Sie sind auf Seite 1von 20

ARBEIT MACHT FREI Storie di una Taranto non detta.

Lindustria. I cittadini. I tumori. I bambini.

Di Memorie di una Vagina

Blog: http://memoriediunavagina.wordpress.com Facebook: http://www.facebook.com/pages/Memorie-Di-Una-Vagina/281208161919395 Twitter: https://twitter.com/MemorieVagina e-mail: memoriediunavagina@yahoo.it

E certo che mi dispiace per i miei cugini, per i giovani, per chi aveva scelto un compromesso pur di non lasciare la propria terra e la propria famiglia, facendo un lavoro tecnicamente di merda, per non andare, per esserci, per lo stesso amore che provo io per quella citt immonda, ormai cos lontana. Mi dispiace per tutte queste persone. Ma mi dispiace molto di pi per chi non c pi. E ci che preferisco pensare, in realt, che ci sar crisi ma che attraverso la crisi si cresce. E, se vale per gli individui, pu valere anche per la collettivit.

Cosa mangiano i signori? Facciamo un antipastino misto per tutti? Melanzane a funghetto, polipo alla Luciana, uccelletti, arancini, crocch, ricotta fritta, mozzarelline, pomodorini sottolio, peperoni ripieni, funghi, panzerottini, cozze al gratin?
Lavoro al Ristoro Basile Liuzzi di Taranto, in Via Pitagora, da trentanni. Qui facciamo solo due settimane di ferie allanno: la settimana di Natale e quella di Ferragosto. Per il resto, si lavora sempre. Siamo accanto allunico teatro di Taranto, il Teatro Orfeo, e io qui ho visto passare un sacco di attrici, certe pure bellissime. Comunque nella sala dentro c un quadro con tutte le foto che Gino si fatto con i personaggi famosi. Ma capiamoci, qua non uno di quei ristoranti tutti eleganti, dove si spende assai e si mangia male. Qua tutto il contrario. Infatti siamo famosi, a Taranto. Specialmente per la nostra ricotta fritta. Secondo me, poi uno pu pure dire che sono di parte, la migliore ricotta fritta non solo di Taranto, ma di tutto il mondo. che la facciamo come la faceva la signora, che ora morta, buonanima. La signora era la moglie del proprietario e a noi ci ha presi che eravamo poco pi che piccini, che io ho iniziato giovanissimo a lavorare qui, che sono lultimo di 4 fratelli, abitavamo in fondo a Via Crispi, noi, e quando mio padre morto abbiamo dovuto darci tutti da fare. M cho due fratelli miei che stanno allIlva, uno entrato in Marina e io, che andavo allistituto col figlio della proprietaria, lavoro qui che una vita. Qua come una famiglia. Sia noi che lavoriamo, sia i clienti, che sono affezionati e vengono da anni e anni, che poi si crea rapporto, no? Unamicizia quasi. Si parla. Che vengono qui e mi trovano sempre, sono come una certezza, no? Sono il cameriere di fiducia. Ahah. Certi mi hanno pure fatto un pensierino, quando hanno saputo che era nata Ilaria, mia figlia. La signora a noi ci ha insegnato tutto. Quando cera lei avevamo mezzo men solo di cozze. Le faceva in tutti i modi. Non si capiva, quante ricette sapeva. Le faceva bollite, le faceva a zuppa, le faceva con il pepe. Le faceva con la pasta e i pomodorini, in bianco, no? Oppure le faceva con la salsa, i tubetti si fanno con la salsa e le cozze. E poi le faceva al vino, oppure i cavatelli con i fagioli e le cozze. E poi le faceva gratinate nelle terrine ma, soprattutto, faceva un riso patate e cozze che se ne andava la luce per quanto era buono. Poi abbiamo iniziato a fare pizzeria e sono diminuiti questi piatti, che erano assai lavorati. Adesso facciamo soprattutto le cozze gratinate, che poi un problema, ora, con la storia della diossina, le persone non le mangiano oppure ci chiedono che cozze sono. La gente sta spaventata, giustamente adesso che lo sanno che ci hanno avvelenato tutto, pure le cozze, stanno pi attenti. Che poi, io mi rendo conto che lindustria normale che inquina, perch non ce ne stanno ciminiere che ci escono i petali di fiori, no? Per pure cos non va bene, che noi dobbiamo prendere le cozze dalla Spagna e i nostri allevatori devono buttare tutto e morire di fame, perch questi ci hanno rovinato qualsiasi cosa e hanno buttato lo schifo nel nostro mare. Non buono cos. M, lho detto, io cho 2 fratelli miei che stanno dentro allIlva, quindi non che me ne frego o non mi rendo conto del problema che si crea se chiude, per io tanti anni fa non ho nemmeno voluto tentare di entrare l dentro. Non mi mai piaciuto. Non era per queste industrie che doveva essere Taranto e io non ero un tarantino fatto per lindustria. A me piace parlare con la gente, offrire qualcosa di buono con il mio lavoro. A me piacciono le persone, mi piace starci a contatto, ascoltare le confidenze. Come quel film, no,

quello con, come si chiama, quello, Di Niro che guida il taxi. Noi camerieri, a volte, quelli che cabbiamo la vocazione, siamo come Di Niro: ci passano davanti un sacco di cose e, se vogliamo, noi possiamo leggere tantissime storie sulle facce di chi si siede ai tavoli. E che cosa te ne devi fare di Bitiful! L, in fondo, per esempio, lo vedete quel signore con la barba che mangia da solo? Quello un vecchio professore di italiano, lo conosco che sono 15 anni. E al tavolo affianco c quel gruppo di amici, no? Li vedete, s? Quelli sono i fratelli Lupo con il loro gruppo. A destra, invece, ci sta la Dottoressa Conte, che una pediatra assai brava e assai famosa qua a Taranto, pure io cho portato la mia piccina, che poi a me mi conosce, per proprio in generale una brava cristiana. Al tavolo vicino, invece, quello con il passeggino, ci sta Peppe detto Cristo, con la moglie e il bambino. Dietro di loro, ci sta Franco Forza John, che vive sui Tamburi, per ogni tanto viene qua a mangiare, con un amico. E, invece, qui alla mia sinistra, ci sono i Fusina al completo: padre, figlia e figlio. E la cosa incredibile che tutte queste persone channo qualcosa in comune o, in qualche maniera, si conoscono. ***

