Paralum, el Hemiooida, quam quidam Nausicaam vocant, adjecerit parvulas naves longas in iis, quae piciore parerga appellant: utadpareret a quibus initiis ad arcem ostentationis opera sua pervenissent. Palmam habet tabularum ejus Ia lysus, qui est Romae, dicatus in templo Pacis : quem quum pingeret, traditur madidis lupinis vixisse, quoniam simul famem sustinerent et sitim, ne sensus nimia dulcedine obstrueret. Huic picturae quater colorem induxit, subsidia inju riae et vetustatis, ut decedeole superiore inferior succederet. E<t in ea cauis mire factus, nt quem pariier casus pinxerit. Non judicabat se expri mere in eo spumam anhelantis, quum in reliqua omni parte (quod difficillimum erat) sibi ipse satisfecisset. Displicebat autem ars ipsa, nec mi nui poterat, et videbatur nimia, ac longius a ve ritate discedere, spumaque illapingi, non ex ore nasci; anxio animi cruciatu, quura iu pictura verum esse, non verisimile vellet: absterserat saepius, routaveratque penicillum, nullo modo sibi adprobans. Postremo iratus arti, quod intelligeretur, spongiam eam impegit inviso loco ta bulae, et illa reposuit ablatos colores, qualiter cura optaverat: fecitque in pictura fortuna nata ram. Hoc exemplo, ejus similis et Nealcem suc cessus in spuma equi, similiter spongia impacta, secutus dicitur, quura piugeret poppyzonta reli nentem equum. Canera ita Protogenes monstra vit, et fortuna. Propter bunc Ialysum, ne cre maret tabulas Demetrius rex, quura ab ea parte gola posset Rhodura capere, non incendii: parcenlemque picturae fugit occasio victoriae. Erat tunc Protogenes in suburbano horlulo suo, hoc

cacciatori con la preda, e Leonzione pittore, e Anapavomene, il qaale si moriva per amore dei fratello ; e Bacco e Arianna, la qual pittore fa posta a Roma nel tempio di Cerere ; e ao tngedo, e ua fanciullo posti nel tempio df Apolline, la grazia della qual tavola and a male per igaoranza d 'un dipintore, al quale Marco Giamo pretore aveva ordinalo ehe la polisse pel giorno de giuochi Apollinari. Fu posta nel tempio della Fede in Capitolio la figura d uo vecchio con la lira che insegna a un fanciullo. Dipinse ancora un ammalato, il quale lodato senza fine. E tanto e* valse nell' arte sua, che il re Atlalo ditesi che comper una tavola di esso per ceoto talenti. lo un medesimo tempo con esso lui fior ancora , come * detto, Protogene. Cosisi fa per patria di Cauno, citt soggetta a Rodimi. Egli fu mollo povero da principio, ed ebbe gran desiderio di farsi valente nell* arte, e perdo fece pochissime figure. Chi funt suo maestro non se ne pn sapere il certo. Alcuni dicono eh* egli attese a di pignere delle navi fin che egli ebbe cinquanta anni; e per segno di ci adducono che dipingendo egli in Atene l ' antiporta del tempio di Minerva, eh1era in luogo assai frequentalo, alle dup nobilissime navi, il Paralo, e l Ermionida da alcnni chiamala Naasicaa,egli vi aggioosa alcune picoole uavi lunghe tra le cose che i pit turi chiamano parerga, perch servono oltra alla prima pittura per ornamento, acciocch si vedesse ^a qnai principii lopere sue fossero veoate al colmo della gloria e della grandezza. tenuta per la miglior figura che facesse mai, l'eroe laliao, il quale in Roma dedicato nei tempio della Pace. Mentre che egli faceva questa figura * dice che egli non mangi altro che Japioi amidi, p e r ch a u ii tratto cacciavano la fame e la sete, acciocch non gl* ingrossassero i sensi per la troppa dolcezza. Sopra questa figura diede quat tro mani di colori, perch'ella reggesse agli sfregi e alla vecchiaia, e cadendo gi il colore di sopre, ve ne rimanesse un altro di sotto. In questa pit tura un cane mirabilmente fatto, siccome quello che il caso e l'arte egualmente il dipinse. Egli giudicava di non potere esprimere ia esso la schiuma di chi ansa, ancora che in ogni parte (il che gli era difficilissima cosa) avesse soddisfatto a s stesso. Dispiacevagli l ' arte : non la poteva scemare, e parevagli troppa, e troppo discosta dalla verit, e che quella schiuma paresse dipinta anzi'che nata naturalmente dalla bocca; lutto sospeso dellanimo, voleudo che nella pittura fosse il vero, non il verisimile, aveva spesao nello il pennello, e maialo, .e per neasun modo i compiaceva. Ultimamente adirato con Parie, diede di quella spugoa, con la quale nettava

ia33

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXXV. pennelli, in quella parte della pittura cbe gli dispiaceva, e quella vi ripose i colori, che aveva astersi, come era il suo desiderio ; e cos la fortuna fece nella pittura il naturale. Dietro questo esempio dicesi che un simil successo avvenne a Nealce, avendo similmente avventata una spugaa, quando egli dipigneva un certo che riteneva il cavallo accarezzandolo. G cos Protogene e la fortuna dipinsero il cane al naturale. Per usar rispetto a questo laliso, il re Demetrio per non volere abbruciar le tavole fra cui esso era, men tre poteva da quella parte sola pigliar Rodi, non volle altrimenti abbruciarla ; e cos per volere egli aver rispetto a quella pittura, la occasione della vittoria gli foggi di mano. Era allora Pro togene a soo poderetto fuor delle mura, cio nel campo di Demetrio ; n perch egli fosse inter rotto dalle battaglie, si rimase dalle sue opere incominciate ; onde avendolo il re fatto chiama re, e domandato, u con che sicurezza egli stesse fuor delle mura, rispose, u che sapeva come egli avea guerra co1Rodiotli, non con le arti. Il re dunque gli mise guardia di soldati, ralle grandosi di poter salvare le mani, alle quali egli aveva gii perdonato ; e per non lo scioperare, andava spesso a trovarlo, e lasciando il desiderio della sua vittoria, fra le armi e le percosse delle mura si stava a veder lavorare quello artefice. Con questa pittura ne va una voce allusiva a qnei tempo, cio che Protogene la dipinse sotto la spa da. La figura un Satiro, il quale si chiama Anapavomeno ; e acciocch nulla mancasse a espri mere la sua sicurt in quel tempo, il pittore gli pose i zuffoli in mano. Fece ancora Cidippe, Tlepolemo, Filisco scrittore di tragedie, il quale sta pensando, e un atleta, e il re Antigono, e la immagine della madre d 'Aristotele filosofo ; il quale lo consigliava eh* egli dipigoesse l ' opere d' Alessandro Magno, perch esse come quelle durerebbero eterne. Ma l'impeto dell animo, e una certa voglia dell arte lo spinsero piuttosto a fare tali cose. Ultimamente dipinse Alessandro, e Pane. Fece ancora statue di bronzo, come di cemmo. Al medesimo tempo fa Asclepiodoro, il quale era molto stimato da Apelle per la simme tria. A costui Moasone tiranno diede per dodici dei, ch' e' fece, trecento mine di ciascuno ; come ne diede cento a Teonnesto per ciascuno eroe. Con questi si dee annoverare Nicornaco , figliuolo e discepolo dAristodemo. Costui dipinse il ratto di Proserpina ; la qusl tavola fu in Capi tolio nel tempio di Minerva sopra il piccolo tempio della Giovent. Nel medesimo Capitolio ne fu un'altra, la quale vi pose Planco capitano : questa era una Vittoria, la quale tirava in alto

est, Demetrii cestris. Neque interpellatas proeliii inchoata opera intermisit omnino : nisi adcitos a rege ialerrogatusqoe, u qua fiducia extra moros ageret, n respondit, scire se eam Rhodiis illi bellum esse, non cam artibus, n Disposuit ergo rex in tutelam ejas stationes, gaudens qaod posset manas servare, quibus jam pepercerat : et ne saepius avocaret, ultro ad eum venit hostis, relictisqoe victoriae suae votis, inter arma et mororura ictas spectavit artificem. Sequitarque tabulam illius temporis baec fama, quod eam Protogenes sub gladio pinxerit. Satyrus hic est, quem Anapavomenon vocant, et ne qaid desit temporis ejus securilali, tenentem libias. Fecit et Cydippen, Tlepolemon, Philiscum tragoediarum scriptorem medilantem, et athletam, et Antigo num regem, et imagioem matris Aristotelis phi losophi : qui ei suadebat ut Alexandri Magni opera pingerel, propter aeternitatem reraro. Im petus animi et quaedam artis libido ia baec po tius eam tulere. Novissime pinxil Alexandrum, ac Pana : fecit et signa ex aere, nt diximus.

Eadem aetate fui! Asclepiodorus, quem in symmetria mirabatur Apelles, flaic Mnason ty rannas pro daodecira diis dedit in singulos mnas tricenas : idemque Tbeomnesto in singulos heroas mnas vicenas. His adnamerari debet Nicomacbus, Aristode mi filias ac discipulas. Pinxit hic raptam Pro serpinae, quae tabula fuit in Capitolio in Miner vae d elab ro super aediculam Juventatis. Et in eodem Capitolio alia, quam Plancus imperator posuerat, victoria quadrigam in sublime rapiens. Hic p rim u s Ulyssi addidit pileum. Piuxit et Apol-

>235

C. PLINII SECUNDI

iz 3 6

lioem t Dianam, deum que matrem io leone sedentem : item nobiles Bacchas adreplantibus Satyris: Scyllaraque, quae nunc est Romae in templo Pacis. Nec fuit alius in ea arte velocior. T radimi namque conduxisse pingendum ab Ari* slralo Sicyoniorum tyranno, quod is faciebat Te* lesti poetae, m onum entum , praefinito die, intra quem perageretur : nec mullo ante venisse, ty ranno in poenam accenso : paucisque diebus ab solvisse celerilalc et arte mira. Discipulos habuit Aristidem fratrem, el Arisloclem iiliuru, et P h i loxenum Eretrium, cujus tabula nullis poslferenda, Cassa udr regi picta, contiuuil Alexandri proelium cum Dario. Idem pinxit lasciviam, in qua tres Sileni coraessantur. Ilie celeritatem praeccptoris seculus, breviores atiamuura quasdam piciurac compendiarias invenit.

Adnum eralur his et Nicophanes elegans et coucinnus, ita ul vetusta opera pingeret propter aeternitatem re ru m , impetuosi animi, et cui pau ci comparentur. Cothurnus ei et gravitas arlis. Multum a Zeuxide et Apelle abesl Apellis disci pulus Perseus, ad quem de hac arte scripsit. Hu jus fuerat aetatis Aristides Thebani discipulus. F u e ru n t cl filii, Niceros, at Ariston, cujus est Satyrus cura scypho coronatus. Discipuli, Antorides el Euphranor, de quibus mox dicemus.

una carretta di quattro cavalli. Costai fa i! pri mo che pose il cappello a Ulisse. Dipinse ancora Apolline a Diana, e la Madre degli d e i, sedente sopra il lione ; e alcune bellissime Baccanti con certi Satiri che vanno loro dietro carponi; e Scilla, la quale ora in Roma nel tempio detta Pace. Non vi fu alcuno altro pi veloce di hi ia qnelParte. Perch dicono che Aristrato tiranoodei Sicionii il chiam per dargli a dipingere la sepol tura di Teleste poeta , a condizione ch 'e g i avesse finito P opera incerto tempo: egli non venne e non pochi giorni innanzi il termina stabilito, di mauiera che il tiranno adiratosi seco, avea pensato di voler gastigarlo ; oede esso in pochi giorni con prestezza e arte mira bile forn lopera. Furono discepoli di Ini Aristi de suo fratello, e Aristocle sno figliuolo, e Filosseno Eretrio, la cui tavola, bella quanto si sia alcun1 altra, dipinta pel re Cassandro, conteneva la battaglia d'Alessandro con Dario. 11 medesimo dipinse ancora la lascivia, pittura composta di tre Sileni che mangiano. Costui seguitando la prestezza del suo maestro, trov ancora certe vie compendiarie di dipignere. Annoverasi ancora oon questi Nicofane pit tore elegante e garbalo, che dipigneva lopere antiche perch ne durano eterne le cose: fu d'animo impetuoso, ed avea pochi pari. Ebbe, per modo di dire, il coturno e la gravit deVP arte. Molto inferiore a Zeusi e ad Apelle Perseo discepolo di Apelle, al quale e'scrisse di quest' arie. Contemporaneo a lui fu Aristide discepolo d' Aristide Tebano. Il furono anche i suoi figliuoli Nicero, e Aristone, di mano dd quale un Satiro coronalo, con una coppa in mano. Discepoli di lui furono Anloride ed Eufranore, de quali ragioneremo poi.
D e l l b specie
della

Db

g e k e b ib u s

p ic t u r a e .

p ittc b a .

XXXV11. Namque subtexi par est minoris XXXVII. Ora e'sta bene che a' aggiungano picturae celebres in penicillo, e quibus fuit Pyai suddetti anche coloro che son celebri per pit rcicus, arte paucis postfereodus: proposito, n e ture di umile argomento. Fra questi fu Pireico, il scio an destruxerit se : quoniam humilia quidem qual nell' arte da posporsi a pochi. Non so se secutus, humilitatis lamen summam adeptus esi egli a bella posta levasse fama a s stesso: non gloriam. Tonstrinas, sutrinasque pinxit, el asel dimeno bench seguisse cose um ili, s 'acquist los, el obsonia, ac similia : ob hoc cognominatus gran riputazione in quel genere di lavori. Co Khyparographos, in iis consummatae voluptatis. stui dipinse botteghe di barbieri e di calzo Quippe eae pluris veniere, quam maximae m u l lai, e asini, e cose da mangiare , e simili baie, e torum. E diverso maeniana, inquit Varro, omnia perci fu chiamato per soprannome Riparografo, o.pericbat Serapionis tabula sub Veteribus. Hic perch in queste cose fuor di modo si compia scenas optime pinxit, sed hominem pingere n o a ceva. E veramente queste cose furono vsadole potuit. Contra Dmnysius nihil aliud quam hom i pi care, che le grandissime pitture di mollines pinxit, ob id Anlhropographos cognomina Per lo contrario dice Varrone che sotto gli anti lo. Parva et Callicles fecit: item Calates comicis chi le tavole di Serapione coprivan tutti i ve tabellis: utraque Antiphilus. Naro et Hesionam roni. Costui dipinse benissimo le prospettive

HISTORIARUM MONDI LIB. XXXV. nobilem pinxit, et Alexandrum ac Philippum cum Miuerva, qui sunt in schola in Octaviae porticibus: et in Philippi, Liberum patrem, Ale xandrum puerum, Hippolytum tauro emisso ex pavescentem : in Pompeja vero Cadmum, et Europen. Idem jocoso nomine Gryllum deridiculi habitus pinxit. Uude hoc geuus picturae grylli vocantur. Ipse in Aegypto natus didicit a Ctesidemo.

is 3 8

Decet non sileri et Ardeatis templi pictorem, praesertim civitate donatum ibi, et carmine, quod est in ipsa pictura his versibus :

delle scene, ma non pot dipignere uomini. AU'incontro Dionigio non dipinse altro che uomini, e perci fu chiamato per soprannome Antropografo. Callide ancora fece cose piccole: e Calace dipinse uelle tavole delle commedie : An li filo fece l uno e l altro. Perciocch egli dipinse Esiona bellissima, e Alessandro e Filippo con Minerva, i quali sono nella scuola ne por tici d Ottavia; e in quelli di Filippo, Bacco, Alessandro fanciullo, e Ippolito spaventato per un loro che gli viene all incontro ; e nel por tico di Pompeo, Cadmo ed Europa. Il medesimo con piacevole nome dipinse Grillo in abito ridi colo; onde questa maniera di pittura si chiam poi grillo. Egli nacque in Egitto, e impar da Ctesiderao. Non da passare con silenzio ancora il pit tore del lempio d' Ardea, e massimamente per eti' egli fu fatto quivi cittadino, ed ebbe questi versi fatti in onore della sua pittura : Venne d Etolia Marco Ludio Elota, E i luoghi degni di pitture illustri Orn, siccome il tempio di Giunone ; Ond ora, e dipoi sempre per questarte Ardea lo loda, e il loder in eterno. Questi versi sono scritti in lettere antiche Latine. Non da passare ancora Ludio, che fu al tempo d Augusto, e fu il primo che trov la vaghissi ma pittura delle muraglie, ville, portici, luoghi ornali d arbuscelli, selve, boschi, colline, vivai, canali, fiumi, riviere, secondo gli appetiti delle persone, varie specie duomini che vanno, o che navigano, e che per terra arrivano alle ville sui carri, o a cavallo : nesuoi disegni vhan persone che pescano, o uccellano, o cacciano, o vendem miano: ville nobili, alle quali si va per paludi, e donne che paion torsi alcuna cosa sulle spalle, le quali mostrano d, aver paura di cadere : oltra di ci molte di queste capresterie, e facetissime disposizioni. Egli fu il primo che dipinse alla scoperta citt marittime di bellissima vista, e per pochissima spesa. Ma nessuna gloria hanno gli arlefiei se non quelli che hanno dipinto tavole, e per ci gli antichi sono avuti in maggior riverenza. Percioc ch'essi non si contentavano solamente di ornare le mura a* padroni delle case, n far pitture che avessero a stare in nn medesimo luogo, e non si p o t e s s e r o levare faor degi' incendii. Contentassi Protogene d* una casipolcol suo orticello. Nelle mura d Apelle non era alcuna pittura. Non si nsava ancora dipignere tutte le mura. Tutta l arte loro s impiegava nel pubblico, e il pit tore era cosa cornane.

Dignis dign loco picturis condecoravit, Reginae Junonis supremi conjogi templum Marcus Ludius Ilelotas Aetolia oriundus, Quem nunc et post semper ob artem hanc Ardea laudat. Eaque sunt scripta antiquis litteris Latinis: non fraudando et Ludio, divi Augusti aetate, qui pri n u s instituit amoenissimam parietum picturam, villas et porticus, ac topiaria opera, lucos, nemo ra , colles, piscinas, euripos, amnes, litora, qualia quis optaret, varias ibi obambulantium species, aut navigantium, terraque villas adeuntium asel lis aut vehiculis. Jam piscantes, aucupantesque, aut-venantes, aut etiam vindemiantes sunt in ejus exemplaribus: nobiles palustri accessu villae, suc collantium specie mulieres labantes trepidaeque feruntor: plurimae praeterea tales argutiae face tissimi salis. Idemque snbdialibus maritimas ur bes pingere instituit, blandissimo aspectu, minimoque impendio.

Sed nulla gloria artificum est, nisi eorum qui tabulas pinxere : eoque venerabilior antiquitatis prudentia adparet. Non enim parietes excole* bant dominis tantum, nec domos uno in loco mansuras, qnae ex incendiis rapi non pnssent. Casula Protogenes contentus erat in hortulo suo. Nulla in Apellis tectoriis pictura erat. Nondum libebat parietes totos pingere. Omnium eorum ars urbibus excubabat : pie torque res commuuis terrarara erat.

C. PLINII SECONDI Fuit et Arellius Romae celeber panilo ole divum Augustum: nisi flagitio insigni corrupis set artem, sera per alicujus feminae amore fla grans, et ob id deas pingeos, sed dilectarum imagine. Itaque in pictura ejus scorta numera* bantnr. Fuit et nuper gravis ac severus, idemque floridus, bumilis rei pictor Amulius. Hujus erat Minerva, spectantem spectans, quacumque aspi ceretur. Paucis diei horis pingebat, id quoque cum gravitate, quod seroper togatus, quamquam in machinis. Carcer ejus artis domus aurea fuit: et ideo non exstant exempla alia magnopere. Post eam fuere in auctoritate Cornelius Pinus, et Accius Priscus, qui Honoris et Virtutis aedes imperatori Vespasiano Augusto restituenti pinxerunt: sed Priscus antiquis similior.

12^0

Fu anoora certo Arellio in Roma poco incan ii Augaslo, famoso, se non avesse vituperata Par te con l ' essere tuttavia innamorato di qualche femmina, onde dipigneva sempre dee, ma sotto somiglianza dalcuna sua favorita. Epper le sue pitture erano piene di bagasde. Fu non molto ancora Amulio, grave e severo e fiorito, ma pit tore di cose umili. Costui fece una Minerva, la quale pareva che guardasse ognuno che gnardava lei. Egli usava dipignere poche ore del giorno, e con gravit, perch era sempre vestilo di roba lunga, aocora sui ponti. La prigione della sua arte fu la casa aurea di Nerone; e perci non si Imovano che poche altre sue opere. Dopo lui furono in riputazione Cornelio Pino e Aedo Prisco, i quali dipinsero il tempio dell' Onore e della Virt a Vespasiano imperadore, che lo fece rie dificare ; ma Prisco somigli pi gli antichi.
D
e l m o d o d i f e r m a r e i l c a n t o d e g l i u c c e l l i.

Db

av iu m

cantu

com pescendo.

XXXVIII. 11. Non est omittenda in picturae XXXVIII. li . Non h da trapassare, facendosi mentione celebris circa Lepidum iabula. Siqui mensione della pittura, una nobil favola riferita dem in triumviratu quodam loco deductus a ma a Lepido. Perciocch egli nel suo triumvirato gistratibus in nemorosum hospitium, minaciter messo da' magistrati in un alloggiamento intor cum iis postero die expostulavit, somnum adem niato da'boschi, l'altro giorno in atto di minac ptum sibi volucrum concentu. At illi draconem ciare si dolse con essi, che il canto degli nccdli in longissima membrana depictum circumdedere gli avea tolto il sonno. Onde essi per provvedere loco : eoque terrore aves tum siluisse narrantur, a questa cosa fecero dipignere nn dragone in sur una lunghissima membrana, e Io drcondaet postea cognitum est ita posse compesci. rono intorno a quel luogo. Dove si dice ebe gli uccelli per quello spavento s'acchetarono; e cos si conobbe poi, che questo era buon rimedio a fare star cheti gli uccelli. Qxn
en ca u sto bt p e n ic il l o p in x e r in t .

Chi

d ip in s e c o n t in t a a d u st a e p b b v e l l o .

XXXIX. Ora non si traova certo chi fu il XXXIX. Ceris pingere, ac picturam inurere qui primas excogitaverit, non constat. Quidam primo a dipignere in cera, e col fuoco Carvi la Aristidis inventum putant, postea consummatum pittura. Alcuni tengono eh'essa fosse inventione a Praxitele. Sed aliqnauto vetustiores encausti d 'Aristide, e che dipoi Pressitele la riducesse a cae exstitere, ut Polygnoti, et Nicanoris, et Ar perfezione. Ma per si truovano pitture di questa cesilai Pariorum. Lysippus quoque Aeginae pi maniera pi antiche, di Poiignoto, di Nicnore cturae suae inscripsit iviTtaurir, quod profecto e d' Arcesilao, tutti dell' isola di Paro. Lisippo ' ancora in Egina scrisse sotto nna sua pittura non fecisset, nisi encaustica inventa. ivnowStvy il che non avrebbe fatto, se la pitto encaustica non fosse stata in uso.

Qou ramus l a c u n a r ia
CAMBILAE PICTAE.

p in x b r it

q o a n d o p r im u m

Chi

f u i l p r im o c h e d ip in s e i s o f f i t t i , e q u a n d o

P AETIA

MIRABILIA PICTURARUM.

SI COMINCIARONO A FINGER LB CAMERE. PREZZI MARAflGLlOSI DI PITTORE.

XL. Pamphilus qaoqae Apellis praeceptor non pinxisse tantam encausta, sed etiam docuisse traditur Pausian Sicyonium primum in hoc ge nere nobilem. Brietis filias hic fuit, ejusdem que

XL. Dicesi ancora, che Panfilo , il quale fu maestro d'Apelle, non solamente dipinse di quasta maniera encaustica, ma la insegn a Pausia Sicionio, il quale fu il primo eccellente in questo

12*1

HISTORIARUM MUNDI UB. XXXV.

i?',a

primo discipulus. Pinxit et ipse penicillo parie* tes Thebis, qaam reficerentur quondam a Poly gnoto picti : mttUumqae comparatione superatos existimabatur, quoniam non suo genere certasset. Idem et lacunaria primus pingere instituit : nec cameras ante eum taliter adornari mos fuit. Par vas pingebat tabellas, maximeque pueros. Hoc aemuli eum interpretabantur facere, quoniam tarda picturae ratio esset illa. Quamobrem arti daturus et celeritatis famam, absolvit uno die tabellam, quae vocata est Hemeresios, puero pi cto. Amavit in juventa Glyceram municipem suam, inventricem coronarum, certandoque imi tatione ejus, ad numerojissimam florum varieta tem perduxit artem illam. Postremo pinxit ipsam sedentem cum corona, quae e nobilissimis tabula appellata est Stepbaoeplocos, ab aliis Stephanpolis, quoniam Glycera venditando coronas su stentaverat paupertatem. Dujus tabulae exem plar, quod apographou vocant, L. Lucullus duo bus talentis emit a Dionysio Athenis.

genere. Costui fa figliuolo di Briete, e da prin cipio suo discepolo. Dipinse ancora egli eoi pen nello certe mura a Tebe quando elle si rifacevano, essendo gii state dipinte da Poiignoto; e dicono eh1egli fu molto vinto in quel paragone, perch egli contese .in quell'arte che non era la sua propria. 11 medesimo fu il primo che dipiose i palchi ; ch innanzi a lui non c era usanza d'or nare le volte in questa maniera. Dipigneva figure piccole, e massimamente fanciulli. I suoi emuli dicevano eh' egli faceva ci, perch quella ma niera di pittura era mollo tarda. Per la qual cosa essendo egli per darsi fama di prestezza, fece una piccola figura in un giorno, che si chia m Emeresio, nella quale era dipinto un fan ciullo. Am nella sua giovanezza Glicera sua cittadina, la quale faceva ghirlande, e imitando costei, ridusse quell' arte a una infinita variet di fiori; finalmente dipinse lei stessa sedente eoa una ghirlanda in mano ; la quale pittura molto nobile fu chiamata Stefaneploco, e da alcuui Ste cnopoli, perciocch Glicera si guadagnava il vivere col vendere ghirlande. L. Lucullo com per io Alene due talenti una copia di questa tavola, che si chiama apografo, da Dionisio. Pausia fece altres tavole grandi, come nel Paosias autem fecit et grandes tabulas, sicut portico di Pompeo un sacrificio di buoi. Egli fu spectatam in Pompeji porticibus boum immola tio nem. Eam enim picturam primus inveoit, il primo che trov quella pittura, la qual poi fu quam postea imitati sunt multi, aequavit nemo. imitata da molti, ma pareggiata da ninno. E fra Anle omnia quum longitudinem bovis ostendere l ' altre cose, volendo dimostrare' la lunghezza vellet, adversum eum pioxit, non transversum : del bue, lo dipinse in iscorcio, e non a Iraverso, unde et abunde inlelligilur amplitudo. Dein quum e cos diede benissimo a conoscere la sua gran dezza. Dipoi, mentre tutti gli altri imbianchi omnes, quae voluot eminentia videri, candican scono le eose, le quali vogliono che paiano spic tia faciant, coloremquecondant nigro: hic totum bovem atri coloris fecit, umbraeque corpus ex cate, e ne chiudono il colore col nero; costui fece tutto il bue di color nero, e le ombre stesse ipso dedit, magna prorsus arte in aequo extantia ostendens, et in confracto solida omnia. Sicyone del corpo, facendo con bellissima arte vedere et hic vitam egit, diuque fuit illa patria picturae. spiccate le cose nel piano, e intere senza che ap Tabulas inde e publico omnes propler aes alie parisca spezzatura. Costui abit in Sicione, la num civitatis addictas, Scauri aedilitas Romam qual citt fu lungo tempo la patria della pittura. Scauro, essendo edile, trasfer a Roma tutte le pit transtulit. ture, le quali erano quivi, tolte di l per debito pubblico. Dopo lui in gran riputazione sopra tutti gli Post eum eminuit longe ante omnes Euphra* nor Isthmius, olympiade centesima quarta, idem altri fu Eufranore Istmio nell'olimpiade cente sima quarta, quell' esso, di cui abbiamo ragio qui inter fictores dictus est a nobis. Fecit et co lossos, et marmora, ac scyphos scalpsit : docilis nato eziandio fra gli scultori. Fece ancora colossi, e scolp marmi, e fe' lazze, ingegnoso e laborioso, ac laboriosus ante omnes, et in quocumque ge nere excellens, ac sibi aequalis. Hic primus pi che altri mai, e in ogni maniera d'arte eccel lente, e simile a s slesso. Costui pare che fosse videtur expressisse dignitates heroum, et usur il primo, che esprimesse la dignit nelle imma passe symmetriam. Sed fuit universitate corpo gini degli eroi, e usasse la simmetria. Ma in ge-> rum exilior, capitibus articulisque grandior. Volumina quoque composuit de symmetria et nerale fece i corpi troppo sottili, e i capi e le coloribus. Opera ejus sunt, equestre proelium, gionture troppo grandi. Scrisse anoora libri della duodecim dii, Theseus, in quo dixit, u eorodem simmetria e de' colori. L 'opere sue sono, una apud Parrhasium rosa pastum esse, suum vero battaglia a cavallo, dodici dei, Teseo, di cui disse

2/13

C. PLINII SECUNDI

iaS'i

carae. i Nobiles ejus labulae Ephesi, Ulysses simulala vesania bovem cum equo jungens : et palliali cogitantes : dux gladium condeos.

Eodem tempore fuit et Cydias, cujus tabulam Argonautas h-s ciliv Hortensius Orator merca tus est, eique aedem fecit ia Tusculauo suo.

Euphranoris aulem discipulus fuit Antidotus. Hujus est clypeo dimicans Athenis, et luctator, tibicenque inter pauca laudatus. Ipse diligentior, quam numerosior, et in coloribus severus, maxime inclaruit discipulo Nicia Atheniensi, qui diligentissime mulieres pinxit. Lumen et umbras custodivit, alque ut eminerent e tabulis picturae, maxime curavit. Opera ejus, Nemea advecta ex Asia Romana a Silano, quam in Curia diximus positam : ilem Liber paler in aede Concordiae: Hyacinthus, quem Caesar Augustus delectatus eo secum de portavit Alexandria capta : et ob id Tiberius Caesar in lemplo ejus dicavit hanc tabulam : et Diana. Ephesi vero est Megabyzi sacerdotis Ephesiae Dianae sepulcrum : Alhenis Necromantia Homeri. Hanc vendere noluit Attalo regi talenlis sexaginta, potiusque patriae suae dona vit, abundans opibus. Fecit et grandes picturas, In quibus sunt Calypso, et Io, et Andromeda : Alexander quoque in Pompeji porticibus prae cellens, et Calypso sedens. Huic quidem adscribuutur quadrupedes. Prosperrime canes expres sit. Hic est Nicias, de quo dicebat Praxiteles interrogatus, quae maxime opera sua probaret in marmoribus: < quibus Nicias manum admo& isset : u tantum circumlitioni ejus tribuebat. Non salis discernitur, alium eodem nomine, an hunc eumdem quidam faciant olympiade cente sima duodecima.

Niciae comparatur, et aliquanto praefertur Atheoion Maronites, Glaucionis Corinthii disci pulus, et austerior colore, et in austeritate ju cundior, ut in ipsa pictura erudilio eluceat. Pin xit in templo Eleusine Phylarchum ; et Athenis frequentiam, quam vocavere syngenicon. Ilem Achillem virginis habitu occultatum , Ulysse deprehendenle. Et in una tabula insigni, quaque maxime ioclaruil, agasonem cnm eqno. Quod nisi in juventa obiisset, nemo ei compararetur.

che Parrasio l aveva pasciuto di rose, ed egli di carne. Nobile figura di sao in Efeso un Uiisse, il quale finge d esser passo, e mette a un giogo il bue e il cavallo, e alcuni nomini vestiti di luogo e tutti pensosi, e nn capitano che nasconde la spada. Al medesimo tempo fu ancora Cidia, la coi tavola, dove sono dipinti gli Argonauti, comper Ortensio oratore per cento quaranta quattro se sterzi!, e le fece una stanza nella sua villa di Tusculano. Antidoto fu discepolo di Eu frano re. Di mano di costui in Atene uno che combatte con lo scado, e un lottatore, e un trombetta molto lo dato fra le cose rare. Esso fu pi diligente che regolare, e severo ne colori, e principalmente fu illustre per un discepolo, ch'egli ebbe, il qual fu Nicia Ateniese, diligentissimo dipintore di donne. Osserv i lami e l ' ombre, e soprattutto procur che le pittura fossero rilevate, e spiccale dalle tavole. I / opere sue furono, Nemea condotta di Asia Roto* da Silano, la quale dicemmo essere posta nella Cu ria : un Bacco, nel tempio della Concordia, Gia cinto, cui Augusto imperadore, essendogli molto piaciuto, porlo seco, avendo presa Alessandria ; e per queslo da Tiberio imperadore dedicato nei tempio di lui ; e una Diana, in Efeso di sao il sepolcro di Megabizo sacerdote di Diana Efesia: in Atene la Necromanzia dOmero. Questa figura non volle egli vendere al re Attalo per sessanta talenti, e piuttosto la don alla sua patria, aveodo egli di molte ricchezze. Fece anco delle pit ture granili, tra le quali sono Calipso ed lo, e Andromeda, e una bellissima figura d'Alessandro, eh* nel portico di Pompeo, e Calipso seduta. A costui s 'attribuiscono certi animali. Fece be nissimo i cani. Questo quel Nicia, di cui Pras si tele rispondeva, domandalo quale delle sue ope re di marmo pi lodasse, u quelle, alle quali Nicia aveva accostala la mano; lanto stimava egli il profilo d 'esso. Non si pu saper certo, ae fu an altro di questo nome, o pur* questo medesimo nella olimpiade centesima dodicesima. Paragonasi a Nicia e tiensi anco un poco mi gliore Atenione Maronite, discepolo di Ciancione da Corinlo, pi aspro nel colorire, e nell* asprez za pi dilettevole, di maniera che in essa pittar riluce la sua maestria. Dipinse nel tempio di Eleusina Filarco, e in Atene una raiinaosa, la quale fu chiamata singenico. Dipiose anche Achil le nascoso in abito di fanciulla, eh' scoperto da Ulisse ; e in una tavola, la quale fu quella cbe gli diede grandissimo nome, un asinaio con nn ca vallo. Che se egli non fosse morto giovane, ninno se gli sarebbe paragonato.

12^5

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXXV.

134G

Est noroen el Heraclidi Macedoni, loitio nave* piuxit: caploque rege Perseo Athenas commigravit, ubi eodem tempore erat Metro dorus pictor, idemque philosophus, magnae in utraque scientia auctoritatis. Itaque quura L. Paulus devicto Perseo petisset ab Atheniensibus, ut sibi quam probatissimum philosophum mitte rent ad erudiendos liberos, itero que pictorem ad triumphum excolendum, Athenienses Metrodo rum elegerunt, professi eumdera iu utroque desiderio praestantissimum : quod ita Paulus quoque judicavit. Timomachus Byzantios Caesaris dictatoris aetate Ajacem, et Medeam pinxit, ab eo in Vene ris Genetricis aede positas, octoginta talentis venumdatas. Talenlum Atticum x vi taxat M. Varro. Timomachi aeque laudantur Orestes, Iphigenia in Tauris, Lecythion agilitatis exerpilator, cognatio nobilium: palliati, quos dicturos pinxit, alterum stantem, allerum sedentem. Praecipue tamen ars ei favisse in Gorgone visa est.

Pausiae filius et discipulus Ariltolaus e seve rissimis pictoribus fuit: cujus sunt, Epaminon das, Pericles, Medea, Virtus, Theseus; imago Atticae plebis, boum immolatio. Sunt quibus et Mechopanes ejusdem Pausiae discipulus placeat diligentia, quam intelligant soli artifices, alias durus in coloribus, et sile multus. Nam Socrates jure omnibus placet; talesque sunt ejus piclurae, cum Aesculapio filiae, Hygia, Aegie, Panacea, 1to; et piger, qui appellatur Ocoos, spartum torquens, quod asellus adrodil. Hactenus indicatis in genere utroque proce ribus, non silebantur et primis proximi. Aristoclides, qui pinxit aedem Apollinis Delphis. Antiphilus puero ignem conilante laudatus, ac pul* chra alias domo splendescenle, ipsiusque pueri ore : item lanificio, in quo properant omnium mulierum pensa: Ptolemaeo venante. Sed nobi lissimo Satyro cum pelle pantherina, quem Aposcopevonla appellant. Aristophon Ancaeo vul nerato ab apro, cura socia doloris Asty pale : nunierosaque tabula, in qua sunt Priamus, Helena, Credulitas, Ulysses, Deiphobus,'Dolus. Androbius pinxit Scyllin ancoras praecidentem persicae classis. Artemon Danaen, mirantibus eam prae donibus: regiuaro Slralonicen, Herculem el Dejaniram : nobilissiioasautem, quae sunt in Octaviae porticibus ex ejus operibus: Herculem ab Oeta monte Doridos exuta mortalitale consensu deorum iu coelum eunlein: Laomedontis circa Herculem e l Neptunum historiam. Alcimachu Dioxippum,

Ha qualche nome ancora Eraclide Macedoni co. Costui da principio dipinse navi, e preso che fu il re Perseo, and ad abitare in Atene, dove in uu medesimo tempo era Metrodoro pittore e filosofo, nelluna e laltra scienza di graude auto rit. Perci poich Perseo fu vinto, domandando L. Paolo agli Ateniesi, che gli mandassero per ammaestrare i figliuoli un eccellentissimo filoso fo, e un pittore per ornare il suo trionfo, essi gli mandarono Metrodoro; affermandogli come co stui era sufficientissimo a far 1 uno e l ' altro : * Paolo ben se ne avvide dappoi. Timomaco da Bisanzio al tempo di Cesare dittatore dipinse per lui un Aiace e una Medea, posti da esso nel tempio di Venere Genitrice : queste pitture erano cosiate seltauta talenti. 11 talento Ateniese, secondo M. Varrone, vale sei mila danari. Di questo pittore sono lodati ancora T Oreste, e Ifigenia nella regione Taurica, e Lecizione esercitatore di destrezza, una raunanza d 'uomini nobili, due uomini vestiti di roba lun ga, i quali egli dipinse in atto di favellare, luno in piedi, e l altro a sedere. Per parve che l'arte principalmeute lo favorisse nella Gorgoae. Aristolao figliuolo e discepolo di Pausia fu uno de* pi severi pittori. Costui dipinse Epami nonda, Pericle, Medea, la Virt, Teseo, la imma gine della plebe Ateniese, e un sacrificio di buoi. Piace ad alcuni ancora Mecopane, discepolo del medesimo Pausia, per una certa diligenza cono sciuta solo dagli artefici: per altro fu duro nei colori, e us molto il sile. Il suo Socrate meritamenle piace a ognuno : tali sono le altre sue pit ture, Esculapio con le sue figliuole, cio Igia, Egle, Panace, Iaso ; e il pigro, che si chiama Ocnos, il quale torce sparto, e un asino lo rode. Avendo insino a qui ragionato degli uomini illustri nell'uno e l altro genere, ragioneremo ancora di coloro che sono prossimi a' primi. Aristoclide, il quale dipinse il tempio d Apolline a Delfo. Antifilo mollo lodato per una figura, eli e fece d un fanciullo che soffia nel fuoco, e una bella casa che per la fiamma riluce tutta in sieme col viso di quel fanciullo. Fece anco nn lanificio, nel quale con gran prestezza le donne lavorano i pesi loro. Dipinse Tolomeo, che cac cia; e un bellissimo Satiro, con una pelle di pan tera, il quale si chiama Aposcopevonte. Atislotone dipinse Anceo ferito da un porco cinghiale, insieme con Astipale partecipe di quel dolore: e una tavola dove sono Priamo, Elena, la Cre dulit, Ulisse, Deifobo, e l Inganno. Androbio dipinse Sci Ili, che taglia le ancore dell armata de Persiani. Artemone fece Danae, e i corsali clic la guardano per maraviglia, la reina Straonica, Ercole e Deianira. Ma nobilissime pitture

i *47

C. PLINII SECUNDI sue sono quella che si veggono n*1portici y Ot tavia, cio Ercole, il quale adotto della mortali t, per consenso degli dei dal monte Et della Doride sale al cielo ; e la istoria di Laomedeate circa Ercole e Nettuno. Alcimaco dipinse Dioppo, il quale vinse nel pancrazio d Olimpia sema la menoma difficolt ( il che i Greci chiamano aconiti ). Ceno dipinse stemmi di famiglia. Ctesiloco discepolo d' Apelle acquist nome per una sua pittura lasciva che fu un Giove, il quale partorisce Bacco, dipinto con la mitera, e si lamenta come una donna avendo intorno 1 dee per levatrici. Cleone dipinse Admeto. Ctesidemo dipinse la espugnatone di Ecalia, e Lao damia. Cleside per fare ingiaria alla reina Stra ton ica, la quale non s'era degnata di fargli alcun onore, la dipinse abbracciala con un pescatore, di cui si diceva cbe la reina era innamorata ; e questa tavola appicc egli nel porto d ' Efeso, e poi fece vela. La reina non volle e h ' ella fosse altrimenti levata, perch in essa maravigliosa mente era ritratta l ' una e l ' altra figura. Cratino dipinse alcuni commedianti in Atene nel luogo detto Pompeo. Eatichide dipinse una carretta da due cavalli, guidata dalla Vittoria. Eudoro lodato per la scena : fece ancora statae di bronzo. Ippia dipinse Nettuno e la Vittoria. Abrone dipinse l ' Amicizia e la Concordia, e figure di dei. Leon lisco fece Arato vittorioso col trofeo, e una cantatrice. Leone dipinse Saffo. Nicearco dipinse Venere fra le Grazie e i Cupidi ; ed E r cole tristo e pentito della sua pazzia. Nealce di pinse Venere, uomo molto ingegnoso e accorto nell' arte. Perciocch avendo egli dipinto la bat taglia navale degli Egizii e de' Persiani, la qual voleva che si conoscesse fatta nel Nilo, la cui acqua simile a quella del mare, dichiar con segno quel eh' egli non potea con l ' arte. Perciocch'egli dipinse un asino, che beer sulla riva, un crocodilo che stava in agnato. Enia dipinse una radunanza Ateniese detta singenico. Filisco dipinse la bottega d'un pittore, e un fanciullo che soffia nel fuoco. Falerione di pinse Scilla. Simonide dipinse Agataroo, e la M e* moria. Simo dipinse un giovane che riposa, e la bottega d'un purgatore che celebra le Quinquatrie ; e una bellissima Nemesi. Teodoro dipinse uno che si soffia il naso; Oreste che ammazza la madre ed Egisto; e la guerra Tcoiana in pi tavole, la quale in Roasa ne' portici di Filippo ; e Cassandra, la qaale uel tempio della Concordia ; e la Leonzio di Epicuro pensosa ; e il re Demetrio. Teone' dipinse la pazzia dOreste, Tamira

qui pancratio Olympia citra pulveris tactam (quod vocant aconiti) vicit. Coenu, stemmata.

Ctesilochus Apellis discipulas petalanti pictu ra innotuit, Jove Liberum parturieote depicto mitrato, et muliebriter ingemiscente inter obste tricia dearum. Cleon, Admeto : Ctesidemus, Oe chaliae expugualione, et Laodamia: Ciesides, reginae Stratonicea injuria. Nullo enim honore exceptus ab ea, pinxit voluptuantem cum pisca tore, quem reginam amare sermo erat: eamqae tabulam in portu Ephesi proposuit: ipse velis raptus est. Regina tolli vetuit, ulriusque simili tudine mire expresia. Cratinus comoedos Athepis in Pompeo pinxit.

Eutychidis bigam regit Victoria. Eudorus scena spectatur : idem et ex aere signa fecit. Hippias, Neptuno et Victoria. Habron Ami citiam et Concodiam pinxit, et deoram simula cra. Leontiscus, Aratum victorem cum tropaeo: psaltriam. Leon, Sappho. Nicea rebus, Venerem inter Gratias et Cupidines : Herculem tristem insaniae poenitentia. Nealces Venerem, ingenio* sus et solers in arte. Siquidem quum proelium navale Aegyptiorum et Persarum pinxisset, quod in Nilo, cujus aqua est mari similis, factum vole bat intelligi, argumento declaravit, quod arte non poterat. Asellum enim in litore bibentem pinxit, et crocodilum iusidianlem ei.

Oenias, syngenicon. Pbiliscus, officinam pi ctoris, ignem conflaute puero. Pbalerion, Scyl lam. Simonides, Agalharchum, et Mnemosynen. Simus, juvenem requiescentem : officinam fullo nis Quinquatrus celebrantem: idemque Nemesin egregiam. Theodorus vero inungentem : idem ab Oreste matrem et Aegisthum interfici: bellumque Ilia cum pluribus tabulis: quod est Romae in Phi lippi porticibus : et Cassandram, quae est in Con cordiae delubro. Leontium Epicuri cogitantem: Demetrium regem. Theon, Orestis insaniam, Thauiyram citba-

HISTORIARUM MONDI UB. XXXV. jroednm. Taurisom D iK okdw , Clytaemnestram, Paoiioin Polynicen regnum repetentem, et Ca panea. No omiiUlar inter bos insigne eiea p lu a. Namque Erigonus tritor coloram Nealoae picto ris in tantom ipse profecit, at celebrem etiam discipulam reliquerit Pasiam, fratrem Aeginetae fictoris. Illud vero perquam raram ac memoria dignum, eliam suprema opera artificum imperfectasque tabulas, sient Irin Aristidis, Tyndaridas Nicomachi, Medeam Timomachi, et quam dixi* mus Veoe rem Apellis, iu majori admiratione esse, quam perfecta. Qoippe in iis lineamenta reliqua, ipaaeque cogitationes arti6cnm spectan to r: atqne in lenocinio commenda tiooif dolor est: manus quam id agerent, exiinctae deside rantor. Sont etiam amae non ignobiles qoideee, io transcursa tamen dicendi : Aristonides, Anaxae der, ArUtobulos Syrus, Areesilaus Tisicrelis.filius, Corybas Nicomachi discipulus, Carmaoides Euphranoris, Dionysiodorus Colophoniua, Dio genes qui cum Demetrio rege vixit, Eutbyme des, Heraclides Macedo, MyJon Soleus Philomachi statuarii discipulus, Mnesitheus Sicyonius, Mnasitimus Aristonidse filius et discipulus, Nes sus Habronis filius, Polemon Alexandrinus, Theo dorus Samios, et Stadieus, Nicosthenis discipuli ; Xenon, Neoclis discipulus, Sicyonius. Pinxere et mulieres: Timarete Miconis filia, Dianam in tabula, quae Ephesi est, antiquissimae picturae. Irene Cratini pictoris filia et disoipule, puellam quae est Eleusine: Calypso, senem et praestigiatorem Theodorum: Alcisthene, salta torem : Aristarete Nearchi filia, et discipola, Ae sculapium. Lala Cyzicena perpetua virgo, Marci Varronis juventa, Romae et penicillo pinxit, et cestro in ebore, imagines mulierum maxime, et Neapoli anom io grandi tabala: suam qooque imaginem ad speculum. Nec ollius velocior io pictura manus fuit: artis vero taotum, ut multam manipretio antecederetceleberrimoseadem aetate imaginom pictores, Sopolin et Dionysium, quo rum tabulae pinacothecas implent. Pinxit et quae dam Olympias : de qua hoc solum memoratur, discipulum ejus fuisse Antobulom. sonatore di cetera. Taorisco dipinse uno ohe scaglia U disco, Cliteoeestra, Panisco e Polinice che addimanda il regno, e Capaneo. Non da passar fra questi nn bellissimo esem pio. Perciocch Erigono, il quale roacioava i co lori a Nealce pittore, venne s buon maestro, che lasci ancora un illustre discepolo, il quale fu Pausia fratello di Egineta scultore. cosa rara ancora, e degna di essere riferita, che opere ec cellenti, e figure imperfette, come i 1 Iride di * Aristide, i Tiodaridi di Nicomaco, la Medea di Tiroomaco, e la Venere che dicemmo d* Apelle, sono in maggior riputazione cos incompiute, che l1opere perfette. Perciocch in esse si veg gono gli altri lioeameoti, e i pensieri degli arto* fici ; ma nel piacere della lode resta un dolore, il quale & bramare quelle mani, morte mentre elle lavoravano. Sonci ancora altri pittori veramente non oscuri, ina per degni d*essere ricordati cos per transito, come Aristonide, Anassaadro, ArUtobolo Siro, Arcesilao figliuolo di Tisicrate, Coriba discepolo di Nicomaco, Carmanide d'Eufranore, Dionisiodoro da Colofone, Diogene ehe visse col re Demetrio, Eutimede, Eraclide Macedone, Midone Solco discepolo di Filomaco statuario, Mnesiteo Sicionio, Mnasitimo figliuolo e discepolo di Aristonida, Nesso figliuolo d'Abrone, Polemo ne Alessandrino, Teodoro Samio e Stadie di scepoli di Nicostene, e Seuone Sicionio discepolo di Neode. Dipinsero anco lo donne. Timarete figliuola di Micone dipiuse Diana io una tavola, la quale in Efeao, antichissima pittura. Irene figlinola e discepola di Cretino pittore, una fanciulla, la quale in Eleusina. Calipso dipinse on vecchia, e un maestro di bagattelle chiamato Teodoro. Alat atene dipinse un saltatore. Aristarete figliuola e discepola di Nearco dipinse Esculapio. Lab Citi cene, la quale fu vergine per tutto il tempo di sua vita, al tempo che M. Varrone ere giovane dipiuse in Roma col pennello, e col cestro io avorio figure di donne, e un Napoletano in una tavola grande, e si ritrasse anco da s sieasa nello specchio. Non vi fd ninno che avesse mano pi volooe di lei in pittura, ed ebbe Unta atte, che avanzava di gran lunga di Cattura i pi illustri dipintori di quel tempo, Sopoli e Dionisio, le coi tavole riempiono le camere e le mie. Olimpia aacbeUa fece alcune figure: di lei nomsi dice altro, se non che Autoboia fu suo discepolo.
D blla
tuta ad u sta .

D s u c u in o .
X IX E n c a u s t o p i n g e n d i d o o f u is s e a o l i q p i c o n s ta t, c e r a , e t i e b o r e , c e s tr o , id

k ts g e n e r a

XLI. Trovasi che anticamente furono due modi di dipingere a fuoco, cio io cera, e io avo-

C. PLINII SECONDI esi viriculo, donec clutes pingi coepere. Hoe tertiam accessit, reiolutis igni cerii penicillo alendi, qaae pictnra in naribas nec sole, nec Mie, ventisqae corrumpitor. rio, col cesello ovvero botino, insln che ai comi* ciarono a dipingere le navi. Posesi poi in oso on terzo modo di dipingere col pennello, straben do la cera al fuoeo; la qual pittura nella aari non si guasta n per sole, n per sale, n per veaii.
D b llb
testi d im it k

D b t e s t i o h p ic td b a .

XLII. Pingant et restes in Aegypto inter pauca mirabili genere, candida vela postquam ad tri vere illinentes non coloribus, sed colarem sorbentibus medicamentis. Hoc qaam fecere, non adparet in velis : sed in cortinam pigmenti fer ventis mersa, post momentum extrahuntor picta. Mirumque, quum sit onus in cortina colos, ex illo alius atque alius fit in'reste, accipientis 'me dicamenti qualitate mutatus. Nec postea ablui potest : ita cortina non dubie confusura colores, si piclos acciperet, digerit ez uno, pingitque dum coquit. Et adastae vestes firmiores fiunt, qaam si non urerentur.

XLII. Dipiogono anco maravigliosamente le vesti in Egitto, impiastrando le vele bianche, poi che P hanno usate, non eon colori, ma eoa me dicamenti chc suiano il colore. Fatto questo, non pare aneora chele Vele siano dipinte: le bollano nelle caldaie d acqua bollente, e in a tratto le traggono fuori con la pittura impressa vi. Ed maraviglia, che essetido nn color solo nella caldaia, di qoello se ne facciano varii od panno, e che si muti secondo la qualit del me dicamento che lo ricve. Dipoi non si pu tara re, e se questi medesimi colori si mettessero n eh caldaie, si verrebbono a rimescolare insieaK: di uno ne b pi, e gli mette per ordine i e mentre che gli cnoee, dipigae. Anche le vesti ootle di ventano pi ferme, che se non fossero cotte.
J PRIMI INVESTO*! DELLA PLASTICA.

l a s t ic e s p b ia is i h t b n t o b u .

XLUI. ia. De pictura satis superque : con XL11I. ia. Della pittura s* ragionato abba texuisse bis et plasticen conveniat. Ejusdem opere stanza, e forse troppo: ora fia bene a dire alcuna terrae fingere ex argilla similitudines, Dibutades cosa del formar di terra. Dibutade Siciooio storiSicyonius figulus primus invenit Corinthi, filiae gliaio fu il primo che trov questa arte in Corioopera : quae capta amore jurenis, illo abeunte , to, e massimamente per opera della saa figKoolt, peregre, umbram ex facie ejus ad lucernam in la quale essendo innamorata d* an giovane, e vo pariete lineis circumscripsit: qnibas pater ejus lendo egli ire in lontan paese, con la lacerna di impressa argilla typum fecit, et cum ceteris ficti segn l ombra delia sua persona sul maro, e poi libus induratum igni proposuit: eumque serva con linee la termin, nelle quali linee mettendo il tum in Nymphaeo, donec Coriothum Mummius padre suo la terra, ne fece una forma, e poich everteret, tradunt. Sunt qui in Samo primos l'ebbe secca, la mise a cuocere con gli altri vasi; omnium plasticen invenisse Rhoecum et Theo e questa dicooo che fa conservata in Ninfeo, dorum tradant, malto ante Bacchiadas Corintho finch Mummio disfece Corinto. Alcuni dicono pulsos. Demaratum vero ex eadem urbe profu ehe i primi che trovassero il modo di formar li gum, qai in Etruria Tarqaininm Priscam regem terra farono io Samo, ed ebbero nome Poao populi Romani genuit, comitatos fictores Eacbira Reco, e l altro Teodoro, molto prima che i Bao* et Eugrammum : ab iis Italiae traditam plasticen. chiedi fossero cacciati di Corinto. Scrivono an Dibutadis inventum est, rubricam addire, aut cora, cbe insieme con Demarato, il qoale fin o ra-. ex rubra creta fingere. Primusqus parsooas te scito della medesima citt gener in Toscani gularum extremis imbricibus imposuit, quae in Tarqaioio Prisco re di Roma, vennero Eodra ter initia prostypa vocavit. Postea idem ectypa ed Eugrammo scultori di terra, i quali io Italia fecit. Hinc et fastigia templorum orta: propter insegnarono quest' arte. Fu invenzione di Diba hunc plastae appellati. ttile, aggiugnervi il color rosso, ovvero tignate prima la terra con tale colore. Ei fia il primo che pose figure in basso rilievo nell estremit degli embrici, le quali da principio egli chiam pro stipa. Il medesimo fece poi quelle in rilievo, chia mate ettipa. Di qni nacquero i frontoni dei

as

HISTOH1AR0M MONDI UB. XXXV. tempii : da lai ebbero nome di pialle qoei ebe forman di terra.
Q c u PRIMUM BX VAOIB, BT OB SIGBIS, IB A G I* * BXP BMBR T .

Cn*FO

IL PRIMO CBS DA FIGURA D PIVTA A LI BBS BB RILBY L* IMMAGINE.

XLIV. Hominis aolem imaginem gypso e fime ipsa primo* omoiura expressit, ceraque io eam formam gypsi info* emendare instituit Lystftratus Sicyonius, frater Lysippi, de qno diximas. Hicet similitodioem reddere iostitoit : ole eam, qosm pulcherrimas facere slodebanL Idem et de signis effigiem exprimere invenit. Crevit* qoe res io tantum, ut nullasigna, staluaeve, ine argilla fiereot. Qoo adparet aotiqoiorem haoc fuisse scientiam, quam fundendi ttrii.

XLIV. Il primo che form il ritratto col gesso sul volto stesso dell1 uomo, e che fece pi esatta la immagine con la cera infusa in quello stampo, fu Lisistralo Sicionio, fratello di Lisippo, di cui abbiamo ragionalo. Costui cominci a fare simili figure al naturale: innanti a lui studiava no solamente di farle belle quanto si poteva. Costoi fece il medesimo nella scultura, e nel getto, e P arte crebbe poi io modo, che nessuna statua n figura si faceva senza che s' osasse la terra. Onde si vede che questa, scienza fu mollo pi antica che il far di getto.
Ar t e f ic i
eccellerti ir p l a s t ic a .

NoBlLITATBS ARTIFICI)* II PLASTICB.

XLV. Plastae laudatissimi fuere Damt^hilus et Gorgasos, iidemqoe piotores: qui Cereria e* dem Romae ad Circom maximam otroqoe ge nere artis suae excoluerunt, versibos ioscriptis graece, qoibos sigoiflcarunt a dexlra opera Da* kopbili esse, ab laeva Gorgaai. Ante haoc aedem Toscanica omnia io aedibus fuisse, auctor est M. Varro. Ex hao qnom reficeretur, crustas parie* tam excisas tabulis marginatis iodoaas esse : item signa ex fastigiis dispersa.

F ed t et Chaloosthenes eroda opera Athenis, qoi locos ab officioa ejos Ceramico appellator. M. Varro tradit sibi eognitam Romae Posim no mine, a qoo facta poma et oras, item pisces, qoos aspecta discernere a veris vix posses. Idem ma gnificat Arcesilaum, Lodi Loeulli familiarem, ^njus proplasmata ploris veoire solita artifidbos ipsis, quam aliorum opera. Ab hoc factam Veoerem Genetricem in Foro Caesaris, et priusquam absolveretur, festinatione dedicandi positam. De* inde ddeaa a Locollo h - s l x signum Felid tatis locata m, cui mors atriosqoe inviderit. Octavio eqoiti Romano cratera facere volenti, exemplar a gypso factum talento. Landat et Pasitelem, qoi plasticen matrem caelaturae,,et statuariae, scoi ptoraeque dixit: et qunm esset io omoibos bis sammus, nihilumquam fecit, antequam finxit. Praeterea .elaboratam hanc artem Italiae, et ma xime Ktoriae: adeitom a Fregellis, cui locaret Tarquinius Priscos effigiem Jovis in Capitolio dicandam.. Fictilem, eam fuisse, et ideo mioiari solitam : -Solite* io fastigio templi ejns qoadri-

XLV. Nel formar di terra furono eccellentis simi Dantofilo e Gor gaso : questi medesimi forono pittori, e eoo ameodue queste, specie d 'arti ornarono il tempio di Cerere in Roma, il qaale i appresso il Circo massimo, dove apposero alcuni versi Gred, i quali dimostravano che l ' opere di Dantofilo erano da man ritta, e quelle di Gorgaso da man manca. Dinanzi a questo tempio,.siccome scrive M. Varrone, tutte l'opere ne1 tempii.erano Toscane. In qoesto tempio, quando egli si rifaceva, le ioerostatore ddle mura fur900 commesse eoa tavole margioate, e cos le statue poste ne1fron toni. Fece ancora Caleotene opere erode in Atene, in un luogo che per rispetto della sua bottega fa chiamato Ceramico. Scrive M. Varrone, eh* egli conobbe in Roma uno che avea nome Posi, U quale fece uve e pesci tanto naturali, che a fatica si sarebboao conosciuti da' veri. Egli celebra ancora Arcesilao famigliare di L. Lucullo, le coi forme erano comperale pi care dagli artefici, che lopere digli altri Dice che cosini fece Ve nere Genitive nella piazza di Cesare, la quale per fretta fu dedicata prima che fornita. L. Lu cullo poi gli diede a fare per seimila sesterzi! la statua della Felidt, ma l'uno e l'altro mori prima ch'ella fosse fornita. Volendo Ottavio cavalier Romano farsi fare alcune tazze, costui gliene fece un modello di gesso, che gli cost un talento. Loda Pesitele ancora, il quale disse, u che la plastica madre della scultura e dello intaglio, e bench' egli fosse eccellentissimo in tutte queste arti, non fece mai nulla, che prima non formasse di terra. Conchiude Qualmente che quest' arte fu celebrata ia Italia, e massimamente in Toscana,

C. PLINII SECUNDI gas, de quibus saepe diximas. Ab hoc eodem frclam Herculem, qui hodieque materiae nomen in Urbe retinet. Hae enim tcm elBgies deum ovant laudatissimae. Non pcemtetnoa iDoron, qni tales deor coluere. Aerum enim el argentum ne diis quidem couficiebanl. e che Palitele fu fatto venire da Fregelle k Roma, a cui Tarquinio Prisco diede a fare la statua di Giove, la quale i aveva da porre in Capitolio. Questa statua era di terra, e perci si soleva mi niare. Erano anoora di terra nel frontone dd tempio le carrette di quattro cavalli, delle quali pi velte abbiamo ragionato. Costui medesimo fece so Ercole, il quale oggi aneora in Roma ritiene il nome della materie. Perciocch queste figure degli dei erano allora molto lodate. N dobbiamo stimar poco quegli che adoravano si fette immagini; perch Poro e l'argento non si lavorava seppure per gli dei.
D bllb
o m u di tu b a .

Db

p ig lib is

orsaiBDs.

XLVI. Durant etiam nunc plerisque in locis talia simulacra. Fastigia qoidem templorum etiam in Urbe crebra, et municipiis, mira caelatura, et arte aevique firmitate sanctiora auro, cerle innocentiora. In sacris quidem eliam inter has opes hodie, non murrhinis crysUHiis?e, sed fictilibus prolibatur simpuviis. Inenarrabili terrae beni gnitate, si quis singula aestimet: etiam ut omit tantur in frugum, vini, pomorum, herbarum, fralicum, medicamentorum, metallorum generi* bus, beneficia ejus, quae adhuc diximus: vel ad* shtafote satiant figlinarum opera, imbricibus, loliis ad vias excogitatis, ad aquas tubulis, ad balineas mammatis, ad tecta coctilibus laterculis frontatisque : ob qoae Numa rex septimum coi* legioni figulorum insliluU. Quin et defunctos sese mulli fictilibus solii* oon di maluere: sicut U. Varro, pythagoreo modo, io myrti et oleae atqne popoli nigrae foliis. Major quoque pars hominum terrenis utitur vasis. Samia etiamnum in esculentis Undantur. Retinet hanc nobilitatem et Arretium in Italia : et calycnm tahtum, Sur rentum, Asta, Pollentia : in Hispania Saguntum, in Asia Pergamum. Habent et Tralles opera sua, Mutina in Italia: quoniam et sic gentes nobili* tantnr. Haec quoque per maria terrasque ultro citroque portantur, insignibus rotae officinis. Erythris in templo odieqne estendnnturr ampho rae duae propter tenoitatem consecratae, disci puli magislrique certamine, uter tenuiorem hu mum doceret. Cois laus maxima, Adrianis firmi tas : nonnullis circa hoc quoqoe severitatis exem plis. Q. Coponium invenimus ambitu damna tum, quia vini amphoram dedisset dono ei, cui suffragii latio erat. Atque ut luxn quoqoe aliqoa contingat auctoritas figlinis, tripatinum, inquit Fenestella, appellabatur summa coenarum, lauti tia. Una erat rouraenarum, altera luporum, tertia myxonis piscis, inclinatis jam scilicet moribus, ut Unen eos praeferre Graeciae etiam philoso-

XLVI. Durano ancora oggi tali figore in molti luoghi. 1 frontoni de* tempii ancora oggi si veg gono spessi e in Roma, e nelle altre citt, fatti con grande artificio, e da dover durare laogo tempo, pi santi che se d 'oro, o almeno pi in nocenti. Ne' sacrificai aneora non usavano calici di murra n di cristallo, ma di terra ; e veramen te incredibile l ' amorevolexaa della terra, se Ilea i beneficii che da lei riceviamo nelle biade, nel vino, ne' frutti, nell' erbe, negli alberi, nelle medicine e ne' metalli, beoeficii cbe abbiamo gi ricordati, vogliamo ancora contare latte le opere d arte ohe oon essa si fanno, le quali per la loco abbondanza ne saziano, siccome sono tegoli o embrici, anfore da porci vino, doccioni per con durre acqua, vasiper bagni, pietre cotte da fare i tetti e le cornici alle case ; per le quali tutte cose il re Numa ordin il settimo collegio de* stoviglia!. Di pi, molti volsero dopo morte esser sepolti in urne di terra, come M. Varrone, il quale secondo I* usante di Pitagora, volle esser sepolto tra le foglie della mortine, dell* ulivo, e dell1oppio nero. Inoltre, la maggior parte degli uomini usano vasi di terra ; e quei che vengono di Samo, sono molto stimati per le vivande. Areico in Italia mantiene oggi aneora questo vanto, e pei calici solamente Sorrento Asti e Polleusia; e Sa gunto in Ispagna, e Pergamo in Asia. Anche Traili, citt d Asia, ha opere sue, e Modena in Italia, perciocch cos ancora si nobilitano i paesi. Questi vasi sono altres portati di qua e di li per mare e per terra, e ne sono riputa ti ssimi i fab bricati con la ruota. Nella citt d 'E ri tre oggi ancora si mostrano nel tempio due anfore sacrate per la loro Bottiglieri, fette l ' uoa dal maestra, e P altra dal discepolo, gareggiando essi Ir loro chi facesse pi sottile lavoro. Qoegli di Coosono molto lodati, ma quegli dv Adria durano piti. Rfognardo a queste pere si trovano ancora a l cuni esempli di severit. Q. Coponio- fa condaa-

HISTORIARUM MUHDI LIB. XXXV. phis pOMMUM. Siqodem io Aristotelis bevedmn saettane u x patinas venisse traditur. Nam dm qaum unam Aesopi tragoediarum histrionis ia u t a r a avium diceremus sestertiis centum stetisse, neo dubito indignatos legentes. At bereules, ViteUku in principatu suo x b - s condidit patinam, eoi faciendae fornax in campis exaedificata erat : quosism o pervenit luxuria, at etiam fictilia piaris oonsieat, qaam marrhioa. Propter haoe Mneianos altero consulatu sao, in conquisitione, exprobravit patinarum palude* Vitellii memo riae : uon illa fo>odiore, cujas veneno Asprenati reo Cassias Severos aecusator objioiebat interisse cxxx coevi vas. Nobilitantur iis oppida quoqas, t Rhcfiaia, et Cumae. Samia testa Matris deom sacerdotes, qtti Galli vocantur, virilitatem am* putare, neo aliter citra perniciem, M. Caelio credam as: qui linguam sic amputandam objecit gravi probro, tamquam et ipie jam tunc eidem Vitellio malediceret. Quid non excogitavit ars ? fractis etiam testis atendo sic, ut firmius durent tasis oaloa addita, quae voeant sigsiai. Quo ge nere etiam pavimenta excogitavit. nato nella pena ddl pratiche, perch'egli aveu donato un*anfora,da vino, per avere il voto nella domanda d 'u n magistrato. E acciocch quest arte aneora abbia qualche autorit nella pompa, scrive Fenestella, che il convito della pi grsnde magnificenza si chiamava tripatino, cio di tre paline, ehe sono vasi di terra. Una era di murene, 1 altra di |>esci lupi, la tersa di pesce * chiamato missone, perch gi cominciavano a guastarsi i costumi, bench ancora erano tali che si potevano preporre a Greci, e anche a quegli de' filosofi. Perch nell' incanto delle cose d 'Ari stotele fatto dagli eredi saoi, furono vendute set tanta patine. Non ho dubbio alcuno, he avendo io detto nel trattato degli uccelli, come ona pati na d 'Esopo istrione di tragedie era costa cento sesterzii, i lettori n' avrauno preso sdegno. Ma certo che Vitellio nel suo principato fece fare una patina per mille sesterzii ; e per farla bisogn che si facesse una fornace a posta in luogo spazioso, poi cbe la magnificenza tanto cresciuta, che i vasi di terra costioo pi che i murrini. Per questa Muciano nel soo seeondo consolato tra l ' altre sue querele rinfacci a Vitellio le paludi delle patine. N questa memoria punto meno vergognosa di quella, che Cassio Severo, accusando Asprenate, gli appose eh' egli aveva avvelenato cento trenta convitati. Le citt anoora hanno acquistalo ripu tazione per questi vasi, siccome Reggio e Cuma. 1 sacerdoti della dea Cibele, i quali si chiamano Galli, si castrano eon un pezzo di vaso di terra d i Samo, n ci possono fare in altro modo senza pericolo loro, volendo credere a M. Celio, il quale per la sua gran maldiceoza fu obbligato lasciarsi recider la lingua con un pezzo di testo, come se pur egli gi anche allora dicesse male di Vi tellio. Ma cbe non ha peossto Parte ? la quale usa ancora i vasi rotti in queslo modo, e pesti li mescola con calcina, acciocch slieno pi saldi : questi si chia mano signini. Di essi si fanno ancora i pavimenti.
Va&IBT

T iu u m u u m i m Db p u l v x b b r a n o u m . Q u s m U H D M VBBTITDB. XLVII. i 3. Verum et ipsius terrae sunt aMa commenta. Quis enim satis miretur pessimam ejus partem, ideoqae pulverem appellatam in Puteo* lanis collibus, opponi maris Auctibus: mersumque protinus fieri lapidem unum inexpugnabilem au dit, et fortiorem quotidie, utique ei Cumano miscantur caemento I Eadem est terrae natura et in Gyneena regio* ne : sed ibi non pulvis, veram ipsa ta m qualibet magnitudine excisa, et demersa in maro, lapidea ettnlH tur. Hoc idem circa Cassandriam prodant

POZZOLANA.

D1LU TE BEA. DlLU CoICS SI MUTA. 1B

POLVE** P 1BTBA.

XLV11. i 3. Souci ancora, oltra queste, altre specie di terra. Echi non si maraviglerebbe, che la peggior parte d 'essa, e perci chiamata pol vere, nei colli di Pozzuolo, si mettesse per riparo contro l ' onde del mare? la qual polvere subito eh tuffata diventa pietra d 'u n pezzo, che ogni d si fa pi inespugnabile e pi forte, massimamente mescolandosi con calcina di Cuma. Di questa medesima natura la terra nel,paese Citicene : pes quivi non la polvere, ma la terra, e sia puro il pezzo quanto si voglia grande, tuf&ndola nel mare diventa pietra. Dicooo che il

C. PU B I! SECONDI fieri : et in fonte Gnidio dolci, intra oclo m e n n terram lapidescere. Ab Oropo quidem Aulida usque quidquid terree adtingitur mari, maialar ia u n . Non multum a polvere Puteolano distat e Nilo arena lenaissima sui parte, non ad sustinenda maria fluctusque frangendo!, aed ad debel landa corpora palaestrae studiis. Inde certe Patrobio, Neronis principia liberto, advebebatnr. Quin et Leonnato, et Cratero, ae Meleagro Ale xandri Magni docibus aebolam hoe portari cura reliquia militaribus eommerctis raperio. Plora de bao parte non sum dictoras, non bercales magis, quam de terrae asu io ceromatis, qoibasexercen do juventas nostra corpora, vires animorum per didit. medesimo avviene anoora presso a Caaeandiia ; e nel fonte di Gnido, d i dolce,io termine d 'otto mesi la terra divien pietra. Da Orepo fino in Anlide tutte la terra eh' tocca dal mare si arata in saseo. Pooo differente dalla polvere di Possuolo la pi sottil parte della rena del Nilo,:uon per resistere al mare, n per rompere la furia dell1onde, ma per indebolire i corpi negli eserci sti della latta. Di quivi era fatta portare a Roma da Patrobio liberto di Nerone imperatore. E io truovo aocora, che Leonneto, Crateio e Meleagro capitani d Alessandro Magoo facevano portare queata terra eon gli altri loro arnesi da guerra. Non sar molto longo a ragionare di questa ma teria, pi di quello eh1io sono stato a ragionare della utilit della terra ne1ceromali, i qoali sono unguenti, co* quali esercitando i corpi la nostra giovanezza ha perdoie le forse dell' animo.
Db
m u si

Da

n u itiiv i

f o r m a c e i *.

roBMACW.

XLVIII. 14. Quidf ooa et in Africa Hispaoiaqne ex terra parietes, quos appellant formaceos, quoniam in forma circumdatis utrimque duabuf tabulis inferciantur verius, quam instruuntur, aevis durant, iooorrupti imbribus, ventis, ignibos, omnique caemento firmiorea t Spectat etiam nunc' speeulas Hannibalis Hispania, terrenasque turres'jugis montium impositas. Hinc et oespitura natura, castrorum vallis adcommodata, contra flaminum impetus aggeribus, lilini quidem crates parietum luto, et lateribus crudis exstrui, quis ignorat ?

XLV111.14. In Africa e in Ispagna fanno muri di terra, i quali chiamano formacei, perch, come fan nelle forme, mettf odo una tavola in ambedue le facce, e nel mezio calcando la terra, cosi filiti muri durano luoghissimo tempo eontra le piogge, i venti e i fuochi, pi forte che non sono quegli che soa fatti di pietre e di calcina. Sono oggi aocora io Ispagna le torri e le velette fatte di terra da Annibaie sulle cime de' monti. Di qui viene, che con cespugli, cio terra con le sue erbe, co modamente si faooo argioi per gli alloggiamenti de' soldati, e per li fiomi. E chi non sa, ebe si Canno pareli di graticci e terra, e di mattoni crudi ?
D ei
m u r i m a t t o r a t i.

Da

LATERITIIS, * T DB LATBBDX BATIOBB.

D b'

m a t t m i.

XL1X. Lateres non sunt e sabuloso, neque arenoso, multoqae minos calcoloso docendi solo, sed e cretoso et albicante, aat ex rubrica : vel si jam ex sabuloso, e masculo certe. Finguntor optime vere: nam aolstitio rimosi fiuot. Aedificiis non nisi bimos probant. Qoio et iotritam ipsam eoram, prius qaam fingantur, macerari oportet. Genera eorum tria : didoron,quo utimur, longum aesquipede, latam pede : alterum tetradoron, ter tiam pentadoron. Graeci enim antiqui doron palmam vocabant, et ideo dora macera, quia manu darentur. Ergo a quatuor et quioque pal mis, prout sunt, nominantur. Eadem est latitudo. Minore in privatis operibus, majore io publicis utuntur in Graecia. Pitanae in Asia, et in Ulte riore Hispania, civitatibus Maxilua et Callento, fiunt lateres, qui siccati non merguntor io aqaa. Sont eoim e terra pamicosa, quum subigi potest, utilissima. Graeci* praeterquam ubi e ailioe fieri

XL1X. 1 mattoni oon si fanno di terra areno sa, e molto meno sassosa, ma di terra cretosa e bianca, o rossa ; e se pare si faooo di aabbiooe, si toglie il maschio. Faonosi buonissimi nella pri mavera, perciocch di meste state Canno le crepa ture. Per gli edificii non son baoni ae non di due anni. Di pi necessario che la pasta d ' essi, in nanzi che si facciano, si maceri. Essi sono di tre sorti, il didoro, il quale osiamo, lungo nn messo piede, e largo uno ; il secondo il tetradoro, il terzo il pentadoro. Perciocch gli antichi Greci chiamavano il palmo doro, e per questo chiama vano i doni dora, perch si danno con le saani. Pigliano dunque il nome da quattro, o cinque palmi, secondo eh' essi sono. Qaello medesimo la larghezza. 1 minore a' usa negli edificii privati, 1 e il maggiore ne* pubblici in Grecia. In c ita n e citt dell Asia, e in Massina e.CaUento. citt ideila Spagna Uteriore si fanno mattoni, i quali qnando

i Si

HISTORU&OM MONDI Lift. XXXV.

1963

poterai struetur, pariete* lateritios praetulere. Sani u eterni, ti d perpendiculum flait. D eo et poblica opara et ragia* domos strazer : a< murum'Athenis, qui ad montem Hymettum spe ctat : Patris, aedes Jovis et Herculis, quamvis lapideascolumnas et epistylia circumdarent: do mum Trallibus regiam Attali: item Sardibus Croesi, qoam gerusian fecere: Halicarnassi, Mau soli : qaae etiam none doraot. Lacedaemone qoidem ezeisam lateritiis parietibus opus tectorium, propter excellentiam picturae, ligneis formis indosam , Romam deportavere in aediNtate, ad Comitinm-exornaodum, Maraenaet Varro.Qoum opus perse mirum esset, translatam tamen magis mirabantur. In Italia qooque lateritios murus Arretii el Mevaniae est. Romae non fiunt talia aedifieia, qaia sesquipedalis paries noo pios qttam unam contignationem tolerat. Cautomque est, ne communis crassior 6t, neo iatergerivorum ratio patitur.

sono secchi stanno a galla nelP aequa. Perciocch essi s o d o di terra, eh* eeme- pomice, la qaale quando si pu impastare, utilissima. 1 Greci dove non si possono fare muri di selce, gli fanno volentieri di mattone, perch sono perpetui, se si fanno a corda, e per questo si mettono negli edificii pubbliei, e ne1 palagi reali. Cosi fu fiatta la muraglia in Atene, la quale guarda verso il monte Imetto ; e lo Patrasso il tempio di Giove e d'rcole, bench circondino le colonne e i ca pitelli di pietra j e in Traili il patagio reale del re Attalo, e quello di Creso in Sardi, il quale fu fatto per la rauaanza de1senatori ; e il palasso di Mausolo in Alicarnasso ; i qutfli edificii sono ancora oggi in piedi, la Leeedemoae tagliarono lo iatonacato delle mura fatte di mattoni per le pittare eccellenti, e poserlo in qaadri di legno, e portaronlo a Roma Morena e Varrone, essendo edili, per ornare il Comizio. La quale opera es sendo per s maravigliosa, nondimeno per essere trasportata quivi, tra di molto maggior maravi glia. In Italia ancora le mura d Areszo e di Mevagna sono di mattoni. In Roma non si fanno tali edificii, perciocch on muro largo un piede e messo non comporta pi d m paleo. Ed or* diaato per legge, che quei che sono a cornane non si facciano pi grossi ; n la natura da' mori di mezzo lo comporta.
D e l l o z o l f o , a d e l l e so e

Da sowatrma,

b t g e b e C is o s

am :

m b d ic ib a e

xvn.

stscm: MSDim 17.

L. i 5. Haec sint dieta de lateribus. In terrae aatem reliquis generibus vel maxime mira natura est sulphuris, quo plurima domsntur. Nascitor in insulis Aeoliis inter Siciliam et Italiam, quas ardere diximus. Sed nobilissimam in Melo insala. In Italia quoque invenitor, ia Neapolitano Cam* paooqae agro, collibus qui vocantor Leueogael. Ibi e caniculis effossum, perficitur igoi. Genefa qoatoor: vivum, quod Graeci apyroa vocant, nascitur solidum, hoc est, gleba : quo solum ex omnibus generibus medici utuntur : cetera enim liquore constant, et conficiantur oleo incocti. Vivam effoditor, translucetqae, et viret. Allerutu genas'appellant glebam, fnllonom tantum oflMnis familiare. Tertio quoque generi unus tantum est usas ad snffieadas lauas, quoniam candorem tantam mollitiemqae eonfert. Egola voeatur hoc genas. Qaarto aatem ad ellychnia maxima con ficienda. Cetero tanta vis est, ut morbos comitia les deprehendat nidore, impositam igni. Losit et Anaxilaus eo, candens ia calyce vini prunaque subdita circumferens, exafdescutls repeitdtsu pallorem dirum velul defunctorum difendente conviviis. Natura ejus clfadt, eiteoqail : sted et disoutil ooUactiooes corporata t ob hoc fgHbos

L. i5. Basti avr dello sin qoi la* mattoni. Fra le altre specie di terra molto maravigliosa la natura dello zolfo, cotonale molta cose si doma no. Egli nasoe nell1isole Eolie, fra la Italia e la Sicilia, le quali io dissi ehe abbruciano. Ma 1 eo* * eelleotissimo nasce nell* isola di Malo. Trovasi ancora in Italia nel territorio di.Napoli, e di Ca po va, ne' colli chiamati Leucogei : e* si trae delle aave, e poi s1acconcia col fuoeo. Esso di quattro sorli ; vivo* che i Greci chiamaoo apiro : questo nasce sodo e in zolle. 1 medici usano questa spe cie sola, perciocch gli altri solfi aooo di licore, e (annosi cuocendogli con olio. Lo zolfo rivo si cava, e riluce, e verdeggia. La aecooda specie si chiama gleba, cio solla, e susa solo nelle botta* gbe de* purgatori. L terza specie anoora s ' usa solamente a inzolfar la lane, perch ft bianco e mrbido : qoeslo si chiama egula. U quarto priadpslmente s* adopera a far lumi, e per altro di tanta forza, che posto sul fooco, eon 1 odor aso * fa conoscere il mal cadaeo. Schers pare Ausaitao eoo questo zolfo: lo miao in vaso di terra nuovo, e di sotto posa la brada, acdocch a* in focasse, e dipoi andando d* intorno a coloro ohe era00 Mila sala, foce he tattip aro an o cheavae-

c pumi s i d H . fCQM
p lu lri malag<natiaqu6 miscetor. Renibns qo> q u et lumbis ia dolore eua adipe* mire prodest irapoiitum. Aufert et lichenas a facie cum tere binthi resina, et lepras. Harpacticon vocatur a celeritate avellendi : avelli eoim subinde debet. Prodest et suspiriosis linctum. Purulenta quoque extussientibus : et contra scorpionum ictus. Tki* ligines vivum nitro mixtum* atque ez aceto tritum et illitum tollit: item lendes in palpebris, aceto sandaraca to admixto. Habet et in religiooibus locum, ad expiandas suffitu domos. Sentitur vis ejus et in aquis ferventibus. Neque alia res facilius accenditur: quo adparet ignium via magnam etiam ei iness* Fulmina el fulgura quoque sul phuris odorem babenl : ac lux ipsa eorum sul phurea est.

ere cule di Mnvti. Le sua natura <da riscal dare di aioaeetre, e di disfate le rencnlte dai corpi | perci si mette in teli empiastri emedicine Giorni mirabilmente aneor*, postovi sopra con aqgnaval dolore delinoi e de' lom bi Insie me con trementina leva le volatiche del rise, eia labbra. Chiamasi arpattieo dalia presteuu con cbe si svelle, perch di continuo si debbe levare. Giova ancora, ngnendone, a1sospirosi, e quelli che tossendo sputano maroie, e contra i moni degli scorpioni. Lo solfo vivo mesoolato col nitro, e pesto eeo lo aceto, e impiastrato, manda via le volatiche : e mescolato cou aceto acconcio eoa la sandaraca, caccia le lendini delle palpebre. Ha luogo ancora ne' riti sacri, a purgar le case eoi suo profumo. La forma sua si sanie anco nalk acque bollenti. Non c' altra cosa che pi facil m e n t e * accenda ; onde si vede eh' egli ha in s gran forza di fuoco. I fulmini e i folgori pari mente hanno odore di solfo ; e la luce loro pure di zolfo. Dai. BITOMB,
B DBLLB SUB SFKCIE : Ma n i c i n i 3 7 .

D* iiT o in i,

bt

o n iu iu uoa :

s u d i g m a b x &v i i .

LI. Et bituminis vicina est natura, alibi liaaus, alibi terra : limus e Judaeae lacu, ut diximus, aaergens : tenra in Syria circa Sidonem oppidum maritimum. Spissantur haec utraque, et in den sitatem coeunt. Est vero liquidum bitumen, siout Zacynthium, et quod a Babylone invehitur. Ibi quidem et candidum gignitur. Liquidum est et Apolloniaticum : quae omnia Graeci pisiaspballon appellant, ex argumento pieis et bituminis. Gi gnitur eliam pingue, liquorisque oleacei, in Sici lia Agragentino fonte inficiens rivum. Incolae id arundinum paniculis oolligunt, citissime sic adhaerescens. Utuntur eo ad luoernarum lumina olei vice t item ad scabiem jumentorum. Sunt qui et naphtham, de qua in secondo diximus volumine, bituminis generi adscribant. Veram ardens ejus vis i guram naturae cognate, procul ab omni usu abest. Bituminis probatio, nt quam maxime splen deat, sitque ponderosum ae grave : laeve autem modice, quoniam adulteratur pice. Vis quae sul phuris: sistit; discutit, cotttrahit, glutinat. Ser pentes nidore fugat accensum. Ad suffusiones oeolernm et albugines Babylonium efficax tra ditur ; item ad lepras, lichenas, pruril usque cor porum. Illinitur et podagris. Omnia aulem ejus genera incommodos oculorum pilos replicant. Dentium doloribus medentur simul cum nitro illita. Tussim veterem et anbditus eum vino po tum emendat. Dysentericis etiam datur eodem nodo, sistitque alvum. Com aceto nero potam

LI. La natura del bitume vicina a quella dello zolfo, perch in un luogo belletta, in un altro terra. La belletta , come abbiamo detto, del lago di Giudea ; la terra in Soria appresso Sidone citt marittima. Amendue queste cose si rassodano. V' per bitume liquido, come quello del Zaote, e quello che viene di Babilonia. Quivi nasce altres bianco. L 'Apoljoniatico liquido aoch'esso; e tulli questi i Greci Ji chiamano pissasallon, dal miscuglio della pece e del bitu me, Nasce ancora grasso, e di licore d 'olio iu Sicilia, dal fonie Agragantino, e ue infetta il rivo. 1 paesani lo raccolgono con le pannocchie delle canne, perch subito s' appicca ad esse, e i,M"ln per le lucerne, e per ungere la rogoa delle bestie. Alcuni vogliono che la nafta, di coi abbiamo ragionato uel secondo libro, sia specie di bitume; ma la sua virt ardente, e simile alla natara del fuoco, non si pu adoperare in cosa alcuna. La prova del bitume cbe riluca molto, e aia pesante e grave, o cbe pesi assai poco, perch si falsifica con la pece. La virt del bilame quella medesima che del zolfo, perch ristagna, risolve, lira, e salda. Quando egli arde caccia col suo odore le serpi. Dicesi che quello di Babilonia ulile alle albugini e umori degli occhi, alla leb bra, alle volatiche, e al pizzicore de corpi. Goa esso ancora s 'ungono le gotte. Tulle le sue spe cie rivolgono gl'incomodi peli degli occhi, e mescolate col nitro levano il dolore de' denti. Bevuto col vino guarisce la tosse vecchie, e l'am bmeia. P w DQora. al male de* pondi in q uel

HlSTOMAMUM MONDI U B. XXXV. 4euUt ocoareUnn m h i Ib i et dsfabfc. Nili ( a t Iamborum* doiocee, i i w artiodlorom. Caaf fepaa bordranea impostano* empte truas pteaa liMe fedt iu ^aoomomc aeogniaem asttC Vufaera ollig*. Glulinatnervas Utuntur etiaoa ad qua*. tna*bitumini drachma, et hedyosmi pari pon dero cum m yrrbai obolo subaoti. Comitiales morbo mtum deprehendit. Valtarum stsangnla tione* olfectem dcasi! cu vioo et castoreot Procidentia tedia auffitn reprimi*. Purgatioaea feminarum in vino pullum elicit. iu reliquo asu i irMi i atii iUinitar, firmatque et M ra ignei. Diximus et lingi solitaseli eo statuas, et illini. Cateisqnoque usane praebuit, ite ferruminatis M jlo n i morie. Placet et ferrarne febrorum f#Q:,tiftgttiiio ferro, clavramque copitiboe, et mialtie kliia ueibof. r i w imo modo, e rietagna il oorpo. Ma ooft apeto dissolve il ssugoe rapprese, e avalb fuori. Mitiga i dolori de' lombi, o della gianiwv. Mettendolo cun farina d 'orso, fa empiastro spftnaie, nominato da lai. Ristagna il aaogae, risalde le ferito, rappiota i nervi. Usasi anoora alla quar tana a n a dramma di bitume e una di ediobmo impastate con nn obolo di mirra. Abbruciandoli dsscuopre i4 mal caduco. Fiatandolo col vinone col ostoreo dissolve la soffoeazionn della masrfce* Col profumo & ritornare dentro le cose oh*cac* no del fondamento. Bevuto col vino provoca i meuatrui delle donne. I n Uro uso a*impiastra ai vasi di .rame, e gli fortifica fcentra il ftioeo. > Afcl hiamo detto ancora, come le statoe si rotavano tingete impiastrarcon esso. Osasi ancora i* luogo di oaleina, e oon C aso ai' fecero le mura d* Babilonia. Adoperasi nelle fonino de febbri por tigner il ferro, e i capi de1biodi, e per molti altri bisogni.
D a l l ' alluuc, x i u u s u a s v e c is : i n u i n 3$.

DnAuM itt, N O n n i s n

uoo

: s h d ic ir ik

x x x ix .

LH. Meo minor, aat ab eo dissimili! eet lo* minia pera, qaod iotelligitar salsugo terrae. Piar* et ejna genera. In Cypro candidum, et nigrora, exigna cdJoris differentia, qaam aat asns magna: qnoniam infidendis dar colore lenis, coftdidum ftiqnidnmqae atUiaaimnm est : conlraque fosds aat obscuri*, nigram. EV#uram nigro pargalr. Fit aatem orane ex aqaa limoqae, hoc eet, terrae texsndantis natura. Corrivatam Meme, ueslfcvis tolibus matovatur. Qaod fuerit ex eo praeoax, candidius fit. Gignitar antem n Hispa nia, Aegypto, Armenia, Macedonia, Ponto, Afri ca t insulis Sardinia, Melo, Lipara, Strongyfe. Laudatissimam in Aegypto, proximam m Melo* Hafas qaoqae duae species, liquidam, epissamqae. U y i J i probatio, t ait limpidum, laeteuesque, sine Sm iii fricantium, cam quodam igoiculo caloria. Hoc phormioa vocant. An it adultera*' tuan, deprehenditur succo ponici mali. Sincerum enim mixtura ea nigveseU. Alteram genas est pallidi et scabri, et qaod infieiatnr galla, ldeoqae hoo vocant perepboroo. Vie liquidi aluminis adetriogere, indurare, rodere. Melle admixto saoat oris ulcera, papalas, pruritosque. Haee cu ratio fit io balineie doabus mellis partibus, tertia aluminis. Viro* alarnm sodoresque sedat. Sumi tur pilatis contra lienis vitia, pellendnmqve per rinaaa aaoguinem. Emendat et aeabiem nitro ac melanthio admixtis.

Concreti alaminia u u a r a genas schiston sppel-

Lll. Non ponto minore o differente da esa l ' opera dell1allume, il quale la sakaggine Mi* terse. Aoeh egli di pia sorti, la Cipri bianco o nero con poca di Aereola di colore, d di grande utilit, perch a tingere lo lene di oolor chiaro il bianco e liquido utilissimo, e all in contro il nero utile alle fosche e oscure. Loro anoora si purga col nero. Ogni allume si fa di aoqna o di belletta, do di aattira di terra * soda, e qne'lo eh' tannato il vetmo, si metora al ole la state. Quello ehe di. esso viene primqtto eia, diventa pi A bianco. Naeee in ispagna, in Egitto, in Armenia, io Macedonia, in Ponto, in Africa, nell* isole di Sardigoo, di Melo, di Lipari e di Stronfile. Naeee eccellentisaiipo in Egitto, e dipoi in Aldo. Questo ancora di dae peeie, eta liquido e spesso. La praova del liquido eh* egli sia chiaro e lattato, e senea offesa quando ei stropiccia, con certo ardore di caldo. Questo si chiama 'forine*. S'egK falsificato, o no, si otro sce eoi sago delle melegraue, perch il sfocer oom quella mistura diventa nero. Ce n onaltra spe cie d natura pallida e ruvida, e il quale si tigne oon galla; e per d lo chiamano parafar?. L'allume liquido ha fona di ristaJgncre, d 'indorare d i rodere. Mescolato col melo goariaeo le crepature della bocca, le stianze e il pizzicore. Questa me dicina si fa ne' bagni con dae parti di mele e una terza di allume. Mitigo il lezzo di sotto le braccia, e i sadori. Pigliasi in pillole conira il male della milza, e a cacciare il sangue per l oriua. Mesco lato col nitro e col raelanlio guarisce la rogoa. 1 Greci chiamano schisto una pede dallume

C. PLINII SECONDI lant Graeci, io capillamenta quaedam c io a c n tia dehiscens. Uode qtidam Irichitin potius appella* T e r e . Hoc iit e lapide, ex quo et chalcitin vocant : ut it udor quidam ejus lapidis in s p u m a m coa gulatus. Hoc genus aluminis minas sistit hamorem inutilem corporis. Sed aaribus magnopere p r o dest infusam* vel illitam, vel oris ulceribus, deolibusque, si saliva cum eo contineatur. Et oculoram medicamentis inseritur apte, verendisqoe utriusque sexus. Coquitur in patinis , donec desinai. inertioris est alterum generis, quod strougylen vocant. Duae ejus species, fungosum atque omni hamore dilui facile : quod in totum damna tur. Melius pumicosam, et foraminum fistulis spongiae simile , rotundumque natura, candido propius : cum qaadam pinguitudine, sine arenis, friabile, nec inficiens nigritia. Hoc coquitor per se carbonibus puris, donec cinis fiat. Optimum ex omnibus quod melinum yocant ab insula Melo, ut diximus. Nulli vis mejor neque adslringendi, neque denigrandi, neque indurandi. Nul lam spissius. Oculorum scabritias extenuat: oombostom utilius epiphoris inhibendis. Sic et ad proritas corporis. Sangninem quoqoe sistit in totam, foris illitum. Valsis pilis ex aceto illitam, renasceatera mollit lanugioem. sodo, il qualeapreadosi viene a Aire certa capella ture canate. Onda alerai piuttosto lo chiamarono triehite. Qaesto si fa di pietra, dalla qaale alcad lo chiamano atoite, come si fesse an certo sudore di quella pietra rappresa in modo di schiana. Questa specie d* allume ristagna meno rumore inalile a corpi. Bla infuso, o impiastrato, giova molto agli orecchilo alle crepature della bocca e a1denti, se con esso si ritiene la sciliva. Mettesi aneora comodamente nelle medicine degli oechi, e alle part vergognose deU* ano e l ' altro sesso. Cuocesi in legame, finch'egii rissane di liquidirsi. L altro genere pi pigro : si chiama stron file. Due sono le sue specie, il fungoso, eh* facile a diafani per ogni amore ; e questo si biasima affitto. Quello eh come pomice, migliore : ne1fori suoi i simile alla spugna, tondo per na tura, e pi prossimo al bianco: ha ona certa grassezza, senza arena, facile a stritolarsi, e non macchia di nero. Queslo si cuoce per s eon car boni puri, finch si faccia cenere. Il migliora di tutti qaello ohe si chiama melino, dall* isola di Melo, come dicemmo. Nessuno altro ha maggior forza di ristrignere, e di far aero, n d'indurare. Nessuno p ii spesso. Rassottiglia le ruvidezze degli occhi. Abbrucialo giova a fermare le lagrimaxioai degli occhi, e cos a* pizzicori. Ferma aacora il sangue, impiastralo di fuori. Impiastralo con Taceto, svelti che sono i peli,' mollifica la cali gine che rinasce. Ogoi specie ha principalmente fo n a di ristri gnere: di qua i Greci hanno lor posto il nome. Per questo sono utilissimi a'mali degli occhLCon sogna ferma il flusso del sangue, e com le crepature dei fanciulli. Con sogna raffrena anco le rotture patri* de, dissecca gli umori de'rilruopichue con sago di melagrana i difetti degli orecchi, e le ruvidease delle ogua, e la durezza delle rammargioalure, e le pellicole che si sfogliano intorno all1ugna dalle dita, e i pedignoni. Con galla abbruciata al me desimo peso, o con acelo, guarisce le piaghe infistolite. Con sugo di cavoli guarisce la lebbra ; e con due parli di sale, i mali che impigliano. Mescolalo con 1 acqua leva i lendini, e altri mali de* capegli. Cosi ancora giova agl' incotti, e allo forfore de' corpi con siere, e eoo pece. Infondcai al male de' pondi. Reprime 1 ugola nella bocca, ' e le seuici. A tutte le cose che abbiamo dette nell'altre specie, il migliore quello che vien portato da Melo. Perciocch per gli altri bisogni dell' umana vita si detto di quanto gran mo mento e' sia nell' acconciare i cuoi la lane.

Somma omnium generum visio adstringendo: imde nomen Graecis. Ob id oculoram viliis aptissima suat. Sanguinis fluxiones inbibet eum adipe. Sio et infantium ulcera. Putrescentia ulce rum compescit cum adipe, et hydropicorum eru ptiones siccat. Et aurium T itia cum succo panici mali : et unguium scebritias, cicatricumque du ritias, et pterygia, ac perniones. Phagedaenas ulcerum ex aceto, aut cum galla, pari pondere cremata: lepras cum succo olerum: com salis vero duabus par libas, vitia quae serpunt t lendes et alia capillorum animalia, permixtum aquae. Sic et ambustis prodest, et furfuribus corporum cum sero et pice. Infunditur et dyenterici*.Uvam quoque in ore comprimit, ac tonsillas. Ad omnia, quae in celeris geueribus diximus, efficacius intelligitur e* Melo advectum. Nara ad reliquos usus vilae i o coriis lanisque perficiendis, quanti sil moynenti significatum est.

69

HISTORIARUM MONDI LIB. XXXV.

O m u SttutjnnawAB b x u , ut.
LIII. 16. Ab his paene omnia d medteinss pertinentia terrae genera tractabimus. Samiae duae soni, qoae collyrium, et qaae aster appel lantur. Prioria lana, nt recena sit et lenissima, linguaeque glutinosa. Altera glebosior, candida. Utra que uritor, ao Im io r. Sunt qui praefcranl priora. P n m a t sanguinem exspuentibus. Emplaatrisque qaae siccandi causa componuntur, oculoram quoque medicamentis miscentor.

D il l a t b b b a S am ia : m b d ic ib e

3.

LUI. 16. Di qui innanti tratteremo di tutte le specte della terra, che per s appartengono alle medicine. Due seno le terre Samie{ Tona si chiama collirio, e l'altra aster. La lode della pri ma , eh1lla aia fresca e morbida, e appicchili alla lingua, l altra pi piena di oll, e bianca. Lnoa e l*altra s abbrucia, e si la T a . Atanni stimano pi la prima. Giovano a coloro che sputano ungue. Mettonsi negli empiastri, i quali si fanno per riseccare, e ancora nelle medicine degli occhi.
S pb c ib dblla t b b b a E b b t b ia .

E U T U A B T S U M M R I1 1 .

LIV. Eretria totidem differentias habet. Nam que et alba est, et cinerea, qnae praefertur in medecioa. Probatur mollitie : et quod n aere perducatur, violaceum reddit colorem. Vis et ratio ejus in medendo dicta est inter pigmenta.

LI V. La Eretria ha altrettante differenze. Per ciocch c la bianca, e la cenerognola, la quale pi utile in medicina. La pruova sua , ch'ella sia morbida, e se si distende sul rame, pigli colore di Tiola. Della virt e qualit sua nel medicare abbiamo ragionato nel trattato de1colori.
D b l l a t b b b a chb si lava pb b * ab m e d ic i b b .

D b t b b x a a d m b d ic ira s l a v a n d a .

LV. Lavator omnis terra ( in hoc enim loco dicemus) perfusa aqua siccataque solibus, iterum ex aqna trita ac reposita, donec considat, et di geri possit in pastillos. Coquitur in calycibus crebro concussis.
D b C h ia t b b b a : m e d ic i * a b b x b a , u t ; d b S b likc I U ; MBDICISAB XX BA, U t } DB P1HGITIDB : MBDIOKAB BX BA, BX BA, IT . { DB BMPBLITIDB : MEDICIR AB

LV. Ogni terra si lava (ormai diciamolo) : a ci bagnasi con l ' acqua, e seccasi al sole ; dipoi di nuovo si macina con 1 acqua, e riponsi insin * cbe si posi al fondo, e possa ridursi in pastelli. Cuocesi ne'eatiei, e speso si vaglia e commuove.
D b l l a t b b b a O r a : m b d ic . u s i a : m bdic.

3.

D b l l a t b b b a Sb l i-

3.

D b b la p b k x tb : m bdic. 9 .

D b l l 1 A m fb litb : n b w c . 4-

LVI. Est in meditaminibus et Chi terra Candicans, effectus ejusdem, qui Samiae. Usus ad mulierum maxime cutem. Idem et Setinusiae. Lactei coloris est haec, et aqoa dilui celerrima. Eademque lact diluta, et tectorirom albaria interpolantur. Pnigitia Eretriae "simillima est, grandioribus tantum glebis, et glutinosa : cui eflfectus idem qui dmoliae, Infirmior tamen. Bi tumini simillima est ampelitis. Experimentum ejus, ai cerae modo accepto oleo liqnescat, et si nigricans colos ibaneat tortae. Usus ad mollien dum discatiendumque. Ad haec medicamentis additur, praeeipueque in calliblepharis, et infi ciendae apiMis.

LV1. incora in medicina la terra Chfa, 1 quale biancheggia, ed ba la medesima virt che la Samia. Usasi soprattutto alla pelle delle donne. Il medesimo effetto fa la terra Selinusia. Questa di colore di latte, e facilmente si stempera con lacqua. La medesima,stemperata con latte, varia il bianco degl*intonacati. La terra pnigite molto simile alla Eretria ; solamente ha zolle maggiori, ed appiccaticela. Questa fa il medesimo effetto che la ciraolia, ma per pi debole. L ampelite somiglia grandemente al .bitume. 1* proova di essa , se illiquidisce, avendo inzuppato olio, a modo di cera, e se essendo arsa vi rimane colore che nereggia. La virt eoa di mollificare et dis solvere. Oltra di ci'si mette ne medicamenti, e massime nelle medicine dia occhi, e in quelli to giovano a tigner i capelli.

Q.

rum i SECUNDI
D e lla . cbm -a r a a v s o w b llb M tf. D n u cutol i a : m b d ic . 9. D b l l a S a b d a : d b l l a U hsb ica : d b l sasso .

CsBTA AD TBSTMM VtVK CtNOUA : U a K llU B BX b a , iz. S a b d a ; Umbbica; s a x u m .

LV1I. 17. Cretae plartgeM ii. Ex iiittaM lnt d u d aedioai pertineat, caedi dam, t d puiS patita*** inclinans. Via utrique d discutiendos ta n o rii, et sistendas fluxiones aceto adsumpto. PaiM quaque et parotida cohibet : t lichcnas illita* pnsalaaqoe. Si vero aphrooitram et cyprua adjiciatur et aoelum, at pedam tamorea saasl : ita kilt ole cofatio haea fiat, et post aex boraa aqoa aalsa abluatur. Testium tumoribus cypro et cera addita prodest. Et refrigerandi quoque natura cretae eat : audoreaque immodicoa sistit illita. Atque ita papnlaa cohibet ex vino adatmpia in halineia. U adalat maxime Theaaalica. ttescUur et in Lycia circa Bubooem. Eat et alia imoliae usus ia vesiibaa. Nam Sarda, quae adferkir Sardinia, andidia tantam adaumitur, inu tilia veraieeloribu : el eat vilissima omnium cimoliae generum : pretiosior Umbrica, et quam vocant saxnm. Propriet! aaxi, qaod creacit ia maeeraado: pondere emitur; illa meoaara. Uraferica ooa nisi poliendis vestibus adsarnitur. tyeqae eaim pigebit hanc qaoqae partem adtinf tr e , qaam lex Metilia exstet fullonibus diota* qoamC. Flaminius, L. Aemilius cfoaores dfdcfe ad/pepwlum ferendam. Adeo omaia majoribus carae fuere. Ergo ordo hic est. Primum abluitur Mtia Sarda, dein aolphaee auffitar 1moadeaqjun mata* cimolia, quae eat colori, vari. Ftioatus enim deprehenditur, oi^reicitqua, t funditur sulphure. Veros autem et pretiosos colores emol lit cimolia, et quodam oilore exhilarat contrista tas Aptare* Candidis vestibus saxum utiKqs a aplpifre, inimicum coloribus. Graecia pro qimolia tjm phak* alitur gypso.

LV11. 17. Pi srti sono>di <meta | e fra questo due detta cimolia, le quali appartengono a* me dici, l ana biana, e l altra cba panda io porpa* rina. La virt di aasendua di risolver gli en fiati, e mescolata cau aatto di riatrignere i f lv u i Guarisce anaara le pannocchia, la poetarne dio* tro agli orecchi. Impiastrata guarisce 1 volatiche^ # le bolla e le puslule. Ma giugnendovi afronitro, e cipro e aceto, guariace gli enfiati de1piedi ; pe r questa cara si dee fare al sole* c dopo aei ore lavarla via con acqua salsa. Giova ancora agli enfiati da' testicoli, aggiugneodovi oipro a aera. La creta anco ha virt d riofreacara, a iaapieatrate ferma i.pj copiosi sudori. Pigliandola eoi vino ne* bagni, leva vja le slianae. Lodasi molto quella di Tessaglia. Nasce in Licia anfora appesasi a Babone. La cimolia ancora l usa a* paoni. Per ciocch la Sarda, che viene di Sardigna, s ' usa solo a' panni bianchi, ed inutile, a qoeUi di pi colori ; m viliaaima fra tutte le specie di cimo* lia. L'Umbri** pi stimata* e quella che si chiama sasso. La propriet del a*a*o> * che cresca stando in macero : questa si ventre a peso, e quella a misura. La Umbria} non a1adopera se noa a purgare i panni. N mi aar grave toccareaaooca questa parte, perch c1 la legge Metilia, detta de' purgatori, la qaale C. Flaminio e L..Ea*ilki censori volsero che foe sanzionata dal popolo. Tanta cura ebh*rq gli antichi ancora d i agai mi nima cosa. L 'ordine dunque questo* Prium il panno si mette nella Sarda ; poi a inzolfo ; poi si squame eqn la cimosa ohe sia. di vero colore; perch e ne truova anco <UUa falsifica U ; ma questa ai conosce, e diventa, nera e con la selfo si parge. La qimolia addolcia^ i colori veci e p r e s s i ; e quelli che lp zolfo ha felli smorti, essa con, ua cecU^plendai? (fi rischiala A'penai biacchi bene, dopo h fjolfidare il sansa: qp*s u nimico a' cqWc. LaGcecia in ojcafeio defe cimolia osa il gesjw tinfco.,
D u x a <^XA,faqBBi;Aai4 * Gna q ai* . si esc***
a * * o 1 u * E * x i B o w x ia w a * k

k M f n tttia . Q ua u n i t a
OTTAVI.

m a b po t b s t b s

1' I !

- LV11I. Alia creta argentaria appeilatur, aita te * argento reddan* Eat t vilissima, qua d Mtar praedocere ad vtetoriae ootsrt, pedeaqaw venaliora trana mare advectorum deoeiare in itt tueruot majores. Taleraqae Pabliam Laciliam mimicae acenae conditorem, et aatrologiae conso brinam ejas Manilium Antiochum, item gram-

LV111. V' un' altra creta, che. ofriasaa a r gentana, la quale rende splendore d'argento. Ce n' una vilissima, con la quale gli antichi usarono segnare i piedi degli schiavi condotti di oltre mare in segno di vittoria. Tali furono Pu blio Lucilio scrittori di commedie, e Manilio Antioco suo fratei cugino, scrittore d aatrlogia,

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXXV. matieae Staberium Erotem, eadem nate advectos videre proavi.

**74

e Staberio Erote di grammatica; i quali al tempo degli avoli nostri furono condotti a Roma in una stessa nave. Ma a che racconto io costoro, i quali hanno 18. Sed quid hoc refero aliquo litterarum 18. honore commendatos ? Talem io catasta videre avuto qoalche onore di lettere ? Tale fa veduto Chrysogonam Sullae, Amphionem Q. Catuli, nel luogo, dove si vendevano i servi, Crisogono Heronem L. Luculli, Demetrium Pompeji, Au- schiavo di Siila, Anfione di Q. Catulo, Erone di genque Demetrii, quamquam et ipsa Pompeji L. Lucullo, Demetrio di Pompeo, e Auge di De credita est : Hipparchum M. Antonii, Menam et metrio, bench costei ancora si tiene che fosse di Menecratem Sex. Pompeji, aliosque deinceps, Pompeo: Ipparco di M. Antonio, Mena e Mene qoos enumerare jam non est, e sanguine Quiri- crate di Sesto Pompeo, e altri dipoi, che non aotium et proscriptionum licentia ditatos. Hoc est cade contare, arricchiti del saoguc de* cittadini Romani, e della licenza delle proscrizioni Questo insigne venaliliis gregibus, opprobriuroqoe inso lentis fortunae : quod et nos adeo potiri rerum il segno de* servi da vendere, vituperio dell* in ridimos, ut praetoria qooque ornamenta decerni solente fortuna ; perch noi ancora gli abbiamo a senato, jubente Agrippina Cl. Caesaris, videri- veduti venire a tanta grandezza, che il senato, per mos libertis: lantumque non cum laureatis fasci commissione di Agrippina moglie di Claudio im bus remitti Hio, unde cretatis pedibos advenis pera tore,concesse gliornamenti pretorii a*liberti; sent. e solamente manc loro, che non furono riman dati co* fasci d*alloro col, donde furono condotti a Roma eo* piedi segnati di creta. T nuu
G a u t a , lu * k a , B a l i a u c a , E b d s ita ia

D e l l a t u i a G a l a t a , C lu p e a , B a lb a x ic a , s i t a v a : M D IC ia t,

Eao-

: M AICIIA B XX HIS, IV.

cu

SE FAOTO,

4*

LIX. 19. Praeterea sunt genera terrae pro prietatis suae, de quibus jam diximos : sed et hoc loco reddenda natura. Ex Galata insula, et circa Clopeam Africae scorpiones oecat : Balearis et Ebositaoa serpentes.

LIX. 19. Oltra di ci sono specie di terra di propria virt, delle quali abbiamo gi ragionato, ma giova anche in questo luogo ricordarne la natura. La terra della isola di Galata e di Clupea in Africa ammazza gli scorpioni : quella di Maio lica e di leniza le serpi.

C. PHOT SECONDI

HISTORIARUM MUNDI
LIBER XXXVI
L A P I D U M N A T U R A

-------------------------------

Loxtmu m m i o u n .

Lesso

MSI HAKMI.

1. i. L ip id o m D a t u r a restat, hoc e*t, praecipua morum insania, etiam t i t gemmae euro succinis, atque crystallinis, murrhiuisqne sileantur. Omnia namque, qoae osqae ad hoc volumen tractavimos, hominum causa genita videri possunt. Uon* tes natura sibi fecerat ad quasdam compages tellu ris viaoeriboe deosandas, simul ad impetus fiumi* num d o m anto, fluctusque frangendos,ao minime quietas pariet coercendas durissima sui materia. Caedimus hos, trahimusque, nulla alia, quam deliciarum causa, quos transcendisse quoque mirum iuit. Iu portento prope majores habuere Alpe* ab Hannibaleexsoperajas, et postea a Cine bris : none ipsae caedontur in mille genera marmorum : promontoria aperiuntur m ari, et rerum natura agitur in planam, lite bimus ea, qoae separandis gentibus pro terminis constituta erant : navesque marmorum causa fiunt, ao per fluctas, saevissimam rerum naturae partem, huc illuc p o r t a n t u r , juge, majore etiamnum venia, quam quum ad frigidos potus vas petitur in nubila, coeloque proximae rupes cavanlni*, ut bibator glacie. Secum qnisque cogitet, quom pretia horum audiat, qoora vehi trahiqoe moles videat, quam sine hi fuerit beatior vita : ad

1. i. X lesta che ragioniamo della natura delle pietre, cio d nna delle principali panie del mondo, e tale, da dover in paragone tacere delle gioie, dalle ambre, de' cristalli, e de murrini. Perciocch tutte le cose, delle quali abbiamo trattato fino a questo libro, si posson dire che sien nate per cagione degli uomini. La natora avea fatto i mooti per s stessa per rassodare al cune parti della terra entro le sue stesse viscere, e parte per domar l empito, e rompere l ' onde de' fiumi, e per ristrignere le parti inquiete con una sua durissima materia. Ora noi tagliamo e strasciniamo questi monti non per altro, che per cagione di delizie ; i quali monti non eh1altro maraviglia a valicarli. 1 nostri antichi ebbero quasi per miracolo, che Annibaie passasse l Alpi, e di poi i Cimbri ; ora sono elle tagliale per trarne mille sorti di marmi : i promontorii sono aperti armare, e la natura si riduoe a un piane. Noi de portiamo quelle cose, le quali erano poste per termini a separare i popoli I* un dall' altro, e fannos navili a posta per portar marmi ; e i gio ghi de'monti sono portati qua e l per le acque, crudelissima parte della uatura, sebbene con paz zia meno imperdonabile, ;che quando si penetra

i 79

G. PUNII SECONDI fra 1q u^bi a cercare folle vette de* monti un vaae f>tr frer fresco, d quandi si cavano le rupi vidue al cielo per bere col ghiaedo. Ora consideri un poco ciascuno fra s stesso, coll adire il gran prezzo di tali cose, al vedere smisurati pesi portare e staascjuare attor*** quanto aqeoua senza quote ceae pi felice fu la vita, e quante morti necessario che avvengano, o piuttosto si patiscano da queste cose. E a che uso, e a quai piaceri, se non per giacere fra le macchie della pietra ? come se il bolo delti notte non levasse alla meli della vita di ciascuno questi diletti. Chi
f u i l f b ih o c h b b k

qaam multorom neces sii necetse isti tacere, tria s pati mortale*. Quoi ob usua, qasre ad voluptates alias, nisi ut inler maculas lapidam jaceant T ceu vero non tenebris nocliam dimidiae parti fitte cojosqae gandia haee auferentibus.

Q c is

paurosi ih

p o b l ic is o p u i b u s

aavoi

us

begli

o sT M D tarr.

D ttlZ II p u b b l io .

II. a. Ingena ista repatantem sobit etiam antiquitatis rubor. Exstant censoriae leget, glan dia in coenis, gliresque, et alia dictu minora dponi vetantes. Marmora invehi, et maria hujus rei causa transiri, quae vetaret, lex nulla lata est. Dicat fortassis aliquis : non enim invehebantur. Id quidem falso. Trecentas l i columnas M. Scauri aedilitate ad scenara theatri temporarii, et vix uno mense futuri in usu, viderunt portari silentio legum. Sed publicis nimirum indulgentes voluptatibus, ldipsum cur? aul qua magis via irrepunt vitia t quam publica ? Quo enim alio modo in privatos usua illa venere, ebora, aurum, gemmae? aul quid omuino diis relinquimus? Verum esto, indulseriut publicis voluptatibus: atiamne tacuerunt maximas earum , igne adee dwodequadragenum pedum ,. Lucpllei marmoris 4n /strio Scauri collocari ? uoc clam illud occulteque facium est. Satisdari sibi damni iufecli coegit redemptor cloacarum, quum in Palalium extraherentur. Non erge in tam malo exemplo moribus cavere utilius luerat? Taquere lanias mo|es in privatam domum Uahi praeter fictilia deorum fastigia.

II. a. Io, considerando queste cose, mi vergo gno molto ancora degli antichi noatri. Furono fatte leggi da* censori, ehe uon si dessero a* con* viti guance di pord, ghiri, n altre cose di mi nore importanza ; ma non c* legge alcuna, la quale proibisca che non si conducano marmi, o che si passino i mari per questo conto. Dir forse alcuno, che i marmi non si portavano in quel tempo. Questo non vero ; perch furono vedati portarsi a Roma, e senza che legge alcuna lo vie tasse, trecento sessanta colonne, quando M. Scau ro era edile, per fare la scena del teatro, il quale aveva a durare appena u N t. Ha d fu Callo per compiacere a pubblici piaceri ; e perch que sto ? o per qual via maggiormente entrano i vizii, ebe per la pubblica ? Certamente urna per alti modo vennero in uso de* privati i marmi, gU avorio Por* e le gioie. Or ohe-urna finalmente rimane agli dd ? Ma mettiamo* ehe volessero compiacere a'dklotti pubblici : dovevano per questo taoere ehe nel cortile di Scauro fossero delle pi grandi colonne, di trentotto piedi, di marmo Luoulleo ? n per questo ai ffie A segreto o di aoppiaito. Perch colui che aveva tolto a mante nere le. fogne, voile ohe gli fosse dato malleva* dor d'ogni danno ebe foase potato intraveoUgli, quando dleai tifavano in Palaaso.2oa era,dun que assai meglio provvedere a* costumi ia s cattivo esmpio, ehe comportare che sassi enei grandi ai tirassero in easa d 'un cittadia privatas passando Hata e* frontispizii degli dei Calti di terra coita Cui
bubb

Qms pausas

N t a u t a o i m m u c o m u ib a s ROMAB B tB D U ir .

lb n w commu m a a ia a o a R oma.

auw

Ul. 3. Nec potcat videri Seaorua rodi et hujus mali improvidae civitati obrepsisse quodam ilii rudimento. Jam L. Crassum s ta n a i illam* qui primus peregrini marmori* s s ^ b o m habuit

1U. 3. Non.per Scaure port questo disordi nalo e cattivo esempio alfe ci U gofiEs e r s u a j ptfrdooch iaotBii a Iw ^.O nsm k oistora, il quale fu ilprim * ob* usaste colonne di m artnv

HISTORIARUM MONDI LIB. XXXVI. in eodem Palatio, Hymettias tamen nee ploret sex, aut longiores duodenum pedum, M. Brutos io jurgiis ob id m Venerem Palatinam appella verat Nimirum ista omisere, moribus victis : irustraque interdicta quae vetuerant cernentes, nullas potius, quam irritas, esse leges maloerunt. Haec et quae sequentur, meliores esae nos proba* bunt. Quis enim tantarum hodie columnarum atrium habet ?

128

Sed prius, qoam de marmoribus dicam at, homiuura in iis proferenda judicamus prelia. Ante igitur artifices percensebimus.

forestiero, n'avea poste nel medesimo Palazzo, per di marmo dell Imetto, e non pi che sei, n pi lunghe di dodici piedi ; e perci M. Bruto, volendo ingiuriarlo, lo chiam Venere Pala tina. Ma certo gli antichi nostri veggendo che tali costami erano indarno ripresi, volsero piut tosto non fare alcuna legge contra queste cose, che farla indarno. Ma questa et e quelle che ver ranno dopo noi, conosceranno che noi siamo mi gliori dei passati. Perciocch chi oggi che abbia nn cortile di colonne si grandi ? Ma prima che noi ragioniamo de* marmi, ci vediamo in debito di esporre il merito degli uomini rigoardo ad essi. Racconteremo prima dunque gli artefici. Di q u e l l i
c h 's b b b k l o d e

Qur

r a m o s l a u d a t i is m akm obe s c a lfe n d o , e t

1 p rim i

co m e s c u l t o b i ih

QUIBUS TEMPOBIBCS. NOBILITATES OPERUM, BT ABT1FICUM 1M MAftMOfclBUS, CCXXV.

MABMO, IR QUALI TEMPI. ECCELLESTI OPBBB E ARTEFICI IH MABMO, 2 2 5 .

IV. 4*Marmore scalpendo primi omnium inderuerunt Dipoenas et Scylis, geniti in Creta insula, etiamnum Medis imperantibus, prinsque quam Gyrus in Persis regnare inciperet, hoc est, olympiade circiter L . Ii Sicyonem se contulere, quae diu fuit offeinarum omnium metallorum patria. Deorum Quorumdam simulacra publice locaverant Sicyonii, quae prius quam absolve rentur, artifices injuriam questi abierunt in Aetolos. Protinus Sicyonem fames invasit ac sterilitas, moerdrque dirus. Remedium petenti bus, Apollo Pylhtu respondit, Si Dipoenus et Seylis deorom simulacra perfecissent, Quod magnis mercedibus obsequiisque impetratam est. Fuere autem simulacra ea Apollinis, Dianae, Her culis, Minervae, qaod e coela postea tactum est.

5 . Qoum ii essent, jam faerafc in Chio insula M alafe sculptor : dein filius Miociades, ac deinde nepos Atchermus, Cujo filii Bupalus et Athenis clarissimi in ea scientia fuere, Hipponactis poetae aetate, quem certum est l x olympiade fuisse. Quod si qois horom familiam ad proavom usque retro agat, inveniet artis ejus origine coepisse. Hippo nacti notabilis foeditas vultus esut: quamobrem imaginem ejus lascivia jocorum ii proposuere ri dentium circulis. Quod Hipponax indignatus, amaritudinem carminum destrinxit in tantum, ut credatur aliquibus ad laqueum eos compulisse : quod falsum est. Complura enim in finitimis iusulis simulacra postea fecere, sicut in Delo, qui bas subjecerunt carmen, u Non vitibus tantum

IV. 4 .1 primi che avessero fama d eccellenti scultori di marmo furono Dipeno e Scili nell' iso la di Candia, quando i Medi avevano ancora la monarchia del mondo, e prima che Ciro comin c i a l e a regnare in Persia, cio intorno alla cin quantesima olimpiade. Costoro andarono a Bido ne, la quale fu lungo tempo patria delle officine di lutti i metalli. Avevano i Sicionii allogalo a fare le statue d alcuni dei, le quali staine prima che fossero fornite, gli artefici rammaricandosi delle ingiurie loro fatte, se n andarono in Etolia. Venne subito gran carestia e sterilit nel paese di Sicione, e di molli travagli. Perch domandando essi consiglio ad Apolline Pitio, che rimedio si poteva trovare a queste lor miserie, esso rispose : v. Che il rimedio era presto, ogni volta che Dipeno e Scili avessero fornite le statue degli dei. Ci si ottenne da loro eoo gran premii e preghiere. Furono quelle statue, d* Apolline, di Diana, di Ercole e di Minerva, la quale dipoi fu percossa di saetta dal cielo. 5. Quando costoro eran vivi, gi erano stali nell isola di Scio Malasso scultore, e poi Micciade suo figliuolo, e dipoi Archermo suo nipote, i cui figliuoli Bupalo e Ateni furono eccellentissimi in quella scienza, al tempo d* Ipponatte poeta, il quale si truova che fu nella sessantesima olimpia de. Che se alcuno vorr tornare addietro a ricer care la famiglia di costoro fino all arcavolo, tro ver avere quest'arte avuto principio insieme con essa. Era Ipponatte molto brutto di viso, onde costoro fecero la immagine sua per far ridere le brigate. Per che Ipponatte sdegnalo gli perseguit con versi tanto crudeli, che alcuni tengono che costoro s1impiccassero per dispe razione ; che non altrimenti vero. Perciocch'essi

1263

C. PLINII SECONDI

censeri Chiam, sed el operibus Arehermi filio rum. Ostendunt el Iasii Dianam manibus eorum factam. Et in ipsa Chio narrata est operis eorum Dianae facies in sublimi posita, cajas vul tum intrantes tristem, exeuntes hilaratum putant. Romae signa eorum sunt in Palatina aede, Apol linis in fastigio, et in omnibus fere quae divus Augustus fecit, Patris quoque eorum et Deli fuere opera, et in Lesbo insula. Dipoeni quidem Ambracia, Argos, Cleonae operibus refertae fuere. Omnes autem tantum candido marmore usi sunt e Paro insula, quem lapidem coepere lychniten appellare, quoniam ad lucernas in cupiculis caederetur, ut auctor est Varro, multis postea candidioribus repertis, nuper etiam in Lunensium lapicidinis. Sed in Pariorum mirabile proditur, gleba lapidis unius cuneis di ridentium toluU imsgiqem Sileni exstitisse.

Non omittendum, hanc artem tanto vetuslio* rem fuisse, quam picturam, aut statuariam, qua rum utraque cum Phidia coepit, l x x x i i i olym piade, post annos circiter trecentos triginta duo*. Et ipsum Phidiam traduot scalpsisse marmora, Veneremque ejus esse Romae in Octaviae operi bus eximiae pulchritudinis. Alcamenem Athe niensem (quod certum est) docuit in primis uobilem, cujus suat opera Athenis complura in aedibus sacris, praedaraque Venus extra muros,, quae appellatur Aphrodite V Kii<roi{. Huic ium fnam manum ipse Phidias imposuisse dicitur. Ejusdem discipulus fuit Agoracritus Parius, et aetate gratus. Itaque e suis operibus pleraque nomini ejus donaste fertur. Certavere aulem inter se ambo discipuli Venere (acienda. Vicilque Alcamenes non opere, sed civitatis suffragiis, contra peregrinum suo faventis. Quare Agor* rilas ea lege signum suum vendidisse traditur, v. Ne Athenis esset, et appellasse Nemesio. Id positum est Rhamnunte pago Atticae, quod M. Varro omnibus signis praetulit. Est et in Matris Magnae delibro in eadem civitate Agoracriii opqs.

Phidiam darissimum esse per omnes gentes, quae Jovis Olympii famam intelligunt, uemo dubitat : sed ut merito laudari sciant, etiam qui opera ejus non viderunt, proferemus argumenta

fecero poi di molte statue nelle isole vidne, sic come in Delo, dove sotto uoa statua posero aleo ni versi, dicendo: come Pisola di Sdo non solamente era illustre per rispetto de* vini eccel lenti ch'ella produce, ma ancora per le opere dei figliuoli d 'Archermo. Mostrano gli lasi an cora una statua di Diana fatta di lor mano. pure in Scio di lor mano Diaoa posta in laogo alto ; il cui viso a coloro ch'entrano par maniaconico, e a coloro eh' escono, allegro. A Roma d sono statue di lor mano nel tempio Palatino, nella sommit di qaello di Apolline, e quasi io tutte le fabbriche che fece lo imperadore Augusto. 11 padre loro anch' esso fece figure nell isola di Deio e di Lesbo. Dell' opere di Dipeno son piene Ambracia, Argo e Cleone. Tutti questi usarono solamente marmo bianco dell'isola d i Paro, il quale cominciarono chiamare pietra licoite, per ciocch si tagliava ddle cave per Carne lucerne, come scrive Varrone, essendosi poi trovali molti altri marmi pi bianchi, e fra gli altri novamentc ancora i marmi ddle cave di Luni. Ma ndle cave di Paro Iruovasi una maraviglia, eh'essendosi parlilo per mezzo co' conii un gran masso, vi fu trovata dentro la iigura di Sileno. Non da passare ancora, ^|he quest'arte fa tanto pi antica che la pittura q la statuaria, le quali amendue comindarono insieme con Fidia ndla olimpiade ottantesima terza, dopo trecento trentaduc anni, o intorno. Dicono aucora, che Fidia islesso lavor di marmo, e che di saa mano la Venere, eh in Roma tra le opere d 'Ottavia, di singolar bellezza. Fra gli altri, come si sa per ognuno, egli lece un valente discepolo, che fu Alcamene Ateniese, il qaale fece assaissime opere in Atene ne'lempii, e fuor delle mora uoa bellissi ma Venere, la quale si chiama Afrodite t Kivmj. Dicono per che questa figura fu fornita da Fidia. Fu suo discepolo ancora Agoracrito Pario, il quale per esser giovanetto e vistoso, gli fa molto caro; e per d si dice, eh*esso impose quel nome a molte delle sue stesse opere. Amendne questi suoi discepoli contesero insieme in lare una Ve nere. Alcamene vinse, non per artificio, ma pd suffragii ddla citt, la quale favoriva il suo con, tra il forestiero. Per la qual cosa Agoracrito dicesi che vend la sua figura con questa condi zione, eh' ella nou rimanesse in Atene ; e chiamolla Nemesi. Questa figura in Ranaunte villaggio dell' Attica, la quale M. Varrone prepose a tulle le figure. Nella medesima citt ancora nel lempio di Cibde, uu' opera di Agoracrito. Nessuno dubita che Fidja famosissimo in tulio il mondo per rispetto della statua di Giove I Olimpio. Ma acciocch anche da chi non conosce le opere sue e' sia meritamente lodato, lo mostre

1285

HISTORIARUM MUNDI MB. XXXVI. remo con piccole prove del suo iogegno. Non allegheremo in questo la bellezza del Giove Olim pio, n la grandezza della Minerva fatta in Atene, la quale lunga ventisei braccia, d avorio e di oro ; ma solamente lo scudo suo, nel quale egli fece la battaglia delle Amazoni nella parte rile vata, e nella concava quella degli dei e degiganli, e nelle pianelle quella de' Lapili e de1Centauri ; tanto ogni piccola parte accompagn egli eoa arte. Quello eh scolpito nella base, Pandora lo chiam genesi. Quivi sono venli dei a novero, che nascono, dove fra gli altri una bellissima Vittoria. Le persone che s 'intendono dell arte lodano ancora molto ona serpe che v , e sotto essa una sfinge di bronzo, che sta per esser punta da quella. Questo basti ver dtto per transito di tanto artefice non mai abbastanza lodato, ac ciocch si conosca quella sua magnificenza essere stata eguale nelle cose piccole ancora. Dell et di Prassitele ragionammo tra gli statuarii. Costui nella gloria del marmo vantaggi ancora s stesso. Le opere di sua mano sono in Atene nel Ceramico, ma inuanzi a tutte l altre figure, e non solamente a quelle di esso Prassitele, ma a quelle ancora di tutto il mondo, la sua Venere, la quale molti per vederla andarono fino a Gnido. Egli a* aveva fatte due, e vendevate in sieme, lun* vestita, la quale per Questo antepo sero nella compera quegli di Coo, avendo eglino la presa di torre quella che volevano, pensando che a torre la vestita fosse cosa severa e pudica, bench avea messa l altra col medesimo prezzo : i Gnidii comperarono quella, eh era stata rifiu tata, con gran differenza di fama. II re Nicomede poi volle comperarla da Gnidii, promettendo di pagare tutti i debili della citt, ch eraoo una grossissima somma. Ma volsero piuttosto, e meri tamente, patire ogni disagio, che dargli quella figura. Perciocch Prassitele con quella statua nobilit Guido. II suo piccolo tempierello s apre tutto, acciocch la figura della dea si possa ve dere, favorendo essa, come si crede, il fatto. N la maraviglia punto minore da quale si voglia parte si riguardi. Dicesi cbe fu non so chi, il quale essendosene innamorato, una notte s ascose nel tempio, ed ebbe a fare con quella figura, e una macchia che vi rimase fu segno della sua dis onest. Sono in Gnido ancora altre figure di marmo d artefici illustri, un Bacco di Briasside, e no altro di Scopa e Minerva ; ma non altro maggior segno si pu mostrare della eccellenza della Ve nere di Prassitele, se non chessa sola nominata fra tutte l ' altre. Di sua mano ancora il Cupi do rinfacciato da Cicerone a Verre, quello per cui tante persone andavano a Tespia, ed ora

parva, et iogenii tantum. Neque ad hoc Jovis Olympii pulchritudine alemur, non Minervae Athenis laetae amplitudine, quum it ea cubito rum viginli sex ; ebore haec et auro constat: sed scoto ejus, in quo Amaxonum proelium caelavit intnmescente ambitu parmae : ejusdem concava parte deorum et gigantum dimicationem : in soleis vero Lapitharom et Centaurorum : adeo momenta omnia capacia artis illi fuere. In basi autem quod caelatum est, Pandoras genesin appellavit : ibi dii suut xx numero nascentes, Victoria praecipue mirabili. Periti mirantur et serpentem, ac sub ipsa cuspide aeream sphingem. Haec sunt obiter dicta de artifice numquam satis laudato : simul ut noscatur illam magnifi centiam aequalem fuisse et io parvis.

Praxitelis aetatem inter statuarios diximus, qui marmoris gloria superavit etiam semet. Opera ejus sunt Athenis in Ceramico : sed ante omnia, et non solum Praxitelis, verum et in toto orbe terrarum, Venus, quam ut viderent m ulli, navigaverunt Gnidum. Duas fecerat, simulque vendebat, alteram velata specie, quam ob id quidem praetulerunt, quorum conditio erat, Coi, quum alteram etiam eodem pretio detulisset, severam id ac pudicum arbitrantes : rejectam Gnidii emerunt, immensa differentia famae. Voluit etiam postea a Gnidiis mercari rex Nicomedes, totum aes civitatis alienum, quod erat ingens, dissoluturum se promittens. Omnia perpeti maluere, nee immerito: illo enim signo Praxiteles nobilitavit Gnidum. Aedicula ejus tota aperitur, ul conspici possit undique effigies deae, faveole ipsa, ut creditur, facto. Ne minor ex quacumque parte admiratio est. Ferunt amore captum quemdam, quum delituisset noctu, simu lacro cohaestoey ejusque cupiditatis esse indieem maculam.

Sunt in Gnido et alia signa marmorea illu strium artificum : Liber paler Bryaxidis : et alter Scopae, et Minerva : nec majus aliud Ve neris Praxiteliae specimen, quAm quod ioler haec sola memoratur. Ejusdem est et Cupido objectus a Cicerone Verri, ille propter quem Thespiae visebantur, nunc in Octaviae scholis posilns. Ejusdem et aller uudus iu Pario colonia

C. PLINII SECUNDI Propontidis, par Veneri GniJiae nobiliU(e, et injuria. Adamavit enim eam Alchidas Rhodius, atque in eo quoque simile amoris vestigium reliquit. Romae Praxitelia opera sunt, Flora, Triptolemus, Ceres in horiis Servilii : Boui Evenias, et Bonae Fortunae simulacra io Capi tolio: item et Maenades, et quas Thyadas vocant, et Caryatidas : et Sileni, et Pollionis Asinii mo numentis, et Apollo, et Neptunus.

ia88

Praxitelis filius Cephissodorus et artis heres fuit. Cajus laudatum est Pergami symplegma, signum nobile, digitis corpori verius, quam marmori, impressis. Romae ejus opera sant : Latona in Palatii delubro: Venus in Pollionis Asinii monumentis: et intra Octaviae porticus in Junonis aede Aesculapins, ac Diana. Scopae lana cum his certat. Is fecit Venerem, et Pothon, et Phaethontem, qui Samothrace san ctissimis caerimoniis coluntur. Item Apollinem Palatinum, Vestam sedentem laudatam in Servi lianis hortis, duasque chametaeras circa eam, quarum pares in Asinii monumentis sant, abi et Canephoros ejusdem. Sd in maxima dignatione delubro Cn. Domitii in circo Flaminio Neptunus ipse, et Thetis, atque Achilles, Nereides supra delphinos et cete et hippocampos sedentes. Ilem Tritones, chorusque Phorci, et pristes, ac multa alia marina, omnia ejnsdem mauus, praedarum opus, etiam si tolius vitae fuisset. Nunc vero praeter supra dicta, quaeque nescimus, Mars est tiamnum sedens colosseus ejusdem, in templo Bruti CallaicLapud drcumeumdem ad Labicanam portam eontK Praeterea Venus in eodem loco nuda Praxiteuam illam antecedens, et, quemcumqne alium locum nobilitator.

Romae quidem magnitudo operum eam obli te ra i ac magni officiorum negoliorumque acervi pmnes a contemplatione talium abducant, quo niam otiosorum et ia magno lod silentio apta admiratio talis esi. Qua de causa ignoratur arti fex ejus quoque Veneris, quam Vespasianus im perator in operibus Pacis suae dicavit, antiquo rum dignam fama. Par haesi Alio est in templo Apollinis Sosiani, Nioben cnm liberis morientem, Scopas an Praxiteles fecerit : item Janus paler in suo templo dicatus ab Augusto,ex Aegypto adve ctus, utrius manus sil, jam quidem et auro occul tatur. Similiter in curia Octaviae quaeritur de

nelle scuole d 'Ottavia. ccene un altro por di sua mano ignudo in Pario, colonia ddla Propon tide, pari alla Venere di Gnido di nobilt e di ingiuria.Perciocch Alchida Rodiaoo s'innamo r d 'esso, e lasci in esso ancora simil segno di amore. In Roma sono opere di Prassitele, Flora, Trittolemo, Cerere negli orti Serviliani, le sta tue del Buono Evento e della Buona Fortuna in Capitolio ; e le Menadi, e quelle che si chiamano Tiade, e le Cariatide ; e i Sileni ne' monumenti d' Asinio Pollione, e Apollo, e Nelluuo. Cefissodoro figliuolo di Prassitele fu erede delle facolt e dell' arte. Di mano di costui n n bella statua in Pergamo d 'una figura intrecciata, dove le dita sono piuttosto impresse nel corpo, che nel marmo. Le opere sue in Roma sono La tona nel tempio del Palazzo ; Venere ne' monu menti d' Asinio Pollione, e dentro a' portid di Ottavia nel tempio di Giunone Esculapio e Diana. Scopa contende di lode con questi. Costai fece Venere, e Poto, e Fetonte, i quali sono do rati in Samotracia con santissime cerimonie: l ' Apolline Palatino, la dea Vesta sedente, negli orti Serviliani, molto lodata, e due fantesche in torno a essa : due altre simili a queste sono nd monumenti d' Asinio, dove ancora un die porta una cesta in capo, di mano del medesimo. Ma In grandissima riputazione sono n d tempio di Gneo Domitio, nel circo Flaminio, Nettuno, Teli e Achille, le Nereidi, le quali sono a sedere sopra delfini e balene e ippocampi ; e Tritoni, e il coro di Forco, e prisle, e molti altri animali marini tulli di sua mano, opera veramente grande bella, quando anche egli non avesse fatto altra in tutto il tempo di sua vita. Ma ora oltra le cose dette di sopra, e qoelle che noi noo sappiamo, di sua mano ancora Marte sedente, in forma di colosso nel tempio di Bruto Callaico appresso il medesimo Cireo andando a porta Lavicana.Oltra di questo nel medesimo luogo una Venere ignu da, la quale avanza di gran lunga quella ehe Prassitele fece a Gnido, e basterebbe a nobilitare dascun altro luogo. A Roma la grandezza dell* opere l ' ha messa in dimenticanza, e la gran qnantit delle faccende slolgono tutte le persone da considerare sim ili cose, perciocch tale ammirazione cosa da uo* mini scioperati, e in gran silenzio di luogo. Per questa cagione non si sa ancora l ' artefice di quella Venere, la quale Vespasiano imperatore dedic tra le opere dal soo tempio della Pace $ degna della fama degli antichi. Dubitasi ancora, se facesse Scopa o Prassitele la Niobe morente insieme co'suoi figliuoli, eh' n d tempio di Apolline Sosiano ; e similmente di qual di loro fosse opera il padre Giano, dedicato nel suo

1289

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXXVI.

iaijo

Cnpidine fulmen lenente. Id demumadfirmatur, Alcibiadem esse principem forma in ea aetate.

Molta in eadem schola sine auctoribns pla cent. Satyri quatuor : ex qaibus unas Liberum patrem palla velatam humeris praefert, alter Liberam similiter: tertias ploratam infantis cohibet: quartus cratere alterius sitim sedat: doaeqae Aurae velificantes sua veste. Nec minor quaestio est in Septis, Olympum et Pana, Chironemque cum Achille, qui fecerint: praesertim qunm capitali satisdatione fama judicet dignos.

Scopas habuit aemulos eadem aetate, Bryaxin, et Timotheum, et Leocharem, de quibus simul dicendum est, quoniam pariter caelavere Mau soleum. Sepulcrum hoc est ab uxore Artemisia lactum Mausolo Cariae regulo, qui obiit Olym piadis centesimae anno secundo. Opus id ut es set inter septem miracula, ii maxime artifices fe cere. Patet ab austro et septemtrione sexagenos ternos pedes, brevius a frontibus, toto circuitu pedes quadringentos undecim : adtollitur in altitudinem vigmli quinque cubilis : cingitur co lumnis triginta sex. Ab oriente caelavit Scopas, a septemtrione Bryaxis, a meridie Timotheos, ab ccasu Leochares. Priusque quam peragerent, regina Artemisia, quae mariti memoriae id opus xstrui jusserat, obiit. Non tamen recesserunt nisi absoluto jam, id gloriae ipsorum artisque monumentum judicantes : hodieque certsnt manus. Accessit et quintus artifex. Namqne supra pteron, pyramis altitudine inferiorem aequavit, Yiginti quatuor gradibus in metae cacumen se contrahens. In sommo est quadriga marmorea, quam fecit Pythis. Haec adjecta centum quadra ginta .pedum altitudine totum opus includi!.

Timothei manu Diana Romae est in Palatio, Apollinis delubro, cui signo caput reposuit Aulanios Cvander. In magna admiratione est et Hercules Menestrati : et Hecate Ephesi in tem plo Dianae post aedem, in cujus contemplatione admonent aedilui parcere oculis, tanta marmoris radiatio est. Non postferuntur et Charites in propylaeo Atheniensium, quas Socrates fecit, alius ille quam pictor, idem ut aliqui putant. Nam Myronis illius, qui in aere laudatur, anus ebria est Smyrnae in primis inclyta. Pollio Asiniui, ut

tempio da Augusto, tradotto d 'E gitto; il qnate gi occultato per averlo ricoperto d 'oro. Pari-* mente si dubita del Cupido, che ba il folgore in mano, il quale nella curia d ' Ottavia. Bens questo safferra, eh' egli Alcibiade, il quale fa il pi bel giovane di quel tempo. Molle altre cose nella medesima scuola pia'* ciono, le quali non si sa chi l'abbia fatte. Sonci quattro Satiri, luno de' qnali porta Bacco che ha coperte le spalle con un drappo; l'altro porta si milmente la dea Libera : il terzo fa vezzi a un bambino che piange : il quarto si cava la sete con la tazza di un altro ; e due Ninfe, le quali fannq vela della propria vesta. N c' minor dubbio di chi abbia fatto ne' Selli Olimpo e Pane, e Chiro ne con Achille, massimamente perch la fama li giudica degni di pegno capitale. Scopa ebbe per concorrenti a on medesimo tempo Briassi, Timoteo e Leocare, de' qnali sha da ragionare a un tratto, perch'essi di compa gnia scolpirono il Mausoleo. Questo un s e p o l c r o fatto da Artemisia sua moglie a Mausolo re di Caria, il quale mor I' anno secondo della cente sima olimpiade. Furono prineipal cagione questi artefici, che tale opera fosse annoverata fra i sette miracoli del mondo. largo da mezzo giorno e tramontana sessantatr piedi, e pi breve dalle fronti, e gira tutto quattrocento undici piedi. B in altezza venticinque braccia, circondato da trentasei colonne. Da levante lo lavor Scopa, da tramontana Briassiv da mezzod Timoteo, da po nente Leocare. Prima che lo finissero, la reina Artemisia, la qoale avea fatto fare questa opera in onore del marito, venne a morte. Non per questi artefici si levarono, se non poi che l ' eb bero fornito, giudicando che ci dovesse essere una memoria della gloria e dell' arte loro ; e oggi ancora concorrono di virt fra loro. Vi si aggiunse anche il quinlo artefice, che sopra l ' altezza degli edificii pose una piramide di altezza altrettanta che la fabbrica, la quale sormonta ventiquattro gradini e va in su appuntandosi. In cima v' una carrella da quattro cavalli, di marmo, fitta da Piti. Questa carretta riduce tutta l ' opera sU'al-* tezza di cento quaranta piedi. Di mano di Timoteo una Diana in Roma in Palazzo nei tempio d 'Apolline, alla qoale Evan dro Aulanio ripose il capo. In gran riputazione ancora I' Ercole di mano di Meoestrato, e la Ecate eh' in Efeso nel tempio di Diana dopo la cappella ; nella quale tanto lo splendore del marmo, che i guardiani del tempio avvertiscon chi entra dentro, che s'abbia cura agli occhi. Sono lodate ancora le Grazia, le quali sono nei portici d 'Atene, le quali furono fatte da Socrate, non da quello che fu pittore, ma da un altro, e

>291

C. PLINII SECUNDI seeondo alcuni dal medesimo. Perciocch di mano di Mirone, quegli eh lodato nel bronzo, la figura d una vecchia ubbriaca in Smirna, la quale tenuta molto bella. Asinio Pollione sic come molto gagliardo e terribil d 'ingegno, cos volse ancora che tifi fossero i suoi monumenti. In questi sono Centauri, i quali portano Ninfe, di mano d Arcbesita, e le Tespiadi di Cleomene, Oceano e Giove di Eotoco, Ippiade di Stefano, Ermerote di Taurisco non di quello scultore, ma del Tralliano: Giove ospitale di Panfilo, discepolo di Prassitele: Zeto e Anfione e Dirce, e un loro e un legame della medesima pietra, i quali furono portati da Rodi, e sono opere d* Apollonio e di Taorisco. Questi fecero gara nell* effigiare i pro prii genitori : convennero che Menecrate avea delle somiglianze, ma Artemidoro era proprio il naturale. Nel medesimo luogo un Bacco di Eutichide molto lodalo. Al portico d 'Ottavia ua Apolline di Filisco da Rodi nei suo tempio, e La tona, e Diana, e le nove Muse, e un altro Apolline ignudo. Quello, che nel medesimo tempio ha la eetera in mano, fu fatto da l'imarchide. Dentro il portico d Ottavia, e nella cappella di Giunone, la statua d'essa dea fu fatta da Dionigio: Filisco fece un* altra Venere, eh* nel medesimo loogo : 1 altre figure son di mano di Prassitele. I figlino * li di Timarchide fecero il Giove, che nella cap pella vicina. Eliodoro fece nel medesimo luogo Pane e Olimpo, che fanno alle braccia, e o altro bellissimo gruppo, eh* pur quivi. Policarmo fece Venere che si lava, e Dedalo in piedi. Dall* onore fattole si conosce come l'opera di Lisia fu tenuta in grande stima, essendo essa d all'm peradore Augusto deditata nel Palazzo sopra 1 arco a onore d* Ottavio suo padre in un tem * pietto ornato di colonne. Questo nn carro di quattro cavalli, e Apolline e Diana d* una mede sima pietra, lo truovo che negli orti Serviliani erano alcune figure eccellenti, siccome 1 Apolline * di Calamide tenitore, la Pitia di man di Bercilide, e Callistene istorico di mano di Anfistrato. Sonci poi molti altri di pi oscura fama, per ch il numero degli artefici nuoce alla chiarezza d 'alcuni ; perciocch n un solo occupa la gloria, n molti insieme ancora la possono occopare^icco* me avviene nel Laocoonte, d i' in casa di Tile imperadore, opera da essere messa innanzi a tette 1 altre di pittura e di scultura. D 'ona pietra sola * esso e i figliuoli con raaravigliosi groppi di dra goni fecergli di oomun parere tre eccellentissimi artefici, Agesandro, Polidoro, e Atenodoro Ro dioti!. Riempierono similmente i palazzi degl* imperadori di bellissime figure Crate ro con Pilodoro, Polidelle eon Ermolao, e an altro Pitodoro con Artemone, e Afrodisio Tralliano da s solo. Dio-

fuit aeris vehementiae, rie qaoqae apecttri n o - i numenta sua voluit. Ia iis sant Cenitari Nym- | phas gerentes Arcbesitae, Thespiades Cleomenis, Oceanus et Japiter Entochi, Hippiades Stephani, Hermerotes Tao risci, non caelatoris Illius, sed Tralliani. Japiter hospitalia Pamphili Praxitelis disci poli. Zethus et Amphion ac Dirce et taaras vinculumqoe, ex eodem lapide, Rhodo advecta opera Apollonii et Taarisci. Parentam ii certa- , mea de se fecere : Menecratem videri professi, sed esse oatoralem Artemidoram. Eodem loco Li ber pater Eatycbidis laudatur. Ad Octaviae vero porticum Apollo Philisci Rhodii in delubro suo. Item Latona et Diana, et Mosae npvem, et alter Apollo nudus. Eum, qui citharam in eodem lem* pio tenet, Timarchides fecit. Intra Octaviae vero porticus, in aede Junonis, ipsam deam Diony sius, et Polycles aliam : Tenerem eodem loco Philiicus : celera signa Praxiteles. Timarchidis filii Jovem, qui est in proxima aede, fecerunt. Pana et Olympum luctantes, eodem loco Helio dorus, quod est alterum in terris symplegma no bile. Venerem lavantem tese : Daedalum stantem Polycharmus. Ex honore apparet in magna au ctori late habitum Lysiae opus, qood in Palatio super arcum divus Augustus honori Octavii pa tris sui dicavit, in aedicula columnis adornata. Id est quadriga currusque, et Apollo ac Diana ex nno lapide. In hortis Servilianis reperio laudatos, Calamidis Apollinem illius caelatoris, Dercylidis Pytiam, Amphislrali Callishenem historiarum scriptorem.

Nec multo plurium fama est, quorumdam claritati in operibus eiimiis obslanle numero artificum, quoniam nec unus occupat gloriam, nec plures pariter nuncupari possunt, sicnt in Laocoonte, qui est in Titi imperatoris domo, opus omnibus et picturae et statuariae artis praepo nendum. Ex uno lapide eum et liberos draconumque mirabiles nexus de consilii seotentia fecere sommi artifices, Agesander et Polydorus et Athenodorus Rbodii. Similiter palatinas domos Caesarum replevere probatissimis signis Crate rus cum Pythodoro, Polydectes com Hermolao, Pythodoros alius cum Artemone, et singularis Aphrodisias Trallianus. Agrippae Pantheon) de-

293

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXXVI.

13 9 4

coravit Diogenes Atheniensis : et Caryatides in columnis templi ejus probantur inter paoca ope rum : sicut in fastigio posita signa, sed propter allitadinem loci minus celebrata. Inhonoros est, nec in templo alio Hercules, ad quem Poeni omnibus annis humana sacrifica verunt victima, humi stani, ante aditnm porticus ad Nationes. Sitae fuere et Thespiades ad aedem Felicitatis, quarum unam adamavit eques Roma nus Juuius Pisciculus, ut tradit Varro : admiratur et Pasileles, qui et quinque yolomioa scripsit no bilium operum in toto orbe. Natus hic in Graecia Italiae ora, et civitate Romana donatus cum iis oppidis, Jovem fecit eboreum in Metelli aede, qua Campus petitur. Accidit ei, quum in navali bus, ubi ferae Africanae erant, per caveam intuens leonem caelaret, ut ex alia cavea panthera erum peret, non levi periculo diligentissimi artificis. Fecisse opera complura dicitur : sed quae fecerit, uominatim non refertur.

Arcesilaum quoque magnificat Varro, cujus se marmoream habuisse leaenam tradit, aligerosque ludentes cum ea Cupidines, quorum alii religatam tenerent, alii e cornu cogerent bibere, alii calcearent soccis, omnes ex uno lapide. Idem* et a Coponio xiv Nationes, quae sunt circa Pom* peji theatrum, factas auctor est.

Invenio et Canachum laudatum inter statua rios, fecisse marmorea. Neo Sauram atque Batrachum obliterari convenit, qui fecere templa Octa viae porticibus inclusa, natione ipsi Lacones. Quidam et opibus praepotentes fuisse eos putant, ao sua impensa construxisse, inscriptionem spe* raotes. Qua negata, hoc tamen alio modo usur passe. Sunt certe etiamnum in columnarum spiris joscalpta nominum eorum argumenta, lacerta atque rana. In Jovis aede exstitisse picturam, cultusque reliquos omnes femineis argumentis constat. Etenim facta Junonis aede quum infer rentur signa, permutasse geruli traduntur : et id religione custoditum, velut ipsis diis sedem ita partitis. Ergo et iu Junonis aede cultus est, qui Jovis esse debuit.

Sunt et in parvis marmoreis famam consecuti, Myrmecides, cujus quadrigam cuna agitatore eoo-

gene Ateniese orn il Padtftra d' Agrippa ; * le statue delle Cariatidi nelle colonne di quel tem pio sono approvate per cose rare ; come il sono anco la figure poste nel frontispizio, ma per ri spetto dell' altezza del luogo manco celebrate. . Non vi oon onore, ned in alcun tempio I1Ercole, al quale i Cartaginesi sacrificavano ogni anno oon vittima umana : egli in terra, ritto della persona, dinanzi allandito del portico, si tuato presso alle statue delle Nazioni. Furono ancora le statue delle l'espiadi presso al tempio della Felicit, dell* una delle quali innamorossi Giuoio Piscicolo cavalier Romano, eome scrive Varrone : ammirato ancora Paritele, il qoale scrisse cinque libri delle opere illustri di tutto il moodo. Costui nato in Grecia e fatto cittadino Romano e signore delle castella nella riviera Ita lica, fece un Giove d avorio nel tempio di Me tello, per dove si va in campo Marzio. A costui avvenne un terribile caso, ehessendo egli nell'arzao, dove erano delle fiere Africaoe, guardando un leone dalla sua gabbia per disegnarlo, fuor d i . un altra gabbia usci una pantera con gran peri colo di quel diligentissimo artefice. Dicesi eh* i fece assaissimo opere, ma non si sa particolare mente quelle chei facesse. Varrone ancora loda grandemente Arcesilao, e dice eh egli ebbe di sua mano una lionessa di marmo, e i Cupidi alali che scherzano con essa; alcuni de quali la tenevano legata, alcuni la face vano bere con un corno, altri le mettevano i bor zacchini, e lulti.d una pietra sola. 11 medesimo scrive hncora, che Coponio fece le statue di quat tordici Nazioni, le quali sono intorno al teatro di Pompeo. lo Iruovo ancora che Canaco lodato fra gli statuarii lavor di marmo. N meritano d essere passali con silenzio Saura e Ba traco, i quali fecero i tempii dentro i portici dOttavia ; furono Lace demoni anch* essi. Alcuni dicooo aocora, ehessi furono molto ricchi, e che facero lopera a spese loro, sperandone la inscrizione.' La quale essendo lor negata, essi nondimeno se la usurparono in altro luogo e modo. E certo sono ancora oggi ne' capitelli delle colonne scolpiti i nomi loro sotto la impresa d una lucertola e d una rana. Truovasi che nel tempio di Giove fu una pittura con tutti gli abiti e portamenti di donna. Per ciocch fornito che fu il tempio di Giunone, quando le statue si portavano dentro, i portatori le scambiarono, e ci s* osservato per religione, quasi eh essi dei abbiano in questo modo spartito la stanza loro. Nel tempio dunque di Giunone i labito che doveva esser di Giove. Acquistarono fama aocora nelle pccole opere di marmo Mirmecide, il quale fece una carretta

121)5

C PUNII SECUNDI di quattro cavalli insieme col suo carrettiere, tan to piccola, che una mosca la copriva con P ali; e Callicrate, di cui i piedi e altre membra di for miche non si possono discernere.
Q
u a n d o s i c o m in c i u s a i * i l x a e x o i t e g l i e d i f i u l .

peruit alis musca : et Callicrates Cajus formica rum pedes atque alia membra pervidere non est

Q uando

p e im o m

a x m o &d m

u ABinciu esos.

Y. 6. Ilaec sint dicta de marmerum sodptoribos, sammaque claritate artificum : quo in tra ctatu subit mentem non fuisse tum auctoritatem maculoso marmori. Fecere e Thasio Cyotadum insularum, aeque et e Lesbio : lividius hoc paullo. Versicolores quidem maculas, et in totum mar morum apparatum Menaoder etiam diligentisslid u s luxuriae interpres, primus et raro 'ad ligi t. Columnis demum utebantur in templis, nec lau titiae causa (nondum enim ista intelligebantur), sed quia firmiores aliter statui non poterant. Sie est inchoatura Athenis templum Jovis Olym pii, ex quo Sulla Capitolinis aedibus advexerat columnas. Fuit tamen ioter lapidem atqne mar mor differentia jam et apud Homerum. Dicit enim u Paridis os marmoreo saxo percussum ; sed hactenus. Regias quoque domos quum lauda tissime praeter aes, aurum, electrum, argentum, ebore tantum adoruans. Primum (ut arbitror) versicolores istas maculas Chiorum lapicidinae obtenderunt, quum exstruerent muros, faceto in id M. Ciceronis sale : omnibus enim ostentabant, ut magnificum, Multo, inquit, magis mirarer, si Tiburtino lapide fecissetis. Et hercules, non fuisset picturae honos ullus, non modo tantus, in liqua marmorum auctoritate.

V. 6. Basti aver detto queste cose degli scul tori de* marmi, e degli artefici illustri; nel qual trattato mi sovviene, come il marmo macaioso non aveva allora riputazione, la qual ebbero dipoi il Tasio delle isole Cicladi, e similmente il Lesbio, un poco pi livido di questo. Menandro, che fa diligentissimo trovatore di magnificenza, fu il primo die adoper, e por di rado, 1* apparato di diversi marmi a varii color. Usarono finalmente le colonne ne tempii, e noo per ornamento ( per* che queste cose non erano ancora conosciute), ma perch essi non si potevano altrimenti stabilire pi forti. Cosi fu cominciato in Atene il tempio di Giove Olimpio, dal qaale Siila arrec le colon ne pd tempio Capitolino. Fu nondimeno differenza fra pietra e marmo aocora appresso Omero ; perdocch egli dice uche la bocca di Paride fu per cossa da un sasso marmoreo, ma non ne dice altro, laddove egli adorna benissimo i palazzi reali, oltra il bronzo, d* oro, d elettro, d argento e d'avorio ancora. Le cave dell'isola di Sdt come io credo, furono le prime che mostrarono queste pietre mischie, quando vi furono edificata la mura ; del che c' un bellissimo motto di Ci cerone, perciocch questi abitanti gli mostravano a tutti come cosa magnifica. Molto pi mi maraviglierei, disse egli, se voi gli aveste fatti di pietra Tiburtiua. E certo la pittura noo sarebbe stata in alcun pregio, non che iu tanto quanto ora, se i marmi fossero stati in qualche riputazione.
De' p a u s i
c u e s e g a i o n o i m a rm i,

Q ui ra m i

m a e h o e a s e c d b b ib t , e t q v a h d o .

e quahdo.

.VI. Secandi marmor in crustas nescio an Ca faerit inventum. Antiquissima, quod equidem inveniam, Halicarnassi Mausoli domns Proconne sio marmore exculta est, lateritiis parietibus. Is o b i i t O ly m p ia d is c anno secando, urbis Roma*
ria e anao
ccclxxv.

VI. Io non so se fosse inventione da attri buirsi alla Caria, il segare il marmo in piastre. Antichissima, per qael ch'io trovo, in Alicarnasso la casa di Mausolo, lavorata di marmo Pro connesio con le mura di mattoni. Costai mor il secondo anno della centesima olimpiade, Pan no trecento settantacinque ddla edificazione di Roma.
D el ra m o caa a R oba
i n t o n a c l b pa &e t i .

Q oi

raufus R o m a e

c b c s ta v e e it p a rie te s .

VII. Primam Horaee parietes crusta marmoris operuisse totius domus snae in Caelio monte Cornelius Nepos tradidit Mamurram Formiis natum, eqoilem Romanum, praefectum fabrum C. Caesaris in Gallia. Neque indignatio sit tali

VII. Scrive Cornelio Nipote, che Mamurra nato a Formio, cavalier Romano, e prefetto del fabbri di Giulio Cesare in Gallia, fu il primo che in Roma coperse con crosta di marmo le mura di tutta la saa casa nel monte Celio. N ci dobbiamo

97

HISTOttlARUM MUNDI LIB. XXXVI. sdegnare, ch'egli fosse inveutore di t*l cosa, per ch questo quel Mamurra vituperalo da1versi di Catullo Veronese, la cui casa, come ben vero, assai pi chiaramente che Calullo non disse, mauifesta avere avaio ci che si trovava nella Gallia Cornala. Perciocch dice il medesimo Nipote che esso par la prima iu latta la sua casa non aveva nessuna colonna se non di marmo, e tutte sode <li Caristio o di Luni.
Ih q u a l i tb m p i i d i v e r s i m abm i v b h h b r o ih u s o a R oba .

actor* invenit re. Hic nanque est Mamurra Catulli Veronensis earminibus proscissu*, quem; ut res est, domus ipsius clari*, quam Catullus dixit habere quidquid habuisset Comata Gallia. Namque adjecit idem Nepos, euro primum tolis aedibus nullum nisi marmore columnam habui** se, omnes solidas e Carystio aut Lunensi.

Qnwes

a e t a t i b o s q u a e q u e m a& m oba r s

usu

B orni

v b n b rin t.

Vili. M. Lepidus Calali iu cousulslu collega, primus omnium limina ex Notnidico marmore in domo posuit magna reprehensione. Is fifit consul anno Urbis d c l x x t i . Hoc primum invecti Numi dici marmoris vestigium invenio, non in columnis lamen crastisve, at supra Carystii, sed in m a s s a ac vilissimo liminum usu. Post hunc Lepidum ferme quadriennio L. Lucullus consul fuit, qui nomen {ut adparet ex re) Luculleo marmori de dit, admodum delectatus illo: primusque Romam invexit, atrum alioqui, quum cetera maculis aut coloribos commendentur. Nascitur autem in Chio insula, solumque paeue horum marinorum ab amatore nomen accepil. Inlar ho* primum, ut arbitror,marmoreos parietes ha bui t scena M. Scau ri, nou facile dixerim sectos, an solidis glbis po sitos, siculi est hodie Jovi* Tonantis aedes in Capitolio. Noudum enim secli marmoris vestigia invenio in Italia.

Vili. M. Lepido, compagno nel consolato di Calulo, fu il primo che fece in casa sua le soglie di marmo Numidico, con esserne mollo ripreso da ognuno. Costui fu consolo Tanno seicento sellantasei della edificazione di Roma. Questa la prima volta eh io truovo essere stato tradollo a Roma marmo Numidico, non gi per colonne, o incrostature, come Mamurra adoper il Ca ristio, ma in massa, e per vilissimo uso di soglie. Dopo queslo Lepido quasi quattro anni, fu con solo L. Lucullo, il quale ( come si vede dall* ef fetto ) diede il nome al marmo Luculleo, dilettan dosi egli molto d 'esso, e fu il primo cbe Io con dusse a Roma ; il qual marmo per altro oscuro e nero, dove gli altri s o n vaghi per macchie, o per colori. Nasce questo marmo uellisola di Chio, e quasi esso solo di questi manui acquist il nome dellauiator suo. Fra questi, secondo eh' io posso intendere, ebbe mitra di marmo per la prima la scena di M. Scauro, e non saprei beu dire, se que sti marmi furouo segali o pure in pezzi sodi, siccome oggi il tempio di Giove Tonante ia Capitolio. Perciocch non s 'era ancora incomin ciato a osare io Italia marmo segato.
D e l m o d o d i s b g a r b i m a r m i. D e l l e r e h e ,

a t io secan di m a rm o ra .

Db

a r e n is q u ib u s

seca h tu r .

eoa

chb

si

seg an o .

IX. Sed quisquis primum invenit secare, xuriam que dividere, importuni ingenii fuit. Arena hoc fit, et ferro videtur fieri, serra in praetenui Knea premente arenas, versandoqoe, tractu ipso secante. Aethiopica ad haec maxime probatur. Nara id quoque act-essil, ut ad Aet hiopas usque peteretur, qnod secaret marmora : immo vero in Indos, quo margaritas quoque peti severis moribus indignum erat. Haec proxime laudatur. Mollior tamen, quae Aethiopica. Illa nnlla scabritie secat. Indica non aeque laevigat : sed ea combusta polienles marmora fricare juben tu r . Simile et Naxiae vilium esi, et Coptidi, quae v o ca ta r Aegyptia. Haec fuere antiqua genera mar m o rib u s secandis. Postea reperta est arena non

Ma veramente fosse chi si volesse il primo, lu IX. che trov segare il marmo e dividere la magni ficenza, egli ebbe un ingegno importuno. Ci si la con l'arena, e pare che si faccia col ferro, men tre uua sega in liuea molto sottile preme larena che vi si versa, e con tirare e spingere tende il marmo. A queslo mollo lodata la rena Etiopica. Perciocch questo aucora vi s 'aggiuusc, che savessc a ire fino iu Etiopia a cercar di cosa, he segasse il marmo ; anzi aucora fino in india, men tre era cosa indegna de'se veri costumi cbe s'andas se a cercarvi delle perle. Questa arena dunque nel secondo luogo. Nondimeno pi tenera quella che viene d 'Etiopia, e sega senza alcuna ruvi dezza. La ludiana non fa s liscio e pulito : coloro

,299

C. PLINII SECONDI

il

minus probanda, ex quodam Adriatici maria vado, aestu nudante observatione non facili. Jam qui dem quacumque arena secare e fluvii* omnibus fraua artificum aula est : quod dispendium admodom pauci kitelligunt. Crassior enim arena laxio ribus segmentis terit, et plus erodit marmoris, majosque opus scabritia politurae relioqoit. Ita sectae attenuantur crustae. Rursosque T bebatea polituris adcommodalur, el quae fit e poro lapide, aut e pumice.

che puliscono i marmi Ia broehno* e gli frugane eoa casa. Simil difleUo ancora ka I1areno dcV iso la (li Nasso, e la Collide, ebe ai chiama Ugni. Queste furono le aeene, le qoali anticanaente ' asavano a aegare i marmi. S trovata pus oad tn sorte darena* che noo manco boooo, d'ana certa secca del mare Adriatico, quando il mar decre scente la scuopre, ma faticosa a conoscerai. Oggi la fraude degli artefici s arrischiata a segare i marmi con arena di tutti i fiumi, il qual danno conosciuto do pochi. Perciocch quanto Varena pi grossa, fa pi larga segatura, e rode pi mar mo, e per la ruvidezza lascia maggiore opera da polirsi. Cos le piastre segato vengono ad assotti gliarsi troppo. La Tebaica anch essa s 'aeoamoda alla politura, e queUa che si fa di pietra poro, o di pomice.
D b l haboo N u n o

Db Naxio ;

Aa u b u i o .

; d b u ' Aa n n o .

X. 7. Sigaii e marmore poliendis, gemmisque etiam scalpendis, atque limandis, Naxium diu placuit aote alia : ita vocantur cotes in Cypro in sola genitae. Vicere postea ex Armenia vectae.

X. 7. Il marmo da Masso fn Inngo tempo ado perato per pulire le statue di marmo, e per iseolpire ancora o limare le gioie : cosi ai chiama certa pietra che nasce nell1isola di Cipri. Vincer dipoi quelle che furono portate d 'Armenia.
D ai MABM1 A u s s u d u m .

D e AvtKxavDaima vAtoroarecs.

XI. Marmorum geoera et eoiores non attinet dicere in tanta notitia : nec facile est enumerare io tanta multitudine. Quoto cuique euira loco uon au uro marmor invenitur ? Et tamen celeber rimi generis dicta sunt in ambitu terrarum curo gentibus sniv. Noo omnia tamen in lapicidinis gignnntur, sed mulla et sub terra sparsa. Preliosiasimi quaedam generis, siculi Lacedaemonium viride, cuncliaque hilarius. Sic et Augusteom, ac deinde Tiberianum, in Aegyplo Augusti ac Ti berii prunum principatu reperta. Diiferentiaque eorum est ab ophite, quura sit illud serpentium maculis simile, unde et nomeu accepit: quod haec maculas diverso modo colligunt, Augusteum uodalim crispum in vertices, Tiberianum sparsa, nou convoluta canitie.

Neque ex ophite columuae, nisi parvae admo dum, inveniuntur. Dno ejus genera: molle can didum, nigricans durum. Dicuntur ambo capitis dolores sedare adalligati, et serpentium ictus. Quidam phrenetici* ac lethargicis adalligari jubeot candicantem. Contra serpentes autem a qui busdam laudatur praecipue ex his, quem tephriam appellant, a colore cioeris. Vocatur et memphilea loco, gemmantia naturae. Hujus u s u conteri,

XI. Delle specie e colore de'marmi non aoeade ragionare, avendosene tanta notizia per ogoaoo, a difficile anoora sarebbe a contargli in tanta moltitudine. Perciocch qual paese o loogo , dove nou si trovi il suo marmo f E nondimeno de' marmi pi eccellenti e pi fini s ragionato a bastanza nel descrivere il circuito della terra e le sue nazioni. Non per tutti i marmi nascono nelle cave, ma molti ancora sono sparsi sotterra. Finissimo il Lacederaonio, verde, e pi allegro di tutti. Cos anco il marmo Augusteo, e dipoi il Ti beri no, i quali si trovarono la prima volta in Egitto nel principato d1Augusto e di Tiberio. Questi marmi sono diKereuli dall* o&te, perch esso mile alle macchie delle serpi, onde ance ha preso il nome ; e questi per diverso raodo fan no macchie, 1 Augusteo in foggia d onde, crespo sulla cima, e il liberiano ha per tolto macchie bianche. Non truovauo colonne,se iwa inolio piccole, di otite. Esao di doe sorti, molle bianco, c nero duro. Diceti che ameudue questi maruii legati sul capo levano il dolore e riparano ancora al mono delle serpi. Alcuni vogliono che quello clic biancheggia si leghi a' farnetici e a'letargici. Alcuni lodano grandemente conir le serpi quello che si chiama tefria, che ha colore di ceuereChiamasi ancora mentite dal luogo dove uaacc,

*3*s

HJSTOBIA&UH MUNOI LIB. XXXVI.

> 3 3

el iis, quae arenda siut aot secanda, ex aceto tUmi. batupeseit Ha >oorpo6, nec watit c ciatqiD. S abet poipbyrites in eadem l e g a t e : ex eo eaodidie inlervfenicntibu* punctis leplopaepbc* vottUir. Qaaalkliket moli boa caedendis tuffioiaat lapicidinae. Statua* eo Claudio Caesari procurator ejus in Urbem ex Aepypto advexit Vitrasius Pollio, non admodum profaala uo vitale. Nemo cerle postea imiUtni est. Jnvenii eadem ic fjp tw in Aethiopia, quem vocant basaIleo, terrei coieria atque duritiae. Unde et omen ei dediL Nuaaquam hic major repertus itt quam w tempio Paeis ab ioiperulorc Veapasituo Auguale dicatus : argnaaento Nili, xvi liberia circa luden tibus, per qaos toiidem cubila tumrai incrementi angentia e amnia intelliguntur. Non absimilia illi narrator in Thebia delubro Serapis, ut putant, Memnonistaiuae dicatus: quem quotidiano solis ortu centaolam radiis erepere dicunt.

di natura di gioia. Questo si pesta, e impiastrasi con eceto e quatte parti, alle quali si ha a dare il fuoco, o a segarsi. A questo modo il corpo s 'in tormentisce, e non sente il dolore. Il perfirite nel medestaae Egitto rosseggia : di questa specie si appelle letiopsefo quello che ha certe punte bianche. Di quelle cave ai traggono marmi -di qual si voglia gran dena. Vitrasio Pollione, procuratore di Claudioimperfedore, gli -mand di Egitto a Roma statue di quel marmo, ma questa novit fa poco lodata. Certo niune fu poi, ohe volesse imitarlo. Trov il aie* desimo Kgilto in 'Etiopia una pietra, ehe si chias ma basai te, di coloree dar essa di ferreyoude pre se pur il ueuae. Di questa pietra non l ' t m i t t aaai maggior pezao di quello, che el tempi* della Pace fu dedicato da Vespasiano imperatore, con l ' indicazione del Nilo per rispetto di sedici figliuoli che gli scherzano intorno, per li quali $' iotendono altrettante braoeie, che sauo la mag giore alterai a che il fiume eresoe. Simile a queMo diceti ehe u 1 uno nel tempio li Serapi in Tebe, onde falla, per quello che si tiene, la statua di U lema one, il quale dicono'be ugni H toec nel levar del sole, fa scoppio.
Dbll'
o n ic h b

Da o

itc u ,

na A u i u n m :

r i m c u i a i bx h is , v i.

dbll

A u su n o :

m b d ic ib b

6.

X II. {kiychem etiam Ium iu Arabiae aonti> XII. I ostri nliobi ancora credettero he la bto, nee usquam Kubi, nasoi putavere neutri pietra ouiche non naaoesae altrove, se a r a ne^nwnVeteres: Sudmesin Carmenia. Potoriis primum ti di Arabie: Sudine erede che eoebewt Carmania-. vatis mdlfitilis, dein pedibus leeftorum eUltqoe: Prima se ne fecero vasi da ber*, dipoi piedi di Nepos Cornelius tradit magno fritte miratalo, letti e sedie. Coruelio Nipote scrive, che fu tenuto a grau meraviglia, quando P. Lentule Spintere quum P. Lentulos Spinter atnphorasex eo Chio rum magnitudine cadorum ostendisset : post ne mostr anfore e orci, 'grandi quante eadi de quinquennium deinde triginta duorum pedum Scio, e dice ohe inque anni dopo gli u ride longitudine columnas vidtoe se. Variatum in hoc colonne lunghe trentado piedi. S ' pei tariate lapide postea eit. Namque pro miracelo insigni, in questa pietra ; perciocch Cornelio Balbo ne quatuor modicas ia theatro suo Cornelius Balbu* pose q u a ttro piccole nel suo teatro per gran ma posuit. Nos ampliores trifinta vidimus in coena- raviglia. lo ne vidi trnta assai maggiori in* una H tfone, tjtnw CalKstus Caesaris Claudii liberto- sala, Ohe Cattiate, uno depi rieoht liberti < CUn dio imperadore, aveva edificata. rum potentia netus sibi exaedificaverat. & Alcuni ehiemanoelabatfiro ua pietre, dalia 8. fluuc aliqui lapider alabastriien vocant, quale fanne vasi per-unguenti, perch babbo epit quem cavant id vasa unguentaria, quoniam opti me iter vare incorrupta dicitur. Idem exustus em* etane ehe gli eonscrri benissimo inoeriptti.La plaslris convenit. Nescitur circa Thebas Aegy medesima pietra arsa eo*vieae agli empiestr ptias, et Damascum 'Syriae. Bie ceteris candidior : Nasee appresso Tebe d* Egitto, e 'Damasco di So ptobalisSirrtus vero in Carmania, mox fn India : na. Queste pi bianca degli altri. Ma eeeellan4 jam quideito et in Syria Asiaqee. Vifitthnos au- tissievo queHu di Carmauia, poi ih India, e gi ttetn e l aioe ullo nitore in Cappadocia. Probantur ancora iu Sria e in Asia. Vilissimo e eesna oden* o splendore in Cappedocia. Molto atitnti quam -maxime mellei eoioris, in vertices macu losi, atque non translucidi. Vitra m iis, corneus sono quelli, che ban colere di mele, e maschia nella mme, ma non sono trasperenti. 1 difetti di cdlor a u t candidtt, et quidquid simile vitro t . essi tono, il colore di corno, o il bianoe, e ci eh staffe el vetro.

3oS
Db lt g d ib o ,

C. PUNII SECO KOI


c o r a m . i c o , a i . a b a u n ic o , t h b b a i c o , SVENITI.

i3o4

D bl l i g d i b o : d e l c o b a l l i c o : d e l i / a l a b a b d i c o :
DEL TEBAICO : DEL SIEBITE.

Poco differente da questo il fjigdino Xlll. Paullum distare ab eo in unguentorum Xlll. fide molli existimant Lygdinos io Paro reperlos: a conservare gli unguenti, secondo che alesai amplitudine, qua laaces craterasque non exce credono : fu trovato nel monte Tauro, ma noo sa dant, anlea ex Arabia lanium advehi solitos, ne possono far cose maggiori, che piattelli e cop pe: prima soleva venire solamente d'Arabia, mi candoris eximii. rabilmente bianco. Magnus et duobus coutrariae inler se nalurae Sono in gran riputazione due pietre di con honos: Corallilico in Asia reperto, incusurae non traria natura fra loro ; il Corallilico trovalo in ultra bina cubita, candore proximo ebori, el Asia, vicino all1avorio di bianchetia, e molto a quadam similitudine. diverso uiger esi Ala- lui somigliante : si trova in pezzi di oon pi che fcnndicus terrae suae nomine, quamquam et Mi due braccia. Per lo contrario lo AUbandico leti nasctus, ad purpuram tamen magis aspectu nero, cos chiamato dal nome della sua patria, declinante. ldemque liquatur igni, ac funditur bench nasca aucora a Mileto, dove nondimeno ad usum vitri. pende pi nel colore della porpora. Questo si ibude, e s* usa come il vetro. Thebaicus interstinctus aureis guttis, iu veni 1 1 Tebaico macchiato d gocciole d oro, e tor in Africae parte Aegypto adscriptae, coliculis truovasi in una parte d Africa ascritta all' Egitto, ad terenda collyria quadam utilitate naturali con- in piccole pietre che paion fatte appositamente Veuieos. dalla uatur* per pestare i collirii. Circa Syenen vero Thebaidis Syenites, quem 1 1 Sienite nasce appresso Sieoe di TebsiJe, e ante pyrrhopoecilou vocabant. prima si chiamava pirropedlo.
D a OBELISCIS. Degli
o b e l is c h i.

e facevano a gara a chi gli faceva maggiori. 1 raggi moslrauo, come essi erano consacrali al Sole, e cos viene a significare il nome Egizio. Il primo che ordinasse questi obdischi, in . Primus omniom id inslituil Meslres, qui in Solis urbe regnabat, somuio jussus : hoc ipsum Mestre, che regna va. ndla dita d d Sole, e rio fe inscriptum iu eo : etenim scalpturae illae effigies- ce perch gliele fu comandato in sugno ; il che que, quas videmus, Aegyptiae suut litterae. pure intaglialo nell' obelisco. Perciocch quelle figure e sculture, che vi veggiamo per entro, sono ledere Egizie. Fecero poi il medesimo altri re nella mede Postea et alii regni in supra dicta urbe, Socbis qtatuor numero, qoadragenum odonum sima citt. Socbis ne fece quattro lunghi qua cubitorum longitudine : RamisCs autem is, quo rantotto braccia ; e Raraise, il quale regnava al tempo che Troia fu presa, ne fece di quaranta regnante Ilium captum est, quadraginta cubito rum. Idem digressus inde, ubi fuil Mnevidis braccia. E dipoi partito di l, dove fu la regia di regia, posuit alium, longitudine nodecenteuis Mnevide, ue pose un altro lungo novantanove pie pedibus, per latera cubilis quatuor. di, e ne lati largo quattro braccia. g. Dicesi che questa opera fu fatta da venti 9. Opus id fecisse dkilolur cxx n hominum. Ipse rex, quum subrecturus esset, verereturque ue migliaia di persone; e esso re, quando s'aveva machinae ponderi non sufficerent, quo majus peri a rizzare, temendo che le armadure e gli altri culum curae artificum denuntiaret, filium suum instrumenti uon potessero sostenere tanto peso, adalligavit cacumini, ut salus ejus apud molientes per mettere pi cura e diligenza negli artefici, prodesset el lapidi. Hac admiratione operis effe*r leg.il figliuolo in cima dellobelisco, acciocch il cium est, ut quum oppidum id expugnaret riguardo alla salute di quello mettesse ne' lavo Cambyses rex, venluraque esset incendio ad ratori pi riguardo per questo. Per la maraviglia crepidines obdisci, extiogui igaem jubret molis di questa opera a v v e n n e , eh essendo Cambise a reverentia, qui urbis nullam habuerat. combattere quest citt, e gi essendo giunto il

. XIV. Trabe* ex eo fecere reges quodam cer tamine, obeliscos vocantes, Solis uumini sacratos. Radiorum ejus argumentum io effigie est, et ita siguificalor uomine Aegyptio.

XIV.

I re usarono far travi di pietra Sienite,

1 quali chiamarono obelischi, dedicati al dio Sole,

i3 o 5

HISTORIARUM MONDI LIB. XXXVI.

i3o6

Sunl el lii duo, unus a Zmarre positus, alter a Raphio, sine noti, quadragenora octoouin cubitorum. Alexandriae statuii unum octoginta cubitorum Ptolemaeus Philadelphus. Exciderat ini Necthebis rex purum: majusque opus in devehendo statuendole multo fuil, qaam in exddeudo. A Satyro architecto aliqui devectura tradunt rate : Callixenus a Phoenice, fossa per docta usque ad jacentem obeliscum e Nilo ; navesque duas io latitudinem patulas, pedalibus ex eodem lapide ad rationem geminati per dupli cem mensuram ponderis oneratas, ita ut subirent obeliicum pendentem extremitatibus suis in ripis otrimqo: postea egestis laterculis adlevatas na ves excepisse onus. Statutum aotem in sex talis e monte eodem, et artificem donatnm talentis quinquaginta. Hic fuit in Arsinoeo posilus ab rege supra dicio, munus amor is in eoniugero, earodemque sororem Arsinon. Inde eum navali bus incomodano Maximus quidam praefectus Ae* gypli transtulit in lorum, reciso cacumine, dum vnll fastigium addere auratum, quod postea omisit.

Et alii duo sunt Alexandriae ad portum, in Caesaris templo, quos excidit Meitres rex quadrageoum binum cubitorum. Super omnia ac cetti t difficultas mari Romam devehendi, specta tis admodum navibus. Divos Augustas eam quae priorem advexerat, miraculiqoe gratia Puteolis navem perpetuo dicaverat: sed incendio con* sumpta est. Divus Clauditis aliquot per annos adservatam, qoa Cajus Caesar importaverat, omnibus quae umquara in mari visae sunt, mira biliorem, turribus Puteolano ex pulvere exaedi ficatis, perdoctam Ostiam, portos gratia mersit : alia ex hoc cura navium, quae Tiberi subveherent. Quo experimento palam fit, non minos aquarum buie amni esse, quam Nilo.

U autem obeliscus, quem divus Augustos in Circo magno statuit, excisus est a rege Semneserleo, quo regnante Pythagoras in Aegypto fuit, ixxxii pedum, et dodrantis, praeter basim ejus dem lapidis : is vero, qui est in campo Martio, novem pedibus minor, a'Sesostride. Inscripti ambo rerum naturae interpretationem Aegyptio rum philosophia continent.

fooeo presso allobelisco, comand che si spegnes se il fuoco per riverenza di quella pietra, dove egli non avea avuto rispello alcuno alla citt. Sono altri due obelischi, l'uno posto da Zmar re, l'altro da Rafio, senza note, di quarantotto braccia. Tolomeo Filsdelfo ne fece (are uno in Alessandria d'ottanta braccia,il qoale il re Nettebi aveva fatto cavare d'un pezzo;e fu molto maggior fatica in condurlo e in rizzarlo, che in cavarlo. Alcuui dicono che Satiro architetto lo condus se su certe travi congiunte insieme: Callisseno scrive che fu condotto da Fenice per una fossa tratta del Nilo infino al loogo dove li pose, e che furono fatti due navili aperti e molto larghi, i quali empiuti di pezzi d'o n piede della pietra medesima, tanto che avessero il peso doppio delI' obelisco, furono condotti sotto l'obelisco stesso, il quale slava da ambi i lati sospeso nella estre mit delle ripe. Alleggeriti poi i nsvili delle piecole pietre, e sollevatisi, riceverono l'obelisco. Oltra di ci dicono che sei altri obelischi simili a questo erano tagliati nel medesimo monte, e che all'artefice furono donati cinquanta talenti. Fu posto queslo obelisco nel monumento d' Ar sinoe dal sopraddetto re, come dono d 'amore ver so sua moglie e sorella. Essendo egli poi incomodo all' arzan, un certo prefetto d' Egitto, chiamato Massimo, lo fece trasportare nella piazza, levan dogli via la cima, perch gliene voleva mettere una indorata, il che poi non fece altrimenti. Sono due altri in Alessandria presso il porto nel tempio di Cesare, i quali furono fatti fare dal re Mestre di quarantadue braccia. Ma sopra ogni altra cosa fu gran difficolt in condurgli a Roma per mare, con oerte navi di gran maraviglia. L 'imperadore Augusto dopo aver Callo condurre il primo, per maraviglia ue dedic la nave ia per petuo a Pozzuolo. la quale per fu guasta dal fuoco. Claudio imperatore condusse a Ostia,e, per rispetto del porlo, fece affondare quella nave conservata gi parecchi anni, con la quale Caio Cesare avea fatto condurre l ' obelisco, una delle maggiori maraviglie che mai sia stata veduta in mare, edi ficandovi sopra le torti di polvere di Pozzuolo. Per ci fu diversa la provisiooe de' navili, che lo conducessero su per il Tevere. Per lo qoale espe rimento si conobbe come qaesto fiume non ha mai manco acqua che il Nilo. Ma quell obelisco, che lo imperadore Augusto rizz nel Circo grande, fu fatto cavare da Senneserleo re d 'Egitto, nel tempo che Pitogora fu quivi : luogo otlanladue piedi e tre quarti, oltra la base dell'istessa pietra: quello eh' in Campo Marzio, di nove piedi manco, fu cavato da Seso stride. Amendue contengono la spiegazione della natura secondo la filosofia degli Egiziani.

