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INDICE

1. VIENE DIETRO DI ME QUELLO PI FORTE DI ME


(1,1-8)

9
9

2. TU SEI IL FIGLIO MIO, IL DILETTO


(1,9- 11)

16
16

3. LO SPIRITO LO GETTA FUORI NEL DESERTO


(1,12-13)

19
19

4. GIUNTO IL MOMENTO
(1,14-15)

23
23

5. QUI, DIETRO A ME!


(1,16-20)

26
26

6. TACI
(1,21-28)

30
30

7. E SERVIVA LORO
(1,29-31)

35
35

8. FATTASI SERA
(1,32-34)

38
38

9. ANDIAMO ALTROVE
(1.35-39)

40
40

10. VOGLIO, SII MONDATO!


(1,40-45)

43
43

11. IL FIGLIO DELL'UOMO HA POTERE DI RIMETTERE I PECCATI SULLA TERRA 47

(2,1-12)

47

12. NON VENNI A CHIAMARE I GIUSTI, MA I PECCATORI


(2,13-17)

54
54

13. LO SPOSO CON LORO


(2,18-22)

59
59

14. SIGNORE IL FIGLIO DELL'UOMO ANCHE DEL SABATO


(2,23-28)

63
63

15. TENDI LA MANO


(3,1-6)

66
66

16. UNA BARCA PICCOLA PER NON ESSERE SCHIACCIATI DALLA FOLLA
(3,7-12)

70
70

17. E FECE DODICI PER ESSERE CON LUI E PER INVIARLI


(3,13-19)

74
74

18. CHI SONO MIA MADRE E I MIEI FRATELLI?


(3,20-35)

80
80

19. E DAVA FRUTTO CHE VENIVA SU E CRESCEVA


(4,1-9)

86
86

20. TUTTO IN PARABOLE


(4,10-12)

90
90

21. NON INTENDETE QUESTA PARABOLA: E COME CAPIRETE TUTTE LE PARABOLE?


(4,13-20)

93
93

22. GUARDATE CI CHE ASCOLTATE


(4,21-25)

97
97

23. E DORMA E VEGLI, E DI NOTTE E DI GIORNO, IL SEME GERMOGLIA E CRESCE LO STESSO 100
(4,26-29) 100

24. PI PICCOLO DI TUTTI I SEMI DELLA TERRA


(4,30-34)

102
102

25. PERCH SIETE PAUROSI COS? COME NON AVETE FEDE?


(4,35-41)

105
105

26. ESCI, SPIRITO IMMONDO, DALL'UOMO


(5,1-20)

109
109

27. LA TUA FEDE TI HA SALVATA


(5,21-43)

115
115

28. E SI MERAVIGLIAVA DELLA LORO NON FEDE


(6,1-6a)

122
122

29. CHIAMA INNANZI I DODICI E COMINCI A INVIARLI


(6,6b-13)

126
126

30. LEVARONO LA SUA SPOGLIA E LA DEPOSERO IN UN SEPOLCRO


(6,14-29)

131
131

31. VENITE VOI SOLI IN DISPARTE


(6,30-33)

135
135

32. ALZATI GLI OCCHI AL CIELO, BENEDISSE E SPEZZ I PANI, E LI DAVA


(6,34-44)

138
138

33. CORAGGIO, IO SONO, NON TEMETE!


(6,45-56)

142
142

34. IL LORO CUORE LONTANO DA ME


(7,1-23)

146
146

35. NON BELLO PRENDERE IL PANE DEI FIGLI E GETTARLO AI CAGNOLINI


(7,24-30)

152
152

36. EFFATH, CIO: APRITI!


(7,3 1-37)

155
155

37. HO COMPASSIONE
(8,1-10)

159
159

38. NON SARA DATO NESSUN SEGNO


(8,11-13)

163
163

39. GUARDATEVI DAL LIEVITO DEI FARISEI E DAL LIEVITO DI ERODE


(8,14-21)

166
166

40. VEDI FORSE QUALCOSA?


(8,22-26)

169
169

41. MA VOI, CHI DITE CHE IO SIA?


(8,27-30)

173
173

42. IL FIGLIO DELL'UOMO DEVE MOLTO SOFFRIRE


(8,31-33)

176
176

43. SE UNO VUOLE


(8,34-38)

180
180

44. QUESTI IL FIGLIO MIO, IL DILETTO: ASCOLTATE LUI!


(9,1-10)

184
184

45. COME MAI STA SCRITTO DEL FIGLIO DELL'UOMO CHE DEVE PATIRE MOLTO?190
(9,11-13) 190

46. QUESTA SPECIE CON NULLA PU USCIRE SE NON CON LA PREGHIERA


(9,14-29)

192
192

47. IL FIGLIO DELL'UOMO CONSEGNATO IN MANI DI UOMINI


(9,30-32)

198
198

48. DI CHE COSA DISCUTEVATE LUNGO LA VIA?


(9,33-37)

200
200

49. NON IMPEDITELO


(9,38-40)

204
204

50. NEL NOME


(9,41-50)

207
207

51. NON SONO PI DUE, MA UNA CARNE SOLA


(10,1-12)

211
211

52. DI CHI COME LORO IL REGNO DI DIO


(10,13-16)

215
215

53. TUTTO POSSIBILE PRESSO DIO


(10,17-31)

218
218

54. ECCO, SALIAMO A GERUSALEMME


(10,32-34)

224
224

55. COSA VOLETE CHE IO FACCIA PER VOI?


(10,35-45)

227
227

56. COSA VUOI CHE IO FACCIA PER TE?


(10,46-52)

231
231

57. IL SIGNORE NE HA BISOGNO


(11,1-11)

237
237

58. NESSUNO PI IN ETERNO MANGI FRUTTO DA TE


(11,12-14)

242
242

59. LA MIA CASA SAR CHIAMATA CASA DI PREGHIERA PER TUTTE LE GENTI. MA VOI NE AVETE FATTO UNA SPELONCA DI LADRI 244
(11,15-19) 244

60. ABBIATE FEDE DI DIO


(11,20-26)

247
247

61. VI DOMANDER UNA SOLA PAROLA, E RISPONDETEMI


(11,27-33)

250
250

62. LA PIETRA CHE I COSTRUTTORI RIGETTARONO, QUESTA DIVENNE TESTATA DANGOLO 253
(12,1,12) 253

63. DATE A CESARE CI CHE DI CESARE E A DIO CI CHE DI DIO


(12,13-17)

258
258

64. NON UN DIO DEI MORTI MA DEI VIVENTI


(12,18-27)

261
261

65. NON SEI LONTANO DAL REGNO DI DIO


(12,28-34)

265
265

66. DAVIDE LO DICE SIGNORE, E COME SUO FIGLIO?


(12,35-37)

268
268

67. DALLA SUA MISERIA GETT QUANTO AVEVA, TUTTA INTERA LA SUA VITA271
(12,38-44) 271

68. NON SAR LASCIATA QUI PIETRA SU PIETRA


(13,1-2)

274
274

69. GUARDATE CHE NESSUNO VI INGANNI


(13,3-23)

277
277

70. ALLORA VEDRANNO IL FIGLIO DELLUOMO VENIRE NELLE NUBI


(13,24-27)

284
284

71. DAL FICO IMPARATE LA PARABOLA


(13,28-32)

287
287

72. LO DICO A TUTTI: VEGLIATE


(13,33-37)

290
290

73. A CHE PRO QUESTO SPRECO?


(14,1-11)

293
293

74. L PREPARATE PER NOI


(14,12-16)

299
299

75. UNO DI VOI MI CONSEGNER


(14,17-21)

303
303

76. QUESTO IL MIO CORPO QUESTO IL MIO SANGUE DELLALLEANZA


(14,22-26)

306
306

77. TRE VOLTE MI RINNEGHERAI


(14,27-31)

311
311

78. DIMORATE QUI E VEGLIATE


(14,32-42)

314
314

79. SI COMPIANO LE SCRITTURE


(14,43-52)

320
320

80. IO SONO
(14,53-65)

325
325

81. NON CONOSCO QUESTUOMO


(14,66-72)

330
330

82. CROCIFIGGILO
(15,1-15)

334
334

83. SALVE, O RE DEI GIUDEI


(15,16-20)

339
339

84. PRENDA LA SUA CROCE


(15,21)

342
342

85. LO CROCIFIGGONO
(15,22-28)

345
345

86. SALVA TE STESSO


(15,29-32)

348
348

87. VERAMENTE QUESTUOMO ERA FIGLIO DI DIO


(15,33-39)

350
350

88. CERANO ANCHE DELLE DONNE CHE GUARDAVANO


(15,40-41)

356
356

89. LO DEPOSE IN UN SEPOLCRO


(15,42-47)

360
360

90. GES IL NAZARENO, IL CROCIFISSO, RISORTO


(16,1-8)

364
364

91. ANDATE IN TUTTO IL MONDO E PREDICATE IL VANGELO A OGNI CREATURA370


(16,9-20) 370

1. VIENE DIETRO DI ME QUELLO PI FORTE DI ME


(1,1-8)
11 Principio del Vangelo di Ges Cristo Figlio di Dio. 2 Come sta scritto in Isaia profeta: Ecco, io mando il mio angelo davanti al tuo volto, che preparer la tua via. 3 Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, fate diritti i suoi sentieri, 4 venne Giovanni a battezzare nel deserto e a proclamare un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. 5 E usciva verso di lui tutta la regione giudea, e tutti quelli di Gerusalemme, ed erano battezzati da lui nel fiume Giordano confessando i loro peccati. 6 Giovanni era vestito di peli di cammello, una cinta di pelle ai fianchi, mangiava locuste miele selvatico. 7 E proclamava dicendo: Viene dietro di me quello pi forte di me, del quale io non sono sufficiente a inchinarmi e sciogliere il laccio dei suoi sandali. 8 Io vi battezzai con acqua, ma lui vi battezzer in Spirito Santo. 1. Messaggio nel contesto Viene dietro di me quello pi forte di me, proclama Giovanni alle folle, aprendole all'attesa di colui che chiamer tutti ad andare dietro di lui. Cos la voce prepara la via alla Parola, annunciando colui che battezzer nello Spirito Santo. Questo brano introduttivo, molto denso, sar chiaro solo alla fine. Se ci vero di ogni introduzione, lo in modo particolare nel caso di Marco, che termina rimandando al principio. Dopo il titolo (v. 1), prima di mostrarci chi Dio davanti all'uomo, Marco ci mostra come deve essere l'uomo davanti a Dio. E lo fa con due citazioni bibliche che rilevano i due filoni profetici portanti dell'AT (vv. 2-3), di cui il Battista l'icona vivente ( vv. 4-8). L'insieme una vigorosa sintesi della rivelazione fatta ad Israele, quasi un breve sunto del cammino di Antico Testamento che ciascuno chiamato a percorrere se vuol accogliere il Signore che viene. L'uomo che non schiude il cuore ai desideri che Dio vi ha immesso e all'attesa di ci che lui ha promesso, non pu comprendere il mistero di Ges.

JHWH ha impiegato due millenni - che lunga educazione! - per condurre un popolo a scoprire due verit. La prima che l'uomo desiderio di Dio, perch, fatto a immagine e somiglianza sua, trova in lui la propria realt. La seconda che Dio stesso desiderio di darsi a lui, perch, attraverso tutti i suoi doni, altro non vuole che fargli il dono di s somma di tutti i doni e sommo dono oltre ogni desiderio. Sar bene fermarsi su questi primi versetti per esplicitarne, almeno sommariamente, i principali temi. Altri saranno rilevati di volta in volta in ogni singolo racconto attraverso i richiami e le allusioni all'AT che contengono. La prima condizione necessaria per accogliere il Signore che viene, la sete di giustizia. L'uomo trova uno scarto irriducibile tra ci che e ci che dovrebbe essere. Ma guai se si rassegna: una situazione che Dio non vuole. Lui in persona ha promesso di venire a compiere il suo giudizio, che pone fine a ogni ingiustizia (v. 2 = Ml 3,1 ss). Questo il primo cardine della fede di Israele: il mondo non sottost al dominio e all'arbitrio dell'uomo peccatore e ingiusto, ma alla signoria di Dio, che santo e giusto. La seconda condizione la sete di libert. L'uomo intrappolato in molte forme di schiavit interna ed esterna. Vede il bene, ma incapace di attuarlo; intuisce la felicit, ma impotente a conseguirla; si sente impedito dentro e fuori di raggiungere ci per cui fatto. A chi teme che la libert sia impossibile, c' una voce che grida di aprire nel deserto la strada che porta dalla terra di schiavit alla patria del desiderio. Altrove l'uomo in esilio. Solo qui pu abitare, perch qui la sua casa, che Dio gli ha donato e ha promesso di ridonargli (v. 3 = Is 40,1 ss). Giovanni l'angelo (= annunciatore), cio il profeta che, denunciando il peccato e annunciando il perdono, dispone l'uomo a convertirsi alla giustizia di Dio. Egli insieme anche la voce di incoraggiamento, che prepara per il nuovo esodo verso la libert. Ultimo dei profeti, tratteggiato con i lineamenti del primo, di cui ribadisce e chiude l'insegnamento. t Elia, che viene a convertire i cuori (Ml 3,23), perch si aprano al Signore. il profeta per eccellenza, il dito puntato su Ges, colui che deve venire. La sua prima caratteristica quella di vivere ci che annuncia. Infatti sta nel deserto, gi fuori dall'ingiustizia e in marcia verso la libert. Insoddisfatto di tutto ci che vecchio, in attesa del nuovo. L'uomo qualificato da ci che attende. Troppo grande per bastare a se stesso (Pascal), sempre sbilanciato, col peso della propria verit davanti a s. Per questo nostalgia del futuro, con il cuore punto dal dolore di ci che ancora non c'. Attratto dal desiderio, sempre in ricerca di ci che per lui l'essenziale, la sua stella che ancora gli manca. A differenza di tutte le altre cose, che sono ci che sono, l'uomo in realt ci che ancora non , e diventa ci verso cui tende. Di natura eccentrico, con il suo centro fuori di s, necessariamente viator, in cammino verso il suo luogo naturale, che gli sta sempre un po' pi avanti. Come l'albero cresce verso l'alto e il sasso cade verso il basso, cos l'uomo misteriosamente attirato verso il suo volto nascosto. Il Battista l'uomo dei desideri, e ne dichiara prossimo il compimento: colui che viene dietro di lui sar il baciarsi di ogni attesa dell'uomo e di ogni promessa di Dio. Infatti ci battezzer (= immerger) nello Spirito Santo (= vita di Dio). In Ges, il Dio che si immerge nella realt umana, l'uomo si immerge nella vita di Dio. In sintesi, il v. 1 ci dice le caratteristiche, il contenuto e la divisione generale del vangelo, che Ges Cristo, Figlio di Dio; i vv. 2-3 evidenziano in breve l'attesa fondamentale di Israele - la venuta del Signore e la fine della nostra schiavit; i vv. 4-8 ci presentano il Battista come incarnazione dell'attesa, che ormai sfocia nel compimento. Ges l'atteso: il Signore che viene a immergerci nel suo Spirito, compiendo cos la sua giustizia e guidandoci nel ritorno dall'esilio a casa. Il discepolo deve coltivare in s quei desideri che Dio ha suscitato in Israele con la sua parola e che il Battista testimonia esemplarmente: la sete di fraternit e di libert, il coraggio di uscire, la forza di affrontare il deserto, la conoscenza del peccato e dei perdono, la volont di conversione, l'attesa del pi

forte che viene e del dono del suo Spirito. Tutto ci che Ges far e dir nel seguito del vangelo, sar progressivamente capito e sperimentato da chi ha queste disposizioni, che per altro, pi che presupposte, verranno suscitate dalla sua azione e dalla sua parola. 2. Lettura del testo v. 1 Principio. In questa parola echeggia l'inizio della Bibbia, quando Dio cre l'universo (Gn 1,1). Egli non antagonista, bens sorgente della sua creatura. Ges il principio di un mondo nuovo, con cieli nuovi e terra nuova, dimora dell'uomo nuovo. Vangelo. Significa buona notizia, che d gioia. Si capisce meglio la parola vangelo se la si confronta con legge. Questa fa conoscere il limite del bene, vieta e denuncia il male, giudica e condanna chi lo compie. Suo principio immediato la coscienza. Ma fin dall'inizio l'uomo ha confuso Dio con la legge: lo ha considerato solo come padre, e per di pi in modo umano e parziale; e l'ha scambiato con il proprio super-io. Certa predicazione pu aver favorito questo equivoco. Il vangelo la buona notizia che Dio non il padre-padrone, giudice onniveggente e spietato. Egli non il divieto supremo, ma la possibilit ultima dell'uomo. La coscienza giustamente ci stimola, ci giudica e ci condanna. Ma una menzogna mortale travestirla da Dio. Egli infatti padre in quanto madre, che perdona e accoglie sempre, con un amore proporzionale al bisogno del figlio. Pi il male ci allontana da lui, pi lui ci si fa vicino. La nostra miseria l'unica misura della sua misericordia. Solo la croce riveler chi Dio per noi e chi siamo noi per lui: lui amore senza limiti e noi siamo suoi figli, amati in proporzione al nostro peccato. Il vangelo, attraverso il racconto della vita di Ges, ci dona questa nuova esperienza di Dio. Infatti potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede (Rm 1,16). Marco utilizza il termine vangelo sette volte (13.14.15; 8, 35; 10, 29; 13,10; 14,9). Indica sia l'annuncio fatto da Ges che l'annuncio fatto su di lui che insieme annunciatore e annunciato. Egli infatti presente nella parola su di lui, come il maestro interiore che parla al cuore e lo apre ad accoglierla (At 16,14). Il termine vangelo trova il suo complemento nel termini paralleli Parola e regno di Dio. Ges. La buona notizia Ges stesso. La sua carne ci rivela chi Dio. Tutto il vangelo parla di lui, contenuto di tutti i racconti. Quando diciamo: Ges il Cristo e il Figlio di Dio, il Salvatore e il Signore, dobbiamo stare attenti a non proiettare su di lui le nostre paure e i nostri desideri, facendone l'attaccapanni di tutto l'armamentario del nostro senso religioso. Questo sta all'origine di ogni religiosit servile in nome di Dio e di ogni ateismo in nome dell'uomo - infatti il Dio che le religioni propongono il medesimo che l'ateo nega. Invece di dire: Ges il Cristo e il Figlio di Dio, dovremmo dire: II Cristo e il Figlio di Dio. Ges. Quest'inversione tra soggetto e predicato non un gioco di parole. Serve per guarirci dalla perversione della nostra immagine di Dio. Infatti il soggetto la x ignota di cui affermo il predicato, che noto. Ora Dio nessuno l'ha mai visto; solo il Figlio, che nel seno del Padre, lo ha rivelato (Gv 1, 1 8). Ges quindi il predicato, che ci manifesta un Dio sorprendente, totalmente altro rispetto a quello di ogni religione e di ogni ateismo. Ci che lui fa e dice una continua smentita di ogni nostra ovviet e la sua croce sar la distanza infinita che Dio ha posto tra se stesso e l'idolo (Bonhoeffer). L'uomo, in genere, pi che ateo, idolatra. Si fa di Dio l'idea che pu, e l'accetta o rifiuta secondo la propria convenienza, ponendo il proprio assoluto in lui o nella negazione di lui.

L'ateismo pu essere letto positivamente come istanza anti-idolatrica negazione di un Dio troppo facilmente immaginato e desiderio di uno diverso. Egli infatti santo, radicalmente altro da ogni nostro ragionare su di lui. Il senso religioso porta in s una domanda legittima, inalienabile dal cuore dell'uomo; ma non pu generare una risposta sensata. t un giusto appetito naturale, che, se non si apre a Dio cos come si rivela nella carne di Ges, scambia i propri succhi gastrici per cibo. D'altra parte nessun appetito pu produrre ci che lo sazia! Non a caso Ges verr condannato a morte per bestemmia (14,64) e sar riconosciuto Dio solo sulla croce e dalla persona meno religiosa (15,39). La storia di Ges la critica pi radicale di ogni religione e di ogni ateismo: spiazza tutti, giusti ed empi, presentando l'umanit di un Dio ucciso dai giusti e morto in croce per gli empi - e quindi salvezza per tutti. Il vangelo vuole illuminarci su chi Ges. Chi costui? la domanda di Marco. La sua identit, suscitata prima come problema attraverso le sue azioni, rivelata poi attraverso la Parola, che illumina il mistero di un Dio crocifisso per l'uomo. La prima parte narra i miracoli, e, liberando i nostri desideri profondi, ci fa vedere in lui la nostra speranza, il Cristo (8,29). La seconda parte purifica questi desideri, confrontandoli con la parola della croce, per giungere all'illuminazione che ci fa vedere in lui il Figlio di Dio (15,39). Il vangelo tutto un'educazione del desiderio, prima suscitato e poi decantato da ogni scoria di egoismo. Cristo. il primo attributo di Ges. una parola greca che traduce l'ebraico messia, e significa unto, cio re (i sovrani si consacravano con l'unzione). Il re l'immagine di Dio in terra: libero e potente, l'uomo ideale, ideale di ogni uomo. In Israele c'era l'attesa di un capo che, a differenza di tutti gli altri che dominano e opprimono (10,42 ss; cf Gdc 9,8-15; 1Sam 8,1 ss), avrebbe portato al mondo la giustizia e la libert di Dio, secondo la profezia fatta da Natan a Davide (2Sam 7,12-16). Questa parola era quasi diventata il cognome di Ges. Marco le rid il suo significato originario, usandola solo qui e a met vangelo (8,29). Le azioni che lui fa mostrano e realizzano chi il Cristo. Egli il compimento di ogni attesa delluomo, finalmente restituito a se stesso nella sua integrit interna ed esterna: il lebbroso mondato, lo zoppo cammina, la mano pietrificata si apre, cessa il dominio del male, della malattia e della morte, c' un pane misterioso che nutre una vita nuova, guarendo orecchio, lingua e occhio, perch l'uomo ascolti, comunichi e veda. E interessante notare che Ges non il Cristo. La mancanza dell'articolo determinato vuoi dire che lui non quel Cristo che ci aspettiamo noi. Infatti Israele attendeva un messia glorioso. Ges invece sar un messia che muore in croce. Figlio di Dio. L'assenza dell'articolo davanti a Figlio e Dio equivale all'articolo indeterminato: indica che ci si presenta un modo di essere Figlio e di essere Dio diverso da quello a noi noto. La seconda parte del vangelo, invece delle azioni e delle parabole di Ges, espone la Parola. Essa dichiara la passione di Dio per noi, e lo rivela direttamente. Invece di dire ci che fa per noi, dice, in ci che noi gli facciamo, ci che lui stesso si fa per noi: amore fino alla morte, e alla morte di croce! L, per la prima volta, conosciamo Dio ed attribuito a Ges il titolo di Figlio (15,39). v. 2 Come sta scritto in Isaia profeta. Marco legge l'opera del Battista alla luce dell'AT, servendosi di una citazione composita da Malachia e Isaia, attribuita a quest'ultimo. La prima parte della citazione (v. 2) indica Giovanni come un angelo che precede la venuta del Signore per il giudizio e annuncia il suo

giorno (MI 3,1 ss). La seconda (v. 3) lo indicher come la voce che annuncia la libert dall'esilio (Is 40,3). Ecco, io mando il mio angelo, ecc. Echeggia Es 23,20, dove Dio promette a Israele un angelo che lo difenda e lo conduca nella terra promessa. Le parole sono di Ml 3,1 ss, che parla della venuta del Signore, del suo giorno e del suo giudizio. La giustizia di Dio, secondo la Bibbia, diversa dalla nostra che, nella migliore delle ipotesi, d a ciascuno il suo. Essa invece capovolge la situazione esistente, togliendo a chi ha e dando a chi non ha (cf il Magnificat). Infatti parte dal presupposto che Dio Padre e noi siamo fratelli, quindi uguali e liberi. Nelle nostre esperienze storiche la giustizia sempre zoppa: quando c' uguaglianza manca la libert, quando c' libert manca l'uguaglianza. E questo necessariamente, perch manca l'origine di ambedue: la fraternit. Questa per rester sempre ideologia, e non sar mai realt, se non c' un Padre comune. Il dramma dell'umanesimo ateo quello di una contraddizione in termini, perch chi perde Dio, perde anche l'uomo, che sua immagine. Non resta che l'angoscia nel cuore e il nulla nella mente, rispettivi oggetti del sentire e del pensare moderno. Eguaglianza e libert possono scaturire - anche se lentamente e imperfettamente - solo come volto concreto di una paternit comune. Questa, che nasce dall'amore, una giustizia superiore (Mt 5,20), secondo la quale ognuno figlio di Dio e si comporta con gli altri da fratello. Non ha senso parlare di Ges e di ci che egli compie se non si ha sete di questa giustizia (cf Lc 4,1821), che trasforma la nostra situazione da homo homini lupus in homo homini deus. Il brano citato da Malachia, come molti altri nella Bibbia, contiene minacce. Bisogna abituarsi a leggerle come quelle di una mamma che dice al figlio: Non cadere nel pozzo, se no muori. Si tratta di un avvertimento amorevole ed energico a non fare quel male che inavvertitamente si sta facendo. Il fine di tutte le minacce profetiche non il male inevitabile e la punizione conseguente, ma il pentimento. Esse sortiscono il loro effetto proprio quando non si realizzano. La profezia di sciagure quindi non dice mai un evento fatale; interpella invece la libert dell'uomo perch si converta (cf il libro di Giona). v. 3 Voce di uno che grida nel deserto. citazione da Isaia (40,3), inizio del libro della consolazione, in cui il Deuteroisaia consola il popolo in esilio. Per la sua infedelt ha guastato ogni dono di Dio: la libert, l'alleanza e la terra. L'esilio di Babilonia peggiore della schiavit d'Egitto. Tutto irrimediabilmente perso, a causa del proprio peccato; ormai non c' pi speranza. Ma il profeta dice di prepararsi al ritorno nella patria, perch finita la schiavit. A Dio nulla impossibile, perch lui il Signore della misericordia, ed insieme il Signore dell'universo e di tutta la storia. Il vangelo per chi crede che la promessa di Dio pi grande di ogni fama (Sal 138,2), e non pensa che l'aspirazione al bene sia solo illusione e madre di delusioni. Giovanni la voce e Ges sar la parola. Come la parola non pu esprimersi senza voce, cos Ges non pu esprimersi senza Giovanni e le sue richieste; e come la voce senza parola priva di senso, cos ogni nostro desiderio senza Ges rimane privo del suo vero senso. Si pu dire che tutta l'umanit come un vociare confuso e inarticolato, che trova in lui la parola che pienamente la esprime. v. 4 venne Giovanni a battezzare nel deserto. Il deserto il cammino tra la schiavit e la libert, tra Egitto/Babilonia e la terra promessa. Tensione tra un non-pi e un non-ancora, una distanza da attraversare per non tornare indietro o morire sul posto. un luogo importante, perch in esso Dio rivela se stesso e la sua fedelt, formandosi ed educandosi pazientemente un popolo. La nudit del deserto, alternativa allo stordimento della schiavit e alla nostalgia dell'esilio, insegna a conoscere se stessi e Dio. Il battesimo di Giovanni, riportando al deserto, riconduce all'esperienza originaria di disponibilit a conoscere e accogliere l'azione di Dio.

proclamare un battesimo. Il battesimo un gesto insieme di immersione e di emersione dall'acqua. 1 due movimenti opposti, che indicano rispettivamente morte e rinascita, esprimono il desiderio di una vita che non finisce inevitabilmente nel suo contrario. In natura c' prima la nascita e poi la morte che uccide la vita; qui c' prima la morte che uccide una vita per la morte e poi la nascita a una vita nuova oltre la stessa morte. Il battesimo di Giovanni non una semplice drammatizzazione di aspirazioni religiose: invece un rito che visibilizza all'esterno le disposizioni interiori di conversione. di conversione. In ebraico la parola, come in italiano, indica un cambiamento di direzione, un girarsi di 180'. In greco significa mutar testa, cambiare modo di pensare. l'appello costante dei profeti. Convertirsi significa riorientare la vita, indirizzandola su Dio e la sua promessa. In questo volgersi a lui l'uomo torna ad essere se stesso, riflettendo colui di cui immagine. Sarete come Dio (Gn 3,5), prima che incentivo al peccato a causa dell'ignoranza su Dio, la grande promessa di chi ci ha voluti simili a s. per il perdono. Non che Dio perdoni perch ci siamo convertiti; egli da sempre perdona e per questo possiamo convertirci. Il suo perdono precede la nostra conversione, e la rende salvifica. Perdonare l'opera di Dio per eccellenza, in cui rivela la sua essenza intima, altrimenti ignota: la misericordia. dei peccati. Peccare in ebraico significa fallire il bersaglio. Peccatore chi non raggiunge il suo fine, come una freccia che manca il segno. Siccome il fine dell'uomo amare Dio come da lui amato, il peccato l'incapacit di amare, che taglia all'uomo le sue relazioni e lo chiude in una solitudine infernale. Se il delitto trasgressione di una norma e conosce solo il castigo, se la colpa ferita del proprio superio e conosce solo l'espiazione, il peccato rottura di una relazione con l'altro che ama, e conosce il dolore e il perdono. Deserto, conversione, peccato e perdono sono i termini fondamentali dell'esperienza d'Israele. Giovanni li sintetizza nel gesto simbolico del battesimo, usuale alla sua epoca e facilmente comprensibile a tutti. v. 5 E usciva verso di lui tutta la regione, ecc. La Giudea e Gerusalemme non sono pi il luogo verso cui andare, ma da cui uscire. Ognuno deve uscire dai suoi luoghi santi, dalle sue immagini di Dio, per incontrare colui che viene. confessando i loro peccati. Ognuno riconosce il proprio peccato, lavando le proprie impurit nel Giordano, dove subito dopo si immerger Ges. Il vangelo di Ges (= la buona notizia di Dio che salva) destinata a chi si sa perduto; ne escluso solo chi si ritiene giusto e non sa o non osa confessarsi peccatore. v. 6 vestito di peli di cammello. la divisa di Elia, padre dei profeti (2Re 1,7s; 2,8), di cui Giovanni l'ultimo figlio. Il cammello, che porta i pesi altrui e attraversa il deserto, un'immagine di Cristo. Giovanni ne gi come rivestito. secondo le parole di Paolo ai cristiani di Roma: Rivestitevi di Cristo (Rm 13,14). Egli, pur venendo prima, uno che gli va dietro. il primo discepolo, che lo segue precedendolo di un passo. una cinta di pelle ai fianchi. Fa parte sia della divisa del profeta che del pellegrino. I fianchi cinti (Lc 12,35) indicano simbolicamente la continenza, la sobriet, la padronanza di s e la disponibilit al cammino propria di chi deve compiere l'esodo pasquale (Es 12,11).

mangiava locuste. un cibo da asceta, disponibile anche nel deserto (Lv 11,22). Secondo una tradizione antica, le cavallette, che combattono e uccidono i serpenti, sono un'immagine della parola di Dio, nutrimento dell'uomo (Dt 8,3), verit che vince il serpente e la sua menzogna. miele selvatico. Altro cibo da deserto, anch'esso figura della parola di Dio, pi dolce di un favo di miele (Sal 19,11; 119,103; Ez 3,3). Per questo dice Geremia: Quando le tue parole mi vennero incontro, le divorai con avidit, la tua parola fu la gioia e la letizia del mio cuore (Ger 15,16). Giovanni quindi fa della parola il suo cibo, che gli permette di vincere il male e gustare il bene. v. 7 Viene. Il messia e il Signore stesso designato come colui che viene. Al venire da parte sua deve corrispondere l'attesa da parte nostra. Diversamente inutile la sua venuta. Il Battista tutto proteso verso di lui. dietro di me. Per s sarebbe il discepolo che viene dietro (8,34). quello pi forte di me, ecc. In realt qui viene dietro il maestro. La sua maest tale che il pi grande dei profeti non degno di prestargli il pi umile servizio. v. 8 lui vi battezzer in Spirito Santo. Gli ebrei attendevano un'effusione dello Spirito per gli ultimi tempi (Gl 3,1), collegata con una purificazione mediante l'acqua (Ez 36,25 s). Colui che viene, dice Giovanni dilatando all'infinito ogni promessa, ci battezzer nello Spirito (= vita) Santo (= di Dio), ossia ci immerger nella vita stessa di Dio. Questo il dono che Ges ci far con il suo battesimo, quando affogher nella nostra morte per darci la sua vita. Il desiderio abissale che Dio ha messo nell'uomo bisogno di lui: ora lo colma pienamente con il dono di s. Questo il suo stesso desiderio, a sempre. 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come indicato a p. 9. 2. Mi raccolgo osservando il luogo: il deserto al di l del Giordano, dove Giovanni battezza e tutti accorrono. 3. Chiedo ci che voglio: le disposizioni di desiderio e di attesa del Battista. 4. Traendone frutto, vedo, ascolto e guardo le persone: chi sono, che dicono, che fanno. Misuro i miei desideri profondi con l'attesa biblica di giustizia e di libert. Da notare: principio vangelo Ges Cristo Figlio di Dio deserto battesimo conversione perdono peccati viene dietro di me quello pi forte di me acqua Spirito Santo

4.

Passi utili: MI 3; Is 40, 1 -1 l; 2 Pt 3, 8-14; Sal 85.

2. TU SEI IL FIGLIO MIO, IL DILETTO


(1,9- 11)
9

E avvenne in quei giorni: venne Ges da Nazaret della Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. 10 E subito, salendo dall'acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito come colomba scendere su di lui. 11 E venne una voce dai cieli: Tu sei il Figlio mio, il diletto; in te mi compiacqui! 1. Messaggio nel contesto Tu sei il Figlio mio, il diletto, dice il Padre a Ges, che si immerso nel Giordano, affogato nel peccato delle folle che accorrono alla predicazione del Battista. Dio ha avuto tutta l'eternit per riflettere. Eppure, per presentarsi a noi e salvarci, non ha trovato altro modo che questo scandaloso: mettersi in fila coi peccatori. Ges si rivela il Figlio andando coi fratelli pi bisognosi; e il Padre lo approva solennemente. Il battesimo rappresenta la scelta fondamentale di Ges: la solidariet. Questa scaturisce dalla sua natura di Figlio. Conoscendo l'amore del Padre, vuol manifestarlo a tutti attraverso la sua fraternit. Se i vv. 2-8 ci dicono come l'uomo davanti al Signore che viene, i vv. 9-11 ci fanno vedere come il Signore davanti all'uomo. Il battesimo la porta d'ingresso nel vangelo. Chi non passa da qui, rimane intrappolato nelle proprie attese religiose e non conosce Dio e il suo dono. Il Battista ci ha appena parlato di colui che battezzer in Spirito Santo. Ma questi, sorprendendo tutti, si fa battezzare da lui nell'acqua, e proprio cos ci dar il suo Spirito. Nessuno avrebbe mai pensato che il Signore si sarebbe immerso fino in fondo nella nostra umanit, e ci avrebbe dato la sua vita prendendosi in cambio la nostra morte. Lui ci ama, e desidera unirsi a noi. Non potendo noi salire a lui, sceso lui verso di noi. La scena del battesimo descrive nel modo pi divino il mistero dell'incanazione: lui si fatto uomo, solidale con noi in tutto, perch noi diventassimo Dio, solidali in tutto con lui. La sua umanit il principio della nostra divinizzazione. In questo modo Ges inizia il suo ministero. Invece di grandi discorsi programmatici, fa un'azione vera, compiendo una scelta e assumendo uno stile che guider tutta la sua vita. Questo quadro iniziale infatti anticipa gi quello finale (15,27-39): qui lo vediamo in fila coi peccatori, l lo vedremo in croce in mezzo a loro; qui inizia il suo servizio regale, l lo vedremo definitivamente sul trono; qui si immerge nell'acqua da cui noi tutti nasciamo, l affogher nella morte da malfattore di cui tutti moriamo; qui si squarciano i cieli, l il velo del tempio; qui scende lo Spirito, l spir; qui una voce dal cielo lo proclama Figlio, l una voce dalla terra lo riconosce tale. Il battesimo ha un carattere passionale. Rivela quella passione di Dio per noi che si fa compassione e non ci abbandona mai. Il battesimo come un seme, che gi contiene il grande albero del Regno, la croce.

una miniatura accuratissima, che cesella quei lineamenti del Figlio, dei quali il seguito del vangelo sar come un ingrandimento. Se vero che il Figlio come il Padre, allora anche Dio totalmente diverso da quello che ogni religione afferma e ogni ateismo nega: chi avrebbe pensato un Dio in fila coi peccatori, umile e solidale con noi? E l'immagine pi potente di un Dio che nessuno mai ha visto, e che ora ci fa vedere il suo vero volto. Nel racconto si evidenziano i due titoli di Ges che corrispondono alle due parti del vangelo: egli il Cristo, perch pieno di Spirito Santo (v. 10), ed il Figlio di Dio, perch servo che d la vita per i fratelli (v. 11). Ges il pi forte che attendiamo. Ma viene con la forza di Dio che, essendo amore, debolezza estrema. L'amore infatti si spoglia e dona tutto, fino al dono di s. il Cristo e Salvatore nostro perch sceglie di essere in tutto solidale con noi; il Figlio di Dio e Signore nostro perch, compiendo la volont del Padre, si fa servo dei fratelli. Il discepolo, battezzato nel suo stesso battesimo, riceve il suo stesso Spirito di figlio che lo rende fratello di tutti. 2. Lettura del testo v. 9 E avvenne. Nel vangelo si racconta una storia, qualcosa che avvenuto una volta per sempre, e avviene sempre ogni volta che si ascolta. in quei giorni. Sono i giorni dell'annuncio di Giovanni: i giorni del desiderio, della conversione e dell'attesa. venne. Indica la venuta del Signore, colui che deve venire. Ges. Significa Dio salva. Il suo nome corrisponde a ci che lui e fa. Marco non ha parlato di incarnazione o di nativit. Ci ha detto di lui nient'altro che il nome nel titolo. All'improvviso, mentre da peccatori confessi ci troviamo sulle rive del Giordano, ci viene incontro questuomo ignoto, di cui si dice solo il nome, per altro assai comune. Quelli che lo conoscono sanno che carpentiere (6,3). un mestiere di poco conto, fatto da chi, non avendo terra per vivere, si adatta a quel lavoretti che in genere i contadini si fanno da s! da Nazaret. un paese piccolo, senza gloriose tradizioni. Da Nazaret pu mai venire qualcosa di buono? (Gv 1,46). L dimor circa trent'anni - tutta una vita! Questi lunghi anni di silenzio e lavoro sono un grande mistero. Dio ha scelto di condividere con noi la quotidianit, la fatica del mestiere di vivere. Ci che consideriamo normale, ordinario, addirittura banale, il luogo privilegiato del nostro incontro con lui. della Galilea. una regione squalificata dal punto di vista religioso. Zona di confine, lontana dal centro, piena di contaminazioni pagane, la Galilea delle genti (Is 8,23 = Mt 4,15). fu battezzato. Ges, uomo qualunque e sconosciuto. anzi squalificato per chi conosce il suo lavoro, il suo paese e la sua regione, si mette in fila coi peccatori, e si fa battezzare. Marco, fin dal principio, ci chiama a vedere il nostro Salvatore e Signore in questo uomo, ultimo della fila: Ecco il vostro Dio! Ecco, il Signore viene con potenza, continua la citazione del v. 2 (Is 40,9 s). scandaloso! Nessuno

avrebbe mai pensato un Dio cos. Ma questa sua solidariet, che lo conduce all'estrema debolezza, manifesta la potenza di un amore che lo rivela come unico e Signore. La sua simpatia per noi, che qui contempliamo, lo porter lontano, molto lontano, fino a patire con noi e per noi la nostra morte. Egli l'Emmanuele, il Dio amore che non pu non essere il Dio con noi. Il vecchio Adamo si innalz per rapire l'uguaglianza con Dio, e cadde nella morte. Il Figlio di Dio si abbassa e familiarizza con l'uomo fin nella morte, e viene innalzato a una vita nuova. Il nuovo Adamo compie la scelta contraria a quella del vecchio. Il suo battesimo figura della sua morte. Nell'acqua del Giordano egli si immerge nel peccato di tutti quelli che vi accorrono. Noi usciamo mondi, e lui carico del nostro male. Colui che non conobbe peccato, si fatto per noi peccato e maledizione (2 Cor 5,21; Gal 3,13). Ges ha scelto di stare con l'uomo da una parte precisa, l dove lui stesso si divide e desolidarizza da s e dagli altri: nel suo limite e nel suo peccato, nel suo male e nella sua morte. Lui con noi proprio dove noi siamo soli e perduti, indigenti di compagnia umanamente impossibile. La sua compassione gli ha fatto valicare il limite della nostra solitudine estrema. La contemplazione di Ges in fila coi peccatori, che si immerge nell'acqua, ha il potere di svelenarci dalla menzogna del serpente; ci corregge la falsa immagine di un Dio onnipotente, giudice tremendo, e ci presenta la potenza di un amore che si spoglia di tutto e si fa servo, portando su di s il peso del nostro male. L'incontro con lui avviene dove pensiamo che lui sia massimamente assente: nella nostra parte negativa, nella nostra e nella sua debolezza. Se la sua potenza ci ha creati, la sua impotenza ci ha salvati. da Giovanni. Immaginate la sua sorpresa (cf Mt 3,14)! La sua attesa di uno pi forte di lui totalmente spiazzata. Senza la rivelazione dello Spirito, nessuno pu cogliere il mistero della debolezza di Dio. v. 10 salendo dall'acqua. L'immersione simboleggia la morte, l'emersione la vita nuova, oltre la morte. La sua scelta di immersione contiene gi lemersione: infatti esprime un amore pi forte della morte. vide squarciarsi i cieli. L'apertura del cielo, chiuso sopra l'uomo, la grande attesa messianica: Se tu squarciassi i cieli e scendessi (Is 63,19). La scelta di Ges toglie ogni separazione tra Dio e uomo: la sua solidariet rende Dio presente ovunque. lo Spirito scendere. La vita (Spirito) di Dio (Santo) scende sulla terra e la abita, restituendo all'uomo il suo volto di figlio. Lo Spirito di Dio, che solidariet, amore, umilt e servizio, in Ges ormai presente tra di noi. Egli fa nuove tutte le cose: d un cuore nuovo e fa rivivere le ossa aride (Ez 36,26: 37,1 ss). come colomba. La colomba richiama l'arca di No (Gn 8,8 ss), figura del battesimo, che segna l'inizio di una vita salvata dalle acque. Il suo volteggiare sul Giordano richiama anche lo Spirito di Dio che aleggiava sulle acque ai primordi della creazione (Gn 1,2), e le ali possenti che portarono Israele attraverso il mar Rosso (Es 19,4). Il battesimo di Ges principio di una vita oltre la morte, di una creazione nuova e dell'esodo definitivo. Inoltre la colomba, che incessantemente tuba, si adatta bene a raffigurare lo Spirito di Dio, che da sempre canta all'uomo il suo amore, in attesa di risposta. v. 11 venne una voce dai cieli. Dio non ha volto, ma voce. Il suo volto quello di chi ne ascolta la parola. Questi suo figlio, a sua immagine e somiglianza. Tu sei il Figlio mio (cf 9,7). Ges, facendosi fratello, ha ascoltato il Padre, che lo conferma suo Figlio. Uno che ama cos, non pu essere che il Figlio, infinitamente amato. In queste parole risuona il Sal

2,7, che parla dell'intronizzazione regale. Ges, con la sua scelta, il re voluto da Dio - Dio stesso che regna e salva l'uomo. La confessione di Ges come Figlio fa da inclusione a tutto il vangelo: proclamata dal Padre quando si mette in fila coi peccatori, riconosciuta dal centurione quando muore tra i malfattori (15,39). Il Padre la riconfermer anche a met vangelo, dopo il preannuncio della croce (9,7). L'unico modo di rivelare di essere Figlio condividere per amore la sorte dei fratelli pi svantaggiati. Ges il Figlio perch non si vergogna di chiamarci fratelli (Eb 2,11). Dopo il titolo (1,1), solo il Padre (1,11; 9,7) e lui stesso (cf 8,38: il Padre suo; 12,6; 13,32) sono autorizzati a parlare di tale figliolanza. La gridano anche i demoni, ma per tentarlo (3,11; 5,7); e la menzionano i nemici, ma per condannarlo (14,61). C' infatti un modo divino e un modo diabolico di riconoscerlo. Solo la sua morte toglie ogni ambiguit. La croce infatti sdemonizza l'immagine di Dio, rivelandocelo pienamente nel Figlio. il diletto (cf 12,6). Significa unico, e ricorda Gn 22,2, che parla del sacrificio del figlio Isacco. in te mi compiacqui. Richiama il primo canto del servo di JHWH (Is 42,1), che descrive colui che salva il mondo, facendosi carico di tutte le sue iniquit. La voce del Padre quindi proclama l'identit di Ges: Cristo e Figlio, Salvatore e Signore proprio in quanto sacrificato a servizio dei fratelli. L'identit del Figlio rende visibile la verit del Padre, finora inaccessibile: chi vede me, vede il Padre (Gv 14,9; cf 12,45). 3.Esercizio 1. Entro in preghiera, come indicato a p. 9. 2. Mi raccolgo osservando il luogo: sulle rive del Giordano, dove Ges in fila coi peccatori. 3. Chiedo ci che voglio: conoscere in Ges battezzato il mistero profondo di Dio. 4. Contemplo ogni parola del testo. Da notare: Ges da Nazaret della Galilea fu battezzato si squarci il cielo scende lo Spirito Tu sei il Figlio mio In te mi compiacqui

4. Passi utili: Is 55,1-11; 1Gv 5,1-9; Is 12,2-6; Gn 22; Sal 2; Is 42,1-9; Fil 2,6-11.

3. LO SPIRITO LO GETTA FUORI NEL DESERTO


(1,12-13)
12

E subito lo Spirito lo getta fuori nel deserto. 13 Ed era nel deserto per quaranta giorni tentato da satana; ed era con le fiere,

e gli angeli lo servivano. 1. Messaggio nel contesto Lo Spirito lo getta fuori nel deserto, dice Marco di Ges. Il suo battesimo, come il passaggio del mar Rosso, segna la fine della schiavit. Ora rimane per da attraversare il deserto, insidiato dal nemico che vuol perderci, bloccandoci o facendoci tornare indietro. Compiuta la scelta, si pagano i costi per mantenerla fino alla fine. Adamo non aveva ascoltato la parola di Dio e fu scacciato dall'Eden nel deserto. Lo Spirito ora vi scaglia il nuovo Adamo, il Figlio che ascolta la Parola. L incontra tutti i suoi fratelli, e li riconduce nel paradiso perduto. Il battesimo di Ges ci presenta un Dio solidale con il nostro male e la nostra morte; le sue tentazioni ci fanno vedere un Dio solidale con la nostra fatica di vivere in libert. Il Cristo, che emerge grondante dall'acqua con lo Spirito nell'intimo, richiama Mos, il pastore che guida il gregge di Dio nell'esodo (Is 63,11). Come lui, percorre il cammino di Israele dall'Egitto alla terra promessa, quando tutti furono tentati e caddero; ripercorre vittorioso la storia di ogni uomo, che da sempre caduto e per questo non raggiunge la patria del suo desiderio. Prima dell'attivit apostolica, Ges tentato di realizzare il regno del Padre in modo pi efficace e comodo, senza restar fedele alla scelta compiuta nel battesimo. Per gli altri sinottici le tentazioni si inseriscono nella fame (Mt 4,2; Lc 4,2), ossia nel bisogno che l'uomo ha o in relazione alle cose, alle persone o a Dio. costante il pericolo di soddisfare questa fame col possesso invece che col dono unico cibo che sazia - e di non discernere le priorit e le alternative false da quelle vere. Matteo e Luca inoltre dicono espressamente che tentato, in quanto Figlio di Dio, di usare quegli strumenti che il nostro buon senso considera ovvi: l'avere, il potere e il prestigio religioso. Ma questo significherebbe rimangiarsi la solidariet con i fratelli - unica scelta del Figlio approvata dal Padre. Quanto allettante essere figli di un Dio padrone e onnipotente, altrettanto scomodo essere figli di un Dio servo, che amore, povert, servizio e umilt. Ges, come ciascuno di noi da Adamo in poi, fu tentato a fin di bene. Ci sono opportunit, che in realt sono false; ci sono scorciatoie, che poi fanno perdere la strada! Non forse a fin di bene che si fa tutto il male del mondo? Non bisogna agire a fin di bene, bens agire bene. Perch il bene tale solo se bene insieme nel principio, nel mezzo e nel fine. Non mai vero che il fine giustifica i mezzi! Questi sono sempre della natura di quello. Il brano, come il precedente, si articola in due parti: la prima ci presenta Ges che, vittorioso sulla tentazione, il Cristo, l'uomo nuovo, riconciliato con la natura e in condizione paradisiaca; la seconda ce lo presenta come Figlio di Dio, servito dagli angeli. In Ges tentato tutta l'umanit fu tentata. In lui vittorioso, tutta l'umanit ha gi vinto il male. il nuovo Adamo. Il discepolo colui che, unito a lui nel battesimo, vive la stessa scelta e la stessa difficolt di mantenerla. Ha il suo medesimo Spirito di solidariet coi fratelli, e vi resta fedele nonostante gli inganni del nemico. Spesso ha difficolt a riconoscerli; e, quando li riconosce, si abbatte. Bisogna tener presente che il nemico d tanta buona volont a chi manca di intelligenza; a chi ha intelligenza, cerca di togliere la buona volont, scoraggiandolo. Il Signore invece d discernimento a chi ha zelo, perch non faccia il male credendo di fare il bene; e d zelo a chi ha discernimento, perch non si scoraggi nel fare il bene. Sappiamo comunque che in ogni tentazione non siamo soli e abbandonati. Siamo consolati dalla presenza di lui, che per questo ha voluto essere tentato con noi e come noi: Non abbiamo un sommo

sacerdote che non sappia compatire le nostre infermit, essendo stato lui stesso provato in ogni cosa, a somiglianza di noi (Eb 4,15). 2 Lettura del testo v. 12 lo Spirito. lo Spirito dei Figlio, che si manifestato visibilmente nella scelta di solidariet coi fratelli. lo getta fuori nel deserto. Anche noi, ricevuto il battesimo, dal suo Spirito siamo spinti fuori dall'Egitto e condotti per il deserto, in cammino verso la piena libert dei figli. Il deserto il luogo della libert e della tentazione, della fedelt di Dio e del dubbio nostro, dell'amore e della contesa reciproca, del cammino e della caduta. Cifra dell'esistenza umana, ricco di tutti i doni di Dio e di tutti i nostri tradimenti. Fatica di vivere col peso del nostro male - ma anche gioia della nube che protegge, dei fuoco che guida, della manna che nutre, dell'acqua che disseta, della Parola che illumina e d vita - il deserto il crogiolo in cui Dio forma l'uomo. Nella solitudine assoluta, senza distrazioni, costretto a scegliere tra la morte e la vita, tra la sfiducia e la fiducia, tra la propria ombra e la sua promessa. v. 13 era nel deserto per quaranta giorni. I quaranta giorni richiamano la rivelazione di Mos e il cammino di Elia (Es 34,28; 1 Re 19,1-8). Anche Israele stette nel deserto per quarant'anni, l'arco di una generazione, il tempo di una vita. Ci significa che l'esistenza intera di Ges fu deserto e prova, tentazione e lotta, dal principio alla fine. Anche noi, in forza del battesimo, passiamo dalla sudditanza al male alla lotta contro di esso, che dura tutta la vita. Solo chi non sceglie il bene, non tentato dal male! tentato. La parola greca pera, da cui peirzo (tentare), significa tentativo e prova, quindi esperimento e cimento, quindi anche esperienza e conoscenza. Deriva da pero, che significa attraversare da parte a parte, come una punta, ed ha la stessa radice di esperimentare, esperto, pericolo, perito. La vita umana necessariamente tentazione e sollecitazioni in tutti questi sensi, con la loro ambiguit da dirimere appunto nella libert di chi pu, per tentativi, capire e volere la verit verso cui cammina. da satana. il nemico dell'uomo. Per sua invidia entr la morte nel mondo (Sap 2,24). Il suo modo di agire descritto in Gn 3: fa notare all'uomo il suo limite, gli toglie la fiducia in Dio, suggerendogli che suo antagonista, e facendogli sembrare bene il male e male il bene. In Marco il ladro della Parola (4,15). Con la sua menzogna sta all'origine di ogni male, perch l'uomo diventa la parola che ascolta. Se ascolta Dio, diventa come lui, padre della verit e amante della vita (Sap 11,26); se ascolta satana, diventa come lui, padre della menzogna e omicida fin da principio (Gv 8,44). Marco, a differenza di Matteo e Luca, non specifica le tentazioni. Le lascia emergere nel corso del racconto, come pericolo costante di anticipare la gloria del Figlio evitando la croce del servo. Per questo Ges impone il silenzio al miracolati e ai demoni. il cosiddetto segreto messianico, che sottende tutto il vangelo. Questa tentazione generale si articola in tentazioni particolari, tipiche di ogni uomo. La prima il protagonismo, che fa confondere il regno di Dio col successo del proprio io. Affiora chiaramente dopo la prima giornata messianica, quando gli dicono: Tutti ti cercano (1,35). Porre il proprio io come fine assoluto, al posto di Dio stesso, l'egoismo, causa di tutti i mali. Ges risponder: Andiamo altrove. La seconda la ricerca del potere mondano per realizzare il regno di Dio. Il fine giusto, ma il mezzo sbagliato. Il Regno si realizza non con il potere, ma con l'impotenza di chi d la propria vita in servizio

dei fratelli. Questa tentazione appare subito dopo la moltiplicazione dei pani, quando costringe i discepoli ad andare via (6,45). Sappiamo da Giovanni che volevano farlo re (Gv 6,15). La terza tentazione la ricerca del potere religioso. Consiste nel voler piegare Dio alla propria volont, invece di piegarsi alla sua. Ges la subisce nell'orto (14,32 ss). la lotta definitiva. Cadere la perversione della fede: invece di obbedire noi a Dio, pretendiamo che lui obbedisca a noi. Credere di avere Dio in tasca la cosa per noi pi facile, e per lui pi insopportabile! Tutte queste tentazioni sono impersonate da Pietro, quando rifiuta la Parola della croce (8,31 ss). Ges lo chiama satana, perch pensa secondo gli uomini, il cui modo di valutare opposto a quello di Dio. La tentazione maggiore di chi ha il fine buono e usa i mezzi adeguati, di scoraggiarsi, costatando che il male riesce bene e con facilit, mentre il bene riesce male e con difficolt - e, alla fine, sconfitto. lo scandalo della croce - inefficacia e fallimento del bene. Diceva Marco l'Asceta: Come le notti seguono i giorni, cos i mali seguono le buone azioni. Sembra proprio che nessuna buona azione resti impunita! La strada iniziata nel battesimo non solo la pi dura, ma sembra anche perdente. Perdente in noi prima che fuori di noi! Ma non c' da preoccuparsi. Essere tentati un buon segno. Significa che si sta lottando. Solo chi gi a terra, non cade pi. Chi sta in piedi sempre esposto a cadere ( 1Cor 10,12). Sostenere queste prove la prova che siamo figli di Dio. Egli ci tratta come tali, purificandoci. Diversamente saremmo bastardi (Eb12,8). Per questo, nonostante la sofferenza, siamo pieni di gioia e letizia indicibile (Gc 1,2 s; 1Pt 1,6 ss). Inoltre da notare che Dio fedele e non permetter che siamo tentati oltre le nostre forze; ma con la tentazione ci dar anche la via di uscita e la forza per sopportarla ( 1Cor 10,13). era con le fiere. Ges, fedele alla parola del Padre, il nuovo Adamo, che vive quell'armonia con il creato che era all'inizio, prima della disobbedienza. In lui si realizza il desiderio di un'et dell'oro, in cui il lupo dimorer insieme con l'agnello, la pantera si sdraier accanto al capretto; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un fanciullo li guider, ecc. (Is 11,6 ss). gli angeli lo servivano. La corte celeste, che sta al servizio di Dio, ora sta al servizio di Ges (cf 13,27). La presenza angelica rivela la sua identit: egli il Figlio di Dio, proprio in quanto mantiene la sua scelta di servo. Il cielo definitivamente aperto sulla terra, e si realizza il sogno di Giacobbe. Lui stesso la scala che congiunge stabilmente Dio e uomo (Gn 28,12). Come lui, ogni battezzato che si trova nel deserto, non mai solo: sperimenta l'aiuto del Signore nel servizio dei suoi angeli (Sal 91,11s). Servire nel NT espressione concreta dell'amore. Chi serve e ama Dio e i fratelli, amato e servito dagli angeli, anzi, da Dio stesso, che amore e servizio. 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come le volte precedenti. 2. Mi raccolgo, osservando il luogo: il deserto di Giuda, dove Ges spinto dallo Spirito e tentato da satana. 3. Chiedo ci che voglio: chiedo al Signore di capire il valore della tentazione come purificazione, e gli chiedo intelligenza per riconoscerla e volont per superarla. 4. Traendone frutto, medito ogni parola del testo. Da notare: deserto quaranta giorni Spirito fiere tentazione angeli

4. Passi utili: Gn 3,1 ss; Dt 8,1 ss; Sal 91; 1Cor 10,1-13; Eb 2,17 s; 12,1-12.

4. GIUNTO IL MOMENTO
(1,14-15)
14

E dopo che Giovanni fu consegnato venne Ges nella Galilea proclamando il vangelo di Dio, e dicendo: 15 giunto il momento: il regno di Dio qui! convertitevi, e credete nel vangelo! 1. Messaggio nel contesto giunto il momento . Sono le prime parole che escono dalla bocca di Ges. Con quattro brevi frasi due costatazioni seguite da due imperativi - Marco presenta un compendio di tutta la sua predicazione, come annuncio del Regno e chiamata ad esso. Il brano seguente sar la risposta. Queste quattro espressioni servono anche da chiave di lettura. Ogni singolo racconto del vangelo si realizza per me qui e ora nella misura in cui capisco che giunto il momento di accogliere ci che detto, perch il regno di Dio qui per me, se mi converto e credo nel vangelo. La Parola viva. Chi l'ascolta sperimenta che opera quanto dice; chi la rifiuta sperimenta il vuoto di quanto promette. Il non senso e il silenzio di Dio sono pi eloquenti di qualunque discorso sul male. Ges il vangelo. Presente e operante nell'annuncio, egli insieme l'annunciatore e l'annunciato, il compimento del tempo e il regno di Dio. Si entra in esso volgendosi a lui e credendogli; si risponde alla sua chiamata seguendolo nel cammino che indica e apre. Il discepolo capir tutte queste cose alla fine, quando, visto come Ges vissuto e morto, ascolter l'annuncio che lo proclama risorto e lo invita a tornare in Galilea - cio qui, all'inizio del vangelo. Lo incontrer e riconoscer nella potenza della sua parola, capace di creare la risposta alla sua proposta. 2. Lettura del testo v. 14 dopo che Giovanni fu consegnato. Giovanni diceva che doveva diminuire davanti al Cristo (Gv 3,30). Ora addirittura scompare. L'attesa cessa quando giunge l'atteso; la ricerca si placa nel ritrovamento. Chi non sa cosa cerca, continua a cercare senza trovare; ma chi sa cosa cerca, smette di cercare quando trova. Per questo, quando Ges inizia, Giovanni finisce la propria attivit. E ne anticipa il destino (9,31; 10,33; 14,41 ).

venne Ges nella Galilea. La sua venuta al Giordano continua ora in Galilea per poi diffondersi altrove (v. 38). Qui Ges cresciuto, ha lavorato e iniziato il suo annuncio e il suo cammino che lo porter a Gerusalemme. il luogo della quotidianit, che per Marco diventa il luogo teologico, in cui risuona per ciascuno di noi il suo appello. Il finale del vangelo (16,7) ci rimanda ancora qui, in Galilea, dove incontriamo e vediamo il Risorto. proclamando il vangelo di Dio. Il vangelo Ges Cristo, Figlio di Dio (1,1). Ges quindi, proclamando il vangelo, proclama se stesso. Egli dice la Parola ed insieme la Parola detta. Per questo essa viva ed efficace (Eb 4,12), capace di muovere noi come i primi discepoli. Per Marco solo Ges predica la buona notizia, che lui stesso. I discepoli, come Giovanni, predicano la conversione (1,4; 6,12). Egli l'unico vero maestro, il maestro interiore che si dona e si comunica nella parola annunciata. v. 15 giunto il momento. Sono le prime parole di Ges. Con lui finito il tempo dell'attesa. Il momento presente proprio quello che Dio ha stabilito per la nostra salvezza. L'uomo ha una concezione circolare del tempo, secondo il ritmo delle stagioni - un nascere per morire, senza novit alcuna se non la continua distruzione di ci che stato costruito. Spinto sulla cima, ogni volta il masso rotola a valle; e Sisifo continua la sua inutile fatica. Chronos, il tempo, divora tutti i suoi figli che genera. Ci che ha inizio ha fine, e il fine di tutto la fine del tutto. Anzi, tutto da sempre finito e finisce e finir sempre sotto terra. Questa coscienza del tempo avvelena tutta la nostra esistenza, uccidendoci con la nozione di eternit che ci portiamo nel cuore. La ruota gira su se stessa, il serpente si morde la coda: niente di nuovo sotto il sole (Qo 1,9). Questa concezione naturale del tempo soffoca la speranza e la storia: taglia le gambe a ogni possibilit di cammino che sfoci in qualcosa di diverso e positivo. Gli ebrei invece hanno introdotto una concezione lineare del tempo, che ha come punto di partenza la promessa di Dio e come punto d'arrivo il suo compimento; e nel mezzo c una progressione continua verso la meta. Questa a sua volta non la fine bens il fine, in cui si realizza ci che ha mosso il cammino fin dall'inizio. In questa concezione ogni momento qualitativamente diverso e individuabile come tale secondo le sue distanze dal principio e dal fine, che sono inversamente proporzionali. Il primo metro di una scalata ben diverso dall'ultimo - e cos tutti gli altri - sia oggettivamente, sia psicologicamente che fisicamente. In questo modo il tempo si fa storia; cessa di essere un continuo cadere nel nulla, nell'eterno ritorno all'identico; diventa progresso sensato verso una novit che Dio stesso ha indicato. Ci verso cui Dio con la sua promessa ci ha incamminato, la realizzazione di tutti quei desideri che lui stesso ha posto nel cuore, e che sono l'esatto contrario di tutte le nostre paure. Ogni male sar sconfitto e ogni bene trionfer. Cesser la menzogna, la sfiducia, l'egoismo, l'ingiustizia, l'insensatezza, la tristezza, l'angoscia e la morte; vincer la verit, la fiducia, l'amore, la giustizia, la pace, la gioia, la fraternit e la vita. I profeti hanno sempre ricordato al popolo questa promessa, richiamando alla responsabilit di camminare verso di essa, in attesa di conseguirla. Con Giovanni termina la predicazione profetica, perch con Ges si realizza ci che i profeti hanno annunciato. E compiuta l'attesa, perch giunto il compimento. Egli il punto decisivo della storia, in cui si passa dal desiderio alla realt. L'epoca bella non quella passata, n quella futura: qui e ora. Questo il momento, sognato dai profeti, in cui si pu vivere da uomini nuovi. Ges, aprendo la bocca, richiama come prima cosa al valore del presente, in cui si gioca tutto. Questa coscienza sta alla radice di ogni azione. Il tempo opportuno giunge quando si capisce che l'ora di decidere ora. Il momento decisivo la decisione stessa. Il presente quindi il punto in cui confluisce ci che stato e da cui fluisce ci che sar, ambedue assunti in una decisione che d senso al passato e significato al futuro. Raccolgo ci che ho seminato, e semino ci che ho raccolto, sicuro che raccoglier secondo ci che semino!

Questa aderenza al presente indispensabile per la sanit mentale. Diversamente vivo nell'irrealt, passando dall'illusione sul futuro alla delusione sul passato, trascorrendo met esistenza nella preoccupazione e l'altra met nel rimpianto, occupato in ci che non c' ancora o piangendo per ci che non c' pi. La religione giudeo-cristiana non fornisce oppio per dimenticare il male o sognare il bene: ci richiama a vivere il presente nella sua pienezza. Ogni brano del vangelo contiene una promessa di Dio. Essa diventa realt per me che leggo, quando capisco che giunto il momento ed questo - in cui il Signore vuol compiere per me ci che raccontato, se chiedo e accolgo il suo dono. il regno di Dio qui. giunto il momento decisivo della storia, perch arrivato il regno di Dio. Il regno di Dio, capovolgimento del regno dell'uomo che conosciamo bene (cf Gdc 9,7 ss; 1Sam 8,1 ss), un'espressione che sintetizza tutte le aspettative di Israele. il baciarsi di ogni desiderio nostro con ogni promessa di Dio, che sarebbe avvenuto per opera del messia, il Cristo annunciato a Davide come suo successore (2Sam 7). Il Battista stato il precursore, la voce che lo ha annunciato ormai alle porte (vv. 2-8). Ora venuto, qui! La storia di Ges che Marco ci racconta ci fa vedere cos' questo Regno. Ges stesso, Dio per l'uomo e uomo per Dio, che realizza pienamente l'amore di Dio per l'uomo e l'amore dell'uomo per Dio. Nessuno pi lontano o escluso da esso; ognuno vi entra, volgendosi a lui, amandolo e seguendolo nel suo cammino, andando dietro di lui e affrontando il suo stesso destino di croce e di gloria, di lotta e di vittoria (8,34-38). Ma la prima transitoria e la seconda definitiva - fatica davvero piccola in confronto al frutto! Il Regno, come suscita le nostre speranze, interpella anche la nostra libert. Ogni brano di vangelo che leggiamo ce ne fa vedere e ce ne offre un aspetto: ci che Ges fa e dice, il dono che lo devo chiedere e accogliere qui e ora. convertitevi. Significa cambiare idee e testa, cambiare cuore e direzione ai propri piedi (cf v. 5). La proposta di Ges diventa subito responsabilit di una mia risposta. Il Regno gi venuto per sua iniziativa; ma l'ingresso riservato alla mia libert. La conversione volgersi a lui, iniziando dietro di lui il suo stesso cammino. La conversione ha un momento iniziale che consiste nell'affidarsi a lui. Ma poi un fatto che dura tutta l'esistenza, e consiste nell'orientare progressivamente ogni mio passo sui suoi, in un esodo continuo dalla menzogna alla verit, dalla schiavit alla libert, dalle tenebre alla luce, dalla morte alla vita, senza mai scoraggiarmi. Certi monaci fanno il voto di conversione continua. Infatti il dono di Dio eccede sempre la mia capacit di riceverlo, e inoltre la mia vita non mai conforme a ci che pure ho ricevuto. Per questo ogni volta che leggo il vangelo sono chiamato a convertirmi. La Scrittura esige sempre una lettura critica - ma per me, non per gli altri. Devo guardarmi bene dal fame una lettura apologetica per giustificare me e/o attaccare gli altri. La Parola non fatta per accusare gli altri, ma per convertire me. Ognuno preferisce istintivamente applicarla al prossimo suo invece che a se stesso. Il risultato che nessuno la prende sul serio e tutto resta come prima. Anzi, un po peggio di prima, perch chi legge resta vaccinato lui e si mette contro il fratello; e chi accusato si arrocca in difesa. Questo tipo di lettura causa di litigi, mezzo di perdizione invece che di salvezza: ci che ha diviso l'unica Chiesa. Come poi ci si possa dividere nel Nome che tutti unisce, solo il Divisore, lo sa! credete nel vangelo. Il vangelo Ges Cristo Figlio di Dio (1,1), presente in prima persona nell'annuncio. La fede non solo l'assenso intellettuale alla verit che dice, ma l'affidarsi a lui che mi parla. Infatti anche i demoni credono, ma tremano (Gc 2,19). Il problema non ritenere che il Signore ci sia o meno - c' comunque, anche, se lo nego! - ma decidere che tipo di rapporto sono disposto a

stabilire con lui. Credere amare e fare di lui la propria vita. L'atto di fede una relazione personale con lui da amico ad amico. Solo questa la vittoria sulla solitudine radicale dell'uomo, l'uscita dal suo inferno. Credere in concreto aderire a Ges e andargli dietro (cf brano seguente) per stare con lui. orecchi per ascoltarlo, piedi per seguirlo, occhi per vederlo, mani per toccarlo e, soprattutto, cuore per amarlo. Credo al vangelo quando, leggendo un brano, mi affido a Ges e gli chiedo con fede di saper accettare il dono specifico che in quel racconto mi fa. Allora sono convertito sotto quell'aspetto, ed giunto il momento in cui si realizza in me quel frammento di regno di Dio. 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo, osservando il luogo: la Galilea, dove Ges cammina annunciando. 3. Chiedo ci che voglio: chiedo al Signore di non essere sordo alle sue parole. 4. Traendone frutto medito su ogni parola del testo. Da notare: il vangelo di Dio giunto il momento il regno di Dio qui convertitevi credete al vangelo

4. Passi utili: Rm 13,11-14; 2Sam 7,1-16: Gdc 9,7 ss; 1Sam 8,1 ss; Ne 9,1 ss.

5. QUI, DIETRO A ME!


(1,16-20)
16

E, camminando lungo il mare della Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, gettare attorno (il giacchio) nel mare perch erano pescatori. 17 E disse loro Ges: Qui, dietro a me, e vi far diventare pescatori di uomini. 18 E subito, lasciate le reti, seguirono lui. 19 E, procedendo un poco, vide Giacomo di Zebedeo e Giovanni, suo fratello anch'essi nella barca ad aggiustare le reti; 20 e, subito, li chiam.

E, lasciando il padre loro Zebedeo sulla barca con i salariati, se ne andarono dietro a lui. 1. Messaggio nel contesto Qui, dietro a me!,, dice Ges al discepolo. la chiamata al Regno, appena annunciato. In tutte le religioni l'uomo cerca Dio; nel cristianesimo invece Dio che cerca l'uomo. La sua proposta diretta e personale: lui stesso, per iniziativa del suo amore, chiede a me di andargli dietro. Seguirono lui la riposta, anch'essa diretta e personale, che il vangelo svilupper come un cammino dietro di lui. La sua domanda e la nostra risposta sono i due elementi costitutivi della fede, ambedue immediati, e non delegabili. Nessuno pu chiamarmi al posto suo; nessuno pu rispondere al posto mio. Lui si impegna per primo a stare con me, e io mi impegno a stare con lui. Gli altri possono essere di aiuto o di mediazione previa, utile o addirittura necessaria; ma la fede si gioca senza intermediari, nel rapporto diretto tra me e lui. Lo stesso annuncio - e chi lo fa - mi deve portare a incontrare lui. Cos dicono gli abitanti di Sicar alla Samaritana, che ha loro fatto conoscere Ges: Non pi per la tua parola che noi crediamo, ma perch noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi veramente il Salvatore dei mondo (Gv 4,41). Per questo bisogna guardarsi dal cristianesimo come ideologia. un vaccino contro la fede. Questa non consiste semplicemente nel credere che c' un Dio, ma nel rapporto che stabilisco con Ges come mio Signore. La fede una concreta relazione con lui, un'amorosa appartenenza reciproca, un gioioso essere uno dell'altro. Il racconto contiene due scene parallele di chiamata e di risposta, che, come per i primi, valgono per tutti i discepoli. I due quadri descrivono in forma stilizzata l'incontro con Ges al quale Marco vuol portare il suo lettore, e mostrano in concreto cosa significa credere nel vangelo. La sequela incondizionata di cui qui si parla sar tale solo alla fine. Dove non si arriva volando, si arriva zoppicando - e talora, purtroppo, zoppicando con i due piedi (1Re 18,21)! Si tratta di una crescita lenta e faticosa, piena di incomprensioni e di ritardi, di tradimenti e di fughe. Ma gi fin dall'inizio la vita del discepolo intrecciata a quella del Maestro. Il vangelo come un tessuto - il vestito nuovo! - la cui trama il cammino lineare di Ges dalla Galilea a Gerusalemme e il cui ordito il cammino ritorto del discepolo, il quale, cercando di seguirlo, erra di continuo. Un percorso lo si capisce solo quando fatto, non prima. All'inizio c' sempre un atto di fiducia - non cieco, ma ben motivato e ragionevole pi dei suo contrario! - nella persona che si segue. Per chi cammina verso la libert, Ges luce che illumina la notte; per chi rimane nella schiavit, nuvola oscura (Es 14,19 s). In questo brano si vedono gli elementi della fede. un'attivazione di tutte le nostre facolt sensibili, intellettuali e morali, che si mettono in gioco nel rapporto con Ges. Lui passa in cerca di noi, ci vede e ci chiama; noi vediamo, ascoltiamo, comprendiamo, siamo conquistati e rispondiamo lasciando tutto, seguendolo e andando dietro a lui. La molla di questo dinamismo non pu essere che la grande gioia di chi trova il tesoro, incomparabilmente pi prezioso e pi bello di tutto ci che lascia (Mt 13,44 ss). La fede cristiana un paio di piedi per seguire Ges, perch si presi da lui, l'amore assoluto, che vale pi di tutte le cose, degli affetti e della stessa vita. Amarlo l'ingresso nel Regno, la vita eterna, la realizzazione piena dell'uomo come partner di Dio (cf 10, 17.2 1).

Ges la Parola di Dio fatta carne, che illumina gli occhi e rallegra il cuore; la nube e la colonna di fuoco che guida verso la libert; Il Signore che mi ama con tutto il cuore, e non si vergogna di chiamarsi mio fratello (Eb 2,11), per insegnarmi l'arte dell'amore (Ct 8,2). I primi che invita alla sua sequela sono degli ebrei, ai quali lecito seguire solo Dio e la sua parola. Discepolo colui che esclama con Paolo: Sono stato conquistato da Cristo Ges, e per questo corro anch'io per conquistarlo (Fil 3,12). La sua fede orecchi per ascoltarlo, occhi per vederlo, piedi per seguirlo: lo ascolta, lo guarda e lo segue perch lo ama, e vuol toccarlo ed essere con lui (3,14). 2. Lettura del testo v. 16 camminando lungo il mare (cf v. 19). Ges cammina, in cerca di chi accetta il suo dono. Chiama mentre cammina, perch invita al suo stesso cammino. Lo scenario di fondo allude al mar Rosso, da cui Dio salv il suo popolo portandolo dalla schiavit alla libert. Allude anche alle acque del caos primordiale, da cui tir fuori il cosmo, portandolo dal nulla all'esistenza. La chiamata di Ges per un nuovo esodo, verso una creazione nuova. ride. Lo sguardo accoglie o rifiuta, d o toglie respiro, ama o giudica, fa vivere o fa morire. Uno come visto dall'altro. Infatti l'occhio segue il cuore, e uno, nella misura in cui visto, ossia amato. Per questo dice san Francesco a Dio: Quanto uno ai tuoi occhi, tanto , e nulla di pi (Imitazione di Cristo, III, L, 37). Dio da sempre guarda l'uomo con amore e rispetto. Ora in Ges incontriamo finalmente il suo sguardo, e vediamo come siamo da lui visti. Per questo i quattro pescatori - persone normali, di cui una certamente sposata, pratiche e di buon senso - ne resteranno per sempre sedotti. E tutti gli altri dopo di loro. Vedere come Dio mi guarda scoprire la mia essenza pi profonda, che l'amore che lui ha per me. Uno si sente chiamato quando, invece di fuggire come Adamo perch si sente nudo e giudicato (Gn 3,10), vede quanto prezioso ai suoi occhi (Is 43,4) - un prodigio (Sal 139,14). La felicit dell'uomo farsi trovare da questo sguardo, in cui incontra la propria verit. Simone e Andrea. Sono i primi chiamati. Due il principio di molti. A loro seguiranno tutti gli altri. Ges chiama all'inizio due coppie di fratelli, come poi invier a coppie (6,7). Infatti chiama tutti a una fraternit nuova, aperta a tutti, senza escludere nessuno. gettare attorno (il giacchio) nel mare. Tutto avviene nella quotidianit della vita e del lavoro. Dio non ha bisogno di luoghi o momenti privilegiati; perch il Signore di tutti e di tutto. Infatti chiamer Levi mentre conta i soldi (2,14) e Paolo mentre va a perseguitare i cristiani (At 9,1 ss)! Comunque sembra che chiami proprio nei momenti meno propizi. una sfida? v. 17 disse loro Ges. Oltre l'occhio, Ges rivolge loro direttamente la voce. Anche a noi, attraverso il racconto, giunge lo stesso sguardo e la stessa parola. Questa, a duemila anni di distanza, ha ancora la forza di farci alzare, lasciar tutto e seguirlo. Qui, dietro a me. Tanti libri, pi o meno intelligenti, si sono scritti sulla essenza del cristianesimo. Marco sintetizza tutto in queste tre parole: due preposizioni di moto a luogo e un pronome personale. Tutto il vangelo mostrer lui che cammina, e il discepolo che gli va dietro. Non lo precede n lo raggiunge dopo: lo segue, andandogli dietro. Ges non solo un modello da imitare, o uno che ha aperto la via: come il principio e il fine del cammino, anche il compagno di viaggio.

Per gli ebrei sempre il discepolo che sceglie il maestro; appreso il mestiere, lo abbandona per farsi a sua volta maestro che indica l'unico a seguire: il Signore con la sua legge. Ges invece sceglie il discepolo Gv 15,16) e lo chiama a seguirlo per essere con lui per sempre (3,14; 1 Ts 4,17). Lui il Signore, la via, la verit e la vita - la verit che ci venuta incontro per farsi nostra via alla vita. vi far diventare pescatori di uomini. L'uomo nel mare annega e muore. Pescare uomini vuol dire portarli dalla morte alla vita. Ges ha pescato oro, che cominciano a seguirlo. La sua missione nei loro confronti diventer la loro stessa nei confronti degli altri fratelli (cf Lc 5,6; Gv 21,6). v. 18 lasciate le reti. Le reti sono per loro il capitale, il mezzo di lavoro e l'identit professionale - tutto ci che sono e hanno. Le abbandonano non con un senso di privazione, ma mossi dalla gioia. il gesto di libert di chi ama, condizione per seguire l'amato. seguirono lui. Il tempo (aoristo) sottolinea l'inizio dell'azione. Seguire la risposta al suo invito: dietro a me. Si segue chi si ama. Il Signore disse ad Abramo: Alzati e va' (Gn 12,1). Dove?, chiese Abramo. Dove ti mostrer, rispose, ma se non vai, non lo puoi vedere, e io non posso mostrartelo. v. 19 procedendo un poco. Cf v. 16: camminando lungo il mare. vide Giacomo di Zebedeo e Giovanni, suo fratello. Cf v. 16: vide Simone e Andrea, fratello di Simone. Qui si nomina anche il padre. anch'essi nella barca ad aggiustare le reti. Cf v. 16: gettare attorno (il giacchio) nel mare. Qui, oltre le reti, ben pi grandi di un semplice giacchio, c' anche la barca per calarle. v. 20 li chiam. Cf v. 17: disse loro. lasciando il padre loro Zebedeo sulla barca con i salariati. Cf v. 18: lasciate le reti. Qui, oltre il capitale maggiore - barca e reti - e il lavoro migliore, si lascia anche ci che, oltre il mestiere per vivere, d all'uomo la sua identit personale: il suo tessuto di rapporti affettivi (padre) e sociali (salariati). se ne andarono dietro a lui. Cf v. 18: seguirono lui. L'azione vista dalla parte di coloro da cui ci si stacca: se ne andarono da Zebedeo e compagni per attaccarsi a Ges e andare dietro a lui. La seconda chiamata contiene gli stessi elementi della prima. Ma la ripetizione non un di pi. Indica innanzitutto che il fatto continua a ripetersi - anche per chi ascolta, se lo vuole! E ogni volta il fatto si arricchisce di variazioni e di ampliamenti, approfondendo l'essenziale. La ripetizione risponde inoltre alla struttura dell'uomo, che vive nel tempo, rifacendo le stesse cose. La novit data dal suo grado crescente di simpatia, da cui nasce una conoscenza e un rapporto sempre pi profondo e gustoso. La ripetizione necessaria come tornare alla fonte per attingere l'acqua, come respirare sempre di nuovo per vivere. Ci che brutto, pi lo vedi, pi lo detesti: ci che bello, pi lo frequenti, pi lo capisci e ne gioisci. 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo, osservando il luogo: la spiaggia del lago di Tiberiade, dove Ges passa e gli altri pescano. 3. Chiedo ci che voglio: di non essere sordo alla sua chiamata. Identificandomi con Pietro e

compagni, chiedo di rispondere come loro. 4. Traendone frutto, vedo, ascolto e guardo le persone: chi sono, che dicono, che fanno. Da notare: camminare lungo il mare vedere chiamare dietro a me lasciate reti, barca, padre seguire, andare dietro

4. Passi utili: Nm 9,15-23; Sal 16; 23; Fil 3,1ss; Mt 13,44-46.

6. TACI
(1,21-28)
21

Ed entrano in Cafarnao, e subito, di sabato, entrato nella sinagoga insegnava. 22 E restavano scossi dal suo insegnamento; infatti stava insegnando loro come uno che ha potere, e non come gli scribi. 23 E subito c'era nella loro sinagoga un uomo con uno spirito immondo. 24 E grid dicendo: Che abbiamo a che fare noi con te, Ges Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Ti conosco chi sei: il Santo di Dio. 25 E Ges lo sgrid dicendo: Taci, ed esci da lui! 26 E, scuotendolo, lo spirito immondo e gridando a gran voce usc da lui. 27 E furono stupiti tutti quanti, cos che si chiedevano insieme l'un l'altro dicendo: Che questo? Un insegnamento nuovo con potere; comanda anche agli spiriti immondi e gli obbediscono! 28 E la sua fama usc subito dappertutto

nell'intera regione della Galilea. 1. Messaggio nel contesto Taci, dice Ges allo spirito immondo. La sua parola, come ha il potere di chiamarci a seguirlo, ha anche quello di sconfiggere lo spirito del male che in noi. Con l'esorcismo inizia la prima giornata messianica. Marco dopo averci detto chi quel Ges che ci invita dietro a lui, ora ci dice in sintesi cosa fa per noi: con la forza della sua parola ci libera dal male (vv. 2128) e ci fa liberi per il bene (vv. 29-3 I); la sua azione non sar spenta, bens moltiplicata dalle tenebre che calano (vv. 32-34), e, nell'inazione della notte, attinger dalla comunione con il Padre la forza di andare altrove (vv. 35-39). Nella cornice artificiale di un giorno di sabato - per chi incontra e segue lui inizia il sabato senza tramonto! - ci viene offerto un quadro della sua attivit, il suo programma messianico. All'inizio si ricorda il suo insegnamento. La Parola, principio della creazione, pure principio della redenzione. Ancora oggi lo incontriamo attraverso la parola del racconto evangelico. Essa ha il potere di muovere pure noi a seguirlo, come ha fatto con i primi quattro discepoli (cf brano precedente); e il primo effetto che ha su di noi che lo seguiamo, proprio quello di liberarci dallo spirito del male. L'esorcismo incluso nella duplice menzione dell'autorit della parola di Ges. Il male infatti ha la sua origine nella menzogna. La verit lo sbugiarda e lo dissolve, come la tenebra quando giunge la luce. Posto all'inizio, l'esorcismo ha valore programmatico: tutta l'attivit di Ges ha come fine quello di liberare l'uomo dallo spirito del male, che lo tiene schiavo. chiamato spirito immondo - per Israele immondo tutto ci che ha attinenza con la morte. il contrario dello Spirito di Dio, amante della vita (Sap 11,26). Per Marco innanzitutto il tentatore (vv. 12 s), proprio in quanto ruba la Parola (4,15), sostituendo nell'uomo la parola di Dio, che lo fa suo figlio, con la menzogna, che lo allontana da lui, sua vita. Per questo il pensiero dell'uomo chiamato da Ges satanico (8,33). Satana ha il suo volto visibile nella ricchezza che seduce (4,19; 10,22-25): il dio mammona (Mt 6,24). Negli esorcismi descritto come colui che possiede, depossessa e tortura l'uomo. chiamato satana (= accusatore), diavolo (= divisore), il maligno, i1 tentatore, il principe delle tenebre, il padre della menzogna (Gv 8,44). il principe di questo mondo (Gv 14,30); a il suo regno ed forte (3,23.26.27); anzi, dopo il peccato, tutto posto nelle sue mani (Lc 4,6). In Gn 3 si descrive la sua azione come un'abile manipolazione, che porta l'uomo a farsi lui stesso male. Inizia avanzando la possibilit della sfiducia in Dio, suggerendone una falsa immagine; induce poi alla disobbedienza, col mettergli davanti la vertigine del suo limite oggettivo di creatura, per prospettargli la bellezza fallace di un'autonomia senza limiti; gli rivela infine spietatamente la sua nudit e insufficienza, che gli mette paura e lo fa fuggire e nascondere da lui. Abbandonata la sorgente del proprio io, l'uomo si scava a fatica cisterne, cisterne screpolate, che non tengono acqua, se non morta (Ger 2,13). Persa la propria identit, la cerca in ci che sempre pi lo aliena da s: l'avere, il potere, l'apparire. Di qui la crescente insoddisfazione e disistima di s, la solitudine, l'angoscia mortale, il desiderio di salvarsi, le brame incolmabili, l'egoismo insaziabile, le ingiustizie, le guerre e il resto. Tutto questo male, una volta compiuto, rimane, si solidifica e organizza in strutture moltiplicatrici di iniquit - vere macchine di oppressione, di cui l'uomo, loro fattore, si fa ingranaggio. Alla fine egli vi resta imprigionato come un baco nel bozzolo che lui stesso ha fatto. Ma questo male indebito non la situazione nostra definitiva. Ges venuto a defatalizzare la storia e a restituircela nelle nostre mani. Egli ci libera con la parola di verit, capace di zittire la menzogna che sta all'origine della nostra schiavit, mostrandoci la realt nostra di figli e quella di Dio che Padre. Per questo gli esorcismi sono il segno della venuta del Regno, la fine della schiavit dell'uomo. Non riconoscerlo, mentire all'evidenza: il peccato contro lo Spirito Santo (3,26-30).

Marco narra dettagliatamente tre esorcismi (qui, 5,1-10 e 9,14-29). A differenza dei miracoli, avvengono tra difficolt e convulsioni sempre crescenti. Nell'ultimo l'esorcizzato resta addirittura privo di vita. La lotta, iniziata dopo il battesimo, dura tutta la vita, e avr il suo culmine sulla croce. La sua morte da sconfitto per amore di chi lo uccide, sar l'esorcismo definitivo: rivelando chi Dio per l'uomo, vincer definitivamente la menzogna di satana. Ges la parola potente di Dio. Come ha creato il mondo e dirige la storia, entra anche nel nostro cuore per illuminarlo. la parola di verit che restituisce l'uomo a se stesso, liberandolo dal male e facendolo libero per il bene, capace di amare come amato. Discepolo colui che sente rivolta a s la parola di Ges. Essa scatena desideri e resistenze laceranti, ma anche capace di vincere le resistenze e tradurre in realt i desideri. Bisogna che impariamo a conoscere le reazioni interne che avvengono ogni volta che leggiamo il vangelo senza distrazioni. importante distinguere quelle buone da quelle cattive, per accogliere e chiedere che crescano le prime, e rifiutare e chiedere la liberazione dalle seconde. Il nostro esorcismo fondamentale il battesimo. Esso, come per Ges, segna l'inizio di una lotta che continua tutta la vita. Ma questa fatica gi pegno sicuro della vittoria finale. Prima del battesimo c' solo sudditanza e schiavit tranquilla, quasi un'identificazione con il proprio male. Nell'indemoniato vediamo le nostre reazioni davanti alla Parola e la sua azione in noi. 2. Lettura dei testo v.21 Cafarnao. Patria dei primi discepoli, sar il centro dell'attivit di Ges in Galilea. di sabato. il giorno del riposo di Dio, compimento della creazione. Ges opera di sabato perch la sua azione inaugura questo giorno: l'aurora del sabato definitivo, in cui tutta la creazione raggiunge il fine per cui stata pensata. insegnava. L'imperfetto indica un'azione prolungata e non conclusa. Come allora, cos anche adesso continua ad insegnare. Questo verbo da Marco praticamente riservato solo a Ges (una volta sola riferito anche ai Dodici, inviati in missione come suoi araldi, 6,30). Egli l'unico Maestro. Noi siamo e restiamo sempre tutti suoi discepoli, che insegnano solo ci che lui ha detto e fatto. Non si dice che cosa insegna, perch insegna se stesso attraverso il racconto di ci che fa. Leggendo il vangelo, anche noi ci accostiamo a lui e impariamo a conoscerlo. Infatti la Parola fatta carne, tornata Parola nel racconto del vangelo, per farsi ascoltare ancora da noi. Ad ogni parola che udiamo con l'orecchio, corrisponde sempre una parola silenziosa del Maestro interiore, che muove il cuore attirandolo a s. Questa scatena in noi le reazioni delle nostre paure e le resistenze del nemico, che si oppongono a Dio e alla sua promessa. Dio, come ogni uomo, comunica se stesso con la parola. Essa interpella, dando la libert di rispondere. l'unica mediazione che non lascia residui: porta alla realt mediata e scompare in essa. Ma anche il mezzo pi debole, che non impone nulla - diversamente non parola di verit, bens manipolazione tremendamente devastante. Con essa Dio esprime tutto se stesso e si dona, esponendosi al pericolo di essere rifiutato. Egli non pu usare mezzi potenti, perch chi ama rispetta e crea libert. Pu solo, in caso di rifiuto, portare fino in fondo la propria debolezza - fino alla croce di un amore incondizionato. v. 22 restavano scossi. uno stupore sconvolgente. Marco, molto parco di vocaboli - ne ha solo un migliaio - ne usa otto diversi per indicare lo stupore, e li usa per ben complessive trenta volte. La meraviglia, madre della sapienza, apre ad accogliere l'altro e la sua novit. diversa dalla curiosit,

madre della scienza, che porta a etichettare l'altro per usarlo. La prima dovrebbe essere l'atteggiamento corretto nei confronti delle persone e di ci che bello e buono; la seconda nel confronti delle cose, in quanto utili. Ma guai a ridurre anche queste solo al loro rapporto di uso. Hanno sempre in s qualcosa di meraviglioso, da cogliere e rispettare. Ogni volta che, leggendo il vangelo, non stupisco, in realt non capisco. Il contrario dello stupore la durezza di cuore, che rinchiude tutto nella morte dell'ovvio e del gi noto, precludendo ogni novit. Ges verr ucciso da questa durezza di cuore (3,6). stava insegnando come uno che ha potere. La parola potere (greco exusa, che traduce l'ebraico shaltan, da cui sultano) riservata a Dio. Lo stupore davanti alla parola di Ges viene dal fatto che essa ha il potere di Dio: si fa seguire, libera dal male e opera quanto esprime - fa quello che dice e dice quello che fa. Ogni brano del vangelo un dono che Dio vuol fare anche a me che leggo. Purch io chieda. Per questo in ogni lettura gli chiedo ci che voglio, e voglio ci che quel testo intende dare. molto importante che si esprima il desiderio: ci che non desiderato, non pu essere donato, perch non verrebbe accolto. Ges la parola di Dio viva ed efficace, pi tagliente di una spada a doppio taglio (Eb 4,12 s). Entra nel cuore, lo mette a nudo, lo giudica, lo muove a conversione, lo giustifica e lo consola. Le reazioni nostre davanti alla Parola variano secondo la nostra disposizione di chiusura o apertura: da una parte nemica, sgomenta, fa conoscere il peccato (cf 1Re 21,20; 2Re 22,13; 2Sam 12,13), svela i garbugli dei cuori, li sgonfia, li disperde (Lc 2,35; 1,51), trafigge il cuore e lo porta a chiedersi: che fare? (At 2,37); d'altra parte apre il cuore ad accoglierla (At 16,14) e compie oggi quello che dice (Lc 4,21), illumina gli occhi, dilata il cuore (Sal 119,105.32; 18,29), diventa dolcezza e vita (Sal 119,50.93.103). non come gli scribi. Questi spiegano la Parola come hanno imparato a scuola. Ges, invece di spiegare, dice una parola nuova (v. 27), a cui obbedisce anche il male. v. 23 sinagoga. il luogo di riunione per il culto sabatico, con lettura della Parola, la sua spiegazione e la preghiera comune. uno spirito immondo. Immondo ci che, avendo attinenza con la morte, esclude dalla comunit e dal culto. Lo spirito immondo si trova quindi dove non dovrebbe stare, nella sinagoga. E sembra che ci stia inosservato e a suo agio, fino all'arrivo di Ges. v.24 grid. il grido impotente di rabbia e di terrore del nemico che si trova scoperto e perduto. Che abbiamo a che fare noi con te? C' nulla in comune tra la verit e la menzogna, tra la vita e la morte. Non possono coesistere. interessante notare il noi. Parla a nome degli altri demoni o anche dell'indemoniato stesso, volendosi identificare con il suo cliente? Oppure questi che parla, e usa il plurale per indicare la divisione del proprio io o la propria connivenza col nemico? Il primo moto davanti al vangelo per ogni lettore un senso di estraneit scomoda e dolorosa: questa parola non per me, anzi per noi - intendendo in questo noi il male con cui siamo solidali. Sei venuto a rovinarci? Il secondo moto peggiore: sembra che ci rovini. In realt rovina solo il male che in noi. E noi ci difendiamo, perch ci identifichiamo con esso. Perdendo questo, ci pare di perdere noi, la nostra autenticit. In realt perdiamo solo una falsa identit, una brutta maschera che ci deturpa.

Ti conosco chi sei. Ne ha gi sperimentato la forza nel deserto. Il nemico ha una conoscenza superiore, che gli uomini non hanno. il Santo di Dio. Santo il contrario di immondo. Il male rende il suo tributo al bene: lo conosce come suo nemico. Satana cerca sempre di rivelare l'identit di Ges e la sua gloria - per ora conosciuta appena dal Padre e da lui. I demoni continuano la loro tentazione, cercando di divulgarla prima del tempo, per fargli evitare la croce, dove solo si riveler a tutti. v. 25 lo sgrid. La parola usata costantemente negli esorcismi. Nella traduzione greca dei LXX la stessa parola (epitimo) usata per indicare il rimprovero di JHWH. La parola di Ges ha la stessa autorit. Taci. Lindemoniato usa il plurale; Ges il singolare. Fa tacere il demonio nellindemoniato, perch in lui possa parlare l'uomo. Il nemico vinto col semplice farlo tacere. La verit infatti zittisce la menzogna. esci da lui. Lo spirito del male un intruso nell'uomo, che figlio di Dio. La sua parola lo fa uscire. v. 26 scuotendolo, ecc. Il male esce in modo doloroso, ma soprattutto chiassoso. Non perde volentieri il suo cliente. Di per s neanche il malato gradisce subito la guarigione: fugge dalla libert, per paura della responsabilit di gestire la propria vita. La liberazione non mai un fatto tranquillo. Sembra pi facile restare nella schiavit. v. 27 furono stupiti, ecc. Riprende il v. 22, sulla novit e il potere di questa parola. v. 28 la sua fama usc, ecc. Questa fama che si espande anticipo di ci che avverr dopo: il vangelo diffonder ovunque il potere della stessa parola, portandola fino a noi oggi. 3.Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo osservando il luogo: la sinagoga di Cafarnao. 3. Chiedo ci che voglio: identificandomi con gli ascoltatori e con l'indemoniato, chiedo di sperimentare il potere della sua parola nel mio cuore, perch mi liberi dal nemico. 4. Traendone frutto, vedo, ascolto e guardo le persone: chi sono, che dicono, che fanno. Confronto le reazioni dell'indemoniato con le mie davanti alla sua parola. Da notare: l'insegnamento con potere lo stupore lo spirito immondo sei venuto a rovinarci? taci ed esci

4. Passi utili: Is 55,10 ss; Eb 4,12 s; Mc 5,1-20; 9,14-27.

7. E SERVIVA LORO
(1,29-31)
29

E subito, usciti dalla sinagoga, vennero nella casa di Simone e di Andrea, con Giacomo e Giovanni. 30 Ora la suocera di Pietro era a letto con febbre e subito gli parlano di lei. 31 E, fattosi avanti, la risvegli prendendola per mano. E la febbre la lasci, e serviva loro. 1. Messaggio nel contesto E serviva loro, dice Marco della suocera di Pietro guarita. il primo miracolo, indubbiamente il pi insignificante. Ci si aspetterebbe che all'inizio si racconti qualcosa di pi sensazionale. Ma la cosa istruttiva. I miracoli di Ges non sono spettacoli di potenza. Sono invece dei segni, che rivelano da una parte la sua misericordia - una debolezza che lo porter fino alla croce - e dall'altra ci che vuol compiere in noi per farei uomini nuovi, a sua immagine. I primi due - la suocera e il lebbroso - sono guarigioni globali, che indicano lo spirito nuovo e la vita nuova che lui ci dona. Gli altri che seguono illustrano le varie guarigioni specifiche delle nostre membra e facolt: i piedi per camminare dietro a lui, le mani per ricevere e donare come lui, l'orecchio per ascoltare la verit, la lingua per comunicare noi stessi e l'occhio per vedere la realt davanti alla quale siamo ci che siamo. Al centro c' il miracolo della fede, un toccare che sana la vita e libera dalla morte (emorroissa e figlia di Giaro, 5,21-45). I miracoli sono tutti nella prima parte del vangelo, e culminano nel cieco di Betsaida, che sar illuminato due volte, come dovr esserlo anche Pietro per vedere in Ges oltre il Cristo anche il Figlio di Dio. Nella seconda parte c' solo la guarigione dei cieco di Gerico, prima dell'ingresso in Gerusalemme. il dono dell'illuminazione battesimale, che mi fa vedere chi lui per me e chi sono lo per lui, nel suo mistero di morte per me. L'uomo ha bisogno di questi miracoli perch diventato come i suoi idoli, al quali serve e che lo schiavizzano: ha piedi e non cammina. mani e non palpa, orecchi e non ode, lingua e non parla, occhi e non vede (Sal 115,4-8). Nel presente racconto la piccolezza del segno tutta a vantaggio della grandezza del significato. Un miracolo pi straordinario avrebbe attirato la nostra attenzione, a scapito di ci di cui segno. Se allo stolto indichi la luna, lui ti guarda la punta del dito! Con questo piccolissimo segno l'evangelista ci d il significato di tutti i miracoli: sono delle guarigioni che Ges opera per restituire a ciascuno di noi la capacit di servire, che la nostra somiglianza con Dio. Lui stesso Figlio in quanto servo (vv. 9-11). Il vero miracolo, che venuto a compiere sulla terra, non nulla di strabiliante: darci la capacit di amare, ossia servire. La suocera di Pietro, primo frutto maturo del vangelo, il prototipo di tutti i credenti. Nella casa di Simone essa il vero maestro nella fede, perch modello di vita. Attraverso di lei Ges ci insegna non a parole, ma coi fatti e nella verit (1Gv 3,18) chi lui e qual il suo Spirito, che essa silenziosamente incarna.

Le donne contavano assai poco nella cultura ebraica di allora. Non era neanche valida la loro testimonianza. Questa anziana, malata e... suocera la prima che testimonia la vita nuova. Questo miracolo sintetizza quanto finora stato narrato, sviluppandone un gradino ulteriore. Credere al vangelo (v. 15) significa seguire Ges (vv. 16-20), nell'ascolto della sua parola (vv. 21 s); questa ci d la liberazione dal male (vv. 23-28) e la libert per il bene, che il servizio. Questa donna il primo scriba, simile a lui, che Ges discretamente ci dona. L'ultimo sar la povera vedova inosservata, che espressamente ci addita (12,41-44). Marco, per circa un centinaio dei suoi seicento versetti, parla di donne (e bambini, che ne sono un'appendice). Le figure femminili occupano i punti chiave del vangelo (vedi appunto qui e 12,41-44, come inclusione di tutta la sua attivit; 14,1-9 e 15,40-16,8, come inclusione del racconto della sua morte e risurrezione; vedi inoltre 5,21-43 e 7,24-30, dove si illustra cos' la fede e qual la sua potenza). Dio ha scelto i poveri di questo mondo per farli ricchi con la fede ed eredi del suo regno (Gc 2,5): con ci che stolto e debole confonde i sapienti e i forti, con ci che ignobile e disprezzato e nullo, riduce a nulla le cose che sono (1Cor 1,26 ss). Questo brano ci dia occhi nuovi ed evangelici per vedere ci che conta davanti a Dio, che non guarda secondo le apparenze (1Sam 16,7). Ges il medico. Con la sua parola libera dallo spirito del male, e con il suo contatto d la capacit del bene. venuto per ridarci la pienezza di vita e restituirci il nostro volto di figli. Il discepolo raffigurato dalla suocera: a letto con la febbre, incapace di servire e costretta a farsi servire o servirsi degli altri. Il contatto con Ges la render come lui, che venuto per servire (10,45). Ovviamente questo, che il primo miracolo del vangelo, sar l'ultimo a realizzarsi. buona regola dire fin dal principio il fine verso cui si sta andando! 2. Lettura dei testo v. 29 dalla sinagoga vennero nella casa. C' un passaggio dalla sinagoga, luogo del culto di Israele, alla casa, che diventer il luogo della catechesi e del culto cristiano. In ambedue c' il male: come spirito immondo o come febbre, che lo rivela. Simone e Andrea con Giacomo e Giovanni. I primi quattro iniziano il loro cammino seguendo Ges e imparando. Diventeranno discepoli quando avranno capito di essere l'indemoniato che lui libera, la suocera che lui guarisce. I liberati e miracolati della prima parte del vangelo fanno da specchio a noi, chiamati a identificarci con loro, per chiedere e ottenere lo stesso dono. v.30 la suocera di Pietro era a letto con febbre. Questa febbre, che tiene a letto costringendo a servirsi degli altri e impedendo di servire, figura di quel male che immobilizza ogni uomo e gli blocca la capacit di amare, sviluppandogli ampiamente quella di schiavizzare. Nella stessa casa Ges diagnosticher e curer un'altra febbre che i discepoli nascondono in s, che li fa bollire l'un contro l'altro e li rende sordi alla parola: il desiderio di essere il pi grande (9,32-35). la stessa febbre che i capi delle nazioni hanno in comune con Giacomo, Giovanni e tutti gli altri, mentre litigano sui primi posti (10,35-45). gli parlano di lei. Esclusi i primi discepoli, chiamati direttamente da lui, c' sempre un tramite che porta noi a lui e lui a noi. la mediazione della Chiesa, che prolunga nello spazio e nel tempo la sua presenza. Ma il contatto con lui e la sua parola sono sempre immediati e diretti, da persona a persona. La necessit della mediazione, che consiste nel parlare al Signore degli uomini o agli uomini del Signore,

correlativa alla responsabilit che ognuno ha del proprio fratello davanti al Padre. Chi non si cura dell'altro, non ha conosciuto il Signore. v. 31 fattosi avanti. Ges non si tira indietro davanti al nostro male. Non la nostra bont, ma la nostra miseria attira la sua misericordia (cf 2,17). la risvegli. La parola eghero usata per proclamare la risurrezione di Ges. Al v. 35 l'altra parola usata con tale senso: si lev (anste). prendendola per mano (cf 5,41!). La sua mano prende la nostra, e ci comunica la sua stessa vita. La guarigione avviene in silenzio, attraverso il contatto. Non magia, ma una verit profonda: la nostra comunione con lui ci conferisce la sua forza. e serviva loro, ossia Ges e gli altri. La nostra mano, presa da lui, finalmente capace di agire come la sua. Servire nel NT significa amare in concreto. Ges il Figlio perch ha scelto di servire Dio e i fratelli (vv. 9-11). La pi bella definizione che Ges d di s quella del Figlio dell'uomo venuto per servire (10,45). Il servizio la guarigione dalla febbre mortale dell'uomo: l'egoismo, che lo uccide come immagine di Dio. La libert che Ges porta consiste nell'essere, mediante l'amore, a servizio gli uni degli altri (Gal 5,13). Amare veramente significa farsi carico dell'altro nei suo bisogni e nei suoi limiti. Farsi carico dei beni altrui, pi che amore, suona egoismo! Portate i pesi gli uni degli altri, cos adempirete la legge di Cristo, che trova la sua pienezza in un solo precetto: amerai il prossimo tuo come te stesso (Gal 6,3; 5,14). L'egoismo si esprime nel servirsi, che porta all'asservimento reciproco; l'amore si realizza nel servire, che porta alla libert dell'altro, perch lui stesso possa servire. Solo cos, nel servizio reciproco, siamo finalmente tutti liberi. Dopo aver estromesso da noi lo spirito del male, Ges vuol riempirci del suo Spirito. Ogni miracolo restaura un tratto del nostro volto divino di figli. Il servizio pu sembrare piccola cosa. Invece l'unica in grado di cambiare tutto. Il mondo infatti un grande banchetto di cibi prelibati. Ma c' una regola precisa: bisogna mangiare con forchette lunghe un metro e mezzo. L'inferno dove ognuno, cercando di mangiare da s, muore di fame e inforca il prossimo. Il paradiso dove ognuno d tutti, e ognuno gode di dare e ricevere benevolenza e amore. 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo, osservando il luogo: la casa di Simone e Andrea, a Cafarnao. 3. Chiedo ci che voglio: identificandomi con la suocera, chiedo di guarire dalla febbre che mi immobilizza e mi impedisce di servire. 4. Traendone frutto, vedo, ascolto e guardo le persone: chi sono, che dicono, che fanno. Considero ogni parola del testo. 4. Passi utili: Mc 9,33-35; 10,35-45; Gv 13,1-17; 1Cor 1,26-29; Is 42,1-9; 49,1-6; 50,4-11; 52,13-53,12.

8. FATTASI SERA
(1,32-34)
32

Ora, fattasi sera, quando cadde il sole, portavano a lui tutti gli ammalati e gli indemoniati; 33 e tutta la citt era riunita presso la porta. 34 E cur molti ammalati di diverse malattie scacci molti demoni, e non lasciava parlare i demoni perch lo conoscevano. 1. Messaggio nel contesto Fattasi sera. Si chiude la prima giornata di Ges, con la sua fatica messianica. Si ritira il sole e viene il buio: anche per lui finisce la luce e inizia la tenebra. Il giorno il tempo a disposizione dell'uomo per valutare, decidere e fare. La notte il tempo sottratto, indisponibile, morto. L'ombra avvolge tutto e tutti: la creazione perde i suoi contorni e svapora nel nulla, mangiata dall'oscurit da cui uscita. Unica prospettiva sicura di ogni giorno, la sera immagine della fatal quiete. L approda ogni uomo; si infrange ogni sua pretesa e cessa ogni sua attesa. l'ora in cui ognuno dice: Ora basta. E, come Elia, mette la testa sotto il ginepro per dormire (1Re 19,4 s). Dio qui ci attende, perch questa l'ora della verit, in cui sperimentiamo che noi siamo uomini mortali, e lui Dio. Raggiunto il nostro limite, invece di cadere nel vuoto, sconfiniamo in lui. A questo punto smettiamo ogni nostra attivit, e lasciamo finalmente a lui lo spazio per intervenire. Veramente Dio d i suoi doni all'uomo quando dorme (Sal 127,2). Per questo la sera di Ges il momento culminante dell'azione divina, anticipo di ci che sar alla sua morte. Durante il giorno fece un solo esorcismo e un solo miracolo; la sera invece illuminata da un fuoco d'artificio di prodigi. La sua azione infatti fu limitata, parziale, e solo con valore di segno; la sua passione invece sar illimitata, universale e salver tutti realmente. La sua notte guarisce tutte le nostre notti. Inoltre la nostra notte il luogo dove sperimentiamo la luce della sua notte. Nel passo parallelo, posto a conclusione della prima giornata di miracoli, Matteo cos dichiara l'origine di tutta l'opera di Ges: Egli ha preso le nostre infermit e si addossato le nostre malattie (Mt 8,17). Con questa citazione di Is 53,4, Matteo dice chiaramente che non la sua potenza sovrumana a guarirci, ma la sua impotenza di servo, che lo porter sulla croce, carico dei nostri mali. Questo brano non propriamente un racconto. un riassunto di pi fatti. In questi sommari redazionali l'autore ispirato, meno vincolato dalle cose da raccontare, offre ampie panoramiche teologiche, dando la cornice interpretativa al fatti stessi. Per questo sono da leggere con cura. In

concreto qui Marco vuol anticipare il senso della morte di Ges, che sar per tutti salvezza dai mali e dal male. Ma prima di allora la sua identit non pu essere proclamata. Sarebbe malintesa! Ges la luce del mondo. Con la sua morte entrato nelle nostre tenere, illuminandole della sua solidariet divina. Con lui non c' pi notte. Il discepolo incomincia a intuire con stupore come Dio capovolge la prospettiva delluomo: a una vita per la morte, contrappone una morte per la vita. 2. Lettura del testo v.32 fattasi sera. Oltre questa, che conclude il primo giorno, Marco ci presenta altre sere, che vengono rispettivamente dopo le parabole (4,35), dopo il fatto dei pani (6,47), dopo l'ingresso nel tempio (11,11), dopo la purificazione del tempio (11,19), all'inizio della Cena (14,17) e dopo la sua morte, quando Giuseppe riceve in dono il suo corpo (15,42). Tutte le sere portano a questa ultima e settima, in cui finisce il mondo vecchio, e Ges consegna se stesso alla madre terra, seme del Regno che germoglier nel sole nuovo del mattino di Pasqua. portavano a lui. Tranne il lebbroso, l'emorroissa e la sirofenicia (1,40 ss; 5,25 ss; 7,24 ss) prototipi di tutti gli emarginati ed esclusi, che hanno accesso libero e immediato a lui, nessuno va a Cristo per conto suo. Dio ha bisogno degli uomini. Tutti i miracolati sono portati da lui o lui stesso portato presso di loro. Anche il cieco, che lo chiamer, prima di andare da lui, sar chiamato attraverso altri (10,49). tutti gli ammalati. Di giorno ne guar solo uno. Di sera tutti sono da lui. indemoniati. Ges guarisce non solo dalle malattie esterne, ma soprattutto dal male interno. La guarigione dei malati un segno provvisorio del futuro, e indica simbolicamente ci che sar l'uomo nuovo - anche se ancora deve morire. La liberazione degli ossessi invece vuol essere un intervento definitivo, e indica la fine del regno di satana e la venuta del regno di Dio (3,26; Lc 11,20). Ambedue sono manifestazioni della simpatia di Dio per gli uomini: quella sym-ptheia compassione = patire insieme) che dal battesimo lo porta alla croce. v. 33 tutta la citt era riunita presso la porta. Di mattina, alla porta della citt, si teneva il giudizio di condanna contro i malfattori. Di sera, alla porta della casa di Simone, il Signore stesso compie il suo giudizio di salvezza per tutti i perduti. v. 34 cur molti ammalati. Quei tutti non erano pochi, ma molti. La parola curare in greco significa rispettare, venerare, onorare. Questa la vera terapia (= cura) per i mali profondi delluomo. scacci molti demoni. Si cura il malato, non il male. Noi spesso curiamo il male, a scapito del malato come odiamo il peccatore e amiamo il peccato. e non lasciava parlare i demoni. Marco sottolinea sempre il segreto messianico. Oltre che un aspetto importante della vita di Ges - che non cercava la pubblicit, anzi la considerava tentazione - anche un motivo teologico dell'evangelista. Egli si rivolge al catecumeno, e vuol fargli capire che una conoscenza di Dio prima della croce diabolica: non rende conto n del male nostro n dell'amore suo.

perch lo conoscevano. Gli spiriti sono gli unici a sapere chi Ges. Hanno infatti una conoscenza superiore, che trascende la nostra. Inoltre si vede come la fede non conoscerlo - anche i demoni lo conoscono! - bens sperimentare la sua forza. 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo, osservando il luogo: davanti alla porta della casa di Pietro, di sera. 3. Chiedo ci che voglio: chiedo al Signore di conoscere le sue prospettive circa la sera - e lo ringrazio dei suoi doni. 4. Traendone frutto, vedo, ascolto e guardo le persone: chi sono, che dicono, che fanno. Considero ogni parola del testo. Passi utili: Sal 127; 1Re 19,1-5; 2Cor 4,7-12; 12,9 s; Mt 8,16 ss.

9. ANDIAMO ALTROVE
(1.35-39)
35

E di buonora, in notte fonda, levatosi usc se ne and in luogo deserto l pregava. 36 E lo insegu Simone quelli con lui; 37 e lo trovarono e gli dicono: Tutti ti cercano! 38 E dice loro: Andiamo altrove, nei borghi vicini, perch anche l proclami. Per questo infatti sono uscito. 39 E venne, annunciando nelle loro sinagoghe in tutta la Galilea e scacciando i demoni. 1. Messaggio nel contesto

Andiamo altrove, dice Ges ai discepoli che lo cercano per mietere il successo di ci che ha seminato il giorno prima. Per la seconda volta si ritira in preghiera nel deserto. Sulla bocca di Pietro, portavoce degli altri, vediamo anche la prima tentazione: Tutti ti cercano. Essa si cela nel pronome personale ti, e consiste nel cercare il proprio io invece di Dio, mettendolo al centro di tutto. l'egoismo, principio di tutti i mali. Ma Ges non vuole il successo personale, neanche a fin di bene. Si nota qui la prima incomprensione tra lui e i suoi, i primo scontro vellutato tra il pensiero dell'uomo e quello di Dio. I discepoli sono certo in buona fede: lo cercano e lo consigliano per amor suo. Vedremo d'altronde che Ges, quand' da solo con loro, li disorienter sempre, soprattutto di notte (cf 4,35 ss; 6,47 ss; 14,17 ss) - ma anche di giorno, quando parler della sua notte (8,31-33; 9,31-34; 10,32-45). Per loro, chiusi nella prospettiva mondana e ciechi davanti a quella di Dio, questi disorientamenti diventeranno semi di conversione. La giornata tipo di Ges si conclude con la preghiera notturna, che d inizio alla nuova attivit. Per lui la contemplazione insieme termine e sorgente dell'azione, fine di ci che ha fatto e principio di ci che sta per fare. La preghiera stare davanti a Dio. Fatto a sua immagine e somiglianza, davanti a lui l'uomo se stesso; lontano da lui, lontano da s e dalla propria realt, fino a diventare nulla di s. Per questo il fine di ogni ministero insegnare chi e come pregare, per entrare in comunione con Dio, e trovare cos il rapporto vero con s e con gli altri. La preghiera innanzitutto non un parlare di Dio, ma un parlare con Dio, stando attenti a non scambiarlo con le proprie immagini di lui (idoli). Non trascurabile il fatto che Ges preghi durante la notte, figura della morte. Questa non la fine di tutto, ma il luogo del rapporto pieno con Dio, forza per un giorno nuovo. Tutte le culture hanno un senso religioso che intuisce la preghiera come relazione vitale e necessaria col trascendente. Questo positivo in s, anche se poi, a causa del peccato, devia naturalmente in una direzione moralistica e/o magica: si prega per tenersi buono Dio e/o piegarlo al proprio volere e ai propri bisogni. La nostra societ occidentale, che vive come se Dio non ci fosse ( tamquam Deus non daretur), ha messo tra parentesi l'apertura allinfinito, col bel risultato di togliere all'uomo quell'elemento che lo fa tale, dandogli senso e libert. Anche il credente respira un'aria in cui l'unico orizzonte quello asfissiante del manufatto umano, incapace di soddisfare la sete di senso sita nel cuore di ciascuno. Per il giudeo-cristiano la preghiera assai diversa da quella che scaturisce dal vago senso religioso comune a tutti: un rapporto fiducioso, filiale, rispettoso, creaturale, da persona a persona, con Dio, unico interlocutore degno dell'uomo. Si va a lui non tanto per chiedergli qualcosa, perch ci d tutto noi stessi. il mondo e se stesso! - quanto per ringraziarlo e amarlo, conoscerlo e vivere cosi nella verit. Il dialogo con Dio l'arte suprema che fa essere l'uomo quello che , nella sua dignit di partner di Dio. Ges ha la sua vita in comunione col Padre. Per questo la preghiera il punto d'arrivo della sua giornata, la forza per non cadere in tentazione e la molla inesauribile della sua missione al fratelli. Il discepolo impara cos' la preghiera vedendo lui che prega. La descrizione essenziale che Marco ne fa, ce ne fa comprendere gli elementi fondamentali. 2. Lettura dei testo v. 35 E di buonora, in notte fionda, levatosi. Di notte l'uomo dorme. Se veglia, nel silenzio di ogni creatura, si trova in solitudine col suo creatore, davanti al quale ci che . Scopre cos la propria verit

di confine tra il nulla e il tutto. Imparentato con ambedue, se fissa il primo, angosciato, se si volge al secondo, raggiante (Sal 34,6). Le parole di buonora, in notte fonda, levatosi richiamano il mattino di Pasqua (16,2), quando Ges si lev dalla notte definitiva. Ci significa che la preghiera la forza che vince le tenebre. Infatti comunione con Dio, sorgente di vita. usc in luogo deserto. Le parole uscire e deserto richiamano l'esodo. La preghiera impedisce all'uomo di sedersi - sarebbe una trappola mortale - e lo fa uscire dalla schiavit e dal rumori di ci che fa e di ci che gli fanno, per trovarsi nel deserto, dove pu ascoltare l'essenziale. e l pregava. La preghiera di Ges il suo rapporto di Figlio con il Padre, che venuto ad aprire a tutti i fratelli. Marco presenta Ges in preghiera tre volte, in tre momenti chiave di tentazione e sempre di notte: qui, dopo il primo giorno, prototipo di ogni giorno, dopo il fatto dei pani (6,46) e nell'agonia nell'orto (14,32 ss). Come sar stata la sua preghiera? Nella tradizione biblica essa caratterizzata da un dialogo fiducioso, familiare, da amico a amico, Insistente, che si interessa degli altri e intercede per loro (cf Gn 18,22-32); la forza per vincere il nemico (cf Es 17,8-13); la semplicit di srotolare davanti al Signore le proprie angustie, oscurit e minacce (cf 2Re 19,10-19); ha l'aspetto di una lotta con Dio, che percepiamo come nemico, perch ci toglie le maschere e ci svela il nostro vero nome (cf Gn 32,23-33). Nel NT anche lui leva la maschera che gli abbiamo appiccicato e rivela il suo vero nome di Padre (cf 14,32-42); e noi ci scopriamo figli. Nella preghiera otteniamo infallibilmente lo Spirito Santo (cf Lc 11,9-13), la vita di Dio, l'amore reciproco tra Padre e Figlio. il cui frutto il cambiamento radicale della nostra esistenza in una vita filiale e fraterna (cf Gal 5,22). v. 36 lo insegu Simone. Pietro non segue ancora solo Ges, ma anche i suoi desideri, che vede realizzarsi in lui. Crede ormai di averli perseguiti, lui si presta a cogliere l'occasione opportuna. Per questo lo insegue, quasi lo perseguita. v. 37 Tutti ti cercano. Per noi cercare Ges, il volto di Dio, Il fine ella vita. Di te ha detto il mio cuore: Cercate il suo volto (Sal 27,8). Ma per Ges la prima tentazione, che ha in comune con ogni uomo: quella di cercare il proprio io. L'io, quando cerca se stesso, il nemico mortale dell'uomo, perch chiude all'altro. v.38 Andiamo altrove. Ges conosce e respinge questa tentazione di tana, che gi ha affrontato nel deserto. La forza per vincere gli viene dalla preghiera. Questa, in quanto dialogo con l'Altro, gi sconfitta all'egoismo, passaggio dall'io a Dio. nei borghi vicini. Ci che ha fatto a Cafarnao, deve essere fatto altrove, cominciando dai villaggi pi vicini, andando sempre pi lontano, fino li estremi confini della terra. perch anche l proclami. La comunione con il Padre che ama tutti i figli, la spinta verso tutti i fratelli. Anche i discepoli saranno inviati ad annunciare e a vincere il male nella misura in cui staranno con lui J3-15), che sta sempre presso il Padre. Contemplazione e azione non oppongono: la prima sorgente della seconda, e questa deve portare a quella. Se uno non unito a Dio, la sua azione un aiutarsi pi dannoso e inutile. Chi non con me, dice Ges, contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde (Lc 11,23).

Per questo sono uscito. uscito non solo da Cafarnao. Lui il Figlio cito dal Padre, per portare la buona notizia a tutti i fratelli. Il suo ritorno pieno avverr quando il vangelo sar stato predicato a tutte le genti (3,10). v. 39 E venne. La sua uscita dal Padre una venuta presso tutti noi. annunciando e scacciando i demoni. la sintesi del suo ministero: l'annuncio della parola di verit che libera l'uomo dalla schiavit della menzogna. 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo, osservando il luogo: il deserto dove Ges, di notte, si ritira in preghiera. 3. Chiedo ci che voglio: di lasciarmi istruire dalla sua preghiera. 4.Traendone frutto, vedo, ascolto e guardo le persone: chi sono, che dicono, che fanno. Da notare: notte uscire deserto preghiera ti cercano andiamo altrove

4. Passi utili: Gn 18,22-32: Es 17,8-13; 2Re 19,10-19; Gn 32,23-33; Lc 11,9-13.

10. VOGLIO, SII MONDATO!


(1,40-45)
40

E viene a lui un lebbroso invocandolo e cadendo in ginocchio e dicendogli: Se vuoi, puoi mondarmi! 41 E, commosso, tendendo la mano lo tocc e gli dice: Voglio! Sii mondato! 42 E subito se ne and da lui la lebbra fu mondato. 43 E, sbuffando con lui, lo mand subito via, 44 e gli dice: Guarda di non dir nulla a nessuno; ma va', mostrati al sacerdote e offri per la tua purificazione ci che Mos prescrisse in testimonianza per loro.

45

Ora egli, uscito, cominci a proclamare molto e a diffondere la Parola, cos che lui non poteva pi entrare in citt apertamente; ma se ne stava fuori in luoghi deserti, e venivano a lui da ogni parte. 1. Messaggio nel contesto Voglio, sii mondato!, risponde Ges. Per questo uscito: per mondare l'uomo dalla sua lebbra. Il lebbroso, gi mentre vive, un morto civile e religioso, tagliato fuori dalla societ e dal culto. Espulso nel deserto, senza relazioni con nessuno, l'uomo gettato da vivo nellinferno della solitudine. L'unica legge che tenuto ad osservare, quella di autoescludersi gridando il suo male a chi inavvertitamente lo avvicinasse (Lv 13,45). La vita non deve avvicinarsi alla morte; la sua presenza la contamina. Guarire un lebbroso come risuscitare un morto: solo Dio pu farlo (2 Re 5,7). La lebbra, col suo disfarsi della carne, rappresenta visibilmente ci che ognuno teme e sa come suo futuro; specchio di ogni vita, infetta di morte. La legge, che discerne tra puro e impuro, tra bene e male, tra giusto e peccatore, non pu che giustamente distinguere, dividere e segregare. Nel vano tentativo di difendere la vita, non pu far altro che costatare la morte. Ges invece la buona notizia di uno che tocca il lebbroso guarendolo, perdona il male sanandolo, assolve il peccatore giustificandolo (brano seguente). Gli esclusi dalla legge - addirittura i suoi trasgressori - sono i destinatari di questo dono. Infatti il medico, venuto per i malati e non per i sani (2,17). Questo miracolo introduce una sezione di cinque dispute sulla differenza tra la legge e il vangelo. Alla fine sar decretata la morte di Ges stesso (2,1-3,6). Il lebbroso mondato rappresenta il passaggio dall'uomo vecchio, che la legge relega nella morte, a quello nuovo, che annuncia la buona notizia. figura del battezzato che, come Nahaman il Siro, esce dal Giordano con la carne fresca di un bambino (2 Re 5,14). L'ex-lebbroso il primo apostolo di fatto, che Ges stesso invia al tempio, annuncio vivente del vangelo. Il secondo apostolo sar l'ex-indemoniato, inviato presso i pagani (5,19). Questo lebbroso, con pochi altri (5,25-34; 7,26 ss; 10,46-51), chiede un miracolo: sa cosa volere, e chiede ci che vuole. Gli altri non sanno cosa volere o non possono o non osano chiedere. Ci che Ges fa a loro un'istruzione per noi, che cos sappiamo cosa volere e chiedergli: esattamente il dono che fa loro. I suoi prodigi servono a liberare le nostre aspirazioni profonde, lasciate sopite perch ritenute impossibili. Vedendo e invece realizza e, abbiamo il coraggio di sperare e cominciamo a chiedere, aprendo la mano per ricevere ci che lui ci vuol donare. Le parole brevi che Ges aggiunge al miracoli sono un'educazione di questi desideri: spiegano cosa lui vuol darmi al di l dei miei stessi desideri, che restano sempre ambigui finch sono mossi pi dalle mie paure che dalle sue promesse. Solo cos posso rispondere correttamente alla sua domanda: Cosa vuoi che io ti faccia? (10,36.51), e chiedere ci che voglio, volendo ci che lui vuol darmi. Il desiderio la facolt pi alta dell'uomo: non produce nulla, ma capace di tutto, anche dell'impossibile - capace di Dio stesso. Nel miracolo non si dice n il nome n il luogo n il tempo, in modo che il nome sia il mio, il luogo sia qui e il tempo sia ora. Quando ascolto il vangelo - l'ex-lebbroso stesso lo proclama come Ges - se mi converto e mi affido a Ges, per me si realizza qui e ora ci che viene raccontato.

Ges esprime la sua volont di mondare la nostra vita, liberandola dalla lebbra che la devasta. La legge dichiara il male. Lui lo guarisce. Discepolo colui che gli chiede questo dono. Ogni dono pu essere fatto solo a chi lo desidera. Tutto ci che Ges fa e dice nel seguito del vangelo, quanto vuol darmi e quanto posso, anzi devo, desiderare da lui, con umilt e fiducia, chiedendolo con insistenza. 2. Lettura dei testo v. 40 viene a lui un lebbroso. Se qualcuno gli si avvicinava, il lebbroso doveva avvisarlo del pericolo che correva, in modo che lo evitasse, gridando: Immondo, immondo (Lv 13,45). Costui invece viene da Ges. Solo gli esclusi, i non aventi diritto e gli impossibilitati hanno accesso immediato a lui! Il mio diritto ad accostarmi al Signore non viene dal fatto che sono giusto e degno, bello e buono. Proprio perch ingiusto e immondo, brutto e peccatore, ho il diritto di andare da lui direttamente. Questo il vangelo, la buona notizia che i salva: Dio mi ama perch mi ama; la mia miseria non ostacolo, bens misura della sua misericordia. Lui non la legge che mi giudica n la coscienza che mi condanna: il Padre che d la vita, e mi ama pi di se tesso, senza condizioni, cos come sono. Il mio male, la mia non-amabilt lo spingono verso di me con un amore che non conosce altro metro che quello del mio bisogno. Ges significa: Dio salva. Proprio e solo nella mia perdizione posso conoscerlo. invocandolo e cadendo in ginocchio. I1 pudore a invocare a salvezza e a mettersi in ginocchio davanti al Salvatore, come quello di chi non osa dire al medico il suo male. un falso pudore che viene dal nemico, una sprovveduta autosufficienza che maschera un'autoinsufficienza senza speranza. All'invocazione con la voce, si accompagna il gesto del corpo: si inginocchia. L'invocazione esprime il bisogno. L'uomo ha bisogno di tante cose, che gli sembrano impossibili. Ma soprattutto malato d'impossibile: bisogno di Dio stesso. Per questo invocazione. Questa ottiene l'impossibile. Ogni brano del vangelo mi fa vedere un mio bisogno, ed educa il mio desiderio a formularsi nell'invocazione corrispondente. Se vuoi, puoi mondarmi. Sei venuto a rovinarci! l'esclamazione del male, che si difende e cerca di identificarsi con l'uomo. Questa invece la preghiera dell'uomo che conosce il male e vuol guarire. la prima preghiera rivolta a Ges: esprime un desiderio, unica possibilit per ricevere un dono. Dove manca, Ges stesso lo provoca con la sua domanda: Vuoi essere guarito? (Gv 5,6). Il lebbroso non solo desidera, ma sa che Ges pu guarirlo. A una simile domanda di guarigione dalla lebbra, il re d'Israele rispose: Sono forse Dio per dare la morte o la vita? (2Re 5,7). Cos Marco prepara la domanda di tutto il vangelo che uscir nel brano seguente: chi costui, che fa tali cose? Questo lebbroso sa cosa vuole - la sua lebbra evidente! -, intuisce la possibilit nuova e chiede (cf il cieco di Gerico: 10,46 ss); ma ancora non sa se Ges vuole. Il Signore riveler di non volere altro. v. 41 commosso. La parola indica un muoversi delle viscere. l'attributo materno di Dio, che amore per l'uomo. Dio si commuove davanti al nostro male, perch Dio e non uomo (Os 11,9). Si dimentica forse una donna del suo bambino, cos da non commuoversi per il frutto delle sue viscere? Anche se queste donne si dimenticassero, io invece non ti dimenticher mai, dice Dio (Is 49,15). Altri codici leggono adiratosi. L'ira di Dio il suo intervento salvifico: l'ira contro il male che uccide suo figlio.

tendendo la mano. La mano segno di azione. La mano tesa attributo di Dio che compie i prodigi dell'esodo (Es 4,4; 7,19; 8,l; 9,22; 14,16; 21,26 s). Qui il Signore compie pi di un gesto creatore: con la sua potenza fece una vita per la morte; ora con la sua compassione cambia la morte in vita. il suo gesto salvatore, che porter a compimento quando tender tutte e due le braccia sulla croce. lo tocc. Il contatto con Ges, salvezza dell'uomo, la fede, che mette comunione con lui (cf 5,25-34). Toccare suppone vicinanza estrema e ore. importante notare che solo i malati toccano Ges o sono toccati lui. Il nostro limite - il nostro male e il nostro peccato - il luogo dove entriamo in contatto con lui. Dall'alto della nostra giustizia non toccheremo mai l'Altissimo. Solo nell'abisso della nostra miseria siamo toccati dalla sua infinita misericordia. Voglio. La volont di Ges la stessa di Dio, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati (1Tm 2,4). Ges la esprime perch smettiamo di sperare, e desideriamo ci che non osiamo sperare. Il suo desiderio chiaro; e desidera che sia anche il nostro. Sii mondato! La guarigione dalla lebbra significa non solo l'essere reintegrato nella societ civile e religiosa; figura anche della salvezza dalla morte, di cui il disfarsi della carne un anticipo. La nostra vera lebbra paura stessa della morte, che infetta tutta la nostra vita e sta all'origine della febbre del brano precedente. v. 42 E subito se ne and la lebbra. Al nostro desiderio espresso come vocazione, viene sempre incontro il suo tocco; e la sua parola ci libera. v. 43 sbuffando con lui, lo mand via. strano questo gesto di sbuffare. Forse voleva stare con lui, come l'uomo di Gerasa, e fargli propaganda indesiderata. un'espressione forte, e corrisponde allo sgridare di 3,12; 8,30; 10,48. Ges vuole segretezza. L'ex-lebbroso ha una missione compiere, e lo mand via (= gett fuori) per questa, come lui stesso dopo il battesimo, fu gettato fuori dallo Spirito nel deserto (v. 12). v. 44 non dir nulla a nessuno. Ges ha sbuffato contro di lui per sottolineare questa proibizione. Come in quasi tutti i miracoli, c' il cosiddetto segreto messianico (cf v. 35), che di solito viene trasgredito. Ma qui trasgredito per ordine dello stesso che proibisce di parlare! La contraddizione manifesta sta forse a richiamare il lettore. Quest'ingiunzione al silenzio vale per lui, che sar autorizzato a raccontare quanto ha udito solo quando, come l'ex-lebbroso, l'avr sperimentato in prima persona (cf. anche l'indemoniato di Gerasa, 5,19). ma va', mostrati al sacerdote, ecc. Lo manda via per compiere questa missione presso i custodi della legge. La guarigione dalla lebbra, secondo Lv 13,49, deve essere costatata dai sacerdoti. in testimonianza per loro. In questo modo il lebbroso testimonia che c' o che fa ci che alla legge impossibile: tocca un lebbroso e lo monda. La legge pu solo descrivere e segregare il male. Chi sar costui che lo vince? Questa testimonianza a favore o contro i sacerdoti? A favore, se l'accolgono, contro, se non l'accolgono. v. 45 cominci a proclamare molto e a diffondere la Parola. Proclamare e diffondere la parola sono termini tecnici della missione. Lex-lebbroso, primo apostolo mandato ai sacerdoti, evangelizzazione vivente: ha sperimentato in prima persona la misericordia del Signore verso di lui, e

l'annuncia agli altri. Il vangelo sar sempre annunciato da chi non conta. Perch il vangelo Ges, la pietra scartata diventata testata d'angolo ( 12,10). non poteva pi entrare in citt apertamente; ma se ne stava fuori in luoghi deserti. Ci che la legge prescrive al lebbroso, ora colpisce Ges che lo ha toccato: dimora fuori dall'abitato nel deserto. Toccandoci, si caricato del nostro male; la nostra lebbra si scaricata su di lui (cf Is 53,3-5). venivano a lui da ogni parte. Quando cala la sera e finisce il giorno dell'uomo, l'azione di Dio si dilata a dismisura (cf vv. 32-34). Cos ora, mentre Ges si ritira, tutti accorrono a lui (cf 3,7 ss!). l'anticipo di quando, innalzato, attirer tutti a s. E chi lo vedr sar salvato (Gv 12,32; 3,14 s). Egli il centro, verso il quale accorre chiunque, come il lebbroso, ha riconosciuto il proprio bisogno e chi pu soddisfarlo. 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo, osservando il luogo, fuori dall'abitato, in cui Ges incontra il lebbroso. 3. Chiedo ci che voglio: Se vuoi, puoi mondarmi. 4. Traendone frutto, mi identifico con il lebbroso, e osservo ogni parola. Da notare: invocare cadere in ginocchio se vuoi, puoi mondarmi lo tocc voglio, sii mondato va'...

