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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI

DELLA TUSCIA

FACOLTÀ DI SCIENZA POLITICA – STUDI STRATEGICI E


RELAZIONI INTERNAZIONALI

CORSO DI LAUREA IN

“SCIENZE ORGANIZZATIVE E GESTIONALI MARITTIME E NAVALI”

I FATTI DELL’ 11 SETTEMBRE 2001: POSSIBILI


CAUSE ED AVVENIMENTI SUCCESSIVI

Scienze politiche

RELATORE CANDIDATO
Prof. Carlo Bianchi C°2acl SSAL/Frc Franco Scarpa
matr. 20480

ANNO ACCADEMICO 2008/2009


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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI
DELLA TUSCIA

FACOLTÀ DI SCIENZE POLITICHE

CORSO DI LAUREA IN

“SCIENZE ORGANIZZATIVE E GESTIONALI MARITTIME E NAVALI”

I FATTI DELL’ 11 SETTEMBRE 2001: POSSIBILI


CAUSE ED AVVENIMENTI SUCCESSIVI

Scienze politiche

RELATORE CANDIDATO
Prof. Carlo Bianchi C°2acl SSAL/Frc Franco Scarpa matr. 20480

ANNO ACCADEMICO 2008/2009

4
INDICE

Pag
Indice delle Figure
.................................................................................................... 5

Premessa
..........................................................................................................
............ 6

CAPITOLO I: LA POTENZA AMERICANA


1.1 La dimensione
imperiale....................................................................................... 9
1.2 Verso la dipendenza economica
........................................................................ 10

CAPITOLO II: 11 SETTEBRE 2001


2.1 I quattro aerei dirottati: la versione
ufficiale................................................... 12
2.2 Il movente: ragionevoli
dubbi........................................................................... 16
2.3 I dirottatori: la storia non
quadra.…................................................................ 17
2.4 Il sistema di difesa aereo..………
…................................................................ 26
2.5 Il mistero degli aerei scomparsi…
…................................................................ 30
2.6 Le telefonate dei passeggeri..……
…................................................................ 39
2.7 Come sono Terminate le Torri?…
…................................................................ 41
2.8 Chi è il colpevole?........................…
…................................................................ 50

CAPITOLO III: CHI COMANDA IN AMERICA


3.1 I Neocons –PNAC: ……………………
….....................................................57
3.2 La ciclicità della “storia”...……………………………………………
…. 61
3.3 MEMRI: nuove tecniche di traduzione ...………………………….
……. 68
3.4 AL QUEDA: “il database” e la sua storia………………………….…
…..70

5
CAPITOLO IV: AVVENIMENTI POST 11 SETTEMBRE
4.1 Strategia di sicurezza e piani segreti del pentagono……………
…............... 76
4.2 Afghanistan e Iraq: tra trionfi e
stallo..................................................................80
4.3 Iraq: destabilizzazione e conquista
economica.…...........................................87
4.4 Estate 2005: bomba atomica su
Bruxelles...........................................................92
4-5 Capire il mondo: picco di produzione del petrolio…………………
……...94
Conclusioni
..........................................................................................................
.............100

Bibliografia
..........................................................................................................
............108

6
Indice delle Figure
Figura 2.1. Impatto contro facciata del Pentagono………
…................................. 34
Figure 2.2 e 2.3. Rottami di fusoliera e confronto con
aereo………………… 35
Figura 2.4. Fotogrammi impatto velivolo su pentagono
.................................... . 37
Figura 2.5. Analisi satellitare della NASA del
16/09/2001…………..... .43
Figura 2.6. Macerie a Ground Zero……………………………
……..... .45
Figura 3.1.Telegramma dell’ambasciata USA a Jakarta
del 1975………......66

7
Premessa
Basta che lei si metta a gridare in faccia a
tutti
la verità. Nessuno ci crede e tutti la
prendono per pazzo!
Luigi Pirandello

11 settembre 2001. A day of terror, intitolava “The


New York Times” il giorno dopo l’attacco al cuore degli
Stati Uniti. Un avvenimento dei piu’ drammatici di tutta
la storia contemporanea colpiva i luoghi simbolo del
potere finanziario e militare occidentale. Le indagini
portarono rapidamente a galla un complotto ordito
dall’organizzazione terroristica araba “Al Qaeda”
capeggiata dallo sceicco arabo Osama Bin Laden.
La risposta americana non si è fatta attendere: “ Da
questa sera siamo una nazione risvegliata al pericolo,
e chiamata a difendere la libertà” annunciava il
presidente Bush di fronte al Congresso al termine di
quella travagliata giornata. Così è stato: da quel giorno
gli Stati Uniti sono intervenuti, talvolta anche contro il
parere del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, per risolvere
con le armi le controversie contro gli Stati accusati di
nascondere terroristi o di agire con metodi
antidemocratici.
Oggi è passato un tempo sufficiente per analizzare
quei fatti senza l’enfasi e lo smarrimento che essi
hanno provocato. Nel frattempo la versione ufficiale del

8
Governo Statunitense ha prestato il fianco a dubbi e
sospetti; una gran quantità d’informazioni è saltata
fuori alla portata di tutti. Queste informazioni non si
trovano a titoli cubitali sui grandi giornali, ma nelle
pieghe della realtà oggi i dati ci sono, basta saperli
trovare. E su Internet pieghe della realtà ce ne sono a
sufficienza, ed è lì — e non sui mass media — che le
informazioni vanno cercate.
Per meglio comprendere ciò che è accaduto, prima di
addentrarci nei dati della vicenda credo sia utile
impegnare qualche riga per cercare di capire il
funzionamento e la struttura della mente umana. Come
sostiene anche Gore Vidal nel suo saggio The enemy
within,(1)più una bugia è grossa, più facilmente essa
verrà creduta, se l'opzione di non crederci è
sufficientemente dolorosa. La nostra psiche è
strutturata in modo di credere ciò che ad essa
convenga credere. Le verità dolorose vengono di norma
negate dalla mente. Rispetto ad accogliere una verità
troppo dolorosa, non è infrequente che una mente
preferisca addirittura rifugiarsi nella follia.
Il popolo americano è rimasto profondamente
traumatizzato dagli eventi dell'11 settembre 2001. Il
solo fatto di prendere in considerazione una verità
diversa, che veda magari il coinvolgimento di apparati
interni allo Stato è impensabilmente doloroso per

9
l'americano medio. Non importa quanto la verità circoli,
sino a quando essa non verrà mostrata in televisione la
maggioranza degli americani non la prenderà neanche
in considerazione. La nostra mente si protegge di fronte
a interpretazioni della realtà che essa non è pronta ad
affrontare, conservando una visione familiare e
rassicurante della cose. La mente giunge alle
conclusioni alle quali ha convenienza a giungere.
In gergo psicologico si chiama bias di conferma(2) ed
è un fenomeno intellettualmente fastidioso al quale
tutti noi siamo per natura soggetti . La nostra mente
prende atto dei dati che riceve in modo selettivo,
notando e sopravvalutando le informazioni che
confermano le nostre
_____________
www.analitica.com/bitblioteca/gore_vidal/enemy.asp
(1)
(2)
www.skepdic.com/confirmbias.html

credenze, ed ignorando o sottovalutando le informazioni


che contraddicono le nostre convinzioni. Siamo tutti
soggetti a tale fenomeno, ma alcuni di noi lo sono in
misura maggiore di altri, e possono giungere,
occasionalmente o sistematicamente, a negare
addirittura l'evidenza.
Per questo motivo la maggioranza della gente non
abbandonerà quella che tutto sommato è la “comoda”
versione ufficiale dei fatti, a meno che non ricevano

10
l'input da un soggetto in cui viene posta la massima
fiducia.
Quando ciò avvenisse, assisteremmo ad un altro tipo di
bias cognitivo, a modo suo ancora più affascinante:
l'hindsight bias, ovvero l'errore del giudizio
retrospettivo. L'hindsight bias è la tendenza delle
persone a credere, erroneamente, che sarebbero state
in grado di prevedere un evento correttamente, una
volta che l'evento è ormai noto. Il giorno ipotetico in cui
i vari telegiornali benedicessero con la loro autorità una
versione alternativa della storia dell'11 settembre, tutti
gli individui sino a quel momento ancorati alla
precedente versione dei fatti compirebbero
istantaneamente il magico salto di paradigma, iniziando
immediatamente a ristrutturare i propri ricordi per
adattarli alla nuova realtà.
L'hindsight bias modifica i nostri ricordi per adattarli alle
contingenze cognitive del presente. Tutti (o quasi)
coloro che credevano a quell'opinione (o
quell'ideologia), magicamente non solo mutano la
propria opinione (o ideologia), ma anche il ricordo che
essi hanno delle opinioni che in passato hanno avuto.

11
CAPITOLO I: LA POTENZA AMERICANA

1.1 La dimensione imperiale


Metà degli americani non hanno mai letto un giornale
quotidiano. Metà non hanno
mai votato per le elezioni presidenziali. C’è da sperare che si
tratti della stessa metà.
Gore Vidal

La Superpotenza Americana si è imposta al mondo


dal 1945, al termine del secondo conflitto mondiale,
durante il quale gli Stati Uniti affermarono la loro
supremazia industriale e militare, ulteriormente
incrementata dal fatto di non aver subito danni al
proprio apparato tecnico-produttivo, contrariamente a
quanto avvenuto a tutti i loro principali competitors.
Conquiste fondamentali sono state il protettorato
tedesco e quello giapponese, due punti d’appoggio
essenziali al controllo del sistema economico mondiale.
Dopo la Seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti
organizzarono la loro zona d’influenza imponendo un
sistema globale impostato su regole commerciali e
finanziarie liberiste, secondo una teoria imperante nelle
grandi università americane, improntata sulla
specializzazione produttiva dei singoli Stati e basata sul
dogma dell’aggiustamento automatico da parte del
mercato. Questa è stata una delle loro maggiori
esportazioni culturali, insieme al cinema e alla musica.
Nei primi anni l’imperialismo statunitense si è
contraddistinto in maniera positiva: il Piano Marshall,

12
un atto di grande intelligenza economica e politica, ha
fornito all’Europa i mezzi per la sua ricostruzione. Nel
1948 George Kennan, uno dei maggiori architetti della
politica estera statunitense del dopoguerra, dichiarò,
con una frase poi divenuta famosa, qual era l’obiettivo
principale della politica americana dell’epoca:
“Deteniamo circa il 50% della ricchezza mondiale ma
siamo solo il 6,3 % della popolazione perciò non
possiamo che essere oggetto d’invidia e risentimento. Il
nostro vero compito nel tempo a venire è pianificare
uno schema di relazioni che ci permetta di mantenere
questo divario”. La politica estera americana nella
seconda metà del Ventesimo secolo si è strettamente
conformata ai dettami proposti da Kennan.
Negli anni Sessanta e Settanta gli americani furono
indotti a credere che avrebbero mantenuto il loro
standard di vita per sempre, mentre Kennan e la classe
al potere sapevano che non sarebbe stato così sul lungo
periodo. Avevano capito che il dominio militare sul
mondo avrebbe solo potuto ritardare l’inevitabile resa
dei conti.
Ma il dominio militare richiedeva l’impegno di ingenti
capitali e il problema divenne quindi come affrontare
queste spese e allo stesso tempo mantenere alti i
consumi dei lavoratori americani. La sola soluzione era
il consumo di massa a credito, finanziato dalla vendita

13
di obbligazioni oltre oceano. Solo con il sostegno dei
prestiti gli USA avrebbero potuto mantenere ciò che fu
chiamato da allora in poi “lo standard di vita
americano”, mentre la porzione di ricchezza reale che
detenevano diminuiva costantemente. L’imperativo di
nascondere la realtà economica ai cittadini americani e
ritardare la resa dei conti spiega perché, a scanso
d’ogni retorica, sono stati i Repubblicani i principali
fautori del deficit americano nel secondo dopoguerra.

1.2 Verso la dipendenza economica.


Gli americani fanno sempre la cosa migliore…dopo aver
esaurito tutte le alternative.
Wiinston L.S. Churchill

La realtà americana è forse un’altra: lungi


dall’essere invincibile, deve invece gestire l’inevitabile
riduzione della sua potenza relativa in un mondo
sempre più popolato e sviluppato. Quella che era una
nazione indispensabile per il mondo, ha visto
lentamente stravolgersi il suo ruolo economico, la
cosiddetta Globalizzazione ha colpito la struttura
interna della nazione dominante, indebolendone
l’economia e deformandone la società. Il crollo del
comunismo ha comportato un’accelerazione di questo
processo, e il deficit commerciale americano è,
soprattutto negli ultimi anni, aumentato in modo

14
preoccupante: dai 180 miliardi di dollari del 1997 si è
passati ai 450 miliardi del 2000.
L’America è lontana dal blocco Eurasiatico, il centro
industriale e produttivo mondiale. Non è più
un’iperpotenza e non può vivere della sua sola attività
economica, basata essenzialmente sull’enorme
capitalizzazione borsistica che attira ingenti capitali
stranieri. Conscia della sua debolezza, l’America cerca
però in tutti i modi di non farla trasparire all’esterno,
basando il suo concetto di iperpotenza essenzialmente
su un concetto di carattere militare, forse più teatrale e
mediatico che effettivo. Questa è quindi la panoramica
all’alba dell’ 11 settembre 2001: un’America sempre più
debole e governata da un Presidente appoggiato (negli
USA i dati dei finanziatori delle campagne elettorali
sono resi pubblici) da potenti lobby di petrolieri e
produttori di armi.

15
CAPITOLO II: 11 SETTEBRE 2001

2.1 I quattro aerei dirottati: la versione ufficiale.


Eppur si muove.
Galileo Galilei

L’11 settembre 2001 gli abitanti di New York e


Washington in prima persona, e la popolazione
mondiale in diretta televisiva, sono stati testimoni di
violenti atti terroristici che hanno cambiato per sempre i
destini del mondo. Fino a quella data la vita delle
persone (quantomeno delle persone occidentali)
trascorreva in un cauto e gioioso ottimismo, favorito
anche da una crescita economica e tecnologica senza
precedenti. Dopo questa data invece, il mondo non sarà
più lo stesso, il sogno di prosperità e libertà di milioni di
individui resterà per sempre turbato da quelli che sono
subito apparsi come atti terroristici programmati da
menti mussulmane criminali, votate al martirio e alla
Jiad.
In quella mattinata 19 terroristi (di cui 15 arabi)
prendono il possesso di ben 4 aerei di linea, armati con
pericolosi taglierini da carta. Il primo, il volo Amercian
Airlines 11, decollato alle 07:59 da Boston e diretto a
Los Angeles, alle 08:16 inverte la rotta, alle 08:20
disattiva il transponder e, una volta direttosi verso New
York, vi arriva alle 08:46 colpendo in pieno la torre
WTC1. La popolazione è scossa, presa di sorpresa da

16
questo inaspettato attacco al cuore finanziario
mondiale.
Ma la tragedia non è finita, anzi, la parte peggiore è
ancora di là da venire. Mentre un esercito di forze
dell’ordine e soccorritori, seguiti da uno stuolo di
giornalisti e cameraman si precipita al World Trade
Center, il terrore volteggia ancora alto nei cieli. Ed ha le
sembianze di un altro aereo dell’American Airlines, il
volo 175, partito anch’esso da Boston in direzione Los
Angeles, con una dinamica simile al primo velivolo,
devia dalla sua rotta alle 08:42, disattiva il transponder
alle 08:46 e oltrepassa Manhattan per poi tornare
indietro ed impattare la torre WTC2 alle 09:02, giusto in
tempo per essere ripreso in diretta dalle molte
telecamere accorse sul luogo del primo impatto.
L’impatto è meno preciso del primo, l’aereo colpisce la
torre su un fianco, facendo fuoriuscire buona parte del
carburante che esplode fuori da essa.
In seguito ai violenti incendi degli idrocarburi
presenti nel serbatoio degli aerei e dagli arredi, la
struttura portante delle torri cede, sciolta come burro
nel forno. La torre 2, quella colpita per seconda,
collassa alle 09:59, dopo aver bruciato per poco meno
di un’ora. Una nube di polvere finissima e detriti invade
Manhattan mentre l’altra torre, alle 10:28, ne segue
l’identico destino, collassando in modo perfettamente

17
verticale sbriciolandosi anch’essa come un grissino. Le
prime stime dei morti sono allarmanti: si parla di quasi
30.000 morti, tra persone imprigionate nelle torri e i
molti componenti delle squadre di soccorso che ne
seguono le sorti in modo eroico. Stima destinata in
seguito a scendere di parecchio, visto che alla fine i
morti accertati saranno 2752. Questa dinamica dei fatti
si evince dal rapporto della Commissione Nazionale
sugli attacchi terroristici contro gli Stati Uniti (nota
anche come Commissione sull’11 settembre) edito il 22
luglio 2004. A tale spiegazione ne fa seguito un’altra,
nel settembre 2005, edita dal NIST (National Institute
of Standards and Technology) , al termine di
un’indagine durata 3 anni e costata 20 milioni di dollari:
gli aerei, nell’impatto, avrebbero asportato il
rivestimento antincendio dell’acciaio esponendo
quest’ultimo direttamente all’azione devastatrice del
fuoco; le travature a ponte del WTC su cui facevano
base i pavimenti, nel piegarsi per effetto del calore,
avrebbero tirato all’interno i muri perimetrali
provocando una “propagazione dell’instabilità” lungo le
colonne perimetrali e stressando maggiormente le
colonne centrali del nucleo (ogni torre era costituita da
un nucleo centrale di 47 spesse colonne in acciaio) ,
già rese meno resistenti dagli incendi; l’energia dei
piani posti sopra la zona dell’incendio innescò il

18
“collasso globale”.
Tornando ai fatti della mattinata, i piani dei terroristi
sono solo a metà. Difatti altri due aerei si trovano
ancora nei cieli americani. Il volo AA 77, decollato da
Washington alle 08:20 verso Los Angeles, alle 08:46
devia per la prima volta dalla sua rotta, alle 09:09
spegne il transponder e alle 09:37 riesce a schiantarsi
su uno degli edifici più inaccessibili al mondo, il
Pentagono, cuore nevralgico del sistema difensivo degli
Stati Uniti. Dopo aver compiuto veloci evoluzioni,
l’aereo si presenta rasoterra di fronte all’edificio
volando per gli ultimi secondi a pochissimi metri dal
suolo, impattando con una velocità stimata di circa 800
km/h. Una tale velocità ha consentito la polverizzazione
pressoché totale del velivolo, di cui restano sul prato e
dentro il Pentagono stesso pochissimi resti.
L’ultimo dei voli, il volo United Airlines 93, partito da
New York alle 08:42, devia dalla sua rotta alle 09:36,
disattiva il transponder alle 09:40 e sembra dirigere
verso la Casa Bianca. Ma i dirottatori su questo volo
devono fare i conti con il coraggio dei passeggeri, i quali
impavidamente insorgono contro i malvagi arabi
(circostanza confermata dalle telefonate che alcuni
passeggeri riescono ad effettuare dai propri telefoni
cellulari) che, perdendo il controllo del mezzo, fanno sì
che questo si schianti in aperta campagna in

19
Pennsylvania. Anche di quest’aereo non si è trovato
alcun pezzo riconoscibile, soltanto minuti relitti della
grandezza massima di una manciata di centimetri. 150
tonnellate d’aereo, 45 persone, 200 sedili e bagagli
vari, 40 metri d’ali sono scomparsi, a causa del violento
schianto, in una fossa di sei metri per tre e profonda
pochi metri.
Una serie d’attentati di così vaste proporzioni che è
riuscita a mettere in scacco la difesa militare più
efficiente del mondo deve avere necessariamente avuto
alle spalle una preparazione lunga e complessa. Ciò
nonostante la polizia, gli enti federali e i servizi
d’intelligence americani non sono stati in grado di
sventare questi atti terroristici, subendo passivamente
ogni azione scaturita da questi attacchi. Nonostante
questa incredibile debacle, l’F.B.I riesce a rifarsi subito
dopo e, la sera dell’11 settembre arriva una sentenza di
straordinaria tempestività: ad organizzare l’evento è
stato sicuramente lo sceicco arabo Osama Bin Laden.
Nel giro di 48 ore le autorità presentano la lista
completa dei 19 dirottatori, i cui veri nomi non
compaiono nemmeno sulle liste di imbarco dei quattro
aerei.
Logica risposta a questi efferati atti terroristici è
stato l’attacco all’Afghanistan, reo di nascondere e
proteggere uno dei più pericolosi criminali mai esistiti

20
sulla faccia della terra. La cauta e minuziosa politica
estera americana, una volta certa delle inconfutabili
prove a carico di un altro tiranno, Saddam Hussein, ha
poi provveduto nel 2003 ad attaccare anche l’Iraq,
essendosi ormai la potenza Americana erettasi a
paladina della democrazia e della giustizia.
Visti nell’ottica della versione ufficiale, le guerre
succedute agli attacchi dell’11 settembre possono
sembrare atti ragionevoli e giusti, ma andando ad
indagare con un minimo di criticità e razionalità si
potrebbero invece scoprire altre e più profonde verità.

2.2 Il movente: ragionevoli dubbi.


I nostri nemici sono innovativi e pieni di risorse – e così siamo
anche noi. Essi non
cessano mai di pensare a nuovi metodi per danneggiare il
nostro paese e la nostra gente –
e così facciamo anche noi..
George W. Bush (5 agosto 2004)

In criminologia l’analisi del movente è un tassello


fondamentale per giungere alla verità. Immaginiamo
per un istante di metterci nei panni dei dirottatori:
perché i terroristi si sono gettati contro le Torri Gemelle
di primo mattino, quando esse erano pressoché vuote?
Un paio d’ore dopo e le vittime sarebbero state decine
di migliaia. Perché non le hanno colpite più in basso,
aumentando a tal modo quantità di vittime e probabilità
di crollo? In un evento del genere tutto viene
meticolosamente ponderato e perfettamente analizzato

21
da chi lo organizza, quindi nulla avviene a casaccio. Il
timing — la scelta del momento - in questo genere di
operazioni è un elemento essenziale. Perché allora gli
aerei non sono stati dirottati contro le torri in un
qualsiasi altro momento della giornata, facendo 10
volte più vittime? Perché non hanno destinato almeno
uno degli aerei contro la centrale nucleare di Indian
Point, a meno di 40 chilometri da New York?. Scegliendo
la centrale nucleare tra l'altro i terroristi avrebbero
minimizzato i rischi di venire intercettati dai caccia
americani (come di norma sarebbe dovuto accadere )
nei sette minuti di volo che ancora ci volevano per
raggiungere Manhattan e avrebbero potuto facilmente
causare un disastro assai peggiore di quello di Cernobyl
provocando milioni di morti (i reattori non sono stati
costruiti per resistere all'impatto di un Boeing 767 pieno
di carburante) e mettere davvero in ginocchio l'odiato
nemico. Invece no, i terroristi crudeli non erano poi così
cattivi, e chissà perché hanno agito in modo da
provocare la minor quantità di morti possibile, con il
massimo effetto spettacolare. Anche sul Pentagono
avrebbero potuto fare danni assai più consistenti
mirando a qualsiasi altro punto dell'edificio. Se ad
organizzare l'attentato è stata veramente Al Qaeda, non
ci sono forse gli estremi per ritirare loro la patente di
terroristi, per manifesta incompetenza? Quale movente

22
potevano avere i terroristi a causare la minor quantità
di morti possibile con il loro attacco? E se la minor
quantità di morti non era il loro obiettivo, perché essi
non hanno agito diversamente, in modo assai più letale,
dato che potevano farlo?
Ma il vero punto più debole è l'assurda passività dei
servizi segreti americani, relegati al ruolo di spettatori
inerti di quanto stava avvenendo, un ruolo che ad essi
proprio non calza.