I FUSINA I Fusina prendono sempre antipasto misto e frittura di pesce. Anna, la madre di Andrea e Doriana, la moglie di Riccardo, si faceva sempre fare una frittura di pesce, ma solo con gli anellini, i calamari piccolissimi e tenerissimi, che le si scioglievano in bocca come burro. E poi prendeva sempre lo spumone, o pezzo duro, che era questo dessert di gelato e pan di spagna e canditi e uvetta e cioccolato, fatto in casa e congelato. Andrea continua a prendere lo spumone ogni volta che va a cenare l. Doriana, che notoriamente logorroica, si ammutolisce. Riccardo, che un uomo distinto, ex dirigente in pensione, con i capelli grigi, i baffi e gli occhiali, sempre vestito di tutto punto con una copia de La Repubblica sotto il braccio, tiene la conversazione e, per esorcizzare, parla di Anna. Racconta ai figli quando, prima che loro nascessero, lui e la madre andavano a cenare l, che cera Mimmo, il cameriere, che gi ci lavorava ed era nu uagnungidd. Riccardo racconta che una sera, tornando a casa, passarono davanti al cinema e si fermarono a vedere un film con Nino Manfredi e Mariangela Melato che si chiamava Lo chiameremo Andrea. E decisero cos, Riccardo e Anna, che il loro primogenito, fosse stato maschio, si sarebbe chiamato Andrea. Andrea sorride, mentre il padre racconta storie gi sentite, e i suoi occhi piccolissimi da consumatore abituale di stupefacenti si strizzano. Poi si mangia ununghia e fa un sospiro, senza rispondere nulla e, come sempre avviene quando si parla di sua madre, tutto svanisce, persino la sua edizione limitata del vinile del 70ecazzi dei King Crimson sovrapagato su eBay, persino il minimoog che non sa suonare, persino la vacanza a Ibiza per cui sta per partire come ogni anno da 8 anni, tutto svanisce, ogni singola inutilit con la quale rimpinza la sua quotidianit scompare, nel ricordo di sua madre. Doriana li ascolta in silenzio e interviene, a un certo punto, per chiedere al padre se gli piace come si sistemata i capelli. Doriana, che ha 27 anni, ha gli occhi verdi e un look curatissimo da Janis Joplin civilizzata. Prima di uscire ha bisogno di circa 3 ore di preparativi, ascolta musica rock e tende ad innamorarsi esclusivamente dei musicisti. Ha un sacco di paure, un bisogno costante di rassicurazione e nessuno che la rassicuri. Ha una complessit che suo padre e suo fratello non possono comprendere e in ogni sua risata, in ogni suo sguardo, in ogni smorfia del suo volto, c tutta la tenerezza di chi dentro spezzata a met. Di chi ha lo spirito zoppo. Di chi sa che in tutto il bello che la vita le riserver, sua madre non potr esserci. Anna morta 7 anni fa di tumore ai polmoni. Se n andata in 1 anno e mezzo, in un giorno caldissimo di fine giugno, a 49 anni. Al funerale la chiesa era affollatissima. Doriana piangeva senza posa. Andrea era compostissimo, con un paio di occhiali da sole con le lenti nerissime di John Richmond. A fine giornata, Andrea and con i suoi 2 pi cari amici ai Barconi, una piazzola scoscesa sul Mar Piccolo, sotto il Parco Cimino, che allora era un posto ideale vicino la citt, per andare a fumare o per andare a fare lamore. Con tutti i colori della notte industriale che si riflettevano sullacqua e i pali delle cozze che spezzavano i fasci di luce, e il silenzio, e il paradosso, e il fumo, e la musica dellautoradio, e le solite chiacchiere sulle solite stronzate per fingere che, in fondo, nulla fosse cambiato. Solo dopo due settimane Andrea riusc a piangere per la morte della madre, dopo averla sognata.

Ad oggi, non in grado di ascoltare Buonanotte Fiorellino, che Anna gli cantava da bambino per farlo addormentare, senza piangere.

I FRATELLI LUPO Federico ha 16 anni ed il pi giovane dei fratelli Lupo. Vito, il maggiore dei 3, che ha una verve degna di un bradipo sotto sedativi, si sta laureando in Lingue e Letterature Straniere a Lecce, mentre Luigi fa lOzzy Osbourne dei poveri, a Bologna. Accanto a loro c Sergio, che il miglior bassista di Taranto e, ai tempi della scuola, Luigi e Sergio erano nella stessa band, gli Skolopendrae, uno dei casi musicali pi dimenticati della citt. Al tavolo ci sono anche Stefania, Chiara, Giorgia e il suo uomo, Michele. Stefania una soprano, laureata in lettere che lavora in un call center ma, essendo una brava venditrice, diventata coordinatrice e se la profuma manco fosse il CEO di Procter&Gamble. Chiara, che unartista si capisce perch ha fatto il liceo artistico e perch ha la faccia da artista -, ha consumato la sua giovent in costante bilico tra una manifesta complessit psicologica e una presunta genialit creativa. Giorgia una studentessa fuoricorso a Bari, grande divoratrice di libri, emotivamente e intellettualmente di sinistra, ha i capelli ricci e una risata contagiosa. Michele, il suo ragazzo, lavora allIlva, suona ed impegnato nei comitati organizzativi di buona parte delle serate indie del panorama tarantino. Sono tutti amici di vecchia data, si sono conosciuti quando da ragazzini se la facevano in Piazza della Vittoria. Perch ai loro tempi, per essere giovani a Taranto bisognava fare una scelta, ideologica e di territorio, tra le uniche 3 opzioni possibili: a) essere cozzari e posizionarsi in Piazza Maria Immacolata, b) essere fighetti e posizionarsi da Harnolds in Via XX Settembre, c) essere alternativi e posizionarsi in Piazza della Vittoria. Solo che allora gli alternativi amavano definirsi punk, sostanzialmente perch indossavano le Gazzelle Adidas al posto delle Hogan, fumavano le Pall Mall Blu o le Futura al posto delle Marlboro Light e perch facevano le collette per comprare una tre quarti di Raffo a 60 centesimi. Decidere dove collocarsi ai tempi delladolescenza condizionava lintera crescita, poich le suddivisioni sociali si perpetravano negli anni e, di solito, quelli del gruppo A te li ritrovavi cresciuti a ballare al Cocomeros Club a San Vito, quelli del gruppo B te li ritrovavi con il tavolo e lo champagnino alla serata danzante del Canneto o dellObl e quelli del gruppo C te li ritrovavi al Gabba Gabba dinverno e al Surf Caf destate, ad ascoltare le performance di tutte le rock band locali, sorseggiando Tennents, segno di una consapevole evoluzione del gusto a sfavore della Birra Raffo. Qualunque tipo di persona tu sia, a Taranto, negli anni delladolescenza, devi scegliere dove posizionarti. Il diritto allevoluzione e/o allinvoluzione resta sacrosanto, ma una banale scelta di territorio imprescindibile per la creazione di una socialit. Federico, che la mascotte del gruppo, seduto a capotavola. Di Federico hanno sempre detto tutti che il migliore dei 3 fratelli Lupo. Quello pi sveglio. Quello pi sgamato. Di Federico hanno sempre detto tutti che avrebbe fatto grandi cose perch era uno capace di adattarsi a ogni situazione, di badare a s da quando era piccolo, da quando sua madre sera ammalata ed era morta e da quando suo padre passava la giornata a lavorare allarsenale.