4. Passi utili: Lv 13,1-2.44-46; 2Re 5,1 ss; Is 53,3-5; 1,16-19.

11. IL FIGLIO DELL'UOMO HA POTERE DI RIMETTERE I PECCATI SULLA TERRA


(2,1-12)
21Ed entrato di nuovo giorni dopo in Cafarnao, si ud che in casa. 2 E si riunirono molti, cos che non c'era pi posto neanche davanti alla porta, e diceva loro la Parola. 3 E giungono portando a lui un paralitico sollevato da quattro. 4 E, non potendo portarglielo dinanzi a causa della folla, scoperchiarono il tetto dove si trovava

e, fatta un'apertura, calano il lettino dove giaceva il paralitico. 5 E vista Ges la loro fede, dice al paralitico: Figliolo, sono rimessi a te i peccati. 6 Ora c'erano alcuni degli scribi l seduti a ragionare nei loro cuori: 7 Perch costui parla cos? Bestemmia! Chi pu rimettere peccati se non il solo Dio? 8 E subito, conosciuto Ges nel suo spirito che cos ragionavano in se stessi, dice loro: 9 Perch cos ragionate nei vostri cuori? Che cosa pi facile: dire al paralitico: Sono rimessi a te i peccati o dire: Risvegliati, solleva il tuo lettino e cammina? 10 Ora, perch sappiate che il Figlio dell'uomo ha potere di rimettere i peccati sulla terra, 11 dice al paralitico: Io ti dico: Risvegliati solleva il tuo lettino e va' alla tua casa! 12 E fu risvegliato e subito, sollevato il lettino, usc davanti a tutti, s che rimasero meravigliati tutti e glorificavano Dio dicendo: Cos non abbiamo mai visto! 1. Messaggio nel contesto Il Figlio dell'uomo ha potere di rimettere i peccati stilla terra , dice Ges mentre perdona al paralitico e lo fa camminare. Cos non abbiamo mai visto, esclamano tutti in coro. Solo Dio, pu guarire dalla lebbra (2Re 5,7); solo lui pu rimettere i peccati. Se la lebbra la malattia mortale che distrugge l'esterno, il peccato la malattia mortale che distrugge l'interno dell'uomo: una

paralisi, che gli impedisce di muoversi e di raggiungere Dio. Ges purifica la nostra vita dalla morte proprio perdonando il peccato e rimettendoci sul nostro cammino. Con questo racconto inizia una serie di cinque discussioni tra legge e vangelo (2,1-3,6), tra lettera che uccide e Spirito che d la vita (2Cor 3,6). Fin dall'inizio del suo ministero in Galilea, Ges viene a trovarsi in conflitto con le autorit religiose, che ben presto si accorderanno con quelle civili per ucciderlo (3,6). Anche al termine della sua attivit, ci saranno altre cinque discussioni (11,27-12,37), nelle quali specificher il suo potere, di cui qui parla. In questa, come nelle seguenti dispute, non solo si rivendica la libert cristiana dalla schiavit della legge e si risolvono dei problemi scottanti per la comunit cristiana, quali la sua commensalit coi peccatori (vv. 15-17), il digiuno (vv. 19-22) e la festa (vv. 2,23-3,6). Si tratta soprattutto di riconoscere il potere di Ges, ci che venuto a fare sulla terra: egli venuto a darci quei doni che la legge non poteva darci, ma dei quali ci aveva suscitato il desiderio, mostrandocene la mancanza e facendocene sentire il bisogno. Nessuna legge pu far amare. E il comando di Dio di amarlo (Dt 6,4 ss). Solo nel perdono, scoprendo e accogliendo il suo amore gratuito, diventiamo capaci di amare come siamo amati. Per questo il potere di Ges, il suo unico potere, lo stesso di Dio: perdonare. La legge buona perch distingue il bene dal male, la vita dalla more. Ma non salva nessuno; anzi ci condanna tutti, perch seguiamo la via del male e della morte. Per la nostra coscienza, se non ci difendiamo, essa suona continuamente rimprovero e denuncia. Il cuore che sa la verit non mente a se stesso, sempre compunto, convinto di peccato. La legge ha come fine quello di farci vedere la nostra lebbra, di mostrarci la nostra paralisi e di convincerci del nostro peccato, perch possiamo rivolgerci al medico, sapendo cosa chiedere con fede e conoscendo il dono che riceviamo. il pedagogo che porta il discepolo recalcitrante dal Maestro (Gal 3,24). La sua funzione indispensabile per condurci di continuo davanti al perdono di Dio, dove solo superata. Per questo la legge perenne; ma la sua funzione, anche se ineliminabile transitoria, perch cessa una volta che si raggiunta la grazia. Il Vangelo la buona notizia che Dio non n la legge n la coscienza, ed pi grande del mio cuore (1Gv 3,20). Egli puro amore e grazia; si prende cura del mio male e della mia morte; invece di escludermi, mi tocca come il lebbroso; invece di condannarmi, mi perdona come il paralitico. Cos mi guarisce da ci che mi impedisce di camminare per la via del bene e della vita. Si pu dire che, come la legge la diagnosi del male, cos il vangelo ne la terapia. Per quanto diverse, sono ambedue necessarie, come una buona diagnosi indispensabile per una terapia adeguata. Il centro del brano il perdono del peccato, che nessuna legge e nessuna coscienza pu concedere. In questo racconto In gioco sia la vera immagine di Dio, che misericordia e perdono, sia la divinit di Ges, che ha il potere di rimettere i peccati, sia la salvezza dell'uomo, che finalmente sa di essere amato senza condizioni. Ges il Figlio dell'uomo che ha in terra il potere di Dio: rimettere i peccati. Qui dichiara espressamente e per l'unica volta il motivo di tutti i suoi miracoli e della sua missione (cf v. 17): mostrare questo potere. Il perdono non solo divino, ma Dio stesso, la cui potenza amore senza limiti. Il discepolo colui che per fede si sa perdonato e graziato da Ges. Si sente non pi diviso, ma riconciliato con Dio, con s e con gli altri. La Chiesa raffigurata come la casa dalla porta spalancata alle folle, al cui centro sta lui stesso, verso il quale tutti accorrono. Sopra di lui anche il tetto scoperchiato, aperto verso il cielo. Ogni male e peccato cadono su di lui, che in croce porter la nostra paralisi. Cos potremo camminare verso la casa del Padre.

2. Lettura dei testo v. 1 giorni dopo. Dopo la guarigione del lebbroso Ges si era ritirato in luoghi deserti. Da qui passa clandestinamente alla casa, dove per vengono a sapere che si trova. si ud che in casa. La casa, che accoglie i figli, una figura materna, immagine della Chiesa. Al suo centro sta Ges che dice la Parola. Probabilmente la casa di Pietro, dove gi ha compiuto il miracolo del servizio (1,29-31). Per questo ora luogo di accoglienza per tutti. Sar addirittura scoperchiata, per accogliere ci che calato dall'alto (At 10,9 ss). v. 2 E si riunirono. In greco c' la parola syn-go, da cui deriva la parola sinagoga, luogo di riunione del popolo in ascolto della parola di Dio. Prima Ges usava predicare nella sinagoga (1,39). D'ora in poi ci entrer solo ancora due volte, e solo per essere rifiutato (3,1-5; 6,1-6). Questa casa va diventando la nuova sinagoga, sempre pi piena e aperta, tanto che non c' pi posto neanche davanti alla porta (cf anche 1, 33). diceva la Parola. Parola nel NT equivale a vangelo, ed Ges stesso, che insieme proclamato e proclama il vangelo di Dio (cf 1,1.14). Quando udiamo la Parola, ascoltiamo lui in persona. L'annuncio la voce; ma la Parola lui stesso. Percepiamo quella con l'orecchio e questa il cuore. v. 3 un paralitico. L'uomo essenzialmente viator. A struttura eccentrica, col suo centro fuori di s, cammina per raggiungerlo. Limmobilismo il suo fallimento. Gli impedisce di raggiungere il suo fine. La Bibbia ci dice che stata la paura e il non conoscere dove andare a paralizzarlo. una paralisi maligna, che viene dal veleno del serpente, un blocco provocato dalla menzogna antica (Gn 3). sollevato da quattro. Quattro il numero cosmico: quattro sono gli elementi - acqua, aria, terra, fuoco -, i punti cardinali e le dimensioni del cosmo. Finora sono quattro anche i chiamati: Simone e Andrea, Giacomo e Giovanni. Tutto porta a Cristo! Come tutto sussiste in lui e fu fatto mezzo di lui, cos tutto tende verso di lui (Col 1,16 s). I Padri hanno visto in questi i quattro evangelisti, il cui annuncio, perpetuato nel secoli, a tutti gli uomini a Ges. non potendo portarglielo dinanzi a causa della folla. La folla come una siepe attorno a Ges. Per raggiungerlo bisogna uscirne, facendo passo in avanti verso di lui. La folla una massa di individui tutti l, chiusi in s e tra di loro. il contrario dei popolo, che un insieme differenziato e ordinato di persone in relazione una con l'altra. Lascolto della parola di Ges segna il passaggio da individuo a persona, da folla a popolo. scoperchiarono il tetto. Ges, Parola di salvezza, nascosto sia nella lettera del vangelo come il grano nella pula, sia nell'umanit della Chiesa come una persona nella sua casa. Dobbiamo con la lettura aprire il vangelo per conoscerlo, e con la fede penetrare nel mistero della Chiesa per incontrarlo. calano. Dove sta Ges, sia nel vangelo che nella Chiesa, si entra solo calati dall'alto mediante la fede di altri fratelli, che sta all'origine della nostra. il lettino dove giaceva il paralitico. Il letto per uno sano il luogo di riposo. Per un malato il luogo di contenzione. come la legge: pienezza di vita per chi la osserva - e chi la osserva? -, carcere per chi la trasgredisce (Gal 3,22 s). Ma a Dio piaciuto rinchiudere tutti nella disobbedienza per usare a tutti misericordia (Rm 11,32). Questo giaciglio, nominato per ben quattro volte, importante.

v. 5 E vista Ges la loro fede. Il paralitico non ha ancora fede; se l'avesse, camminerebbe, perch credere seguire Ges (cf 1,15-20). Si parla della fede dei suoi portatori. Chi gi cammina, porta a Ges chi ancora legato dal male. Il credente responsabile davanti a Dio dei mondo. Chi ancora non crede portato a Cristo dalla sua fede, che diventa cos carit. sono rimessi a te. Rimettere significa allontanare, mandar via. I peccati, che prima aderivano e avvolgevano l'uomo tenendolo legato, ora sono allontanati da lui. i peccati. Peccare in ebraico significa essere deviato, mancare l'obiettivo, come una freccia che fallisce il bersaglio. Il peccatore un uomo sviato dal suo fine. Fatto per Dio, a sua immagine e somiglianza, la menzogna del serpente gli ha messo paura e sfiducia nei suoi confronti. Fuggendo da lui, rimasto nudo, spoglio anche di s. Cos' un'immagine che si allontana dalla realt di cui riflesso? L'uomo senza Dio alienato dal proprio io. Questa la vera alienazione religiosa di oggi e di sempre. Perdendo Dio, l'uomo perde se stesso. Rimane creatura mancata, senza principio e senza fine, senza radici e senza senso. Immagine e somiglianza ormai solo del nulla, scompare e svapora come un ruscello che si stacca dalla propria sorgente. Ma rimane sempre nostalgia della sua verit. Non pu accettarsi cos! Per questo spende la sua vita a litigare con s - e, come con s, anche con gli altri - nell'inutile tentativo di coprire con foglie di fico la sua nudit. Tutti abbiamo peccato, e siamo privi della gloria di Dio (Rm 3,23). Chi dice di non aver peccato, fa menzognero Dio (1Gv 1,10). Il vero peccato quello di non riconoscerlo (cf Gv 9,4 1 ). In sintesi si pu dire che il peccato in radice l'ignoranza dell'amore di Dio per noi. Lo pensiamo s come Padre, ma in quanto datore della legge e giudice severo. Ignoriamo che madre, amore e accoglienza infinita per tutte le sue creature. N pi n meno del religioso, anche l'ateo vittima della falsa immagine di Dio - esattamente quella che rifiuta. In verit la nostra epoca, come qualunque altra, non atea: solo idolatra. interessante notare come idolatria significhi culto dell'immagine. L'uomo per sua natura insufficiente in s perch relativo all'altro, e, in ultima istanza, all'Altro. ( trova in lui la propria realt, o si perde nel culto dell'immagine, inabissato nel vuoto dell'apparenza. L'angoscia mortale il posto vacante di Dio nel cuore dell'uomo: se non si volge a lui, sempre gli resta; e nessun idolo pu colmarla. Notiamo anche come in un mondo ateo il senso di colpa prevalga su quello dei peccato. La colpa infatti nei confronti della propria immagine, il peccato nei confronti dell'Altro. Se dalla finestra faccio cadere un sasso in testa a un estraneo, mi sento in colpa, dispiaciuto anche, e forse soprattutto, per ci che ho fatto; se cade in testa a un amico, sono dispiaciuto per ci che si fatto. anche importante notare che la colpa conosce solo l'espiazione; il peccato invece conosce il perdono. v. 6 scribi. In questo brano c' l'incontro-scontro tra il potere di Ges e quello degli scribi (cf 1,22). Sono gli esperti della legge, che dichiara il bene e il male. Essa, lungi dal giustificare l'uomo, maledice chiunque non rimane fedele a tutte le sue prescrizioni (Gal 3,10). Ma ha la funzione positiva di portarmi davanti al Maestro. Mostrandomi la mia realt sciagurata (cf Rm 7,14 ss), mi fa invocare nella mia miseria la sua misericordia, nel mio peccato il suo perdono, nella mia perdizione la sua salvezza. L'economia della legge trova il suo compimento in Cristo. Lantica alleanza della legge prepara alla nuova, quella del perdono (cf Ger 1,31 ss). seduti. Sono immobili come il paralitico, come Levi il peccatore (cf 2,14). La loro paralisi nel cuore. ragionare nel loro cuori. In greco c' dialoghzo, che significa fare i conti, ragionare. Si tratta di un parlare non con l'altro, ma tra s e s. un soliloquio infernale, un dialogo mancato. Un monologo parola contro la natura della parola, perch non comunica con nessuno. capace solo di distribuire condanne e dare morte. Nei vv. 6.8 esce ben tre volte.

v. 7 Bestemmia. Nel segreto del cuore gi concepito il verdetto della condanna di Ges. Taciuto per tutto il vangelo, verr espresso solo quando potr sicuramente colpirlo: il sinedrio lo accuser di bestemmia e ne decreter la morte (14,64). Gli scribi accusano Ges perch, perdonando peccati, si fa Dio. Non questo il primo e tremendo peccato: sarete come Dio (Gn 3,5)? Ignorano che la vera bestemmia la loro falsa immagine di un Dio simile all'uomo, che non perdona. Ucciso per bestemmia, Ges ci mostrer chi Dio e si mostrer come Dio (15,39). In cambio del perdono che ci accorda riceve la condanna che gli infliggiamo. Chi pu rimettere peccati se non il solo Dio? (cf Es 34,7; Is 43,25; 44,22). Dio, principio della vita, l'unico che pu vincere il caos del peccato, origine della morte. Solo chi ha creato pu ricreare ci che il peccato ha decretato. Se amare dare la vita, perdonare far risorgere un morto; e questo non lo pu nessuno, se non il creatore della vita. v. 8 conosciuto Ges nel suo spirito. Anche il soliloquio pi recondito ne1 cuore pi chiuso trasparente per colui per il quale il nostro cuore fatto. Per questo Ges lo conosce. E lo manifesta, non per svergognarci, ma per trasformarlo in dialogo. v. 9 Che cosa pi facile, ecc. Tutte e due le cose sono impossibili all'uomo, sia rimettere i peccati, sia far camminare il paralitico. Ges fa quella visibile come segno di quella invisibile, pi difficile e profonda. v. 10 perch sappiate. Ges dichiara per l'unica volta il motivo dei suoi miracoli. Servono a noi per sapere la realt che lui porta: la riconciliazione. Sono le credenziali della sua missione divina. il Figlio dell'uomo. Ges applicava a s volentieri quest'espressione misteriosa che, secondo che l'uditore disposto a intendere, pu significare semplicemente uomo (cf Ez 2,1) o prendere il posto stesso di Dio (cf Dn 7,13). Egli il Figlio di Dio che si fatto Figlio dell'uomo, nostro fratello e servo, per donarci l'amore e il perdono del Padre per tutti i suoi figli. Ci ha raccontato ci che ignoravamo: come colui che liberamente ci ha creati, ci ama necessariamente di amore eterno (Ger 31,3). potere. La parola greca (exousia) traduce l'ebraica shaltan che indica il potere di Dio. Se il potere dell'uomo quello di peccare e distruggere, quello di Dio perdonare e suscitare vita. il potere suo unico, ben diverso dal nostro che pu dare la morte (Gv 19,10b). sulla terra. Il potere di perdonare, che era solo in cielo con Dio, ora sulla terra con il Figlio dell'uomo. Lui, facendosi peccato e maledizione, ci ha riscattati dalla schiavit del male. Lo ha fatto a caro prezzo: a prezzo del suo sangue! Sulla croce ha distrutto il chirografo della nostra condanna e ha abbattuto ogni divisione tra gli uomini e Dio e degli uomini tra loro (cf 2Cor 5,21; Gal 3,13; 1Cor 6,20; 7,23; Col 2,14 s; Ef 2,15 s). Ora, se Dio per noi, chi sar contro di noi? L dove abbond il peccato, sovrabbonda la grazia. Questo non significa che ora possiamo peccare tranquillamente (cf Rm 8,31; 5,20; 3,8; 6,1.15). Significa invece che per sua grazia possiamo gi qui in terra vivere liberi dal peccato, capaci di amare come lui ci ama. Ma, siccome la nostra vita sempre un cammino, imperfetto fino alla fine, anche se il nostro cuore ci rimprovera qualcosa, sappiamo che lui pi grande del nostro cuore (1Gv 3,19 s) e ci perdona. in questo perdono, per la prima volta, conosciamo Dio. Nell'attuale economia, nessun giusto lo conosce, ma solo chi salvato dal peccato. v. 11 Io ti dico. Si sottolinea il potere della parola di Ges: opera quello che dice, per chi l'accoglie con fede, ossia non quale parola di uomo, ma come veramente, quale parola di Dio (1 Ts 2,13).

Risvegliati (cf v. 9). Svegliarsi una delle due parole che indicano la risurrezione di Ges; l'altra levarsi, sorgere. Il perdono una risurrezione. Svegliati, o tu che dormi nel sonno del peccato. giunta la tua luce, Cristo, e alla sua luce puoi camminare (cf Ef 5,14). solleva il tuo lettino. Prima ti ha portato fino a Ges; ora lo puoi portare. Questo lettuccio come la legge: prima ti teneva imprigionato, dichiarandoti colpevole e destinato alla morte, perch la trasgredivi. Proprio essa ti ha condotto da chi perdona; ora sei risorto e puoi portare il suo giogo, che divenuto soave e dona la vita. va' alla tua casa. La casa dell'uomo Dio. Se ne era allontanato, ed era incapace di camminare verso di lui. Ora finalmente guarito e pu mettersi a seguire il cammino del Figlio che lo porta a casa dal Padre. Il brano, iniziato con Ges in casa, termina con il paralitico che va verso la sua casa. Dio ha preso casa tra noi perch noi trovassimo casa in lui. Tutta la nostra vita, come prima era una fuga, ora un ritorno. L'esilio diventato pellegrinaggio. Ora l'uomo risorto, cammina e sa dove andare. v. 12 E fu risvegliato. Per la terza volta esce questa parola. Il perdono dei peccati guarigione dalla morte, perch abilita a camminare verso il Padre, vita del figlio. davanti a tutti. Si sottolinea che il miracolo pubblico. In genere Ges preferisce farli di nascosto, in privato. Ma qui vuol indicare a tutti il senso della sua azione. meravigliati. Alla lettera: estasiati, ossia fuori di s. Questa meraviglia profonda strappa l'uomo a se stesso e gli fa trovare nell'altro la sua identit. il contrario del monologo tra s degli scribi. glorificavano Dio. La gloria di Dio l'uomo vivente (Ireneo). E la visione di un Dio che ama e perdona la vita dell'uomo. Cos non abbiamo mai visto. la novit assoluta della buona notizia: l'uomo liberato dal suo peccato. Ges rende visibile quel Dio d'amore che nessuno mai prima d'ora aveva visto. 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo, osservando il luogo: la casa, a Cafarnao. Probabilmente la stessa di Pietro, in cui aveva guarito sua suocera. 3. Chiedo ci che voglio: Signore, ho visto che vuoi mondarmi. Fa' che sappia che tu hai il potere di perdonare e allontana da me il peccato che mi paralizza. Guarisci i miei piedi, perch possa percorrere il tuo cammino e seguirti in una vita come la tua. 4. Traendone frutto, vedo, ascolto e guardo le persone: chi sono, che dicono, che fanno. Da notare: casa Parola rimettere i peccati ragionare bestemmiare risvegliare Figlio dell'uomo potere

4. Passi utili: Gio 4,2; Is 54,1-10; 2Cor 5,14-21; Rm 5,6-11; 8,31-39.

12. NON VENNI A CHIAMARE I GIUSTI, MA I PECCATORI


(2,13-17)
13

E usc di nuovo lungo il mare tutta la folla veniva a lui e li ammaestrava. 14 E, andando avanti, vide Levi di Alfeo seduto alla gabella e gli dice: Segui me! E, risorto, lo segu. 15 E avviene che si sdraia a mensa nella sua casa, e molti gabellieri e peccatori giacevano con Ges e i suoi discepoli erano infatti molti e lo seguivano. 16 E gli scribi dei farisei, vedendo che mangia con i peccatori e gabellieri, dicevano ai suoi discepoli: Perch mangia con i gabellieri e peccatori? 17 E, udito, Ges dice loro: Non hanno bisogno i sani del medico, ma i malati; non venni a chiamare i giusti, ma i peccatori! 1. Messaggio nel contesto Non venni a chiamare i giusti, ma i peccatori, dice Ges. Ma sulla terra non c' nessun giusto, nemmeno uno (Rm 3,10 = Sal 14,1 ss), perch tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio (Rm 3,23). Il Signore quindi venuto per tutti; il medico, il Salvatore di tutti. Per lo accolgono solo quelli che sanno di essere malati e perduti. I giusti restano sempre sulla lista d'attesa della salvezza, fin che non si riconoscano peccatori. Prima non possono essere salvati. Come i pescatori (1,16-20), cos anche i peccatori sono chiamati alla fede. Il perdono, di cui al brano precedente, diventa vocazione a una vita nuova. Il paralitico guarito cammina; il peccatore perdonato segue Ges. Anche Levi, paralizzato alla gabella, risorge e lo segue, e si incammina verso la sua casa, dove mangia con il Signore. Insieme ci sono tanti altri che lo seguono, e pur continuano ancora ad essere peccatori. Abbiamo qui due scene strettamente collegate: la chiamata di Levi (vv. 13 s) e il pasto coi peccatori (vv. 15-17). La prima chiarisce che il nostro peccato non impedisce la chiamata di Ges: il suo pasto con i peccatori mostra la pazienza che egli ha verso chi lo segue, ma non ha ancora rotto del tutto con il male.

L'eucaristia, di cui il pasto immagine, non solo cibo dei perfetti. anche medicina dei deboli, viatico di tutti quelli che sono sfiduciati, ai quali rimane ancora un troppo lungo viaggio da fare (1 Re 19,8). Per questo, volendo celebrare degnamente i santi misteri, non dobbiamo ritenerci giusti, ma riconosciamo i nostri peccati; e accediamo alla comunione con lui non prima di aver detto: Signore, non sono degno. Ges il medico, venuto a portare la misericordia del Padre. Egli amore gratuito, la cui grandezza non in proporzione ai meriti, ma al bisogno. Alla mamma non sta pi a cuore il figlio pi disgraziato? La salvezza accogliere questo amore, sorgente di una vita nuova. Uno infatti sa amare se e come amato. Il discepolo fa parte di una comunit che non esclude nessuno: la casa scoperchiata, al cui centro sta Ges con il paralitico-peccatore. Gli ultimi e i lontani sono i pi vicini. Se si chiude ai peccatori, esclude il suo Signore, che si fatto peccato per noi (2 Cor 5,21): diventa, invece di una comunit cattolica, aperta a tutti i figli di Dio, (cattolico = universale), una setta di persone che pretendono di essere giuste, perch osservano tutte le leggi di Dio - tranne quella principale, che ci rende simili a lui: amare tutti con il suo stesso amore, che direttamente proporzionale alla non amabilit. 2. Lettura del testo v. 13 usc di nuovo. Nel vangelo di Marco Ges esce e cammina di continuo. La sua vita tutta un esodo, che traccia per noi la via da seguire. lungo il mare. Lo scenario lo stesso della chiamata dei primi quattro (1,16-20). ammaestrava. L'imperfetto indica un'azione cominciata nel passato e non ancora finita. Il suo insegnamento infatti continua anche adesso attraverso l'annuncio del vangelo. Marco sottolinea molto l'attivit didattica di Ges (23 volte): riserva a lui la parola insegnare e insegnamento, con la sola eccezione di 6,30. v. 14 vide. Come nelle altre due chiamate precedenti (cf 1,16-19), in gioco innanzitutto lo sguardo, ossia il cuore di Ges. Colui che si considerava come un vermiciattolo - e che gli altri cos consideravano - vede in esso la verit di quanto il Signore ha detto: Tu sei prezioso ai miei occhi, perch sei degno di stima e io ti amo. Per questo non temere, perch lo ti ho riscattato, ti ho chiamato per nome, tu mi appartieni (Is 41,14: 43,4.1). Nella nota raffigurazione del Caravaggio, lo sguardo di Ges un fascio di luce che alza Levi dal vortice delle tenere. Levi di Alfeo. La tradizione lo identifica con Matteo. seduto. Il paralitico giaceva a letto; Levi sta seduto, come paralizzato, a quel luogo che per lui la sua vita. alla gabella. La chiamata di Ges rivolta a persone che stanno facendo altro. Si volge a gente che sta pescando, lavorando, contando soldi! La potenza creatrice del suo sguardo e della sua parola fa cose sempre pi difficili. A Dio tutto possibile. Anche chiamare alla salvezza uno tutto intento ad arricchire. Paolo sar chiamato addirittura mentre, fremente minaccia e strage contro i discepoli del Signore, andava verso Damasco per metterli in catene (At 9,1 ss).

segui me. La fede cristiana piedi per seguire il Signore. Si segue solo chi si ama, per poter stare con lui (cf 3,14). risorto. Il paralitico, che dormiva nel letto del suo peccato, risvegliato. Levi, che morto nella gabbia del suo egoismo, fatto risorgere a una vita nuova. segu. Il tempo (aoristo) sottolinea l'inizio del cammino: ha cominciato a seguirlo. Lascia tutto per la grande gioia: ha scoperto il tesoro della sua vita, ha trovato la perla preziosa (Mt 13,44 ss). v. 15 si sdraia a mensa. Secondo l'usanza dell'epoca, per i pasti solenni ci si stendeva su divani. Luca sottolinea che si tratta di un grande ricevimento (Lc 5,29). nella sua casa. Il paralitico pot camminare verso casa sua. Levi pu accogliere Ges in casa sua. In essa l'uomo e il suo Signore mangiano (= vivono) insieme. La vera dimora di Dio l'uomo che egli ama, la vera dimora dell'uomo Dio stesso, da amare con tutto il cuore. Lo Spirito Santo la vita di ambedue! molti gabellieri e peccatori. I peccatori sono i trasgressori della legge. I gabellieri erano peccatori particolarmente detestati: avevano in appalto la riscossione delle tasse per conto di padroni stranieri. Odiati da tutti per il loro mestiere, erano accomunati ai pagani oppressori, alle cui dipendenze stavano. Peccatori significava allora anche pagani, la commensalit coi quali suscitava problemi nella prima comunit cristiana (cf At 11,3; Gal 2,11 s). giacevano con Ges. Il tempo del verbo, imperfetto, indica un'azione continuata. Per Ges era abituale stare a pranzo dai peccatori. Tra loro inizi il suo ministero nel battesimo, in mezzo a loro lo finir sulla croce. Lo rimproveravano di essere mangione e beone, amico dei pubblicani e dei peccatori (Mt 11,19; Lc 7,34). La parola giacere la stessa che si usa per l'eucaristia, quando Ges celebra la sua pasqua, mangiando con i suoi l'ultima cena (14,17). Il banchetto un'immagine frequente del regno di Dio. Mangiare insieme un atto di intimit, di pace e di letizia. Sono i familiari che mangiano insieme! Ora Dio e uomo - uomo peccatore - siedono alla stessa mensa; sono della stessa famiglia. Ges non solo perdona i peccati (brano precedente). Fa di pi: condivide la sua vita coi peccatori. Il suo esempio ci insegna a staccarci non dai peccatori, ma dal peccato. Da questo ci libera la comunione con il medico, venuto a guarirci proprio mediante un perdono che diventa solidariet piena nella commensalit fraterna. erano infatti molti. Si sottolinea la moltitudine dei peccatori. un invito a riconoscersi tra di loro. Non siamo soli! Infatti chi senza peccato? lo seguivano. Seguire Ges significa essere discepoli. Il tempo (imperfetto) indica che lo seguono abitualmente. E come mai sono ancora peccatori?! Ma non questa anche la nostra esperienza (cf Rm 7,14-24)? Che fare? v. 16 gli scribi dei farisei Gli scribi sono gli esperti e i farisei gli osservanti della legge. Si tratta quindi di esperti osservanti. Sono come Paolo, che, prima della conversione, si considerava irreprensibile nell'osservanza della legge (Fil 3,6). vedendo che mangia con i peccatori e gabellieri. Si sottolinea per la seconda volta il fatto, come visto dagli occhi dei buoni. Se Ges fosse peccatore, niente di strano: starebbe con i suoi pari! Lo

scandaloso che un giusto stia con gli ingiusti. 0 il Signore stesso peccatore - cosa impossibile -, o sta facendo qualcosa che realmente va oltre ogni giustizia. Prima si diceva che i peccatori sedevano a mensa con lui, ora si dice che lui mangia con loro: c' reciprocit. Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, lo verr da lui, cener con lui ed egli con me (Ap 3,20). dicevano ai suoi discepoli. I farisei non esprimono mai ci che pensano a Ges, se non per tendergli tranelli. Parlano in genere tra s o parlano a un altro di un altro. Qui parlano del loro maestro ai discepoli (cf v. 24!), che avranno pensato allo stesso modo. Questo problema infatti si presentato di continuo alla comunit cristiana: che fare con chi segue, ma non ancora perfetto? Che fare con i peccatori nella Chiesa? Come comportarsi con i pagani? Perch mangia con i gabellieri e peccatori? Si sottolinea per la terza volta il problema, ora giunto ad espressione verbale. importante notare che mangiare significa vivere, e mangiare insieme con Ges indica la comunione di vita con lui. Giacere e mangiare richiamano le parole del memoriale eucaristico, in cui Ges dona se stesso. v.17 Ges dice loro. La domanda rivolta al discepoli; la risposta per viene da lui. Questo il modo di procedere proprio della Chiesa: ogni questione che le si presenta, deve trovare in lui la sua risposta. Ci che lui ha fatto e detto la nuova legge. Ogni problema va risolto rifacendosi a1 suo esempio. Dobbiamo trattare con i peccatori n pi n meno come ha fatto lui. Egli detesta il male, ma perch ama il malato. Noi invece, quando detestiamo il malato, perch amiamo il male. Ges odia il peccato e predilige i peccatori. Noi invece odiamo i peccatori perch ancora siamo schiavi del peccato. Quando ameremo i fratelli con la tenerezza infinita del Padre, partendo dagli ultimi, allora sar perfetto in noi lamore del Figlio, e saremo simili a lui (cf Lc 6,27-38). Non hanno bisogno i sani. Sani, validi e forti, sono quelli che si ritengono giusti e autosufficienti. Bastano a se stessi e rifiutano la salvezza. Offerta anche a loro, la disdegnano, perch credono di non averne bisogno. In realt perch la ignorano. Pensano solo all'osservanza della legge. Ma questa condanna tutti. Solo l'amore gratuito e misericordioso di Dio salva tutti. medico. Nell'AT il medico Dio stesso. Solo lui pu curare l'uomo, come solo l'amato pu curare la ferita d'amore. L'uomo fatto per Dio, e solo mangiando con lui guarisce la sua malattia mortale. i malati. La funzione della legge non giustificare, bens convincere di peccato. Ci mostra il nostro male, perch andiamo dal medico. il pedagogo, cio lo schiavo che anticamente conduceva a frustate il figlio ribelle dal maestro (Gal 3,24). non venni a chiamare i giusti. La missione del Figlio dell'uomo sulla terra quella di perdonare i peccatori, rivelando l'amore gratuito del Padre, unica salvezza dei figli. Chi non siede a mensa con i peccatori, non mangia con lui che mangia con loro. Si esclude dalla salvezza, e non incontra chi lo guarisce dal suo male. Chi si ritiene giusto, anche se osservasse tutte le leggi, non osserva l'unica che d vita: l'amore gratuito. Inoltre simbroglia: si arrocca nella propria giustizia per difendersi da Dio , quasi fosse cattivo. Questa non conoscenza del suo amore il peccato radicale, radice di ogni peccato. quello di Giona, che rimprovera il Signore di essere misericordioso e clemente, longanime, di grande amore e che si lascia impietosire. Proprio cos: il giusto rimprovera Dio di essere Dio, e arriva a dire: Se cos, toglimi la vita, perch meglio per me morire che vivere (Gio 4,2s). veramente grande il male dal quale il giusto deve essere liberato! una cecit che rimane, fin che crede di vederci bene (cf Gv 9,41).

D'altra parte anche i peccatori sono sempre tentati di diventare come i giusti. Pure il figliol prodigo torna a casa con lo stolto pensiero di diventare come il fratello maggiore - pensiero che il padre si premura subito di non dargli neanche il tempo di esprimere, tanto gli dispiace (Lc 15,19b. 21s). ma i peccatori. Il peccatore, che trasgredisce la legge, sar in grado di viverla nella misura in cui si sente amato e perdonato: salvato e giustificato (= fatto giusto) dalla grazia di Cristo, che lo abilita a seguirlo. Il giusto invece perduto e convinto di peccato: mangia in solitudine la sua dura pagnotta di sudore, che non d vita (cf Sal 127,2) fin tanto che rifiuta l'invito al grande banchetto imbandito per i peccatori. La nuova giustizia ricevere questo amore gratuito che ci rende capaci di riamare come siamo amati. Ci che non pu nessuna legge, ci donato per grazia. Ma una risposta progressiva, un cammino che dura tutta la vita. Saremo sempre imperfetti e migliorabili, ma non per questo desistiamo dal seguirlo, n lui desiste dal mangiare con noi. Per questo dobbiamo sempre graziarci a vicenda, come Dio ha graziato noi in Cristo (Ef 4,32). Se nella Chiesa si escludono dalla comunit i pubblici peccatori, non certo per dire che Dio non li ama. Anzi, che io stesso sia anatema da Cristo per amore loro (Rm 9,3), direbbe Paolo, che ben conosce i1 suo amore per loro (2Cor 5,14 s). Lo facciamo solo per denunciare il peccato. un servizio di misericordia anche questo! Ma deve risultare chiaro che non sono condannati. Se sono segregati dagli altri, per avere di loro una cura maggiore, oltre che per non contaminare i pi deboli. Chi volesse escluderli, va certamente contro la volont di Ges, medico delluomo e salvatore dei peccatori. Il male e le debolezze, che rimangono nel credente, non solo non devono essere motivo di condanna da parte di altri, ma neppure di scoraggiamento e di tristezza da parte dell'interessato. Come il luogo del perdono altrui, cos motivo di fiducia e di umilt, che attira ogni benedizione. Nulla ormai ci pu pi separare dall'amore che Dio ha per noi in Cristo Ges, che ha dato la vita per noi mentre eravamo ancora peccatori (Rm 8,39; 5,8). 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo, osservando il luogo: siamo a Cafarnao. La prima scena sulla strada lungo il lago di Galilea, dove Levi siede alla gabella; la seconda nella sua casa. 3. Chiedo ci che voglio: chiedo a Ges di conoscere nella mia miseria la sua misericordia. Il mio peccato non deve bloccarmi e paralizzarmi; il luogo dove incontro la sua grazia. Lui il medico venuto a guarirmi perch possa seguirlo. 4. Traendone frutto, vedo chi sono le persone, guardo quello che fanno, ascolto che cosa dicono. Da notare: mare ammaestrare vedere seguire risorgere mangiare giacere a mensa medico gabellieri e peccatori giusti/peccatori farisei

4. Passi utili: Giona; Lc 15; Os 2,16-25; Sal 32.

13. LO SPOSO CON LORO


(2,18-22)
18

E c'erano i discepoli di Giovanni e i farisei che digiunavano; e vengono e gli dicono: Perch i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi discepoli non digiunano? 19 E disse loro Ges: Possono forse i figli delle nozze digiunare, mentre lo sposo con loro? Per quel tempo in cui hanno lo sposo con loro, non possono digiunare! 20 Ma verranno giorni quando sar loro tolto lo sposo, e allora digiuneranno in quel giorno. 21 Nessuno cuce una toppa da uno scampolo greggio su un vestito vecchio, se no il rattoppo strappa da questo, il nuovo dal vecchio, e si fa uno sbrego peggiore. 22 E nessuno getta vino nuovo in otri vecchi, se no il vino romper gli otri, e si perde il vino e gli otri. Ma vino nuovo in otri nuovi. 1. Messaggio nel contesto Lo sposo con loro, dice Ges dei discepoli. Per questo non digiunano. Il banchetto del brano precedente richiama per contrasto il digiuno. I peccatori, nel perdono del Figlio dell'uomo, mangiano e godono; i giusti, chiusi nella difesa della propria giustizia, digiunano e sono tristi (v. 18). Mangiare significa vivere - e la vita delluomo corrispondere all'amore gratuito di Dio. Questo il suo comando, che d la vita (12,30; cf Dt 6,5; Lc 10,25.28). Ma amare Dio possibile solo perch lui per

primo ci ha amati (1 Gv 4,19): mi ha amato e ha dato se stesso per me (Gal 2,20), quand'ero ancora peccatore (cf Rm 5,8). Per questo i peccatori banchettano. I giusti invece digiunano perch ignorano quest'amore. Tutti intenti a meritarlo, non si accorgono che l'amore meritato non n gratuito n amore; se ne tagliano fuori proprio con il loro sforzo di conquistarlo. Il nostro mangiare da peccatori perdonati con il Signore non un banchetto qualunque. un banchetto nuziale (v. 19). Questa la gioia gloriosa e ineffabile che nessuno avrebbe osato supporre: in Ges si celeranno le nozze di Dio con l'umanit. Lui si unito a noi per unirci a s; si fatto uomo perch l'uomo diventasse Dio. Ora i due vivono in comunione e intimit di vita, formano una carne sola e hanno un unico spirito. Tutta la Scrittura ci parla dell'amore folle (Cabasilas) del Signore; racconta dell'eccessivo amore con cui ci ha amati (Ef 2,4). Dalle prime pagine della Genesi, attraverso i profeti e il Cantico, fino all'Apocalisse, egli rivendica di essere l'unico nostro interlocutore, il nostro partner geloso. Il rapporto donna-uomo figura del rapporto uomo-Dio. Egli ci ha amati di amore eterno (Ger 31,3). Discepolo colui che ha conosciuto e creduto a quest'amore di Dio per lui (1Gv 4,16): dice il suo s a chi da sempre gli ha detto s, e vive nella gioia dell'unione. Se nel passato digiunava nell'attesa dello sposo, ora gode della sua presenza. Anche lui conoscer il digiuno (v. 20), nei giorni di tribolazione, quando lo sposo berr il calice della morte. Ma questo digiuno gli ricorder la sorgente della sua vita, quando il Signore si far suo cibo, unendosi a lui indissolubilmente. Il v. 21 sottolinea la novit assoluta che Ges porta. Al suo banchetto non si pu partecipare col vestito vecchio della legge, rattoppato con pezze nuove: ci si entra solo col vestito nuovo della sua misericordia. Chi cerca ancora la giustificazione nella legge, non ha pi nulla a che fare con Cristo: decaduto dalla grazia (Gal 5,4). Infatti: Se uno in Cristo, una creatura nuova. Le cose vecchie sono passate, ecco, ne sono nate di nuove (2Cor 5,17). L'immagine del vino nuovo (v. 22) ribadisce la stessa verit, aggiungendo una sfumatura: il vino segno di gioia e di amore. Nel banchetto con Ges ci donata una vita nuova: lo Spirito Santo, l'amore stesso di Dio promesso per gli ultimi giorni. Questa si effonde ebbra e spumeggiante, ed incontenibile in otri vecchi. Il cuore di pietra era l'otre vecchio per la lettera che uccide; il cuore di carne l'otre nuovo per lo Spirito che d vita (2Cor 3,6). Ges parla del nostro rapporto con lui attraverso immagini semplici, che rispondono a esperienze primordiali: cibo, amore, vestito, bevanda. Egli lo sposo, che d inizio al banchetto nuziale al quale si accede col vestito nuovo, e nel quale ci si abbevera di uno Spirito nuovo. Ci che vecchio passato; ogni sua promessa mantenuta, ogni nostra attesa compiuta: comincia la novit del vangelo, la vita nella gioia del s reciproco tra Dio e uomo. Con questa prospettiva si conclude tutta la Scrittura (cf Ap 22). Il discepolo unito al suo Signore come la sposa allo sposo. L'altra parte dell'uomo Dio! Questo mistero grande (Ef 5,32): il grande segreto dell'universo. 2. Lettura del testo v. 18 i discepoli di Giovanni. Per loro la salvezza colui che deve venire. Ma non sanno che gi venuto. Tutti intenti al futuro, non vedono il presente. Anche noi cristiani spesso rischiamo di fare come loro, quando pensiamo che, quando ci saranno tempi migliori, allora s potremo vivere la nostra fede, mentre ora impossibile.

i farisei. Per loro la salvezza l'osservanza della legge. Sposati con la propria giustizia - che non pu essere che presunta - sono tutti attenti al passato, a ci che stato detto! La parola ha sostituito colui che parla e ne trascurano la presenza. Anche noi cristiani spesso rischiamo di essere come i farisei, quando pensiamo che una volta s che si poteva vivere la fede, quando le condizioni erano ideali, mentre ora impossibile. digiunano. Il digiuno consiste in una volontaria privazione di cibo (= vita). un atto religioso con cui riconosciamo che la vita non ci appartiene. In quanto creature, l'abbiamo e non l'abbiamo: la riceviamo in dono, e accettiamo alla fine di esserne privi, quando moriremo. Col digiuno affermiamo anche che il cibo materiale non la nostra vita, ed esprimiamo desiderio di quello spirituale. Ma di digiuno non si vive, anzi si muore! Tutti i giusti, di qualunque tipo, sono in digiuno permanente. Per loro la vita sta tutt'al pi nel futuro o nel passato, mai nel presente. i tuoi discepoli non digiunano. Per i discepoli e per i peccatori la vita sente nel perdono di Dio che il Figlio delluomo venuto a portare. finito il tempo dell'attesa: il regno di Dio qui. Chi si volge al Signore e segue, mangia con lui, e vive la pienezza di gioia alla quale Dio ha destinato l'uomo. v. 19 lo sposo. Lo sposo l'attributo di JHWH (cf Osea, Cantico, Ez ecc.). Lui l'altra parte, senza la quale l'uomo radicalmente solo, identico a se stesso. Amarlo con tutto il cuore e unirsi a lui, la sua vita (Dt 30,20), il fine per cui stato creato. Questa la sua vera dignit, principio del suo essere persona, unica, irrepetibile e libera davanti a tutto. L'amore nuziale il pi bel modo per esprimere il nostro rapporto Dio, nella sua forza esplosiva e nella sua intima tenerezza, nella sua gioia vitale e nella sua travolgente passionalit, nel suo rispetto disinteressato e nella sua fedelt ad oltranza. Come un giovane sposa una vergine, cos ti sposer il tuo architetto. Come gioisce lo sposo per la sposa, cos il tuo Dio gioir per te!. Perci anch'io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio, perch mi ha rivestito delle vesti di salvezza, ecc. (Is 62,5; 61,10). Con la venuta di Ges, si compie la promessa fatta alla sposa infedele: Ti far mia sposa per sempre e tu conoscerai il Signore (Os 2,21 s). Chiamandosi sposo, Dio ci dato la pi bella definizione di s e di noi. Sposo e sposa sono due termini relativi, dei quali uno non pu stare senza l'altro. Colui che liberamente ci ha fatti, necessariamente ci ama di amore eterno (Ger 31,3). E ci prega: Ascolta, amami con tutto il cuore (Dt 6,4), perch anch'io ti amo e non posso non amarti. L'amore vuol essere liberamente amato. Ti comando di amarmi non per toglierti la libert, ma perch tu non oseresti mai farlo. La menzogna ti ha chiuso il cuore a me, ma io voglio riaprirtelo. S, sono innamorato di te. Il re si invaghito della tua bellezza (Sal 12), e dice: Quanto sei bella e quanto sei graziosa, o amore, figlia di delizie! Un re stato preso dalle tue trecce. Tu mi hai rapito il cuore con solo tuo sguardo (Ct 4,9). La verit dell'uomo l'amore di Dio per lui; la sua grandezza quella di amarlo. E uno diventa ci che ama. Lo stesso amore che ha fatto di Dio un uomo, capace di fare dell'uomo Dio. con loro. Dio, che amore, desidera stare con chi ama: ha posto la sua delizia tra i figli dell'uomo (Pr 8,31). Egli l'Emmanuele, il Dio con noi. Relazione d'amore in s tra Padre e Figlio, relazione con tutti e tra tutti. Anche se noi l'abbiamo abbandonato, lui non ci ha abbandonati. Nell'umanit di Ges ora perennemente presente, e non ci lascia pi. Egli, il solo che pu colmare la nostra solitudine abissale, ci consola in ogni nostra tribolazione (2Cor 1,4). Forza della nostra vita la sua gioia (Ne 8, 10), segno indubitabile della sua presenza. v. 20 verranno giorni. Sono i giorni del travaglio e della croce, che il nostro sposo di sangue affronter per darci la prova del suo amore pi forte della morte (Ct 8,6).

quando sar loro tolto lo sposo. Il venerd santo sar per i discepoli un giorno di digiuno. Ma in qualche misura siamo sempre un po' di venerd. Perch la gioia della sua presenza - condizione ideale della nostra vita - per ora piena solo nella speranza. Il suo possesso non ancora definitivo. Passa attraverso la croce e l'ascensione, in cui il Signore ci sottratto. Lui ha fatto della sua vita una ricerca di noi; anche noi, come la sposa del Cantico, facciamo della nostra vita una ricerca di lui. allora digiuneranno. Quelli che gi hanno pregustato il banchetto si ritroveranno in cammino, per seguire colui che amano. Alla gioia dell'incontro, succede la fatica della ricerca, l'aridit della croce quotidiana, la pesantezza dell'attesa. Quando lui con noi, tutto gioioso e facile; quando si sottrae, riemerge la pena di vivere: hai nascosto il tuo volto, e sono rimasto turbato (Sal 30,8). come un digiuno che ci resta da fare. La nostra vita tra il gi e il non ancora: non pi quella della sposa che lo cerca senza trovarlo, ma non ancora l'abbraccio definitivo. Siamo come la Maddalena, che l'ha abbracciato, ma, prima di stringerlo, ha ancora un cammino da fare. Questo il nostro digiuno, ma senza tristezza, col capo profumato (Mt 6,17), certi che se moriamo con lui, con lui anche vivremo (2 Tm 2,11). v. 21 una toppa da uno scampolo greggio. Non si rovina una pezza di panno grezzo, totalmente nuovo, non ancora lavato, per aggiustare un vestito vecchio, ma la si usa per fare un vestito nuovo. Per questo il discepolo esortato a rivestirsi dell'uomo nuovo, a rivestirsi del Signore Ges Cristo (Ef 4,24; Rm 13,14). vestito vecchio. Cielo e terra sono il vestito di Dio (cf Sal 104,1 s; 102,26s). Invecchieranno tutti come un vestito e saranno cambiati (Eb 1,11s). Con la venuta del Figlio delluomo sono nati cieli nuovi e terra nuova; ci che vecchio passato. Ecco, faccio tutto nuovo (Is 65,1 7; 2Cor 5,17; Ap 21,5). Anche il cieco getter il suo mantello per rivestirsi della luce di Cristo (10,50). il rattoppo. In greco, per indicare la pezza che riempie il buco (rattoppo), si usa una parola che significa pienezza (plronia). Con Ges non c' solo qualche pezzetto di novit: c' la pienezza del mondo nuovo e della vita nuova. Se uno in Cristo, una creatura nuova (2Cor 5,1 7). si fa uno sbrego peggiore. Il panno nuovo strappa il vecchio sia perch bagnandosi si restringe, sia perch, facendo maggior resistenza, concentra lo sforzo sulle cuciture. Non va bene combinare vecchio e nuovo, passato e presente, legge e vangelo. Bisogna aver il coraggio di cambiare , non di combinare. Il vangelo un'insidia per gli equilibri prestabiliti in noi e fuori di noi: comporta sempre una novit inconciliabile con il passato. Il vecchio ha avuto la sua utilit, ma ora cede il posto alla novit del presente. L'attesa finisce nell'atteso, il cammino si placa nella meta, il moto s'acquieta nel suo fine. Termina il digiuno e comincia il banchetto. v. 22 vino nuovo. lo Spirito nuovo, promesso dal profeta. in otri vecchi. l'uomo vecchio, venduto al peccato. romper gli otri. Lo Spirito di Cristo la morte delluomo vecchio. Chiuso nella condanna della legge. Nel perdono nasce l'uomo nuovo. si perde il vino e gli otri. L'uomo cerca sempre di conciliare capra e cavoli. Vorrebbe il nuovo senza perdere il vecchio. Ma, a un bivio, chi non ha il coraggio di scegliere, resta fermo e perde tutte e due le

strade. Chi vuol vivere lo Spirito di Cristo e resta attaccato alla legge e al suo modo precedente di vivere, sperimenta solo la lacerazione di una cattiva coscienza. vino nuovo in otri nuovi. Lo Spirito esige e d un cuore nuovo, di carne, otre nuovo per il vino nuovo. E crea anche strutture nuove, con rapporti diversi da quelli scontati. Il credente ha deposto l'uomo vecchio con la condotta di prima, si rivestito dell'uomo nuovo, creato secondo Dio, nella giustizia e nella santit vera (Ef 4,22.24). 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo, osservando il luogo: la sala dove Ges banchetta coi peccatori. 3. Chiedo ci che voglio: chiedo a Dio di gioire della gioia che lui ha per me; gioisco pienamente nel Signore (Is 61,10), che gioisce per me come gioisce lo sposo per la sposa (Is 62,5). 4. Traendone frutto, vedo, ascolto, osservo le persone: chi sono, cosa dicono, cosa fanno. Da notare: digiunare banchetto sposo panno nuovo/vestito vecchio vino nuovo/otri vecchi

4. Passi utili: Cantico dei Cantici; Is 54,1-17; 61,10 s; 62,4-5; Ez 16; Os 1-3; Sal 45; Rm 6,1-14; Ef 4,20-32.

14. SIGNORE IL FIGLIO DELL'UOMO ANCHE DEL SABATO


(2,23-28)
23

E avvenne che lui di sabato passava per i seminati, e i suoi discepoli cominciarono a fare cammino cogliendo le spighe. 24 E i farisei dicevano a lui: Vedi cosa fanno di sabato, che non lecito? 25 E dice loro: Non avete mai letto cosa fece David, quando ebbe bisogno ed ebbe fame lui e quelli con lui? 26 Come entr nella casa di Dio

sotto Abiatar sommo sacerdote, e mangi i pani della proposizione, che non lecito mangiare se non ai sacerdoti, e diede anche a quelli che erano con lui? 27 E diceva loro: Il sabato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato. 28 E cos Signore il Figlio dell'uomo anche del sabato. 1. Messaggio nel contesto Signore il Figlio dell'uomo anche del sabato. Il c. 2, iniziato con il Figlio dell'uomo che ha il potere di rimettere i peccati, termina con il Figlio dell'uomo che Signore anche del sabato. Tutto il capitolo una rivelazione progressiva dell'identit di colui che ha toccato il lebbroso: guarisce il corpo e lo spirito, restaura la vita e offre la comunione con Dio, mangia con i peccatori e d inizio al banchetto nuziale. Con lui la creazione giunge al settimo giorno e attinge alla sorgente da cui scaturita. Ora doveroso fare ci che si pensava illecito: agire e mangiare di sabato, come Dio. Abbiamo infatti la sua stessa vita. Questo il dono definitivo che ci fa il Figlio dell'uomo. Le trasgressioni sue e dei suoi indicano la novit del Regno, il passaggio dalla promessa al compimento, che con lui presente. Il sabato il giorno del Signore, Dio stesso come fine e riposo dell'uomo e di ogni suo giorno. In questo senso l'uomo sarebbe fatto per il sabato; ma, non potendo perseguirlo a causa del peccato, il sabato stesso gli viene incontro per donarsi a chi non poteva ormai pi raggiungerlo. Il brano ci presenta il Signore che, nel suo giorno, passa attraverso campi seminati. Quasi per sovrimpressione, lui stesso il grano maturo - siamo quindi verso pasqua! - le cui spighe colgono quelli che stanno con lui. Per questo cominciano a fare il viaggio. Infatti rimane loro ancora un lungo cammino per il quale hanno bisogno di questo cibo (cf 1Re 19,7). L'immagine - in continuazione con quella del perdono, della chiamata, del banchetto nuziale, del vestito e del vino nuovo - un'allusione all'eucaristia, in cui i discepoli mangiano e vivono del Signore che si fatto loro pane. L'accenno rafforzato dal richiamo a Davide, figura del messia, e da ci che fa nella casa: mangia i pani della proposizione e ne d al suoi compagni che sono con lui (cf 6,41 s; 14,22.17). Questo cibo sabatico, alimento nuovo di cui l'uomo ormai si nutre, Dio stesso che gli si dona come sua vita. Il codice D, nel parallelo di Luca 6, 5, aggiunge: Lo stesso giorno, vedendo uno che lavorava in giorno di sabato, gli disse: O uomo, se sai quello che fai, beato sei tu; ma, se non lo sai, sei un maledetto e trasgressore della legge. Ges, il Figlio dell'uomo, si rivela Cristo (messia) e Signore (cf anche l'ultima disputa, in cui ricompare Davide: 12, 35-37). Con lui l'uomo opera e mangia di sabato, entra nella vita stessa di Dio. Per questo stato creato. I discepoli sono quelli che stanno con lui, e vengono nutriti nel cammino dal suo pane. Essi hanno la gioia di avere ci che ogni uomo desidera e si crede vietato: la vita stessa di Dio.

2. Lettura dei testo v. 23 di sabato. Di sabato si celebra il ricordo della liberazione d'Egitto (Dt 5,13-15), e si anticipa la liberazione ultima da ogni male, in cui la creazione giunge al suo fine e Dio stesso riposa (Gn 1,1-2,3; Es 20,8-11). In esso proibito ogni lavoro, perch il giorno di Dio, in cui lui solo opera per eccellenza con il suo riposo, facendo pregustare all'uomo la gioia del compimento della creazione. Ges - e qui anche i suoi discepoli - opera di sabato. Non a caso o per dispetto (Gv 5,16). La sua azione sabatica indica che il tempo finito e tutta la storia ha raggiunto in lui suo punto di arrivo: Dio stesso e il suo riposo. Ges non trasgredisce il sabato, ma porta il sabato all'uomo. Per questo i cristiani non celebrano festa di sabato, che la fine della settimana; il giorno del Signore (= domenica) il primo della settimana, perch sempre festa. passava per i seminati. Tu visiti la terra e la disseti. Al tuo passaggio stilla l'abbondanza. Stillano i pascoli del deserto e le colline si cingono esultanza. I prati si coprono di greggi, le valli si ammantano di grano; tutto canta e grida di gioia (Sal 65,10.12-14). Al suo passaggio i campi germinano frumento maturo: la pasqua del Signore. Il grano maturo lui, il Salvatore che germoglia dalla terra (Is 45,8); in lui la nostra terra dato il suo frutto (Sal 67,7) e quelli con lui sono i primi a goderne. i discepoli cominciarono a fare cammino. Dopo il perdono del Figlio dell'uomo, il paralitico cominci a camminare. Con queste spighe inizia santo viaggio; la vita nuova, l'intimit con il Signore, il suo banchetto con noi. cogliendo le spighe. Si pu anche tradurre: perch colgono le spighe. Da qui la forza per iniziare e continuare il cammino. v. 24 cosa fanno di sabato, che non lecito. Il sabato come il frutto proibito, che l'uomo desidera, ma non pu prendere. Dio stesso nel riposo, inaccessibile ad ogni attivit umana. Ma non proprio Dio la vita dell'uomo, come dice Mos: lui la tua vita (Dt 30,20)? Per quelluomo di sabato non pu lavorare, ma solo vivere del suo dono. v. 25 Non avete letto. Ges si riferisce a 1Sam 2 1,1 ss. Tutto l'AT da leggere alla luce di ci che Ges fa, che, a sua volta, ne viene illuminato nel suo vero significato. Antico e nuovo testamento stanno tra loro come promessa e compimento: non si pu comprendere l'uno senza l'altro. David. Per giustificarsi non occorreva scomodare Davide. Ges lo fa perch questo re, da cui sarebbe venuto il messia, ne anche figura, soprattutto per la sua magnanimit e misericordia. quelli con lui. I discepoli di Ges sono equiparati ai compagni di Davide, al quale Ges paragona se stesso. Il messia doveva essere un discendente da lui (cf 2Sam 7), ma ben superiore a lui, addirittura suo Signore (cf 12,35-37). v. 26 mangi i pani della proposizione (Es 25,30). Sono dodici come gli apostoli. Questi pani, offerti ogni sabato, sono posti davanti alla faccia del Signore. E alleanza. I pani saranno riservati ad Aronne e ai suoi figli: essi li mangeranno in luogo santo, perch saranno per loro cosa santissima (Lv 24,8 s). e diede. Come Ges nella moltiplicazione dei pani e nell'ultima cena.

a quelli che erano con lui. Sono i suoi compagni, che dividono con lui il pane e la vita (cf 14,17). la pi bella definizione del discepolo, fatto per essere con lui (3,14). v. 27 Il sabato fatto per l'uomo. Significa innanzi tutto che ogni legge, anche quella pi sacra del sabato, a vantaggio dell'uomo. Questo perch nella creazione tutto fu fatto per lui, compreso il sabato, che figura del Signore stesso della vita. L'uomo per Dio perch Dio per primo per l'uomo, come lo sposo per la sposa. Ges non abolisce il sabato, ma ci fa entrare in esso, proprio mediante quel frumento paragonato al pane che Davide nella casa di Dio prese, mangi e diede a quelli che erano con lui. Ora non c' pi separazione tra sacro e profano, non perch tutto profanato, ma perch tutto santo. non l'uomo per il sabato. L'uomo sarebbe fatto per amare Dio e cos giungere al sabato. Ma incapace. E Dio, nel suo amore, gli viene incontro nel Figlio dell'uomo. v. 28 Signore. In greco: krios, traduce il nome ebraico di Dio. il Figlio dell'uomo. Ges il Figlio unico e diletto (1,11), uguale al Padre, Signore del sabato. Si fatto nostro fratello perch noi potessimo diventare figli di Dio e mangiare del sabato. Ora comprendiamo perch il Figlio dell'uomo ha il potere in terra di rimettere i peccati (2,10), e quale potere ha il suo perdono: quello di fare un'umanit nuova, in comunione con Dio. Qui culmina la rivelazione di Ges: il Signore, venuto a comunicarci la sua vita. 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo, osservando il luogo: Ges che cammina attraverso campi di grano maturo, seguito dai discepoli che ne mangiano. 3. Chiedo ci che voglio: conoscere il mistero di Ges, Signore del sabato, che mi fa dono del suo cibo, di se stesso come mia vita. 4. Traendone frutto, vedo, ascolto e osservo le persone: chi sono, cosa dicono, cosa fanno. Da notare: sabato lecito Davide il sabato per l'uomo il Figlio dell'uomo Signore del sabato

4. Passi utili: Dt 5,12-15; Is 58,13; Sal 81; Eb 3,7-19.

15. TENDI LA MANO


(3,1-6)
31 Ed entr di nuovo nella sinagoga, e c'era l un uomo che aveva la mano essiccata.

E lo osservavano se lo avrebbe curato di sabato per accusarlo. 3 E dice all'uomo che aveva la mano essiccata: Svegliati, nel mezzo! 4 E dice loro: lecito di sabato fare il bene o fare il male, salvare una vita o ucciderla? 5 Ma essi tacevano. E guardandoli intorno con ira, contristato per la durezza del loro cuore, dice all'uomo: Tendi la mano! E la tese e fu ristabilita la sua mano. 6 E usciti, i farisei subito con gli erodiani tenevano consiglio contro di lui come farlo perire. 1. Messaggio nel contesto Tendi la mano. Qui punta tutta l'azione di Ges: guarirci la mano, chiusa nel possesso e stecchita nella morte, perch accolga il dono del sabato. Questo miracolo, dice Ges, questione di vita o di morte. Se lo fa, ci salva; se non lo fa, come ucciderci, perch ci lascia nella nostra morte. Non basta che lui ci faccia il dono; ci deve dare anche la mano per prenderlo. Diversamente cade a terra. Tutto ci che finora ha fatto, e che culmina nel cibo sabatico, immagine della vita divina, Ges lo vuol donare a me personalmente. Guarisce quindi la mia mano, perch la tenda, libera il mio desiderio, perch si protenda al suo dono. Apri la tua bocca: la voglio riempire (Sal 8 1,11). il miracolo pi difficile di Ges: gli coster la vita. Infatti subito dopo il potere religioso si allea con quello civile per eliminarlo. Ma la sua croce sar insieme il pi grande male e il massimo bene: smascherer satana e il male che ci fa impedendoci questo desiderio, e insieme riveler Dio e il bene che ci vuole, capace di intenerire anche il cuore pi indurito. Le sue mani inchiodate scioglieranno la nostra mano rigida. Si profila all'orizzonte l'albero dal quale pender quel frutto verso cui possiamo e dobbiamo tendere la mano, per diventare come Dio. Questo racconto chiude una tappa del vangelo, in cui Ges ci ha rivelato chi lui in ci che fa per noi. Segna anche una svolta decisiva nella sua vita: sar costretto a ritirarsi definitivamente presso il mare (v. 7). L, con la potenza della sua parola, Inizier il nuovo esodo (c. 4). Liberer il popolo dalla schiavit del male, della malattia e della morte (c.5) e lo convocher nel deserto, dove lo nutrir con la sua manna (cc. 6-8).Sono i sacramenti fondamentali della Chiesa: l'annuncio, il battesimo e l'eucaristia, che sono rispettivamente la chiamata alla vita nuova, il dono e lo sviluppo di essa. Ges completa la sua rivelazione: colui che vuol mondarci dalla lebbra il Figlio dell'uomo che perdona e d piedi per seguirlo, mangia coi peccatori e si proclama medico e sposo, fa il dono del sabato e guarisce la mano per riceverlo. lo stesso che finir in croce portando su di s la nostra lebbra, il nostro

peccato, la nostra paralisi, il nostro digiuno, il nostro silenzio, la nostra durezza di cuore. In cambio dei bene che ci d, avr tutto il male che ci spetta. Discepolo colui al quale il Signore apre il cuore e la mano, per desiderare quanto lui venuto a dare. L'uomo, fatto per amare, di sua natura desiderio. Gli manca sempre l'essenziale, l'infinito di cui bisogno. Tutto quanto produce non lo riempie: inferiore a lui. Fatto per l'altro, non pu produrlo, ma solo accoglierlo. Il desiderio non fa nulla; eppure tutto accoglie, ed capace di tutto, anche di Dio. Questi, che non raggiunto da nessuna nostra azione, attratto dal nostro vuoto. Togliere all'uomo il desiderio, togliere all'uccello un'ala: invece di spiccare il volo, gira goffamente su se stesso. 2. Lettura del testo v. 1 entr di nuovo nella sinagoga. All'inizio la sinagoga era il luogo privilegiato dell'attivit di Ges: egli la Parola che sta di casa dove si ascolta. Rifiutato nella sinagoga (qui e 6,1-6), la sua casa sar la cerchia dei suoi uditori (vv. 31 ss). Nella sinagoga aveva liberato dallo spirito del male. Ora apre la mano. Per ascoltarlo infatti occorre essere liberati dalla menzogna, in modo da desiderare il dono che vuol fare. la mano. La mano fatta per ricevere, per lavorare e per dare. desiderio quando si apre per accogliere, lavoro quando opera per completare la creazione, dono quando fiorisce nella condivisione. Sostituendo la presa del morso, distingue l'uomo dall'animale e lo rende simile a Dio. Tutte le scienze e le tecniche non sono che un arto artificiale, in grado di sostituire la mano, ma solo nel lavoro (homo faber), non nel ricevere e nel dare, espressioni di un cuore che amato e ama. Se questo resta chiuso, la mano si serra nel possesso, in un delirio di potenza incontrollato, capace solo di morte. Con la mano l'uomo opera ogni bene e ogni male. essiccata. senza linfa vitale, incapace di aprirsi per accogliere il dono, accrescerlo nel lavoro e mantenerlo nella condivisione. Da quando la menzogna di satana ci fece tendere la mano all'albero del bene e dei male, ci siamo chiusi nella nostra falsa autosufficienza. La mano essiccata figura del nostro cuore duro, insensibile e diffidente. v. 2 lo osservavano. L'occhio fatto per stupirsi. Guarda l'altro e lo lascia entrare nel cuore. La paura lo ha reso cattivo e ha capovolto la sua funzione: si guarda dall'altro e lo giudica, si difende e lo uccide. In questo brano si parla di mano, di occhi, di bocca (tacevano) e di cuore: tutto chiuso per il bene, ma tremendamente aperto per il male. v. 3 dice all'uomo. Questo miracolo, a differenza degli altri, tutto iniziativa di Ges, che, oltre il dono del sabato, deve creare mani per prenderlo. Svegliati. la stessa parola che dice al paralitico (2,11). Indica la risurrezione. nel mezzo. L'uomo posto al centro della sinagoga, In cui si ascolta la legge: Amerai il Signore Dio tuo, ecc. (12,30; D6,4 s; Lv 19,18). Essa dice cos' la vita, ma non d la capacit di conseguirla. La mano secca rappresenta la condanna della legge che porta chi si sa condannato davanti al Salvatore. L'uomo, posto da Ges nel mezzo, fa da specchio a tutti quelli che stanno intorno per sorvegliarlo.

v. 4 lecito di sabato. la stessa domanda che fecero a lui in 2,24. La liceit di un'azione dipende dal criteri che si usano. Per questo bisogna distinguere bene se sono di Dio o meno. Quelli di Dio, che amore, sono buoni e salvano la vita. Gli altri non sono da lui. fare il bene o fare il male. La domanda di Ges spiazza ogni possibile risposta. chiaro che non lecito fare il male. Sia di sabato, che in altro giorno, bisogna sempre fare il bene. Il problema che l'uomo impotente a fare il bene che vuole, e ad evitare il male che non vuole: schiavo del peccato (cf Rm 7,14 ss). Ges qui, tagliando ogni discussione, pone la domanda retorica per rivelare ci che in realt sta accadendo: lui di sabato fa il bene, salva la vita, ed condannato come trasgressore; mentre i suoi avversari, in silenzio, fanno il male e uccidono la vita, tramando la sua morte. salvare una vita. il principio di ogni azione dell'uomo: mosso dalla paura della morte, fa tutto per salvarsi. Ma proprio cos diventa egoista, e perde la vita (cf 8,35). Per salvarla bisogna aprire la mano, e accogliere Dio, il suo dono e il suo perdono, la sua intimit e il suo cibo. o ucciderla. Se Ges non ci apre al desiderio di lui, medico e sposo, la sua cura e il suo amore per noi restano inutili. Restiamo nelle mani della legge che paralizza e uccide. v. 5 essi tacevano. Se tu non mi parli, io sono come chi scende nella fossa (Sal 28,1). Per questo il Signore parla. L'uomo la risposta che gli d. Il silenzio la sua morte. Anche Ges tacer, quando sar condannato. Ma non sar per giudicarci, bens per giustificarci, portando su di s il nostro silenzio (14,60.61; 15,4.5). guardandoli intorno. Lo sguardo di Ges circolare: vede ognuno e abbraccia tutti. Chi vuole, pu sempre incontrarlo. con ira. La sua ira non per chi fa il male. venuto apposta per i peccatori! La sua ira contro il male. contristato. La sua tristezza per il malato, a causa del male che si fa facendo il male. durezza di cuore. Contraria allo stupore, segna le tappe dell'antievangelo. una reazione di autodifesa, una paura che diventa chiusura in s e attacco agli altri. Corrisponde alla mano chiusa. La parola durezza in greco deriva da un verbo che significa indurirsi come pietra, calcificarsi. chiamata anche sclerocardia (cf 10,5). Causa della morte di Ges, prerogativa dei farisei, ma anche dei discepoli davanti al suo pane (6,52; 8,17). Come uccide Dio, uccide l'uomo, perch lo rende sordo al suo amore. Per questo, in certi codici, invece di prosis (= durezza) si legge prosis (= sordit) o ncrosis (= morte). Costante il lamento dei profeti contro la malvagit ostinata del nostro cuore, duro a convertirsi (Ger 3,17; 7,24; 9,13; 13, 1 0; 16,12; 18,12; D29,18). Ges, che vuol toglierci il cuore di pietra e darci un cuore di carne (Ez 36,26; cf Ger 31,31 ss), si scontra con la nostra durezza, che lo inchioda sulla croce. Ma opera mirabile di Dio! - dal male verr la medicina: proprio e solo la sua morte, causata dalla nostra durezza di cuore, ne sar il rimedio efficace. Tendi la mano. Ges comanda alla mano, chiusa nel possesso e immobile nella morte, di aprirsi e tendersi per ricevere il dono del Figlio dell'uomo. I comandi di Ges esprimono sempre qualcosa di impossibile. Dice al paralitico di camminare, a questo di tendere la mano, e al morto di risorgere. I doni di Dio infatti riguardano sempre ci che impossibile all'uomo, ma non a lui.

fu ristabilita la sua mano. In greco c' la parola apocatastizzata: la mano ristabilita nella sua funzione originaria, come era prima che il peccato la rendesse incapace della sua funzione vitale. v. 6 i farisei gli erodiani. Invece dello stupore che porta alla fede, c' una reazione negativa, che apre l'ostilit. Il potere religioso (farisei) e quello civile (erodiani) solidarizzano contro Ges (cf 8,15; 12,13). Esiste una solidariet contro, che solo per la morte. tenevano consiglio contro di lui. un'azione prolungata; inizia qui e durer fino alla fine del vangelo. Il potere religioso e quello civile sono accomunati nella durezza di cuore contro il Signore. L'autosufficienza, religiosa e mondana, non pu accettare il suo dono. In giorno di sabato lecito fare il bene o il male, salvare una vita o ucciderla, aveva chiesto Ges. Lui, con la sua trasgressione, decide per la vita; questi, con i loro scrupoli, vogliono la morte. come farlo perire. All'inizio del c. 2 Ges fu accusato di bestemmia (2,7). Ora se ne decreta la morte. Chi profana il sabato deve morire (Es 1,13). E siamo solo all'inizio del suo ministero! Ma questo non lo impedisce. Dalla decisione all'esecuzione del male c' sempre tutto il temo necessario e sufficiente per il bene: Egli pass beneficando e risanando tutti (A10,38). La croce si profila ormai chiara. il prezzo del dono che ci fa di aprirci la mano. 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo, osservando il luogo: nella sinagoga, di sabato. 3. Chiedo ci che voglio: Signore Ges, guarisci la mia durezza di cuore, liberami dalle paure e dalle false autosufficienze. Aprimi la mano; donami il desiderio di te, che la mano per accogliere il dono che mi fai. 4. Traendone frutto, vedo, ascolto e osservo le persone: chi sono, cosa dicono e cosa fanno. Da notare: mano durezza di cuore tacere ira tristezza farisei/erodiani salvare la vita

4. Passi utili : Gn 3,1-15; Sal 81; Ez 36,23-30.

16. UNA BARCA PICCOLA PER NON ESSERE SCHIACCIATI DALLA FOLLA
(3,7-12)
7

E Ges con i suoi discepoli si ritir verso il mare; e una grande moltitudine

lo segu dalla Galilea 8 e dalla Giudea e da Gerusalemme e dall'Idumea e da oltre il Giordano e dai dintorni di Tiro e Sidone, una moltitudine grande ascoltando quanto faceva, venne a lui. 9 E disse ai suoi discepoli di mantenergli una barca piccola a causa della folla, perch non lo schiacciassero. 10 Infatti aveva curato molti, cos che gli cadevano addosso per toccarlo quanti avevano piaghe. 11 E gli spiriti immondi, quando lo vedevano, gli cadevano davanti e gridavano dicendo: Tu sei il Figlio di Dio. 12 E li minacciava molto, perch non lo facessero manifesto. 1. Messaggio nel contesto Una barca piccola per non essere schiacciati dalla folla: la richiesta di Ges al suoi discepoli. Nasce cos una delimitazione tra la folla che lo schiaccia e coloro che lo toccano e sono guariti. Si tratta di uno spazio ben preciso - e piccolo! - ma aperto a tutti. l'istituzione della Chiesa, la comunit di chi lo segue per essere con lui e formare la sua nuova famiglia. Allinterno di questa saranno scelti i Dodici, come colonne del nuovo edificio (brano seguente). La sezione precedente (1,16-3,6) era una presentazione complessiva dei suo mistero, e concludeva con l'annuncio della sua passione. Questa sezione, che va da qui al rifiuto di Nazaret (3,7-6,6), si apre con un preannuncio della pasqua: il suo ritiro muove le moltitudini verso di lui e il suo dono. Come dall'albero viene il frutto, cos dalla croce la Chiesa. La sua perdizione diviene salvezza per le moltitudini (Is 53). Infatti al suo andarsene corrisponde un esodo di masse attirate da lui nel deserto; l parler al loro cuore e ne far il suo popolo (cf Os 2,16). Con la sua attivit si era limitato ai dintorni di Cafarnao; ora, col suo fallimento, raggiunge tutti i punti cardinali. Se la sua azione fu parziale, la sua passione universale. Le folle accorrono a lui da tutti gli orizzonti lontani, inizio e anticipo della pentecoste, quando, dopo il suo ritiro definitivo, mander il suo Spirito. Cambia anche il tipo di attivit - un altro grosso cambiamento sar dopo 8,30. Prima era un annuncio del Regno in opere e parole. Ora pi un insegnamento prodigato con cura a chi ha gi ascoltato, perch chi ha orecchie per intendere intenda (4,23). Cos il Signore avvia la sua Chiesa, educandola all'ascolto della Parola che unisce a lui e introduce nella sua famiglia (c. 3). Questo testo non riferisce un singolo avvenimento; una sintesi di molti fatti, che serve da transizione e da cucitura tra brani diversi. Questi riassunti, chiamati sommari, sono assai utili per capire il vangelo. In essi l'autore ispirato, scegliendo con libera associazione cosa, come e dove dire, scopre le proprie

intenzioni teologiche. Questi sommari non sono quindi solo una cornice narrativa, ma anche la chiave interpretativa di quanto si va raccontando. Qui Marco ci vuol insegnare innanzitutto la logica del vangelo: la morte di Ges non la fine di tutto, ma il compimento della salvezza per tutti (vv. 7-8). Inoltre allude all'origine e natura della Chiesa: nasce dalla croce ed una piccola barca (v. 9). Infine parla del contatto con Ges come guarigione dal male (v. 1 0) e di una lotta contro la tentazione del successo. Prima della croce il Signore vuole una rivelazione segreta, e non, come i demoni, una rivelazione del segreto, che solo allora sar capito (vv. 11-12). Ges come il seme del capitolo successivo: muore e porta molto frutto (Gv 12,24). Egli l'agnello che, in quanto percosso, diventa pastore del gregge (6,34; 14,27). Con il suo ritiro, forma il nuovo popolo di fratelli: con la sua parola lo preparer per l'esodo definitivo, vincendo il mare (c. 4), il male, la malattia e la morte (c. 5), per nutrirlo alfine del suo pane (ce. 6-8). Il discepolo ora comincia a intravedere cos' la Chiesa. Essa nasce dopo l'apertura della mano che fa accogliere il dono di Ges. Da una massa informe si staglia una piccola barca, dove lui non schiacciato: su di essa sar annunciata la Parola e compiuta la traversata dal mare al deserto. Le sue caratteristiche ulteriori sono nei brani seguenti. L'attenzione ora non pi tanto sulla novit di Ges, ma su quella di chi lo accoglie. La cristologia si fa ecclesiologia: attraverso la mano guarita i doni passano dal Figlio dell'uomo ai figli degli uomini suoi fratelli - tutta gente povera e rifiutata come lui. 2. Lettura del testo v. 7 Ges con i suoi discepoli. L'espressione, cos usuale, rischia di passare inosservata, mentre densa di informazioni profonde. Ges ha scelto di stare con i suoi discepoli e di essere loro compagno: l'Emmanuele, il Dio con noi. Lui con i suoi discepoli perch essi siano con lui (cf brano seguente). Si fa loro compagno per farli suoi compagni. si ritir. Finora era sempre in cammino, entrava e usciva. Ora si ritira. La parola greca - da cui anacoreta - indica uno staccarsi da tutto. Ma non una fuga, un abbandono del campo per paura dei nemici. Al momento giusto li affronter nel modo giusto, proprio a Gerusalemme. una solitudine di intimit con gli amici, al quali, si rivela associandoli a s ed educandoli lentamente al suo cammino. una nuova tappa, che comporta una strategia nuova, che gi prelude il ritiro definitivo, quando, innalzato, attirer tutti a s (Gv 12,32). verso il mare. Richiama il mare del primo esodo, attraverso cui bisogna passare per uscire dalla schiavit alla libert del deserto. una grande moltitudine lo segu dalla Galilea. Il chicco di grano, se muore, produce molto frutto (Gv 12,24). Il rifiuto e la condanna a morte da parte dei farisei e degli erodiani segna l'inizio del nuovo popolo (8, 15). L'efficacia evangelica ben diversa dall'efficienza umana; trae la sua forza dall'impotenza dell'uomo che potenza di Dio: quando sono debole, allora che sono forte (2Cor 12,10). Perch Dio, contrariamente all'uomo, sa trarre vita dalla morte. v. 8 una moltitudine grande. Il successo grande non solo in casa (Galilea), ma in ogni parte. Raccoglie anche dove non ha seminato! Le masse vengono da sud (Giudea, Gerusalemme, Idumea), da est (oltre il Giordano) e da nord (Tiro e Sidone). Da ovest, oltre il mare, verranno pi tardi, dopo pentecoste. Le localit nominate sono sette, numero che indica completezza. Dio ha scelto la pietra

scartata dal costruttori per fame principio del nuovo edificio. Questa la sua opera mirabile al nostri occhi (12,10 s; Sal 118,22 s). Ges non ha raggiunto il successo mediante la brama di avere, di potere e di apparire, origine di ogni male. Anzi, egli ha vinto tutto questo proprio col suo fallimento, con la povert, il servizio e l'umilt di chi ama. ascoltando quanto faceva, venne a lui. Queste folle non hanno ascoltato lui, ma il racconto di ci che ha fatto. Come gi allora, cos anche adesso, l'annuncio che fa venire a lui per toccarlo, e sperimentare in prima persona la verit di ci che si ascoltato. In ogni brano del vangelo dobbiamo domandargli che faccia anche con noi ci che leggiamo che ha fatto con altri: Che vuoi che io ti faccia?, ci chiede ogni volta, per mettere in noi il desiderio di chiedere ci che lui stesso desidera darci (10,51.36). Tu vuoi tutto il bene che puoi, e puoi tutto il bene che vuoi, e a ogni nostra richiesta buona rispondi: Lo voglio (1,41). v. 9 mantenergli. Significa tenergli sempre a disposizione. Questa barca deve sempre essere pronta per andare con lui dove lui desidera. una barca. Fatta di legno - come la croce - non viene inghiottita dal mare e mantiene in vita chi da essa si lascia portare. Non solo salva dall'abisso, ma permette di attraversarlo e giungere all'altra sponda. Gi una volta con No scamp dalla morte umanit e bestie (Gn 6,13 ss). figura della Chiesa che attraversa il male del mondo e porta l'uomo nella terra che Dio ha promesso. I discepoli fin dall'inizio hanno lasciato la loro barca (1,20). Ora ne hanno un'altra, su cui il loro stesso Signore viaggia e insegna alle folle (4,1; 5,2.18.21; 6,32; 8,13). Qualche volta sembra addormentarsi o assentarsi; ma in realt la loro fede che assopita (4,35 ss; 6,45 ss). Su questa barca c' un unico pane di vita; ma i discepoli lo ignorano, perch hanno il cuore indurito, preda del lievito dei farisei e di Erode (8,14 ss). piccola. In greco c': barchetta. Anche se questo diminutivo non da urgere - sar poi chiamata barca (4,1) - certo la Chiesa non un transatlantico. Piccola cosa, sempre in balia delle onde, come il suo Signore e il suo regno, che il pi piccolo di tutti i semi della terra (4,31). In essa Ges non oppresso. Il suo spirito di povert, di servizio e di piccolezza vi sta a suo agio, e d calore e vita a tutto. perch non lo schiacciassero. Ci sono due modi di toccare Ges: uno lo schiaccia e impedisce di mangiar pane (v. 20), l'altro fa uscire da lui la forza di vita (cf 5,30). Questa folla si getta su Ges come i polli su chi d loro il becchime. Ma lui ne vuol fare un popolo di suoi fratelli, la sua vera famiglia, che si sazia dell'ascolto della sua parola e il cui cibo compiere la volont di Dio (vv. 34 s). v. 10 gli cadevano addosso per toccarlo. Toccare il fuoco, brucia; toccare Ges, salva. Non magia: lui la nostra vita e il contatto con lui ci sana dalla morte. Ma toccarlo con pretesa opprimerlo (5,31) e non salva (6,5). Toccarlo con sicura attesa la fede che salva (5,30.34). quanti avevano piaghe (= flagelli). La prima condizione per toccare uno quella di stargli vicino. Tutti i colpiti dal male sono vicini a lui che, fattosi prossimo a ogni ferita, colpito dai nostri mali (Is 53,1 ss). Ma il mio gettarmi addosso a lui con fiducia o con pretesa? Mi d salvezza o semplicemente lo schiaccia? v.11 gli spiriti immondi, ecc. Anche i demoni cercano di schiacciare Ges, e in un modo sottile che loro proprio: dicono la verit su di lui, ma per fargli propaganda. L'errore non sta in ci che dicono, ma nel modo. Satana, fin dal principio, specialista in menzogna. Questa, per essere creduta, deve essere verosimile, dicendo una parte della realt e celando l'altra: una mezza verit, detta con secondo fine.

Ogni inganno efficace solo se ha l'apparenza di buono, bello e desiderabile (Gn 3,6). Come la prima, cos ogni tentazione! Qui la trappola sta nel fatto che vero che Ges Figlio di Dio. Ma satana vuol anticiparne la gloria per fargli evitare la croce dove solo si rivela tale (15,39). la tentazione che vedremo anche in Pietro (8,32 s). Inoltre la fede non solo sapere chi Ges. Anche i demoni lo sanno, meglio e prima di noi. Credono, ma tremano, dice Gc 2,19. Credere anzitutto sperimentarlo come colui che mi ha amato e ha dato se stesso per me (Gal 2,20). Una fede ideologica, assai diffusa, che tutto conosce ma nulla esperimenta, per s l'anticipo dellinferno. la pena del dannato, che conosce il bene e ne privo. v. 12 E li minacciava molto, perch non lo facessero manifesto. Vedi ci che far Paolo con Silvano in un caso analogo di At 16,16-18. Il Signore non desidera pubblicit, n si serve di poteri palesi o occulti. Raggiunge tutti solo attraverso la debolezza di chi, conoscendolo, lo annuncia come amore crocifisso, povero, umiliato e umile. La propaganda va tutta in altra direzione e si serve proprio di quei mezzi che il Signore ha denunciato e rifiutato come tentazioni. 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo, osservando il luogo: un luogo deserto, presso il lago di Galilea. 3. Chiedo ci che voglio: essere tra coloro che lo seguono e lo toccano, non tra coloro che lo schiacciano. 4. Traendone frutto, vedo, ascolto e guardo Ges, i discepoli, le folle di afflitti, di varie lingue e popoli, e i demoni: cosa dicono, cosa fanno. Da notare: ritirarsi mare seguire folla piccola barca schiacciare toccare Figlio di Dio minacciare

4.

Passi utili: Fil 2,6-11; Gn 6,13-22.

17. E FECE DODICI PER ESSERE CON LUI E PER INVIARLI


(3,13-19)
13

E sale sul monte e chiama appresso quelli che voleva lui, e vennero da lui. 14E fece dodici (che chiam apostoli)

per essere con lui e per inviarli ad annunciare 15 e ad avere potere di scacciare i demoni. 16 (E fece i Dodici) e impose a Simone il nome di Pietro, 17 e Giacomo di Zebedeo e Giovanni, fratello di Giacomo, e impose loro il nome di Boanerges, cio figli del tuono, 18 e Andrea e Filippo e Bartolomeo e Matteo e Tommaso e Giacomo, quello di Alfeo, e Taddeo e Simone il Cananeo 19 e Giuda Iscariota, che poi lo trad. 1. Messaggio nel contesto E fece dodici per essere con lui e per inviarli. I Dodici sono la piccola barca dove il Signore toccato e non schiacciato (vv. 8-11); sono la sua vera famiglia, che siede in cerchio attorno a lui per ascoltarne la parola (vv. 32-35), e riceve la rivelazione del mistero del Regno (4, 1 0). Essi sono fatti espressamente per essere con lui, il Figlio. Questa la realizzazione dell'uomo, che con lui se stesso. Solo cos vinta quella solitudine abissale che gli costitutiva: fatto per Dio, solo con lui colma il suo bisogno essenziale di relazione e compagnia. Da qui scaturisce la missione. Infatti chi unito a lui impara a conoscere il cuore del Padre, e si offre con gioia ad andare presso chi ancora non lo conosce, perch la sua casa sia piena (Lc 14,23) e non lo fino a che manca un solo fratello. C' stata gi una prima chiamata, in cui la fuga divenne sequela (1,16-20). Questa seconda pi profonda, e spiega perch lo si segue. Ora la sequela diviene unione e intimit con lui, dove si raggiunge la propria identit di figli. Il discepolo la conosce, e non pu non portarla a tutti i fratelli. Questa seconda chiamata ci fa vedere l'essenza della Chiesa. Fatta per essere con Ges ed essere inviata ai fratelli, ha lui come unico centro, ed un cerchio che si estende a tutti. Senza una di queste due dimensioni, delle quali una particolare e personale, l'altra universale e comunitaria, decade dalla sua natura. Gli apostoli l'avevano capito molto bene. Fin dall'inizio, per tener sempre a disposizione questa piccola barca, dove lui sta con i suoi e si muove verso gli altri, illuminati dallo Spirito, scelsero di tenersi sempre a disposizione della preghiera (= essere con lui) e del servizio della Parola (= essere inviati) (At 6,4). L'azione apostolica syn-erga con Ges (1Cor 3,9; 2Cor 6,1; cf 1Cor 15,10), collaborazione con lui. Egli l'operaio della vigna; noi siamo suoi compagni che assistono e favoriscono la sua opera, collaborando, ossia lavorando con lui. Ma lui che opera direttamente dando il desiderio, l'azione e l'efficacia. Noi siamo contemplativi di questa sua opera, e collaboriamo ad essa innanzitutto vedendola e accogliendola, poi sviluppandola nella risposta di lode, amore e servizio. Per questo l'apostolato non ha nulla a che fare con l'attivismo di Marta; fluisce invece continuamente dalla contemplazione di Maria, che sta ai piedi del Signore e lo ascolta. L'essere con Ges il principio, il mezzo e il fine di ogni apostolato, che da l viene, da l attinge forza e l sfocia, facendovi confluire tutti gli uomini.

Le tre caratteristiche dei Dodici: essere con lui, essere inviati ad annunciare e a vincere il male, sono finora le note fondamentali della Chiesa, che si aggiungono a quelle gi viste a proposito della barchetta. Ges l'Emmanuele, il Dio che venuto per essere con noi, perch noi possiamo essere con lui. Con lui, irradiazione della gloria di Dio e impronta della sua sostanza (Eb 1,3), l'uomo torna a riflettere l'immagine e la somiglianza della propria realt, dalla quale si era allontanato per il peccato. Lui il centro di gravit del nostro cuore, il polo di ogni nostro desiderio, il luogo naturale della nostra vita. Con lui raggiungiamo la nostra fonte, attingiamo il nostro fine. Creati in lui, attraverso di lui e in vista di lui, solo con lui sussistiamo e siamo ci che siamo (Col 1,16; Gv 1,1-4). Senza di lui siamo il nulla di ci che siamo. Sarete come Dio, non la tentazione satanica, ma la grande promessa che si compie nel nostro essere con lui. Il discepolo fa parte di una comunit, incentrata non su se stessa, bens su Ges, che la apre sempre verso tutti. una persona libera, membro di un popolo in cui ciascuno riscattato dalla morte, perch con colui che . La prima chiamata fu a seguirlo, lasciando le reti; la seconda pone un salto di qualit: stare con lui in intimit e amicizia. L'opera del Padre attirarci al Figlio, per metterci con lui, in sua compagnia, e inviarci cos al fratelli, perch tutti lo conoscano e lo amino. La lista dei Dodici si chiude con colui che lo trad. Quest'unione sempre insidiata dal divisore, che vede in ci la sua sconfitta. 2. Lettura dei testo v. 13 sale sul monte. Mare, deserto e monte sono i luoghi dell'attivit di Ges che ricordano l'esodo. La sinagoga e la casa ricordano la terra promessa. Il monte - con l'articolo perch si tratta di un monte determinato e noto agli interessati - il luogo dell'intimit con il Signore, della rivelazione e dell'alleanza. Richiama il Sinai, dove Dio parl all'uomo; ma anche il Moria dove fu sacrificato il figlio. Ges salito per primo sul monte e da l chiama. chiama appresso. La medesima Parola che fece cielo e terra, ora si crea un partner Non bene per l'uomo restar solo, disse Dio (Gn 2,18). Soprattutto perch lui stesso comunione e desidera stare con chi ama, e ama che questi desideri stare con lui. la seconda chiamata. La prima 1,16-20. Seguiranno una terza e una quarta (6,7 ss e 8,34 ss). La nostra conoscenza del Signore progressiva, con tappe che scandiscono ognuna un salto di qualit e segnano una crescita della nostra capacit di rispondere alle sue sollecitazioni. quelli che voleva. Volere significa voler bene. Siamo chiamati perch amati. Origine di ogni elezione il suo amore gratuito. Il Signore si legato a voi e vi ha scelti non perch siete pi numerosi di tutti gli altri popoli - siete infatti il pi piccolo di tutti i popoli - ma perch il Signore vi ama ed fedele al suo amore (Dt 7,7 s). Il privilegio dell'antico e del nuovo Israele non motivo di esclusione di altri, bens di missione verso tutti (vedi il libro di Giona). L'amore del Padre infatti si estende a tutti i suoi figli. Quando l'elezione diventa pretesto di esclusione, perch non si capito n che Dio Padre, cio amore, n che il Padre Dio, cio di tutti. Non si capito nulla del cristianesimo! vennero da lui. La scena scarna e solenne: Ges che sale, chiama a s quelli che ama e questi vengono a lui. Quando sar elevato da terra attirer tutti a me (Gv 12,32). Innalzato sul monte del suo abbassamento, fa splendere la luce che tutti attira.

v. 14 E fece. Richiama l'azione creatrice di JHWH che si forma il suo popolo (cf Is 43,1; 44,2). Infatti qui sul monte il Signore crea una cosa nuova, che proprio ora nasce: il mio desiderio di essere con lui (Is 43,19; cf Ger 31,32). La sua brama da sempre verso di me (Ct 7,11). Ora finalmente c' anche la mia verso di lui, cos che possa essere anche lui per me ci che io sono per lui. dodici. il resto delle dodici trib d'Israele, riunito sul monte attorno al Servo, che sar luce di tutte le nazioni (Is 42,6; 49,6; Lc 2,32). Questi dodici sono i patriarchi dei nuovo popolo, al quale tutti sono chiamati a partecipare, cominciando dal pi lontani e bisognosi; sono le colonne della Chiesa (Gal 2,9), solidamente ancorate alla pietra, che Cristo, unico fondamento su cui si pu costruire (1Cor 3,11). Essi garantiscono la necessaria continuit tra Ges e noi (cf 1Gv 1.1-4). Raccontandoci ci che hanno sperimentato, ci testimoniano della sua carne, esegesi di Dio stesso (Gv 1, 18), unica norma della nostra fede e criterio di discernimento spirituale (Ef 4,20; 1Gv 4,2). (che chiam apostoli). una parola dal greco che significa Inviati, mandati (corrisponde a messi, missionari, di radice latina). Questo popolo inviato a tutti gli altri non per conquista o per proselitismo: chi conosce l'amore del Padre e del Figlio morto in croce per tutti i fratelli, non pu non andare verso di loro per annunciarlo. Non c' gioia e festa finch l'ultimo fratello non siede a mensa insieme con tutti gli altri. per essere con lui. il fine della nostra vita e della sua missione. Essere con lui, il Figlio, l'essenza di ogni uomo, che tutto e solo figlio, anche se non lo sa o non lo vuole. Senza di lui, niente di s, solitudine e vuoto assoluto. Tutto ci che esiste, in lui vita, fuori di lui morte (Gv 1,3 s). Dio ha fatto l'universo per l'uomo, e l'uomo per unirlo a s in Ges, suo Figlio. Il termine della sequela quello di stare con lui per sempre (1Ts 4,17), perch lui la mia vita (Fil 1,21), che ormai nascosta con lui in Dio (Col 3,3). Con lui sono me stesso, figlio amato dal Padre con amore infinito. Ciascuno di noi infatti amato dal Padre con lo stesso amore unico, pieno e totale con il quale amato Ges, che dice: Li hai amati, come ami me (Gv 17,23). Accettare questo amore vivere da figli nel Figlio, e amare con il suo stesso amore il Padre e i fratelli. Essere con Ges significa conoscenza della verit che libera, intimit d'amore che appaga, ingresso nella vita di Dio per il dono del suo Spirito, effuso nei nostri cuori, che grida: Abb (Rm 5,5; 8,15; Gal 4,6). Quando siamo con il Figlio, il Padre gioisce pienamente di noi e noi di lui. Il cristianesimo non un'ideologia: una compagnia reale con Ges, in un rapporto da persona a persona, che coinvolge tutti i nostri sensi e le nostre capacit. Innanzitutto si sta con lui con gli orecchi, per ascoltare la sua parola, e poi con gli occhi, per vedere il suo volto. Questo desiderio di ascoltarlo e contemplarlo la fede, che apre il nostro cuore a lui. Essa si concreta nella lettura della Parola e nella preghiera, nella docilit e nell'adorazione, nella riverenza e nella tenerezza. Inoltre si sta con lui con i piedi, per seguirlo nella sua stessa via. Questo desiderio di camminare come lui ha camminato (Cf 1Gv 2,6) la speranza, che muove la nostra vita ad essere conforme alla sua. Essa ci fa preferire e scegliere ci che lui ha preferito e scelto, per stargli pi vicino e somigliargli pi perfettamente. Questa speranza amorosa libera il nostro cuore da ogni attaccamento al male, e ci spinge ad amare per amor suo la povert l'umiliazione e l'umilt. Infine si sta con lui con le mani, per toccarlo ed avere comunione piena con lui. Questo desiderio di toccarlo la carit, che ci identifica a lui e trasforma la nostra vita nella sua, facendoci amare e operare come lui. E perch possiamo essere con lui, lui stesso ci guarisce orecchio, occhio, piede e mano. Essere con lui, pi che un punto di arrivo, un costante punto di partenza per una sequela sempre pi stretta. Dice Paolo: Non che lo abbia gi conquistato il premio o sia ormai arrivato alla perfezione;

solo mi sforzo di correre per conquistarlo, perch anch'io sono stato conquistato da Ges Cristo (Fil 3,12). Essere con lui significa essere stati conquistati, innamorati di lui, con desiderio struggente che fa della nostra vita un'unica invocazione: Maran tha, vieni, Signore! Il nostro grido di amorosa attesa fa da eco alla sua promessa: S, verr presto (1Cor 16,22; Ap 22,20). Nell'essere con Ges si soddisfa la passione di Dio per noi e si placa la nostra brama di lui, stuzzicata dalla sua verso di noi. e per inviarli. Stando con lui, lo stesso amore del Padre verso tutti i suoi figli, spinge anche noi fino agli estremi confini della terra. Andare verso tutti gli uomini e stare con lui sembrano due cose contraddittorie. Ma solo in apparenza. Anche il cuore, quando si stringe, porta il sangue a tutto il corpo: il suo movimento vitale di sistole e diastole. Pi uno si stringe al Signore, pi la sua azione giunge lontano. Chi aderisce totalmente al Figlio, ha gi raggiunto tutti i fratelli. falsa l'alternativa tra contemplazione e azione, vita di preghiera e vita apostolica, come falsa l'alternativa tra fonte e rubinetto. L'unione con lui, oltre che principio e fine, quindi anche mezzo della missione da cui perennemente scaturisce l'acqua della salvezza: nessuno d ci che non ha, e possiamo traboccare solo di ci di cui siamo ricolmi. Diversamente l'apostolato un batter l'aria, con gran fatica e nessun risultato. La missione nostra nasce dall'esser messi con il Figlio (sant'Ignazio); e la preoccupazione prima di chi inviato quella di stare unito a lui come il tralcio alla vite (Gv 15,1 ss), fino ad esser contemplativo nell'azione, come lui, che fa ci che vede fare dal Padre (Gv 5,19). ad annunciare. Il fine primo dell'invio l'annuncio ai fratelli. Non di ci che si sentito dire, ma di ci che si sperimentato in prima persona (Cf Gv 4,42). L'ex indemoniato, che chiede a Ges di essere con lui, inviato ad annunciare ci che il Signore gli ha fatto e la misericordia che gli ha usato (5,18 s.). Quest'annuncio porta gli altri ad accorrere al Signore, per fare anche loro la stessa esperienza. La salvezza viene infatti dalla fede - che incontro personale con Ges Signore - e la fede dall'annuncio che rende noto a tutti il dono che il Padre ci ha fatto nel suo Figlio. v. 15 potere. lo stesso di Ges, quello della Parola di verit che vince la menzogna, come la luce vince la notte. scacciare i demoni. Satana ci aveva allontanati da Dio con la menzogna; che ci ha fatti cadere in suo potere mediante la paura della morte (Eb 2,14). Con il Figlio ci viene offerta la nostra verit: siamo figli, che veniamo dal Padre e a lui torniamo. Questa verit ci libera dalla paura della morte e dalle mani del nemico, donandoci di vivere una vita filiale. Annunciare il Regno e liberare dai demoni sintetizza tutta l'azione di Ges che continua nella Chiesa. v. 16 impose il nome di Pietro. Simone significa Dio ascolta, esaudisce. Pietro significa roccia, immagine della fedelt del Signore. In lui Dio ha ascoltato ed esaudito la fedelt del suo amore. Simon Pietro ne far esperienza nella sua debolezza e infedelt. Per questo potr confermare i fratelli, e rassicurarli che Dio rimane sempre fedele (cf 14,66-72; Lc 22,32 s). v. 17 Giacomo e Giovanni. Significano rispettivamente: Dio protegge e Dio benigno. Boanerges, cio figli del tuono. Forse si riferisce alla forza della loro predicazione, o al loro carattere intransigente e orgoglioso (9,38; 10,35. ss; Lc 9,54).

v. 18 Andrea. Nome greco, significa uomo maschio, virile. La tradizione lo far finire come il suo Signore, su una croce a X, chiamata col suo nome. In Giovanni lui che chiama suo fratello Pietro e dichiara l'insufficienza di ci che un ragazzo ha e mette a disposizione prima della moltiplicazione dei pani (Gv 1,40 ss- 6,7). Filippo. Nome greco, significa amante dei cavalli. Conosce il greco, (Gv 12,21), sa far bene i conti (Gv 6,7) e chiede a Ges che mostri il Padre (Gv 14,8). Bartolomeo. Significa figlio di Tolomeo. Matteo. Significa dono di Dio. Mt 9,9-13 e 10,3 lo identifica con Levi, il pubblicano, ex esattore di tasse (cf 2,13-17). Tommaso. Significa gemello. Evangelizzer l'Oriente. Taddeo. Al suo posto Luca ha il nome di Giuda (Lc 6,16; At 1,13). Simone il Cananeo. Cananeo sinonimo di Zelota, appartenente al movimento di lotta armata contro i romani. v. 19 Giuda lIscariota. Giuda secondo un etimologia popolare significa lode (Gn 29,35); Iscariota significa uomo di Cariot, oppure sicario (appartenente agli zeloti). che poi lo trad. Di Giuda si dice sempre che uno dei Dodici. Anche lui stato chiamato perch amato. L'amore di Dio rimane immutabile e fedele luomo rimane sempre mutabile e infedele, aperto al tradimento. La sua funzione sar presa da un altro (At 1,20 ss); ma la sua persona insostituibile. Circa le persone scelte vediamo che si tratta di gente comune, senza qualifiche se non negative. Non risulta che abbia chiamato persone pie (farisei), o con cariche religiose (sacerdoti), o esperte in sacra Scrittura (scribi) o potenti (anziani). Tra laltro, come poteva convivere un gabelliere per conto dei romani, con un onesto pescatore, che doveva pagargli le tasse, o addirittura con uno zelota? La formazione che Ges mette in campo realmente divina, perch nessun uomo di buon senso l'avrebbe fatta. Infatti Dio ha scelto nel mondo ci che ignobile e disprezzato e ci che nulla per ridurre a nulla le cose che sono (1Cor 1,28). 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo, osservando il luogo: sul monte, dove Ges per primo sal e da l chiama gli altri. 3. Chiedo ci che voglio: non essere sordo alla sua chiamata; chiedo al Padre che mi voglia mettere col Figlio, e al Figlio che mi prenda che mi voglia mettere come suo compagno, per stare con lui, seguendo il suo stesso cammino. Chiedo di essere conquistato da lui, di desiderare sopra ogni cosa di essere con lui. 4. Traendone frutto, vedo, ascolto e guardo le persone: chi sono, cosa dicono, cosa fanno. Da notare: monte chiamare volere (amare) venire a lui inviare annunciare potere scacciare i demoni

essere con lui

tradire

4. Passi utili: 1Ts 4,17; Fil 1,21; Gal 2,20; Gv 15,1-11; Col 3,35; At 6,4.

18. CHI SONO MIA MADRE E I MIEI FRATELLI?


(3,20-35)
20

E viene in casa e si raduna di nuovo la folla cos che essi non possono neppure mangiar pane. 21 E, avendo udito, i suoi uscirono per impadronirsi di lui, poich dicevano: fuori di s! 22 E gli scribi, scesi da Gerusalemme, dicevano: Ha Beelzebul, e: In forza del principe dei demoni scaccia i demoni. 23 E, chiamatili appresso, diceva loro in parabole: Come pu satana scacciare satana? 24 Se un regno diviso contro se stesso, non pu reggersi quel regno; 25 e se una casa divisa contro se stessa, quella casa non potr reggersi. 26 E se il satana insorto contro se stesso ed diviso, non pu reggersi, ma alla fine. 27 Ma non pu nessuno entrare nella casa del forte e rapire i suoi beni, se prima non ha legato il forte, e allora rapir la sua casa. 28 Amen, vi dico: Saranno rimessi ai figli degli uomini tutti i peccati e le bestemmie, quante ne bestemmieranno.

29

Ma chi bestemmi contro lo Spirito Santo non ha remissione in eterno, ma reo di peccato eterno. 30 Poich dicevano: Ha uno spirito impuro. 31 E viene sua madre e i suoi fratelli, e, stando fuori, mandarono da lui a chiamarlo. 32 E sedeva attorno a lui una folla e gli dicono: Ecco la tua madre e i tuoi fratelli (e le tue sorelle) di fuori ti cercano. 33 E, rispondendo loro, dice: Chi la mia madre e i (miei) fratelli? 34 E, volgendo lo sguardo in giro a quelli seduti in cerchio attorno a lui, dice: Ecco la mia madre e i miei fratelli: 35 chi fa la volont di Dio questi mio fratello e sorella e madre. 1. Messaggio nel contesto Chi sono mia madre e i miei fratelli.?. Il problema del brano il discernere se siamo con lui o contro di lui. Siamo veramente suoi o estranei a lui, siamo dentro o fuori, ascoltiamo la sua chiamata o lo mandiamo a chiamare, lo seguiamo o vogliamo che lui ci segua, ci lasciamo acchiappare o lo vogliamo acchiappare, accettiamo il suo perdono o lo rifiutiamo, ascoltiamo lo Spirito o lo bestemmiamo? Tutti questi interrogativi toccano la questione della nostra salvezza, che consiste nell'essere con lui cos come in realt, e non come lo vorremmo noi. Il brano inizia dicendo che non potevano mangiare pane e termina con le parole di Ges circa chi gli sta seduto intorno ad ascoltarlo: Ecco mia madre e i miei fratelli: chi fa la volont di Dio. Il vero cibo dell'uomo la parola che esce dalla bocca di Dio (Dt 8,3), che esprime la sua volont. Questa pienamente compiuta da chi fa cerchio attorno a lui per ascoltarlo. La voce dalla nube confermer dicendo: Questi il mio Figlio diletto: ascoltate lui (9,7). Lui la Parola eterna del Padre. Ascoltandola, diventiamo sua madre e suoi fratelli: madre, come Maria, perch essa ha il potere di farci come lui. Uno infatti diventa la parola che ascolta. Il Padre ci vuole ascoltatori del Figlio perch ci vuole figli: ci mette con lui perch ci vuole come lui. L'appartenenza alla barchetta non viene da privilegi. I suoi secondo la carne e il sangue non ne fanno ancora parte (vv. 21.31s), come neanche i sapienti, che credono di giudicare tutto, anche lo Spirito (vv. 22-30). La vera famiglia di Ges fatta da chi lo ascolta (vv. 33-35). Tutto il capitolo seguente sar sull'efficacia della sua parola, vero seme da cui crescono i figli di Dio. Il brano precedente terminava con Giuda che lo trad. Ora vediamo che lo tradiamo perch alla sua chiamata si oppone in noi una duplice controchiamata. La prima quella dei suoi, ispirata dal buon

senso e da buoni sentimenti, che lo vogliono sequestrare perch pazzo. Infatti non cerca il proprio vantaggio e non sa sfruttare la situazione. L'altra quella degli scribi, che, invece di convertirsi, usano la loro sapienza per difendersi. Per loro vero solo ci che utile per mantenere le loro certezze, falso ci che le mette in discussione. Non interessa loro servire la verit, ma servirsi abilmente di essa per confermare le proprie opinioni religiose e le proprie posizioni di potere. Ges sta al centro del cerchio di quelli che compiono la volont di Dio. Il Padre vuole che tutti siano con lui: l'ascolto del serpente ci rese figli del diavolo (Gv 8,44); l'ascolto di lui ci restituisce il nostro volto di figli. Discepolo chi entra nel cerchio dei suo ascoltatori. Diversamente, anche se ha tutti i titoli - fosse anche suo parente! - e tutta la sapienza teologica - fosse anche il miglior scriba! - in realt sta fuori. Corre sempre il pericolo di essere come i suoi che lo amano, ma senza conoscerlo e volerlo cos come ; oppure come gli scribi, che lo conoscono, ma non lo amano, e perci lo giudicano secondo i loro criteri religiosi. 2. Lettura del testo v. 20 E viene in casa. Dopo il rifiuto di 3,6, la casa succede alla sinagoga. Essa diventa esplicitamente un luogo teologico, che segna un dentro rispetto a un fuori: dentro c' la famiglia, fuori gli estranei. Questo dentro delimita la Chiesa, che fatta da chi sta con lui e lo ascolta. Si tratta per di un cerchio aperto a tutti gli estranei... anche al suoi, purch vogliano entrare con lui e non farlo uscire con loro! la folla. La folla chiamata a diventare progressivamente popolo di Dio nell'ascolto di Ges. mangiar pane (cf vv. 9 s; 6,31). La folla con le sue richieste toglie a Ges e al suoi il tempo materiale per mangiare. Qualche volta a noi toglie anche il tempo per il cibo spirituale, che ogni parola che esce dalla bocca dei Signore, perch lui la nostra vita (Dt 8,3; 30,20). In questo senso Ges dice a noi: Ho da mangiare un cibo che voi non conoscete, e mio cibo fare la volont di colui che mi ha mandato (Gv 4,32.34). v. 21 i suoi. Sono i suoi parenti pi stretti, tra cui conosciamo Giacomo e Giuseppe, Giuda e Simone (6,3). Il primo, figura di grande spicco, tenne il governo della Chiesa di Gerusalemme ed ritenuto l'autore della lettera omonima (cf At 12,17; 15,13; 21,18; 1Cor 15,7; Gal 1,19; 2,9.12). I suoi rappresentano noi credenti, che dobbiamo passare da una conoscenza e un amore per Ges secondo la carne a una conoscenza e a un amore secondo lo Spirito. Chiunque in casa sempre tentato di catturarlo, tirando lui dalla propria, invece che lasciarsi attirare da lui. uscirono. Escono non per seguirlo, ma per ricondurlo a casa. La lotta tra Ges e i suoi continua, anche se sottile e sorda: egli vuole che noi siamo con lui, e noi vogliamo che lui sia con noi! Gott mit uns! il capovolgimento della fede, che ci porta a servirci di lui invece di servirlo. per impadronirsi. Sar la parola chiave della passione. Ges amore e dono. Chi si impadronisce, lo uccide. Impadronirsi infatti il contrario di donare. Come donare dell'essenza di Dio ed principio di creazione, cos impadronirsi negazione pratica di Dio, ed principio di decreazione.

Impadronirsi l'istinto fondamentale dell'uomo che non conosce Dio. Invece di dire: S, grazie, dice: mio. fuori di s. Secondo i suoi (vedi Pietro in 8,31 ss) Ges dovrebbe avere un po' pi di buon senso. Dovrebbe investire bene le sue qualit per avere di pi, potere di pi e valere di pi. Non sono questi i mezzi utili per il trionfo del bene, per togliere il potere ai cattivi, a confusione loro e a gloria di Dio e dei suoi eletti? Ges invece simpatizza coi cattivi e trascura i propri interessi; si pu prevedere che, con la sua bont e sprovvedutezza, andr a finir male. fuori di s, pazzo! In questo giudizio c' amore-odio e compassione-rabbia, ultimo relitto del naufragio di tutte le speranze. Per noi, che abbiamo barattato l'intelligenza con la furbizia, saggio chi cerca non il bene e la verit, bens l'utile e il vantaggio proprio. Questa controchiamata del buon senso, come ha fuorviato i parenti pi stretti, fuorvier anche Giuda e gli altri. Ges fu, e sar rifiutato allora, ora e sempre da amici e nemici, vicini e lontani - tutti uguali fino a quando non ci convertiamo! - proprio perch povero, umiliato e umile. Ma questa sua follia sapienza di Dio. E mentre l'uomo, con la sua sapienza, uccide se stesso, Dio, con la sua follia, lo strappa con potenza dalla sua malattia mortale. Essere con Ges esige il cambiamento dal pensiero dell'uomo al pensiero di Dio; un cambio di direzione di 180, un riorientamento della propria vita sui suoi passi. Senza questa conversione radicale della mente e del cuore si rimane fuori dalla sua famiglia, anche se si dei suoi secondo la carne, lo si ama e gli si vuol bene! In realt si ama in lui se stessi e i propri progetti, pronti a seguirlo quando lui ci segue e a confiscarlo quando non ci segue. Questo amore, se non si purifica, si chiama egoismo, ed un tentativo di assimilare lui a noi invece che noi a lui. la tentazione costante che ci porta a tradirlo, sia come singoli che come Chiesa. v. 22 gli scribi. Sono i sapienti, conoscitori della legge, che gi l'avevano accusato di bestemmia quando perdon i peccati al paralitico (2,6s). Ha Beelzebul (= Signore del sudiciume): Ges accusato di essere indemoniato! In forza del principe dei demoni scaccia i demoni. Gli scribi non possono negare la realt: Ges scaccia i demoni. La sua parola, a differenza della loro, opera quanto dice (cf 1,22). Invece di accettare con umilt il dono, preferiscono metterla in questione. Fanno uso della loro scienza per imbrogliare se stessi, del prestigio che essa conferisce per difendersi e attaccare. La loro interpretazione maligna nasce dall'invidia. v. 23 ss Come pu satana scacciare satana? I ragionamenti troppo sottili denunciano sempre il silenzio di una verit troppo palese. Se un regno diviso, ecc. Satana (= accusatore) ha un regno vasto. Dopo il peccato domina su tutti. Lui il divisore, che ha separato gli uomini da Dio e tra di loro, e li tiene schiavi nel peccato, chiusi nell'accusa della propria coscienza. alla fine. Gli esorcismi di Ges sono la liquidazione di satana, la liberazione dal suo dominio e l'inizio del Regno. v. 27 nessuno pu entrare nella casa del forte. Satana molto forte e nessuno pu entrare nella sua casa, perch tutti gli uomini sono dentro, seduti in tenebre e ombra di morte (Lc 1,79).

se prima non ha legato il forte. Ges il pi forte (1,7), che viene a ridurre in schiavit il forte che tutti tiene schiavi. v. 28 Saranno rimessi ai figli degli uomini tutti i peccati. Ges venuto apposta per perdonare i peccati (2, 10). le bestemmie. Sono un peccato diretto contro Dio, attribuendogli ci che non gli spetta o togliendogli ci che gli spetta. Le false immagini di lui che abbiamo sono tutte bestemmie. Ges venuto a liberarcene, con la sua bestemmia, che ci presenta un Dio d'amore e tenerezza infinita, che perdona e muore in croce per i peccatori (2,7; 14,64). Egli quindi perdona ogni peccato sia nel confronti degli uomini che di Dio. v. 29 chi bestemmia contro lo Spirito Santo. L'uomo pu chiudersi alla verit conosciuta, preferendo le proprie comode sicurezze. molto pericoloso attribuirsi la buona fede, credere di essere giusti, presumere di aver ragione, non essere disposti a cambiare, scambiare la verit con la certezza - vizio comunissimo pi che mai. Tutto ci ha a che vedere con questo peccato di resistenza allo Spirito, che l'amore di Dio che dona e perdona. In concreto questa bestemmia consiste nel non accettare il perdono incondizionato che Ges dona nella forza dello Spirito di Dio, chiamandolo o credendolo addirittura cattivo. La bestemmia imperdonabile non riconoscere che Dio in Ges grazia e perdono, cercando di vivere della propria giustizia e delle proprie giustificazioni. non ha remissione in eterno. Chi fa questo peccato ritiene di essere nel giusto, e non vuole essere perdonato di nulla: inconvertibile fino a quando non si riconosce peccatore. la cecit dei farisei. che rimane fino a quando credono di vederci (Gv 9,41). reo di peccato eterno. Ges denuncia questo peccato eterno non per condannare gli scribi, ma per chiamarli alla conversione, mostrando loro la gravit di quanto stanno facendo. Ogni minaccia di Dio nella Bibbia di questo tipo, e raggiunge il suo effetto quando non si avvera perch ha provocato la conversione. v. 30 Poich dicevano.- Ha uno spirito impuro. Gli scribi mentono contro la verit conosciuta, vanno contro l'evidenza. Pur di non accettare di aver torto, rifiutano che Ges libera dal male, dicendo che opera diabolica e bestemmia (2,7). Questa la vera bestemmia contro lo Spirito di amore e perdono, di cui Ges pieno e con il quale agisce. v. 31 sua madre e i suoi fratelli. I parenti di Ges hanno preso con s anche sua madre. Lei certamente gi da principio era passata dalla maternit nella carne a quella nello Spirito; anzi questa fu il presupposto di quella. Infatti concep nel ventre, perch gi prima aveva accolto nell'orecchio il seme della Parola, custodendolo, lasciandolo radicare e crescere fino alla sua statura piena (cf Lc 1,38.45; 2,19.51). stando fuori. Anche se suoi, sono estranei , fuori dalla casa in cui lo si ascolta. C' quindi un fuori e un dentro nuovi, secondo cui fuori chi crede di essere dentro. mandarono da lui a chiamarlo. Ges chiam i Dodici per mandarli a chiamare tutti a stare con lui (v. 13 ss). I suoi mandano a chiamiarlo perch stia con loro. Sono invertiti i termini della chiamata e della

missione. Quante volte chiamiamo il Signore per convertirlo e adeguarlo a noi, invece di convertirci e adeguarci alla sua chiamata! v.32 una folla. Se i suoi sono estranei, la folla di estranei, nell'ascolto della sua parola, diventa la sua vera famiglia. sedeva attorno a lui. la posizione tranquilla e attenta del discepolo, che, come Maria, ha scelto la parte migliore. che non le sar tolta (Lc 10,39.42). v. 33 Chi la mia madre e i (miei)fratelli.? Ges dichiara qui il criterio di appartenenza alla sua famiglia. v. 34 volgendo lo sguardo in giro a quelli seduti in cerchio attorno a lui. Questo cerchio di persone che lo ama e ascolta la sua parola sono i suoi. Stanno dentro, mentre gli altri sono fuori. Il cerchio richiama un'armonia di unit rispetto a un centro comune a tutti e di uguaglianza tra quelli che stanno intorno. lui il centro della nostra aggregazione, l'unico Signore che si fatto servo. E questo diventa libert per tutti, e unico vincolo di appartenenza reciproca. pericoloso - idolatrico addirittura - quando ci si aggrega attorno ad altri centri. v. 35 chi fa la volont di Dio. L'ascolto di Ges la volont di Dio. mio fratello e sorella. Grande e meraviglioso il potere della Parola (cf capitolo seguente)! L'ascolto di Ges, Parola del Padre, ci rende figli come lui, quindi suoi fratelli e sorelle. e madre. Chi lo ascolta, non solo si trasforma in lui, diventandogli fratello e sorella. Partecipa misteriosamente alla maternit stessa di Maria, che lo ha generato al mondo. 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo, osservando il luogo: in casa. Probabilmente la casa di Pietro a Cafarnao, che era diventata come la nuova sinagoga, dove Ges parlava al suoi e accoglieva gli altri. 3. Chiedo ci che voglio: chiedo di convertirmi dalle mie resistenze allo Spirito, e di ascoltarlo veramente. 4. Traendone frutto, vedo, ascolto e guardo le persone: chi sono, cosa dicono, cosa fanno. Da notare: casa mangiare pane i suoi bestemmie impadronirsi bestemmia contro lo peccati Spirito Santo volont di Dio

4. Passi utili: Dt 6,4-9; 30,15-20; Sal 95; Gv 10,1-5.

19. E DAVA FRUTTO CHE VENIVA SU E CRESCEVA


(4,1-9)
41 E di nuovo cominci a insegnare lungo il mare: e si riunisce presso di lui moltissima folla, cos che egli, salito in barca, siede sul mare, e tutta la folla davanti al mare stava a terra. 2 E insegnava loro molte cose in parabole, e diceva loro nel suo insegnamento: 3 Ascoltate! Ecco, usc il seminatore a seminare. 4 E avvenne nel seminare che parte cadde lungo la strada, e vennero gli uccelli e la divorarono; 5 e parte cadde sul terreno sassoso, dove non aveva molta terra; e subito spunt perch non aveva fondo di terra; 6 e quando il sole si lev, riarse, e, non avendo radice, si essicc. 7 E parte cadde nelle spine, e vennero su le spine e lo soffocarono e non diede frutto; 8 e parte cadde sulla terra bella, e dava frutto che veniva su e cresceva, e portava uno trenta e uno sessanta e uno cento (per uno). 9 E diceva: Chi ha orecchi per ascoltare ascolti.

1. Messaggio nel contesto E dava frutto che veniva su e cresceva oltre ogni attesa, dice Ges del seme che sta seminando tra tante difficolt. Lo scenario del suo insegnamento solenne ed evocativo: le folle, il mare, la barca. La parabola inizia e termina rispettivamente con l'invito: Ascoltate, chi ha orecchi per ascoltare, ascolti. La sua parola il seme immortale, che ci rigenera (1Pt 1,23) a sua immagine, e ci fa entrare nella sua famiglia (brano precedente). Ma sembra che nessuno gli presti ascolto! Ci che fa piace a tutti; ma ci che dice gli ha messo contro tutti. I farisei e gli erodiani lo vogliono uccidere, i suoi e gli scribi lo ritengono indemoniato e pazzo. Invece di successo miete fraintendimenti, incomprensioni e morte. 1 suoi amici, per primi, gli fanno notare che il suo modo di procedere chiaramente fallimentare. Deve cambiarlo, o almeno fare degli sconti, prima di guastare tutto! Ges conosce bene questa tentazione, anche prima che gli altri gliela presentino. Attraverso questa parabola conferma la scelta gi fatta, e spiega il mistero profondo della sua vita, che sar anche quello della sua parola in noi, nella Chiesa e nel mondo: il mistero del regno di Dio, quello di morte per la risurrezione. Il Regno paragonato costantemente al seme, la cui forza vitale specifica provata e attivata proprio dalla sua morte. Questa, lungi dal distruggerlo, la condizione perch germini e si manifesti in tutta la sua potenza. a differenza di ogni altra cosa, che marcisce e finisce. Si accennava spesso al fatto che Ges insegnava (1,14 s.21 s.39; 2, 2.13). Ora vediamo l'oggetto del suo insegnamento: la sua stessa vita, spiegata con similitudini. Tutto il cap. 4 dichiara il senso positivo della crisi del suo ministero in Galilea, anticipo di quanto avverr a Gerusalemme. Non un fallimento, ma il luogo della verifica. Le ostilit e la croce non vanificano, ma realizzano la salvezza di Dio, la cui debolezza pi forte di ogni potenza umana. Queste parabole, mentre illustrano la storia di Ges, ci danno anche il criterio di discernimento per essere tra i suoi e appartenere al suo regno. Non dobbiamo cercare il successo (vv. 3-9), la fama e la rilevanza (vv. 21-25), il protagonismo e la grandezza (vv. 26-32). L'opera di Dio passa attraverso le difficolt, il fallimento, il nascondimento, l'irrilevanza, l'attesa paziente e la piccolezza, come ha fatto lui. Queste sono le qualit del seme da cui nasce l'albero del Regno. Esso come un chicco, che porta frutto abbondante non nonostante, ma perch muore (Gv 12,24). Tutto il capitolo strutturato su una serie di opposizioni: fallimento/successo, nascosto/manifesto, segreto/alla luce, inazione/azione, piccolezza/grandezza. In realt l'unica opposizione quella tra il pensiero di Dio, che non Il considera opposti, e quello dell'uomo, che vuole solo l'uno senza l'altro. Sono parabole di speranza contro ogni speranza, o meglio, di una fede che sa che la parola di Dio un seme e non pu non produrre l'effetto per cui mandata (Is 55,11). Le resistenze che incontra, rappresentate dai vari tipi di terreno, fanno parte dei costi, come nella semina. Questa parabola sapientemente costruita sul contrasto tra un insuccesso lungamente descritto e un risultato finale a sorpresa, rafforzato dal contrappunto. Con questa, come con le seguenti, Ges vuol muovere alla fiducia in lui e nella sua parola, per non affogare nelle tempeste che le inevitabili difficolt scatenano. Se guardo a queste, vengo meno; se guardo lui, sono rianimato. Per questo dice il salmista: Tengo i miei occhi rivolti al Signore, perch libera dal laccio il mio piede (Sal 25,15). La trappola tremenda infatti la paura, che incanta e pietrifica chiunque la fissa. Ges parla alle folle dalla barca, seduto sul mare, e chiede ascolto. Richiama il Dio della creazione e dell'esodo, che trionfa sulle acque. inoltre il nuovo Mos, che comunica la nuova legge: Ascoltate. E infine la Parola stessa di Dio, che chiede udienza presso gli uomini per salvarli.

Discepolo colui che lo ascolta. La sua parola propone novit che liberano desideri, ma anche scatenano paure, suscitando nel cuore le resistenze sorde del male che vuol difendersi. 2. Lettura del testo v. 1 E di nuovo cominci. I farisei e gli erodiani hanno deciso di ucciderlo, gli scribi lo chiamano indemoniato e i suoi - cosa che deve essergli pesata di pi! - lo considerano pazzo. Tutto sembra parlare di fine. Da qui lui comincia per un nuovo inizio. a insegnare. Prima Ges annunciava il Regno con parole e gesti potenti che lo dichiaravano e autentificavano. Ora comincia a spiegarne il mistero in parabole. salito in barca. La sua parola si rivolge a tutti dalla barca di chi gi sta con lui (cf 3,9). siede sul mare. Sulla riva una marca di folla accorre a lui; ed egli siede in mezzo al mare. Colui che chiude in riserve gli abissi e come in un otre raccoglie le acque del mare (Sal 33,7), fa di questo il suo trono, e domina sovrano su tutto - anche sugli abissi del nostro cuore, cos difficili da scandagliare e colmare. tutta la folla davanti al mare stava a terra. Questa folla chiamata all'esodo, per giungere con lui all'altra riva, dove si vince il male, la malattia e la morte e si riceve il suo pane (cc. 5-6). v. 2 insegnava in parabole. La parabola dice una cosa molto semplice e nota a tutti per spiegarne un'altra nascosta e misteriosa. In questo capitolo, attraverso l'immagine del seme e delle sue qualit, Ges spiega il segreto del Regno e della Parola che lo annuncia. L'uomo conosce bene la morte che viene dalla vita; ma nel caso del seme ha l'esperienza contraria, quella di una vita che viene dalla morte. diceva loro nel suo insegnamento. Per tre volte ribadito il suo insegnamento. L'insegnamento del Maestro ci che fa il discepolo. L'imperfetto diceva suggerisce un'azione prolungata. v. 3 Ascoltate. Ascolta, Israele, inizia la professione di fede ebraica (Dt 6,4-9). La religione ebraicocristiana fondata sull'ascolto: Dio parla e l'uomo risponde. Questo dialogo la sua vita. Sono proibite le raffigurazioni di Dio, perch l'unica sua immagine l'uomo che lo ascolta: suo figlio, generato dalla parola che accoglie. Per questo dice il salmista: Se tu non mi parli, io sono come chi scende nella fossa (Sal 28,1). Ges chiede ascolto a tutti gli uomini, perch diventino simili a lui, il Figlio. La parabola inclusa nell'invito ad ascoltarlo (vv. 3.9), proprio perch il seme di cui si parla la parola che esce dalla sua bocca. usc il seminatore. Ges il seminatore, il Figlio venuto a seminare a piene mani il regno del Padre. Ma anche il seme, cio la parola di Dio, che viva ed efficace e porta frutto facendoci membri della sua famiglia (brano precedente). E sar anche il raccolto, cio chi l'ascolta, che si identifica con lui. v. 4 parte cadde lungo la strada. A noi sembra strano seminare fuori dall'arato. Ma in Palestina prima si seminava e poi si arava, ricoprendo il seme in attesa delle piogge. Quello caduto su eventuali viottoli, era visibile e facile preda degli uccelli prima che si arasse.

v. 5 parte cadde sul terreno sassoso. Si intende un terreno con una roccia coperta da un esile strato di humus. Ma prima di arare non si conosce che profondit abbia, e si semina ovunque e comunque. Il contadino che volesse essere sicuro in precedenza del risultato di ogni chicco non seminerebbe mai. Si mangerebbe in un mese quel sacco di grano che, gettato via, diventa alimento per tutto l'anno dopo. La sua azione, apparentemente in perdita, conta sulla forza del seme. Sa, e per questo osa. Nell'andare se ne va e piange, portando la semente da gettare; ma nel tornare viene con giubilo, portando i suoi covoni (Sal 126,6). e subito spunt. Il sasso che sta sotto il leggero strato di terra, cedendogli umidit e calore accelera lo sviluppo del seme in piantina. v. 6 riarse. Ma come cresce, subito avvizzisce e cade, perch manca di radici che pescano linfa in profondit. si essicc. come la mano di 3,1-6, incapace di accogliere il dono della vita. v. 7 cadde nelle spine. Le spine nell'aratura vengono tolte. Ma facilmente le radici restano. e lo soffocarono. Ributtando, i rovi crescono e stringono e soffocano il grano. e non diede frutto. Il risultato di questa semina sembra disastrosa: il seme non attecchisce per via degli uccelli; se attecchisce, non cresce a causa dei sassi; se cresce, soffocato dai rovi. Eppure il contadino semina ugualmente con fiduciosa certezza. Anche la parola di Ges sembra non entrare nel cuore dell'uomo; e se entra, non mette radici; e se mette radici, soffocata. Eppure lui va avanti nella sua semina: per questo sono uscito v. 8 la terra bella. C' anche questa, che ripaga ogni fatica. Al di l di ogni resistenza, il cuore dell'uomo fatto per la parola di Dio: terra bella e feconda per il seme. Ges lo sa: siamo stati creati in lui, per lui e in vista di lui (Col 1,16). e dava frutto. Indica un'azione che si prolunga. che veniva su e cresceva. Che bello il grano che sale e cresce, questa vita tenera che scaturisce dalla terra! portava. Indica un'azione continuata. uno trenta In media in Palestina un sacco di grano seminato ne dava 7/8, al massimo 11/12. Un sacco ne d trenta? un'esagerazione! uno sessanta. impossibile! uno cento. assurdo! v. 9 Chi ha orecchi per ascoltare ascolti. Siamo di nuovo richiamati ad ascoltarlo. Questo frutto, esorbitante, impossibile, assurdo la sicurezza di Ges. Il seme che lui sparge ha la potenza stessa della Parola che dal nulla ha creato tutto, anche il cuore dell'uomo, e sa trarre dalla morte la vita - e non una vita qualunque, ma la vita stessa di Dio. Suo infatti il seme, che d frutto secondo la sua specie.

In questo momento di crisi Ges esprime cos la propria fede incrollabile nel Padre, e invita noi ad averla in lui: Dio solo Dio e Signore di tutto e di tutti, degli uomini e della loro storia. Noi vediamo oggi bene quanto abbia avuto ragione. Il suo seme germinato per tutto il mondo; e cresce inarrestabile, senza avere altro potere che quello di essere gettato e di marcire, come lui stesso. 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo, osservando il luogo: le folle sulla riva e Ges in mezzo al mare, seduto, che parla dalla barca. 3. Chiedo ci che voglio: ascoltare, e non avere paura delle difficolt che la Parola incontra in me; ma aver fiducia nella forza che essa ha in s. 4. Medito sulla parabola, considerando le difficolt che il seme incontra, e il frutto insperato che porta. Da notare: folle mare barca ascoltare seme strada/uccelli terreno sassoso/inaridisce spine/soffocano terra bella/trenta sessanta e cento per uno

4. Passi utili: Is 55, 1 -11; Sal 65; 126; 1Pt 1,22-25.

20. TUTTO IN PARABOLE


(4,10-12)
10

E quando fu solo, quelli intorno a lui con i Dodici lo interrogavano sulle parabole. 11 E diceva loro: A voi stato dato il mistero del regno di Dio, ma per quelli di fuori tutto in parabole, 12 cos che guardando guardino e non vedano, e ascoltando ascoltino e non intendano, a meno che si convertano e sia loro perdonato.