2.3 I dirottatori: la storia non quadra.


E’ impossibile pilotare grossi aeromobili senza l’addestramento
adeguato
Nila Sagadeva – pilota di aeromobili e ingegnere aeronautico

C’è qualcuno che continua a sostenere che i


“mitici” dirottatori del 9/11, benché sia stato provato
che fossero incapaci di pilotare un piccolo Cessna 172,
tuttavia riuscirono ad acquisire la straordinaria abilità
loro necessaria per pilotare dei jet di linea,
addestrandosi tramite simulatori di volo.
Una comune concezione sbagliata che hanno i non piloti
sui simulatori è che sia “facile” utilizzarli. Sono sì
relativamente facili da usare se lo scopo è fare qualche
virata pazza e divertente in cielo aperto. Ma se lo scopo
è eseguire una qualsiasi manovra, anche con la minor
precisione possibile, la missione diventa

23
immediatamente abbastanza scoraggiante. E se il fine è
dirigere un aereo verso una specifica locazione
geografica, distante centinaia di chilometri, mentre si
vola a oltre 800 km all'ora, a 9.000 metri di altezza,
allora la sfida diventa quasi impossibile per un pilota
non addestrato. E questo è precisamente ciò che i
quattro dirottatori si suppone abbiano realizzato con jet
commerciali ad alta velocità, pesanti più di 100
tonnellate, l’11 Settembre.
Per una persona non abituata alla complessità
pratica del pilotaggio, un moderno simulatore di volo
può rappresentare un’esperienza confusa e
disorientante. Per essere in grado di utilizzare un
moderno simulatore di volo ad ogni livello d’abilità, uno
non solo deve essere in partenza un pilota quantomeno
decente, ma anche un esperto nel volo strumentale per
far partire il sistema, ed essere completamente
familiare con l’attuale tipo d’aereo che il simulatore
rappresenta, poiché la disposizione degli strumenti nei
cockpit varia tra gli aerei.
I decolli, ed anche gli atterraggi sotto un certo
aspetto, sono relativamente “facili”, perché il pilota ha
un riferimento visivo come indizio di ciò che si trova
fuori dell’abitacolo. Ma una volta che avete virato, siete
saliti ed avete raggiunto l’altezza di crociera in un
simulatore (o su di un aeroplano reale) e vi trovate a

24
dover stabilire una rotta per una destinazione molto
distante (usando tecniche di navigazione elettronica
molto sofisticate), la situazione cambia radicalmente: il
pilota perde virtualmente ogni riferimento visivo
all’esterno. Lui/Lei è completamente alla mercé di un
insieme di complessi strumenti di navigazione e di volo
per ricevere le indicazioni sullo status dell’aereo
(altitudine, direzione, velocità, stato, etc.). Nel caso di
un Boeing 757 o 767 il pilota avrebbe avuto di fronte un
pannello EFIS (Sistema di strumentazione elettronica di
volo) costituito da 6 grossi monitor LCD multifunzionali
intervallati con pacchetti di “complicata”
strumentazione assortita. Se uno non è in grado di
tradurre le informazioni velocemente, in modo preciso
ed accurato (e per farlo serve un pilota esperto di volo
strumentale), allora viene a trovarsi nella condizione di
ZERO SITUATIONAL AWARENESS. (cioè il pilota non
avrebbe indizi su dove si trova in relazione alla Terra).
Un volo in queste condizioni è definito come “IFR” o
Norme di Volo Strumentale.
E la regola IFR #1 è: Mai staccare gli occhi dalla tua
strumentazione, perché è tutto ciò che hai! Corollario
alla Regola #1: Se non sei in grado di interpretare la
strumentazione in modo veloce, preciso, disciplinato e
completo sei praticamente morto. Registrazioni da tutto
il mondo sono pieni di rapporti di un numero qualunque

25
di buoni piloti con esperienza professionale di volo
strumentale, che hanno “concluso la loro carriera”
perché hanno commesso errori irreparabili mentre
volavano in condizioni di IFR. I piloti/dirottatori del 9/11
erano stati ripetutamente giudicati incompetenti a
pilotare in volo solitario un Cessna-172. Non uno dei
dirottatori era stato giudicato idoneo ad eseguire da
solo anche i più semplici esercizi di pilotaggio. Ecco
cosa ebbero da dire gli istruttori di volo riguardo alle
capacità di questi aviatori in erba. Riguardo Mohammed
Atta: “Il suo grado di attenzione è zero.”;
riguardo Khalid Al-Mihdhar: “Non l’abbiamo buttato
fuori a calci ma non ha raggiunto i nostri standard.”;
riguardo Hani Hanjour (il pilota dell'aereo schiantatosi
sul Pentagono che avrebbe effettuato una manovra
rasoterra giudicata pressoché impossibile anche per
piloti con decenni di volo sulle spalle): “Il suo inglese
era orribile, e la sua abilità “meccanica” era anche
peggio. Era come se fosse a stento capace di guidare
anche solo un'automobile. Non riesco ancor oggi a
credere che possa aver pilotato un aereo contro il
Pentagono. Non era affatto in grado di volare.”
Ora diamo uno sguardo al volo American Airlines 77
(il volo schiantatosi sul Pentagono). Il
passeggero/dirottatore Hani Hanjour si alza dal suo
sedile più o meno a metà del volo, si apre la via per

26
l’abitacolo combattendo diabolicamente, riesce a
sopraffare il Capitano Charles F. Burlingame ed il primo
ufficiale David Charlebois, ed in qualche maniera riesce
a buttarli fuori dell’abitacolo (cosa molto difficile da
ottenere in un ambiente stretto senza urtare
inavvertitamente la cloche, disattivando così il pilota
automatico). Si potrebbe, correttamente, presumere
che questa cosa presenti delle difficoltà considerevoli
per un ragazzino armato di taglierino – Burlingame era
un duro, corpulento pilota di F4, veterano del Vietnam
che aveva alle spalle oltre 100 missioni di
combattimento. Ogni pilota che l’ha conosciuto ha
affermato che piuttosto che mollare educatamente i
controlli, Burlingame avrebbe istantaneamente
capovolto l’aereo in modo di far rompere il collo a
Hanjour non appena questi fosse caduto a terra. Ma
lasciamo stare questa reazione, quasi naturale, che ci
saremmo aspettati da un pilota di caccia e
immaginiamo che Hanjour riesca a sopraffare i membri
dell’equipaggio del volo, li rimuova dall’abitacolo e
prenda posto sul sedile del capitano. E, benché i
rapporti contraddicano quest’affermazione, assumiamo
che Hanjour sia stato talmente fortunato da
sperimentare un giorno con visibilità ottima, illimitata.
Se Hanjour guardava diritto davanti a sé attraverso il
parabrezza, o tutto alla sua sinistra verso terra, al

27
meglio avrebbe potuto vedere, 10.500 metri sotto di lui,
un paesaggio grigio/brunastro/verde scuro,
virtualmente privo di dettagli in superficie, mentre
l’aereo che stava ora pilotando si stava muovendo,
quasi impercettibilmente e in un silenzio irreale, a circa
225 metri al secondo.
In uno scenario reale, e considerati i rapporti meteo
sulle condizioni di quel giorno, avrebbe probabilmente
visto nuvole sotto di se, che gli impedivano di vedere il
terreno che stava sorvolando. Con questo tipo di “non
consapevolezza della situazione”, Hanjour avrebbe
potuto star sorvolando l’Argentina o la Russia o il
Giappone allo stesso modo; non avrebbe avuto indizi su
dove, con precisione, si trovasse. Dopo pochi secondi (a
225 metri al secondo), Hanjour avrebbe compreso che
realizzava poco a guardare fuori , non c’era nulla là per
dargli indizi visivi reali. Per un uomo che
precedentemente aveva avuto a che fare con dei piccoli
Cessna, seguendo autostrade o ferrovie aeree (e
sempre con l'aiuto di un istruttore), questa sarebbe
stata sicuramente una situazione a lui estranea e da
brividi.
Non potendo vedere nulla all’esterno, Mr. Hanjour
sarebbe stato costretto a dirigere la sua attenzione
verso il pannello degli strumenti, dove avrebbe avuto a
che fare con un insieme sconcertante di strumenti.

28
Avrebbe quindi dovuto velocemente interpretare le
informazioni sulla sua direzione, il tracciato a terra,
l’altitudine e la velocità dell’aereo, sullo schermo prima
di poter capire anche solo dove fosse lui, rispetto al
mondo, ed ancora più difficilmente dove fosse il
Pentagono in relazione alla sua posizione! Dopo tutto,
per potersi schiantare contro un obiettivo, doveva prima
trovarlo.
Una volta che avesse determinato dov’era, avrebbe
dovuto riuscire a localizzare il Pentagono in relazione
alla sua posizione, rapidamente in evoluzione. Quindi
avrebbe dovuto progettare un percorso verso il suo
obiettivo. Per essere in grado di eseguire un minimo di
navigazione elettronica, avrebbe dovuto essere molto
familiare con le procedure IFR. Nessuno dei terroristi
nemmeno sapeva com’era fatta una carta di
navigazione, ancora meno come introdurre i dati nei
computer di gestione di volo (FMC) ed attivare lo LNAV
(modalità automatica di navigazione laterale). Se uno è
tenuto a credere alla versione ufficiale, si presume che
tutto questo sia stato compiuto da grezzi studenti piloti
mentre volavano ciechi a 225 metri al secondo sopra un
terreno non familiare (e praticamente invisibile), usando
complesse metodologie ed utilizzando una
strumentazione sofisticata.

29
Per aggirare questo piccolo problema, la versione
ufficiale suggerisce che questi uomini hanno pilotato
manualmente i loro aerei verso gli obiettivi rispettivi.
Ma assumiamo che Hanjour abbia disinserito il pilota
automatico ed abbia pilotato manualmente l’aereo
verso il suo prestabilito, ed invisibile, obiettivo,
basandosi soltanto sulla strumentazione fino a quando
non avesse potuto avere una chiara visuale.
Secondo i controllori delle FAA, il “Volo 77” ha
eseguito una virata in picchiata, alla velocità angolare
di 360 gradi/minuto mentre scendeva ad oltre 1.000
metri al minuto (velocità di discesa impossibile senza
fare andare in stallo i motori di quel tipo di aereo), alla
fine della quale “Hanjour” si presume abbia raggiunto il
livello del suolo.
La manovra fu, in sostanza, eseguita in modo così
preciso che i controllori del traffico aereo di Dulles
rifiutarono di credere che il blip sul loro schermo fosse
un jet commerciale. Danielle O’Brian, una dei controllori
di volo di Dulles che fece rapporto di aver visto l’aereo
alle 9:25 disse: “La velocità, la manovrabilità, il modo in
cui ha virato, tutti nella stanza radar, tutti noi che
eravamo controllori di traffico aereo con esperienza alle
spalle, pensammo che fosse un aereo militare.”
E quindi, tutto d’un tratto Hanjour trova il
Pentagono che se ne sta adagiato lì, in vista, proprio

30
davanti a lui. Trovò che il suo “missile” si stava
dirigendo verso una delle ali più densamente popolate
del Pentagono e, presumibilmente per salvare queste
vite umane, esegue allora una ulteriore virata di 270
gradi ed approccia l’edificio dalla direzione opposta,
allineandosi con l’unica ala del Pentagono che era
pressochè deserta a causa delle estensive operazioni di
rinnovamento che erano in corso (c’erano 120 operai di
costruzione civili in quell’ala che furono uccisi... il loro
lavoro ironicamente includeva dotare il muro esterno di
quell’ala di protezioni anti-missile, di cui era quindi
ancora sprovvista, alla faccia di chi insinua che le pareti
del Pentagono fossero incredibilmente corazzate e
resistenti, tanto da sbriciolare completamente l'aereo).
Il pilota si presenta ad una velocità di circa 800 km/h
volando ad un’altezza di 6 metri da terra. Interessante
al riguardo la dichiarazione di Nela Segardevan, pilota
ed ingegnere aeronautico: “Io sfido chiunque pilota,
ovunque nel mondo: dategli un Boeing 757 e ditegli di
portarlo a 750 km/h a 7 metri di altezza per un
chilometro. Non può farlo, è aerodinamicamente
impossibile”. I vortici aerodinamici non avrebbero
permesso all’aereo di abbassarsi al suolo più di
approssimativamente metà della sua ampiezza alare (in
pratica non più di 19 metri) fino a che la velocità non
fosse stata ridotta drasticamente; che poi è ciò che,

31
ovviamente, capita durante i normali atterraggi .
In altre parole se ci fosse stato veramente un
Boeing 757 come riportato, l’aereo non avrebbe potuto
volare al di sotto dei 19 metri da terra alla velocità di
700 km/h. (Una manovra simile è invece interamente
nel novero delle prestazioni di un aereo con un elevato
carico alare, come i caccia di attacco a terra, il
bombardiere B1-B, i missili cruise ed il Global Hawk, un
drone, cioè un aereo tele-guidato).
La stessa identica sfida di navigazione che ho
menzionato sopra avrebbe dovuto essere affrontata
anche dai piloti che guidarono due 767 contro le Twin
Towers; in questo anche loro, avrebbero dovuto prima
trovare i loro obiettivi. Di nuovo miracolosamente
trovarono il loro obiettivo durante il tragitto. E di nuovo
la loro manovra di “approccio finale” a più di 800 km/h
è semplicemente troppo incredibile per essere stata
eseguita da piloti che non erano in grado di pilotare in
solitaria un aereo da addestramento base. Un non-
pilota senza indicazioni avrebbe incontrato difficoltà
praticamente insormontabili nel cercare di navigare e
far volare un aereo da 100 tonnellate contro un edificio
al suolo, oltre 11 km sotto di lui, lontano centinaia di km
e non in vista, e in una direzione ignota, a più di 800
km/h – e tutto questo in circostanze oltretutto
estremamente stressanti.

32
Testimoni oculari del primo impatto asseriscono di
aver visto un piccolo aereo imbattersi sulla torre del
WTC, ci sono inoltre in rete numerosi video(3) che
analizzano, fotogramma per fotogramma, i filmati
trasmessi in diretta dai principali telegiornali.
Guardando questi video, l’ipotesi che ne scaturisce è a
dir poco incredibile: i vari filmati rappresentano
numerose incongruenze e mettono a nudo possibili
manomissioni; in definitiva i filmati trasmessi quel
giorno non rappresenterebbero la realtà. Nessun aereo,
secondo queste analisi, si sarebbe schiantato sulle
Torri di Manhattan, quantomeno nessun
_____________
(3
) http://www.youtube.com/watch?v=ehH_VoeXgik;

grosso aereo commerciale.


Data per scontata l’incapacità di pilotaggio dei
presunti dirottatori arabi, e vista la precisione con cui gli
aerei si sarebbero schiantati sulle torri, se ciò si sia
realmente verificato un ipotesi interessante sarebbe
quella per cui gli aerei fossero stati teleguidati da terra.
E’ una tecnologia che esiste da diversi anni, e proprio il
software di cui sono dotati i Boeing 757 e 767 in origine
garantirebbe una facile implementazione di un tale
sistema.
Ugualmente interessante è notare come il
controller finanziario del Pentagono all’epoca degli

33
attentati era il rabbino lubavitcher Dov Zakheim,
assegnato a tale carica nel maggio 2001. Prima di tale
incarico egli era amministratore presso la System
Planning Corporation, un fornitore della difesa
specializzato in armamenti elettronici, fra cui spiccano i
sistemi per “aerei telecomandati”. (4)
Per quanto prima espresso, se degli aerei si sono
comunque abbattuti sul WTC è altamente
improbabile, per non dire impossibile,
che a guidare questi aerei ci siano state delle persone
completamente incompetenti e incapaci di guidare
anche un piccolo aereo superleggero come la versione
ufficiale vorrebbe farci credere.
_____________
(4)
www.sysplan.com/Radar/FTS

2.4 Il sistema di difesa aereo.


Chiamami pure terorico della cospirazione, se vuoi,
purchè tu chiami te stesso teorico delle coincidenze.
John Judge, Coalition On Political Assasinations, 2002

34
Lo spazio aereo nordamericano è senza ombra di
dubbio uno dei più protetti al mondo. Le procedure
operative standard dettano che se
Un controllore di volo della FAA (Federal Aviation
Administration) nota qualcosa che suggerisse un
possibile dirottamento –se viene perso il contatto radio,
se si spegne il transponder dell’ aereo o se l’aereo devia
dal suo piano di volo—il controllore debba contattare un
suo superiore. Se il problema non può essere risolto
velocemente—circa entro un minuto—il superiore deve
chiedere al NORAD – il North American Aerospace
Defense Command—di lanciare aerei da combattimento
per scoprire cosa sta succedendo. Il NORAD poi emette
un ordine di lancio alla più vicina base dell’ Air Force
con caccia in allerta. L’ 11-9, tutti i dirottamenti
avvennero nel Northeast Air Defense Sector del NORAD,
che è noto come NEADS. Perciò tutti gli ordini di lancio
sarebbero dovuti venire dal NEADS.
Gli aerei da combattimento a disposizione del
NEADS possono rispondere molto velocemente:
secondo il sito web della US Air Force, gli F-15 possono
arrivare ad una quota di 29,000 piedi (circa 8800 metri)
in circa 2,5 minuti dall’ “ordine di lancio”, dopodiché
possono volare a circa 1800 miglia all’ ora (circa 2900
Km/h). Un documento dell’ Air Traffic Control pubblicato
nel 1998 avvertiva i piloti che tutti gli aeroplani che

35
persistessero in un comportamento inusuale “si
troverebbero probabilmente due aerei da
combattimento dietro la coda entro circa 10 minuti” .
L’ 11-9, però, ciò non è accaduto. Perché? Dove
erano le forze armate ? La prima risposta delle forze
armate fu data immediatamente dopo l’ 11-9 dal
Generale Richard Myers, allora Presidente di turno del
Consiglio di Stato Maggiore, e da Mike Snyder, un
portavoce del NORAD. Entrambi dissero,
indipendentemente, che nessun jet militare fu mandato
in volo sino a dopo l’impatto al Pentagono. Tale impatto
avvenne alle 9:37, eppure il Volo 11 dell‘ American
Airlines aveva mostrato due dei segnali standard di
dirottamento, perdendo sia il segnale radio sia quello
del transponder, alle 8:15. Questo vuol dire che le
procedure che solitamente portano ad intercettare un
aereo in “circa 10 minuti” non erano state compiute per
circa 80 minuti.
Tale enorme ritardo suggerisce che un ordine di
restare a terra, cancellando le procedure standard,
doveva essere stato dato. Alcuni iniziarono a sollevare
questa possibilità .
Molto velocemente apparve una nuova storia.
Venerdì 14 Settembre la CBS News disse:
“Contrariamente ai primi rapporti, i caccia della US Air
Force si alzarono in volo Martedì mentre gli attacchi

36
erano in corso,” sebbene essi arrivarono troppo tardi
per prevenire gli attacchi. Questa seconda storia fu poi
resa ufficiale il 18 Settembre, quando il NORAD rilasciò
una cronologia che affermava gli orari in cui gli era
stato notificato a riguardo dei dirottamenti, seguiti dagli
orari in cui i caccia furono lanciati all’inseguimento. Il
messaggio implicito della cronologia era che il
fallimento era dovuto interamente alla FAA, perché in
ogni caso notificò alle forze armate così in ritardo che
gli intercettamenti furono impossibili.
Un ulteriore terza versione dei fatti, con parziali
modifiche agli orari rivelati dal NORAD ci viene invece
fornita dalla Commissione sull’ 11 settembre, cercando
di incolpare sempre la negligente FAA. Senza indugiare
troppo sui diversi orari delle varie versioni, ritengo sia
importante porsi una domanda: è vera questa terza
versione dei fatti?
Una regione per sospettare che non è vera è
proprio il fatto che è la terza storia che ci viene detta.
Quando i sospetti in un caso criminale continuano a
cambiare il loro racconto, assumiamo che dovrebbero
star cercando di nascondere la verità. Ma un problema
persino più serio con la nuova storia delle Commissione
è che molti dei suoi elementi sono contraddetti da una
credibile evidenza o sono per altri versi non plausibili.
Per quanto riguarda il Volo 11 ad esempio, la

37
Commissione sostiene che il colonnello Robert Marr,
comandante del NEADS, avvisato con notevole ritardo
dalla FAA (alle ore 08:38) invece di impartire l’ordine di
decollo immediato perdette altro tempo telefonando in
Florida al Generale Larry Arnold per avere
l’autorizzazione a lanciare gli aerei, e questa telefonata
richiese la bellezza di 8 minuti, un tempo
straordinariamente lungo per una situazione di
emergenza.
Un ulteriore fatto su cui incentrare l’attenzione è
che il Pentagono dispone di propri radar per il
monitoraggio dello spazio aereo. Come afferma Robin
Hordon - controllore del traffico aereo all’aeroporto di
Boston per 11 anni e istruttore di volo – un aereo non
autorizzato nello spazio aereo di Washington
semplicemente non ci entra. Esiste un particolare
spazio aereo protetto denominato B-56 che comprende
una zona di identificazione per la difesa aerea del
raggio di 50 miglia, all’interno della quale vi è
un’ulteriore zona protetta del raggio di 17 miglia. Un
ulteriore, protettissima sezione, ha un raggio di soli 3
miglia e a salvaguardia di essa vi è un apparato di
batterie antimissile. Solo gli aerei militari, dotati di
transponder militare di tipo IFF, possono accedere allo
spazio aereo sovrastante il Pentagono: se i radar non
captano il segnale IFF e l’aereo sospetto si avvicina

38
troppo, questo viene automaticamente abbattuto non
appena si trovi ad una distanza critica dal Pentagono.
Dato che anche il sistema di difesa missilistico ha
clamorosamente dato forfait quel giorno, è
immaginabile che l’aereo che si è schiantato
sull’edificio fosse dotato di un transponder militare;
questo è un apparato che è impossibile ritrovare su un
jet di linea, quindi ci sono gli elementi per supporre che
a schiantarsi sul Pentagono non sia stato il volo 77.
Ancora un altro particolare ignorato dal rapporto
della Commissione è rappresentato dal prodigioso
sistema radar dell’esercito Statunitense. Il sito web di
uno di quei sistemi, chiamati Pawe Paws, sostiene che
è “capace di rilevare e monitorare un gran numero di
obiettivi che costituirebbero un pesante attacco LSBM
(missili balistici lanciati da sottomarini)(5). Il sistema non
è sicuramente basato sul presupposto che quei LSBM
abbiano dei transponders. L’affermazione che l’esercito
non sapeva di un aereo diretto al Pentagono è dunque
assurda. Dopo gli attacchi alle Twin Towers, il sistema di
difesa americano si suppone fosse ai massimi livelli e
quindi non avrebbe esitato ad abbattere ogni aereo non
autorizzato ed identificato diretto verso Washington. E
riguardo alla capacità di fare questo, anche se per
qualche ragione la base di Andrews non avesse avuto
caccia in allerta quella mattina, il sistema anti-missili

39
balistici sarebbe potuto entrare in azione, dato che i
suoi bersagli abituali viaggiano a velocità dai 6 ai 7
_________________
(5)www.pavepaws.org “Pawe Paws, Watching North America’s Skies 24 Hours a day”

www.wanttoknow.info/911starwars “Billions on Stars Wars Missile Defense Can’t Stop Four Lost Airlines on 9/11

chilometri al secondo (circa 14.000 miglia l’ora), ben più


veloci di qualsiasi aereo sulla faccia della Terra.
Per finire, una piccola nota statistica: nel 2001,
prima dell’ 11 settembre, il NORAD ha dovuto far
fronte per ben 67 volte ad allarmi
inerenti il possibile dirottamento di aerei. In tutti i casi i
caccia da combattimento sono decollati nei tempi
previsti, con una percentuale di successo delle missioni
del 100%. Percentuale che si è poi mantenuta anche
successivamente.