C. PLIfUI SCOCNtN Di
IO

Q I HO O M N O M O

m O tU TO

Mserto.

D Q u itto cn n i a v r
P ia ISQVADBAM .

Ma iiio

XV. io. Ei, qoi t io Campo, diros Aego- XV. io. D qaello he - In taropo Marno slos addidit mirabilem usum, ad deprehenden- l'imperadore Angusto tolse * far uso, con grande das solis umbras, dieromque ac noctium it* asarariglia, par contrassegnare oon le ombre dd magnitudines, strato lapide ad magnitudinem sole la lunghetta dei giorni delle notti. P er d obelisci, coi par fieret ombra, brumae confa* vi fece presso on perimento di pietra per quanto d ae die, sesta hora ; paollatimqoe per r e f o- si tender l'om bra dell'obelisco la sesta or* las ( qoae sont ex aere inclusae ) singoli* die* delP ultimo d bramale f in modo ehe divnntoast hos decresceret, ac rursus augesceret : digna co sempre pi o nono ristretto seeeodo he ogni di gnitu res et ingenio fecundo, Manilio* mathema l ' ombra scemava o crescer secondo 1 regale tico* apici auratam pilam addidit, cujos umbra ( obe di rame ri sono incinse): oesa degna d 'es vertice colligeretur io s* ipaa, alias enormiter ja- ser oooosduto, e di bellissimo ingegna. Manilio colaoie apice, ratiooe ( ot ferunt ) a capite homi* matematico v aggiunse alla aima nsm polla in nis intellecta. Haec oboerratio trigiota jam fere dorata, la quale nell' ombre comparendo aspara temente dome pi preciso il ponto estremo ebe annis noo congruit, sire solis ipsios dissono cur su, et coeli aliqua ratione mutato, sire uuirersa noo potere la vette dell' obelisco per esser troppa lellore a centro soo aliquid emota, ut deprehendi spaziosa il che {come si dice ) si osserv neiiom et in alii* locis accipio : sire orbis tremoribai, bre del capo dell* nomo. Questa osaervaiion* dei ibi taatom gpoasooe iotorto, sive ionndatiooibos giorni da trenta anni im qoa non mostro pi il Tiberis sedimento molis facto : quamquam d vero, o pereh il orso del sole oon si* quel me altitudinis impositi oneri* m terram quoque di desimo, m* per alcuna ragione del osalo sia cam cantur acia fondamenta. biato i o pure perch la terra ooirersalment* si sia alquanto mossa dal suo centro ; come io ni tendo che ancora io altri paesi si comprende; o perch per terremoti il gnomone, orvero sqoadrante, sis piegato ; o perch le inoodaxioni del Terere abbiano mutato il fondamento d lotta la mole ; bench dicano eh* i fondamenti defl* obdisco ai eoo tanto profondi, quanto esao olto. 11. 11 terso in Vaticano, nel circo da Caio e i. Tertitts Romae in Vaticano Caji t Neroois ptinespom circo, ex omoibus nae* omnino Nerone impetadori. Questo solo fra talli gii altri eoa dotto a imitatione di quello he fu fono da foetas eat imitatione ejos, quem fecerat Sesostri dis filias Noneoreus. Ejusdem remanet et alios Nuneereo figlio di Sesostride. Di costui ne rimene centum ubi lo rum, iquem poet caecitatem riso un altro di eenU braccia ; il quale vendo riavu to la risto, poi oh* era aOceoato, ooueacrtale obe reddito, ex oraculo Soli serari t. lisco al Sole, perch l oracolo cosi l ' uvea conti gua to. O m A M tiiitw
mi

ns i m i s . P t i i w u s .

D etta o m s avaviottosc la q c k l l k n i u Dbcis im atiM . XVI. ia. Diciamo anoora gualche oosa per transito ddle piramidi dello stesso Egitto fatte da quel re per oziosa e pazza boria, e per pompa di daoari. Molti dicono che la cagione del fare que ste piramidi fa per u e a t lasciare a am edtsaori, o agli emoK bramosi di tradirli, tanto tesoro, orvero perch la plebe dn s'anuighattiase ndP ozio. Grande fa irea queste la v e n til di quegli uomini, e oggi ancora truorand molti 'natigli di piramidi cominciate. Uoa n' nell* perfcttura di Ardnoe, e due in qoeHa di Menti, poco lontane dal labirinto, del quale ragioneremo poi : eltoat-

XVI. ia. Dicantor obiter et pyramides hi ea* dem jEgypfo, regum pecuniae otiosa ae tuita ostentati. Quippe qaom (sciendi eas canta a plerisqoe tradatur, ne pecuniam snccesaoribo* aut aemulis msidiantibu* praeberent, aot ne plebs esset tioaa. Multa circa hoc vanitas illorum ho minum fuft : vestigiaque complurium inchoata rum castani, dna est in Ani no ite nomo, duae 4* Memphite, noo precol labyrintbo, deqooetipso dicemofc. Totidem, -obi (bit Moeridis lacus, hoc est, fossa grandi*. Sed Aegyptus iter m in ae memo rande narrat harum cacnmtna extrema.

i*>e

H1STOH1ARDM MUNDI LIB. XXXVI.

i3 io

quM e m iam E m ular. B ilifH e Ires, qpae orb e a levrariun implevere faaaa, m i cotiapicaae undique adoniginlibw i ailae cuat in parie Afri* cae, monte saxeo stcrilique, inter Memphim ojh pidum, et quoti appellavi diximus Della, a Nilo mimi quataor millia passuum, a Mempbi tu m , vico adposilo, quem vocant Buiria, in qao anni adsoeti scandere illa*.

tan*e dpve fa il lago ili Mende, cio una gran

fossa. Ma I' tegillo racconta fra le cose ma raviglioee e notabili le cime di queste piramidi, le quali si dioe che sono molto alte I / ah re tre, le qaak hanno ripieno il mondo della lor fama, e sono da ogni parte vedute da naviganti, sono io una parte d Africa in un monte sassoso e sterile, Ira Menfi e quel luogo, il quale dicemmo che si chiama Della, discosto dal Nilo tnauco di quattro miglia, e da Meufi selle e mezzo, presso a un villaggio dello Busiri, nel quale sogliono salire sopra esse.
D b l l a s r i a o s d 1 E g it t o .

Sraiitx A m arm i.

XVII. Ante has e a sphinx, vel raagis narran XVU. Innanzi a queste piramidi la sfinge, da, quasi silvestre numen adcolenlium. Aroasin la qoale merita di essere descritta, e pare una n p t a palant in ea ceadilum, et volant invectam deit selvatica degli uomini del paese. Costoro videri. Esi autem saxo naturali elaborata, et lu tengono cbe in essa sia sepolto il re Amasi, e vo brice. Capitia monstri rabilus per frontem oea- gliano ohe ss creda eh* ella sia stata condotta tum duos pedes colligit, Ungilndo pedam exui quivi. lavorala d 'un sasso naturale, e liscia. est, alii (udo a ventre ad anmaaam apsidem in Gira il capa di questo mostro per fronte cento c a p ite , lx m . dae piedi, ed loogo cento quaranti*, e alto, dal ventre alla cima del capos sessanladue. La piramide pi aha i fatta di pietre Arabi Pyramis amplissima ea Arabicis lapieidmi constat Treoenta l x hominom millia annis xx che. Dicesi che fu latta da sessanta mila uomini eam conslruixisse produnlar. Tree vero feclae in termine di venti anui. Tre afere furono fatte in settanta otta anni o quattro mesi. Di qoeste pi annis l x x v i u et aaensibus iv. Qui de iis scripse rint, sunt Herodotus, Euhemerus, Daris Semius, ramidi hanno soriilo Erodoto, Kueroero, Duri Atislagoras, Dionysias, Artemidorus, Alexander da Samo, Arialagora, Dionigio, Artemidoro, Polyhistor, Buteridea, Antisthenes, Demetrius, Alessandro Poliislore, Butoride, Antistene, Deme Demoleles, Apion, lnler omnes eos non eonstat a trio, Demotele e Apione. Di lotti questi scrittori quibas factae siat, justissimo ossu obliteratis lan- non v ninno che sappia dire chi le facesse, es lae vanitatis auctoribus. Aliqui x his prodiderant, sendosi per giustissimo caso spenta la memoria in raphanos, et allium, ac caepas, mille sexcenta degli autori di tanta vauit. Alcuui dessi hanno talenta erogata. Amplissima octo jugera obtinet delto, come io rafani, agli e cipolle vi sono soli, qualuor anguorum paribus intervallis, per spesi mille e secenlo talenti. I* maggiore occupa otto ingeri di terra : i quattro canti sono egual septingentos octoginta Ires pedes singulorum la terum, latitudo a cacumine, pedes xv s. Alterius mente discosti l ' un dall altro : ciascun lato set intervalla singula per qaalaor angelos peras, tecento otlantr piedi, e la larghezza sotto la cima quindici piedi e messo. L lira b a quattro angoli b o c x x x v i i comprehendunt. Tertia minor qaidem pari di settecento trentasette piedi l'uno. La praedictis, sed multo spectatiori Aethiopicis lapi dibus, adsArgit cecLiui pedibas iater angnlos. tersa minore deHe dette, ma molto pi bella, Vestigia aedificationum nalla extaut. Areoa late falla di pietre Etiopiche t ciascun angolo i tre para eireum, leulis simili ladine, qualis in raajari cento sessanlatr piedi. Quivi non resta vestigia parta Africae. Quaesliooam summa eat, quanam alenno d 'edificio. All*intorno non v* altro c b e ratione in tantam allitudisiem subvecta sial cae- arena para, che pare lente, siccome nella mag meala. Alii enim nitro ac sale adaggeratis euro gior parta dell Africa. Stanno gli scrittori in gran crescente opere, ac peracto fluroiois irrigatione dubbio, e non sanno trovare come fosse tirato a t a n t o altezza il cemento. Alcuni dicono, che cre dilutis : alii lateribus e luto factis, in privatas do mos distributis. Nilum enim non putant rigare s c e n d o l opera, la pareggiavano col nitro e col sale, e poich fu finita, la piena del fiume la di potuMse, multo humiliorem. In pyramide maxi ma eat intus puteua octoginta sex cubi loram ; sfece. Altri dicono, che era oostraita di mattoni di terra, cbe poi faron tolti pei bisogni delle flamen illo admissum arbitrantor. Mensuram al titudini earum omniumque similium deprehen* casa private ; perocch non pensane che il Nilo dem invenit Thalea Milesias, umbram metiendo, potesse arrivar quivi, essendo molto pi basso.

C. PLINII SUCUNDl qua ora par case corpori solet. Haec suut pyrami* dum miracula : supremuraque illud, ne qui re* gura opus miretur, miuiroam ex bis, sed lauda tissimam, a Rhodope meretricula factam. Aesopi fabularum philosophi cooserva quondam et con tubernalis baec fuit, majore miraculo tantas opes meretricio esse conquisitas quaestu.

iS ia

Nella priamide maggiore un porao d ottaotasei braccia, credono che il Nilo vi sia alalo condotto deolro. La misura dell alleila di que ste piramidi, e di tutte l ' altre simili la trov Talete Milesio, misurando P ombra in quell* ora, ch ella suole essere eguale a corpi. Queste sono le tanto maravigliose piramidi ; e questa mara viglia maggiore, acciacchi alcuno non si mara vigli delle ricchezze dei re, che la minima d* esse, ma per la pi bella, fu fatta da Rodope meretri ce. Questa fu gi serva insieme con Esopo filosofo scritlor di fovole, e abitava in uua medesima caaa; ma la maggior maraviglia di tutte , eh* dia ac quistasse tante facolt eon l arte sua.
F a io .

P h a io i .

X VIII. Magnificatur et alia turris a rege facta iu insula Pharo, porlura obtineote Alexaudriae, quam, constitisse oct io genii* talentis traduol: magno animo, ne quid omittamus, Ptolemaei re gis, quod in ea permiserit Sostraii Gnidii archi tecti structurae ipsius nomen iuscribi. Usus ejus, nocturno navium cursu ignes ostendere, ad praeuuotiaoda vada, portus<|ue introitum : quales jam compluribus locis flagrant, ut Ostiae, ac Ra vennae. Periculum in continuatione ignium ne sidus existimetur, quoniaiu e longinquo similia flammarum aspectus esi. Uic idem architectus primus omnium peusilem ambulationem Gnidi fecisse traditur.

XVIII. celebrata ancora uo'aUra torre, blta dal re Tolomeo oell' isola di Faro, dov il porto di Alessandria ; la qual torre dieooo che oosi otto cento talenti ; e per non lasciare oolla addietro, il re Tolomeo mostr grande animo, comportan do che in essa si scrivesse il nome di Sostrato da Goido architetto di quella fabbrica. Sopra di questa torre sta di continuo il fuoco acceso, per mostrare di notte il viaggio a navili, acciocch veggano le secche, e I1eutrata del porto ; e di queste torri sono in molti luoghi, che tengono il lume acceso, come ad Ostia e Ravenua. Ma pericolo nei rilucere del fuoco, che oon si cre desse che fosse usa stella, perciocch di lontaeo le fiamme paiono stelle. Questo medesimo archi tetto si dice che fu il primo che fe* a Guido un passeggio pensile alto da terra.

L a b y b ib t i.

Da l a s i u

s ti

XIX. i 3. Dicauius et Jabyriothos, vel porten XIX. i 3. Ragioniamo ancora de Ubinoti, tosissimum humani impendii opus, sed non, ut opera certo mostruosissima dell* ingegno umaao, existimari potest, falsum. ma per quel che si pu credere non pi falsa. Dura ancora oggi in Egitto nella pevietlara Durat etiam nune in Aegypto in Heracleopolite d Eradeopoli il primo, ehe fu fistio, per quel che nomo, qui primus factus rst ante annos, ut tra dant, ter mille sexcentos, a Petesucco rege, sive si dice, tremila seicento anni sono dal re Pete succo, ovvero Titoe. Bench Erodoto dica che Tilhoe. Quamquam Herodotus totum opus re gum esse dicii, novissimique Psammetichi. Cau tutta l opera de re, e dell ultimo Psammetico. Le cagioni del farlo souo iolese io pi modi. sam faciendi varie interpretantur. Demoleles re giam Molherudis fuisse, Lyceas sepulcrum Moe Dice Deraotele, eh* e fu il palazzo reale di Moteridis : plures Soli sacrum id exstructum, quod rude : Licea vuole eh e fosse la sepoltura di maxime creditur. Meride : molli altri tengono eh egli fosse consa cralo al Sole; e d pare che sia pialletto do credere. Non dubbio, che Dedalo tolse di qoi le ' Hinc utique sumpsisse Daedalum exemplar ejus labyrinthi, quem fecit in Creta, uou est dubium, sempio di quel labirinto, il qoale gli face io sed centesimam tantum portionem ejus imitatum, Creta, solamente imitato per la centesima por quae itinerum ambages, oceursusque, ac recursos zione, la quale contiene l ambiguit delle vie, e inexplicabile continet : non ( ut in pavimentis, gli occorsi e ricorsi inviluppati e inestricabili,

i Si s

H1STORIAROM MONDI MB. XXXVI. non come vergiamo ne pavimenti e ne' giuochi campestri de' fauciulli, dove iu breve estremit si congiuogono pi miglia di viaggio, ma sonvi falle di molle porle, le quali ingannano, e fanno ritor nare ne* medesimi errori. Questo fu il secondo labirinto dopo quello di Egitto: il terzo nell' isola di Lenno ; il quarto in Italia. Tutti sono di pietre concie, e fatti in volta. Quel d'Egitto aveva nell' entrate coloone di marmo Pario ( di che mi maraviglio), e le altre fabbriche di marmo Sienite, fatte in modo da non poter essere distrutte dai secoli neppure con tutta la malvagit dei cit tadini di Eracleopoli, i quali per invidia molesta rono mollo quest'opera. E' non ora intenzion mia di volere particolarmente raccontare la qua lit e tutte le parti a uoa per una di quest* open, essendo compartito io sedici regioni e in prefet ture (le quali io chiamai nome), ciascuna col titolo proprio e altrettante grandi abitazioni : oltra di ci conlieoe i lempii di tutti gli dei d'Egitto, e oltra quelli le Nemesi racchiuse in quindici tem pietti ; e varie piramidi di quaranta palmi, le quali tengono le sei estremit. Quelli, i quali vi entrano, gi stanchi dell'andare,giungono a quel lo inestricabile e inviluppato errore delle vie. Di pi, si monta in certe sale fabbricate soi poggi, e si discende in portichi per novanta gradini : dentro vi sono colonne di porfido, figure di dei, statue di re, e immagini mostruose. Alcune case sono fatte in modo, che quando le porte d 'esse s'aprono, si sentono dentro spaventosi tuoni. Nella maggior parte d esse si passaalbuio. Fuor del labirinto sono altri edificii, i quali si chiamano itron ; e altre cose sono sotterra, dove si va. per vie scavate. Un solo, eh* ebbe nome Circuiamone, eunuco del re Nettebi, che fu cinquecento anni innanzi Alessandro Magno, rifece quivi alcune poche cose. Dicesi altres cbe egli fece l ' arma dura di travi di spina inootte in olio, infino alle volte fatte di pietre riquadrate. Questo basti aver delto del labirinto d' Egitto e di quel di Creta. 11 Lennio simile a quelli, ed solo pi maraTiglioso per cento e quaranta colonne ch'egli ba; nella fabbrica delle quali i curri erano in modo bilicati, che nel tornarle un solo fanciullo le volgeva. Tre architetti furono a farlo, cio Zmilo, Rolo, e Teodoro di quel paese. Ancora oggi sono in piedi i vestigii d'esso, dove di quel di Creta e d'Italia non c' pi segno veruno. Perciocch ragionevole cosa ancora dire di qoello d* Italia, il qoale Porsena re di Toscana si fece fare per sua sepoltura ; acciocch ancora la vanit dei re stranieri fosse vinta dagl' Italiani. Ma perch la favolosit avanza tutte l ' altre cose, racconteremo le parole di M. Varrone: Fu se-

puerorumve ludicris campestribus videmu) bre vi lacinia millia passuum plora ambulationis con tinentem: ed crebris foribus inditis, ad fallen dos occursos, rerfeundumque in errores eosdem. Secandas hic fuit b Aegyptio labyrinthus ; ter tios in Lemno; quarius in Italia. Omnes bpide polito fornicibus lecti : Aegyptius ( quod miror equidem ) introitu, lapide e Pario columnis ; re liquis e Syenite mollibus compositis, quas dissol vere oe secula quidem possint: adjuvantibus Beracleopolitis, qai id opus invisum mire infeslavere. Positionem operis ejos siogolasque par te* eoarrare non esi, qaam sit in regiones divisom, atque in praefecturas ( quas vocavi nomos) aedecim nominibus earum, totidem vaalis domi bus adlributis : praeterea iempla omnium Aegy pti deorum eontineut, superque Nemeses quin decim aedicolis incluserit, pyramides complures quadragenarum ulnarum, senas radicum oras obtinentes. Fessi jam eundo perveniunt ad via rum illum inexplicabilem errorem. Quin etooenacula clivis eseelsa, porticus qooqoe descen dantur nonageuis gradibus : intus columnae de porphyrite lapide, deorum simulacra, regum sta tuae, monstriferae effigies. Quarumdam autem domorum talis est situs, ut adaperientibus fores, tonitruum intus terribileexsislat. Majore autem iu .parte transitus est per tenebras. Aliae rursus ex tra murum labyrinthi aedificiorum moles : itron appellant. Inde aliae perfossis cuniculis subter raneae domus. Kefecit unos omnino panca ibi Circumroon spado Necthebis regis, ante Alexan drum Magnum annis quinquagenis. Id quoque traditur, fulsisse trabibus spinae oleo incoctae, dom fornices quadrati lapidis adsurgerent. De Aegyptio et Cretico labyrinthis satis dictum est

Lemnius similis illis, columnis tantum ceotum quinquaginta memorabilior fuit:quarum in offi cina turbines ita librati pependerunt, ut puero circumagente tornarentur. Architecti illum fecere Zrailus et Rholus, et Theodorus indigena. Exstanlque adhuc reliquiae ejus, quum cretici italicique oulla vestigia exstent. Namque el Italicum dici convenit, quem fecit sibi Porsena rex Etruriae sepulcri causa, simul ut exleruorum regum vanita* quoqoe ab Italis superetur. Sed quum excedat omuia fabulositas, alem nr ipsius M. Varronis in expositione ejus verbi*: Sepultui est, inquit, sub urbe Clusio:

0 , PLINII SECUNDI

3 i6

in qao loco raouamealum reliquit lapide qua dratam : singula latera pedum trecenum, alta quinquagenum : inque basi quadrata intus iabjrintham inextricabilem : qao si quis improperet irine glomere lini, exitum inveuire nequeat. Supra id quadratum pyramides staat qninque, qoatuor io angulis, in medio ana : in imo latae pedum qaiottm septuagenum, altae centum quinquage num: ita fastigiatae, ut in summo orbis aeneus et petasus unas omnibus sit impositus, ex quo pen derai exapta catenis tintinnabula, quae vento agitata, longe sooitas referaut, ut Dodonae olim factum. Supra quem orbem quatuor pyramides Insaper, singulae exstant altae pedum centenum, n Supra quas ano solo quinque pyramides, quaratn altitudinem Varronem poduit adjicere. Fabulae Etruscae tradunt eamdem fuisse, quam totius operis : adeo vesana dementia quaesisse gloriam impendio nulli profuturo. Praeterea biigisse re gni vires, ut tamen lans major artificis esset.

polto, dice Varrone, sotto Ia citt ii CMasi, dove avea fatto la sepoltura di pietre riquadrate ia forma par quadra. Ciasean de' lati c delle faece avea treeeoto piedi di larghezza, e cinquanta di altzza. Dentro in base quadrata ano raestrieabile labirinto, nel qual* chi entra senza an go mitolo di filo, non sa trovare via da uscirne. So pra questo quadro sone cinque piramidi, quattro ne'canti, e uoa in mezzo: in fondo soa larghe settantaeiuque piedi, e alte cento cinquanta ; e nella cima di eiascena nna palla di rame, e s u cappello, onde pendono alcane campanelle legate con catene, le quali essendo mosae dal vento, so nano di maniera che si scalone di tontaoo, coae gi era in Dodona. Sopra di quel giro sono quat tro altre piramidi alte cento piedi. * Sopra queste era fatto nn piano, e in esso oinqoe piramidi, b cui altezza Varrone si vergogn raccontare. Dico no le favole Toscane, eh' die erano tasto alle quanto era il rimanente dello edificio ; tanto fu sciocca la pazzia di cercar gloria eoo nna spesa, la qaale non avesse a giovare a persona ; e affaticar le forze del reame in cosa, che desco maggior lode all* artefice, che a lui.
D e g li o b tj p e n s ili : d ' o r c a s t e l l o p b m u .

PBBSILBS BO BTI ; PENSILE OPPIDUM.

XX. 14. Legitur et pensilis hortus, imino vero XX. 14. Dicono ehe in Tebe d'Egitto furono gii orti pensili, oio sospesi da terre, e non sola totam oppidam Aegyptiae Thebae, exercitus ar mente questi, ma latta la citi aucora, di maniera matos subter educere solitis regibus, nollo oppi danorum sentiente. Etiamnum hoc minas miram, che i re solevaoo per di Sotto menare faora gli quam qaod flumine medium oppidum inter- eserciti armati, che nioo cittadino gli sentiva. E flaente. Qaae si fuissent, noo dubium est Home- questa anco minor maraviglia, che il fiume, il rnm dicturum fuisse, quum centum portas ibi quale corre per mezzo la terra. Le quali cose se praedicaret. fossero state vere, non dubbio alcuno che Ome ro le avrebbe dette, siccome e1disse dette cento porte di essa Tebe.
Db
tbm plo

p h e s ia e

D ja h a s .

D bl

t e m p io d i

D ia b a i n E f e s o .

XXI. Magnificentiae vera admiratio exstat XXI. Vera maraviglia di magnificenza il templum Ephesiae Dianae ducentis vigiliti annis lempio di Diana Efesia, fatto da tutta I1Asia io factum a tota Asia. In solo id palustri fecere, ne dagento venti anni. Fu fatto questo tempio ia terrae motus seutiret, aut hiatus timeret. Rarsas suolo paludoso, perch egli non sentisse terre ne ia labrico atque instabili fundamenta tantae moti, n apriture di terra. E acciocch i fonda faoll* locarentur, calcatis ea substravere carboni- menti di tanto edificio non fossero io luogo lo* bus, dein velleribus lanae. Universo templo lon* brico c instabile, vi misero sotto carboni beo cal gitudo est ccccxxv pedum, latitudo ducentorum cati, e velli di lane. La lunghezza di tatto il viginti, columnae centum viginti septem a singu tempio quattrocento venticinque piedi, la lar lis regibus factae, l x pedum altitudine: ex iis ghezza dagenloventi : soavi cento ventisette co xxxvi caelatae, uoa a Scopa. Operi praefait Cher- lonne, ciascuna fiatta da au re, e alte sessanta siphron architectus. Sanimi miracola, epistylia piedi, e di queste trentasei ne sono scolpite, e ona tantae molis ad tolli potnisse. Id consecutus est da Scopa. L architetto fo Chersifrone. Gran ma ille aeronibus arena plenis, molli divo super ca raviglia ancora, come si potessero metter sa i pita columnarum exaggerato, paullatim exina capitelli di tanto peso. Ci fece egli con certi niens imos, at sensim opus in cubili sederet. Dif- cenoni pieni di rena, componendoli a molle de-

HISTORIARUM MONDI LIB. XXXVI.

fidllime hoc contigit ia limine ipso qaod foribus imponebat. Etenim ea maxima moles fuit : nec sedit in cubili, anxio artifice, mortis destinatione suprema. Tradant in ea cogitatione fessam no cturno tempore in quiete vidisse praesentem deam, cui templum fiebat, hortantem ut viveret; se composuisse lapidem, atque ita postero die apparuit, et pondere ipso correctus videbatur. Cetera ejus operis ornamenta plurium librorum instar obtinent, nihil ad speciem naturae per tineo lia.

clivio sopra i capi delle colonne, e a poco a poco votando da basso que cestoni fioch tuito si fer masse come io sud letto. Difficilmente ci inter venne nella soglia, la qual poneva nella porta, pereb questa fu di grandissimo peso, n sedeva pel letto. Slava Juqque l ' artefice tntto pica di affanno con fermo proponimento di volersi ucci dere. Addormentandosi egli in questo travaglio,, gli apparve in sogno Diana, e conformilo a vi vere, e disigli cbe aveva ella acpopiodata la, pietra ; e posi l altro giorno si vide, e pareva, che il proprio peso avesse assettalo la pietra. Gli altri ornamenti di questo tempio ricercherebbono pi libri a volere contargli ; ma non s 'apparten gono punto alla contemplazione della natura.
D bllb
v a b a v ig l ib d i a l t b i t e m p l i .

A U O ID II T IW L O IO M A M I U I U U .

i 5. Dura in Ciuco un tempio, nel qua XXII. i 5. Durat et Cysici delubrum, in quo XXII. filum aureum commissaris omnibus politi lapidis le r architetto pose in tutte le commissure delle subjecit artifex, eboream Jovem dicaturas intus, pietre concie un filo d1oro, perch dentro aveva coronante eum marmoreo Apolline. Translucei a porre la statua di avorio di Giove, coronalo Ua ergo pictura tenuissimis capillamentis, lenique Apolline di marmo. Tralucouo adunque le giun adilata simulacra refovenle, praeler ingenium ture di sottilissimi capillamenti, e di uo leggeri artificis, ipsa materia, quamvis occulta, io pretio splendore, che d fiato alle statue : oltre |o in gegno dell' artefice, essa materia, bench occul operis inlelligitur. ta, accresce il prezzo dell' edificio.
Db la p id e
f u g i t i v o . E c h o s b p tib s b b s o h a b s C tz ic i.
c l a v o a e d if ic ia

D blla

f ib t b a f u g g it iv a .

D b l l a a g o p i C iz ic o ,

Sirb

bt

R om ab.

CHB BISUOBA SBTTB VOLTE.

Di BDIFI^II

SENZA

CHIODI, CHE SOBO ARCHE A ROMA.

XX1U. Eodem in oppido esi lapis, fugitivus appellatus ; Argonautae eo pro ancora usi, ibi reliquerant. Hunc e Prytaneo (ita vocatur locus) saepe profugum vinxere plumbo. Eadem in urbe juz ta portam, quae Thracia vocatur, turres septem acceptas voces numerosiore repercussu multipli cant : nomenque huic miraculo echo est a Graecis latum. Hoc quidem natura locorum evenit, et plerumque convallium : ibi casu accidit. Olympiae antem arte, mirabili modo, in porlicu, quam ob id Heptaphonon appellant, quoniam septies eadem ox redditor. Cyzici et Buleulerion vocant aedi ficium amplum, sine ferreo clavo, ita disposita contignatione, ut eximantur trabes sine fulturis, ac reponantur. Quod itero Romae in ponte Su blicio religiosum est, posteaquam Coclite Horatio defendente aegre revulsus est.

XXIU. Nella medesima citt una pietra, chiamata fuggitiva, la quale fu lasciata quivi da gli Argonauti, che se n erano serviti per ncora. Questa pietra, perch spesse volte s era fuggita del Pritaneo (cos si chiama il dov1era ) ne la impiombarono. Nella ulessa citt, appresso alla porta chiamata Tracia, sono sette torri, le quali rimbombando rendono molte volle la me desima voce ; e questa maraviglia da' Greci chiamala eco. Ci avviene dalla natura del luogo,e sopra lutto delle valli : qui nasce a caso. In Olimpia una loggia falla con mirabile arte, la quale dai paesani chiamata Eptafono, pereh ella rende selle volte la medesima voce. In Cizico ancora un grande edificio, il quale si chiama Buleu terio, senza alcun chiodo di ferro; e i palchi sono fatti in modo, che le travi si cavano e ri mettono senza puntellarle. Il che a Roma re ligioso nel ponte Sublicio, poich dopo la di fesa di Orazio Codile con difGpolt si disfece.

C. PLINII SECONDI

i3ao

RoMAft OFEkUM MIRACOLA, XVili.

M a RAVIGMOSI ED IFIIIl IU RoM A.

XXIV. Verum ei ad Urbis nostrae miracula transire conveniat, octingentorumque annorum locilef scrntari vire, et sic quoque terrarum orbem victura ostendere : quod accidisse toties paene, quot referentur miracula, apparebit : uni* versitale vero acervata, et in quemdam unum cumulum conjecta, non alia magnitudo exsurgit, quam si mundos alius qaidam in uno loco nar raretur. Nam ut Circum maximum a Caesare dictatore exstructum longitudine stadiorum trium, latitu dine unius, sed cum aedificiis jugerum quaternam, ad sedem c c l millium, inler magna opera dicamus: nonne inter magnifica basilicam Panli columnis e Phrygibus mirabilem, iorumque divi Augusti,et templum Pacis Vespasiani imperatoris augusti, pulcherrima operum, quae umquam : Pantheon Jovi Ultori ab Agrippa facium, quum theatrum ante texerit Romae Valerius Ostiensis architectus ludis Libonis f

Pyramidas regam miramur, quom solum tan tum foro exstroendo h * s tnilKes Caesar dictator emerit : et si qaidem impensae movent captos avaritia animos, P. Clodius, quem Milo occidit, h - s centies el quadragies octies domo empta habi taverit : quod equidem non secus, ac regum insa niam, miror. Itaque et ipsum Milonem sestertium septingenties aeris alieni debuisse, iater prodigia animi humani daco. Sed tunc senes aggeris va stum spatium, et substructiones insanas Capitolii mirabantur: praeterea cloacas:operum omnium dicta maximam, suffossis montibus, atqae (ut paullo ante retulimus} urbe pensili, sublerque navigata.

A M. Agrippa in aedilitate post consulatum, per meatus corrivati septem amnes, cursuque praecipiti torrentium modo rapere atque auferre omnia coacti, insuper mole imbrium concitati, vada ac latera quatiunt : aliquando Tiberis retro infusi recipiunt fluctus, pugnanlque diversi aqua rum impetOs intus : et lamen obnixa firmitas resistit. Trahuntur moles internae tantae, non succumbentibus causis operis : pulsanl ruioae sponte praecipites, aul impactae incendiis : qualitur solum terrae inotibus : durant tamen a Tar quinio Prisco annis prope septingeulis inexpu-

XXIV. Ma ben ragionevole ancora che oot vengbiamo a contare e le maraviglie della no stra citt, e gli uomini, i quali gi novecento anni sono, in essa sono stali di grande ingegno, e cos mostrare il mondo vinto da loro f il che si conoscer esser avvenuto quasi tante volle, quan te maraviglie racconteremo. Ma raunato insieme I universale, e posto quasi io un monte, noo sorger altra grandetta, che se ooi raccontas simo in un solo luogo tutto un altro mondo. Perciocch ancora che noi pongbiamo tra le opere grandi il Circo massimo fallo da. Cesare dittatore, longo tre stadii e largo ono, ma eoo edificii di quattro iugeri, dove p o s s o n o sedera dugenlo cinquanta mila persone; non porremo noi ancora ira le fabbriche maravigliose la basi lica di Paolo, mirabile per le colonne Frgie, In piazza del divo Aoguslo, il (empio della Pace di Vespasiano imperator augusto, opere bellis sime pi che quante altre mai fossero falle ; il Panteo fatto da Agrippa a Giove Vendicatore, il teatro eh' era stato coperto prima da Valerio Ostiense architetto negli spettacoli di Libone? Noi ci maravigliam delle piramidi fatte dai re, e veggiamo che Cesare dittatore comper so lamente il silo per fare la piazza cento milioni di sesterzii. E se pure le spese muovono gli animi occupati dall avarizia, P. Clodio, il qaale fu morto da Milone, comper la casa per abitare quattor dici milioni ottocento mila sesterzii ; il che non mi fa ponto meuo meravigliare, che la pazzia dei re. Per mi pare da mettere aocora tra i prodigii dell animo umano, eh esso Milone avesse debito ottaota milioni di sesterzK. Ma al lora i vecchi leneano per meraviglia lo spazio grande dellargine, e le pazze fabbriche det Ca pitolio, e le fogne ancora, opera fra tutte 1 altre grandissima, perch i monti erano forati, e tutta la citt, come licemino |ocn innsfnzi, era sospe sa, e navigala di sotlo. Queso fece M. Agrippa essendo edile dopo il consolalo, lirando e conducendo per canali e acquidolli sette fiumi, i quali con velocissimo corso a guisa di orreati u portano ci che truovano ; e olir ci concitati dalla faria delle piogge battono il fondo e le rive, e alcuna volta ricevono I onde del Tevere, il quale ritorna in dietro; e diversi impeli d acque combattono dentro ; e nondimeno la fortezza del cauale remie. Le acque tirano seco gran pesi, i quali procedono o dalle ruine, o dagl* incendit della citt, e nondimruo resistono i condotti, ovvero

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXXVI. gnabiles: non omittendo memorabili exemplo, vel eo magis, quoniam celeberrimis rerum con-1 ditoribusomissam est : quom id opus TarquiniusPriscas plebis manibus faceret, essetque Ubor incertum longior an periculosior, passim conscit* nece, Quiritibus taedium fugientibus, novum et inexcogitatum ante posteaque remedium invenit ille rex, ut omnium ita defunctorum figeret cru cibus corpora spectanda^ civibus, simul et feris volucribusque laceranda. Quamobrem pudor Ro mani nominis proprius, qui saepe res perditas servavit in proeliis, tunc quoque sobvenil : sed illo tempore imposuit, jam erubescens, quam po dere! vivos, Umqoam pudituram esset exstinctos. Amplitudinem cavis eam fecisse proditor, ut vehem feni large onustam transmitteret. . fogne.La terra commossa da terremoti, e non dimeno essi durano inespugnabili da gi otto cento anui che furono fatti da Tarquinio Pri sco. N lascer addietro un esempio degno di memoria, massimamente per essere egli stato Im pastato da famosissimi scrittori. Faceva fare que sta opera Tarquioio Prisco con le roani della plebe, ed era dubbio se la fatica fosse pi lun-' ga, o pi pericolosa, perciocch molti cittadini s* uccidevano da loro stessi per fuggire tanta noia : al quale disordine trov il re un rimedio nuovo, e non pi pensato n prima n poi. Per ciocch fece impiccare i corpi di tutti coloro, che s' uccidevano in questo modo, di maniera che lutti i cittadini gli vedevano, e cosi li lasciava mangiare alle fiere e agli uccelli. Onde la ver gogna, la qual propria del popolo Romano, e spesse volte ancora nelle battaglie ha racquistata la vittoria perduta, allora anco sovvenne, ma pi forte che mai, perch i vivi si vergognavano di ci, come se ancora dopo la morte s1 avessero avuto a vergognare. Dicesi che la grandetta del vto fu si grande, che vi sarebbe entrata una treggia quanto pi poteva carica di fieno. Piccole sono tutte le cose gi dette, e tutte da agguagliarsi a una maraviglia sola, la quale io voglio dire prima ch'io racconti le nnove. Al tempo che M. Lepido e Q. Catulo eran consoli, C o rae saccordano tutti i diligentissimi scrittori, non fu in Roma pi bella casa, che quella di Le pido istesso. Ma certo poi di l a trentacinque anni la medesima non ottenne il centesimo luogo. Conti chi vuole in questa stima la graudeaza dei marmi, le opere de' pittori, le spese reali, e cento altre cose, le quali competono con quella bellissi ma ed eccellentissima di Lepido, e queste dipoi vinte da infinite altre insino al d d'oggi. 1 fuo chi veramente puniscono tanta magnificenza ; ma per non si pu fare che i costumi intendano alcuna cosa esser pi mortale che 1' uomo. Due case sole avanzarono tutte queste. Noi abbiamo visto due volle tutta Roma esser cinta dalle case di Caio Caligola, e di Nerone ; e questa di Nerone, acciocch non mancasse nulla, fu au rea. In questo modo abitavano coloro, che fon darono questo imperio, i quali andando a vincere tante nazioni e a riportare tanti trionfi, uscivano o dall* aratolo, o dal focolare ; e le cui possessioni erano molto minori, che oggi non sono i celiai di costoro. E qui vienimi nella mente quanto in confronto eran piccoli gli spazii, i quali la repub blica donava agl'invitti capitani per edificar case : eppure quello era un supremo onore, siccome fu dato a L. Valerio Publicola, il quale fu il pri mo consolo con L. Bruto, dopo tanti meriti, e al fratello suo, il quale due volte nel medesimo ma-

Parva soni cuncta, quae diximui, et omnia uni comparanda miraculo, antequam nova attin gam. M. Lepido, Q. Catulo coss. ut constat inter diligentissimo! auctores, domo* pulchrior non fuit'Romae quam Lepidi ipsius. At hercule intra annos xxxv eadem centesimum locnm non obti nuit. Computet in hac aestimatione , qui volet, marmorum molem, opera pictorum, impendia regalia, et cum pulchcrrima laudatissimaque cer tantes centum domos: posteaque eas ah innume rabilibus aliis in hunc diem victas. Profecto in cendia puniuut luxum: nec tamen effici potest, nt mores aliquid ipso homine mortalius intelligant.

Sed eas omnes duae domus vicerant. Bis vidi mus Urbem lotam cingi domibus principum Caji et Neronia, et hujus quidem ( ne quid deesset ) aurea. Nimirum sic habitarunt illi, qui hoc impe rium fecere, tantas ad vincendas gentes, triumphosque referendos ab aratro ant foco exeuntes, qoorum agri quoque minorem modum obtinue re, quam sellariae istorum. Subit vero cogitatio, quota portio harum fuerint areae illae, quas in victis imperatoribo* decernebant publice ad aedificandas domos : summusque illarum honos erat, sicut in P. Valerio Publicola, qui prioius consul fuit cum L. Bruto, post tot merita, et fratre ejus, qui bis in eodem magistratu Sabinos devicerat, adjici decreto, u ut domus eorum fores extra aperirentur, et jaoua in publicam rejicere-

, 3*7

C. PLIMI SECUNDI

1*8

quarum Appiae, Anienis, Tepulac, ductus refi* cere, novam a nomine suo appella Um, cuniculi* per monles actis intra praeturae tuae tempus ad duxi U Agrippa vero in aedilitate sua, adjecta Virgine aqua, ceteris corrivatis atque emeudatis, laeus septingentos fecit: praeterea salientes cen tum sex : castella centara triginta, complura etiam cultu magnifica : operibus iis signa trecenta aerea aut marmorea imposuit, colpmnas ex marmore quadringentas, eaque omnia annuo spatio. Adjicit ipse in aedilitatis suae commemoratione, et Indos undesexaginta diebus factos, et gratuita praebita balinea centum septuaginta, quae nnuc Romae ad infinitum auxere numerum.

Vicit antecedentes aquarum ductus novissi mum impendinm cperis inchoati a Cajo Caesare, et peracti a Claudio. Quippe a lapide quadrage simo ad eam excelsitatem, ut io omnes Urbis montes levarentur, influxere Curtius atque Cae ruleus fontes. Erogatura in id opus sestertium l v d . Quod si quis diligeotius aestimaverit aqua rum abundantiam in publico, balineis, piscinis, domibus, euripis, hortis, suburbanis, villis, spatioqoe advenientis exstructos arcus, montes per fossos, convalles aequatas, fatebitur nihil magis mirandum fuisse in toto orbe terrarum.

Ejusdem Claudii inter maxime memoranda equidem duxerim, quamvis destitutam successo ris odio, montem perfossum ad lacum Fucinum emittendum, inenarrabili profecto impendio, et operarara multitudine per tot annos : qnum ant corrivatio aquarum, qua terrenus mons erat, ege reretur in vertice machinis, aut silex caederetur, omniaque intus in tenebris fierent, quae neque concipi animo, nisi ab iis qui videre, neque hu mano sermone enarrari possunt. Nam portus Ostiensis opus praetereo : ilem vias inter roootes excisas : mare Tyrrhennra a Lucrino molibus seclusum : tot pontes tantis im~ pendiis factos. E t ioter plurima alia Italiae mira cula, ipsa marmora in lapicidinis crescere auctor est Papirius Fabianus, naturae rerum peritissimus: exemptores quoque adfirmant compleri spoute illa montium ulcera. Quae si vera sont, spes est numquam defui uram Inxuriam.

Costi avendo avuto commissione dal senato di rifare i condotti dell' acque Appia, del Teverone e della Tepula, condusse una nuova acqua in Roma, forando i monti ; e forn l ' opero innanzi che passasse il tempo della sua pretura ; e la chiam dal suo nome. Agrippa essendo edile v' aggiunse I' acqua Vergine, e racconciando gii altri acquedotti, fece settecento laghi : oltra di ci oenlocinque fantini, e bottini cento trenta, de' quali molli erano magnifici, e su queste opere pose trecento statue di bronco o di marma, e quattrocento colonne di marmo, e latte queste cose fece egli in termine di un anno. Aggiugne egli nella ricordanza che fa della sna edilit,che ei fece spettacoli, i quali durarono cinquantanove giorni, e eh egli diede gratuilanente cento settanta bagni, i quali ora in Roma sono accre sciuti in numero infinito. Furono di gran lunga avanzati tatti gli ante cedenti acquedotti dalla spesa dell opera inco minciata da Caio Cesare, e fornita da Claudio, perciocch essi condussero due fonti, cio il C ir sio e il Ceruleo quaranta miglia discosto, a tanta altezza, ebe soverchiano tatti i monti di Roma. Furono spesi in questa opera cinquantacinque milioni cinquecento mila sestersii. Ma se alcuno diligentemente vorr considerare la do vizia delP acque in pubblico ne* bagni, nelle pe schiere, nelle case, ne1 canali, ne giardini, nelle ville vicine a Roma, glj archi fatti per tutto que sto spazio, i monti forali, e le valli ripiene, con fesser che non stata al mondo la maggior ma raviglia di questa. lo tengo aucora, che meriti d* esser posta fra le cose notabili del medesimo Clandio, bench 1 opera fosse tralasciata ger lodio del suo suc cessore, il monte forato per farvi passare il Ugo Fucino, veramente con incredibile spesa, e opere infinite iu tanti anni,- perciocch o s'aveva a tirare su con le macchine, dov era monte di terra, lo scolo delle acque, o s avevano a tagliar pietre, e ogni cosa s aveva a fare dentro al buio ; il che non si pu comprendere eoo 1 animo se non da quelli che videro, ne si pu esprimere oon paroleio non dico nulla del porlo d Ostia, n delle vie tagliale fra* monti, n del mar Tirreno di* viso con fabbriche dal lago Lucrino, o di tanti ponti con tante spese falli. Fra molte altre mara viglie d Italia, scrive Papirio Fabiano, che fu eccellentissimo scrittore uella nalura delle cose, che i marmi ricrescono nelle care ; e coloro che cavano i marmi, dicono che queste piaghe dei monti si riempono da loro stesse. Le qnali cote se sono vere, si po sperare che la magnificenza non su mai per mancare.

HISTORIARUM MUNDI U B. XXXVI. Da


H iG iB ii
u p id x

i33o
: .

m e d ic ih a i b x b o , x .

D ella

c a l a m it a

m e d ic in e i o

XXY. i& A marmoribus digreditati d reliqutrum lapidum insigne n tta ru , qai* dabitel in primii magoetem occurrere ? quid enim mira* bilius ? aot qua io parte naturae major improbi tas ? Dederat voeem saxis, ut diximus, respon dentem homini, immo vero et obloquentem. Qoid lapidis rigore pigrius t Eoo sensus manusque tribuit illi. Quid ferri duritia pugnacius? Sed cedit, et patitur mores : trahitur namque a ma gnete lapide, domUrixqae Ula rerum omnium materia ad inane nescio quid carrit: atque ut propius venit, adsistit, tenetur, complexuque haeret. Sideriliu ob id alio nomine appellant, quidam heradeon. Magnes appellatas est ab in ventare (ut auctor est Nicander) in Ida repertus* Namque et passim invenitur, ul in Hispania quo que. Invenisse autem fertur, clavis crepidarum et baculi cuspide haerentibus, qoam armenta pasce ret. Quinque genera magnetis Sotacus demon strat : Aethiopicum : e Magnesia Macedoniae con termina, Boebeida lacum petentibus dextra : ter tium in Hyrietico Boeotiae : quartum circa Ale xandriani Troadem : quintum in Magnesia Asiae. Differentia prima, mas sit an femina : proxima in colore. Nam qui in Magnesia Macedonici reperinntur, rufi nigrique sunt. Boeotios vero rufl eoioris plus habet, qaam nigri. Is qui in Troade inveaitar, uiger est et feminei sexus, ideoqae sine viribus. Deterrimas autem in Magnesia Asiae, candidas neque adtrahens ferrum, similisque pu mici. Compertum tanto meliores esse, quanto sant magis caerulei. Aethiopico laus summa datur, pondasqae argento rependitor. Invenitur hic in Aethiopiae Zimiri: ita vocatar regio arenosa. Ibi et haeraatiles magaes sanguinei coloris, sangui nem qae reddens, si teratur, sed et crocum. In dtrahendo ferro non eadem haematitae natura* quae magneti. Aethiopici argumentum est, quod magnetem qaoqae alium ad se trahit. Omnes au tem ii oeniorum medicamentis prosunt, ad suam qaisqae portionem: maximeque epiphoras sistunt. anant et adusta cremati tritique. Alius rursus in eadem Aethiopia non procul mons gignit lapi dem theameden, qui ferrum omne abigit, respuitque. De utraqae natura saepias diximus.

XXV. 16. Partendomi io da* marmi per an** dare alle notabili natare dell* altre pietre, chi du bita che fra le prime non sia la calamita ? Per ciocch, che maggior maraviglia ci d essa ? o in qual parte di natura i maggiore malvagit? La natura aveva data la voce a* sassi, come abbia mo detto, ehe risponde all* uomo, o piattosto parla all1 incontro d esso. Che cosa pi pigra, die il rigore della pietra ? Ed ecco che la natura le ha dato i sentimenti e le mani. Che con pi resiste, che la durezza del ferro ? E nondimeno egli cede e ubbidisce, perciocch* tirato dalla calamita, e quella materia, la quale doma tutte le cose, corre a non so che vano; e appressando si ferma, ed tenuta, e rimane abbracciata, e perci con altro nome questa pietra si chiama siderite, e da alcnni eraeleo. Fu chiamata magnete dal nome di colui che la trov, che, siccome scri ve Nicandro, la trov in Ida. Truovasene in ogni luogo, come aneora in Ispagna. Dicesi che la tro v sentendo rimanere appiccati i chiovi de cal zari, e la pania del bastone,essendo egli a pasoere il suo bestiame. Sotaco dice che ci sono dnque sorti di calamita. La Etiopica, la Magnesiaca ia salta man ritta a chi vien; di Macedonia verso il Lago Bebeide, la terza in Irietico di Beozia, la quarta appresso Alassandria di Troade, la quinta in Magnesia d Asia. La prima differenza , se maschio o femmina, dipoi nel colore. Perciocch qaellrche si truovano in Macedonia e in Magnesia sono roseigne e nere. La Beozia ha pi del rossigno ehe del nero. Quella che si trova nella Troa de nera e femmina : perd non ha forze. La peggior di tal te la bianca in Magnesia d'Asia, la quale non lira altrimenti ti ferro, e somiglia molto la pomice. Travasi che la calamita tanto mi gliore, quanto ella pi verde. L Etiopica te nuta la migliore, e veodesi a peso d* argento. Questa ai trova in Etiopia a Zi miro : cos si chia ma qaella contrada arenosa. Quivi anche la ca lamita ematite, di color sanguigno, la quale se si pesta getta sangue, e zafferano ancora. Nel ti rare il ferro non ha la natura che la calamita. Il segno che la calamita sia d Etiopia, e, che non solamente tira a s il ferro, ma ancora un'al tra calamita. Tutte queste pietre giovano a me dicare gli occhi, ciascuna alla sua porzione; e soprattutto fermano le lagrimazioni di essi. Arse e peste guariscono le incoltare. Un altro monte pare in Etiopia, poco discosto, produce la pietra teamede,la quale scaccia da ogni ferro. Dell'uaa e dellaltra natura spesso abbiamo ragionato.

i35r
SCTRIOS LAPIS.

C. PLINII ECDICDI
D il l a
p ib t b a d i

33a
S c ir o .

XXVI. Lapidem e Scyro insula integrum flu ttuare tradunt, eumdem comminutum mergi.

XXVI. Dicono ohe la pietra dell* isola di Sci ro qoando integra sta a galla, e rotta va al fondo.
D e l l a p i e t b a s a r c o f a g o : m x d ic . 1 0 .

De

s a r c o p h a g o : m e d ic in a e ., x .

XXVII. 17. In Asso Troadis caroopbagui lapis fissili vena scinditur. Corpora defunctorum con dita in e o , absumi constat intra x l diem, exce ptis dentibus. Mucianus specula quoque, et stri giles, et vestes, et calciamenta illata mortuis lapidea fieri, auctor est. Ejus generis et in Lycia saxa suot, et in Oriente, quae viventibus quoque adalligata, erodunt corpora.

XXVII.17. In Asso di Troade la pietra sa r cofago, la quale si divide per vena fendibile. Di cesi che i corpi morti, i quali si mettono in que sta pietra, si consumano in qoaranta giorni, fuor ch i denti. Muciano scrive che gli specchi, e le stregghie, e le veste e i calzari messivi co* corpi, diventano tutti di pietra. Di questa specie sono pietre ancora in Licia e in Oriente, le qoali ro dono ancora i corpi vivi, se sono loro legate in torno.
D blla
p i e t b a c h b b w it b

Da

CHBRHITB, DB PORO.

d b l l a p ie t r a po bo .

XXY1II. Mitior est autem servandis corpori bus, nec absumendis chernites, ebori simillimus, in quo Darium conditum ferunt : Parioque simi lis candore et duritia, minus tamen ponderosus, qui porus vocatur. Theophrastus anetor est et translucidi lapidi* in Aegypto, quem chio similem ait: quod fortas sis tunc fuerit, quoniam et ii desinunt, et novi reperiuntur. Assius gustu salsus podagras lenit, pedibus in vase ex eo cavato inditis. Praeterea omnia crurum vilia in iis lapicidinis sanantur, quum in metallis omoibus crura vitientur. Ejus dem lapidis flos appellatur, in farinam mollis, ad quaedam perinde efficax. Est autem similis pu mici rufo. Admixtas aeri Cyprio, mammarum vitia emendat : pici autem resinaeve, strumas et panos discutit. Prodest et phthisicis linctu. Cum melle vetera ulcera ad cicatricem perducit : excre scentia erodit. Et ad bestiarum morsas utilis. Repugnantia curationi, ac suppurata siccat. Fit et cataplasma ex eo podagricis, mixto fabae lomento.

XXVIII. La pietra che s chiama chernite pi delicata per conservare, e non per consumare i corpi : somiglia molto lavorio, e dicono che in essa fu riposto il corpo di Dario. Quella pietra ehe si domanda poro, di bianchezza e di durezza simile al marmo Pario, ma per pesa manco. Scrive Teofraslo, che in Egitto ancora si truovano pietre trasparenti, e dice che sono simili al serpentino, e ci forse era allora, perchi que ste sono mancate, e trovansene delle aaove. La pietra assio salsa al gusto mitiga le gotte, tenendo a molle i piedi in un vaso cavato di questa pietra. Olir di ci tulli i mali delle gambe guariscono in queste cave, laddove le gambe infermano in tutte le cave de* metalli. Della medesima pietra quello che si chiama fiore, del quale facilmente si fa polvere, ba virt in molte cose. E simile alla pomice rossa. Mescolalo col rame Ciprio guarisce mali delle poppe, e con pece e ragia leva le scrofe e i pani. Giova ancora a* tisici a leccarlo. Col mele fa raramargioare le piaghe vecchie, e rode le carni ricresciute. E utile al morso delle bestie. Risecca i mali che non possono curarsi, e quegli che hanno raccolto marcia. Fassi ancora d 'esso unguento alle gotte, mescolandovi brina di fava.
D
e l l e p i b t b e d o s s o :' d e l l e p a l m a t e : d e' t e n a r u : de' m armi b e g e l .

Db l a p id ib u s o s s e is ; d e p a l m a t i s ; d i t a e i u r h s ;
DE B1GBIS MARMOBIBOS.

18. Il medesimo Teofrasto e Mudano XXIX. 18. Idem Theophrastus et Mucianus XXIX. tengono che si truoviuo alcune pietre, che parto esse aliquos lapides qui pariant, credunt. Theo phrastus auctor est et ebur fossile, candido et riscano. Theofrasto scrive, come si traova avorio nigro colore inveniri, et os e terra nasci, in ve* cavato di cave bianco e nero, e che nascono ossa

1333

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXXYI.

>334

niriqne lapides osseos. Palmati circa Mandam ia Hispania, nbi Caesar dictator Pompejam vicit, reperiuntur; idqne, qaolies fregeris. Sant et nigri, qaoram auctoritas venit io marmora, sicut Taenarias. Varro nigros ex Africa firmiores esse tradit, qaam in Italia. E diverso albos tornis duriores, qaam Parios. Idem Lunensem silicem ser ra secari: at Tascalanam dissilire igoi. Sabinum fuscum addito oleo etiam lucere. Itero molas ver satiles Volsiniis inventas, aliquas et sponte motas invenimus in prodigiis.

di terra, e che si trovano pietre d osso. Trovanti pietre palmate appresso a Monda in Ispagna, dove Cesare dittatore vinse Pompeo, e questo avviene ogni volta eh1elle si rompono. Sonci pietre nere ancora, che hanno la riputazione de'marmi, come la Tenaria. Dice Varrone, che le pietre nere di Africa sono pi nere che in Italia. E per contra* rio le bianche sono pi dure da lavorare al torno, che i marmi di Paro. Il medesimo dice, che il marmo da Luni si taglia con la sega, che il Tuscu lano getta fuoco, e che la Sabina nera aggiuntovi olio riluce ancora. Dice anco, che le macine, le quali girano, f u r o n o trovate a Bolsena; e ne* pro digii si truova, che alcune si sono mosse da loro stesse.
D b l l b p i e t b b m o l a r i . D b l l a p i r i t e : m e d ic . 7 .

Db

iio l a b

ib u s

l a v iv i b u s .

P tb ite s :

m e d ic in a e

BX BO, V II.

XXX. Nasquam hic utilior, quam in Italia XXX. Non oasce in alcun luogo tal pietra pi ggoitur: lapisque, non saxum,est. In quibusdam olile che in Italia, pietra, e non sasso. In cerl vero provinciis omnino non invenitur. Sunt qui province al tatto non si truova. Sono certe pie dam in eo genere molliores, qui et cote laevigan- tre in quel genere pi tenere, le quali si pulisco tor, ut procnl inluenlibus ophitae videri possint. no con pietre dure, talch a chi le guarda di di Neque est alius firmior: quando et lapidis natura, scosto, paiono serpentino. N c alcun' altra pi u t lignum, similiter imbres solesque aut hiemes ferma, perch la natura delle pietre, coin il noo patitur, in aliis atque aliis generibus. Sunt legno, teme le piogge, il caldo e il freddo iu molti suoi generi. Sono alcune pietre che non qai et lunam non loletent, et qui vetustate rubigioem trahant, coloremve candidum oleo mutent. reggono al lume della luna, e alcune che per la vecchiaia irraggioiscono, e mutano il bianco con lolio. 19. Alcuni chiamano la pietra molare pirite, 19.Molarem quidam pyriten vocant, qaoniam perch ella ha in s molto fuoco : ma ci ancora ait plurimas ignis illi: sed est alias etiamnum pyrites similitudine aeris. In Cypro eum rpe- an altro pirite, che somiglia il rame. Vogliono che si traovi in Cipri, e nelle cave, le qaali sono riri volant, et in metallis, quae sunt circa Acar naniam, unam argenteo colore, alterum aureo. in Acarnania, ana pietra di colore d argento, e Coquuntor varie : ab aliis iterum tertioque in un altra d oro. Cuoconsi in pi modi. Alcuoi le melle, donec coosamatur liquor : ab aliis prona cuocono due e tre volte nel mele, fin che il licore prius, dein melle, et postea lavantnr, ut aes. Usus si consumi. Alcuni prima le cuocono nella bragia, eorum in medicina excalfacere, siccare, discu poi nel mele, e dipoi le lavano come il rame. La tere, humorem extenuare, duritias nimias molli virt loro in medicina di riscaldare, seccare, re. Utuntur et crudis tusisque ad strumas atque discutere, assottigliare 1 umore, e mollificare le troppe durezze. Usansi ancora le pietre crude e furunculos. Pyritarum etiamnum aliqui genus nnum faciunt, plurimum habens ignis, quos peste alle scrofe e a Agnoli. Alcuni fanno una ivos appellamus, et ponderosissimi sunt. Hi specie sola delle pietre pirite, le quali hanno di exploratoribus castrorum maxime necessarii, qui molto fuoco, e chiamansi vive, e sono gravissime. clavo vel altero lapide percussi, scintillas edant : Queste sono molto necessarie alle spie degli eser quae exceptae sulphure aat fangis aridis, vel citi, le quali percosse con un chiodo, o con un al tra pietra, gettano scintille, le quali raccolte in foliis, dicto celerius ignem trahant. cose inzolfale, o in funghi secchi, tirano a s pre stissimo il fuoco. 4
O s t b a c i t b s : m e d ic in a e b x e o ,

iv.

A m ia n tu s :

D e l l osTBA CiTB: m e d io . 4 D e l l a m i a n t o : m b d ic . 2 .

MEDICINAE BX EO, I I.

XXXI. Ostracitae similitudinem testae habent. XXXI. Le ostracite hanno somiglianza di leUsus eorum pro pumice ad laevigandam cutem. sti. L aso loro in luogo di pomice a pulire la

i335

C. PUNII SECONDI

>336

Pol sanguinem sistant : et illiti cum nelle ulce ra, doloresque mammarum sanant. Amiantus lunsioi similis, nihil igni deperdit. Hic veneficiis relittit omnibus, privalim Magorum.
G
bodes

pelle. Bevale fermano 3 angue, e impiastrata eoa mele guariscono le crepature e i dolori dalle poppe. L'amianto simile all'aliarne, non perde niente al fuoco. Quasto resiste a tolti gl' incantesimi, e massimamente de' Magi.
D
b l l a g io d b

m e d ic ib a b b x e o , i h

m id ic .

3.

XXXII. Geoden ex argomento appellant, quoniam complexas est terram, oculorum medi camentis utilissimam: item mammarum ac te stium vitiis.
M e l it it e s :
m e d ic ib a e e x s o , t i .

XXXII. Chiamasi dall'affetto chai fa, geode, perch egli ha abbracciala la terra, ed liliaas- mo nelle medicine degli occhi, ed a' mali delle delle poppe e de' testicoli.
D
e l l a m e l it it e

m b d ic .

6.

XXXIII, Melitites lapis saocum remiltit dul cem mellilumque. Tusus et cerae mixtus, erup tionibus pituitae, maculisque corporis medetur, et faucium exolceralioni. Epinyctida* tollit, et vulvarum dolores impositus velleri.

XXXIII. La pietra melitite manda fuori on sugo dolce e melato. Pesta e mescolata con le cera goarisce le rotture della flemma, e le macchie del corpo, e la seorticazione della gola. Postavi sa con lana guarisce aloune macchie rosse, le quali vengono pi la notte ohe il giorno oon pronta,e i dolori delle matrici.
D
e l l a g a g a t e : m b d ic .

G a g a t e s : m e d ic i b a b e x

ao, vi.

6.

XXXIV. Gagates lapis nomen habet loci amnis Gagis Lyciae. Ajunt et in LencoUa expelli mari, atque intra xu stadia colligi. Niger est, pla nus, pumicosus, non multam a ligno differens, levis, fragilis : odore, si teratur, gravis. Fictili ex eo inscripta non deleatur. Quam uritar, odorem salphareum redilit. Miramque, accenditor aqua, oleo restinguitor. Fugat serpentes ita, recreatque vulvae strangulationes. Deprehendit sonticum morbum, et virginitatem suffitus. Idem ex vino decoctus, dentibus medetor, slraraisque cerae permixtus. Hoc dicuntor oli Magi io ea, quam vocant axinomantiam : et peruri negant, si eventorum sit, qaod aliquia oplet.

et XXXIV. La pietra chiamala gagate ha preso il nome dal luogo e dal fiome Gagi di Licia. Di cesi ancora, che il mare la rigetta in Leoeolla, e si raccoglie fra un mezzo miglio. nera, pian, pumicosa, poco dffereote dal legno, leggeri, fra gile, e se si pesta, di grave odore. 1 vasi di terra dipinti di questa pietra non si guaslan mai. Quan do ella s'abbrucia reude odore di zolfo. Ed maraviglia, eh' ella s 'accende con 1 acqoa, e spe* gnesi con l ' olio. Cos fa fuggire le serpi, e rin franca le soffocazioni della matrice. Fa conoscere il mal caduco, e facendosene profumo chiarisce se la donna vergine, o no. Il medesimo cotto col vino guarisce i denli, e le scrofe mescolato con cara. Dioesi che i Magi usano questa pietra nella loro assinomanzia, e dicono eh' ella non ab brucia, ogni volta eh' per avvenire quello che alcun desidera. *
D blla
s t o k g it b

S rO H G IT H : NkDlClKAE a t e o ,

vi.

m e d ic .

6.

. XXXV. Spongiae lapides inveniuntur in spon giis, et suat nativi. Quidam eos tecolithos vocant, quoniam vesicae medentur : calcalo* rumpant in vino poti.
P h a t g id s .

XXXV. Le pietre spongie si truovaao aede spugne, e vi nascon dentro. Alcuni chiamano que ste tali pietre tecoliti, perciocch' elle medicano la vescica : bevute nel vino rompono la pietra.
D
e l l a p ie t b a

b ig ia .

XXXVI. Phrygio* lapis gentis nomen habet, XXXVL La pietra Frigia cosi si chiama dal 100 paese. Questa una zolla pumicosa, b b ra fisi aulam gleba pumicosa. Urilur anie vino per

HISTORIARUM MONDI U B. XXXYI. {usi, flatorque tolli ha, donec rabesca t, ac rurmu dulci vino extinguitur, et hoc lerais vicibus, tingendi vestibus Uniam utilis.

>338

desi bagnala prima di vino, e soffiavisi su coi mantici, finuh' ella diventi rossa, e di nuovo si spegne col vin dolce, e ci si fa tre volte, e non buona ad altro che a Ungere i pabni.
D b l l a e m a t i t e : m b d ic . 5 . D b l l o SCH1ST0 : m b d ic . 7 .

H a b m a t it b s :

m b d ic ir a b b x b o , t .

S c h is t o s :

MED1CIHAB BX BO, TU.

XXXVII. so. Schistos et haematiles cogna XXXVII . 10. Loschislo e 1'malite hanno tionem habent. Haemalites invenitor in melali: parentado insieme. L ematite si truova ne1me w tui minii colorem imitatur : uritor at Phrygius, talli. Quando arsa imita il colore del minio. sed non reslingailnr vino. Adulteratum schisto Abbruciasi come la pietra Frigia, ma non si spe baeioatiten discernant T en ae rubentes, et friabilis gne col vino. Falsificasi con loschislo rematile: Mtura. Oculis cruore suffusis mire convenit. Si* si conosce per certe vene rosse che ha, e per na stit profluvium mulierum potus. Bibant eum et tura i facile a stritolarsi. Giova mirabilmente agli qui sanguinem rejecerunt, cum succo punici ma occhi macchiati di sangue, e bevuta ferma il li. Et in vesicae Tiliis efiteax. Bibitur et in vino flusso delle donne. Coloro ancora, che ributtano contra serpentium ictus. Infirmior ad ornata haec sangue, la beono con sugo di melagrana. Ha virl eadem est, quem sobiston appellant. Sed in iis ae nuli ddla vescica. Beesi anco nel vino contra commodior croco similis, peculiarius splendet. il morso delle serpi. Assai pi debile a tolte que Profidt oculorum laerymis in lacie muliebri: ste cose quella pietra, cbe si chiama schisto^. proeidealesqoe oealos praeclare oobibet. Haec Ma in ci i pi comoda quella che somiglia il eat sententia eorum, qui nuperrime scripsere. zafferano, e pi particolarmente riluce. Con latte di donna giova alle lagrimasioni degli occhi, e benissimo ferma gli occhi cbe ricascano. Questa l'opinione di coloro, i quali ottimamente hanno scritto.
A e t h io pic u s. A CITBS.
adrodamas

m e d ic m a b e z

eo,

ii.

ell

E t io p ic o .

b l l *ardrodam a m il t it b

: , o

m b d ic .

a.

A b a b ic u s. M il t it b s ,

siv e b l a t i t e s .

A nthra-

b ijl

A r a b ic o . D e l l a
a n t r a c it e .

e l a t it b .

Dell'

XXXV111. Sotacus e vetustissimis auctoribus XXXVIII. Sotsco autore antichissimo voole quinque genera baema lita rum tradit, praeter che sieno cinque sorti d ematite, oltra la calami* magnetem. Principatum dat ex iis Aethiopico, la, e fra esse d il primo luogo alla Etiopica, oculorum medicamentis utilissimo, et iis quae utilissima nelle medicine degli occhi, e in quelle pauchresla appellant: item ambaslis. Alterum che giovano a tulle le cose, e alle ineotture. L 'al tra dice che si chiama androdamanla, di color aodrodamanta dicit vocari, colore nigro, poodere ac daritia insignem, et inde nemen traxisse, prae- nero, molto grave e dura, onde prese il nome ; cipueque in Africa repertum. Trabere autem in la quale principalmente si truova in Africa. Dice se argentum, aes, ferrano. Experimentum ejus che tira a s l argento, il rame, il ferro. L* espe esse in cote ex lapide besanile. Reddere enira rimento d*essa si fa nella pietra basanite. Per* soccum sanguineum, et esse ad jocineris vitia prae ciocch getta un sugo sanguigno, ed i singoiar cipui remedii. Tertium genus arabici facit, simili rimedio a' mali del fegato. La terza specie dice duritie, vix reddentis succum ad cotem aquariam, eh' l ' Arabica, di simil durezza, che d appena aliquando croco similem. Quarti generis elaliten sugo stropicciala sopra la cote acquaria, ed ta lora simile al zafferano. La quarta specie si chia vocari, qaamdiu crudas sil : coclum vero miliiten, utilem ambustis, ad omnia utiliorem rubrica. ma elatitc, mentre eh' ella cruda, ma poi eh' cotta millile, ulile alle incotture, e pi utile a Quinti generis sebistou> haeoiorrboidas reprimen tem. In tolum aulem baemalitas omnes tritos in ogni cosa che non la rubrica. La quinta specie lo schisto, che reprime le morici. E dice in ge oleo trinm drachmarum pondere a jejunis sumen nerale, che tutte le ematite peste nell* olio a peso dos, ad vitia sanguinis. Idem auctor, scbislon al di tre dramme, si debbono pigliare a digiuno con terius generis quam haematiteu tradit, quem Tocant anthraciten. Nasci in Africa nigrum, adtro a* mali del sangue. 1 medesimo autore dice 1 trita m aquariis cotibus reddere ab ea parte, quae che ? schisto d un* altra specie che rematile,

>3 3 9

G. P U N II SECONDI

i3^o

fuerit ab radice, nigrum colorem : ab altera, cro ci. Ipsum utilem esse oculorum medicamentis.

la quale si chiama antracite. Il nero nasce ia Africa, e macioato con la cote acquaria rende da quella parte che dalla radice, color nero, dalT altra parte di zafferano. Esso molto utile alle medicine degli occhi.
D ell b t i t b . D bl t a f i o s i o . D el
c a llim o .

A e t it e s . T

a p h ip s iu s.

C a l l im c i.

ai. Le pietre etite anche pel loro XXXIX. ai. Aelitae lapidei ex argomento XXXIX. noraiois magnam famam habent. Reperiunlur in nome hanno gran fama e riputazione. Truovans* nidis aquilarum, sicut in decimo volumine dixi n: nidi delle acquile, come dicemmo nel decimo mus. Ajuot binos inveniri, marem et feminam. Nee libro. Dicono ebe si trovano due, maschio e fem sine iis parere, quas diximus, aquilas : et ideo mina. Senza queste non partoriscono le aquile, binos tantnro. Genera eorum quatuor. In Africa e per ci solamente son due. Sono di quattro nascentem pusillum ac mollem intra se, et velut sorti. Quella che nasoe in Africa, piccola e te in alvo habentem argillam suavem, candidam : nera entro di s, e come abbia nel ventre soave ipsnm friabilem, quem feminei sexus putant. argilla bianca : si stritola, e questa tengono che Marem antem, qui in Arabia nascitur, durum, sia femmioa. Il maschio, ohe nasce in Arabia, gallae similem, aul subrutilum, in alvo habentem duro, simile alla galla, o alquanto rosso, ed ba durum lapidem. Tertius in Cypro invenitur, co nel ventre dura pietra. La terza si truova in Ci lore illis in Africa nascentibus similis, amplior pri, simile di colore a quelle che nascono io Afritamen atque dilatatus: oeteris enim globosa fa cs, ma per maggiore e pi larga, mentre l altre cies. Habet in alvo arenam jucundam et lapillos : hanno faccia pi tonda. Ha nel c o r p o gioconda ipse tam mollis, nt etiam digitis frietur. Quarti arena e pietroline ; ed essa tanto tenera, che si stritola pur con le dila. La quarta specie si chia generis tapbiusius appellatur, nascens juxta Leu ma tafiusio, che nasce appresso Leucade dove il cadem, ubi est mons Taphius, qui locatus est de xtra navigantibus ad Leucadem. Invenitur in monte, il qual luogo si truova a man ritta da co fluminibus candidus et rotundus. Huic est in alvo loro che navigano da questa i Leucade. Truovasi Iapis, qui vocatur callimus, nec quidquam tene ne' fiumi bianca e tonda. In corpo di questa rius. Aelitae omnes gravidis adalligati mulieri una pietra che si chiama callimo, n c co pii bus, vel quadrupedibus, io pelliculis sacrificato tenera d esse. Tutte le pietre elite si legano ad rum animalium, continent parius, non, nisi par dosso alle donne gravide, o a' quadrupedi, in turiant, removendi : alioqui vulvae excidium fit. pellicine di bestie sacrificate, e ritengono i parti ; Sed nisi parturientibus auferantur, omnino non ma non si debbono rimovere, altrimenti le ma pariant. trici caggiono loro. Ma se non si levano da quelle che stsnno per partorire, non partoriscono mai.
S a m io s :
m e d ic ib a b bx bo , v i u .

D el s a m io

: m b d ic .

8.

XL. Est lapis Samius iu eadem insula, ubi terram laudavimus, poliendo auroulilis. Utilis et in medicina oculorum ulceribus cum lacte, quo aupra dictum est modo, contra veteres lacryraationes. Prodest et contra vitia stomachi potus: vertigines sedat : mentes commotss restituit. Qui dam et morbis comitialibus utiliter dari putant, et ad urinae difficultates. Acopis etiam miscetur. Probatur gravitate el candore. Vulvas et partus contineri adalligato eo tradunt.

XL. C anco la pietra Samia nella medesima isola, dove lodammo la terra, utile a pulire loro. Utile anoora in medicina agli ulceri degli o c c h i con latle, nel modo che s detto di sopra, eontra le lagrime vecchie. Questa pietra bevuta giova conira i mali dello stomaco, mitiga le vertigioi, e ritorna gli animi alterati. Alcuni tengono ancora chella sia utile al mal caduco, e alle difficolt dellorina. Mescolati eziandio negli unguenti c o p i, che mitigano il dolore. Pruovasi dalla gravit e dalla bianchezza. Dicooo ebe legandola addosso alle donne fa ritenere le matrici e i parti.
Dell a b a b o
: m b d ic .

ABABUS : MBDICIHAB BX BO, n .

a.

XLI. Arabus lapis ebori similis, dentifriciis adeommodatur crematus. Privalim baemorrboi-

XLI. La pietra arabo simile alP avorio, am buona da nettare i denti. Particolarmente eoa

i3 { i

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXXVI.

34

das sanat cam lanugine lioteomm, liateolis iosaper imposi lis.

la lanugine delle lenzuola, postar! sopra, guarisce le inorici.


D b l l a pom ice : m bdic.

Db pum ice i n in c n u i

b x s o , ix .

9.

XLII. Non praetermittenda est et pumicum natura. Appellantor quidem ita et erosa saxa, in aedificiis, quae musea vocant, dependentia, ad imaginem specus arte reddendam : sed et ii pu mices, qui sunt in usu corporum laevigandoram feminis, jam quidem et viris, atque ( ut ait Catul1m) libris, Undatissimi sunt in Melo, Nisyro, et Aeoliis insulis. Probatio in candore minimoque pondere, et ut quam maxime spongiosi aridique sint, ae teri faciles, nee arenosi in fricando. Vis eorum in medicina, extenuare, siccare, tertia natione, ita nt torreantur carbone puro, ae toties vino restinguantur albo. Lavantur deinde, ut cadmia, et siccati conduntur, quam minime uli ginoso loco. Dsus farinae ejus oculorum maxime medicamentis ; ulcera pnrgat eorum leniter, expletque eicatrices, et emendat. Quidam tertia ustione refrigeratos potius, quam restinctos, te rere malnnt ex vino. Adduntur etiam ad malagaaata, capitum verendorumque ulceribus. Utilissima fiunt ex bis dentifricia. Theophrastus auctor est potores in certamine bibendi praesumere fari nam eam, sed nisi immenso potu impleantur, pe riclitari: tantaraque refrigerandi naturam esse, ut musta fervere desinant pomice addito.

XLII. Non abbiamo da trapassare ancora la natura delle pomici. Cos si chiamano certe pietre rose, negli ediftcii cbe si chiamano musei, le quali stanno pendenti, per contraffare con Parte la immagine delle spelonche. Ma quelle pomici an cora, che s'usano a pulirei corpi delle donne,eaneo gi degli uomini, e eome dice Catullo, acora i li bri, sono eccellentissime io Melo, in Nisiro, e nelle isole Eolie. La pruova nella bianchezza, e che elle sieno leggerissime, e pi spugnose e secche ehe sia possibile, e facili a pestarsi, n punto are nose nello stropicciare. La virt loro in medicina d'assottigliare, disseccare, ardendole tre volte, in modo che s'abbrucino con carbon puro, e tante volte si spengano eoi vin bianco. Lavansl poi come la cadmia, e secche si ripongono in piccolissimo luogo umido. La polvere, che si fa d*esse, utile a medicare gli occhi. Purga leg germente le crepature d ' essi, e riempie, e cor regge le margini. Alconi bruciate che l anuo tre volte, raffreddate piuttosto ohe spente, le pestano col vino. Meltonsi ancora negli empiaslri alle crepature del capo e delle parti vergognose. Di queste pietre si fa buonissima polvere per nettare i denti. Teofrasto scrive che coloro ohe fanno a chi pi bee, pigliano la polvere d'esse; ma se non a'empiono bene di vino, portano pericolo ; e hanno tanta forza di rinfrescare, che i mosti lisciano di bollire, se vi si mette.pomice.
D
b l l b p ie t b b d b ' m o b t a i

Da

u o b t a r iii

m e d ic in a l ib u s ,

bt

a l iis .

E t e s io s

mkd i c i ha l i ,
dblla

b d i altbb. b b a ic a , del

l a p is .

T h e b a ic u s ,

c m a l a z iu s .

blla

p i b t &a

E t b iia ,

CALAZIO.

XL1II. a a . Auctoribus curae fuere lapides mortariorum quoque, nec medicinalium tantum, aut ad pigmenta pertinentium. Etesium lapidem in iis praetulere ceteris, mox et Thebaicum pyrrbopoecilon appellavimus : aliqui psaronium vo cant. Tertiam ex chalazio cbrysiten. Medici autem et basaniten. Hio enim lapis nihil ex sese remit tit. Ii autem lapides, qni succum reddunt, oculopani medicamentis utiles existimantur : ideeque Aethiopici maxime ad ea probaotur. Taenarium vero lapidem et Poenicua, et baematiten iis me* dicamentis prodesse tradnnt, quae ex croco com ponantur : ex alio Taenario, qui niger est, et ex Pario lapide, non aeque medicis utilem : poliorem ax alabaslriie Aegyptio, vel ex ophite albo. Est enim hoc genus ophilis, ex qno vasa etiam et cados faciunt.

XL1II. a a . Scrissero ancora gli autori delle pietre de'mortai, u solamente de?medicinali, ma di quelli ancora che appartengono alla pittu ra. Fra queste preposero alle altre la pietra Etesia, e dipoi la Tebaica, la quale chiamammo pirropecilo. Alcuni la chiamano psaronio. La terza di calazio, e si domanda crisile, e da* medici an che basanite. Perciocch questa pietra di s non perde nulla. Quelle che gettano sugo, si tiene che sieoo utili a'medicamenti degli occhi, e perci I1Etiopiche sono mollo lodate per questo eSetto. Dicooo bene che la pietra Tenaria, la Punica, e l ' ematite giovano in quei medicamenti che si fn di zafferano. L'altra pietra Tenaria, eh' nera, e la pietra Paria 000 tanto utile a' medi ci. Molto migliore la pietra d' alabastro d 'Egitlo, o di serpeuliuo bianco. Perciocch questa

i3',3

C P U N II SECUNDI

>344

uoa torte li serpentino, di cui si fumo aocora i vasi.


SlFHHIOS. L a MDES MOLLE*.

Della r in iA di Sura io. Dallb n n a i t u t a t .

XLIV. In Siphno lapis est, qui cavatnr, tornaturque in vasa coquendis cibis utilia, vel ad esculentorum usus: quod iu Comensi Italiae vi* ridi accidere scimus. Sed in Siphaio singolare, quod excalfactus oleo nigrescit, durescitque, na* lura.mollissimus. Taula qualitatum differentia est. Nam mollitiae el traus Alpes praecipua suat exem pla. Ia Belgica provincia candidum lapidem serra, qua ligouro, faciliuique etiam, secant, ad tegula* rum el imbricum vicem : vel si libeat, ad quae vocant pavonacea tegendi genera : el hi quidem sectiles suut.

XLIV. In Sifnio nna pietra, della quale col tornio si fanno vasi da cuocere o da tenere i db, e ci veggiamo ancora farsi in Italia delia pietra verde da Como. Ha neHa pietra di Silhio c' questa cosa singolare, eh* essendo scaldata eoo olio diventa nera e dura, benoh di natura ala tenerissima ; tanta l i differenta delle qualit. Ha di l dall' Alpi ancora sono pietre tenere. Nel paese de1Belgi si taglia con sega da legname, pi facilmente che il legno, nna pietra bianca, e fa*sene embrici, e tegoli, o, ae piace, se ne fanno le cosi dette pavooaoee, che servooo al coperto dei tetti : queste pietre si possono segare anch'esse.
D ella vibtra n cotA U .

a p i s s p e c o l a k is .

XLV. Specularis vero ( quoniam et hic lapis nomen oblinet ) faciliore multo natura finditor in quamlibet tenue* crustas. Hispania honc olim Citerior tantum dabat, nec tota, sed intra cen tum millia passuum circa Segobricam urbem: jam et Cjrpros, et Cappadocia, et Sicilia, et nnper inventum Africa: postferendos omne tamen Hi spaniae, et Cappadociae, mollissimis et amplissi mae magnitudiuis, sed obscuris. Sunt et in Bo noniensi Italiae parte breves, macnlosi, complexu silicis alligati, quoenm tamen appareat natura si milis eis, qui in Hispania puteis effodiuntur pro funda altitudine. Necnon et saxo inclusus sub terra iovenilur, exlrahiturque, aut exciditur. Sed majori parte fossili natura, absolutus segmenti modo, numqaam adhuc quinque pedum longitu dine amplior. Humorem hunc terrae quidam au tumant crystalli modo glaciari. Et in lapidem concrescere manifesto apparet, qnod quum ferae decidere in puteos tales, medullae in ossibus ea rum post unam hiemem in eandem lapidis natu ram figurantur. Inveuilur et niger aliquando. Sed candido natura mira, quum sit mollitia nota, perpetiendi solea rigoresque : neo senescit, si mo do injuria non arsit, quum hoc etiam ia caemen ti* multorum generum accidal. Invenere et alium usum in ramentis qooque, Circum maximum In dis Cireen*ibcs sternendi, ut sit in commenda tione candor.

XLV. La pietra speculare ( perciocch questa aneora ha nome di pietra ) di molto pi fadl na tura, si divide in sottilissime cortecce. Questa pietra gi un tempo non soleva venire se non di Spagna Citeriore, n anoo d* ogni parte d*essa, ma infra eento miglia intorno alla citt di Sego-* brica. Ma poi stata trovata in Cipri, in Cappa docia, in Sicilia, e novamente anco in Africa. Ma tutte T kit re pietre di qoesta maniera sono infe riori di bont a quelle di Spagoa e di Cappado cia, le quali sono tenerissime, e molto grandi, ma scure. Trovansene ancora in Italia sul Bolognese, ma piecole, e macchiate, e abbracciate dalla selce; la cui natura per pare che somigli qaelle che in Ispagna si cavano de* posti mollo profondi. Truo va fi similmente rinchiusa in sasso sotto terra, e cavasi, o si taglia. Per per lo pi fossile per natura, e levasi che par segata dalla trra e dal masso, ma insino a questi tempi non mai mag giore di einqne piedi. Aleuni dicono che questa pietra un congelamento dell* amor della terra in forma di cristallo. Che diventi pietra, chiara mente si vede, perch qoando le fiere caggioao in posti tali, le midolle dell* ossa loro dopo m i verno pigliano la istessa figura di quella pietra naturale. Trovasi alcuna volta ancora nera. Ma la natura delta bianca maraviglioaa, perch re siste al sole e al freddo, bench aia molto tenera, e noo invecchia, pure che non gli aia falla ingiu ria, aneora che d avvenga ne* rollami di molte ragioni. S trovato aocora di spargete le taglia ture o minnszoli di questa pietra nel Circo mas simo ne* gioochi Circensi, aodocch' ella con la ana bianchessa diletti.

.3^5

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXXVI.


P h & q it b s . v

>346

D blla

fb hgitb .

XLVI. Nerone principe in Cappadocia reper tus est lapis duritia marmoris, candidos atque traoslucens, etiam qua parte fulvae inciderant venae, ex argumento phengites appellatus. Hoc construxerat aedem Fortunae, qoam Seiam ap pellant, a Servio rege sacratam, aurea domo com plexus. Quare etiam furibas opertis interdiu cla ritas ibi diurna erat, alio quam specularium mo do, tamquam inclusa loce, non transmissa.

In Arabia quoque esse lapidem vitri modo translucidum, quo utuntur pro specularibus, Juba auctor est. De
c o t ib u s .

XLVI. Al fempo di Nerone imperadore fa trovata io Cappadocia una pietra di durezza di marmo, bianca e trasparente da quella parte an cora, dove sono certe vene gialle, e dall' effetto che fa, si chiama fengite. Con questa pietra aveva egli edificato il tempio della Fortnoa, la quale si chiama Seia, consecrata dal re Servio : e'abbrao dolio poi eon la sua casa aurea. Per la qual cosa ancora stando il giorno le porte aperte, 'era splendore, non altrimenti che nelle pietre specu lari, come se la luce vi fosse rinchiusa. Dicooo ancora che in Arabia i una pietra trasparente come vetro, la qoale s'osa per gli specchi ; e ci scrive Giuba.
D blla cotb.

XLVII. Nunc ad operarios lapides transisse conveoiat,primumque cotes ferro aeoendo. Multa tarum genera : Creticae diu maximam laudem habuere : secundam Laconicae ex Taygeto monte, utraeque oleo indigentes. Inter aqoarias Naxie laus maxima foit, mox Armeniacae, de quibus di ximus. Ex oleo et aqua Ciliciae polleo!, ex aqua Arsinoeticae. Reperite sunt et in Italia aqua tra hentes aciem acerrimo effectu. Necnon et trans Alpes, quas passeroices vocant. Quarta ratio etsaliva hominis proficieotium, in tonstrinarum offi cinis, inutilis fragili mollitia. Flaminitanaeex Hi spania Citeriore in eo genere praacipuae.

XLV1I. Passeremo ora a ragionar ddle pietre operarie, e prima di quelle che si chiamano coti, buone per arruolare il ferro. Elle sono di molte sorti : quelle di Candia sono state lungo tempo lodate : nel secondo grado sono le Laconiche del monte Taigelo; e P ona e 1*altra hanno bisogno d 'olio. Tra quelle d acqua molto stimate sono quelle dellisola di Nasso, poi quelle d'Armenia, delle quali abbiamo ragionalo. Le Cilicie hanno bisogno d' olio e d acqua, le Arsiooeliche dac qua. Sonsi trovate ancora in Italia quelle, che con acqua daono il taglio molto eccellente, e oltra 1 Alpi ancora quelle cbe si chiamano passerniche. La quarta specie di quelle che richieggono la sciliva dell* uomo, e queste sono inutili a' bar bieri, perch sono molto teoere e ghiaccinole. Le Flaminitane, le quali vengono della Spagna Citeriore, sono nobilissime in quella specie.
D bl Toro.

Ds

t o p iis .

XLVI1I. E reliqua multitudine lapidum, to phos aedificiis inutilis est mortalitate mollitiae. Quaedam tamen loca non alium habent, sicut Carthago in Africa. Exercetor halitu maris, fri catur vento, et verberatur imbri. Sed cura tuen to r picando parietes, quoniam et tectorii calce roditur. Scileque dictum est, u ad tecta eos pice, ad vina calce uti, quoniam sic musta condiunt. Alia mollitia circa Romam Fidenati et Albano. Ia Liguria quoque, Umbria et Venetia, albus lapis dentata serra secatur. Hi tractabiles in ope re, laborem quoque tolerant, sub lecto dumtaxat. Aspergine et gelu pruinisqne rumpuntur iu testas: nec contra humores et auram maris robusti. TU bortini ad reliqua fortes,' vapore dissiliont.
1'uaio 1. N., Vul. 11.

XLVIII. Fra la moltitudine delle pietre il tofo disutile affatto per gli edifidi, perch mol to tenero. Alcuni luoghi per non hanno che questa spede, come Cartagine in Africa. man tenuto dall'alito del mare, dal vento smosso, a dalla pioggia sbattuto. Difendonlo negli edificii con impeciar le mara, perch lo intonacato della calcina lo rode. Onde n' nato quel proverbio, u eh essi asano pece alle case, e calcina a' vini, perch con essa acconciano i mosti. Un'altra sor te di pietre tenere presso a Roma nelle pietre d' Alba e di Fidene. Nella riviera di Genova e n e ll' Umbria, e nella Marca Trivigiana, una pietra bianca, la quale si taglia con la sega den tata. Quesle pietre sono trattabili a lavorare, e

C. PLINII SECUNDI

nondimeno durano in opera, ma solamente al co perto. Per le piogge, il ghiaccio e le brinate si rompono, e vanno a schegge : non reggono con tra 1 umore e il vento del mare. 1 Tiburtini alle ' altre cose son forti, ma non reggono all* amido. Di
S1LICT7V BATCH IS. D
i l l a h a t o ia d i l l i s e l c i.

TtLIX.7Nigri silices optimi : quibusdam in locis et r u b e a s . Nonnusquam vero et albi, sicut in Tarquifti$nsi Anicianis lapicidinis circa lacnm Volsiniensem. Et in Statoniensi sunt, quibus ne ignis qnidem nocet. lidem et in monumentis scal pti, o&tra vetustatem quoque incorrupti permaM'enf.J^ iis formae fiunt, in quibus aera iunduntup\Efet viridis silex, vebemenler igni resistens, sd tiflpquam copiosus : et ubi invenitur, lapis, rfon*a*ura, esi. E reliquis pallidus in caemento ^i*o otilis. Globosus, contra injurias fortis, sed .iad 'structuram infidelis, uiti multa suffrenatione /devinctus. Nec certior fluviatilis, semper veluti madens.

XL1X. Le selci nere sono ottime, e in alconi luoghi ancora le rosse. In qualche luogo anco le bianche, come nel paese de' Tarquinii nelle cave Aniciane appresso il lago di Bolsena. Sono ancora nella contrada Statoniese, alle quali il fuoco non nuoce, e facendosene sepolture, il tempo non le consuma. Di queste pietre si fanno le forme, nelle quali si fondono i metalli. C anco uoa pietra verde, la quale resiste molto al fuoco ; ma in nes sun luogo se ne truova in abbondanza, e dove si truova pietra, e non sasso. DelP altre le pallide rade volte sono utili in pezzi minuti da murare. Le tonde sono assai pi furti, ma nel murare non rispondono bene perch non si legano che a fati ca. Ne punto migliore la pietra di fiumi, che sempre sta umida.
D
ell' alt p iz t h e c h i

D i 1IL1QVIS

AD STMJCTUHAS LAPIDIBUS.

gravoso

a costo

uru.

L. Remedium esi in lapide dubio, aestate eum eximere, nec ante bieonium eum inserere tecto, domitum tempestatibus. Quae ex eo laesa fue rint, in subterranea structura aptantur utilius. Quae restiterint, tutum est vel coelo committere.

L. Il rimedio per le pietre, che non si sa se dureranno, cavarle la state e lasciarle domare alle tempeste, e non le mettere al coperto innanzi a doe anni. Quelle che io questo si corrompono pi utilmente s 'adoperano ne' fondamenti, ma quelle che avranno fatto resistenza, sicuramente possono restare allo scoperto.
D
i l l i v a r ii s p i c i i d i c o s t r u ii! .

G ih iia

s t b u c t c a a i.

LI. Graeci e lapide duro, aut silice aequato construunt veluti lalerilios parietes. Quum ita fecerint, isodomon vocant genus structurae. At quum inaequali crassitudine structa sunt, pseudisodoraon. Tertium est emplecton, tantummodo frontibus politis : reliqua fortuito collocant. Al ternas coagmentatione fieri, ut commissuras an tecedentium medii lapides obtineant, necessarium est in medio quoque pariete, si res patitur : si minus, utique a lateribus. Medios parieles farcire fractis caementis, diamicton vocant. Reticulata structura, qua frequentissime Romae struant, rimis opporlnna est. Slrocturam ad normam et libellam fieri, et ad perpendiculum respondere oportet.

LI. I Greci di pietra dura e di selce piana fanno le muraglie come di mattoni ; e qneala maniera d 'edificare chiamano essi isodomo. Ma se edifi cano con pietre, le quali non sieno di egnal gros sezza, essi la chiamano pseudisodomo. La terza maniera da loro chiamata empletto, quando fanno solamente le teste pulite, e il resto mettono come viene. E necessario che le legatore sieno a vicenda, acciocch il mezzo delle pietre oceupi 1 commessure delle pietre di sotto, ancora nel mezzo del muro, se la qualit sua lo comporta ; se non almeno da amendue i lati. Il riempiere il mezzo del moro con rottame chiamasi damitto. Quella maniera di murare iu forma di rete, la quale s' usa molto in Roma, opportuna alle fessure. La muraglia debbe corrispondere al re golo, e all* squadra e al piombino.

HISTORIARUM MONDI LIB. XXXVi.


D b C1STBRBIS.
D e l l e c is t e r n e .

LII. a3. E t cisternas arenae para* et asperae quinque partibus, calcis qoam vehemenlissimae duabns construi convenit, fragmentis silicis non excedentibus libras. Ita ferratis vectibus Calcari solum, parietesque similiter. Utilius getninas esse, u t in priore vitia considant aquae, atque per co* lum ia proximam transeat maxime pura aqua.

LII. a3. Debbonsi Care le cisterne con cinque parti di rena pura e aspra, e due parti di calcina della pi forte, e con pezzuoli di selce, che non pesino pi d ' una libbra 1 uno ; dipoi con pali * ferrati pestare il fondamento e le mura. meglio che sieno due insieme, acciocch in quelli di pri ma rimangano i difetti dell' acqua, e per colatoio passi nella vicina l ' acqua affatto pura.
D ella
calura.

D e CALCE.

LUI. Calcem e vario lapide Calo Censorias improbat. Ex albo melior. Quae ex daro, s t r u cturae utilior : quae ex fistuloso, tectoriis. Ad utrumque damnatur ex silice. Utilior ead^m ex effosso lapide, qum ex ripis fluminum collecto. Ulilior e molari, quia est quaedam pinguior na tura ejus. Mirum aliquid, postquam arserit, ac cendi aquis.

LUI. Catone Censorino non loda ponto la caloina di varie pietre. migliore di pietra bian ca : .quella di dura pi utile a murare. Quella che si fa di pietra spugnosa utile per arricciare e intonacare. Ma la calcina di selce non buona n all' un n all' altro. La medesima pi utile di pietre di cava che di ciottoli di fiume. Pi utile di pietre grandi, perch' elle sono di natura pi grossa. Cosa maravigliosa , che siasi cosa che s 'accenda con l 'acqua, poi che gi arsa.
D elle
s p e c ie d e l l ' a r e b a .

' KEKAB GRRERA. A r EBAE BT CALCIS MIXTCRAB.

M is t u r e

DI CALCIBA E AREBA.

LIV. Arenae tria genera. Fossilia, coi quarta pars calcis addi debet; fluviatili aut marinae, tertia. Si et testae tusae tertia pars addatar, me lior materia erit. Ab Apennino ad Padum non invenitor fossilia, nec trans maria.

L1V. Tre sorti vi sono di rena. Una si cava, e a questa si dee dare la quarta parte di calcina : a quelle dei fiumi, o del mare, la terza parte; e se vi s 'aggiugne la terza parte di vasi pesti, sar miglior lavorio. Dall' Apennino insino al Po non si troova rena di cava, n oltre il mare.
D ira m
b e l c o s t r u ir e .

V it ia

st r u c t u r a e .

e t e c t o r iis .

D bgl'

ib t o h a c a t i .

LV. La cagione delle raine di Roma princi LV. Roinaram Urbis ea maxime causa, quod palmente questa, che per furto della calcina le furto calcis sine ferrumine suo caementa compo nantur. Intrita quoque quo vetustior, eo melior. pietre s 'acconciano nel muro senza la sua colle In antiquarum aedium legibus invenitur, u ne gazione. La calcina intrisa quanto pi vecchia, recentiore trima uteretur redemptor, n Ideo nulla tanto migliore. Onde si truova nelle leggi delle tectoria eorum rimae foedavere. Tectorium qui case antiche, u che quegli che tolgono a murare dem, nisi ter arenato, et bis marmorato inductum non usino calcina che non sia almeno di tre anni.* est, non satis splendoris habet. Uliginosa, el ubi Per la qual cosa negli arricciati e intonacali loro alsago vitiat, testaceo sublini utilius. In Graecia non si vede crepatura alcuna. Lo in tonico se non tectoriis etiam arenatum, quod inductori sant, ha tre mani di calce e arena, e due di marmo rato* non ba splendor veruno. 1luoghi umidi e salsi tor* prias ia mortario ligneis vectibus subigunt. Expe na meglio ricoprirli col testacio, cio calcestruzzi rimentum marmorati est in subigendo, donec rutro non cohaereat. Contra in albario opere, ut In Grecia s 'usa pestare nel mortaio con pestelli macerata calx ceu glutinum haereat. Macerari di legno la rena che s 'ha d'adoperare per gl'in tonacati. La pruova che lo intonico marmorato non nisi ex gleba oportet. In Elide, aedes est sia assai premuto , quando egli incomincia a Minervae,-in qua frater Phidiae Panaenus tecto rium induxit lacte et croco subactum, ut ferunt : non a' appiccare alla cazzuola. Per lo contrario ideoqae si teratur in ea hodieque saliva pollice, nello imbiancare , che la calcina macerata s ' ap l picchi come colla; ma noo si debbe macerare se odorem croci saporemque reddit.

j3 5 i

C. PLINII SECUNDI

i35a

non in zolle. In d' Elide il tempio di Miner va, nel quale Paneno fratello di Fidia fece nn iotonico intrso di latte e zafferano, come di cono; onde ancora oggi, se col dito vi si stropiccia su la sciliva, rende odore e sapore di zafferano. Db c o m
m i.

G tn ii

colum barum .

* D ellb ooLons. Sfecie d e l l e

colovhb.

LVI. Columnae in aede dentitis potitae cras siores videntor. Genera earum quatuor. Quae sextam partem altitudinis in crassitudine ima habent, doricae vocantur : quae nonam, jonicae : qoae septimam, tuscauicae. Corinthiis eadem ratio, quae jocinis. E t differentia, quoniam capi tulis Corinthiarum eadem est altitudo, quae colli gitur crassitudine ima : ideoque graciliores viden tur : jonici enim capituli altitudo, tertia pars est crassitudinis. Antiqua ratio erat columnarum altitudinis, tertia pars latitudinum delubri. In Ephesiae Dianae aede, de qua prius fuit sermo, primum columnis spirae subditae, et capitula ad dita. Placuitque altitudinis octava pars in crassi tudine, et nt spirae haberent crassitudinis dimi diam , septimaeque partes detraherentur sum marum crassitudini. Praeter has sunt, quae vo cantur atticae columnae, quaternis angulis, pari laterum intervallo.

LVI. Le colonne quanto son poste pi spesse ne tempii, paiouo tanto pi grosse. Esse sono di quattro sorti. Qaelle che hanuo la sesta parte di altezza nella grandezza da basso si chiamano do riche : quelle che hanno la nona parte, iouiche, e quelle che la settima, toscane. Le corintie sono della medesima maniera che le iooiche. V* qoe* sta differenza, perch l altezza de1capitelli delle corintie quella medesima che la grossezza da basso, e per paiono pi sottili; mentre Pal tezza del capitello ionico la terza parte della grossezza. L antica misura dell altezza delle co lonne era la terza parte della larghezza del tem pio. Nel tempio di Diana Efesia, del qaale ragio nammo di sopra, si cominciarono a porre le basi sotto le colonne, e poi i capitelli, e piacque che la grossezza fosse l ' ottava parte dell' altezza, e che le basi avessero la met pi della grossezza, e che la settima parte si levasse alla grossezza intera. Oltra queste ci sono le colonne attiche, le quali hanno quattro Cacce di pari intervallo.
Medicine,
chb

M b m c iu a b

bx calce, v .

si raser

d b l l a c a l c in a ,

5.

LVII. & Calcis et in medicina magnos usus. 4' Eligitur recens, nec adspersa aquis : urit,' discutit, extrahit, incipientesque serpere ulcerum impetus coercet. Acelo et rosaceo temperata perducit ad cicatricem. Luxatis quoque cum adipe suillo, aut liquida resina ex melle medetur : eadem compo sitione et strumis.

LVII. 4* La calce molto utile in medicina. Pigliasi fresca, e non bagnata con acqua : abbru cia, apre, lira, e raffrena l'empito delle nascenze, le quali cominciano a impigliare. Temperata eoa aceto e olio rosalo ha virt di rammarginare le piaghe. Con sogna di porco, o ragia liqoida e mele medica i membri ascili del suo luogo. Con la medesima composizione ancora guarisce le scrofole.
D blla
m alta.

Db m l t h a . LVII1. Maltha e calce fit recenti. Gleba vino restinguitor : mox tunditor cum adipe suillo et fioa, daplici liniamenlo : qaae res omnium tena cissima, et duritiam lapidis antecedent. Quod malthator, oleo perfricatur ante.

LVIII. La malta si fa di calcina fresca. La zolla si spegne col viuo, dipoi si pesta con sogna di porco e con fichi, con doppio impiastrameato, la quale cosa tenacissima, e passa la durezza ddle pietre. Quello che si smalta si stropiccia prima con olio.
D
bl gesso.

Da o m o . LIX. Cognata calci res gypsum est. Plora ejus genera. Nam et e lapide coqaitur, ut in Syria ac Thuriis : et e terra foditor, ut in Cypro, c

L1X. 11 gesso cosa prossima alla oaldoa. Ce n' di pi sorli. Perdocoh i fa di pietre, cooeudole, come in Soria e nel paese de' Turii, e cavasi

1353

HISTORIARUM MONDI U B . XXXY1.

>354

Perrhaebis: e somma tellareet Tymphaicam est. Qui coquitur lapis, noo dissimili* alabaslritae esse debet, aot marmoroso. In Syria durissimos ad id eligunt, coqoontque fimo bubolo, nt celerius urantur. Omnium anlem o p l i m u m fieri comper tam est e lapide speculari, s q o a m a m T e talera habeote. Gypso madido slatim utendam est, q u o -, niara celerrime coit : tamea rarsas tondi et in farinam resolvi palitar. Usos gypsi in albariis, sigillisaedificiorometcoronis gratissimas. Exemplam illastre, G. Proculejum Aagasti Caesaris familiaritale subnixum in maximo stomachi do lore gypso poto, conscivisse sibi mortem.

di terra, come in Cipri a Perrebi : il Tinfaico nella soperfioie della terra. La pietra che si caoce non debbe essere differente dalla alabastri na o dalla marmorosa. In Soria tolgono a questo effetto pietre dorissime, e caoconle con bovina, acciocch* elle ardano pi tosto. Nondimeno s ' trovato cbe il migliore di tutti quello cbe si fa di pietra speculare, o che abbia tale scaglia. Ado perasi il gesso snbito cb egli molle, perch a an tratto si rappiglia e secca : nondimeno com porta che di nuovo si pesti, e si riduca in polvere. Il gesso molto gentil cosa per fare figurine, fogliami, e ghirlande di edificii. C* no esempio illustre, come C. Proculeio famigliare d Angusto imperadore, avendo grandissimo dolore di sto maco, s* accise col bere il gesso.
D b 1p a v i m e n t i : d b l l 1a s a r o t o b c o .

Da

lA v m u n s : db a ia ro to

osco.

LX. a5. Pavimenta originem apad Graecos babent elaborata arte, pictorae ratione, donec lithostrota expulere eam. Celeberrimas fuit in hoc genere Sosus, qai Pergami stravit quem vo cant asaroton oecon, quoniam purgamenta coenae in pavimento, quaeque verri soleat, velat relicta, fecerat parvis e tesserulis liuclisque io varios co lores. Mirabilis ibi colomba bibens, et aquam ambra capitis infuscans. Apricautar aliae scaben tes sese in canthari labro.

LX. a5.1 pavimenti hanno avuto origine dai Greci eon artificio grande, lavorati in modo di piltnra, finch quelli eh* essi chiamano litosiroti gli feeero uscire d 'uso. Eccellentissimo in questo genere fu Soso, il quale in Pergamo fece quell eh' essi chiamano asaroto eco, perch i rimasugli della cena, e quelle cose, le quali come gettate via si sogliono spazzare nel pavimento, esso gli aveva fatti di pezzetti liuti di pi colori. Maravigliosa cosa quivi una colomba che bee, e con I* ombra del capo adombra l ' acqua sali' orlo della vasca. Laltre si stanno al sole grattandosi.
Q
oabdo si fbcb a

uardo

fb im o v p a v im b h td h

R oxab.

R om a

i l p r im o p a v im b iit o .

LXI. Pavimenta credo primum facta, quae nane Tocamas barbarica, aique subtegulanea, io Italia fistoeis pavita : hoc certe ex nomine ipso intelligi poleit. Romae scalptoratum in Jo vis Capitolini aede primam facium est post ter tium Punicam bellum ioitum. Frequentata vero pavimenta anle Cimbricum magna gralia animo rum, indicio est Lucilianus ille versus :

LX1. Credo che i pavimenti, i qoali noi chia* roiamo barbareschi, e subtegulanei, fossero i primi che si facessero in Italia di festuche di canne : questo certamente si pu conoscere dal nome istesso. In Roma q u e l l o del lempio di Giove Ca pitolino fu il primo che si facesse di scoi tara, dopo che ebbe principio la terza guerra Cartagi nese. E che i pavimenti fossero molto usati in nanzi alla guerra de* Cimbri, e piacessero assai, ne fa fede qoel verso di Lucilio : Pavimento di emblemi intarsialo.
D a ' PAVJMBBTI
a l l ' a r ia a p b r t a .

Arte pavimento, atqoe emblemate vermicolalo.


D b s u b d ia lib u s p a v im e u tis .

LXII. Subdialia Graeci invenere, talibus do mos contegentes traclu tepente : sed fallax, ubi cumque imbres gelant. Necessariam binas per diversum coassationes sobsteroi, capita earuui praefigi ne torqueantur, et roderi novo tertiam pariem teslae tusae addi : daiude rudos, in quo duae quintae calcis misceantur, pedali crassi lu

LXII. 1 pavimenti subdiali, cio allo scoperto, forooo trovali da Greci, i quali osavano con essi coprire le case *cosa facile, dove il paese caldo, ma fallace in ogni luogo, dove agghiaccia. E ne* cessano che vi si facciano sotto due tavolati, 1 uno * al contrario dell* altro, e i capi d* essi sieno con fitti, perch non si torcano : alla materia nuova si

>355

C PLINII SECUNDI

i35G

dine fistucari. Tunc nucleo crasso sex digitos induci, et ex tessera grandi non mioos alta dnos digitos strui. Fastigium vero servari in pedes denos sescunciae ; ao diligenter cole de spumare, quernisque axibus contabulare. Quae torquentur, inutilia putant : immo et filicem ant paleam substerni melius esse, quo minor vis cal cis perveniat. Necessarium et globosum lapidem abjici. Similiter fiunt spicata testacea.

aggiugne la terza parte di vasi pesti ; dipoi U cal cestruzzo, dove si mettono due quinti di r ilr iiir si debbe festucare ali' altezza d ' un pi. Alloca.si* dee porvi la crosta di mezzo alla grossezza di sei dita, e con un legno grande quadrato uon men<* alto che due dita si debbe disteadere. Nel mezzo dee essere rilevato ogai dieci piedi a Do n d a e mez zo, e diligentemente si netta con la pietra, e s 'in tavola con assi di quercia. Quelli che si torcono si tiene che non sieno buoni, ed meglio distender vi piuttosto felce o paglia, dove pervenga rainor copia di calcina. necessario ancora mettervi di sotto pietre tonde. Di questo modo fatinosi an cora gli ammattonali spiccati. D * p a v im e b t o &
alla

G r AECABICA PAVIMENTA.

reca.

LXIII. Non negligendam est etiam nunc unam genus graecauici. Solo fistucato injicitor rudus aat testaceum pavimentum : dein spisse calcatis carbonibus inducitor, sabulo, calce, ac favilla mixtis: materia crassitudiae semipedali ad regalam et libellam exigitur, et est forma terrena. Sr vero cote polilam est, nigri pavi* menti visum oblinet.
Q
c a b d o p r ik o m l it k o s t r o t a .

LXIII. Non da sprezzare u n 'a ltra specie, che i Greci fanno. Sul piano ripieno di festuche si getta il calcestruzzo, o ammattonalo; dipoi sopra carboni densi e ben calcali si mette rena e calcine e cenere mescolali : richiedesi che la materia sia grossa nn mezzo piede, fatta col regolo e con la squadra, ed forma da pian terreno. Ma se si ripulisce con la cote, serve per pavimento nero.
Q
oabdo

oabdo

rim c i

s'

ib t r o d d s s b r o i l i t o s t r o t i .

dabdo

CAMERAS VITREAE.

vo lte di vbtro.

LXIV. Lithostrota acceptavere jam sab Sul la : parvulis certe crustis exstat hodieqae, qaod in Fortunae delubro Praeneste fecit. Pulsa deiude ex hamo pavimenta in cameras transiere, e vitro : novilium el hoc inventum. Agrippa certe in thermis, qaas Romae fecit, figlinum opus encausto pinxit : in reliquis albaria adornavit : non dabie vitreas facthrus cameras, si prius in ventum id fuisset, aut a parietibus scenae, ut diximus, Scauri, pervenisset ia cameras. Quamobrem et vitri natura indicanda est.

LXIV. I litostroli cominciarono al tempo di Siila: certo di piccole croste ancora oggi dura quel lo, ch'egli fece a Palestrina nel tempio della For tuna. Cacciati poi di terra i pavimenti passarono nelle volte, e furono di vetro, e questo ancora invenzione nuova. Agrippa nelle terme eh' egli fece a Roma, dipinse le cose di terra a fuoco ; le altre cose orn di bianco : senza dubbio alcuno avrebbe fatte le volle di vetro, se questa usanza si fosse prima trovata, o dalle mura della scena di Scauro, come abbiamo detto, fosse pervenuto alle volte. Epper ragioneremo ora della natura del vetro.
O
r ig ih b d e l v e t r o .

Oaioo

v it r i.

LXV. a6. Pars est Syriae, qoae Phoenice vo catur, finitima Judaeae, intra moulis Carmeli radices paludem habens, qnae vocatur Cendevia. Ex ea creditur nasci Belus amnis, qainque passuum spatio in mare perfluens, fuxla Ptole maidem coloniam. Leulus hic currit, insalubri potu, sed caerimoniis sacer, limosus, vado pro fundus. Non nisi refuso mari arenas fatetnr: fluctibus enim volutatae nitescunt, detritis sor dibus. Tunc et marino creduntnr adstringi morsa, non prius aliles. Qaingeatoram est ps-

LXV. a6. C' una parte della Soria, che si chiama Fenicia, vicina alla Giudea, la quale fra lo radici del monte Carmelo, ha una palude, che si chiama Cendevia. Di questa palude si tiene che nasca il fiume Belo, il quale per ispazio di cinque miglia corre in mare presso alla colonia Tolemaide. Questo fiume corre lento, ed cattivo da bere; ma sacro nelle cerimonie, motoso e pro fondo. Non dimostra rena se non nella refusione del mare ; la quale rivoltata dall' onda risplende purgata delle sporchexze. Allora si crede che

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXXVI.

i358

tuam non amplias litoris spatium, idque tan tam malta per secala gignendo fuit vitro. Fama eat, adpulsa nave mercatorum nitri, quum sparsi per litus epulas pararent, nec esset cortinis adlollendis lapidum occasio, glebas nitri e nave obdidisse. Quibus accensis permixta arena lito ris, Iransluceotes novi liquoris fluxisse rivos, et hanc fuisse originem vitri.

questa rena sia rassodata dal morso del mare, non prima utile. Lo spazio del lito non pi che cinquecento passi, e questo solamente per lungo tempo fu per generare vetro. Dicesi che essendo approdata quivi una nave di mercatanti da nitro, mentre che essi sparsi su per lo lido mettevano a ordine da mangiare, e non avevano pietre da porre su le caldaie, cavarono della nave alcuni pezzi di nitro, i quali essendosi accesi, e mescola tasi insieme I arena del lido, se ne vide scorrere an lucente rivo di nobil licore ; e questa fu la origine del vetro.
S p e c ie
d e i . v b t b o , e m o d o d i fa blct .

e n u a e jo s , b t s a t io f a c ie n d i.

LXVI. Mox, ut est ingeniosa solertia, non fuit contenta nitrum miscuisse : coeptus addi et ma gnes Iapis : quoniam in se liquorem vitri quo que, a t ferrum, trahere creditur. Simili modo et calculi splendentes multifariam coepti ari : deinde conchae, et fossiles arenae. Auctores sunt, in India e crystallo fracta fieri, et ob id nullum comparari Indico. Levibus autem aridisque li gnis coquitur, addito cyprio, ac nitro, maxime ophirio. Continuis fornacibus, ut aes, liquatur, massaeque fiunt colore pingui nigricantes. Acies tanta est quacumque, ut citra ullum sensam ad ossa consecet, quidquid adflaverit corporis. Ex massis rnrsas funditur in officinis, tingitarque. E t aliud flata fignratar, aliud torno teritur, aliud argenti modo caelatur, Sidone quondam iis of ficinis nobili : siquidem etiam specula excogilaverat. Haec fuit antiqua ratio vitri. Jam vero t in Vulturno, mari Italiae, arena alba nascens, aex v passuum lilore, inter Cumas atque Liter nam, quae mollissima est, pila molaque teritur. Deio miscetur tribus partibus nitri pondere vel mensura, ac liquata in alias fornaces transfun ditor. Ibi fit massa, quae vocatur ammonitrum : atque haec rocoquitur, et fit vitrum purum, ac massa vitri candidi. Jam vero per Gallias Hispaniasque simili modo arenae temperantur.

Ferunt, Tiberio principe, excogitato vitri temperamento, ut flexibile esset, totam offici* nam artificis ejas abolitam, ne aeris, argenti, auri metallis pretia detraherentur : eaque fama debrior diu, quam certior fuit. Sed quid re fert ? Neronis principatu reperta vitri arte, quae modicos calyces duos, quos appellabant pterotos, h - s sex millibus venderet.

LX VI. Dipoi, siccome astato e sottile lo in gegno dell* uomo, non si content di mescolarvi nitro, ma v aggiunse ancora le pietra calamita, perch si tiene eh ella tiri a s ancora il licore del vetro, come il ferro. Per sirail guisa si co minciarono ardere in molti modi pielroline rilu centi, dipoi conche e arena di cave. Alcuni au tori dicono che in India si fa di cristallo rotto, e perci niun altro vetro si paragona con P Indiano. Cuocesi con legne secche e leggeri, aggiugnendo ciprio e nitro, e massimamente ofirio. Struggesi come il metallo in sempre accese fornaci, e fansene masse di color grasso e nere. E tanto il suo taglio per qualunque parte, che taglia infino all ' osso in ogni parte del corpo che tocchi, senza che si senta. Dalle masse di nuovo si fonde nelle fornaci e si tigne. Altro si figura col soffiare, e altro si lavora al tornio, e altro si scolpisce a modo d* argento : gi fu nobile la citt di Sidone per questo artificio : essa aveva trovati ancora gli specchi, Questa fn l ' antica ragione del vetro. Gi ancora nel mare Vulturno d Italia rena bianca, nascentevi sei miglia per lo lito fra Cu n a e Literpo, la quale tenerissima, e pestasi nelle pile o con macine. Mescolasi poi con tre parti di nitro a peso o misura, e strutta si tras fonde in altre fornaci. Quivi si fa una massa, che si chiama ammonitro ; e questa si ricuoce, e fassi nitro puro, e massa di vetro bianco. Gi e per la Francia e per la Spagna si temperano le arene in simil modo. Dicono che al tempo di Tiberio imperadore si trov un modo di temperare il vetro, eh* egli fosse pieghevole, e che si guast tutta la bottega di quello artefice, acciocch non si levasse il prezzo al rame, all' argento, o all' oro : questa fama lungo tempo fu pi spessa che certa. Ma che importa ? Nel principato di Nerone s* ritrovata 1' arte del vetro, la quale vend due piccoli bic chieri coi manichi, i quali si chiamavano pteroti, sei mila sesterzii.

C. PUNII SECUNDI
Db

13Go

o b sid ia ris.

Del v e t r o

o s s i d ia m o .

LXVII. In genere vitri et obsidiana numerantar, ad similitudinem lapidis, quem in JSlhiopia inveoit Obsidius, nigerrimi coloris, aliqaando et translocidi, crassiore viso, atque in specatis pa rietum pro imagine umbras reddente. Gemmas molti ex eo faciunt : vidimasque et solidas ima gines divi Augusti, capii materiae ho}us cras situdine : dicavitque ipse pro miracuio in tem plo Concordiae obsidianos quatuor elephantos. Remisit et Tiberius Caesar Heliopolitarum cae* rimoniis repertam ibi in hereditate ejos qui prae fuerat jEgypto, obsidianaia imaginem Menelai. Ex qao apparet antiqnior materiae origo, nane vitri simililadine interpolata. Xenocrates obsidiaoum lapidem in India et in Samnio Italiae, et ad Oceanum in Hispania nasci tradit.

Fit et tincturae genere obsidianam, ad esca ria vasa, et totum rabens vitram, atque non transluceas, haemslinon appellatum. Fit et al bum, et murrhinum, aat hyacinthos sapphirosque imitatam, t omnibus aliis coloribus. Neo est alia nane materia sequacior, aat etiam pi cturae accommodatior. Maximas tamen bonos candido transiucenlibas, quam proxima crystalli similitudine. Usas vero ad potaadum argenti metalla et auri pepnlit. Est autem caloris impa tiens, ni praecedat frigidas liqaor : qaam addita aqua vitreae pilae, sole adverso, ia taatam ex candescant, at vestes exurant. Fragmenta tepo rata sdglulinanlur tantum: rursus fota fundi non queunt, praeterquam abrupta sibimet. Tin git ars, velati qaam calculi fiunt, qaos qaidam abacalos appellant, aliquos etiam pluribus modis versicolores. Vitram salpbari concoctam ferraminatar ia lapidem.

LXVII. Nella specie del vetro si mettono quelli ancora, che si chiamano ossidiani, poich sono simili a una pietra la qaale Ossidio trov in Etiopia, di colore nerissimo, e talora traspa rente, e di grosso vedere, la qaale messa nelle mura per ispecchio mostra 1 ombra in luogo di * immagine. Molti fanno gioie di esso, e abbiamo vedalo statue massiccie dell imperadore Aagaslo, il quale si dilett della grossezza di questa mate ria ; e dedic per miracolo nel tempio della Con cordia quattro elefanti ossidiani. Tiberio Cesare ri mand ancb egli alle cerimonie e sacrificii degli Eliopolili la immagine di Menelao ossidiana tro iata quivi nella eredit d ano, il qaale era stato prefetto deli Egitto. Oade si tede che 1 orgine di questa materia sfata phk antica, ma ora interrolta dalla somiglianza del vetro. Seoocrate scrive, ohe la pietra ossidiana nasce in India, e nell Abruzzo in Italia, e in Ispagna sai mare. Fassi 1 ossidiano ancora per una specie di tintura a vasi da vivande: vetro tutto rosso, e non traine, chiamato ematiuo. Fassi aaoora bianco, e di colore di murrino, o che imiti i gia cinti, o i zaffiri, e tutti gli altri colori. Non ora altra materia, che si conduca come vogliamo, o ancora pi accomodata alla pittara. Nondimeao in grande stima il bianco fra quelli che tralucono, ed ha simiglianza vicina al cristallo. Questo, in qaanto a vasi per bere, ha fatto dis mettere l oro e l argento. Per esso oon patisce calore, se non va avanti Jicor freddo : quando si mette acqua in pile di vetro opposte al sole, riscaldano tanto eh elle ardono le vesli. I pezzi rotti solamente intepiditi sappiccano, e di nuovo non si possono fondere, fuorch rotti fra s slessi. V l arte di tingerli, come quando si fanno pietroline, le quali alcuni chiamano abacali, s alcuni in molti modi e diversi colori. 11 vetro colto sol zolfo si rassoda, e fassi pietra.
M a r a v ig l ie
d e l fu o g o .

M ir a c u l a

ig n iu m .

LXVIII. 37. At peractis omnibus, qaae con stant ingenio, artem nalura faciente, succurrit mirari, nihil paene non igne perfici. Ignis accipit arenas, ex quibns alibi vitrum, alibi argentum, alibi minium, alibi plumbi genera, alibi pig menta, alibi medicamenta fundit. Igne lapides ia aes solvantur, igne ferrum gignilar, ac domatur, igne cremato lapide caementa in tectis ligantar. Alia saepius uri prodeat. Eademqae materia aliud gignit primis ignibus, aliud secundis, aliad ter tiis. Quando ipse carbo vires habere incipit re-

LXVIII. 27. Ma finalmente essendosi raccon tale tutte le cose trovate dall' ingegno, dove la nalura fa 1 arte, io sto maravigliandomi, che non c quasi cos% veruna, che non si faccia eoi faoco. Il fuoco riceve le arene, delle qnali in al cun luogo fa vetro, in alcuuo argeulo, in alcuno minio, in alcuno specie di piombo, in alcnno eo iori, e in alcuno altri medicamenti. Il fuoco fa risolvere le pietre in rame : il ferro si genera e si doma col fuoco, e per lo fuoco le pietre di ventano calciua, e legano le mara. Spesse volte

HISTORIARUM MUNDI MB. XXXVI.

i36a

stinctus, atque inieriisse creditus, majoris fit virtutis. Immensa et improba rerum naturae por tio : et in qua dubium sit plura absumat, an pariat.

alcune cose meglio abbruciarle ; e d' una stessa materia altra cosa si genera ne' primi fuochi, al tra oe* secondi, e altra ne terzi. Quando esso carbone comincia aver le forze, spegnendolo in maniera che paia che ei sia perito, diventa di maggior virt. Il fuoco una smisurata e insa ziabile parte della uatura, e dubitasi, se sono pi le cose che egli consuma, o quelle cbe pro duce.
D e l f u o c o b d e l l a c b rb b e , m bdic.

Ex

IGBX ET CMBM : MEDICIVAB III.

3.

LXIX. Est et ipsis ignibus medica vis. Pe stilentiae, quae solis obscuratiooe contrahitur, ignis suffitu multiformiter auxiliari certum est. Empedocles et Hippocrates id demoostravere diversis locis. Ad convolsa viscera, aot coolusa, ut M. Varro; ipsis enim verbis ejus utar:u Lix cinis est, inquit, foci. Inde enim cinis lixivius potus medetur: ut licet videre gladiatores quum delusernnt, hac juvari potione, Quin et car buncoli] m genus morbi, quo duos consulares nu per absumptos indicavimus, querneus carbo tri* lai cum melle sanat. Adeo in rebus damnatis quoque, ac jam nullis, sunt aliqua remedia, ut in carbone ecce et cinere.

LXIX. Il fnoco ancora ha virt medicinale. Non dubbio alcuno che il profumo del fuoco in molli modi medica la pestilenza, la qual nasce dalla oscurazione del sole. Empedocle e Ippocrate mostrarono ci in diversi luoghi. Scri ve Varrone, che il fuoco giova alle viscere com mosse e infrante : le parole sue formali son que ste. u La cenerata cenere del focolare bollila eoa acqua. Onde la cenerata bevuta giova alle membra mosse di luogo ; e vedesi anco, che quando i gla diatori hanno combattuto, si medicano con tale bevanda, Di pi, il carbone di quercia pesto col mele goarisce un male, che si chiama carboncello, del qual male, siccome abbiamo indicato, non i molto tempo che morirono due uomini, che erano gi stali consoli. Tanto vero, che nelle cose gi dannate, e quasi ridotte a niente, si truovano alcuni rimedii, come nel carbone a nella cenere.
A u s p iz ii t b a t t i d b l fu o c o .

PaooiGiA

f o c i.

LXX. Non praeteribo et unum foci exemplum, Romanis litteris clarum. Tarquinio Prisco re gnante tradunt repente iti foco ejus comparuisse genitale e cinere masculini sexus, eamque, quae iniedemt ibi, Tanaquilis reginae ancillam Ocrisiara captivam, consurrexisse gravidam. Ita Ser vium Tullium natum, qui regno successit. Inde d in regia cubanti puero caput arsisse visum, creditarnque Laris familiaris filium. Ob id Com pitalia et ludos Laribus primum instituisse.

LXX. Non lascer addietro ancora un esem pio del fuoco, illustralo dagli scrittori Romani. Dicono che regnando Tarquinio Prisco, di su bito avvenne che dalla cenere del fuoco usc fuori il membro geuitale d' un nomo, e che Ocrisia serva e schiava della regina Tanaquila, la qual sedeva quivi appresso, ne divenne gra vida, e cos affermano che nacque poi Servio Tullio, il quale successe nel regno. Dipoi, dor mendo esso fanciullo nel palagio reale, avvenne che pareva che il capo gli ardesse ; e perci fu creduto eh* egli fosse figliuolo del dio Lare. E perci egli fu il primo che ordin i giuocbi chiamati Compitali agli dei Lari.

C. PLINII SECUNDI

HISTORIARUM MUNDI
LIBER XXXVII
GEMMAE

------

O r ig o g i i m a &m .

e ig ib b

n i u

G BM M .

I. t nihil inali loto operi desit, gemmee saperan t ia aretam coaeta rerum naturae majestas, mal t is nulla sui parie mirabilior. Tanlom tri* bount varietali, coloribus, materiae, decori, vio lari eliam signis gemmas nefas lucentes. Aliquas vero extra pretia ulla, taxatiouemque humanarum opara arbitrantes, ut plerisque al summam absolatacuqoe rerum naturae contemplationem satis ait uua aliqua gemma. Quae fuerit origo gemma ram , et quibus initiis in tantum admiratio baec exarserit, diximus quadamtenus in mentione auri aaaulorumque. Fabulae primordium a rupe Cau case* tradunt ; Promethei viuculorom interpre tatione fatali: primumque saxi hujus fragmentum inclusnm ferro, ac digito circumdatum, hoc faisse a imulum, et hoc gemmam.

T J

L P erch non manchi nulla ali* opera inoomineia la, rimane a parlare delle gioie, e della maest della natura ristretta in piccol luogo, la quale ia niun' altra saa parte pi maravigliosa, secondo molti. 1 quali tanto slimaoo la diversit, i colori, la materia e la bellezza, che tengono ancora, che sif cosa scellerata violar le gioie, intagliandovi va rie figure. E stimano che alcune d ' esse avanzino ogni pregio, e trapassino ogni stima delle cose del mondo ; di maniera che a molti debba basta re una gioia par contemplare interamente la na tura delle cose. Qual fosse V origiue delle gioie, e da quai principii sia tanto venuta crescendo la maraviglia d'esse, n'abbiamo io parte trattato, dove ragionammo dell'oro e delle anella. Le favole pigliano il principio dalla balza del monte Caucaso, con la fiatale interpretazione de1legami di Prometeo ; e dicono che la prima volta si tolse un pezzo di quella rupe e legosti in ferro e si pse io dito ) e che questo fu gi l ' anello, e queslo la gioia.
D ella
g em m a d e l tularho

Da

PoLffCBATIS T t l i M l G EM A .

P o l ic e a t e .

a ru o r

U . i. His initiis coepit auctoritas in tantum em elata, ut Polycrati Samio, severo insula-

II. i. Da questi principii cominci la riputa zione delle gemme, cresciuta in lauto, che a Poli-

i3 < 17

C. P U M I SliCLNDI

i3GS

rum ac lilorum 1yranno, felicitaiis suac, quam nimiam fatebalur eliam ipse, tatis piamenti io unius gemmae voluntario damno videretur, ti cum fortunae volubilitate paria faceret: planeque ab invidia ejus abunde se redimi polaret, si hoc unum doluisset. Adsiduo ergo gaudio lassus, pro fectus navigio in ellum, annulum mersit. At illum piscis eximia magnitudine regi natos, escae ice raptam, ut faceret ostenlum, in culinam do mini rorsus Fortunae insidiantis manu reddidit. Sardonychem eam gemmam fuisse consti*t: ostendontqae Romae, si credimus, in Concordiae de lubro, cornu aureo Augusti dono inclusam, et novissimum prope locum, tot praelatis, obti nentem.

crate Samio, nevero tiranno delle isole e Ielle spiag ge, parve ufficiente piamolo della felicit sua, la quale egli slesto confessava eh* era troppa, per dere di suo proprio volere una gioia per andar del pari con la volubilit della fortuna ; e giu dicava sufficientemente ricomperarsi dalla invi dia d'essa, se per questa sola perdita avesse avuto cagione di dolersi. Stanco dunque in un certo modo di troppa allegrezza, and sopra un navilio in alto mare, e quivi gett Panello. Al lora un grossissimo pesce, il quale pareva che appunto fosse venule per esser cibo del re, se lo inghiott ; e per dare a vedere cosa mostroosa, es sendo preso e presentato al re, sparandosi se gli trov iu corpo Panello di lui. Questa gioia fu una sardonica ; e mostrasi oggi in Roma, se pure cosa da credere, nel tempio della Concordia, l>gata in un corno d* oro, donala da Augusto ; e fra tante altre gioie eccellenti tiene quasi P ulti mo luogo.
D
ella gemma d e l e e

Db

gemm a

Pte ehi

b e g is .

ie e o

111. Post hunc annulum regia fama est gem III. Dopo questo anello ragionasi essai della mae Pyrrhi illius, qni adversus Romanos bellum gioia del re Pirro, di quello che guerreggi con gessit. Namqne haboisse traditur achalen, in qua tra i Romani. Perciocch si dice eh* egli ebbe un' agata, nella quale erano le nove Muse e Apolli novem Musae et Apollo citharam tenens specta rentur, non arie, sed sponte natorae ita discur- ne con la cetera, non fitta per arte, ma da natu rentibus, ut Mosis quoque singulis redderentur ra, discorrendo' le macchie in tal maniera, che ciascuna Musa aveva la sua propria insegna. N insignia. Nec deinde alia, quae tradatur, magno pere geminaram claritas exstat apud auctores: dipoi altra eccellenza di gioia, d coi molto si praeterquam Ismeniam choraulem, multis fol- ragioni, si truova appresso gli scrittori, fborebi d Ismenia caniore e sonatore di piffero, il quale gentibusqoe uti solitom, comitante fabula vani tatem ejus, indicante in Cypro rege aureos dena* ebbe molte bellissime gioie, onde nacque una rios c pro smaragdo, in quo fuerat sculpta favola della sua vanit. Perch posto il prezzo dal Amymone, jossisse numerari : et quum duo re in Cipri a uno smeraldo, nel qoale era inta relati essent, imminuto pretio, male hercules gliata Amimone, di cento denari d* oro, egli di subito fece contare i denari. Ed essendogliene ri euratum, dixisse : multum enim detractum gem mae dignitati. Hic videtur instituisse, ut omnes portati due indietro per diminuzione del pregio, disse eh1egli era stato mal servito, stimando che musicae artis hac quoque ostentatione censeren tur, veluti Dionysodorus aequalis ejus et aemulus, perci fosse levato assai di riputazione alta gioia. ut sie quoque par videretur. Tertius, qui eodem Costui pare che fosse cagione che tolti i mu tempore foit inter musicos, Nicomachos, multas sici poi si dilettassero anch essi di questa vanit, gemmas habuisse traditur, sed nulla peritia ele siccome fece Dionisodoro suo eguale e concor ctas: sorte quadam his exemplis initio volumini* rente, per non parere ancora in qnesto da manco oblatis adversas istos, qui sibi hanc ostentationem di lui. Il lerzo musico eccellente di quel lempo fa adrogant, ut palam sit eos tibicinum gloria Nicomaco, e dicesi eh ebbe di molte gioie, ma senza garbo, e con poco giudicio cappate : questi tumere. esempii ho io voluto mettere nel principio del libro eontra coloro che insuperbiscono per questa boria, acciocch si conosca, come essi gonfiano eoa la vanagloria dei sonatori di pifferi.

i3r*,

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXXVII.

t 3 7o

Qui

sca lpto b b i o p t im i.

N o b il it a t is

sca lptcr a b.

Q c a li fu r o n o N o b il t

o ttim i if ta g lia to b i.
d b l l ' in c is u r a .

IV. Polycratis gemma, quae demonstratur, IV. La gioia che si mostra di Policrate an illibata inlactuque est. Ismeniae aetate mnltos cora intera e salva. Dal tempo d' Ismenia in poi, post annos, apparet scalpi tiara smaragdos soli gi molti anni sono, si vede come gli smeraldi tos. Confirmat hanc eamdem opinionem edictum ancora si solevano intagliare. Questo medesimo Alexandri Magni quo vetuit in gemma se ab alio conferma I' editto d' Alessandro Magno, il quale scalpi, qnam a Pyrgotele , non dubie clarissimo aveva vietalo che niuno lo intagliasse in gioia, fuorch Pirgotele eccellentissimo in tale arte. artis ejus. Post eum Apollonide* et Cronius iu gloria fuere: quique divi Angusti imaginem simi Dopo lui furono in credito Apollonide, Cronio lem expressit, qua postea principe* signant, Dio- e Dioscoride, il quale intagli la immagine di scorides. Sulla dictator traditione Jugurthae sem Augusto, con la quale dipoi gli altri imperadori per signavit. Est apud auctores,el Intercatiensem suggellavano. Siila dittatore suggell tuttavia illum, cujus patrem Scipio Aemilianns ex provo eon una pietra, nella quale era intagliato Gigurta catione interfecerat, pugnae ejus effigie signasse: datogli prigione da Bocco. Srivono gli autori an vulgato Slilonis Praeeonini sale, quidnam fuisse cora come quello Intercaziese, il padre del quale actarum eum, si Scipio a putre ejus intereraplns fu da Scipione Emiliano ucciso, essendo disfidato esset, * Divus Angustus inter initia sphinge signa da Ini a combattere, osava on suggello, dove era * intagliata la bat taglia ; ondeStilone Prcconino so vit. Duas in matris annutis, indiscretae similitu dinis, invenerat. Altera per bella civilia, absenle leva dire nn motto molto arguto ; or che avreb eo, amici signavere epistolas et edicla, qnae ratio be egli fallo, se Scipione fosse stato morto dal pa temporum nomine ejus reddi poilnlabat, non dre di lui ? L 'imperadore Augusto us la prin infaceto lepore accipientinm, a aenigmata adferre cipio suggellare con una sfinge. Egli aveva trovalo eam spbingem. * Quineliam Maecenatis rana, per due suggelli della medesima immagine fra le gioie collationem pecaniaram in magno terrore erat. della madre, i quali erano tanto simili, che l'uno Angustos postea ad evitanda convicia sphingis, non si conosceva dall' altro ; e con l ' uno di questi Alexandri Magni imagine signavit. gli amici sooi soggettavano le lettere e gli editti, essendo egli assente nelle guerre civili, massimamente quelli, i quali i tempi richiedevano che si facessero in sno nome ; onde coloro, che ri cevevano quelle lettere o editti, osavano dire nn motto molto arguto, uebe quella sfinge arrecava seco enimrai. r>E anche il ranocchio di Mecenate, che egli adoperava in porre gravezze e gabelle, era altrui di grande spavento. Angusto poi per fuggir biasimo, in cambio della sfinge, usava la immagine d ' Alessandro Magno.
Q
o a b p b im a

R om ae

dacttltotm xca.

Q u a l i PO LA PBIMA DATTILIOTBCA IN

RoilA.

V. Gemmas plures, qaod peregrino appellant V. 11 primo che avesse in Roma di molte gio Bomioe dactyliothecam, primus omnium babnit ie, il che per nome greco si chiama dattilioteca, Romae privignus Sollae Scaurus. Dinqoe nulla fu Scauro figliastro di Siila. Dipoi pei* lungo lia fuit, done<?Pompejos Magnus eam quae Mi tempo non ne fu niuu'altra a Roma, finch Pom thridatis regis fuerat, inter dona in Capitolio peo Magno dedic in Capitolio fra i doni quella dicaret, ut M. Varro aliiqoe ejusdem aetatis eh' era stata del re Mitridate, la quale, secondo auctores confirmant, moltura praelatam Scauri. cbe confermano M. Varrone e gli altri autori di Hoc exemplo Caesar dictator sex dactyliothecas quella et, fa molto pi stimata che quella di in aede Veneris Genetricis consecravit : Marcel Scauro. Con questo esempio Cesare dittatore lus, Octavia genita?, in palatioa Apollini* cella consacr sei datliliotecbe nel tempio di Venere Genitrice. Marcello figliuolo d 'Ottavia ue dedic oam. una nel templo d 'Apolline Palatino.

C. PLINII SECUNDI
P o m p e ji M a g ri TEARSLATAK. GEMME POETATI REL T ltO lF O DI POM PZO IL G&ARDB.

km mak ir

t b iu m p m o

2. Nondimeno la vittoria che Pompeo eb VI. 2. Victoria tamen illa Pompeji primom ^ VI. ad margaritas gemmasque mores inclinavit : be di Mitridate cominci a volgere gli animi delle cicul L. Scipionis, el Cn. Manlii ad caelatum persone a dilettarsi di perle e di gioie, eome quella argentum, et vestes Attalicas, et triclinia aerata : di L. Scipione e di Ga. Manilio le dilett di ar sicut L. Mummii, ad Corinthia et tabulas piclas. gento lavorato e la pezzerie e triclinii ornati di Id uti planius noscatur, verba ex ipsis Pompeji bronzo, e quella di L. Mummio le dilett di vasi Corintii e di pittare. Acciocch questo pi chiara Irium pborum actis subjiciam. Ergo tertio trium pho, quem de piratis, Asia, Ponto, gentibusque mente sintenda, io riferir le parole che si trova et regibus in septimo operis bujus volumine in no negli alti de trionfi di Pompeo. Nel terzo trioni dicatis, M. Pisone, M. Messala consulibus, pridie fo, il qoale egli ebbe de corsali, dell* Asia, del Kalend. Octobr. die natalis sui egit, translolit Ponto, de popoli e de* re mentovati nel settimo . alveum cum tesseris lusorium e gemmis duabus libro di questa opera, P anno che M. Pisone e M * latum pedes tres, longum pedes quatuor (et ne Messala furono consoli, 1 ultimo d di Settembre, il quale era il giorno della saa nascita, condusse quis de ea re dubitet, nulla gemmarum magni tudine hodie prope ad hanc amplitudinem acce* un tavoliere con doe tavole fatte di due gioie,brgo dente, in ea fuit lona anrca pondo xxx) : lectos due piedi, e lungo quattro {e accioocbi ninno d tricliniares tres : vasa ex anro et gemmis abaco questa cosa dubiti, nessona gioia si appressa oggi rum novem : signa aorea tria, Minervae, Martis, per grandezza a questa, v* era in essa una lana et Apollinis: coronas ex margaritis triginta tres: doro di treola libbre >; e tre leiti da mensa, montem anream quadratum cum cervis et leoni nove vasi doro e di gioie da mettere sulle cre bus, et pomis omnis generis, circumdata vite denziere: tre statue d ' oro, cio di Minerva, di aurea : museam ex margaritis, in cujus fastigio Marte e d* Apolline : trentatr corone di perle : horologium erat ; ut et imago Cn. Pompeji e un monte quadro d oro con cervi, e lioni, e fratti margaritis: illa regio honore grata, illius probi dogni sorte, circondati d1una vite d* oro : aa oris venerandique per cunctas gentes, illa, inquam, museo di perle* il quale aveva in cima un orino ex margaritis, severitate vicia, et veriore luxuria, lo : la figura di Gn. Pompeo di perle : si, qaella quam triumpho. Profecto inler molles viros du immagine graia per on onore degno di re, qael rasse! cognomen Magni, si prima victoria sic viso venerabile a tutto il mondo, fu fatto di perle, triurophasses. E margaritis, Magne, tam prodiga ma guast, per dire il vero, la saa severit con re, et feminis reperta, quam gerere te fas non quello piuttosto lusso che Irioofo. Veramente sit, hinc fieri tuos vultus? sic te pretiosum vide- non sarebbe duralo r.l>e tra le persone molli il ri ? Nonne illa similior tui est imago, quam Py soprannome di Magno, se tu, o Pompeo, nella renaei jugis imposuisti? Grave profeeto foedum- prima vittoria avessi cos trionfalo. Di perle, o que probrum erat, ni verius irae deorum ostentum Pompeo Magno, cosa tanto prodiga e trovala per credi oporteret, clareque intelligi posset, jam le donne, e le qnali a te non i lecito u avere, tum illud caput, Orientis opibus sine reliquo n portare, bai volalo che si faccia il tuo viso, corpore ostentatum. Cetera triumphi ejusdem per parere prezioso con esse? Non li somiglia qtiara virilia ! Reipublicae et quaestoribus, qui egli moll pi quella immagine, la quale la met oram maris defendissent datum mille talentnm : testi sai mooli Pirenei ? Senza dubbio questa sa militibus singulis sena millia sesleriium. Tolera rebbe da stimare grave e brutta vergogna, se biliorem tamen fecit causam Caji principis, qui pi veramente si potesse dire, questo essere stato super omoia muliebria, socculos induebat e mar un presagio dato dagli dei ; e ch^insino da quei garitis : et Neronis prinoipis, qui sceptra personis tempi il capo sno fosse con le ricchezze Orientali histrionnro, et cubilia amatoria unionibus con dimostralo senza il resto del corpo. L* altre cose struebat- Quinimmo eliam jus videmur perdidisse di quel trio n fo quanto fnrono elle virili! Alla re corripiendi gemmata poloria, et varia supellecti pubblica e a questori, i quali avevano difeso i lis genera, annnlos transeuntes. Quae euim non paesi alla marina, furono dati mille talenti, ea ogni luxuria innocenlior existimari possit ? soldato seimila sesterzii. Questo nondimeno lece pi comportabile Caio imperadore, il quale, olUt tulle P allre cose donnesche, si metteva gli stiva letti forniti di perle ; e similmente Nerone impe radore, il quale ricopriva gli scettri, le m aschere,

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXXVII.

e le camere amatorie di perle. E cerio pare che abbiamo perduto fino ad ogni autorit di potere riprendere i vasi da bere forniti di gioie, e gli arnesi, i quali passano di valore le anella. Peroc ch quale altra pompa si pu trovare, che sia pi lecita di questa ?
QlTAVDO n i n i IRVB1 TTA M D I1B M A . CIECA BA.

L n V K Il

dardo

fd

teotata

la

h u b e in a .

Lesso

DI BS9A.

La medesima vittoria fu quella, che la VII. Eadem victoria primam in Urbem mur- VII. rhina invexit; primusqne Pompejus lapides et prima volta condusse in Roma i vasi murrini ; e pocnla ex eo trimpho Capitolino Jovi dicavit: il primo fu Pompeo, che di quel trionfo dedic quae protinus ad hominum usum transiere, aba pietre e tazxe di questa materia a Gio?e Capitoli cis etiam escariisquer vasis inde expetitis. Excre- no, le quali furono poi usate dalle persone ; e di scitqoe in dies rei luxus, murrhino l x x talentis quella medesima fecero tavole, e vasi da vivande. empto, capaci plane ad sextarios tres calyce. Po Ogni d pi cresce la pompa di questa cosa, talch tavit ex eo ante bos annos consularis, ob amorem un vaso murrino s' compero settanta sesterzii, abroso ejus margine, ut tamen injuria illa pretium capace di tre sestarii. Con un bicchiere fatto di augeret: neque est hodiemurrhini alterius prae- questa materia usava bere questi anui passati un stantior indicatara. Idem in reliquis generis ejas eh1era stato consolo, e per amore gli aveva logo qnantum voraverit, licet existimare ex multitu ro gli orli ; e nondimeno per questo difetto era dine, quae tanta fuit, ut auferente liberis ejus Ne stimato cbe pi valesse. Oggid noo si truova rone Domitio, theatrum peculiare trans Tiberim niuno altro vaso murrino pi bello di queslo. 1 1 horiis exposita occuparent : quod a populo im medesimo dell' altre cose di quel genere quanto pleri canente se, dum Pompejano praeludit, etiam acquistasse, si pu considerare dalla moltitudine, Neroni satis era t Vidi tunc adnomerari unius la quale fu lauta, cbe togliendola a* figliuoli di lui scypbi fracta membra, quae in dolorem, credo, Domizio Nerone e ponendola negli orti occup il secali, invidiamque fortunae, tamquam Alexandri suo teatro di l dal Tevere; ed esortando egli col Magai corpus, in conditorio servari, ut ostenta canto che il teatro s* empiesse di popolo, mentre rentur, placebat. T. Petronias consataris mori eh* egli era un preludio alla caduta di Pompeo, era turas, invidia Neronis principis, ut mensam ejus ancora a bastanza a quella di Nerone. Vidi io exheredaret, trullam murrbinam trecentis talentis stesso allora contarsi i pezzi d una tazza rotta, i emptam fragi t. Sed Nero, ut par erat principem, quali egli voleva, credo, per dolore del mondo, e vicit omnes, c talentis capidem unam parando. invidia della fortuna, che si conservassero in uu'urMemoranda res tanti imperatorem patremque na, come se fossero stati il corpo d'Alessandro patriae bibisse. Magno, acciocch si potessero mostrare. T. Petro nio, il quale era stalo consolo, avendo a morire per 1*odio che Nerone imperadore gli portava, per privarlo delle sue mente, ruppe una tazza di murrina, ch'egli aveva comperalo trecento se sterzii. Ma Nerone, come bene conveniva a un principe, vinse tutti gli altri, comperando no aso grande da bere cento taleoli. E fu cosa notabile, cbe un imperadore e padre della patria bevesse con vaso di tanto pregio.
NATUBA MTEBHlflOEC*.

N a td e a

d e l l a m u b b ih a .

Vili. Le murrine vengono di Levante, perch VIII. Oriens mnrrbina mittit. Inveniuntor enim ibi in plaribus locis, neo insignibus, maxi quivi si trovano in pi luoghi, ma non notabili, massimamente nel regno de' Parti : nondimeno pi me Parthici regni : praecipua tamen in Carma nia. Hamorem putant sub terra calore densari. eccellenti in Carmania, l'iensi che e' sia un umo Amplitudine nusquam parvos excedunt abacos : re, il qaale per lo caldo si rassoda sotto terra. Di crassitudine raro, quanta dictam est vasi potorio. grandezu non tono mai maggiori, che una pie-

C. PLINII SECUNDI

3; 0

Splendor his sine viribus, nitorque verius, qaam splendor. Sed in pretio varietas colorum subinde circnmagentibus ae maculis ia purpuram caudoremque, et lenium ex utroque, ignescente, veluti per Iransilum coloria, purpura, aul rube* scenle lacteo. Sunt qui maxime in iis landeot extremitates, et quosdam colorum repercussui, quales in coelesti arcu spectantur. Hia maculae pingues placent : tranalucere quidquam, aut pal lere, vitium eat. Item sales, verrucae non emi nentes, aed ut in corpore etiam plerumque sessi les. Aliqua et in odore commendatio est.

< tavoletta, e rade volle sono ai grosse, che bastino a fare il prefalo vaso d bere. Lo splen dore loro aenza forza, e veramente pi tosto cosa lucida, che rispleudente. Ma quello che ia loro si stima la diversit de colori, dove on deggiano macchie che traggono al rosso e al bian co, e a un terzo colore, il quale s' accende dainendue questi} come quando per mutazione di colori, o la porpora viene al bianco, o il latteo al porporino. Alcuni principalroeute lodano in queste l'estremit, e certi riverberi di colori, quali si veggono nell* arco baleno. A costoro pia* cion certe macchie grasse ; vizio, che alcuna o cosa vi traluca, o sia pallida ; e cos ancora nei e porri, che non ispuntino fuori, ma sieno piani e dentro la stessa materia. 11buono odore ancora ha iu s qualche parte d*eccellenza.
coi N a td b a d b l c b is t a l l o : m e d ic in e c h e sb h b p a s s o .

N ATUBA CBYSTALLI : MEDICINAE BX BA.

IX. Contraria huic causa crystallum facit, IX. Da cagione contraria a questa ne viene il gelu vehementiore concreto. Non aliubi certe cristallo, perch* materia rassodala da grandis reperitur, quam ubi maxime hibernae nives simo freddo. Non si ritruova altrove, se non dove rigent : glaciemque esse certum eat ; unde el le nevi agghiacciano molto il verno ; e eh* egli nomen Graeci dedere. Orienael hanc mitiii, quo ghiaccio, certa cosa, e per i Greci gli hanno niam Indicae nulla praefertur. Naacitur et in posto questo nome. Il cristallo aneora viene di Asia, vilissima circa Alabanda, el Orlhosiam, Levante, ma non v' cristallo pi fino di quello finitimiaque montibus, ilem in Cypro : aed lau* d'india. Nasoe similmentein Asia, e di pochis* dala in Europae Alpium jugia. Juba auctor eat, sima stima intorno Alabanda e Ortosia, e nei et in quadam inaula Rubri maria ante Arabiam monti vicini, e in Cipri ancora. Ma eccellentissi sila nasci, quae Necroq vocetur, et in ea, quae mo nasre ne* gioghi dell* Alpi d* Europa. Scrive Giuba che il cristallo nasce ancora ia una certi justa gemmam topazion ferat, cubitalemque ef fossam a Pythagora Ptolemaei regis praefecto. isola del mar Rosso, la quale si chiama Neeron, Cornelius Bocchus et in Lusitania nasci perquam posta innanzi all* Arabia, e in quella, la quale mirandi ponderis Ammansibus jugia, depressis quivi appresso, e produce il topazio ; e dire che ad libramentum aquae puteis. Mirum et qaod Pitagora prefetto dl re Tolomeo ve ae cav ano, Xenocrates tradit Ephesius, aratro in Asia el Cy eh' era lungo nn braccio. Dice Cornelio Bocco, pro excitari. Non enim inveniri in terreno, nec che similmente nasce in Portogallo di mirabil niai inter cautes creditam fuerat. Similius vero peso ne' gioghi dei monti Ammaensi in certi eat, quod idem Xenocrates tradit, torrentibus pozzi fatti dallacqua che cade da alto. Maravi saepe deportari. Sudines vero negat niai ad me gliosa cosa quella che dice Senocrale da Efeso, ridiem spectantibus locis nasci : quod certum che in Asia e in Cipri si cavi con lo aratro ; per est : non enim reperitur in aquosis, quamquam ciocch si credette che non si trovasse nel ter* in regione praegelida, vel si ad vada usque reuo, ma tra i massi. E per molto pi da credere glacientur amnes. Coelesti humore, parvaque quello che il medesimo Senocrate dice, ebe spesse nive id fieri neceaae eat : ideo caloria impatiena, volle i fiumi torrenti lo conducono. Ma Sudine non nisi frigido potui addicitur. Quare sexangn- dice, che non nasce ne' luoghi volti a mezzogior lis nascatur lateribus, non facile ralio inveniri no, la qual cosa certa, perciocch non si troora potest: eo magis quod neque mucronibus eadem in luoghi acquosi, bench il paese sia molto fred species est, et ita absolutus esi Ulerura laevor, ut do, e i fiumi v'agghiaccino insino al fondo. nulla id arte possit aequari. necessario che questa maleria proceda da umor celeste, e da poca neve ; e perci non cosaporta il caldo, e non s' usa ae.non a bere cose fredde. Noo si pu gi sapere la ragione, perch e* nasca a sei canti, tanto pi che il taglio noo ha la me desima figura ; ed si perfetto il pulito delle facce, chc non si pu con alcuno artificio agguagliarlo.

377

HISTORIARUM MUNDI LIB XXXVII.

L u x u r ia

ir c r y s t a l l o .

LUSSO DEL CRISTALLO.

X. Magnitudo amplissima adhuc visa nobis X. 1 maggior pezzo che insino al giorno 1 erat, qaam io Capitolio Livia Augusta dicaverai, < gg> < *> veduto, quasi di cinquanta lib 1' > * librarum circiter qainquaginta.Xenocrales auctor bre, dedicalo da Livia Augusta in Capitolio. est, t amphorale visum: et aliqui, ex India Senocrate scrive, essersi veduto un vaso di ericrystallum sextariorum qoaluor. Noi liquido ad- stallo graode come un'anfora; e alcuni dicono firmre possumus, io caulibus Alpium nasci,atque che d ' india venuto cristallo di quattro sestarii. adeo inviis, ut plerumque fuitc pendentes eam Noi possiamo affermare per cosa certa che enasce extrahant. Peritis signa t l indicia nola uni. In nell' Alpi in luoghi cos ripidi e dirupati, che festantur plurimis vitiis : scabro ferrumine, macu quegli che lo cavano vi si calano con le funi. losa nube, occulta aliqua vomica, praeduro fragi- 1 pratichi hanoo certi segni da saper trovarlo. liqae centro : item tale appellato, fcst et rufa ali Ma il cristallo ha di molli difetti che l offeudo> quibus rubigo: aliis capillamenlum rimae simile. no, siccome sono, ruvidezza, ruggine o nebbia Hoc artifices caelatura occulUnt. Quae vero sine maculosa, e talora qualche fistola occulta, con vitio suol, pura esse malunt, acenteta appellan durissimo e fra gii centro, che si chiama sale. Al tes, nec spumae colore, sed limpidae aquae. Po cuni pezzi ancora hanno una raggine rossigna : stremo auctoritas in pondere est. Inveuio medi alcuni certi capegli simili a fissure. M^ gli arte cos, qoae sunt arenda corporum, non aliter fici ricuoprono queslo difetto con intaglio; e quei ntilius id fieri putare, quam crystallina pila che son senza difetto, lasciano puri e scoperti, e adverais posila solis radiis. Alius hic furor, b - s chiaraangli acenteti, di colore non di schiuma, ma c l u i rallam anam non ante mullos annos mer di limpida acqua. Finalmente il cristallo ha riputa catam a matre familias, nec divile. Idem Nero zione nel peso. Io truovo medici, i quali avendo a amissarum rerum nuntio accepto, duos calyces dare il fuoco a<l alcuna parte del corpo, tengono crystallinos in suprema ira fregit illisos. Haec che non si possa far meglio, che con una palla di luit ratio seculum suum punientis, ne quis alias cristallo opposta a'ragi del sole. Questa fu an'al* ex his biberet. Fragmenta sarciri nullo modo tra pazzia, che fu aoa gentildonna, e non mollo quennt. itlire ad similitudinem accessere vitrea, ricca, pochi anni sono, la quale comper ao vaso sed prodigii modo, ut suam pretium auxeriul di cristallo dello trulla per cento cinquanta mila sesterzii. E Nerone, quando intese ch'egli aveva crystalli, non diminuerint. perduto l'imperio, trovandosi io graudisaima collera e disperazione, spezz due bicchieri gran dissimi di cristallo. Questa fu una certa punizione al secolo suo, acciocch aiuoo potesse bere con essi. I pezzi rotli non si possono per alcun modo risaldare. maraviglia, che il vetro contraffaccia il cristallo, ma per cosa prodigiosa che perci il cristallo cresciuto, e non scemato di pregio.
Db D bll' a m b b a
: a u to ri che ve b a rro s c ritto .

s o c c iro ; qoi i r v b r t i s itiit a u c to r e s m

eo.

XI. Proximum locam ia deliciis, feminarum XI. Dopo il cristallo lambra tiene il'primo tamen adhuc tantum, saccina obtinent : eamdera- luogo nelle delizie ; ma per ancora non 1' asano que omnia haec, quam gemmae, auctoritatem, se non le donne. Ogni sorte di ambre ha la me sane majorem aliqaibus de caasis crystallina et desima autorit che le gioie, ma il cristallo e la murrhina, rigidi polus utraqae. In succinis causam murrioa per qualche rispetto I' hanno anco mag ne deliciae quidem adhuc excogitaverunt. Occa giore, perch 1' uno e I' altra d bere fresco. Ma sio est vanitas Graecorum diligentiae. Legentes nell' ambra le delizie non hanno ancora trovato modo aeque perpetiantur me de orta eorum, la causa che la prodace. Il motivo di qaesto la qaam hoc quoqae intersit vilae, scire posteros vanit dei Greci. Ma sopportino in pace i lettori, qoidqnid illi prodidere mirandum. Phaethontis che io scriva ci eh' essi dicono del nascimento fulmine icti sorores fleta mutatas in arbores dell'ambra; perch ancora ulile al mondo ehe populos, lacrymis electrum omnibus aunis fun sappiano quei che verranno dopo ci che quelli der* jaxla Eridanum amnem, quem Padum ne hanno insegnalo di mirabile. Dicono i Greci

C. PLINII SECUNDI

*38o

vocamus : et electrum appellatum, quoniam sol che le sorelle di Fetonte, piangendo lai morto di vocitatus sil Elector, plurimi poetae dixere, pri- saetta dal cielo, si coovertirono in alberi chia mati oppii, i qaali per le loro lagrime gettano mique at arbitror, Aeschylus, Philoxenus, Nican der, Euripides, Saljnu. Quod es*e falsum, Italiae ogni anno elettro, cio ambra, appresso il fiome testimonio patet. Diligentiores eorum, Electridas Eridano, che noi chiamiamo Po ; e dicono assai insulas in mari Adriatico esse dixerant, ad quas poeti, eh* chiamato elettro perch il sole si do manda Elettore ; e i primi, come io stimo, che dilaberelur Padus. Qua appellatione nullas u m dissero questa favola, furono Eschilo, Filosseno, q u a m ibi fuisse, certum est : uec veri ullas ibi adposilas esse, in quas quidquara cursu Padi de Niramlro, Euripide e Satiro. Ma che ci sia falso, vehi possit. Nam quod Aeschylus in Iberia, hoc si conosce per testimonio di tutta Italia. I pi est in Hispania,Eridanum esse dixit, eumdemque diligenti tra loro dissero, che nel mare Adriatico sono isole, chiamale Elettride, alle quali arriva appellari Rhodanum, Euripides rursus, et Apol lonius io Adriatico litore confluere Rhodanum et il Po. Ma certo , che quivi non furono mai isole di questo nome ; n quivi appresso ancora al Padum faciliorem veniam facit ignorali saccini, ia tanta orbis ignorantia. Modestiores, sed aeque cuna isola, dove il Po possa condurre cosa veru na. Perciocch il dire di Eschilo, che Io Eridano falsum prodidere, in extremis Adriatici siuus ru pibus inviis arbores stare, quae Canis orta hanc in Iberia, cio in Ispagna, e che egli si chiama effundereut gammim. Theophrastus in Liguria ancora Rodano; e di Euripide e Apollonio, che effodi dixit. Chares vero Phaethontem in Aethio il Rodano e il Po s'accozzano ne liti del mare pia Amraonis obiisse , ob id delubrum ibi esse Adriatico, fa pi perdonabile il loro ignorare * atque oraculum, electrnraque gigni. Philemon dove sia 1 ambra, mentre sono tanto ignoranti delle cose del mondo. Altri pi modesti dissero, fossile esse, et in Scythia erui duobus locis : can didum alque cerei coloris, qaod vocaretur ele ma falsamente anch essi, che nell*estremo golfo ctrum : in alio loco fulvum, quod appellaretur Adriatico, in ripe, dove a fatica si pu ire, sono sabalternicum. Demostralus lyncurion id vocat, et certi alberi, i quali nel nascimento della Canicola fieri ex urina lyncum bestiarum, e maribus ful gettano questa gomma. Teofrasto disse eh* essa vum et igneum, e feminis languidius atque candi si cava nella riviera di Genova. Carete disse che Fetonte mor in Etiopia nella citt d* Aminone, e dam. Alii dixere langurium, et esse in llalia be stias langurias. Zenolhemis langas vocat easdem, che perci quivi il tempio e l'oracolo di Amato et circa Padum iis vitam adsignat. Sudines arbo ne, e che vi nasce lo elettro. Filemone dice eh* di rem qaae gignat in Liguria. In eadem sententia cava, e che in Scizia si estrae in due luoghi, biaoet Metrodorus fuit. Sotacus credidit in Britaaoia co e di colore di cera, il quale si chiama elet petris effluere, quas electridas vocat. Pytheas tro ; e in un altro luogo giallo, il quale si doGuttonibus, Germaniae genti, adcoli aestuarium mauda suballernico. Demos tra to lo chiama linOceani, Mentonomon nomiue, spatio stadiorum curio, e dice che si fa d*orina di linci, cio sex millium : ab boc diei navigatione insulam di lupi cervieri. Dei maschi nasce giallo e focoso, abesse Abalum : illuc vere fluctibns advehi, et e delle femmine pi languido e bianco. Alconi altri esse concreti maris purgamentum : incolas pro lo chiamarono langurio, e dissero che in Italia ligno ad ignem nti eo, proximisque Teutonis sono bestie che lo fanno, le quali si domandano vendere. Huic et Timaeus credidit, sed insulam langurie. Zenotemi le chiama langhe, e dice che elle vivono intorno al Po. Sudine dice eh* egli Basiliam vocavit. Philemon ail flammam ab ele ctro reddi. Nicias solis radiorum succum intelligi un* albero nella riviera di Genova, ebe lo produ voluit. Hos circa occasam credit veheraertliores ce. Di questa medesima opinione fu ancora Me in terram actos, pingaem sudorem in ea parte trodoro. Sotaco credette che nasca in Inghilterra da alcune pietre, eh* egli chiam elettride. Pitea Oceani relinquere, deinde aestatibus in Germa norum lilora ejici. Et in Aegypto .nasci simili dice che c*un estuario che si dimanda Menlonomodo, et vocari sacal : item in ludia, gratiusque mo, abitato dai popoli Gutloni, gente di La magna, largo sei mila stadii: di qui lontana thure esse Indis. In Syria quoque feminas verti cillos inde facere: et vocare harpaga, quia folia un* isola una giornata , che si chiama Abaio : et paleas, vesliumque fimbrias rapiat. Theochrea questa isola dice che la primavera le onde slus Oceano id exaestuanle ad Pyrenaei promon gettano lo elettro, e vuole eh* e* sia un purga toria ejici: quod et Xenocrates credidit, qui de mento del mare congelato. Dice che gli nomini iis nuperrime scripsit. Vivit adhuc Asarubas, qui del paese lo abbruciano in cambio di legne, e tradidit juxta Atlanticum mare esse lacum Cephi- vendonlo a* Teutoni loro vicini. A costui accon siada, quem Mauri vocant Electrum. Hunc sole sente anco Timeo , ma chiama I* isola Basilia. excalfactum e limo dare electram flaitans. Mna Filemone dice che I*ambra getta faooo. Nicia

38i

HISTORIARUM MUNDI U B . XXXVII.

<38a

aeas Africae locam Sicyonem appellai, el Cralhin ainem in Oceanum effluentem e lacu, in quo aves, quas ineleagridas et peoelopas vocat: el vere ibi nasci, ratione eadem, qua sopra dictum est de Electride lacu. Theomenes, juxla Syriira ma gnato hortum Hesperidum esse, ex quo in sta gnum cadat, colligi vero a virginibus Hesperidum. Ctesias Indis flumen esse Hypobaruro, quo voca bulo significetfir omnia in se ferre bona: fluere a Septemlrione in exortivum Oceanum juxta montem silvestrem, arboribus electrum ferenti bus. Arbores eas siplachoras vocari, qua appella tione significetur praedulcis suavitas. Mithridates in Germaniae litoribus esse insulam, vocarique eam Oserictam, cedri genere silvosam : inde de fluere in petras. Xenocrates non succinam tantum in Italia, verum eliam thyon vocari, a Scythis vero sacrium^ quoniam et ibi nascatur. Alios pu tare io Numidia gigui. Saper oraues est Sopho cles tragicus poeta, qaod quidem miror tanta gravitate cothurni, et praeterea vitae fama, alias principe loco genitis Athenis, rebus ge stis, exercitu duclo. Hic altra Indiam fieri di xit e lacrymis meleagridum aviam Meleagrum deflentium. Quod et credidisse eam, vel spe rasse aliis persuaderi posse, qois non miretur? quamve pueritiam tam imperitam posse reperiri, qaae avium ploratps annuos credat, lacrymasve tam grandes, avesque e Graecia , ubi Meleager periit, ploratam isse in lados? Q aidergo? non mulla aeque fabulosa produnt poetae ? Sed hoc ea in re, quae quolidie inveniatnr atque abundet, et hoc mendacium coarguat, serio qnemquam dixisse,summa hominum contemptio est,et into leranda meodaciorum impunitas.

crede che quello sia sago de' raggi dei sole, e slima che questi raggi iotorno al ponente ripercotendo in terra pi gagliardamente, lascino sndor grasso in quella parte del mare, e la stale poi sia rigettato dall'onde alle riviere di Lamagoa; che nel medesimo modo nasca in Egitto, e si chiami sacal ; e similmente in India, dove i popoli di quel paese l ' hanno pi grato cbe l'incenso. In Som ancora le donne asano farne fusaioli, e chiamanlo arpaga, perch' e' tira a s le foglie, le paglie e gli orli delle vesti. Teocresto scrisse che le onde del mare lo ribut tano ai promonlorii dei Pireuei, e ci credette ancora Senocrate, il qnale nuovamente ne scrisse. Vive oggi Assruba, il quale ha scritto, come appresso il mare Atlantico il lago Cefside, il qaale i Mori chiamano Elettro. Dice che queslo lago riscaldato dal sole, della sua mota prodaoe 1' elettro, il qaale viene a gala. Mnasea scrive cbe in Africa un lago chiamato Sicione, dove pure il fiume Craii, il qnale dal lago mette io mare ; e che in quel lago vivono alcuni uccelli,ch'esso chia ma meleagride e penelope; e che quivi la primave ra nasce l'ambra uel medesimo modo, che s ' detto nel lago Elettride. Teomene dice che appresso la gran Sirte il giardino deU'Esperidi, del qual cade elettro in uno stagno, e che le vergini delle Espe ridi lo raccolgono. Clesia dice che in India il fiu me Ipobaro, il qual vocabolo significa portare in s ogni bene, e corre da tramontana nel mar di Levante appresso a an monte salvatico, dove sono alberi, i quali producono lo eletlro.Chiama quegli alberi sittacori, il che viene a dire soavit dolcis sima. Scrive Mitridate che ne' (ili di Laraagna an' isola, la quale si domanda Oserilta, copiosa di selve di cedri, donde gocciola gi tra le pietre. Se nocrate dice cbe in Italia chiamato non solamen te saccino, ma ancora tio, e ehe gli Scili lo chia mano sacrio, perciocch nasce anco nel paese loro. Alcuni tengono cb' e' nasca in Numidia. So pra tulli Sofocle, poeta tragico, di cui molto mi maraviglio, essendo egli uomo di tanta gravili nelle sue rappresentazioni tragiche, e di tanta fa ma di vita, nato in Atene di nobil sangue, e oltra ci stato capitano di eserciti. Costui disse che e'nasce di l dall'india della lagrime degli uccelli meleagride, i quali piangono Meleagro. E chi non si maraviglia eh* egli non pure lo abbia creduto, ma ancora abbia sperato di poterlo dare a credere agli altri ? e cbe fan ciullaggine si pn trovare, o piuttosto melen saggine, la quale creda ehe gli uccelli piaugano ogni anno, e che le lagrima sieno s grandi, e che gli uccelli sieno passati di Grecia, dove mori Meleagro, a piangere in India? Ma che? or non iscrivono i poeti di molte altre ente favolose?

1383

C. PLINII SECUNDI

.384

3- Certum eat gigni iu insulis septemtrionalis Oceani) et a Germanis appellari glessuin: itaque et a nostris unam insularum ob id Glessar ia ra appellatam, Germanico Caesare ibi classibus reui gerente, Austraviam a Barbaris diclam. Nascitur autem defluente medulla pinei generis arboribus, ut gumini in cerasis, resiua pinis. Erumpit humorisabundantia: densatur rigore vel lepore autum nali. Quum intumescens aestus rapuit cx insu lis, certe in litora expellitur, ita volubile, ut pendere videntur, atque considere in vado. Ar boris succum esse prisci nostri credidere, oh id succinum appellantes. Pineae autem arboris esse indicio est pineus in adtritu odor, et quod acceusurn tedae modo ac nidore flagrat. Adfirroatur a Germanis ideo maxime adpelitam provinciam : et inde Veneti primum, quos Graeci Enetos vo cabant, famam rei fecere proximae Pannoniae, id accipientes circa mare Adriaticum. Pado vero adnexae fabulae videtur causa, hodieqtie Trans padanorum agrestibus feminis, roooilium vice succina gestantibus, maxime decoris gratia, sed et medicinae: quando tonsillis creditur resistere, et faucium vitiis, vario genere aquarum juxta in festante guttura ac vicinas carnes. Sexceulis fere is pass, a Carnunto Pannoniae abest litus id Ger maniae, ex quo invehitur, percognitum nuper. Vidit enim eques Romanus, missus ad id compa randum a Juliano curante gladiatorium munus Neronis principis, qui haec commercia et litora peragravit, tanta copia invecta, ut rei ia arcendis feris podium protegentia succino nodareutur : arma vero, et libilina, totusque unius diei appa ratus esset e succino. Maximum pondus is glebae adlulit xm librarum. Nasci et in India certum est. Archelaus, qui regnavit in Cappadocia, illinc pineo cortice inhaereuie tradit advehi rude, polirique adipe suis lactentis incoctum. Liquidum primo destillare, argumento sunt quaedam intus translucentia, ut formicae, aut culices, lacertaeque, quas adhaesisse musteo non est dubium, et io c lu M S indurescenti.

Ma il volere fingere favole in cosa, che ogni di ci portata, e di cui s' ha dovizia, e dir tal menzogna non per burla, ma in pruova, un disprezzar molto gli uomiui, e son bugie da oon essere comportate. 3. Certor che l'elettro nasce nelle isole del mar setteutrionale, e che i Tedeschi lo chiamano glesso ; e per ci i nostri hanno chiamato uoa di quelle isole Glessaria, quando Germanico Ce sare lu con gli eserciti in quelle parti : i Bar bari la domandano Anstravia. Nasce da midolla, la quale goccio! dagli alberi di specie di pino, come la gomma de' ciriegi, e la ragia de' pini. Esce fuori mollo umore : assodasi o pel freddo, o per la tiepidezza dell'autunno. Quando Tonde lo rapiscono dalle isole, lo trasportano a* liti, in modo s volubile, che pare che alia sospeso. C h'e' sia sugo d'alberi, fu creduto anco dai nostri antichi, e perci lo chiamarono succino. Or ch'egli sia d'albero di pino, si conosce da ci, che stropicciandosi getta odore di pino, e acceso arde io quel mftlo, e con quell'odore ehe la teda. Dicesi che i Tedeschi andavano per esso in Ungheria, e che di poi i Veneti, i quali dai Greci furono chiamati Eiieti, hanno dato fama a quella provincia, ricevendolo cirra il mare Adriatico. Ed manifesta la cagione della fa vola , la qual vuole ch' e' nasca in Po ; perch ancora oggi le donne contadine olir il Po usano portare l'ambra in collane per ornamento, e ne fanno ancora medicina, perch credono che essa guarisca le senici,e gli stranguglioni, i quali per rispetto di varie sorti d' acqua, che sono in quel paese, offendono la gola e la carne vicina. Il lito di Lamagna, ond egli vien portato, e di cui nuovamente s' avuto cognizione, lontano din torno a seicento miglia da Carnato d' Ungheria. Perciocch l'ha veduto un cavalier Romano,man datovi a comperarne da Giuliano, il qaale procu rava i giuochi gladiatorii di Nerone, che navi gando questi liti, ne port tanta quantit, che le reti, le quali erano poste in teatro perch le fiere non s 'appressassero allo steccato, s 'annodarono con lambre ; e 1' armi, e il calaletto, e tatto l'ap parato d'un giorno era 4' ambre. Il maggior pezzo d 'ambra, che costui port, fa tredici lib bra. Certo ancora eh' egli nasce in ludia. Arche lao, che fu re di Cappadocia, scrive che vengono di l rozze e attaccate alla scorza, e che si puli scono cuocendole nella augna di porca, che dia U poppa. Ch' elle colino prima liquide dall' albero. Io dimostrano alcune ose, le quali vi si veggon dentro, siccome sono formiche, zanzare, e lucer tole, le quali oon dubbio alcuno che vi rimasero appiccate quando la materia era ancora liquida, e dipoi vi si rinchiusero quando ella indur.

385

H1ST0BIARUM MONDI MB. XXXVII.


S p e c ib d b l l ' a m b ra ,

i386
6
: m e d i c i w c h b sb r b f a k h o .

GRUBRA SUCCISORUM, f i : MBD1CINAB BX HIS.

Molte sorti ci sono d'ambra. La bianca ha XII. Genera eju* plora. Candida odoris p r e XII. stantissimi. Sed nec his, nec cereis prelium. Ful eccellenli*imo odore. M* n queste, n quelle del vis major aoctorilas. Ex iis eliaranura amplior colore della cera s o n o in p r e g i o . Le gialle hanno transloceniibus, praeterquam si nimio ardore maggior riputazione; e di queste ancora pi quelle flagrent: imaginemqueignea ro inesse,non ignem, che tralucono, fuorch se per troppo ardore elle placet. Somma laus Falernis a vini cnlore dictis, avvampano; perciocch piace che vi sia immagine molli fulgore perspicuis. Sunl et in quibus deco di fuoco, e non fuoco. In grandissimo credito sono cti meHis lenitas placeat. Veruno hoc quoque no le Falerne, cos dette dallo splendore del vino, tum fieri oportet, quocumque libeat, tingi, hoe- perch traspaiono e o a uno splendore temperato. dorom sevo, et anchusae radice : quippe etiam In alcune si loda un colore piacevole di ineie cotto. conchylio inficiantur. Ceterum ad tri tu digitorum Ala questo ancora bisogna che si sappia, che con accepta caloris anima trahant in se paleas ac folia sevo di capretto e radice d' ancusa i tingono in arida, quae levia sunt ; ut magnes lapis, ferrum. qualunque modo, poich si tingono ancora con Ramenta quoque succini oleo addita flagrant la porpora. L'ambra stropicciandosi con le dita, dilucidios diutiusque, quam pini medulla. Taxa in maniera eh' ella riceva la forza del caldo, tira tio in deliciis (anta, ut hominis quamvis parva a s la paglia e le foglie secche che son leggere, effigies, vivorum hominum vigentiumque pretia come la calamita il ferro. I pezzi dell' ambra, superet, prorsas at castigatio una non sit satis. aggiugnendovi l ' olio, ardono pi chiaro e pi In Corinthiis aes placet auro argenloque mixtura, lungamente che la midolla del pino. Il pregio nelle iu caelatis ars et ingenia. Murrhinorum et cry- delizie tanto, che ana figura di uomo, ancora che piccola, trapassa il prezzo degli uomini vivi e strillinorom diximns gratiam : uniones, quod ca pite circumferuntur, gemmae digitis: ia omnibus sani, talch un solo castigo non basta. Ne vasi Co denique aliis vitiis ostentatio aut usus placet : in rinti! piace che il rame sia mescolalo con loro e succinis deliciaram tantum conscientia. Domitias con l'argento: oe'vasi scolpiti diletta l'arte e Nero in ceteris vitae saae portentis, capillos quo l'ingegno. Abbiamo ragionato ancora della grazia que conjugis saae Poppaeae in hoc nomen adop de' vasi murrini e di cristallo: le perle si portano taverat , quodam etiam carmine succinos appel in capo, le gioie nelle dita, e finalmente in tutte lando. Et quoniam nullis vitiis desant pretiosa l ' altre superfluit si cerca la ostentazione e la nomina, ex eo tertius quidam hic colos coepit pompa in usarle. Ma nell' ambre basta solamente expeti a matronis. Usus tamen succinorum inve saper di avere tali dilicateize. Domizio Nerone, nitur aliquis in medicina : sed non ob hoc feminis tra gli altri portenti della sua vita, aveva adattalo placent. Infantibus adalligari amuleti ratione questo nome ancora ai capegli di Poppea sua prodest. Callistratos et cuicumque aetati contra moglie, e in certi suoi versi gli chiamava ambre; lymphationes prodesse tradit, et urinae difficol- e perch a nissun vizio mancano nomi preziosi, da quello cominciarono le matrone a desiderare talibus potam, adalligatumqoe. Hic et differen tiam novam adtulit appellando chryselectrum, questo terzo cnlore. Nondimeno l'ambra ha qual qoasi eoioris aurei, et matutino gratissimi aspe che virt medicinale, ma non per questo piace ctas, rapacissimum ignium, et si juxta faerint, alle donne. Legasi al collo a' bambini per rimedio celerrime ardescens. Hoc collo adalligatura, me contraogoi sorte di malie e d'incanti. Callistrato deri febribus et morbis: tritam cam melle ac dice che giova ancora in qualunque et a chi fosse rosaceo, aarium vitiis : et si cum melle Attico spiritato: similmente alla difficolt dell*orina, tenendola addosso, o beendola. Costui ne aggiun conteratur, ocalorum quoque obscuritatibus. Sto machi etiam vitiis vel per se farina ejns sumpta, se uu' altra differente, chiamandola crisleltro, vel euro mastiche ex aqaa pota. Succina etiam quasi di color d'oro, eia mattina di gratissimo gemmis, qaae sant translacidae, adulterandis aspetto ; facilissima a pigliar faoco, talch essen dogli appresso, subito arde. Dice che attaccala al magnum habent locum, maxime amethystis, collo guarisce la febbre, e altri mali; e pesta con ^uam omni, ut diximus, colore tinganlur. mele e olio rosato medica il male degli orecchi ; e se si macina col mele Ateniese, leva via ancora l'oscurit degli occhi. La polvere sua o presa semplicemeote, o bevuta con mastice nell' acqoa, medica i mali dello stomaco. Facil cosa falsifi care ogni gioia trasparente con 1 ambre, massi* *

C. PLINII SECONDI

i38B

inamente quella che si chiama ametisto, perch, come abbiamo detto, si tigne d ogni colore.
L t b c g b ic m :
m e d ic in a e

n.

D e l l i h c o b i o : m e d ic . 2 .

XIII. De Ijticurio proxime dicit cogit aucto XI4I. La ostioaziooe degli scrittori mi sforza raro pertinacia. Quippe, etiam si nou electrum id a ragionare aacora del lincurio. Perch qaaado dset, lyncurium tanmi gemmam esse conten bene e* non fosse ambra, vogliono per che sta dunt. Fieri autem ex uriua quidem lyncis, sed gioia, e che si faccia d' oriua di lince, cio di lupa egestam terra protinus bestia operiente eam, cerviero, ma cavata di sotto terra ; perch quella quoniam invideat hominum usui. Esse aulem bestia subito che ha orinato ricopre la saa orina qualem in igneis saccinis, colorem, scalpique. con la terra, per invidia che gli uomini non ne Nec folia tantam aut stramenta ad se rapere, sed possano trarre alilil. Ha il colore dell'ambre aeris etiam ac ferri laminas, quod Diocles quidem infocale,e s'intaglia. N solamente tira a s toglie el Theophrastus credit. Ego falsum id totum e paglie, ma ancora le piastre del ferro e del rame, secondo P opiuione di Diocle e di Teofrasto. Ma arbitror, nec visum ia aevo nostro gemmam ul * lam ea appellatione, el qaod de medicina simul io 1 ho per cosa falsa, e che a' tempi.nostri non si proditur, calculos vesicae eo poto elidi, el morbo sia veduta gioia di questo nome, e quello aocora regio occurri, si ex vino bibatur, aul si portetur che si dice della sua mediciua, che beendola rompe la pietra nella vescica, e guarisce il mal cadaco eliara. beendola col viuo, o portaodola addoaso. Da
g e m m is p e b g e h e b a c o l o b u m f &i h c i p a u o m .

Delle

g e m m e sec o n d o i p b i h c i p a l i c o l o b i.

XIV. Nunc gemmarum confessa genera dice mus, a laudatissimis orsi. Nec vero id solam age mas, sed ad rnajorem utilitatem vitae obiter coarguelar Magorum infaada vanitas, quaudo illi vel plurima prodidere de gemmis, medicinae ex his Maada specie prodigia transgressi.

XIV. Ragioneremo ora delle gioie, incomin ciando dall' eccellentissime. Ne ci solamente fa remo, ma ancora per maggiore alilil della umana vita dimostreremo quanto sia grande la vanit de'Magi, poich'essi banoo scritte molle cose delle gioie, con lusinghevole apparenza trapassando i prodigii delle medicioe desse.
S p e c ie d e l d ia m a n t e ,

e r b b a a d a m a s t is , v i

m e d ic i h a e u

: m e d ic .

a.