1. Messaggio nel contesto Tutto in parabole, dice Ges prima di spiegare quella che aiuta a comprenderle tutte. Anche la nostra vita come una parabola dalla nascita alla morte, in cerca della parola che le dia senso. La parabola un parlare per immagini: cose ovvie e note illustrano altre, misteriose e ignote. La loro evidenza immediata si impone, suggerendo per qualcosa che rimane un enigma per chi sta fuori, ma diventa chiaro per chi ha la chiave per entrare. Dell'invisibile non possiamo parlare che attraverso il visibile. Se tutto il creato porta una traccia del volto di Dio, Ges ne l'icona perfetta. Tutta la sua vita come un'unica parabola, che ci parla di altro: l'esegesi del Padre, che in lui spiega pienamente le pieghe che celano il suo abisso increato. In questo brano Ges ci dice che, se vogliamo conoscere il segreto di Dio e del suo regno, dobbiamo dimenticare le nostre risposte gi prefabbricate e guardare a lui, contemplandolo, lasciandoci interrogare su cosa vuol dirci. Troviamo la risposta solamente in un rapporto personale con lui, in un costante confronto, che esige coinvolgimento e disponibilit a cambiare. Solo cos possiamo vivere dei dono che venuto a portarci: il perdono di Dio, che ci rinnova la vita. Una ricerca staccata e scientifica non approda a nulla. Chi vuoi rispondere da s, senza interrogarlo e impegnarsi a convertirsi, resta fuori. Per lui la sua parola rimane un interrogativo senza risposta, una questione inevasa. Ma anche cos non inutile, perch lo lascia inquieto fino a quando, cercando nel modo giusto, trover. Ges qui dice le disposizioni necessarie per capire la parola fatta carne e tornata Parola per incarnarsi in chiunque l'ascolta. Seminata nel mondo con l'annuncio, entra nella storia umana per illuminarla e nel cuore di ciascuno per salvarlo. Ma rimane incomprensibile al di fuori di un dialogo con lui. Discepolo chi si confronta con lui, ascoltandolo con sincerit e disponibilit a convertirsi al suo perdono. In questo brano si spiegano meglio i criteri di chi dentro e di chi ancora fuori della vera famiglia di Ges (cf 3,31 ss). 2. Lettura del testo v. 10 E quando fu solo. Questa solitudine non semplicemente silenzio e attenzione; la qualit di un ascolto che da comunicazione si fa comunione e intimit di vita. I discepoli sono soli con il solo la cui parola pu rischiarare la loro mente; sono soli con il solo che pu colmare la solitudine del loro cuore. quelli intorno a lui (cf 3,32.34). Sono la sua vera famiglia, seduta attorno a lui per ascoltarlo. con i Dodici. Le moltitudini stanno con i Dodici che sono con lui (3,14). L'ascolto le aggrega alla loro stessa cerchia, ampliandola all'infinito, fino a che, abbracciando tutti i fratelli, il corpo del Figlio raggiunga la sua piena statura (Ef 4, 13). lo interrogavano sulle parabole. Il tempo del verbo (imperfetto) indica che si tratta di un'interrogazione insistente e prolungata. Per capire, bisogna chiedere la risposta a lui, Parola che racchiude l'enigma di ogni vita. Non cerchiamo di spiegare noi quanto solo lui pu rivelare, non diciamoci da soli quanto lui vuoi dirci. Perch dietro la comunicazione c' chi comunica, dietro ci che dice c' chi vuoi darsi. Interroghiamolo nella preghiera su quanto ha detto: entreremo in comunione con lui, che il regno stesso di Dio.

v. 11 A voi stato dato. Il regno di Dio non esige una sapienza misteriosa che si acquisti con i propri sforzi, o si conquisti con la propria intelligenza. un dono fatto a chi ha la povert e l'umilt di chiederlo a Ges. Infatti il dialogo con lui. il mistero. Nei vangeli questa parola esce solo in questo passo dei sinottici. Indica una cosa segreta che Dio rivela: il suo progetto di salvezza per tutti gli uomini (cf Ef 3,1 ss). il regno di Dio. Il regno di Dio un mistero per l'uomo, proprio perch di Dio. donato a chi ascolta Ges. Egli infatti venuto a rivelare e realizzare in s il disegno di colui che vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verit (1 Tm 2,4). la verit che salva la conoscenza dell'amore del Padre per tutti i suoi figli nel suo unico figlio Ges. Stando con lui, entriamo nel segreto di Dio e nel segreto nostro: Dio nostro Padre e noi siamo suoi figli. quelli di fuori (cf 3,31 ss). Sono quanti, ascoltando i propri interessi o pensieri, si oppongono o non si decidono all'ascolto di Ges. Non lasciandosi interrogare e non interrogando, non hanno risposta. Sono i farisei e gli erodiani che decidono di ucciderlo (3,6), le folle che lo schiacciano (3,9), Giuda che lo tradisce (3,19), i suoi che lo stimano pazzo (3,21), gli scribi che lo chiamano indemoniato (3,22). O Signore, chi non fuori, se tu con la tua pazienza non lo conduci dentro di continuo? tutto in parabole. Per chi sta fuori la parabola resta una domanda in sospeso, un enigma mai risolto. Il linguaggio in parabole rispetta insieme la realt di Dio, che superiore a tutto ma di cui tutto parla, e la libert dell'uomo, che comprende solo se vuole arrendersi alla verit che incontra ma lo trascende. Contemporaneamente interpella questa libert, aprendole la gabbia e sollecitandola verso un orizzonte ancora ignoto. v. 12 cos che. Ges parla in parabole per farsi capire, ma senza tradire la propria verit o violentare la nostra libert. Cos che un modo di citare la Scrittura, e significa: cos che in questo modo si compie quanto ha detto il profeta Isaia (Is 6,9 s). La nostra resistenza gi stata prevista da Dio e denunciata dal profeti, appunto perch ci convertiamo. guardando guardino e non vedano, ecc. Per vedere ci che si guarda ci vuole un cuore libero dal proprio io e accogliente. Uno vede ci che vuole, e, soprattutto, non vede ci che non vuole! Per questo possiamo guardare e non vedere. Per se un altro con discrezione ce lo fa notare, ci accorgiamo almeno di non vedere. Le parabole hanno la funzione di porci davanti un enigma. Anche per chi non lo capisce, rimane un interrogativo aperto, una carica provocatoria, sempre pronta ad esplodere. Ges volger un rimprovero analogo ai suoi discepoli in barca (8,18). I suoi ultimi tre miracoli saranno proprio la guarigione del sordo-muto (7,31 ss) e la duplice guarigione dei cieco (8,22 ss; 10,46 ss). Come sempre Ges denuncia il nostro male per annunciarci il bene che ci vuol dare se glielo chiediamo. a meno che si convertano. La condizione per vedere e ascoltare convertirsi, cio girarsi verso Ges (cf 1,15). Chi non disposto a cambiar mente, cuore e mani, non pu capire mai nulla di nuovo. e sia loro perdonato. quanto Dio desidera fare e il Figlio delluomo venuto a portare (2,10). Per questo ha denunciato anche il peccato contro lo Spirito: perch uno lo riconosca. L'unica condizione al perdono sapersi peccatori: l'ammissione della propria cecit prelude gi la guarigione (Gv 9,41). 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito.

2. Mi raccolgo, osservando il luogo: Ges da solo con quelli attorno a lui con i Dodici, che lo interrogano su ci che hanno ascoltato e ricevono risposta. 3. Chiedo ci che voglio: essere tra quelli che stanno con lui, lo interrogano e si lasciano interrogare e convertire dalla sua parola. Gli chiedo di essere tra quelli a cui stato dato il regno di Dio. 4. Traendone frutto, vedo, ascolto e guardo le persone: chi sono, cosa dicono, cosa fanno. Da notare: solo mistero regno di Dio fuori parabole guardare/vedere ascoltare/intendere convertirsi venir perdonato

4. Passi utili: Is 6,9 s; 29,9-12; Sal 32; 19.

21. NON INTENDETE QUESTA PARABOLA: E COME CAPIRETE TUTTE LE PARABOLE?


(4,13-20)
13

E dice loro: Non intendete questa parabola: e come capirete tutte le parabole? 14 Il seminatore semina la parola. 15 Questi sono quelli lungo la strada: coloro nei quali seminata la parola, e quando l'hanno udita, subito viene il satana e ruba la parola seminata in essi. 16 E questi sono similmente quelli seminati in terreno sassoso: coloro che, quando hanno udito la parola, subito l'accolgono con gioia, 17 e non hanno radice in se stessi, ma sono incostanti; poi, venendo afflizione o persecuzione a causa della parola, subito si scandalizzano. 18 E altri sono quelli seminati nelle spine: questi son quelli che hanno udito la parola, 19 e, entrate le cure del secolo e la seduzione della ricchezza e le brame per le altre cose, soffocano la parola, e diventa infruttuosa.

20

E quelli seminati in terra bella sono coloro che ascoltano la parola e l'abbracciano, e portano frutto, uno trenta uno sessanta. e uno cento. 1. Messaggio nel contesto Non intendete questa parabola: e come capirete tutte le parabole?. Le parabole di Ges sono introdotte da un imperfetto: diceva; la spiegazione alla comunit invece dal tempo presente: dice. La sua parola infatti detta qui e ora per chi si lascia interrogare e interroga, disposto a convertirsi (brano precedente). Questo brano ci dice delle reazioni negative che avvengono in noi quando ascoltiamo il vangelo. un'attualizzazione esemplare che fa la Chiesa primitiva, applicando a se stessa la parabola di Ges (vv. 39), dopo aver sentito come ascoltare (vv. 10-12). Avere chiara la vicenda della Parola nel nostro cuore aver la chiave per entrare in tutte le parabole. Il seme che fruttifica attraverso difficolt, crisi e morte (vv. 1-9), oltre che la vita di Ges, illustra pure la sorte della sua parola in noi. Anche noi siamo chiamati ad avere fiducia in essa, perch potenza di Dio: seme suo, che germina per forza propria la sua stessa vita divina. Per indispensabile che sappiamo smascherare l'azione del nemico che cerca di impedirne il frutto. La sua opera di ostruzionismo trova in noi buoni alleati. Il primo il buon senso, che, alienandoci nei nostri interessi materiali, ci rende impermeabili a tutto il resto. Il secondo la nostra fragilit, guardando alla quale siamo presi da sfiducia. Questa non lascia attecchire in noi la verit, se non in modo superficiale. Alla minima difficolt, le nostre paure profonde prendono il sopravvento. Il terzo alleato del nemico il piacere, scambiato per gioia, che tende ad anestetizzarci, soffocando in noi la capacit di intendere. La Parola, come incontra, anzi scatena in noi queste tre difficolt, cos le affronta e le supera, rispettivamente mediante la fede, la speranza e l'amore. La fede vince la menzogna che ce la fa sentire estranea; la speranza la radica in noi e rinverdisce il nostro cuore essiccato dalla paura; l'amore ce la fa vivere, superando ogni idolatria che la uccide. In questo modo il seme porta in noi la pienezza del suo frutto, che la vita dei figli di Dio. Ges la Parola di Dio seminata in noi. Il mistero del Regno nella storia ormai quello del seme, che rivive in noi la sua stessa vicenda di allora. Il discepolo intende il mistero di questa parola, che gli chiarisce l'enigma della sua esistenza. Conosce bene anche le proprie resistenze. Come Ges, anche lui nutre fiducia, cosciente delle proprie difficolt, ma soprattutto della potenza di Dio. 2. Lettura del testo v. 13 Non intendete questa parabola: e come capirete tutte le parabole? Questa parabola ci fa discernere ci che la Parola opera in noi. Chi intende questa, in grado di capire tutte le altre parabole.

v. 14 Il seminatore semina la Parola. Il seminatore Ges. La semina il suo annuncio. Il seme la Parola, cio ancora lui stesso, Parola fatta carne e tornata parola per farsi carne nel nostro ascolto. v. 15 quelli lungo la strada. L'ascoltatore identificato con il terreno. La nostra identit infatti data dalla nostra accoglienza al seme. Qui si tratta di un ascoltatore disattento, che sente la Parola come una delle tante parole. Cade infatti sulla via, che rappresenta il luogo battuto dal senso comune e dalle ovviet, dai si dice e si fa. Tutto si volatilizza nella chiacchiera. quando l'hanno udita, subito viene il satana. I pensieri di Dio non sono i pensieri dell'uomo (Is 55,8). Questi infatti pensa secondo satana (8,33), che gli fa porre come norma di comportamento il vano tentativo di salvarsi, chiudendolo nell'egoismo. e ruba la parola. Fin dall'Eden satana il ladro della Parola. abile nel farcela dimenticare, inducendoci a pensare che non per noi, togliendoci la fiducia che possiamo mai viverla, e mettendoci davanti i nostri bisogni, i nostri limiti e le nostre preoccupazioni. Come ha tentato Ges, tenta ciascuno di noi. Se riesce a sottrarcela, ha conseguito il suo intento omicida: ci uccide nella nostra realt di figli. La prima vittoria della Parola in noi sar la fede, che ci fa credere a Dio e alla sua promessa pi che alle nostre paure. Questa la vittoria che ha sconfitto il mondo: la nostra fede (1Gv 5,4). v. 16 quelli seminati in terreno sassoso. Qui si tratta di un ascolto entusiasta, ma superficiale. Il seme non entra nelle profondit del cuore, pietrificato dalle paure, e non lo guarisce. C' da diffidare delle conversioni troppo rapide e non sofferte. v. 17 non hanno radice, ma sono incostanti. Dove c' sotto pietra, il seme germina in fretta, ma lo stelo senza radici e ricade su se stesso. afflizioni. La fede subisce sempre tribolazioni, sia a causa del mondo che delle nostre ansie, che sono vere persecuzioni interiori. persecuzione a causa della Parola. La Chiesa di Marco sperimenta la persecuzione esterna, da parte del potere politico. Questo pu perseguitarla sia visibilmente, togliendole spazio, sia pi subdolamente, offrendole vantaggi per toglierle la libert evangelica. subito si scandalizzano. Tutti i discepoli nell'ora della prova saranno scandalizzati (14,27). Lo scandalo una pietra contro cui si sbatte. Il mistero di Ges, roccia di salvezza, rimane anche sempre pietra d'inciampo. La seconda vittoria della Parola la speranza, che la radica in noi e la fa penetrare nel nostro cuore illuminandone le profondit e gli angoli nascosti. v. 18 e altri sono quelli seminati nelle spine. Qui si tratta di un ascolto che, pur ben disposto (cf 6,20!), cerca di salvare capra e cavoli, nel tentativo di conciliare le esigenze di conversione con il proprio comodo. le spine. Queste spine, che vogliono regnare sul mondo intero (Gdc 9,14 s), saranno la corona di sangue del nostro Signore (15,17). v. 19 le cure. Sono le cose che ci assillano e ci stanno a cuore e si fanno oggetto di ricordo costante, fino a controllare e dominare ogni nostra azione. Diventano l'idolo, che schiavizza tutta la nostra vita.

del secolo. In greco eone significa il secolo presente in contrapposizione a quello definitivo che sta per venire. La vita un cammino. Dove sei, il luogo per raggiungere la meta. Se ti fermi, non arrivi a casa. Cos di chi dedica la sua vita a ci che transitorio e si dimentica di dove deve arrivare. Per questo amare il mondo odiare Dio (Gc 4,4). seduzione della ricchezza. Il dio mammona seducente, perch garantisce i beni necessari per vivere e rende possibile la soddisfazione di ogni altro bisogno. e le brame per le altre cose. La ricchezza stuzzica ogni brama, promettendo e permettendo di soddisfarla: piacere e lusso, potere e prestigio, vanagloria e autosufficienza. Ma la brama insaziabile: il cibo che l'appaga, aumenta la fame. soffocano la parola. Queste spine crescono sempre e comunque. Sono le tre concupiscenze su cui si struttura il mondo (1Gv 2,16): la brama d'avere, di potere e di apparire. Generate dall'ansia di vita, hanno come vigile sentinella la paura della morte. Mediante esse, il nemico ci tiene schiavi della paura della morte per tutta la vita (Eb 2,14 s). La terza vittoria della Parola un amore grande, capace di superare ogni illusorio piacere, rintuzzando la mondanit che sempre rinasce in noi. Questa come i rovi: sono da bruciare ogni anno e da tagliare pi volte l'anno perch non invadano il campo! v. 20 quelli seminati in terra bella. Qui si tratta dell'ascolto vero, per il quale l'uomo fatto. Egli sempre terra buona, argilla che Dio si plasmata per accogliere il dono della sua parola che lo rende suo figlio. Proprio per questo l'uomo molto bello (Gn 1,31). ascoltano la parola e l'abbracciano. Chi ascolta, abbraccia la Parola come la sposa abbraccia lo sposo. portano frutto. Il frutto di questo seme, unico e di gusto molteplice, lo Spirito Santo, la vita del Padre che germina nel Figlio e in chi l'ascolta. Sogno antico dell'uomo, non il frutto proibito, ma il dono che Dio ci fa: diventare come lui, che amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bont, fedelt, mitezza, dominio di s (Gal 5,22). uno trenta uno sessanta e uno cento. Questo seme fecondo in modo incredibile e senza misura. A chi pi ha, pi sar dato (v. 25): veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, secondo l'azione dello Spirito del Signore (2Cor 3,18). Alla nostra crescita nell'ascolto della Parola non c' altro limite che l'infinit di Dio. 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo, osservando il luogo: come il precedente, Ges da solo con i suoi, che dialogano con lui per capire ci che hanno ascoltato da lui. 3. Chiedo ci che voglio: un cuore bello; le paure, le difficolt, le persecuzioni e i mondani non lo rendano impermeabile, incostante e distratto nei confronti della sua parola. 4. Verifico la qualit del mio ascolto, paragonando i vari tipi di terreno al mio cuore e vedo le resistenze che in me la Parola deve vincere. Considero ogni parola del brano.

4. Passi utili: Sal 107; Gc 1,19-27; 1Gv 2,15 s.

22. GUARDATE CI CHE ASCOLTATE


(4,21-25)
21

E diceva loro: Viene forse la lucerna per essere messa sotto il moggio o sotto il letto? Non per essere messa sul lucerniere? 22 Nulla infatti c' di nascosto che non debba essere manifestato, n di segreto che non debba essere manifesto. 23 Se uno ha orecchi per ascoltare ascolti. 24 E diceva loro: Guardate ci che ascoltate. Con la misura con cui misurate sar rimisurato a voi, e vi sar dato in aggiunta. 25 Infatti a chi ha, gli sar dato; a chi non ha, anche ci che ha gli sar tolto. 1. Messaggio nel contesto Guardate ci che ascoltate! Prendendo alla lettera queste parole di Ges, ci si dice di guardare ci che ascoltiamo. Ma come si pu guardare una parola?! S, siamo chiamati a vedere lui, Verbo del Padre, piena identit tra ci che e ci che dice. In questa contemplazione di lui attraverso la sua parola e della sua parola attraverso di lui comprendiamo il mistero del Regno. Se prima parlava di seme, ora parla di luce - altra realt terrestre adatta a illustrare misteri celesti. Inizio della creazione. principio di vita e intelligenza, essa pi che un attributo di Dio. Egli luce, e in lui non ci sono tenebre (1Gv 1,5); la sua parola lampada per i nostri passi (Sal 119,105). Ges stesso si proclama luce vera del mondo venuta per illuminare ogni uomo (Gv 8,12; 1,9).

Con queste brevi parabole Ges spiega come mai il regno di Dio non si imponga con evidenza prepotente, ma si proponga con discrezione e modestia. Infatti la luce di Dio rimane una nube oscura al nostri occhi. La sua parola illumina, ma confondendoci sempre non poco e rivelando le nostre opacit. Ges si mostra al mondo non in modo spettacolare - come vorrebbero i suoi (Gv 7,4!), ma in tono umile e dimesso. Evita di mettersi in mostra, ci tiene a fuggire la pubblicit. Nella sua vita esiste una tensione che a noi risulta incomprensibile: luce, ma sta sotto il moggio; rivelazione, ma segreta; manifestazione, ma nascosta. un contrasto divino, in cui il Signore si fa vedere, ma sempre sotto il segno opposto a quello che noi attendiamo. Infatti la sua luce briller pienamente solo dalla croce. Questa il lucerniere da cui si mostrer a tutti, rivelando l'identit sua e di Dio. A chi gli dice che ora di farsi conoscere (vv. 21-22), Ges risponde che ora che ci mettiamo ad ascoltarlo bene, per conoscerlo (vv. 23-25). Ges luce e vita del mondo. Ma solo nel nascondimento della croce svela il suo segreto, che il mistero di Dio. Il discepolo lo ascolta e lo contempla, lasciandosi permeare da lui, in un atteggiamento di fede e di accoglienza che Dio colma del suo dono. 2. Lettura del testo v. 21 la lucerna. Le parabole del seme sottolineano la vitalit della Parola, che germina oltre la morte. Questa parabola della luce indica le qualit di questa vita: intelligenza, calore e amore. La lampada, messa in un luogo eminente, squarcia e tenebre della notte. Ges la luce del mondo (Gv 8,12). La sua azione e le sue parole dovrebbero essere poste in alto, messe bene in vista per illuminare tutti. Non ha forse detto: Sono venuto a portare un fuoco sulla terra, e come vorrei che fosse gi acceso? (Lc 12,49). Come mai allora non si d da fare, cercando rilevanza, stima, fama, successo? Non gli mancano i mezzi! sotto il moggio o sotto il letto. il rimprovero di chi gli vuol bene: Nessuno agisce di nascosto, se vuol essere riconosciuto pubblicamente. Se fai tali cose, manifestati al mondo (Gv 7,4). Lui invece sembra che metta la lampada sotto il moggio per spegnerla o sotto il letto per nasconderla! Perch si sottrae quando tutti lo cercano, non sa approfittare delle occasioni, non usa dei suoi poteri, proibisce ai guariti di fargli propaganda e fa tacere gli spiriti che rivelano la sua divinit? Sta sbagliando tattica! Pietro si sentir in dovere di dirglielo (1,36 s; 8,32). Tutte queste cose si profilarono nette ai suoi occhi gi nella luce accecante del deserto e gi da allora sa da dove vengono! Per Ges il problema del Regno non aver rilevanza, ma conservare l'identit. La candela non deve preoccuparsi di illuminare: brucia, e per questo illumina. sul lucerniere. il luogo naturale su cui porre la lampada. La croce sar lucerniere di Ges: gli dar tutta la sua rilevanza, rivelando chi lui e chi Dio. Anche il pi lontano, il centurione che comanda il plotone di esecuzione, ne prender atto (15,39). Quando sar innalzato, conoscerete Io-sono (= JHWH) (Gv 8,28). v. 22 Nulla c' di nascosto che non debba essere manifestato. Proprio sulla croce sar manifestato il segreto profondo di Dio, che all'uomo da sempre nascosto: Dio amore senza limiti per tutti.

n di segreto che non debba essere manifesto. L, nel suo massimo nascondimento, diviene manifesto ci che satana con la sua menzogna ci nascose, presentandoci un Dio cattivo, invidioso e punitore. v. 23 Se uno ha orecchi per ascoltare ascolti. L'orecchio dell'uomo fatto per ascoltare la parola di Dio. Questa la sua differenza specifica dagli altri animali che periscono. Ma a causa della menzogna, ascolta pi le proprie paure che la sua promessa. La fede dar pi credito alla sua che alla nostra parola. v. 24 Guardate ci che ascoltate. Ges richiama ad ascoltare bene, con attenzione. Il nostro ascolto deve volgersi a lui, in cui contempliamo la realt della Parola che ascoltiamo. In lui, infatti, sono tutti i tesori della sapienza e della scienza (Col 2,3) e abita corporalmente tutta la pienezza della divinit (Col 2,9). Dio, nessuno l'ha mai visto; lui, il Figlio, ce l'ha raccontato con la sua vita e la sua opera (Gv 1,18). Guardando la sua storia, entriamo nel segreto di Dio. La sua carne il criterio supremo di discernimento spirituale (1Gv 4,2 s). A noi sempre possibile contemplare la Parola, perch il vangelo ci racconta di Ges che l'ha realizzata. In questa contemplazione amorosa di lui penetriamo nel mistero di Dio. Alla tua luce vediamo la luce (Sal 36,10). Con la misura con cui misurate sar rimisurato a voi. A ciascuno dato il mistero di Dio nella misura in cui ha fede, che questo sguardo e orecchio su Ges. La misura serve per valutare, pesare e giudicare. Noi valiamo, pesiamo e siamo giudicati secondo che valutiamo, pesiamo e giudichiamo Ges e la sua parola. La nostra fede in lui il nostro giudizio su di noi. e vi sar dato in aggiunta. Il dono di Dio eccede ogni misura. Siamo stimolati ad accrescerla per ricevere sempre di pi. C' un dinamismo nel nostro rapporto con lui, che non cesser mai, e ci porta a partecipare della sua infinit: pi desideriamo, pi otteniamo, ma otteniamo sempre pi di quanto desideriamo, cos che si dilati il desiderio, per ottenere ancora di pi, in un crescendo continuo. L'amore infatti senza fine. Nessun appagamento lo estingue: ci che lo sazia, anche lo alimenta. v. 25 a chi ha, gli sar dato. un'esortazione a non fermarci mai nel nostro cammino di ascolto e contemplazione. Pi uno ricco, pi si arricchisce. Piove sempre di pi sul bagnato. a chi non ha, anche ci che ha gli sar tolto. Chi non ha fede, ossia non contempla e non ascolta la Parola, perde la realt di cui immagine; perde se stesso. Pi uno povero, pi impoverisce. 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo, osservando il luogo: il mare, dove Ges narra le parabole del Regno. 3. Chiedo ci che voglio: guardare a lui, per comprendere il suo mistero di nascondimento. 4. Medito sulle parole di Ges, vedendo come lui le ha realizzate, e, nel nascondimento della croce, ha rivelato il segreto di Dio. Da notare: lampada (luce) segreto manifestare nascosto orecchio/ascoltare guardare misurare avere/dare

4. Passi utili: 1Sam 16,1-13; Sal 113; 1Cor 1,26-30; Gv 8,12; 12,32.

23. E DORMA E VEGLI, E DI NOTTE E DI GIORNO, IL SEME GERMOGLIA E CRESCE LO STESSO


(4,26-29)
26

E diceva: Cos il regno di Dio, come un uomo che abbia gettato il seme sulla terra: 27 e dorma e vegli e di notte e di giorno, il seme germoglia e cresce lo stesso, - come egli non sa. 28 Automaticamente la terra porta frutto, prima uno stelo, poi una spiga e poi grano pieno nella spiga. 29 Quando il frutto pronto, subito manda la falce perch la messe l. 1. Messaggio nel contesto E dorma e vegli, e di notte e di giorno, il seme germoglia e cresce lo stesso. Non l'azione dell'uomo che produce il Regno, ma la potenza stessa di Dio, nascosta nel seme. Tante nostre ansie per il bene non solo sono inutili, ma dannose. Come il male ha in s la propria morte e si uccide, cos il bene ha in s la propria vita e cresce da s, in modo inarrestabile. In queste parole Ges evidenzia il contrasto tra l'inattivit nostra e l'azione di Dio. Ma solo apparente, perch egli agisce proprio dove noi sappiamo di non potere e attendiamo tranquilli con fiducia. L'efficacia evangelica l'opposto dell'efficienza mondana. A Ges dicono che bisogna darsi da fare prima che sia troppo tardi: ora di agire con urgenza e determinazione - come gli zeloti - perch non vada perduto il frutto delle sue fatiche. Ma lui risponde che, a tirar l'erba, non cresce. Solo si strappa. La vita ha il suo ritmo, che non puoi impunemente affrettare. Una volta gettato, il seme cresce da s, con la calma di un fiume che va al mare. Invano vi alzate di buon mattino, tardi andate a riposare e mangiate pane di sudore: il Signore ne dar ai suoi amici nel sonno (Sal 127,2). Il regno di Dio di Dio. Quindi l'uomo non pu n farlo n impedirlo. Pu solo ritardarlo un po' - come una diga sul fiume.

Non abbiate paura e vedrete la salvezza che il Signore oggi opera per voi. Il Signore combatter per voi, e voi starete tranquilli (Es 14,13 s), dice Mos al popolo che si trova coi nemici alle calcagna e il mare davanti. La nostra salvezza sta nel volgerci a Dio; la nostra forza nell'abbandono confidente in lui (Is 30,5). Il nostro dimenarci non fa che affogarci. Chi ci salva lui, il Signore unico di tutto e di tutti. Il credente lo sa e sta tranquillo. L'empio invece come un mare agitato, che non pu calmarsi e le cui acque portano su melma e fango (Is 57,20). Tutte le nostre inquietudini nel bene vengono non da Dio, ma dal nemico: sono segno di sfiducia e causa di perdizione. Questa la parabola assoluta della fede - quella che mancher ai discepoli la notte di quello stesso giorno, quando lui dormir ed essi veglieranno costernati (vv. 35-41). Un contadino stava seduto ai bordi di un vasto campo pulito, senza un filo d'erba. Mand altrove i bambini che volevano giocare a palla; fece deviare un viandante che lo stava calpestando per andare diritto alla sua meta; mand via un prete che glielo chiedeva per costruire le opere parrocchiali. In quel campo c'era niente; ma il contadino lo contemplava gi biondeggiante di messe. Non era un illuso: l'apparenza dava ragione agli inesperti; la realt invece a lui, che aveva seminato e sapeva che il seme non delude. Chi non ha la sapiente pazienza del contadino, distrugge con due mani ci che fa con una. Ges ha seminato la Parola, ed lui stesso il seme di Dio gettato nel campo della storia. Non un'attivit ulteriore ed esteriore che lo fa crescere. Ha solo bisogno della passivit: una terra spoglia e pulita che accoglie, una pazienza fiduciosa che attende. Il discepolo sa che la sua vita un campo seminato, e non bisogna giocarci sopra (uomo estetico), n calpestarlo per altri fini (uomo etico) n sovraedificarlo di opere sacre (uomo religioso). La terra feconda in forza dei seme che gi contiene. E, in attesa della mietitura, invoca Marna th; vieni, o Signore, volgendosi a colui che garantisce: S, verr presto. Amen (1Cor 16,22; Ap 22,20). Egli crede nel Signore che dice: Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non ritornano senza aver irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perch dia il seme al seminatore e pane da mangiare, cos sar della parola uscita dalla mia bocca: non ritorner a me senza effetto, senza aver operato ci che desidero e senza aver compiuto ci per cui l'ho mandata (Is 55,10 s). 2. Lettura del testo v.26 Cos il regno di Dio, come un uomo che abbia gettato il seme. Il regno di Dio viene di sicuro: come un campo gi seminato, la nostra terra dar certamente il suo frutto (Sal 67,7). v. 27 e dorma e vegli e di notte e di giorno. Il dormire precede il vegliare e la notte il giorno non solo perch si computava il tempo partendo dal tramonto. Il sonno e la tenebra, immagini della morte, ci ricordano che proprio morendo il seme risveglia la sua qualit specifica e produce vita. il seme germoglia e cresce lo stesso. Non l'azione dell'uomo, ma la sua stessa forza che lo fa germinare. come egli non sa. un prodigio che supera la nostra comprensione. Sar la sorpresa delle donne davanti al sepolcro il mattino di pasqua. I loro occhi crederanno di sognare prima che la loro bocca si apra al riso e la loro lingua si sciolga in canti di gioia (Sal 126,2). v. 28 Automaticamente. una parola greca che significa per impulso proprio, per azione spontanea (cf At 12,10!). Neanche il seme fa alcuno sforzo. Sembra gonfiarsi di morte, invece gravido di vita.

la terra porta frutto. La terra non produce il frutto, ma lo porta, come un dono che riveste la sua nudit. prima uno stelo. L'occhio inesperto non lo distingue dall'erba. poi una spiga. gi il frutto; ma ci vuole ancora tempo prima che maturi. poi grano pieno nella spiga. il frutto maturo. Tutto questo viene automaticamente, senza che l'uomo vi faccia niente o capisca molto. Solo sa aspettare e pazientare tranquillo. v. 29 subito si manda la falce, ecc. La mietitura il regno di Dio, col suo giudizio di salvezza (Gl 4,13), raffigurato nella gioia del raccolto. Tutta la storia di Dio: lui ha seminato, lui fa crescere e lui garantisce il frutto. I popoli tumultuano, i potenti possono tutti allearsi contro per combatterlo. Lui dall'alto ride (Sal 2). Ci garantisce che tutto ovviamente anche il male - concorre a compiere il suo disegno di salvezza (cf Rm 8,28). La calma dei suo sorriso regna sovrana sul caos di ogni potenza mondana, che, senza volerlo, fa proprio ci che lui vuole (cf At 4,27 s). 3. Esercizio 1 . Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo, osservando il luogo: il mare, dove Ges parla alle folle. 3. Chiedo ci che voglio: la pazienza e la fiducia nella sua parola che opera nella storia mia e del mondo intero. 4. Guardo Ges e ascolto le sue parole, vedendo come le ha realizzate nella sua vita. E considero come la sua parola e il suo regno ancora oggi agisce nel nostro cuore e nel mondo intero allo stesso modo. Da notare: dormire notte automaticamente porta frutto grano messe falce

4. Passi utili: Sal 119; 126; 127; Eb 4,12 ss; 1Ts 2,13; 2Pt 3,9-15.

24. PI PICCOLO DI TUTTI I SEMI DELLA TERRA


(4,30-34)
30

E diceva: Come paragoneremo Il regno di Dio? O in che parabole lo metteremo? 31 Come un chicco di senapa,

che, quando seminato sulla terra, pi piccolo di tutti i semi della terra; 32 e quando seminato vien su e diventa pi grande di tutti gli ortaggi e fa rami grandi cos che sotto la sua ombra possono dimorare gli uccelli del cielo. 33 E con molte parabole simili diceva loro la Parola secondo che potevano ascoltare. 34 Ora non parlava loro senza parabole, ma in privato ai propri discepoli spiegava tutto. 1. Messaggio nel contesto pi piccolo di tutti i semi della terra. Con queste parole Ges descrive l'ultima qualit del Regno. Richiamiamo in sintesi anche le altre. La prima quella del fallimento, attraverso cui viene il successo; la seconda quella del nascondimento, attraverso cui viene la rivelazione di Dio (vv. 21-25); la terza quella dell'inefficienza umana, attraverso cui agisce la sua potenza (vv. 26-29). Ora, la quarta, quella della piccolezza, in cui manifesta la sua grandezza. La storia di Ges nella sua carne (= debolezza) ci fa vedere il modo con cui Dio agisce, e ci d il criterio di discernimento per leggere, valutare e scegliere secondo il suo Spirito. Per questo nelle contraddizioni abbiamo speranza, nel nascondimento fiducia, nell'inefficienza forza, nella piccolezza coraggio. La venuta del Regno ostacolata non dalla cattiveria degli uomini le persecuzioni anzi l'affrettano! bens dalla stupidit dei buoni. La nostra inesperienza spirituale la pi grande alleata dei nemico. Questi ci d volentieri molto zelo quando manchiamo di sapienza evangelica, perch usiamo per il Regno quegli strumenti che il Signore scart come tentazioni - esattamente il successo, la pubblicit, l'efficienza e la grandezza. Le parabole sono uno specchio del volto di Ges e dei suo ministero. Ci aiutano a conoscerlo, perch lo possiamo amare e testimoniare cos com', non come ce lo inventiamo noi. Con queste parole sul chicco di senapa, Ges risponde a chi deluso della piccola comunit che ha messo in piedi. Il messia non doveva riunire attorno a s tutto il popolo e dominare tutte le nazioni? Perch allora limita la sua azione a una ristretta cerchia di persone, di cui cura con pazienza l'identit, senza cercare una rilevanza pi grande? Ma questo lo stile di Dio, che desidera verit e libert, non certezze e consenso. Se pianti un grosso tronco, nasce niente; se pianti un piccolo seme, cresce un albero. Ges non mira al successo e non fa sconti alle masse: vuole persone autentiche, che abbiano le medesime caratteristiche di quel seme che lui stesso. Una piccola candela illumina pi di mille notti; e alla sua fiamma tutti possono accendere. Ges la grandezza di Dio che per noi si fatto piccolo, fino alla morte e alla morte di croce. Proprio cos diventa il grande albero, dove ciascuno e tutti possono trovare accoglienza.

Il discepolo rispecchia il suo spirito di minorit e servizio. Questo vince il male del mondo, che desiderio di grandezza e di potere. 2. Lettura del testo v.30 Come paragoneremo il regno di Dio? O in che parabole lo metteremo? Si nota uno sforzo per trovare l'immagine pi adatta a descrivere la grandezza del regno di Dio. v. 31 Come un chicco di senapa. La senapa un ortaggio che in una stagione cresce in grande arbusto. pi piccolo di tutti i semi della terra. La proverbiale piccolezza dei suo seme il termine di paragone per il regno di Dio. Gli uomini cercano di essere sempre pi grandi, e per questo litigano tra di loro (vedi anche i discepoli: 9,33 s; 10,37). Ges invece ha scelto di essere piccolo, anzi il pi piccolo di tutti (Lc 9,48). Questa minorit la caratteristica dei Figlio dell'uomo che venuto per servire e dare la vita per tutti (10,45). Egli il Signore, il primo di tutti, proprio perch ultimo e servo di tutti (9,35). Chi ama si fa piccolo per lasciare posto all'amato; il suo io scompare per diventare pura accoglienza dell'altro. Per questo la piccolezza il segno della grandezza di Dio, diversa da quella dell'idolo (Dn 2,31-35; Lc 2,12). v. 32 vien su. la sorpresa che sempre riserva il seme: la bellezza della vita che sale dalla terra, simile al corpo di Cristo che si leva dal sepolcro. diventa pi grande di tutti gli ortaggi. Il ramoscello di Ez 17 diventa un magnifico albero. Qui la solennit dei cedro lascia il posto all'umilt di un ortaggio. La grandezza di Dio appare sempre piccola all'uomo. di un altro ordine: quella dell'amore. fa rami grandi. Questi rami, tanto grandi da avvolgere il mondo intero, sono i bracci dell'albero della croce. Le acque lo avevano nutrito e l'abisso lo aveva fatto innalzare: le potenze del male e della morte, credendo di distruggerlo, l'hanno fatto germinare ed hanno elevato la sua cima tra le nubi (Ez 31,43). Il piccolo sasso - pietra scartata! - dopo aver abbattuto il grande colosso, diviene una grande montagna (Dn 2,35). sotto la sua ombra possono dimorare gli uccelli. Fra i suoi rami fecero il nido tutti gli uccelli del cielo, sotto le sue fronde partorirono tutte le bestie selvatiche, alla sua ombra sedettero tutte le grandi nazioni (Ez 31,6; cf 17,23; Dn 4,17 s). un'immagine del regno di Dio che abbraccia tutti i popoli della terra. Proprio la piccolezza della croce manifester la grandezza di Dio: un potere d'amore infinito, che offre riparo e vita a tutti, cominciando dagli ultimi e dai pi lontani. dimorare. In greco fare la tenda, il tabernacolo, che richiama la dimora di Dio tra gli uomini. Sulla croce, dimora di Dio tra noi, tutti noi possiamo fare la nostra dimora in lui. v. 33 con molte parabole simili diceva loro la Parola. Le parabole sono tante, la Parola che illustrano una: quella della croce. v. 34 non parlava loro senza parabole. Perch le parabole permettono a ciascuno di comprendere secondo la sua disponibilit, lasciando un residuo incompreso che stimola l'appetito di una conoscenza maggiore.

in privato, ai propri. In greco le due parole hanno la stessa radice (kaat' idan e tos idois). in questo spazio privato che i discepoli entrano in intimit con lui, e diventano i suoi propri discepoli. spiegava tutto. Lui, il maestro interiore, sempre disponibile a spiegare a chiunque gli chiede (cf vv. 10 ss). 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo, osservando il luogo: il mare, come nel brani precedenti. 3. Chiedo ci che voglio: capire e adorare il mistero della piccolezza di Dio, che la sua grandezza. 4. Traendone frutto, medito ogni parola e contemplo come Ges dalla croce l'ha realizzata, diventando il pi piccolo di tutti, per accogliere tutti e offrire a ciascuno la sua casa in cui abitare. Da notare: piccolo seme rami parola/parabola in privato i propri

4. Passi utili: 1Sam 2,1-11; Ez 17,22-24; Gdc 7; 1Sam 17,32-51; Dn 2,31-35; Lc 2,5-12; Ap 22,1-5.

25. PERCH SIETE PAUROSI COS? COME NON AVETE FEDE?


(4,35-41)
35

E dice loro in quello stesso giorno, fattasi sera: Passiamo di l! 36 E, congedata la folla, prendono lui com'era nella barca; e altre barche erano con lui. 37 E venne un turbine grande di vento, e le onde si scagliavano contro la barca, cos che gi si riempiva la barca. 38 E lui era a poppa dormendo

sul cuscino. E lo svegliano e gli dicono: Maestro, non ti curi che periamo? 39 E, risvegliatosi, sgrid il vento e disse al mare: Taci e chiudi la bocca! E cadde il vento e fu grande bonaccia. 40 E disse loro: Perch siete paurosi cos? Come non avete fede? 41 E temettero di grande timore, e dicevano l'un l'altro: Chi mai costui, che e il vento e il mare lo ascolta? 1. Messaggio nel contesto Perch siete paurosi cos? Come non avete fede?, chiede Ges ai suoi. Hanno ascoltato la sua parola. Ma l'hanno ricevuta come essa veramente, quale parola di Dio, che opera in colui che crede (1Ts 2,13)? Dominati dai loro pensieri e dalle loro paure, non hanno ancora fede. Non osano andare a fondo con lui. Il battesimo essere associati a lui nella sua morte e nella sua risurrezione. Questo racconto un'esercitazione battesimale per vedere se la Parola ha prodotto il suo frutto: la fiducia per abbandonare la propria vita con lui che dorme e si risveglia. Lo stesso giorno delle parabole, i discepoli falliscono l'esame. Ma l'esperimento non inutile; fa uscire le difficolt del loro cuore, tardo e lento a credere. La Parola dovr entrare in tutte le loro paure. Ma prima deve evidenziarle, anzi suscitarle e farle uscire allo scoperto, per poterle vincere. notte, sul mare in tempesta Ges dorme tranquillo. I suoi, che sono con lui, nelle sue stesse difficolt, gridano di angoscia. Non capiscono questo sonno, immagine del suo abbandono alla morte. Dormendo, egli realizza la fiducia espressa nelle parabole. I discepoli, al contrario, sono in balia della disperazione. La Parola, caduta sulla via, non attecchita. entrata superficialmente; ma sotto c' la pietra del loro cuore, che impedisce loro di affidarsi al Signore. Questa diffidenza pu dissolversi solo quando si risponde alla domanda: Chi costui?. L'apparente inazione del suo sonno la massima azione in nostro favore: dorme per essere con noi anche nella valle oscura. E proprio qui si alza con tutta la potenza di JHWH, placando ogni tempesta, anche quella del nostro cuore. Ges ci viene rappresentato nel suo mistero profondo: la notte, mentre dorme, egli il seme gettato, la luce nascosta, la forza automatica dei Regno, la piccolezza del chicco di senapa. Ma il seme germina morendo, la luce brilla nelle tenebre, la forza vince con la calma, la piccolezza diventa grande albero. Lo

costateremo solo al suo risveglio. I discepoli si chiedono: Chi dunque costui, che anche il vento e il mare lo ascolta?. la domanda fondamentale del vangelo. Il discepolo colui che, dopo aver ascoltato la Parola, si affida a Ges che dorme, al di l delle proprie paure. Sulla sua parola accetta di andare a fondo con lui - lalternativa andare a fondo senza di lui! nella speranza di emergere con lui a vita nuova. 2. Lettura dei testo v. 35 in quello stesso giorno. Il giorno in cui si rivela la Parola lo stesso della fede e della sua prova: Se oggi udite la sua voce, non indurite il vostro cuore (Sal 95,8 vlg). fattasi sera. Le tenebre sono figura della morte (cf 1,32). La notte delle notti sar quando si oscurer il sole a mezzogiorno, e il Signore dormir. Allora sar la somma di tutte le difficolt di cui Ges raccont nelle parabole. Passiamo di l. Proprio in questa notte si compie l'esodo e si raggiunge l'altra sponda: la sera si parte, necessariamente! v. 36 prendono lui. L'iniziativa dei discepoli su invito del Signore, che con la sua parola non cessa di attirarli. com'era. Indica forse la fretta della notte di pasqua, decisiva per la salvezza (Es 12,11). Ma com'era Ges? Come il grano che va sotto terra, come la luce che entra nella notte, come il seme che germoglia nel sonno, come il chicco di senapa che piccolissimo. importante prenderlo cos com', non come lo vorremmo noi. altre barche erano con lui, Tutte queste barche, quasi un festoso corteo, si perdono poi di vista. Faranno naufragio? Tutti dobbiamo attraversare lo stesso mare, credenti e non credenti. Giunta la sera, tutte le barche partono. La differenza che noi sappiamo che lui dorme con noi. per interessante notare che anche queste barche erano con lui. Egli non abbandona nessuno. v. 37 venne un turbine grande di vento. ecc. Di notte si scatena l'inferno: dall'alto il vento spinge verso il basso, dall'abisso l'acqua si alza per inghiottire la barca. Nell'AT il mare presentato come un mostro, una potenza ostile. Dio l'ha vinto nella creazione, e l'ha diviso per liberare il suo popolo. Anche le sofferenze mortali sono spesso paragonate ad acque travolgenti e profonde. La notte, il turbine, l'acqua e l'abisso sono tutte immagini della morte. Questa il problema dell'uomo, unico animale cosciente di morire. Quanto pensa e fa, per salvarsi. Tentativo fallito in partenza, perch sa che disperatamente inutile! Anzi. proprio questo tentativo, rendendolo egoista, causa di tutti i suoi mali e della sua morte. Beffa atroce: il presunto rimedio causa del danno! v. 38 E lui era a poppa dormendo sul cuscino . La poppa la prima parte della barca che va a fondo. Ges abbandonato come un bimbo svezzato in braccio a sua madre (Sal 131,2). In pace mi corico e subito mi addormento: tu solo, Signore, al sicuro mi fai riposare (Sal 4,9). Il suo sonno non come quello di Giona, che disobbedisce a Dio. sereno e tranquillo, proprio perch lo ascolta e ha fiducia in lui. notte, e dorme, lasciando che Dio agisca (cf v. 27)! Il suo sonno figura della sua morte, che sar bufera, insieme scandalo e pietra di paragone per la fede dei discepoli. Davanti al mare in tempesta, essi

ondeggiano e barcollano come ubriachi: svanita ogni loro perizia (Sal 107,27). Ma il Signore dorme nella loro barca: si fida anche di loro! E lo svegliano. Svegliati, perch dormi, Signore? Non darti riposo e non restare muto e inerte! Se no, sono come uno che scende nella fossa (Sal 44,24; 83,2; 28,1). In realt la nostra fede che dorme. Lui proprio in questo suo sonno, che ci fa tanta difficolt, realizza anche per noi la fiducia di cui ha parlato. La notte prova se abbiamo capito o meno l'unica Parola nascosta nelle tante parabole del giorno. Maestro. Non hanno ancora capito che non solo un maestro che insegna: il Signore, la cui parola ha autorit (1,22.27). non ti curi che periamo? La paura della morte la preoccupazione prima di ogni nostra azione; non perire il nostro assoluto, il nostro dio. Il Signore stesso invocato solo come strumento di salvezza. E lui ci sta, operando per la salvezza non da uomo, bens da Dio. La nostra morte sempre stata la sua cura, anche prima del peccato (cf Gn 3,3). Dopo crescer, fino a farsi cura mortale. v. 39 E, risvegliatosi. Ges si risveglia come un potente dal sonno (Sal 78,65). sgrid il vento. Lo esorcizza (sgrid) come i demoni. Nelle difficolt, che sono naturali, abita il nemico che ci vuol far sua preda mediante la paura e la sfiducia. disse al mare: Taci e chiudi la bocca. Con la sua parola comanda l'abisso, e gli chiude la bocca. E cadde il vento e fu grande bonaccia. Dice ed fatto! Ridusse la tempesta alla calma, tacquero i flutti del mare (Sal 107,29). v. 40 Perch siete paurosi cos? Come non avete fede.? (cf 5,36; 9,23). La paura il contrario della fede. Questa consiste nel non temere di andare a fondo con Ges, e accettare, sulla sua parola, di dormire con lui che dorme per stare con noi. La fede affidare la propria vita, la propria morte e le proprie paure al Signore della vita, che si prende cura di noi proprio con il suo sonno. v. 41 temettero di grande timore. segno del divino. Sar il grande timore del giorno di pasqua. Chi mai costui? la domanda di tutto il vangelo di Marco (cf 1,27), tema della sua catechesi. Vi risponde attraverso il racconto di ci che lui ha fatto e detto. e il vento e il mare lo ascolta. Ges JHWH, il Creatore e il Salvatore, colui che fa dei venti i suoi messaggeri (Sal 104,4), e chiude in riserve gli abissi (Sal 33,7). Colui che con la sua parola ha tratto la vita dalle acque primordiali, lo stesso che con il suo soffio ha aperto il Mar Rosso, ora dorme e si risveglia. E cos ci libera dal nemico, nelle cui mani ci ha cacciato la paura della morte. 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo, osservando il luogo: Ges in fondo alla barca che dorme. 3. Chiedo ci che voglio: Ti chiedo di credere nella tua parola pi che alle mie paure; che la fede mi permetta di accettare il mio nel tuo sonno, la mia nella tua morte, senza lasciarmi suggestionare dalle resistenze ostili che si scatenano in me.

4. Traendone frutto, vedo, ascolto e guardo le persone: chi sono, che dicono, che fanno. Da notare: sera dormire svegliare perire minacciare paura fede chi costui?

4. Passi utili: Es 14,15 s; Sal 4; 107; 131; Is 30,15.

26. ESCI, SPIRITO IMMONDO, DALL'UOMO


(5,1-20)
51 E giunsero di l del mare nella regione dei geraseni. 2 E, uscito lui dalla barca, subito gli venne incontro dai sepolcri un uomo in spirito immondo, 3 il quale aveva domicilio nei sepolcri, e nessuno pi poteva legarlo neppure con catene; 4 perch pi volte con ceppi e catene era stato legato, ma s'era strappato da s le catene e infranto i ceppi, e nessuno era forte da domarlo; 5 e di continuo, di notte e di giorno, nei sepolcri e sui monti, stava a gridare e si colpiva con pietre. 6 E, visto Ges da lontano, accorse e lo ador, 7 e, gridando a gran voce, dice: Che a me e a te, Ges, Figlio del Dio altissimo? Ti scongiuro per Dio di non torturarmi. 8 Gli diceva infatti: Esci, spirito immondo, dall'uomo. 9 E lo interrogava: Qual il tuo nome?

E gli dice: Legione il mio nome, perch siamo molti. 10 E lo pregava molto di non mandarli fuori da quella regione. 11 Ora c'era l, verso il monte, un branco grande di porci al pascolo, 12 e lo pregarono dicendo: Mandaci nei porci, perch entriamo in essi. 13 E permise loro. E, usciti, gli spiriti immondi entrarono nei porci; e si precipit il branco dal pendio nel mare, circa duemila, e affogavano nel mare. 14 E i loro mandriani fuggirono e annunciarono nella citt e nei campi; e vennero a vedere cos'era successo. 15 E giungono da Ges e vedono l'indemoniato seduto, vestito e sano di mente, quello che aveva avuto la legione; e temettero. 16 E quelli che avevano visto raccontarono loro come era successo all'indemoniato e pure il fatto dei porci. 17 E cominciarono a pregarlo di andarsene dai loro confini. 18 Ed entrando lui nella barca, lo pregava l'indemoniato di essere con lui. 19 E non lo lasci, ma gli dice: Va' a casa tua, presso i tuoi, e annuncia loro quanto per te ha fatto il Signore e ha avuto compassione di te. 20 E se ne and e cominci a proclamare nella Decapoli quanto per lui fece Ges; e tutti si meravigliavano.

1. Messaggio nel contesto Esci, spirito immondo, dall'uomo. Immondo lo spirito di morte che devasta e tiene legato l'uomo mediante la paura della morte. lo stesso che ostacola la fede dei discepoli, scatenando le tempeste e impedendo di affidarsi a Ges che dorme (brano precedente). Per giungere a credere, bisogna innanzi tutto che la Parola eserciti la sua autorit contro satana, che altrimenti subito la becca via, prima che attecchisca. Per questo la liturgia premette al battesimo la preghiera di liberazione dal male. Il primo esorcismo viene dopo l'insegnamento di Ges (1,21-28). Anche questo, pi lungo e solenne, viene dopo il suo insegnamento in parabole, alla fine del quale la sua parola ha dominato il cielo e l'abisso. Ora sottomette il male, e, nel brano seguente, la malattia e la morte. L'incontro tra Ges e l'indemoniato fa vedere le resistenze e convulsioni nostre davanti alla sua parola. Infatti ci identifichiamo con la nostra schiavit, e preferiamo il nostro male al suo bene (vv. 1-11). L'episodio dei porci mostra pittorescamente la grande vittoria di Cristo (vv. 12 s). Il racconto e la costatazione del fatto suscita negli uditori impauriti le stesse reazioni dei demoni, che non vogliono aver a che fare con Ges (vv. 14-17). Anche loro, come noi, sono invitati a riconoscersi nell'indemoniato, in modo da essere liberati e diventare come lui, che seduto, vestito e sano di mente (v. 15). Al suo desiderio di essere con Ges, questi risponde inviandolo in missione (vv. 18-20). Ormai apostolo, perch in grado di raccontare agli altri ci che il Signore gli ha fatto, annunciando la sua misericordia (cf anche 1,40-45). In lui, al di l delle sue resistenze, il seme ha fruttato bene! Lui stesso, a sua volta, lo semina tra i suoi fratelli ancora lontani. Con l'ex-indemoniato inizia la missione tra i pagani, ognuno dei quali chiamato a fare in prima persona la sua stessa esperienza di incontro liberante col Signore. Ges la discendenza di Eva, che schiaccia la testa al serpente antico (Gn 3,15). In lui l'uomo vince il suo vincitore, sconfiggendo il male e la sua radice: la menzogna che lo fa considerare estraneo a Dio e lo tiene nella paura della morte. La vittoria conseguita ad armi pari con il nemico: alla sua parola falsa oppone quella vera, che s'impone con la sua autorit. Davanti alla luce che le squarcia, le tenebre che dominano l'uomo tentano l'ultima difesa. Ma la notte non pu non dissolversi all'apparire del sole. Il discepolo nel brano precedente aveva paura e non aveva fede in Ges. Ora la sua parola lo libera dal nemico e dal suoi terrori perch possa affidarsi ed essere con lui nel sonno e nel risveglio, per annunciarlo poi ai suoi fratelli. 2. Lettura del testo v. 1 giunsero di l del mare. Ges fa attraversare il mare e giungere all'altra riva. la Parola del Dio creatore e salvatore, che d vita e conduce alla terra promessa. nella regione dei geraseni. una zona pagana al di l del lago. La tempestosa traversata mostra, oltre le difficolt del battesimo, gli ostacoli che il nemico frappone all'evangelizzazione dei pagani. v. 2 subito gli venne incontro un uomo in spirito immondo. Davanti a Cristo il maligno si sente irrimediabilmente perduto; si arrende e gli cade in braccio per paura. come le farfalle notturne: irresistibilmente si gettano sulla fiamma che le brucia.

v. 3 il quale aveva domicilio nei sepolcri. La vera casa dell'uomo un'altra. Ma il maligno lo tiene legato in tenebre e ombra di morte. Sepolcro in greco si dice mnemeon, che significa memoriale (monumento), con la stessa radice di memoria, di morte e di moira (parte, sorte, fato). L'inganno del nemico fece abitare l'uomo nella memoria della morte, facendogliela considerare sua eredit, sorte fatale della sua vita. nessuno pi poteva legarlo. Si sottolinea l'indomabilit del male. controllarlo e impedirne i danni. Nessun mezzo in grado di

v. 4 nessuno era forte da domarlo. Nessuno pu entrare nella casa di un uomo forte e rapire i suoi vasi - che lui ha invasato di s - se prima non avr legato l'uomo forte (3,27). Ma Ges il pi forte (1,7) Tanto che il male esce subito allo scoperto e gli corre incontro per patteggiare la resa. Sa che inutile la lotta e impossibile la fuga. v.5 di continuo, di notte e di giorno, nei sepolcri e sui monti, stava gridare. Continuo tormento, solitudine e grida nel vuoto: la situazione dell'umanit senza Cristo, che ha come consorte la morte. e si colpiva con pietre. L'autolesionismo il risvolto ultimo e pi vero del male, che si vuole e si fa male. v. 6 accorse e lo ador. Il male non pu che correre e prostrarsi davanti al Signore di tutto e di tutti. Intuisce il bene subito, come un animale fiuta istintivamente il pericolo. Ma non ha nessun potere di difendersi Pu solo fare strepito. v. 7 gridando a gran voce. Davanti al bene esprime rumorosamente il suo terrore. Se non abbiamo fede, riesce a terrorizzare anche noi. Ges porter sulla croce questo nostro orrore, e grider per due volte. Sar l'esorcismo definitivo (15,34.37). Che a me e a te. Significa: Che c' in comune tra noi due?. Amore e egoismo, fiducia e paura, libert e schiavit, verit e menzogna, luce tenebre, vita e morte, sono totalmente estranei. Hanno in comune solo l'opposizione totale: o l'uno o l'altro. impossibile un compromesso anche se il male lo tenta sempre. Il suo correre ad adorare l'estremo tentativo del perdente, che vuol strappare al vincitore almeno un posto a sole. Questa ricerca disperata di difendersi e questa estraneit torturante sono anche le nostre prime reazioni davanti a Ges e alla sua parola. Questa non pu non scatenare le risonanze negative del cuore. Satana riesce a rubare il seme caduto sulla strada (4,15). Ma non tutto cade sulla strada! Ges, Figlio del Dio altissimo. Per i discepoli era semplicemente il maestro (4,38). I demoni hanno una conoscenza pi lucida del soprannaturale (1,34; 3,12): credono, ma tremano (Gc 2,19). Durante la vita terrena di Ges, in Marco sono le sole creature a confessarne l'identit. Come Cristo (= il Santo di Dio, 1,26) e come Figlio di Dio. C' quindi una fede demoniaca. quella che viene prima della croce, distanza che Dio si preso da ogni falsa immagine di s. Ti scongiuro per Dio di non torturarmi. Strana ma vera questa preghiera. Il bene causa di sofferenza per chi non lo ama e non lo ritiene accessibile. Conoscerlo ed esserne privi esperienza infernale - la pena del danno. Ne abbiamo un anticipo ogni qualvolta ci dispiace il bene non nostro. l'invidia, attraverso la quale entr la morte nel mondo (Sap 2,24).

v. 8 Esci, spirito immondo, dall'uomo. L'uomo un impasto di terra, fatto per contenere lo Spirito di vita, non quello di morte. v. 9 Qual il tuo nome? Dire il nome segno di resa. Legione il mio nome, perch siamo molti. Il male si smaschera. Legione indica il suo potere di devastazione, grande e ben ordinato. Ma indica anche lo stato di divisione profonda di chi ne posseduto. un'identit divisa e alienata nei vari spiriti che la dominano. Quando ascoltiamo la parola del Signore con attenzione, sperimentiamo un cumulo di spiriti contrari che cercano di identificarsi con noi. Invece vanno riconosciuti e sbugiardati come potere di male che ci vuol dominare. v. 10 E lo piegava molto. Ges pregato dal male, ma a suo danno! Il male non vuol bene neanche a s. Sar pregato allo stesso modo dai geraseni (v. 17). Ben altra sar la preghiera dell'ex indemoniato (v. 18). Le nostre preghiere possono essere molto diverse. In questo racconto ne abbiamo tre esempi. di non mandarli fuori da quella regione. Non vogliono precipitare nell'abisso prima del tempo. Vogliono restare sul posto. Tra i pagani la Chiesa far una forte esperienza di lotta contro satana, che si rifugia dove ancora non giunta la luce di Cristo. v. 12 Mandaci nei porci. I porci sono per l'ebreo animali immondi, immagine del paganesimo. v.13 e affogavano nel mare. Il male non domina pi la terra; si inabissa nel mare, suo luogo naturale, dove voleva annegare i discepoli (4,37). Il male affoga in se stesso. v. 14 i mandriani fuggirono e annunciarono. I mandriani fuggono come i loro porci, annunciando come i demoni ci che per loro certamente una cattiva notizia. v.15 l'indemoniato. cos chiamato perch era diventato il suo nome proprio. seduto, vestito e sano di mente. Al trambusto dei porci che precipitano, dei mandriani che fuggono e della gente che accorre, fa da contrasto colui che era stato posseduto dal male. Ora seduto accanto a Ges nell'atteggiamento tranquillo del discepolo che ascolta (3,32.34), rivestito e padrone di s. immagine dell'uomo nuovo, contrapposto al vecchio Adamo che non ascolta Dio, fugge da lui, si scopre nudo ed in balia delle sue paure. interessante notare come il male dell'indemoniato ricade su Ges anch'egli, ritenuto pazzo e indemoniato, sar legato, finir nudo in croce grider e scender nel sepolcro. Ci ha salvati a caro prezzo! v. 16 quelli che avevano visto raccontarono come era successo all'indemoniato e il fatto dei porci. Sono i due fatti sensazionali: la liberazione dell'uomo e la sconfitta del male. Ma la vittoria del bene ha i suoi costi, particolarmente duri per chi ancora non ha sperimentato la libert. v. 17 E cominciarono a pregarlo di andarsene. Pregano Ges che se ne vada. Alla libert, con la sua fatica, preferiscono la sicurezza della loro schiavit. La sua presenza risulta scomoda per loro proprio come per demoni. In modo meno spettacolare dell'ex-indemoniato, ne sono posseduti anche essi, e difendono gelosamente il loro male, travestito da ben immediato. I loro interessi, raffigurati nel porci, prevalgono su tutto! Il male adesca promettendo piaceri immediati, e dando poi la morte; il bene promette e mantiene gioia, ma attraverso un sacrificio immediato. Per questo ogni valutazione deve sempre guardare in prospettiva.

v. 18 lo pregava l'indemoniato di essere con lui. la preghiera di chi libero. Il suo bene essere con lui, il Signore, la sua vita (cf 3,14!). v. 19 non lo lasci, ma gli dice.- Va'. Ges sembra esaudire la preghiera dei demoni e dei geraseni (vv. 10. 13.17), ma non la sua. In realt chi seduto, vestito e sano di mente, gi un uomo nuovo. con lui, il Figlio. Per questo, come lui, inviato ai fratelli ancora schiavi. Ogni liberazione diventa missione. Essere con lui ed essere inviati sono le due note essenziali dell'apostolo (3,14 s). a casa tua. Prima aveva casa tra i sepolcri. Ora mandato a chi ancora abita in essi. Come Ges, inviato dal Padre, andato da lui, cos ora lui inviato dai suoi, per continuare con foro la stessa opera che il Signore ha iniziato con lui. annuncia loro quanto per te ha fatto il Signore. Ges chiama se stesso velatamente il Signore (vedi anche 11,3). Oggetto dell'annuncio ci che lui ha fatto per me. I demoni e i mandriani possono solo gridare e annunciare ci che fa contro di loro. e ha avuto compassione di te. Sorgente dell'azione la compassione: il suo amore gratuito che lo ha condotto vicino al mio male e lo condurr sulla croce, vicino al male di tutti. Questa sua compassione per me la mia esperienza personale di lui come mio Salvatore e Signore. v. 20 cominci a proclamare nella Decapoli. Come Ges inizi a proclamare il vangelo nella Galilea (1,14), cos questi lo proclama nella Decapoli. l'inizio della missione ai pagani. quanto per lui fece Ges. Il vangelo la buona notizia di quanto Ges ha fatto per me. L'evangelizzazione non un'esposizione di dottrina o idee - un catechismo! - ma un racconto di fatti, narrazione di ci che lui ha operato per me, e vuol operare per chiunque ascolta. interessante notare che gli fu detto di annunciare ci che il Signore ha fatto, e lui racconta ci che Ges ha fatto. Per lui Ges il Signore. 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo, osservando il luogo: in un pascolo, al di l dei lago, sul pendio del monte, verso il mare, tra i sepolcri. 3. Chiedo ci che voglio: Liberami dallo spirito di morte che in me e si oppone a te; liberami dalla paura del bene e dalle resistenze ad affidare a te la mia vita e la mia morte. 4. Traendone frutto, vedo, ascolto e guardo le persone: chi sono, che dicono, che fanno. Da notare: sepolcro pregare di andarsene spirito immondo pregare di essere con lui legato annunciare gridare e colpirsi Signore legione avere compassione porci proclamare meraviglia 4. Passi utili: Is 38,10-20; Gio 2; Sal 130; Eb 2,14 s.

27. LA TUA FEDE TI HA SALVATA


(5,21-43)
21

E avendo di nuovo Ges attraversato (in barca) sull'altra sponda, si riun molta folla su di lui, e stava lungo il mare. 22 E viene uno dei capi sinagoga di nome Giairo, e, vistolo, cade al suoi piedi, 23 e lo supplica molto, dicendo: La mia figliola alla fine: che tu venga, imponga su di lei le mani perch sia salva e viva. 24 E se ne and con lui, e lo seguiva molta folla, e lo schiacciavano. 25 E una donna, che era con flusso di sangue da dodici anni, 26 e aveva patito molto da molti medici, e aveva dilapidato tutti i suoi averi senza alcun giovamento, anzi piuttosto peggiorando, 27 avendo udito di Ges, venendo nella folla, di dietro tocc la sua veste. 28 Diceva infatti: Se toccher anche solo le sue vesti, sar salva. 29 E subito secc la fonte del suo sangue, e conobbe nel suo corpo che era guarita dal flagello. 30 E subito Ges, conosciuta in s l'energia uscita da lui, giratosi in mezzo alla folla, diceva:

Chi mi tocc le vesti? 31 E gli dicevano i suoi discepoli: Vedi la folla che ti schiaccia, e dici: Chi mi tocc? 32 E guardava in giro per vedere colei che aveva fatto ci. 33 Ora la donna, con timore e tremore, sapendo ci che le era accaduto, venne e cadde davanti a lui, e gli disse tutta la verit. 34 Egli le disse: Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va' in pace e sii guarita dal tuo flagello. 35 Mentre ancora lui stava parlando, da casa del capo sinagoga vengono a dire: Tua figlia morta. Perch ancora infastidisci il maestro? 36 Ora Ges, ascoltata la parola detta, dice al capo sinagoga: Continua a non temere, solo continua ad aver fede. 37 E non lasci nessuno con s a seguirlo, se non Pietro e Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo. 38 E giungono alla casa del capo sinagoga, e vede strepito e gente che piange e urla assai. 39 Ed entrato, dice loro: Perch strepitate e piangete? La fanciulla non morta, ma dorme. 40 E lo deridevano. Ora lui, scacciati tutti, prende con s il padre della fanciulla e la madre e quelli con lui, ed entra dove era la fanciulla. 41 E, presa la mano della fanciulla, le dice: Talith Kum! che significa: O ragazza, ti dico:

Svegliati! 42 E subito risorse la ragazza e camminava. Aveva infatti dodici anni. E si stupirono subito di stupore grande. 43 E ordin loro molto che nessuno lo sapesse; e disse di darle da mangiare. 1. Messaggio nel contesto La tua fede ti ha salvata, dice Ges alla donna; e al padre della fanciulla morta: Continua ad aver fede. I due episodi, incastrati a sandwich e legati dalle parole salvare, credere e toccare (prendere la mano) si completano a vicenda e illustrano cos' la fede e qual la sua potenza. La fede toccare Ges, la sua potenza salva nella morte. I cc. 4-5 delineano l'itinerario battesimale: messo in moto dalla Parola, ostacolato dalle nostre paure (c. 4); passa attraverso l'esorcismo che ce ne libera, e giunge qui a toccare Ges. La comunione con lui vince la nostra malattia mortale e la stessa morte. La donna e la ragazza sono figura di tutti noi. Come la prima da dodici anni, cio da sempre, perdiamo la vita, lontani dal Signore. Solo se lo tocchiamo siamo salvi, perch lui la nostra vita. Come la seconda, in et da marito, moriamo malati d'amore (Ct 5,8) se non giunge lo Sposo che ci prende la mano. La nostra vita infatti amarlo come siamo da lui amati. Il tema centrale quindi la fede, quel toccare che salva. Per quattro volte esce questa parola nei vv. 27-31, e in pi si parla di imporre e prendere la mano (vv. 23.41). Toccare suppone vicinanza. Forma prima e fondamentale di conoscenza, contatto con l'altro. In esso il proprio limite diventa luogo di comunione. Ogni toccare inoltre sempre reciproco: chi tocca, toccato. C' infine un tocco esteriore e uno interiore, che prende e trasforma il cuore. Al toccare si contrappone lo schiacciare (vv. 24.31). Mentre questo sfocer nell'impadronirsi e nell'uccidere Ges, quello sprigiona da lui la sua forza di vita. La salvezza, invocata anche dai discepoli sulla barca, viene da questa fede. Essa ci permette di toccarlo e di essere afferrati da lui, che prima di noi e per noi ha dormito. Nella donna vediamo inoltre il dinamismo della fede. Presuppone la costatazione di un male indebito e non accettato, col bisogno e l'incapacit di liberarsene; parte dall'ascolto di Ges, che apre, dalla disperazione per la propria impotenza, alla fiducia nella sua potenza; giunge alfine a toccarlo di spalle, per diventare poi un colloquio faccia a faccia con lui. In Giairo invece vediamo le qualit di questa fede: una forza pi grande di ogni paura, e consiste nel fidarsi totalmente di Ges e della sua parola anche davanti alla morte. Nella ragazza infine vediamo l'efficacia di tale fede: la risurrezione, la vittoria sul nemico ultimo delluomo ad essere annientato (1Cor 15,26). Ges il Signore, lo sposo dell'uomo, che si unisce a lui comunicandogli la sua vita. Per questo lo spirito di morte cerca disperatamente di difendersi da lui (brano precedente). Ma inutilmente, perch lui, col suo sonno, vicino a tutti e tocca tutti i dormienti. Il discepolo come la donna, la figlia di Sion che tocca Ges ed salva dal suo male; come la ragazza morta, che risuscita al tocco dello Sposo.

2.

Lettura del testo

v. 21 si riun molta folla. probabilmente la stessa dell'inizio del c. 4, che aveva udito il suo insegnamento. Ora, con questo duplice miracolo, chiamata ad aver fede. v. 22 cade ai suoi piedi e lo supplica. Giairo prega non per respingerlo dal suo territorio (v. 17; cf v. 6), ma per invitarlo nella sua casa. Vinto il maligno e la sua diffidenza, la nostra casa ancora spoglia di vita e piena di morte finch non entra il Signore della vita. v. 23 La mia figliola. La figlia del capo della sinagoga immagine del popolo di Dio, ma anche di ogni uomo, che sposa di Jahv, fatto per amarlo con tutto il cuore. di dodici anni, in et da fidanzamento, ed morta se non giunge lo Sposo. alla fine. Sia Israele, il primogenito, che ogni altro uomo da sempre alla fine, da quando si allontanato dal suo Signore. Questo il peccato, causa della morte di tutti (cf Rm 5,12). che tu venga. il grande desiderio nostro, che corrisponde alla sua promessa: S, verr presto (Ap 22,20). imponga su di lei le mani. La mano la potenza. Con Ges la mano di Dio, la sua potenza di amore e di vita, si posa sull'uomo. perch sia salva e viva. La salvezza implica una vita strappata dalla morte, che non sia sempre minacciata dall'essere alla fine. v. 24 se ne and con lui. Giairo non deve temere alcun male perch il pastore della vita con lui. La croce il bastone che gli d sicurezza (Sal 23,4). lo seguiva molta folla e lo schiacciavano. C' un seguire senza fede che schiaccia Ges, a danno suo e nostro (cf 3,9). v. 25 una donna che era con flusso di sangue. Il sangue la vita; chi lo perde, muore. Ogni esistenza non una perdita continua di vita, fino alla morte ? da dodici anni. Dodici sono i mesi dell'anno e dodici le trib d'Israele. Questo numero indica totalit di tempo e di popolo. Infatti, come questa donna, da sempre e tutti costatiamo che la nostra vita un'unica malattia incurabile e mortale. v.26 aveva patito molto da molti medici. Essa giustamente non accetta il male. Ma ci che dovrebbe procurare salute invece causa di sofferenza maggiore. In effetti l'ansia di vita, che vorrebbe guarirci della paura della morte, principio di egoismo e causa di tutti i nostri mali. aveva dilapidato i suoi averi. L'uomo investe e perde tutto nel vano tentativo di liberarsi dalla morte. senza alcun giovamento, anzi piuttosto peggiorando. Il rimedio peggiora il male! L'uomo che si affanna per salvarsi, fa come uno in mare che non sa nuotare: affoga per il suo agitarsi.

v. 27 avendo udito di Ges. La fede viene dall'ascolto del vangelo, che racconta ci che Ges ha fatto e detto (At 1,1). Per questo necessario che ci sia chi lo annuncia (Rm 10,14-17). di dietro. Non osava farsi vedere: essendo immonda, le era vietato toccarlo. D'altra parte il nostro rapporto con Dio e la nostra ricerca di lui non pu approdare che alle sue spalle, come fu detto a Mos: Vedrai le mie spalle, ma il mio volto non lo si pu vedere (Es 33,23). Ma ormai viene il momento in cui lui stesso ci cerca col suo sguardo: volge a noi il suo volto, e noi saremo salvi (Sal 80,4.8.20). tocc la sua veste. Il toccare porta a una comunione reale. La fede un contatto diretto e personale con Dio in Cristo. Ci salva perch ci mette in comunione con colui che la nostra vita. L'ultimo miracolo fu proprio la guarigione della mano secca, perch potesse toccare lui e ricevere il suo dono (3,1 ss). v. 28 Se toccher anche solo le sue vesti. Esprime la certezza di fede: la donna sa che la sua salvezza toccare lui, o almeno le sue vesti. (Ce le lascer in eredit sulla croce, prendendo in cambio la nostra nudit). Anche la sirofenicia sar sicura che bastano le briciole del pane dei figli per saziare anche i cagnolini (7,28). Questa fede non magia o feticismo: la salvezza dell'uomo davvero la comunione con Dio, ora possibile attraverso la carne di cui si rivestito il Figlio. sar salva. Non dice guarita. La salvezza indica qualcosa di pi profondo, di cui la guarigione segno (cf 2,10). v.29 E subito secc la fonte del suo sangue. Al contatto con lui s'arresta il flusso mortale, guarisce la ferita da cui esce la vita. Toccare produce scambio. Se lui cede a noi la sua vita, noi cediamo a lui la nostra morte immonda. Il flusso del suo sangue seccher il nostro e ci monder. conobbe nel suo corpo che era guarita. La donna conosce la propria guarigione nel corpo, ma non conosce ancora nello spirito colui che l'ha guarita. Gli ha toccato di dietro le vesti; ora le manca di incontrarlo faccia a faccia. v. 30 l'energia uscita da lui. la forza (dynamis) di Dio, vita che vince la morte. Ges venuto a donarla a tutti. Ma solo la fede la desidera e la ottiene, quasi la strappa da lui. giratosi in mezzo alla folla. Il Signore cerca con lo sguardo e la parola colei che ha creduto in lui, per dialogare con lei. Chi mi tocc le vesti ? La domanda sembra ridicola a tutti, discepoli compresi. Ma non a lui e alla donna, che hanno sperimentato un toccare diverso. v. 31 gli dicevano i discepoli, ecc. Non sanno distinguere tra schiacciare e toccare. Il Signore, oltre che portare la donna a un livello pieno di fede, vuol portare i discepoli a quello della donna. v. 32 E guardava in giro per vedere colei che aveva fatto ci. La sua parola e il suo sguardo cercano l'interlocutore, perch risponda. v. 33 la donna, con timore e tremore, sapendo ci che le era accaduto. il timore e tremore di chi, conoscendo l'azione di Dio, si presenta davanti a lui.

venne e cadde davanti a lui. Prima lo tocc di dietro. Ora gli sta davanti per rispondergli e gli cade ai piedi per adorarlo. importante questo passaggio dalle spalle al volto, che Ges stesso ha provocato e che la donna temeva. e gli disse tutta la verit. La sua verit era il suo male incurabile, la sua disperazione di s e di tutto, la sua speranza in lui, il suo tocco e la sua guarigione. Ma solo nel parlare di tutto questo con lui si compie la fede. Ottenuto ci che le serviva, poteva andarsene; invece Ges la cerca perch parli con lui che l'ha servita. v. 34 Figlia. tenero questo appellativo. Infatti le ha dato la vita. la tua fede ti ha salvata. I discepoli in barca non avevano fede (4,38). Disperati di s, non speravano ancora in lui. Da questo brano risulta che la fede toccarlo e parlargli faccia a faccia, la comunione e il dialogo con lui. v. 35 Tua figlia morta. Perch infastidisci il maestro ? Mentre Ges dice: Figlia, la tua fede ti ha salvata, c' l'annuncio: Tua figlia morta. quindi inutile importunare il maestro. Finch c' vita c' speranza. Ma davanti al muro della morte, niente e cos sia! Ges per non solo il maestro (cf 4,38). anche il Signore dei vento e del mare, del male e della malattia. Ora si riveler il Signore della vita, che fa del nostro limite estremo la nostra comunione piena con lui. v. 36 Gest. ascoltata la parola detta. Ges ascolta la parola detta all'arcisinagogo, cos diversa da quella che lui spiegava nelle parabole (4,33): l era una morte per la vita, qui una vita per la morte. Continua a non temere. Come non temere davanti alla morte? la paura di tutta la vita! solo continua ad aver fede. La fede il contrario della paura ed ha la prova definitiva proprio davanti alla morte, unica sfidante degna di lei. Una fede che non regge davanti alla morte non serve a nulla. Queste parole richiamano quelle dette ai discepoli sulla barca (4,38). Se l erano troppo coinvolti per non temere, ora sono sufficientemente staccati e lucidi per poterle intendere. v. 37 non lasci nessuno con s a seguirlo. Ci che qui avviene il grande segreto, ora nascosto, che poi sar rivelato a tutte le genti. se non Pietro e Giacomo e Giovanni. Saranno i tre testimoni della trasfigurazione e dell'agonia nell'orto e, con Andrea, sentiranno le sue parole sulla fine del mondo (9,2; 14,33; 13,3). v.38 strepito e gente che piange e urla. Cos l'uomo esprime la propria impotenza davanti alla morte. Urla il suo dolore, per coprire la sua disperazione. Il silenzio lo affogherebbe nell'angoscia pi sorda. v. 39 Perch strepitate e piangete? Sembra una domanda stupida, come quella ai discepoli in barca: Perch siete paurosi?. Ges mette in questione le cose pi ovvie, come d i comandi pi stolti: al paralitico dice di camminare, alla mano essiccata di stendersi, e alla morta di svegliarsi! La sua parola un seme: fa germinare ci che dice. La fanciulla non morta, ma dorme. il senso cristiano della morte. Non la fine della vita, ma un riposo sereno in Dio, per un risveglio al sole del giorno nuovo. Sdrammatizzata, perde il suo pungiglione, che avvelena tutta l'esistenza con la prospettiva finale del nulla (1Cor 15,56).

La fede ci guarisce dal peccato di diffidenza che ci fa ignorare che veniamo da Dio e a lui torniamo. Solo cos possiamo vivere e morire in pace, sapendo che dormiamo con Cristo, che per primo ha dormito nella nostra stessa barca, per risvegliarci con lui. v. 40 E lo deridevano. L'uomo fa di s, limitato e mortale, la misura di tutto, anche di Dio; e ritiene impossibile ci che lui stesso non pu fare. Il giorno di pasqua anche i discepoli avranno grande difficolt a credere nella risurrezione (cf anche At 17,32; 26,23 s). scacciati tutti. Ges scaccia la paura dell'incredulit come scaccia i demoni, che in essa stanno di casa. prese con s il padre della fanciulla e la madre e quelli con lui. Sono i cinque amici dello sposo. Con la ragazza e Ges si raggiunge il numero di sette. v. 41 presa la mano della fanciulla. Anche lui sar preso (cf 14,2) e condotto a morte. Per questo ora prende e sottrae alla morte la fanciulla. Essa appartiene a lui, venuto a prenderne la mano. Questo contatto con lui e il suono della sua voce la sveglia. Talith Kum. Alzati, amica mia, mia bella, e vieni (Ct 2,10). ragazza. In greco c' korsion. Indica la ragazza da marito. Svegliati. La stessa parola usata per la risurrezione di Ges. Indica lo svegliarsi dal sonno. v. 42 risorse. l'altra parola usata per la risurrezione di Ges. Indica il levarsi da terra. e camminava. Cammina per una via che prima non conosceva: il sentiero della vita, gioia piena nella sua presenza. dolcezza senza fine alla sua destra (Sal 16,11). Aveva dodici anni. l'et del fidanzamento. L'incontro con lo Sposo le rid la vita. Il battesimo questa unione con Cristo, di cui il matrimonio immagine (cf Ef 5,32). stupirono di stupore grande. In greco si usa una parola che significa essere fuori (estasi). realmente pazzesco, impossibile ci che Dio opera. v. 43 ordin che nessuno lo sapesse. Questo grande mistero sar chiaro solo dopo pasqua, quando Ges stesso avr dormito e si sar svegliato. disse di darle da mangiare. Le resta un lungo cammino da fare, come ad Elia (1Re 19,7). La vita nuova avr un alimento nuovo, che Ges procurer nel deserto: il pane sar l'amore dello Sposo che si dona alla sposa. Termina qui la descrizione del battesimo come incontro coi Signore. che libera dal mare (4,35-41), dal male (vv. 1-20), e infine dalla malattia e dalla morte. Inizier tra poco la catechesi sull'eucaristia. 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo, osservando il luogo: per via e in casa dell'arcisinagogo. 3. Chiedo ci che voglio: la fede che salva, che consiste nel toccare Ges e rispondergli, con

un'esperienza di lui che mi liberi dalla paura della morte. 4. Traendone frutto, vedo, ascolto e guardo le persone: chi sono, che dicono, che fanno. Da notare: imporre le mani salvare e vivere schiacciare toccare guarire energia fede pace morire non temere aver fede dormire prendere la mano ragazza svegliarsi risorgere camminare mangiare

4. Passi utili: Sap 1,13-15; 2,23 s, Sal 30; 1Re 17,17-24; 2Re 4,8-37; 13,20 s; Gv 11

28. E SI MERAVIGLIAVA DELLA LORO NON FEDE


(6,1-6a)
61 E usc di l e giunge nella sua patria, e lo seguono i suoi discepoli. 2 E, venuto il sabato, cominci a insegnare nella sinagoga; e molti, ascoltando, erano colpiti dicendo: Donde a costui queste cose? E quale sapienza data a costui? E codesti prodigi operati dalle sue mani? 3 Non questo il falegname, il figlio di Maria e fratello di Giacomo e Giuseppe e Giuda e Simone? E le sue sorelle non sono tra noi? E si scandalizzavano di lui. 4 E diceva loro Ges: Non c profeta disprezzato se non nella sua patria e tra i suoi congiunti e nella sua casa. 5 E l non poteva fare nessun prodigio, solo, imposte le mani a pochi infermi, li cur. 6a E si meravigliava della loro non fede. I. Messaggio nel contesto

E si meravigliava della loro non fede. I suoi si meravigliano di Ges, e si scandalizzano che la sapienza e lazione di Dio sia in questo uomo, che ben conoscono. Anche lui, a sua volta, si stupisce: venuto tra i suoi, non accolto! Con Ges ci troviamo davanti allo scandalo di un Dio fatto carne, che sottost alla legge della fatica umana e del bisogno, del lavoro e del cibo, della veglia e del sonno, della vita e della morte. Lo vorremmo diverso. Ci piace condividere le prerogative che pensiamo sue; meno gradiamo che lui condivida le nostre, delle quali volentieri faremmo a meno. Ma la sua carne il centro della fede cristiana: riconoscerla o meno equivale a essere o meno da Dio (1Gv 4,2s). Nella sua umanit, in ci che fa e dice, in ci che gli facciamo e subisce - nella sua storia concreta, frutto maturo del cammino dIsraele - Dio si rivela e si dona definitivamente. In essa tocca ogni uomo e da essa fa scaturire la sua sapienza e la sua forza salvifica. Come una vena profonda di acqua perenne zampilla dalla sorgente, cos Dio esce da s e si comunica a tutti attraverso luomo Ges di Nazaret. Noi diciamo: Se lo vedessi, se lo toccassi, gli crederei!. Nulla di pi falso! I suoi lhanno rifiutato proprio perch lhanno visto e toccato anzi, schiacciato. Noi abbiamo sempre la possibilit di inventarcene uno a misura delle nostre fantasie. La fede non accettare che Ges Dio - il Dio che pensiamo noi! - ma accettare che Dio, il Dio che noi non pensavamo, questo uomo Ges. Quel Dio che nessuno mai ha visto, lui ce lha rivelato (Gv 1,18). Lo scandalo della fede, uguale per tutti. costituito dal fatto che la sapienza e la potenza di Dio parli e operi nella follia e nellimpotenza di un amore fatto carne, che sposa tutti i nostri limiti, fino alla debolezza estrema della croce. Infatti fu crocifisso per la sua debolezza (2Cor 13,4). Nel capitolo precedente abbiamo visto che la fede toccare. Ora vediamo chi tocchiamo. Tocchiamo Ges, il falegname che finir sul legno della croce, segno di contraddizione per tutti (Lc 2,34), ma potenza e sapienza di Dio che salva tutti. La fede accettare proprio lui come mio Dio e mio Signore. Questo brano fa da cerniera tra listruzione sulla Parola e sul battesimo (cc. 4-5) e quella sulleucaristia (6,6b-8,30). Mostra la non-fede, causa della morte di Ges. Ma proprio cos il seme, gettato sotto terra, diventer pane di vita. La sezione precedente terminava con la mano che si apre per accogliere la vita o si chiude per ucciderla (3,6). Qui vediamo che questa mano la fede per toccarlo, o la non-fede per respingerlo. In questo brano portato a compimento il tema del rifiuto dei suoi, gi annunciato in 3,6 e in Giuda che lo avrebbe tradito (3,19), e sviluppato poi in 3,20-35. Dietro si profila il rifiuto di Israele, ma anche quello costante del suo popolo nuovo. Pure chi crede di credere ha sufficiente sano buon senso per trovare disdicevole, sconveniente e scandaloso che Dio sia questuomo Ges cos come , con ci che consegue. Dio infatti ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per usare a tutti misericordia! O profondit della ricchezza, della sapienza e della scienza di Dio! Quanto sono imperscrutabili i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie! (Rm 11,32 s). Ges respinto dai suoi come Salvatore e Signore, perch uno di loro, allo stesso modo in cui Giuseppe fu disprezzato, osteggiato e svenduto dai suoi fratelli. Ma proprio cos sar per loro causa mirabile di salvezza. Il discepolo, e la Chiesa stessa, deve sempre misurarsi sulla carne di Ges, venduta per trenta sicli, il prezzo di un asino o di uno schiavo. Cardo salutis caro: la sua carne cardine della salvezza! Infatti sapienza e potenza, Dio stesso nella follia e impotenza del suo amore. La prima eresia - e sar sempre la prima! - fu minimizzare, trascurare o negare lumanit di Ges, che nella sua debolezza e stoltezza crocifissa salvezza per tutti.

2. Lettura del testo v. 1 giunge nella sua patria. La prima attivit di Ges fu sulle rive del lago, con centro a Cafarnao. Ora viene a Nazaret, tra i suoi. Sappiamo gi cosa pensavano di lui, e le misure prese per ricondurlo a casa (3,21). lo seguono i suoi discepoli. Sono la sua vera famiglia (cf 3,33 s). v. 2 venuto il sabato. Lultimo sabato menzionato quello in cui si decise di eliminarlo (3,1-6). Questo giorno ha sempre misteriosamente a che fare con il suo sonno - fino allultimo sabato, che sar il suo riposo. cominci a insegnare nella sinagoga. Ges aveva frequentato con assiduit la sinagoga di Nazaret, insieme ai suoi. L aveva appreso a leggere la Bibbia, per scriverla nella propria vita; l aveva imparato ad aderire con amore filiale a tutto ci che udiva dal Padre, per rispecchiarlo nel proprio volto. Quanto gli era cara quella casa della sapienza, in cui la sua umanit cominci a riconoscersi pienamente nella Parola, scoprendo e costruendo in essa la propria identit. erano colpiti. La meraviglia si trasforma da apertura in chiusura del cuore quando, invece di lasciarci prendere dal nuovo, cominciamo ad impossessarcene e a catalogarlo nel gi noto. Donde a costui queste cose? Queste cose sono la sapienza e la potenza di cui dopo. La meraviglia comincia a chiudersi. Invece di lasciarsi mettere in questione da Ges, mettono in questione lopera di Dio. Perch si rivela proprio in costui. e non ha scelto un altro pi ricco, pi nobile o pi dotto? quale sapienza data a costui? E codesti prodigi operati dalle sue mani.? La sapienza, attributo pi alto di Dio, come pu dimorare in Costui, povera carne come noi, che ben conosciamo? E i prodigi (alla lettera le energie) di Dio, come possono essere operate dalle sue mani di lavoratore, che certamente di sabato sono stanche come le nostre? lo scandalo della fede cristiana: nelluomo Ges, in tutto simile a noi, abita corporalmente tutta la pienezza della divinit (Col 2,9). Questo il punto darrivo della lunga storia damore di un Dio che si impegnato a essere con noi, sino a condividere la nostra debolezza e la nostra morte. Ma occorreva proprio arrivare fino a questo punto estremo di confusione, anzi di identificazione? Questo il mistero della sua follia damore. E proprio qui svela la sua verit pi profonda, che a noi pare blasfema, sconveniente per lui e per la sua gloria. v. 3 Non questo il falegname? Impar da Giuseppe., probabilmente gi morto, da cui eredit il mestiere. bello pensare alle sue mani. Fanno la stessa opera potente di Dio; ma prima hanno imparato a lavorare, e poi hanno faticato per tutta la vita, fino a quando sosteranno inchiodate sul legno della croce! In Israele tutti possedevano la terra. Solo chi laveva persa, per sopravvivere faceva altri lavori modesti. Il suo consisteva nellaggiustare o fare piccole cose o attrezzi altrui - cosa che in genere un contadino si faceva da s nelle stagioni morte. Non era quindi un affare proficuo e di prestigio, ma da diseredati, con poca prospettiva di lucro, e aleatorio. Questa semplice parola falegname sintetizza tutta la sua esistenza anonima di uomo, che mutua la propria identit dal lavoro. Di lui si dice tutto dicendo: E un falegname! I suoi trentanni di Nazaret riscattano la quotidianit insignificante di ogni vita, sottoposta

alla dura legge del lavoro per sopravvivere: Con il sudore dei tuo volto mangerai il pane (Gn 3,19). Se non sudi tu, un altro suda il doppio, e mangia niente. figlio di Maria. Non si nomina Giuseppe, come neanche in 3,21 ch doveva essere gi morto. Dicendolo solo figlio di Maria, Marco riproduce la fede della comunit nella concezione verginale, che Matteo e Luca testimoniano pi ampiamente. fratello. In ebraico, come presso molti popoli, i cugini sono chiamati germani, fratelli. Giacomo e Giuseppe, Giuda e Simone. Sono certamente tra i suoi si parla in 3,21. E le sue sorelle non sono tra noi? Sanno tutto su Ges: cosa fa, cosa dice e chi . Ma questa conoscenza secondo la carne non giova a nulla (2Cor 5,16). Bisogna riconoscere nello Spirito che proprio la sua carne, la rivelazione sconvolgente di Dio - espressione piena del suo amore che lha portato a non vergognarsi di chiamarsi nostro fratello (Eb 2,11; Ct 8,1). Non basta essere dei suoi, appartenere al suo popolo o alla sua Chiesa, saper tutto su di lui e maneggiarlo di continuo. La salvezza viene dal toccare con fede la sua carne, cio la sua persona nella sua debolezza uguale alla nostra. E si scandalizzavano di lui. Lo scandalo una pietra contro cui si inciampa e si cade. Tutti gli uomini inciampano e cadono davanti grandezza dellamore di un Dio che si fa piccolo e insignificante. v. 4 Non c' profeta disprezzato se non nella sua patria. Constatazione amara del rifiuto di Israele, dietro cui si profila quello di tutta lumanit Tutti rifiutiamo un Dio la cui sapienza e potenza la follia e limpotenza dellamore. Lo pensiamo e lo vogliamo diverso. v. 5 E non poteva fare nessun prodigio. Il miracolo sempre legato fede. Essa un contatto che sprigiona da lui lenergia (= dynamis). Lui la vita. Chi ha mani aperte, riceve il dono senzaltra misura che il proprio bisogno. Lincredulit la mano chiusa di chi, come i suoi, avanza diritti o pretese. pochi infermi. Sono i pochi che hanno fede. v. 6a si meravigliava della loro non fede. La non-fede qualcosa che ci manca e invece ci dovrebbe essere. come una mano amputata. La nostra incredulit cos incredibile che il Signore stesso se ne meraviglia - unica sua meraviglia! Sar causa della sua morte. Ma questa sar la medicina con cui ci cura del nostro male. Omeopatia degna di Dio! 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo, osservando il luogo: a Nazaret, nella sinagoga, durante il culto sabatico. 3. Chiedo ci che voglio: di non scandalizzarmi che la sapienza e la potenza di Dio siano nel povero falegname di Nazaret. Chiedo la fede nellumanit di Ges, nostra salvezza. 4. Traendone frutto, vedo, ascolto e guardo le persone: chi sono, che dicono, che fanno. Da notare: sapienza prodigi (energie) falegname figlio di Maria meraviglia scandalo non-fede

4. Passi utili: Ez 2,2-5; Sal 118; 123; Ef 4,20s; 1Gv 4,2 s.

29. CHIAMA INNANZI I DODICI E COMINCI A INVIARLI


(6,6b-13)
6b

E girava per i villaggi insegnando. 7 E chiama innanzi i Dodici, e cominci a inviarli a due a due, e dava loro potere sugli spiriti immondi. 8 E comand loro di non portare nulla per via, se non il bastone solo: n pane, n bisaccia, n danaro nella cintura; 9 ma: calzate i sandali e: non indossate due tuniche. 10 E diceva loro: Dovunque entriate in una casa, l dimorate finch non partirete da l. 11 E qualunque luogo non vi accolga e non vi ascolti, usciti di l scuotetevi la polvere che sotto i vostri piedi in testimonianza per loro. 12 E usciti proclamarono che si convertissero, 13 e scacciavano molti demoni, e ungevano di olio molti e li curavano. 1. Messaggio nel contesto Chiama innanzi i Dodici e cominci a inviarli. I Dodici furono prima chiamati ciascuno singolarmente a seguirlo (cf 1,16-20; 2,14). Poi furono comunitariamente costituiti per essere con lui (3,14). Ora sono inviati ai fratelli a due a due.

Ci sono tre livelli di unidentica vocazione, con tre chiamate successive, che segnano rispettivamente il passaggio dalla dispersione alla sequela, dalla sequela alla comunione con lui, dalla comunione con lui alla missione verso tutti. Questo brano un breviario di viaggio, perch gli inviati non dimentichino di riprodurre il volto di chi li invia. la carta di identit della Chiesa apostolica, ossia mandata da Ges - la cui missione fu in povert, e pass attraverso fallimento, nascondimento, impotenza e piccolezza (cf c. 4). Chi mandato ai fratelli riceve il pi grande dono del Padre: pienamente associato al Figlio, partecipe del mistero che annuncia. Con linvio dei Dodici, Ges non pi solo. Comincia ad essere il primo di numerosi fratelli, un chicco che gi si moltiplicato. Questa prima missione ad Israele gi un raccolto che si fa semina per un altro successivo, che sar sempre pi abbondante, fino alla fine dei tempi, quando tutti gli uomini mangeranno il pane del Figlio. Qui inizia la sezione dei pani (6,6b-8,30). Dopo quella sulla Parola e sul battesimo (3,7-5,43), segue la catechesi sulleucaristia, alla fine della quale Ges sar riconosciuto. Egli infatti si rivela come Cristo e Signore proprio in quanto amore che per noi si fa pane e vita. Lannuncio dellevangelo sempre in povert, perch proclama la croce che ha salvato il mondo. I Dodici, e quelli dopo di loro, devono avere grande cura di vivere i valori del Regno che annunciano: sono quelli che Ges ha esposto nelle parabole del c. 4, dopo averli vissuti in prima persona. La tentazione pi grossa ritenere che ci siano altri mezzi pi adatti al fine. Pi che di ci che bisogna dire, Ges si mostra preoccupato di ci che bisogna essere. Ci che sei, grida pi forte di ci che dici. vero che la parola di Dio efficace di per s; non la mia testimonianza a renderla credibile. Tuttavia la mia controtestimonianza ha il potere di renderla incredibile. Nel male ho sempre un potere maggiore che nel bene: non so creare un fiore: so per distruggerlo! La povert che Ges ordina non di tipo stoico. Viene dalla gioia di chi ha scoperto il tesoro (Mt 13,44), e conduce alla vittoria sul peccato del mondo - che consiste nella brama di avere, di potere e di apparire, strumenti mortali escogitati dalla paura della morte. La sua povert non una privazione, ma un valore sommo, anzi la somma dei valori della sua vita. Infatti Dio, essendo amore, povero. Il suo avere il suo essere, e il suo essere essere dellaltro, nel dono di s del Padre al Figlio e del Figlio al Padre, nellunico Spirito. Anche per noi la povert la condizione per amare. Infatti finch hai cose, dai cose; quando hai nulla, dai te stesso. Solo allora ami veramente, e puoi condividere. Inoltre ci che hai, ti divide dallaltro; ci che dai, ti unisce, e ti fa solidale con lui. Finch non sei povero, ogni cosa che dai solo esercizio di potere. La povert poi verit: tu non sei ci che hai, ma ci che dai; e solo se hai nulla, dai te stesso e sei te stesso. anche libert dallidolo che domina il mondo - il dio mammona che garantisce la soddisfazione di ogni altro desiderio. inoltre Il volto concreto della fede, che ti fa porre tutta la fiducia in Dio come Padre tuo e Signore di tutto. infine bisogno di accoglienza. Per essa lapostolo fa lesperienza di figlio, che bisogno di accoglienza, dando allaltro lopportunit di esercitare in prima persona la misericordia del Padre. Gi nellAT povert, piccolezza e impotenza sono i mezzi che Dio sceglie per vincere (cf Sam 2,1-10; Es 3,11; 4, 10; Gdc 7,2). Infatti ha scelto ci che stolto e debole per confondere i sapienti e i forti, ci che ignobile, disprezzato e nulla, per ridurre al nulla le cose che sono (1Cor 1,27 s). Daltra parte tutti noi conosciamo la grazia del Signore nostro Ges Cristo, che da ricco che era si fece povero per noi, perch noi diventassimo ricchi per mezzo della sua povert (2Cor 8,9).

Questa lezione lavevano appresa bene Pietro e Giovanni, quando compirono il primo miracolo della Chiesa nascente. Fecero camminare lo storpio con le parole: Non possiedo n argento n oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Ges Cristo, il Nazareno, cammina (At 3,6). Se avessero avuto argento e oro, avrebbero fatto unopera buona, magari un istituto per storpi! Ma la fede pu venire solo dallannuncio fatto in debolezza, perch libera risposta alla parola di Cristo. Per vincere lo spaventoso Golia, David dovette liberarsi dellarmatura cos bella che il re gli aveva offerto: Non posso camminare con tutto questo (1Sam 17,39). Per vincere, Gedeone dovette ridurre il suo potente esercito da 30.000 a 300: erano troppo numerosi perch Dio li facesse vincere (Gdc 7,1 ss)! Lefficacia divina dellannuncio inversamente proporzionale allefficienza dei mezzi umani. Dobbiamo essere fortemente persuasi che la salvezza viene dalla croce, svuotamento che rivela Dio. Guai se la nostra potenza o sapienza la vanifica (1Cor 1,17). Per questo Paolo si presenta in debolezza, con molto timore e trepidazione, riponendo tutta la sua sapienza in Cristo, e in Cristo crocifisso (1Cor 2,2 s). E dice: Quando sono debole, allora che sono forte (2Cor 12,10) - forte della fiducia in Dio, la cui debolezza pi forte degli uomini. Ges invia i suoi in povert, come il Padre ha inviato lui. I discepoli, attraverso la missione, sono chiamati alla forma pi alta di vita cristiana: sono pienamente associati al Figlio, che, conoscendo lamore del Padre, spinto verso tutti i fratelli. 2. Lettura del testo v. 6b E girava per i villaggi tutt'intorno insegnando. Con la sua itineranza apostolica - non ha dove posare il capo (Lc 9,58), la strada la sua casa - Ges fa in prima persona ci che poi comanda. Prima che a parole, ha sempre istruito coi fatti. Vi ho dato lesempio, perch come ho fatto io, facciate anche voi (Gv 13,15). Il suo viaggiare infaticabile espressione del suo amore che cerca tutti. v. 7 chiama innanzi i Dodici. la terza chiamata. La prima fu alla fede e alla sequela; la seconda a essere con lui; la terza alla sua stessa missione di Figlio, che portare lamore del Padre a tutti i fratelli. cominci a inviarli. linizio della missione. Finir quando sar compiuto il disegno del Padre, che vuole che la sua casa sia piena (Lc 14,23). Ma se manca un solo figlio, sempre vuota! a due a due. Sono in due perch si aiutino a vicenda, perch la loro testimonianza sia valida, ma soprattutto perch devono testimoniare tra loro lamore che proclamano agli altri. Infatti se due stanno insieme, perch c un terzo: Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, sono in mezzo a loro (Mt 18,20). Due inoltre il principio di molti, germe della comunit. La missione, come non una iniziativa privata (1Cor 9,17), cos non un incarico personale: come da un altro, cos sempre con altri. I compagni di Ges, se hanno imparato a essere con lui, sanno stare anche tra di loro nel suo nome, insegnando cos agli altri a fare altrettanto. dava. Indica unazione continuata: dava questo potere a ogni singola coppia. potere sugli spiriti immondi. Il potere sugli spiriti immondi conferito loro dopo che sono stati a lungo con lui (3,13 ss). Diversamente pu capitare loro come agli esorcisti di Efeso, che usavano il suo nome senza essere con lui (cf At 19,13-17)!

v. 8 comand. Non un consiglio. la prima volta che Ges comanda qualcosa. D solo due altri ordini analoghi (v. 39 e 8,6), usando ununica volta metodi coercitivi (v. 45) e sempre in questa sezione. Si comanda quando si sa che laltro da s non farebbe, o farebbe diversamente. Soltanto lobbedienza a lui motiva la missione in povert. Il nostro buon senso apostolico farebbe volentieri il contrario. Losservanza di questo comando prova della nostra fede in lui. non portare nulla. Questo nulla lunica cosa di cui il Signore ha bisogno per agire e ridurre a nulla tutti i nemici delluomo. la nudit della sua croce, che ha redento il mondo. Con essa ci ha arricchiti di ogni cosa, fino a darci se stesso. Chi annuncia non deve essere per o con i poveri - eventualmente per farli diventare ricchi! Deve semplicemente essere povero, in obbedienza al suo Signore. Diversamente partecipa del potere non della croce, ma dei mezzi che usa. per via. Il discepolo percorre la stessa via del maestro. La forza del suo cammino il bastone di colui che lo precede. se non il bastone. Il bastone lo strumento primordiale. Prtesi che allunga e potenzia la mano, serve come appoggio, difesa, attacco. Dio con esso apr il mar Rosso, fece scaturire acque nel deserto, e rese vive le acque morte di Mara. Debole cosa fatta di legno, anche scettro, simbolo del potere. Il bastone regale che Ges concede, mezzo potente contro ogni avversario, la povert, che esprime tutta la sua forza nel legno della croce. n pane. Il pane la vita. La vita il dono del Padre. Essi la riceveranno nel corpo del Figlio. E vivranno non di ci che possiedono, ma di questo pane, che d la gioia di ricevere e donare, in rendimento di grazie. n bisaccia. La bisaccia piena di provviste garantisce la vita al viandante. La sicurezza dellapostolo non sta in ci che ha di riserva, ma in ci che ha lasciato per amore. n danaro nella cintura. La cintura una fascia che, doppiata, serve da borsa per il denaro, il mediatore universale, che procura tutto. La vera ricchezza del discepolo la povert, che, facendo confidare solo in Dio, ce lo fa riconoscere come Padre. madre, perch ci genera suoi figli. v. 9 calzate i sandali. Servono per camminare. lungo il cammino di chi annuncia: deve raggiungere tutti, fino agli estremi confini della terra. Ma il suo piede non si gonfier (Dt 8,4), se ascolter questa parola del Signore. Gli schiavi vanno scalzi; chi evangelizza ha i calzari, perch libero e annunzia la libert dei figli. Sandali e bastone sono inoltre la tenuta pasquale (Es 12,1 1). non indossate due tuniche. Se ne hai due, una non tua, ma del fratello che non ce lha. Se affermi che sei fratello, non potr non chiedertela, per vedere se vero quello che dici. Se non gliela dai, sei falso. Ma, se gliela dai, la sua fede rimarr attaccata alla tua fragile testimonianza, invece che alla roccia della parola di Dio; e pi di questa gli interesser il vestito, con il risultato che avrai fatto nascere in lui la cupidigia che avresti dovuto vincere. Per questo necessario avere solo una veste. E sottile la tentazione di andare in giro a dare cose di vario tipo a fin di bene. In realt eserciti solo potere e allontani dalla fede, che obbedienza libera alla Parola. Pi sei senza cose e hai nulla da dare, pi puoi condividere la tua speranza e comunicare Cristo., il solo tesoro. Allora lunica tunica che hai ti aiuter a essere rivestito di lui, luomo nuovo, veste che non si logorer mai (Dt 8,4).

v. 10 Dovunque entriate in una casa, l dimorate, ecc. La povert bisogno di accoglienza. Tu hai dato tutto per amore. Ci sar chi ti ospita, dando dei suo. Cos anche lui entra nel cerchio vitale del dono (vedi At 16,11-15). E sii contento di quel che trovi, senza cercare di meglio o far preferenze. v. 11 E qualunque luogo non vi accolga. Ges per primo fu respinto. Il rifiuto che accompagna la missione, non distrugge, ma realizza il Regno. Non forse un seme, che porta frutto solo se gettato e muore? scuotetevi la polvere. Con questo gesto si visibilizza il suo peccato, forse consumato inavvertitamente. in testimonianza per loro. Nel rifiuto, che si fa croce del rifiutato, si testimonia in pienezza ci che si annuncia: un amore incondizionato che si dona e rispetta la libert, con le braccia sempre aperte ad accogliere. v. 12 proclamarono. Come Ges. Vedi la sintesi del suo annuncio in Mc 1,14 s. piaciuto a Dio di salvare i credenti con la stoltezza della predicazione (1Cor 1,21). La parola, mezzo debole, lunico che rende possibile una comunicazione libera. In questa debolezza si manifesta la potenza dei suo Spirito (1Cor 2,4). che si convertissero. In questa parola conversione sta il centro di ogni annuncio. Il modo di essere dei Dodici mostra da che e a chi convertirsi. Forse non ci sono molte altre parole da dire agli uomini se non che si convertano dal loro male al Signore. v. 13 e scacciavano molti demoni. Il loro annuncio accompagnato dal potere che la Parola ha di vincere lo spirito di menzogna. e ungevano di olio molti infermi e li curavano. Non risulta che Ges usasse lolio, a differenza dei suoi discepoli (cf Gc 5,14), che ne continuano lazione. Non certo lolio a guarire, n lacqua a liberare dal peccato, n il pane o il vino a dare la vita nuova, ma il nome del Signore e la sua parola pronunciata su questi elementi. Essi sono segni sacramentali con cui Ges significa e opera la salvezza per chi ha fede nella sua parola. 3. Esercizio 1.. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo, osservando il luogo: vedo Ges che gira attorno per i villaggi insegnando. 3. Chiedo ci che voglio: chiedo al Padre di mettermi con il Figlio, associandomi alla sua stessa missione in povert e gratuit, se a lui piace. 4. Traendone frutto, vedo, ascolto e guardo le persone: chi sono, che dicono, che fanno. Da notare: insegnare chiamare inviare potere sugli spiriti portare nulla annunziare conversione

4. Passi utili: Am 7,12-15; Sal 147,12-20; Mc 1,16-20; 3,13-19; At 3,1-10.

30. LEVARONO LA SUA SPOGLIA E LA DEPOSERO IN UN SEPOLCRO


(6,14-29)
14

E ud il re Erode, poich il suo nome era diventato noto, e diceva: Giovanni Battista risorto dai morti! Per questo operano in lui le potenze. 15 Altri dicevano: Elia. Altri ancora dicevano: Un profeta, come uno dei profeti. 16 Ma Erode, udito, diceva: Quel Giovanni che io decapitai, questi risorto. 17 Lo stesso Erode infatti aveva mandato a prendere Giovanni, e lo leg in prigione, a causa di Erodiade, moglie di Filippo suo fratello, perch laveva sposata. 18 Diceva infatti Giovanni a Erode: Non ti lecito tenere la moglie di tuo fratello. 19 Ed Erodiade ce laveva con lui, e voleva ucciderlo e non poteva. 20 Infatti Erode temeva Giovanni, sapendolo uomo giusto e santo, e lo preservava, e, ascoltandolo, restava molto perplesso, e lo ascoltava volentieri. 21 E venne il giorno propizio, quando Erode, per il suo anniversario i di nascita, fece un banchetto per i suoi grandi, gli ufficiali e i primi della Galilea, 22 ed entrata la figlia della stessa Erodiade e avendo danzato, piacque a Erode e ai commensali.

Ora il re disse alla ragazza: Domandami ci che vuoi, te lo dar. 23 E le giur: Ci che mi domanderai, te lo dar: anche la met del mio regno. 24 E, uscita, disse a sua madre: Che chieder? Ora quella disse: La testa di Giovanni Battista. 25 Ed entrata subito in fretta dal re, domand dicendo: Voglio che qui ora mi dia su un piatto la testa di Giovanni Battista! 26 E, rattristatosi il re per il giuramento e per i convitati, non volle rifiutare a lei. 27 E subito il re, inviando una guardia, ordin di portargli la sua testa. 28 E venne e lo decapit nella prigione, e port la sua testa su un piatto , e la diede alla ragazza, e la ragazza la diede a sua madre. 29 E, avendo udito i suoi discepoli, vennero, e levarono la sua spoglia, e la deposero in un sepolcro. 1. Messaggio nel contesto Levarono la sua spoglia, e la deposero in un sepolcro Con queste parole termina la storia di Giovanni, presagio di quella del Signore. Il racconto fu occasionato dalla domanda su chi Ges. Linvio in missione ha suscitato in giro il problema della sua identit. E il tema centrale di Marco, che trover una prima risposta alla fine della sezione dei pani. Infatti egli riconoscibile solo nel pane, memoriale della sua morte e risurrezione. Questo brano ci dice innanzitutto perch non lo si riconosce. Erode non pu intendere la Parola, perch ha spento la voce che la proclama. Luccisione del Battista la consumazione del peccato. Ultimo dei profeti, egli denuncia ladulterio del popolo - impersonato dal suo re che non ama il Signore, suo sposo. Chi, invece di convertirsi alla sua parola, preferisce fame tacere la voce, si toglie la possibilit stessa di conversione. Chi non pratica la giustizia, e non disposto a cambiar vita, non pu cercare i1 Signore e pretendere di trovarlo. Gli rimane una fame e sete di verit inappagate. il terribile silenzio di Dio (cf Am 8,11 s). E

Dio tace, solo perch non vuole e non pu condannare. Ma il suo silenzio lannuncio pi forte del nostro peccato e della sua misericordia. Inoltre questo brano, posto dopo linvio in missione, indica il destino del testimone. In greco testimone si dice martire. Il termine significa uno che si ricorda - si ricorda della sua missione anche a costo della vita. La sorte di Giovanni prelude quella di Ges e di quanti saranno inviati. Pu sembrare poco confortante. Ma luomo deve comunque morire. La differenza tra morte e martirio sta nel fatto che la prima la fine, il secondo il fine di una vita. Il martire infatti testimonia fin dentro e oltre la morte lamore che sta a principio della sua vita. Infine il banchetto di Erode nel suo palazzo fa da contrappunto a quello imbandito da Cristo nel deserto. Il primo ricorda una nascita, festeggiata con la morte; il secondo prefigura il memoriale della morte del Signore, festeggiato come dono della vita. Gli ingredienti del primo sono ricchezza, potere, orgoglio, falso punto di onore, lussuria, intrigo, rancore e ingiustizia - il tutto affogato nella salsa di una coscienza infelice, perplessa, ambigua, debole e, alfine, svenduta, con il macabro piatto finale di una testa mozzata in mano a una fanciulla. La storia mondana non altro che una variazione, monotona fino alla nausea, di queste vivande velenose. Il pasto del Signore invece ha la semplice fragranza del pane, che riempie la sera fresca di un deserto che fiorisce - amore che si dona e germina in condivisione e fraternit. In sintesi: Giovanni, di cui si dice che morto e risorto, il preannuncio del destino di Ges, che lo stesso dei suoi apostoli appena inviati. quello del seme, gi illustrato nelle parabole, che costituir loggetto della Parola nella seconda parte del vangelo. Nella missione si compie la comunione piena con Ges: con lui si partecipa alla sua stessa compassione per il male del mondo, e in lui e come lui si diventa pane di vita per gli altri. Lapostolo perfetto il martire, che giunge allidentit col suo Signore. Erode, scambiando Ges con il Battista, dice senza saperlo una grande verit. Anche Paolo, perseguitando i cristiani, si sentir dire da Cristo: Perch mi perseguiti? (At 9,4 s). Lui stesso affermer poi di compiere in s a favore dei fratelli ci che ancora manca alle sofferenze di Cristo (Col 1,24). Ges, attraverso la figura del Battista, ci presentato come il risorto, santo e giusto, ucciso ingiustamente. il primo annuncio della sua morte e risurrezione, scritto non con parole, ma con il sangue del testimone. Il discepolo, inviato a testimoniare in povert, avr la stessa sorte del Battista, vivendo cos il mistero fecondo del seme che sparge. Per prima deve riconoscersi rispecchiato in Erode e nel vari personaggi di contorno, che raffigurano le sfaccettature del male che abita nel suo cuore, causa delluccisione del Giusto. 2. Lettura del testo v. 14 E ud il re Erode. La missione dei Dodici rende noto Ges, perch tutti si interroghino su di lui e si lascino alfine da lui interrogare. e diceva.- Giovanni Battista risorto, ecc. (cf 8,28). La confessione di Erode un aborto che anticipa quella di Pietro (8,29). Chi Ges? La sua conoscenza deve farsi strada tra il nostro peccato e i nostri pregiudizi religiosi, tra Erode che lo uccide e gli altri che si fanno la domanda e si danno la risposta. La risposta verr quando accetteremo che lui ci interroghi e ci metta in questione (cf 8,27 ss). Non c risposta per chi uccide o non ascolta il profeta che annuncia la parola di Dio; non c dialogo per chi, volendo rispondersi da s, rimane in un vuoto soliloquio sul gi noto.

v. 15 Altri dicevano.- Elia (cf 8,28). La figura di Elia, padre dei profeti, importante: lultimo inviato prima della venuta del Signore (Ml 3,23s). Ges dir che gi venuto nel Battista (9,11 ss; cf 1,2). Un profeta, come uno dei profeti (cf 8,28). Tutte queste risposte religiose hanno in comune la tendenza a identificare colui che vivo con uno che gi morto. Anche i discepoli lo cercheranno tra i morti (Lc 24,5), e lo scambieranno per un fantasma (v. 49). Luomo non pu dare altre risposte se non quelle che rientrano nella sua memoria del passato; e questa non pu essere che di morte. Per questo ogni nostra risposta non pu raggiungere Dio, presente e vivente. v. 16 Erode diceva.- Quel Giovanni che io decapitai, questi risorto. Erode, anche se con paura come cattiva notizia - enuncia il tema fondamentale del vangelo: la risurrezione. Descritto con tutti i suoi sentimenti ambigui, figura di ogni uomo, che alla fine fa il male che non vuole, travolto nel vortice di un gioco che gli prende la mano. v. 17 aveva mandato a prendere Giovanni e lo leg. Come Ges, preso e legato (1 4,44-46; 15,1). a causa di Erodiade. Il peccato del re fu di adulterio, figura di quello di tutto il popolo, che andato dietro gli idoli invece che al suo sposo. Questa figura femminile come lanima nera di Erode. La donna il simbolo della sapienza, che pu capovolgersi nel suo opposto. v. 18 Non ti lecito, ecc. Non legalismo, n semplice condanna. La profezia sempre denuncia del peccato e appello alla conversione. Il profeta vuol salvare il peccatore per amore del quale espone la propria vita. Il Battista, ingiustamente ucciso per la giustizia e per il bene che fa allingiusto col suo richiamo, figura di Ges - il giusto che muore per gli ingiusti. v. 19 Erodiade ce l'aveva con lui. Questo rancore la vera causa della morte del Battista, come linvidia sar la causa della morte di Ges (15,10). v. 20 uomo giusto e santo. Come Ges (cf At 3,14). Giusto chi compie la volont di Dio; santo chi gli appartiene. ascoltandolo, restava molto perplesso, e lo ascoltava volentieri. interessante questo ascolto di chi non disposto a cambiare. Egli finisce, contro coscienza, per perpetrare ogni crimine, anche quello che non vuole. Non spesso cos il nostro ascolto? Ci piace e ci lascia perplessi. Ma ci decidiamo ad ascoltare ci che udiamo? Anche se non accolta, la Parola sempre utile: toglie lalibi della buona fede, rendendo possibile la conversione. vv. 21 ss venne il giorno propizio. Il giorno della nascita di Erode sar quello della morte di Giovanni, che, nello stesso giorno, nasce come testimone. Il giorno di nascita dei martiri quello della loro morte, in cui si identificano totalmente con la vita nuova che testimoniano. Il banchetto di Erode e dei suoi grandi uno spaccato tragico del mondo - danza folle di una fanciulla goduta a vista, con la movenza finale di una testa sanguinante. Erode, Erodiade e figlia, con lo sfondo di grandi ufficiali e notabili, giocati dal gioco del mondo, sono la risposta che questo d al messaggio di Ges e dei suoi inviati. Con tale inizio, si preannuncia uno scontro drammatico.

v. 26 rattristatosi il re non volle rifiutare. Analogo atteggiamento avr Pilato. I potenti, impotenti a fare il bene che vorrebbero, sono capaci solo, per orgoglio e vigliaccheria, di fare il male che non vorrebbero. Sono in balia di una forza pi grande di loro. v. 28 la diede. Anche il corpo di Ges sar dato. alla ragazza. lo stesso nome con cui Ges chiama la fanciulla che risvegli prendendola per mano (5,41). v. 29 levarono la sua spoglia e la deposero in un sepolcro. Lo stesso accadr a Ges, il seme che germiner in pane di vita. 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo, osservando il luogo: vedo la sala del banchetto di Erode e la prigione Giovanni. 3. Chiedo ci che voglio: amare il Signore e la sua parola pi della mia vita, ricordandomi che chi vorr salvare la propria vita la perder, chi perder la sua vita per lui e levangelo, la salver. 4. Traendone frutto, vedo, ascolto e guardo le persone: chi sono, che dicono, che fanno. Da notare: Battista Elia/profeti risorgere uccidere banchetto, danza testa (del profeta) spoglia sepolcro

4. Passi utili: Am 8,4-12; 2Cr 36,15 ss; Eb 11,36 ss; Sal 22.

31. VENITE VOI SOLI IN DISPARTE


(6,30-33)
30

E si radunano gli apostoli davanti a Ges, e gli narrarono tutto quanto fecero e quanto insegnarono. 31 E dice loro: Venite voi soli in disparte in luogo deserto, e riposatevi un poco. Erano infatti molti che andavano e venivano,

e neppure di mangiare avevano tempo. 32 E se ne andarono nella barca in un luogo deserto in disparte. 33 E li videro partire, e li riconobbero molti e via terra da tutte le citt concorsero l, e li precedettero. 1. Messaggio nel contesto Venite voi soli in disparte, dice Ges ai suoi che rientrano dalla prima semina, per condurli sul posto dove dar il pane. Nella sinagoga (= riunione) al centro sta la Parola; qui al centro sta colui che li ha inviati, e ora li invita in solitudine, nel deserto. Sar la nuova sinagoga, popolo riunito per ascoltare la sua parola e ricevere il suo cibo. Questo brano redazionale il preludio immediato che inquadra e d la chiave interpretativa per la moltiplicazione dei pani. Ci dice le caratteristiche di fondo della Chiesa, che in stretta connessione con leucaristia. Infatti leucaristia fa la Chiesa, e la Chiesa fa leucaristia. La comunit dei discepoli innanzitutto costituita dal riunirsi davanti a Ges, unico referente di tutti e di ciascuno. La missione, come parte da lui, cos porta a lui, senza distogliere da lui, anzi conducendo a lui gli altri. In questa riunione o sinagoga c un confronto di ci che si fa e si dice con quanto lui ha fatto e detto (At 1,1), misura di tutto. La nostra profezia il ricordo di lui, compimento di ogni promessa. In questo dialogo con la Parola sentiamo linvito al deserto, ossia allesodo, per trovare il vero riposo, in intimit con lui, che ci comunica il suo segreto. Sar l'eucaristia, dove mangiamo e viviamo con lui e di lui, insieme a tutti quelli che lo vorranno seguire. Ges colui che chiama allesodo e invita al deserto. La legge e la manna saranno la sua parola e il suo pane. I discepoli, chiamati per essere con lui ed essere inviati, diventano una comunit che fa di lui il centro del proprio agire, pensare e parlare. Nel confronto con lui percepiscono il suo invito al deserto, dove, nella solitudine con lui, Parola fatta pane, troveranno il loro cibo. 2. Lettura del testo v. 30 si radunano gli apostoli davanti a Ges. La missione non una fuga o unevasione. Non ha come fine landata, ma il ritorno, perch ha nel Signore il suo cuore. e gli narrarono tutto quanto fecero e quanto insegnarono. Il dialogo con lui, al quale raccontano e sul quale commisurano tutto, ci che li fa Chiesa. Lui, con ci che ha fatto e ha detto, e che il vangelo ci narra (cf At 1,1), la pietra di paragone di quanto noi facciamo e diciamo. v. 31 Venite voi soli in disparte. Chi si confronta con la Parola, sempre invitato a entrare pi profondamente nel mistero. In 4,10.34 Ges spiegava ai suoi, in solitudine appartata, il segreto del

Regno. Ora d loro il suo pane. Questo invito analogo a quello di Mt 11,28: Venite a me, voi tutti che siete stanchi e affaticati, ecc.. Al giogo della legge sostituir quello della conoscenza e dellamore reciproco tra Padre e Figlio, che lui venuto a offrirci col suo pane. in luogo deserto. Sar al di l del mare, sullaltra sponda rispetto a dove noi siamo. Ges chiama a un nuovo esodo, e attira i suoi nel deserto, per parlare al loro cuore. L conosceranno chi il Signore (cf Os 2,16-22). e riposatevi. Il riposo la terra promessa, immagine di ci che Dio ha veramente promesso: lui stesso. Solo in lui troviamo casa. Altrove siamo sempre esuli, fuggiaschi o pellegrini. Erano molti che andavano e venivano (cf 2,2; 5,31). La folla un impedimento a questa intimit, a meno che si decida a seguirlo nel deserto. neppure di mangiare avevano tempo. Come in 3,20. Uscire da questa folla non suona n disprezzo n menefreghismo: vivere la propria dignit di persona - interlocutore privato di Dio. il miglior aiuto che possiamo dare allaltro, esempio a fare altrettanto (cf v. 33). v. 32 se ne andarono nella barca in un luogo deserto in disparte. Questo dettaglio, ripetuto, completa la vita dellapostolo: con lui, inviato da lui, e torna a lui per trovare uno spazio di silenzio, in solitudine con lui. Qui egli ritrova se stesso, la pienezza della propria vita da cui scaturisce la sua missione. v. 33 li videro partire / li precedettero. Il loro ritiro con Ges la parte pi fruttuosa di tutta la loro attivit apostolica: causa lesodo di manipoli di messe, ormai matura per diventare popolo attraverso la parola e il pane (cf anche 3,7 ss). 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo, osservando il luogo dove i discepoli raccontano a Ges sulla loro missione, prima a terra e poi in barca. 3. Chiedo ci che voglio: confrontare con lui ci che faccio e dico, e accettare il suo invito allintimit con lui. 4. Traendone frutto, vedo, ascolto e guardo le persone: chi sono, che dicono, che fanno. Da notare: riunirsi davanti a Ges disparte ci che fecero ci che insegnarono luogo deserto riposare mangiare

4. Passi utili: Es 19; Ger 15,16-19; Ap 3,20.

32. ALZATI GLI OCCHI AL CIELO, BENEDISSE E SPEZZ I PANI, E LI DAVA


(6,34-44)
34

E uscito vide molta folla, ed ebbe compassione di loro, poich erano come pecore che non avevano pastore, e cominci a insegnare loro molto. 35 Ed essendo gi lora tarda, i suoi discepoli, avvicinatisi a lui, dicevano: Deserto il luogo e lora gi tarda; 36 rimandali, perch, andando nei campi e villaggi intorno, si comprino di che mangiare, 37 Ed egli rispondendo loro disse: Voi stessi date loro da mangiare. E gli dicono: Andremo a comperare duecento danari di pane, e daremo loro da mangiare?! 38 E dice loro: Quanti pani avete? Andate a vedere! E, informatisi, dicono: Cinque, e due pesci. 39 E ordin loro di far sdraiare tutti, a gruppi e gruppi sullerba verde. 40 E si adagiarono ad aiuole ed aiuole di cento e di cinquanta. 41 E, presi i cinque pani e i due pesci, alzati gli occhi al cielo, benedisse e spezz i pani, e li dava ai discepoli che li porgessero loro, e i due pesci divise tra tutti. 42 E mangiarono tutti, e furono sazi, 43 e levarono di frammenti un pieno di dodici ceste, e anche dai pesci. 44 Ed erano quelli che mangiarono (i pani) cinquemila uomini.

1. Messaggio nel contesto Alzati gli occhi al cielo, benedisse e spezz i pani e li dava. Sono le parole dei memoriale eucaristico (14,22s), punto darrivo di ogni missione, in cui riceviamo quel pane che il Figlio e ci fa figli. Questa sezione di Marco vuoi portare a superare la sordit e cecit, per riconoscere il Signore nelleucaristia. Il seguito del vangelo sar tutto un confronto tra la Chiesa e questo pane, e avr come culmine la contemplazione di un Dio crocifisso, oggetto dellannuncio che ci fa rinascere (battesimo) e cibo che alimenta la vita nuova (eucaristia). Questo brano inizia dichiarando la sorgente del dono del Signore. la sua compassione, la sua hesed essenza recondita di Dio, che lo porter a dare la vita per noi. La scena si svolge nel deserto, dove il popolo ricevette le dieci parole, la manna, le quaglie e lacqua. Ora il nuovo popolo riceve la Parola stessa che si fa suo nutrimento e vita. Il racconto contrappone due economie, due maniere diverse di amministrare la propria esistenza. Quella delluomo, che vive di ci che ha o compera, e quella di Dio, che vive e fa vivere di ci che d, in perfetta gratuit. C un pane - i discepoli ce lhanno e non lo sanno - che si moltiplica dividendolo e pu saziare le moltitudini. Il racconto, chiamato moltiplicazione, parla in realt di una condivisione. Proprio cos nasce lunico pane che sazia e basta per tutti. Il tema centrale del brano mangiare. Mangiare significa vivere. misteriosamente vero che luomo ci che mangia. La Sapienza dice: Mangiate senza denaro e senza spesa. Perch spendete denaro per ci che non pane, il vostro patrimonio per ci che non sazia? Venite a me, ascoltate e voi vivrete (Is 55,1 ss passim). Leucaristia non la commemorazione di un evento passato, bens novit di vita filiale e fraterna. Chi mangia di me, vivr per me (Gv 6,57), dice Ges. Il suo pane lui stesso, come lui stesso la sua parola: in quanto parola ci fa vedere il mistero di Dio, in quanto pane ce lo fa vivere. Sullo sfondo c il ricordo dellesodo con il dono della manna e il i miracolo di Eliseo (2Re 4,42 ss). Ges, che dona la parola e il pane, Parola e Pane. Vivendo di lui, viviamo la pienezza di vita che ci stata promessa. Il discepolo mangia di questo pane. Il banchetto che Ges imbandisce nel deserto, ben diverso da quello di Erode nel palazzo, lo fa passare da unesistenza morta - chiusa nellegoismo e amministrata dalla brama di avere, potere e apparire - a una vita nuova nellamore, sotto il segno del dono e del servizio in umilt. Fa parte di un popolo nuovo, che ha le caratteristiche del pane che mangia. 2. Lettura del testo v. 34 vide molta folla, ed ebbe compassione di loro. La compassione o misericordia non un attributo di Dio. Dio stesso, nel pi profondo del suo abisso di amore gratuito, che verr alla luce sulla croce. Questa compassione lorigine del pane - la sua vita data per noi peccatori. erano come pecore che non avevano pastore. Mos cos preg per il suo popolo sbandato: Il Signore, il Dio della vita in ogni essere vivente, metta a capo di questa comunit un uomo che li preceda nelluscire e nel tornare, perch la comunit del Signore non sia un gregge senza pastore (Nm 27,16 s). Ges si candida pastore non per desiderio di potere, ma perch agnello immolato, che d la sua vita per

le pecore (Gv 10,11). Secondo la promessa, Dio stesso si fa pastore del suo popolo (Ez 34,1 ss). Quando lui sar percosso e i suoi si sperderanno, egli assicura che non li abbandoner, ma li preceder sempre con un amore pi forte della morte. Il pane appena dato ne il pegno (14,27). cominci a insegnare loro molto. Il primo pane che d, la sua parola. Infatti non di solo pane vive luomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio (Dt 8,3). Il cibo materiale, presto o tardi, verr meno, come la stessa vita. Ma la sua parola e la sua fedelt dura in eterno. Questo lungo insegnamento allude allabbondante catechesi che precede leucaristia: il banchetto della Parola precede quello del Pane. Senza quello, questo non conosciuto; e quindi n desiderato n accolto per quello che . Lo cercheremmo solo per sfamarci, come fece la folla (Gv 6,26). Non date le perle ai porci (Mt 7,6)! v. 36 si comprino di che mangiare. I discepoli, come tutti, sono chiusi nella legge ferrea del possedere e del comprare. Pensano che al massimo uno pu dare quello che ha. Dette le belle parole, vogliono rimandare la folla - dalla quale poi non vorranno staccarsi. v. 37 Voi stessi date loro da mangiare. un imperativo. Ora la Parola deve farsi Pane. I discepoli sono chiamati a dare, come ha fatto Ges, passando dalleconomia del possesso a quella del dono. Quella produce fame e morte, questa genera saziet e vita. Andremo a comperare duecento danari di pane? I discepoli restano nel loro orizzonte. Non capiscono la proposta di Ges, e pensano di dover comperare pane. Hanno buona volont. La loro una carit disponibile e oculata, pronta a pagare calcolando i costi. Ma il punto un altro. Questo pane esiste senza comperarlo. Ce lha dato Ges: lui stesso e la sua capacit di donare. I discepoli per non sanno di averlo e non ne conoscono ancora il potere. Solo dandolo ce lhanno; e pi ne danno pi ne hanno. Ma se lo tengono, ne sono privi. v. 38 Andate a vedere. Lui sa che c, e ordina di andare a vedere. Noi, nella nostra superficialit, non lo vedremmo. Cinque, e due pesci. A noi, anche quando lo vediamo, sembra poca cosa. Ma cinque pi due fa sette, numero perfetto. La nostra povert, il poco che abbiamo, passando per le mani del Signore, diventa nella condivisione abbondanza per tutti. v. 39 ordin loro di far sdraiare tutti. un ordine, perch ai discepoli pare una cosa insensata. Si pu forse sfamare un popolo nel deserto (Sal 77,19)? Ma il Signore ha preparato per tutti i popoli il suo banchetto. E in quel giorno si dir: Ecco il nostro Dio (Is 25,6-9). a gruppi sull'erba verde. Il gregge disperso diventa un popolo ordinato (cf Es 18,25; Nm 31,14), sotto la guida del pastore che porta ai pascoli verdeggianti (Sal 23). Davanti al Signore, esulta e fiorisce la steppa (Is 35,1). Quando si passa dalleconomia del possesso a quella del dono, questo mondo, da deserto (v. 35), diventa terra promessa. Si torna allEden, il giardino dei figli. v. 40 si adagiarono ad aiuole. Le persone si sdraiano, cadendo sullerba verde quasi petali colorati; e ogni gruppo paragonato ad unaiuola fiorita. v. 41 E, presi i cinque pani, ecc. Sono le parole del memoriale del Signore morto e risorto, nellattesa del suo ritorno. Ges prende dalla terra il pane e dallabisso il pesce. Ma tiene il suo occhio verso il cielo, rivolto al Padre. Il suo prendere non un possedere, ma un ricevere in dono, benedicendo colui

che d ogni bene, e donando a sua volta. Il pane spezzato il suo corpo, dato per noi sulla croce (14,22 s). e li dava ai discepoli. Questo verbo allimperfetto. Indica unazione continua, in cui il Signore prosegue a dare il pane spezzato una volta per tutte. che li porgessero. I discepoli offrono il pane che sgorga da Ges. Ogni nostro amore e condivisione verso gli altri ha in lui la propria sorgente. e i due pesci divise tra tutti. Il pesce, che vive nellabisso, divenne presto simbolo di Cristo, il vivente oltre la morte. La parola greca ichths (pesce) lanagramma delle iniziali in greco dellespressione Ges Cristo, Figlio di Dio, Salvatore. v. 42 E mangiarono tutti. Mangiare vivere. Tutti vivono di questo pane. e furono sazi. Tutti gli altri pani non danno la vita e non saziano. Sono pani di maledizione, sudati nel duro lavoro (Sal 127,2; cf Gn 3,19). Questo invece il pane di benedizione, il dono del Padre ai figli, condiviso dai fratelli. Solo lamore pane che sazia. Oggi abbiamo sovrabbondanza di pane che non fa che aumentare la fame. v. 43 e levarono dodici ceste. Il numero dodici indica totalit: dodici sono gli apostoli, le trib dIsraele e i mesi dellanno. Questo pane che sembrava cos poca cosa, sazia tutti e non finisce mai. Cresce a chi lo sottrae a s, si moltiplica per chi lo divide, e chi pi ne d pi ne ha, avanzandone per tutti e per sempre. lamore, che non avr mai fine (1Cor 13,8). A differenza della manna, va raccolto, perch non perisce. il pane di vita eterna (cf Gv 6,48-59). v. 44 Ed erano quelli che mangiarono cinquemila. Mangiare questo pane significa vivere di Ges e come lui. Cinquemila appunto il numero della comunit primitiva (At 4,4), della quale si dice che viveva nella quotidianit ci che celebrava nelleucaristia. La vita del Figlio, data per loro, diventava lode del Padre e condivisione coi fratelli (cf At 2,42-48; 4,32-35). 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo, osservando il luogo: nel deserto, che alle piogge primaverili si ammanta di verde. 3. Chiedo ci che voglio: capire e gustare questo pane che il Signore offre. 4. Traendone frutto, vedo, ascolto e guardo le persone: chi sono, che dicono, che fanno. Da notare: compassione pecore/pastore ora tarda deserto comperare da mangiare dare da mangiare pane levare gli occhi benedire spezzare dare offrire essere sazi dodici ceste

4. Passi utili: 2Re 4,42-44; Is 25,6 ss; 55,1-3; Sal 23; 145; At 2,42-48; 4,32-37.

33. CORAGGIO, IO SONO, NON TEMETE!


(6,45-56)
45

E subito costrinse i suoi discepoli a entrare nella barca e a procedere di l, verso Betsaida, mentre lui rimanda la folla. 46 E, separatosi da loro, se ne and sul monte a pregare. 47 E, fattasi sera, la barca era in mezzo al mare e lui solo sulla terra. 48 E vedendoli provati nel remare, infatti il vento era loro contrario, sulla quarta veglia della notte, viene verso di loro camminando sul mare, e voleva oltrepassarli. 49 Essi, vedendolo camminare sul mare, pensarono che era un fantasma, e alzarono un grido. 50 Tutti infatti lo videro e furono turbati. Ora egli subito parl con loro e dice loro: Coraggio, Io Sono, non temete! 51 E sal da loro nella barca e cadde il vento. E rimanevano in s oltremodo stupiti. 52 Infatti non avevano capito il fatto dei pani, ma il loro cuore era indurito. 53 E, attraversato, approdarono a Genezaret e ormeggiarono. 54 E, usciti dalla barca, subito lo riconobbero, 55 e corsero per tutta quella regione, e cominciarono a portargli in barelle quelli che stavano male, ovunque udivano che si trovasse. 56 E, ovunque arrivava, in villaggi o citt o campagne,

mettevano i malati sulle piazze, e lo pregavano di toccargli almeno la frangia del vestito. E, quanti lo toccavano, erano salvati. 1. Messaggio nel contesto Coraggio, Io Sono, non temete!, dice Ges al discepoli che lo credono un fantasma. Non hanno capito il fatto dei pani, perch hanno il cuore indurito, commenta levangelista. Per questo non sanno riconoscere in colui che cammina sul mare lo stesso Ges che ha dormito in esso (4,38). Questo brano ci dice lidentit misteriosa del pane. il Signore che appare ai suoi come il Dio creatore e liberatore, dominatore del caos e salvatore dallabisso. Egli si manifesta dicendo il Nome rivelato a Mos: Io Sono (Es 3,14). Essi vedono la gloria di JHWH sulle acque, e il suo sentiero rimase invisibile (Sal 77,20). Dopo le parabole ci fu una prova per verificare se avevano capito la Parola - il Cristo che dormendo agisce, come il chicco che morendo porta frutto (4,35 ss). Ora, dopo il cibo del deserto, c questa prova per verificare se hanno capito il Pane - il Signore crocifisso e risorto, vincitore della morte che credeva di averlo vinto. Ma i discepoli non sanno discernere il corpo di Cristo (1Cor 11,29). Il vangelo, ovviamente, scritto per quella barca che la Chiesa. Essa, in assenza dello Sposo, chiamata a riconoscerlo presente e operante nel pane che spezza in sua memoria. Leucaristia non semplice condivisione e fraternit - un amore vago e indefinito, un fantasma che ricorda il caro estinto! Il pane, per la sua parola nellultima cena, lui stesso, il Signore che si dona totalmente a noi nel suo amore. Per fede lo riconosciamo in tutta la sua potenza salvifica, e in lui e per lui la nostra vita diventa un s al Padre e ai fratelli. Questo dono e questa risposta di amore non sono unillusione. Io Sono, JHWH. Infatti Dio amore, e chi sta nellamore, dimora in Dio e Dio dimora in lui (1Gv 4,16). Capire il pane significa nutrirsi di Cristo, assimilati a lui, Figlio del Padre e fratello di tutti. Chi mangia questo pane dimora in me ed io in lui, dice Ges (Gv 6,56). Noi siamo in lui e lui in noi, in unidentica vita e in un unico Spirito, che ci pone a servizio gli uni gli altri, lavandoci reciprocamente i piedi e amandoci come lui ci ha amato. I discepoli sulla barca sono in difficolt perch non hanno capito questo (v. 52). Il motivo la durezza di cuore, le cui cause verranno dette in seguito. Il fatto dei pani non capito dovunque si celebra leucaristia senza lascolto, lobbedienza, lamore, la condivisione e la lode di cui testimonia la prima comunit di Gerusalemme (At 2,42-48). Ai discepoli fa da contrasto la folla. Subito riconosce il Signore, lo tocca con fede ed salva. Ges il Signore creatore e salvatore. Io Sono, sempre con i suoi, anche dopo aver dormito sulla barca ed essersi assentato da solo sul monte. La loro fatica e difficolt dipende dal fatto che non lo riconoscono nellunico pane (8,14). Dando corpo alle loro fantasie, scambiano il suo stesso corpo per un fantasma. I discepoli sono sulla barca, ossia la Chiesa. Di notte, in mezzo al mare, in sua assenza e con vento contrario, non riescono a raggiungere laltra sponda. La loro forza il Signore. Al suo apparire, subito si fa giorno, cessa il vento e arrivano. Il seguito della sezione sar diagnosi e terapia della sordit e cecit del nostro cuore, che ci impedisce di riconoscerlo nel pane.