I fratelli Lupo sono cresciuti in un piccolo appartamento in citt, in centro, ma nella zona decaduta, che ben oltre la zona decadente. Federico cresciuto in quella parte della citt dove lumanit si taglia a fette e si pesa un tanto al chilo, lontano dalle vetrine scintillanti di Via Di Palma dove la Taranto Bene va a comprare il Refrigiwear o il Woolrich, in una citt in cui linverno medio di 14. Federico vive ai margini del centro, in vicinanza periferica, e ogni mattina, allangolo tra la strada di casa sua e Via Cesare Battisti, si pianta Ciro, che viene da Sava nella metropoli, con il suo tre-ruote, a vendere la frutta. Ciro, che alto e grosso, scuro in viso con una specie di monociglio che ha ricevuto dando in permuta due sopracciglia normali, un irresistibile ricettacolo per una gran quantit di vecchie signore con le braccia grasse e le caviglie gonfie. Federico, ogni mattina, quando passa, saluta. Ormai lo conoscono tutti. Sia Ciro che le sue vecchie signore. I tre fratelli hanno sempre dormito tutti nella stessa stanza ed per questo motivo che Federico a 9 anni ascoltava i Ramones. Federico stravede per Sergio, che gli da lezioni di basso. A scuola piuttosto bravo e Vito, il fratello maggiore, ci tiene si iscriva alluniversit ma Federico ha altri progetti: destate aiuta il suo amico James Tont, che fa il barista, e guadagna qualcosa da mettere da parte. Sta stipando i soldi per pagarsi il biglietto per lAustralia, dove vuole andare subito dopo il diplom a. Vuole imparare a vivere, dice, in un posto migliore, dice. E vuole tornare qui sapendo fare un mestiere e sapendo essere una persona fica. In verit anche innamorato di Alison, unaustraliana conosciuta lestate scorsa, in una notte umida alla Baia del Pescatore. Federico il migliore dei 3 fratelli Lupo. la mascotte del gruppo ed seduto a capotavola con una t-shirt nera con su scritto, in bianco, Anger is an energy, che Federico ci tiene a omaggiare sempre qualcuno sulle sue t-shirt e questo era il giorno di Johnny Lydon. Ha un bracciale di pelle nera al polso, gli occhi castani con le ciglia lunghe e in testa non ha pi capelli per via della chemio. Federico ha 16 anni. Suona il basso. Ascolta i Sex Pistols. Risparmia per comprarsi un biglietto per Melbourne. il migliore dei fratelli Lupo e ha un tumore alle ossa.

LA DOTTORESSA CONTE Patrizia ha ordinato una margherita e ne manger solo mezza perch non ha fame. Il suo compagno, Piernicola, invece ha ordinato un piatto di orecchiette mantecate, lo manger tutto e manger anche la mezza pizza di Patrizia, con buona pace del suo nutrizionista che tenta, invano, di spiegargli che la sera non deve assumere carboidrati. Patrizia tesa, tutti le hanno sempre detto che deve distinguere il lavoro dalla vita privata, che mischiare le due cose non ha alcun senso, che portare a casa il malessere professionale danneggia i rapporti. E Patrizia non ci crede nemmeno tanto nei rapporti. Con Piernicola iniziata inaspettatamente, in un momento in cui lei aveva ormai deciso di affrontarla da sola, la vita. Patrizia una piccola donna, secca e forte, con dei lunghi capelli lisci e biondi. una che le cose le fa per bene, ha la tempra di una combattente, la solidit danimo di un eroe epico, la spigol osit di una donna autonoma e indipendente. Patrizia tarantina. Anzi, di pi. Patrizia spartana. Starle accanto non semplice e lei questo lo sa. Ma, a 40 anni tondi tondi, sa anche che questo il suo modo di essere e che snaturarsi non possibile. Patrizia un medico, per tutti la Dottoressa Conte. Patrizia una pediatra. Nella sua vita ha amato profondamente Stefano che fosse stato vero che per ciascuno di noi c una met perfetta sarebbe stato la sua met perfetta. Ma quello, come molti altri amori, finito. finito nel momento in cui avevano deciso di avere un figlio e Patrizia ha scoperto di non poterne avere. Patrizia una pediatra e non pu avere figli. Soffre di una grave endometriosi che invalida la sua femminilit. Patrizia ha scoperto che esistono tante donne come lei, a Taranto. Le ha incontrate, ci ha parlato e insieme hanno fondato un comitato cittadino che si chiama Mamme per Taranto. Alcune le ha conosciute in ospedale, alcune le ha incontrate calcando le strade del quartiere Tamburi, dove si sente lodore del degrado mischiato con la puzza dello zolfo, come se fossero diventati tuttuno, come se non fosse pi possibile distinguere dove finiscono le persone e inizia lindustria, dove lumanit condannata ad abbruttirsi e incattivirsi, con un gigantesco cancro siderurgico cresciuto a ridosso delle case, delle scuole, delle piazze. E Patrizia non ha apparentemente niente a che spartire con Angela, che ha 23 anni ed sposata da 5 anni con Fulvio, e gi sa che non potr avere figli. Patrizia, che ha un appartamento al sesto piano in Corso Umberto, di fronte al liceo scientifico che ha frequentato da ragazzina; Patrizia, che ha una relazione con un avvocato che indossa un Jackerson color ghiaccio, una camicia Ralph Lauren e delle scarpe Santoni, mentre si ingozza di orecchiette mantecate, non ha nulla a che spartire con Angela che, invece, ha i capelli raccolti con una pinza e un incisivo mancante, che ai piedi indossa delle infradito Inblu e sulle unghie ha i residui di una vanit smaltata. Patrizia non ha nulla a che spartire con Angela e con le altre donne che ha incontrato al quartiere Tamburi, eccetto il fatto che molte di loro non riescono ad avere figli perch lesposizione alla diossina ha aumentato incredibilmente linc idenza e la gravit delle endometriosi. Sono tutte vittime dello stesso carnefice, in una grande fossa comune, nella quale si mischiano infertilit e cancro, asma e leucemia,