XV. 4 . Maximam in rebus hamanis, noo so lum ia ter gemmas, pretium habet adamas, dia noo nisi regibus et iis admodum paucis cognitus, auri modo iu metallis repertus, perquam raro : comes auri, nec nisi in auro nasci videbatur. Ve teres eum ia Aethiopum tantam metallis inveniri existimavere, inter delubrum Mercnrii, alque insulam Meroen : dixeranlque non ampliorem cacurais semine, aat colore dissimilem inveniri. Nunc genera ejos sex noscuntur : Indici, non in auro nascentis, sed quadam crystalli cognatione. Siquidem et colore translucido non differt, el laterum sexangulo laevore turbinatus in mucro nem : ant duabus contrariis partibus, ut si duo tarbioes latiftsimis suis partibus jungaolar : ma gnitudine vero etiam avellanae nuclei. Similis est huic qoidem Arabicos, minor tantam, similiter et nascens : celeris pallor argenti, et in aaro non nisi excellentissimo, natales. Incudibas hi depre henduntur, ita respuentes ictam, ut ferram utrimque dissultet, ineadesqne etiam ipsae dissi liant. Quippe duritia inenarrabilis est, aimulque

XV. 4 . Grandissimo pregio ha il diamante non solamente nelle cose amane, ma tra le gioie aacora ; il qaale per lungo spazio di tempo non fu conosciuto se non da' re, e da pochi d ' essi ; e si ritrovato solamente nelle miniere dell' oro, sebbene di raro, in compagnia dell' oro stesso, che pareva che non nascesse se non nell'oro. Perciocch gli antichi slimaron che si trovasae solo nelle miniere di Etiopia, fra il tempio di Mercurio e l ' isola di Meroe ; e dissero che non se ne truovava maggiore che un granello di co comero, o differente di colore. Ora se ne troova di sei sorti. L 'Indiano non nasce nell' oro, ma ha un certo parentado col cristallo ; perch eon colore trasparente non differisce da esso, e pu lito a sei facce s*assottiglia e fa punta. Ci fa anche da amendue le parti opposte, come se doe palei s 'accozzassero insieme dalle parti pi lar ghe ; e sooo aacora grandi quanto una nocciaola. Simile a questo b l ' Arabico, se non che minore, e nasce pare nel medesimo modo ; ma per ha il pallidore del paese, e oon nasoe se non ia finissi-

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXXVII.

ignium victrix natura, et numquam incalescens. Unde et nomen indomita vis graeca interpreta tione accepit. Unum ex iis vocant cenchron, quod est milii magnitudine. Alterum Macedonicum in Philippico auro repertum : et hic est cncumis semini par. Posi hos'Cyprius vocatur in Cypro repertus, vergens in aerium colorem, sed in me dicina, ut dicemus, efficacissimus. Post hunc est sidentes ferrei splendoris, pondere ante ceteros, sed natura dissimilis. Nam et ictibus frangitur, el alio adamante perforari potest : quod et Cyprio evenit : breviterque, ut degeneres, nominis lau tam auctoritatem habent. Idque, quod tolis volu minibus his docere et mandare conati sumus, de discordia rerum concordiaque, quam'antipathiam ac sympalhiitra appellavere Graeci, non aliter clarius intelligi potest. Sfquidem illa invicta vis duarum violentissimarum naturae rerum ferri ignisque contemptrix, hircino rumpitur sanguine, neque aliter quam recenti calidoque macerata, et sic quoque multis ictibus: tunc etiam, praeter quam eximias, incudes raalleosque frangens. Cujus hoc ingenio iovenliim? quove casu repertum? aat quae fuit conjectura experiendi rem immensi secreti, et in foedissimo animalium? Numinum profecto muneris talis inventio omnis est. Nec quaerehda in ulla parte naturae ratio, sed voluntas. Et quum feliciter rumpere contigit, in tam parvas frangitur crustas, ut cerni vix possint. Expetuntur a scalptoribus, ferroque includuntur, oollam non duritiam ex facili cavantes. Adamas dissidet cum magnete lapide in tantum, ut juxta positus ferrum non patiatur abstrahi : aut si ad motas magnes adprehenderil, rapiat, atque aufe rat. Adamas et venena irrita facit, et lymphatio nes abigit, roelusque vanos expellit a mente : et ob id quidam eunaciten vocavere. Metrodorus Scepsius, in eadem Germania el Basilia insula nasci, in qua et succinum, quod equidem legerim, solas dicit: el praefert Arabicis: quod falsum esse quis dubitet ?

mo oro. Conosconsi questi alP incudine, percioc ch scacciano da s il colpo in modo, che il ferro d' ogni parte salta via, e I' ancudine ancora fugge lor sotto. E certo e sono d iucredibil durezza, e la natura loro vince il fuoco, senza eh' essi mai si riscaldino. Perci ebbe nome che in greca significazione vuol dire non domabile. Uno di questi ti chiama cencro, che grande quanto un granello di miglio. Un altro Mecedonico, trovato nella cava dell'oro Filippico; e questo grande quanto un seme di cocomero. Dipoi il Ci priano, trovato in Cipri, il quale pende nel co lore dell'aere; ma, come diremo, ha grandissima virt in medicina. Dopo questo il siderite, che ha lo splcudore del ferro, pi grave degli altri, ma differente di natura. Perciocch e si rompe co' colpi, e puossi forare con un altro diamante ; il che avviene ancora al Cipriano; e a dir breve mente, come tralignati altro oon hanno che la riputazione del nome.- N in altro modo pi chiaramente si pu intendere quello che io mi sono sforzalo mostrare in tulli questi libri, cio la discordia e la concordia delle cose, la quale i Greci chiamano antipatia e simpatia. Perciocch quella invitta forza, la quale dispreiza la violen tissima natura di due cose, cio del ferro e del fuoco, si taglia col sangue del becco, ne' altri menti, che mettendo il diamante in macero nel angue fresco e caldo ; e cos ancora cou molli colpi, perch rompe le incudini per quantunque forti, e il martello di ferro. Ma quale ingegno trov mai questo? o qual caso ? o qnale congettu ra fu di provare cosa di cos gran secreto, e nel pi^sporco animale che si truovi ? Certo che tut ta la invenzione di tal dono venuta dagli dei. N s' ha da cercare in parte alcuna la ragione della natura, ma la volont. E quando avviene che felicemente si rompa, rompesi in pezzi cos piccoli, che appena si possono vedere. Questi pezzetti sono ricerchi dagli scultori, e legansi in ferro ; e non cosa s dura, che facilmeule non intaglino con essi. Tanta discordia fra il dia mante e la calamita, che posto appresso a quella, non le lascia tirare il ferro, o se l ' avesse tirato, gliene toglie. 11 diamante fa che i veleni non nuocono, caccia i mali spiriti, e scaccia ancora le vane paure della mente ;e perci alcuni lo chia marono euuacite. Per quanto io ho letto, solo Metrodoro Scepsio scrive che nella medesima La magna e nell' isola di Basilea nasce, dove nasce anco 1 ambra ; e preferiscelo a quei d' Arabia ; ma chi dubita che questo non sia falso ?

C. PLINII SECUNDI

laeduntur. Posi lios Medici plurimam varietatis habent, interdum et e sapphiro. Ii sunt fluctuosi, ac rerum imagines complexi, ut verbi gratia papaverum, aut avium, pinnarumqoe vel capil lorum, aut similium. Qoi non omuino virides nascuntur, vioo et oleo meliores fiunt, neque est aliorum magnitudo amplior. Calchedonii nescio an in totum exoleverint, postquam metalla aeris ibi defecernat: et semper lamen viles fuere minimique. lidem fragiles, sed colore incerti, et virentium in caudis pavonum columbarumque collo plumis simile* ad inclinationem magis aut minus lucidi, venosi quidem squamosique. Peculiare erat in his vitium sarcion appellatum : hoc est, quaedam gemmae caro. Mons juxta Calchedonem, in quo legeban tur,'Smaragdites vocatus est. Juba est auctor, smaragdum, quem cholan vocaot, in Arabia aedi liciorum ornamentis includi, et lapidem quem alabastrilen Aegyptii vocant. Complures vero e proximo laconicos in Taygeto monle erui, Medi cis similes, et alios in Sicilia.

poco a poco sparisce il verde, e sono e f f e ! dal sole. Dopo questi quei di Media souo mollo ver di, e talora come zaffiri. Questi sono ondeggianti, e hanno in s diverse immagini, verbi grazia coma di papaveri, o d' uccelli, di penne, di capelli, o di cose simili. Quelli che non nascono verdi affat to, si fanno migliori col vino e eoa l olio; n altri sono punto pi grandi. 1 Calchedonii non so se sono spenti afflitto, poich nel lor paese sono mancate le miniere del rame : nondimeno sempre furono vili e piccoli e fragili di colore incerto, simile alle penne che nella coda dei pavoni, o nel collo de* colombi verdeg giano, i qoali nel muovergli sono pi e meno lu cidi, veoosi e pieni di scaglie. Avevano un loro peculiare difelto, che si chiamava sarcio, e questa una certa carne di gioia. Il monte presso a Cal chedone, dove si trovavano, si chiam Sroaragdite. Scrive Giuba che lo smeraldo, che si chiaaia cola, si lega in Arabia negli ornamenti degli edifi cii, e la pietra ancora, la quale in Egitto si chiama alabastrite. Molti per quivi vicini scrvono che in Laconia sul monte Taigeto si cavano smeraldi simili a quelli di Media, e degli altri io Siedi*.
D bl t a i t o . D el c a l c o s m
e e a ld o .

abos

chalco sm a bagd os.

XIX. Inseritur smaragdis et quae vocatur XIX. Aggttipnesi gli smeraldi ona gioia, che tanos, e Persis veniens gemma, ingrate viridis, viene di Persia, chiamala tano, d un verde poco atque intus sordida. Item chalcosmaragdos e grato, e sordiil* dentro. Quella che viene di Cypro, turbida aereis venis. Theophrastus Iradit Cipri, e chiamasi calcosmerado, torbida, e in Aegyptiorum commentariis reperiri, regi ha vene di rame. Scrive Theofrasto che ne* com rorum a refre Babylonio missum smaragdum mu mentarii degli Egizi! si truova^ come il re di nere tv cubitorum longitudine, et trium latitu Babilonia mand a donare al re loro uno sme dine. Et fuisse apud eos in Jovis delubro obe ra ld i lungo quattro cubili, e largo tre; che liscum e i v smaragdis, x l cubitorum longitudine, appresso di loro nel tempio di Giove era un obe latitudine vero in parte quatuor, in parte duo lisco di quattro smeraldi, lungo quaraota cubi rum. Se autem scribente, esse in Tyro flerculis ti, e largo in una parte quattro, nell* altra due; templo stantem pilam e smaragdo, nisi polios e che quando egli scriveva, era in Tiro nel tem pseudosmaragdus sit. Nam et hoc genus reperiri, pio d Ercole uoa pila di smeraldo, se pure non et in Cypro inventum ex dimidia parte smarag era piuttosto di smeraldo falso. Perciocch ce dum, ex dimidia iaspi<lem, nondum humore in n* di questa sorte, e in Cipri s* trovata una oloro transfigurato. Apion cognominatus Pli gioia la mela smeraldo, e 1 altra met iaspide, * stonices, paulloante scriptum reliquit, esse etiam- perch Tumore non s'era ancora trasformato nune in labyrintho Aegypti colosseum Serapbin affatto. Apione, cognominato Plutonico, poco e smaragdo novem cnbitornm. avanti scrisse che ancora nel labirinto d*Egitto il colosso di Serapi d'uno smeraldo di nove cobiti.
D s IBBTLLIS : GBHBBA BOB UH V iri ; TITIA E O IT O . D ei b b b ilu :

s f b c i b d i e s s i.

Lobo Dire t t i .

XX. . Eamdem multis nataram aut certe similem habere berylli videntur. India eos gignit, raro alibi repertos. Poliuntor omnes sexangula figura artificum ingeniis, quoniam hebescant, ni eoior urdus repercussa ango lorum excitetur.

XX. 6. A molti pare che i berilli abbiano la medesima natura, o certamente simile. Nascono in India, e di rado si trovano altrove. Lavoransi tutti a sei facce per industria degli artefiei, per ch perdono lo splendore, se il color sordo di

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXXVII.

Aliier enim politi non habent fulgorem eumdem. Probatissimi sunt ex iis, qui viriditatem puri maris imitantur. Proximi, qui vocantur chryso* berylli, et sunt panilo pallidiores, sed in aureum colorem exeunte fulgore. Ticinum genus huic est pallidius, et a quibusdam proprii generis exi stimatur, voca torque cbrysoprasus. Quarto loco numerantur hyacinlhizontes. Quinto, quos aeroides vocant. Post eos autem cerini : ac deiude oleagini, hoc est, colore olei. Postremi crystallis fere similes. Hi capillamenta habent, sordesque : alioqui evanidi : qaae sunt omnium vitia. Indi inire gandent longitudioe eorum, solosque gem marum esse praedicant, qui carere auro malint : ob id perforatos elephuutorum seti religant. Aliis convenit non oportere perforari, quorum sit absoluta bonitas, umbilicis tantum cx auro capita comprehendentibus. Ideo cylindros ex iis facere malunt, quam gemmas, quoniam est sum ma commendatio ia longitudine. Quidam el an gulosos putant stalim nasci, et perforatos gratio res fieri medulla caudoris exempta, addiloque auro repercussa, aut omniuo castigata , causa perspicuitatis, crassitudine. Vitia, praeter jam dicta, eadem fere, quae in smaragdis, et pterygia. In nostro orbe aliquando circa l'ontum iuveniri putantur. Indi et alias quidem gemmas crystal lum tingendo adulterare reperecunt, sed praeci pue beryllos.

essi non si desta per la riflessione degli angoli : e lavorati altrimenti nou hanuo il medesimo splendore. Eccellentissimi sopra tutti sono quelli che hanno verde di puro mare. Dopo questi pongono i crisoberilli, i quali sono uu poco pi pallidi, ma lo splendore d' essi pende nel colore d' oro. C' nn'altra specie di gioia vicina a que sti, pi pallida, e da alcuni stimata specie di per s, che si chiama crisopraso. Nel quarto luogo si pone il giacintizonte : nel quinto quelli che si chiamano eroide; e dopo questi i cerini; e dipoi gli oleagini, cos detti perch hanno il colore dell' olio. Gli ultimi sono quasi simili al cristallo. Questi hanno capelli e macchie, e spariscono ; e tali sono i difetti di tutti. Gl'Indiani si dilettano mollo della lunghezza di questi, e dicono eh' essi souo soli tra le gioie, che non vogliono oro ; e perci gli forano, e legano con le setole degli ele fanti. Ala alcuni non si debbono forare, perch sono di perfetta bont ; e questi si rinchiudono, ma sole le teste, in castoni d 'oro. Perci fanno piuttosto d ' essi cilindri, che gioie, perch' molto lodata 1 lunghezza loro. Alcuni tengono ancora, che subito nascano fatti a cauti, e foran dogli piacciano molto pi levando quella lor mi dolla bianca, e mettendovi oro che ne faccia la vece, o scemandone la grossezza perch tomi pi visibile lo splendore della midolla. 1 difetti, oltra i gi detti, sono i medesimi che negli sme raldi : cos le nuvolette. Tengouo che talvolta si trovino ancora nel Ponto, uostra provincia. Gli Indiani hanno trovalo ancora il falsificare delle altre gioie col tingere il cristallo, c massimamente i berilli.
D b g li o p a li : 7
spe c ie lobo.

Db o p a l i s :

g u i i a b o b c u v ii .

XXI. Plnrimnm ab iis differunt opali, sma XXL Mollo sono differenti da questi gli opali, ragdis tamfn cedentes, ludia sola et horum est gioie, che cedono solamente agli smeraldi. Questi mater. Atque ideo eis pretiosissimam gloriam opali non nascouo se nou in ludia. E perci quelli cbe hanno trattato delle gioie, diedero compositores gemmarum, et maxime inenarra bilem difficultatem dederunt. Est euim in iis loro preziosissimo vauto, e sopra lutto rarit in carbunculi tenuior ignis, est amethysti fulgens credibile. Perciocch in essi il fuoco mollo pi porpora, est smaragdi virens mare, et cuncta sottile del carbonchio, la porpora lucente dello pariter incredibili mixtura lucentia. Alii summo ametislo, il verdemare dello smeraldo, e tutte queste cose parimente lucenti con incredibile mi fulgoris augmento, colores pigmentorum aequa vere: alii sulphuris ardentem flammam, aut etiam stura. Alcuni per rispelto del loro graude splen ignis oleo acceosi. Magnitudo nncem avellanam ae dore hanno pareggialo i colori della pittura: quat, insigni apud nos historia. Siquidem exstat alcuni la fiamma accesa dello zolfo, o pure anco hodieque hujus generis gemma, propter quam ab del fuoco acceso cou l'olio. Souo grossi come Antonio proseriptus Nonius senator est, filios una nocciuola; e se ue conta una notabile istoria, Strumae Nonii ejus, quem Q. Catullus poeta in che avvenne appresso di noi. Perciocch si trova sella curuli visnm indigne tulit, avusque Servilii oggi ancora uoa di queste gioie, per la quale fu da Antouio proscritto Nonio senatore, figliuolo Noniani, quem consulem vidimus : ille proscri ptos fngiens, hunc e fortunis suis omuibus annu- di quel Nonio Struma, il quale Catullo poeta lum abstulit secum, quem certum est sestertium ebbe a sdegno che fosse veduto in sella curule, e

C. P U N I I SECONDI

i{ o o

viginti millibas aestimatum. Sed mire Aolonii ferii* atque luxuria, propter geram*ni proscri bentis: nec minor Nonii contumacia, proscriptio nem soam amantis, quum etiam ferae abrosas partes corporis relinquant, propter quas se peri clitari sciant.

avolo di Servitio Noniano, il qaale stato con solo a' di uostri : quel proscritto fuggendo non port seco altro di tutte le sue facolti, che queslo anello, il quale certa cosa che fu stimato venti mila sesterzii. Ma fu maravigliosa la crudelt e lussuria d'Antonio, il quale proscrisse quello sventurato sol per una gioia. N fu minore la con tumacia di Nonio a procurarsi da s stesso h sua proscrizione, dove le fiere si rodono e lascia no quelle parli del corpo, per le quali sanno di essere in pericolo.
D
if e t t i e d

V lT lA BT BXPBBIHCIITA EOBCM.

E S P E B tx E rrt

d i e s s i.

XXII. Vitia opali, si color in florem herbae, XXII. I difetti delPopalo sono, se il colore quae vocatur heliotropiom,exeat, aut crystallum, pende nel fior dell'erba che si chiama elitropio, o aut grandinem : si sal interveniat aut scabritia, in cristallo, o in gragnuola: se v*interviene sale aut puncta oculis ocrursantia : nnllosque magis 0 ruvidezza o punte cbe si facciano avanti agli India similitudine indiscreta vitro adulterat. Ex occhi : n v' pietra, che io India pi si falsifichi perimentum in sole tantum. Falsis enim contra col vetro , per la somiglianza che ha seco. Lo radios libratis, digito ac pollice, unus atque idem esperimento si fa solamente col sole. Perciocch translucet colos in se consumptus. Veri fulgor tenendo i falsi con un dito e col pollice contra i subinde variat, et plus huc illueque spargit, et raggi del sole, ne traluce un medesimo colore fulgor lucis in digitos funditur. Hanc geiumara concentrato in s stesso. Ma lo splendore del propter eximiam gratiam plerique appellavere vero di continuo varia, e pi ne sparge qua e l. paederota. Sunt et qui privatum genus ejus e il lampo della luce si spaode fra le dita. Questa faciunt, saugenonque ab Indis vocari dicunt. gioia per la sua grandissima grazia stata chia Tradunt nasci et in Aegypto, et in Arabia, et mata da alcuni pederota. Ci sono ancora alcuni, i vilissimum in Ponto : item in Galatia, ac Thaso, qoali fanno d ' essa un privato genere* e dicooo et Cypro. Quippe opali gratiam habet : sed mol che gl' Indiani lo chiamano sangeno. Dicesi che lius nilet, raro non scaher. Somma coloris ex nasce ancora in Egitto, e in Arabia, e vilissimo aere et purpura constat : viriditas smaragdi deest. in Ponto ; e in Galaziav e in Taso, e ia Cipri. Constatque melior ille, cujus fulgor viui colore Certo eh' egli ha la grazia dell' opalo, ma splende pi delicatamente, e di rado avviene ch'egli oon fuscatur, qaam qui diluitur aqua. sia ruvido. La somma del colore di rame e di porpora, ma gli manca il verde dello smeraldo. E non dubbio che quel colore meglio, il cui splendore oscurato dal colore del vino, che quello che si sbianca per l acqua. .
D e s a rd o x tc h e .
D t t SAB DORICO.

XXIII. Hactenus de principatu convenit, mu XXlli. lnfino a qui si vede ben chiaro qnale lierum maxime senatusconsulto. Minus certa sunt, fra le gioie s 'abbia il principato, massimamente per l ' ordinazione delle donne. Minor certezza vi de quibus et viri judicant. Singulorum enim libi ha rapporto a quelle, delle quali gli uomini an do singulis pretia facit, et praecipue regum. Clau dius Caesar smaragdos induebat, et sardonychas. cora danno giudicio. Perciocch alle gioie ai faano Primus autem Romanorum sardonyche usus est 1 prezzi secondo la volont di ciascuno, e special prior Africanus, ut in historia tradit Deraostra- mente de're. Claudio imperatore portava smeral di e sardonichi. E il primo che in Roma portasse tus, et inde Romanis hanc gemmam fuisse cele berrimam. Quamobrem proximum ei dabimus sardonico fu 1 Africano maggiore, come seri ve Demostrato, e da allora innanzi i Romaoi stima locum. rono molto questa gioia. Epper le daremo il prossimo luogo. 1 sardonichi g ii, come si vede dal nome Sardonyches olim, ut ex nomine ipso appa istesso, si conoscevano per la bianchezza della ret , intelligebantur caudore in sarda, boe esi,

1^01

H1STOK1ARUM MONDI MB. XXXVJI.

velut carnibus ungue hominis imposito, et utro que translucido. Tale* esse lndicas tradunt, Isme nias, Demostratoa, Zeuolhemis, Sotacas : hi qui dem duo reliquas omnes, qoae oon transluceant, eaeeas appellantes, quae nunc nomeu abstulere. Nullo sardarum vestigio Arabicae sont: coeperaotqne pluribns hae gemmae coloribns intelligi, radice nigra, ant caeruleum imitante, et nngue minium, creditum candido pingui, nec sine quadam spe purpurae candore io minium transeunte. Has Indis non habilas iu bonore Zenotbemis scribit: tantae alias magnitudinis, ut inde capulos factitarent. Etenim constat ibi torrentibus detegi. Et placuisse in nostro orbe iuitio, quoniam solae prope gemmarum scalptae ceram non auferrent. Persuasimus deinde et Indis, ut ipsi quoque iis gauderent. Utiturque perforatis utique vulgus, tantum in collo. Et hoc est none Indicarum argu mentum. Arabicae excellunt candore circuli prae lucido atque non gracili, neque in recessu gem mae, aut in dejectu renidente, sed in ipsis umbonibus nilenle, praeterea substrato nigerrimo colore. Et hoc in lodicis cereum aut corneum invenitur, etiam circuli albi : quaedam in iis eoe* lestis arcus anhelatio est. Soperficies vero locu starum maris crustis rubentior. Jam melleae, aut foeenlentae ( hoc enim nomen est vitio ) impro bantur : et si zona alba fundat se, nou colligat. Simili modo, si ex alio colore in se admittat aliqoid enormiter. Nihil enim in sua sede alieno interpellari placet. Sunt et Armeniacae, cetero probandae, sed pallide zona.

sarda, cio per quel colore che risolta dalla ngna posta sulla carne dell uomo, trasparente da ambedue la facce. Ismenia, Demoslrato, Zenotemi e Sotaco dicono che gl' Indiani son tali : essi chiamano ciechi lutti quelli che non Iralucono, i quali ora hanno lascialo il nome. Quelli di Arabia non hanno alcun vestigio delle sarde : queste gioie hauno cominciato a conoscersi per pi colori, per la radice nera, o che pernia ia colore verdescuro, o nel minio dell' ugna, me scolato con bel bianco, non senza certa qualche cosa di porpora, trapassando la bianchezza iu colo re di minio. Scrive Zenotemi,che queste pietre in India uon sono punto stimate,bench di lauta gran dezza, che usano fare d'esse i manichi delle spade; perciocch quivi si truova eh elle sono scoperte da' torrenti. Da principio piacquero molto nelle nostre parli ; perch quasi esse sole fra le gioie intagliate non ritengono la cera nel suggellare. Persuademmo poi agl'indiani ch'essi ancora se ne dilettassero. Il volgo osa queste pietre pera collo. E questa ora la prova de'sardonichi Indiani. Quelli dArabia sono eccellenti per la bianchezza d ' un circolo lucidissimo, e non sottile, che non risplende nel fine della gioia, n nel fondo, ma in essa convessit,e in oltre ha di sotto nerissimo colore. Questo negl Indici si vede di colore di cera, o di corno, ancora con cerchio bianco, e una certa apparenza d 'arco celeste. La superficie pi rossa che le croste delle locusie del mare. Sono biasimati quelli che hanno colore di mele o di feccia ( che cos ha nome questo difetto) ; e se uua bianca cintura vi si sparge attorno senza unire i suoi capi. Similmente, se d'altro colore riceve in s alcona tinta fuor di misura ; perch non piace che nella sua sede sia interposta cosa alcuna straniera. Ci sono ancora quelli d Ar menia, i quali per altro sono da essere stimali, se non che hanno una cintnra pallida.
D e l l * o n ic h e :
s f e c i b d i e ssa .

Db

onyche

g en esa e jo s .

XXIV. Abbiamo da ragionare ancora della XXIV. Exponenda est et onychis ipsios natu ra, propter nominis societatem : hoc in gemmam nalura dell' onirhe, per la compagnia del nome. transiit a lapide Carmaniae. Sndines dicit in Questa passata in gioia da una pietra di Car gemma esse candorem unguis humani similitu mania. Dice Sudine che in questa gioia una dine : item chrysolithi colorem, sardae, et iatpi- certa bianchezza, che somiglia ugna d ' uomo, dis. Zenotherais Indicam onychem plures habere e che ha il colore del crisolito, della sarda, e varietates, igneam, nigram, corneam, cingentibus dell' iaspide. Zenotemi dice che la oniche d ' In candidis venis oculi raodo, intervenientibus qua dia ha molte variet, focosa, nera, cornea, * rumdam et obliquis venis. Sotacus et Arabicam eh' cinta da alcune vene bianche a modo di tradit : sed eam a ceteris distare, quod Indica occhio, passando per traverso certe altre vene. igniculos habeat, albis cingentibus zonis singnlis, Sotaco dice che la oniche si trova ancora in Ara pluribusque, aliter quam in sardonyche Indica. bia, ma eh' ella differente dall' altre, perch la Indiana ha certi fuochi cinti da liste bianche, o Illic enim momentum esse, hic circnlnm. Arabi cas onychas nigras inventi candidis sonis. Satyrus ona, o pi, altrimenti che nel sardonico India-

>4<>3

C. PL1N11 SECONDI

*4"f

carnosas esse Indicas, parie carbunculi, parie chrysolithi, el amethysti, lotumque id geuus abdicai. Verain aulem onychem plurimas variasqoe cam lacteis zouis habere venas, omnium in transilu colore inenarrabili, el in unum redeunte concentum, suavitate grata. Nec sardae natura differenda est, dividuae ex eodem nomine : obilerque ardentium gemmarum indicanda.

no. Perciocch in quelle eh 'i un punto e in questo un cerchio ; e che si trovano oniche in Arabia nere con cinture bianche. Salir dice che le Indiane sono carnose, parte di carbonchio, e parte di crisolito e di ametisto ; e biasima tulio qaesto genere. Dice per che la vera oniche ha molte e diverse vene con cintare bianche, eoa colore che sfugge, di bellezza incredibile che si riunisce in armonia eon suavit mollo graia. Woa 11ha da passare aneora la natnra della sarda, che sta nella specie del medesimo nome, ed da dimo strarsi brevemente la natura delle gioie ardenti.
D b ' c a b b o h c h i : 12 s p e c i e l o b o .

D e CABBOBCULIS : GKKEBA BOB OH X II.

XXV. 7. Principatum habent carbunculi, similitudine ignium appellati, quum ipii non sen tiant ignes, ob id a quibusdam acausti vocati. Horum genera, Indici, et Garamanlici, quos el Carchedonios vocant, propter opulentiam Car thaginis magnae. Adjiciunt Aethiopicos et Alabandicos, in Orlhosia caute nasceotes, sed qui perficiahtur Alabandis. Praeterea iu omni genere masculi appellati acrius, at feminae languidius refulgentes. Iu masculis quoque observant liqui dioris alios flammae, nigrioris alios, el quosdam ex alio lucidos, ac magis celeris in sole flagran tes. Optimos vero amethystizontas, hoc est, quo rum exiremus igniculus in amethysti violam exeat: proximos illis, quoi voca ut ailitas, innato fulgore radiantes. Inveniri aulem ubicumque, maxime solis rcpercussu. Satyrus Indicos non esse claros dicit, ac plerumque sordidos ac scra per fulgoris horridi : Aethiopicos pingues, luceraque non emittentes, aut fundentes, sed convoluto igne flagrare. Callistratus fulgorem carbuncoli debere candidum esse positi, extremo visn nu bilantem : ai adlollatur, exardescentem : ob id a plerisque hunc carbunculum candidum vocari. Qui languidius ac lividius ex Indicis lucent, lithizontas appellari. Carchedonios multo minores esse: Indicos etiam in sextarii unius mensuram cavari. Archelaus, Carchedonios nigrioris aspe ctus esse, sed igne, vel sole, el inclinatione acrius, quam ceteros, excitari. Eosdem urabrante tecto purpureos videri, sub coelo flammeos, con tra radios solis et scintillare: ceras signantibus hi liquescere, quamvis in opaco. Multi Indicos Carchedoniis candidiores esse, et e diverso incli natione hebetari scripsere: etiamnum in Carche doniis maribus stellas intus ardere, feminas ful gorem universum fundere extra se. Alabandicos ceteris nigriores esse scabrosque. Nascantur et in Thracia coloris eiusdem, ignem minime sen tientes. Theophrastus auctor est, et in Orchome no Arcadiae inveniri, et in Chio. Illos nigriores.

a XXV. 7.I carbonchi ne tengono il primo loogo, cos chiamati dalla somiglinz che haono col fuoco, benchessi non lo sentono punto: perci alcuni gli domandano acausti. 1 generi di questi sono gl' Indiani, e i Garamantici, i quali furoao chiamati aucora Carchedonii, per rispetto delle ricchezze della grau Carlagiue. V 'aggiungono gli Etiopici e gli Alabandici, i quali uucuuo nella rupe Ortosia, ma poi si riducono a perfezione nel paese degli Alabandi. Oltra di ci io ogui specie, quelli cbe hanno pi acrimonia si chia mano maschi : le femmine hanno pi languido colore. Osservano ancora ne' maschi, che ve no sono alcuni di pi liquida fiamma, altri di pi nera, e certi che ricevono lucimenlo da un altro, e molto pi risplendono nel sole. Dicono che ottimi sono quegli, che si chiamano amelistizonli, cio quegli, il cui estremo fuoco termina in viola dametisto : dopo loro sono in pregio quegli che si domandano sititi, i quali mandano fuori splen dore naturalmente. Questi si truovano in ogni luogo, massimamente dove riverbera il sole. Sitiro dice che gl' Indiani noti sooo chiari, ma le pi volte sordidi, e sempre di orrido splendore; e che gli Etiopici son grassi, e non mandaoo fuor luce, ma rispleodono con fiamma avviluppata. Callistrato dice che lo splendore del carbonchio debbe esser candido e nell'eslreraa vista nubiloso, c se s 'innalza, ardente ; e per ci da molli questo carbonchio si chiama bianco. Quegl Indiani, che pi languidamente e pi lividamente rilucono, si chiamano lilizonli. 1 Carchedonii sono mollo mi nori : gl' ludiani ancora si cavano alla misura d un sesiario. Dice Archelao che i Carchedonii souo d 'aspetto pi nero, ma per lo fuoco, o per lo sole, e per la inclinazione pi gagliardamente si svegliai che gli altri. 1 medesimi, adombran dogli il tetto, paiono purparei, allo scoperto paiono di fuoco, e all'incontro de' raggi del sole sfavillano ; e la cera suggellata da questi s alrugge, bench sia al coperto. Molti dicono che

i{o5

H1STOK1AHOM MONDI LIB. XXXVII.

1^06

e qaibiis et specula' (ieri. Esse et Troezeoios varios interveoienlibos macalis tlbii : ile Corin thios, et pallidiores, et candidos. Massilia quoque importari Bocchos, et io Olisiponensi eroi scri psit, magno labore, ob argillam sole adustis sal tibus.

gl' Indiani sono pi bianchi che i Carchedonii, e che all' incontro per abbassargli perdono di luce, e che ne' Carchedonii maschi avvampano dentro come raggi di sielle, e le femmine spargono fuori tatto lo splendore ; e che gli Alabandici sono pi neri e pi ruvidi che gli al tri. Ne nascono in Tracia ancora del medesimo colore, i qnali noo sentono punto il fuoco. Scrive Teofrasto che se ne trdova ancora in Orcomeno d 'Arcadia, e in Scio; che qnegli sono pi neri, de* qoali se ne fanno spec chi ; che i Trezenii sono varii, ed hanno certe macchie bianche ; e che i Corntii hanno pi pai* lidezza e son bianchi. Bocco scrisse ancora che ne vengono da Marsilia e da Lisbona, ma con gran fatica vi si colgono, essendo ivi i gioghi alpestri arsi dal sole per l ' argilla.
D lF B T T I BD ESPEIISBH TI DI BSSI.

V it u

bobcv, bt

ii n i n i m

Non c' cosa pi difficile quaalo di XXVI. Nec est aliud difficilius, quam discer XXVI. nere baec genera : tanta est iri eis occasio artis, scernere questi generi; laoto facile larte di fal subditis per qoae translocere cogantar. Ajunt ab sificarli, melleodovisi solto cose che gli fanno Aethiopibus hebetiores in aceto maceratos qua* rducere. Dicono che gli Etiopi, quando non sono tuordecim diebus nitescere, totidem mensibus chiari, gli mettono a molle neU'aeeto per quat durante fulgure. Adulterantur vitro simillime, tordici giorni, e cosi li fanno divenir lucidi; e sed cote deprehenduutur, sicut aliae gemmae che altrettanti mesi lo splendore dora in essi. factitiae: mollior enim materia, et fragilis: et Falsificanti col vetro, che somigliano benissimo; centrosa scobe deprebendontur, et pondere, quod ma codosconsi i veri con la pietra da arruolare, mious est vitreis: aliquando et pustulis argenti come l 'altre gioie contraffatte, perch la materia pi tenera e fragile : conosconsi aacora per la modo relucentibus. rastialura che han dentro, e pel peso, eh* mi nore che quel dei vitrei, e talora per certe bol licine, che rilucono a modo d 'argento.
A h t b b a c it is .

'

Dell' a n t b a c i t b .

XX VII. In Tesprozia ancora ona gioia, chia XXVII. Est et anlhracitis appellata in Thes protia fossilis, carbonibus similis. Falsum arbi mata antracite, la quale si cava di sotterra,simile ai tror, quod et in Liguria nasci tradiderunt, nisi carbooi. Tengo che sia falso che nascessero nella forte tunc nascebantur. Esse in iis et praecinctae riviera di Genova,se gi forse non vi nascevano al candida vena traduntur : harum igneus color, ut lora. Dicono altres che di questi ve ne sono alcuni superiorum est: peculiare quidem, quod jactatae ricinti da una vena bianca ; e questi hanno an in ignem velut intermortuae extiugountur, con colore di fuoco, come gli altri detti di sopra. Per hanno questo peculiare, eh* essendo geltati tra aquis perfusae exardescunt. nel fuoco, si spengono, come se fossero morti ; e dipoi bagnati nell* aeqaa si fanno accesi.
S a BDASTBOS, SIVB SABDAHBSTS.

Dbl s a n d a s t b o ,

o s a b d a ib so .

Simile a questa la gioia chiamata XXV11I. Cognata est huic sandaresas, qaam XXVIII. aliqui garamantiten vocant: nascitur in ludia, sandareso, la quale alcuni chiamano garamanliloco ejusdem nominis. Gignitor et iu Arabia ad te : nasce in India in aa luogo del medesimo no meridiem versa. Commendatio somma, qaod me. Nasce ancora io quella parte di Arabia ch* velut in translucido ignis obteotus, celantesque volta verso mezzogiorno. La loro maggior va e traosfulgeot aureae gottae, semper in corpore, ghezza , che come fuoeo rinchiuso in corpo numqusm io eu le. Accedit religio narrata, a side- lucido riiplendono dentro gocciole d 'oro, sem-

47

C. PU N II SECUNDI

i^oB

rura cognatione, ab inspectoribus, quoniam fere stellarum Hyadum et numero et dispositione stel lantur, ob id Chaldaeis io caerimoniis babitae. fct hio mares austeritas distinguit, quodam vigore adposita lingens. Indicae quidem etiam hebetare visus dicuntur. Blandior feminis flamma : alliciens magis, quam accendens. Sunt qui praeferant Ara* bieas Indicis, fumidoque chrysolitho illas similes dicant. Ismenias vero negat poliri sandareson, propter teneritatem, et ob id in magno errore sunt, qui sandaricas vocent, luter omnes constat, quautum numero stellarum accedat, tantum et pretio accedere. Adfert errorem aliquando simi litudo nominis, sandasel, quod Nicander sanda* rcseon vocat, alii sandareson. Quidam vero hanc sandaslron, illam sandaresum: iu India nascen tem illam quoque, et loci nomen custodientem : mali colore* aut olei viridis, omnibus impro batam.

pre od corpo, e non mai nella superficie. Io essi ba parte la religione per la similitudine delle stelle, riconosciuta da quegli che riguardano io ese, perch quasi sempre quelle gocciole si mo strano al numero e dispositione deUe stelle ladi; e perci da'Caldei sono usali nelle lor ceremooie. 1 maschi si distinguono per colore austero, che d loro una tinta vigorosa. Dicesi che gli Indiani abbagliano altri. La fiamma nelle femmine pi piacevole, perciocch alletta pi che non accende. Alcuni slimano pi gl1 Arabici, che gl* Indiani, e dicono eh' essi sono simili al crisolito affumi calo. Ismenia dice che il sandareso non si pu lavorare, perch troppo tenero, e che perci sono in grande errore quei che li chiamano sau-lariche. Tiensi per ognuno che quanto pi 1 stelle s'accostano al numero delle ladi, lauto pi esso cresca di prezzo. Arreca alcuna volta errore e dubbio la somiglianza del nome saudasel, perch Nicanore lo chiam sandareseo, e alcuni altri lan dareso. Alcuoi per chiamano queslo sandastro, e quello sandareso, il quale ancora nasce io In dia, e ritiene il nome del luogo : ha colore di mela o dolio verde, ed biasimato da tulli.
D ella
l ic r it e

L tc h k ite s :

g e r e e a e ju s iv .

: 4

s p e c ie

essa.

XXIX. Ex eodera genere ardentium, lycbnia XXIX. Dell medesima specie delle gioie ar appellat a lucernarum aceensu, tamen praecipuae denti qut-IU die si chiama licuile, delta cos gratiae. Nascilur circa Orthosiam, tolaque Caria, perch ha b e ll is s i m a grazia al lume della lucerna. ae vicinis locis: sed probatissima in Indis, quam Name intorno a Orlosia, e per lutU la Caria, e nei quidam remissiorem carbuncnlum esse dixerunt. luoghi vicini; ma eccellentissima in India, la quale Secunda bonitate similis est jonia, appellata a alcuni hanno detto che un carbonchio meno praelatis floribus. Et inter has inveuio diflereti- rilucente. Nel secondo luogo di bont simile a liam : unam qoae purpura radiat : alteram quae questa quella, la quale si chiama ionia, cos delta cocco: a sole excalfactas, aut digitorum adtritu, da' (tori di viola che rappresenta. Ma io trovo differenza fra esse : ona ha spleudore di porpora, paleas, el chartarum folia ad se rapere. T altra di grana ; le quali essendo riscaldate dal sole, o stropicciate con le dita, tirano a s la pa glia, o i fogli di carta.
Caichedobios. D el c a & c h b d o i t i o .

XXX.Hoc idem et Carchedonius facere dicitur, quamquam mullo vilior praedictis. Nascitur apud Nasamonas in montibus, ut incolae putant, imbre divino. Invenitur ad repercussum lunae, maxime plenae. Carthaginem quondam deportabatur. Ar chelaus et io Aegyplo circa Thebas nasci tradit, fragiles, venosas, morientibus carbonibus similes. Potoria vasa, et ex hoc lapide, et ex lychuite factitata invenio. Omnia autem haec genera scal pi orae contumaciter resistunt, parlemque cerae in signo tenent.

XXX. Dicesi che il medesimo fa aneora il Carchedonio, beuch sia mollo pi vile che i sopraddetti. Nasce nel paese de'Nasarooni nei monti, come dicono gli uomini del paese, di pioggia divina. Truovasi al lume della lana, massimamente quando ella piena. Un tempo si portava a Cartagine. Archelao dice che nasce aocora in Egitto appresso a Tebe, fragile, venoso, e si mi le *a un carbooe cbe si spegne. Io truovo che di questa pietra e della licoite s ' usavano fare vati da bere. Ma tulle queste sorti di pietre non rice vono per alcun modo lo intaglio, e uel suggellare ritengono parte della cera.

i4*>

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXXVII.


S a *DA : GBHEBA KJDS V. D ella : 5
s p e c i* d i essa.

,410

sa bda

XXXI. E diverso ad hoc tarda utilissima, qaae XXXI. Per lo eootrario la sarda atilissima nomea cum sardonyche communicavit. Ipsa gem a queste cose, la qaale comunic il nome colla ma vulgaris, et primum Sardibus reperla, sed sardonica. Essa pietra plebea, e prima fu tro laudatissima circa Babyloniam, quum lapicidinae vata in Sardi, ma eccellentissima si trov presso qaaedam aperirentor, haerens in saxo cordis a Babilonia in on sasso, siccome ne fosse il cuore, modo. Hoc metallum apud Persas defecisse tra quando furono aperte certe cave. Dicesi che ia ditur. Sed iuveniunlur compluribus aliis locis, Persia mancarono tali mioiere. Ma truovansi in sicut in Paro, et Asso. In India trium generum : molti altri luoghi, come in Paro e io Asso. In rubrum, el quod dionium vocant a magnitudine : India son di tre sorti, rossa, e quella che per la tertium quod argenteis bracteis sublinitur. Indi grandezza si chiama dionia, e la terza, eh* mac cae perlucent : crassiores sunt Arabicae. Inve chiata di vene d'argento. Le Indiane rilucono; niuntur et circa Leucada Epiri, et circa Aegy le Arabiche sono pi grosse. Traovansi ancora ptum, quae bractea aurea sublinuntur. Et in his appresso Leucade in Albania, e circa l ' Egitto, le autem marea excitatius fulgent: feminae pigriores quali son macchiate di vene d ' oro, e fra queste sunt, et crassius nitent. Nec fuit alia gemma apud i maschi pi vivamente rilucono: le femmine hao antiquos usu frequentior. Hac certe apud Menan colore pi pigro, e pi goffa la lucentezza. Ap drum et Philemonem fabulae superbiunt. Nec presso gli antichi niuna altra gioia s'as p i d i essa. Per questa veramente appresso Menandro ulla eat Iranslucenlium, quae tardius soffuso hu more hebetetur, oleoque magis, quam alio liquo* e Filemone insuperbiscono le favole. N c' gioia re.Damuautur ex iis melleae, et validius testaceae. alcuna fra quelle che tralucono, la quale pi tar damente per umore infuso perda lo splendore, e pi per l ' olio, che per altro licore. Sono ripro vale tra queste quelle che haono colore di mele, e mollo pi quelle che hanno colore di vasi rolli.
De
t o p a z io

g er b b a b jp s u

D bl

t o p a z io

s p e c ie

di asso.

XXXII. 8. Egregia etiamnuoc topazio gloria XXXII. 8. A' nostri tempi ancora in gran est, auo virenti genere, et quum reperla est, prae riputazione il topazio, per la sua verde specie, latae omnibus. Id accidit in Arabiae insala, qaae e quando s truovato si stim pi che l ' altre. Cytis voeatur : in qua Troglodytae praedones, Questo avvenne io Cile isola dell' Arabia, nella diutius fame et tempestate pressi, quum herbas quale arrivando i corsali Trogloditi, poich lungo radicesque effoderent, eruerunt topazion. Haec tempo furono travagliati dalla fame e dalla for Archelai sententia est. Juba Topazon iosulam tuna del mare, nel cavare erbe e radici truovain Rubro mari a continente diei navigatione rono il topazio. Questa opinione d Archelao. abesse tradit, nebulosam, et ideo quaesitam saepe Giuba scrive che Tdpazo un* isola nel mar navigantibus, ex ea causa nomen accepisse. To- Rosso, lontana trecento stadii da terra ferma, la pazin enim Troglodytarum lingua significationem quale perch nebulosa, spesse volte ricerca habere quaereudi. Ex hac primum importatam da* naviganti ; e perci ebbe questo nome. Per Berenicae reginae, quae fuit mater sequentis Pto ciocch topazia nella lingua de* Trogloditi vuol lemaei, a Philemone praefecto regis, ae mire dire cercare. Di questa isola Filemone prefetto placuisse, et inde factam statuam Arsinoae Ptole del re port il primo topazio a Bereaice madre del secondo Tolomeo, il qual topazio molto le maei Philadelphi uxori quatuor cubitorum, sa cratam in delubro, quod aureum cognominabatur. piacque ; e ne fu fatta uoa stalat ad Arsinoe mo Recentissimi auctores et circa Thebaidis Alaba glie di Tolomeo Filadelfo, di quattro cubiti, strum oppidum nasci dicaat : et duo ejus geoera dedicata nel tempio che si chiamava aureo. Gli faciant, prasoidem atque chrysopterou, similem autori moderni dicono ch'ei nasce ancora ap presso Alabastro citt della Tebaide, e il fanno chryaopraso. Ejus enim tota similitudo ad porri di due sorli, cio prasoide, e crisoptero simile al auccum dirigitur. Est aatem amplissima gemma ram. Eadem sola nobilium limam sentit : ceterae crisopraso ; perciocch tutta la somiglianza d'esso ira al sogo del porro. Questa la maggior gioi^ naxio et colibus poliuntur. Haec et usu adterilur. che si traovi. Essa sola tra le nobili gioie sente

C. PLINII SECUNDI

1^12

Ia lima, e P altre ti lavorano con la pietra e oon la cote. Questa ancora si logora usandola.
D
b

CALLAISA.

D ella

c a l l a iia .

XXXIII. Comitatur eam similitudine propior, XXXllI. Vicina al topazio la callaina, ma quam auctoritate, callais, e viridi pallens. Nasci pi per somiglianza che per riputaziooe : il soo lur posi averta ludiae, apud incolas Caucasi mon colore verde pallilo. Nasce di l dei luoghi op ti* Phycaros, a p u d Sacas et Dahas, amplitudine posti alP India presso i Ficari abitanti del monte conspicua, sed fistulosa ac sordium plena. Since Caucaso, e presso i Saci e i Dai, bellissima per rior multo praestantiorque in Carmania. Utrobi* grandezza, ma spugnosa e piena di sporcizia. Ia que autem in rupibus inviis et gelidis, oculi figura Carmania molto pi sincera e pi eccellente. extuberans, leviterque adhaerens, nec ul adgnata Nell* uno e P altro loogo si truova io ripe inac petris, sed ut adposita. Quamobrem scandere ad cessibili e fredde, rilevata in forma d ' occhio, e eam pigritia pedum equestres populos taedet, pare eh' ella non sia nata nel sasso, ma appic simul et periculum lerret. Ergo fundis e longin catavi. Per la qual cosa quei popoli, i quali sono quo incessunt, et cum toto musco excutiunt. Hoc avvezzi a ire a cavallo, e perci pigri a salire a vectigal, hoc est gestamen in cervice ac digilis piedi in tali luoghi, non si curano d ' andarvi ; e gratissimum. Hic census, haec gloria a pueritia temono ancora il pericolo. Traggonvi dunque di dejectorum numerum praedicantium, in quo va lontano con le Trombe, e le faono cadere con lutto ria fortuna. Quidam ictu primo cepere praeclaras, il muschio. Questa la loro entrata, qaesto mulli inseclaudo nullas. Et venatus quidem cal- P ornamento eh* essi portano al collo, questa la laidis talis. Sectura formantur, alias fragiles. roba e la gloria loro, perch ciascuno si vaola dei Optimas color smaragdi : ut tamen apparet, ex numero di quelle che fin dalla puerizia hanno alieno est quod placeant. Inclusae decorantur fallo cadere ; nel che la fortuna fa de' suoi giuo auro, aurumque nullae magis decent. Quae sunt chi. Alcuni al primo colpo fauno cadere delle earum pulchriores, oleo, unguento, et mero colo belle; e alcuni, perch vi tirino spesso, non rem deperdunt. Viliores constantius repraesen per ne fanno cadere ninna. E tale appunto il tant : neque est imitabilior alia mendacio vitri. modo di trovare la pietra callaina. Tagliasi e la Sunt qai in Arabia invrniri eas dicant in nidis vorasi ; ma per altro fragile. Il colore dello avium, quas melancoryphos vocant. smeraldo ottimo in questa pietra ; e perci cosa d'altri quel che piace in essa. Ornaosi legan dole in oro ; e non c gioia alcuna, nella quale Poro pi ci confaccia. Quelle che sono pi belle perdono il colore per olio, per unguento e per vino. Le pi vili lo rappresentano meglio : n c' alcuna altra pietra, la quale si contraffaccia meglio col vetro. Alcuni dicooo che elle si tro vano in Arabia nel nido di certi uccelli, i quali si chiamano melancorifi. De
p b a s io

g e n e r a e jc s i i i .

D e l p ra s io :

3 sp ecie

b i esso.

Sonoci ancora molle altre sorti di XXXIV. Viridantium et alia plura sunt ge XXXIV. nera. Vilioris est turbae prasius : cujus alterum pietre verdi. Ma delle pi vili il prasio, la cui genus sanguineis punctis abhorret : tertium est seconda specie ha certi punti sanguigni : la lena virgulis tribus distinctum candidis. Praefertur specie bianca, distinta di tre piccole lisle. Il his chrysoprasius, porri succum et ipsa referens, crisoprasio pi stimato di queste, ed esso sed haec paullum declinans a topazio in aurum. ancora di colore di sugo di porro, ma declina Huic et amplitudo ea est, ut cymbia etiam ex ea alquanto dui topazio inverso P oro. Questa pietra si grande, che se ne fauno vasi da bere chiamati liant : cylindri quidem cclerrime. cimbii, e cilindri ancora con pochissima fatica.

4*3
N il io b .

HISTORIARUM ai UN DI LIB. XX XVII.


D bl s i l i o .

XXXV. Iodi et has generai, et nilion, ful XXXV. Nascono queste pietre in India, e il gore hebeti ae brevi, et qaum inlueare, fallaci. nilio ancora, il quale ha poco splendore, e quan Sudine* dicit et ia Syvero Atticae flumine nasci. do si guarda, fallaee. Sudine dice che nasce in Est autem color furaidae topazii, aut aliquando Sivero fiume dell'Attica. Il color suo come d'uu melleae. Jaba io Aethiopia gigni tradit, in litori- topazio affamato, e alcuna volta come di mele. bus aro nis, quem Nilum vocamus, et inde uomeu Giuba dice che oasce in Etiopia, nelle riviere del trabere. fiume che si chiama Nilo, e di qui ha preso il nome.
M o l o c h it r s .
D ella m o l o c h itb .

XXXVI. Non Irantlucet molochiles, spissius XXX VI. La molochite gioia che non traspare, virens, et cratsiu* qaam smaragdus, a colore mal ma ha un verde molto denso e pi grosso che lo vae nomine accepto, reddendis laudata signis, et smeraldo : ha preso il nome dal colore delU infantium custodia quadam, innato eontra peri malva ; ed molto stimata nel renderei suggelli, cula ipsorum medicamine. Nascitur in Arabia. e per essere custodia de' bambini per certa virl naturale, la quale in essa eontra i pericoli loro. Nasce in Arabia.
Db
ia s p id e : g b b e e a e j u s i i t ; v i t i a eobum . D ell'
ia s p id e :

>4

s f e c i* d i e s s o .

if e t t i sc o i.

La gioia iaspide verde, e spesso XXXVII. Viret, et saepe translucet iaspis, XXXVII. etiamsi victa a multi*, antiquitatis tairien gloriam traluce ; e bench vinta da molte, ritiene per la relinens. Plurimae ferout eam gentes: smaragdo gloria dell'antichit. Nasce questa gioia in assas similem Indi : Cypro* duram glaucoque pingui : sini i luoghi : in India simile allo smeraldo : in Persae aeri similem : ob id vocatur aerizusa. Tali Cipri dura, e con un verde grasso : in Persia del et Caspia est: caerulea, circa Thermodoontem colore dell aria, e per si chiama aerizusa. Tale amnem : in Phrygia, purpurea : in Cappadocia, la Caspia ancora : verde appresso il fiume Terex purpura caerulea, atque non refulgens. Aroisos raodoonle : in Frigia porporina, in Cappadocia Indicae similem mittit, Calchedon turbidam. Sed ha il colore di verde porpora, e uou risplende. Iu Aini io uasce simile alla Indiana, e in Calcidia minus refert natioues, quam bonitates, distin guere. Optima ergo, quae purpurae quidquam nasce torbida. Ma nou tanto bisogno distinguere habet : secunda, quae ro*ae : tertia, quae smarag le nazioni, quanto la bont. Ollima adunque di. Singulis aulem Graeci nomina ex argumenlo quella, che tiene qualche.poco della porpora: dedere. Quarta apud eos vocatur borea, coelo nel secondo grado quella che tieue della rosa ; autumnali matutino similis: et haec erit illa, nel terzo quella che ha dello smeraldo. 1 Greci hanno dato il nome a ciascuna dal suo colore. La quae vocatur aerizusa. Similis est el sardae, imi tata el violas. Nou tuiuus multae pecie reliquae, quarta appresso di loro si chiama borea, simile all' aria autunnale della mallina ; e queia quel sed omnes in vitio caeruleae, aul crystallo simi les, aul myxis. Ilem lerebintbizusa, improprio la eh1 chiamata aerizusa. Ce n' uu' altra simi (ut arbitror) cognoiniue, velut e multis ejusdem le alla sarda, di colore di viola. Nou souo punto generis composita gemmis. Quaraobrem prae- meno l ' altre specie, ma hanno difetto le verdi, le limili al cristallo, o le mise. V' aucora la tereslanliores funda clauduntur patentes, nec prae terquam margines auro araplectenle. Vitium est bintizusa, di nome improprio, secondo che io sti et brevis in iis nitor, et longe splendens, et sal, mo, come composta di molte gioie della medesima et omnia quae in celeris. Et vitro adulterantur : specie. Epper le pi fine si chiudono iu castoui s che si veggano, e solo nelle estremit si ador quod manifestum fit, quum extra fulgorem spar gunt, atque non in se continent. Nec diversae, nano d1oro. In esse ancora difello lo spleudor breve, e il rilucere da lungi, e il sale, e quas sphragidas vocant, publico gemmarum do tulli i difetti che sono nellaltre. Falsificansi an minio iis tanlum dato, quoniam oplime signent. cora col vetro, il che si couotce, quaudo spar gono lo splendore di fuori, e noi ritengono in s stesse. N son punto diverse da queste quelle

C. PLINII SECUNDI

che si chiamano afragide, alle quali concesao il principato pubblico sopra le altre gioie, perchella suggellano per eccellenza. Dicesi cbe tutto il Levaute osa portar 9. Totus vero Oriens pro amuletis traditur 9. gestare eam, quae ex iis smaragdo similis esi, et per rimedio contra gl'incanti e le malie ua pioii per transversum linea alba media praecingitur, fra qneste, che somiglia lo smeraldo, ed dota et grammatias vocatur: quae pluribus, polygram- d'una linea bianca per mezzo, e chiamasi da alcani mos. Licet obiter vauilalem Magicam hic quoque grammalia ; ma da molti pi poligrammo. Non coarguere, quoniam hanc condonantibus utilem sar fuor di proposito cos per passaggio ripren esse prodiderunt. Est et onycbipuncla, quae dere qui ancora la vanit de' Magi, i quali hanno iasponyx vocatur : et nubem complexa, et nives voluto dare a credere che questa gioia giovi a in summitate. Est et stellata rutilis punctis : est coloro che parlamentano in pubblico. C ancora et salem imilata : et veluti fumo iofecla, quae la ouichipunta, la quale si chiama iasponice: ve n' capnias vocatur. Magnitudinem iaspidis quinde che ha in s una nuvola, e che in cima ha siccome neve : ve n' altres ano stellato di alcuni punii cim unciarum vidimus : formataraque inde effi rossi : uno simile al sale, e uno che pare tinto giem Neronis thoracatam. dal fumo, e si chiama capnia. Io n i ricordo aver veduto an iaspide che pesava ondici onee, nel quale s ' intagli la figura di Nerone in corazza.
Db
ctaito

: c i i t i i e jo s .

D el

c i ah o

s p e c ie d i e sso .

XXXV11I. Reddeturet per se cyanos, adcom- XXXVIII. Diremo ancora della pietra tarebi na di per s, la quale ha la vaghezza del lesl modata gratia panilo ante nominatae iaspidis, colore caeruleo. Optima Scythica, dein Cypria, nominato iaspide, ma di colore ceruleo. Ottima postremo Aegyptia. Adulteratur maxime tinctura, quella che nasce in Scizia, dipoi la Cipria, poi idque in gloria regis Aegypti adscribilur, qui quella di Egitto. Falsificasi ordinariamente con primus eam tinxit. Dividitur autem et haec in certa tiutura, e ci t* attribuisce a lode d 'un re mares feminasqae. Inest ei aliquando et aureus d 'Egitto, il quale fu il primo che la trov. Que s ta pietra si divide anch'ella in maschio e femmina. pulvis, non qualis in sapphirinis. Ha in s talora polvere d ' oro, non come quella de' zaffiri.

S irrin o s.
XXXIX. In sapphiris enim aurum pnnclis collucet caeruleis. Sapphirorum, qnae cum pur para, optimae apud Medos : nusquam tamen per lucidae. Praeterea inatiles scalpturae, interve nientibus crystallinis centris. Quae sunt ex iis cyanei coloris, mares existimantur.

D ei

z a f f is i.

XXXIX. Il zaffiro riluee d ' oro con punti eerulei. Tra i zaffiri che rilucono di porpora ottimi sono quegli che nascono in Media, ma in nessun luogo sono trasparenti. Oltra di ci sono disadatti a intagliarsi, perch si truovano ia essi certi punii cristallini. Quegli che sono di color torchi no sono stimali maschi.
D ell'
a m e t is t o

A m ethystos :

g ereba e jo s t

: 5

s p e c ie d i e sso .

XL. Alius ex hoc ordo purpureis dabitur, et ab illis descendeolibus. Principatum amethysti Indicae tenent. Sed in Arabiae quoque parie, quae finitima Syriae Petraea vocatar, et in Ar menia Minore, et in Aegyplo, et in Galatia reperiuntur : sordidissimae aulem vilissimaeque, in Thaso el Cypro. Causam nominis adferunt, quod usque ad vioi colorem non accedunt: prius quam enim degustent, in violam desinit fulgor. Aliqua siquidem in illis purpura, non ex toto in igneum, sed in vini colorem deficient. Perlocent autem

XL. Dopo queste diremo per ordine delie gioie porporine, e ddle discendenti da queste. Gli ametisti Indiani tengono il principato. Per si truovano ancora in quella parie d' Arabia, la quale confina con la Soria e si chiama Pelrea, e in Armenia minore, e in Egitto, e in Galaxia. Brullissimi e vilissimi sono quegli che nascono in Taso e in Cipri. Dicono che cos ai c h i a m a n o , perch andando verso al colore del vino, innanzi cbe lo raggiunga finisce in colore di viola ; e certo ha un colale splendore di porpora, non d d

*4 17

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXXVII.

1418

omnes violaceo colore, scalpturis faciles : Indicae absolutum felicis purpurae colorem habent : ad bancque tingentium officinae dirigunt vola. Fun dunt autem eum aspectu leniter blandum : neque in oculos, ut carbunculi, vibrant. Alterum earum genus descendit ad hyacinthos. Hunc colorem Indi sacon vocant, talemque gemmam sacondion. Dilutior eadem et sapenos vocator. Eadem et pharanitis in contermino Arabiae, gentis nomine. Quartum genus colorem vini habet. Quintum ad viciniam crystalli descendit, albicante purpurae defectu. Hoc et miuime probatur, quando prae cellens debet esse in suspectu, velut ex carbun culo refulgens quidam in purpura leviter roseus nitor. Tales aliqui raalnnt paederotas vocari, alii anterolas, mulli Veneris gemmaro, quod maxime videtur decere et species et colos. Eas gemmas Magorum vanitas resistere ebrietati promittit, et inde appellatas. Praeterea si lunae nomeo aul solis inseratur in iis, atque ita suspendantur collo e capillis cynocephali, vel plumis hirundinis, re sistere veneficiis. Jam quoque adesse reges adi* turis. Grandinem avertere, et locustas, precatione addita, quam demonstrant. Nam smaragdis quo que similia promisere, si aquilae scalperentur, ant scarabaei : quae quidem scripsisse eos non sine contempla et irrisu generis bnmani arbitror.

tatto igneo, ma che finisce in color di vino. Rilu cono per tolti di colore di viola, e sono agevoli da intagliare. Gl' Indiani hanno perfetto colore di bella porpora; e per tutti i tintori s'ingegnano pi che possono d' aggiugnere a questo colore. Essi lo spargono molto piacevole alla vista ; senta che percuote gli occhi, come fa il carbonchio. Un'altra specie di aroetisto pende nel giacinto. Questo colore dagl'indiani chiamato sacon, e tal gioia sscondio. C' un* altra gioia pi dilavata, la quale si chiama sapenos, e ne'confini dell'Ara bia, faranile, dal nome del paese. La quarta specie ha colore di vino. La quinta pende nel* cristallo, perch la porpora biancheggia in esso ; e questo non punto stimalo, perch nel guar darlo debbe avere un certo splendore dolce di rosa, quasi di carbonchio , risplendente in por-, pora. Questi da alcuni sono piuttosto chiamati pederoti, e da alcuni anteroli : molli gli chiama no gioia di Venere, e ci principalmente per la bellezza e pel colore. Dicono i Magi fra l ' altre lor vanit, che questa gioia non lascia ubbriacare altrui, e che di qua ha preso il nome. Dicono ancora, che scrivendosi in essa il nome della luna o del sole, e appiccandolo al collo o con capegli di cinocefalo, o con penne di rondine, giova con tra le malie; e che la portano seco quei che hanno a presentarsi ai re. Dicono ancora che scaccia la tempesta, e le locaste, dicendo insieme certe pre ghiere, le qnali essi insegnano. Simili effetti dicono che fanno gli smeraldi, intagliando in essi aquile, o scarafaggi : le quai cose credo che sieno state descritte da loro in derisione e scherno delle per sone.
D el
g ia c i u t o .

y a c in t h u s .

XLI. Moltum ab ea distat hyacinthos, tamen e vicino descendens. Differentia haec, quod ille emicans in amethysto fulgor violaceos, diluto* est in hyacintho. Primo quoque aspecta gratus, evanescit antequam satiet, adeoque non implet ocalos, at paene non adtingat, marcescens cele riu s nominis sui flore.

XLI. Molto differente da quella il giacinto, bench proceda da colore vicino. C' questa differenza, che quello splendore di viola , che rilnce nell'aroetisto, pi dilavato nel giacinto. Di prima vista molto grato, ma sparisce in nanzi che sazii, e non eh' egli empia gli occhi, quasi non gli tocca; e vien meno pi tosto che il fiore del suo nome.
D el
c b i s o l i t o : 7 s fb c ib d i esso .

C h b t s o l it h u s :

o m b r a b ju s v i i .

XL1I. Hyacinthos Aethiopia mittit, et chry* solithos, aureo fulgore Iranslocentes. Praeferun to r iis Indicae, et si variae non sint, Bactrianae. Deterrimae aatem Arabicae, quoniam turbidae sa n t et variae, et fulgentes interpellatae nuhilo macularum, etiam quae limpidae contigere, velnli s c o b e sua refertae. Optimae vero sant, quae in collatione auram albicare qnadam argenti facie

XLII. In Etiopia nascono giacinti, e crisoliti, con colore d ' oro trasparente. Gl' Indiani sono mollo pi stimati di questi, e i Baltriani ancora, se non sono varii. Peggiori di tutti sono gli Ara bici, perch son torbidi e varii, e lo splendor d'essi interrotto dal nugolo delle macchie, le quali sono ancora ne' Incidi, come se dal proprio loto fossero coperti. Ma sono ottimi qnegli che

>4IQ

c. PUNII SECUNDI

1^30

cogunt. Fonda incliuluntur perspicuae. Celeri* subjicilur aurichalcum.

fanno biancheggiar Poro con noa certa apparema d'argento. Questi mesti in castone riluco no *euz' altro. Agli altri si mette sotto la foglia.
D bl
c b is e l b t t b o

CUBTSBI.ECTBO.

..

XL111. Jam etiam expertes gemmarnm asu, appellantur aliqui et chryselectri, in colorem ele ctri declinantes, malutioo lantum aspeclu jucun di. Ponticas deprehendit levitas. Quaedam in iit durae sunt rufaeque, quaedam molles et sordidae. Bocchui auctor esi, et in Hispania reperta*, quo in loco crystallum dicit ad libramentum aquae puleis depreuit erulaio, chrytolilhon xu pondo a se visam.

X LUI. Sono alcune pietre che non si usa no per gioie, chiamate criseleltri, perch pendono in co lore di ambra; e queste solo la mallina hanno bel la vista. Quegli che nascono in Ponto, si conosco no alla leggerezza. Alcuni d'essi sono duri e rossigni, e alcuni altri teneri, e pieni di bruito. Scrve Bocco che te ne tono trovati ancora ia Ispagna, donde dice che ti trae il cristallo ca vando pozzi dove percuote l ' acqua che cade da alto: afferma d'aver vedalo aa crisolito, cbe pesava dodici libbre.
D bl lb u c o c b i s o : 4 t r a c s i e o o .

L ko cochrtso s :

g e r b b a e j u s iv .

XLIV. Finnt et lencochrysi, interveniente candida vena. Sunt in hoc genere capniae. Sunt et vitreis similes, veluti croco refulgentes. Vitrei vero nt visu discerni non possint, tactus depre hendit, tepidior in vitreis.

XLIV. Fannosi ancora i leueocrisi, i quali hanno certe vene bianche. Sono di questa spe cie anco i capoii. Sonvene ancora simili al vetro, e rilucono quasi di colore di zafferano. Quegli, che sono contraffatti di vetro, non si conoscono a vedergli, ma s bene a toccargli, perch quegli di vetro son pi tiepidi.
D el
m e l ic b is i.

M ELICBBTtI. X aKTHI.

D el

xamto.

XLV. In eodem genere sunt melichrysi, qui velati per auram sincero melle Iranslucent. Has India mittit, quamquam in duritia fragiles. In eadem el xanthi, plebeja ibi gemma.

XLV. Della medesima specie tono i melicrisi, i quali come per mezzo all* oro risplendono di colore di mele puro. Questi veogono d'india, e ogni poco di cosa gli rompe. In india ancora nasce il xanto, la qual gioia quivi in poca stima.
D b l M o s to , o
sa gbso,

a b d e b o s , s iv b s a g r h o r , s iv b s e r it b s .

se r it e .

XLVI. Candidarum dux est paederos : qaam* qoam potest quaeri, an in colore numerari debeat toties jactati per alienas pulchritudines nominis: adeo decoris praerogativa in vocabulo facla est. Est et suum genus exspecfvtione (anta dignum. Coeunt intus translucida crystallus, viriilis suo modo aer, simulque purpura, el qnidam vini ac croci nilor,semper extremus in visu : sed purpura coronatus, madere singulis videtur Itis, et pariter omnibus. Nec gemmarum ulla est liquidior,aptis jucunda vanitate oculis. Laudatissima esi in Indis, apud quos sagenon vocatur. Proxima apad Aegy ptios, abi lenites. Tertia in Arabia, verum scabra. Mollius radiat Pontica et Asiatica. Ipsae vero molliores snnt Galalica, et Thracia, et Cypria. Vilia earnm Unguor, aut alienis lurbari coloribus, t quae ceterarum.

XLVI. Il pedero il principale tra le gioie bianche, quantunque si pu dubitare se convenga specificarlo pel suo colore, mentre ha dato il *uo nome a tante altre belle gioie : Unto titolo di bellezza ci ha in questo nome, e lauto la sua spe cie degna di aspettazione. Dentro ti raccozzano il lucido cristallo, l'aria di suo verde naturai?, insieme con la porpora, e un certo splendore di vino e zafferano, il qaale vien tempre ultimo alla vista ; ma coronalo di porpora pare che si bagni di ciascun di essi di per s, e parimente di tulli. Non c' alcuna altra gioia pi liquida, n pi gioconda agli occhi che ne sono sorpresi. Eccel lentissimo nell' India, dove si chiama sageno. Nel secondo grado di bont nasce iu Egitto, e quivi lo dimandano leuite. Dipoi in Arabia, ma ruvido. Pi dilicatamenle riluce il Pontico e l'Astatico, ma essi to n o pi teneri che quelli di Ga-

i/,a i

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXXVII.

14^3

lazia, di Tracia e di Cipri. I difetti d'essi sono quei medesimi che dell'altre: olir di ci lo splendor morto, e l ' essere turbati di colori alieni.
A s t e b ia . D
ell'

a s te b ia .

XLV1I. Proxima candicantium est asteria, principatum habens proprietate naturae, quod inclusam Jucem pupillae modo quamdam conii* nel, ac transfundit cum inclinatione, velut intus ambulantem ex alio atque alio loco reddens, eadenique contraria soli regerens candicantes radioi, unde nomen invenit, diffcili* ad caelaudum. ludicae praefertur in Carmania nata.

XLVII. Dopo queste fra le gioie bianche l ' asteria, la quale per propriet di natura tiene il principato, perch ha rinchiusi in s una luce a raodo di pupilla, e mandala fuori obbliqnamente, ora da on luogo, or da uu altro, come se >i movesse dentro per la gioia; e posta eontra il sole rigetta i raggi, onde ha preso il nome: difficile da intagliare. Quella che nasce in Car mania stimata pi che la Indiana.
D ell' a s tb io s.

A s t iio s .

XLVIII. Similiter candida est, qnae vccalur astrios, crystallo propinqua, in India nascens, et in Pallenes litoribus: intus a centro seu stella lu ce l fulgore lunae plenae. Quidam causam nominis reddunt, quod astris opposita fulgorem rapiat, ac regerat. Optimam in Carmania gigni, nullique obnoxiam vitio. Cerauniam enim vocari, quaesit deterior. Pessimam lucernarum lumioi similem.

XLVU1. Bianca similmente quella , che si chiama astrios, simile al cristallo: nasce in India, e ne' liti di Pailene, e dentro procede dal suo centro ona stella, la qoale riluce a modo di luna piena. Alcuni dicono ebe la cagione del suo nome , che opponendola alle stelle, raccoglie la luce d 'esse, e poi la rende indietro. Ottima quella che nasce in Carmania, n vi nessuna gioia che abbia manco difetto di questa. Quella eh' peg giore, si chiama ceraunia. Pessima quella eh' simile al lame delle lucerne.
D bll' a s t b o i t e .

A s t b o it e s .

XL1X. Celebrant et aslroiten, mirasque lau des ejus in magicis artibus Zoroastrem cecinisse, qui circa eas diligentes sunt, produnt.

XL1X. mollo celebrata ancora la gioia astroite, e dicono quelli che ne hanno scritto con diligenza, che Zoroastro le attribuisce maravi gliosa virt nell' arte magica.
D
ell'

A stbo bo lo h .

a s tb o b o lo .

L. Astrobolon Sudines dicit oculis pisciam similem esse, et radiare candido, in sole.

L. Dice Sudine che l ' astrobolo simile agli occhi de'pesci, c risplende di bianco come il sole.
D e l l a c e b a v n ia :

C e BAUHIA : GEHEBA EJUS IV. B e TCI.I.

sp e c ie n i e ssa . D e l l e b e t u l i .

LI. Est inter candidas et quae cerannia voca tur, fulgorem siderum rapiens. Ipsa crystallina, splendoris caerulei, in Carmania nascens. Albam esse Zenothemis fatetur, sed habere intus stellam coucursantem. Fieri el ceraunias, quas nitro et acelo per aliquot dies maceratas concipere stel lam eam, quae post totidem menses relanguescat. Sotacus et alia duo genera fecit cerauniae, nigrae rubentisque, ac similes eas esse securibus: iis, quae nigrae sunt et rotundae, arbes expugnari et classes, easque betulos vocari : quae vero Ion*

LI. Fra le gioie bianche quella ancora, che si chiama ceraunia, la quale tira a s Io splendor delle stelle. Essa cristallina, di colore cernleo, e nasce in Carmania. Dice Zenotemi ch'ella bianca, ma che ha dentro nna stella che vi di scorre. Dice anco che alcune ceraunie non hanno splendore, le quali stando alcuni giorni in molle nel nilro e nell' acelo, concepono una stella, la quale dopo altrettanti mesi si spegne. Sotaco fece due altre specie di ceraunie, cio nere e rossigne, c dice ck' elle son simili alle scuri ; e che per

C. PLINII SECONDI

4*4

gae sont, cerauuias. Faciunt et aliam raram ad modum, et Parthorum Magi* quaesitam, qaooiara non aliubi inveniatur, quam in loco fulmine icto.

quelle che son nere e tonde si combattono e pi gliano le citt e le armate di mare; e che queste si chiamano belali, e quelle che sono lunghe si chiamano ceraunie. Fannone un'altra specie, ma rara, e cercata mollo da* Magi, perch* ella non si truova altrove, se non iu luogo che aie stato per cosso dalla saetta del cielo.
' D e ll'
ir is

I ais : G i n u u s i u .

s p e c ie d i e s s a .

Lll. Proximum cerauniae nomen apud eos habet, quae appellatur iris. Effoditur in qnadam insula Rubri maris, quae dislat a Berenice urbe exaginla millia pass., cetera sui parte crystallus, liaque quidam radicem crystalli esse dixerunt. Yocalur ex argumento iris. Nam sub lecto per cussa sole, species et colores arcus coelestis in proximos parietes ejaculatur, subinde mutans, magnaque varietate admirationem sui augens. Sexangulam esse, ut crystallum, constat. Sed esse aliquas scabris Id leribus, et angulis inaequalibus dicunt, in sole aperto projectas, radios in se ca dentes discutere : aliquas vero ante se projecto nitore adjacentia illustrare. Colores vero non nisi ex opaco reddunt, nec ut ipsae habeant, sed ut repercussu parietum elidant : optimaque, quae maximos arcus facit, simillimosque coelestibus. Est et alia iris, cetero similis, at praedura: quam Horus crematam tusamque ad ichneumonum morsus remedio esse, nasci autem in Perside tradit.

Lll. Appresso di costoro ha nome prossime alla ceraujiia, quella gioia che si chiama iris. Ca vasi in una certa isola del mar Bosso, lontana ses santa miglia della citt di Berenice: oeirltresoe parli somiglia il cristallo. Alcuni dunque fissero, eh1ella radice del cristallo. Chiamasi iris dal1 effetto eh1ella fa, perciocch essendo sotto il * tetto percossa dal sole, fa nelle mura vicine la somiglianza e i colori dell' arco celeste, e gli va mutando, e per la gran variet d di s grandi* sima maraviglia. E di sei angoli, come il cristallo. Dicono bene che ve ne sono alcune che hanno facce ronchiose, e angoli ineguali, ehe poste al sole chiaro rigettano i raggi che caggiono in esse, e alcune gettando lo splendore innanzi a s illu minano i luoghi vicini. Ma non rendono i colori se non di luogo oscuro, non perch' esse gli abbia no, ma perch con la riverberazione percuotono il muro, e ottima quella che fa grandissimi ar chi, e molto simili a' celesti. C' anco un'altra iris simile alla cera, eh' durissima, la quale, siecome Oro scrive, arsa e pesta vale a' morsi dell ' icneumone, e nasce in Persia.
D el
lepoh.

L epoh.

LIII. Similis est aspectu, sed non ejnsdem effectus, quae vocatur zeros, alba nigraque ma cula in transversum distinguente crystallum.

LUI. Simile d'aspetto, ma non d'effetto quella, che si chiama zeros, la quale ha macchie bianche e nere, le quali per traverso distinguono il cristallo.
Delle
gem m b p e r o r d ist e a l f a b e t ic o : a ca te:

De

g e m m is , l i t t e * a u u o h d iit e : a c d a t e s : a c o p o i :

MEDICINAE EX EA ; ALABASTBITBS : MEDlClPAE EX BA ; ALECTOEIAE, AHDBODAMAS, ABGYRODAMAS, ANTIPATHES, ARABICA, ARoMATITES, ASBESTOS, ASPISATIS, ATIZOHE, AUGITIS, APOIDANE, SIVE CHRYSOCOLLA, APHRODISIACA, APSYCTOS, ABGYPT1LLA.

ACOPE : MEDICINE CHE SE HE FABHO. A l ABASXRIT E , B SDB MEDICINE.

ALETTO Bl E,

AKDRODAMA,

ARG1RODAMA, ARTI PAT, ARABICA, AROMkTITE , ASBESTO, ASPISATI, ATIZOHE, AOGITE, A F ID A S E , O CBISOCOLLA, AFRODISIACA, A PS IT T O , TI LL A. EGIT

LIV. Expositis per genera colorum principa lium gemmis, reliquas litterarum ordine explica bimus. 10. Achates in magna fuit auctoritate, nnne in nulla. Reperla primum in Sicilia juxta flumen ejusdem nominis: postea plurimis locis, excedens amplitudine, varietatibus numerosa. Multa et

LIV. Avendo ragionalo delle gioie secondo i colori principali, continueremo I' altre secondo l ' ordine delle lettere. io. La gioia acate gi fu in gran riputazione, ma ora non punto stimata. Fu la prima volta trovata in Sicilia appresso un fiume del medesi mo nome : dipoi trovossi in altri luoghi m o l to

*{a 5

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXXVII.

,4 0 6

cognomina rjoi. V ocjiTui' tnidli iaspachatei, eeri* chalet, u r d u b l e i , htemichalei, leucachatet, dendrachalet, velat arbatcula insignis : autacbates, qaam arilur, myrrhsm redoleas ; coralloa.chalet guttis aoreis sapphiri aiodo ip irn , qnalis oopiosittlm* ia Cret, tacra appellata. Pntant am eoa Ira araneorum et teorpionnm ictnsprodesse. Qaod ia Siculis utique crediderim, quo.aiam primum ejos provinciae adflatu scorpionum .pestis extinguilur. Gl in India inventae contra eadem polleut, el aliis magnis miraculis. Reddant enim species fluminum, nemorum, et jumento rum, etiam esseda, el staticula, et equoram orna* menia. Medici coticulas inde faciunt. Spectasse etiam prodest oculia. Sitim quoque sedant in os additae. Phrygiae viridia non habent. Thebis .Aegyptiis reperlae carent rubentibns venis et ,tibia. Et hae quoque conira toorpionet validae. Eadem aufctorifai et Cypriis est. Sunt qui maxi* me probent vitream perspicuitatem in his. Reperiaatar et in Thracia, et circa Oetam, et in Par nasso, et in Lesbo, ac Messene, similes limitum floribus, et in Rhodo. Aliae apad Magos differen tiae. Leoinae plli similet, potentiam habere oonlra toolrpionet dicuntur. In Persis vero suffitu earum tempestates averti, et praeterea fulmina. Argumentum esse,si in ferventes cortinas additae refrigerent : sed ut prosint leoninis jubit alligan das : nam hyaenae pelli similem abominantur, discordialem domibus. Eam vero, quae uniat *coloris sit, invictam alhleth ette. Argumentom ejus, quod in olla plena olei cocta cara pigmentis, -et intra daas horas subfervefacta, unum colorem ex omnibus faciat minii. Acopos nitro similis est, pumicosa, aureis guttis tlellata. Cum hac oleum sobfervefactum perunctis lattitudinem (si credarons) tolvit. Alabastrilet natcitnr in Alabastro :Aegypti, et in Syriae Damasco, candore inter stincto variit coloribas. Haec remata cum fossili tale ac trita, gravitate! oris et dentiam extenuare . dicitur. Alecloriat vocant in ventricnlis gallinaceorom inventas, crystallioa specie, magnitudine fabae: qnibus Milonem Crotonientem usum in certamiuibus, invictam faisse videri volunt. Androdamat argenti nitorem habet, ut adamas, qua drata, temperque tessellis similis. Magi putant ' nomen impositam ab eo, qaod impetas hominum, et iracundias domet. Eadem sit, an alia, argyrodamas, auctores non explicant. Antipathes nigra 'non tranducet. Experimentum ejnssi coquatur in lacte: facit enim hoc myrrhae simile immissa. Eam contra effascinationes auxiliari Magi volunt. Arabica ebori simillima est, et hoc videretur, nisi 'abnueret duritia. Putant contra dolores nervo* rana prodesse habentibns. Aromatites et ipsa in Arabia traditur gigni, ted et in Aegypto circa P l i b i o I. N., Vot, U.

'grande, e di nomerota specie, costruite dalle tu diverte variet. Ha altres diversi nomi. Si chia ma iaspacate, ceracate, sardacate, emacate, leuctcate, deudracate, quasi che sia illastre per uno arbuscello che in t contiene; autacate, quando tabbrucia, perch ta di m irra; coralloacate, tparta di giocciole d 'oro a modo di zaffiro, e di qaetta maniera te ne truova dovizia in Candia, e ti chiama tacra. Alcuni tengono eh' ella giovi contra il morto de* ragni e degli scorpioni. E ci creder facilmente in Sicilia, perch al primo spirare il vento di quella provincia si spegne la peste degli scorpioni. Quegli che si truovano in India hanno la medesima virt, e altre maravi glie. Perciocch rappresentano la forma di fiumi, di boschi, di giumenti, di carri, detti essedi, di piccole statuette, e di ornamenti de*cavalli. I medici fanno d'ette pietre piccole d ' arrotare. Giovano ancora, guardandole, alla vista. Poste io bocca spengono la sete. Io Frigia non hanno verde, e quelle ehe si truovano in Tebe d'Egitto, non hanno vene n rosse n bianche. E queate ancora hanno virt contra gli tcorpioni. La me desima autorit hanno quelle di Cipri. Alcuni lodano grandemente in queste una certa tras parenza come di vetro. Truovasi in Tracia an cora, e intorno il monte Et, e nel Parnaso, e in Lesbo, e in Messene, simili alla variet de' fiori, e in Rodi. Sono altre differenze ancora appresso i Magi. Quelle che sono simili alla pelle del lione, si dice che hanno virt conira gli scorpioni, e in Persia dicono che col profamo di esse si cacciano le tempeste, ed anche i fulmini. Il segno che sieno desse questo, se mettendole in caldaia bollente si raffreddano ; ma a volere che giovino, bisogna legarle con crini di tioni ; perciocch quelle che sono simili alla pelle della iena, mettono discor dia nelle case. Qaella eh' d* un color solo fa i lottatori invincibili. Il segno che sia dessa que* sto, che cocendola in pentola piena d ' olio con .colori da pittori, e in termine di due ore lasciandola bollire, di tolti i colori ne fa un solo di mi nio. La pietra acopo simile al nitro, spugnosa, e stellata di gocciole d ' oro. L' olio, il quale sia alquanto bollito con essa, leva via la stanchezza (s'egli per da ef edere) a chi se n'ugne. V alabastrite nasce in Alabastro d' Egitto, e in Dama sco di Soria, con una bianchesza distinta di pi colori. Questa pietra arsa e pesta con tale di cava scema il cattivo alito della bocca e de'denti. Alettone si chiamano certe pietre, te quali si trovano ne' ventrigli de' polli, fatte come il cri stallo, e grandi quanto una fava, le quali dicono che usandole Milone Crotoniese ne'combatti menti, ebbe sempre vittoria. Lo androdamanla ha lo splendore dell'argento, come il diamante :
10 )

,4 7

n .lN I ! SECONDI

4*8

Tbilas, bique lapidosa, et rayrrhae colorii, et /xiorif, ob hoc reginis frequentata. Asbesto* in Arcadiae montibus nascitur, coloris ferrei. Aspi* Jatiu Democritus in Arabia gigni tradit, ignei coloris. Eam oportere cameli pilo splenicis alli gari t invenirique in nido Arabicarum alitam. Et aliam eodem nomine ibi in Lencopetra nasci argentei colori*, radiantem, contra lymphatam habendam. AtizoSn in India el iu Perside ac Ida anonte nasci tradit, argenteo nitore fulgentem, magnitudine trium digitorum, ad lenticulae figu ram, odoris jocundi, necessariam Magis regem constituentibus. Augiles mullis alia videtur esse, quam quae callais. Aphidnane alio nomine appel lator chrysocolla, io Indiae parte, ubi formicae eruunl aurnm, in qua invenitor auro similis qua drata figura ; adfirmaturque natura ejus, quae magnetis : nisi quod trahere quoque aurum lra ditur. Aphrodisiace ex candido rufa est. Apsyctos septenis diebus calorem tenet excalfacta igoi, nigra ao ponderosa, distinguentibus eam venis T a b e n tib u s . Potant prodesse contra frigora. Aegyptillam Iacchus intelligit, per alvum sarda, nigra* que venis transeuntibus : vulgus aatem in nigra radice caeruleam facit.

quadrato, e simile a'dadi, e i Magi tengono che egli abbia questo nome, perch egli abbassa il fa ro re e la collera dell'nomo. Gli scrittori non sanno dire se I*argirodamaole sia la medesima, o pure on1altra pietra. L antipate nero, b o b traluce. L' esperienza d esso questa, ehe coeeadolo nel latte, lo fa simile alla mirra. Dicono i Magi che l'antipate ha virt coatra il faacino de gli occhi. L'Arabica motto simile all' avorio, pare esso, se non fosse tanto dura : tira ti che giovi eontra il dolore de* nervi. Dicesi che Taro* matite anch' essa nasce in Arabia, ma n a s c e aoco in Egitto appresso a Fila, e in ogni laogo pie trosa, e ha colore e odore di mirra, e perci e usala molto dalle reine. L'asbesto nasce ne'monti d* Arcadia, e ha colore di ferro. Diee Democriti che I*aspilate oasce in Arabia, di colore di fuoco, e che giova a coloro che hanno male di milzat appiccandolo loro eon pelo di eamelo ; e che si troova nel nido degli occelli d ' Arabia ; e ehe on* altra pietra del medesimo nome nasce quivi in Leucopetra, di colore dargento, la quale giova agli spiritati. Dice pare che T atisoe nasce in In dia, in Persia, e nel monte Ida, e che ha splen dore d' argento, di grandezza di tre dita, in for ma di lente, d ' odore dilettevole, necessaria ai Magi, quando creano il re loro. Alcnni tengono che l ' aagite sia la medesima pietra che la calla*. L'afldnanc per altro nome si chiama crisocolla nelle parli d'india, dove le formiche cavano l'oro, dove si truova simile all'oro di figara quadrata, e affermano eh della medesima natura che la ca lamita, se non ebe tira anco l'oro . L'afrodisiaca i rossa in fondo bianco. L 'apsilto riscaldato al fuoco mautiene il caldo sette giorni, nero e gra ve, e ha per entro certe vene rosse. Tengono che giovi eontra il freddo. lacco intende per Egiltilla una pietra, nel cui centro passa vena sarda e nera; ma il volgo la fa azzurra ia radice nera.
D b EXB BALAHITB, DBLLA BATBACBITA, BATTO,

JUbA BlTAE, BATBACBITES, APTES, B lL I OCCLCS, BkLUS, BABOPTBB0S, SIVB BA&IPPB, BOTBYITES, OSTBYCBITBS, BUCA1 DIA, BBOBTB, BOLOB.

OCCHIO DI B b LO, BBLO, BAftOPTBVO, O BABtPPX, BOTBIITB, BOSTBICHITB, BOCABDU, BBOBTB, BOLB.

LV. Balanitae dno genera habent subvirides, I Corinthii aeris similitudine. Illa Copto, haec ex Troglodytica veniens, medias secante flammea na. Batrachilas mittit et Coptos : unam ranae similem colore, alteram ebeni : tertiam rubentis e nigro. Baptes, mollis, alioquin odore excellens. Beli oculos albicans pupillam cingit nigram, e medio aureo fulgore locentem. Haec propter specitm sacratissimo Assyriorum deo dicatur. Aliam tutem quam belum vocant, in Arbelis nasci, De mocritus tradit, nuci* juglandis magnitudine, |

LV. La balanite di due sorti, pendenti in verde, e somiglianti rame di Corinto. Una viene da Copto, un'altra del paese de'Trogloditi, e l ' una e l ' altra i ricisa da vena di colore di fiam ma. La batrachite nasce ancb' essa in Copto : na di colore simile al ranocchio; l ' altra all* avorio. La terza rosseggia nel aero. Lo battes tenera, ma d' odore eccellente. L 'occhio di Belo bian cheggiando fa papilla nera, la quale tiloee oel mezzo allo splendore deir oro. Questa pietra per rispetto della sua bellezza dedicala al maggior

*4*9

HISTOUUftCM MONDI LIB. XXXVII.

i43e

vitrea pecto. Baroplenns, lire barippe, nigra, tanguiueis et Ibis nodis: aliis saera dicitar, velut portentosa. Botryites alia nigra est, alia pinea, incipienti uvae sicailis. Zoroastre* a crinibus molieram bostrychilen vocat. Bncardla bnbulo cordi similis, Babylone tantam nascitur. Brente e capitib ai teatadinnm tooitribna cadit : putantque ea rwtogai fulmine ictum, ai credimus. Boloe inveainntur glcbae similitudine.

dio degli Assiri. Dn1altra, che si chiama belo, nasce nel paese degli Arbeli, seeondo Democrito, grande quanto una noce, di colore di Tetro. II baropUno, ovvero barippe, nero, con nodi san guigni e bianchi : alcuni lo chiamano sacro, come sia c o m mostruosa. La bo trite di due specie; T ana nera, e 1*altra di colore di pino simile all uva, quando ella comincia. Zoroastro chiama una pietra, la quale somiglia aaolto a i capegli delle donne, bostriobite. La bueardia simile al cuore del bue, nasce solamente in Babilonia. La broote simile a*capi delle testnggioi credesi che estingua il faooo appiccato dal folgore. Le bolo si truovano simili a una colla.
C a DHITB, CALIiAIS, CAPW TE, CAPPADOCIA, CALLAICA, CATOCHITB, C4TOP1BITB, CBPITB, O CBPOLATITB, CBBAMTB, CIRBDIB, CBB1TB, C1BCOS, COBSOIDB, COBALLOACATB, COBALLI, CBATBBITB, CBOCALLI, C IT I, CALCOFOBO, CBBLIDOB1B, CHBLOBIA, CHBLOBITB, CLOBITB, COASPITB, CBISOLAMPB, CB1SOPI, CBPIOBIDB.

C a d m i t i , c a l l a t s , c A F R m s ,C a p p a d o c i a , c A T o c a m s , C A T o rrm rro , -

c a l l a ic a ,

c e p i t i s , s iv b c s f o l a -

T IT IS , CBBAMOTS, OBAKD1AB, CXBITIS, OBCOS, COBSOIDES, COBAIXOACHATBS, COBALUS, CBATBB ITS, CBOCALL1S, CTT1S, CBALCOPHOBOS, CBB LI DO 1 AB, HIDBS. CBBLORIA, C B ELO BITU , CBLOBITIS , CBOASPITM , CHATSOLAMPU, CHRYSO PI*, C8 PIO -

LVI. Cadmiti* eadem esset, qaam ostracitin veeant : nisi qnod hanc caeruleae iaterdam cin gunt bullae. Callais sapphirum imitatur, candi dior, et litoroso mari similis. Capaitis quibusdam videtur suum genas habere, plurimis ipirit fare ida, ut suo loco diximus. Cappadocia iu Phrygia aascitur, ebori similis.. Callaicam vocant e turbido allaino. Ferant plures simul inveniri conjunctas. Catochilis Corsicae lapis est, ceteris major : mira bili, si vera traduntur, impositam manum vetuli gummi retineas. Catopyritis e Cappadocia prove nit. Cepitis, sive cepolatitis, candida est, venarum iodi* cofiuolibs,candore imaginem regerens. Cramitis lestae colorem babel. Cinaedie inve niuntur in cerebro piscis ejusdem nomini*, can didae et oblongae, evenluque miraudae, si modo est fides praesagire eas habitum maris, nubilo eoiore aut tranquillitate. Ceri lis cerae simili* est : circos aecipifri: corsoides canitiei hominis: coralloacbates corallo aureis gutlis dUti actae. Corallis minio similis gigoitur in India et Syene. Crateri* tes inter chrysolithum et electrum colorem ha bet, praedurae naturae. Crocallis cerasum reprae sentat. Cytis circa Copton nascitur candida, et videtur iulus habere petram, quae sentiatur etiam atsepilu. Chalcophons nigra est, sed illisa aeris tinnitum reddit, tragoedis, ut suadent, gestanda. Chelidoniae duorum suut geueruia: hirundinum colore : el altera parie purpureae nigris inlerpellauiibus maculis. Chelouia oculus esi. ludicae testudinis, vel portentosissima Magorum menda ciis. Melle euim collulaiu, et linguae impositam

LVI. La cadmile sarebbe la medesima che la ostracite, se non che questa alcuoa volta ricinta da bolle azzurre. La callae imita il zaffiro, ma pi bianca, e simile al mare in sul lito. La capnite secondo molti specie di per s, con molti cerchi affumicata, come dicemmo al suo luogo. Nasce ia Csppadocia e in Frigia, ed simile all'avorio. Le callaiche hanno il colore della callae, ma tor bido. Dicono che se ne ritrovano sempre molte congiunte insieme.La calochite pietra di Corsica, maggiore dell* altre pietre ; meravigliosa, s egli vero quel che si dice, che mettendovi su la maoo, s appicca, come se fosse gomma. La catopirite viene di Cappadocia. La cepite, ovvero cepotatile, bianca, e rende la immagine per lo candore : ha certi nodi di vene raunate insieme. La ceramite ha colore di vaso di terra cotta. Lo oinedie si truovano nel cervello d' un pesee del medesimo nome : souo bianche e lunghe, e mera vigliose per 1 effetto toro, se vero quel che si * dice, che con 1' aspello loro o torbido, o chiaro elle predicono quale abbia a essere il mare. La cerile simile alla cera : il eiroos allo astore. La corsoide somiglia la canutezza dell* uomo. La co ralloacale simile al corallo, distinta di goociola d'oro. 11 coralli simile al minio, e nasce ia India e in Siene. La enterite ha un colore, che pende fra il crisolito e l ' ambra : pietra molto dura. 1 crocalli somiglia la ciriegia. Il cili nasce 1 appresso a Copto : bianco,e pare che abbia den tro uua pielra, di cui dicono che si sente lo stre pilo quando si muove. Il calcofono nero, ma

C. PLINII SECONDI futurorum scientiam praestare promittant: quin tadecima luna, c( silente, tota die : decrescente yero, ante solis ortum : ceteris diebus, a prima in sextam horam. Suat el chelonilides Ustudiuam similes, ex quibus ad tempestates sedandas multa vaticinantur. Ea vero, quae sil aureis guttis, cum scarabaeo decocta, el defecta in aquam ferventem* tempestates moveri. Chlorilis herbacei coloria est, quam dicunt Magi inveniri io motacillae avis ventre, congenitam ei : ferroque includi jubent, ad quaedam prodigiosa moris /ui. Choaspilis a flamine dicta est, viridis* fulgoris aurei. Cbryso-t l*mpis in Aethiopia nascilur, pallida die, et ia nocte ignea. Chrysopis aurum videtur esse. Cepo*nides in Aeolidis Alarne, uunc pago, quondam oppido, nascuntur, multis coloribus translucentes, alias vitreae, alias cristallinae, alias iaspideac. Sed el sordidis lanius est nitor, ul imagines red dant, ceu specula.

43*

percosso risoona come il rame,e dicono che giova portarlo addosso a coloro che recitano le tragedie Le chelidoaie sono di due sorti ; di colore di ron-. dioe, e dall altra parie porporine, con alcan* macchie nere. Le chdooia occhio di testoggioe Indiana, ed mostruosissima secondo le bugio de' Magi. Perciocch* essi dieoao che bagnm do la bocca col mele, e mettendosi questa pietra, sulla liugua, 1' uomo indovina le cose avvenire} quando la luna nel decimoquinto d, e quando non si vede, tutto il giorno; e quando ella scema, innanzi che il sole si levi ; ma negli altri tempi, dalla prima alla sesia ora del giorno. Sonci aocora le pietre chelonitide, simili alle testuggini, per le quali promettono molli aiuti a sedare la tem pesta. Per gitlandosi quella, che ha gocciole di oro, in acqua bollente con uno scarafaggio, la tempesta si eccita. La dorile del colore dell ' erba, e i Magi dicono eh' ella si truova in cor po all1uccello cutreltola, e vogliono eh' ella si leghi ia ferro a certe cose mostruose, come di loro asaaza. La coaspile cos detta da a a fiame di questo nome : verde e di splendore d'oro. La crisolampe nasce in Etiopia, e di giorno di color pallido, e la notte di colore di fnoco. La crisoe pare che sia oro. Le ceponide oasooaa in Alarne, ora villaggio, e gi citt dell' Eolia, le quali Iralucono con diversi colori, qaaado dd colore del vetro, quando del cristallo, e quando dell' iaspide. Ma ancora quando elle sono sp or- che e brutte haono tanto splendore, che l ' uomo vi si specchia dentro.
D a T I U , DIADOCO, D IFIE , D tO HISIA , DBACOHTITB.

D aratia,

d ia d o c h o s , o i p h y e s, d io n y s ia s , DBACOHTITIi*.

LVII. Daphniam Zoroastres morbis comitia* libus demoostrat. Diadochos beryllo similis est. Diphyes duplex, candida ac nigra, mas ac femina, genitale ulriusque sexus distinguente linea. Dio nysias nigra ac dura mixtis rubentibus maculis : x aqua trita saporem vini facit, et ebrietati resi stere potatur. Dracontites, sive dracontia, e cere bro fit draconum : sed nisi viventibus absciso aumquam gemmescit, invidia animalis mori se sentientis. Igitur dormientibus amputant. Sotacus qui visam eam gemmam sibi apud regem scripsit, bigis vehi quaereutes tradii: et viso dracone spargere somnifica medicamenta, atque ita piaeidere. Esse aulem candore translucido, nec po stea politi, aul arlem admittere.

LVH. Dice Zoroastro che la dafnia alila al mal caduco. 11 diadoco simile al berillo. La difie di due sorti, bianca e nera, maschio a femmina; e ha una linea che ne distingue il sesso. La dionisia nera e dura con certe mac chie rosse, la quale pesta nell' acqua ba sapore di vino, e tiensi che ripari all' ubbriachesxa. La dracon li te, ovvero draconlia, si fa di cervello di dragone, ma se non si taglia il capo, oaenlre che gli vivo, aoa diventa mai gioia, per iavidia di quella bestia che si sente morire. Gli tagliano dunque il capo quando ei dorme. Sotaeo, il quale scrisse d ' aver veduta questa tal gioia appressa un r e , dice che quegli che la cercano, vannai in una carretta da due cavalli; e vedalo il dragoue spargono tutte le medicine per farlo ad-* donnea lare, e cos poi gli mozzano il capoj Questa pietra ba bianchezza trasparente, n di-, poi cou artificio, n cou alcuna industria si pu pulire. k

1 433

HISTORIARUM MUNDI MB. XXXVII.


E aC A B M A ,

E i c u d u , s i n i t a t i , b x o bcu is , bxb bb uos , b b i ,

ABISTB, BROHCHI, BSBBBRO, BBISTALR,'

STA LI S, BBOTILLOS, SIVB AMPHICOMB, UTB MIC" &0MBKM0K , BDVBCBS, BOMITMBES , BCPETALO* ,
BCHBUS, E C R O TU S, BUSBBBS, BPtMBLAS.

BBOTILLO, O ANFICOMB, O IBBOftftBVO, BOMBCB, BOM1TBA, BOtBTALO, BIMBO, BOEOTIA, EUJEBE, BPIMELA.

LVI1I. Encardia cognominator k ariste : ona, in qaa nigra effigies cordis eminet: altera eodem omine, viridi colore, cordis speciem repraesen tat: tertia cor jugrom ostendit, reliqua sui parte candida. Enorchis candida est, di visaque fragmen tis. testium effigiem .repraesentat. Exebenum Zo roastres speciosam et candidam tradit, qua auri fices aurum polioni. Erislalis quum sit candida, ad inclinationes rubescere videtur. Erolyllos, eadem amphicome, et hieroiAoemon, a Demo l i t o laudatur in argumentis divinationum. Eupeces in Bactris nascitur, silici similis: sed capiti supposita visa noclurna oraculi modo reddit. Eomithren Beli gemmam, sanotlssimi deorum sibi, Assyrii appellant, porracei coloris, supersti tionibus gratam.Eupetalos quatuor colores habel, caeruleum, igneum, minii, mali. Euneos nucleo olivae similis esi, striata concharum diodo, noa adeo candida. Eurotias situ videtur operire ni gritiam. Eusebes ex eo lapide est, ex qoo tradi-, tur Tyri in Herculis templo facta sedes, ex qua dii facile surgebant. Epimelas fit, quum candida gemma superne nigricat colos.

1 LV1II. C ona pietra, che si chiama encardi, o ariste. Va n' ha una che ha in s la figura d'uti cuore; un'altra del medesimo nome verde, e ha la forma dun cuore anclTessa : uoa terza spe cie bianca, ma ha un cuor nero. La enorchi bianca, e rolla in pezsl mostra la figura de* testi coli. Zoroastro dice ebe l'esebeno mollo bello e bianco, e che gli orafi puliscono 1 oro eon * esso. La eristale, aocora che sia bianca, nondi meno rivolgendola pare che arrossisca. L'erotillo, che si chiama aocora nfi come, e ieronnmo,' lodalo da Democrito in fatto di divinatione; La eumece nasce nel paese de1Batlri, simile alla selce; e posta sotto 1 capo eccita i sogni a modo, 1 di oracoli. Gli Assiri chiamano eumilre di Belo, santissimo loro dio, una gioia di colore di porro, grata nelle loro soperstizioni. Leupelalo h* quattro colori, azzurro, focoso, di mibio e di mela. L* cuneo simile al nocciolo dell uliva, striatila modo di oicchio, ma non gi cos bian ca. La eurotia pare che con muffa ricuopra il suo nero. La eusebe di quella pietra, onde dicono che nel tempio d*Ercole in Tiro falla la sedia, dalla quale gli dei facilmente si rizza vano. La epimela si fa, quando nella gioia bianca v' disopra un colore che nereggia.
G
a l a s s ia , g a l a t t i t b , o l b o c o g b o , o lbccogba-

G a L A X U S , GAT.ACriTBS* SIVB LBOCOGiBDI, SIVB LEOi COGBAPUIAS, SI VB S T B O P fllT IS , GALLAICA, GA 1SIDIAlfA, GLOSSOPfcTBa, GOBGOSIA, GOBIAEA.

PIA , O SINOFITB, GALLAICA, GASS1D1ASA, GLOS* SOPBTBA, GOBGOBIA, GOKIBA.

LIX. Galaxiam aliqoi galactiten vocant, similem proxime dictis,sed intercurrentibussanguineis aut candidis venis. Galaclitis ex Nilo,colore lactis esi. Eamdem dicunl leueogaearo,el leucographiam ap. pellaul,et syhophilen, tritam laciis succo ac sspore notabilem. In educatione nulricibus laciis fecun ditatem : infantium quoque alligata collo salivam facere dicitur, in ore autem liquescere. Eamdem memoriam adimere dicuat. Mittit eam et Ache lous amnis. Sunt qui smaragdum albis venis cirenroligatum galactiten voceui. Gallaica argyrodamanli similis est, paullo sordidior : inveniuntur autem binae vel ternae. Gassidianam Medi mit tant, coloris orobidi, velali floribus- sparsam. Nascitur et in Arbelis. Haec quoque gemma con cipere dicitur, et iutra se parium faleri concussa, eoncipere auleof trimestri spalio. Glossopelra linguae similis humanae non in terra nasci dici-* tor, sed deficiente luna coelo decidere, memoriae

L1X. La galassia, chiamata d a alcnni galal ite , simile alle gioie dette disopra; ma ha per. mezzo certe vene bianche e rosse. La galattile del Nilo ha colore di latte. La.medesima si cbia* ma aocora leucogea e leucografia e sinofile ; e pesta ha sugo e sapore di latte. Fa. dovizia di latte alle balie, e appiccandola al collo a' bambini', dicono che fa sciliva, e slruggesi in bocca. Dicono ancora eh* ella toglie la memoria. Questa pitra si truova anco nel fiume Acheloo. Alcnni chia mano galattile lo atneraldo ricinto di vene bian- che. La gallaica simile all- argirodamante, ma nn poco pi sporca. Truovansi insieme due 0 tre. La gassidiana viene di Media, di colore quasi giallo, come sparsa di fiori. Nasce anco nel paese d Arbeli. Dicesi ancora che questa gioia pregna, e percolendola dimostra avere ins il parto, e dicono che concepe in ispazio di tre mesi. La glossopelra simile alla lingua nmn

i4 3 5

pun ii

s itc o m
non nasce ia ta r o , ma cade dal eido quando b lana manca, e redatto he aia aecessa ria alla memoria. Ma ne vieta di ci erede* la vaail di quest'altra promessa, ci eh* ella Caccia fermare i venti. La gorgon ia aon altro che il corallo, ed coti chiamata, perch si muta in durena di pietra. Mitiga la tempesta d d mare, e dicono eh* dia resiste a* folgori d ie setoliate. Con la medesima vaoiti ancora promeCImao aha la goniea fa la vendetta de* nimica. E liotbomo, bfsstitb, bx cuoia , KssacoBTAUTo, IEXACITK, CO BBO 01 A SSJSnSB OBV15IO, IU R . ,

quoque necessaria. Qaod ne credamus, prontisti quoque vanilas Itcit : vanlos enim a comprimi narrant. Gorgonis nihil aliad est, quam corsilnos : nominis causa* qaod in duritiam lapidis mntslnr. Eroollit maria. Fulminibus at typhoni resistere ad firmant. Goniaesm esdem vanitate inimicorum poenas efficere promittant.

HSLIOTBOPIOV, BEPBABSTITIS, BBRMDBXDIAM, BKXK*


COMTA LI T a n s , B IBB A C IT IS, A M U n M S COBBU, H O B VISION , H T A E M ItB .

LX. Heliolropium nascitur in Aethiopia, Afri. f* Cypro, porracei coloris, sanguineis venis distincta. Causa nominis, quouism dejecta in vas aquae, fulgorem solis accendit sanguineo reper cussa, maxime Aethiopica. Eadem extra aquam ^peculi modo solem accipit, deprehenditque defe ctos, subeuntem lunam ostendens. Magorum im pudentiae vel manifestissimam hoc quoque exem plum est, quoniam admixta herba heliotropio, quibusdam quoque additis praecantationibus, gerentem conspici negent. Hephaestitis qaoqae speculi naturam habet in reddendis imaginibus, quamquam rutilans. Experimentum est, si fer ventem aqasm addita statini refrigeret : aut si in sole addita aridam materiam accendat. Nascitur in Coryco. Hcrmoredian, ex argumento viridi tatis in candida gemma Tei nigra, et aliquando pallida, ambiente circulo aurei coloris, appella tur. Hexecontalitbos in parva magnitudine mul ticolor, hoc sibi nomen adoptavit. IW|>erilur in Troglodylica regione. Hieracitis alternai milvinis tiigrisque veluli plumis. Hammitis ovis piscium similis est, et alia v d a l nitro composita, praedu ra alioqui. Ammonis cornu inter sacratissimas Aethiopiae geasmas, aureo colore, arieliui cornus effigiem reddena, promittitur praedivina somnia repraesentare. Hormision inter gratissimas aspi* cilur, ex igneo colore radians auro, portante secum in extremitatibus candidam lucem. Hyaeniae, ex oculis hyaenae, et ob id invasae, inveniri dicuntur: el si credimus, linguae homiuis subdi tae futura praecinere. Haetnaliles iu Aethiopia quidem principalis, sed et in Arabia el Africa intenilur, sanguineo colore, non omittenda pro missis ad coarguendas Barbarorum insidias. Zachalias Babylonius iu his libris quos scripsit ad regem Mithridatem, humana gemmis adlribuil fal : hanc non conleulus oculorum et joiiuetuni lueditina decorasse, a rege etiam aliquid petituris dedit, el liiibus judiciis.]ue iuterposuit: in proe liis eliaru ex ea uugi salutare pronuntiavit. Ll et

LX. L* eliotropio nasee in Etiopia, in Afriea, e ia Cipri : di colore di porro, distinto di vene rosse. Ha questo nome, perch essendo messo in un vaso d* acqua, con riflessione san guigna mota lo splendore d d sole, che a fai viene, e massimamente l ' Etiopico. La medesima gioia sendo ftor dell' acqoa, riceve il sole come lo specchio; e vedovisi dentro quando il sole oscura la Iona, che gli entra sotto. Questo an cora manifestissimo esempio ddla sfacciatezza dd Magi, perciocch dicono che mescolando questa pietra con 1 erba eliotropio, e portandola ad * dosso con certi ineaoti o parole, chi la porta invisibile. L*efestile ancora, bench sia rilucen te, mostra nondimeno le immagini, come fa lo specchio. La pruova che sia d* essa, questa ; che mettendola in acqua bolleutc, subito la raf fredda ; o ponendola al sole con materia secca, incontanente 1 accende. Nasce in Corico. L*er* muredia cos detta dd verde in gioia bianca o nera, e talora pallida ; ed drcondata da un cerchio di colore d* oro. L* essecontalito in poca grandetta di diversi colri, e perci prese que sto nome. Truovasi n d paese de* Trogloditi. La ieracite tutta variata a guisa di penne di nib bio e nere. La animile simile alluova de*pesei, ed un* slira par falla di nitro, per d iro durissi ma. 11corno d*Ammone, che va tra le saeratissime gioie d'Etiopia, di colore d'oro, e ba forma di conio di montone. Dieono eh*db eccita sogni ch presagiscano l'avvenire. L'ormisso tra le gioie gratissime, di colore di fuoco rilucente d* oro, il quale nell'estremit porta seco luce bianca. La gioie ienie si traggooo degli occhi della iena, che perci inseguila ; e, bench non posa cosa cre dibile, pur dicono che chi le lieoe sotto la lin gua indovina le cose avvenire. L* ematite si troova principalmente in Etiopia, ma aucora in Arabia e iu Africa, di color sanguigno. Dicono che questa pietra rivda le iutidie da* Barbari. Zacalia Babilouio iu qud libri,eh*egli tcrisse d re Mitridate,

1437

HISTORIARUM MONDI LIB. XXXVII.

i{38

dia ejusdem generis, quae voeatur menai ab Jodis, xanthos appellata Graecis* e fulvo candicane*

attribuisce alle giie il destino degli uomini ; e on contento di dire che lematite medicina per gli occhi e pel fegato, disse ancora com1ella utile a coloro, che domandano alcona cosa re, u litigii, e ne' giudicii ; e di pi volle chelh fosse anche giovevole nelle battaglie a chi si un gesse dellasua medicioa. C unaltra pietra della medesima specie, la quale gl' Indiani chiamano menni, e i Greci xanto, perch' ella biancheggia sul giallo.
Idei
d a t t il i, it t b b ia , gem m a di

IDAEI DACTYLI, fcCTBBIAS, JoVIS &EMMA, INDICA, IO *.

io v e ,

INDICA, ION.

LXI. Idaei dactyli in Creta, ferreo colore poi* licem humanum exprimunt. Icterias alili lurido similis, ideo existimatur salubris eontra regio* morbos. Esl et alia eodem nomine liv idior. Tertia folio viridi similis, latior grioribus, paene ine pondere, veuis luridis. Quartum genus in eodem colore nigris venis discurrentibus. Jovis gemma candida est, non ponderosa, tenera. In dica gentium suarum babet nomen, subrufo co lore, in adiri tu sudorem purpureum manat. Alia eodem nomine candida, pulvereo aspectu. Ion apud Indos violacea est, sed raro, ut saturo co* lore luceat.

LXI. Gl' idei dattili sono in Candia di colore di ferro, e somigliano il dito grosso dell' uomo. L'itteria 4 simile a uccello livido, e perci si tiene che giovi al trabocco del fiele. Ve .n* hft un' altra dell' islesso nome, ma pi liquida. La terza simile a una foglia verde, pi larga delle prime, e quasi senza peso, con vene livide. La quarta specie del medesimo colore, con vene uere che vi scorrono. La gioia di Giove bianca, leggeri e tenera. La ludica ha il nome del suo paese, di color rossigno, e nello stropicciarsi getta un sudore porporino. Ve n 'h a un'altra d d medesimo nome, bianca, e d aspetto polveroso. L 'ion in India i di colore di viola, ma rade volte riluce di color pieno.
L e PID O TB, LESBIA , LBUCOFTALMO, LEUCOPECILO, LIBANOCBO, LIMONIATE, LIPABK, LISIMACO, L E 0 COCBISO.

L b P I DOTIS, LESBIAS, LKUCOPHTB ALMOS, T.ECCOPOECILOS, LIBA NUCHE OS, LIMONIATIS, L 1PABE, LVSIMACHOS, LEUCOCHBYSOS.

LX1I. Lepidolis squamas piscium variis colo ribus imitatur. Lesbias Lesbi patriae nomen ha* bens: invenitur et in India. Leucophlhalmos rutila alias, oculi speciem candidam, nigramqu* continet. Leocopoecilos candorem lineis ex auro distinguit. Libanochrus thuris similitudinem ostendit, sed succum mellis. Limoniatis eadem videtur, quae smaragdus. De lipare hoc tantum traditur, suffita ea omnes bestias evocari. Lysi macho* Rhodio marmori similis est aureis veuis : politur ex marmore, amplitudine in angustias coeunte, ut inutilia exterantur. Leucochrysos sicut crystallus albicat.

LXII. La lepidole somiglia le scaglie de*pesci, e ha diversi colori. La lesbia ha il nome di Lesbo sua patria ; pure si truova anche in Indi. Il leucoftalmo rilucente, ma ha in s la forma del bianco e d d nero dell' occhio. 11 Ieucopecilo di stingue la bianchezza con linee d' oro. Il libano* ero somiglia lo intenso, e ha sugo di mele. Il In tuoniate pare il medesimo che lo smeraldo. Della lipare si dice questo solo, che pel suo profumo tutte le bestie si raunano insieme. II lisimaco simile al marmo di Rodi con vene d' oro : puli scasi col marmo, riduceodosi la sua larghezza ili istretto, per levarne le parli disutili. Il leucocriso biancheggia come il cristallo.
M e m n o n ia , B.ITB,
m e d b a , m e c o n it e , m it e a c b , m o e o c h it %

M fllfN O N IA , MEDEA, MSCOVITI*, MITHBAX, MOBOCHIT E 9 , MOBION, SIVB FBAMNIOM, SIVB ALEXAHOEI*U M , MYBBHITI3, MYESUCIAS, HYESIBITIS, MESOLBUCUS, MESOMELAS.

MOBIONE, O PBANNIONE, O ALESSANDBINO : B l t MIBMEC1A, M1BSIBITB, MSSOLBCCO, B t> SUMELA.

LXIII. Memuonia qualis sit, non traditur. Medea uigra est, a U cJ k illa fabulose iuveuta :

LXIII. La memnonia non si truova come sia i*tU. La tnedea nei, trovata da quella Medea

j43.j

C. TLINIl SKCUKDl

>4 *o

habet Teaas aurei colori: sudorem reddit croci, aaporera aulem vini. Meconites papaver exprimit Jtlithrax a Perda accepta est, et Rubri mari* tnonlibus: multicolor, conira solem varie refulgena. Morochilea porracea, lacte sadat. Morio iu Judia, quae nigerrimo colore translucet, vocatur {iramnion : io qua miscetur el carbunculi colos, alexaodrinum : obi tardae, cyprium. Nascitur et in Tyro, el ia Galatia. Xenocrales et sub Alpibus nasci tradii. Hae suol gemmae, quae ad ectypas scalpturas aptantur. Myrrhites rayrrhae colorem habet, facie minima gemma : odorem unguenti, adirila etiam nardi. Myrmecias nigra habet emi nentias similes verrucis. Myrsiniles melleum coloxem habet, myrti odorem. Mesoleucos est, me diam gemmam candida distinguente linea. Meso ni elas, nigra vena quemlibel colorem secante per medium.

favolosa : ha vene di eoior d* oro : rende sudore di zafferano, e sapore di vino. La meconite ba (orma di papavero. La mitrace di varii calori venuta di Persia, e de1monti del mar Rosso: di molli colori, e variamente risplende contra il sole. La morocbile di colore di porro, e fa su dore di latte. In India il morione, il quale riluce di color nerissimo, si chiama prannione : quello, in cui si mescola il colore del carbonchio, chia masi alessandrino ; e quello, in cui il color ddla sarda, ciprio. Nasce in Tiro e in Galazia. Dice Senoerate che nasce ancora sotto l1 Alpi. Queste sono le gioie le quali si possono intagliare in ri lievo. La mirrile ha colore di mirra, e vista di piccolissima gioia : ha odore d ' unguento, e stro picciandosi di nardo ancora. La mirmecia nera, ha certi bitorzoli a guisa di porri. La airsioilfc ha colore di mele, e odore di mortine. Il mesolenco nna pietra con vena bianca, cbe la parte per mesto. La mesomela una gioia con vena nera, cbe divide per metzo ogni colore.
N a sa MOMTB, NEBR1TB, R I SFARSVA.

N a s MOHITIS, HEBHITIS, RYMPHARBNA.

LXIV. Nasamoni lis est sanguinea, nigris Te* tiis. Nebrilis Libero patri sacra, nomen traxit a nebridum ejus similitudine. Suut el aliae nigrae generis ejusdem. Nympharena urbis el geniis Perticae uomen habet, similis hippopotami den tibus.
O L C A , OMBRIA, SIVB V O T U : ORITIS, SIVB SIDERITIS: OSTRACIAS, SIVB OSTRACITIS, OPHICARDBLOS, OBSIDIABA.

LXIV. La nasamonite sanguigna, con ceite vene nere. La nebritt consacrata a Bacco, e pree queslo nome per somigliar le sue nebride. Sensi dell' altre pietre nere dell* medesima specie. La ninfarena ha il nome della citt e della provincia di Persia, ed simile a* denti dell' ippopotamo.
OLCA, OMBRIA

o BOTIA :

OR ir E O SIDERITE : OSTRACIA

O OSTRAC1TR, OFICARDBLO, OBSIDIANA.

LXV. Olea barbari nominis,'e nigr fulvoque, el candido placet. Ombria, quam aliqui notiam vocant, sicut ceraunia el bronlia, cadere cum im bribus et fulmiuibus dicitur: eumdemque effe ctum babere, quem brontia, narratur. Praeiere* in aras addita ea, libamenla non amburi. Oritis globosa specie, a quibusdam el sideritis vocatur, ignem uon seuliens. Ostracias, sive ostracilis, eat .testacea durior : altera achalae similis, nisi quod .acbales politura pinguescit; duriori lania inest vis, ut aliae gemmae scalpantur fragmentis ejus. Oslraeitidi ostrea nomen et similitudinem dedere. tOphicardelop Bebari vocant, nigrum colorem binis lineis albis includentibus. De obsidiano la pide diximus superiore libro, luveniunlur et gemmae eodem nomine ac colore, uon solum in Aethiopia Indiaque, sed etiam in Stnuio, ut ali qui putant, et in litoribus Hispaniensis Oceani.

' LXV. L 'olea di nome barbaro piace per la vaghessa di pi colori, cio nero, giallo e biaoco. L ombria, che alcuni chiamano nolia, si die cbe vade con le piogge e co tuoni, come la ceraunia, e la bronlia, e eh ella la l ' istesso effetto che la brontia. Oltra di ci quando ella posta sugli altari, si dice che i sacrificii non ardono. L 'orile i d i figura tonda, da alcuni chiamata siderite: essa non teme il fuoco. L 'ostracia ovvero ostracite pi dura d 'un' altra che ftli colore di vaso di terra : questa somigliante alla pietra agata, se non cbe l'agata ingrassa per politura : quella pi dura talmente forte, che l ' altre gioie s ' in tagliano co' pezzi d 'essa. L 'ostracia ba preso il nome e la somiglianza dalle ostriche. I Barbari chiamano oficardelo una pietra, dove due linee bianche tolgono in messo il color nero. Della pietra obsidiana ragionammo nell'altro libro. Truovansi gioie aucora del medesimo nome e co lore uon solamente in Etiopia e in India, ma ancora nell'Abruzzo, come leugoao akuui, e nelle riviere dei mare di Spagua.

i4 4

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXXVII.


P a nceo , p a n g o n io , p a n e r o p b d e r a st o . Q u a t tr o
SPBCtB DELLB PONT1CHE. F l OGUO O CBISITE, PE-

F i l C l l O I , PAHGOMUS, P M I 0 5 , SIVE PAEDBHASTOS. P o e tic a ru m : gbebea iv . P h l o g i i t o s , <i t b i CHEYS1TIS ; PB0BIIC1TM , VBTCITM,. VBBILEUCOS, PABABTJDES, SIVB G i l i f l D I I .

NICITE, P 1 CITB, PERILEOCO, PEAHTIOE O GBANIDE.

LXVI. Paochnu fere exomnlbos colorlbas constat. Pangonios non longior digito, ne crystal lus videatur, numero plurium angnlorum cavet. Paner* qualis sil, a Metrodoro non dicitar : sed carmen Timaridis reginae in eadem dicatum Veneri non inelegans ponit, ex . quo intelligitor additam, ei fecunditatem. Qaidam hanc pansebaston vocant.,Ponticarum plora sunt genera.. Est stellata nunc sanguineis, nupc anratis guttis, qaae inter sacras habetur. Alia pro stellis ejusdem .co loris lineas habet, alia montium convatliumqae effigies. Phtoginos, qnem ,et chrysiten vocant, ochrae Atticae adsimalata, invenitor in Aegypto. Phoenici tis ex balani similitudine appellator. Phyci t is, algae. Perilencos filo ab ora gemmae ad radicem usque candido desceodente. Paeantides, qoas quidam gemonidasvocant, praegnantes fieri et parere dicuntur, mederiqne partorientibns. Nam tales in Macedonia juxta monumentum Ti resiae inveniantur, specie aquae glaciatae.

LXVI. Il paocro quasi di latti i colori. Il paogoni non pilango d un dito, e pcrcheglr ha pi angoli, non si confonde col cristallo; Come sia fatto il paner, Metrodoro non lo dice ; ma ci.si truova in alconi eleganti versi della reina Timaride nella medesima gioia dedicali a Venere, per li qaali si conosce come questa gioia giov a fare ingravidar quella reioa. Alconi la chiamano pansebasto. Sonci molte sorti di pietre Pontiche, delle qaali ve n' ona stellata qoando di gocciole nere, e qoando di rosse, annoverata fra le gioie sacre. Un' altra in cambio di stelle ha linee delP istesso colore ; e un altra ha figara di monti e di valli. 11 flogioo, il qoale si chiama ancora cri site, assomigliato a stivale Ateniese si troova io Egitto. La feniche cos chiamata dalla somi glianza . del balano. La lcite simile all alga. Il perileoco ha on filo bianco, che scende dalla estre mit della gioia -insino alla r a d i c e l e peantide, le qaali alcnni chiamano gemonide, im pregnano e partoriscono, al dire d 'alconi, e guariscono le donne sopra parto. Queste pietre si Iruovano in Macedonia appresso la sepoltura di Tiresia, e han no colore d acqoa ghiacciata.
G emma
del sole, sagda, s a m o t r a c ia , bavette,

So l is

g em m a , sagda,

Sa m o t h r a c i a , a d b i t i s ,

sae-

CITIS,

SELBJUTIS, SIDERITIS, SIOEEOPOECILOS,


s y r t it is , s y e in g it is .

SARCITE, SBLBRITB,

SIDERITE, SIDEEOPECILO,

SPONGITIS, STtlODOHTITIS,

SPOHG1 TE, SIBODONTITE, E T IT E , SIBIITGITE.

LXVII. Solis gemma candida est, et ad spe ciem sideris in orbem fulgentes spargit radios. Sagdam Chaldaei adhaerescentem navibns Inve niunt, prasini coloris. Samolhracia insola ejoidem nominis gemmam dat nigram, ac sine pondere, ligno similem. Sanrilin in venire, viridis lacerti arondine dissecti tradunt inveniri. Sarcitis boba* Us carne* repraesentat.Selenilis ex candido trans lucei melleo fulgore, imaginem lanae continens, redditque eam in dies. singulos, crescentis'minuenlisque numeris : nascitur, in Arabia. Sideri tis ferro similis, litigio illata discordias facit: quaeque nascitor in Aethiopia sidempoeeilos, ex ea iit, variantibus goltis. Spongitis spongiae nomen repraesenta!. Synodonlilis e cerebro pi scium e s t, qoi synodootes vocantor. Syrtides in litore Syrtiom, jam qoidem el in Lucania inve niuntur, e melleo colore cjroco refolgentes : intos autem stellas continent languida*. Syringitis sti pulae internodio similis, perpetoa fistola ca vatur.

LXVI1. La gioia del sole bianca, e come far il sole sparge per ogni parte raggi ritneenli. I Cal dei hanno la pietra sagda di color verde, la qaale si attacca a'navili. NelP isola di Samotracia nasce una pietra del medesimo nome, nerp, e senza peso, simile al legno. Dicono chela pietra sacrile si troova nel corpo della locertola verde, sparato con ona canna. La sarcite somiglia la carne di boe. La selenite in sol bianco riloce con lo splen dore del mele, e ha imraagioe di Iona ; la quale cos cresce e scema in qoella gioia, come la lana in delo. Nasce in Arabia. La siderite simile al (erro, e portata in litigio mette discordia ; e di questa nasce in Etiopia con variate goeciole quella, che s chiama sideropecilo. La spongi te ha preso il nome dalla spugna che rappresenta. La sinodontite nasce del cervello d* alcnni pesci, i quali si chiamano sinodonti. Le sirtite nascono ne liti delle Sirli, e si troovaoo oche in Lncaoia, di colore di mele, e di splendore di zafferano ; e dentro hanno stelle qoasi spente. La siringile

>443

C PLINII SECONDI simile un boccinolo di paglia, tulla vola di dentro.

Taicuaos, tbmrrbiioS, telicaedios, sivb kcchcl: TBRACIA, GR5ERA 111. T ePBRITIS, TECOM TBOl. LXV III. Trichras ex Africa nigra est, sed Ires succos reddit, a radice nilnra, medio sanguinem, sommo ochram. Telirrhixos cinerei coloris aot rufi, candidis radicibas spedator. Telicardios colore cordis. Persas, apad qooa gignitor, ma gnopere delecUI : mochnlam appellant. Thracia triuro geoerora est, viridi, aut pallidior, tertia asnguineia gotlis. Tephritis novae Inoae specie habet cnrvatae in cornos, quamvis cinerei coloris. Tecolithos oleae nndeos videtor: neque est ei gemmae honos, sed ungentium calcolo* frangit pelli tque.

T ricro , te lir r iz o , te lic a rd io o B oevu T u a i DI TRR 1PECIR. TsFRITE, TECOL1TO. LXV1U. II tricro d 'Africa nero, ma getta tre sughi, dalla radice nitro, dal tnexxo sangue, da sommo ocra. Il telirrixo di oolore di cenere, o rosso, oon radid bianche. U tdicardio, N eo iore di cuore, diletta molte 1 Persiani, dove e* nasce, e chiamasi quivi macula. La tracia h di Ire specie, verde, pallida e di gocciole sangftigne. La tefrite di colore cenerognolo, ma somiglia la luna nuova gi ripiegata nelle sue corna. Il tecelito pare simile ad un nocciolo d oliva : non onorata tra le gioie, ma rompe la pietra ddla vescica e mandala foori a qoegli che se ne un gono. Capblli di V eberr, V eiebtaba. LXIX. Il capello di Venere he splendore ne ri taimo, ed entrovi come un capello li color biondo. La veientana gioia trovata a Veio atta d Italia, nella quale una linea bianca distingue il nero,
Z aktems , z m i l a v p e , z o b a b i s c e o .

VSBEBIS CB1H V*JBBTABA. ES, LXIX. Veneris crinis nigerrimi nitoris con tinet speciem rufi crinis. Vejentana italica gem ma est, Vejis reperta, nigram materiam distin guente limite albo,

ZaBTBBHE, ZM ILAM ZO PIS, BABISCCO I. LXX. Zantbenem in Media nasci Democritus trsdit, electri oolore, et si quis terat io vino pal meo, et croco, cerae modo lentescere, odore ma gnae suavitatis. Zrailampi io Eophrate oasdtur, Proconnesio marmori similis, medio colore glau co. Zoraniseeos in Indo flumine nascitor : Mago rum gemma esse narrator : neque aliud amplius de ea. D b gemmis quab a membri* corporis habebt bo m b a : BRPATlTU, STEATITI*, ADADOBEPBEOI, JkDADDOPBTBALM OS, ADADODACTYLOS, TRIOFBTBALM OS, LXXI. 1 1 . Est etiamnum alia distinctio, quam equidem fecerim, subinde variata expositione. Siquidem a membris corporum habent nomina : hepatili* a jodnere: steatiti* singulorum anima lium adipe numerosa. Adadunephro*, ejusdem ocolos, ae digitus dei: et hte colitur a Syris. Triopblhalmos com onyche nasdtur, tres hominis oculos simul exprhams.

LXX. Democrito dice che la pietra xantene nasce in Media, di colore d 'ambra, e se alcuno la pesta in vin di palme col zafferano, intenerisce a modo di eera, e ha soavissimo odore. La xmilampe nasce nell* Eufrate, simile al marmo Pro connesio : il colore di mezzo i accorro. Lo sorainsceo nasce nel fiume Indo : dicesi di* la gioia de' Magi, n altro d essa. Delle oemmb c u babbo Preso il nome balle m e m b r a d e l l ' nono. E p a t i t e , s t e a t i t e , a d a DimBFRO,AADCOFTAtM O, ADADUDATTILO,TRIO-FTALMO.

LXXI. i . C ' ancora un'altra diilintiont, la quale far variando la sposicione di quando in qdando. Perocch alcune gioie hanno preso il nome da* membri del corpo, siccome T epatite dal fegato,, la steatite da nnmerosa Sugna di daacono animale. Adadnnefro si chiama l oeehto e il dito di un do di quel nome, adotato dai Siri. Il trioftalmo nasce con Coniche, e forma la figura di tre occhi d 'nono insieme.

HISTORIARUM MUNDI LIB. XXXVII.

U l l O I W i l l QOAE AS ABIMALISOS B A U B T ROMIRA t CABCIRIAS, ECRIT1S, SCOEP1T1S, SCASITI, TR IG LIii , A U o r i i i A i a o t , G n u a iT ii,


a s t it is , i

D elle

gem m e ch e

harno

pr e so

il

rohe

dagli

ANIMALI. C a RCIRIA. ECBITE, SCOEPITE, SCARITE, TRIG LITE, EGOPLALMO, GBBARITB, ETITE, M IEMBCITE, CARTAEIA, L1COPTALMO, TAOS.

<

MEC1TU, CASTBABIAS, LTCOPBTBALMOS, TAOS.

IJjLXlJ, Ab animalibus eo|D9mioplnr, csr* cinias marini cancri colore, echi li s viperas, acorpili# pcorpioou aat colore, aat effigie, scariti* scari piscis, triglitis malli} aegophlhalmo* capri* no oculo : ilem alia suillo, et a gruis collo geranilis, hieracilis accipitris. Aetilis * colore aquilae candicaa te cauda, Myrmecitis innatam repeolis formicae effigiem babet, scarabaeorum capibari**. Lycophtbalmos qpatoor est colorum , ex rutilo sanguinea : in medio nigram candido cingitur, nt luporum oculi, illi* per omaia similis. Tao* pavoni est similis, ilem aspidi quam vocari cheli doniam invenio.

LXX1I. Dagli animali hanno preso il nome la arcinia, che ha colore di granchio marino; Pechite,che di vipera; la acorpita, che ha colore o forma di scorpione ; la scarite, che di pesce scaro; la triglite, che del pesce mollo; l'egoftalmo, che d 'occhio di capra : on' altra ha colore d'occhio di porco. La geranile si nomina dal collo di gru; la ieracite dal collo dello sparviere $ l'etite dal colore dell'aquila di coda bianca. Le mirmecite ha la forma naturale d* una formica che cammina; la cantarla degli acarafaggi. 11 licoflalrao di quattro colori : lacido e sangui gno, e nero nel mezzo, circondato di bianco, come gli occhi de' tapi, simile in tutto ad essi. Il laos simile al pavone; e quella,che si chiama chelidonia, simile all' aspido.
D
e l l e g em m e c h e hanm u f e s s o il rom e d a a l t e e cose.

Q uae

a c e t e r is i m o s

b a m m o c h ey so s, c e s c h e it is ,

o b t it i*,

cisaiT is,

b a b c m s i t u , cy a m b a ,

r m i,

A m m o c r is o ,

c s r c r it b , p ie e r ,

d e iit e , c a l a z ia ,

c is s it e , p ir it e ,

CBALAZ1AS, PTE1TIS, POLYZORO*, A3TRAPIAS, POLYTRICBOS, LKOHTIOf, PARDALIO*, MRLICHROS, MELICBLOROS, PO L U S, SPAETOPOLIA, EBODITIS, B L IT IS , CHALCITIS, SYCITIS, SORSTCIT1S, GEMITIS, AITAXCH1TIS, STROCHITIS, DER ORITIS, ETC.

r a e c is s it e ,

cm m ea,

POL1ZORA, ASTBAPIA, POL1TE1CO, LSOHZIO, PARDALIO, MELICRO, MET.ICLOBO, POLIA, SPAETOPOLIA, EODITE, MELITE, CALCITE, SIC1TE, BOESIC1TE, GEMITE, ARARCBITE, SIROCB1TE, DENDRITE, ECC.

LXXIII. Arenarum similitudo est in hammochryso, velat auro arenis misto. Cenchrilis milii grania velat sparsi*. Dryitis e truncis arborum : haec et ligni modo ardel. Cisaitia in candido per* lucet ederae foliis, quae totam tenent. Narcissili* venis et odore distincta. Cyaraea nigra est, sed fracta ex se fabae imilitudinem pariL Pyreo ah olivae nucleo dicta est : baio aliquando inesse piscium spinae videntur. Gbalasia* grandinum t candorem et figuram habet, adamantinae dariliae. Narrant etiam in ignem additae manere suum frigus : pyritis nigra quidem, sed adirila digito* adnril. Pol jzono* nigra multi* zoni* candicat. Astrapiae in nigro aut cyaneo, discurrunt e medio fulmioi* radii. In phlogilide intus ardere quaedam videtur flamma, qnae nou exeat In an* thracitide scintillae discurrere aliquando viden tur. Enbydro* semper rotunditatis absolutae, in candore est laevis, sed ad molutn fluctuat iulo* in ea veluti in ovis liquor. Polytrichos in viridi capiUatur, sed defluvie comarum facere dicitur. Saul et a leonis pelle et pantherae nominatae, leontios, pardalios. Colos appellavit chrysolithum aureus, chrysoprasum herbaceus, melleus nicli-

LXXII1. Nell ammocriso v' apparent di arene, ovvero un misto di oro mescolato con l ' arena. La ccncrite somiglia granella di miglio sparse. La driile pare fatta de' tronchi degli al beri, e questa pietra arde a modo di legno. La cisaite rilnce nel bianco, ed simile ftlle foglie dell' ellera, le quali la tengono tutta. La narcissile i distinta anch' essa di vene, e ha odore di narcisso. La ciamee nera, ma spezzandosi viene a fare la forma di una fava. La piren ha preso questo nome del nocciolo dell' oliva ; e pare talo ra che in essa sieno spine di pesce. La calazia he colore e forma di grandine, ed i dura come il diamante. Dicono ancora, che mettendola nel fuoco rimane tuttavia fredda. La pirite nera* ma stropicciandosi abbrucia le dila. 11.politone nero,ma biancheggia cou molte ntole. L'aslra*, pia ha nel bianco o nell' azzurro raggi come di folgore che discorrono per essa. Nella flogitide vedesi ardere una fiamma, la quale non esoe. Meil ' antracitide si reggono talora scorrere certe fa* ville. L 'enidro i sempre perfettamente tondo, bianco e liscio; ma diguazzandolo vi fluttua deoI r , siccome nell' uovo, un licore. 11 politrico

4 fo

C. PLIN1I SECONDI

.4 4 8

chrota: quamvis plura ejas genera iot. Melichloros eat geminus, pario flavos parie melleos : crocia, croci : polia, canitiem quamdam sparli indicat : eamdem duriorem, nigra sparlopolios. Khodilis a rosa est. Melili*, mali coloris. Chalcitis, aeris. Sycilis, fici. Ratio nominum non est io borsycile, ia oigro ramosa, oandidis aot sanguineis frondibus : nec gemite, velat in petra candidis manibus ioter se complexis. Ananctiitide in hydromantia dicunt evocari imagines deorum: synocbilide umbras inferorum evocatas teneri : dendritide alba defossa sub arbore, quae caedatur, secaris aciem oon hebetari. Et sunt mullo plores, magisqoe monstrificae, quibus Barbari dedere nomina, confessi lapides esse. Nobis salis erit in his coarguisse dira mendacis.

sparge come capelli nel color verde, ma dicono neon che perde rimette i capelli. Sona dae pietre ancora chiamate dalla pelle del Kone e della pantera, cio illeonzio e il pardelio. 11 cri solito prese il nome dal colore dell oro; il crisopraso dal colore dell'erba ; la melicrota dal colore del mele, bench ve ne sieno molte orti di que sta. 11 melidoro di dae colori, da ona parte gial lo, dall' altra di mele. La eroda ha colore di zaf ferano. La polia mostra una certa canutezza d sparto, ma pi dura : lo spartopolio nero. La rodile ha preso qaesto oome dalla rosa. La melile ba colore di mela ; la calcite di ram e; la siate di fico. Non c' ragione alcuna del nome della borsicite, la qaale nel nero ha certi rami con foglie bianche o rosse; n i anco del nome della gemite, la quale ba io s come dae mani bianche ehe 1a stringono insieme. Dicono che con la pietra aoachitide i negromanti fanno comparire le imma gini degli dei, e con la sinochitide tengono ran nate insieme l ' ombre infernali. Dicono ancora che scavando la dendrilide bianca di sotto lalbe ro che si taglia, la mannaia non perde il taglio. Sonci molte altre gioie, ' e pi mostraose, alle quali i Barbari hanno posto i nomi, confessando che sono pietre. A noi baster aver riprovate le pi orribili menzogne.
D b llb
gbm m b c h e a d

D b GEMMIS llEPERTB BOVIS, AC SltTB HOMINIBCS : CJCHL1DBS.

un

tbatto

si k ir o v a m ,

E SOR SENZA ROME. D E L L E COCLIDB.

LXX1V. ia. Gemmae nascantur et repente novae, ac sine nominibus : ut Lampsaci in metal lis aurariis una inventa, quae propter pulchritu dinem Alexandro regi missa fuit, ut auctr est Theophrastus. Cochiides' quoque nunc; vulgatis simae, fiunt verius, quam nascuntur: in Arabia repertis ingentibus glebis, melle excoqui tradunt septenis diebus noctibusque sibe intermissione; ita omni terreno/ vitiosoque decusso, purgalam puramque glebam, artificum iugenio varie distri bui in venas, dnctusque macularum, quam maxi me vendibili raline sectantium : quondaraque tantae magnitudinis fecere, ut equis-regum in Oriente frootslia, atque pro phaleris pensilia fa cerent. Et alias omnes gemmae mellis decoctu nitescant, praecipue Corsici : in omni alio iftu acrimoniam abhorrentes. Quae variae sunt, et ad ftovitalem accedere calliditale ingenioram conti git, ut ftomen usitatum non habeant, pbyfces ap pellant, velut'ipsius naturae admirationem in iis venditantes, quum* finis nominum non-sil, quae persequi non equidem cogito, innumera ex graeva vanitate conficta.'Indicatis nobilibus gemmis, etiam plebejis'rariorum generum, dieta dignas

LXXIV. ia. Nascono alcuna volta gioie nuo ve, e senza nomi ; siccome ia Lampsaco nella cave dell1oro ne fu trovata una, la quale per la sua bellezza fu mandata al re Alessandro, secondo che scrive Teofrasto. Le coclide, ancora oggi vulgatissime, piuttosto si fanno, che non nascono. Traovansi in Arabia in zolle grandi, e dicono eh* elle si cuocono nel mele selle giorni e sette notti senza intermissione; e cosi porgale da' ogni materia terrena e viziosa, gli artefici industriosi vi fanno venire vene e macchie, le quali allettano le genii acomperarle; e gi-furono tanto grandi, che in Levante i re ne facevano le testiere e le brde a'cavalli. E csi tutte le altre gioie cocendosi nel mele ricevono splendore, massimamente nel mele di Corsica; e in ogni altro aso faggoao le cose agre e frti. Quelle che sono varie e ve nute di nuovo per ingegno d'artefici, acciocch non abbiano nome usato, si chiamano fises,' come se volessero in esse vendere i miracoli della natu ra stessa ; e pei'ch i nomi sono infiniti, oonistar a raccontarli quali 'sono1stati trovati e finti dalla vanit de1Greci. Dimostrate le gioie nobili, e an cora le plebee di pi rara qualit, bastava solo

*449

U1STOH1AROM MONDI LIB. XXXVII. distinguere qoelle che meritano di essere ricor date. Ma bene dobbiamo avvertire ona cosa* che per molte e diverse macchie e porri con tra messo svariate vene e colori, spesse volte *1 viene a mutare il nom ddla.medessma gioia.
D bllb n o n i
d b llb g h h .

distinxisse *atis rat. IUnd moda memiaiaecoaveniet, increscentibus varie natalis ac verrucis, linearumque interveniente multiplici' doolo et colore, mutala saepias nomina ia eadem pleram* que materia. Db f ig o t m s
gbkmabom .

LXXV. Nuoc commooiter adomniom gem marum observationem pertinentia dicemos, opi niones secuti auctorum. Cavae aut extuberantes viliores videntur aequalibus. Figura oblonga ma xime probatur : deinde quae vocator lenticula : postea cydoides- et rotonda : angolosi* autem minima gratia. Veras a falsis:discernendi'magna difficultas : quippe qoom iaventom sit, ex veris gemmis ia alterius generis falsas traducere.'Sardooyehes e ternis glutinantur gemmis, ita:ot deprehendi ars oon possit: alionde nigro,ralioode candido, alionde minio,- somptis omnibus in soo geoere probatissimi*. Qainimmo etiam ' exstant commentarii aoctorom, quos noo eqoidem de monstrarim, qai bus modis ex crystallo tingantor smaragdi, aliaeque translocentes,sardonyx e sarda, item ceterae ex aliis. Neque est olla frao vitae lucrosior.

LXXV. Ora ragioneremo d* aleone cose, le qoali commonemente s1appartengono a tolte lo gioie, segoeodo io-ci le opiniooi degli aotori. Le gioie iocavate,: ovvero rilevate, sono'stimate meno che le piaoe. La figura lunghetta >molto lodata ; poi. quella che si chiama lenticula ; poi 1 tonda ; e quella, che fatta-acanti,-ha io.s poca grazia. Cosa molto difficile sapere conoscer* le vere dalle contraffatte, perrooeh s trovato eoo le gioie vere d 'una ragione oon trafilare le gioie duoaltra sorte. Fannosi i sardonichi di tre gioie, togliendo da ona il nero* da unaltra i! bianco, e da unaltra il rosso; i quali colori nella sua specie tatti soao ottimi; ma larte d noo po conoscere. Ci sono ancora libri di autori* i quali non mi curo altrimenti allegare, che insegnano come del cristallo si tingano gli smeraldi, e altre gioie. rilucenti,- e io che modo della sarda si faeda il sardonico, e cosi P altre d' aleone altre. N i c' i inganno a^qoesto mondo, che randa mag gior guadagno.
Del
m odo d i c o k o s c b b lb .

Ratio raoBARDAKUM .

LXXVI. i 3. Nos contra -rationem deprehen dendi talsas demonstrabimus ( qoando etiam lu xuriam adversas fraudes muniri decet), praeter illa, quae io principalibus -qoibasqoe generibus privatim diximus. Transloceotes matutino pro bari censent: aut si necesse . est, in'quartam ho ram : postea vetant. Experimenta pluribos modis constant. Primum poodere, si graviores sentian tur : post haec, corpore. Ficlitiis pusulae in pro fundo apparent, scabritia in cule, in capillamento fulgoris inconstantia, et prius quam ad oculos perveniat, desinens nitor. Decussi fragmenti paullam, quod in lamina ferrea teratur, efficacissimum experimento recusant mangones gemmarum. Re cusant similiter et limae probationem. Obsidianae fragmenta veras gemroas non scarificant. Fictiliae, scarificatione* candicantium fugiunt. Tanlaque differentia est, ut aliae ferro scalpi non possint, aliae non nisi retuso, verum omnes ada mante. Plurimum vero in his terebrarum pro ficit fervor. Gemmiferi amoes sunt Acesines et Ganges : terrarum aulem omnium maxime India.

LXXVI. i 3.Noi alPineontro insegneremo piottosto a conoscere le false ( poich bisogno che ancora la morbidesza sia difesa contro l'inganno). Oltra i segni adunque, i quali abbiamo mostri di per s in ogni sorte di gioia, dicono che le tras parenti si vogliono provare la mattina, o, s egli i pur bisogno, fino a quattro ore di giorno : dipoi non vogliono che si guardino altrimenti. La pruova si fa in pi modi. Prima col peso, s 'elle sono troppo gravi ; poi si considera la materia. Perdocchi alle gioie contraffatte si veggono certe bolle in profondo, e nella superficie sono ron chiose ; ne' peli non fermezza di splendore ; e la lucentezza manca prima che venga all occhio. I gioiellieri ricasaoo ona eccellentissima espe rienza, do che si pesti qoello che si leva della gioia in piastre di ferro. Ricusano ancora la pruova della lima. I pezzi della obsidiana non iscarificano le vere gioie : le contraffatte faggono la scalfittura delle bianche. V tanta diffe renza, che alcune non si possono lavorare col ferro, alcooe altre non si lavorano se non col ferro, che abbia rintazzalo il taglio ; ma tutte si lavorano col diamante. Assaissimo giova io queste la forza

G. PLINII SECONDI HISTOR. MUNDI LIB. XXX.V1I.

de* Inpini. 1 fin n , che producono gioie, n n T Acesine Il Gwge, u I* India pi che talli gli altri paesi. C o n u iiN
ia i w a i m t u i i . bt Hisfabiab.

Laos Italiab

P i m o i b dilla m tcia sacohdo u mun m u . Lode dell'I talia b dblla Sfami. LXXVII. Ma avendo oggimai noi neeoolaie tulle le opere della natura, bisogoa che feocUao uoa eerta differenta e paragone delle em e d paesi. In tutto quanto il mondo danqoe, e do* vnnque il rielo ouopro la terra, la pi bella parie la Italia, e meritamente tiene il prioeipslo selle uose delia natura : essa reina e seconda aiin del mondo, per uomini, per donne, per capitani, per soldati, per abbondante di servi, per eccel lenza d* arti, per sublimit d ingegni, per sito, saniti, e temperamento d* a r ia , e perch ageslmante tutte le nationi del mondo d penso venire, avendo essa i liti pieni di porti, e bsaipi Tenti. Peraioecb il sito eoo vollo ricorr io utilissima parte, cio in n e t t o tra Levsoiee P o* nenie. OKra di d ba dovitia d acqoe, ttlsbrili di boschi, dolce elevetetta di monti. En aoo ha fiere ebe aoocano, e il terreno soo fertile, e copioso di pascione. Non c' coss accentri* alla vita umana, la quale sia in pi eoeeD esis altrove che in Italia ; ci sono biade, vino, olio, lane, lini, vestimenti, giovenchi. N io vedere sorte di cavalli, che sieno di migliori rsue che i nostrali. E i a non mai stata io feriore id alcuno altro paese di miniere d oro, d' srfesto, di rame e di ferro, mentre eh* ells pot e*ercitarle. E di queste al presente pregos per ogni dote ei d diversi sughi e sapori di biade di frolli. Dopo l Italia, infuoceh i looghi fa** losi dell India, io stimo che il prisao loogo abbi la Spagna in ogni parte dov ella inondili dal mare.

LXXV1I. Et jam praclis omnibus nutarae operibus dberiaca quoddam rerum ipsarum atque terraram fcer conveniat. Ergo in loto orbe t t quacumque eeeli convexius vergit, poi* cherrima est omnia, rebusqae merito principa tum naturae obtinens, Italia, rectrix parensque mondi altera, viri, feminis, dneibus, militibus, ervitiis, artium praestantia, ingeniorum dari ta libus, jam situ ac salubritate coeli atque tempe rie, aeeessu eundarum gentium facili, litoribus portnosis, benigno veo torum adflatu (etenim con tingit procurrentis positio in partem utilissimam, et inter ortus oceasusqne mediam ), aquarum co pia, nemenim salubritate, montium articulis, fe rorum animalium innoeentia, soli fertilitate, pa buli oberiate. Quidquid est, quo carere vita non debeat, nusquam est praestaotius : fruges, vinum, olea, vellera, lioa, vestes, juvenci. Ne quos qui dem in trigariis praeferri ullos vernacolis animad verto. Metallis auri, argenti, aeris, ferri, quamdiu libuitetereere, nullis cessit: et iis nunc in se gra vida pro omni dote varios succos, et frugum pomorumque sapores fnndit. Ab ea, exceptis Indiae fabulosis, proxime quidem duxerim Hispaniam, quacumque ambtlar mari.

INDICE DELLA STORIA NATURALE


D I C. PLINIO SECO NDO

INDICE STORICO
CHE COMPRENDE

I H H P OR DG D , DGI i l i E DLE F S IN O R P I! E M E L EL E S E
----------- -* 38------------

A
b ro n e pittore, Ub. xxxv, cap. $o. (di Apol lo ), xxxv, 36. Absirto, fratello di Medea, m , 3o. Acasto, v i i , 5 7 . Acca Laurenzia, xvm, a. Accio oel P russi dico, xvm, 55. poeta, xxxiv, 10. Prisco, xxxv, 37. Achille risana Telefo, xxv, 19 ; xxxitf, 4 ta tua di Silanione, xxxiv, 19. pittura di Parrasio, xxxv, 36. nascosto sotto abito di fan ciulla, xxxv, 40. -statua di Achille con Chi rone, xxxvi, 4. sepolcro di Achille, v, 26. flotta, v, 33. asta, xvi, 34. popoli, xxx,a. uccisore, xxxiv, 19. tempio sacro ad Achil le, x, 41. Acilio M.\ 11, 3 9 . console 11, 57 ; t u , 36. Stenelo, xiv, 5. Acraga scultore, xxxm, 55. Acrisio, v i i , 57. Acrone Agrigentino, xxix, 4* Ada>lo, dio dei Siri, xxxvn, 7. Adone re, suo orto, xix, 19. Afranio L. consolo, 11, 67. Africano maggiore, vii, 3 i y xvi, 85. esiliato, xvi, 5. padre di Cornelia, xxxiv, 14.'om bra sua, xxxv, 7. Africano minore, v, 3 ; vu,

45, 59 ; xv, 38 ; xvi, 5 * xxxiir, 5o. famiglia degli Africani, xxi, 7 ; xxxv, a. Afrodite V xxxvi, 4Afrodizio Tralliano, xxxui, 4Agamennone, xvi, 3t. lavoro di Parrasio, xxxv, 36. Agano Teio, xxxiu, 14. Agatarchide, vii, a. AgaUrco ( di Simonide), xxxv, 4<> Agaiocle, xxu, 44* Agelada statuario, xxxiv, 19. Agesatdro scultore, xxxvi, 4* Aglao Psofidio, t i i , 47. Aglaofone pittore, xxxv, 36. Agoracrito scultore, xxxvi, 4> Agrio Filisco, xi, 9. Agriopa, vin, 34Agrippa M., ni, 3, 4* >5 ; v, 18, ao, a4, a5, a8, 3i, 35} v, 6, ia, a8; vi, a i, 33, 35, 38; v i i , 46; xiv, 28 ; xvi, 3,7 6 ; xxiii, 27; xxxi, a4 ; xxxiv, 7, 19; xxxv, &4. pi roslico che cittadino, xxxv, 9. nella sua edilit, xxxvn, 4* in fortunato, vii, 6, 46. Menenio, xxxm, 48. Postumo, vii, 47* Agrippina di Germanico, vii, 11. di Claudio, x, 43, 59; xxxm, 19; xxxv, 58. partorisce Nerone, t u , 5, i 5 ; x x i i , 4 6 . moglie di Pa>sieno, madre di Nerone, xvi, 91. le due Agrippine, vii, 6.

,463

INDICE STORICO

r{G4

Archetto scrittore, mi, 76,81; xvm, 5 ; xxvnr, 6, 10 ; xxxv, 36 ; xxxvii, 3o, 3a. re di Cappa docia, xxxvii, 11. di Apelle, xxxv, 36. Archeraaco, vi, 57. Archerrno scultore, xxxvi, 4* Archesita cultore, xxxvi, 4* Archibin, xvm, 70. Archigallo ( di Parraiio), xxxv, 36. Archloco poeta, vii, 3o. Archimede geometra, v i i , 38. Ardalo, v i i , 5 <j. Ardice Corintio, xxxv, 5. Arellio Fosco, xxxm, 54. ( pittore), xxxv, 37. Aresconle, Arescusa, v i i , 3. Argatonio re, vii, 49* Argio statuario, xxxiv, 19. Argo, xvi, 89. Arianna (di Aristide), xxxv, 36. Arione, ix, 8. Aristea Proconnesio, vii, a. Arisleo, vn, 57. io Tracia, xiv, 6. Arista gora, xxx vi, 17. Arisiaodro, xvii, 38. Aristarete figliti di Nearco, xxxv, 4 Aristide, iv, ai ; xxxv, 3g. 4- fratello di Nico maco ( pittore), xxxv, 86. pillore Tebano, v i i , 3q ; xxxv, 8, 36, 4* discepolo del Te baoo, xxxv, 36. ( sUlnario), xxxiv, 19. Aristieo, sua auima, vn, 53. Aristippo( pittura), xxxv, 10. Aristobolo Siro pittore, xxxv, 4* Aristocle pittore, xxxv, 36. Aristoclide, xxxv, 40. ristocreooe, v, 10 ; vi, 35. Aristocrito, v, 37. Aristodemo pittore, xxxv, 36. (statuario), xxxiv, 19. Aristofane, xxn, 38. principe della commedia antica, xxi, 16. grammatico, voi, 5. Aristofone pittore, xxx, 4* Aristogitone, vu, a3 ; xxxiv, 9. (di Prassilele), xxxiv, 19. ( medico ), xxvn, i4- saa fami liare meretrice, xxxiv, 19. Aristolao tiglio di Pausia, xxxv, 4o. Arislomaco, xiv, 24 * XIZ* Ateniese, xui, 47. Soleose, xi, 9. Aristomene, xi, 70. Aristone (scultore), xxxin, 55. ( pittore ), xxxv, 36. (statuario), xxxiv, 19. Aristonida artefice, xxxiv, 40. Ariitonide pittore, xxxv, 40. Ari ito lei e, n. a3, 60, 101; iv, aa, a3; v, 37; vn, a, 3o, 57; vm, 17,44,84; x, 6, 4 , 4 i; x, 15,85 ; xi, u , 114 ; xxvm, 14 ; xxix, 3 ; xxx, a, 53. filosofo, xxxv, 36. ( lode di lui ), vm, 17. uomo d 'immensa acutezza, xvm, 77. di mia

sua figlia natee Erasistrato, xxrx, S. credi, xxxv, 46. madre ( di Prologene ), xxxv, 36. Aristrato tiranno de1Sicionii, xxxv, 36. Armodio, vii, a3 ; xxxiv, 19. (di Ppassitele), xxxiv, 19. Leena di l a i bagiMi, xxxiv, 19. Arpalo, xvi, 6a. Arpocrate, xxxm, ia. Arrunzio medico, xxix, J> . Arsace, sua regia, vi, 39. Arsinoe sorella di Filadelfo, vi, 33. screda e moglie di Filadelfo, xxxvi, i 4- tempio di Ar sinoe, xxxi v, 4a. Arsinoe, xxx vi, 14. Artaferne capitano de' Peraiaoi, xxxv, 34Arlemide llilia, xxv, 36. Artemidoro, 11, u ; v, a4 , 3 7 ; v, 6, 9, 10, 35; vi, i5, aa, &a, 38; xxxvt, 17. (scollare}, XXXVI, 4. Artemisia regina, xxxvi, 4* moglie d i Mau solo, xxv, 36. Artemope, vii, 67; xxvtu, a. plebeo, tu, io. (pittore), xxxv, 4- (scultore), xxxvi, 4. (di Policleto), xxxiv, 19. Asaruba, xxxvu, 11. Asclepiade di Prosia, vii, 37 ; x x n , 26 ; xxm, 19, a6; xxvi, 9 ; xxix, 5. (molle cose di lui), xxvi, 7. celebre in medicina, xxv, 3. scuo le di Ini, xiv, 9, ao; xxn, 6 t. Asclepiodoro pittore, xxxv, 36. ( statuario), xxxiv, 19. Asconio Pediano, v i i , 49 Asdrubale, xxxv, 4 Asinio Celere, rx, 3 1. Gallo console, xm, ag ; xxxiu, 4 7 . Pollione, 1, uel .Proem. ; v i i , ai. console, xxxm, 8 ; xxxv, 3. monu menti di Pollione, xxxvi, 4* Asopodoro statuario, xxxiv, 19. Asprenale, xxxv, 46*. casa degli. Aspreoali, xxx, ao. Assio L., x, 53. Q., vm, 68. Astilo corridore dello stadio, xxxiv, 1 9 . Astinomo. 111, 35. Astipale (di Aristofonte), xxxv, 40. Atabirio re di Rodi, v, 36. Atalanta (dipinta), xxxv, 6. Atamante, suo furore, xxxiv, 4Ataraaute, vii, 57 ; xx, 94. Atargali, v, 19. Atene scultore, xxxvi, 4 Ateneo statuario, xxxiv, 19.. Atenioue pittore, xxxv, f a Alenodoro scultore, xxxiv, 19; xxx vi, 4Ater io A. consolo, vii, 39. Aterio Q. vii, 54. Atilio Regolo C. consolo, ut, a4 ; xvm, 6. Atlaote, ii, 6. figlio di Libia, vii, 57. Aitalo Filometore, xvm, 5. re, vii, 39; ?m,

.14*5

INDICE STORICO

1466

74 xxvim 5 ; xxxm, 53 ; xxxv, 36, 4- reggia d Aitalo, xxxv, 49 **** ballagli contro i Galli, xxxiv, 19. ita lo medico, xxxu, 27. Atteio Capitone, xiv, i 5 ; xvui, 28. Atteooe, xi, 45. Attico, xvit, 18. di Cicerone, xxxv, a. Allinio C. Labeone, v ii, 45* Atto Navio, xv, 20; xxxiv, 11. Aufidio, vi, 10. Baceo, 1, nl Proem. Lur cone, x, a3. tribuno della plebe, viu, 24. (Marco), xxxv, 4 . Anfuslio C., vii, 54. Auge libert (li Demetrio), xxxv, 56. Augea re, xvu, 6. Augurino Minbcio, xvm, 4* Augusta moglie (di Augusto), xu, 4* Angusta Giulia, vii, 16. Augusto divo, 11, 1, a3, 67, 71 ; in, 3, 6 ; vi, 3i, 35; v i i , 3, 8,11, 16, 19, 3 i, 49; viti, 24, 64, 74 81 '* 4 8, 22 39, 69 ; x, 3o ; xi, 54, 73, 75; xii, 6, 4>; xiii, 23; xiv, 8 ; xv, i 4 39 4 x*1 7* a i a9> 1 xix, 38 ; xxu, 6 ; xxiii, 27; xxv, 2, 3 8 ; xxix, 5 ; xxxm, 7, 8, 24, 54 ; xxxiv, 10, 19; xxxv, 7, io, 36, 40; xxxvi, 4' >4 ' 5 24, 67 ; xxxvn, 4. ospite di Pollione, x x j i , 53. ( molte cose di lui ), vii, 42. Augusto Cesare, xxxv, 4o. console, xix, 6. console, vu, 11. Ottavia di lui sorella, 111, - 3. auspicii, 11, 67. dono, xxxvu, 2. foro, vu, 2. let tere, xxi, 6. monumenti, xui, 26. tempio, xxxv, 10. trofeo, iu, 24. ultimi anni di Angusto, v i i , 3. Aviola consolare, vu, 53. Avito Vibio presidente della provincia degli Ar verni, xxxiv, 18. AoUnio Evandro, xxxvi, 4Aulo M solio, vu, 54. Pompeo, vu, 54 Aurelio L. consolo, xxxm, 17. Aulobolo (.li Olimpiade), xxxv, 4o. Autolico fanciullo, xxxiv, 19. Azonace, xxx, 2.

Bebio Panfilo, xiu, 17. Bebio Tanfilo stalo pretore, vn, 54. giudice, vu, 54. Bebri re, xvi, 89. Be<la statuario, xxxiv, 19. Bllerofonle, vu, 57 ; jm , 27. Bellona, suo tempio, xxxv, 3. Belo dio degli Assiri, xxxvn, 55, 58. Beo, x, 3. Berenice madre di vincitore in giuochi Olimpici, vu, 4a> regina madre di FHadelfo, vi, a3 ; xxxvn, 3a. chioma di Berenice (astro), 11, 71. Beroso (fior in astronomia), vu, 37, 5o, 57. Bestia Calpurnio, xxvii, a. Belo (scultore),xxxm, 55. (statuario),xxxiv, 19. Belone, vi, ai, aa; vu, a. Bialcooe, xxvui, 80. Bibacolo, 1, nel Proem. Bione, vi, 35. Cecilio, xxviu, 57. Bilo di Durazzo, xxviu, a3. Bocco re, vui, 5. Cornelio, xvi, 79 ; xxxvu, 9, a5. Briassi, xxxiv, 18, 19; xxxvi, 4* Briazo dio, xxxi, 18. Brieli ebbe figlio Pausia, xxxv, 4. Brocchi Labeoni, xi, 60. Bruto L. primo consolo, xv, 4 ! xxxm, 4 xxxvi, a4- (Marco), xxxm, ia ; xxxvi, 3. Decimo, x, 53. Filippeae, xxxiv, 19. lem pio di Bruto Callaico, xxxvi, 4- statua di Bruto, xxxiv, i 3. Bubuluo (della famiglia de Giunii), xvm, 3. Bucefalo (cavallo di Alessandro), viu, (4 . Bularco pittore, vii, 39; xxxv, 34. Buona Fortuna, (di Prassitele), xxx vi, 4* Bnono Evento (di Prassitele), xxxvi, 4. tatua del. buono Evento, xxxiv, 19. Bupalo scultore, xxxvt, 4* Burbuleio, vu, 10. Buteoni, famiglia, x, 9. Buloride, xxx vi, 17. Buiige, v i i , 57.

c
Cacizotecno, soprannome di Callimaco, xxxiv, 19'. Cadmo, vu, 57. primo che scrisse in prosa, v, 3 i. (di A ulitilo), xxxv, 37. ( di Cleone), xxxv, 40. Caia Cecilia, viu, 74. Taracla, xxxiv, it . Caio Cesare figlio di Augusto, 11, 67; vi, 3i ; ix, 58; xii, 3i ; xxxu, 4* principe (Ger manico), v, 5. (figlio di Germanico), v, 1 ; vu, 6 ; ix, 3i, 58 ; xi, 54, 73 ; xu, 5 ; xm, 4 xiv, 6, 8; xvi, 76; xxxu, i j xxxiu, 8, 16 $ xxxv, 6 ; xxxvi, 14, a4; xxxvu, 6. eirco

B
Babilio, xix, 1. Baccanti, xxxv, 36. Bacchiadi cacciati di Corinto, xxxv, 43Balbo Cornelio (gemello), v, 5. Cornelio con: vu, 44. L. cons. 11, 89. Basilide, vi, 35. Basso Lecanio, xxvi, 4Batraco scultore, xxxvi, 4* Battone statuario, xxxiv, 19.

ijty

INDICE STORICO

>468

di Cio e Nerone, i n v i , >5. giaocbi di Cesare (Germanico), xi, 99. Calade pittore, xxxv, 37. Calamide scultore, xxxm, 55 ; xxxiv, 18; xxx vi, 4* (stsluario), xxxiv, 19. Calipso (dipinse), xxxv, 4*.(di Nicia), xxxv, 4* Callia Aleniese, xxxm, 37. Callide pittore, xxxv, 37. Callicrate, vii, a i . (scultore), xxxvi, 4* Callidemo, iv ai. CaMifane, vu, a. Callimaco, 111,a5, 3o; iv, 19, aa, a3; v, 4 ; vn, 48; xxn, 44 xxv, 106; xxxi, 5. (tatuano) no minato Cacizotecno, xxxiv, 19. duce degli Ateniesi, xxxv, 34. medico, xxi, 9. Callippo, xvm, 74. Callisseno tatuano, xxxn, 14. Callistene, xxx vi, 14.scrittore di stori*,xxxvi, 4. Callido, nel principato di Claudio, xxxm, 47 liberto di Claudio, x x x i t , ia. Callistrato statuario, xxxrv, 19; xxxvn, *a, a5. Catione statuario, xxxiv, 19. Calpetano medico xxix, 5. Calpurnio, xxxm, 6. Bestia, xxtii, a. Fiam ma, xxn, 6. Calvino Egnatio, x, 68. Calvo Licinio,, vn, 5o. oratore, xxxm, 49 ; xxxiv, 5o. Cambise re, xxxvi, 14. Camelio medico, xxx, 38. Camillo, xxxm, 5, 36 ; xxxiv, 7. prende Veia, in , ai. statua di Camillo seoza tonaca, xxxiv, 11. Campaspe, xxxv, 36. Canteo statuario, xxxiv, 19 ; xxxv1, 4. Candace regina, vi, 35. Candaule re, vii, 39. re di Lidia, xxxv, 34. Canopo, guidatore di Menelao, v, 34. Cantaridi, vu, 53. Cantaro Sicionio, xxxiv, 19. Capaneo (di Taurisco), xxxv, 4o. Capitolino, xvi, 5. M., v i i , 39. Capitone Atteio, xiv, i 5 ; xvm, a8. Oppio, vn, i 3. Car, vu, 57. Carbone Gn.oons. v i i , 49- com- la terta volta, vn, 5o. Papirio Gu., v i i , i 5. capitano, vm, 8a. Carmada, vn, 34. Carmauide pittore, xxxv, 40. Carmi di Marsiglia, xxix, 5, 8. Carneade, vn, 3i ; xxv, a i. Carvilio PolUone, n , i3 ; xxxm, 5i . ~ Spurio, xxxiv, 7. Cascellio, vm, 61. Cassandra (di Tcedore), xxxv, 40.

Cassandro re, xxxl, 3o.tavola dipinta, xxxv, 96. Cassio Dionisio, xl, i 5. C. tensore, x m ,38. L. coni., x, 17. Emina, xm, 37 ; xxn, 6 ; xxxn, 10. Longino con*., vn, 3. Parmense, xxxi,8. Sp., xxxrv, 9, 14. Severo, vn, 10; xxxv, 46. Silano, xxxiv, 18. medico, xxix, S. Castore Polluce, n, 37.(di Egia), xxxrv, 19. (di Apelle, di Parrasio), xxxv, 36. Caatore e Polluce Romani, vn, aa. (pittura), xxxv, 10. tempio di Castore e Potlooe, x, 60 ; xxxiv, it. Castore Antonio, xx, 66,98 ; xxm, 83 ; xxv, 5 ; xxvi, 33. Cstagusa (di Pressitele), xxxrv, 19. C*li, vn, 3i. Catilina, vu, 29, 3i. Calo Elio, xxxm, 5o. Catone M. 1, nel Prom.; tn, a3, 4 * vnL>5 ; xiv, ia, 14, 19, a5 ; xv, 7, 8, i 3, i5, t6 , 19, 30,31, *3, a4, 37, 39; xvi, 38, 60, 67, 69, 75, 84; xvn, 3, 6, 14, 16, 19, ai, a4, a5, a6, 39, 35, 37, 47 ; xvm, 3, 5,6 , 7, 8, 17, 42, 46, fa 61, 65,71,77; , 93o4i i xxm , 3 7 ; x x v , a * xxn, 58 ; xxvm, 4i 79 xxix, 6, 8 ; xxxir, 14, 19. primo della famiglia Porcia, vn, 28. sommo uomo, xvi, 75. maestri 4' ogni bso na arte, xxv, a. censore, vm, 78 ; x x x it , 14. cnorio, 1, nel Proem. ; vu, ia , 3 , 5a; xix, 6 ; xxxvi, 53. della disciplina militare, 1, nel Proem. L. cons. m, 9. Uticeose, vn, 13,3i ; xxix, 3o. insegnamenti di Calone (il maggiore) sopra le olive, xv, 16. delitti, vm, 74. Catone rapito l anno tegnente, xv, so. primo de' Catoni (lode di lui), xrv, 5. Catullo, 1, nel Proem.; xxxvi, 7. Q. p**ela, xxxvn, 31. Veronese: carmi di lui, xxvm, 4 . incantamenti di Catullo, x x x v l , 7/ Calulo R^xvu, 1. Lotaxio, xxxrv, 19. con** x, s 5 ; xix, 6 ; xxn, 6 ; xxxm, 18 ; xxxtv, 19 ; xxxvi, 6, 34. Caxieno Piotino, vn, 36. Cecilia Caia, vili, 74. Cecilio Brione, xxviu, 57. M., xxvti, a. Dentre, vu, 39. (Quinto), ii, 33. Rufo, vii, 5o. Cecilio Isidoro, xxxm , 47- oei Commentarii, xxix, 37. Cecina Largo, xvu, 1.-Volaterrano, x, 3$. Cecrope, v i i , 57. Cefeo, re d' Etiopia, vi, 35. Cefi statuario, xxxiv, 19. Cefissodoro figlio di Prestitele, xxx vi, 4. (pi** tore), xxxv, 36. Cefissodoto statuario, xxxrv, 19. due Cefisto* doli, xxxiv, 19. Celeboirt re, vi, a6. Celere Asinio, x, i 3. Metello Q., 11, 67.

46y

IN DICE STORICO

Celio, in , iS ; ix x i, 18. Antipatro, 11, 67. (Merco), xxxv, 46* natore, viu, 6-. Celo ; uo figlio Dossio, tu, 57. Celso Cornelio, x, 74 ; xiv, 4 ; u , 14 ; xxi, 104 ; xxvii, 108. Cenerumi statuario, xxxit, 19. Censorino Marcio, xxxm, 47 Centareto, vm, 64. Cepione Q., xxi, 10; xxviu, 4*1 xxxm, 6. Cerauno Tolomeo, vi, ia. Cerere, vii, 5y. uo altra, vii, 67. (di Pras sitele), xxxvi, 4 - (di Steuide), xxxvi, 19. tempio di Cerere a Rum, xxxv, 36, 45. gara col padre Libero, ni, 9. delubro, x x x v , 36. simulacro, xxxiv, 9. impiccato iu veudella di Cerere, xvm, 3. Cesare padre di Augusto, 11, a 3 . Augusto, xvi, 3. dittatore, u, 3o ; iv, 5 ; vu, 3 i ; vin, 7, 90, 27, 64, 70; xi, 71 ; xiv, 17 1 xix, 6, i 5 ; xxviii, 4 xxxm, 17; xxxiv, io*, xxxv, 7, 9, 4 xxxvi, 7. 24 i xxxvu, 5. in Gal lia, xxxvi, 7. edile, xxxm, 6. compari e gli anni secondo il corso solare, xvm, 57. apparve maggiore di Poropeu, vn, 27. (lo<le di lui), vii, 25. anima di Cesare fra i numi, 11, 23. guerre civili, xvu, 38. cene trion* fall, ix, 81. delubro, xxxv, 36. * foro, xvi, 86 ; xxxv, 45. soldato, xxvi, 9. pe schiere, ix, 78; x, 89. imprese, v i i , *7. tempio in Alessandria, xxxvi, 14.-ville, xxxu, 9. guerra di Cesare e Pompeo, 11, a 3. nota le stelle xvm, 6 4 . il di quindici di Marzo a lui mortifero, xvm, 55. due Cesari, 1 uno padre di Cesare dittatore, vu, 54 il * primo Cesare perch cos nominato, vii, 7. Cesare Giulio, xiv, 16. censore, xm, 5. Vo pisco, xvu, 3. Cesoni, perch cosi nominati, vu, 7. Cesouia moglie di Caio principe, vii, 4 * Cestio C. con*., x, 60. consolare, xxxiv, 18. Ce lego Cornelio, xui, 27. cons., xix, 45* mensa stata dei Ceteghi, xm, 29. Ceto favolosa, v, 14. Cherea Ateniese, xx, 99. (statuario), xxxrv, 19. Chersifrone architetto, xxxvi, 21. Chilone Spartano, vu, 32, 54. Chirone, xxv, 14, 16, 19, 3o. con Achille (sta tua), xxxvi, 4- medico, xxx, 2. Cicerone, 1, nel Proero.; vu, 2, 21, 44 * xv*"> 60; xix, 16, 29 ; xxx, 52 ; xxxi, 3 ; x x x m ,8 ; xxxvi, 4 5. luce delle dottrine, xvu, 3. con danna Verre, xxxrv, 3. ael giudicio (contro Verre), xxxiv, 18. console, ix, 63. M. figlio, xiv, 28. caos, xxii, 6. mensa di M. Cice rone, xm, 29, 3o. rauuuraenli, xm , 4. a v versi, xvm, 61.-1- villa, xxu, 6. Attico,

xxxv, 2. lode di lui, vii, 3 i. onde appel lati i Ciceroni, xviu, S. Cidia pittore, xxxv, 4* Cidippe, xxxv, 36. Cidone statuario, xxxv, 19. Cilice, v i i , 57. Cimone pittore, xxv, 34. Cincinnato Quinzio, xvm, 4> Cinea legato di Pirro, v ii , 24 ; xrv, 3 . Cinegiro Ateniese, xxxv, 34. Cinira, re de' Cipri, v i i , 49* Cipo, xi, 45. C<pselo tiranno, xxxv, 5. Circe, xxx, 2. dea, xm, 3o. italica, xxv, 5. figlio di Circe, vu, 2. Circummoue eunuco, xxxvi, 19. Ciro re, vi, 25 ; vu, 24, 57. re d 'Assiria, xtx, 9. regn in Persia, xxxvi, 4 . are di Ciro, vi, 18. sepolcro, vi, 29. Citeride islriona, vui, 21. Claudia, vii, 35. Claudio Cesare, 11, 23 ; 1 1 20 ; v, r, 11; vi, 3, 5, 1,
1 o, 12, 3 1 ; vu, 3 ; viu, 65 ; xi, 54 ; xm, 24 ; xxix, 5 ; x x x m , 6, 8, ia, 16, 19; xxxvi, 11, 12, 24 ; xxxvu, a 3 . principe, v, 10 ; v i i , 49; vm, 7, 14 ; ix, 5 ; xi, 73 ; xu, 5 ; xvi, 76 ; x x i i , 46 ; xxix, 8. divo, i h , 26 ; v, 1 ; v ii , 16 ; vm, 25 ; xxix, i2;xxxiv, 18; xxxv, 36 ; xxxvi, 14. nel principato di Claudio, vi, 24 ; viu, 21 ; xxxm, 12, 47 xxxiv, 19; xxxvu, 7. censura di Clau dio Cesare, v i i , 49 x, 2 . colonia, 111,37. storie, xu, 39. Claudio principe cons. 11, 3 l.

Claudio Ap.cous. xv, i,xxxv, 3.Cieco, xv, 1. Marcello, iu, 23. Pulcro, viu, 7 j xxi, 4 > giuochi di Claudio Pulcro, xxxv, 7. Cleante da Corinto, xxxv, 5. Cleemporo, xxu, 44** medico, xxiv, 101. Clelia statua equestre, xxxiv, i 3. Clelio Tulio, xxxiv, 11. Cleobolo, v, 38. Cleofanto, xx, i5 ; xxiv, 92; xxxv, i 5. Cleombroto Ceo, v i i , 37. Cleomene seni tore, xxxvi, 4Cleoua, xxxvi, 4. Cleou pittore, xxxv, 40. (*talaaro),xxxiv, 19. Cleopatra regina d' Egitto, ix, 58. presa, ix, 58 ; xix, 5 ; xxi, 9 ; xxxm, 14. Cleoslrato, 1 , 16. 1 Cleside pittore, xxxv, 40. Clesippo tintore, xxxiv, 6. Climeno re, xxv, 33 . Clitarce, m, 9 ; vi, i 5, 36 ; vii, 2 ; x, 70. Cliteunestra (di Taurisco), xxxv, 4 Clito (di Apelle) xxxv, 36.
Clodia di 0ltio, vii, 49-

Clodio Esopo, x, 72. figlio di Eiopo, ix, 5q.

4; I

INDICE STORICO

i{ 7

Servio, xxv, 7. funerale di P. Clodio, xxxrv, 11. ucciso da Milone, xxxvi, 4 * Closter, t u , 57. Coclite M. Orazio, xxxit, i i ; xxxti, a 3. sta tua di lui, xxxiv, 3. Coditi, xi, 55. Colote statuario, xxxiv, 19 ; xxxv, 34. Columella, tiii, C3 ; x t, 18 ; xvil, 6 , 3o, 35 ; xvm, i a ; xix, a 3. Commiade, xiv, a 4Concordia : suo tempio, xxxm, 6. delubro, xxxt, 40. tempio in Roma, xxxiv, 19 ; xxxvi, 67. Congo Giuoio, l, nel Proem. Conopa, vii, 16. Considia figlia di Servilio, xxit, a8. Consinge regina, vm, flf. Copiola Galeria, vii, 49* Coponio scultore, xxxvi, 4 * Q-> xxxt, 4^* Corace Albato cocchiere, vm, 65. Terenzio, vn, 54. Corbulone capitano, n, 73. cons. vn, 4 * Domi zio, vi, 8, i 5 . Corculo, vn, 3 i. Corebo Ateniese, vn, 57. Corellio cavaliere, xvu, a6. Corfidio, vn, 53. Coriba discepolo di Nicomaco, xxxv, 4Cornelia della famiglia degli Scipioni, vii, ia. madre de Gracchi, vii, i 5, 36 ; xxxiv, i 4> Camelia famiglia, vii, 56. Cornelio Alessandro : vedi A lessandro. Corne lio Celso : vedi Celso. Cornelio Balbo, v, 5 ; vii, 44 x xx n, ia. Balbo .. maggiore, v, 5. Bocco, xxxvn, 9, Celego, xm , 3 7 . cons. xix, 45. Go. cons. x, a ; xvm, 46. Cosso con*., xvi, 5. Gallo, vn, 54- Lentulo cons.. xxx, 3. Merenda, xxxm, 11. Nepote, 11, 67 ; ni, 1, a i, a 3 ; iv, a 4 ; v, 1 ; vi. a, ia, 36 ; ix, 2 8 , 63 ; xm, 3a ; xvi, i 5 ; xxxm, 5 ; xxxvi, 7, ia. quegli che mor nel principato di Augusto, x, 3o. Pioo (pittore), xxxv, 37. Rufo, vii, 5 i. P. Scipione oensore, xxxiv, 14. Tacito cavaliere Romano, vii, 17. Valeriano, x, a ; xiv, 3 . Cornelio Orfito con, n, 3i. Cornuto Manilio, xxvi, 3. Corvino Messala, vii, 34. Valerio, vu, 49Coruncano, vm, 77 ; xxxiv, 11. Cossicio L. vii, 3. Cossi no cavaliere Romano, xxix, 3o. Cosso Cornelio cons. xvi, 5. Cotta Mescli no, x, 37. Crantore, 1, nel Proem. Crasso L. cons. xvn, 1. L. oratore, ix, 7 : xxxm, 53 ; xxxv, 8 ; xxx vi, 8. L. erede di L. Crasso oratore, xxxrv, 8. ricco, xxi, 4

Licinio ceosore, m, 5 ; xrv, >6. eoo*:, nr, 3 ; xxx, 3. avo di Crasao ucciso ia Partia, vn, 18. M., xv. ai, 38 ; xxxm, fyj. ueeiso dai Parti, n, 57. Carra nobile per la rotta di Crasso, v, ar. Crai e, iv, ao. Pergameno, vn, a. Cratero, un de* generali di Alessandro, xxxv, 47. Cratero Monoeerote, x, Go. (pittore), xxxv, 40. (nitore), xxxvi,4Crate va, xix, 5o ; xx, a6 ; xxtv, ioa ; xxv, 4, Cremutio, x, 37 ; xvi, 45. Creso, xxxm, i 5. re, xxxm, 47 - regia di Creso, xxxv, 49* figlio, xn, 112. Cressa, xxxv, 36. Crete niufa, rv, ao. Crina di Marsiglia, xxix, 5. Crisermo, xxn, 3a. Crisippo medieo, xx, 8, 33, 36 , 44 * 4* xxu, 40 ; xxvi, 6 ; xxix, S. filosofo, xxx, 3 . Crisogono liberto di Siila, xxxv, 56 . Crispino llaro, vu, 11. Crispo Passieuo, xvi, 91. Vibio, xxx, 1. Critia statuario, xxxiv, 19. Critobelo, vn, 37. Critodemo, vn, 5 y. Critone, xvm, 74. Croco, x t i , 63. Cronio scultore, xxxvn, 4 38. Ctesia Gnidio, n, n o ; va, a. (statuario), xxxrv, 19. Ctesibio, vu, 38 ; xxxi, 18 ; xxxvn, 11. Ctesi demo pittore, xxxv, 37, 4Ctesifonte Gnossio, t i i , 38. Ctesilao statuario, xxxiv, 19. Clestloco pittore, xxxv, 4> Cupido tenente il fulmine, xxxvi, 4. (di Pre sitele), xxxvi, 4 > fonte di Cupido, xxxl, 16. Cupidi (statue), xxxv, 4 xxxvi, 4 Curiazii, v i i , 3. Curio Apollo, xxxn, 8. Curio, ix, 58 . M., vu, i 5 ; xvm, 4 xix, 6. Manio, vn, 5 i. Curione C. xxxvi, 24. padre, vu, 10. famiglia de1Curioni, vii, 43Cursore Papirio, xvn, 16. Curzio, xv, ao.

D
Dafnide grammatico, vn, 4. Daifrone statuario, xxxiv, 19. Daippo statuario, x x x i t , 19. Dalione, vi, 35*
Damaso figlio di Demoorito, xvm, 78.

Damaste, vn, 49) 57. Damia Clitorio, xxxiv*6i 1 1

IN D IC E STO RICO

'474

Darai on e, xx, 4. Damo filo, xxxv, 4^* Damone, tu , a ; xxiv, tao. Daaae madre di Perseo, ni, 9. (di Artemone), xxxv, 40. Danao, vii, 57. Dandone, vii, 49* Dardano Troiano, ni, 9. della Fenisia, xv, a. Dario re dePersiani (quegli cbe fa vinto da Ales sandro), xm, 1. debellato da Alessandro, vi, 16. battaglia di Alessandro con Dario (pit tura), xxxv, 36. Dario figlio d1 Istaspe, ti, a i , 33. padre di Sene, xv, a 4 . re, vi, 29. re da' Persiani, vii, 3o ; xxxm, 47 xxxvi, 28. Dati duce de1Persiani, xxxv, 34 Dauno suocero di Diomede, m, 16. Deoimo Bruto, x, 53. Saufeio,vii, 54 - Silano, xviii, 5. Decio P. padre, xvi, 5 . Eculeone, xxxv, 36. Mure P., xxu, 5 . Decii, padre e figlio, xxviii, 3. , Decio tatuano, xxxiv, 18. Dedalo, vu, 57 ; xxxvi, 19. in piedi (di Policarrno), xxxvi, 4. (statuario), xxxiv, 19. lapige figlio di Dedalo, m , 116.