2. Lettura del testo v. 45 subito costrinse i suoi discepoli. I discepoli prima volevano licenziare la folla per non deluderla. Ora non vogliono pi staccarsene, e sono delusi che il Signore non li tenga con s a mietere il successo. Gv 6,15 dice che volevano farlo re. Che piacere per loro e che opportunit per lui! la tentazione del pane, attraverso cui conquistare il potere. Ma Ges ha gi smascherato e vinto satana nei quaranta giorni di lotta. Ora costringe con forza i suoi discepoli recalcitranti a imbarcarsi, per evitare loro di cadere nella trappola. Ancora qualche moltiplicazione di pane, e avrebbero conquistato la folla- poi avrebbero potuto trionfalmente marciare su Gerusalemme e, finalmente, instaurare il Regno! rimanda la folla. Non impossibile che Ges abbia rimandato la folla chiarendo lequivoco con parole dure, come Giovanni riferisce che fece il giorno dopo a Cafarnao. Questo linguaggio duro, chi pu intenderlo?, gli diranno (Gv 6,60). Essi infatti lo cercano non perch hanno capito il segno, ma perch desiderano il pane (Gv 6,26). Vogliono il dono e non il donatore. Non sanno che lui stesso il dono! v. 46 se ne and sul monte a pregare. Marco ci presenta tre volte Ges in preghiera notturna, e sempre in momenti di prova. A Cafarnao ci fu il primo disaccordo coi discepoli (1,35 ss): qui, sul lago, diventa loro irriconoscibile; pi tardi, sul monte degli Ulivi, sar abbandonato da tutti (14,32 ss). La solitudine sul monte, in dialogo col Padre, gli d luce e forza per proseguire la sua scelta battesimale, quella del Figlio prediletto. Ma lo separa abissalmente da noi. v. 47 fattasi sera, la barca, ecc. notte. I discepoli sono in balla delle onde. Il Signore assente, in una distanza inaccessibile, sul monte, vicino al Padre. E noi ci sentiamo abbandonati, nel vano tentativo di raggiungere con le nostre forze la sponda alla quale lui ci ha inviati. v. 48 vedendoli provati nel remare. Lui vede la nostra fatica. Da soli non ce la facciamo. Ma lui dov? Quandera con noi, dormiva (4,35 ss): ora, peggio, sta lontano. Ma lui veglia, come unaquila la sua nidiata (Dt 32,11). il vento era contrario. Il vento (= spirito) contrario causa della fatica improba e inutile. I discepoli, pur avendo mangiato il suo pane, sono ancora sotto la spinta dello spirito opposto, quello del mondo. sulla quarta veglia della notte. lultima parte della notte, dalle tre alle sei del mattino. il buio pi pieno, prima dei bagliori antelucani. lora della stanchezza e della disperazione, soprattutto per chi ha vegliato e faticato tutta la notte. Sar anche lora della risurrezione. viene verso di loro. Il Signore interviene solo quando noi diciamo: Basta. Non pu farlo prima, solo perch noi non glielo permettiamo. Comunque certo che ci viene sempre incontro. Sa che senza di lui non possiamo fare nulla (Gv 15,5). camminando sul mare. La volta precedente, nel suo sonno in barca, andava a fondo; ora, nel suo vegliare, cammina sullacqua. unimmagine della vittoria sulla morte e sullabisso, frutto del suo dormire, apparente sconfitta. voleva oltrepassarli. la gloria di Dio, che va oltre (Es 33,22); il Signore che passa, e salva i suoi (Es 12,13).

v. 49 pensarono che era un fantasma. Lo credono lo spettro di un morto, uno spirito, unillusione, come nel giorno di pasqua (Lc 24,39). alzarono un grido. Hanno terrore mortale. v. 50 Tutti lo videro. Come il Signore risorto, visto ma non riconosciuto. La paura chiude gli occhi e proietta sulle palpebre le sue fantasie scambiate da noi per realt. Coraggio. il contrario della paura, che gi una volta hanno avuto in barca (4,38). Io Sono. il nome JHWH, con cui Dio si rivel a Mos (Es 3,14). non temete. Luomo non conosce Dio e da sempre ha paura di lui, che sempre gli dice: Non temere. v. 51 sal da loro nella barca. In sua assenza tutto sembrava finito. Ma ora con loro, come colui che rimasto da solo con il Padre, ed venuto loro incontro camminando sul mare. cadde il vento. La sua presenza fa tacere automaticamente lo spirito contrario. v. 52 noni avevano capito il fatto dei pani. la spiegazione che levangelista d per la sua Chiesa. Essa si trova in difficolt nel suo viaggio perch non ha capito che il pane che Ges le d lui stesso. Leucaristia la forza del suo cammino, nella misura in cui riconosce in essa il suo Signore morto e risorto, mangiando e vivendo di lui, che ha vissuto per il Padre e per i fratelli. Chi ne fa un semplice rito, non discerne il corpo del Signore (1Cor 11,29). Ritenendolo un fantasma, invece della potenza della fede, sperimenta lillusione e la delusione della magia. il loro cuore era indurito. La prerogativa dei nemici di Ges passa ora ai discepoli (cf 3,5; 8,17). Il cuore indurito sar causa della sua morte. Ma proprio cos il seme diventer pane, cibo di misericordia per tutti. Il brano seguente parler di questo cuore calcificato, di pietra (cf Ez 36,26). v. 53 E, attraversato, ecc. Con lui si approda subito! v. 54 E subito lo riconobbero. A differenza dei discepoli! v. 55 e corsero, C un mare di miseria che si riversa su Ges, abisso di misericordia. v. 56 quanti lo toccavano, erano salvati. Ritorna il tema del toccare che salva (c. 5). 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo, osservando il luogo: sul mare, nellora pi fonda della notte; e poi sulla riva del lago. 3. Chiedo ci che voglio: donami, Signore, un cuore di carne, perch ti riconosca nel pane che mi hai dato e ne sperimenti la potenza nella fede. 4. Traendone frutto, vedo, ascolto e guardo le persone: chi sono, che dicono, che fanno. Da notare: costringere coraggio

monte pregare fattasi sera vento contrario camminare sul mare oltrepassare fantasma

Io Sono non temete capire il fatto dei pani cuore indurito toccare essere salvati

4. Passi utili: Es 3,13-15; Sal 77; 1Cor 11,17-33; At 2,42-48; 4,32-37; Mc 4,35-41.

34. IL LORO CUORE LONTANO DA ME


(7,1-23)
71 E si riuniscono da lui i farisei e alcuni degli scribi venuti da Gerusalemme. 2 E, vedendo alcuni dei suoi discepoli mangiare i pani con mani immonde, ossia non lavate, 3 i farisei infatti e tutti i giudei non mangiano se prima non si sono lavati le mani fino al polso, tenendo la tradizione degli antichi; 4 - e, venendo dal mercato, non mangiano senza essersi aspersi, e molte altre cose ci sono che tengono per tradizione, abluzioni di calici, orci e vasi di rame 5 e lo interrogano i farisei e gli scribi: Perch i tuoi discepoli non camminano secondo la tradizione degli antichi, ma mangiano il pane con mani immonde? 6 Ed egli disse loro: Bene profet Isaia di voi, ipocriti, come sta scritto: Questo popolo mi onora con le labbra, ma il loro cuore lontano da me. 7 Ma a vuoto mi venerano insegnando insegnamenti, precetti di uomini. 8 Lasciando il comando di Dio, tenete le tradizioni degli uomini.

E diceva loro: Bellamente trascurate il comando di Dio per osservare la vostra tradizione. 10 Mos infatti disse: Onora tuo padre e tua madre. e: chi maledice il padre e la madre, finisca a morte. 11 Ma voi dite: Se uno ha detto al padre o alla madre: Korban - ossia dono - quanto da me ti pu spettare, 12 non lo lasciate pi far niente per il padre o la madre, 13 annullando la parola di Dio con la vostra tradizione che vi siete tramandata. E di cose simili a queste, ne fate molte. 14 E chiamata di nuovo a s la folla, diceva loro: Ascoltatemi tutti e intendete. 15 Non c nulla da fuori delluomo che, entrando in lui, lo pu rendere immondo; ma le cose che escono da lui, sono quelle che rendono immondo luomo. 16 (Se qualcuno ha orecchi per ascoltare ascolti). 17 E quando entr in casa, lontano dalla folla, i suoi discepoli lo interrogavano sulla parabola. 18 E dice loro: Cos anche voi siete privi di senno? Non capite che tutto quel che dal di fuori entra nelluomo non pu renderlo immondo, 19 perch non gli entra nel cuore, ma nel ventre, ed esce nella latrina? purificando tutti gli alimenti. 20 Diceva poi: Ci che esce dalluomo, quello rende immondo luomo. 21 Da dentro infatti, dal cuore degli uomini, escono i cattivi pensieri, fornicazioni, furti, omicidi, adulteri, 22 cupidigie, malizia, inganno, dissolutezza,

occhio cattivo, bestemmia, superbia, stupidit. 23 Tutte queste cose cattive escono dal di dentro e rendono immondo luomo. 1. Messaggio nel contesto Il loro cuore lontano da me, dice il Signore. Per questo duro, e non capisce il pane. Le parole di Isaia, che Ges rivolge al farisei, Marco le indirizza alla Chiesa. Ci che tiene lontane da Dio le persone buone sono le tradizioni religiose staccate dallamore, loro sorgente. Luomo, anche se non lo sa, sempre tradizionalista e abitudinario. Non deve inventare ogni volta atteggiamenti o risposte adeguate. Si affida al consueto, a ci che gi stato fatto e ha appreso. Vive insomma di memoria. Ma il cristiano rompe con il passato, perch vive di una novit inaudita: la memoria del corpo e del sangue del suo Signore consegnato a lui nel pane. Questo mistero di amore la sua tradizione, che ha ricevuto e a sua volta trasmette (1Cor 11,23 ss). In Israele il midollo della tradizione la legge, data da Dio come cammino alla vita. Essa si sintetizza nel comando di amare lui e i fratelli (12,29-31). Come si vede, buona, ma nessuno in grado di osservarla. Per questo convince tutti di peccato. Cos, mostrando il male, invita a rivolgersi al medico che pu guarire. Ma lorgoglioso preferisce difendersi. Trascurando la sostanza, si attacca a unosservanza, talora meticolosa, di certi dettagli, per giustificare se stesso e condannare gli altri. Questo atteggiamento esce in duplice edizione, rispettivamente religiosa e laica. Ambedue hanno in comune la produzione di foglie di fico per coprire la naturale nudit, alla ricerca di una presunta - e intollerante - giustizia davanti a Dio e/o davanti agli uomini. In realt la vera funzione della legge non mascherare o guarire dal male, ma evidenziarlo e denunciarlo, per farci sentire il bisogno del perdono e della misericordia. Solo in questo modo conosciamo Dio cos com e si rivela nel pane: amore gratuito che si dona. Luso della legge e delle tradizioni come autogiustificazione insieme effetto e causa della durezza di cuore, che impedisce di riconoscere la realt di Dio nel pane (cf brano precedente). Il lungo discorso di Ges si articola in quattro parti: i vv. 1-7 denunciano una religiosit esteriore in cui la legge, degradata a legalismo, ridotta a parole e tradizioni umane che annullano la parola di Dio. I vv. 8-13 ne danno unesemplificazione evidente, mostrando come si possa, con una tradizione religiosa, eludere il comandamento pi ovvio di Dio, lamore verso i genitori. I vv. 14-19 dichiarano che tutto il creato buono, perch fatto per luomo. Sono quindi aboliti tutti i tab e le distinzioni tra bene e male desunte dallesterno. I vv. 20-23 mostrano il vero principio del male: il cuore delluomo, quando non usa delle creature per amare i fratelli. Tutto questo cosa centra con il pane di Ges? Non a caso la discussione centrata su leggi e tradizioni alimentari che impediscono di mangiare. In esse si esprime quella durezza di cuore che ci impedisce di vivere leucaristia, lui in persona che si d a noi perch viviamo di lui. Ma noi riduciamo la realt di questo dono a un fantasma, perch restiamo in una religiosit formale, che osserva tutte le leggi, fuorch quella fondamentale di amare. Nessun peccato allontana da Dio e dal suo pane quanto la pretesa di una bravura religiosa. Non avete pi nulla a che fare con Cristo voi che cercate la giustificazione nella legge; siete decaduti dalla grazia (Gal 5,4). Lautogiustificazione annulla la giustificazione, togliendoci la vera conoscenza di noi stessi come miseria e di Dio come misericordia. Ci spinge a fare di tutto, fino a sforzarci di amare, piuttosto che accettare di essere amati gratuitamente e fidarci di lui. Cos il nostro cuore resta duro, morto e calcificato, sordo e cieco allamore e alla vita. Abbiamo occhi che non vedono, orecchi che non odono (8,18).

Ges, con il suo pane, non solo diagnostica, ma anche ci guarisce dalla nostra sordit e cecit (vv. 3137; 8,22 ss). Ges il maestro capace di scrivere nel nostro cuore la legge interiore dellamore. E lo fa mediante la memoria iterata del suo pane, che ci rivela e dona un Dio che ci ama senza condizioni. Il discepolo mangia questo pane e ne vive, anche se immondo. Fonda la sua vita non sulla propria osservanza della legge, ma sulla sua grazia. Deve sempre guardarsi dal legalismo e da tutte le tradizioni - anche sante! - che riducono la realt del Signore a fantasma. Inoltre accetta tutto il creato come buono, e sa che il male procede dal suo cuore di pietra, ancora incapace di amare. 2. Lettura del testo

v. 1 farisei e alcuni scribi. I primi osservano la legge, i secondi la conoscono. Questi scribi e farisei, che dimprovviso sbucano da Gerusalemme, servono a farci capire ci che impedisce di comprendere il fatto dei pani. v. 2 mangiare i pani con mani immonde. Tutta la discussione riguarda il cibo. Lalimento vita, e viene da Dio. Quello materiale, che perisce, figura di quello che non perisce: ogni pane segno di Dio stesso che si dona. Lo si prende quindi non con mani immonde (in greco comuni). Lavarsele prima dei pasti, oltre che norma igienica, anche rito di purificazione, per accostarsi col dovuto rispetto alla fonte incontaminata della vita. Ma ogni rito, quando perde il suo significato, sostituisce la cosa significata e diventa magia. Il ritualismo svuota anche le cose pi sante; perfino leucaristia, che pu essere celebrata per abitudine, per convenienza o addirittura per lucro. comunque interessante notare che i discepoli, anche se con mani immonde, mangiano. Gli altri invece, con la loro pretesa purezza, non mangiano, e vengono da Ges smascherati come immondi. vv.3 s i farisei infatti e tutti i giudei, ecc. Marco spiega ai suoi lettori pagani, che stanno a Roma, le norme e le tradizioni ebraiche sui pasti. v. 5 Perch i tuoi discepoli non camminano secondo la tradizione degli antichi? gi la terza volta che si parla di tradizioni e si continuer a parlarne. Tutto il discorso di Ges una contrapposizione tra queste e la parola di Dio. Il vangelo critico verso tutte le tradizioni. Le mette sempre al vaglio dello Spirito, per discernere se sono conformi o meno alla tradizione del pane, norma suprema. Oltre quelle religiose, soprattutto oggi, ce ne sono tante altre: il si dice, il si fa, con le implacabili leggi dellavere, del potere, del prestigio, dei mercato, della moda. Tante abitudini, ovvie, scontate e vincolanti. impediscono di osservare lunica legge dellamore. v. 6 ipocriti. Ipocrita il nome che nel teatro greco si d al capocoro. il protagonista, colui che emerge dal gregge anonimo con i suoi assoli. Lipocrisia quindi il desiderio di protagonismo che fa mettere il proprio io davanti a tutto e a tutti, Dio compreso. Lio diventa il proprio piccolo dio, al quale si sacrifica tutto, anche se stessi. Questo peccato, comune a tutti, chiude nellegoismo, e porta a servirsi degli altri come piedistallo. Talora si presenta in forma capovolta, pi sottile ma non migliore: si domina facendo leva sulla propria debolezza per colpevolizzare gli altri. Questo popolo mi onora con le labbra. citazione di Is 29,13, che denuncia la religiosit fatta di parole e di osservanze rituali esterne.

ma il loro cuore lontano da me. La vera religiosit quella del cuore nuovo, che ama Dio e il prossimo. Diversamente solo ipocrisia e strumento di dominio - imbiancatura esterna di un sepolcro pieno di morte. v. 7 a vuoto mi venerano. Questo culto diretto al vuoto. Infatti non rivolto a Dio, bens allio. v. 8 Lasciando il comando a Dio, tenete le tradizioni degli uomini. Il legalismo sostituisce il comando di Dio con le tradizioni degli uomini. v. 9 Bellamente trascurate il comando di Dio per osservare la vostra tradizione. Ges ribadisce la denuncia di questo male, per metterci sullavviso. Infatti lo facciamo istintivamente, senza malizia o avvertenza. v. 10 ss Mos disse, ecc. Ges porta un esempio di abilit con cui riusciamo a fare una legge religiosa che va direttamente contro il comandamento di Dio pi ovvio - lamore verso i genitori anziani e bisognosi. v. 13 annullando la parola di Dio con la vostra tradizione che vi siete tramandata. veramente impressionante, quasi ossessiva, questa variazione sul tema da parte di Ges: lasciate il comando di Dio, trascurate il comando di Dio, annullate la parola di Dio con le tradizioni degli uomini, la vostra tradizione, la vostra tradizione che vi siete tramandata. E di cose simili ne fate molte. Signore, tu garantisci che siamo veramente abili nellimbrogliare noi stessi per non conoscere te. Ti preghiamo di aprirci gli occhi, perch vediamo ci che tiene il nostro cuore schiavo di s e lontano da te. Aiutaci a fare un accurato esame di ci che riteniamo importante, tanto importante da considerarlo ovvio, scontato e sacrosanto, ma che non giova per amare te e gli altri. v. 14 chiamata di nuovo a s la folla, diceva, ecc. Ges fa davanti a tutti una dichiarazione, nel desiderio che tutti capiscano. Al discepoli e a chiunque glielo chiede, la spiegher in privato. v. 15 Non c' nulla dal di fuori dell'uomo che, entrando in lui lo pu rendere immondo. il principio della libert cristiana davanti alla natura: tutto il creato buono, perch opera di Dio, a servizio delluomo, suo figlio nel Figlio. comune anche oggi, pi di quanto si creda, ritenere che il male sia nelle cose, e demonizzarle: Non prendere, non gustare, non toccare (Col 2,21). ma le cose che escono da lui sotto quelle che rendono immondo Il male invece esce dal cuore delluomo, quando usa delle cose in modo scorretto, ossia quando non se ne serve per il suo fine - al quale anchesse sono subordinate - che quello di amare Dio e il prossimo. v. 16 (se qualcuno ha orecchi per ascoltare ascolti) (cf 4,23; 8,18). linvito a riconoscere la propria sordit, in modo da chiedergli la guarigione (7,31 ss). v. 17 i suoi discepoli lo interrogavano sulla parabola. interrogarlo, e sentire la sua risposta (cf 4,10.35). Chi vuol capire le parole di Ges, deve

v. 18 Cos anche voi siete privi di senno? I discepoli sono nella stessa situazione degli scribi e dei farisei (cf 8.17 s). Anche il loro cuore lontano da Dio e indurito. Per questo non hanno capito il pane, e scambiato il Signore per un fantasma (6,52).

v. 19 purificando tutti gli alimenti. Questa dichiarazione, molto importante - fu il grosso problema del primo concilio di Gerusalemme (At 15) - segna il passaggio da una legge esterna, fatta di divieti e prescrizioni, alla libert della grazia e dello Spirito. Ges, con il suo sangue, ha purificato luomo e tutto il creato. Con lui tutto torna ad essere buono e santo, dono del Padre da usare con gratitudine e da condividere coi fratelli. Il cosmo sdemonizzato: le creature del mondo sono sane, in esse non c veleno di morte (Sap 1,14). v. 20 Ci che esce dall'uomo, ecc. Il male non viene dal di fuori, perch tutto buono, ma dal di dentro, dal cattivo uso della nostra libert - ossia dalle nostre schiavit. vv. 21 s dal cuore degli uomini escono, ecc. Ama e fa ci che vuoi (Agostino). Il principio dei bene e del male il nostro cuore buono o cattivo, illuminato dallamore o accecato dallegoismo. Per questo la norma ultima di comportamento per fare la volont di Dio viene dal discernimento, che, tenendo conto anche della legge, ci fa vedere pi in profondit se il nostro cuore mosso da lui o dal nemico. i cattivi pensieri, ecc. una lista di peccati, alla cui origine sta il cuore delluomo, con le sue cattive intenzioni, da cui nascono tutte le cattive azioni. La serie di peccati culmina nella stupidit, propria di chi non distingue il bene dal male, la sinistra dalla destra. Questo peccato, oggi cos diffuso, il peggiore. lottundimento della coscienza. v. 23 Tutte queste cose cattive escono dal di dentro e rendono immondo l'uomo. Sono le opere della carne che la legge denuncia. Chi le compie non erediter il regno di Dio (Gal 5,21). Rendono luomo immondo, separato dalla vita. 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo, osservando il luogo: sulla sponda del lago. 3. Chiedo ci che voglio: chiedo a Ges di conoscere la mia durezza di cuore, e tutte le mie tradizioni, attaccamenti e abitudini che mi impediscono di vivere la legge dellamore. 4. Sento rivolte direttamente a me tutte le parole di Ges, che mi spiega perch il mio cuore lontano da lui, e non capisce il fatto dei pani. Da notare: mangiar pane immondo (comune) tradizioni/insegnamenti/precetti di uomini/ annullare la parola di Dio ipocrita cuore lontano da Dio purificare gli alimenti il cuore duro come principio di male

4. Passi utili: Dt 4,1-2.6-8; Sal 15; Gn l; Is 29,13; At 10; 15; 1Cor 8,6; Gal 5; Col 2,16-23.

35. NON BELLO PRENDERE IL PANE DEI FIGLI E GETTARLO AI CAGNOLINI


(7,24-30)
24

Ora, levatosi di l, se ne and verso i confini di Tiro e Sidone. E, entrato in casa, voleva che nessuno lo sapesse; ma non pot nascondersi. 25 Ora subito, udito di lui, una donna, la cui figlia aveva uno spirito immondo, venne e si prostr al suoi piedi. 26 Ora la donna era greca, di origine sirofenicia. E lo pregava di scacciare il demonio da sua figlia. 27 E diceva a lei: Lascia prima che si sazino i figli; poich non bello prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini. 28 Ora essa rispose e gli dice: Signore, sotto il tavolo anche i cagnolini mangiano delle briciole dei bambini. 29 E le disse: Per questa parola, va: il demonio uscito dalla tua figlia. 30 E, andata nella sua casa, trov la bambina gettata sul letto, e il demonio uscito. 1. Messaggio nel contesto Non bello prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini, dice Ges, mettendo alla prova la fede della donna. Essa invece risponde che bello per i cagnolini prendere almeno le briciole del pane dei figli. Questo suo atteggiamento libera la potenza del Signore che le dice: Per questa parola, va: il demonio uscito dalla tua figlia. una parola di umilt e di fiducia, che, senza scoraggiarsi, riconosce la propria miseria e la misericordia del Padre. Il presente racconto tutto sul pane dei figli. Sciupato da questi, raccolto dai cagnolini. Fuori immagine, dice il motivo per cui la salvezza passa da Israele, il popolo dei figli, ai pagani, chiamati cani (cf At 13,46). Nessuno pu salvarsi da s con la sua bravura umana o religiosa. La salvezza lamore; ma nessuno pu amarsi da s. sempre grazia dellaltro.

Il pane (= la vita) del figlio lamore gratuito dei Padre. Chi, come Israele, vecchio o nuovo che sia, pensa gli spetti per diritto o per dovere, non lo incontrer mai. Il pagano invece, che si ritiene escluso, in grado di capire che dono. Il pane dei figli il Figlio che ci d la sua vita. Se i discepoli lo scambiano per un fantasma, questa donna sa che bastano poche briciole per salvare sua figlia. interessante notare che lesorcismo compiuto in assenza di Ges. Riflette la situazione della Chiesa dopo pasqua, nella quale ormai la sua presenza riconosciuta dalla fede nel pane. Il brano precedente mostra la durezza di cuore di chi, con la legge, tiene legato il pane. Questo ne mostra la potenza, liberata dalla fede in esso. Essa c tra i pagani e manca tra i suoi. Questi hanno trasformato leucaristia in abitudine e indifferenza, o addirittura in privilegio che alimenta il proprio orgoglio. Noi, i duri di cuore, ci convertiremo quando accetteremo il pane dei figli come peccatori indegni, e lo condivideremo con tutti i fratelli, senza discriminazioni. La donna pagana, unica finora a mangiarlo, serve a suscitare la gelosia dei figli, perch apprezzino il dono che a loro per i primi stato offerto (Rm 11,11). Ges chiamato per la prima e unica volta Signore (cf 5,19 e 11,3 dove lui stesso a chiamarsi cos). Sar pure un altro pagano a proclamarlo Figlio di Dio (15,39). Non riconosciuto dal suoi, lo solo dai lontani, che non accampano diritti. Infatti amore, e, come tale, gratuito e senza condizioni. Chi crede di meritarlo, non lo pu ricevere. Ci che meritato non n senza condizioni, n gratuito, n amore. Discepolo colui che, giudeo o meno, esprime la parola di fede in questo pane dei figli, dato non per merito, ma per pura grazia di Cristo. La fede altro non che il passaggio, nel nostro rapporto coi Signore, dalleconomia dello stipendio a quella del dono. 2.Lettura del testo v. 24 Tiro e Sidone. Le sue polemiche contro la legge lo hanno allontanato dai suoi, che da tempo hanno deciso di ucciderlo (3,6). Cos raggiunge i lontani, dando inizio a quella missione tra i pagani che i discepoli continueranno. La persecuzione, pi che arrestare, accelera la missione (cf At 8,4; 11,19). voleva che nessuno lo sapesse; ma non pot nascondersi. Ges cerca il nascondimento. Ma proprio ci che nascosto viene alla luce (4,22). v. 25 udito di lui. La fede viene dallascolto (Rm 10,17). Ascolto di lui per chi lha visto, su di lui per gli altri. venne e si prostr ai suoi piedi. un gesto di adorazione. v. 26 greca, di origine siro-fenicia. Questa pagana (greca) e straniera (siro-fenicia) ci viene presentata come modello di fede, complementare a quello dellemorroissa (c. 5). La donna giudea ottiene il miracolo alla presenza di Ges, toccato con fiduciosa sicurezza; questa pagana lo ottiene a distanza, in sua assenza, credendo nel pane. La fede in esso sar il nuovo modo di toccarlo e di entrare in comunione con lui nel periodo della sua assenza, che va dallascensione al suo ritorno. Solo alcuni suoi contemporanei ebbero la possibilit di toccarlo fisicamente. Ma questo non li ha esonerati dal doverlo toccare anche spiritualmente, come noi, per ottenere la salvezza. La carne non giova a nulla. v. 27 Lascia prima che si sazino i figli. Ges venuto per le pecore perdute della casa di Israele (Mt 15,24). interessante notare come i figli siano per Matteo le pecore perdute, ossia i peccatori! Anche il

figlio giusto potr saziarsi del pane della misericordia, solo quando si riconoscer peccatore (cf Lc 15). Questo il senso della legge e della predicazione profetica in Israele (vedi il libro di Giona). Osserviamo inoltre come Ges sottoponga la sua missione a limiti di spazio e di tempo, senza strafare con deliri di onnipotenza. Accettando la condizione umana, fa solo ci che gli spetta, sapendo che altri faranno il resto. il pane dei figli. Dallinvio dei Dodici in poi, si parla sempre di cibo e di pane. Qui si dice che il pane dei figli! Leucaristia la vita stessa del Figlio - il suo corpo e il suo sangue - donata per noi perch ne viviamo. Questo pane non significa qualcosa di vago: la presenza stessa di Dio che salva, lIo Sono in mezzo a noi. cagnolini. I pagani erano chiamati cani dai giudei. Le persone religiose non hanno mai risparmiato agli altri fratelli dei titoli che certo non tornano a lode e gloria dellunico Padre! Ges usa lespressione corrente, attenuandola un poco con il diminutivo, per mostrare che proprio in quanto indegna questa donna in grado di capire il pane. Questo racconto capovolge lequazione cani/figli = pagani/israeliti (discepoli). Infatti si diventa figli non per volont di carne e di sangue, ma riconoscendo la gratuit dellamore del Padre nel dono del Figlio. v. 28 Signore. I discepoli lo credevano un fantasma. Questa donna lunica che lo riconosce come Signore. i cagnolini mangiano delle briciole dei bambini. In questo caso i figli, per la loro presunzione, hanno lasciato cadere non solo le briciole. Hanno gettato via il pane intero. In 6,5 si dice che Ges a Nazaret non pot compiere prodigi, perch non trov fede. Questa donna crede che basta un poco di questo pane per saziare tutti i cagnolini (pagani) e liberare sua figlia dal male. Essa ha veramente fiducia in colui che apre la mano e sazia la fame di ogni vivente (Sal 104,28; 145,16), non dimenticando neanche i piccoli del corvo che gridano a lui (Sal 147,9; cf Lc 12,24). v. 29 Per questa parola, ecc. Secondo Ges, la parola della donna che salva la piccola: la parola di fede nel pane, riconosciuto come dono del Padre che non pu essere negato a nessuno dei suoi figli, israelita o pagano che sia. Questa fede insieme conoscenza di s come cagnolini, cio indegni, e di lui come amore che sazia tutti per pura grazia. Questa, in Marco, lunica opera che Ges compie in sua assenza; e la fa attraverso la potenza della parola di chi capisce e riconosce questo pane. lanticipo di ci che sar la norma nella Chiesa postpasquale: la parola-seme del c. 4 germinata in parola-pane, che nella fede si fa vita e salvezza per tutti. Ges dice a questa donna con ammirazione: Davvero grande la tua fede (Mt 15,28). v. 30 andata nella sua casa, ecc. Essa non dubita. sicura e torna a casa lodando il Signore. la bambina. Colei che era tra i cagnolini, in forza della fede nel pane dei figli, ora tra i piccoli che se ne saziano. 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo immaginando la casa dove Ges si nasconde, nei territori di Tiro e Sidone.

3. Chiedo ci che voglio: capire quanto bello prendere il pane dei figli. Chiedo le disposizioni per gustarlo: la fede, con la conoscenza della mia indegnit e della gratuit del dono. 4. Traendone frutto, vedo, ascolto e guardo le persone: chi sono, che dicono, che fanno. Da notare: casa prendere il pane dei figli cagnolini Signore parola il demonio esce

4. Passi utili: Is 56,1.6-7; Giona; Sal 100; 145; 147; Rm 11.

36. EFFATH, CIO: APRITI!


(7,3 1-37)
31

E di nuovo, uscito dal confini di Tiro, venne per Sidone verso il mare di Galilea, sul mezzo dei confini della Decapoli. 32 E gli conducono un sordo farfugliante e lo pregano di imporgli la mano. 33 E, portandolo lontano dalla folla, in disparte, gli mise le proprie dita nel suoi orecchi e con la saliva gli tocc la lingua. 34 E, levati gli occhi al cielo, gemette e gli dice: Effath, cio: Apriti! 35 E subito si aprirono i suoi orecchi e si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. 36 E comand loro di non dirlo a nessuno; ma, quanto pi lo ordinava loro, tanto pi abbondantemente essi proclamavano. 37 Ed erano oltremodo sconvolti, dicendo: Ha fatta bella ogni cosa, anche i sordi fa udire e i muti parlare. 1. Messaggio nel contesto

Effath, cio.- Apriti,, dice Ges al sordomuto. E lorecchio chiuso si apre allascolto della sua voce, la lingua legata si scioglie per dire la parola che salva. Dio invisibile. Ogni immagine che di lui ci facciamo un idolo. Lunico suo vero volto quello del Figlio che lo ascolta. La parola distingue luomo dagli animali. Egli non appartiene a una specie determinata, ma determina la sua specie secondo ci che ascolta. Infatti di sua natura, non ci che , ma ci che diviene; e diviene la parola a cui presta orecchio e d risposta. Dio parola, comunicazione e dono di s. Luomo innanzitutto orecchio, e poi lingua. Ascoltandolo in grado di rispondergli: entra in dialogo con lui e diventa suo partner, unito a lui e simile a lui. La religione ebraico cristiana, anche se ama il Libro, non un feticismo della lettera. religione della parola e dellascolto, cio della comunione con chi parla. Per questo essere sordomuti il massimo male. Nel brano precedente la donna ha ascoltato su Ges, e ha detto la parola che salva. I discepoli invece hanno orecchi e ancora non intendono (vv. 16-18; 8,18). Hanno il cuore duro incapace di capire il pane e di professare: il Signore. il penultimo miracolo della prima parte del vangelo e il terzultimo in assoluto. Seguono solo due guarigioni della cecit. Prima c lascolto della parola, poi lilluminazione della fede. Chi rimane sordo, non pu vedere. Solo il cuore pu udire la verit di ci che si vede. Come tutti i miracoli, anche questo, ancor pi esplicitamente degli altri, significa quanto il Signore vuole operare in ogni ascoltatore. Noi tutti siamo sordi selettivi alla sua parola. Essendo creature, come diamo solo ci che riceviamo, cos diciamo solo ci che abbiamo udito. Ges il medico, venuto a ridarci capacit di ascolto e di dialogo con lui. Questo miracolo ha la struttura dellesorcismo battesimale in uso dalla Chiesa antica fino ai nostri giorni. La guarigione, come quella successiva (8,22 ss), in due rate. Corrispondono alle due parti del vangelo di Marco e ai due misteri di Ges, che insieme il Cristo e il Figlio di Dio - latteso che realizza la nostra attesa in modo inatteso. Il segreto messianico si va sciogliendo, perch il suo pane ci mette ormai, in modo inequivocabile, di fronte alla sua verit. Ma nessuno pi la intende n vede. A lui non resta che guarire la nostra sordit e cecit riconosciute. In questo racconto vediamo anche le tappe del nostro itinerario di fede. Ciascuno chiamato a ripercorrere personalmente con Ges lo stesso cammino del popolo di Israele, raffigurato in questo sordo farfugliante. Ges proclamato come colui che ha fatto belle tutte le cose: fa udire i sordi e parlare i muti. La seconda affermazione lo riconosce palesemente come il messia salvatore (Is 35,4 s), mentre la prima lo riconosce velatamente come il Dio creatore, che fece tutto e vide che era bello (Gn 1,3.12.18.21.25.31). Ci si avvia alla conclusione della prima parte del vangelo, che sfocer nella confessione di Pietro (8,29), e si prelude anche il tema della seconda, che culminer nellaffermazione del centurione (15,39). Il discepolo, come tutti, divoratore di tante chiacchiere, ma sordo e inespressivo davanti alla Parola che lo fa uomo. Ges lo guarisce perch possa far parte di quel popolo che sente e risponde a colui che gli dice: Ascolta Israele, amerai il Signore ecc. (12,29 = Dt 6,4 s). 2. Lettura del testo v. 31 Tiro/Sidone/Decapoli. Siamo in piena zona pagana. Marco, come Paolo, sottolinea il privilegio dei lontani. Lamore pu essere accolto solo da chi non lo merita. Chi lo merita, lo riduce a meretricio. Ci accostiamo a Dio non nellapice della nostra perfezione, ma nelle nostre zone di infedelt. Da qui passa e ripassa il cammino di chi viene a salvarci. Il luogo della fede la nostra incredulit.

v. 32 gli conducono. Non pu andare da Ges, perch non ne ha potuto sentir parlare, anche se lexindemoniato lha gi annunciato (5,20). Altri lo conducono. Non si dice chi. Tutto infatti porta a Cristo. Tutto, creato in lui e da lui, tende a lui, vita di tutto ci che esiste (Col 1,15; 1Gv 1,3 s). Inoltre chi lo ha gi sperimentato necessariamente inviato al fratelli (5,19). un sordo. Ogni uomo, fin dal principio, sordo alla parola di Dio che lo fa figlio e gli dice: Ascolta, amami; perch io ti amo (Dt 6,45). Infatti ha prestato ascolto alla menzogna di satana, che lha chiuso in s e agli altri, tagliandolo fuori dalla sorgente dacqua viva (Ger 2,13). Sordo in greco significa anche ebete, tonto. Luomo che non intende la Parola, rimane inebetito e intontito. Ignorando ci che Dio ha preparato per quelli che lo amano (1Cor 2,9), gli sfugge il perch profondo e unificante di tutto. farfugliante. In greco c moghilalo, che indica uno che parla poco, con difficolt e male: ha la lingua inceppata e impedita. Infatti chi non ascolta, non in grado di parlare. Farfuglia e mugola suoni inarticolati: ha la capacit di parlare, ma gli manca la parola udita. Il dialogo col Signore lespressione piena della fede (cf 5,30-35), in cui diciamo la parola che ci salva (v. 29). Ascoltare e rispondere a lui la nostra vita specifica di uomini creati a sua immagine e somiglianza. Infedeli, sordi e muti! Questo il punto di partenza della fede, il luogo privilegiato dove pu essere donata. e lo pregano. La preghiera altrui la prima mediazione della fede. Il sordo non ha modo per pregarlo. Davanti a Dio grande la nostra responsabilit nei confronti di tutti gli uomini che sono ancora sordi. di imporgli la mano. Indica la comunione salvifica con Ges, punto darrivo della fede. Questa, anche se mediata dallintercessione altrui, rimane sempre un contatto personale e diretto con lui, che opera con tappe successive. Imporre le mani su un altro, significa trasmettergli le proprie capacit e i propri poteri. v. 33 portandolo lontano dalla folla. la prima azione del Signore. Come port Israele con ali di aquila fuori dallEgitto, cos porta ciascuno fuori dalla terra della propria schiavit. Luomo, sordo per il frastuono e per la folla delle proprie occupazioni, rimane come i suoi idoli che hanno orecchi e non odono, hanno bocca e non parlano (Sal 115,5). Lesodo e il silenzio, condizioni per lascolto, sono la prima tappa del cammino di fede. Luscita pi difficile quella dal proprio io; il silenzio pi duro quello delle proprie preoccupazioni. in disparte, gli mise le proprie dita nei suoi orecchi. A Israele nel deserto diede la sua parola. Ora, in privato, apre lorecchio perch possa ascoltarla. Questoperazione delicata compiuta non con il braccio o la mano, ma con le dita, come lartista che cesella 1opera plasmata con le mani. Nel silenzio e nel deserto il Signore ci lavora con la sua parola, modellando lentamente il nostro vero volto a immagine del Figlio. Lascolto la seconda tappa del cammino di fede - ascolto diuturno e paziente, che ci trasforma in sua icona vivente. Come possono tanti credenti in Cristo dichiararsi cristiani se non si dedicano ad ascoltarlo? Chi professa la fede cristiana, di professione un ascoltatore di Ges. consolante quando nelle chiese, invece di tante parole di uomini - spesso stupide - si sente circolare con semplicit e freschezza la parola di Dio. con la saliva gli tocc la lingua. La saliva, quasi concrezione del soffio, simbolo dello Spirito. La lettera da sola non basta: uccide (2Cor 3,6), dichiarando il nostro male. Ma la parola del Signore, fattasi pane, ha in s lo Spirito che d vita. Tra lascoltare e il fare c di mezzo il dono dello Spirito, che d la forza di fare ci che si capito. la terza tappa del cammino di fede, legata allascolto in preghiera.

v. 34 levati gli occhi al cielo. Come nel fatto dei pani (6,41), Ges alza gli occhi. Il dono dello Spirito infatti viene dal pane, dal suo amore che d vita per farsi nostra vita. gemette. Questo dono doloroso e angustiante per il Signore. Tutta la creazione gli costata solo una parola - pi un semplice soffio per luomo. Ma darci un cuore nuovo gli costa la vita. Questo gemito prelude lalto grido dalla croce (15,34.37). Effath, cio: Apriti. C una resistenza da vincere, peggiore del nulla: la porta invalicabile del nostro cuore di pietra, chiuso nella paura e nella diffidenza. Se grande la nostra resistenza, ancora pi grande la sua potenza. Quando sar elevato, attirer tutti a me (Gv 12,32). Nellazione di Ges, come nei sacramenti che la prolungano, al gesto si accompagna la parola efficace. Essa apre il nostro cuore, perch lasci entrare la luce del Signore. Anche se non lo conosce, addirittura lo teme quando lo intravede (vedi gli esorcismi!), in fondo non attende altro, perch fatto per lui. v. 35 E subito si aprirono i suoi orecchi. Il suo gemito - la parola della croce - capace di vincere ogni chiusura e guarirci dalla sordit. si sciolse il nodo della sua lingua. Uno muto perch sordo. Se ascolta, pu finalmente parlare. Il nostro dialogo frutto di ascolto. e parlava correttamente. Il sordo farfugliante diventa uno che sente e risponde, capace di relazione. Questa la fede, che mette in comunione con lui da persona a persona, da amico ad amico. Il suo parlare corretto allude alla possibilit di un parlare scorretto. Sar quello di Pietro, vero ma ancora inadeguato (8,29-33). Anche il cieco, per giungere a una vista perfetta, totale, penetrante e telescopica (8,25), avr bisogno di un secondo intervento. v. 36 E comand loro di non dirlo a nessuno; ma ecc. Il segreto di Ges comincia ormai a sciogliersi. I sordi e i ciechi guariti lo proclamano. Rimane oscuro solo per quanti, non comprendendo ancora di essere sordi e ciechi, non si lasciano guarire. Chi esperimenta la salvezza di Dio, non pu non raccontare. Trasgredisce il divieto, che vale per me, finch non lavr sperimentata anchio. v. 37 erano oltremodo sconvolti. lo stupore di chi conosce Io Sono ormai presente in mezzo a loro. E lo loda, cantandogli la bellezza delle sue opere. Ha fatto bella ogni cosa. Ges il Signore, il Dio creatore, che ha fatto bella ogni cosa (Gn 1,3.12.18.21.25.31). Quando luomo ascolta il suo Signore e gli risponde, tutta la creazione torna bella. Nasce il mondo nuovo, come Dio laveva pensato dal principio. i sordi fa udire e i muti parlare. Richiama Is 35,5: Ges il Cristo, il Salvatore, la nostra speranza, che ci fa uomini nuovi, capaci finalmente di ascoltare e rispondere. 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito.

2. Mi raccolgo, immaginando la strada che va da Tiro al lago, attraverso la Decapoli, in terra pagana. 3. Chiedo ci che voglio: Toccami, Signore, gli orecchi, fammi ascoltare la tua parola. Toccami con la saliva la lingua, donami il tuo Spirito, perch io sappia ascoltare e rispondere a te. Vinci in me tutte le resistenze che mi rendono sordo alla tua chiamata. 4. Traendone frutto, vedo, ascolto e osservo le persone: chi sono, che dicono, che fanno. Da notare: sordo/farfugliante dita negli orecchi saliva sulla lingua gemere levar gli occhi effath fa bella ogni cosa fa udire i sordi fa parlare i muti

4. Passi utili: Is 35,4-7a; Sal 115; 146; Mc 9,14-29.

37. HO COMPASSIONE
(8,1-10)
81 In quei giorni di nuovo cera molta folla e, non avendo che mangiare, chiamati innanzi i discepoli, dice loro: 2 Ho compassione della folla, perch gi da tre giorni rimangono presso di me, e non hanno che mangiare. 3 E se li rimando digiuni a casa loro, verranno meno nel cammino, e alcuni di loro vengono da lontano. 4 E gli risposero i suoi discepoli: E come potrebbe uno saziarli di pane, qui nel deserto? 5 E chiedeva loro: Quanti pani avete? Ora quelli dissero: Sette! 6 E ordina alla folla di posarsi gi per terra. E, presi i sette pani, rese grazie, spezz, e dava ai suoi discepoli da offrire; e offrirono alla folla. 7 E avevano pochi pesciolini,

e, benedicendoli, disse di offrire anche questi. 8 E mangiarono e furono sazi, e levarono sette sporte di pezzi avanzati. 9 Erano circa quattromila, e li rimand. 10 E, subito, salito sulla barca con i suoi discepoli giunse nelle parti di Dalmanuta. 1. Messaggio nel contesto Ho compassione, dice Ges della folla che non aveva da mangiare. E, per vedere se i suoi hanno capito il pane, chiede loro: Quanti pani avete?. Tutto il c. 8 un daccapo del Maestro, una ripetizione perch i discepoli capiscano la compassione del Signore, capace di saziare la fame di ogni uomo. una variazione sui temi dei cc. 6-7: spezzar del pane, incomprensione, sordit, cecit e durezza di cuore, con relative cause. La soluzione sar la duplice guarigione del cieco e la duplice confessione, quella di Pietro su Ges e quella di Ges su se stesso. Ancora una volta - sempre ancora una volta! - egli dona il pane e rinnova la sua misericordia. La sorgente getta continuamente acqua nuova, perch chiunque ha sete possa dissetarsi. Non si stanca di noi, non si scoraggia della nostra durezza di cuore. Insiste nel suo dono, una, due, infinite volte! Tutta la storia il tempo della pazienza di Dio. Il suo amore. pi ostinato di ogni nostra resistenza, si ripropone continuamente in offerta, esponendosi ad ogni possibile rifiuto. Leucaristia il grande mistero di un Dio che ci salva morendo per noi peccatori. Poca meraviglia che ci risulti incomprensibile. Ma il tornare quotidiano a questa memoria, il riportarla ogni giorno al nostro cuore, la medicina per la nostra sordit e cecit. Questo testo, che pu sembrare un doppione della prima condivisione, non un di pi. Infatti la ripetizione molto importante per noi, che, vivendo nel tempo, siamo sempre in divenire; cresciamo sedimentando lentamente nel cuore ci che viene giorno dopo giorno, senza che nessun frammento vada perduto. Lilluminazione viene dallascolto prolungato, ed progressiva, a tappe, come la guarigione del sordomuto e del cieco. Per questo continuiamo a celebrare leucaristia e lui continuamente ci si dona. Intanto cadono dal tavolo le briciole del pane dei figli. Se ne saziano i cagnolini; e, con loro, tutti quelli che, con umilt e fede, le raccolgono, quasi rubandole. Questo secondo racconto pi stilizzato del primo. Evidenzia maggiormente la compassione di Ges espressa da lui stesso - e lincomprensione dei discepoli. Separando la distribuzione del pane da quella dei pesci, mette in maggior risalto laspetto eucaristico. Inoltre i pani sono sette e sette le ceste avanzate - numero perfetto, che corrisponde al sette diaconi della Chiesa degli ellenisti (At 6,3). Le persone che vengono da lontano sono unallusione ai pagani. Anche per loro il pane. Anzi, come la sirofenicia, sono i primi a cibarsene. Ges la misericordia stessa dei Padre verso i suoi figli. La sua compassione lo porter a patire-con noi il nostro male fino a dare la vita per noi, facendosi nostro cibo e vita. Il banchetto che egli offre, anticipo di quello celeste, il regno di Dio, vita piena delluomo. Il discepolo richiamato sempre di nuovo a far memoria del suo pane. La nostra ostinazione ceder davanti alla sua pazienza.

2. Lettura del testo v. 1 In quei giorni. raro che Marco inizi un racconto con queste parole (cf 1,9). Ogni volta che, ascoltando e rispondendo alle parole del Signore, ripetiamo il memoriale del pane, viviamo sempre in quel giorni in cui Ges ce lo ha donato. La celebrazione ci attualizza, ci rende presenti allevento celebrato. non avendo che mangiare. Mangiare vivere. E di che cosa pu vivere luomo se non di Dio? Fatto per diventare come lui, di tutto il resto non pu che morire. chiamati innanzi i discepoli, dice loro. Ges spiega ai discepoli lorigine di ci che fa. Devono conoscerla perch anchessi saranno coinvolti in prima persona, offrendo del dono che ricevono per offrire. v. 2 Ho compassione. Nella prima condivisione, lo dice levangelista, qui Ges stesso. La compassione - ebraico hesed o rahamin, che significa viscere, utero - lamore materno di Dio che ama perdutamente e senza condizioni, solo perch non pu fame a meno. Infatti ci pi madre della stessa madre (Sal 139,13); e, anche se una madre potesse dimenticarsi del frutto delle sue viscere, lui non potrebbe dimenticarsi mai di noi (Is 49,15). Veramente questo alimento manifesta la dolcezza di Dio verso i suoi figli (Sap 16,21)! gi da tre giorni. Richiama i tre giorni in cui la sua misericordia lo far andare molto lontano, sotto terra e negli abissi, per farsi nostro pane. rimangono presso di me. In quei tre giorni egli ha dimorato presso di noi, per poter farci dimorare presso di lui. e non hanno che mangiare. Si ribadisce la mancanza di cibo. v. 3 se li rimando digiuni a casa loro, verranno meno nel cammino. Se lui ci manda via (greco apolyo) senza il suo cibo, tutti si dissolvono ( ek-1yo) per strada. Nessuno pu fare il cammino per giungere a casa. Come Elia, abbiamo bisogno della forza del pane donato e ridonato (1Re 19,7). il pane degli angeli (Sal 78,25), capace di procurare ogni delizia e soddisfare ogni gusto (Sap 16,20). vengono da lontano. I lontani per i giudei sono i pagani. v. 4 E come potrebbe uno saziarli di pane, qui nel deserto? I discepoli non hanno ancora capito il fatto dei pani. Questa ottusit - dopo il primo miracolo - pu sorprendere chi non conosce la stupidit propria e altrui. La storia tende a ripetere gli stessi errori, a istruzione solo di chi, accorgendosi a sua volta di ripeterli, non si sente pi di condannare nessuno e chiede piet per s e per tutti. Gi Israele mormorava contro Dio dicendo: Potr forse Dio preparare una mensa nel deserto? Potr forse dare anche pane? (Sal 78,19.25). v.5 Quanti pani avete? Come nella prima condivisione e poi sulla barca, Ges richiama lattenzione sul pane che i discepoli non sanno di avere o trascurano. Lui lha dato e sa che c; ne conosce anche la potenza. Infatti lui stesso, la misericordia di Dio che cerca anche chi non lo cerca, dicendo: Eccomi, eccomi (Is 65,1).

Sette. il numero perfetto, che richiama il settimo giorno, compimento della creazione. Luomo ha un pane che gli sembra poca cosa, ma che diventa capacit infinita, se gettato nelle mani di Ges. Cosa sarebbe avvenuto se il proprietario se lo fosse tenuto e mangiato da solo? Labbondanza del dono di Dio passa attraverso la nostra insufficienza messa a sua disposizione. v. 6 ordina alla folla di posarsi gi. La volta precedente aveva ordinato ai discepoli di far sedere la folla. Ora lo fa lui direttamente. presi i sette pani, ecc. Sono le parole che descrivono i gesti dellultima cena (14,22 s), quando dir anche le parole che identificano il pane con il suo corpo dato per noi. Il pane che sazia, ossia il senso della vita, prendere come dono ci che si ha e si , ringraziando il Padre e spezzando coi fratelli. Altro pane non fa che accrescere la fame. spezz. Il pane non da moltiplicare - chi di noi ne capace? solo da dividere - azione semplice, possibile a tutti nella misura in cui si prende ringraziando. dava ai suoi discepoli da offrire. Chi credeva di aver niente, ha ora un pane che continua a ricevere e a dare, inserendolo nel cerchio divino del dono. Ges si serve dei discepoli per dare il pane. Dio ha bisogno degli uomini, e agisce per mezzo di loro, per renderli come lui, capaci di condividere e di dare. e offrirono alla folla. Grazie a questo pane, possono fare ci che era loro impossibile. v. 7 avevano pochi pesciolini. I pesci sono nominati a parte, per evidenziare laspetto eucaristico. Vivono nellabisso e muoiono sulla terra per far da cibo agli uomini. Sono figura del mistero di Cristo pane. v. 8 mangiarono e furono sazi. Mangiarono e furono sazi, li soddisfece nel loro desiderio, dice il Sal 78,29 a proposito di Israele nel deserto. Questo cibo fa vivere e d saziet, a differenza degli altri che lasciano morire e perci non saziano. Sfamasti il tuo popolo con un cibo degli angeli. Dal cielo offristi loro un pane gi pronto, senza fatica, capace di procurare ogni delizia e di soddisfare ogni gusto. Questo tuo alimento manifestava la tua dolcezza verso i tuoi figli, esso si adattava al gusto di chi lo inghiottiva, e si trasformava in ci che ognuno desiderava (Sap 16,20 s). Per questo, Signore, oltre il pane, dacci anche buon gusto e grandi desideri. Che non lo trasformiamo nei nostri fantasmi, ma che ci trasformi in te. Anche per noi cagnolini diventi pane che ci fa figli! levarono sette sporte. Sette sono anche i diaconi che servivano gli ellenisti venuti da lontano (At 6). Il pane avanzato, anzi spesso sperperato dal figli, va raccolto con cura - non perisca nessun frammento (Gv 6,12) - e dato al cagnolini, perch tutti riempiano il loro ventre, e ne avanzino per i loro figli (Sal 17,14). v. 9 Erano quattromila. Rispetto alla prima, in questa seconda condivisione il numero dei pani maggiore e quello degli sfamati minore. Mangiano di pi, perch hanno pi fede - dice Gerolamo. Possiamo anche dire che, in questa ripetizione, come in ogni altra, il cibo pi abbondante, ma minore il numero di chi ne approfitta. Inoltre quattromila quattro (come i punti dellorizzonte) e mille (moltitudine): una moltitudine che abbraccia la totalit della terra, i cui abitanti sono tutti figli di Dio, invitati alla mensa del Padre.

e li rimand. I discepoli avrebbero voluto congedarli prima e trattenersi dopo (6,36-45). Ges fa il contrario: li trattiene prima e li congeda dopo. Non vuol dominarli con il pane; solo li serve e poi li fa camminare. E lui stesso continua il suo cammino, alla ricerca di ogni fratello lontano e affamato. v. 10 salito sulla barca. Ges va e viene continuamente dalla sponda del pane a quella opposta. Viene verso tutti, per invitare tutti ad andare nel deserto con lui, dove li sazia. 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo immaginando il deserto, dove le folle hanno seguito e ascoltato Ges per tre giorni. 3. Chiedo ci che voglio: comprendere che il pane delluomo la compassione del Signore, che mi ha amato e ha dato se stesso per me. 4. Traendone frutto, vedo, ascolto e osservo le persone: chi sono, che dicono, che fanno. Da notare: mangiare compassione da lontano deserto sette pani prese/rese grazie/spezz/ dava da offrire essere sazi

4. Passi utili: Dt 6,6-9; Sap 16,20-29; Sal 78; 119 (sostituendo in ogni versetto il termine Parola, legge e sinonimi con pane).

38. NON SARA DATO NESSUN SEGNO


(8,11-13)
11

E uscirono i farisei e cominciarono a discutere con lui, cercando da lui un segno dal cielo per tentarlo. 12 E, gemendo su dal suo spirito, dice: Perch questa generazione cerca un segno? Amen, vi dico: vi assicuro che non sar dato nessun segno a questa generazione. 13 E lasciandoli, di nuovo sal, e se ne and allaltra sponda.

1. Messaggio nel contesto Non sar dato nessun segno, dice Ges subito dopo il fatto dei pani. Le sue parole valgono per questa generazione, ossia per ogni generazione. Anche Israele nel deserto pretese un segno indubitabile della sua benevolenza: Dio in mezzo a noi, s o no? (Es 17,7). Ma chi chiede sempre prove senza mai fidarsi, instaura un meccanismo di ricatto che allontana sempre pi dallamore. La nostra ostinazione a non credere la croce di Dio: lo tocca sul vivo, lo ferisce al cuore, lo uccide nella sua essenza. Ges nel suo pane ci ha dato il segno massimo: si fatto nostra vita, dando la vita per noi. Che altro vogliamo? Non c pi alto di questo nei cieli, n pi profondo negli abissi. Il problema non che lui dia altri segni, ma che noi guariamo della nostra cecit. I discepoli di sempre hanno il cuore duro. Non capiscono il pane, e scambiano Io Sono per un fantasma. Se allo stolto indichi la luna, lui ti guarda la punta dei dito e ti dice che l non c nessuna luna. Ges lindice puntato sulla misericordia di Dio, anzi la stessa misericordia fattasi per noi pane. Oltre non c pi niente: Dio stesso, tutto per noi. Non resta che riconoscere, adorare, gustare e viverne. Il segno ha ceduto totalmente il posto alla realt significata. La scritta sta solo fuori dal ristorante. E insensato che uno vi entri, e, invece di mangiare, continui a chiedersi perch non c pi linsegna. Dentro c la tavola imbandita. Ges non d pi segni. Infatti cessano i racconti di miracoli. Deve solo guarire i nostri occhi perch vediamo. In lui Dio si espresso pienamente, dandoci tutto ci che ha ed , tutto ci che voleva e poteva donarci: ha dato se stesso. Nelleucaristia facciamo memoria e rendimento di grazie per questo dono di cui viviamo. Lunico segno ormai la sua parola sul pane. Chi crede e laccoglie, entra nella realt stessa di Dio. Il discepolo, invece di chiedere segni, chieda la capacit di vedere. Se vuole prove, perch non crede; e allora nessuna prova gli giova. Se crede, avr segni e ne dar, secondo loccorrenza. Qualunque segno comunque ha come unico scopo quello di portarci alla fede, ossia a obbedire alla sua parola e riconoscere il suo pane. 2. Lettura del testo v. 11 uscirono i farisei. Non si sa bene da dove sbuchino i farisei in questa misteriosa Dalmanuta, di cui sappiamo solo che sulla sponda opposta a quella del pane. C sempre questaltra sponda di farisei, anche tra i discepoli in barca. cominciarono a discutere con lui. La nostra durezza di cuore entra in conflitto con Ges. Siamo sordi selettivi, che capiscono tutto, ma non la sua parola. La nostra lingua sciolta in tutto, ma tremendamente annodata nel silenzio quando c da rispondere a lui. cercando un segno dal cielo. Il segno qualcosa che indica qualcosaltro. Noi pretendiamo sempre da Dio che ci indichi con azioni concrete il suo favore. Vogliono un segno potente, come quello di Elia che fece venire un fuoco dal cielo e divor i suoi molestatori (1Re 1,1 ss). Israele a Massa e Meriba mise alla prova la pazienza di Dio, e lo esasper chiedendogli una prova ulteriore della sua presenza (Es 17,7).

Tutto ci che esiste mostra la sua potenza e la sua assistenza rivolta a noi! Il problema non che lui si esibisca in sempre nuove imprese, obbedendo ai nostri capricciosi ricatti senza fine, ma che noi riconosciamo e vediamo il suo amore per noi (1Gv 4,16). C chi, mangiando il pane che soddisfa ogni gusto, ancora col cibo sulla bocca, con avidit insaziabile chiede altre prove (Sal 78,29). Egli le darebbe volentieri, se non fossero controproducenti. Lamore infatti un atto di fede. La richiesta continua di ulteriori garanzie non fa che rimandarlo. Lui ci ha gi dato la prova massima, esponendosi per primo e offrendosi senza riserve come nostro pane. Ora aspetta solo che lo accogliamo. Per questo, a chi chiede segni, noi predichiamo Cristo crocifisso (1Cor 1,22). per tentarlo. Tentare Dio come togliersi locchio: non lo puoi pi vedere. Egli infatti si lascia trovare da quanti non lo tentano, e si mostra a coloro che non ricusano di credere in lui (Sap 1,2). v. 12 gemendo su dal suo spirito. un gemito come quello di 7,37. Ora si dice che sale dal profondo, dallo spirito: fino a quando sopporter la nostra mancanza di fede (cf 9,19)? La nostra incredulit e diffidenza sono langustia mortale di Dio che ci ama. Dovr morire in croce per liberarcene. Solo allora non potremo pi dubitare di lui. Perch questa generazione cerca un segno? Questa generazione ha sempre un senso negativo ed ogni generazione. Essa cerca un segno per incredulit, a difesa della propria diffidenza. Amen, vi dico. Dio, quando parla in prima persona, dice: Amen. Il profeta, parlando a nome suo, dice: Parola di Dio. Ges parla con lautorit non del profeta, ma di Dio stesso. non sar dato nessun segno a questa generazione. Dopo il dono di Ges, Dio non ha pi nulla da dire e da dare: nel suo pane ci ha dato se stesso. Questo il suo ultimo gesto, che ci schiude tutto il suo mistero damore. Qualunque altro segno significava questo, e ha in esso il suo significato pieno. Non pu darcene altri, perch nel significato cessa ogni segno. Quando giungo a Milano, cessano le scritte stradali che la indicano a chi ancora sta fuori. Ora pu solo aprirci gli occhi. E ci curer in modo progressivo (vv. 22ss) e a pi riprese (10,45 ss), con pazienza e bont infinita, ridonandoci la sua parola e il suo pane. La nostra cattiveria e ostinazione hanno pure un limite, se non altro la stanchezza. v. 13 E, lasciandoli di nuovo, sal, e se ne and all'altra sponda. L, dove ha appena spezzato il pane, attende anche noi, con tutti quelli che hanno il cuore duro. Per donarsi ancora e sempre, e cos aprirci gli occhi. 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo immaginando la sponda del lago, dove Ges discute con farisei e scribi. 3. Chiedo ci che voglio: gli chiedo di comprendere il dono che mi ha fatto, e di fidarmi di lui invece di continuare a chiedere prove. 4. Traendone frutto, vedo, ascolto e osservo le persone: chi sono, che dicono, che fanno. Da notare: discutere con lui cercare segni tentare gemere questa generazione nessun segno

4. Passi utili: Es 17,1-7; 1Re 1,1ss; Sap 1,1-3; 1Cor 1,22 ss.

39. GUARDATEVI DAL LIEVITO DEI FARISEI E DAL LIEVITO DI ERODE


(8,14-21)
14

E si dimenticarono di prendere pani e non avevano che un unico pane con s nella barca. 15 E comandava loro dicendo: Vedete! Guardatevi dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode! 16 E discutevano tra loro che non avevano pane. 17 E, saputolo, dice loro: Perch discutete che non avete pane? Non capite e non intendete ancora? Avete il cuore indurito? 18 Avete occhi e non vedete? Avete orecchi e non udite? E non ricordate, 19 quando spezzai i cinque pani per i cinquemila, quante ceste piene di pezzi levaste? Gli dicono: Dodici! 20 Quando i sette pani per i quattromila, quante sporte piene di pezzi levaste? E (gli) dicono: Sette! 21 E diceva loro: Non capite ancora? 1. Messaggio nel contesto Guardatevi dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode, dice Ges ai suoi. Il brano tutto un rimprovero rivolto ai discepoli, un incalzare accorato di sette domande, culminanti nel duplice ricordo del pane e racchiuse tra la messa in guardia contro il lievito e la constatazione amara: Non capite ancora?. Si nomina sei volte il pane e due i suoi frammenti. I discepoli discutono perch non ce n; levangelista dice che ce n uno solo; Ges a sua volta parla del lievito dei farisei e di Erode che costantemente lo insidia.

la terza lezione in barca che Ges d al suoi. Nella prima hanno paura di andare a fondo, e sono chiamati ad aver fede in lui che dorme (battesimo). Nella seconda lo pensano un fantasma mentre cammina vincitore sullacqua, e sono chiamati a riconoscerlo nel pane appena ricevuto come Io Sono. In questa terza, come in 7,1-23, vediamo che lunico pane si scontra con la sordit, la cecit e lincomprensione nostra. Tutti, nemici o amici suoi, abbiamo il cuore duro. Viviamo infatti non del suo pane, ma del lievito dei farisei e di Erode. Questo tremendo lievito lo uccider (cf 3,6!). Ma proprio cos sar confezionato il pane. Nelle altre due scene le burrasche venivano dal mare o dal vento; qui lui che scatena la tempesta. Non per scoraggiare i suoi, ma per convincerli della loro cecit, in modo che, come il cieco di Gerico, sappiano cosa chiedere a lui che chiede loro: Cosa vuoi che io ti faccia? (10,36.51). Infatti chi non sa, non vuole; chi non vuole, non chiede; e chi non chiede, non ottiene. Sapere di essere ciechi necessario per volere e chiedere la guarigione. Se foste ciechi, non avreste alcun peccato, dice Ges ai farisei, perch lui guarisce i ciechi; ma siccome dite: noi vediamo, il vostro peccato rimane (Gv 9,41). La funzione di questo brano corrisponde alla prima fase del miracolo che segue; vuol farci vedere che non vediamo. Siamo come il cieco che scambia uomini per alberi. Ges, con le sue invettive sul tipo di quelle dei profeti, ci scuote davanti al mistero del pane, in modo che riconosciamo la nostra cecit davanti a ci che occhio umano mai non vide n mai entr in cuore duomo (1Cor 2,9). Il discepolo sempre interrogato dal pane di Ges, che lentamente lo purifica dal vecchio fermento e gli dona lo Spirito, guarendolo dalla durezza di cuore. 2. Lettura del testo v. 14 si dimenticarono di prendere pani. Ges aveva detto al discepoli in missione di non prendere pane (6,8). Per dimenticanza, talvolta lo ascoltano! non avevano che un unico pane con s nella barca. Ges dalla barca istruisce gli altri; nella barca istruisce i suoi, per la terza volta. In 4,35 lo prendono cos com, che dorme; in 6,45 ss lo scorgono vincitore dellabisso, irriconoscibile ai loro occhi; ora lo hanno con s come unico pane. E il Signore spiega loro ci che lo distrugge. La Chiesa ha sempre con s un unico pane, il solo capace di calmare ogni tempesta e colmare ogni fame. Ma ne ignora la forza. v. 15 Vedete! Guardatevi dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode. Lunico pane non capito perch insidiato da un duplice lievito, quello dei farisei e quello di Erode. Il lievito, a differenza del seme, si gonfia di morte e non di vita. principio di corruzione, che rovina la farina. Come tutte le persone mondane, Erode cerca salvezza nellavere, nel potere e nellapparire. Come tutte le persone religiose, i farisei cercano salvezza dallosservanza della legge, forma spirituale, anche pi pericolosa, di ricchezza, dominio e orgoglio. Nessuno, discepoli compresi, cerca salvezza nellamore di Dio che si fa pane - povero, utile e umile. Farisei ed erodiani sono alleati nelluccidere Ges (3,6). Ora scopro che anchio sono con loro. La durezza di cuore ci apparenta tutti. Infatti, davanti a lui che si fa pane nelle mani dei nemici, tra i suoi amici uno lo tradir, laltro lo rinnegher e tutti, scandalizzati, lo abbandoneranno e fuggiranno (14,17.50).

Il lievito farina andata a male: Un po di lievito fermenta tutta la pasta. Togliete via il lievito vecchio, per essere pasta nuova, poich siete azzimi. E infatti Cristo, nostra pasqua, stato immolato (1Cor 5,6-8). La Chiesa non sperimenta la forza dellunico pane proprio perch non mossa dallo Spirito di Cristo, ma dal fermento dei farisei e di Erode. La ricerca di autosalvezza religiosa e la brama di cose, di potere e di prestigio sono come la peste a bordo: costituiscono il tremendo lievito, che ci corrompe e ci impedisce di vivere del suo pane. Eppure c sulla barca, sempre con noi, anche quando lo dimentichiamo o trascuriamo. v. 16 discutevano tra loro che non avevano pane. La discussione nella Chiesa sempre segno di mancanza di intelligenza spirituale e porta comunque alla prevaricazione del pi prepotente. La verit non ha mai luogo nelle dispute, ma nella conversione e nel discernimento, nellumilt e nellascolto. Lautoritarismo e larroganza possono far evitare le discussioni. Ma come buttarsi sottacqua per non bagnarsi mentre piove. v. 17 Perch discutete che non avete pane? Il pane la vita. Ges fa questa domanda per richiamare lattenzione sullunico pane che d la vita, a differenza daltri fermenti che la distruggono. Sulla barca vorremmo abbondanza di pani; nella Chiesa vorremmo ricchezza di giustizia religiosa e di potere mondano, beni tanto ambiti. Per questo non riconosciamo il suo pane di misericordia, che consideriamo insufficiente. Non capite e non intendete ancora? Non capiscono la differenza tra il pane che d la vita e quello che d la morte. Hanno il primo, ma desiderano il secondo. E si lamentano perch manca! Avete il cuore indurito? Il cuore calcificato, di pietra, impermeabile alla Parola, diventa ora prerogativa dei discepoli. il sommo male, causa insieme della morte delluomo e del suo Signore (3,5). Questo cuore indurito impedisce ai discepoli di riconoscerlo nel pane, facendo scambiare Io Sono per un fantasma (6,52). v. 18 Avete occhi e non vedete? Avete orecchi e non udite? (Ger 5,21; Ez 12,2). I discepoli sono come quelli che stanno fuori (cf 4,11 s). C stretta connessione tra occhi e orecchi: locchio guidato dal cuore, e questo dallorecchio, sotto la spinta della parola interiore che fa guardare dove prima non si guardava. E non ricordate. La via alla guarigione il ricordo del pane, memoriale della sua morte/risurrezione. Il gigante del peccato loblio: Guardati dal dimenticare, ripete il Deuteronomio. v. 19 quando spezzai i cinque pani, ecc. Ges stesso ricorda loro lo spezzare del pane. Non si sono accorti che ne avanzato in modo che tutti e sempre ne possano vivere? Gli dicono: Dodici. Sanno tutto. Ma capiscono niente. Sono come chi ha imparato bene il catechismo a memoria. Risposta esatta, ma intelligenza nulla! v. 20 Quando i sette pani, ecc. Il pane non fu dato una sola volta. Lunico pane - capace di saziare tutti con una vita filiale, in rendimento di grazie al Padre e in comunione con i fratelli - sempre con loro. (gli) dicono: Sette. Sette il numero perfetto, come perfetto il pane, cibo della nuova creazione, che fa luomo nuovo.

v. 21 Non capite ancora? 0 sublimit della non conoscenza dei discepoli! Tu sai bene, Signore, perch non capiamo ancora. Ma vuoi che anche noi lo sappiamo. Siamo ciechi, e da sempre. Apri gli occhi almeno a qualcuno che ci dica che siamo ciechi. Noi non sappiamo cosa significa vedere. Sappiamo solo cosa significa sbattere dolorosamente contro la realt e farci male gli uni gli altri. 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo, immaginando la barca, dove Ges sta con i suoi discepoli nella traversata del lago. 3. Chiedo ci che voglio: di vedere la mia cecit e sordit, la mia durezza di testa e di cuore. una cecit e sordit specifica: riguarda solo lunico pane. Da notare: un unico pane lievito dei farisei lievito di Erode perch discutete? non capite e non intendete? cuore indurito occhi che non vedono orecchi che non odono ricordo del pane non capite ancora?

4.

Passi utili: Is 29,7-12; Ger 5,20-25; Sal 115; 1Cor 5,6-8; 2,6-10.

40. VEDI FORSE QUALCOSA?


(8,22-26)
22

E giungono a Betsaida, e portano a lui un cieco, e lo pregano perch lo tocchi. 23 E, afferrata la mano del cieco, lo condusse fuori dal villaggio, e, sputandogli sugli occhi e imponendogli le mani, gli chiedeva: Vedi forse qualcosa? 24 E, guardando in su, diceva: Vedo gli uomini, perch vedo come alberi che camminano. 25 E poi di nuovo gli impose le mani sugli occhi; e vedeva perfettamente, e fu ristabilito, e intravedeva tutto, chiaro e a distanza.

26

E lo invi a casa sua, dicendo: Non entrare neppure nel villaggio. 1. Messaggio nel contesto Vedi forse qualcosa?. la domanda che Ges fa al cieco, perch i discepoli intendano. Nel brano precedente li ha persuasi della loro cecit. Sapere di non vedere gi mezza guarigione. Guarirci per Dio pi facile che suscitare Il nostro desiderio di vederci (Gv 9,41). La prima parte del miracolo serve ad evidenziare la necessit del secondo intervento. lungo curare la nostra cecit: due condivisioni di pani, due viaggi in barca - per tacere degli altri - due interventi sul sordo e ora due sul cieco. Un poco riuscito nel suo intento: tra breve lo riconosceremo finalmente come il Cristo. Ma sar una comprensione ancora molto imperfetta, che ignora il mistero profondo del pane. Subito dopo comincer a dire chiaramente la Parola, che il nostro orecchio non vuole ascoltare: quella adombrata nel seme che muore e porta frutto. Tutta la seconda parte del vangelo sar scandita da un triplice confronto con la Parola che spiega il pane. Il suo ricordo costante scalfir la nostra durezza di cuore. Sapremo cos cosa chiedere, e, come il cieco di Gerico, otterremo lilluminazione definitiva. Essa gi anticipata nel secondo intervento su questo cieco, che vede chiaro tutto e a distanza. Sar lo sguardo del centurione, la persona pi lontana, che vede con chiarezza il Figlio di Dio sulla croce, lontananza massima da Dio. La guarigione del cieco di Betsaida porta a conclusione la sezione dei pani. Subito dopo Pietro riconoscer Ges come il Cristo. Qui, passo dopo passo, Marco ha voluto condurci con la prima parte del suo racconto; con la seconda ci porter alla fede del centurione. Quanto Ges finora ha fatto per i vari miracolati ci che vuol fare per ciascuno di noi. Le due tappe di questultimo miracolo rappresentano le due tappe fondamentali del nostro cammino di illuminazione: la prima ci fa riconoscere il Cristo, nostra speranza; la seconda ci fa riconoscere, oltre ogni nostra speranza - anzi nella morte stessa di ogni nostra speranza - il Figlio di Dio che ci ama e d la vita per noi. Questo miracolo la grande speranza del discepolo: la misericordia di Ges, instancabilmente e sempre allopera, giunge a trionfare di ogni nostra sordit e cecit. Ha ragione la pazienza del contadino che ha seminato: la parola, di notte e di giorno, fa breccia nelle fessure del nostro cuore di pietra, mette radici e cresce. Questa guarigione, come quella del sordo, una fatica dolorosa di Cristo, segnata da due suoi gemiti (7,34; 8,12). Colui che con sovranit fa zittire mare e male, che, senza volerlo, guarisce lemorroissa e con una semplice parola risuscita la ragazza, compie ora la sua opera pi dura e difficile, quella che gli coster la croce. Fin qui tutto il vangelo aveva come fine di evidenziare e farci diagnosticare ci che ci accomuna tutti: la durezza di cuore, gelosamente custodita sotto le foglie di fico di unautosufficienza, religiosa e/o mondana, alimentata dal duplice fermento di cui al brano precedente. Ges, unica luce che d la vista, porta a compimento la nuova creazione e il nuovo esodo: ci conduce fuori per guarirci e farci vedere ci che occhio umano mai non vide e che Dio ci ha donato nel suo pane. Il discepolo un cieco che sa di esserlo. Riscontra in s il fermento dei farisei e di Erode che gli impedisce di mangiare il pane dei figli. Conosce anche limpossibilit di guarire da solo, nonostante tutti gli espedienti. E lascia che il Signore agisca. 2. Lettura del testo

v. 22 portano a lui. Il cieco portato, come il sordo muto. Ognuno giunge a Cristo condotto da chi lo conosce. Chi non si sente responsabile dellaltro come Caino (Gn 4,9): lha gi ucciso come fratello, non considerandolo tale. un cieco. figura del discepolo che, come tutti, ha occhi e non vede (8,18; 4,12). Un cieco pu anche avere un corpo perfetto per lavorare, marciare o lottare. Ma non pu far nulla di tutto questo: gli manca la luce degli occhi. Per lui la realt, invece che strumento utile e piacevole, ci contro cui sbatte dolorosamente. Anche la pi bella siepe di rose per lui spine pungenti da evitare con cura. come un non nato: non ancora venuto alla luce. Vero cieco colui che non vede la verit propria e di Dio. Conduce unesistenza senza luce e morta, che, ignorando da dove viene e dove va, non sa in che direzione muoversi. Ges dice: Io sono la luce del mondo: chi segue me, non cammina nelle tenebre, ma avr la luce della vita (Gv 8,12). e lo pregano perch lo tocchi (cf il sordo: 7,32). importante lintercessione per i fratelli, perch Cristo tocchi chi non pu o non vuole ancora toccarlo. Come c levidente solidariet del male, ce n una misteriosa, ma molto pi grande, anche nel bene. Molti ingiusti non riescono a perdere lumanit; un solo giusto invece salva il mondo intero! v. 23 afferrata la mano del cieco. Lui direttamente prende il cieco e lo conduce per mano con mano forte, come un padre suo figlio. lo condusse fuori dal villaggio. lesodo definitivo, fuori da ogni luogo abitato da uomini, sempre lievitato da ci che indurisce il cuore e toglie la vista. Luomo animale non percepisce le cose di Dio (1Cor 2,14). luscita dalle tenebre alla luce, che vuol essere senza pi ritorno (v. 26); il travaglio della nascita. sputandogli sugli occhi (cf il sordo: 7,33). La saliva immagine del respiro, forza vitale. Ges ci comunica il suo Spirito, che scruta ogni cosa, anche le profondit di Dio. I segreti di Dio nessuno li ha mai potuti conoscere, se non il suo Spirito. Ora noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma quello di Dio, per conoscere tutto ci che lui ci ha donato (1Cor 2, 1 0 s). imponendogli le mani. Quanti gesti per questo miracolo! Sar fatica ricompensata. Il cieco sotto le sue mani, che lo inondano di luce. Vedi forse qualcosa? Per lunica volta Ges dubita, anzi sicuro di non essere ancora riuscito nella sua impresa. Sa che la nostra illuminazione, mai perfettamente riuscita, uno sforzo mai concluso. Ma vuole che anche noi lo sappiamo, perch, vedendo di non vederci, siamo disposti a lasciarci continuamente guarire. Il primo dono che Ges fece al fariseo Paolo fu quello di folgorarlo con la sua luce, evidenziando la sua cecit. Poi gli dar la sublimit della conoscenza di lui come suo Signore (Fil 3,8). Tra poco Ges rivolger la stessa domanda ai discepoli, chiedendo loro come lo vedono: Ma voi, chi dite che io sia?. Marco rivolge la stessa domanda alla sua comunit e a noi, per farci vedere che non vediamo ancora bene, fino a quando il fantasma dei pane non diventa lIo Sono del mio Signore. Ma prima dovranno cadere dal nostri occhi le scaglie dei due lieviti. v. 24 guardando in su. Il brano tutto un gioco sulla parola vedere (blpo), guardare in alto (anablpo), vedere perfettamente attraverso (dia-blpo), vedere dentro (en-blpo). Ci sono molti modi di vedere, secondo dove si volge locchio, secondo la limpidezza e lacutezza della vista. C inoltre la

parola horo, che significa vedere, osservare. La vista gioca un ruolo determinante nella morte, sepoltura e risurrezione di Ges: questo il mistero da contemplare, perch l scopriamo la verit di Dio nella nostra, e la nostra in quella di Dio. Vedo gli uomini. Vede per la prima volta i suoi simili, e in loro se stesso. perch vedo come alberi che camminano. Conosce bene le piante, perch non lo scansano e ci sbatte contro. Ora gli uomini sono piante che si muovono - non sa se per venirgli contro o incontro. Questa vista, molto imperfetta, come quella dei discepoli che scambiano lIo Sono di Ges per un fantasma, come quella della Chiesa che non discerne nel pane il corpo del suo Signore. Comunque ora il cieco ha sufficiente vista per vedere che non ci vede abbastanza; gi pu dire qualcosa sugli uomini, come i discepoli diranno qualcosa su Ges. Ma ci vorr ancora un lungo cammino prima di capirlo: dovranno sbattere la faccia contro lalbero dove appeso il Figlio delluomo, prima di riconoscerlo come Figlio di Dio. Scambiare uomini per alberi immagine di ci che facciamo, scambiando lui con le proiezioni dei nostri desideri/paure. v. 25 E di nuovo gli impose le mani. necessario un ulteriore intervento, un contatto e una comunione iterata con lui. Questo sar compiuto dalla seconda parte del vangelo, mediante la Parola che rivela pienamente il pane. Davanti a questa, i discepoli si scopriranno sempre pi ciechi (vedi le tre reazioni alle tre predizioni della morte/risurrezione: 8,31 ss; 9,31 ss; 10,32 ss). Allora potr guarirli definitivamente, insieme con Bartimeo. Tutta la catechesi del vangelo mira a mostrare la nostra cecit specifica davanti al mistero dei Dio crocifisso, per farci chiedere e ottenere la guarigione. vedeva perfettamente. una vista che va con lucidit oltre ogni velo ingannatorio. Lilluminazione consiste nel vedere uomini come tali, e non come alberi che camminano, ossia nel capire la realt cos com. La nostra fede sar vedere Ges che va a Gerusalemme verso la sua gloria, e seguirlo nel cammino con Bartimeo (10,52). .fu ristabilito. L'occhio ristabilito nella sua funzione originaria, come la mano di 3,5, quando si apre per accogliere il dono. intravedeva. In greco c vedere dentro. una vista non solo lucida, ma acuta e penetrante. chiaro e a distanza. In greco c una parola che indica una vista chiara e telescopica, che va oltre ogni lontananza. tutto. Nulla si sottrae a questa vista data da Ges con il suo Spirito, che scruta ogni cosa, anche le profondit di Dio (1Cor 2,10). Sar il dono concesso al cieco di Gerico, che lo chiama per nome, chiedendo - e ottenendo misericordia; sar il dono concesso al centurione, che vedr tutto lo splendore di Dio nella sua carne, fatta per noi lontananza e peccato. v. 26 lo invi a casa sua. Luomo non di casa nel villaggio in cui abita da cieco. fatto per camminare e dimorare nella luce: Dio la sua casa, e solo l viene alla luce, uscendo definitivamente dalle tenebre. Non entrare neppure nel villaggio. il luogo dove languiva nellombra di morte (Lc 1,79), il paese dove mendicava, schiavo della sua durezza di cuore. Non deve pi farci ritorno, perch lievitato dal fermento dei farisei e di Erode, che impedisce di vedere il Signore. Cristo ci ha liberati perch

restassimo liberi (Gal 5,1). Non torniamo pi sotto lantico giogo della schiavit, perch la nostra condizione non sia peggiore di quella di prima (Lc 11,26). 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo, immaginando i dintorni di Betsaida, dove Ges conduce per mano il cieco. 3. Chiedo ci che voglio: Ti chiedo, Signore, di imporre su di me le mani, di darmi il tuo Spirito, di liberarmi dal lievito dei farisei e di Erode, perch possa vedere tutto, chiaro e a distanza il dono di te che tu mi fai. 4. Traendone frutto, e immedesimandomi nel cieco, contemplo la scena, considerando ogni parola. 4. Passi utili: Is 35; Sal 146; At 9,1-19; Ap 3,17 ss.

41. MA VOI, CHI DITE CHE IO SIA?


(8,27-30)
27

E usc Ges e i suoi discepoli verso i villaggi di Cesarea di Filippo. E, nel cammino, interrogava i suoi discepoli, dicendo loro: Gli uomini chi dicono che io sia? 28 Essi gli risposero dicendo: Giovanni il Battista, e altri Elia, altri poi uno dei profeti. 29 E lui li interrogava: Ma voi, chi dite che io sia? Rispondendo Pietro gli dice: Tu sei il Cristo! 30 E li sgrid, perch non parlassero di lui a nessuno. 1. Messaggio nel contesto

Ma voi, chi dite che io sia?, chiede Ges al discepoli e a noi, che fin qui abbiamo camminato con lui. Tu sei il Cristo, risponde Pietro. Prima tutti si chiedevano: Chi costui?. Ora lui stesso domanda: Chi sono io per te?. Fino a quando ci poniamo questioni su di lui, non comprenderemo nulla! Si comincia a capire qualcosa quando ci lasciamo porre in questione. Non lui, bens noi siamo chiamati a dichiararci. Finora ci ha fatto la sua proposta; ora chiede la nostra risposta: Rispondimi, e ti risponder. Il cristianesimo la risposta a questa domanda che lui mi rivolge: Chi sono io per te?. La sua provocazione anche un esame della vista, per farci costatare che abbiamo bisogno di occhi ulteriormente nuovi. Finisce cos la prima parte del vangelo. Comincer poi il cammino della seconda, che ci far riconoscere il Figlio di Dio. La confessione di Pietro giustapposta allautoconfessione di Ges (v. 31), che dice la Parola (v. 32). Le due confessioni sono le due facce della pietra di volta di tutto il vangelo di Marco, e segnano il passaggio da una comprensione di Ges come Cristo a una comprensione spirituale di lui come Signore. Si varca la soglia dei desideri delluomo, che resta confuso e sbigottito, per entrare nella promessa di Dio, pi grande di ogni fama (Sal 138,2). Questo riconoscimento conclude la sezione dei pani, iniziata con linvio dei Dodici (6,6b). Ges infatti lo si riconosce nel pane, in cui attua la nostra salvezza. La sua domanda duplice, perch duplice la risposta: quella della gente, secondo la carne, e quella del discepolo, secondo lo Spirito. Ma questa convive con quella, e, come vedremo, ha un continuo bisogno di confronto con la Parola per purificarsi. Ges il Cristo. Cristo era diventato quasi il suo cognome. Marco lo nomina nel titolo e lo fa riconoscere ora. Rid cos a questa parola il suo significato originario. Esso spiegato in otto lunghi capitoli attraverso ci che Ges ha fatto: ha mondato lebbrosi e fatto camminare zoppi, ha guarito mani per toccarlo e ricevere da lui la vita, ha risuscitato i morti e dato loro da mangiare il pane che sazia, ha guarito lorecchio per ascoltare la Parola e la vista per contemplare la Gloria. quindi il Cristo, latteso da Israele, il discendente di Davide (2Sam 7), il re di giustizia e di pace, liberatore e salvatore del suo popolo, anzi, di tutti i popoli. Anche se molto umana, questa fede valida, come prima tappa. Discepolo colui che risponde alla domanda di Ges: Chi sono io per te?. La fede non delegabile. Ognuno chiamato a dare la propria risposta, a conoscerlo, amarlo e seguirlo, anche se ancora imperfettamente. Ges fin qui ha esaudito i nostri desideri, ma quasi solo per adescarci e disporci a ricevere un dono che sorpassa ogni nostra attesa. Ci ha avvinto a s perch ci fidiamo di lui. Dora in poi comincer a non farci pi doni. Il nostro occhio dovr passare dalla sua mano vuota al suo volto, e penetrare nel suo cuore, sorgente di ogni dono. Dio infatti amore, e nullaltro ama che amare e dare se stesso allamato. La seconda parte del vangelo ce lo presenter cos, e culminer sulla croce, dove compir pienamente la rivelazione di s nel dono di s. Il rischio nostro di restare chiusi nella prima parte, senza mai conoscere il Signore. Infatti non cerchiamo lui, ma i suoi doni, e lo identifichiamo con questi, riducendolo a un idolo, attaccapanni dei nostri desideri o fantasma delle nostre paure. 2. Lettura del testo v. 27 usc Ges e i suoi discepoli verso i villaggi di Cesarea di Filippo. il punto pi lontano che Ges raggiunge nel suo cammino in regione pagana. Anche il suo riconoscimento pieno avverr sulla croce, il punto pi lontano da Dio, e per bocca di un pagano (15,39). Il Signore, nella sua trascendenza, sempre lontano - e per questo vicino a ogni lontananza.

nel cammino. Luomo ha il suo centro fuori di s, che lo sbilancia sempre in avanti. Fatto per camminare, ovunque straniero, fuggitivo o pellegrino secondo che sallontana o savvicina alla sua casa. Comunque il suo sempre un viaggio che va dalla morte alla vita (cf brano seguente). In questo cammino Ges interpella chiunque con lui e desidera andare oltre. interrogava i suoi discepoli. La domanda contiene sempre la risposta. Fino a quando ci interroghiamo su Ges, ci daremo le nostre risposte scontate. Per questo importante non domandarci noi su di lui, ma ascoltare la sua domanda, che mette in questione noi. Gli uomini chi dicono che io sia? Ges pone prima questa domanda perch i discepoli sappiano riconoscere il pensiero delluomo. Egli riconduce tutto al gi noto. al passato ormai morto, di cui, piacevole o fastidioso fantasma, conserva il ricordo. Questo costituisce lovviet religiosa. Tentiamo sempre di adattare Dio al letto di Procuste del nostro cervello, riducendolo a ci che gi pensiamo e difendendoci dalla novit sconvolgente che vuol portarci. v. 28 Giovanni il Battista, altri Elia, ecc. la risposta che troviamo allinizio della sezione dei pani (6,14). lunica possibile alluomo, per il quale non c mai nulla di nuovo sotto il sole (Qo 1,9). Tutto da sempre passato, e tutto sempre passer, fagocitato dalla morte, senza mai novit alcuna. I profeti, che indicano il futuro di Dio, invece di ascoltarli, da sempre si preferisce prima ucciderli; solo dopo li si riconosce, quando non importunano pi la nostra tranquillit. Anche Ges, Parola di Dio viva e operante, identificato con loro, catalogato con le etichette della nostra pigrizia mentale, relegato a fantasma del passato. v. 29 Ma voi. I discepoli sono un voi. Sta nascendo la comunit, formata da chi si lascia interpellare da lui. Da loro attende una risposta che sia un ma rispetto a quella scontata dalle persone religiose. chi dite che io sia? la domanda fondamentale del vangelo. Ora Ges stesso la pone, chiedendo al discepolo di pronunciarsi nel suoi confronti. La vera questione questa, che lui mi rivolge personalmente: Chi sono io per te? Cosa significo per la tua vita? Sono il tuo Salvatore e il tuo Dio, il tuo desiderio e il tuo mistero assoluto? Ti lasci mettere in discussione da me, sei disposto ad amarmi e seguirmi, per stare sempre con me, cos come sono, anche quando sar con te l dove non pensavi, ti salver come non credevi, e mi scoprirai come non mi conoscevi?. La fede la mia risposta a questa domanda, che resta sempre aperta, lasciando nella provvisoriet ogni mia risposta. Tu sei il Cristo. Per i discepoli Ges non un fantasma del passato. In lui, unico e presente, si ravviva il loro cuore spento; con lui divampa tutto un passato di promesse e si apre un futuro di speranze. Chi pu come lui dare e dire ci di cui hanno un bisogno cos sordo e cieco, una sete e una fame cos profonda? Nella parola Cristo si cristallizza tutto quanto di bello e di buono luomo pu attendere da Dio. Tutte le azioni e le parole raccontate fin qui danno il significato vero e pieno a questo termine, che significa messia (= unto, consacrato), re. v. 30 li sgrid, ecc. Ges, invece di lodare Pietro, sgrida tutti, come i demoni, perch tacciano. Perch questa doccia fredda? Vuol spegnere il fuoco acceso? giusto quanto Pietro ha detto; ma solo in parte. C un errore: Ges non il Cristo determinato dalle sue attese religiose, invece un Cristo (cf 1,1) a lui ignoto, che realizza la promessa di Dio. necessaria la seconda parte del vangelo, la Parola che spiega il pane, prima che possiamo riconoscere in Ges che chiede: Chi sono io? la gloria di colui che dice: Io Sono. Il cieco fu guarito in due rate. Il discepolo vede il Cristo ancora in unottica molto umana. Vedo gli uomini perch vedo come alberi che camminano, diceva il cieco non totalmente guarito. Ges ci far

prendere coscienza di questo, perch gli chiediamo di vedere chi veramente . Seguir unaltra guarigione. Allora lo vedremo sullalbero, verso il quale il Figlio delluomo ormai si va decisamente incamminando. 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo immaginando i1 cammino, nella regione di Cesarea di Filippo, dove Ges interroga i suoi discepoli. 3. Chiedo ci che voglio: conoscere chi lui per me, che peso ha nella mia vita. il mio Salvatore, la mia speranza, il mio desiderio? 4. Traendone frutto, vedo, ascolto e osservo le persone: chi sono, che dicono, che fanno. Da notare: cammino interrogare Ma voi, chi dite che io sia? Cristo sgridare non dire niente a nessuno

4. Passi utili: 2Sam 7,8-16; Sal 2; 89; At 2,14-36; 3,12-26; 4,8-12.

42. IL FIGLIO DELL'UOMO DEVE MOLTO SOFFRIRE


(8,31-33)
31

E cominci a insegnar loro: Il Figlio delluomo deve molto soffrire ed essere riprovato dagli anziani e dai sommi sacerdoti e dagli scribi, ed essere ucciso, e, dopo tre giorni, risuscitare. 32 E con franchezza diceva la Parola. E Pietro, presolo con s, cominci a sgridarlo. 33 Ora egli, voltatosi e vedendo i suoi discepoli, sgrid Pietro e dice: Va dietro di me, satana, perch non pensi le cose di Dio, ma quelle degli uomini. 1. Messaggio nel contesto

Il Figlio dell'uomo deve molto soffrire. Dopo aver esposto il suo insegnamento in parabole (c. 4), Ges comincia ora con franchezza a dire la Parola. la parola della croce - stupidit e debolezza per luomo, ma saggezza e forza di Dio (cf 1Cor 1,18-25). Dopo aver avvinto a s il discepolo, che lo riconosce come il Cristo salvatore, Ges inizia a spiegargli cosa significa essere il Cristo e come viene la salvezza. Qui comincia la seconda parte del vangelo, che tutta unistruzione riservata ai suoi, scandita dalle tre predizioni della morte/risurrezione. la sezione ecclesiale, in cui la comunit si confronta con il mistero del pane. qui che vediamo la differenza, anzi lo scontro tra il pensiero delluomo e il pensiero di Dio. Il primo, cercando di salvarsi, diventa egoista, vivendo la morte e uccidendo la vita. Il secondo sa perdersi per amore, fino a dare la vita. La prima parte del vangelo culmin nel riconoscimento di Ges come Cristo: la seconda terminer nel riconoscimento di lui come Figlio di Dio ( 15,39). Il v. 31 dice la Parola che chiarisce lenigma di ogni parabola e svela il mistero di Ges ucciso e risorto, gi profetato nei canti del Servo, nei salmi e nella storia dei giusti. Tutto il vangelo introduzione sapiente, spiegazione paziente, sviluppo coerente e confronto costante con questa Parola, che d la chiave di lettura di tutta la storia. La sapienza di Dio passa attraverso la povert, lumiliazione e lumilt; accetta le sofferenze, il ripudio e luccisione; e proprio cos vince il male fatto dalla sapienza delluomo, che ricerca lavere, il potere e lapparire, provocando la morte propria e altrui. Pietro, come tutti noi, resta chiuso nel pensiero delluomo. Il suo scontro con Ges violento. Si far sempre pi serrato, fino al confronto finale. La croce, fatta da noi e portata da lui, rimane lunico luogo possibile dincontro. Il male non esterno a noi. Linferno non laltro. Il satana presente nel cuore di Pietro e di ciascuno. La Parola lo fa uscire allo scoperto, con tutte le sue resistenze e convulsioni. Lesorcismo fondamentale di Cristo la vittoria su questo male, causa di ogni altro, che viene appunto dal di dentro delluomo (7,20.23). Il cammino lento e difficile, ma sicuro e rispettoso. La Parola, denunciando sempre pi chiaramente la nostra cecit, ci pone nella necessit di chiedere la luce. Questo il nostro massimo gesto di libert, con cui riconosciamo la verit e ci mettiamo dietro a Ges, sempre tentati, con Pietro, di metterci davanti. Ges, appena riconosciuto come Cristo, rivela la sua identit di Figlio delluomo sofferente e quindi glorioso. Questa la Parola, il suo mistero di morte e risurrezione (v. 31), al quale legata la nostra salvezza (v. 38). Il Padre gli far eco dal cielo e confermer che proprio lui il suo Figlio (9,8), perch segue il cammino del servo (cf 1,11; 15,39). Il discepolo chiamato a confrontarsi ora con la Parola. Deve prendere nella barca Ges cos com, che dorme e si risveglia (4,36). Dopo averlo riconosciuto messia, chiamato con Pietro ad affrontarlo e a negargli la croce, in modo da permettergli di smentirlo e salvarlo. Nella seconda parte del vangelo la Parola deve compiere in lui le due opere pi difficili: scacciare il demonio sordomuto (9,14-29) e illuminare il cieco di Gerico (10,45-52). 2. Lettura del testo v. 31 cominci a insegnar loro. Qui c come un nuovo inizio. Comincia la faticosa lotta tra la Parola e la nostra sordit e cecit. In questo versetto Ges dichiara lidentit propria e di Dio nella nostra storia.

Il Figlio dell'uomo. Ges chiama se stesso con questo nome, che poi la Chiesa non user pi, perch difficilmente comprensibile al di fuori del giudaismo. In ebraico ha un gamma di significati, e richiama soprattutto Dn 7, dove il Figlio delluomo appartiene contemporaneamente al mondo di Dio, di cui ha tutta la dignit e il potere, e al mondo delluomo, con il quale solidale fino in fondo. Ges us volentieri questo titolo, che, senza far violenza a nessuno, permetteva a ciascuno di capire ci che era disposto a capire, lasciandogli la possibilit di una comprensione pi profonda. deve. Quanto segue lunico dovere di Ges, che riveler Dio come amore. Chi ama infatti non pu non condividere il male dellamato. Deve (greco: de) non indica un dovere morale, ma una necessit di tipo naturale, pi profonda. Il Signore deve dare la vita per noi, come il fuoco deve scaldare, la pioggia bagnare e il sole illuminare. Non pu essere diversamente. Deve inoltre richiama il compimento della promessa di Dio che non pu non realizzarsi; ed in connessione, soprattutto per Luca, con la passione di Ges, in cui si realizza quanto la Scrittura dice a riguardo del Servo sofferente. molto soffrire. Ges combina la figura gloriosa del Figlio delluomo di Dn 7 con quella del Servo di JHWH (cf Is 42,1-9; 49,1-6; 50,4-11; 52,13-53,12), la cui vita lotta e sofferenza, per mantenere insieme la fedelt a Dio e al popolo. essere riprovato dagli anziani e dai sommi sacerdoti e dagli scribi. Ges sar esaminato attentamente e gettato via dai potenti. Anziani, sommi sacerdoti e scribi rappresentano rispettivamente la categoria dei possidenti, dei potenti e dei sapienti, coloro che hanno realizzato il desiderio di avere, potere e apparire. Sono le tre maschere dellunico male, legoismo, che si annida nel cuore di ogni uomo e sta allorigine di tutti i mali. Corrispondono alle tre concupiscenza sulle quali si struttura il mondo e la sua storia (1Gv 2,16), e ai tre aspetti seducenti e illusori del frutto proibito, che gi ad Eva parve buono, bello e desiderabile (Gn 3,9). La perversione delluomo sta innanzi tutto nel giudizio sbagliato: pensa che sia bene avere invece di donare, che sia bello dominare invece di servire, che sia desiderabile apparire invece di essere ci che si . Il Signore invece, che amore, non pu che presentarsi nella povert di chi dona, nellumiliazione di chi serve, nellumilt di chi vero. Per questo verr scartato. Ma proprio cos, morendo in croce, sar il Cristo, colui che ci libera dal nostro male tremendo e ci rivela Dio. ed essere ucciso. Ges non muore. ucciso. La morte ci che capita a tutti e che tutti temiamo, perch ignoriamo di venire da Dio e di tornare a lui. Schiavi di questa paura, cerchiamo di salvarci cadendo sotto la mano di satana che con essa ci domina (cf Eb 2,14). Ges ne libero, perch sa di venire dal Padre e di tornare a lui; per questo sa amare fino al punto di dare la vita per noi che lo uccidiamo (Gv 13,1 ss). Ma la sua uccisione martirio, ossia testimonianza di un amore pi grande della vita e pi forte della morte. dopo tre giorni risuscitare. Luomo cammina verso la morte. Anche se non lo vuole, questa per lui la parola definitiva. Ma un inganno. La parola definitiva spetta a Dio, che amore e vita. La risurrezione non semplice rianimazione di un cadavere che ritorna alla condizione mortale; invece il passaggio, attraverso la morte, a una pienezza di vita che non conosce pi morte e alla quale partecipa anche il corpo, trasfigurato. Solo la prospettiva della risurrezione permette di non impostare la vita sulla paura della morte. Per questo, se Cristo non risorto, vana la nostra fede, e noi restiamo ancora nel nostro male (1Cor 15,17). v. 32 con franchezza. La parola greca (parresa) significa: dire tutto con libert, coraggio e chiarezza. Ges prima parlava sotto il velo delle parabole (4,11.33 s), ora gioca a carte scoperte.

la Parola. La Parola il termine tecnico per indicare il vangelo (cf 1,45; 2,2; 4,32). la parola della croce, sapienza di Dio e sua rivelazione totale. Lo scriba Paolo, dopo la sua conversione, riassumer tutta la sua scienza nuova dicendo: Ritenni di non sapere altro in mezzo a voi, se non Ges Cristo, e questi crocifisso (1Cor 2,2). Egli la Parola: chiarisce lenigma di tutta la Scrittura, della storia di Dio e della nostra. Pietro, presolo con s. Pietro prende con s Ges, in disparte dagli altri. molto sicuro di s, e non vuol fargli fare una brutta figura davanti a tutti. cominci a sgridarlo. Sgridare la stessa parola usata quando Ges zittisce i demoni. Pietro pensa che dietro la Parola si nasconda una tentazione dellingannatore: il Cristo non si accorge che cos rovina il regno di Dio? Gli dice: Dio te ne scampi, Signore, questo non ti accadr mai (Mt 16,22). Quanto Ges ha appena detto una minaccia che fa crollare tutte le certezze religiose di Pietro: la sua morte da fallito sarebbe la fine di ogni speranza umana e di ogni promessa divina. molto importante riconoscere e manifestare la nostra opposizione, dettata da un amore sincero, ma ancora carnale. v. 33 egli, voltatosi e vedendo i suoi discepoli. Ges si rivolge a Pietro e agli altri, dai quali Pietro si era staccato. sgrid Pietro. Ges ricambia a Pietro il rimprovero: satanico lui, che vuol distoglierlo dalla croce. dietro di me (cf v. 34). Il discepolo non deve mettersi davanti, ma dietro al suo maestro. Non lui deve seguire noi, bens noi lui. Pietro vorrebbe tirare Cristo dalla propria parte, invece che passare lui dalla sua. una operazione diabolica, che capovolge radicalmente la fede: invece di obbedire noi al Signore, dovrebbe lui obbedire a noi! Ges propriamente non dice a Pietro: Lungi da me!, come traducono varie versioni. Non lo manda lontano. Lo richiama vicino, ma al suo posto: Dietro di me. Infatti si era messo davanti. Questespressione dietro di me la qualifica fondamentale del discepolo, ripresa al v. 34. Glielaveva gi detta allinizio (1,17). Gliela ripete ora che sa dietro a chi va. satana. Come nel caso degli indemoniati, in quel momento non Pietro, bens satana che parla in lui, e cerca di identificarsi con il suo cliente. Ora il ladro della Parola (4,15) tenta il colpo che non gli era riuscito nel deserto: chi non ha ceduto alle seduzioni del nemico, forse ceder alle istanze del miglior amico! Ma Ges resiste a viso aperto. Quanti pensieri e azioni sataniche, compiute con amore ma senza lintelligenza di Cristo! A chi ha zelo, satana gliene aggiunge, fino al fanatismo, ma gli vela la Parola - la sapienza della croce. da notare che Pietro chiamato satana non perch dice o fa qualcosa di diabolico, ma semplicemente perch pensa secondo gli uomini. Il satanico molto umano. Sembra invece disumano Dio! Questa la percezione del nostro giudizio ingannato dal maligno, specialista nel fare apparire bene il male e male il bene. perch non pensi le cose di Dio, ma quelle degli uomini. I miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie (Is 55,8). Il discernimento difficile. Ges, con la Parola, ci d il criterio oggettivo per illuminare lintelligenza. La preghiera poi vincer le resistenze della volont. Il pensiero di Dio amore che dona la vita e giunge alla risurrezione attraverso la povert, lumiliazione e lumilt, fino alla morte da reprobo. Il pensiero delluomo egoismo che cerca di salvarsi e produce morte attraverso la ricerca di avere, di potere e di apparire. Tra le due vie non c nulla in comune, se non la nostra buona volont, quando, a fin di bene, utilizza per il Regno ci che Ges ha scartato

come tentazione. Allora nuociamo molto alla sua causa. Indossiamo la sua divisa, ma giochiamo per la squadra avversaria. molto pi facile fare goal. Da qui comincia la liberazione del discepolo, il vero esorcismo che la Parola continuamente opera in noi e nella Chiesa. Inizia la fatica di Cristo. Dora in poi non far pi nessun prodigio. Solo guarir il sordo muto e il cieco. E morir in croce. Allora la nostra durezza di cuore si scioglier e conosceremo il Signore, mentre realizza pienamente la Parola. 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo, immaginando il luogo: nello stesso cammino dove Pietro dice chi Ges per lui, Ges stesso dice chi lui per noi. 3. Chiedo ci che voglio: Ti chiedo, Signore, per intercessione di Maria e di tutti i santi, di comprendere la Parola, che dice il mistero della tua croce, di mettermi dietro, non davanti a te; di non seguire il pensiero delluomo, ma quello di Dio. 4. Traendone frutto, vedo, ascolto e osservo le persone: chi sono, che dicono e che fanno. Da notare: il Figlio delluomo deve soffrire anziani, sommi sacerdoti e scribi essere ucciso risuscitare la Parola sgridare dietro di me le cose di Dio/ quelle degli uomini.

4.Passi utili: Is 42,1-9; 49,1-6; 50,4-11; 52,13-53,12; Sal 22; Is 55,8 s; 1Cor 1,18-31.

43. SE UNO VUOLE


(8,34-38)
34

E, chiamata innanzi la folla con i suoi discepoli, disse loro: Se uno vuole venire dietro di me, rinneghi se stesso, e prenda su la sua croce, e segua me. 35 Chi infatti vuol salvare la sua vita, la perder; ma chi perder la sua vita per me e per il vangelo, la salver. 36 Che giova infatti alluomo

guadagnare il mondo intero e danneggiare la propria vita? 37 Che pu dare infatti luomo per riscattare la sua vita? 38 Poich chi si vergogner di me e delle mie parole in questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio delluomo si vergogner di lui, quando verr nella gloria del Padre suo, insieme con gli angeli santi. 1. Messaggio nel contesto Se uno vuole. Dopo la propria (v. 31), Ges dichiara lidentit del discepolo, e lo chiama definitivamente ad andare dietro di lui. Ci fu gi una prima chiamata a seguirlo (1,16-20), una seconda a essere con lui (3,14) e una terza ad essere inviati (6,6b ss). Nella prima la fuga si fa sequela, nella seconda la sequela diventa comunione con lui, nella terza la comunione con lui sorgente della missione ad annunciarlo. Ora, associato dal pane al suo stesso destino, la missione si fa croce e risurrezione, per la salvezza propria ed altrui. Cos il discepolo incarna la stessa Parola dei suo Signore. Il v. 34 definisce il cristiano. colui che vuol seguire Ges crocifisso, e quindi rinnega se stesso, prende la sua croce, e gli va dietro - dietro a quel Ges povero, umile e umiliato come si definito nel v. 31. Il v. 34, specchio del v. 31, un trattato sullessenza del cristianesimo. Invece che in quattrocento pagine in quattro brevissime espressioni - in der Krze liegt die Wrze! - che sono un compendio di antropologia filosofico-teologica dal punto di vista cristiano. Il v. 35 mostra la molla segreta del pensiero delluomo: salvare la pelle, lesistenza materiale, che sa di dover perdere. Questo tentativo, inutile e disperato, lo rende egoista, e gli fa distruggere s e gli altri. Chi invece sa perdere la vita per amore di Ges, la salva. Perch la vita vera, che non conosce tramonto, amare con tutto il cuore colui che per primo ci ha amati. Il v. 36 smaschera linganno di volersi salvare mediante la brama di possedere. il pensiero delluomo (v. 33). Il v. 37 mostra come luomo perda comunque lesistenza, ponendogli il problema dei senso, ossia del fine. Questo permette alluomo di essere uomo. Gli d infatti la possibilit di un progresso e la libert di realizzarsi. Il v. 38 infine mostra il senso del tempo presente; il momento in cui vivere lobbedienza alla sua parola. Da questa dipende la nostra vita vera, che eterna. La salvezza dalla morte consegue la nostra presa di posizione qui e ora nel confronti di Ges e del vangelo. La sua storia ormai passata diventa criterio della nostra vita presente e garanzia di quella futura. Il nostro destino connesso alla nostra fedelt o meno alla sua parola. Tutte queste affermazioni di Ges saranno subito dopo confermate dalla voce del Padre, che dir: Ascoltate lui (9,7). Ges il pastore che, con la croce, suo bastone, ci guida alla vittoria sul male e sulla morte. Lo seguiamo come la Parola che indica il cammino della vita, la nube e la colonna di fuoco che conduce dalla schiavit alla libert. il Signore presente in mezzo a noi. Lamore e lobbedienza a lui la nostra salvezza. Questa sar piena nel futuro, ma da vivere gi nel presente, in fedelt al suo passato.

Il discepolo trova in queste parole di Ges la propria identit. Per un atto di libera decisione, ama e segue non il Cristo dei propri desideri, ma quello che, come Pietro, non conosce e non vuole accettare. La Parola del v. 31 toglie alla nostra sequela ogni ambiguit. Dimenticarla significa seguire, invece di lui, se stessi o le proprie fisime religiose. 2. Lettura del testo v. 34 chiamata innanzi la folla con i suoi discepoli. Dopo che Ges si rivelato apertamente, anche il discepolo si scopre tra la folla di chi pensa secondo gli uomini. Ma la sua chiamata rivolta a tutti. Se uno vuole. Aderire a lui non un fatto anonimo di massa; un atto supremo di libert personale, decisione che ogni singolo prende quando in grado. Ogni frutto cade dallalbero quando maturo. venire dietro di me. I discepoli non conoscevano bene chi seguivano. Ora che lo sanno, Ges ripete linvito gi fatto (1,16-20; 2,14), dicendo a tutti ci che ha appena detto a Pietro: Dietro di me. Si segue solo chi si ama. Per questo, Signore, attirami dietro di te (Ct 1,4)! La fede cristiana lamore personale per Ges, che si esprime nel desiderio di essere con lui povero, umiliato e umile piuttosto che ricchi, potenti e soddisfatti senza di lui. Andare dietro a lui lessenza specifica del cristianesimo. Il pericolo per noi, come per Pietro, andare dietro a una nostra immagine religiosa di lui, invece che dietro a lui cos com. Per questo la Parola del v. 31 compie in noi un esorcismo costante, proponendoci la croce come distanza infinita tra lui e tutte le proiezioni su di lui. rinneghi se stesso. Rinnegare se stesso la piena realizzazione delluomo; significa vincere il falso io, legoismo, radice di tutti i mali. il contrario dellaffermare se stesso, distruzione delluomo, che uccide lio chiudendolo in una solitudine infernale. Narciso al fonte annega in se stesso. Affermare se stesso rinnegare il Signore, perch negazione di s come sua immagine. Luomo, sentendosi piccolo, insignificante e stupido, vuol affermarsi facendosi ricco, potente e orgoglioso. Ma un inganno. Infatti si realizza solo quando, sentendosi amato e importante agli occhi di Dio, capisce che bello amare, donare e servire in libert e povert. prenda su la sua croce. la prima volta che esce questa parola in Marco. Ges non porter la sua, ma la nostra, insieme con noi. Questa croce che Luca 9,23 chiama quotidiana - la lotta continua contro la falsa autoaffermazione. E la fatica maggiore accettare che il nostro male ci sia, fino alla fine, come luogo costante della sua grazia (Rm 7,14-25). Ognuno ha la sua croce, perch nessun altro al posto suo pu vincere legoismo che In lui. e segua me. possibile portare la nostra croce solo andando dietro a lui. Come una guida in montagna, nella foresta o nel deserto, come un esperto marinaio che naviga nella nostra stessa barca, cos lui ci rende possibile limpossibile. Il cristianesimo non propone un cammino solitario ed eroico verso una meta difficile. consolazione di una compagnia, amore di una presenza, forza stessa della Presenza, che sta con noi che la seguiamo, come gi Israele nellesodo. v. 35 Chi infatti vuol salvare la sua vita. Salvare la vita listinto di autoconservazione. Criterio di ogni azione animale, insufficiente per luomo, che sa comunque di morire. Per lui ci vuole un fine positivo, che dia senso alla sua vita mortale. Chi scambia la salute per salvezza, si perde necessariamente.

la perder. La vita finisce comunque. Chi cerca di salvarla, diventa egoista, e uccide la sua vera vita di figlio di Dio. Chi vuol solo inspirare e trattenere il soffio, scoppia. Non si pu neanche respirare oggi laria di domani. Chi si dimena nellacqua, si perde; chi fa il morto, si salva. La vita un dono che costantemente si riceve e si mantiene nellabbandono. chi perder la sua vita. Persa per persa, la vita animale si pu spenderla nel vano tentativo di trattenerla, o darla spontaneamente per amore. per me. Per me infatti il vivere Cristo e tutto ormai io reputo una perdita al fine di guadagnare Cristo, dice Paolo (Fil 1,21; 3,8). Questa vita nella carne io la vivo nella fede del Figlio di Dio che mi ha amato e ha dato se stesso per me (Gal 2,20), con un amore pi forte della morte (Ct 8,6). e per il vangelo. Noi che non labbiamo conosciuto nella carne, attraverso la parola del vangelo conosciamo nello Spirito la sua carne - cardine della nostra salvezza. la salver. La vita vera delluomo infatti rispondere allamore di Dio in Cristo Ges, vita di tutto ci che esiste (cf Gv 1,3-4). In nessun altro nome c salvezza (At 4,12). In lui salviamo la nostra essenza, perch diventiamo ci che siamo: figli. v. 36 Che giova all'uomo guadagnare il mondo intero. Per salvarsi luomo instaura la strategia del possedere sempre di pi, nel vano tentativo di garantirsi la vita. Ma non fa che rovinarla a s e agli altri. Lavidit di ricchezza la grossa illusione del mondo. Sembra assicurare ogni bene, e invece causa di tutti i mali ( 1Tim 6, 10). v. 37 Che pu dare l'uomo per riscattare la sua vita? La vita vale la vita. E questa comunque mortale. Luomo nasce e muore. Nessuno pu riscattare se stesso o dare a Dio il suo prezzo. Per quanto si paghi il riscatto di una vita, non potr mai bastare per vivere senza fine, e non vedere la tomba (Sal 49,8 s). La morte comune a tutti, sapienti o stolti (Sal 49,11). Luomo sapiente chi lo sa e ne tira le conseguenze. Insegnaci a contare i nostri giorni, e giungeremo alla sapienza del cuore (Sal 90,12). v. 38 chi si vergogner di me e delle mie parole. La salvezza dipende dalla mia personale adesione a Ges, dal riconoscerlo e testimoniarlo con azioni e parole in un mondo che va in direzione opposta. Il mio futuro dipende dalla mia presa di posizione presente nei confronti di lui e della sua parola. la parola della croce, di un amore pi grande della morte (v. 31). questa generazione adultera e peccatrice. Ogni generazione adultera, cio non ama lo Sposo, lunico da amare con tutto il cuore (12,29 s); per questo peccatrice, cio fallita, come un arco allentato che non raggiunge il bersaglio (Sal 78,57). anche il Figlio dell'uomo si vergogner di lui. Il Figlio delluomo, umiliato sulla croce, anche il giudice supremo della storia. Proprio in quanto crocifisso risorto, Signore e criterio di salvezza. quando verr nella gloria del Padre suo. Il brano seguente lascer intravedere questa gloria di Figlio unigenito del Padre, il quale ci ordina di ascoltarlo. con gli angeli santi. Annunciatori della sua parola (= angeli) e partecipi della sua vita (= santi), costituiscono la famiglia di Dio.

3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo, immaginando il luogo dove Ges dice queste parole. Siamo ancora in cammino, nel dintorni di Cesarea di Filippo. 3. Chiedo ci che voglio: di non essere sordo alla sua chiamata; di voler essere con lui cos com e seguirlo nella lotta contro il male, per aver parte con lui alla sua gloria. 4. Traendone frutto, vedo e ascolto Ges che mi rivolge personalmente linvito, sostando su ogni parola. 4. Passi utili: Ger 20,7-18; Fil 3; Eb 12,1-4; 1Pt 4,12-19; At 5,41; Gal 2,19 s; Sal 49; 16; 23; Dn 7,13 s; 2Tm 2,11 s.

44. QUESTI IL FIGLIO MIO, IL DILETTO: ASCOLTATE LUI!


(9,1-10)
91 E diceva loro: Amen, vi dico: ci sono alcuni di quelli che stanno qui che non gusteranno la morte, finch vedano il regno di Dio venuto in potenza. 2 E dopo sei giorni Ges prende Pietro e Giacomo e Giovanni, e li conduce su un monte alto in disparte da soli; e fu trasfigurato davanti a loro. 3 E le sue vesti divennero splendenti, bianche molto, quali nessun lavandaio sulla terra pu fare cos bianche. 4 E fu visto da loro Elia con Mos ed erano in dialogo con Ges. 5 E rispondendo Pietro dice a Ges: Rabbi, bello per noi essere qui! E faremo tre tende, una per te, una per Mos e una per Elia. 6 Infatti non sapeva cosa rispondere; infatti erano spaventati. 7 E venne una nube che li copriva dombra, e venne una voce dalla nube:

Questi il Figlio mio, il diletto: ascoltate lui! 8 E, allimprovviso, guardandosi attorno, non videro pi nessuno, se non il Ges solo con loro. 9 E, scendendo dal monte, ordin loro di non raccontare a nessuno ci che videro, se non quando il Figlio delluomo sarebbe risorto dai morti. 10 E tenevano la parola, tra loro discutendo cos il risorgere dai morti. 1. Messaggio nel contesto Questi il Figlio mio, il diletto.- ascoltate lui . la seconda e ultima volta che il Padre parla. La prima approv Ges come Figlio, quando si mise in fila con i peccatori per immergersi nel Giordano (1,11); ora lo conferma per noi come tale, mentre ha appena dichiarato la parola della croce. Dopo la trasfigurazione dei Figlio, irradiazione della sua gloria (Eb 1,3), il Padre non dir pi nulla. Ges che va in croce e risorge la Parola in cui si esprime totalmente e si rivela definitivamente. Per questo dice: Ascoltate lui!. La sua carne il criterio ultimo di discernimento spirituale. Marco, a differenza degli altri evangelisti, pur conoscendole, non racconta le apparizioni del Risorto. Termina con le donne impaurite, che ascoltano lannuncio di tornare in Galilea: L lo vedrete, come ha detto! (15,7). Il finale rimanda al principio e invita a rileggere tutto alla luce dellannuncio del Signore morto e risorto. Se lo ascolto, lo incontro nella sua parola che opera in me quello che dice, trasformando progressivamente la mia vita a immagine della sua. Il dono del pane, col miracolo del sordo e del cieco, mi abilita ad ascoltarlo e a vederlo. La sua gloria la realizzazione di tutta la promessa di Dio, in lui gi anticipata e donata a chiunque lo contempla. Vedere il suo volto infatti la vita delluomo, che finalmente davanti a lui riflette la realt di cui specchio. Riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, secondo lazione dello Spirito (2Cor 3,18). Questa lesperienza del Vivente alla quale Marco vuol portarci. Mostrarmi il tuo volto!. La preghiera, ripetuta nei salmi, esprime il desiderio abissale che ci fa essere ci che siamo. Ora lanelito finalmente si placa (o si accende?). La trasfigurazione, narrata al centro della vita terrena di Ges, figura di quella risurrezione che la sua parola gi opera nel cuore della nostra vita quotidiana, in attesa di quella definitiva. Essa ha il suo inizio nellascolto che ci guarisce, si compie nel battesimo che ci unisce a lui, si alimenta col suo pane che ci fa camminare dietro di lui, e si consuma nella visione del suo volto, che si rispecchia nel nostro. Quando egli si sar manifestato, noi saremo simili a lui, perch lo vedremo cos come egli (1Gv 3,2). Tutta la creazione tende al settimo giorno; e geme e soffre come nelle doglie del parto, in attesa di entrare con noi nella gloria dei figli di Dio (Rm 8,19 ss). La trasfigurazione, non la sfigurazione - come temiamo - il punto darrivo delluniverso. Il volto di Ges, bellezza di Dio, compimento del suo disegno di salvezza, il nostro vero volto, nel quale, per il quale, e in vista del quale siamo stati fatti (Col 1,15). In lui tutto raggiunge il suo fine e si ricongiunge al suo principio. E Dio, finalmente tutto in tutti (1Cor 15,28), riposa godendo della sua opera. Questo racconto segna una svolta decisiva sia nel cammino di Ges, che va verso Gerusalemme, sia in quello del discepolo, al quale il Padre mostra il mistero del Figlio.

Due persone, smarrite nel bosco, si trovano a percorrere lo stesso sentiero, lunico che c. Ma uno ignora dove porta. Intanto cala la sera e viene la notte. Laltro riconosce da un segno che porta a casa; tra poco sieder attorno al fuoco coi suoi. La vita uguale per tutti. Ma uno sa solo che alla fine morir; laltro invece sa che sta andando verso lincontro desiderato. Quanto diverse possono essere due cose uguali! Ges trasfigurato la verit di Dio e delluomo. Il suo volto di Figlio la luce della nostra vita, la realt verso cui camminiamo. In lui gustiamo il Regno gi venuto con potenza e abbiamo lanticipo della meta, la vittoria sulla morte (v. 1). Nella sequenza che va da 8,27 a 9,7 c una concentrazione di tutto linsegnamento su di lui, che ha il suo culmine nella voce del Padre: Questi il Figlio mio, il diletto: ascoltate lui!. Si chiude il dibattito sulla sua identit, mettendo fine alla domanda che pervade tutta la prima parte del vangelo: Chi costui?. Si apre cos la seconda parte, che introduce nel mistero profondo del Figlio. A Pietro, che lo riconosce come il Cristo (8,29), Ges spiega di essere il Figlio delluomo che percorre il cammino del Servo di Dio (8,31); proprio cos il Giudice, la presa di posizione nei cui confronti la salvezza di ogni uomo (8,34-38). Ora il Padre dal cielo conferma dopo aver conferito al suo corpo, anche visibilmente, la gloria che spetta al Figlio. Abbiamo qui tutti i principali titoli che definiscono Ges: il Cristo, il Figlio delluomo, il Servo, il Giudice, il Figlio. Questa rivelazione, riservata ora ai tre, sar offerta a tutti sul Calvario. Allora, per la prima volta, facendo eco alla voce del Padre che risuona dalla nube, un uomo dir sulla terra: Veramente questuomo era Figlio di Dio (15,39). Discepolo colui che obbedisce alla voce del Padre che dice: Ascoltate lui!. Ascoltarlo significa seguirlo quando ci dice: Dietro di me (1,16-20), e sperimentare cos il potere della sua parola che ci libera dal male, dalla febbre, dalla lebbra e dalla paralisi, e ci rid la mano (1,21-3,6) per toccarlo, accogliere la sua vita (3,7-6,6a) e ricevere il suo pane che ci apre lorecchio e locchio per riconoscerlo (6,6b-8,29). Ma bisogna ascoltarlo soprattutto quando dice la Parola, tirandone le conseguenze per noi (8,31-38). Ascoltando lui, il Figlio, diventiamo figli. La trasfigurazione corrisponde alla vita nuova che il battesimo ci conferisce attraverso la croce: unesistenza pasquale, passata dallegoismo allamore, dalla tristezza alla gioia, dallinquietudine alla pace, dallimpazienza alla pazienza, dalla malevolenza alla benevolenza, dalla cattiveria alla bont, dallinfedelt alla fedelt, dalla durezza alla mitezza, dallessere in balia delle passioni alla padronanza di s (Gal 5,22). Questa vita nuova nello Spirito la sua presenza di risorto in noi. Sul nostro volto brilla il riflesso del suo, che lo stesso del Padre. Il desiderio da vertigine, impossibile e tuttavia costitutivo delluomo: sarete come Dio (Gn 3,5), trova nellascolto del Figlio la via della sua realizzazione. 2. Lettura del testo v.1 Amen, vi dico, ecc. Queste parole di Ges potevano essere intese come promessa di un suo ritorno a breve scadenza (cf 2Ts 2,1 ss) e dare adito a un disimpegno nel tempo presente. Ponendole qui, dopo linvito a seguirlo e prima della trasfigurazione, dove il Padre dice di ascoltarlo, si evita tale pericolo. v. 2 dopo sei giorni. La trasfigurazione avviene sei giorni dopo linvito a portare la propria croce (8,34). Siamo quindi nel settimo giorno, fine della creazione e riposo di Dio, giorno della nostra liberazione e della sua gloria.