uomini e donne, vecchi e bambini, ricchi e poveri, senza discriminazione. Mentre l, sullorlo di questa voragine, di questo buco nero che inghiotte civilt e legalit, si intravedono le sagome lugubri di chi su queste vergogne ci si arricchisce, di chi questi crimini li foraggia, dei conniventi, dei correi, dei venduti. Di persone la cui coscienza stata amputata come unescrescenza nel momento in cui, per la prima volta, hanno venduto la salute della popolazione al favore del Grande Padrone. Sindaci, politici, oratori, meretrici ed ecclesiasti avrebbero dovuto passare una settimana nel reparto di pediatria dellOspedale Nord di Taranto, pensa Patrizia. Tutto il giorno. Ventiquattro ore al giorno. Obbligati alla veglia. Ad assistere. A partecipare al dolore che hanno contribuito a creare e perpetrare. E poi, sarebbero stati liberi di togliersi la vita, di suicidarsi per la vergogna, per la ferocia, per labominio di cui si sono resi colpevoli. Patrizia non ha fame. Mangia meno di met pizza. Ogni volta che pensa queste cose, lo stomaco le si chiude. E oggi incazzata, come sempre e pi di sempre. Perch, ormai da anni, ha imparato a convertire la disperazione in rabbia e la rabbia in forza. Perch lei sa quanta ce ne vuole, di forza, a guardare negli occhi i bambini malati di leucemia del suo reparto, pensando che non diventeranno mai adulti, che moriranno prima, che soffrono come nessun bambino dovrebbe soffrire mai. Lei sa cosa significa incontrare ogni giorno bambini che hanno patologie tipiche degli 80enni ex fumatori. Patrizia conserva da anni i disegni che fanno i suoi giovanissimi pazienti e medita, prima o poi, di esporli, al Nord, in una di quelle belle cittadine pulite, dove il fetore di tutto questo letame politico e industriale non arriva, non si sente. E pensa pure, Patrizia, prima o poi lo far, di tapezzare nottetempo tutta Taranto, con quei disegni, scrivendoci in calce il nome di quel bambino e quanti anni aveva quando morto. Patrizia vuole tappezzare tutta la citt. Tutti i portoni. Tutti i lampioni. Tutte le case abitate da chi continua a turarsi il naso, a far finta di niente, a pensare che sia normale, o giusto, o accettabile, o comprensibile, o trascurabile, un certo numero di morti per il PIL nazionale. Patrizia ama i bambini. Non pu averne. E li ama. E lei, da questa citt, non se ne andr mai. Perch c una battaglia da combattere. C la giustizia da pretendere. Perch domani salir sul palco a una manifestazione in occasione della visita dei Ministri Clini e Passera. Parler. E, per qualche minuto, chiunque ascolter il grido umano che si lever dal palco, prover sulla pelle gli stessi brividi con cui lei convive da anni.

FORZA JOHN e FASULINO Franco detto Forza John un personaggio piuttosto noto a Taranto. Non dichiarato a cosa debba la sua fama, genericamente viene definito traffichino, che un appellativo dal valore discutibile, a met tra la persona sveglia e il disonesto. uno di quelli che conosce tutti, che sa i fatti di tutti, a cui chiedere favori, a cui fare favori. Profondo cultore dellarte dellarrangiarsi, ragionevole supporre che abbia vissuto con il sussidio di disoccupazione e qualche lavoretto in nero, anche al limite del malaffare. Adesso di anni ne ha 60, sposato con Teresa e, da sempre, vivono sui Tamburi. Sono nonni di Luca e Carmela e ogni tanto li tengono a casa, perch la figlia, Gabriella, va a fare le pulizie da certe famiglie in centro, dove prende 8 euro allora, in nero. Per sono brava gente, racconta Forza John a Fasulino, quindi Gabriella si trova bene e per loro, lui e Teresa, non un problema tenere i bambini a casa. Lunica cosa, spiega Forza John che deve il suo soprannome al fatto che da giovane assomigliava a un fumetto dellepoca che quelli, Luca e Carmela, quando stanno con la madre, sono abituati a uscire a giocare fuori, che loro stanno alle case popolari in Via Dante. Mentre i nonni, sui Tamburi, non possono farli uscire a giocare, lhanno detto i dottori e lha detto pure il Sindaco. Fasulino non sa di cosa stia parlando Forza John, allora lui gli spiega che un paio di mesi prima a tutte le famiglie residenti sui Tamburi era stata inviata una lettera che raccomandava di non far uscire i bambini da casa, a giocare allaria aperta e che, nel caso fossero usciti, avrebbero dovuto s ostare sulle aree pavimentate e assolutamente non giocare sul prato delle aiuole. Inoltre, una volta rientrati a casa, i bambini avrebbero dovuto fare la doccia e lo shampoo e i loro vestiti avrebbero dovuto essere lavati immediatamente. E quindi, spiega Forza John, mentre arriva un bel piatto di spaghetti allo scoglio e lui inizia a mangiare e continua a parlare, e mastica, e parla, e mastica, e ingoia, e parla, Franco Froza John spiega che il problema che quando Luca e Carmela stanno dai nonni sui Tamburi, non possono proprio uscire in mezzo alla strada, che poi chi che li deve sistemare. E non che Gabriella ogni volta pu portare i vestiti di ricambio per tutti e due. E che le cose stanno cos e daltro canto bisogna sapersi adattare, perch nella v ita chi si adatta sopravvive. Tutti gli altri no. Fasulino, ascolta. un amico di vecchia data di Forza John e deve il suo soprannome alla sua fisicit, alta e longilinea, che ricorda, per lappunto, la forma di un fagiolino. Fasulino pi giovane di Fo rza John, era il suo galoppino quando erano ragazzi, quello che gli sbrigava un po di commissioni. uno che la galera lha rischiata qualche volta, per fare certi favori a certi amici. Poca roba. Fasulino stato un delinquentello. Niente di pi. Spaccio spiccio, dice lui. Per tirare a campare. Perch Concetta, sua moglie, cha un asma che non pu fare niente. Non per dire, ma caveva un tumore alla pleura, Concetta, e le hanno portato via mezzo polmone, quindi adesso, appena si muove, fatica a respirare. E a lui il sussidio non basta. Per non si mai inzivato a fare mestieri brutti, ci tiene a precisarlo. Si sempre tenuto, per cos dire, su un certo tipo di microcriminalit eticamente sostenibile. Abita alla Salinella, Fasulino. Che la Salinella tutti dicono che un postaccio, per lui ci si trova bene. Secondo lui non mica cos brutto. I bambini giocano al pallone e