Deiaoira (di Anemone), xxxv, 4* Deifobo (di Arislofonle), xxxv, 4Dela, vii, 57. Delio, vu, 57.
Deliade statuario, xxxiv, 19. D em arate (di Nicerato), xxxiv, 19. D emarato padre di Tarquinio, xxxv, 5 . di Tar q u in io Prisco, xxxv, 43. D em etrio di Antigono, vn, 57. re, it, 5 ; xxxit, 1 8 ; xxxv, 36. espugnatore, vii, 39. naTe di Demetrio a undici ordini di remi, xvi, 76. D em etrio (di Teodoro), xxxv, 4. (Tisici-ale), x x x iv , 19. Falereo, xxxiv, 12. (scrittore), x x x v i, 17. liberto di Pompeo, xxxv, 58. accasato presso i consoli, xxxm, 57. (statua rio ) , xxxiv, 19. fisico, vin, 21. del numero qu ad ern ario , xxviu, 17. D enocrate Servilio,xxv, 49. -(medico), xxiv, 28. Domocrito, n, 5 ; vii, 5f ; vm, 22 ; xi, 28 ; xm, 47 ; xiv^ 4 xv, 4 ; x*-. 2, 11 ; xvm, 8? 46, fi, fi, 74 78; xx, 9, i 3, 5 3 ; xxi, 3 6 ; x x iv , *0; xxv, 5 ; xxvi, 9; xxvn, x a4 ; xxvm, a , 16, 42; xxix, 22; xxx, a; xxxu, 18; xxxvu, 18, 5 4 , 55, 58, 70. (statuario), xxxrv, 19. D e m o d a man te, vi, 18. D e m o filo pittore, xxxv, 36. (lavoratore in pla s tic a ), xxxv, 45. D e m o n e statuario, xxxrv, 19. D em josteue, vu, 3 i. sommo oratore, xxxm, 6. D e m o s tra lo , xxxvu, 11, 23. Puaio I. N., Vol. II.

Demotele, xxxvi, 17, 19. Dentalo Curio, vii, i 5. Siccio, vu, 29; xvi, 5. Dentre Cecilio, vii, 29. Derceto, v, 19. Dercilide scultore, xxxvi, 4Desilao statuario, xxxtv, 19. Diagora, xx, 76. Diana Efesia, xiv, 2 ; xxxiv, 19 ; xxxvi, 21. (statua), vii, 39. d una sola pietra, xxxvi, 4. tempio di Diana Efesia, vu, 38 ; xxxvi, 56. tempio, v, 3 i ; xvi, 79; xxxm, 55 ; xxxv, 36, 40. bosco, xvi, 91. bosco, xxxv, 33. tempio a Sagunto, xvi, 79. tempio augustis simo presso i Susiani, vi, 3 i. Dibutade (lavoratore in plastica), xxxv, 4^Dfaearco, 11, 65 . Dieeo sonator di reter, xxxiv, 19. Dieuche, xx, i 5, 33, 73 ; xxm, 29 ; xxxiv, 92. Dinia pittore, xxxv, 34. Dinocare architetto, v, i t ; xxxiv, 4 > Dinocrate, vu, 38. Dinomene, xxxiv, 19 Dinone statuario, xxxiv, 19. Dinone, x, 70. Diocle, xx, 9,17, 23, 4, 5 i, 83,9 6 ; xxi, 35, io 5 ; xxm, 17; xxiv, 120; xxxvu, i3 . Caristio, xxvi, 6. medico, xxu, 63. Diodoro dialettico, vii, 54* isola di Diodoro, vi, 34- biblioteca, 1, nel Proem. Diodol Petronio, xx, 32, 48 ; xxnr, 92 ; xxv, 64 ; xxix, 39. Diogene Ateniese (scultore), xxxvi, 4* cinico, vn, 18. (pittore), xxxv, 4Diogoelo, vi, a i. Diomede, in, a o ; xxxm, 3. fabbric Argo Ippio, 111, 16. in intarsiatura, xxxm, 55. Danno suocero di Diomede, iti, 16. stalle de* suoi cavalli, v, 18. isola, xm, 3. sepolcro, xu, 3 . monumeuto, h i , 3 o . tu mulo e delubro, x, 61. Dionisio, v, 21 ; v, 36 ; xx, 41 ; xxn, 32 ; xxv, 4 ; xxxvi, 17. Periegete, vi, 3 i. (ti ranno), 11, io 4 ; v i i , 3 i ; vm, 64 ; xit, 3, 5. maggiore, m , i 5 . Cassio, xi, i 5. spedilo da Filadelfo, vi, a i. (medico), xx,9. (pit tore), xxv, 37, 40. Sallustio, xxxu, 26. Cionisodoro Melio, 11, u . medico, xxxvu, 3. (p itto re ), xxxv, 4* (statuario), xxxrv, 19. Dioscoride scultore, x x x v i i , 4Diossippo (di Alcimaco), xxxv, 40. Diotimo Tebano, xxvm, a 3 . Dipeno scultore, xxxvi, 4. Dirce e il toro, xxxvi, 4Dolabella P., u, Si. Dontizio Gn., u, 3a; xiv, 14. con*, xxxm, 6. 9*

i 4 ?5

IN D ICE STORICO

1476

L., tu , 54. Enobarbo, vui, 54- cons. xvu, 1. Corbulone, vi, 8. Neroue, u, a 3 ; iv, 10, i 5 ; vu, i 5 ; xi, 9 6 ; xxxvil, 7, 12. Pi tone, 1, nel Proem. delubro di Domizio, xxxvi, 4* Doroteo ne'suoi carmi, xxn, 45. ( pittore), xxxv, 36. Dosiade, iv, ao. Dositeo, xvm, 74* Dossenno Fabio, xiv, 16. Dossio figlio di Celo, vii, 57. Drusilla Livia, xv, 4 Drusillano Rotondo, xxxm, 5a. Druso trib. della plebe, xxvm, 4 i<~~>ivio,xxxui, i 3, 5o. il pi famoso tribuno del popolo, xxv, 3 i. fratello di Tiberio, tu , ao ; xxxm, 6. Cesare, x, 60 ; xiv, a8 ; xxix, 8. figlio di Tiberio, xix, 4 ** Autonia moglie di Druso, vii, 18 ; ix, 81. Duillio C., xxxiv, 4* capitano, xvi, j \ . Duri, vii, a ; vm, 5 i ; xxxit, 19. Samio, xxx vi, 17.

Enobarbo Domizio, t i i i , 54- con*., x t u , v. Enotri, di lui fratello Peucetio, m , 16. Epicarmo, v i i , 57 ; xx, 34, 36Epicuro maestro dell' ozio, xix, 19. Leonzio di Epicuro, xxxv, 40. volto, x x x t , a. Epidio C., xvn, 38. Epifane Antioco, vi, 3a. Epigene, vu, 5o, 57; xxxi, 21. Epigono statuario, xxxiv, 19. Epimenide Gnossio, vu, 49 53. Epistate, xxxiv, 19. Epiterse (di Fenice), xxxrv, 19. Eraclid, iv, a 3 ; xx, 17, 73. (m edico), xxu, 8. Macedone, xxxv, 4< (pittore), ivi. libro di Eraclide, vu, 53. Eraclilo, vii, 18. Erasiitrato, xiv, 9 ; xxu, 38, 44 5 xxrr, 47 * n T i 36 ; xxvi, 6 ; xxix, 3. medico sommo, xiv, 9; xx, 4> 76. scuola di Erasistrato, xx, 34* Eraloue prefetti di Egitto, t i , 34Eratostene, 11, 76, 1ia ; m, 10 ; v, 6, 9, 33, 36; vi, 1, i 5, 34, 28, 33, 34, 35 ; x i i , 3 o. Ercole, iv, 17; vu, 9 ,37, 67; x n , 89; xvn, 6; XXT, 1 2 , 3o, 37. se h QD solo, XI, 17. aocora infante strangola i draghi, xxxv, 36. Eaclf, vii, 57. mena via gli armenti dei G erioai, iv, 36. Ebriet (statua), xxxiv, 19. toglie Tia Cerbero, xxvn, a . si c*le nelu Ecale, xxn, 44* Taprobana, vi, 24. oel Campidoglio, xxxr, Ecdte (di Meneslrato), xxxvi, 418. di ferro, xxxiv, 4. va in cielo, x x x t , Ecateo, iv, 27; vi, ao. (scultore), xxxm, 55 ; 4o. i Cartaginesi gli fecero sacrificii di vitti xxxiv, 19. me unane, xxxvi, 4- trionfale, xxxtv, 16. Echecrate Tessalo, x, 83. rovescio (di Apell>), xxxv, 36. (di Euticrate, Echione pittore, xxxv, 3 a, 36. (statuario), di Isidoro), xxxiv, 19. ( di Menestrato), xxxiv, 19. xxxvi, 4' M ' Mirone, di Policleto), xxxiv, Ecuba : suo sepolcro, iv, 18. 19. (di Parrasio), xxxv, 36. (di Turiano), Eculeo Decio, xxxv, 3l> . xxxv, 45- Ercole e Deianira (di Artemone), Efeslione ^statua), xxxiv, ig. 4'. tempio di Ercole in E ritr>, xl, 36. Eforo, iv, a i, 3 6 ; v, 3 8 ; vi, 3 6 ; vii, 49* in Patra d' Acaia, xxxv, 49 * in Roma, x, 4 1 Egesia, vii, 57. (statuario), xxxiy, 19. xxxv, 71. are, v, 1 ; vi, 18. certame eoo Egesidemo, ix, 8. Anteo, v, 1 ; colonne, 11, 11 a. compagni, Egia statuario, xxxiv, 19. v, 8. compagnia, ni, 34. esercito, ivi- Egnazio Calvino, x, 68. Mecenio, xiv, 14. tempio Gaditano, u, 100 ; xix, 2 3 . fatiche, Elefante, xxvm, a 3. mete, m, 1. nodo, xxvm, 17. patria, ir, Elena, xxi, 91 ; xxv, 5 ; xxxm, 23. Omerica, 1 3 . pietra, xxxu, 8. battaglie, in, 5, xxm, 23. (dipinta), xxxv. 6. (di Zeusi), tempio di Tiro, xxxm , 19, 58. statua ia xxxv, 36. ( di Aristolonte ), xxxv, 4p- Roma di Ercole in tonaca, xxxtv, 19. regina lagrime di Eleua, xxi, 33* amatore di essa, nata da rcole, vi, ak la Grecia gli decret xxxiv, 19. onori, vu, 37. cose fatte da lui ia Africa, Elicone abitator delle Alpi Elvezie, xn, 2. v, 1. Alcmena che partorisce Ercole, xxvm, Eliodoro scultore, xxxvi, 4* (statu ario ), 17. dicesi che aperse ona via per PAlpi xxxiv, 19. Graie, ni, a i. Eliptrzio Oliato, ix, 29. Ercole ruslichello, vu, 19. Ellanico, iv, 22 ; vu, 49Erdicio C., v i i , 4Elle, vii, 57. re, iv, 14. Erennio M., u, 52. coda, xix, i 5 . Emina Cassio,xm, 27 ; xvm, 1 j xxix, 6; xxxu, io. Erigono, xxxv, 4* Enia pilto,re, xxxv, 4Erinna, xxxiv, 19.

*477

INDICE STORICO

1478

Eritra re, vi, a8, 3a ; vii, Sy. Erittonio Ateniese, t u , 57. Ermi* fanciullo, ix, 8 regolo di Cipro, xxxvn, 17. Ermippo, xxx, a. Ermodoro Efesio, xxxiv, 11. Ermolao scultore, xxxvi, 4* Ermonlino Clazomenio, vn, 5S. Ero Siaberio, xxxv, 58. Erode re, v, i 4 Erodoto, 11, 87; v, io, 14 ; vn, 2; vm, 4 xn, 4o, 42; xxxvi, 17, 19. Erofilo poeta di medicina, xi, 88; xxv, 5, 23 ; xxvi, 6; xxix, 5. Erone liberto di Lucullo, xxxv, 58. Esiodo, vu, 49, 57 ; x, 83 ; xiv, 1 ; x t , j ; xvi, 11 ; xxi, 21, 68, 84 ; xxu, 32, 33, 43 ; xxv, 5 ; xxvm, 19. diede precetti di agricoltura, xvm, 56. astrologia di Esiodo, xvm, 57. Esimie (di Autiftlo), xxxv, 37. Eiperide, sua figlia, v, ao. Eslie tempio di Nettuno, v, 4& < Esnbope, xxxm, 5. Etereio, xvu, 26. % Ettore, vu, 5o. Eubolide statuario, xxxiv, 19. Euchir, vii, 57. (vasaio), xxxv, 43. Ulna ri 0, xxxiv, 19. Eudemo, xxix, 7. Eudico, xxxi, 9. Eudoro pittore, xxxv, 4Eudotso, il, 48 ; vi, 36 ; xvm, 74 ; xxx, 1 ; xxxi, i 3. certo Eudosso, 11, 67. Euetnero, xxxv, 17. Euforbo medico, xxv, 38. Euforione statuario, xxxiv, 19. Eufranore Istmio, xxx, 4* pittore, xxxv, 36. (statuario), xxxiv, 19. Enfronide statuario, xxxv, 19. Eufronio, xiv, 34. Eu grammo vasaio, xxxv, 43. Eumaro pittore, xxxv, 34. Eumene re, biblioteca sua, xm, ai. battaglie contro i Galli, xxxiv, 19, Eumolpo, v i i , 57. Eunico iucisore, xxxm, 55 ; xxxiv, 19. Ea paiamo, vu, 57. Eu patore, re, xxv, ag. Ed pompo pittore, xxxiv, 19; xxxv, 36. Eurialo, vu, 57. Euripide poeta, xxn, 38 ; xxxvu, 11. sepolcro di lui, xxxi, 19. Europa con Giove, xu, 5. Europe (di Antifilo), xxxv, 37. Eussenida pittore, xxxv, 36. Eutemoue, xvm, 57.

Eoliche, vn, 3 . Eutichide pittore, xxxv, 4- (tatuarlo), xxxiv, 19. (scultore), xxxvi, 4Euticrate tatuarlo, xxxiv, 19. Enti mede pittore, xxxv, 4> Eulimene, vii, 17. Eutimo pugnatore, vii, 4& * Evagone, xxthi, 6. Evandro, xxxiv, 16. Aulanio, xxxti, 4. Evante, vm, 54. Evenore, xx, 73 ; xxi, io 5. padre di Parrasio, xxxv, 3G .

F
Fabiano, 1 , 46, io 5 ; ix, 8 ; xu, 9; xv, a; xxm, 1 3o. Papirio, xxxvi, 24; Fabio Ambusto, vu, 4. Dossenno, xiv, i 5. Gurgite, vii, 4*. Q- , 9 >xxxm, i 3 . Q. Massimo, vii, 49 &4 * VII,i *5. cons. vii, 5 i, 54 ; xxu, 5. dittatore, xxxm, i 3. Pittore, x, 34 ; xiv, 14- Rulliano, vu, 4** senatore, pretore, vu, 5 . Verrucoso, xxxiv, 18. Vestale, vu, 60. (scrittore), vu, 46; m , 34. donde il nome de Fa bit, xvm, 3. pittori, xxxv, 7. famiglia deFabii, v i i , Fabricio, x, 55 ; xxxm, 54 ; xxxrv, i 5. Fabullo, 1, uel Proem. Falaride tiranno, vu, 57 ; xxxiv, 19. Falerne pittore, xxxv, 40. Fania fisico, xxu, >5. Faunio C., 11,3a. legge di Fannio cons., x, 71 . officina di Fannio, xm, 28. Faooe Lesbio, xxn, 9. Farnace re, xxv, 14. (statua d argento), xxxm, 54. Fauno re, xvu, 6. Fausta, donua plebea, vn, 3. Feciale Annio, xxxiv, i 3. Fede, suo tempio, xxxv, 36. Fedio, vu, 44* Felice Russato, vu, 54- Siila, xxn, 6 ; xvm, 7. Felicit, snotempio, xxxiv, 19 ; xxxn, 4- simu lacro, xxxv, 45. Femonoe figlia di Apollo, x, 3. Fenestella, vm, 7, 74 ; x, 3o, 59 ; xv, 1 ; xxxm, 6, 52 ; xxxv, 46. Fenice architelo, x x x v i , i 4 statuario, xxirv, 19. Ferecde Sirio, vn, 5a, 57. maestro di Pitago ra, 11, 81. Feronio, sno tempio, u, 56. Fetonte percosso di fulmine, xxxvn, 11. mori in Etiopia, ivi. (di Scopa), xxxvi, 4 - pena di Fetonte, ni, ao. Fidia scultore Ateniese, vu, 39 ; xxxiv, 19 ; x x x t i ,

479

INDICE STORICO

1480

4. ( pittore e statuario ), xxxit, 19 ; xxxt, 34. discepolo di Fidi* ivi. Fidone, t u , 5 7 . Fidustio M., tii, 43* Filadelfo, t i , ai. Tolomeo, t i , 35 ; x x x t i , i 4 ; x x x T i i, 3a. Fila r e o , t u , s ; t i i i , 6 4 ; x , 96. Filemone, iv, 37 ; xxxvn, 11, 3 i. prefetto del re d Egitto, xxxvn, 3 a. Filetero re, xxv, 28. Filino, t i i i , ai.
Filippide,
tu,

ao.

Frioone statuario, x x x i t , 19. Frondizio, xxvn, 1.. Frugi Pisone, xxxm, 11. Fu fidio, xxxm, 6. Fulcinio C., x x x i t , 11. Fullouio T., v i i , 49* Fulvio L., t u , 47 * xxi, 6. Fiacco, t u , 35. Irpiuo, x, 8a. Lapino, t i i i , 7 8 . Nobiliore, x x x t , 36. Q. con*, x x x t , 4 Furio Cresino, xvm, 8. Fusco Arellio, xxxm, 54 Fusio (o forse Fufio), v ii , 19.

Filippo, xTiii, 74. Marcio censore, v ii , 60. re, xxxm, 4. quando batt la Grecia, 11, 37. iu quadriga (di Eufraoore), xxxit, 19. nobilt di Filippo, x, 80. portico, xxxt, 36, 37, 4- gii levalo un quadrello dall* 00 chio, vu, 37. Filippo padre di Alessandro, xxxi v, 19. Filira, vii, 57. Filisco pittore, xxxv, 40. scrittore di tragedie, xxxv, 36. Rodiano, xxxvi, 4 - Tasio, xi, 9. (di Parrasio), xxxv, 36. Filislide, v, 6. Mallo le, iv, ao. Filislione, xx, i 5, 34, 4 F iliate,

G
Gabbare, v i i , 16. Gabieno, t u , 53. Galba irop., in, 5. Sulpicio, xxxm, 8. Galeria Copiola, t u , 49* Felice, vn, 5o. Galerio, xix, 1. villa di Galerio, x, a5 . Galli sacerdoti di Cibele, xi, 109. Gallio Anneo, xxxi, 33. Gallo Elio, t i , 3a. Aquilio, t u , 54 . Asioio, xm, 29; xxxm, 47- j Cornelio, tii, 54. * Sulpicio, n, 19. Ganimede (di Leocare), x x x i t , 19. Gegania, x x x i t , 6. Gelliano, 111, 17. Gellio, t i i , 57. Gelo tiranno, t i , 61. Genzio re, x x t , 34. Gerioni, iv, 36. Germanico Cesare, 11, a5 ; vm, a, 71 ; x, 5o; xi, 71 ; xxv, 6; xxxiv, 18; xxxvii, 11. Carme di Germanico Cesare, viu, 64. Cesare figlio di Caio Germanico, v, 1. Nerone figlio di Germanico, vm, 61. Gerone re, t u i , 68 ; xvi, 74 xvm, 5 ; x x x t , 7. Ge*tio, x t , i 5. Giacinto, xxi, 38. Giano trasportalo d1Egitto, x x x i t , 16. genioo (statua), xxxm, i 3. Giano padre dedicato da Augusto, x x x t i , 4. Giasooe, ui, 9 ; v i i , 57. Licio, t i u , 61. Fereo, t i i , 5 i. Gige re, t u , 47- Lidio, t u , 57. Giove Assabino, xn, 4a. Capitolino io Romt, tu, 39 ; xxxvn, 7. eh* nel Campidoglio, xxxiv, 18. di avorio, xxxvi, 4. di arorio iu Cizico, xxxvi, aa. Liceo, viu, 34 * Olim pio, iu Roma, vu, 3(j. Pompeiano, x x x it , 18. ospitale (di Paufilo), x x x t i , 4 > Olim pio (di Fidia), xxxiv, 19 ; x x x t , 34 ; x x x t i , 4- (di Slenide), x x x i t , 19. (dei figli di l imar* chide), x x x t i , 4* magnifico (di Zeusi), x x x t , 36. partorisce Libero, xxxv, 4. ~r touauie

viu, 64.

Fillide sira pende, xvi, 45. Filocare pittore, xxxv, 4* Filocle Egiziano, xxxv, 5. Filomelore Aitalo, xvm, 5. Filone architetto, vu, 38. statuario, xxxiv, 19. Filonico di Farsaglia, vm, 64. Filouide, v, 35 ; vii, ao. Filopatore Tolomeo, v i i , 5 7 . Filosseno Eretrio, xxxv, 36. poeta, xxxvu, 11. Filoslefauo, vu, 57. Fiacco censore, vu,49* Fulvio, v i i , 35. Orazio, x, 74. Pomponio, xv, 24. Verrio, xxvm, 4. cognome dei Fiacchi, xi, 5o. Flaminino console, xix, 45. Flaminio C. censore, xxxv, 57. cons., xix, 45. Fiamma Calpurnio, xxn, 6. Flaviano proconsole d' Africa, xix, 8. Flavio C., xix, 1. Alfio, x, 8. Aanio, xxm, 6. Procolo, xxxm, 8. Flora (di Prassitele), xxxvi, 4* Fonleio console, 11, 72; v i i , ao. Forco, suo coro, xxxvi, 4Foroneo, vn, 57. Fortuna Seia, xxxvi, 46. tempio della Fortuua, t u i , 74. tempio di questo giorno, xxxiv, 19. delubro a Preneste, xxxvi, 64. simu lacro, t i u , 64 ; xxxm, 19. Fradraone statuario, xxxiv, 19. Frilo pittore, xxxv, 39. Friue (di PraasiUlrj, xxxir, 19.

14 8 1

INDICE STORICO

148&

(di Leocare), xxxiv, 19. Giove Oceano (di Eutoco),xxxvi, 4. Ottimo Massimo, xv, 4o. lommo degli dei, va, 4 aquila portante la armi di Giove, x, 4 il Padre Libero gli nasce della coscia, vi, a 3 . la sua mensa si spazza con la verbenaca, xxv, 59. spelonca, xvi, 46. orto, xxxi, a 8 . tempio di Giove Ottimo Massimo, xv, 40. effigie da dedicarsi in Campidoglio, xxxv, 45. simulacro, xiv, a . simulacro di vile, xxxm, 3 6 . tempio in Patra, xxxv, 49. delubro in Egitto, x x x v i i , 19. tempio di Giove Belo, vi, 3o. tempio iu Roma, xxxvi, 4i 61. tempio di Giove Ca sio, v, 14. tempio di Giove Dodooeo, v, 1. oracolo di Giove Ammone, v, 9. tempietto in onore di Giove, x, 6. bosco di Giove In digete, 1 9. fonte di Giove Labrandeo, 11, xxxu, 7. delubro di Giove Liceo, v, 10. delubro di Giove Olimpio, v, 6. tempio in Atene, xxxvi, 5. lempio di Giove Salvatore, xxxiv, 19. di Giove Sutore, xxxrv, i 3. a r a di Giove Strazio, xvi, 89. tempio di Giove Tonante in Campidoglio, xxxiv, 5, 19; xxxiv, 8 . ischio dedicato a Giove, xu, a ; xvi, 5. piccola tazza di vino a lui dedicalo, xiv, 14. trofeo innalzalo a Giove, vi, 3 a . Fagulale, a cui era sacro il faggio, xvi, 5. Ultore, xxxvi, 34. Giove nutrito di latte caprino, xxvm, 33. Elicio, it, 54 Giu rare il falso per Giove fulminante, 11, 5. per ch si dice che Giove lancia le saette, n, 18. Giove lancia di tre sorli di saette, u, 53. Giove con Europa, xu, 5. Coiole oon Fidia fece Giove Olimpio, xxxiv, 19. si locava la miniatura di Giove, xxxm, 36. gli abitatori del monte Casio impetrano da Giove con pre ghi la venula degli uccelli Seleucidi, x, 39. Gioveut, suo tempio, xxix, 14 ; xxxv, 36. Giuba re, v, 10 ; vi, 26, 3o, 3 i, 3a, 34, 35, 37 ; vm , 4 *3 45, 64 ; ix, 56 ; x, 61 ; xn, aa, 3 1, 4 X,1I>7* 9 a9i 5a ; xv, a8 ; xxv, 5 ; xxxi, i 5 ; xxxu, 4 xxxm, 40; xxxv, aa ; xxxvi, 46; xxxvu, 9, 18, 3a, 35. padre di Tolomeo, v, 1. regia di Giuba, v, 1. Giguria, xsxiu, 4- consegna di Gingarta, xxxvn, 4Giulia Augusta, vu, 16. figlia del divo Angu sto, xxi, 6. moglie di Tiberio, xix, 39. nipote di Augaslo, v i i , 16. adulterii di Giu lia figlia d Augusto, v i i , 6. Giuliano preseolalo da Nerone, xxxvu, 11. Giulio C. medico, vu, 54. L., 11, 39. Cesare L. censore, xiu, 5. L. cons., xxix, 6. divo, ix, 5 7; xv, ao; xix, 41 versi, ivi. epistole, ivi. Lupo, xix, a. Rufo conso lare, xxvi, 4. Sest. oqus., u, 85 ; xxuu, 17.

Viatore, vu, 18. Vindice, difensore della libert, XX, 57. Giunio Congo, 1, nel Proero. L; eons., xv, 1. M. pretore, xxxv, 36. Gracoano, xxxm, 9. Ap. con*., vm, 61. P., xxxiv, 71. Piscicolo, xxxvT, 4. Silano cons., 11, 89. fami glia dei Giunii, xvm, 3 . Giunone, xxxi, aa. Argiva, m, 9; Lacinia, ii, 111 ; xxxv, 36. regina, xxxv, 37. (di Battone, xxxiv, 19. di Dionisio, di Polide), xxxvi, 4* bagnala del fonte, xxxi, a a . cappella di Giunone, u, 55 ; x x x t i , 4. cella, xxxiv, 17. tempio di Giun. Argiva, ni, 9. in Roma, xxxvi, 4- tempio in Cartagine, m, 9. in Metaponto, xivj a. ara di Giunone Lacinia, 11 111. , Giuvenzio Talna, vn, 54 Glauce, xxxm, 5. Glauce, sonator di cetera al re Tolomeo, x, a6. Glauda, xx, 99; xxi, ioa ; xxiv, 91. Glaucide statuario, xxxiv, 19. Glaucione pittore,xxxv, 40.(pittura), xxxv,10. Glaucone, xxu, 35. Glicera che fa ghirlande, xxi, 3. inventrice delle ghirlande, xxxv, 40. Gnazio Pesarese, vu, 4* Gobare prefetto, vi, 3o. Gorgaso plasticatore, xxxv, 45* Gorgia Leoniino, xxxm, 34. Sidliano, vii, 49' <>aluario), xxxiv, 19. Gorgone (di Timomaco), xxxv, 4 casa delle Gorgoni, vi, 36. Gorgostene (di Apelle), xxxv, 36. Graccano Giunio, xxxm, 9. Gracco C., 1, nel Proem.; xxxm, 9, 14, 53. tribuno della plebe, xiv, 6. - Gracchi, x x x i i i ^ 8. Tiberio e Caio, xm, 36. madre del Gracchi, vu, 11, i 5. Cornelia madre, xxxiv, 14. padre, vu, 36. Gracile Turranio, m, 1. Granio, xxvm, 9. Gralitliano Mario, xxxm, 46; xxxiv, ia. Gratino pittore, xxxv, 40. Grecin, xv, 4 ; xvi, 9Greoo re, v, 14. Gulussa regolo, viu, 10. Gurgite Fabio, vu, 4> Volcazio, vu, 54 *

I
lacco, xm, 54. lade statuario, xxxiv, 19. laliso, xxv, 36. Iapige figlio di Dedalo, 1 16. 11, laso (di Socrate), xxxv, 4*

IN DICE STORICO

Jcaao statuario, x x x i t , 19. Icaro, t i i , 57. Icesio, xiv, a4; xx, 17 ; xxn, 18. medico di non poca autorit, xxvn, 14. Icelida medico, xxvm, a3. Ificle fratello di Ercole, t i i , 9. Ifigenia ( di l imante ), xxx?, 3 6 . ne'Tauri,
x x x v , 40.

Igia (di Nicerato, di Pirro), xxxiv, 19. (di So crate), xxxv, 40. Igiemone pittore, x x x v , 3 4 Igino, x m , 47 ; x t i , 84 ; x v i t i , 63 ; x i x , 27 ; x x ,
45 ; x x i, 29.

Ha, ix, 18. Ilaro Crispino, v i i , i i . Ofilio, lliliia di Arleroi, xxv, 36.
I lo , s u o se p o lc r o ,
x t i,

t ii,

54.

88.

Imilcone, 11, 67. Imperioso cons. (Manlio), xxn, 5. Io mutata in vacca, x t i , 89. (di Nicia), x x x t , 40. lolia, xx, 73, 76; x x x i v , aa.
I o n e s t a t u a r io , x x x i v , 19 . l p a l o d o r o , x x i v , 19 .

Iperbio, v i i , 57. Ipparco, 11, 9, 10, 24, 79. roaraviglioso, 11, 1ia. liberto di M. Antonio, xxxvt 58. Ippia pittore, xxxv, 4*
Ip p o , v n , 57.

Jppocrate medico, t i i , 37; xx, i 3, as, a3, 34, 5 i, 58, 83, 84 93 ; xxn, i 5, 3a, 35, 66 ; x x i t , 92 ; xxv, 18; xxvi, 76, 90; xxvin, 14 xxix, 3o, 38 ; xxx, 2 ; xxxvi, 69. principe detla medicina, t i i , 52 . tra i pi celebri in medicina, x t i i i , i 5 . (lode di lui), xxvi, 6. Ippolito (di Aotifilo)v xxxT, 37.
Ipp on ace p o eta , x x x v i, 4-

di c a n e ) , t i i i , 61. Irene figlia di Gratino, xxxv, 4* lrpino Fulvio, ix, 82. Irrio C., ix, 18. Isiaci, x x v n , 39. Iside, isola a lei saers, x, 49Isidoro, 11, n a ; iv, 5, 3o, 37; v, 6, 9, 35, 37, 39, 43. Cecilio, xxxm, 47* (statuario), xxxiv, 10. Isigono, t i i , a. Ismenia sonator di piffero, xxxvn, 3, a 3. Isocrate, v i i , 3 i. Istro Palpelio cons., x, 16.
lr c a u o (n o m e

L
Labeone, x, 17. Antistio, xxxv, 7. Allinio, Tii) 45. Labeoai Brocchi, xi, 60.

Laberio poeta dd mimi, ix, 28. Lacide filosofo, x, a6. Lacone statuario, x x x i t , 19. Lagone (di Licisco), xxxiv, 19. Laide, xxvnt, a3. Lala Cisicen, xxxv, 4* Lamia L., vn, 53. Lampido Lacedemonia, vu, 4a* Laocoonte (statua), xxxvi, 4* Laodamia (di Ctesidemo), xxxv, 4* Laodice moglie del re Antioco, v i i , i o . Laomedonte (di Artemone), xxxv, 4 Largo Cecina, xvn, 1. Larissa (di Telefane), xxxtv, 19. Lartio Licinio, xix, 11 ; xxxi, >8. Latiro re, 11 67. T o l o m e o , vi, 35. , Latona (di Cefissodoro, di Frlisco), xxxvi, 4- * sostiene Apollo e Diana infanti, x x x i t , 19. Latoo, sua figlia Puntila, xi, 26. Latrone Porcio, xx, 57. Laurea Tullio, xxxi, 3. Laurentia Acca, xxvm, a. Learco figlio di tamante, x x x i t , 4<. > Lecanio Basso, xxvi, 4. Lecitione ( di Timomaco), xxxv, 40. Leena meretrice, vii, a 3 . Leneo Pompeo, xv, 3g; xxiv, 5 i ; xxv, 3, 7. Lentulo cons. vii, 10; xxx, 3 . L. cons., xxxm, 11. P. cons., xxxtv, 18. Spinter, tx, 63 ; xix, 6 ; xxx vi, 12. Lentuli onde appellati, X t i i i , 3. Leocare statuario, xxxtv, 19; xxxvi, 4 Leone pittore, xxxv, 40. (statuario), xxxtv, 19. Leonide pedagogo di Alessandro, x n , Ss. Leonnato, vi, 2 6 .-0 0 0 de'capitani di Alessandro Magno, xxxv, 47Leontisco pittore, xxxv, 4* Leonzio pittore, xxxv, 4* Leonzio di Epicuro, xxxv, 4 * Lepido, xxxvi, 24 Emilio, t u , 54. M., 1 , 1 3 i ; vii, 36, 54- cons., x, a 5 ; xxxvi, 6. triumviro, xxxv, 38. maestro di cavallera, t u , 46. famiglia dei Lepidi, t u , i o . Lesbocle statuario, x x x i t , 19. Levina famiglia, xxxv, a. Libera (statua), xxxvi, 4. Libero padre, iv, 17 ; v, 16 ; vi, a i, aS ; vn, 27, 3o, 57 ; vm, 2, ai, 3 i ; xn, 4 i x t i , 4 6, % 3 79 ; xxiv, 1 ; xxxi, i 3 ; xxxm, 53, 55 ; xxxv, 4o ; xxxvn, 64. (pittore), x x x t , 8. (statua), xxxvi, 4- (di Antifilo), xxxv, 37. (di Ari stide ), xxxv, 36. ( di Briasside) x x x t i , 4 - (di Echiooe, di Parrasio), xxxv, 36 . (di Eotichide, di Scopa), xxxvi, 4. (di Nieia ), xxxv, 40. (di Prassitele), xxxtv, 19. are del padre Libero, t i , 8. tempio, n, 106.

1483
D a t iv o d i

IN DIC li STORICO

i486

Tebe, it, ia. gara sua con Cerere,

iu , 9. abito del re della Taprobana limile a

45 ; x x x t i , 8. proconsole'della Betica, x, 48. capitano chiarissimo, xxv, 7. M., v,

quello di Bacco, vi, , t\. nutrito da Mercurio, x 19. padri Liberi, xi, 17. Libia, vu, 57. Libone, suoi giuochi, x x x t i , Licaone, v i i , 57. Licea, x x x t i , 19. Liciniani, vii) ia, Licinio P. eoo*., x, a. Ceeina, xx, 76. Calvo, vu, 5o. Crasso P. con., vii, 3. ceniore, xu, 5 ; xu, 16 ; xxx, 3 ; xxxi, a. Larrio, xix, 11 ; xxxi, 18. Macro, xxxu, 3, 5. Murena, x, 80. Muciano, tu , 3 ; ix, 3 i. Ire volte consolo, xn, 5. Stolone, vm, 4 *~
XXXIV,

37 ; x x x i t , 18. Luculli, vm, 7 j xxxiv, 1 7 . Ludio, xxxv, 37. M., ivi. Lupino Fulvio, t u , 78. Lupo Giulio, xix, a. Lurco Aufidio, x, a3. Luscini, xi, 55. Lutezio Catulo, xxxix, 19. Q. cons., xxxv, 40. Lulorio Prisco, vu, 4>

Si
Macedonico, x i i , ia. Macerio Attinio, tu, 45. Macriuo Visco, xl , 90. Macro Licinio, x x x i i , 3, 5. Madre degli dei, t , 4a; t u , 3 5 ; xx, 109; im i, 4- sedeute sopra un leone, x x x t , 36, por tata a Roma, x t i i i , 4 - delubro di lei, xiv, 6. sacerdoti, v, 4a ! x x x t , 46* astro, a, 6. delubro della Madre Magna, x x x t i , 4* sacerdo te, 11, 95. Magno (Pompeo), t , i o ; x x t , 3. cognome, xxxvu, 6Magone, xvu, 11,16,19,3o ; x t i i i , a3 ; xxt, 68. capitano de'Cartaginesi, x t i i i , 5, 7. Mala scultore, x x x t i , 4. Mamilio Sura, x t i i i , 4a. Mamurra, x x x t i , 7. Mana Genita, xxix, l 4 Mancino, x x x i t , i o . Ostilio, xxxv, 7. Manilio, v i i , 7. diligente sopra ogni altro to gato, x, a. legato di Caio Mario, xxxm, 6. cons., xxu, 6. M1 (Mauio), xu, 15 ; xvm, 4. Manio Curio, v i i , . 5 i ; xvi, 7 3 ; x t i i i , 4 ; xix, a6. Massimo, t i i , 16. Giuvenzio, T n , 54 Persio, 1, nei Proem. Manlio, x t , i 5. Gneo, x x x i t , 8 ; xxxvn, 6. Capitolino, t u , 26. L, cons., x x x t , 4* * Torquato, t i i , 54 Marcello C. cous., 11, 9, 57. M., t u , a5, 38 ; xi, 73. nato di Ottavia sorella di Augusto, xix, 6; xxxvn, 5. Claudio, 1 1 a3. Eternino, 1, xit, 5. Vetio, 1 ,85 ; xxxvu, 38. teatro di 1 Marcello, t i i , 36 ; vm, a5. voti fatti, vu, 46. Marcia nobilissima Romana, 11, 53. Marcio, v u , 33. Anco, xxxi, 4- re xxxi, 41. C. Censorino cons., xxxm, 47 L. cons., 11, 85, h i ; xxxm, 17. M., xvm, 4. Filippo censore, t i i , .60. Q., 11, 3 i. Q. re, xxxi, a4; x x x t i , 24. censore, xxvi, 4. Q. console, xxxm, 48* vindice degli Scipioni, x x x t , 4. statua di C. Marcio Tremulo, x x x i t , 11.

Stoloni della casa Licinia, xvm, 4 * fjcio statuario, xxxit, 19.

Licisco statuario, xxxiv, 19.


Lieo, xxxi, 14.

Lieo Napoletano, xx, 83. (slatuario), xxxiv, 19. Licoraede, v, 4Linceo, onde nato il motto del suo vedere, u, 5. Lino, t u , 5 7 . Lisandro re degli Spartani, t u , 3o.
Lisania, suo figlio Arcagaio, xxix, 6. Lisia scultore, sua opera, xxxvi, 4*

Lisimache (statua), xxxir, 19. Lisimaco, vm, ai. re, viti, 61 ; x x t , 35. Lisippo, t u , 38 ; xxxiT, 18; x x x t , 3g. SicioniO . (statuario ), x x x i t , 19. ( sue o pere ), xxxiv, 17. setta di Lisippo, x x x i t , 19. Lisistrato fratello di Lisippo, xxxv, 44* ( *,a~ tuario ), xxxiv, 19. Lisooe statuario, xxxiv, 19. Livia Drusilla, dipoi Augusta, x t , 40. -Livia Augusta, x, 76 ; xm, ai ; x i t , 8 ; xxxvu, 10. di Augusto, t u , 11. moglie di Augusto, x x x i t , a. di Druso Cesare, xxix, 8. di Rutilio, t u , 49. fichi Livii, xv, 19. porti* ci, xiv, 3. Livio Druso, xxxm, i 3. tribuno della plebe, . xxxm, 5o. T. nelle storie, 1, nel Proem. ; ui, 1, a3.
L o f o a e s t a t u a r io ,
x x x it ,

19.

Lollia Paoliua, x, 58. Lollio M , ix, 58.


Loogiuo Cassio cons., vii, 3.

Longo Sempronio, xxxiu,i. Lotapea, xxx, a.


Lucceia mima, vii, 49*

Lucilio poeta, 1, nel Proem. ; viu, 74 Lucina, xvi, 65 . Lucio : da lui demati i Lucani, ni, 10. Lucrezia, sua s t a t u a , x x x i t , i 3. Lucullo, 11, 108; vm, 78; x, 80; xiv, 17; xv, 3 o; xvm, 7; xxn, i 4 i xxxir, 19; xxxv, 4y>

i48 7

JNDICE STORICO

Ij88

Marinone Smtrneo, xxvm, 7. Marc* figlio, xxix, 7. Marea p r e f e t t o d e ll ' Egitto, t i , 3 4 . Mariano Valerio, x i x , i . Uario C., ii, 34 ; h i , 12 ; vu, 55 ; x, 17 ; xi, 73 ; x x x m , 53. cons., t u , 49 ; xx n , 6. nel fe c o n d o consolato, x, 5. con*, la (erta T o lt a , ii, 58 ; t u , 5o . cons. sette volte, xi, 104 ; xvm, 7. sbaraglia i Cimbri, xvn, v. trion fa d i Giogorta, x xxm , terzo cooiolato, ivi. C. figlio, xxxm , 5. Gratidiano, xxxm , 4 6 ; xxxiv, a . fosse d i C. U a r i o , h i , 5 . legato, xxxm , 6. Marinaro, xxx, a. Maroniti, xxxv, 40. Marsia, xxi, 6. di Frigia, vn, 57. capo dei Lidii, iti, 17. dove gareggi con Apollo, v, 39. vinto da Apollo, xvi, 69. legato, xxxv, 36. Mario figlio di Circe, vu, a. Marte nitore, xxxtv, 4* ( di Pistone ), xxxtv, 19. colossale sedente, lavoro di Scopa, xxxvi, 4. tempio di Marte altore, xxxiv, 18. Etolo di lui figlio, t i i , 57. lperbio, ivi. fa tue, xxxvn, 6. bne biacco immolalo a Mar te, xxn, 5. iaola aera, vi, i 3. Marte (bi nante, xxx, a. Massimo Fabio, xxxm, i 3. Fabio Q., vn, 4*) 5 i, 54. M\, v i i , 16. prefetto dell* Egitto, ' xxxvi, 14. Massinissa re, v, a ; vn, ia, 49. Masurio, t u , 4, 4 4 ; x, 8 ; xv, 38, 40 ; xvi, 3o ; xxvm, 37. Matio, xv, i 5. C., ut, 6. Mausolo re, xxv, 36. regolo della Caria, xxxti, 4. casa di Maosolo, xxxvi, 6. casa reale, xxxv, 49. Mecenio Egnazio, xiv, i 4 Mecopane pittore, xxxv, 4* Medea, n, 109 ; xxxvn, 63. Colchica, xxv, 5. sorella di Absirto, h i , 3o. ( in pittura ), vn, 39 ; xxxv, 9. (di Aristolao, di Timomaco ), x x x t , 40. quadrighe di Medea, xxxiv, 19. Media, suoi forestieri uccisi, x, i5. Medio, xx, i 3 . Mefite, suo tempio, n, 95. Megabizo sacerdote di Diana, xxxv, 36, 4<< > Megastene, ti, ai, aa, aa, a4 ; vn, a ; vm, 14. Mege, xxxu, *4 Mela d ordine cavaleresco, xix, 33. Melampo, vn 33 ; x, 70. fama di Melampode, xxv, ai. Melantioo pittore, xxxv, 3a, 36. Meleagro,xxxn, 1. (di Parrasio), xxxv, 36. uno de' capitani di Alessandro Magno, xxxv, 47. sepolcro di Meleagro, x, 38.

Melio Sp., xvm, 4Melisso Mecenate, xxin, 17. Mena ( liberto di Setto Pompeo ), x x x t , 58. Ticinio, t i i , 69. Menandro, xvm, 14 ; xx, 93 ; xxm, 8t ; xxx, a ; xxxn, a4 ; x x x t i , 35 ; x x x t i l , 3 i. un dei Greci, xix, 34. comico, vii,3 i . Siracusano, vm, 5 . re della Caria, x x x t , 36. Menecmo, iv, ai. (statuario ), x x x i t , 19. Menecrate, xi, 7. ( liberto di Setto Pompeo ), xxxvi, 4. ( scultore ), xxx vi, 4 Menelao, suo goTernatore Canopo, t , 34. M an gine, x x x t i , 67. regia, xxxm, a 3. Menenio Agrippa, xxxm, 48. Menestrato acultore, xxxvi, 4. Mennone re di Etiopia, t i , 35. regia di Meli none, v, 11 ; x, 37. sepolcro, x, 37. statua, xxxvi, 11. Menodoro statuario, xxxiv, 19. Menogene cnoco, vn, 10. istrione, ivi. sta la* rio, x x x i t , 19. Mentore artefice, vn, 39 ; xxxm, 53, 55. Sira cusano, t i i i , ai. Mercurio, t i i , 67 ; xxv, 8, 18. nutre il padre Libero, x x x i t , 19. ( di Cefissodoto, di Nancide, di Pistone, di Policleto ), xxxrv, 19. fatto da Zenodoro, x x x i t , 18. tempio di Mereario iu Etiopia, xxxm, i 5 . Merenda Cornelio, xxxm, 11. Meride re d 'Egitto, t i , 9. sepolcro di Mende, XXXVI, 19. Messala, xiv, 8. Corvino, vn, a 4> M. ceoso re, xvu, 38. censorio, vn, 10. cons. vn, 37 ; vm, 54 ; xxxiv, 11 ; x x x t i l , 6. oratore, x, 37; xxxm, 14; xxxv, a , 7. Rufo, vii, 53. vecchio, xxxiv, 38 ; xxxv, a . Valerio cons. vu, 60. Valerio Massimo, xxxv, 7. Mes sali, xxxv, a. Messalina di Claudio Cesare, x, 83 ; xxix, 5 . Messalino coosolare, xxxn, 4?. Cotta, x, 27. Mestre ( re nella citt del Sole ), x x x t i , i 4Metella che compra beni IP incanto, x x x t i , a{. Metello Celere Q., u, 67. cons. t u , i o . L. v i i , 45 ; vin, 6 ; xvm, 4 * pontefice, Tn, 49; x, 65. Q., tu , 45. Macedonico, m , 11. Macedonia soggettata, xxxiv, 19. Scipione, vm, 74. uomo consolare, x, 37. casa di Metello, x x x t i , 4. portici, xxxiv, 14. Metimatno, t u , ia. Metrodoro,t , 38 ; vn, 14 ; xx, 81 ; x x t , 4 ; xxxvn, n, 16. Scepsio, in, ao ; vu, a4 ; xxvm, a3 ; xxxiv, 16; xxxv11, i 5. pittore filosofo, xxxv, 40. Mezenzio re di Etruria, xiv, i 4 > Micciade scultore, x x x t i , 4> Micone pittore, xxxm, 36 ; xxxv, a5, 35. ( mi-

4&9

INDICE STORICO

1490

u o r e ) , x x x t , 35. (statuario), x x x iv , 19. Tim m ti tigli* di Micone, x x x t , 4Mida di Frigia, t i i , 57 ; x x x u i, ^ 1 5, anello di Mida, xxxm, 4 Midacrito, vn, 5?. Midi, vii, 57. Midone pittore, xxxt, 4> Miiagro dio, x, 40. Miiagro statuario, x x x i t , 19. Miiode dio, xxix, 34. Mileto, xxTtu, 2. Milone atleta, t i i , 19. Crotoniate, xxxvu, 54. Annio, 11, 57. occisore di Clodio, xxxvi, 24. difese la ua causa, 11, 57. Milziade, x x x t , 34. Minerva, x t i , 79,89} x x i i , 2 0 ; xxiv, 116 ; xxv, 16. ( di Amulio ), xxxv, 37. ( di Cefisso doto), x x x i t , 14. (di Coiota), x x x t , 34- (li * Eufranore, di Egia, di Mirone, di Fidia, di Pirro, di Stenide ), x x x i t , 19. Lindia, xxxm, 23, 55. (di Scopa), xxxvi, 4- musica, x x x i t , 19. di ventisei cubiti, x x x t i , 4 tempio di Minerva in Elide, xxxvi, 55. de lubro, v i i , 27. in Atene, xxxv, 36. io Roma, ivi. tempio a Lindo, xxxm, 23. in Rodi, xix, 2. boschi e templi, x, i 4- sacerdote, xxxrv, 19. Simulacro fulminato, x x x t i , 4- statue, xxxvn, 6. isol sacra a Minerva, v, 23. tempio meritamente vota tole, vii, 27. la capra non se le sacrifica, vm, 76. loliva a lei dedicata, xu, a. tavola di rame consacrata a Minerva, vii, 58. Minosse, t u , 5 7 . re di Creta, t i , 3 2 . Minucio P. xxxiv, 11. Augurino, xvm, 4> Mirmecide, vii, 2 1 . ( scultore ), xxxvi, 4Mirmillone guardiano d armenti, v ii , 10. Mirone statuario, xxxiv, 5,19. sue opere, xxx v, 19. lodalo per rscollure in bronzo, xxxvi, 4. Mirsilo, in, i 3 ; v, aa. Candaule, xxxv, 34Mis intagliatore, xxxv, 55. Mitridate, v i i , 27, 37; x v i , 59; xxm, 77; xxv, 26 ; xxxm, 14 ; xxxvn, 5 ; 11,60. Eu patore, t i , 2 ; xxxm, 54. re di trenta popoli, v i i , 24. il sommo re del suo tempo ( lode di lui ), xxv, 3 . ( un altro ), vi, 5. statua di Mitri date Eupatore, xxxm, 54. astuccio da gem me e anelli del re, xxxvn, 5. Mittone, xx, 96. Unasea, xxxvu, 11. Mnasitimo, xxxv, 40. Mnasone tiranno, x x x t , 36. Mneside, xx, 76. Mnesigitone, t i i , 57. Mnesiteo medico, xxi, 9. ( pittore ), xxxv, 40, Mnevide, sua regia, xxxvi, 14. Monocerote Cratero, x, 60.

Moschio Greco, xix, 26. Mose, xxx, 2. Moterude re, xxxvi, 19. Muciano, v , 2, 24 ; t , 9, 20, 34, 36 ; v i i , 49; t i i i , 76,80; x, 10, 85 ; xi, 63 ; xxi, 17; xxxi, i 3, 16; xxxu, 21 ; xxxvi, 27, 29. Licinio, v i i , 3 ; x, 3 i, 41. nel secondo soo consolato, xxxv, 46. tre volte consolo, 1 1 9 ; vm, 3 ; 1, xu, 5 ; xm, 27 ; xiv, 6 ; xvi, 79 ; xix, 2 ; xxvm, 5 ; xxxiv, 17. Muoio Augure, x, 8. Galerio Felice figlio di M. Mucio, vii, 5o. Q., n, 3 i. Mummio L., xxxiv, 6,17. Acaico, xxx, 8. censore, xxxm, 18.dirocca Corinto, xxxv, 43. Munazio P., xxi, 6. Mure Decio, x x i i , 5. Murena L., xxxm, 16; x x x t , 49Musa medico, xix, 38 ; xxxix, 5. Antonio, x x t , 38 ; xxix, 5 . Muse, lor natalizio, v, 12. Museo, xxi, 21, 84; x x t , 5. N Narcisso fanciullo favoloso, xxi, 75. nel prin cipato di Claudio, xxxm, 47 Nasica Scipione, vu, 34, 60. Naucero statuario, x x x i t , 19. Naucide statuario, xxxiv, 19. Natsicrate, v i i , 58. Nauzio Spurio, xxxiv, 11. Navarco, xxxv, 36. Navio Atto, xv, 20} xxxiv, 11, i 3. Nealce pittore, x x x t , 36, 4Nearco, vi, 26, 27, 28, 3o. Aristarete figlia di Nearco, xrv, 4Necepso, 11 21 ; vii, 5o. , Nemea (di Nicia), xxxv, 40. sedente sopra un leone, xxxv, 10. Nemesi, xxvm, 5. (di Agoracrito), xxxvi, 4. boschi Nemesi!, xi, io 3< Nemesi, x x x t i , 19. Neocle pittore, xxxv, 4* Neottolemo (di Apelle), xxxv, 36. Nepote Cornelio, abitante del Po, in, 22. Vedi Cornelio. Nerone, v i i , 40 ; xi, 54 ; xm, 43 ; xx. 57 ; xxxm, i 3, 16, 21, 57 ; xxxiv, 18 ; xxxv, 36. Domi* zio, 1 , 23,85 ; v, 5, 10 ; v i i , 6 ; xi, 96 ; xxxvu, 1 7, 12. principe, 11, 85 ; vi, i 5 ; vm, 7, 74 ; xn, 8 ; xm, 4 ; xvi, 86 ; xvu, 38 ; xvm, 2, 7, 21 * xix, 6, i 5, 33 ; xxvm, 5o; xxix, 3o ; xxx, 5 ; xxxi, 23 ; xxxiv, 18; xxxv, 33, 47; xxxvi, 24, 46 * xxxvu, 6,11. prncipe (poich cosi piacque agli dei), xvi, 76; xxxiv, 5o. figlia stro di Passieno, xvi, 19. canta in teatro.

i4 u ;

IN DICE STORICO

ifo a

xxxvn, 7. veleno del mondo, xxn, nemico dell' uman genere, vii, 6. fece pen der copra la guerra Etiopica, vi, 35. riceve notizia che tnlto era perduto, xxx tii, io. nel principato di Nerone, xi, 109; xvi, 8 4 ; xxix, 5 ; xxxv, 1 ; xxxvi, 66. circo, xxxti, 5. pie, vi, 35. fossa, xit, 8. negli ultimi suoi anni,11,106. scelleraggini, xxxiv, 18. successione, til, 11. anfiteatro, xvi, 76; xix, 6. sua moglie Poppe*, xxxm, 49. orti, xxxvu, 7 . incendii, xvu, 1. servo, xm, 4. vigili, xxn, 47* violenza, xxxtv, 19. morte (di Tiberio), vii, 46. Nerone Druso, x, 26. figlio di Germanico, vm, 61. Nesea pittore, xxxv, 36. Nesso pittore, xxxv, 4Nestocle statuario, xxxiv, 19. Nel labi re, xxx vi, 14, >9* Nettuno, x, 22. (di Ippia), xxxv, 4* ( 4* Prassitele, di Scopa), xxxvi, 4 - d festivo di Neltono,- xvm, 35. sacerdozio, x, 8. tempio, xxxi, 3o. piantati trofei a Nettuno, VI, 32. Nevio Pollione, v i i , 16. Nieandro, xx, i 3, 96; xxi, 106 ; xxu, i 5, 32, 35 ; xxti, 66; xxx, 25 ; xxxu, 22; xxxvi, 2 5 ; XXXVII, 28. poeta, xxxvu, 11. Nicanore pittore, xxxv, 3g. prefetto della Me sopotamia, vi, 3o ., Nicatore Seleuco, vi, 21, 3o. Nicearco pittore, xxxv, 4o> * Niceo pugnatore, vu, 10. Nicerato, xxxu, 3 i. (statuario), xxxtv, 19. Nicero pittore, xxxv, 36. Nicia, xxxvu, 11. (pittore), xxxv, 10. Ale niese (pittore), xxxt, 40. capitaoo degli Ate niesi, 11, 9. Megareae vu, 57. Nicocle, xi, 63. Nicodoro, ui, 9. Nicofane pittore, xxxv, 36. Nicomaco pittore,xxxv, 21, 3a, 36,40. musico, xxxvu, 3 . Nicomede re, viu, 61, 65 . re di Bitinia, vu, 3g. Nicostane pittore, xxxv, 40. Nigidio, v i i , t 3 ; t i u , 77, 82 ; x, 88; x, 17, 19, 52; xi, 34, 52; xvi, 8; xxix, ai, 39 ; xxx, 4. Nigro Senio, xx, 84. Trebio, x, 41, 48; xxxu, 6. Ninfa, saa gelosia di Ercole, xxv, 37. Ninfodoro, t u , 2 . Niobe coi figli, xxxvi, 4* Ni sa nutrice di Bacco, v, 16. Nomio liberto di Cesare, xm, 29. Noniano Servilio, xxvm, 5 j xxxvu, 21. Nonio senatore, xxxvu, 21. Struma, ivi.

Novellio Torquato, xiv, 28. Numa re, 11 54 ; xiv, i 4 ; xvm, 2,69; xxxn, 10; , xxxm, 4, 6 ; xxxiv, 1, 16 ; xxxv, 4& regn a Roma, xiii, 27. libri di Numa, xxvm, 4. libri dei decreti, xui, 27. Numenio al governo di Mesena, t i , 3x. Nuiicoreo, tglio di Seaoslri, xxxvi, 5 .
o

Obsidio,Obsidiana, oppure Ossi dio, eec.,xxxvi,67. Oceano, suo figlio il sole, t i i , 57. Ocelli, xi, 55. Ocrisia ancella, x x x t i , 70. Ofilio llaro, vn, 54> Clodia di Ofilio, vu, 49. Olenio, fanciullo, x, 26. Oleno Caleno, xxvm, 4 * Olimpia Tebaoa, xx, 84 ; xxvm, 77. (dipinse), xxxv, 40. Olimpo (statua), xxxvi, 4. Olimpo e Po che pugnano insieme, ivi. Onesicrito, u, 75 ; t i , 3o ; vu, a ; xu, 18; xv, 19. prefetto della flotta di Alessandro, ri, 24, 26, 28. Opi, suo tempio, xi, 65. Opilio, xxvm, 7. Opimio, 11, 29; xxxm, 14. cons. x i t , 6. Opione, xx, 17 ; xxu, 38. Oppio Capiione, vu, i 3. Orata Sergio, x, 79. Orette (di Teodoro, di Tiraomaco), xxxv, 40. insania di Oreste, ivi. corpo, t u , 16. giu di ci, xxxm, 55. Orfeo, t u , 57 ; xx, i 5 ; xxv, 5 ; xxvm, 5 ; xxx, 2. padri del poeta Orfeo, iv, 18. Or fi lo, vu, 4. Or fi lo Coruelio cons. 11, 3i. Orione, suo corpo, vu, 16. Orode, vi, 18. Osiride, suo tempio, v, 11. Ostane, xxvm, 19, 77; xxix, 80 ; xxx, a , 5. secondo, xxx, 2. Oli, suo corpo, vu, 16. Ottavia sorella di Augnalo, xtx, 6. curia di Ottavia, x x x t i , 4. opere, xxxiv, 14 j x x x t , 4 o ; x x x t i , 4. tettole, xxxvi, 4. di Ollaria nacque Marcello, xxxvu, 5. Ollavio Gneo, 11 35 ; xxxiv, 7. n . cavaliere , Rom., xxxv, 45. padre di Augusto, x x x t i , 4 - Ottavio console, 11, 23. Otlooe M., xm, 4* Ovidio poeta, xxx, 12; xxxu, 54.

l/{r)3

INDICE STORICO

Pausia pUtott, xxt, 3. Sisioaio, xixv, fo, Pedaoio L., x, 16. P Pediano Asoouio, vu, 49Pedio nipote di Q. Pedio, x x x t , 7. Pace, suo tempio, xn, 4>? xxxiv, 19 ; xxx?, 36 ; Peletropio. v, 7. xxxvi, u , >4. opere fatte d a Vespasiano, Pelope, iu, 8; xxxu, 6. costa di Pelope, xxvui, 6. Penelope (di Zeusi), x x x t , 36. x x x t i , 4* Pacuvio poeta, pittore, x x x t , 7. Tauro Seslio, Peotesilea, v u , 57. XXXIT, I I . Periandro tiranno, x, 4 > * Palamede, t u , 5 7 . Pericle Ateniese, t i i , 57. principe degli AtePalemone Eteromio, x i t , 5. niesi, xxu, 20. Olimpio, x x x i t , 19. ( di Aristolao), x x x t , 4* Palladie nel priucipalo di Claudio, xxxui, 47* Pericliraeno statuario, x x x i v , 19. Palpelio Istro cons., x, 16. Pan (statua), xxxvi, 4 li Mercurio, t i i , 5 7 . Perillo alatuario, x x x i t , 19. ( in pitture ), xxxv, 36. Pan e Olimpo, Perpenna M. , t i i , 49> Perseo re, xxxiu, 5o ; xxxiv, 7 ; xxxv, 4. vin'o, xxxvi, 4 . xxxm, 17. rotto da Paolo, u ,9. discepolo Panacea figlia di Esculapio, xxv, 11. (di So di Apelle, xxxv, 36. avolo di Alessandro, crate ), x x x t , 4 0 . xv, 13. (di Miroue), x x x i t , 19. ( di Par Pandemio, xvi, 79. rasio), xxxt, 36.- Danae madre di Perseo, Pandione re, vi, 36. iu, 9. Perse figlio di Perseo, tii, 57. cose Pauenu, x x x t , 34? xxxvi, 5. fatte dj Perseo in Afric*, v, 1. Panezio, 1, nel Proera. Persio Manio, 1 nel Proem. , Panfila figlia di Latoo, xi, a6. Pan filo (o Tanfi lo) Bebio, xm, 2 7 . mimo, v i i , Petelio C. cons., xxxm, 6. 10. precettore di Apelle, x x x t , 36, 4 > Petesucco re, x x x t i * 19. Petilio Q., xm, 37. discepolo di Prassitele, x x x t i , 4> Petosiri, u, ai ; t i i , 5o. Paniseo ( d i Taurisco), x x x t , 4<>* Pausa P., vu, 54. C. Servilio, ivi. di Pansa, Petreio Gneo Atioa, xxu, 6. Petrico, 1 , 96; xxu, 4. 1 xi, io 5. Petronio P. prefetto dell' Egitto, n , "5. T. Paolina Lollia, u , 58. consalare, x x x v i i , 7. Diodoto, xx, 3a; x x t , 64. Paolino Pompeo, xxxm, 5o. Svetonio, cons., Peuceste ehe salTa Alessandro Magno, x x x i t , 19. T, 1 . Paolo Emilio, 1 . 9; i t , 17; xxxm, 17; xxxrv, 19; Peucezio fratello di Enotro, ni, 16. 1 Pico re, x, ao. x x x t , 40. L.,xvm, ao; xxvi, 4 * xxxm, 5o; xxxv, 4. censore, vu, 60. cons., 11, 57. Piet, auo tempio, t u , 36. Pilunni, xvm, 3. basilica di Paolo, xxxvi, a4Pindaro, n, 9. poeta, vu, 3o. Papinio Seslio cons., xv, i 4> Pircico pittore, xxxv, 37. Papirio Gneo, 1 , 35. Carbone Goeo, v i i , i 5. 1 Cursore, vu, 60. L. comandante, v i i , 4 xiv, Pirene, in, 3. 14. Fabiano, xsxvi, 24. Masone, x t , 38. Pirgotele, t u , 38 ; xxxm, 4 * Pirode, 57. Paralo, t u , 5 7 Piromaco statuario, xxxiv, 19 ; xxxv, 4<. > Parelo statuario, x x x i t , 19. Pirro re dell Epiro, in, 16; vn, a, 34 t o t , 6 j Paride Alessandro, xxxiv, 19. xi, 71, 77; x i t , 3. c o m b a t t c o n t r o i Roma* Parmenisco, xtiii, 74n i , t u , 60. guerra c o n t r o lui, m i, 7. < re Parrasio (pittore), tui, 34 ; xxxv, ai, 36, 4- T in to , xxxm, i 3 . re( d i Egia), x x x i t , 19. Kvenore padre dj Parrasio, xxxv, 36. in Creta, t u , 57. (statuario), x x x i t , 19. Pasia pittore, xxxv, 4 ( nome d i cane ), t i i i , 61. pollice del re PirPasine re degli Arabi, vi, 3 i. ro, xxvm, 6. Patitele plasticatore, xxxv, 45. (scoltore), Pirrone, vii, 18. x x x t i , 4Pisoicolo Giunio, x x x t i , 4Passieno Crispo, x t i , 91. Piseo, v i i , 57. Patercolo, sua figlia, vii, 35. Pisistrato, isole di Ini, t , 38. Palrobio liberto di Nerone, x x x t , 47* Palrode prefetto della flotta, t i , a i(s ta tu a rio ), Pisone Doraizio, 1, nel Proem. Frugi, xxxm, 11. L., 11,54 ; in, a3 ; vm, 6; xv, 38 ; xvi, x x x i t , 19. 74 ; xxvm, 4 xxxm, 11. come dice Pisone, Patroclo (elefante), vili, 5.

v, n

i495

INDICE STORICO

1496

xm, 8. Pitone riferisce, xxxrv, 8,14. pre


fello della citt, xiv, 38. autore grave, xvu,

38. suoi annali, 11, 54. commentarii,xi 11,


2 7 . M . cons., v i i , 2 7 ; vm, 5 4 ; xxxvu, 6 . accasato da Vitellio, xi, j i . Pitoni, perch cos appellati, xvnt, 3 . Pistone statuario, xxxiv, 19. Pitagora di Samo, 11, G ; xx, 33, 39, 5 t, 83, 87 ; xxi, 68 ; xxiv, 73,99,101,103; xxvm, 6 ; xxx, 3. filosofo, xix, 3o. uomo di sagace in gegno, 11, ig, 30. in Egitto, xxxvt, i 4- Ferecide maestro di Pitagora, 11, 81. atalaa di Pitagora posta a Roma, xxxiv, 13. Pitagora esercitatore, xxm, 63 . Leontino (sta tuario), xxxiv, 19. di Regio, ivi. di Samo, ivi. prefeto del re Tolomeo, xxxvii, 9. Pitagora di Marsiglia, 11, 77,99; iv, 2 7 , 3o; xxxvu, 11. * ( incisore ), xxxm, 55. Piti scultore, xxxvi, 4* Pitio di Bitinia, xxxm, 47* Pilo, vii, 57. Pi lode statuario, xxxiv, 19. Pitocrito statuario, xxxiv, 19. Pitodemo, xxxiv, 19. Pitodico statuario, xxxiv, 19. Pitodoro scultore, xxxvi, 4 * Pittore, xxix, 3g. Fabio, x, 34 ; xiv, 14. * Fabii Pittori, xxxv, 7. Piltoreo, vii, 49 * Planco L., 11, 3 i ; x, 58. doe volte consolo, xm , 5. capitano, xxxv, 36. oratore, vii, 10. Plaochi, xi, io 5. Platone, n, 92 ; xxx, 3. intorno i piccoli cor pi, xxn, 5 i. lode di Platone, vii, 3 i . scia me di api sulle labbra di lui bambino, xi, 18. repubblica, 1, nel Proem. Plauto, xix, 19. oella Aulularia, xvm, 38.

favole di Plauto, xiv, i 5, 16; xxix, 38. Plauti, xi, io 5. ^lauzio C., cons. x, 3.
Plistonice Apione, xxxvu, 19. Plistonico, xx, i 3, 48. Plocamio Ennio, vi, 34. Plotino, vu, 36. Polemone re, xxv, 38. (pittore), xxxv, 4. Poli statuario, xxxiv, 19. Polibio, in, io; iv, 36,37; v, 4 , 6; vi, 36, 38; viu, 10; xxxi, 47. compagno dell' Emiliano, vm, 18. scrittori di annali, v, 1. Policarmo scultore, x x x v i , 4 . Policle scultore, xxxvi, 4 (statuario), xxxiv, 19. Policleto statuario, xxxrv, 5, 19. Policrate tiranno di Samo, xxxui, 6 ; xxxvu, 2, 4. -r- (statuario), xxxiv, 19. Policrilo, xxxi, 14. Polidaraante, vu, 5o.

Polidette scultore, xxxn, 4Polidoro tcultore, xxxvi, 4* ( statuario ) , xxxiv, 19. Poiignoto pittore, xxxm, 16; xxxv, 25, 35 , 4. (statuario), xxxiv, 19. Poliislore Alessandro, x, 56 ; xxxvi, 17. Polinice ( di Tanrisco ), xxxv, 4. Pomona, xxm, 1. Pompeo Magno, m, 4* 19; vi, 19, 3o; vn, 3, 10, 3 i, 49 ?* 7 aoa4* 34 ; x, 80, 8a; xn, 9,54 ; xvi, 3; xvm, 7 ; xx, 53 ; xxm, 77 ; xxv, 3; xxxm, 45, 47*54, 55 ; xxxvn, 5 . capitano, vii, 27. lode di lui, vn, 26. casa di Pom peo Magno, xxxiv, 19; xxxvt, 4 - guerre civi li, 1 , 23 ; xvn, 38. guerra piratica, m, 16. 1 flotte, ivi. al suo tempo, xxn, 61 ; xxn, 5, 7. nel secondo consolato, vin, 7. il terza contolato, xv, 1; xxxm, 5. il consolato, xxxiv, 39. il portico e la caria, xxxv, 35. il teatro, xxxm, 16,54 ; xxxiv, 18; xxxvu, 7. trionfo, viu, 2. atti dei trionfo, xxxvu,6. tepolcro, v, i4Pompeo Gneo ( figlio del Magno ), xxxti, 39. preto, 111, 3. Setto, vu, 54 ; x, 22 ; xxxv, 58. Aulo, vu, 54. Fiacco, xv, 24. Leneo, xv, 39 ; xxv, 3. Paolino, xxxm, 5o. Strabone, vii, 44*~ padre di Pompeo Magno, VII, 10. Pomponiano Scipione, xxxv, a. Pomponio, vn, 4- M., vu, 49* 1 consolare, vu, 18. poeta, xiv, 6. Secondo, xm, 36. Setto, xxu, 57. Popilio C. cons., xxxiv, 14. M. censore, ivi. Poppea moglie di Domizio Nerone, xi, gG ; xu, 4 i ; xxvm, 5o; xxxm, 49; xxxvu, 13. Poppeo cons., vu, 49* Porcia famiglia, vu, 38. Porcio C. cons., n, 57. L., 11, 39. 3 i. Latrone, xx, 57. Porsenna re d'Etruria, u, 54 xxxiv, 15; xxxvi, 19. Posi plasticatore, xxxv, 45. Posidonio, 11, 3 1 ; iv, 21 ; v ii , 3 i . Efesio ( inlagliatore ), xxxm, 55. (statuario),xxxiv, 9. Potione, v i i , 16. Potlumio Albino, xi, 71. A., viu, 7. ditta* tore, xxxm, 11. Sp., n, 3 i. coos_, xxxu, 48. Tuberto, xv, 38. Prattagora, xx, i 3, a3, 26. medico, xxvi,6>. Prassibolo, xxxm, 37. Prassitele statuario, vu, 39; xxxiv, 19; xxxv, 3g, 4o ; xxxvi, 4* fu il primo a dare spettacoli, xxxm, 45. ( intagliatore ), xxxm, 55. Preconino, xxxm, 7. Stilone, xxxvu, 4> Pretidi furenti, xxv, 21. Preto, v, 57. Priamo ( pittura ), xxxv, 4<. >

497

INDICE STORICO
5,

i 49 8

Prisco Aceto, xxxt, 3?. Latorio, vn, 40. Tar


q u i n i o , x t , 1 ; x x x i u , 1 9 ; x x x i t , 11; x x x t ,

43, 45 ; x x x t i , 70. Procilio, t i i i , 3. Procaleio C., t i i , 46; x x x t i , 59. Procalo Flavio, x x x i i i , 8 . Prodico, xxix, a. Prodoro statuario, x x x i t , 19. Prometeo, t i i , 57 ; x x x i i i , 4 x x x t i i , 1. Proserpina rapita, x x x t , 36. (di Prassitele), x x x i t , 19. Proteo, xxx, a. Protesico ( di Dinomene), x x x i t , 19. delubro di Protesilao, i t , 18. Protogene pittore, t i i , 3g; xxxv, 36,37. (sta tuario e pittore), xxxiv, 19. Prusia r e di Bitinia, t i i , i 5 . Psararaetico re di Egitto, t i , 35 ; x x x t i , 19. Psillo re, t i i , a. Publicio liberto, vii, 10. Publico poeta (nimico, t i i i , 77. fondatore della cena mimica, xxxv, 58. . Publicola Valerio, xxxvi, a. cons., x x x i t , i 3. Pulcro Claudio, t i i i , 7 ; xxi, 4 x x x t , 7.

Rotondo Drusillaoo, xxxm, 5a. Rubrico medico, xxix, 5. Rubrio istrione, t i i , i o . Rufo Cecilio, t i i , 5o . Cornelio, t i i , 5 f . Giulio, x x t i , 4. Messala, v i i , 53 . Suillio, vn, 4 Tario, xvm, 7. Rulliano Fabio, v i i , 42. Rullo Servilio, vm, 78. Russato Felice, vii, 54. Rusticello Ercole, v i i , 19. Rutilio, 11, 39; v i i , 36. Livia di Rutilio, vn, 49.

S
Sabi dio degli Arabi, xit, 3a. Sabino Tirone, xix, 57. T. Settimio, x x x i t , 19. Tizio, vni, 61. Saffo, xxu, 9. ( di Leone), xxxv, 40. Salauce, xxxm, i 5. Sallustio amico di Aagaslo, x x x i t , a. Dionisio, xxxii, a6. Sa lo u ia n o , t i i , 1a. Salonio cliente di Catone, t i i , i a. Salpe, xxvm, 7, 18, a 3, 80. levatrice, xxxu, 47, 5 c. Salute, suo (empio, xxxv, 7. Saluzio Scipione, vn, 10 ; x x x t , a.

Q
Quinzio C. cons., t i i , 36. Cincinnato, x t i i i , 4 Flaminino cons., xix, 45. Scapula, t i i , 54. famiglia dei Quinzii, xxxm, 6. Quirino ( Rotaolo ), xv, 36. tempio di Quirino, t i i , 60. delubro, xv, 36.

Sal vio,

tii,

19.

R
Rachia, vi, 34. R a d a m a o to , *11,57. fratello di Ruino$se, vi, ia. R a fo re, xxxvi, 14. Ramise re, xxxvi, 14. Raturaena, virr, 65. Rebilo cons., t i i , 54. Reco plasticatore, x x x t , 43. Regolo Atilio, x t i i i , 6. capitano, Tin, 14. Remmio Palemone, x i t , i 5. Remo, xv, ao. Reto capitano, 1 1 24. 1, Rodope meretrice, x x x t i , 17. Rolo architetto, xxxvi, 19. Romilio Pollione, x x i i , 53. T., v n , 29. Romolo, ui, 9;ix, 63; x i t , i 4; x t , 36; x t i , 5; x t i i i , a ; xxxm, 4, 9 ; x x x t , 34. e Remo fondato re, xv, ao. statua di Romolo, xxxiv, 11. R o s c i o , vn, 3 i. istrione, v i i , 40. statua di L. Roscio, x x x i t , 11.

Sammula, t u , 49 Sango, suo tempio, T m , 74. Sarpedone, sua epistola, xm, 37. Saserna padre e figlio, x v i i , 35. Satiro,' x x x t i 1, 34, 35. architetto, x x x t i , i 4- poeta, xxxvu, 11. entro una fiala, xxxm, 55. ( di Aristone ), xxxv, 36. Saturnino Volusio, t u , 13, 49; xi, 90. Saturno, m, 3. Chirone figlio di Saturilo, v i i , 57. simulacro di lui (a Roma), x t , 7. tempio, x t , 30. lago, xxxt, 18. Saufeio Ap., t u , 54 Decimo, ivi. Sauro scultore, x x x t i , 4*

Scandio, x t ,

5.

Scapula Quinzio, vn, 54. Scauro M., t i i i , 4 ; xx, 4 x x x t i , 3. figliastro di Siila, x x x t i , 34 ; xxxvn, 5. intorno la sua vita, xxxm, 6. M. padre, principe della cit t, v i i , 4 >; xxxvi, 34. console, che poi prin < cipe, 11, 55 ; vm, 83. edilit di M. Scauro, vm, 34 ; xxxiv, 17 ; xxxv, 4 ; xxxvi, 3, 34. atrio, xxxvi, 3. scena, x x x t i , 8, 64. di Scauro, xi, io 5. Scevola Q., vm, so ; xnr, i 5 ; x t i i i , 7. Scili* scultore, xxxvi, 4 - (di Androbio), xxxv, 4 Scimno intagliatore, xxxiv, 19. Scipione Q., vu, a4 ; xxxm, 48, 53. xxxv, 7 ;

4 9 9
IT T I,

IN DICE STORICO

iW

6. Emiliano v, i ; t u , a8 j t i i i , 18 ; x, 6 0 ; xxn, 6 ; xxvi, g ; xxxvu, 4 > Africano maggiore, v i i , 7. Allobrogico, xxxm, 5o. Asia1100 L ., 1, nel Proem. Pomponiano, x x x t , a. Saluzto, v i i , i o . Serapione v i i , i o ; xxi, 7. flotta di Scipione, xi, 74- rogo, 111, 3. scrigni, vu, a 5. colonia di Tarra cone impresa dagli Scipioni in, 4. Marcio vendicatore xxxv 4* Scite di Lidia, vii, 57. Scopa intagliatore, xxxvi, a i. scultore xxxvi, 4. ( statuario), xxxit, 19. Scribonio C. 1 35. 1 Scrofa xvu 35. Seboso vi, S5. Stazio, vi 36 ; x, 17. Secondilla, vii 16. Secondo Pomponio, xm a6. Sedigite ( sorelle ) xi 99. Sedigito Volcatio, xi, 99. Segesta dea, xtiii , a. Seia dea, xvm, a. Seiano, vii, 40. fine di Seiano vm, 74. Seio M., x 37 ; xv, 1. Seleuco re, n, 67 ; v, 33 ; vi 17, 8, ai ; xvi, 59. Nicatore, vi, ia, a i. fomlator di Aparaea v, a i, a 3. re (di Aristodemo, di Brissi ), xxxiv, 19. Antioco figlio di Seleuco, vi, 18. Semiramide, vi, 3, a 5, 3a ; vii, 57. di serva diventa signora di regno, xxxr, 36. are, vi, 18. tazza, xxxm, i 5. cavallo, vm, 64. orli, xix, 19. Semneserteo re, xxxvi, 14. Sempronio Longo cons., xxxm, 6. Senagora, vn, 57 ; xxxix, 19 ; xxxvu, 9, 11. Seneca, vi, ai ; x, 78 ; xiv, i 5 ; xxix, 5 . Senocrate, xx, 54, 8a ; xxl, io 5 ; xxu, 33 43 ; xxvn, 62; xxxvi, 67 ; xxxvii, 10, 63 . Efesio, xxu, 3a. scrsse della pittura, xxxv, 3 6 ; xxxvn, 10. (statuario), xxxvi, 67. Senofilo musico, vn, 5 i. Senofonte, vii, 49- capitano, xvm, 5 . Lam psaceno, vi, 36. - Simposio di Senofonte, xxxiv, 19. Seuone pittore, xxxv, 40. Sentio C. pretore, xiv, 17. Sera do, xvm, 4 famiglia dei Serani, xix, a. Serapide, suo tempio a Tebe, xxxvi, 11. in uno smeraldo, xxxvn, 19. Serapione pittore, xxxv, 37. Sereno Anneo, xxn, 47* Sergio M. ( lode.di esso), vii, 3 9 . Orata, x, 79. Seriorio Q., vii, 37 ; viu, 5o ; xxu, 6. Serse re de'Persiaui, ir, 17, 18, 34; xvu, 38 ; xxx, 2; xxxm 47; xxxiv 19; xxxv, 19. togato ( Lucullo ) x, 80. officine di Serse, xxxtv, 19.

Servilio, xvi, 5. eons., xxxr, 3. Deroocrale* xxv, 49* Noniano, xxvm, 5 ; xxxvn, a i. P. mastro de cavalieri, vu, 39. M. cons, x, 60. consolare, xxnr, a8. Pausa, vu, 54- Rullo, vm, 78. famiglia Servilia, xxxiv, 38. Servio Clodio, xxv, 7. Cornelio Merenda, xxxm, 11. Sulpicio cons.. 11,57 ; xxyni, 5. Tullio, 11,111 ; vm, 74. re, xvm, 3; xxxm, 4, 6, i 3 ; xxxvi, 40, 76. Sesostri re di Egitto, vi, 33, 34 xxxm, i 5 ; xxxri, 14. Nuncoreo figlio di Sesostri, xxxvi, i 5. Sestio, xvi, 30 ; xvm, 68; xx, 5o ; xxvm, 3o, 34 xxrv, a3 ; xxxn, i 3. Ni gr, xx, 84 * Pom peo, x, 33. Pompouio, xxn, 57. Severo Cassio, v, 10 ; xxxv, 46. Sibilla, vu, 33 ; xm, 37. tre staine della Sibil la, xxxiv, li. libri, vn, 35 ; xvu, 38. Siedo Dentato, vii, 39 ; xvi, 5 ; xxu, 5 . Siface, sua regia, v, 1. Si lanione statuario, xxxiv, 19. Silano D., xvm, 5. Giunio cons., u, 89. pro console, 11 35 ; x i p , 4* , Cassio, xxxrv, 18. M., v i i , 11. Sileno, iv, 36 ; vn, 57 ; xvi, 63 . (statua), xxxm, 55. imagine di Sileno, xxxvt, 4. tre Stleui, xxxv, 36. Silio P. coni., vm, 61. Siila, vn, 43 ; xxxm, 5, 47 ; xxxvi, 5 , 64 ; xxxvu, 5. legato, iu, 9. dittatore, u, 55 ; tu, a; vii, 55 ; viu, ao; xi, 39; xxu, 6 ; xxxvt,86; xxxiv, ia; xxxvn, 4* patrigno di Scuro, xxxiv, a4< vittoria di Siila, xxxm, 5a. Siila L. cons. con Augusto, vn, 11. Sillano Pompeo, vu, 37. Siioni, xi, 59. Silvano, suo simulacro, xv, ao. Simeoo statuario, xxxiv, 19. Simi, xi, 59. Simo medico, xxi,.88; xxu, 3 a. (pittore), xxxv, 40. Simone, vu, 57. Simone statuario, xxxiv, 19. cavaliere (statua), ivi. Simonide, vu, 57. medico, vu, a 4 >57. ni* no re, vi, 35. ( pittore), xxxv, 40. Sirene Leucasia, 111, i 3. Siriatione, xx, 53. Smilace vergine, xvi, 63. Smirna Amazone, vi, 3 i ; vu, i 3. Socrate, vu, 3 i; xxxrv, ia. ( pittore), xxxr, 4o. (scultore), xxxvi, 4 Sofocle, vii, 54 ; xxn, 33. poeta, xvm, 12. tragico, vu, 3o ; xxx vi, 11.-nato di fami glia principesca, xxxvn, 11. fama della sua vita, ivi. Sogdonaco, vi, 3 i.

INDICE STORICO

i5oa

Sole figlio dell'Oceano,


Soloue S m i r n e o , x x ,

tu , 86.

57.

83,

Sopoli pittore, xxxv, {o.


Sorano V a le r io , 111, 9 . So ru azio , x x x u , a 3. S o lic e n e , 11, 6 ; x v m , 5 7 . Sosiraeue, x x , 7 3 .

Superbo Tarquinio, iti, 9 ; t u , 63 ; xnt, 37 ; xix, 19, 53. casa di Tarquinio, x x x t i , i 3. Sura'Mamilio, x t i i i , 6 . proconsole, v i i , i o . p Suro (elefante), t i u , 5. Svetooio Paolino cons., t , i .

Soso,

x x x t i,

60.

T
Tacito Cornelio, vu, 17. Talete Milesio, u, 9; xvm, 57. Talna Giuveozio, vu, 54. Tamira Trace, v i i , 57. (di Teone), x x x t , 4 0 . Tanaquil regina, xxxvi, 70. Tao filo, t u , 54. Taracia Caia, x x x i t , i i . Tario Rufo, xvm, 7. Tarmoenda, xxx, a. Tarpeo Sp. cons., vu, 39. Tarquinio L. re, 111, 9. Prisco, x t , i ; xxxm, 4, 19; x x x i t , 11, i 3 ; x x x t , 5, 43, 45 ; x x x t i , 34 , 70. Superbo, t u i , 63 ; xm, 37 ; xix, 19, 53. argine di Tarq. Superbo, tu, 9. Taurisco Ciziceno, xxxm, 55. (pittore), xxxr, 4o. Tralliano (scultore), x x x t i , 4< Tauro Pacuvio, x x x i t , 11. Tatirone, t i i , 3 . Telchio, vi, 5. Telefaue Foceo, x x x i t , 19. Sidonio, x x x t , 5. Telefo, x x t , 19; x x x i t , 45. ( di Parrasio ), x x x t , 36. Telesto poeta, x x x t , 36. Tellnre, suo tempio, x x x i t , i4> Temisone sommo scrittore, x i t , ai ; x x t , a3, 39; xxix, 5. Temistocle, x x x i t , ia. Teocreslo, x x x t i i , ia. Teocrito, suoi incanti, xxxm, 4* Teodoro, xx, 4 > xxrr, tao. Samio, t i i , 57; xxxv, 40. architetto, x x x t i , 19. (pittore), > x x x t , 40. (plasticatore), x x x t , 43. ( ta tuano), x x x i t , 19. prestigiatore, x x x t , 40. fondo di Teodoro a Smirne, x x x t i i , 49* Teofraslo, 1, nel Proem.; 1 1 9 ; t i i , 54 ; t i i i , 43, 1, 49, 54, 69, 82 ; x, 8, 83 ; x, 41 ; xi, 116 ; xm, 3 o ; x t , 1, 3, 4 5 x t i , 63 ; x t i i , 37 ; xix, 10, 48 ; xx, 3 ; xxi, 9,68 ; xxv, 4, 3a ; x x t i , 63. scrittore g r a T e , x x t i i , 4 ; x x t i i i , 4* i 5 ; xxxi, 9, 14, 6, 19, 40, 4 6 ; xxxm, 37 ; x x x t i , 39$ x x x t i i , 11, i 3, 19, a5, 74 Teomeoe, xxxm, 11. Teone pittore, x x x t , 4* banditore, x x x i t , 6. Teonnesto pittore, x x x t , 36. (statuario), x x x i t , 19. Teopompo, u, n o ; in, 9, i 5 ; i t , i ; t u , 49 xxxi, i 3, i4> 19*

Sostrato statuario, x x x i t , 19. Gnidio, x x x t i , 18. Sotaco, x x x t i , a5, 38 ; xxxvn, 1, 3, 24, 5 i, 57. Soli re, xxxvi, 14. 50tira levatrice, x x t i i i , a3. Spartaco, x t, 38 ; xxxm, 14. Spillimene (di Prassilele), x x x i t , 19. Spia taro (di Telefone), x x x i t , 19. Spintere, t u , i o . Lentulo, x , 53 ; xix, 6 j x x x t i , ia. Spurio Albino, x t i i i , 8. Melio, x v m , 4- Polumio, x x x m , 48. Nauzio, x x x i t , 11. Slaberio Ero, x x x t , 58. 51alico pittore, xxxv, 4* Statilo, t , 36 ; t u , 57.
S ta tilia , t u ,

49*

Statilio Sleuio, x x x i t , i 5. Stazio Seboso, t i , 3 6 } ix, 17. Slefaoione, t u , 49Stefano scultore, x x x t i , 4. Stefusa (di Prassilele), xxxiv, 19. Slenelo Acilio, x i t , 5.
Sleni, xxxrv, 19.

Stercuto re, x t i i , 6. Stertinio Q., xxix, i 5. Stesicoro, 11, 9 ; x, 43. Stilone Elio, ix, 59 ; xxxm, 7. Preconino,
xxx vii, 4.

Stilpone, t u , 5 4 . Stipace statuario, x x x i t , 19. Stolone Licinio, xvm, 4- Stoloni, x t i i , i. Strabone (celebre per la qualit della T e d u la ), vii, 10, ai. Lenio, x, 73. Pompeo, vii, 44* Straboni, xi, 55. Slratonice regina, x x x t , 40. (pittura), ivi. Stratonico, xxxm, 55. (intagliatore), x x x i t , 19. (statuario), ivi. Strongilioue, x x x i t , 19. Strania Nonio, x x x t i i , si. Studioso Trace, n, 99. S n d i n e , x , 56 ; x x x t i , i a ; x x x t i i , 35, 5o . S n f i e z i a , Tergine T e s ta le , x x x i t , 11. Soillio Hufo, t u , 4* Solpicia figlia di Patercolo, t i i , 35. . Sulpicio Galba, xxvm, 8. Gallo, 11, 9, 19. Servio cons., 11, 57 ; xxvm, 5. L. cons., x xxm , 6. Q. cons., tu , 49. Sommano dio, u, 53. tempio di Suiumano,
x x ix , 14.

5o3

INDICE STORICO

i5o4

Terenzia, v i i , 49Terenzio Gneo, x i i i , figlio di Marco, , 5o. Corace, vn, 54- Lucano, x x x t , 33. Tereo, suo delitto, v, 18. scelleraggini, x, 34Tergili*, x i t , s8. Tericle, xvi, 76. Teriroaco statuario, x x x i t , 19 ; x x x t , 36. Terpaodro, vii, 57. Tertulla, vn, 5o. Teseo, t u , ; xxu, 44 (di Aristolao), x x x t , 4o. (di Eufranore, di Parrasio), ivi. (di * Parrasio), xxxv, 36. Tespi e Tespiade (statue), x x x i t , 19. Tessalo medico, xxix, 5. re, i t , i 4< Teli (di Scopa), xxxvi, 4Teuca regina degllllirii, x x x i t , 11. Teucro, x x t , 20. Crustario, xxxm, 55.
Tiberio Augusto, xix, 4 * 4 8, > Cesare, 1, nel Proem. ; 11, 86 ; x, 76 ; xt, 54 ; *iv, 3, 8 ; xv, 21, 4< ; xvi, 74* 76 ; xxt, 10 ; xxvi, 6 ; xxvm, > 5 ; xxx, 4 > xxxv, 10, 40 ; xixvi, 67. prin cipe, x, 4 ; x, 60 ; xm, 27,29; x t, 16 ; xix, a 3, *8, 33 ; xxxiv, 19 ; xxxv, 36 ; xxxvi, 66. il pi Irido degli uomini, xxvm, 5. Claudio principe, x, 29; xiv, 28. (figlio di Augusto), xxvi, 3,6 . imperatore, xxu, 46 ; xxvi, 6. Nerone, vn, ao. Caprea celebra per la rocca di Tiberio, 111, 12. pensieri, vu, 46. nel principato di Cesare,' xxvi, 6 ; xxxm, 52. nell'an 00 nono del suo principato, x xxm , 8.

Tiburto fondatore di Tivoli, xvi, 87. Tichio, t i i , 57. Ticinio Mena, t u , 5g. Tifi, vii, 57. Tifone re, 11, 23. Tigrane, vu, 27. Timagene, ui, 23 ; xxxm, 4* Timagora pittore, x x x t , 35. Timante pittore, x x x t , 36. Tiroarchide tenitore, x x x t i , 4- ( statuario ),
x x x i t , 19.

Timarco, xi, 63. (statuario), x x x i t , 19. Timarete, x x x t , 35. -f ig l ia d i Micone, xxxv, 4<>. Timari regina, xxxvu, 66. Tiroaristo, xxi, io 5. Timeo, 11, 6 ; 1 1 i 3 ; v, 27 ; v, 3o, 36. mate 1, m a t i c o , t , 1 0 ; x t i , 34 ; xxxm, i 3 ; x x x v i i , 1 1 . Timocle statuario, xxxiv, 19. Timomaco, vu, 3g. (pittore), x x x t , 4<- Me > dea di Timomaco, ivi. Timone, v i i , 18. (statuario), xxxiv, 19. Timostene, v, 9, 35 ; ti, 5, 33, 35. Timoteo, t u , 57. (scultore), xxxvi, 4- (ta
tuano),
x x x it,

19.

Tiu da reo, xxix, 1. Tindaride, x x x t , 4*

Tiresia, t i i , 57. sepolcro di Tiresia, xxxvu, 66. Tiridate, re d'Armenia, v i i , 40; xxx, 6 ; xxxin, 16. Tirone Sabioo, xix, 57. Tirreno, v i i , 57. re, m, 8. Tisi statuario, xxiv, 19. Tisicrate Sicionio, x x x i t , 19. (statuario), ivi.- biga di Tisicrate, ivi. Arcesila tua figlia, xxxv, 40. Tito imperatore, n, 22; x x x i t , 19. cata di Tito imper., xxxvi, 4. Tiloe, xxxvi, 19. Tizio pretorio, xxxi, 8. Sabino, vm , 61. Tlepolemo, xx, 73 ; xxxv, 36. ( di Pratsitde), xxxvi, 4. Tolomeo re, vn, 37 ; vm, 5 ; x, 26; xiv, 9 ; xxi, 96 ; xxxi, 3g; xxxvn, 9. ( figlio di Lago re di Egitto), xxxv, 36 ; xxxvi, 18. figliodi Antioco, x x u , 3. Cera uno, vi, ia . La taro, vi, 35. Filadelfo, vi, 33, 34 ; vu, 57 ; x, a ; xxxvi, 14 xxxvu, 3a. di coalai sorella Ar sinoe, xxxiv, 42. secondo, xxxvn, 3a. Filopalore, v i i , 57. Sotero, ivi. Trifone, vu, 57. cacciatore ( di Antifilo ) , xxxv, 4 re di Mauritania, v, 1 ; xm , 29 ; ( uomo privato ), xxxm, 47- biblioteca del re Tolo meo, xm, 21. Tolomei regnatori, xn, 3 1,37. Toranio venditor di fanciulli, vu, 10. Torquato, vui, 74 ; xxxm, 5 . Maulio, t u , Novellio, xiv, 28. Trebio Nigro, x, 4 < 4& x* a o *x v m , 4 ; xxxu,6. * Tremolo Marcio Q., xxxiv, 11. Triario, vi, 4< Trifone Tolomeo, t u , 57. Tritanao, vn, 19. Triltolemo, t u , 57. nome della faT ola, xvm, is. ( di Prillitele ), x x x t i , 4 Trofonio dio, xxxi, 11. oracolo e simulacro di Trofonio, x x x i t , 19. Trogo, ni, 3 ; x , 5 i; 11,94, 114 ; x t u , 9 ; xxxi, 47* Tuberone, vn, 53 ; x, 20 ; x v i i i , 66. Q. cons., TII, 25. Tuberto Postumio, x t , 38. Tuccia vestale, x x x t i i , 3. Tuccio Valla, vn, 54Tuditano, 1, nel Proem .; xm , 37. dom g l'i striani, ni, a 3. Tullie Tiburtine, xvu, 26. Tullio M. (Cicerone ), vii, 3 i. afferma, xxxit, 19. cavai. Romauo, tu, 16. Laurea, xxxi, 3 . Servio, 11, m; vii, n4;xxxm , 4,G;xxxvi,7o. Tulio Clelio, xxxit, 1 1 . Ostilio, n , 54 ; ix , 63 ; xvi, 5 ; xxviu, 4* Turiano plasticatore, xxxv, 45. Turpilio cavaliere Rom., xxxv, 7. Turranio Gracile, ni, 4 4 > xvm , i 5 .

i5u5

INDICE ST O fiK O

l5o6
4> Anadiomne (di Apelle), 36,40. (di Nealea, diNiceareo), x x x t ,

mo),
u
x x x t,

x x x ti,

4o. (di Cefissodoro, di Fidia, di Filisco, di Scopa ), x x x t i , 4. tempio di Venere, n , 97. lago, xxxu, 8. simulacro, t u , 35. as Ulisse, ixviii, 4. rioTene Achille, xxxt, 40. segnata a tutela degli orti, xix, 19. statua di io emblema, xxxm, 55. <di Analofante, di Venere Cluacina, x t , 36. tempio di Venere Parrasio), xxxv, 4. in barca o tat (di Pan Genitrice, t i i i , 64 ; x x x x t , 9, 4 >xxxvu, 5. filo), xxxv, 36. finta palliai diUlisse ( di En tempio, vu, 39 ; t u i , 7. tra 1 0re ), xxxv, 4- Ta erraodo, xxx, . 1 uave, i t , 9. Specola, 111, 3. Ulisse con cap Ventidio P., t u , 44* Veraoiolo, 1, nel Proera. pello, x x x t , 36. Verre, x x x i t , 18. Cupido rinfacciato Verre Umbri ci, x, 7. da Cicerone, x x x t i , 4. Verre f i-coadmnato da Cicerone, xxxiv, 3 . V Verrio Flacco, vn 54 ; t u i , 6 ; ix, 39; x t i u , 11 ; x x t i u , 4 ; xxxm, 19, 36. Verrucoso Fabio, x x x i t , 18. Vacia, xi, io 5. Valente medico, xix, 8. Vezio, xxix, 5. Vin- Vespasiano Angusto, u, 5 ; xn, 42. imperatore, uio, vii, 19. iu, 4 ; i i. i 4 *xxxm, 13; x x x t , 36; xxxvi, 4*n 34. Vespasiano principe, xxxv, 37. cen Valeria, t u , i 5. figlia di Publicola, x x x i t , i 3. sori di Vespasiano, i t , 5o. Vespasiani im famiglia, xix, 19. peratori, n, 10; ui, 9 ; xu, 54 ; xxxm, 13; Valeriano, ni, 17. Cornelio, x, a; x i t , i 3. x x x i t , 19. Valerio Antiale, 11, ui. architetto, xxxvi, 4.* * C. coni., xix, i 5. CorTino, t u , 49- L., 11, Vesta sedente ( di Scopa ), x x x t i , 4- tempio di Vesta, t u , 45 ; x x x i t , 7. 34. M., x t , 38. Mariano, xix, 1. M. Messala, x x x t , 7. Messala cons., t u , 60. Pu Vestale Fabio, t u , 60. Vestili, t i i , 4. blicola, x x x t i , 24. Sorano, 1, oel Preera. Vetere Antislio, xxxi, 3 ; xxxm, 8. Valgio C., x x t , a. Vetuleno Egialo, x i t , 5. Vlla luccio, vu, 54. Vezio Marcello, u, 85; x t i i , 38. Valente xxix, 5 . Vari, xi, io 5. Viatore Giulio, vii, 18. Variana strage, vu, 45. Varrone, 1, nel Proem.; 11, 3 ; iti, 3, i 5, 16, 17, Vibio Avito, x x x i t , 18. Crispo, xix, 1. un della plebe, t u , i o . a6 ; i t , ao, aa, 4>35 ; t i , i 5, 19; vu, a, 6,16, 19, a i, 53, 59,60 ; t u i , 69, 74 ; x, 8a ; x, 53 ; Viodice Giulio, xx, 57. xm, a i, 27 ; x i t , 5, 14 17 ? x t , 8, 18 ; xvi, 3, Vinaio Valente, t u , 19. 5o, 75 ; xvu, 6; x t i i i , 4i 3o ; xix, a ; xx, ao, 54, Vipsanio cons. t u , 10; t u i , 73. 82; xm , 6, 53, 69; x x t , 7; x x t i , 8; x x t i u , 4? Virgilio, t u i , 65 ; xi, a 3 ; xu, 8; x i t , 1, 3, 8, a5; x t , a, 16,17; xvi, 56; xvu, a, 3, a 3, a4; x t i i i , 7, 15,17 ; xxxt, 5, 8 18, 19, 41 ; xxxiu, 15, a 5, 47> 3o, 45,49,56,57,65,71,73, 75 ; xix, 19 ; xxu, 5 5 ; x x x i t , 19, 45 ; x x x t , a, 40, 46,49; xxxvi, 77 ; xxvm, 4* 80 ; xxix, 8. sopra la sandice, 4 , 19, 39, 69 ; xxxvu, 5. determina il tem x x x t , s 3 . Tersi di Virgilio, t u , 3 i. in 1 po, xvm, 69. in et d'anni ottantuno,x t i i i , cantazioni, x x t u i , 4. libri scritti di mano di i 5 . n e ll ' a n n o o t t a n t o t i e s i m o d ell* e t , x x i x , Virgilio, xiu, 36. 18 . M. s o p r a n t e s e alla flo t t a n e ll a g u e r r a p i Virt ( di Aristolao ), x x x i t , {o. astante la r a t i c a d i P o m p e o , u t , 16. * g i o T e n t d i V a r Virt, x x x t , 36. r o n e , x x x t , 40 . i m a g i n e s u a n e ll a b i b l i o t e Visco Macrino, xi, 90. c a , t i i , 3 1. li b r i d e ll e A n t i c h it u m a n e , xm,3 7 . Vitelliani, x x x i t , 17. Vatinio, xi, 101. Vitellio L. x t , 3i, 34. nel suo suo principato, Vedio Pollione, x, 3g, 78. x x x t , 46. orazione di Vitellio, xi, 71. V e io T e , s u o s i m u l a c r o , x t i , 7 9 . Venere nel Panteo, x, 58. fuori delle mura, Vitrasio PoMione, xxxvi, 11. Vittoriato, xxxiu, i 3. x x x t i , 4- Genitrice, 11, 33 ; t i i , 39 ; xxxv, Volcatio, vui, 61. Sedigito, xi, 9. 45. ( di Arcesilao ), x x x t , 45. Gnidi, t u , 39 ; x, 4 1 (di Prassitele), t u , 39 ; x x x i t , 19; Vologeso re, vi, 3o. * xxxvi, 4. M u r c ia , xv, 36. Palatina,-xxxvi, Volunnio P. cons. vii, 57. 3. Vittrice, vm, 7 ; x t , 38. Ira le Gratie Volusio Saturnino, vu, 1 3 , 49 xi, 90. Vopisco Cesare, xvu, 3. e i Cupidi, xxxv, 40. la T a n tesi { di Polioar-

i5o 7

INDICE STORICO

i 5o8

Vuloaoo, tuo figlio Etiope, ti, 35. d feiliro, x v m , 35. giorno aero i Vulcano,xi, i 5. d atabiliti, ii h i . itola sacra, in, i4* Vulcazio Gurgile, t u , 54-

X
XaDto, xxv, 5.

z
Zaoalia, xxxvu, 6o. Zaode, xi, 63. Zarato, xxx, a.

Zenodoro statuario, x x x it, i8. Zenooe, xxu, 44* libri di Zanone, x x t , s i. statua del filosofo, x x x it, 19. Zenotemi, x x x it, 18 ; x x x tu , 11, a3, Zeto e Anfione, x x x ti, 4. Zeuti pittore, xxxt, 14, 35, 36. ( statoario ), xxxif, 19. Zmarre re di Egitto, x x x ti, 14. Zmilo architetto, x x x ti, 19. Zopiro intagliatore, xxxm, 55. Zoroattro, t u , i 5 ; xi, 97; xvm, 5 5 ; xxx, a ; x x x T i i , 49, 55, 57, 58. altro, Proconnesio, xxx, a.

INDICE
DELLE COSE NATURALI
DI ZOOLOGIA, BOTANICA, MINERALOGIA,

CON NOTE
------------------- > * ------------------

A
A b ete , xti, 18, 38, 56. femmina, con ispesse foglie appuntale, x t i , 19. | Abete pettinato Dee. la parie che di verso terra si chiama sapino, xti, 76. ci che i Greci nell abete chiamano leuso, x t i , 73. abete o pat, xn, 62. Vedi Elate. Abete (marino),xm,49- | forse ilfucus ericoides, > o una specie affine. Abiga, xxiv, ao. Vedi Camepiti. Aborto, fa pi feconde alcune femmine, xxxiv, 4q. escogitato dalle femmine, x, 83. delle api, xi, 16. degli arbori, x t i , 4< . in nn > solo aborto nati dodici, t i i , 9. lo sternuto dopo il coito fa sconciare, t i i , 5. Abrolono, xix, 3 1 ; xxi, 18, 34 maschio, cam pestre, xxt, 92. | Artem isia abrotonum L. femmina, di monte, t . | Santolina chamaecyparissus. L. T in o di e s s o , x i t , 19. Acacia di spina, x x i t , 67. | Cio di mimosa ni lotica, o arabica Willd. T ie n e anche in Galazia di arbore pi spinoso, t . | Queslo arbore lo spartium spinosum L. a d e l t a di Sprengel in Dioscoride, 1, i 33 : altri credono che fosse il prunus spinosa L. di cui il sugo addensato oggid si chiama acacia nostrana. Acauo, xxu, 10. | esso l' onopordum acaule, o

graecum ? Secondo Sprengel l onopordum acanthium L. ; a torlo.


Acauli (uccello), T ir e nelle spine, x, 9 5 . | Alcuni intendono c h e s ia \\ fringilla carduelis L. Acantice mastice, xxt, 56. | la lagrima dell* elsioa, o dell' acarna gummifera Willd. Acantide (erba), x x t , 106. Vedi Eriger. Acanlille (uccello), che fa il nido di lino in figura di palla,.x 5o. | Non di lino, ma in forma di palla di lino, secondo Aristotele, Stor. An. x, i 3 ; onde CuTier congettura essere l ' wtwd-aXXjV aristotelica non dirersa dalla vitiparra pliniana. Vedi Vitiparra.

Acanlio, cos delta dai Greci una spina, x x i t , 66. | Onopordum acanthium L.
Acanto, erba da T e r d u r a , xxu, 34. d u n a spe cie aculeato, t . | Acanthus spinosus L. d* unaltra i delicato, dello pederote o melanfllo. | Acanthus mollis L. Acarne (pesce), xxxu, 53. | Forse 1' xofw di Ateneo, lib. t u . Acero, xu, 3 i . bianco, gallico, x t i , a6. | Acer pseudo-platanus L. volgarmente sicomoro, nominalo gli d o , tL | Acer monspessulanus L. zigio, lai. carpinus, ivi. | Carpinus bttulus L. nell acero una parie tuberosa, x t i , 76. Vedi Rompotino. Acesi) xxxm, 28. Vedi Crisocolla.

S ii

I N D I C E

i5ix

Aeete, xi, Si. Tedi Cicala. Achemenida, x x i t , ioa. j Erba famosa nelle fa* T o le de Magi. Vedi Ippofobate. Achillea, xxvi, 33,90.- r Achilleo, panace eraeleo, siderite, millefoglio, x x t , 19. | Oioscoride, v, 36, dice eh' ella a fiori biaoebi e si chiama achillea nobilis L.,0 a fiori aurei, ac/t. tomen tosa L., o anche a purpurei, ach. tanaceti/olia L. ba fusto quadrato, con cime di marrobio, ivi. | Stachjrs keraclea L. Vedi Siderite. Aeilo, xvi, 8. Vedi Elee. Aeiuopo, xxi, 5a, tot. | Thymus acinos L. Acipensere, xxx 1 , 53, 54. ha le squame Tette 1 verso al capo, x, 27. ( Credeii lo sturione a noi noto; ma a torto. Niun pesce ha l e squame r i T o lt e e quel verso : gli sturioni, in cambio di squame, hanno certe lamine che ricorrono per lungo, ma non a no' di embrici le une sopra le altre, come ne' pi fra i p e s e i. Questa la causa, per cui alcuni di tra i vecchi annovera rono I acipensere tra i cartilaginei, e molli dei moderni ne lo danno per lo stu rione (acipen ser sturio L.). Si sa che 1 acipensere raro a * trovarsi, piccolo, eon rostro appuntato in for ma triangolare; le quali cose non son proprie dello sturione comune. Laonde pensa Cuvier che gli antiehi intendessero lo sturioue di specie minore, detto da Linneo acipenser ruthenust e da Pallisi pjrgmaeus, il qoale vive nell Eusino, e pass molto volentieri nei laghi a tra montana. Questo pi piccolo di ogni altra apeeie di sturioni, ma dilicatissimo. Fallasi o riferisce che a Petropoli si veudeva a prezzo enorme quando passava la lunghezza di due piedi. Vedi Elope. Aconito,xxvn, a; xxix,a3.ha foglie di ciclamino: fu appellato pardalianche, cammaro, telifono, corpione, miottono, x x v i i , a. J Nel solo nome li aconito Plinio un varie specie dai Greci sce verate, come a dire doronicum pardalianches L., oppure scorpiodes ; aconitum lycoctonum, cammarum e napelluni L. Acopo (gemma), xxxvu, 54. Aeorna, xxi, 56. | Centaurea benedicta Dee. Aeoro, xxv, 100. | Acorus calamus L. agrio, ivi. Vedi Ossimirsine. Acqua (mirabili effetti di essa), 11, 106. acque marine medicinali, xxxi, 33. quale l'acqua migliore, xxxi, a3.Acque calde, ferventi, ecc. 11,106; v,5, i5. sulfuree, tu, 17. nitrose, xxxi, 4 6 . --colori dell* acqua, xxxi, 3o. ma raviglie, xxxi, 1, segg. indizii, xxxi, 27. sapore, xxxi, 29. Aoqnatici animali, pochi hanno polmone, xi, 7 2 . natura degli animali, d* acqo, x, 7. medi cine ehe se ne fanno, ix, 7.

Acroco rio (bulbo), xtx, 3o. Adadunefro (gemma), x x v i i , 71. Adamantida (erba), xxiv, 102. | Celebre nelle fa vole dei Magi. Adarca, xvi, 66. Vedi Calamocno. Addace, xi, 45. Adianto, xxi, 60. Callitrice, polii rie a, trico rnane, sassifrago, xxit, 3o. | A splenium trichomanes L. Adipsateo, x x i t , 69. Vedi Aspalato . Adipso, xx, 11. Vedi Glicirriza. palma, feuicobalano, xit, 47* l Douma thtbaica DelilL Adone, essocelo, x, 34* | Non l exocoetus L. che Ta piuttosto tra i pesci che volano, m a una specie tra i blenii e i gobii, pesciolini che spes so si trovano tra le rupi che scendono in mare, e che anche quando le acque si ritirano ei vi vono alquanto all asciutto. senza branche, ivi. | Non ci ba pesce che non abbia branche : Plinio lesse in fallo nel greco autore invece di Adoreo, farro, seme, tea, xvm, 10,19, 46. | Tri ticum spelta L. ora ir/t. dicoccum. Adracne creduta la porcellana, xm, 4 * | Portu laca oleracea L. adracne silvestre albero, xiu, 4; xvi,33. | Arbutus integrifolia Lata.; ma non bene. Sprengel la chiama arbuL aadracnen. Adrobolo, xn, 19. Vedi Bdellio. adrosfero, xii, a6. Vedi Sardo. Aface, x x v i i , ai. | Secondo alcnni la aphaca lathyrus L ; secondo altri la vicia sativa L. di di cui Plmio nel lib. xvm, 37. afaee amara, xxi, 5 a,-65. | Questa specie introdotta da Teofrasto molto ambigua. Forse la leomtoon toraxacum L, come fonie Sprengel. Afarce (arbore), xm, 4 1- | Phyllirea angustifolia L. Alia, xxxu, 53. Vedi Apua. Afrode meconio, xxvn, 93. | Euphorbia pe plis L. Afroditiace (gemma), xxxvn, 54. Afronitro, xxxt, 4*> | Alcnni il fanno lo 1tesso > eoi nitrato di potassa che dieesi aciculare; e ritengono la tchiuma del nitro per qnello che oggid ti appella idrocarbonato di soda. Agarico, di color bianco, x x t , 57. | Boletus la ricis Bull. P agarico nasce di piante ghiandifere, x t i , i 3. Agata, in cui le nove Mnse ed Apollo, xxxvn, 3. molti tuoi cognomi, xxxvn, 54. | laspacate, diatpro agAta ; tardacale, sardonico agata ; ce racele, agata crocea ; emaeaie, a vene rosse ; leucacate, bianca ; dendracate, arborescente ; coralloacate, corallina ; con aspetto di fiumi, ondoleggiante ; con aspetto di giumenti, zoo

5i 3

DELLE COSE NATURAM

t 5iA

ino rfi(e ; smile a pelle ili leone, leonina; simile a pelle di iena, indanaiala, ecc. Cos fauno corrispondere i moderni i uumi loro ai nomi di ciascona qualit di ifiiU. Aperato, xxm, 4 . | Achillea ageratum L. Aglaofoti, xxiv, ioa. | Erba usala dai Magi, ere* dola da alcuni, secondo Apuleio, U poeonia officinali* o corallina L. Aglio, xix, 34. | Allium sativum L. nasce da t ne'campi, ivi. | Allium oleraceum L. silvestre,detto anche orsino, ivi. | Allium ur sinum L. gli Egiziani lo hanno per dio, xix, 3a. (medicine di esso), xx, 23. Agnello e agnella. Di questi, vm, 72, jS. Agno, xm, a ; xxiv, 38. | V itex agnus castus L. Ago, o belone, tx, 76. | Syngnatus acus L. Agrifoglia, xxiv, 72. | Ilex aquifolium L. Agrippi, cio partoriti a stento, vii, 6. Aizoo maggiore, chiamato zooftalmo, buftalmo, . ipogeso, stergetro, occhio, digilello, ambro sia, sedo magno, amerinno, semprevivo, xxv, ioa. | Sempervivum tectorum L. minore, eriiale, tritale, crisotale, isoete, aedo, ivi. | Al tri lo chiamano sedum altissimum, e semper vivum sedforme Jacq. ; altri semp. oc/tro ie ncu in Siblh. Alibastrite ( gemma ), xxxvu, 5$. | Sembra di verta dal marmo di questo nome. Alahastrite o alabastro fu anche detta una specie di oniche, ovvero onicliile, di cui si fan vasi da unguenti, xxzvi, ia. Alabastro, xxxm, 33 . Vedi Stibio. Alabete (pesci), v, 1o. Alaterno, xvi, 54. | Rhamnus alaternus L. Pli nio dice a torto che non fa frutto. Alauda nome di una legione datole dall* accedo galerita, xi, 44* I Alauda cristata L. Alberi nascono anche in mare, xm, 48, 5 i. Alberi (mostri marini), xxxu, 53. pesce albero cou rami tanto sparai, ecc., x, 3. | Pai e che a Plinio desse occasione d 'immaginare codesto mostro il pesce stella (asterias L.)f detta da molti testa di Medusa, ma estremamente esa gerata. Cose simili contano gli abitanti del Settentrione d' una certa seppia (polpo) delta da loro kraken, che danno per grande come nn' isula. Albero celibe, vedovo, xvu, 4 * 47* del *uvero > il frutto la corteccia, xvi, t 3. picea albero ferale, xvi, 18. mirice, albero infelice perch presso di noi uon fa frutto n seme, xxiv, 4 pieno di ogni corte di frulli, xvu, 28. | Per una specie di nesto che dai Francesi detto greffe-diane, o piuttosto greffe des charlatans. la sola selva (il leccio), xvi, 91. par tor arme (uu ulivo Mlvatico), xvi, 76. quali

alberi ai credooo dorar pi, xvt, 79. infe lici, dannali dalla religione, che nou fanno fruito, xvi, 47* qmli durino pochissimo, xvi, 90. come si debbano disporre, traspor re, xvu, i5, 16. quali amino i monti eie valli, quali alieno beue ne* piani, xvi, 3o. lode degli alberi, xu, 1. innestamento e con tatto, xvi, 1. adulterii degli alberi, xvu, 1. cute, sangue, carne, nervi, ossa, midolle uegli alberi, xvi, 73. morbi e rimedii per essi, xvu, 37, 39. li alcuni la vita immensa mente lunga, xvi, 85. prodigii degli alberi, xvu, 38. Albero (in india) nocivo alle interiora, xu, ia. | Cos Teofrasto, Stor. iv, 5. Secondo Tos servazione di Sprengel il tamarindus indi ca L. albero di foglie simili al moro, con che si fanno vesti di lino, xu, t 3. | Forse il gossy pium arboreum L. albero di bel frullo e dolce assai, onde vivono i sa vii d I n d i a , xu, ia. | Secondo alcuni musa paradisiaca L., secondo altri cocos nucifera L. albero di fiore roseo che si chiude la notte, xu, 23. | Di qaesto albero nou abbiamo certezza vernua. Pare che Plinio abbia trascritto Teofrasto, Stor. v, 9, ma senza diligente osservazione. albero cbe fiorisce cou fiori di viola bianca, xu, aa. albero in lutto simile al terebinto, eccetto che fa i fratti come il mandorlo, xn, i 3. | Forse la pistacia vera L., come piace al Delecampio. alberi presso Menfi d* immensa vastit, xix, a. j Pensano alcuni che si alluda alla specie adansonia digitata. maravigliti di uno d'essi, ivi. Vedi Eschinomene. alberi che portano ambra, xxxvu, 11. simili alla ferula, vi, 37. | Salmatio lo crede essere il saccharum officinale L. alberi dell* isola Tilo dalla parte di Levante, d* oode esa percossa dal mare, xu, ai. | Forse le specie rhizophorae L., o le bruguierae. laniferi tra i Seri, vi, ao; xu, 8, ai. | Gossypium arboreum L., ed herbaceum, frutescens Dellil. uon che gossyp. vitifolium Cavati. laniferi in di verso modo ehe presso i Seri, portanti zuc che, ecc., xu, ai ; xix, a. | Forse il bombax pentandrum L., secondo alcuni. Per questo ha le fila s corte che non si possono lavorare. alberi rosi dal salso, battuti dai flutti (nel mar Rosso), xu, ao. | Cos Teofrasto, Stor. v, 8. Secondo l'osservazione di Sprengel la specie rhizophora mangle L., ma pare che Teofrasto li descriva dietro il raggaaglio dei viaggiatori. alberi che portano inceuso, xu, 3o. Vedi In censo. Albuco, xxi, 68. Vedi Asfodelo. Alce, v i i , 16. | Cervus alces L. Vedi Aeli.

1515

IN

U I C b

Aleso, xxvn, 6 . | Malva aleea, o Jiibiseus trio num L. Alcibio, xxvii, aa. | Deseri vesi da Dioscoride nel rv, 37. Secando Sprengel I' cchium ru brum L. Alcione, x, 47. | Con pi diligenza descritto da Aristotele, Stor. Anim. x, 14- Alcedo ispida L. Il nido dell' alcione non altro che il ge nere de' zoofili detto da Linneo alcyonium. Questo ha forma concava, onde indarno fu preso per nido. Plinio lo appell haleyoneum nel xxxu, 27. L' nccello alcione non fa nido, e suol deporre le sue uova nelle cavila dei lidi. Alettone (gemme), xxxvn, 54 Aleltorolofo, xxvn, a3. | Rhinanthus crista galli L. Alga, piuttosto vocabolo di erba, xm, 48. I Dal dire che fa qui Plinio che lalga sia piuttosto er6a, s 'intende esserci varie specie di ulva, di ceramio e di fuco, non fruticose, ma piccole e molli, comprese generalmente sotto il nome di alga. alga di mare, xxxii, 22. alga ros sa, xxvn, a5. Alicacabo, xxi, io 5. Vedi Tricno. Alicelo, x, 3, 4, 5. | Falco albicandus* falco ossifragus, e anche falco albicilla Gmel. Queste sono tre specie dell' alicelo, cos no minate secondo il sesso o l ' et. Alitleo, xvi, 8 . | Quercus pseudo-suber. Alimo (limoli), xxu, 33. | Atriplex halimus L., (di due generi) il domestico, ivi. | Porse questo I atripportulacoides L. alimo (halimus), xvn, 37. | Da Teofrasto, Stor, iv, ao. lo qual modo lalimo dia morte al citiso non si sa ab bastanza : forte perch ha pi salsuggine, come riferisce il greco autore, Caos, v, aa. Alipleumone, xxxu, 53. Vedi Polmoni marini. Alipo, xxvii, 7. | Globularia aiypum L. Alisma, damasonio, lirone, xxv, 77. | Alisma plantago L. o alisma parnassifolium L., come ha Sprengel. Alisso, xxiv, 57. | forse la rubia tinctorum L. ? Certo 1*alisso di Dioscoride non quello che presso noi detto alyssam rupestre L., secondo Sprengel ; n quel di Galeno eh* marrubium alyssum L. Questa pianta di Plinio dal Delecampio riferita, n male, all* asperala degli erbolai. Allodola, xxx, ao. Vedi Alauda. Alloro, xv, 3g. | Laurus nobilis L. Plinio ne mette il delfico, il ciprio, il mustace, il regio, il baccalio, lo spadonio, lo sterile o trionfale, ecc. silvestre, tino, ivi. | Viburnum tinus L. Vedi Camedafne, Dafnoide.tasso,ivi. | Ru scus hypoglossum L. Alessandrino, carpo-

fillo, ipelato, ipoglossio, Ideo, ivi. { Rateai hypopliyllum L. Allume (mollo di esso), xxxv, 5a.Egizio, xxvm, /|G. (io. rotondo, xx, 34- schisto, xxxi, 9. Almiridia, xix, 4 1 | Crambe maritim a L. Alno, xvi, 3 i, 38, 45, 67. nero, xvi, 79. | Al nus glutinosa L. tubercolo nell1 alno, xvi, 37. Aloe, xxvn, 5 . | Aloperfoliata L., e forse altre specie ancora. Alo(alus),xix. 34* sin filo pelreo, xxviL,a4. | Alo, secondo Sprengel, lo stesso che symphytum officinale L. : secondo Dioscoride, iv, 9, lo stesso che la gypsophila fastigiata L. Alcuni riferiscono la pianta di Dioscoride al coris monspeliensis L. alo (halas) cotonea, x x v l, a6. | Symphytum officinale L. Alopecia (pesce), xxxu, 53. | Volpe marina, squa lus alopecias Gronov. Alopecuro, xxi,Ci. | Saccarurn cylindricumL. Alsine, xxvii, 8. | Secondo Sprengel il cera stium aquaticum L. o la stellaria nemorum L. secondo altri, parietaria cretica L. Altea, xx, 84, 85 ; xxvi, 5o, 90. | Althaea offi cinalis L. Alterco, xxv, 17. Vedi Giusgiamo. Amaraco, sansuco, xxi, 18, 35, 39, q 3 . [ Origa num majoranoides L. olio di amaraco, xxi, 93. unguento, xiii, a. Amaranto, xxi, a3, 39. | Ceiosia cristata L. Ambra, x, 11. false cose che se ne dicono, ivi. dove provenga, ivi. specie dell'ambra, x, ia. stilla a mo'di gomma dagli alberi del genere de' pini, ivi. onde abbia preso il nome, ivi. quale il suo odore, ivi. men tre sindura racchiude in s degl' inselli, x, 11. Demostralo la nomina lincurio, ivi. Uri la dissero langurio, ed esserci in Italia le bestie dette langurie, e farsi l ' ambra dell1orina delle liuci, ivi. Ambrosia, botri, artemisia, xxvii, 11. | Ambro sia maritima L. Vedi Aizooy Botri. Ambula, xx, 39. Vedi Indivia. Ameriuno, xxv, ioa. Vidi Aizoo. Ameiisti, xxxvu, ia, ai, a5, 40 (molto di essi). gl' Indiani vauno innanzi a talli, ivi. Amia, ix, 19. | Scomber sarda Bloch. Questo solo fra tulli i tonni, avendo fortissimi denti, pu assalire ogni gran pesce. Aristotele lo asse risce del pesce arnia nella Storia degli Anim. x, 37. Amianto, xxxvi, 33. Ammi, xx, 58. | Animi copticum L. Animile (gemma), xxxvu, 60. Amocriso (gemma), xxxvu, 73. Aminone, suo corno, xxxvii, 60.

D E L L E COSE NATURALI

i5i8

Ammoniaco, xn, 49 * *4- I Molti lo riferi scono all1 heracleum gummiferum Willd. Al tri al genere detto umbelliferae della provincia Tingitana, o Africa occidentale, non abbastanza noto. lagrima dell'ammoniaco, metopio, xx, 75. | Del genere delle gommo-resine; comu nemente gomma ammoniaca. Ammoniaco sale, utile alla medicina, xxxi, 39. | Cloridrato d'ammoniaca. Questo sale dagli an tichi non era abbastanza distinto dal sai vol gare o marino ( muriato, idroclorato, clori drato di soda ). Ammoni ir, xxxti, 66 . Atnnaco, xxi, 104. Vedi Partenio. Araomi, amomo, xn, 28 ; xm, a ; x t i , 59. | Da alcuni detto piper caudatum L. ; da Spren gel cissus vitiginea L., da altri amomum ra cemosum L. Lasciamo la differenza ai periti. Arapelile simile al bilame, x x x t , 56. Ampelodesmo (erba), x t i i , 35. | Forse ona spe cie di giunco. Ampeloleuce, xxiu, 16. Vide Vite alba. Ampelopraso, x x i t , 8 6 . | Allium ampeloprason L. Ampelos agria, xxm, 14. Vedi Labrusca. chironia, x x t , 16. Anabasi, x x t i , ao. Vedi Efedra. Anacampsero (erba), x x i t , ioa. | Forse specie di sedo. Anagallide, x x t , 92. il maschio ha fiore rosso, la femmina cernleo, t . | Anagallis arvensis L. Anagiro, xxvii, 16. | Anagyris foetida L. Anancbite (gemma), xxxvn, 73. Anarrino, x x t , 80. Vedi Antirrino. Anataria aquila, x, 3 . Vedi Morfno. Ancusa,xxn, s 3 ; rinochisia,calsa, x x x v u , 37. | Se condo Sprengel l anchusa italica L. v' u n ' altra simile, detta pseudoancosa, echi, dori, xxu, 24. | Dioscoride descrive l'ancusa al nome echio, i t , 87. Echium rubrum L. un altra erba I' onochile detta anche ancusa, acerbio, onocheli, ressia, encrisa, xxu, a 5. | Anche que sta descritta da Dioscoride, ir, 24. Anchusa tinctoria L. nn' altra simile a questa, di fior rosso, pi piccola, t . | Lithospermum fru tico su m L. Andracne (erba), xm, 40. | Portulaca oleracea L. agria, x x t , io 3. | Sedum album L. Androdamante (gemma), x x x t i i , 54* ematite,
x x x ti

38.

Androgini, t i i , a, 3 . Vedi Ermafroditi, Androsace, xxvn, 9. | Madrepora acetabu lu m L. Androsemon o asciro, x x t i i , i o . | Hypericum m ontanum L. o hyper. ciliatum Lana.

asciroide, xxtii, ao. | Androsoemum offici nale All. Anemone, xxt, 38.silvestre, xxi, 94. | La stessa distinzione fa pure Dioscoride 11, 307 : la pri ma specie da Sprengel delta anemone apen nino L., da altri anem. hortensis L. : laltra nasce ne' luoghi coltivati, ivi. | Questa detta da Sprenpel anem. hortensis L., da alcuni anem. coronaria L., da altri finalmente Adon aestivalis L. ; alla quale ultima specie pare che appartenga l'anemone di Ovidio, Metam. x, 733. v' ha una specie di anemone che si appella limonio, xxi, 38. | Che si possa dire di questa specie, non sappiamo, perch Plinio j non ne dice altro. L anemone limooio o pra tense, ricordalo da Teofrasto, Stor. vi, 7 ; vn, 8, pare che sia lo stesso che l'anem. nemoro sa L. Aneto, xix, 52, 61 ; xx, 74. | Anethum graveo lens L. Angue Esculapio, xxix, aa. | Coluber Aesculapii Shaw. si alimenta anche nelle case, ivi. | Tra i serpenti ve n* ha molti che facilmente si ad dimesticano. scoglio che le serpi gettauo nella primarera, vm, 4 >; xxix, 35. Anguille, x, 37, 38, 74, 83 ; x, 87. | Muraena anguilla L. sontene di trenta piedi nel Gange, x, a. | Questa un iperbole deviag giatori senza verisimigltanza veruoa. Aniceto, xx, 72. Vedi Aniso. Animale soggetto a menstrui, sola la donna, vii, i 3. partoriscono gli animali che si vestono di pelo, ix, i 5. (quali pesci) partoriscano, ix, 75. animali che partoriscono dentro di s, xxi, 64. Quali animali s 'ingenerino da diTerse specie, x, 85. son fecondi gli animali che non nuocono, vm, 81. animali audaci, paridi (quali), xi, 70.timidi, prudenti (quali), xi, 9. furono inventori d erbp, xxv, 5o. brutti animali del capo dell'uomo xxu, 5o; xxxi, 46. dellin leriora, xx, 13,39, 5o, 82. guerre e amicizie tra animali, x, 95. armi, xi, 45. avidit al coito, xvii, 3o. mirabil mente solerti, vm, 13, 76. i coperti di lana sono i pi stolidi, vur, 75. i pi accorti son quelli che cibano di frumento, xxu, 57. coie mirabili degli animali, xxvm, 81. Aniso, aniceto, xx, 73. | Pimpinella anisum L. Anitre, vm, 4 1 >xi 7 XTni' 87- | Anas bo schas L. di Ponto, xxv, 3 ; xxix, 33. Anoni, xxvii, 12. | Ononis antiquorum L. Anonimo, xxvn, i4> Antalio, xxi, 52, io 3. | Cyperus esculentus L. Antedone, xv, 22. | Da altri dello mespilus azarolus L. da altri sorbus torminalis Lam. Antemide, leucantemide, leucanlemo, erantemo,

I N D I C E

ito

rnelantereo, xxn 36. (r specie li essa ..... Ii mellifica L. re delle api, xi, 16. alveari, fiori caodidi, di colore di mele, di purpurei, vii, i 3 ; xxi, 41. iti. | liiilessa Histinzioue c' appo Dioscoride, Apiastro, xx, 45. Vedi Melissofillo. in Sarde gna velenoso, ivi. | Ranunculus p/tilonotis ni, 154 : Sprengel mette l ' anthemis cota, la montana, il chrysanthemum monspeliense L. Retz. o ranunc. sardous Crauti. V ha ao4altra differenza : anthemis chia, ro Apiro oro, xxi, 38. zolfo, xxxv, 5o. sea* tinctoria L. Alcuni la chiamanocameraelo, Aplisie spugne, ix, 69. | Specie di spugne o di ivi. | Matricario camomilla L. anicino, alcioni che a causa della troppa loro deosil m i , 55. | Chrisanthemum monspeliense L. uon son buone a lavare come le altre. Lioneo o forse anthemis rosea L. attribuisce questo uome aplisia alla specie dei Antrric, xxi, 68; xxn, Ba. | Asphodeli ra molluschi, quale la lepre marina degli anti mosi L. chi ( Aplysia depilans). Anterote, ametisti.-xxxvu, ^o. Apocino ( ossetto della rana ), xxxu, 18. Amia (pesce), x, 85 ; xxxn, 5 . | Gli odierni abi Apocino (frutice),x x i t , 58. | Periploca angustitatori di Tenedo, a della di Belonio presso folia Dcsf. o forse asclepias syriaca I*, come Gesner. pag. n a 5, chiamano questo alcuni vogliono. pesce, che i Veneti falce o pesce collo, perch Apodi ocipselli,x, 55; XM07. | H irundo opus. L. fritto o arrostito divien tutto come una colla, Apoletti, xxxn, 53. | 1 pi grande fra le specie 1 tanto cartilaginoso. Aut. Gou*n, Stor. dei delle pelamide. Apoletti, ix, 18. | Le parti Pesci, pag. i 58 lo appella trachypterum, ma maggiori della pelamide che si spettavano poi Cuvier Yuole che il trachiltero nou sia altro in brani. che la cepola di Linneo. Apollinare erba, xxv, 17. Vedi Giusquiamo. Autillio, Aulillo, xxt, io 3 ; xxvi, 5 i . | Cressa Appendice spina, x x i t , 70. | Ber ber is vulgaris L cretica L. simile al camepuio, ivi. J Teu Appianto ( sorta di colore ), xxxv, 39. crium iva L. Appio ischias, xxvi, 46. | Euphorbia apios L Antipate (gemma), xxxvii, 54Appio, xix, 46; xx, 44- I Apium p e i rose linum L. Antirriuo, anarrmo, licms silvestre, agria, xxv, Apronia, xxm, 17. Vedi Bironia. 80. | Antirrhinum orontium L. Aprossi, xxtv, 101. | Erba d*i Magi, la quals al Antiscorodo, xix, 3 >. ) Forse uua specie di aglio. cuni confondono col dittamo bianco. Anlispodo, xxxiv, 35. Apsitto (gemma), xxxvn, 54. Antracite (pietra), xxxvi, 38. Apua, Ile, xxxi, 44* apie provengono dalla Antraciti (gemma), xxxvn, a 7. | Delecampio dice schiuma del mare riscaldantesi, ix, 74* | Fa che l 'antracite pietra, volgarmente carbone falsa opinione degli antichi che alcuni animali di terra. si generassero da s stessi : I1apua nou che Autrisco ( authrisrum ), xxi, 5 a. antrisco un feto dei pesci pi grandi. (aotriscus), xxu, 38. | Scandix pecten V e Aquifoglia arbore, xxiv. 7 3 . piccolo leccio neris L. aquifoglio, xvi, ta. Aquifoglie nelle provin Aulo (uccello), imita il uitrito de'cavalli, x, 57. ce, xvi, 8. P aquifoglia non perde le fronde, o>iia l'egilo, x, 95. | Cosi anche Aristotele, xvi, 33. | Ilex aquifolium L. Pare che Pliaio Stor. Anim. ix, t : invece di dr>p Eliano (Na abbia spesso scambiato qoesto arbore col leccio tur. Anim. x, 3a ) scrive e pare che il detto quercus ilex. Per alcuni non fanno di faccia qaello stesso che nomina Aristotele, loc. stinzione alcuna tra laquifoglia arbore e 1 cit. Questo uccello medesimo da Plinio detto quifoglio o agrifoglio. acanthis nel x, 95: da Plutarco, de Invid. Aquila ( tutte le specie dalle aquile riferiscami pag. 53^, xav$u\\i'{. Schneider, al luogo so da Linneo al geoere dei falconi ), quanti giorni pra cit. di Eliano, protesta li non aver ancora covano, x, 79. aquila in grande onore (na trovato chi abbia con diligente esame data la tura e specie delle aquile), x, 3, 4* unaqaila differenza tra spinoy acanto e anto, e gli ab si gett nel rogo di uoa fanciulla e arse eoa. bia riferiti alle specie lor relative. Alcuni per lei, x, 6. riferiscono Tanto a\'embriza citrinella.0 mi Aquila (pesce), ix, fo. | Raia aquila L , c iif a liaria L. dato il nome di aquila forse per I1ampiezza Antropofago vn, a. delle penne del petto e l 'appuntata loro forma. Anulare, xxxv, 3o. color candido, ivi. Arachidua,xxi,5a. J Lathyrus amphicarpos. U Aparioe, oofacoiarpo, filantropo, xxvn, i 5. | Ga- Araco, xzi, 53. | Lathyrus tuberosus L. lium aparine L. volgarraen le gratterone. Arcebio, xxn, a 5. Vedi Ancusa Api, o pecchie, xi, 4 , 9 ,9 ,11,16,19,30, aa. | Apis Archesosli, xxm, 16. Vedi V ite alba.

D EL LE COSE NATURALI

5z2

Armo. Vedi Armoracia. Arcio, xxt, 66. | Plinio ha qui persolata , men tre nomina, quest* Aa personata nt\ lib. xxt, Armoracia, leuce, rafano siUestre, agrio, armo 58. J Araum lappa L. cos detto dai Pontici, xix, 26. | Cochlearia armoracia L. Ardea, uccello che sta mani oconioso all avvici narsi della tempesta, xvm, 87. ardeole,x,g 5, Aro (nasce in Egitto), xxx.iv, 91, 92. | A rum colocasia L. aro silvestre, dragonzio, dra 9 6 . tre specie di ardeole,x, 79. | C ilaleacon, ardea garzetta Gmel. la asteria, ardea goncolo xxiv, 91,93. | A r. dracunculus L. stellaris L. la pellos, ardea major L. o cine dragonzio con foglie di bietola simile all' aro, rea Lath. xx*v, 93. | Ar. talicum Lamk. con radice lunga, ivi. | Ar. maculatum L. aleuoipolygo Artemone, x x i t , 116. Vedi Lappa. num historiam L. con radice di canna e Argemooia, xxv, 56. | Papaver argemone L. > nodi, ivi. | forse la calla palustris L. Argento, xxxm, a 3, 3o, 46. 48 55. cave delAromalite (gemma), xxxvu, 54. l ' argento ( molto intorno ad esse ) , xxxm, 3 i. | L'argento si cava della terra, or puro e Arpaga, x x x v i i , 11. | Cognome dellambra, che per forza elettrica trae a s foglie, paglie e al sincero, che V appella argento nativo; or mi tri leggerissimi corpi. sto eon altri metalli o minerali : con zolfo,con zollo e stibio, che secondo Plinio una terra Arpe, x, 96. Vedi Ossifraga. rossa e cenerognola, congiunta spesso in pi o Arrenico, x x t i i i , 60. arsenico, vi, 23 ; xxxiv, 56. [ 1 moderni fanno molte specie di arsenico in meno copia con l ' oro, lo stagoo, il piombo, mescolate spesso con altri minerali, e special ecc. nelle miniere loro. : schiuma dellargen mente oon lo zolfo, detto zolfo d? arsenico. to .....tre specie di questa ..... crisiti, argirili, molibditi, ivi. | I moderni lappellano ossido Arrenogono, arsenogono e telegono, xxvi, 63 . 91. | Secondo alcuni thelygonum cynocrambe di piombo: questa ha talora color d*oro ed la L. secondo altri mercurialis tomentosa L. crisiti, o color d'argento, ed l argiriti, o color lTido, ed la molibditi. argento da Arsenico, vedi Arrenico. chi fu trovalo, vu, 57. l ' Egitto lo tinge, lo Arseno, xxv^ 94. Vedi Mandragola. Artemisia, parleni ; I una con larghe foglie, xxv, pittura, xxxiu} 46. quando Roma os ar 36. | Artemisia chamaemelifolia Lamk. gento in mooeta, xxxm, *3. chi venne in laltra con foglie pi piccole, ivi. | Secondo fama peravere scolpito in argento, xxxm, 55. alcuni artem. Pontica L. secondo al Iri artem. Argeoto vivo, xxxm, 3a. | Dai moderai mercurio campestris L. di un solo gambo, ivi. | Ar nativo. vena perenne, ivi. | Si addensa per tem. camphorata Willd. detta brotri, am e si fa sodo a un cerio grado di freddo ( 180). brosia, ivi. Vedi Ambrosia. Vedi Litargiro. Artio, arluro, x x t i i , 16. | Verbascum ferrugi Argiriti, xxxm, 35. Vedi Argento. neum L. non celsia arcturus L. poich que Argirodamanle (gemma), xxxvii. 54, 59. sta ba le foglie non gi pi larghe, anzi pi A ri, simile all'aro, x x ir, 94. | A rum arisarum L. ristrette che il verbasco. Vedi l)ioscoriile,iv,io6. Ariani, xxiv, ioa. | Erba magica, favolosa. Aranco, vello cbe pende dal mento delle capre, A rinca, xvm, 10,19, ao ; xxu, 57. | Altri triticum vm, 76. spelta L. : altri triticum hibernum L. Asaro, oardo silvestre, xu, 27; xxi, 16, 78. | Asa Ariste (gemma), x x x t i i , 58. rum Europoeum L. Aristereo, x x t i i , 6. Vedi lerabotane. Asbestino (lino), xiv, 4* | E del genere de* mine Aristida, xxvii, 63. Vedi Olco. rali, non d e ' T e g e t a b ili, come p a r e che Plinio Aristolochia, pomo di terra, xxv, 54* di si creda. Fra noi asbesto flessibile. Non dis quattro specie : una ha le radici tonde come i simili cose riferisce Dioscoride della pietra tarlali, ivi. j Aristolochia rotunda L. lal amianto, v, 158. tra maschio con radice lunga, ivi. | Aristol. longa L. la terza si chiama eternatile. | Ari Asbesto (gemma), xxxvu, 54. stol. clematitis L. o forse eretica. la quarta Ascala bote, galeole,colote, stellione, xxix, 28 | Noi Italiani tarentola o tarrentola : gecio fasci quella che si chiama plistolochia, detta pur cularis Daud. polirrizo, ivi. | Aristol. pistoiochia L. Ascalia, xxi, 56. Vedi Pternica. Armeuiaca,xvi, 42. | Armeniaca vulgaris Lttnk. Asolepiade (pianta), x x v i i , 18. | Asclepias vince susioe armeniache venule di Armenia, xv, toxicum L. 12. | Questo frutto ha pregio pel suo odore. Son dette ancora pruni domesticae L. e da Asclepio panace, xxv, 11. Vedi Panace. Asciro, asoiroide, x x t u , 10, 20. Vedi androsePlinio praecocia, xv, 11. mon. Armenio ( specie di colore ), xxxvh, ia, aC.

102,3

I N D I C E

.5 * 4

Asfaltici, miniatile, xxi, 3o. Psoralea bitumino sa L. Asfodelo, anterico, ei oneo o eroico, albuco,aslula regi, xxi, 68 ; xxu, 3a. | Asphodelus ramo sus L. Asia, segala, xvm, 4<. | Secale cereale L. > Asila, occhio (iero, xxv, 92. | Non si sa che erba sia. Asina, xi, 96. asino ( di esso molte cose), t i i i , 68. gregi di asini salvatichi in Asia e in Africa, t i i i , 16, 4G | Nelle solitudini meridio . nali della Tartaria, della Siria, della Persia e dell'Africa vivono tuttod a greggi gli asini salvatichi, ovvero onagri. alle mandre delle femmine comandano i capi, ecc. t i u , 46. Ci che qui dice Plinio dell1autorit che hanno i pi vecchi sopra i giovani, verissimo: m ia non hanno i moderni certezza alcuna intorno alla castratura dei giovani. mostri marini con capo di toro, di carello, di asini, x , 3. | probabile che sieuo quelli appellati lamantini q dugongs ( trichecus manatus U o halicore dugongs llig. ), i quali escono del mare per pascersi dell' erbe o delle alghe del lido ; dal che torse fu lor posto il nome di tori, di vacche, ecc. quantunque i setaoei non abbiano somiglianza veruna coi terrestri ani mali domestici. Asinelio, xvu, 3 ; x x x t , 3?. Vedi Asina. Asinelio (pesce), x, a 5 ; xxxu, 53. | Secondo Kondel. quello che i nostri dicono merlo, gadus merlucius L. ma quei segui oud1era descritto dagli antichi convengono, a sentenza di Cuvier, piuttosto alla donnola, ebe volgar mente delta gadus tricirrhafus Bloch. L1asinello di Galeno forse il gadus lotay la cui carne squisitissima. due specie di asinelli, ix, 28. Vedi Bacco, Callaria. pietroline del pesce asinelio, xxxu, 38. | Nel labirinto delle membrane che hanno i pesci nelle orec chie trovatisi come pietroline, involte tracerto umore gelatinoso : queste, o una o pi, secondo le specie, son maggiori o minori: le pi grandi son quelle delle scieue. Asino lodiano, d 'un corno, xi, 45 106. | In questo luogo senza dubbio fautore parla del rinoceronte, come prova con molti argomenti Cuvier. Asio, oto, x, 33 ; x i , 5o; xxu, 38. | Strix otus L. Aspalace, xix, 3 l. | Cos Teofrasto, Stor. 1,11. Di questa erba non abbiamo conoscenza. Aspalto, o aspalato, detto pure crisiscettro, adipsateo, diatiro, xii, 52 ; xv, 7 ; xxiv, 69. | Secondo alcuni spartium aspalathoides YVilld. secondo altri convolvulus scoparius L. tutti per il fanno la stesso che il lignum Rhodianttm Of-

fido. chiamano spalato. senza dubbio, ecc. xxiv, 63. | Plinio mette a torto pifr specie di aspalato, l 'una, ci , che viene in albero, un*' altra che arbusto : uua in Oriente, un'al tra in Rodi: una salvatica ; dunque un'altra domestica ( che l 'autore non dice ). Asparago. Vedi Sparagio. Asperugo, xxvr, G . | Asperugo procumbens L. 5 Aspido, v i u , 35. | Coluber hage L. T i r e in Egit to. plia (sputatrice), xxv 1 1 18; xxxi, 33. 1, chelidonia, gemma simile all1aspido, xxxvu, 72. maraviglia dell1aspido, x, 96. Aspilaie ( gemma ), xxxvn, 54. Asplenio, emionio, xxvn, 17. | A splenium ceterack L. Assenzio, li, 106. santonico, xxv 11, 28. ( Arte misia Santonica L. Pontico, ivi. | Artem. Pontica I,. Italiano, ivi. | A rtem , absin thium L. marino, seri fio, xxvii, 39. | Ar tem. maritima L. vino di assenzio, xiv, 16. Assi, v m , 3 i . | Quantunque qui nulla dica Plioio dei corni, seoza dubbio questo il cervuS aris L . Assiuolo, hubbula, x, 16 j xxx, 39. | Strixelco L. Volgarm. allocco. Astaci, ix, 5 i. | Lastaco, ottimamente descritto da Aristotele, Stor. Anim. iv, 8, senza dubbio il cancer gammarus L. Gli elefanti, di cui Pli nio qui e nel xxxu, 53, non che i leoni marioi descritti da Ateneo ed Eliano, sono, secondo Cuvier, una stessa cosa cogli astaci. Aslafida, uva passa, xxm, ia. aslafisagris,o stali, detta falsamente uva taminia, xxm, i 3. | Delphinium staphis agria L. Aster ( detta terra Samia ), xxxv, 53 . (erba ), bubonio, xxvii, 19. { Secondo alcuni.inaJtf bubonium L , secondo altri, aster amellus L. co me sT da Dioscoride, v, l a o . ha Asteria (gemma), xxxvn, 47- | 1 Francia opaU efiatonante, girasol. Asteria, x , 79. Vedi Ardea. Asterico, urceolare, xxu, ao. Vedi Elsine. Asterio (specie di falangio), xxix, 27. Astite, xix, 38. Vedi Lattuga. Astragalo, xxvi, 29. \ Da Dioscoride, v, 61. Se condo alcuni phaca baetica L , secondo altri lathirus tuberosus L., o anche orobus vernus L. Astrapie (emme), xxxvn, 73. Astrio (gemma),* xxxvu, 48. I In Francia corindon astrie. Astrobolo (gemma), xxxvn, 5o. | Forse direna dall* astroite? Alcuni fanno una cosa stessa l 'astrobolo con l 'occhio di Belo ( xxxvu, 55 ). Astroite, xxxvn, 49i Vedi Astrobolo. Astula regia. Vedi Asfodelo.

j5 a 5

D E L L E COSE NATURALI

l52(

Asturconi (cavilli), t i i i , 67. Aleramo, terarae, xvm, 44* I Tolto da Teofrasto (Caiis. c. *4 ), ma iuleso male, perch Plinio prue iu significato di due erbe le due voci . riffiwaf e rtfdftovaf, che suouaoo cotta, non cotta ( ci (ava ). Aliuia o attinia, xvu, 35. Vedi Olmo. Aliioe (gemma), xxxvu, 54. Allaolio (vertebra della spiua della iena), xx viu,27. Atra itile, xxi, 53, 56, 107. | Centaurea lanata , o benedicta Decand. da Dioacoride, 1 1 107. 1, Atrattilide delta, da Teofratto, Stor. vi, 4Altri I riferiscono al carthamum mitissimum L. Vedi Cnico. Atriplice, xx, 33. | Atriplex hortensis L. Atta ( creduta l'ebbio ecc.), xxvi, 73. | Sambu, cus ebulus L. -Attageni, vm, 83 ; x, 68. | Non il tetrao scoticus Groel. detto in Inghilterra grouss, come mal i erede Buffon, ma, secondo Cutter, il tetrao bonasia L., o piuttosto tetrao ale/tata L. Si trova aolaaaeote ne' luoghi meridionali delia Spagna e della GalKa, raro altrove. Altea, xxv, 26. | Actaea spicata L. Attelabi ( specie di locusla ), xxix, 29. Aitilo in Po, x, 17. | Molti pesci della specie de gli storioni v* ha nel Po : uno aoche oggi, se condo Sai viano, sappella adeno, adello, addio. Cuvier pensa ehe questo sia l ' aitilo di Plinio. Angite (gemma), xxxvu, 54. Vedi Callaina. Aalo, xxxu, 32, 53. Vedi Solene. Aatacale (gemmai xxxvu, 54Avellana noce, abellina, pontics, xv, 24 ; xvi, 27, 52. | Corylus avellana L. Avena, xvm, 10. La seminano i popoli di Germania, xvm, 44* bromo, specie di avena, xxu, 79. | Avena sativa L. avena greca, xvm, 42. | Secondo aleuni avena sotiva L. quando non le cade il seme: secondo altri avena fatua o sterilis L. 1 la avena vizio del frumento, xvm, 44* I P*r* ho Plinio in questo luogo non disliugua bene tra avena ste rile e avena saliva. Avolloi, x, 7, 8, 54, 87 } xi, n 5. i neri pre valgono, x, 6. | Vultor cinereus Gmel.

B
Baccalia, xv, 3g. Vedi Alloro. Baccari, nardo rustico, perpressa, xn, 26 ; xxi, 16, 77. | 1 baccari cantalo da Virgilio, Eglog. 1 iv, e v i i , lo stesso che la valeriana celtica ' L. a detta di Sprengel, il quale riferisce la spe cie Dioscoridea, m, 5 i, al gnaphalium san guineum fauw. Alcuni oon fanno distinzione - tra l'erba Ialina e la greca, e lhanno per la di

gitalis purpurea L : ma qnesta non s trova in Grecia, ed di odor spiacevole. Bacco (peace), ix, 28; x x x u , 25, 32, 53. Vedi Callaria. Balanino olio, x i u , 2. | Vedi Mirobolano. Balanite ( gemme ), x x x v u , 55. Balanite, ghianda di Giove, xv, 25. Vedi Casta gne. balani ( della palina ), m i, 9. Balano albero, xm, 17. Vedi Adipso. Balano ( io mare ), x x x u , 53. Balaustio, x i i i , 34- | Flos pttnicae granati L. Balena, x, 5, 6, 7 ; xi, 95, 97. balena e topo marino, ix, 88; xi, 6 2 . Vedi Topo marino. balene di quattro iugeri, nt, 2. | Iperbole dei viaggiatori, a cui non maraviglia che i cre duli antichi prestassero fede. Balena di 600 piedi, x x x u , Bali, xxv, 5. | Erba con che dicevasi che i morti si richiamavano a vita. Al tempo di Plinio questa credenza era cessata. Ballote, porro negro, xxvit, 3o. | Ballota nigra L. da Dioscoride, ni, 117. Plinio, ingannato dalla affiniti dei nomi, tolse irfa-or per *rfvi'ar, e assegn alla ballote foglie di porro, mentre le ha di marrobio. Balsamo, xu, 5 4 ; xvi, 5g. l albero di tre specie, euleristo, trachi, eumece, xu, 54- suc chi, opobalsamo, silobalsarao, ivi. | Balsamo dendron ( amyris L.) opobalsamum Konlh. Barba di Giove, xvi, 3 1. | Anthyllis barba Jovis L. Barbagianni, x, 16 ; xi, 5o. | Strix bubo L. Barbagianni civetta, x, 16, 19, 4> 9^- I presso Greci. Strix brachiotos Gmel. Barbata aquila, x, 3 . Vedi Ossifraga. Barippe, o baropteno ( gemma), xxxvu, 55. Basalte ( pietra ), xxx vi, 11. | Dai Francesi det ta sinite basaltoide basaltenoir gyptien, antique, ecc. Basanite ( pietra), xxxvt, 36, 43. Basilico, xix, 3 i, 44* 5 *x, 4 ( Ocimum ba silicam L. Basilisco, serpente, viu, 33 ; xxtx 19. | E super vacuo oggi confatare le finzioni degli antichi intorno allaspetto del basilisco. Noteremo ci solo, che Plinio parla di un piccolo serpente, segnato nel capo di una macchia bianea, onde altri il dissero serpente coronato u Si quid omnino veri subest, videtur ad lacertam ba siliscum L. nt cristatam perlinere. Cos Schneid. in Elian. Nat. Anim. u, 5. Per il basiliscus lacerta di Linneo vive in America, non in India, come falsamente asserisce Seba. Vedi Cuvier, Rgne animal, tom. u, edii. seconda. Bali ( in mare ), xxxu, 53. Vedi Rata.

1527

I N D I C E

i5aft

Bali (erba), xxv, 6. raariaa, xxi, 5o. | Crithmum maritimum Ij. ortensia, sparagio gullico, ivi. | Alcuni la riferiscono alla portu laca oleracea L. altri stimano che non diffe risca punto dalla marina. Balia (pesce), xxxu, a 5. | Forse la stessa che la bali o raia. Batrachio, xxv, 109. Vedi Ranunculo. -pollan te noo , xxvn, 90. | Ranunculus polyanthe mos L. Batrachite ( gemme), xxxvn, 55. Batraco (in mare), xxxn, 5 a. Vedi Rana pescatrice. Balles ( gemma ), x x x v i i , 55. | 1 Delecampio con 1 gettura che sia I' ambra tinta di ancusa. Bdellio, xn, 19. | Borassus flabellifor rnis L. a testimonio di Sprengel. Altri stimano che sia la specie amyris. la gomma ( di esso ) broco, malaca, maldaco, adrobolo, ivi. Becco. Vedi Capra. Bechio, xxxi, 16. Vedi Cameleuce. Belli, xxvi, i 3. | Bellis perennis L. Bellione, xxi, a5. | Chrysanthemum segttum h. Belone, x, 76. Vedi Ago., Belve, o animali ( in mare ), x, a., xxxn, 53 . Vedi Asina. Berilli (molto di essi), xxxvn, ao. | Quelli che imitano il verde del mare, dico osi in Francia aigues marines : quelli che soa pi pallidi si chiamano propriamente brils. Betuli, x x x v i i , 5 i. Vedi Ceraunie. Betulla, xvi, 3o, | Betula alba L. Biacca, xxxiv, 54. | Ovvero psimmizio. In Fran cia sous carbonate de plomb. Volgarmente blanc de plomb, blanc de cruse. Bibioni, x, 69. | Della specie delle grn. Bietola, xix, 37- I Beta vulgaris L. sil vestre, xx, a8. Vedi Limonio. Bisonti coi velli come lioni, t i u , i 5 ; x x v i h , 45. | Specie di buoi feroci, che io Germania son detti aurochs secondo Cuvier. Vedi Uri. [ Bissino lino, xix, 4*I Forse nna specie di gossypium. Bitume, xxxv, 5 i. | I moderni riconoscono varie specie di bitume : solido, asfalto ; liquido, na f ta ; e pissasfalto di consistenza media tra l'uno e l'altro. Plinio ha qui tutto ci. Biuri, xxx, 5a. | Forse animali che rodono le vili. Blatta, o piattola, nutrita al buio, xi, 34. Vedi Piattola. Blattaria, xxv, 60. | Sprengel l 'ha per la phlomis lychnitis L. altri per lo verbascum phlomoides L. Blecno, xxvm, 55. Vedi Felce. Blecone, xx, 55. Vedi Puleggio.

Blendii ( pesci ), xxxn, 3a. | Forse da legge re nel latino blennii, come nelle edizioni antiche. Blito, xix, 3 i ; xx, 93. | Blitum capitatum L. Boaria lappa, o lappola, x x v l , 66. Vedi Lappa. Boce ( in mare ), xxxn, 53. | Iparus boops L. Boe in Italia, v m , 14. | Quali fossero questi ser penti d'Italia che cresceano a tanla grandezza, non si sa definire ; perocch il colubro di Esculapio, e il colub. quadrilineato L. ebe sono i pi lunghi che oggid si conoscano in Italia, appena toccano la lunghezza di sei piedi. Questo serpente adunque del Vaticano fa egli veramente della specie delle boe o de'pi toni? e se fu, donde qui venne ? Bole ( gemme ), xxxvn, 55. Boleti ( funghi ), xxu, 46. Specie dei volvscei agarici: agar. aurantiacus, pseudo- aurantiacus, ecc. Bombice, xi, a 5 . | Pare che Plinio annunzi di voler poi parlare di qualche specie d imenot teri^ dm lepidotteri, come alcuui moderni li chiamano. Cose presso che simili ha Aristotele, Stor. Anim. v. a4, ma le altribaiace a certi animali della specie dei (So/u/Scnuoi, non al bombice d' Assiria.di maggiore vermine, ecc. xi, a6 . | Plinio descrivendo il vero bombi ce, dice che primamente braco, poi crisallide, finalmente farfalla; ma s'inganna., perch gli at tribuisce le corna in vermine .0 braco, mentre non le ha che in farfalla j n anche distingue abbastanza bene qoesta metamorfosi, n le forme, che son tre diverse, come negli altri entomi* quantunque navesse a guida Aristo tele, Stor. Anim. v. 19. Di qua per si pa argomentare quanto gran tempo innanzi ad Aristotele fosse conosciuta l 'arte di tessere le fila dei bombici. i bombici nascono anche nell1isola di 00, xi, a7. | Quindi manifesto che i Greci a tessere le tele loro ai valevano dei bruchi proprii, finch al tempo di Giusti* niano , tradotti dall' estremit dell' Asia in Europa, i bombyces mori (queJli che oggid tanto si coltivano), tutte le altre specie eie loro fila andarono in disuso. Furono alcani che ritennero il bombice d' Assiria ( di coi Plinio nel citato capo ), o le vesti Assire bombicine, essere le stesse che ie nostre di seta. Bonaso ( fiera), viu, 16. | Plinio tolse tutto qaesto luogo da Aristolele, Stor. Aoim. x, 45, eccello che pose tre iugeri dove Aristotele pone quattro passi, ovvero orgie. Egli anche assegna al bonaso corna curvate l ' uoo verso l'altro si che non pu cozzare, ma questo forse fu proprio di quello che avea sotl'occhio nel descriverlo, secondo il parere li Cuvier.

D E L L E COSE NATURALI

i53o

Del reato il bonaso non %differente dal bison te, dello da Linneo bos taurus ferus. Borsicide ( gemma ), xxxvii, 73. Bosso, xti, 28. | Buxus sempervirens L. Boslrichite ( gemma ), xxxvn, 55. Boiri, ambrosia, artemisia, xxv, 3 i. | Chenopodium botrys L. Vedi Ambrosia. Botriile ( gemma ), x x x t i i , 55. , Botriile cadmio, xxxiv, aa. Brabil<i, x x v i i , 3a. | Prunus domestica L. da mascena : secondo alcuni prunus insititia L. Brace, andai, xvm, 4* | Tritici hiberni L. var. granis albis. Brali, erba ssvina, xxn, (il : cipresso Candiolto, ivi. | Non erba, ma arbusto : juniperus sa bina L. var.foliis cupressinis e tamariscinis. Brato, albero, xu, 39. | Multi Greci il riferiscono al juniperus sabina L. o brati, ma non bene : sembra che appartenga agli alberi coniferi. Al cuni vollero ravvisarvi la thuya articulata DesfonL, ma questa non simile al cupressus fu sa , Brecma, xu, 14. Vedi Pepe. Bri* silvestre, acaica, cerintiaca, xm, 37; xxiv, 4 a. | Tamarix gallica L. e tam . africana Desfont. in Soria e in Egitto porta frutto pi grande ehe la galla, ivi. j Tamar, orienta lis Delill. Vedi Mirice. Brion, sfagno, xit, 5o. han queslo nome an cora certi peli bianchi degli alberi, ivi. | Parmeliae alectoriae, ovvero usneae specie, pro ducenti, secondo il dire di Plinio, alcuni tu mori, a guisa di pannocchia, aridi, biancheg* giaoli per velli simili al muschio, xv, 13. brio, ova del pioppo bianco: la cedrina di Lici,xu, 61.' | L'uva del populusalba L. non altro ehe l'amento dei moderni, o, come alcuni vogliono, la gemma quando incomincia a svilupparsi. PI io io melte uva egualmente nel cedro di Licia f juniperus Lycia L. ) per similitudine, in cambio di gemme, che certo danno odore soavissimo. Brion (erba marioa), xxvii, 33. | Ulva lactuca L. Brionia, vile nera, chironia, ginecante, apronia, xxm, 17. | Adelia di Sprengel la bryonia alba L. con bacche nere. Alcuni la riferisoono 11 tamum communem L. detta lai Franceai taminier, vigne nore, bench dell* uva taminia, come dice Plinio, xxm, i 3, son rossi gli acini, e come Dioscoride, v, i 85, son neri. Britaonica ( erba ), xxv, 6, 55. Secondo alcuni rum ex aquaticus L., secondo altri inula bri tannica L. Brochit, xi, 64. | Prominenza de* denli nel ca vallo. La voce qui posta non si trova nell* I ta lia no, ma l la versione denti sporti in fuori.

Broco, xn, 19. Vedi Bdellio. Broccolo, xx, 35. l*acqua di esso cotto versata per terra ha gravissimo odore, ivi. Bromo, x v i h , ao ; xxn, 79. | Avena sativa L. Bronte, brootia ( gemma ), xxxvii, 55, 65. Vedi Ceraunia. Bruco, insetto, xi, 37. | abbastanza bene de lineato il papilio brassicae o raphani. broco dei pini, xxm, 3o . Vedi Pitiocampe. rimedii contro i bruchi, xvn, 37, 44 ! x|x, 45, 58, e o e . Brusco, xvi, 37. | Nodo nell* acero. Bubbola, x, 44 *xxx, <8. | Upupa epops L. Bubonio, xxvii, 19. Vedi Aster. Bubula cunila, xx, 61. | Forse la satureia graecay o I* origano agria, secondo Dioscori de, ni, 34, come vuol Delecampio ? lingua, xvn, >4. Vedi Buglosso. Bucardia (gemma), xxxvn, 55. Buccino, x, 61. | Specie di buccinum L. ha 1 bocca tonda, ivi. [La conca del buccino propriamente detto ha nell* estrema parte della bocca un* incisione, che la nota caratteristica della specie. Vedi Porpora. Bucera, xxiv, tao ; buccero, xxi, 18. Vedi Fien > greco. Boe Api, vm, 71. chi primo nccise il bne, vnT 57. di buoi feroci ripiene le selve d* India, xxvm, 45. buoi ( di essi a lungo ), vm, 70, e K{f. di un solo, di Ire oorni, viti, 3o, 3 1. | Del bue di un corno vedi Lioncorno. Ctesia, gi qui seguilo da Plinio, tolse forse per un vero animale nn emblema mitico e gerogli fico. Certo si vede anche oggi nelle rovine di Persepoli un quadrupede con un corno solo, ehe mostra di combattere a gran forza con nn nomo (Cornei. Lebrun, Itiner. Persie, tav. 129). buoi Luchi (elefanti), viu, 6. specie di buoi feroci, vm, 16. petignone di bue, xxvu, 56. Vedi Petignone. Bue (pesce), ix, 4 xxxu, 54. | Schneider in Elian. i, 19, riferisce il bue marino degli anti chi al bos raia L. Cuvier crede che sia una stessa cosa eoo la specie cornuta delle rose, che fu detto anche ra s a cefalottera. Ne fa menzione anche Plinio sotto il nome di cor nuto, xxxu, 53. Bue, xxx, 47* | Nel latino dubbia la scrittore : forse da leggere boae. Bufoli, nome imposto dal volgo agli ari, mentre i bufoli nascono in Africa, ecc, vm, i 5. | An. tilope bubalis Linn. 1 moderni altres col no me di botalo dinotaoo nna specie di buoi che da Linneo detta bos bubalus. Buftalmo, cacla, xxv, 4a<I Seooodo Sprengel anthemis valentina L. ma forte cresce egli in

I N D I C E

Grecia ? Secondo altri chrytanthemum sege tum L. Buglofio, eufrosino, xxv, 4-1 Borrago offieinalis L. o anche anchusa paniculaia Ait. Bulapaio, xx, 86. Vedi Ippolapato. Bui bine, xix, 3o ; xx, 4 >. | Hyacinthus (masca ri) botryoides L. ossia la specie affine. Bulho vomitorio, xx, 4 i. | Forte lo eletto che il narciso vomitorio, di cui Plinio, xxi, 75. Al enili riferiscono questo bulbo al narcissus orientalis, o al panerai. Illyrie, di Dioscoride, it, 201. Altri al narcissum junquillam L. bulbo erioforo. Vedi Cipolle con lana. Qurnclia, xvt, 24. Vedi Frassino. Buniada, xx, 11. 1 Plinio l'appella un'altra tpecie di navone o rapa, ingannato dalla affinit col nome bunio. Brassica, napo - brassica L. dietro Dioscoride, 11 126. , Bunio, xx, n . | Plinio unisce a torto alia bunia. da il bunio di Diotcoride, 11, 124, che affatto diverto dai navoni. Pretto noi il bunium bulbocastanum L. Bupleuro, xxu, 35. | Bubleurum ba!dense L. Willd. o forte ammi majus L-, come vogliono alcuni. Bupretti, xxn, 36. | Quell'erba, del genere de gli erbaggi sai valichi, ricordata dal'eofratlo (Stor. vu, 8.), e da Galeno ( Spian. voc. Ip- pocr. ), ma nessuno di essi indica la sua forma, n noi tappiamo indicat la, quantunque alcuni congetluranoch'c il buplevrum rotundifolium L. Pare che Plinio abbia confuso il bupresti con un iotetto dello stesso nome, intanto ohe rimprovera d 'incostanza i Greei tenta ragio ne, perch hanno insegnato i rimedii contro il veleno d 'un animale, non dun erba. Bupresti, animale molto simile allo scarafaggio, xxx, 10. | Belouio ( Osservai. 1,45.) racconta che nel monte Ato v' ha mia specie di cautarida di color pallente o giallo, di gravissimo odore, la quale si pasce di rovo, di cicorio, di ortica, di conila e d1altre erbe, detta antica mente voupristi ; e che gli animali, i quali inghioltono o l 'insetto stesso, o le erbe su eui sso si pos, si gonfiano e muoiouo. Questa narratione s 'avviene benissimo a una qualche specie di meloe di Linneo. Pellasio ( 1liner, tom. ut ) crede tal bupresti nna specie di quel genere, di cui dicono i Kirguesi essere il morso mortale affatto pe' buoi. Finalmente Latreille (Anna). du Museum, tom xix) oon molli e sodissimi argomenti prova che il buhresti de gli antichi non altro che la specie meloes di Fabricio, sia che i* abbia per la mel. laevigata, sia che per la mel. proscarabeus, aia che per la mtltecta, eoe.

Boeelmo, xx, 76. | Forte V apimm peiroselinum L. Buteone, xi, no. Vedi Sparviere.

c
Cacalia, o leontica, xxv, 85. | Presa da Dioaooride, v, 123. Pianta dubbia. Secondo alesai buplevrum longifolium L. o m ercurialis to mentosa L. seoondo altri cacalia pelasites, o albifrons% ecc. Cacla, x x v , 42. Vedi Buftalmo. Cacri, seme resinoso, xxiv, 59, 60. | Non di ra nnerino, ma di libanoto, Dioscorid. ui, 87, dal qnale nel 1 1 89, detta cachrys libanotis, 0 1, athamanta L. fan cacri anche i roveri, xvi, 11. | Forse nna specie di galla, o, secondo Teofrasto, Stor. ni, 7, il chaton degli alberi amenlacei. vua pallottola che ai chiama et eri, ivi. | Pare che Plinio confonda questa pal lottola col teme, o cacri, o cancri, del libanoto. Cadila, xvt, 92. | C assytafiliform is JL . Cadmia, xxxur, aa. chiamasi cadmia la pietra di cui si C il rame. | Presto i nostri pietra ctdaa minaria ; pretto i Francesi hydrosilicnU de line. Vedi Rame. Riceve da on'altraorigiae il suo nome, ivi. | Dioscoride, Plinio e Galeno per cadmia fattiiia non intesero altro te noo la mondiglia che dalla miniera del rame smotta dal soffio dei mantici, e si attacca alle pareli della fornace : di questa tot varie specie, se condo la forma onde ti aggruppa, secondo la toliigliezta o la grossezza, e la variet del eo iore, ci , capotti*, fumosa ; botryitis, race mo ; placitis%crostosa ; onychitis, simile alla pietra onichie ; ostracitis testacea. effetti della cadmia, xxxiv, 23. Cadmile (gemma), xxxvu, 56. Calabrice, xvu, 14. | Rhamnus iafectorius L Calabroni, xi, 19, 23. due generi di calabroni, xt, 24. Calami, o eanne, (motto di essi). x*i, 64 e aeg. Ve di Canna. * rimedii traili da essi, xxxit, St Calaminta, xix, 57. | Menta silvestris L. da avvertire che questa voce scambiata in quelli di menta s nel lat. che nell' ital. perch la lezione ricevuta oggi io luogo dell* antica. Calamo odorato, xu, 4 I ocorus calamos L. Vedi Acoro. Calaraocno, xxxu, 52. | Pliuio 1 appella adarea ' nel xvi, 66, nascente dalla corteccia delle caane, sotto la pannocchia. Ma egli in ci interpreta male Dioaooride, presso il qnale ilcalamocooo adarca non altro cbe una salsuggine assodata, la quale .sia aderente alle canne ( v, i 3 ?).

(533

D E L L E COSE NATURALI

i 534

Calazia ( gemma ), xxxvn, 73. pietra calazio pi diligenti. Il sangue gli diffuso per tutto, xxxvi, 43. Vedi Crisite. e intorno al cuore ed agli occhi non si aggrop Calcanto, xxxm, >4* inchiostro la calzolai, pa se noo dopo la morte dell' animale. N di xxxiv, 27, 32. | Solfato acido di rame, solfa aria solo si pasce, ma di piccoli insetti, n to di zinco. prende il suo colore da ci che tocca, ma lo Calce (pesce), x, 71 ; xxxn, 53. | Clupea ficta. muta secondo i suoi affetti e le sue sensazioni, Calcelo, xxvi, a5. | Piatita dubbia : secoudo alcu le quali cause della mutazione del colore sono ni la valeriana locusta L. gi benissimo indicate da Teofrasto (Anim. che Calcide, xxxu, i 3. calcidiee, xxix, 32. | La mutano'colore), il quale le attribuisce al gran certa clialcides L. de volume dei polmoni, ecc. Calcifraga, xxvn, 5 i. Vedi Empetro. Caraeatte, xxiv, 35. | Sambucus ebulus L. Calcina, xxxvi, 53. uso di essa in medicioa, Cameceraso, xv, 3o. Vedi Ciriegio. xxxvt, 57. Cameciparisio, xxiv, 8G. | Euphorbia cyparissias L. .Calcite, calcici, xxxiv,.2, 99. | Miniera di ferro e di cu pr, molle di natura, simile a laougine Camecisso,xvi, 62 ; xxiv, 49,84. | Anthirrinum concreta, a cui comunicavano forza astrittiva il asarina L., secondo Sprengel. Altri lo riferi aori e il roi*i, nei quali finalmente risolveva*!. scono alla glechoma hederacea L. ciclami calcile (gemma), xxxvn, 73. no, xxv, 69. Vedi Ciclamino. Calco fono (gemma), x x x v i i , 56. Camedafne, xxiv, 81. | Alcuni lo riferiscono al Calcosmoraldo (ffemnw), xxxvu, 19. ruscus racemosus L., altri non lo distinguono Calderugi, x, 57. | Fringilla carduelis L. dall' alloro alessandrino, che il ruscus hypoCallae ( gemme), xxxvn, 56. | Simili al Francese phyllum L., bench Plinio ne fa chiaramente peridot chrysolithe. due specie nel xv, 39, dove dice : Est et ehaCallaina (gemm*), xxxvu, 33, 56. | Molti la cre maedaphe silvestris frutex. Est et alexandridono di qel getoete che in Francia si appella na, eie. Alcuni dubitan se a questo debbasi coridon vert-jauntre, o peridot orientai. pur riferire I*altro camedafne, di cui Pliuio Callarie (pesci), x, 28 ; xxxn, 53. ) Bacco, calla nel xxi, 89, 89. Vedi Vincapervinca. ria, gallaria, Uria, onisco, sono spesso nomi Camedrie, camerope, teucri, trissagine, xxiv, nate dagli autori Greci, e un tempo beo si co 80. | Teucrium chamaedrys L. noscevano soIlo il nome di asinelii. Noi per Cameglicimeride, peloride, striale, xxxn, 53. non abbiamo indicii per definirne accurata Camelea, liraelea, pirosacne, cnestro, eneoro, nel mente le specie e le variet. Laonde otppure quale il grano gnidio o lino, xm, 35 ; xxiv, Cuvier osa affermare nulla di positivo intorno 82; xxv, 38. | DioscorMe, it, 173, fa differen I gadus tricirrhatus, o al gadus Iota. Vedi za tra la timelea e la camelea, avvisando che Asinelio. sono in inganno quelli che credono che il gra Callieia, xxiv, 99. Vedi Coracesia. no gnidio sia lo stesso che il frullo della came Calligono, xxi. 91. Vedi Poligono. lea. La timelea, secondo Sprengel. la daphne Callireo pietra, xxxvi, 39 | Trovasi nel corpo cneorum L., e la camelea la daphne gni-> dium L. dell'etile, detta io Francia bierre d'aigle. Callio, xxi, io 5. Vedi Tricno. Cameleone ( erba ), ulofito, cinozolo, xxi, 56 ; xxn,ai. -nero, xxn, 21 ; xxm , 4 '> | Brog Callionimo, xxxu, a4* I Vranoscopus scaber L. ler corymbosa Willd. bianco, pi bianco, volgarmente uranoscopo del Mediterraneo. Callitrico, vm , 80. | Simia hamadryas Gmel. o xxu, 21 ; xxvm, Ifi. [ Acarna gummifera Willd. A questa specie alcuni rapportano la sim.silenus L.,non simia snbaea, come vuole issine di Teofrasto, Stor. vi, 4 ; x, 1. ; e il suo Buffon. cameleone bianco, Stor. ix, i 3t credono che Callitrico, xxn, 3o; xxv, 83. Vedi 'Adianto. Calsa, simile all* aro, xxvn, 36. { Arum a risasia la carlina acaulis L., ma questa non d sugo. rum L., nn' altra speoie ancusa, rime bis, Cameleuce, farfaro, farfugio, xxiv, 85. | Tassixxvn, 37. | Ancliusa italica o tinetoria L. lago farfara L. bechio, tussilagioe, xxvi, Calla, xxi, i 5. | Calendula officinalis L. Camaleonte, vili, 5 i ; x, 73 ; xi, 55, 72 ; xxvm, 16. | Ne fa due gvneri : l'uno cameleuce,come 29. | descritto con abbastanza esattezza, ben sopra; l'altro salvatico, ehe si crede nascere ch con pi, e pi alla lunga lo da Aristotele, dove soltesso sia acqua, ecc. Alcuni credono ehe Stor. Anim. 11, 11. per da'notare che il ca sia una cosa stessa eoo la caltha palustris L. maleonte non manca gi della milza, ma che Camemdo, xxn, 26. | Matricaria camomilla L. l 'ha s piccola che pu fuggite docchio ai Comunemente camomilla.

1535 Caraerairiine, xt, 7. Vedi Ossitnirsine.

I N D I G E
x x it,

Camepeuce, peuce L.

86. | Staehelina chamae -

Camepiti, biga, incenso della terra, x x it, 3 0 . | Teucrium iva L. pi piccolo dell' al tro, ivi. | Teucr. chamaepiiys L. il terio piccolo, ivi. | Teucr. pseudo-camaepitys L. Vedi Iperico. Cameplalani, xu, 6. Vedi Platani. Camerope, xiii, 9 ; xxvi, 27. | Chamaerops hu milis L. Vedi Camedrie. Carnefice, xxiv, 83. | Euphorbia chamaesice L. Camezelo, xxtii, 61. Vedi Gnafalio. Cammaro, x x t i i , 2. Vedi Aconito. Cammello, t i i i , 26. | Il Batlriano ha due promi nenze nel dosso, e queslo propriamente ai do manda cammello. L Arabico ne ha una, e chiamasi drom edario. (dei cammelli), xi, 36, 62, 96, io 5. mediciue tratte da essi, x x t i u , 26. Cammellopardale,pecora salratica, vm, 27. | Vol garmente girafo. In un celebre musaico a la voro Preuestioo t' ha un'effigie di questo ani male col nome nabi. Camo,che i Galli ihiamaTaoo rufio, t i i i , 28. | Pri ma leggevasi chaum e raphium. Plinio l ' a p p e lla l u p o c e r T ie r o nel viu, 34- Vive a n c h e og gid nei Pirenei, e da Liuneo Atofelis lynx. Mei Caucaso e in Egitto fu t r o v a t a uua s p e c ie di liuce, che da alcuno fu nominata camo ; ma pi comune l ' a p p e l l a z i o n e felis caligata Temm. Canape satiTO, xix, 56. | Cannabis sativa L. silvestre, xx, 97. | Althaea cannabina L. C anaria, x x t, 5 i. | Panicum dactylon, 0 san guinale L. Vedi Lappa. Cancamo, xu, 44- | Sprengel congettura che sia la gomma resina detta volgarmente elcmi. Candriala, xxi, 52. Vedi Condrille. Cane (mollo di esso), v m , 61. dove s'abbia per re, vi, 35. pi specie di cani, x, 83. gl' Indiani vogliono che i cani concepiscano di tigri, viu, 61. | Questa favola probabilmente fu divulgala col disegno che i cani di pelle tigrina o variegata avessero maggior pregio, specialmente quelli che vengono d' ludia. questo medesimo i Francesi vogliono rapporto ai topi, t . I Jl coito del cane e del lupo uon infecondo; anzi non essendovi gran differenza tra i caui pastorali e i lupi, sta la congettura che i primi sien nati di tale adulterio. - hanno cani un animai T o la l ile che lor peculiare e proprio male, xi> 4* I Talvolta certe mosche due ale della tpeoie de' conopi L. si posano sulle orecchie de' cani in tanto numero, che

di corto fanno lor piaga. cani marini, x, 55. | Specie di squali L. Vedi Canicula. Cani pesci, x, 23, 77. il pesee cane toaetpe da a, xxxii, 54. | Cosa mirabile, ma da doversi credere dopo gli esperimenti di Cardino, il quale rilev cbe il pesce cane e Peritino strao in un certo modo ermafroditi, perch a netta no di quanti egli n 'osserv mancava l'ovaia, n il lobo nella parte inferiore dell' ovaia, ehe per la tessitura alessa egli argomentava essere il latte ; onde riput che questa specie e le prossime che appartengono al genere dei ser rarti producano e fecoodino da a le nova. Il pesce cane la perca cabrilia L., e l ' eritree la perca scriba L. Cania, xxi, 55. Vedi Ortica. Canicula (in mare), ix, 70. J Specie di qath, la quale, secondo cbe la intende Plinio, la pi divulgata ( squalus canicula, carchariaj, galeus, ece.) nugola simile a* pesci piani, ivi. | Per questa nugola significata la specie maggiore nel genere delle rase, a eoi dato H nome di cefalottere, secondo cbe opina Corier. Vedi Bue pesce. Canna (saliva), x t i i , 33. | A rundo donax L., forse la stessa che nel x t i , 66, 67, delta au cupatoria, piscatoria. V' canna riailoria, tibiale ossia calamo aulelico, siringa, tea gte, bombicia, ennuehia ( dal nome degli evirali ) calamo sagittario: la canoa laconica Varando versicolor Mill. il calamo del fia noe fteoo 1 arundo mauritanica Desf. o mierantha Lamk. : dubbio se ali' arundo donax sia da riferire anche quella, della cui pannocchia si fa il Imo Orcomenio, xix, 2 : alcuni la riferi scono ali' eriophorus angustifolius L. ca racia e plozia, xvi, 66. | Arundo phragmites I* obbliqua, cbe a guisa di sterpo si disten de per terra, detta elegia, t . | Arundo (cmlamagrostis) epigeos L. di tanta lunghezza, che, ecc., t u , a. Iodiaoa, xvi, 65. | Bambos arundinacea L., presso i nostri bamb. Sotto il nome di canna o di calamo verisiiaile che gli antichi comprendessero anche varia specie di panico o di cipero. Vedi Calamo. Cautabrica erba, xxv, 47 | Convolvulus eautebrica L., per testimonio di Sprengel. Cantarella, piccolo scarabeo, xvm, 44* che cosa produca le cantarelle, xi, 4 r* | Plinia, dopo Aristotele, Stor. Anim. v, 18, 27, fa un ammasso di falsit descrivendo gl' iosetti che nascono da loro stessi. Nel nome di cantarelle 00 od pren de molte specie di coleotteri, cio di quei generi clic in Francia si dicono cantharide, mylakre, melo, tee. Cantarla (gemma), xxxvu, 72.