2.5 Il mistero degli aerei scomparsi.


A volte l’uomo inciampa nella verità, ma, nella maggior
parte dei casi, si rialza e continua per la sua strada .
Wiinston L.S. Churchill

Abbiamo appena visto come il sistema di difesa


aereo abbia incredibilmente fallito: nessuno dei quattro
aerei è stato intercettato in tempo così che ognuno di
essi ha potuto continuare il suo tragico volo verso gli
obiettivi prefissati. I Voli 11 e 175 verso le Torri Gemelle,
il Volo 77 sul Pentagono e il Volo 93 che, forse diretto
verso la Casa Bianca, si è invece schiantato in un
campo della Pennsylvania.

40
Ma tutto ciò corrisponde al vero? Partiamo da ciò
che nessuno ha in realtà visto: il Boeing 757
schiantatosi contro il Pentagono. Come abbiamo già
descritto, se al mondo esiste una città dove un attacco
aereo è impossibile, questa è proprio Washington.
Diversamente dagli aerei di New York, la scusa che non
ci si aspettasse un attacco del genere qui è
completamente inverosimile, tanto più che il Pentagono
dispone di radar e missili propri in aggiunta
all’efficentissima (in normali condizioni) difesa aerea
statunitense. Tuttavia, ammettiamo contro ogni logica
che un aereo abbia potuto violare allegramente lo
spazio aereo della Capitale, scendere a spirale sul
bersaglio ed abbattersi sul Pentagono senza che alcuna
difesa glielo impedisse.
Oltre che essere difeso da batterie missilistiche, il
Pentagono è anche naturalmente pieno di fotocamere
e telecamere di sorveglianza.
Così come altre telecamere inquadranti la scena
dell’impatto sono presenti nel vicino svincolo
autostradale, in una stazione di servizio adiacente e in
un albergo poco distante dall’impatto. In più l’aereo
avrebbe sorvolato un gran pezzo di città, quindi
basterebbe che un video saltasse fuori e tutta una
categoria di strambe illazioni smetterebbero di esistere.

41
Tuttavia, nessuna ripresa che mostri l’aereo è mai stata
esibita.
Le riprese effettuate dalle telecamere della stazione
di servizio e dell’albergo appena citati sono state
immediatamente sequestrate dall’FBI e mai restituite.
Come mai? C’è forse su quei video qualcosa che meglio
non vedere?(6)
Passiamo alle testimonianze. Steve Patterson, un
grafico che lavorava al quattordicesimo piano di un
palazzo di Pentagon City, testimonia di aver visto un
oggetto metallizzato, che faceva il rumore stridente di
un aereo da caccia che sembrava poter trasportare 8-
10 persone, dirigersi a bassissima quota verso il
(7)
Pentagono.
Un altro testimone, Kirk Milburn, ha visto un aereo
che faceva uno strano rumore e poi due grandi, distinte
esplosioni. Un terzo testimone è Asework Hagos, il
quale percorrendo Columbia Pike vide un aereo recante
la scritta American Airlines volare a bassissima quota e
schiantarsi contro il Pentagono. Un quarto
testimone, Tom Seibert,
_____________
(6)
www.911review.org/Sept11Wiki/Pentagon-Crash.shtml
(7)
Washington Post, 12 settembre 2001

ingegnere di rete che lavora la Pentagono, non vide


l’aereo ma udì qualcosa che faceva il rumore di un
missile, seguito da una forte esplosione.

42
Queste quattro testimonianze sono state raccolte a
caldo e pubblicate all’indomani del fatto nel
“Washington Post”.
In diretta dal Pentagono ancora fumante, l’inviato
della CNN dichiara senza mezzi termini che sulla base di
una propria ispezione ravvicinata al luogo dell’impatto
non vi è assolutamente nulla che faccia pensare che un
aereo si sia schiantato sul Pentagono: niente detriti
consistenti, nessuna traccia della fusoliera, i detriti più
grossi sono così piccoli da poter venire presi in mano.
Questa testimonianza è scomparsa definitivamente dal
mondo dei media, la si può tuttavia reperire su internet
(8)
.
Altri testimoni raccontano di avere visto un aereo
dell’American Airlines. Si tratta però quasi sempre di
militari o persone connesse in qualche modo al
Pentagono o al Governo.
Un’altra testimonianza ci giunge da Ed Plaugher,
capitano dei pompieri della contea di Arlington,
racconta che a lui e ai suoi uomini non era consentito
avvicinarsi al luogo esatto dell’impatto, dove a lavorare
c’erano squadre speciali della FEMA (Federal
Emergency Management Agency). A domanda precisa,
dichiarò di non aver visto consistenti parti di aereo
all’interno del buco della facciata, nessun pezzo di
fusoliera da nessuna parte(9).

43
____________
(8)
www.thewebfairy.com/911/pentagon/27_1-mcintyre.swf
(9)
www.911research.wtc7.net/pentagon/analysis/.

Sei mesi dopo ED Plaugher avrebbe avuto un ritorno


di memoria affermando di avere visto pezzi di fusoliera,
le ali , il carrello di atterraggio, pezzi di motore e sedili.
Le curiose ritrattazioni di chi aveva dichiarato di
aver visto un piccolo aereo o un oggetto simile ad un
missile avvenute in seguito, e la censura delle interviste
televisive che sostengono questa tesi, alimentano il
sospetto che la versione ufficiale abbia molto da
nascondere.
Però sono disponibili un sacco di fotografie del luogo
dell’incidente, qualcuna delle quali scattata subito dopo
il fatto. Le immagini sono nitide e chiare, ma si nota
subito che manca qualcosa che non è facile capire cos’è
al primo impatto. Con un po’ di attenzione ecco
scoperto il mistero: manca del tutto l’aereo. Non solo,
ma il prato verde antistante sembra un campo da golf,
tanto è intatto. Se l’aereo non è fuori dall’edificio, vuol
dire che è entrato tutto dentro. Quindi sulla facciata
dovrebbe esserci un buco adeguato ad un gigantesco
Boeing 757 (47,3 metri di lunghezza, 38 m. di apertura
alare, altezza del timone di coda 13,6 m.) Nella maggior
parte delle fotografie il buco non si vede, poiché
quell’ala del Pentagono crollò mezz’ora dopo su se
stessa. Tuttavia, in alcune foto scattate pochi istanti

44
dopo l’impatto il buco si vede: è largo solo 6 metri ed è
all’altezza del primo piano, cioè a pochi metri da terra.
Un Boeing 757, per le questioni aerodinamiche già
esposte, per volare a quell’altezza avrebbe dovuto farlo
viaggiando capovolto. E avrebbe avuto un margine di
errore molto alto, che nel 99% dei casi lo avrebbe visto
schiantarsi per terra anziché sul bersaglio. Perché piloti
completamente incompetenti avrebbero rischiato una
manovra così impensabile? Sarebbe stato molto più
facile per i terroristi buttarsi a casaccio sopra il tetto del
Pentagono, che tra l’altro ha una superficie immensa,
117.000 metri quadrati, un obiettivo facile da colpire
per chi viene dall’alto. La facciata laterale, per contro, è
alta solo 24 metri ed arrivando a folle velocità non è
certo cosa facile centrarla.
Tornando ad analizzare il singolo buco sulla facciata,
come ha fatto un Boeing con un’apertura alare di 38
metri a finirci interamente dentro? Le ali saranno
rimaste fuori, spappolate contro le pareti senza per
altro danneggiarle troppo. E lo stesso ipotizzasi per i
motori, 2 blocchi di titanio ed acciaio dal peso di 6
tonnellate l’uno. Purtroppo però sulle foto non c’è
traccia di ali, ne di altri detriti dell’aereo. In realtà
qualche piccolo frammento di una carlinga con i colori
dell’American Airlines è stato ritrovato sul prato, ma si
tratta di pezzi molto piccoli e leggeri, che

45
non hanno le caratteristiche tecniche (spessore e
rivettatura) della carlinga di rivestimento di un Boeing
757.

Figura 2.1. Impatto contro facciata del Pentagono.


La foto è stata ottenuta unendo 2 fotografie ed eliminando il fumo dalla zona
dello schianto per vedere meglio la facciata. La zona blu è quella interessata
dallo schianto ed è presa da una foto del giorno dell’attentato, il resto della
facciata invece da una foto di alcuni giorni successivi. Si possono notare le
finestre intatte, l’assenza di segni delle ali e dei motori sulla parete e la
presenza di un unico foto d’entrata cerchiato in rosso. A parte aver tolto il
fumo che impediva la vista, le foto non sono state ritoccate in nessun modo.
La versione ufficiale è che l’aereo, colpendo il muro
a circa 800 Km/h, si sia letteralmente polverizzato: la
fusoliera è entrata completamente nell’edificio mentre
le ali, la coda e UN motore si sono fusi all’impatto con la
facciata, scomparendo senza lasciare traccia, e senza
rompere nemmeno le finestre (20 finestre su 26 della
zona dell’impatto risultano intatte).

46
Figure 2.2 e 2.3. Rottami di fusoliera e confronto con aereo Boeing

L’altro motore , invece, si è infilato non si sa come


nello stesso buco fatto dalla fusoliera perforando il
Pentagono fino al terzo anello e creando un foro
d’uscita perfettamente netto e circolare di due metri di
diametro. Finito di fare ciò, anche il secondo motore si è
fuso senza lasciare quasi traccia, a parte un piccolo
rottame. Questi resti del motore non sono mai stati
ufficialmente identificati come appartenenti ad un
(10)
Boeing 757 .

47
Il Boeing del Pentagono aveva due motori Rolls
Royce ma John W. Brown, portavoce dell’azienda (di
Indianapolis), ha testimoniato all’American Free Press
riguardo al rottame trovato al Pentagono: “Non fa parte
di nessun tipo di motore Rolls Royce che io conosca(11).
L’11 marzo 2002 esce in Francia il libro “La grande
menzogna”, di Thierry Meyssan. Nel suo libro Meyssan
afferma senza mezzi termini che nessun Boeing 757 si è
mai schiantato sul Pentagono: ipotizza un missile o
forse un piccolo velivolo militare con un missile, ma ad
ogni modo non un gigantesco aereo civile pieno di
passeggeri. Il libro è un successo senza precedenti,
tradotto in 18 lingue, nonostante importanti testate
giornalistiche quali “Le Monde” e la “CNN” non si
risparmino nel ricoprirlo di insulti. Per curiosa
coincidenza, tre giorni prima dell’uscita del libro viene
diffuso dalla CNN un breve filmato ripreso da una
telecamera di sicurezza, dove si vede l’impatto del
velivolo contro il Pentagono e la successiva esplosione.
Solo pochi fotogrammi e di qualità molto bassa. L’aereo
non si vede neppure qua, si intravede solo un’ombra in
uno di questi fotogrammi. Sapendo che i fotogrammi si
susseguono al ritmo di uno ogni 4 centesimi di secondo
(25 fotogrammi al secondo), conoscendo la velocità del
Boeing, la sua presunta velocità ed il tragitto
approssimativo inquadrato dalla telecamera, un calcolo

48
trigonometrico ci rivela come l’aereo dovrebbe essere
visibile in più di un fotogramma.
______________________________

www.perso.wanadoo.fr/jpdesm/pentagon/pages-en/wr-eng.html
(10)

(11)
www.americanfreepress.net/10_10_03/Controversy_Swirling/controversy_swirl
ing.html

Oltretutto, mettendo empiricamente in relazione


l’altezza della facciata del Pentagono, che sappiamo
essere pari a 24 metri, con la lunghezza del velivolo che
si intravede nel fotogramma, è difficile credere che esso
sia lungo 50 metri, come un Boeing dovrebbe essere.
Alcuni sostengono che il velivolo immortalato sia un
Global Hawk, un velivolo militare pilotato a distanza
(dotato guarda a caso di un solo motore), la sagoma
che si intravede nel breve filmato combacerebbe con

Figura 2.4. Fotogrammi impatto velivolo su pentagono.

49
esso. Altri ipotizzano invece che si tratti di un caccia.
Dopotutto anche sui caccia è possibile montare un
dispositivo di controllo a distanza. La tecnologia per
farlo esiste dal 1994. In più il caccia potrebbe aver
sparato un missile appena prima di schiantarsi sulla
parete in modo da provocare un buco in cui entrare e
non lasciare traccia di rottami davanti al Pentagono. Ma
queste sono speculazioni che lasciano il tempo che
trovano….limitandoci ai fatti possiamo dire 2 cose:
1) il frammento di motore ritrovato al
Pentagono non può appartenere al motore
del volo AA-77;
2) il velivolo mostrato nell’unico filmato
rilasciato dalle autorità non può essere un
Boeing 757.
Queste sono le uniche certezze che abbiamo, poche ma
se non altro sicure.
Un altro sistema di analizzare se e quando un aereo
si è schiantato contro il Pentagono, è quello di andare a
studiare le onde sismiche generate dall’evento. Per gli
aerei abbattutisi contro le Torri Gemelle, onde chiare e
nette sono state regolarmente registrate. Un Boeing
757 lanciato a grande velocità costituisce una massa di
tutto riguardo, in grado di produrre onde sismiche
significative quando si schianta.

50
Coerentemente, dovremmo trovare nei tracciati
sismici rilevamenti adeguati mentre lo schianto non ha
prodotto o quasi onde sismiche, secondo i rilevamenti
di vari osservatori.(12).
Ma quello del Pentagono non è l’unico aereo
scomparso in quella giornata: anche il volo American
Airlines caduto in Pennsylvania non ha quasi lasciato
traccia di se. L’aereo, caduto vicino a Shaksville,
sembra essere scomparso nel nulla in una buca con un
diametro inferiore ai 10 metri e profonda 3. Il velivolo è
stato ritrovato in briciole, e pare che una delle versioni
ufficiali (come sappiamo ce ne sono sempre varie) sia
che i relitti siano stati trasportati per chilometri (forse
dal vento?) in un area molto vasta , quasi a suggerire
che ci sia stata un’esplosione in volo.
Prima dell’arrivo dei primi soccorsi e dei giornalisti
la zona era già stata recintata da personale dell’ FBI ed
in una foto scattata in lontananza poco dopo lo schianto
si nota una nube di fumo a forma di fungo. Non
____________
(12)
www.911review.com/attack/pentagon

vi è invece presenza del denso fumo nero tipico degli


incendi da idrocarburi che ci si aspetta si sviluppi dopo
uno schianto aereo.

2.6 Le telefonate dei passeggeri


E’ vero che puoi ingannare tutte le persone qualche volta. Puoi
addirittura ingannare

51
qualche persona tutte le volte. Ma non puoi ingannare tutte le
persone tutte le volte..
Abramo Lincoln, 1865.

Tutte le telefonate effettuate coi cellulari dai


passeggeri si sono verificate sul volo 93. Strano. I
passeggeri degli altri aerei non possedevano cellulari?
Oppure non si sono accorti di essere stati dirottati?
La telefonata più lunga effettuata col cellulare
risulta quella di Todd Beamer, ed è da questa telefonata
che deriva la conoscenza dell’intenzione dei passeggeri
di ribellarsi ai dirottatori. Questa telefonata durò circa
un quarto d’ora e si svolge tra Beamer e una persona
che non conosce, Lisa Jefferson, impiegata del servizio
clienti di Verizon (società di telecomunicazioni) .
Beamer è l’unico dei passeggeri che parlò con qualcuno
che non conosceva; tutti gli altri passeggeri che
parlarono con loro congiunti od amici effettuarono solo
chiamate brevi e non perché la linea cadesse, ma forse
per evitare di tradire la loro effettiva identità.
Molto strana appare la telefonata di Mark Bingham
alla madre, nella quale esordì: “Sono Mark Bingham”.
Quando uno chiama la madre, si presenta sempre con
nome e cognome?(13)
D’altra parte non ci sarebbe stato bisogno neppure
di artisti imitatori. Già nel 1999 erano state sviluppate
avanzate tecnologie di voice morphing technology: è

52
sufficiente disporre di dieci minuti di registrazione della
voce di una persona per essere in grado di modellarla
____________
(13)
www.911-strike.com/strange_theory_of_the_bumble_pla.htm
elettronicamente, dopo di che il computer può
trasformare in tempo reale la voce di un operatore in
quella dell’individuo da imitare(14).
La storia delle telefonate non è plausibile da un
punto di vista tecnico. Il professor A.K. Dewdney, già
collaboratore del prestigioso “Scientific American”, per
dimostrare questo si è procurato un aereo, testimoni
attendibili di varia estrazione e ha condotto esperimenti
scientifici in volo atti a dimostrare la sua tesi. Ha
sperimentalmente dimostrato che le telefonate
effettuate con i cellulari dai passeggeri del Volo 93 non
possono essere vere(15)per una serie di motivi
concomitanti: innanzitutto la velocità dell’aereo non
permetterebbe al telefonino di dialogare efficacemente
con le varie cellule dei ripetitori a terra; l’elevata
velocità infatti costringerebbe a cambiare cellula ogni 7-
8 secondi al massimo, la qual cosa farebbe assai presto
cadere la linea. In secondo luogo, l’altitudine dell’aereo
porrebbe il cellulare a notevole distanza dalle cellule
trasmittenti, e la struttura metallica dell’aereo
aggiungerebbe un ulteriore effetto di attenuazione del
segnale. Questi tre elementi renderebbero assai remota
– per non dire nulla – la probabilità di riuscire ad

53
effettuare telefonate da un Boeing in volo. Il 15 luglio
2004 poi, proprio l’American Airlines effettua un volo di
prova con una stazione ricetrasmittente a bordo con la
quale dicono sarà possibile in futuro effettuare
telefonate con cellulari dagli aerei.(16)
L’informazione implicita è che prima fosse
impossibile.(17)
____________
(14)
www.washingtonpost.com/wp-srv/national/dotmil/arkin020199.htm
(15)
www.physics911.net /cellphoneairliners.htm
(16)
www.gmpc-us.com/satnews/jan-5%20-Boeing.htm
(17)
Ian Henshall – Rowland Morgan, 9.11 Revealed, Constable & Robinson, 2005, p. 129

2.7 Come sono Terminate le Torri?


Cinismo è il riuscito tentativo di vedere il mondo come è
realmente.
Jean Genet

Le torri gemelle erano state progettate per resistere


all’impatto di un Boeing 707, il più grande aereo
commerciale all’epoca della loro costru-
zione. Oltre alle 47 massiccie colonne centrali d’acciaio,
le torri erano sostenute anche da una rete di robuste
colonne esterne, una struttura tubolare progettata in
modo da ridistribuire bene il carico nell’eventualità
dell’impatto di un grosso aereo. Di fatto, come
(18)
confermato in un intervista di gennaio 2001 da Frank
De Martini, manager del progetto originario della
costruzione delle Torri Gemelle, l’impatto di un aereo
avrebbe avuto sulla stabilità di quella fitta maglia di

54
colonne d’acciaio lo stesso effetto di una matita che
bucasse una zanzariera: pressoché nullo. Dopo lo
schianto degli aerei difatti le torri, dopo aver vacillato
per qualche istante, si erano riportate nel loro assetto
originario ridistribuendo la forza d’urto dell’impatto
sulla loro struttura.
(19)
Il professor Steven E. Jones del dipartimento di
Fisica ed Astronomia della Brigham Young University, ha
pubblicato uno studio nel quale dimostra
scientificamente la falsità della versione ufficiale sul
crollo delle torri: soltanto un processo di demolizione
controllata mediante cariche esplosive è, secondo il
testo, in grado di spiegare quanto avvenuto l’11
settembre.(20)
Il fatto che il professor Jones sia un conservatore
repubblicano, sino a poco tempo prima sincero
sostenitore di Bush, ha reso le sue dichiarazioni
particolarmente scomode e significative. Altri sessanta
accademici si sono schierati a favore dei suoi studi.
____________________________________
(18)
www.prisonplanet.com/articles/november2004/141104designedtotake.html
(19)
www.en.wikipeia.org/wiki/Steven_E._Jones
(20)
www.physics.byu.edu/research/energy

A settembre 2005 in NIST ha pubblicato il proprio


rapporto finale sulle ragioni del crollo delle tre torri del
WTC e nelle indagini, costate 20

55
milioni di dollari, l’ipotesi della demolizione controllata
non è nemmeno stata presa in considerazione,
nonostante un rapporto della FEMA sul materiale
rinvenuto sul luogo del crollo avesse evidenziato “una
severa aggressione corrosiva dell’acciaio molto
inusuale….nessuna chiara spiegazione per l’origine
dello zolfo è stata identificata”.
Nella versione ufficiale la causa del crollo è il rogo
provocato dagli aerei kamikaze. Tuttavia l’acciaio fonde
a 1500°C e non a 800°C come ha riferito la BBC due
giorni dopo la tragedia. Stando alla versione ufficiale, a
Manhattan l’11 settembre 2001 è stata inaugurata la
prima fonderia siderurgica a gasolio del mondo: perché
il crollo avvenga non è necessario che l’acciaio fonda,
basterebbe scaldarlo fino a 500° e si indebolirebbe
causando il crollo della struttura. Ma non è proprio così.
A 550°C (sempre che le strutture delle torri abbiano
effettivamente raggiunto tale temperatura) l’acciaio
conserva ancora il 60% della sua resistenza.(21)I
grattacieli vengono però progettati per essere in grado
di reggere almeno 5 volte il carico previsto, il che
dimostra che se anche l’acciaio avesse raggiunto i
550°C esso avrebbe comunque ancora potuto reggere 3
volte il carico delle torri. Tuttavia è improbabile che il
gasolio abbia potuto scaldare fino a 500°C l’acciaio,
questo infatti conduce bene il calore quindi, se da una

56
parte il rogo indubbiamente scaldava le strutture
d’acciaio, tutto intorno le parti fredde della struttura
metallica assorbivano calore raffreddando la zona
critica. Non solo l’acciaio non poteva fondere, ma non
poteva nemmeno scaldarsi più di
____________________________________
(21)
www.911research.wtc7.net/disinfo/collapse/meltdown.html
tanto. I pompieri invece, sul luogo del delitto, hanno
trovato acciaio
fuso dappertutto anche nelle settimane seguenti. Il
calore è addirittura durato per mesi, questo almeno
sostiene Mark Loizeaux, presidente di una delle
compagnie contattate per la rimozione dei detriti.(22)
Di certo sappiamo che cinque giorni dopo il crollo la
NASA identificò all’interno delle macerie, con l’ausilio di
uno spettrometro aereo, dozzine di punti caldi con
temperature fino a 700°C, come si può vedere
nell’immagine sottostante.
Ma l’acciaio fuso trovato nelle fondamenta non può
essere conseguenza del rogo del gasolio, altrimenti i
motori a scoppio di tutte le automobili si scioglierebbero
come neve al sole.