Marco sommario nella cronologia; di solito collega i fatti dicendo: E subito dopo. Questa indicazione di tempo vuol sottolineare che la trasfigurazione non immediata, ma il compimento di tutta la settimana della creazione, termine del lungo travaglio delluomo e della sua fatica. Non da escludere anche un richiamo al soggiorno di Ges a Gerusalemme, che, scandito da Marco in sei giorni, si conclude con la visione della gloria del Figlio di Dio (15,39). La luce che trasforma la mia vita, e mi fa finalmente vedere la verit mia e di Dio, non forse la visione di un Dio crocifisso per mio amore? prende Pietro e Giacomo e Giovanni. Sono gi stati testimoni della risurrezione della ragazza (5,37). Saranno chiamati a riconoscere la sua gloria di Figlio anche nellorto (14,33). Ci che per ora riservato a questi tre il dono - importante ma difficile da accogliere - che Dio vuol fare a tutti. su un monte alto. Vicino al cielo, luogo di solitudine, intimit e rivelazione (cf 3,13; Es 24), questo monte altissimo rimanda allumilissimo Golgota. Qui, davanti al Moria, dove Abramo comp il sacrificio del figlio e dove sorge il tempio (cf 2Cr 3,1), per la prima volta sulla terra sar riconosciuta la gloria di Dio nella carne del Figlio unico. in disparte da soli. Ognuno chiamato a questa solitudine con Ges. Essere con lui il fine per cui siamo creati, perch con lui siamo ci che siamo, ossia figli del Padre. e fu trasfigurato. Il Figlio ha assunto il nostro corpo e la forma di servo, perch il nostro corpo e tutta la materia partecipasse in lui alla forma di Dio. La trasfigurazione lascia trasparire la realt profonda di Ges: il Figlio, in cui abita corporalmente tutta la pienezza della divinit (Col 2,9): Chi ha visto me, ha visto il Padre (Gv 14, 9). In questa metamorfosi (= trasformazione) non si parla, come negli antichi racconti, di un dio che appare in forma umana, bens di un uomo che appare in forma di Dio. In lui anche noi siamo per dono ci che Dio per natura: siamo partecipi della natura divina (2Pt 1,4). v. 3 le sue vesti divennero splendenti, ecc. (cf 16,5!). La gloria di Ges tanto eccessiva che non si riesce a descriverne non solo il riflesso nel corpo, che come la veste della persona, ma neanche il riflesso nella veste, che copre il suo corpo. La sua veste luminosa sopra ogni possibilit umana. Quale sar la bellezza del Figlio? Mos non aveva visto il Volto, ma solo le spalle. Eppure era tanta la luce che emanava da lui, che il popolo non poteva sostenerne la vista (Es 34,29-35). Ora il discepolo chiamato a vedere a viso scoperto quel volto del quale non si riesce neanche a descrivere le vesti, e di cui la luce del volto di Mos un riflesso del riflesso - cose nelle quali gli angeli desiderano fissare lo sguardo (1Pt 1,12). In questo modo si balbetta qualcosa della bellezza di ci che occhio umano mai non vide, e che Dio ha preparato per coloro che lo amano (1Cor 2,9). Le vesti bianche, che il neofita porter la settimana dopo il battesimo, esprimono la sua vita nuova, illuminata dalla conoscenza e dallamore del Signore crocifisso e risorto per lui. Egli infatti rivestito delluomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella santit vera (Ef 4,24). Rivestito di Ges Cristo (Rm 13,14), la sua vita pi luminosa e bella di quanto ogni sforzo umano di purificazione sia in grado di fare. Infatti fulgida e splendente come una sorgente di luce. v. 4 Elia con Mos. Elia e Mos, il padre dei profeti e il mediatore della legge, stanno di fianco a Ges, e lui in mezzo a loro. La legge e i profeti parlano di lui, compimento di ogni promessa di Dio. La gloria del Crocifisso risorto la Parola che toglie il velo, che senza di lui rimane sulla lettura dellAntico Testamento e sul cuore di chi lo legge (2Cor 3,14 ss). Ma anche vero che questa gloria comprensibile solo a partire da Elia e Mos, senza i quali non possiamo neanche immaginare i doni preziosi e grandissimi che ci sono stati fatti

(2Pt 1,4). Per questo Pietro ci esorta a rivolgere la nostra attenzione alla parola dei profeti, come a lampada che brilla in luogo oscuro, finch non spunti il giorno e la stella del mattino non si levi nel nostri cuori (2Pt 1,19). Tutta la Scrittura in relazione a Ges. Essa ci dice chi lui, e lui ci d ci che essa dice: egli la realt di cui essa promessa. Mos aveva annunciato un profeta pari a lui, al quale dare ascolto (Dt 18,15). Ora ha la gioia di ascoltarlo. Elia, assunto in cielo e atteso per la fine dei tempi, vede in Ges trasfigurato la fine del tempo, latteso di tutti i tempi. N Elia n Mos gustarono la morte, perch parlarono di lui, che lha vinta. E ora, primizie dei grande albero della vita, stanno con lui. v. 5 bello per noi essere qui. bello essere con Ges trasfigurato. Qui raggiungiamo ci per cui siamo fatti, e ci sentiamo a casa. Altrove brutto e non possiamo stare, ma solo camminare, alla ricerca di questo che il nostro luogo naturale. In Ges trasfigurato tutta la creazione raggiunge quella bellezza che Dio le aveva aggiudicata fin dal principio (Gn 1,4.10.12.18.21.31). il punto darrivo, forza che muove tutto fin dal principio. Queste parole di Pietro celano anche una tentazione: sei giorni prima non voleva accettare la parola della croce (8,32), ora vuole arrestare nella gloria il tempo, che invece deve ancora passare attraverso la passione. faremo tre tende. La tenda richiama la dimora (Gloria) di Dio tra gli uomini, che poi si fiss nel tempio. In realt tre sono i modi con cui Dio dimora tra noi: la legge (Mos) che ci ncora al passato, la promessa (Elia) che ci attira al futuro, e lumanit di Ges, presenza in cui si compie tutto il passato e termina tutto il futuro. Questa la tenda definitiva di Dio tra gli uomini. Non saranno Pietro e gli altri due a costruire una casa per il Signore (2Sam 7): lui stesso, nella sua umanit trasfigurata, insieme la vera casa sua e nostra, dove siamo di casa luno nellaltro. v. 6 Infatti non sapeva cosa rispondere; infatti erano spaventati. L'eccesso di Gloria supera ogni intendimento e coraggio umano. v. 7 venne una nube. Dio, troppo luminoso, oscuro ai nostri occhi. Per questo la sua presenza una nube (Es 40,34). Promessa di fecondit, guid Israele per il deserto, facendosi luce di notte e riparo di giorno. li copriva d'ombra. La nube ricopre della sua ombra i tre fortunati, come gi la Dimora (Es 40,35 LXX). la presenza di Dio, che aveva coperto anche Maria (Lc 1,35), e li rivestir di forza ricevuta dallalto (Lc 24,49; At 1,8). venne una voce dalla nube. Dio abita una luce inaccessibile. Ogni immagine che ce ne facciamo un idolo. Egli non ha volto per essere visto; ha voce per essere ascoltato. Il suo volto luomo che lo ascolta. Perch ognuno generato a immagine e somiglianza della parola che accoglie. Ges, Parola di Dio viva ed eterna, il seme immortale che ci genera figli (1Pt 1,23). Questi il Figlio mio, il diletto (cf 1,11). La voce del Padre indica ai discepoli il Figlio. Se uno lo ascolta, il Padre dice a lui ci che disse a Ges nel battesimo: Tu sei il Figlio mio, il diletto (1,11). Queste parole echeggiano il Sal 2,7, che parla dellintronizzazione regale, applicate spesso al Cristo risorto (At 4,25 s; 13,33; Eb 1,5; 5,5). Egli infatti insieme figlio di Davide secondo la carne e figlio di Dio costituito con potenza secondo lo Spirito mediante la risurrezione (Rm 1,3). Richiamano pure il canto del Servo (Is 42,1) e alludono infine anche a Isacco, il figlio promesso e sacrificato, indicato ad Abramo come il figlio tuo, il diletto (Gn 22,2.12.16).

Qui vediamo la gloria di Ges, chiamato dal Padre col nome di Figlio. Nellorto vedremo i costi del Figlio per chiamarlo con il nome di Abb (14,36). ascoltate lui. Ges il Figlio, Parola definitiva del Padre che in lui dice e d tutto se stesso. Per questo dobbiamo ascoltarlo, soprattutto quando rivela il suo e il nostro cammino - che nessuno di noi, con Pietro, disposto ad accettare. Qui il Padre conferma la scelta del Figlio delluomo come via di salvezza per tutti quanti vorranno seguirlo (8,31-38). Ges il profeta definitivo promesso da Mos per lesodo definitivo verso la libert dei figli: A lui date ascolto (Dt 18,15). Il principio della nostra trasfigurazione lascolto di Ges. Non c altra rivelazione da cercare se non quella che ci stata fatta nella sua carne. Egli il Figlio obbediente, sua Parola perfetta, in cui pienamente si esprime. Lascolto di lui ci rende come lui, figli di Dio, partecipi della sua vita. Le ultime parole del vangelo sono un invito a tornare in Galilea, ossia allinizio del vangelo, dove incontreremo il Signore risorto: L lo vedrete, come vi ha detto (16,7). Se lo ascoltiamo e lo seguiamo, come lui ci ha detto, lo vedremo cos come egli . Limportante, per vederlo risorto, ascoltare e seguire lui nella sua Parola (8,31), non vergognarsi qui e ora di lui e del vangelo (8,38). Senza la trasfigurazione di Ges neanche avremmo immaginato la gloria cui siamo destinati. Il suo pieno fulgore ci sfugge. Si levato un lembo del manto di Dio, e siamo accecati dallo splendore. Ma ora sappiamo che c e conosciamo il cammino per raggiungerla: ascoltare Ges, tra Mos ed Elia. Mostrami la tua gloria, mostrami il tuo volto (Es 33,18). la grande aspirazione delluomo, in cerca del proprio volto. E Dio ci esaudisce oltre ogni attesa. Il suo volto il nostro stesso volto, che, nellascolto di Ges, riverbera la stessa gloria del Figlio. A Pietro, che vuol costruire dimore, colui il cui trono il cielo e il cui sgabello per i piedi la terra, dice che lunica casa a lui gradita il cuore umile e contrito di chi lo ascolta (Is 66,1 s). Come per il Figlio, cos vale per tutti i fratelli. v. 8 non videro pi nessuno, se non il Ges solo. La gloria del Figlio quella del Ges solo, luomo in cammino verso lignominia della croce, che tutti abbandoneranno. Di lui, e di nessun altro, il Padre dice: Ascoltate lui. La sua carne la vera esegesi di quel Dio mai visto da nessuno (Gv 1,18), che sulla croce toglier ogni velo. Dopo la trasfigurazione tutto torna nella quotidianit, uguale a prima. Ma in realt abbiamo occhi diversi, per vedere che tutto diverso. Il Padre ci ha detto chi il Figlio e ci ha ordinato di ascoltarlo, per entrare anche noi nella stessa gloria. Dora in poi il suo cammino, che prima non si sapeva dove andava a parare, decisamente diretto a Gerusalemme. v. 9 ordin loro di non raccontare a nessuno. La gloria del Figlio sar comprensibile solo dopo la risurrezione, nel dono dello Spirito. Prima non si pu raccontarla. Si cade nellequivoco di una gloria senza la croce, che sola la rivela. quando il Figlio dell'uomo sarebbe risorto dai morti. Ogni segreto ha un termine, in cui verr rivelato (4,22). Lannuncio del Crocifisso risorto e linvito a seguirlo segna la fine del segreto messianico. Dopo la croce non c pi pericolo di ambiguit. v.10 cos' il risorgere dai morti. I discepoli ignorano ancora il mistero centrale della fede: la risurrezione di Ges e nostra, di cui la trasfigurazione lanticipo. Infatti non hanno accettato la croce (8,31 s).

3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo, vedendo il monte della trasfigurazione. 3. Chiedo ci che voglio: ascoltare il Ges solo che va verso la croce come via alla gloria. Domando al Padre di amarlo, per conoscerlo e seguirlo nel suo cammino di Figlio. 4. Traendone frutto, vedo, ascolto e guardo le persone: chi sono, cosa dicono e cosa fanno. Da notare: si trasfigur bello stare qui questo il Figlio mio, il diletto ascoltate lui Ges solo risorgere dai morti

4. Passi utili: Dn 7,9-10.13-14; Sal 67; Dt 18,15; Es 34,29-35; 2Pt 1; Rm 8,18-30; 2Cor 3; Fil 3,20 s.

45. COME MAI STA SCRITTO DEL FIGLIO DELL'UOMO CHE DEVE PATIRE MOLTO?
(9,11-13)
11

E lo interrogavano dicendo: Perch gli scribi dicono che prima deve venire Elia? 12 E disse loro: S, Ella, venendo prima, ristabilisce tutto. E come mai sta scritto del Figlio delluomo che deve patire molto ed essere disprezzato? 13 Ma lo vi dico che anche Elia gi venuto; e gli fecero quanto volevano, come sta scritto di lui. 1. Messaggio nel contesto Come mai sta scritto del Figlio dell'uomo che deve patire molto. Con questo accenno alla passione, Ges risponde ai discepoli che non capiscono cos la risurrezione. Sanno che essa il compimento di ogni promessa di Dio (Ez 37,1-14) e che, secondo Ml 3,23 s, deve prima venire Elia per convertire il cuore dei padri verso i figli, perch trasmettano loro la Parola, e dei figli verso i padri, perch lascoltino. Ges dice che Elia gi venuto nella figura del Battista, la cui vita profezia di quella del Figlio delluomo. Chi vuol intendere la sua risurrezione, deve prima entrare nel mistero della sua passione.

Questo dialogo contiene il nocciolo di una teologia della storia, il cui punto darrivo la risurrezione e il cui enigma fondamentale la sofferenza del giusto sconfitto. Ma ci che a noi fa problema, per Ges la soluzione: il male lo vince chi non lo fa e lo porta su di s ingiustamente, come lui. Qui i discepoli si imbarcano in disquisizioni su questioni allora dibattute. Pu sembrare strano che dei pescatori si improvvisino teologi; ma chi non capisce (vv. 6,10), scopre linnata vocazione a teologare. E, come tutti, invece di riflettere sulla realt, riferisce pareri di altri, che commentano altri che hanno detto qualcosa. E s che hanno appena visto la realt pi grande che a uomo sia concesso contemplare! Era opinione corrente, suffragata dalle ultime parole del profeta Malachia, che prima del giorno del Signore sarebbe venuto Elia a disporre una conversione generale al Signore. Ma quando questo giorno del Signore, che d lavvio al suo regno? Linizio del vangelo identifica Elia col Battista (1,2 = Ml 3,I); e le prime parole di Ges annunciano che il Regno gi arrivato (1,15). Non c quindi da aspettare qualcosaltro, ma da leggere il presente, che sotto il segno della sofferenza del Figlio delluomo. Cos ogni istante diventa il momento opportuno per convertirsi a lui e ascoltarlo. Solo a questa condizione si capisce il mistero della risurrezione, di cui la trasfigurazione un anticipo. Ges annuncia di nuovo la sua passione, senza la quale non si entra nella gloria cui siamo destinati. Il mistero del Figlio delluomo, prefigurato da Elia e Giovanni, ci che i discepoli non colgono, perch quello del giusto sofferente. Ci che attendiamo gi qui, ma non vogliamo riconoscerlo. Il discepolo chiamato a capire cosa significa stare con Ges solo e seguirlo nel suo cammino verso Gerusalemme. La croce non si dissolve come un incubo alla luce del mattino di pasqua. Costantemente presente nella nostra storia, la chiave per entrare nella risurrezione. Elia e Govanni, rispettivamente primo e ultimo dei profeti, sono profezia non solo del Figlio delluomo, ma di ogni uomo che viene dopo di lui. 2. Lettura del testo v. 11 lo interrogavano, ecc. I discepoli, non avendo capito la parola della croce (8,32 s), ignorano quella della risurrezione (vv. 6,10). giusto porre domande a Ges, purch si sia disposti a lasciarsi istruire dalle sue risposte, diverse da quelle che noi ci attendevamo: Io ti interrogher, e tu istruiscimi (Gb 42,4). gli scribi dicono che prima deve venire Elia. Prima del compimento dei disegno di Dio sulla storia, che culmina nella risurrezione (Ez 37,1-14), si attendeva la venuta di Elia. Padre dei profeti, avrebbe compiuto lopera profetica per eccellenza (Ml 3,23 s): la conversione, che apre lingresso al Regno. Marco accenna a lui a pi riprese (1,2; 6,15; 8,28; 15,35 s). Nella cena pasquale ebraica c sempre il posto pronto per lui, che deve venire immediatamente prima del Messia. v. 12 S, Elia, venendo prima. Ges riconosce indispensabile la funzione di Elia. Anche lui ha posto la conversione come condizione per accogliere il Regno (1,15). ristabilisce tutto. Lapocatastasi, il rinnovamento totale che segna la fine dei tempo vecchio e linizio dei nuovo, non un momento magico che verr chiss quando. Il tempo in cui Dio instaura il suo regno il momento stesso in cui ci convertiamo a lui. Il Regno gi arrivato; il banchetto gi imbandito. Il Signore aspetta solo che accettiamo linvito.

come mai sta scritto del Figlio dell'uomo che deve patire molto. La croce, come apre lenigma della storia, la chiave per entrare nel Regno. Ad essa legata la risurrezione e la salvezza del mondo: necessario attraversare molte tribolazioni per entrare nel regno di Dio (At 14,22). Questo vale per il Figlio delluomo e per ogni uomo. ed essere disprezzato. Disprezzato in greco nientificato, cio stimato un nulla (cf Sal 22,7; Is 53,3; Lc 23,1 1). Noi disprezziamo la sua croce che ci salva, perch apprezziamo il male che ci perde: abbiamo scambiato lalbero della vita con quello della morte. v. 13 Elia gi venuto. Elia presente in ciascun sofferente, da Abele al Battista (1,2; cf Lc 11,51), fino a Lazzaro che sta alla mia porta (Lc 16,19 s.). Colui che deve venire, viene sempre sotto le spoglie del povero: Ogni volta che lavete fatto a uno di questi fratelli minimi, lavete fatto a me (Mt 25,40), che mi sono fatto ultimo e servo di tutti (v. 35; cf 10,45). Elia, come presente nella trasfigurazione di Ges, lo sar misteriosamente anche nella sua morte. Ma non per liberarlo (15,35 s), bens per convertire a lui la persona pi lontana di tutte (15,39), e introdurla nel Regno. gli fecero quanto volevano. Il giusto porta lingiustizia del mondo. Sulla sua debolezza grava il peso della volont di potenza che danna luomo. E l finisce. come sta scritto. Di Elia scritto che vogliono togliergli la vita (1Re 19,2.10.14). Tutta la Scrittura profezia della croce di Ges, mistero di salvezza del mondo. 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo, contemplando le pendici del Tabor, da dove Ges scende con i tre. 3. Chiedo ci che voglio: chiedo al Signore la grazia di comprendere come mai sta scritto che il Figlio delluomo deve patire molto ed essere disprezzato. 4. Traendone frutto, vedo, ascolto e guardo le persone: chi sono, che dicono, che fanno. Da notare: Elia, venendo prima, ristabilisce tutto Il Figlio delluomo deve patire molto ed essere disprezzato Elia gi venuto

4. Passi utili: Ml 3,22 ss; Sal 73; 79; 86; 88; Eb 11,36-38; 1Pt 2,19.

46. QUESTA SPECIE CON NULLA PU USCIRE SE NON CON LA PREGHIERA


(9,14-29)
14

E, venuti presso i discepoli

videro molta folla intorno a loro, e scribi che questionavano con loro. 15 E subito tutta la folla, vedutolo, fu stupita correva a salutarlo. 16 E li interrog: Di che cosa questionate con loro? 17 E gli rispose uno dalla folla: Maestro, ho portato da te mio figlio, che ha uno spirito muto; 18 e, quando lo prende, lo scuote, e spuma e stride i denti e si fa secco. E ho detto al tuoi discepoli di scacciarlo, e non poterono! 19 E rispondendo loro dice: O generazione incredula, fino a quando sar presso di voi? fino a quando vi sopporter? Portatelo a me! 20 E lo portarono a lui. E, vistolo, lo spirito subito cominci a contorcerlo, e, caduto a terra, si rotolava spumando. 21 E interrog suo padre: Da quanto tempo che gli capita questo? 22 E gli rispose: Dallinfanzia; e spesso anche nel fuoco lo gett e nellacqua, per rovinarlo. Ma se tu puoi qualcosa, aiutaci; abbi misericordia di noi! 23 E Ges gli disse: Se puoi? Tutto possibile per chi crede. 24 Subito gridando il padre dei fanciullo diceva: Credo! Aiuta la mia incredulit! 25 Vedendo Ges che sopraggiungeva folla, sgrid lo spirito immondo dicendogli: O spirito muto e sordo, io te lo comando, esci da lui e non entrare mai pi in lui! 26 E gridando e scuotendolo molto, usc. E divenne come morto, cos che tutti dicevano: Mor! 27 Ma Ges, presa la sua mano, lo risvegli,

e risorse. 28 E, entrato in casa, i suoi discepoli in privato lo interrogavano: Perch non abbiamo potuto scacciarlo? 29 E disse loro: Questa specie con nulla pu uscire, se non con la preghiera (e il digiuno). 1. Messaggio nel contesto Questa specie con nulla pu uscire se non con la preghiera, dice Ges del demonio che i suoi discepoli non erano riusciti a scacciare in sua assenza. Si tratta dello spirito muto e sordo, che ci chiude lorecchio alla parola di Dio, impedendo il dialogo con lui. Il nemico primo delluomo lultimo ad essere vinto. Questo esorcismo, unico nella seconda parte del vangelo, il pi duro di tutti. infatti quello definitivo. Se largomento richiama la guarigione del sordo muto (7,31 ss), il modo rimanda alla liberazione della figlia della sirofenicia (7,24-30). L c una madre e una figlia, qui un padre e un figlio; l c la fede, qui il cammino per arrivarci, in modo che lazione di Ges continui anche in sua assenza. La vittoria su questa specie di demoni il dono stesso della fede, che ci libera dalla soggezione alla menzogna di satana e ci rende capaci di ascoltare il Signore e di rispondere a lui. La fede non pu essere prodotta da noi, generazione incredula. dono che Dio offre a tutti. Lunica condizione per riceverlo quella di chiederlo. Fondamentale il desiderio, o almeno il desiderio di desiderare, rivolto a chi pu venire incontro al mio male, anche alla mia incredulit. La mia libert non credere o non credere - schiavo del demonio sordo e muto, sono impossibilitato a credere - bens desiderare e chiedere a Ges con umilt: Credo che tu puoi aiutarmi nella mia incredulit: donami la fede. Il racconto ci presenta nel padre la domanda che ciascuno deve fare per ottenere la fede, e nel figlio il passaggio dalla schiavit al demonio sordo muto alla libert di dialogare con Dio. Sdoppiato nelle due figure, vediamo rispettivamente il cammino e il risultato della fede. Il brano inoltre ci dice come, in assenza di Ges, la comunit dei discepoli pu continuare la sua lotta contro il male. Lui sul monte della gloria. Noi da basso proseguiamo la sua stessa opera innanzi tutto con la preghiera per essere noi stessi liberati dallincredulit; poi siamo in grado di liberare gli altri che hanno lo stesso spirito immondo. Questo esorcismo avviene tra spasimi e grida, convulsioni e irrigidimenti, stridor di denti e sbavamenti. Passa addirittura attraverso la morte, ultima malefatta del demonio sordo muto. Ma il Signore ha il potere di ridare la vita. Tutto il racconto allude al battesimo, in cui muore la nostra falsa identit che ci uccide, e risorgiamo alla vita nuova di figli di Dio. Partecipiamo al mistero di Ges morto e risorto, con il quale la fede ci rende solidali. Ges risorto, ormai definitivamente presso il Padre, presente nella sua forza solo per chi accoglie la voce che dice: Ascoltate lui. Il nostro problema credere alla sua parola, davanti alla quale ci manteniamo ostinatamente sordi (8,31s) e anche muti (vv. 32-34). Siamo veramente ciechi davanti alla gloria del Figlio delluomo (cf 10,32 ss). Non lanalisi accurata o le dotte discussioni che ci salvano. Analisi allintimo e discussioni allesterno, anche se esatte e forse doverose, non cavano un ragno dal buco. Al massimo sono una buona diagnosi. Attardarsi in essa significa morire. La terapia toccare lui, medico che anche medicina: la fede (cf 5,25ss). Ma questa ci manca - appunto il nostro male! Non ci resta che chiederla. Sia chi crede di

credere sia chi crede di non credere chiamato a ripetere linvocazione del padre: Aiuta la mia incredulit. lultima supplica prima di quella del cieco, che porta allilluminazione. Qui utile riprendere le varie preghiere che finora sono state rivolte a Ges, sia in prima che per interposta persona. Si vedr tutta uneducazione del desiderio, per sapere cosa chiedere e accettare ci che ci vuol donare (1,40; 4,38; 5,18.23.28; 7,26.28.32; 8.22). Ges, assente sul monte, agisce con potenza mediante la fede nella sua parola, che vince il demonio sordo muto. Il discepolo ancora sordo muto davanti alla Parola. Posseduto dallo spirito di menzogna e di diffidenza, pu essere guarito solo dalla fede, che si ottiene con la preghiera. 2. Lettura del testo v. 15 tutta la folla, vedutolo, fu stupita, ecc. Il Ges solo, che scende dal monte per continuare il suo cammino verso la croce, ha una luce semplice e nascosta che meraviglia tutti e tutti attira a s. La sua gloria, anche senza il fulgore della trasfigurazione, pi alta di quella di Mos che scende dal Sinai. la stessa di Dio, davanti al cui volto si disperdono i nemici (Nm 10,35; Sal 68,2) e si raccolgono i suoi amici. v. 16 Di che cosa questionate con loro? Al v. 33 far ai discepoli una domanda analoga. Ges desidera che riconosciamo ed esprimiamo a lui cosa ci sta a cuore. Limportante sapere ci che vogliamo noi per giungere a capire ci che vuole lui. Il discutere ha sempre una connotazione negativa: indica limpotenza a risolvere un problema. In genere la discussione lo ingarbuglia e diventa un gioco di rivalsa di una parte sullaltra. Dalla discussione - ben diversa dal discernimento che si opera nella preghiera non esce mai la verit. Vince sempre Il peggiore, cio il prepotente. v. 17 gli rispose uno dalla folla. Chi soffre non questiona. La sua voce si alza dalla folla. un grido, che va diretto verso il Signore, noncurante del resto. La scena trova ormai il suo perno, e diventa un dialogo tra Ges e il padre del fanciullo. Maestro, ho portato da te mio figlio. La guarigione del figlio, che il padre ovviamente desidera, diventer un segno di quanto avverr in lui stesso: il passaggio dallincredulit alla fede. ha lino spirito muto. Luomo fatto per dialogare con Dio. Il mutismo la manifestazione visibile del suo fallimento. Secondo Ges, associato a sordit (v. 25), che ne la causa. Il fanciullo rappresenta ogni uomo che, per linganno di satana, rimasto sordo a Dio che gli dice il suo amore, e di conseguenza non pu rispondere con altrettanto amore (12,28 ss). v. 18 quando lo prende, lo scuote, ecc. La descrizione del male minuziosa, e ripetuta per tre volte (qui e ai vv. 22.26). La sua analisi tanto pi accurata e precisa, quanto minore la capacit di risolverlo. Esso si impossessa delluomo, dimenandolo come una marionetta nella sua mano. si fa secco. Perde la linfa vitale; diventa rigido e chiuso, come la mano disseccata di 3,1 ss, incapace di aprirsi al dono. ho detto ai tuoi discepoli di scacciarlo. continuando lazione di Ges (3,14 s). La loro missione annunciare e scacciare i demoni,

e non poterono. Sono incapaci di vincerlo perch sono a loro volta schiavi dello stesso male (cf brano seguente). Ben visibile nellaltro, lungo il cammino per giungere a riconoscerlo in s. Anche il padre dovr essere portato dallinvocazione di misericordia per suo figlio alla richiesta di aiuto per la propria incredulit! pi facile vedere il volto dellaltro che il proprio. Laltro comunque ci fa da specchio. v. 19 0 generazione incredula. la diagnosi di Ges, che estende lincredulit a tutti. Gi lha denunciata nei discepoli (4,40) e riscontrata tra i suoi (6,6); ora il padre del fanciullo laggiudicher a s (v. 24). Il demonio sordo muto domina tutti. Siamo chiamati a riconoscerlo e a chiederne la liberazione. fino a quando sar presso di voi? Ci sar il momento in cui sar tolto lo sposo (2,20). Che faremo in sua assenza? Ma proprio il suo essere levato render possibile la nostra fede (15,39). Ci far conoscere chi Dio e ci attirer tutti a s (Gv 8,28; 12,32). fino a quando vi sopporter? Lincredulit delluomo al suo amore una sofferenza insopportabile per Dio. Lo far morire in croce. Solo l finir di sopportarci, quando si sar fatto carico di tutti i nostri mali. Ges ripete le parole di JHWH che minaccia di sottrarsi al popolo incredulo (Nm 14,27; Dt 31,17; 32,20 s, ecc.). Sulla croce vediamo il modo divino in cui si sottrae! v. 20 E, vistolo, lo spirito subito cominci a contorcerlo, ecc. Alla presenza di Ges le resistenze del male si scatenano. Prima restavano sopite, perch dominavano incontrastate (cf 1,23 ss). Il male si manifesta tale davanti al bene. Solo la luce fa capire che la tenebra ne la mancanza; e locchio, pur fatto per essa, allinizio soffre e se ne difende. v. 21 Da quanto tempo, ecc. Questo male c dallinfanzia; ma non dalla nascita. Luomo infatti fu creato a immagine di Dio. Solo dopo lo spirito sordo si impadron di lui. importante sapere che il male non la realt prima. Diversamente non si pu neanche desiderare il bene. v. 22 spesso anche nel fuoco lo gett e nell'acqua, per rovinarlo. Il battesimo sar essere immersi in unacqua e in un fuoco che fa vivere (1,8). Lacqua e il fuoco che fa morire toccheranno a lui invece che a noi (Lc 12,49 s). se tu puoi. Ges vuole e pu (1,41). Siamo noi che non possiamo, anche quando vogliamo; talora, per disperazione, neanche vogliamo. Ges desidera che noi vogliamo, per farci il suo dono. Vuoi guarire? (Gv 5,6), chiede al paralitico per guarirlo. aiutaci; abbi misericordia di noi. la preghiera fondamentale delluomo, che bisogno (aiutaci), e bisogno di amore gratuito (abbi misericordia). A questa preghiera corrisponde la realt di Dio, la cui essenza vita, e la cui vita misericordia. v. 23 Se puoi? Tutto possibile per chi crede. Per chi crede niente impossibile, perch con Dio, presso il quale tutto possibile (10,27). Al lebbroso che gli disse: Se vuoi, puoi mondarmi!, Ges manifest la sua volont: Lo voglio (1,40 s). Scontato che lui lo voglia, tutto dipende dalla mia fede. Questa onnipotente (cf 11,22), perch accoglie la forza di Dio che viene in mio aiuto e ha compassione di me. Ma come pu avere fede chi non ce lha? Sembra un problema insolubile, ma solo in apparenza! Infatti per avere ci che non ho, necessario e sufficiente sapere di non averlo e chiederlo.

v. 24 gridando il padre ecc. Il suo lo stesso grido dei cieco che invoca (10,47), cos diverso da quello dei demoni che lo vorrebbero allontanare (1,23 s; 5,7). Credo! Aiuta la mia incredulit! Il padre sembra contraddirsi: crede o incredulo? La fede ha come suo luogo la non fede che lha soppiantata. Questuomo crede che Ges tanto potente da aiutarlo in tutto, anche a superare lincredulit. Chiede la fede, e la chiede con sicurezza, fondandosi non sulla propria fede, che non c, ma sulla sua fedelt. Fa appello alla sua misericordia, che viene in aiuto ai nostri bisogni, e in particolare al nostro bisogno pi profondo, che quello di affidarci a lui. La fede il dono per eccellenza, che ci libera dal demonio sordo e muto, restituendoci alla nostra vita di figli. Questa la preghiera che ciascuno deve fare per giungere al battesimo. Anche se molto utile, non sufficiente lintercessione altrui. Tale preghiera sempre esaudita in se stessa appena formulata: infatti esprime la fiducia in lui oltre ogni sfiducia. v. 25 0 spirito muto e sordo. Ges sa che lo spirito non solo muto, come gli aveva detto il padre. muto, perch sordo. Non sappiamo parlare perch non sappiamo ascoltare; e non sappiamo ascoltare perch il nostro orecchio gi pieno di unaltra parola. io te lo comando, esci da lui. La vittoria sullo spirito muto e sordo segna il passaggio dallincredulit alla fede - passaggio duro, che avviene attraverso la morte e la risurrezione a una vita nuova. il battesimo, per il quale siamo sepolti con Cristo e in lui risuscitiamo per la fede nella potenza di Dio (Col 2,12). e non entrare mai pi in lui. Ges d questo ordine perch lo spirito immondo cerca di rientrare, con laiuto di sette demoni peggiori di lui. La vita del credente sempre insidiata dal demone dellincredulit. E se uno gli apre, la sua situazione diventa peggio della precedente (Lc 11,24-26). Chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere (1Cor 10, 12). Ogni giorno preghiamo di non cadere nella tentazione. La tentazione lapostasia. Perdere la fede nella paternit di Dio cadere nelle mani dello spirito muto, che impedisce di dire: Abb - la parola che ci fa figli. v. 26 divenne come morto, cos che tutti dicevano: Mor. limmagine di ci che avviene nel battesimo, che ci associa al mistero di Cristo: muore luomo vecchio, posto nel male. La sua croce sar lesorcismo definitivo. v. 27 Ges, presa la sua mano, lo risvegli, e risorse. Sono le stesse parole usate per la risurrezione di Ges, primogenito di una lunga schiera di fratelli (Rm 8,29). Questo fanciullo figura di ogni battezzato, che, preso per mano da Ges (cf 5,41), passa con lui alla vita oltre la morte. v. 28 entrato in casa, i suoi discepoli in privato lo interrogavano. Per comprendere il mistero del Regno, giova poco o nulla la discussione. Bisogna entrare in casa con lui, e interrogarlo nellintimit della solitudine (cf 4,10; 7,17). Perch non abbiamo potuto scacciarlo.? Questo il problema di ogni discepolo: in assenza di Ges, come continuare il ministero che ci ha affidato (3,15; 6,7b)?

v. 29 Questa specie con nulla pu Uscire, se non con la preghiera. la preghiera del padre, che ognuno deve fare propria per ottenere la fede. Questa ci rende uomini, ossia figli di Dio, capaci di ascoltarlo e di rispondergli. Non avete, perch non chiedete; chiedete e non ottenete, perch chiedete male, per spendere per i vostri piaceri" (Gc 4,2b s). In realt noi non sappiamo neanche che cosa chiedere (Rm 8,26). Ora invece sappiamo cosa e come chiedere: chiediamo la fede, e la chiediamo appoggiandoci sulla sua fedelt a noi. (e il digiuno). unaggiunta di molti codici (cf 1Cor 7,5). Il digiuno quasi la preghiera del corpo. Si rinuncia al cibo, vita del corpo, per affermare che la vita Dio e il vero cibo la comunione con lui. 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo, contemplando il luogo ai piedi del monte, dove Ges scende e gli altri stanno. 3. Chiedo ci che voglio: faccio mia la preghiera del padre a Ges: Aiuta la mia incredulit. Donami la fiducia piena; liberami dal demonio sordo muto. 4. Traendone frutto, vedo, ascolto e guardo le persone: chi sono, che dicono, che fanno. Da notare: questionare spirito muto/sordo se puoi aiutaci tutto possibile per chi crede aiuta la mia incredulit

4. Passi utili: Ger 2,13; Sal 78; Eb 11.

47. IL FIGLIO DELL'UOMO CONSEGNATO IN MANI DI UOMINI


(9,30-32)
30

E usciti di l, attraversavano la Galilea; e non voleva che alcuno lo sapesse. 31 Insegnava infatti ai suoi discepoli, e diceva loro: Il Figlio delluomo consegnato in mani di uomini, e lo uccideranno, e, ucciso, dopo tre giorni risorger. 32 Ma essi ignoravano la Parola, e temevano di interrogarlo. 1. Messaggio nel contesto

Il Figlio dell'uomo consegnato in mani di uomini. dellistruzione di Ges ai suoi discepoli. Se non si conta 9,12, la seconda predizione della morte/risurrezione, la pi succinta di tutte. la Parola, centro della nostra fede, che esprime insieme tutto il nostro peccato e tutto lamore di Dio per noi. La sordit che ci impedisce di accoglierla, sar causa della sua morte. Ma questa a sua volta ne sar la medicina. Infatti, morendo in croce per noi peccatori, ci riveler in modo indubitabile il suo amore. La consegna del Figlio delluomo il mistero che celebriamo nella eucaristia. La Parola, che si fa nostro pane e vita, un esorcismo continuo che ci guarisce dallo spirito sordo e muto. Ges rivela nuovamente la sua gloria che passa attraverso la croce: il Figlio delluomo umiliato e innalzato, morto e risorto. Questa Parola rivela Dio come eccessivo amore per noi (Ef 2,4), di cui tutta la bibbia parla. il discepolo chiamato a confrontarsi con questa parola, che lunico pane che ha con s nella barca (8,14). La prima volta che Ges la manifest, satana usc allo scoperto, con unopposizione netta (8,31ss). Questa seconda volta si nasconde nellincomprensione, e fa seccare il seme nel mutismo di un cuore di pietra. Chi non capisce, normalmente interroga. Ma qui la paura, oltre che sordi, rende anche muti. I suoi hanno quello spirito che nel brano precedente non riuscivano a scacciare dal ragazzo. Tutto il resto del vangelo sar lotta contro di esso. 2. Lettura del testo v. 30 attraversavano la Galilea. Ges va ormai decisamente verso la croce. Dopo la trasfigurazione, il suo cammino punta diritto a Gerusalemme. Anche se accompagnato dai suoi, in realt solo. non voleva che alcuno lo sapesse. Vuol viaggiare clandestino; sia per evitare pubblicit ed equivoci, sia per non essere disturbato dalla folla, mentre si dedica allistruzione dei suoi. v. 31 Insegnava infatti ai suoi discepoli. Limperfetto indica unazione continua. C un rapporto esclusivo e continuo di maestro/discepolo fra Ges e i suoi. Tema dellinsegnamento la Parola. Il cammino da Cesarea a Gerusalemme tutto un confronto tra questa e la vita del discepolo. Il Figlio dell'uomo consegnato in mani di uomini. Il mistero di un Dio che si fa Figlio delluomo per consegnarsi nelle mani delluomo il centro della rivelazione. La parola consegnare (= tradire) unisce i vari episodi del racconto della passione: Giuda lo consegna ai capi e al soldati (14,10.44), i capi a Pilato (15,1) e Pilato ai crocifissori (15,15). Il paradosso che lo stesso Padre lo consegna, e lui stesso si consegna a noi. Ges, che si dona a chi lo rifiuta, la rivelazione di Dio come amore incondizionato. lo uccideranno. Sa di consegnarsi a noi che lo uccidiamo. ucciso, dopo tre giorni risorger. La sua morte non la fine di tutto, ma il principio della sua glorificazione. Fu esaltato non nonostante che fu crocifisso, ma perch fu crocifisso. v. 32 essi ignoravano la parola. Lignoranza dellamore di Dio antica quanto lopera del demonio sordo. Si squarcer solo nella visione del Crocifisso. e temevano di interrogarlo. Il satana, rispetto alla volta precedente (8,31 ss), si fa pi astuto: chiude i discepoli nel mutismo. Non hanno capito nulla in pi della prima volta - se non che meglio tacere per

evitare lo scontro. Il demonio sordo e muto che tiene in modo chiassoso il fanciullo, possiede in modo silenzioso anche i discepoli. Le resistenze che non osano uscire sono le pi profonde. La parola della croce le evidenzia. Cos possiamo chiedere, come il padre del fanciullo, la fede che ce ne libera. 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo contemplando il luogo: Ges cammina per la Galilea, evitando i luoghi abitati, per stare solo con i suoi discepoli. 3. Chiedo al Signore ci che voglio: non essere sordo al suo amore per me, e non evitare lo scontro con la Parola. 4. Traendone frutto, vedo, ascolto e guardo le persone: chi sono, che dicono, che fanno. Da notare: voleva che nessuno lo sapesse insegnava ai suoi discepoli il Figlio delluomo consegnato in mani di uomini ignoravano la Parola e temevano di interrogarlo.

4. Passi utili: Lamentazioni; Sap 2,12-20; 2Cor 4,7-12.

48. DI CHE COSA DISCUTEVATE LUNGO LA VIA?


(9,33-37)
33

E vennero a Cafarnao, e, arrivato in casa, li interrogava: Di che cosa discutevate lungo la via? 34 Ma essi tacevano; tra loro infatti avevano discusso lungo la via chi fosse il pi grande. 35 Egli, sedendosi, chiam i Dodici e dice loro: Se uno vuol essere primo, sia ultimo di tutti e servo di tutti. 36 E, prendendo un bambino, lo mise in mezzo a loro; e, presolo in braccio, disse loro: 37 Chi avr accolto

uno di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e se uno accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha inviato. 1. Messaggio nel contesto Di che cosa discutevate lungo la via?. Ges vuol smascherare il demonio sordo muto, che chiude i discepoli alla Parola, mettendo nel loro cuore unaltra parola. Mentre la sua amore e umilt, questa egoismo e protagonismo. Chi cerca il proprio io, perde se stesso, gli altri e Dio. Chi vuol essere pi grande, perch si ritiene insignificante e senza valore. Non si sente amato, e quindi non pu accettare se stesso e tanto meno gli altri. Per questo cerca continuamente di essere diverso, un po pi alto di s e degli altri, per risultare passabile a s e agli altri. Dopo la prima predizione sul Figlio delluomo, Ges invit ogni discepolo a portare la propria croce. Questa croce il rinnegamento del proprio falso io (8,34), la lotta contro la stupidit e lorgoglio, che portano allautoaffermazione a spese di tutto e di tutti. Ges sa che ognuno vuole e deve realizzarsi. Chi vi rinunciasse sbaglierebbe, perch luomo ci che diventa. Per questo d i veri criteri. Alla brama di primeggiare nellavere, nel potere e nellapparire illusoria realizzazione e reale illusione di tutti! - egli sostituisce il desiderio di servire e accogliere il piccolo. Questa la grandezza di Dio. Essendo amore, non afferma se stesso a spese dellaltro, ma lo promuove a sue spese; non si serve dellaltro, ma lo serve; non lo spoglia di ci che ha, ma si spoglia, a suo favore, di tutto, anche di s, considerandolo il proprio tutto. Essere povero, umile e piccolo la caratteristica propria di Dio che, divenuto Figlio delluomo, si fatto ultimo di tutti e servo di tutti. La minorit, capita cos bene da san Francesco, il sommo valore umano, rivelazione piena del mistero di Dio. Il modello a cui il discepolo deve ispirarsi non quello mondano della lotta per il dominio. Al centro della comunit nuova Ges pone se stesso, e un bambino con cui si identifica. Alla concorrenza per essere pi grande, si sostituisce il gareggiare nella piccolezza (cf Rm 12,10; Fil 2,3) e nellaccoglienza del piccolo. Ges, il Figlio che conosce il Padre, propone a noi come criterio di realizzazione la sua piccolezza. Il discepolo chiamato a riconoscere in s lo spirito sordo e muto che si nasconde nella sua mania di grandezza, principio di divisione allinterno e di cattiva testimonianza allesterno. Solo la sublimit della conoscenza di Ges Signore gli pu far capire che quanto il mondo apprezza, non un cibo appetibile, ma rifiuto graveolente, che attacca la sua puzza a chiunque lo ambisce. La vera grandezza del discepolo diventare come il Maestro, dice Ges dopo aver lavato i piedi (Gv 13,14 s). 2. Lettura del testo v. 33 E vennero a Cafarnao, e arrivato in casa. probabilmente la casa di Pietro, - figura della Chiesa che fu il centro del ministero in Galilea. Per Ges fu facile liberare la suocera dalla febbre (1,29-31); ora c unaltra febbre, molto pi grave, unepidemia mortale che colpisce tutti. Vuol guarirci anche da questa, perch, come la donna e come lui stesso, possiamo servire (1,31; 10,45).

Li interrogava. Ges interroga chi non lha capito e teme di interrogarlo (v. 32). Vuol evidenziare nei discepoli il demonio sordo muto che impedisce loro di intendere e di parlare. Di che cosa discutevate lungo la via? la via verso Gerusalemme. I discepoli vi sono incamminati con lui, ma con lo spirito opposto al suo. v. 34 Ma essi tacevano. C' in loro lo Spirito muto, sordo alla provocazione della Parola. avevano discusso lungo la via chi fosse il pi grande. Questo il motivo per cui, ascoltando la Parola, non intendono, e, interrogati, non rispondono. Lo spirito sordo muto, comune a tutti per il peccato, si esprime nel protagonismo, criterio supremo di azione di chi non si sente amato, non si ama e non ama. Per esso luomo sacrifica la propria vita agli idoli dellavere, del potere e dellapparire di pi, distruggendo la propria realt di figlio di Dio. Quando si litiga e si discute, anche allinterno della Chiesa, non mai per amore della verit. Per questa si ricerca, si ascolta, si comunica e si dialoga. Litigare e discutere sempre per primeggiare sullaltro. Questo desiderio mette ciascuno in lotta con s e con gli altri, e disgrega la comunit in tanti individui chiusi in s, dei quali ognuno pretende di essere il sole attorno al quale tutto ruota. Quando Adamo volle occupare il posto di Dio, fece solo lerrore di ignorare che sta allultimo posto. Circa lessere pi grande, bisogna notare che quel pi una trappola infernale, con un potere devastante senza limiti. v. 35 sedendosi, chiam i Dodici. Ges si siede, nella posizione del maestro che insegna. una lezione importante. In 3,13 li chiam e fece i Dodici per essere con lui; in 6,7 li chiam per inviarli; ora li chiama nuovamente per mostrare la loro vera identit, che dovranno vivere e annunciare. Si pu dire che qui Ges d la nuova legge, la sua legge. Se uno vuol essere primo, sia ultimo di tutti e servo di tutti. una definizione di Ges, che il primo in quanto ultimo di tutti e servo di tutti. Diventa la norma fondamentale del nuovo popolo. Il primato dellamore soppianta quello dellegoismo. La libert, che ci rende simili a Dio, farci per amore schiavi gli uni degli altri (Gal 5,13). Cos inizia listruzione che segue la seconda predizione della passione. Si concluder con laffermazione analoga: Molti dei primi saranno ultimi e degli ultimi i primi (10,31). Infatti il Figlio delluomo venuto per servire e dare la vita per tutti (10,45). La minorit e il servizio sono il segno dello spirito di Cristo. Egli offre ai suoi discepoli questo criterio di realizzazione come guarigione dalla sete di protagonismo, principio di distruzione. v. 36 prendendo un bambino. Il bambino luomo non realizzato, ultimo di tutti. Insufficiente a s e bisognoso degli altri, ci che gli altri ne fanno. Riceve tutto ci che ha ed - anche se stesso - vivendo di dono e di accoglienza gratuita. E lo fa con semplicit, perch si sente amato. Diversamente non pu neanche vivere. In questo rappresenta la condizione creaturale, comune a tutti. Chi non la riconosce, vivr in un continuo litigio con s e con tutti, per approdare al nulla. Per questo, chi vuol entrare nel Regno, deve diventare come i bambini (cf 10,14; Mt 18,3). Bambini quanto a malizia, non quanto a giudizio, ovviamente (1Cor 14,20)! lo mise in mezzo a loro. Nella sinagoga fece venire nel mezzo luomo dalla mano arida e chiusa (3,3). Nella casa pone al centro questo bambino, modello delluomo nuovo. Il mito del superuomo inventato da chi, non sapendosi amato e avendo paura del proprio limite, non conosce la propria dignit di creatura. Tutto ci che hai lhai ricevuto. E perch ti glori quasi non lavessi ricevuto (1Cor 4,7)?

presolo in braccio. Lo abbraccia e lo solleva davanti a tutti. Ecco luomo! La sua debolezza la sua forza (cf 2Cor 12,10). Il bisogno di amore e di accoglienza la sua vera dignit di figlio di Dio, che gli impedisce di trovare altrove la propria saziet. Come un bimbo svezzato in braccio a sua madre, come bimbo svezzato lanima mia, dice il salmo 131. Ci che per il piccolo il latte - la sua vita - per ladulto, ormai svezzato, labbandono a un amore che lo avvolge come le braccia di una madre. Senza fiducia, non si diventa mai adulti e liberi: sentirsi amati senza condizioni lunica possibilit per vivere umanamente. Diversamente siamo costantemente in cerca di cose sempre pi grandi e superiori alle nostre forze, inquieti e angosciati come un vecchio pieno di voglie insoddisfatte in braccio alla morte, che dispera ora e sempre. Cos potremmo dire, parafrasando al contrario lo stesso salmo. v. 37 Chi avr accolto tino di questi bambini. Il bimbo bisogno di accoglienza, amore e rispetto assoluto. Ma questo il bisogno che ha ogni uomo per essere felice. Dio stesso di sua natura pura accoglienza donata e ricevuta, amore reciproco tra Padre e Figlio. nel mio nome. Il nome (= persona) di Ges, il Figlio, lunico luogo di verit delluomo, che in lui se stesso, cio figlio. Per questo in nessun altro c salvezza (At 4,12). Infatti, fuori di lui, luomo fuori di s, privo della propria identit. Agire nel suo nome principio di comunione e di vita. Agire nel proprio nome - personale o collettivo - principio di disgregazione e di morte. accoglie me. Lui, ultimo e servo di tutti, si identifica col bambino. Per questo lamore verso lultimo verso il Signore e viceversa. se uno accoglie me. Accogliere lui entrare nella propria verit; realizzarsi e vivere. non accoglie me. Notare linsistenza su questo verbo. Senza amore si pu anche servire, per semplice autoaffermazione o per senso di colpa. Ma non si pu accogliere. Accogliere rinnegare se stessi e affermare laltro, rimpicciolirsi per lasciargli spazio, lasciarsi invadere e prendere senza invaderlo e prenderlo. la realt stessa del Dio amore, la cui vita la reciproca accoglienza tra Padre e Figlio. ma colui che mi ha inviato. Accogliere il piccolo nel nome del Figlio accogliere lo stesso Padre: si entra nel mistero della Trinit. 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo, vedendo la casa di Cafarnao, dove Ges sta con i suoi discepoli. 3. Chiedo al Signore ci che voglio: comprendere la grandezza dellultimo di tutti e servo di tutti. 4. Traendone frutto, vedo, ascolto e guardo le persone: chi sono, che dicono, che fanno. Da notare: in casa Ges interroga ed essi tacciono discutere chi il pi grande il primo sia lultimo e servo di tutti il bambino accogliere nel suo nome il bambino: Ges stesso e il Padre.

4. Passi utili: 1Cr 21,1-17; 1Sam 2,1-11; Sal 8; 131; 1Pt 2,2; Gv 13,1-17.

49. NON IMPEDITELO


(9,38-40)
38

Diceva a lui Giovanni: Maestro, abbiamo visto uno che nel tuo nome scacciava demoni, (che non segue noi); e glielo impedivamo, perch non seguiva noi. 39 Ma Ges disse: Non impeditelo. Infatti non c nessuno che far un prodigio nel mio nome, e potr subito dopo parlar male di me. 40 Infatti chi non contro di noi, per noi. 1. Messaggio nel contesto Non impeditelo, dice Ges ai suoi, gelosi di un tale che scaccia i demoni nel suo nome, ma senza essere del loro gruppo. Nel brano precedente i discepoli si dividevano tra loro in nome del proprio io. Qui si dividono dagli altri in nome del proprio noi. Il proprio nome, individuale o collettivo, principio di divisione; solo il Nome, che quello di Ges, fattore di unit tra tutti. Chi ama gode del bene altrui. Legoista invece non gode del bene, ma solo del suo possesso, e gli fa male quello altrui. vittima dellinvidia, figlia dellegoismo e madre dellorgoglio. Essa riduce la vita a un inferno, perch produce una sofferenza proporzionale al bene, fino a una sofferenza infinita davanti al Bene infinito. Per essa entr la morte nel mondo (Sap 2,24). La vita infatti, essendo dono e amore, tale in quanto non posseduta. Egoismo, invidia e orgoglio possono essere in forma sia personale che collettiva. Questultima, molto pi dannosa, tanto macroscopica da riuscire invisibile allindividuo, che pu continuare a vivere di dedizione, servizio e umilt nei confronti del suo noi - come un bandito nel confronti della banda. La scena precedente parla del demone dellindividuo, la presente di quello comunitario. I discepoli sono un noi ben definito e costituito. Ed giusto che sia cos. Luomo anche bisogno di aggregazione e appartenenza visibile. Solo che questo noi, invece di Ges, ha al centro se stesso. Si tratta di una comunit che fa a livello grande quel male al quale ognuno ha rinunciato a livello individuale. un protagonismo comunitario, che si verifica ogni qualvolta cerchiamo il nostro prestigio e non il servizio degli altri.

Ci evidenziato bene dalle parole di Giovanni: si vuol impedire del bene, perch chi lo fa non segue noi. Se il peccato originale del singolo mettere lio al posto di Dio, quello comunitario mettere il noi. I discepoli pretendono di essere seguiti! importante sapere che la Chiesa non fatta da chi segue noi, ma da chi ascolta e segue lui. Maledetto luomo che segue luomo. Lunit nostra andare dietro a lui, che ci conduce fuori da tutti gli steccati e ci apre a tutti, cominciando proprio dai pi lontani e dagli esclusi. Lessere con lui, il Figlio, ci unisce al Padre e ai fratelli, e forma un noi che non si delimita con una siepe di propriet, ma con una spinta interna di simpatia verso tutti. Ma non per questo il cristianesimo fenomeno di massificazione. Ges fugge dalle folle e forma persone che possano fare un popolo. E ognuno diventa persona nel suo rapporto indelegabile con lui, il Signore. Nel nome di Ges la Chiesa abbraccia tutti e non esclude nessuno. In altri nomi, personali o collettivi, nascono i ghetti, gli spiriti di parte, le sette e le esclusioni. Ma chi esclude uno, esclude colui che si fatto ultimo di tutti. Oltre che non essere cattolico (= universale), non neanche cristiano: non ha ancora lo Spirito del Figlio che, conoscendo lamore del Padre, morto per tutti i fratelli. Pi forte lunione con lui, pi forte lunit tra di noi. Ma non un monolitismo rigido, che teme di rompersi. ununit in piena libert propria e altrui. Unico il pastore, Ges, e unico il gregge. Ma non unico lovile (Gv 10,16)! Nellovile le pecore sono munte e tosate, e muoiono di fame. Il pastore le conduce fuori da tutti i recinti, perch ,possano pascolare (Gv 10,4). Il criterio di appartenenza allunico gregge la nostra unione con lui, senza del quale non possiamo fare nulla (Gv 15,5). Lunione tra di noi pu essere molto carnale. Molti di quelli che fanno parte della Chiesa visibile non fanno parte di quella invisibile, perch non seguono il Signore Ges, ma se stessi, le proprie idee e i propri desideri proiettati su di lui. Alla comunit di Corinto, molto vivace e travagliata da divisioni, Paolo d come criterio decisivo di unit: Se qualcuno non ama il Signore sia anatema (1Cor 16,22). E per capire lo spirito di non esclusione con il quale lo dice, basti ricordare che dice anche: Vorrei essere io stesso anatema, separato da Cristo, a vantaggio dei miei fratelli (Rm 9,3)! Questo brano ci ricorda che il male del brano precedente anche a livello comunitario, oltre che personale; e ci dice che lo si supera sempre nel suo nome, ponendo solo lui come punto di riferimento, sia personale che ecclesiale. Ges il sole. Con lui al centro, tutti ruotiamo armonicamente, seguendo ognuno la propria orbita. La diversit non suona minaccia per nessuno, non oggetto di paura e di invidia. segno di ricchezza, e motivo di benedizione verso colui che d ogni bene. I discepoli formano una comunit, un noi, che la Chiesa. Essa non ha il suo centro in se stessa. Non fa censimenti per sentirsi forte (1Cr 21,1 ss), e non cerca la propria gloria. Serve solo il Signore, ed aperta a tutti, con disponibilit e umilt. Finch cerca in lui lunit, una e rimane libera, liberante e cattolica. Deve per sempre guardarsi dallorgoglio collettivo, tipico del debole che si fa gregario. Nascono cos le divisioni, operate dai credenti che si ritengono migliori e nella verit, pensando di avere Dio con loro (Gott mit uns!). Questi si aggregano tra di loro, lasciando in secondo piano la sequela del solo Signore. Come nel nome di Ges ci si possa dividere tra cristiani o dagli altri, un mistero diniquit tanto incomprensibile che si rinuncia a capirlo, dandolo per scontato! La causa possiamo vederla riflessa gi in unantica proposta ecumenica - e speriamo sia solo antica! che dice: I greci ritorneranno allobbedienza della Chiesa romana, i tartari si convertiranno per la maggior parte alla fede, i saraceni saranno distrutti, e ci sar un solo gregge e un solo pastore (Ruggero Bacone).

2. Lettura del testo v. 38 Diceva a lui Giovanni. Lobiezione fatta da lui forse per il suo carattere focoso - il figlio del tuono (3,17), che invoca fuoco su un villaggio di samaritani (Lc 9,54). Oppure, forse, essendo lui il discepolo che Ges amava, rappresentava allinterno della comunit lelemento che sempre fa problema al noi? Si alluderebbe allora a una tensione tra Chiesa carismatica e istituzionale, nel suoi due elementi necessari e irriducibili, che trovano unit solo nel suo nome. nel tuo nome. Tutto il resto del capitolo risolve i vari problemi della comunit nel suo nome, cio nella sua persona concreta, che lunico criterio di discernimento. Perch in nessun altro c salvezza; non vi infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale stabilito che possiamo essere salvati (At 4,12). scacciava demoni. La vittoria su satana il fine della missione di chi con lui ed inviato da lui (3,14 s; 6,7). glielo impedivamo. Il tempo del verbo imperfetto. Significa che tentavano di impedirglielo ripetutamente e senza risultato. Interessante che i discepoli, tutti insieme, non erano capaci di scacciare il demonio sordo muto. Ora vediamo il perch: ne sono posseduti loro stessi a livello collettivo. Incapaci di vincerlo, sono invidiosi che un altro ci riesca. perch non seguiva noi. La comunit dei discepoli qui appare per la prima volta come un noi ben delimitato e visibile. E questo va bene! Ma c un errore; solo lui va seguito. Chi segue la comunit, s pecora, ma non sua. La comunit che pretende di essere seguita, si sostituisce al suo Signore, plagiando persone, facendo congreghe, togliendo libert e perdendo cattolicit. Ci che mi costituisce credente il mio rapporto personale con lui. La Chiesa me lo media, non perch si mette tra me e lui, ma perch, con la parola e i sacramenti, attraverso il tempo mi porta al contatto diretto con lui, salvezza mia e di tutti. La comunione con lui fonda quella tra di noi. Se una persona, o anche una comunit, prende il suo posto, la rovina. Per questo Matteo, vangelo comunitario per eccellenza, dice di non chiamare nessuno maestro, padre o guida. Lunico maestro Ges, lunico padre il suo e lunica guida il suo Spirito (Mt 23,8-10). Seguire Ges il Signore, e non il nostro noi, la differenza tra la Chiesa di Ges che, anche se piccola, ha sempre un respiro universale, e una setta che, anche se numerosa, sempre preoccupata solo di s. La prima cresce sotto la spinta dello stesso amore che ha avuto Ges, che morto per tutti (2Cor 5,14); la seconda si diffonde per proselitismo e desiderio di egemonia, che non viene certamente da Dio. La comunit cristiana chiamata a saper individuare in s questo peccato originale comunitario, risvolto collettivo di quello individuale. Quando non lo riconosciamo, facciamo, a fin di bene, come i discepoli che impediscono la sconfitta del male e la venuta del Regno. Questo ritardato pi dalla cecit dei buoni che dalla perversit dei cattivi che, con la persecuzione, laffrettano! v. 39 Non impeditelo. Il bene non va impedito, anche se non nostro. Il desiderio stesso che sia nostro mostra che ci interessa pi il noi che il bene. Infatti non c' nessuno che far un prodigio nel mio nome, ecc. Il problema vincere il male nellunico nome in grado di farlo. Queste sono le credenziali, senza bisogno di altre etichette. Operare nel suo nome, significa essere in lui, amarlo e seguirlo. Diversamente si pu avere la sorpresa degli apprendisti stregoni di Efeso, che vogliono combattere il male nel nome di Ges, ma senza appartenergli (At 19,1320).

v. 40 chi non contro di noi, per noi. Non semplice tolleranza virt borghese peraltro mai abbastanza apprezzata nel mondo religioso, sempre tentato di fanatismo! annuncio della libert dei figli di Dio, che conosce bene chi vincolato al solo Signore. Egli non vede negli altri nemici o antagonisti da combattere, ma fratelli da amare. Questa affermazione confermata dallaltra di Ges che dice: Chi non con me, contro di me (Mt 12,30; Lc 11,23). Infatti la salvezza consiste nellessere con lui, il Signore, e non nellessere con noi, poveri uomini. 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo, immaginando il luogo: ancora in casa a Cafarnao, con i suoi discepoli. 3. Chiedo al Signore ci che voglio: la liberazione dallinvidia. Che mi conceda di godere del bene altrui. 4. Traendone frutto, vedo, ascolto e guardo le persone: chi sono, che dicono, che fanno. Da notare: non segue noi non impedite nel mio nome chi non contro di noi per noi.

4. Passi utili: Nm 11,25-29; Is 60; Sal 87; 117; At 19,13-20; 2Cor 5,14.

50. NEL NOME


(9,41-50)
41

Infatti chiunque vi dia da bere un bicchier dacqua nel Nome, perch siete di Cristo, amen, vi dico, non perder la sua mercede. 42 E chiunque scandalizzi uno di questi piccoli che credono (in me), meglio per lui se gli sta sul collo una mola dasino, ed gettato in mare. 43 Se la tua mano ti di scandalo, tagliala! meglio per te entrare monco nella vita,

che andare con le due mani nella geenna, nel fuoco inestinguibile 44 [dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue]. 45 E se il tuo piede ti di scandalo, taglialo! meglio per te entrare nella vita zoppo, che con i due piedi essere gettato nella geenna, 46 [dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue]. 47 E se il tuo occhio ti di scandalo gettalo! meglio per te entrare con un solo occhio nel regno di Dio, che con due occhi essere gettato nella geenna, 48 dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue. 49 Poich ciascuno sar salato col fuoco. 50 Buono il sale; ma se il sale diventa insulso, con che cosa lo condirete? Continuate ad avere in voi stessi sale, e a vivere in pace tra voi. 1. Messaggio nel contesto Nel Nome. Il discepolo trova nel nome di Ges la fonte, il fine e il mezzo di ogni sua azione. Fare del bene a uno nel nome proprio significa schiavizzarlo a s. Fargli del bene nel suo nome significa essere filantropo, probabilmente ancora per onorare il proprio nome. Fare del bene nel Nome significa amare laltro nella sua vera dignit di figlio di Dio con lo stesso amore del Padre. Chi fa cos a sua volta diventa lui stesso suo figlio. La retta intenzione non secondaria allazione; necessaria sia per fare davvero il bene dellaltro, sia per giungere noi stessi al fine per cui siamo creati. Il v. 41 dice che anche il minimo servizio compiuto nel Nome investito di valore salvifico. Il regno di Dio infatti vivere qui e ora lamore del Padre. Guai a dimenticare che questa nostra realt quotidiana e transitoria genera il futuro definitivo. Il presente, per quanto piccolo, il seme da cui fiorisce leternit. I vv. 42-48 chiedono una decisione radicale: bisogna tagliare tutto ci che di inciampo ad altri e a me per seguire Ges. Andare dietro a lui, scegliere la vita. Perdere la vita per lui, salvarla; cercare di salvarla per s, perderla. I vv. 49-50 si richiamano tra loro per la parola sale, connessa col sacrificio, con la sapienza e con la pace. Vi si dichiara la necessit del sacrificio e il pericolo di perdere la sapienza di Cristo, esortando a conservarla come principio di pace gli uni con gli altri. Cos si chiude listruzione che Ges ha dato in casa, in privato, al suoi discepoli in Cafarnao.

Ges il Nome. Tutto ci che esiste, in lui trova la sua vita. Per questo vera sapienza perdere tutto per acquistare lui. Il discepolo colui che ha smesso di agire nel nome proprio, personale e collettivo. Unito a lui, agisce in lui e come lui, compiendo la sua stessa opera, disposto a rinunciare a tutto ci che gli di inciampo. 2. Lettura del testo v. 41 un bicchier d'acqua. Lamore si manifesta nei fatti pi che nelle parole. Nei servizi piccoli e quotidiani si rivela pi puramente che in quelli grandi e straordinari, nei quali gioca facilmente lautoaffermazione. nel Nome. Il nome la persona. Ges, come il centro della comunit, cos il cuore di ogni nostra azione e decisione. Il suo nome non qualcosa di estraneo a ci che facciamo. come la direzione impressa alla freccia, che le fa raggiungere il bersaglio. In lui luomo ritrova la propria esistenza autentica: quella di figlio e di fratello. Fuori di lui fuori di s; fallisce e cade nel niente di s. Per questo Ges dice: Senza di me, non potete fare nulla (Gv 15,5). Lui infatti il Nome. perch siete di Cristo. la pi bella definizione del discepolo; anticipa quella di cristiano (cf At 11,26). Indica relazione e appartenenza damore reciproco, perch lui per primo ci ha amati. Luomo sempre di qualcuno. Chi di nessuno, nella solitudine assoluta, nellinferno. non perder la sua mercede. La ricompensa di chi si comporta da fratello lessere figlio. Lingresso nel regno del Padre non si gioca in cose eccezionali, ma nella piccolezza di quelle pi semplici e necessarie (cf Mt 25,40 ss). Ogni azione umana assume la sua qualit dallintenzione. Per questo, anche il minimo gesto compiuto nel suo nome, ha dignit massima, che non verr mai persa. Accoglietevi gli uni gli altri, come Cristo accolse voi (Rm 15,7). v. 42 chiunque scandalizzi. Scandalo significa ostacolo, inciampo. Scandalizzare il contrario di servire: invece di aiutare uno nel suo cammino dietro a Ges, lo si fa inciampare e cadere. di questi piccoli che credono (in me). Per i discepoli, ancora piccoli, ossia deboli nella fede, possono essere dinciampo anche cose per me indifferenti o addirittura buone. Devo stare attento al fratello debole, seguendo lesempio di Paolo in 1Cor 8,1 ss e Rm 14,1-15,7. Il criterio della mia azione ledificazione sua. Bisogna fare la verit nella carit (Ef 4,15). La scienza senza carit gonfia chi ce lha, e non utile a nessuno (1Cor 8,2). meglio, ecc. Ges non esorta n al suicidio n allomicidio. Vuole dire, con questo paragone, che la morte pi tremenda meno grave che fare del male a un fratello: uccidere in lui e in me la vita del Figlio. v. 43 Se la tua mano ti di scandalo. Come posso essere di ostacolo ad altri, cos ci pu essere qualcosa che ostacola me. La mia mano, per esempio, quando chiusa nel possesso invece che aperta al dono. Essa pu agire sia per la vita che per la morte. Forse, come Briareo, ho cento mani per prendere e nessuna per ricevere e dare. tagliala. Bisogna tagliare tutte le mani con cui faccio il male, e tenere lunica con cui opero il bene.

meglio per te entrare monco nella vita. Non unamputazione masochistica o un taglio mortificante: una potatura, per portare frutto, ed entrare nella vita, nel Regno (cf anche vv. 45.47). che andare con le due mani nella Geenna. Lalternativa la Geenna, la valle dellHinnon, dove si immolavano vittime a Moloch e in seguito si bruciavano le immondizie. Chi non disposto a essere mondato con la potatura, sacrifica se stesso allidolo e butta via la propria vita come immondizia. fuoco inestinguibile. Il fuoco, che di continuo arde nella valle dellHinnon per bruciare la spazzatura, immagine dellinferno come fallimento delluomo. v. 45 Se il tuo piede, ecc. Luomo cammina sempre. Ma dove va il mio piede, qual la speranza che muove la mia vita? Seguo Ges, oppure ho mille piedi che mi portano in direzioni diverse dalla sua? v. 47 se il tuo occhio, ecc. Locchio il desiderio. Porta con s il cuore e determina gli obiettivi che il piede cerca di raggiungere e la mano di prendere. quindi principio di decisione e di direzione. Devo perdere i mille occhi che inseguono cose vane, e tenere quello che sta fisso sul Signore. Locchio da tenere la fede, che mi fa vedere Ges; il piede da tenere la speranza, che me lo fa seguire; la mano da tenere la carit, che me lo fa toccare. v. 48 dove il loro verme non muore, ecc. Sono le ultime parole del profeta Isaia, che parla del destino dei ribelli, in contrapposizione al cieli nuovi che Dio far per leternit (Is 66,22-24). Il verme e il fuoco inestinguibile, che richiama ancora la valle dellHinnon, indicano la putrefazione e lautodistruzione di chi non si decide per il Regno. Le parole di Ges non minacciano una punizione. Sono un ammonimento a costatare il male in cui siamo, perch ne usciamo. Linferno il luogo dal quale Dio ci salva. v. 49 ciascuno sar salato col fuoco. Per non bruciare nel fuoco con i rifiuti, il discepolo deve ardere di un altro fuoco. lo Spirito Santo, che accende in noi una vita nuova che ha il sapore, ossia la sapienza del Figlio. Questa ci conserva dalla corruzione e ci rende capaci di sacrificio. Senza sacrificio luomo si riduce a bestiolina, incapace di capire e di amare, perch insegue solo il piacere. Questo criterio sufficiente di azione per lanimale, ma non per luomo che, dotato di intelligenza e di volont, destinato alla felicit. Scambiare felicit e piacere il grosso equivoco di sempre. Ma il piacere genera poi infelicit e solitudine; la felicit invece rimane, e genera gioia e comunione. v. 50 Buono il sale. Il sale simbolo di tutto ci che d sapore alla vita, preservandola dallinsipienza e dal vuoto. Se il sale diventa insulso. Sale senza sapore il discepolo che non ha la sapienza di Cristo, il fuoco dellamore che purifica dallegoismo e dispone al sacrificio. Sale insulso chi non disposto a tagliare ci che nuoce. Continuate ad avere in voi stessi sale, ecc. Ges ci dice di continuare ad avere in noi la vera sapienza che quella di vivere e agire nel suo nome. Questo principio di pace piena, sia in noi che con gli altri. 3. Esercizio

1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo, osservando il luogo: la casa di Pietro in Cafarnao, dove Ges sta con i suoi discepoli e li istruisce. 3. Chiedo ci che voglio: chiedo a Ges che ogni mio desiderare, volere, capire e agire sia nel suo nome, ordinato solamente a lode e servizio del Padre. 4. Traendone frutto, vedo, ascolto e guardo le persone: chi sono, che dicono, che fanno. Da notare: un bicchiere di acqua nel Nome siete di Cristo scandalizza la mano il piede locchio sale insulso

4. Passi utili: Gn 18,1-15; Eb 13,2; Sal 103; 145; Dt 30,15-20; Sal 19,8-15; 1Cor 8; Rm 14,1-15,13.

51. NON SONO PI DUE, MA UNA CARNE SOLA


(10,1-12)
101 E, alzatosi di l, viene nel confini della Giudea, e al di l del Giordano. E di nuovo folle convengono attorno a lui; e, come usava, di nuovo le ammaestrava. 2 E, facendosi avanti, dei farisei lo interrogavano, per tentarlo, se lecito a un uomo rimandare la donna. 3 Egli, rispondendo, disse loro: Cosa vi ordin Mos? 4 E quelli dissero: Mos permise di scrivere il documento di divorzio e rimandarla. 5 Ma Ges disse loro: Per la vostra durezza di cuore vi scrisse questo ordinamento. 6 Ma al principio della creazione Dio li fece maschio e femmina. 7 Per questo luomo lascer il padre suo e la madre, e si unir alla sua donna, 8 e i due saranno in una carne sola. E cos non sono pi due, ma una carne sola. 9 Ci che Dio congiunse, uomo non separi! 10 E, a casa, di nuovo i discepoli

lo interrogavano su questo. 11 E dice loro: Chiunque rimandi la sua donna e sposi unaltra, commette adulterio contro di lei; 12 e se essa, rimandato il suo uomo, sposi un altro, commette un adulterio. 1. Messaggio nel contesto Non sono pi due, ma una carne sola, ribadisce Ges delluomo e della donna creati da Dio a sua immagine e somiglianza. Infatti, proprio in quanto maschio e femmina, i due sono relazione luno allaltro, dono e accoglienza vicendevole, e formano insieme una sola vita nellunico amore. In questo senso il matrimonio adombra la Trinit, compagnia perfetta, vittoria su ogni solitudine. Il rapporto maschio/femmina inoltre figura del rapporto Dio/uomo. Dio lo sposo delluomo, sua sposa, che ama di amore eterno (Ger 31,3). La bibbia non che il racconto del suo amore incredibile, la cui prova estrema la sua morte in croce per noi che lo rifiutiamo. Uno diventa se stesso dicendo s a questa relazione che lo fa essere ci che . La nostra dignit quella di essere suoi interlocutori e partners, simili a lui. Lamore infatti o trova o rende uguali. Il nostro destino unirci a lui, in reciprocit di amore, nella carne del Figlio. Questo mistero veramente grande (Ef 5,32). Ci stato rivelato in Ges, nel quale Dio ha indissolubilmente sposato la nostra umanit e ciascuno di noi. Il significato del matrimonio non si esaurisce quindi nella conservazione della specie (generazione della prole) o nella semplice soddisfazione di varie necessit (bisogno di aiuto); non neanche un modo qualunque di vincere lincompiutezza e superare la solitudine (bisogno di compagnia), dato che non bene per luomo, che relazione, essere solo (Gn 2,18). un mistero che trova la sua espressione piena nellamore assoluto per Dio, dove luomo realizza se stesso. In questa ottica si capisce limportanza che la Chiesa d alla monogamia. Un amore che non sia fedele e totale non riflesso di quello di Dio, e non amore. Nelle varie catechesi familiari (Ef 5,22-6,4; 1Tm 2,8-13; 5,1-6,2; Tt 1,5-9; 2,2-10; 1Pt 2,13-3,7; 5,1-5) il modello del rapporto sposo/sposa sempre quello di Cristo con la sua Chiesa. Anche il celibato comprensibile solo come testimonianza profetica di questo amore per Dio, con cuore indiviso (1Cor 7,34), al quale ogni uomo chiamato. Un matrimonio ben riuscito figura transitoria di questa realt che non passa. Da qui leccellenza del celibato che d senso allo stesso matrimonio. Non tutti possono capirlo, ma solo coloro al quali stato concesso, dice Ges (Mt 19,11). Vorrei che tutti fossero come me, dice Paolo. Ma ciascuno ha il proprio dono da Dio, chi in un modo, chi in un altro (1Cor 7,7). Un matrimonio riuscito, anche se una realt transitoria, accende gi ora quella vampa del Signore che mai si spegner (cf Ct 8,6 s). In questo brano Ges ci mostra come avere in noi il sale, cio la sua sapienza, per quel che concerne il rapporto dalterit e unit tra uomo e donna. Seguir listruzione sul rapporto didentit con se stesso (vv. 13-16) e di dono nei confronti delle cose (vv. 23-31). Il peccato originale, allontanando luomo da Dio, lha alienato da s, dallaltro e dal mondo. Cristo lo restituisce a s e allaltro, facendolo signore del creato, come era al principio. La regolamentazione del divorzio fatta da Mos non rappresenta il disegno originario di Dio. Serve a limitare i danni e va intesa non come legittimazione, ma come denuncia dei male.

Ges ci libera dalla durezza di cuore. In lui vediamo e accettiamo lamore di Dio per noi, che ci offre la possibilit di vivere ci che era in principio. Il discepolo riscopre in lui la vera dignit delluomo: essere partner di Dio e amarlo con tutto il cuore. Vive il matrimonio come immagine di questo grande mistero. Per lui il divorzio naufragio, amore non andato in porto. La monogamia, pi che una legge, un dono evangelico. Deriva dalla coscienza dellamore con cui si amati ed a cui si chiamati. 2. Lettura del testo v.1 alzatosi di l. Ges parte da Cafarnao (9,33) per lultima tappa del suo viaggio a Gerusalemme. Da l era partito pure il cammino in direzione opposta, che abbraccia il lungo periodo che va dalla decisione della morte alla prima predizione della passione-risurrezione (3,6-8,31 s). E di nuovo folle convengono attorno a lui. Riprende anche listruzione alla folla, riservando un supplemento di spiegazione ai discepoli. La loro cecit crescente li accomuna per altro sempre pi alla massa. Si differenziano da essa non tanto per la diversa comprensione, quanto per la diversa disponibilit. Amano Ges, anche se non lo capiscono, disposti ad essere presi e ripresi da lui. v. 2 lo interrogavano, per tentarlo. Chiedere per tentare azione diabolica (1,13). Bisogna chiedere come i discepoli, che stanno in casa con lui, disposti ad ascoltarlo (v. 10). lecito a un uomo rimandare la donna. Presso molti popoli luomo acquista la donna comprandola dalla sua famiglia; essa diviene sua propriet, che pu abbandonare quando non gli serve pi. I ricchi possono comprarne molte, come segno di potere e fonte di ulteriore ricchezza. Chiaramente questo tipo di rapporto fondato sul possesso non secondo il disegno di Dio. Al di l della forma, anche per noi il matrimonio sovente un possesso, una compravendita di mutue prestazioni, una prostituzione reciproca. v. 3 Cosa ordin Mos. Dopo aver guastato il rapporto con Dio (ho avuto paura) e con s (sono nudo), il primo riflesso del peccato lo stravolgimento del rapporto con laltro/a (Gn 3,10.12.16), specchio appunto di quello con Dio. Il matrimonio, invece che amore e servizio, diventa egoismo e sopraffazione. La differenza relativa e il mutuo bisogno si fa arma di potere con cui ognuno domina laltro. Si sta insieme solo finch dura linteresse del pi forte; cessato questo, cessa tutto. Riconoscendo la situazione di fatto, Mos diede disposizioni sul divorzio, per limitare i danni del pi debole (Dt 24,1-4). Il documento di ripudio sottrae la donna allarbitrio delluomo, e le rende la libert... di cadere nelle mani di un altro! Circa le cause sufficienti per il divorzio, ammesso da tutti, si oscillava ai tempi di Ges tra la scuola di Shammai e quella di Hillel. Il primo, pi rigoroso, lo ammetteva solo in casi di peccato di lussuria. Per il secondo, pi lassista, bastava che la donna lasciasse attaccare il cibo alla pentola! v. 5 Per la vostra durezza di cuore. Ges dice che questo il motivo per cui Mos permise il divorzio. La sclerocardia la vera causa del male (cf 3,5; 6,52; 8,17, dove si parla di cuore pietrificato). Il cuore delluomo indurito, non sa amare. Questo il suo peccato, il suo fallimento, denunciato a tutti i livelli dalla legge. Essa pu anche, a certe condizioni, depenalizzare un delitto per arginarne i danni, ponendo un controllo. Anche se utile o addirittura necessario, ci non mai per un legalizzare che renda buona o lecita la cosa.

v. 6 al principio della creazione. Con Ges la creazione raggiunge il suo fine; torna ad essere come Dio lha pensata fin dal principio. Lui stesso il principio, nel quale, per mezzo del quale, e in vista del quale tutto stato fatto. In lui tutto ci che fatto ha vita e sussiste nella sua verit originaria (Ef 1,4; Col 1,16 s; Eb 1,3; Gv 1,3). li fece maschio e femmina. A sua immagine e somiglianza li fece (Gn 1,27). La differenza sessuale non oggetto dinvidia e di possesso, ma, ponendo unalterit complementare, fa s che i due siano mutua relazione di dono reciproco. La bisessualit quindi porta a livello corporeo il sigillo di Dio che amore. v. 7 l'uomo lascer il padre suo, ecc. (Gn 2,24). una reliquia di tradizione antica. Quando vigeva il matriarcato, luomo lasciava i suoi per unirsi al clan della moglie. Il significato mistico molto profondo. Il nuovo Adamo abbandoner il Padre, lasciando la sua dimora e ogni suo privilegio, per venire da noi e unirsi a noi in ununica carne di servo. Questa citazione presa dal secondo racconto della creazione, quasi a dire che, dopo il fallimento del primo, fu creato il secondo Adamo. v. 8 i due saranno in una carne sola (Gn 2,24). In questo secondo racconto si parla di Adamo addormentato, dal cui fianco tratta Eva. figura del Cristo morto, dal cui costato trafitto formata la Chiesa. Egli lha amata e ha dato per lei tutto se stesso, corpo e sangue. Proprio cos lei nasce come sposa, capace di riamarlo e formare con lui una carne sola. Lunione tra Dio e uomo, che in Ges si sposano in ununica persona umano-divina, il mistero di salvezza. v. 9 Ci che Dio congiunse. Questa lopera di Dio: distinguere per unire. Come ha distinto luomo in maschio e femmina perch si unissero nellamore, cos ha fatto luomo distinto da s, per unirlo a s in ununica vita. uomo non separi. Separare lazione delluomo incapace di distinguere e congiungere. Separare una cosa inanimata significa dimezzarla. Separare un vivente significa ucciderlo. Rompere lunione tra maschio e femmina uccidere la loro vita, che lamore. Luomo che non ama, non . v. 10 a casa, i discepoli lo interrogavano. Perch linterrogare Ges sia diverso da quello dei farisei, vedi 4,10-12. v. 11 Chiunque rimandi la sua donna e sposi un'altra, ecc. Ladulterio non lasciarla. Luca esorta a lasciarla per il Regno, come lo stesso Paolo dice che vorrebbe che tutti fossero come lui, senza donna (Lc 14,26; 1Cor 7,7). Ladulterio si consuma nel prenderne unaltra. v. 12 se essa, rimandato il suo uomo, ecc. Ci che vale per luomo vale anche per la donna; hanno uguali doveri e diritti reciproci. Agli sposati ordino, non io, ma il Signore: la moglie non si separi dal marito - e qualora si separi, rimanga senza sposarsi o si riconcili con il marito - e il marito non ripudi la moglie (1Cor 7,10s). Lindissolubilit del matrimonio cristiano non una legge difficile da osservare: vangelo, la buona notizia che alluomo finalmente dato di amare come amato. Il matrimonio un sacramento, cio partecipazione al corpo di Cristo morto e risorto per noi. Lo si vive in lui, morendo quotidianamente allegoismo e risorgendo a vita nuova. 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito.

2. Mi raccolgo, guardando il luogo: la strada su cui Ges cammina oltre il Giordano, in Giudea. 3. Chiedo ci che voglio: capire il mistero del matrimonio, che lo stesso del mio rapporto con lui. Gli chiedo di guarirmi dalla durezza di cuore, di darmi un cuore nuovo, capace di accogliere il suo amore e di amare con fedelt e misericordia. 4. Traendone frutto, vedo, ascolto e guardo le persone: chi sono, che dicono, che fanno. Da notare: durezza di cuore ci che Dio congiunse al principio uomo non separi non sono pi due, ma una sola carne

4. Passi utili: Gn 1,27; 2,18-24; Sal 45; 128; Cantico dei Cantici; Os 2,16-23; Ez 16; Ef 5,21-33; Ap 19,1-10; 2Cor 11,1s; 1Cor 7,25-35.

52. DI CHI COME LORO IL REGNO DI DIO


(10,13-16)
13

E gli portavano dei bambini, perch li toccasse. Ma i discepoli li sgridavano. 14 Ma Ges, vedendo, si sdegn e disse loro: Lasciate che i bambini vengano a me, non impediteli, perch di chi come loro il regno di Dio. 15 Amen, vi dico, chi non accolga il regno di Dio come un bambino, non entrer in esso. 16 E, abbracciandoli, li benediceva, imponendo su di loro le mani. 1. Messaggio nel contesto Di chi come loro il regno di Dio, dice Ges dei bambini che accorrono a lui. C unintesa profonda con loro, che sfugge ai discepoli: li abbraccia, desidera che vengano a lui, li benedice e impone loro le mani. La scena riprende e amplia il tema di 9,36 s. Nel brano precedente si parlava del rapporto con laltro, rovinato dal peccato e restaurato da Ges. Ora si parla del nuovo rapporto con s, necessario per entrare nel Regno. Adamo, che aveva posto il proprio io al centro di tutto, scopertosi nudo e bisognoso di tutto, fugg da Dio, perch ne aveva paura. Il bambino tranquillamente povero e riceve tutto. Niente di s, ci che gli altri fanno di lui. E vive tutto questo con naturalezza. Accorrendo con fiducia da chi lo accoglie, d libera espressione alla sua condizione filiale, accettata dagli altri e da lui come unica possibilit di vita.

Ma ci vale di ogni uomo, che fondamentalmente relazione e appartenenza filiale: di qualcuno, in quanto figlio. Se non vuol essere di Dio, diventa di s, di altri o di altro, alienandosi rispettivamente nellegoismo, nella schiavit o nellidolatria. La presunta autosufficienza in realt morte dellio. Luomo essenzialmente figlio, che riceve come dono damore tutto ci che ha ed , compreso il proprio io. Diversamente non esiste. Nessuno infatti d ci che non ha, e nessuno ha ci che non ha ricevuto. Lorgoglio, che in realt paura di non essere amato, impedendo di ricevere, rende impossibile lessere amato e lamare. Ges, il nuovo Adamo, il primo che ha vissuto in pienezza la condizione filiale. Il suo essere tutto del Padre, da lui e per lui, la sua ricchezza infinita, che riversa su tutti i fratelli che si raccolgono intorno a lui. A lui non accorrono i grandi e i potenti, ma quelli che sono come lui, piccolo e povero (9,33 ss; 10,35 ss). Accolti dal Figlio, entrano nel regno del Padre. Il brano inizia con Ges che tocca, e termina con lui che abbraccia, benedice e impone le mani. Tutte queste espressioni di contatto esprimono la fede, come comunione fisica con lui, il Figlio. Bisogna che ladulto, rinascendo da acqua e da Spirito (Gv 3,5), acquisti le qualit del bambino, e diventi come lui per entrare nel Regno (Mt 18,3). Il battesimo una rinascita che, incorporandoci a lui, ci d lidentit nostra e di Dio: noi siamo figli e lui ci Padre. Ges il pi grande di tutti, perch il piccolo che acconsente pienamente al suo essere Figlio. Essere con lui la condizione per entrare nel regno dei Padre. Discepolo colui che nulla possiede e tutto riceve. figlio: ci che , dono, e come tale si accetta con gioia. 2. Lettura del testo

v. 13 gli portavano dei bambini. Se la donna era possesso dei marito, il bambino era unappendice della donna. il povero in senso assoluto, che non possiede nulla, neanche se stesso. Vive dellamore gratuito dellaltro, ignorando orgoglio e paura, e senza cercare foglie di fico per coprire la sua indigenza. La sua debolezza lunica sua forza. Egli ammette di avere bisogno degli altri e di essere di qualcuno che lo ama. Questa la condizione fondamentale delluomo. Solo per errore -fonte di illusione e delusione continua - pensa che la sua via consista nellavere, nel potere e nellapparire di pi. Il bambino simile a Ges, il Figlio che tutto riceve dal Padre. Per questo il suo mistero rivelato ai piccoli mentre resta celato agli intelligenti e ai sapienti (Lc 10,21). perch li toccasse. Il tatto la forma primordiale di conoscenza, di comunicazione e di comunione: toccare unirsi a ci che si tocca. Non si i tocca ci che si teme o si disprezza, ma solo ci che si ama e si i apprezza. Il Toccare in Marco esprime la qualit fondamentale della fede come comunione con Ges e guarigione delluomo (cf 5,21-43). i discepoli li sgridavano. Anche Ges sgridava i demoni e chi voleva rivelarlo prima del tempo stabilito. I discepoli pensano che sia per lo meno inopportuno che i bambini disturbino il Maestro, che ha cose importanti da spiegare. Per esempio, come si entra nel Regno! v. 14 Ges, vedendo, si sdegn. la stessa parola che descrive il risentimento dei discepoli con la donna di Betania (14,4). Marco dice rare volte ci che Ges sente. Ricorda la sua compassione per chi sta male (1,41; 6,34; 8,2), la sua ira contro la durezza di cuore (3,5), lamore del suo sguardo (10,21) e la

sua angoscia davanti alla morte (14,33; 15,34). Qui si parla del suo sdegno contro limpedimento del bene. Il suo volto di gioia conosciuto solo dal piccolo che va a lui. Lasciate che i bambini vengano a me. Andare a lui, il Figlio, la salvezza delluomo. Il piccolo ne irresistibilmente attratto. non impediteli (cf 14,6). Ges dice ai suoi di lasciare e non impedire i piccoli, che sono i soli che vogliono e possono accedere a lui. di chi come loro il regno di Dio. Il Regno Ges, il Figlio povero, umiliato e umile, che pu essere accolto cos com solo da chi gli vicino ed come lui. E chi non lo , lo diventa. Il lavoro che Ges sta progressivamente facendo con i suoi discepoli portarli alla verit del bambino. Anche gli adulti sono chiamati a diventare piccoli (Mt 18,3); anche i vecchi come Nicodemo devono rinascere (Gv 3,3 s). Quando si scopriranno ciechi, potranno con Bartimeo venire alla luce. v. 15 Amen, vi dico. unaffermazione solenne, con lautorit di Dio che parla in prima persona. chi non accolga il regno di Dio. Il Regno non un prodotto da costruire, ma un dono da accogliere, che gi c. Ges, il Figlio, nel quale diventiamo ci che siamo: figli del Padre e fratelli di tutti. come un bambino. Il titolo sul quale il bambino fa forza per ottenere la sua debolezza, il suo bisogno. Sono le qualit dalle quali ladulto si difende, nuocendo a s e agli altri. non entrer in esso. Alluomo ricco e autosufficiente difficile, anzi impossibile entrare nel Regno (v. 23 s). v. 16 abbracciandoli. Le braccia del Figlio allargate a tutti i fratelli sono lampio cerchio del regno del Padre: aperto a tutti, stringe solo i piccoli, gli unici che lo accolgono. li benediceva. Ges insiste nel benedire quelli che i discepoli sgridano. imponendo su di loro le mani. il gesto con cui si trasmette ci che si ha dentro la propria forza e il proprio spirito. 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo, vedendo la casa dove sta Ges attorniato dai discepoli e dai bambini. 3. Gli chiedo ci che desidero e voglio: diventare come un bambino, essere portato da lui, essere toccato, abbracciato e benedetto da lui, per entrare nel Regno. 4. Traendone frutto, vedo, ascolto e osservo le persone: chi sono, che dicono, che fanno. Da notare: bambino di chi come loro il regno di Dio toccarechi non accoglie il regno di Dio come un sgridano bambino, non entrer in esso sdegnarsi abbracciare imporre le mani.

4. Passi utili: Sal 8; 131; Mt 11,25-29; Gv 3,3-8; 1Pt 2,1 s; La preghiera di Ges: Mt 6,9-13; Lc 11,2-4.

53. TUTTO POSSIBILE PRESSO DIO


(10,17-31)
17

E, uscito egli per il cammino, uno gli corse incontro, si inginocchi a lui e lo interrogava: Maestro buono, che devo fare per ereditare vita eterna? 18 Ora Ges gli disse: Perch mi dici buono? Nessuno buono, se non il solo Dio! 19 Conosci i comandamenti: non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non dire falsa testimonianza, non defraudare, onora il padre tuo e la madre. 20 Ora quello disse: Maestro, tutto questo ho custodito fin dalla mia giovinezza. 21 Ora Ges, guardandolo dentro, lo am e gli disse: Una sola cosa ti manca: va, vendi quanto hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni, seguimi. 22 Ma egli, inorridito per la parola, se ne and intristito. Aveva infatti molti beni. 23 E, guardandosi intorno, Ges dice al suoi discepoli: Quanto difficilmente

quelli che hanno le ricchezze entreranno nel regno di Dio. 24 E i discepoli stupivano per le sue parole. E Ges di nuovo, rispondendo, dice loro: Figlioli, quanto difficile entrare nel regno di Dio. 25 minor fatica per un cammello passare per la cruna di un ago, che per un ricco entrare nel regno di Dio. 26 Ed essi erano enormemente sconvolti, dicendo fra loro: E chi pu salvarsi? 27 Guardando loro dentro, Ges dice: Impossibile presso gli uomini, ma non presso Dio, perch tutto possibile presso Dio. 28 E Pietro cominci a dirgli: Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e abbiamo seguito te. 29 Ges disse: Amen vi dico, non c nessuno che ha lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi, a causa di me e a causa del vangelo, 30 che non riceva il centuplo adesso, in questo tempo, in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme con persecuzioni, e, nel secolo che sta per venire, vita eterna. 31 Molti primi saranno ultimi, e gli ultimi primi. 1. Messaggio nel contesto Tutto possibile presso Dio, risponde Ges ai discepoli, quando finalmente capiscono che nessuno pu salvarsi. Infatti siamo tutti ricchi, sprovvisti della povert del bambino, indispensabile per accogliere il Regno. Ma riconoscere tale impossibilit gi principio di salvezza. Infatti costatare la propria perdizione significa essere ridotti alla povert estrema, condizione necessaria per accettare che Dio solo salva. Dopo aver visto il nostro rapporto con laltro e con noi stessi (vv. 1-12; 13-16), ora vediamo il nostro rapporto con le cose in ordine al nostro destino.

Tutto stato creato per noi, perch ne usiamo tanto quanto ci serve per amare Dio e i fratelli. Amiamo Dio riconoscendo il dono e lodandolo; amiamo i fratelli donando e condividendo. Ma il peccato ha messo in noi la brama di possesso. Le cose hanno preso il posto di Dio. La paura della morte ci spinge a cercare in esse, invece che in lui, la garanzia di vita. Di fatto assicurano la soddisfazione dei bisogni che abbiamo; ma non del bisogno che siamo. Leconomia del possesso uccide quella del dono; capovolge il rapporto tra mezzi e fine, trasformando luomo da signore in servo delle creature. Lavidit di ricchezza vera idolatria (Col 3,5), e lattaccamento al denaro radice di tutti i mali (1Tm 6,10). Il brano continua il tema precedente, che riguarda il problema fondamentale delluomo; entrare nel Regno, ereditare la vita eterna, salvarsi. Il racconto si divide in tre scene. La prima (vv. 17-22) ci presenta un ricco, che oltre le buone intenzioni per entrare nel Regno, sembra avere tutti i requisiti. Tranne per quello fondamentale, che amare Dio e i fratelli sopra ogni cosa. Lincontro con Ges gli render possibile limpossibile, facendogli riconoscere il Signore e liberandolo dallidolo che lo schiavizza? Ges cerca di metterlo su questa strada, dicendogli che Dio solo buono, e che ora pu lasciar tutto e decidersi a seguirlo. Ma lattaccamento al suoi beni lo rende cieco. Nellalternativa Dio/mammona, sceglie mammona. Alla fine, invece della gioia di chi ha trovato il tesoro, ha la tristezza di chi si sa perduto. A differenza del nemico, che d piacere nel male e angustia nel bene, il Signore, come d gioia nel bene, cos d tristezza nel male perch ci si ravveda. La seconda scena (vv. 23-27) ci presenta le dichiarazioni di Ges sullimpossibilit della salvezza, e lo stupore costernato dei discepoli. Tutti siamo troppo grandi per entrare nel Regno dei bambini: siamo cammelli che tentano buffamente di passare per la cruna di un ago. Riconoscere questa impossibilit ci fa piccoli. Pi siamo ricchi, pi ci scopriamo incapaci e poveri davanti a ci che conta. La terza scena (vv. 28-31) ci presenta la constatazione meravigliata di Pietro: come mai i discepoli hanno seguito il Signore, compiendo quel passo che fa entrare nel Regno? La sua chiamata e la sua parola li ha resi poveri e piccoli, facendo loro scoprire il tesoro inestimabile per il quale si lascia tutto. La prima scena quindi sulla necessit, la seconda sullimpossibilit e la terza sulla possibilit della povert che apre le porte alla vita. Ges il Signore da amare con tutto il cuore (12,30). Il Regno amare lui, che si fatto nostro fratello per poter essere incontrato e baciato da noi (Ct 8,1). E si fatto ultimo di tutti, perch amando il pi povero, amiamo lui; e amando lui amiamo tutti. Il discepolo colui che nel suo sguardo ha scoperto lunico bene. Conquistato dal Signore, come Paolo, lascia perdere tutto e corre per conquistarlo (Fil 3,8.12). Il suo rapporto con le cose torna ad essere come era al principio, secondo il disegno di Dio: libero dallidolatria, le vive come dono, ricevendole dal Padre e condividendole con i fratelli. 2. Lettura del testo v. 17 uscito egli per il cammino. Dopo listruzione in privato ai suoi, Ges riprende il cammino che, da Cesarea di Filippo (8,27) attraverso la Galilea (9,30), porta nella Giudea (v. 1) fino a Gerusalemme (v. 32). il cammino del maestro, che il discepolo chiamato a seguire: quello del Figlio delluomo, consegnato nelle mani degli uomini (9,31). uno. Matteo 19,22 ci dice che era un giovane, Luca 18,18, un notabile. quindi giovane, ricco, buono e nobile. un uomo pienamente realizzato - esattamente il contrario dei bambini, dei quali il Regno (v. 15).

gli corse incontro, si inginocchi. Il suo correre e inginocchiarsi indica le migliori disposizioni. Queste possono convivere anche con tendenze contrarie, che restano nascoste fino al momento della decisione. Solo allora escono allo scoperto e scatenano una lotta interiore molto grande. Il risultato finale la gioia o la tristezza, secondo che si vince o si sconfitti. Maestro buono. Il giovane ha intuito nel Maestro una bont unica. Ges dar molto peso a questo appellativo, che a prima vista pu suonare poco pi che una cortesia. che devo fare. Luomo, a differenza dellanimale, ha il problema del che fare. Non programmato dallistinto, ma dal fine che si propone, liberamente o meno. per ereditare. La vita eterna, pur legata a un fare, anche una eredit. Spetta al figlio da parte del padre, ed legata al suo vivere da fratello. vita eterna. Unico animale cosciente di morire, luomo cerca la vita; ma non una qualunque, che sempre condannata a morte, bens una che sia libera da questa pena, senza limiti di tempo o di qualit. Questa la vita eterna, orizzonte che d senso a quella temporale. v. 18 Perch mi dici buono? Ges lo invita a comprendere il mistero della bont che ha intuito. Se lo capisce, ha trovato il tesoro. Nessuno buono se non il solo Dio. un modo discreto per suggerirgli la propria identit, lasciandogli la gioia di scoprirla e la libert di esprimerla. come se dicesse: Se non sai chi sono, non chiamarmi buono, perch lo solo Dio. Se sai chi sono, chiamami pure buono e traine le conseguenze. v. 19 Conosci i comandamenti ecc. Tranne lultimo, sono solo i doveri negativi verso il prossimo (Es 20,12 ss; Dt 5,16 ss). Custodirli non d la vita. Anche un morto osserva i primi e non trasgredisce lultimo! Ges tralascia il duplice comando che d la vita (12,30 s), perch con lui riceve una nuova formulazione: amare il prossimo farsi fratello di tutti come lui, il Figlio, che ha dato tutto (va, vendi quanto hai e dallo ai poveri); amare Dio seguire lui, il Signore, che per primo mi ha amato e ha dato se stesso per me (vieni e seguimi). v. 20 tutto questo ho custodito fin dalla mia giovinezza. Questo giovane come Paolo, che si dichiara irreprensibile quanto alla giustizia che deriva dalla legge (Fil 3,6). v. 21 guardandolo dentro. Anche nelle chiamate precedenti Ges vede (1,16.19; 2,14). Qui il suo occhio va oltre: entra nelle profondit del cuore. Vuol fargli vedere come da lui visto, in modo che conosca come da lui conosciuto (cf 1Cor 13,12). Ma ancora cieco a questo sguardo. Dovr chiedere di vederci, come il mendicante di Gerico (v. 51). Solo allora, come Paolo, avr la sublimit della conoscenza di Ges come suo Signore, sar conquistato e si metter a correre per conquistarlo (Fil 3,6.12). lo am. il centro del racconto. Lasciarsi prendere o meno da questo amore il problema stesso della vita eterna. Questo dettaglio pu essere colto e riferito solo dallinteressato. Che il giovane sia Marco stesso, alla cui madre appartiene la stanza superiore (14,12-15; At 12,12)? Sar lui che segue Ges da lontano fino a quando nellorto fuggir nudo e abbandoner tutto, lasciando linvolucro di morte per rivestirsi delle vesti gloriose dellannunciatore del vangelo (14,51 s; 16,5 s)?

Questo sguardo damore fonte di tristezza fino a quando uno non si arrende. Linquietudine di chi nel male sempre feconda. Una sola cosa ti manca. Quanto Ges dice non un consiglio, ma ci che manca per ereditare la vita eterna (cf v. 17), entrare nel Regno, essere salvi (vv. 23-26). va', vendi quanto hai e dallo ai poveri. Questa la nuova formulazione del secondo comandamento, quello dellamore del prossimo. Per compierlo al ricco manca proprio ci che ha e non d a chi non ha. Chi ascolta questo comando diventa come lui, che ha dato tutto, facendosi povero e piccolo, erede del Regno. Il giovane allontanato (va), perch allontani da s le ricchezze (vendi e da ai poveri); solo dopo pu accostarsi e andargli dietro (vieni e seguimi). e avrai un tesoro in cielo. Il vero modo di tesorizzare presso Dio quello di dare. Uno non ha quanto ha accumulato, bens quanto ha donato. Il tesoro in cielo si guadagna con il dare ai poveri in terra. Non basta non nuocere al prossimo: bisogna positivamente amarlo (Lc 16,1-12). vieni, seguimi. Andare da Ges e seguirlo, il modo concreto per compiere il primo comandamento, quello di amare Dio. Si va a lui per stare con lui, ovunque vada. Dare ai poveri e seguire Ges costituisce il compimento della legge - i due comandamenti dei quali non c luno senza laltro. v. 22 inorridito per la parola. La Parola lo mette in una profonda crisi interiore, che si rispecchia nel volto. Nel suo cuore inizia la lotta. Il desiderio di seguire Ges ed ereditare la vita lo lacerer, finch non sar strappato dalla schiavit del suo idolo. se ne and intristito. un uomo fallito, incapace di amare Dio, se stesso e il prossimo. Questa tristezza dura fin che dura lattaccamento ai beni. E questo dura finch non scopre il tesoro. Solo allora pu vendere tutto per la gioia (Mt 13,44), forza di ogni decisione evangelica. La gioia del Signore la nostra forza (Ne 8,10). Aveva infatti molti beni. Ci che hai e non dai ti impedisce di ottenere i1 tesoro in cielo. La molta ricchezza impedimento maggiore; paragonata alle spine che soffocano la Parola (4,19). v. 23 guardandosi intorno. Cf 3,5.34. Gest dice ai suoi discepoli. Il discepolo proprio colui che fa quanto il ricco non ha fatto (cf 1,18.20; 2,14). Quanto difficilmente quelli che hanno le ricchezze entreranno, ecc. Nel regno dei cieli infatti entra solo il bambino, povero di tutto (cf brano precedente). v. 24 i discepoli stupivano. Forse pensavano che essere giovani, ricchi, belli e buoni fosse un punto di vantaggio. Figlioli. un termine affettuoso rivolto al discepoli (cf 2,5). v. 25 minor fatica per un cammello, ecc. Prima ha detto che difficile. Davanti al loro stupore, invece di abbassare, alza il tiro, dicendo che impossibile. Tanti sono ricchi nel Regno quanti i cammelli che

passano per la cruna di un ago. La ricchezza accumulata e non condivisa ci separa dal Padre e dai fratelli - iniquo mammona (Lc 16,13). v. 26 erano enormemente sconvolti. Lo stupore dei discepoli cresce in sbigottimento. chi pu salvarsi? Salvarsi lunico serio problema delluomo, che diversamente perduto. I discepoli capiscono che siamo tutti sufficientemente attaccati ai beni per non ereditare la vita. La loro domanda suona meraviglia e sgomento: Nessuno pu salvarsi!. v. 27 Impossibile presso gli uomini. Salvarsi non n facile n difficile: assolutamente impossibile alluomo. ma non presso Dio. Solo Dio pu renderci poveri e piccoli, e salvarci con tutti i poveri e i piccoli. E lo fa con tutti. E se non gli diamo il consenso prima, lo fa almeno in punto di morte. Allora anche il ricco lascia tutto, e si scopre pi povero e piccolo degli altri. perch tutto possibile presso Dio. Il mestiere di Dio fare ci che impossibile alluomo. A noi non resta che chiedere, nonostante le nostre resistenze contrarie, questo impossibile che lui solo pu donarci. v. 28 noi abbiamo lasciato tutto e abbiamo seguito te ( 1,18.20). Pietro costata, con sorpresa, che per lui e per gli altri gi avvenuto limpossibile. Senza che se ne accorgessero, stato loro donato ci che al ricco stato richiesto. Il suo un grido di stupore e di riconoscenza, una presa di coscienza dellopera di Dio. v. 29 Amen, vi dico: non c' nessuno che ha lasciato, ecc. Ges conferma che il Regno per chi ha lasciato tutto per amore suo. a causa di me e del vangelo. A causa d me detto per chi lo ha incontrato nella sua vita terrena; a causa del vangelo per noi che lo incontriamo dopo, nella potenza della sua parola (cf 8,38). v. 30 riceva il centuplo. Questo centuplo non di tipo materiale. La casa il luogo dove si ascolta la parola e si rivela il mistero del Regno (3,31; 4,1); fratelli, sorelle e madri sono la nuova famiglia di quelli che compiono la volont di Dio (3,31-35). Questo il campo fecondo, che porta frutto non solo nel secolo presente, ma anche in quello futuro. Non si nomina il padre, tra il centuplo: infatti chi lascia tutto e segue Ges, entra nel regno del Figlio e scopre lunico Padre. con persecuzioni. Il discepolo passa attraverso le stesse scelte e contrariet del suo Maestro. Non esente dalla croce. Proprio ad essa legata la promessa (cf 8,34 ss). v. 31 Molti primi saranno ultimi. Sono quei primi che non sono diventati ultimi. gli ultimi primi. Sono quelli che, per amore di Ges, sono diventati come lui, ultimo e servo di tutti (9,35; 10,45). 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo, vedendo la casa da dove Ges esce per il suo viaggio.

3. Chiedo al Signore ci che voglio: che mi doni di lasciare tutto, per seguire lui. 4. Traendone frutto, vedo, ascolto e osservo le persone: chi sono, che dicono, che fanno. Da notare: che fare per ereditare la vita eterna nessuno buono, se non Dio solo guardandolo dentro, lo am una sola cosa ti manca va, vendi quanto hai e dallo al poveri vieni e seguimi chi pu salvarsi inorridito per la parola impossibile se ne and intristito noi abbiamo lasciato tutto aveva infatti molti beni il centuplo quanto difficilmente...

4. Passi utili: Sap 7; Sal 49; 63; 34; Mt 13,44-46; Lc 12,13-34; 16,1-12; Fil 3; Col 3,5; 1Tm 6,10; Gc 4,13-5,6.

54. ECCO, SALIAMO A GERUSALEMME


(10,32-34)
32

Ora erano nel cammino salendo a Gerusalemme; e stava andando innanzi a loro Ges, ed erano stupiti; ora quanti lo seguivano avevano paura. E, presi di nuovo i Dodici, cominci a dire loro le cose che stavano per accadere a lui: 33 Ecco, saliamo a Gerusalemme, e il Figlio delluomo sar consegnato ai sommi sacerdoti e agli scribi, e lo condanneranno a morte, e lo consegneranno ai gentili, 34 e lo scherniranno, e lo sputacchieranno, e lo flagelleranno, e uccideranno, e, dopo tre giorni, risorger. 1. Messaggio nel contesto

Ecco, saliamo a Gerusalemme, dice Ges ai Dodici. Quanto l compir, manifester quellamore che rende possibile adempiere quanto ha richiesto al ricco. lultima delle tre predizioni che scandiscono la seconda parte del vangelo. Ormai appare allorizzonte la mta. Tutto il cammino a Gerusalemme un confronto tra il discepolo e la Parola. Questo il pi dettagliato, quasi un sommario puntuale di quanto tra poco deve accadere. Il discorso non pu essere pi chiaro ed esplicito. Ma la luce piena non fa che evidenziare la cecit del discepolo. Gli occorrono occhi nuovi e cuore nuovo. Allinizio del brano Marco ci presenta un corteo silenzioso che va in salita: innanzi sta Ges, dietro tutti gli altri, stupiti e impauriti. Egli prende di nuovo i Dodici in disparte - laveva gi fatto altre volte perch ascoltino con precisione ci che solo dopo potranno comprendere e poi annunciare. il mistero della fede, davanti al quale per ora sono sempre pi ciechi Il viaggio a Gerusalemme ha come termine la consegna del Figlio delluomo (cf 9,31). C tutta una serie di verbi, messi in fila con la semplice congiunzione e. Sei - il numero delluomo! - descrivono la nostra azione: condannare, consegnare, schernire, sputacchiare, flagellare, uccidere. come la somma di tutto il male, che raggiunge la sua consumazione nelluccisione dello stesso Dio. Ma la parola definitiva non spetta a noi, bens a lui: dopo tre giorni risorger. Chi ha detto la prima, si riserva anche lultima! Egli ci lascia liberi; ma ingloba la nostra azione nella sua, offrendoci un dono impensabile. Vedendo la reazione dei discepoli (cf brano seguente), ci si pu chiedere se tutta listruzione di Ges non sia stata inutile. Infatti, al crescere della luce, cresce anche la cecit. In realt non cos. Primo, perch vediamo chiaramente il nostro male, altrimenti insospettabile. Secondo, perch sappiamo ci su cui siamo ciechi. La nostra infatti una cecit particolare, un daltonismo specifico nei confronti della parola della croce, colore proprio di Dio. Terzo, perch chi sa di non vedere pu chiedere lilluminazione a colui che venuto a dar la vista. Quarto, perch la guarigione opera della stessa parola, che ci rivela il suo amore per noi. Ges, il Giusto sofferente, il Figlio delluomo ucciso e risorto, umiliato e innalzato, il mistero della nostra fede. Il discepolo preso in disparte, con i Dodici, per confrontarsi con la Parola, il cui ascolto lo fa appunto discepolo. 1. Lettura del testo v. 32 erano nel cammino salendo a Gerusalemme. Si specifica per la prima volta la meta del viaggio. Il suo cammino verso la passione una salita, unanabasi. Gerusalemme il termine di ogni pellegrinaggio. L luomo ritrova nella Gloria la luce del proprio volto. innanzi a loro Ges. Lui ci precede in questo cammino sul monte, dal quale ci chiama ad andare a lui per stare con lui (3,13 ss). erano stupiti. Non capiscono, ma intuiscono che qui si compie il mistero. quanti lo seguivano avevano paura. Tra pochi giorni, non avr lui stesso timore e tremore (14,33)? presi di nuovo i Dodici. Ges, da quando li chiam sul monte (3,13), li ha presi spesso in disparte. Qui comunque la prima volta che si dice esplicitamente che li prende in quanto Dodici. Prendere la stessa parola che esce nella risurrezione della figlia di Giairo, nella trasfigurazione e nellagonia (5,40; 9,2; 14,33). Anche i discepoli in 4,36 prendono lui cos com nella barca.

cominci a dire loro le cose che stavano per accadere a lui. Ges ha conoscenza chiara dei suo destino: il disegno di Dio che accade nella storia. Anche il discepolo lo conoscer con chiarezza. Infatti Paolo, che sale a Gerusalemme nellincertezza di tutto il resto, dice: So soltanto che lo Spirito Santo in ogni citt mi attesta che mi attendono catene e tribolazioni (At 20,22 s). v. 33 saliamo a Gerusalemme. Anche i discepoli sono inclusi nel suo pellegrinaggio verso la citt santa. il Figlio dell'uomo sar consegnato (cf 9,31). Sar Giuda a consegnarlo ( = tradirlo) (14,10). Per, se Giuda lo consegna, lui stesso che si consegna a noi per amore (14,22). In ultima istanza lo stesso Padre che lo consegna a noi (Rm 8,32). Cos il nostro peccato contiene il suo dono. La nostra consegna di lui alla morte diventa quella consegna di lui a noi che ci d la vita. Ecco lopera del Signore, una meraviglia al nostri occhi (Sal 118,23): col nostro male opera il nostro bene. e lo condanneranno a morte (14,64; cf Sap 2,20; Sal 94,21). Gli danno morte per invidia (15,10), perch lautore della vita (At 3,15). e lo consegneranno ai gentili (15,1). Perch ogni mano di peccatore possa toccare il Salvatore (cf Sap 2,17 s; Sal 22,7 ss; 31,12; 35,15 s; 39,9; 42,11 ecc.). v. 34 e lo scherniranno (14,65). La forza e sapienza di Dio schernita come debolezza e stupidit dalluomo. Lamore risulta incomprensibile allegoismo. e lo sputacchieranno (14,65; cf Is 50,6). Il disprezzo e lumiliazione ci da cui luomo rifugge con tutti i mezzi. Segno massimo di amore, se ne coprir la Gloria. e lo flagelleranno (15,15; cf Sal 73,14). La violenza copre di colpi il suo corpo, prima di esporlo nudo sulla croce. e uccideranno. lazione sesta e ultima delluomo, cifra di ogni suo male. e, dopo tre giorni, risorger. Non sta scritto: ma, dopo tre giorni risorger, bens e, dopo tre giorni, risorger. Quasi a indicare che il Signore continua in modo sorprendente e divino la stessa azione delluomo, senza contrapposizione o soluzione di continuit. Ognuno fa quello che gli spetta: proprio delluomo nel peccato dare morte, proprio di Dio che amore dare vita. La sua azione positiva non che avvenga nonostante la nostra negativa. La croce di Ges non un incidente di percorso, da dimenticare nella risurrezione. realmente causa della sua glorificazione. Infatti fu esaltato proprio per la sua obbedienza fino alla morte, e alla morte di croce (Fil 2,8 s). Qui il mistero di Dio. 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo vedendo Ges che sale a Gerusalemme con i suoi. 3. Gli chiedo ci che voglio: non essere sordo e cieco davanti al mistero della sua croce che la mia salvezza. 4. Traendone frutto, vedo, ascolto e guardo le persone: chi sono, che dicono, che fanno. Mi fermo su ogni parola di Ges, che la sintesi della sua passione.

Da notare:

salire a Gerusalemme sputacchiare essere consegnato flagellare condannare a morte uccidere schernire risorgere

4.

Passi utili: Is 52,13-53,12; i sette salmi penitenziali: 6; 32; 38; 51; 102; 130; 143.

55. COSA VOLETE CHE IO FACCIA PER VOI?


(10,35-45)
35

E gli si fanno innanzi Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedeo, dicendogli: Maestro, vogliamo che tu faccia per noi ci che noi chiediamo a te. 36 Ma egli disse loro: Cosa volete che lo faccia per voi? 37 Ma quelli gli dissero: Da a noi che, uno alla tua destra e laltro alla sinistra, sediamo nella tua gloria. 38 Ma Ges disse loro: Non sapete cosa chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati del battesimo di cui io sar battezzato? 39 Ma quelli gli dissero: Possiamo! Ma Ges disse loro: Il calice che lo bevo, lo berrete; e del battesimo di cui sar battezzato, sarete battezzati. 40 Ma sedere alla mia destra o alla sinistra non spetta a me darlo, ma per quanti sta preparato. 41 E, ascoltando, i dieci cominciarono a indignarsi su Giacomo e Giovanni. 42 E, chiamatili innanzi, Ges dice loro: Sapete che quanti sembrano comandare i popoli,

li tiranneggiano, e i loro grandi li spadroneggiano. 43 Ora non cos tra voi. Ma chi vuol diventare grande tra voi. sar vostro servo; 44 e chi vuole tra voi esser primo, sar schiavo di tutti. 45 E infatti il Figlio delluomo non venuto ad essere servito, ma a servire, e a dare la sua vita in riscatto per molti. 1. Messaggio nel contesto Cosa volete che io faccia per voi? , chiede Ges a Giacomo e Giovanni. Essi non sanno ancora cosa chiedere. Ciechi come sono, chiedono il contrario di quanto lui vuol donare. Il dialogo tutto un gioco di equivoci. introdotti da un ma, dove ognuno continua a dire una cosa diversa dallaltro, come avviene tra sordi. Ges non il Cristo dei loro desideri, ma quello della promessa di Dio. Essi lo amano; ma a modo loro, senza conoscerlo. Ne hanno fatto come unincognita, cui danno di volta in volta il valore della loro volont di potenza. istintivo per luomo fare dei propri desideri il proprio assoluto. Poco importa se lo si chiama Giove, Manit, JHWH o Ges. In realt si indica la stessa cosa. Fino a poco fa aveva anche il nome proprio di Stalin, Hitler, ecc. o quello comune di ideologie religiose o laiche di salvezza. Ora si identifica coi nomi concreti di piacere, benessere, produzione, energia sicura e pulita, ecc., o con le varie scienze che pretendono di dire lultimo verbo. Luomo sostituisce naturalmente Dio con qualunque nome che gli garantisca di perseguire le proprie brame. Criterio divino di salvezza invece la carne di Ges (1Gv 4,2), cio la sua debolezza fino alla croce, che delude ogni attesa delluomo, religioso o meno (cf 15,29-32). La reazione dei discepoli alla terza predizione della passione peggiore delle precedenti. Dopo la prima ci fu il diverbio esplicito con Pietro, che pensa secondo gli uomini e non secondo Dio (8,32 s). Dopo la seconda ci fu lincomprensione e il mutismo da parte di tutti, intenti a litigare su chi fosse il pi grande (9,32 s). Ora ci si aspetterebbe un minimo di comprensione. Ma come se Ges non avesse detto niente. I due prediletti, invece di ascoltarlo e fare la sua volont, vogliono che lui faccia la loro! il capovolgimento del rapporto fondamentale di fede. Essi vogliono che lui sia garante in cielo dei loro deliri di onnipotenza in terra. Ma non questo, sotto sotto, ci che tutte le persone religiose chiedono al loro dio? Abramo, modello dei credenti, fu il primo a non scambiare la fede con le proprie sicurezze. la verit con le proprie certezze. Luomo desiderio. Gli manca sempre qualcosa, e la cerca e la chiede. Ges educa il desiderio dei discepoli, perch cerchino e chiedano ci che Dio vuol donare. Qui siamo allo scontro decisivo tra il desiderio di Dio per luomo e quello delluomo nei confronti di Dio. Ne va dellessenza stessa di Dio: la Gloria. Per Ges essa amore che si fa servo, schiavo e ultimo di tutti; per gli uomini di tutte le razze - discepoli prediletti inclusi! - essa consiste nel potere mondano, travestito o meno di buone intenzioni. I discepoli hanno lo stesso peccato del mondo. Ci non grave, perch ogni peccatore salvato! grave invece non riconoscerlo, perch chi non lo riconosce, rimane in esso. Il non cos tra voi! il grande miracolo che Ges compie nella sua comunit, illuminandola della sua Gloria.

Ges conclude il suo insegnamento, inteso a farci ammettere la nostra cecit. Il medico ci ha comunicato la diagnosi; attende che gli concediamo di guarirci. Il discepolo colui che passa dalla domanda delluomo religioso, impersonato da Giacomo e Giovanni, a quella del cieco di Gerico (vv. 47.51b). I due fratelli sono da ringraziare, perch fanno vedere agli altri dieci e a quanti leggono la loro cecit. 2. Lettura del testo v. 35 Giacomo e Giovanni. Insieme con Pietro, sono i testimoni prescelti per la risurrezione della figlia di Giairo, la trasfigurazione e lagonia dellorto. Ancora con Pietro, pi Andrea, saranno depositari del discorso escatologico. Mt 20,20 fa avanzare questa loro richiesta tramite la madre. un complotto familiare! Lo stesso desiderio di primeggiare, gi emerso come principio di divisione (9,34), spinge anche ad alleanze interessate. vogliamo. Ci che Ges ha appena detto si volatilizzato nellaria, come se non fosse mai stato. La parola caduta sulla strada e satana lha rapita (4,15). un fenomeno costante: luomo taglia via ci che gli dispiace. Davanti allimpotenza del Figlio delluomo consegnato, si scopre allo stato puro la nostra volont di potenza. che tu faccia per noi. Il Signore deve fare la nostra volont, assicurando buon esito ai nostri desideri! Non c preghiera pi distorta. Pretendiamo di addomesticare Dio, perch ci serva nei progetti della nostra gloria che, per coinvolgere anche lui, confondiamo con la sua (la tua gloria, v. 37!). ci che noi chiediamo a te. Tutto quello che domandate nella preghiera, abbiate fede di averlo gi ottenuto, e vi sar accordato, dir Ges (11,24). Ma prima bisogna sapere cosa chiedere, per non domandare ci che lui non intende dare. Quante nostre preghiere pretendono che Dio si faccia esecutore dei nostri piani! Quandanche fossero fatte bene e con fede, chiedono in realt del male. Per fortuna Dio non ci ascolta. Una volta Dio mi esaud in ci che chiedevo, e ne ebbi abbastanza, diceva un padre del deserto. Da allora cominciai a chiedergli solo di fare la sua volont! v. 36 Cosa volete che io faccia per voi? Ges far la stessa domanda anche al cieco, che per sa cosa chiedere (v. 51). Alla domanda del lebbroso: Se vuoi, puoi mondarmi, Ges disse: Lo voglio (1,41). Ci sono cose che lui vuole e altre no. E desidera che noi le sappiamo distinguere, perch chiediamo ci che piace a lui, non a noi. Tutto il vangelo uneducazione dei desideri, perch, confrontandoli e conformandoli ai suoi, impariamo a volere e chiedere secondo Dio. Egli esaudisce le sue promesse, non le nostre attese. Queste vogliono confermare il nostro male, quelle vogliono liberarcene. v. 37 uno alla tua destra e l'altro alla sinistra (15,27). Volere i primi posti un desiderio non solo mondano, ma anche religioso (9,34). giusto voler star vicini al Signore; anzi, bene desiderare di essere come Dio. Il male che non lo conosciamo e crediamo di essere come lui proprio in ci che ci rende difformi da lui. nella tua gloria. La Gloria, sinonimo di Dio, in ebraico significa peso. il suo eccessivo amore, che dallalto lha attirato verso di noi. Ogni nostra esaltazione una vana-gloria, un peso vuoto, un

non-Dio. La sua gloria invece labbassamento del Figlio delluomo crocifisso, giudizio sul mondo e fine di ogni vanagloria (8,38; 13,26; cf 14,62). Alla sua destra e alla sua sinistra, al posto dei due fratelli, si troveranno intronizzati due malfattori, fratelli di tutti noi ( 15,27). v. 38 Non sapete cosa chiedete. la risposta del Signore a tutte le nostre preghiere che confondono la nostra con la sua gloria, la nostra con la sua volont. Potete bere il calice che io bevo. Il suo calice . quello che a lui stesso non piace, e del quale dice al Padre, in timore e tremore: Leva da me questo calice. Per non ci che voglio io, ma tu (14,36). il calice della croce, amaro di tutto il fiele dei mondo (Is 51,17; Sal 75,9). battesimo di cui io sar battezzato. Il suo battesimo il suo andare a fondo nellabisso, in solidariet con tutti i peccatori. La gloria di Ges la sua ignominiosa morte. a questa che i discepoli chiedono di essere associati? v. 39 Possiamo. Ovviamente non hanno capito. Per volont di carne nessuno pu essere discepolo e partecipare al suo martirio, bere il suo calice e ricevere il suo battesimo. Questo dono dello Spirito. Il calice che io bevo, lo berrete, ecc. Ges garantisce loro che saranno suoi discepoli, anche se non sanno cosa significa. Predice il martirio ai due fratelli. Essi apriranno e chiuderanno la serie della bella testimonianza dei Dodici (At 12,2; Gv 21,23). v. 40 sedere alla mia destra o alla sinistra non spetta a me darlo. Il Figlio delluomo non venuto per conferire privilegi o posti di potere. venuto per comunicarci la sua umilt di Figlio. Questo il dono che il Padre concede a quanti si fanno piccoli come lui. v. 41 i dieci cominciarono a indignarsi. Ambiscono gli stessi posti (cf 9,34). Se si sdegnano, perch hanno nel cuore le stesse ambizioni. Questa reazione dei dieci contro i due evidenzia il peccato del mondo, comune anche a tutti loro, per il quale Cristo muore. v. 42 quanti sembrano comandare. Servirsi degli altri per primeggiare, asservendoli e schiavizzandoli, il principio che governa il mondo. Notare come fine sembrano comandare. In realt costoro non sono capi, ma poveri uomini capovolti, che credono di essere dritti! v. 43 Ora non cos tra voi. Perch tra noi c il Figlio delluomo che diverso da noi. chi vuol diventare grande tra voi (9,34). C una grandezza che va desiderata e chiesta al Signore. Lui stesso la desidera per noi, e attende che gliela chiediamo. sar vostro servo. La vera grandezza servire, cio amare non a parole, ma con i fatti. Servire significa promuovere il bene dellaltro. il contrario di servirsi e asservire, espressione fondamentale dellegoismo. Servo colui il cui lavoro dellaltro. v. 44 chi vuole esser primo, sar schiavo di tutti. Grande chi serve, primo chi si fa schiavo di tutti. Questa la vera libert (Gal 5,13), che ci rende simili a Dio. Schiavo colui che dellaltro. v. 45 il Figlio dell'uomo non venuto ad essere servito, ma a servire, e a dare la sua vita. la pi bella definizione che Ges d di s. Sintetizza il senso della sua venuta e di tutta la sua esistenza: egli nostro servo e schiavo, che mette a nostro servizio la sua opera e la sua stessa vita.

in riscatto per molti. Molti un ebraismo per moltitudini, tutti. Richiama Is 53,10-12. Qui Ges interpreta la sua morte come causa della nostra vita. Il suo destino di giusto sofferente lo lega a tutto il male del mondo, che porta su di s e vince per tutti. 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo, vedendo Ges coi Dodici in cammino verso Gerusalemme, dove va a morire per noi. 3. Gli chiedo ci che voglio: vedere la sua gloria, bere il suo calice, ricevere il suo battesimo. Aprimi, Signore, gli occhi sul tuo mistero di umiliazione. La tua gloria essere servo e schiavo di tutti per amore, fino a dare la vita. 4. Traendone frutto, vedo, ascolto e osservo le persone: chi sono, che dicono, che fanno. Da notare: vogliamo che tu faccia per noi ci che ti chiediamo che volete che io faccia? la tua gloria il calice e il battesimo servire e dare la vita

4. Passi utili: Lc 1,46-55; Gv 13,1-17.

56. COSA VUOI CHE IO FACCIA PER TE?


(10,46-52)
46

E giungono a Gerico. E, uscendo egli da Gerico con i suoi discepoli e gran folla, il figlio di Timeo, Bartimeo, cieco, mendicante, sedeva al lato del cammino. 47 E, udito che Ges il Nazareno, cominci a gridare e dire: Figlio di David, Ges, abbi piet di me! 48 E molti lo sgridavano, perch tacesse; ma egli molto di pi gridava: Figlio di David,

abbi piet di me! 49 E, fermatosi, Ges disse: Chiamatelo. E chiamano il cieco, dicendogli: Coraggio, svegliati, ti chiama. 50 Ora egli, gettato il suo mantello, balz in piedi, e venne da Ges. 51 E, rispondendogli, Ges disse: Cosa vuoi che io faccia per te? Ora il cieco gli disse: Rabbuni, che io veda! 52 E Ges gli disse: Va, la tua fede ti ha salvato. E subito vide, e lo seguiva nel cammino. 1. Messaggio nel contesto Cosa vuoi che io faccia per te?, chiede Ges al cieco. la stessa domanda che a questo punto il vangelo fa a ciascuno di noi, che, come lui, si ritrova cieco, seduto e fuori strada. E noi facciamo nostra la sua risposta: Ges, abbi piet di me. Che io veda. Solo cos otteniamo la vista: abbiamo la fede che salva, e lo seguiamo nel suo cammino (v. 52). Fine di tutta la catechesi di Ges ai suoi discepoli e di Marco al suo lettore portare qui, dove si compie lultimo miracolo, quello definitivo: la guarigione dalla cecit. Il cammino del vangelo, utile ripeterlo, uneducazione del desiderio, per sapere cosa chiedere. Giacomo e Giovanni, identificati alfine con questo cieco, sanno cosa chiedere e volere. Dove non avviene questa identificazione coi cieco che guarisce, c quella con il fico che scopre la sua sterile nudit (11,12-14.20). Questo miracolo lilluminazione battesimale che ci fa nascere, uscire dalle tenebre alla luce. il dono dello Spirito per vedere ci che Ges fa a Gerusalemme e scrutare nel Crocifisso la profondit di Dio (1Cor 2,10). Nel vangelo di Marco questo cieco lunico - dopo i demoni, ma in modo ben diverso! - che chiama Ges per nome. Ha con lui un rapporto personale di conoscenza e di familiarit. Chiamare Ges pronunciare il Nome, il solo in cui c salvezza (At 4,12). Questo cieco specchio di ciascuno di noi. Attraverso lascolto ha sentito la promessa di Dio, e pu desiderare e chiedere ci che vuol donarci. Linvocazione del nome di Ges trova risposta nella sua chiamata, che lo fa balzare in piedi, gettare il mantello, andare da lui, pregarlo e ottenere la vista, in modo da poterlo seguire nel suo cammino. Questa la salvezza concessa a chiunque invoca il suo nome (At 2,21). Da questo racconto la fede orecchi per ascoltare, bocca per gridare, piedi per accorrere a lui, mani per gettare il mantello e occhi per vederlo e seguirlo. Il suo principio la miseria riconosciuta, il suo mezzo linvocazione della misericordia, il suo compimento lilluminazione che fa vedere il Signore.

Qui, dopo le tre predizioni della passione, si compie la seconda parte dei miracolo del cieco di Betsaida. Vedi forse qualcosa?, gli aveva chiesto Ges (8,23). Ora, che ci chiaro ci che non vediamo, sappiamo cosa chiedergli per vedere chiaramente a distanza ogni cosa (8,25). Subito dopo questo racconto comincia il primo dei sei giorni di Ges a Gerusalemme. la settimana della nuova creazione. Ora ci d gli occhi per vederla, cos che non scambiamo pi gli uomini per alberi che camminano (8,24), ma vediamo Dio stesso nel Figlio delluomo che si offre dallalbero della vita (15,39). Ges la luce del mondo (Gv 8,12), il Figlio di David che esercita la sua regalit usando misericordia, il Signore che d la vista ai ciechi (Sal 146,8). Linvocazione del suo nome la nostra salvezza. Infatti il Nome. E ci salva perch tutto misericordia rivolta alla nostra miseria. Il discepolo generato come tale dallinvocazione del nome di Ges e della sua misericordia. Cos guarisce dalla sua cecit, e pu contemplare nel Crocifisso ci che occhio non vide n orecchio ud n mai entr in cuore di uomo, e che Dio ha preparato per coloro che lo amano (1Cor 2,9). illuminato: vede finalmente la realt. 2. Lettura del testo v. 46 giungono a Gerico. citt inespugnabile, come la cecit dei discepoli. Ma presso Dio nulla impossibile (v. 27). Gerico la porta della terra promessa, che sar aperta in modo semplice e prodigioso. Cade non con le armi, ma al suono delle trombe dei sacerdoti e al grido del popolo (Gs 6,12-20). Da Gerico, posta a m. 250 sotto il livello del mare, inizia la salita a Gerusalemme. con i suoi discepoli e gran folla. I discepoli vanno con Ges. Ma il loro cuore e i loro occhi sono altrove. Ogni uomo In realt scende da Gerusalemme a Gerico (Lc 10,30). Bartimeo. Significa in ebraico figlio di Timeo. Questo cieco non ha nome; semplicemente il il figlio di Timeo. cieco. Per il cieco tutto notte. immagine del discepolo, che non capisce (4,13), non ha fede (4,40), privo di intelletto (7,18), ha occhi e non vede (8,18), ha il cuore indurito (6,52; 8,17). La sua cecit specifica: riguarda la Parola (8,32 s; 10,35 ss), davanti alla quale sordo e muto (9,32 ss). Ma ora che la sordit stata guarita dallesorcismo che ha espulso la menzogna (7,3 I ss, 9,14 ss), rimane ancora la cecit: vede solo il buio che ha negli occhi e il vuoto che ha nel cuore. Questo, che il luogo delle paure, per la sua promessa diventa il luogo dei desideri. Essi non producono nulla, ma raggiungono proprio ci che, impossibile da produrre, viene solo come dono. Tutte le realt principali la vita e lamore, se stessi e gli altri - sono doni. Il desiderio naturale di vedere Dio lapice del nostro spirito, la nostra ultima possibilit, che ci permette di contemplare lui e diventare come lui. Questo nostro desiderio come un occhio che non vede, fino a quando non incontra Ges, sua luce. Il cieco uno che non mai venuto alla luce. ancora come un non-nato, sepolto nelle tenebre. Per lui la realt non ha ancora il proprio senso. mendicante. Chi dice: Sono ricco, mi sono arricchito, non ho bisogno di nulla, non sa di essere un infelice, miserabile, povero, cieco e nudo. bene che si procuri il collirio per ungere gli occhi e recuperare la vista (Ap 3,17 s)!