5 3 ,

D E L L E C O SE NATURALI

i538

Cab fard, sodo otto 1i lingua dl' bua Api; t i, Capuie (gemiue), xxxvu, 44. Capnite (guom), xxxvu, 56. cadmia, xxxiv, aa. Vedi Cadmia. Capnoa prima, xxt, 9,8. | (Jorydals bulbosa o Jabacea Willd. capnos cespugliosa, xxv, , 99* l'Famaria offici<talis L. Papper, cinosbato, ofeostafile,xm, 4 4 * x*x, 48 ; xx, 5q. | Capparis spinosa L. o inermis. Capre, capri, (molto di esse), t i i i , 7G, seg. | Capra hircus L. t rimedi tirai ir da esse conica i serpenti), xxvui, 4a. si trasfiguranoin pi . generazioni, vm ,9. | VediJRupicapra, Ibice. Caprifico, xv, ai ; xxiii, 64. | Ficus carica L. produce le zanzare .ficaie, xt, 4 < Vedi Z a n * utra. caprificazione, xv, ai. Caprimulgo; x, 56. | Caprimulgus europaeus L. Capriolo. Vedi Capra. Carabi,' x*5 k Vedi Locusta. Caracia, xi, 66. Vedi Camita. xxvi, 39. Vedi .. Ti(imalo. Carbonchi (gemme), xxxvii, a 5. ludiaui, ivi. | Alcuni li riferiscono a quel genere di gen* . ine che volgarmente si chiama- rubino orien* tale, di cui I1Oriente non ha pi pregevole > cosa, il quale spesso preterito allo stesso dia* mante. Gararoantici, ivi. | Forse lo stesso . che quello detto in Francia grenat ? Certo al cuni riferiscono il carbonchio degli antichi alla gemma detta dai moderai grenat, di cui ne . f r a n o pi specie-; e siccome Plinio dice che i carbonchi ebbero lai nome dalla lor simili tudine col fuoco, feche i migliori sodo gU ataC tistixonli, e che gP Indiani si cavano s che ooaleogono un sesiario a misura ; queste pro priet, piuttosto che ad altra specie, apparten gono meglio a quella nominata grenat. labaodici, ivi. amatisiizouti, ivi. | Secondo alcuni, grenat sjrrien, secondo altri, rubis balais. lititonti, ivi. | Questi danno aspetto . pi verameole di pietre, che di gemme. Carbonchio, carbouchiare, iucarbouchiare, la peggior peste delle biade, xviu, 18, ao, 44 45, 68, 69. | Uredo segetum Pers. o uredo caries, ecc. Carboccolo (terra(, xvu, 3. (negli alberi), xvn, 4a* (specie di malattia), xxvi, 4* Carcinelro, x x v i i , 91. Vedi Poligono. Carciuia (gemma), xxvn, ja. Cardamomo, xu, 39. | Amomum cardamomum L., e forse amom. zedoaria. Cardo, xvm, 44* I Plinio col nome di cardi inteude qui, come spesso altrove, varie specie di centaurea, di serratula e di cnico%onde specialmente i campi sono infestati. Frequen

tissima bella parie taeridionale dell* Europi . Ia centaurea solstitialis L. (di esso una la* grima somigliante al mastice,-xu , 36. | La issine di Teofrasto, vk 4 detta da Plinio elsine, X x i, 56,'atraetjrlis gummifera Desfont. cardo salivo, x i x , 43 ; x x , 99. | Molti stimano che sia la cinara cardunculus L., nonch cinar. scoljrmus L. Careo, xix, 49* 1 Carum carvi L. Carfeoto, x x i v , ao. Vedi Incenso. Carfo, xxiv, tao. Vedi Fien greco. Cariite,-xxvi, 4* Vedi Titimalo. Cariote, xm, 9; xxm, 5 i. Fratto delle palme, datteri. Cartoblefaro arbusto, xm, 5a. | Per queste 6nxioui dei mercatauti si crede oscuramente in dicato il corallo, quantunque Plinio ne parla a lungo nel xxxu, 11. Carpasio, xxxu, ao. | Scrittura dubbia nel latino. Caeignete, xxiv, ioa. | Erba magica. Forse da leggere nel Int. acasignete. Cassia balsamode, latta, dafnoide, isocinnamomo, xu, 4^> | Laurus cassia L. Molti slimaron che la cassia e il cinuamomo sia una stessa ar bore. Vedi Cinnamomo. albero della cassia (nel Settenlrione)i xu, 43 ; xvi, 5g. | La cassia, se si crede a Columella, m, 8, arabica o aro matica ; per verisimile che quella certa cas sia senza odore, senza colore, vegnente dagli alvearii altro non sia che il cneoro,di cui Plinio, xxi, 39,3o; e Virgilio, Georg, iv, 34- | Daphne cneorum, e dapline gnidium L. Cassitero, piombo biaoco, xxxtv, 47* 1 Questo stagno. si va per esso nelle isole del mare Atlantico, ivi. | Lo stagno si estrae anche oggi in gran copia in certe miniere d* Inghilterra nella provincia detta Cornwall. Vedi Stagno. Castagne noci, xv, a5. | Castanea vulgaris Dee. ghiande Sardiane, ghiande di Giove, balanite, noce Tarentina, SaUriaoa, Corelliana, Etereiana, nera, coltiva, ivi. | Volgarmen te marroni. come s'abbiano a piantare, Xt 11, 35. Catauance, xxvn, 35. | Dioscoride fa due specie di catanance, iv, i 34, le qnali a detta di Spren gel sono T ornithopus compressus L., e 1 stragalus pugniformis. Cataratti, x, 61. Vedi, Uccello di Diomede. Catoblepa, vm, 3a. | Eliaoo, Natur. Animai, vii, 5, descrive questa fiera no po' pi accurata mente. Cuvier non lascia dubbio che ne* luo ghi citati non si parli dell antilops gnu Gmel. Catochite (gemma), x x x t i i , 56. | Forse nna spe cie di ambra. Catopirite (gemma), xxxvu, 56. Gatto, xxi, 57. 1 Cinara cardunculus L.

i5 3 g

I N D I C E

(54*

Caucali, xxi, Sa; xxn, 4* I Secondo Sprengel, Cenerate (obaella), x, 7&,74 i *xix, 8. \ Falco tinnunculus L. in Francia cresserele. Ih Pli caucalis orientalis L., secondo altri caucal. grandiflora L. nio, x, 5a, i chiamato temploemente tinnmncaCaulode, xx, a3 . Vedi Cavolo . lus, omesao il sinonimo cenchrii. (erpeute), Cavallo, fui, 19, 74; x, 5n, 94,98; xi, 19,47,53, xx, 90. 54, 61, 64, 70, 94* I,l cavalli pennuti, t i i i , Cener, xxxvn, i 5. Vedi Diamante. 3o. greggi di cavalli salvatici, vm, 16. Centauri, vn, 57. mostri di mare con testa di cavallo, x, 2. Centaurio, centaurea, detto ancora ehironia, xxv, nelle chiocciole appariace testa di cavallo, x, 1. 3o. centaurio panace, xx, 14 centanno Vedi Chiocciole. maggiore, xxvr. 19. | Centaurea eentamrium Cavolo, xix, 41 ; xx, 33. | Brassica oleracea L. L. centaurio lepto, libadio, fiele di terra, ne sono molle specie, xrx, 4* ~ cavolo estco, xxv, Si. centanno naioore, xxvi, silvestre, o erratico, xx, 36. | Crambe mari 34. | Chironia centaurium L. centauri tima L. dietro Dioscoride, 11, 147. Forse Pli cognominato triorche, xxv, 32 . { Sembra che nio risguard alla brassica arvensis L. ? Plinio abbia tolto in fallo per nome di piantai! marino, xx, 38. | Secondo Dioscoride, 11, 148: nome dell ueeello detto dai Greci rfrtfV f- H convolvulus soldanella L . lapsana fra i xtvrovfi'f di T eo frasto , ix, 9, noo altro che il cavoli salvatici, xx, 37. Vedi Lapsana. oentanrin maggiore, di cui aopra. Vedi Dioieoper la sua amarezza non si mangia il cavolo in ride, ni, 8. Egitto, xx, 35. J Forse egli questo del genere Centigranio, o grano ramoso, xvnt, a i. | Triti delta brassica cum compositum L. Cece, xvm, 3a; xxn, ia. | Cicer arietinum L. Centipeda, x x i x , 39. Vedi M illepiedi. cento Ceceri, x, 32, 66, 95. j Anas olor, e anas cygarobe, i x , 77. Vedi Scolopendra. gnus Gmel* Cenlocapi, xxu. 9 . Vedi Eringe. Ced reta te. Vedi Cedro. Cenlonchio, clematide, xxrv, 88. J Pofyomun Cedro frutto ( citrea maU), xv, 14. Vedi Melo convolvulus L. a delta di Sprengel. Alenai assirio. fanno quest'erba una stessa coaa eoi gnafalio Cedro albero (citri arbor), tio, tia, xiii, 29, 3o ; di Dioscoride, in, i 32 (di coi Plinio nelxxvu, xv, 7 i xvi, 26, 27,56,73,84. | Thuya articu 61 ), che presto noi i la Santolina marittima lata Desfont. tavole coperte di cedro, xxxm, L. : certo neHa virt loro si assomigliano. 52 . -7- al^ro albero di io m I nome, xm, 3 t. Ve Centrine, samare, xvu, 44* di Melo asfirQ. Cepea simile alla porcellana, xxvi, 5 a. | Sediun P*4 ro (cedrus), di cento trenta piedi,xvi, 76. | P*cepaea L. . pus cedrus L. volgarmente cedro del Libano. Cepi, vm, 28. | Aristotele scrive xi$ov queslo ani A questo forse da riferire il cedrus major. male, Stor. AnDo. 11, *3, e il dice una delle teiche ha il seme simile a quello del cipresso, e mie che hln coda. Eliano dietro Pitagora aenve il legno che dura in infinito, xm, i3. cedro nli9 w ( Nat. Aoira. xvu, 8. ), la qual pare cbe grande, cedrelale, xxiv, 11. cedro minore, sia una stessa con la simia rufa L. o patos ossicedero,xm, u . | Juniperus oxycedrus L. Buff. Il cepus di Agatarchida, preiso Fot. Bibb. simile al ginepro, di due specie, ecc. xm, ocl, cap. 39, pu riferirsi alla simia silenus L. li. | Juniperus Lycia e junip.Phoenicea L. o alla simia hamadryada L. Secondo Cuvier, -r- porta pece (cedrelate), che si appella cedria, il xnnrof o xlvoi di Strabone, xvm, p*g. 81*, xiv, 11. frutti del cedro, cedride o cedrati, del genere depapioni, secondo Linneo xxiv, 12. ragia, xm, 11 ; xiv, a5. sugo, mia sphynx. Da lutto ci manifesto che gli cedrio, xvi, 21. ( del cedro) un olio che i scrittori Greci hanno descritta quella specie ii nomina pisseleo, xxiv, n . cepo o cebo, cbe avea ciascuno veduta, dd Cedrasti, xxm, 16. Vedi Vite alba. genere di quelle scimie che si chiamano cerco Cefene, xi, 16. Vedi Fuchi. piteci, e che Plinio avendo trovalo negli An Ceici, xxxu, 27. Vedi Alcioni. nali la voce xnnrou una volta sola, scrisse incon elli detto l'albero loto, xm, 32. | il loto sideratamente che questo animale s veduto Africano zizyphus lotus Willd., che a torto a Roma una volta, e nou mai pi. . Plinio ha per lo stesso ( si qui che nel xvi, 53 ) Cepite (gemma), x x x v u , 56. . che il celti australis L. Ceponide o cepionide ( gemme ), xxxvii, 56. Cemo, xxvii, 35. | Secondo Dioscoride, iv, i 3 i Ceracate. Vedi Agata. (Not.) sembra estere il gnaphalium Uontopo- Ceramite (gemma), xxxvn, 56. dium Lamk. geniste (serpenti), vm, 35 ; xi, 45, | Coluber

54

DELLE COSE NATURALI

i54

lafo, ivi. | Ci beeco - ervo, dalla barba del becco. Aristotele lo appella Stor. Anim. 11, 1. dalla chioma del cavallai, e lo fa lo stesso ebe la capra libica silvestre, detta antilope cervia. Pali, secondo Schneider in Eliano, Natur. Anim. xiv, 16. Pallasio e Buffon 10 credono nn cervo vecchio, vestito di velli molto lunghi,ma s'ingannano, perch il cervo, quantunque vecchio, non ha mai corna da ca priolo (^fxer(), come lo appella il Filosofo nel citalo luogo. Finalmente Alfred Duvaucel trov - latino. nei monti dell'ndia settentrionale, onde facile Cercopiieci vm, 3o. { Non mancano in India aci 1 passaggio nella Persia e nel Caucaso, nna spe 1 nirecon coda alquanto long, pelo gridio, muso cie di cervo di statura bens consimile al cervo nero : tale la simia entellus L. e la simiu comune, ma molto bello per Inoght e sottili fauhus L Non per se ne conosce alcuna che crini iutorno al collo, con corna1come il ca * abbia il pelo grigio e nero lutto il capo. priolo, che si dipartono in tre rfemr. Cuvier Cerefoglio, xix, 54- | Scandyx odorata L. nella sua opera ( Kecherches sur le Osaeraens Ceruleo, xixm, 56, | Teofrasto (delle Pietre) fossiles, tom. iv, pag. 5o3 ) descrisse con tutta . 1 ha tre generi di eerdleo : lEgizio che fattu accuratezza questa specie che, secondo lui, rato, il Cipriotto e lo Scitico che naturale, e il trsgelafo e lippelafo, e le diede il nome di cervo d 'Aristotele. dicesi volgarmente idrocarbonato di rame. ti cuoce nella sua erba, ivi. | Si crede che tal Cesapo, xx, a5. | Scrittura dubbia nel latino. Forse una specie di lattuga. . erba sia il glasto o litati, di eui Plinto, xxn, 2: - isatis tine torio L. Cos Plinio nel xxxm, 3 6 , Cestro, xx, 46. Vedi Vettonica. ~ insegna che si tinga la crisoeolla con V erba Chelidonia (erba) maggiore, xxv, 5o. | Chelido che s appella //ci/n, o reseda luteola L. Al nium majus L. minore, ivi. | Ranunculus Jicaria L. volgarmente ficaia. chelidonie dire di Vitruvio con questa erba lutea o luto intridevasi il ceruleo per farne un colore assai gemme, xxxvu, 56.- chelidonie pietroline, xi. - ben verde* quando non si poteva avere la cri 79. | Queste si trovano nel ventre dei rondini (r r ;tiW arr)| e possono riferirsi alle pie socolla. tre agate. Cerinte, xxt, 4 - | Cerinthe major L. Chelenia, choleoitide (gemme), x x x v i i , 56. Ceriti ( gemma ), xxxvn, 56. Ceronia, xm, 16. silique, xv, a6. | Ceratona Chelio, vi, 34 ; x, ia. Vedi Testuggine. Chenalopeci son di specie doche, x, 39,80. | Non sliqua L. In Francia carotibier. Cerro, x*i, 6, 8, 79. | Quercus cerris L. l 'anas tadorna L., come parve ad alcuni secondo l 'etimologia, ma l 'anas aegyptiaca Cervieri lupi, vm, 34* I'Felis lynx L. Vedi Camo. Gmel., la cui effigie si vede spesso nei gerogli Cervo, vm, 4 > 5o, 5 i, 8 3 ; x, 5, 89, g3 ; xi, 45 > 5o, ;4, 8, n 5. | Cervus elaphus.L. Nella fici, come osserv Cuvier. storia dei cervi ei ha molto del vero, ma nes Cheneroti,x, 39. | Anas clypeata L. che secondo suno malleverebbe che la cerva partorisca Cuvier la souchet dei Francesi. 1 presso le vie frequentate, e prima e dopo il Chenomico, xxi, 36. Vedi Ifittegreto. parto si cibi di erbe prescelte, cio di teseli Chernite pietra, xxxvi, 38. | Forse una sorle di prima, e di aros e teseli dipoi ; che i visceri marmo biaooo ? o piuttosto gesso bianco com patto? dei cervi si rompano facilmente, che la loro carne discacci la febbre, che essi nascondano Cbersidri, xxn, 8. | Coluber natrix L. Presso i Greci jp'f sotterra il destro corno, e che mentre hanno ancora tenere le corina rifatte vi nasca sopra Cbia ( terra ), xxxv, 56. Vedi Samia. * 1' edera e vi ai appigli sa come intorno a un Chidee palme, xiv, 4- chidei datteri, xm, 9. qualche legno, ecc. i cervi notissimo avere Chiliodinama, xxv, 38. Vedi Poiemonia. ldoga vita, vm, 5o. | Ci ebe dicevasi della Chiocciole, xxx, 16, 43 ; x, 83. specie meno comune, vm, 59. | Helix neritoidea L. la lunghissima vita dei cervi fu detto pare da quale per passare il verno stende alla bocca del Aristotele, ma in modo ch'egli non vi obblig f uscio una coperta essai pi grossa e soda che affatto la sua credenza. Dagli esperimenti dei le chiocciole comuni, o helices pomatiae L. moderni si ba che i cervi non passano F et acquatiche, terrestri, mancano di occhi, 11, di trentasei anni. cervo che si chiama trage' erastes L. ( nel fichi), xvit, 37;* ceraste ov

vero forfecchia. Cera Ita, xxvi, 34* | Convallaria bifolia L. Ceratile, papavero selvatico, glaucio, paralio, xx, ' 78. | Glaucium corniculatum Pers. Ceraunia, x x x v i i , 5 i . non si trova altrove che in luogo ferito da ftilmine, ivi. | Secondo Marbodeo, Lapid. cap. xxn> molli riferiscono le ' ceraunie a queste pietre che cadono dal cielo, ovveraraente che si credono cadere. Cerciro (pesce), xxxu, 54. | Scrittura dubbia nel

1 N I) 1 C b

,5

5 (. | II oelebre SwimmerJ* prov con molli

argomenti che i ponti neri, i quali appaiono nella estremila delle cornicine maggiori delle chiocciole terrestri, e nella baie delle corna delle marine,sono altrettanti occhi. generi ili chiocciole (in mare), xxxm, 53 . in si pic coli animali *i veggono leste di cavallo, x, i. | Sintende il syngnatus hippocampus L. cio quel pesciolino che ha il corpo loricato e la forma non molto dissimile dalla chiocciolii; e quando il no corpo asciullo e seccato imita ia qualche modi nel capo la lesta del cavallo. Chiroaia pissacanlo, xxiv, 77. | Forse il lycium europaeum I*. ampelo, xxv, 16. vite, xxm, 17. Vedi Brionia. pnace detta chironia, xxvi, 87. Vedi Panace. Gbironio, xxv, 3o. Vedi Centaurio. xxv, i 3. Vedi Panac. Ciamea ( gemma ) , xxx v i i , 73. Giamo, xxi, 5 i. Tedi Colocasia. Giano, xxxvii, 38. | Comunemente lapis lazolo. Giano, xxi, 38. | Centaurea cyanus. L. Cieale, di cui due specie, le cete, le teltigonie, xi, 3a. [ Tutto questo tolse Plinio da Aristote le, Stor. Anim. v, 3o, e quasi tutto conviene assai bene alla cicada plebeja L. o alla cicad. orni cicad. haematode. tettigometra, ivi. | Questo un vermicello, corae la madre della cica la. Cicerchia, xvm, 3a. | Lathyrus sativus L. Cicerculo (specie di colore), xxxv, i 3. Cici, appellato pure crotone, frissi, sesamo sil vestre, ricioo, xv, 7 ; xvi, 33 ; xxm, 4 > I Bi< cinus communis L. Ciclamino, xxx, 67. | Cyclamen hederaefolum Ait. altro ciclam. ci ssan temo, xxv, G8. | Lonicera caprifolium L. un terzo ciclam. ca niecisso, xxv, 69. | Convallaria bifolia L. se condo Sprengel : secondo altri parnassio pa lustris L. Cicogna, vm, 4 * ; x, 3o, 3 i, 32, 41, 54>| Ardea ciconia L. Cicoria ( sativa ), seri, ambula, xx, 39. | Cicho rium endivia L. indivia erratica, ambula, eresio, pancrazio, xx, 39, 3o ; xix, 3g. | Cicho rium intybus L.-edipnoida, specie di cicoria salvatica, xx, 3 i. | Leontodon palustre L. Cicramo ( uccello ), x, 33. Gdonie mele, xv, io. Vedi Cotogno melo. Cigno* xxx, 10, sa, 44. Vedi Ceceri. Cimice, xxix, 17. [ Cimex (acanthia Fabr. ) lectularius L. Cimindi, x, 10. | Pare che Plinio unisca dietro Aristotele, Stor. Anim. x, ia, le storie del ptingi e del cimindi oome se di un solo soma le. Cuvier raffronta questo uccello di Plinio

solamente con la strix uralensis PalL della dai Francesi grande chouette ipivier. Cimolia creta, xxxv, 57. | Anche oggi neir isola Cimoli, Ira i Francesi l 'Argentire* si usa questa lerra ad imbiancare le vesti. Vedi Ssmia. * Cinabro detto da alcuni minio, xxxm, 38. ] U cinabro eh' specie di minio dicesi guai na ente cinabro o vermiglio, ed nativo, 0 fattizio che si fa di argento vivo e zolfo bru ciati. Vedi Minio. (cinabari), detto il sangue del dragone, ivi. | s 'inganna Plinio, poich il cinabari Indiano non sangue di dragone, ma lagrima di un albero, come ben conobbe Arriano nel Periplo. Questo sago solamente pel sno colore detto da noi sangue di dragone^ e l'albero il pterocarpus drae o pteroc. sanlalinus L. Cinapausi, xxiv, 74. Vedi Cinosbato. Cinare erba, vm, {i. | Alcuni la credono i n stessa con la cinara scolymo L. Cine alberi, xu, aa. | Forse una specie di gotsypium o bombax. Cinedi ( pesci ), xxxvu, 53. Cinedie, pietruzze, xxtx, 38. cinedie gemme, xxxvn, 56. | Trovami nel ventre de'pes ci nedi. Cinghiali, vm, 41, 78, 83 ; x, 83 ; x, 74, 90, in, 1 1 3 , 116. cinghiali nelle insegne delle le gioni, x, 5. rdenti dei cinghiali, viu, 39; xi, 61 ; xvm, 1. | Sus scropha L. Cinnamolgo, x, 5o. | Ci che dice Plinio di que sto uccello dietro Aristotele, Stor. Anim. x, ao, va tra le favole solite osarsi da' mercatanti antichi per dar preazo alle cose ignota e fore stiere. Cinnamomo, cinnamo, xn, 4*. | Secondo i pi il laurus cinnamomum L. Alcuni lo rifers c o b o alla specie amyris non abbastanza ben uoU.AItri tengono che la cassia e il ciunamarno siano nna stessa arbore, cos per che la cassia ne sia la corteccia separata dal legno (che da noi si chiama cannella ), e il cinnamomo sieno i ram polli teneri e intieri dell'arbore. Vedi Diosco ride, 1, i 3, non che Galeno, Anlid. xx. eianamo detto conuco, xu, 65. Vedi Cornac0. Cinocefali, vi, 35 ; vu, a ; vm, 80. | Specie di scimie, le quali per avere il muso sporgente come il cane, ebbero anche dai moderni qsesto nome ( simia cynocephalus, sphynx L. ). Cinocefali, osirile, xxx, 6. | Erba magica, fa volosa. Cinoglossa, xxv, 41. | Cynoglossum officinale^ L. un' altra erbe simile a questa che C lap a pole minute, ivi. | Myosotis lappula L. Ciuoide, xxv, 9 0 . Vedi Psillto.

D E L L E CO SE NATURALI

Ciaomiia, xxv, 90. Vedi PsilUo. Cinomorio, x x i i , 80. Vedi Oroba neht. Cinepe, xxi% | Plantago cynops L. 61. Cinorroda, x x i t , 74. | Rosa canina L. Cioorrodo, fiore del giglio rosso, xxi, 11. | Li lium citaleedonicum L. Vedi Crino. spu gna del cinorrodo, xxix, 3o. | Significa una pallottola fungosa, che produce la cynips rosa L. nelle rose sabatiche. . Cinosbalo, xui, 44- Vedi Cappero. f fiori a somiglianza di rose, x t i , 71. | Rosa canina L. cioapansi, uenrospato, x x i t , 74 I nigrum L. C-inotdessia (in mare), xxxu, 53. | Nel latino dubbia la scrittura, Ciaosorchi, x x t i i , 4a* | Orchis pyramidalis L. - secondo Dioscoride, ni, i 4 (Cinosolo, xxu, si. Vedi Cameleone. Cinquefoglio, x x t , 63. Vedi Pentapete. Ciparissia, x x i i , 4^* | Euphorbia cyparissias L. Ciperi eiperide, xxi, 70. | Radice del ginepro. Cipero, xxi, 69, 70. | Cyperus longus L. o cyperus comofoi Sibtb. Cipira di forma d i g e n g i o T o , xxi, 70. | Forse specie di amonito. Cipiro, x x 1, 68, 6g. | Gladiolus communis L. Cipolla (eaepa, caepe) xix, 3 i. specie dellecipolle, xix, St. | allium caepa L. scalogne, ivi. | Allium ascalenicum L. getio, pallacaoa, ivi. | Caepa schoenoprasum L. me dicine che se ne fanno, xx, ao. Cipolle maligie (bulborum geaera),xix, So. | Sem bra che le domestiche appartengano a varie specie di allium, o alla caepa, o allo schoeno prasum o alf allium ascalonicum. le quali oggid si coltivano da per tutto : le sabatiche all' allium ursinum, oleraceum, moly o nigrum% ma tali speeie son divisate eon se eco. gni cos incerti presso gli antichi, che c o n T ie n c distinguere con pi diligenza. Cipolle con lana, xtx, 10. medicine che se ne fanno, xx, 4* Cipollini sataatiohi< x t i i i , .7. | Alcuni li riferisco* no all* allium sphaerocephalam L. Cipresso, x t i , 3 i, 3a, 38, 42, 5o, 60; xxiv, 10. | Cupressus se/npervirens \j.fastigaia e horizontalis Mill. cipresso Caodiolto, xxiv, 61. Vedi Brati. Cipro, x n , Si ; xxm, 46. | Lawsonia inermis L. Ci pie!li, x, 55. | Hirundo apus L. Cirvea, x x t i i , 38. | Sprengel la riferisce all'afcfepias nigra L: altri alla circaea lutetiana L. Circeo, x x t , 94. Vedi Mandragola. Circo ( gemma ), x x x t i i , 56. Ciriegio ( quando fiorisce), x t i , (di esso), x t , 3 ; xvi, 3o, 55, 73; x t u , 17, 47. | Cera

sus vulgaris Miller. t r a v i d i q u a r a n t a a u b i t i ( d i q u e s t o a l b e r o ) , x t i , 54. | Teofrasto n e r i c o r d a d i s o l i T e n t iq n a t t r o , ni, 1 3 ; ed h a pi r a g i o n e . ciriegio f o r e s t i e r o , xii, 7. cilie gie Giuntane, x t , 3o. | Cerasus avium Dee. Cirsion, x x t i i , 39. | Carduus parvidorus L. Cissantemo, x x t , 68. Vedi Ciclamino. Cissite ( gemma ) x x x t i i , 73. | Pu essere anche ciite. Di questa pietra non si ha nulla di certo. Cisso entrano, x t i , 62 ; x x i t , 49- | Hedera he lix L. Cisto, x x i t , 48. il fiore del maschio di color di rosa, quello della femmina bianco. | Il ma-1 schio il cistus villosus L., la femmina il cistus salvifolius L. secondo Dioscoride, 1, 126. Citaro ( pesce ), x x x i i , 53. | Secondo Belnnio lo stesso che il pleuroaectes limanda Linn. Citi, o cissite ( gemma ), x x x t i i , 56. | Dubbia scrittura. Citiso ohe molto *' avvicina all1ebano, x t i 73. 76. | Cytisus laburnum L. arbusto, xut, 47. Medicago arborea L. Clamatorio uccello, x 17. Vedi Clivia. Clema, x x t i i , 91. Vedi Poligono. Clematide (simile allo smilace), x x i t , 49* I Cle matis viticella, o vitalba L. centonchio, x x i t , 88. Vedi Centonchio. edule, lagine, sottile scamonea, x x i t , 89. | Asclepias nigra L. Egizia , dafnoide, paligonoide , x x i t , 90. | Vinca major e vinca minor L. Vedi Vincapervinca. Clemalile, xxv, 54. Vedi Aristolochia. Climeno, x x t , 33 ; xxvi, a5. | Loniceraperyclimenutn L. simile alla piantaggine, ivi. | Lathyrus clymenum L. CI ino podio, cleonicio, topiro, ocimoide, x x i t , 87. | Clinopodium vulgare L. Clivia ( uccello ), x, 17. | Questo uccello ignoto allo stesso Plinio : dicesi Itres clamatorio o proibitorio. Alcuni pensano che sia la sitta europaea L. Clorione (latin, chloreus, chlorion), x, 45^ 95. f Seeondo alcune edizioni Plitiio appella virionem questo uccello oel xvin, 69, ma certo letiooe corrotta. XXatfuf, sono uccelli affini tra loro per nome, ma diver* ai per ispecie, secondo Aristotele, Stor. Anim. x, 2, 22. Eliano, Nat. Anim. i t , 4? (enne < XXwfit per la femmina del clorione, ma a torlo. Linneo ha questa femmina di EliriO per la chloris loxia, ma questo uccello non si pasce d'insetti; epper alcuni PhaUdo piuttosto per la emberiza citrinella. $ ingaouaao. di pari quelli che credono essere una stessa cosa il verdier dei Francasi e il cforione, cui tap

I N D I C E

piamo da Aristotele eiiere pari ad ani torto non bene distinto lalla nymphaea lotus L., ra, e teoondo Cuvier estere l 'oriolai galbula il cui gambo in Egitto si mangia. Il ciamo, o L. Gesner non tenta dubitare riferisce il dofava Egiziaca la nymphaea nelumbo L. Vedi reo ai gaigaio di Plinio., x, 5o, il qaale seconLoto. do Belonio, t i , i i , non differisce punto dal- Colombe, x, 9, 36,41, 7479 96 | Per colombe si 1' oriolus. Molti stimano che il doriooe ne sia in tendono le specie palumbus, oenas, livia,tce. la femmina. costome delle colombe, x, 5a. | Queste cose sono desunte la maggior parte da Aristotele, Cloriie( gemma ), xxx\u, 56 . Stor. Anim. x, 11. Clupea ( aitilo pesce ), uccide col morso, ix, 1 17. | Petromyzon branchialis L. pesce si Colombelle, colombi salvalicht, palombi, x, 1 , 35, 4 > 74' 79 * 79; xvm,68. Vedi Colombe. mile a verme, il quale si appiglia alle branche Coloqnintida, xx, 8. | Cucumis colocynthis L degli ahri pesci e sogge loro il sangae. Cneoro di dae specie , nero e bianco , x x , Cololi, ix, 46 ; xxix, 3 8 . Vedi Ascalabote. Coltello, o spada, frani, sifia, x, 1, as ; xxxn, 3 9 . | Daphne cneorum e daph. gnidum L. 53. | Xiphias gladius L. cneoro, coestro, xm, 35. Vedi Camelea. Cnico (salivo), xxi, 53. | Carthamus tinctorius Colubro che vive nell'acqua, x t x h , 19, *6, 33. | E questo per avventura il coluber natrix L. del salvatico dae specie, nna di mansueto, o il chersidro? 1 altra di aspro, ivi. | Carthamus mitissimus * L.e centaurea lanata o benedicta Decand. Colalii, xxxu, 37, 53 . | Del genere de* narici. il quale Patrattilide di Dioscoride, ni, 107, e Comagene (erba), xxix, i 3. | Forse il nardo sino, o il cyperus longus L. medicarne del pane di Teofrasto, vi, 4 - ( medicine che se ne fan di Comagene, ivi. no), xxi, 107. Comaro, xv, 28. Vedi Corbezzolo. Cnide ( in mare ), xxxu, 53. Vedi Ortica. Combreto, xxi, 16. | Juncus m axim us L. Cobio (in mare), xxxn, 53. Vedi Gobio. Cocco ( dell elee ), x vi, 12 ; xu, 3 ; xxiv, t\. V ha Come, xvu, 117. Vedi Tragopogo. una specie d 'insetto detto cocus quercus eoe- Conche o conchiglie, x, 6,46,48, 5455,60,69. specie di conche, rx, 5a ; xxxu, 53. | Sono ciferae L. dall'arbore dove nasce. Il cocco di Galatia e di Portogallo er in grande ripu assai varie le figure delle conche : altre son tazione presso gli antichi, ma i moderni non piane, altre concave, altre lunghe a forma di ne fanno pi uso, da quando ne venne in Eu cono, altre lunate o elittiche, che somiglia00 ropa il cocco di America (coccus cacti L.), la lana cornuta, altre in semicerchio, come le donde si trae pi copioso e pi bel colore. nerite, altre col margine riversato iufoori, la grana (o cocco) di Gnido ha color di come le buccine. le Venerie navigano, n , grana, x x v i i , $6 . I H cocco o grana di Gnido 5 a. | Molte conche, di quelle che aprono il il fruito del daphnis cneorus L. Vedi Ca guscio solo da una parte, vanno nuotando, melea. o fluitano sospese a fior d'acqua : solo il nau Cocdgia (albero), xm, 4 1 | Rhus cotinus L. tilo che naviga come con vela protesa. dattili Coclidfl ( gemme), xxxvu, 74. della specie delle conche, x, 87. Vedi Dattili. Cooomero domestico, xix, a 3 ; xx, 5 . | Cucumis conche che fanno il colore della porpora, sativus L. salvatico, xx, a. | Momordica di due specie, buccino che ha la bocca tonda, elaterium L. erratico, xx, 4* I Cucumis e porpora, x, 61. | Specie di buccini e di mu Jlexuosus L. rices L. Vedi Porpora. Cocomero (in mare), rx, 1 ; xxxu, 53. | Holo~ Conchiglia marina, vi, a3 ; vm. 78 ; ix, 46, 6 61. colore conchilio, xxt, aa ; xxu, 3. thuriae L. le quali, e specialmente l holoth. pentacta, se si contraggono in si sembrano Concilio, xxn, 3g. Vedi Iasione. Condri, xxv, 53. Vedi Pseudodittamo. cocomeri. Coidie si chiamano, xm, 9. | Cycas cireinalis Condrillo, condrille, xxn, 45 . ) CondriUa jun L. a delta di Sprengel. il xtixaf di Teofrasto, cea L. o lactuca perennis L. secondo Teofra sto vu, 7, candriala. La lezione di Pinio Slor. u, 8, di cui si dice che si fa pane ( forse non par sana. della midolla ). Cola, smeraldo, xxxvu, 18. Condurdo, erba solstitiale, xxvi, 14. | Sprengel Colchico, xxtiii, 33. | Tratto da Dioscoride, v, ha saponaria vaccaria L. *4 - Colchicum autumnale L. Vedi E/emero. Conferva, xxvn, 45. | Conferva vivularis o coitColia (pesce), xxx, 53. | Specie di sgombro. fer. glomerata L. Colocasia, xxi, 5 i, ioa. J Arum colocasia L. che Congro, x, a4, 37, 88. | Muraena conger L. gi asserisce Plinio seminarsi io Italia : ma qui Coniglio, viu, $1. | Lepus euniculus L. Dicesi

*549

DELLE COSE NATURALI

i55#

che la prima loro origiae sia di Spagna. Vedi Dafipdt. Conixa, cunilagine, xix, 5o. | Alcnni la credono uoa co m i stessa con la cuoila b a b a l a , che specie di satureia: altri la confondono con . la conica maschio. conisa maschio, n i , 3a . | Inula viscosa Oesfont. femmina, ivi. | Inula pulicaria L. la radice della co nila maschio si appella libenoti, ivi. | Forse Plinio confonde la conita maschio con la cu nila libanotide, di cni nel xx, 64. Consiligine, xxv, 4 I Polmonaria officina * li! L. Convolvolo, ossia quel braco che avvolge nella * foglia delle viti, xvu, 47 | Il nome di questo braco latino, n s trova nel testo italiano : per a riconoscere ii luogo citato qui detto abbastanza. insetto della famiglia de'lepidotdotleri, piralis vitis Bosch. Coraoesia e cUicia, xxiv, 99. | Erba favolosa usata dai Magi ; banchi alcuni credono che sia il cissampelos pareira L. cio quell' erba che sembra che congeli l 'acqua, ovvero che la fac cia pi densa per l ' abbondante del sugo glu tinoso eh'ella contiene. Ci stesso dice Plinio dellaquifoglia, x x i t , 72, e Teofrasto, Stor. v i i , 19, d uoa cerla specie di spina. Coraci do, ix, >4 *xxxi* 53. { Noo la saiaena ni gra, come parve ad alconi, ma lo sparus chro mis L. ossia chromis castanea. Il coraeino Egiziaco, di cui x, 3a, secondo Cavier lo alesso che il labrus a iloticus L. o chromis nilotica. Corallo, xui, 5 a. ( mollo di esso ), xxxu, 11. Coralloacale, x x x t i i , 56. Vedi Agata. Corbezzolo, coiuaro, meroecilo, xziu, 79 ; xv, a8 ; xvi, 5o. | Arbutus unedo L. Corcoro (corchorus), xzi, 52, io6r| Corchorus olitorius L. corcoro (oorchoros), xxv, 92. Vedi Anagallide. Cordila (pesce), x, 18 ; xxxu, 53. | Tonno giova ne. E detto scordila da Aristotele, Stor* Auim. vi, 17. Coriandolo, xx, 82. | Coriandrum sativum L. Coriario cespuglio, xxiv, 54- | Rhus coriarius L. Corilo, xvi, 3o, 79, 83. | Corylus avellana L. Vedi Avellana noce. Considia, minia, xxiv, 100. | Erba magica fa volosa. Corison, xxvi, 53. caros, xxvi, 54 Vedi Ipe rico. Corilii, xxxu, 27, 53. I Della specie di murici. Cornacchia, vu, 49 ; x, 14,1 5, 54,60,79,95,96 ; xt, 79. | Corvus corone L. Corniolo maschio, xv, 3 t ; xvi, 3o, 41, 4a 4^ 73, 76 i xxi, 42. | Cornus mas L. la femini*

na C bacche acerbe, xvi, 43. | Lonicera aU n pigena L. Cornata (pesce), xxxn, 53. | Detta dai moderni specie di rata. Rata cephaloptera Schneid. Corocotta, vm, 45. Vedi Crocotta. Coroneola, xxi, 10. Vedi Rosa. Coronopo, xxi, 59; xxu, 22. | Cochlearia coro* nopus L. Corroda, x n , 4> Vedi Sparagio. > Conoide (gemma), xxxvu, 56. Corvo, x, 3, i 5, 41,60, 79,95 ; xi, 75, 79. | Cor vus corax L. corvi acquatici, xi, 47 Vedi FalacrocoracL Corvo ( io mare ), xixu, 53. | Forse questo la sciaena nigra, o l intende anche il concino f Certo anche Marceli. Empir, cap. 8, appella corvo marino quello li che qui ai tratta. Cossi, zi, 38 ; xxx, 39. I Alcuni interpretano i vermicelli degl' insetti da Linneo delti lucani cervi, e dai Francesi cerfs volans. Costo, xu, a5. | Costus speciosus Smith. Cote per arruolare il ferro, xxvi, 47* coti o pietre egualmente da arruolare nominale nel xvm, 67; xxxiv, 41. Cotiledone, xxv, 101. | Cotyledon umbilicus L. ve n' ha unaltra specie di esso, ivi. | Cotylodon serrata L. Cotino, xvi, 3o. | Rhus cotinus L. Plinio nel xm, 41 lo appella coccigia. Cotogno melo, xvu, i 3, 4- mele strutee, xv, 10. mele lanate, xv, 14* | Cydonia vulga ris Lem. Colonea, xxvi, 26. Vedi Alo. Coturnice, x, 33, 92; xi, 112. | Turdus cotur n ix L. Cracea, xvm, 4 *- | Vicia cracca L. Crambe, xx, 33. | Crambe maritima. Crateri, xxvi, 63. Vedi Crateogono. Crai ego, xxvn, 40. | Ingannato dell* affinit dei nomi PKnio interpret essere una specie di crateogono il xfarettyc* di Teofrasto, 1 1 i 5, 1, ohe il sorbus torminalis o il mespilus azarolus secondo Lamk. >crtego,xvi, 52. | Gra no del bosso : ma dubbia la lezione. Crateogooo, x x v i i , 4* | Polygonum persicaria L. che pure dello leligono, xxvii, 40. | Theligonum cynocrambe L. o mercu rio lis tomentosa L. Crepi, xxi, 59. | Pieri in Teofrasto, vu, 11 : helminthia echioides L. Cretto, xx, 3o. Vedi Cicoria. Creta, sue specie, xxxv, 57, 58. Cretmo agrio, xxv, 96; xxvi, 59. | ChrUmum maritimum L. Crino, giglio rosso, xxi, 11. | Secondo Sprengel il lilium c&mlcedonicum L.

I N D I C E

Crisantemo, ixi, 96. Vedi Eliocriso. crisan temo, xxvi, 55. | Chrysanthe mum segetum, o coronariam L. Chriseletlri, xxxvu, 43. | Credono essere una specie di giacinto. ana specie di ambra si appella criselettro, xxxvu, ia. Crisippea, xxv, 59. | Pianta ignota agli aUri an* tichi scrittori. Crisile pietra di calazio, xxxvi, 43- | Alconi la riferiscono a tiii* specie di marmo Tebaico, nel quale sorgono alcune macchie gialle, comune mente granito. Altri la riferiscono alle pietre delle volgarmente in Francia pierres de loti che ; ma qaesto non piace. Crisite (schiuma d*argento), xxxm, 35. | Vol garmente liiarjiirio doro. Vedi Argento. (erba), xxi, a6 . Vedi Crisocome. Criso (pesce), xxxii, 54- | Lo stesso che crisofri. Vedi Orata. Crisoberilli, xxxvu, ao. Vedi Berillo. Crisocarpo, xxiv, 47 ; xvi, Ga. ] Una sorte della hedera helix L. con bacche di aureo colore. Crisocolla, xxxm, a, a6. | Idrocarbonatodi rame o capro. Ritrovasi specialmente nelle cave di rame e di altri metalli liogesi con aa' erba, ivi. Vedi Ceruleo. l ' arena del Circa si sparge di crisocolla, xxxiu, 7. | Credon che qnesla sia di qoel genere di pietre che in Fran cia si chiama tale couleur d 'or. i medici la chiamano acesi, differente dulia orobiti. | La orobiti crisocolla liquida, I aceai arida. gli orafi adoperan la crisocolU per attaccar l'oro, xxxm, ag. | Al presente in luogo di cri socolta per attaccar l 'oro si adopera la soda di borrace. Crisocome, crisili, xxi, a6, 85. | Chrysocoma linosyris L. Crisolacauo, xxvm, 43. | A triplex hortensis L. Crisolaro pi (gemma), xxxvu, 56. | Alcuni Fran cesi pensano che sia il phosphate jaune de
plomb.

Crisolito (gemma), xxxvu, 4a, 73. | il nostro topazio, topazio orientale. Crisopi (gemma), xxxvu, 56. Crisoprasio (gemma), xxx vii, 34- | Queslo ha molte variet, quantunque alcuni uon facciano differenza tra crisoprasio e crisopraso. Crisopraso (gemma), xxxvu, ao, 3a, 73. | Forse nn specie di berillo. Crisoptero (gemma), xxxvu, 3a. | Credesi che sia una specie nel uostro topazio. Crisotale, xx, ioa. Vedi Aizoo. Crista, xxvu, a3. Vedi Alettorolofo . Crislallio, xxv, 90. Vedi Psillio. Cristallo, xxxvu, 9. | Volgarmente cristallo di roca. vetro somigliante a cristallo, xulti,67.

Crocalfi (gemma), xxxvu, 56. Croci, xxiv, ioa. | Erba favolosa deiMagi. Crocia (gemma), xxxvu, j. Croeodilio, xxvu, 4 1 I Contaurea crocodi li um L. Crocodilo, vm, 87, 4 6* ; * 82 5 ^7,60, * 65, 80, 9, ioa. ( raedicioe,che se ne faooo), xxvm, a8. de specie di crocodili, xxvtn, a8. | Cio il crocoJilo grande, che vive promi scuamente in terra e in acqua, detto champses dagli Egiziani, e suchi dai Copti, e da Linneo lacerta crocodilus l'altro simile a questo, ma molto iu feriore di grandezza, il quale abita solamente in terra : i rasi visceri si chiamavano crocodile * Pare che bou differisca dallo scia. co. Veli Scimco. Crocnta, vui, 3o. | Cuvier non dubita che Pliaio parli della iena, non del Jelis aurea L o ckakal, perch questo animale oon ha denti ti sodi. Nel lib. vm, 45, lautore il nomina erocotta, n tratta gi di cagna e lupo, ma di leonesaa e di iena. Cose simili altribaisce pure 1 lencrocnte, se ne eccettui lorigine; t a lc h flou se gli pu perdoqare che meutre dal leggere traeva di fretta propriet e caratteristiche di animali non molto diversi, non ne istituiva il debito esame per assegnare a ciascuno ci che gli si avveniva. Laonde sommamente difficile trovare l 'origine del catoblepa, del corocuta, del crocuta , del leucrocuta, perch quelli che hanno lolto da Plinio hao mutilate, amplificate e rese pi mostruose le sue stesse inesattezze. Crotone, xvi, 35. Vedi Cici. Cuci, albero simile alta palma, xm, 18. ) Douma thebaica Poir. Cuculio, x, 11. | Cuculus canorus L. Plioio ri ferisce queslo accetto agli sparvieri, ma a torto, non meno Che quegli scrittori di cose rustiche che fanno oggi lo stesso. L errore dipende da ci che indicato da Aristotele, Stor. Anim. Vi, 7, che il pi piccolo tra gli sparvieri, simile al cuculo (creduto da aleoni l m erillon ), uon si vede quando il cuculo comincia cantare, in quel tempo cio che gii altri sparvieri ripa rano nelle selve a generare. d addosso a lei ancora (alla bilia), ivi. | Siccome il cuculio molto maggiore della sua nutrice, il che avvie ne in altre specie ancora, quando essa gli pre senta il cibo apre il rostro s che riceva entro la testa di quella; ma nulla pi. Cuculo (uccello), xvm, 66. Vedi Cuculio. Culice, xix, a3. | Di quest* erba fa meozione Pal ladio, lib. v, tit. 9, ma hon la descrive. Alenai credono che s abbia da intendere la plantago psyllium L. o la inula pulicaria L. Culico (erba), J lr u n ao , strido, xxvn, 44 * 1 Sihne

i553

DEL LE COSE NATCIIALI

baccifera Willd. second Sprengel : secondo Uri solanum nigrum L. Cumino, xix, 47 fy- I Cuminum cyminum L. silvestre, xx, 57. j Alcnni il fanno lo lesso che il delphin, consolida L. Spreogel dietro Dioscoride, m, 69, lo riferisce alla /agoecia cuminois L. Cuoila saliva, xx, 65. | Satureia thymbra L. gallinacea, xx,6a. | Origanum Heracleoticum L.cunilagioe e cunila molle,xx, 63,64. | Sem* bra che sieno le conile maschio e femmina, secoodo Teofrasto, vi, a ; o le minore e mag giore, secondo Dioscoride, m, i 36. le quali per Lioneo sono linula viscosa, e Vinula pulica ria. bubula, panacea, xx, 61. | Satureia graeca% secondo alcnoi. altra specie la liba notide, che h odore d 'incenso, xx, 64. | Pian ta dubbia : pare che Plinio confondesse la spe cie greca della libanotide ( forse il rannerino ) con le cunile. Cunilagine. Vedi Cunila. Cutreltola (uccello), xxxvii, 56. | Si tiene che sia

D
Dafnia (gemma), xxxvii, 57 . Dafooide, alloro silvestre, S te fa n o d i Alessandro, apetalo, pelasgo, xv, Ug; xxm, 80. | secondo Spreogel c o r r i s p o n d e alla clematis vitalba L., s e c o n d o a ltr i alla daphne laureola o mezereo L. poligonoide,xxiv, 90. Vedi Clematide. isocinnamo, xn, 43. Vedi Cassia. Dams, vili, 79 ; xi, 45. | Cuvier Vha pel cervus dama L. Buffon la riferisce, ma non bene, alla antilops redunca L. Dardo (jacalus, sorta di serpe), vili, 35. | Presso i Greci cIxovriai. Pare che fosse di quei serpi lunghi e sottili, i quali solgoao sugli alberi eoa l 'attortigliarsi intorno ai rami, come il coluber ahaetulla L. Danaasonio, xxv, 77. Vedi Alisma. Dasipode, coniglio, tasso, v i i i , i ; x, 83 ; xt, 9 4 , 96. | Secondo Cuvier i Greci col nome faviinros inlendeano solamente il nostro coniglio, lapin (leporem cuniculum L. ) cui Aristotele no mina sempre distintamente dal lepre Xeryof, e Senofonte accenna ( Cineg. cap. v ) con appel larlo piccolo lepre. Dattili, x, 87; xxxn, 53. | Plioio gli appella u/igues% 5 1, pholas dactylus L. specie di con x, che moltivalve, che vivono nel fango, o nei sassi incavati, dove i1internano in modo che non possono pi uscire, se non si spezza il

sasao : hanno un cerio lame fosforico e sapor di pepe. Dattili (gemme), xxxvn. Ci. Dattilo, xxiv, 119. | Panicum dactylon L. simile all' aizoo, ivi. | Sedum stellatum L. Dauco, xix, 27. in Greta i riputalissimo, xxv, 64 *| Sprengel secondo Dioscoride, 111,83, P ha per I* athamanta cretensis U: la seconda spe cie di Dioscoride la riferisce il detto autore al laserpitium silaifolium ; e la teria con foglie di coriandolo, di cui qui Plinio, alla pimpinel la peregrina L-, bench altri la riferiscano alla seselis ammoides L. pastinaca erratica, ivi. | Daucus maritimus L. Delfino, ix, 6. | Delphinus delphin L. nel dosso ha una spina tagliente come coltello, vur, 38. la bocca molto sotto al rostro, x, 7. nasconde le penne del dono come in una guai na, x, 8. | Da questi tre luoghi abbastanza chiaro che Plinio non tratta del delfino cetaceo, come qaello che non ha n spina n penne nel dosso. Quanto alla bocca situata sotto al rostro, conviene con Plinio anche Aristotele, Stor. Anim. fin, a, bench il delfino volgare sia da lui descritto molto bene. Epper verisimile che gli antichi abbiano preso per delfini veri alcune specie di squali L. o l acanthia , o la centrino , ecc. perocch questi han veramente la bocca sotlo al rostro, acolei nella spina dor sale, e forze sufficienti per assalire ancora i cro codili, ecc. Ma noi perdoneremo questo errore agli antichi, giacch assai navigatori tra gli sles si moderni tengono per delfino la coryphaena hippurum L. Dendracate (gemma), x x x v i i , 54. Dendrite (gemma), xxxvn, 73. Dendroide, xxvi, 45. Vedi Titimalo. Diadoco (gemma), xxxvu, 67. | Forse ona specie di berillo. Diamante, xxxvu, i 5. con colore trasparente non differisce (dal cristallo), ivi. | Il diamante non ha sempre colore che tira al cristallo, men tre di spesso volge al roseo, al cenilo, al giallo, e ancora al nero e alP opaco. pulito a sei facce, ivi. conoscoosi all* incudine, ivi. | La falsa opinione degli antichi ehe il diamante fosse infrangibile pass fino ai posteri, con perdita considerevole di tal pretiosa pietra, poich in Portogallo massimamente per pro vare con pesante maglio se si potessero fran gere, ne gellarooo in minuzzoli de1pi grossi e pi preziosi. 11 diamante serve benissimo a scavare le altre gemme, ed esso non si pu fendere o spianare se non con altro diamante ridotto quasi in polvere. cener, ivi. J Cio alla grandezza di un grano di miglio, n ha

i555

I N D I C E

556

d i T d e n o s i , idrofif, fri, pelamide, ecc. Ma perfcllamenle la forma di cristallo. Macedo eh1essi naTighin come dice qoi Plinto, non n nie.... siderite, ivi. | Si crede che l'autore nou traili qui del diamante propriamente letto, ma t r o v a in veruno autore. Vedi Serpente. forse di quella gemma che si chiama zaffiro Dragone (pesce), x, 43 ; xxxu, 53. | Trachinus " oro, o simile. si rompe con sangue di draco L., chiamasi ragno, x, 4& becco, ivi. | Plinio spacci dae volle questa Dragonzio, dragoncolo, xxiv, 91. Vedi Aro. dragoncolo (pesce), xxxu, 53. Vedi Dragone favola stessa (Vedi xx, i.), n aggiunse mai, come qui al fine del capo, u id falsum esce quis pesce. dubitet ? n Drepani (uccello), xi, 107. Vedi Cipselli. Difie (gemma), x x x t i i , 57. Driile (gemma), xxxvn, 73. Difrige, xxxiv, 37. | Mondiglia di rame. Driofono, x x v i i , 49- I Alcuni lo fanno i! drabe di Dioscoride. 11, 187, cui altri opinano essere Digitello, xxv, ioa. Vedi Aizoo. Diomedea (uccello), x, 6. | Appellasi cataratta. una specie di convallaria. Dionisia (gemma), x x x v i i , 57.' Drioptere, x x t i i , 4- l Polypodum dryopteDionisoninfa, xxiv, ioa. Vedi Casignete. ris L. Dromoni (pesci), x x x i i , 53. | Aristotele, Stor. Diopete, xxxii, 34. Vedi Rana. Anim. 11, a, appella dromadi specie di pes Diospiro, xxvii, 74. Vedi Litospermo. che da certi tempi entrano nel Ponto, il tonno, Dipsaco, x x v i i , 47* | Dipsacus fullonum T,. Plinio lo appella labbro venereo, x x t , 108. la pelamide, lamia, ecc. Dittamo, vm, 4 * ; xxv, 53. | Origanum dictam nus L . una terza specie si chiama dittamo, ivi. J Origanum creticum L. oppure orig. tournefortii Ait. Vedi Pseudodittamo. Dodecateo, xxv, 9. | Primula vulgaris L. comu nemente primavera. Eale, t i i , 3o. | Pare che s abbia da intendere il Do lico, xvi, 93. | Phaseolus vulgaris L., dietro rinoceronte bicorne, i cui corni dice Sparraaan, Teofrasto, vm, 3. nel suo Itinerario, avere una certa mobilit. ponax, o donace, calamo, xvi, 66. Vedi Canna. Ebano, xu, 8,9. | Diospyros ebenum L.,oppure ovvero onice od oniche, x x x i i , 53. Vedi Solene. una specie affine. Dorcadi, specie di c a p r e , t i i i , 83. | Tollo da Ebulo, x t i i , 6. | Sambucus ebulus L. . Aristotele, Stor. Anim. ni, 3. cervus capreo Echeneide, remora, ix,4 i ; x x x i i , i, 5o, 53. | Eche lus L. La dorcade Libica, di cui Elian. Natur. neis remora L. che con la testa a scudo striato Anim. xiv, 4> P antilope dorcas L. volgar attaccasi suggendo agti squali, o ai narigli. La mente gazella. echeneide di Oppiano, 1, a i 5, seg. diversa af Donnola (mustela), t i i i , /|i ,83 ; 2,95. | Mustela fatto dalla prima, riferita da Rondelezo al vulgaris L. marina, ix, 39; x x x i i , 3 7 . | Gapetromyzon marinum. dus lota L., e in alcuni luoghi di Francia, se Echi, xxn, 24* Vedi Ancusa. condo l'antica appellazione, motella, o secondo Echini, x, 5 i ; xxxii, 53. | Questi non hanno gii la nuova lote. donnola, sorcio di campagna spine per piedi, ma lobi vescicosi che a piacere (nitela), vm, 8a. | Myoxus nitela Gmel. mandano fuori di tra le spine, o ritraggono Dori, x x i i , a4>Vedi Ancusa. entro. e c h i n o m e t r e , t . | Specie che ha Doricuio, xxi, to5. Vedi Tricno. corpo minotoe spini lunghissimi, quale Peci. Doripelro, xxvi, 34* Vedi Leontopodio. cidaris L. bianchi, t . | Questi h a n n o spini Dracontia, dracontile (gemma), xxxvn, 57. pi corti, q u a l e P ech. spatagus L. fan tutti pragone, vm, i 3, aa; x, 93 ; xi, 44. dragoni c i n q u e u o T a a n o T e r o , t . | Non u o T a , ma d n * che combattono cogli elefaoli, vm, 11. [ In In que O T aie disposte a forma di stella. dia son serpenti lunghissimi del genere de?pi Echinofore, xxxn, 5a. | Specie di conche: scrit toni o dei boa, i quali senza dubbio possoo tura dubbia. nuocere agli elefanti, purch potessero attor Echinopo, xt, 8 . | S intendon triboli, cio tri tigliarsi alla proboscide loro. Ma di tali com bulus terrestris L., ofagonia cretica L., ecc., battimenti noo troviamo nulla nei moderni. di cui Plinio nel xxt, 58. con la cresta, t u i , i 3 . | Dei serpenti a noi noti Echio, peraonalo, x * T , 58. | A rclium lappa nessuno ha cresta. Giuba prese forse per dra L. simile al puleggio, ivi. | Alcuni ritengono goni le graodi lucertole degl Iguani. col I' echio per lo stesso che l 'oehno, di cui Plinio capo alto van come a vela, t . | Nel mare In nel xx, 48, o locimoide di Dioscoride, i t , 38, filano *on mo^le specie di serpenti dacqu* e che detta da L. saponaria ocimoides.

D E L L E C O SE NATURALI

*558

altra specie eoo lanugine spiooaa, ivi. | Eehium bastardi, viu, 1. gli Africani temno quelli rubrum L. delP India, t i i i , 9. | Elephas Indicus ed eleph. Echite (gemma), x x x v i i , 7. Africanus. Molle sono le variet degli elefanti: Edioamo, xxxv, 5 i. | Mentha sativa L. gli addimesticati hanno in India per lo pi otto Edipnoide, xx, 3 i. Vedi Cicorie. 0 nove pi d 'altezza, ma ne' paesi oltre il Gan Efedra, anabasi, xxvi, ao. | Equisetum stivatige, detti Tonchin e Cocincina, alcuni giun . cum L. Vedi Equiseto. gono all'altezza di sedici piedi. Quanto alla Efemera, xxv, 107. | Secondo Dioscoride, v, 85, minore statura degli elefanti Africani, molti < Sprengel l ' ba per 1 ornithogalum s-tachyoi storici dicono lo stesso che Plinio ; e forse des L., e ri ferisce l ' di Teofrasto, x, vero, se sintenda di quelli che abitavan la Bar16, al colchicum autumnale L. beria, adoperali dai Cartaginesi e dai Romaoi Egilope, xxi, 63 ; x x t , g3 . festuca, che si chia nelle guerre : quanto poi a quelli che nascono ma egilops, soffoca l 'orzo, x t i i i , 44- I Secondo nell* interno dell'Africa, la cosa diversa, pe aleuni festuca aegilops L. secondo altri avena rocch Bosman d agli elefanti della Guinea . sterilis o fatua L. albero altissimo, xvi, tredici o sedici pi d' altezza, e Lictestein 8. | Quercus aegilops L. della famiglia dei (ltiner. Capens. 1. 1, p. 349) ricordasi di alcuni, bulbi, xix, 3o. 1 quali passavano P altezza di diciotto piedi. gito, Xt 95. egito (Ira gli sparvieri) zoppo da Del resto qnelli d'Asia e d* Africa s o n mollo un piede, x, 9. | Nessuno uccello per nalura diversi e nella forma del capo, e nella lunghezza zoppo, quantunque il detto da Plioio asserito delle orecchie, ecc. armenti di elefanti, v, 1, da Aristotele, Stor. Anim., x, i 5. Questi an 4. caccia, 11, 75; v i , aa, 34.combattimenti cora aggiunge che 1 egito fa molte uova ( lo * coi dragoni, vm, 11,12. pugna contro i tori, appella -oXortxror ), onde manifesto eh egli t u i , 7 . coito t i i i , 5 . | 11 maschio non alto non parla di esso come di uccello rapace, ma a generare prima della femmina ; n questa il - piuttosto come di una specie di passero. pu innanzi all' anno quintodecimo : partori Egocefalo (uccello), xi, 80. | Scolopax aegocesce quasi dopo T e n ti mesi. elefanti mariui. phala L. Vedi Astaci. Egncera, xxiv, lao. Vedi Fien greco. Elegia, xvi, 66. Vedi Canna. Egoftalmo (gemma), x x x t i , 7a. Elelisfaco ( elelispbacos ), pi leggero della lente Egoletro, xxi, 44- 1 Rhododendrum pontisaliva, xxn, 7 1 . | Ingannato dalla affinit del nome Plinio tolse 4\tX f rQetxofy specie di salvia, cum L. Egolio, x, 79. | Strix flammea L. iovece di lente. un'altra specie, ivi. Egonico, x x v i i , 94. Vedi Litospermo. | L 'elelisfaco dei Greci ora dicesi salvia officiE gala, xxxv, 5o. | Specie di zolfo. nalis L., ora salvia triloba, o anche cretica L. Elacateni (pesci), xxxu, 53. | Di questi si face elelisfaco (elelisphacom ), xxvi, 89. vano salamoie. Elenio, idea, medica, nettarea, orestio, sin filo, Elafobosco, xxu, 37 ; x x t , 5a. | Pastinaca sa x i t , 19 ; xv, 7 . | Inula helenium L. elenio nato delle lagrime di Eleoa, xxi, 33,91. | Teu tiva L. crium creticum L. Eia te, o spale, xu, 62; xxm, 53. | Eia le presso i Greci vale auche abete; di cui qui non si trat Elianle, eliocalli, x x i t , ioa. | Erba favolosa, asala ta : la spate non albero, come vuol Plinio, ma dai Magi. un involucro di palme ancora fiorenti nella Elice, xvi, 6a. | Hedera helix L. salcio picco lissimo, xvi, 69. | Salix helix L. phoenice dactylifera, ecc. Confronta Diosco Elio, x x i t , 75. Vedi Ebulo. ride, 1, i5o. Eliocriso, xxi, 38, 96. Gnaphalium stoechas L. Elatine, x x v i i , 5o. | Antirrhinum spurium L. Forse la pianta stessa con 1 olocriso, di cui * Eia ti te, x x x t i , 38. Vedi Ematite. nel xxi, a4, 85. Elee, o leccio, xvi, 8. fa ghiande, ivi. \ Quer cus ilex L. due sorti'di elee; fra queste Elioscopio (heliosoopion), xxvi, 42. | Euphorbia helioscopia L. elioscopio ( helioscopium ). ha quelli che dai Greci son detti smilaci. Vedi Eliotroprio. Vedi Smilace. aquifoglie, ivi. | ilex aqui folium L.l cocco,xvi, ia. | Quercus coc Elioselioo, xix, 37. | Apium graveolens L. Eliotropio, elioscopio, xxu, 29. | Heliotropium cifera L. europaeum L. incocco, scorpiuro, ivi. J Cro Elcisma, xxxm, 35. | Scoria nell* argento. ton tinctorium L., volgarmente girasole. Elefante, vi, aa, a3, 24, 35 ; t u , 45 ; viti, 1, a, 3, 4, 5, 6, 7,8,9,10, 3o, 41 ; x, 62, 83 ; xi, 1, 61, Elleborine, epipalle, xm, 35 ; xxfu, 5a, | Neottia spiralis. 63,93, 101, n o , 1ia, u 5. minori chiamali

I N D I C E

i56o

Elleboro bianco, veratro, xxv, ai. | Veratrum album L. nero, melampodio, ettomo, po lirrizo, ivi. | Elleborus orientalis Lamk. EUera, xvi, 6a ; x x i t , 47- I ne novera mol le variet,il maschio, la feromioa, il crisoearpo, l erilrano, quella eoo seme roseo o di za fie ra d o , la bianca, la nera, cio pel colore degli acini : 1 elice, rhe sterile, ecc. hedera helix * L . la bianca ammazza gli alberi, ivi. | L el lera elice cbe ha foglie variegate ad alcuni sem bra essere la stessa che P ellera bianca di Vir gilio, Egl. vii, 38, cui altri vogliono che sia il convolvulum sepium L. Elettro, x x x t i i , it. Vedi Ambra. Pelettro per tutto amalgamato con la quinta porzione di argento, x, 65 ; xxxm, 23. | Alcuni lo rife riscono a quel genere di oro, cbe dai nostri detto oro argentale, in cui entrano 64 parti di oro, e 36 di argeoto, come nel metallo Albucrareose. Fra gli antichi P elettro fu quasi sempre fattizio, n ebbe sempre la stessa por zione di argento. Elope (pesce), x, 27, 79; xxxiv, 54. | Fra gli aolichi scrittori ci furono molti che fecero ano stesso pesce dell'acipensere e dellelope, e molti . che ne fecero distinzione; gli uni e gli altri a buon diritto, purch eressero aT u ta la Tera idea dei generi e delle specie. Perocch CuTer pur egli di parere che, se non alla specie, certo al genere lesso que' due pesci apparten gano, talch ci che dicesi io lode s dell' uno che dell'altro s'abbia ad intendere siccome detto delP acipenser ruthenus L., e ci che si dice io biasimo, s 'abbia da riferire ali' aci penser sturio L. Vedi Acipensere. Elope (serpente), x x x i i , 17. | Nicandro, Theriac. pone gli \ovif tra le specie dei serpenti che non nuocono. Elsine, xxi, 56. | l 'issine di Teofrasto, Stor. t i , 6; x, 1, e Vacamo gummifera Willd. perdicio, siderite, partenio, xxu, 19 | Parietaria ojjficinalis L. Vedi Partenio. Emacate, x x x t i i , 54* Vedi Agata. Ematite pietra, x x x t i , 37, 38. | Ematite bruna, idrossido di ferro. magnete, di color san<guigno, x x x t i , a5. | Volgarmente pielra san guine. I minuzzoli di questa pielra arsi al fuoco hanno Trt magnetica. (gemma), xxxvu, 60. | Nou gemma, s bene pielra noo diversa dall' ematite sanguineo o pietra sanguine. Ematopo, x, 64. | Due ne sono le specie, alle quali conviene questa descrizione di Plinio, cio il charadrius himantopus L. e l 'haematopus ostralegus L. ninno per pascolo delle mosche. Forse in cambio di muscae la leg gere myiscae, poich il (tn deGreci significa

mosche, e miisee del genere de topi marini o mituli ; e d'altra parte certo che P ostrilego si pasce unicamente di conchiglie. Emeri, x t i , 8, 9. | Quercus racemosa U aL o quercus ballota Desfont. secondo Sprengel. Emerobio, xt, 43. | Specie di phryganea L. Emerocaile, xxi, 33, 90. | Cos Teofrasto, t i , i . Pare cbe sia il pancratium maritimum L Lemerocalle di Diosooride, iu, 137, , secondo Sprengel, il lilium martagone L. Emide, x x x i i , 14. | Testuggini che vivono in acqoa dolce, dette anche oggi dai moderni emydae e trionychae. Eroionio, teucrio, splenio, xxv, 20. Vedi A splenio. Emorroide (serpi dell'India), xx, 81 ; xxin, ia, 18. Empetro, calcifraga, x x v i i , St. | Saisola pofyclonos L. Euante con foglia di pastinaca, xxi, 95. | Oenan the pimpinellifolia L. Enante (uccello), x, 45. | Alcuni credono essere lo stesso uccello cbe la motacilla oenanthe L. Encardia (gemma), ariste, xxxvu, 58 . Encrisa, xxu, 25; | Scrittura dubbia nel latino. Eoemo, xn, 38. j Specie d1empiastro, utile a fer mare il sangue, fatto di lagrima d 'olivo salvalivo d Arabia ( Teofrast. a , 8), o d 'Etiopia ( Dioscor. 1, 142 ). Codesto sugo nella Gallia meridionale si raccoglie di rado, mentre in Italia vien copioso dalle olive, e si chiama gom ma di lecce ; ma di ninna o di sospetta virt. Enidre, xxxu, 26, 32. | forse il coluber natrix L. come vuole il Delecampio? Cerio P enidre per Aristotele, Stor. Anim. i, 1, e la lontra, mustela lutra Lion. Enidro (gemma), xxxvu, 73. Eoneaflo,xxTu, 54. 1 Dentaria enneapkyllos L. Enorchi (gemma) x x x t i i , 58. Enotera. Vedi Onotera. enoteride, xxrr, 102. | Erba magica, faTolosa. Enula o iuula, xix, 29. | Inula helenium L. Vedi Elenio. Eone, albero, xm , 39. | Forse una specie di quercia. Epare ( in mare ), xxxu, 53. Epatite (gemma), xxxvn, 71. Epileone detto dai Greci, x, 9. | Pare che Plinio indichi come presso i Greci il triorche abbia altro nome <rt\iv ; e di ci viene in suffra gio Aristotele, Stor. Anim. vin, 3, il quale scrive che il triorche si vede ad ogni tempo, ma nou annovera tra gli sparvieri P epileone, lib. x, cap. 36 . Epimedio, x x v i i , 53. | Secondo Dioscoride, v, 19, la marsilea quadri/olia L.a della Sprengel ; o la botrychium lunaria L. Epimtla (gemma), xxxvu, 58.

i56i

DELLE COSE NATURALI

i56a

Epimenidio, xix, So. Vedi Scilla. Epipatte, xm, 35. Vedi Elaborine. Epipetro, xxi, 5a. | Sedum anacampseros L. Epitimo, xxvi, 55, 56, 81. | Cuscuta epithymum L. Vedi Ippo/eo. Epode larghe, xxxu, 54. Vedi Larghe epode. Equiseto, xvm, 67. j Equisetum palustre oflu viatile L. Equiseto, ippuri,efedro, anabasi,xxvi,83. | Equi setum silvaticum L. lira ippuri eoo gambi pi corti, ivi. | Equisetum arvense, o pra tense L. Era, xvm, 44* | Lolium temulentum L. Eraclea, xxv, 37. Veli Ninfea. siderio, xxv, i 5. | Secondo Sprengel il phellandrium muteliina L. secondo Sibtorpio la scrophularia lucida. eraeleo (pietra), xxxvi, 25. Vedi Magnete. ( diospiro ), xxvn, 74 Vedi Lito spermo. Eraclio (heraclion), afro, xx, 79. Vedi Papavero. panace, x x t , 13. Vedi Panace. Eraclio (heraclium), xx, 69. Vedi Origano. Eranterao, xxn, 36. Vedi Antemide. Erba bianca, che occupa i campi, ecc. xvii, 44 Qol 1 questa erba mortifera alle pe core, non si sa : forse una specie AeWeuphor bia, come alcuni credono. apoi linare, xxv, 17. Vedi Giusquiamo. fnlviana, xxvi, 57. | Non nota ai moderni. ini pia, xxiv, l i 3. | Gnaphalium gallicufn Lamk. latta ria, xxvi, 39. Vedi Titimalo. lanaria, xxiv, 104. | Gypsophila struthium L. mercuria le, xxv, 18. Vedi Linozosti. militare, xxiv, 104. | Achillea millefolium L. mulare, xxit, 115. Vedi Essedo. murale, xxi, 104. urceolare, xxn, 3 0 . | Parietaria officin i lis L. nata in capo d' una statua, xxiv, 106. | Collema nigrum Achar. secondo l'opi nione di alcuni. scitica, xxvn, 1. | Glycyrrhiza asperrima Pali. piena di minutiisime serpi, xu, 18. erbe magiche, xxiv, 99. Eretria (specie di olore), xxxv, 13,31, 54. Vedi Samia. Erice, xm, 35 ; xxiv, 39. | Erica arborea, e ci nerea L. Erilia, xxiv, io 3. | Cos delta da capretto: erba ignota ai moderni. Eriger,senecio, acantide, p a p p o , x x t , 106. | Se necio Jacobaea L. o anche sen. vulgaris L. Erineo, xxui, 65. | Campanula erinus L. kcout do Sprengel ; camp, rapunculus L. secondo altri. Eringe, eringio, xxi, 56 ; xxu, 8. eringe bianca della centocapi.... i gambi e le radici ci pren dono per cibo, xxn, 9. j Alcuni vogliono che sia lo lo scolymum maculatum L. detto dai

Bolognesi eringio,come ne f* fede presso Spreo gel l'Anguillara: altri lo riferiscono M 'eryngum campestre L. la oui radice si mangia, ma non in uso. eringe nera, xxn, 8. | Eryngium cyaneum.nei lidi del mare,ivi. | Eryngium maritimum L. Erioforo, xix, 10. | Specie di bulbo ignoto. Erisimo, xxu, 75. erisimo, che i Romani chia mano irione, xvm, 22. | Plinio non fa qui ab bastanza chiara distinzione. I Greci hanno due sorti di erisimo : uno enumeralo fra le biade da Teofrasto, vili, 3, il quale a delta dello stesso Plinio i Latini chiamavano irione, e i moderni camelinam sativam Pers. : un altro allriboilo alle medicine da Dioscoride, n, 188, che l erysimum officinale L. Erisiseellro, xu, 53. Ve>li Aspalato. Erisitale, xxvi, 85. | Cnicus erysithales Willd. Eristali (gemma), xxxvu, 58. Critaco, x, 44* I II fenicuro, di cni qui Plinio, o motacilla phoenicurus L., comunemente u si gnuolo di muraglia, ?ie in sulle mura non lungi dall* abitato per tutta la state. L'eritaco, o motacillarubecula L., abita presso l'abitato auche il verno, noo molto dissimile dal feni curo, cos che se non ci fosse una piccola dif ferenza nel colore delle penne, se ne piglierebhe l 'ano per l 'altro. Eritale, x x t , ioa. Vedi Aizoo. Eritino, x, s 3, 77; xxxn, 3 i, 5o, 53. | Perca scriba L. Gli erilini tutti, come i pesci cani, si c r e d e T a n o femmine. Vedi Cani pesci. Entrano. Vedi Ellera. Eritro, (erjrthroo ), xxi, to5. Vedi Tricno. eri Ir (erylhros), x x i t , 55. Vedi Rus. Eritrocoma, xm, 24. Vedi Melegrano. Eritrodano, ereutodano, robbia, x x i t , 56. | Ru bia tinctorum L. Ermafroditi, t i i , 3. | Dicevansi Androgini, e al tempo di Plinio s 'aveno per delizie. Si rileva da antiche statue che ci furono femmine aventi il fxvfrov pi allungalo che per solito. Ermesia, xxiv, ioa. | Erba magica, favolosa. Ermupoa, xxv, 18. Vedi Linozosti. Eroneo, xxn, 3a. Vedi Asfodelo. Erotilo (gemma), xxxvu, 58. Esalon, piccolo uccello, x, 95. | Secondo Aristo tele per il secondo sparviero dopo il triorche, Stor. Anim. x, 37. E detto pure da Elia no, Nat. Anim. u, 5 l, t 9 %vff il quale autore, come fece Plinio, tolse da Aristotele, x, 1, la storiella delle nimicizie tra i corvi a gli esaloni. Buffon e altri dicono esser l 'esalon il falco sparverius L. Eschinomene erba, che a toccarla con la mano si contrae in s, x x it , ioa. | Teofrasto, Stor. i t ,

1N D 1C K

3, dice che presto Menii cresce aa' arbore, le coi foglie cadono i tosto come sono toccale. Sprengel la riferisce alla mimosa polyacantha Willd. ma ia Africa nessuna mimosa nou alli gna, che sensitiva pur essa, eccedo questa spe cie, di cui qualche cosa ilice pure il nostro au tore nel xnl, 19. Forse a questa da riferire altres la pianta di Apollodoro. Esebeno (emina), xxxvn, 58. Eso nel Reno, x, 17. [ Dubita Cuvier se questo pesce possa essere il nostro lucio, e certo esso non s graude cbe si possa paragonare con 1*aitilo o col siluro. Rondel. lo dava per una specie degli sluriooi. Nondimeno Linneo chia ma esoces i lacii. Esperi, xxi, 18. | Hesperis tristis L. Essa co, xxv, 3 i. | Chiroaia centaurium L. [ Esseconlalilo (gemma), ixxvii, 60. Essedo, nodia mulare, xxiv, n 5. | Erba inco** , gnila a moderni. Essoceto (pesce), ix, 34. Vedi Adone. Estiatoride, protomedia, x x i t , ioa. | Erba ma* gica f a T o lo s a . Estri, pecchie maggiori che cacciano le altre, xi, 16. | Noo l'assillo, n il tafano, come alcuni han creduto, ma piuttosto una sorte di cala broni, o anche i maschi delle api, la cui calura non era ben conosciuta dagli aulichi. Elesia pietra, xxxvi, 43. Etiopida, Aneroide, x x i t , ioa; xxvi,9. | Erba f a t Tolosa tra i Magi, bench Delacampio I' aYeTa per .una specie di euforbia. un' altra, che ha le foglie simili al flomo, x x t i i , 3. | descritta - da Dioscoride, i t , i 5o . la salvia argentea L. Etite pietra, x, 4 5 xxx, 44 ; x x x t i , 3g. \ Letite si cava dalle miniere del ferro, elite gemma,

clia. Plinio a T e n d o letto in Teofrasto, Stor. n , a i , che raolirrioo giova alla buona fama, t o l s e , a quel che pare, la p a r o l a foaXfjor, ehe T a le b u o n a fa m a, p e f n o m e li p i a n t a . Euripice, xxi, 71. | Forse una specie di giunes. Eurolia (gemma), x x x t i i , 58. Eusebe (gemma), x x x t i i , 58. Euteristo, xn, 54. | Specie di balsamo. Euzoto, xx, 49- Vedi Ruchetta. Erouimo, x i i l , 38. | Evonymus europaeus, o la tifolius L.

Fabro ( pesce) xeo, x, 3 a ; xxxu, 5 ^. | A molti sembra essere lo stesso che il zeus Jaber, toIgarm. pesce s. Piero : Oppiano per il lice sassatile. Faggio, xvi, 6, 7, 14, 73, 79; x x i t , 9. | Fagus silvatica L. Fagiani (ucceHi), x, 67,74 ; xi, 3g, 44- 7^* | Pha sianus colchicus L. Fagliuoli, x t i i i , 10. p Phaseolus vulgaris L. Fagro, xxxu, 53. Vedi Pagri. Falacrocoraci, corvi d 'acqua, x, 68 ; xi, 47-1 H falacrocorace degli aotichi essere potrebbe il corvus frugilegus L., ma pi a diritto si crede il pelecanus carbo L. Falangio, falangite, leucantemo, leocacanta, x x t i i , 98. | Phalangium liliastrum Pers. Falangio (speciedi ragno), forestiero per l'Italia, xi, a8 ; xxix, 37. | Plinio novera molte specie di fdlangii, il lupo (Vedi Ragno), il ragio, l 'asterio, il mirmecio, il tetragante, il ciaereo, il ceruleo, il lanuginoso, il simile a formica, al x x x t ii, 7 2 . calabrone, ecc. Al numero de' falangi') molli Eto, xxi, 5a. | Arachis hypogaea L. dubitarono se doTessero ascrivere Varanea taEttapleoro, x x t , 39. Vedi Piantaggine. rentula L. Tolgano, tarantella, perch questa Euforbia, euforbio ( sugo di essa ), x x t , 38 , specie, adetla di Plinio medesimo, ignota al 91. | Euphorbia officinarum L. l'Italia : per T'ha il francese Latreilie, it quale Eufrosino, x x t , 4* Vedi Buglosso. reputa che presso gli antichi col nome di blanEugalatto, xxvii, 58. Vedi Glauce. gio si comprendesse non solo la tarantella, ma Euraece (gemma), x x x t i i , 58. s p e o ie di balsa eziandio molti altri r a g n i, di Tersi di grandezza, mo, xn, 54. e tutti noeiTi per qualche T e l e n o sovente di Eumilre (gemma), x x x t i i , 58. subita impressione, in ispecielt la specie lytoEonacite, x x x t i i , i 5 . | Dii cognome del dia sa Latr. la solpuga Licht. e altre. mante, in quanto, secondo Plinio, scaccia Tia Falari, x x t i i , ioa. | Phalaris aquatica L. ogni affanno. Faleridi (uccelli), x, 67. | Alcuni gli hanno per Euneo (gemma), xxxtii, 58. la fulica atra L., altri per lo mergus albelEunuchio, xix, 38. | Sorte di lactuca sativa L. lus L., ma questi non hanno gi origine fore Eupatoria, xxt, 39. | Secondo Sprengel P agri stiera. Laonde CuTier d avviso che aia da monia eupatoria L. secondo altri f eujfatomettere in esame se per gli uccelli taii da rium dafnoide L. Pliuio s 'abbia da iutendere 1' anas galerieu* Eupelato, x t , 39. Vedi Dafnoide. lata L., che io sua lingua risponde sarctUe Eaplia, xxt, 8t. 1 Nei idm. si legge nel latino eu*

i5G5

D E L L E COSE NATURALI

i566

Ferro (intorno alle sue cave), x x x i t , 3g. nucleo del ferro, x x x i t , 4 - raggine, feruggine, xxu, 46 ; xxm, 79. scaglia, xxxiv, 46. la calamila imbeve il ferro, xxxiv, 42. medi cine tratte dal ferro, xxxiv, 44- piovve ferro a forma li spugne, 1 , 57. | Questo ferro fu 1 dunque pienissimo di scoria, come dee, quan do iu ua subilo refrigeralo cos torbido com1. l'ali masse duttili di ferro non sono nuove ai fisici, i qaali per non ne sanno Porigine, perch cadono, sebbene di raro, dall' aria nello scompiglio degli elementi in tempesta. Ferula, xut, 4a ; xix, 56. | Ferula communis, e fermeoides L. Festuca, erba, xvm, 44- Vedi Egilope. Fiamma di Giove, x x v i i , 37. viola flammea che si chiama anche flox, xxi, 38. Vedi Flox. Fice, x, 42 ; xxxu, 53. | Gobius niger L. solo dei pesci che faccia il nido nell* alga. Confronta Aristotele, Slor. Anim. t i u , o . 3 Ficedule xx, 44- Vedi Melancorifo. , Ficite (stemma), xxxm, 66. Fico, xv, 19 ; xxm, 63. | Ficus carica Linn. Egizio, xm, 14,16. | Ficus sycomorus L. II fico Cipriotto, di cui Plinio nel xm, t 5, pare che sia una sorte del primo : appellatisi more di una specie propria, xxxm, 70. ( in India), xu, 1a. | Ficus Indica L. senza foglie ( io mare), xm, 49- | Forse una specie di alcionio. Ficos, o fico, praso, zostera, xm, 48. | Fucus saccharinus L. un altro ha le foglie come capelli, ivi. J Fucus barbatus a ericoides L. con quello che nasce intorno all isola di Candia si tinge le porpore, ivi. | Forse la roccella tinctoria, come vogliono alcuni : nasce per non in terra, m a .vicino alla terra, come attesta ' Dioscoride, i t , 100. una terza specie simile t , 8. alla gramigna, ivi. | Forse la zostera marina Fengite pietra, xxxvi, 46. L. brioni*, xm, 49* | Ulva lactuca L. Fenice uccello, vu, 49; x ,a ; xi, 4 4 XII> 4a * quercia (marina), ivi. | Fucus vesiculosus L. xix,9. | Tutloci che dicevasi gi dagli antichi fico lalassion, xxvi, 66. | Plinio ne fa Ire sorti della fenice non che (avola o allegoria. L* uc dietro Dioscoride,iv,ioo, le quali comodamente cello descritto da Pliuio nel x, a, da riferire si possono riferire alfucus saccharinus^fucus unicamente, secondo Cuvier, al phasianus pi sanguineus, efucus cartilagineus L. ctus L. voigsrm. fagiano dorato della China. Fiele di lerra, xxv, 3 i. Vedi Centaurio. Fenice erba, xxu, 65 . Vedi Orzo. Feniceo eia te, albero, di cui si fa uso nel medi Fien greco, egocera, bucera, bucero, carfo, sili cia, teli, xvm, 39 ; xxiv, lao. | Trigonella fe~ carne Comageuo, xxix, i 3. Vedi Elate. num graecum L. Fenicite (gemma), x x x v n , 6 6 . Feuicobalano, xu, 47* | Frullo della palma detta Filantropo, xxvu, i 5. Vedi A parine. adipso : l 'albero fu da molti credulo essere U Fileteria, xxv, a8. Vedi Poiemonia. phoenix dactylifera L. Altri lo riferirono piut Filicola, xxvi, 37. Vedi Polipodio. Filiggiue, xxxv, a 5. tosto alla douina thebaica Delill. Fillante, xxi, 59. | Pianta dubbia: secondo alconi Fenicotteri, x, 68. | Phoenicopterus ruber L. centaurea nigra L. secondo altri campanula Fenicaro, x, 44- I Motacilla phoenicurus L., rapunculus L. detto volgarro. usignuolo di muraglia. Fillo, xxu, 18. Vedi Leucacanta, maschio e Feo, xxi, 54. Vedi Stebe.

de la Chine, poich codesto uccello pot pas sare nell' Asia occidentale con non maggiore difficolt che il phasianus pictus, la penelope satyra, ecc. Farfalla, rolli* la corteccia, vola, xt, 37. | Papilio brassicae L., o papil, raphani L. pestifera alie api,xl, ai. | Phalaena (tinea) mellanella, e phal. (tortrix) ceranea L. farfalle picco le e nude, xi, 27. Vedi Bombice (nelP isola di Coo). cornicine delle farfalle, xi, 34 Farro, xvm, 19. Vedi Adoreo. Fasganio, xxv, 88, 89. Vedi Si/io. Fava, xvu1, 3o ; xxn, 69. | Faba vulgaris. greca, loto, xvi, 53. | Il loto Italico la celtis australis L. Vedi Celti. Plinio le attribuisce la stessa virt che Dioscoride, i, 171, al loto. Felre, xxvn, 55. pteri, blecno, ivi. | Polypo dium Jilix mas L. telipleri, ninfea pteri, ivi. | Athyrium Jilix jem ina Denand. Fellandrio, x x v i i , 101. | Molli dubitano se sia lo stesso che il phellandrion aquaticum L. Femmina pudicissima, v i i , 35. pupolo senza veruna femmina, v, i 5. femmine che noocono eoa gli occhi, t u , a. dove partorisca no una sola T o lta in tutta la vita, t i i , a, i 5, aa. d o T e partoriscano di selle anni, v ii , a. d o r di cinque anni, t i i , a. una femmina d i nome Lampido, fa figlia, moglie e madre di re, v ii , 42- le femmine son atte a generare pi presto ohe i maschi, t i i , 3. femmine si mutano in maschi, t u , 3. | Ovvero tran gi maschi, ma eon le parli genitali nascose entro e uon ancora sviluppate, eome verissimo che spesso a v T e n n e . popolo governalo da fem mine, vi, a3. qual genie viva con le femmi ne alla mescolala senza conoscere matrimonio,

i 567

I N D I C E

5 6 8

femmina, xxvii, 100. | Thelygonum cynome con la terra scavata, e he qaesto da prima crambe L. Alcuni lo riferiscono 1 mercuriaabbia dato luogo all1inganno : e oon diffi lis tomentosa L. cile che qualche antico viaggiatore, ingannato Filocare, filopeda, xx, 89. Vedi Marrobio. forse dalla affinit dei nomi, abbia attribuito Finocchio, xix, 56 ; xx, 05. | Anethum fen i alle formiche ci che gli fa narrato di an qual culum L. Plinio lo appella marathron nel che animale quadrupede. specie di formiche tu i, 4'* velenose, xxix, 29. Vedi Solpunga. Fior di Giove, xxt, 3 1. | Agrostemmaflos Jovis Fragmiie, xxxii,-5a. | Arundo phragm iles L. Lino. fiore, gaudio degli alberi, xvu, 40. F ragola, xv, 28 ; xxi, 5o. | Fragaria pesca Lino. fiori (cose intorno ad essi), x ti, 4 i xx* * *eg. Frassino, xvi, 34. 34, 43, 79, 83 ; xxiv 3 o. | Fra > fior del rame, xxxiv, 24. ^ or del sale, xinus excelsior. xxxi, 42. Frenio, xxi, 94. Vedi Anemone. Fisetere, x, 3 ; xxxu, 53. j Forse la balaena Friganio, xxx, 3o. | Animale ignoto allo stesso mysticetus L., che nel mare d' Aquilani* e Plinio. nei vicini un tempo era non raro, dove anche Frinio, poterio, neorada, xxv, 76; xxvii, 97. | Agli abitanti aveano appreso a pigliarli. stragalus creticus Lamk. Fiteuroa, xxtii, 99. | Reseda phyteuma L. Frino, xxxu, 18. Vedi Rubete. Fleo, xxii, i 3 . Vedi Stebe. Fronda infracidiata, xvu, 6. | Credono ehe sia Flogino (genoma), xxxvu, 66. significalo il sambucum ebulum L. Flogitide (gemma), xxxvu, 73. Fliroforo, xvi, 19. Vedi Picea. Flomide due, xxv, 74- | Phlomis fruticosa L. e Fliiaro, xxxu, 53. phlomis Italica. 1 t*ria licuite, triadi, Fu. xu, 26; xxi, 80. | Valeriana Dioscoridis ivi. | Vtrbascum lychnitis L. Sibtb. Florao, xxv, 73. Vedi Verbasco. Fuchi delle api, xi, 10,11,16,18 ; xvn, 44- f Mi Flox, xxi, 33, 38. | Agrostemma coronaria L. schi delle apes mellificae Linn. privi di acu In Dioscoride, 111, 14, \x?t{. leo, i quali non fanno altro ehe fecondare le Foche, x, 6 : vitelli o vecchi marini, 11, 56 ; via, femmine o regiue dell alveare, nel verno : 49; x, 15 ; x, 62 ; xi, 5o, 55, 65, 75, 81, 87, quando han gi fornita questa lor opera, peri 95. | Phoca vitulina L. e specialmente phoca scono uccisi dalle api stesse. Non ignoravano monachus L., molto abboudantc nell Arci gli antichi eh1essi son utili a propagare le rat pelago. te, perocoh lo stesso Plinio osserva, che U n t o Folaga, xi, 44* I Non gi la fulica atra L., per pi copiosi ne diventano gli sciami, quanto son ch questa non cristata. pi numerosi fra essi i fuchi. Fono, xxi, 56. Vedi A trattile. Foco marioo, xxvi, 66. Vedi Ficos. Formiche, xt, 36. | Del genere delle formiche di Fullone (scarafaggio), xxx, 3o. | Vedi Scara Linneo molle specie se ne conoscono. asciu faggio. gano i semi bagnali dalla pioggia, xi, 36. | Quel Fulviaoa (erba), xxvi, 57. | Ignota egli erbolai le cbe volgarmente si chiamano uova di formi moderni. ca, sono di verit le larve che involte nelle lor Fungo con callo rosseggiante, xxu, 47 *I Alcuni tonache hanno una qualche similitudine coi lo prendono per lo agaricus campestris Linn. grani del frumento : qaesto il motivo per cui bianco e di bel gambo, ivi. | Forse agari s' creduto che le formiche asciugassero e ac cus procerus Schett. funghi porcini, cumulassero il grano per cibarsene poi nel ivi. | Boletus edulis Bulliard. negli alberi verno. pare che 1 una 1 altra domandi tro ' ' da ghiande, xvi, i 3. Vedi Agarico. Fanghi vandosi per via, ivi. | Anche oggi parecchi os (in mare), xm, 5o. | Forse una specie di ma servatori delle cose naturali, e anche i pi dreporae Linn. a cui il Francese de Lamark accreditati, asseriscono che le formiche uon diede il nome di fungiae. mancano della facolt di farsi manifesti i lor Furetto, vm, 81 j xi, 109 ; xxx, 16,27. j Mustela, sentimenti. formiche Indiane, che traggon furo L. fuori I* oro dalle caverne, ivi. | V* ha taluno che dice essere una sorte di cane, il quale fa presso a poco ci che dice qui Plinio delle formiche d India : ma par probabile invece Gabalio, xn, 45. | Conosciuto anche oggi, come che queslo cane scavandosi forse un nascon al tempo di Plinio, solo di nome. Alcuoi per, diglio in qualche terreno che contenesse oro a dello di Delecampio, sospettano essere il ben abbia tratto disopra ua porzione di esso insie zoino o la canfora.

*56

D E L L E COSE NATURALI

Gagate piatta, i m i , 34-1 Afta alle pietre bitu minose. Galaltite (gemma), galassia, xxxvii, 69. Galattile (gemma), x x x v i i , 59. Vedi Leucogea. Galbaoo, xu, 56; xxiv, 3. | Bubon galbanum L. Galena, xxxiv, 47*: na comune di argento e di piombo, xxxiv, 53. | Miniera di piombo, dove sempre mescolato qualche cosa d argento. Vedi Molibdeno. Galeo, xxxu, 12, 53. | Del genere degli squali di Linneo. Galeobdolo, galeopse, gallio, xxvu, 57. | La mium purpureum L. Galeole, xxix, a&. Vedi Ascalabote. Galerita, x, 70. | Alauda cis tata L. Galla, xvi, 9 ; xxiv, 5 . | Molle sono le specie di galla che oascono negli alberi ghiandiferi : con esse certi tumori prodotti dslle laceraiioui che vi fan nelle cortecce gl' insetti. Ottime souo anche oggi le galle alepensi, raccolte in Siria nella quercus hemeris, e le nostrane che na scono della quercus cerri, o aegilops. Gailaica (gemma), xxxvu, 59. Galli, galline, viu, 19 ; x, 24 ; *1, 44*11a : gH'na iugrsssaU, x, 71, 73, 76, 77, 79. | Phasianus gallus L. spettacolo di gal i io Pergamo, x, a 5. brodo di galline, xxix, 25. Galliilraga, xxv 1 , 62. | Dipsacus pilosus L. 1 Cangile (pietra), x, 4- Vedi Etite. Gauiea (gemma), xxxvu, 59. Gante, x, 27. | Cos rhianu vauo i Germani le oche. Garamaniite, xxxvu, 28. Vedi Sandareso. Garo, xxxi, 43 ; x x x i i , 53. | Pesce, di cui si face va il garo. Gasidaue (gemma), xxxu, 69. Gallo di color d'oro (dove adorato per dio), vi, 35 . | Felis catus L. c o r n i m e la . gatto domesti co. dei galli (feles), x, 83,94 ; xi, 36, 55, 65. Gavie (uccelli), x, 48 95. Cazzuole, x, 4 > 5o, 79. J Corvus pica L. di questo geoere soo quelle che si pascono di ghiande, x, 59. | Non qui trattalo delle gaz suole (pice) ma dei corvi glandarii L. i quali per non han nessnoo cinque dita ne' piedi, se non per cerio vizio di nalura, come gi s' veduto pi d 'uua volta avvenire nelle galline, secondo Plinio stesso, x, 77. Gelplofillida, xxiv, ioa. | Alcuni la ritengono ,per I cannabis sativa L. lu Oriente della bangue, di cui si fa una bevanda oggid pure assai inebriante in Persia. Altri la raffrontano con l'erba ranunculus philonotis Relz. che t Latini appellavano apiastellum o apium risus, se'coudo 4 riferire d' Apollo, cap. 8. Gemile (gemma), xxxvu, 73. Gemma di Giove, xxxvu, 61.

Gemonide, peantide (gemme), xxxvu, 66. Genziana, xxv, 34- | Gentiana lutea L. Geo, xxvi, ai. | Geum urbanum L. Geode pietra, xxxvi, 3a. Vedi Etite. Geranio, xxvi, 68. mirri, mirtis, ivi. | Diosco ride noma mirri, v, 116, quello che fra noi la scandyx odorata L. di foglie pi bian chicce che la malva, ivi. | Erodium malacoides Willd. di foglie d'anemone, ivi. | Ge ronium tuberosum L. Gcraniie (gemma), xxxvu, 72. Gerre, gerricula (pesce), xxxu, 53. | Marzia la annovera Ira i pesci pi vili. Forse del genere delle clupeae. Gesso, xxxvi, 59. pi specie di esso, ivi. immagini di gesso da chi inventate, xxxv, 40. dove si cavi di terra, xxxvi, 59. | Calce solfata, solialo o idrosolfato di calce. Gelio, xix, 22, 3 i. | I pi intendono V allium schoenoprasum L. altri allium ascalonicum L. ; ma meglio i primi. Gherofano, xu, i 5. | Pianta dubbia. Secondo Spreogel vitex trifolia L. secondo altri pi per cubeba L. o anche myrtus caryophyllata L. Gbiaode si- mettono in Ispagna per frotte nella tavola xvi, 6. | Alcuni credono essere la quer cus ballota L. Ghiri, viu, 82 ; xvi, 7 ; xxxvi, 2. | Myoxus glis Gmel. Giacinto (gemma), xxxvu, 4 1*| ^ di colore al quanto porporino, epper differisce nn poco dal giacinto moderno che rosso aranciato. Giacinto, xi, 38, 97. | Gladiolus communis L. Alcuni non fanno differenza tra esso e il li lium martagon L. Dioscoride ha il delfnio, in, 85, che da alcuni tenuto pel delphinium Ajacis L. bench altri lo riferiscono al vacci nium myrtillum. Giglio, xxi, 74. bellissimo il suo candore, xxi, 11. | Lilium candidum L. rosso, o crino, ivi. | Lilium chalcedonicum L. gi gli purpurei, xxi, 12. Vedi Narciso. | Plinio, xxi, 39, ha ona seconda e una terza specie di giglio, xxi, 39, le quali par che appartengano al crino e al narciso. olio (di giglio), lirino, X 7 V Ginecante, xxm, 17. Vedi Brionia. Ginepro ( maggiore e minore), xxir, 36. | Juni perus communis Larok. ampio in Ispagna, x t i , 76. | Junip. hispanica La rati. VeJi Brati, Cedro. Gioestra, xxiv, 4> I Genista juncea Lamk. alile a tinger le vesti, ivi. | Genista tinctoria Lamk. Vedi Sparto. Gingidio, xx, 16. | Sprengel ha daucum gingidium L., altri daucum visnagam L.

5^ i

I N D I C E

> 579

Ginno, t i i i , 69. | Nuce di cavalla e di m ulo. Girini, ix, 74. | I girini crescono nelle uora par torile dalle rane. Alla base della coda enei tono i piedi, di modo per che quanto pi questi crescono, tanto pi si minuisce la coda, fino a che scomparisce affatto. Git, melnntio, roelanspermo, xix, 36, 5a, 53 ; xxi, 71. | Nigella sativa L. Giuggiole. Vedi Z itife, Giulide, x x x i i , Si. | Labnu julis L. Giunco odorato, xn, 48; xxt, 73. | Andropogon schoenanthus L. manico, oloscbeno, xxi, 69. | Schoenus mariscus L. ossi detto dai Greci, t . | Schoenus mucronatus L. nelancrane, t . | Schoenus nigricans L. triangolo, cipero, t . | Cyperus longus o ro tundus L. Forse anche il cyperus comosus Sibth. secondo Teofrasto, Stor. i t , i i . euripi ce, specie di giunco, xxi, 71. col givnco palustre lanno fani, x t i , i . | Scirpus palu stris L. Giuochi palustri (scirpiy, xm, aS ; x t i , jq. | Scirpus lacustris L. Vedi aoche Giunco odorato. Giusquiamo, erba apollinare, alterco, xxv, 17. molle specie di esso; una oon seme nero, ivi. | Hioscyamus reticulatus L. il cornane pi bianco, ivi. | Hyoscyamus niger L. il seme del terzo simile al seme dell' irione, ivi. | Hyoscyamus aureus L. la quarta specie morbida, t . | Hyoscyamus albus L. Gladiolo, xxi, 38. cipiro cio gladiolo, xxi, 67, G8. | Gladiolus comunis L. Giano, o piuttosto glani, x, 67; x x x i i * 53. glano, xxx, 45. I Del siluro tratta gi Plinio nel x, 16, 5 i, dicendo del glani le stesse cose che Aristotele, Stor, Anim. T n t, ao; x, 37. Epper gl'interpreti ritengono che sia Io stesso pesce il siluro e il glani, non I' acipenser sto rio, ma il silurus glanis L. Glasto, xxu, 1. | Isatis tinctoria L. Glauce, x x t i i , 58. | Astragalus glaux L. Glaucio, x x t i i , 5g. | Glaucium luteum o phoeniceum Pers. ceratile, xx, 78. | Glaucium corniculatum Pers. Glaucisco (pesce), xxxu, 53. ( Forse lo stesso che il glauco. Glauco, x, a5 ; xxxu, 54. | Non lo scomber glau cus L. come molti son d 'avviso, ma la icios* na umbra L. secondo Cuvier. Glicimeride, x x x i i , 53. | Della specie de* carni. Glicirriza,xxi, 5 4 ; xx ii, i i . | Glycyrrhizagla bra L. o glycyrr. gianduiifera WiHd. Plinio lesse nelP autor greco in cambio di **/Vi lentisco, e quindi asser in fallo che la glicirriza ba le foglie coperte di spine eoae il riccio.

Gliolside, xxv, *0. peonia, penteroba, meeehio e femmina, x x t i i , 60. | Paeonia coralli*, e paeonia officina iis L. Glino, x t i , a 6 . Vedi Acoro. Glossopelra ( gemma), xxxvn, 5g. Gloto (uccllo), x, a 3. | Non si *a qval sa. Gnafalio, caraeaelo, x x t i i , 6 1 . | Santolina ma ritima L. Gnesio, x, 3. J Specie di aquila, fa lc o imperia lis. Temm. Gobii, ix, 83. | Del genere de gobii di Curier. GogoJo, o galgulo x, 36, 5o; xxx, a8. Vedi Cirione. Gongro, xxx, 53. Vedi Congro. Gorgoni ( gemma ), xxxvu, 5g. Gossipio, xix, a . alberi ftuim piiiit x , ai. | GosTypium arboreum L. o goss. herba ceum. Gramigna, xxiv, 118. va ampliandosi 0000degli, ivi. | Panicum dactylon L. triticum repens L. nel Parnaso ha foglie simili avel ler, ivi. | Secondo alcuni parnassio palustris L. secondo altri campanula rapunculush. Grammatia, x x x v n , 37. Vedi Iaspide. Granate (mele), xm, 34- | Punica granatum L. Granchi (molto di essi), x, 5 . Vedi Astaco. Carabi, LeoniyMaie, Paguri, Pinnoteri. i carabi differiscono per la coda dagli altri granchi, x, 5i. | 1 granchi, xofxifrM* sono senza coda, dice Aristotele, Stor. Anim, iv, a. ovvero P hanno minutissima e la tengono ascosa in un piccolo solco : al contrario i carabi e te locuste V hanno grande e larga. in Fenicia si chiamano ippi, t . | Appellazione desunta da Aristotele, Stor. Anim. i t , a . Curier crede che sien quelli che si appellano ragui di mare ( macropodia e leptopodia Leach. ) Grano, xvm, 10, 18, ao, ai, 44 46 7^ xxu, 57. | Triticum hibernum L. centi granio, ramoso, xvm, ai. | Triticum compo situm L. Grifoni; v i i , a; x, 70; xxxiu, a. | II grifone animale favoloso o allegorico, die si trova spes so rappresentato ne monumenti di Persepoh. Grillo, xxix, 39. | Gryllus campestris e grylhs domesticus L. notissimo ai moderni come atti nente alla famiglia degli ortopteri. Gronfena, xxvi, a3 . | Amarantus tricoior !* Gronfena simile alla gru, xxx, 5a. | Doeetto che I tempo di Plinio non era bea noto. Gru, x, So, 3 i, 4 t, 4, 54 ; x t i i i , 17. | Ardea grus L. gru minore, bibione, x, Gg. I** learica, xi, 44. | Non V ardea paronimo Dum. corae credette l'Aldrovando, ora l ardea virgo L. Pigmei infestati dalle gru, v*, a ; ir, 18.

15?!

D E L L E COSE, NATURALI

574

la, xxi, 14. Vedi Viola, Iasione, renoilio. *xi, 5 ; x x i t , 3g. | Non psre lo lesso die lo imsio montana L. Forse il convolvolo* sepium L. come piace a molli, ma da farne diligente ricerca, laspacale, xxxvn, 54- Vedi Agata. Iaspide, xxxvn, 37. | Plinio ne annovera molte - sorti, il simile all smeraldo, laerizus, il ce ruleo, il purpureo^ il sardo, il simile alla viola, ia terebinliiusa, il grammatia, il poligramrao, ronichipanla dello pore iaspopice, quel che sembra liuto di neve, lo stellalo, la spnia,ecc. J beri da, Xxv, 49. | Lepidium iberis L. Jbi (uccello), vu, 4 ' x, i 5, 4 68. presso Pe lusio solamente nero, in ogni altro luogo bianco, x, 4^-1 L 'ibi nero, o piuttosto verde, e lo scolopax falcinellus L. abitatore dell Egitto non solo, ma ancora dell' Europa meri dionale, e Plinio, x, 68, dice ehe quel di che parla fu veduto nelle Alpi. Il bianco non il tantalus bis L_, come a lungo l credulo, n r ardea ibis, n l1ibis candida Brisson., ma - il numenius ibis o ibis religiosa Cur. de scritto per primo dal Brace. Itiner, tav. 35. Ibi ce, vm, 79. | Capra ibtx L. Ibisco o pastricciano, ntoloohe sgria, plistolochia, xix, 37; xx, 14. | Secondo alcuni pastinaca sativa L., secondo altri malva silvestris L. Icneumone, viti, 35. | Viverra ichneumon L., ' detto dagli Egiziani nems ; e veramente che con esso ha sempre guerra i crocodili e i ser penti, perch ne frange e divora le uova : per ds por tra le favole cr che ti legge di esso nel lib. vm, 37, ch'egli entri al crocodillo per le fauci nel ventre oon ia velocit che nna fnec eia, e che gli roda il ventre. icneumoni ve spe, x, 95 | xi, 34* | La costui indnstria il fa credere lo sphecus L., il quale scava le larve degli Insetti per procacciarle ia alimento alle sue larve fallire* Idea (erba), xvi, 19. Vedi Elenio. Idri, xxix, 33. marini, vi, 26. Idrolapato, xx, 85. | Rumex aquaticus L. lena, vin, 44 xxvn, 37. | Fu creduto antica mente che ogni iena foste maschio e femmina ; ma la causa dell errore nota per Aristotele, Stor. Anim. vi, 3a, il quale insegna che quesii animali sotto l ano han come un borsello non dissimile dalla natura femminina. Ci che Pli nio riferisce intorno alla spioa del collo, che la dorsale continuata, non seoza iterili, se condo le asserzioni degli anatomici, ehe ne

hanno esamioate le vertebre e m alante iena le han ritrovate unite : questo un vizio che si noma anchilosi, che per non cornane a tutte le iene, come alcuni hanno a torto cre dalo. Qaanto all imitazione del linguaggio amano, e altre simili cose, non v* ha dubbio che ci lutto sia falso. Iena (pesce), xxxn, 54-1 A torto dice Plinio ehe questo pesee non nominato da verun autore, poich i Greci stimano anzi che sia il tursioue, simile al delfino, di gusto squisito, e Oppiano il dice grande e vasto cetaceo. Iene (gemme), xxxvn, 60. lerabotane, peristereo, verbenaca, xxv,59.] Spren gel riferisce alla verbena ofjicinalis L. il pe ristereo di Dioscoride, iv, 60, e la ieraboiane, tv, 6r, alla verbena supina L. ; e osserva che Plinio insieme con questa seconda tratta pure della salvia verbenaca. leracia, xx, 26. | Crepis virens L. leracile (gemina), xxxvn, 60, 73. leronuemo. Vedi Erotilo. Ifear, xvi, 53. Vedi Visco. Illecebra, xxv, io 3. Vedi Andracne. Immussalo, x, 8. | Pollo dell' aquila marina^ ossia aqnila marina giovine ; cui non ancora bian cheggia la coda. Vedi Alieeto. Impia erba, xxiv, 113. | Gnaphalium gallicum Lamk. Incendiario uceello, spintnrnice, x, 17. | Dicono alconi essere il corvus graculus L., il quale ghermisce ci che vede luccicare, e forse pren dendo qualche carbone acceso, per troppo bru ciore il lascia cadere altrove con pericolo diueernlio. Inchiostro. Ve<li Trementaio. Indica (gemma), xxx vii, 61. Indico (specie di colore), xxxvn, iS, 37. | Plinio dice che si trasporla d India, e quando si pe sta nero, e nello stemperarsi d una bellissi ma mistura di porpora e di ceruleo : onde nou altro sembra essere che il francese indigo, nome assai vicino all* antico, il quale si fa delI*indigofera tinctoria L. Alcuni per, avendo Plinio tra le specie dell atramento fatta men zione eziandio dell iodico, xxlv, 35, credono che in qneslo luogo si aecenni a quell atra mento che si appella sinente. Indivia (saliva), xix, Sg. | Cichorium intybus L., o indivia erratica. Vedi Cicoria. Inguina ria erba, argentone, xxvi, 59. | Se questa aia noe stessa cosa col bubonio, xxvn, 19, non si sa abbastanza cerio. Vedi Aster. limalo, vin, 69. | Nasce di cavallo e d asina. lo (erba), xzi, 38. Vedi Viola. (gemma),
XXXVII, 6 l.

j 575

I ND I C B

1576

Ionia (gemma), xxxvii, 39. Vedi Licni. loseri, x x t i i , 64. ) Centaurea nigra L. Ipecoo, xxvii, 68. | Hypecoum procumbetis L. Ipelate, x t ,39. Vedi Alloro Alessandrino. Iperico, x x t i , 53. camepti,coriso, t . | Hypericum coris per testimonio di Sprengel dietro Dioscoride, 1 1 171. Secoodo altri hyper. per 1, foratum L.caros, xxvi, 54. | Secondo Spreocoris monspeliensis L., secoudo altri, hypericum coris L. Ipocberi, xxi, 52. | Hyoseris lucida L. Ipocisti, o r o b e t r o , x x i t , 48 ; x x v i , 3 i . | Cytinus hypocistis L. Ipogeso, x x t , 102. Vedi Aizoo. Ipoglossa, x x t i i , 67. | Ruscus hypoglossum L. Ipoglozzio, xv, 3g. Vedi Alloro Alessandrino. Ippace, xxv, 44- I Pl'nio lesse con tanta negli genza gli esemplari greci, e con tanta gP inter pret, che tolse per una pianta P ippace di Scizia, che, a detto d'Ippocrwte, di Dioscoride e d'altri, era un formaggio di latte di cavalla. Nondimeno dice egli pure che P ippace for maggio di tal latte, xxtiii, 34 I p p i ( g r a n c h i i o F e n i c i a ) , x , 5 i . V e d i Gran chio. Ippocampo, xxxu, 53. | Syngnathus hippocam pus L. Vedi Chiocciole. Ippocentauro, T u , 3. | Non fa altro che uo pule dro equino, che per naturai Tizio ebbe la ma scella superiore pi corta che oon suol essere. A questa storiella aggiunse non poco del suo Flegone Tralliano (Dei Mirac. cap. 34 ) ; c i o che fu T e r a a ie n t e un mostro t t o con m a n i d a nomo, solito cibarsi di carne, ecc., d che nulla Plinio che dice di arer gi veduto P ippoceotanro. Ippofae, xxi, 54. | Plinio lo appella hippophyest xxn, 14. Seoondo alcuni P hippopha rhamnoides L., secoodo altri piuttosto una specie d euphorbia, perch si ha da Dioscoride, v, > , cbe P ippofie gonfio d 'un sugo latteo e 63 catartico. Forse la euphorbia spinosa L., di cui dubita Sprengel ? Ippofeo, x x t i , 35. | Cuscuta europaea, e cuscu ta epithymum L. Nasce accosto a Tarie piante, come al lino, al limo, alla robba, ecc. Ippofesto, x t i , 92 ; x x t i i , 66. | Carduus stella tus L., o calcirapat hippophaestum Gaertn. Ippofie, x x i i , 14. Vedi Ippofae. analtra senza gambo, ecc., t . Vedi Ippofesto. Ippoflomo, x x t , 94. Vedi Mandragola. Ippofoba, x x i t , 102. | detta anche achemenide: erba farolosa, bench alcuni pensarono ch'ella fosse P atropa mandragora, o anche la eU phorbia antiquorum L. Ippolapato, xx} 85.11 pi interpretano la rumex

patientia L. forse ona slessa cosa col ho lapalo, di cui Plinto nel xx, 86 ? Ippomane, t i i i , 66 ; x x t i i i , 49. | un cotale condensamento che si fa nelPacqna delPamoio, chela caralla dirora subito che ha mesto in luce il portato, tratta da quello stesso istiato onde le femmine degli altri quadrupedi soglio no manicar la seconde. Cbe poi P ipponaaae non tenga in s verun Teneficto amoroso, gn indarno arvisare. Ipporaaratro, xx, 96. | Sprengel riferisce il mirsineo alla cachrys morisonii, o eaeh. siculi; e P altra specie che ha il seme di coriandolo li riferisce al seselis tortuosa L. Ippopode, v, 27. | Specie di nomi ai eoo piedi di carello. Ippopotamo, t i i i , 39; x, 14; xi, 93; xrrm, 3 t. | Hippopotamus amphibius L., al qoale furono ascritte molte falsit, come > pi fesso, 1 la chioma equina, il rostro ripiegalo, eec, le quali cose appartengono unicamente all' anti lope gnu Gmel. ; onde assai verisimile che chi primo ne feoe la descrizione, cui tatti gli altri poi hanno seguitato, u* avesse softoocfaio soltanto denti e qualche parte di pelle, e che di tale antilope ne deserivesse quindi P effigie unendo in nna specie ci ehe apparteneva a due animali affatto dirersi. Ipposelino, olusatro, smirnio, l a , 37, 48 xx, 46. | Smyrnium olusatrum L. Ippuri, x x t i , 83. Vedi Equiseto. Ippuro, x, 24.. ( Non si sa abbastanza se sa T e r a m e n te la coryphaena hippurus L. Irculo, xn, 26. | Clusio P ha per una sorte di valeriana celtica. Iride, xxi, 19. | Iris fiorentina L. Plioio ne no vera pi sorti, la macedonica, la pisidka, ecc. Alcuni tengono che la stessa rafaaile sia una cosa medesima cbe P iris biflora L , il rizotomo lo stesso che P iris angustifolia; P africana lo stesso che Viris juncea, o iris alata Lamk. selvatica, siri, xxi, 83. | Irisfoetidissima LIrio o irione, xvui, 10, aa. P irione dai Gred detto erisimo, dai Francesi T e l a , xxu, 75. | L 'irione dei Latini, o erisimo annumerato da Teofrasto fra le biade, Stor. t i i i , 3, il mede simo che la camelina sativa Pers. ; ma Plioio Io confonde con P erisimo ascritto alle medi cine da Dioscoride, n, 188, che dai moderai detto erysimum officinale L. Vedi Erisimo. Iris (gemma), x x x t i i , 5a. | Alcuni la fanno la stessa che dai Francesi delta iris: per con lo stesso nome dinotano certi cristalli, che in clinati al sole riflettono P immagine di nelle pareli in varii colori. Isati, xx, a5 ; x x t i , 2 2 . j Isatis tinctoria L.

i 5;7

D E L L E COSE NATURALI

i5?8

Ischemone, xxv, | Andropogon ischaemon L. schio, xtt, 5, 6, 43, 56, 79 ; xvii, 34- { Quercus esculus L. Iride, capello d* Iside, xm, 52. | Si tiene per la gorgonia antiphates L. dei Liti fi li : volgar mente corallo nero. Isocinnamorao, xii, 43. Vedi Cassia. lsoete, xxtr, ioa. Vedi Ai%oo. laopiro, fistolo, x x v i i , 70. | Secondo alcnni Iijo. pyrum fumaroides L. che io Europa non cresce: secondo altri la corydalisclaviculata Decanti. Issia, xxn, ai. Vedi Cameleone. Issopo, x x t , 87. | Hyssopus offi.cina.lis L. o ten er iurn pseudohjssoput L. Istrice, t i i i , 53. | Hystrix cristata L. Falsamente credettero gli amichi che questo animale avesse una Teste di aculei ch'egli scagliasse via quan do stendeva la pelle, perch ne Tidero infitti - nel tergo dei cani che gli a T e a n o insegniti : ma questo deriT dalla somma facilit che hanno quegli aculei di eadere da s stessi dalla pelle di quel animale. Itone, xix, ia. | Specie di tubero o tartufo. Itteria (gemma), XXXV1U61. | Cos delta da ixr(fov rhe nome comune al morbo regio e al gogolo. Ittero (uccello), xxx, a8. { Sembra che sia lo stesso che il gogolo. Vedi Clorione. Itti, xxix< 16. Vedi Donnola. Ittiocolla (pesce}, xxxu, 24. | Oggid pure l ittio colla si fa della vescica natatoria degli acci* penseres husones l.inn.; ma non solamente di questi pesci, n solo di quella vescica : se si volesse, verisimile che si potesse fare degli ia teatini e della cole dei pesci presso che tutti.

Labro (pesce), xxxu, 54-1 Del geoere G lab ri di Linneo. Labrusca, ampelos agria, xxm, 14. | Secondo al cuni tamus communis L. secondo altri vitis vinifera L. Laburno cio avoroo, xvi, 3 i. j Cytisus labur num L. Ijagine, x x i t , 894 Vedi Clematide. Lagopo (uccello), x, 68. | Jetrao lagopus L. che btaocheggia tutto il verno. Un altro lagopo, di cui Plinio poco dipoi, lo stesso uccello^ ma con le penne e Col colore di state. erba, x x t i , 3 4 . | Trifolium arvense L. Laina* xn, 36. Vedi Mastiche.

LaHtioni, t i i i , 69. J Puledri di asini saWalicbi. Lamia (pesce), x, 4- | Forse lo squalus carcharias L. Lamio, xxt, 55 ; xxn, 16. | Lamium macula tum L. Plinio lo appella leuce o mesoleuco nel xxTii, 77. Lamiro (pesce), x x x i i , 53. | Scrittura dobbia. Lampiride, xi, 34 ; xvm, 66. | Lampyris nodiluca L. o lamp. italica L. pi abbondante" nell' Europa meridionale. Lana che fanno gli alberi, xm, 28. | Gossypium arboreum L. Vedi Albero. Lanaria erba, x x i t , 104. | Gypsophila struthium L. Langhe, (angurie bestie, xxxvn, 11. | Dell'orina di esse si faceva l ambra. Langurio, x x x v i i , 11. Vedi Ambra. Lapato, sativo e salvatico, xix, 60. romice, ossalide, xx, 85. | Rumex acetosella L. Alcuni per riferiscono il l*pato canterino o salvatico al rumex divaricatus, e il salivo al rumex patientia L. Lappa o lappola, filantropo, xxi, 64 ; xxiv, 116. aparine, onfaconarpo, xxvii, i 5. | Galium aparineh . canaria, argentone,xxiv. 116. | Al cuni I' hanno per una lessa con l'erba filan tropo, altri eon 1 arction lappa, o caucalif arvensis: altri riferiscono a questa lappa la canaria semplicemente detta, xxv, 5t ; e altri Analmente intendono che sia il punicum dac tylon. boaria, xxvi, 66. | Di questa non si ha notizia bastevole : forse ella la stessa che la lappa filantropo, come T o g li o n o alcuni ? o pittoslo la lappagine, di cui nel xxvi, 65 ? Alcuni la riferiscono alla caucalis monspeliaca. Lappagine, mollogine, x x t i , 65.} Galium mollugo L. Ijapsana, xx, 37. cavolo salvetico di tre foglie, celebrato dai versi del diTO Giulio, ecc. xix, 41. | Forse da leggere col Delecampio trium phalis ? Cesare stesso, Guerr. civ. in, 48, no mina questa cima del carato snlvalico charam. K la crambe tatarica Jac., bench alcni in clinano meglio alla brassica napobrassica L. Larbaso, xxxm, 33. Vedi Stimi. Larghe epode (pesci), xxxu, 54. | Perca nilotica . Liou. o lates niloticus. Larice, xvi, 19, 23, 38, 56, 73, 74, 76, 79 ; x x i t , 19. | Larix europaea Dee. Laserpizio, silfio, xix, i 5 ; xxit, 49*I H * (* U gambo si chiamava magidari ; il sago laser, ri zia o caulia ; la foglia maspeto. Questo laser pizio da alcuni riferito alla ferula assafoe * - ti da, da altri alla ferula tingitana, da altri finalmente alla tapsia silphium Viviao. <

I N D I C A

tSS*

lira specie, che a1appella raagidari, x a , 16. | Forte il laserptium ferulaceum. La tace, x x x t i , 9. | Erba magica, favolosa. La li ri, x x v i i , 7 1. J Euphorbia lathyris L. Lalla, x u , 43. Vedi Cassia. Lattaria erba, x x t i , 39. Vedi Timimalo. La Ilore, xxir, 104. | Di questa erba nulla si aa di certo. Lattuga, xix, 38. \ Lactuca sativa L. Plioio ne novera molte orti, l 'eunuchio, eoe. cesapo, . xx, a5. ) Scrittura dubbia; pianta ignota. una terza specie l isati, ivi. | Isatis tinctoria L. : la quarta specie di quella che imno i tintori di lana. caprina, xx, a4 Vedi T i timalo, Laudaoo, slrobo, teda, ledano, tossico, xn, S7 ; x x t i , o . I Sugo gommo-resiooso del oistuat 3 creticum L. Laurioti, xxxiv, 34. | Specie di spodio, Lauro. Vedi Alloro. Laver, x x t i , 3a. | Sio : sium angustifolium L. Leda, ledano, xn, 37. ledo, xxvi, 3o. Vedi Laudano. Leraonio, xxv, 61. | Statico limonium L. Plinio T appella, a quel che pare, bietola silvestre, limonio, neroide nel xx, a8. Lennia (terra), xxxv, 14. | Volgarmente terra di Lenno. Vedi Samia. Lente, xvm, 3 i ; xxn, 70. lenticchia, xxiv, 67. [ Ervum lens L. palustre,xxii,70. | Lem ma minor L. Lentisco, xxiv, aa. | Pistacia lentiscus L. il lentisuo manda rcsiua, detta lagrima, o masti ce, xn, 36 ; xiv, a5. Leone, vm, 17, 19, a3 5x, a4, 6a, 96; xi, 1, 63. 65, 67, 86, 94, 99, 106, ni, 115. | Felis leo Linn. leoni eoo chiome oretpe, vin, 18. | 1 moderni noo conoscono codesta specie di leoui eoo chiome crespe. Da taluno per si sospetta che anticamente si abbracciasse sotto il nome di leone anche lafelis jubata, volgano, tigre o leopurdo, perocch ci che Plioio raccoola dopo Aristotele, Stor. Anim. ix, 44 del leone corto, meno impavido, ecc. conviene abbastanza bene a codesta specie. pugna, vm, ao. Leonessa, x, 83. Vedi Leone. Leoni, ix, 5 i ; xxxu, 53. | Specie di granohi. Vedi Astaci. Leontica, xxv, 85. Vedi Cacalia. Leontofoco, viu, 57.-1 Piccolo animale, da cui morto il leone che giunge a gustarlo. Mera favola. Leootopetalo, rafeio, xxv 1 , 73. | Leontice leon1 topetalum L. detto da Plinio stesso leon topo dio, xxvi, 34.

Lftontopodio, letsaeoro, dortpetro, u n , 34- Vedi Leontopetalo. Leonzio (gemma), x x x v i i , 73. Lepidio, xix, 5 i j xx, 70. | Lepidium latijo lium L. Lepidote (gemma), xxxvn, 6a. Lepre, vin, 91, 83 ; x, 84,93 ; z i , 54, 7 0 , 7 5 , 9 } , 94. | Lepus timidus L. bianco nelle Alpi, viu, 81. | Lepus variabilis Pali, che biancheg gia nel veroo. ( marino), n , 7 0 . | Aplytia depilans L., che manda nn certo umore aere per un organo vicino ai genitali. nel mare d 1India pestifero a locoarsi, iv i. | Forse il tetradon lagocephmlus L. Lepto, xxv, 3 t. Vedi Centaurio. Lepiofillo, xxvi, 45. Vedi Titimalo. Lettopsefo, x x x t i , 11. | Specie-del marmo porfirite o porfido. Lencacanta, ischia, fillo, poligonale, xxn, 18: leucacanto, xxi, 56. ) Carduus lemcographus L. Leucacate, xxxvu, 54. Vedi Agata. Leiicaote, xxi, 104. Ve<li Partenio. Leucanlemi, leucanlemo, xxi, 34 ; xxu. a6. Vedi Antmide. lencaotemo, xxvu, 98. Vedi Fa* langite. Leuce, raesoleucO, xxvu, 77 : lamio, xxt, 55 ; xxn, 16. | Lamium maculatum L. Leuceoro, x x t i , 34* Vedi Leontopodi0. Leucocoma, xiu, 34-1 Sorte di melogranato. Leneocrtao (gemma), xxxvn, 44',C >a Leooofialmo (gemma), xxxvn, 6a. Leiicogea, leucograta, sinofite, gaUttito(gemma), xxxvn, 59. Leuoografe, xxvu, 78. | Pianta dubia, che alea ni riferiscono a l carduus leucographns, altri alla cerinthes major L. Leucopecilo (gemma), xxxvu, 6a. Leucrocnta, viu, 3o. | Antilope gnu Gmel. Vedi Iena. Libadio, xxv, 3 i. Vedi Centaurio. . . lepto. Libaoocro (gemma), xxxvn, 6a. Libanoto, ramerino, xix,6a. | Rosmarinus offcinalis L. Vedi Conita, Cunila. Licaooe, vm, 5i. | Forse il felis jubata GmcL volgarmente tigre. Licapso, xxvu, 73. | Echium italicum L. Lichene, xxvi, 10. | Plinio ne ba due specie, aaa di gambo corto, un' altra che si appiglia alle pietre, secondo Dioscoride, tv, 53.; le qnali cose son comunemente riferite alla marcantia polymorpha L* cio maaehio e femmina. lichene nomata dai Greci one oerta belletta di alcuni alberi, xxnt, 69. | Forse la pkyseia prunastri Dee. Aleno i stimano che Plinia in Dioscoride, i , i 7 4> abbia in fatto tolto Xiigwa,

iS 8 |

DELLE COSE NATURALI

i58a

oh' QU ipMB di on Itili, per la piatila lichene. bicni fiore, xxi, 39, 98. [ Agrostemma corona , ria L, rosa, xxi, 10. | Non il fiora citato ? agria, xxv, 8. Vedi A mirrino. Lieni (gemma), xxx tii, 99. | Alcuni vogliono che sia una specie di rubino del colore delle ciriege rosse : delta ionia qqrlln gemma del nome stesso che getta raggi di porpora. V ha chi a * queste sorti di pietra riferisce per la fona elet trica quella pietra che i Francesi dicono tourmaline, indicolithe. tienile pietrjh xxxu, 4* I Volgari, marmo di Paro. Licnile erba, xxv, 74* Vedi Flomide. Lieo (ragno), xxx, 17, 3o. Vedi Ragno. Licoftalmo (gemma), xxxvu, 7. Ligon, xxiv, 38. Vedi Vitice. Ligustico, letto panace o cunila bovina, xix, 5o ; xx, 60. | Ligusticum levisticum L. Lineo, xxvn, 76. | Secondo all ri il ranun culus thora L., secondo altri il doronicum pardalianches L. Limodoro, xu, 57. | Forse una specie di cuscuta . L., o piuttosto il polygonum convolvulus L. Limonia, xxu, 43. Ve<li Scolimo. anemone, xxi, 38. Vedi Anemone. Limoniate (gemma), xlxvu, 62. Vedi Smeraldo. Limonio, xx, 38. Vedi Lemohio. Lineurio, xxxvu, 11. Vedi Ambra. fa am bra d' orioa di lupocerviero, viu, 57 ; xxxvii, i 3 . | Alcuni pausano che questo lioeurio sia una specie di giacinto: altri per la sua forza elettrica lo riferiscono alla gemma detta dai Francesi tourmaline. Lingua, xxiv, 108: lingulaca, xxv, 84. | Scolopendrium officinarum Willd. boviua, xvu, a 4- Veli Buglosso. Lino, grano Gnidio, xin, 35. Vedi Camelea. salivo, xix, 1 ; xx, 92. | Linum usitatissi mum L. Linostrofo, xx 89. Vedi Marrubio. Lioozosti, ermupoa, mercuriale, partenio, xxv, 18. | Mercurialis annua L. Lioncoroo, viu, 3 i. | Molti sono gli animali ehe presso gli antichi * indicavano col nome /uorxf'fef, nome altres del lionoorno; ci erano 1 asino Indiano, il cavallo unicornuto, il bue similmente d1un corno solo, e quello d 'unghia non fessa, i quali tre ultimi Cuvier opina che, acoondo le relazioni degli antichi, si riferisca no al rinoceronte : il lioncoroo, che ha i pi fessi, somiglia il rinoceronte nell* aspetto pi che gli altri. L'orice, di cui Plinio, viu, 53, lantilope oryx Pali. Vedi Orice. Lipare (gemma), xxxvu, 62.

Lipari (pesce), xxxn, 53. | Dubbia scrittura. Liro, xxv, 77. Vedi Alisma. Lisimachia, xxv, 35. | Lythrum saiicario, se* condo alcuni : secondo altri lysimachia vul garis L. Lisimaco (gemma), xxxvu, 62. Lilargirio, xxvi,C4. | Ovvero schiuma *argento. 1 Litargiro, xxxm, 4 > | Plinio distingue l'argento > vivo dal litargiro : quello si trova nelle cave dell* argento, poro, fluido e senza mistura : questo si fa di minio ridotto in polvere, e si separa a forza di fuoco. Del litargiro si fa uso anche oggi a indorare Pargento, il rame, ecc. Litospermo, egonico, diospiro, efacleo, xxvu, 74* | Lithospermum officinale L. semi, delta grandezza lei cece, che s t a n n o entro a certe concavit, ivi. | Da ci molti han dubitato che qui Plinio descriva senza saperlo un altra pianta, cio la coyx lacryma L. Litta, vermicello nella lingua de* cani, ecc. xxix, 3z. | Questa una favola anche del volgo mo derno. Quelli che hanno voluto esperimentarne il vero han trovato che nella lingua de* cani non ci ha vermicello di sorte; e nolo che ci sono sotto la lingua degli arrabbiali piccole pustulelte bianche, le quali stappale prima che scoppino da s, non offrono pi, per quanto si crede, causa a quel violento loro malore. Locusta, carabo, ix, 5, 5 i. j Palinurus quadricornis Fabr. locuste di |uattro cubiti, x, 2. | Locuste e astaci di Ire e di quattro piedi si ritrovano non di raro. Locuste (specie d insetti), xi, 35. | Grillus Liun. dell' ordine degli ortopteri. ciascuna, se le piace, ammazza un serpente, ivi. ( Mera favola; n anche un vermicello che ammazzi le locu ste, le quali fornita la lor generazione, come fanno i pi tra gl inselli, se ne muoiono da s. in India son di tre piedi, ivi. | Alcune arrivano bens alla misura di un piede, ma di tre non s mai veduta veruna. peste man dala dall ira degli dei, ecc., ivi. | Qui signi ficato il gryllus migratoriuSy o P aegyptiuss o il tataricus L., che fanno immenso guasto alle campagne d Europa, d Asia e d Africa. grate in cibo, ivi. | Anche oggid in Africa e in Oriente si adopera per cibo il gryllus li neola Fabr. Loglio, xxu, 77 ; xv in, 44* | Lolium temulen tum L. Loligine, ix, 44*74 > ,o8- T0**i** 45 > xviii, 87 ; xxxi, 6. | Sepia loligo L. Lonehile, xxv, 88. | Secondo Dioscoride, m, 161, la serapias lingua L. Qualcuno la riferisce alla iris tuberosa) ma a torto. Lontra, vm, 4? xxxu, 53. | la lontra volgare.

>583

I N D I C E

antichi veone d1India, per testimonio A Ovi Loto, fava greca, x t i , 53 ; s i n , a. | Celiis au dio, Melano, xv, 4 i 3 : stralis L. l 'Africa produce I' albero loto e il chiama celli, m i, 32. | 1 zityphus lotus 1 Willd. d Flinio cou fuso col celli. > loto Vieta racemifero ljrncas dedit India Baccbo. erba, x i i i , 3a; xxi, 5 g ; xxu, 27. | Mtliloius officinalis L. stelo io Egitto di questo no Eliano, Nat. Anim. xrv, 6, pareggia i loptcer* me fra le specie dei palustri, ecc. xm, 3a. | La vieri con le pantere, e iodica altrui aver essi nymphaea nelumbo L. o nelumbium specio nellestremila delle orecchie an faccetto di peli, sum Willd. ( il sao frutto atynrrtos xtia/Mi, ehtferrd uraXaer/ovi. Laonde non debita Cavier egizia fava ) che si dice pur nascere nell Eu che la fiera anticamente detta lyn x sia il felis frate, non si distingue abbastanza bene dalla caracul L. abitante dell* Etiopia, e cbe facil nymphaea lotos L., cbe nel capo ha frutto itieule poi pot il nome di essa passare nella simile a quel lei papavero, e deulro grauelli specie moderna feti* lynx, che vive oggid nei come il miglio, ecc. Pireuei e nei monti Napolitani. Vedi Camo. Lotomelra, xxvm. aa. | Nymphaea lotos L. Lupo saliltario, xxi, 5o. | Hmmulus lupulus L. Lucani, xi, 34* | Lucani cervi Ln della famiglia Luscignuoli o oscignuoli, x, 43 ; xi, 11 a. | Mo tacilla lusciniii L. da coleotteri. Lucerna (pesce), x, 43 ; x x x i i ,53. | da ascri Lutea erba, xxxm, a6. | Reseda luteola L. verti senza dubbio ai molluschi zoofili, che in m are spargono un lume fulgentissimo: forse M la pyrosoma di Peronio. Lucertola, xxix, 38. lucertole di Arabia lun ghe un cubito, viu, 60. | Nel genere delle lu Macir, xu, 16. | Plinio dice aver esso corteccia certole, cbe si chiaman monitores, ne sono di grossa e gran radioe; ma non bene, se credia pi lunga misura, e ne fa fede Aristotele, Stor. mo a Sprengel, il qoale tiene cbe il macir oon Anim. vm, 33. lunghe ventiquattro piedi, aia se 000 la coperta membranosa delta noce moscata, o una parte del fratto della myristiivi. | Non si conosce che il cocodrillo del paese ca moscliata L. Il Francese Jussieo ( Dizioo. Saurio, il quale cresca a tanta lunghezza. pugna Ielle lucertole coi serpenti, viii^p -1 Vo Scienz. natur. tom. xxvu, p. 484 ) sospetta ebe gliosi intendere i lacerti viridet, i quali perquest' albero sia la soulamea rex amaroris, , ci furono delti dai Greci ophiomachi, che dal Commersoo detta polycardia : osa lucertole con lingua bipartita e pelusa, xi, di questi alberi non si ha sufficiente uo tizia. 65. | Bipartita s, ma non pelosa. lucertola Mado, xxm, 16. Vedi Vite alba. (in mare), xxxu, 53. Magidari, xix, i 5. 16. Vedi Laserpii io. Luchi buoi, viu, 6. Vedi Elefante. Magnete pielra, siderite, eraeleo, xxin, a 5. Lumaca, x, 74. ossello della lumaca, xxix, ematite, ivi. Vedi Ematite. di questa pietra 36. | Li max rufus, maximus, agrestis, hor erasi cominciato far le volt* al tempio di Arsi tensis, ccc. della terza classe de' molluschi. noe, xxxiv, 4a. Lupino, xvm, 36 ; xxii, 74* | Lupinus albus o Maie, x, 5 i. ( Molti le pareggiarono col cancer hirsutus L. maia L., altri eoo I' inachus cornutus Fabr. Lupo, v m , 34 83 ; x, 5, 10, 8), 9 4 ; xi, 36, 55, Cuvier le riferisce piuttosto al ca n c er pagurus 67, 99, 109, 111. | Canis lupus L. 1' Africa L. Vedine Aristotele, Stor. Anim. v, a. c I' Egiiio producono lupi inerii e piccoli, vm, Malache, xx, 84. Vedi Malva. maldaco, xn, 34. | 1 lupi d' Africa hanno la siaiura dei co 19. Vedi B dellio. muni. Ci cbe dice Plinio vuoisi intendere del Malicorio, xxm, 57. | Corteccia de) melo granato. canis aureus I>, che ha il colore del lupo, e Malobatro, vu,5g; xn, 59; xm, a; xxm, ifi. | M olli la statura non maggiore che la volpe. lupi stimano che sia la foglia del laurus cassia L. che si chiamano cervieri, ivi. | Felis lynx L. o del .laurus molobathrus Lamk. ma vuoisi Vedi Camo. farne migliore esame. Lapo (pesce), 11, 24, 28, 74, 79 ; x, 89. | Perca Malope, xx, 84. Vedi Malva. lambrax : nel mar Mediterraneo dicesi comu Malta, 11, 108. | Non differisce Mia nafta, se a nemente lupo ; nell'Oceano dai Francesi bar. cbe pi soda, a mo1di pece, onde aMbe cognominata pissasfalto. di esso si fa il garo, xxxi, 44- ( specie di . inselli), xi, 28. Vedi Ragno. Malundro (erba), xxvi, 24. Lupocerviero, olince, viu, 3o, 57^x1,106; xxvm, Malva che ha un solo gambo,'xx, 84- | Molti cre 82.11 primo lupocerviero eba conobbero gli ; dono cbe sia la malva aieex L., non cbe la 1

i5 85

D K IX E COSK NATURALI

5Ffi

malva saliva degli antichi; ma (facili piailotto da riferire alla roalope o malva silve stris L. .La malache, di cui Plinio nel luogo citalo, i la malva rotundifolia L. altea, plistolocia, ivi. | Althaea officinnlis L. al bero in Maurilania, i n , aa. J Quale essa sia, non essendo descritta, non si pu dinotare. la malva comincia a dar in albero nel settimo mese, ivi. J Lavatera arborea L. Mane, x, 69. mano, ivi. | Specie di spugne. Mandorle (noci), xv, 24. | Amygdalus cummunis L. di specie dolce e amara. mandorlo fiorisce innanzi ogni altro albero, iti, 4>- mandorli come siano da piantare, xvn, 11, 3o, 37, 43. olio di mandorle, xm, 3 ; xx, 5 i. Mandragola, circeo, vm, ^1. la nera fem mina, il maschio bianco, arseno, morio, ippofloroo, xxv, 94* | Atropa mandragora L. N il maschio n la femmina hanno gambo, secondo Dioscoride, v, 76. Ci che dei gambi dice Plinio, il tolse da Teofrasto : epper molti credono che qui la delta specie sia confusa con l 'atropa belladonna L., di cui il greco autore, Slor. vi, a. Manico, xxt, io 5. Vedi Tricno. Manticora, vm, 3 > 45. | Bench Aristole, Stor. <, Anim., ir, 11, togliesse da Ctesia la favolosa narrazione di questa fiera, non le volle per dar fede : e veramente la manlicora non altro . che on emblema mitico o geroglifico, che si vede anche oggi nelle rovine di Persepoli. Vedi Cornelio Lebrun, Itiner. Persie, tav. 124. Pausania nel lib. x ( Beot. ) dice che di luogo a tali finzioni una tigre mal vista o mal cono sciuta da alcuni che la fuggivano spaventali. Marga, xv11, 4. | Marna argillosa, marna cal carea, il cui uso oggi assai seguito : deonsi riferire specialmente alla posteriore le variet che Plinio le attribuisce. Margarite. Vedi Perle. Marisco, xxt, 69. Vedi Giunco. Marmo caristio, v, ai. cbio, v, 38. lucul- leo, xxxvi, a. maculoso, xxx vi, 5 . bianco di Paro, xxxvi 4- specie e colori de marmi, xxxvi, 11. scultori del marmo, xxxvi, 4 Marmorile, xxiv, 102. Vedi Aglaofoti. Maro, xu, 53. | Teucrium maron L. Marrobio, linostrofo, prasio, filocare, xx, 89. bianco, ivi. | Marrubium vulgare L. nero, ivi. | Ballota nigra L. Maspeto, xix, i 5. Vedi Laserpitio. Massari, xu, 61. Vedi Enante. Mastice, o mastiche, acanlice, xxi, 56. Vedi E l sine. chia, xxiv 74- Vedi Lentisco. si fa di spina in India e in Arabia, delta laina, xu, 36. | Non si sa certo quale essa sia. mette le

foglie sulla radice, e ha il cardo simile a mela, ecc. ivi. | l acarna gummifera Willd. Vedi Elsine. Hostire Iella in Levante ia ragia che nasce dai terebinti, xti, 25. Mecone, xx, 80. Vedi Titimalo. afrode, me conio, xxvii, g 3. Vedi Pepli. meconi, xx, 26. Vedi Lattuga. roeconida, xx, 26. Vedi

Lattuga.
Meconide (gemma), x x x v i i , 63. Medea (gemma), xxxvu 63. Medica (erba), xiv, 19. Vedi Elenio. ( t r a i legumi), xvm, 43. | Medicago saliva Lino. Mediche mele, xv, i 4>Vedi Melo. Medio, xxvn, 79. | Campanula medium L. Vedi Dioscoride. v, 18. Melograno, xm, 38. | Punica granatum L. Vedi

Melo.
Melando, valeria, x, 3. J Con altrettante parole descritto da Aristotele, Slor. Anim. x, 33. Secondo Cuvier non questo il falcone detto volgarmente falcusfulvus, melanaetos niger Gmel. ; ma il falcus naevius e maculatus Gmel. la cui femmiua come invecchia nereggia tutta, salvo alcune piccole macchie sparse che sono assai numerose e grandi Anch ella gio vine. M elanfillo , xxu, 34. Vedi Acanto. Melampodio, xxv, ai. Vedi Elleboro. Melancorifo, x, 44i 79* I Gli antichi han credulo che questo uccello mutasse col beccafico la forma e il colore; a torto, perocch con questi due nomi (ii\ayxofvq>o( e ovxaWtf indicalo uno stesso uccello, come osserva Cuvier dopo Aristotele, Stor. Anim. x, 49 cio la musci capa albicollis Temiti, che nel verno ha color ' nero e bianco, nero cio il vertice del capo, e intorno al collo una lista bianca, onde ebbe il nome di melancorifo. Passato poi il tempo della generazione questo uccello divien fosco ed oscuro, e pare che non sia pi quello : per non da confonderlo col beccafico o sicallide, che I alauda pratensis Gmel. Melancrane, xxi, 69. Vedi Giunco. Melandrie, tx, 18. | Non pesce, come dimostra la versione, ma salsume d ell'orcino ossia tonno maggiore. Melaspermo, xx, 71. Vedi Git. Melantemo, xxu, 26. Vedi Antemide. Melantio, xx, 71. Vedi Git. Melanuro (pesce), xxxu, 8 , 53. | Sparus melanu rus L. Meleagride (uccelli), x , 38, 74. | Non s'intende

il gallo-pavone cui Linneo diede il nome di meleagris, ma la numida meleagris L. uccello Africano, violento, agli antichi assainoio, che pei viaggi dei Lusilaoi veune d* Africa in Eu

i 58 j

I N D I C E

1 S8 A

ropa, e qui dimesticatosi vive tuttavia. IVelianto, xsi, 38. | Erba ignota: molli sospettano 1 I che dietro Teofrasto, Slor. vi, 7, s'abbia a leggere tnelanion nel Ialino. Melicloro (gemma), xx xm , Z. j Melicro (gemma), xxxvn, f i . Melicrisi (gemme), xxxvu. 45. fileliloto, serlula campana, xxi, 18, 29, 37, 87. | M dilotus officinali Dee. sreoodo alcuoi melil. italica o melil. cretica Pers. Melino, xxxv, 12. | Specie di colore. unguen to, xm, 3 . | Della cydonia vulgaris Lamk. Meli, o martori, o tasti, vm, 3o, 55, 58. | Ursus meles Liun. favola ci che narra Plinio di questo animale, ch'egli enfiando la pelle si di fende e non sente il morso dei cani. Melissofillo, meliltena, apiastro, xx, 45 ; xxi, 29, 86. | Melissa officinalis L. Melile (gemma), xxxvn, 73. Melitite pietra, xxx.vi, 33. Melo ( o mela, xii, 7 ; xvi, 5g), d Assiria, cedro, di Media, xv, 14, 33 ; xxm, 56: albero del cedro, xm, 3 i. | Citrus medica L. coto gno, cidonio, lanato, struleo, crisomelo, xv, 10, 14. | Cydonia vulgaris Lamk. p ir i formis e mahjbrmis Mi\\.pesche, xv, 11. j Am ygda lus, Persica L. mele granate, leucorocce, eritroeocce, xm, 34 ; xv, 34 ; xvi, 34- | Punica granatum L., il suo fiore dello balaustio, e la corteccia del frutto malicorio. di terra, erratico, xxv, 54 ; xxvi, 56. | Aristolochia rotunda L. mele ( loro specie, e medicine che se ne fanno), xv, a5 ; xvi, 4 a, 46, 5o ; xxm, 54. | Pirus malus L. Melopeponi, xix, 23. Vedi Peponi. Melolro, xxi, 29. Vedi V ite alba. Memecilo (frullo), xv, 28. Vedi Corbezzolo. Memnonia (gemma), xxxvn, 63. Mena (pesce), x, 42 ; xxxn, 53. | Sparus maena L., in Italia menola. Mennonidi (uccelli), x, 37. | Di questi uccelli si ha dubbio ; nondimeno siccome questi uccelli a certi tempi dell anno venivano presso il se polcro di Mennone a combattere, e ci non per altro che perch il sepolcro vicino al mare, e perch essi son di natura pugnatori, credi bile che la favola contata da Pliuio sia naia dai tingri pugnaces L., perocch ognun sa che i maschi nella primavera sono in pi 6era lolla. Menta, minta, xix, 47 ; xx, 53. | Menta sativa L. Plinio lappella ediosrao nel xxxv, 5 i. men ta salvatica, mentastro, xx, 25. | Menta silve stris L. Meo, xx, 94 l Athamanta Matthioli Jacq. Mercuriale, erba, xxv, 18. j Mercurialis an nua L.

Merice, xxxti, 53. Vedi Scaro. Merla (pesce), ix, ao. J LabruS merula Gmel. Merlo (uccello), x, 42i 54, 56, 7^1 96. | Turdus merula Lino. dove sieno merli bianchi, x, 45. | Questa specie d' una sola sorte : boo rari, ma per ae ne vede in ogni paese. Meroide, xxiv, ioa. Vedi Etiopida. Merope, x, 5 i. | Merops apiaster L. Mesoleuco, xxvn, 77. Vedi Leuce. mesoleoco (gemma), xxxvn, 63. ^lesomela (gemma), xxxvii, 63. Melopio, x i i , - Vedi Ammoniaco. 49 Miacanto, xix, 4*- Vedi Asparago. Miace, xxxn, 3 i. | Spene di conche. Miagro, x x v i i ,81. | Alyssum (camelina Pers.) sativum L. Vedi Erisimo. Mie, ix, 56 ; xxxu, 53. | Specie di conche. Miglio, xvm. 10. 25.26, 45, 5n, 66, 72; xxu, 62. J Panicum italicum L. Mignatta, sanguisuga, vm, 10; xi, 4 * x n , 42. | Hirudo medicinalis e forse anche hiru do sanguisuga L. Miteco, xxix, 3;). Vedi Piattola. Miliaria (erba), xx, 78. | Secondo Sprengel il panicum verticillntutn L., secoudo altri la cuscuta europaea L. Militare (erba), xxtv, 104. | Alcuni la credono 1 erba etnisca, o il millefoglio, li cui Plinio, xxiv, 95. Achillea millefolium. Millefoglio, xxv, 19. Vedi Achilleo. millefo glio, xxiv, 95. Vedi Miro/ilio. Millepiedi, centipeda, moltipeda, centogambe, detto dai Greci onisco, tilo, xxrx, 39. | E un bruco che ha molli piedi, irsuto, velenoso, ehe Plinio dislingue poco bene dall onseo, o tilo o porciglione ( oniscus murarius o asellus o armadillo). Miliile pietra, xxxvi. 38. Vedi Em atite. Milto, minio, xxxm, 38. Mdvagine, o nibbio pesce, xxxn, 6. Vedi Nibbio. Minia, xxiv, 100. Vedi Corisidia. Miniante, xxi, 3o,8. | Ovvero asfillio, /wora/ butiminosa L. Minio, xxxm, 37. il pi celebre viene della contrada Sisaponee, xxxm, 4- | Reta tutta via nell Andalusia questa cava di minio : vol garmente ciunabro nativo. Vedi Cinabri* Litargiro. un altra specie nelle cave del piombo, ivi. | Volgarmente minio. Mioltono, x x v i i , 2. Vedi Aconito. miofono, xxi, 3o. | Aconitum napellus L. Miosola, miositi, xxvn, 80. | Myosotis scorpioides L. iosoto, xxvii, 8. Vedi Alsine. m Mirice, tamarice, xxiv, 4 1 | Tam arix Gallica L. bria salvatica (in Acaia), xxiv, 4. \ A l-

i58y

DELLE COSE N A T U U M

i5n/>

coni credono ehe sia Ia tamarix Gallica L., 0 la tam. Africana Desfont. Quella che cresce in Siria e in Egitto la riferiscono alla tamarix orientalis Delill. Dagli Egiziani letta alte. 1 Latini adattavano il nome di mirice ad un legno o ad un albero infelicissimo. llfliriofllo, xxiv, 95. | Secondo alcnni hottonia palustris, secondo altri phellandrium aqua ticum L., dietro Dioscoride, v, 115. millefoglio, ivi. | Achillea millefolium L., che dal miriofillo uon abbastanza si distingue. Mirmecia (gemma), x x x v i i , 63 . Mirmecio, xxix, 27. | Specie di falangio. Mirmecile (gemma), xxvu, 72. Miro o miro (peice), murena maschio, x, 3g. srairo , xxxu, 53. | Senza dubbio lo stesso che la muraena Christine non la mur. myrus L., che da Cuvier riferita ai congri. Mirobalauo, x x i i , 46. | Moringa oleifera Lamk. Mirra, mirride, smiriza, xxiv, 97. | Scandix odorata L.albero della mirra, xir,34 | Balsamodendrum myrrha Nee<.(specie), stalle, Trogloditica, Minea, Alramitica, Esaurite, Dianite, collatizia, Serabracena, Dusarile, ecc. xit, 35. Mirrile (gemma), xxxv 1 , 63. 1 Mirsinite, x x t i , 4* Vedi Titimalo. (gemma), x x x t i , 63 . ( Mirto o mortine, xt, 3 5 ; xxm, 81. | Myrtus communis L. salvatico, ossimirsine, xv, 37. | Ruscus aculeatus L. Mirlopetalo, xxvu, 91. Vedi Poligono. Mis, x x x i i , 53. | Specie di conchiglie. Mise o miste,xm, 10.missi,xv, 12; xx, i 3.jCor dia m yxa L. Misi, xix, 12. | Forse il tuber niveum Desfont. Misi, x x x i t , 3 i. | Ovvero c a l c a m o , vetriolo. Vedi Calcite. Missona (pesce), x x x i i , 25. Vedi Bacco. Mitrace (gemma), xxxvu, 63. Mitridatia, xsv, 26. | Erythronium dens canis L., secondo Angnillara e Sprengel. Mituli, x, 61, 74; xxxii, 53. | Mitylus edulis Lino. Molare pietra, x x x t i , 53. Vedi Pietra. pirite, x x x t i , 3o . Vedi Pirite pietre. M o le m o u io , xxvi, 25. | Scrittura dubbia : forse nel latino da leggere lemonium. Moli, xxv. 8. | Allium nigrum L. e monspessulanum. 11 ft\v di Dioscoride, 111, 54, Plinio lo appella 010/0/1, xxvi, 19. Il moli da alcuni detto allium Dioscori dis.alicacabo, xxt,io5. Vedi Tricno. Biolibdeoa, xxxrv, 53. | Con questo nome Plinio dinota e la vena comune di piombo e d 'ar gento, che, od xxxm, 3 i, chiama galenam, e

la mondiglia del piarabo, che si appella pr* tossido di piombo. Molibdena, piombaggine, xxv, 97. | Plumbago europaea L. Molibdite, xxxm, 35. ] 1 Latini la dissero schiu ma d'argento. Vedi Argento. Mollugine (lappagine), xxvi, 55. | Galium mollugo L. Molo, siro, xxvi, 19. Vedi Moli. Moloche agria, xx, 14. Vedi Ibisco. ;Molchite (gemma), x x x v i i ,36. Moltipeda, xxix, 3g. Millepiedi. Montone, v m , 72. dicesi che un montone am una fanciulla, x, 26. Montone (pesce), x, 67. | Questo montone di mare fu forse un gran delfino, che sopra le ciglia ha una macchia biauca presto a. poco incurvala come un corno di montoue, delphi nus orca L. Montoni in forma di pesci, xxxu, 53. Morchia, xv, 8. Morfuo, x, 3. | Percno, planco, anataria, nomi tutti ond* appellata questa sorte d 'aquila. Il raorfno secondo alcuni lo stesso che il falco naevius Gmel. Quantunque si pu cre derlo pure il falco haliaeetus L. ; ma questo nemico dei pesci, uon degli uccelli acquatici. Morio, xxv, 94. Vedi Mandragola.-alicacabo, xxi, io 5. Vedi Tricno. Morione, prannione (gemma), xxxvu, 63. Moro, il pi savio albero che sia, x t i ,4> > xxm, 71. J Morus nigra L. more, in Egitto e in Cipri, xxm, 70. | Ficus sycomorus L. Morochile (gemma), xxxvu, 63. Mosca, vm, 10 ; x, 4 , 87 ; xi, 33, 34, 43) 108 ; xxix, 34 Mosceuto, xxi, 10. Vedi Rosa. Muggine, x, 9, a i , 26,67, 88; 1,89; xxxu, 53. | Di muggini molte specie hanno i nostri mari, il cephalus, il capito, il ehelo, ecc. Mula, vm, 69. Vedi Mulo. Mulacchia, cornacchia, vm, 4 1 35, 79, 107. J Corvus glandarius L. mulacchia, x, 4 1xvu, 22. | Corvus monedula L. Mulare erba, xxiv, n 5. Vedi Essedo. Mulioni, xi, 19; xxx, 53. | Del genere delle zan zare. Mullo (pesce), <x, 3o, 74 ; xxxu, 3, 53. | Mullus barbatus L. II mullus surmuletus L., eh1 il maggiore, dipinto a color giallo, trovasi anche nel Mediterraneo, ma di raro. Mulo, mula, vut, 69. in Cappadocia animale d' una specie particolare, ivi. | Equus hemonius Pallas, detto dai Tartari dziggetaif si mile al mulo. Oggid pare facile trovrsi nei derti dell' Asia.

tfyi
Murena, ix,

I ND1 C

i 5q2

35, 37, 3^, ^8, 79,81. | Murmena kelena L. le murene escono in Ierra, x,

35. | Per la strettezza lei fori che ban sotto le braochie l e morene e le a n g u i l l e possono talora vivere nel i c r c o , siccome g i aveva osservato Teofrasto ( nel (ramin. d e i Pesci viveoti nel secco ), perch le m u r e n e , quantunque Plinio, ix, 37, il c o n t r a d d i c a , hanno le branchie o ale come le a n g u i l l e , ma il foro sottovi pi risiret* to, e sotto a lla pelle certe merabraoe latenti che si stendono t a l v o l t a sopra il foro e lo rico prono, ma si piccole che noo solo sono a stento visibili, ma che uomini peritissimi delle cose naturali n e g a u o assolutamente ehe vi sieoo. Murale erba, xxi, 104. Vedi P ar tenia. Murici, x, 52, Go, 70. | lutende conche o con chiglie univalve, spiuose, di groso guscio. Murrina, xxxvn, 7. | La materia della murriua un tempo si credeva essere quella tessa che oggi si chiama porcellana; ma oggi dai periti in mineralogia si rilava che non era altro se non se spato fiuore (fio r uro, fto r uro di calcio; fiuato, fio ra to di calce, calce jlu a to , ecc. ) Vedi Kosiere nella celebre opera Descriptiori

Ci che dice Pii aio di c tw dopo Arinotele, Slor. Anim. ix, 37, provato esser vero date epertense dei m o d e r n i. Navone, x vm ,35, 74; xix,a3, 5; ; x x , 11.} Bras sica napus L. Nebrte (gemma), xxxtn, 4. Nebbia o uugolo (io mare), ix, 70. Vedi Co-

nicula.
Necidalo, xi, aG. Vedi Bombice. Nepente, xxi, 91 ; xxv, 5. | Questo nepente Omrico, a detto di molti iuterpreli noo altro che l ' oppio stesso. Nepitella, xis, 47 ; xx, 56. | Alcuni credono che questa sia una sorte di mentastro ossia di ik s tha silvestris L. Altri la riferiscono alla melis

sa altissima.
Nereidi, x, 4 ; xxxu, 53. Vedi Tritome. Nero, rododendro, rodo'latae, xvi, 3 3 ; xxir, 53. | Nerium oleander L. Nespole, xv, aa ; xxm, 73. tre geoeri, antepo ne, se la nia, xv, aa. | L anledone il mespilut azarolus o sorbus torm inalis U m L la seta* nia il mespilus cotoneaster L. il terzo genere, gallico, it i. | Forse il cratoegas ostyacantha L. Nettarea erba, xiv, 19. Vedi Elenio. Neurida, xxi, io 5, Vedi T ricn o . friaio, xxv, 76; xxvn, 97. Vedi Poterio. Neuroide, xx, 28. Vedi Lim onio. neurospasto, xxiv, 74- Vedi Cinosbato. Nibbio (|ece), ix, 43. | Ovidio nel Halieut. v. 96, il chiama u nigro tergore m ilvus n : tri gi hirundo L.: forse s ' inteode quel pesce che ha il dosso nerognolo e le penne del pel lo s lar ghe che par che possa volare. Forse anche 1' exocoetus volitans L. che ba il dosso ce ruleo. Nibbio (uccello), x, 12, 96 ; xi, 75. | Falco mil vus L. Nicnfor, xxiv, 49* Vedi Smilace. Nilio (gemma), xxxvu, 35. | il diaspro comune. Niraa, xxvn, 82. J Sriltura dubbia: piani* ignota. Ninfe ( nelle vespe ), xi, 24. api, xt, 6. Ninfea eraclio, eraclia, ropalo, mado, xxv, 37; xxvi, a8, 87. j Nymphaea alba L. u n ' altra col capo giallo, xxv, 37; xxvi, 90. | Nymphaea lutea L. pteri, xxvn, 55. Vedi Felce. Nitrerie d' Egitto, xxxi, 46. | Comunemente ni trato di potassa. Nitlegreto, nittilopa, chenomico, xxi, 36. | Coesalpinia pulcherrima L. Nodia, xxiv, n 5. Vedi Essedo. Notia (gemma), xxxvu, 65. Noce o frutto del mandorlo, x u , 19. noci avel lane, o nocciuole, xxiu, 78. -7- greche, xxin, 76. noci ( joglindes ), xv, 24 ; x x n i, 77.

de V gypte Antiq.
Musatone, viu, 75. | Del genere delle pecore : forse T ovis musimon Pali.

N
Nabo, viti, 27. Vedi Cammello pardale. Nafta, u, 109; xxxv, 5 i. Vedi Bitume. Napi, xix, 5'|. Vedi Senape. la seconda sorte il tlaspo da alcaut chiamato uapi persico, xxvii, 113. | Lunaria annua L. Narciso, xxt, ta. J Narcissus ponticus L . er baceo, vom itorio, xxi, 12, 75. | Narcissus pseudo-narcissus L. fioriscono tardi, xx t , 1a. | Narcissus serotinus L. Narcissite (gemma), xxxvn, 73. Nardo agrio, cretico, tu, xn, 26 ; xxi, 80. | V a leriana italica Lamk. o valer. Dioscoridis Sibth. gallico, xu, aG; xxt, 79. | Valer, celtica L. Indiano, spiche e foglie, oleniti le , adrosfero, mesosfaro, microsfero, xu, a6. | Secondo alcuni andropogon nardus L., secondo altri valeriana jatam ansi Roxb. rustico, xxi, 16. Vedi Baccari. salvatico, x i i , 97. Vedi Asaro. Narteca, nariecia, xiu, 42. Vedi Ferula. Nassio marmo di Cipri, xxxvi, 10. Nasturzio, xix, 41 xz> 5o. | Lepidium sati vum L. Natrice erba, xxvti, 83. | Ononis n a trix L. Nattlilo, pompilo, x, 47- | Argonauta argo L.

i5j)3

DfcLLE COSIi KATUItAM

i 594

noci di pino, xvu, 14 { xxm, 74* ' nel genere ielle noci, xm, 10.
N oce ( J o v is g la n s ), x v ,

24 ;

x v i, 3 i , 5o ,

57, 79,

10, 11, 18. | Juglans regia L. N o c e s u s i n a , x v , 12. V e d i Susino. N u g o l a ( i o m a r e ) , x , 70. V e d i Canicula. 81;
x tii,

o
Oche, x, i 3, 22, 26, 36, 79, 83. chiaraansi gante, x, 27. | Anas anser L. Ocra, xxx, 12, 16, 22. Occhi (alberi), xu, 18. | Molli intendono gli alhagi Hedysarum L. donde viene una so stanza siccome il mele, delta dagli Arabi teren-

Onichipunla, x x x v i i , 37. Vedi Iaspide. Onichile, xxxiv, 22. Vedi Cadmia. Onisco, xxix, 3g. Vedi Millepiedi. Onili, prasio, xx, 67, 69. | Pare che Plinio con fonda due specie diverse, fo n iti che 1 ori ganum onites L. dietro Dioscoride, 111, 36, e il prasio, che il marrubium vulgare L. dietro Dioscoride, ili, 119. O nobrichi, xx iv , 98. J Hedysarum onobrychis L. O nocheli, onochile, xxi, 60 ; xxu, 25. Vedi A n

cusa.
Onocrotalo, x, 66. | Pelecanus onocrotalus f/. Onoiii, anoni, xxi, 54, 5 8 ; xxvu, 12. | Ononis antiquorum l<. Ooopordo,xxvu,87. | OnopordumacanthiumL. Opalo, pedero, x x x v i i , 21, 22. | Gemma bellissi ma per la rarit e variet dei colori, delta co munemente girasole , arlecchino, ecc., della qnale Plinio tocca molle variet. Opobalsamo, x i i , 5{* Oppio, xx, 76. Vedi Papavero. Orala (pesce). x, 26; xxxu, 53. | I Greci la chia mano cio di sopraccglio dorato. Sparus aurata L. Orca (pesce), x, 5. | Si crede che sia an gran deltino, delphinus orca L. Quanto all1 orca che Plinio poco sotto descrive, e che fu presa nel porto di Ostia, se si rig u a rd a alla gran dezza, piuttosto da ascriversi al genere lei li seteri. Orchi, serapia, xxvi, 62. | Orchis morio L. Veli Satirio. einosorchi, xxvu, 42. | Orchis py ramidalis L. Orciuo (pesce), x x x i i , 53. | Dei pi grandi nel genere delle pelamide. Oreoselino, xix, 37; xx. 46. | Selinum oreoselinum L. Orestio, xiv, 19. Vedi Elenio. Orfo, xn, 24. | Secondo Cuvier I' anthias sa cer, diverso anche questo dir aotia dei Greci. Oricalco, xxxiv, s. | Si faceva di pietra ramo sa detta cadmia ( calamina, idrosilicato di zinco), cotta con altro rame di miniera. Co munemente si ooraioa rame giallo, o latone. La miniera, di cui parla Plinio nel capo cilalo, che da molto tempo non d pi, dubbio se sia mai esistila. Origano (nero), xxi, 3o. eraeleo ti co, xx, 62. eraclio,xx,69. | Origanum heracleoticum L . cretico, odorato, xxi, 3o. | Origanum creti cum L. eracleotico silvestre, xxv, 12. (medicine che se ne tanno), xx, 67. Orige (capre), 11,40; vili, 79; x, g4 ;xi, ioti. { A n

schabin.
Occhio o sedo magno, xxv, 102. Vedi Aizoo. Ocirooide, xxiv, 87. Vedi Clinopodio. Oculata (pesce), x x x i i , 53. Odonlite, x x t i i , 84. | Euphrasia odonlitts L. Oficardelo (gemma), x x x v n , 65. Ofidio, x x x i i , 35, 53. | Alcuni lo ravvicinano ophidium barbatum Bloch, volgarmente

donzella.
Ofio, x x m i i , ; xxx, 52. | Animale di Sardegna minore del cervo, che Delecampio diceva essere il musinone. Ofiogene, vu, 12; xxvm, 6. Ofiosiafile, xm, 44Cappero. Ofiostatilo, xxm, 16. Vedi V ite alba. Ofile bianco (pielra), xxxvi, 43. specie di marmo, xxxi, 11. | Volgarmente serpentino. Ofiusa, xxiv, io2. Ofri, xxvi, 93. | Forse V ophrys ovata L. come alcuni pensano. Olca (gemma), x x x t i i , 65. Olio, natura di esso, x v, 5. come s'abbia a fare, xv,6 . quarantotto specie di olio fittizio, xv,7. Olivo, oliva, xu, 2, 38 ; xui, 20 ; xv, 1 5, 6 ; xvi, 36, 42, 56, 84, 90 ; xvu, 2, 3, 6, 19, 24, 29, 3<, 57 ; xxm, 34. | Olea europaea L. olivo salvalico, o oleastro, xv, 7. | Olea europaea silvestris L. medicine cbe se ne fanuo, xx in, 38. Oleastro, x v i, 28. | Forse una sorte di buxus sempervirens L. Ololigoni xi, 65. Vedi Rana. Ombria (gemma), xxxvu, 65. Onagri vm, 69, 83. Vedi A sin i salvatichi. Ontacocarpo, xxvu, i 5. Vedi A parine. Oniclie ( in mare ), x x x i i , 32, 53. Vedi Dattili. Oniche, alabastrite, xxx vi, 12. | Non da con fonder I1ouiebe con la gemma di qaesto nome, x x x v i i , 54. Vedi Alebastrite.

tilope leucoryx.
Oripelargo, x, 3. Vedi Percnottero.

i5j)5

I N D I C E

1596

Orile (gemma), xxxvu, 65. Ornitogale, xxt 6a. | Ornithogalum umbellatum L. Orno, xvi, 3o. | F raxinus ornus L Oro (uatura sua), xxxm, 19 seg. evinto dal piomba siccome pi grave e pi agevole a la vorarsi, xxxm, 19. | Non ceJe Toro al piombo n li peso, n di facilit a lavorarsi. Un piede cubico d 'o ro pesa i 3aG libbre, mentre uo di piombo ne pesa 828 ; o, a meglio dire, come fu comprovato da recenti esperienze, il peto specifico dell'oro 19357. e del piombo u 35a. Quanto poi alla facilit di lavorarsi, tulli ne tanno. Plinio stesso discorda da s medesimo, perch aggiunga pi sotto che nessun altro metallo si pu dilatare pi dell' oro, u di videre in pi minute parti; e dice veristinio. Di fallo i battilori pestando sola uii'oucia di oro la riducono in 2750 foglie di mirabile sot tigliezza ; e se vogliono estenderlo in lungo, possono indorare un filo d'argento della lun ghezza di 1440000 piel ; dal che appare anche quanto sieno pi esercitati i moderni artefici in confronto con quelli del tempo di Plinio. solo l'oro si piglia in massa o in pezzo, ivi, | C<>munem. oro nativo. Di codeste masse d' oro se ne conservano anche oggi uri gazcofilatii del peso di una libbra, o in quel torno; e se ne ricorda una trovala in Perugia che pesava ia chilogrammi. come poco fa avvenne in Dalmazia, xxxm, ai. [ Gl* interpreti slaiiuo in dubbio se questa sia la vera e genuina scrittura dell* autore, e non senza ragione, poich nou punto credibile che ogni giorno si potessero cavare cinquanta libbre di oro da una miniera, sia di Dalmazia, sia della Dacia o Ungheria, come altri vorrebbe leggere. oro Indiano, vi, a3 ; xi, 36. scavalo dai grifi, v i i , a. quando a Roma non fu che poco oro, xxxm, 5. eave doro in Arabia, vi, 3a. in Ispa gna, ni, 4. tutto il paese, cominciando dal Pireneo, pieno di metalli, v, 34- i popoli Dardi hanno gran dovizia d oro, vi, aa. chi trov I' oro e il modo di fonderlo, v ii . 5 7 . 1' oro si porta nelle orecchie, xi, 5o. iiiiesse nelle vesti, viu, 74. si porla ne' piedi, xxxm, 1a. - si stende sul marmo, xxxit, ao. si stende sul legno, xxxv, 17. si purga con lallume, x x x v , 5a. I' oro si fonde con la paglia, xxxm, 3o. sappicca oon la lanterna, zxxiv, 28. si fa oro dell' orpimento, xxxui, aa. d 'oro si coprono i quadri de' palchi, xxxm, 18. danaro d 'o ro , xxxut, i 3. s usa la crisocolla per appiccar l ' oro, xxxm, 39. suggellano con l ' oro, xxxui, 6. oro pulito,, x n , 4. oro tessuto, xxxm, 19.

Orobanche, xvm, 44- I Forse la cuscuta ettropaea L., come piacque ad alcuni. cinomorio, xxiv, 80. | Orobanche ramosa L. Orohetro, xxvi, 3 i. Vedi Ipocisti. Orobili, xxxiu, 37. Ve*li Cadmia. Orpim ento,xxxm , a a ; xxx*, ia . | Arsenico solfurato, solfuro giallo d' arsenico. Orsa, vul, 54. orso, viu, 53 ; x, 83, 93, 94; xi, 8, 48, 93, ioa, io5, 109, 111, n 5 ; xiix, 39. | Ursus arctos L. Ortica, xxi. 55 ; xxu, i 5. | La salvatica, pi mite, la urtica dioica L. : la pi pungente P ur tica urens L. (in mare). x, 68 ; xxxi, 44 i xxxu, 3a, 53. | Quelle che si possono maneg giare sono le medusae L. : quelle che fanno pizzicore si appellano physali : quelle che oon mutano sede, secondo Aristotele, v, i 5, si chia mano actiniae ; e quelle ch e'h an n o la radice puogeule rhizostomae. Ortige, xxi, 61. Vedi Stelefuro. Orligomeira, x, 33. | Rallus crex L. Ortragorisco, xxxu, 9, 53. | T etraodon mola L. Orzo, xvm, 10, i 3 ; xxu, 65. alcune spighe hannu due ordini, alcune pi fino a sei, x*ni, i8 .| Tre specie son qui indicale, ci sono lAordeum distichum L., che ha d u e ordini uella spiga ; I' hordeum sativum L., che ne ha quat tro ; e I' hordeum hexastichum L , che ne ha sei. orzo di topi, x x u ,65. | Q uesta erba della dai Greci fenicea, non la stessa che quella di Dioscoride, 111, 43, ossia il lolium perenne L, ma quella che ancora oggi della hordeum murinum L. Oscini (uccelli), x, 4*<. 46 Osi, xxvii, 89. I Oxalis stricta* oppure oxalis acetosella L. volgarm. alleluia. ossi, giun co, xxi, 69. I Schoenus m ucronatus L. Osiri, x x v i i , 88. | Osyris alba L. Osirite, xxx, 6. | Ovvero cinocefalia, erba magica favolosa. Ossalide, lapalo silvestre, xx, 85. [ R u m ex acetellosa L. Ossicedro, xm, 11. | Juniperus oxycedrus L. Ossifraga, ossifrago, aquila barbata, x, 3, 4-> i xxx, ao. | q>v delta da Aristotele, Stor. Anim. vm, 3 ; ix, 3a. Falco barbatus Gmel. Os*ilapato, xx, 85. | Rum ex acutus L. Ossimirsine, camemirsine, mirto o m ortine silve stre, xv, 7, 3 7 ; xxn, 4 4 ; x x u i, 8 3 1 xxv, 100. | Ruscus aculeatus L. Ossiirifillo, altra specie di trifoglio, xxi, 3o. | Se condo alcuni trifolium italicum , secondo altri psoralea bituminosa L. ma P linio il fa diver to dal miniante o asfalio. Ostracia o ostracite (gemma), xxx v u ,65 .cadmia, xxxiv, aa. Vedi Cadmia. oslracite (pietre).

597
h a n n o s o m i g l i a n z a ili t e s t i , x x x v i , c io , o n ic h e ,
x x x ii,

DELLE COSE NATURALI

i5n8

Si.

o s tra -

46.

Ostri, detto anche ostria, xm, 37. | Carpinus ostrya L. Ostriche, x, 14, ao, 74, 79; x, 87, 90 ; xi, 46, 5a ; xxxti, a i, 53. [ Ostrea edulis L. Oli, x, 33. Vedi Asio. Olia (in mare), xxxu, 53. | Forse le halyotides L. Olide, x , 39, 5o. | Otis tarda L. Olonna, xxvu, 85. | Secondo Sprengel la siesta che la tagetes patula L. ; m a questa ameri cana, non europea. Ozena, x. 48- | Da Eliano, Nalor. Anim. ix, 45, della orpuXosy e da Aristotele, Stor. Anim. v, 1, floXtratta ovvero oo\t( iXtftivn. Ozenitide, x u , a6 . | Sorte di nardo.

P
Pagri, x, a4< I Non lo sparus pagrus , ma, per testimonio di Cuvier, sparus erythrinus L. dello dai Greci anche oggid $ayfof. Paguri, eracleotici, x, 5 i. | Secondo Arisloiele, Slor. Anim. ir, 3 ; e Pari. v, 8, anche xafxt'vot, ma di pi piccola statura. Cancer maenas L. Pala (albero), xu, ia. | Molli la prendono per la musa paradisiaca L. Paliuro, xvi, 53. zura, xxiv, 71. ( Paliurus aculeatus Decand. (della regione Cirenaica), xm , 33. | Rhamnus spina Christi Willd. Palma, xu, 6a ; xm, 9, ai ; xiv, 3, 6, 19; xv, 34 ; xvi, 33, 37, 46, 4& 5 t, 59,81, 89; xxxm. t S i. I Phoenix dactylifera L. Vedi Elate. adipso, xu, 47* Vedi Fenicobalano. del genere degli arbusti (in mare), xiu, 89. | Forse il genere de' lito fi ti. Panace, x u , 57 ; xix, 6a. | Pastinaca opopan a x L. Panace asclepio. xxv, 11. | Laserpitium hirsu tum Lamk. E da notare l ' errore di Plinio, che asserisce come dall1asclepio panace vien lopo p a n a c i mentre si fa dell eraclio. altra spe cie leraclio, xxv, ia. | Pastinaca opopanax L., o laserpitium chironium L. la terza specie il chironio, xxv, i 3. | Laserpitium latifolium L. : alcuni per lo riferiscono alla inula helenium L. la quarta specie il centaurio, farnaceo, xxv, 14. | Plioio ne fa due sorti, P una di foglie pi leggeri, l'altra di pi sottili. Panacea, xx, 61. Vedi Cunila. Paner (gemma), xxx?n, 66.

Pancrazio, xx, 3o. Vedi Indivia. scilla piccola, xxvu, 92. | Forse una sorte di scilla m aritima L. Paner, pansebasto (gemma), xxxvu, 66. Paugonio (gemina), x x x v u , 66. Panico, xvm, 10, a5, 4f)> 66, 7* ; xxm , 63. | Pa nicum miliaceum L. Pansebasto, x x x v i i , 66. | Nel titolo del capo Pederasto. Pantera, v i i , 1 ; vm, 16, a i, a3. 4 ; x , 83 ; xi, 95, 110, 111. | Dui Greci delta v$$a\ts, fe lis pardus L. o fe lis leopardus L. 1 maschi di questa specie erano chiamati pardi. Papavero salivo, bianco, nero, xix, 5 3 ; xx, 76. | Papaver somniferum L., al quale appar tiene l oppio, il meconio, il diacodio, xx, 76. erratico, rea, xix, 53; xx, 77. | Papav. rhoeas L., e secondo Sprengel, s intende an che il papav. dubium, dei salvatichi v una sola specie, il ceratile, xx, 78. Vedi Cera tile. eraclio, afro, le cui foglie vederle di lontano paion passere, xx, 79. | Plinio ingan nato dall' ambiguit della voce erpoe/ta; in Teofrasto, Slor. x, 3 t, intese della passera ci che dovea dell'erba strutio, che serve a im biancare le tele (gypsophyla stru th iu m L .) Alcuni riferiscono il papavero eraclio alla eu phorbia esula L. la terza specie il tilimalo, o paralio, xx, 8. | Euphorbia paralias L. Papiro, v, 8 ; xm, a i, a3, 45 ; xxiv, 5 i. | Cyperus papyrus L. Pappagallo, vi, 35 ; x, 58. 96 ; xi. 48. | 1 India dello sittace : psittacus A lexandri L. Que sto il primo che di tal genere fosse noto agli antichi. Pappo, xxv, 106. Vedi Eriger. Paretonio, xxxm, 37 ; xxxv, ia , 18. Paralio. Vedi Ceratile , Tilimalo. Pardalianche, vm, 4 *- Vedi Aconito. Pardalio (gemma), xxxvu, 73. Pardi, vm, 17, a3, a8 ; x, 94 ; 11, 65. Vedi Pan

tera.
Parra (uccello), xvm, 69. Vedi Enante. Parteni, xxv, 36. Vedi Artemisia. Partenio, xxv, 18. Vedi Linozosti. Partenio, leucanie, aronaco, perdicio, murale, xxr, 5a, 104. I M atricaria parthenium L. Pare che Plinio qui confonda il perdicio o erba mu rale ( Celso, u, 33 ) col partenio. perdicio, elsine, siderite, xxu, 19. erba urceolare, aslerico, xxu, ao. perdicio, erba murale (se condo Celso, loc. cit. ) xxi, 104. | Parietaria officinalis L. Passera ( uccello ), x, 5a, 54 ; xvm, 45 ; xxx, 8, 28, 49. | Fringilla domestica L. e frin g . cisalpina Teram.

I N D I C E Passera ( in n re )vtx, 36; xxxu, 53. | Pleuronectes pia fessa L. Pastinaca (snIt*), xix, 3 7 . | Pastinaca sativa L . ana specie agreste, Io staffilino, ivi. | Daucus mauritunicus L. gallica, dauco, ivi. Vedi Dauco.- ibisco, ivi. Vedi Ibisco. praten se, xxi, 5o. | Secondo alcuni pastinaca sativa L. secondo altri daucus corota L. volgarm.

1600

carotta.
Pastinaca (in mare), ix, 37. 4> 67, 7 ; xxxit, '3, iG, 20, 27 28, 46, 53. | Raja pastinaca L. P a s t r i c c i a n o , xix, 27. differente dalla pastina ca, ivi. Vedi Ibisco. Patria, frutto d' una specie di palma, xm, 9. Paosie, olive, xv, 4 6. Pavone, x, 23, a3, 41, 79, 8 0 ,9 6 ; xi, 44- | Pavo cristatus L. Pe*ntiile gemnnide (gemme), xxxm , 66. Pecora salratica, vut, 37. Vedi Cammellopardali. pecora, vm, 73, 73, 75; xi, 19, 39,45, 79, 81, 97, m . due specie di pecore, 1 una * tetta, r lira colonica, vai, 72. il bere del l'acqua fa le pecore nere, bianche, rosse, n, 106. Pedero, xix, 54. Vedi Cerefoglio. melanfllo, xxn, 34. Vedi Acanto. P edero, antero, gemma di Venere, x x x v n , 4o. | Sorte di aroelislo. principale tra le gemme bianche, sageoo, lenite, xxxvii, 46. | Pare che sieno qui descritte molle sorti di opalo( che in Francia son dette opale iris *, chatoyante , hydrophane. Vedi Opalo. Pegasi, uccelli con capo di cavallo, x, 70. ca valli pennuti, armati di corna, viti, 3o. Pelamide, x, 18, ig.Vedi Tonno. la pi grande ( nel genere delle pelamide) Papoletto, xxxu, 53. tritone, ivi. | Dell' apoletto e del Iritoche sono i tonni pi grandi, si facevano le papardelle. la pelamide piccola si chiamava cordila, ivi. Pelecino, secuririaca, xvm, 44 ! xxvu, 95. | B iserrula pelecinus L. Secondo Clusio, Stor. 11, 336, la coronilla securidaca L. Pello, x, 79. Vedi Ardeola in Ardea. Pelo della terra, xxvi, 83. Vedi Equiseto. Peloride carne, xxxit, 53. Penelope (uccelli), xxxvu, ti . | A nas penelopc L. o anche anas fe rin a L. o anas rufa Gmel. Pennelli, tx, 69 ; xxxt, 47- | Cos si chiamava una specie di spugoa mollissima (spongia officinalis L. ) di cui si facevano pennelli. Pentadattili, xxxu, 53. | Specie di chiocciole. Pentapete, pentafillo, cinquefoglio, xxv, 62. | Se condo alcuni tormentilla erecta L. secondo altri potentilla reptans L. Penlorobo, xxvu, 69. Vedi Peonia. Peonia, gliciside, penlorobo, xxvii,6o. | La fem

mina la paeoniao fficina ls L. il maschio la paeonia corallina. rimedi! che ae oe fanoo, xxv, 10 ; x x t i , 83, 90. Pepe, e albero che lo genera, rt, 26 ; x n, 4 ; xv, 35. | Piper nigrum W illd. albero tii pepe in Italia, iti, 14; x t i , 59. | D aphne thymelaea L. Peperoola. Vedi Piperite. Pepi io o peplo, porcilaca, xx, 81. siee, meco nio a frode, xxvu, g3. | Euphorbia peplis L. Peponi, xix, 33 ; xx, 6. | Cucurbita pepo L. melo peponi, xix, 23. | Cucum is m elo L. vol garm. mellone. Perce, ix, 2^; xxxn, 53. | Son dei genere dei Serrani, volgarm. percia m arina iu molli luoghi d' Italia : perca scriba L. Percide ( in m are), xxxn, 53. | Forse lo stesso pesce rhe le perce nominale urlio sle capo. Percnollero, oripelargo, x, 3. | Non il vultur percnopterus Gmel. bianco, con le prnne delle ali nereggianti, in Egitto nom inalo pollo di Faraone , perch qneslo di grandezza al di sotto di ogni sorte d aquila ; n il vulturful vus Gmel. falsamente appellalo percnollero da Buffon, perch Aristotele, Stor. Anim. ix. 3s, non avrebbe ascritto alle aquile no avvoltoio ; ma piuttosto il falco leucocephaus L. vol garm. aquila dalla testa bianca, siccome tiene il celebre Cuvier. P e r d i c i o , xxi, 63. | Polygonum maritimum, o divaricatum L. murale (erba), xxi, 104. elsine, x x i i , 19, ao. Vedi Partenio. Pericarpo, xxv, 82. | Due ne sono le specie: l'ano ha Ia corleccia rossa, che si crede essere il fio\j3e( ioiifxof di Dioscoride, u, aoo, o il hyacinthus comosus L. : l ' altro simile al papavero nero, cbe il Delecampio prende per Io fioXfios ifttrtxof di Dioscoride, 11, ao t. Per questo bulbo vomitorio, secondo Sprengel, da riferire al pancratium illyricum L-, o al narcissus orientalis L., secondo altri al nar cissus junquilla L. secondo a ltri aueora aliVnithogalus stachyoides Ait. Periclimeno, x x v i i , 94. | Plinio Io appella clymenon nel xxv, 33. lonicera periclym enum L Perileaao (gemma), x x x t i i . 66. Perisio, xxt, io 5. Vedi T ricno . Peristereo, (peristereon), xxv, 59. perisiereo ( perislereos ), xxv, 78. | V erbena officinlis L. Vedi Ierabotane. Perle, x, 54, 55, 56. conchiglie che portano perle, xxxu, 53. | M ytilus m argaritiferas L. britanniche, ix, 57. } I fiumi e i laghi set tentrionali allevano per lo p i la m ya marga ritifera L. la cui durezza o densit, quantun que ceda di assai atte perle orientali, 000

iGox

DELLE COSE NATURALI

i6oa

per senza prezzo, 1* Arabia produce una madreperla simile a un pettine non segato, u , 56. | Forse un specie dello spondylus L. Perae, di specie di conche, xxxit. 55. | mara viglia che Plinio dica come la sfrena e le perne non son nominale <l autore veruno, mentre tulli gli autori Greci trattano delle sfrene, e le perne sono specie delle pinne, assai celebrale da essi. Vedi Pinna. Pernici o stame, vm, (\\ ; x, 5 i, 54 ?3 ; xt, 70, 76, 85, 112. | Tetrao cinereus L. comuiiem. pernice grgia. Forse a* intende anche , la perdix graeca Briss. o la perdix saxatilis Mryer. uccelli nuovi, somiglianti a tordi, x, 69. | Aduino li prese pel tetrao rufus L. co* . rounem. pernice rossa. Pero, xvi, 34* 38, 42 46 5o, 5 i ; xv n , 24, 37. pere (m olto di es>e), xv, 16; xxm, 6a. | P irus domestica L. Perpressa, xxi, 77. Vedi Baccari. Pesca di Peri, xv, 13. albero persico, xm, 17. | Secondo Sprengel cordia m yxa L. secon do altri balanifes aegyptiaca Dolili. pesca, portata di Persia, xv, i 3, 33, 3 4 ; xvi, 4 7 . albero non portato ili Persia, ni-i piantato da Perseo in Ment, xv, >3. peschi alberi fore stieri, xn, 7; xxm, 67. J Amygdalus persica L. Persolata . xxv , 66. 1 Ovvero arcio : arctium lappa L. P etizione di bue, xxvii, 56. | Non gellano che uoa confettura coloro che asseriscono dietro le parole di Plinio esser quest'erba il leonurus cardiaca I. . Petilio, xxi, 25. | Geum rivale L. secondo Spren gel: per Plinio dice che il petilio nasce di autunno. Petroselino, xx, 47. I Apium petroselinum L. Pettine di Venere, x x it, 114- 1 Scandyx pecten V eneris L. Pettini ( in mare), x, 5 i, 52, 68, 74 : xi, 5 i, 112; xxxu, 3a, 53. | Ostrea m axim a L. Pctlunculi, ix, 45 : xxxn, 24, 53. | Plinio nomina petlunciili quelli che da Ateneo, lib. m , e da Dioscoride, 11, 8, son nominati r iW tvat. Peuce, suoi vermicelli, xi. 4 * 1 Dietro Aristotele, * Slor. Anim. v, 18, tltt/xn in questo luogo il pinus pinea L. Peucedano, xxv, 70. | Peucedanum officinoteli. Pezici, uri numero de'funghi, xix, i 4- | Forse la morchella esculenta , come vogliouo alcuni. Piattola o blatta, xxix, 3g. mileco, specie di . .piattola, ivi. | Tenebrio molitor L. odiosa pel fastidio del suo imi odore, ivi. | Tenebrio m ortisagus L. Plinio ivi ricorda le piattole molli, ma siccome non ne d la descrizione, n o n ci pu definire che specie f o r m i n o e a Plimio 1. N., Voi.. 11.

qual genere lieoo da attribuire. nutrita al buio, xi, 34. Picchio Marzio, che cava gli alberi, x, 18, ao, 4 *, 5o ; xxv, 10; xxvii, 60. | Molte specie di picehi si conoscono, il picus m artius , il viridis , il major , il medius, e molti altri che tengono i paesi settentrionali. Picea, fiirioforo, 111, a o ; vi, j 3 ; xv, 9 ; xvi, 18, 19, 38, 5 3 ; xxiv, 19. | Abies excelsa Decand. Piammo, xxvi, 36, 77, 79, 87. | Leonurus m arrubiastrum L. Picnda, xix, 33. Vedi Lattuga. fiorisce tutto l'anno, xxi, 6 5 ; xxu, 3 i. | Secondo alcuni pioris asplenioides, secondo Uri helminthia echioides L. Pietra fuggitiva, xxxvi, a3. eraclio, lidia xxxui, 43. | lo schisio di sclce, utile anche oggi per far prova dell' oro e dell' argento. molare, xxxvi, 3o. | Di questa si facevano le macine. sarcofago, 11, 98 ; xxxvi, 37. | Pare che fosse lo schisto ripieno di parti alcaline. o se si creda che il sole sia pietra, o che in lui fosse mai pietra, 11, 59. | Appena si pu inten dere che la materia del sole sia altro che una mole metallica o lapidea, o in tutte le sue parti, o nelle superficiali infiammata e liquida, n li quida solo, ma forse sciolta in vapori. Gi l'ave va insegnato Anassagora, che il sole non altro che una massa infiammala. nasce nell'erba litosperrao, xx*u, 74. Vedi Litospermo. . quali pesci abbiano una pietra uel capo, ir , 24- la polvere di Pozzuolo immersa subito diventa pietra, xxxv, 47* I Sn varie *o rl* d* cementi, fatti di lesti e di pietre cotte pestale, aggiuntavi calcina che soli' acqua subito si assodano. la pietra sci via sta a galla, u , 106. | V 'ha anche in Francia una specie di selce (quarz nectique), pi leggera dell acqua che da prima galleggia, ma come poi a poco a poco siasi impregnala d' acqua va al fondo. La pietra scivia si riferisce alle pomici, la cui ori* gine vulcanica, e il peso s leggeri, che spesso intorno alle isole dell' Arcipelago stanno in gran numero fluitando. pietre de'm ortai, xxxvi, 43. appartenenti aUa pittura, ivi. notabili nature delle pietre, xxxvi, 25. piog gia di pietre, u, 38. | Pu avvenire che tratte in alto le pietre da qualche tifone ricaschino poscia sulla terra a mo di p i o /ia. Forse anche presso gli antichi al cadere eli grossa gragnuola s' creduto che piovessero p i e t r e : nondimeno le pioggie d i p i e t r e ricordale dagli autori voglionsi attribuire a qualche meteora, Pigargo (aquila), Xj 3. } Secoudo Cuvier e il f a l co fu lm s L., nou, come alcuni vogliono, il falco gallicus Gmel., n il fa lc o albicilla 101

i 6< 3 j

I N D I C E

1604

Gmel. che ora dai Francesi dello pygargue, e che pare piuttosto che fosse P liceto. pigarjti, t i i i , 79. | Molli uccelli del genere delle antilo pes son bianchi nella parte deretana. Pinastro, tibulo, x t i , 17, 33 ; xv, a5 ; x t , 9. | P i nus silvestris L. Pinna, ix, 56, 66. | Pinna nobilis L., volgar mente pinna marina. Plinio la dice perii* nel xxxu, 55. Pinnoflace, pinnotere, x, 66. | Nel guscio del* le pinne, non che d' altri bivalvi, si trovano spesso siccome imprigionati piccoli granchi ; del che ne T e n n e che presso i varii autori si trovauo diverse storielle iutorno alla loro unione. Pinnoteri (granchi), x, 5i. | Dietro Aristotele, Stor. Anim., v, 4. Non i da confondere questo pinnotere con quello che si fa compagno della pinna, di cui tratta Plinio nel ix, 66. Questo senza dubbio il canrer Bern/iardus L., del genere d e' paguri. Ei saole nascondere la sua coda nei gusci univalvi vti. Pino, xvi. 16,17,33,38, 4, 6* XVI,i *8- 1 P i nus pinea L. Piperite, siliquastro, xix, 62; xx, 66. | Capsicurn annuum L. Pira le, pirausta, xi, son nemici il pirale e la tortora, x, 95. Piren (gemma), xxxvii, 73. Piretro, xxvm, 42. | Anthem is pyrethrum L. Pirite (pietre) somiglianti rame, xxxvi, 3o. pirite vive, ivi. | Volpar m. pietra da fu c ile . molare, ivi. Vedi Pietra. Pirite (pemma), xxxvu, 73. Pirosactie, xm , 35. Vedi Camelea. Pirrocorace, x, 68 . | Corvus pyrrhocorax L. Pisello, xvm. 10, 3 i, 33. | Pisum sativum L. Pissacanto (pyxacanthos), xxiv, 77. pissacanta, xxiv, 70. pissacanto ( |>yxncanthum ), x i i , i 5. | Lycium europaeum o barbarum L. Pissaslalto, xxxv, 5 i. Vedi Bitume. Pistacchi, xu, 10; xxm, 78. | Pistacia vera L. Pistana, saetta, xxi, 68. | Sagittaria sagittaefo lia L. Pistolochia, xx, 14* Vedi Ibisco. Pistrice, ix, 2, 3, i 5 ; xxxu 53. | Squalus p ri stis L. Pilio, cipolla, xix, 3o. Pitiocampe, xxm, 3o, 4 \ xxvm, 33 ; xxix, 3o. | Bombyx pityocampa. Pitinsa, xxiv, 2i. | Euphorbia pityusa L. Placiti, xxxiv, 2a. Vedi Cadmia. P lanco, x, 3. Vedi Morfao. Platauisle, x, 17. | Delphinum gangeticum Roxburph , siccome vuole Cuvier che s ' inten da. Ha il rostro e la coda presso che come i

delfini, ma noo passa la lunghezza di quindici cubili. Platano, xu, 3 5 xv, 7 ; x x iv , 29. | Platanus orientalis L. aureo, xxxm , i 5, 47. Platea, x, 56. | Platea leucorodia L . Platicerote, xi, 45* I Cervus dam a L. Vedi

Dama.
Pia ti fi Ilo, xxvi, 44*Vedi T ilim alo. Plistolochia, xxv, 54, 55,90. J A ristolochia pli-

stolochia

\j .