57
Figura 2.5. Analisi satellitare della NASA del 16/09/2001.

Inoltre, osservando la dinamica dei crolli dai filmati


disponibili, si nota come i grattacieli siano precipitati in
modo perfettamente perpendicolare. Affinché ciò sia
possibile bisognerebbe che il fuoco
____________________________________

(22)
www.rense.com/general28/ioff.htm

indebolisse la struttura su tutti i lati in modo uniforme.


Se solo un punto cedesse con un minimo di ritardo
rispetto agli altri il crollo non sarebbe
simmetrico ed equilibrato come effettivamente è stato.
Di fatto la torre si abbatterebbe da un lato come un
albero. A dire il vero il crollo della Torre Sud non fu così
perfetto nei primi due secondi: la parte alta della torre
iniziò a cadere fortemente sbilanciata da un lato,
palesando quindi

58
un netto movimento rotatorio attorno all’asse costituito
dal lato della Torre che aveva ceduto, ma un istante
dopo tutto scomparve nella nube di fumo ed il crollo
tornò misteriosamente ad essere simmetrico. Questo
fenomeno non sarebbe in realtà possibile per via di un
principio fisico “trascurabile” come la legge della
conservazione del movimento angolare, ma abbiamo
già visto col gasolio che quel giorno le leggi della fisica
non sempre hanno funzionato come al solito.
Ma se il crollo è avvenuto perché le Torri erano
imbottite di termite, chi e come l’avrebbe collocata?
Innanzitutto le Torri erano edifici molto sicuri, e la
compagnia che si occupava del complesso del WTC era
la Securacom, che aveva Marvin Bush, fratello di Gorge
W, nel proprio consiglio direttivo.
Negli ultimi mesi le Torri erano state oggetto di
numerosi lavori di ammodernamento della rete
telefonica, e anche nel week end dell’8 e 9 settembre
lavori di miglioramento della cablatura dell’edificio
avevano comportato l’interruzione dell’energia elettrica
per 36 ore.
Daria Coard, guardia al WTC, ha riferito che pochi
giorni prima dei crolli, il 6 settembre, sono stati rimossi i
cani specializzati per il rilevamento degli esplosivi.(23)
Guardando le foto scattate sul sito di Ground Zero si
scopre come i resti ____________________________________

59
(23)
www.cooperativeresearch.org/entity/.jsp?entity=daria_coard

delle basi delle colonne siano tagliati di netto e in


maniera obliqua, tutte rappresentano lo stesso identico
taglio, che tra l’altro è compatibile (per non dire uguale)
con la tecnica delle demolizioni controllate, dove l’
esplosivo per tagliare le travi viene posto su di esse
proprio in modo

Figura 2.6. Macerie a Ground Zero.

obliquo. Il prof. Jones, per poter dimostrare le sue tesi,


ha chiesto ufficialmente di poter disporre di un
frammento di metallo fuso sul quale compiere le sue
analisi. Ma la sua richiesta è finora rimasta inascoltata,
e probabilmente in questo stato resterà, visto che il
sindaco di New York Rudolf Giuliani ha provveduto a
tempo di record allo sgombero delle macerie,

60
sottraendo il prezioso materiale alle indagini facendolo
fondere o rivendendolo in Cina: non si ha più traccia
così di ben 200.000 tonnellate di acciaio
Le analisi di Jones sono state effettuate quindi solo
sulla polvere, più difficile da far sparire, dato che
occupava una vasta zona di Manhattan. I ricercatori,
che hanno sottoposto ad esame quattro campioni di
materiali tratti dalle macerie delle Torri hanno trovato
termite ancora attiva, ossia non del tutto combusta,
che durante le prove ha reagito vigorosamente
sviluppando intenso calore. Le componenti base,
alluminio purissimo ed ossido di ferro, non sono solo
finemente polverizzate: sono polverizzate in particelle
nanometriche (meno di 120 nanometri), il che implica
un processo di fabbricazione ad altissima tecnologia in
laboratori molto avanzati. Tutti questi ed altri risultati
portano i ricercatori a concludere che “lo strato rosso
dei grumi rossi-grigi trovati nella polvere del WTC è un
materiale termitico attivo e che non ha (ancora)
reagito, prodotto con nanotecnologia, ed è un materiale
pirotecnico od esplosivo ad alta energia”.
L’unico dubbio riguarda l’effettiva provenienza del
materiale analizzato. I ricercatori dicono di aver
analizzato quattro diversi campioni: uno raccolto da un
residente di Manhattan dieci minuti dopo il crollo, due il
giorno seguente l’attentato, e il quarto una settimana

61
più tardi.
Le proprietà della materia sono state analizzate al
microscopio ottico, al microscopio elettronico (SEM,
Scanning Electron Microscopy), alla spettroscopia a
raggi X a dispersione di energia (XEDS), e al calorimetro
a scansione differenziale (DSC). Le componenti
metalliche sono state ottenute per separazione con
l’uso di metil-etil-ketone.(24)
Sono talmente tante le cose da dire su questi crolli che
sicuramente me ne dimenticherò più di una, ma
andiamo avanti ad analizzare i fatti. Molti esperti
nell’ambito delle demolizioni controllate e persone
presenti sul luogo sembrano confermare l’ipotesi fin qui
illustrata. Kevin Ryan, tecnico della Underwriters Labs
(azienda che ha collaborato con il NIST
___________________________________

(24) www.effedieffe.com/content/view/7019/164/

nell’effettuazione di alcune prove su modellini in scala


delle Torri) ha dichiarato che durante le prove le Torri
Gemelle riprodotte in scala sono state poste in fornaci,
e nonostante siano state esposte a condizioni più
gravose di quelle reali, le loro strutture non hanno
ceduto. La conferma delle sue teorie il NIST l’avrebbe
avuta solo successivamente tramite delle simulazioni al
computer, falsando però i dati di calcolo, ipotizzando
per esempio che gli aerei avessero a bordo 13 t. di
carburante contro i 6,5 effettivamente trasportati al

62
momento dell’impatto, calcolando un’esposizione al
fuoco di 90 minuti, quando il primo crollo è avvenuto
dopo soli 45 minuti dall’impatto. Dopo tali affermazioni
non stupisce sapere che Ryan ha perso il suo posto
nell’azienda.
Paolo Marini, tecnico del centro italiano sviluppo
metalli, ha posto invece l’accento sul tempo di caduta
delle torri, pari quasi a quello di caduta libera. Questo è
pari alla radice del doppio della distanza (in metri)
diviso il coefficiente 9,81. Un peso rilasciato ad una
altezza di 415 metri impiega quindi 9,22 secondi per
giungere sul terreno. Le Torri sono collassate in poco più
di 10 lunghissimi secondi, quindi la struttura che si
trovava al di sotto dell’incendio (e stiamo parlando di
centinaia di metri di acciaio e cemento armato) avrebbe
opposto una resistenza pari a quella dell’attrito
dell’aria. Una tesi difficilmente sostenibile.
Alla stessa velocità di caduta libera (poco più di 6
secondi) è venuta giù anche la terza torre della
giornata, il WTC 7, distante poche centinaia di metri
dalle prime due. Qui le strutture si suppongono ancora
più solide, in quando l’edificio era più moderno e
soprattutto contro di esso non ha impattato nessun
pesante aereo di linea. Gli incendi sarebbero scaturiti
dalla pioggia di detriti che lo hanno investito durante i
crolli precedenti. Travi e calcestruzzi sono

63
effettivamente volati su di esso, ma senza la complicità
di potenti esplosivi è difficile spiegare la causa di una
forza capace di gettare in orizzontale pezzi pesanti
svariate tonnellate per centinaia di metri. Gli incendi
sviluppati nel WTC 7 erano di poca entità e nulla
lasciava presagire che sarebbe crollato in un modo
tanto veloce. Questo grattacielo ospitava, al
ventitreesimo piano, una super-centrale operativa per
situazioni di emergenza del comune di New York, oltre
ad una sede della CIA e dei servizi segreti, nonché i
documenti originali dei più grossi scandali finanziari di
quegli anni, tra cui i casi Enron e Wordcom, sui quali
dopo il crollo sarebbe stato impossibile compiere
ulteriori indagini anche perché uno dei principali
imputati dello scandalo Enron, Cliff Baxter, si sarebbe
“suicidato” successivamente perfezionando l’oblio sul
caso. Cosa ancora più curiosa, l’annunciatrice della
BBC Jane Standley diede la notizia dell’avvenuto crollo
del WTC7 con ben 22 minuti di anticipo rispetto
all’evento effettivo, col grattacielo che faceva bella
mostra di se sullo sfondo a destra della “giornalista”.(25)
Le Torri Gemelle, in trent’anni di storia, non erano
mai state cedute, ma circa sette settimane prima dei
crolli l’Autorità Portuale le ha date in concessione per
99 anni ad un consorzio guidato da Larry Silverstein, il
quale fu abbastanza accorto da assicurarle contro atti

64
terroristici (in precedenza non furono mai assicurate
contro eventi del genere). Molti pensarono ad un
bidone colossale per l’imprenditore, in quanto le Torri
erano considerate antiquate ed antieconomiche e da
tempo si pensava di demolirle. Il problema era che
erano piene di absesto, un materiale altamente
cancerogeno: una demolizione controllata era stata
vietata per
___________________________________

(25)
www.bbc.co.uk/blogs/theeditors/2007/02/part_of_the_cospiracy.html

motivi sanitari e per demolirle i costi sarebbero stati


(26)
astronomici .
Un ultimo particolare interessante: nessuna delle
scatole nere dei quattro aerei dirottati (ogni aereo è
fornito di due scatole nere) è rimasta indenne ,
nonostante siano costruite con materiali
resistentissimi.
Forse, in futuro, questi importanti apparecchi
verranno costruiti con lo stesso materiale con il quale si
fabbricano i passaporti dei terroristi. Di questi infatti ne
sono stati rinvenuti ben due: il primo, quello di Satam Al
Suqami(27), dopo aver resistito all’esplosione dovuta
all’impatto dell’aereo contro la torre, all’immenso
incendio divampato all’intero della Torre e al
conseguente crollo che ha sbriciolato e fuso migliaia di
tonnellate di acciaio e cemento, è stato ritrovato

65
dall’FBI a qualche isolato dalle macerie, bruciacchiato
ma sostanzialmente indenne.
L’altro, quello del presunto terrorista Ziad Jarrah, è
stato trovato tra i resti del volo 93 precipitato in
Pennsylvania: l’aereo, i corpi, i bagagli, si sono
letteralmente disintegrati mentre, ancora una volta, il
passaporto ha resistito quasi indenne al terribile
schianto.
Stessa cosa si potrebbe dire anche del DNA delle
vittime, capace di sopravvivere ad un rogo di 2500°C
(una delle temperature ufficiali degli incendi). Il DNA dei
materiali organici più resistenti come ossa e capelli
dovrebbe resistere fino a temperature di circa 150°C,
dopo di che si dovrebbe distruggere ma, come si è
visto, quello delle vittime del Pentagono è stato ben più
robusto e coriaceo, come straordinario è stato anche il
DNA delle vittime del volo 93: solo il 7% delle
spoglie delle
___________________________________

(26)
www.whatreallyhappened.com/silverstein/html
Il dottor Stefano Montanari, esperto di nanopatologie, ha detto che secondo le stime ufficiali sono
400mila le persone che hanno disturbi respiratori dopo l’attentato, ma potrebbero essere molti di
più, perché tanta gente sottovaluta i sintomi.
www.ecplanet.com/print.php?id=19857&madre=8
(27)
www.the-movement.com/Hijackers/bukhari.html
vittime è stato ritrovato, tuttavia tutte le vittime sono
(28).
state identificate tramite l’esame del DNA

2.8 Chi è il colpevole?


Cui prodest scelus, is fecit..
Seneca, primo secolo A.C.

66
A chi hanno giovato i fatti dell’11 settembre? E’ una
domanda difficile, a cui non si può pretendere di dare
risposte certe ed onnicomprensive, però analizzare i
personaggi coinvolti in questo dramma e le
conseguenze da essi subite può aiutare a far luce su di
essa.
- i morti e i loro familiari: i veri protagonisti, loro
malgrado, della vicenda. I morti non ne hanno tratto
alcun giovamento, idem per i familiari, anche se il
governo USA li ha indennizzati con la cifra record di 1,8
milioni di $ per ciascuna vittima;
- Osama Bin Laden: ha tratto il vantaggio di venire
considerato da una parte del mondo islamico come
l’eroe vendicatore delle masse arabe. Teoricamente
però quasi tutto l’esercito USA lo sta cercando per
ammazzarlo;
- Il mondo arabo: non ha tratto alcun giovamento,
dall’11/9 mezzo mondo guarda ad ogni arabo come ad
un potenziale terrorista;
- Il popolo americano: con il Patrioct Act ha perso
metà dei suoi diritti civili. Con il prossimo attentato
perderà probabilmente l’altra metà, in cambio forse di
benzina a buon prezzo;

67
- Saddam Hussein: non ha avuto alcun giovamento
dalla vicenda, e non è mai stato provato alcun suo
coinvolgimento in essa;
___________________________________
(28)
www.giveyourvoice.com/dna-faq.html
www.911research.wtc7.net/planes/evidence/bodies.html

- George W. Bush: la sua popolarità è raddoppiata


da un giorno all’altro, fornendogli la legittimità per la
sua contestata elezione;
- CIA e Pentagono: in conseguenza della loro
inutilità nel prevedere gli attentati, i fondi sono stati
però loro sensibilmente aumentati. Il Patrioct Act ne
incrementa significativamente il potere. Hanno tratto
giovamento, sia a breve che a lungo termine;
- Blocco industrial-petrolifero-militare: grossi gruppi
industriali in campo petrolifero e militare hanno tatto
evidente giovamento dalle successive guerre contro
Afghnistan ed Iraq;
- Gli speculatori di borsa: nei giorni
immediatamente precedenti gli attentati sono avvenute
forti speculazioni al ribasso sui titoli delle compagnie
aeree coinvolte nell’attentato, nonostante le più
accreditate previsioni borsistiche diedero per certo un
aumento del valore del settore. Andreas Von Bulov, ex
ministro tedesco, ha calcolato in 15 miliardi di dollari
l’ammontare di tali fortunate speculazioni su cui nessun
ente governativo ha successivamente indagato a fondo.

68
- Larry Silverstein: l’imprenditore edilizio ebreo
australiano che affittò dal municipio di New York (da
Rudolf Giuliani) e che ha incassato dall’assicurazione
4,6 miliardi di dollari (pretendendo ed ottenendo un
risarcimento doppio rispetto al massimo previsto dalla
polizza trattandosi, secondo lui, di due eventi terroristici
distinti). La Prava, giornale russo, ci ricorda che Larry
fece ogni giorno colazione nel super-ristorante
panoramico all’ultimo piano di una delle due Tower. Tutti
i giorni salvo uno: l’11 settembre 2001. Non si fece
vedere. E non si fece vedere nemmeno sua figlia, che
lavorava nell’Edificio 7, il terzo grattacielo che crollò in
perfetta verticale senza essere stato toccata da nessun
aereo.
- Ronald S. Lauder: al tempo nel consiglio direttivo
del «tavolo di New York per le privatizzazioni». Lauder
fece lobby per la privatizzazione del WTC (del resto, era
costoso e non rendeva alla città). E’ membro del
Congresso Ebraico Mondiale, della Conference of
Presidents of Major American Jewish Organizations, del
Jewish National Found e vari altri comitati ebrei. Inoltre,
Lauder è uno dei finanziatori della «scuola» che il
MOSSAD ha ad Herzliya, Israele.
- ICTS International, : la compagnia opera nel settore
più avanzato dell’export israeliano, sicurezza e
intelligence, ed i suoi impiegati sono quasi tutti ex-

69
agenti dello Shin Bet. Questo gruppo di veri esperti, che
controllavano gli imbarchi a Dulles e a Newark, hanno
lasciato 17 arabi imbarcarsi in 4 aerei armati di
taglierini.
Nonostante questa falla, la ICTS continua ad essere
l’azienda preferita per la sorveglianza di aeroporti.
- ZIM: grande compagnia israeliana di navigazione e
trasporto-merci, aveva i suoi uffici nella Torre Nord del
WTC. Traslocò nell’agosto 2001, un mese prima dell’11
settembre, adducendo la necessità di fare economie sul
costoso leasing degli uffici. Il fatto è che li aveva
affittati fino a dicembre 2001, e in questo trasloco
affrettato la Zim perse 50 mila dollari. La Zim è
posseduta al 49% dello Stato d’Israele. Michael Dick, un
agente dell’FBI che stava facendo indagini su questo
sospetto trasloco, fu sollevato dall’incarico dal capo
della divisione penale del Dipartimento della Giustizia,
l’americo-israeliano Michael Chertoff.
- ODIGO: è la ditta di “instant messaging”, due
impiegati della quale furono avvertiti da un misterioso
messaggio elettronico di lasciare la zona (gli uffici sono
vicini al WTC) due ore prima del primo attacco aereo. Ci
furono polemiche, perché la Odigo non passò alle
autorità il messaggio, che avrebbe potuto salvare molte
vite. La sede centrale della Odigo è in Israele: ad
Herzliya. Per puro caso, è la stessa sede dove ha il suo

70
quartier generale il MOSSAD, il servizio segreto
israeliano.
- Paul Kurzberg, Yaron Schmuel, Oded Ellner: sono
tre dei sei «israeliani danzanti», impiegati della
compagnia di traslochi «Urban Moving Systems», visti
filmare e festeggiare l’incendio delle due Torri, accanto
al furgone bianco della ditta. Arrestati, furono rilasciati
ed espulsi per ordine di Michael Chertoff (v. ZIM), allora
al dipartimento della Giustizia. La ditta era diretta da
Dominic Suter, israeliano, che si rese improvvisamente
irreperibile dopo l’11 settembre, lasciando accesi
nell’ufficio i computer e i telefonini sotto carica. E’ in
Israele.
- Dov Zakheim: rabbino, è proprietario della System
Planning Corporation (SPC), un’industria militare che
fornisce apparati per teleguidare fino ad otto aerei, oltre
a sistemi di “flight termination” che consentono di
richiamare a distanza aerei il cui pilota sia incapacitato,
oppure sotto dirotttamento. Zakheim è tra i firmatari
del documento “Rebuilding the American Defense”, di
cui parleremo in seguito. Il giorno dell’attentato, rabbi
Zakheim era vice-ministro della Difesa, al Pentagono.
Era il “comptroller” dei conti (v. Rumsfeld) dal 4 maggio
2001, e vi restò fino al 10 marzo 2004.
- Donald Rumsfeld: Ministro della difesa. Il 10
settembre 2001 dichiarò “dispersi” 2,3 miliardi di dollari

71
dal bilancio del Pentagono. La confusione del giorno
dopo ha fatto passare in secondo piano la notizia. Già a
colloquio con Saddam Hussein, in Iraq, il 4 marzo del
1984, secondo testimonianze giurate al Congresso
l’America trattava col dittatore per la costruizione di un
nuovo oleodotto mentre gli vendeva gas venefici da
usare contro la popolazione curda e contro l’Iran.
- Dick Cheney: Vice Presidente. Ha assunto il
comando della Nazione durante tutta la giornata dell’
11 settembre (il presidente Bush era a raccontare
favolette in una scuola elementare in Florida, attività
consona al suo elevato Q.I. di ex alcolizzato e
(29)
cocainomane , notizie queste rintracciabili anche
nella sua biografia ufficiale) coordinando la pronta
risposta statunitense contro gli attentati di matrice
araba. Ex presidente della Halliburton, ricca azienda
petrolifera beneficiaria di sontuose commesse relative
alla “ricostruzione” irachena, nonché di una ricca
commessa per i rifornimenti di carburante alle truppe di
stanza in Iraq(30), un business calcolato in qualche
miliardo di dollari.
- Paul Wolfowitz: vice ministro della Difesa. Capì
immediatamente che Saddam Hussein era complice di
Bin Laden nell’attentato, e spinse vittoriosamente per la
guerra all’Iraq: «Sarà una passeggiata, disse. Ci

72
accoglieranno a braccia aperte». Wolfowitz è stato poi
premiato con la presidenza della Banca Mondiale.
- Michael Chertoff: era all’epoca vice-attorney
general del Dipartimento di Giustizia (Divisione Penale):
in questa veste espulse gli «israeliani danzanti» per
aver lavorato in USA senza il visto di lavoro, e li
rimandò in Israele. Poi è stato scelto da Bush per
dirigere il Dipartimento della Homeland Security, il
neonato ministero della Sicurezza Interna.
- Kenneth Feinberg: è il funzionario responsabile del
fondo di compensazione (7 miliardi di dollari) per le
famiglie delle vittime: il risarcimento venne dato solo a
quelle famiglie che rinunciavano per iscritto ad ogni
altra pretesa o inchiesta sull’11 settembre. Il 97% delle
famiglie accettò. Quelle che non accettarono perchè
pretendevano una
___________________________________

(29)
www.arab.it/vari/chi_e_realmente_bush.htm
(30)
www.halliburtonhell.blogspot.com/2003_10_01_halliburtonhell_archive.html
completa inchiesta, furono trattate da una «mediatrice»
speciale: Sheila Birnbaum, ebrea. Non hanno avuto
nulla, e nemmeno l’indagine.
- Philip Zelikow: doppia cittadinanza (indovina un
po’ quali…), è il funzionario dell’intelligence che Bush
assegnò come consulente tecnico alla Commissione
Senatoriale sull’11 settembre. Era lui che selezionava i
materiali informativi da sottoporre ai senatori. E’ lui, di

73
fatto, l’autore del «9/11 Commission Report», la bibbia
della versione ufficiale.
- Azzam Gadhan: è il portavoce di Al Qaeda (o lo è
stato per un certo tempo) che compare in certi video,
perché parla bene l’inglese. Negli ambienti del
terrorismo arabo lo chiamano «Azzam al-Amriki»,
Azzam l’Americano. E’ ricercatissimo dall’FBI. Il suo vero
nome è Adam Pearlman. Suo nonno, Carl, ricco
chirurgo, è stato nella direzione dell’Anti-Defamation
League (potente lobby statunitense).
- IntelCenter: è la ditta sotto contratto USA che
riesce ad ottenere i video di Bin Laden, specie quelli
dove appare Adam Pearlman, prima della CIA e di ogni
altra agenzia di spionaggio nel mondo. Il suo direttore è
un israelo-americano di nome Ben Venzke.
- SITE: è un’altra ditta che “studia le fonti primarie
della propaganda islamista, manuali di addestramento
(dei terroristi), chat lines di terroristi”, che scopre prima
della CIA: fornisce dunque materiale informativo di
prima mano, e lo scopre tutto su internet. E’ collegato
all’Intel Center.
- Rita Katz: fondatrice e direttrice di SITE. Ebrea
nata in Iraq, dall’Iraq fuggì quando suo padre, un
mercante (in realtà una agente del MOSSAD) fu fatto
giustiziare da Saddam; ha prestato il servizio militare

74
nel glorioso Tsahal (l’esercito israeliano) ed ha studiato
all’università di Tel Aviv.
- I lavoratori ebrei del WTC: secondo una voce del
giornale giordano “Al-Watan” il giorno dell’attentato
4000 ebrei, che di norma lavoravano al WTC, non si
sarebbero presentati in ufficio. Non risulta che nella
strage sia scomparso nessun ebreo, benché gli uffici
fossero affollati di personale ebraico. Nessun giornale
americano ha cercato di appurare la verità su tale voce
che, sibillina, circola ancora nei bassifondi dei media.
- Ali Al-Jarrah: un libanese sulla cinquantina, da
luglio 2008 in galera con l’accusa di tradimento e di
spionaggio per un Paese nemico, Israele, per il quale
lavorava da almeno 25 anni.
E’ stato Hezbollah - che ha il miglior servizio
d’intelligence della regione - ad arrestarlo(31) e a
consegnarlo alle forze armate libanesi. Il personaggio
ha confessato tutto. Ora attende il processo. Cosa
c’entra con l’11 settembre? E’ il cugino di Ziad Al-Jarrah,
presunto pilota dirottatore del volo 93, quello
schiantatosi in Pensilvanya, strana coincidendeza.
Da questo elenco dei principali protagonisti della
vicenda possiamo dedurre molte informazioni. E’
probabile che almeno uno di essi sia l’assassino, anche
se nessuno sa con precisione chi sia. Ognuno può farsi
una sua personale idea, vera o falsa che sia. Se di un

75
complotto si è trattato, molti potrebbero essere stati gli
interessi coinvolti, forse addirittura troppi perché si
riesca ad identificarli tutti.
Vedere a chi ha giovato la tragedia dell’ 11
settembre potrebbe fornire qualche indicazione sul
possibile movente.
Altro elemento importante è stabilire chi fosse
materialmente in grado di compiere i fatti. Perché non
basta la volontà e il movente, bisogna anche
___________________________________

(31)
Robert Worth, «Lebanese in Shock Over Arrest of an Accused Spy», New York Times ,
18/02/2009.

essere in grado di tradurre in azioni pratiche le proprie


intenzioni, specie se si ha a che fare con la Nazione con
l’apparato militare teoricamente più forte e tecnologico
dell’intero pianeta.