nessuno li disturba, e poi vicino allo stadio e la domenica, dopo pranzo, ci mette poco proprio lui ad arrivare ai cancelli. Vive l da 20 anni. E gli sta bene. Fa il suo lavoro e nessuno interferisce. Si definisce un gentiluomo. Non mica uno che opera in mezzo alla strada. No, no. Innanzitutto per arrivare a lui ci vogliono delle referenze. In secondo luogo, lui solo un tramite tra i grossisti e i consumatori. Per uno indipendente. Lui non pesta i piedi a nessuno e nessuno li pesta a lui. E ci che fa, gli viene concesso perch tutti nellambiente conoscono la sua situazione e perch Fasulino un bravo figlio che si sempre pr estato, da ragazzo, quando cera da prestarsi. Fasulino uno che accoglie i clienti in casa sua, quando vanno a comprare lerba, o il fumo, o la cocogna. Vive in una palazzina di 2 piani con lintonaco della facciata che viene gi a pezzi e gli avvolgibi li verdi scoloriti da un cinquantennio di sole battente. Fasulino vive al primo piano e, da aprile a ottobre inoltrato, ha sempre la finestra del soggiorno aperta. Quando si arriva sufficiente fischiare dalla strada che lui ti sente e ti chiede di identificarti, senza affacciarsi, stando ancora seduto in poltrona, davanti alla tv. Poi ti invita a salire, che il portone aperto. Pi precisamente, il portone rotto, non si chiude pi, da anni. Fasulino, quando riceve i suoi ospiti, li accoglie in cucina, li fa accomodare, prende il bilancino e accende il caff, mentre in pantofole, canottiera e bermuda si trascina nello sgabuzzino a prendere il necessario. Al collo cha una collana doro con appeso un ciondolo di Padre Pio, a cui devoto, e un corno. Me ssi insieme. Il sacro e il profano. La fede e la superstizione. Mentre il caff viene fuori da una moka che sembra un residuato bellico, Fasulino prepara la merce per il suo cliente. Poi prende due tazzine di dubbia igiene dalla credenza, chiede quanto zucchero, versa, mescola con lo stesso cucchiaino per entrambe le tazzine e porge il caff allospite, che non ha alcuna possibilit di rifiutare. Il caff bollente, Fasulino afferra la tazzina alzando il mignolo, che ha lunghia pi lunga, ci soffia un po dentro e poi inizia a berlo a piccolissime dosi, ma con una specie di risucchio che dovrebbe servire a non bruciarsi. Bisogna trattarla bene, la gente, dice Fasulino. Dopo che Forza John ha parlato di questa ordinanza per il quartiere Tamburi, Fasulino racconta, a proposito di bambini, che il problema non mica solo per chi vive in quel quartiere. Che pure suo nipote, che sta in centro, in Via Cavallotti, sta passando un brutto quarto dora. Perch al figlio, che nato 5 mesi fa, hanno scoperto un tumore cerebrale e qui nessuno capace di curarlo e forse devono andarsene al nord, da qualche parte dov che ci sono le strutture che queste situazioni possono gestirle. Per un problema. E i soldi non abbastano mai. Hanno ordinato i calamari ripieni. Brutta storia, dice Forza John, con la bocca piena. Brutta storia, ribadisce Fasulino. Poi chiedono a Mimmo di portare unaltra Raffo, che a Taranto, al Ristoro Basile Liuzzi in Via Pitagora, non importa che si mangi carne o pesce, si beve comunque Raffo.

Tra una disgrazia e laltra, i due iniziano a parlare dei vecchi amici, dei ricordi di quando erano ragazzi. Ridono. E pi ridono pi la loro parlata si stringe in un dialetto serratissimo e musicale, genere noise prevalentemente. Forza John ancora non lo sa, ma ha un tumore al colon. E lanno dopo, a quella rimpatriata, lui non ci sar.