Plistolocia, xx, 84- Vedi Malva. Plozia, xvi, 66. Vedi Canna. Poiemonia, fleleria, chiliodioama, xxv, 28. ] Polemonium caeruleum L. Polia (gemma), xxxvu, 73. Polio rampestre, maggiore, xxi, 21, 84. | Teu crium polium L. minore, salvatici, leutrio, ivi. ] Teutrium montanum L. La foglia del polio, secondo Plinio, bianca la mattina, purpurea a mezzod, cerulea al tram onto ; ma questo si avvera nel tripolio, non net polio, secondo Dioscoride, v, i 35. Vedi Tripolio. Poliacanto, xxi. 56. | Circium spinosissimum Decand. dietro al Delecampio. Poliantemo, xxvn, 88. ] Secondo Dioscoride, 111, 108 : mentha cervina L. Poligala, xxvn, 96. | Polygala am ara, o vulga

ris L.
Poligonato, xxvn, 91. Vedi P oligono . ischia, xxn, 18. Vedi Leucacanta. poligoouidc, xxiv, 90. Vedi Clematide. Poligono, xxvi, 90. poligono maachio, sangui naria, poligonato, calligono, Icntalida, carnetro, cleraa, mirtopetalo, x x v n , g . J Polygo num m aritimum L., secondo alcuni polyg. aviculare L Potrebbe forse essere io stesso che la proserpinaca, di cui Plinio nel xxvu, 104. femmina, ivi. Molti stimano che imb sia differente dal poligono oreo, che poco pii sotto ricordato, polygonunt incanum L. Al coni lo riferiscono all* hippurin vulgarem L, dietro Uioacoride, v, 5, perocch P au lo r greco dice che pianta acquosa, m entre Plinio ebe montana, forse perch nel suo esemplare lewe fttov o fcivvy e non ei?aor. la terza spe cie il salvatico, ivi. | Ephedra distackya L Poligramroo, xxxvu, 37. Vedi Iaspide. Polipodio, Alicula, xxvi, 37, 66, 75. | Polypodium vulgare L. quale (erba) si chiama po* li podio, xvi, 92. | Forse la stessa che la prima. Polirrizo, xvu, io3. | Alcuoi credono che sia uoa stessa pianta con Paristolochia pistolochia L che si cognomina polirrizo, xxv, 54 ; ma que sta nou ha foglie di murtine. polirrizo, xxv, a i. Vedi Elleboro.

6o5 Politrice,
xxt,

DELLE COSE NATURALI

1606

83. politrico, x x x , 3u. Vedi Adianto . politrico (gemma), xxxvu. 73. Politone (gemma), x x x t i i , j 3. Polpo, ix, 1 4 , 35. 3 7 , 7 4 ; x, 9 0 ; xi, 4 9 , 7 8 , 8 8 , io ti; x x x i i , 5, 4 2 , 53 . specie dei polpi, x , 44* | Sepia octopodia L Dl mutilo o pom pilo e ozeoa fa detto altrove. Vedi Nautilo, Ozena. Noteremo solo con brevit ohe i polpi uoii hanao coda, non che l ' abbiano a due punte; n hanno la cannella ntlla schiena, ma nella parte aoteriore del corpo ; n mutano gi colore a somiglianza dei luoghi, ecc. a Carleia un polpo era avvezzo a uscir del mare, ecc., ix, 48. | Questa asserzione sarebbe gi get tata tra le favole, se i popoli della Norvegia oon mettessero in campo il loro kraken , polpo anch'esso, ma di tale grandezza, che spesso pare un' isola galleggiante uel mare. Ma gi questa non meno favola, quantunque Denis de Monlfort spacci una mollitudine di argo menti per darla per verit. Pomo. Vedi Melo. Pompilo, x, 47. | Argonautaargoh.V tili Nau tilo. tonni delti pompili, xx, 20; xxxu, 54. | Il vero pompilo degli antichi che so le T a accompaguare le nari e annunziare )a vicinanza della terra fu il gasterotteus ductor L. : ma pot forse a a tal nome essere imposto ad altri pesci che fnuo il medesimo. Vedine Eliano, Natur. Anim., 11, i 5 j Oppiano, Alieni., 1, 188. Ponfolige, x x x i t , 33, 34- | Dioscoride e Galeno raccontano che la ponfolige si fa in due modi, o della materia del rame fusa nella fornace, la c u i f jT l l a si attacca alle pareli in bianchissima polvere sommamente leggera; o della sola cadmia soffiala T ia a f o r z a di maniaco. La parte leggera e tenue della materia che si a l t a c c a T a al sofiillo si raccoglier in una volta a ci fab bricata, e questa era la ponfolige ; quel tanto che per tuo peso c a d e T a nel pavimento d ic e T a s i spodo o spodio. Alenai per stimano che non a ia molto differente la tuthia officinarum dalla cadmia fattizia degli antichi, n la specie della ponfolige, da Dioscoride ricordala, da quella che si nomina fio r di zinco , ecc. Porcellana (porcilaca), detta anche pepli, xx, 81 ; xxui, 74* | Molti stimano che qui sia confusa euphorbia peplis L. con la portulaca olera cea L, porcellana (portulaca), xix, 53. | P or tulaca oleracea L. Porcello marino, i x , 17. | Delphinusphocaena L. Porco, il m a g g i o r pesce che si i r o T i , xxxu, 9. Vedi Ortragorisco. lordi porci, x t i u , 88. Vedi Porca. Porco cingiate, t i i i , 78 ; x x t i u , 60. cornane, x x t i u , 60. ( di esso ) , t u i , 9 ; x , 83, 9 3 , 9 5 ;

xi, 11, 3o , 60, 61, 6 4 , 79, 82, 8 4 , 85, 95, i o 5, 110; 1 15 ; xm, 9, 3 2 ; x t , 25 ; xvi, 8 . | Sus scropha L. Porfido pietra, x x x t i , 19. | Credesi essere quella sorte di marmo che chiamasi rouge antique dai Francesi. Alcuni lo appellano leplosefo, o porporite. Porfirione, x, 63. | Fulica porphyrio L. por tinone assai pi nobile, x, 69. Poro pietra, x x x t i , 9, 28. Porporina ( sorte di colore ), x x x t , 12, 26, 57. Porro xix, 33 ; xx, 21, 32. | A llium porrum L. Polaraogeto, x x t i , 33. | Potamogeton natans L. Castore descrive qn*sta erba d ultra roa. ni era, t . | Potamogeton pusillus L. Potamucide, x x i t , 102. | Ovvero talassegla. Forse una specie della datura. Poterio, x x t , 76. Vedi Frinio. Poto, xxi, 3g. | Secondo alcuni lychnis chalcedonica L., T o l g a m i , croce di Gerusalemme ; tecoudo altri jasm inum fruticans L. Prannione o morione (gemma), x x x t i i , 63. Pratio, xx, 67. Vedi Oniti. linostrofo, x i, 89. Vedi Marrobio. eraclio, xx, 69. Vedi

Origano.
Prasio (gemma), x x t i i , 34. Prason, zostera, xiu, 48. Vedi Fico (in mare). Presame della terra, xxvu, 43. | Serapia abor tiva L. secondo alcuni. Prestere (serpente), xxxu, 17. Priste (animai in mare), x x x i i , 53. Vedi P i

strice.
Proibitola (uccello), x, 17. Vedi Clivia. Proserpinaca, x x t i i , 104. | Polygonum m artimum, o aviculare L. Vedi Poligono. Protomedia, x x i t , 102. Vedi Esliatoride. Prugnolo, xxm, 56. Vedi Susino. Psetla. Vedi Psitta. Pseudancusa, xxu, 24. Vedi Ancusa. Pseudobunio, x x i t , 96. | Pimpinella tenuis Sieber. Pseudocipero, xxxiv, 35. falto cipiro, xvu, 30. | Pianta dubbia, cbe per non estere da Plinio descritta non si sa a qual genere attri buire. Pseudoditlamo, condri, xxv, 53. | M arrubium pseudictamnus L. P seu d o n a rd o , x i i , 26. | A llium victoriale L. Pseudosfece, xxx, Ho.
Pseu-losmeral-lo, o sm eraldo falso, x x x v u , 19. P sicotrofo, x x v , 4 6 . Vedi tetto nica .

Psillio, appellalo cinoide, crislallio, si< elico, cinomiia, xxv, 90. | Plantago psyllium L. Psimraizio, x x x i t , 54- Vedi Biacca. Psilta, x, 24. | Non il pleuronectes m axim us L. come molti hanao credulo, ma, per parere di

1607

I N D I C E

1608

C utter, il pleuron rhombus L. Vedine Ari* itotele, Stor. Anim., 1*, 37. Pieri, xxvu, 55. Vedi Felce. Plernica, x ii, 57. | Acarna cancellata Willd. secondo alcuni non nitro che il gambo del catto. Ptiadi. aspidi, xxvm, 18 ; xxxi, 33. Pulce, xxn, 12 ; xxv, 90 ; xxx, 25. | P ulex irri tans L. Paleggio, xix, 47 *x, 54. | Mentha pulegium L. Pulmoni (m arini), ix, 71; xxxu, 3a, 36, 46, 56. | Medusa pulmo Gmel.

Q
Quercia, xvi, 6, 8, 5* , 56, 79. | Quercus race mosa Lamk. latifogli, xvi, 8. | Quercus platyphylla Decand. non perde mai U fo glia, xvi, 33. | Forse Ia quercus ilex L.

R
x x t i i , io 5. | Nnn ta centaurea rhaponticn , che nelle Alpi dell' Elvezia e dell' Ilalia proviene, ma il rheum rhaponticum L. il f o (itor di Dioscoride, 111, 2. Radicota, strutio, xxiv, 58. | Gypsophla struthium L. Plinio la nomina erba lanaria nel

Racoma,

Rame, ritrovato la prima volta in Calci le, ir , 21. rame coronario, xxxm, 46. figura delle pecore e de buoi nelle monete di ram e, ititi, 3. sorti di rame, xxxiv, 2. differente e misture, xxxiv, ao. fior del ram e, pani del rame,scaglia del rame, st>m om a,xxxiv, 24*5. tempera, xxxiv, 19. chi insegn a fon dere il rame, v i i , 57. Servio re fu I! primo che coni moneta, xxxm, i 3. Aristonida mescol il ferro al rame, xxxiv, 4- artefici che acquislaron nome per iscoliure in rame, xxxiv, 19. rame nei metalli di C o rin to, x, 65 ; xxxiv, 3, 18. rame Deliaco, E ginetico, xxxiv, 4, 5. mescolasi il rame nella moneta falsa, xxxut, 46. Ramerino, libinolo, xix, G2 ; xxiv, 59. J Rosma rinus officnalis L. Rana, vm, 8 3 ; x, 4* 65, 7, 76, 80, i l i . | Ne sono molti* orti, gi note ai moder ni, ci tono, rana sculenta , rana temporaria L. vana cultrpes Cur. ecc. verdi, chopiii*, caiamite, x x tii, 24; montano sugli a l b e r i , xxxti, 29. | Rana arborea L. rabeta letN fri no dai Greci, vm , 48 ; x i, 19, 76, 1 /6 ; xxxii, 18. | Molli vogliono che s ' inleoda la rana bufo L. o la bombino Gmel , n U cala* mta , ecc. marine, x, 74. Vedi Rana pe

sca tr ice.
Rana pescatrice, x, 67. | Lophius piscatorias L. mirabile P arte con che quest animateti* trae a s la preda. Plinio nel x x x u , 53, l 'ap pella bai race. Ranno, si nomina dai Greci, xxiv, 76. | Due sorte le specie del ranno, secondo Teofrasto, Stor. in, 17. il bianco, che, secondo Sprengel, il zizyphus vulgaris Willd., e il nero, che forse il rhamnus lycioides L. Due specie ne ri corda anche Dioscoride, 1, 119, oltre il zhyphus vulgaris: l'uno pi bianco,che il rha mnus infectorius L., l ' altro pi nero, che il rhamnus saxatilis L. Ranunculo, batrachio, strumea, xxv, 109. tfoa sorte ve n ha di foglie pi grasse. | Ranuncu lus seguieri L. secondo Sprengel. secondo altri ranunc. asiaticus L. un1altra sorte pi foglioso, ivi. | Ranunc. philonotis Reti; Vedi Apiastro. il terzo piccolissimo, iti. | Ranunc. repens o ranunc. muricatus L. il quarto ha il fior candido, ivi. | Lacteo nel latino da leggere, come noi abbiano impresso, dietro Dioscoride, it, 206. Alenai leggouo luteo. Ranunc . aconitifblius L. * ranunc. aquatilis L. Rapa, xix, 26. ( domestico ), x n , 25 ; xvm, 34. [ Brassica rapa L., ma pare che a* abbia da intendere anche la brassica oleracea L ,

xxiv, 104. Rafano o ravano salvalico, ravanos agria, xxvi, 46. Vedi Appio ischias. del rafano i Greci fanno tre sorti, xix, 26. | Cos secondo Tenfaasto, Stor. vu. 4 ma Plinio non avverti che presso gli Attici il nome faQctvof risponde al latino brassica. Laonde lultoci che qui dice da ascrivere al cavolo, non al rafano pro priamente detto. i nostri n' hanno fatto altre sorti, ivi. | Raphanus sativus L. una norie il salvalico, ivi. Vedi Armoracia. in Egit to celebre il rafano per I abbondanza che d di olio, ivi. | Anche oggi in Egitto si coltiva il raphanus sativus L., nonch la brassica na pus L., del seme dei quali si fa olio che a quelle genti gratissimo. Ragion, xxix, 27. | Specie di falangio. Ragnatele, ragni, nemici alle api, xi, 21. | vivono di succiare, x, g3. natura loro, xi, 28 ; xxix, 27. i pi piccoli, che chiamano lupi, non tessono, x i, 28. J Aranea lupus L. Questi yanno in caccia delle mosche correndo o ai tando lor dietro : fanno una tela solo per in volgervi le uova che traggono sempreneco. musergoolo, viu, 83. | Vedi Jopo. Ragliatelo (marino), ix, 72. | Jrachinus draco L.

1609

DELLE COSE N AR RA LI

id io

non che la brassica napobrassica L. rapa salvatica, xvm, 34 ; xx, 10. | Brassica asperifo lia Dee. Alcaui intendono il 'raphanus raphanistrum L., ma 1 torlo. 1 Ripeio, xxvn, 'a. Vedi Leontpetalo. Rasoio ( pesce ). x x x i i , 5. ] Molli intendono la coryphaena novacula L., volgarmente rasoio

del Mediterraneo.
Ranche, vermini che nascono nella radice Iella quercia, xvn, 3o. | Lezio ite ilnbhia nel latino : forse la sostituire erucae. Raza, x, 4i 67. | 5 intendono te rate che la Linneo appellanti clavata , rubus , batis. si accoppiano la ragia e la squatina, da cui nasce, ecc., tx, 74. | Credevano gli antichi, ma a torlo, che la m ia r/iinobatush., nascesse dalla coppia Iella raia ba fish., con lo squalus squatina L. Rea nominala d ii Greci, xix, 53. Vedi Papavero. Remora, x x x i i , i.'Ve.li Echeneide. Reseda','x x v i i ; toG. | Rieda alba Linn. Ressi, xxu, a5. Vedi Ancusa. Rin, squalo, squatina, ix/74 ; xxxu, 53. | Squa lus squatina L. (squalus angelus Dum.). Vedi

R ata.
Rinoceronte, vi, 34, 3 5 ; vm, 29; x u , i 5 ; xviii, 1. | Rhinoceros indicus L. Rinochisia, xxvir, 37. Vedi 'Ancusa. Riso, x v i i i , i 3. | Oryta sativa L. Rohhi, xxiv, 56. Vedi Eritrodano. Rohiglia o ruviglia, x v i i i , 10, 38. | Ervum er vilia L. Rodite (gemma), xxxvu, 7!. Hododafne, rododendro, xxiv, 53. Vedi Nerio, rododendro (nel Ponto), xxi, 45. | Rhododendrum ponticum L. Plinio Io appella aegolethron nel xxi, 4<* Rodora, xxiv, 11 a. | Spirata ulmaria h i Rombo, ix, ao, 36, 79 ; x x x i i , 3a, 53. | Pleuronecles maximus L. ascosto muove fuori le penne, x, 67. | Intendevi la psitla dei Grci, non il rombo dei Romani. Vedi Psitta. Romice, xix, 60. Vedi Lapto. Rondine, v ui,4 <, 8a; x, 3^ ,35, 36; xi, 19, 55,"79; xxix, 38. costruisce il nido col fango, ecc. x, 49* | Hirundo rustica L. altra specie, ivi. | Hirundo urbica L. o hirundo apush. terza specie, ivi. | Hirundo riparia L. (con la chelidonia) restituiscono la vista agli occhi de loro fgliuolini nel nido, xxv, 5o. | Questa favola fu gi confutala da Celso, vi, 6. Aristo tele, Gener. v, 6, ne d la causa defP errore, dove'raccoola che le rondini, se son feriti o cavati loro gli occhi, li rimettono di nuovo, per finch sono ancora nel farli, non gi quando tono uscite del nido con gli tocchi per fetti e compiuti. ofecono la primavera, it,

74- | Qn> pirla Plinio delle sanguisughe, e adoper hirundines in cambio di hirudines, se per la lezione non corrotta. Rondine (in m are), x , 4 3 ; x i, 94; xxxn, 53. | Non P exocoetus volitans L., che non ha spina alcuna, ma la trigla volitans L., da schivarsi con assai attenzione, per gli aculei eh1essa ha, siccome bene avverte Oppiano, Alieut. 11, 456. Ropalo, xxv, 37. Vedi fffinfea. Rosa, xxi, 18, a5, 38, 39, 4< 64, 73. | Plinio an N novera molte specie o variet di rose nel xxi, 10 ; ci sono la rosa che nasce nel rovo, o rosa canina L., la rota di ceniofoglie, che appellasi pur rosa centifolia L., la prenestiua, la miletia, la trachi nia, o rosa gallica L., la cirenaica, forse rosa damascena L., la campana, o rosa alba Decand. la spineola, rosa myriacantha Dee. la rosa raosceulo, che U alcea rosa L., la licnitla, o gttea, che fa una siesta con U ticnidaVJi Dioscoride, 111, n 4* agrostemma coronaria L., ecc. medicine che se ne fanno, xxt, 73. vioo delle tue foglie, xiv, 19. rosai, xvm, 65. Rovo, dove nasce la rosa, xxiv, 74. fa rosa qoet rogo o rovo che si chiama cinosbato, x u , 71. | Rosa canina L. fa more, xv, 37 ; xv'r, 71.) Rubus fruticosus, o tomentosus, o 'co< rylifotius L. ' ideo, xvi, 71 ; xxiv, 75. | Ru bus idaeus L. Rubelilo (pesce), xxxu, 49 Vedi Eritino. R ub ela ra n a , vm, 48. Vedi Rana. Rubigine, mal delle biade, x v i i i , 69. Vedi Car

bonchio.
Rubrica, o lerra rossa, xxxm, 3 8 ; xxxv, fa, 14. | E una lerra argillacea rendota pi toda da selce e da allume, e tirante al colore del ferro: i Greci la dicevano miston. Ruchetta, euzomo, xix, 53 ; xx, 49- | Brassica eruca L. Rue. Vedi Rus. Rufio, viti, a8. Vedi Canto. Ruggine (aerugo), xxv, 19; xxxm, 19, 29. si fa in pi m odi, xxxiv, 36. | Dii Francesi della verdet, vert-de-gris , oxide%sous carbonate, sous-deutactate de cuivre. al tra specie di ruggine, xxxiv, a8. ruggine (rubigo) nou ha I* oro, xxxm, 19. ruggine del ferro, xxu, 46 ; xxxiv, 41, 45Rumpotino, xiv, 3 ; xxiv, u . | A cer opaltts campestre L. Ruole ( in mare ), ix, 3 ; xxxu, 53. | Qui si parla delle medusae L., ma la loro grandezza co munemente esagerata. Rupicapra, vm, 79; x i,45; xxvm, 62; | Antilope rupicapra L.

i6ii

I NDI C E
Salpa, x, Sa, 74 ; x, 89 ; xxxu, 53. | Sparus salpa L. Salvia, elelisfacn, xxu, 71. | Salvia officinali* L. Vedi E lelisfico. simile al verbasm , xx, 17. | Alcuni fan questa salvia una s o la pisola col verbasco selvatico, della terza s|-cie, x x t , 73, o blattarin, xxv, 60, la qnale la phlomitis lychnis L., secondo Sprengel, o il verba scum phlomoides L., secondo altri. Sambuco, xv, 18, 39, 3 4 ; xvz, 34. 4 ** 53, 71, 73, 73 ; xxiv, 35. | Sambucus n ig ra L. ha, olire la sua, nna specie pi sai va tii-, elio, camealte, xxiv, 35. ebulo, xvu, 6. | Sambucus ebulus L. Samia (lerra), xxxv, 53. ( Plinio ne fa due sorti, 1' una collirio, P altra asler. te rra argillosa, come I* eretria, la chia, la ciroolia, 1 leaaia, l'arm ena, ecc., le quali meacolate fra s o con selce e altri minerali si usano anche nggidi moltissimo in varie arti, ma poco o nulla ia medicina. Samolo, xxiv, 63. | Secondo Sprengel il samolus Valerandi L., secondo altri 1 erysimut* barbarea I*., secoodo altri ancora la veronica beccabunga L. Sandalo, xvui, 11. Vedi Brace. Sandaraca, xxxiv, 5 5 ; xxxv, ia , aa. | Fu chi dis se che la saudaraca degli am ichi ugg pi uou si conosce, ma a torto. Essa il nostro zolfo rosso d'arsenic. Sandareso (gemina), sandasel, sandaslro, g a ra n ti tile, xxxvu, a8. | Credesi per alcnui che questa gemma sia ci che volgarmente si noma ven-

Ras siriaco, eritro, itu , 13 ; xxit, 54 55. | Rhus coriaria L. cespuglio coriario, u i r , 54* | Coriaria myrtifolia L. Rusco, xxt, 5o, i o o . { Ruscus aculeatus L. Pli nio lo appella ossimirsine nel xxm, 83. Ruta, vm, 41 ; xiv, 19; xix, 3;, 45 ; xxi, #; *x, 5 t. | Ruta graveolens L.

Sacondio, xxxvu, 4- I Specie d'aroetisto d'iodi*. Sacopenio, xix, 5a ; xx, ?5. | Ovvero sagapeuo. Sprengel dabita che possa essere Iferu la per sica L II sacopenio che Plinio dice nascere io Italia, xx, 75, e negli orti, xix, 52, Delecampio crede non essere altro che il sugo della ferula

communis.
Sacrio, xxxvu, 11. Vedi Ambra. Saetta, pistana, xxi, 68. | Sagittaria sagittaefo lia L. calamo buono a far saette, x ti, 66. Vedi Canna. Sagapeno, xx, 7G. Vedi Sacopenio. Sagda ( gemma ), xxxvu, G7. Sageno, xxxvu, 46. | borie di (opalo) pederote. Salammidr, x, 86, 87 ; xi, 116; xxix, a3 ; xxxu, 4< | Salamandra maculosa Laur. Si conosce anche la salam. atra l*aur. che vive nelle Alpi, e la salam. perspicillata Sav. Salcio perdiseme, xvi, 46. | I' tr i a \t<rixa^rof di Omero, Odisi. x, 5 10. molle sorte di salici : fan pertiche la sostenere le vili, xvi, 67. annerino, x m , 69. | Salix alba L. producono verghe buone a legare per la loro flessibilit, xvi, 68. salcio elice, xv^Gq, | Salix helix L. fanno vermene sottilissime per fare tessuti, xvi, 68. | Salix amygdalina o vi minalis L. salcio greco rosso, vimineo, por porino, gallico, xvi, 69. | Salix monandra , che la salix purpurea di Linn. oilelino, ivi. | Salix vitellina L. nero, ivi. | Forse il salix incana. Sale ( natura del tale, generi, uso ), xxxi, 38. (medicine che se ne fanno ), xxxi, 45. fatti zio, xxxi, 39. nativo, xxxi, 37. | Comunem. idroclorato di soda, sai marino , ecc. sali ne, xxxi, 39, 46. Salicastro, xxiu, i 5. | Solanum dulcamara L. Saliitario lupo, xxi, 5o. ( Humulus lupus L. Saliunca, xxi, 19, 20, 83. | Secondo Sprengel la valeriana saliunca All. affiue alia valer,

turina.
Sandice, xxxv, 1a, a3, 26. | Si faceva di rubrica e di sandaraca : fu adunque una specie di colore, uon la cos letta*erba tin to ria , quaulunque molti dal verso di Virgilio : u Sponte sua sandyx pascentes vestiet agnos,* vogliano mettere a pari la sandice con Periirodaoo, o ruta tinctorum L. Sangeno, o sageno,xxxvu, aa. | Sorte di ( o p ti> ) pederote. Sauguale (uccello), x , 8. [ Pollo dell*ossifraga prima che faccia bianca la coda. Vedi Jtnmas-

sulo.
Sanguigna ( gemma ), xxxvu, 64. Sanguinaria, xxvu, 91. Vedi Poligono. Sanguisuga, xxxu, 4 .H irudo m edicinalis L. Santerna, xxxm, 39 ; xxxiv, a8. | Specie di cri socolla. Santoreggia, timbra, xix, 3a. 5o. \ Ovvero cumla domestica : satureja thym bra L . Sa pino, xvi) 76. Vedi Abete.

celtica.
Salmone d acqua dolce, x, 3a. | Salmo salari., il quale entra nei fiumi della Francia aozi del* T Europa settentrionale.

6*3

DELLE COSE NATURALI

1614

Sappio, i v i , a3. | Forse una srte di pino. Sarcite ( gemma ), xxxvu, 67. Sarcocolla, xm , ao. | Penea 'mucronata L. medicine che se oe fanno, xxiv, 78. Sarcofago, 11, 98. Vedi Pietra. Sarda, xxxii, 53. | Del genere delle pelamide. Sardacate, xxxvu, 54- Vedi Agata. Sardonica, sardonico, xxxvu, a, a3, 75. Sargo ( pesce ), x, 3o, 74 ; xxxu, 53. | Sparus sargus L. Sari, xm, 45. | Cyperus fa stigiatus Lina. Sassi trago, xxn, 3o. Vedi Adianto. Sasso, xxxv, 57. | Specie di creta. Saliri, v, 8 ; vi, 35 ; tu , a ; vm, 80 ; x, 93. | verisimile che (1 norue sia stato imposto a qualche sciroia di grande statura, specialmente perch questi animali sono assai libidinosi, e proclivi estremamente alle lor femmine. Vedi

Sfinge.
Salirio, 6a. | Orchis pyramidalis o papi con foglie ili giglio rosso, x x t i , 63. J Forse I orchis biflia L. Come potesse e<ser riferita alla tulipa suaveolens Sprengel lice li non sapere. altra specie, eritraico, ivi. | Erythronium dens canis L. Saurile ( gemma ), x x x v i i , 67. Sauro ( pesce ), xxxu, a8. | Nel xxxu, 53, Plinio Mimovera Ira i pesci specie di lucertole. Savina e r b a , x , 78 ; x t i , 33 ; x v u , a i ; x x i v , 61. | Juniperus sabina L. Vedi Brati. Scalogne o ascalogne, xix, 3a. | Specie di cipolle. Scamonea ( scammonea ), x x t , a a . scamonea (scammonia), x x t i , 58. scamonea (scammomum), x x t i , 38. | Convolvulus scammonea h. scamonea sottile, xxiv, 89. Vedi Clematide. Scali dice, x x i i , 38. | Secondo Sprengel scandix cerefolium L. secondo altri seandix pecten V eneris L. scandice da alcuni detto trago* pogo, xxi, 5a. | Tragopogon crocifolius L. Scarafaggio piccolo, cantarella, xvm, 44- Vedi Cantarella. scarafaggio dell' erifa, xxiv, io 3. sorti di scarafaggi, xi, 34. vollolan grandi pallottole di stereo, ivi. { AteuchuS p i lularius Fabr. altri cavano i focolari e i prati, e di noi le ronzano con mollo strepito, ivi. j Gryllus campestris e gryllus domesti cus I., nonch gryllotalpa L. grandi e lu cidi, ivi. | Alconi inlendono Io scarabaeus nasicornis L. altri Io scarab. melolontha L. o anche Io scarab. auratus L. ch il vero me lolonte dui Greci. parte dell1 Egitto adora per dei gli scarafaggi, xxx, 3o. | AteuchuS sa cer Oliv. o ateuchus Aegyptiorum Latr. la terza specie si chiama fullone, ivi. | Melo lontha fu llo Fabr. scarafaggi terra|nuoli che si chiamano lori, xxx, ia .
x x t i,

lionacea L.

Sceri te ( gemma ), xxxvu, 79. Scaro (pesce), x, *9,61 ; xxxu, 5, 53. | Secondo Cuvier lo scarus creticus Aldrov. Pese. p. 8 : da Aristotele, Stor. Anhn., 11,17; viti, 17, detto merice, perch falsamente si credeva che ruminasse. Scettro, xu, 5a. Vedi Aspalto. Schisto ( pietra ), xxxm, a5 ; xxxvi, 37. ema tite, xxxvi, 38. Schiuma d1 argento, xxxm, 35. Vedi Argento. Sciadeo ( pesce ), xxxu, 53. Sciena, ix, 34 ; xxxu, 34, 53. | Sciaena nigra L. volgarmente corvo di mare. Scilla ( pesce ), xxxu, 53. Scilla (specie di cipolle), xx, 3g ; xxi, 66. | Scilla m aritima L. scilU piccola. Vedi Pancratio. Scinco ( scinco* ), viii, 3 8 ; xxvm, 3o. scinco (scinco*), xxxu, 16. | Lacerta scincus Merrem. Dagli Arabi detto ouaran eI hard. Lo scin cus officinarum L. diverso affatto dal primo. Scilale, xxxii, 19. | Sorex araneus L. comune* mente museragno. Scitica (erba), xxvn, 1. scitica (scythice), xxv, 43 ; xxvi, 87. | G lycirrhiza asperrima L. Sciuri, tiii, 58 ; 99. | Sciurus vulgaris L. Scolecia, xxxiv, aH. | Specie di ruggine. scolecio, xxiv, 4. | Sorte ili granello del leccio. Scolopendre terrestri, xxii, 3o. | Scolopendra morsitans e forjicata L. marine, x, 67; xxxu, a8, 47i 53. | Sono specie delle Nereidi maggiori. Scolimo, xxi, 5 6 ; xxii, 43. 1 Ovvero limonia: scolf mus maculatut o scolymus Hispani cus L. Scopa regia, xxi, i 5, xxv, 19. | Chenopodiutn scoparium L. Scope (uccelli), x, 70. | Dietro Aristotele, Stor. Anim. x, a8 : strixpasserina e strix scopsh. Scorda iti (albero), xu, 19. | Albero sconosciuto ai moderni. Scordio, scordoli, xxv, 37. | Secondo Sprengel nepeta scordotis L., secondo altri stachys palaestina L. mi1lira specie con foglie pi larghe, ivi. | Teucrium scorodonia L. Scoria del ram e, xxxiv, 24. dell'argento, xxxm, 35. del piombo, xxxtv, 5 i. Scorpena,xxxn,53. | Specie della scorpaena Car. Scorpione terrestre, viii, 43, 84 ; x, 98 ; xi, 3o, 6a, 115. | Scorpio europaeus L. si possono anche io tendere lo scorpius tunetanus o I1occitanus. marino, xx, 53. Scorpione (erba), xxi, 54. | spartium scorpius ' L. seme a somiglianza di coda di scorpione, xxn, 17. J Scorpiurus sulcata L. trago, xm , 37; xxii, 17; xx? 11, 116. | Saisola tra

x i,

gus L.

I NDI CE,
Scorpione, la aleani chiamato T aconito, xxvu, a. Vedi Aconito. al coi t o c c o muoiono gli scorpioni, xxv, 7S. Vedi Te tifano. Scorpi le (gemma), xxxvu, 79. Seorpiuro, incocco, xxu, 39. Vedi Eliotropio. Securidaca, xvm, 44* Vedi Pelecino Sedo o digilello, x tiii, 45> Vedi A'uoo. | Nella
. v e rs io n e noo ai tro v a
xxt,

1616

raira L. secondo il Delecampio. ha H fre nello amaro e la foglia minore, ivi. | Astraga lus sesameus L. reseda canescens L. o aa* che passerina hirsuta L. o polygalaejvlia ; ma per tanta variet di opinioni non si pw
statuire onlla di certo. Sesele (sile), xx, 18. | Seseli elatum L., ovvero, come aleoni voglinn, seseli tortuosum L. Seseli, vui,-5o; x x t , 5a. | Seseli elatum L. Sicelico, xxv, 90. Vedi Psillio. Siderio, xxv, i 5. Vedi E raclio. Sfaco, xxu, 7 1 . Vedi Elelisfaco. Vedi Sfagno. Sfagoo, xit, 5o ; xxiv, 1 7 . | o b rio n , o sfaeo, spe cie della usnea, dell' alectoria. Sfinge ( sphiagino ), vt, 34, 35 ; x, g3. sfinge (sphinx), vm, 3o. { La sfinge, com e il satiro, fa del genere delle eeimie, secoodo a n c h e I*opi nione di Filostorgio, Slor. Kcdes., m , 11. La descrizione d i questa sfinge c o n T i e n e ottima mente alla sim ia troglodita L ma per la trop pa brevit pu conveuire eaiandio a d altre specie. Sfirana o sfrena (pesce), xxxu, 55. ( Forse Vesox sphyruena L. del mare M editerraneo. Sgombro, x, 19; xxxi, 4 3 ;x x x n v5 3 . | Scomber sco m i rus L. Sice, xxvu, 93. Vedi Peplio. Sicite (gemma), x x x v i i . 53. sicite (vino), xrv, 19. Sicelico, xxv. 90. Vedi Psillio. Sideri, xx, i 5. Vedi Eraclio. Siderite, xxxvu, i 5. | Specie di diamante. Siderite ( gemma), xxxvu, 6 7 . o rile (gemma), xxxvu, 65. Siderite (erba), xxu, 19. Vedi E lsine. panar? eraeleo, xxv, 19. Vedi A chilleo ha il fru bo quadro con cime di m arrobio, ivi. | S fa* chys heracleaL. di tristo odore ivi. \ Phellandriutn mutellina L. con la foglia ili feloe, ivi. | Sanguisorba officinali s L. *re*ndo Spretigli ; secoodo altri scrophularia lu* cida. di foglie larghissiioe, *. Vedi Scope

p erch

c a su a lm e n te

om e sso : b e n vedesi n el Irato la tin o . sed o m a g o o , o d ig ite llo ,

io a.

Segala, xvm, 3g, 4- | Secale cereale L. Seghe (peacij. xxxu. 53. Vedi Priste o P ittrice. Selagioe, xxiv, 62. | Lycopodium telago L. Selenite (gemma), xxxvu, 67. | Non gem m a, ma la pielra delta saltalo di calce cristallizzato. ScJeucidi ( uccelli ), x, 3g. | S'iuteudono forse i . tu rdi rosei%L. volgano, merli rosei che , vengouo a stormi, e vanno in ca<cia degl'insetti. Seme, sorte di grauo che coti si chiama, xvm, 55. Vedi Farro. Semaio, teomhrozio, xxiv, m a. | Erba magica favolosa. Semprevivo, xxv, ioa. Vedi A itoo. Senape, xx, 87. api, tap'i, saurion, xix, 54- | Plimo ite ha tre specie, uno sottile, che il sinapis alba L., l'a ltro simile alle foglie delle rape, ed il sinapis nigra L., il terzo simile alla ruchetta, sinapis erucoides ( Senecio, eriger, acanlide, xxv, 106. | Senecio Jacobaea L. Sepa, calridice (lucertola), x x ix , 3a ; x x x i i , 17. | Lacerta cialcides L. detta da tri' (taluni cicigna. millepiedi, xx, ao. Vedi Millepiedi. Seppia, x, ao, 44, 45. 48, 49, 74; xi, 78, 87, 108; xxxu. 53. { Sepia officinalis I*. Serapia, xxvi, 62. Vedi Orchi. Seri, xx, 3a. | Cichorium endivia L. ambula, xx. 39. Vedi Cicoria. Scricato, xu, 45. Vedi Gabalio. Sermollino. Vedi Serpillo. Serpe, serpente, lungo centoventi piedi, t u i , 14. | Pare che fosse del genere dei pythones. (dei serpanti), 11, 6 3 ; v, 6 ; vi, 34 ; vu, 1, a, 3, 5, 5a ; viu, 19, 35, 63, 84 ; x, 36, 39 ; x, 3o, 4.., 74, 8a, 90, ga, 93, 96; xi, 3o, 45, 6a, 94, 115. Vedi Dragone. Serpillo, aermollioo, xx, 90. | Domestico, th y mus serpyllum L. salvalico thymus zygis L. dietro Dioscoride, 111, 46.' Serratula, oestro, xxv, 46. Vedi te tto n ica . Serlula campana, xxi, 29. Vedi Meliloto. Sesamo, o seama, xvm, 10, aa; xxu, 64- | Sesa mo orientale L. sesamo salvatico, xv, 7. Vedi Cici. .Sesamoide, aoticirico, xxii, 64- | Reseda m editerranea, secondo Sprengel ; daphnes turton-

regia.
Sidempecilo (gemma), x x x v i i , 6 7 . Silao, xxvi. 59. | Peucedanum silaus L. Silaro, xri. 3 i ; x x i t , 44* I Saiijc capraea o fitellina L. Alcuno il riferisce ali' evonymus earopaeus L. Sile (sorte di colore), xxxm , 56, 57. | Sorte di ocra, idrossido di ferro . Silfio, xix, i 5. Vedi Laserptzio. Silibo, xxu, 4a ; x x t i , a5. | Secoodo alcuoi car duus marianus L. secondo altri sonchms p-' lustris L. Silicia, xxiv, 130. Siliquastro, xix, 6 a. Vedi P ip e rite . Siluro, ix, i 5, 1 7 , a x x x i i , 5 3 . I Silurus gl*

r6 i 7

DELLE COSE NATURALI

1618

nis L. delio in Germania >ttels. Forte di specie


affine a quello son qoelti ebe si trovano nel Nilo, nel Meandro, ecc. Sinfilo, xiv, 19. Vedi Elenio. ~ petreo,-xxvi, 90. Vedi Alo. S ito , x x m , 109. | Credesi che ' abbia a leggere nel latino sison, secondo Dioscoride, ni, 64, ehe il ssoa attimi L. Sinechile {gemma), xxxvii, 7. Sinodoali (pesci), xxxvn, 67. | Forse lo sparus dentese L. ma non senza gran dubbio. Sinodontite (gemma), xxxvu, 67. Sinofile (gemma), xxxvu, 59. Sinopia, xxxm, 39 ; xxxv, ia , i 3, 3a. J Sorte di colore. Sio, xxii, 41. | Sium angustifolium L. ovvero . sium batifolium L., come-alenai amano me glio. Sirene, iu, i3 ; x, 70. | Uccelli favolosi. (fuchi giovani), xi, 16. Siri, iride saivatiea, x u , 83. | Iris foetidissi ma L. Siringa, xvi, 66. Vedi Canna. Siringite (gemma), xxxvu, 67. Sisero, xix, 28 ; xx, 17. | Sium sisarum L. Sisimbrio, simile al nasturzio, xx* 91. | Sisym brium nasturtium L. timbreo, ivi. | Men tha sik>tstris L. o mentha hirsuta Dee. Sisiriochio, xix, 3o. | Iris sisyrinchion L. Sisiro, xi, 15. Vedi Tetralice. Sii tace, x, 58. Vedi Pappagallo. SiUacori, xxxvu, 11. | Alberi che portano l elet tro : ora non si conoscono. Smaride, xxxn, 53. | Del genere delle murene. Vedi Mena. Smeraldo, xxxvn, 16. | Quelli della Scizia e della Battriana, che son nobilissimi, vengono da alcuno riferiti a quella gemma che volgar'. mente si titola smeraldo di Siberia. sme raldo galattile, xxxvii, 59. Smergo, x , 48; *1, 7 9 . mangia gH escre menti degli altri uccelli, *, 65. | A torto si crede che ci faccia il larus parasiticus L. Smilace, xvi, 63 ; xxiv, 49. | Sm ilax aspera L. volgano, salsaperiglia <f Europa. un* altra specie ama i luoghi coltivali, xxiv, 49. | T/tiAag Xfia Dioscor. v, 145 : convolvolus sepium L. tasso (albero) detto smilace dai Greci, xvi, ao. lecci detti smilaci da alcuni Greci, xvi, 8. | Ci dagli Arcadi, per testimonio di Teofrasto, Stor. in, 17. Salmasio erede che sia, non una specie di leccio, ma il tasso (taxUs baccata L.), e con lui sente Sprengel, perch il lasso che prima dicevasi fiTXof o <rp\os, fu poi nominato eptXentof. Smirnio, xvu, 129. | Smyrnium perfoliatum L.

olusatro, xix, 48, 62. | Smyrnium olusa trum L. Sroiro, xxxu, 53. Vedi Miro. Soglia (pesce), x, ao, 24, 36 ; xxxu, 53. | Pleuronectet sole a L. .. Solano, stricno, x x v n , 108. | Solanum ni grum L. Soleue, aulo, dattilo, donace,onice, xi, 5a ; xxxu, 53. Vedi Dattilo. Solponga ( salpuga nell' Andaluzia, solipuga presso Cicerone ), xxix, 29. paese ri ma so disabitato per le aolpunghe, vm, 43. | Diodoro Siculo, lib .iu ; Slrabone, lib. xvi; Eliano, Nat. Anim. xvn, 4 ascrivono le solpunghe al ge nere dei ragni, e dicono le stesse cose di Plinio. Queslo autore per nel xxix, 29, le ascrive alle formiche, anzi fa simile alle formiche anche il falangio mirmecio, xxix, 37; e ricorda ivi pure il tetragante, che in Eliano, loc. cit. nome di codeste solpunghe: laonde appare che sieno uno stesso animale col phalangium araneoides Pali, o con la solpuga fa ta lis Fab. o cerio eon qualche specie di questi generi. Vedi Fa

langio.
Sonco, il bianco e il nero, xxu, 44* I Sonchus oleraceus L. Sorbo, xv, ia ; xvi, 37, 38, 72, 83 ; xvn, i 4> > sorbe xv, a3 ; xxm, 73. | Sorbus domestica L. sorte di sorba che si chiama torminale, xv, a3. | Sorbus torminalis Lamk. Alcuni pialtosto il riferiscono al mespilus azarolus Lamk. Sorcio, Vedi Topo. Sori, xxxiv, 3o. Vedi Calcite. Sparagio o asparago (di cui delicatissima^ la cara), xix, 4 9* | Asparagus ttficinalis ! spara gio salvatico dello dai Greci ormeno o miacanto, xtx, 4>; xx, 43. | Asparagus tenuifolius L. corroda, sparagio pi incollo e men gustoso, xix, 42. asparago affatto spina, xxi, 54. | Asparagus apJtylius L. Gallico, xxi, 5o. Vedi Bati. sparagii della vite nera (brionia), xxxm, 17* Sparganio, xxv, 63. | Sparganium ramosum L. Sparo, xxxu, 53. | Del genere degli spari Linn. Sparto, xix, 7. | Stipa tenacissima L. i Greci chiamano sparto la ginestra, xxiv, 40. | Geni sta juncea Lamk. Spartopolio (gemma), xxxvu, 73. Sparviere, x, 33, 5a, 75, 79. triorche, x, 9, 95,96. | Falco buteo Linn. il quale eredevano gli antichi che avesse tre testicoli. sedici sorti di sparvieri, x, 9. | Aristotele, Stor. Anim. x, 36, ne 61 solo dieci srti. Plinio delle'-sei oltre queste dieci non cita che i soli nomi. Spale, xu, 62. Vedi Elate.

1619

INDICE

- tf ia

Steli ( sorta di tsco ), x ti, g3. Vedi Fisco. Speculare pietra, o pietra da spoeechi, pietra lucida, o pielra trasparente, h i , 4 i 5 6 ; xxi, { Stelle (io mare), x, 71, 86. | Del genere dello asteriae di Linneo. 47 ; x x x t i , 45, 59. I Comunemente solfalo di Stergetro, x x t , ioa. Vedi Aiuto . calce cristallizzato, selenite trasparente. Sterpi e alberi ( in mare ), xm , 48. { Si voglio S p^da o spelta, x t i i i , i i , 19, ao. | Triticum no intendere alonne specie di fu c i e di lithe? spelta L. arioca, xxn, 57. phyti. Spina Egizia che fa gomma, xm, 19; x x i t , Stibio, stimi, xxxin, 33. | OTTero alabastro, o 67. | Mimosa nilotica o arabica Pers. ap larbaso. Molte sorti si conoscono di stibio (ampendice, x x i t , 70. | Berberis vulgaris L. timonio), cio il n a t T o , che si trova di rada; spina o pruno del paese Ariano, xn, 18. | M i il crudo ( solfato d* antimonio), che si trota mosa latronum Pers. Spipa fullouia, o dei di spesso, eco. purghi, x t i , g a ; x x i t , 6 8 . f Dipsacus fu llo num L . Gallica, x t i , 3o. | Cratacgus oxya- Stimi. Vedi Stibio. cantha L. in Galazia, x x i t , 67. | Forse il StinfaUde ( uccelli ), xi, 44* I Specie d i ardea, o di cicogna, secondo alcuni. prunus spinosa L. spina d India, di cui si Stomoma, x x x i t , a 5. fa la medicina detta Kcion, xn, i 5. | Mimosa catechu Pers. erba che nasce sopra la spi Storace, xu, 40, 5 ; xxrr, i5. | S ty ra x offici nale L. na regia, xm, $6. | Cassytafilifbrmis L. spina detta siziente, xm, 5o. | Mimosa seyal Stornelli, x, 35 ; x m , 45. | Slumus vulgaris L Stramba ( ulta ), xti, i ; xvu, 6 ; xxi, 68. | Allo Delill. Spinturnice, z, 17. Vedi Incendiario uccellit. scirpo, alla saetta, e ad altre piente aeqnereoae i Latini darano il nome di ulva. Spirea, xxi, 39. | Spirata saticifolia L. Stratiote, x x i t , i o 5 . | Pistia straiiotes L. Spodio del piombo (spodium), x x x i t , 5a. spo Stricno, xxi, io 5. Vedi T ricno; xxvu, 44. Vedi dio (spodos), x x x i t , 33, 34 Vedi Ponfolige. Calic. Spendile, x x t i i , 118. | Plinio la dice specie d i serpe ; ma forse piuttosto un insetto. Strigi, xi, 95. | Alcuni intendono ona speae di striges L. Spondilio, xn, 5 8 ; x x i t , 16. | Heraclium spon dylium L. T o l g a r m e n t e brancorsina. Strobo, albero strobo, xu, 37, 4-1 Fune del Spongite (gemma), x x x t i i , 67. genere dei coniferi. Strombo, xxxu, 39, 39, 46, 53. | Genere di uniSpongo, xx, 7. Vedi Zucca. v a N i. Spugne, 11,69; xxxi, 47. | Spongia officinalis L. Plinio- ne numera molte sorti, tragos, ma Strumea, xxv, 109. Vedi Ranunculo. straaa, x x t i i , 44. Vedi Culico. non, achilleo, di cui si fanno i pennelli, ecc. Strutee (mele), xv, io. Vedi Melo. le peggiori son quelle che si chiamano aplisie, Strutio, radicula, erba lanaria, xix, 18$ x x i t , t . I Vedi Aplisie spugne. Squalo, x, 40, 70. | Del genere degli squali 104. | Gypsophila stru tkiu m L. Linn. Sirutopode (donne in India con le piante pieeeSquatina, squato, ix, 74; xxxn, 53. Vedi Rina. lissime ), vii, a. Squilla (pesce), x, 66. Vedi Pinnofilace. squil Struzzolo, x, 73 ; xi, 47, 56 ; xxxi, x. | Strutio camelus L. le, x, 74; xi, 55. Stachie ( erba ), x x i t , 8 6 . | Stachys germani Sube, x, 17. | Uccello non conosciuto. ca Lion. Subuloui, xi, 45 ; x x t i u , 53, 67. | O d gaaera dei c e r T i. Stafi, xxm, i 3. Vedi Astafida, Stafilino, xix, 37. Vedi Pastinaca , Sudi*, xxxn, 54. Vedi Sfirena. Stafilodendro, x t i , 37. | Staphylea pinnata L. Susino, x t i , 4a ; xxiu, 66. | Prunus domestica. Stagno, xxxm, 3o, 45 ; x x x i t , 47? 4&-1 Vedi Cas L. susine, xm, 10; x t , ia , i 3, >7, 33 ; xxin, sitero, Piombo. 66. salratiche, xxm, 68. \ Prunus insititia. Starna. Vedi Pernice . npeesusina dal susino annestato al u o c c ^ x t , Steatite (gemma), x x x t i i , 71. 12. j S inganna chi crede che siasi mai potata Stebe, feo, fleo, xxi, 54; xxu, i 3, | P-oterium annestare il susino al noce, perch apparten spinosum L. gono a famiglie afiatto diverse, Slecade, x x t i , % ; x x t u , 107. | Lavandula stot - 4htvero, xyi, 33. ) chas L. Stefano di Alessandro, x t, 39. Vedi Alloro ales sandrino. Stelefaro, xxi, 6 i. | Secale villosum L..

DELLE COSE NATURALI xxiv, 18. | Pistacia terebinthus L. ragia di esso, xiv, a 5. Terionorca, xxnr, ioa. | Erba magica favolosa. altra diversa dalla magica, xxv, 65. | Forte una specie dell' epilobium. Tesio, xxi, 6 7; xxn, 3 i. | Thesium linophyU lum L. a detta di Sprengel. Testnggine, xi, 34. testuggini, vi, a4, a8; vm, 41 ; x, 6 ,1 4 ,8 3 ; xi, 57, 68, 73, 8o, 81, 83,89, g4 ; x x x i i , 14. di tanta grandezza, ecc. ( nel mar d ' ndia), ix, ia. J Iperbole de' viaggiato ri. Si crede che sieno significate le testudines, myda e imbricata L. (marine) con larghe corna congiunte, ma mobili, ivi. | Plinio prese per corna i piedi anteriori, che nelle testuggini di mare son per verit molto lunghi,, sottili e acuti. Chersine, ivi. | Ovverameote terre stri, nei deserti dell' Africa. Molte specie noi conosciamo di testuggini europee; delle ter restri la testudo graeca L. ( fra le Chersinae Merrero.), e ( fra le emydes Br., che vivono in acqua dolce) la testudo orbicularis L. e il tryoniches aegyptiacum Geofir. il qoale fran ge e inanuca le uova de' coccodrilli ; e delle marine la testudo caretta Gmel. e la testudo coriacea L. ecc. Tetea, xxxu, 3o, 3i, 53. | Del genere delle ascidiae di Linneo. T etragante, x x ix , 37. Vedi F alangio , Sols

T
lYfrno, assillo, xi, 34 38 43 ; xxx, Bo. | Taba nus bovinus L. Taglio del Tetro, x x x t i , 66. per fare 1 taglio 1 qoali specie di ferro si mescolino, xxxiv, 41* Talassegle. Vedi PotamUcide. Talilrao, x x t i i , n a . | Thalictrum minus L. Talpa, vm, 43, 83 ; x, 6, 83 z, 33 ; xi, 5a ; xxx, 7. | Talpa europaea L. Cuvier trov oegli Apeonioi una talpa affatto cieca, e la nomin talpa cacca. Olivier trova la talpa degli anti' chi Greci estere il mus typhlus di Pali. Tamarice, o lamarige, xm, 3 y ; xxnr, 4 > t marige (tamarix), xvi, 33, 38, 45,6 1 . 1 Tama rix gallica L. Taminia nva, xxm, i 3. Vedi B rionia. tanno, xxi, 5o. | Tamnus communis L. Tano, xxxvn, 19. | Alcuni danno questa gemma per la francese euclase ; altri per la pidote. Taoi (gemma) xxxvn, 72. Tapsia, xm , 4^- | Secondo Sprengel la thapsia asclepium L. secondo altri la thapsia villosa , o garganica Willd. Tarando, vm, 5a. | Corvus tarandus L. Tarli, xi, 1 ;xvi, 80. | Teredo navalis L. con sumano la cera, xi, a i. { Forse la galena cereana o alvearia Fabr. Taro, xn, 44* I Excaecaria agallochum L. Tassa, xxxn, 53. | Alcuni interpretano esser la

punga.
Tetralice, xi, i 5 ; xxi, 56. | Erica tetralix L. Tetraoni, x, 39. | Tetrao tetrix L. nn 'altra specie eccede la grandezza degli avvoltoi, ivi. | Tetrao urogallus L. Tettigometra, tettigonia, xi, 3a. Vedi Cicale. Teucria, xxv, 55. teucrio con rami d'issopo^ xxv, a o .} Teucrium lucidum L. ermionio, ivi. | Asplenium ceterach L. Teutalida, x x v i i , 91. Vedi Polgono. teulrio, xxi, a i. Vedi Polio. Ti, tio, albero del cedro, xm, 3o. | Thya articulata Desfont. Tbuli, xvi, 17. Vedi Pinastro. Tieldoni (cavalli), v m ,67. Tife, xvm, ao. | Secondo alcuni secale cereale L. secondo altri festuca flu ita n s L. Tifio, xxi, 39. | Lavandula spica L. Tiglio, xvi, 35, 36, 55, 76; xvu, 37; xvm, 68. | Tilia europaca L. Tignuole o tarli, viu, 74. | Specie delle tineae Fabr. Vedi Tarlo. tignuole (tineae), xx, 73; x x v n , 38 ; x xv iu, 6. | Specie delle tineae Fabr. tignuole degl' interiori, xx, 33 ; xxi, 83. | Della classe degli entotoi. rodonp i semi dei fichi, xvn, 44* contro le tignuolo il pino resiste saldissimo, x ti, 81.

clupea aiosa L.
Tasso (albero), xvi, ao, 33. | T axus baccata L.

Vedi Smilace.
Tasso animale. Vedi Meli. Teamede pietra, x x x t i , a5. { Si crede che non sia altro se non la pietra magnete. Vedi Ma

gnete.
Teangelida. xxiv, ioa. ] Erba magica favolosa. Tecolito (gamma), xxxvn, 68. Teda propriamente delta, xvi, 19. | Pinus mu glio Mi. Tefria, xxxvu, 11. | Specie del marmo ofite. T efrite (gemma) xxxvu, 68. Telefio, xxvii, 110. | Sedum telephium o sedum

anacampseros L.
Teli, xxiv, iao. Vedi Fien greco. Telifono, xxv, 75; xxvn, a. Vedi Aconito. Teligono, xxvi, g . Vedi Jrrenogono. . T elipteri, xxvn, 55. Vedi Felce. T elirrizo (gemma), xxxvn, 68. T eom brotio. Vedi Semnio. T eram o, xvm, 44* Vedi Aferamo. Terebinto) xn, ia ; xvi, *3, 3o, 33, 4? 76, 84 ;

iOaS

I N D I C E

1624

Tigre, vi, *3, 24; vm, 5, 23, 2 5 ; x m . j Felis tigris L. Timbra, conila, santoreggia, xix, So. ( Satureia thymbra L. Tiroelea, xm , 35. Vedi Camelea. Timo, xxi, 3 i, 89. | Thymus vulgaris L. e thy mus tfg is L. Tino, alloro salvatico,xv, 3 9; xvu, i t . | Vibur num tinus L. Tinnnnculo, x, 53. Vedi Cencride. Tisselio, xxv, 90. f Scrittura dubbia. Titimalo, x x t i , 39, 4 * 5 80. erba lattaria, lattuga caprina ; molte specie di esso e prima la caracia, xxvi, 39. | Euphorbia eharacias L. rairsioile, cariite, x l v i , 40. | Euphorbia m yrsinites L. paralio, titimalo (lithyraalis), x x n , 4 . | Euphorbia paralias L. Vedi P a pavero. elioscopio, xxvu, 4- | Euphorbia Celioscopia L. ciparisiia, xxvi, 43. | Euphorbiacyparissias L. platifillo, corimbi te, araigdalile, xxvt, 44- ( Euphorbia platyphyllos L. dendroide, cobin, leptofillo, xxvi, 45. ( Euphorbia dendroides Linn. appio ischias, ravauos agria, xxvi, 4^- | Euphorbia apios L. Tlaspo, xxvii, 113. | Thlaspi campestre L. napi persico, ivi. j Lunaria annua L. Topazio ( gemma ), vi, 34 ; xxx v i i , Sa. | Plinio ne fa dna specie : il praioide, che alcani credono essere lo stesso che il crisolito, o il peridote dei moderni (in Francia chrisnlithe 00 pririot orieotal ) ; e il crisoptero, che alcuni credono esser la gemma detta dai Francesi corindon

jaun&tre.
Topo (sorex), vm, 83; x. 9 6 ; xi, 5o, 1x1. Vedi

Topo che abita le case.


Topo che abita le case (mas), vm, 82. | Mus m u sculus L. campestri, che guastano le ricotte, X, 85. } pure presso di noi questa peste, e chiamasi sorcio campagnuolo, mus arvalis L. Alpini, v iti 55 ; x, 85. ( Mus alpinus L. comanera, marmotta. di Egitto, che ha il pelo duro come il riccio, x, 85. | M us cahirinus Geoffr. volgarm. sorcio del Cairo. in Egitto cammina su due piedi, vm, 55 ; x, 85. | Vuoisi intendere senza dubbio quello che da Linneo appellasi mus sagitta e jacu lum. Pontico, bianco, vm, 55. | Ad alcuni viene ad essere il medesimo che la mustela erminea L., ma questo non si asconde il verno. Forse piuttosto da intendere il mus citillus L. o anche il mus bobac L., bench n l ' uno ne l altro bianco. museragnolo ( mus araneus ), vm, 83 ; xxix, 27. | Sorex araneus L. m a r i n o , n , 35, 76; xxxu, 53. | Delecampio, e molti altri dopo esso, opi

nano che sia Ia testudo coriacea L in o .: al tri che il tetraodon lineatus L in n ., detto dai Greci moderni Jlasco sparo , e forte non a torto. Topo marino senza denti, che in luogo di essi ha la bocca, la lingua e il palato dentro pUoso di setole (musculus), xi, 63. | Dietro Aristotele, m , 1, Plioio interpreta m asculum il {*v*ri~ x*rM*,o, oome hanno alcuni libri, ftOi ro xwt**, di Aristotele, loc. cit. che la balaena muscu lus L. ( non la balaena m ysticetus L. come al tri pensa) ; nondimeno nel lib. x, 86 ,000 {bade il musculus con quel pesciolino che dagli an tichi credevasi la gtii da lei cetacei, detto da Linneo gasterosteus ductor. innanzi a ima ruina i topi se ne vanno, vi u, 4. | M ures mu sculi L. topolini dopo 1 mondazione del * Nilo, ix, 84. | Mera favola. acquatici. 1 , 1 106. | Forse il mus amphibius L. come voole Arduino. (erba) che muglia gli orecchi dei topi, xxvii, 8. Vedi Miosota. Tordilio, xx, 87. lordilo, xxiv, 117. ( Tordylium officinale L. Tordo (uccello), x, 3o, 35, 36, 4s, ^9i 69; xvx, 93. | Turdus musicus L. <(pesce), x, 2$ xxxu, 53. ) Del genere dei la b ri L. Tormiuale, xv, 23. Vedi Sorbo. Toro, vm , 7 0 ; x, 83 ; xi, 1, 75, 9 0 . | Bos taurus L. salvatico, tAi, 3o. ( Pare cbe sia descritto qui il rhinoceros bicornis L. secondo le Use narrazioni dei viaggiatori aalichi.Vedi Eale. (occello), x, 57. ( Alcuni eoo l appoggio del Bellonio, v, 4 credono he sia l ardea stel laris L. ; ma questa non si pu dire piccolo uccello. (scarafaggio terrestre), xxx, ia. | Al* cuui vogliono che sia cosi cognominato il cer vus Lucanus L. per le sue cornicine ; aia Plinio il nomina pidocohio di terra, e dice cha scava la terra ; il che meglio si conviene a qual che insetto, animali di mare col capo di bue, xx, 3. Vedi Asino. Torpedine, 24, 4* 67, 74, 7 5 ; xxxn, 2, 3i, 32, 33, 46, 47' & [ Raia torpedo L. Tortora, vm, 4 ' i x* 35, 36, 52, 74, 79, 9S, 96. ( Columba tu rtu r L. Trachinia (erba), xxvu, 114. f E rba incognito, da Plinio non deiscritta. Tragacaule, xm , 36; xx vi, 87. | A stragalus cre ticus L. Tragetfo (animale simile al cervo), vm , 5o, Vedi

x ,

Cervo.
Tragio, xm , 3 6 ; xxvn, i t 5 . f Pianta dnbbia: forse, secondo Sprengel, 1* hypericum hirci

num L.
Tragopana, x, 70. f Penelope sa tyra Gmel. e meleagris satyrus Lalb.

s6a5

DfcLLE COSE NATURALI

i 6 afc

Tn(fopogo,ome, x x m , ty . | Tragopogon ero intorno i T rito ni e le Nereide non ponto cifolius L. Da Plinio confuso con lo aoandiee, T e r o : allora olteoeTa fede solo per la frode d i xxi, 5a. chi pubblicamente metter in Teduta questi T ra ger gano, x x , 68. | Thymus trgorigasimulati mostri, o asseriva di averli T e d o t i ; num L. cosa che non riusc nuova neppure ai nostri Tragos (tragos) erba, x x t u , 116. | Salsola tra giorni. gus L. Ptfnio la ehiama soorpio nel xm, 87 ; Triasagioe, xxtv, 80. Vedi Camedrie. trin i, x x n , 17. trago (traguaa), xvm, 1 6, 90. | For* xv, 7. Vedi Cici. ae ona sorte di triticum spelta L. trago Trochilo re degli occelli, xv, 7. | Uccelletto dir (pe*ce)s xxxii, 54. riviera che purga la bocca del crocodillo. Noq Treroentaio, x x i t , a5. tinta da calzolaio, pare che fosse la motacilla regulus L. x x x i t , 37} inchiostro da ealxolai, x x x i t , 3a. Trossali, xxx, 16. | Insetto del genere delle lo? coste. Vedi Calcanto. inchiostro di seppia, ix, le seppia in cambio di sangue han* Tubere, o nocepersico, x t , 14 xvu, 14. | Dubi tasi se sia del genere delle mele. no inchiostro, x i , a. ) 11 sangue delle seppie lucido e tira al-ceruleo: il loro inchiostro Tubero, ovvero tartufo, xix, 11, i 3. | Tuber ci barium L. tubero di terra, xxv, 67. Vedi non ehe on liquore appartenente agli escrmenti. Ciclamino. Tursioui, ix, 11. 1 Parecchi li credono i delphini Tribolo, che non nasce se non ne1 luoghi pala* dosi, xxi, 58. | Trapm natans Linn. l uno tursiones L. ; ma siccome tengooo molto delle cagnuole nel muso, voglionsi piuttoato riferire ha la foglie come la cicerchia, 1 altro appun * agli squali L. ; e certo t ' ha degli squali che tate, iri. ( Tribulus terrestris t/agonia ere tica L. dagli antichi autori non son fatti differenti punto dai delfni. Vedi Delfino. Tricno, stricno, xxi, Jo5. | Solanum nigrum Tussilagine, x x t i , 16. Vedi Cameleuce. L. callio, alicacabo, vescicaria, ivi. | Physalis alkekengi L. doricnk, entro, manico, neurida, peri sso, ivi. | Sotammm insanum L. secondo Sprengel : secondo altri solanum vil u losum L. P altra specie si chiama alicacabo, m oli, m orio, ivi. | Physalis somnifera L. Ugna (in mare), ix, 5 i. Vedi Dattili. Quello stricno, che Plinio dice essere piacente cibo, preso da alcnni per lo strychnQn me- Ulice, sterpo simile al raraerino, xxxm , a i, longena L. 4 i. | Alcuni il credono P ulex europaeusL. ma questo non simile al raraerino. Tricocco, xxu, 39. Vedi Eliotropio. Ulivi d India sterili, x i i , 14- Vedi Olivo. Tricomane, x x i i , 3o ; xxvu, xxx. | A splenium Ulofono, xu, ai. Vedi Cameleone. trichomanes L. Ulpico, xix, 34. | Sorte di allium sativum L. Tricro (gemma), xxxvn, 68. Trifoglio, xxx, 3o, 88. miniante, asfaltio, xxi, Unione, perla, x, 55, 56, 58. Vedi Perle. 3o. | Psor alea bituminosa L. osaitrifllo, Uranoscopo, xxxn, 24* Vedi Callionimo. Urceolare erba, xxu, ao. Vedi Elsine. ivi. | Forse il trifolium italicum L. mi D a Uri, viti, i 5 ; xi, 4 5 ; xvm, 1 ; xxviu, 45. | Pli tissimo, ivi. I Forse la medieago polymorpha nio nel lib. vm, i 5, fa differenza tra bisonti e L. ottima erba nel prato il trifoglio, xvai, uri, e diede perci causa che uomini dotti cer 67. | Trifolium pratense , rubens, repens L. cassero nelP Europa settentrionale queste due secondo che pare. diverse specie. Forse al tempo di Plinio esiste Triglie, x, ao, 74. | Pare indicala la clupea fin ta vano realmente greggi di uri e di buoi salva C u t . che entra nei fiumi. tichi, dei quali in T a r ii luoghi si trovano pur Triglite (gemma), xxxvn, 73. oggi le ossa ; ma certo che oggid oon ne ri Trioflalmo (gemma), xxx vii, 71. mane che u n a specie, la quale in Germania Triorco o triorche, x, 9. Vedi Sparviere. detta aurochs. Vedi Bisonti. TripoKo, xxvi, aa. | Sprenpel il creda la plum bago europaea Linn. altri Yastera tripolium Uva taminia, xxm, i 3. Vedi Taminia. in mare, ix, 1 ; xxxu, 53. ] Son le u o T a della JeLinn. pia oficinalis L. agglomerate in guisa di uva. Tritale, x x t , ioa. Vedi Aizoo. Tri tote, xxxu, 53. | Pesce del genere delle pela mide. tritoni, nomini marini, nereide, 4; xxxu, 53. | Tnlloei che spacciava l'antichit

x ,

INDICA
si trova n nel latino, s a d 1italiano. Tedi Clorionte. Visco, steli, iefar, xvi, 93. | V iscum album L. drioa iefar, ivi. I Lorantim s europaeus Jacq. Vile, xiv, a ; xvu, 3 5 ; xxm , 3. | V itis vini fe r a L.
Vile alba, arapeloleuce, cedrasti, archezosti, nu do, ofiostafilo, psilotro, xxm , 16. | Secoodo Sprengel bryonia dioica L. secoodo altri bryo nia alba L. e bryonia dioica L . vite ales sandrina, tiv , 4. | Forse V arbutus uva urti L. come alcuni estimano. selvatica, divena dalla labrusca, xvi, 77. | Clem atis viticella L. (in mare), xm, 49* Vitello, x, 83. Vedi Bue. (marino), n o , 4& Vedi Foca. Vitice, agnon, ligon, x x i t , 38. | P ite x agmis castus L. Volpi, vm, 4*i 83 ; *193 9$, 9 6 ; xi, 70,10$ 111. | Canis vulpes L.(marine), x ,61. | Squa lus vulpes L.

V
Vacinii, x n , 3 i. | Secondo alconi delphiniam Ajacis L secondo altri vaccinium myrtiU lu sL .
Valeri aquila, x, i t i . Veccia (vici*), xvm, io, 37, 4 t, 44, 49, 6 i, 67. 1 Vicia sativa L. Vela, biada cos chiamata dai Greci, xxit, 75. Vedi Erisim o. Venerie, x, 5a ; xxxn, 53. | Specie di conche. Veratro, xxv, a t. Vedi Elleboro. Verbasco, flomo, x x t , 73 ; x x t i , i 5 . bianco, che si crede il maschio, ivi. | Verbascum t ha psus L. nero, femmina, ivi. | Verbascum sinuatum L. il terzo nelle s e lT e , ivi. | Se condo alcuni phlomis lycknitis L. secondo altri verbascum phlomoides L. Verbena, t i i i , 5 ; xv, 36 ; xxn, 3. | Verbena of ficinali* L. Verbenaca, x x t , 59. Vedi Jera-

botane.
Verrai di sotterra, tx, 83 ; xvm, 88. | Lumbricus terrestris L. che si chiamanp rauche, xvu, 3o. verrai verdi con due branche, lunghi sessanta braccia, tx, 17. Vermicello ( nel cocco ), xxiv, 4- Termicello nel labbro di Venere, xxv, 108. vermicelli nel capo del ragno, xxix, 37. nel capo lei cervo, xi, 49- vermicello dei fichi, xi, 4 -* che diventavano tafani, xxx, 3o. vermicelli generati dalle mosche, x. 87. Verrucaria, xx, 39. Vedi Eliotropio. Vescicaria, xxi, io 5. Vedi Tricno. Vescie (nel numero dei funghi), xix, i 4* dette dai Greci pezici, ivi. Vespe, xi, 19, a3, 24, 116. | Vespa vulgaris L. Vetlonica, cestro, psicotrofo, serratula, xxv, 46. | Betonica officinalis L. Vilucchio, xxt, 11. | Convolvulus sepium L. fiore d* erba simile al giglio bianco. Vincapervinca, xxi, 39, 99. | Ovvero caroedafne : vinca major e minor. Alcuni la riferiscono al ruscus racemosus L. Viola, xxi, 14, 18, aa, 38, 4i 7 6 . viole pur puree, ia, xxi, 14. ] Viola odorata L. gialle, ivi. | Cheiranthus cheiri L. secondo alconi viola tricolor L. bianche, ivi. | Cheiran thus incanus L. Vipera, vin, 5q ; x, >5 ; x, 82 ; xi, 62 ,84 ; xxix, a i. | Coluber berus e coluber aspis L. Virione. | Cos leggevasi nel xvm, 69 ; ma sicco me la lezione era sospetta, oggi si sostituisce . l uccello cfiloriomtem ; cicchi il virione noa

X
Xanto (gemma), xxxvn, 4 60. Xifia, pesce, xxxn, 53. Vedi Coltello.

z
Zafferano, xxt, 17,81. | Crocus Sativus L. Pli nio ne ha pi sorti, il domestico, il salvatico, 1 odorato, quel senza odore ; e questo alcuni pensano che sia una specie di scilla 0 di colchicum, che fiorisce l ' autunno. Zaffiri (gemme), x x x t i i , 38. *zaffiro, xxxvn, 3g. Lo zaffiro di Francia tntto ceruleo e lucido, epper certo essere affatto diverso da quello degli antichi. Zanteme (gemma), xxxvit, 70. Zanzara, xi, 1, 34, 74- I Culex pipiens L. di coi nessuno ignora la fastidiosa voce, ovvero quello acutissimo stridore che fa Tolando. Il sao telo, o proboscide, un Inbo membranoso, cilindri co, fornito di doppio labbro, in eoi si acchiu dono cinque setole squamose, acuminate, che fan vece di aclei : con questo tubo sugge il sangue dove gi ne fece la ferita l'aculeo, ecc. zanzare generate n d caprifico, xi, 4 t. | Cynipe psenes L. Zea, xvm, 19, ao, 39. | T riticum dicoccum. Zecca, xxn, 31 ; xxm, 71 ; xxx, ia , 34, Ss, 46. animale che si trova frequentissimo ne'buoi e ne* cani, xi, 4* | Qui da Plinio diciferato Yacarus ricinus L. e Vacarus reduvius Scbr.

DELLE COSfi; NATURILI

i63o

Zeo (pesoe), ix Sa. Tedi Fabro . Zero (gemma) xxxvu, 53. Reagite, x n , 66. Vedi Canna. Zucchero, x u, 17. | Spreogel e altri credono es Zigio, xvi, a6. Vedi Acero. Zimpiberi, zinziberi, ziogiberi, o gengioro, s u , sere uoa specie di mele concreto, che trasuda dai nodi della bambusa arundinacea Willd. i 4 ; xxi, 70. | Amomum zingiber L. Altri, appoggiali all' aoloril di Solino, u i ; Zizife o giuggiole, xv, 4 ; xvn, 14. | Z iziphus d ' ltidoro, Orig. xvu, 7, e di Lucano, Fars. ui, vulgaris L. 337, il quale dice : Zmilampe (gemma), xxxvu, 70. Zooftalno, xxv, log. Vedi A iuto. * Quique bibunt teoera dulces ab arundine succos,n Zopiro, xxnr, 87. Vedi Clinopodio. Zoranisceo (gemma), xxxvu, 70. asseriscono che il sogo espresso dal saccharum Zostera, prason, xm , 48. Vedi Fico. Zocca, xix, 24. due specie, cameraria, e pie* officinale L. era gi noto agli antichi. bea, ivi. | Cucurbita leueantha e cucurb.

pepo L. sai valica, xx, 7. | Cucurbita pepo L. Vedi Peponi. zucche (negli alberi), xu, a i ; x, a. Vedi Albero.

INDICE GEOGRAFICO
---- --------

A
Aba monte, ao. Abaia, ti, 35. Abali, vi, aa. Abalili g o l f i , v i , 3 4 . Abaio isola, xxxvu, 11. Aba ocia Eubea, v, a i. Abaorti, ti, a3. Abarimoo, vn, a. Abdera (nella Beozia), 111, 3. (nella Tracia ), v, 18 ; xxv, 53. Abeali, tv, 10. Abellinati Marsi, m , 16. Protropi, ivi. Abellino castello, in, 9. Abeta mi, vi, 3a. Abesso, v, a8. Abido (Abydum), v, 4 0 . A biilo (Ahyrius). n, 59. (in Egitto), v, 11. Abila di Africa in, nll Proem. v, iG. monte, * v, 1. Abnoba monte, v, a4> Abobrica, tv, 34. Abocci, vi, 35. Abolani, 111, 9. Aboriente castello, v, 4 Aborigeni (nel Lazio), in, 9. Abrettini, v, 3a. Abrincalui, iv, 3a. Abrolouo, v, 4Absaro fiome, t i , 4, 9> >( Absidri, vi, 3o. Absili, vi, 4* Absirlitle isole, 111. 3 o ., Absirto isola, ni, a5. Abutacete castello, v, 4Abziritano casi elio, v, 4*

Abzoi, vi, i 5. Acaia provincia, v, 6 ; vm, 6 8 ; xm, 36, S7 ; xvm, 1a ; xxv, 64 ; xxvm, 67 ; xxxm, 56. casi eli i dell1Acaia, xxxiv, 6. nove monti iu Acaia, v, 6. Acaida, ne1 Cadusii, vi, 18. Acalaodro fiume, ut, i 5. Acamanta, in Cipro, v, 35. Acampsi fiume, vi, 4 Acana fiume, vi, 3 a. Acanto monte, v, 3. Acanto, 5, 29. (un altro), iv, 17. Acaritano castello, v, 4' Acarnania, 11, 93 ; x, 56 ; xxxvt, 3o. castelli ilell Acarnania, iv, a. Acarne, v, 16. Accisi, vi, 7. Accitana colonia, in, 4> Acdei, vi, 7. Ace, Tolemaide, v, 17. Acelo castello, ui, a3. Acerra Vafria, iu, 19. Acerrani, m, 9. Acerveti, Calali, v, 18. Acesme fiume, vi, a3 ; xn, 11 ; xvi, 6 5 ; xxxvn, 76 Acesi no fiume, v, aG. Aceslei, tu, i 4Achei (nella Colchide), vi, 5. (nella Tessaglia), v, 14. molti generi di Achei, vi, 12. porto, ir, 26 ; v, 33. porto, v, 18. Acheloo fiume, it, 87; v, a ; v i i i , 17; xi, u ; xxxvu, 59. Acbemenitli, vi, 36. Acheronte fiume, in, io ; v, t. Acberontiui, ili, 10. Acherusia lago, v, 1. palude, iti, 9. spe lonca, vi, 1.

35

INDICE GEOGRAFICO Adrumeto, t , 3 . Adulito castello, t i , 34Aduua fiume, t i , 3 i . Adunicati, iu, 5. Africa, n , 48,62; t i u , a3, 34,7 3 ; xt, n 8 ;xm ,32, 33 ; x t i , ia ; xrni, 1 2 ; x x t i , 3 o ; xxx 11,13, 14. Libia, t , 1. confinante con I' Etiopia, tiu, i o . sottoposta all' Etiopia, xu, 49* ter na, i d i , 33 . propriamente detta, t , 3. antica e moderna, t , 3. fertile di biide, XT11, 3. sempre d qualche cosa di nuovo, t i u , 17. quanti popoli abbia, t , 4 . do mata, t u , 2 7 . altra distinzione dell frica, t , 3 . deserta, r x , 1 a. suolo ferace, x t , 3 . lago, xxxi, 3 9 . lunghezza, t i , 38. misu r a , i t i . una parte n ' addetta all'E gitto, x x x t i , i 3. parte interna, xm , 33 ; n v , 3. luoghi aridi, xxxt, 39. solitudini, t u , a. il Nilo confine, 111, Proem . citt assediate da1 leoni, t i i i , 18. il Nilo drnde lAfrica dall' Etiopia, t , i o . Africani, t u , 57 ; xx, 48 ; x x i t , 71. Africano mare, ut, i 3. Agamati, t i , 7. Agamede, t , 3g. Agandei, t i , 7. Aganippe fonte, i t , ia. Aganzaga, t i , 17. Agaso porto, m , 16. Agata de' Marsigliesi, 111, 5 . Agatirno, 111, 14 Agatirsi, i t , a6. Agal turi, t i , 3a. Agatussa, Telo, i t , a3. Agesinati, ir, 23. Agilla castello, 111, 8. Agirini, ut, 14. Agla minore, 111, 3 . Agoce, t i , 35. Agra, t i , 32. Agragantino fonte, x x x t , 5 i . Agragantini, x x x t , 36. Agrani castello, t i , 3o . Agrei, t i , 3a. Agri, i t , 10. Agrigentino Acrone, xxix, 4 Agrigenlo, vu, 7 ; t i i i , 64. Agriofagi, t i , 35. Agrippesi ( in Bitinia ), t , 43. Agrippinese colonia, i t , 3 i . Agrospi, t i , 35. Agugo, t i , 35. Agunto, ut, 27. Alabauda, v, 29; xxxvu, 9, 35. Abbaodio dieta, t , 29. Alabanesi, i h , l\.

Achille* isola, i t , 26, 27 ; v, 37 ; x, 4 1- Achil leo, t , 33. Achilleo dromo, i t , 26. Adusarmi, 1, 35. Aci, Sifno, i t , 22. Acidulo fonte, xxxi, 5. Aciensi, m, 9. Acila, vi, 32. Acina, vi 35. Acinippo, iu, 3. AcitaToui, 111, 24. Acilo, Melo, i t , 23. Acroode is o le , i t , 3o . Acnxmesi, t , 29. Acne, Caso*, t , 36. Acoati, t i , 32. Aculilano castello, t , 4. Acone porlo, t i , i . Aconzio monte, ir, 12. Acqueti chiamali Taurini, m, 8. Aequi, m, 7. Acquicaldesi, m, Acrabatena, t , 15. Acraga, Agrigento, 111, 14. Acrugiapigia, m, 16. Acre, i t , 26. Acrefia, i t , 12. Acresi, 111, i 4Aerila promontorio, i t , 7. Acrocerauni, o montagne della Cimer, m, 26. Acroceronii monti, i t , i . Acrocerauniopro montorio, in, i 5, 29. Acrocoriuto, i t , 6. Acrotado isola, t i , 26. Acroto castello, v, 17. Actania isola, i t , 27. Adana, v, 22. Adanu, t i , 34. Addna fiume, n, 106; ui, 20, 23. Adesa fiume, v, 28. Adiabari, t i , 35. Adiabene, vi, 10, 16. ( parte della Siria ), v, i 3. Adiabeni, ti, 10, 17, 3 i. Adilio monte, i t , 12. Adipson Gerro, t i , 33. Adirmachidi, v, 6. Adone fiume, t , 17. Adramittei, t , 32. raunanza Adramittena, t , 3a. Adramitlo, xm, 2. Adranitani, tu, 14. Adrastia, Pario, v, 4Adria (m are), in, 20. (colonia), ut, 1 8 . campagna Adriaca, 111, 18, 19. mare Adria tico, 111,6, 20; x, 20; x x x v i i , 11. detto anche superiore, 111, 29. differenza tra il mar Ionio e 1 Adriatico, ni, 16. seno del mare Adria tico, x i t , 8. guado, x x x t i , 9.

INDICE GEOGRAFICO Alabastro ( Alabastrai ) castello, v, n . Alabastro ( Alabastros ) fiume, v, 33.. Alabastro ( Alabastrum ) castello, xxxtii, 3a, 54. Alacroi, Lotofagi, t , l\, Alana, vi, 35. Alani, i t , a 5. Alazo fiume, vi, 11. Alba fiume, iu, 4> Alba degli Albesi, ni, 17. Elvia, xiv, 4 degli Elvi, 111, 5. lunga, 111, 9. Pompeia, ii 7* Albanesi (Spagn. ), ni, 4> Albani, in, 9 ; t i i , 37. derivati da Giasone, vi, i 5. famiglia degli Albani, vi, 11. Albania, vn, a. confine dell Albania, vi, 11. castelli, ivi. Albano territorio,xivs 4-monte, 111,9; xv,38. Albano mare, t i , i 5 . Albano fiume, ti, i 5. Albenga ( Ingaunum Albium ), ni, 7. Albese villa, xv, a i. Albesi, ni, 9. Pompeiani, x t i i i , 3. Albi monti, xvi, Go. (in Candia), xxxi, 26. Albi fiume, ir, 38. Albicralese metallo, xxxm, a3. Albio Inganno, ni, 7. Intemelio, ivi. Albione, Britannia, v, 3o. Albo promontorio, ni, Proem. (nella Fenicia), v, 17. Albula fiume, ni, 18. Tevere, ni, 6. Albul* acque, xxxi, 6. Alce fiume, v, 43. Alce ( in Cilicia ), v, 23. Alea, iv, 10. Alebese de' Rei, 111, 5. Aleii campi, v, 5. Alele, t , 5. Alenitico seno, t i , 3a. Aleone fiume ( Aieoo ), v, 3 1. Aleone fiume ( Aleos), xxxi, 10. Aleria colonia, 11, 12. Alesini, in, 14. Aleso fiume, t , 3 i. Alessandria ( di Egitto ), 11, 71 ; T, 11, 34 v i i , 38 ; t i i i , 74 ; < * xx, 76 ; xxxiv, 42 ; xxxv, 36 ; xxxvi, 14, 18, 25. fabbricala in Egitto, xm, a i. isola d ' Alessandria, xxxn, 53. fallaci secche, v, 34. Alessandria ( nel paese Ariano ), t i , 25. Ario ne vi, 21. fabbricata da Leonnato, vi, 26. di Assiria, vi, 26. ( nella Battriana ), vi, 18, 25. ( nella Carmania ), vi, 27. citt sotto il Caucaso, vi, 21. Carace, vi, 21. ( nella Cilicia), t , 22. della Margiana, vi, 18. de' Paropamisadi, ti, 25. Troade, v, 3 3 ; xxxvi, 23.

<638

Alessandrinopoli, t i , 29. Alessia castello, x x x i t , 48. Aleliiii, iu, 16. Alezio, ni, 16. Aletrinati, ni 9. Aletrini, in, 16. Alfaterni, 111, 9 ; 11, 17. Alfellani, ni, 16. Alfeo fiume, n, 106; i t , 6 ; xxxi, 3. Al Bone lago, xxxi, 8. Algido monte, x t i i i , 34< Ali fiume, vi, 3 , 3. Aliacraone fiume, iv, 17; xx, 5 i ; xxxi, 10. Aliarlo, iv, ia. Alicarnasso, v, 39 ; x x x t , 49 x x x t i , 6. Aliciesi, in, 14. Aliciroa, ir, 3. Alititeli, t , 29. Alieu isole, vi, 34. Alifirei, i t , 10. Aliserne, v, 33. Alisoui, v, 4<. > Alizea, v, 2. Allantesi, v, 17. Alliania regione d 1Italia, xix, 3 . Allifani, 111, 9. Allobrogi 111, 4 ; x t i i i , 20. popolo degli Allabrogi, t i i , 5 i. Vienna, in, 5. Almachio oceano, v, 37. Almidesso, v, 18. Almiri lago, v , 24. Almone, Salmone, v, i 5. Almopii, v, 17. Alo citt, v, 14. Alone isola, u, 89 ; t , 3^ ( nella Propontide ), v, 44Aloneso, isola, v, 23. Aloni, vi, 3o. Alonnesi rimpetto la Trogloditica, t i , 34 Alontigiceli, in, 3. Alope, i t , 12. Alope, Efeso, t , 3 i. Alo pace isola, v , 26; t , 38. Alopeconneso isola, v, 23 ; xix, i 3 . Alorili, v, 17. Aloro, v, 17. Alostigi, 111, 3. Alpesa, in, 3. Alpi, t i i i , 79, 81 ; x, 29; x, 29, 68; xiv, 37 ; xvi, 76; x t i i i , 13 ; xxv, 3o ; xxxi, 26. Carniche, ni, 28. Cenlroniche, Dalmatiche, xi, 97. passate da Annibaie e dai Cimbri, xxxvi, 1. marittime, t i i i , 59; xiv, 4 ; xxi, 69. Tridentine, in, 3 0 . luoghi aprichi delle Al pi, xxi, 3 0 . la pi alta cima, 111, 2 0 . rupi, xxxvu, 10. due foci delle Alpi, 111, 3 1 . abitanti delle Alpi Graie, iti, 34. molti po

,<Hn

INDICE GEOGRAFICO

i*

poli che abitano 1 Alpi, in, 34. abilanli di esse letti Capillari, xi, 47- ~ xxxti, 9. gioghi delle Alpi meno aspri, 111, 28. gioghi delle Alpi salutiferi * popolo Romano, 1 ni, 5. luoghezia e larghezza, in, a3. pel lo, hi , 24. prefetto, x, 6. radici, iu, 21, 23 ; ix, 33. vertici, 11, 65. campagne sottoposte alle Alpi, xvm, 49* Gallia confi nata dalle Alpi, xn, a. Alpino confine, in, 60. tratto, xxxiv, a. fiorai Alpini, 111, ao. tutti i popoli delle Alpi, in, 24- fiorai Ielle Alpi, xxtii, 45. Alsa fiume, ni, aa. Alsio, in, 6, 8. Aitino citt, ih, a a ; xxxu, 53. Alunzio, in, 14* Alvona, 111, a 5. Alutreusi, in, a 3. Amandi, it . 2$
Amano porto, iv,

34-

Amano monte, v, 18. Mia Siria, xn, f>6. porte <M monte Amano, v, aa. Amanti, ni, a6.
Amantini. i*, 1 7 . citt degli Amantini, tu, 38
A m ardi, vi, 19. Amasia, vi, 3. (altr<), vi,

4*

Amassi, vi, 7. Araasiito, t , 39, 33. A m arri, vi, a. Amatei, t i , 3a. Amati, vi, 23. Amato, v, 35. Araatusia, Cipro, t , 35.
Aroaxobii, v, 25.

Amazoni Sauroraatide, vi, i 5. mairimonii delle Aiuazoni, vi, 7. popolo, v, 14. Amazonico monte, v, 27. Amazon io monte, vi, 4. Amazooio castello, vi, 4*
Ambiani, i r , 3 i.
rnhilatri, it ,

33.

Arobisunti, 111, 24. Ambitui, t , 4a* Ambracia citt, v, 4 * xxxv, 36 ; xxxvt, 4- porlo, u, 87. spelonca, xvui, 73. Ambraci golfo, 11, 93 ; v, 1, a.
Ambriso, v, 4<

Amela, v, a8. Ameria fabbricata anni 964 prima della puerra di Perseo, iu, 19. Amerini, 11, 58 ; in, 19. Ameriola, 111, 9. Aratela (di) golfo, xrv, 8. Amici*, it, 8 ; u n , 43. distrutta dai serpenti, in, 9. Amico, soo porto, v, 43 ; xvi, 89. Amilo fiume, vin, 1. Amitnone fonte, v, 9.

Amirei, vi, 3a. Amisio fiume, i t , 28. Amiso, xxxvn, 37. Amiso (Aniisum), vi, a. A m i s t n o golfo, t. Amiternino territorio,xiv, 4* Amiternini, m , 17. Amitinensi, 111, 8. Amitoscuta, t i , 3a. Araizo, v, 39. Ammoienli, v, 5. Aromeo lido, vi, 3s. Ammiensi, v, 35. Ammoilara. vi, 35. Aminone (di) tempio (in Eliopia), t i , 35. ora colo, t , 5, 9 ; xxxi, 3g. Ammonii, vi, 3a. Amnametn isola, vi, 33. Amnrslro, vi, 3a. Amnoii fiume, vi, 3z Aiuorgo isola, v, 3a. Amprlo, xxxii, 9. (in Candia), , ao. (in Macedouia), 1T, 17. Annpeloessa, r, 16. Ampelone, *1, 3a. Am pelusi a promontorio, t , i . Aro premi, vi, 4* Ampri, t i , 3a. Ampsaga fiume, t , i . Arosa 1 ti, n, 85. 1 Ana fiume, 1*. 35. la Lusitani divsa dal fionw Ana, ni, a, 3. Anadoma, vi. 35. Anafe, 11, 89 ; v, 23. Anagoia presa, x x x i t , 1. A oagoini, in, 9. Anaitico lago, xvi, 64* Anailico paese, v, *>. Auailide de, xxxm, 24. Analiti. t i , 3a. Anariaci, vi, 18. Anasso fiume, in, aa. Anati fiume, t , i . Anatilia, ni, 5. paese degli A oalilii, t . Anattoria citt, i t , 1. Mileto, t , 3 i. Anazarbeni, v, aa. Ancbiale di Glici, t , 33. Ancira di Galazia, v, 4a. di F rg ia , t , 4 i. Anelaci, vi, 7. Ancoa, v, 12. Ancona colonia, n, 74 ; m , 18, 19. Ancona (in) vini che nascono, x rr, 8. Anconerio monte, xm, arp. Andane fiume, vi, 37. Andari, vi, 33. Andati, t i , 35. Andegavi, v, 3a. Andera, v, 33. Anderi, vi, 35. Andetrio, ni, a6.

64

INDICE GEOGRAFICO

1649

A oditeli, 111, 98. A ndologensi, 111, 4A ndorisi, 111, 3. A n dria , 4 1* Andriaca ci II, r, 98. A ndrico fiume, t , aa. A nd ro (Andro, Andrus) isola, 11, 106; ir, a a ; xxxi, i 3. itola Britannica, ir, 3o. Androcali, t i , 35. Androlizia, t , 3 i. Anemo fiume, n i , 90. Anemurio, t , aa, a 3. Anflochii, x, 8. Auflochico Argo, it, 9. Aofimalla, it, 90. A n fi poli ( in Macedonia ), ir, 17. (in Siria), t, a i . ( in Tracia), x, 10. Anfssa, ir, 4. A ngari monte, v, 14. A nidro itola, v, 38. Anuibale (d i) alloggiamenti, in, i 5. piccola isola, 111, l l . ~ torri, 11, 73. A nsani Frentam, 111, 17. Aosanliui, m, 17. Ansure, Terracina, ni, 9. A ntandro, t , 3a ; xvi, 57, 81. Andro, it, aa. Ani a ne, ir , 8. A ntariani, vi, 19. Auledone porto, t , 1 4 ;iv, 2. (in S iria), t , i 4 A ntem o, i t , 17. ( presso I Eufrate), t i , 3o. fiume, t i , 5. Anteinusa, Sarao, t, 37. Anlemutia, v, 21. A ntenna, ni, 9. Antibacchia isola, vi, 34. A nticira, it , 4 ; xxn, 64 ; xxt, a i. A n t i d a l e i , v i, 32 .
A n life llo ,
t,

2 8 ; x x x i , 47*

Antigonea, it , io . (di Macedonia), it , 17. Antigonensi, ir, 1. Antigonia, Troade, v, 33. Antilibano monte, r, 17 ; xn , 48. A ni ine itole, v, 38. Antioco (di) isola, r, 35. Antiochia, che ti chiama Arabi, t i , 3 o . Calli roe, Edessa, r, ai. (della Caria), v, 29. Carace, ti, 3 i . presto I Eufrate, v, ai. della Margiana, t i , 18. Nisibi, vi, 16. ( della Pisidia ), t , 24. (nella Sittacene), vi, 3 i . Siriaca, v, 18. ( parte della Siria ), T, i 3. di Siria, xxi, 11 ; xxm, 5. libera, T, 18. isola, T, 44Antiochia (Aniiochit), 11, 67. Anliochiensi (di Macedonia), ir, 17. Antipodi, i t , 96. Antipoli, m , 5 ; xxxi, 43. che ora Gianicolo, m, 9.

Antirrio promontorio, i t , 3 . Anlinsa, 11, 9 4 ; r, 3g. Anlisteni, vi, a 3. Antiltoni, t i , 94 . Antobrogi, v, 33. Aotoniopoliti, t , 3o. Antropofagi, it, 26 ; vi, 35. Scili, ti, 30. Anzio (Aothium), it , 18. Anzio ( Antium ) colonia, m. 9 ; xxxu, 2, 53 f xxxr, 33. Anzio (di) golfo. 111, i 3. Aoziati Tinti,xxxtr, 11. Aoo fiume, ni, a6. Aorno, i t , 1. Aorsi, it, 18, a 5 ; ti, 18. Apamea di Frigia, x ti, 89. di Bitinia, y, 43* Apamea colonia, t , 43. paese, v, 3 i. Apamestini, m, 16. Apamia (di Frigia), r, 29. ( nella Cetesiria ), r, 19. citt di Mescne, t i , 3 i. cognominati Rafane, vi, 17. (in Zeugma), t i , 3. con tro Zeugma, r, 21. fabbricala dal re Seleu co, r, 33. Aparte i, ti , 7. Apate, t i , 32. Apaluro, t i , 6. Apavortene, vi, 18. Apennino altiasimo monle d ' Italia, 111, 7 ; x t i , 3o, 76} xxxi, 2C; x x x t i , 54. gioghi delP Apennino, ni, 17. fiumi, 111, 20. selra Sila, 111, 10. Aperopia isola, i t , 19. Apesanto monte, it, 9. Api T i lla g g io , r, 6. Apia, Peloponneso, ir, 5. Apidano fiume, v, i 5 . Apiemia ti, 111, 19. Apila, ir, 17. Apina, in, 16. Apiola castello, m, 9. Apire, r, 28. Apitami, t i , 3 a. Apollinari Reii, 111, 5 . Apollo (di) citt (in Egitto), v, 11. (in Etio pia ), ti, 37. porto di Feslio, ir, 4* promontorio, t, i . (in Africa ), t , 3. Apollonia colonia, ni, 96. Asso, v, 39. ( in Candia ), ir, 20: ( in Macedonia ), ir, 17. (in Tracia), ir, 18. (in Palestina), r, 14. (nella prorincia Pentapolitana), v, 5. (nel Ponto), x x x l , 28, x x x i t , 18. (nella Troade), r, 33. Tinia, t , 33 . Apolloniali, 11, 110. (nella Caria), r, 29. dal fiume Rindaco, r, 32. territorio degli Apolloniali, x n , 23 ; x x i t , 27. Apollonialico, x x x t , 5 i . Apolloniato citt, in, 16.

INDICE GEOGRAFICO Apollonidiensi, v, 33. Apollonosieriti, t, 3o . Apollopolite detta Noraos, t , 9. Appiani, v, 29. Apro colonia, v, 18. Aprosa fiume, 111, 20. Apruslani, ni, i 5. Apta Giulia, m, 5. Apterone, v, 20. Apuscidamo lago, xxxi, 18. Aquileia colonia, 111, 22. Aquiloni, 111, 16. Aquinali detti Galliani, 111, 20. Aquino colonia, ni, 9; vu, 53. Aquilani, onde il nome alla provincia, ir, 33. (in Ispagna), xxxm, 3i. Aquitania, x, 32 ; xvm, 25. Aquitanico golfo, ir, 33. Aquitanica nazio ne, xxxi, 2. Gallia, v, 3 i* 33. Araba, vi, 35. Arabi Antiochia, vi, 3o. Arabi, xu, 4 ; **v, 7* Asciti, vi, 44* selvaggi, ivi. Orei, vi, 9, 3 i. Retavi, v, a i. Sceniti, v, 12, 21 ; xm, 7. amba sciatori degli Arabi, vi, 3 i. Arabia, 11, 71, 72; xu, 16; vm, 78 ; x, 2 ; xu, 14, 29, 3 i, 48; xv, 28; xxiv, i ; xxv, 5 ; xxxi, 3o; x x x v i i , 33, 36, 4- (** descri ve ), vi, 3a. citeriore vi, 3g. Eudemo, vi, 3 i. perch dicasi Felice e Beata, xu, 3o. Felice, ingrata del suo cognome, xu, ^ i. oltra la bocca Pelusiaca del Nilo, v, 12. divide la Giudea dall' Egitto, xu, 46. volta a mezzod, xxxvu, 28. dei Nomadi, v, i 5. circuito dell1 Arabia, vi, 32. descrizione, xm, 28. ricchezze, xu, 3o. fiume, xxxii, 4- mare, xu, 41* monti, xxxvi, 12. regni, vi, 3 i. Arabico golfo, 11, 67, 68; vi, 28. Arabricensi, v, 35. Aracia isola, vi, 28. Aracinto monte, iv, 3. Aracosia, paese, fiume e citt, vi, a5. citt de gli Aracosii, vi, 21. Aracoti, vi, 23. Arado (Arados) isola, v, 17, 34- Arado (Aradus), 11, 106. (in Egitto), v, 20. Aramei Sciti, vi, 19. Aranditani, iv, 35. Aranio, vi, 33. Arari fiume lento, 111, 5. Arasensi, v, 42. Arasse fiume, vi, 9, 10, 16. Arasso promontorio, v, 6, 19. Arauri fiume, ui, 5. Arausio colonia, m, 5.

t 644

Arba isoia, in, a5. Arbalo, xi, 18. Arbela, xxxv, 55, 59. Arbelite, vi, 16, 3 i. Arbii, vi, 18, 25. Arca, v, 16. Arcadi, vu, 49 i viti, 34. ( nel Lazio), in , 9. Arcadia, v ii , 4 7 , 5 7 ; vm, a2 ; ix , 3 4 ; , 9 6 ; xm, n ; xiv, 22; xvi, 19, ao, 9 3 ; xxi, 3 i ; xxv, 3 o , 53, 70 ; xxvm, 33 ; xxxi, 7. ( si de scrive ), v, 10. citt di Candia, x x x l , 3 o . Lnsa di Arcadia, xxxi, 10. Nonacri, xxxi, 19. monti, xxxvu, 54* Archelaide (in Cappadocia), vi, 3 . valle della Giudea, xm, 9. Archeopoli, v, 3 i. Archidemia fonte, 111, 14. Archilachili, v, 26. Archippe dei Marzi, 111, 17. Arcobricensi, 111, 4* Arconeso isola, v, a3. Arcooneso isola, v, 36. Arcoo fiume, vi, 3 i. Ardea ( nel Lazio ) iu, 9 ; xxxv, 6 , 3 7 . tempio in essa, xxxv, 37. Are di Ercole e del Padre L ib e ro , d i Ciro e di Semiramide, vi, 18. Sestiane, i t , 34. Areali, iv, 18. Arecomici, 111, 5. Arelate de' Sestani colouia, in , 5 . Arelaleose territorio, x, 57. Aremorica, iv, 3 i. Arena (di) monti, 111, 3. Arene, iv, 7. Areni, vi, 32. Areo fiume, v, 43. Areopago, v ii , 5 7 . Aretini Fidenziori, Giuliesi, vecchi, ut, 8. Aretirea, v, 6. Aretusa fonte, 111, 14. fonte Siracusano, 11, 106 ; xxxi, 3o. fonte d i Beozia, v, 12. fonte (in Eubea), v, a i. lago in Armenia, 11, 106; vi, 3 i. (in M aeedonia), v, 17. (in Siria), v, 19. Arelusii (in iMacedouia), v, 17. (in Siria), v, 19. Areva fiume, ut, 4- Arevaci, ivi. Arezzo, xiv, 4 xxvi, 55. Argenno isola, v, 37. Argeoo, vi, a6. Argenteo fiume, 111, 5. Argentini, 111, 16. Argenusse isole, v, 39. Argeo monte, vi, 3. Argina, iv, 4* Argiousa isola, v, 38---- A rg inu sia, vm, 83. Al'gire isola, vi, a3. Argirippa, m, 16.

i6 4 5

INDICE GEOGRFICO Arrechi, vi, 7. Arre Sarmati, v, 18. Arrese paese, vi, 3 i. Arrotrebi, ir , 34* Arsa, in, 3. Arsagaliti, vi, a8. Arsania fiume, v, ao ; ri, 3 i. Arsano fiume, r, ao. Arsennara, r, 1. Arsi, ri, 3a. Arsia fiume, in, 6, 39. termine d 'Italia, m, s 3. Arainoe (in Egitto), r, 13. (nel golfo Caranda ), vi, 33. ( nella Cilicia ), v, 33. ( iu Cipro ), v, 35. ( nella Pentapoli ), v, 5. citt del mar Rosso, r , 13. Arsinoiti due, r, 9. Artabariti, ri, 35. Artabro promontorio, 11,1 ia ; ir, 35. Artacabaue, vi, 35. Artace porto, r, 4* Artaceo isola, v, 44* Artacoaua, vi, 35. Artassata, ri, 10. Artedo r, 37. Artemio, ir, 9. Arlenii. Rene, v, aa. Artemisia isola, m, ia. Artemisio, ir, 31. Artemisio monte, v, 10. Artemita, vi, 3o. isola, ir, 2. Artigula isola, vi, 35. Artiuia (di) slagno, v, 4. Artiti ni, 26. Artonneso, Cizico, v, 40. Ama, ni, 10. Arunci, m, 3. Arunda, iti, 3. Arrerno territorio, xiv, 3. Arverni, ir, 33 ; v i i , 5 i . provincia, xxxir, 18. citt della Gallia, ivi. Asachi, vi, 35. Asachei Etiopi, vm, 13. Asaix de' Salluvii, 111, 5. Asarnpati, vi, 7. Asana fiume, r , 1. Asangi, ri, 33. Asar, vi, 35. Asbisti, v, 3. Ascaloua di Giudea, xii, 5 i ; xtx, 33. citt libera, v, 14. Ascandali, v, 28. Ascania di Frigia, v, 4o. isola, v, a3. Asca rne isole, r, 38. Ascanio fiume, v, 4Ascanio lago, v, 4 3 ; xxxi, 46. porto, v, 32. golfo, v, 43. Aschilaci Macedoni, v, 32.

A rgirunto, h i , s 5. A rg o (Argi), rii, 3 ; x t i , 89. dagli Argi origi nata Falisca, ni, 8. A rg o ( Argos ) Anfilochico, ir, a. Dipsio, Gre cia, rii, 57. Dipsio, Inachio, ir, 9 . lppio,
h i

, 16 ; v , 9 .

A rgolico golfo, ir, 9, 19. A ria , Calcarite, vi, i 3. A riaci, ri, 19. A riaco, r, 40. A rialduuo, in, 3. A riana regione, ri, a5. popolo confinante co g li Indiani, xii, 18. A riani, xxiv, ioa. A riano fiume, ri, ao. A ricia, 11, 111; in, 9 ; xir, 3. ralle d'Aricia,
x i x , 41.

A rienali, 111, 17. A rii, ri, a3 ; xxxi, 39. Arim aspi, ri, 19 ; n i, a. A rim ino colonia con due fiumi, 111, ao ; n i, 5o ; xxvu, 106. A rinfei, vi, 7, 14. A rio fiume, vi, a 5. A risbe, r , 33. ( in Lesbo ), r, 39. Aristeo, ir, 18. A risiera isola, ir, 19. A rirati, ni, 38. A rmalcar, ri, 3o. Armasti, vi, 11, 13. Armatotrofi, ri, 18. Arroendon, i r , 3 0 . Armene, vi, s. Armenia, 1 1 ,7 3 ; xxir, io a ; xxxi, 19; xxxm, 37 ; x xx r, 53 ; maggiore, ri, 9. minore, r i , 4, 9 ; xxxvn, 40. confioe delP Armenia, r i , 15. porte, r, 37. Otene parte di essa, x i i , 38. Armeui, xxxi, 39. Armenocalibi, vi, 4> 11. A rmisti, in, 26. Armna f i u m e , r , 3 . Armosata, vi, 10. Armazei, vi, 38. Arrauzia regione, ri, 37. A m ali, 111, 19. Arne, v, 14.
A r n o fiu m e , m , 8.

Aroca fiume, m, i 5. Arocelitani, 111, 4Arosape fiume, vi, a5. Aroteri, vi, i 5. Etiopi, vi, 34. Scili, ir, 18. Arpani, in. 16. Arpana campagna, 11, 98. Arpasa, 11, 98; v, 29. Arpaso fiume, v, 39. Arpi colonia, 111, 16. Arpiuali, 111, 9. Arraceni, ri, 3a.

,647

INDICE GEOGRAFICO

t& fi

Asciti, vi, 3a. Arabi, vi, 34* Ascomarci, vi, 7. Ascrivio, 111. 26. Ascolo colonia, 111, 18. A id, vi, 19. Asei, vi, 35. Aseni, vi, 3. Asfaltile lago, 11, 1 0 6 ; v, 15 ; vu, i 3 . Asgilia isola, vi, 32. Asia, 11, 48; xm, 35; xiv, 2 5 ; xvu, 35. Asia tuita, xxxvi, 21. quale propriamente detta, v, 28. quasi isola, vi, 2. apparata dalla Persia, xv, i 3. si congiuuge con la Libia, v, 9. ultima delle province del popolo Roma no, vu, 27. fine dell Asia, v, 43. lun ghezza, .vi, 38. misura, ivi. dodici citt prostrate in una uotle, 11, 86. Asiani, xxv, 98. Asiatica giurisdizione, v, a5. Asiatico mare, v, 8. Asido Cesari, ni, 3. Asine fiume, rii, 14. Asiueo seno, detto dalla citt Aine, iv, 7. Atirili ti, 111, 19. Asilo de'Persiani, vi, Si. Aso, n , 20. Asoi, \i, 23. Asopi, v, 6. Eubea, v, 31. Asopo, v, 29. Aspendo, v, 26 ; xxxi, 39. Aspi isola, v, 19. Aspledone, iv, 12. Assanto isola, v, 3 o. Asseno Ponto, vi, 1. Asseriaii, 111, 25. Assio fiume, v, 17 ; xxxi, tu. Assiria, xm, 9 ;* xvm, 66. detta prima Adia bene, v, i 3. Assirii, vu, 57 ; xui, 7. Adia bene priucipio dellAssiria, vi, 16. Asso di T roade, 11, 9 8 ; v, 3 2 ; x x x u , 27; x x x v u ,3 i . Anon fiume, v, 29. Assonni, ut, 14. Asta citt, in, 7 ; xxxv, 46. Astabore appellalo il Nilo, v, 10. Asiaca ni, vi, 23. Astace fi oro e, u, 106. Astaceni popoli della Partia, 11, 109. Astaceno golfo, v, 43. A staco, ivi. Astapo appellato il Milo, v, 10. Aste!fa fiume, vi, 4> Asteri isola, iv, 19. Asteria, Deio, v, 22. Rodi, v, 36. Asterio monte, v, 9. Astice regione, iv, 18. Asligilta, 111, 3. Astigiana colonia, ivi.

Aslipalea isola, iv, a ) ; vm, 59. Astire, t , 3a. Astoni, vu, a. Astrabe isola, i t , a 3 . Aslrago fiume, vu, a. Astro, v, 32. Astnria, xxxn, 1. isola, in, ia . fiume e isola, 111, 9. Asteria, v, 34, 35 ; xxxm , a i. Asturo, ut, 4. gioghi d eir Austria, ni, a. popoli, in, 4. paese, v, 34. Atlusape, Nilo, v, 10. Alabiria, Rodi, v, 36. Atabuli Etiopi, vi, 35. Atace fiume, 111, 5. Atalante isola, v, 23. Atamani, v, 3. Atamante monte, iv, i 5 ; xx, 94. Ataui, vi, 32. Alarne dell' Eolide, xxxvu, 56. A tornea, v, Jx Atarnei Sciti, vi. 7 . Alarrabili, v , 9 . Atellani, 111, 9 . Alenati, iu, i 5. Alene, vii, 3o , 3 i , 5 <; x , 14 m i a , 4(>; Xf*> j j x v i , 89; x v m , 6 8 ; x i x , 1 9; x j c i * 6 ; x n x , 71 x x x i , 28; x x x i v , 17, 19; x x x v , 5 , 3 5 ,36,40, 49 ; x x x v i , 5. libera, v , 11. Accademia d* Atene, x u , 5. Ceramico, x x x v , 4^* fonte di Eseulapi, n, 106. Im e Ito, x ix , 55. porli uuiti, v , 11. Ion ii p a rtiti, v, 3i. Alene, vi, 5a. Ateniesi, 11, 7 9 ; v, 33 ; v u , 37 ; x l , i 5 ; xxxiv, 9 , 1 9 . fondarono Scillctio, iti, i5. porto degli Ateniesi, xxxiv, 19. monumenti, vm, 6 9 . riti, x v u i , 14. veutu Sciro, n , 46. Atenopoli, 111, 5. Ater monte, v, 5. A tern o fiume, 111, 17, 18. bieea del fiume, 111, 6. Alesi fiume, m , 30. * Atesle, xvu, 36. ( nel territorio dei Veoei'K 111, 22. Atesui. iv, 3a . A lina, iu, a3. Alina (li) territorio, u> 106. Alinati, 111, 9 16, 17. Alira fiume, iv, 18. Atlante, v, 8. Atlante monte, xm , 29 ; xxv, 38 ; xxvu, 1 . moote favoloso, v, 1. isola di Atlante, xiu, *9Atlanlia, Etiopia, vi, 35. Atlantico oceano, v, 3 5 ; 111, Proem . 1, 2 . Atlantico mare, 11, 9 2; 111, 1 0; vi, 34> 36; xxxvu, 11. Isole lei mare Atlantico, xxxn, 47. Atlantici (della Gallia Narboueav

*649

INDICE GEOGRAFICO

i65o

A to monte, i t , 17 ; t i i , a. dor fa ombra, ir, aS. t r a c e , i t , 3. Alrace fiume, ivi. ( nella Tes saglia), vi, i 5. A tram iti, vi, 3a. villaggio deSabei, xu, 3o. A trani, 111, 16. A trebati, v, 3 i. A tria citt de1 Toscani, 111, ao. donde ebbe nom e il mare Atrialico, ivi. paludi degli Atriani, ivi. A trib i, v, 11. A tropatene, Atropateoi, t i , 16. A ttacone, t i , a o . A tta c o r i, t i , a6. A ttalensi, t , 33. (di Galazia ), v, 42. A itali ladroni, t i , 3o . A ttalia, t, 3a. A ttasioi, t i , 18. A ttegua, iti, 3. A.(telebussa isola, v, 35. A itene, ti, 3a. A ttera, ti, 35. A ttica, tii, 57 ; x, 4 > ; xxt, 37 ; xxit, 4 ; xxvii, ao. Alle appellata, iv, 11. Sivero fiume dell1Attica, xxxvil, 35. fonti, v, 11. villaggio, xxxti, 4* Aitici, tu , 57. A ttidiali, in, 19. A ttinati, ni, 16. A ttrida, ti, 3a. A ttubi, hi, 3. Altosa, v, 40. Aucheti, i t , 36. Scili, vi, 7. Andaristensi, v, 17. Audenati, ni, 17. Aufido fiume, m , 16. Aufinati Cismontani, n , 17. Aagili, v, 4, 8. Augurina Segeda, in, 3. Augusta di Bracaro, it , 34 ( nella Cilicia ), v, aa. Emerita, i t , 35. Firma, in, 3. Gemella, ni, 3. Giulia Gadilana, v, 36. P retoria, 111, 6, a i. de1 Taurini 111, a i. de Tricastini, 111, 5. de* Vagienni, 111, 7. Auguslani Asturi, ni, 4< Corretani, Setabila* ni, ivi. Augusto .(di) f o r o , t u , 5 4 . Angustobrigensi, it, 35. A ugatturi, vi, a 5. Aulerci Cenomani, v, 3 a . Eburovici, ivi. Anlide, xxxv, 47* (in Eabea), v, ia. lem pio di Diana ivi, x t i , 79. Aulocrene monte, v, 3 i. paese, x t i , 89. Aulocreni, t , 39. Aulone, it, 6. Aalona di Cilicia, , 35. Aunio isola, it, 34Anrelia Carissa, ni, 3. Aureo corno, x, ao.

Anrinini, detti por Saturnini) in, 8. Auruiici (nel Lazio), in, 9. Auruspi, vi, 35. Ausanti, vi, 3a. Aasci, v, 33. Aaseculani, ni, 16. Ausetani, tu, 4 * Ausoni, in, 9, i 5. Ausonio mare, ni, 1.0, i 5, 3o ; xiv, 8. Austrania isola, v, 27. Auslravia isola, xxxvn, 11. Aulaci, vi, 7. Aulei, vi, 3a. Arabi, ti, 33. Autiandi, t i , 7. Aulololi, v, 1. Getuli, ivi. Automate Ira le Cicladi, 11, 89. Autonoeia, vt, a3. Autrigoni, 111, 4* Avantici, m , 5. Avatici (degli) citt, iu, 5. Ave fiume, v, 1. Avellani, ni, 9. Aventino raoote, xv, 40 ; xix, 19. Averno lago, ni, 9 ; xxxt, 3, 18 ; xxxn, a i. Aviguone dei Cavari, in, 5. Avinese citt, v, 4* Axiaci cognominali dal fiume, v, 36. Aza, vi, 10. Azali, 111, a8. Azanio golfo, vi, a8. Azanio mare, vi, 3a, 34. Azarei, vi, 33. Azibinla, v, a3. Azio, Azzio, colonia, iv, a ; x, 56 ; xi, 75 ; xix, 5. battaglia di Azzio, xiv, a8. Azochi citt, vi, 3o. Azoni, ti, 3o. Azoto, t i , 1 4 . Azuritana citt, v, 4*

B
Babba colonia, t , 1. Babia, x i t , 8. Babilonesi, 11, 79, 81 ; v i i , 57 ; x t i i , 9 ; xxx, a. Babilonia (Babylon), vii, 57 ; viu, 74 , 8 ; xn, 19 ; xm, 9,46 ; xvin, 45 ; x x i t , ioa ; xxxi, 3g ; x x x t , 5 i ; xxxvu, 55. capitale un tempo della Caldea, v, a i. (si descrive), t i , 3o . paese di Babilonia, xxiv, 119. Babilonia (Babylonia), vi, 3o ; xxxvn, 3 i. parte della Siria, v, i 3. Seleucia, xvm, 47. cam* po di Babilonia che arde, 11, n o . Babilace, vi, 3 i. Bacascarni, vi, 3a.

,0 5,

INDICE GEOGRAFICO

i65o

Bacchia isola, vi, 34. Bachilili, vi, 3a. Bachina, v, 38. Bacantio fiume, in, 28. Badanata, vi, 32. Bagada, vi, 35. Bagoi (dei) orlo, xm, 9. Bagrada fiume, v, 3 ; vm, 14. Baia, xiv, 8. porlo di Baia, ni, 9. lago" Ba iano, xiv, 8. seuo, 11, 106 ; xxxi, 2. parie Baiaua, x, 81. Baiano, x, 8, 99. Baiane, v, 18. Balari (di Sardcgua), 111, 3a. Balbura, v, 28. Balcea, v, 33. Baleari isole, vili, 5g, 81, 8 3 ; x, 68, 6 9 ; xix, 3o. due, xxxv, i 3. guerreggiano con la fionda, 111, 11. Balearico, vu, 4^* mare Balearico, 111, 10. Balearici, vm, 81. terra Balearica, xxx v, 59. Balesio, in, 16. Baliuienii, m, 9. Balsa, 1, 35. Balsensi, ivi. Ballia isola, tv, 27. Bambice, v, 19 Baniboto fiume, v, 1. Bauasa colonia, v, 1. Bauasasei, ti, 32. Bauiuri, v, 1.

lamini, m, i 5.
Barace porlo, vi, G. Baragaza, vi, 3$. Baramalaco, \i, 32. Baraomati, vi, 23. Barbalia, vi, 3a. Barbesula, h i , 3. citt con fiume, ivi. Barce monte, ti, i. Tolemaide, v, 5. Barcino colonia, nu 4Barderate citt, 111, 7. Barea, in, 4* Bargelli, vi, 34Bargila, t , 29. Bargilo monte, v, 17. Bargileiici campi, v, 3 i. Bari, v, 42. Bario, m, 16. Barpauua isola, ui, 12. Barra, 111, a i. Basabocali, iv, 33. Basag isola, vi, 3a. Basilia, iv, 3 7 ; xxxvn, 11, i5. Baailico golfo, v, 3 t. Basilidi popoli, v, 26. Basta Castello, iu, 16. Baslerbiui, ni, 16. Basterai, v, 25, a8. Baslilania, 111, 3, 4*

Basitili nella Spagna Citeriore, 1, 4- Mentesaui, ivi. costiera de1 Bastali, u l , % . Baia, vi, 35. Batavi, v, 3 1. isola d e ' Batavi, ir , 29. Baleni, vi, 18. Bali fiume, vi, 4Baiimi, vi, 3a. Balinia fiume, v, 18. Baliuo fiume, in, 18. Baio fiume, h i , 10. Bairasabbe, vi, 3a. Hatlra, xxir, 102. Zariaspa, vi, 17, 18. Batiri, vi, 18} xu, 83; xvm, ia , 5o ; xxxi, 39; xxxvu, 58. Baliriani, u u , 26. Battriana, x u , 19. paese de* Baltriani, vi, 25. Baucidia isola, tv, 19. Bauli citt, in, 9 ; x, 81. Bau ma, vi, 35. Bavo isola, iti, 3o. Bebei lago, iv, i 5 ; x x x t i , a 5. Bebiani Liguri, ut, 16. Bebriaceuai guerre, x, 69. Bebrici, v, 33. Bebro, 111, 3. Bebulo, xxxm, 37. Bechiri, vi, 4Beculouensi, in, 4* Bedese fiume, iti, 20. Begerri, v, 33. Beibina isola, iv, 19. Beleudi, iv, 33. Belgi, xv, i 5 ; x t i , 6 4 . Gallia Belgica, i t , 3i ; vn, 17. provincia, xxxvt, 44* Belgiti, ni, 28.
B e l in n a * i t , i5 .

Belippo, tu, 3. BeliUui, iti, 4* Bellovaci, iv, 3 i. Belo (nella Bel ita), T, 1. Belo fiume, xxxvi, 65. - rivo, v, 17. Belone, 111, 3. Beluuo, m , 23. Bembinadia, v, 10. Benaco lago, 11, 106; ut, a3 ; x, 38. Benevento (in Italia), xxxu, 9. colonia d'ir* pini, m , 16. Beni, v, 18. Beoti, xxv, 37. Beoiia, x, 38, 4* xvu, 38; xvm, 12 ; xxv, 43 ; xxxi, 11. (regione), v, 11, 12. di Grecia, xvm, 56. Tebaai della Beozia, xxvu, 120. Beozii, x , 34. Ber corca ti, v, 33. Berdrigi, vi, 18. Berea (di Macedonia), 1?, 17. Bereeot (io Siria), v, 19.

i6 5 3

INDICE GEOGRAFICO Blanda citl, in, 10. Blande castello, 111, 4Blasco isola, III, I I . Blemmii, v, 8 . Blendio porto, v, 34. Blerani, ni, 8. Boagrio fiume, v, 12. Boccori ( dei ) citt, ut, 11. Bochiana, vi, 35. Bodinco fiume, 111, 20. Bodincomago, in, 20. Bodiocassi, v, 32. Bodiontici, ni, 5 . Bogudiana Mauritania, v, 1. Boi (iu G|lia Leonese) v, 32. distesi oltre 1 Alpi, ni, 21. nell1ottava parte d'Iialie, ni, 20. deserti de'Boi (uniti al Norico), 111, 27. Bolani, 111, 9. Bolbiiino ( borea del Nilo ), v, 11. Bolbule isole, v, 38 . Bolingi, vi, 23. Bologna colonia, 111, 20. Bolognese parte di Italia, xxxvi, 45. Bolsena citt d' Etruria, 11, 54- di Toscana, 11, 5 3 ; xxxm, 9 ; xxxvi, 29. espugnala, xxxiv, iG. Bomarei, vi, 18. Bombo fiume, v, 22. Borni ti, v, 18. Booscete, v, 4Borcani, 111, 16. Borcobe, v, 18. Borgodi, vi, 32. Borgognoni, iv, 28. Bory promontorio, t, 4 Bortstene fiume, x, 17 ; xxiv, 102 ; xxxi, 29. appo chi nasce, iv, 26. fiume, popolo e citt, i t , 26. Bormanni, in, 5. Boro, vi, 35. Borru, vi, 25. Bosensi (in Sardegna), ut, i 3. Bosforo, 11, 3 1 ; v, 43 ; x, 25 ; xxv, 57 ; xxxi, 29. Cimmerio, vi, 1, 5 ; xvi, 59. Tracio, v, 24 ; v, 47 ; ix, 20, 56. fauci del Bosforo, vi, 1. due Bosfori, 11, 92 ; v, 24 ; ti, 1. Botri, v, 17. Bottiei, iv, 18. Boviano vecchio, e an altro degli Undemmani,
111

Bereciolio tratto, v, 29; xvi, 2%. Beregraui, ni, 18. Berelide isole, 111, 3. Berenice (in Egitto), vi, 26, 33 ; x x x v i i , 52. prima, vi, 34- Pancriso, vi, 34- Epidire, vi, 34. citt dei Trogloditi, 11, ? 5. (nella Pentapoli), v, 5. Bergam o, 111, 21. territorio Bergamasco, xxxiv, 2. Bergo, isola, v, 3o. B eri lo colonia, t, 17. Bermio monte, iv, i 5. Berresa, vi, 35. Berunensi, in, 23. Besaro, m, 3 . Besbico isola, v, 44* Besippo, in, 3. Bessi di molli nomi, v, 18. Betarreni, t , 19. Betasi, v, 3 i. Belerra colonia, in, 5. Belerra, xiv, 8. Beli fiume, 111, 3. navigabile per primo a Cor dova, ivi. Belica, in, 2 , 3 ; x, 6 0 ; xi, 76 ; xv, 1 2 ; x t i i , 3, 1 9 ; xvm, i 5 ; xix, 2 9 ; xxxu, 53 ; xxxm, 4 0 ; xxxiv, 49. abbonda di minio, ni, 4. Carteia di Belica, xxxi, 43. terra, xv, 3. Betlepief, v, 5 . Betulo, in, 4. Beturia, ni, 3. (altra), ivi. Bibaga, vi, 23. Bibali, ni, 4> Bibli, Melo, v, 23. Biblo, v, 17. Bidini, ni, 14. Bilbili in Ispagna, xxxiv, 4 *Bill! fiume, i, 1. Bipedimui, v, 33. Bisalti, popolo, v, 5, 18. Bisambrili, vi, 23. Bisante, iv, 18. Bisgargitani, in, 4Bisone, iv, 18. Bistoni popolo, v, 18. Bitini, vi, 43. Tini, da cui delti i Bitini, v, 41. Bitinia, v, 4 xvi, 76 ; xxxi, 18. isola, v, 44* Biliuio, v, 43. Bilurigi, xix, 2 ; xxxiv4 4 Cubi, v, 33. Ubisci, v, 33. Bizacio, xvu, 3 . campo d ' Africa, xvm , 21. abilauti di Bizacio, v, 3. Bizanzio, vii, i o ; x , 20. libero, v, 1 8. porto, ix, 20. Bizia in Tracia, x, 34- rocca dei re di Tracia, v, 18.

,17.

Boville, in, 9. Bracari, 111, (\. Bracar (de ) citt Angusta, v, 34. cittadi, 111, 4. convento di Bracaro, v, 34. Braccata Gallia, ut, 5. Bracmani, ti , 21.

i655

INDICE GEOGRAFICO

(656

Brago isole, ti , Sa. Brani, 111, 3. Brancbidi (dei) oracolo, , 3 i. Rrancosi, t i , a3. Braltia isola, in, 3o. Brauro, ir, n . Bregmenteni, v, 33. Brescello ( Brixellum ), t i i , 5o . Bresccllo ( Brixillum ) colonia, in, ao. Brescia fiume, ti, 3 i. Brescia colonia, ni, a3. Brettioero, iii , 2n. Breoci, ni, a8. Breoni, ni, a^. Briazo fiume, t , 43. Brigantino lago, ix, 3g. Brigi, t , 41 . Brigiani, in, 24 Brilesso monte, v, ir. Brileto, xi, ^3, 8 i. Brillio, t , 4 o . Brindisi, x , 79; x , 73; x v n , 35. nobile pel suo porlo, in, 16. fonte nel porlo, 11, 106. Britanni ( nella Belgica ), i t , 3 i. mogli dei Bri tanni, x x u , a. loro n a T i g t i fatti di vermene, i t , 3o. Britannia isola, 111, ao ; i t , 3o ; x , 57; x t , 3o; X Tii, 4 ; x x x , 4 ; x i x i T , 49; x x x v n , 11. libera, x x t , 6. *Britannie, x x x m , 6. confinanti con l ' Oceano, x x t , 6. Oceano Britannico, i t , 33. Brinili li, v, 3 i. Brizenli, 111, 34. Brizi, v, 18. Broodolo porlo, 111, ao. Brnzio territorio, iii , 10. Brusio lido, ivi. que Bruzii che abitano fra lerra, 111, i 5 . Bnbasso paese, v, ag. Bnbastite prefettura, t , 9. Bubeio, t , 5. Bubetani, ni, 9. Bubo, t , a8. di Licia, x x x t , 57 . Buca, 111, 17. Bucefala citt, vi, a3. Bucefalo porlo, v, 9. Bucinila isola, 111, 14. Bucolio, it , 10. Budini, i t , 3 6 . Budroe is o le , i t , 30 . Buge lago, it, a6. fiume, t. Bulensi, it, 4* Buiioni, i i i , 3 6 . Bulla regia, , 3. v Bollidense colonia, v, 17. Buni, m ,s 5. Buprasio, i t , 6 . Bura, ir &; ti, 3o.

Barcana isola, i t , 27. Burnisti, iii, 35. Burno, ni, a6. Bursaonensi, 111, 4Busiride, t , i i . villaggio, x x x t i , 16. pre fettura, t , 9. Bussento ci U, in, 10. Buio, v, 11. Butoa isola, v, so. Bai rio degli Ombri, iii , ao. Batrolo colonia, v, 1. Butua, m, 26. Butuntinensi, m, 16. Bazeri, vi, 4Buzi, vi, 23. Bnzigeo moate, iv, i(>.

c
Cabalaca, vi, 11. Cabalia regiooe, v, 3 8 . di P a n filia , v , 4*. Cabasite prefettura, v, 9. Cabellio, 111, 5. Cabileli, v, 18. Cabiro, vi, a5. Cabria ( di ) campo, r , 14. Cabura fonte, xxxi, aa ; x x x u , 7. Cacidari, vi, ig . Cacirini, in, i 4Cadara penisola, x, a. Cadei, vi, 3a. Cadenma. vi, 35. Cadice. Vedi Gadi. Cadi sia fiume e cill, vi, 3. Cadisto monle, v, 20. Cadmo monte, v, 3i. Cadrusi, vi, 35. Cadueni, v,.3o. Cadurci, v, 3s ; xix, a. Cadiuii, t i , 18. Cafareo promontorio, 4v, 21. Cafio, bosco di Arcadia, x t i , 88. Cagulati, vi, 33. Caicandro isola, vi, 38. Caico fiume, v, 3a. dove nasce, v, 33, Caina fiume, vi, 3 1 . Caistro fiume, v, 3 i. Calabria, dai Greci detta Messa p ia, 111, 16. costiera della Calabria, n i, 3 o. Calagulitani, detti Fibularensi, x , 4. delti Nassici, t . Calamiue acque, 11,96. Calamisso, v, 4* Calamo, v, 17. Calastra, v, 17.

165?

INDICE GEOGRAFICO

16

CaJauria isola, ir, 19. C alazia, 111, 9. C alce is o l a , t , 36. C alcerite, t i , i 3. . C alched o n e , ix, 20 ; x x x v i i , 18, 37. libera, v , 43. C alcia isola, i t , a3. isola de Rodiani, x t i i , 3. C alcide isola della Propontide, 111, 44- l*go, x t i i i , 3o. C alcide, Eubea, it , a i. (in A rabia), t i , 3a . presso Belo, t, 19. isola, i t , 19. monte, i t , 3. C alcidene di Siria, t , 19. C alco doli ( di Eubea) v, a i. C aldei, t i , 3a ; xvm, 66; x x x t i i , 67. ceremon ie de' Caldei, x x x t i i , a8. doliriua, t i , 3 o . infesti, t i , 3a . sella Caldea, x t i i i , 5 < j. C aldei ( de ) capitale, t i , 3o . C aldone promontorio, t i , 3a. C ale, t , 33. Caledonia selva, i t , 3 o . Caleno, m, 9. Caleno territorio, 11, 106. campi Caleni, ni, 8. Calento, x x x t , 49 Caleone porto, i t , 4* Caleti, xix, a. Calelrauo territorio, ui, 8. Caleu isola, t i , 3a. Calibi, t i , 4, 34 ; t i i , 57 ; t i i i , 8a. Calicadno fiume, t , 23 . Calidna i s o la , i t , a 3 ; t , 36 ; x i , i 3 . Calidone, i t , 3. Calin da, t , 29. Calingi, t i , a i, aa; t i i , a . Calingo promon torio, t i , a3. Calingii, t i , 3a. Calinipassa, t i , a i. Calinna isola, i t , a3. Caliordi, i t , 3 6 . Calipso isola, 111, i 5. Calissi, t i , 33. Callensi, m, 3. Callet, m, 3 . Callicoro fiume, t i , i . Callidromo monle, iv, i 4Calliope de'P arii, t i , 17, 39. Callipia fonie, t , 3 i. Callirroe fonte, t , i 5. fonte d ell'Allica, iv, 1 1 . Edessa, T, 31 . Cai lis te, Tere, i t , 33. Calonite t i , 3o . coi Clesifonte, t i , 3 i . Calpa porto, t i , 1. Calpe monte, m, 3. d Africa, t i , 1. di Eu ropa, hi, Proem. di Spagna, ih, 1. Calucotii, m, 24. Calucula, i i i , 3.

Camalduno citt, 11, 77 Camari isola, t i , 3s. Camarina citt, 111, i 4> Carnaiullici, m, 5. Cambade monte, t , 37. Cambalido monte, t i , 3 i . Cambari fiume, t i , ao. Cambise fiume, t i , i 5. Cambisu citt, t i , 33. Cambolettri, ni, 5. Agesinali, i t , 33. Cam busi, t i , 35. Camelani, m , 19. Camelide isole, t , 37. Camerio, m , 9. Camerti, 111, 19. Cami, Cornaci, vi, 19. Camina isola, i t , a 3. Camiro, t , 36. Cammanene, t i , 3. Campania, 11, 73 ; x, 53 ; x i i , 48 ; xiu, 6 ; x i t , 8 , 37 ; x t , 3o ; x t i i , 3, 11, i 5 ; x t i i i , 16, 19, 34, 39, 5s ; xix, s 3 ; xxi, 10 ; xxu, 33 ; x x t , 8 ; xxx, 53 ; xxxi, 3, 4 ; x x x i i , 8 ; x x x i t , 3. fe lice, m , 9. campo Laborino di Campania, x t i i , 3. Neai, xix, 42. costiera, xix, 39. T ilia Lilernina, x i t , i 5. tratto, 11,5 i. T ilia Pausilipo, ix, 78. territorio Campano, m , 9 ; x i t , 3 ; x x x t , 5o. campo, xvm, 39. golfo, 11, 89. Campani, m, 9 ; x i t , 4. Campi di pietre, 111, 5 ; xxi, 3 i. Campo Marzio, t i i , 45 ; x x x i t , 18 ; x x x t i , 4, >4* Caro poni, iv, 33. Camuni, m , 24. Caua, t , 38. Canaio fiume, t , 3a. Canama, 111, 3. Canaria isola, t i , 37. Canarii, t , i . Canastreo promontorio, i t , 17. Canata, T , 16. Canauna regiooe, t i , 3s. Canclei Arabi, t , i a. Caodari, t i , 18. Candavia (di) monti, m, 2 6 . Candei, t i , 34. Candia. Vedi Creta . Candiba, t , a8. Candido promontorio, t , 3 Candrogari, t i , 35. Cane fiome, t i , 3a. Cane citt, t , 3a. Cani (dei) citt, t , i i . Canne, t i i , 39 ; x x x t i , 34. insigne.per la ucci* sione dei Romani, x t , a o .' Canne nobile per Ia strage dei Romani, m , 16. Cannenufalo itola, iv, 39.

a,

INDICE GEOGRAFICO Canopico (sbocco del Nilo), v, 11, 34- citt,

1660

Carambi promontorio di Asia, ir, 36 ; vi, 2 ; v , 4. x, 3. Canopi (no, v, 4* Carambusi fiume, i t , 14. Cantabra fiume, vi, 23. Caraoite prefettura, v, 20. Carastasei, vi, 7. Cantabria, xxxi, 18 ; xxxiv, 42, 43, 47* Can Carbano monte, vi, 3i. tabri, i i i , 4 ; xxv, 47. regione de' Cantabri, Carbilesi, i t , 18. i t , 34- ette popoli della Cantabria, 111, 4Carbonaria foce, ut, ao. Cantaci, vi, 25. Canlaroletro, luogo, xi, 34* Carbula, in, 3. Carcaso, ni, 5. Canteci, t i , 7. Cantocatti, t i , 7. Carcatiocerta, v i , 10. Canusio, 111, 1 6 ; vm, 7.3 xxxv, 2 6 . Carcine, rv, 26. golfo Carcinite, ivi. Caoni, da cui ebbe nome Ih Caonia, ir, 1. Cto Cardalena regione, vi, 3a. C ardatile, iv, 18. nia, xxxi, 3o. Capenati, ni, 8. Carda mine isola, vi, 34. Cardia, i t , 18. Capeo golfo, vi, 3a. Carditensi, v, 19. Caperensi, it . 35. Carduchi, vt, 17. Capillati, popoli delle Alpi, 111,7. abitanti delle Carene, v, 32. Alpi, xi, 47* molte specie di Capillati, in, 24. Carenti, i i i , 4Capina itola, vi, 32. CapiiM, vi, a 5. Capissene, t. Carentini di sopra e quei di so tto , n i, 17. Capitalia monte, vi, 27 Caresa isola, i t , 20. Capitolio o Campidoglio, 11, 5 ; vii, 2 9 , 44* 4^ ^4 > Careso fiume, t , 33. vm, 65 ; xi, to 3 ; xvn. 38 ; xvm, 4 ; x x v i i , 28; Carela isola, v, 35. xxvm, 5, 14 ; xxix, 14 ; xxxm, 4, 18; xxxiv, Caria, v, 29 ; xu, 61 ; xix, 49 x x x i, 3o ; x x i m , 1 1 , 1 8 , 1 9 ; xxxt, 4 , 7 , 36 ; x x x v i , 4, 8 ; x x x v u , 4, 6 ; x x x v i i , 29. ebbe nom e da Car, va,57. 5^ , 0. difeto dalle oche, x , 2 6 . arto ai Cariando, v, 29. isola, v, 36. tempi di Siila, x m , 2 7 . arso dai Vitelliani, Carie*, v, 3 i. x x x i t , 1 7 . cominciato di preda, in, 9 . Cariddi mare vorticoso, ni, 14. cella del Campidoglio, x , 1 6 . tempio, xu, Carie fiume, vi, 4. 4. Capitolino cIto, i x , 6 . GioTe, xxxiil, Carieti, ni, 4* 5. tempio Capitolino, x x x v , 4 ; x x x t i , 5. Carina, v, 4. monte, xxi, 46. Capitulo degli Eruici, 111, 9 . Carini, iv, 28. Carinia, xiv, 22. Capori, w, 34 Capote monte, v, 20. Cnriosveliti, iv, 32. Caripeta, t i , 32. Cappadoce fiume, vi, 3. Cappadoci, xxv, 28; x x v i i , 11, 3i . popolo Carissa regia, m, 3. Carissano castello, 11, 57. Cappadoce, vi, 2. Cappadocia, t , 42 ; v i i i , Carisio citt, i t , 2 1 . in E u bea, xvm , i a . 69 ; xv, 7 ; xvm, 73 ; xxv, 36 ; xxvm, 23 ; Carittio marmo, iv, 2 1 ; xxxvi, 7, 8. xxxi, 39, 4 * xxxiv, 41 ; xxxv, i 3 ; x x x t i , 12, Carroaci, t , 7. 45 ; xxxvu, 37, 5G. lunghezza e larghezza Carmani, x i i . 4. Carmania, x u , 3 i , 37 ; xtxm, della Cappadocia, vi, 8. (cittadi), vi, 3. 40; x t x v i , 12; x x x v i i , 8, 24, 33, 47, 48,5 i. Cappago, i i i , 3. angolo della Carmania, vi, 28. litorale, vi, 27. porto, vi, 3a. Capraria isola, xn, 11, 12; vi, 37. Car ma ri ( dei ) re, vi, 23. Caprasia foce, 111, 20. Carmei, vi, 3a. Caprea, illustre per la stanza di Tiberio, m , 12. Carmelo monte, sua radice, x x x vi, 6 5 . Capro fiume, v, 29. Carmelo promontorio, e citt, , 17. Capsitani, v, 4Carne, v, 18. Capua o Capova, t i i , 53 ; xm, a ; xiv, 8. colo Carni, vi, 7. nia condotta da Augusto, xvm, 29. colonia Carni ( de* ) paese, 111, 20. condotta a Capua, xiv, 8. Carni ( de' ) regione, m, 2 3 . Carace, vi, 2 6 ; x i i , 4- (*> descrive), vi, 3 i. Caracene, parte d ' Eliniaide, vi, 3 i. Caraceni Carniche Alpi, iti, a8. Carnione, v, 10. (nella Taurica), iV 2 6 . , Carnone, vi, 32. Caradro, v, 18. Caralitani, in, 13. Caralitano promontorio, ivi. Carnunto, i t , a5. di P a n n o n ia , xxxvu, 11.

i6 6 t

NDICE GEOGRAFICO

*6a

C arnali, it, 3a. Caronee fosse, u , 95. C arpa sio, v, 35, Carpazio mare, 11, 111 ; v, a8, i6 ; ix, 39. Car palo ( Carpalhos ), xxvm, 3a. Carpato (Car pathum), ir, a3. Carpato (Carpathus) isola, t , 36. C arpentoratte, in, 5. Carpetani, xix, 4J- capitale della Carpetania, 111, 4 Carpetani, 111, 4- Carpetani monti, i h , a. C arpi, v, 3. C arra, celebre per la rotta di Crasso, v, a i. Carrei, vi, 3a. C arnata, vi, 3a. Carriense terreno di Spagua, 11, 106. Carseolano, xvii, 35. Carseolani, 111, 17. Carsulani, 111, 19. Cartagine, v i i , 7 ; xm, 34 S xxxm, 6, 5'o. ma gna, v, 1 ; xix, 43. fondata dai Tirii, v, 17. emula del Romano impero, ivi. presa, xiv, 5 ; xviu, 5. smantellata, x, 60 ; xv, ao. eversa, xxxm, 1 8 . distrutta, xxxm, 53. colonia nelle reliquie di Cartagine la gran de, v, 3. di Spagua, 111, 4 ; xvm, 18 ; xix, 11 ; xxi, 10. nuova, m , 4i <1 i xix, 8. opera de' Cartaginesi, 111, 4- Spartaria, xxxi, 43* ricchezza di Cartagine, xxxvu, 35. por to, vu, a i. golfo, v, 7. tributo messo a Cartagine, xxxm, i 5. Mancino venue Car tagine, xxxv, 7. tempio di Giunone in Car tagine, vi, 36. territorio Cartaginese iu lspagua, m , 3. porzione della Spagna Citeriore, xix, 7. Cartaginesi, vu, 57. Messala viute i Cartaginesi, xxxv, 7. Cartaginese esercito, vm, 5. lingua, iv, 36 ; xvm , 5. stato floridissimo, v, 1. guerre, vii , a i ; viu, 14 xvm, 6. alloggiameuti, xv, ao. Cartaginesi, 11, 86; vii, 57; vm, a i ; xix, 9 ; xxxm , 5o ; xxxv, 4* sacrificavano vittime umane, xxxvi, 4* * Sicilia, vm, 6, 7. n venuti con le armi in Ispagna, xix, 7. da essi fondala Cartagine, 111, 4 costa nella Betica, in, 3. Tennero in Ispagna, iu, 3. passarono gli Apennini, m , a i. Cartana, \i, a5. Cartea, iv, ao. Carteia, m, 3 ; ix, 48 ; xxxi, 43. Carteiana co stiera, in, 3. Carteuna colonij, v, 1. Carteria isola, v, 38. Cartri penisola, iv, 37, Carusa, v i, 3 . Casamarri, vi, 35. Casandra isola, vjj a$.

Cascaulesi, 111, 4 Casilino, t i i i , 83. avanzi di Casilino. iti. 9. Casino, iu, 9 ; v i i , 3. Casioa (cam pagna), 11, 106. Casio fiume, vi, i 5. monte di Seleucia, x, 3q ; xu, 55. (in Siria), v, 18. (in Arabia), v, 13, 14. tempio di Giove Casio, v, 14. Casiro moute, vi, 3 i. Casmonati, iu, 7. Caso (Casos) isola, v, 36. Caso (Casus) isola, v, 23. Caspasio fiume, vi, 19. Caspio golfo, 11,68. Caspia gente, v i, 1 7. Caspio mare, 11, 67 ; *1, 15. esce dall' Ocea no, vi, 10. veduta Jet mar Caspio, vi, 10. Caspii, vi, i 5. porle Caspie, v, 37 ; vi, 1 3 ; xxxi, 39. dette Caucasie, vi, i 5. (al tre), ivi. Cassaudria, 11, 59. colonia, v, 17; xxxv, 47. Cassera, iv, 17. Cassiope, v, 19. Cassiopei, v, 1 . Cassipoli, v, 33. Cassi terle isole, iv, 3 6 ; vu, 57. Castabaia, v, 33 ; vi, 3. Castabajensi, vm, 61. Castalio fonte, iv, 4* Castanea, iv, 16. Castello Giulio, ni, 3. nuovo, in, 6, 8, 18. Casleue golfo, v, 18. Castologi, iv, 3 i. Castra Cecilia (in Lusitania), iv, 35. Giulia, ivi. Castra Cornelia, v, 3, 4* Caslragemina, ni, 3. Castraviuaiia, ivi. alloggiameuti di Annibale, in, i 5. Castulone (d i) confine, 111, 4* Castulouesi,

11, 4.
Casueutillaui, 111, 19. Casvento fiume, ni, i 5. Catabaui Arabi, v, 1 3 . Catabani, vi, 3s. Catabulino, v, 5. Catadupi Etiopi, v, 10. popolo, vi, 35. Calali, ni, 34 Cataonia, vi, 3. Catarcludi, vu, 3. Calarei, vi, 33. Catari, ni, 38. Calaratte fiume, v, 36. Catazeti, t i , 7. Calei monti, vi, 7. Catenati, ni, 34. Caleni, vi, 33. Catina colonia, iu, 14. presa, v i i , 60. Catoni, vi, 7. Cairaraotili, vi, 3a. Calli, iv, 38.

i663

INDICE GEOGRAFICO Celti pervenuti in Ispagna, m , 3. Celtiberi Arevad, ni, 4. Celtiberi vennero d i Lusitania, in, 3. Celtiberia, vin, 68 ; X Y m , 18. capitale della Celtiberia, m , 4- con fine, ivi. Celtica Gallia, v, 3 i. (d i Scizia ), vi, 14. Celtico promontorio, iv, 34 35. Celtici, v, 35. (di Spagna ), m , 4- toccano Ia Lusitania, m, 3. Mirobrigenai, i r , 35. Nerii, v, 34- Preiaraarci, 111, 3 {. Cerna monte delle Alpi, 111, 5. Ceroelio citt, in, 7. Cencrea, v, 5. Ceneri itola, iv, 19. Cendevia palude, y, 17 ; xxxvi, 65. Cene isola, 111, 14. Ceni promontorio, m , 10. Cenicensi, in, 5. Cenici, v, 18. Cenica regione, iv, 18. Cenina, ni, 9. Cennesseri, vi, 32. Cenomani, iv, 3a. abitarono presso Marsiglia, 111, 23. territorio de' C eoom ani, ivi. Centroni, ni, 2^. nel tratto delle Alpi, xxirr, 2. Alpi Centronicbe, xi, 97. Centuripini, in, 14. Ceo isola, v, 20 ; xt, 26. Cepi de' Milesii, vi, 6. Ceramico golfo, v, 29, 36. C e r a n o citt, ivi. Cerani, v, 4 > * Ceraso, vi, 14. Cerasti, Cipro, v, 35. Cerauni, ni, 26. Cerauni monti, vi, 10, 11 ; xv, 3 6 . Ceraunia monte, v, 27. Cerauno fiume, vi, 32. Cerbalo fiume, m , 16. Cerbani, vi, 32. Cerberi, vi, 6. Cerceti, vi, 5. Cerceti monte, v, i 5. Cercetio monte, v, 37. Cercie isole, v, 38. Cercina isola e citt, v, 7. C ercin ite isola, ivi. Cere citt, in, 8; xxxv, 6. C erelao o fiume, m,8. Cereale tb u ra , ni, 3. Cerea tini Mariani, ni, 9. Cerinto, iv, 21. di Eubea, x v m jS . Cermoro citta, v, 17. Cerne isola d' Africa, x, 9 ; vi, 3 6 . Ceron fonte, xxxi, 9. Cerretani, ni, 4 delti G iuliani e Augustani, ivi Ceruleo fonte, xxxvi, 24. Ceruma, vi, 35. Cessai, vi, 32. Cesaraugusta colonia, m , 4 -

Cattuzi, i t , 18. C ilurigi esuli Insubri, ni, ai. ib i Calurigi derivali i Vagienni Liguri, 111, a4* Caucadi, ti, 7. Caucaso, t i , a i. Groucaso, t i , 19. monte, xxxvii, 33. fronte del Caucaso, xn, gioghi, vi, i 5, 16. ramo, vi, 3i. rupe Caucasea, xxxvn, 1. monti Caucasii, vi, i 5. porte Caucasie, vi, 12. Cauceosi, 111, 4Cauchi, vi, 3 i. Cauci, xvi, 1. popolo de' Cauci, v, a8. is?le,
iv , 29 .

Caudioi, 111, 16. Caulone citt, in, i 5. Cauno (Caunos) v, 39 ; xi, 47. Cauno (Caunus), soggetta ai Kodiani, xxxv, 36. Caura, ni, 3. Cauranani, vi, 3a. Caurensi, v, 35. Cauro, Andro, v, 22. Cavari, in , 5. Aviguone dei Cavari, ivi. Cea isola, detta anche Ceo, 11,94 ; ir, ao ; xvi, 5o; xxxi, ia. Cea, Cos, v, 36. Cebreuia, v, 33. Cecie itole, v, 19. Cecinoa fiume, 111, 8. Cecrifalo isola, v, 19. Cecropia rocca d ' Ateue, vii, 57. Cecubi campi, 11, 96 ; tu, 9 ; xiv, 5. Cedia, u t , 8. Cedici, 111, 17. Cedizio campo, xi, 97. Cedrei Arabi, v, ia. Cefaledi, ni, i 4* Cefalenia isola, v, 19 ; xi, 3a ; xxxn, 9. Cefaloueso, v, 27. Cefalotomi, vi, 5. Cefisia lago, xxxvn, 11. Cefisso fiume, n, 106 ; v, 4,12 ; xvi, 66. fonte, IV, 11. Geladussa, Rene, v, aa. Celadusse isole-, iu, So. Cele isole, v, 38. Celena, Apamia, v, 39, 4 >; xxxi, 16. Celegeri, 111, 29. Celeia, in, 27. Celenderite regione, , 22. Celerini, 111, 4* Celesiria, v, i 3, 17 ; xxi, 72. Celestini, ni, 19. Celeti, iv, 18. Celina, in, 23. Celio, ni, 16. Celio monte di Roma, xxxvi, 7. Celo porto, v, 18, 23.

Gelsensi, m, 4*

INDICE GEOGRAFICO Cesare (da) letti VeOalif tu , 4Ccsarea ( nell Armenia m inore), vi, io. (di Cappa rioeia), t i , 3. (d i Cilicia ), v, a a. colonia (di Mauritania), t , i. t laeo, t , io. (di Palestina), v, 14. colonia (di Pi sidia), v, 4. Cesariaoa Narbooese, i t , 35. Cesariensi (oella Ionia), t , 3 i. . Cesarobrioensi, ir, 35. Cesco citt, xxxt, 13. Cesena, in, 30. Cesi, t i , a3. Cessero, in, 5. C e s lr i a , i t , 1 . C e s lr in i, iv i. Cetarini, ih, i 4Celio, fiume, v, 33. Cetriboni, t i , a3. Chelidonie isole, 11, 106; v, 35. (in Asia),
ix ,

1 6C 6

85.

Chelidonio promonlorio, t , 37* Chelonate promontorio, v, 6. Chelonite isola, t i , 33. Chelonofag, vi, 28; ix, ia> 'heronea, it , 12. Cheronia, x t i , , 66. Cherroneso degli Eracleoli ci Iti, v, 34* presso la Propontide, xi, 73. Taurico, x u , 3o. Chersoneso, tv, 18; xviu, 13; xxxt, 3o. d &o> diari, xxxi, ao. Cherusci, v, 38. Chesio fiume, v, S7.. C hiani, t i , 36. C hiarit Giulia, i h , 3. C hii, x t ii , 37. Chilcnauese citt, T , 4* C him era monte, 11, 110; v, 8. Chim era citt, v, 1.
C h in x e r io , i t , i 5.

Chio libero, t , 38. isola, xvm, 17; xxxi, 38;


x x x v i,

4;

x x x v ii, s 5. c itt , x v ij 6 .

C hiostri Romani, 111, 9. Chirogilio isola, v, 35. Chisiotosagi, vi, 21. C hi tri, v, 35. C hitroforie, v, 3 i. C hiusi citt, t i i i , 8 3; x t ii i , 13 ; x x x t i , 19. abitanti di Chiusi, xiv, 4- autichi, nuovi,

m, 8.
C ibarci, i t , 34. Cibilitani, v, 35. C ib ira, v, 33. C ib irati (dei) monti, v, 39. Cibiiatica giurisdi zione, t. C iboto, Apamia, t , ag.

Cice isole, v, 34.


Cicimeni,
t i,

7.

Cicineto isola, v, 23. Ciconi d India, vi, 30. fiume de' Cleoni,. li* 106. paese, v, 18. Cidarao, v, 5 . Cigurri, in, 4* Cilbiani di s>pra e di sotto* v, 3 i. CUbiani campi, xxxm, 37. CilbiaOa giogaia, v, 3i. Cileni, v , 34. Cilici Mandacadeni, v, 3a. Cilicia vicioa all Siria, t , aa ; vm, 76 ; x, j 16 ; xm, 9 ; xvt, 13 > xvm, 3o ; xxu, 11, 4a * xxxi, 8, 12. termine della Cilicia, v, 23. monti; xxiv, ios. pietre di Cilicia, xxx vi, 47* **" t , aa. mare di Cilicia, v, 26, 35. Cilla, v, 3a. Cillaba, t , 5. Cimbri, v, 37, 38 ; xxvi, 9 ; *xxv, I. rotti, vili, 61. promontorio' dei Cimbri* n, 6 7 ; rv, 27. Cimbri rotti da Q. Catulo, xvu, 1 . vi itoria Cimbrica, t u , aa ; m i n 53. guerre Cimbriche, 11, 58 ; xvi, 57 ; xxu* 6 ; x x x t i , 61. Citninia selva, 98. Cimmeri, Antaodro, v, 3a. Cimmerio Boiforo, iv, a4 ; vi* 5 ; xvi* 59. Cimmeria citt, 111,9; VI larghewa del * Bosforo Cimmerio, i t , 36* CUonorii Sciti, vi, 14. Cimoli, vi, 3. Cimolo, ir, a3. Cinara isola, v, 33. Cinedopoli isola, t , 36. Cingilla, t , a i. Cingalani, ni, 9, 18. Cinia citt, m , 11. Cinips fiume e regione, v, 4Ciniria, T , 35. Ci fiume e citt, v, 4> Circei, u , 87 ; i n , 9 ; x t , 36 ; x x t , 5 ; xxxu, i l . isola Circeo, secondo Omero, 111,9. lerr' t<H rio Circeiese, xix, 4> Circeo (oella Colcbide), t i , 4* Circio moote, t , 37. Cirra citt, v, 4< Cirrei campi, I t i . Cisalpina Italia, x t i i , 3,Cisamo, v, ao. Cisipadi popoli, t , 4 Cisori, vi, 35. Cispii, t i , 35. Cissa, v, 18. isola, m , 3o. Cissrussa isola, v, 36. Cissianti, t i , 14. Cissii monti,< t i , 7. Cistene, t , 3a. Citarista porta, i h , 5. Cileno (di) gioghi, t i , 7. ' Citerone bosco, i t , ia. Citio, v, 35. (iu Cipro)) s i n , 3g.

,667

INDICE GEOGRAFICO

16G

Clamidi, Deio, i t , 32. Clampetia, in, io. Clarii, i t , 18. Clario Apollo (di) tempio, r , 3 i. spelonca,
ii, 106.

Classica colonia, 111, 5.


Clamiti Silici, vi, 3o. Claterna, in, ao. Claudia, in, 37. prefettura, 111, 8. Claudio monte, in, a8. Claudiopoli di Cappadocia, v, ai. Clazomene, t , 3 i } xxxi, 43 xxxu, 9. Ciatomenu intorno al Tanai, ti, 7. Cleone, i t , 6, 10 ; xxxti, 4- ( ' n Macedonia ), it , 17. Clibano, r, a 3. monte, ni, i 5. Clide itole, t , 35. Climax Megale, ti, 39. Clisobora, ti , aa. Clilernia de'Larinati, in, 16. Cliternini, m , 17. Clitorio, v, 10. Clitorio fiume, x, 34. Ugo e poxxo, xxxi, 3. Clodia fossa, in, ao. Cloro fiume, v, aa. Cluana, ni, 18. Cludro fiume, t , ag. Clnnia, in, 4. Cluuieie eonTento, in, 4Clupea, t , 3, 7J x xxt, 59. Clusiolo, ni, 19. Cnemi, it , ia . Coani, ti , 3a. Coara, ti, 17. Coaspe fiume, ti , 3t ; xx it, ioa ; xxxi, a i. Coatra monte, T, 37. Coatri, ti , 7. Cobo fiume, ti, 4 Gobori isola, t i , 3a. Cooanico lago, xxxi, 3g. Cocilio, t , 3a. Codnto (Codnthos), ni, 6. Cocinto (Cocinthnm), in, i 5. Cocondi, ti , a 3. Cocossati, i t , 33. Codani, t i , 3a. Codano seno, i t , 7. Cotanti, n , 110. Cole, ti , a 5. Cofeta fiume, t i , a i, a3, a 5. Cogamo fiume, v, 3o. Coi, x it, 10 ; xxxt, 36 ; xxxti, 4 Cos o Coo, isola, t , 36 ; xt, 37 ; x tu , 3o . Colapiani, ih, 38 . Colapi fiume, 111, a 8 . Colami, it , 35. Colobi, x, 67 ; xxxm, i 5, 37. fondarono Colebinio, ut, a6. Orieo, t . Pola, ni, a 3. * Colobi popolo, t i , 4< Colchide presso il fiu me Fati, xxt, 100. Surio fiume della Col

chide, 11,106. deaerti della Colehide, tii, i i . Colchinio, ni, a6. Colento isola, in, a5. Colentini, ut, 36. Coliaco promontorio, n , a4< Colica regiooe del Ponto, vt, 5. Collalini, ni, 16. Collatia, ni, 9. Colligat, t i , 35. Collina (porta di Roma), xTin, 3. porta, xt, 10. Collippo, i t , 35. Collode isola, in, i 3. Colobona, 111, 3. Colocasite isola, t i , 34Colofone, 11,106. ColofonK, t i i i , 61. M iile de1 Colofonii, t , 40. Colombaria isola, ni, ia . Colone (nell' Eolide), t , 3a. Coloni isola, it, 19. Colonia Agrippinese, i t , 3 i . Colopena regiooe, t i , 3 . Colosse, t, 41 ; xxxi, a i . Colpe, t , 3 i. Colpusa, Caloedone, t , 43. Colubi, ti , aa. Colubra ria, in, x i. n d P isola Galabnriii! terreno d i serpenli, t I . Coma, t , a8. Comacina, 111, 5. Comana ( in Cappadocia ) t i , 3, 4* Comm, t i , 18. Comata Gallia, it, 3i ; xi, 47; xm i, ao; xnin, 16 ; x x x t i , 7. Comati, t i , 18. Comini, ni, 17. Commagene, 11, 108 ; , i 3, ao ; x, 90, 63 ; xu, i 3. termine della Commagene, t, ai, Commone isola, t , 38. Como citt, in, a i ; x x x i t , 4 *- eoolado di C* o n o , n, 106. Comesi ( di Galatia ), r, Compiutesi, in, 4. Compsani, m , 16. Concordia colonia, m , a a . Giulie, in, 3. Concordiesi ( in Lnsitania ), i t , 35. Condigramma, vi, a 5. Condocate fiume, t i , aa. Conimbrica, i t , 35. Conio, t , 41 Conisio, t , 33. Conopon, isola Diabasi, i t , a4. Consaburesi, u t , 4. Consilino (di) castello, iu , i 5. Consorrani, i t , 33. Consuaneti, in, 34. Consnarani, m , 5, Contestania, in, 4. Contributa Giulia, ni, 3.

66g

INDICE GEOGRAFICO

1670

Convalle isola, vi, 3?.


Conveni, i t , '33. Coo isola, xm , a ; x x u , a. castello nell isola Calidna, i t , a 3. Copa, iv, ia . Copiile prefettura, t , 9 . Coprite Apollo beche, xxx, a. Copto, xm , 5o. emporio, t , 11. cilli, x, 49 della Tebaide, x x x t m , 17 18, 55, 56. Cora ( io Egitto ), xm , 9. Cora di Alessandria, ti , 39. Coracesio, v, aa. Corarobi, t i , 35. Corani derirali da Dardano, 111, 9. Coraoiti, t i , 3?. Corasie isole, i t , a3. Corasmii, t i , 18. Corassi, t i , 5 ; 11, io5. Corassico monte, t , 37. Corassici monti* t i , 10, i 5. # Corcira isola, i t , 19. Melena isola, m , 3o. Cordilasa isola, t , 36. CordoTa colonia, ui, 3 ; xix, 43. Cordovese coorento, m , 3. Cordueni, t i , 17. C ordale porlo, 6, 4 Corese lido, 111, 3. Coresso, ir , ao. Coreto golfo dalla palude Meotide, i t , a6. Corfiniesi, ni, 17. Corfinio, t i i , 54. Corioe isole, tv, ao. Coriceo promontorio, t , 3 i . Corico, x x x t , 60. monte di Cilicia, i t , ao; x m , ao ; xxi, 17 ; xxxi, 3o. porto e spelon ca, t , aa. antri Coricii, xxxi, ao. Coridassa, t , a8. Corifa, t , 3a. Corifanta, t , 43. Corifasio, i t , 9. Corimbia, Rodi, T, 36. Corineo promontorio, t , 3 i. Corineo, t , 35. Corinesi, iu, 16. Corinio, i h , a5. Corinto e paese all* intorno, xxnr, 4* colonia, i t , 5 ; xni, a ; x x x t , 35. preso, x i t , 5 ; x x x i t , 3. Mummio distrasse Corinto, x x x i t , 6 ; x x x t , 43* Corintii, Xx x t , 5 . Apollo nia colonia dei Corinlii, h i , a6. colonne Co rintie, x x x t i , 56. Corintio metallo, ix, 65. statae, ecc. x x x i t , 3. foce del golfo di Corinto, i t , 3. Coriolani, 111, 9. Cormalo fiame, r , 3a. Cornacati, in, 28. Come collina, xti, g .

Cornelia Castra, t , 3, 4* Corneliani Liguri, in , 16. Cornicolo* 111,9. Corolia, t i , 3a. Coromande, t i i , a. Coronea, it , ia. Coroneo golfo, detto da Corone* i t , 7. Corpilli, i t , 16. Corsari, Persiani, t i , 19. Corsee isole, t , 37. Corsi, x t , 38. ( nella Sardegna), 111, i 3. Corsica isola, h i , i a ; t i i i , 75; x t , 3g j x n , &8, 76; xxx TH, 56 Corticata isola, i t , 34. Cortonesi, 111, 4, 8. Cosa (di) ririera, i h , ia. Coscino, t , ag. Coseno fiume, t , i i Cosenxa citt, i h , 10. Cosentino territorio, x t i , 5o. Cosira isola, ni, 14 i t * 7. Cosiri, t i , a i, Cosoago fiume, t i , aa. Cossa Volcienzia colonia, in, 8. Cossei, t i , 3 i. Cossetania, i h , 4. Costanza Giulia, tu* 3. Ossei, t * Zili, t , i . Costobocci, t i , 7. Cotiaio, t , 4 > Colieri, t i , 19. Colin asa, Gadir, i t , 36. Cotone isola, it , 19. Colta di Mauritania, t , 1 ; xxxu, 6. Cotti, t i , 7. Cottiane cittadi, in, 4<. Cottonara regione, t i , a6. Crago promontorio, t , 8. Crambassa isola, T, 35. Cranao, t , 39. Cranda, t i , 35. Crania, i t , 3. Cranone, i t , i 5. (in Magnesia ), i t , 16. fon te, xxxi, 17. di Tessaglia, x, i 5. Craspedite golfo, t , 43. Cratai fiume, in, 10. Crati fiume, 111, i 5 ; xxxi, 9, 10 ; xxxvn, 11. Craagie isole, i t , ig. Cremnisco, i t , s6. Cremona colonia, m, a3 ; v ii , 3g. Creonc monte, t , 39. Cressa porto, t , 39. Cressa isola,- tu, s 5. Creta isola, iv, so ; t u , 16,57 ; viu, 83 ; x, 4 5 x u , 5, 55 ; xiu, 9, 36, 48 ; x t , i o , 3 i ; x t i , 46,60 5 xxi, 46, 69 ; xxiv, 3s, 96 ; xxv, 53,6 4 ; x x t i , 663 xxvu* 17, 74, u 5 ;x x x i, a6, 3o ; x x x i i ,

INDICE GEOGRAFICO aa ; xxxv, 18 ; x x x t i , 4, 19 Dille monte di Creta,xxiv; ioa. Cretesi, vu, 57. labi rinto di Creta,xxxvi, 19. nrore di reta, m, 10 ; iv, 18; ao. Cria d e 'fuggitivi, V; 39. Crialone citt, v, 11. Crienone tre bole, , 35. Crini fiume, v, 43. Crinovolo, 111, 19. Crio fiume, v, 3 i. Cripto, Cipro, v, 35. Crisa, v, $*. is o li,iv, ao. Crise promontorio, vi, ao. ( In Iadfa ), vr, 38. Crisei, vi, a3. Crisocera promontorio, rv, 18. Crisopoli, v, 43. Crisorroa fiume, v, 16. Gendo, v, 43. Crisorroa, Pattalo, fiume, v, 3 fiume ( in Pon to j, in, 4. Crissa, iv, 4. Cisseo gol Co, ivi. Critensi, vi, 35. Critone, ir, a8. Criumetopon promotorio, rv, ao, 26 ; x, 3o. Crobixi, iv, a6. Crocala isola, vi, a3. Crocilea i iota, iv, 19. Crocodilo citt, v, 17. Crooodilo monte, v, aa. Crooodilopolite prefettura, v, 9. Crommioneso isola, v, 38. Cromua, vi, a } ix, 83. Cronia, Bitinia, v, 4* Crooia mare, iv, 37, 3tf. Croto citt, in, 15 . Crotoniesi (dei) Terina,, m-, 10. Cruna promontorio, vi, 5. Crani (in Tracia ), v, 18. Crusa isola, v, 36. Crustumerio, ni, 9. Crustumino territorio, 11,98 ; iir, 8. Crustumio fiume, in, 20. Ctesifonte, vi, 3o. Cubulterini, ni, 9. Cucio fonte, vi, 34* Culici Flamoniesi, in, 23. Culto citt, v, a. Cuma, xvm, 39; xxxvt, 66. (io Italia ) , xxxv, 46. dei Calcidesi, ni, 9. Cumano, xvn, 38. , Cumania, vi, ia. Cumero promontorio, in, 18. Curoi, vi, 35. Cuneo promontorio, rv, 35. Cunici citt, ni, 11. Cunicularie isole, ni, i 3. Copra, iu, 18. Cuprei! cognotahati Monta ni, ivi.

6 ;

Curesi, m, 17. Cureti, vu, 57. Cure l detta l Aearnanb, v, a. Crete, 4, ao. Curia, v, 35. Curiati, in, 19. Curile cill, 11, 93. Curiti, ni, a5.

Cumbi* v, 3.
GUrtio foitte, x xxn; 24. Cusvetaui, in, 9. Cutilie acque, n, 96. nei Sabini, m , 17 ; xxn, 6, 3a.

D
Dsci, Geli, v, 25 ; vi, 3g ; xx u , a . dei Daei 0 nota la origine, vn, 10. Dafivsa, iv, i 5. Dafnide isol-i, vi, 34. Dafno (nellaFodde), v, 1a. (neMa Ionia), v, Si. Dafuusa, Tallusa, v, 38. Dai, vi, 19; xxxvn, 33. Dalmati, i i i , 26. Dalmazia, m , * 8 ; xxxi, $3 ; xxxm, 31. principio della D a lro e ib , m,*GL costiera, 11, 44*~~ Alpi D alm ate, x , 97. Demanilani, in, 4Damasco di Siria, vi, 16; x m , 12 f x xx v i, 11 Siria Oamascoa, v, i3. Damasco monte* xut, le . Damea Aparaia, v, 33. Damnia, vi, 3a. Dandagub, Vi, a3. D andfri, vt, 7. Daneone porto, vi, 33. Daogali, vi, a5. Danubio ( del) nascita, xxxi, 19. oorso,xr,4. Daorizi, in, 26. Dara fiume, vi, 28. Darat, v, 1. Da rati ti, ivi. Dardani (in Epiro), m , a g ; ir , 1, 17 ; xxxm , ia. Dardania, Sa mot race, v, a3. Dardanio citt, v, 33. Dardi popolo, ni, 16. Dardi, vi, aa. Indiani, xi, 36. D ardo, vi, t i . Daremi, vi, 34Da ri, ( Dari ), vi, 3. Dari ( Darae f Gelali, v, 1. Darite, vi, a5. Daron, vi, 35. Darri, vi, 3a. Dasdlo, v, 40. Dascusa, v, ak Da sd i, vi, 35. Dasibar fiume, v, 5.

*6;3

INDICE GEOGRAFICO

i 6 ;{

D iisartli, iii , a6 ; ir, i. Da lo, i?, 18. Dauli regione, i t , 4* Daulote fonie, vi, 3a. Daunii colonie, ni, 16. confine de* Daunii, ivi, Davelli, vi, 35. Debri citt, v, 5. Decapoli di Siria, x t , 4 - DecapoHtaw regione, t , 16, 17. Deciani, 111,16. Deciati, 111, 5, 7. Decorna, ttiy 3. Decumani colonia, 111, 5. Decuni, 111, a6. Dedala, t , 29. Dedalo itola* t , 35. Dei ( d e g l i ) p r o m o n t o r io , i t , 36. Deilauia, 111, 4> Delfacia isola, t , 44* Delfino ( del) porto, 111, 7. Delfo, 1, 96 ; t u , 3o, 3a ; i n , a6 ; x x x i t , 17, 19. x x x t , 35 4 0 . citt, v, 4 * ** oracoli di Delfo, t i i , 47* Deliaci, x, 71. Deio isola, 11,89,106; i t , aa; xm , a ; x t i , 89 ; x x x i t , 4*. xxxvi, 4. Iperbo* < rei sogKonO'matkdare a Deio, v, 26. Delta, Egitto, in, ao ; t , 9, 10; x x x t i 16. parta pi alla del Delta, t * 9. Demetriade ciM* i t , i 5. Demonneso, t , 44 Denda, in, a6. Dendro isola, i t , 19. Denna, t i , 35. Densalati, i t , 1. Denseloti, iT , 18. Derangi, t i , a3. Deraside isole, t , 3i. Derasidi, ii, 91. Derbice, t i , 1 8 . Deremisti, in, a6. Deretini, 111, a6 Derra, i t , 17. Dersene paese, t , ao. Dertona colonia, in, 7. Dertasani, ni, 4< Desiziati, 111, a6. Dessimontani, t i , a6. DesuTati, in, 5. Derade, t i , 3a. Dereltone, Denlto, i t , 18. Dia isola, i t , ao. ( ne Tauri ), i t , 26 Nasso, i t , aa. Diabete isole, t , 36. Diablindi, i t , 3a. Diafane fiume, v, aa. Diana ( di ) bosco, x t i , 91. Dianio, in, 4, 11. Diane*, m , 4* Dianio isola, m, ia.

Diarrensa isola, t , 38. Diarrito, Ippone, t , 3. Dibilach, t i , 3 i . Dieta ( Dicaea ), i t , 1 7 . Dicea ( Dicaeae ), iv, 18. Dicearchia, Pozzuolo n i , 9. Didime isola, ni, i 4* Didime isole, 111, 14 Didimeo, x x x i t , 19. Diduri, t i , 11. Diese colonia, i t , 17 . Digba, t i , 3 i. Diger, i t , 18. Diglito, Tigri fiume, t i , 3 i . Dimaslo isola, t , 36. Dime colonia, i t > 6. Dimuri, 111, a6. Dindimo, Cizico, t , 4 Dindimo monte, ivi. Dinia citt, 111, 5. Dio Teodosia fonte, 11, 106. Dio ( in Creta ), it , ao. Diobessi, i t , 18. Diocesarea iu Cappadocia, t i , 3 Diodoro ( di ) isola, vi, 34Diomedea isola, i u , 3o. isola di Diomede, x, 61 ; xn, 3. , limite, x x t , S3. promontorio, ut, a6. Dion, t , 16. ( in Eubea ), ir, 21. Dionisia isola, i t , 19 ; t , 35. Dionisia, Nasso, i t , aa. Dionisopoli i t , 18. Dioniso poli ti, t , 3 9 . Diori t lo, i t , a. Dioscoridu isola, t i , 3a. Dioicoro isola, iu, tS. Dioscuria, t i , 5. . Diosieriti, v, 3 i. Diosieronili, t , Diospage, t i , 3o . Diospoli, t , 18. Laodicea di Frigia, t , 29. (in Egitto), t u , 57. la grande, t , 11. Diospolite prefettura, t , 9. Dirce fonie, i t , 12. Direa, t i , 35. Diri, monte Atlante, t , i . Dirini, in, 16. Dille monti di Creta, x x i t , ioa. Dittinneo monte, i t , ao. Dizioni, 111, 26. Doberi, i t , 17. Dochi, t i , 35. Docleati, in, 26. Dodone, n , 106; x x x t i , 19. tempio di Gotc Dodoneo, i t , i . Dolati Saleotioi, in, 19. D o lio , Icaro, i t } 23

INDICE GEOGRAFICO Dolicbe isole, vi, 3a. Dolichiste isola, t , 35. Doliooi, Cizico, v, 4o. Dolooci, iv, 18. Dolopi, iv, 3. Domala, vi, 3a. Domazane, vi, 34. Donacesa monte i t , i 5. Donosa isola, v, aS. Dora fonie, ti, 3 a. Dorici in Asia, vi, a. Doride regione, i t , 3. dove comincia, t i , 39. golfo della Dori de, v, 39. a tergo ( della Tessaglia ) il moate Eia, xxxv, 40. Dorilei, v, 39. Dorileo d Frigia, v, 3 i. Dorio concento, n, 30. Dorione, i t , 7 ; v, 3i. Dorisci, t i , 35. Dorisco, i t , 18. Dolione, v, 16. Dracone monte, v, 3 i. Dracooone isola, iv, s 3. Dramasa, polo australe, n , aa. Drangi, vi, 35. Dravo fiume, in, 28. Drepane, Corcira, ir, 19. Drepano, xxxn, 1 1. promontorio, tu, i 4- ( in Iudia ), vi, 34* Drilo fiume, ni, a6. Drimati, vi, 3a. Drimea regione, rv, 4> Drimode, Arcadia, iv, 10. Drimusa isola, v, 38. Drinio fiume, in, >9. Driopi popolo, v, 1. Driope, Tessaglia, ir , i 4Driusa, Samo, v, 37. Dromi co, 11, 91. Druenza fiume, i i i , 5. Drngeri, i t , 18. D ruidi, xvi, 95. Duato golfo, Ti, 3a. Dulichio isola, v, 19. Dulopoli, v, 39. Dumana, vi, 35. Dumna isola, v, 3o. Durszzo (in lllirio), in, 16; xiv, 4 4 * xxxn, 9. colonia, in, a6. Duria fiume, v, a5. due D are, ni, 30. Durine, d li regia, vi, 3 i. Durio fiume, i t , 34, 35. Eaudesi, , 4*> Eano, vi, 33. Eant golfo, t i , 33. Eante ir, Eanzio cilti, t , 33. p rom ontorio, w , 16L Eanzione isola, i t , 33. Ebata, t i , 3o. Ebdomcoootacometi, vi, 35. Eblilei monti, vi, 3a. Ebode, vi, 3a. Ebora (in Lusitania), iv, 35. Ebro fiume, v, 18; xvin, 3. ( d i Tracia), xxxiu, 3t. Ebude isole, v, 3o. Ebura Cereale, 111, 3. Eburini, ni, i 5. Eburobrizio, iv, 35. Eburovici Aulerci, iv, 3a. Ebuso isola, in, 11; vni, 83 ; n , 3 > ; xv, ai ; x n , 3o. Ebuso ha te rra c h e d faga aDe serpi, 111,11. lerra d 'E boso, i n , 11 ; xxxv, 59. Ecalia, iv, 7, 3 1 ; xxxv, 4 * Ecaliee, t i , 35. Ecani, ni, 16. Ecatompilo, vi, 17. dei P a rli, ti a i . regia di Arsace, vi, 39. Ecbalana, xxxi, >4* d ei M edi, t i , (in Media), t i , 39. (in F e n ic ia), t , 17. Ecdippa, t , 17. Ecbelliesi, in, 14. Echinade isole, n, 8 7 ; nr, 19. Echino, v, 14. (di Acarnania), i r , a. Ecbinnssa, Cimolo, xv, s 3. Ecrettica, vi, 4* Eculani, ni, 16. . Edenati, ni, 34 Edepso, v, a i. Edessa in Arabia, v, a i. Edessa (di Macedonia), vi, 39. Edetania, in, 4* Edetani, t. Edipno fiume, vi, 3 i. Edipodia fonte, v, ia . Edooi popoli, vi, 19. EJoni, it, 18. Antandro, v, 32. Edono monte, i t , 18. Edosa, vi, 35. Edro porlo, in, 30. Edui, iv, 3s ; xvn, 4< Eense citt, v, 4- Bens, v, 5 . Efeso, xxxm, 37. opera delle Aniaxoai, v, 3 i. altro lume dell* Asia, ivi. tempio di Diana in Efeso, n, 87 ; vu, 38 } x x x t i , 56. tempio, xvi, 19 ; xxxin, 55 ; xxxiv, 19 ; xxx vi, 4 ; xxxvn, a i. sette volte rifabbricato, x n , 19. porto, xxxv, 40. D ianaE fesaa, xnr, a. Efesii, xxxrv, 19.