Il mendicante uno che di professione chiede ci che vuole. simile al bambino, che vive di ci che riceve. Rappresenta la situazione creaturale e filiale accettata. La parola greca indica, pi che la povert, la sua qualit di uno che desidera, brama, chiede, domanda. lunica qualit positiva del discepolo. Si pu infatti commettere per orgoglio la stupidit di non chiedere ci di cui si ha bisogno. sedeva. Invece di camminare, siede, immobilizzato dalla sua cecit. Non vedendo, non sa dove andare. al lato del cammino. Non cammina sulla via dei maestro: sta ai bordi. v. 47 udito che Ges. Il cieco pu udire e parlare. Lorecchio e la lingua fu gi guarita dalla parola potente (7,3 1 ss; 9,14 ss). La fede viene dallascolto (Rm 10,17), principio della visione, che ne il compimento (1Cor 13,12). il Nazareno. lunica volta che il redattore d questo appellativo a Ges (cf 1,24; 14,67; 16,6). Sottolinea la realt storica di Ges - i suoi trentanni di Nazaret, lo scandalo che la potenza e la sapienza di Dio si rivelino nella debolezza della sua carne (cf 6,1 ss). cominci a gridare. il grido, forma fondamentale di preghiera, esprime sofferenza e disagio. C un grido che si alza dallabisso (Sal 130) e un altro che si leva dalla terra di schiavit (Es 2,23 s). Ci sar infine il grido di Ges dallalto della croce (15,37). Dio non pu non udirlo, come una madre quello del figlio. Il nostro diritto per rivolgerci al Signore non lapice della nostra bravura religiosa, ma labisso della nostra miseria - perch siamo suoi figli, e lui il Padre delle misericordie (2Cor 1,3). La forza di questo grido far cadere il muro della cecit. Figlio di David. Cos sar subito dopo acclamato (11,10). Ges il messia, promesso a Davide come suo discendente (2Sam 7), colui che porta la regalit del Signore, che aiuta i poveri e d la vista al ciechi (Sal 146,8). Tra poco mostrer la sua gloria, che la stessa di Dio. Ora ci d gli occhi per vederla. Ges. Significa JHWH salva. il nome di Dio tra gli uomini. Pronunciarlo ci salva (Rm 10,13; At 2,21). Non magia. Chiamare per nome una persona vuol dire conoscerla ed amarla; e la nostra salvezza conoscere e amare Dio. Ges il Dio che ci venuto incontro. In nessun altro c salvezza; non vi infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo, nel quale stabilito che possiamo essere salvati (At 4,12). Noi siamo seduti nellabisso di Gerico - inferno delle nostre solitudini - presi dagli interessi, venduti al peccato, appiccicati al nostro io, timorosi della vita e della morte. Linvocazione del suo nome la medicina che ci libera e ci fa suoi discepoli. antichissima nella Chiesa la preghiera del Nome di Ges Signore, usando il grido del cieco, abbinato a quello del pubblicano di Lc 18,13. In lui il Padre ci concede tutto e non ci nega nulla (Rm 8,32; Gv 14,13 s; 15,16). Lui infatti solo Amen, il s totale di Dio alluomo come suo figlio e il s del Figlio al Padre (2Cor 1,19 s), in cui tutte le promesse sono compiute. Attraverso lui sale a Dio il nostro amen e scende a noi ogni benedizione. abbi piet. La misericordia lessenza di Dio. Egli non misericordioso: misericordia - amore che si riversa necessariamente su tutti i suoi figli, non in proporzione al merito, ma al bisogno. Misericordia in ebraico si dice hesed e rahamin, due parole che indicano la fedelt sicura e operosa di un amore viscerale, materno, uterino. Ges rivela questo Dio proprio perch mi ha amato e ha dato se stesso per me (Gal 2,20), primo tra i peccatori (1Tm 1,15).

di me. Io in persona sono loggetto di tutto lamore del Padre in Ges. Lamore infatti non si divide per il numero dei figli, ma tutto intero per ciascuno. v. 48 lo sgridavano, perch tacesse. Probabilmente a sgridarlo sono gli stessi apostoli, infastiditi dal suo grido, mentre stavano discutendo su cose importanti - a chi i primi posti? Molte voci cercano di soffocare in noi questo grido che si alza nella notte. La voce che pi ci vuol far desistere quella della nostra sfiducia. ma egli molto di pi gridava. il modo giusto di reagire alla tentazione di tacere. Il suo grido lacera le tenebre, superando ogni scoraggiamento. abbi piet di me. lunica preghiera ripetuta due volte. Due il principio di molti. Questa preghiera, che va sempre ripetuta, quella dellumile, che squarcia il cielo e va oltre le nubi (Sir 35,17). Questa invocazione come il respiro e il battito del cuore, che non possono mai cessare. v. 49 fermatosi, Ges. Il Signore non pu non fermarsi a questo grido. Una mamma, anche se ne ode volentieri la voce, pu non ascoltare le richieste del figlio, soprattutto se sono stupide o nocive. Ma non pu non accorrere quando grida. Chiamatelo. La chiamata a Ges avviene attraverso la parola di altri. Ma chi ci chiama sempre lui, presente nella sua parola. chiamano il cieco. Gli apostoli, i veri ciechi, hanno lincarico di chiamarlo. Saranno chiamati anche loro, quando capiranno di essere come lui. Finch credono di vederci, il loro peccato rimane (Gv 9,41). comunque consolante che la chiamata del Signore operi efficacemente al di l delle qualit personali dellapostolo. Coraggio. quello che manca al discepoli, che non riconoscono il fatto dei pani (6,50). Sinonimo di fede, il contrario della paura (4,40; 5,36). svegliati. Svegliati, o tu che dormi, destati dal morti, e Cristo ti illuminer, dice un antico inno battesimale (Ef 5,14). La luce di Cristo il suo Spirito, il suo amore per noi. Effuso sulla croce, d la vista anche al centurione, che vede la Gloria (15,39). Ricevuto nel battesimo, si desta in noi per linvocazione del nome di Ges. v. 50 gettato il suo mantello. Il mantello tutto per lui. Vestito, coperta, materasso e casa, la sua unica sicurezza. Per questo bisogna restituirlo al povero che lha dato in pegno prima del tramonto del sole, perch egli possa dormire con il suo mantello e benedirti (Dt 24,12). Questo povero getta via ogni sua sicurezza, senza esserne richiesto; e va da Ges, a differenza del giovane ricco, che ne fu richiesto e si allontan triste. balz in piedi. Prima era seduto. e venne da Ges. Gettato via il mantello, va da Ges. Che il suo mantello sia la cecit che lo avvolge e immobilizza? v. 51 Cosa vuoi che io faccia per te ? la stessa domanda rivolta a Giacomo e Giovanni (v. 36). la domanda decisiva del vangelo. Solo se sono cieco, e so di esserlo, so cosa voglio, e glielo chiedo.

Rabbuni. forma enfatica di rabbi e significa mio maestro. Ges non solo il maestro che insegna per mestiere a tutti. il mio maestro. che io veda. Finalmente Ges ode la domanda che da sempre aspetta. Vedere il Signore la vita delluomo. Nato per questo, sempre inquieto finch non contempla il Volto. Ges in croce squarcer il velo del tempio e riveler pienamente Dio sulla terra. La parola greca anablpo significa guardare in alto o vederci di nuovo. La fede un guardare in alto lui, appeso in croce per me. L io vedo ci che mai avevo visto, perch la menzogna antica me laveva nascosto dal principio: il suo amore per me. L ottengo la sublimit della conoscenza di Ges, mio Signore (Fil 3,8). v. 52 la tua fede ti ha salvato. In 5,34 la stessa espressione rivolta alla donna che lo ha toccato. La comunione con lui e la visione del suo amore la liberazione da ogni male e la pienezza di ogni bene. La fede che salva vedere lui. vide. Vede il Figlio di David che gli sta davanti e gli usa misericordia; vede il Regno che gi venuto e aspetta che qualcuno desideri entrarci. e lo seguiva. Il primo miracolo termin con la suocera di Pietro che serviva (1,31). Lultimo chiude il cerchio, terminando con il cieco che segue colui che sale a Gerusalemme, per servire e dare la sua vita in riscatto per molti (v. 45). nel cammino. la via che va dalla morte alla vita, contraria a quella di ogni uomo, che va dalla vita alla morte. 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo, immedesimandomi nel cieco seduto fuori strada mentre Ges passa. 3. Chiedo a Ges e ripeto con desiderio ci che voglio: Ges, abbi piet di me, che io veda. 4. Traendone frutto, immedesimato nel cieco, ascolto le persone: chi sono, che dicono, che fanno. Cosa vedo? Da notare: Gerico gettare via il mantello cieco cosa vuoi che io ti faccia? mendicante Rabbuni, che lo veda sedeva la tua fede ti ha salvato al lato della strada vedere, seguire, cammino udito gridava Ges, abbi misericordia di me chiamatelo 4. Passi utili: Ger 31,7-9; Sal 34; 126; Is 42,1-7; Sir 35,12-18; Gv 8,12; Ef 5,14.

57. IL SIGNORE NE HA BISOGNO


(11,1-11)
111 E, come si avvicinano a Gerusalemme, a Betfage e Betania verso il monte degli Ulivi, invia due dei suoi discepoli e dice loro: 2 Andate nel villaggio di fronte a voi, e subito, entrando in esso, troverete un asinello legato, sul quale nessun uomo mai si seduto; slegatelo e portatelo. 3 E se qualcuno vi dica: Perch fate questo? dite: Il Signore ne ha bisogno, e lo invia qui subito. 4 E andarono e trovarono lasinello, legato davanti alla porta fuori sul bivio, e lo slegano. 5 E alcuni di quelli che stavano l dicevano loro: Che fate, slegando lasinello? 6 Ed essi dissero loro come disse Ges, li lasciarono. 7 E portano lasinello da Ges, e gli gettano su i loro mantelli, e sedette sopra di esso. 8 E molti stesero i loro mantelli sul cammino. e altri fronde tagliate dai campi. 9 E quelli che precedevano e quelli che seguivano gridavano: Hosann! 10 Benedetto Colui che viene nel nome del Signore, Benedetto il regno che viene del padre nostro David. Hosann negli altissimi! 11 Ed entr in Gerusalemme nel tempio, e, guardata intorno ogni cosa,

essendo gi lora tarda, usc a Betania con i Dodici. 1. Messaggio nel contesto Il Signore ne ha bisogno, dice Ges ai discepoli dellasinello. lunica volta che chiama se stesso il Signore, ed lunica cosa di cui ha bisogno. Inizia con questo racconto il primo dei sei giorni a Gerusalemme. Ha appena guarito locchio. Ora fa la luce, principio della creazione. il suo amore umile e servizievole - raffigurato nellasinello - origine del mondo nuovo. Questo episodio sintetizza quanto ha fatto finora e far in seguito, illuminando il suo modo di realizzare il Regno. Ci si aspettava che il Signore venisse con gloria e potenza, prendendo il dominio su tutto. Ed effettivamente viene; ma la sua gloria lumilt, la sua potenza lamore, il suo dominio il servizio. Non viene con il cavallo, come il re che tiene il potere. Non viene con il carro da guerra, come chi desidera conquistarlo. Umile, cavalca un asino, un puledro figlio dasina (Zc 9,9). Le caratteristiche dellasinello, vero protagonista del racconto, sono le stesse del suo messianismo: egli il primo in quanto ultimo e servo (9,35), che d la vita in riscatto per tutti (10,45). Il suo titolo regale apparir chiaramente sulla croce (15,26), e proprio nella sua morte si capir chi il Signore (15,39). Il somaro, che porta la soma degli altri, immagine di Ges, che per primo ha fatto ci che ci ha lasciato come legge. Portate i pesi gli uni degli altri, cos adempirete la legge di Cristo, dice Paolo (Gal 6,2). Questo essere schiavi per amore la vera libert (Gal 5,13s), compimento della legge, realizzazione in terra del regno dei cieli. Su questasinello nessuno mai salito; e nessuno desidera salire. Inoltre legato. Ges. che per primo vi salito, venuto a liberarlo, a slegarlo. Infatti la capacit di servire la nostra somiglianza con Dio. Legata in tutti, il Signore venuto a slegarla. Il cristianesimo non una nuova religione, che lega o ri-lega luomo con leggi vecchie o nuove. la libert di amare, ossia di servire e appartenere allaltro. Questo racconto ci apre lintelligenza per discernere il Regno. Viene e verr come venuto. La fine dei tempo sar quando questa sua venuta umile sar accolta da tutti. Lui non ha altro modo di venire, presente e futuro, di quello con il quale presentato in questa salita a Gerusalemme. Noi siamo ciechi davanti al figlio di David. Come Giacomo, Giovanni e gli altri, desideriamo la gloria mondana, non quella di Dio. Questo brano narra il fatto due volte, prima preannunciandolo e poi riferendolo (cf anche 14,12ss). Ci che Ges ha detto e fatto per noi profezia di ci che accade e accadr sempre. Oltre la presa di potere della sua citt, il racconto ci presenta lingresso della Gloria nel suo tempio. Questa visita del Signore fu gi proclamata fin dallinizio dal Battista, il messaggero mandato davanti al suo volto a preparare la via (1,2 = Ml 3,1). Ma ora che entra nel suo tempio, chi sopporter la sua venuta, chi resister al suo apparire (MI 3,l)? Ges il re che libera, il Signore che d la vita. re in quanto servo per ci che fa per noi; Signore in quanto schiavo per ci che si fa per noi. Il suo regno in terra viene nellessere servi e schiavi gli uni degli altri per amore. Il discepolo ha gli occhi guariti per vedere il mistero del suo re e Signore, che si riveler pienamente sulla croce. Per questo getta ogni falsa sicurezza, investendo tutto nel servizio. Liberatosi del mantello come il cieco, ne riveste lasinello.

2. Lettura del testo v. 1 si avvicinano a Gerusalemme. Appare allorizzonte la citt santa, termine del pellegrinaggio di Ges, che ha appena detto: Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio delluomo sar consegnato, ecc. (10,33). Betfage. Significa casa dei fichi. Ma il Signore non trover che foglie e rester con la sua fame. Qui i pellegrini si purificavano per entrare nella citt santa. Qui anche Ges ci purifica da ogni nostra falsa attesa su di lui. Betania. Significa casa del povero. Sar lultima abitazione di Ges, il povero su cui sar effuso il profumo (14,3 ss). Ceder il posto alla stanza superiore, dove effonder se stesso (14,12 ss). verso il monte degli Ulivi. Posto a oriente della citt, da l si attendeva il messia. Da questo monte Ezechiele vide tornare la gloria che da l era fuggita (Ez 43,1 s; 11,23). Su questo monte si compir la Scrittura: il Figlio delluomo sar preso dagli uomini (14,49); e da l torner presso il Padre (At 1,22). invia due dei suoi discepoli (cf 6,7). I due sono inviati come il Battista a preparare la via del Signore che viene (1,2). v. 2 troverete. una profezia. I discepoli, ovunque andranno, troveranno sempre con sorpresa lasinello. Ges lo prevede, come conosce il proprio destino a Gerusalemme. E predispone tutto. un asinello. Per s in greco c puledro. Sappiamo che un asinello dalla citazione implicita di Zc 9,9, che contrappone lasinello al cavallo e al carro. Il primo lumile animale che serve, il secondo e il terzo sono rispettivamente la cavalcatura di chi si serve o di chi vuol farsi servire dagli altri. Il messia sarebbe arrivato con lasinello, che raffigura la capacit di servire, ossia di amare. legato. Ma legato ovunque a causa del peccato, che appunto lincapacit di amare. Questo asinello richiama le parole di Giacobbe su Giuda, da cui sarebbe uscito il re: Egli lega alla vite il suo asinello, e a scelta vite il figlio della sua asina. Ora lo scioglie, perch lava nel vino la veste e nel sangue delluva il manto (Gn 49,11). sul quale nessun uomo mai si seduto. Nessuno mai ha cavalcato questo messianismo umile e debole prima di lui. E, dietro lui, nessuno lo desidera, neanche Pietro (cf 8,32 s). Tutti sogniamo un messia forte e potente. slegatelo. il comando di Ges ai suoi discepoli. La loro missione la sua stessa: slegare la capacit di servire. Questo infatti il suo mandato, quello nuovo: che vi amiate gli uni gli altri, come lo vi ho amato (Gv 13,34). e portatelo. Su di esso Ges va a Gerusalemme: il re viene nel suo regno, Dio nelluomo. Colui che deve venire pu venire solo con lasinello, perch Dio, e non uomo. v. 3 Perch fate questo? Il perch di questa scelta sfugge a tutti, discepoli compresi. Il Signore ne ha bisogno. Lunica spiegazione la fede nella parola di Ges, che cos ha fatto e detto. lunica volta che designa se stesso come il Signore. Infatti sar riconosciuto come Dio, e Dio stesso

sar riconosciuto come tale, solo dallalto della croce, dove consumer il suo servizio (15,39). Il graffito che rappresenta Alexamenos che adora un uomo crocifisso dalla testa dasino proprio blasfemo? Oppure bestemmia chi vuole far scendere il Salvatore dalla croce (15,29 s)? Questasinello lunica cosa di cui il Signore abbia bisogno per mostrarsi tale. Tra poco avr anche fame. Dio infatti amore, e ha bisogno di essere amato. Il regno il suo amore corrisposto dal nostro. Ma lamore non pu essere proposto con il cavallo o con il carro, con lorgoglio o con la violenza. Combinare amore e orgoglio, incrociare asino e cavallo; si ottiene un mulo, che sterile e senza intelletto (Sal 32,9) come il nostro ministero non fatto in debolezza. Combinare poi amore e violenza incrociare asino e carro armato; si ottiene un mostro apocalittico, che ha solo il linguaggio e lapparenza dellagnello - come le nostre crociate a fin di bene. lo invia qui subito. Egli usa per primo questo asinello, e poi lo mette per sempre a nostra disposizione inviandolo, come i due discepoli (v. 1). v. 4 andarono e trovarono lasinello legato. Legato da sempre, i discepoli, inviati a due a due, avranno la gioia di trovarlo ovunque nel loro cammino. e lo slegano. Sono inviati a fare questo. Notare quante volte esce la parola legare e slegare! v. 5 Che fate, slegando lasinello? La domanda esprime incomprensione e perplessit. Cosa pretendi di fare, liberando la capacit di servire? Credi forse di cambiare il mondo? Non vedi che ci perdi, anzi ti perdi, e tutto resta come prima? v. 6 dissero loro come disse Ges. La risposta non viene dal nostro buon senso. Se stesse in noi, faremmo ben altro! Facciamo cos solo per obbedienza a quanto ha detto Ges, il Signore (v. 3). li lasciarono. Nessuno ci contende questo tipo di messianismo. Se litighiamo, non certo per servire (cf 9,33 ss; 10,41 ss). Se uno vuol servire, tutti lo lasciano. Peggio per lui! stupido, pensano i furbi e i potenti. Al massimo lo derideranno e perseguiteranno. Ogni cattiveria infatti ricade sempre su chi sta sotto. Ma la stupidit e la debolezza di Dio pi sapiente e pi forte degli uomini (1Cor 1,25). v. 7 E portano lasinello da Ges. I due fin dal principio del mondo si cercano. Ora finalmente si incontrano! Come si saranno guardati? gettano su i loro mantelli. Come il cieco, anche i discepoli ora si liberano del mantello. Investono ci che hanno gettandolo sullasinello. e sedette sopra di esso. Dallalto dellasinello viene il Regno promesso e appare il Signore nella sua gloria. v. 8 molti stesero i loro mantelli sul cammino. Tutto il cammino del Re che viene un tappeto di sicurezze buttate via e gettate nel servizio umile. fronde tagliate. Gli alberi della foresta si rallegrano davanti al Signore che viene (Sal 96,12, s; cf Sal 118,27b). Invece di restare sterili, come i rami del fico (v. 13), queste fronde portano Ges, frutto pieno della terra e della benedizione di Dio (Sal 67,7).

v. 9 quelli che precedevano e quelli che seguivano. Quelli che seguono, al momento decisivo fuggiranno tutti (14,50); quelli che precedono saranno gli stessi che grideranno crocifiggilo (15,13 s). proprio impossibile a tutti seguirlo in questo cammino (10,27)! Hosann. unacclamazione di gioia per la certezza dellaiuto di Dio. Originariamente significa: Deh, salvaci!. La salvezza che chiedono arriva. Ma la rifiuteranno, perch non viene con il cavallo e il carro, come sperano. Per questo, anche se la invocano, non la riconosceranno, e lhosann si tramuter in crocifiggilo!. v. 10 Benedetto Colui che viene nel nome del Signore (Sal 118,26 s). Colui che deve venire viene in povert e umilt, perch viene nel nome del Signore. Sia benedetto lui, che porta ogni benedizione! Chi viene diversamente, viene nel proprio nome. E sia maledetto, perch porta con s ogni male - anche a fin di bene. Chi si vergogna di incedere sullumile cavalcatura di Cristo, vilipende il Signore, che volle incedere su un asino (Gioacchino da Fiore). il regno che viene. Cos, e non diversamente, viene il Regno: comincia sullasinello e si compie tra sei giorni sul trono della croce. L sar scritto a piene lettere il suo titolo regale (15,26) e sar proclamata la sua divinit (15,39). Ma gi qui sullasino re e Signore. del padre nostro David. Questo il messia di Israele, il re promesso come successore a David (2Sam 7,11 ss). v. 11 entr in Gerusalemme, nel tempio. Il termine del suo cammino nella citt santa ci per cui santa: il tempio. Gi fin dallinizio dei vangelo si prepara questo ingresso del Signore nel suo tempio (1,2 = Ml 3,1 ss). guardata intorno ogni cosa. Nulla sfugge al suo sguardo circolare (cf 3,5). Cosa vede nel luogo dove dovrebbe stare la Gloria? essendo gi lora tarda. La notte scende sul tempio. La Gloria esce. Nelle altre due ore tarde si consegner a noi (14,17) ed entrer nel sepolcro ( 1 5,42). 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo, immaginando la via da Betania alla citt santa e Ges che, cavalcando lasinello, attraverso il monte degli Ulivi, giunge in Gerusalemme. 3. Chiedo a Ges ci che voglio: comprendere la lezione dellasinello, mistero del suo servizio in povert e umilt. 4. Traendone frutto, vedo, ascolto e osservo le persone: chi sono, che dicono, che fanno. Da notare: asinello legato nessun uomo mai si seduto slegatelo portatelo perch fate questo? il Signore ne ha bisogno gettarono i loro mantelli sedette su di esso Benedetto colui che viene nel nome del Signore il Regno che viene

4. Passi utili: Gdc 9,7-15; 1Sam 8; 2Sam 7,11; Zc 9,9 s; Sal 96; 98; 118; 2Cor 8,9.

58. NESSUNO PI IN ETERNO MANGI FRUTTO DA TE


(11,12-14)
12

E il giorno dopo, uscendo essi da Betania, ebbe fame. 13 E, vedendo da lontano un fico che aveva foglie, venne (a vedere) se dunque vi trova qualcosa; e, venutovi, trov nientaltro che foglie. Non era infatti il tempo di fichi. 14 E rispondendo gli disse: Nessuno pi in eterno mangi frutto da te! E udirono i suoi discepoli. 1. Messaggio nel contesto Nessuno pi in eterno mangi frutto da te, dice Ges rivolgendosi al fico. Esso, come la vigna, unimmagine del popolo che Dio si coltivato, perch produca frutti a lui graditi. La sua dolcezza paragonata alla legge, che si sintetizza nellamore di Dio e del prossimo (12,28 ss). Di questo il Signore ha fame e si diletta sommamente. Ma alla sua venuta (cf lepisodio seguente) trova solo foglie: tanta apparenza e nessuna sostanza. Il fico aveva lattenuante che non era ancora la sua stagione. Ma per noi non c scusa alcuna. Il tempo finito (1,15), disse Ges. Finita lattesa, ora di fare frutti. Il Regno gi venuto. Siamo ormai chiamati a riconoscere la visita del Signore. La sua venuta ha bisogno dellasinello, la capacit di servire e amare. Questa la sua fame. Ma non trova cibo da parte nostra. Al di l del fogliame, di cui, da Adamo in poi, siamo abili produttori e consumatori, non trova un fico secco. Davanti al Ges povero e umile, si scopre la sterilit di chi non lo accoglie cos com. utile notare che il Signore non se la prende con il popolo. Ne fa le spese questo fico, che non centra. In realt questalbero, che porta su di s la maledizione nostra, immagine della croce. Da essa pender il dolce frutto, nel quale la nostra sterilit diventa feconda. Il Crocifisso infatti il s pieno di Dio alluomo, e delluomo a Dio. Luogo dincontro e di comunione tra i due, il nuovo tempio. Lepisodio del fico senza frutti, che lascia cadere le foglie, incornicia quello del tempio, che sar distrutto. Il vecchio tempio, fatto da mani duomo, lascer il posto a uno nuovo, non fatto da mani duomo (14,58), che sar casa di preghiera per tutte le genti. Ges il Signore. La sua venuta debole il suo giudizio sul fico e sul tempio, cio sul popolo e sulla sua immagine di Dio. Ma la condanna ricade sul fico, ossia sul legno della croce; e il tempio distrutto sar il suo corpo dato per noi. Questo il suo giudizio: unofferta incondizionata di salvezza, appello definitivo alla conversione.

Discepolo colui che d il frutto di cui il Signore ha fame: accetta il suo amore povero e umile, e ne vive. 2. Lettura del testo v. 12 il giorno dopo. Da qui in avanti Marco segna nettamente i sei giorni della nuova creazione, che culminano sulla croce. Betania. Significa casa del povero. Qui vediamo la povert di Dio, che ha fame; e la povert nostra, che non abbiamo nulla da dargli. ebbe fame. La fame dellamore essere amato. Di questa fame morir il Signore. v. 13 vedendo da lontano. Ges vede da lontano il fico, come le donne staranno a guardare da lontano lalbero della croce (15,40). Anche Pietro lo seguir da lontano (14,54). un fico. Losservanza della legge gradita a Dio come la dolcezza del fico al palato. Albero domestico della terra promessa, il primo e lultimo che produce frutti, direttamente dai rami e senza fiori - come la croce! Il fico figura del popolo della legge, di cui Dio si compiace, e della legge stessa, nella quale chi cerca trova sempre frutto. che aveva foglie. Allinizio della primavera, in marzo, quando sono spuntate le foglie, il fico d i primi frutti. I secondi, pi abbondanti, sono alla fine dellestate. In Galilea pu dar frutti per dieci mesi allanno, e, anche gli altri due, si pu sempre trovare in esso qualcosa. Non trovare un fico secco significa trovare proprio niente. Le sue foglie hanno una lunga ascendenza biblica. Indicano tutto ci che luomo fa per coprire la sua nudit, la propria insufficienza non accettata (Gn 3,7). venne (a vedere) se vi trova qualcosa. Dio ha sempre mandato nella sua vigna i suoi servi, i profeti, per vedere se dava i frutti sperati. Ora viene lui stesso. la svolta decisiva nella storia della salvezza, il giudizio (cf la parabola dei vignaioli, 12,1-12). trov nientaltro che foglie. Dalla sua prima visita nel giardino alla sua ultima nella terra promessa, Dio non trov mai i frutti sperati. Luomo fin dallorigine nel peccato, incapace di amare Dio e il prossimo. Ha solo foglie, dietro le quali si nasconde per vergogna di s e paura dellaltro. non era il tempo di fichi. Ges compie questo contro-miracolo appositamente fuori stagione per farci capire che il presente sempre il momento di far frutto. Oggi il giorno del Signore, e dobbiamo affrettarci finch dura questo giorno (cf Eb 3,13; 4,11). Con la sua venuta tra noi, non vale pi la solita scusa: non questo il momento, bisogna aspettare tempi migliori! Non c pi da attendere, perch il Signore qui, e il suo regno gi venuto; bisogna solo convertirsi per potervi entrare. v. 14 Nessuno pi in eterno mangi frutto da te. Non ci sar alcun frutto, se non ci si converte al Signore povero e umile. La maledizione della nostra sterilit ricade su una pianta innocente. La croce sar lalbero sul quale si abbatte il nostro male, e Ges stesso porter ogni maledizione - come sta scritto: Maledetto chi pende da legno (Dt 21,23; Gal 3,13).

udirono i suoi discepoli. Infatti la lezione impartita a loro, non al fico. Inoltre lannotazione serve per riprendere la scena il giorno seguente (v. 20), dopo la visita al tempio che, inclusa nella vicenda del fico, trova cos la sua cornice interpretativa. 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo, immaginando la via da Betania a Gerusalemme, al cui bordi Ges vede il fico. 3. Chiedo ci che voglio: costatare la mia sterilit, la mia incapacit a soddisfare la fame del Signore. 4. Traendone frutto, vedo, ascolto e osservo le persone: chi sono, che dicono, che fanno. Il fico rappresenta tutti gli uomini che, da Adamo in poi, non hanno risposto alla fame di Dio, nascondendo dietro le sue foglie la loro sterilit. Da notare: la fame del Signore le foglie del fico, senza frutti la maledizione del fico

4. Passi utili: Mic 7,1-7; Sal 14; Lc 13,6-9; Mc 12,1-12.

59. LA MIA CASA SAR CHIAMATA CASA DI PREGHIERA PER TUTTE LE GENTI. MA VOI NE AVETE FATTO UNA SPELONCA DI LADRI
(11,15-19)
15

E vengono a Gerusalemme. E, entrato nel tempio, cominci a scacciare quelli che vendono e comprano nel tempio, e rovesci le tavole dei cambiavalute e le sedie dei venditori di colombe, 16 e non lasciava che alcuno trasportasse qualcosa attraverso il tempio. 17 E insegnava e diceva loro: Non sta scritto: la mia casa sar chiamata casa di preghiera per tutte le genti? Ma voi ne avete fatto una spelonca di ladri! 18 E udirono i sommi sacerdoti e gli scribi,

e cercavano di rovinarlo; avevano infatti paura di lui, poich tutta la folla era colpita dal suo insegnamento. 19 E, quando fu sera, uscivano fuori dalla citt. 1. Messaggio nel contesto La mia casa sar chiamata casa di preghiera per tutte le genti. Ma voi ne avete fatto una spelonca di ladri. Queste parole di Ges indicano rispettivamente ci per cui fatto il tempio e ci che noi ne facciamo, dando al suo gesto di purificazione il significato di annuncio della passione. La scena inclusa tra la maledizione del fico e listruzione sulla preghiera e la fede. Come il fico, il tempio non produce frutto, perch non pi il luogo della fede e della preghiera. La venuta del Signore ne evidenzia la sterilit e compie il giudizio. Presso tutti i popoli il tempio santo, cio separato dal resto, che ad esso si ordina. il luogo del culto e della legge, il fulcro di tutta la vita religiosa e civile, il centro dello spazio e del tempo. La sua distruzione la rottura dellasse attorno al quale tutto ruota: la fine del mondo. Con Ges crocifisso finisce il mondo vecchio e nasce quello nuovo, in cui non c pi il tempio, perch il Signore Dio, lOnnipotente, e lAgnello sono il suo tempio (Ap 21,22); cessa la funzione del tempio, separato dal pro-fano, perch tutto diventa dimora di Dio. Il vecchio mondo cercava di avere Dio al proprio centro, senza riuscirci per la sua empiet. Nel nuovo mondo Dio stesso ha posto al proprio centro luomo, mettendosi con la sua croce nel cuore di ogni empiet. Fin dallinizio il racconto di Marco punta su questa visita del Signore al tempio, parlando del messaggero che ne prepara la strada (1,2 = Ml 3,1 ss). La distruzione del tempio sar capo di accusa nel suo processo (14,58) e motivo di irrisione ai piedi della croce (15,29). Eppure proprio alla sua morte si squarcer il velo del santo dei santi e il centurione prototipo di tutte le genti - riconoscer la Gloria (15,38 s). Ges il nuovo tempio, il mondo nuovo, luomo nuovo. In lui abita corporalmente tutta la pienezza della divinit (Col 2,9). Con lui entriamo in comunione con Dio, nostra vita. In lui Dio ci benedice e la nostra terra d il suo frutto (Sal 67,7). Il discepolo, aderendo a lui, diventa pietra viva per la costruzione di un edificio spirituale (1Pt 2,5). Ogni battezzato forma con lui un solo corpo, senza distinzione tra giudei e pagani, perch ha il suo stesso Spirito (1Cor 12.13). Incorporato in lui per il battesimo, ognuno di noi diventa tempio di Dio. Egli infatti luomo nascosto del cuore (1Pt 3,4), luomo interiore che per la fede abita nei nostri cuori. In lui gustiamo tutta lampiezza, la lunghezza, laltezza e la profondit dellamore di Dio per noi, e siano ricolmi di tutta la sua pienezza (Cf Ef 3,16-19). 2. Lettura del testo v. 15 vengono a Gerusalemme. Ges trascorrer in Gerusalemme lultima settimana, passando il giorno in citt e la notte fuori, in Betania o sul monte degli Ulivi. entrato nel tempio. Era gi entrato il giorno prima, guardando intorno ogni cosa (v. 11). In esso si attendeva la venuta del Signore, immediatamente preceduta dal suo messaggero (Ml 3,1 ss). Il

messaggero fu il Battista (1,2); Ges il Signore, che viene per il giudizio e la salvezza definitiva. La scena si svolge nellatrio, che con i suoi 475x300 metri, era il luogo pi adatto al commercio. cominci a scacciare quelli che vendono e comprano nel tempio. Cera tutto un mercato attorno al tempio, autorizzato dai sacerdoti con grossi vantaggi. Oltre che del culto, era anche centro di potere politico ed economico. Ma Ges il messia che viene con lasinello e vince con la povert, lumiliazione e lumilt. Scaccia dal tempio i commercianti, come aveva scacciato dagli ossessi i demoni. La purificazione del tempio, che qui inizia, figura della purificazione della nostra immagine di Dio, inquinata dalla proiezione dei nostri deliri. Il nostro senso religioso, che pur presenta unistanza buona di apertura al trascendente, se non purificato dalla carne (= debolezza) di Ges, il peggior nemico della fede cristiana: produce una religiosit pi o meno arrogante e potente che la principale causa dellateismo (Cf Is 52,5; Rm 2,24). Oltre a quello materiale, nel tempio c anche un altro commercio, spirituale. quello della religiosit naturale quando, con la moneta sonante delle prestazioni, intende comperare la grazia di Dio. un male gravissimo, figlio diretto del grande peccato, che, dipingendo un Dio cattivo, induce a placarlo e ottenerne le grazie dietro pagamento, come fosse una prostituta. il peccato del giusto, che va direttamente contro lessenza di Dio che amore gratuito. Il discorso pi duro contro di lui proprio quello di dire: Che vantaggio abbiamo ricevuto dallaver osservato i suoi comandamenti? (Ml 3,13s). cambiavalute. Per lofferta al tempio, i pellegrini dovevano cambiare il denaro greco o romano, che era impuro, nel corrispondente giudaico. Questesigenza di purit legale diventava ottima occasione di sporchi guadagni nel cambio. venditori di colombe. Le colombe sono lofferta dei poveri. Era dovuta dalla donna dopo il parto e per la guarigione da varie malattie impure (Lv 12,8; 14,22; 15,14-29). facile deteriorare la religione a piccolo commercio, che pu giovare alle opere nostre, ma certamente non a Dio e alla sua buona immagine. v. 16 non lasciava che alcuno trasportasse qualcosa attraverso il tempio. Latrio del tempio, cos vasto, era attraversato da chi doveva portare qualcosa dallaltra parte, senza doverne fare il giro. Quante volte la nostra religiosit non fa di Dio la scorciatoia per raggiungere i nostri obiettivi? C una manipolazione irrispettosa di Dio. Invece di amare e servire lui, ci serviamo di lui per conseguire i nostri amori, piccoli o grandi. Ma la sua presenza non il talismano automatico della salvezza (cf 1Re 9,4-9). Con Ges, vero volto di Dio, il tempio cessa di fare da copertura al male delluomo: verr distrutto (c. 13), come limmagine negativa che in esso si annida. v. 17 casa di preghiera. La preghiera la comunione con Dio, salvezza delluomo. Questo il vero senso del tempio, che sar la carne di Ges, piena comunione tra Dio e luomo. per tutte le genti. Genti significa pagani. Dio vuol entrare in comunione con tutti, perch tutti sono suoi figli. Gi Is 56,7, qui citato, aveva previsto questo tempio. ne avete fatto una spelonca di ladri. utile leggere Ger 7,1-14, da cui presa la citazione. Vi si minaccia la distruzione del tempio. Dio non avalla le nostre malefatte. Perdona senza limiti il peccatore e non si fa suo giudice; ma neanche pu farsi suo complice nel peccato. Il tempio o casa di preghiera o spelonca di ladri.

Ges denuncia chi guida o tollera questo traffico. il rimprovero pi forte che abbia rivolto al giudaismo dellepoca. Ma il tempio immagine della Chiesa, depositaria della stessa promessa, ma anche incline alla stessa infedelt. Tutto ci che accaduto a Israele infatti come un esempio, scritto per ammonimento nostro (1Cor 10,11): Perci temi. Se infatti Dio non ha risparmiato i rami naturali, tanto meno risparmier te, dice Paolo alla comunit di Roma (Rm 11,20 s). v. 18 i sommi sacerdoti e gli scribi cercavano di rovinarlo. Questo suo gesto di purificazione ha come risposta la sua condanna. I suoi nemici, scavandogli la fossa, gettano le fondamenta per il nuovo tempio. avevano paura di lui. Avvertono come minaccia il favore del popolo, di cui gode. Ma durer poche ore (cf 15,11). tutta la folla era colpita dal suo insegnamento. Come in Galilea, allinizio, la gente lo ascolta per ora con meraviglia e stupore. v. 19 E, quando fu sera. Sul tempio cala la notte definitiva, come sul corpo di Ges morto e consegnato per noi (15,42; 14,17). uscivano fuori dalla citt. Non ancora giunta la sua ora. 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo, immaginando il cortile del tempio, con tutto il suo traffico. 3. Chiedo ci che voglio: la purificazione del tempio, un rapporto con Dio che sia gratuito, puro dalla contaminazione dei miei interessi. Chiedo di cercare il Signore per il Signore, non per i suoi favori. 4. Traendone frutto, vedo, ascolto e guardo le persone: chi sono, che dicono, che fanno. Da notare: il tempio comprare/vendere trasportare casa di preghiera per tutte le genti spelonca di ladri cercavano di rovinarlo

4. Passi utili: 1Re 9,4-9; Ml 3; Ger 7,1-14; Is 56,1-7; Sap 9; Sal 63; Rm 11,16-24; Col 2,9; 1Pt 2,1-5; Ap 21.

60. ABBIATE FEDE DI DIO


(11,20-26)
20

E, passando via allalba,

videro il fico seccato dalle radici. 21 E Pietro, ricordandosi, gli dice: Rabbi, ecco: il fico che hai maledetto seccato. 22 E, rispondendo, Ges dice loro: Abbiate fede di Dio. 23 Amen, vi dico: Chi dice a questo monte: Togliti e gettati nel mare, e non dubita nel suo cuore, ma crede che ci che dice avviene, gli sar accordato. 24 Per questo vi dico: Tutto quanto pregate e chiedete, credete che lavete ricevuto, e vi sar accordato. 25 E quando state in piedi a pregare, perdonate se avete qualcosa contro qualcuno, perch anche il Padre vostro nei cieli perdoni a voi le vostre cadute. (26) Ma se voi non perdonate neanche il vostro Padre che nei cieli perdoner le vostre cadute. 1. Messaggio nel contesto Abbiate fede di Dio, dice Ges. Il fico stato seccato per istruire i discepoli sulla fede; il tempio stato purificato per diventare casa di preghiera. Alla sterilit del primo, ricco solo di foglie, corrisponde il pullulare di affari nel secondo. Infecondit nel bene e fecondit nel male vanno di pari passo. In questo brano si parla della fede e della preghiera, radice da cui viene il frutto dello Spirito, che essenzialmente amore e perdono. Ges vede la fede di chi viene a lui (2,5), chiede ai discepoli se ce lhanno (4,40) e dice allemorroissa e al cieco: La tua fede ti ha salvato (5,35; 10,52). Lincredulit impedisce la sua azione (6,6), ed guarita dallinvocazione: Aiuta la mia non-fede (9,24). Le sue prime parole sono: Abbiate fede nel vangelo (1,15). A Giairo dice: Non temere, abbi fede (5,36), e al padre del sordomuto: Tutto possibile per chi ha fede (9,23). I discepoli li chiama questi piccoli che hanno fede in me (9,42). Tutte queste parole di Ges illustrano cosa la fede in lui, volto visibile del Dio invisibile. Credere non solo sapere che c un Dio, essere supremo e buono, onnipotente e onnisciente, sovrano e giudice di tutti - c anche per chi non crede! aderire a Ges e alla sua parola, amarlo e seguirlo per essere con lui (1,15-20; 3,14), perch lui il Signore, linterlocutore fondamentale della mia vita. La fede si esprime come preghiera verso lalto e come perdono verso chi ci sta a fianco. La prima ci mette in dialogo col Padre (cf 1,35-38; 6,46; 14,3 ss), il secondo coi fratelli. Non ci pu essere luno senza laltra e viceversa. Ambedue sono appunto possibili in Ges, Figlio di Dio e fratello di tutti. Ges il Signore. La fede in Dio conoscere, amare e seguire lui cos com, non come lo vogliamo noi.

La sua parola accolta con fede ci trasforma, compiendo in ciascuno di noi i miracoli che il vangelo ci racconta. Diversamente restiamo senza frutto come il fico, e il nostro rapporto con Dio rimane un mercato di compravendita, come il tempio. Discepolo colui che ha fede nelluomo Ges, potenza e sapienza di Dio, proprio nella sua debolezza. Chi in comunione con lui, il Figlio donato per noi, unito con il Padre e con i fratelli: prega e perdona. 2. Lettura del testo v. 20 passando via allalba. La luce del sole scopre la nudit dei fico. Vederla gi lalba del terzo giorno. Sar un giorno assai lungo, in cui Ges ci insegner qual il suo potere e qual il nostro fine (11,2013,37). v. 21 Pietro, ricordandosi. Anche al canto del gallo Pietro si ricorder di quanto Ges ha detto il giorno prima (14,72). Allora, ritrovandosi nudo e senza foglie, sar chiamato ad avere fede in lui. v. 22 Abbiate fede di Dio. Ges non chiede fede in qualche idea, bens nel Dio che si rivela in lui povero e umile che finisce in croce. Questa la fede di Dio. Le altre sono delluomo, proiezioni dei suoi desideri. v. 23 Amen. Laffermazione di Ges con autorit divina. Questa parola ha la stessa radice della parola ebraica fede, e indica certezza, fiducia e stabilit. Chi dice a questo monte, ecc. Sembra pi facile spostare i monti nel mare che smuovere i discepoli e immergerli nella sequela di Ges! e non dubita nel suo cuore. Se qualcuno di voi manca di sapienza la domandi a Dio, che dona a tutti generosamente e senza rinfacciare, e gli sar data. La domandi per con fede, senza esitare, perch chi esita somiglia allonda del mare mossa e agitata dal vento; e non pensi di ricevere qualcosa dal Signore un uomo che ha lanimo oscillante e instabile in tutte le sue azioni (Gc 1,5-8). La prima qualit della fede, che la rende tale, la certezza, la stabilit oltre ogni nostro dubbio. Non un presumere in s o in formule magiche, ma un abbandonarsi al Signore e al suo amore per noi. Se non c, si pu e si deve chiederla, come il padre del sordomuto (9,24). Se non otteniamo, quando non chiediamo ci che male (cf Gc 4,3), perch chiediamo male, cio senza fede. v. 24 Tutto quanto pregate e chiedete. Tutto dono di Dio, termine della nostra lode. Quanto siamo e abbiamo oggetto di ringraziamento; quanto ci manca, oggetto di richiesta. Ma alluomo manca sempre lessenziale: il Signore stesso. Ora egli ci si concesso in Ges. Per questo dobbiamo ripetere la preghiera del cieco: Che io veda. Vedere lui la fede che salva. credete che lavete ricevuto, e vi sar accordato. Chi non ha fede inutile che chieda: non ottiene. Chieda tuttavia la fede stessa. vero che Dio vuol donarla a tutti. Va per chiesta, perch ogni dono pu essere fatto solo a chi lo desidera! La preghiera allungare la mano per riceverlo. Dobbiamo credere che ci che chiediamo avviene (v. 23), perch in realt gi avvenuto. Se il Padre ha dato il Figlio per tutti noi, come non ci doner ogni cosa insieme con lui? (Rm 8,32).

La preghiera il respiro stesso della fede. Il nostro rapporto fondamentale con Dio quello di chiedere/ricevere in umilt e fiducia, gioia e riconoscenza amorosa. Questo dialogo con lui la nostra partecipazione alla vita del Figlio. v. 25 perdonate. Chi non perdona al fratello non pu pregare il Padre. Deve per chiedergli di perdonare, domandando perdono di non saper perdonare. perch anche il Padre vostro nei cieli perdoni a voi le vostre cadute. Chi non perdona ai fratelli, non ha lo Spirito del Figlio. Non conosce il Padre: non accetta che lui amore gratuito per tutti i suoi figli. v. 26 Ma se voi non perdonate, ecc. (Mt 6,15; cf Mt 18,21-35). Chi non perdona resta chiuso nel suo peccato. cieco. Ma ora sa cosa chiedere. 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo, immaginando la scena: mattina, sulla strada per Gerusalemme, davanti al fico essiccato, con Ges e i discepoli. 3. Chiedo ci che voglio: aver fede, saper chiedere con fiducia e perdonare. 4. Traendone frutto, vedo, ascolto e osservo le persone: chi sono, che dicono, che fanno. Posso immedesimarmi con il fico secco, figura di chi non ha fede e non sa pregare n perdonare. Da notare: abbiate fede di Dio non dubitare credete che lavete ricevuto perdonate

4. Passi utili: Gn 18,16-33; Sal 27; Lc 11,9-13; Gc 1,5-8; Rm 8,31-39; 2Cor 1,19-22; Mt 6,14s; 18,2135.

61. VI DOMANDER UNA SOLA PAROLA, E RISPONDETEMI


(11,27-33)
27

E vengono di nuovo a Gerusalemme. E, mentre cammina nel tempio, vengono da lui i sommi sacerdoti e gli scribi e gli anziani, 28 e gli dicevano: Con quale potere fai queste cose? O chi ti ha dato questo potere per fare queste cose? 29 Ma Ges disse loro: Vi domander una sola parola, e rispondetemi; e io vi dir con quale potere faccio queste cose.

30

Il battesimo di Giovanni era dal cielo o dagli uomini? Rispondetemi! 31 E ragionavano fra loro dicendo: Se diciamo: Dal cielo, dir: Perch allora non gli avete creduto? Ma diremo: Dagli uomini? 32 Temevano la folla, poich tutti ritenevano che Giovanni era davvero un profeta. 33 E, rispondendo a Ges, dicono: Non sappiamo! E Ges dice loro: Neppure io vi dico con quale potere faccio queste cose. 1. Messaggio nel contesto Vi domander una sola parola, e rispondetemi. la risposta di Ges a chi lo interroga. Nel recinto del tempio inizia una serie di cinque dispute, con cui manifesta il suo potere: quello della fedelt e libert di Dio (12,1-12.13-17), che vita e amore (12,18-27.28-34). La rivelazione culmina in una lunga domanda, la cui risposta, lasciata a noi, chiarisce tutto: egli il Signore (12,35-37). La sua attivit inizi con cinque polemiche sulla legge, che determinarono la decisione di ucciderlo (2,13,6); ora termina con queste cinque sul potere, che concludono alla sua condanna a morte. Ma proprio questa lo manifester come il Figlio di Dio! La questione riguarda tutta la sua attivit, che si esprime in pieno nella purificazione del tempio: per dire e fare ci che dice e fa, qual il suo potere, e da dove viene? la domanda fondamentale su di lui. Egli risponde, ma a una condizione: che noi siamo disponibili a rispondere a una sua domanda circa il Battista, che ha predicato un battesimo di conversione per il perdono dei peccati (1,4). Accettiamo il suo battesimo come da Dio, siamo cio disposti a convertirci, riconoscendo il nostro peccato e il suo perdono? Solo cos possiamo conoscere il pi forte che viene dopo di lui e ricevere il battesimo nello Spirito Santo (1,7 s.). Questa la condizione previa per conoscere Ges come Signore, e sperimentare la sua forza di salvezza. Chi si crede nel giusto e non vuole convertirsi, non ottiene risposta: Neppure io vi dico, ecc.. Ges ci pone davanti al bivio della fede: o mettere in questione il Signore e la sua parola, o lasciarsi mettere in questione. La prima via porta al silenzio di Dio e al nulla delluomo; la seconda al dialogo fecondo con lui. Nella prima parte del vangelo noi ci interrogavamo: Chi costui?. Lui ha risposto pazientemente, con tutto ci che ha fatto e detto. Nella seconda lui stesso che ci interroga: Ma voi chi dite che io sia?. Rispondimi e ti risponder! Se uno vuol capire la Parola. pi che interpretarla, si lasci interpretare da essa. Discepolo colui che, rispondendo alla sua domanda, disposto a convertirsi, a volgersi dal proprio peccato al suo perdono. Solo costui conosce e sperimenta il potere di Ges Signore. 2. Lettura del testo

v. 27 E vengono di nuovo a Gerusalemme. il suo terzo ingresso, in tre giorni consecutivi. marted. Sar una giornata lunga. Inizia davanti al fico essiccato, si svolge sullo sfondo del tempio e abbraccia le ultime istruzioni, che vanno da 11,20 a 13,37. cammina nel tempio. Il Signore, venuto per la sua visita, cammina per lultima volta nel tempio. Il giorno dopo si far preparare quello nuovo. Sar la stanza superiore, dove si dona al suoi, per restare sempre con loro e in loro. i sommi sacerdoti egli scribi e gli anziani. Rappresentano rispettivamente il potere politico-religioso, culturale ed economico, cos diversi da quello di Dio, raffigurato nellasinello. Tutti i grandi della terra si alleano contro il Signore e il suo messia (Sal 2,2; At 4,26 s). v. 28 Con quale potere fai queste cose? (Vedi anche 1,21.27 e 2,10, a proposito della sua parola e del suo perdono efficaci). Queste cose si riferiscono alla purificazione del tempio, come gesto culminante di tutta la sua attivit. I suoi nemici gli chiedono quale potere ha, cio di che natura . Ges lo mostrer nelle dispute seguenti. chi ti ha dato questo potere? Da dove gli viene? Questa domanda specifica la prima: la natura del suo potere deriva dalla sua origine. v. 29 Ges disse loro: Vi domander una sola parola. Ges risponde con una domanda. e rispondetemi. Alla quale dobbiamo rispondere noi. e vi dir con quale potere, ecc. Se noi rispondiamo a questa domanda, ci rivela il suo potere. v. 30 Il battesimo di Giovanni, ecc. La sua domanda riguarda il battesimo di conversione, annunciato da Giovanni (1,4). Lo riconosciamo da Dio (dal cielo) e lo accettiamo? La disponibilit a convertirci la porta daccesso al suo mistero. v. 31 E ragionavano fra loro, dicendo, ecc. Invece di rispondere a lui, preferiscono chiudersi in s. Il loro parlare non un dialogo. Resta il monologo di chi cerca non la verit, ma la difesa di presunti interessi. Da una parte non vogliono convertirsi e dallaltra non vogliono perdere il favore del popolo religioso. v. 32 Giovanni era davvero un profeta. Il profeta colui che chiama tutti a conversione. v. 33 Non sappiamo. Quando non siamo disposti a cambiare e a metterci in discussione, ci trinceriamo dietro questa tragica parola: Non so. Pi che ignoranza, nasconde la malafede di chi non vuoi ricredersi. Quanta nostra buona fede in realt non un alibi? Neppure io vi dico con quale potere, ecc. Ges non pu rispondere a chi non disposto a convertirsi. Questo suo silenzio sar oggetto di meraviglia nel suo processo. Ma un atto di misericordia: invece di difendersi accusandoci e di giustificarsi giudicandoci, tace (14,60s; 15,4s). Il silenzio di Dio la sua parola pi eloquente: grida un amore senza riserve, che si offre sempre, in attesa di una risposta. 3. Esercizio

1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo, vedendo latrio del tempio, dove Ges passeggia e insegna, dopo averlo purificato dal mercanti. 3. Chiedo ci che voglio: rispondere al suo appello di conversione e non rifugiarmi dietro il rifiuto del silenzio. 4. Traendone frutto, vedo, ascolto e osservo le persone: chi sono, che dicono, che fanno. Da notare: con quale potere fai queste cose? vi domander una sola parola rispondetemi e io vi dir il battesimo di Giovanni non sappiamo neppure io vi dico

4. Passi utili: Os 11,7-9; Is 1,2-28; Ez 33,1-20; Ne 9; Rm 1,18-32; Sal 51.

62. LA PIETRA CHE I COSTRUTTORI RIGETTARONO, QUESTA DIVENNE TESTATA DANGOLO


(12,1,12)
121 E cominci a parlar loro in parabole: Un uomo piant una vigna, e pose attorno una siepe, e scav un torchio e costru una torre e laffitt ad agricoltori, e sallontan dal paese. 2 E invi agli agricoltori, a suo tempo, un servo, per prendere dagli agricoltori dei frutti della vigna. 3 E lo presero e picchiarono e rimandarono vuoto 4 E di nuovo invi loro un altro servo; colpirono in testa anche lui e lo schernirono. 5 E invi un altro, e uccisero anche lui; e molti altri (invi), dei quali alcuni picchiarono ed altri uccisero. 6 Aveva ancora uno, il figlio diletto. Lo invi ultimo da loro, dicendo: Rispetteranno il figlio mio. 7 Ma quegli agricoltori dissero tra s: Costui lerede!

Venite, uccidiamolo; e leredit sar nostra! 8 E lo presero, luccisero, e lo gettarono fuori dalla vigna. 9 Che far dunque il Signore della vigna? Verr e roviner gli agricoltori e dar la vigna ad altri! 10 Neanche avete letto questa Scrittura: La pietra che i costruttori rigettarono, questa divenne testata dangolo. 11 Dal Signore venne questo, ed meraviglioso ai nostri occhi? 12 E cercavano di impadronirsi di lui, ed ebbero paura della folla. Infatti compresero che disse la parabola per loro. E, lasciatolo, se ne andarono. 1. Messaggio nel contesto La pietra che i costruttori rigettarono, questa divenne testata dangolo, dice Ges ai sommi sacerdoti, agli scribi e agli anziani che lo interrogano e non si lasciano interrogare. Anche con loro, pur non potendo rispondere, mantiene aperto il dialogo. Per questo, sotto il velo delle parabole (cf 4,10), dichiara di che tipo il suo potere e da dove gli viene: quello del Figlio, e gli viene dal suo essere rigettato, ucciso e gettato fuori proprio da loro! Con questa parabola allegorica Ges d la chiave di lettura della storia di Israele - paradigma di quella di ogni uomo - come scontro senza incontro tra la fedelt di Dio e linfedelt nostra. La sua offerta di amore si trova sempre davanti al muro ostinato del nostro rifiuto. Alla sua crescente bont, corrisponde un crescendo della nostra cattiveria. Sembra proprio un amore infelice, senza possibilit di riuscita. Ma il Signore opera una meraviglia ai nostri occhi, facendo della croce, apice del nostro male, il dono del suo massimo bene: noi lo uccidiamo, togliendogli la vita, e lui ci fa vivere, donandoci la sua vita. La nostra malvagit non vanifica il suo piano. Davvero, diranno gli apostoli rivolgendosi al Padre, in questa citt si adunarono insieme contro il tuo santo servo Ges, che hai unto come Cristo, Erode e Ponzio Pilato con le genti e i popoli di Israele; ma alla fin fine, senza saperlo, non fecero che compiere ci che la tua mano e la tua volont avevano preordinato che avvenisse (At 4,27 s.). Tutto il male nostro e della nostra storia, lungi dallessere il fallimento del disegno di Dio, non fa che compierlo in modo pi sublime, mostrando il suo potere, che solo e tutto misericordia. Il potere delluomo quello di fare il male dal bene; quello di Dio fare il bene dal male. Egli vorrebbe diversamente; ma rispetta la nostra libert. Tuttavia Dio proprio perch sa colmare la nostra miseria con la sua misericordia, facendo del nostro rifiuto la sua offerta incondizionata di amore. la vittoria della croce, scontro inevitabile, che diventa incontro definitivo. O profondit della ricchezza, della sapienza e della scienza di Dio, che ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per usare a tutti misericordia (Rm 11,33.32). Solo lo Spirito capace di farci penetrare in questo che il mistero stesso di Dio. Se il rifiuto di Israele fu salvezza per tutti, cosa non sar la sua conversione? Paolo la vede come il compimento ultimo del disegno di salvezza universale (Rm 11,11-15).

Ges il Figlio, lunigenito che si fatto servo e ultimo di tutti, dando la vita per noi che gli diamo la morte. Questo il suo potere: la sua fedelt oltre ogni nostra infedelt, appello definitivo alla conversione. Discepolo colui che nella pietra scartata riconosce il Figlio, il suo Signore e Salvatore, testata dangolo del nuovo tempio. 2. Lettura del testo v. 1 cominci a parlar loro in parabole. A chi lo interroga ed disponibile a rispondere, Ges confida il mistero del Regno e spiega tutto (4,11.34). Per questo la Parola annunciata con chiarezza ai discepoli (8,32) e con parabole agli altri, secondo che possono intendere (4,33). La nostra disponibilit a convertirci la misura della nostra intelligenza spirituale. Un uomo piant una vigna. La vigna Israele che Dio si piantato. Richiama Is 5,1 ss, che contiene tutta una recriminazione di Dio nei confronti del popolo (cf Sal 80). e pose attorno una siepe. La siepe delimita e protegge. Pu essere immagine della legge, che separa dagli altri il popolo che si scelto come sua propriet (Es 19,5), perch sia santo come lui santo (Lv 11,44; 19,2). scav un torchio. dove si spreme e scorre il frutto della vigna. Nel Getsemani, che significa luogo del torchio, sar spremuto Ges, frutto maturo dellobbedienza al Padre. costru una torre. La torre serve da guardia. In essa il Targum vede il tempio. Tutti questi dettagli indicano la cura con cui Dio si costruito la sua vigna, dotandola della sua parola e della sua presenza. laffitt ad agricoltori. Sono i capi del popolo, responsabili dei frutti della vigna. sallontan dal paese. Dio discreto. Fa tutto ci che il suo amore gli detta, poi, dice il testo greco, se ne va allestero, fuori del suo popolo. Rimane come in disparte - straniero ed estraneo - in attesa della risposta delluomo. Il quale pu anche dire, nella sua dotta stupidit, che non esiste (Sal 10,4; 14,1). v. 2 invi agli agricoltori, a suo tempo, un servo. I servi sono i profeti, inviati da Dio ad esigere i suoi frutti. frutti della vigna. I frutti della vigna sono lobbedienza alla legge, che consiste nellamore di Dio e del prossimo. ci di cui Ges ebbe fame (cf 11,12). v. 3 lo presero e picchiarono. la sorte del profeta, che risulta sempre scomodo. rimandarono vuoto. La missione dei profeti rimane senza esito. La vigna non d frutti, come il fico sterile. v. 4 di nuovo invi loro un altro servo. Dio non si scoraggia. Non lascia mai mancare i suoi profeti, che denunciano il nostro peccato e annunciano la sua misericordia.

colpirono in testa anche lui. Luomo non desiste dal suo male. Alza la mira, e colpisce anche la testa. Si allude al Battista che fu decapitato? lo schernirono. Oltre la violenza fisica, anche il linciaggio morale. Sulla sorte dei profeti vedi la splendida sintesi di Eb 11,35b-38. v. 5 invi un altro. La sua fedelt non sconfitta dalla nostra cattiveria. uccisero anche lui. Come risposta alla sua bont c un aumento di malvagit: prendere, picchiare, colpire in testa, schernire, uccidere. Uccidere il profeta la consumazione del male: si spegne la voce che denuncia il peccato, togliendosi la possibilit di conversione. e molti altri. Dio non viene mai meno nel suo amore per noi. dei quali alcuni picchiarono ed altri uccisero. Lostinazione nostra nel male proporzionale alla sua nel bene. Il Signore Dio dei loro padri mand premurosamente e incessantemente i suoi messaggeri ad ammonirli, perch amava il suo popolo e la sua dimora. Ma essi si beffarono dei messaggeri di Dio, disprezzarono le sue parole e schernirono i suoi profeti al punto che lira del Signore contro il suo popolo raggiunse il culmine, senza pi rimedio (2Cr 36,15s). Nella sua ira dovrebbe venire per il giudizio e sterminare tutti. Ma Dio e non uomo. il suo istinto freme di compassione (cf Os 11,8s). Non conosce altra vendetta che mostrare maggior amore - anzi il massimo amore che possibile a lui che amore. v. 6 Aveva ancora uno, il figlio diletto. Per questo, dopo linvio dei servi, invia il suo tesoro, Ges, il Figlio diletto, lunico che egli ha (cf 1,11; 9,7). Dio, che aveva gi parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio (Eb 1,1). Lo invi ultimo. il dono ultimo della sua fedelt. Dopo di lui, non ha pi nulla da darci, perch insieme con lui ci ha donato ogni cosa (Rm 8,32). Rispetteranno il figlio mio. lultima sua speranza. v. 7 Costui lerede. Ges non solo un profeta o un servo: il Figlio di Dio, erede di tutte le cose, e per mezzo del quale ha fatto anche il mondo (Eb 1,2). Venite, uccidiamolo. Sono le stesse parole dei fratelli di Giuseppe, rosi dallinvidia (Gn 37,20). Luccisione del Figlio di Dio il massimo male pensabile. Come la cattiva sorte di Giuseppe, cos la morte di Ges sar salvezza per tutti quelli che non si vergognato di chiamare suoi fratelli (Eb 2,11). leredit sar nostra. Con grande sorpresa - questa lopera meravigliosa di Dio! - sar vero. Lui ci dona quanto gli rubiamo, la sua stessa vita. v. 8 lo presero, luccisero. il destino di Ges. e lo gettarono fuori dalla vigna. Ges pat fuori della porta della citt (Eb 13,12).

v. 9 dar la vigna ad altri. La vigna qui rappresenta il popolo di Dio, e gli agricoltori personificano lostinatezza nel male, che , come nei capi, cova in ciascuno di noi. Lindurimento di parte di Israele divenne causa di salvezza per i pagani (At 13,46). Questi, secondo Paolo, servono per muovere la gelosia di Israele, perch si converta (Rm 11,11-24). v. 10 questa Scrittura. Ges cita dal Sai 118,22s, gi cantato dal popolo al suo ingresso in Gerusalemme (11,9s = Sal 118,26). La pietra che i costruttori rigettarono. La pietra Ges, il Figlio disprezzato dai capi del popolo, scartato dai costruttori, che prima erano chiamati agricoltori. Si passa qui dallimmagine della vigna a quella di casa o tempio di Dio. divenne testata dangolo. Il giorno di pasqua si capovolge la situazione: Ges disprezzato e crocifisso risorto e glorificato, principio del nuovo tempio e della nuova Gerusalemme. v. 11 Dal Signore venne questo. Questa la grande opera di Dio: il peggior male che noi potessimo fare, cambiato da lui nel massimo bene. meraviglioso ai nostri occhi. lo stupore del mattino di pasqua, la sorpresa di come Dio vinca nella sua sconfitta, e offra a tutti una via duscita insperabile. v. 12 cercavano di impadronirsi di lui. Eseguono quanto Ges ha appena detto del figlio (v. 8). ebbero paura della folla. Crocifiggilo!. La folla per ora sta con lui. Quando lo vedr umiliato, grider:

compresero, ecc. Chi capisce, o si converte o si indurisce. Questa seconda ipotesi quella prevista nella parabola. Il Figlio muore proprio per salvarci da questo indurimento. lasciatolo se ne andarono. Se ne vanno, ma per poco. Mancano infatti ancora tre giorni al compiersi di questa parabola che Ges ha raccontato. La sua parola comunque efficace, anche per chi la contrasta. 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo, immaginando il tempio dove Ges passeggia con i suoi discepoli, circondato dalla folla e dai nemici. 3. Chiedo ci che voglio: comprendere la meraviglia che compie Dio, vincendo la nostra infedelt con la sconfitta della sua fedelt. 4. Traendone frutto, vedo, ascolto e osservo le persone: chi sono, che dicono, che fanno. Da notare: le cure prodigate alla vigna lostinazione dei vignaioli uccideremo lerede e leredit sar nostra la pietra che i costruttori hanno rigettato divenne testata dangolo.

4. Passi utili: 2Cr 36,15s; Is 5,1-7; Sal 80; 118; Rm 11,11-32; Eb 11,35-38.

63. DATE A CESARE CI CHE DI CESARE E A DIO CI CHE DI DIO


(12,13-17)
13

E inviano da lui alcuni dei farisei e degli erodiani, per intrappolarlo con la parola. 14 E, venendo, gli dicono: Maestro, sappiamo che sei veritiero, e non ti curi di nessuno, perch non guardi a faccia duomini, ma, secondo verit, insegni la via di Dio. lecito dare il tributo a Cesare, o no? Che lo diamo, o non lo diamo? 15 Ma egli, conosciuta la loro falsit, disse loro: Perch mi tentate? Portatemi il denaro, che lo veda. 16 E quelli lo portarono. E dice loro: Di chi questimmagine e liscrizione? E quelli gli dissero: Di Cesare. 17 E Ges disse loro: Date a Cesare ci che di Cesare, e a Dio ci che di Dio. E si meravigliavano di lui. 1. Messaggio nel contesto Date a Cesare ci che di Cesare e a Dio ci che di Dio, risponde Ges ai farisei e agli erodiani. La loro trappola perfetta. Se dice di non pagare il tributo, viene eliminato dai romani che occupano la Palestina; se dice di pagarlo, si inimica il popolo, che attende un messia politico, che prenda il potere e liberi dalloccupazione straniera. Certa teologia, sempre di moda sotto vari nomi, vecchia quanto il mondo!

La risposta di Ges non una semplice astuzia per eludere il problema e non cadere nel tranello. Non dice semplicemente: Date a ciascuno ci che gli spetta, senza determinare ci che spetta a ciascuno. Ai suoi tempi il dominio di un sovrano si estendeva ovunque la sua moneta aveva corso legale. ovvio che dove circola quella di Cesare, si sottost al suo dominio, e si rispettano le regole del gioco, tra cui quella di pagargli il tributo (cf Rm 13,1-7; 1Pt 2,13 ss). Ma per Ges il problema un altro: dare a Dio ci che di Dio. Come la moneta porta limmagine di Cesare e appartiene a Cesare, cos luomo immagine di Dio e appartiene a Dio. Il tributo da pagargli quello di darsi a lui, amando lui con tutto il cuore, e il prossimo come se stessi (v. 30 s). Questo comando, prima impossibile a causa del peccato, ora con Ges possiamo e dobbiamo viverlo, in ogni nostra singola azione. Circa lautorit civile utile distinguere il contenuto dal modo. Il suo contenuto quello di servire al bene comune. In questo senso, anche se le sue forme sono storicamente pi o meno imperfette, legittima e positivamente voluta da Dio (cf Rm 13,14). Normalmente il modo nel quale esercitata quello dei capi delle nazioni (cf 10,42) - comune a ogni uomo, discepoli compresi - che bramano lavere, il potere e lapparire. Questo modo non voluto da Dio. Frutto del peccato che alberga nel cuore di ognuno, non per il bene, bens per il male comune. Schiavizza tutti, sia chi lo esercita sia chi lo subisce, togliendo a tutti, dominatori e dominati, la libert - che ci per cui siamo immagine e somiglianza di Dio. Questo brano aiuta a capire il potere del Figlio delluomo, che mette sempre in crisi quello delluomo. infatti amore, servizio e umilt. Questo significa dare a Dio ci che di Dio. Cos diventiamo ci che siamo: simili a lui, di cui portiamo limmagine. E questo non solo a livello personale, ma anche nei rapporti civili, con i modi alternativi di gestire lautorit, perch non degradi da servizio a dominio. Ges risponde con precisione alla domanda dei suoi avversari, prendendo le sue distanze da loro, come anche dagli zeloti, che vogliono prendere il potere, pensando che per ottenere il regno di Dio basti semplicemente cambiare etichetta al regno delluomo. Di illusi del genere, ingenui o meno, ce n sempre tanti, in ogni epoca! Inoltre ci d anche il criterio in base a cui scegliere: in ogni cosa bisogna sempre prima dare a Dio ci che di Dio. Solo cos sapremo cosa dare al Cesare di turno. In concreto le prime comunit cristiane pagavano tranquillamente il tributo; rifiutando per ogni assolutizzazione del potere e ogni sua imposizione ingiusta (obiezione di coscienza). Ma la loro resistenza non era con gli stessi mezzi del potere, bens con la povert della testimonianza, ossia col martirio. lunica arma efficace (cf Ap 13). Ges, nella sua umanit di Figlio delluomo che serve per amore, ci restituisce il volto di Dio a immagine del quale siamo fatti. In esso ci offre la vera libert, possibile a chiunque sia povero. Il re, che pu fare quello che vuole, si crede luomo ideale, ideale di ogni uomo. In realt non un uomo libero: schiavo e fallito, immagine capovolta di Dio. Sulla regalit umana, vedi lapologo bellissimo di Gdc 9,8-15 e 1Sam 8, che mostrano perch Dio non vorrebbe che in Israele ci fosse un re. Il discepolo testimone di Ges, luomo nuovo e libero, che sa amare e servire in questo mondo di schiavit e di peccato, obbedendo o disobbedendo al potere costituito secondo che serve o meno alluomo. Non pensa al particular suo, non concorre con gli altri per arraffare e spartirsi la torta; contro ogni ingiustizia e pretesa totalitaria. Non rivendica per alcun potere. Il rimedio sarebbe peggiore del danno! Infatti non c nulla di peggio delle teocrazie o delle dittature a fin di bene. Giustificano anche i peggiori abusi e delitti!

2. Lettura del testo v. 13 farisei ed erodiani. Si erano gi alleati in 3,6. Ges aveva ammonito i discepoli di guardarsi dal lievito dei farisei e di Erode (8,15). I farisei zelavano per la legge, gli erodiani simpatizzavano per Erode. Si accordano contro Ges, perch lo avvertono come insidia comune, anche se per motivi diversi. per intrappolarlo con la parola. Speravano che Ges si dichiarasse apertamente contro i romani, per accusarlo. Se si fosse dichiarato per loro cosa improbabile - avrebbe almeno perso il favore del popolo. Il potere non usa mai la parola per la verit - anche quando la dice, come qui ma per avere laltro in mano. v. 14 Maestro, sappiamo che sei veritiero. il pi bel complimento rivolto a Ges in tutto il vangelo. Lodano la sua libert di giudizio per farlo cadere pi facilmente nella trappola di dichiararsi contro i romani. lecito. La questione posta in termini non politici o giuridici, ma di coscienza: qual la volont di Dio nel confronto del tributo ai romani? dare il tributo. Era il censo, imposta personale e fondiaria. Pagarla significava riconoscere la signoria dei romani. Gli zeloti la consideravano idolatria e si ribellavano con le armi, perch lunico Signore Dio. I farisei laccettavano, fino alla redenzione finale del messia, da ottenere con le preghiere. Agli erodiani invece la cosa non faceva problema, anche se il loro rapporto di dipendenza da Roma non era sempre pacifico. lo diamo o non lo diamo? Vogliono una risposta pratica, che comunque lo comprometta davanti al popolo o davanti allautorit civile. v. 15 conosciuta la loro falsit. Ges conosce la verit del nostro cuore - con tutte le sue falsit, che talora noi stessi ignoriamo. Perch mi tentate? Prendere il potere politico in nome di Dio una tentazione sempre attuale, sia per noi che per Ges. Lo accompagn per tutta la vita, dal deserto alla croce (cf Lc 4,6; Gv 6,15: Mc 15,2.26.32). Il presupposto dei suoi avversari confondere il potere mondano con quello di Dio, cercando di conseguire il suo regno con il pensiero e i mezzi delluomo. Portatemi il denaro, che lo veda. Luso del denaro laccettazione implicita del potere di chi lha coniato. Ges non ha con s la moneta, a differenza di loro. Le loro parole non presentano quindi un vero problema per loro, sono solo uninsidia per Ges. Ma cadono nella fossa che hanno scavato (Sal 7,16). v. 16 Di chi questimmagine? Il danaro porta leffigie dellimperatore Tiberio e di sua madre. Agli ebrei era proibito farsi unimmagine di Dio. Lunica sua immagine luomo che lo ascolta. Era anche vietato fare immagini delluomo, perch immagine di Dio. liscrizione. Liscrizione sulla moneta porta il nome e il ruolo divino dellimperatore: Tiberio Cesare Imperatore, figlio del divino Augusto. Il titolo regale di Ges non lo troveremo iscritto su alcuna moneta, bens sulla croce (15,26).

v. 17 Date a Cesare ci che di Cesare. La moneta sua, e gli va restituita. Solo chi povero e ha lasciato tutto, libero, e pu entrare nel regno di Dio. a Dio ci che di Dio. Questo il problema: luomo, immagine di Dio, di Dio e deve ritornare a lui. Con Ges inizia la sua signoria. Il suo regno un nuovo rapporto con s, con il mondo e con gli altri: un modo di vivere filiale e fraterno, libero dal possesso e dal dominio, in atteggiamento di dono e di servizio. Questa la vera libert, che con Ges inizia qui ed ora, in questo mondo posto nella schiavit e nel male, senza attendere tempi migliori. Chi d a Dio ci che suo, impara cosa e come dare a Cesare ci che gli spetta. 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo, immaginando il cortile del tempio, dove Ges si trova con i suoi. 3. Chiedo ci che voglio: chiedo a Dio di dargli me stesso, come lui si dato a me. Far mia questa preghiera: Prendi e ricevi, Signore, tutta la mia libert, intelligenza e volont. Ci che ho e sono, dono tuo. A te io rendo tutto, perch lo amministri secondo il tuo volere. Dammi il tuo amore e la tua grazia. E sono ricco abbastanza, e nulla pi ti domando (santIgnazio di Loyola). 4. Traendone frutto, vedo, ascolto e osservo le persone: chi sono, che dicono, che fanno. Da notare: sei veritiero ecc. di chi limmagine e liscrizione? insegni la via di Dio date a Dio ci che di Dio lo diamo o non lo diamo il tributo a Cesare? perch mi tentate? portatemi il denaro

4. Passi utili: Gdc 9,8-15; 1Sam 8,10-22; 2Sam 7,5-17; Is 11,1-11; Sal 72; Rm 13,1-10; Ap 13.

64. NON UN DIO DEI MORTI MA DEI VIVENTI


(12,18-27)
18

E vengono sadducei da lui, che dicono che non c risurrezione; e lo interrogavano dicendo: 19 Maestro, Mos scrisse per noi che se un fratello di uno muore e abbandona moglie senza lasciar figli, il fratello di lui prenda la moglie, e susciti seme al suo fratello. 20 Cerano sette fratelli.

E il primo prese moglie, e morendo non lasci seme. 21 E il secondo la prese, e mor non lasciando seme. E il terzo lo stesso. 22 E i sette non lasciarono seme. Ultima di tutti, anche la moglie mor. 23 Nella risurrezione, quando risorgono, di chi di loro sar moglie? Tutti e sette infatti lebbero in moglie. 24 Disse loro Ges: Non forse per questo vi ingannate, perch non conoscete le Scritture n la potenza di Dio? 25 Quando infatti risorgano dai morti, n si ammogliano n si maritano; ma sono come angeli nei cieli. 26 Circa i morti che risorgono, non avete letto nel libro di Mos sul roveto, come gli parl Dio dicendo: Io sono il Dio di Abramo, (il) Dio di Isacco e (il) Dio di Giacobbe? 27 Non un Dio dei morti, ma dei viventi. Molto vingannate. 1. Messaggio nel contesto Non uni Dio dei morti ma dei viventi, risponde Ges al sadducei e a chi, come loro, non crede nella risurrezione dai morti. La serie di queste discussioni, che concludono il suo insegnamento, partono dalla domanda: Con quale potere fai queste cose?. Egli risponde che il suo potere comprensibile solo da chi si converte (11,27 ss), perch quello della pietra scartata (vv. 1-12) - ben diverso da quello di Cesare, che opprime e d la morte (vv. 13-17). Ora afferma che lo stesso del Dio dei viventi, che d la vita al morti. La risurrezione nostra, di cui questa disputa parla, il centro della fede cristiana. Senza di essa vana la nostra predicazione ed vana anche la vostra fede, scrive Paolo a quelli di Corinto (1Cor 15,14). Supera qualunque pretesa ed esula dallattesa di chiunque, che, davanti alla morte, si ritrova impotente, e non attende pi nulla. Indeducibile da qualunque premessa, ci rivelata solo dalla promessa di Dio; improducibile da qualunque sforzo, puro dono del suo amore. Per questo su di essa si inganna chiunque ignora le Scritture e la potenza di Dio. La risurrezione di cui qui si parla non la rianimazione di un cadavere, che torna alla vita di prima come, per esempio, la figlia di Giairo (5,21 ss). il passaggio non a unaltra vita, uguale alla precedente, ma a una vita altra, nuova e diversa, in comunione con Dio, nella pienezza della sua gloria, alla quale partecipa anche il corpo (1Cor 15,35-58). Dio stesso infatti la nostra vita (Dt 30,20) - come lamato la vita di chi ama. Chi non crede alla risurrezione si inganna, dice Ges allinizio e alla fine della sua risposta. ancora vittima della menzogna che lo fa vivere nellombra di morte.

Solo la Scrittura e lesperienza di Dio ce ne libera, facendoci conoscere lamore dal quale veniamo e al quale torniamo. La fede nella risurrezione in Israele un frutto maturo e tardivo, che trova la sua formulazione pi alta in 2Mac 7. Ges con le sue opere e le sue parole, ma soprattutto con la sua morte e risurrezione, ci libera dal dominio della paura della morte, causa di ogni nostro male, e ci dona la piena conoscenza della promessa e della forza del Dio vivente. Il discepolo, battezzato nel nome di Ges, immerso in lui e incorporato in lui, per sempre con lui (1Ts 4,17). Morto allignoranza e al peccato, risorto a una vita nuova di conoscenza e di amore; vinto il potere della morte, vive per Dio (cf Rm 6,1-11). 2. Lettura del testo v. 18 sadducei. Discendenti di grandi famiglie e proprietari terrieri, ricoprivano le pi alte cariche sacerdotali e costituivano la classe dirigente. Di tendenza ovviamente conservatrice, ritenevano ispirati solo i primi cinque libri della bibbia - il Pentateuco, attribuito a Mos. Rifiutavano in blocco lautorit degli altri libri. dicono che non c risurrezione. La fede nella risurrezione non formulata esplicitamente nel Pentateuco. Nella bibbia emerge solo lentamente, come punto darrivo dellesperienza di Israele. Espressa velatamente in certi Salmi (Sal 16,9-11; 49,16; 73,23-28) e forse in Gb 19,25-27, chiara solo nei libri pi recenti (Dn 12,2; 2Mac 7,14; 12,43). Sap 1-5 parla dellimmortalit dellanima, che per s non da confondere con la risurrezione dei corpi. Questa implica la partecipazione del corpo trasfigurato alla gloria dei figli di Dio. I sadducei somigliano a tanti credenti attuali. Credono in Dio, ma non nella sua promessa. Chiusi nel materialismo, non credono praticamente e/o teoricamente al fine cui Dio ci ha destinati. lalienazione pi tragica delluomo, che perde ci per cui fatto, lorizzonte che d senso alla sua vita. v. 19 Mos scrisse per noi. la legge del levirato (Dt 25,5 ss): se uno muore senza discendenza, suo fratello ne sposa la moglie, per suscitargli posterit. Morire senza figli una maledizione (cf Gdc 11,37 s; Gn 30,1 ss; 1Sam 1,6 ss). La generazione una protesta contro la morte, una sopravvivenza della specie - vittoria illusoria, perch non fa che accrescere il numero dei mortali! Uno per ha almeno la soddisfazione di perpetuare il suo nome nei figli, nella speranza di veder compiuta in loro la promessa di Dio. La legge del levirato era inoltre molto importante per regolare leredit terriera. Cosa tuttaltro che trascurabile per i sadducei, nobili e ricchi. v. 20 ss Cerano sette fratelli, ecc. Si narra questo caso per mostrare lassurdit della risurrezione e metterla in ridicolo. Inoltre se ci fosse non varrebbe pi la legge della monogamia, istituita nella creazione (Gn 2,18-24). v. 24 vi ingannate. Chi non crede alla vita personale futura, resa possibile dalla risurrezione dei corpi, si inganna. Ignora chi Dio e chi lui per Dio. non conoscete le Scritture. La sua identit di Padre e la nostra di figli ci testimoniata in tutte le Scritture, non solo nel Pentateuco. La rivelazione stata progressiva, adattata alla nostra capacit di intendere. Proprio all fine c il vino migliore (Gv 2,10).

n la potenza di Dio. Dio amore pi forte della morte, pi tenace degli inferi (Ct 8,6). La sua fedelt non pu venir meno: dura in eterno (Sal 117,2). Se io, con la morte, vengo meno, a lui non resta che ridarmi vita. Riconoscerete che io sono il Signore quando aprir le vostre tombe e vi risusciter dai vostri sepolcri (Ez 37,13). Infatti ha creato tutto per lesistenza, perch un Dio amante della vita (Sap 1,14; 11,26). v. 25 Quando risorgano dai morti, ecc. Qui Ges parla della possibilit della risurrezione, mostrando linfondatezza dellobiezione dei sadducei. Essi pensano che sia un ritorno alla vita precedente, mentre si tratta di una nuova creazione, in cui limmagine cede il posto alla realt. Il rapporto donna/uomo nel matrimonio immagine del rapporto uomo/Dio. Lui lo sposo. La nostra unione con lui la vita eterna, un destino di gloria che neanche osiamo immaginare. v. 26 Io sono il Dio di Abramo, ecc. Qui Ges mostra la realt della risurrezione proprio attraverso Mos, la cui autorit riconosciuta anche dai sadducei. Si rif allesperienza del roveto ardente, dove Dio si definisce come il Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe (Es 3,1 ss). Un Dio che appartiene a loro, a cui loro appartengono. v. 27 Non un Dio dei morti, ma dei viventi. Questa la pi bella definizione di Dio, che risponde al nocciolo dellesperienza biblica. Quindi, se lui Dio dei nostri padri, che gi sono morti, o un Dio dei morti, il che contraddice la fede dIsraele, o i padri gi morti devono conoscere in lui una vita oltre la morte. Come pu il Dio vivente appartenere a loro se sono definitivamente morti? Una relazione cessa se scompare uno dei due termini! Se lautore della vita mio e io sono suo - e la morte c! - non pu non esserci la risurrezione dai morti. una deduzione esperienziale dallamore di Dio e dalla sua fedelt. 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo, immaginando il luogo: latrio del tempio, dove Ges passa gli ultimi giorni della sua vita, insegnandoci le cose ultime. 3. Chiedo ci che voglio: conoscere le Scritture e la potenza di Dio, per sostituire la morte con la risurrezione - unico orizzonte per una vita libera dalla paura e dallegoismo. 4. Traendone frutto, vedo, ascolto, e osservo le persone: chi sono, che dicono, che fanno. Da notare: sadducei discendenza risurrezione promessa di Dio e sua potenza risurrezione come appartenenza di Dio a noi e di noi a lui

4. Passi utili: Es 3,13-15; Dt 25,5-10; 2Mac 7; 12,43-45; Gb 19,25-27; Ez 37,1-14; Sal 16; 1Ts 4,1318; 1Cor 15.

65. NON SEI LONTANO DAL REGNO DI DIO


(12,28-34)

28

E, venendo avanti, uno degli scribi, che li aveva uditi discutere, visto che aveva loro risposto bene, lo interrog: Qual il comandamento primo di tutti? 29 Rispose Ges: Il primo : Ascolta, Israele, Signore il Dio nostro, lunico Signore; 30 e amerai il Signore tuo Dio con tutto intero il tuo cuore, con tutta intera la tua vita, con tutta intera la tua mente, con tutta intera la tua forza. 31 Il secondo questo: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Altro comandamento non c pi grande di questi. 32 E gli disse lo scriba: Bene, Maestro, con verit hai detto che egli lunico, e non ce n altri se non lui; 33 e amarlo con tutto intero il cuore, con tutta intera lintelligenza, e con tutta intera la forza, e amare il prossimo come se stesso, meglio di tutti gli olocausti e i sacrifici. 34 E Ges, vedendo che aveva risposto saggiamente, gli disse: Non sei lontano dal regno di Dio. E nessuno osava pi interrogarlo. 1. Messaggio nel contesto Non sei lontano dal regno di Dio", risponde Ges allo scriba che ha capito il comandamento che sta a principio della legge. Non lontano, ma, per entrarvi, gli manca una cosa: amare Ges, il Signore che gli si fatto vicino.

Il brano conclude dicendo che nessuno pi osava interrogarlo. Il nostro silenzio lo costringer a provocarci perch lo interroghiamo, per capire chi lui: il Signore (brano seguente). Solo dopo la croce ci sar uno - Giuseppe di Arimatea - che attendeva il Regno e os chiedere. Ebbe in dono il corpo di Ges (15,43 ss). Infatti solo l sappiamo chi il Signore: colui che per primo ci ha amati. La nostra vita amare Dio e unirci a lui (cf Dt 30,20), diventando per grazia ci che lui per natura. Lamore per lui via alla divinizzazione: uno diventa ci che ama. Dio non solo madre e padre, amore rispettivamente necessario che d la vita e libero che non la soffoca; anche sposo, al quale aderire formando con lui ununit pur nella distinzione. Il nostro peccato fu ignorare questo amore, voltandogli le spalle. Ges venuto a portarcelo in ogni lontananza, fin sulla croce, perch ognuno possa vederlo e conoscere cos le Scritture e la potenza del Dio dei viventi (cf brano precedente). Chi risponde a questo amore passato dalla morte alla vita; chi non ama, rimane nella morte (1Gv 3, 14). Ges ha un solo potere: quello di donarsi in modo assoluto, proponendosi ed esponendosi fin sulla croce, in attesa di essere corrisposto. Discepolo chi riconosce e crede nellamore che Dio ha per lui in Ges (1Gv 4,16). Il Cantico dei Cantici svela la nostra verit: siamo la risposta alla proposta di Dio. 2. Lettura del testo v. 28 uno degli scribi, visto che aveva risposto bene, lo interrog. Non c polemica in questa domanda. C desiderio di conoscere disponibilit ad ascoltare. Lunico pericolo che il desiderio cessi prima di esser appagato. il comandamento primo di tutti. La vita delluomo dipende dallobbedienza alla parola di Dio (Dt 30,15 ss). Qui lo scriba chiede qual il primo dei comandamenti. Cerca il loro criterio ispiratore e unificatore per non cadere in un legalismo vuoto, che frantuma lesistenza. v. 29 Ascolta, Israele, ecc. Ges richiama lo Shema (Dt 6,4 ss), recitarsi nella preghiera del mattino e della sera. Prima del comando c Ascolta Israele!. Infatti possibile amarlo solo nella misura in cui conosciamo il suo amore per noi, incredibile per chi non ascolta la parola che lo rivela. Signore il Dio nostro, lunico Signore. Il nostro amore non si rivolge a un idolo, ma allunico Signore, pieno di maest e degno di riverenza Egli ci ha creati e salvati, mostrandosi unico Signore e Signore nostro. v. 30 amerai il Signore tuo Dio. Se non ce lavesse comandato, non avremmo mai osato. Fa tenerezza un Dio che chiede: Ascolta, per favore! Voglimi bene, perch io sono innamorato di te. Anzi, siccome non mi credi, te lo comando: amami!. Lamore o trova o rende simili. Il suo per me lha fatto uomo, il mio per lui mi fa Dio. Amare significa lodare, riverire e servire. Lodare, il contrario di invidiare, gioire del bene dellamato; riverire rispettarlo e tenerne conto per timore di perderlo; servire mettergli a disposizione ci che si ha, ci che si fa e ci che si . Impariamo cos lamore dal Signore stesso, che ha gioito del bene nostro pi che del suo, ha stimato noi pi di s, e ha posto la propria vita a nostro servizio. Questo comando ci fa capire chi lui: colui che da amare perch lamore. Se amare il fine per cui siamo creati, il nostro peccato o fallimento (in ebraico hattat = fallire) il non esserne capaci.

con tutto intero il tuo cuore. Il cuore il centro da cui scaturisce ogni azione. Dio accetta di non essere amato, ma non di essere secondo. Non sarebbe Dio. Lui il polo unico, in base a cui oriento ogni mia scelta; lassoluto che non voglio perdere, il primo e lunico. il mio Signore. Nessun altro desidero allinfuori di lui, che solo sazia la mia fame. con tutta intera la tua vita. Lui il Signore di ci che sono e di ci che faccio; vale pi della mia vita, che metto a suo servizio, come lui ha fatto con me. con tutta intera la tua mente. Lamore intelligente: ama conoscere per amare di pi. Lintelligenza come locchio del cuore. Non si pu amare ci che non si vede, come non si pu non cercare di vedere chi si ama! con tutta intera la tua forza. Tutto ci che ho, qualit personali e mezzi esterni, da usare tanto quanto serve ad amare lui. Amandolo cos, mi realizzo pienamente, diventando simile a lui, che tutto e solo amore in s e per me. v. 31 Il secondo questo. Lamore per luomo non in alternativa a quello per Dio. Ne scaturisce come lacqua dalla fonte. Per questo secondo. Non perch sia secondario, ma perch ogni amore deriva e scende dallalto. Chi lo pone come primo scambia il rubinetto con la sorgente. E, se si stacca da questa, rimane senzacqua. Amerai il prossimo tuo come te stesso (Lv 19,18). La nostra capacit di amare pi grande di qualunque realt creata; infinita, perch fatta per Dio. Il prossimo non va amato in modo assoluto; sarebbe farne un dio, mentre un uomo. Lo si carica di un peso che non pu portare, e lo si distrugge. In genere lo si butta via, con delusione e odio, quando ci si accorge che limitato. Laltro devo amarlo come me stesso, cio come uno che realizza s amando Dio. Quindi lo amo in verit solo se lo aiuto a diventare se stesso, raggiungendo il fine per cui stato creato, che appunto quello di amare Dio sopra ogni cosa. Per questo molto del cosiddetto amore, che schiavizza s e laltro, una scimmia di Dio. necessaria una lunga purificazione perch diventi amore. Ogni uomo persona libera proprio perch in relazione diretta e unica con Dio. Per questo un amore possessivo - diretto ed esclusivo schiavizza e uccide (ros e thnatos: amore e morte), mentre lamore vero libera e d la vita (agpe e zo). come te stesso. Amare se stessi perch amati da Dio somma sapienza e principio di ogni buona azione. Come posso odiarmi se Dio mi ama; e come posso amare laltro se odio me stesso? Altro comandamento non c pi grande di questi. Pieno compimento della legge lamore (Rm 13,10). Ogni altro comando ha in questo suo senso, e ne unespressione. Ci che non viene dallamore e non porta ad esso, non volont di Dio. v. 32 egli lunico, ecc. Lo scriba risponde bene. Ma, come i1 ricco 10,17, non ha ancora capito che il Signore unico da amare davanti lui. v. 33 e amarlo, ecc. meglio di tutti gli olocausti e i sacrifici. Lo scriba risponde ripetendo quella parola che da ascoltare, ricordare e raccontare ai propri figli (Dt 6,6 ss). Come ogni ripetizione, uguale solo parzialmente, con quelle dimenticanze, accentuazioni, variazioni o amplificazioni che

possono essere indotte dalla nostra disattenzione o dallo Spirito di Dio. Qui lo scriba tralascia lamore con tutta la vita (sar proprio della povera vedova: v. 44), e aggiunge che questo il vero culto (cf 1Sam 15,22; Os 6,6). Onorare Dio e santificare il suo nome infatti compiere la sua volont, discernendo ci che buono, a lui gradito, perfetto. Questo il culto spirituale (Rm 12,1s), che fa di noi la sua d mora. da notare che il dialogo si svolge nellatrio del tempio, luogo del culto e del sacrificio, del quale presto si dir che verr distrutto (13,1 ss) v. 34 aveva risposto saggiamente. Questo scriba il primo a cui Ges riconosce la saggezza. Essa consiste nel capire non tante cose pi o meno sottili, bens ci per cui siamo fatti. Non sei lontano dal regno di Dio. Questa risposta inattesa attende un nuova domanda: Perch? Cosa manca ancora?. Al ricco, Ges rispose che una sola cosa gli mancava per entrare nel Regno: lasciare ogni cosa per seguire lui (10,17-21). A questo scriba dice che non lontano da Regno: vicino e ci entrer solo se oser fino in fondo interrogarlo. Allora capir lamore di Dio per lui, e sapr amare come amato. nessuno osava pi interrogarlo. Ges vuole essere interrogato. Lui stesso, nel brano seguente, pone la domanda decisiva, suggerendo la risposta. Signore, tu vuoi essere interrogato da me, perch io impari da te cos lamore e chi il Signore. Se lo non oso chiedere, continua tu a interrogarmi, fino a quando io ti interrogher. E tu istruiscimi (Gb 42,4). 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo, immaginando latrio del tempio, dove Ges sta con i suoi. 3. Chiedo ci che voglio: Ti chiedo di entrare nel Regno, amandoti, perch tu sei il mio Signore. Ti chiedo di amarti come tu vuoi che io ti ami e di amare il prossimo come me stesso. 4. Traendone frutto, vedo, ascolto e osservo le persone: chi sono, che dicono e che fanno, fermandomi attentamente su ogni parola. 4. Passi utili: Dt 6,4-13; Lv 19,18; Sal 45, Cantico dei Cantici; Os 2,16-25; Ap 21-22.

66. DAVIDE LO DICE SIGNORE, E COME SUO FIGLIO?


(12,35-37)
35

E, rispondendo, Ges diceva, insegnando nel tempio: Come dicono gli scribi che il Cristo figlio di David? 36 Lo stesso David disse nello Spirito Santo: Disse il Signore al mio Signore:

Siedi alla mia destra finch io ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi. 37 David stesso lo dice Signore; e come suo figlio? E la molta folla lo ascoltava volentieri. 1. Messaggio nel contesto Davide lo dice Signore, e come suo figlio?. Cos Ges interroga chi non osa pi interrogarlo, per sollecitarlo a scoprire la sua identit. La prima parte del vangelo culmin nella domanda: Ma voi chi dite che io sia?. E Pietro lo riconobbe come il Cristo, figlio di David (8,29). La seconda culmina in questa, nella quale lui stesso suggerisce che il Cristo non solo il figlio promesso, ma addirittura il Signore, colui che ha promesso, superiore a ogni attesa. Lo dir chiaramente davanti al sinedrio (14,61 s) e lo capir il centurione ai piedi della croce (15,39). Questo brano ununica interrogazione di Ges, che conclude tutte le dispute. Non c che una risposta possibile, che si pu dare o rifiutare: quella della vedova, che d tutta la sua vita (brano seguente). quanto manca allo scriba per entrare nel Regno, dal quale non lontano (brano precedente). Seguir la parola sulla fine del mondo vecchio e linizio di quello nuovo (c.13) , e la Parola per eccellenza, il racconto della sua passione/risurrezione (cc. 14-16), che legittima e provoca tale risposta. Ges, figlio di David secondo la carne, Figlio di Dio secondo lo Spirito di risurrezione (Rm 1,3). il Signore, che si fatto mio fratello e mi ha mostrato tutto il suo amore perch lo possa riamare. Con la sua parola e la sua vita lui mi interroga. Siamo abituati a dire: Ges il Signore, e applichiamo a lui le nostre idee su Dio. Invertendo soggetto e predicato, dovremmo imparare a dire: II Signore, che nessuno mai ha visto, Ges, colui che mi ama e d la vita per me che lo uccido. Discepolo chi, nella forza dello Spirito, riconosce, ama e segue il suo Signore nelluomo Ges, nella sua carne, come ce la tramanda il vangelo. E su di lui corregge tutte le sue idee (= idoli!) su Dio. In genere andiamo dietro non a lui, ma alle nostre fantasie che applichiamo a lui. 2. Lettura del testo v. 35 rispondendo, Ges diceva, insegnando nel tempio. Siamo sempre nel tempio, di cui non rester pietra su pietra (13,1 ss). Alla sua morte si spaccher il velo, dietro cui si cela la Gloria, e anche la persona pi lontana conoscer il Signore (15,38 s). Ora suggerisce ci che manca allo scriba, proponendo una domanda precisa su di s. La risposta ad essa ci fa cristiani. Come dicono gli scribi. Questo finale del c. 12 tutto sugli scribi, che insegnano la parola di Dio. Ges domanda com possibile che, come essi dicono, il messia sia il figlio di David, se David lo chiama Signore. Non c altra possibilit che riconoscerlo figlio di David secondo la carne e Figlio di Dio secondo lo Spirito (Rm 1,3). la fede cristiana in Ges, vero uomo e vero Dio, che nella sua umanit ci insegna la verit di Dio.

il Cristo figlio di David. Ges il messia promesso a David come suo discendente (2Sam 7). Pietro lha riconosciuto (8,29) e la folla inneggiato (11,9 s). La cosa vera, ma parziale nel contenuto e inesatta nel modo. Anche il cieco lo chiama figlio di David (10,46 ss), ma, per avere la fede che salva, dovr essere guarito, per vederlo e seguirlo come colui che va a Gerusalemme a dare la vita. v. 36 David disse nello Spirito Santo. Nessuno pu dire: il Signore Ges, se non sotto lazione dello Spirito Santo (1Cor 12,3). Come ha ispirato i profeti e tutti gli autori della Scrittura, cos ispira il cuore di chi ascolta a riconoscere in lui il Signore. Ges cita dal Sal 110 gi allora letto in chiave messianica, che sar ampiamente usato dalla Chiesa primitiva per celebrare la sua glorificazione pasquale (cf At 2,34 s; Eb 1,13; 1Cor 15,25). Disse il Signore. Dio, lunico Signore. al mio Signore. il messia discendente di David, che lui riconosce come suo Signore. Siedi alla mia destra. Il messia ha prerogative divine: sedere alla destra di Dio significa avere il suo stesso potere. finch io ponga, ecc. Indica la vittoria finale dei Signore su tutti i suoi nemici. Ultimo nemico ad essere vinto sar la morte, sconfitta nel giorno della sua risurrezione (cf 1Cor 15,25 s). v. 37 David stesso lo dice Signore. Ges esplicita il punto della questione: se David chiama Signore suo figlio, significa che questo ben pi che suo figlio. E chi sar? David lha gi profetato, nella forza dello Spirito: il Signore. Chi risponde a questa domanda, conosce lidentit di Ges e il suo potere, oggetto di questi capitoli finali. Intuiamo il mistero, nel quale lui stesso ci introduce; ma ancora non lo comprendiamo. Possiamo per, come il cieco di Gerico, gridare il suo nome e invocare il Figlio di David, che abbia misericordia di noi. Lui ci illuminer. Appena lo seguiremo, nella carne di Ges umiliata e glorificata, avremo la conoscenza del Signore. Non scandalizziamoci del figlio di David, per non incontrare lira del Signore di David (Agostino). E la molta folla lo ascoltava volentieri. La parola vera diletta il cuore, attratto ad essa dalla gioia della verit (santAgostino). Lascolto il principio di tutto, ma non tutto. O porta alladorazione dellunico Signore, o finisce nel grido: Crocifiggilo! (15,13 s). Anche Erode ascoltava volentieri Giovanni (6,20). Ma alla fine, invece di obbedire alla sua parola, trov pi comodo tagliargli la gola. 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo, immaginando il tempio, dove Ges passeggia e insegna per lultima volta la verit ultima. 3. Chiedo ci che voglio: il suo Spirito, per riconoscere in lui che va in croce il mio Dio e Signore. 4. Medito su chi Ges per me. solo il Cristo, oggetto delle mie speranze? Accetto la sua povert, umiliazione e umilt fino alla croce? il mio Signore? Riconosco nella sua debolezza, nel suo amore e servizio, il vero volto di Dio, il senso della mia vita, colui che mi

ama e amo con tutto il cuore? 4. Passi utili: 2Sam 7,5-17; Sal 110; Rm 1,1-3; 1Cor 12,3; Ef 1,3-23; Col 1,13-20; Ap 5,9-14.

67. DALLA SUA MISERIA GETT QUANTO AVEVA, TUTTA INTERA LA SUA VITA
(12,38-44)
38

E nel suo insegnamento diceva: Guardatevi dagli scribi, che amano andare in giro in lunghe vesti, 39 e saluti sulle piazze, e primi posti nelle sinagoghe, e i primi divani nei banchetti, 40 i quali divorano le case delle vedove, e per ostentazione pregano a lungo. Costoro si prenderanno pi grave condanna. 41 E, seduto davanti al gazofilacio, osservava come la folla getta monete nel gazofilacio; e molti ricchi gettavano molto. 42 E, venendo, sola una vedova povera gett due spiccioli, che fanno un quadrante. 43 E, chiamati innanzi i suoi discepoli, disse loro: Amen vi dico: Questa povera vedova ha gettato pi di tutti quelli che gettano nel gazofilacio. 44 Infatti tutti gettarono dal loro superfluo. Ma costei, dalla sua miseria, gett tutto quanto aveva, tutta intera la sua vita. 1. Messaggio nel contesto Dalla sua miseria getto quanto aveva, tutta intera la sua vita , dice Ges della vedova. Ormai sta per andarsene, ma ci lascia in eredit un maestro discreto, che continua in silenzio la sua lezione. Chi ha orecchio per intendere, intenda. Il brano un contrappunto: bisogna guardarsi dagli scribi, i falsi maestri che tanto amiamo, e guardare alla vedova, vero maestro che preferiamo ignorare. I primi hanno il culto della propria immagine: amano con tutto il cuore se stessi, e si servono di tutto e di tutti, anche del Signore e della sua parola per

primeggiare. Sono il prototipo riuscito del peccato fondamentale che nel cuore di ogni uomo: il protagonismo, che mette lio al posto di Dio. La povera vedova, invece, sola e inosservata, povera e umile, getta tutta la sua vita: come Ges, che si fatto ultimo di tutti, e ha messo la sua vita a servizio di tutti. Ha il suo stesso Spirito, il vangelo vivo, in cui possiamo sempre vedere il volto del nostro maestro. Da lei si diffonde il buon profumo di Cristo, per la vita del mondo (cf 2Cor 2,14). La prima azione prodigiosa di Ges fu la guarigione della suocera di Pietro, perch potesse servire (1,29-31). Lultima sua istruzione prima del discorso escatologico, quasi il suo testamento, indicarci questa vedova. Senza che lei lo sappia, Ges la mette in cattedra al posto suo, perch prolunghi nel tempo la sua presenza. Essa d tutto per il tempio, che presto verr distrutto (c. 13 ). Il tempio in realt Ges stesso, che interpreta il suo gesto come risposta concreta alla sua ultima domanda. Lui il Signore; la fede riconoscerlo come tale, amandolo con tutta la vita (v. 30), perch lui per primo mi ha amato con tutta la sua vita. Ma tale risposta pu maturare solo sullalbero della croce. Questa vedova ne come il frutto anticipato. Il fico sterile e secco comincia a dare le sue primizie. Ges ci indica il modo di riconoscerlo Signore e rispondere alla sua domanda precedente: come questa vedova getta nel tesoro del tempio tutto ci che ha, cos noi gettiamo e affidiamo a lui la nostra vita. Il discepolo rappresentato da questa donna, che agisce come il suo Signore, facendo per lui quanto lui ha fatto per lei. il compimento perfetto del vangelo (cf 14,3-9). 2. Lettura del testo v. 38 Guardatevi da. Ges ci dice di guardarci con orrore da ci che guardiamo con ammirazione. gli scribi. Sono gli esperti della Scrittura, che era anche codice di diritto. Erano quindi teologi e avvocati. Professione magra la prima, ma certamente ben rimunerata la seconda! amano. Il loro amore non per Dio, ma per il proprio io, per il quale bramano quanto ritengono desiderabile. lunghe vesti. Amano abiti belli e costosi, da festa, non da lavoro. Labito il modo primo per distinguersi agli occhi di tutti. Copre il corpo, dandogli lapparenza desiderata. v.39 saluti sulle piazze. Amano la stima e la riverenza altrui. primi posti nelle sinagoghe. Amano essere primi davanti a Dio. primi divani nei banchetti. Amano essere primi davanti agli uomini. Essere il primo , il pi grande, il protagonismo, origine di tutti i peccati (cf 9,34; 10,35 ss). Gli altri, e Dio stesso, sono ridotti a proprio piedistallo. v. 40 divorano le case delle vedove. Oltre lapparire e il potere, amano lavere, procacciato con furto e senza scrupoli. Mediante i soldi si ottiene tutto il resto. La vedova non ha il marito che la protegge. Debole ed esposta, di nessuno. Per questo di Dio, che ne prende le difese. Gli scribi, in quanto esperti della legge, dovrebbero difenderla a suo nome.

La casa in Marco figura della Chiesa, e la stessa vedova rappresenta la comunit dei discepoli, quando le sar tolto lo Sposo (2,20). Questi scribi rappresentano quindi ciascuno di noi, nel nostro aspetto di mondanit, che distrugge la Chiesa. v. 41 seduto. la posizione del maestro che insegna. davanti al gazofilacio. il tesoro del tempio, che sar distrutto. Aveva tredici casse, in cui si mettevano i tributi e le offerte. Un sacerdote controllava la validit della moneta e ne dichiarava ad alta voce lentit. osservava. Nulla sfugge al suo sguardo, che non guarda le apparenze, ma vede il cuore (1Sam 16,7). come la folla getta. In questo brano esce sette volte la parola gettare. Ci sono per due modi di gettare: uno che vale secondo gli uomini e laltro secondo Dio. molti ricchi gettavano molto. Secondo gli uomini i ricchi gettano molto; secondo Dio poco, perch danno dei superfluo, e per farsi vedere. v. 42 sola una vedova. Tra i tanti, il suo sguardo nota questa vedova. povera. In greco c pitocca. Il cieco di Gerico mendicante, chiede lelemosina (10,40). Questa invece non chiede; nella sua povert, in grado di dare. gett due spiccioli. Sottolinea che erano due, perch poteva darne solo uno e tenersi laltro. Ges sa che tutto quanto ha. che fanno un quadrante. una moneta di circa 3 gr. di bronzo - un valore minimo. v. 43 chiamati innanzi i discepoli. lultima chiamata per i discepoli. Anche la precedente fu per unistruzione sullumilt (10,42). Il maestro, che ormai sta per lasciarli, resta seduto, e insegna chi guardare al suo posto. Li chiama ad osservare ci che neanche hanno visto, e che comunque ritengono di poco conto. Amen, vi dico. Laffermazione solenne, con lautorit di Dio che parla in prima persona. Questa povera vedova ha gettato pi di tutti. Nel giudizio di Dio i primi sono gli ultimi e gli ultimi i primi (10,31). v. 44 tutti gettarono del loro superfluo. Quando uno si garantito tutto, d a Dio gli avanzi, per aver vantaggio anche da questi. Certo non questo il modo di riconoscerlo come Signore. ridurlo a un idolo (cf Is 44,9-20). costei, dalla sua miseria. La parola greca indica essere allultimo posto. Anche il Signore si fatto ultimo, per farci ricchi: Conoscete la grazia del Signore nostro Ges Cristo: da ricco che era si fatto povero per voi, perch diventaste ricchi per mezzo della sua povert (2Cor 8,9). gett tutto quanto aveva. A differenza del giovane ricco (10,21 s) e come il cieco che butt il mantello (10,50), essa getta via tutto.

tutta intera la sua vita. la risposta piena delluomo al Figlio delluomo. Cos lo riconosce come Signore, e adempie al primo comando: amarlo con tutta la vita (v. 30). Questo lunico modo di entrare nel Regno, che dei poveri e dei piccoli. 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo, immaginando il luogo dove Ges, davanti al tesoro del tempio, guarda chi fa le sue offerte. 3. Chiedo ci che voglio: riconoscere Ges come mio Signore, offrendogli me stesso e la mia vita. 4. Traendone frutto, guardo, ascolto e osservo le persone: chi sono, che dicono, che fanno. Da notare: guardatevi dagli scribi cosa fanno secondo Ges molti ricchi gettavano molto solo una vedova povera gett due spiccioli gett quanto aveva, tutta intera la sua vita.

4. Passi utili: 1Re 17,9-16; 2Re 4,1-7; Sal 138; 146; 1Cor 1,26-3 l; 2Cor 8,9.

68. NON SAR LASCIATA QUI PIETRA SU PIETRA


(13,1-2)
131 E uscendo egli dal tempio, gli dice uno dei suoi discepoli: Maestro, guarda che pietre e che costruzioni! 2 E Ges gli disse: Vedi queste grandi costruzioni? Non sar lasciata qui pietra su pietra che non sia distrutta! 1 . Messaggio nel contesto Non sar lasciata qui pietra su pietra, dice Ges del tempio, la cui stabilit, bellezza e grandezza, suscitano lammirazione di chiunque lo veda. La fine del tempio significa la fine del mondo, figura della morte e risurrezione di Ges (cc. 14-16). Luomo lunico animale che sa di avere una fine. Cosciente della propria morte, cerca di sapere quando sar; ne spia i segni, nellillusione di controllarla. Ma proprio cos, invece di scansarla o

allontanarla, si fa sua preda anticipata. Cade sotto il suo dominio dispotico, ipnotizzato e soggiogato dalla paura. La gazzella pascola tranquilla tenendo sottocchio il leone. pi veloce di lui! Ma chi corre pi veloce del tempo che va e della morte che viene? Il vangelo non soddisfa il nostro prurito di curiosare circa il futuro. Non vuole alimentare la nostra ansia, ma vincerla con la fiducia. Con la croce gi venuta la fine del mondo vecchio e il principio di quello nuovo. Ci che avvenuto al Signore, quanto avviene e avverr a ciascuno di noi e a tutta la storia. Il c. 13 non intende fare previsioni catastrofiche e ineluttabili. Alla luce della storia di Ges, vuol farci leggere il nostro presente per viverlo con responsabilit e determinare cos il nostro futuro, che dipende appunto da ci che facciamo ora. Il discorso escatologico, molto unitario, parla del compimento finale (v. 4) che sfocia nella venuta del Figlio delluomo nella sua gloria (v.26). Questo compimento e questa venuta pu e deve essere letto a tre livelli: uno passato, uno futuro e uno presente. Quello passato ci serve per leggere con fede il presente, e quello futuro per viverlo con speranza. Ci che conta il presente, come luogo della fedelt al Signore. Questo discorso, pi che dirci le ultime cose che avverranno, ci svela il senso ultimo delle cose che avvengono. Gran parte di esso parla di guerre, carestie e terremoti. Non sono che gli ingredienti della nostra storia posta sotto il segno del peccato. qui che viviamo la sua stessa pasqua! I rantoli del vecchio mondo che agonizza, sono anche le doglie del parto del mondo nuovo che nasce. Le parole che qui Ges dice si sono avverate nella sua epoca e si avverano in ogni epoca. Per questo levangelista dice: Chi legge, capisca! (v. 14). Infatti la storia del Figlio delluomo rivela il mistero delluomo e del cosmo: in lui il destino di tutto e di tutti. Nella prima comunit era molto vivo il desiderio del suo ritorno glorioso. lanelito di ogni credente, come il gemito di tutta la creazione (Rm 8,22). Ma cera anche il pericolo di falsi allarmismi e facili inganni, con la tentazione di abdicare alle responsabilit presenti. Lansia struggente per la meta rischiava di mozzare il fiato e tagliare le gambe per il cammino. Un fanatismo disimpegnato ed alienante poteva fare da surrogato alla sequela di lui nella vita concreta. Per questo il discorso una doccia fredda contro unattesa febbrile ma vuota, che si accende per ogni novit e si rimpinza di ogni curiosit; ma anche un richiamo a unattesa appassionata e operante, con gli occhi aperti sul presente. Noi non attendiamo con lo stesso fervore. Forse non attendiamo pi nulla. Il nostro mondo si addirittura dimenticato di avere un futuro - e quale! Pensiamo che non ci sia un fine positivo per tutta la nostra vicenda umana. Questo vuoto angosciante di memoria e di speranza causa del proliferare di tante sette che parlano della fine del mondo - con date e scadenze puntualmente smentite. Infatti luomo, senza futuro, non pu vivere; gi morto. Bisogna riprendere in tutto il suo vigore il messaggio escatologico di Ges, per ridare alla nostra vita asfittica il respiro della speranza. Altrimenti ci si inventa speranze fasulle. Senza mete non si cammina. Tutto il discorso di Ges ridireziona le domande allarmate dei discepoli circa il quando e quali segni della fine dei mondo, dicendo quale il fine e come vivere ora. La fine del tempio, presagio della fine di tutto, iscritta nella finitezza di tutto ci che esiste allinfuori di Dio; il modo tragico in cui tutto finisce, conseguenza del nostro peccato. Ges crocifisso d al tutto un significato positivo, nuovo per noi, ma da sempre nascosto in Dio. Nel c. 13 ci si dice il senso profondo della realt: la verit definitiva verso cui cammina la stessa che si rivelata nel Signore morto e risorto (cc. 14-16). A qualcuno il tono del discorso pu sembrare un po eccessivo. Ma la verit non sempre paradossale, al di l di ogni opinione corrente?

Ges il tempio distrutto e riedificato in tre giorni (14,58; 15,29.38.39). Il discepolo sa che c una fine: la morte. Ma sa anche che c un fine: la risurrezione. Questo illumina tutto del suo vero senso, infondendogli una fiducia costruttiva. A differenza di chi ha ideologie positive o negative, egli n si illude, n si delude. Gli altri sono ottimisti o pessimisti; lui realista, perch ha speranza. 2. Lettura del testo v. 1 uscendo egli dal tempio. Presso tutti i popoli il tempio rappresenta lombelico del mondo, il centro vitale attorno a cui cresce e si organizza lo spazio e il tempo, lurbanistica e il calendario, tutta lattivit con la sua fatica e il suo riposo, con la sua pena quotidiana e la sua gioia festiva. il luogo sacro, separato da tutto, da cui tutto riceve senso e verso cui tutto tende. Per Israele era il luogo della legge e della Gloria; l stava lordinamento eterno che proviene dal caos e labitazione di Dio in mezzo al suo popolo. Andare al tempio presentarsi davanti al Volto, di cui si immagine e somiglianza. Il pellegrinaggio raggiungere il proprio volto, trovare la patria del proprio desiderio, entrare in comunione con la propria vita. Per il cristiano il tempio innanzitutto Ges, in cui abita corporalmente tutta la pienezza della divinit (Col 2,9). poi la stessa comunit, le cui persone sono pietre vive per un edificio spirituale (1Pt 2,5). infine il cuore di ogni credente, dove dimora luomo nascosto (1Pt 3,4), Ges Cristo, luomo interiore che abita per la fede nei nostri cuori (Ef 3,16s). Per questo la nostra preghiera in Ges, e avviene nel nostro cuore. Questo il nuovo tempio, dimora dello Spirito, in cui si adora Dio in spirito e verit (Gv 4,24). Ges che esce la Gloria che abbandona il suo tempio (Ez 10, 18-22). uno dei suoi discepoli. un discepolo anonimo, che ha il nome di ogni discepolo. che pietre e che costruzioni. Si diceva che chi non ha visto il tempio, non ha mai visto un edificio splendido. il tempio grandioso, iniziato da Erode nel 19 a.C. , per la cui costruzione vennero impiegati 100.000 uomini e 1.000 sacerdoti muratori per i lavori interni. Ancora in via di costruzione e di abbellimento ai tempi di Ges, sar terminato solo sei anni prima della distruzione, avvenuta nel 70 d.C. Il discepolo affascinato dal dettaglio (che pietre) e dallinsieme (che costruzioni). Il tempio fascinoso, bello e grande; ha le caratteristiche dellidolo, che sar frantumato da un sassolino (Dn 2,3135). Infatti, a causa del peccato, nel tempio si cela una profonda ambiguit, tipica di ogni religione: la pretesa di possedere Dio e averlo disponibile, riducendolo a soddisfazione del proprio bisogno di sicurezza. Si veda la denuncia, scandalosa non solo per i contemporanei, che ne fa Geremia 7,1-15; 26,1 ss. v. 2 Non sar lasciata qui pietra su pietra. Del tempio non sar lasciata pietra su pietra, perch il nostro peccato ne ha fatto la peggior torre di Babele: visibilizza il nostro tentativo di toccare il cielo, e di assicurarci una potenza illimitata, servendoci anche di Dio (cf Gn 11,4-6). La profezia della sua distruzione non una novit (cf Ger 7,1-15; 26,6). Avr un ruolo decisivo nel processo contro Ges (14,58) e sar argomento di irrisione ai piedi della croce (15,29). La fine del tempio la fine del mondo: si rompe lasse cosmico, e tutto regredisce nel caos. Cos lintendono i discepoli, dando a Ges loccasione del suo lungo discorso sulla fine del mondo. La maledizione del tempio - la stessa delluomo, peccatore eppure gloria di Dio - sar portata da Cristo, vero tempio distrutto e riedificato in tre giorni.

3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo immaginando il tempio. da cui Ges esce coi suoi discepoli. 3. Chiedo a Ges di capire il motivo della fine di tutto e della mia morte alla luce del suo mistero di morte e risurrezione. Considerare: Il significato del tempio con la sua bellezza e la sua ambiguit. Ges che ne esce e lo abbandona: sar distrutto come il suo corpo. Il nuovo tempio dove si adora Dio in spirito e verit. 4. Passi utili: Ger 7,1-15; 1Sam 4,1-11; 1Re 9,4-9; Sal 84; 1Cor 6,19; 1Pt 2,4 s. 3,4; Ap 21,22s.

69. GUARDATE CHE NESSUNO VI INGANNI


(13,3-23)

E sedendo egli sul monte degli Ulivi, di fronte al tempio, lo interrogava in disparte Pietro e Giacomo e Giovanni e Andrea: 4 Di a noi quando saranno queste cose, e quale il segno quando staranno per compiersi tutte queste cose? 5 Ora Ges cominci a dire loro: Guardate che nessuno vi inganni. 6 Molti verranno nel mio nome, dicendo: Io sono; e inganneranno molti. 7 Ma quando ascolterete di guerre e rumori di guerre, non spaventatevi. Bisogna che avvengano, ma non ancora la fine. 8 Infatti si lever nazione contro nazione e regno contro regno; vi saranno terremoti qua e l, vi saranno carestie. Principio di doglie questo! 9 Guardate a voi stessi: vi consegneranno a sinedri,

e sarete percossi in sinagoghe, e comparirete davanti a governanti e re per causa mia, in testimonianza per loro. 10 E prima bisogna che il vangelo sia annunciato a tutte le nazioni. 11 E quando vi conducono per consegnarvi, non preoccupatevi cosa direte; ma quanto vi sar dato in quellora, questo dite; infatti non siete voi a parlare ma lo Spirito Santo. 12, E il fratello consegner a morte il fratello e il padre il figlio, e insorgeranno figli contro genitori e li uccideranno. 13 E sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma chi resister sino alla fine, questi sar salvato. 14 Ma quando vedrete labominio della desolazione stare dove non bisogna - chi legge comprenda! 15 allora quelli in Giudea fuggano sui monti, e chi sul terrazzo non scenda e non entri a prendere qualcosa dalla sua casa, 16 e chi nel campo non torni indietro a prendere il suo mantello. 17 Ahim per le donne gravide e per le lattanti in quel giorni. 18 Ma pregate che non sia dinverno. 19 Quei giorni infatti saranno afflizione, quale non fu simile dal principio della creazione che Dio cre, fino ad ora, e non sar pi. 20 E se il Signore non accorciasse i giorni, non sarebbe salva nessuna carne. Ma per gli eletti che ha eletto accorci i giorni. 21 E se allora uno vi dica: Ecco qui il Cristo! Ecco l! continuate a non credere! 22 Infatti si leveranno falsi cristi e falsi profeti,

e daranno segni e prodigi a fine dingannare, se possibile, gli eletti. 23 Ma voi guardate: a voi ho predetto tutto! 1. Messaggio nel contesto Guardate che nessuno vi inganni, dice Ges al suoi discepoli circa il quando e i segni della fine del mondo. Sia per la prima generazione cristiana, che vide la guerra giudaica, sia per la seconda, che vide la persecuzione dei discepoli a Roma, sia per tutte le successive, facile cadere nella tentazione di leggere i propri mali come segno della catastrofe imminente. Ges ha appena parlato della distruzione del tempio. I discepoli pensano che sia anche la fine del mondo, e domandano quando e quale segno del compimento di tutto. Ges li esorta a sostituire lallarmismo col discernimento. Invece di preoccuparsi del futuro, devono occuparsi del presente, in fedelt operosa alla sua parola. inutile speculare: nessuna risposta teorica muta il dato di fatto sicuro. La finitezza del tutto simpone. Ma proprio questa pu essere vissuta da noi o come angoscia mortale, o come dipendenza filiale da Dio. Tra laltro la fine del mondo non prevedibile da nessun segno; non in continuit con gli eventi storici, perch costituisce una rottura definitiva. Non possiamo prevedere neanche la nostra morte. Quandanche ci riuscissimo, non avremmo ottenuto altro che anticiparla a causa della paura! I mali che accadono, e che noi stessi facciamo, fanno parte della nostra storia dopo il peccato. Ma proprio questa da leggere ormai come luogo di salvezza, alla luce del Signore morto e risorto. Il cristiano contro lalienazione, sia quella religiosa che quella laica. Non si rifugia in una speranza celeste incontaminata dalle vicende terrestri, sognando un futuro bello che gli faccia dimenticare il presente brutto; neanche evade nellillusione di un mondo felice, cadendo nella negazione del male, ritenendolo un semplice gradino inferiore nellevoluzione ascendente della natura, della specie, della classe operaia o altro. Sa che il male male, e, per s, non ne viene alcun bene. Vive tutto lo spessore e il peso di una realt di peccato. Ma sa che in essa presente il suo Signore crocifisso. Si fa quindi sua memoria vivente, incarnandolo nella propria vita. Unito a lui, partecipa e prolunga in s la sua stessa vicenda di morte salvifica. Il limite e il negativo - che conosce come gli altri e riconosce meglio degli altri - non ha per lui lincanto fatale della fine che ipnotizza, rendendo tutta la vita una mimesi della morte. Lo assume nella forza della risurrezione, che permette di vivere il presente con intelligenza disincantata e volont decisa, con libert responsabile e fedelt operosa nei confronti del Signore, che per primo ha percorso lo stesso cammino. Egli, entrato nel nostro medesimo tunnel, ha sfondato il muro che ci separava dalla vita e ci relegava nella paura della morte. La storia presente - sempre e solo presente quello che possiamo vivere! - non da vedere con le lenti nere delle nostre paure, ma con locchio limpido della parola di Dio. Questa ci fa scorgere come nel nostro male, che indubitabile, si opera la salvezza di Dio. Per questo Ges vuol bandire tutte le apprensioni, infondendoci fiducia e coraggio. La struttura del brano evidenzia questo intento, racchiusa com tra due messe in guardia contro ingannatori e allarmisti (vv. 5-6.21-23). Infatti la paura deresponsabilizza e cerca le sue conferme in ciarlatani e falsi profeti che pascolano di risposte immediate ogni bocca beante in domande ansiose. C poi la descrizione degli ingredienti normali della storia: guerre, terremoti e carestie (vv.7-8). Conseguenza del peccato e prodromi di morte, sono il segno che il mondo finisce; ma non sono la fine, bens linizio delle doglie, parto del mondo nuovo!

Al centro c la descrizione del discepolo (vv. 9-13). La sua persecuzione, insignificante per chi la fa e scoraggiante per lui che la subisce, in realt il vero segno della fine del male. Egli, testimoniando a tutti levangelo, la creatura nuova, che vive ci che annuncia, partecipando della lotta e della vittoria del suo Signore. Segue la descrizione misteriosa di un male abominevole (vv,. 14-20), che sembra preludere il ritorno del Signore. la grande afflizione che bisogna attraversare, ma non ancora la fine. Il discorso conclude infine, come gi detto, mettendo in guardia contro i falsi Cristi (= salvatori) e profeti (vv. 21-23). Lunico salvatore il Signore Ges, che ha anche predetto tutto (v. 23) ci che ci serve sapere. La nostra profezia il ricordo di quanto lui ha fatto e detto. Ges venuto, viene e verr; era, e sar. Viene al presente e verr nel futuro come gi venuto nel passato; e sar ci che era e si manifestato a noi nella sua carne. Dal suo passato - unica profezia! abbiamo il parametro per vivere il presente e conoscere il futuro. Quanti parlano della fine del mondo promettono ai loro discepoli di scampare dai mali che incombono. una menzogna, perch tutti viviamo la stessa realt. Ges invece insegna come viverla positivamente, promettendo ai suoi di associarli alla sua stessa sofferenza redentrice. E questa una promessa divina. Ges il rivelatore completo, la cui storia contiene ogni storia e tutta la storia. Il suo passato ci dice il nostro futuro e ci fa capire il nostro presente come il momento della testimonianza. Il discepolo sa che il mondo posto nel male. Non si stupisce n si allarma, e lo legge come luogo in cui testimoniare il suo Signore. 2. Lettura del testo v. 3 sedendo di fronte al tempio. Seduto in atteggiamento da maestro, Ges sta davanti al tempio, di cui ha appena predetto la distruzione. v. 4 quando saranno queste cose. Luomo sa che deve finire, lui e il suo mondo, ma ignora quando. Chi pretende di soddisfare questa curiosit, trova subito uditorio. Ha meno fortuna chi, invece di predire il futuro, cerca di far capire il senso del presente. quale il segno. In tutto ci che vede luomo spia il segno per presagire quando arriva il nemico che teme, nellillusoria pretesa di controllarlo. Ma proprio cos cade sotto il suo sguardo pietrificante. staranno per compiersi queste cose (Dn 12,7 LXX). La distruzione del tempio e la fine del mondo non sono unabdicazione di Dio nel governo del mondo; entrano invece nel compimento del suo piano. Ges insister su questo aspetto, trascurando i segni e il quando. Staccher anzi il quando della fine da ogni speculazione sui segni. A lui sta a cuore che il discepolo sappia non quando deve morire, ma come deve vivere. v. 5 Guardate che nessuno vi inganni. il ritornello di tutto il discorso. ingannatore chiunque parla del quando e interpreta i segni in tale senso. Infatti ottiene solo leffetto di terrorizzare luomo, piegandone cos la libert a ogni suo arbitrio e fanatismo. v. 6 Molti verranno nel mio nome. Gli ingannatori sono molti e si presentano nel nome di Ges. Ma sono falsi, anche se forse in buona fede, perch dicono ci che lui non ha mai detto, anzi ci che espressamente ha detto di ignorare (v. 32)!

lo sono (cf 6,45; 14,62). una dichiarazione di identit, o addirittura una pretesa superiore, divina (Io Sono = JHWH)? inganneranno molti. Molti gli ingannatori e molti gli ingannati, che vivranno il presente in sudditanza alla morte invece che al Signore della vita. v. 7 guerre e rumore di guerre. la manifestazione del peccato. La rottura col Padre porta necessariamente al conflitto tra i fratelli. Qui si parla della guerra giudaica; ma ogni epoca e ogni popolo ha purtroppo la sua ! non spaventatevi. La paura non rimedio, sua scintilla che accende e legno che alimenta il male. Il discepolo non ne terrorizzato o scoraggiato: sa che lo si vince col bene (Rm 12,21). Bisogna che avvengano. Il male bisogna che avvenga, come la croce di Ges (8,31; 9,12). Dato che c, non pu non venire a suppurazione. A peste, fame et bello, libera nos Domine!. Il male siamo noi a farlo. La punizione non viene da Dio, ma interna al male stesso come sua conseguenza, e serve da lezione positiva al bene. Se mi do una martellata in testa, sento dolore; e ci mi fa capire di smettere. La nostra esperienza per ci dice che non siamo liberi di non farci male. Possiamo per scegliere se chiedere a Dio la forza di smettere, oppure usare la mano sinistra per prendere un analgesico, continuando con la destra a darci martellate. ma non ancora la fine. Ges dissocia la fine del mondo dalla guerra giudaica, come da ogni guerra in corso. Anche se noi oggi possiamo distruggere il mondo, la fine sar solo quando lavr stabilito la pazienza di Dio, che non vuole che alcuno perisca, ma che tutti abbiano modo di pentirsi (2Pt 3,10). Infatti vuole che tutti gli uomini siano salvati, e arrivino alla conoscenza della verit (1Tm 2,4). v. 8 nazione contro nazione. una situazione di guerra generale. Il male imperversa dappertutto. Non c pace in nessun luogo. terremoti. come se la terra si ribellasse alluomo, scuotendoselo di dosso. carestie. Sono conseguenza delle guerre e dei terremoti, ma anche della siccit. Pure il cielo si ribella alla terra, che si ribella alluomo, che si ribella al fratello perch si ribellato al Padre! Lo staccarsi da Dio linizio della caduta nel caos. principio di doglie. Ges non dice che la fine, bens principio; e non parla di dolore, bens doglie. La stessa realt ha contemporaneamente due letture opposte: sofferenze di morte e travaglio del parto. La fine delluomo vecchio anche nascita di quello nuovo. Probabilmente la guerra giudaica, esplosa nel 66 d.C. , faceva presagire ai cristiani limminente ritorno del Signore. Con queste parole si vuole far intendere che siamo solo al principio delle doglie. Prima della nascita della nuova creatura, luomo perfetto, secondo la statura piena di Cristo (Ef 4,13), c di mezzo un lungo travaglio, che quello di tutta la storia, che non finir prima che Dio sia tutto in tutti (1Cor 15,28). v. 9 Guardate a voi stessi. Dagli eventi esterni lattenzione si sposta ai discepoli. vi consegneranno, ecc. Essi saranno esposti a persecuzione, come il loro Signore. Compiono nel loro corpo quello che ancora manca alla sua passione per la salvezza del mondo (Col 1,24). Ges non

promette loro altro privilegio che quello di essere simili a lui. Chi non fa il male, lo porta; e solo cos lo vince. il travaglio che genera luomo nuovo. per causa mia (8,33; 10,29). Motivo della persecuzione lamore per Ges e la fedelt alla sua parola. una grazia, per chi conosce Dio, subire afflizioni, soffrendo ingiustamente (1Pt 2,19). in testimonianza per loro. La persecuzione non sterile. martirio (= testimonianza), prova damore davanti a tutti, seme fecondo che cade nella terra. Non distrugge il discepolo, ma lo costituisce tale, testimone del suo Signore. v. 10 prima bisogna che il vangelo sia annunciato a tutte le nazioni. Il fine della storia la conoscenza dellamore del Padre da parte di tutti i suoi figli. una necessit (bisogna) assoluta del piano di Dio. Lannuncio lopportunit per tutti di accettarlo. Per questo Marco ha anche scritto il suo vangelo. v. 11 quando vi conducono per consegnarvi, ecc. Nelle persecuzioni non siamo soli e abbandonati. Siamo assistiti dal Consolatore, che ci consola in ogni nostra desolazione (2Cor 1,3). La sua gioia la nostra forza per testimoniare Ges: ci fa dire e fare ci che noi non siamo in grado di dire e fare. vv. 12s il fratello consegner a morte il fratello, ecc. (cf Mic 7,2-6). Lodio dei propri familiari segno del caos assoluto: il disordine tocca il nido della vita, intaccandone la sorgente. Il peggio del male tocca al discepolo - come gi prima al suo Signore, che sta al di sopra di ogni suo affetto e della stessa vita. v. 13 chi resister sino alla fine, questi sar salvato. Il tempo pi lungo del previsto, e langustia lo rende ancor pi lungo. Per questo necessaria la perseveranza, capace di farsi carico del male, senza abbandonarne il peso prima della fine. v. 14 labominio della desolazione stare dove non bisogna (Dn 9,27; 12,11). Si allude al massimo male: lidolo posto nel tempio. Ci capita ogni qualvolta il male, prendendo il posto di Dio, ne assume le caratteristiche di necessit, totalit e assolutezza. Il peccato si consuma nel conferire a Dio le caratteristiche del male, o al male le caratteristiche di Dio. Labominio della desolazione si compie sulla croce, dove Dio stesso si fa peccato e maledizione per noi. chi legge comprenda. Ognuno deve comprendere e vivere questo mistero di perdizione e di salvezza nella propria epoca. Cosciente che queste parole sulle cose ultime possano essere facilmente fraintese, Marco esorta chi legge a capire, per spiegare bene, senza indurre nessuno in errore. vv. 15s allora fuggano sui monti, ecc. una esortazione di Ges alla prima comunit a lasciare Gerusalemme che sar distrutta. In casi di guerra la citt fortificata il luogo pi sicuro. Ma se cade, una trappola mortale. Quando il male ha la pretesa di assolutezza, bene fuggire dalla citt degli uomini verso il monte, da dove verr laiuto (Sal 121,1). Bisogna lasciarla, come Sodoma e Gomorra, senza volgersi indietro. Anche nelle persecuzioni bene nascondersi, finch non venuta lora della testimonianza. v. 17 Ahim per le donne gravide e per le lattanti. la compassione di Ges per chi genera la vita in tale situazione di morte. Inoltre le donne incinte e allattanti sono impedite nella fuga. v. 18 non sia dinverno. Dinverno piove e i fiumi si gonfiano, ostacolando la fuga. Con queste parole Ges esorta i discepoli a fuggire da Gerusalemme a Pella, e Marco esorta i cristiani di Roma a sottrarsi alla persecuzione, per evitare il pericolo di compromettersi con la bestia.

v. 19 afflizione quale non fu simile dal principio della creazione, ecc. Sia la morte di Ges che la distruzione di Gerusalemme che la testimonianza del discepolo sono la grande angustia, la porta stretta alla vita nuova. v. 20 se il Signore non accorciasse, ecc. Il Signore desidera salvarci, e commisura sempre le prove sulle nostre forze (1Cor 10,13), abbreviandole per amore dei suoi discepoli perseguitati (gli eletti). v. 21 Ecco qui il Cristo! Ecco l! In questa grande tribolazione il desiderio del suo ritorno si fa pi intenso, ed facile cadere nellinganno di volerlo vedere qui o l. Invece non ancora il suo ritorno, ma ci che lo precede. v. 22 si leveranno falsi cristi. Sono i falsi portatori di una salvezza che non passa attraverso la croce di Ges e nostra. Sono gli anticristi, che non riconoscono Ges venuto nella carne, ossia nella debolezza (1Gv 4,2). Oggi ce n tanti quante sono le ricette di salvezza. falsi profeti. Sono quanti parlano di Ges (v. 6), dicendo per ci che lui non ha detto, ossia le scadenze sulla fine del mondo. Sono quelle persone religiose che, anche in buona fede, soddisfano le domande curiose, invece di richiamare alla fiducia e alla fedelt al Signore. segni e prodigi. Di miracoli e prodigi ingannatori ce ne sono tanti anche nella nostra epoca. Confondono la salute con la salvezza, distruggendo infine ambedue. v. 23 Ma voi guardate. Allallarmismo, che sfocia in credulonerie poi sempre gabbate, Ges contrappone il discernimento. a voi ho predetto tutto. Il criterio del discernimento quanto lui ha detto - nulla di pi, nulla di meno. Egli la Parola unica e totale del Padre: Ascoltate lui (9,7). La sua carne ci manifesta quel Dio che nessuno ha mai visto e altrove mai vedr. La profezia ricordo di lui, parola fatta carne e tornata parola per farsi nostra carne nellascolto. 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo immaginando il monte degli Ulivi, dove Ges con i quattro discepoli sta di fronte al tempio. 3. Chiedo al Signore il discernimento, per vedere nel mali presenti la partecipazione alle sue sofferenze, in modo da aver parte alla sua gloria (cf Fil 3,10). 4. Considerare: il pericolo di allarmismi e ingannatori sul quando e quali i segni (vv. 5-6.21-23); il senso delle guerre, dei terremoti, delle carestie e dellabominio della desolazione (vv. 78.14-20); il senso della testimonianza del discepolo che sta al cuore del discorso (vv. 9-13). 4. Passi utili: Gn 6-8; Sal 49; 1Ts 4,1-5,11; 2Ts 2,1-3,15.