CAPITOLO III:CHI COMANDA IN AMERICA

3.1 I Neocons - PNAC


Cheney?E’ l’uomo più spietato che abbia mai conosciuto.
Henry Kissinger.

I neoconservatori sono un gruppo molto ristretto di


personaggi che sono risaliti al potere con l’elezione di
Gorge Bush nel 2000. La scuola di pensiero
neoconservatore si può far risalire al pensiero di Leo
Strass che cominciò ad enunciarne i principi agli inizi
degli anni ’60. Egli teorizzava una società compatta ed

76
uniforme, tenuta insieme da un collante universale che
permetta a ciascun individuo di riversare le proprie
ambizioni personali in un movimento collettivo diretto
tutto verso l’esterno. L’unico modo per ottenere questo
era di mettere la popolazione di fronte alla presenza di
un grande, oscuro nemico.
Il primo incarico di altro livello dei neoconservatori
fu quello di Ministro della Difesa sotto la presidenza
Ford, assegnato a Donald Rumsfeld, mentre Dick
Cheney andrò a ricoprire il luogo di Capo di Gabinetto.
Proprio Rumsfeld, col suo operato, contribuì a costruire
il mito dello spauracchio di un attacco nucleare da parte
dell’Unione Sovietica, pilastro fondamentale si cui si
basava la “guerra fredda”.
La presidenza di Carter impose ai neoconservatori
una battuta di arresto, che li spinse a cercare
un’alleanza in un territorio mai esplorato fino ad allora,
quello della destra religiosa, che costituiva una riserva
di voti immensa. Per tradizione i leader delle varie
chiese protestanti avevano tenuto i fedeli lontano dalla
politica, che consideravano immorale e corrotto, ma il
pericolo di vedersi comandanti da un movimento
comunista ed ateo li spinse all’alleanza con la destra
repubblicana, una storica alleanza che continua ancora
oggi.

77
Questo diede una vittoria schiacciante nell’elezione
di Reagan, e i Neocons reclamarono per sé alcune
posizioni di prestigio nella nuova amministrazione. Paul
Wolfowitz andò così a capo dell’Ufficio Relazioni Estere
della Casa Bianca, mentre Richard Perle diventava Vice
Ministro della Difesa.
Ma il grande nemico che andavano cercando si
stava nel frattempo sgretolando sotto il peso delle
divisioni interne e della corruzione. L’ultimo tentativo
dei sovietici di espandere la propria area di influenza fu
l’invasione dell’Afghanistan nel 1980. Fu allora che la
CIA ingaggiò Osama Bin Laden e i suoi “Freedom
Fighters” fornendogli tutto l’aiuto militare, economico e
strategico(32) necessari a ricacciare i sovietici entro il
loro confine.
Con la partenza delle truppe da Kabul iniziava per
l’Unione Sovietica il conto alla rovescia che avrebbe
portato al crollo del Muro di Berlino. Di fronte allo
sgretolarsi del loro nemico, i Neocons
___________________________________

(32)
“Unconventional Warfare has been conducted in support of both an insurgency, such
as the Contras in 1980s Nicaragua, and resistance movements to defeat an occupying power, such
as the Mujahideen in 1980s Afghanistan.”

Queste parole sono scritte a pag. 1-2 del documento “Army Special Operations Forces -
Unconventional Warfare” codice FM 3-05.130, rintracciabile su internet con un qualsiasi motore di
ricerca, edito dal Dipartimento per l’Esercito Americano il 20 settembre 2008.
Provano come operazioni non convenzionali furono pianificate ed eseguite contro l’Unione
Sovietica, servendosi del movimento dei Mujahideen afgani, non direttamente, ma tramite la
collaborazione con l’ISI, il servizio segreto pakistano, affinché gli stessi guerriglieri afgani non
venissero a sapere di combattere in favore degli USA, da sempre il loro nemico sul piano
ideologico.

Si veda anche: http://www.youtube.com/watch?v=VnV_pNe_BB0

78
cominciarono ad accarezzare la tentazione di
estendere il loro dominio militare e strategico a tutto il
mondo.
Ma controllare il mondo significa soprattutto
controllarne le risorse energetiche e questo a sua volta
significa, prima di tutto, controllare i pozzi petroliferi del
Medio Oriente.
L’occasione d’oro giunse con la prima Guerra del
Golfo, nel 1991, ma al momento cruciale, con l’esercito
irakeno in disfatta, il presidente Bush decise di non
continuare l’avanzata, fermando la sua carovana
militare a pochi chilometri di distanza da Bagdad,
lasciando Saddam Hussein, pur fortemente
ridimensionato, alla guida del paese.
La sorprendente vittoria elettorale di Bill Clinton, nel
1992, rappresentava un’ulteriore battuta di arresto per
il progetto imperiale dei Neocons. Nel frattempo la
Russia si stava rimettendo in piedi e i Neocons
vedevano sfumare, anno dopo anno, la preziosa
occasione per estendere al mondo intero il proprio
controllo.
In attesa del termine del mandato a Clinton, essi
misero a punto la cosiddetta “Dottrina Wolfowitz”(33),
alla cui base si stabiliva il diritto degli USA di
intraprendere guerre preventive ovunque nel globo per

79
evitare che altre nazioni tornassero a mettere in
discussione la loro supremazia mondiale.
Nasceva così il “Progetto per un nuovo secolo
americano” o PNAC (Project for the New American
Century), un istituto di ricerca con base a Washington
D.C. fondato nel 1997, tra gli altri, da Dick Cheney e
Donald Rumsfeld, con l’ambizioso obiettivo di
promuovere la leadeship globale americana.
Tra i membri del PNAC troviamo molti deputati
Repubblicani e,
___________________________________

(33)
nome ufficiale: “Defense Planning Guidance”
membri dell’amministrazione Bush, tra cui Paul
Wolfowitz, Jeb Bush Richard Perle e molti altri.
Una volta riconquistata la Casa Bianca con Bush Jr.
nella controversa elezione del 2000, per i Neocons si
trattava solo di rimettere in piedi l’operazione lasciata
in sospeso dal padre dieci anni prima. Ritroviamo infatti
Dick Cheney come Vice Presidente, Donald Rumsfeld
Ministro della Difesa e come suoi vice sceglie Paul
Wolfowitz.
Nel documento conclusivo del PNAC, “Rebuilding
America’s Defenses”, pubblicato nel settembre del
2000, al capitolo V intitolato “La creazione di una futura
(34)
forza dominante troviamo frasi come “al momento
attuale gli Stati Uniti non hanno alcun rivale a livello
globale, il nostro disegno ultimo deve mirare a

80
prolungare il più possibile nel futuro questa posizione di
vantaggio” oppure “Gli Stati Uniti devono mantenere un
esercito in grado di essere dispiegato rapidamente e di
vincere contemporaneamente più guerre su vasta scala,
bisogna riposizionare le nostre forze e adeguarle alle
realtà strategiche del XXI secolo spostando, su base
permanente, le truppe nel Sud-Est Europeo e nel Medio
Oriente”.
Ma la frase che più di ogni altra illustra in maniera
inequivocabile la politica estera di certi personaggi è
sicuramente la seguente: “ Questo processo di
trasformazione pur portando un cambiamento
rivoluzionario è destinato a durare molto a lungo,
almeno che non intervenga un evento catastrofico e
catalizzatore come una nuova Pearl Harbor”

___________________________________

(34)
“Creating Tomorrow’s Dominant Force”
3.2 La ciclicità della “storia”.
Ci pisciano addosso e ci dicono che piove.
Detto catalano .

Analizzando i fatti storici, appare molto perspicace il


pensiero di Nicolò Machiavelli (1469-1527), che elaborò
la tesi del moto circolare della storia, dell’evoluzione di
uomini ed istituzioni, ma anche di un ritorno a fasi già
verificatesi. In relazione all’arte del governare e

81
all’alternarsi di diversi regimi politici egli teorizza il fatto
che lo Stato, per sopravvivere, debba necessariamente
studiare la guerra, evidenziando l’esistenza di
un’influenza reciproca tra le esigenze militari e le
strutture socio-politiche dello Stato.
Quella dell’ 11 settembre non è stata la prima volta
in cui la nazione americana è stata trascinata in guerra
a seguito di un incidente particolarmente ambiguo e
osservare i trascorsi storici può essere utile a chi crede
che uno stato democratico non intraprenda guerre
soltanto per proteggere i suoi privilegi economici.
La Costituzione Americana non permette agli USA di
dare inizio ad una qualunque guerra di aggressione, e
riserva al solo Parlamento il potere di dichiarare guerra
ad un'altra nazione in caso diventi necessario
difendersi. Per questo motivo, ogni volta che un
presidente americano ha voluto prendere parte a
qualche guerra o iniziarne una nuova ha dovuto servirsi
di un incidente militare, creato o provocato per
giustificare in qualche modo l’intervento armato di
fronte al Parlamento e alla popolazione.
Nel 1898 gli USA fecero guerra alla Spagna per
sottrarle il controllo di Cuba. Il pretesto venne
dall’affondamento della nave militare “Maine” ancorata
al largo di Cuba, di cui furono subito incolpati gli

82
spagnoli, nonostante questi si dichiarassero del tutto
estranei al fatto(35).
Le immagni dell’affondamento e dei funerali delle
vittime generarono uno stato di indignazione sufficiente
a poter scatenare una guerra, che nel frattempo il
futuro presidente Roosvelt (allora Ministro della Marina)
aveva già pianificato fin nei minimi dettagli.
Solo nel 1980 gli americani avrebbero riconosciuto
che gli spagnoli non erano responsabili dell’attacco,
dicendo che il Maine era affondato perché alcuni
esplosivi erano stati stipati troppo vicini alle caldaie. Nel
frattempo però l’intera armata spagnola era stata
distrutta.
Nel 1915 fu l’affondamento del Lousitania da parte
di un sottomarino tedesco a dare inizio alla crisi tra
Stati Uniti e Germania. Pare che gli americani avessero
fatto sapere di nascosto ai tedeschi che sul Lousitania
stesse viaggiando un importante carico di armamenti
destinato all’Inghilterra, in questo modo sarebbero stati
in grado di provocare l’attacco da parte del sottomarino
tedesco, causando poi l’ingresso degli Stati Uniti nella
Prima Guerra Mondiale.
Nel 1941 fu il noto attacco a Pearl Harbor, (la cui
riedizione è teorizzata all’interno del già citato PNAC) a
scatenare nella popolazione americana quell’ondata di

83
indignazione che permise a Roosvelt di entrare con
decisione nella Seconda Guerra Mondiale.
Il ricercatore americano Robert Stinnet, dopo sedici anni
di ricerche negli archivi di stato(36) ha scoperto
importanti prove. Prima della sua ricerca si sapeva
soltanto che gli Usa avevano decifrato il codice
diplomatico giapponese, il che avrebbe consentito
di sapere in anticipo che un attacco nipponico era
imminente, genericamente “nel Pacifico”.
___________________________________

(35)
New York Journal - Who destroyed the Maine?
(36)
Day of deceit, Simon & Schuster, New York, 2001.
Stinnet ha scoperto che anche il codice segreto
militare era noto agli americani, ed ha trovato negli
archivi la trascrizione di 83 messaggi radio criptati
(37)
dell’ammiraglio Yamamoto alla sua flotta .
Nel 1962, secondo documenti declassificati
americani consultabili nel sito della George Washington
University, la CIA aveva progettato eclatanti auto-
attentati terroristici contro la propria stessa
popolazione civile (affondamenti di navi americane,
abbattimento di aerei civili americani, bombardamenti
di Washington, ecc.) da attribuire al regime cubano di
Fidel Castro e che avrebbero funto da pretesto per
l’invasione statunitense dell’isola caraibica, sottrattagli
tre anni prima dalla rivoluzione castrista.
Si trattava della famigerata operazione Nortwoods,
che ottenne la firma di tutti i gradi gerarchici sino a che

84
furono presentati per approvazione dal Ministro
McNamara al presidente John. F. Kennedy, il quale si
rifiutò di firmarli e da quel momento in poi palesò
intenzioni di smantellare la CIA. Che fine abbia poi fatto
il presidente Kennedy, probabilmente anche per la sua
opposizione contro lo strapotere della Federal Reserv, è
noto a tutti.
___________________________________

(37)
Un messaggio del 25 novembre 1941 ordinava alla flotta nipponica di “avanzare nelle acque
hawaiane e attaccare la forza navale principale degli Stati Uniti sì da infliggerle un colpo mortale”.
L’attacco doveva essere “mortale” perché il tempo giocava contro il Giappone: gli USA (all’epoca
il maggior produttore petrolifero al mondo) avevano decretato un embargo petrolifero sì che il
Giappone, privo di risorse naturali, aveva riserve per soli sei mesi di guerra. Nel luglio del 1940 il
Giappone offrì agli USA, pur di vedersi ritirato l’embargo, di ritirarsi dalla Cina e di uscire
dall’Asse; Roosvelt rispose congelando i beni nipponici in USA e, nel settembre, estese l’embargo
al ferro e all’acciaio.
Che Roosvelt sperasse in una “provocazione” giapponese è mostrato dal fatto che fece spostare
la flotta del Pacifico dalle basi della California alle Hawaii, quasi a facilitare il compito di
Yamamoto. L’ammiraglio Richardson, comandante della flotta del Pacifico, protestò contro questo
spostamento che riteneva pericoloso: come risposta Roosvelt lo sollevò dal comando. Inoltre i dati
dell’intelligence, che segnalavano un imminente attacco a Pearl Harbor, non furono inviati alla
flotta alla fonda nel porto hawaiano (le informazioni furono spedite mentre l’attacco era in
corso).

Tra le varie ipotesi dell’operazione, da sottolineare


l’idea di simulare un attacco aereo ai danni di un aereo
civile americano: un aereo militare telecomandato della
base di Eglin sarebbe stato dipinto come un esatta
copia di un aereo civile appartenente ad una società
controllata dalla CIA. L’aereo si sarebbe sostituito in
volo ad un vero aereo civile, con a bordo personale
sotto falso nome precedente istruito. L’aereo coi
passeggeri avrebbe continuato la sua corsa a bassa
quota fino ad atterrare in una base militare secondaria

85
(il piano non specifica che fine avrebbero fatto i
passeggeri sotto copertura dopo l’evacuazione dal
velivolo), mentre quello telecomandato avrebbe
proseguito nel frattempo il suo volo ed una volta
arrivato sopra Cuba avrebbe iniziato a trasmettere
segnali di emergenza dicendo di essere attaccato da
MIG cubani. La trasmissione sarebbe stata interrotta
dalla distruzione dell’aereo che sarebbe stata provocata
da un segnale radio a distanza.
Visto che anche il volo 77 è scomparso dai radar
poco prima di ricomparire sopra i cieli di Washington, è
possibile che qualcosa del genere sia successo anche
per l’incidente aereo del Pentagono?
Nel 1964 gli USA decidevano di entrare
ufficialmente in guerra contro il Vietanam del Nord dopo
aver aiutato per molti anni militarmente il Vietnam del
Sud. Il pretesto di guerra venne dall’incidente nel golfo
del Tonchino, in cui delle motovedette vietnamite furono
accusate di aver lanciato siluri contro un incrociatore
americano.
Fu il Ministro degli Esteri, Robert McNamara, a dare
alla stampa l’annuncio della pronta reazione americana
all’attacco vietnamita. Lo stesso McNamara,
quarant’anni più tardi, ha dichiarato che “eventi
posteriori hanno mostrato che la nostra impressione di

86
essere stati attaccati quel giorno era sbagliata. Non era
successo.”
Per chi ancora avesse qualche dubbio sulla moralità
del governo statunitense o di chi, nell’ombra, tiene
realmente le redini della nazione, e sui reali obiettivi da
esso perseguiti, basta analizzare gli avvenimenti legati
al massacro avvenuto in Indonesia negli anni ’60 e ‘70
ad opera del generale Suharto, in cui perirono circa 3
milioni di persone.
L’Indonesia era a quel tempo una nazione
economicamente indipendente e ricca di risorse
naturali, governata dal nazionalista Sukarno, dove già
nel 1955 si era svolta a Bandung la conferenza dei
Paesi non allineati. Il Presidente osteggiava l’ingresso
nel suo paese di lungimiranti organismi internazionali
come il Fondo Monetario Internazionale e la Banca
Mondiale, creando attriti con le nazioni potenti come gli
USA del democratico Lyndon Johnson e la Gran
Bretagna del laburista Harold Wilson.
Il generale Suharto e i suoi fedelissimi arrestarono e
uccisero diversi generali accusati di tramare contro il
presidente assieme al partito comunista PKI. Quella
contro il PKI fu una falsa propaganda, e documenti
desegretati dimostrano che britannici e americani
appoggiarono tale campagna, spaventati soprattutto
dal fatto che la ricca Indonesia avrebbe potuto essere

87
un esempio di autodeterminazione che avrebbe potuto
essere seguito da altri paesi ricchi ma non sviluppati. Fu
l’inizio della globalizzazione(38).
Il “meglio” dell’appoggio americano al terrorismo
ha come protagonista Henry Kissinger, una delle figure
più spregevoli e discusse che si ricordi, un uomo che
porta la nomea di “grande vecchio del male”,
___________________________________
(38)
Nel 1967 la Time Live Corporation sponsorizzò una conferenza in Svizzera durante la quale
venne pianificata la conquista imprenditoriale dell’Indonesia e vi parteciparono gli uomini di affari
più potenti del mondo e i rappresentanti governativi indonesiani. Presente per l’Italia il Sig.
Giovanni Agnelli.
che ha contro di sé gli archivi di stato del suo stesso
paese sotto forma di un’ampia evidenza documentale
che lo inchioda, scaturita dal Freedom of Information
Act, una legge statunitense che permette
periodicamente la desegretazione dei documenti Top
Secret.

88
Figura 3.1. Telegramma dell’ambasciata USA a Jakarta del 1975.

Nell’ottimo libro del giornalista Paolo Barnard


“Perché ci odiano” si trovano molti di questi documenti,
qui allego un solo telegramma, spedito dall’ambasciata
USA a Jakarta nel 1975, dove viene riportato
integralmente un colloquio, relativo alle operazioni di

89
conquista di Timor Est da parte di Suharto, avvenuto tra
il presidente Ford, Kissinger e Suharto, dove si leggono,
tra le altre, le seguenti parole di Kissinger: “lei
comprende che l’uso di armi americane potrebbe creare
dei problemi”…
Nel 1990 la situazione tra USA e Iraq si era fatta
tesa e i neoconservatori vicini al presidente Bush
convinserò quest’ultimo ad un intervento armato contro
il dittatore irakeno. Sembra che gli americani avessero
fatto sapere a Saddam che non avrebbero avuto nulla in
contrario ad una sua conquista dei campi petroliferi del
Kuwait(39). Sembrava che egli avesse ottenuto una sorta
di benestare dal Dipartimento di Stato Americano.
Il 25 luglio del 1990 ebbe infatti un incontro con
April Glaspie, delle due seguenti cose: al meglio
pasticciò malamente con le parole, al peggio assicurò
ad Hussein che gli Stati Uniti non sarebbero intervenuti
se lui avesse invaso il Kuwait(40). La trappola funzionò e
Saddam invase il Kuwait. Subito dopo Dick Cheney fece
avere all’Arabia Saudita delle foto satellitari che
mostravano 250 mila soldati di Saddam ammassati
lungo il confine verso il loro Paese. L’Arabia acconsentì
così a stabilire base militari alleate sul suo territorio.
Contemporaneamente veniva montata una campagna
mediatica contro Saddam che veniva accusato di aver

90
utilizzato armi chimiche contro i suoi connazionali
curdi, armi
___________________________________
(39)
Film documentario “Il nuovo secolo Americano”di Massimo Mazzucco.
(40)
Phillis Bennis - Institute for Policy Studies, Understanding the US-Iraq Crisis, gennaio 2003.

chimiche che gli erano state vendute dagli stessi


americani(41). Qualche anno dopo alcuni giornalisti
vennero in possesso di foto satellitari scattate dai russi
nella stessa zona di deserto e negli stessi giorni: in esse
si vedevano i carri armati a Kuwait City, ma nemmeno
un carro armato si poteva scorgere lungo il confine con
l’Arabia.
Tutte queste sono notizie difficilmente rintracciabili
sui media ufficiali, dove le forze armate statunitensi
vengono sempre dipinte come i buoni liberatori che
agiscono contro le forze del male, solitamente
appartenenti a Stati non molto sviluppati, dotati di un
forte apparato bellico che è tale solo nei resoconti di
certi giornalisti .
Le notizie però ci sono, vengono semplicemente
occultate ma non eliminate, ed una loro attenta
disamina aiuta a comprendere meglio i secondi e terzi
fini che spesso animano da dietro le quinte i vari
conflitti armati.
Alla luce di quanto sopra esposto, ed analizzando i
conflitti scaturiti dopo gli attentati dell’ 11 settembre,
anche per chi ancora credesse ciecamente alla versione

91
“ufficiale” dell’attentato, esposta sui media “ufficiali”,
è lecito porsi qualche dubbio sul reale svolgersi
dell’evento e sull’ effettiva politica estera elaborata
dalla Casa Bianca.

3.3 MEMRI: nuove tecniche di traduzione.


La sua realtà, messere, è menzogna e sciocchezze
e sono lieto di dirle che io non l’afferro in alcun modo .
Gottfrined Bürger, Il barone di Münchhausen.