CRISTO Cristo a Cristo non ci assomiglia pi. Per, quando era pi giovane, che aveva i capelli lunghi, con la barba, con il suo incarnato chiaro e i suoi occhi cervoni, pareva proprio Ges Cristo. Per questo motivo lo chiamano ancora tutti cos. Anche ora che i capelli ce li ha corti. Anche ora che si fa la barba ogni mattina. Cristo vive in una bella villetta a Lama, sul mare, in uno di quei quartieri in cui una gran quantit di famiglie tarantine si trasferita negli anni novanta per allontanarsi dalla citt e inseguire il sogno preconfezionato di un modello anglosassone di vita, con le villette a schiera e i prati allinglese. Cristo cresciuto a Lama e da ragazzino, con i suoi amici del quartiere, al sabato, andava a mangiare la puccia da Poldo, che cera pure la messaggeria. Poldo il fiore allocchiello di Lama. un pub famoso in tutta la citt per labnormit delle sue pucce. Le pucce sono dei panini rotondi, grossi, fatti con la pasta della pizza e rimpinzati di qualunque genere di amenit. La puccia preferita di Cristo sempre stata quella con uccelletti, patatine e maionese, dove con uccelletti si intendono pezzi di scamorza avvolti nel prosciutto crudo e cotti nel forno. In citt sono circolate sempre una marea di leggende metropolitane sugli standard igienici di Poldo e anche sulle sue materie prime, tra le quali si annoverava persino la carne di cane randagio. Maldicenze messe in giro dalla concorrenza che hanno solo temporaneamente influito sugli affari, senza cancellare mai il fascino mistico e leggendario della Puccia Poldo, la puccia pi grande di tutte, la puccia che pochissimi esseri viventi, mezzi uomini, mezzi idrovori, sono riusciti a finire nella storia dellumanit. Quando cresciuto, Cristo ha iniziato sempre meno a frequentare Poldo. I suoi amici pi grandi hanno preso la patente e, di conseguenza, sono entrati in quella peculiare fase della vita da neopatentati per cui al weekend si percorrono minimo 50 km per andare nei paesi pi improbabili a fare niente. Solo dopo, Cristo ha iniziato a frequentare Piazza della Vittoria e l ha conosciuto Giulia, che aveva i capelli rosso rame e si faceva chiamare da tutti Juls. Juls, ha un sorriso largo e bianco e un leggero strabismo. Lavora online, traduce materiali testuali e tecnici per i suoi clienti. Vive a casa di Cristo, a cui ha dato un figlio da un anno e mezzo. Cristo, invece, lavora allIlva. entrato da operaio e adesso lavora negli uffici, perch uno che sa smanettare con i computer ed uno che non ha mai dato problemi. Ogni tanto qualche giorno di malattia, ma per il resto, tutto liscio. Mimmo si avvicina al loro tavolo per prendere gli ordini e chiede a Cristo se sta in ferie, che lo vede assai abbronzato. Cristo risponde di no, che non in ferie, che il sole lo sta prendendo sulla Statale a manifestare con i suoi colleghi, perch il lavoro prima di tutto, dicono, i suoi colleghi. Perch il lavoro prima di tutto, ha detto lui, da un mese a questa parte. Perch un uomo senza il suo lavoro cos? Perch la sua famiglia, perch Cristo, Juls e Robertino sono una famiglia anche se non c stato un matrimonio, come la campa?

Perch proprio ora che aveva trovato una sua stabilit e gli pareva che la sua vita adulta fosse ben avviata, proprio ora, cosa pu fare? Cristo ha occupato la Strada Statale 106 per Reggio Calabria, con gli altri operai. Cristo ha bloccato laccesso a Taranto. Cristo ha difeso il suo padrone, ha mangiato il suo pranzo al sacco, ha bevuto la sua acqua, ha raccontato alle telecamere che se Taranto inquinata non solo per colpa dellIlva. Cristo ha spiegato che c anche lEni, c anche la Cementir, c un territorio che vive solo grazie allindustria, che non si possono lasciare per strada 12.000 famiglie, pi tutto lindotto. Che il territorio tarantino, in un momento storico e sociale cos difficile, non pu affrontare una simile crisi. Che le fasce sociali pi deboli vanno tutelate. Che chiudere lIlva significherebbe andare incontro a un disastroso incremento di criminalit. Cristo ha spiegato che se gli operai perdono il lavoro, la depressione si abbatter su tutte le altre attivit locali. Cristo ha raccontanto che si pu bonificare, anche se Cristo non lo sa come bonificare, anche se nessuno lo sa come bonificare, anche se nessuno ci crede che si possa bonificare, anche se nessuno pensa davvero che innalzare una barriera di 20 metri intorno allo stabilimento permetter alle polveri sottili di non diffondersi pi nellaria, anche se nessuno pensa che drenare il Mar Piccolo possa rimuovere linquinamento di 50 anni di attivit industriale spregiudicata. Cristo ha occupato la Strada Statale 106 per difendere il suo diritto al lavoro. Cristo ha saputo da 2 ore che il suo collega e amico Tonio, detto Mustaf, con cui cresciuto, che conosce dai tempi delle scuole medie, della messaggeria da Poldo, dei pomeriggi sulla scogliera a fumare le prime sigarette di nascosto, delle prime tresche con le prime ragazze, il suo amico e collega, che ha iniziato insieme a lui a lavorare allIlva, ha il cervello pieno di metastasi. Cristo ha appena saputo che i medici hanno dato a Tonio, detto Mustaf, 35 anni, massimo altri 3 mesi di vita. Cristo non riesce a parlare. Guarda Robertino, seduto sul seggiolone. Guarda Juls. Ascolta Mimmo, il cameriere, complimentarsi con Juls di come sta crescendo bello il piccolo, benedica. E si sente sempre pi lontano da s. Sempre pi rarefatto. Come se stesse uscendo dal suo corpo e stesse guardando la scena dallalto. Pensando che la linea che divide il suo destino da quello di Tonio sottilissima. Quasi inesistente. Pensando che la morte di Tonio sar anche un po la sua morte. Pensando che potrebbe non veder crescere suo figlio. Pensando che presto potrebbe non sentire pi la risata di Juls, che una risata capace di schiarire anche le nubi pi dense, il fumo dellaltoforno, il tanfo tossico della siderurgia sconsiderata. Cristo non riesce a non pensare che anche lui potrebbe essere malato e non saperlo. Cristo non riesce a non pensare che tutti loro, che occupano la Strada Statale 106, sono con buona probabilit malati. E ancora non lo sanno. Ancora non ci pensano. Ancora non capiscono lassurdit della miseria che rivendicano, lirresponsabilit che hanno avuto a non manifestare prima, con pi forza, per quel diritto inalienabile che dovevano pretendere, di lavorare in un ambiente quanto pi salubre possibile. E ora sono l, vittime

sacrificali, anche loro, delle pappette tra industria e politica, mangime per i sindacalisti, a prestare il loro malaugurato fianco alla famiglia Riva, al boia collettivo. Cristo ascolta la risata di Juls, guarda Robertino e pensa che domani no, non scender a occupare la Strada Statale 106.