E
Ea fiume, in, 26. monte, vi, 33. Ea ( nella Colchidc ), ti, 4*

>677

INDICE GEOGRAFICO

1678

E feslia (io Leone), i t , a3. Efeatiade isole, in, i f . E festii mouti, a , n o . Efcstio ( nella Lida ), , a8. E (ira, Corinto, i t , 5. E fire isola, i t , 19. E fi ri, i t , 3. Eg?* Ti 32. (di Cilicia), y, aa. E g e (Aege) in Macedonia, i t , 17. E gelesta di Spagna, xxxi, 3g. Egelestani, ni, 4* E g eo m a r e , i t , 18 ; x , ao. E g etin i, in, 16. E gialio monte, ir, 11. Egialia isola, i t , 19. E gialo, Acaia, i t , 6 . E g id a citt, 111, a3. E gila isola ir, 19. E gilia isola, i t , aa. E g ilio isola, in, ia. E g ilo , isola Capraria, m , ia. E gilode golfo, i t , 8 . Egivnero (di) are, t , 7. E g in a isola, i t , 19 ; x x x i t , 6. E g in io , i t , 17. E gio, x, 36. Egiofte, i t , 6. E gipa, t i , 36. Egipani, t , ; t i * 35. mezzi fiere, v, 8. E g ira , i t 6} x x t i i i , 4 *- (L esbo), t , 3g. E g itto , 11, 40, 46, 71; t i i , 3, 4, 57; t o t , 34, 3 6 ; ix, 3a ; x, 74 Z|i <<3 ; 5 i ; xm, 6, 9, 10, Sa, 37; x i t , 3 9; x t , 7, 3 i ; x t i , 4 , 7 6 ; x t i i , a, 3, 3o ; x t i i i , 10, 11, ao, a i, 30, 3 i, 7 9 ; xix, a ; xx, j3 5 ; xxi, 5i , 6 9 ; xx n , 8a, xxm , 53, 70; x x i t , 44' 6 7; x x t , 5 ; xxxi, 33, 39, 4a> 4 6 ; xxxn, 3 i ; xxxm, 4 6 ; x x x t , 4a, 53; x x x t i , 11, a8. Egitto T i c i n o alP Africa, t , 9. presso Omero, xm , 3 1. non era al tempo d* Omero, xm , 37. Nilo in Omero, t , i o . palustre, x t i i i , 47. superiore, t i , 35 . con ventimila citt, t , 1 1 . estremit dell* Egitto, t i , 35. labirinto, x x x Vi i , 19. nilrerie, xxxi, 46. parte soperiore, xix, a. popoli, 11, a3. prefettura, xix, a. piramidi, x x x t i , 16. il piano dell* India simile all1 Egitto, t i , a i. il Nilo divide I Egitto dall'Asia e dall* Africa, t , 9. alcuni lo posero nel nu mero delle isole, t , 9. Egizii, 11, 79; t h , 49, 57 ; x, 40; xi, 70; xxi, 101, io 3 ; xxxm, a8 ; x x x t , 6. mare Egi zio, z i, 6 8 ; t , 1, 10, 11. Egnazia citt, n , i n ; m , 16. Ego fiume, 11, 5g ; v, 18, Kgosteniesi, t i , 11.

Egorarri, i t , 34Egra, t i , 3. Eguituri, ni, a 4* Eguia isola, in , 14. Eione, t i , 6. Elafi te isole, 111, 3o. Elafi le isola, t , 38. Elafo monte, t i i i , 83. Elafonneso isola, t , 44Eiafusa isola, i t , 19. Elamiti, popolo e citt, t i , 3a. Elana, t , ia ; t i , 3a. Elanitico golfo del mar Rosso, t , 13; t i , 3a, 33. Eiatea citt, i t , ia. Elatio, t , a i. Elato, i t , 3o. Eia lo fiume, xxxi, 7. monte, i t , 19. Elbo isola, t , 35. Elbocorii, i t , 35. Eldamarii Arabi, t i , 3o. Elea (nell' Eolide), t , 3a, 33. (nella Propontide), ", 44. Elefante isola, t , i o . Elefantine (di Etiopia), x x i t , 102. (diTebaide), x t i , 33. Elegia di Armenia, t , Elei, x, 40. Eleoe isola, i t , ao ; xxi, 33. (tra le Sporadi ), i t , a3. Eleni, i t , 34. Eleo, i t , 18. (nella Doride), t , 3a. , Eie ti, i t , 18. Elettride isole, ni, 3o ; ir , 3o ; x x x t i i , 11. Elettride lago, x x x t i i , i i . Eieusa isola, ir , 19; t , aa, 35. Eleusina in Beozia, 11, 94 i t , i r . Eleossa isola, t , 38. Eleutera, i t , i a ; x x x i t , 19. Eleuterni, i t . ao. Eleotero (Eleutheros) fiume, t, 17. Eleutero (Eleutheriis) fiume, ix, ia . Elia, o Velis, m, 10. Elice (Elice), n, 94. Elice (Helice), i t , 6. Elicona monte, i t , 4 ; x x t , 31. bosco dellE li cona, IT , 13. Elii (degli) paese, i t , 6. Elide (in Acsia) paese, n, 78 ; v, 6 ; t u , ao ; x t i , i 3 ; xix, 4* 3 ; xxi, 19 ; x x t , 3o ; xxvm, 6 ; x x x t , 34 i x x x t i , 55. Elimei, xn, 3g. Elimaide, t i , 38, 3 i. Elio sbocco del Reno, i t , 39. Eliopoliti, xxxvi, 67. Eliopolite regione, v, 9. Eliade, xvm, 10. . (onde) cominci, i t , i . (Tessaglia), i t , i 4> citt, t . Ellene* i t , 14. Ellespontii, v, 3a. Ellesponto, i t , 18, a4 ; v, 4o ; t i i i , 83 ; x, 69; xvi, 88. dor oood* tato, v, 33.

a. o

if,7<i

INDICE GEOGRAFICO

6fe

Ellopi, IT, I . Elmodeni, t i , 3a. Elo, v, 3 1. luogo, i t , 7. Elopie acque, i t , a i. Eloro fiume, ni 14. castello di Sicilia, xxxu, 7. Elusati, v, 33. Elvezia, xii, a. EItcz, 1, 3 i. Elrico territorio, xiv, 3. Alba degli Elvi, iu, 5. Emanici, 111, 3. E inasin, ni, a6. Emazia, Macedonia, i t , 17. Etneo, ti, 35. Emerita Augusta, i t , 35. (di Lusitania), x, 65 ; x t , 4* Emeritese convento, v, 35. F.men, v, a i. Emeseai, v, 19. Eminio citt e fiume, i t , 35. Emitcabale fonie, vi, 3a. Km ma us toparrhia della Giudea, v, i 5. Emo monle, v, 17, 18. fonti (in esso), xxxi, 3o. a l t e z z a d e l l Emo, i t , i . Emodo monte, v, 37; vi, a i. Emodi monti, vi, a i, 24. Emona colonia, in, a8. Emonia, Tenaglia, v, 14. Emporie, ni, 4* Emuaii, vi, 3a. Knagora Isola, v, 35. Enare isola, v, 38. lunaria isola, ni, ia ; vi, 60 ; xxi, 5 ; xxxu, 54. Enchelei popoli, in , a5. Enderoduni, 111, a6. Enea te (vino), x i t , 9. Enecadloi popolo, v, a6. Eneli, v i , a. Engadda, v, i 5. Enguini, i i i , 1 4 . Eniando, v, aa. Eniesi, v, 3. Eningia isola, iv, 37. Enio bosco, v, 28. Euiochi, vi, 18. Ampreuti, vi, 4 * Sanni, ivi. Eniochi popoli, vi, 4 5. molte sorli, vi, ia. Enioehii monti, vi, 10. Enipeo fiume, v, i 5. Eoispe, iv, 10. Enneacruno fonte dell' Attica, v, 11; xxxi, a8. Ennesi, in, i 4> Eno, v, 18 ; xvu, 3 ; xvm , ia. Eooa, v, 11. Enoanda, v, 28. Enoc, Siici no, i t , aa. Enona, in, a 5. Enone, Egina, it, 9. Enosi isola, 111, i 3. E notride isole, iu, i 3. E oolrii in Italia, m , 10.

Entellini, ni, 14. Enussa isola, v, 38. Epusse isole, v, 19. Eodanda isole, vi. 3i. Eolia isola Sera, 11, n o . isole E olie, u , 89; in, 14 i xxxu, 11 ; xxxvii 4. Eolia (Acolis), v, 32. Eolica gente in Asia, vi, a . Eolio, v, 18 Eoo Oceano, vi, 14. Eoo m are, x, 3o. -* Eoi lidi, v, 37.. Eordea, v, 17. Eordesi, iri. Epa geriti, vi, 5. Epagri, Andr, iv, aa. Epei, Elii, iv, 6. Epetini, 111, a 6 . Epi, vi, 35. Epicnemidii Locri, v, 19. Epicrane fonte, iv, ia . Epidafne, Aotiochia, v, 18. Epidanno colonia, 111, 26. Epidaro, v, 35. Edidaoro citl, iv ,9. serp en te p o rtato da Epi dauro, xxix, a a . E pidauro colonia (di Dal mazia), hi, a 6 . Epidauro, 11, 91. Limer, i t , 9 . Epidire Berenice, t i , 34. Epimaranili (sull'Eufrate), v, a i . (di Cilicia), * v, a a . Epifancesi (di Siria), , 19. Epio. tv, io. Epiro (Epiros, Epirus), iv, 1 j tiu 61. princi pio dell Epiro, iu, a 6 . E p iro tic i, i t , 17. Episibrio, ni, 3. Epilo monte, iv, 17. E polio, iv, 26. Epopo inopie, it, 89. Eporedia, n i , a i ; xxi, a 6 . Eptaporo fiume, v, 33. Equesi, iu, 4Equestre colonia, iv, 3 i. Equiooli, x x t , 48. EquicnU (Equiculi)v in, 17. Eraclea (ne Cadusii), t i , 18. (nella Caria), t , 18. (nella Caria), v, 39. C herrooeso, rr, 36. (io Creta), v, ao. Latrao, v, 3 i. (di Ma cedonia ), v, 17. (altra ), ivi---- ( di Ponto ), vi, 1 ; ix, 83 ; xv, 39 ; xvi, 8 9 ; x x l , 44 ; xxvn, a. citt alla foce del Rodano, 111, 5. Stotica, v, 17. (in Siria), v, 18-----(in Tracia), v, 18. Trachin, v, 14. trailo d ' Eraelea,

V, 3 2 .

Eraeleo (nella Colchide), vi, 5. Eraeleo fiume, vi, 4. Eracleopoliti, xxxvi, 19. +- Ecadeopolile citl, v, 9 ; xxxvi, 19.. Eradeotica, (foce del.NiU?), r , 11 ; x ,4 9 Eraclia d' Acarnani, i t , a . della Siria, xu, iS .

INDICE GEOGRAFICO E ranuoboa, vi, aa E ra n u ta isola, m , i5. E rasino fiume, u 106 ; iv, 9 Erasluira, m , 1? E r a (emi, n , 26 E rato n o isola, , 3/jE rarisci, m, a8. E rb an o , m, 8. E rbessesi, m, 14. E rbitesi, 111, >4E rbulesi, m , 14. E rcinia selva, iv, a5. di Germania, x, 67. Ercinio bosco, xvi, 3. Ercinio monte, iv, 38. E rcole (di) ara, v, 1. colonue, 1,67 ; 111, Proeto, v, 1 ; vi, 39 ; xm, 4 XIX 1 xxvii, 1 ; x x i k , 8. isole, m , i 3. porlo, m , 10. citt nell isola del Nilo, v, 9. porto di Monaco, n i, 7. Erculaneo rivo, xxxi, 3$. E rculanio ci U, 111, 9. E rcuniati, 111, s8. Erdoniesi, ni, 16. E re a , v, 10. E rebinlode isola, r, 44* E re so, v, 39. E retria (iu Eubea), v, s i. Erefciij , 3a; Erga ricesi, 111, 4* E rgetini, 111, 14* E rgino fiume, 1, 18. E ria, C rtla, ir, 30. Tasso, v, 33. E rian no fiume, f, 3. Erice monte, iu, 4* Ericini, in, 14., Erteusa isola, v, i 4 ; iv, 19. Eridano fiume, ni, ap* Poi ui, 30, 31, xxxvu, 11. foce delta Eridano, 111, 20. EriinanlO fiume, iv, 10 ; vi, 35. fouti dell' E rimanto, xn, 57. Erineo, v, 6. Erinoona, ir, i 3. b rii ^ , ir, 6. Eritia, Cadice, ir , 36. E rilra, xxxu, 11 ; xxxv, 46. ( in Beozia ), ir, 1 a. dor il fiaine Aleo, x x n , 10. tempio di rcole in Erilr*, xi, 36. Eritrei, vu, 57. E ritreo a re , ir , 36 ; vi, a8. Ermesia, r , 3i. Ermione, ir, 9. Ermione, ir, a6. Ermionio paese, v, 19. Erm uio, ir, 36. Ermo fiume, r, 3 >. Ermocapeliti, v, 33. Ermonassa, vi, 6. Ermonljle citt, r, 9. Knt'.yolile cill, v ,g . Erm uodurvi, ir, 38. Ernico leni lor io, m, 9 ; Eroico capitale, ivi. fcrodio toparchia, v, i 5. Eroo, vi, 3a, 33. Eroopolile citt, v, 9. Eroopolitico golfo, v, 12. Eilicei, vi, 7. Esar, vi, 35. Esbonili Arabi, v, ia. Escaino fiume, 111, 9. Esco fiume, 111, 39. Escua, ni, 3. Esculelo, xvi, 5. Esepo fiume, v. 4*> . Kseroini, ut, 17. Esi fiume, tu, 19. Ei>ulro fiume, vi, 21. Ejiroa, v, 18. Esinali, tu, 19. E*io fiume, v, 43. Esiro fiume, v, 43Esolani, ni, 9. Esperidi (nella Pentapolitana regione), r, 5. orti delle Esperidi, v, 1 ; xix, i 5, 19, 3 2 ; xxx va, 1. isole, vi, 36. Esperii Etiopi, ti, 35, 36. Esperio monte, 11, n o . Esperio promontorio, v , 1. Esperion cera, vi, 35, 36. Esquiliua (porta di Roma), xvm, 3. Essedoni, v, 26. uniti ai Colcbi, v, 7. Scili, vi, 19. Esseoi, v, t 5. Estieote, xxxt, 9. Estreesi, v, 17. Estuarla Onoba, m , 3.. Esubiani, 111, 24 Esusia isola, vi, 34. Eia, vela, monte, ir, i 3 ; xxv, 21; xxxvu, 5'j. moule della Doride, xxxr, 4> * Eiaiia isola, u ia. Cbio, v, 38. Etassalo isola, vi, 3a. Elea, ir, ao. Elei, vi, 19. Eteleo fiume, v, 4 l Eteri* ( Etiopia ), v 1, 35. Eliai (E thini), v, 4Eiini (Siini), tu, i 4Etiope, Lesbo, v, 3g. Etiopi, vm, 37; x, 3} xix, 3 ; xxx vi, 9. Aroteri, vi, 34- Asachei, viu, i 3. Cinamolgi, vm, 43- Baratili, v, 1. Pe rorai, v, 1. Esperii, vi, 35, 26; viti, 33. Omero li melle in due parti, v, 8. a tergo dell1 Egitto, v, 9. marittimi, vi, 35. cacciatori, viu, 54 imitanti il colore degli Etiopi, xxu, 2. metalli, xxxvu, i 5.

683

INDICE GEOGRAFICO

ultrice di un popolo Tincitore, 111,1. ctrevito popoli abbronzali, vi, aa. monti, n , 87. dell* Europa, i t , 37. grandezza, t i , 18. un parte vive sollaulo ili locuste, vi, 35. secondo golfo d* Europa, n i, i 5 . U n o , it , popoli, 11, a3 ; xxxm, 3G. lunghezza a4> termine, il T a n a , h i , Proani. larghezza della terra, t i , 35. trailo, t i i , 2. Europo ( nella Partia ), t i , ag. Eliopia, 11, 6 7; vm, 28, 3o, 45, 75, 8 0; x, Europo, i t , 17 ; t , a i. 37, 70 ; xvu, 29; x x t i i , 3 ; xxxi, 5, >4 ; xxxm, Eurota fiume, i t , 8 ; x x x i t , 1 9 . 4o ; x x x t i , 11, 67 ; x x x t i i , 35, 4>, 56. Eusino Ponto, t i , 1. Eliopia Dominata da Etiope figlio di Vulca Eutane, r, 39. no, t i , 35. coafina eoa 1' Egitto, xm, 38. Eiiteue, t , ag. di Ammone, x x x t i i , i i . Troglodilide, Eutichia isola, i t , a3. xn, 42. fine dell1 Etiopia, xm , 9. figura Erantia, Traili, t , ag. presentata a Nerone, xn, 8. piogge, t , i o . Africa in parte sotto all1 Eliopia, t i i , 49- Erarco fiume, t i , a. Erazi, v i , 7. due Eliopie, r, 8. Eveno ( Erenus) fiume, i t , 5 ; t i , 3 . Etna monte, m, 14. radici dell' Etna, 11, 106. Ereno ( Evoenus ), Pepareto, i t , a 3 . Etnesi, ni, 14. Etoli, vu, 57 ; x x x t i , 4- Etoli popoli, v, 3. Evergeli, t i , a5. Etolia, t i i , 4o ; x x x t , 37. citt dell Etolia, Evia, m , 3. i t , 3. Evonimi li Etiopi, t i , 35. Etrea, Rodi, v, 36. E T O o i m o , m, 14. Etria, Tasso, i t , a3. Exscoglio, i t , 18. Etruria. Vedi T oscaha . Etruschi. Vedi T oscani . Elusa isola, 111, 14. F Eubea isola, i t , 21 ; xi, i 5 ; x t i , 9$ ; x t i i , 37 ; xv ni, 1a ; x x t , 53 ; xxxi, ao ; xxxu, 9. dei Beozii, vi, 39. ( t ) canale, it, 100. CalFabaria isola, i t , 37. -r F ab arie iso le, xn u , k cide di Eubea, xi, 74. Fabiano T illa g g io , x t i i , 4 *> Fabiesi nel monte Albano, iu , ^ Euburiati, 111, 7. Fabraterni nuoT e vecchi, u t, 9. Eucarpeni, t , 39. Facussa isola, i t , a3. Eucati, t i , 19. Faenza, Barcellona, 111,4* Resci chiamati FaeaEudemia isola, it, a3. Eudone fiume, t , 39. zani, h i , 3. Euforbeni, t , 39. Fagi fulaui, ni, 17. Fttlacra, xiv, 4* Eufrate fiume, v, ao; vi, g, 10; xm, 3a ; x t , 34 ; Falser promontorio, vi, 19. x t i i i , 45 ; xix, 18; xxxi, ai ; x x x i t , 43 ; x x x t i i , 70. corso di esso, t i , So. interrotto da Falanna, iv, 16. Zeugma, r, a i. presso Babilonia, xm, a i. Falara citt, i t , ia. si mescola col Tigri, ivi. dor fosse la foce Falariesi, in, 18. Falasarne, rv, ao. dell1 Eufrate, t i , 3a. confluente, t i , 3o. foce, t i > 26. paludi, t i , 28. riva del fiume Falera porto, i t , 11. F alerico fonte, a , 106. Falerno contado, x i t , 4i 8. F a le rn i campi, in, Eufrate, t i i i , 8 4 . intercluso dagli Orcbeni, 3. Falerni Tini, xxin, ao, a i . t i , 3 . dicesi che nasca in Arabia, vi, 3a. Eoganei, 111, a3. Eugauei popoli, ni, 24. Falesina, ir, 18. Euippa, Tiatira, t i , 3 i . Faligi, n , 35. Euleo fiume, t i , a6, 3 i ; xxxi, a i. Falisca colonia, m , 8. F aliseo territorio, n, 106. contado de F alisci, t , a. Fafisa Eumenetica regione, t , 3i. ( lucus Feroniae ), jii, 8. Eumenia ( della Caria ), t , 39. ( della Tracia ), Fallienati, ni, ig. v, 18. Fama Giulia, m, 3. Eupalia, v, 4* Fauagoria, ri, 6. Eupatoria, vi, a. Fauarea, vi, 4* Euranio, v, ag. Fan isole, t , 38. Eurianassa isola, t , 38. Fauesii, ir, 37, Eurimedone fiume, t , a6. Fano colonia, m, ig. Eurome, v, ag. Europa terza parte di tu t la terra, ti, 38. Farbetite prefettura, r, 9. P a rb e to , v, i *.

685

INDICE GEOGRAFICO Fi buia resi Calagnritani, 111, 4Ficana, 111, 9. Ficaria, xxxvu, 33. Fico promontorio, v, 20; v, 5. Ficoleci, in, 9, 17. Fidena, x t i , 5. Fidenate territorio, 111, 9 ; x, 4 '* Fidenati, 111, 9 , 17; xxxiv, 11. Fidenti Aretini, h i , 8 . Fidentini, 111, ao. Fidenzia Giulia, hi, 3. Fiesole, ni, 8. plebe Fiesolana, tu , 11. Figela, v, 3i. Fila, isola, in, 11. Filace, it , 16. Filacei, v, 17. Filadelfia d' Arabia, v, 16. Filadelfini, v, 3o. File ( Philae ), isola, v, 10. File (Phyle), isoia, i t , a3. Fileni (dei) are, v 4* Filer, iv, 17. Filippi colouia, v, 18; xvi, 57; xvn, 3 ; xvm, 44 * xxxi, 46. in Grecia, xxi, 10. cam pi Filippici, xxxm, ia. battaglia di Filippi, vu, 46. Filippopoli (in Traeia), v, 18. Filisco, v, 21. Filistine fossone, iu, ao. Filo isola, vi, s8. Filocalea, vi, 4* Filomoliesi, v, a5. Filotera, vi, 33. Finelone, 11, 17. Fioopoli, 11, 18. fa gi tempo, v, 43< Fintia fonte di Sicilia, xxxi, 18. Fintone isola, in, i 3. Firite fiume, v, 3i. Firmani (in) citt, ni, 18. Firmo Giulio, 111, 3. Fiscella, v, 17. Fiscello monte, m , 17. Flaraoniesi Vaniesi, i h , a3. Flanati, ni, a5. Flanatico golfo, ivi. Flanona, m , a5. Flavia prima colonia, v, 111. Flaviobriga colonia, v, 54* Flaviopoli colonia, iv, 18. Flavio Solvente, ut, 27. Flegone, iv, ia . Fiegra, iv, 17. Flegrei campi, ni, 9} xvm, 39. Flevo sbocco del Reno, v, 39. Flo citt, ir, 16. battaglia presso Fliuoie, xxxv, 85. Fiorenza vite, xiv. 4* Florio fiume, v, 34.

F a r i , ir, ao. F a r ia itola* ni, 3o. F arm acia Game, , 43. F arm acusa isola, i, a3. F aroacea, t i , 4F a ro a c i popoli in Etiopia, vn, 2. F arn aco te fiume, vi, 25. F a r o ( Pharos ) isola, 11, 87 ; x x x t i , 18. si uni sce ad Alessandria con nn ponte, xm , 21. F a ro ( Pharus) isola, v, 34 JI 3o. Farsaglia, vn, 26 ; x x t i , 9. campi Farsalici, i t , i 5 ; vm, a t. Farsalo citt libera, ir, >5. F a rosei, vi, 35. F a rasii, v, 1. un tempo Persiani, v, 8. Gino eti, ivi. Faselide valle della Giudea, xm, 9 ; xxi, 11. F a te lo , xm , a. Faai fiume, vi, 4< citt, vi, 5 ; vm, 5o ; xix, 19 ; xxv, 100 ; x x t i , a8. F ata rei, vi, 7. F aln itica foce del Nilo, v, 11. F a ta n te citt, v, 9. F aosia de* Rodiani, xxxi, ao. F avonio detto Nocera, m , 19. Fozaca, vi, 17. Fazania, v, 5. Fazanii, ivi. Feacia, vi, 19. Febe isola, v, 44* Fegio ( li Etiopia ) monte, 11, g3. Felicit Giulia, iv, 35. F elignati, 111,19. Fello, v, a8. Felluaa isola, v, 3g. Felsina Bologna, 111, ao. Feneo, v, 10. di Arcadia, xxvi, 39 ; xxxi, 3o. Feneo fiume, xxv, 8 ; xxxi, 19. Fenice fiume, v, i 5. Fenice isola, ni, 11. lo, iv, a3. Tenedo, v, 39. F enicia, vu, 57 ; x, a6, 5 i ; xm, a, 9, 11 ; xxi, 69 ; xxxu, 4 ; xxx, a ; xxxvi, 65. Fenici, vu, 57. Fenici popoli gloriosi, v, i 3. i Fenici vennero in Ispagna, m* 3. mare di Fenicia, v, i 3, 34 ; nc, ia. Fenicnsa isola, ni, 14. F ere, v, i 5. luogo, v, 6. ( nella Beozia ), v, ia. F ere ( in Facooia ), tv, 8. Ferentinati, 111, 9. Ferentino, in, 8. Feritore fiume, 111, 7. Feronia ( di) bosco, in, 8. Fertinati, in, a5. Fertini, 111, a3. Fescennia, 111, 8. Festo ( in Greta ), xv, so. ( nella Locride ), xiv, 4* porto di Apollo Festio, ivi. Fiala, fonte del Nilo, v, 10; vm, 71.

1G87

INDICli GEOGRAFICO

*686

Kluenlini, in, 8. Foce iol, v, 20. Partenio porto Iella Conde ni, 10. Focea termine della Ionia, v, 32. Gre<-i vennti in Focide, m, 4l'odo, vi, 3a. Focunali 111, 24.
F o le g a n d r o , v, 23.

Folve, xxx, 3o. monte con citi, v, io. Fonti amari, vi, 33. Forai, vi, 32. Foreniaui, in, 9, iG. Forentani, m, 23. Forezii, ni, 9. Foriueo vino, xiv, 10. Forl, 111, 20. Forlimpopoli, ut, 20. F o rn ita citt, ni, 9 ; i n v i , 7. Formione fiume, 111, 22. Foro ili Decio, in, 17. Foro di Voconio, ni, 5. Foro lulio, o llitargi, h i , 3. Foroappii, in, 9. Foroauguslana Libisosona, m, 4Forobreraizio, in, 19. Forobreniani, 111, 19. Foroclodio, ni, 8, 20. Forocorneliese contado, ni, so. Foroflaminio, ni, 19. Forofulvio, citt, m, 7. Forogiulio, xxxi, 44- dello Concudino, 111, 19. Traspadani, tu, 23. Foroneromesi, 111, 5* Foronle, v, 29. Foronuovo, in, 17. Furopopuliesi, 111, 9. Foruvibiesi (de) territorio, ni, 20. Fossa nuova, xiv, 8. Fossa Clodia, 111,-20. di Nerone, xiv, 8. di Mario, ut, 5. Fossombruno, in, 19. Francia, xiv, 29; xvi, i 3 ; xvm, 11, a 5, 57 ; xix, 2; xxvm, 5 ; xxix, 12; xxx, 4 ; xxxi, 29; xxxm, 6 ; xxxvi, 66. tutta, xxxiv, 49> chiusa d a l l e Alpi, z i , a. sesse le vele, xix, a. maraviglie della Francia, xvi, 9 5 . circuito, vi, 67. lunghezza e larghezza, iv, 3 i. grandi prati, xvn, 67. Fraluerzio, in, 16. Fregella, xxxv, 45.
F re g e n a citt, in , 8.

Frigia, t , 41 ; vii, 57; vm, 6 8 ; xi, 4 S ; xn, 97 f u n , 11 ; xiv, ao ; xvii, 3 y ; xix, 49 ** 591 xxxvn, 37, 56. Gallo fiume della Frigia, xxxi, 5. monti della Frigia, xti 5g. Frisiaboni, x, 29, 3 t. Frisii, xxv, 6 . ilole de Frisii, i t , *9. Frnri, vi, 3o. Frusinati, m , 9. Ftenfn prefettura, v, 9. Flie, v, 14. Fltoti, v, 14. m onti dell Ftiode, ir, i5. Ftiutiesi, ni, 14. Flirofapi, vi, 4< FJuri, vi, 35. Facenti, 111. 17. Fucino lago, 11, to6; ut, 17; ra , 37 ; xxxt, *$; xxxvi, a4Fulginati, ut, 19. Fundaoo lago, m, 9.

G
G jbata, XH. 55. Gabale ( d i S iris y, 18, Gtbali, v, 33. Ga bali co villaggio, zi, 99. Gabba, xit, 4< . > Gabe, v, 16. Gabello 6ume, 111, ao. Gabeni, v, 19. Gabiese territorio, 11, 96. G abini, ri, 9. Gabri, vi, 7. Gadagale^ vi, 35. Gndara. v, 16. Gadi, o Cadice, 11, 67 ; n i, 3 ; ir , 3 6 ; rx,3a; xix, 1 ; xxix, 8. in Gadi il tem pio di Ercole, 11, 100 ; xix, aa. Caliz, raunanza, ni, 3. oceano Gaditano, 11, 10G; xx, 3, 4, 5. Galimoa Giulia citt, v, 36. G aditano golfo, in, Proem. Gadir, Gadio, Gade, cill, iv, 3G. Gaeta porlo, m, 9. Gagaude isola, vi, 35. Gage fiume, xxxvi, 34Gagi v, 28. Galaua ( nella Fenicia), 11, 93. Gatasa, v, 16. Galaia isola, ni, 14 ; v, 7 ; xxxv, Galati vm, 64 Galazia, v, 4 > ; xiv, a i ; xv, 7 ; xvi, i a ; xxiv, 67 ; xxv, 17 ; x x x m , i 3 ; xxxvn, aa, 40 . cocco di Galaua, ix , 6 5 . Galdtini, ni, 14. Galilea, v, i 5. Galla, vi, 35. Gallaica genie di Spagna, v m , ^ .

Freginali, ni, 9. Frentaoa regione, 111, 16, 17. F'renio fiume, iu, iG. Frigi, vn, 57 ; xm, 74 ; xxx, 45. Brigi, v, 4 oazioue de Frigi, vu, 57.

i66a

INDICE GEOGRAFICO

i6teo

Galleci, ra, 4 . Galleria, nr, ; , a ; xxxm, a i j i x x w , 47. Galleti, irv 3a. Galli, t i i i , >8, 61 ; xxii, 75; x x i t , i ia ; xxv, a5, 3 i, 59 ; xxxn, 11. ( intorno al Po ) xxvi, 26. ( nella Gatazia ), v, 42- fanno 'rivelli delle,setole de'cavalli, xvm, a3. tingono le frecce, xxvn, salita de' Galii ral Campi doglio, xxix, 14. preda, xxxm, 5. batta* glie con Attalo ed Eumene, x x x i t , 19. Dru di, xxiv, 6a. Casandro assedia i Galli, xxxi, 3o. sogliono pugnare con P oro, xxxm, 5. Roma presa dai Galli, 111, 9 ; xxxm, 6. Gallia, vm, 4 74 x, 68 ; xn, 5o ; x t i , i 3, 0, 3 i ; xvn, 4 ! xxi, 97 ; x x i i , 8a. Belgica, t u , 17. Celtica e Lionese, i t , S i . Comata, i t , 3 i ; xi, 47 x v i i i , 20; xxxm, 16; x x x t i , 7. sQllentriooale, x, 39. vicina alP Oceano set tentrionale, x, 66, Togata, 111, 19. Tun gri paese di GalKa,xxxi, 8. India all' inon* tro della Gallia, vi, ai. Possidonio ha misu rata la Gllia dalla parte di Favonio, vi, a t. Gallico territorio intorno Arimino, 111, 19. oceano, ix, 3. golfo, xxxu, 11. Gallica cultura, xvn, 35. Gallica riviera, 111, 19. m are, 111, 10. nuora del tumulto de' Galli, ni, a4. Gallipoli, Anza, i h , 16. Gallitaloti, t i , a3. Galliti, 111, a4* Gallo fiume, t, 42 5 ** * fiume di Frigia, xxxi, 5. Galraodroesi, vi, aa. Gamala, v, 14. Gamale (nella Fenicia), 11, q3. Gambrevi, vi, 35. Gan(asanti, t, 8. Gangaridi Calingari, vi, aa. Gange fiume, vi, aa ; x, 17 ; xn, 26; xxxm, ai ; x x x v i i , 76. nascila del Gange, v i i , aa. foce, v i i , a. Indo minore del Gange, t i , ai. G angre, vi, a. Gano citt, i r , 18. Gararoa, t , 5. Garamanti, v, 4 6*1 7 x m , 33. il viaggio ai Garamanti non com piuto, t , 5. Matelge citt de* Garamauti, ivi. Garesci, v, 17. Gargafie fonte, i t , 12. G argano monte, 111, 16. G argara monte e citt, , 3a. G arna (di) porto, i h , 16. G arode isola, t i , 35. G aronna fiume, v, 3 i. G arsaurilo, t i , 3. Gasani, v i , 3a. Gauda isola, i t , 20.

Gaudi, it , 18 Gaogamela, ti, 3o. Gaulo isola, 111, 14 * v, 7Gaulope, vi, 3a. Gaurani mouti, 111, 9. Gaorati, vi, a6. Gaaro manie, xiv, 8. Gaxa, t , >4- (nella Giudea), xii, 3a. (presso i Trogloditi), ti, 34* Gaza nella Atropatene, vi, 16. Gazacena regione, vi, 3. Gazali, t , 19. Gazelo, ti, a. Gaziura, vi, a. Gabadei, t i , 33. Gebauiii, vi, 3a ; xii, 3a, 35, 4a* Gebenna monte, 111, 5 ; x i t , 3 i. Gebe fiume, v, 40. Gedranili, vi, 3a. Gedrosi, vi, a3, a5 ; x, 2 ; x h , 18} xm, 9. Gedrosia, xxi, 36. Gedrusi, vi, a5. Gela (io Sicilia), xxxi, 39, 4 ** Gela fiume, 111, >4- Galani, ih, 14. Gelduba citt, x u , a8. Geli, it , 18. Gelon, xxxi, 16. Geloni, v, 26. Gemella A u g u s t a , 111, 3. Gemellesi, ni, 4* Gemelli colli, 111, 14. > Gemiuni, iii , 24. Gendo fiume, v, 43. Genesara lago, v, i 5. Gene ti, ti, 4* Genora citt, ni, 7. di Liguria, x it, 8. Urso detta Genora dagli Urbani, in,- 3. Gensora, vi, 35. Geo usi ui, in, 16. Geoare isola, i t , 19. Georgi, it , a 6 ; vi, 14. Ger fiume, v, 1. Geranea, i t , i i . Gerania, iv, 8, 18. Geresto citt, it , a i. Geresio promontorio, t . Gereti, vi, aS. Ger gito, v, 32. Gerico toparchia della Giudea, v, i 5 ; xm, 9. Germani, xxtiii, 5 i ; xxxvu, 11. Oretani, 111, 4. cinque specie di Germani, iv, 28. il nome di Sciti pass in quello di Germani, it, a5. Germania, tu , ao ; x, 37, 35 ; xix, a, a6, 28; xxxi, 17; xxxti, ia. prorincia, xxxiv, a. oltre il Reno, x x t, 6. non tutta conosciuta, ir, a8. confinante colla Scizia, vm, i 5. campi-della Germania superiore, xix, 42. geo li nella Belgica, v, 3 i. allog-

6gt

INDICE GEOGRAFICO

169

giameoti delle legioni, ir, 37. lidi, xxxvn, 11. riviera (quanto grande), it , 98. popoli, xvm, 44. corcali, xvu, 76. ael va Erdnia, x, 67. tolta riempiala da selve, x n , a. mare di Germaaia, tv, 3o. popoli della Germania, v, 28. Germaoieopoli, v, 4* Geronzia itola, ir, a3. Gerra, vi, 3a. Gerraioo golfo, ivi. Gerro, vi, 33. Gerro fiume, v, a6. Gerandesi, in, 4< Gerusalemme, v, i 5 ; ix vn , 5. Gesditon, v i i , 2. Gesso fiume, v, Si. Gessoriaco, v, 3o. Gessoriaco villaggio,v, 3 i. Gessoriesi, m , 4 6. Geli, v, 18. Daei, iv, >5. Gelone isola, v, 38. Getta, v, 17. Getuli, v, 8 ; vm, 7, 21 ; xxv, 58. Antololi, v, 1. Dari, ivi. ladroni, x. 94. Getoll popoli, v, i , spiagge de* Getuli, iz, 60. Gefeulia tutta, v, 4 ; vm, 19. della Maurita* nia Ceaariense, xxi, 45. porpora Getulica, vi, 36. Giamue due, v, i 4Giaoioolo in parie di Roma, ni, 9 ; xm , 2 7 ; xvi, i 5. Giaro isola, iv, s 3 1 vm, 02. - isola delle Cieladi, vm, 43. Gigarla, v, 17. Gigarto, fonte, v, 37. Gigemoro monte, iv, 18. Gigeo stagno, v, 3o. Gindareni, v, 19. Ginecocratameni, vi, 7. Ginecopolile citt, v, 9. Gianasie Baleari, m , 11. Ginoeti, vi, 35 ; v i i , 2. Farnsii, v, 8. Gioppe di Giudea, z, 4* di Fenicia, v, i 4- Gioppica toparchia, v, i 5. Giordano fiume, v, i 5. Giove (di) fonte, 11,106. stagno di Giove Aromone, ivi. di Giove Indigete bosco, vi, 9. citt io Egitto, vi, 11. Girei, vi, 3a. Giri monte, v, 5. Girtooe, rv, 16. Gissa isola, in, a5. Gistate, vi, 35. Giteale golfo, iv, 8. Giudea, xm , 9 ; xxiv, 5o ; xzvi, 38 ; xxvu, 5 ; xxvm, a3 ; xxxi, 18; xxxm, 47* si dilata in largo e in lungo, v, i 5. celebre per le palme, xm , 6. sacra, xzxi, 44* Giudea celebre

per lo apresso dei n o * i, xm , 9 . dieci toparehie della Giudea, v, i 5. lago, s u r , 5 i. i Giudei incrudelirono contro le proprie vile, zi, 54* Pompeo trionf d e'G iu d e i, vn, 27.

Giudei, Mosi, ecc., xxxi, a.


Giulia Campestre Babba, v, 1. C osterna, ivi. Oaael, ni, 3. Felice colonia, v, 17. Feliciti, v, 35. Fidensa, 01, 3 . L ib eralit, v, 35. Scarabaoiia, ni, 27. T ra d o tta , v, 1. Castra Giulia, v, 35. Giulia (di Gallilea ), v, i 5. Giuliani Cerretani, ni, 4* Giulie, v, 29. Aretini, in, 8. A slifi dotti Giuliensi, ut, 3. Gialieai de* C acai, m , 23. Teari, iu, 4 G iulio ( di ) Genia, , 3. Giulio pinsidio, v, 35. Giuliobriea, in, 4> Giuliobrigesi ( dei) il porto di V ittoria, v, 34. Giuliopoii ( in Egitto ), vi, 6. Gordiucone, v, 40. Giuliopoliti, v, 45. Giunone ( di ) isola, vi, 37. G ade, v, 36. Gionone (di) promontorio, in, 3. boaco, xvi, S7. Giani fiume, in, 9. Liri fiume, ivi. Giano di Livio, ui, 5. Glari, vi, 3 2 . Glauco fiume, v, 29 ; vi, 4 Glauconneso, v, 22. Glessaria isola, tv, 2 7 ; xxxvu, 11. Glesnrie isole, v, 3o. Gl ili a, v, 12. Glindizioni, ni, 26. Gnido, vr 29; xn, 61 ; u n , 16 ; x x x v l, 4, 18. Gnidio foote, xxxv, 47* G nidii, vn, 39; xxzvi, 4 citt de' G nidii n ell' isola F ar, 111, 3o. Goosso, v, 20. Gobea porto, vi, 3 2 . Gofoitica toparchia di G iudea, v, 1 5. Gofou, vi, 35. Gogari, vi, 7. Gogiarei, vi, 23. Golgi, v, 35. Gonfi, v, >5. Gora, vi, 35. Goraoolo fonte, vi, 32. Gordiei monti, vi, 12, 3 i. Gordinie, v, 17. Gordinocome, v, 40. Gordio capitale della Galaxia, v, 42. Gordilano promontorio, m , i 3. Gorgade isole, vi, 36. Gortina, v, 10. (in Creta ), iv , ao j xn, 5. Grabei, in, 26. Graccaritani, iti, 4. Graie Alpi ( delle) foci, iu, a i .

INDICE GEOGRAFICO Graoi fiome, 1, 36.


Granfa ( Granicum > fiome, , 4* - Granioo ( Granicos ) fiome, , 33. Gronucomati, , 19. Grate isole, m , 3o. Grancome, t i , 35. Graii, i t , 34 Gravisca, in, 8 ; xxxti, 11. Greci genitori d* ogni vizio, x, S. rauca di uomini abbondantissimi nelle proprie lodi, in, 6. ( nella Campauia), ni, 9. monumenti de' Greci, m, 69. che non tentarono i Gre ci? xvn, 4* Catone opina che i Greci si cacciassero d*ltalia, ti i Si. Grecia, t u , 5 ? ; xm, 35 ; x i t , a5 ; xn, 8 ; i T i n , 3 i. letta dal re Greco, i t , 4* pogn presso Salamina, 11, aa. quando fu chiari*siroa, xvin, 1 2. Eliade, it , 11. quale si chiamava Argo Dipsio, vu, 57. magna, n i, 6, i 5. lido d ' Italia, xxx vi, 4. tavole della Grecia, xu, 5. favole vaganti, , 5. inge gni, xxix, 5. lingue, xx, 6. menzogne, , 1. filosofi, xxxv, 46. pubblico conci lio, xxxv, 35. Greciocanli, vi, So. Greco mare, v, 18. Grecossasi, 11, 6 0 ; xxxm, 8. Gridino fiume, vi, 18. Grilio fiume, , Sa. Grinia, , 3a. Grinio, xxxn, a i. Groocaso, Caucaso, , 19. Grumbestini, in, 16. Gruraenlo, xiv, 8. G runico IIni, m , 18. Guberni, i t , Si. Gunugi colonia, , 1. Guttalo fiume, i t , a 8 . Guttoni, i t , a 8 . popolo di Germania, x x x t u , i i .

1694

ladoni, 1, S4. laliso, , 36. lambe isola, vi, 33. lampoli, 1, ia . lannone citt, in, 11. Ianti, Beozii, it, ia. lapidi, in, aa, a 5. Iapidia, in, a 3. fine dalla la pidia, m , 25. lapigia, m, 16. Acragiapigia, t. promon torio degli Iapigi, t . Iapigo fiume, ii. lasi, ni, a8. lasii, xxxti, 4. lasio golfo, , 3 9 , 3i. Uso citt, y, 39.

Iasonio fiume, ti, 4* lassarle fiume, ti , 17,18. fboe dell'lassane, ti, i 5. lasso, ix, 8. lassio golfo, x, 10. Iazigi Sarmati, it, a5. lazii, t i , 18. Ibanda isola, n , 91. Iberi, ti , 11. citt, ti , ia. lberia, vi, 4 ; vi, 07 ; xx, gS. (Spagna), ni, 4 ; xxxvn, 11. d* lberia ( in Asia ) e d 'Armenia confine, vi, 15. Iberi vennero in Ispagna, 111, 3. mare Iberico, iti, a, 10. Ibernia ( della ) larghezza e lunghezza, it , 3 o . * Ibero fiume, ni, 4* fonti dell' Ibero, it, 34- Colonia ( Saragozza ) bagnata dal fiume Ibero, m , 4- l Ibero si meschia nel Ciro, vi, 11. t 1belle fiume, , 37. Ibla monte di Sicilia, xt, i 3. lblesi, 111,14 Icaoesi, ni, 14* Icara isola, , Sa. Icario monte, i, 11. Icario mare, 1, 18. Icaro isola ( Icarus ), 1, a3 ; v, 37. Icaro ( Icarus ) fiume, ti, 19. lcarosa fiume, ti, 5. lcatali, vi, 7. Iene, iv , 17. Icauta, Sardegna, in, iS. Iconio ( di Cilicis ), , aa. tetrarchia d ' Ioonio ( io Galaxia ), , a5. Icosio, , 1. Ieositani, tn, 4* lctioessa, 1, a3. Ida ( Hyda ), , 9. Ida, xxxvi, a5. monte ( della EoUde ), v. Sa. (della Troade), xiu, ia ; xvi, 19, >4 { xxvn, S, 54. Ideo monte ( in Creta ), 1, ao. Idei Dattili, vn, 57. in Creta, xxxvu, 61. monti, xvi, 60. Idalio, v, 35. Idaspe fiume, 1, a i, a3. lde, , a5. Sardi, , 3o. Idissesi, vi, *9.Idomenesi, it , 17. Idreliti, , 39. Idreo, ti, a6. Id reame, 1, 36. Idrunto citt, ni, 16. ldrussa, Andro, 1, aa. Ceo, i, ao. Teno, 1, aa. Idumea doe comincia, , i 4* lebba, , 17. lera fiume, , 43. Iera, Automate, i, a3. isola Eolia, 11, 110. ( tsa le Cicbdi ), 11, 89. (in Lesbo), , S9. Sicamino, 1, 35. T am ia sola, m , i 4* Ieracia isola, in, a3.

INDICE GEOGRAFICO
Icracometi, t , 33. lerapitoa, ic, ao. lerapoli io Asia, 11, 95. ( in Creta) it ao. ( in Siria ) t 19 ; xxxu 8. lerapoliti ( d ia Frigi), t , 29. Iero fiume, t , 3a. citt e fiume, t i , S. Jerocepia isola, t , 35. lerolofiesi, v, 33. lerotuiace fiume, t , 16. leroacso isola, iu, 14* leteri, 111, 14. letero fiume, iu , 9. letuwa isola, t , 36. Igilgili coloni*, t , t . Iguvio., x t, 7. Igarioi, m , 19; xxiu, 49> Ii, TI, 3 l. Ila fiume, t , 4* Ila li, t , 19. 11 , i t , ia. Ilei (nella Sciiia), i t , a6. mare Ileo, t . l>erdesit iff, 4* llergaoni (degli) regione, 111, 4* llergeti (degli) regipue, iu , 4. llrsione, i t , ia. llezia, i t , i 5. Hiberi, Liberini, m, 3. lliesi (in Sardegna), 111, 13. 1110 o: Troia, x, 3y . libero, t , 33. preso regnando Ramise, x x x t i , i 4 Iliaca guerra, x t i , 87 ; x x x t , 40. citt di Troia, x t * , 88. llionesi, Lavinii, m , 9. Hip Ilia, m, 3. Ilipula, delta Laus, 111, 3. mftrtMre, t . Itlsatiili, t i , 3a.
Ili 330 Aurae, i t , a 3. llleTioni, *7.

luogo,

it , i i .

Ittezia isdla, i v Y 38. 1111 penisola, ui, 16. Illiberi, m, 5. Illici, m, 4- Uliciuuo golfo, t . llliri isola, v, 35. Illirico, m, 6, a5 ; t i i , 49 * xu, 27 ; x x t , $4 ; xxvi, 55 ; xxxm, i 3. lunghetta e lar ghezza dell Illirico, in, 29. costiera con pi di cento isole, 111, 3o. ribellione, t u , 46. Illirii, 11, 106} t i i , 2. propriamente delti, t u , 37. Illitui-gi, in, 3. Ilio fiume, v, 3 1. 1torci, h i , 3. Uoroilaoi, h i , 4 Illurco, h i , 3. lluro, i h , 4* lira isola, iu, ia. ita ti d lUlU, x x x i t , 41. Imacaresi, iii, 14. lmaduchi, ti , 7. Imaiii, i h , a 5.

Imantopodi, t, 8. lmao moate, t , 2 7 ; n , 2 1 . sig aifia a n s i o , ti, a i. regioue del m oule b a so , tu , a. Imbaro, monte, r , aa. Imbraso fiume, t , S7. lm bro isola, ir, a3 . Imera con fiume, 111, i4linerie, Lesbo, r , 39. Irne Ilo n o u le, i t , 11 ; x x x t , 4o - d i Alene xu, 55. monte dell* Attica, xi, i 3. Imitie fiume, fi, 7. Imo isola T , 36. la n e ia Comagene, T , ai. Imola, 111, ao. I u a c o fiome, i t , 9. lnapoi, ti, 7. la di o Indiani, n n , a5, 61 ; ex, 54 x a ; u , 5, 22,48} x i t , 19( x t , 7 ; X T m r a a ; xxxi, 18; xxxu, 11 ; x x x m , ao, 37, 61. lo d i n u d a ti a donare d a lre di Sreria ai consoli, n , 67. Nomadi, t u , a. eettealrioaali, x i, 36. de scrizione dall' India, xn, a8. aruspici e indo vini, xxxii, n . - (altra descrizione), u , a 5 ; xu, 14* popolo dor com incia, ti , 21. Ariani confinanti eon gP Indiani, x u , 18. India, t u , a ; t i u , 3 i, 78 ; x, 90 j x i, 35 ; xu, 16, 19, 41 x t , 3 i ; xvn, 3o j xxx, 8 ; x x i t , i) x x t i i , 5 ; x x x i i , 3 ; x x x t i , 1 9 , 6 7 ; x x x t u , . a8, 3 i. terza parie della terra, vi, a i . India giorata dal renio Favonio, ivi. acco stala al guadagno, ti, a6. vinta, vni, 2. terre d 'india, xxxi, i4- principio, ri, 17. * * limo de' fiumi, xxxr, 3a. aelve,xxvm , 45. India (ludiae)* wu 5 i , 5a. Indiano bosco, xu, t 5. Oceano, ti, 4 * 54. ludiaua uarigaziope, ri, aG. lud'wua lido, x it, 5. mare, u, 67 ; viv a i 5 ix, 3, ia ; . xxxu, a i. monti dell Iudia, t , *3. Indigeti, h i , 4. Indo (Indum ) fiume, ti, a i. Indo ( Indus ) fiume, vi,_aa, a3 ; xu, a 5 ; xix, 5 ; x x i t , ioa ; xxxv 11, 70. termina da Occidente FIndia, ri, a i. minore del Gange, iv i. ponti dell' Indo, t i , 18. T a s t i l a , v, a i. Indo ( Indus) fiume ( nella Caria), t , lndustria ci U , 111, 7, a o . nfero mare, ni, 10. Toscano,1 irreno,N otio,ili. T lngauui Liguri, iu, 6. Allunga, u i, 7. Ingevoni, ir, 27, 28. la id o , r, 29. Inopo f o n i e , 11, 106. nsubri fondarono Milano, n i, a i. trailo dagli losnbri, x, /fi, .Caturigi fuoruscili deglin subri, in, a i . lnteraana in Umhria, x rn i, .69. loteranuaii, 111, 17. Narti, ni, 19^ Succaai, 9~

<697

IlNDICE GEOGRAFICO Irpiui, 11, 95 ; 111, 16. raoutf, 111, 16. lrresis, isol.i, i t , 23. Isara fiume, in, 5 ; t u , 5 i. bari, vi, 21. Isarsi, ni, 24. lsaura, v, 23. Isaurica nazione, ivi. Iscia isola, tu, i 3. Iseo tempio, v, 10. Isi fiume, vi, 4.

1G 98

Interanuiesi, ir, 35. Intercaziesi, in, 4* Io isola, iv, 23. lol, Cesarea, r, i. Iolco (lolcos), TII, 57. lolco (lolcus), I T , (6. lontane fiume, vi, a i, 22, 23. Ioni popolo, o Ionia proTiucia, xm, 16. pariilu da Alene, v, 3i. regione sacra a talli gli lenii, v, 3i. Ionia, v, 3 i ; su i, 16. Mileto capo della Ionia, v, 3 i . fine, t . Ioni iu Asia, vi, a. Iodio mare, ni, i 4* 29 3o ; v, 18 ; xu, 3. Spazio fra il mar Ionio e lAdria tico, nt, 16. Iotspe, v, 22. lpani fiume, v, 26. (nel Ponto), xi, 43. Ipasi fiume, 11, 75 ; vi, 21, 23. Ipasiurgi, 111, 3. Ipato citt, vi, 35. Ipea isola uelle Sleiadi, 111, il. Ipepeni, t , 3 i. Iperborei, i t , 26; vi, 14, 20. lpere isola, i t , >3. Iperi, t i , 26. Iperia fonie, ir, i 5. Ipio monte, v, 43. Ipobaro fiume, xxxtu, 11. Ippareuo, ti, 3o. Ippi (nella Ionia), v, 3 i. Ippini, v, 29. Ippo, v, 16. fiume (oella Colchide), vi, 4> Ippocrene fonte, v, ia. Ippone, Diarrito, v, 3 ; x, 8. regio, v, 2. nuovo, ni, 3. Vibone, hi, 10. golfo T Ippone, t , 3. Ipponesi, ut, 8. Ipponeso, t , 36. IppofHxli, it , 27. lpporei, Vi, 35. Ippari isola, v, 23. Ippari porto, vi, 24. lpM fiume, in, t4> Ipsalli, tv, 18. lpsizoro monte, v, 17. tramine, in, 23. Ircani, t i , i 5, 18 ; viti, 25. Macedoni, v, 3i. monti, xxxt, 26. Iro n ia, xv, 19. vaiti dell' lrcania, xn, 18. mare lrcauo, v, 27 ; n , i 5, 18. Iri fiume, t i , 3, 4* Iris citt, in, 7. Irie, Zacinto, v, 19. (di Beozia), v, 1 2 . I rietico, xxxn, 25. lrin e isola, v, 19. Iriuf, iri, 16. Irm ine, i t , 6. lrm inio fiume, in, i4 Ir pi, vn, 2.

lsia,

it ,

6.

Iside citt, v, 11 porto, vi, 34. isola sacra ad Iside, x, 49 Ismaro, v, 18. Ismero fiume, v, 12. Ispalo proraoutorio, vi, 34. Ispello colonia, in, 19. Issa isola, ni, 3o. lssei, ni, 26. Issali, vi, 17, 39. Issi, vi, 7. Isso, T, 22. lssico golfo, 11, 112 } V, 22 } VI, 2. Islermi, i t , 28. Isti, t i , 19. Istmo (Isthmos), v, 5. (altro ), i t , 18. Istmo ( lslhmus), xv ,9. cheti chiami, i t , 5. Iatonio, cill, 111, 17. Istria, xiu, 73 ; x t i , a6. descrizione dell'Istria, i h , 23. termine ; ut, 22. terra, x t , 3. territorio istriano, 111, 3o. Istro ( lster ) fiume, x, 20. grande, ni, 27. foce dell Istro, ir, 18, 24. Istro ( Istrum ) fiume salso, ni, 22. Isueli, vi, 35. Isura, isola, vi, 3a. Itaca isola, v, 19 ; vm, 43. isole ltacie, 111, i 3. Itali, Italiani, Italia, xi, 3o ; xn, 5 i ; x t i , i 3, 24 ; xvn, 5 ; xvm, 4; xxv, 5, 3 i. Itali antica, 111, 10. intorno al Po, xvm, 25, 3o. Cisal pina, xvt,22. oltre al Po, x, 4 xvi, 26 ; xvn, 35 ; xvm, 42, 49 3. quanto l Italia, lontana dalle terre intorno, 111, 5. non cede ad altra (erra per fertilit di metalli, in, 24. peculiar madre di tutti gli alberi comuui, xiv, 1. quanti uomini pose in armi, ni, 24. vincitrice di tulte, ecc. xm, 2. spessi fulmi ni (in essa ), 11, 5i. sempre primavera ed auluono, in qualche modo, 11, 5 i. citt e popolo d ' Italia, in, 24. larghezza, 111, 22. undici regioui, in, 6. regione prima, in, 9. seconda, iu, 16. terza, in, 10, i5. quarta, 111, 17. quinta, ut, 18. sesta, in, 19. settima, tu, 8. oliava, in, 20. v i i , 5o. nona, tu, 7. decima, 11, 74 ; ni, 22, sobborghi,x x x t i , 9 . grascia d'Italia, x t i i , 3. umbilico, in, 17. termine dell* Italia antica, in, 22. parte estrema, x x x i t , 2. termiuala dal fiume Arsia, 111, 23. fame e

,Goo

INDICE GEOGRFICO

1700

sete, v i i , 4G lode, h i , 6 ; 4. xvxvu, 77. * lido, x, 29. falsa opinione di chi la credet te terra stracsa, xvn, 3. austro umido, 11, 48, falangio ignoto all1Italia, xxix, 27. Italia ha la palma delle biade sopra ogni altro terreno, xvm, 29. in Italia non nasce lo stel lione, xxix, 28. labirinto d'Italia, xxxvi, 19. Itane fiume, vi, 2f. Itano promontorio, iv, 20. llome, iv, 7. lincei colonia, in, 3. Itorei, popolo, v, 19. lura monte, 111, 5 ; iv, 3i ; xvi, j 5 . Intida citt ( nell' isola Cea ), tv, 20. Izgi, nominali dai monti btnodi, vi, 21,

L
Labatani isola, t i , 3 2 . Labeati, 111, 26. Labecia, vi, 32. Labicano territorio, 111, 9. Laboria, xvm, 39. Laborino campo della Campania, 111, 9 ; xvu, 3. Labrandeo Giove (di) fonte, xxxm, 7. Lacedmone, 11, 78; xvi, 13 ; xxxm, 4 xxxv, 49. Lacedemoni!, vu, 5 y ; x, 24 * XI> 7 xxxu. 9. perdettero l ' impero della Grecia, 11, 25. Lacedemonio cursore, vu, ao. Lacetani, iu, 4* Lacelauia di Spagua, xxv, 6. Lacibi, i l i , 3 . Laciniesi, iti, a5. Lacinio, 111, 6. promontorio, ui, i 5, 16. Lacippo, 111, 5. Lacnbricesi, iti, 4< Laconia, vi, 38. territorio Laconico, v, 8. Laconica, x x t , 53. regione, ix,Go. Occigi fiume detto Laconico, ui, 10. Taranto citt dei Lacedemoni, iti, 10. Lacaturri cavoli, xix, 4 . La de, Late, isola, v, 37. Ladone fiume, v, 10. Lagarini vini, xiv, 8. Lagia, Deio, iv, 33. Lagirani, v, 36, Lagno golfo, v* 37. Lagoo fiume, vi, 7. Laqusa isola, v, 35. Laqosse isole, v, 38. Lalassi, v, 3. Laletani, ut, 4Lainbro fiume, 20. Lamia, iv, i 4Lamia isole, v, 38.

Laminitani, ni, 4* Laminitano territorio, ui, 2. Lampania isola, iv, s3. Lampe, v, 10. Lampeo monte, ivi. Lampsaco, v, 40 ; xix, i 3 ; xxxvu, 74. Lampseraando isola, v, 36. Lancieci, 111, 4 ; **, 35. Lauise isola, iv, a3. L an o fiume, vi, 20. Lanue&i, 111, 17. I^anuvio, vm, 8a; xxxv, 6. Lao fiume, ni, 10. citt della p u re Ilipula, ui, 3. Lodi, ni, 21. Laodicea libera, v, 18 ; xvu, 38---- ( d i Ana ), rat, 73. (in Media), vi, 3 9 . (io Mesopotamia), vi, 3o---- ( di F rigia ), v, 39. ( d i Lidia), xn, 6 1 ; xxi, 11 monti ( della S iria ) , xxm , 5. Laodiceni al Libano, v, 19. Lapeto, v, i 5. Lapiti (dei) sede, v, i 5. Lapsia fio me, v, 43. Larendani, vi, 32. Larinati Freniani, ui, 16. Larine fonte, v, 11. Larinna, v, ia ; v, 3 9 . Lario lago, 11, 106; in, s 3 ; x, 3 3 ; 8 , 4 *Larissa ( nell Eolide ), v, 3s. ( a ltra K ivi. ( in Arabia ), vi, 33. (in M acedonia), xxxij 33. ( in Tessaglia ), v, 16 ; x x u , 3 . Lari* sei (in Siria), v, 19. Larnesi, 111, 4* Lar no fiume, ivi. Laia isola, v, 19; v, 35. A ndr, xv, aa. Lasia ( Lasias ), Lesbo, v, S9. Laso, iv, ao. Lastgi, 111, 3. Latera chiamalo uno stagno, x , 9 . Latino territorio, iti, 9. geati della medema autoril e privilegio dei L atini, iu , 34. po poli di I condizione Latina, u t, 14. Latini, xiv, 14 antichi, xxxiv, 11. campo d* ar mala dei Latini, xxxm, i t . cilla did e Lati ni antichi, in, 4. ferie L atin e, xxvn, s8. Latiniesi, ni, 9. Latmo ( della Caria ), viu, 84. monte, v, 3i. Latopolite citt, v, 9. Latovici, in, ao. Latri isola, v, 37. Laud fiume, v, 1. Laurento citt, in, 9 ; xiv, 4 * Lauronesi T i n i, xiv, 8. Lavinii, 111,9. Lazi, vi, 4. Lazia, Giove, xxxiv, 18. Lazio, t u , 44, 57 ; x, 3 0 ; xiv, 4 -----aggiunto, m, 9 . antico, ivi. mancarono ( in esso ) d a qoantalr popoli, ivi. sotto a* Sabini, m , 17. privilegi del Lazio, 111, 4. abitanti d d

INDICE GEOGRAFICO Latio antico, i i i , 4 v, 35. primo cibo del Lazio, x v i i i , i g . privilegio come i Latini, v. i. abitatori, coi privilegi e immooil dei Latini, in, 24* L ea, vi, 35. isola, v, 23. L eana, vi, 3a. golfo Leaoitico, ivi. Leaniti, Leanitico golfo, vi, 3a. Lebadea di Beozia, v, 12; vm, 83. L e baida lago, xvx, 66. Lebase, v, 3 t. Lebede, v, 3i. Lebedo, v, Ut. Lebena, v, ao. L ebinto isola, v, 23. L ebaoi, m, 4L echeao Lacebo, porlo de' Coriolii, iv, 5, 6. Lechicni, vi, 32. Lelauto fiume, iv, 21. Lelege, Locri, v, 23. Leiegei, Mileto, v, 3 i. Lemanno lago, 11, 106; 111, 5. L enno isola, v, a3 ; xi, 35. labirinto di Leooo, xxxvi, 19. Lenovicesi, v, 33. Leoni ceti, m, 4. Leontini, ni, 14 ; xxxi, 19. campi di Sicilia, xvm, 21. Leonlo citt, v, 17. Leontopoli, v. 11. Leoolopolite citt, v, 9. Impeli uno monte, v, 36. Lepontii, 111, 24. Lepreone d ' Arcadia, v, 10. Le pria isola, v, 38. Leptione, iv, 6. Lepsia isola, v, 36. Lepteacra promontorio, vi, 34. Lepti, v, 3 ; xxxi, 4^ ; xxxn, 9. fondata dai T irii, v, 17. altra che si cognomina Grande, v, 4 i xvm, 5 i. Lerina isola, ni, 11. Lerne luogo, v, 9. Lero ( Lero ) isola, 111, 11. Lero ( Leros ) isola, v, 23. isola, v, 36. Lesbo isola, v, 3g ; xm , 38; xvi, 19; xxxvi, 4 ; xxxvu, 54 Lesora monte, xi,97> Lessiani, vi, 32. Lessovii, iv, 32. Lestrigoni, v i i , 2 . sede dei Lestrigoni, ni, 9 . Lestringonii campi, ni, 14. Letandro, v, 23. Lete, v, 16. Letoia isola, v, 19. Letone fiume, v, 5. Letion promontorio, v, 32, 4 >- Mia Troade, x, 29. Leuca de citt, v, 1 ; xxi, 19 ; x x x t i , 39 ; xxxvu, 3i. Leucadia penisola, v, 2. Leucadio lido, ivi. Leucade promontorio, v, 2. Leucadii ( in Siria ), vt, 19. Leucatia isola, i i i , i 3. Leuce isole, v, 39. Leuoe isola, v, 20. (altra), ivi. (oella Ionia), v, 3 i. Leuci, v, 3 i. Leucofri, Tenedo, , 39. Leucogei colli, xvm, 39; xxxv, 5o. fonti, xxxi,8. Leucoliti, v, 25. JLeucolla, v, 26; xxxvi, 34* isola, v, 35. Leucopetra, ni, 6 . promontorio, 111, 10. Leucopoli, v, 29. Leucosiri, vi, 3. Leucolea, , 11. fonte, v, 37. isola, 111, i 3. Leufitorga, vi, 35. Leuni, v, 34. Leupa porto, vi, 32. <Leu tira, v, 8. Levi, ui, 21. Levomne monte, v, 17. Libauo monte, v, 17 ; xii, 48 i xxiv, 102. Libarna, ni, 7. Liberalit Giulia, v, 35. Liberini, in, 3. Libelra fonie, v, 16. Libia, vm, 9. Africa, v, 1. Mareotide, v, 6. mar Libico, v, 1. Libici, due rami del Rodano, ni, 5. Libici, in, 21. Libiegizii, v, 8. Libi fenici, v, 5. Libisone ( di ) torre, ni, i 3. Libisosona chiamata Foro Augustana, in, 4. Li bissa, v, 43. Libislo, v, 18. Libroso colle dei Tauri, 11, 106. Liburni ( nella Gallia Togata ), 111,19. Liborni ( in llliria ), in. 25. ciltadi, ivi. Liburnia, vm, 73. fine della Liburnia, 111, 24- **ole Liburniche, ut, 3o. Liburnia isola, ni, 3o. Licabello monte, v, 11. Licade isole, iv, 20. Licauni, v, 29 ; xxx, 45. Licaonia, v, 25 ; viu, 69. Obigene parte della Licaonia, v, 42. Licaiio, vi, 3. Licasto ( in Creta ), v, 20. Licate, i i i , 24. Licia, vm, 83 ; xiv, 22 ; xxxt, 47 xxxv, 57; xxxvi, 27. monti della Licia, xvi, 59 ; xxi, 12. quante citt, v, 28. Mira di Licia, xxxn, 8. Licii, v, 27. mare di Licia, ivi. Licide, v, 33.

1 743

INDICE GEOGRAFICO

* 7*4

Licinio ( li ) Foro, in, ai. Lieo fiume, 17, ao. Lieo fiume io Alia, 11, 106; v, 3 9 ; t i , 3; x, 83. fiume di Cilicia, t , 32. fiume tra i Leon* ini, is s i, 19. fiume Riodaco, , 4". fiu me che vico dall Armenia, vi, 3o. Lieomede ( di ) lago, t , 4Licone cill, , 11. Lieopolite citt, t , 9. Lidda toparchia della Giudea, t , i 5. Lidi ( io Toscana ), 111, 8. Lidi ( in Asia ), t u , 5< Lidia, v, 3o ; xxxi, *9. j. Inganni, 111, 5. I.igdauio, v. 33. L'gdioa pielra, xxxti, 3. L'geri fiume illusile, it, 3a. Ligo, Bitantio, i t , 18. L i g u r i p r i m i | x i p o l i d ' I t a l i a , i n , 6. B e b i a o i ,
111, 16 . C o r n e l i u i ,
t .

Liaca iaola, m ,o ; t, 1.
Listo cill, in. ad. Lino fiume, v, 1. L***u coloni, ivi. lagone della cill di Listo, xix, a a . Lisi reni, t , 4a* Litarmi promontorio, vi, i4* Literno, tu, 9. villa Literoioa io Campagna, x i t , 5 ; x*i, 85. Liveoia fiume, 111, aa. porto, ivi. Livia colle, xm, 9 Liviopoli, vi. 4. locri ( dei ) p*ese, xi, 3a. l-ocrl, n , 98. ( in Italia ), 11, 6a ; t u , 48. E p tc n ra id ii, n , ia. Ozoli, i t , 4- Zeli rii, in , 10. tangopori, tv, 35. I.00galani, in, 9. Lopjtlusa isola, iu, 1 4 ; t , 7. Ipsi, ni, a5. Lopeica, ivi. Loreto n ell* A T e n l i n o , xv, 4Lorima loogo, t , 39. Lotofagi popolo, T , 4* Lotofagile iaola, t , 7. Lubieui, t i , 11. Lubiesi, in, 4. Luca colonia, in, 8. Lucano territorio, 111, 10. L u c a n i, 11, 57; no, 6. derivali da Lucio capilauo, 111, 10.sog giogali da Calcante, 111,16. Lacauia^xxiTuJ^. Lucente c o o T e n l o , ni, 4 i* 3 4 . Luceai dei iHarsi, 111, 17. Lucento, m , 4 * Luceria colooia, ni, 16. Luco d Augusto, in, 5 . Lucriuo lago, in, 9 ; ix, 8 ; xxxn, a t ; x x x t i , 2 4 Luiuberitaui, in, 4* Luna cill con ottimo porto, n i, 8 . (di To scana),x i t , 8 . cavedi pietre L uoesi, x x x t i , 4 Lunghi mori, v, 18 ; xnt, 46. Lupia, in, 16. Lurnesi, 111, 4Lma di Arcadia, xxxi. io. Lusiiaui, v, 3 5 ; Lusilania Portogallo, Tra, 67. 73 ; xxxm, ai ; x x x i t , 4 7 ; x xxv,9. contioia lai fiume Durio, iv, 35. onde il nome di Lusitania, 1, 3 - lunghezza e larghexxa, iv, 35. Emerita, citt di P ortogallo, xv, 4Lussia fiume, 111, 3. Lulevaui, iu, 5.

Y a g ie o n i, u i f a o .

i pi celebrali popoli della Liguria, 111, 7. stirpe antica, in, ai. Liguria di Geoova, xi, 97 ; xiv, 8, a5; x t i , 69 ; x t i i , 2 ; xxxvi, 4# ; x x x v i i , u, 27. ma ri il ima vicina He Alpi, xv, 18. monli della Liguria, xix, So. fine, 111, 7. riviera di Genova, in, 7. mare Li gustico, u, 4G; 111, 10, ia, a4Ligustini, x, 34. Lilea, v, 4. ia. Lileo fiume, v, fi. Li li beo promontorio, in, 14 ; t u , a i. Limea fiume, v, 35. Limia fiume, v, 34. Limici, ili, 4' Limira fiume e citt, v, 28. (unte di Limira, xxxt, 18. ljm no isola, v, 3o. Lincesle acqua, 11, 1oG. Lincesti, v, 17 Lindo io Rodi, t , 39 ; xxxm, a3 ; xxxv, 36. Linforla, vi, a i. Lingoni, v, 3 i. Linitima, vi, 35. Lino fonte, xxxi, 7. Lione colonia, iv, 3a. Lionese Gallia, v, 3 i, 3a. lido della provincia, x, 4Liolasi uavooi, xix, 25. Lipari isola, 111, 14 ; xxxi, 3a ; xxxv, 5a. isole le' Lipuriolti, 111, 14. Lipari fiume, v, 22. Liria fiume,, in, 5. Lirinati, ut, 9. L'ri fiume, 11, 106 ; ni, 9. Li messo, Tenedo, v, 39. Li messo, v, 26, 3a. Lisia, v, 29. Lisimachia, v, 18. (nell' Eolide), v, 3a.

Macaria, Cipro, v, 35. Leabo, , 39. Rodi, v, 36. Macaron isola, Creta, 1 * ao. %, Maccociilingi, Vi, 2 1 .

7o6

INDICE GEOGRAFICO

1706

Maoedoni Aschilaci, v, 32. Cadueroi, v, S04 Ircani, v, 3 i. ( nella Mesopotamia ), vi; 3o. arme ilei Macedoni, 11,67. porto iu ludia, VI, 28. Seleucia, rhimnata Babilonia, vive secondo il costume de' Macedoni, vi, 3o. Macedonia (regione), v, 17 ; xi, u ; xu, Sj ; xm, i a ; x n , 19, 94, 4 *t 76; xvm, 3o ; x x , 5 ; xxv, 11; xxxi, 10, 19, 4 6; xxxni, 37; xxxv, 5a ; xxxv, 66. soggiogata, xxxiv, 19. provincia di Macedonia, in, 26. Pulii di Macedonia, xxxi, a6. mare Macedonio, iv,i8. Macesto fiome, v, 4< > Machero rocca della Giudea, , i 5. Machia isola, v, a 3. Maci (Maci), vi, a5. Maci (Macae). v, 5. (in Arabia), vi, a6. Macinia, iv, 3. Maeinio monte, ivi. Macisto, v, 10. Macisto monte, v, S9. Maclii, vii, a. Maco, vi, 35. Macomadi, v, 3. Macorbe porto, vi, 3a. Macra fiume, 111, 7. isola, v, ay. Eubea, iv, a i. Macrali, 111, 9. Macri, Chio, v, 3o. Eobea, v, a i . Icaro, i t , a3. itola, v, 35. ( altra nel mare di Licia )* v, 35 Macrobii (in Etiopia), vi, 35 ; vu, a. (in Mace donia), iv, 17. !\lacroce(ali, vi, 4* Macrocremaii monti, ir, 6. Macroni, vi, 4, >* Macroulico, v, 18. Macurebi, v, 1. Magai!, vi, a3. Magano, v, aa. Magale, vi, 35. Mageda, vi, 35. Magelli, in, 7. Ma gel li ni, 111, i4Magi (iu Medi), vi, 39. Magna Grecia, 111, i 5. Magne>ia (regione), v, 6 ; xxxi, 3o, 3a. di Macedonia, xxxvi, a5. Maguesia nobile per lo cognome di Meaudro, v, 3j. di Tessaglia, ivi. Magneti da Sipilo^v, 3 i. Magnopoli, vi, 3. Ma goa, vi, 3r. Magog, v, 19. Magone cill, nx, 11. Riora, vi, 35. Magora fiume, v, 17. Msgusa (di Arabia), vi, 3a. (di Etiopia), vi, 35. MaLca con fiume, 111, 3.

Malaca (in Ispagna), v, 1. Malcu isola, vi, 34 Malea, x, 69. promontorio di Malea, v, 8,10. Maleo monte, 11, 75 ; vi, aa. Maleveolo, Benevento, 111, 16. Maliaco golfo, v, ia. Maliande, Bitinia, v, 4* Malli, vi, a i. Mallo, v, aa. (in Etiopia), vi, 35. Mallo monte, vi, a i. Mal tace isola, v, 19. Mallacori, vi, 3. Malvana fiuma, v, 1. Marna, vi, 35. Maroblia, vi, 35. Mamertini di Messina, ni, 14. Mammisea tetrarchia, v, 19. Mamorta, v, 14. Mamnda, vi, 35. Manai fiume, vi, a5. Manati, ni, 9. Maodacadeni, v, Sa. Mandalo lago, vi, 34* Mandarci, vi, 7. Mandci, vi, a i. Mandi, vn^ a. Mandrageo fiume, vi, 19. Mandro fiume, vi, 18. Mandrueui, vi, 18. Manduria citt, 11, 106. Mania, vi, 29. Manteio ( in Cappadocia ),. vi, 4- de' Colofoni, v, 3 i. ( presso Efeso), v, 3 i. (altro), ivi. Mantinea, v, 9, 10. Mao lo va de'Toscani, ni, a3. Mara ci, v, 3. Marane, vi, 3a. Marate isola, nr, 19. Mara tesio, v, 3 t. Marato (M arathos), v, i 3. Marato (M arathos), xn, 55. Maratona luogo, v, 11; x x v , 37. battaglia presso Maratona, xxxv, 34Maralusa, v, ao. Maratussa isola, v, 38. Maraiiani, vi, 18. Marcadi, vi, 33. Marcialio Ouoba, ni, 3. Marcubii, v, 4* Mardani Arabi, vi, 3o. Mardi, vi, 3 i ; xx x i, 33. (nella Colchide), vi, 5. Mardi popolo, vi, 18. Mare morto (nella Sciiia), v, 37. Mareti, v, 6. Mareotide Libia, v, 6, 9. lago, v, n . Maieu isole, vit 34.

1707

INDIGE GEOGRAFICO

1708

Margi fiome, m , ag. Margiane regiooe, ti , 18. Margo fiome, vi, 18. Mariaba, ti, 3a. Mariammitani, v, 19. Mariana colonia, ni, 12. Mariaodioi golfi, 1, 1. Mariani Cereatini, m, 9. Marici, m , 21. Marigeri, t i , 35. Mario ( d i) fotu, iu, 5. Mario, v, 35. Maritima citt, hi, 5. Marma, t i , 3a. Marmaridi, t , 5, 6. Maro fiome, i t , a5 . Maroi, t i , a3. Marone colle, 111, 1^. Maronea, i t , 18. Marrucini, tv , 21. Teatini de1Marrocini, m, 17. territorio, 11, 9 5 ; xvn, 38. Marsaci (dei) itole, it , 39. Marti, x t h , 35 ; xxi, 45 ; xxriu, 6, 24. doma * tori di serpi, xxv, 5. Marsi popolo, t i i , 2. canto de' Marsi, xxvm, 4. guerra Marsica, t i i , 3; t u i , 82 ; ix, 79; x t , 36; xx, 6 ; x x t , 21. Marsia ( di ) fonte, xxxi, 16. Marsia fiume, t , 19, 2 i, 29. Marsiglia de' Focesi, m , 5 ; t i i , 54 ; x i t , 2, 8. Cenomani presso Marsiglia, 111, 23. Marsi gliesi vicini alle Stecadi, 111, 11. Atenopoli de' Marsigliesi, ut, 5. Nicea fondata dai Mar sigliesi, m , 7. Marucei, t i , 18. Marovii, m , 17. Masana castello, T, i 5. Maiatat f iu m e , t , 1. Masati, t , 1. Musei Arabi, t i , 3o. Musageti, vi, 19. Massaia ti, 32. Massaliotica foce del Rodano, m, 5. Massesili, t , 1 ; xxi, 45. Massesilia, x, 3. Massice borgo, t , 21. Massici monti, m , 9. Massicite monte, t , 28. Massili, v, 4* Mastaoresi, v, 3 i. Mastia de* Milesii, vi, 2. Mastramela stagno, 111, 5. Mastosia, it , 18. monte, v, 3t . Matatei, t i , 3a. Matelgi, v, 5. Mateolani, iti, 16. Materese citt, v, 4. Matilicati, m, 19.

Maliti, n , 35. Matio, i t , 20. (nella Colchide ), vi, 4Matroo di Smirue, x n , 5o. Mattiaci fonti, xxxi, 17. Maomaro, vi, 35. M.iori, v, 1; xvi, 70 ; xxxvn, 11. eoo fi nano col monte Atlante, xm, 29. M auritania, u 77 ; vm, 11. Mauretania. xvm , 3o; xrx, x x x l, 43. C esariese, v , 1 ; xxi, 4 5 - Citeriore, xm, 29. acque della Mauritania, v, 5 . con fine, vi, 35. costiere, x, 56. b o s c h i , t i i i , 1. regni un tempo, t , i. d a e province, ivi. Mstirusii, t i , 1. Mavtn citt, t , 8. M aT tania regione, in, 4 M azaca, Cesarea, vi, 3. Maxaci, vt, 7. Mazara fiume, ni, 14 Mazei, in, 26. Mazera fiume, vi, 18. Maziani, vi, 18. Meandria, ir, 1. Meandro fiume, r , ag, 3o, 3 i. Meandropoli, t , 29. Mechindira, ri, 35. Meciberneo golfo, ir, 17. Medeone, ir , 12. Medi, xm, 96 ; xxx, 2 ; xxxi, 46 xxxv n , 9,5$. ( iu Epiro ), ir, 1. ( in T ra c ia ), i t , 18. lago dei Medi, xxxi, 18. c itta d i, ri, 17. regione, t i , i o . sito, vi, 29. Solobe, Syr mati sui Tanai, vi, 7. M edia, x n , 19, 28 ; xxxvu, 70. Ecbatana cap ita le della Media, ri, 17. nano ti della Media, x n , 61. Medimni, ri, 35. Mediomatrici, ir, 3 i. Medma, ni, 10. Medmassa, r, 29. Medoaci due fiumi, i i i , 20. Medoe isola, ri, 35. Medubricesi, ir, 35. Medulli, 111, 24 Medullia, ni, 9. Melde (di) tempio, 11,95. Megadari, t i , 35. Mega)e isola, r, 38, 44* Megalli, vi, a3. Megalopoli, i t , 10. M egalopolilani, n, n o . Megara colonia, ir, 11. M egara (Megarae), x t i , 76. regione, ir, 11. territo rio M ega rio, xvn, 7. golfo, ir , 19. Megari isola, ni, ia. (io Sicilia ), in , 14. Megarice citt, v. 43. E raclea, Cbersoneio, ir, 26. Megatiro ( in Etiopia), ti 35. Megisba stagno, ri, 24. Megisla isola, v, 35.

aa;

i 7o g

INDICE GEOGRAFICO

1710

Mela fiume (di Beosia), il, 106. fiume, t i , 4* fiume che separa l a Cilicia, t , aa. fiume e
g o lfo , i t , 1 8 .

elanfillo monte, ir, 18. Sirao, T, 37. Melano isola, t , 36. Melantio fiume, t i , 4 Melasse gola, v, 38. Melcemani, ni, 11. Melili, it , 3a. Melana (Melaenae), it , i o . Melana, Cefaleuia, i t , 19. Corciraiu, 3. Mele fiu m e , t , 3 i . Melidea, citt, it , 16. Meiigaoi isola, 111, 14. Melisa (uell* Attica), i t , 11. (aella Cappado cia ), t i , 3. isola, hi, 14. isol ( nella co stiera Illirica ), ih, 3o. Melitea, i t , iG. Melitene, t i , 3. (di Cappadocia), t , ao. Mellaria citt, 111, 3. T i l l a g g i o iu lspagns, m, Proem. Melo isola, i t , a3 ; xxxi, Sa ; x x x t , 19, 5o, 5a ; xxxti, 4* Meloeisa, ui, i5. Mclogoue isola, 111, i 4* Melpe fiume, ni, 10. Melpo citt, ni, a i. Melzitano cill, t , 4* Metnini, i n , 5 ; x t i i i , a o . Memnon , vi, 35. Menalo monte, it , io .
M e n a n i m i , HI, i4> M e n a p ii,
it ,

3 l.

Meoarie isole, in, 11, ia. M e o d i , it, 15. Mendesi sbocco del Nilo, xm, a. Mendesio cilli, T, 9. Mendelero, t , 36. Menelaile, citt, t , 9. Menfi, 11, 87 ; xm , 71 ; xm , 19 ; x t , 3 i ; x t i , 33; xxxt, 39,46 ; x x x t i , 16. rocca de* re di Egitr lo, t, 9. Mentiti, t, 9 ; xxxti, 16. Meninx isola, , 7* Minioga d Africa, ix, 60. Meoismioi, t u , a. Meno fiume di Germania, x, 17. Meooba, in, 3. Menobacoo fiume, in , 3. Meoobardi, t i , i o . Menosca, i t , 3 4 . Menotaro fiame, t i , 7. Mentesani, ni, 4* detti aoehe Bretani, ni, 4* detti pur Basluli, ni, 4 Mentonomo estuario, x x x t i i , 11. Mentori, ni, a5. Meoni io torno al Tanai, t i , 7.

Meonia, L idia, t , 3 o . Sipilo capitale della Meonia, t , 3 i . Meonii, t , So. Meoli, ir, aG. Meotide lago, t l 6 ; xxxn, 53. golfo, i t , a 6 . sbocco, t , 9. palude, x, 10. paludi, x x m , 1 . Medici, t i , 7 . Meotica palude, n , 6 7 . lago Meotico, i t , 2 4 ; t i , i , i 5. Meotide Tereminda, t i , 7. Mercurio ( d i ) citt (iu Egitto), t i , 11. pro montorio, in, 14. Mergenlini, ni, 19. Meride lago, t , 9, 11; x x x t i , 16. Meriuati, in, 16. Merio monte, i t , 18. Mero monte, t i , a 3 ; x t i , 6 a. Merobrca, i t , 35. Meroe isola, 11, 71, 75, 77; t , 10; xn, 8 ; x x it , ioa. isola, x x x v i i , i 5. citt e isola, t i , 35. * Merope, Coa, t , 35. Meropi, citt, t . Meropia, Sifno, i t , aa. Meruera, in, 3. Merula fiume, 111, 7. Mesabateue, t i , 11. Mesagebe, t i , 35. Mesammooi, t , 5. Mese isola tra le Stecadi, ni, 11. Mesembria, i t , 18. Mesene, vi, 3i. Mesi ( Moesi ), in, 39 ; i t , 16. cbe sia, in, 99^* x t , 19. popoli ddla Mesia, i t , i . Mesi, t i , aa. Mesia se lT a d I t a l i a , t i i i , 83. Mesogile (rino), x i t , 9. Mesopotamia ( parie della Siria ), t , 13 ; xxxu, 7. trae origine dagli Assiri, t , a i. fu latta dagli Assiri, t i , 3o. principio della Mesopo tamia, t i , 9. espilale, t i , 3 o . prefettura, t , a t. confini secondo M. Agripps, t i , 3 i . Mesotinoliti, t , 3 o . Messa ( in T rsda), i t , 18. Messalo citta, xn, 35. Messanico fiume, in, ao. Messapia, Calabria, ni, 16. d lt , t . Mes sapii, xxxi, 10. Messei fonte, i t , i 5. Messene, i t , 7 ; x x x t i i , 54. M essenia regiooe, i t , 7 ; x x t , 3 o j xxvn, 3 . d d Pdoponoeso, t i , 39. Zancld de* Messenii, in, 14. Messeoiaoi, t i , 7. Messina di cittadiai Romaai, iu, 14. (in S idlia), 11,101 ; x i t , 8 ; xxxi, a8. Metagoni (dd) terra, Namidia, t , % . Metallinese colooia, i t , 3 5 . Metapino sbooeo del Rodano, ni, 5. Metaponto, in, i 5 ; x i t , a. Melauresi, ni, 19. Metauro fium e, in , io , 14/19-

INDICE GEOGRAFICO Metelite ritti, r , g. Melidrio, ir, 10. Melina isola, m, 11. Metinna, t, 3g. Metoue, ir, 7, 16. Melora, tl, aa. deserto dei Metorici, ri, a5. Metropoliti, , ag. (nella Ionia), , 3 i . Metrobarri isola, ni, a8. Metnride isole, ir, g. Merana (di) territorio, x it , 4. Merini, xxxr, 4g. Mevanati, iu , g. Meranionei, ni, i 3 . Mia isola, 3G, Munda, r, a 2. Micalesio, i t , 12. monte, i t i . Micene, i t , g. Micooii, tl , 47- Micono isola, it, aa. Midaione, r, 4* MiJe*, r, ag. Midoe, Trogloditica, ri, 34 Mieza, ir, 17. (in Macedonia) , xxxi, ao. Mifdone, r , 33. (d i Macedonia), i t , 17. Migdonia ( di Asia ), ri, 4* ~ (d i Assiria), ti , 10. Milano fondato dagl' Insnbri, ni, a i. Milasa, t, ag. Mile (Myle), r, aa. Mile citi, 11,101 ; 111, 14 ; xxxt, 28. Mile due ; itole, ir, ao. Milesia regioAe, Xt, 3a. Milesii fondarono Ci, r , ao. Ciuco de' Milesii, r , 40. Isttopoli, ir, 18. Odessa, i r , 18. Pantieapeo, i t , a5. colonia ( in Arabia ), ri, 3 a. Milelo (Milelof), (in Eoli de), r, 53. (in Creta), ir, ao. Mileto (Miletos), capitale della Ionia, t , 3 i ; x m ,
3 7 ; x x x t i , 13.

131*
ir,

Miriandro, 11, i t a ; r . 18.

Mirina (in Creta),

ao. ( iu Lenao), i t i 3 ;

Miletopoli, i t , a 5 ; r , 4 0 . MilelopoHti (in Eolidr), t , a a . Milichie fonte, ni, 14. Milii popolo, r, a5, 4a. Mimante monte, r, 3 1. Minalli, Melo, ir, a3 . Mincio fiume, 11, 106 ; ni, ao ; ix, 38. Mindo, t , a g . Minei, ri, 3a. Mioerra (di) promontorio, 111, g. Minieo, ir, i 5. Minio fiume, ir, 34 35. Minoida, Paro, ir, aa. Minoo, ir, ao. Mialurna colonia, m , g. Mio cill, r, 3 i. Mionoeso isola, t , 38. Mioaormo, ti, 33. Mira di Licia, xxxu, 8.

, 3a ; xxxn, a i. Mirica, t , 40. Mirmece scogli, r, 3 i . Mirmecio, ir, a6. Mirmidoni, ir, 14Mirobrica, 111, 3, Mirobrigesi, i r , 35. Mirsili, ir, 35. Mirso, ri, 35. Mirloo mare, ir, 3, 18, 23. Misecro fiume, ri, 3a. Miseno citt, in, 9 . Misenese te rrito rio , xvm, 7. Misi, r, 33. d ' Europa, t , 4 < Misia, u w , > ioa. Bolide, r, 3a. T e a tr a n ia , , 33. principio della Misia, , 40. Misio Olimpo, ivi. Misomacedoni, , Si. Mistia, 111, i 5. Misto isola, ir, ig. Misua citt, r, 3. Misulani, T , 4. Mililene, o Metelino, t , 3g ; x u t, a ; n x , i3 ; xxxm, 5. Mitilenei, r, 3 3. Mitti isola, i t , 3o. Mixei, ri, 3 i. Mizi maggiori e minori, ri, 3 2 . Modagaliuga isola, 1, a a . Modena colonia, 111, ao ; xi, 4 ; x x x r , 56. Mo denese territorio, 11, g6, i n . assedio, x, 5;. Modunda, ri, 35. Modusa, ri, 26. Modusi, ri, a a . Mogro fiume, ri, 4* Molicria, i t , 3. Molindi, Tt, a a . Molossi, IT, 1. Mona isola, 11, 77; ir, 3o. Monaco, 111, 7. Monati popoli, ni, 16. Monassia isola, 1, 3o. Honedi, ri, a a . Monesi, i, 33. Monocaleui, 111, 24. Monocoli, t u , a. Monoico lago, ti, 34Monte sacro di Roma, xix, 19. Mopsspia, r, 26. Mopo, r, a a . Morge, Efeso, r, 3 i. Morgeti, ni, 10. Mortili, it , 17. Morimarosa, i t , a7. Morimene, ri, 3 . Morini, i, 3 i ; x, 27; x n , 3. riputali gli ulti-

i 7i3

INDICE GEOGRAFICO

, 7i{

Nar fiame, m, g, 17. Naracastoma, i t , a4. Narbone Marsio, ui, 5. Narboqeie* Gallia, rr, 3i. provincia, 11, 46 ; i h , 5, 10 ; t i i i , 73 ; x, g, a6 ; xrv, 3, 4. 8, 11 ; x t i i , a, 5 } x t i i i , 5i 5 xix, 1 ; xxi, 3i ; xxxi, 1. proconsolato della proTincia Narbonese, xxxv, 7. Narei, t i , a3. Narendo, t , ag. Narniese territorio, xxxi, 28. Narieii, in, *9* Narone fiame, m, 26. Narona colonia, t . boscaglie di Narona, xxi, 19. M ossini, t , 33 ; ti, 4* Narraga fiame, t i , 3o . Macie sre, 11, 98. M u le l a c s p r o m o n t o r i o , t , i . Nartecasa, n , g . isola, t , 36. Nasamoni, t , 5 ; t i i , a ; xiu, 3a ; x x x t i i , 3o. Mulons, t i , 35. Munda fiume, it, 35. citt ( oella Spagna ), Nasnado, t i , 35. Nasotiani, t i , 116. x x x t i , ag. presa col figlinolo di Pompeo, Naspercenite (Tino), x i t , ao. 11, 3. Nassii, in, 14. Nasso, Tauromenio, ivi. IWuniesi, 111, 3. Nasso isola, v, aa ; xi, 74 ; xxi, 69. Nargentioi, in, 14. Murgi confioe della Belica, ni, 3. Natsi Calagurritani, 111, 4* Nat abadi, t , 4. Mosa gore isole, i t , ao. Natabar fiame, t , 5. Maseo di stagita,xvi, 57. Naliso fiame, in, aa. Musi fiame, vi, 10. Naubaro, i t , 26. Massini, t , 4 Naucralica foce del Nilo, t , 11 . Naacrati d i i - , Maticesi, 111, i 4* t , i t , xxxi, 46. Naucratite prefettura, t , 9. Matncamesi, 111,9. Nauloco, i t , 4 ; v, 3t . promontorio, t , 43Mutascei, in, 17. Naaloso isols, i t , 20. M atastratiai, 111, i 4> Naaroachei, vi, 3a. Muza porlo, t i , 26. Naopalto, v , 3 ; x, 8. Maziri, t i , a6. Nauporto fiame, ni, 22. Naaslatmo porto, ni, 14. NaTettabe, vi, 35. N Navilabione fiame, i t , 34N a T o , t i , 35. Nazerini (de') tetrarchia, t , 19. Nabadi popolo, T , 1. Nea ( citt della Troade ), n, 97. isols, 11, 89; N abar fiume, T , 1. i t , 23. Pafo, t , 36. Nabalea, xxi, 78. Nabatei, t i , 3a. Arabi, t , Neaudro, t , 32. T i c in i ai Siri, xu, 37. Trogloditi, Nebrissa Veneria, in, 3. x n , 44* Necanito (dei) porto, t i , a6. N abro f i u m e , t i , a 6 . Necrooef isola, xxxm, g. INagra, vi, 3 a . Nedinasi, 111, a3. JJaoiarini, i t , 34. Nee, t , 33. C a n n e t i , i t , 32. Neeto fiame, ni, i 5. C a n t a s t i , in , s 4 . Negligerne!, t , 5. I J a p a ' 8,T i , 35. Negra, t i , 3a. Mapei, vi, 19. Neleo fonte, xxxf, 9. t f a p e i (Napitae), t i , 7. N apoli (in Africa), t , 3. (altra), t , 4. (di Nelo, t i , 33. Campania), xxxn, 11. de'Calcidesi, Parte* Nelo fiume, i t , 34< nope, in, g ; x, 80 ; xm, a ; x t i i i , a g ; xxxi, 8. Nemaloni, ni, a 4. . ornata di opere, xxix, 5. (di Samaria), Nemea regiooe, i t , i o . combattimenti di Ne mea, xix, 46 ; xxx, 4o. , 14. ( di Tracia ), ir, 18. Napolitano ter ritorio, x t i i , a 6 ; x x x t , 5o. Napolitani ( in Nementari, ni, a4Sardegna ), 111, i 3. ( di Galazia) T , $% . Nemeti, ir, 3i.

n i Domini dd mondo, x n , . Gessoriaco de* Morite, i t , 3o. porto, i t , 37. Moreseno, v, 18. Morosgi, i t , 34. Morungi, t i , a3. Mosa fiume, i t , a8, ag. Mascheri, t i , io . Moschi, t i , 4* trslto dei Moschi, t i , 11. Moschico monte, t , >7. Mossilico promontorio, t i , 34 Mosrilico por to, t .

v?15 Kemiaie fonte, n, 106. Neoeesarea ( in Cappadocia), vi, 3.


Nostico, , Ja.

INDICE GEQGRAF1CO

716

Neori, n , 11.

Neper, m, t.
Keqiiao, in, 19. Nerci, tl, s3. Nere lini, m, 16. Kerie cognominati i Celtici, w, 34* Horigo itola, t i , 3o. Neripi, v, 7. Nerite, Leucadia, v, Nerito moote, iv, 19. Nertobriga, iti, 3. Nerutf, ili, *4 Nervesia (di) villaggio, xxv, 4& Nervi, iv, 3i. Nesattio citt, 111, a3. Nesca, vi, 3a. Netei, vi, a3. Nest di Campania, ire, 4a. Neso( in Eubea), v, ai. Nessa, vi, 3a. Netto, viii, 17. fiume, 1, 18. Netioi, ni, 14, >6. Netriofo, in, 19. Nettano (di) tempio, x m , 3o. Neoti, iv, 6. Neuri itola, Uafoneto, v, 44* Nicasia itola, v, 3. Nicea* ( di Bitinia ), v, 43. (llr), t. fon data dai Martiglieri, in, 7. Nicea fiume, ni, ao. Niceforio, v , ai. in vicinam all1 Ea frate, vi, 3o. Niceforione fiume, vi, 3i. Nicomedia di Bitinia* t , 43* Nicopoli ( in Armenia ), vi, ie. (in VHinia), v, 43. Nioopqlilana citt ( di Acarnania ), v, a. Ni fate monte, , 37. Nigri, vi, 36. Nigriti Etiopi, v, 8. Kigro, v, 10. capo del Nilo, vm ,3a. fiume v, 4 , 8 . Nilo (del) lago,v, 10. Nilo in Egitto, 111, ao; vii, 57 j vm, 37, 48, 39, 61 ; ix, 17, 84 ; xm, 45 ; xxi, 5i, 58; xxxi, 3, 4a, 46; xxxii, 19; xxxv,.47; xxxn, >4, 17; xxxvn, 35, 59. terroine dell Africa, iti, Proem. natce fra paludi, vi, 35. feria ve ce di colono, xvm, 47- acqoa del Nilo mollo generativa a berla, vn, 3. porta limo, xvm, 45. togli assorda gli abitanti,ri, 35. acqua del Nilo, xm, a3. acqur, xm, 3a. acqua simile al mare, xxxr, 40. 1 acqua ola del

Nilo d il bere, n , 33. u w f g i dei Nilo, n , 34. c a p o , rat, 3a. Coati iltw iiin m , v, 10 . isola, x x x t i , 8. G riltn p a lk e prefet tura, nell isola del Nilo, v, 9. iounilnriana. xxir, 108. sette foci celebratianmft, r , 11. luoghi lasciali umidi dal Nilo, xm , Sa; xxxi, 39. vi riere, xu, 5a. fendi tara, r, 9. argine ohe ritiene il Nilo ohe oon tra bocchi, x, 49Nhoes degli Areeomici, ni, 5. territorio di 8i* mes, ix,. 9. citt attriboite a Nimea, m, 5. Ninfa isola, t , 37 . Co, r, 3 6 . Niofaide isola, v, 35. Ninfe (delle) letto, ri, i 5. iti p a , xxxi, 19. Ninfeo, u, 96 ; 111, a6. cratere dei Niafeo, u, 110. Ninfeo ( di Cilicia ), r , aa. ( odia Taurica ), ir, a6. ( presso il T g ri ), rx, 3i. promontorio, 111, 26. Ninfeo Buine, m, 9. monte, rv, i 5. Nino citt posta sol Tigri, vi, 16. Niobe fonie, iv, 19. Nisa ( nella Caria ), v, 39. <n ell' ladia ), vi, 5. Sciiopoli, v, 16. monto dell' india, in i,6. Nitea, vi, 39. Ni sibi, vi, 16. Nisicasti, vi, 35. Nitiri, v, 4* Nisiro (in Calidne), v, 36. isola, v, 3 6 ; xxxv,69. Nititi, vi, 35. Nisso, ir, 17. Niler nazione, t , 5. Nitria, vi, 26. Nivaria isola, vi, 37. Noa, vi, 35. Nocera citt, 111, 9 ; xvi, 57. Nocera detta Fa vonio, 111, 19. di Nocera territorio, m, 9. Nocheli, vi, 3a. Noega citt, v, 34. Noela, v, 34. Neeni, 111, i 4< Nola colonia, 111, 9. Nomadi ( di Etiopia ), vi, 3o,3 5 ; r ii, a. Arabi, t , i 5 ; vi, 33. ( d 'in d ia ), t i , 2 0 ; t u , a. Numidi, v, a. Parti, vi, 29. Semiti, n, 3a. (della Scizia) v , 3 6 ; t i , i 5 . Nomentano territorio, xiv, 5. Nomentani, u, 8, 17. Nonacria ( in Arcadia ), 1^ 106 ; xxxi, 1 9 . No nacri monte, v , 10. Nonagria, Andro, ir, aa. Norbanesi, 111, 16. Norbani, in, 9. Norbe, m, 9. Norbege colonia, ir, 35. Norcia (di) territorio, xvm, 34. Norcia, Oi, 1;. Noreia, 111, s3.

*77 Noreai, m, i3.

INDICE GEOGRAFICO
Odia isola, v, s 3. Odomanti, iv, 18. Odombocri, vi, *3.

Ofiogeui, vu, a. Ofirio nitro, xxxvi, 66. OOusa isola, v, 44* C olnbrra, m , 1. * - Ro- di, v, 35. T ira, v, 36. Ofiussa isola, v, 30. Tejo, v, 3*. Ofrado fiume, vi, a5 . Ogigia isola, n i, i 5. Numantia, iv, 3^. smantellala, x, 6 0; xxxm Ogiri isola, vi, 33. 5o. Numantini, ui, 4 gnsrra NaoMntina, Oglasa isols, in , 13, Olabi, vi, 35. vm, 14. Olaca fiume, xxxi, 18. Numestrani, m, i5. Olario, in, 4 ; v, 34. Numicio fiume, u t, 9. Numidi, Nomadi, v, . Numidia provincia, v* Olbia, Nicea, v, 43. Olbiopoti, ir , 26. di Panfilia, , 36. 3 ; xix, 19 ; xxxvii, 11. parie dell Africa, x, Olbonesi, ni, a 5. 67. fine della Numidia, , 3. Olcbinio, ni, 36. Numiuiesi, 111, 9. Nupsia, Nupsi, vi, 35. Oleatro, ni, 3. Qleno, v, 6. , Nu fiume, xxxi, 13. Oliaro isola, v, a 3. Olimpea, vi, 39 5 4 $7 i , 34 J xv, 5 | xvi, 89; xxxiv, g, 17, 19; xxxv, 36; x x x n , 33. ( regione ), n, 106. cavalle Olimpie* xxvm, 49. ara, x, 13. combattimeoU Olimpici, xxxv, 40. vinse, x, 83. Oasit due popoli, v, 9. Olimpena citt, v, 4* Obigene, v, ija. Olimpo citt, v, 38. monte, v, i 5 ; xxxi, 38* Oblivione (dell*) fiume, v, 3 5 . Ossa, ecc., xxxi, a6. ivi nascono assai Obrima fiume, v, 29. lauri, xvi, 59. monte di Bitinta, v, 43. Obulco, in, 3. ( in Lesbo ), v, 3g. di Licia, xxi, 17. di Obulcula, ui, 3. Macedonia, tin , 83 ; xvi, 38. in Misia, v, 40 Oca, v, 31. radici dell*Olimpo (nella Ionia), v, 3 i Oculee, v, ia. Olinto, rv, 18; xi, 34 ; xvm, 93. Ocani, vi, 18. Olir, v, 12. Ocario fiume, vi, 7. Olisipo, v , 35 ; v m , 67. Olisiponese territorio* Occidente (dell*) popoli, xix, 9. x x x v u , 35. Olisiponese promontorio, v , Oceano Atlantico, v, 35. si diffonde ne* mari 35. Olisiponesi, x, 4* Mediterranei, 111, Proem. Britannico, ir , 33 . Olitone, v, 16. esortiro, xxxvu, 11. Gallico, ni, 3 ; ir, 33. Spagnuolo, xxxvu, 65. del Mezsod, Olliculflni, ni, 9. OHio fiume, 11, 106; iu, 30 ; v, 33. vi, 35. dellOriente, xm , 48. Settentrio* Olmia, Seleucia, v, 32. naie, v, 37 ; x, 3o ; xxxvu, 11. isole del* 1' Oceano, xxvu, 1. isole dell* Oceano Set* Oloessa, Rodi, v, 36. Olofisso, v, 17. tentrionale, xxv m , 3o . isole favolose, Olopisso, IV, 30. xxxu, 53. Olostri, v, 33. Ocelesi, v, 35. Oluro castello, rv, 6. Oceli d Arabia, vi, 36. Omaoi (Omanae), vi, 3s. Omanl, ivi. O dia, xu, 4a> Ombite d tt , v, 9. Oco fiume, vi, 18; x ix i, 3 g . Ombrio isols, vi, 37. Ocra, ni, s 3. Ombrone fiume, in , 8. Ocriculani, in, 19. Omeriti, vi, 33. 0 desso de' Milesn, ir, 18.

N orici, m , >4 i ****> 4 1* uniscono eoi Reti, m , 37. Norico, xxi, ao. Noscopio, vi, 38. Notio mare, 111, 10. No*b (Notiam), t , 3 i , 36. N otiti, ?i, 3o. Novaua colonia, m , 18. Novano fiume, n, 106. Novaris citt, m , 31. Nubei, vi, 3a. Etiopi, vi, 35. Nuditano, ni, 3. Nulo monte, vn, 3. Numana, iu, 8.

Odrisi nazione, <r, 18.


Ofaro fiume, vi, 7. OfarUi, ivi,

OfioLgi, vi, 34.

INDICIS GEOGRAFICO

171

Oroande monte, t , 37. O roandico la tto , v, 42. Omira fiame, Eafrate, v, ao. Oroate fiame, t i , 28, 3 i. Omoe d u i , ti , 3a. O robii, m , 31. Omolio, iv, 16. Orom aassd, i t , 3 i . Omona, v, a 3 . Omonadi popolo, iti. Oromeno am ate, xxxm , 3g . Oncobrice iaola, t i , 3a. Oronte, popolo, t i , 3o . fioaie d ella Siria, n, Onesi, n i , 4 . Ooioge, i n , 3 . 06 ; t , 18. Oropo, t , 11 ; x x x t , 47. Ooisia iio li, iv, ao. Onoba, in, 3. Estnaria, ivi. Orosioe fiume, i t , 18. Orsa monte, vu 3a. Onobrisati, it , 33. Ooocono fiume, t t , i 5. O rsd Indiani, t u i , 3i . Orsima, t i , 35. Onafite d t t i , t, 9. Oone isole, i t , 3 7 . Orsioo fiume, t , a g . Opo cill, i t , ia . Oponzio golfo, ivi. Ortaeea fiame, vt, 3 t. O rada isols, t i , a 6 . Ortagarea, i t , 18. Orlano, nt, 18. Orani, t i , 7. O rte, i t , 16. Oratelli, 111, a4* Ortesi, m , 19. O rati, t i , a 3. Or ligia, Delo, i t , aa. Efcao, t , 3 r. O ratori, t i , a 3. Orbelo moote, i t , 17. Ortofanti, t i , 3o. Oreade iaole, i t , 3o. Ortona, m . 17. Orcheoi, t i , 3 o , 3 i . Ortopala, m , a 5. Orcomeoo (Orchomenos) di Areadia, xxt, 37. Ortosia, t , 17 ; x x x t i i , 9, a 5 , 0 9 . ( nella Car fiume, t i . Orcomeoo (Orohomenas), ria), t , 29. iv, i 5 ; vrn, 8 3 . Orcomenio lago, x t i , 66. Ortospano, t i , 4Ortouiesi, t , ag. Orcomeoo (Orchomenum), i t , 10. O rtro, termioe dei Romano im p e ro , n , 3. O rdabi, n , a 3 . O rtuli, t i , a a . Ordeso porto, i t , 96. Osca, i n , 3 . Osceoso, m , 4 * Ordhmo moote, t , 3g. O sd ( nell Campaoia ), m , 9. ( n d Laxi), ivi. Orege monte, t , 37. Oseriali, m , 28. O rei Arabi, t i , 9, 3o, 3 f. Oserilta itola, x x x v i i , 11. Oreo (Oreon) regiooe, t , ao. Osii, t i , a 3. Oreo (Oreos), i t , a i. Oreste (di) porto, n i, 10. Osiutia regione, m , 3. Oresti liberi, i t , 17. Osiride (di) tempio, v, 11. Oretani, m , 4* detti anche Germani, t . Osismii, iv, 3a. Oretani gioghi, m , a. Osquidati, i t , 83. Oretico (too), u t , 9. Ossa monte, i t , i 5. Orga fiame, t , 39. Ossei, Costanza Giulia, m , 3. Orge foote, x t i i i , 5 i . Ossigerdesi, m , 4 * Orgenomesd, i t , 34 Ossia isola, i t , t g . Orgo fiume, m , ao. Ossidraci, t i , 18. O rgodni, i t , 26. O uigio detto Laconico, in , 3 . Osnigitania, hiOrgonagi, t i , a 3. Ossii assassini, t i , 3 i. O ri, ti, a6. Ossiopo, t , 33. Orico, ni, a6. OssiTinchite d tl, t , 9. Oriente, xxx, 1 ; xxxvn, 8 ,9 . popoli ddP O- Osso fiume, t i , i o . h g o , t i , 18 ; xxxi, riente, xi, 109; x t i , 6 5 . re, ix, 5 8 . 41. foce del fiume Osso t i , i 5 . Orine toparchia, t , i 5. Ossobrii, 111, 5. O uibrii, n i, 7. Oripo, ni, 3. Ossonoba ( io Lusitania), i t , 35 . Orisio fiume, t , 4* Osteode isols, 111, 14. O riti, t u , a. Ostia, n, 46; t u , 3 ; x ix , i ; x x x t i , i d . colo O ritani Mentesani, ni, 4 nia, m , 9. costiera d ' O stia, n , 2 9. - por Oritano, i t , a i. to, ix , 5 ; x t i . 76; x x x t i , 2 4 . Ormenio, nr, 16. Ostiglia, al Po, xxi, 43. Ornilo dtl, t, 17. Ostippo, in, 3.

*721

IBDICtt GEOGRAFICO

1722

Ostraeire, t, i {
O strani, m, g.

Otene, parte d*Armenia, t i 16 j x i i , *8. Otcsini, m, ao. O tri, v, a t. Otrionei, i t . 17. Otri monte* i t , i5. Ottavani (degli) colonia, ni, 5. Ottodnresi, m, 24. Ottulani, in, g. OTetano ( piombo ), x x x i t , 4gOzoli Locri, iv, 4> Ozaei, m, a6.

P
Pacete colonia, m , 5 ; i t , 35. c o n T e n to , i t , 35. Pachino promontorio, m , i 4 > Paciri fiume, i t , a6. Pad ina ti, iu, ao. Padova citt, in, a 3. campagne Padorsne, ni, ao. acque calde, it, 108. fonti, xxxi, 3a. paludi, x i y , ig. Paflagonia, ix, 83 ; xi, 70. popolo, t i , a. Pafo, 11, g7. Nea, , 35. Pagasi, iv, i 5. Pagasa fonti, xxxi, 3g ; golfo Pspaaieo, i t , i 5, a 3. Page di Beozia, i t , 4* Pagei, i t , i i .
PagidariTO, v,
17.

Pagrarga, t i , 35. Pagri, t , ig. Palamedio, t , 3a. Palaozio, i t , 1 0 . Palatina parte di Roma, xvm , 3 Palebiblo, t , 17. Palemindo, t , ag. Paleogoni, t i , 3 4 .
Paleo frio, i t , 1 7 . Palepafo, t , 35.

Palermo, ni, i 4 Palescamandro, t , 33. Paleiimondo fiume t citt,, a 4. Palestina di Siria, xn, 40. dove comincia, t , 14. tocca F Arabia, t , i3 . fine di essa, t , i 4Palestioa ( Palaestina ), Arbelite, t i , 3x. Paletiro, t , 17. Palibolra, t i , a i, aa. Palinnro promontorio, in, 10. Pallantioi, ni, 4 Pallenzia lago, t , 4 * Pallene, i t , 10, 17} x x x tu , 4& * Pallone, t i , 3a. Palma citt, m , 11.

Palmaria isola, m , ia.


Palmete territorio, m , 18, ig.

Palm ira citt, t , a t . deaerti di Paimira, t . Palsino, iu, a 3. Palso fiume, t , i . Palt, t , 18. Paltonesi, in, 7. Pamiso fiume, i t , 7, i 5. Pancaia, t , 5| ; x, a. Pancrido, Berenice, t i , 34> Panda, t i , 18. Paodataria isola, ra, ia . Pandi popolo, t i , a 3. confine de' Pandi o Pandari, Tt, a. , Pandore, t i i i , a. Pandocia luogo, rv, 1. citt dei Lucani, in, t 5. Panea fonte, t , i 5. tetrarchia, t , 16. Paoetolio monte, iv, 3 . Panfagi, 35. Panfilia, t , 33, a6 ; xi, 116; xn, 55 ; xxi, ig. Cabulia di Fan filia, t , 4*- mare di Pan filia, t , a 5, 35. Pangeo monle, it , 18; tu , 57; xxi, 10. Pauionia regione, t , 3 i. Paoiso fiume, iv, 18. Panisia fiume, iv, 18. Pannonia m , 28 ; xxi, ao. Pannonie, xxxTn, 11. guerre di Pannouia, v i i , 46. quar tieri d* in T e rn o , i t , i 5. Panopoli, t , 11. Panopolita prefettura, v, g. Panormo ( in Creta ), i t , ao. Panormo, iv, 48 porto, i t , 6. Pantagie fiume, 111, i 4> Pantano lago, in, t& Pantesi, t , 33. Panticapeo citt, x t i , 5g. de1Milesii, i t , a6. Panticapesi, t i , 7. PanUcapesi, t i , 7. Pan tornat ri<s i t , ao. Parabesle, t i , 26. Paradiso fiome di Cilicia, t , aa. citt, t , ig. Parageniti, i t , i o . Parapiani, t i , a 5. Parapotamia, xn, 61. Parasangi, t i , a 3. Parafino citt, u, g8. Pardistila o Tardisila d ' India, x x itr ioa. Paredoni, t i , 17. Parenta, t i , 35. Parenzo citt, m , a 3, Paretaceni, t i , ag, 3 i. Paretonio (di) regione, t , 5. Paretonio in Egitto, x x x t , 18. Paria isola, t , 34. Pariadre monte, t , 27; n , g> 11. Pariana colonia, i t , 18. Paricani, t i , 18.

Pandione) t ag.

INDICE GEOGRAFICO
Pano colonia, v, 4<>; xxxtv, 19. m IP BlUtpotlo, vu, a . colonia della Propontide, xxxvt, 4Parisii popolo, i t , 3a. Parma colonia, in, ao ; vn, 5o. Parnaso monte, i t , 4 io ; xix, 16 ; xxnr, 118; x x t , 53 ; xxxi, 26 ; xxxvn, 54 Paro isola, i t , aa ; x t i , 47 xxxn, 9 ; x x x t i , 4 *
i 3 ; x x x v ii, 3 i .

7*4

Palami, vi, 3a. Patara, v, 28.

Paropamisadi, t i , a ), a 5 . Paropamiso, fiume, v, 27. monte, t , 7 ; t i , 18, a i, a 3. Paropioi, iti, 14 Paroreali, it , io . Parorei, v, 17. Parparo monte, it, 9. Parrasia, v, 10. Parrasini, vi, 18. Parlali paese, vi, 2a. Parteni, ni, 26. Par tenia, Sanno, v, 3?. Partenia fiume, vi, 3 i. Par tenie, v, 3 i. Partenio luogo, v, 18.

Partenio, v, 10} v, 33. promontorio, 11, 91 ;


iv, a6. Partenio fiume, vi, a. monte, v, 10. porlo, m , 10. Parieoo Arusa, Samo, v, 87. Parienope, Napoli, in, g. Parlenopoli, v, 18. (in Bitinia), v, 43* Parli, v i i , 44 5 7* xli 3a, 35 ; xu, 39 ; xm, aa; xiv, 19, 28; n i x , a5. Nomadi, 1,29 . oro dei Parli, xxxm, 47* popoli, vm, 73 ; xxx, 3o. Magi, xxxvu, 5 i. nom ee regni, vi, a8, 39. popoli, xi, 115. principi, xn, 7. regi, xxi, 36 ; xxxi, a i. regni, vi, 16, 17 ; x i i , 40. Seleucia, x, 67. Partia, xxvn, 59. sempre fu nelle radici dei monti, t i , 39. Ecatompilo capitale della Partia, vt, 17. deserti, vi, 17. regoo de' P arti, x x x v i i , 8. larghezza del regno de* Parti, vi, 3o. fatti dei Parti, vi, 3 i. di loro con Antonio, xxxm, a4Partiene, vi, 29. Partusi, t i , 3 i . Pasagardi, t i , 26. Pasini citt, in, 25. Pasiri (Pasirae), vi, a 5. Pasiri (Pasires), vi, a 5. Pasitigri fiume, ti, 3 i ; xn, 39. Passagarda castello, ti, ag. Passala isola, v, 36. Pastona, v, ao. Pataga, vi, 35. Patage isola, i t , a 3 . Patata, porto d ' India, n, 75. Palala isola, t , a 3 j m , a5 .

Paterooaeso isola, iT , 29. Pali, vi, 35. Paiisso fiume, w , 25, Patmos isola, i t , a 3. Patrasso colonia, if, 9 } x x x t, 49 x x x ti, 4* Patricia colonia C o rd o T a , n i, 3. Pallia isola, v, 35. Pallia, iv, 18. Pattio fiume, in, 16. Pattolo fiume, v, 3 o; xxxm , a i . Pausilipo villa di Campagna, ix, 78. Pausulani, 111, 18. Paxo isola, v, 19. Pedalie, v, aa. Pedalio promontorio, t , 39. Pedaso, T, 39. Pedaso Adramiteo, t, Sa. Pedatriri, vi, a 3. Pediculi (dei) paese, m , 16. e itta d i, t . Pedna isola, v, S9. Pedopide fiume, vi, 1. Peessa, v, ao. Rodi, T, 36 . Pemaneni, t , 3a. Pegaseo stagno, t , 3 i. Pegosa, Gnido, t, 89. Pela isola, v, 38. Pelagoni, v, 17. Pelagonia, ivi. Pelassi, t u , 5 7 . (in Etruria), i i i , 8. (io Ita lia ), m, 10. ( nel Lazio ), h i, 9. fondatori di Argilla, in, 8. Pedasgiro Argo, v, 14. Pelasgi (Pelasgis), Arcadia, v, 10. Pelasgia, Lesbo, v, 39. Peloponneao, ir, 5 . Pele isola, xxxn, 9. Peleoa ria, vi, 35. Pelendoni, v, 34* de' Celtiberi, in , 4 * Peleslini, ni, 19. Peligni, iii, 17; xi, 1 4 . monti dei Peligni, xxxi, a4> Pelio ( Pelios, Pelius ) monte, 11,6 5 ; v, >5 ; vn, 57 ; xn, i 5. in Tessaglia, xxv, 53 . Pella colonia, v, 17. di Maoedonia, xxxi, patria di Alessandro Magno, x x x r, 36. ( nella Siria Decapolitana ), t , 16. Pellaconta fiume, v t , 3o. Pcllaone, iii, a 3. Pellenei (de*) castello, it , & Pelleneo monte, v, 38. Pelleo villaggio, vi, 3 i. Pelopia, Tialira, t , 3 i. Peloponneso, v, 5 ; vn, 3 ; x, i 5 ; xvm , 10; xxix, 6. quanto si stende, v, 1o. quanti mari bagnano la costa del Peloponneao, ir, 9. guerra del Peloponneao,xxix, a ; xxx, a. lido, ii, 106.

17*5Peloro promontorio, m , iOt x4 Pclteoi, t , a 5 , 29.


P e ltu in a ti, m , 17.

INDICE GEOGRAFICO

l 'X j

Pelusio, r , 45 ; m i , 3g. ii F e M M , n , IS.


Pel asiaca foce dei Nilo, t , 11.

Pero ino,

t i,

35.

Peneo fiome, i t , 5 ; x x t, 37. . fo ced d Peoeo, . it, 16. Penio fiume, n , 106. fiome e citt ( nella Col chide), t i , 4 . Pentapolitana regione, t , 5.

Pentedaltilo monte,
Peooia,
it, n ia , t .

t i , 34*

17; T i n , 16. popoli della Peo

Perareio itola, it, a 3. Perea Giodea, t , i 5. Percote, t , 40. Perga, t , a 6 . Pergamo ( io Creta ), i t , ao. famoso in Asia, t , 33 ; x x x t , 36, 46 ; x x x t i , 4*60. m e m b r a n e r i t r o T a t e io Pergamo, x m ,a j. r e g i , x x x t , a. giurisdiziooe Pergamena, t , 33 . Perimula (di) promootorio, t i , 37 ; n , 54. Periato, it , 18.
P e r i r r e a t a is o la , P e r i s t e r i d e is o le , P ern e, n , 91.
t, t,

38. 38.

Perorsi, , 8 ; t i , 35. Etiopi, t , i . Perpereoi (Perpereoae), xxxt, ao. Perperese, t , 3a. Perpereoi (Perpereoi), t , 33.
P e r r e b i, i t , i , 3 ; x x x ti, 5g .

Persi, Corsari, t i , 19. Persis, xu, ao ; xxi, 45 ; x x i t , i o a } xxx, a. tutta, xm, 9. ricca io lasso, t i , a 9. con fine della Persia, n , 00. re, xu, 8. Persiani, x, 85 ; xu, 4 0 ; xm, 18 ; xxx, 4 ; x x x t i i , 19, 37, 54,6 8 . abitarono il mar Rosso, t i , a g . i Per*iaoi faooo li scheni e le parasan* ghe chi d' ooa e chi d altra misura, t i , 3 o . asilo de Persiani, t i , 3 1. regni ehe ora son dei Parti, t i , 16. regi, x x i t , soa. i Per siani T e o o e r o in Ispsgos, m , 3. Persico golfo, t i , a8, a g , 36. del mar Rosso, ix, 5 4 . * Niofarene citt e popolo Persiano, x x x t i i , 64 lsto Persiano dell' Arabia, x x x t , ioa. mare, t i , 16; xn, a o ; xxxn, 11. goerri, x tiii, a8. F e ro gi, w , 8 . - gaerra di Perufia, t u , 46. Pesaro colonia fiome, iu , 19. Pesisi (Psesicae), t i , i g . Pesici (Paesici), iu, 4 >T, 34. Pesino, t , 4** Pesto d tl , 111, so. +- golfo di Pesto, iri. P esn ri, ir , 35. P eta, t i , 35. Pelalie isole, i t , a 3.

Peteooe, o Pteleone, it * ia . Petilis, in, i 5. Petra dei Nabatei, t i , 3 a. Petrea confinante con la Siria, x x x t i i , 4* Petrini, 111, 4 Pstrocori, i t , 33 . Peuee isola, ir, a 4~ Peocezia, Calabria, ni, 16. Peucezii, 111, a 5. Pondoi (io G erm ania), 1, 38. Peucolai cill, t i , a 5. Pevcolaiti, t i , a 3. Peacolaiti citt, t i , s i. Piacenza (Picentia), citt, m, 9. Piaceozs (Placentia), t u , ag, 5o ; t u i , 6 x. colouia, in, ao. Piali popolo, vi, ig. Picenti o Piacentini, 111, 18. deri T ati d a i Sa bini, t . Pimentino territorio, ivi. Piceno, x t i i i , 7 ; x x t i i , 83. territorio Piceno, 11, 106; x i t , 4* Pici, tx, 7. Pidara fiome, i t , 18. Pide, t i , 36. Pidiboli, t i , 35. Pidna, i t , 17. Pidoto isola, t , 36. Pieri popolo, i t , 17. Pieria ( in Macedonia ), t . Seleocia, t , 3 ; 18. Piero, i t , 5. Piero moote, t . Piet Giulia colonia, 111, a 3 . Pigmei, i t , 18; x, 3o. Sigmei, t u , a. (iu Etiopia ), vi, 35. ( nella Caria ), v, 39. ( nell* India ), vi, aa. Pigunzio, in, *6. Pile isole, t i , 34* Pile, v, 11. Pilemenia nazione, t i , a. Pitene, v, 3. Pilo, v, 7. Piloro, i t , ao. Pioara, v, aa, a8. isola, i t , 19. Pioariti, t , 19. Pioaro fiume, t , aa. Pindaso monte, t , 33. Pindi, vi, 35. Piodicitora, t i , 35. Pindo moote, i t , i , i 5. dal Piodo esce 1*Ache loo, i t , a. citt, i t , i 5. Piago fiume, m , 39. Pioaesi, m , 17. Pione monte, t , 3 i . Piooia citt, t , 33. Pioni li, ivi. Pira, x x t , a i. Pira citt, in, 9. di Egitto^
x x x tii, 54.

Piramo fiume, ?, aa. Pirei, in, a6.

INDICE GEOGRAFICO 173& *7*7 Planaria isola, ito} at-; m ^7. ' Pireo porlo, n, 87 ; ir, 11. inoendio d d Pirco, Planasia isola, in, ia . x x x t , ao. Piante isole, vi, i 3. Pirene fonie i t , 5. P iange isola, v, 3, Pirenea Vnere, ni, 4. 43* Pireneo, x i t , 8. Pirenei monti, ni, a ; v, 34; Piatane fiume, xxxvn, 6. fino ai monti Pirenei, i t , 3 i . Platanode promontorio, v, 6. . promontorii, xxxvii, 11. radici, in, 4- Plato Isola, v, 38. provincia Tarraconeae congiunta da un lato Platea isola (Platea), v, 33. P aro , i r , aa. col Pireneo, ni, . nel Pireneo, vu, *7. Platea ( Plataeae), v, i s ; vn, 57. monti Pirenei, x t i , a8 ; xxxi, a. dividono Platie isola, iv, 3o. (i monti Pirenei) la Gallia dalla Spagna, i h , Plenioesi, ni, 18. Pleteuisso, v, a6. 4. foreste, i t , 3. Pleurone, v, 3 ^ Pirgeti, v, 10. Plitanie isole, v, 38. Pirgi citt, in, 8. Piote isole, v, g. Pirno, v, ag. Plumbarii detti i Medubrioesi, v , S i . Pirogeri, i t , 18. Piurialra isola, vi, 37. Pirpile, Deio, i t , aa. Podalia, v, a8. Pirra, n, 94 ; v, 4, 16, ai ; v, 8. ( nella Ca Pola colonia, in, a 3. ri ), v, ag. (in Leabo), v, 3g. Polemooio, vi, 4< Pirre isola, v, 36. Polendo isola, iv, a 3 . Pirrea, xxxi, 7. Pirreo bosco, xvi, 19. Policnai, v, 3a. Pisa ( Pisae ), tu , 54 ; v , 4- colonia in Etroria, ni, 8. acque calde dei Pisani, 11, 106. Polidora isola, y, 44* Poliego isola, v, s 3 . Pisano territorio, xvm, ag. Polimedia, v, 3a. risa (nel paese degli Elii) citt, iv, 6. Polirrenio, v, ao. Piscene* in, 5. Pisidi, v, a4- Pilidia, xn, 55 ; x t i , ia. Politelia, tn, 3o. Politice Orga, v, 3 a. monti della Pisidia, xxv, ao. Politorio citt, ut, g. Pilinati, in, 19. Pollencia, in, 7 .*citt, m , s i . prosso le Al Pisistrato (da) isole nominate, , 38. pi, viu, 73 ; xxxv, 4$. Pissite fiume, vi, 4Pollentini e la citt Salvia, su, 18. Pisso citt, ni, 10. Pissurate, Eufrate fiume, , ao. Pollustiai, iu, g. P o san o fiome, vi, a 5. Fislira isola, v, 38. Pomezia, in, g. Saessa, vn, i5 . Pistorio, in, 8. Porapea Alba, i i i , 7. Fitaio, v, ag. Pitane, v, 8 ; t , 3a. in Asia, xxxv, 4g. Pompeo citt, ni, g ; x i t , 4 i xxxi, 43. Pompeiopoli ( di Cilicia ), t , aa. ( di Cappa Pitara, vi, 35., docia), vi, a. Pitecusa isola, n, 89. Pomponiana isola, ni, 4 * Pitia, xxxv, 35. Poneropoli, iv, 18. Pitinate territorio, n, 106. Ponte Campano, xiv, 8. Pitio, vi, 5. Pitiusa sola, iv, ig. Chio, v, 38. Lem- Poniificease Obolco, in , 3. Pontioa palude, iu, g. psaco* v, 40. Mileto, v. 3i. Pontine paladi, xvn, 3 ; xxxi, 9. Pitiuse isole, in, 11. Ponto, n, 48 ; vni, 68 ; x, 83 ; x i, g ; xn, 37, Pitonia fonte, xxxi, 34. 38; xv, 3o ; xvi, 76; xvn, 37 ; x xi, 45 ; xxn, Pitonoeome, x, 3i. 11 ; xxv, 07 ; xxvn, io 5 ; xxxn, i 3 ; xxxm, Pitroneso isola, v, g. 54 ; xxxv, 5a ; xxxvn, ao. il m ar Pontico PiUepoli, v, 43. va sempre nella Propontide, n , 100. Rasi Pittoni, v, 33 ; xvn, 4no, un tempo detto A Seno, iv, 34 ; vi, 1 ; ix, Pitulani Pilaerti, m , g. 18, g, ao. data del Ponto, n , o5. boe Pitulo citt, m, 9. ca, x, 5 i. forma, iv, a 4 - golfo Pontioo, Pizieo oracolo, vn, 57. n, 68. lido Pontieo, v, 8. Po&lid, x o , Piziode isola, v, 44* a6. popoli del Ponto, xvm , a 5 . Placia, v, 40. (nella Tauriea), v, Ponzia isola, ni, i 3. Plagesi, in, 19.

i ?ag

INDICK GEOGRAFICO

1730

Populonio, xit, a. dogli Etruschi, io, 8.

Por fi ride) Citer, i t , 19. Nisiro, t , 36. Por fi rione isola, t , 44* Foroselene isola, t , 38 ; t i i i , 83. Porte Caspie, del Caucaso, d Iberia, ti, i 5, 17. della Media, t i , 17. della Siria, v, 18. Portino nelP Eubea, i t , at. golfo di Cadice,
in , 10.

Porto magno, t , i . Porlanata isola, ut, a5. Posidea, t , 3 a . Posideo alveo del Nilo, v, 34* Posidio, i t , 1 7 . promontorio, v, 3 i . ivi. nella Siria, t , 18. Posidonia citt, ni, 10. Posingi, v i , a3. Potamo fiu m e , i t , 11. Potentini, 111, i 5. Potenzia, m , 18. Pollenzia, m, 7. Potidea, 11, 5g. Cassaadria, v, 17. Potnia, x x t , 53.
P ozzeT era fium e, in , 7.

c itt,

Pozzuolo colonia, ni, g ; t u i , 3 ; 11, 8 x i t , 8 ; xvm, ag ; xix, 1 ; xxxi, a, 3,8 ; xxxm, 35 ; xxxvi, 14. ~ g o lfo di Pozzuolo, m, i a. terri torio, 11, g5. monti di Pozzuolo, xxxv, 47 Prannio vino, xiv, 6. Prasii ( in India), vi, aa. Phasiana, t i , 24. Prasiane isols, ti * a3. Prati Quinzii, xvm, 4 Pratili, t i , *7. Medi, vi, ag. Frenesie, xm, a ; xxxm, 5 ; xxx vi, 54 Prenestini, 111, g. campi, xix, 3o. pretore dei Prenestiui, xvn, 16. Prepcsinto isola, v, aa. Presamarci, tv, 34. Presidio Gulio, i t , 35. Preti, t i , a a . Pretoria Augusta, m, 6, ai. Pretaziano territorio, ni, a8, ig. Prianti, v, 18. Priapo isola ( Priapos ), v, 38. Priapo ( Priapus) citt dell Asia, v, a4 x 4* Priaponneso, v, 36. Priene, t , 3 .
Prille fiume, in, 8.

Procuse isole, v, 38. Proftasia, vi, a 5. de* Drangi, vi, a i. Progne isola, v, 35. Propontide, v, 24 ; t , 40 ; x, ao, 49 ; xt, 73. Pario colonia della Propontide, xxxvi, 4 Prosda, vi, 36. Prosopite prefettura, v, g. ' Prote isola, i t , ig. tra le Slecadi, ni, 11. Protesilao (di) tempio, v, 18. Prusa sotto l ' Olimpo, t , 43. sotto il monte Ipio, t . Psamate fonie, v, 9, ia. Psammato, i t , 8. Pselce, vi, 35. Psesii, vi, 7. Pseudopile isole, vi, 34. Psile isola, v, 38. * Psilli fiume, vi, 1. Psilli ( Psylli ), viir, 38 ; xi, 3o ; xxi. 45 ; xxv, 76 ; xxvm , 6. Psilli popoli, t i i , a. Psilto isola, v, 37. Psira isola, t , 36. Psitalia isola, v, ao. Psitara fiume, vi, ao. . Psofi, i t , 10. di Arcadia, x n , 57. Ptelea, Efeio, v, 3 i. Pteleone, v, 7, 12; v, 3 i. bosco, v, i 5. Pteoetu prefettura, v, g. Piero isola, vi, 3a. Pteroforo regione, v, 26. Ptichia isola, v, ig. Ptoembari, vi, 35. Ptoeofani, vi, 35. Pucino castello, ni, aa. Puglia, xvn, 37. de Danni, m, 16. Pugliesi, di tre sorti, ni, 16. lido di Puglia, in, 3o. Pullaria isola, ni, 3o. Purpurarie isole, v i, 37.

Q
Qua nati, iti, 5. Quarqueni, ni, 23. Quatlrosignaui Tarbelli, iv, 33. Querquerni, 111, 4 * Querquetulani, 111, 9. Quiriti, o Romani, xvi, i 5, 57; xvm, 8, 2 8 ; x x x t i , 34.

Primi citt, t i , 35. Prloa fiome, t i , ai. Prinoesu isola, v, ig. Prione monte, t , 36.
P riT e ro a ti, u i , 9 .

Probalinto, i t , i t . Proceraite, Calcedone, t , 43. Prochi la isola, n, 8g; m, ia. Proconnesia, vu, g. Procooneso, v, 44 t u , 53. Puino 1. N., Vol. II.

R
Racote, Alessandria, v, 11. Radanoci, vt, 3a.
IOf)

INDICE GEOGRAFICO
Radata, vi, 36 . Rafana ( nella Decapolitana), v, itf. Rafane, Apatnia, vi, 17. Rafea, v, i 4 * Rami, vi, 7. Rami, vi, 3 a. Ranno, v, ao. villaggio, v, 1 1 . dell Attica, xxxvi, 4. Rarungi, vi, a 3 . Rataneo, ni, 36. Raunonia, isola, v, 37. Ranrici, v, 81. Rauriaca colonia, ivi. Raarico citt della Galli, v, 24. Ravenna, 111, ao; ix, 79; xix, 19; xxxvt, 18. citt de' Sabini, ni, ao. territorio Ravenna te, xiv, 4. orti Ravennati, xix, 4 a* Ravi, vi, 3 a. Reba fiume, vi, 1. Redia fiume, v, 17. Redoni, i t , 32 . Reggiati, ni, ao. Reggio di Lepido ( Regienses a Lepido), m , ao. Reggio ( Rhegia columna ), ni, 10. Reggio citt (Rhegium ), ni, 6. (onde appel lato ), ni, 14 ; xxxv, 46. dove an ginnasio, x i i , 3 . territorio di Reggio, xi, 3 a. Regia, i i i , 3. Regillo lago, xxxm , 11. Regina, ni, 3 Remi, v, 3 i. campagne de' Remi, xix, 3o. Rene isola, tv, aa. Renoia, vi, 35 . Reno Bolognese fiume, xvt, 65 . piccolo fiume, xxx, ao. fiume, v, a8, 39; x, 17; x x v ,6 ; xxxi, 17. sul confine dell'impero, xn, Qi nascita di esso, in, 24. sponde, xv, 3o. foci, v, 29. castello posto sul Reno, xix, 28. R e s is to , iv, 18. Reso fiume, v, 33 ; vi, 1. Respcria isola, v, 38 . Restituta Giulia, tu, 3 . Retavi Arabi, v, a i . Retei lidi, v, 33 . Reiovini (lini), xix, a. Reziesi, vm, 43. Ricina isola, ir, 3o. Ricitiesi, ni, 18. R ide, in, 17. territorio di Riete, 11, 96, 106; 111, 17 ; v i i i , 64 ; x, 8a. palude di Riete 11, 106. paludi di Riete, xxxi, 8. ltifearma, vi, 3 a. Rifei monti, v, a 4 vi, 5, 7,14. Rifei gioghi, v, 37. Rimini, Vedi Arim ino. Rimmici, vi, 19. Uirnozoli, vi, 7.

Rindaco fiume, v, 3a, f a foei del lam e, v, 44. Rinaea isola, vi, 3s.

Rinocolura, , 14.
Rion promontorio, v, 3. Ripara itola, v, 37. Ripepora, 3.,111 Rira fiume, i t , 18. Ritinna, ir, ao. Ritioo, rv, 30. Rizardir porto, v, 1. Rizinio, ni, 26. Rizo, v, 16. Roa (cos detta Laodicea), , 39. fiume, vi, 4Roali, v, 31 . Roda dei Rodiani, in, 5 . Rodaoo fiome fertilissimo della F rancia, 11, lof ; in, 5. fonie, in, 34. foce, in , 11, fossa del Rodano, ni, 5 . Rodata, t i , 21. Rode fiume, v, 36. Rodi, 11, 71, 89; v, 36 ; vn, 3g ; x, 41 ; xm, s, 16 ; xv, i 3 ; xvi, 47 ; xxxm , 55 ; x x x i t , 17, 54 ; xxxvi, 4 x x x v i i , 54. colosso del Sole a > Rodi, x x x i t , 18. in Rodi n o n mai tanto nuvolo, che da qualche ora non si vegga il so le, 11, 62. Rodiani, o R odiotti, vn, 3i, 54, 57 ; xxxv, 36 . Chersoneso de1 Rodiani,xxxi, ao. fonte, xxxi, 3o. isola, xix, a ; xxxtn, a 3, 55. isola Calcia, xvn, 3 . isole, , 36 ; xxiv, 69. Sole, x x x i t , 19. E anzio fon dato dai Rodiani, v, 33. Rodio fiume, v, 33. Rodiopoli ( di Licia ), v, 28. Rodope monte, iu, 29 ; v, 1, 17, 18. Rodnssa, v, 35. Rodusse isole, v, 44* Roge isola, v, 35. Roma capitale del mondo, in, 6. ( lode di essi), in, 6. di qnal dio sia in tntela, xxyiii, 4* presa dai Galli, in, 9. ove ora, xv, 36. stette coperta di asse, xvi, i 5. n atale di Ro ma, xvm, 66. fondatori, viu, sa. roee, 79* ette monti, n i, 9. m isura della c itt ivi. >Gianicolo in parte d i essa, ivi. prefetto di Roma, xiv, 28. Roma presa dai Senoni, in, 20. come costruiscano a Roma, xxxvi, 5 i, Romani, v i i , 4 i* g raviti, xxiu, 19; xxn, 8. lingua, x x x i , 3 . maest, xv, 5 . porpo ra, x, 24- sacrificii, xxvm, 7. foro Roma no, xix, 6. impero, in, 5. giodicio, xvi, 19. Romana pace, xxvn, 1. prim o della stirpe Romana, n, 9. re di Roma, xv, 4t xix, 19. delizie Romaoe,ix, 56. legioni x, 5. lettere, xxxvi, 70. arm i Romane, v, 1 ; vi, 3 i, 3 2, 35. ( nella Britannia ), ir, 3.

>733

INDICE GEOGRAFICO

1734

penetrarono in gran parte dell* Arabia, xn. S i. isole note per le armi Romane, ir , 37. quanto debbasi ai Romani, xxx, 4 * mer cati Romani, xxvm , 5 .
Roma lino fiome, 111, 3 3 . Romulense colonia, ni, 3. Rosea (specie di canape) del territorio Sabino, xix, 58 . Rosee campagne* xvu, 3. Rosfodusa, v, 7. Rossiglione fiume, 111, 5. Rosso mare, r, 13; vi, s 8 ; i x , 3 i, 5 6 ; xn, 1 ,3 0 ; xiu , 48, 5 o, 56 ; xn, 1, 30 ; xm , 48, 5o; xiv, 5 ; xxiv, 1 ; xxxi, 33 ; x x x i i , 11 ; xxxvu, 3 s. pi allo dell' Egitto, vi, 33 . isole del mar Rosso, ix, 13. golfo Persico, ix, 54. Rube (di) promontorio, v, 27. Rubicone fiume, un d confine d ' Italia, 111,30. Rubrense lago, 111, 5 . Rubricalo fiume, 111, 4 Rubuslini, m , 16. Rucinati, ni, 34. Rudia citt, in, 16. Ku gusci, m, 34. Rusadir, y, 1. Rusazo colonia, v, 1. Rusco nia colonia, v, 1. Rusellana colonia, iu, 8 . Rusicade, v, 2. Ruspina, v, 3 ; ir, 31.

Rusucurio, v, 1. Ruteni, ut, 5 ; v, 33 ; xix, 3.


Rutuba fiume, i h , 7. Rulubi (di) porto, v, 1. Rutuli ( nel Lazio ), ni, 9 ;

x it ,

14.

s
Saba, paese che d l ' incenso, xn, 3o. Sabei, x u , 33, 4. Arabi celebri per gl' incensi, vi, 33 . Sceoili, ivi. Sembraca citt de' Sabei, xn, 35 . emporio, vi, 33. isole, ivi. A trami li, villaggio, x u , 3o. Sabarbari, v, 4. Saba ria colonia, in, 37. Sabata ( Sabala ), ti, 3 (. Sa baia (Sabalha ), vi, 3s.

Sabelli, ni, 17.


Sabi fiume, vi, 37. Sabini, xiv, 4 xv, 4, n xxxi, 4 1 x x x t i , 34. chiamali ferini dal cullo degli dei, 111, 17. vergini rapile, xv, 36, 38 . pastori rapi rono le Sabine, x t i , 3o. Sabino territorio, xix, 56 . monti Sabini, xiv, 4 ) Sabota, vi, 32 ; xu, 33.

Sabrata, t , 3 . Saci, vi, 19 ; xxxvu, 33. Sacassini, vi, 11. Sacro promontorio, u, 112 ; v, 35 . Safar, regia, vi, 26. Sagano fiume, vi, 38, Sagari fiume, vi, 1. Sagarico golfo, ir, 36. Sago foce, in, 30. Sagra fiume, 111, i 5. Sagunto ( Saguntum ), m, 4 ; xvxv, 46. Saguuto ( Saguntus), vu, 3 ; xvi, 79. Sagunzia, 111, 3, 4 * Saguti golfo, t , 1. Sai (Sai), vi, 35. Sai (Sais) citt, v, 11. Sai le prefettura, v, 9. Sailica prefettura, xxvm , 3 i. Saiace, vi, 33. S aiti ( popolo presso la Susiaoa ), vi, 3 i. Sala fiume, r, 1. ( nella Mauritauia ), ivi. Salabastri, vi, 33 . Salacia citt imperatoria, v, 35 . ( nella L u sitania ), vm, 73. Salafitaoa citt, r, 4 * Salamina isola, v, 30 ; v, 35 ; vu, 17. la Gre cia pugn presso Salamina, u, 32. Salaminie isole, v, 35 . Salminii, vu, 57. Sala pia citt, 111, 16. Salariese colonia, 111, 4 > Salassi, ui, 34 ; xvm , 49. Augusta Pretona dei Salassi, ni, 31. Salde colonia, v, 1. Salduba nella Belica, in, 3 . Cesaraugusta, m , 4 Sale stagno, v, 3 i. Salentini, 111, 10. Saleutino, in, 14. pro montorio, 111, 16. Salentino territorio, 11, 106 ; ni, 16. Saleroo, dove fu trovato L. Planco, xm, 5. Sali popolo, vi, 4. Sallii. 111, 31. Salluvii, 111, 5, 7. Salmani, vi, 3o. Salmone ( nella Tessaglia ), v, i 5 . Salona colonia, 111, 36. Salso fiume (Salsos), ri, 26. Salso fiume (Salsum), vi, 33. Salinari isola, u, 96. Salulariense di Cesare, ni, 3. Samarambri, vi, 23. Samaria (di) cittadi, v, i 4 - regione, ivi. Sambracate isola e cill, vi, 3 z. Sambri, vi, 35 . Sambruceni, vi, 33. Same isola, v, 19. Sammei, t i , 3s.

i j35

INDICE GEOGRAFICO

1756

Saramonio promontorio, ir, ao. Samo isola, v, B7 ; vm , ai ; xxxi, i g ; x x x t, 96, 43 . labirinto di Sarao, x x x it, 1 9 .- Samii, t u , 5 7 ; xxxv,*36 . Saraornio, Efeso, t , 3 i . Samosala, 11, 108. capitale della Commagene, v , 20. Samolrace isola, 1, a3 ;xx r, 70; x x x m ,6 ; x x x ti, 4. Samotracia itola, xxx v i i , 67. Sanaganesi, m, 5. banda fiume, i t , 34 * Sandalo isola, v, 39. Sandalio gola, v, 37. Saudalioli, Sardegna, 111, 14. Satidura, vi, 35 . Sangario fiume, v, 4 2 V ' 1 Sfumer, 111, 11. S^nui Eniochi, vi, 4 * Satini popolo, xxi, 4 ^. Sannigari, vi, 4, 6. Sanniti, x i v , 1 4 . detti Sabelli, e dai Greci Sauniti, 111, 17. citladi de1Sanniti, xxxm , 11. Sannio in Italia, xxxvi, 67 ; xxxvu, 65 . Sunlarese (metallo), xx xit, 49 * Sanloni, iv, 33 . lido de'San Ioni, x, 4 Sdoce monte, v, a 3 . Sape, t i , 35^ Sapei (Sapaei), v, 18. Sapei (Sapei), v i,*7. Sapirene itola, vi, 3 3 . Sarangi, t i , 18. S-trap^ri, t i , 18. Sardapal fiume, t , i . Sardegna isola, ni, i 3 ; xvi, 12; xx, 4 5 ; x x t i i i , 42 ; xxx, 52 ; xxxv, 5a. rimpello il promon torio della Sardegna, T, 3 . mare Sardoo, m , 10. Sarderaise m o n t e , t , 26. Sardi (Sardi), xxx, 5 a. Sardi (Sardes) citt, v, 3 o ; t i i , 57 ; xn, 3 i ; x t , a 5 ; xix, 3 2 ; xxxm, 5 6 ; x x x t , 49 xxxvn, 3 i . Sardiana giurisdizione, t , 3o. Sardiati, 111, 26. Sarepta, t , 17. Sargarausene, vi, 3. Sarmati, v, a 5 ; t i , i 5 ; vm, 0 5 ; xxii, a ; xxvi, 63 . Arrei, v, 18. ne gioghi del Caucaso, vi, 5 . presso al Tanai discendenti dei Medi, 11, i >a ; vi, 7. popoli, de Sarmali, xvm, 24. deserti delia Sarmazia, v, a5 . Sarnaca, v, 33. Sarno fiume, m , 9. Saro (Saros) fiume, T , 22. Saro (Sarus) fiume, t i , 3. Sarolagi, t i , a 3. Saronico golfo, i t , 5, 9.

Sarpedone promontorio, 7, aa. Sarrana li, ni, 19. Sarsinali, in, 19. Saruneli, in, a 4* Satina porto, iu, 16. Sasoni itola, 111, 3 o. Sassei, ut, a6. * Satsini, t i , 3 4 * Sassamini, iv, 33. Sastri dei Tigulli, nt, 7. Saturi, vi, aa. Satarchei, vi, 7. Sataro, Patara, t , a8. Satiri, r, 8 ; ri, 3 5 ; r n , a. Satrico citt, m , 9 . Saturnia, ore ora Roma, in , 9 . Saturnini detti pure Aurinini, n i , 8 . Saturno (di) lago e pozzo, x x x t, 18 . prroontorio, ni, 4. Sauniti, ni, 17. Sauromati, v, a 5, 26 ; vi, 5 . di m olti t-oml, vi, i 5. sopra il Boriatene, r n , a. Savio (Sapit) fiome, ni, ao. Sar (Saru) fiume, m, 9. Sar (Saros) fiume, h i , aa, a 8 . Scalabi colonia, ir, 35 . Scalabitano conven to, iri. Scaldi fiome, ir, 28, 3 i. Scamandria, r, 33. Scamandro fiome, v, 33 . Scaramo, ri, 35 . Scancie acqoe, 11, 111. Scandia isola, ir, a3 . Scaudina, ir, 27. Scandinavia isola, n n , 16. Scantate, t i , 3 a. Scaptia, in, 9. Scarabanzia Giulia, m , 37. Scardona, 111,26.Scardonitano co n ten to,n i, a5. Scarfia, ir, ia, ao. Scatebra fiume, 11, 106. Scelatili, r, 1. Sceueo luogo, vi, 3 4 * Scenili Arabi, v, ia, a i ; v i, 3 a ; x m , 7 ; x n , 3o. Scepsi regione, r, 3a ; x t, 8 0 . Scheuita porto, ir, 9. Scheno (Schoenos) nella B e o z ia , ir , 12. Scheno (Schoenos) porlo, iv , n . golfo, v, 29Scberia, v, 19. Schermi, 111, 14. Schinussa itola, ir, 23 . Sciapodi, rii, a. Sciato isola, ir, a 3 . Scidra, v, 17. Scilace, v, 4Scilla scoglio, i h , 14.

DICK GEOGRAFICO
Scflla (d) fb madre il fiome Cral, in, io. S dllado, Scillezio, m , i 5. ScUeo citt, in, io. Scioessa monte, it , 6. Scione, i t , 17.

iy38

Scinti, vn, a.
Sciro isola, it, a 3 ; xxxti, iO. Scironii sassi, it , i i . Scirtari, i : i, 26. Scitata, vt, 33. Sciti, v, 18 ; vui, 66 ; x, 5o ; xt, 11S ; xxv, 44i

xxvi, 87 ; xxix, 21 ; xxxi, 39; xxxm, 21 ; xxxvu, 11. (antropofagi), vii, a. Aroteri, v, 18. Aueheti, vi, 7. Cimmerii, vi, 4- ficini al Ponto, ni, 29. Saci, vt, 19. Satar chi, xv, 26. degeneri, v, 25. popoli Stili, v, a 5. ne pass il nome il qael di Sarma ti, ivi. Scilopoli, v, 16. Scitotanri, v, a6. Scixia, vm, i 5 ; x, 70; x i , 3o ; xxv, 43; xxvn, 14 xxxv, 11. Sendica, tv , 26. esente da fulmini, 11, 5 i . cavalleria degli Sciti, vm, 64* monte, v, 27. Oceano, vi, i 4i *5 . gol fo, vi, i 5. lingua Scitica, iv, 27. dim a, 11, 67. forma dell arco Sdtieo, v, 24,26. monti della Sdzia, vi, 22. Scodra citt, in, 26. Scolo, IV, 12. Scope isola, v, 35. Scopeto isola, v, 38. ( nella Propontide ), v, 44. isola (altra), v, 38. Scopio fiume, v, 43. Scordisci, ni, 28. Scorpio monte, v, 17. Scotusa, tv, 18. Scotussa, xxxi, 14. Scotossei, iv, 17. Scnltenna fiume, ni, 20. Sea, vi, 35. Sebaste (della Samaria) v, i 4Sebasteni ( della Galaxia ), v, 4aSebaslia ( in Cappadocia ), vi, 3. Sebastopoli castello, vi, 4* ( in Cappadoda ), vi, 3. Mirine, v, 32. Sebennite prefettura, v, 9 ; xm, a i. Stbennitica foce del Nilo, v, 11. Sebino lago, 111, a 3. Secande, vi, 35. Secondani (dei) colonia, in, 5. Secondo, vi, 35.

Secusiani, v, Sa.
Secasti, ni, 24* Sediboniati, v, 33. Sednni, 111, 24. Segasmala, vi, 35. Segeda Augurina, 111, 3.

Segestani, ni, 14. Segeste de* Carni, ni, a 3. Segestica isola, ni, 28. Segiesi, ut, 4 * Segisamonesi, ni, 4* Segobriga citt, xxxvi, 45. Segobrigeai, n i, 4 * Segovellauoi, ni, 5. Segusio, iti, a i. Selacusa isola, v, 19. Seia nabina, ni, 3. Seleacesi ( della Galaiia ), v, 42. Seleuda ( di Assiria ), xm, 9. Babilonia, vi, 3o, 3 i ; xvm, 47*. * **dnoa Belo, v, 19. (d i Cilicia )i v, aa. ( nell EBniaid* ), vi, 3 i. nell Eufrate, v, 19; vi, 3o. grande, vi, 17. ( nella Mesopotamia ), vi, 3o. dei Parti, x, 67. Pieria, v, i 3, 18 ; vi, 38 . ( di Siria ), xm , 11. Traili, , v, 39 Seleucia (Seleucis), 11, 67. Selgitico (olio), xv, 7) xxm , 49* Selimbria, v, 18; xxix, a. Seiino fiume, v, 33. citl (d i C ilida), v, a a . ( d Sicilia ), in , 14. Selinanzii, ivi. Selinunti due fiorai, v, 3 i. Selleti, v, 18. Selli, iv, 1. Semberriti (dei) isola, vi, 35. Semboniti isola, vi, 35. Sembracene (mirra), x i i , 35. Semellitani, 111, 14. Semineto, v, ag. Semiro fiume, ni, i 5. Senese colonia, ui, 8. Seoia, 111, a 5. Senitana Quiza, v, 1. Sennati, v, 33. Senoni, v, 32. che presero Roma, ni, ao. Senta spelonca, 11, 44* Sentinati, 111, 19. Separi, ni, 26. Sepia promontorio, ry, 16. Sepinati, 111, 17. Sepiussa isola, v, 36. Seplasia, xvi, 18. Sepoue, i i i , 3. Sequana fiume, v, 3 t. Sequani, ivi. Seqnano territorio, xiv, 3. Serbi, vi, 7. # Sere, vi, 35. Seri (popoli), xn , 41 ; xxxtv, 41. loro eostomi, vi, 30, a4> arbori che dan lana, xn, 8. Macrobii, vn, 3. per le vesti si va ai popoli Seri, xn, 1. oceano Serico, vi, i 5. Seria, m , 3. Seri fo isola, rv, 33 ; vm, 83. Serippo, ni, 3.

INDICE GEOGRAFICO
Serrapilli, m , 8. Serreti, in, 28. Serri, tx, 5. Serrio monte, rr, 18. Sesamo, vi, a. Sesanio, vi, 35. Sesignaoi Cocosati, i t , 33. Sessifirmo, in, 3. Sessite fiume, ni, ao. Seitani (dei) colonia, -m, 5. Ses liane are, it , 34 Seslie acque, xixx, a. Sestina li, in, xg. Seslo cill, x, 6. e Abido, it i 8. Setabi, ix, a. Setabitani detti pure Aogostani, n i, 4. Seterie fiome, vi, 5. Seli popoli, vi, aa. Setini, ni, g. Setroite prefettura, V| g. Sette fratelli, v, i. Settempedani, nt, 18. Settentrionale regione, x, ag. Seltenlrionali popoli, xti, 64. Sftlimani (dei) colonia, 111, 5. Scorbi, v, 34. Seollusa itola, v, 36. SeTini, Sabini, ni, 17. Scrino lago, n , o. Sevo monte, v, 37. Sfagie isole, v, ig. Siagro promontorio, vi, *6, 3a. Siambi isola, i t , 3o. Siaro, ni, 3. Sibari, ti, a 3. Sibarri fiome, xxxi, 9, xo. ecitt, in , i 5 j x ti, 33. distrutta, vn, aa. Sibaritaui, viu, 64. Sibde, T, 29. Sibi, Apale, vi, 3a. Sibillati, i t , 33. Sibola isola, rr, 19. Sitammo, vi, 17. Sicani, ni, 9. Sicania, Sicilia, in, 14. Sicca colonia, v, 3.
Sic* isola, v, 38. Sicendo lago, t i i i , 83.

Sicilia minore, Nasso, i t , 2 3 . Sicilia isola, 111, 14 i t u , 57, 59; t u i , 6 ; xi, 14 ; . xvm, 7, 13 ; xxi, 57 ; xxix, 4 ; xxxi, a*J ; xxxv, 5 i ; xxxvi, 45. ricape rata, t u , 37. golfo di Sicilia, xix, 1. scoglio, xxxu, 9. < Sici liani, xxi, 35. Stretto di Sicilia, in, 7, 10. cielo, xi, 3o. mare, in, 10 ; i t , 18 ; x, 47 Siciliana specie di arie, x t i , 8a. Siciliani, xvu, 35. ( nella Gallia Togata ), in, 19. ( in Italia ), 111, 10. ( nel Lazio), ni, 9. Sicino isola, ivt 23.

Sicione, n, 73 ; i t , 6 ; t u , Sy ; x m , xxi, 3 ; x x x t , 5 ; x x x t i , a. di Africa, x x x tii, 11. Sicionii, x x x t i , 4* Sicori fiume, in, 4* Sicoloti, in, 26. Sicussa isola, t , 38. Side, t , 26. stagno, x x x t i , 18. Sidene, vi, 4 Sideno fiu m i, ivi. Sideri fiume, vi* 18. Sidicino Teaoo, in, 9. Sidima, v, 28. Sido citt, i t , 21. Sidone, xn, 55 ; xm , a ; x x x t i , 66. citt narittima della Siria, x x x t , 5 i. t rf fcbbria il T e t r o , v, 17. Sidopta, vi, 35. Sidraci (dei) nel paese term inarono 1 spedizioni di Alessandro M., xn, ia . Sidusa isola, t , 38. Sieoe citt, n, 75 ; ri, 35 ; x xx vn, 5 6 . di Egit, te, t i , 39. della Tebaide, x x x t i , 13. lermine dell impero, xn, 8. Sieniti, vi, 35. Sifi citt, v, 4. Sifno isola, x t , 2 2 ; x x x t i , 4 4 * Melo, ir, a3 . Siga, t , 1 . Sigaro isola, vi, 32. Sigeo, t , 33. citt, t . promontorio, n, 16. Srgnia ( di ) vino, i t , 8. Signia monte, v, 29. Signino, x t i i , 4 * Signini, n i, f . Sifonie opere, x x x t , 46. Sila selra, ni, 10. Silaro fiume, li, 106. Silbiani, t , 29. Sile fiume, ni, 22. lassarle fiume, vi, 18. Tanai fiume, t i , 7. Sileni, vi, 23. Silici montanari e Classili, t i , 3 o . Siila (di) colonia, x i t , 8. Siluri popoli, i t , 3o. Silvi, gente feroce, t i , 11. Silvini, ni, 6. Simbari, vi, 35. Simbolo porto, nr, 26. Sime isola, v, 36. Siraena, v, 28. Siinelo fiume, iu, 14 Simerii* t . Simira, v, 17. Sitnitluese cill, v, 4 Siinoenla (al) unito il X anto, v, 33. Siniplegadi isole, ir, 37 ; vi, x3. Sindica cill, vi, 5. Sindo, Indo fiume, v, a 3. Sindraci, ri, 25. Singame fiume, n , 4Siugars, v, 21.

, 74t
Singi, vi, aS. Singili, m , 3 . Singo, i r i 17.

1RDICS GEOGRAFICO

174

Slogali fiume, m, 3
Sinieli, vi, 7.

Sinigaglia, in, 19.


Sinnada, y, 39. Sinnao lago, 11, 106. Sinonia isola, ni, ia . Sioope, Sinuesta (nei Lazio), in, 9 colonia, t i , a. (nel Ponto), x x x t , i 3 . Sinuessa, x i t , 8 . ( nel Lazio aggiunto), in , 9. Sinuessane aoqne, xxxi, 4* * Sinuessano territorio, n , 95. Sipilo, v, 3 t. nella Magnesia, n , 98. Siponto, ni, 16. Siraci, i t , 26. Siracusa colonia, in, 14 ; x, 75 ; xxxi, 3o ; xxxn, 7 ; x x x i t , 19. quando fu presa, t u , 35. a Siracusa v' sempre nn ora in cui si vede il aole, u, 62. Siracusani, t i i , Siracusano territorio, in, 14 xvu, 3. Sirbito, t i , 35. Sirbone lago, v, 14. Sirboti, t i , 35 ; t u , a. Sireci, t i , 3 4 . Sirena (d1una) sepoltura, in, 9. Sirene (delle) promontorio, , 90. sede, m , 91 Siri, Nilo fiume, v, 10. Siri, t u , 57 ; Y i n , 8 4 ; xm , 9 ; xxvm, 5 7 ( xxx t i i , 71. molti erbaggi tra i Siri, xx, 6. monti Ticini ai Siri, vm , 83. Siria, t i i i , a 3, 75, 8 4 ; xi, 35 ; xn, 4 8 ; v u ^ g , 10, 2 , i 3, 22 ; x r, 14 ; x t i , a i, a 3, 92; xvn, 3, 35 ; x v m , 3o, 47 ; xxi, 35 ; xxn, 421 x x i t , 42, 5o ; s i t i , 3o ; xxTn, 59 ; xxnc, i 3; xxxm , a i; x x x t i , 59. la pi gran parte della terra, y, i 3. * e dell' Asia, x x x t i , 12. Antiochia, y , 18. Cele, y , 17 ; xxi, 72. Palestina, xn, 40. sopra la Fenicia, xu, 55. sito, lunghezza e larghezza della Siria, y , i3. vicina alla Pe trea, xxxvn, 40. marittima, xv, 7 ; xxvn, 9. Commagene parie della Siria, x, 28. leoni, vin, 17. alla Siria comand lEliopia, ti , 35. Sirie presso Efeso, u , 91. --is o la , v, 3 i. Sirieni, vi, a 3. Sirini, ni, i 5 . Sirio fiome, v, 43. Sirraali, vi, 18. Sirmio, 111, 28. citt de1Sirmiesi, ivi.

v, 5 ; vn, a. presso il Nilo,*vi, 37. ' nella ElimaMe, vi, 3i. lido delle Sirti, xxxvn, 67. arbore Sirtica, x x i t , a. Sirliche soli tudini, vm, 11. Sirtibolo regione, vi, 39. Sisapone, ,11,3. Sisaponem regione, x x x n , 4Siscia colonia* m , a8. Sisolesi, ni, 9. Sitia, i i i , 3 . Sitiogago fiume, vi, a6. Sitone, v, 17. Silonii,iv, 18. Sittaca cit l, xn, 39. Sii tace dei Greci, vi, 3 i. Sittacene, n, n o ; vi, 3 i. Si vero fiume dell* Attica, xxxvn, 35. Sizziani (dei) Cirta, v, a. Smaragdite monte, xxxvn, 18. S minteo tempio, v, 3 a. Smirne, v, 3 i ; vu, 3 ; xxxm , 4 5 ; xxxv, 19$ xxxvi, 4* Trachea, Efeso, v, 3 i. vite di Smirne, xvi, 5o. regione, xiv, 6. Smirneo convento, v, Si. Sodii, vi, 11. Sofena parte della Siria, v, i 9 ; vi, 16. 60 feni,
v i, 10 .

Siruide isole, v, ao. Sirno isola, v, a 3.


Siro isola, iv, aa ; xxxm, 56. S irie grande, xxxvn, 11. maggiore, v, 4 ; xix, 5 . minore, v, 3, 4< Sirti di Africa, vm, 76; x, 59 ; xm , 3a. due, v, 4 . maggiori,

Sofonia, 11,91. Sogdiani, vi, i8j Sogionzii, in, af. Solanide isole, vi, Sa. Sole (del) fonte n, 106. citt (in Egitto), v, 11. fondata dagli Arabi, vi, a 4* a 5. promon torio, v, 1. citt, xxxvi, 14. (oeUa Pancaia), x, a. Soleadi, vi, a 3. Soleto citt deserta, ni, 16. Soli di Cilicia, xxxi, 14. Sole di Cilicia, v, aa, 35 ; xm , a. Solini, Pigidi, v, a 4 , 33. Solinati, n i, 19. Solinnia isola, iv, a 3 . Solo (in Sicilia), 111,14. Solobriasi, vi, a 3. Solonati, m , ao. Solorio monte, m , a. Soluense e Flavio, 111, 37. fonante fiome, vi, 1. Son d ri, vi, a 3. Sono finme, vi, aa. Sontini, 111, i 5. Sora colonia, in, 9. Soratia, v i, 3a. Soratte monte, n, 95 ; vii, 3, xxxi, 19. Sorgi, vi, 33. Sorrento citt, n i, 9 ; xxxv, 4& colline di Sorrento, xiv, 4 monti, in, 9. promon torio Surrenzio, v, 1.

>743
SOMT*!#, VI, t i .

lfO IC GEOGRAFICO
Saaneti, u t, >4 * Suani, ti, 4 * Sileni popoli, st&na, iS. Saari, t i , aa a 5.

1744

Sotira, ti, 4* Solila li, IT, S t Splatra, it , i6 .


Spalei, vi, 7.

Sparta, ir, 8.
Spartaria Cartagine, { 3. Sperchio citt, ir, i 3. Sperchio fluite ir* i 4 * Spina citt, ut, ao, a i. Spinetico, 111, ao. Spinto, ri, 35. Spireo promontorio, ir , g, 19. Spoletini, ih, ig. Spoleto, mi, y. Spoudolici, ti , 7. Sporadi isole, i t , a 3. e Ciojadi, t. Stabia citt, iti, g. Slabiaao, u s i , 5 . Sta biano territorio xxxu, 8.

Stabulo,

t,

33.

Stadia Gnido, r, ag.

Suditi, , 35.
Stagira, ir , 17. Statani (tini), xit, 8 ; xxiti, a i . Statielli, xxxi, a. acque degli Statielli, iti, 7. Statoni, 111, 9. StatoAiese territorio, 11 9 6 ;

xxxn, 49. Slauri, ti, 18.


Stecade itole, in, 11 ; xxxn, 11. Stefane monte, ir, i 5. citt (della Paflagonia), ti, a. Sanno, r, 87. Predestini m , g. Slegano itola, r , 36.

Stegano alveo del N ilo, r, 34. Stesendeoa regione, r, a i. Stene Deire itole, t i , 34* Steno, m, 24. Slentore (di) porto, ir, 18.
Steria, ir , 11. Stiria isola, r , 35. Stlupini, in, a 5 . Stobi citt, ir , 17. Stoide isola, ri, a8 ; x, 54Strabelliai, 111, 16. Strato fiume, t i , 18. citt, ir , a.
Slratoclia,
t i,

6.

Stratoni itola, ri, 34- torve, v, >4Stratonice, vi, 3o. Stratonicea, v, ag. Strimone fiume, ir, 17 ; xxi, 58 ; xxn, ia. Strimooe, Bitinia, r 4< . >

Strofade isole, ir, tg,


Strongile itola, ih, 14 x xx t, 5 a. nel mare della Licia, r , 35. Nasso, ir , aa. Stratopodi, vn, a.
Stura fiume, in, $0.

Saaroi, rt, ia . Suasa ri, 35. Saatani, ni, g. Subalpini monti, xxr, 34* Sobertani in , 8. Subi fiume, ni, 4. Subiaco, in, 17. Suboeriu, ni, a 4 > Subsolani monti dell* India, t u , % . Subor fiume, v, 1. citt, m , 4 * Suburrana parte di Roma, x t i i i , 3. Snccabar colonia, r , 1. Suocatti, ir , 33. Succubo^ 111, 3. Suche, vi, 34. Sucrana, 111,3. Sucrone fiumer n i, 4 n* Sue nelle rupi, ri, 3o. Sueconi, i t , 3 i. Suel, ni, 3. Suelleni, vi, 3 a. Suelteri, ni, 5. Suemo fiume, ir, 18. Suerti, vi, a 3. . Q uesta colonia, m ,g . P o m e a , t i i , i 5. Suessioni, tv, 3 i. Suessulani, ni, g. Suelri, iu, 5, a 4> Suffenati, m , 17. Svilisti, pi, ig. Sulces* promontorio, ih , i 3 . Sulcitani, ivi. Salmone, in, g ; xxxir 4 1 Sulmonesij m , 17. SuUnonese levritorto x t i i , 4 1Sumniara, vi, 35. Sunio promontorio, ir , 11 ; x x i,a g . Sonaci, v, 3 i. Sapereqaani, iu, 17. Sura, t , a i. Surdaooij ni, 4 < Suri popolo, ri, a i. Sario fiame della Colchide, n , 106. fiome e citt, ti, 4. Saia, ri, 26. dei Parti, x x r, 9 6 . della Per sia, x x i t , ioa. regia d ei Persiaa t i , 3 i. Sasiana, ri, a6, 3 i. Susiaoi, t i , 3 *. Susta (in) alla Torre bianca, 11, 40. Sutcina colonia, 111, 8 . Svevi, ir, a 5, 28.

Storio isola, ui, 11 { ir, ag.


Sturnini, iti, 16.

Suanesi, ut, 8.

INDICE GEOGRAFICO

*74

T
Tabi promontorio, vi, ao. Tabidio, citt, v, 5. Tabraca, v, a. Tacape citt d Africa, v, 3 ; xtiu, 5i . Taca-

pete territorio, x n , 5o. Tacatua, , a. Tacompso, vr, 35. (altra), iti. T ader fiume, ni, 3, 4
Tediati, iu, 17/ Tadinati, ni, 19. Taduo fonte, ti, 33. Tada itola, vi, 35. Tafie itole, v, 19. Tafia itola, ivi. T a Ratto, v, 3. Tafio monte, xxxvi, 3g. T afra, v, 4 * Tafre ( nella Taurica), v, a6. T afro golfo, n i, i 3. Tagaslete citta, v, 4. Taglia mento fiume, in, aa. T ago fiume, m , 4 n* 35 ; n rtj 6 7 ; x x im , a i. Tagori, vi, 7. Taigetom onte, u ,8 tj ir, 8; i x 91,47; *8Tatabrica, *v, 35. Talare*!, in, i 4> T ali, vi, 5 . T allu ta (Thallusa) itola, t , 18 T allusa itola, v, 38. T aludei, vi, 3a. T alu tti, vi, aa. T am a, vi, 35. T am ar fiume, vi, 3 . Tam arici, v, 34. fonti, xxxi, 18. Tam ateo, v, 38. Tam m ato, vi, Ba. T a n n i, vi, 3a. Tam nitiea toparchia^ v, iS. T am ada fi orme, v, 1. Tanaudei, vi, 3a. T an agra popolo Ebera, rv, ra. T an ai fiume, v, a f j ! , ? . confine di Eurbpa, i i i , Proem. foce di etso, n , 1 ia . ferm ile, fiume, vi, 18. Sili fiume, vi, 7. T a ositi, vi, 7. T anaro'finm e, m , ao.

T aaite prefettura, v, 9. Tanica (foce dal Nilo), , 11. T an tali citt, n , g 3. SipHar, r , Si. T antarene, vi, 35.
T a p iri, vi, 18. T ap o ri, v, 35. T ap o tiri di Egitto, xxvn, 3 9; xxxn, 3 i .

Taprobane itola, vi, a3, a fo n i, a ^ ^ 54 ; xm i* 53. rilegala fu##i dal amufo, va, a4> Taptaco, v, aa. fapto, v, 3 ; vn, a6. Tarachie itola, iv, 19. Tarane!, vi, 3a. T am lo citt, ni, itf j tttii 8$; **x*v,6y 1*. territorio di Tavatfta,-*, 4** povlo^ 114 16. golfo, ivi. Tareatini, a , 6. Tarbelli, v, 33 ; xxxi, a. Targine fiume, in, iS. Tarichea, v, i 5. Tariaati, m, tf. Tariona castello, ui^ a6. Tarioti (dei) tegieue? afe Tarne, xi, 73, 81. Tarni fiume, v, 33. fonte, v, 3. Taro fiume, ni, ao. Tarpar, V14 45 ^ r a m , 4' Tarquiniete territorio, vui,. 78 ; ix* Sa, Ixdvi, 49. Tai^tiniti, u t , 8. Terracini, xiv, 4' Tarracone eotonia* in, 4 ; a. * il Ta#iwomr (qtixti) popoli vanno t ragione, m f >, provincia TarMdoM*, in, a. Tarrageti, in, 4 Tanatica, 111, a5. l arto oitl, v, aa ; xm, a. Tartara fiume, vi, 4< Tartaro foce, 111, ao. Tariesse, 111, 3. Cadice o Gadi, iv, S& Tarmati, iv, 33. Tarutconiesi, in, 5. Tatie regione, xvi, 11. Tato, xiv, 4, 19, a ; xxvm, aa, ( . T^ p v i i , 57. Tattili, vi, a3. Tatto itola, v, a3. Talice, vi, 35. Tatteo (ude),Xxn, 4 , Ifir. Taolanzii, ni, a6. Taamacie,iv, 16. Taurauia, ni, 9. Tauri della Sciiia, v, 26 citt dii Tauri, ivi. colle Librato, n, 106* penitela, n, 981 Taurica Chertonato, x , 3o* Seisiai, v, ad. Taurini, xv, 9. sotto le Alpi, x v u , 4* Aqaeti, ni, 8. Aa gatta dei Tauri 04 u t 1. Tauritani, ni, a3. Tauritca gente, ni, a4- Taurini, m, i8v** Noreia de Tauritoi, ni, al. Tauro ( letto d d NHo ), v, 34. meste, ao, 3 i ; xxv, 87? xxxi, 5. Taaroento, 112, 10. Taaromenio colonia, m, 14. T taw a iaitw l colli^ xiT) 4* anale di Taaro n> xoo.

17*7

INDICE GEOGRAFICO

1748

Tannino d iti, in, *8. Taarusci, ora Norici, ni, 4* Taveni, vi, 3a. Tavio, t , Tarala, vi, 19. Teangela, v, 39. Stani cosi detti dal duoe loro, ano de1 Greci^ in, 16. Teano di Paglia, in , 16. Si dicino, m, 9; xxxi, 5. Tearo fiume, v, 18. Teatini dei Marradni, ni, 17. Tebaide, parte deir Egitto vicina alla Eliopia, , 9 ; xn, 46; xm, 9; xvi, 33. -r- regione della Tebaide, x?in, 47. Siene, xxxvi, i 3. citt Alabastro, xxxvu, 3a. Copto, xxxvn, 17. Tebasa, v, a5. Tebaseni, v, 4a< Tebe(Thebe) delle cento porte, , 11. (nel l a Eolide), t , 3a. Tebe ( Thebae ) di Egitto, x x x t i , ia, ao ; xxxvn, 3o, 54. di Beozia, iv, 12 ; vn, 5 y ; x, 34 ; xin, *9 ; xvi, 87 ; xxxvi, 4* fondata dai Sidonii, v, 17 di Corsica, v, 4 di Luca nia, ni, 15. di Tessaglia, i t , i 5. Techedia isola, v, a3. Teco fiume, m, 5. Tedanio fiume, ni, a5. Teganusa isola, v, 19. Tegea, v, 10. Tegio, v, 33. Telamone porto, m , 8. Telandria isola, v, 35. Telandro, v, a8. Teleboide isole, v, 19. Telendo isola, v, 35. Teletrio monte, xxv, 53. Telini, ni, 9. Tellene, ni, 9. Telmesso fiume, v, 39. citt, v, a8, 39. religiosissima, xxx, a. Telo isola, v, a3. Telpusa, v, 10. Tembrogio fiume, vi, x. Temenite fonte, in, i 4> Temer inda, Meotide, vi, 7. Temete, Temsa, m , 10. Temiaeira, vi, 4. Temiscirena regione, vi, 3 ; xxiv, ioa.
Temisoni, v, 39.

Temistea promontorio, vi, 38. Temno (nell1 Eolide), v, 3s. ( nella Ionia ), ivi. Tempe, v, i 5. di Tessaglia,xvi, 93 ; xxxi, 19. Tempsa, xiv, 8. Tempii, vu, 49* Temsa, in, 10.

l'enaro citt, rv, 8. prom ontorio, i t , 7. lido Tenario, x, 8. Tene, v, 3 . Tenedo isola, 11,106 ; v, 39. Teno isola, v, aa. Teotiri, v, 11. isola del Nilo, xxvm , 6. Tentiriti, vm , 38. T entirite prefettura, v,g. Tenopsi, vi, 35. Teo isola, t , 38. Teodosia ne' Tauri, i t , a6. Teodosia Dio ( (onte ), quando ha sapore di vino, 11, 106. Teonochema, 11, n o ; t , i ; vi, 35 . Tepula acqua, xxxvi, 3 ^. Tera itola, n, 89 ; v, a 3 . Teranne, ir, 8. Terapni i t , s o . Terasia isola, m , 14 i t , aS. tr a le Cidadi, n , 89. Teredon villaggio, t i , Sa. Teresi, in, 3. Tergedo, vi, 35. Tergilani, ni, i 5. Teria fiume, in , i 4Terina de' Croloniesi, in , 10. Terineo golfo, m , 10, i 5. Teronarce isola, v, 38. Termaico golfo, i t , 17. T erm e ( Therm e ) t ti, ivi. Terme ( Thermae ) colonia, m , 14. Termeo golfo, nr, a 3 . Termes, iu,~4 t , S i. Termodonte fiume, t i , 4 xi, 19 ; x x x t u , 37. Termopile (delle) stretto, i t , i 4 > Terotoa, t i , 34 Terracina, 11, 56 ; m , 9 ; x t i , 59. T ervio,m , 18. Tesino nel lago Maggiore, 11, 106. Tespie (in Magnesia), v, 16; xxxv, 4 , x x x t i , 4. libera, v, 13. fonte dei T espii, xxxi, 7. Tesproli, i t , i . Tes prozia, x x x t i i , ay . Tessali, vn, 57. Tessale m adri, x xx, a . troT a to dei Tessali, t i i i , 70. Tessaglia ( regio ne ), i t , 14 ; t i i , $ ; t o t , 43 ; x , i 5 f 3i ,* xv*, 4 i ; xvn, 3 ; xvm , 0 ; xxv, 37, 53 ; xxvu, 4 ; x x x i t , 19. Tessera, t i , 35. Tetranauloeo, i t , 18. Telrogone, vi, s 5. Tettosagi ( nella G alatis), t , 4 a Yolci, in, 5w r Tolosani dei Tettosagi, t . Teuchira, Ars^noe, v, 5. . _ Tendali, v, 3. Teudese citt, t , 4Teurnia, m , 37. Teutani, gente G reea,m , 8.

7*9

INDIGE GEOGRAFICO

i^So

Tini, v, 18; v, 43 Tinia (T in ia) fiume, in, 9. Tinia (Thynias >, rv, 18. isols, v, 44* Apol lonia, vi, i3. Tinidrumese citt, v, 4* Tevere fiume, ni, 8 ; xxxiv, i 3 ; xxxvi, 14, a4* Tinite prefetttera v, 9. Tino, v, aa. prima appellato Tjrbris, 111,9. tra due ponti, xi, 7 9 .' campo Tiberino, xxxiv, 11. Tio, vi, 1. Tipanei, ir , 10. foci del Tevere, 111, 6, ia. Tbeon Ochema, monte in tiopfa, n, n o . Tipareno isola, rv, 19. Tipasa, v, 1. arde per lo sole, ivi. T U isols, v, 23. tra le Cicladi, it, 89. Tiqaadra isola, iu, 11. Tiami fiume, v, 1. Tira fiume e c itt , v, a8. popolo in AraTiaoa vi, 3. bis, vi, 33. T iara, x u , i 3. Tiraciesi, in, i 4* Tirageti, v, a6. Tiare, v, 33. Tiareni, ivi. T iatira, v, 3 i. isola, ir, 19. Tiatireni, v, 33. Tirea luogo, ir , 8. Tibareni, vi, 4* T iri isola, ni, i 5. Tiberia, , i 5. Tirida, v, 18. Tibigese, citt, v, 4 * Tiride isole, iv, 19. Tibii popolo, v i i , a. Tiriesi (di Licaonia), v, 9% Ticbi fiome, 111, 4* Tirinta, v, 9. Ticino non lungi dal Po, in, a i. Tirinte, vni, 84. Tirioxii, vn, 5 j. Ticino fiume, 11, 106 ; ni, ao. Tirissei, v, 17. Tiristasi, v, 18. Tide castello, xv, 34 Tidii, vi, 7. Tiro d i t i , x, 60} xxxvn, 58. un tempo isola* Tidono, v, 29. v, 17. ivi il tempio di Ercole, xxxvu, 19. color Tirio, xxn, 3. dibafa ( porpora ) Tifata, iu, 9. Tiria, x, 63. grana Tiria, x, 65. Tirii Tifernati delti Tiberini, 111,' 19. derivati da Gadio citt, v, 36. Tiferno fiume, in , 16, 17. Tirreno mare, in, 10 ; xxxvi, a 4> T irreni ia Tificese citt, v, 4* Tigava, v, 1. L Iraria, in , 8. Tigese citt, v, 4. Tisanusa, v, 39. Tigranocerta, v i , 10. Tisbe, v, ia . T igri fiume, v, 9 ; xvin, 45 47 Tisdritano cittadino, vu, 3. nella Mesopotamia, 11, 106. ha nome dalla Tissinesi, m , i 4> sua celeril, v i , 3 i. Nino posta sul T igri, vi, Tisso, v, 17. Titano fiome, v, 3a. F 16. i Medi dicono tigri la freccia, vi, 3 i. Titrone, v, 4* Tigulia, in, 7. Tivoli, in, 17 ; xxv, 4 ; xvi, 87 > xvu, a6. ( ae Tilo isola, v i , 3a ; x u , a i, aa ; x v i , 80. m i n o qu a) di Tivoli, xxxi, a 4* re, xu, 21. Tizio fiume, ni, a 3, a 5. Timachi, ni, ag. Timaco fiume, ivi. Tlos citt, v, a8. Timanei, vi, 3a. Tmolo fiume, xxiu, 43. monte, v, 3o, 3 i ; viu, Timavo fiume, n ,io 6 ; ni, aa. fonte del T i 4g. Tmolito (vino), x ir, 9. mavo, xiv, 8. foci, 111, 3o. isola all* incon Toani, vi, 3a. tro di esso, u, 106. Toar citt, v, 7. Tim bre, v, 33. Tochari, vi, ao. T im briani, v, a 5. TogaU Gallia, iu, 19. Ti mici, v, 1. Togiesi, in , a 3. Timnia golfo, v, 39. Togisono fiume, ni, ao> Timolo, Tmolo, v, 3o. Tole, vi, 35. Timoniacesi, v, 4a* Tindaride colonia, ni, 14. ( ia Sicilia ), u , 94 Tolemaide (in Egitto), v, n . E pi ter, vi, 34 (nella Pensapolitana), v, 5. (nella Fenicia), vi, 4 xxxn, 53. , 1 7 ; xxx vi, 65. lolla spiaggia del m ar Tinfei, v, t, 17. Rosso, 11, 75. . Tingi, v, 1.

Teutrania, m, 87. regione, v, 33. T eatra nte, ivi. Teutobodiaci, v, 4 3> Teutoni, iv, 28 ; xxvi, 9 ; xxxvii, 11. T enlria isola, v, 3o.

WWCE GEOGRAFICO: Toleriesi,


ih

,9.

Tletani, ni, 4' Totientinati, ni* i l Toliitobogi, v, Tolomeo fiume, t i , B)< Tolotani, i t , 33. de* Taitoaagi, in , 5. Tomabei, t i , 3 a. Tomaro monte, ir i , 3. Tomi, i t , 18. Toma, xn, Sa. Tondero fiume, t i , a 5. Topazo iaola del m ar Roteo, t i , 34 ; x x x t , i s ; x x x t i i , Sa. Topi ri, v, 18. Toralliba isola, t i , a 3. T oreli, t i , 5. Torico luogo, xxxvn, 18. promontorio, i t , i i. Tornadoto fiume, vi, 3 i. Tornati, i t , 33. Torone lago, xvin, So. citt, i t , 17 ; ix, 5 i, 69. Toronei, i t , 17. Torouo, iv, 19. T orre bianca in Susi*, n , 110. incendio, iri. T o rri di Annibale, n , 73. T orluni, i t , i o . Toscani 0 Toschi, 11, 55 ; xn, 19, a o t x, 3 ; xiv, 4 ; xvm, 49; xxxm , 9. (ella Campania), ni, 9. detti Toschi in lingua greca, in, 8. M a n to T a de* Toscani, m , a 3. lettere, n , 53. territorio, m , 9. golfo di Toscana, 11, 89. mare di Toscana, ni, 10 ; t i , 89. colonne d'ordine Toscano, x x x t i , 56. opere Toscaoe, xxxv, 45* - statue, x x x i t , i& Toscsniesi, in, 8. Tospita lago, vi, Si* Tossandri, v, S i. Trace, xxx, a. Trachea Smirne, Efeso, v, 3 t. Tracheoti Seleacia, t , aa. Tracina porta, dt Ctzico, x x x t i , a 3. Trachie isols, iv, 19. Trachin Eraclea, v, i 4> Traci, in, 39 ; xxn, ia . Milta discesi di Tra* eia, t , a 5 . Tracia, iv, 18 5 vin, 4a ; x, io} xi, 34 ; xn, 37} x v n , 3 ; xvm, 7 3 ; xix, i a ; xxv, 45 ; xxxt, 19, 46. parte della Tracia, 11, 5 9 . parte marittima, x m t, 6. Tracio Bosforo, v, 34 ; ix, so. Traci popoli, v, 4 > Traconilide, t , 16. T radotta Giulia colonia, T, 1. Tragaseo (sale), xxxi, 4 <* Tragia isola, v, a 3. Tragie isole, T, 37. Traili (T ralles), t i i , 3 ; xvn, B8; xxxv, ffi. regia di Aitalo, x x x t , 49* Traili (Trallis) nella Caria, t , 39. Trallicone, v, 39.