La conoscenza della lingua araba e persiana


rappresenta un bene strategico per influire sul
mondo post 11 settembre. In occidente
___________________________________

(41)
Tv Atzeca (Mexico) – 25 dicembre 1983
relativamente poche persone, anche all’interno del
mondo dell’informazione, hanno queste facoltà.
Questo bene strategico è usato con scaltrezza da un
agenzia specializzata, il MEMRI, ossia il Middle Est
Media Research Institute, la cui sede è a Washington
D.C. ed è stata fondata nel 1998 dal colonnello Yigal
Carmon, un agente dei servizi segreti israeliani(42). Si
presenta come un intermediario esterno per le
traduzioni molto comodo: è gratis, ricco di contenuti, di
facile accesso.
Il MEMRI seleziona gli articoli del mondo arabo che
reputa più “rappresentativi” e, a cadenza settimanale,
invia le traduzioni via e-mail a migliaia di operatori

92
dell’informazione che ricevono così benevolemente un
po’ di pappa pronta. A dispetto dell’obiettivo dichiarato
di “lanciare un ponte tra Occidente e Medioriente
attraverso le traduzioni dei media”, il MEMRI opera
spesso una catalogazione fuorviante che mette
in pessima luce il mondo arabo e islamico. Questa
azione viene svolta con una mole ricchissima di
materiali, curando persino la sottotitolazione e la
distribuzione di brevi estratti delle televisioni del
mondo arabo, diffusi attraverso i suoi densi siti e il suo
blog(43).
La redazione è molto numerosa e costosa ma
essendo le traduzioni gratis, come si mantiene
l’agenzia? Fra i suoi contribuenti c’è la “Lynde e Henry
Bradley Foundation”, una delle più importanti fondazioni
della destra americana.
Sino al 5 novembre 2001 sul suo sito era possibile
leggere questa dichiarazione: “nelle ricerche l’istituto
enfatizza anche la continuità del
___________________________________

(42)
Sherif El Sebaie – La disinformazione del Memri, come far odiare gli arabi attraverso la stampa
– Aide M, n°2/2007, pag 189-205.
(43)
www.memri.org; www.memritv.org; www.thememriblog.net.
Sionismo nel popolo ebraico e nello stato di Israele”. Più
che un’imparziale agenzia di informazione sembrerebbe
quindi di avere a che fare con un’arma di propaganda al
servizio della destra militarizzata che fa spola tra gli
USA e Israele.

93
Dove non basta rastrellare esternazioni
fondamentaliste autentiche e decontestualizzarne altre
più innocenti, il MEMRI interviene manipolando
deliberatamente la traduzione. Il comune di Londra
commissionò uno studio sulle centinaia di opere scritte
dallo studioso mussulmano al-Qardawi, e gli analisti
conclusero che si era in presenza di “una evidente
manipolazione degli scritti”, per cui l’agenzia, nelle
parole del sindaco londinese, “travisa sistematicamente
i fatti, nella maggior parte dei casi si tratta di una
deformazione totale”(44).
Il MEMRI si distinse nel riportare notizie e filmati,
profondamente manomessi nel montaggio, che
attribuivano al mondo arabo
manifestazioni di giubilio per gli attentati dell’11
settembre.
Un inchiesta di “Le Monde Diplomatique” fa notare
che il MEMRI tende a presentare come maggioritarie
alcune correnti di idee fortemente minoritarie nella
stampa e nei media arabi, dando così l’impressione che
i media arabi siano dominati da gruppi di fanatici,
antioccidentali, antiamericani e violentemente
antisemiti.
E il passo tra l’11 settembre e una probabile guerra
contro l’Iran è molto breve. Si sviluppa nel frattempo
una guerra di percezione, in cui la propaganda gioca un

94
ruolo essenziale. Si pensi alla vicenda di Mahmud
Ahmadinejad, presidente dell’Iran, cui il MEMRI ha
attribuito con grande successo la frase mai pronunciata
di voler “cancellare Israele dalla
___________________________________

(44)
Sherif El Sebaie – Op. cit., pag 193
carta geografica”(45), che ha originato una serie di
pronunciamenti di tutti i leader del mondo occidentale,
scatenatisi in base ad una notizia sostanzialmente falsa.
Bisogna stare attenti a certe provocazioni, ripetute
anche durante l’ultimo G8 svoltosi all’Aquila perché,
come vedremo in seguito, la guerra all’Iran è uno dei
prossimi appuntamenti dell’agenda della rivoluzione
neoconservatrice.

3.4 AL QA’IDA: “il database” e la sua storia.


Trovo molto educativa la televisione. Ogni volta che
e qualcuno la accende, vado nell’altra stanza a leggere un libro
.
Groucho Marx.

“Per quanto ne so, al.Qā’ida (parola araba che

significa “La Base”) era il nome del database della CIA


che conteneva l’elenco dei guerriglieri arruolati per
combattere i russi in Afghanistan”.
Queste sono le parole, riportate sul giornale “The
Guardian” dell’ 8 luglio 2005, pronunciate da Robin
Cook, ex ministro degli Esteri britannico morto nel
2005.

95
“Word Affair”, una rivista indiana di studi strategici ,
ha pubblicato nel 2004 un interessante articolo del
comandante Pierre-Henry Brunel, un ex-agente
dell’intelligence militare francese(46). In esso viene
illustrato come nei primi anni ottanta la Banca Islamica
per lo Sviluppo, così come il Segretariato permanente
per l’Organizzazione della Conferenza Islamica,
acquistò un sistema computerizzato per far fronte
ai suoi
___________________________________

(45)
www.comedonchisciotte.net/modules.php?name=News&file=article&sid=133;
www.politcaonline.net/forum/showthread.php?t=329981
(46)
Pierre-Henry Brunel, the origins of Al Qaeda, “Word Affair”, aprile-giugno 2004. L’articolo è
anche sul sito www.thetruthseeker.co.uk/article.asp?ID=3836

bisogni nella contabilità e nella comunicazione. Il


sistema era più sofisticato del necessario e si decise di
usare una parte di esso per ospitare il database della
Conferenza Islamica: era possibile, per i Paesi
partecipanti, accedere per telefono al database, una
primitiva intranet.
Stando a quanto afferma un ufficiale pakistano, il
database era suddiviso in due sezioni: l’information file
in cui i partecipanti agli incontri potevano prelevare e
inviare le informazioni di cui necessitavano, e il decision
file, in cui erano memorizzate le decioni prese nelle
varie sessioni.

96
In arabo i files erano chiamati Qā’idt il-Maaloomat e
Qā’idat i-taaleemaat. Entrambi i files erano contenuti
all’interno di un unico file chiamato in arabo Qā’idat
ilmu’ti’aat, ossia l’esatta traduzione della parola inglese
database. Lo stesso Brunel, all’inizio degli anni novanta,
era un ufficiale dell’intelligence presso il quartier
generale della Force d’Action Rapide (FAR) francese e
grazie alle sua conoscenze di arabo traduceva una gran
mole di lettere e fax sequestrati o intercettati. Le fonti
più comunemente citate erano le Nazioni Unite, i Paesi
Non-Allineati, l’UNHCR e… al- Qā’ida. Era abbastanza
naturale che Osama Bin Laden fosse connesso a questo
network. E’ (era?) membro di un’importante famiglia
saudita ben introdotta nel mondo delle banche e del
business(47).
___________________________________

.
(47)
Con tale argomento si potrebbe sviluppare un intero libro . Basti qui sapere che la famiglia Bin
Laden ha intrapreso da decenni importanti contatti commerciali con la famiglia Bush. Il “Saudi
Binladen Group” ha molte attività, tra cui un conglomerato edilizio che ha regolarmente lavorato
in operazioni congiunte con la “Halliburton”. Inoltre ha molti interessi finanziari nella “Carlyle”,
società finanziaria presieduta da Bush padre. La Carlyle ha partecipazioni azionarie in molte
industrie dell’armamento americane, è in pratica il cuore e il cervello dell’apparato militare-
industriale USA.” Oppure basti ricordare che Gorge Bush padre nel 1976, quando era direttore
della CIA, arruolò un certo James R.Bath, amico di suo figlio Gorge W., e questo Bath era il legale
rappresentante di Khalid bin-Mafouz (banchiere reale saudita nonché finanziatore di Al-Qaeda),
ed anche azionista della BCII (Bank of Credit and Commerce International) che lavora in stretto
contatto con il “Binladen Group”

A metà degli anni ottanta, al-Qā’ida era quindi un


database situato in un computer e dedicato alle

97
comunicazioni del segretariato della Conferenza
Islamica.
L’ex spia francese spiega che l’e-mail di al-Qā’ida
veniva usata, con sistemi di interfaccia che garantivano
sicurezza, dalle famiglie dei mujahidin per mantenere i
contatti con i loro figli mentre venivano addestrati in
Afghanistan, Libia e Libano.Asserisce che quando Bin
Laden era un agente americano in Afghanistan,
l’intranet di al-Qā’ida era un buon sistema di
comunicazione attraverso messaggi in codice e coperti.
Al-Qā’ida non era né un gruppo terroristico, né una
proprietà personale di Obama Bin Laden.
Dopo l’11 settembre fu reso noto che pochi giorni
prima dell’attacco alle Twin Towers il generale pakistano
Mahud Ahmed, capo dell’ISI (il servizio segreto
pakistano), aveva fatto trasferire 100mila dollari
all’attentatore suicida Mohamed Atta, e proprio per
questo gli americani hanno chiesto la sua rimozione.
Sono stati i servizi segreti indiani ad additarlo agli Stati
Uniti come finanziatore dei terroristi.
Secondo il “Times of India” la CIA ha lavorato in
tandem col Pakistan per creare il mostro del regime
talebano (articolo del 3 luglio 2001).
Ovviamente il generale conosce bene Bin Laden
(una sua creatura), che era a quei tempi il reclutatore
dei mujaheddin antisovietici.

98
Molto interessante è scoprire dove si trovava il
generale Mahud il giorno degli attentati: New York, dove
ha incontrato importanti personaggi.
E’ arrivato il 4 settembre e, come spiega il “Miami
Herald” del 16 settembre 2001, è stato obbligato a
restare tutta la settimana a causa del blocco del traffico
aereo seguito agli attentati. Il 10 settembre ha avuto un
incontro con Marc Grossman, sottosegreterario di Stato
per gli affari politici mentre, secondo il “Washington
Post” del 18 settembre, proprio quando la tragedia era
in corso stava effettuando una colazione di lavoro con
Bob Graham (senatore democratico della Florida, in
seguito presidente della Commissione congiunta sulla
strage) e Porter Gross (repubblicano, l’altro
copresidente della Commissione).
Secondo il “New York Times” del 14 settembre l’ex
capo dell’ISI, licenziato per ordine degli americani, ha
incontrato anche Colin Powell e il suo vice Richard
Armitage (oltre al già citato sottosegretario Grossman),
il senatore John Biden (democratico e presidente della
Commissione Esteri al Senato) e addirittura George
Tenet, capo della CIA. Chissà come Tenet avrà informato
il presidente di questi incontri, visto che ogni mattina
teneva per mezz’ora per il briefing giornaliero sui
servizi.

99
Strani incontri, per quello che è stato
successivamente additato come finanziatore di al-
Qaeda, considerando che proprio Porter Gross (un ex
funzionario della CIA, trovatosi nella condizione ideale
non per far luce, ma per insabbiare) come copresidente
della Commissione congiunta sulle indagini ha chiesto
che tale commissione, insediata nel settembre 2002,
chiudesse i suoi lavori in tempi relativamente ristretti,
entro gennaio 2003. Del resto anche la Casa Bianca ha
insistito per limitare l’indagine, per “non sottrarre
tempo ed energie” a persone dell’intelligence
impegnate nella lotta contro “l’asse del male”.
Anche un ex capo dell’ISI, il generale Hamid Gul, ha
un’interessante visione dei fatti. Egli sostiene che
“l’attentato al World Trade Center non è stato opera di
Osama, ma parte di un complotto più vasto contro la
Casa Bianca messo a segno da Ariel Sharon nell’ambito
di un vasto piano di destabilizzazione di tutti i paesi
islamici(48)”.
Per concludere è da riportare anche la dichiarazione
del generale Leonid Ivashov, all’epoca dei fatti Capo di
Stato Maggiore dell’esercito russo. Egli ha scartato
l’ipotesi Al-Qaïda e ha concluso per una provocazione
dell’elite finanziaria anglosassone. Su tale base, ha
sviluppato la visione strategica russa del mondo post-
11 settembre. Scrive il generale: “L’atto terroristico

100
commesso a fini di provocazione è vecchio come il
mondo….gli avvenimenti dell’11 settembre 2001
costituiscono una provocazione mondiale. Si può
parlare di operazione di portata mondiale. In generale,
tali operazioni permettono di risolvere parecchi
problemi mondiali in una sola volta.
Nello svolgimento di un’operazione-provocazione ci
sono sempre tre elementi obbligatori : il mandante,
l’organizzatore e l’esecutore. Per quanto riguarda la
provocazione dell’11 settembre e contrariamente
all’opinione dominante, «Al-Qaida» non può essere
stata né il mandante, né l’organizzatore, non
disponendo dei mezzi finanziari sufficienti (e sono
enormi) per ordinare un’azione di tale ampiezza.
….Al-Qaida non può essere stata l’organizzatrice di
quest’operazione … In compenso, queste persone
potrebbero essere state dei semplici esecutori dell’atto
terroristico.
A mio avviso, il mandante di questa provocazione
potrebbe essere stata
___________________________________

(48)
Si veda l’intervista del gen. Gul al New Yorker “The Pashtun Code” di Isabel Hilton, 3
dicembre 2001, al sito: www.cooperativeresearch.net/timeline/2001/newyorker120301.html

l’oligarchia finanziaria mondiale, al fine d’instaurare una


volta per tutte «la dittatura mondiale delle banche» e di
garantire il controllo di risorse mondiali in idrocarburi
limitate. Contemporaneamente si sarebbe trattato di

101
assicurarsi una dominazione mondiale di lunga
durata.…sono assicurate tutte le garanzie alle forze che
cercano di instaurare una dittatura mondiale e di
dominare il mondo. Ma la guerra mondiale non è ancora
finita. Essa è stata provocata l’11 settembre 2001 e non
è che il preludio a grandi avvenimenti venturi.”
Avvenimenti futuri che passeremo ad analizzare nel
prossimo capitolo.

CAPITOLO IV:AVVENIMENTI POST 11 SETTEMBRE

4.1 Strategia di sicurezza e piani segreti del


Pentagono

102
Coloro che rinunciano a libertà essenziali in cambio di una
modesta
sicurezza temporanea, non meritano né liberta né sicurezza.
Benjamin Franklin.

Diretta conseguenza degli attacchi terroristici è


stata l’emanazione, della “nuova strategia di sicurezza
nazionale” approvata nel settembre del 2002(49). In essa
gli Stati Uniti affermano il loro diritto ad usare la propria
“ineguagliata superiorità militare” senza alcun limite
legale. Letteralmente, essa minaccia “l’uso della forza
contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica
contro qualunque Stato” che l’America consideri
pericoloso, e ciò in maniera “preventiva”.
Il trattato di Westfalia, che pose fine alla guerra dei
trent’anni, riconobbe la legittimità delle autorità degli
Stati, grandi o piccoli. Di fatto fu stabilito il principio
della sovranità e della sua legalità: gli Stati potevano
legarsi tra loro con trattati, così come le persone fisiche
fanno coi contratti. Fu un atto di grande civiltà in un
mondo sconvolto dall’instabilità politica. La guerra dei
trent’anni era un conflitto di tutti contro tutti, che si
poteva evitare grazie al riconoscimento della reciproca
sovranità nazionale.
Gli USA hanno radicalmente stravolto questo concetto,
proclamando il “diritto” americano a colpire qualsiasi
Stato sul pianeta dichiarano in pratica ogni altro Stato
illegittimo. Con esso si sentono svincolati dal sistema di
alleanze che gli stessi Stati Uniti hanno costruito dopo

103
la Seconda Guerra Mondiale: per il fatto che non
possiedono la necessaria forza militare gli alleati
diventano semplici satelliti oppure, se provano ad
obiettare, dei potenziali nemici.
___________________________________

(49)
The National Security Strategy of United States of America”, 20 settembre 2002.
La Casa Bianca si svincola da tutti gli impegni
internazionali e lo fa’ in modo brutalmente esplicito.
L’uso della forza contro l’integrità territoriale o
l’indipendenza politica di uno Stato è vietato dalla Carta
dell’Onu, se unilaterale. Se poi è preventivo esso
configura uno specifico crimine di guerra secondo gli
stessi principi stabiliti dagli americani vincitori nel
processo di Norimberga.
Non è necessario che un paese possieda o
costruisca armi di distruzione di massa per
rappresentare un pericolo, è sufficiente che abbia
l’intenzione e la capacità di farlo. Quasi tutti hanno la
capacità di farlo, e un’intenzione si può sempre
attribuire.
I fatti avvenuti immediatamente dopo l’11
settembre confermano in pieno la nuova dottrina
americana, e questi rappresentano soltanto la punta
dell’iceberg relativa ad un progetto molto ampio.
Molte fonti confermano la progettazione di un vasto
conflitto su scala mondiale. “Quella in Iraq è stata solo
la prima campagna di una guerra molto più vasta” ha

104
asserito John Pike(50), direttore di Globalsecurity.org, uno
dei gruppi di ricerca politico-.militare dei conservatori
americani.
Anche James Woolsey, ex direttore della CIA e
intimo confidente di Wolfowitz appare del medesimo
parere. Il 2 aprile 2003, parlando agli studenti
dell’Università di Los Angeles, li informò che la vittoria
sull’Iraq era solo la prima battaglia della “Quarta guerra
mondiale”. La quale, precisò, “durerà molto di più della
(51)
Prima e della Seconda ”. .
___________________________________

(50)
“Iraq first battle or a wider US war” di Richard Taylor su The Guardian, 20 maggio 2003.
www.guardian.co.uk/usa/story/0.12271,959644,00.html.
(51)
www.cnn.com/2003/US/04/03/sprj.irq.woolsey.world.war. Per Woolsey come Terza Guerra
Mondiale va considerata la Guerra Fredda.

E indicò i tre prossimi nemici da battere: l’Iran degli


ayatollah, la Siria fascista e l’estremismo islamico in
generale.
Dello stesso avviso era il generale Wesley Clark, l’ex
comandante supremo della NATO in Europa dal 1997 al
2000.
(52)
Il 20 settembre 2001, ha raccontato Clark , egli andò
al Pentagono dove vide Rumsfeld e Wolfowitz. Poi andò
a salutare dei vecchi amici, uno dei quali gli confidò:
«Abbiamo preso la decisione di fare la guerra all’Iraq».
Ciò, solo dieci giorni dopo l’11 settembre. Invece,
con sua sorpresa, pochi giorni dopo cominciò l’invasione

105
in Afghanistan. Sicchè, tornato al Pentagono qualche
settimana dopo, chiese conferma di quanto appreso, e
gli mostrarono un foglio proveniente dall’ufficio del
segretario alla Difesa. Racconta Clark: “E' un
memorandum che descrive come andremo a prendere
sette Paesi in cinque anni; cominciamo con l’Iraq, poi
Siria, Libano, Libia, Somalia, Sudan,e per finire, l’Iran”.
Sette Paesi da conquistare in cinque anni: questo piano
megalomane, tipico dello stile Rumsfeld-Wolfowitz, non
s’è potuto attuare, ma solo perchè le forze armate USA
sono tutt’ora incagliate nei primi due Paesi
“conquistati”, l’operazione si è mostrata
mostruosamente costosa e tanto prolungata, da aver
superato il termine della presidenza Bush.
___________________________________

(52)
“Wesley Clark fece la rivelazione il 2 marzo 2007 nella trasmissione di Amy Goodman; si può
leggere ed ascoltare al sito
http://www.democracynow.org/2007/3/2/gen_wesley_clark_weighs_presidential_bid

4.2 Afghanistan e Iraq: tra trionfi e stallo.


Dio mi ha detto di colpire Al Qaeda ed io li ho colpiti, e poi mi
ha ordinato
di colpire Saddam, cosa che ho fatto, e adesso sono
determinato a risolvere il
problema nel Medio Oriente.
George W. Bush – giugno 2003.

Abbiamo già visto come i servizi segreti, inermi


nello scoprire e nel fronteggiare il vasto attentato,

106
hanno poi solertemente scoperto i presunti attentatori,
presentando in pochi giorni una lista con 19 pericolosi
terroristi.
In base a queste scoperte, il presidente Bush ha
subito minacciato l’uso della forza contro l’Afghanistan,
reo di proteggere e nascondere pericolosi terroristi
artefici degli attentanti in America, in quanto secondo la
sua teoria “coloro che ospitano i terroristi sono
colpevoli quanto i terroristi stessi”.
Molti dimenticano però che attuando questo criterio
anche gli stessi Stati Uniti dovrebbero essere
bombardati. Sul loro territorio scorrazzano indisturbati
infatti pericolosi personaggi come Orlando Bosh,
accusato dall’FBI di decine di atti terroristici e al quale
Bush I ha concesso la grazia dopo che il dipartimento di
Giustizia ne aveva chiesto l’espulsione per motivi di
sicurezza nazionale.
Altro esempio lungimirante è quello di Emmanuel
Constant, fondatore del Front pour l’avancement e le
progrès d’Haiti (FRAPH), organizzazione paramilitare
direttamente responsabile dello sterminio di migliaia di
haitiani. Le richieste di estradizione di Constant da
parte di Haiti sono state sempre regolarmente ignorate;
forse, come molti ritengono, perché potrebbe rivelare i
contatti avuti durante la sua carriera col governo
americano.

107
Ritornando ai “mostri” di Al-Qaeda, 5 giorni dopo
l’11 settembre Washington chiese al Pakistan di
sospendere i convoglio di autocarri che trasportavano
cibo e rifornimenti destinati alla popolazione afgana,
costringendo anche al ritiro gli operatori delle
organizzazioni di assistenza.
Il 21 settembre il presidente Bush lanciò un
ultimatum, al quale dapprima i rappresentanti talebani
non risposero direttamente, ma per mediazione della
loro ambasciata in Pakistan dichiararono di rifiutare
l'ultimatum in quanto non vi era alcuna prova che
(53)
legasse Bin Laden agli attentati dell'11 settembre .
Il 7 ottobre, poco prima dell'inizio dell'invasione, i
Talebani si dichiararono pubblicamente disposti a
processare Bin Laden in Afghanistan attraverso un
tribunale islamico(54). Gli USA rifiutarono anche questa
offerta giudicandola insufficiente.
Solo il 14 ottobre, una settimana dopo lo scoppio
della guerra, i Talebani acconsentirono a consegnare Bin
Laden a un paese terzo per un processo, ma solo se
fossero state fornite prove del coinvolgimento di Bin
Laden negli eventi dell’11 settembre(55).
Evidentemente queste prove non c’erano, oppure
era maggiore l’interesse di creare un conflitto contro i
talebani, forse perché questi iniziavano a scontrarsi
contro gli interessi economici americani.