IL PROFESSOR MONTANARO 4mila tonnellate di polveri, 11mila tonnellate di diossido di azoto, 11mila e 300 tonnellate di anidride solforosa, 1 tonnellata e 300 chili di benzene, 338,5 chili di IPA, 52,5 grammi di benzo(a)pirene, 14,9 grammi di composti organici di benzo-p-diossine e policlorodibenzofurani. Questi i dati ambientali disponibili, che risalgono al 2010. Cataldo li guarda attraverso le lenti progressive dei suoi occhiali e non riesce a capacitarsi di come la cittadinanza, tutta, non sia pronta a scendere in piazza, domani, per la manifestazione in occasione della visita dei ministri Clini e Passera. Cataldo non riesce a comprendere come la popolazione non riesca a unirsi per chiedere che i responsabili paghino, risarciscano e siano, nella pi rosea delle ipotesi, puniti per le loro colpe. Condannati per strage. Per omicidio colposo plurimo e reiterato. Cataldo Montanaro ha 65 anni e sta leggendo un articolo dal suo iPad, mentre aspetta che arrivino le sue lasagne. membro storico di unassociazione ambientalista che da anni investe tempo ed energie per lottare contro la turpe azione dellIlva, ex Italsider, su Taranto. Cataldo ha insegnato Lettere per 35 onoratissimi anni di carriera, 20 dei quali al Liceo Classico Archita di Taranto e i suoi alunni lhanno sempre stimato, e sempre temuto. panciuto, ha la barba bianca e, quando legge, guarda attraverso le lenti progressive dei suoi occhiali. E no, non stato semplici abituarcisi, alle lenti progressive. vedovo di Rosaria, che lui ha affettuosamente chiamato Rosi per tutti i 30 anni del loro matrimonio. La chiamava proprio Rosi, non Rosy. Che per lui cera una differenza sostanziale. E la y non gli ha mai fatto simpatia. Rosi era di Lecce, si era trasferita a Taranto per amore di Cataldo, che alla sua citt sempre stato legatissimo e che pur avendo avuto, da giovane, la possibilit di andare a studiare e a vivere fuori - in un tempo in cui in pochi avevano questa possibilit - aveva scelto di rimanere. padre di due figli: Umberto e Monica. Umberto ha studiato al politecnico di Milano e oggi, ancora a Milano, lavora in una societ di consulenza, senza smettere di coltivare la sua grande passione per la fotografia e la regia. Monica, invece, ha studiato a Bologna e oggi vive a Roma, dove convive con Jacopo e lavora come giornalista. E, anche se Cataldo non glielo dir mai, perch di quella parrocchia per cui i figli si baciano mentre dormono e non quando sono svegli, Monica il suo orgoglio pi grande. E Monica assomiglia in maniera straordinaria a Rosi. Anche di Umberto molto orgoglioso, naturalmente. Ed entrambi gli mancano terribilmente. Specialmente da quando Rosi non c pi. Ma quel giorno lontano, in cui i suoi figli gli dissero di voler andare via da Taranto, lui non oppose alcuna resistenza e, anzi, li incoraggi. Del resto, si sa, i figli devono fare la loro vita e ci che conta, per un genitore, per quel genere di genitore che Cataldo, che stiano bene, ovunque siano. Cataldo, Rosi, Umberto e Monica hanno vissuto quasi tutta la loro vita in una bellissima villa a Gandoli, vicino al mare. Stavano l anche linverno. E la distanza dalla citt non mai pesata a nessuno di loro. I bambini avevano spazio per giocare, i vicini erano discreti ed educati, il mare era bellissimo, specialmente dinverno,

perch la magia si mischiava con lodore dello iodio, e intorno cera il silenzio, e gli scogli vuoti la domenica mattina, con il vento che soffiava carico di aromi che solleticavano la fantasia, e tutto questo era pura poesia per tutti i sensi insieme. Quando i ragazzi sono cresciuti, il giardino era diventato il ritrovo di tutti i loro amici: facevano grigliate, cene, feste. E destate restavano a chiacchierare fino allalba sul dondolo. E Cataldo ha sempre sospettato che fumassero un po di canne, in quelle lunghe nottate. Ma erano ragazzi e, tutto sommato, andava bene cos. Furono anni felici. Non c che dire. Finch Rosi non si ammal e non se ne and. I ragazzi vivevano gi fuori e lui le stato accanto per i due anni di lotta, di resistenza, di ostinata sopravvivenza al suo tumore al fegato. Aveva 52 anni. E, per Cataldo, era bellissima. Dopo la sua morte, Cataldo non riusc a continuare a vivere in quella villa a Gandoli che era improvvisamente diventata troppo grande, troppo vuota, troppo silente. Decise di trasferirsi in citt. Di pi. Decise di trasferirsi in un appartamento a Taranto Vecchia, al terzo piano di uno dei pochi palazzi restaurati della zona. La casa, in cui tuttoggi vive, costituita da 3 ampi vani con pavimenti antichi ripuliti a lustro. una casa al terzo piano, biesposta, vista mare. Vista Ilva. E non un caso, perch Cataldo, ogni mattina, quando si sveglia, vuole guardare in faccia labnorme parassita che ha prosciugato la linfa di una citt e di una popolazione. Non un caso, perch lui, la notte, quando non dorme, quando legge attraverso le sue lenti progressive, deve poter vedere attraverso la finestra la grande industria. Deve monitorarla. Deve filmarla con il suo iPhone, quando con il buio, al riparo dai controlli, via i filtri, le emissioni si moltiplicano. E il cielo pare sanguini, rosso come diventa, di veleno. Vivere a Taranto Vecchia non semplice, soprattutto allinizio. La popolazione autoctona deve accettare le new entry. Non frequente che qualcuno si trasferisca a vivere a Taranto Vecchia. Anzi, non succede quasi mai. Ecco perch quelli del posto non sono abituati alle nuove presenze. Ecco perch hanno bisogno di inquadrarle, prima di accettarle. Ci sono delle regole, che devono essere comprese e rispettate. E poi ci sono i vicoli strettissimi, le luci giallognole a sera, le chianche lucide che pavimentano le vie principali, c il Duomo e c San Domenico, che romanica e bellissima. Poi ci sono le voci, che dalle case si versano per le strade, scavalcando le finestre socchiuse, e regalano stralci di verit, e denudano le intimit domestiche, spogliandole della forma, dei modi, delle maniere. Riducendo lumanit allosso. Alla sua sintesi pi brutale. E poi c il puzzo di piscio che da certi angoli si leva e si confonde con lodore del pesce della Discesa Vasto. Ci sono i panni stesi ad asciugare, i bambini con lorecchino al lobo, le signore con i seni appesi e le scarpe consumate. Ci sono i ragazzini che in motorino ci vanno in 2 senza casco e impennano. Ci sono i vecchi che giocano a carte seduti sulle casse di plastica di Birra Raffo. E poi, ci sono i pescatori.