Transalpina GalUa, xxu, 3. T ranspadana regiooe, in, 31.T ra n sp e d a n ^ a 3. Trapeza promontorio, t , 33, 4 * Trapezo, vi, 4 Trapexopoliti, v, ag. Trasimeno lago, u , 8 6 ; m , 3 9 ; x t , no. T rattari, i t , a6. Tnau, in , 26. l'rebau i, 111, 9. Trebbia fiume, m , a o ; t u , 39 ; x t , ao ; x n , 5 . Trebellici (T ini), x i t , 8. Trebia ti, in , 19. Trebulani, in , 9. Mutoscei*e Snffwwti, in, 17. Trecaui, iv, 3s. Treiesi, ni, 18. Trento (d i) Alpi, 111, no. T rcri, i t , 17. Treventinati, m , 17. Treveri popolo, v, 3 i. territorio di T rem i, xi, 109; xv in, 49. Trezene ( Troezen ), v , 9 ; x x u , 8 . Tresche territorio, v, 19. Trezene (T roezene) in Caria, v , ag. T riare regia, vi, is . Triasii, iv, 10. Triasio cam p o , i r , 11. Tribali!, in, 39 ; i t , iy 17 ; t i x , a . Tribochi, i t , S i . Tribulio, in , 36. Trica e Apina, in, *6. Tricastini ( de* ) Augusta, w , 5 . Tricca, v, i 5. Trcio, 111, 4* Tricolii, 111, 5. Tricorifo monte, vi, 3a. Tricorio regione, ui, 5 . Trieri, v, 17 Trieste colonia, io, aa. golfo d i Trieste, ivi Trim om io, v, 18. Trinacria isola, 111, 14- R odi, t , 36 . T riaio fiume, in , 17. Trione, v, 7. Trionfale ( detta ) Ipastargi, *n, 3. Triopia, Gnido, v, 39 . Tripoli castello a fiume, t i , 4 della Siria, ^ 17. Tripolitani ( nella Lidia ), , 3o. Triquetra, Sicilia, in , 14. Trispitami, vn, 3 . Tritea, v, 4* T ritone palude a fiume, v, 4 - N ilo, v , io . Trittesi, v, 10. Triulatti, ni, 34. Triumpi lini, ili, 34. Troade, t , 3a, 33 ; x, 85 ; xxxt, 3 a . A lessai d ria, xxxvi, 35. dtto p ro mo n torio della Troade, x, 39, fine, t , 44___ Frigia posta sopra la Troade, v, 41.

17^3

INDICE GEOGRAFICO
Turon, iv, 3a. T u rro fiume, in , aa. Tusca fiume, v, a, 3. Tusculano, 11, 38 ; xvi, 5g. T u s c u I m q terri torio, xvi, 91. Tusculani, u i, 9. Tusdritano citt, v, 4 Tussageti, jrt, 7. Tussageti (Thussagetae) IV, a6. Tutiesi, ni, 9. Tulini, in, 16.

T r e n d , t , 4a* T rogilia, v, 3 i. Trogilie isole, v, Zy. Troglodite, u , 75. Trogloditi, i i , 106) * 5 tn , a ; xx, i a ; xi, 4&? x i i , 3o, 33, 4 4 , 4 6 . opra l'Etiopia, t u , a . ( in Africa ), , 8 j vi, S a. vicini all' Etiopia, , Tio, -8,11. ( tra g li Sciti ), j t , a5. Troglo diti popolo, vi, 34. lingua, xxxvu, Sa. iso le, xm , 5a. Trogloditica regiooe, x n , 14 { xxxvu, 55, 60. Trogloditico ldreo, vn, 96. Trogloditica (Troglodytice), u , 71, 76 ; vj, 34* Tolomeo sconvolse la Trogloditica, vi, 33. Eliopia mescolata coi Trogloditi* x*% 4? T rogoditi, xxxi, i 5. T roia, vn, 57 ; x x x v i i , 4* no eccidio, xvi, 79. Veneti derivati da stirpe Troiana, m , a 3. tempi Troiani, xm , a i ; x u , 10,17 ; xxix, x ; xxx, a ; xxxiii, 3 , 38. guerre, vi, 35 ; * vu, 57 ; xvi, 79 i xix, 6 ; xxx, a. T ronio, v, ia. T ropica, vi, a 3. Trosaolo, xxxm , 9. Troeaftini ( dei ) foro, n i, ao. T raento catti e fiume, n i, 18.

u
Uberi, vi, aa. Ubii, v, 3 i ,-xvii, 4* Uceni, in, 4* Ucitane due citt, v, 4. Ucultuniaco, m , 3. U derto, ni, a 3. monti di Uderzo, 111, a?. Udini Sciti, vr, i 5. Uduba fiume, 111, 4* Ufense fiume, m , 9. Ulisse (di) porto, ni, 14 Ulurtini, m, 16. Ulusobriiano citt, v, 4* Ulvernati, ni, 9. Umbranici, 111, 5. Umbri, 11, 79; xvu, 35 ; xxxi, 4<- (nell E lru> ria), ni, 8 . (nella Campania), i i i , 9. Um bri popolo antichissimo (i Greci li dicevano Umbrii), ni, 1 9 . Umbria, xi, 97 ; xiv, 4 ; xvm, 67 ; xxxvi, 48 tratto d' U m bria, m , 8. Um britti, vi, a 3. Undecumani, u i, 17. Unelli, v, aa. Uranopoli, v, 17. Urbanati, 111, ao. Ortensi, in, 19. Urbi (Urbi), vi, a 5. Urbi (Urbis), vi, 35. Urei, ni, 4* Urgia, in , 3 . Urgitano oonfine, jn , 9. Urgo isola, 111, ia. Uri, vi, a 3. Uri citt, 111, 16. U no fiume, ni, 3. Urpano fiume, ut, 18. Ursalitano <tt, v, 4. Ursentini, in, i 5. Urso colonia in, 3. Usar fiome, v, 1. Uscardei, vi, 7. Usibalci, vi, 33. Usidicani, iu, 19.

Tua li antico, i h , 3. Tubero fiume, vi, a6. T uburbe colonia, v, 4* Tubornicese citt, v, 4.
Tubusupto colonia, v, * Tocca, v, x. T uder colonia, in, 19. Tuderti, n, 58. Tuficani, in, 19. Tugiese foresta, in, 3 . T uie isola, 11, 77, n a ; v, 3o j vi, .3#. ivi i giorni si continuano, e le.p o tti soambievol mente, vt, 3g. Tornata, vi, 3a.

Tumusidese ciU, v, 4*
T ungri, iv, 37. citt dell* Gallia, xxxi, 8. Tunicese citt, v, 4 T urchi, vi, 7. T urduli Barduli, iv, 35 . ao tkb ivi. T orduli popolo, vu, i 5. -r-costiera, ni, 3 . Turiasonesi, in , 4 * Turiaso, xxxiv, 4 1* Toriga, ni, 3.

Tu rio ( Thurii) citt, in, i 5 ; x u ,8 ; xxxi, 9,43 ; x x x t i , 59. Turino territorio, xvx,33. Turini, xxxiv, i 5. coUm, xir, 4* Turio (T u riu m ) fiume u i, 4*
Turm entini, in , 16. Turniogidi, iu, 4. Turobrca, n i, 3. Tnrocelo, iu , 19.

i 755

INDICE GEOGRAFICO

i 756

Ctica, x t i , 79. (in Africa), v, 3 ; x t, 73. di Africa, x x x i( 39. frodata da Tirii, t, 17. Utidorri, n , i 5. Ctina colonia, , 4* dio fiome, m , 29. Uxama, n i , 4 .

Vaienti, in, 9 . Veii o Veia, t o l , 65 ; jcxxyu,

V
Tacce fiome, i t , 35. Vaccei, iti, 4 ; x t i , 76. eittadi de* Vaccei, iti, 4. Vacona (di) boschi, 111, 17. Vada di Volterra, m , 8. Vadei, vi, 3a. Vadimooe (di) lago, n , 96. Vagete c itt, v, 4* altra, t. Vagienni Liguri, 111, >4* *montani, t . An gusta de Vagienni, ni, 7. Valdaso fiome, 111, a8. Valentini, ni, 16. (nella Sardegna), n i, i 3. Velentino detto ForofolTio, 111, 7. Valenza colonia, ni, 4 <, (di Gallia), m, 5. (di Africa), t , i. Valeriesi, tu, 4 * Vali, vi, 7. Valii, vi, 35. Valici, ir , 17 Valli, ti , ia . Vamacnri, v, 4 * Vangioni, i t , 3 r. Vantano regno, i t , a5 . Varbari, ni, a 3 . Varciani, iti, 18. Vardei guastatori d 'Italia, ni, aG. Varduli, ni, 4* eittadi d* Varduli, nr, 34. Varetati, t i , a 3. Varia cognominata la Pugliese, 1, 16. citt, in, 4 . Varini, ir, a8. Varracini, x t i i , 35 . Varramo fiome, 111, aa. Varo fiome, 111, 5. 6. VarTarini, in , a 5 . Vasco citt, ni, 5. Vassei, ir, 33. Vaticano, vin, 14 ; x ti, 87 ; x rm , 4 x x x ti, i 5 . Vaticano territorio, 111, 9. Vatreno porto, tu , ao. fiome, t . Vatusico (formaggio), xi, 97. Ve (di) porlo (portas Vadoram), ni, 7. Veamini, i t , a 4 Vedianzii (dei) citt, 111, 7. Vegio, n i, *5. Veicntani, iu, 8.

69. Velauni, in , a4. Veleiacio, t u , 5o. Velia ti, m , 7. Velieri, n i, a*. Veliesi, 111, 4 9* Velino lago, n , 62, 106; m , 1 7 ; xxxi, 5. Veliterni, m , 9. Veliterno, in , 59 . tHU, xn , 5 . Velia ti, i t , 33. Velocassi, i t , 3a. Venafrano territorio, xv, 3 ; x tu , 3 ; xxxt, 3. Venafro colonia, m , 9. Venali detti de Cesare, n i, 4 * Venami, rr, 33. Venaria isola, 111, ia . Venaria Nebrissa, m , 3 . Venere Pirenea, 111, 4* Venere (di) tempio, 11,97. citt promonto rio ( in Cilidafc v, aa. ( citt in Egitto), t , i s . (altra), t . Veneti, i t , 3a ; x x ti, 16. >de ri re ti degli Eaeti, vi, a. derivati di stirpe T ro ia n a , in , a3- territorio dei Veneti, in , 3 . itole ( nella Gallia Lionete), V enezia, m , a a ; x tii, 35 ; x x x t, 7 ; x x x ti, 4 - decima pai te d Italia, n, 74. Venetnlani, m , 9. Veuoesi, i n , 4 Vennoneti, in, a 4 * Venosa colonia, i n , i6 .< * -V en o tiai, ivi. Venosti, m , a 4> Ventimiglia citt (Albinm Jlm em eliom ), m , 7. Veragri, 111, 4* Verbaoo lago, n , 106 ; n i, a J ; ix , 53 . Vercelli c itt, in, a i. T erceilea* territorio, xxxm , a i. Vereasneca, it, 34* Vere lini, m , 16. Vergento, ni, 3. Vergoano citt, nr, x. Vergnoni, m , a$. Vernodubro fiame, n i, 5 . Veromandui, i t , 3 i. Verona, tu, a3 ; xxxt, 7. < V eronese territorio, x, 38 ; xit, 3, 8 ; xt 14 j x v m , *9. Verracini, in, 5. Vertacomacori, 111, a i. Verulani, m , 9. VeteeHani, ni, 16 Vesci chiamati Faenza, i n , 3 . Vescitana regione, in , 4. Veseatini, m , 8. Vesionicati, m , 19. Vesperia, i t , 34* Vestini (d ei) An galani, 111, 17.

'fi?

INDICE GEOGRAFICO.

1758 ,

Vesulo monte, m , so. Veiuni (in Africe), y, i. Vesuvio monte, 111, q ; s i t , i 4 * Veterani ( de' ) Finopoli, presa ai il. Bosforo, it , 18. . Vetli isola, it , 3o. Vel toni (Vectones), m , 4* Vetloni (Vettones), m , 19. Vetulonieii, m , 8. Vetulonii (in E tru ria), 11, 106. Viaciesi, in , 4 * Vianionima, m , 37. Vibelli, m , 7. Vi beri Lepontii, m , 4* Vibiforo, n i, a i. Vibinali, iu, 16. Vibone Valenza, m, xo. Vibonese golfo, t . Vicenza, xn, a 3 . Vidacaisi, i t , 3a. Vienna degli Allobrogi, in , 5 . (in Gallia ), u, 46. lerritorio di Vienna, x it, 3. Vienne si, x it, 6. Viminale colle x t u , 1 . Vimitellarii, in , 9. Vindelici, 111, 24. quattro popoli, m , 4. Vindili, i t , 38. Viudinati, u t, ig. Vior fiome, t , i . Virgao, Alba, in , 3 . Virgiliesi, m , 4Virovesca, xn, 4* V irt Giulia, m , 3. V irano, m , a 7. Visesc citt, t , 4 * Vistillo, Vistola fiume, ir , a 5, a 7, a8. V isurge fiume, i t , a8. Vilellesi, ni, g. Viti fiume, 111, ao. Viticini (dei) citt, ni, 17. Vittoria (di) porto, i t , 34. V i T e n t a n i , in, g . Voconio (di) Foro, in, 5. Voconzii, n i, 5 , x i t , 11; xxix, ia . territo rio dei Vocon*ii, 11, 5g. citt, iu, 5. popolo, t u , 18. villaggio, iu, a i. Vogeso monte, x ti, 76. Volane foce, n i, 20. Volcentani, in , i 5. Volcentini Toscani, m , 8. Volci presso Marsiglia, n i , a 3 . Tettoiagi, m , 5. Volcienzia Cossa colonia, 111, 8. Vologesocerta, ti, 3o. Volsci (nel Lazio), in , g. Volsiniesi, ni, 8. Ugo di Bolsena, x x x t i , 4g> Bolsena, d i t i d E traria, n , 54 di To-

cena, 11, 5 3 ; xxxm , g ; x x x t i , ag. t - espu gnati, x x x i t , 16. Volterra (di) Vada, in, 8. territorio li Voi; terra, x, 4 1* Volterrani, #11*, 8. Volubile, t , 1. Vornano fiume, n i,. 18. Voturi, t , 4 > Vulcanale, x t i , 4 & Vulcanie isole, in, 14. Vulgieuti, ni, 5. Vulturno citt eoa fiam e,in, 9 . mare, x x x t i , 66. Vulturao fiume, x m , 1.

X
Xanto citt e fiume nella Licia, t , a8. fiume presso Troia, 11, 106. congiunto al Simoenta, t , 33. Xilenopoli, t i , a6. Xilopoliti, i t , 17. Xisliani, t , ag. Xoila prefettura, t , g.

z
Zacinto isola, i t , g , x t i , 79. Zageri, t i , 34* Zagro monte, t i , 3 i ; x i i , 3g . Za ma (in Africa), xxxi, ia . Zamareni, t i , 3a. Zamese d tt , t , 4 * Zande, ir , 7. Zandei de* Messenii, ni, 14. Zanne, t i , 35. Zao promontorio, m , 5. Zara colonia, n i, a 5. Zarangi, t i , a 5. Zarax, i t , g . Zariaspa, Battra, t i , 17, 18. Zaroti fiume, t i , a6.

Zefire,

it,

ao.

Ze firia, Melo, i t , a 3. Zefirio, x x x i t , 53. promontorio, 111, 10. ( di Cilicia ) t , aa. ( ne* Tauri ), i t , 26. Zela, t i , 3 . (nella Tracia), i t , 18. Zelia, t , 4. Zerbi fiume, t i , 3o . Zeti, t i , 37. Zeugitana regione, t , 3. Zengma nell* Eufrate, t , 3, a i ; x x x i t , 43. Apamia nel paese di Zeugma, t i , 3o. Ziela, t i , 4*

INDICE GEOGRFICO Zigere, iv, 18.


Zi gero porlo, u , 96.
Z i g i , tt, 7 .

Zili coloni*, , z.
Zimara, v, ao.

Zimire di Etiopia, xxxn, *5. Zingi, n , 7.

Zira fiume, i t , 18. Zoeli, nt, 4* Zone, tv, 18. Zoroaoa, vi, S i. Zotale, vi, 18. Zoto vi, 35. Zurachi, n , Sa.

INDICE ALFABETICO
DI

TUTTI GLI AUTORI CITATI DA PLINIO

ifS . Nel far etano degli astori cha Plinto ella nella toa opera ' poteva reearn* i nomi eoa l ordine

cbe hanno ael libro i. Nondimeno i volato preferire l'ordine alfabetico, tra perch pia agevole, a perch io M(aito ill'Acdiioo i pii l ' hanno ritento. Benal noi ne abbiamo fatto noa poeto ag|ionle a nutazioni.

INDICE
DEGLI AUTORI

--------- * < * ----------

A
Accio (L.) fu poela Ialino, fiftliaolo di ao liberto. Ebbe amicitia eoo Decio Giaoio Brolo e eoo Pecovio, 1 quale soleva io Taranto recitare i s u o i c a r m i. Il suo (ile sente dell* M itic o e del rotto, ma non ve seni merito di gualche ele fante e k f giadria. Mor, fecondo che si dice, anoi io5 prima di Cristo, am i bene attempato. Di lui si lodano le Prassidiche ( da Aulo Gel lio, lib. xx. cap. 3, delle Pragmatica); gii A n nali Romani* poema in v j libri ( Ved. Feslo oc. Meteli. e Macrobio, Satmrn. lib. I, cap. 7.); parecchie t ragedie, quali sono Le lfoz*e,F ihttete, Ncoltolemo, Fenice* Medea, A trto , A gamennone, Bruto (nelle quale ultima pose alla seena di Roma un fatto pairio, che dello Sci pione d i finoio e d a ll A Umento d i Remo e Romolo io fuori, non ' era pi veduto mai. Non oe retieoo che frammenti. Accio Pianto. Vedi Plauto. Acopa. Vedi Agriopa. Aculeone. Vedi Eculeone. Adimanto ('Sitifjunrof) di Lampsaco si occup d geografia. Ne he lode da Strabone, Geogr. lib. xm. Agetarchide ( 'Aye&afx/Jxs) di Gnido fu storico, o per dire alla moderna, poligrafo. Fior circa l'anno 176 prime di Cristo (nell* olimpiade 15o). Scrisse molle opere che gi perirono,salvo i no mi loro e forse non tutti. Vedine Folio, Bibliot. cod. aa3. Noi di tante ne ricorderemo alcune : de ila Storia Asiatica 10 libri ( Ved. Diod.

Sicul. lib. m.){ delle Cose d 'Europa libri 4o ( Ateo. lib. v, e v ) ; de' Trogloditi libri 5 ; del M ar Rosso libro unico, i cui pochi fram menti furono da Hudson inseriti negli Scrit tori m inori della Geografia antica. Questo Agatarrhide di Gnido non si vuole confonder con quell' Agetarchide di Samo che scrisse le Storia de* Persiani. Agatocle ( 'Aya^xXHf ) di Babilonie scrisse le Storia de' Ciziceni. Forse per ci Ateneo lo disse etorto Cizioeno. VedineFesto, t o c . Roma, e Cicerone, Di vin. lib. 1, cep. 21. Agatocle {'AyadouXXf) di Cbio scrisse elcone cose in felto di egraria. N' lodato da Varrone, de Colomelle,Z> Re rustie, lib. 1, oap. 1; e da Pli nio, lib. vni, e altrove pi volte. Pare che sit quell'asso che scrisse <rtfi' ia /nrj, se non forse allude a qualche altro lo Scoliaste di Nicandro. Di nome simile ci furono alcuni eltri scrittori, tre i queli da ricordare quel di Samo che scrisse sulla Amministrazione politica di Mileto e di Pessinunte, e sopra i Fium i ( Vedine Plutarco, de' F ium i 1). Aglaoslene ( Aj-Xw^Ww ). Non si sa in che tem po fiorisse, n che scrivesse mollo. Igino, Astron. poetic. lib. 11, nel eapo dell'Orsa mi nore, e similmente in quello dell' Aquila, cita Aglaostene come eutore delle Storia di Nasso. Agriopa ( A^f#<), di cui incerte la patria, come enche il vero nome, lesci un libro che tratte del corso ne' giuochi Olimpici. Agrippa ( M. Vipsanio) fu uomo di gren celebrit, amico e genero di Augusto. Nacque di famiglia non disagiete, l ' anno 63 prima di Cristo, e da

1767

IMD1CK DEGLI AUTORI

tori Ut milkta fa vlndtore nella battaglia di Axio (ano. 3 i), e io quella p rw o M etato (no. 36). Creato tra folte consolo, m a. 37, *8, 27, e direnalo il seoondo da Augusto go vern r aoo. aa le eose di Roma io veoe del principe. L 'ano. ai spos a moglie Giolia, ed 1 ebbe promessa della successione 1*impero, se altro fosse avveooto ad Aogusto. Assai saffi* dente in fatto di milizia come nell' ammini strazione della repubblica, passava per ottimo uomo, e amatore, non meno che del principe, della patria e della liberti. Ebbe un podel severo, ma pi in riguardo al viver suo che alla conversazione cogli eguali : prerogativa che quaoto il rendeva agevole a questi, tanto il contrassegnava per uomo veramente principe sco e di graode levatura. Fu amante eziandio delle arti, e condusse del suo bellissimi edifizii, tra i quali son nominate e famose le Terme e il Panteon, ora chiesa di nostra Donna, detta della Rotonda. Mor prima di Augusto nell'eli d'anni 5i, nel 742 di Roma. Scrisse i Com m entarii della sua vita. U Tavola Peutingeriana, che a detto d* alcuni ebbe nome da Peulingero credutone il trovatore, fu delineata parte dalla mano stessa, parte sotto la dire zione di Agrippa. Agrippina, prima figliuola di Germanico e d* Agrippiua, ebbe Augusto a bisavolo e a marito prima Gneo Domizio Enobarbo, secondamente Passieoo, indi Claudio imperatore ; e siccome costui si traripava tutto ai liberti e alle fem mine, fu ella che lo confort a pigliare per con sorte nell impero il figliastro adottato di poeQ in ambio del figlio naturale di lui. Fu donna famosa, e delle lettere non nuova. Scrisse i Commentarii della sua vita, lodati da Cornelio Anna!, lib. vi, cap. 54 Aloeo (AXxafc ) poeta lirico, nato a Metelioo nel lisola di Lesbo, fior lanno 604 prima di Cristo, o in quel torno. Fu coetaneo di Saffo poetessa, e se vnolsi aver fede alle antiche favole, inna morato a morte di lei. Certo ne va tra le costei - poesie nna risposta indiritta ad Alceo sopra argomento d 'amore. Avido un po troppo di liberti guadagnossi per troppa fierezza lesilio. ( Vedi Orazio, lib. iv, Od. u , vers. 17: Alcaei minaces Camoenas. ) Scrisse varie odi sopra la saa fuga, la navigazione, e fatti di guerra, nelle quali oltre alle querele frequenti ispi rata tutta l'alrocit dellanima sua. Cercare se in tutti questi componimenti usasse la strofa alcaica, non rileva : certo i frammenti che se ne hanno tuttavia recauo quella misura, che veramente per gravili t armonia non ha pari. Fu breve, ma di ricca e animosa dicitura. Ci

che ne rimana fti g li raeoollo da Borico Ste fano in Pindar. grec. lai. e dal Bruuk. Alessandro 111, volgarmente Magno, figliuolo di Filippo, che dopo il trapasso d d padre ne regni in vece, e diede a terra l ' impero de Persiani. Ricordiamo di lai solamente le E pistole. Van no persueanche le Ejemeridi, ma l ' opinione degli autori che non egli, ma d tr i le scrivesse a cenno di lui. Nell* eli di mezzo, come si dice, furono molle composizioni di tal falla affib biate ad Alessandro. Alessandro Poliistore.Vedi Cornelio Alessandro. Alfio Flavio, fu de tempi di Seneca. Ebbe a mae stro Cestio. Scrisse lopera titolata : De hello Punico: per oon si sa di quale delle tre guerre parlasse, se forse noo le comprese tutte e tre in una di ssguito. Se ne regga Seneca, Cootrov. xiv, e Festo nella voce M am ertini. Amomete(A/uw/iT9f) viaggiatore, il qode,a detta di Antigono Carisi. Stor. delle cose mirmb^ lasciata Menfi navig sino al fonie d 'Iside. Pli nio asserisce ch'egli compose uu libra sopra gli Atlacori, popoli dell'india. Veggasi Eliaoo, T i f i %uv iii m ro iy lib. x t i i , cap. 6 . Anacreonte ( Araxffor t ili Teo, poeta erotico e lirico, notissimo per le to t odi piene di soavit. Fu amico di Policrate, e fiori anni prima di Cristo circa 528. Le odi che vanno a nome sao non son tutte di lui, perocch asm d'esse furono scritte dopo la sua morie, e inserite fra le genuine perch fossero dal nome di U s to autore accreditale. Quella che altri crede aver Ini scritto >rffi f'Pt% OTOUixtt( si poco lieoe del fare di lui, che forti crederla di altra penna. Anassagora ( 'A*a%a?fO( ) Clazomeao, nato 5oo anni prima di Cristo, mori a Lampsaco l ' an no 4a8. Fond il primo una scuola li filosofia in Alene, ad ebbe a discepoli Archelao, Euri pide, Pericle. Si conobbe di fisica, celali va roente a que teippt, e di astronomia: in meta fisica fo audace, ma grande. dubbio se fu egli che iramagio oome a certi di dovr cadere un sasso del sole : certo nondimeno ehe divis accuratamente la ragione e i modi deU'ecolisse, che a dichiarare I' unione dd mondo escogit la similitudiue delle parti n d corpi, e dimo str l esistenza di Dio coll ammettere per necessaria uua qualche causa efficiente di tulle cose (nel cheargomeuicon sottigliezza mag giore di quella che potea comportare il volgo: e questa, secondo che pare, fu la ragione per ch, non inteso, fu tenuto per ateo). De sooi scritti non ne rimane pur uno. Si dice che Socrste li avesse per da poco. Anassilao ( 'Aya%tkao{) di Larissa, sellatole di Pitagora, esercit la medicina al tempo di

INDICE DEGLI ACTORI *77 Augnilo ; ma esaeodogli poste cagione di magia, Androzione ( *A*Sfori0 ), al dire di Teofrasto, fa confinata. A qocl che pare, el non s era Stor. delle Piatti lib. n, cap. 8, e di Ateneo, dedicato che atta fcntasmagoria, come oggi ai lib. u t, serisse di agricoltura. Diede opera appella, e a qoell* arte e a quelle aat mie che altres alla storia. La sua patria non si sa : fino agli antichi ne sono in dobbio. Ateneo fanno i cerretani e i orarmadori; perocch si libro ni, Comment. Histor. Athen. loda lo cita di lai un opera titolata Ttayina, o gabbi e Georgiche di esso : cos Pausania, lib. vi, e scbenosi spettacoli. Ireneo ptr, A dvers. Marc. lib. i, cap. 8 ; ed Epifane, Advers. Haeret. Arpocrazione alla voce Anfipoli. UH. t, cap. 34) credono che Anassilao se I* in Ad filoco ( Afi$i\oxos) Ateniese posto fra i pi ripotati scrittori di agricoltura da Varrone, da tendesse col demonio. Veggasi Plinio,l i b . i x t i i i , Colomella, lib. 1, cap. 1* Plinio, lib. xvm, 49; xxxt, 5o. cap. 43, ne cita il libro Della avena e del citiso. Anassimandro fu discepolo di Se pi ei scrivesse, non si sa, ma da credere Talele, e dopo il costui trapasso, capo della che mai s. setta Ionica. Nacque a Mileto P anno innanzi Annali dei Pontefici Massimi, detti altrimenti Cristo 610. Si conobbe assai bene di matema Annali Massimi, di coi dice Tullio nel 1 del1 tica, dimostr Pobbliquit dall'eclittica, in 1* oratore : u La storia non era che un com vent figure geometriche, compose una sfera plesso di Annali, perocch a conservare la me che dimostrava il cielo, e un globo terrestre moria de* fatti risguardanti la nazione fa intro che i mari e le terre (Vedi Slrab. lib. i,cap. 1.). dotto 1 oso fioo dai primi tempi della repub * Mor P anno 546 avanti Cristo, in 64 di et. blica (dor sino al pootefice massimo P. Mucio) La sua vita fu descritta da Diogene Laerzio. che il pontefice massimo mettesse In iscritto Aoassimene (A ) di Mileto, discepolo di ci che succedeva in ciascun anno, e ne ponesse Anassimandro, successe al maestro nel capita in pubblico la tabella, perch il popolo ne po nare la scuola Iouica. Dicesi che ascolt auche tesse essere sempre a conoscenza ; e questi Parmenide, e che ebbe a discepoli Anassagora cotali scritti diconsi per tottavolta Annali mas e Diogene Apolloniate. Mori (fio inai avanti simi. Cristo. Scrisse un'opera fisica, che pi non esiste, la qoale sovente accennata .dagli anti Ann io Feriale fu cos nomato, non perch fosse chi. Fu il primo che diede ai Lacedomoni Po* veramente feciale, ma perch uno de suoi anti passali esercit tale officio. Scrisse di Storia riuolo a sole. Laerzio rapporta del nome di Romana, a testimonio di Plinio, lib. xxxiv, costoi doe epistole a Pitagora, le quali son da cap. i 3, il quale a tali scritti d il nome di tatti tenute per supposte. Annali. Aoassimene ( Arai*f/ulw ) di Lampsaco, compa gno ad Alessandro nelle imprese di guerra, e Annone (Amty, non'Arva*) Cartaginese navig suo maestro di lettere, secondo P opinione di al tempo di Erodoto la costa dell* Africa occi molti. Scrisse la storia delle guerre di questo dentale. ( Vedi Mannert. Geogr. ant. 1, 5o-5a; principe fatte in Grecia, io Asia e in Africa, la ediz. Dodwell. Disert. sopra il Peripl. di Ann., storia di Filippo, la storia de* Greci e de* Bar nella Geogr. ant. di Udsonio, 1; Voss. Osserv. bari dal principio del mondo ( al suo vedere ) a Pomponio Mela, 5g4 ; Gosselin, Rie ere /1. sino alla morte di Epaminonda ; e un libro di sulla Geograf. degli ant. i, i 36). Dove termiReltovica dedicato ad Alessandro, it qoale non nasse il suo viaggio, non si sa; probabile ai vuoi confondere eoo i tre por d Rettorica per sop a ogni altra P opinione di Gosselin attribuiti ad Aristotele. che egli giungesse fin presso il capo N un. Aoassipoli (A ia^m X /;) di Taso scrisse in fatto Forster dice <he giunse 1 golfo dos-Medaios di agricoltore, per detto di Varrone, e di .Co Gonsalo de Cintra. Un compendio del suo lumella, De Re rustie. lib. 1, cap. 1. Periplo fu stampalo in greco a Basilea nel 1553; Andrea (A ^ a ; ) detto altres Aodra o Andro, e con le annotazioni del Gessner, nel i 55g. fu medico. Di lui fa memoria Celso, lib. v, nel Anteo {'kvraof ) fu medico ; ma di che tempo e di che paese fosse, e quali libri componesse proem. ; Dioscoride nella Prefaz.; Galeno nella ni uno sa. Spiegaz. delle voci d* Ippocrate, a lo Scoliaste di Nicandro all' opera titolata Theriac. Ci Anticlide ( Ayr/xXe/cTnf ) fu islorico ; ma notisi sa di che tempo. (Vedi Arpocrazione, nella eh* egli scrisse Tlty cio delle fiere vqce KaXadfti*. ) Le sue opere sono spesso che nuocono di veleno, e di quelle che a torto lodale da Ateneo, lib. iti ; da Knsebio, Prepar. si crede aver forza virulenta, non che l opera titolata Naf*xa (Ved. lo Scoliaste di Nican Evang. lib. v, dove parla della costui opera dro) perirono affatto. sul Ritorno de*Greci alla patria dopo V ec-

77*

IKDIC DEGLI AOTOftl'

77*

cidio di Troia ; dallo Soobaste di Apollonio, lib. l, v. 1*07, il qaale ne ila le Deliache ; e da Plutarco, che oe nomina la Storia di Ales sandro. Alt licitile fa di sagace gindicio ; come
ne fa fede la favola del colloquio fra Ta test ri e Alessandro che ne va beffeggiato. Antigene ( 'Amyrnf ) storico, d e se risa e le im prese d i Alessandro. 1 suoi libri s o o lo d a li da Plutarco nella vita di queslo re. Antigono ( 'Arri yovoi ) nacque in Carisio di Etibea non si sa qual anno, ma probabilmente da mezzo secolo prima di Cristo, poich fu con temporaneo di Tolomeo 1 ( Solero ) e di Tolo meo 1 ( F didelfo ). Scrisse Vite di uomini 1 illustri (quali souo Timone, Pirrone, Pole mone, Menedemo, Anlipalro, ecc.), Coninten

tarti sopra gli animali, Discorsi sopra fa mosi fa tti di stona. Ci fu no a ltr o Anti
polio, il quale compose libri di belle arti, come

a dire di Toreutica , di Pittura e dell' Arte di pingere. Arduino o o n fa differenza Ira qae sto e il primo ; ma per opposto il celebre C. Alessandro, nella Dibl. class, lat. ed. di Lemaire, non solo distingue l'Aoligono di Cariato da queslo, ma ne fa anzi di quest'ultimo due autori, I' uno de' quali scrivesse di Torealica, e I' altro di Pittura. Anlipalro ( I* Celio) nacque anni 124 prima di Cristo. Fu uomo assai sufficiente e nella scienza del diritto Romano, e nello studio degli affari repubblicani. Credesti che avesse a discepolo L. Crasso. Scrisse alcuni libri sulla guerra Car taginese, la cui pentita di non lieve danno, se si vuole aver fede all' imperatore Adriaooe a Bruto. Ne restano per frammenti, cbe fu rono raccolti e dati al pubblico per la prima volta dal Riceoboni nel i5G8, e dipoi ristam pali per Ant. Agostin. in Anversa nel 595. Vedi anche la vili di Tullio ad Attico, lib. xm. Anlipalro ('AvTtnruTfof ) di Rodi fu maestro di iauezio. Scrisse uu libro sugli animali, che lodato dallo Scoliaste di Apollonio, lib. 11, v. 89. Auli*tene ( ' Av t ) nou vuoisi confondere col cinico, n eon altro dello stesso cognome, lo che tempo nascesse non si sa, sebbene si sappia di certo che fior fra i tempi di Latiro (Tolom. ) e di Tiberio, cio dall1am o 117 prima di Cristo siuo al 14 dell'era nostra. uno di quelli che hanno scritto sopra le Pi

ramidi.
Anliitio Labeone, prefetto della Gallia Narbo* nese, si dilett di pittura e condusse piccole tavolette. ( Vedi Plinio, lib. xxxv, cap. 7.), le quali esposte al pubblico gli frullarono, secon do Plinio, delle beffe, non si sa se per lo argo

mento ohe vi tratt, o se par miaert d ' inge-' goo. Movi T amia 79 dopo Crialo io l assai provetta : anzi avrebbe ollropasaato i ceni' an ni, se non foste diverto affililo da quel Labeone che fa iarecoasnlto, gi deriso da Orazs per ch al tempo di Augnato era gran partigiaao della libert a dal costarne antico ; naa degno per verit di essere celebrato. Cbe Autisti scriveste di molli libri ne fan fede GclKo nei lib. in i, cap. 10, che ne lo C a tlo re d i paven s ta ; e Pomponio, che di quattroceoto, dite pare incredibile. La sua pi celebre opera il Com mentarius de jure pontificio. N ai vogliono passare i libri xv De scientia Etruscorum, ovvero de Divinatione. Vedi Fulgenzio, De serm. prisc. cap. 4* Antonio Castore, di Rodi, appellato aovenie Galala perch in Galaxia divenne genera del re Diotaro, il qaale poscia lo f* m orire eoo la moglie ad una. Vedine Snida e Strabone. Fa cronografo uon del tutto ignobile. Scrisae sai Nilo, su Babilonia, sulla ignoranza de' tempi, e tu que' popoli che ebbero dominio in mare. Antonio Castore Fi lo romeo, figlinolo di Caalore Rodiano ebbeDeiotaro per avo,coi aeensd'iotidie tese a Cesare, pensaudo di oosi vendicare la morte del padre e della madre.M a Desolato di' feto da Tullio, come ognun aa, ritorn atseUila iu Asia al suo reame, e il giovue si tenne a Ro ma, dove si dioe che viveste oltre a ceufanai. Fa studioso di botanica, e raccogliendo in an sa piccolo giardino astai erbe da lo lla Roma ne fece esperienze e osservazioni che lo posero ia fama. Antonio Castore Mata. Vedi M u s a . Aoziate, cognominato Valerio. Sedi.Valerio. Apelle (Avt'AXiff) di Coo, pittore il p i celebre dell amichi l. Vedine Plinio, lib. xxxtv, cap 36, e la Biographie Universelle, tum. iu Apelle (AvAXw) di Tato fu valente medico, lo dalo la Galeno, Antid. lib. 11, cap. 8, e Hard Tivn lib. v, cap. ( 4 - Dal pittore fu affatto di verso, n si sa perch Gemer il volesse lo stesso. Vedine la Bibliot. e Reines. Var. leu lib. 11, csp. 6. Apicio Celio, famosissisno ghiotto, vivalo ni tem pi di Tiberio Costui, ricchissimo, spese in gran mangiari 20,379,166 franchi; e mentreaoeora ne possedeva 2,037.916, per paura di vivere in miseria si fin di veleno. Sopra ci veggasi Mar ziale, lib. 11, Epigr. 69. Ingegnoso in fello di gola ritrov innumerevoli modi di conditure, insegn di che arte era mestieri per saginare le oche, e far loro impinguare e crescere il fe gato, scrisse un volume de Re coquinaria, stampato a Milano nel 1498 in 4 * Lione in

INDICE DEGLI ACTORI


8.nel i?o 5 , e *d Amsterdam io 12. nel 1709. Vedioe Giovenale, Sat. i t , > i ; e Tadto, lib. i t , cap. 1. Di qaesto nome ne farooo due altri dedicati parimente a quello atodio, i qoatf aebbeoa oon afltto oscuri, s o d o assai da meno a lato del primo. 11 primo di questi doe visse tee otre ancora fiori va la repubblica { l 'altro al tempo di Traiano, a coi sped delle ostriche, bench vi bisognasse il viaggio del mare. Apione ( A v /a r) grammatico, nato io Oassis, fu famoso per loquacit e per l ' odio che por tare a G iudei, i q u a li, speditone sopra ci dagli Alessandrini, empi di accuse a Cnligoltf, e fieramente perseguit. Ebbe varii nomi e co gnomi, dedotti dalle cose, di che massimamente a'occupare: es. gr. fu delio Alessandrino, per ch vivea per l p& in Alessandria : grammati co, dalla professione; T X ttsrm W t dalle fre quenti vittorie. Vedine P lioio, lib. xxxvn, cap. 19. Tiberio lo appell cymbalum mundi. Seriase dell Egitto libri v (S. Clem. Aless. Strem. lib. 1; Gellio, lib. v, cap. i 5. ) Scrisse contro i Giudei un libro, gi confutato da Giu seppe 1 sui metalli, sulla ghiottomia di Apicio ( Ateneo, Kb. vn, ) e della lingua Roroaua (A te neo, lib. i t . ) Apollodoro ( AvoXXoVopof ) nato in Artemila di Mesopotamia ritenne il nome della citt nativa. Scrisse parecchi libri suite citta e sulle isole (T re ts; chih ni, stor. a ) , le imprese dei Parti ( Strab. lib. n, n i , eoo. Ateneo, lib. x t ), uo catalogo di nari ( Ateneo, lib. m ; e lo Scoliaste di Apollinio, Kb. ni, v, 1089 ), e cote sul Ponto ( Scoliaste di Apoll. lib. stesso, t . 159 ). Apollodofo ( AeiMoVafot) di Lenno scrisse di agricultura. Ne fa memoria Varrooe, lib. 1, descrisse il Periplo dell' Europa. Vedine sopra d Strabone, lib. 11, e lo Scoliaste di Apollonio, lib. i t . Apollonio ( AreXXa'rw) di Pergamo scrisse di agricoltura, secondo che attentano Varrone, e Colnmdla, lib. 1, cap. 1. Scrisse ancora del modo facile di preparare i rimedii. ( Ved. Galeno, Facolt medica dei semplici ylib. x i, cap. 1 e 8 ), e finalmente delle erbe. (Scoliaste di Nicandro). Apollonio ( AvoXXtinof) medico addetto alla setta Erofilea, cognominato Mis ( Vedine Celso lib. t , nel proem. e Strabono, lib. x i t . ) , e anche Mirooide ( Ateneo, lib. x t , pag. 691. ) Di cbe paese fosse, non si sa : si trae nondimeno con gettura da Celio Aurdio, lib. ni, cap. 8, che fosse di Menfi. Le opere cbe di lui si celebrano, sono ] degli unguenti { Plin. lib. sin, cap. a. ) Il rolume che ha per titolo M o v tfi poftieutfj fu posto dall* Ardoino n d testo delI* indice d d lib. x x t i i i col titolo Mdfovir in cambio dell'antica lezione Mi/p<r/y )j e delle corone, o grillando. Apollonio ( AtoXXarw) Pitaneo, della Laconia, non punto noto, se forse non fosse qoello stesso Apollonio, di cui lo Scoliaste di Apollo nio Rodiano, lib. 1, v. 43o, loda i Commen

tarii.
ApoNofane ( 'kvoXktynti) fu m e d ic o d i Antioco il g r a n d e , e a lu i c a rissim o . Fn il so lo c h e osasse
a T T e rtire il p r in c ip e d e lle a v a riz ie , s p ie ta te z z e

e p e ssin rit die comme!teTa Erma c o n tr o i


s u d d iti.

oap. 1.
ApoHodoro ( *A<reXXoivpo$ ). Di costoi si dubita ae fosse medico o naturalista. Che scrivesse n tfi /sx trM s ne fa fede Eliano, Stor. Anim. lib. v i l i , capi. 7. Vedi Ateneo, lib. x t , e lo Sco liaste di Nicandro. ApeModoro (AflraXXo ) Per detto di Ateneo, lib. x t , costui compose un fibro sopra ifio ri da grillando e gli unguenti. Non si sa se fosse diterso dal Dacetografo. Apollodoro ( 'AsrXXJ*fof ) Citieo, fu medico, ma non ai aa di d ie tempo. Pare nondimanco che vivesse sotto i Tolomei e cbe abitasse in Egitto. A questo d credere che alludesse Plioio, lib. x v t , cap. 9. dove cita un Apollodoro ohe prescrisse a Tolomeo quali vini dovesse b e n . Compose un fibro sogli Antidoti. Vedine Diosooride, Strabene, libi x i t , Celio Aurelio, lib. 1, Cranio, cap. 4* e Plinio, lib. x i t , cap. 9. Apollonide ( 'AvoXXsw/Aff ) viaggiatore, U quale

Aquila (Giulio) eompose nn v o l a r n e titolato: De scientia Etrusca , o T T e r o De Divinatione. A torto Simler, nel Compen. della Bibliot. Gessneriana, assegna ad Aquila il libro De vitis cultura , il qnale sappiamo da Columella essere stato composto da Giulio Attico. Arato (*Apor0f ) fa medico, grammatico e poeta, Soleose di patria, o ( se giora credere ad altri) Tarsense, comtemporaneo di Teocrito (Vedine l ' idillio t i di costui ), di Tolomeo Filadelfo e di Antigono Dosonte, a* quali tutti fu accettis simo. T utti sanno de* suoi Fenomeni ( poema didascalico sopra i pianeti, tradotto in versi latini da Tullio, da Germanico, da Nasone e da Arreno. La migliore edizione quella di Oxford, per FeU. ann. 1672 in 8. ). Scrisse inoltre lOsteohgia , l'Antropogonia, e il Canone, di cui da rodere Achille Tazio, Fenom. cap. 19. Archelao ('AfglXaor) re di Cappadoda (ne furo no ben tre altri dello stesso nome ) scrisse Delle pietre. Vedi Plutarco ndl*oper. Dei

fium i.
Archelao ( AfXlAcw) di Egitto scrisse l'opera

INDICE DEG AUTORI


che ha per titolo : Epigrammi a Tolomeo so pra varii animali, lodata da Antigono Caridio. Ateneo fa menzione di uo Archelao del Cbertooeso, che essere diverto da queato di Egitto gi chiaro, *e la voce da Ateneo adoperala iodica la provinda di Tracia, e ooo qaalanqoe. Scrisse delle erbe

1776

cit e son proprie di ciascun luogo.


Archemaco (Af^i'(jmxk ) oato oeU'Eabea senese la storia della saa patria. Ateoeo, Dipmos. lib. io, ne loda il terzo libro. Archibio ( AfXt/Utot ) fa medico, di eni Galeno, K ar rsVi, lib. v, cap. 1 libri che Archibio aeriate al re Aoliooo, e forse d ir i aacora, sono affilio sm arriti. Archidemo ( A f X p e r i t o di veterinaria, ne scrisse dei libri. Non ae rimango no che pochi capi, i qaali si trovano nell* opera tito lata : Veterinariae medicae scriptores, stem* pala a Batilea nel 15S7. Archimede ('A f X ^ f t f ) celebratissimo per sden ta matematica e meeaoiea presso gli antichi. Ci eh* egli fece, che invent, che pose io opera per salvare la patria dall* espngnatione d d Romani, noto fino al volgo. Molte delle Mie opere deperirono. Rimane 1 Arenario , riman * gono gli scritti sulla sjera e sul cilindro, sulle figure conoidi, ottuse, sferoidali, sulla misura del circolo, sulla quadratura della

parabola, sulle linee spirali, sul centro di gravit de' fluidi e delle superficie piane, sulP equilibrio de' corpi immersi nei liquidi.
Tulio che si ha di lui i stampato con massima accurateua dal Torelli, Oxtford, ano. 1793, in fogl., e tradotto in francete dal Peyrard, a<m. 1807, io 4* 1808, %voi. in 8; e in tede sco da Strum, auo. 1670. Archita (AfXreK) di Taranto, maestro di scuola Pitagorica, oliavo dopo listitutore, ebbe gran lode e celebrit in fatto di mecauica e mate mtica. Alla sua scuola ebbe Platone, che tolte a Dionisio tiranno di Siracusa. Fu sette volle prefetto della repubblica Tarentina, e pi che una voi la delle truppe de' Greci. Perl di nau fragio, e fu ritrovato tul lido della Paglia (onde l 'Oraziana ode, lib. 1 : Te maris et ter rae, etc.). Fu iuvenlore della colomba volante, e di molle altre cote. Le sue opere son presso che tutte smarrite. Retta il libro degli Universi, che fu stampato dal Camerario a Lipsia, ann. i 564, in 8.; e a Venezia, nn. >571, in 4 grec.-IaL 1frammenti di matematica furono pubblicati da Enrico Stefaoo a Parigi,ann. 1557, in 8. Tomaso Gase ( nell1opusc. mitolog.) ne rapporta alcunifram m enti sulla sapienza, Arislagora ( 'Afivrayifcti ), lodato da S td jo o

Bizantino alla voce T w trftt, eoe^ fa coetaneo di Tolomeo u. Scrisse di cose Egiziane, dove Iralta a lungo delle Piramidi. Aristandro ( *Af/ o~reat(o( ) fovee Ateniese, scrisse di agrioultnra ( Vedi Varrone, CataaaeUa lib. l cap. 1.), e dei prodigii. Aristarco di S idone diede open alla geografia. Forte lo ataeao ehe lo storico di Olimpia, ricordato de Pensante nel lib. v. Aritlea ( A pwna* ) di Proconeso f a coH iaw di di Creso e di Ciro (vale a dire d tU 's a s t 56 al 5a 5 prima di Cristo ). Scritte le Teogeeia , carme didascalico che oeenpava o ltre a sa atgiiaio di versi), e degli Arim aspi ( canoe epico, a quel che pare). Al tempo di Gelfio queste opere doravano n eon. V ediae le Nett Attieh. Kb. sx,oap >4 i So Ha, Erodoto, Uh. *f ; Plinio, lib. vn, cap. o. Aristide (A ftm J tn f ) di Mileto, visse ia tempi assai anteriori a Cristo, de* qaali per neu m ha certosa. Compose le Milesimche, o s>arieH s oscene e latdve, le quali hanno poi dato erigi ne a lauti libri ematorii e a tanti racconti favo losi, o rotato ti, delle et modero*. Meo noti ne sono i libri che trattano di Storia. Siciliana e di Storia Italica , che forse formavano n'o pera sola, non due ( e qoeUi ebe di Storia Persiana, e di Cnidia. Vedi Io Scoliatte di Pindaro, p. ai6, e Plutarco in Crasso. Aristocreone ( 'Aftfroxfim ) geografo poco he seri vette di Geografia, ma non chiaro se ddla terre universa, o solo ddl*A frica. Plinio il cita o d lib. v, cap. 10 ; e nel vi, cap. 35. ArUtocrito ( 'A f im x f m ; ). Lo Scoliaste di Apol lonio, lib. 1, v. >85 loda i sooi Comment. sopra

la citt di Mileto.
Aritlogene ( 'Aficroyinf ) fa di Gnido. detto anche Tesio, perch lo Taso abit quasi lotta la vita. Prima fa servo di Crisippo, poi came riere di Antigono Gonata. Compose xxrv libri li dirilto pubblico, i quali pi non sono. Ad Antigono scritte il libro : De*rimedii matu rali ( che in greco ha per titolo : Xhfi pmrtmm /3w$*/uT>r, f f i i 'A*rJywn*. ). Arittogiione ('Aftvroyitrm ) ricordato del solo Plinio, lib. xxvu, cap. 14, e nell* indice logli autori appartenenti al citato libro. Aristomaco ( 'Afttrro'fuaxos ) Solente, ootisma, a quanto si dice, 58 anni in eduoare e far oetervazioni sulle a p i. La costai immagino sta impressa in una gemma che ai vede nell* le nogr. del Visconti, tom. 1. Vi si vedo Aristomaco tatto inteso a contemplare gli alveari. Scrisse delle api e del fa re il mela ( non ri sa se una, 0 due opere separate), oo q che smi

candir i piai.

777

INDICE DBGLI AOTOM Di peltHoa (libri vm). Di eeocnia ( libri n ). 5 * Di Loica. ( Le categorie, Le analitiche, - Le topiche,' 1 sofismi, Le interpretazioni. ) 6 .' Di COSE SMTTA1 A K U t L t m t l . ITI

778

Aristoraaflo A?i9 TfUtXH) Alniie toriiie, a quel ohe para, alle pialle. Aristofane ( Afteropdbms), nota di ferveste in gegno, e facete- nUe m commedie quanto.in solcate, ha fama ohe non ignorala da chiun que sia per poeo erudito. Fiori avanti Cristo n. 4^4 0 ' qael torno, a coal mise alla sce sa 54 commedie, delle quali noa restano che : ole undici, titolate: Pioto, Lisislrata, le Nu bi, gli Uccelli, le Vespe, le Rane, gli Acarnesi, i Cavalieri, le Concionatriei, le Tesmoforiozuse, laPaoe. Aristo fau ('A fte rodami ) Ai Mileto ( Varrone il dice di fltalloi, forse per errore de* menanti ) scrisse le Georgiche, di cui da vedere lo Sco liaste di Teocrito, idil. 1, . 46' Aristotele ( 'Afi<rrfv4k>H) di Stagira, il sonano da* filosofi greci. Noi a m citeremo qui ohe il - nome delle sue opere, per aulla aggiungere di - ci che tutti sanno interno la vita, i fatti e il merito di cos immenso uomo. Tali opere eo. muaemente si spartiscono in aei ordini :
I * D* STOBIA N aTVBAU.

Di tettorica ( Nbri iu ). Rettoriea ad Alessandro, libro unico, he vuoisi credere supposto. Veggasi Anassim ene. Di poetica libro nniee ( sopposto auch* esso ). Storia delle imprese di Alessandra ( supposto pur esso ). Epistole sei (suppositicie ). Ode sulla virt. Arpalo ("AfwtAo*), di cui Ceosorlno, cap. ia, e Avicno ad Arat. Fen. Fu insigne matematico o astronomo. Corresse Pottaeteride, ehe poi cess per Melone, il quale fu inventore dell* Cnneacedecetcride. Arrunzio (L.) fu un di quelli che Angusto esti mava degni di succedergli nelP impero. Vedi Tacito, Ann. lib. t. Scrsse la Scoria della guerra Cartaginese con istile puro e vera mente Sallustiano. Vedi Seneca, epist. exiv. Artemidoro ('Aprp/^f? ) di Efeto diede opera alla geografa, ano. 100 in cifrca innanzi a Cri sto. Vedine Marciano Eracleense nel Perip. Uu Periplo scrisse anth* egli, ridotto poi iu com pendio. Artemone (*Afrifu n ) medico; Vedi Plinio, lib. xxvm, cip. a, e 1 indice di esso libro * Arunsio. Vedi A rruntio. Asaruba, forse in cambio di Asdroba ( 'A rty ri t t i h ovvero Asdrbale, eoetirteo di Plinio. Vedine il libro xxxvit, cap. a. Asclepiade ( AexXtinrtdJnf ) discepolo d 'Isocrate nacque in Tracia nella citt dtta Tragili. Scrisse i Canti tragici ( grecamente Tftrymefstra ). Vedine Ateneo, lib; x ; Esichio alla voce PifVap^of ; Arpocrate, &v<ra\tif ; Stefano Bizantino, TfytXos ; e lo Scoliaste di Apollo nio, lib. n, v. 3a8. Asclepiade (*Ae*knTtfpi( )> malamente oonfiso eon Asclepiade Mirleo coetaneo di Tolomeo Evergete, fu mdioo de* pi distinti. Nato a Pru sa ia Bilinia, fece opera alta rettoriea: poi per gratitudine a Pompeo e a Tullio venne a Ro ma, dove istitol la sella medica. F n facondo

Storia degli Animali (libri a ) . : DHe parti degli animali ( libri v ). Della generazione degli animali ( libri v). DeHe pianta. - De1colori. nifi* teoe-ftet^m b m /m e /m , natia silloge di cose meravigKose. a. Di PsseoLdoiA 1 Mstafisica. Di Metaflika (fibrf 11?). Della mente umana. Confutazione di Senofane* di Zenone c di Gorgia. 3. Di som ni nuens. Fisica generale. Acoustiehe. Del mende. Del cielo. Delle meteore. De* luoghi a de* venti. Dell* origine e della rovioa. 4* Ds cosa s f itt a s ti a l l 1Etica. Etica a Eudetno. ' Etica a Nicomaco. Etica grande. Delle virt e de* vizii.

1779

INDICE DEGLI AUTORI

7 8 0

aino all m iraviflia. Delle atte doti per anda va troppo toperbo ; onde aa d, baldo del suo ingegno e della saa erudizione os scommettere eh' ei non sarebbe mai per morire di malattia : scommessa stranissima, che noadimeoo riusc a pr, perocch venule assai innanzi negli anni per (li caduta da alto. Chi oe ricevesse il vieto danaro, gli antichi lasciarono di tramandare. 1 suoi scritti noo sono pi. Trattavano d 'id ro pisia, del modo di conservare la sanit, del1 uso del vino, e di precetti medici. Asclepiodoro ( ArxXmr/a ), forse pittore, scrisse di pittura. Probabilmente a costai allu de Plioio, lib. xxxv, dove parla di un Ascle piodoro che serb meglio d ' ogni altro la simelria. Asconio Pediaoo, Tli<hcuo\ , non, come serive Suida, nadttavf. ( Vedi le Iscrix. antich. del G rutero, p. 987.) F a grammatico, amico di Virgilio. Erraoo qaei che il fanno morto 85 aani dopo la nascita di Cristo, e io 5 dopo il trapasso di Virgilio. Scrisse Coroment. sulle oraz. di Tullio, Comment. sa Virgilio, e la Vita di Sallustio. De' Comm. sulle orai. di Tullio noo rimangono che frammenti. Fu detto eziandio eh' egli descrisse l origine dei Roma ni, ma questa asserzione non fonda punto sul sodo. Asinio Pollione. Vedi Pollione. A-slinomo ('A<7T(/'vo(ms) scrisse di geografia, e n 'b a lode da Stefano Bizantino, alla voce Kt/fvof. Ateio Capitone (L.) giureconsulto, emulo di Ali tisi io Labeone e fondatore della setta Sabiniana. Fu devoto ad Augusto e a Tiberio, i quali piaggiava con vilt troppo stemperata. F a an che pronunziato console, ma per sostituto, l ' anno di Cristo 5. Vedine Pompoaio, lib. 1, Digest, lit. 2 dell'orig. del diritto, 24. Mori T anno 22 di Cristo. Le sue opere, che gli reca ro n o ampia lode, come a dire De judiciis pu

attesta Galeno, Xarei Wh, 1, 13. Nelle editioni antiche soo continuo Dominali come due d i verse {tersone, Attalo e Filom etore, ma noi ne abbiamo levato da per tutto P errore, salvo che o d libro xi, dove verisimile che cadesse della penna allo stesso Plinio. Atti de'T rionfi, col qnal nome verisimile che s 'abbia a intendere i Fasti C apitolini, i quali contenevano i nomi d e'trio n fato ri, i decreti del senato o del popolo in favore degl1 imperadori, onde veniva loro oAtrio il trionfo o l ovazione ; le vittorie, le spoglie, le provnce debellate, le citt, le castella, i popoli, i prigioni oondotti a Roma, e le cerimonie. Fece grande errore chi tolse ci latto per appartenente ai Fasti consolari e trionfali, acrilti, come si dice, da Verrio Flacco ( Vedine questo nome ); i coi frammenti si trovano in O nofrio Paovinio. Atti de' tempi di Angusto. Di che trattasse que st opera, se fosse estesa, e quale a o tu re la con poneste, non si sa. Alli <lel popolo Romano. Q uest'opera, ora affatto sconosciuta, citata dal solo P linio, lib. n , cap. 61. vero che Svetonio in Calig. cap. 8, la noma acta publica. Veggano per qae' ebe si occupan di tali cose, o piuttosto ipotesi, se sia veramente uua stessa opera, bench eon due nomi diversi qui indicata. Attico Pomponio, notissimo per piacevolezza di costume, per 1 amicizia e le lettere di Tultio, ' e per la sua vita incolpabile. F u cognominato Attico per l'attica purezza del suo linguaggio. Scrisse A nnali (Vedi Asconio Pediaoo nella diceria;di Tullio contro Pisone ) e R itr a tti di

uomini illustri.
Augusto (C. Giulio Cesare Ottaviano ) priaio imperatore di Rotto al cessare dello alato re* pubblicano. Mor a Nola, l'a n n o di Cristo 14, di et 77. Olire i Comment. della sua vita, che Svetonio avea fra mani nel suo Augaslo, e che mollo citano P lu tarco , in A n to n , e in Cicer.; c Servio, Noi. al lib. 1 Georg-, com pose il Breviario deW impero , e parecchie lettere al figliuolo Caio. Vedi Q uintiliano lib. 1 cap. 6 ; Gellio, lib. 1, cap. 6 ; lib. x t cap. 7 ; e Plinio, lilr. xvm, cap. 38.

blicis, De jurisdictione pontificali. De sa crificiis, ecc. ece. son tolte perite.


Ateio Filologo, grammatico Ateniese, figliuolo d un liberto, fu de' primi amici di Sallustio e di Pollione. Avea somma perizia nella gram matica e nella reltorica. Scrisse due opere, lito late : Glossae e Tabulae. Attalo iu, volgarmente Filometore, (*ArrXo{ 4>Aojurrf ) fu figlinolo di Eumene 11 e di S in tonica. Morto l ' avo Attalo 11, gli successe nel reame, l'anno prima di Cristo i 38. E qoel desso che morendo fece per testamento erede del regno il popolo. Romano. Si conobbe di botanica, e trattava massimamente l ' erbe veleuose. S ' intendeva neon di medicina, orna

Bacchio ( Boxalo; ) Tanagrese, fu medico empi rico della setta Erofilea. Scrisse Comment e Glosse a Ippocrate. Varrone e Columella ac* cornano un certo Bacchio di M ileto, che scrisse di agrieultura.

iy&

INDICE DEGLI AUTORI

i 78a

Basili ( BdrtXie ) di Hileto oompoe 1 Misure deir Etiopia, Cose sulF India, 1 Descrizione dell*Oriente ( se forse queste dae ultime opere 1 non si debbono acoozzare .in una ). Vedine Agatarchide, Del mar Rosso, cap. S i; Plinio, lib. vi, cap. 35 ; Ateneo, lib. x ; Fozio, Bi bliot. Basso (Giulio), medico Romano, cbe scrisse in greco. Di lai fan cenno Dioscoride nella Prefas^S. Epifanio, contro gli Eretic. lib. i, cap. 3; Scribon. Composil. cap. ag. Basso Calpurnio i affililo ignoto. Dal loogo che occupa nella nomenclatura (ind. lib. xvn, xvm, xix, xx, xxi, x x i i , ecc. ) si pu conghietturare che vivesse nel regnare di Caligola, o di Tibe rio spesso nominato nello Iscriz. lai. del Grutero. Beroso ( Btfpatow ) sacerdote di Belo, perito di storia e di astronomia, venne in Grecia e si stanzi in Atene, dove col vaticinare il faturo mont in s gran fama, che fa posta nel Gin nasio la sua statua di rame con la lingua d'oro. Scrisse la Storia Caldaica, dove spiega gli Annali dell' umanit sino dal priocipio del mondo. E il solo scrittore profano che parli del diluvio. La sua opera di gi perduta, quantunque sotto il nome di Beroso vadano cinque libri, che furono di verit oomposti da Annio di Veterbo. Belone ( B a/rw ) fattosi con Alessandro, dava la misura dei viaggi del principe e de' soldati. Furono di sua mano o/ *to Sftoi viis *AX(yd?ou nroftiaf.

Butoride '(Bo0rop/4*f) scrisse delle Piramidi. Non si sa d qual tempo vivesse. Per congetturando di lui dal luogo che tiene fra i vu^etfttioy Qousy si pu ascriverlo al secolo precedente alla venuta di Cristo.

c
Callicrate (KaXXixfar*;) scrisse libri di Geogra fia , non si sa in qual tempo. Callidemo (KaXX/diftof) pare che scrivesse di Geo grafia, ma non noto. Callifane ( KaXkipanf ) scrisse un' opera cbe a . nostra proounzia suona Geografamena. Callimaco ( KaXX/juaxo; ) di Cirene fece opera al la poesia e alla storia mentre regnava Filadelfo. Insegn lettere in Alessandria ed ebbe di scepoli nominali e famosi, e sopra tutti Apol. Ionio di Rodi. Divulg pi di ottanta opere, a testimonio di Suida. E per non trascriverne qui il lessicografo, indicheremo soltanto i libri d 'Inni, d Elegie, di Epigram m i ( de quali rimane tuttavia alcuna cosa, stampata dall' Er nesto ), de' venti, 1 ornitologia, ( ved. Tzez. * in Licofr. e lo Scoliast. di Apoll. Rod. lib. i. v. 40. ) deir.origine delle isole e delle citt, e de' fium i. Quest* ultimo libro parlava de' fiu mi dell' Asia, secondo lo Scoliast. di Apoll. lib. 1, v. n 65. Scrisse ancora delle ghirlande da convito, Callippo ( KoXX/irvo; ), non Calippo, di Cizico. Si conobbe di matematica e d 'astronomia, e nacque 33o anni, o in qnei torno, iuuanzi la ve nula di Cristo. Trov I*Enneacedeceteride, e fece molte osservazioni o di Ellesponto per tinenti ad astronomia. Ved. Gemino, Astron. cap. 5 ; Tolomeo, Appar. ; Petavio, Uranolog. e Montucla, Hist. des mathimatiques. Callistene( KaWicrMtni ) di Olinto ( Elian. Stor. anim. lib. xvi, cap. 3 ) fu discepolo di Aristo tele ( Diog. Laerz. in Teofr. ). noto princi palmente per la sua libert e franchezza, cbe gli fu causa di morte, V an. avanti Cristo 3a8 (Ved.Q. Curz. lib. vm ; Arrian., ecc. ). Scrisse di cose Elleniche lib. x, di Persiane, di M a cedoniche, di Tracie, e M etamorfosi, non che le imprese di Alessandro, e uu libro sul potere delle radici e delle erbe, e un Periplo, di cui lo Scoliast. di Apollonio, lib. 1, v. 1040, cita il secondo libro. Vedi Stobeo, serm. x l v i i i ; Snida ; Plutarco, Parali. ; Stra bone, Geogr. lib. xvu, ed Epifane Contro g li Eretici, lib. 1, cap. 3. Callistrato (KaXX/:7Tfaro* ), di cui non si ba eoa-

Bione (B/y) Solente, fu de* pi celebri nella storia ( Piotare, in Teseo), e scrsse storie di E tiopia {Diogene Laerzio, in Bione filosofo). Bione, diverso dal Solense, scrisse sulla F orza delle erbe ( indio, lib. xxvm ). Bitio, non Bito, come vorrebbe Salmasio, Eserc. Plin. in So/., pag. *< Fu di Durazzo, a quel j. cbe si crede, medico di professione. Bocco ( Cornelio ), fu autore non ignobile, se si d fede a Solino, cap. l, m* ignoto a noi. Boeo (Bofe;), il cui nome fu depravato a gara dai menanti, che il fanno ora Boetus, ora Boe thus, ora Boetius, scrisse I*Ornitogonia, libro molto lodato, ma che non giunse a noi. ( Ale* neo, lib. x ; Anton. Liber. Metam. fav. v. ) Botri ( BrfVf) medico, par che fosse di Atene. Galeno, Flsf / t o t s w * lib. m, cap. i, ne loda gli scritti di medicina. Bruto ( M. Giunio) uccisore di Cesare. Di lui non rimangono che le lettere che si veggono nella parte epistolografica di Cicerone. Vedi Diomed. lib. i; Ovidio, Pont. lib. i, ep. ; Plinio, lib. x fx m } Prisciano, lib, x; Fozi, B ib li o t>58.

ir t 3

IN09CK OBOLI AUYQfct

1764

tekze, ii congettura he seriveaae w p n 1 gemme Calpurnio Bmm. Vedi B atto. Calvino Domizio citalo oelP iadiei del lib. xu Cairo ( C. L i c i n i o ) oratore e poeta, citato, da Carislio, lib. iy pag. i a o ; lib. n, pag. ao3 , fa amico di Catullo, e in fatto di eloquenza oou da meno dello steaao, Cicerone. Vedi Seneca, lib. iti, Contro9. xix. Svetonio, Cetar. cap. 49, r a p p o r t de'versetti di Calvo falli contro di Cesare. Carele ( Xecf*; ) di Melelino aeriate 1 impreso d i Alessandro ( Pio arco in Alesa. ) in libri x, a quanto si dice ( poich Ae<teo, nel xu, ne ri corda il libro x ). Cosini diverso dd Carete di Lampaaco, il quale scrisse di Storia Greca libri xl. che gii perirono. Carato Mititeaeo scrisse nel aecolo 1 dell'era volgare. 1 Cassio Emina. Vedi Em ina. Cu m o Severo, aUraroote Parmense, perch na cque a Parma, uno degli uccisori di Cesane, e ehe a tutti sopravvisse. Sem ai versi on una rapidit indicbile, ma di poeo valore. Tra le sno opere son citale massimamente, la tragedia che ha par titolo T itste, le Epistole, e gli Epi gram m i ( Piteo ne stamp uno sopra Orfeo Parig. 1590, Kb. ir. Poem. ani. )* Cassio Severo Lengulano, oratore di merito(Quinlil. lnstit. orai. Ub. x, cap 1) sotto Tiberio, fa confinato e mor a Sirfioo, isola dell' Arcipela go, non si sa ae di fame o di crepacuore, lan. di Cristo 33. Teone linguaggio acre e veemen te. Cariaio, l<b. 1. cita di Longalaao un libra * a Meoenate: e Diomede, lib. 1, ne cita il Kb. sreondo e Tiberio. lie antiche editiooi dopo Severus hanno virgola, il che ad alenai di sospetto ebe dae e fossero gli autori ; ma in darno. Cassio Severo, precettare di Germauioo. Castore ( Antonio ). Vedi Artieri/o. Gsstfizo, pare che sia il padre di Catinaio il ret tore. Ebbe fama sotto gli Adriani, ed pi di una voli citalo da Gellio. Calone (M. Porcio) Censorioo, o Maggiore, uomo di sommo nome nella storia Romana. Era var asi issi mo oegli affari della repubblica, non rae. no che nelle lettere e ne' maneggi del foro. Serisae molte epistole, t 5o.dicerie, le Origini Jtornane, il libro di Agricoltura in 16 capi, che fu il primo, il qoale uscisse dettomene pcnna in argomento s fatto. Queeto libro, quasi che del tutto scevero da guasto fu atampalo-dal Gesso er a Lipsia nd 1793, e dello. Schneider, pur a Lipsia, nel >794* Vedi Tullio, Sen. e Quest. ; acad., Nipote, Plularro, iu Catone. -Catullo ( Q. Valerio), poeta erotico e, composi

to** di nobilissimi epigea saui, Ai di Verona. Le sue poesie sono aoacntc ristampate, e p a rlo pi eon qaette di TshuUo e di P ro p en io . Mori ia et d 'anni 4<S nel iuoanii la v en ata di Cristo. Cecilio, che da Ateneo, Kb. t, detto KaxX*, noo KatxiXtfy nacque nell* Acaia e a'occup Ai medicina. Plinto lo cita per autore Romane nel lib. xxvm. cesto pecah nato di genitori Romani non ebbe a patria la Grecia ehe per avventura. Ateneo, lib. i,o e ita P opera, do vrei tratta de' Greci, e Plinia, lib. x x n , cap. i Commentami. Cecilio, Calatino, di Sicilia fa reiterino d i bella fama, oontempomneo di Augusto Sarisse due opere, che si fappia, Intitolato De bello serrili, e De historicorum erroribus. Caciaa ( forse Aulo) fu oratore al tempo di Tal* lio, chiaro par la sua eloquenaa. Scrisse dalla Etrusco disciplina ( ved. Seneca, Quest, uat. lib. u, cap. 55) Forse ooatni non diverso da quell* Aalo Cecilia, che tenue eoo Pompeo nel la guerra oivile, e che apprese le rondindie a recar le acritte agli am id. Celio Antipatro. Vedi Antipatro. Cdao (C oraelio), peritisaimo di medicina so prattutto, teppe altres d ogni altra aciaari che s 'insegnasse ai tempi di Augusto e di Ti berio, e scrisse quella squisita sua opera DtUe A rti , dove tratt di filosofia, di retloriea, di tattiea, di agricoltura e di medieina. Del Kb. xx oon rimangono ohe alcuni eapi spettanti la medicina, i quali bastarono per a guada gnargli oon gran fama il uome exi audio di Ippoorate Romano. Censorie leggi, editti de'censori, che Plinio tdvolta cile. Cepione visse solfo Tiberio, e compose un 1 ope ra sui fio ri e sulle ghirlande . Cesare ( C. Giallo ) dittatore, loJato a gran pa role da Pliuio nel lib. vn, ampie di s la Ro mana istoria dall' anno 59 al 44 prima di Cri sto. Scrisse libri t u di Comment. de Bollo Geli. a' quali aggiunte 1 ottavo Irtio Pans. Scris ' se libri iu de Bello civil. e uno do Altxandr. U opera titolata Antieotonet ( oomposta con tro Catone e i libri scritti m Greco lingueg gio, e quello de re attronomica non haooo la stessa lode che i primi. Noudimeuo Plioio (a menxiooe sovente dell' astronomia oesariana. Sembra che Ceaare appreodease quatta densa da Sosigtae. Ceseooio scrisse l ' opera titolata Kmnvftxdf ebe vale cultura de'giardini: d d resto scrit tore ignoto. G dlio, lib. u , cap. 16 ; e lib. ni, cap. ifi, eita un certo Cesellio ; ma da questa

985

UHNC&.IMGM: AUTORI

i 78$

disomi6etta di Mtei naUa n ne pni inferire. Chertta ( Xeufias ) toriaaa otttaaasMUle suU' agrU
coltura ; ( V irr. e Cohun. lib. 1, p . i ). C herislo ( XcUftvroc ), in coi toc* V arrone-cris te fallo Chrestum, conifuic lib ri trattanti di agricoltura ( Var*. eColuaa. lib. 1, cap. 1 ). C hiion* ( Xt'Ar ) iti foto d i Sparla, il quale . eoa V oso di tele magistrato represse la regia podest. Dicesi che moriate affogato dm estre ma allegria, Tanno 197 pmna di Griato, per aver veduto T iratore m figlio ne1 giuochi Olimpici. Del retto, ei va Ir K nomini dotti. Diogene L eardo awrive a cosini aoo v o i e n n ' epist. a Periandr., la qnale per sembra fattizia. Stobeo, aerra, ix n u , ricorda di ChiIone gli Apoffegmi. C h irm a ( X i/fw K nomo edebre nelle favole, an si he nella storia, si dice altore di Etculapio, di Giasone e di Achille, e che trovasse medi cina tra i vegetabili. Cicerone ( K. Tullio) fu cittadino e console e ora tore non si saprebbe dire in che parte pi ri spettabile e grande. Le sne opere, cbe non de gnano qualsiasi loda* ti separano-comunemente in quattro specie. Retoriche, Oratori*, Epi stolari, Filato fiche. Clandio (Tib. Nerone Druso) temo imperadore da Augusto^ celebre specialmente peroji a tutta turpezza si traripava ai libarli e alle mogli, bench al vile e codardo d animo per erudi to e non senza aotlilil. di giudicm. Scrisse libri x u n di Storia Romana (delta morte di Cesare per inaino 4'tuoi tempi)d Epistole, e Commen tarii sopra la tua vita. Ved. Svetonio, Vit. Claud. cap. 4 1* 4a Seneca, Apocolocint. Non vuoiti passare di leggeri la orazione che pro nunzi nella caria api concedere ai Galli la cittadinanza, ritrovata nou ha guari di tempo a Lione iu tavole di rame, con tutta la credibi lit ohe sia proprio di Nerone. Cleemporo (KXff/Jvef*) scritte Della virt me dicinale de' vegetabili. Queat opera a ttri buita falsamente a Pitagora. Cleobolo (KW/frvXof) si occup di geografia. diverse affetto da quel CleoboJo filosofo Lindio, autore dell* oda aopra la Rondino (KsXiovitv). Cleofanto (KXtotovrof) medico uaoquea Pruta di Bitioia al lempo d Mitridate Enpatore. Gale no, Antid. lib. u , cap. 1, tocca dell* antidoto Cleofanlino. Dicesi che usasse dar ai malati ac qui* fredda(onde il suo cognome di e a* febbricosi vino, prima che la febbre avesse I* accesso. C levirato (KXgeor-fcrr^) di Tened fu diligente

osservatore degli astri, e per testimonio del . C to to rie o , fu il prim o cbe dimostrasse alla Grecia i due segni del Zodiaco, P Ariete d a e il Sagittario. Dicesi altres che fosse 1 inven * tore dell1 Ottaeteride. Clitarco (Kku'falx**) compagno di Alessandro nelle sue spedizioni, ne descrisse le imprese in gegnosamente, ma con somma esageraziona e falsit. Ved. Quintil. Kb. x, cap. 1, e Curzio qua e l ; Ateneo, lib. v x it; lo Scoliaste di Apolfoo. lib. in, v. 906 ; Ebano, itmty lib. xvu, cap. a. Columella (L. Giunio Moderato), di Cadioe, scria* se al tempo di Clandio le opere intitolale Contra astrologos et Chald. De lustrationibus et

sacris apud vett. usitati* ad- prospere ex colendas fruges. De arboribus, et agro rum cultura lib. xn, i quali durano tuttavia
intatti. L ultimo di questi libri 4 ritto a modo di- varai. Le altre opera aono smarrite. Commiade {Kofifttfm) scrisse Sulla -conditura de* vini. P ii non se ne aa dire. Corbulone (Domisi) insigne nell' arte militare, al tempo di Claudio e di Nerone debdl Thi* date e port nell'O riente la fama e l'auto rit del nome Romano,a Nerone invidioso e inquieto ddla gran fede cbe aaeano.le truppe a Corbulone, le quali a per lo suo ingegna, per la facondia a per la dolcezza del suo parlare, non che per la bellezza dell* aspetto lo aveano caro oltremodo, mand sicarii che lo finissero. Ma egli per non perir tolto nomi ni comprati e vili si fredd da s atesso a Cen erei castello de' Corintii nell* annodi Cristo 6. Lasci una figlia, Domiti* Longina, che Do mizio. Vespasiano apos a moglie. Corbulone scrisse Commenta delie imprese condotto in

Armenia.
Cordo ( A Cremuzio ) ha gran nome per avere, poich lod Bruto e Cassio uooisori di Cesare, fatta innanzi ad Angusto la sua difesa senza contraddire a s stesso, e uscito di senato la sciatosi finire d 'inedia. I Padri aveen perci decretato che gli edili ardessero i libri.di lu i; ma furono in vene tenuti nascosti. Vedi Seneca, Consol. a Marcia, cap. 6a; Tacito, Auu. lib, v, cap. 34 Svetonio, Augusi. cap. 35. Cornelio Alessandro di MHeto (ved. Snida) da prim a fu servo di Cornelio Lentulo, poi rice vala la libert fu maestro di lettere al soo padroue. Visse d tempo di Siila. Di lai lo Scolia ste di Apoll. v, v. 149 cita il secondo libro ddla Storia di Candia. Plutarco, Parali, ne cita il terzo della Storia <f Italia ; Clemente Alessandrino, Stromat. lib vm, 1 opera inti * tolala Indica ; Valerio Massimo, libro vm, eap.

1787

IHOIGE DEGLI AUTORI stesso argomento. Pinta reo riferisce oh egli scrisse altres sopra la natura. Crisippo ( Xf<wiTT0( ) di Gnido, qwanto alla na scita; Alessandrino, qnanto al domicilio. Fa maestro di pareoehi, fra i quali Erasi strato : medico di Tolome# n ( Filadelfo). Scrisse De' legumi, secondo che il cita lo Scoliaste di Nicandro, Theriae. Lo Scoliaste di Teocrita, Idil. xvi, v. 127, cita aa altro Crisippo, che fa di Rodi. Critodemo ( Kf*ro<N/u* ) dotto in astronomia o astrologia aerisse un* opera ehe in nostra (avella suona Apotelesmatica, la quale secondo il Lambecio si conserva manoscritta sella biblio teca di Vietraa ( Lambeeio, Com m ent. de *gustiss. biblioth. Caesarea, Viodoboo. lib. vn, pag. a84). Cri lo o Critone (K f/'m ) pare ebe ai desse alla studio della medicina. diverso da quello che fa medico di Traiano, il quale scrisse quattro volumi de Cosmeticij, citati da Galeno, IItfi rm r , lib. 1, cap. 3. Non ne restano che fram menti. Clesia ( YLmvtut ) di Gnido diede opera alla medioica e alla storia. Fattosi coi G red aasiliatii di Ciro il minore, fu preso, ma conasciato di alto sapere, addivenne di se rto medie di Artaserse Mnemone. Scrisse libri xxin sopra i Persi, e uno s o p r a gl* Indiani, oltre a molli altri. Ma delle sue scrittore non restaao che frammenti, che conservati d a F o o si ritro vano ancora nel Vesselingi*. Curione ( Q. Scribonio) fu con temporanee di Ce sare, contro il qa*te scrisse le Actiones. Ne fa fede Svetoaio, in Cesare, cap. 49.

8, P opera titolala IUfrioa ; Eusebio, Prep. Evang. libro n , il libro De Judaeis A ssy riis ; lo Scodaste di Nicandro, Tker. n<f/ mxtrmri Fotio, Bibliot. cod. e t t i xvm, il li bro in li loia lo M irabilium rerum collectanea, eoe. ecc. Cornelio Bocco. Vedi Socco. Cornelio Calao. Vedi Celso. Coroelio Nipote. Vedi Nipote. Cornelio Valeriano scriveva, a qael che pare, erao il fine del principato di Tiberio o il prin cipio di quello di Caio. Corvino (Valerio Messala). Vedi Messala. Coruneaaio notissimo, se peraltro non qaello che fu pontefice massimo il primo de* plebei. Quali opere scrvesse non ai sa dire. Colla itfessalino, figlio di Messala Corvino Va* le rio Crasso ( L. Licinio) tio del triumviro fu oratore mollo riputato, e coasole P anno 95 prima di Cristo. Fu ucciso dieci anni dipoi, essendo tor nato Mario a Roma. quello stessoche Tullio mette a ragionameato nel suo Oratore. Crate ( K fdm t ) di Mallo in Sicilia, grammatico, avverso ad Aristarco. Spedile a Roma da Alialo 11 dopo la seconda guerra Cartaginese, inse* gn quivi di grammatica, e pose gran voglia di qnello studio alla gioveotA. Ritornato poi Asia, tenne scuola stmUmente a Pergamo ; il ehe fa vedere con tutta probabilit che il Cra te Pergsnieno non sia ponto diverso da queto. Scrsse libri v DeUa favella Attica, per testimonio di Ateneo, lib. xi ; e nna Storia di tutta la terra, la quale per non certa. Crale Pergameno, cosi nomato dalla patria. Scrit te P arie cose maravigliosa de' popoli (Elia-' no, stor. Animai, xvii, 9 ). Crateva ( Kfarg'vaf) Riiotomo, coetaneo di Pom peo, scrisse Della Rizotom ia, ovvero Dello svellere le radici e d elt uso da fa rn e poi. ( Ved. Epifan. contr. gli E ret. lib. 1, n. 3 ; e lo Scoticate di Nicandro, Theriac. ) Al tempo d Ippocrate ci fu un medico di nome Cra teva. Cremoiio Cordo. Vedi Cordo. Crsermo( Xfvrt(juof) medico, di cnifa mensio ne por Galeno. Da Plutarco, Fium. e da Stobeo, s e r m . c l v u i ricordato on Crisertno, ma di Corinto, ma scrittore di storie. Crisippo ( XfiIw rro i ) Solense o Tarsense diede opera alla filosofia, e, motto Cleante, presedelie alla Stoa. Mor lanno 2 0 7 prima di Cri sto. Scrisse libri 3 11, ovvero, se piaee credere ad alcuni, 7 0 7 . Noo ne resta che alcun fram mento. Tullio nello scrivere il libro De officiis tetter dietro a un libro di Crisippo sopra lo

D
Dalione ( AaX/m ) medico, il qnale passalo in Etiopia oltre a Meroe aerisse di Cose d* Etio pia ( Ved. Plin. lib. vi, oap. 35 ) e Sulle erbe uno o pi volumi. Ne fa fede anche Plinio lib. xx, cap. 73. Damaste ( Aaftam f ) di Sigeo o Capo Gianiixar nella Troade, coetaneo ad Erodoto ridaise in compendio il Periplo di Ecateo, secoado Agatem. lib. i,cap. 1. Ved. Snida, Valerio Mas simo, lib. vm, cap. i3, e Plutarco in CamUL Da inione (Aofu m ) medico, forse non diverso da quello che scrsse Delle cipolle. Daraooe ( Afxvr ) di Cirene fn medioo. Ateneo, lib. 111, ne cita il lib. v dell1opera c h e tratta Delle trib Attiche. Scrisse ancora De' filo sofi per testimonio di Laeraio in l'a let.

789

INDICE DEGLI AUTORI

179

Damottralo ( mftonrf tPt ) V4i Demosirato. Anim . lib. x t , cap. 19), fu celebre nell arte Demetrio ( Anfxtirfiof ), di cui Plinio, lib. x x x i t , oratoria. Vedi Plutarc. in Alcibiad. Demo cap. 1a. Arduino vileoe che Plinio qui parli strato scrisse de* Pesci e dIdrom anzia. Vedi Plinio, lib. xxx, cap. 17, 19 ; Eliano, loo. oit.j di Falereo, il qaale fa ia Alene arconte per Sosipatro a Fozio, Bibliot. cod. cixi. diecianni ( 319.30^ prima di Cristo), dipoi Demotele ( AtfjtoriXnf), un di quelli che scrissero prefetto della biblioteca Alessandrina compo sta di poco da Tolomeo. Fu uomo celebre cos sulle piramidi. Tertulliano, De Spectac. dice che un Demolele scrisse sopra gli Obelischi. per le sae Storie, A ringhe e scritti Rettorie1, i soli che di lui rimangono, stampati gii da Diagora (Atetyfas) nominalo da Dioscoride, lib. i t , scrisse delle erbe. Schneider, ad Alteubargo in Germania, ann. >772; come per 36o statue e per la volontaria Dicearco ( Aixaiafxot ) discepolo di Aristotele fa morte procuratasi con darsi almorso di un aspe, di Messene e diede opera specialmente alla P anno a84 prima di Cristo. Alessandro uella geografia. ( Ved. Io Scoliaste di Aristof. E/frfBibliot. Class, ed. Leraaire, dice per opposto m ). Scrisse sulla m isura de' m onti del P e loponneso, e tre libri sopra ipopoli e le citt che costui o fu Scepsio, o alcun altro di quelli, Greche (Cicer. ad Auic. lib. 11, cap. a ; lib. a cui Laeraio appropria il cognome di Falereo. t i , ep. a ; Aieneo, lib. xm ) : scrisse altres di Demetrio Bizantino, citato d a Plinio, l i b . x x x i t , Geografia ( opera che Labbe, Nuov. Biblioth. cap. 17, scrisse la Storia di Tolomeo e <TAn lib. mss. riferisce che si trovava nella bibliqt. tioco, e la Descrizione della Libia. Ved. Diog. Fuggeriaoa ); discorsi Panatenaici, o sopra Laerz. in Demetr. Faler. le imprese degli Ateniesi ( Ved. lo Scoliast. di Democede ( kMpoxnns ), non Democlide, come Aristof. ). le edizioni prima dell' Arduino. Fu medico Dieucbe {Attx*rj) medico, non si sa di qnal Crotoniate, ebe esercit Parte sua nell'isola tempo, scrisse, secondo la testimonianza di Egina, e risan Policrate ; e chiamato in Persia Ateneo, lib. 1, di Terapeutica^ D el cavolo^ da re Dario, scrisse di medicina. Ved. Suid. Tizetz. chiL in, Stor. xvm, . 544 Dione, Della scelta de' cibi. Con Ateneo testimonia* lib. x x x t u l ; Erodoto, lib. m, cap. 10. no, Galeno, Comm. ad lppocr. sulla natur. Dmod ( Ak/uoxA; ) somministr a Plinio ci d elt uomo ; e Oribasio, lib. v. che nel libr. 11, cap. 93, si legge intorno P e- Diillo {Ai 0A&o;), che talora si scrive Duillio, ma spngnazione di Spilo. Vedi Strabone, lib. 1. per fallo, fu Ateniese e scrisse di Stor. Grech. Dcmocrate (Servilio), grecamente tiftoxfmf, Sicilian. nove libri per lo meno. fu medico, servo di M.ServiKo Gemino, il quale Dinone ( Ai/vor ) padre dello storico Clitarco lo emancip in liberti a esita della figlia da scrisse per to meno cinque libri sopra le cose lui guaritagli. Scrisse di Clinica ( Galen. I ltfi di Persia. Vedi Ateneo, lib. xui, e Laerzio nel ?J r w , lib. x, cap. a ), il F iliatr. (Galen. loc. Proem. cit. lib. tu , cap. 2 e un poema sugli A n ti Dinocare ( Alnox*9*t )> Dinocrate, fu probabil doti ( Galen. Antidot. lib. 1, cap. i 5, segg. ). mente architetto. Democrito ( An(Ji6x^troi ) (u di Abdera, fisico, filo* Diocle ( AiatXHs ) di Cariato membro della setta sofo, discepolo di Leucippo, e trov di molte dommatica fu de1pi celebri in Grecia, fio rendo 3ao anni circa innanzi la T e n u t a di Cri cose sugli atomi. La sua vita d e s c r itta da sto, sotto P impero di Antigono. Lo Scoliaste Laerzio. Circa il costui ingegno da T e d e re di Nicandro, Ther. attesta che Diocle scrisse Bubie, Geschichte der philos. tom. 1. Scrisse sulla natura del mondo, mW ordine del m on delle medicina che si ricavano dalle radici do, (fjityaf Aicauepof ), sulla fsica, s u i con delle piante ; Celio Aurelio, ebe Del modo di tagii', sul cameleone. Scrisse p u r e d i altri sanare le malattie ; Ateneo, lib. in, che D el . argomenti, che inutile ricordare, perocch modo d i guardare la sanit ; Oribasio, lib. n qusti che passiamo in silenzio, n quegli iv, cap. 3, che Della scelta de' cibi ; Ateneo, scritti che abbiamo menzionato, non soa giunti lib. xv, che De*rim edii m ortiferi ; e lib. tu , sino a noi. che De' rim edii salutevoli, ecc. Le sue E p i Demodamaute ( AnjuoJafjas), non Demonax la stole ad Antigono sui pronostici delle m a tin., fu di Mileto, e scrisse sulle imprese di lattie, e de'rim edii estemporanei furono po Alessandro Al. Secondo Ateneo, lib. x t , scris ste in latino da Ant. Mizauld, Par. 1573. Del* se ancora un'opera sopra Alicarnasso, che oggi 1 Archidamo di Diocle cita un celebre fram non si conosce. mento Galeno, Fac. medic. sempL, lib. u, Demostrato ( Anfioerrfarof o doricam. Aafirvpxcap. 5. r of ) senatore Romano ( di cui lian. S/or. Diodoro ( Atodttfof) peritissimo di dialettica

*79

INDICE DttGU AUTORI


Ini

*79*

moti, a quanto si dice, i i rossore ; il che non i m 4 n gfi dire, poich pudore mortuus noo dk erto ad intendere ehe eoffisritae iao a n tr iie per oouorrare il padore : n imporU che avesee cinque figlisele castissime, e di fluit ilo) ingegno nella logice. Diodoro Siculo, nacque a 5. Filippi d* Arg irona, ecoodo l'appellazione moderna, non a Siracum, come vaol Plinio. Viste I tempo di Catare e di Angusto : scrisse 1 Biblioteca storica, cio le storie tett impero i Persia, deir Egitto di Siria, di Media, di Grecia, d i Ro m a, di Cartagine. DI quaranta libri c b e ne scrisse non oe abbiamo che quindici. Diodoro ( tfufof ) cognominato. Periegete, fu di Priene. Scrisse dei monumenti ( Ved. Pi* tare. Temht.y Terrone, Columella , lib. i , cap. i). Diodoto Petronio (Vhrfstof Atoonf) autore ignoto, ae ne Ieri le opere intitolate 'Ar-toXoycfttfat e 'Efrrtt^tna. E sioeome ion due le opere, Dioscoride e s. Epifanio segnarono che 1 due fotoero i Petronii. Ma Plinio ne d a cono' steere f opposto nel lib. xx, eap. 3a e nel xxxv, cap. #4* Wopneto ( ) coaapagoo di Belone nel misurare Je rie alle troppe e ai riaggi di Alesuiudro. Vedi Betone. Dfone ( Ai wr ) di Colofone scrisse <fi agricoltura. T ei. Varrooe, Cotunietta, lib. i, eap. i. Dionisio ( A n t e m I oegnomtnato Periegele fu ' d Caracia nella Susiana, fta quale sul golfo Ambracio tra i fiumi Coleo e Tigri ; onde da taluni detto anche Ceracano. Scriaee il poema eroico, lodalo diigrande eleganza che porla per titolo Ptrregesi, ovvero descrizione del mondo, secondo che era noto al soo tempo. Questo poema dura tuttavia. Dionisio risse al* l ' et d* Augusto. Dionisio l Atovfotif) Alessandrino fu un de'cornpagni di Alessandro. Scrisse di Geografia, se non Torse di statistica. Dionisio ( K w o m ) Ctsiio, detto tJbiCense dalla patria, interpret, al dire di Colu mella, Magone Crtagiuese, epper noverato * tra gli Scrittori di agricultura. Dionisio ( rio( ) acrisae delie P iram idi di ' Egitto. Dionisio ( btortrtrios ) cognominato Au tropo grafo perch non dipinse mai altro che uomiui. Dionisio (Aienfovw medico, di Milete, soriese so pra gli Argonauti. Dionisio Sallustio medico. Dionisodoro [btorvffJthffof) Fu nomiuato in fatto di musica. Vedi lib. xxx vi, cap. 3. Dionisodoro, Melico, dotto in geometria. Nel oo-

feretro fa ritrovata la m Bpist oim agli dei ( K a . lib. u, eap. i ia ). Diofaoe ( di Nicea ( Ved. V airone, Coloaaella, lib. i, eap. s ) ooaapendi Magona gi tradotto in latino da Diosino Utieenae, e 4edio qnesto eoo compendio ia ei libri al re Deio taro. PoHioae per ( Ved. Snida, toc. Pol lio ) com pens lo stesso Dtofaae, e ridnsae a quattro libri ei cbe fuegli area comprato in aei. Diofaae oltre le Georgiche ( forse iovece di questo argomento tratt dello svellere le radici delle piante per farne medicina l, aeriate altres d i veterinaria. Pii, iodio, lib. m Dtotimo (Airr<|UOf) Tebano (forte colai die da Teofrasto detto G h o aste) aer iate de* foderi. V Arduino a tarlo il creda non diverso dal1 autore rarrafari* d N ^ r e r/u ira r, o n r n * Deile scritture variam i, dalla qoale opera Stefano Bizantino ita il lib. u t . Domizio (Gn.) Calvino. Vedi Caloino. B oniiio Corbulo no. Ved. C a rta i* le. Domizio Mano. Vedi M orsa, Domizio Nerone. Vedi Nerone. Doroteo medico scriaaa eoo gran lede opere che oggi noo tono pi. Di qeal popolo e di qnal tempo fosse noo ti aa. N anche si pu difinire te sia diverto dallo storico cbe scrisse le imprese d i Alessandro^ la sto rta Siciliana e d* Italia. Dosiade (Aartins) di Creta, perento, ai dira di Laerzio, di Epiawolde. Scrisse di Creta. Ved. Ateneo, lib. v, fr, Diod. Sicul.; Satin.; Euseb. Prep. Evang.lib. rv; Plln. Kb. v, cap. io. Doskeo (W lW f) nato a Colono ti diede tatto all* astronomia. A lai alcuni assegnano I*in venzione dell'ottacteride. Noo ei vuol confon dere con Dositeo istorino. Dosseno (Fabio), o Dorsenno Mndo, poeta co mico, ohe gerisse le Atellane. Ved. Oraz. Kb. il, cap. i, v. 198 ; Senee. ep. lxxxix. Dori (Aadfi;) di Samo, distinto poligrafo, ma che fece opera specialmente alla storia, fiori sotto Tolomeo 11, e si vantava nato di Alcibia de. Le soe opere sono : Imprese d i Agatocle (Ateneo, lib. xn, ne cita il lib. x). Cose tti fienti alla Macedonia, in lib. xv (Scoliast. di Aristof. NifxXa;, e Apoll. Rod. lib. iv, v. a6{). Cose attinnti alla Libia libri 1 per lo meno 1 (Suida). D i Sofocle e E uripide (Ateneo, Kb. ir). De' confini d i Samo (Ateneo, lib. xv). Delia T ragedia, dello P ittu ra ( Diogea. Laerz. in Talet.), della T orreutiea (Plio* lib. xxxvi, cap. 17 ; indie, Kb. xxxn).

INDICE DEGLI ASTORI

*70'l

Ecateo {'Exaratos) Ji Milelo, Tirer 1 anno pri * ma di Cristo 555. Fu it primo che criresse una Storia io prosa (Ji essa mollo si valse Erodoto). Scrisse altres una Tavola genealo gicade* popoli illu stri: nifiti-yn^nr (Ved. Euseb. Prep. Evang. Kb. x ; Ateneo , Dipnos. lib. i i , i o ; Avien. Descr. lid. del mare, v. 4 2 ; Suida, t o c . E xaraTof ; Esichio, in TeiaXef). Ecateo di Abdera, compagno di Alessandro nelle sue spedizioni raililari, scrsse DegV Iperborei della Giudea (quest'opera forse spuria). Ved. Euseb. Prep. Evang. lib. ix ; Filone, e Giu seppe. Eculeone ( Decio ) . Invece di Eculeo , colpa de' librai, si legge talvolta Deculo. Arduiuo sospica che aia da leggero D. (cio Decimo) Aculeo ; ma essendo D. prenome, e Acuito ne cognome, ci mancherebbe il nome, di' ei pensa che fosse Furio. Secondo lui perlaoto sarebbe da leggere D. Furius Aculeo. Comun que sia, costui ignoto. Scrisse i fatti di Tibe rio, e un libro di P ittura. Fresia ( 'Hynv/af ) nato a Maronea scrisse, non enza lode, di agricultura ( Varr. Columella, lib. i, cap. ). Forae scrisse anche De' luoghi;

Delle acque.
Egesidemo (Hynoitifiof) Citnio citalo da So-, lino, cap. i. Elefante oElefantidefEXtyarrtf) poetessa infame, ' i cui carmi furono insortiti nella biblioteca Ce sarea per opera di Tiberio, quando gi si rom peva iu Capti ad ogni lussuria. Ved. Svetonio Tib. cap. 43 ; Marziale, Epigr. xcm , Galeno, Ile fi r^TWT) ne cita il libro sopra i donzelli

che abbigliano i loro padroni o le padrone.


Eliodoro (HXtJufos)'Ateniese, dello IJefttrynrftf, risse in tempi a noi ignoti. Scrisse Deir A cro p oli di Atene lib. xv (Ateneo, lib. t i , x ; Arpocrate, in Tlfonrt/Xtoif), e Degli spettac. in lta l. (Slobeo, serro. ccxLn.) Ellenico ('HXXok/xoj), se non di Me tei ino, certo fu li Lesbo. benemerito della storia, alla cui scrittura si diede ia anni prima di Erodo to (Gellio, lib. xv, cap. a3 ; Pausania, lib. 11, cap. 3 ; Cicerone, Orat. lib. 11, cap. 53 ). Mor anni 4 >i prima di Cristo. Lasci scritti sopra T roia : una Storia dell' E gitto (Gellio, lib. 1, cap. a ; Ateneo, lib. xv): un*opera sopra le origini delle citt (Tzetz. a Licofr. ; Scoliast. di Apollonio, lib. 1, v. 916; Ateneo, lib. > ): De' nom i de'popoli (Aieneo, lib. 1; Scoliast. di Apollonio, lib. v, v. 3a2).

Emina (Cassio), il qual si dice che T i v e s s e l ' an no 143 prima di Cristo, aerisse quattro libri d i A nnali, di cui Solin. cap. a ; Censoriu. eap. 17; Non. a, e nella toc. litterosus; Ma* crob. Saturn. lib. 1, cap. 16 ; Gellio, lib. x tii, cap. 17. Empedocle ( ) di Agrigento fu di scepolo di Pitagora. Diede opera alla storia, alla filosofia, alla fisica ; ma per troppo amore a queste scienze, mentre volea entrare nel cra tere dell' Etna a studiarne la uatura fu arso dalle fiamme di esso. E pura favola messa fuori dagli emoli suoi, eh* egli si precipitasse nell incendio di quel moule al fioe che il popolo lo credesse asceso invisibilmente al cielo, e lo adorasse siccome dio. Scrisse di Fisica in versi eroici ; un carme sugli A n im a li; quattro li bri sopra la Persia , eco. L ' opera intitolata Xfuo- che va ool nome di Pitagora, e ebe tutti sauuo non essere di lui, fu scritta, a pa rere di alcuni, dallo stesso Empedocle. Labbe ( Bibl. nuov. mss. p. 107 ) dice che nella biblio teca Strozziana ci ha un* opera di Empedocle sulle Sfere e sugli A stri ; ma non pu essere che un' opera spuria. Ci tutto che rimane di Empedocle fu stampato a Lipsia nel 1806, in 8. ed. F. G. Slurz. Endintione ( "Ev&ufxiw ) noto solamente nelle faTole. Noi non lo a T r e m m o nappur citato, s e non foste un dovere del proposito nostro di nulla ommellere c h e fu citalo d a Plinio anche una volta. Ennio ( Q. ) poeta latino nato a Ruia 1 anno a 3< * > prima di Cristo mor a Roma 1 anno <69. Fu * amico di Q. Fulvio Nobiliore, di Catone Ceti* sorino, di Scipione Africano e di Lelio. Scrisse di A nnali lib. xvm in verso eroico. 1 poema, 1 epico della guerra Cartaginese , varie Com medie e Satire resUno tuttavia a frammenti, ebe il Maitlaire stamp nel corp.poet. Amster dam, iu 4-

Enopide ( Oivovi&ni ) di Chio, astronomo, fu uno di quelli che si dice aver trovato I' obbliquil della linea eclittica. Stabil 1 **uno grande di ciuquaolatiove anui. Vedine OioJ.lib. 1; Liiau. Stor. F ar. lib. x, cap. 7 ; Plutarc. Placit.ftlos. lib. 11.
Epicartno( E vixatffios ) aa lo a Coo fu condotto in Sicilia di tre mesi, e quivi men L vita. L u ciano riferisce eh egli pass i ceutoquiudici auui dell' et. luventore della commedia, si oc cup ttltres della filosofia, e appartenne alla sella pitagorica. Delle favole 4 *i che scrisse non restano che frammenti; ma perirouo ia lutto isuoi scritti di medicina, di veterinaria e di guomonologia. Plinio attribuisce ad Ept-

1795

INDICE DEGLI AUTORI

170S

carmo an libro sopra * cavoli, cbe gli erodili non gli consentono ponto. Si crede cbe fosse fratello del commediante Demologo. Epidio (C.) rettore, di cui Svetonio, nell' oper. Uh et. vit. cap. 4* Fa precettore di Antonio e di Augusto. Epigene ('Ejrtyivitt ) Rodiotto si conobbe di astronomia e d 'agricoltura ( Varr. Colora, lib. i, cap. i), e apprese dell'altre scienze dai Cal dei. Soprattutto si distiose nell'arte di fare gli orinoli a sole. Ved. Senec. Quest, natur. lib. t u , c*p. 3 ; Censorin. cap. 17 ; Plioio, lib. t i i , cap. 57, e indie, lib. 11. Eraclide ( ) nato in Eraclea d'Asia presso Lfeso fu celebre medico che teone scuo la sotto Crisermo e fo della sella Erofilea. Visse attempo di Slrabone ( Ved. Strab. lib. x i t . ). Scrisse Comment. alle opere d'Ippocrate ( Galeno, Comm. adEpid. ). Eraclide Pontico, n a t o in Odesso T ic in o al Ponto ann. 335 innanzi Cristo, fu discepolo di Ari stotele e di Speusippo. Vedine la V ita in Laerzio, lib. t . Eraclide Pontico fa il primo che insegn come la terra si moo?e intorno al sao asse. Scrisse molto sopra la filosofia, le scieoze, le lettere, la mosica. Clemente Ales sandrino, Protrept. ne cita 1 Origine delle citt ; Galeno, P ari. ajf. ne cita il libro d'urta fem m ina che non respirava, ecc. ecc. Di tatto ci non restano che frammenti. N. B. Apol lonio, Comm. Stor. cap. 19, nomina cerio Apollonio Candiolto, il quale scrisse sulle cit t di Candia ; ma qaesto libro appartiene all ' opera dell' origine dell'9 citt, citato gi da Clemente Alessandrino. Eraclide Tarentino, empirico (Celso lib. 1, proem.) scrisse on libro de' Rim edii interni ( Celio Aurelio, Cronic. lib. 1, cap. 4) '.Dellefiere (Ga leri. A ntidot. lib. 1 1, cap. 14) : Della medicin. sempl. ( Ivi, lib. 1) : Della preparai, e modo d i comprovare i rimedii (Galen. Medie, tem pi. lib. ti ). Erasistrato ( Epew/yrpaT* ) nativo di Coo ebbe avo Aristotele e maestro Teofrasto. Fu dei fiochi che nell'antichit si distinsero nella me dicina. Foegli che,ammalando Antioco Sotero figlio di Demetrio Nicanore, iutese il suo ma lore derivar dall'affello che portava alla suo cera, e che non sapeva manifestare. Da lui ebbe nome la setta Erasistrea, contro la quale assai scrisse Galeno. Celio Aurelio attesta che Erasistrato scrisse dell11dropisia e della Po dagra. Dioscoride, lib. v, cap. 18, gli attri buisce on' opera sopra i Rim edii e sopra i Veleni. Eralostene ( Efaro?Mwnf ) di Cirene, prefetto

della biblioteca Alessandrina dopo Demetrio Falereo T isse a' lempi di Tolomeo m (Everge-t e ). Si diede alle sciente tutte cbe allora erano in corso, e fu il primo a dimostrare la mison del meridiano, la obbliquit della eclittica, e il modo di raddoppiare il cubo e di trovare 2 numero primario. Delle sue opere, che furono molle, nomineremo la Geografia^ il cui libro ui nominalo dallo Scoliaste di Apollonio, lib. v, t . a56; Mirpor rw yi xipipfSiaj, che dura tuttavolt*, e pei* coi il Censorino appell Eralostene misuratore della terra ; la Crooo grafia ( Dionis. Alicam, lib. 1 ; Arpocrat. toc, Ewwkoj ); de venti, i cui libri son ricordati da Ach. Tazio oe' Fenom. ; i KarrawrJf/T/wx', . cbe durano tuttala, Erinna poetessa, di cui si conosce noa bella ode a misura saffica: Xa/pl' /uo/, 'Pwjua, Joymrtf Apiwf XftfTtofttrfOf tee. eoo. Ermippo ("Ef/urnrof ) dscepolo di Cai liate nacque a Smirne. Fu scrittore di rara diligen za. Compose la Storia de' M agi ( Diogen. Laerz. ) ; V ite cT illu stri u o m in i (Sapico L), H Pitagora, ecc. Ermodoro ( 'Hp/zocfopo; ) fu di Efeso, e post in linguaggio greco la legge decemviraleErmolimo ('Hp/uor/^twj ) Clazomenio fa maestro di Anassagora. Si dice di esso che soleva patire tali alienazioni della mente che ne stara per morto. I fanatici attribuivano ci a prodigio. Un giorno, essendosi prolungala di troppo la sua estasi fu posto nel rogo come pastaio di vita, e in quello che la mente ritornava a farsi sentire ritrov il corpo gi estinto. Alenai d i attribuirono al magnetismo o al soonambolismo : altri a frode, oppure ad un'allegoria, eoa cui t ' indica ehe Ermolimo fu il primo a met tere distinzione fra il corpo e 1 anima. * Erodoto ( ' H p a ) istorico, assai volte ristatopalo, e noto lippis et tonsoribus. Dell opera intitolata G u trrt mediche, la migliore edi zione quella di Parigi 1816 per Schweighaenser. Il dottissimo Courrier fu il solo cbe con istile di sapore veramente antico sapesse vol gere nel suo linguaggio le ioniche eleganze di tanto scrittore. Erodoto scrisse altre la Sto ria degli A rabi, la quale and perduta. Si di ceva ancora che scrivesse la vita d i Omero, ma supposizioue. Erofilo ( 'HpoptXof ) di Calcedonia, espertissimo di storia e d i anatomia T is s e per l o pi i a Si cilia, e v i guar Falaride; il quale per rimeri tare nn tao lo medico gli diede licenza di spa rar t v i condannati a morte per farvi qoello studio che credesse (Celso, lib. 1, proem. ; Terlullian. A nim . cap. 10). F a i l p r i m o che io*

1797

INDICE DEGLI AUTORI

i 798

segn essere sensitivi i nervi. Da lai ebbe nome la setta Erofilea. C. Aurei, lib. 11, ne cita la Terapeutica. fatta menzione altres dei

Comment. ai Pronost. di Jppocr.


Esiodo ('H vio&ot) poeta didattico a tutti noto nacque a C una nell Eolia ; ma vsse in Ascra nella Beozia, l ' ottavo secolo prima di Cristo. Di lai restano tuttavia tre opere in verso : le Opere e i Giorn. (carm. didatt.), la Teogonia e io Scudo < Ercole. La migliore edizione T quella di Lipsia, 1778 per Laesner. Euclide ( Ei7 xXe/<frr$ ) Alessandrino insegn mate matica, ed ebbe fra i suoi discepoli Tolomeo Sotero. I suoi Elem enti di geometria , oltre che da molti altri, furono stampati dal Burmann a Lipsia, 1769. Scrisse altresi de" Feno meni, e cose molle pertinenti a musica e mate matica. Eadico ( Eftxos ) fa istorico (Plin. lib. xxxi, cap. 9 ). E udoro ( Etfcfwfof) fa pittore. (Plin. lib. x x x t , cap. 4 > ) < Eadosso ( Efo^o( ) di Gnido fa amico di Plato ne. Si ba pel primo che misur l anno con di ligenza, volendolo diviso in giorni 365 e un quarto : miglior l ottaeteride, dispose le sfere concave in modo ehe le une ti comprendessero nelle altre, riputando che cos i anoi discepoli apprendessero meglio i moti delle stelle, e in vent il gnomone, che per la moltitudine delle, linee fa detto ragna. Di geometria, di medicina e di legge non fa manco perito. Scrisse i Feno meni* il Periplo* o giro della terra, lo Spec chio^ i Comment. ad A rato , eoe. ecc. che pe riro n o affitto, salvo alcuni frammenti. Eadoaao ( Ev<fo$of ) di Gnido fa celebre viaggia to re , il qaale alcuni vogliono che navigasse le coste dell Africa ; ma a torto. Fu al tempo di E vergete 1, ovvero Tolomeo m. Eufonio ( E(/4>V/o( ) Aleniese scrisse di agricul tu ra . V e d i Varr. Columella, lib. 1, cap. 1. E u fran io ( pfcanoi ) medico scrisse Comment. E I d ire di Ateneo, Dipnosof. lib. xi. E n fran o re ( Evpfvof ) artefice di Corinto si diatnse nella pittura, nella scultura e nella sta tu a ria, T ann. prima di Cristo 374 in circa. Due o p ere gli si attribuiscono : De' colori, e Della sim m etria del corpo umano. Plin. lib. xxxiv,

ignora. Si crede che scrivesse altres opere in prosa, tra le quali la celebratissima DegV in crementi del Nilo.Ved. lo Scoliaste di Apollon. lib. v, v. 369 ; Plin. lib. xxxvn, 11. E va ce capitano Arabo scrisse, a quanto si pare da codici manoscritti, Dell' effetto de* medicam, sem plici ; opera dedicata a Nerone. E vagone (Evym) di Taso scrisse di agricultura. citato da Varron. e da Coltimeli, lib. 1, cap. 1. Evaote (E6v$ns) di Mileto, di cui Diog. Laerz. in Talet. Scrisse di Mitologia in versi eroici ( Ved. lo Scoliaste di Apoll. Rod. lib. 1, v. io 65 ; Plinio, lib. vm, 34 ), e altro. Evenore (EowVwf) medico (Aten. lib. 11) scrisse cinque o pi libri D ell arte di sanare ( Cel. Aurei. Cron. lib. iu, cap. 8). Evenore padre di Parrasio il pittore, fu pitto re anch egli, ed ebbe fra i suoi discepoli il figliuolo. Evemero (Et/V/ugfoj) nato a Messina o neg che ci fosse Dio, o asser che gli dei comuni furono uomini inseriti dagli altri uomini nel numero degli dei. F a tradotto ia latino da Ennio, ma non per intero. Alcuni frammenti che ne resta no furono stampati dal Colonna nella Colles. Alcune cose di Evemero trovatisi altres conser vate dai SS. Padri e da Diodoro Siculo. Dicesi che fsse amico di Cassandro.

F
Fabiano Papirio. Vedi Papirio. Fabiano Sabino. Vedi Sabino. Fabio Dosseno. Vedi Dosseno. Fabio Pittore, il pi antico storico fra i Romani, il quale per altro scrisse in greco linguaggio. Di che ved. Dionisio Alicarn. Antich. lib. 1. Fu parente di Q. Fabio Massimo e coetaneo dell Africano. Scrisse la Stor. Rom. e del D i ritto pontif. libri xvi o pi (Ved. Nonio cap.i 5), cose naturali ( lo stess. ix, x i i , xm , voc. P i cumnus ). Ci che Annio di Viterbo divulg otto nome di Fabio Pittore, cosa supposta. Fabio Vestale citato da Plinio, lib. vm. Di co stui nulla si sa. Fania ( Cariai ) Eresio, epper di Lesbo, ebbe a maestro Aristippo (Plutarco iu Solon.; Ateneo, lib. n ; Laerzio io A ristip .) Ateueo, Dipnos. lib. ni, cita di Fania il libro v dell* opera Ttfi purvv. Se ne citano altres gli scritti Contro i sofisti, e Sopra i tiranni di Sicilia. Favonio in alcuni codici per corruzione scam biato con Fabiano. Feciale. Vedi Annio.

cap. 19 *IIIT ) 4*
Enm aco < Ef&xo( ) nato a Napoli compose la D escrizione del mondo intero , secondo Flegone, Cose mirah ., cap. 18. Scrisse altres la S to ria d i Annibaie ( Aten. lib. vn). E u rip id e ( E ftrt&tn) di Salamina, nato Tan no 480 prima di Cristo dicesi che morisse P a n n o 4 7* Scrisse tragedie come veruno

7!

INDICE DFGLI AUTORI

1800

Femonoe [Qhoph) pronunziava in Ddfo gli / oracoli, dice 1 prima cbe pronunziasse quel celebre apoftegma Tviti afat/rov, che fu poi attribuito a Talele. I costei Oracoli esiste vano I tempo d Plinio scritti in greco in versi eroici. Labbe, Nuov. Bibliot. lib. mss. pag. 1?a asserisce che ci ha in Napoli un libro di Orneosoja (ovvero degli uccelli, dove ei ba molto di simile al fare di Plinio). Ma ae anche esistesse codesto libro, dovrebbesi riputare spurio. Fenestella (L.) fece opera sollo il regn o Hi Tiberio alla storia e alla poesia. Mor anni 20 prima li Cristo. A lui comunemente ti ascrive I opera

De' magistrati Romani.


Ferecide (QHftxftn) dell isola Sciro fa discepolo di Talete. Si vuole, ma a torlo, che ci fossero due Ferecidi, l uno di Sciro, l altro di Efeso. Fcrecide scrisse un* Epistola a Talete (fittizia al parere de dolli), che Laerzio inser,nella saa Vita di Talete, uon che un libro Degli

dei e della natura.


Figulo Nigidio. Vedi Nigidio. Filarco (Qt!\a?xof) nato in Alene o a Naucrate, fiori al tempo di Evergete il pi vecchio. Le opere sue sono, libri xxxv, per lo meno, di Storie : l \ Storia di Antigono e di Eumede : un Compendio di Mitologia ; e un libro Dei

ritrovati.
Filemone (4>/Xw/w) poeta comico scrisse al tem po della commedia di mezzo. Fu con tempora neo di Alessandro, mollo stimato a suoi tempi, e molto pi nei dappoi. Bench Solense (Strabon. lib. xiv ) aperse scuola a Siracusa, e pare che in Atene nou facesse mai vita. Di novanta commedie da lui scritte non restano che fram menti. Ebbe a imitatore Plauto nelle commedie sue. Scrisse altres, a detto di Ateneo, Dipnos. lib. v, Degli oracoli d* ogni specie, forse per mettere in riso e vitupero le male arti'e impo sture che negli oracoli si nascondevano. Filino (QiXtvos) di Coo fu istitutore della setta empirica. Scrisse Della compositione medica a testimonio di Galeno, ITffi1to/r< lib. vm, e uv Kerrci y{vvt,l\b, 111, cap. i 3. Ateneo, lib. xv, cita di Filino nn libro Sulle piante e ifiori. Filippo (4A/t<r) astronomo greco antichissi mo, dal quale dice Vitruvio, lib. x, cap. 7, che furono scrilti i Perapegmi astronomici. Oi esso vedi Gemino, cap. 6. Elementi d astro nomia ; Tolomeo, Delle apparenze ; Ipparco, Fenomeni, lib. 1. Filisco (<frAirxtf) di Taso, cognominalo A perch educ le api ia luoghi deserti e solitarii. Scrisse un volume Delle api, che da Plinio citato nel lib. xi, cap. 9. Filiico o Filisto (<t>A./<rxo; 0 4>/X/*ro{) di Siracusa,

nobile di stirpe, aiut Dionisio soo parente a occupare il dominio di quella citt. Scrisse Isto rie con istile che stole di quel di T u d d id e , ma meno conciso e ineoo oseuro. Al tem po d i Aagusto era meno stimato che dappoi. V ed. Cieer. in Brut, e Quintiliano, lib. x, eap. 1. Filistide di Mallo non si sa d ii . Filistione (<fr/X/Wr) di Sicilia visae io Locri d ' Italia ed ebbe tra i discepoli io mediana Eodosso di Gnido. Il libro Della dieta ehe volgarm. si ascrive ad Ippocrate, k proprio di Filistione. Un fralellodi Filisiiooe compete un opera Dei Rimedii, di coi Celio Aordiaoo, Cronic. lib. v, cap. 1, cita il lib x x u . Filometore (Attalo 111). Vedi A ttalo . Filnnide (<t>Aw/chj). T re sono gli scrittori Greci di queslo nome : i. Un medico di Durazzo (Stefan. Biaot. in Duraz.), il quale compose a n opera Di tre dicina in lib. x m v ; a Un di Catania, citato da Gaieoo e da Ateneo nell* opera : Tltft' fiqav xai o-ripn*. 3. Un poeta ddla com m edia salica, eoo* temporaneo di Cratino, 1 cui fram m enti (poich de suoi drammi non restano che piccoli tratti) furono raccolti e pubblicati dall E rtd. Pare che Plinio, sia detto con paee deff Ar duino, citi solamente il prim o, o certo non pi che il secondo. Filopatore ( <t>/XTrarwf ) stoico e medico. Ved. Gaten. Cogniz. e cura de' m orbi deir animo. cap. 7. Forse in cambio di Philopator da leggersi Palaephatus ( Veil.Arduin.S/7A. aut. e Plinio, indic, lib. xxix). C erto coti recano i codd. dell Arduino e i regii r e a Colb. 1. Filoslefano ( <bt\o3*rtQ!rro( ) eoa temporaneo di Callimaco Cireneo fu anche suo coo cittadino. Scrisse Delle isole; Delle citt deir Asia',

Di Cllene ; De* ritrovati.


Filosseno (4 Ao'girof) di Citer fu poeta ditiram bico, risse in Sicilia appo Dionisio il minore io qualit di cortigiano, ma troppo pi libero ad suo parlare che non si conveniva a quel grado. A lui si riferisce q u d celebre detto : a Reducas ad latomias. Aieneo, Dipnos. lih. ir, i a di Filosseno I 'opere intitolata A t tw r t. Firmo, di cui non si a la patria a il tempo, scrisse sopra la coltivazione de' giardini (grecam. Kinroufix). Ved. Pliaio, indie, tib. xu. Flavio Alfio. Vedi Alfio. Flavio (Co.) edile curule, l a noo prim a di Cristo So5, fu di stirpe libertina. Ed essendo qoesta la causa, per cui gli ambiziosi padri g li mosser* ostacolo perch non ottenesse U dignit patri zia, d per tram a vendetta di essi e mostrare inveee riconoscenza Ila plebe compose il Jus

8oi

INDICE DEGLI AUTORI

iBua

arcanum, che poi con altro titolo fu detto Jus Flavianum ; ed era una raccolta di (alle le forinole, mancando-le qnali, non bene osservandosi, era illegittimo it giudicio : for inole che i grandi tenevano con gran gelosia occulte alla plebe.

G
Galba (Serg. o Serv. Sulpicio) probabilmente non diverso dal celebre oratore di questa nome, e perci non da qusllo che te per frode ucci dere ventidue mila Lusitani, 1 anno prima di ' Cristo i5i. Gallo (Sulpicio). Vedi Sulpicio, Galliano si occup di storia. Di lui Plinio, lib 11, c a p . 18. Gellio (Gn.) fu scrittore di A nrtali s o tto Angusto. Macrobio, lib. 1, cap. 16, ne cita il lib. xv. Giuba 1 ( Mfias) re di MuuriUuia e figlio di 1 Giuba 1, dopo la rotta rilavata dal padre a Tapso fu tratto, Panno 46 prima di Cristo, dietro il carro da Cesare trionfante. Dipoi fu rimesso da Aoguslo nel regno avito il gioru* stesso che spos a moglie la figliuola di Anto nio e li CUnpatra. Fu uomo dottissimo e di affabilit senza pari, Unta che i suoi dopo la morte gli erestero are. Di molte opere ehe acrisie le pi celebri sono ; la Storia Romana, la Storia A ssira, la Spedizione dei Romani contro gli A ra b ici Storia teat. (Ateneo lib.iv; . Fdz. Bibl. cod. c l x i ). Scrisse altres Della piitura, De" pittori, ecc. Giulio Aquila. Vedi Aquila, Giulio Attico. Vedi Attico, Giulio Basso. Vedi Basso, Giulio (C.) Cesare. Vedi Cesare. Giulio Grecino. Vedi Grecino. Giunio Graccano. Vedi Graccano. Glaucia (TXaoxtai) medico empirico (di lui Celso, lib. 1, proem.; Esichio in Sam ithe). Sotto di lui studi Eradide di Taranto. Scrisse Com ment. a Ippocr, Ttff iir tnfttxiv (Ved. Galen. Comment. Epid. dello stesso, lib. vi, cap. 1 ). Scrisse un libro ancora sui cardi. Forse oon altro nome si appellava Glaucone. Glaucone (rXadx*>r) citato da Pliuio, lib. xxu, cap. 35. Graccano Giunio, che da Varrone, De ling, lat. nominato in fallo, come si dice, Giuuio Gracco, ottenne il nome da Caio Gracco tribuno della plebe. Ved. Plin. lib. x x x i i , cap. 9. Di lui c i t a i Comment, di stor, Macrobio, Sa tur n. lib. 1, cap. 13 ; il lib. vu de' M agistrati Ulpiano, Quest, lib. 1; Offic. lib. 1.

Gracile (Dee. Turranio), che prima dell' Arduino si scriveva Graccula, fu Sp.gnuol>> di altissima dottrina ( Ved. Cicer. ad Attic. Kb. i, epist. 6), e si rese celebre co la scrittura li tragedie (Ovid. Pont. lib. v, eleg. iG, t. 29 ). Cranio, medico, sembra essere quello stesso Gimnio Fiacco che il Censorino, cap. 3, attenta avere dedicalo a Cesare P opera intitolata: Indigitamenla. I
la c c o

(Fescennio) di stirpe Grcca, non Romana, *1axXof) inscen grammatica nella G.illin Cisal pina. Ne fa fede Svetonio, V it. illustr.gram m ., cap. 3. lceso ('IxjfViof) medico della setta Erasislrnlira, scrisse Della materia delle medicine, de' veleni. del fa r e il vino, degli unguenti. Icelid<t {'Ixsrtias) fu medico. Ved. Pliuio, libro x x v i i , cnp. 23. Igino (C. Giulio) di Alessandria, o Spagnuolo, non si sa, primameute fu servidore nella casa di Augusta, poi la lui manomesso fu fatto pre fetto Iella biblioteca Palatina. Occupassi di grammatica e di mitologia. Rimane tuttavia P Astronomico poetico. che va a suo nome, ma per errore, e le Favole. Ci che scrisse Degli alveari, Degli uomini illustri, Delle citt d 'Italia, De',Romani derivati da san gue Troiano, non esiste pi. Perirono altres i snoi Comment, a Virgilio. L Astronom. e le Tavol. furono stampale in Amsterdam, ann. 1681 in 2 volami in 8* per Munker. 11 (*TXec() scrisse Sopra g li augurii, a detta d Plinio, lib. x, cap. 18. Imilcone ('Ipi\xttv) Cartaginese fu comandalo da' suoi cittadini di riconoscere le eoste oecidentali dell'Europa, la gran Brettagna, e (se vuoisi credere al Maltebrun) la penisola che oggi si appella Jutland, ovvero l ' antica Tuie. Ne scrisse il suo Periplo in cartaginese, ehe poscia fu volto in greco da Festo Avieno, De scriptio orae, v. 4 >2. loia (*IoX{ o 'loXaoi ) medico della Bitinia, che a torto il Salmasio, Escr, Plin. in Solin. p. 9^5, non fa diverso da Claudiano Giulio Romano (Ved. Stefan. Biian1 scrisse Delle virt del*), ? erbe, secondo che attesta Galeno , A ntid. lib. 1. j Ippocrate ( 'IvTMtfnr; ) di Coo, fu medico che non ebbe eguale tra gii antichi. Nessuno fu pi assiduo di lui nell* osservazione della uatara : nessuno diede pi nel vero. Nacque ann. 460, o io quel torno, prima di Cristo, e ue mor 3Gi.

INDICE DEGLI AUTORI Dell* molle opere di lui le pi celebri sono gli A forism i, i Pronastici, ci che scrisse sull ' Epidemia, alla Dieta, sagli Umori. Irxio (Q.) autore ignoto. Isidoro (l<r/Tpof) Caraceno, nato 3oo anni circa prima di Cristo fece una Descrizione della Partia stampata gi da David Hoesche!. Scrisse parecchie altre opere spettanti a storia. Islgono (1 eiyw oi) di Nicea compose ona'rac colta di F a tti incredibili, e scrisse altres sulle acque (si dice che ne duri tuttayolta uo codice mss. nella libreria di Fireuie). Ismenia (1 (inviat) di Taranto (oon si sa se quello che Eliano, Stor. Far. lib. i, cap. 11, nomina ambasciatore Tebano), scrisse probabilmente Delle Pietre. litio, o Iccio |C.) affatto ignoto. Potrebbe essere che per negligenza de' librai la parola Ictus acritta per abbreviatura in cambio di juriscon sultus, diventasse Ictus ; ma una supposi tione da risico. Quel Ciecio o Cincio che si trova in alcuni codici, ancora peggio : un guaslo d' una guastata. Del resto, non da paisare ohe fu certo Icco ricordato da Platone nel soo Protagora : ma con tutto questo nes sun certo penser che I' Iccio, l 'litio , o 1 /rio, ' che qui tenuto per un guasto (bench ritiene taluno, dietro antichi esemplari e monete della genie Ilia, ehe Itio qui pure si debba scrivere) che sia quell' esso, di cui Orazio, Od. lib. i, 29: Icci, bea tii nane Arabam ia vides G azis.................................n padrone e scrisse di medicina. Il cbe fino allora era stala assai rara cosa ia Roma (Ved. Sveton. V ii. degli illustri gramm, lib. xv). Licea ( Auxietf ) di Naucrato scrisse di cose Egi ziane da libri xxxv, onde Plioio oe tolse h Descrizione del Labirinto. Scrisse altres libri di carmi. Liciuio Calvo. Vedi Calvo. Licinio Macro. Vedi Macro. Licinio Muciano. Vedi M udano. Lieo ( Atof) di Reggio, che adott il poeta Licofrone, scrisse qaattro o pi libri della Sto ria di Libia e d i Sicilia ( Ved. Porfirio, Vii. Pitag.). Scrisse altres sopra Alessandro, so pra i Fium i e i Fonti. Lieo Napoletano, citato Rovente da Oribasia, diverso affatto da quel Lieo di Macedonia, che fu empirico e scrisse Comment. sopra Ippo crate. Lisimaco ( Aocrifjutxfii ) scrisse di Agricultura ( Varr. Coloro, lib. 1, cap. 1 ), e di Storia Tu bano. Vedi lo Scoliast. di Apoll. Rod. lib. m, v. 1177. Livio (T.) Vedi Tito L id o . Lucilio (C.) fa il primo che trov la satin fra i Romaoi, e, per usare an sale Pliniano, *asum stili. Nato a Suessa Pomesia di fsmiglta equestre Tanno 148 prima di Cristo, ne non l'anno io3. Scrisse libri xxx d i Satire, die il tempo ha lasciato perire, salvo alcani fram menti che 1 Havercamp nel 1765 stamp a ' Leyden. Lucrezio (T.) Caro, poeta, Epicoreo, ateo, aia di altissimo iogegoo, visse prima di Cristo dall' anno 98 al 54> Scrisse D ella Natura sd libri io verso eroico, die tradotti egaalmente in versi da molli, furono tradotti ia prosa fran cese dal Lagrange. M Macro ( Emilio ) poeta erotico, contemporaneo di Ovidio, fu di Verona. Qai non citiamo di lai che la sola $vi$oye*tca. Macro ( C. Licinio ) accusato di estorsione fa di feso da Tullio, e scrisse, non senza merito, Storie ed A nnali, se si crede a Dionigi d'Ali* carnasso, lib. 1 Magone ( Meyw ) Cartaginese scrisse di agricol tura libri xxvm, che per ordine del senato fu rono recati dalla lingua cartaginese ndla greca. Vedi sopra Dionisio di Utica. Manilio Sura scrisse di agricultura alcuni libri. ( Varr. Colameli, lib 1, cap. 1 ). Mamilio ( T. 0 M. ) senatore, storico, oratore, fio-

L
Labeone (C. Antistio). Vedi Antistio, Laberio (Dee.) celebre mimo e mimografo, e con ta ttoci cavaliere Romaoo, il quale per coman do di Cesare figaro di persona in sulla sceaa l ' anno 44 circa inaanzi di Cristo. De' saoi crini non restano che frammenti, e quel pro logo, io coi deplora la sorte sua che lo dann dopo una vita decorosa a montar sulla scena (oegli Antich. poet. lai. Lione, i6o3). Laide meretrice nata in Iccara, bellissima e a tatti nota, ebbe ana fi^a che mont in fama anch' essa per arti e gua^ gai meretricii. Intor no a cosici corre quel motto di Demostene : a io non compro s caro una cosa da dovermene poi pentire. D'una di costoro, o forse d'altra di simil nome, ci ha un libro DelV aborto (o delle malattie muliebri). Leneo (Pompeo) Anmtos, Uberto di Pompeo ten ne scuola di grammatica dopo la morte del

i8o5

INDICE DEGLI AUTORI

1806

reconsulto. A sno nome ?a nn libro di Astro nomia, il quale per altro d a divedere di non essere scritlo a1 (empi di Angusto, anzi, secon do lo Scaligero, vuoisi riferire al secolo v dell'e r a volgare. Marcione (M ofx/r) di Smirne compose un libro

Sulla virt de' rimedii semplici.


Marsia ( Mafo-Jaf ) di Pella fa fratello di Antigo no, e dopo Alessandro signoreggi quasi tutta l'Asia (dall Ellesponto alla Persia ), e fu vinto e morto vicino ad Ipso. Scrisse libri x i i di Storia degli Attici , e libri x di Storia dei Macedoni. Vedi Arpocrate, A^upiVoX.; Suida; Plutarco in Demost. Marso Domizio, poeta erotico, contemporaneo di Virgilio, scrisse elegie con eleganza mirabile, e

Melisso ( C. Leneo ) Mecenate, amico di Mecenate, fu grammatico, prefetto della biblioteca che era nel portico di Ottavia. Svelouio Vit. illustr. gramm. ne cita le Facezie. Menandro ( MgVar^fo;) comico, discepolo di Teofraslo fu il padre della commedia nuova ( Ved. Diogene Laerzio in Teofrast. Ateneo, e Plu tarco ). Scrisse molte commedie, le qnali peri rono tutte, salvo que' loro frammenti che fu rono stampati da Leclerq. a Parigi 1709. Menandro ( MsvarJ'fof ) poco noto. Scrisse I' opera intitolala Bt%fttrra, cio Collezione di

cose utili.
Menandro (Mtvavffof) di Priene, scrisse sulla coltivazione delle compagne. Vad. Varr. Co rnell. lib. 1, cap. 1. Menandro ( Mhavfyoi ) di Eraclea scrisse di agricultura ( V arr.). Menecrate ( MevtxfArni ) poeta di Efeso, il quale scrisse anche di agricultura (Varr. De re rust, lib. 1. cap. 1). Menecrate Siracusano fu medico (Aten. lib. v i i ) . Scrisse nna Raccolta di rimed. Ved. Galen. Tbfl t -, lib. v, eap. 9. vuv Messala ( Valerio) Corvino oratore chiarissimo al tempo di Augusto perdette la memoria dne anni prima di morire. Messala Rufo, cilato da Plinio, lib. vi, cap. 53, e nell indice del libro stesso. Messala, augure e censore, scrisse De gentibus Romanis. Messalino Cotta. Vedi Cotta. Jttetello (Q . Cecilio) Pio Scipione, suocero di Pompeo, fu console l ' anno 5a prima di Cristo, poi proconsolo nella Siria, e capo delle genti Pompeiane. Dopo la battaglia di Farsalo e la rotta di Pompeo fu violo da Cesare a Tapso,e si fin lasciandosi cadere sopra la spada, l'an no 46. Ved. Cesare, De bello civil.; Irxio Pansa, Bell. Ajric.; e tutti gli altri che scrissero le storie di que tempi. Metone (MiVwv ) astronomo Ateniese, che trov l ' enneacedeceteride i anno prima di Cristo 432. Gli Ateniesi aveangli ordinato ebe si re casse in Sicilia con Alcibiade, ma e? per non irvi si finse dementato. Metrodoro ( MirfoVwfof ) Scepsio visse intorno 1 anno 110 prima di Cristo. 1Romani lo cogno ' minarono Mtvoqtiftat r, perch portava som mo odio ai Romani. La sua opera Del modo di ungere gli atleti citata da Ateneo, lib. xu. Se ne cita altres la Periegesi. Metrodoro ( Merfdufof ) architetto. Metrodoro di Chio ebbe a discepolo Ippocrate, e fu chiaro per gran conoscenza in fatto di me dicina. Plinio lo cita nel lib. xix, cap. 81. dove

il combattimento di Ercole con le Amazoni


(V ed. Marx. ep. xxix, lib. ir ) , e nove o pi libri di Favole, secondo il Carisio, lib. 1. Massimo Valerio. Vedi Valerio. Masurio Sabino ( Mavodfios ) cavaliere Romano, giurisprndente. A lui spesso accennano gli scrittori. Scrisse l'opera intitolata Jus civile, citata da Gellio, lib. v, cap. 1; undici o pi libri di cose memorabili ( Gellio, lib. v, cap. 6 ) e i Trionfi dei Romani ( Plin. lib. xiv, cap. 38 ). Mecenate ( C. Ciluio ) cavaliere Romano nacque dei re d' E tru ria , se si vuol credere ' suoi amici. F a amante delle lettere, favorilorc di Virgilio e d* Orazio, a caro ad Augusto. Famoso per mollezza e lascivia di vita non meno che per P amore che gli aveva la moglie, e per le risse tra di loro. Scrsse una Storia degli ani m ali: nn Diario di Augusto; nn libro sopra le gemme, due tragedie, il Prometeo t X'Ottavia%e altri versi, i cui frammenti si trovano nel Maittaire, Corp. poet. Medio (Mrifttos) medico. Ved. Galeno, Comm. 11

al libr. degli umor, natur.


Megastene ( Meya<r3 vn{ ) si occup di storia al tempo di 'Tolomeo n. Scrisse tre libri sopra cose dell'india ( Clem. Alessand. Strom . lib. 1). Quanto alle Storie di Megastene, ne fa cenno Strabone, lib. 11, il qoale per le dice poco ve ritiere. Mege detto l ottimo de'chirurgi da Celso, lib. v i, cap . a8, e lib. v ii, Proem. Mela (Pom ponio) Spagnuoto parente di Lucano e di Seneca. Scrisse libri 1 1 di geografia sopra 1 il sito della terra ( la migliore ediz. del Tzschucke, Lipsia, 1807.) ragguardevole per eleganza e brevit ; ma dell opera sua smarrito di molto. Melantio (MeXco^/oj) di Sicione studi di pittura sotto Panfilo, di cui fu imitatore. Meliore (Umbricio). Vedi Vmbricio.

INDICE DEGLI AUTORI parla della medicina che si ricava dalle piante, e Tullio, Acad. lib. v, ne cita la Na tura. Milito ( Ml'Xwrof ) mtatti noto. Peraltro potrebbe essere Melilo (MiXtrof ), che fu ua poeta tra fico al tempo di Socrale. Ved. Elian. Stor. div. lib. x, cap. 3, e Io Scoliast. di Aristofane, BaT

i8oft

Minilo di Lesbo. Ved. Clemente Aless. Protrept. Di lui si citavano Storie delT isola di Lesbo ; Paradossi storici, ecc. Mitridate vii, che volgarmente detto Magno o Eupatore, fu re lei Ponto e della Bilioia, fa migerato per le guerre che ebbe contro i Ro mani. Nacque l'anno f33 prima di Cristo, e mor Tauno 64. Sapeva veulidue linguaggi: trov un antidoto che lai suo nome fu detto Mitridatico. Scrisse D i medicina e delle erbe ( forse degli antidoti vegetanti). I suoi scritti ritrovati in un castello del Ponto furono per ordine di Pompeo tradotti in lingua latina dal sao liberto Leneo. Milione (M /xrr) medico tratt della medicina che si trae dalle piante^m* di quella che ulile a sanare dai morsi delle serpi. Dicesi che com ponesse altres mlxxi capo sopra i M enstrui, i quali Labbe, Ifuov. Bibliot. lib. mss. pag. 178, assevera che sono oella biblioteca Fioreotiua. da nolani che invece di Micton si trova scritto talvolta Miction, Micon. Forse il Marciuue di sopra questo stesso Milione. Mnasea ( Mva*4as ) di Patara ( terra delta Licia) scrisse libri di varie cose. 11 sao Periplo cita to da Ateneo, Dipnos^ Kb. vm ; e il volume D i agricultura da Varr. e Columella, lib. 1, cap. 1, EfttTTiaxcL Mneside ( MvKTt'Jng ) medico, non citato che da Prisciauo, lib. vi. Mnesigilone (Mfnaiyt/retr) non si conosce punto. Mnesiteo (Mvnrt^tos) Ateniese. Vedi Plutarc. Quest, natur. ; Ateneo, lib. m, xi ; Gellio, lib. xm. Scrisse degli alimenti, delle ghirlan de, del edonism o, libri che oggi uon si cono scono pi. Moschione ( Mot*/*' ). Pare ehe questo no me sia proprio di pi scrittori, v a quanti e chi sieno non si sa. Di Moschione si citauo gli scritti sul ravano; sui m ali delle donne; sul la nave di Gerone da Siracusa. Muciano ( M. Licinio Crasso) amico di Vespasiauo fu famoso per triste e per liete avventure. Buone e male arti mesceva di continuo, ed avea u l potere che sapeva dare altrui T impero, bench uon sapesse possederlo per s. Fu couuie g>i aulii 5u, 70, ^4' Vedi Tacito, Stor. 1, 10, ecc. Scrisse Comment. sopra la sua vita.

Mondo Dosseno. Vedi Dosseno. Museo ( Mooa-afo; ) di Eleui fu discepolo d i O r feo. Della costui vii travisata da molta favola non si sa nulla di vero. Sotto il nome d i Mu s c o correvano le opere titolate : P r e c e tti al figliuolo Eumolpo, Inni, Oracoli, T eo g on ia , Titanomachia, le quali oggi sou tutte sm ar rite, bench, a della di molti, non avessero molla importanza.

IV
Nearco (NYaf^oj) prefetto della flotta di Ales sandro, per cui comandamento navig il fiu me Indo per iusino alla foce, e quinci per ra sino all' Eufrate lungo la spiaggia dd mare Eritreo e del Persiano. Superstite ad Ales sandro opin che la somma delle eose si do vesse accollare ad Ercole figliuolo del defunto re e di Barsine. Fu sepolto in Palai*, isola formata dalle foci ilell" Indo l dove e* i di parta e forma il D<lla. H suo Periplo vuoisi leggere appo Arriano, o nel lb. vu Espediz. Aless. Nechepso ( N*4 * ) re di'Egiito della vi esimi > stirpe. Peritissimo della scienza d e'c ieli,* diede pi all* astrulogia che alt* astronomia, errore che fu proprio oon di lui solo, ma di lotta Tanlichit. 1 suoi libri correvano al tem po degl'imperatori Romani ; roa pare che non fossero altro che libri spurii. Galeu. Sempl. lib. x, cita di lui il volume xiv. Neotioletoo ( N&ttoX/uo; ) poeta, scrisse la Donisiade ( poema sopra Bacco, secondo che pa re ), Epigram m i, e U M eliturgia ( cio del modo di fare e conservare il mele : opera fan in verso), e tre libri di Glosse, de' quali ved. Ateneo, lib. 111, x, xi ; Plinto, indie, lib. x. Nepote ( Cornelio ) nato in Ostiglia, amicissime di Attico e di Cicerone. Scrisse ona Cronaca ovvero Annali in tre libri ( nei qaali si conte nevano le storie di tatti i popoli, scrille som mariamente, e levile de'comandanti, de re, e degli scrittori pi celebri ), non che la Fila di Cicerone, e molte E pistole allo stesso. Tutto ci perito, salvo nna piccolissima parie dei detti Annali, cio le F ile degli illustri ca pitani Greci, le quali al tempo di Teodosio quel plagiario di Emilio Probo pubblic a suo nome, rubandone per allora la fama a Nepote. 1 posteri per hanno fatta giustizia, e rido nata T opera al proprio autore. L' argomento cbe pi convince non essere lavor di Probo quella pura eleganza e quel nativo lep o re che nou si pu appropriare seuta sospetto se noa

INDICE DEGLI AUTORI

all* eli di Tallio. La migliore edizione quei* la del Tzschifcke, Lipsia, 1804. Nicandro ( N/xorcffo; ) Colofooio (da alcani ere* doto Clario) visse '(empi di re Attalo 111, e scrisse quella famosa opera in versi che dura pur tuttavia, intitolata Teriaca, sopra la qoa le ci ha un commento scrtto pure in greco. Dura altres l'opera degli A lessifar machia o rimedii eontra i veleni. Ambedue queste opere furono stampate a Parigi, 155?, e a Firenze, 1764. Ved. altres il Corpo de' poeti Greci, Geuov. 1606, 1614, a volum. in fog. Altre sue opere sono le Georgiche ( delle quali ved. . Suida; Ateneo, lib. 1 ; Cicerone, Orator.); la 1 M eiturgia ( Ateneo, lib. 11); le cose allinenti all'Etolia, alla Beozia, a Colofone ; e le Me tamorfosi in quattro libri almeuo (Ved. lo. Scoliast. di Apollon. Rod. lib. 1, v. ia35 ; Ate neo, lib. ut e vn ) ; il Giacinto, e l Europa (Scoliast. di Apollon. Rod. lib. v, y. 53), la quale estrema opera conteneva almeno doe libri. Nicerato (N/x/fetref) fu medico al tempo di Au gusto, e scrisse sopra le Erbe, la Catalepsi, le Composizioni medicinali. Ved. Galen. totvy , lib. ut, cap. 1 ; lib. vu, cap. 5. Nicia ( N/xi'a; ) di Mallo scrisse delle pietre, o piuttosto delle gemme. Arduino fece errore confondendolo con quel Micia Solente che fu medico di Pirro. Nicobolo (Nixo'/SwXof ), uno de' dotti che Ales sandro men seco in Asia, sia con Onesicrito e Nearco, ia con Diognete e Belone geometri. Nigidio Figulo, senatore e astrologo, il pi dot to de* Romani dopo Varrone. La sua Storia degli A nim ali citata da Macrobio, Saturn. lib. 11, cap. aa ; da Gellio, lib. v i i , cap. 9. Lopera De ('ufo, e Paltra De extis son citale d a Gellio, lib. 11, cap. ia ; lib. s v i , cap. 6 ; e laltra opera De sphaera barbara et graecanica citata da Servio, Comm. alla Georgi ca. La Storia degli Anim ali abbracciava quattro libri per lo meno, e quella De ventis due. Sopra Nigidio ved. S. Agostin. de Civit. Dei, lib. v, c a p . 3 ; Dione, lib. x l t ; Lucano, Fars. lib. 1, veri. 63p. Migro Trebio. Vedi Plinio, lib. x, cap. 48; e quivi le noie di Arduino. Ninfodoro ( ) di Siracusa, citato da Ateneo, lib. vn, ir A<r/; nrtfivXa, e lib. tiii, ir <rtf/'rXojfe sicch pare che non dell Asia ola, ma di tutta la terra abbia descritto il periplo. Scrisse altres l opera intitolala NoDi Ninfodoro citato da Eliano il libro delle maraviglie della Sicilia e della Sardegna ( ved. la Storia degli anim.

lib. xi, cap. ao ; lib. xvi, cap. 34 ), ma non si sa certo se sia di Ninfodoro.

o
Ofelio ( OoaX/w ) medico a noi ignoto. Del nome non si ha notizia certa n pei codici manoscrit ti (poich da parecchi dell Arduino detto ora Opinion ora Ophion )>n dalle congettu re degl'interpreti. Ateneo, lib. 11, e Suida fan no menzione di un comico che aveva nome O^X/w. Olimpia ( OXvfxirif) donna Tebana pare che scrivesse Epistole Costei spesso citata da Giulio Polluce, Onomast. lib. x, cap. .1, da Plinio, da Valeriano, Rei med. lib. iv, cap. 5 ; da Plinio nell Elenoo. Olimpico ( '0 \v(Jtrrtxi; ma forse da scrivere OXopvtaxf, e latinaro. Olympiacus) fu me dico, precettore di Ciro Apollonio. Fu della sella Melodica. Di lui fa menzione Galen. ln trod. tom. 11, cap. 4* Olinopiodoro ( 'OXu/Anriofvfos ) si congettura che seguitasse Alessandro, quando dom lAsia, insieme con Nearco e Onesicrito. Scrisse la vita di questo principe e le felici di lui imprese. Onesicrito ( ) nato iu Astipalea o in. Egina fu discepolo di Diogene. Fu posto da Alessandro a presedere alla sua flotta, e coman dato di navigare con Nearco per 1 Eritreo lungo i lidi delle province Persiane. Scrisse non senza pregio la Alessandropedia o edu cazione d A lessandro, la quale, come la TLvfvtraiiiia di Seoofonle, si crede che fosse piuttosto an ammasso di favole che una vera storia, un adulazione piuttosto che una verit. Opilio ( Aurelio ), il quale da Macrobio, Saturn. lib. 11, cap. 14, detto a torto Oppius, scrisse De silvestris arboribus, a detta di Festo nel la voce Fomites. Gellio, lib. 1, cap. a5, e Svetonio, F it. illusi, g r a m m cap. 6, fanno pa rola di un altro Opilio, il quale compose uno pera intitolata Musarum. Oppio (forse C.) legato di Cesare in Africa scrisse la V ita di Mario (Plin. lib. xi, cap. 45l; la V ita di Pompeo ( ma troppo favoritore di esso); la V ita di Cassio, la V ita di Scipione Africano. Acostui alcuni attribuiscono i Com ment. de bello civili, il libro de bello A lexan drino e P altro de bello Africano, che comu nemente si attribuiscono a Cesare o ad lrzio.. Ved. Svetooio, in Giulio, cap. 5a. Orfeo ( 'Oflitus ) nolo nelle favole. A nome di lui si spacciavano dagli antichi parecchie opere

INDICE DEGLI AUTORI


lutto per parie. Oggi ue durano gli Argo nauti, g'Inni, il libro Delle sciente , ma colo iu frammenti, che furono molle folle ristam pali , ma non mai meglio che a Lipsia nel dalla magna Grecia, si slaoti a Roma e vi ot tenne la cittadinanza. Scrsse dnque libri di Cose mirabili ( ttoparittr, cio delle nobili opere di tutlo il mondo ). Nou vuoisi confon dere con quell'artefice di aimil nome, che visse al tempo di Fidia. Patroclo ( nrfoxX9{ ) prefetto delle flotte di Tolomeo Solero, e poi di Seleuco Ricaoore, dal quale fu comandato di navigare lungo le coste dell' India. Strabone ne dice ogoi mag gior lode, e dice ottimo il libro, cbe descrve la via da costai percorsa. Paolino ( C. Svetonio ). Vedi Svetonio. Paolo Sergio, di cui Plinio, indie, lib. 11 e x t u l Pediano ( Asconio ). Vedi Asconio. Pelope ( n*X*|> ) medico coetaneo di Plinio fa peritissimo di aualomia, e si crede aver in dotto Ippocrate dal dialetto ionico nella lin gua latiua. Ebbe a discepolo Galeuo allora ia et assai fresca. Vedi Galeu. De'decret. tTlppocr. e di Platon . lib. vi. Periaudro ( [I if iW f o ; ) tiranno di Corinto dopo il {dre Cipselo fu uno de' sapienti della Gre cia. Mor l ' auno 585 avanti Cristo. Gli antichi ne cilavauo le Epistole e gli ApofUgmime trici ; ma probabilmente erano ingannali dalle false rapsodie. Plutarco fa qualche cernia b uu altro Periaudro, poeta assai ridiculo, che visse al tempo di Archidamo figliuolo diAgesilao. Pclosiri (liroa-tftf) Egiziano fu coetaneo di Necepso e a lui uou interiore uella scienia ma tematica. Labbe, nella Bibliot. nuov. libr.mss. p. a i 3, segg. dice cbe di Pelosiri ci ba nella bibliot. di Vieuua un'opera cbe ha per titolo: Organo astrologico , e secondo Larnbee. vb, pag. 118, ivi pure ci hanno le sue EpistoL astrolog. a Necepso. Se ci e vero, queste opere uon liauuo ce riamente per autore * Pc 1 losiri Egiziano, che fu matematico. P eliico (riiT f/^oj) medico scrisse delle serpi. Il libro suo iuUtoIato 'Ofuaxot. Petronio ( Diodoto). Vedi Diodoto. Pisoue L. Calpuiuio ) Frugi, consolo I' auno di Roma Gai, e pruua di Cristo iS 3, //redici anni dappoi ceusore con Q. CeciUo Metello Balearico. Di lui si citavano gli A nnali. Ved. Prsciaii. lib. x ; Gellio, lib. vi, cap. 9 , ecc. Pitagora ( Hu$eryfas) di Santo, grande filoso fo, il quale mostrandosi sfavorevole al lirau* uo Pisistrato, fu da costui spedilo iu Egitto ad Amasi, che contemporaneamente avea rice vuto dall' amico tirauuo crudeli avviai rap porto a Pitagora. Egli perci iuleruossi nell'o riente, vide Babilouia, la Media, la Persia foisc auche l ' ludi*, ed ebbe ragionauieuti, se

. 764.
Otlane ('O ttoti*) nome comune a due o pi archimagi, l'uno de'quali accompagn Serse 10 Europa, l'altro viste al tempo li Alessandro. Ovidio ( P .) Kasoue poeta ingegnosissimo, no minalo del pari pei suoi amori, pur la sa* ele ganza e pel luo esilio. Vedine la ila di lai scritta da Villeoave che ne tradusse le Meta morfosi , non che quella che si trova nella Biogra. univers. Ne rimangono tuttavia pa recchie opere, ci sono Delle Metamorfosi lib. xv ; degli A m o ri lib. 111 ; dell 'A rte ama toria lib. 111; De' Rimedii d'amore un libro ; delle E roidi lib. 11 ; Dei F asti lib. vi ( que st'opera conteneva doilici libri) ; Delle queri monie lib. v ; Delle Epist. dal Ponto lib. 111. N per affatto la bellissima tragedia intitolata Medea. A suo nome vauno altres alcuni fram menti e piccoli carmi, ma souo supposti.

P
Panezio (netra/rtof) di Rodi naio I'auuo 138 prima di Cristo fu amico di Lelio e del secoudo Africauo. Insegn a Roma filosofia stoica. Scrisse un libro degli UJJicii, cui Cicerone, componendone uno consimile, aveva sempre Ira mani e lodava largamente. Noi non lo ab biamo pi. Le altre sue opere trattavano di

Socrate ; delle Sette filosofiche ; della Re pubblica ; della Tranquillit delC animo ; del soffrire il dolore. Diccsi che il costui pa
dre fu uomo di profondo sapere e che ancb' egli, come poi il figliuolo, scrisse un libro de

gli Vfficii.
Pspirio Fabiauo fu oratore e scrisse con graude eloqueuza sopra la natura. Da Auueo (epist. c.) messo a p-raggio cou Tullio c Pollione. Ab biamo perduto di lui, oltre ai detti scritti, la sua Storia degli animali e il libro intitolato

De causis naturalium rerum.


Parmeuisco (Ya^u^vfTKos) grammatico scrisse uo Commentario sopra A rato ( Ved. Eralosleue, Comm. sopra il medesimo), e una Sto ria mitologica delle stelle, di cui ved. Igino, lib. 11. Parrasiu ( Ua^aciof), pittore famosissimo, sopra 1 quale scrisse a luugo il nostro autore nel 1 lib. xxxv, cap. 36. Pesitele ( n<x<7<T'Xx{ ) statuario , provegneute

8i 3

INDICE DEGLI AUTORI

,8.

si vuol credere a taluni, con Zoroastre i Bracioani. T o r n a t o inocchiente, pass in Ita lia; e a Crotona, Panno prima di Cristo 552, istitu la saa scuola, della perci Italica. Di lui dicevano gli storici cose maravigliose. Ved. Laerzio, Luciano e altri Presso gli antichi pas savano per di Pitagora i libri non suoi, Dei

bulbi e della scilla ; D ii cavolo ; Delle erbe magiche ; Del mare E ritreo , ecc. L1 opera
intitolata X f uria inr*i, che si stampa come di Pilagora, veramente di Liside, oppure di * Empedocle. Pilea (ITc^ierf) di Marsiglia, pochi anni pri ma di Alessandro Magno navig nell'Europa occidentale, e visit il promontorio C a lb io , l'isole Ussisama, Albione, Tuie (che secondo Maltebron, Geogr. univers. tom. i, pag. to 3, l isola Jutland, e secondo Ortelio in Tuie T hylem ark), non che l isola Basilia ( forie Baltia, forse la Zelanda. Ved. Senof. Diodoro Sicul. lib. v ), e parte del lido meridionale del mar Baltico. Platone ( YWaratv ) celeberrimo filosofo appo gli antichi, che non cede se non ad Aristotele. Della sna vita ved."Laerzio. Noi citeremo qui i nomi delle sue opere, tutte composte a dia* logo, tranne dodici epistole, le quali si tiene comunemente che sieno a lui falsamente ap propriate :

Protagora , ovvero dei Sofisti. Gorgia, ovvero della Rettorica. Menone, ovvero della V irt. Ippia il vecchio, ovvero del Bello. Ippia il giovine , ovvero della Bugia. Ione , ovvero dell Estro poetico. Menesseno, ovvero Elogio funebre. Clitofone. Della Rebubblica ( lib. x ). Timeo. Critia , ovvero di Atlante. Minosse, ovvero della Legge.
Planto ( M. Accio ) poeta comico, il pi ingegnoso e vivace degl; antichi Italiani, mor circa 139 anni prima di Cristo. Al tempo di Varrone passavano per di Pianto c ix x ix commedie, Ielle qnali questo scrittore ae riconosceva per genuine sole venluna. Noi non ne abbiamo che venti, i cui titoli sono: l Anfitrione, V A si naria, la Pentolinaria , i Prigioni, il Gor goglione, 1 Casina, la Cestellaria. I'Epidico, le Bacchidi, la Spiritellaria , i Menemmi, il Soldato bravo, i Mercatante, il Trappola, il Cartaginesino, il Persiano, la Fune, lo Stico, il Trinummo , il Burbero. Plistonico ( TWiivrvixoi ) medico, discepolo di Prassagora scrisse Degli umori, De' vantaggi del bere acqua. Ved. Ateneo lib. 11. Polibio ( IIo\v 0 t9( ) di Megalopoli fu figliuolo di l.irorta e discepolo in fatto di milizia a Filopemenr. Nella guerra Macedonica slato preso nella rotta di Perseo fa condotto a Roma, dove incontrate di corto amicizie copi gran di uomini, segu il secondo Africano e milit sotto Numantia e Cartagine. Era rispettabile non meno nella milizia che nella amministra la zione pubblica e nella geografia. Scrisse in greco una Storia delt universo in quaranta volumi, de quali non sussistono che cinque. Dei perduti non restano che frammenti. Policrilo ( rioXvxf/rflf ) Mendeo. epper Siciliano, scrisse Le imprese di Dionisio tiranno. Vedi Laerzio in Eschine. Poliislore ( Cornelio Alessandro ). Vedi Cornelio. Pollione ( C. Asinio , oratore insigne ( a cui in dirizz Virgilio I eglog . vi ; Orazio 1 od. 1, lib. 11: Insigne moestispraesidium reis,t cc.), ma inferiore a Tullio qunnto a eleganza e ni tidezza di siile; il che forse fu la causa che e'non si dimostrava a Tullio troppo ben volto. Scrisse altres tragedie, lodale dai contempora nei ( Virgilio e Fiacco, ivi), e una Storia Ro mana in libri xvu ( Ved. Suida, in 'Ar/vtos ). Di lui non resta che un' epistola a Cicerone ( Ved. le costui EpUt. lib. x ).

Eutifrone , ovvero della Santit. Critone , ovvero del dovere del Cittadino. Fedone , ovvero deir Im m ortalit del1 r anima. Cratilo, ovvero della Natura de' nomi. Teetete , ovvero della Scienza. Il Sofsta, ovvero d ci che . Il Politico , ovvero d elt amministrare repubblica. Parmenide , ovvero delle Idee. Filebo , ovvero della Volutt. I l Convito , ovvero delV Amore. Fedro, ovvero del Bello. Alcibiade il vecchio , ovvero della Ha1 tura deir uomo. Alcibiade il posteriore , ovvero delle Preghiere. Ipparco , ovvero dell' Amore del lucro. E rasta , ovvero della Filosofia. Delle leggi ( lib. x u ). Epinomide , ovvero Appendice alle leggi. Teage, ovvero della Sapienza. Carmide, ovvero della Temperanza. Ladies , ovvero della Fortezza. L side, ovvero de II' Am icizia. Eutidemo.

INDICE DEGLI AUTORI Pompeo Leneo. Vedi Lento. Pomponio ( 1'. ) Attico. Vedi Attico. Pomponio Mela. Vedi Mela. Posidonio (Elo ttiw t f) nato in Apamea risse quasi continuo in Rotti, dove sosteneva officii pubblici e insegnata insieme filosofia stoica. Dipoi si trasfer a Roma, dove ebbe Cicerone a discepolo e Pompeo a<l amico. Sapeva di ma tematica e d 'astronomia, e fu il primo che di cesse latmosfer essere alta quattrocento stadii ( cinquanta miglia ), e sospettasse cbe dipen desse dalla luua il flusso e riflusso del mare. Pe>i ci che Posidonio scrisse della Divinazio ne, del Fato, della Natura degli dei ( libri v ), deir Agitazione del mare, e libri sedici di Storia.' Prassa^ora ( I l$a%ayqai ) medico di Coo. Celio Aureliano, Cronic. lib. i, cap. 4, ne cita la Terapeutica ; lo Sroliast. di Nicandro, Teriac. ne c>ta il libro Del veleno Fario ; e Galeno, libro dell'atra bile, cap. i, oe cita il libro Degli umori. Procilio grammatico fior al tempo di Angusto. Ebbe assai ragguardevole fama. Ved. Trebell. Poli, in Emilian. Publio Siro cos nominato dalla Siria sua patria, da principio fu servo, poi mauomesso. Si de dic alla mimica, e in questo genere di scrit tura divenne si rinomato, che si poneva sopra a Laberio. Delle sue opere non restano che le Sentenze, scritte in versi giambici, le quali ordinale per alfabeto il pi delle volt* si stampano in calce di Fedro.

s
Sabino Fabiano, lo stesso ehe Fabiano Papirio, quantunque il Miller lo faccia affitto diverso. Sabiuo IVasu rio. Vedi Masurio. I Sabino Tirone scrisse D e'giardini ( Krroeprxa) a Mecenate. Plin. lib. xvui, cap. 57. Sallustio (Dionisio) fu medico. Vedi Dionisio. Salpe ( v) ostetrice di Lesbo. Scrisse 1 open * intitolata ITatyrta, ovvero carmi lascivi ( Niafodor. presso Ateneo, lib. vu), e o libi* Sopra i rimedii per le donne. Saserna (Ostilio) nome comune a due noni peritissimi di agricultura : l ' uno fu il padre, laltro il figlio. Ved. Columella, lib. 1, eap. f. Satiro ( Lcrrufof ) di Oliato, commediante, autore della favola intitolata Panfilo, scrisse altres,a detto dell'Arduino, un libro Delle pietree delle gemme. Di simil nome molti altri autori si conoscono, fra i quali il pi principale qutl peripatetico, che scrisse la V ita di Filippo. Scevola (Q. Muzio) console Panno prim ati Cristo 95, dipoi proconsole nell Acaia, fu cele bre in latti di giurisprudenza noo meno che il fratello suo Q. Muzio Scatola, e molti de'suoi maggiori. Fu suocero di Pompeo e maestro < K Cicerone. Fu morto per comaodamento di Mario l ' anno 82 prima di Cristo. Ved. S. Ago stino, De Civit., lib. ni, capo 28 e 2g. Compos* ventidue libri De Jure. Scipione (Q. Metello). Vedi Metello. Scrofa (Gneo Tremellio) questore (Piotare, ia Crasso) fu il primo cbe scrivesse con eleganza di agricultura. Ne fan fede Macrob. Satura. lib. 1, cap. 1 ; Varroo. De re rust. lib. n, cap. 4 Columell. lib. 1, cap. 1. Sempronio ( Caio ) Tuditauo. Vedi Tuditano. Senagora ( Stradfetf) forse di Siracusa, c o m pose ona Cronaca iu due libri, tecoudo lo Scoliast. di Apoll. Rod. lib. i t , v. 262, non che P opera Delle isole, cbe il Labbe, Bibl. nuov. lib. mss. assevera che sussiste. Seneca (L. Anneo) celebratissimo per &colU oratoria e per filosofici sludii.Noi noa abbiamo ora che le sue cose filosofiche, ci aoao: De Beneficiis, lib. vu ; Quaest. naturalium, lib. v i i ; De Providentia ; De Ira , lib. ni; De Clementia, lib. 11; De Tranquillitate ani m i; De Felicitate ; De constantia sapientis ; De Otio sapientis ,*Consolatio ad Marciam ; Consolatio ad Helviam ; Consolatio ad Poly bium ( opera spuria) ; Apoiolokyntosis ; Epi stolae. S' perduto il lib. De F ortuito, non cbe la Geograph. ad Aeneida ; e il libro

R Rabirio fu medioo. Rufo Mescala. Vedi essala. Rufo (P. Rutilio) console Panno io5 prima di Cristo, dipoi proconsole in Asia, mentre ammi nistr le sue cariche con tutta probit fa acca sato di estorsione dagl'invidiosi della saa virt, e soggettato a condanna confinossi in prima Me'elino, di poi a Smirne. Quando avvenne il trionfo di Siila, ed egli poteva ritornarsene a Roma, volle piuttosto (son sue parole) : u. esilio Rutilii dolere Urbem, quam dolere reditu. Scrisse in greco uua Storia Romana ; in latino una Storia di Spagna e i Comment. della sua vita, non che varii libri De' teatri, De'giuochi, De' sonatori, ecc. Ved. Fozio, Bibliot. cod.
CI,XVI.

INDICE DEGLI AUTORI

De cultu Aegyptiorum ( Serrio, Comm. alrEned.). Senocrate {'Livvttfamf). Parecchi ci furono di


questo nome, che ne giova citare : i. Un discepolo di Piatone, il quale dopo la morte di Speusippo nell' anno 389 prima di Cristo ebbe la presidenza dell' Accademia. a. Un medico contemporaneo a Tiberio, che fece assai opere (Ved. Diogen. Laerz. nella vita di Senocrat. il vecchio ). Il suo libro Sulle gemme {nr6fl XAtay ) si conserva manoscritto nella bibliot. Vaticana (Labbe, Bibliot. lib. mss. pag. 127). Il libro Deir alimento che si trae dai pesci esiste nella bibliot. reale a Pa rigi, e non vi manca che assai poco : bens molto mancante ledizione del Dubrao, la quale contiene pure 1 opuscolo Sulle peschie *

re e sulla natura dei pesci.


3. Uno statuario e pittore insigne stato ai (empi di Filadelfo. Scrisse di Toreutica. 4< Senocrate di Efeso, il quale a' tempi di Plinio scrisse sulla Pittura. Senofonte ( StpoQw ) autore notissimo, che fu cognominalo Ape Attica per la soavit della sua dicitura. Di questo elegantissimo scriKore restano libri vii di Storia Greca ; I Spedi zione di Ciro il minore ; la Ciropedia ( in li. bri tiii ) ; I Elogio di Agesilao ; le Cose me morabili di Socrate ; lApologia di Socrate; il Convivio ; Gerone ; l' Economia ; la Cac cia, la Conoscenza de' cavalli ; gli Ufficii del

e perci da oon doversi confondere col poeta di Coo, scrisse Cose di Etiopia. Sofocle ( 'LoqoxXXs ) poeta tragico a Intti ben noto. Mor l ' anno 4< Gavanti Cristo in et di > 92. Delle 127 tragedie che serisse non ne ri* mangono che sette (P Aiace, V Edipo tiran no,, F Edipo Coloneo, il Filottete, le Trachinie, C Antigone, V Aiace). Solone ( 'ZXtv ) si appella altres Dietete. Galen. TT2f/ rvuvf lib. 111, cap. 1. Scrisse Della me dicina e Delle erbe. Sornazio on guasto di Sorano. Sosigene ( Yuriyivm ) astronomo e filosofo peri patetico fior in Alessandria al tempo di Ce sare. Per comando del dittatore venne a Roma, dove, emendato il calendario di Noma, o abo lito, compose l ' anno Giuliano. Le sue opere di gran nome sono: i Comment. ad A ris tot. e le Rivoluzioni celesti. Sosimene ( Yuaifins ) scrisse Della materia

medicinale delle piante.


Sotaco ( Sorrento( ) citato spesso pel suo libro Delle gemme e delle pietre. Apollonio Di scolo nomina cerio Taco, e dice che scrisse delle pietre. E per verisimile che questo Taco non sia ponto diverso da Sotaco. Sotade ( r r dini ) nome di parecchi, come a dire : i. D* un poeta comico della commedia di mezzo ( Ateneo, lib. vu e x ). 2.0 D' un filosofo Ateniense, che secondo Suida scrisse De'mister li. 3. Dun filosofo di Bizanzio, di coi nulla si sa ( Aristot. presso Suida ). 4.0 D 'un poeta famoso di Maronea che scrisse salire contro Lisimaco, ma oon impu nemente, perch dal principe fu fatto morire. T railo altres io versi alquanto lascivi d ell'a more giovanile. Sotira fu ostetrica e scrisse Sopra i Menstrui un libro, di che il Tetti asserisce ritrovarsene un manoscritto nella biblioteca Fiorentina. Stazio Seboso amico di Catullo ( Ved. Cicer. ad A (tic. lib. 11, Epist. xiv ) scrisse un Periplo e

prefetto di cavalleria.
Serapione {Ttfanrimr) di Antiochia scrisse di Geografia. In questa opera riprendeva sovente Eratostene. Sergio Paolo. Vedi Paolo. Servilio Democrate. Vedi Democrate. Sestilio, a nessun noto, pare eh* foste Romano, computato tra i forestieri forse per errore. Severo Cassio. Vedi Cassio. Severo Cassio Loogulano. Vedi Cassio. Silano Decimo per ordine del senato volt dal cartaginese iu Ialino i libri di agricultura di Magone. Sileno ( i nvi o Y,i\avoi ) fu slorico, di cui Lk Cicer. Divinat, lib. 1 ; Strabon. lib. 111 ; Dio nisio d Alicarnasso. Scrisse una Storia greca e Le imprese di Annibaie. Simo (E/po$) medico, diede il nome, secondo l'A rduino,al trifoglio Simoniaco \ Columel la, lib. vi, cap. 17. Ma fu poscia provalo che in cambio di simoniacum la legge simonia -

le Cose mirabili dell India.


Stratone (XrfaTftiv)di Lampsaco, peripatetico, discepolo e successore di Teofrasto. Fu istitu tore di Tolomeo Filadelfo. Laerzio ne scrisse la vita, e ricord i nomi delle sue opere, inti tolate : De' ritrovati, Degli animali incerti efavolosi, Di Dio, DelP uomo, ecc. Sudine ( Yoof/vns ) scrisse Delle gemme. Sulpicio (C aio) Gallo, pretore l anno 173 pri ma di Cristo, e console l'an n o 166, fu astro nomo, e predisse l ' ecclisse lanare che dovea sucredere il giorno innanzi alla pugna Ira

num.
Simone (Z/fie*) si dice che scrivesse sopra la cavalleria. Vedi Plinio, lib. xxxvii, cap. 19. Sim onde (X//upviJns) nativo dell'isola Meroe,

i89

INDICI*: DEGLI AUTORI

1820

' Perseo * i Romani. Da ci ne arrenne, che mentre i nemici n eran sparentali, i Romani * per opposto senta tmore. Veti. Giuba appo Plutarco in Romol. Sutpirio rrise li Storia Romana, e sulle E cclisti del sole e della luna.
Sulpicio Servio console l anno 5o prima li Cristo, gitiriprn<lenle, mor in mbmeeri. Are scritto pi li 180 volumi. Ved. Pompon. *Digest. li. 11 De Origin. jttr. . 43.

Sura ( Mamilio ) Ve<li Mamilio. Svelon'o (C-io> Paolino patire dello storico fu capitano li valore. Fi prefetto Iella Numidia l anno li Cristo 4rt< lipoi Iella Brettagna. Ruppe in battaglia i Numidi, poi la regina Boadice. Ebbe il consolato I* anno 69*. disert da Ottone, e rantossene presso Vespasiano.

T
Talete (OaX) di Milrto fondatore della setta Ionica fu il pi antico filosofo Iella Grecia. ' La sua rita scritta da Laerzio. Talete, a detto . di costui, scrisse Del solstizio e delV equino zio. Si nita altres nn frammento che tratta di * Astronom ia, in 2oo versi. Tarquitio poeta Etrusco seri se De' Prodigii Eirnsck. ( M*crob. Saturn. lib. m, cap. 7 ). Tarruzio ( L. ) di Fermo fu grande matematico, * amico di Varrone e li Tullio. Di lui Solili, cap. 1 ; Plutarc. in Romolo. Scrisse in greco di Astronomia. La sua opera citata da Ci cerone, Divin. lib. 11. Taurone o Taurione ( Twp o T w f im ) non si sa chi sia. Trieste ( T e\ 4e-r*f ) S<linosio fior circa 4 anni aranti Cristo. Scrisse poesie. Temisene (OifiiTov) di Laodicea hi medico de* pi celebrali, fondatore della setta meto dica. Fior a' tempi di Pompeo. Di lui Anneo, Epist. xcv. Scrisse Deir erba piantaggine ; Del curare V elefanziasi. Teoeresto ( &tz(*rTOf ) scrisse ona Storia della Libia. Ved. lo Scoliast. di Apollon. lib. ir,

t.

1750.

Teoerito (Oti.?iT0( ) di Siracusa, principe della poesia pastorale, scrisse 3o idillii. Teodoro (Qifat?o( ) medico. Diogen. Laerz. V it. A ristipp. Teofrasto ( aoppawrof ) di Cidonia fu discepolo e successe ad Aristotele nella scuola. Ebbe ami cizia con Cassandro, e commercio di lettere con Tolomeo Sotero. Mor 288 anni prima di Cri sto in et di 109. Scrisse pi di 200 opere, del le quali non restano che poche, ci sono : Delle

pietre ; Delle piante ; De' venti ; Del fuoco : DegV indicii della serenit del tempo ; Dei pesci che vivono nel secco ; Della vertigine ; Del sudore; Della stanchezza ; e finalmente i famosi Caratteri. Teomene (Qiouivni) scrisse deir Am bra. Ved. Plin. lib. xxxvn, cap. n . Teonnesto ( Qzuvwroi ). Di costui non restano che poche cose ulla Medicina veterinaria, frammenti d*- Geoponici. Teopompo ( 09tot? ) di Chio. discepolo di Isocrate recit 1 orazione in lode di MaqsoIo defunto. 1 doni eh* egli ricevette la Artemim moglie di Mansolo fan fede del quanto quella oratione a lei fosse gradita. Scrisse una storia greca (in seguito a Senofonte) : libri 58 sulle imprese di Filippo il Macedone ; De*terre moti ; Di cose mirabili. Tergilla scrisse di agricoltura. Timaristo (Tifta^ivrot) scrisse un libro Delle piante. Timeo (T/ttaiof) retore di Tanrominio coman dato da Agatocle di confinarsi l'anno prima di Cristo 285, scrisse ta Storia d i Sicilia e h Storia della guerra tra 1 R om ani e Pirro. Timeo fece anche dei libri sopra la Rettoriea. Tiiueo di Locri Pitagoreo risse prima di Platone, e scrisse, oltre a libri di matematica, quella grande e sottile opera Della natura e DelV anima del mondo. Platone scrisse un libro sopra lo stesso argomento, e dal nome di qneslo autore lo intitol Timeo. T im e o , diverso dal filosofo e dal retore scrisse de Rimedii che si traggono dalle pietre. Timoslene ( T tuoT9 iytt( ), prefetto della flotta di Filadelfo, pare che si orcupasse molto di Geo grafia. Scrisse De' po rti, ma con poca diligen za, Scrisse altres un Periplo, e una Misura della terra per istadii. Tirone (Tullio ) liberto di Cicerone, da coi pre se il nome, fu inventore ddla tachigrafia, di coi per si crede che lo stesso Cicerone abbia de lineato i primi elementi. Scrisse quattro libri della vita di Cicerone, e forse pi. Ved Ateoa. Ped. Comm. alVoraz. pro Milone\ e Pandett. Tito Lirio Padorano nato Panno di Roma 695 scrisse con piaeerole facondia la Storia Ro mana dai principii di Roma fino alla guerra di Druso in Germania. Mor l'anno quarto delP impero di Tiberio, in et di 76. Tlepolemo ( TX*WXS(uoj ) fu medico. Trehio Nigro. Vedi Nigro. Tolomeo 1 ( Hro\t[jta9t) volgarm. Lago o Lapi da ( bench questo nome conrenisse a tutta W stirpe dei Tolomei), e spesso anche Sotero, se guit Alessandro nelle sue spedizioni ; e morto

INDICE DEGLI AUTORI


qaedo re, e Perdicca ohe avea quasi raccolto x Memorabilium Exemplorum , de' quali pe r uuu perduto. in t latto il reame, occup l Egitto e 11 prece il titolo di re. Scrisse Comment. sulle imprese Valerio (Q.) Amiate* contemporaneo di SiU, scrisse 75 libri, per lo meno, di Annali, fc ci di Alessandro ( a delta di C urtio, lib. x), e talo da molti, come a dire da Prisciano, lib. cote di Geografia. Vedi Marciai). Eracleotic. x ; da Gellio, lib. v 11, cap. 9 ; da Macrobio, Trogo (Pom peo) oalo tra i Voconzii nella Gal* Saturn. lib. t, cap. i 3 ; da Plutarco iu Rontol. li Narbonese scritte al tempo di Augusto la da Dionisio d Alica;nas>o, lib. I. Storia Filippica, e uu libro Sugli animali. Valerio (Q. e Dee. ) Sorano furono medici al tem La sua Storia fu ridotta a coiopeudio da Giu po di Cicerone, e passavano per dottissimi iu ntino. fallo di greca lingua : Quinto per assai pi Tuberone. Di questo nome, con l'Arduino e gli del fra tei lu. Quinto pubblic la V ita d' Ippo altri storici della letteratura Ialina, vogliouti crate. distinguere : Valgio (C.) Rufo fu scrittore del tempo d* Au i. Q. Elio Peto Tuberone genero di Pao gusto. A lui iudiritta 1 ode ix, lib. n t d ' O lo Emilio (o, se credeii a Tullio in Bruto , ni razio. lodato da Antico, Epist. c l i . Scrisse pote), console lanno 167 prima di Cristo. De usu herbarum, e De iis quae epistolis a.Q. Elio Tuberone figlio della sorella delquaeruntur. l Africano, (amoto p er'le sue oimicizie cou Varrone (M. Terenzio) cognominato TloXvyfaGracco, e per itludio di filosofa stoica. Lasci gturaroSt fu seuza dubbio il pi dotto fra i Roscritte Dicerie. maui. Nacque Pauuo prima di Cristo 116. 3. L. Elio Tuberone amico e coudiscepolo Sotto Pompeo P anno 05 eblie la prefettura di Tullio, del quale andando esso io Asia fu delia flotta. Nel 4j !> di lui luogoteueute nel altre! compagno e luogotenente. Racconta lo la Spagna Citeriore, e combatt altre! contro stesso Tullio, Epist. alfratello Quinto lib. 1, Cesare, del quale nondimeno era amico. Pro Epist. 1, che Tuberone scrisse di Storia. 4 .0 Q. Elio Tuberone figliuolo di L. peri scritto l'anno 4> pot sottrarsi al ferro dei persecutori, e finalmente mollo caro ad Augu tissimo iu giurisprudenza. Costui laccusatore sto e cou fam< di ottimo cittadino mor Pauuo di Q. Ligario. l uccio Vali. Vedi Valla. 26 in et di 90. Scrisse beu cinquecento volu mi di vario argomento, che furouo arsi per Tudilano (C . Sempronio) coosole Panno 129 comandamento di Gregorio 11, sommo ponte prima di Cristo scrisse tredici libri di Com fice. Per camparono da quella distruzione i ment. della sua vita ( Geli. lib. xm, cap. i5 ), tre libri De re rustica , e i quattro De lingua e un libro sui Magistrati ( Hacrob. Saturn. latina. I libri De analogia erano x, ma nou lib. i, cap. i 3 ). ne reslauo che tre. Le altre sue opere aveano Tullio Tirone. Vedi Tirone. questi titoli : De musica ; Polyander ; TriciTurrauio Gracile. Vedi Gracile. pitina; De aestuariis ; Epistolae ; Quaestio Tusoo Fabricio. Vedi Fabricio.

u
Umbricio Meliore famoso aruspice, il quale pre disse la rolla di Galba pochi d inuauzi che succedette ( Tacit. Slor. lib. 5, cap. 27 ), scris se sulla Scienza Etrusca.

nes epistolares ; Antiquitates rerum umanarum ( libri xxv ) ; Ars rerum divinarum ( li
bri xvi ), ecc. ecc. Varroue ( P, TereuzioJ Atacino fu Narbonese del aecolu vii di Roma. Lasci i libri intitolati Chronographia ; Libri navales ( dove P epi sodio di Europa) ; Sequanicum bellum (epo do ). Oltracci tradusse in versi laiioi gli A r gonauti 'Ii Apoll'iuio Rodiaito. Vedi W erutdorf. uelP opera Po'tae minores, (d o v e c qualche cosa delP Atacino). Verrio (M.) Flacco, grammatico, inegn questa arte a Caio e Lucio figliuoli di Augusto, onde fece gran dauaro. Scrisse un libro de Orthogra phia ; uuo iutitolato Memorabilium rerum ; uuo De verbis obscuris ; uno De sensu ver borum, opera che Pomponio freslo ridusse iu compendio, e che Paolo, Diacono couipeudi aucora pi.

V
Valeriano ( Cornelio ) non si conosce. Pare che vivesse al tempo di Tiberio, o poco dipoi. Valerio Alassimo nacque a Roma di famiglia n o bile sotto l'im pero di Augusto. Milit uon Seftto Pompeo iu Asia Pauuo di Cristo 1 4> e vit ae fino ai lempi della congiura contro Sciano a\venuta a d l'a n u o 3 i. Notissimi uuo 1 liini

i6aS

INDICE DEGLI AUTORI Zenone ( ZwVsir ) Citieo fu fondatore della selli stoica. Laertio ne d la vita e il nom delle e opere. Zeoooe ( Ztirw ) di Laodicea, faalore della setta Eroflea. Ved. Laerz. in Zen. Cit. ; G aleno, Korr ys'vw, lib. t i , cap. 1 0 .1 costai libri Sui sintom i delle malattie furono confutali ila Aristosseno. Zenotemi ( Zxro$Sfii( ) ignoto a eoi. V uoili nondimeno vedere Eliano, Storia ama. lib. xvu, cap. 3o, e lo Scoliast. di A polloo. Rod. lib. 11, v. 967. Zoilo ( ZiTXtn ) nato in Anfipoli di M acedonii ( o in Efeso ) insegn grammatica io Aitino* dria circa 1' anno >49 Cristo. Fa tal censore di Omero, di Platone e di Socrate,che fu per ci appellato Homeromastiz. D iceii che fosse arso ad Efeso, o messo io croce ad Alessandria per le ingiurie che scagliava eo * o tro Omero; ma questa favola. D rato el il nome di Zoilo pasto poi a dinotare qoiloaque invidioso, come che fu piulloito che in vido, avversatore delle opinioni comuni. Zoroastro ( Zvfoetwttf ) re de' Baltriani fa il principe dell* antica arte magica. Fa egli il primo che distribu con ordine, e rescriue i precetti di Hom ovvero Oam. V secoodo isse, alcuni, ai tempi di Ciro e di Dario 1 Leiooo. roerevoli opere che si attribuivano l Zoroastro dall' antichit, anno affatto spurie.

Vestino (C. Giulio Attico) console P nono 65 di Cristo fu domandalo da Nerone di darsi morie prima che entrasse ia carica. Vedi Tacilo, Annal. lib.'xv, cap. 48. Vetere (L.) capitano delle truppe Romane contro i Germani immagin la fossa chc unisce lArari con la Mosella. Vibio Rufo, o Un fino, non si conosce. Virgilio (P.) Marone principe della poesia latina. Le tue Egloghe, le Georgiche, le Eneide con conosciute da tutti. Vitruvio (M.) Pollione, nato Formio fa celebre architetto nel principato di Augusto, il quale lo fece soprintendente alle fabbriche delle mac chine militari, e ispettore degli edificii pub blici. Restano ancora i suoi libri x di A rch i tettura.

X
Xanto ) di Sardi fior da 480 anni pri ma di Crislo e scrisse la Storia della Lidia. (Strab. lib. xu; Dion. Aticarn. lib. 1; Ateneo, lib. xu ), e un libro di Magia.

z
Zacalia ( 930X1 f ) di Rabilonia, lo stesso che lo Zada di Apuleio, Asin. lib. n 4 scrisse a Mi* Iridate un libro Delle gemme.

FINE DI PLINIO

Das könnte Ihnen auch gefallen