108
Robin Raphel, analista della CIA negli anni settanta,
entrata poi nel servizio diplomatico, fra il 1996 e il 1998
aveva infatti stretto intimi contatti col regime dei
Talebani per conto della UNOCAL, consorzio petrolifero
americano che sperava di costruire in Afghanistan un
oleodotto. Il fatto è confermato anche dalle
dichiarazioni di Cristopher Taggart, alto dirigente della
UNOCAL,il quale asseriva che il loro regime
___________________________________
(53)
www.cbsnews.com/stories/2001/09/11/world/main310852.shtml
(54)
http://archives.cnn.com/2001/US/10/07/ret.us.taliban/
(55)
www.guardian.co.uk/waronterror/story/0,1361,573975,00.html

era visto “molto positivamente per i nostri interessi


petroliferi”(56).
Vi era infatti l'esigenza di costruire un oleodotto che
portasse il greggio dalla ricca zona del Mar Caspio fino
all'Oceano Indiano(57).
Una delle due ragioni principali per l'invasione
dell'Afghanistan era poi legata al fatto che i Talebani
avevano sradicato le coltivazioni di papavero. Secondo
le circostanziate accuse mosse da Michael Levine, ex
agente della Drug Enforcement Administration (DEA) ,
la CIA è direttamente coinvolta nel traffico mondiale di
stupefacenti, dal quale evidentemente ottiene grossi
guadagni coi quali riesce a finanziare le sue “covered
operations”(58).

109
Le operazioni militari in Afghanistan, iniziate il 7
ottobre 2001, alle ore 20:45 (curiosamente la somma
delle cifre di data ed orario è sempre 11, potrebbe
rappresentare un evidente riferimento massonico per
chi ha qualche conoscenza in merito) hanno visto lo
scontro tra i Talebani e le milizie dell’Alleanza del Nord,
appoggiate dagli intensi bombardamenti delle forze
armate statunitensi e britanniche.
Le scarse tattiche talebane aumentarono gli effetti
degli attacchi. I combattenti non avevano precedenti
esperienze con la potenza di fuoco americana e
vennero decimati, combattenti stranieri presero il
controllo della sicurezza delle citta afghane. Intanto,
l'Alleanza del Nord, con la collaborazione di
membri paramilitari della C.I.A. e delle Forze
___________________________________
(56)
www.rawa.org/raphel html
www.indusmagazine.tripod.com/october2001/usinterest.html
(57)
www.wsws.org/articles/2001/nov2001/afgh-n20.shtml
(58)
http://query.nytimes.com/gst/fullpage.html?res=9C03E4DC113EF930A25755C0A9679C8B63
www.ecn.org/stupefacente/cia.htm

Speciali, inizio la sua parte dell'offensiva: conquistare


Mazar-i Sharif, e da quella posizione tagliare le linee di
rifornimento talebane provenienti dal nord, e infine
avanzare verso Kabul, abbandonata dai talebani il 12
novembre. Il 7 dicembre era la volta della conquista di
Qandahar: l'ultima città controllata dai Talebani, era

110
caduta, e la maggior parte dei combattenti Talebani era
sbandata. La città di confine di Spin Boldak si era
arresa lo stesso giorno, segnando la fine del controllo
talebano in Afghanistan.
Quella che poteva sembrare una guerra lampo, si è
poi lentamente trasformata in una dominazione lunga e
difficile. In campo aperto le forze militari tradizionali
non hanno avuto grossi problemi a sconfiggere le milizie
talebane, conquistando velocemente le principali città
afgane ed instaurando un governo afghano ad interim
sotto la guida di Hamid Garzai, combattente fedele agli
americani.
La conquista del vasto territorio afgano, montuoso e
ricco di caverne e bunker, ha invece creato molti
grattacapi alla coalizione occidentale. Sfruttando le
caratteristiche del terreno su cui si trovavano a
difendersi, e grazie all’esperienza maturata nella lunga
guerriglia combattuta contro l’armata rossa negli anni
’80, i Talebani gradualmente si riorganizzarono.
Stabilirono un nuovo tipo di operazione: radunarsi in
gruppi di circa 50 persone per lanciare attacchi ad
avamposti isolati e a convogli di soldati afghani, polizia
o milizia e poi dividersi in gruppi di 5-10 uomini per
evitare la successiva reazione. Le forze statunitensi in
questa strategia venivano attaccate indirettamente

111
attraverso attacchi missilistici alle basi e ordigni
esplosivi improvvisati.
Le forze armate alleate hanno ancora oggi il
controllo formale della maggior parte del territorio,
anche se in pratica vaste zone sono nelle mani dei
talebani, che combattono con tecniche di guerriglia
maoista che storicamente sono uscite quasi sempre
vincitrici in conflitti in aree montane, specie contro
nemici armati di aerei e armi tecnologiche. La lunga e
lenta linea logistica che rifornisce le truppe USA è
troppo spesso vittima di attentati dinamitardi, con ponti
che saltano e camion che vengono distrutti. Inoltre il
rifornimento logistico viene affidato a trasportatori
locali, che sempre più spesso non se la sentono di
affrontare i grossi rischi e molte volte vendono al
mercato nero le cose trasportate.
Come già previsto da tempo anche l’Iraq, essendo
incluso nella lista dei Paesi facenti parte dell’”asse del
male” venne attaccato grazie a dei pretesti rivelatisi
molto futili. L’obiettivo di una guerra preventiva quale
poteva essere l’Iraq deve soddisfare alcune
caratteristiche:
- deve essere praticamente indifeso;
- deve essere abbastanza importante da
giustificare il disturbo;

112
- deve poter essere descritto come l’incarnazione
del male supremo e una minaccia per la
sopravvivenza.
L’Iraq soddisfava tutte queste caratteristiche: le
prime due erano ovvie, la terza poteva essere creata
facilmente.
Inizialmente la campagna denigratoria nei confronti
del dittatore Saddam Hussein era basata sui contatti tra
questi e Bin Laden e sul possesso di armi di distruzione
di massa. “Non c’è dubbio, Saddam appoggia Al Qaeda”
annunciò il premier Silvio Berlusconi il 2 febbraio 2003.
E fu un dossier-patacca elaborato dal SISMI e raccontato
da Panorama (che fa capo allo famiglia Berlusconi) su
Saddam che faceva shopping di arma di distruzione di
massa in Nigeria, poi consegnato da Carlo Rossella
all’ambasciata Usa e da questa alla Casa Bianca, a
consentire a Bush di sostenere che Saddam si
accingeva ad attaccare l’Occidente e che bisognava
fermarlo con un’apposita guerra preventiva.
La guerra iniziò il 20 marzo 2003 con l'invasione
dell'Iraq da parte di una coalizione formata
principalmente da Stati Uniti e Regno Unito.
Le truppe della coalizione prevalsero facilmente
sull'esercito iracheno, tanto che il 1° maggio 2003 il
presidente statunitense Bush proclamò concluse le
operazioni militari su larga scala. Tuttavia, come già

113
successo in Afghanistan, le truppe di tipo tradizionale
hanno risentito ancora una volta dei numerosi problemi
tattici e operativi nel combattere un nemico non
tradizionale ma dedito principalmente a tattiche di
guerriglia e di terrorismo. Nonostante numerosi Paesi si
siano uniti alla coalizione il conflitto prosegue. Esso si è
trasformato in una guerra civile, anche se questo
termine non rappresenta forse adeguatamente la
complessità del conflitto in Iraq, che comprende diffuse
violenze fra sciiti, attacchi contro le forze della
coalizione da parte della resistenza sunnita, e una
diffusa violenza criminale (cioè senza motivi politici) .
Dopo un drammatico incremento della violenza fra
l'inizio del 2006 e la meta del 2007, durante il quale le
tattiche di guerriglia e terrorismo adottate dalla
resistenza hanno spinto sempre più nel caos buona
parte dell'Iraq(59), successivamente si è assistito ad un
leggero miglioramento della situazione militare, per via
dell'incremento delle truppe USA e della capacita del
nuovo comandante americano (Gen. Petraeus) di
spezzare l'unita della resistenza sunnita attraverso
alleanze con le sue componenti "tribali". Tuttavia lo
stesso comando americano ammette che queste misure
non sono sostenibili nel lungo periodo.
___________________________________
(59)
www.dni.gov/press_releases/20070202_release.pdf
http://daccessdds.un.org/doc/UNDOC/GEN/N07/364/385./PDF/N0736438.pdf?OpenElement

114
Nel frattempo, anche se le varie fonti sono molto
discordanti tra di loro, la guerra ha causato più di 4500
vittime e oltre 40mila feriti tra le file alleate, diverse
centinaia di migliaia di irakeni uccisi, molti dei quali
civili, senza contare le altre centinaia di migliaia di
persone perite a causa delle conseguenze delle sanzioni
economiche inflitte dalla comunità internazionale negli
anni successivi alla Prima Guerra del Golfo. Fare un
stima dei probabili decessi che avverranno nei prossimi
anni a causa della presenza di migliaia di tonnellate di
uranio impoverito sul territorio irakeno è molto difficile,
ma l’elevata pericolosità di questa sostanza è
sufficiente per creare una vera e propria catastrofe
demografica.
I presupposti di questa guerra costata, stando ai
dati disponibili a Marzo 2008, circa 500 miliardi di
dollari, si sono rivelati una farsa colossale: l’11
settembre 2006 il Senato americano chiude l’inchiesta
durata due anni della sua Commissione Servizi di
sicurezza che fa a pezzi i capisaldi della guerra di Bush.
Sulle armi, il senato conclude che gli accertamenti
non confermano le valutazioni del National Intelligence
Estimate (Nie) del 2002 in merito ai seguenti punti: 1) la
ricostruzione del programma nucleare ai fini militari; 2)
l’acquisto di tubi di alluminio ad alta resistenza destinati
al programma nucleare; 3) il “vigoroso tentativo” di

115
procurarsi uranio grezzo in Africa (in particolare in
Niger, come affermava il dossier-bufala finito nelle mani
del direttore di Panorama); 4) il possesso di armi
biologiche; 5) il possedimento e lo sviluppo di strutture
mobili per la produzione di armi biologiche; 6)lo
sviluppo di un velivolo senza pilota. Tutto smentito,
tutto falso, salvo un particolare: il Nie aveva visto giusto
quando accusava Saddam di possedere missili di gittata
superiore a quella stabilità dall’Onu, cioè oltre 150
miglia. Forse un po’ poco per giustificare un simile
conflitto armato.
Quanto ai rapporti fra il laico Saddam e il
fondamentalista Bin Laden, sempre il Senato afferma
che Bush e Cheney misero in campo una serie di
“tentativi ingannevoli” per accreditare quella tesi e
conclude che: 1) Saddam non si fidava di Al-Qaeda e
considerava gli estremisti una minaccia nei confronti
del suo regime; 2) Saddam diede istruzioni che l’Iraq
non avesse a che fare con Al-Qaeda; 3) le tesi avanzate
dalle agenzie di intelligence sulla probabilità che
Saddam avesse fornito addestramento all’uso di armi
chimiche e biologiche ad Al-Qaeda erano infondate; 4)
l’unica presenza di amici di Bin Laden in Iraq era quella
stranota del gruppo “Ansar al-Islam” che operava nel
Nord-est del paese controllato dai curdi, in un area che
sfuggiva al controllo di Bagdad dal 1991; 5) non

116
esistevano informazioni attendibili sulla complicità o la
conoscenza dell’Iraq degli attacchi dell’11 settembre o
di qualsiasi attacco di Al-Qaeda.
Niente male come smentita a Bush, che nel 2003
giurava:”La guerra al terrorismo investe anche il
dittatore Saddam: egli può usare Al-Qaeda come sua
avanguardia”.
Nel frattempo il 12 gennaio 2005, fra le notizie di
routine, il portavoce della Casa Bianca Scott McClennan
annunciava con aria assente che “gli Stati Uniti non
sono più attivamente impegnati nella ricerca delle armi
di distruzione di massa di Saddam Hussein.”

4.3 Iraq: destabilizzazione e conquista economica.


Questi sono i miei principi. Se non ti piacciono, ne ho altri..
Groucho Marx.

Il tentativo di istaurare un processo di


democratizzazione al posto del regime imposto dal
dittatore Saddam Hussein è stato un altro dei falsi
pretesti utilizzati dagli Stati Uniti per poter conquistare
l’Iraq.
I veri motivi dell’invasione sono da ricercare altrove.
Il medio oriente e la penisola arabica rappresentano le

117
maggiori riserve petrolifere mondiali. L’Arabia Saudita
detiene il 25% delle riserve di petrolio greggio, al
secondo posto si piazza l’Iraq con l’11%. E’ logico quindi
che gli Stati Uniti, che oltre ad essere la maggior
potenza mondiale in ambito militare sono di gran lunga
i maggiori consumatori di petrolio, prestino grande
attenzione al controllo di queste regioni strategiche. Fin
dagli anni di Carter le principali forze d’intervento
statunitensi sono puntate sul Golfo.
Il conflitto afgano ha lasciato agli Stati Uniti basi
militari in Afghanistan ed in Asia centrale, contribuendo
a conferire alle grande aziende statunitensi una
posizione vantaggiosa nello scacchiere mediorientale.
Uno dei maggiori obiettivi di Washington in Iraq era di
ottenere il diritto di impiantare basi militari nel cuore
delle regioni petrolifere. Ecco quindi che la
destabilizzazione del Paese non deve lasciare sorpresi,
lo stato di disordine interno potrebbe avvantaggiare gli
americani, che a fronte di una perdita abbastanza
limitata di vite umane e mezzi causate dalla guerriglia
irakena hanno però la motivazione per una più duratura
e massiccia presenza sul territorio.
Da non sottovalutare anche le pressioni esercitate
dalla componente israeliana, che in america ha una
forte voce in capitolo, soprattutto per quanto riguarda
la gestione delle maggiori industrie industriali, belliche

118
in primis. L’interesse nazionale israeliano diventa così
anche un interesse preponderante per gli USA.
Prima ancora che finisse la guerra contro Saddam, il
vice ministro della Difesa Wolfowitz era in Qatar ansioso
di insediare il “governo provvisorio, compito che in
teoria sarebbe spettato a Colin Powell, capo del
Dipartimento di Stato, che fece deboli tentativi di
inserire nella compagine governativa dei diplomatici
con esperienza nel Medio Oriente.
Nessuno dei rappresentanti scelti da Wolfowitz ha
avuto esperienze in fatto di ricostruzione ma facevano
parte di un’amministrazione militare, d’occupazione e
sfruttamento del vinto.
Come governatore fu scelto Jay Garner, mediocre
generale in pensione, in precedenza assunto presso la
“SY Colemann”, azienda militare produttrice del sistema
di guida dei missili Patriot. E’ membro del Jewish
Institute for National Security Affaire (JINSA), la
“fondazione culturale” che si dà come scopo sviluppare
i rapporti di amicizia tra militari statunitensi e israeliani.
Come governatore non ha mosso un dito per
provvedere alle più urgenti necessità di Bagdad e a
maggio, dopo poche settimane, è stato sostituito da
Paul Bremer, diplomatico di professione e direttore della
“Kissinger Associates”, società di consulenza per le
grandi multinazionali. Di religione ebrea, Bremer ha un

119
ossessione per l’Iran, da lui definito “il più rilevante
sponsor del terrorismo”. Benché ambasciatore, egli non
rispondeva del suo operato a Powell ma bensi a
Rumsferld, un indizio della completa irregolarità del
governo Bush dove la Difesa ha in pratica esautorato il
Dipartimento di Stato.
Zalmay Khalizad, unico islamico, è stato nominato
“special envoy” (una specie di ambasciatore
viaggiante) per l’Iraq e l’Afghanistan. Dal 1979 al 1989
è stato consigliere speciale del sottosegretario di stato
(Esteri) occupandosi della guerra Iraq-Iran e della
guerra antisovietica in Afghanistan (conflitti istigati da
Washington). E’ stato anche consulente in Asia centrale
per la ditta petrolifera Chevron, la stessa ditta dove ha
lavorato il segretario di Stato Condoleezza Rice.
Peter McPerson, coordinatore finanziario per l’Iraq, è
l’uomo scelto da Cheney (ex presidente della petrolifera
Hulliburton) per controllare l’introito petrolifero
dell’Iraq; diverrà anche amministratore della rinnovata
Banca Centrale Irachena.
Jared L. Bates, braccio destro di Garner, è un altro
generale in pensione ed uno dei dirigenti della MPR1, la
più grossa formazione di mercenari americani. Il
pentagono fa piovere su di essa grassi contratti per
operazioni speciali di vario tipo, dove le forze armate
USA non possono o non devono apparire direttamente.

120
Robert Walters, già capo delle forze speciali in
Vietnam, è stato scelto per governare il Sud-Iraq da
Karbala a Bassora, l’area petrolifera che si estenda ai
confini con Arabia Saudita e Kuwait.
Bruce Moore, generale in pensione arruolato dalla
MPR1, s’è visto affidare la gestione del settore nord, con
base a Mossul.
George F. Ward, il coordinatore per l’assistenza
umanitaria in Iraq, è un ex ufficiale dei marines che ha
lavorato successivamente a lungo in ambito
diplomatico.
Philipp Caroll, è stato scelto per riattivare l’industria
petrolifera irachena. E’ stato presidente della “Shell Oil
America” e della “Fluor”, due compagnie con un
passato molto discusso in Africa. Inoltre la Fluor ha
avuto anche un contratto di 100 milioni di dollari in
Afghanistan. Appena insediato ha subito cancellato tre
contratti petroliferi che l’Iraq aveva firmato con la
Russia, con la Cina (per lo sfruttamento del giacimento
di Al-Ahdab) e con la Francia.
Quaranta giorni dopo la Prima Guerra del Golfo
Saddam Hussein aveva rimesso in funzione il suo paese
pesantemente devastato nelle infrastrutture mentre
ancora oggi , dopo la facile vittoria militare, l’Iraq
affonda nel caos, incapace di fornire sostentamento alla
popolazione.

121
Rumsfeld promise che la truppa americana in Iraq
sarebbe stata in gran parte e rapidamente smobilitata
entro settembre, riducendola a settantamila uomini per
poi ritirarla completamente entro Natale. Dopo circa sei
anni e un cambio di Presidente il ritiro sembra ancora
lontano, nonostante le promesse mai mantenute si
susseguano.
L’America ha disperso le sue truppe d’elite in
moltissimi paesi. Quanto alla sua fanteria non d’elite,
necessaria come forza occupante, si è dimezzata dai
tempi del Vietnam, per effetto dei modelli manageriali
imposti da Rumsfeld, che applica le misure di
downsizing (riduzione del personale) e di outsourcing
(appalto all’esterno di servizi). Le truppe di occupazione
sono troppo disperse sul territorio per riuscire a
controllarlo davvero e alla lunga, una forza di
occupazione “overextended” finisce per subire il
conflitto, subendo una guerra che si avvicina all’intifada
palestinese: è la guerra araba, ravvicinata ed irregolare,
quella basata sul coraggio fisico e la tenacia sotto
privazioni e difficoltà ambientali. Contro questa guerra
l’hi-tech serve a poco.
Ci si può chiedere se davvero si abbia l’intenzione di
ricostruire l’Iraq. Una nazione forte e democratica non
sarebbe facilmente demonizzabile, e con esso
bisognerebbe trattare anche sui prezzi dei prodotti

122
petroliferi. Quanto alle compagnie petrolifere, esse sono
abituate ad operare in paesi instabili, hanno i loro
eserciti privati per proteggere gli impianti, hanno
esperienza nel corrompere i signori della guerra e
quindi l’instabilità le preoccupa meno che un
interlocutore statale ben organizzato.

4.4 Estate 2005: bomba atomica su Bruxelles.


E’ difficile fare capire qualcosa ad una persona quando il
suo stipendio dipende dal fatto di non capirla.
Upton Sinclair.

Nel suo film documentario “Zero”,


l’europarlamentare Giulietto Chiesa ha riferito come
fosse stato invitato dalla Commissione Difesa UE ad
assistere al “filmato che simula un attacco nucleare
terroristico su Bruxelles”. Si trattava di un vero e
proprio film costruito come un reportage dal vivo,
elaborato con una tale qualità da sembrare realmente
accaduto(60). C’erano le facce note di giornalisti della
CNN che annunciavano l’attacco, la notizia ripresa da
Al-Jazeera ed altri network, l’apparizione in tv dei veri
capi politici contemporanei, mentre scorrevano
immagini satellitari che mostravano lo spostarsi della
nube radioattiva sull’Europa. Non mancava insomma
nulla, nemmeno un video del “vero” Osama Bin Laden
che rivendicava in lancio dell’atomica in arabo, con

123
sottotitoli in inglese, nel solito video fatto recapitare da
Al-Jazeera.
Chi è perché ha elaborato un film tanto elaborato e
costoso ad uso esclusivo di una platea limitata come i
deputati del Parlamento Europeo?
___________________________________
(60)
www.effedieffe.com/interventizeta.php?id=1438

Lo spettacolo è stato offerto dal CSIS, il Center for


Strategic and International Studies di Washington, un
gruppo di lavoro ritenuto un’ emanazione della CIA.
La ragione non è stata quella di convincere gli
europei della reale esistenza di Al-Qaeda,
probabilmente gli americani sanno che i politici europei
ormai sanno che Bin Laden in realtà non è altri che
l’America stessa travestita.
Il messaggio di questo film è chiaro e univoco:
“ecco cosa siamo in grado di fare, possiamo tirare una
bomba atomica su Bruxelles ed addossare tutta la
colpa su Al-Qaeda”.
Nessuno potrà dubitare di ciò che vede in
televisione, non certamente gli europarlamentari, che
nel frattempo sarebbero tragicamente scomparsi a
causa della peggiore tragedia atomica della storia.
Il giornalista Maurizio Blondet commenta che il
“regalo” del CSIS ha tutto il sapore di una testa di cane
troncata, quale la mafia suole recapitare alle sue

124
vittime designate. La minaccia è chiara, precisa,
inequivocabile.
Grazie a questo episodio si può meglio comprendere
come la versione ufficiale dell’11 settembre riesca a
resistere sui media e negli ambienti politici, nonostante
le molte evidenti contraddizioni e i tanti fatti che
rimangono inspiegabili se ci si ostina a seguire le leggi
della fisica.

4.5 Capire il mondo: picco di produzione del petrolio.


Non penso mai al futuro. Arriva così presto!
Albert Einstein.

Quello che voglio presentare come l’ultimo


paragrafo di questa tesi è forse il più interessante,
sicuramente è l’unico che non si basa solo su analisi o
supposizioni, ma si poggia su solide certezze, su dati
storici e geofisici inconfutabili. Averlo citato tra i primi
argomenti sarebbe equivalso a scrivere un giallo
iniziandolo col nome del colpevole, ho scelto di
pubblicarlo per ultimo per lasciare al lettore qualche
dubbio sullo svolgersi degli eventi elencati, al termine
della lettura credo che di dubbi possano restarne ben
pochi.