70. ALLORA VEDRANNO IL FIGLIO DELLUOMO VENIRE NELLE NUBI


(13,24-27)
24

Ma in quei giorni, dopo quellafflizione, il sole sar oscurato, e la luna non dar la sua luce, 25 e gli astri staranno a cadere dal cielo, e le potenze dei cieli saranno scosse. 26 E allora vedranno il Figlio delluomo venire nelle nubi, con molta potenza e gloria. 27 E allora invier gli angeli, e riunir i suoi eletti dai quattro venti, dallestremit della terra allestremit del cielo. 1. Messaggio nel contesto Allora vedranno il Figlio delluomo venire nelle nubi. la grande promessa di Ges. A questo incontro con lui tutta la storia condotta dalla mano sapiente e paziente di Dio. La creazione in cammino verso la rivelazione del Figlio delluomo, nel quale ogni uomo figlio in comunione con il Padre. La fine del mondo non il cadere di tutto nel nulla, ma il compiersi di ogni speranza al di l e al di sopra di ogni attesa, in una pienezza che nessuno osa immaginare. Linvocazione del credente: Maran th: vieni, o Signore (1Cor 16,22), presta voce al gemito di tutta la creazione (Rm 8,19-23), che con aspirazione da vertigine tende a lui, nel quale, per mezzo del quale e in vista del quale tutto stato fatto (Col 1,15s). Egli infatti la vita di tutto ci che esiste (Gv 1,3b-4). La fine del mondo non qualcosa di tremendo. anzi il fine sommamente desiderato, la meta agognata. Paolo spera che avvenga mentre lui ancora vive (2Cor 5,1-5). infatti lincontro tra la sposa, che nello Spirito grida: Vieni, e lo sposo che garantisce: S, verr presto (Ap 22,17ss). Queste parole di Ges presentano il quadro finale della vicenda cosmica. Al centro sta la venuta del Figlio delluomo (v. 26), che segna la fine del mondo vecchio coi suo male (vv. 24-25) e linizio di quello nuovo, in comunione con lui (v. 27). La prima comunit cristiana ha visto nella distruzione del tempio il segno della fine del mondo. Fuggita verso i monti per scampare dalleccidio, era in fervida attesa del ritorno di Ges. Non mancavano falsi cristi e falsi profeti che lannunciavano prossimo. Ma non bisogna lasciarsi ingannare. Sar dopo quellafflizione e dopo tutta la storia di afflizioni, e comporter qualcosa di totalmente nuovo, uno sconvolgimento in cui si arrester il tempo e si confonder lo spazio. Lavvenimento sar palese: tutti lo vedranno. Per questo inutile fare speculazioni o cercare segni particolari. Queste parole di Ges si realizzano nella sua crocifissione, ormai prossima. Essa la sua intronizzazione, la sua venuta in potenza e gloria per compiere il giudizio di Dio e la sua salvezza. La sua croce la chiave di lettura di tutta la storia.

Questa una parabola, un enigma, che trova in quella la parola che lo spiega. Il mistero di Ges morto e risorto costituisce la sua prima venuta. Esso continua nella vita quotidiana del discepolo, che come la sua seconda venuta, anticipo o garanzia della terza, quella finale. Questa non sar che lo svelarsi di ci che ora gi c in modo nascosto; perch non c nulla di nascosto che non debba venire alla luce (4,22). La venuta gloriosa del Signore e il suo giudizio quindi a tre livelli: uno passato, quello della croce, dove tutto compiuto (Gv 19,30); uno presente, quello della nostra sequela, e uno futuro, quando sar compiuto in tutti ci che gi lo in lui e in chi lo segue. La prima venuta, testimoniata dalla Parola, norma di fede, che ci fa attendere il futuro nella speranza e vivere il presente nellamore. La storia sotto il segno della croce, gloria ora segreta che poi si manifesta. Il braccio potente, con cui Dio ha vinto il male, sono le braccia misericordiose del Figlio allargate a tutti i fratelli. Con queste parole Ges risponde alla domanda: Quale il segno della fine del mondo (v. 4). Ges il Figlio delluomo giudice della storia. Sulla croce si rivela tale e manifesta il giudizio del Padre: il suo stesso di Figlio che si fa fratello di tutti i peccatori per salvarli. Questo il fulgore pieno della gloria e della potenza divina, la cui rivelazione, che gi avviene nella vita del credente, il futuro di tutto il creato. Il discepolo conosce il giudice e il suo giudizio. Vive quindi con fiducia, speranza e giudizio, prendendo come criterio di vita il Figlio che ama il Padre e i fratelli. 2. Lettura del testo v. 24 Ma. Si passa a considerare qualcosa di diverso, anzi di opposto a quanto fanno gli uomini. Dio si riserva la parola definitiva. A lui, che ha detto la prima, spetta anche lultima. E dir il suo ma, ponendo fine alla perdizione e inizio alla salvezza. in quei giorni. Sono i giorni della grande afflizione, che indicano la morte di Ges e la distruzione di Gerusalemme. Continueranno nella persecuzione dei discepoli, fino a quel giorno e a quellora che solo il Padre conosce (v. 32). dopo quellafflizione. Il Figlio delluomo si manifester dopo che si sar consumata ogni afflizione come per Ges e per Gerusalemme, cos per ciascuno di noi e per il mondo intero. Il male del mondo deve spurgarsi nella croce del Giusto e di chi con lui, prima che si riveli la Gloria. La fine del mondo dopo ogni avvenimento mondano: un dopo rispetto a tutto ci che c prima. Non va quindi dedotta da nessun avvenimento, per quanto sia catastrofico. il sole sar oscurato, ecc. Sono immagini. Sole e luna sono lorologio cosmico. Si rompono e si arresta il tempo. Gli astri, con il loro moto, definiscono luniverso. Si confondono e si annulla lo spazio. un modo - solo un modo? - per significare la regressione al caos, punto zero delluniverso. La morte si rimangia la vita. Nella fine del mondo avverr quanto avvenuto nella morte di Ges, quando si oscur il sole meridiano (15,33) e la luce stessa del mondo si spense e sinabiss nella tenebra. v.25 le potenze dei cieli saranno scosse. Crollano i cardini del mondo: lalto diventa basso. Allora avverr quanto avvenuto sulla croce - abbassamento estremo dellAltissimo.

v. 26 E allora vedranno. Non sar una cosa segreta, ma ben visibile. Avverr quanto avvenne nella morte di Ges, quando il centurione vide e conobbe Dio (15,39). il Figlio delluomo venire nelle nubi (cf Dn 2,13). Queste parole di Ges, causa della sua condanna a morte (14,62), si sono realizzate proprio nella sua esecuzione. Alla fine avverr ci che avvenuto ai piedi della croce: il Figlio delluomo apparir nella nube abissale della sua gloria, e sar riconosciuto come il Signore che viene per il suo giudizio. Per Marco il Figlio delluomo colui che perdona i peccati (2,10), il Signore del sabato (2,28), deve soffrire e risorgere (8,31; 9,9.12.31; 10,33), venuto per servire e dare la vita per tutti (10,45) e se ne va consegnato nelle mani dei peccatori (14,21.41). Questo quello che ci giudica (8,38; 14,61s). Ma quale sar il suo giudizio, se lui, il giudice, uno che muore in croce per noi peccatori? Quale il giudice, tale il giudizio! E questo il suo giudizio, in cui compie ogni giustizia di Dio: lui, che giusto, porta su di s ingiustamente il nostro peccato e giustifica tutti gli ingiusti che si riconoscono tali e accettano la sua grazia. In questo giudizio finalmente capisco chi Dio per me e chi sono io per lui. Cessa finalmente linganno che mi ha allontanato da lui, dando inizio alla mia storia di morte. Ormai, caduto il giudizio mio o altrui su di me, vivo del suo, che la mia verit e salvezza. le nubi. Sono il luogo della rivelazione di Dio giudice. Egli si manifesta nella nube, perch, luce eccessiva, solo velandosi pu rivelarsi. Ma quando sar rotto il velo del tempio (15,38), allora lo vedremo faccia a faccia: nel nascondimento massimo sveler la sua gloria pi intima. con molta potenza e gloria. La gloria di Dio - splendore della sua essenza, ci per cui lui se stesso - lamore misericordioso. Sar manifesto a tutti proprio sulla croce. v. 27 invier gli angeli. Inviato in greco si dice apostolo e angelo significa annunciatore. Gli apostoli sono inviati come annunciatori della gloria di Dio - angeli del suo giudizio sulla storia. Il fine della loro missione riunire attorno al Crocifisso tutti gli eletti. riunir i suoi eletti. I suoi eletti sono i discepoli - e lui ordin di fare suoi discepoli tutti (Mt 28,19). Meta della storia la riunione con lui, il Figlio che riversa su tutti lamore del Padre. Il desiderio nostro di essere rapiti fra le nuvole per andare incontro a lui, e cos saremo per sempre con i1 Signore (1Ts 5,17). Vieni Signore Ges (Ap 22,20). dallestremit della terra allestremit del cielo. La croce la riunione di tutto e di tutti nellunica gloria. Le sue braccia si allargano per racchiudere gli estremi confini della terra e la sua asta si alza dallabisso delluniverso alla volta del cielo. Il Figlio delluomo il grande albero del Regno, in cui tutti i popoli trovano il loro nido (4,30ss), e fanno di Dio la loro dimora. 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo immaginando il monte degli Ulivi, dove Ges sta con i quattro discepoli di fronte al tempio. 3. Desidero e chiedo al Signore: Vieni, Signore Ges! Fammi vedere la tua gloria. 4. Considero il senso della storia:

cielo e terra passeranno; il Signore viene come giudice sulla croce, nella sua gloria e potenza; il fine della sua venuta salvarci e riunirci attorno a s. 4. Passi utili: Dn 12,1-3; Gl 1,15-2,11; Sai 90; 1Ts 5,1 -11; 2Ts 2,1-12; Ap 21-22.

71. DAL FICO IMPARATE LA PARABOLA


(13,28-32)
28

Ora dal fico imparate la parabola: quando gi il suo ramo si fa tenero e germina le foglie, sapete che vicina lestate. 29 Cos anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sapete che vicino, alle porte. 30 Amen, vi dico: Non passer questa generazione fin che non avvengano tutte queste cose. 31 Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno affatto. 32 Ma circa quel giorno e lora, nessuno sa, n gli angeli nel cielo, n il Figlio, se non il Padre. 1. Messaggio nel contesto Dal fico imparate la parabola, dice Ges: quando esso germoglia, segno che inizia lestate. Ma il fico, sterile e maledetto (11,12), sta per germogliare proprio ora. Fra tre giorni vedremo pendere dallalbero un frutto, primizia di una stagione feconda. Fuori parabola: con la croce di Ges gi finito il mondo vecchio e iniziato quello nuovo. Viviamo ormai nel tempo definitivo della salvezza; ogni momento quindi lora dei frutti (11,13), perch il tempo finito e il regno di Dio qui (1,15). Il brano si articola in quattro parti. I vv. 28-29 presentano una parabola di discernimento: tutti i mali descritti sono come il germinare del fico, segno evidente della stagione dei frutti. Il v. 30 dice quando tutto questo avviene: nella stessa generazione degli ascoltatori di Ges, che fra tre giorni, vedendolo sulla croce, sar chiamata a fare frutti degni di conversione. Come allora, cos ora e sempre ogni generazione chiamata a contemplarlo e a convertirsi. Il v. 31 assicura la certezza dellevento: tutto passa, ma non la sua parola, che ci ha promesso la sua venuta.

Il v. 32 infine afferma lincertezza dellora: quanto sicuro levento, altrettanto ignoto il giorno e lora. Chi sa discernere il segno del fico e si converte, vive ogni istante in vigilanza e fedelt (brano seguente). Ges in croce il primo frutto del fico che germoglia. Gi linverno passato (Ct 2,11.13). Il volto di Dio si illuminato su di noi e la nostra terra ha dato il suo frutto (Sal 67,1.7). Chiunque si volge a lui, entra nel Regno. La sua morte, avvenuta una volta per tutte, per ogni generazione il passaggio dalla morte alla vita. La promessa del suo ritorno infallibile; lora ignota, perch ogni istante sia attesa. E intanto ogni giorno quel giorno e ogni ora quellora in cui camminiamo incontro a lui che viene, fino allabbraccio definitivo. Il discepolo sa discernere in Ges morto e risorto il frutto di vita, e ne vive ora e sempre, fino alla rivelazione piena di tutto il mistero nascosto. 2. Lettura del testo v. 28 dal fico. Il fico gi ci ha istruiti, facendoci capire che ormai sempre la stagione buona (11,12 ss). lalbero che fa i primi e gli ultimi frutti. Prodotti direttamente dal tronco, senza fioritura, durano sulla pianta per tutto lanno; chi cerca, ne trova sempre almeno uno. Se il fico sterile rappresenta noi, quello fecondo la croce, dove troviamo Ges, dolce frutto dellamore del Padre e dei fratelli, Parola fatta carne. imparate la parabola. lultima parabola di Ges. quando il suo ramo si fa tenero. Allinizio della primavera comincia a scorrere la linfa, e i rami, da secchi, si fanno teneri. In questa stagione il fico d i primi frutti. La primavera laccadere di queste cose - la grande tribolazione con ci che precede e ci che segue - che coincidono con la croce di Ges, in cui ogni tribolazione germina frutto di vita. germina le foglie. Le foglie del fico servivano per coprire la nudit (Gn 3,7) e la propria sterilit (11,12ss); ora guariscono le nazioni (Ap 22,2). sapete che vicina lestate. la stagione dei frutti. La croce ne segna linizio inarrestabile. Ges il primo di una numerosa schiera (Rm 8,29). v. 29 quando vedrete accadere queste cose. Questa parabola ci dice quando viene il Signore: quando accadono queste cose descritte prima, che accadono sempre. Venuto nel nascondimento della croce, viene nella croce quotidiana del discepolo e verr alla fine, rivelandone la gloria. In tutto il travaglio della storia ormai possiamo leggere il gemito della nuova creatura che nasce. Il capo gi nato. Ora devono uscire alla luce tutte le membra. sapete che vicino, alle porte. Fra tre giorni, il primo frutto sar appeso al tronco, fuori la porta delle mura (Eb 13,12). Con lui giunto il regno di Dio. Basta che ci convertiamo a lui e lo seguiamo (1,1520).

v.30 Non passer questa generazione finch non avvengano tutte queste cose. Ges ha detto questo per la sua generazione, che tra poco vedr la sua gloria. Ma vale anche per quella successiva, che vedr nella croce di Gerusalemme il diffondersi della gloria nel mondo. Marco lo dice per quelli di Roma e per quanti verranno dopo - chi legge comprenda! perch vedano nelle proprie tribolazioni lo stesso mistero di morte e risurrezione del Signore. v. 31 Il cielo e la terra passeranno. Cielo e terra significa tutto. La scena di questo mondo passa (1Cor 7,31). Ma non viene distrutto: viene trasfigurato, reso partecipe della gloria dei figli (Rm 8,19-23). ma le mie parole non passeranno. La sua parola rimane in eterno, come la sua fedelt e il suo amore (Sal 148,6; 117,2). Solo lui, che dice: Amen, la roccia stabile su cui fondare la propria vita. v. 32 quel giorno. il giorno della morte di Ges che ogni singolo e luniverso intero rivive nei propri giorni di vita e rivivr in pienezza nel proprio giorno di morte. lora. Non conosciamo lora della sua ultima venuta, ma sappiamo che lui torna in ogni ora della notte e del giorno: di sera, quando si dona, di notte quando va nellorto, a mezzanotte quando lotta, alle tre di notte quando preso, al canto del gallo quando rinnegato, al mattino quando condannato, alle nove quando crocifisso, a mezzogiorno quando si oscura il sole, alle tre quando spira, alle sei quando entra nella notte del sepolcro per il riposo sabatico. Ogni ora della notte - ed sempre notte - chi tiene gli occhi aperti e veglia, lo vede venire. nessuno sa, n gli angeli n il Figlio. Quanto certo e determinato levento, altrettanto incerta ed indeterminata lora e il giorno della fine nostra, della fine del mondo e della sua ultima venuta. Cos Dio ha saggiamente stabilito per il nostro bene. Infatti, se sapessimo il giorno e lora, cadremmo in un terrore pietrificante o in unattesa alienante, invece di vivere ogni istante facendo la sua volont. Inoltre, non sapere il quando ci fa vivere la nostra finitezza come luogo di conversione dalla paura della morte allabbandono filiale nelle mani del Padre. Quel giorno poi dipende anche dalla nostra libert cos dura a convertirsi, alla quale viene incontro la pazienza di Dio. Quel giorno e quellora, infine, ogni giorno e ogni ora in cui ci decidiamo per lui. infatti sempre questo il tempo di dare frutto. Ges il rivelatore del Padre, che ci ha detto tutto (v. 23) quanto occorreva che conoscessimo. Venisse anche dagli angeli, ogni altra rivelazione sulla fine del mondo certamente sempre falsa e fuorviante. Non importante sapere quando finisce. Sappiamo che certamente finisce. Anzi sappiamo che gi finito, ed giunto il momento di passare dalla morte alla vita. se non il Padre. Il Padre conosce il tempo del ritorno a casa di tutti i suoi figli. Anzi, il tempo gi venuto, ed questo, in cui tutti siamo invitati. Ma come mai tarda tanto lestate, se il fico ha gi dato la primizia? Tutta la storia ormai non altro che il tempo della pazienza di Dio. Davanti al Signore un giorno come mille anni e mille anni come un giorno solo. Il Signore non ritarda nelladempiere la sua promessa, come certuni credono. Ma usa pazienza verso di voi, non volendo che alcuno perisca, ma che tutti abbiano modo di pentirsi (2Pt 3,8 s). Infatti vuole che tutti gli uomini siano salvati (1Tm 2,4) e che la sua casa sia piena (Lc 14,23). Ma come potr essere piena la casa di un padre, se manca anche un solo figlio? Nel Figlio delluomo, fattosi maledizione e peccato per noi (Gal 3,13; 2Cor 5,21 ), gi tornato a casa lultimo dei suoi figli. Per questo bisogna far festa e rallegrarsi (Lc 15,32). quanto celebriamo nelleucaristia.

3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo guardando il tempio dal monte degli Ulivi, dove Ges sta seduto con i quattro apostoli. 3. Chiedo al Signore ci che voglio: imparare dal legno della croce a leggere le tribolazioni del presente come le doglie del parto della vita nuova, e vedere in esse il mio essere associato alla sua gloria. 4. Medito sulle quattro affermazioni di Ges: dal fico imparo a discernere nel travaglio la visita del Signore che viene; tutto si compie sempre in questa generazione: questo il tempo in cui si decide la vita eterna; tutto passa, ma la parola del Signore rimane in eterno; solo il Padre conosce il giorno e lora ultima. Ma ogni giorno e ogni ora per me lultima, il momento di decidermi a seguire Ges, passando dalla morte alla vita. 4. Passi utili: Ml 3; Sal 73; Rm 8,18-23; 2Cor 4,7-5,10; 1Cor 7,29-31.

72. LO DICO A TUTTI: VEGLIATE


(13,33-37)
33

Guardate, vigilate! Infatti non sapete quando il momento. 34 Come un uomo in viaggio, lasciata la sua casa e dato il potere ai suoi schiavi, a ciascuno il proprio lavoro, e ordin al portinaio di vegliare. 35 Vegliate dunque: non sapete infatti quando viene il signore della casa se di sera, o a mezzanotte, o al canto del gallo, o allalba. 36 Che arrivando allimprovviso non vi trovi a dormire. 37 Ora, quel che dico a voi, lo dico a tutti: Vegliate!

1. Messaggio nel contesto Lo dico a tutti: Vegliate. Cos Ges conclude il suo ultimo discorso. Il brano tutto una variazione sul tema della vigilanza. Inizia con le parole guardate, vigilate, nel mezzo raccomanda due volte di vegliare, e alla fine estende a tutti lesortazione: Vegliate. Il cristianesimo non oppio. Fa tenere gli occhi aperti, come la saggia civetta, per scrutare nella notte ci che c, ed nascosto ai pi fino a che non viene il sole. Star svegli necessario, ma non basta. Il Signore, quando ci ha lasciato, ci ha dato il suo stesso potere. Siamo quindi responsabili di fare e dire quanto lui ha fatto e detto, fino al suo ritorno. La vigilanza costante quindi riempita da una fedelt operosa. La storia non una sala dattesa. piuttosto un cammino alla sequela di lui, verso il quale tendiamo. Il suo venire a noi ormai il nostro andare a lui: il ritorno del Figlio affidato al nostri piedi di suoi fratelli che camminiamo come lui ha camminato. La storia il luogo del discernimento (brano precedente), che ha come condizione lattesa vigilante e come risultato loperosit fedele. La vigilanza locchio del cuore aperto sul Signore per vederlo mentre viene in ogni presente; loperosit la mano per compiere con responsabilit lincarico ricevuto. Il Signore gi arrivato alla meta. La sua assenza ormai la distanza che a noi tocca colmare, percorrendo il suo cammino, fino a quando saremo sempre con lui. Ges se ne andato, ma non ci ha abbandonati. Ci ha lasciato tutto quanto aveva: il suo stesso potere di Figlio. Infatti ci ha battezzati nel suo Spirito, perch possiamo vivere come lui ha vissuto. Il discepolo deve guardarsi dal fanatismo di chi attende con agitazione, speculando su date e scadenze, come pure dalla delusione di chi non attende pi e dorme. Nellattesa del suo ritorno definitivo, sa che fare: mettere a servizio dei fratelli il suo dono nello Spirito. 2. Lettura del testo v. 33 vigilate. Veglia chi teme o desidera una presenza ancora assente. La parola greca (agrypno) significa uno che pernotta in aperta campagna, attento ai rumori della notte, oppure una persona insonne che invano va a caccia di sonno. Nella grande notte del mondo, il discepolo posto come sentinella. la sua funzione profetica (Ez 3,16). Non dorme come gli altri, ma resta sveglio, ed sobrio (1Ts 5,6). Infatti sa che tempo di svegliarsi dal sonno (Rm 13,11). Se prima era tenebre, ora luce nel Signore; e si comporta da figlio della luce, portando il frutto della luce (Ef 5,8 ss; 1Ts 5,1 ss). Infatti si prepara per lincontro desiderato. non sapete quando il momento. La vigilanza deve essere costante perch si ignora il momento della sua ultima venuta. E non c da indagare su giorni e su ore; ci basti sapere che ogni giorno e ogni ora il momento opportuno in cui vivere lincontro con lui, in attesa di quello definitivo. v. 34 un uomo in viaggio. La parola greca indica uscire dal proprio popolo, emigrare allestero, lontano (cf 12,1). Ges se ne andato da noi. Ci separa da lui lo stesso cammino che lui ha fatto quandera tra noi, e che noi dobbiamo a nostra volta compiere per essere con lui. ha dato il potere ai suoi schiavi. Servo uno il cui lavoro appartiene ad un altro. Schiavo uno la cui vita appartiene a un altro. Noi siamo schiavi, perch siamo del Signore. Proprio cos siamo uguali a lui,

che si fatto nostro servo e schiavo, per essere tutto di noi. Il potere che ci ha dato il suo stesso di Figlio che ama il Padre e i fratelli. Ci viene dal suo Spirito, ed quello della parola che rimette i peccati, scaccia i demoni, porta a conversione e fa riconoscere il Signore (1,20.27; 2,10; 3,15; 6,7; 11,28.29.33). a ciascuno il proprio lavoro. A ciascuno data una manifestazione particolare dello Spirito, per lutilit comune (1Cor 12,7). Non ha dato tutto a tutti, perch non ci chiudessimo nellautosufficienza. Ha dato a ciascuno qualcosa, perch ognuno serva il fratello in ci che ha, e sia servito in ci che non ha, e cos viviamo nel servizio reciproco. Non conta il tipo di prestazione; basta che ognuno, secondo il dono ricevuto, compia la sua. Comune a tutti, la legge fondamentale di mangiare il pane col sudore della propria fronte (Gn 3,19). Chi mangia senza sudore fa sudare un altro, che per di pi non mangia. Per questi Paolo dice: Chi non vuol lavorare, neppure mangi (2Ts 3,10). ordin al portinaio di vegliare. Il custode ha una responsabilit particolare circa la vigilanza. Il suo lavoro specifico richiamare tutti, perch chi non veglia, non attende, e chi non attende, non accoglie colui che viene. v. 35 Vegliate dunque. Non solo il portinaio, ma tutti dobbiamo vegliare. Questo voi farete, consapevoli del momento: ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perch la nostra salvezza pi vicina ora di quando diventammo credenti. La notte avanzata, il giorno vicino. Gettiamo via perci le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce. Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a gozzoviglie e ubriachezze, non fra impurit e licenze, non in contese e gelosie. Rivestitevi invece del Signore Ges Cristo e non seguite la carne nei suoi desideri (Rm 13,11-14). Vegliare significa questo. non sapete infatti quando viene il signore della casa. Si insiste sul non speculare su date precise circa il suo ritorno. Il punto un altro: vivere da figli della luce e del giorno (1Ts 5,5), rivestiti del Signore (Rm 13,14), in ogni ora della notte. E allora ogni ora sar un incontro con lui e un passo verso lincontro definitivo. di sera, o a mezzanotte, o al canto del gallo, o allalba. Sono le varie ore della notte. Richiamano il racconto della passione: la sera si consegn in pasto ai suoi, a mezzanotte agonizz e fu tradito, al canto del gallo fu rinnegato, allalba fu condannato. Le quattro ore in cui vegliare corrispondono ai quattro sonni del discepolo. v. 36 arrivando allimprovviso non vi trovi a dormire. Tutti questi momenti coglieranno i discepoli nel sonno, allimprovviso. La carne debole, non ancora rivestita della forza dello Spirito. La sua venuta quella dello sposo per chi lattende e ha fatto di lui la sua vita (Mt 25,6); invece quella del ladro (1Ts 5,2) per chi ha posto altrove il suo tesoro. v. 37 quel che dico a voi. Il discorso era rivolto a Pietro, Giacomo, Giovanni e Andrea (v. 3). lo dico a tutti. Attraverso loro rivolto a tutta la Chiesa di ogni tempo. Vegliate. la parola ultima che Ges dice a tutti, dopo aver predetto tutto (v. 28). Poi inizier il racconto della passione. 3. Esercizio

1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo vedendo il monte degli Ulivi, dove Ges sta con i quattro davanti al tempio. 3. Chiedo al Signore ci che voglio: attenderlo con vigilanza e fedelt nel mio lavoro. 4. Considerare: Il potere che Ges ci ha dato. Svolgo il lavoro comune a tutti e il mio compito specifico? Cosa significa non dormire, vigilare e vegliare? 4. Passi utili: Is 63,16-64,7; Sal 80; Rm 13,1-14; 1Ts 3,10; 1Cor 12,4-31; Mt 25,1-13. 14-30.

73. A CHE PRO QUESTO SPRECO?


(14,1-11)
141 Ed era la Pasqua e gli Azzimi dopo due giorni. E cercavano i sommi sacerdoti e gli scribi come impadronirsi con inganno e ucciderlo. 2 Dicevano infatti: Non nella festa, perch non ci sia un tumulto del popolo. 3 E, mentre egli era in Betania, nella casa di Simone il lebbroso, sdraiato a mensa, venne una donna che aveva un alabastro di profumo di nardo puro, molto prezioso; infranse lalabastro e lo vers sul suo capo. 4 E cerano alcuni irritati in se stessi: A che pro si fatto questo spreco di profumo? 5 Si poteva infatti vendere questo profumo a pi di trecento danari e darli ai poveri. 6 E fremevano contro di lei. Ma Ges disse: Lasciatela! Perch le date fastidio? Ha fatto unopera bella in me. 7 Infatti sempre avete i poveri con voi, e quando volete potete far loro del bene; me invece non sempre avete. 8 Ha fatto quanto poteva,

ha anticipato di profumare il mio corpo per la sepoltura. 9 Amen, vi dico: ovunque sar annunciato levangelo nel mondo intero, sar raccontato anche ci che lei ha fatto, in ricordo di lei. 10 E Giuda Iscariota, uno dei Dodici, se ne and dai sommi sacerdoti per consegnare lui a loro. 11 Ora essi, udendo, si rallegrarono, e promisero di dargli danaro. E cercava come consegnarlo a tempo opportuno. 1. Messaggio nel contesto A che pro questo spreco?. Queste parole nei confronti della donna esprimono bene il mio sentimento davanti alla passione del Signore: perch questo spreco di amore? Non poteva risparmiarsi un po? Chi comprende questo eccesso entra nel mistero di Dio. Con questa scena delicatissima Marco d il la al racconto centrale della nostra fede. In tutto levangelo, il gesto compiuto dalla donna lunico che Ges gradisce e approva senza riserve. Solo lui capisce lei e solo lei capisce lui. Ci che essa fa chiamato opera bella, vangelo. Il complotto per ucciderlo (vv. 1-2) e il tradimento (vv. 10-11) sono la cornice oscura che fa contrappunto alla luminosit del quadro, e indicano la situazione di chi non dalla parte della donna. Ges fu proclamato messia nel battesimo (1,9 s) e riconosciuto tale da Pietro dopo il pane (8,29). Ora, mentre va in croce, consacrato da una donna. Quanto essa fa la realizzazione piena del vangelo: II Signore crea una cosa nuova sulla terra: la donna cinger luomo (Ger 31,22). La sposa risponde finalmente allamore dello sposo, che la ama di amore eterno (Ger 31,3). La reciprocit damore tra uomo e Dio punto darrivo di tutta la creazione. Il racconto un vaso prezioso, da cui esala il profumo di molti misteri nascosti. Infatti lunzione della donna la consacrazione di Ges oltre che come messia, anche come profeta, sacerdote, altare e vittima, che pure venivano consacrati con lolio. E ci rivela anche cos la fede: riconoscere Ges povero e morente come proprio Salvatore e Signore, amandolo con tutto il cuore. Inoltre quanto fa questa donna figura di quanto far Ges sulla croce: il vaso del suo corpo sar rotto, e ne uscir per tutta la terra il profumo di Dio. In sintesi: in questa donna rappresentata la verit di ogni uomo, sposa di Dio, che incontra la verit di Dio, sposo delluomo. Protagonista del brano il profumo, che emana dal ritrovarsi dei due, impregnando e avvolgendo tutto. Come lamore, il profumo di sua natura non pu non donarsi. Invisibile a tutti e da tutti percepibile, lo si avverte anche al buio, piacere di una vicinanza gradita, gioia di una compagnia che rompe la solitudine. In ebraico profumo si dice shemen. Richiama shem (= nome), che indica la presenza di Dio tra gli uomini. Dio infatti amore e letizia che non pu non comunicarsi e donarsi. Il suo profumo si espander proprio dalla croce, dove il suo nome sar conosciuto e glorificato anche dal pi lontani (15,39). Nel Cantico dei Cantici Dio, mai nominato se non nel finale posteriore (8,6), ha nome profumo effuso (Ct 1,3). Infatti amore amante, presente ovunque amato.

Ges interpreta il gesto della donna anche come vittoria sulla morte e profezia di risurrezione: lo unge prima che muoia, intuendo che il profumo non per coprire lodore di morte, ma per donare al Vivente. Lamore infatti pi forte della morte (Ct 8,6). Il racconto ruota su due gruppi di persone. Da una parte i sommi sacerdoti, gli scribi, Giuda e tutti gli altri; dallaltra Ges solo con la donna e la donna in silenzio e sola con lui. In corrispondenza ci sono due gruppi di parole. Da una parte c: impadronirsi, inganno, uccidere, tumulto, vendere, denaro, comprare, fremere, dare fastidio; dallaltra alabastro, profumo, nardo genuino, rompere, effondere, sprecare, dare, beneficare, opera bella, vangelo. Con il primo gruppo si pu scrivere tutta la storia umana, col secondo quella di Dio in Ges. I due gruppi di persone e di parole esprimono due economie opposte. Da una parte c quella dellegoismo, che si impadronisce, compra, vende con denaro, calcola e uccide, adirandosi e dando fastidio. leconomia delluomo. Dallaltra c quella dellamore che dona in gratuit e spreca follemente. leconomia di Dio. Il tutto evidenziato nel contrasto dei due odori che si succedono: la puzza di morte nella casa di Simone il lebbroso lascia il posto al profumo di vita. Ges sta terminando il suo cammino. Dopo aver dato tutto ci che ha, giunto il momento in cui d ci che : sulla croce si romper il vaso, e ne uscir il profumo. Discepolo colui che diventa come questa donna. Ci sar possibile solo dopo la passione/risurrezione, come risposta allamore del suo Signore. 2. Lettura del testo v. 1 Ed era la pasqua e gli Azzimi dopo due giorni. Si nomina per la prima volta la grande festa giudaica, che inizia con la cena dellagnello pasquale e si protrae per una settimana, in cui si mangia pane azzimo, senza lievito. il memoriale delluscita dalla schiavit dEgitto, promessa del mondo nuovo. Nella cronologia di Marco siamo di mercoled, il quarto degli otto giorni in cui scandito il finale del suo vangelo. La pasqua cadr al sesto, di venerd, giorno della creazione delluomo, e coincider con la morte di Ges. La sua croce infatti liberazione definitiva dalla schiavit degli idoli - conosceremo chi Dio! - e creazione delluomo nuovo. i sommi sacerdoti e gli scribi. Insieme con gli anziani, sono gli attori della passione. Sono come le tre maschere del male, e rappresentano la struttura del mondo nelle sue tre concupiscenza, il desiderio di avere, di potere e di apparire. Queste tre brame alienano rispettivamente dalle cose, dalle persone e da se stesso luomo che si alienato da Dio. Qui non sono nominati gli anziani, la cui funzione svolta egregiamente dai discepoli, che calcolano il dono o lo consegnano in cambio di denaro. impadronirsi. Parola chiave della passione, esprime il male radicale delluomo. Questi necessariamente prende perch figlio, creatura che riceve quanto ha ed . Se prende in dono rimane nella vita, unito al Padre che ringrazia e ai fratelli con cui divide. Se si impossessa, si separa dal Padre e si divide dai fratelli. Il peccato di Adamo e di ogni uomo rubare il dono. La salvezza di Dio donare ci che rubato. Il Figlio, dono perfetto del Padre, fatto oggetto di possesso, verr ucciso. con inganno. Chi si impadronisce, sempre inganna; ma anche si inganna, anzi ingannato. Credendo di procurarsi un bene, si fa il massimo male: perde la sua somiglianza con Dio.

e ucciderlo. Fine di ogni possesso la morte. I mezzi, vedremo, saranno danari, baci, spade e bastoni (vv. 11.43 ss). Il solito gioco delluomo, che, senza saperlo, gioca se stesso. v. 2 Non nella festa. Invece il momento opportuno sar proprio la festa. Infatti noi con il possesso uccidiamo il dono e la vita; ma la sua morte sar dono incondizionato, principio di nuova gioia. perch non ci sia un tumulto del popolo. Il popolo, che finora gli favorevole (12,37), al momento opportuno far tumulto per condannarlo (15,11-14). v. 3 mentre era in Betania. Da qui entra ed esce negli ultimi giorni trascorsi a Gerusalemme. diventata la sua dimora: infatti significa casa del povero (11, 1.11.12). nella casa di Simone il lebbroso. Allinizio del suo ministero Ges ha guarito un lebbroso (1,40 ss). Una scena simile a questa descritta da Luca in casa di Simone il fariseo (7,36 ss). Simone il lebbroso e Simone il fariseo sono come ununica persona. Infatti il peccato del fariseo, che non si sente amato e non ama, non forse una lebbra che intacca il cuore delluomo e ne divora la carne? Nella sua casa, graveolente di morte, entra ora il Signore della vita. Ci dar il suo profumo, e avr in cambio il nostro fetore. sdraiato a mensa. Ges partecipa a suo agio alla nostra mensa; condivide tutto con noi, perch noi condividiamo tutto con lui. venne una donna. Sappiamo da Giovanni che Maria, sorella di Marta e di Lazzaro (Gv 12,1 ss). la stessa che fa l unica cosa necessaria, scegliendo la parte migliore, che non le verr tolta (Lc 10,42). Marco ne tace il nome, come pure Luca nella scena analoga, dove presentata come la prostituta che diventa finalmente sposa (Lc 7,36ss). alabastro. Si dice il materiale di cui fatto il vaso che contiene il profumo. prezioso, come il corpo di Ges, in cui abita tutta la pienezza della divinit (Col 2,9). di profumo. Ct 1,3 dice che il nome (shem) dello sposo profumo (shemen). il nome vero di Dio, amore e dono per tutti. Sulla croce si romper il vaso prezioso e la sua essenza si effonder, impregnando la terra intera. di nardo puro. Il nardo un preziosissimo profumo orientale. La parola puro in greco (pistiks) richiama la parola fede e significa: atto a suscitare fede, ossia genuino. Questo profumo effuso non potr non essere creduto, e susciter necessariamente fede nel Signore, finalmente riconosciuto nella sua genuinit. molto prezioso. Si sottolinea la preziosit dei profumo. infranse lalabastro. Non basta aprire il vaso? necessario lo spreco perch ci sia amore. Solo rompendolo esce tutto ci la cui misura non avere altra misura che la totalit. vers sul suo capo. Tutto avviene in silenzio. Sul suo capo scende lolio di letizia che lo consacra re, profeta, sacerdote, altare e vittima. E lui si compiace della bellezza di ci che fa la sposa (Sal 45,8.12). La casa del lebbroso si riempie del profumo. Come il vaso, anche il suo corpo sar spezzato; come il profumo, anche il suo sangue sar riversato sulle moltitudini (v. 24).

v. 4 alcuni irritati. Marco non dice chi sono. Tra questi alcuni c ciascuno di noi, che si sente indisposto e a disagio davanti a tanto amore. A che pro questo spreco? quanto ciascuno di noi si chiede davanti alla croce di Ges. Non basta una sola goccia a lavare il mondo intero? Perch questa follia damore? Solo chi capisce questo in grado di rispondere alla richiesta che Ges fece al ricco, e cos adempiere il comando dellamore (10,21; 12,29 ss) ed entrare nel Regno. Questo infatti la reciprocit damore tra uomo e Dio. v. 5 Si poteva vendere. Comprare e vendere appartiene alleconomia di possesso. Chi calcola ancora nellegoismo e nella morte. Lamore non conosce calcolo. trecento danari. il salario di trecento giorni lavorativi, la fatica e la vita di un anno! darli ai poveri. Chi crede che lamore per il Signore sia sottratto ai fratelli, come chi pensa che lacqua della sorgente sia sottratta al secchio. Inoltre lelemosina del superfluo non risolve la povert, anzi la mantiene, aggiungendovi la dipendenza. Solo il dono di tutto d inizio al mondo nuovo (cf 12,44). v. 6 E fremevano. Ges fremette davanti al lebbroso (1,43); noi davanti al profumo. unira che si esprime sbuffando. Ma la sua contro il male, la nostra contro il bene. E siamo capaci anche di darle una motivazione nobile e religiosa. Lasciatela. Ges ne prende le difese, approvandola totalmente. lo specchio di quanto lui ha fatto e vuole insegnarci a fare. Perch le date fastidio? Il fastidio interiore che proviamo davanti al suo amore lo riversiamo su di lei. Vorremmo cambiare lei invece di noi. Ha fatto unopera bella. Bella solo lopera come esce dalle mani di Dio, ancora non toccata dal male (Gn 1,4.12.18.21.31). Nella donna riverbera la bellezza originaria di quando egli cre il mondo e luomo a sua immagine. linizio della nuova creazione. in me. Lopera bella ha come termine la persona del Signore Ges: risposta personale damore verso di lui, che, andando in croce, compie lopera bella per eccellenza. v. 7 sempre avete i poveri con voi. Ecco io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo, dice colui che si identificato con i poveri, rivestendosi della loro carne (Mt 28,20; 25,35 ss). La nostra risposta damore a lui, che si fatto ultimo e servo di tutti (9,35; 10,45), sorgente di quanto faremo per loro. Non si tratter di unelemosina che li umilia, ma di un amore che ci eleva alla loro dignit, che quella del Signore stesso. v.8 Ha fatto quanto poteva. come la vedova, che d tutto quanto ha , tutta la sua vita (12,44). Lamore ignora il tanto e il poco: conosce solo il tutto. Come impossibile al giusto che calcola, invece donato alla povera vedova e alla peccatrice (cf Lc 7,36 ss). ha anticipato di profumare il mio corpo per la sepoltura. Siamo due giorni prima della sepoltura. Due giorni dopo andranno inutilmente a profumarlo. Lolio comperato non servir (16,1). Lunzione

anticipata interpretata da Ges come preannuncio della sua risurrezione. Il profumo della donna persister sul suo corpo crocifisso e glorioso. Dove c un amore che d tutto, c gi vittoria sulla morte. v. 9 ovunque sar annunciato levangelo. Il vangelo il ricordo/racconto di Ges Cristo Figlio di Dio (1,1). sar raccontato anche ci che lei ha fatto, in ricordo di lei. Levangelo diventa racconto/ricordo di questa donna. C quindi identificazione tra lei e Ges. Infatti, mediante lamore reciproco, sposo e sposa fanno una carne sola. Questa donna il vangelo vivo, il buon profumo di Cristo che si effonde per il mondo intero, prototipo di tutti quelli che hanno ottenuto la vita ( 2Cor 2,14 ss). v. 10 E Giuda Iscariota. Il gesto della donna come la croce di Ges, giudizio di Dio che discrimina. Chi non con lei che con Ges, contro di lei, alleato di Giuda e di tutti gli altri che sono contro Ges. per consegnare lui. Ora inizia il racconto della storia del vaso prezioso, il suo corpo consegnato nelle mani dei peccatori. v. 11 si rallegrarono. Anche il male conosce una sua gioia. Ma ingannevole, e c solo come promessa non mantenuta. Ne segue infatti sempre amarezza e confusione. promisero di dargli danaro. Il danaro lo strumento normale per comprare/vendere e consegnare ci di cui ci si vuol impadronire. Trecento denari il valore del profumo donato; a trenta sicli, prezzo dello schiavo (Mt 26,15; Es 21,32), svenduto il dono di Dio. E cercava come consegnarlo a tempo opportuno. Il tempo opportuno della consegna di Ges, contro la previsione dei capi, sar proprio la festa di pasqua. Perch la nostra pasqua lui, immolato per noi (1Cor 5,7). 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo immaginando la casa di Simone il lebbroso, dove Ges sta a mensa con i suoi. 3. Chiedo al Signore ci che voglio: capire il perch dello spreco della donna e suo. 4. Traendone frutto, ascolto, vedo e osservo le persone: chi sono, che dicono, che fanno. Inoltre posso considerare attentamente i due gruppi di persone e di parole, che esprimono rispettivamente due logiche e due economie: quella del dono e della vita, quella del calcolo e della morte. Sentire anche i due odori: quello della lebbra e quello del profumo. 4. Passi utili: Dt 6,4-8; Sal 45; Lc 7,36-50; Mc 12,28-34; Cantico dei Cantici; 2Cor 2,14-16; Ap 22,1720.

74. L PREPARATE PER NOI


(14,12-16)
12

E il primo giorno degli Azzimi, quando si immolava la pasqua, gli dicono i suoi discepoli: Dove vuoi che andiamo a preparare, perch tu mangi la pasqua? 13 E invia due dei suoi discepoli, e dice loro: Andate nella citt, e vi verr incontro un uomo che porta un vaso dacqua. Seguitelo; 14 e, dovunque egli entri, dite al padrone di casa: Il Maestro dice: Dov il mio luogo di riposo, dove io possa mangiare la pasqua con i miei discepoli? 15 Ed egli vi mostrer una stanza superiore, grande, arredata, preparata; e l preparate per noi. 16 E uscirono i discepoli, e vennero nella citt, e trovarono come disse loro, e prepararono la pasqua.

1. Messaggio nel contesto L preparate per noi, dice Ges ai discepoli, indicando come trovare il luogo del banchetto. gioved, vigilia di Pasqua. Quattro volte esce il verbo preparare; per questo bisogna individuare quello che il Maestro chiama il mio luogo di riposo, dove io possa mangiare la pasqua con i miei discepoli. Tutto il vangelo di Marco una lunga introduzione al racconto della morte e risurrezione di Ges, e vuol condurci a questo luogo, in cui si celebra leucaristia, nostra pasqua. Il brano ci suggerisce i passi necessari per prepararci alla cena del Signore, che subito dopo verr narrata.

1. Per ben quattro volte si nomina la pasqua ebraica. Bisogna innanzitutto conoscere che cosa essa , perch solo alla sua luce comprensibile leucaristia cristiana, compimento di quella liberazione di cui lesodo promessa. 2. Si parla di immolare la pasqua, cio lagnello. Bisogna anche essere coscienti che questa liberazione avviene a caro prezzo: costa il sangue dellagnello immolato, che Cristo (1Cor 6,20; 7,23; 5,7). 3. Ges inoltre prevede ci che avviene e lo affronta con coscienza. Bisogna quindi sapere che la sua morte non un incidente sul lavoro o una brutta sorpresa, bens il costo preventivato - la sua per la nostra vita! 4. Ges infine non solo sa, ma liberamente vuole, anzi preordina tutto, esattamente come nella scena dellingresso a Gerusalemme Bisogna allora tener presente che la sua morte non semplicemente subita, ma il frutto di tutta la sua vita di Figlio che ama il Padre e i fratelli. 5. Oltre questo, il discepolo deve anche cercare la stanza superiore: il problema centrale del brano. Luomo con la brocca dacqua, figura di colui che porta al battesimo, indicher come trovare questo luogo dove si mangia, cio si vive col Signore la sua stessa pasqua. Chi ne resta fuori, non gusta del grande dono. Ges lagnello immolato, che coscientemente e liberamente ha dato se stesso per noi. Egli la nostra pasqua, liberazione da ogni male. Il discepolo si prepara a mangiare con lui innanzitutto sapendo cos la pasqua, poi disponendosi, come lui, a farsi carico del male del mondo con coscienza e libert, e infine trovando la stanza superiore. 2. Lettura del testo v. 12 il primo giorno degli Azzimi. gioved, 14 Nisan, vigilia della pasqua. Secondo vari calcoli, probabilmente siamo al 6 aprile dellanno 30. Ges morir il giorno dopo, venerd 15, giorno di pasqua. Gi la vigilia si inizia a mangiare pane azzimo, simbolo di purezza, togliendo il lievito, simbolo di corruzione. Marco suppone che si conosca la pasqua ebraica. Essa innanzitutto liberazione dagli idoli che schiavizzano. Segna inoltre la fine delloppressione delluomo da parte delluomo, perch Dio non tollera lingiustizia. infine rottura con il peccato e con la morte, attesa di cieli nuovi e terra nuova. Tutti questi vari significati della pasqua ebraica sono la promessa che trova compimento nella croce di Ges, e servono per capirne pienamente la portata. quando si immolava la pasqua. Pasqua sta per agnello pasquale. La nostra pasqua Cristo, immolato per noi (1Cor 5,7). Lui lagnello senza difetto e senza macchia, gi preparato prima della fondazione del mondo 1Pt 1,19 s), che si fa carico del peccato del mondo (Gv 1,29). La pasqua di Ges martirio, ossia testimonianza di un amore pi forte di ogni male e della stessa morte, capace di farsi solidale coi fratelli fino alla debolezza estrema: Fu crocifisso per la sua debolezza (2Cor 13,4). Mangiare la pasqua con lui significa essere associati alla sua stessa passione per il mondo, disposti a pagarne i costi, che assumiamo liberamente, nonostante le paure e le resistenze contrarie (cf vv. 32 ss; Mt 5,11; At 4,23 ss; 5,41; 14,22; 20,23; Eb 12,8 ss; Gc 1,2 ss; 1Pt 1,6 ss; 2,19). Dove vuoi che andiamo a preparare. Il problema trovare il luogo dove preparare la pasqua.

perch tu mangi la pasqua. Ges in prima persona mangia (tu mangi), ossia vive questa pasqua in cui d la propria vita. v. 13 vi verr incontro un uomo che porta un vaso dacqua. Secondo i Padri, questuomo che porta lacqua ( in greco bastzon = che porta, richiama baptizon = che battezza) colui che, dando il battesimo, introduce nella sala superiore, dove si celebra leucaristia. Tocca a lui indicare questo luogo. La brocca di cotto, in greco kermion, in ebraico marekah, richiama il nome di Marco, autore del vangelo, nella cui casa forse si svolse lultima cena e nacque la prima Chiesa (cf At 12,12). Seguitelo. Lui lo conosce bene questo luogo, da cui viene e al quale vuole portare tutti. v. 14 Il Maestro dice. lunica volta che Ges chiama se stesso Maestro. Lui il solo Maestro interiore; noi tutti siamo suoi discepoli, ascoltatori di lui, parola del Padre che apre il nostro cuore alla verit (cf At 16,14). Dov il mio luogo di riposo. Il Maestro ha un luogo che chiama mio perch solo suo, da sempre; qui lui trova riposo, perch qui sta di casa. La stessa parola (kat1yma) usata da Luca per indicare anche il luogo in cui Ges nasce (Lc 2,7). In questo luogo infatti il Figlio nasce in noi e noi nasciamo figli: il vero natale dellanima (M. Eckhart). dove io possa mangiare la pasqua. Qui lui mangia, ossia vive il suo mistero pasquale. con i miei discepoli. Qui la sua pasqua diventa nostra: noi mangiamo con lui, entrando in comunione di vita con lui. v. 15 egli vi mostrer una stanza superiore. Questo luogo sta in alto, fuori dalle comuni occupazioni in cui luomo abita. Questa stanza superiore il luogo teologico in cui si realizzano tutti i misteri della nostra fede. Qui Ges d il suo corpo e appare risorto; qui gli undici dimorano con Maria e gli altri, e, perseverando in preghiera, ricevono lo Spirito (At 2,1ss); qui si ritrova la prima comunit per ascoltare la Parola e condividere il pane, celebrare leucaristia e pregare (At 2,42); fino ad At 12,12, da qui parte e qui arriva ogni missione. Non si tratta solo di un luogo materiale in cui si svolgono gli ultimi avvenimenti di Ges e i primi della Chiesa. Nuovo tempio in cui si rende culto in spirito e verit (Gv 4,24), la stanza superiore il mio stesso cuore, in cui abita luomo nascosto del cuore (1Pt 3,4), luomo interiore (Ef 3,16), che fa del mio corpo il tempio dello Spirito (1Cor 6,19). Qui posso comprendere con tutti i santi lampiezza, la lunghezza, laltezza e la profondit, e conoscere lamore di Cristo che supera ogni conoscenza, per essere ricolmo di tutta la pienezza di Dio (Ef 3,17 s). Qui vedo e gusto quanto buono il Signore (Sal 34,9) e ricevo il mio essere me stesso da lui, che a me pi intimo di quanto non lo sia io (Agostino). Il dove della pasqua la mia verit profonda: lui che vive in me, e mi fa essere ci che sono. Questo luogo il centro della mia persona, il fondo e locchio dellanima, la punta dello spirito, la sorgente dellio, la mia finestra su Dio, labisso di luce da cui scaturisco e dove io dico a lui ci che lui da sempre dice a me : Eccomi. il mio essergli figlio in Ges, nel quale, per mezzo dei quale e per il quale sono creato ed esisto. Questo luogo non lo raggiungo con complicate speculazioni trascendentali. Mi viene insegnato da colui al quale chiedo, secondo la parola del Maestro. E questi mi dice semplicemente come il Signore abita in me per mezzo della fede ( Ef 3,16), e come io posso dimorare sempre pi stabilmente in lui, ascoltando la sua parola che ha la capacit di manifestarsi al mio cuore (Gv 14,23). Qui, al suono della voce esterna, il Maestro fa risuonare la sua parola interna. nascosta e spirituale; come il vento, si fa percepire dal movimento che ravviva dove passa. Queste mozioni sono oggetto di discernimento in

ordine a ogni decisione, che voglia produrre unazione conforme alla volont di Dio. Il cuore in questo senso sta al centro delletica cristiana (cf 7,6.21). Queste mozioni sono inoltre oggetto di comunicazione tra i fratelli, principio di comunione e fondamento della comunit - fatta appunto da persone che mettono insieme le risonanze dello Spirito, come una molteplicit di note che si compone in ununica armonia. Chi non entra nel proprio cuore e non percepisce ci che si muove dentro, resta fuori dal luogo vitale del cristianesimo. Rimane nellambiguit o nella falsit, nella legge o nella menzogna. Preparare la pasqua e cenare col Signore significa accedere a questa stanza superiore. Chi la raggiunge non mai solo. sempre consolato da colui che sempre gli presente come suo Dio, amore eterno e reciproco tra Padre e Figlio. Qui, al di fuori da tutti i rumori e gli stordimenti, scopro la mia verit, che la sua presenza e il suo amore per me. Qui la sua parola risuona in me, portando luce, fiducia, gioia, pace, forza e libert di amare. Qui entro finalmente in comunione col mio io, con Dio e con gli altri: il luogo della Chiesa. grande, arredata preparata. Sono le caratteristiche della stanza superiore, riposo suo e anche mio, dove lui mangia con me. Essa grande, tanto grande da contenere il Signore stesso e tutti gli uomini in ununica comunione di figli col Padre; arredata, ossia adorna di tappeti, piena di ogni comodit e bellezza; preparata, pronta da sempre ad accogliere la venuta del suo Signore, perch fatta per questo. l preparate per noi. La stanza c ed gi preparata; come lagnello pasquale gi preparato prima della creazione del mondo (Ap 13,8 Vg.). Manca ancora solo il mio ingresso in essa, seguendo luomo che porta il vaso dacqua. Questa la preparazione ultima. v. 16 trovarono come disse loro. Chi ascolta la parola dei Maestro ha la sorpresa di trovare che vero quanto lui dice. prepararono la pasqua. Nel finale si sottolinea ancora, come allinizio, la preparazione della pasqua. Ora sappiamo come e dove. Seguir la cena pasquale, in cui riceviamo il dono del corpo e del sangue del Signore. Ecco sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verr da lui, cener con lui ed egli con me (Ap 3,20). 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo immaginando Ges fuori Gerusalemme, probabilmente in Betania, che inizia e istruisce i suoi discepoli su come prepararsi per mangiare la pasqua. 3. Chiedo al Signore ci che voglio: mi insegni a pregare, mi introduca nella stanza superiore, mi doni conoscenza, disponibilit al sacrificio e libert per mangiare con lui. 4. Medito esplicitando i seguenti punti del racconto: Cos la pasqua ebraica. Come la morte di Ges compie ogni promessa. Latteggiamento di Ges davanti alla sua morte: sa e accetta liberamente la sua passione. La stanza superiore: vederne le caratteristiche; come e dove cercarla e trovarla. 4. Passi utili: 1Pt 2,19; Mt 5,11 s; At 5,41; 1Pt 1,6-9; Gc 1,24; Eb 12,1-12; 2Cor 11,21b-12,10; Col 1,24: 2Re 4,8-10; Sal 16; 1Cor 6,19; Ef 3,14-19; 1Pt 3,4; Ap 3,20.

75. UNO DI VOI MI CONSEGNER


(14,17-21)
17

E, fattasi sera, viene con i Dodici. 18 E, mentre stavano sdraiati e mangiavano, Ges disse: Amen, vi dico: uno di voi mi consegner, che mangia con me. 19 Cominciarono a rattristarsi a dirgli uno ad uno: Forse io? 20 Ma egli disse loro: Uno dei Dodici, il quale intinge con me nel piatto. 21 Il Figlio delluomo se ne va, come sta scritto di lui; ma ahim per quelluomo per mezzo del quale il Figlio delluomo consegnato. Bene per lui se non fosse nato quelluomo. 1. Messaggio nel contesto Uno di voi mi consegner, dice Ges lultima sera che passa con i suoi. Poi viene la notte. Siccome per gli ebrei il tramonto del sole segna il cambio di data, siamo allinizio di venerd, suo sesto giorno a Gerusalemme. Nel racconto della Genesi in questo giorno Dio cre luomo, che subito si allontan da lui. Da allora cominci a cercarlo, percorrendo ogni lontananza per raggiungerlo. La croce, ormai imminente, sar il punto pi lontano, oltre il quale non pu fuggire. L finalmente lo incontrer. il momento pi importante di tutta la creazione, in cui Dio corona il suo desiderio cos a lungo vagheggiato: abbracciare colui che ama. Seguendo la tradizione, Marco, di solito cos sommario nelle sue indicazioni di tempo, scandisce ogni ora di questo giorno, che inizia col tramonto, si prolunga nelle diverse veglie notturne, culmina nelloscurarsi del sole meridiano e termina con la deposizione vespertina nel sepolcro. un giorno di tenebra, ununica notte dal principio alla fine, in cui il Signore entra in tutte le nostre notti e luomo conosce molte notti! Dora in poi il racconto un concerto, una lotta tra la passione infinita di Dio per luomo e lindifferenza mortale di questi nei suoi confronti. La narrazione procede in un gioco costante di luce e di ombre: la luce del mondo si perde in tutte le nostre ombre, e le illumina della sua presenza.

Sdraiato a mensa con i suoi, il Signore della vita annuncia la sua morte per noi, e si offre come cibo e bevanda a noi che lo uccidiamo. Davanti a lui che si dona, si evidenzia il nostro peccato. A che pro tutto questo spreco? (v. 4). Ogni discepolo, che sta con lui attorno alla stessa tavola, si chiede: Sono forse io colui che tradisce e lo consegna alla croce?. La risposta facile. Se non sono dalla parte di Ges e della donna di Betania, sono tra coloro che lo vendono, lo comprano, lo consegnano, lo prendono e lo uccidono. Se non sono nelleconomia dellamore e della vita, sono in quella dellegoismo e della morte. Se non vivo il dono che ricevo donando a mia volta, sono chiuso nellinferno del mio io, nemico di me, degli altri e di Dio. Nellultima cena, davanti allamore di Ges che d se stesso, la nostra cecit si fa evidente: siamo diversi da lui, immersi nella tenebra pi profonda. Giuda non il mostro che siamo abituati a pensare. uno dei Dodici, come si dice sempre di lui; uno di voi, che mangia con me, che intinge con me nel piatto, dice Ges. Egli ha tanti fratelli quanti sono gli uomini. Il suo il mio stesso peccato, a causa del quale il Signore muore; il peccato del mondo, dove ciascuno di noi ha la sua quota di partecipazione. Il suo il male dal quale devo essere salvato. Esso consiste, pi che nel vendere il dono, nel rifiutarne il perdono: Ho sbagliato, quindi pago! (cf Mt 27,30). Il suo suicidio, tentativo estremo di autogiustificazione, lultimo frutto del primo peccato - quello di Adamo che, non conoscendo lamore gratuito di Dio, pensa di guadagnarselo facendo il giusto o di punirsi quando ingiusto. Se Giuda ignora il suo amore - e per questo lo rifiuta Ges, morendo per lui, glielo rivela. Questa lessenza del vangelo: Dio amore infinito e incondizionato per tutti i peccatori. Il Signore, nel tradimento e nel suicidio di Giuda, ha certamente sperimentato il fatto pi sconvolgente: la tragedia di un amore fallito. Possiamo a buon diritto affermare che morto per lui, prima che per tutti gli altri. Infatti lamore non ha altra misura che il bisogno dellamato. Ges si dona a una comunit di persone che lo tradiscono, rinnegano e fuggono. Sa gi che, nonostante la buona volont, non siamo in grado di fare altro. E si dona non nonostante, bens per questo. Lo annuncia in anticipo perch sappiamo che il suo amore, libero e sovrano, si riversa su di noi gratuitamente, non per i nostri meriti, anzi prevedendo i nostri demeriti. Noi invece vorremmo sempre un amore meritato, senza accorgerci che, se meritato, non amore. Sarebbe debito e non dono. Il discepolo trova in Giuda la sua prima identificazione - poi ce ne saranno altre - se vuol comprendere che Ges muore per lui. Il preannuncio del peccato serve ad assicurargli che il suo amore fedele resiste ad ogni male, peraltro gi preventivato. La nostra miseria il recipiente della sua misericordia. Il nostro peccato la nostra parte di vangelo. Laltra il suo perdono, che fa della nostra perdizione il luogo della sua salvezza. 2. Lettura del testo v. 17 fattasi sera. Con il calar delle tenebre inizia il nuovo giorno: gi pasqua. viene con i Dodici. Ges ha fatto i Dodici per essere con lui (3,14). Sono con lui perch lui con loro, nella stanza superiore per cenare insieme. v. 18 Amen, vi dico. Ges non ama fare previsioni sul futuro (cf 13,32). Ha usato la sua preveggenza solo per dirci come trovare lasinello (11,13s) e la stanza superiore (vv. 12ss), le due cose fondamentali da cercare. Ora ci predice anche il nostro peccato. Parla con autorit divina, dicendo: Amen. Il nostro peccato la prima verit di fede che ci garantisce il vangelo. la nostra stessa verit, uguale e contraria a quella di

Dio che perdono. Certa questa parola: se noi manchiamo di fede, egli per rimane fedele, perch non pu rinnegare se stesso (2Tm 2,11-13). uno di voi. Con queste parole Ges non vuole indicare o scoprire il colpevole. Dichiara solo il male e la nostra solidariet con chi lo compie: uno di noi. mi consegner. Il Signore si consegna a chi se ne impossessa e lo d ai nemici: si dona a chi lo prende e lo butta via. Giuda non compie un gesto unico ed eccezionale nella sua tragicit. Cerchiamo di capirlo attraverso lo stesso racconto di Marco. Anchegli, come tutti gli altri, fu chiamato perch amato (3,13), e ha risposto perch cercava il regno di Dio. solo caduto nellequivoco, comune a tutti, di confonderlo con la realizzazione del proprio io. Di conseguenza cerca quei mezzi normali che a tale fine si usano: lavere, il potere e lapparire. Pi che lui, Ges il traditore, perch ha deluso le sue attese. Giuda, come gli altri discepoli, deve essere entrato in crisi quando vede che lui evita il successo e comincia a mostrare la sua follia e la sua debolezza (cf 1,35 ss; 3,19 ss; 6,6b-13.39.45; 8,11-21.31-33; 9,32 ss; 10,32 ss). Giuda, in fondo, invece di seguire Ges, persegue in lui i propri desideri: cerca nel Regno la propria realizzazione, e lui dovrebbe essere strumento per conseguirla. Ma lo stesso vale anche per Pietro (8,33), Giacomo e Giovanni ( 10,36 ss) e tutti gli altri (9,34; 10,41). Nessun discepolo accetta come proprio Salvatore e Signore il messia povero e umile che va in croce. Giuda rappresenta ciascuno di noi, che, con il nostro senso religioso, pi o meno buono, e con il nostro buon senso, pi o meno religioso, pensiamo sempre istintivamente non secondo Dio, ma secondo gli uomini, alias secondo satana (8,33). che mangia con me. citazione dal Sal 41,10, che parla di un infelice perseguitato e abbandonato dagli amici: Anche lamico, in cui confidavo, anche lui, che mangiava il mio pane, ha alzato contro di me il calcagno. v. 19 Cominciarono a rattristarsi. Si rattristano non solo per il destino di Ges, ma anche per la scoperta della propria connivenza col traditore. Diversamente si sarebbero solo adirati o sdegnati. Invece si accorgono di essere tutti coinvolti nello stesso male, come risulta dalla domanda che fanno. e a dirgli uno ad uno. eucaristica. Questo esame di coscienza si impone a chiunque sta attorno alla mensa

Forse io? Tutti iniziano, a uno a uno, a identificarsi nel traditore. Nessuno si sente affidabile; ognuno sa di non avere il pensiero di Cristo, e scopre latente il proprio tradimento. Lui si dona, e io cosa faccio? Non sono forse dallaltra parte? v. 20 Uno dei Dodici. Ges conferma la verit della loro sensazione, e sottolinea ancora una volta la solidariet loro col traditore: Uno di voi. Non un estraneo. loro fratello, anzi gemello. intinge con me nel piatto. Tutti stanno mangiando dallo stesso piatto, in un gesto dintimit familiare. v. 21 Il Figlio delluomo se ne va. Ges se ne va, ossia muore, per questo peccato comune a tutti noi. come sta scritto di lui. Non che Giuda debba recitare un copione prestabilito, in cui gli tocca fare questa brutta parte. Luomo fa il male perch, dopo il peccato, non pu fare diversamente. Ma Dio lo sa; e nel

suo amore ha fissato un piano di salvezza che ne tiene conto: il Figlio delluomo se ne va, portando su di s il male di ogni uomo. Questo sta scritto di lui. ahim per quelluomo. Non una minaccia, ma un lamento di dolore. Ges dispiaciuto del male che si fa chi gli fa del male. Ahim significa mi dispiace, sento dolore. Realmente il male dellamato ricade su chi ama. La croce di Ges il dolore di Dio, il suo ahim per il male del mondo. Bene per lui se non fosse nato quelluomo. Non maledizione ma avvertimento, perch Giuda prenda coscienza del male che sta facendo a se stesso, male cos grave da distruggere la sua vita. Queste parole di Ges rivelano la sua infinita misericordia: si preoccupa non di s, ma del destino di chi lo uccide. 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo immaginando la stanza superiore, dove Ges sdraiato a tavola con i suoi. 3. Gli chiedo: sono forse io a tradirti? Che io scopra il mio peccato. 4. Traendone frutto, vedo, ascolto e osservo le persone: chi sono, che dicono, che fanno. Mi fermo su ogni espressione del testo, identificandomi con tutti i discepoli, Giuda compreso, che gli chiedono luno dopo laltro: Sono forse io?. 4. Passi utili: Is 54,7-10; Os 11; Sal 41; Rm 5,6-11; 2Tm 2,11-13.

76. QUESTO IL MIO CORPO QUESTO IL MIO SANGUE DELLALLEANZA


(14,22-26)
22

E mentre essi mangiavano, preso del pane, benedicendo lo spezz, e diede loro e disse: Prendete, questo il mio corpo. 23 E, preso un calice, rendendo grazie, lo diede loro, e ne bevvero tutti; 24 e disse loro: Questo il mio sangue dellalleanza,

il quale versato per molti. 25 Amen, vi dico: Non berr pi dal frutto della vite, fino a quel giorno in cui lo beva nuovo nel regno di Dio. 26 E, cantato linno, uscirono verso il monte degli Ulivi. 1. Messaggio nel contesto Questo il mio corpo. Questo il mio sangue dellalleanza, dice Ges sul pane e sul vino nellultimo pasto coi suoi. Un sacrificio - qualunque esso sia - delluomo a Dio, fa parte di ogni religione. Il cristianesimo invece si fonda sul sacrificio di Dio alluomo. Questo brano ci presenta listituzione delleucaristia. Lultima pasqua di Ges diventa cena dellAgnello, il banchetto in cui ci nutriamo di lui, facciamo memoria della sua passione, ci abbeveriamo del suo Spirito e riceviamo il pegno della gloria futura. Culmine e fonte di tutta la vita cristiana (Lumen Gentium, 11), leucaristia veramente tutto e ci d tutto (G. Dossetti): tutta la creazione che si fa corpo del Figlio, lumanit intera assunta nella sua carne, Dio che si dona alluomo. Tutto il vangelo porta ad essa e parte da essa. Lannuncio infatti ha come fine quello di introdurci nella stanza superiore, perch possiamo vivere di lui che morto per noi, e ha come principio la vita nuova che da lui scaturisce. Parola e Pane non sono solo intimamente congiunti: la Parola si fa Pane. Questo breve testo il nucleo genetico del Nuovo Testamento. I fratelli, riuniti a mensa per celebrare la memoria del Signore morto e risorto, asceso al cielo e presente in mezzo a loro, ricordano e raccontano ci che ha detto e fatto, realizzando le varie promesse dellAntico Testamento che illustrano un aspetto sempre nuovo del dono di cui vivono nellattesa del suo ritorno. I vangeli sono nati per comprendere il mistero che si celebra nelleucaristia, sintesi e compimento, in modo sovraeminente, di tutte le Scritture. Infatti, se queste sono memoria di quanto Dio ha fatto per noi, leucaristia celebra ci che lui si fatto per noi, facendoci il dono dei doni: donandoci se stesso. Dio non pu darci nulla di pi di questo pane, che davvero contiene ogni delizia (Sap 16,20). In esso il suo amore raggiunge il suo fine: unirsi a noi e farsi nostra vita. Le predizioni del tradimento e del rinnegamento, che racchiudono il racconto, evidenziano il senso profondo delleucaristia: un amore totale e assolutamente gratuito, che si dona a chi tradisce e lo misconosce. La gemma pi preziosa di tutta la Bibbia incastonata nel nostro peccato, che solo racchiude la misericordia di Dio, anzi Dio misericordia. Il perdono del suo amore, fedele oltre ogni nostra infedelt, riversa su di noi la sua essenza pi recondita. Adoriamo lumilt di Dio, che, per essere desiderato da chi ama, si fa pane, suo bisogno fondamentale. Mangiare non solo introiettare, ma anche vivere - si vive di ci che si mangia. E non neppure solo assimilare, ma anche in qualche modo essere assimilati - si diventa ci che si mangia. Per questo chi mangia di questo pane, che il Figlio, vive di lui e diventa figlio. Veramente leucaristia la forza divinizzatrice in cui ci ri-cordiamo, ossia portiamo al cuore, al centro della nostra persona, il dono che lui ci fa di s, per assumerlo e assimilarci a lui. Essa il s reciproco e totale tra il Creatore e la sua creatura, rapita nella compiacenza e nellamore mutuo Padre/Figlio, che abbraccia tutti e pervade tutto. Per essa siamo incorporati pienamente in Cristo, nel quale siamo ci che siamo secondo Dio. Questa la vita eterna pregustata e anticipata, seme che cresce fino alla sua misura piena e si moltiplica fino a raggiungere tutti gli uomini.

Per essa ancora diventiamo martiri, testimoni memori di Ges, vivendo gi, nellattesa del suo ritorno, la sua gioia di Figlio, in perenne lode al Padre e armonia coi fratelli. Ges, dopo averci restituiti a noi stessi, ci fa ora il dono di s, per renderci come lui, figlio del Padre. Il suo corpo e il suo sangue dati per noi rivelano Dio come amore assoluto e infinito; e insieme ci donano di diventare per grazia ci che lui per natura. Leucaristia realmente divinizza luomo. Ma senza alcuna confusione: distinto da Dio, realmente unito a lui in un unico amore e in ununica vita. Il discepolo conosce lindegnit propria e la dignit del dono; e vive questa distanza con amore gioioso, silenzio adorante e canto di lode. la vita filiale, sorgente di vita fraterna. Attorno alla mensa, nella comunione con lui, nasce la comunit tra di noi. Se vero che la Chiesa fa leucaristia, perch ancor prima leucaristia fa la Chiesa. 2. Lettura del testo v. 22 mentre essi mangiavano. la cena pasquale, preparata il giorno prima nella stanza superiore, dove lui mangia con noi e noi con lui. Mangiare insieme vivere insieme, essere compagni, che condividono lo stesso pane, lo stesso cammino e la stessa meta. preso. Prendere lazione che costituisce la creatura. Ha la vita, ma non la vita; tutto riceve: Che cosa mai possiedi che tu non abbia ricevuto? (1Cor 4,7). Ma ci sono due modi di prendere: con la mano aperta per accogliere il dono, o con la mano chiusa per rapirlo. del pane. Il pane, che alimenta di continuo la vita, figura di ogni dono di cui luomo vive, e soprattutto del dono che lo fa uomo: la parola damore del Padre che gli d la vita del Figlio. Per leucaristia Ges prende il pane e il vino, non il frumento e luva. Non solo il frutto della terra - la semplice natura - ma anche quello delluomo - la sua storia e la sua cultura - assunto nel corpo del Figlio. benedicendo. Anche Adamo prese, ma rubando con invidia, senza riconoscere il dono e senza benedire colui che d ogni bene. Impadronirsi del dono significa distruggerlo nella sua natura e staccarsi da chi dona. Prendere benedicendo invece significa ricevere come dono ed entrare in comunione col donatore. Nella benedizione ogni briciola di vita ritrova la sua sorgente; ogni realt, per quanto piccola, diventa segno di un amore infinito, che solo sazia la fame delluomo. Altro pane, per quanto ne accumuli, non fa che accrescerla, fino a ucciderlo. Ges, il Figlio lunico che prende il pane e benedice, ossia riceve se stesso e la propria vita come dono damore del Padre. lo spezz. Prendere con benedizione dal Padre comporta il condividere coi fratelli. Il dono damore diventa capacit di donare per amore, perch uno ama se e come amato. Ma vivere leconomia del dono in quella del possesso esige il sacrificio di s, perch non c ancora reciprocit. Lamore non corrisposto comporta la morte di chi ama, il quale arriva a donare la vita a chi gliela rapisce. Il suo corpo donato, portando su di s tutta la maledizione del nostro rifiuto, diventer pane spezzato per noi, fonte perenne di ogni benedizione. Il vaso rotto e lascia uscire tutto il profumo.

e diede loro. Ges prende, benedice, spezza e d: mantiene il circolo vitale del dono, senza interromperlo col possesso. La vita come il respiro: se lo tieni, soffochi. Ges prende e d perch benedice e spezza, vivendo in ci che prende lamore del Padre e in ci che d lamore dei fratelli. Egli il Figlio, perch prende con gioia; uguale al Padre, perch d. e disse. La sua parola creatrice fa quanto dice e dice il significato di quanto fa. Prendete. Questo imperativo un invito a prendere il dono di Dio. Adamo, non temere di allungare la mano! Realmente con questo frutto ti rende uguale a s. Ti ha dato tutto, anche te stesso. Ora ti dona se stesso, perch tu lo prenda e viva di lui. Per questo ti ha fatto e questo il desiderio che lui ha messo nel profondo del tuo cuore. Se cos non fosse, il nemico non ti avrebbe potuto ingannare, dicendoti: Diventerete come Dio (Gn 3,5). Tu non ci vieti, anzi ci comandi di prenderti. Desideri essere preso da noi. Ci offri la tua comunione con noi, perch noi desideriamo la nostra con te. questo il mio corpo. Ogni pane dono del Padre, vita del Figlio. Ora il corpo di Ges, il Figlio, si fa nostro pane, dono perfetto del Padre a tutti i suoi figli. In esso Dio, dandoci se stesso, ci d di essere noi stessi, nella nostra verit di suoi figli. v. 23 E, preso il calice. il calice del vino, figura del sangue, che vita, amore ed ebbrezza. rendendo grazie. Il sostantivo greco di questo verbo usato da noi per indicare leucaristia. Rendere grazie (eu-charisten) qualcosa di pi che benedire. Infatti contiene, oltre la parola bene (eu), una parola che significa grazia (chris), ossia bellezza, dono, favore, amore gratuito. Indica tutto quel complesso di atteggiamenti trasformanti che esprimono la gioia dellamore, radice di ogni benedizione. Si bene-dice con la bocca, esprimendo la festa di un cuore eucaristico, grato per il dono. diede. La gioia del dono forza per donare. ne bevvero tutti. I semiti non bevono sangue. vita, e appartiene solo a Dio. Chi prende e mangia il corpo del Figlio, beve la vita di Dio: ha il suo Spirito. v. 24 e disse. Le parole sul calice, identificando il vino col suo sangue, dichiarano anche il senso della sua morte come nuova alleanza, sacrificio di espiazione e salvezza per tutti. Questo il mio sangue. Il corpo e il sangue di Ges sono nominati separatamente. Sullo sfondo c la croce, sacrificio cruento e mortale, che divide il corpo dalla sua vita. Il suo sangue diventa nostra bevanda: la sua vita si fa nostra, il suo Spirito nostro. dellalleanza. Lalleanza si faceva in un contesto di sacrificio e di banchetto di comunione. Chi linfrangeva, veniva maledetto, destinato a finire spaccato in due come le vittime attraverso le quali si passava per concludere il patto (Ger 34,18: cf Gn 15,17). Ma noi prima che la conoscessimo, labbiamo trasgredita (cf il vitello doro: Es 32). Il male, che avrebbe dovuto colpire noi, invece ricaduto su di lui (Is 53,5). Infatti, quando fece la promessa ad Abramo, fu lui solo a passare come fuoco tra le due met delle vittime squartate (Gn 15,17). Colpito dalla lancia, il suo petto sar squarciato; e ne scaturir il sangue dellalleanza: Ecco il sangue dellalleanza, che il Signore ha concluso con voi (Es 24,8). Questo sangue, come quello che Mos asperse sullaltare e sul popolo (Es 24,6.8), unisce luomo a Dio, rendendoli consanguinei. Questa alleanza nuova (Lc 22,20; Ger 31,31) e sar eterna (Ez 16,60; Os 2,16-25). nuova rispetto a quella antica, che era bilaterale. Infatti unilaterale: Dio si impegna con noi, perch lui

misericordioso e ci salva, non per la nostra giustizia, ma per il suo amore e la sua fedelt verso di noi. Quella antica, con la legge, era necessaria come pedagogo (Gal 3,23) per condurci a questa, che nuova, sotto il segno della grazia, in cui conosciamo chi veramente il Signore: amore senza condizioni e perdono (cf Ger 31,33 s). Questa alleanza inoltre eterna, perch non possiamo pi infrangerla. Qualunque cosa facciamo, anche se lo mettiamo in croce, lui rimane sempre fedele al suo amore per noi, perch non pu rinnegare se stesso (2Tm 2,13). A stento si trova chi sia disposto a morire per una persona dabbene. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi, perch, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo morto per noi (Rm 5,7s). Ora se Dio per noi, chi sar contro di noi? Chi accuser gli eletti di Dio, se Dio giustifica? (Rm 8,31.33). Per questo Paolo dice di essere persuaso che n morte n vita, n angeli n principati, n presente n avvenire, n potenze, n altezza n profondit, n alcunaltra creatura potr mai separarci dallamore che Dio ha per noi in Cristo Ges nostro Signore (Rm 8,31 ss). il quale versato per molti. La sua vita e il suo Spirito donato senza misura e per tutti, nessuno escluso. Queste parole nel contesto richiamano Is 53,11 s, in cui si parla del servo che versa la sua vita in espiazione del peccato di tutti e giustifica le moltitudini. Infatti egli stato trafitto per i nostri delitti, schiacciato per le nostre iniquit. Il castigo che ci d salvezza si abbattuto su di lui, per le sue piaghe noi siano stati guariti (Is 53,5). Bisogna stare attenti a non pensare un Dio come padre cattivo che castiga il suo figlio unico e buono al nostro posto. Non ci pu essere distorsione peggiore del cristianesimo. Dio buono, Padre dimmenso amore per tutti. Il Figlio, che lo conosce e ha il suo stesso amore, porta su di s tutti i nostri mali per liberarcene. v. 25 Amen, vi dico: Non berr pi dal frutto della vite. Il nostro primo calice di vita per lui lultimo, che contiene la sua morte. fino a quel giorno in cui lo beva nuovo nel regno di Dio. Il vino bevanda della terra promessa. Ges sar pellegrino nel mondo, digiuno e abbeverato di morte, fino a quel giorno in cui lultimo fratello non si sar arreso alla conoscenza dellamore del Padre. Quando la sua casa sar piena di tutti i suoi figli, sar il regno di Dio. Fino allora Ges continuer a bere il calice di morte per dare a noi il calice di vita. Quanti ne bevono, sono a loro volta spinti dal suo stesso amore di Figlio verso i fratelli che ancora non conoscono il Padre (2Cor 4,12). Lo scarto tra ci che celebriamo nelleucaristia e ci che vediamo nel mondo sta allorigine della missione. Essa lo colma, portando a tutti la parola e il pane della misericordia. Infatti questo cibo necessario per tutti. A quelli che sono naufraghi nel mare in tempesta, digiuni con lui nella stessa barca carica di frumento, Paolo dice: Vi esorto a prendere cibo; necessario per la vostra salvezza. E preso il pane, rese grazie davanti a tutti, lo spezz e cominci a mangiare Tutti si sentirono rianimati, e anchessi presero cibo (At 27,34-37). la sua messa sul mondo! v. 26 cantato linno. il grande Hallel (Sal 136), che segue il piccolo Hallel (Sal 113-118). un salmo che, passando in rassegna i doni della creazione e della storia - giungendo fino al momento presente in cui Dio d il cibo ad ogni vivente - ripete a ogni riga il ritornello: perch eterna la sua misericordia. Queste parole dicono il perch profondo di tutta la creazione e di tutta la storia. Dopo leucaristia anche noi comprendiamo che la sua misericordia eterna il perch ultimo di tutto quanto c e accade: il trionfo del suo amore su tutto il male del mondo. Non possiamo che danzare di una gioia che nessuno pu ormai rapirci. A noi, che abbiamo compiuto il massimo male uccidendo suo Figlio, Dio concede il massimo bene, donandoci la vita del Figlio. Ora comprendiamo che la sua

misericordia eterna e onnipotente, capace di capovolgere in bene ogni male e di salvare tutto e tutti. Di questo faccio perenne eucaristia. 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo immaginando la stanza superiore, dove Ges sta a mensa coi Dodici. 3. Gli chiedo ci che voglio: prendere il suo corpo e bere il suo calice, gustare e vivere di lui. 4. Fermarmi ad assaporare ogni parola. la sintesi di tutta la rivelazione, realizzazione di ogni promessa, che ogni giorno vivo e celebro nelleucaristia. 4. Passi utili: Ger 31,31-34; Ez 36,22-30; Sap 16,20-29; Sal 16; 23; Gv 6,26-58; At 27,27-38; 1Cor 11,17-33.

77. TRE VOLTE MI RINNEGHERAI


(14,27-31)
27

E dice loro Ges: Tutti sarete scandalizzati, perch sta scritto: Percuoter il pastore, e le pecore saranno disperse. 28 Ma, dopo che sar risuscitato, vi preceder in Galilea. 29 Ora Pietro gli diceva: Anche se tutti saranno scandalizzati, io per no! 30 E gli dice Ges: Amen, ti dico: Tu oggi, in questa stessa notte, prima che il gallo canti due volte, tre volte mi rinnegherai. 31 E lui alleccesso parlava: Anche se bisogna che io muoia con te, non ti rinnegher. Ora lo stesso dicevano anche tutti. 1. Messaggio nel contesto

Tre volte mi rinnegherai. Cos inizia il battesimo di Pietro, al quale Ges fa prendere coscienza delle due verit di fede fondamentali: il peccato delluomo e il perdono di Dio. Se in Giuda vediamo il male, in Pietro vediamo il bene, dal quale Cristo ci salva. quel bene che fa da manto allorgoglio, essenza di ogni male. Presente in quantit variabile nel peccatore normale, concentrata allo stato puro nel giusto. Davanti al suo amore che si consegna per tutti, Ges prevede e predice la caduta di Pietro e di tutti. Ma la sua grazia, lungi dal venir meno, si manifesta pienamente nel cedimento dei discepoli, e promette la sua fedelt fin oltre la morte: Dopo che sar risuscitato, vi preceder in Galilea (v. 28). Il nostro peccato, in quanto misura della sua misericordia, il luogo dellincontro e della conoscenza di Dio. Non solo inevitabile, ma anche bene che Pietro cada. Cos, invece di presumere per poi disperare di s, confider in lui, con una speranza che non delude pi. La frana di tutti i suoi buoni desideri lascer emergere dalle rovine la roccia salda che non crolla: la fedelt del Signore. Se Pietro non avesse rinnegato e fosse morto per Cristo, si sarebbe salvato? Per s dobbiamo rispondere negativamente. Ci che mi salva infatti non il mio amore per Dio supposto che ci sia! - ma il suo per me. Il mio per lui solo risposta e dono del suo per me. Luomo, in quanto creatura, sempre e in tutto secondo. Deve quindi accettare di essere tale, senza usurpare il posto del suo Creatore: come lui, ma in quanto figlio e creato. Pietro dovr passare dalla propria giustizia alla giustificazione, dalla legge al vangelo. la difficilissima conversione di Paolo, che porta alla sublimit della conoscenza di Ges come Signore (vedi Fil 3,1 ss). Siamo al nocciolo della fede cristiana. Il discepolo non pi bravo degli altri. Peccatore come tutti, ha per la gioia di conoscere il Signore morto per lui peccatore. Questo il nuovo principio di vita, che ha il potere di guarirlo dal suo male radicale. Il giusto vivr di fede (Rm 1,17 = Ab 2,4), dice Paolo, ossia: il giusto vivr della fedelt del Signore a lui. Nulla infatti pu separarlo dallamore che Dio ha per lui in Cristo Ges (Rm 8,35.39). Questa fede incrollabile, perch poggia non sulla mia fedelt a Dio, ma sulla sua fedelt a me. Neanche il peccato e la morte mi sottraggono a lui, perch lui si fatto per me peccato e morte, per essere mia giustizia e vita nuova. Inoltre molto importante che il peccato di Pietro sia previsto e predetto. Ges muore per lui non perch lo crede bravo, ma sapendo che lo rinnega. Solo in questo modo chiaro chi il Signore e chi Pietro: il Signore amore gratuito e fedele, e Pietro in quanto amato da lui. Davanti alla croce di Ges tutti subiamo scandalo. Ma proprio cadendo scopriremo lidentit di Dio e nostra. La differenza tra Giuda e Pietro non tanto nel loro peccato - comune anche a tutti noi. Lesito diverso di morte o di vita dipende dallaccettare o meno di vivere del suo perdono. Ges sa che non siamo in grado di comprendere il mistero del suo amore; sa che cadiamo, rinneghiamo e fuggiamo. E proprio a noi promette la sua fedelt oltre la sua stessa morte. Il discepolo deve essere, come Paolo, disarcionato da ogni sua presunzione religiosa, per comprendere che il Signore muore per lui e accettare di vivere pubblicamente della sua misericordia. 2. Lettura del testo v. 27 Tutti sarete scandalizzati. Lo scandalo una pietra di inciampo. La fedelt del Signore una roccia contro cui ogni uomo sbatte e cade. Dio scandaloso perch amore, e quindi debolezza, povert, servizio e umilt. Contro di lui sinfrange il nostro egoismo, con la sua brama di avere. di

potere e di apparire. Tutti cadiamo, nessuno escluso, perch tutti abbiamo peccato, e non conosciamo la gloria di Dio (Rm 3,23). Percuoter il pastore e le pecore saranno disperse (Zc 13,7). Quanto sta per capitare a Ges la prova finale che solo lui supera. Davanti alla croce del pastore tutte le pecore si smarriscono; ma la stessa croce che le disperse sar anche il bastone che le raccoglie e guida fin oltre la valle oscura (Sal 23). Quando sar elevato da terra, attirer tutti a me, perch allora saprete che Io Sono (Gv 12,32 ; 8,27). I discepoli saranno dispersi perch ancora ciechi davanti alla gloria (10,32 ss). Come Bartimeo devono essere illuminati. Pietro, dopo il suo pianto, sar curato dalla sua cecit. Ma prima di accettare la terapia, dovr convincersi della diagnosi. v. 28 dopo che sar risuscitato, vi preceder in Galilea. La stessa promessa sar annunciata il giorno di pasqua (16,7). In Galilea abbiamo gi trovato e troveremo sempre il Signore che proclama levangelo (1,14). Ges, oltre che del nostro peccato, ci assicura anche del suo amore pi forte della morte (Ct 8,6). Ci sar sempre vicino nella nostra Galilea, per accompagnarci da l a Gerusalemme. Promette la sua fedelt eterna a coloro ai quali ha appena predetto la loro infedelt costitutiva. v. 29 Anche se tutti saranno scandalizzati, io per no. Pietro vive ancora di confronto e competizione con gli altri. Legoismo e lorgoglio ovviamente! - pi presente nel bene che nel male. In genere facciamo il male per errore, e il bene per superbia. Per questo la conversione pi difficile per il giusto che non per il peccatore. Anche se ambedue si chiudono, rispettivamente nella presunzione o nella disperazione, tuttavia la situazione del secondo privilegiata e diventa un passaggio obbligato, perch solo nel peccato si capisce Dio come Dio, ossia perdono e amore gratuito. v. 30 Amen, ti dico. Come la predizione del tradimento di Giuda, anche quella del rinnegamento di Pietro introdotta con Amen. Dio parla in prima persona, impegnando la sua veridicit. Due infatti sono le verit complementari dellevangelo: il nostro peccato e il suo perdono, la nostra infedelt e la sua fedelt, la nostra miseria e la sua misericordia. Solo nella prima ci dato cogliere la seconda. La scena del rinnegamento, qui predetta, sar descritta con cura alla fine del capitolo. mi rinnegherai. Rinnegare corrisponde a vergognarsi di Ges e delle sue parole (8,38). il contrario di testimoniare; significa negare di conoscere qualcuno, non ricordarsi di lui. Il discepolo che non rinnega se stesso (8,34), rinnega il suo Signore consegnato, mettendosi dalla parte di chi lo consegna. v. 31 E lui alleccesso parlava. Lo stesso eccesso avr poi nel rinnegare (v. 71). Leccesso di parola copre sempre incertezza o addirittura menzogna. Anche se bisogna che io muoia con te. Questo desiderio di stare con Ges, anche se dettato da amore, ancora unaffermazione di s, lultima. Tutte le religioni raggiungono il loro apice nel sacrificio a Dio, come esaltazione massima dellio religioso. Contro questo da ribadire, come gi detto, che la salvezza non il fatto che io muoia per il Signore, ma che lui muoia per me. Ci che salva non anzitutto amare, ma essere amati. Al massimo di amore si muore; dellessere amati che si vive. Inoltre voler morire con, ed eventualmente per Cristo, invece di accettare che lui muoia con e per me, il solito protagonismo di Adamo, che mette lio al posto di Dio.

Infine morire per lui il massimo che si possa fare per meritarsi il suo amore. Ma meritare lamore meretricio. Si tratta Dio come se fosse una prostituta, i cui favori sono da pagare a prezzo di opere buone. Questo il peccato del giusto, lunico che va direttamente contro lessenza di Dio. Duri sono i vostri discorsi contro di me, dice il Signore a quelli che si chiedono che vantaggio hanno ad osservare la sua parola (Ml 3,13 s). Ogni merito infatti richiede di essere compensato. Ma lamore o gratuito o non . Pretendere di meritarlo distruggerlo. Infatti ci pone in un dilemma diabolico: se Dio lo concede, non gratuito; se non lo concede, cattivo. Amarlo fino a dare la vita pu solo essere dono suo, risposta a lui che per primo mi ha amato ed morto per me. Diversamente orgoglio, quasi io fossi Dio, e inganno, quasi Dio volesse la mia morte. Per questo accettare di essere amato previo e pi difficile che (pretendere di) amare. far dipendere la propria vita da lui, accettare di essere suo. lo stesso dicevano anche tutti. Sono tutti daccordo, in questa pretesa come tutti litigavano su chi tra loro fosse il pi grande (9,35). Lepilogo al v. 50: abbandonandolo, fuggirono tutti quanti. 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo immaginando il cammino dal cenacolo allorto degli Ulivi, nella notte di luna piena, attraverso la valle del Cedron. 3. Chiedo a Ges ci che voglio: capire il mio peccato religioso, la presunzione di essere bravo e di salvarmi. Gli chiedo di capire che lui morto per il mio peccato. 4. Considerare: Le parole di Ges: Tutti sarete scandalizzati. La reazione di Pietro e la sua risposta. La protesta di tutti gli altri. 4. Passi utili: Giona; Sal 136; 117; Rm 8,31-39; 1Tm 1,15 s.

78. DIMORATE QUI E VEGLIATE


(14,32-42)
32

E vengono in un podere di nome Getsemani, e dice al suoi discepoli: Sedete qui, fin che io prego. 33 E prende con s Pietro e Giacomo e Giovanni, e cominci ad aver terrore e angoscia, 34 e dice loro: La mia vita nella tristezza fino a morte.

Dimorate qui e vegliate. 35 E, andando avanti un po, cadeva per terra e pregava che, se possibile, passi da lui quellora. 36 E diceva: Abb, Padre! Tutto possibile a te: togli questo calice da me; ma non ci che voglio io, ma tu. 37 E viene e li trova che dormono, e dice a Pietro: Simone, dormi? Non hai avuto forza di vegliare una sola ora. 38 Vegliate e pregate, per non venire in tentazione. Lo spirito pronto, ma la carne debole. 39 E di nuovo, andatosene, preg dicendo la stessa parola. 40 E di nuovo, tornato, li trov che dormivano. Infatti i loro occhi erano appesantiti e non sapevano cosa rispondergli. 41 E viene la terza volta e dice loro: Dormite ormai e riposate. Basta. giunta lora. Ecco: il Figlio delluomo consegnato nelle mani dei peccatori. 42 Svegliatevi, andiamo. Ecco: chi mi consegna qui. 1. Messaggio nel contesto Dimorate qui e vegliate, dice Ges a Pietro, Giacomo e Giovanni. Sono i tre testimoni prescelti, chiamati per primi a contemplare la sofferenza di Dio per il male del mondo. Chi rimane qui e veglia, vede il grande mistero: la passione del suo Signore per lui. La bibbia ci riferisce tre notti altissime, da cui nascono i tre giorni fondamentali della storia della salvezza. La prima quella del caos primordiale, quando Dio cre il mondo, che poi si allontan da lui. La seconda quella della lotta con Giacobbe (Gn 32,23 ss), quando cre il suo popolo, dandogli il nome di Israele. La terza questa, quando il vero Israele d a Dio il suo vero nome: Abb. Se nella creazione ha posto il mondo fuori di s, ora Dio stesso va fuori da s - estasi dellamore! - e si porta nel luogo pi lontano: sulla bocca del Figlio che va in croce. Da qui per la prima volta il Nome esce, e risuona con potenza in ogni abisso. la nascita di Dio nel mondo e del mondo in Dio. In questa notte ogni notte ripiena della sua luce.

Nella trasfigurazione il Padre lo chiam: Figlio; ora, nella sfigurazione, il Figlio lo chiama: Abb, Padre. L sul Tabor lumanit di Ges lasci trasparire la propria divinit; qui, nellorto, la divinit lascia trasparire tutta la sua umanit - che, rivestendosi della nostra disumanit, manifesta la Gloria. Lagonia nellorto la finestra sullio pi intimo di Ges. Le sue stesse parole ci aprono al suo rapporto di Figlio col Padre, proprio nel momento decisivo della sua vita. I discepoli si ostinano tre volte a chiudere gli occhi. Ma la scena rimase impressa nella loro memoria come rivelazione suprema del Figlio e nostra salvezza. Figlio infatti colui che compie la volont del Padre. Per questo nei giorni della sua vita terrena egli offri preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a colui che poteva liberarlo dalla morte e fu esaudito per la sua riverenza. Non fu per esaudito nel senso che fu liberato dalla morte; fu invece esaudito con la risurrezione, dopo aver accettato bene la morte con riverenza filiale. Infatti, pur essendo figlio, impar tuttavia lobbedienza dalle cose che pat, e, reso perfetto, divenne causa di salvezza per tutti coloro che gli obbediscono (Eb 5,7 ss). Il vangelo di Marco non contiene il Padre Nostro. Certamente non perch lo ignora, ma perch si rivolge al catecumeno, che solo nel battesimo conosce Dio come Padre. Ora ci fa vedere il Figlio che si abbandona con fede a lui, e lo chiama per nome. il suo battesimo, in cui, istruendoci sul nostro, vive e dice le parole fondamentali del Padre Nostro: Abb, Padre; sia fatta la tua volont, che non cadiamo in tentazione. Le parole sul perdono sono state anticipate in 11,25. Il racconto un contrappunto discepoli/Ges, i due poli dellasse attorno al quale ruotano le altre opposizioni: seduti/prostrato, dormire/vegliare-pregare, debole/forte, carne/spirito, mia/tua volont. I discepoli, seduti, dormono nella debolezza della carne, chiusi nella loro volont; Ges, prostrato, veglia e prega nella forza dello Spirito, compiendo il passaggio dalla volont propria a quella del Padre. Cos giunge lora decisiva della storia umana, quella della fede che genera suoi figli. La vera lotta delluomo con Dio, che, dopo il peccato, non pi conosciuto come Padre, bens temuto come antagonista. La fede il travaglioso passaggio dalla mia alla sua volont, nella resa al suo amore in cui credo al di l di tutte le mie paure. Lagonia di Ges segna lora in cui si abbatte il muro tra luomo e Dio. la felice notte della nostra salvezza, in cui il Signore della vita si immerge in tutte le nostre notti, portando ovunque la luce del Nome. Ges il primo uomo, anzi lunico, che sperimenta tutto il dramma del peccato. che labbandono del Padre; e lo vive con fiducia, abbandonandosi a lui. il Figlio che compie la sua volont riscattandoci dalla diffidenza. Discepolo colui che rimane l davanti a Ges in agonia e tiene gli occhi aperti. Qui conosce lamore di Dio per lui e accetta nel fratello maggiore lamore del Padre che lo fa figlio. 2. Lettura dei testo v.32 vengono in un podere di nome Getsemani. un campo delimitato sul monte degli Ulivi, che sta di fronte al tempio, posto proprio tra il Getsemani e il Calvario. Getsemani significa torchio. Qui lumanit di Ges, torchiata, spremer la sua essenza divina di Figlio, dicendo: Abb! Sedete qui. I discepoli prendono il luogo della folla, evidenziando la distanza che li separa dal Maestro. fin che io prego. Ges prega da solo. La preghiera sempre solitudine davanti a Dio, unico consolatore capace di colmare il nostro vuoto costitutivo. Abbiamo gi trovato Ges in preghiera due volte: nella tentazione dopo la prima giornata (1,35 ss), e in quella dopo il fatto dei pani (6,45 ss).

Ambedue le volte era di notte. Le tenebre, immagine della morte e dei suoi terrori, il luogo in cui Ges in comunione col Padre. Anche adesso, per la terza volta, lo troviamo in preghiera, mentre vince la tentazione definitiva. v. 33 prende con s Pietro e Giacomo e Giovanni. I tre che videro la risurrezione della figlia di Giairo (5,37 ss), ora sono testimoni della sua agonia mortale. Hanno contemplato la divinit della sua umanit e udito la voce del Padre (9,2 ss); ora, al sesto giorno, contemplano lumanit della sua divinit e odono da lui la Parola che costituisce Dio Padre e Figlio: Abb! Da questo monte, dove insieme con Andrea (13,3) hanno ascoltato il discorso sulla fine del mondo vecchio, ora assistono allagonia del Figlio delluomo e alla nascita del Figlio di Dio. Questi tre, staccati dagli altri per iniziativa di Ges, ricevono per primi ci che lui vuole donare a ciascuno che glielo chiede: vederlo come Figlio. cominci ad aver terrore. paura spinta al massimo grado: terrore della morte. Comune eredit e causa di ogni peccato, Ges ha voluto viverla in piena solidariet con noi. Infatti, lui che non ha peccato, si fatto peccato per noi (2Cor 5,21), per essere presente dove noi lo consideriamo assente. Mai abbandona chi lo abbandona, per quanto fugga lontano da lui, anche nella lontananza estrema: Poich dunque i figli hanno in comune il sangue e la carne, anche egli ne divenuto partecipe, per ridurre allimpotenza mediante la morte colui che della morte ha il potere, cio il diavolo, e liberare cos quelli che per timore della morte erano soggetti a schiavit per tutta la vita (Eb 2,14 s). Come tutti, Ges ha paura della morte. La sua violenta e orribile, per di pi ingiusta. Che bene pu venire dalluccisione dellinnocente? La sconfitta del bene non il massimo male? Se nella prova definitiva soccombe, che rimane di buono e sensato sulla terra? Nella sua morte Ges vive linsensatezza di ogni morte innocente e ingiusta. e angoscia. Langoscia peggiore del terrore: essere sazi di vuoto, pieni di nulla. la possibilit negativa estrema delluomo: imparentato con Dio e con il nulla, se non si sente prossimo al Padre che lha fatto, si sente prossimo al niente da cui tratto. quindi strutturale alla sua condizione di creatura, continuamente salvata dal vuoto che la inghiotte. Nellangoscia tutto cade sordamente nel caos. La vita si allontana. Dio non interviene, anzi scomparso. La vera essenza del male labbandono di Dio, la sua assenza. In realt siamo noi a lasciare lui. Ma la pena ricade su chi ama. Ecco perch lui stesso nel Figlio prova misteriosamente il dolore del nostro distacco. Inoltre Ges il Figlio, la cui natura essere del Padre. Abbandonato da lui il niente di s, e vive in modo infinito un male infinito. Langoscia delluomo tocca davvero il cuore di Dio. v. 34 La mia vita nella tristezza. Ges come avvolto dalla tristezza. Fuori come dentro, non c nulla che non sia dolore, terrore e angoscia. fino a morte. La stessa morte pi facile di questa vita. Infatti sta vivendo un dolore che al di l di ogni possibile morte, suicidio compreso. Nella sua sono tutte le nostre morti, nelle quali si battezzato fino in fondo. Dimorate qui e vegliate. Luomo chiamato a sostare e a tenere gli occhi aperti davanti alla passione del Signore per questo mondo perduto. Qui trova la sua vera dimora: lamore che Dio ha per lui. Al di l di tutto quanto io possa sentire per lui, qui contemplo in silenzio e adorazione ci che lui sente per me. la mia salvezza.

v. 35 E, andando avanti un po, cadeva per terra. Da dove e verso dove fugge nella tenebra, imploso dal male esterno, esploso dal male interno? Si accascia al suolo e ricade, fiore secco sulla terra che lha generato per tanto male. pregava. Ges non ha in s nessuna ragione per vivere. Tutto finito! Solo la comunione col Padre, creduta per pura fede, suo motivo di vita. se possibile. Ges aveva detto: A Dio tutto possibile ( 10,27); perci tutto quello che domandate nella preghiera abbiate fede di averlo gi ottenuto, e vi sar accordato (11,23). Questo vero, ma solo perch il Figlio si abbandonato in ogni nostra perdizione. Infatti se Dio non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci doner ogni cosa insieme con lui? (Rm 8,32). passi da lui quellora. lora della croce, dellabbandono di Dio e del trionfo del male. Luca dice che Ges entra in agonia e suda sangue (Lc 22,24). Nel suo sangue lotta e si dibatte la creatura nuova: il travaglio del Figlio di Dio che nasce in terra, portando su di s la maledizione della nostra carne di peccato. v. 36 diceva: Abb, Padre. Nellabbandono e nella disperazione assoluta Ges si abbandona con fiducia assoluta a Dio. Lo chiama ed Abb, pap, unico fondamento della sua vita. Per questo il Figlio. Questa fede nel suo amore senza nessuna prova, anzi contro ogni prova, la guarigione dal peccato originale. Adamo non gli credette e si nascose da lui. Il nuovo Adamo, dallabisso di ogni morte, oltre i confini del nulla, si abbandona a lui con fiducia. In lui chiunque, da ogni angolo di perdizione del mondo, pu ormai rivolgersi a Dio come Padre. Qui, mentre si fa fratello di tutti i perduti, Ges si rivela il Figlio, lunico che vive lamore del Padre. Siamo al centro della fede cristiana. Tutto possibile a te. Ges vive il dramma della libert umana che pu dire s o no. Sente anche tutto il peso del no originario e la fatica per passare al s. togli questo calice da me. Il calice del Figlio pieno del male di tutti i fratelli. Padre, ti prego, non togliere questo calice dal fratello maggiore. Diversamente noi siamo privi del pane dei figli. non ci che voglio io, ma tu. La nostra vera lotta con Dio, che, dopo il peccato, percepiamo come nemico. anzi questo il peccato. Ges, appunto perch innocente, ne porta su di s tutta la maledizione (2Cor 5,21 ; Gal 3,13). Noi tutti, quando preghiamo sia fatta la tua volont, proviamo un timore istintivo, e pensiamo: Cosa mai vorr Dio?. Questa sfiducia leredit della menzogna, principio di ogni male. Ges lha vinta per tutti noi, perch in lui ci riconsegnamo al Padre. v. 37 li trova che dormono. Davanti alla morte luomo non pu che chiudere gli occhi, anticipando il sonno finale. dice a Pietro: Simone, dormi?. Il portinaio deve vigilare e aiutare gli altri a vegliare (13,35). In Marco lunica volta che Ges lo chiama per nome. segno di grande amicizia. anche lunica volta in cui sono accostati i suoi due nomi. Quello nuovo che gli viene dal fatto che il Signore gli rivela il suo vecchio - la sua verit di uomo che dorme davanti alla Gloria. Non hai avuto forza di vegliare una sola ora. Il Signore trova addormentato anche il portinaio (cf 13,35).

Ma cosa pu fare luomo nella notte se non dormire? Ges ci chiede di vegliare, perch ora nelle nostre tenebre presente lui. Possiamo quindi guardare negli occhi tutte le nostre notti, senza essere travolti dalla vertigine; in esse ormai troviamo la luce del Figlio che grida: Abb. v.38 Vegliate e pregate. La preghiera la forza per vegliare. per non venire in tentazione. Significa per non cadere in tentazione. la tentazione definitiva, la grande prova della fede, da superare per essere creatura nuova. Diversamente restiamo nel sonno della morte. Lo spirito pronto, ma la carne debole. Anche Ges ha voluto sperimentare la debolezza della carne. Lo spirito sempre pronto: quello del Figlio. Ma dopo il peccato la carne debole, perch vive il suo limite con sfiducia e paura, trasformando la condizione creaturale di abbandono al Padre in caduta nel nulla. La preghiera fa della nostra debolezza il luogo della potenza di Dio. Infatti ci mette in comunione con lui, rendendoci possibile tutto ci che lui pu. Se restiamo chiusi in noi, la nostra debolezza diventa la nostra perdizione. v. 39 E di nuovo preg. La preghiera di Ges insistente e persistente nel tempo. La nostra vita fatta di tanti frammenti, uno dopo laltro. Ciascuno o pieno della comunione col Padre, o vuoto angosciante di morte - da anestetizzare o da rimuovere. dicendo la stessa parola. Abb la Parola: il Figlio che esprime il Padre nellunico Amore. v. 40 E di nuovo, tornato, li trov che dormivano. Se il Signore non fosse venuto di continuo a svegliarli, non avrebbero intravisto, sia pure tra un sonno e laltro, il grande mistero del suo rapporto con il Padre. i loro occhi erano appesantiti. Sul Tabor tennero gli occhi aperti (Lc 9,32). La nostra cecit causata dalla paura della morte. Ne siamo liberati solo nella misura in cui vediamo che il Figlio per amor nostro entra e abita in essa. non sapevano cosa rispondergli. Non c giustificazione per questo sonno. E neanche occorre, perch comune a tutti fin dal primo uomo. v. 41 E viene la terza volta. Tre volte Ges aveva detto di vegliare (13,33-37), e tre volte puntualmente dormono. Ma anche tre volte viene a svegliarli, perch colgano, tra un sonno e laltro, qualche briciola del suo bagliore. Dormite orinai. Ges ha finito la lotta; ha accettato il calice. Per questo non dice pi di vegliare, ma di dormire. Non unironia. Dormire significa morire. Dopo la sua agonia, il discepolo pu abbandonarsi alla morte, perch sa che l trova il suo Signore. e riposate. Il riposo la terra promessa. Ormai il sonno della morte, mio limite estremo, non la fine di tutto, ma lincontro con lui che mi si fatto vicino fino a questo punto. giunta lora. giunta lora decisiva, il momento della venuta del regno di Dio (1,15). Basta. Non manca pi nulla alla nostra salvezza. Ognuno ha ricevuto ci che gli spetta: il Figlio ha ricevuto da noi il nostro male e la nostra morte; e noi da lui il suo bene e la sua vita.

Ecco: il Figlio delluomo consegnato nelle mani dei peccatori. Nelle nostre mani consegnato il Figlio delluomo: il nostro peccato pieno del suo perdono, la nostra morte colma della sua vita. La giustizia di Dio si fatta giustificazione per tutti. v. 42 Svegliatevi, andiamo. venuta la luce; possiamo svegliarci e camminare. La sua notte ha posto fine alle tenebre, guarendo tutte le nostre notti. vinto lorrore del vuoto, del caos e della morte; il Signore della vita ha colmato della sua presenza ogni abisso. In lui, sia che viviamo sia che moriamo, siamo figli, che gridano: Abb, e hanno trovato nel Padre la sorgente della vita. Ecco, chi mi consegna qui. Le prime parole di Ges sono: Il regno di Dio qui (1,15). Ora qui con Giuda che lo consegna a morte. Nel suo essere consegnato lui si consegna a noi e il Padre stesso ce lo consegna come nostra vita. Qui finisce lazione di Ges e inizia la sua passione. Dio ormai esprime il suo amore direttamente, senza veli. 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo immaginando lorto degli Ulivi, dove Ges con i suoi discepoli nella notte del plenilunio pasquale. 3. Chiedo a Ges ci che voglio: dimorare l e tenere gli occhi aperti per vedere cosa lui si fatto per me. 4. Traendone frutto, vedo, ascolto e osservo le persone: chi sono, che dicono, che fanno. Mi fermo a lungo e molte volte a contemplare ogni dettaglio del racconto. 4. Passi utili: Gn 32,23-33; Sal 40; Gal 4,4-7; Rm 8,15-17; Eb 5,7-9; 12,4-12.

79. SI COMPIANO LE SCRITTURE


(14,43-52)
43

E subito, mentre egli ancora parlava, si fa vicino Giuda, uno dei Dodici, e con lui una folla con spade e bastoni, da parte dei sommi sacerdoti, e degli scribi e degli anziani. 44 Ora colui che lo consegnava aveva dato un segno, dicendo loro: Colui che bacer lui!

Impadronitevi di lui, e portatelo via ben stretto. 45 E, venendo, subito avvicinatosi a lui, dice: Rabbi! E lo baci. 46 Ma quelli gettarono le mani su di lui, si impadronirono di lui. 47 Ora uno di quelli che stavano appresso, estratta la spada, colp lo schiavo del sommo sacerdote, e gli tolse via lorecchio. 48 E, rispondendo, Ges disse loro: Come per un ladrone con spade e bastoni siete usciti per prendermi. 49 Ogni giorno ero presso di voi nel tempio a insegnare, e non vi siete impadroniti di me. Ma che si compiano le Scritture! 50 E, abbandonandolo, fuggirono tutti. 51 E un giovinetto lo seguiva avvolto in un lino sopra il nudo, e si impadroniscono di lui. 52 Ma egli, abbandonando il lino, fugg nudo. 1. Messaggio nel contesto Si compiano le Scritture, dice Ges a chi venuto a prenderlo per ucciderlo. Ci che sta accadendo il compimento di ogni promessa di Dio. Quando era libero, dal suo mantello scaturiva la vita; al suo contatto e alla sua parola gli zoppi saltavano, i sordi udivano, i ciechi vedevano e i morti si svegliavano; dalle sue mani fioriva la fragranza del pane. Dora in poi non fa e non pi nulla: il niente che gli altri ne fanno. Il dono, stretto in pugno, porta su di s la maledizione del possesso. Ma proprio cos adempie ogni Scrittura. Qui finisce lazione di Ges e inizia la sua passione. La sua azione fu particolare e limitata. I miracolati furono pochi rispetto alla massa degli uomini. Inoltre, nel giro di qualche anno, gli ex-ciechi tornarono a non vedere, e rimasero immobilizzati con gli ex-zoppi nellabbraccio della morte che li strinse a s con gli ex-risuscitati. Volendo guardare, ci che fece fu efficace solo provvisoriamente, e rappresenta una piccola proroga al limite inderogabile che il tempo fissa per ogni mortale. Ci che ha efficacia universale ed eterna ci che gli abbiamo fatto. Propriamente parlando, Ges non ci ha salvati con la sua azione, ma con la sua passione. La parola chiave del brano impadronirsi (cf v. 1). In questo gesto si esprime il peccato delluomo che, invece di prendere in dono, benedicendo il donatore e donando al bisognoso, prende in possesso, misconoscendo il donatore e chiudendosi al fratello. Dio, essendo amore, dono. Impadronirsi lazione antidivina per eccellenza: riporta tutto al caos, che si ridivora ci che gli ha sottratto. Se lui, per un solo attimo di secondo, volesse possedere ci che ha e

ci che , allistante non ci sarebbe pi nulla. Il possesso la negazione del dono, e quindi di ogni creatura e dello stesso Creatore. Gli strumenti per impadronirsi sono danari, spade, bastoni e baci che richiamano cuori e coppe. Sono le solite carte con cui da sempre il mondo si gioca la propria morte. Le variazioni sono infinite, quante le persone; ma ognuno le usa nella stessa tragica partita. A noi che ci impadroniamo, lui risponde rimanendo ci che : si dona e si abbandona nelle nostre mani, che fanno di lui quello che vogliono. Mentre noi lo prendiamo, lui si lascia comprendere, ossia concepire (v. 48) nella sua essenza di dono assoluto, che non si sottrae davanti a nessun male. Nel Figlio delluomo che si consegna nelle nostre mani, il peccato afferra il perdono, le tenebre la luce, la morte la vita. La vittoria del male diviene la sua sconfitta definitiva. Ges, che si consegna a chi se ne impadronisce, il compimento di tutte le Scritture. Queste infatti raccontano la passione di Dio per noi, e promettono il dono della salvezza per noi peccatori. Il discepolo capisce di essere tra coloro che prendono. Tradisce, rinnega, fugge e lo abbandona, come tutti. Il pi forte tra i prodi fuggir nudo in quel giorno (Am 2,15). Resta lui solo, che muore per il peccato di tutti. 2. Lettura del testo v. 43 Si fa vicino Giuda, uno dei Dodici. Giuda resta sempre uno dei Dodici, solidali con lui ciascuno a modo suo - chi con la spada, chi con la fuga. spade e bastoni. Il denaro, il cui accumulo violenza ormai pulita, ottiene praticamente tutto. il dio di questo mondo. Ci che ancora non si pu ottenere con esso, lo si ottiene con la violenza pura. Dietro il denaro (v. 11), ci sono sempre spade e bastoni. sommi sacerdoti, scribi e anziani. Sono le tre maschere del male del mondo, chiamato anche mani degli uomini (9,31), mani dei peccatori (v. 41). Raffigurano le tre brame, che muovono le mani delluomo a impossessarsi del Figlio delluomo. v. 44 colui che lo consegnava. Lunica ed identica azione (consegnare o tradire) insieme propria di Giuda che consegna Ges al suoi avversari, di Ges che si consegna nelle mani dei peccatori e del Padre che lo consegna per tutti noi. Nel nostro massimo male Dio nasconde il suo massimo bene: nella consegna di Ges sta la consegna del Figlio a tutti i suoi fratelli. A chi lo tradisce, Dio si tradisce, rivelandogli pienamente se stesso come amore e offerta di salvezza senza condizioni. aveva dato un segno: Colui che bacer. Il bacio diventa segno di colui che bisogna prendere. Quanto amore in realt possesso, stravolto nel suo contrario! Daltra parte il nostro peccato non proprio lincapacit di amare? Il bacio scatener spade e bastoni, portando a compimento ci che inizi con denari. Impadronitevi di lui. Impadronirsi, parola chiave del brano, esce quattro volte (vedi inoltre gettare le mani e concepire). Questo termine, che esprime il fine di ogni azione delluomo, segna linizio della passione del Figlio delluomo. Adamo con il suo impadronirsi si stacc da Dio e usc dallEden nel caos; Ges, col suo consegnarsi, ci riporta Dio, lasciando entrare lEden nel caos.

Luomo biblico conosce due forme di ateismo: uno scientifico e laltro pratico. Quello cosiddetto scientifico proprio dello stolto che dice: Dio non c (Sal 14,1). Quello pratico proprio del ricco che spadroneggia sul povero (Sap 2), pensando che Dio sta lontano e non vede. portatelo via ben stretto. Giuda teme che sgusci via, usando i suoi poteri taumaturgici. Ignora che la forza dellamore la debolezza, la sua astuzia la follia. v. 45 Rabbi. Cos laveva chiamato anche Pietro sul Tabor (9,5), e i discepoli davanti al fico essiccato (11,21). Il cieco lo chiamava: Rabbun (10,51). Lappellativo Maestro il pi usuale per chiamare Ges (4,38; 5,35; 9,17.38; 10,17.20.35; 12,14.19.32; 13,1; 14,14). Lui infatti insegna la via di Dio. Ma la sua parola non come quella dello scriba che spiega: ha la potenza di Dio che opera quanto dice (1,22.27; 2,5-11; 11,20). E lo baci. Il discepolo usava salutare il maestro con il bacio. In greco katephlesen indica un bacio tenero, con abbandono e intensit. ostentato per essere meglio notato dai suoi compari e non insospettire Ges. v. 46 gettarono le mani sii di lui. Le mani o si aprono per accogliere il dono (3,1 ss), o si gettano con avidit per chiudersi in rapina. si impadronirono di lui. Dora in poi non far pi niente. Diventer il nulla al quale il possesso riduce tutto. v. 47 tino di quelli. Sappiano da Gv 18,10 che Pietro. estratta la spada, colp. Pietro, come tutti noi, confida nelle stesse armi dellavversario. Anche se vuole il bene, in realt tra quelli che moltiplicano il male. Dio, essendo perdono e misericordia, trionfa proprio perdendo. Per fortuna i discepoli sono pi deboli degli altri, che diversamente avrebbero dovuto fuggire. Quando siamo pi forti e cantiamo vittoria, siamo noi i veri nemici di Ges, il quale a causa nostra deve continuare la sua agonia nellorto. Egli avrebbe a disposizione dodici legioni dangeli (Mt 26,53); ma lunica sua arma rimane ancora e sempre la debolezza di un amore che si consegna. Rendere giustizia con la violenza una contraddizione nei termini (Sir 20,4). gli tolse via lorecchio. Pietro ama Ges, ma non conosce il suo spirito. ancora nel campo avversario, nello stesso gioco di spade, bastoni, denari e baci. Nonostante la sua buona volont, anche lui prigioniero di quel male per il quale Ges sta pagando. Larma con cui Ges colpir al cuore il nemico sar la misericordia. Vince il male usando il mite asinello, non il superbo cavallo o il potente carro (Zc 9,9). Quante difese di Ges che non rientrano nel suo spirito! Egli non ha nemici da vincere, ma fratelli da conquistare allamore del Padre. Ogni volta che abbiamo un nemico da combattere, siamo lontani da lui, suoi nemici noi stessi. Tutte le nostre crociate non servono che a tagliar orecchi, ossia a togliere ai fratelli la capacit di ascoltare la misericordia di Dio, unica possibilit di conversione. La spada di Pietro profezia di tutti gli strumenti di potere che noi discepoli abbiamo usato, usiamo e useremo, ritardando la venuta del suo regno in proporzione alla nostra forza. A chi ha poco discernimento, il nemico usa accrescere tanto la buona volont. Che Dio doni intelligenza a chi ha zelo, perch, a fin di bene, non abbia a operare alacremente per lavversario!

v. 48 Come per un ladrone. Ges trattato da malfattore (Lc 22,37): linnocente porta su di s le conseguenze del male. per prendermi. La parola greca syllambno indica con-prendere o concepire, ed la stessa usata da Luca per indicare la concezione di Ges da parte di Maria (Lc 1,31) . In realt noi comprendiamo Dio, addirittura lo concepiamo, proprio nel nostro peccato. La nostra mano, che si chiude per prendere e uccidere. racchiude il dono che per noi si fa perdono e risurrezione. E il grande mistero della nostra salvezza, unico incontro possibile tra noi e Dio, nel pieno rispetto della libert di ambedue. v. 49 Ogni giorno ero presso di voi. Si sottolinea che lo prendono di nascosto, con inganno (v. 1 s). sempre cos in ogni prendere. si compiano le Scritture. lunica volta - per di pi sulla bocca di Ges - in cui Marco parla del compimento delle Scritture in modo assoluto, senza specificazioni. il commento di Ges a quanto sta accadendogli. Il Figlio delluomo preso nelle mani degli uomini peccatori la salvezza delluomo, fine del disegno di Dio. Ges il giusto che, portando su di s lingiustizia, ce ne riscatta. Infatti il male lo porta chi non lo fa; e ce ne libera solo chi, non facendolo, ha lamore e il coraggio di portarlo. v. 50 abbandonandolo, fuggirono tutti. la conclusione effettiva di tutte le velleit contrarie (cf v. 31!). I discepoli abbandonano Ges perch debole. La loro fuga fa vedere che sono con lui solo fino a quando possono pensare che sia come lo vogliono loro. Hanno la stessa mentalit dei suoi nemici. Lo amano davvero, ma ancora come proiezione dei loro desideri, non per ci che . Ma chi cerca il Signore per il Signore? Quando il pastore percosso, si segue un altro pastore - la paura della morte. v. 51 un giovinetto lo seguiva, ecc. Solo Marco parla di questo giovinetto. La parola riappare nellannuncio del Risorto (16,5). la firma dellautore, che laveva seguito dal cenacolo, forse di sua propriet (cf At 12,12), fino al giardino? Anche lui fugge nudo, lasciando finalmente tutto ci che costituisce la sua ricchezza - che, come per il ricco, una veste di morte (cf 15,46) - per riapparire poi, vestito di luce, ad annunciare il Risorto. Davanti al compimento escatologico ognuno si ritrova a fuggire, nudo come Adamo: II pi coraggioso tra i prodi fuggir nudo in quel giorno (Am 2,15). La scena anche preannuncio di Ges morto e risorto: lasciando la veste del suo corpo nelle mani dei violenti, sfugge loro nudo, per riapparire come giovinetto vestito di bianco nel mattino di pasqua. Le varie interpretazioni non si escludono; possono anche utilmente sovrapporsi. 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo immaginando lorto degli Ulivi, nel plenilunio pasquale. 3. Chiedo al Signore ci che voglio: comprendere come le Scritture si compiono in lui, linnocente preso dalle nostre mani di peccato. 4. Traendone frutto, guardo, ascolto, e osservo le persone: chi sono, che dicono, che fanno. Da notare: il bacio di Giuda impadronirsi la spada di Pietro il compimento delle Scritture

la fuga di tutti 4. Passi utili: Is 52,13-53,12; Dt 8,15; Lv 25; Sal 24; 16; At 2,42-48; 4,32-37.

80. IO SONO
(14,53-65)
53

E condussero Ges dal sommo sacerdote; e convengono tutti i sommi sacerdoti e gli anziani e gli scribi. 54 E Pietro da lontano lo segu fin dentro il cortile del sommo sacerdote, e stava a sedere insieme con i servi e a scaldarsi al fuoco. 55 Ora i sommi sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano una testimonianza contro Ges per ucciderlo, e non la trovavano. 56 Molti infatti testimoniavano il falso contro di lui, e le testimonianze non erano uguali. 57 E alcuni, alzatisi, testimoniavano il falso contro di lui, dicendo: 58 Noi udimmo che costui diceva: Io distrugger questo tempio manufatto, e, dopo tre giorni, edificher un altro non manufatto. 59 E neppure cos era uguale la loro testimonianza. 60 E, alzatosi in mezzo, il sommo sacerdote interrog Ges dicendo: Non rispondi nulla? Cosa testimoniano costoro contro di te? 61 Ora egli taceva, e non rispose nulla. Di nuovo il sommo sacerdote lo interrogava e gli dice: Tu sei il Cristo, il Figlio del Benedetto? 62 Ora Ges disse: Io Sono. E vedrete il Figlio delluomo sedere alla destra della potenza e venire con le nubi del cielo.

63

Ora il sommo sacerdote, strappandosi le sue tuniche, dice: Che bisogno pi abbiamo di testimoni? 64 Udiste la bestemmia!? Che pare a voi? Ora quelli tutti lo condannarono che era reo di morte. 65 E cominciarono alcuni a sputacchiarlo, a velargli il volto, e a schiaffeggiarlo, e a dirgli: Profetizza! E i servi lo presero a schiaffi. 1. Messaggio nel contesto Io Sono, dice Ges confermando per la prima volta la sua identit di Cristo e di Figlio di Dio, e proclamandosi Figlio delluomo, giudice supremo di tutta la storia. Il vangelo sfocia in questa sua autotestimonianza, che risolve ogni mistero e sar causa della sua condanna. Ma la sua uccisione sar il sigillo di autenticit della sua rivelazione. Ai piedi della croce ogni uomo esclamer col centurione: Veramente questuomo era Figlio di Dio (15,39). Tutto il vangelo di Marco sotteso dalla domanda: Chi Ges?. Nella prima parte, dopo ogni miracolo, ci si chiedeva sempre, insieme alla folla e ai discepoli: Chi costui?. A met vangelo lui che domanda: Ma voi chi dite che io sia? (8,29). Ora lui stesso risponde direttamente, dicendo la propria identit. Dopo queste parole non dir pi niente. Sentiremo solo la breve risposta a Pilato e il duplice grido in croce (15,2.34.37). Ormai un silenzio assoluto di stupore e adorazione avvolge la Parola. Dio non ha nulla pi da dire. In essa si totalmente espresso, dicendosi e dandosi tutto a noi, senza serbare pi nulla per s. Il confronto con la croce lo render evidente a tutti. Qui finisce il segreto messianico e ogni segreto; e comincia ogni nostra comprensione di Ges e di Dio. Ogni teologia - e prassi corrispondente - che non parte dalla teoria della croce (Lc 23,48), rimane una proiezione dei nostri desideri (cf 8,33) avvelenati dalla falsa immagine di Dio. La croce la differenza irriducibile tra il cristianesimo e ogni religione, compreso lislamismo e lebraismo. In nessun dialogo interreligioso da togliere questo scandalo, che inciampo e salvezza per tutti. Solo partendo da qui il cristianesimo ha qualcosa di assolutamente inaudito da dire, significativo anche per luomo moderno. Il problema della fede cristiana non si pone prima della croce, che appunto la distanza infinita che Dio ha posto tra s e ogni nostra cattiva fantasia su di lui. L Ges rivela per la prima volta chi Dio e si rivela Dio. Per noi cristiani la croce troppo ovvia, spesso ridotta a ornamento, amuleto religioso. In realt un Dio che un uomo, e per di pi crocifisso, suona bestemmia per tutte le religioni e per tutti gli ateismi, i quali negano esattamente il dio delle varie religioni (ogni ateismo acriticamente religioso!). Questa bestemmia, critica di ogni religione e ateismo, lessenza della fede cristiana: la stoltezza e debolezza alla quale arriva la sapienza e la potenza di un Dio che solo e tutto amore per luomo. Per questo

Paolo compendia ogni suo sapere con le parole: Io ritenni di non sapere altro in mezzo a voi se non Ges Cristo, e questi crocifisso (1Cor 2,2). La fede cristiana consiste nellaccettare come proprio Salvatore Cristo), Dio (= Figlio del Benedetto) e Giudice (= Figlio delluomo) luomo Ges che va in croce per me. Egli la fine di ogni falsa speranza delluomo, di ogni raffigurazione di Dio come suo antagonista e di ogni giudizio che pretenda autosalvezza o presuma autogiustificazione. Ai piedi della croce si dissolve ogni menzogna, e inizia la verit che ci fa liberi (Gv 8,32). Davanti alla Gloria, cos santa e diversa da ogni opinione, la reazione comune il rifiuto. Il sommo sacerdote lo accusa di bestemmia, tutti sentenziano che reo di morte, i servi lo dileggiano, e Pietro, in rappresentanza dei discepoli, anche di quelli che verranno dopo, professa di non conoscerlo. Ges sar condannato non per testimonianza altrui, ma per questa sua rivelazione. Ges il Salvatore perch si perde per noi; il Signore perch porta su di s il nostro male; Giudice perch si lascia condannare in vece nostra. Cos ci fa conoscere cos la salvezza, chi Dio e quale il giudizio: lamore di uno che sa perdersi senza riserve per tutti i perduti. Il discepolo chiamato a riconoscerlo cos come , e non come laveva pensato. 2. Lettura del testo v. 53 condussero Ges. Ges preso, condotto e consegnato. In balia del possesso delluomo, diventa un puro oggetto, che ognuno maneggia come vuole. tutti i sommi sacerdoti e gli anziani e gli scribi. Costituivano il sinedrio, organo di potere supremo, anche se sotto il controllo dei romani. v. 54 Pietro da lontano lo segu. Vuol onorare la sua parola, memore dei propositi di poche ore prima, mentre camminavano dal cenacolo allorto. Soprattutto vuol bene a Ges, e non pu staccarsi da lui. stava a sedere insieme con i servi, ecc. Ges in alto, nella sala del consiglio; Pietro in basso, nel cortile con i servi. Parallela alla testimonianza del maestro, ci sar la contro-testimonianza del discepolo. v. 55 cercavano una testimonianza contro Ges per ucciderlo. Ges gi condannato prima del giudizio. quanto capita nei processi farsa. Ne consegue lassoluzione dellingiusto, la cui pena portata dal giusto consumazione di ogni male. non la trovavano. La condanna dellinnocente precede sempre il processo, il quale non fa che confermarne linnocenza. Se cos non fosse, Ges non ci giustificherebbe: sarebbe giustamente condannato per il proprio peccato e non morrebbe da giusto, per il nostro peccato. v. 56 testimoniavano il falso contro di lui. La menzogna lo strumento privilegiato dellingiustizia: stravolge la verit, giustificando arbitrio e violenza. il mezzo fondamentale di ogni politica di parte. le testimonianze non erano uguali. La prova nel processo ebraico era la testimonianza concorde di due. Bei tempi in cui ci si fidava della parola (Dt 17,6; 19,15)!

v. 58 lo distrugger questo tempio, ecc. (cf 15,29.38; Gv 2,19 ss). Il tempio, cuore di ogni istituzione, il luogo supremo dei valori; vi abita Dio e vi si conserva la legge. Il re rappresenta a sua volta Dio in terra, e fa rispettare nel tempo la sua legge eterna. Oltre il tempio, la legge e il re, istituzioni in qualche modo comuni a tutti i popoli, anche se in forme diversificate, Israele conosce unaltra funzione, di tipo carismatico: il profeta. Egli critico nei confronti del re e del popolo, richiamandoli allosservanza della legge; ed critico anche nel confronti di questa, impedendo che diventi legalismo e tenendola aperta a una promessa sempre pi grande. Nella morte di Ges finiscono queste istituzioni. Il vecchio tempio sar distrutto per lasciar luogo al nuovo, che sar il suo corpo crocifisso, presenza di Dio; la nuova legge sar il suo amore che perdona; la nuova regalit sar quella di uno che serve in umilt, scegliendo come suo trono il patibolo dello schiavo ribelle. Anche la profezia finisce con il suo silenzio - maest di Dio che si manifesta compiutamente. La nuova profezia sar il ricordo della croce gloriosa, che interpreta la storia delluomo e rivela il mistero di Dio. Questa accusa sulla distruzione del tempio pu connettersi alla sua profezia di 13,2. Ripetuta ai piedi della croce (15,29), si realizzer nella sua morte, quando si squarcer il velo del santo dei santi (15,38). v. 60 Non rispondi nulla? Ges tace, come il giusto perseguitato del Sal 38,14 s. Il suo silenzio di grande importanza per levangelista. Lo sottolinea due volte davanti al sinedrio e due davanti a Pilato (15,4). Se avesse risposto alle accuse, dimostrandole false, sugli accusatori sarebbe caduta la pena prevista per lui. Ma egli lagnello di Dio che porta il peccato del mondo (Gv 1,29), muto davanti al suoi tosatori (Is 53,7). Non apre la bocca e si lascia giudicare, perch non siamo condannati noi. Questo suo silenzio, espressione massima di misericordia, la rivelazione estrema di Dio, cui risponde la nostra riverente adorazione. Il silenzio di Dio segno della sua gloria irraggiungibile: Egli non ha da rispondere (Gb 37,23). v. 61 Tu sei il Cristo. Questo titolo, che uscir di nuovo ai piedi della croce (15,32), usato allinizio del vangelo, nel riconoscimento dei demoni e di Pietro, ed esce tre volte dalla bocca di Ges (1,1.34; 8,29; 9,41; 12,35; 13,21). Il Cristo il messia, il discendente di Davide, il re promesso (2Sam 7), che sarebbe venuto a liberare e salvare il suo popolo. Il Figlio del Benedetto (= Dio). Questo titolo, usato in 1,1 e riconosciuto a Ges per ora solo dai demoni, detto dal sommo sacerdote, forse come sinonimo di messia. Ma Ges gli d un significato ben pi profondo, che lo stesso sommo sacerdote comprender bene, accusandolo di bestemmia. v. 62 Io Sono. La sua morte gi decisa. Non c pi nessun pericolo di ambiguit. Cessa quindi ogni segreto. Ges si proclama quanto il sommo sacerdote ha detto e quale la comunit cristiana lo crede: Cristo e Signore, Salvatore e Dio. Io Sono, oltre che risposta affermativa alla domanda: Tu sei?, richiama la rivelazione dellEsodo: Io sono il Nome, JHWH. Il lettore chiamato a riconoscere nel crocifisso il suo Salvatore e Signore (At 2,36). vedrete il Figlio delluomo, ecc. (Dn 7,13; Sal 110,11). Richiama 13,26, dove si parla della fine del mondo e del suo giudizio. Ges, Figlio delluomo sofferente, Giusto giustiziato ingiustamente, la fine del mondo e il giudizio di Dio sulla storia. I suoi giudici saranno da lui giudicati; quando lavranno consegnato alla croce, lo contempleranno esaltato nella gloria di Dio: Vedranno colui che hanno trafitto (Zc 12,10). L siede sul trono, in tutta la sua potenza, mentre viene a giudicare. Perch la croce il giudizio di Dio, di quel Dio che amore, e muore per salvare tutti i peccatori, rivelando cos la sua giustizia.

v. 63 strappandosi le sue tuniche. Al sommo sacerdote era vietato strapparsi le vesti (Lv 21,10). Anche il velo del tempio si squarcer (15,38). v. 64 Udiste la bestemmia. Ges fu accusato di bestemmia gi nel suo primo miracolo pubblico, quando rivel il suo potere, che appartiene al solo Dio: perdonare i peccati (2,6). La bestemmia una parola contro Dio. Questa affermazione in effetti demolisce ogni immagine che luomo si fa di Dio. tutti lo condannarono. Infatti muore per tutti. reo di morte. Morir per un reato preciso: la parola con cui si dichiara e rivela un Dio cos scandalosamente diverso da tutti i nostri idoli. v. 65 cominciarono a sputacchiarlo (cf 10,34). Lo sputo, opposto al bacio di adorazione, segno di disprezzo (Is 50,6). La nostra vanagloria esprime il suo disprezzo per la pienezza di gloria, e la sputacchia. a velargli il volto. Il pi bello tra i figli delluomo (Sal 45,3) oscurato dalla nostra disumanit. Il suo volto velato, volto di tutti i senza volto, rivelazione del Volto stesso, salvezza del mio volto e mio Dio (Sal 42,12). a schiaffeggiarlo. La forza di Dio debolezza, colpita dalla nostra violenza (Is 53,5). Non sottrae la sua faccia agli sputi e ai colpi (Is 50,6) veleno che spurga dalla nostra impotenza paurosa e rabbiosa. Profetizza. Si prende uno, gli si copre il capo e lo si colpisce, perch indovini chi lo ha percosso. un gioco da bambini, che mima la tragica realt dei grandi. Ges sa chi lo ha percosso. Non sono solo loro, i poveri servi. tutto il male del mondo, il gioco della nostra storia che si riversa su di lui. ci viene attraverso le mani di servi umiliati e frustrati, che duplicano il male subito, appena trovano uno pi debole su cui sfogarsi. Profetizza! La profezia parola di Dio che rivela la verit, chiama a conversione e d salvezza. Questo volto velato del Figlio delluomo profezia piena, parola potente di Dio che svela la realt sua e nostra, e ci chiama a conversione dandoci salvezza. Questo stesso volto chiede a me: Sai chi sono io e chi mi percuote? Profetizza!. Sono chiamato a vedere in lui il mio Signore e Salvatore; e in me colui che lo percuote. Pietro, come poi ciascuno di noi, subir davanti a questo volto il suo esame di fede. 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo immaginando la sala del sinedrio, con tutti i suoi membri, testimoni e Ges. 3. Chiedo ci che voglio: conoscere nel volto velato il mistero del mio Salvatore, Signore e Giudice, giudicato e condannato per me come schiavo e bestemmiatore. 4. Traendone frutto, contemplo la scena, rilevando: le accuse contro Ges il suo silenzio il suo volto velato, sputacchiato e percosso 4. Passi utili: Dn 7,13; Sal 110; 63; 67; 42; 1Cor 2,2; Gal 3,1.