Cataldo da quando vive a Taranto Vecchia, ha conosciuto Ercole, che lo storico rifornitore di Cicce U Gnure. Cicce U Gnure sta alla pescheria, come la Coca Cola sta alle bibite gassate. Non esiste un solo tarantino che, pensando alluniverso cognitivo legato alla pesca, alle pescherie, al pesce in generale, non pensi automaticamente a Cicce U Gnure. Cataldo ha fatto amicizia con Ercole che, a dispetto del nome, piuttosto mingherlino. Ercole, specificatamente, un mitilicoltore, un cozzarulo. Due mattine fa Cataldo lha visto in Piazza Castello, nei pressi di un bar vicino alle Colonne Doriche e ci ha scambiato due chiacchiere. Pare che la situazione, per loro, sia pessima. Il lavoro di unintera stagione vanificato. Tonnellate di cozze inquinate da distruggere. E, senza cozze, per loro non c pane. Non c lavoro. Non ci sono soldi e nemmeno ammortizzatori sociali. Ercole, che di solito un tipo sorridente, di quelli assai ignoranti e assai solari, parla solo il dialetto. E Cataldo risponde in dialetto. Anche se un professore di Lettere. Perch quello che conta riuscire a parlare. E per parlare con la gente, bisogna usare la sua stessa lingua. Arrivano le lasagne e Cataldo non smette di chiedersi come sia possibile che tutti i media raccontino la stessa storia parziale. Come tutti si concentrino su un solo aspetto di una vicenda talmente complessa. Come la storia di un operaio della provincia di Lecce abbia pi risonanza della storia di Ercole che a Taranto c nato, c vissuto e ci creper. Di sckattacuore, se continuer a non sapere come sfamare la sua famiglia. E Cataldo non ci crede alla favoletta dellindustria eco-compatibile. Non qui. Non in Italia. Non a Taranto. Credere a questa storia, per lui, ipocrisia. una scorciatoia. lennesima presa in giro a cui prestarsi per non riconoscere che per il bene di una forma di economia, nella sua citt, sono state ignobilmente sacrificate tutte le altre attivit. Calpestando una cultura del territorio che pre-esisteva e che messa, giorno dopo giorno, sempre pi a rischio, in modo sempre pi irreparabile. E Cataldo non ci crede alla favoletta della bonifica. Perch nessuno sa come bonificare. Non qui. Non in Italia. Non a Taranto. Cataldo lo sa che non apparir mai, miracolosamente, SiderMan, il supereroe che, armato dello scalpo di Vendola, bonificher la testa e lo spirito dei politici, delle amministrazioni, degli uomini di potere, dei singoli operai che contribuiscono a truffare la legge e se stessi, di quei cittadini che non impareranno mai cos il bene comune. Cataldo lo sa che non apparir miracolosamente SiderMan, il supereroe che con pochi spiccioli sapr bonificare tonnellate di terreno, metrocubi di aria, mari interi. Cataldo un ambientalista. Con tutta lamarezza che prova chi comprende la gravit della situazione, ritiene che lIlva debba chiudere. Senza se. Senza ma. Perch, forse, produrre responsabilmente sarebbe possibile, altrove. Ma qui, gli ultimi 50 anni di storia sconfessano qualunque risibile illusione. E lindomani, alle 08.30 del mattino, Cataldo ci sar, in Piazza Maria Immacolata. Per unire la sua voce a quella di quegli operai, quei pescatori, quegli agricoltori, quei cittadini che si definiscono Liberi e Pensanti e che, in pieno possesso delle proprie facolt, chiedono riscatto per una citt dimenticata dagli uomini, dalle autorit, da Dio e, forse, persino dal demonio.

*** Bevono un limoncello, i signori? Offre la casa!


Lavoro al Ristoro Basile Liuzzi di Taranto, in Via Pitagora, da trentanni. Quando gli ultimi clienti, quelli che noi chiamiamo affezionados, finiscono di cenare, di solito, ci offriamo un amaro o un limoncello. Io mi permetto sempre di consigliarlo, il limoncello. Perch lo facciamo noi, con i limoni dell albero che sta a casa di Gino. Proprio biologico. Per abbiamo anche il Lucano, che un altro classico. Vi stavo dicendo che la cosa incredibile che tutte queste persone, in qualche maniera, si conoscono. Andrea e Doriana Fusina conoscono i Fratelli Lupo, perch Doriana stata fidanzata con uno che suonava con loro. Il signor Riccardo conosce la Dottoressa Conte, perch andavano a scuola insieme e tutti e due channo avuto per professore il Signor Cataldo. Cristo un collega dello zito della ragazza riccia che sta al tavolo dei Fratelli Lupo. Mentre Franco Forza John, beh, chi non lo conosce. Qua a Taranto lo conosciamo tutti. proprio un personaggio, lui. Ma famoso come Francucch Mill Lir, che ogni volta chiedeva a tutti i passanti se cavevano 1000 lire da dargli o March Poll che ogni volta che lo incontravo ci compravo una schedina gi compilata, che lui le vendeva e cos campava. Non sono manco sicuro perch lo chiamavano tutti March Poll. Mi sa che il padre stava imbarcato sulla Marco Polo. Ma dovrei chiedere a mio fratello pi grande, che se lo ricorda meglio. Comunque, a me dai discorsi che ho sentito fare stasera, mi pare che domani ci sar un bel po di gente alla manifestazione. Io me lo auguro, onestamente. Perch qua tutti sono abituati a pensare per s e certe volte la gente non capiscono che ci sono certe cose che ci devono importare a tutti. Io domani andr, alle 08.30, in Piazza Maria Immacolata. Ci andr perch Ilaria, mia figlia, tiene 4 anni. E io, per lei, non chiedo tanto. Voglio solo che deve essere libera. Libera di scegliere dove vivere. Libera di scegliere cosa fare. Libera di giocare con i suoi amici allaria aperta. Libera di respirare. E di farlo senza avere paura.

Das könnte Ihnen auch gefallen