125
Il petrolio, una sostanza fisica dalla disponibilità non
infinita, formatasi in milioni di anni a seguito di grandi
stravolgimenti geologici del pianeta, è la linfa che ha
alimentato l’incredibile sviluppo avvenuto nell’ultimo
secolo. Secondo precisi studi, il petrolio a breve inizierà
a finire, ma per spiegare questo dobbiano analizzare la
struttura di un giacimento di petrolio.
Nell’immaginario collettivo un giacimento di greggio
è pensato come un grande lago sotterraneo, mentre
invece è maggiormente assimilabile ad una grande
torta suddivisa in tre strati: a ogni strato corrisponde
una varietà e qualità di petrolio diversa, sempre più
costose ed energicamente meno efficienti mano a mano
che si arriva in profondità.
La prima varietà, detta “light sweet crude oil” è la
più conveniente in virtù della sua elevata fluidità e
completa assenza di zolfo. Si caratterizza inoltre da una
spontaneità nel fuoriuscire dal giacimento una volta che
si è trivellato il suolo. Rappresenta all’incirca il 30% di
un giacimento.
Il secondo strato individua il cosiddetto petrolio
pesante, una qualità di greggio dal contenuto di zolfo
elevato, che richiede maggiori oneri di raffinazione. A
questo punto dell’estrazione poi, per cercare di
mantenere elevata la capacità estrattiva degli impianti,
spesso deve essere iniettata acqua od aria al fine di far

126
aumentare la pressione all’interno del pozzo e
consentire al petrolio di uscire quasi naturalmente. Ecco
a cosa servono le grandi gru che si vedono nelle
immagini dei giacimenti petroliferi.
Il fondo del giacimento è rappresentato dal
cosiddetto strato bituminoso, caratterizzato da un
petrolio estremamente vischioso e spesso mischiato a
sedimenti ricchi di sostanze organiche.
(61)
Secondo molte stime negli ultimi cento anni
abbiamo consumato circa la prima metà, cioè la
migliore qualità di greggio, da adesso in poi dovremmo
concentrarci sulla seconda metà, nonostante i consumi
siano sempre stati crescenti, soprattutto dopo il
risveglio di due “orsi dormienti” come Cina ed India.
Per arrivare ad estrarre il greggio dal sottosuolo
occorre sostenere molti sforzi produttivi: bisogna
sondare, trivellare, scavare, trasportare e raffinare;
sono tutte attività umane che richiedono a loro volta
petrolio.
Nel 1920 per ogni barile di petrolio investito per
ricavare altro petrolio se ne ottenevano circa venti, nel
1950 dieci, nel 1980 cinque, nel 2000 due e nel 2020
forse uno.
Con il termine picco di produzione massima del
petrolio si intende un’epoca temporale in cui il
quantitativo di greggio complessivamente estratto in

127
tutto il pianeta inizia progressivamente a diminuire. Il
motivo
___________________________________
(61)
www.peakoil.net
www.peakoil.org
www.dieoff.org
di questa contrazione è dovuto a cause geofisiche ,
perché man mano che il greggio viene estratto si
assiste ad una diminuzione della pressione interna e a
un graduale esaurimento delle riserve di petrolio.
In termini industriali dalla scoperta di un giacimento
si assiste a una esponenziale crescita dei volumi di
estrazione fino a un momento in cui questo trend, prima
si arresta dopo aver realizzato un massimo (un
cosiddetto picco), e lentamente inverte la sua dinamica
andando ad assottigliare nei periodi temporali seguenti
i volumi di estrazione.
Questo fenomeno è stato descritto agli inizi degli
anni ’50 dal prof. Marion King Hubbert. Importante
geofisico, egli fu il direttore delle ricerche per la Shell in
Texas (lo stato più ricco di petrolio negli USA) durante
gli anni ’50 e anche un prestigioso docente presso le
migliori università statunitensi: Columbia University,
Stanford University, John Hopkins University e il MIT.
In base agli studi di Hubbert la produzione di
greggio tende a seguire una curva a campana, che
presenta il picco di produzione quando sarà stata
estratta quasi la metà di ogni giacimento.

128
Hubbert immaginò che come ogni giacimento,
anche ogni area petrolifera e di conseguenza ogni
nazione dovessero seguire lo stesso tipo di curva a
campana, quindi essere soggette ad un picco di
produzione nazionale.
Nel 1956, in seguito ad analisi sul tasso di crescita
degli USA dal 1850 al 1950 egli allertò le comunità
finanziarie che gli Stati Uniti avrebbero raggiunto il loro
picco di produzione prima di quanto si potesse
immaginare ed in seguito si sarebbero dovuti rifornire di
petrolio anche altrove. Nel dettaglio Hubbert
individuava tra il 1971 e il 1973 il periodo in cui gli USA
avrebbero diminuito progressivamente i loro volumi di
estrazione.
Il prof. Hubbert venne deriso e bannato come un
profeta di sventura, visto che durante gli anni ’50 gli
USA erano il più grande produttore ed esportatore di
petrolio al mondo.
Tuttavia, all’inizio degli anni ’70, per la precisione
nel 1971, avvenne qualcosa di inaspettato: gli USA
piccarono, ovvero raggiunsero i volumi massimi di
capacità estrattiva e a partire da quell’anno videro
diminuire sensibilmente e progressivamente la loro
produzione di petrolio, anno dopo anno. L’analisi ed i
moniti di Hubbert, 25 anni prima, si dimostrarono
impeccabili: Hubbert aveva ragione. Dopo più di 30 anni

129
possiamo notare come la produzione petrolifera USA sia
passata dai 3 miliardi di barili annui del 1971 ai circa
1,5 miliardi annui attuali(62).
Nel 1989 Hubbert morì senza ricevere grandi
riconoscimenti per le sue scoperte. I suoi studi vennero
ripresi da Colin Campbell, che ha lavorato come
esploratore e responsabile ricerche per le principali
majors petrolifere. Conosce direttamente la maggior
parte dei giacimenti mondiali ed è il fondatore
dell’ASPO (Associazione per lo Studio del Picco del
Petrolio). Anche Campbell attraverso i suoi studi
conviene sulla criticità del picco di produzione del
greggio, momento in cui le conseguenze non
tarderanno a farsi sentire, con un rialzo dei prezzi ad un
livello mai visto prima.
Secondo l’ASPO il picco mondiale dovrebbe
verificarsi verso il 2010. Colin Campbell è considerato
dalla stampa di settore come il portavoce delle correnti
pessimiste. I pessimisti sono tutti geofisici che
___________________________________
(62)
www.aspoitalia.it/component/content/article/69

hanno lavorato per decenni all’interno di qualche


grande compagnia petrolifera, e stimano le riserve
mondiali di greggio a circa 700 miliardi di barili
sufficienti, al ritmo di consumo attuale, a soddisfare le
esigenze per circa 25/30 anni.

130
La categoria degli ottimisti è invece rappresentata
dalla compagnie petrolifere, ma non c’è da stare molto
allegri in quanto le loro stime ammontano a circa 1000
miliardi di barili, che si tramutano in 8/10 anni in
termini di differenza temporale prima dell’esaurimento
completo dei giacimenti rispetto alle previsioni
pessimistiche.
Vi sono tecniche di “recupero assistito” che
permettono di aumentare la resa estrattiva dei
giacimenti, ma probabilmente questo contribuirà
pesantemente al raggiungimento del picco globale, in
quanto i giacimenti verranno svuotati ad una velocità
maggiore.
Grazie al petrolio sono state sviluppate industrie
come quella automobilistica e quella petrolchimica,
hanno visto la luce materiali assolutamente
rivoluzionari poco costosi e indistruttibili come il nylon,
ma il contributo maggiore che il petrolio ha dato
all’evoluzione umana lo troviamo nell’industria
agroalimentare.
Nel 1900 la popolazione mondiale si attestava a 1,5
miliardi mentre dopo poco più di un secolo ora supera i
6 miliardi. Questo grazie all’enorme aumento della
capacità produttiva dei terreni derivante dall’utilizzo su
larga scala di fertilizzanti sintetici, pesticidi, grandi
macchine per la lavorazione della terra e potenti pompe

131
di irrigazione. La popolazione è cresciuta come diretta
conseguenza del cambiamento di vita sia alimentare
che salutare: abbiamo avuto la possibilità di nutrirci con
una varietà, una ricchezza e un abbondanza alimentare
che nessun’altra generazione prima di noi ha mai
potuto avere, tutto ciò unito anche all’incessante
sviluppo dell’industria farmaceutica
Senza greggio la nostra catena alimentare
artificialmente sovralimentata non potrebbe continuare
a sostenersi. Le fonti di energia alternativa (spesso più
derivate dal petrolio che realmente alternative) non
risolveranno mai totalmente e per tutti i problemi e le
difficoltà a cui stiamo andando incontro.
La storia e i dati estrattivi dei maggiori paesi
produttori ci danno una certezza matematica: prima o
poi (probabilmente molto presto) la produzione
petrolifera mondiale inizierà a calare. Così come è
successo agli Stati Uniti, che dagli anni ’70 ad oggi
hanno dimezzato la loro capacità estrattiva, succederà
anche agli altri Stati. Il picco di produzione per l’Arabia
Saudita, che si stima detenga il 25% delle riserve
mondiali di petrolio, è previsto per il 2017.
La crisi economica attuale, dovuta principalmente
alla globalizzazione e alla delocalizzazione della
produzione industriale in aree sottosviluppate, pur
apparendo molto grave e gravida di nefaste

132
conseguenze per gli standard di ricchezza occidentali, è
ben poca cosa al confronto della crisi energetica che a
breve investirà ogni nazione e ciclo produttivo.

Conclusioni

Alla luce di quanto detto, credo si possa


tranquillamente additare il problema del picco del
petrolio come il vero movente degli attentati dell’11
settembre. Molti tendono a considerare quegli eventi
come un fatto terroristico a sé stante, mentre
andrebbero maggiormente considerati per quello che
realmente sono stati: un’abile messinscena, una mossa
politica e strategica di fondamentale importanza.
All’interno del governo statunitense, sostenuto da
potenti lobby petrolifere, molti importanti personaggi
avevano avuto ruoli di primo piano in grandi compagnie
petrolifere: il Segretario di Stato Condoleezza Rice
aveva lavorato per la multinazionale Chevron, il vice
presidente Cheney era l’ex presidente della petrolifera

133
Halliburton, lo stesso presidente Bush, discendente di
una ricca famiglia petrolifera, aveva in passato fondato
la compagnia petrolifera Arbusto (operazione
economicamente disastrosa, date le sue ottime doti
manageriali), grazie alle relazioni economiche sia con
Salem Bin Laden - fratello di Osama - che con Khaled
Bin Mafouz, cognato di Salem e di Osama, banchiere
della famiglia reale saudita.
E’ impossibile credere che simili personaggi non
sapessero dei problemi relativi all’esaurimento dei
giacimenti petroliferi. Al contrario, la politica estera
statunitense sembra improntata proprio al dominio
delle residuali risorse mondiali, incentrando le sue
attenzioni nella zona mediorientale che possiede le
maggiori riserve petrolifere.
Per fare questo ha dovuto inscenare l’ennesima
tragedia, creando a tavolino il pretesto per attuare
indicibili piani di rilancio dell’economia americana.
Un’economia che, nonostante tutti gli sforzi, non
funziona e continua a non funzionare, poiché da quando
ha cominciato ad operare non ha mai funzionato ed ha
dovuto, ogni volta, nel tempo, inevitabilmente ed
invariabilmente alimentarsi e sostentarsi, a colpi di
estorsioni, massacri, espropriazioni territoriali indebite e
guerre pretestuose e criminali, sia sul continente
americano che nel resto del mondo. Il tutto,

134
naturalmente, ogni volta, in nome del “bene”, dei
“principi”, del “diritto” e della “morale”.
La versione ufficiale degli attentati dell’11
settembre si basa su una serie quasi infinita di
omissioni, manipolazioni, eventi fisici inspiegabili.
Nessuna inchiesta è stata avviata per appurare
l’identità dei misteriosi investitori borsistici che hanno
guadagnato moltissimo sulle operazioni speculative ai
danni delle compagnie aeree coinvolte negli incidenti,
gli studi e le simulazioni sui crolli si sono basate su dati
falsati, nessuna inchiesta è stata svolta nemmeno sui
finanziamenti ricevuti dall’attentatore Mohammed Atta
da parte dei servizi segreti pakistani.
La conquista del consenso popolare nei paesi
occidentali è avvenuto grazie all’utilizzo di quelle che
l’autore Roberto Quaglia definisce armi di
banalizzazione di massa, veicolate dai mass media
pecorinamente asserviti al potere.
Diversamente dalla armi di distrazione di massa,
che sono armi tattiche finalizzate a distrarre
l’attenzione collettiva in uno specifico momento, le armi
di banalizzazione di massa sono armi strategiche che,
una volta entrate efficacemente in azione, hanno un
effetto duraturo e difficilmente reversibile.
Gli Stati Uniti hanno indetto una battaglia contro i
paesi dell’Asse del Male, quando sono invece loro il

135
primo stato canaglia sulla faccia della terra. Il
disprezzo per la democrazia rappresenta la posizione
tradizionale di chi detiene potere e privilegi, ma
raramente è evidenziato con tanta forza. La storia delle
aggressioni internazionali e delle “operazioni coperte”
finanziate ed appoggiate dai servizi segreti ci insegna
chi sono davvero i terroristi.
Esistono certamente organizzazioni terroristiche
anche nei paesi meno sviluppati, ma queste forme di
odio nei nostri confronti sono senza dubbio originate
dalle violenze e dai soprusi che le popolazioni povere
sono state costrette a subire per decenni in nome di
uno sviluppo economico incessante a favore di una
piccola percentuale della popolazione mondiale. E’
insomma una forma di difesa e di risposta, non certo di
attacco nei confronti dell’Occidente.
E una volta in via di esaurimento le risorse rese
disponibili dallo sfruttamento delle zone “povere” del
pianeta, l’attenzione di chi davvero governa si dovrà
gioco forza focalizzare sulle masse dei paesi ricchi,
attuando una gestione e una normalizzazione delle
poche risorse disponibili.
Viviamo in un sogno, una visione di euforia
fisicamente non sostenibile sul lungo periodo. Accecate
da una visione di benessere apparente, probabilmente
le masse dei paesi più benestanti saranno costrette ad

136
un brusco risveglio. Se questo sarà più o meno
graduale, dettato da qualche grave catastrofe, da
vaccinazioni di massa pretestuose(62), da conflitti o da
ulteriori crisi economiche questo non ci è
___________________________________
(62)
E’ notizia di questi giorni il progetto di una vaccinazione di massa contro l’influenza aviaria suina, una
malattia che secondo le stesse fonti ufficiali ha una percentuale di decessi che si aggira tra la metà ed un
quinto rispetto alla normale influenza stagionale. Una percentuale risibile, che non trova un riscontro logico
nell’allarmismo creato da istituzioni e media.
Alcune curiosità al riguardo: lo scrittore Roberto Quaglia, analizzando varie fonti e probabili azioni di guerre
bioeconomiche ipotizzava, già nel 2003, una futura pandemia causata proprio da una degenerazione del virus
dell’influenza aviaria relativo agli allevamenti suini. E’ un veggente o una persona ben informata?
Interessante l’articolo sulla presenza di vertici militari internazionali nel laboratorio medico USA “Trudeau
Institute” vicino Lake Clear, stato di New York, il 17 ottobre 2008 al link:
www.effedieffe.com/component/option,com_myblog/Itemid,272/

dato saperlo con sufficiente certezza. Una certezza


purtroppo c’è: 6 miliardi di persone sono troppe e non ci
sono risorse a sufficienza per tutti se i ritmi di consumo
delle materie prime rimarranno quelli attuali.
Il cambiamento prospettato da molti, primo tra tutti
il nuovo presidente statunitense Obama, ci sarà, ma
forse non nei modi che ci sono stati raccontati.
Obama. Chi è costui? La visione dell’ottimo film
documentario “L’inganno di Obama” di Alex Jones(63)
aiuta a togliersi molti dei dubbi
che circondano la sua figura. Già analizzando i dati dei
finanziamenti della sua campagna elettorale si può
vedere come egli sia stato il candidato maggiormente
finanziato dalle potenti lobbies industriali(64). Ora
questo documentario ci illustra come con questo nuovo
presidente Usa le elites economiche che governano
abbiano solo voluto cambiare la facciata del sistema,

137
rimasto lo stesso nei principi cardine. Molte delle
promesse fatte in campagna elettorale saranno infatti
impossibili da mantenere, il presidente ha già fatto
marcia indietro sul ritiro dall’Iraq, come i suoi
predecessori Obama dice una cosa e ne fa un'altra. La
sua elezione e il cambiamento sono stati solo un’abile
mossa di marketing effettuata al fine di abbindolare
milioni di elettori speranzosi in un futuro migliore,
diverso dalla profonda crisi economica che sta
attanagliando l’occidente e iniziata proprio negli USA,
dove milioni di persone hanno già perso il lavoro e la
propria abitazione.
Oltre al fatto che il primo lavoro da neo laurato ad
Obama è stato fornito nientepocodimenoche da tale
Henry Kissinger, che credo non
___________________________________
(63)
http://www.youtube.com/watch?v=XlcnYyBSa28
(64)
www.disinformazione.it/obama_soldi.htm

necessiti di ulteriori presentazioni, molti esponenti del


suo governo fanno parte di organizzazioni economiche
mondialiste e massoniche quali gruppo Bilderberg,
Commissione Trilaterale e CFR, i veri centri del potere
economico mondiale.
Tanto per citarne alcuni:
- Timothy Geithner, ex presidente della FED di New
York, ora ministro del Tesoro, ( gruppo
Bilderberg e Commissione

138
Trilaterale) ;
- Hillary Clinton, Segretario di Stato, (gruppo
Bilderberg e CFR);
- Susan Rice, ambasciatore all’ONU, (Commissione
Trilaterale);
- Generale James L. Jones, Consigliere della
Sicurezza Nazionale (gruppo Bilderberg ,
Commissione Trilaterale e CFR);
- Thomas Donilon, vice di Jones, (Commissione
Trilaterale e CFR);
- Ammiraglio Tennis C. Blair, Direttore
dell’Intelligence Nazionale (gruppo Bilderberg ,
Commissione Trilaterale e CFR);
- Robert Gates, Ministro della Difesa (gruppo
Bilderberg , Commissione Trilaterale e CFR).
Poteva mancare il “mitico” Henry Kissinger? Certo
che no, lo ritroviamo come Inviato Speciale del
Dipartimento di Stato, (gruppo Bilderberg ,
Commissione Trilaterale e CFR).
Insomma, Wall Street sembra essersi insediata alla
Casa Bianca, portandosi al seguito righello e compasso.
Quando nel corso della sua storia l’uomo ha
abbandonato l’utilizzo di una fonte energetica lo ha
fatto per passare ad utilizzarne un’altra: così è stato per
il carbone che ha sostituito la legna, e per il petrolio che
ha sostituito l’utilizzo del carbone. Questi cambiamenti

139
hanno dato luogo anche ad importanti stravolgimenti
nell’ambito della gestione del potere ed è logico quindi
pensare che le potenti famiglie petrolifere non vedano
di buon occhio la fine dell’era petrolifera, sempre che
altre risorse e tecnologie siano disponibili per
rimpiazzare questa materia prima: al momento attuale
non si ha notizia di disponibilità in tal senso.
Anche se alcune tecnologie sarebbero disponibili,
queste verrebbero accuratamente celate ai più.
Nel 1995 lo scienziato americano Stan Mayer attirò
su di se l’attenzione per i suoi studi relativi all’ambito
automobilistico: egli asseriva di aver trovato un metodo
economico e di facile implementazione per trasformare
i motori a scoppio in motori a idrogeno, riuscendo a
ricavare l’idrogeno dall’acqua tramite un procedimento
di elettrolisi direttamente a bordo dell’auto(65). Dopo
aver rifiutato il milione di dollari offertogli da un potente
gruppo arabo, venne ucciso per avvelenamento da cibo
in un ristorante nel 1998.
Tra le scoperte dello scienziato Nikola Tesla, da molti
considerato il padre del XX secolo(66), si annoverano
l’utilizzo della corrente alternata
nella distribuzione di energia elettrica e la radio (in
concomitanza con Guglielmo Marconi).
Egli ipotizzò anche la possibilità di trasmettere
l’energia elettrica via etere senza fili, nonché

140
l’approvigionamento di corrente in modo gratuito
attraverso la ionosfera. Quest’ultimo progetto fu
osteggiato dal suo finanziatore J.P. Morgan (uno dei
fondatori della Federal Reserve), che lo licenziò in
tronco, evidentemente preoccupato per la scoperta di
___________________________________
(65)
http://www.youtube.com/watch?v=fJ3juM6vHwg&feature=channel_page
www.postarelibero.com/2008/01/macchina-ad-acqua-inventata-da-stan.html
(66)
Robert Lomas, L’uomo che ha inventato il XX secolo, Newton & Compton Editori

una tecnologia che avrebbe eliminato molti dei privilegi


della classe al potere.
Tra i progetti di Tesla vi furono forse anche lo
sviluppo di nuove micidiali armi sempre tramite lo
sfruttamento dell’energia ionosferica. Non si sa con
precisione a che punto fossero questi studi, anche
perché al momento della sua morte tutti i suoi progetti
furono confiscati dall’F.B.I. E’ probabile che gli Stati
Uniti abbiano sfruttato in seguito
alcune sue invenzioni, non certo per fini filantropici(67).
Con tutte queste belle premesse, è probabile che la
cantante Laura Pausini non abbia sbagliato di molto,
descrivendo nella sua canzone “Un fatto ovvio” un
futuro prossimo fondato su un duro stato di polizia.
Guardare il suo video(68) potrebbe corrispondere ad un
illuminante viaggio con la macchina del tempo. Un fatto
ovvio, ma non per molta gente, ormai troppo avvezza a
rincretinirsi guardando reality e mass media

141
spazzatura, perdendo ogni spirito critico nei confronti
della realtà.
Al G8 dell’Aquila tutti i leader politici puntavano
all’ottimismo ma la sensazione è più quella di essere
seduti su una polveriera: che le guerre
si facciano per l’economia e non per esportare la
democrazia lo sanno pure i bambini. Nel frattempo i
media continuano la campagna denigratoria ai danni
dell’Iran, attribuendo frasi mai dette dal suo Presidente
al riguardo di Israele, e mostrando immagini di
fantomatiche rivolte scomparse nel nulla in pochi giorni,
cavalcando l’onda del presunto omicidio della giovane
Neda, un caso che come altri presta il fianco a molti
(69)
dubbi .
___________________________________
(67)
www.tankerenemy.com/search/label/H.A.A.R.P
(68)
http://www.youtube.com/watch?v=zQOM1qoQjXg
(69)
www.effedieffe.com/content/view/7788/167.

La vera arma a disposizione dell’Iran, di cui nessuno


parla, è il progetto di creare una borsa petrolifera dove
avverrebbe la quotazione del greggio in Euro. Tale
istituzione rappresenterebbe il colpo di grazia per
l’economia americana basata sul dollaro. Abbiamo già
visto in passato la fine che è toccata a chi voleva solo
farsi pagare (e non anche quotare) il petrolio in Euro:
Saddam docet.
Le mie conclusioni sono troppo pessimistiche?

142
Il problema della produzione petrolifera è un dato di
fatto, pur se i
media fanno a gara per tacerlo, al più qualcuno
parla di un probabile futuro rincaro, sottacendone però i
reali motivi. Gli stessi americani, riferendosi
all’attacco contro l’Iraq, parlavano di “guerra infinita”.
Nella migliore delle ipotesi le operazioni militari iniziate
l’11 settembre sono scaturite dall’ingordigia dell’attuale
classe dirigente, che forse nasconde le future
tecnologie in attesa di mostrarle al mondo nel momento
ritenuto più vantaggioso. Se invece queste tecnologie
non esistessero, allora un futuro davvero buio
attenderebbe l’umanità.
Abbiamo ancora un’ultima certezza: non dovremo
aspettare molto tempo per sapere quale verità ci
attende, perché nel giro di pochi decenni l’evolversi
degli eventi farà sì che o una o l’altra soluzione ci si
prospetterà inesorabilmente davanti agli occhi, favorita
probabilmente dagli sforzi dei governanti che ancora
una volta cercheranno di agire per il bene comune.

143
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