81. NON CONOSCO QUESTUOMO


(14,66-72)
66

E mentre Pietro era da basso nel cortile, viene una delle serve del sommo sacerdote, 67 e, vedendo Pietro che si scalda, guardandogli dentro, dice: Anche tu eri col Nazareno, Ges. 68 Ma egli neg dicendo: N so n capisco che tu dici! E usc fuori nellatrio, e un gallo cant. 69 E la serva, vedendolo, cominci di nuovo a dire ai presenti: Costui di quelli! 70 Ma egli di nuovo negava. E, dopo un po, di nuovo i presenti dicevano a Pietro: Veramente sei di quelli! Infatti sei anche galileo. 71 Ma egli cominci a imprecare e a giurare: Non conosco questuomo di cui dite. 72 E subito, per la seconda volta, un gallo cant. E ricord Pietro la parola, come gli disse Ges: Prima che il gallo canti due volte, tre volte mi rinnegherai. E si gett a piangere. 1. Messaggio nel contesto Non conosco questuomo, dice Pietro di Ges, di questo Ges dal volto velato. Mostrami la tua gloria, mostrami il tuo volto!. Linvocazione di Mos (Es 33,18), ripetuta in numerosi salmi, esprime il desiderio profondo delluomo. Fatto a immagine e somiglianza di Dio, proprio perch esule - fuggiasco o pellegrino - rimane radicale nostalgia di lui, realt di cui specchio e in cui ritrova se stesso. Tre sono i modi in cui il Signore manifesta il suo volto ed presente.

Il primo quello sofferente e glorioso, col quale fu in mezzo a noi duemila anni fa. il suo volto passato, la sua carne umiliata ed esaltata, principio della nostra fede. presente nella parola che lo ricorda e racconta, perch possiamo riconoscerlo ora e attenderlo nel futuro. Il secondo quello glorioso, con cui si sveler alla fine dei tempi. il suo volto futuro, la sua umanit esaltata, principio della nostra speranza. presente nella preghiera e nelleucaristia, per darci la forza di camminare ora e raggiungerlo poi definitivamente. Il terzo infine quello crocifisso, con cui si offre ai nostri occhi ogni giorno. il suo volto velato, presente nel volto di tutti i senza volto, principio della nostra carit. La nostra salvezza dipende dalla presa di posizione nel suoi confronti (Mt 25,31 s). La Parola ci d occhi per riconoscerlo, leucaristia forza per amarlo: fede e speranza trovano la loro pienezza nella carit. in questo volto che, insieme con Pietro, siamo chiamati ancora oggi a riconoscerlo come Salvatore, Signore e Giudice nostro. Il regno di Dio veramente presente in mezzo a noi, ma in un modo che non attira lattenzione (Lc 17,21). Anzi, ci guardiamo bene dal guardarlo. Preferiamo volgere altrove il nostro sguardo, perch non ha apparenza n bellezza per attirare i nostri sguardi (Is 53,2). Questo brano il punto di arrivo dellesperienza di Pietro, esemplare per ogni discepolo. Solo dopo di essa uno abilitato ad annunciare quanto il Signore gli ha fatto e la misericordia che gli ha usato (5,19). Pietro, non riconoscendo e rinnegando tre volte il suo Maestro, non mente, come a prima vista pu apparire. Confessa la propria verit: non con lui, non di quelli che sono suoi discepoli, non conosce questuomo. Lui conosce un altro Cristo, per il quale era anche disposto a morire; questo invece, povero e umiliato, lo sconcerta e scandalizza. il velo, che ancora sul suo cuore, gli impedisce di riconoscere il Signore che si rivela nella sua gloria. Il pianto squarcia questo velo e Pietro scopre insieme la sua verit di uomo che non conosce il Signore, e la verit di Dio che muore per lui che lo rinnega. Al di l di ogni illusione, vede finalmente se stesso. Ma il ricordo della parola di Ges gli impedisce di cadere nella disperazione e lo strappa dallinferno del proprio io fallito. La scena - un cerchio di fuoco nella notte - tutta un gioco di occhi. Uno come visto, ossia giudicato dallaltro. Pietro vedr la propria realt riflessa successivamente, e in modo diverso, negli occhi della gente e in quelli di Ges (Lc 22,62). A lui decidere con quale sguardo identificarsi: la scelta fra la morte e la vita. La morte una vita sacrificata allidolatria, al culto di buone immagini di s da produrre per accattivarsi lo sguardo altrui; la vita morire allo sguardo proprio e altrui, per vivere di quello del Signore. Infatti, o Signore quanto ciascuno ai tuoi occhi, tanto egli , e nulla di pi, dice lumile san Francesco (Imitazione di Cristo 111,L,37). Le lacrime di Pietro sono il battesimo del cuore. Lo purificano e lo illuminano. Lui non quello che crede di essere; si smentisce come discepolo e perde la sua presunta identit. Saccorge di essere uno che non pu gestire la propria vita come vuole; vede di non saper morire per Ges. invece Ges che muore per lui. Ormai, se sceglie di vivere, trover la propria identit nel suo sguardo, vivendo pubblicamente della sua misericordia. Lesperienza di Pietro il passaggio pasquale tra il fuoco nella notte e lacqua del suo pianto. Anchio devo passarci in mezzo, e accettare di morire a me, per vivere di colui che morto per me. Il volto velato di Ges lo specchio della verit. Davanti ad esso cessa la menzogna su di me e su Dio, e io sono scandalizzato dalla realt mia e sua. importante che Ges abbia predetto a Pietro il rinnegamento, e che Pietro lo ricordi. Solo cos vede che non lo ama perch disposto a morire con lui; lo ama invece e muore per lui peccatore. Ges vuol bene a Pietro non perch bravo, ma perch gli vuole bene. Non gli perdona perch pentito, ma pu pentirsi perch da sempre perdonato.

Il discepolo accetta lamore gratuito di Ges come principio della propria vita. Libero dal giudizio proprio e altrui su di s, vive del giudizio del suo Signore che muore per lui che lo rinnega. La vera conversione, quella dalla legge allevangelo, il passaggio dal mio amore per Dio al suo per me. Il mio peccato diventa il luogo in cui lo esperimento inequivocabilmente. La fede si fonda sulla certezza non della mia fedelt a lui, ma della sua a me. Nulla mi potr separare dallamore che Dio ha per me in Cristo Ges - neppure la morte, non solo mia, ma neanche sua (Rm 8,31-39). Linferno diventa il luogo proprio della salvezza. 2. Lettura del testo v. 66 mentre Pietro era da basso nel cortile. Ges ha il suo processo nella sala del sinedrio; Pietro nel cortile, in mezzo ai servi. Il primo, in alto, testimonia di s, ed condannato a morte; laltro, in basso, nella vita quotidiana, deve semplicemente riconoscerlo per avere la vita. Sappiamo dal v. 54 che Pietro era seduto tra i servi a scaldarsi al fuoco. Nella notte c una luce: il legno verde brucia, mentre quello secco si sta scaldando (Lc 23,3 1). v. 67 guardandogli dentro. Lincerta luce del fuoco notturno facilita gli sguardi indagatori e lascia ampio spazio alla fantasia di chi si vede osservato. Locchio accetta o rifiuta, ama o condanna, d vita o morte: luomo vive o muore dello sguardo altrui. Da qui limportanza di come si appare allaltro. Il look, il culto dellimmagine (= idolatria), un tentativo di accattivarsi lo sguardo altrui, per non essere rifiutato o addirittura per imporsi; ricerca di vana gloria, ossia di peso vuoto, propria di chi non si sente amato e non conosce la vera gloria (ebr. kabod = peso), che il peso dellamore di Dio per lui. tu eri col Nazareno, Ges. Ges fece i Dodici perch fossero con lui (3,14). Con lui luomo se stesso; lontano da lui lontano da s. Ora che il Figlio si rivela come tale, ognuno chiamato a essere con lui. v. 68 neg dicendo: N so n capisco che tu dici! Pietro nega di essere con questo Ges; afferma di non sapere e non capire che cosa significa. Era con un altro, che conosceva e capiva bene - almeno cos credeva! Era con il Nazareno che guariva i malati e risuscitava i morti, dava il pane e confondeva i nemici. Questo invece, che deve soffrire molto da parte di tutti, non lha mai capito; fin dalla prima volta che si rivelato, gli si ribellato (cf 8,29-33). E gli altri sono tutti come lui, primus inter pares (cf 9,32 ss; 10,35-51). vero che ama Ges, ma non accetta che sia povero, umiliato e umile: lo vuole ricco, potente e glorioso. Quando, rivelandosi sotto il velo del nostro male, si manifesta per quello che , scopre di non essere mai stato con lui. Pietro, capo degli apostoli e della Chiesa, fa in prima persona lesperienza che ciascuno chiamato a fare. un gallo cant (v. 30). Il canto del gallo segna la fine della notte e linizio del giorno. La luce dissolve le tenebre e appare la realt. Anche per Pietro svaporano i fumi della sua presunzione e sannuncia lalba. v. 69 vedendolo, cominci di nuovo a dire ai presenti. Pietro vede lo sguardo altrui che indaga e scruta pi a fondo - quello sguardo per compiacere al quale uno deve di volta in volta modificare la sua identit. Costui di quelli. Osservatolo meglio, la serva sicura. Pietro certamente di quelli che sono con Ges, fa parte della comunit dei discepoli. Lha ben visto i giorni scorsi, tutto contento e gongolante,

mettersi in mostra sulla spianata del tempio, mentre il maestro diceva la sua a ciascuno e zittiva tutti, col popolo che lo applaudiva. Il primo dialogo era solo tra la donna e Pietro; ora la donna coinvolge con s i presenti e con Pietro i suoi compagni. v. 70 egli di nuovo negava. Pietro continua a negare. Infatti uno discepolo e fa parte della comunit solo se personalmente conosce e accetta di essere con questo volto. Non giova nulla essere di quelli, far corpo con loro e difendere lui e se stessi in qualsiasi maniera (cf 9,38-40). Non basta neanche far parte della comunit per essere cristiani; bisogna accettare il Cristo povero e umile come proprio Salvatore e Signore. sei di quelli! Infatti sei galileo. Il suo modo di parlare tradisce la sua origine e la sua appartenenza (Mt 26,73). Sarebbe come se uno mi dicesse che sono cristiano, perch ho un linguaggio e una cultura cristiana. v. 71 cominci a imprecare e a giurare. Pietro ha nel rinnegare la stessa eccessivit che poche ore prima aveva nellaffermare la propria fedelt (v. 31). Non conosco questuomo di cui dite. Essere di quelli che sono con Ges non significa avere una ideologia cristiana che ci accorpa e neanche parlare di Cristo: significa riconoscerlo nel volto velato, col desiderio di stare con lui. Qui Pietro dichiara la sua totale estraneit a Ges. Neanche lo nomina; questuomo di cui dite. Finalmente vede la verit del suo rapporto con lui. Lo ama veramente. Ma c stato come uno scambio di persona: ora si trova davanti uno che non conosce. v. 72 per la seconda volta, un gallo cant. Il canto del gallo ripetuto e insistente, come i dinieghi di Pietro, che comincia a conoscersi. lontano da Ges: non solo lo rinnega, ma neanche lo conosce. Ora che vede la propria notte, non tarder molto a giungere il sole. ricord Pietro la parola, ecc. Senza questa parola, Pietro sarebbe perduto. Essa gli ricorda che il Signore lo ha scelto sapendo che lo avrebbe rinnegato; gli garantisce che il Signore lo conosce e lo ama cos com. Lc 23,61 aggiunge il dettaglio: Il Signore guard dentro Pietro. Ora egli pu confrontare lo sguardo altrui e proprio su di s con quello del Signore che lo conosceva gi prima che fosse, che lo ha fatto come un prodigio (Sal 139,14), e lo considera prezioso e degno di stima, perch lo ama (Is 43,2). Noi ci raffiguriamo sempre un Dio giudice; e lo vorremmo complice. Ma locchio di Ges, che qui lo rivela, non n giudizio n complicit: perdono e accoglienza senza limiti. In esso vedo la verit mia e sua, luna nellaltra: la mia miseria, colmata dalla sua misericordia. si gett a piangere. Luca dice: Uscito fuori, pianse amaramente (23,62). Si allontana da Ges, confuso, deluso e amareggiato di s. Non sa pi chi lui; gli rimangono in mano solo i cocci delle presunzioni con cui si era identificato. Chi veramente lui, che protestava di voler morire con Ges? Chi Ges che conosceva il suo rinnegamento e lo guarda con amore e dolcezza, senza rimprovero? Lacqua amara del pianto di Pietro il mare in cui affoga il suo faraone che lo tiene schiavo, lorgoglio religioso, la presunzione di essere bravo. O far la fine di Giuda - ultimo gesto di autoaffermazione come autodistruzione - o cercher inutilmente di dimenticare tutto, o si volger a Ges, vivendo del suo sguardo gentile e cortese (Giuliana di Norwich), che lo ama senza condizioni. Questa sar la sua risurrezione, la sua nuova identit: lamore e la misericordia del suo Signore che muore per lui! Ma prima necessario che esca tutta lamarezza della sua sconfitta.

Il battesimo questa morte del proprio io falso, sempre in cerca di conferma e autoaffermazione, per vivere pubblicamente dellamore di Dio per me. Questo il mio io autentico, la mia vita nuova, libera finalmente dalla paura e dal giudizio. Niente mi pu separare da questo amore: n il mio peccato n la sua stessa morte (Rm 8,39). un amore eterno (Ger 31,3), che d la vita eterna. Cessa finalmente la menzogna che ha fatto fuggire luomo da Dio, sua vita. Nasce il nuovo Adamo, che non si difende pi da lui, con sottomissione religiosa o ribellione atea. Finalmente si sente amato e quindi capace di riamare. 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo, immaginando il cortile del palazzo del sommo sacerdote, dove Pietro sta con i suoi servi attorno al fuoco. 3. Chiedo a Ges ci che voglio: vivere non del mio o dellaltrui, bens del suo sguardo su di me. 4. Traendone frutto, vedo, ascolto, e osservo le persone: chi sono, che dicono, che fanno. Identificarmi con Pietro, sentire e rispondere alle sue stesse domande. 4. Passi utili: Is 43,1-6; Sal 139; Rm 5,6-11; 8,31-39; 1Tm 1,15 s; 2Tm 2,1-13.

82. CROCIFIGGILO
(15,1-15)
151 E subito, allalba, facendo consiglio, i sommi sacerdoti con gli anziani e gli scribi e tutto il sinedrio, legato Ges, lo portarono via e lo consegnarono a Pilato. 2 E lo interrog Pilato: Tu sei il re dei giudei? Ora egli rispondendo gli dice: Tu dici. 3 E lo accusavano i sommi sacerdoti di molte cose. 4 Ora Pilato di nuovo lo interrogava dicendo: Non rispondi niente? Guarda di quante cose ti accusano. 5 Ma Ges non rispose pi niente, cos che Pilato si meravigliava. 6 Ora per la festa liberava loro un prigioniero, quello che richiedevano. 7 Ora cera quello chiamato Barabba, legato coi rivoltosi

che nella rivolta avevano fatto omicidio. 8 Ora, salita la folla, cominci a chiedere come sempre faceva loro. 9 Ora Pilato rispose loro dicendo: Volete che vi liberi il re dei giudei? 10 Sapeva infatti che i sommi sacerdoti lavevano consegnato per invidia. 11 Ora i sommi sacerdoti sobillarono la folla che piuttosto liberasse loro Barabba. 12 Ora Pilato di nuovo rispondendo diceva loro: Che dunque far di quello che dite il re dei giudei? 13 Ora quelli di nuovo gridarono: Crocifiggilo! 14 Ora Pilato diceva loro: Che ha fatto di male? Ora quelli oltre misura gridarono: Crocifiggilo! 15 Ora Pilato, volendo soddisfare la folla, liber loro Barabba; e consegn Ges, dopo averlo flagellato, perch fosse crocifisso. 1. Messaggio nel contesto Crocifiggilo, grida la folla del suo re, che non ha fatto nientaltro di male che servire invece di dominare. Con la sua croce chiedono la liberazione del delinquente. La libert di Barabba vale la condanna del Cristo. il grande baratto che ci salva: la morte del giusto per la vita dellingiusto. Il processo davanti al sinedrio ha messo in rilievo la bestemmia: Messia, Signore e Giudice della storia Ges. Il processo davanti a Pilato tratta specificatamente della salvezza: egli il Salvatore promesso proprio in quanto servo. Condannato come Figlio di Dio e giudice, rivela chi Dio e quale il suo giudizio; messo sul patibolo dello schiavo come re - modo divino di regnare! - diventa salvatore di tutti. Come Dio fu respinto dallautorit religiosa; come re fu rifiutato dal popolo e ucciso dallautorit civile. Giudei e pagani, tutti sono alleati nellunico peccato e nellunica salvezza. Il re la persona riuscita, libera e potente. Uomo ideale e ideale di ogni uomo, considerato limmagine di Dio in terra. Ma in Israele c sempre stato un atteggiamento critico verso la regalit. Lattesa del messia, radicata nella promessa fatta a David (2Sam 7), aveva trovato terreno fertile nella constatazione di quanto fosse perverso ogni potere delluomo sulluomo (cf 10,40ss; Gdc 9,8-15; 1Sam 8,1 ss). Il re infatti spadroneggia sui sudditi e li rende suoi servi, togliendo loro ci che li rende simili a Dio: la libert. Questa infatti risulta insieme alle facolt di capire, di volere, e di operare, capacit divine che costituiscono luomo nella sua unicit di persona, signore di tutto e pari con tutti, unica immagine del suo Signore.

Il re un Dio capovolto, la cui intelligenza scambia il vero con lutile, la cui volont sostituisce lamore con legoismo, la cui azione mira al potere invece che al servizio. una caricatura duomo, luomo fallito! Gli strumenti che usa sono le spade e i bastoni per sottomettere i nemici, i denari e i favori per tenere in mano gli amici. La storia non che una variazione sul tema di queste quattro note. Grande - ma anche monotona, immensamente monotona! - la fantasia delluomo nel suonare allinfinito questi pochi lugubri tasti. Dio aveva promesso a Israele di liberarlo, mandando un re che lo avrebbe veramente rappresentato, anzi, regnando lui stesso. Il regno di Dio, nocciolo della predicazione di Ges, la grande attesa dei suoi contemporanei. Questa promessa ora si realizza: Ges il re autentico, libero da ogni potere, capace di testimoniare la verit di Dio. Infatti si fa schiavo di tutti, donando tutto, fino al dono di s. Il seguito del racconto procede come un solenne cerimoniale di corte: la condanna a morte leditto che lo proclama re, il dileggio dei soldati la sua incoronazione, la via crucis il suo corteo trionfale, la crocifissione la sua intronizzazione. Dallalto del suo trono, infine, esercita il suo potere: invece di uccidere i nemici, muore per loro, uccidendo la morte, nemico ultimo di tutti. Dobbiamo contemplare il seguito del vangelo con Pietro, che, dopo il suo pianto, si scioglie e scompare per diventare tutto e solo occhio. Esso lorgano pi debole, che non modifica in nulla la realt; ma anche il pi ricco, che accoglie e lascia entrare tutto nel cuore. Ci che dora in poi suona burla sulla bocca di chi non crede, professione di fede agli orecchi di chi conosce il Signore. Ges appare ora in solitudine assoluta. Lui, che si abbandonato nella mani di tutti perch nessuno si sentisse solo, sperimenta labbandono di tutti, anche del Padre. Questa solitudine la sua forza divina di una solidariet estrema con tutti. Nessuno lo desidera pi. Un Dio e un re cos rifiutato da tutti! Anche la folla, fino a ieri osannante, lo vuole morto. Chi, come Pilato, lo vorrebbe salvare perch innocuo, lo consegner alla morte. Barabba rappresenta tutti noi, uomini falliti e meritevoli di morte, che siamo salvati per la sua morte. Cos la verit? chiede Pilato (Gv 18,38). Ges non gli risponde nulla, perch la pu vedere davanti a s: lui la verit di Dio che libera luomo. La libert il dono pi grande di Dio, che egli rispetta sempre, anche quando contro di noi o addirittura contro di lui. Sa che essa schiava dellignoranza. Ora la libera, mostrandoci la sua verit (Gv 8,32). Ges re. luomo libero e potente che ci salva proprio perch ama sino a farsi schiavo e impotente, portando su di s la morte di tutti - dei sinedriti e di Pilato, di Pietro e di Barabba, dei capi e della folla, dei forti e dei deboli. il Signore che regna, e d la libert a tutti gli oppressi (Sal 146); la sua condanna alla morte di croce il prezzo della nostra libert. Il discepolo in lui vede il male proprio e di tutti. Ma contempla insieme anche il bene che lui vuole a ciascuno. A questo punto si identifica con Barabba, il delinquente condannato a morte, al cui posto viene ucciso linnocente. la grazia pasquale, che gli viene dal sangue dellagnello. 2. Lettura del testo v. 1 allalba. Dopo essere gi venuto di sera, di notte e al canto del gallo (13,35), ora il Signore viene anche allalba. Ma trova tutti addormentati. Nessuno sa riconoscerlo. legato Ges. Il Figlio del Padre legato come Barabba (v. 7). Esprime cos la sua libert massima, che quella di amare fino a farsi schiavo (Gal 5,13). Le sue sciolgono le nostre catene.

lo portarono via e lo consegnarono. Il dono di Dio - Dio stesso che si dona - ridotto dal nostro possesso a oggetto di trasporto e di consegna. Cos, passato per le mani luno dellaltro, raggiunge tutti, prima i giudei, e poi i pagani. v. 2 Tu sei il re dei giudei? Evidentemente il sinedrio ha presentato Ges con questa accusa, lunica che poteva interessare a Pilato. In Palestina capitavano di frequente moti di insurrezione, in cui uno si proclamava re e ingaggiava la lotta di liberazione contro i romani. Lultimo tentativo sfocer nella distruzione di Gerusalemme e del tempio (70 d.C.). Tu dici. Ges conferma di essere re. Ma come sia re, nessuno lo sospetta. Pilato stesso rester stupito. La sua regalit infatti, divina, e consiste nel servire per amore. v. 3 lo accusavano di molte cose. Non c un capo daccusa preciso. Chiaro comunque che bisognava eliminarlo; sia come Dio, perch nessuno accetta un Dio cos, sia come salvatore, perch nessuno comprende la sua salvezza. v. 4 Pilato di nuovo lo interrogava. Le parole interrogare e rispondere, sono di continuo ripetute nel processo. Luomo interroga, ma il Signore non risponde, se non con un tu dici. Lo rimanda alla sua domanda, perch metta in crisi il suo modo di pensare. Non rispondi niente? Ges dora in poi tacer. Ci che gli stiamo facendo lo rivela pienamente. Il suo il silenzio del servo sofferente (Is 53,7); anzi il silenzio maestoso di Dio: Se uno volesse disputare con lui, non gli risponderebbe una volta su mille (Gb 9,2). soprattutto il silenzio che rivela chi Dio. Infatti se parlasse, saremmo tutti condannati. v. 5 Ges non rispose pi niente. Si sottolinea ancora il suo silenzio. In esso ora i miei occhi ti vedono (Gb 42,5). Non sei pi tu che devi rispondere a me, ma io a te. Pilato si meravigliava. Il suo silenzio provoca lo stesso stupore che provocava la sua parola (cf 1,21.27). E infatti la parola pi potente di Dio: dice la sua essenza di misericordia infinita. v. 6 per la festa. Lautorit usava liberare un condannato a morte, ricordo dellantica e presagio della futura pasqua, libert per tutti. Ora questa festa sar la morte dellagnello muto, il cui sangue sar la salvezza di Barabba. liberare. Questa parola esce quattro volte nel testo. il tema stesso del racconto, che interpreta la condanna di Ges come nostra pasqua, nostra liberazione dalla schiavit e dalla morte. v. 7 Barabba. Barabba significa figlio del Padre (Bar-abba): il nome che si d ai figli di ignoti. Figlio di nessuno, ribelle, omicida, legato in catene, in attesa dellesecuzione capitale, luomo, specchio di ognuno di noi. Infatti, dopo il peccato, ignorando il Padre, siamo figli e fratelli di nessuno, e viviamo luno contro laltro, reclusi come in carcere, aspettando di subire la nostra morte dopo averla data ad altri. v. 8 la folla cominci a chiedere. Tutta la folla invoca la grazia pasquale. v. 9 Volete che vi liberi il re dei giudei? Se il Giusto fosse liberato, non sarebbe il nostro re e salvatore, e noi saremmo giustamente giustiziati.

Egli il re promesso perch assume su di s liberamente la nostra condanna. Pilato da parte sua vorrebbe rimandarlo, perch un simile re non in concorrenza con Cesare. Politicamente innocente, anzi innocuo. Se come Figlio di Dio blasfemo, come re non-re! Religione e politica lo squalificano. interessante notare come il potente Pilato sia impotente a fare il bene che vuole; solo capace di fare il male, anche quando non lo vuole. v. 10 lavevano consegnato per invidia. Per lunica volta detto il motivo della consegna. La morte, entrata nel mondo per invidia del diavolo (Sap 2,24), entra ora in Dio per invidia delluomo. Linvidia lincapacit di godere del bene altrui e la brama di possederlo in proprio, anche a costo di sopprimere laltro. il sentimento pi umano e pi contrario a Dio, legoismo. Al suo opposto c la lode, che consiste nel godere del bene altrui. Dio lode e gioia per tutte le creature, in particolare per luomo. Il suo occhio si compiace della creazione intera (Gn 1,10.12.18.21.25.31), e il suo cuore gode di tutte le sue opere (Sal 104,31). Lodare la nostra salvezza, perch ci fa gioire della sua stessa gioia, godere del suo stesso bene pi che se fosse nostro. La lode, espressione perfetta di amore, la nostra somiglianza con lui. Se anche fossi in paradiso, ma fossi invidioso, sarei allinferno: sarei infinitamente triste che Dio sia infinitamente pi grande di me. Se anche fosse allinferno, ma sapessi lodare, sarei in paradiso: gioirei infinitamente che il Signore sia infinitamente bello e buono. Linvidia e la lode fanno rispettivamente della nostra vita un inferno o un paradiso. Come Ges, anche Abele il giusto fu ucciso per invidia; per lo stesso motivo anche Giuseppe fu venduto dai fratelli - e cos li salv! v. 11 sobillarono la folla. La folla facilmente sobillabile perch ha lo stesso modo di pensare dei capi, che per questo appunto sono i suoi capi! Anchessa non sa che farsene di un Cristo debole. La folla una massa di individui sempre pericolosa e bestiale. il contrario del popolo, fatto di persone libere e ragionevoli. Per questo chi vuol dominare deve ridurre il popolo a massa. liberasse loro Barabba. Con la morte di Ges la folla chiede la vita di Barabba. Ma insieme chiede anche la propria. La sua morte, voluta da tutti, per la vita di tutti. una morte vicaria, al posto nostro. v. 13 Crocifiggilo. La folla ununica bocca, da cui esce per la prima volta il grido: Crocifiggilo! In esso risuona la voce di ciascuno. Ascolto distintamente anche la mia. Questo urlo disumano insieme invocazione della salvezza divina. v. 14 Che ha fatto di male? Nulla! Pass tra noi solo facendo del bene e risanando tutti coloro che erano sotto il potere del diavolo (At 10,38). Per questo deve essere crocifisso. Infatti solo perch innocente, pu portare il nostro male e salvarci gratuitamente. Se fosse delinquente come noi, porterebbe il suo, e meritatamente. Crocifiggilo. Il grido ripetuto. La morte di Ges decisa dal capi, voluta dalla folla, eseguita da Pilato. Tutti siamo implicati. Barabba con quale animo avr udito il grido e atteso la condanna di Ges? v. 15 Liber Barabba. Questa la soddisfazione che Pilato concede alla folla, innanzitutto a Barabba. Il Figlio del Padre si fa figlio di nessuno e viene ucciso in vece sua; lui, il figlio di nessuno, diviene libero e figlio del Padre, che gli ha dato la vita del Figlio. la grazia pasquale.

Barabba, dopo Pietro, lidentificazione ultima: Ges muore per me, la sua morte la mia vita. Da qui conosco chi sono io e chi Ges: io sono un disgraziato graziato, e lui il Signore che mi grazia a caro prezzo. Con Barabba, ogni uomo oggettivamente liberato da Cristo che si consegna per lui. Ma pochi lo sanno. Al solo ex lebbroso che torna da lui a rendere grazie, Ges domanda dove sono gli altri nove (Lc 17,17), inviandolo presso di loro. Infatti chi veramente lo conosce, , come Paolo, spinto ad annunciarlo a tutti. La salvezza infatti conoscere il Salvatore e rispondere personalmente al suo amore. consegn Ges. Ges oggetto costante di consegna. Ora nelle mani della folla. Tutta la sua vita un divino abbandonarsi nelle mani degli uomini - un cadere con amore fiducioso nel loro abisso che tutto colma del suo dono. dopo averlo flagellato. Questo supplizio atroce, fatto prima della crocifissione, solo nominato. Si davano 40 colpi meno uno con lorribile flagello, una frusta con lestremit di pezzi dosso e di metallo. la tortura dello schiavo prima del patibolo. Poteva essere mortale. perch fosse crocifisso. Si compie cos la volont di tutti gli uomini, che non sanno che fare di questo Signore e Salvatore debole - Fu crocifisso per la sua debolezza (2Cor 13,4). Si compie cos anche la volont di Dio, che proprio qui si rivela Signore e Salvatore - Signore della misericordia e Salvatore dallegoismo. 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo immaginando il palazzo dove sta Pilato con i suoi soldati, davanti al quale Ges processato. 3. Chiedo al Signore ci che voglio: udire anche il mio grido tra quello della folla, e sentire la stessa meraviglia e gioia di Barabba, liberato al posto di Ges che muore per lui. 4. Contemplare i seguenti punti: Ges legato condotto dalla casa di Caifa al pretorio Pilato gli chiede se re Ges tace Barabba scambiato con Ges la folla grida: Crocifiggilo Ges flagellato 4. Passi utili: Gdc 9,2-15; 1Sam 8; 2Sam 7,1-17; Gv 13,1-17; Sal 95; Mc 10,41-45; Gal 5,13-15.

83. SALVE, O RE DEI GIUDEI


(15,16-20)

16

Ora i soldati lo portarono via dentro al palazzo, ossia pretorio. E convocano tutto quanto il manipolo, 17 e lo vestono di porpora, e gli cingono una corona di spine intrecciate, 18 e cominciarono a salutarlo: Salve, o re dei giudei! 19 E gli battevano il capo con una canna, e gli sputavano addosso, e, piegando le ginocchia, lo adoravano. 20 E, quando lebbero schernito, lo spogliarono della porpora e lo rivestirono delle sue vesti. E lo conducono fuori per crocifiggerlo. 1. Messaggio nel contesto Salve, o re dei giudei, dicono per scherno a Ges i soldati. Secondo il cerimoniale di corte per il nuovo re, questa lincoronazione, che segue la proclamazione regale. Poi ci sar il corteo trionfale, che lo condurr al luogo del giudizio, dove sieder sul trono per esercitare il suo potere. Ges ormai non pi chiamato per nome. Oggetto innominato - nefando ineffabile! - per dodici volte indicato col pronome lo, lui termine passivo dellazione altrui. Non pi nessuno, perch tutti, col nome di tutti i senza nome. Uscir col suo nome unico mentre condotto al Calvario per la crocifissione (v. 22) e nel suo duplice grido di abbandono e di morte (vv. 34-37). Ges presentato come luomo negativo, carico del male che nessuno vuole per s e che ognuno scarica sugli altri: Disprezzato e reietto agli uomini, uomo dei dolori, che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia, era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima. Eppure egli si caricato delle nostre sofferenze, si addossato i nostri dolori (...), stato trafitto per i nostri delitti, schiacciato per e nostre iniquit. Il castigo che ci d salvezza si abbattuto su di lui; per e sue piaghe noi siamo stati guariti (Is 53,3-5). Trattato per gioco da re, in lui, che ne fa le spese, vediamo la brutalit del gioco che tutti facciamo. Queste righe sono un sommario di filosofia della storia. Non scritto su carta, ma sulla carne piagata del Figlio delluomo. Ma questa carne la nostra salvezza. Su di essa ricade. tutto il male che facciamo, e l si arresta. Infatti c uno che, invece di restituirlo con interesse, ha la forza di portarlo per amore. Alla fine della coronazione Giovanni ce lo presenta dicendo: Ecco luomo (19,5). Al di l di ogni menzogna, ecco luomo, come lo riduciamo coi nostri giochi terribili di potere. Ma anche: Ecco Dio - cosa si fatto per noi e cosa noi ne facciamo. Il volto di Ges coronato la verit delluomo. Ma anche la verit di Dio. Che altro poteva fare, che non ha fatto per noi? La contemplazione di questa scena ha il potere di liberarci dalla brama di avere, di potere e di apparire da quella stupidit e vanit che ci distrugge tutti. Ges lultimo dei giusti, su cui ricade tutta lingiustizia. il colatoio, limbuto in cui si riversa e passa ogni malvagit. In lui vediamo senza veli tutto il male che noi facciamo e tutto il bene che Dio ci vuole.

I1 discepolo riconosce e adora il suo Signore e Salvatore in Ges umiliato e disprezzato. Quanto per gli altri salvezza, per lui tragica burla; quanto per gli altri burla, per lui salvezza. 2. Lettura del testo 16 i soldati. Sono i ministri di quel potere che d la morte (Gv 9,10), risultato ultimo di ogni dominio delluomo sulluomo. lunico che Dio non ha, perch il Signore dei viventi (12,20), amante della vita Sap 11,26), che tutto ha creato per lesistenza (Sap 1,14). lo Ges non ha pi nome. indicato col pronome, che sostituisce qualunque nome. Infatti al posto di ciascuno di noi. Dora in poi non pi soggetto di alcuna azione: solo oggetto, pura passione, che subisce ci che noi gli facciamo. Proprio cos compie la grande opera della nostra salvezza. portarono via, dentro al pretorio (Gv 18,28). Proclamato re davanti a tutti con la condanna alla croce, ora condotto nel palazzo dove, circondato dalla corte, incoronato. convocano tutto quanto il manipolo. Il manipolo, costituito da 200 soldati, la guarnigione del palazzo. I servitori della morte si radunano attorno al servo che d la vita. Al centro dellingiustizia c il giusto che paga: ogni male che facciamo sempre portato da un altro che innocente, almeno nei confronti di quello che subisce. E chi totalmente innocente, lo porta tutto. Questa la legge fondamentale della storia. I servi asserviti alla violenza riversano sul servo di Dio il loro gioco di male, riducendolo a dolorante mimo di chi sta loro a capo. v. 17 lo vestono di porpora. La porpora, clamide scarlatta del soldato e veste di sangue di chi ha il potere, avvolge linnocente. La violenza altrui aderisce stretta alla sua carne martoriata. gli cingono una corona di spine intrecciate. La corona indica la gloria di chi domina. Non forse fatta sempre di spine infitte nel capo di chi dominato, privato della sua libert, del proprio volto a immagine di Dio? Secondo Gdc 9,8-15, le spine sono il simbolo della regalit delluomo. v. 18 cominciarono a salutarlo. il saluto di sudditanza, fatto per scherno. E cos la sudditanza se non il pi brutto scherno tra gli uomini, che svendono la loro dignit? Salve. Significa: continua a star bene! Luomo considera bene il potere, e desidera che continui. re dei giudei. il titolo di Ges. Proprio ora re: libero e libera dal male, perch non lo fa e lo porta su di s. v. 19 E gli battevano il capo con una canna. La canna lo scettro regale, simbolo del comando. E cos il comando, se non una percossa sul capo di chi ha ragione? gli sputavano addosso. Lincoronazione, secondo il cerimoniale, comprendeva il bacio di benevolenza e di adorazione. Adorare significa proprio baciare, portando alla bocca loggetto del proprio desiderio. In un rapporto di dominio, cos la benevolenza se non uno sputo, un disprezzo reciproco?

piegando le ginocchia, lo adoravano. La prostrazione di sudditanza conclude lincoronazione del nuovo re. Qui una presa in giro. Cos la sudditanza tra gli uomini, se non una reciproca presa in giro, sia del superiore che del suddito, in un gioco di falsit? v. 20 E, quando lebbero schernito. La sintesi di tutta la scena detta: schernire. Questo scherno o gioco infantile delluomo con il suo ideale di regalit la tragica realt del suo male che si scarica sul giusto sofferente. Ges Salvatore e Signore perch inizia il gioco opposto, facendosi per amore ultimo e servo di tutti. Accetto che lui, proprio cos, il mio re? Oppure continuo anchio a schernirlo, perpetuando il brutto scherzo con i miei ideali di potere e di prestigio? lo spogliarono della porpora. lanticipo della nudit ultima, quando suo vestito sar il suo stesso sangue - sublime nascita delluomo nuovo! lo rivestirono delle sue vesti. Queste sue vesti diverranno nostra eredit ai piedi della croce, quando lui rivestir la nostra nudit. E lo conducono fuori per crocifiggerlo. Dopo lincoronazione il re esce dal palazzo. Seguito dal corteo trionfale, andr al luogo in cui si alza il suo trono, dove far giudizio e giustizia di tutti i nemici. 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo immaginando il cortile del pretorio, con tutta la corte e Ges al centro. 3. Chiedo ci che voglio: riconoscere in Ges flagellato e coronato il mio Salvatore e Signore, il vero uomo e il vero Dio. Gli chieder, nonostante ogni mia resistenza e ripugnanza, di somigliare a lui e di scegliere piuttosto che ricchezza, povert con Cristo povero, piuttosto che onori, umiliazioni con Cristo umiliato, e desiderio di essere considerato stolto e pazzo per Cristo, che per primo fu tenuto tale, piuttosto che saggio ed accorto secondo il giudizio del mondo (Ignazio di Loyola). 4. Contemplo i dettagli: ogni tessera del mosaico di male, che compone il quadro della nostra storia, diventa una perla preziosa dellamore di Dio che se ne fa carico. 4. Passi utili: Sal 93; 96; 97; Gal 6,14.

84. PRENDA LA SUA CROCE


(15,21)
21

E angariano un tale che passa, Simone Cireneo, che viene dalla campagna, il padre di Alessandro e Rufo,

a prender su la croce di lui. 1. Messaggio nel contesto Prenda la sua croce, dice Ges a chi vuol essere suo discepolo (8,34): Ognuno deve caricarsi e portare quella che sua e di nessun altro. Ma chi sar questo cireneo che porta non la sua, ma la stessa di Ges? Lo svolgimento del racconto - siamo ormai allapice - interrotto per introdurre questa strana figura. Nella contemplazione della passione c come una sosta, una pausa per considerare il nostro rapporto con la croce di Ges. Dopo lEcce homo, Ecce homines: ecco gli uomini, in cui si perpetua la passione del Signore. In loro possiamo continuamente vederla e misurarci con essa. Discepolo colui che fa i conti con la croce, Simon Pietro lo sapeva e lo voleva (14,29.31). Ma la ventura tocca a un altro Simone, che non sa e non vuole, anzi costretto dalla violenza altrui. Il tutto per lui come un incubo spiacevole, una prepotenza disdicevole, un non senso gratuito. Eppure gli riservata la dignit pi alta che mai sia toccata a un uomo. Il Signore sta compiendo la sua opera pi importante, coronamento di tutta la creazione; e lui lo aiuta a portare la sua gloria, il peso del suo amore per il mondo. Solo pi tardi capir. Per ora soltanto maledice, borbotta e si ribella, e con ragione, contro il caso malaugurato. Questo brano ci fa riflettere a fondo sulla nostra vocazione di discepoli: come avviene, e a chi tocca. Essere discepoli non scelta nostra, ma dono di Dio. Ci viene dalla storia, al di l di ogni nostro buon proposito. Ci cade addosso quando dobbiamo portare la croce che non comprendiamo e non vogliamo, perch insensata e ingiusta. Contro ogni falsa mistica, essa per s non viene da Dio, ma dalluomo. Anche Ges la porta non perch gli piace, ma perch non pu fame a meno. Chi ama deve portare il male dellamato. Inoltre il caso (!) vuole che portar la croce tocchi sempre allultimo, al pi povero, a colui che non pu ribellarsi - se no peggio per lui! In altre parole: la croce la fa il forte, e la porta il debole. Il Signore fu crocifisso appunto per la sua debolezza (2Cor 13,4). Lui debole perch ama. Ma chiunque debole, per qualunque motivo, si trova costretto a fare ci che lui liberamente assume. Se Ges si fatto per amore ultimo e servo di tutti, lultimo obbligato a servire tutti. come lui, anche se non lo vuole. La sua croce quindi quella degli altri, la stessa del Signore, che si identifica con lui e lo associa a s. Simone pare la persona pi estranea. un tale, viene da Cirene, in Africa; l di passaggio e viene dai campi, totalmente ignaro di quanto sta succedendo. Non sa e non vuole nulla di quanto il caso (cattiveria delluomo e/o mano sapiente di Dio?) gli va preparando. Sia detto per inciso, il caso ci che sottratto allintelletto e alla volont nostra, ed il luogo tipico dellazione di Dio nella storia. Lui il Signore di tutto e di tutti, nulla sfugge alla sua mano, e conduce tutto al bene (Rm 8,28). Rispetta la nostra libert, ma anche la propria. E cos si riserva di intervenire in ci che avviene per caso, fuori della nostra decisione. Egli agisce negli abbondanti buchi che la nostra programmazione e perspicacia gli concede, operando in essi le cose principali, quali il nostro nascere - perch proprio io? - gli incontri determinanti della vita e il nostro incontro con lui nella morte. Cos il caso riserva al Cireneo un misterioso destino da superdiscepolo: senza saperlo o volerlo, sostituisce addirittura Cristo nel portare la croce altrui. Diviene cos immagine vivente del suo Signore, che porta il male del mondo! Ci che il Cireneo involontariamente per Ges, Ges liberamente per ciascuno di noi. Egli porta la croce per tutti noi, Cireneo compreso, e morir su di essa. Dir Gerolamo: Il Cireneo Cristo. Nelluomo di Cirene e in quanti come lui portano il male che non fanno, il Signore continua la storia

della nostra salvezza. I poveri cristi sono la sua carne sofferente da amare e adorare, in cui si compie quanto ancora manca alla sua passione per la salvezza del mondo (Col 1,24). Quando annunciamo loro il vangelo, sveliamo loro questo grande mistero. E se diamo tutto per loro, per essere uniti a loro, corpo di Cristo e seme del Regno. Ges porta la croce dei nostro male di cui morir. Il discepolo associato a lui. Sa che la sua croce ormai non pi sua: del suo Signore. 2. Lettura del testo v. 21 angariano. Angariare una parola tecnica, che significa requisire uno per un lavoro coatto. un tale che passa. la persona pi indeterminata del vangelo: un tale, di passaggio, totalmente estraneo a quanto capita. Simone. Ora sappiamo il suo nome. Guarda caso, identico a quello di Simone Pietro che, secondo le sue pretese di poche ore prima, avrebbe dovuto essere qui a morire con lui (14,29.31). Ma anche Pietro diventer discepolo e seguir Ges quando, come questo Simone, sar portato dove lui non vorr (Gv 21,18s). Cireneo. Viene da Cirene, in Africa. Dal suo nome possiamo supporre che sia un ebreo emigrato in cerca di fortuna. Ma non deve averne fatta molta, se tornato a lavorare i campi, forse altrui. Se fosse stato ricco, altri avrebbero lavorato per lui. Scegliendo proprio lui per portare la croce, ovviamente i soldati hanno guardato in giro per vedere quale fosse il pi sprovveduto. Certamente uno furbo o potente non lavrebbero mai beccato, neanche se avessero voluto! viene dalla campagna. Sta entrando in citt, e si incontra con il corteo pasquale che ne esce. il padre di Alessandro e Rufo. Se Marco lo indica attraverso i suoi figli, significa che questi sono noti alla Chiesa di Roma, come pure sua moglie (cf Rm 16,13). da notare che Simone di Cirene lunico nominato in quanto padre - non perch si stia parlando di suoi figli (come in 5,21 ss; 9,14 ss). Ed padre non di uno, ma di due. Due principio di molti. Infatti ha una grande posterit: tutti i cirenei della storia. a prender su la croce di lui. La croce da sollevare e da portare: c un inizio in cui la si prende, e una continuazione in cui la si porta. Ognuno di noi ha da portare la sua croce (8,35) quotidiana (Lc 9,23), che giustamente si merita per le sue malefatte (cf Lc 23,41). Costui invece porta quella di Ges. il pi grande dono concesso a un uomo: collaborare col Signore alla salvezza del mondo. Questo indica forse anche che la nostra croce, al momento decisivo, sempre in realt la sua, sulla quale muore lui e non noi. Noi siamo associati alla sua, ma senza morirne, perch lui si associato alla nostra, morendo. 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo immaginando il cammino attraverso la citt dal pretorio al Golgota.

3. Gli chiedo ci che voglio: essere associato alla sua croce, al suo mistero di morte e risurrezione. E lo ringrazio che per primo lui si associato alla mia croce ed morto per me. 4. Traendone frutto, guardo, ascolto e osservo le persone: chi sono, che dicono, che fanno. E considero anche i casi spiacevoli della mia vita: che senso hanno per la mia vita di discepolo? 4. Passi utili: Ger 20,7-18; Sal 33; Gv 21,15-19; Col 1,24; 2Cor 4,7-12; 11,21b-12,10.

85. LO CROCIFIGGONO
(15,22-28)
22

E lo portano al luogo Golgota, che si traduce luogo del cranio, 23 E gli davano vino con mirra, ma lui non ne prese. 24 E lo crocifiggono, e si dividono le sue vesti, gettando su di esse la sorte, cosa prenda ciascuno. 25 Era lora terza e lo crocifissero. 26 Ed era scritta liscrizione della sua accusa: Il re dei giudei. 27 E con lui crocifiggono due predoni, uno alla destra e laltro alla sinistra di lui. 28 [e si comp la Scrittura che dice: Fra gli iniqui fu annoverato]. 1. Messaggio nel contesto Lo crocifiggono. Con questa parola cruda si indica ci che gli uomini fanno al Figlio delluomo. Consegnato nelle loro mani, il loro servizio a chi venuto a servirli, inchiodargli le mani alla croce. Il patibolo dello schiavo diventa suo trono regale. Qui, ultimo e servo di tutti, realizza pienamente la regalit di Dio. Portate i pesi gli uni degli altri, cos adempirete la legge di Cristo (Gal 6,2), che consiste nel porsi, per amore, a servizio gli uni degli altri (Gal 5,13). la legge di libert (Gc 2,12) che Ges ora compie, facendo per primo ci che comanda a noi. In lui vediamo la sovranit universale di Dio: regna su tutti, perch porta il peso di tutti. Fu crocifisso per la sua debolezza (2Cor 13,4). la debolezza di chi, amando, fa suo tutto il male dellamato. Lamore una malattia mortale, sopportabile solo da Dio, pienezza di vita.

Paolo diceva: Ritenni di non sapere altro in mezzo a voi se non Ges Cristo e questi crocifisso (1Cor 2,2). Scandalo per la religione e stupidit per la ragione, potenza e sapienza di Dio, del Dio amore. La carne di Ges in croce ne lesibizione totale. La sapienza delluomo affermare se stesso, servendosi degli altri; la sua potenza possedere, dominare ed esaltarsi. La sapienza di Dio invece affermare lamato servendo; la sua potenza spogliarsi di tutto, anche del proprio io, abbassandosi fino alla morte, e alla morte di croce. Per questo Dio, e non uomo. E per questo ci salva. La croce il suo giudizio, con cui convince di stoltezza la nostra sapienza e dimpotenza la nostra potenza. Egoismo e morte sono vinti definitivamente. Ges crocifisso re. Egli luomo libero, immagine di Dio, che ama e serve a sue spese, caricandosi del male di tutta la nostra debolezza e stupidit. Il discepolo riconosce nella sua carne la potenza e la sapienza di un Dio che amore senza condizioni e senza misura. 2. Lettura del testo v. 22 Lo portano al luogo del Golgota, che si traduce luogo del cranio. un piccolo rilievo fuori le mura, a ovest di Gerusalemme. Adamo sal sullalbero del bene e del male per elevarsi fino a Dio; ma tutta la sua ricerca di potenza non gli procur che morte. Dio ora scende fino allabiezione estrema e con la sua impotenza gli rid vita. Secondo una tradizione popolare, il legno della croce viene dalla pianta che diede a tutti il frutto mortale. In effetti fatta dal nostro peccato. Nelle raffigurazioni tradizionali, ai suoi piedi c un teschio e una caverna, immagini di Adamo e dellabisso, luomo e il suo cosmo ritornati al caos. Ora, dal cuore della morte, fiorisce lalbero della vita. v. 23 gli davano vino con mirra. una bevanda anestetica, per lenire i dolori atroci della morte di croce. Tutta la sapienza umana , in ultima analisi, un tentativo - peraltro mai riuscito! - di anestesia contro la morte. Date bevande inebrianti a chi sta per perire, e il vino a chi ha lamarezza del cuore (Pr 31,6). ma lui non ne prese. Linsipienza di Dio lo porta a rifiutare il calice analgesico, per gustare fino in fondo il nostro calice di morte. La sua lotta nellorto fu proprio per bere questa coppa di amarezza e di furore (14,36). v. 24 E lo crocifiggono. La morte per crocifissione atroce e lenta. Finch uno ha forza di vivere, si solleva sulle braccia e respira; quando non ne pu pi, si abbandona e muore asfissiato. Pi uno lotta per non morire, pi soffre. una pena che traduce tutta la capacit di vita in orrore e dolore. Infatti lagonia si prolunga in proporzione diretta alla vitalit che uno ha. Pi che venire dal di fuori, la morte gli cresce progressivamente dal di dentro, fino a invaderlo tutto; e uno finisce quando ha spremuto lultima goccia di vita. La croce figura dellesistenza umana: insufficienza di respiro, nellaffanno continuo, fino allimpossibile, quando lultimo anelito diviene rantolo. Non si esprime nessuna emozione su ci che avviene a Ges. realmente nefando, ossia indicibile. Ogni nostro dire o sentire su di lui scompare davanti a ci che lui per noi.

Siamo al sesto giorno, il giorno in cui Dio fece Adamo, re del creato. Il suo patibolo di schiavo ribelle tocca al Figlio obbediente, nuovo Adamo. Ne fa il suo trono, da dove compie il giudizio di Dio. si dividono le sue vesti (Sal 22,19). Adamo dopo il peccato ricopr la propria nudit con foglie di fico. Dio le sostitu con tuniche di pelli (Gn 3,21), in attesa di dargli le vesti del Figlio, il quale, rimasto nudo, ce le lascia in eredit. Basta toccarne un lembo per essere salvati (cf 5,27 s). La sua nudit ci riveste della gloria di figli. v. 25 Era lora terza. Siamo al mattino del sesto giorno, quando fu creato Adamo, figlio di Dio. e lo crocifissero. Sulla croce contempliamo il Figlio del Padre che porta su di s il nostro destino di figli e fratelli di nessuno, ribelli e omicidi. v. 26 Il re dei giudei. Il titolo di condanna la didascalia della croce. Ges muore cos perch re; ed re perch muore cos. la libert somma di Dio, che libera tutti. v. 27 con lui crocifiggono due predoni. Tre croci sono sul Golgota: due di malfattori e una del solo giusto, al centro. Le prime due, giuste e meritate, che distruggono il senso della vita, rappresentano tutti noi, ingiusti che giustamente moriamo in croce. Laltra, ingiusta e gratuita, d senso a ogni morte: la presenza di un amore pi grande di ogni male. uno alla destra e laltro alla sinistra. I posti che Giacomo e Giovanni volevano e gli altri contendevano (10,37.41), sono riservati al due malfattori. Al centro c la Gloria, peso di un amore infinito che sprofonda in ogni abisso. [v. 28 si comp la Scrittura che dice: Fra gli iniqui fu annoverato ] (Lc 22,37 s; Is 53,12). In questa sua solidariet estrema, che non ci abbandona neanche nella solitudine assoluta, Dio compie ogni promessa. Ormai troviamo la Gloria anche dove non dovrebbe essere, nel cuore di ogni empiet, nella stessa morte degli abbandonati da Dio. Ogni lontananza da lui ha ora al centro la sua presenza. Nessuno pu pi dirsi dimenticato, e lui finalmente re di tutta la terra. C soltanto lui e soltanto il suo nome (Zc 14,9), che ora, dalla croce, abbraccia tutto e tutti. 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo immaginando il Golgota, su cui si alzano le tre croci. 3. Gli chiedo ci che voglio: comprendere la Scrittura e la promessa di Dio, in modo da riconoscere in lui il mio re e Salvatore. 4. Contemplo e adoro attentamente ogni parola. Dietro ciascuna c un abisso di tenebra che si riempie di luce. 4. Passi utili: Is 52,13-53,12; Sal 98; 99; 100; Fil 2,6-11; Ap 5,9-14.

86. SALVA TE STESSO


(15,29-32)
29

E i passanti lo bestemmiavano, muovendo il loro capo e dicendo: Veh! tu che distruggi il tempio e lo edifichi in tre giorni: 30 salva te stesso e scendi dalla croce. 31 Similmente anche i sommi sacerdoti, schernendolo fra loro con gli scribi, dicevano: Ha salvato gli altri, non pu salvare se stesso! 32 Il Cristo, il re di Israele, scenda ora dalla croce, perch vediamo e crediamo. E anche quelli che erano crocifissi con lui lo insultavano. 1. Messaggio nel contesto Salva te stesso, dicono tutti al Crocifisso. Il ritornello, ripetuto con attesa dai passanti e con ironia da chi finalmente lo gode sul patibolo, gridato con rabbia da chi si vede inchiodato con lui alla forca. Salvarsi la molla profonda di ogni attivit delluomo. Il suo pulsante la paura della morte, che, travestita da ansia di vita, suggerisce ad ogni istante il motto segreto: Salva te stesso, pensa a te, ai tuoi interessi, a ci che ti garantisce di sopravvivere. Lamor proprio, che in realt odio di s e degli altri, depone le sue uova di morte in ogni nostra intenzione, azione e operazione, ed padre di tutti i mali. Chi vuol salvare la propria vita, la perde, vittima dellegoismo che lo distrugge come immagine di Dio. Chi invece sa perderla, la salva (8,35b). Diventa come Dio, amore che d tutto, anche se stesso, e proprio cos se stesso. Ges, perdendosi per noi perduti, salva la vita sua e nostra, realizzando in s e offrendo a noi un amore pi forte della stessa morte. Ai piedi della croce esce allo stato puro il nostro peccato: ignoriamo Dio, e vorremmo che fosse come noi, invece di essere noi come lui. Vengono ripetute con scherno le due accuse, che gi abbiamo udito nel sinedrio e nel pretorio: uno che non sa neanche salvare se stesso, come pu pretendere di distruggere e riedificare il tempio, di essere re e salvatore di altri? In realt il vecchio tempio distrutto. Il Golgota, sdemonizzando Dio e la sua immagine, demolisce ogni nostra costruzione; linsospettato nuovo tempio il suo corpo crocifisso. Anche il falso ideale delluomo e di salvezza distrutto. Il re, luomo libero che libera, colui che sa amare in povert, servizio e umilt fino alla morte.

Realmente la croce la crisi, il giudizio di Dio che liquida tutti i disvalori religiosi e mondani, facendo giustizia dei vari idoli che ci tengono schiavi. Ges, in quanto crocifisso, il nuovo tempio e il nuovo re - presenza di Dio, legge suprema e perfetta libert. Discepolo colui che vede e crede nel Crocifisso la realt stessa di Dio e della sua salvezza. 2. Lettura del testo v. 29 i passanti. Sono probabilmente persone pie che vanno e vengono dalla citt santa per la festa. Passando davanti alle tre croci, stanno attente a non contaminarsi. le bestemmiavano (cf 2,7; 14,64). La vera bestemmia, peccato diretto contro Dio, non riconoscerlo in croce. Con essa la Gloria entra a viso scoperto nel mondo e si rivela per quello che . Bestemmiano anche molti cristiani: tutti quelli che si comportano da nemici della croce di Cristo (Fil 3,18), ignorando la grazia. Staccare Dio dalla croce staccarlo dalla sua essenza di amore eccessivo (Ef 2,4). muovendo il loro capo (Lam 2,15). segno di scherno. Il nemico soddisfatto della sua vittoria (cf Sal 22,8). Veh. Espressione di sorpresa, qui in senso sarcastico. La croce desta sempre stupore. Non ovvia, per nessuno, neanche per i nemici. Solo il buon senso religioso di molti cristiani lha addomesticata tanto da renderla un motivo ornamentale, addirittura insegna per ottenere o gestire il potere. tu che distruggi il tempio, ecc. laccusa gi fatta nel sinedrio (14,58). La distruzione del tempio va intesa come preannuncio della sua morte e risurrezione, con cui cessa ogni separazione tra Dio e uomo, e inizia un mondo nuovo. v. 30 salva te stesso. Il consiglio che ognuno d a s - norma suprema del suo agire - viene ora dato anche a lui. scendi dalla croce. ci che ognuno cerca di fare. Lui Dio e non uomo proprio perch perde se stesso e resta sulla croce. Se cercasse di salvarsi e scendesse, corrisponderebbe alla proiezione dei nostri desideri. Sarebbe come tutti noi, specialisti nello scendere dalla croce per appendervi altri. v. 31 i sommi sacerdoti, schernendolo tra loro con gli scribi. Ai loro occhi di uomini potenti e sapienti la sua regalit pare impotenza e stoltezza. Ha salvato gli altri. vero! E per questo perde se stesso. La sua perdizione la nostra salvezza! non pu salvare se stesso. Se si fosse salvato, non ci avrebbe salvati. In mezzo alle nostre croci sarebbe mancata la sua, solidariet di Dio con noi. v. 32 Il Cristo, il re di Israele, scenda ora dalla croce. Ges il Cristo, il re potente, proprio perch si fatto servo fino alla morte, e alla morte di croce. Per questo libero e libera noi dalla nostra schiavit allegoismo.

vediamo e crediamo. I potenti credono in uno che salva se stesso a tutti i costi, a spese, ovviamente, degli altri. il loro modello. Noi invece crediamo Ges come Salvatore e Signore, proprio perch vediamo che resta in croce. quelli che erano crocifissi con lui. Presto o tardi - ogni tardi sempre troppo presto! - poveri e ricchi, saggi e stolti, ci troveremo tutti sulla nostra croce. Nessuno sopravvive alla propria morte. Lui si fatto crocifiggere per essere con noi anche in quel punto, dove tutti passiamo da soli. lo insultavano. Anche - e soprattutto! - chi si trova alla fine ragiona in termini di egoismo, e non capisce la croce. Essa infatti una potenza e una sapienza che non di questo mondo, una sapienza divina, misteriosa, che rimasta nascosta, e che Dio ha preordinato prima dei secoli per la nostra gloria; se lavessero conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria (1Cor 2,6 ss). La fede che salva consiste nel passaggio dallimprecare Dio al vederlo presente nella propria morte. ci che in Luca fa uno dei due malfattori, vedendo vicino a s il Crocifisso che non ha fatto nulla di male (Lc 23,39-43). 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo, immaginando di essere ai piedi della croce. 3. Chiedo al Signore ci che voglio: riconoscerlo come mio Salvatore e Signore in croce e comprendere perch questo spreco. 4. Identificandomi coi passanti, coi sommi sacerdoti e scribi, e con i crocifissi con lui, lo contemplo dal loro punto di vista. 4. Passi utili: Sap 2,12-20; 4,7-18; Sal 49; 35; 1Cor 1,17-25; Lc 23,3943; Fil 3,18.

87. VERAMENTE QUESTUOMO ERA FIGLIO DI DIO


(15,33-39)
33

E, quando fu lora sesta, fu tenebra su tutta la terra fino allora nona. 34 E, allora nona, grid Ges con voce grande: Eloi, Elo, lam sabachtni, che si traduce: Dio mio, Dio mio, perch mi hai abbandonato? 35 E alcuni dei presenti, udendo, dicevano:

Ecco, chiama Elia. 36 Ora, correndo uno e imbevuta daceto una spugna, postala su una canna, gli dava da bere dicendo: Lasciate, vediamo se viene Elia, a tirarlo gi. 37 Ma Ges, emessa una voce grande, spir. 38 E il velo del tempio si squarci in due, dallalto in basso. 39 Ora vedendo il centurione, che stava l davanti a lui, che cos era spirato, disse: Veramente questuomo era Figlio di Dio! 1. Messaggio nel contesto Veramente questuomo era Figlio di Dio, dice il centurione di Ges che vede spirare, dopo aver gridato: Dio mio, Dio mio, perch mi hai abbandonato?. Le prime parole del Sal 22, invocazione del Giusto sofferente, sono le ultime parole che risuonano dallalto della croce. Questo grido la somma di tutta la disperazione dellumanit. Labbandono di Dio il male, lo sprofondare del tutto nellabisso del nulla. Ogni nostra distanza dal Padre ora colmata dalla voce del Figlio che si rivolge a lui dalle lontananze estreme del caos in cui si lasciato cadere per incontrare tutti noi. Questo suo abbandonarsi assoluto a noi che labbiamo abbandonato, rivela il mistero stesso di Dio come amore infinito tra Padre e Figlio, aperto a tutti. Infatti non pu perdersi cos se non chi infinitamente amante e amato. Linizio del Sal 22 getta brutalmente in faccia un dato di fatto, che nel caso del giusto suona scandaloso: nel male e nella morte Dio lascia luomo al male e alla morte. In realt lui lEmmanuele, che sta sempre con; noi abbiamo lasciato lui, non lui noi. Per questo lui ne porta il peso. Solo chi ama soffre la perdita! Egli sulla croce porta il male di ogni peccato: labbandono stesso di Dio. Cos, solidale in tutto, ci garantisce ovunque e sempre il suo essere con noi. Nellamore si scambia ci che si ha e si . Qui lo scambio perfetto: Dio ci d il suo bene e noi gli diamo il nostro male. Solo vedendolo morire cos il centurione capisce chi Ges e chi Dio; ed esclama, a nome di ogni lontano: Veramente questuomo era Figlio di Dio!. Il vangelo di Marco punta a metterci davanti al Crocifisso, apice di tutta la storia di Dio e delluomo. La bibbia inizia col Signore che chiede ad Adamo: Dove sei? (Gn 3,9). La sua lunga ricerca, cominciata da allora, termina sulla croce. Qui il cammino del tempo giunge alla mta prefissata dalleternit: Dio trova luomo, anche il pi lontano; e ogni uomo, anche il pi maledetto, trova Dio. Il Crocifisso lunione consumata tra i due. La sua stessa carne, in quanto si fa carico di ogni male, luomo nella maledizione del peccato; in quanto si consegna per noi alla morte, epifania di Dio.

Tutte le promesse non sono pi ricordo di un passato o desiderio di un futuro. Sulla croce sono compimento. Con essa infatti creato il mondo nuovo e luomo nuovo, celebrata la pasqua definitiva - esodo dalla schiavit alla libert, dallidolo alla conoscenza di Dio, dalla morte alla vita -, viene il giorno di Dio con il suo regno, si compie il suo giudizio di salvezza per tutti, e si celebrano infine le nozze tra Dio e luomo. In Ges crocifisso si realizza ogni figura dellAT: egli il nuovo Adamo, lagnello pasquale, il servo/figlio obbediente, il giusto sofferente, il messia salvatore, il giudice che salva i miseri, il medico che guarisce i mali, lo sposo che sazia ogni brama. Infatti il Figlio di Dio, Dio stesso, principio e fine di tutto. La croce la chiave con la quale il Risorto apre ai discepoli le Scritture e la mente allintelligenza di esse (cf Lc 24,25-27.45-46). Finalmente vediamo chi siamo noi e chi Dio: noi siamo da lui amati infinitamente, pi di se stesso - ha dato per noi il Figlio! - e lui amore infinito, che ci ama sopra ogni misura. Oltre la croce Dio non ha pi nulla da dirci o da darci: ha detto senza veli chi lui, dandosi tutto a noi. In essa si totalmente espresso. Esprimere significa spremere fuori: Dio ha come spremuto fuori di s la sua essenza per riversarla su di noi. Il corpo di Ges il vaso rotto da cui esce il profumo. Il Nome notificato e offerto a tutti. In lui abita corporalmente tutta la pienezza della divinit (Col 2,9), esposta nella nudit della sua passione per noi. La croce il segno definitivo da scrutare, anzi la realt ultima in cui entrare, per comprendere con tutti i santi quale sia lampiezza, la lunghezza, laltezza e la profondit e conoscere lamore di Cristo che supera ogni conoscenza (Ef 3,18 s). Segue solo il silenzio della maest di Dio, cui risponde lo stupore delladorazione nostra. Ges crocifisso e morto rivela chi Dio e chi luomo, e unisce ambedue in un unico amore. il s di Dio alluomo pi lontano e maledetto, e insieme il s a Dio delluomo pi lontano e maledetto. La croce rivelazione di Dio sub contrario, perch noi da sempre lo pensiamo allincontrario. Vediamo infatti che la Vita muore, la Parola tace, il Primo lultimo, il Signore schiavo, il patibolo trono, il Giudice giudicato, il Giusto giustiziato, il Salvatore si perde, il Benedetto maledetto, il Santo peccato. Realmente Dio, abbandonando se stesso per farsi in tutto simile a noi, ha rivelato chi lui: amore pi forte dello sheol (Ct 8,6). Il discepolo, come il centurione, sta davanti al Crocifisso; lo riconosce Figlio di Dio, vedendolo spirare in quel modo, mentre d la vita per chi lo uccide. La fede che salva conoscere in Ges lamore di Dio per me, pi grande di ogni male e della stessa morte mia e sua. 2. Lettura del testo v. 33 E, quando fu lora sesta, fu tenebra, ecc. mezzogiorno, lora del pieno sole. In quel giorno oracolo del Signore JHWH - far tramontare il sole a mezzod e oscurer la terra in pieno giorno (Am 8,9). Nella morte di Ges si consuma la decreazione che il peccato comporta. veramente la fine (13,24): il mondo ricade nel nulla, la luce ritorna nelle tenebre. Loscurit fitta che accompagna luccisione dellUnigenito, richiama luccisione dei primogeniti dEgitto. Ma proprio dal caos Dio trarr la luce: dalle tenebre che gli mangiano il Figlio verr la salvezza di tutti i suoi figli, Egitto compreso. Siamo a met del sesto giorno, quando Adamo fu creato e intronizzato re del cosmo. Ma subito il peccato lo fece nascondere dalla luce del suo volto. da allora che il suo giorno diventa tenebra sempre pi fitta, fino ad oscurare il sole meridiano, fino a spegnere la luce stessa. Luccisione di Dio il massimo male, al di l del quale non c pi alcun male.

v. 34 allora nona, Nel racconto della passione si contano le ore. giunto il giorno, di cui si computa con cura ogni prezioso momento. Sono le tre del pomeriggio. Dopo il peccato, Dio venne a cercare Adamo, dicendogli: Dove sei?. Ed egli fugg da lui, sua vita. Ora lo trova nella sua morte. grid Ges. Questo suo primo grido contiene tutte le notti e le morti delluomo lontano da Dio, il grido del giusto oppresso, sconfitta del bene e somma di ogni male. con voce grande. Questa voce grande riempie tutti gli abissi che separano la croce di Ges da Dio stesso. Il Verbo creatore, inarticolato come il nulla in cui entrato, dallaltra riva del caos torna al Padre dal quale uscito. Dio non pu non udire il grido delloppresso (Es 2,23 s) e quello che si eleva dagli inferi (Sal 130): lo stesso del Figlio suo unico, abbandonato sulla croce per noi. In lui attento alla nostra voce. Se non risparmi il proprio Figlio, ma lo diede per tutti noi, come non ci doner ogni cosa insieme con lui (Rm 8,32)? Questo suo grido grande dallalto della croce salvezza universale: riporta al Padre ogni nostra lontananza. Dio mio, Dio mio, perch mi hai abbandonato? linizio del Sal 22. Parla del giusto su cui si riversa il male del mondo, e le cui sofferenze portano a tutti la giustizia e il regno di Dio. Il salmo termina dicendo: Ecco lopera del Signore!. un inno che passa dalla disperazione assoluta alla lode piena. il canto di chi ha visto oscurarsi il volto di Dio ed ora vede realizzarsi tutta la sua bont. Labbandono di Dio il male delluomo. Ora lo porta su di s il Signore stesso - e ne muore. Il suo grido esprime un male per noi inconcepibile. Infatti Ges il Figlio, il cui essere tutto e solo essere del Padre. Abbandonato da lui, vive il niente di s - male infinito, oltre il possibile e limpossibile. Qui il grande mistero: Dio, Trinit damore in s, si perde per salvare noi; e proprio cos si ritrova pienamente realizzato anche nella nostra storia. Non c grido di disperazione che ormai non sia racchiuso in questo di Ges. La sua divinit si rivela nel fatto che labbandono di Dio rivolto a Dio stesso chiamandolo mio Dio: fiducia filiale assoluta, gridata dallultima sponda a cui ha condotto la sfiducia antica. v. 35 Ecco, chiama Elia. I passanti capiscono Elia per Elo (Dio). Il racconto coglie in questo fraintendimento loccasione per un insegnamento importante. Elia, secondo le ultime parole dellAT (Ml 3,22-24), doveva tornare prima della fine, per convertire il cuore dei padri verso i figli e dei figli verso i padri. La divisione padre/figlio interrompe la sorgente di vita, impedendo di trasmettere la benedizione di Dio. Ges in croce il figlio pi lontano di tutti, che finalmente si rivolge al Padre. Questi non pu non ascoltare la sua voce, e, in essa, quella di tutti coloro dei quali si fatto fratello. la conversione piena del cuore del Padre a tutti i figli, e del cuore del Figlio, ultimo di tutti, al Padre. Questo davvero il giorno grande e terribile, il giorno del Signore (Ml 3,23), che segna la fine del mondo vecchio e linizio del nuovo quello dei figli di Dio. v. 36 imbevuta daceto una spugna (Sal 69,22b). Il bere serve per allungare la vita, e quindi la sofferenza di chi soffre. Piet o crudelt? difficile per luomo davanti alla morte distinguere i contrari! Qui un atto di vana piet, nellillusoria attesa che Elia venga a liberarlo. Assunto in cielo su un carro di fuoco, egli era il santo dei miracoli impossibili. Il gesto assume anche un altro significato: noi diamo da bere a lui laceto - vino andato a male. gioia morta della vecchia alleanza, da sempre rotta col nostro peccato. Egli lo sorbisce fino alla feccia; il calice dellamarezza, accettato nellorto per restituirlo a noi in calice di salvezza. La sua sete quella di dissetare la nostra sete di vita (Gv 4,7; 19,28).

vediamo se viene Elia a tirarlo gi. Lattesa di un intervento finale lultima a morire. Non Elia, ma Giuseppe dArimatea lo tirer gi (v 46), per metterlo nel sepolcro. Dio infatti non libera dalla morte, ma nella morte. Diversamente sarebbe solo illusorio rinvio, e non liberazione reale. Dalla morte non scampa nessun mortale. Luomo, attesa di morte, spera sino alla fine. Quando essa giunge, cessa ogni attesa. Ma proprio qui, contro ogni speranza e attesa umana, Dio presente e dona la vita che promette: se stesso. v. 37 emessa una voce grande. Questa voce grande, pi forte delle molte acque (Sal 93,4), il grido di trionfo sul nemico e sulla morte parola possente di Dio che giudica e salva, vagito prepotente della nuova creatura che viene alla luce, ancora coperta di sangue. finita la tenebra e la morte. Germoglia sulla terra proprio ora una cosa nuova, non ve ne accorgete? (Is 43,19). Nasce il Figlio stesso di Dio! Dalle acque della morte esce il capo, generato prima di ogni creatura (Col 1,15), primogenito di coloro che risuscitano dai morti (Col 1,18), primo di una numerosa schiera di fratelli (Rm 8,29). Questo grido riempie tutto e tutti, vivi e morti: lannuncio potente dellamore di un Dio che d la vita per noi peccatori, perch siamo suoi figli. Oltre che di trionfo e di nascita, anche grido di gioia dello sposo che finalmente si unisce alla sua sposa. Sulla croce di Ges, uomo e Dio sono finalmente una carne sola. La morte, unico nemico che avrebbe potuto separarli, li ha definitivamente uniti. spir. La parola spirare non significa morire, bens soffiare, buttar fuori il respiro vitale. Matteo dice: consegn lo Spirito (27,50), e Giovanni: trasmise lo Spirito (19,30). Lo Spirito la vita di Dio, lamore mutuo tra Padre e Figlio. Dallalto della croce Ges soffia su tutto il mondo lalito di Dio: il suo Spirito di Figlio effuso su ogni creatura. Chi perde la sua vita la salva (8,34). Dando la sua vita, Ges lha salvata per tutti: ci ha offerto la vita stessa di Dio, il suo amore di figlio e di fratello. v. 38 il velo del tempio si squarci in due, dallalto in basso. Nel suo battesimo si squarci il cielo (1,10); ora il velo del tempio. Esso divideva il santo (tempio) dal santo dei santi, il luogo pi intimo (Es 26,33), dove si occultava la Gloria (Es 35,12; Nm 4,5) e si custodiva larca (Es 40,3). Il suo rompersi la distruzione simbolica del tempio, gi predetta in 13,2, prefigurata in 11,15-19 e preannunciata dalle prime parole del vangelo (1,2; cf anche 14,58; 15,29). Con la sua morte cessa ogni separazione tra Dio e uomo: non c pi nessun velo che li divide. Sul Golgota Dio strappa la coltre che copre il volto di tutti i popoli ed elimina la morte per sempre; e ognuno pu dire: Ecco il nostro Dio (Is 25,7-9). Finalmente manifesta la Gloria: il peso del suo amore per noi ha lacerato e strappato tutto ci che lo tratteneva in seno al Padre col Figlio, e si riversato su tutta la terra. Ogni uomo ora ha libero accesso a Dio, perch il suo amore si dilatato e avvolge tutto il cosmo - quasi un unico utero che contiene lunico Figlio, che tutto in tutti. Il velo non poteva essere squarciato che dallalto, cio da Dio stesso; e si divide in due, perch rivela il duplice mistero di Dio e delluomo, che uno solo in Ges. v. 39 vedendo. Gli ultimi due faticosi miracoli di Ges sono proprio per illuminare i ciechi (8,22 ss; 10,46 ss). Luomo da sempre cieco. Solo la croce in grado di aprirgli gli occhi. Illuminato colui che vede la realt! Tutto il vangelo di Marco voleva portare a questa visione di Dio nelluomo crocifisso. Finalmente lo conosciamo com, e possiamo con fiducia abbandonarci in lui in una vita filiale, libera da ogni paura. Vedere il Signore venire alla luce: infatti la vita delluomo la visione di Dio (Ireneo).

il centurione. Unico interprete autentico della croce la persona meno adatta, che ha nessun titolo se non negativo - pagano, comandante del plotone di esecuzione, empio giustiziere del giusto. Ha luomo altro punto di vista per capire Dio che non sia quello della propria empiet? che stava l davanti a lui. Marco vuol portarci a questo faccia a faccia col Crocifisso, nei panni del centurione che lo crocifigge. che cos era spirato. Il confronto con la morte di Ges, e con questa sua morte, che avviene in questo modo che abbiamo visto. Veramente questuomo era Figlio di Dio. Solo qui nasce la fede, senza pi pericolo di ambiguit. Tolto ogni segreto, comprendiamo per la prima volta chi Ges e chi Dio. Le due conoscenze sono inseparabili tra di loro e dalla croce. Ges infatti Dio, perch muore cos; e quel Dio che nessuno mai ha visto questuomo che spira cos. Lunica conoscenza che ne abbiamo la carne di Ges che si dona: essa epifania, rivelazione della sua verit, che la menzogna antica ci aveva nascosta. Sulla croce Ges manifesta chi Dio e che Dio: Dio uno che ama cos, e chi ama cos Dio. Si dice che era non perch non lo sia pi, ma perch la sua morte fa capire come lo fosse anche prima, nella sua vita che il vangelo racconta. Ora dobbiamo rileggerlo e finalmente possiamo comprenderlo. Si dice Figlio, non il Figlio. La mancanza di articolo vuol dire che non il figlio determinato che noi pensiamo; ma un figlio indeterminato che neanche sognavamo, e che proprio ora si rivela. Parimenti si dice di Dio, senza articolo, per significare che questo Dio era da noi ignorato. Un Dio crocifisso per nostro amore non lo conoscevamo neanche per sentito dire. ignoto a ogni religione e a ogni ateismo. Questo Dio, per non diventare idolo, deve sempre restar indeterminato rispetto a tutte le opinioni del nostro senso religioso e ricevere le sue determinazioni dal Crocifisso. La carne del Verbo lunico principio di conoscenza di Dio, sua esegesi autentica (Gv 1,18), vero criterio di discernimento spirituale. Lumanit crocifissa di Ges il suo vaso rotto: esce il profumo, e il Nome si effonde per luniverso intero. Ecco perch tutto questo spreco, che solo pu rivelare un Dio come amore, la cui misura solo leccesso. Il centurione, interprete autorizzato della croce, il primo di quanti si troveranno davanti al Crocifisso nella sua stessa condizione. Finora solo il Padre conosceva il Figlio e solo il Figlio conosceva il Padre. Il Padre lo proclam tale nel battesimo (1,11) e lo present ai tre sei giorni dopo lannuncio della passione (9,7). Il Figlio lo chiam Padre la notte del sesto giorno, davanti alla sua morte (14,36). Ora, intronizzato sulla croce, appare a tutti e regna su tutti (cf Sal 22,29), cominciando dal pi lontano. Infatti gli il pi vicino, dal momento che lui stesso il pi lontano di tutti. Gli altri riconoscimenti di Dio prima della croce erano solo tentazioni, intese a stornare dalla Gloria, che solo qui si rivela. 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Con il centurione sto davanti al Crocifisso. 3. Chiedo ci che voglio: vedere come lui spira. 4. Contemplo ogni parola e adoro la carne di Ges, in cui abita corporalmente tutta la pienezza della divinit (Col 2,9). 4. Passi utili: Leggere e rileggere il racconto della passione seme di contemplazione, visione

che trasforma. Infatti mi mostra chi Dio non di spalle, in ci che ha fatto, ma faccia a faccia, in ci che si fatto per me e in ci che io gli ho fatto. Vedo, al di l di ci che sento io per lui, ci che lui sente per me. Pu essere utile meditare le sette parole di Ges in croce. Ci danno il vero senso di ci che accade. 1. Lc 23,34 Padre, perdona loro perch non sanno quello che fanno. 2. Lc 23,43 Oggi sarai con me in Paradiso. 3. Mc 15,34 Dio mio, Dio mio, perch mi hai abbandonato? 4. Gv 19,26.27 Donna, ecco tuo figlio! Ecco tua madre! 5. Gv 19,28 Ho sete. 6. Gv 19,30 Tutto compiuto. 7. Lc 23,46 Padre, nelle tue mani affido la mia vita. Es 33,18-23; Is 42,1-9; 49,1-6; 50,4-11; 52,13-53,12; Sal 22.

88. CERANO ANCHE DELLE DONNE CHE GUARDAVANO


(15,40-41)
40

Ora cerano anche delle donne che guardavano da lontano, tra le quali anche Maria di Magdala e Maria, madre di Giacomo il minore e Gios, e Salome, 41 le quali, quando era in Galilea, lo seguivano, e lo servivano; e molte altre, che erano salite con lui a Gerusalemme. 1. Messaggio nel contesto Cerano anche delle donne che guardavano. La vicenda di Ges non finisce con la morte. Continua, anzi comincia il suo nuovo corso con queste donne che osservano la croce. Presto le ritroveremo, tranne Salome, al sepolcro, dove, tre giorni dopo, riceveranno per prime lannuncio pasquale. Con loro il vangelo raggiunge il suo scopo: portare al confronto con Ges morto, sepolto e risorto. Esse non fanno niente. Semplicemente guardano, sprofondando nella realt che hanno davanti. il battesimo, che le immerge in Cristo. Il far niente della contemplazione lazione somma, la sola capace di cambiare il cuore. Lo svuota di s, riempiendolo di ci che contempla. Come il Cireneo prima, cos ora queste donne rappresentano il vangelo vivo. Raccolgono leredit del Signore, che in loro prosegue la sua storia di salvezza.

Sotto il melo ti o svegliata, dice lo sposo alla sposa (Ct 8,5) Vedendo il suo amore, non pu non rispondervi. Tutti e quattro i vangeli vedono qui il luogo di origine della Chiesa. Dal costato aperto di Adamo formata Eva, sposa sua e madre dei viventi; dal petto squarciato di Cristo tratta la sua sposa, madre dei credenti (Gn 2,18 ss; Gv 19,25 ss). Al piedi della croce nasce il popolo sacerdotale, fatto di figli che hanno libero accesso al Padre; nasce il popolo regale, fatto di fratelli che si amano reciprocamente come sono amati; nasce il popolo profetico, fatto di persone responsabili, che ricordano e raccontano la gloria di Dio. La natura di una cosa il suo nascimento (Vico). Lalbero ha le qualit del seme da cui viene. Queste donne sul Calvario ci mostrano la natura della Chiesa: una realt povera e piccola, stolta e insignificante, debole e compassionevole, che ha le stesse caratteristiche del suo Signore crocifisso. Questi due versetti sono un compendio di ecclesiologia, che descrive quel cammino che parte dalla croce e porta alla croce. I discepoli maschi, persone forti e qualificate, intelligenti e capaci, si sono eclissati. Luomo resta finch ha qualcosa da dare o da fare. Dopo rimane solo chi ama. Cessata lazione, inizia la compassione, che mette in gioco la persona stessa. Qui, e non prima, inizia lamore, che rende vulnerabili a tutto il male dellaltro. E alla fine uccide. La compassione la qualit del debole, da cui ci si difende con cura. Ma anche la forza pi grande che esista, lunica in grado di superare la soglia invalicabile della solitudine estrema: non abbandona lamato neanche nellimpotenza della morte. Pi forte di ogni azione, arriva dove questa ha perso efficacia. A ben guardare, ogni azione che non mossa dalla compassione non amore dellaltro, ma affermazione di s. La compassione ha come mezzo locchio. la porta del cuore, che, invece di chiudersi, rimane aperta sulloggetto del suo desiderio. Lo sguardo porta le donne fuori di s, nel Crocifisso, e porta questo nel loro cuore. La contemplazione estasi (= star fuori): fa stare lamante fuori di s nellamato. Ma anche principio di unione: fa entrare lamato nellamante. Lo sguardo delle donne sul Crocifisso corrisponde allo sguardo suo sul mondo, pieno dello stesso amore crociato che lha portato a quel punto. Attraverso la contemplazione di Ges, le caratteristiche del Dio amore passano alla Chiesa e diventano le sue note essenziali, che la distinguono da qualunque altra societ. Al v. 41 Marco sintetizza le altre sue caratteristiche, che sono il tessuto connettivo del suo vangelo: seguire, servire, salire, con lui fino a Gerusalemme. Queste parole costituiscono lidentit del discepolo. La storia di Ges ora diventa quella della Chiesa: il volto dello sposo si rispecchia in quello della sposa. Cristo non morto invano. Queste donne, e chi come loro, diffondono per il mondo intero il suo profumo (2Cor 2,14 ss). Ges colui che mi ha amato ed ha dato se stesso per me (Gal 2,20). Discepolo colui che sta ai piedi della croce con queste donne, e con loro compie il cammino del battesimo. Contemplandolo, commuore con lui, per poi essere consepolto e conrisorgere con lui (due brani successivi). Il battesimo immergersi e affogare nel suo amore, per morire al proprio io e vivere di lui. 2. Lettura del testo

v. 40 cerano anche delle donne. Lo sguardo evangelico dellautore isola questo nucleo di donne. Allosservatore normale paiono insignificanti. Ma a loro affidato il mistero della morte, della sepoltura, della risurrezione e dellannuncio di Ges. Ai tre apostoli scelti fu riservata limmagine della morte e risurrezione nellorto e nella trasfigurazione (cf anche 5,37). A queste donne, di cui si nominano espressamente tre, riservata la realt di Ges morto e risorto. da notare anche che, nella cultura giudaica, le donne non erano autorizzate a testimoniare. Ma la pietra scartata (12,10) sceglie proprio la loro testimonianza squalificata. guardavano. Mostrami la tua gloria. II tuo volto, o Signore, io cerco, non nascondermi il tuo volto (Es 33,18: Sal 27,8 s). Il grande desiderio delluomo - fatto per questo! - vedere il volto di Dio. In esso, realt di cui immagine, trova se stesso; lontano da esso niente di s. Ma nessuno pu vedere Dio e restare in vita (Es 33,20). Ora, rotto il velo del tempio, lo contempliamo faccia a faccia. Il velo della nostra morte, che porta su di s, lo rivela pienamente come amore che d la vita per noi. Ges crocifisso chiamato da Lc 23,48 theoria - lunica teoria del Nuovo Testamento! - che significa spettacolo. Si apre il sipario; Dio si mostra al mondo cos com, offrendo al nostri occhi la sacra rappresentazione della sua realt, e dissolvendo tutte le nostre fantasie su di lui. La croce di Ges, croce di ogni teologia, la bestemmia che mette fine a ogni religione e ateismo, dando inizio a un parlare cristiano su Dio. Un teologare ha senso partendo solo da qui, dove Dio sdemonizza il suo volto, fa giustizia di ogni idolo e ci d la vera conoscenza di s. Per questo Paolo, riassumendo tutta la sua scienza teologica di rabbi convertito, dice. Io ritenni di non sapere altro in mezzo a voi, se non Ges Cristo, e questi crocifisso (1Cor 2,2). Teologo colui che contempla e conosce bene questa teoria. Guardare la croce principio di vera conoscenza. L cessa il segreto di Dio, e inizia la sapienza cristiana. Chi volge lo sguardo a Ges innalzato, guarisce dal veleno del serpente e ha la vita eterna, perch conosce Dio ed attirato a lui (Gv 3,14; 8,28; 12,32). Lo sguardo al Crocifisso il punto di arrivo della sacra Scrittura. Guarderanno a colui che hanno trafitto (Gv 19,37). Ad esso rimander costantemente il Risorto (Lc 24,25-27.44-46). Le sue ferite mostrano il mistero di Dio nella sua passione incredibile, nel suo eccessivo amore per noi. Guardandole, i discepoli gioiscono: vedono il Signore (Gv 20,20). Questo sguardo muove ad avere verso lui lo stesso sentimento che lui ha verso noi: la compassione (in greco symptheia = simpatia). Essa rivela il segreto di Dio - ci per cui Dio Dio e non uomo, la sua santit (Lc 6,36; Os 11,9; Gio 4,2) - bruciante ogni nostra impurit. Egli non amorevole, grazioso e misericordioso; amore, grazia e misericordia, e si mostra tale nella sua compassione. da lontano. Pietro aveva seguito Ges da lontano (14,54) e non lo seppe riconoscere. Anche il cammino di queste donne comincia da lontano. Ma il loro sguardo le porter sempre pi vicine, fino a toccare il suo corpo ed entrare nel suo stesso sepolcro. Pietro laveva seguito per tener fede ai propri propositi; e lo abbandona. Queste donne lo contemplano crocifisso e si avvicinano. il moto stesso del battezzando che progressivamente si immerge nella sua morte, fino a commorire e a essere consepolto con lui, per conrisorgere con lui a nuova vita (Rm 6,3 s; Col 2,12). Maria di Magdala. Da lei Ges scacci sette demoni (Lc 8,2). Qualcuno la identifica con la donna che gli lav i piedi con le lacrime, glieli asciug coi capelli e profum con lunguento (Lc 7,36 ss), compiendo lo stesso gesto di Maria, sorella di Lazzaro (14,1 ss = Gv 12,1 ss). Maria, madre di Giacomo il minore e Gios. forse Maria di Cleope, zia di Ges (Gv 19,25), del quale Giacomo e Gios sono cugini (6,3).

e Salome. Il suo nome deriva da shalom, pace. nominata solo da Marco. Tra le tante persone che cerano si parla di queste tre, in allusione ai tre testimoni della morte/risurrezione della figlia di Giairo, della trasfigurazione e dellorto. v. 41 quando era in Galilea. il luogo dinizio del ministero di Ges, dove risuona lappello del Regno e linvito alla sequela (1,14-20). Lui stesso lha indicato come luogo dincontro dopo la risurrezione (14,28; cf 16,7). lo seguivano (cf 1,16 ss; 8,34 ss). Il discepolo segue Ges nel suo cammino, facendo le sue scelte, per mangiare infine con lui la sua pasqua. Tutto il vangelo ricordo/racconto della vita del Maestro, che si fa via del discepolo per diventare sua vita. lo servivano. Seguire Ges in concreto significa servire (cf 1,29-3 1) e diventare come lui, il figlio/servo (cf 1,11), il Figlio delluomo che venuto a servire e dare la vita per tutti (10,45). Servire il contrario di servirsi. Esprime amore concreto, non con la lingua, ma coi fatti e nella verit (1Gv 3,18). e molte altre. Il corteo esclusivamente femminile. La donna rappresenta la verit profonda delluomo proprio per le sue qualit deboli, che la rendono simile a Dio: amore umile, accogliente, servizievole, compassionevole e fecondo. Le cosiddette qualit forti sono il fallimento delluomo. Legoismo, lorgoglio, il potere, il dominio, la durezza chiudono nella sterilit della solitudine. Sono linferno. Chi non diventa donna, non entrer nel regno dei cieli, si potrebbe dire, rifacendo il verso al finale del vangelo apocrifo di Tommaso. salite con lui. Lapostolo chiamato a essere con lui (cf 3,13 s), anche quando il cammino in salita. Qui vediamo qual il monte sul quale salito e dal quale chiama: il Calvario. Essere con lui la vita delluomo, che in lui trova la propria realt di figlio. Paolo desidera essere per sempre con lui: questa la vita eterna (1 s 4,17), perch lui la sua vita (Fil 1,21). a Gerusalemme. il luogo della gloria di Dio, termine di ogni cammino di sequela, di servizio e di salita con lui. 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo ai piedi della croce. 3. Mi chiedo cosa ha fatto Ges per me e cosa ho fatto, faccio e far io per lui. Gli chiedo di non essere sordo al suo amore e affidargli la mia vita. 4. Con queste donne contemplo il Crocifisso e medito ogni parola, facendo con lui ci che lui per primo ha fatto con me: mi ha guardato, ha avuto compassione, mi ha seguito, servito, e ha voluto essere con me, fino alla morte. 4. Passi utili: Sal 34; 1Cor 1,26-31; 2,1-10; 2Cor 3,17 s; 1Gv 3,2.

89. LO DEPOSE IN UN SEPOLCRO


(15,42-47)
42

E quando gi fu sera, poich era parasceve, cio presabato, 43 venendo Giuseppe dArimatea, nobile consigliere, - anche lui era uno che attendeva il regno di Dio os entrare da Pilato, e chiese il corpo di Ges. 44 Ora Pilato si meravigli che gi fosse morto, e, chiamato il centurione, lo interrog se da molto fosse morto; 45 e, informato dal centurione, regal le spoglie a Giuseppe. 46 E, comperato un lino, calatolo lo avvolse nel lino, e lo depose in un sepolcro che era tagliato dalla roccia; e rotol una pietra sulla porta del sepolcro. 47 Ora Maria Maddalena e Maria di Gios contemplavano dove era posto. 1. Messaggio nel contesto Lo depose in un sepolcro. Il primo pezzo di terra promessa, che Abramo ottenne a caro prezzo, fu il sepolcro di Sara (Gn 23). Il sepolcro di Ges racchiude la realt di ogni promessa: contiene quel seme che, gettato sotto terra, diviene il grande albero del Regno. Adoriamo nel sepolcro lumilt del Signore. Egli in tutto simile alluomo. humus, umilt essenziale. Tratto dalla terra, ad essa destinato. Ges, secondo la tradizione, nasce in una grotta e in una grotta conclude la sua vita terrena. Dio, uscito da s alla ricerca delluomo in fuga, percorsa ogni lontananza, alla fine del sesto giorno lha trovato sulla croce. Ora scende con lui negli inferi. sabato. Compiuta ogni fatica, finalmente anche lui riposa. Riposa del nostro sonno. Nel suo sonno con noi il nostro riposo in lui. La sua discesa agli inferi il mistero pi grande della fede, limite ultimo possibile della knosis. Rivela un Dio amore solidale con noi in tutto, fino a diventare ci che nessuno vuol essere e ognuno diventa: il niente di s. Nel sepolcro finalmente incontra tutti, nessuno escluso. il luogo di convegno universale. Gli uomini sono mortali, e si distinguono, ma solo provvisoriamente, in gi e non ancora morti. Tutto il passato l nel sepolcro. Il futuro non ancora, ma solo questione di tempo. Il

presente, fauce della morte, la porta di passaggio in cui ci che sar inghiottito da ci che non pi. Negli inferi tutti si riuniscono, stolti e sapienti, ugualmente sconfitti e vinti. L la morte regna sovrana sulluomo e la sua storia. Ora il Signore penetra nellabisso che ognuno paventa per tutta la vita, e verso cui corre tanto pi velocemente quanto pi cerca di allontanarsene. Ma cosa fa l? Annuncia il vangelo (1Pt 3,19). La buona notizia proprio il fatto che lui sia l. Dove temo il nulla di me, ora incontro colui ai cui occhi sono tanto prezioso e degno di stima (Is 43,4) che d la sua vita per me. Il mio limite assoluto ormai lincontro con la sorgente da cui scaturisco. Il Signore non mi libera dalla morte, bens nella morte. Sta con me anche nella valle oscura (Sal 23,4), per liberarmi con la sua morte dalla paura della mia morte, che mi tiene schiavo per tutta la vita (Eb 2,14). Per garantirmi di questo, ha scelto di darmi il segno pi sicuro: si fatto solidale col mio sepolcro, perch non possa pi dubitare che lui sia con me ovunque mi trovi, anche nella maledizione estrema. La morte riveste ancora il suo carattere di drammaticit, soprattutto per il peccato - pungiglione della morte il peccato (1Cor 15,56)! Ma la contemplazione del sepolcro di Ges me ne libera progressivamente. Dietro la pietra c tutto ci che temo e da cui fuggo. Ora so che l c il Signore che mi ama e che amo. Il vero sepolcro al di qua della pietra. il mio cuore, che ancora vive nella menzogna. Essere battezzato significa accettare la mia vita e la mia morte rispettivamente come dono di Dio e abbandono in lui. Questo latto di fede che mi guarisce dalla sfiducia, radice di ogni male. E mi cura insieme dallegoismo: se lui pensa a me pi che a s e meglio di me, sono esonerato dal preoccuparmi per me. La mia vita, affidata a lui, trova la sua gloria, il suo peso. Lamore suo per me la mia vera identit, che mi rende possibile unesistenza nuova. Non ho pi bisogno di cercare la vana gloria (peso vuoto), riempiendomi del vuoto mortifero degli idoli. Liberato dalla paura del futuro, posso finalmente vivere con gioia il presente, godendo di ogni dono, senza laffanno di possederlo nel timore che sfugga. So che la parola ultima non la morte come fine di tutto, ma la vita piena di tutto ci che ora solo parziale. Ora posso fissare negli occhi anche la morte, senza restare pietrificato. Nel sepolcro incontro Dio stesso, che si dona a me definitivamente. Mos, arrivato a 120 anni, non voleva morire. Accett alfine a una sola condizione: che Dio lo baciasse sulla bocca. Si pu accettare di morire - e quindi di vivere! - solo se la morte unione di amore con lui. La sposa del Cantico sospira: Mi baci con i baci della sua bocca (Ct 1,2). Il sepolcro di Ges questo bacio, respiro di un amore pi grande degli stessi inferi (Ct 8,6). Ges sepolto compie il moto discendente dellincarnazione: si unisce a ogni uomo, che trova nel sepolcro la sua ultima verit. La tomba del Cristo, impotenza assoluta, il caos primordiale. Ma, potenza estrema dellamore, anche il grembo vitale da cui Dio fa nascere la creatura nuova. Discepolo colui che, dopo aver contemplato la croce, ora contempla il sepolcro dove sta colui che lo ama di amore eterno (Ger 31,3). Ed entra misticamente per essere consepolto con lui. Solo cos liberato dalla paura della morte - talora nei giovani paura di vivere - sapendo che lincontro con lui. 2. Lettura del testo

v. 42 E quando gi fu sera. la sera del sesto giorno, inizio del settimo, il sabato. lultima. Poi non ci sar pi notte. Tra poco la luce, entrando nel sepolcro - unica grande notte di tutto e di tutti illuminer ogni tenebra. era parasceve, presabato. Parasceve significa preparazione. il tempo immediatamente prima del sabato, in cui si fanno gli ultimi preparativi prima di dar inizio alla gioia e al riposo festivo. v. 43 Giuseppe dArimatea, nobile consigliere. Il Signore raccoglie i primi frutti del suo amore tra i pi lontani. Se il centurione pagano lha giustiziato, Giuseppe fa parte del sinedrio che lha giudicato. uno che attendeva il regno di Dio. Le prime parole di Ges sono: II tempo finito, il regno di Dio qui (1,15). Il Regno un mistero confidato a chi lo interroga (4,11). un seme che porta frutto (4,19): gettato sottoterra, germoglia da s (4,26). il pi piccolo di tutti i semi, che diventa grande albero, rifugio per tutti (4,30 s). In esso entra chi ha il coraggio di decidere e tagliare tutto ci che gli nuoce (9,47). dei piccoli, che lo accolgono in dono (10,14.15). Il ricco resta fuori (10,23.24.25), perch non accetta di stare col re, che viene povero e umile sullasinello (11,10). Allo scriba, che bene risponde sul comandamento dellamore, Ges dice: Non sei lontano dal Regno (12,34a). Deve solo osare interrogare a fondo su questo argomento colui che gli sta davanti. Solo allora capisce nello Spirito chi il Signore (12,34b-37). Il re promesso si manifesta con gloria e potenza grande proprio sulla croce (14,62). L si notifica a tutti come il Cristo che perde se stesso per salvare gli altri (15,3132). Ora Giuseppe, che attendeva il Regno, ottiene in dono il corpo di Ges. Questo il Regno: il Figlio delluomo consegnato definitivamente nelle mani degli uomini. os entrare da Pilato. La morte di Ges d coraggio a chi prima non ne aveva. Era discepolo nascosto, per paura dei Giudei (Gv 19,38). chiese il corpo di Ges. La costellazione di parole regno di Dio, osare e chiedere (o interrogare) esce anche dopo il comando dellamore, quando Ges risponde allo scriba che non lontano dal regno di Dio e nessuno osa pi interrogare (12,34). Il regno di Dio invece proprio il dono fatto a chi osa chiedere il corpo di Ges, realt piena dellamore - s totale di Dio alluomo e delluomo a Dio e ai fratelli. v. 44 Pilato si meravigli che gi fosse morto, e, chiamato il centurione, ecc . La morte di Ges attestata per due volte ciascuna da tre testimoni: Giuseppe chiede a Pilato, Pilato al centurione, il centurione informa Pilato e Pilato dona infine la spoglia a Giuseppe. molto importante questa morte: contemplata dal centurione e dalle donne, accertata insieme da amici e nemici, che si passano il corpo di Ges. v. 45 regal le spoglie. Il corpo crocifisso, dato a chi aspetta il Regno, dono grande e prezioso somma di tutti i doni. Questo corpo epifania di Dio, martirio di un amore pi grande di ogni male e ogni morte. Il Figlio delluomo nelle mani dei peccatori, che ne fanno quello che vogliono. Se prima lo uccidono, ora lo accolgono. Chiedo a Giuseppe di stargli vicino, e aiutarlo. Palpando con una certa curiosit, maneggia tutte le piaghe del tuo salvatore, cos morto per te, scrive Landolfo di Sassonia (Vita di Ges Cristo, Venezia, 1570, Prologo, p. 2). La curiosit sia chiedergli di ognuna: Perch questa ferita, ricevuta in casa dei tuoi amici? (cf Zc 13,6); e chiedergli di tutte insieme: Perch questo spreco? (14,4).

v. 46 comperato un lino. Un lino avvolge il suo corpo morto. Il giovinetto, fuggendo, lascia nelle mani dei nemici il suo lino (14,51 s). Ci che si compra e si vende ha attinenza con la morte, e viene sempre lasciato indietro dalla vita. Invece il profumo donato e sprecato rimane. Certamente, dopo due giorni, il corpo del Signore odora ancora dellamore di Betania. calatolo. Non Elia (15,36), ma Giuseppe leva gi dalla croce Ges. Non pu essere tolto prima: solo l perfetto il dono di Dio. lo avvolse nel lino. Tutto quanto pu fare luomo col suo sapere e col suo potere solo nascondere la morte. Gesto di piet che copre orrore piet per laltrui morte, orrore per la propria! Questo velo bianco richiama per ossessivamente il buio da dimenticare. lo depose in un sepolcro. Sepolcro in greco significa ricordo. La morte la memoria fondamentale delluomo. Ognuno finisce nel sepolcro, ricordo profondo e sotterraneo da cui comincia a rifuggire da quando uscito dal ventre della madre, per andarci inesorabilmente incontro. Ora il ventre della morte contiene il seme della vita. Cosa pu fare la tenebra che concepisce la Luce? Quale sar stato il suo incontro con Adamo, Abramo, Giuseppe, Davide, e con tutti i peccatori? tagliato dalla roccia. Da Abramo e Sara, sterili e morti, Dio ha suscitato un popolo innumerevole, come le stelle del cielo e larena del mare. Dal sepolcro di Cristo, grembo nuovo della madre terra, siamo tutti generati a vita nuova. Guardate alla roccia da cui siete stati tagliati (Is 51,1). rotol una pietra sulla porta del sepolcro. una pietra molto grande; sotto di s racchiude ogni creatura. Chi la potr rotolare via (16,3)? Ma ora, nel suo silenzio, entrato il Verbo di Dio creatore. Dio nel non-Dio, e, nel settimo giorno, riposa dalla sua opera. v. 47 Maria Maddalena e Maria di Gios contemplavano dove era posto. importante guardare questo luogo preciso, dove sepolto il seme. Da l germina lalbero della vita. Manca Salome. Certamente ha qualcosa da fare: forse comperare i profumi in tempo utile, prima della notte del sabato, in modo daverli pronti per lalba del giorno dopo. Ma ogni fare, e soprattutto comprare e vendere, risulta inutile. La sindone comprata sar lasciata come quella del giovane, che fugge nudo (14,52); il profumo comprato rester inservibile, testimonianza di qualcosa che non si donato. Questo laveva capito la donna di Betania, che certamente anche adesso resta al sepolcro, dove nascosto colui il cui nome profumo effuso (Ct 1,3). Tra poco, al terzo giorno, dopo aver colmato gli abissi informi, romper la pietra, squarcer la terra e si diffonder per luniverso intero. Prima per deve riposare. E il suo riposo scendere negli inferi e riempire tutti quelli che l sono e saranno; poi travaser dalla bocca del sepolcro. Salome, assente, lascia il posto a ciascuno di noi. Contempliamo e adoriamo. O Dio, nessun cielo riempie il mio occhio, nessuna terra colma il mio cuore, nessuna acqua estingue la mia sete, nessun fuoco scalda la mia notte. Tutto niente. Cieco locchio e oscuro il cuore, terra il cielo e abisso il suolo, arena lacqua e fuliggine il fuoco. La vita senza vita grida, silenzio pi vasto delluniverso, angoscia scavata pi gi del nulla, grande come te, di cui vuoto. Ma ora hai mostrato il tuo volto, e sono consolato. Con Simeone canto: lascia che il tuo servo vada in pace. In pace mi corico e subito mi addormento: tu solo al sicuro mi fai riposare, sereno e tranquillo come bimbo svezzato in braccio a sua madre. 3. Esercizio

1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo davanti al sepolcro. 3. Chiedo ci che voglio: ricevere con Giuseppe in dono quel corpo, stare con le donne davanti al sepolcro, sentire ci che sentono, vedere ci che vedono. 4. la contemplazione pi facile del vangelo. C nulla da vedere. Solo una pietra, che chiude la vista su tutto. Dietro c la tenebra che pavento e su cui proietto le mie paure. In realt l c la luce, e la pietra del sepolcro mi separa dalla mia vita. Il sepolcro sono io. 4. Passi utili: Gn 23; Sal 130; 131; 1Cor 15,55 s; 1Pt 3,19 s; Eb 2,14s.

90. GES IL NAZARENO, IL CROCIFISSO, RISORTO


(16,1-8)
161 E, passato il sabato, Maria Maddalena e Maria di Giacomo e Salome comprarono aromi per venire a ungerlo. 2 E molto presto, il primo dei sabati, vengono al sepolcro, sorto gi il sole. 3 E dicevano tra loro: Chi ci rotoler via la pietra dalla porta del sepolcro? 4 E, guardando su, osservano che stata rotolata via la pietra: era infatti grande assai. 5 Ed entrate nel sepolcro, videro un giovane, seduto alla destra, avvolto in veste bianca; e si spaventarono. 6 Ora egli dice loro: Non spaventatevi. Ges cercate, il Nazareno, il Crocifisso. risorto, non qui! Ecco il luogo dove lo posero. 7 Ma andate,

dite ai suoi discepoli, e a Pietro: Vi precede nella Galilea; l lo vedrete, come vi ha detto. 8 E uscite, fuggirono dal sepolcro; infatti le aveva prese tremore e terrore. E non dissero niente a nessuno; temevano infatti. 1. Messaggio nel contesto Ges il Nazareno, il Crocifisso, risorto. il grido pasquale di vittoria sulla morte, che dal sepolcro risuona per il mondo intero. Lannuncio incredibile del Crocifisso risorto il principio del vangelo di Ges Cristo Figlio di Dio (1,1). Le donne sono le prime ad ascoltarlo e a ricevere la missione di raccontarlo. La prova negativa lassenza indebita del suo corpo l dove dovrebbe essere presente, come tutti: Non qui, ecco il luogo dove era deposto!. Il sepolcro vuoto. Allora come adesso, chiunque pu costatarlo. La prova positiva la promessa ricevuta dalle donne e trasmessa agli apostoli, che giunge fino a noi: Vi precede nella Galilea; l lo vedrete, come vi ha detto. I quattro evangelisti si diversificano molto in questa parte finale. Vogliono infatti portare il lettore allincontro col Risorto. E questo avviene secondo livelli diversi, corrispondenti alle diverse tappe del cammino di fede in cui ciascuno si ritrova. Marco, vangelo del catecumeno, vuol portare alla fede nella potenza della Parola. In essa incontriamo il Signore vivo e operante in mezzo a noi, in modo che gli affidiamo la nostra vita nel Battesimo e, introdotti nella stanza superiore, mangiamo con lui. Comunque tutti concordano nel fatto che la Parola e il Pane sono il luogo del riconoscimento pieno di colui che sempre accompagna la sua Chiesa nel cammino, come i due discepoli di Emmaus. Non la fede principio della risurrezione, bens la risurrezione principio della fede: Se Cristo non risorto, allora vana la nostra predicazione ed vana anche la vostra fede (1Cor 15,14.17), ribadisce Paolo. La gioia del Risorto la forza del nostro cammino; ci mette alla sua sequela, vivendo e morendo con lui, per aver parte alla sua stessa vita oltre la morte (cf Fil 3,10). La risurrezione di Ges non una semplice rianimazione di cadavere, come nel caso della figlia di Giairo che torna a vivere una vita mortale. partecipazione del corpo alla sua gloria di Figlio, primizia di tutti noi che saremo per sempre con lui, nostra vita ormai nascosta in Dio (cf 1Ts 4,17; Fil 1,21; Col 3,3). La risurrezione non deducibile da nessuna premessa n producibile da nessuna pretesa umana. Prima che agli altri (cf At 17,18-32; 26,24!) risulta incredibile ai discepoli stessi. Sia loro che noi possiamo dedurla solo dalla promessa di Dio e attenderla dalla comunione con lui. La conoscenza delle Scritture e della sua potenza (12,24) per tutti la via daccesso alla fede nel Risorto. I primi lhanno anche visto, per testimoniarlo a noi che veniamo dopo. Ma pure chi lha visto, lo riconosce come noi solo attraverso la luce della Parola e la forza del Pane. La risurrezione di Ges - e la nostra futura - corporea, come lo fu anche la sua morte! La prova ne il sepolcro vuoto, riportato da tutti quattro i vangeli. Paolo tenta di spiegarci con quale corpo risorgeranno i morti. Non sar pi mortale, ma trasformato a immagine delluomo celeste, come quello di Ges risorto (1Cor 15,35 ss).

Il sepolcro vuoto smentisce lultima attesa delluomo. Infrange la sola certezza assoluta ponendogli un enigma insolubile. Lunica spiegazione lannuncio del Risorto, lunica verifica lincontro personale con lui, offerto a chiunque accoglie con fede la Parola. Marco non narra le apparizioni. Pur conoscendole, termina il vangelo con un infatti (greco: gr), lasciandolo chiaramente in sospeso. Invece di concludere, lo apre con linvito a tornare in Galilea, luogo in cui comincia il racconto. Il finale quindi rimanda allinizio, dove Ges annuncia che il tempo finito e il regno di Dio qui per chi si volge a lui e si mette a seguirlo (1,14 s). Non resta che verificarlo. Chi disponibile, esperimenta il primo incontro col Risorto: la sua Parola ha la forza di dargli animo, per affidarsi a lui e seguirlo (1,16-20). Poi lo libera dal male e gli d la capacit di servire (1,21-31); monda la sua vita dalla lebbra e la purifica dalla morte; gli perdona i peccati e lo fa camminare; gli fa aprire la mano per ricevere il dono, ecc. (cf 1,453,6). Ogni miracolo raccontato ci che la parola potente del Signore risorto opera in noi, adesso come allora. Essa infatti un seme che ha il potere di generarci figli di Dio, trasformando tratto dopo tratto la nostra esistenza. A met vangelo, chi accetta la Parola e linvito a seguirlo, lo vede trasfigurato (8,31-9,9). La trasfigurazione in Marco sostituisce i racconti della risurrezione. Il discepolo, guarito passo dopo passo, vede il volto del Figlio nel proprio di fratello, e sperimenta la sua potenza di risorto nella propria vita rinnovata. La trasfigurazione rivela non solo la divinit di Ges, ma anche la gloria che lui d a noi. Chi ha conosciuto e creduto allamore di un Dio crocifisso, abbandona in lui la propria vita e la propria morte, e diventa un uomo nuovo, passato dalla notte al giorno. la piena illuminazione battesimale, alla quale Marco vuol portare il suo lettore. La seconda parte del vangelo diventa poi tutta un confronto tra la Parola fatta Pane e la nostra vita nelle sue diverse relazioni con noi stessi, con gli altri, con le cose e con Dio. Giunti alla fine del vangelo, siamo sempre di nuovo rimandati allinizio, in un movimento concentrico a spirale, in modo che ogni volta cresciamo sempre di pi, fino alla statura piena di Cristo (Ef 4,13), quando Dio sar tutto in tutti (1Cor 15,28). Ma gi fin dora, al centro della nostra vita come a met del vangelo, c una esperienza di trasfigurazione, che procede di pari passo con laccettazione della croce. Ogni rilettura del vangelo non una semplice ripetizione per non dimenticarlo. Ogni volta ci riporta al principio (1,1), e ne usciamo pi simili a lui, invitati a tornare sempre allo stesso principio. Volendo distinguere i vari livelli successivi di lettura - luno conduce allaltro ed da esso incluso potremmo parlare di un primo che porta dal precatecumenato al catecumenato, di un secondo che porta dal catecumenato al battesimo, e di un terzo infine che proprio del battezzato, chiamato a un progresso senza fine nella conoscenza e nella sequela del suo Signore. La sorgente non d mai la stessa acqua: una vita che si ferma, morta. Il precatecumeno comincia a conoscere la storia di Ges. Essa, facendogli balenare la promessa di Dio, libera in lui i desideri profondi per cui fatto. il primo incontro col Risorto, che con la sua parola apre il cuore (At 16,14). Il finale gli propone di riprendere dallinizio, credendo che lui compie quanto dice. Allora si scatenano tutte le resistenze contrarie alle speranze concepite. A lui scegliere se ripiegare con paura nel silenzio e nella fuga, come anche le donne in un primo tempo, o tentare il rischio, chiedendo la fede. Chi accetta il salto, esce dalla folla. Cessa di essere semplice spettatore e diventa parte interessata, coattore con Ges di ogni scena. Diventa catecumeno. Il catecumeno crede alla Parola e ritorna in Galilea, lasciandosi coinvolgere da ci che il Signore dice con autorit. Sperimenta allora di essere sempre laltra persona per la quale lui dice o fa qualcosa: il discepolo chiamato che segue, lindemoniato che liberato, la suocera che guarita, il lebbroso che mondato, ecc. In questa ripetizione importante la preghiera, in cui chiedo con fede che quanto raccontato avvenga anche a me. Incontro cos il Signore risorto nelle sue parole e nelle sue azioni, che mi trasformano perch possa seguirlo fino alla croce e contemplarlo come mio Salvatore e Signore.

Allora scopro che la mia paura diventata fiducia, la mia fuga sequela e il mio silenzio urgenza dannuncio. Sono quindi pronto al battesimo: affido la mia vita e la mia morte a lui che morto per me ed risorto, ed entro nella Chiesa, la comunit dei fratelli che vivono la vita nuova. Il battezzato desidera seguire sempre pi da vicino il suo Signore, per essere con lui (3,14) ed essere mandato ad annunciarlo (6,6b ss), percorrendo il suo stesso cammino dalla croce alla gloria (8,34 ss). Mentre la prima tappa, che per tutti, porta il curioso al catecumenato, e la seconda porta il catecumeno al battesimo, questa terza, pi tipicamente ecclesiale, non porta altrove. E tuttavia non resta mai conclusa. Anche qui il finale rimanda daccapo, in un crescendo di amorosa conoscenza. Ogni rilettura un nuovo tocco di Cristo che mi illumina ulteriormente. Vedi forse qualcosa?, domanda Ges al cieco di Betsaida. La mia vista sempre inadeguata a ci che da vedere: pi pulita, pi contempla e riceve Gloria, in un moto di desiderio e saziet senza fine. A questo livello si possono anche utilmente fare letture tematiche, secondo gli argomenti che il testo stesso suggerisce nella sua articolazione: 1. Chi luomo davanti a Dio: la promessa dellAT (1,1-8). 2. Chi Dio davanti alluomo: Ges compimento di ogni promessa (1,9-13). 3. Chiamata e risposta al Regno: la fede come sequela di Ges (1,14-20). 4. Programma del Regno: una giornata messianica (1,21-45). 5. Rapporto legge/vangelo: Ges opera ci che impossibile alla legge (2,1-3,6). 6. Il nuovo popolo: con Ges in ascolto della Parola (3,7-35). 7. Fede nella Parola: seme di Dio (4,1-34). 8. Passaggio del mare: fede e battesimo come liberazione dal male e dalla morte (4,35-6,6a). 9. Parola e Pane: missione ed eucaristia (6,6b-8,29). 10. La Chiesa a confronto con la Parola: Ges morto e risorto principio di vita nuova (8,31-10,51). 11. Il potere di Ges: il Figlio servo (11,1-12,44). 12. La fine del mondo: il senso del presente alla luce del mistero di Ges morto e risorto (13,1-37). 13. La Parola fatta Pane: Ges morto e risorto (14,1-16,8). Si possono anche utilmente sviluppare letture tematiche trasversali, con taglio cristologico, ecclesiologico, sacramentale, storiologico, ecc.; oppure scegliere specifici temi teologici (discepolato, croce, segreto messianico, conoscenza di Dio, ecc.) o pratici (rapporto con la Parola, con s, con gli altri dentro e fuori la Chiesa, coi beni, ecc.). In genere si fa lerrore di cominciare da questi tipi di lettura per soddisfare la curiosit, quasi cercando un ricettario di risposte alle nostre domande. Ma bene lasciarle per ascoltare le domande che il testo fa, e le risposte nuove che suscita. In ogni lettura si tenga presente che nella prima parte dei vangelo si offrono piuttosto i frutti e i semi (miracoli e parabole), mentre nella seconda lalbero e le radici (croce e Parola). Ges il Crocifisso risorto, presente nella Parola, che mi invita ad accogliere e sperimentare il suo amore per me, per seguirlo e a mia volta annunciarlo. Il discepolo, entrato nel sepolcro, lo trova vuoto di morte e pieno dellannuncio di vita. Come le donne, reagisce dapprima con paura (= incredulit), fuga e silenzio. invitato a superare questa resistenza, per sperimentare il potere della Parola, che cambia la paura in fede, la fuga in sequela e il silenzio in annuncio. lesistenza del battezzato che, commorto e consepolto con Cristo, conrisorge con lui a una vita nuova, quella di figlio di Dio e fratello degli uomini. 2. Lettura del testo

v. 1 passato il sabato. Il sabato, fine di ogni fatica, passato. I cristiani festeggiano il giorno dopo, che linizio della settimana. Viviamo ormai oltre il settimo, nellottavo giorno che festa senza fine. Da quando Dio si riposato nella tomba delluomo, luomo ha raggiunto il riposo di Dio. comprarono aromi. Questi aromi sono inutili come tutte le cose che si comprano e vendono. Il nardo odoroso fu invece donato al Vivente (14,3 ss). Non c lezzo di morte da coprire, ma profumo di vita che si effonde. v. 2 molto presto. lalba dellottavo giorno che non conosce pi tramonto. vengono al sepolcro. La morte la memoria alla quale luomo ritorna di continuo con orrore e piet. il suo ricordo fondamentale. Le donne, grembo di vita, si recano al sepolcro, bocca di morte della madre terra, alimentata dal loro generare. sorto gi il sole. Il sole, oscurato nellagonia di Ges, era calato con lui nella tomba. Ora sorto quello nuovo, ma nessuno ancora lo sa. v. 3 Chi ci rotoler via la pietra? Nessuno in grado di rotolare via la pietra che chiude nella morte. Neanche le donne che danno la vita; generano infatti per la morte. v. 4 guardando su, osservano che stata rotolata via la pietra. Ma ora, per chi solleva lo sguardo, il sigillo della morte infranto, e dal di dentro! era infatti grande assai. Tanto grande da racchiudere tutto e tutti. v. 5 entrate nel sepolcro. Provo anchio a entrare con loro nel sepolcro. l, e non prima o altrove, che risuona lannuncio del Risorto. La salvezza non dalla morte - sarebbe falsa, perch siamo mortali - ma nella morte. videro. Dalla croce in poi il problema vedere. Per questo gli ultimi due miracoli di Ges sono il dono della vista. Tra i due c tutta la seconda parte del vangelo che annuncia la morte e risurrezione di Ges, la Parola che d luce agli occhi (Sal 19,8). un giovane. lo stesso termine usato in 14,51. seduto alla destra. Non un fuggitivo impotente. seduto alla destra, nel fulgore della gloria di Dio. avvolto in veste bianca. Non pi avvolto in una sindone o nudo. come un dormiente o uno sconfitto. rivestito di luce, con la candida veste della vittoria, come il Signore trasfigurato (9,3). Questo giovane figura di chiunque annuncia il Risorto, e del Risorto stesso, presente nella parola che annuncia. si spaventarono. Non lorrore del vuoto, ma il terrore della pienezza traboccante, leccessivit del divino. la sorpresa di una vita nuova, giovane e luminosa, proprio nel luogo oscuro della morte, dove dovrebbero stare i cadaveri dei suoi vinti. stata vinta la vincitrice di tutti! Spogliata del suo bottino, le restano in mano solo le spoglie - il lenzuolo di chi credeva di ghermire!

v.6 Non spaventatevi. Da Gn 3,10 la paura la prima reazione delluomo davanti a Dio. Per questo ogni volta che interviene deve dire: Non temere. cercate. Uno trova ci che cerca; cerca ci che desidera; e desidera ci che gli manca, e di cui non pu fare senza. Ges il Nazareno, il Crocifisso. risorto. Sono le parole del krygma, che proclama la buona notizia: Ges di Nazaret, di cui tutto il vangelo ricordo e racconto, quello che fin sulla croce, proprio lui in persona risorto! la parola fondamentale della fede cristiana, incredibile a tutti. Noi conosciamo una vita per la morte; qui c una morte per la vita. importante ogni parola di questo annuncio: il Risorto luomo Ges, il carpentiere di Nazaret, la sua carne crocifissa. Tutta la debolezza umana inscindibile dalla gloria che io cerco. non qui. importante venire al sepolcro, e vedere che non qui. Qui dovrebbe essere, dove ognuno attende di finire e dove finisce ogni attesa. Ma la promessa di Dio smentisce la nostra certezza pi certa. Questo non qui una constatazione oggettiva della risurrezione, anche se in senso negativo. infatti unassenza inspiegabile. Se fosse spiegabile, sarebbe lultimo imbroglio, il peggiore (Mt 27,64). Inoltre, se il corpo fosse nel sepolcro, la morte non sarebbe vinta, e non ci sarebbe il vangelo di salvezza. Ci sarebbe solo una dottrina su come vivere e morire piamente. Ma questo non cambia la realt! Ecco il luogo dove lo posero. quanto possono vedere coloro che vanno pellegrini al sepolcro, allora come adesso, amici o nemici di Ges, credenti o meno. Per cogliere lannuncio pasquale, necessario un confronto onesto, senza barare, con la morte - primo tab delluomo, che coscienza di vita perch ne conosce anche il contrario. Bisogna entrare nel sepolcro, nostra verit, e perlustrarlo bene. Solo da qui si pu vedere se e quale senso abbia la nostra esistenza. La promessa di Dio deve entrare nella morte, veleno di tutta la vita delluomo. v. 7 andate, dite. Le donne sono mandate a portare lannuncio del Risorto ai discepoli. Sono apostole (= inviate) degli apostoli. Superapostole quindi! ai suoi discepoli, e a Pietro. Come predisse lo scandalo di tutti e il rinnegamento di Pietro, ora, risorto, ribadisce la sua fedelt, gi promessa (14,28), e in particolare a Pietro, che, dopo il rinnegamento, poteva dubitarne. Vi precede nella Galilea. La Galilea dove inizia la predicazione di Ges, e ha luogo il primo incontro coi discepoli. Il lettore, se vuole fare la stessa esperienza, rinviato l, a riascoltarlo con loro. Le apparizioni del Risorto furono sia a Gerusalemme che in Galilea. Marco non ne racconta appositamente nessuna; annuncia solo quelle in Galilea, per farci andare l. l lo vedrete, come vi ha detto (cf 14,28). Anchio, se riprendo il racconto dal principio, mi ritrovo in Galilea. Se qui ascolto ci che lui dice, lo incontro nel vangelo, che Ges Cristo Figlio di Dio (1,1), che annuncia se stesso (1,14), proclamando la fine del tempo e la venuta del Regno (1,15). Se laccolgo come parola di Dio, quale veramente , mi accorgo che opera ci che promette (1Ts 2,13). E mi metto a seguirlo. Ogni passo del racconto diventa allora un incontro salvifico con lui, che dice e fa per me quanto narrato. Per la potenza del suo Spirito mi ritrovo progressivamente trasfigurato. Ero tenebra, egoismo, tristezza, inquietudine, impazienza, malevolenza, cattiveria, asprezza e schiavit. Ora divento luce, amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bont, fedelt, mitezza, libert (Gal 5,22). Vivo una vita da figlio nel Figlio, risorto nel Risorto.

v.8 uscite, fuggirono dal sepolcro. Davanti alla buona notizia, le prime reazioni delle donne, in questo simili a tutti gli uomini, sono di resistenza: disobbedienza e fuga invece di sequela. infatti le aveva prese tremore e terrore. Sono prese da uno spavento tremendo, che scuote loro le ossa e le fa uscire di s. Invece della fede, c la paura, segno dincredulit (cf 4,40). E non dissero niente a nessuno. Non vogliono essere prese per pazze e visionarie (cf Lc 24,11). Invece dellannuncio, c il silenzio. Prima di giungere alla fede, devono emergere tutte le reazioni negative del nostro cuore davanti al krygma. troppo grande per noi ci che Dio dona. temevano. Si ribadisce la paura. Ma lannuncio, caduto nello stagno della nostra incredulit, ha sconvolto tutto. Chi ha letto fin qui il vangelo, si trova a un bivio: ascoltare le proprie paure e andarsene, ormai per sempre inquietato da una possibile buona notizia, oppure ascoltare il desiderio che essa gli ha posto nel cuore? Questo come pietrificato. Ma la Parola un seme. Deposto nel terriccio di una crepa, cresce e rompe la roccia. infatti. Il vangelo di Marco termina con questa parola, con cui non si pu concludere. La particella gr (= infatti) non pu stare in chiusura, tanto meno di un libro! Lannuncio rimane sospeso. S diffuso nellaria e non pu pi essere chiuso. Il vangelo infatti rimane ormai aperto per sempre, anche per chi lo getta via. E non finisce qui, ma rimanda al principio, per finire nellorecchio e nel cuore di chi lascolta fin che la sua paura diventa fiducia, la sua fuga sequela e il suo silenzio ricordo/racconto per altri. Infatti il vangelo di Ges Cristo Figlio di Dio (1,1). Il Risorto, oltre che annunciato, lannunciatore dellannuncio (1,14). Qui ogni uomo lo incontra, potenza di Dio e salvezza per chiunque crede (Rm 1,16). 3. Esercizio 1. Entro in preghiera, come al solito. 2. Mi raccolgo, immaginando le donne che vanno al sepolcro. 3. Chiedo ci che voglio: gioire che il Signore risorto. 4. Entro con le donne nel sepolcro, e, traendone frutto, vedo, ascolto e osservo tutto. 4. Passi utili: Sal 16; 30; 1Cor 15; Lc 24; Gv 20-21; At 17,16-21.32 s; 26,22-25; Sal 147; Rm 1,16; 10,11-17; 1Cor 1,21; 1Ts 2,13.

91. ANDATE IN TUTTO IL MONDO E PREDICATE IL VANGELO A OGNI CREATURA


(16,9-20)
Risuscitato al mattino nel primo giorno dopo il sabato, apparve prima a Maria di Mgdala, dalla quale aveva cacciato sette demni.

Questa and ad annunciarlo ai suoi seguaci che erano in lutto e in pianto. Ma essi, udito che era vivo ed era stato visto da lei, non vollero credere. Dopo ci, apparve a due di loro sotto altro aspetto, mentre erano in cammino verso la campagna. Anchessi ritornarono ad annunziarlo agli altri; ma neanche a loro vollero credere. Alla fine apparve agli undici, mentre stavano a mensa, e li rimprover per la loro incredulit e durezza di cuore, perch non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risuscitato. Ges disse loro: Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. Chi creder e sar battezzato sar salvo, ma chi non creder sar condannato. E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recher loro danno, imporranno le mani ai malati e questi guariranno. Il Signore Ges, dopo aver parlato con loro, fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio. Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che laccompagnavano. Nota: Questo finale, pur essendo canonico, non di Marco. unautentica reliquia della prima generazione cristiana (Swete), che contiene un riassunto delle apparizioni del Risorto e una sintesi della teologia dellannuncio. Le parole, che non sono di Marco, riflettono per bene la sua ottica kerygmatica.

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