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C OL L ANA
Mafe
diretta da Antonio Nicaso
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Nicola Gratteri - Antonio Nicaso
Testi didattici di
Michele Borrelli
Educare alla legalit
IL GRANDE INGANNO
I falsi valori della ndrangheta
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Propriet letteraria riservata
by Pellegrini Editore - Cosenza - Italy
Edizione ebook 2012
ISBN: 978-88-8101-954-0
Via De Rada, 67/c - 87100 Cosenza - Tel. 0984 795065 - Fax 0984 792672
Sito internet: www.pellegrinieditore.it
E-mail: info@pellegrinieditore.it
I diritti di traduzione, memorizzazione elettronica, riproduzione e adattamento totale o
parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microflm e le copie fotostatiche) sono riservati
per tutti i Paesi.
Il presente volume raccoglie ed integra in ununica edizione, curata spe-
cifcatamente per linsegnamento nelle scuole, parti centrali del volume
Fratelli di sangue di Nicola Gratteri e Antonio Nicaso e, quasi interamen-
te, lantologia di testi letterari Senza onore, curata da Antonio Nicaso.
La progettazione, la strutturazione, le analisi didattiche, le introduzioni
nonch laccesso al progetto: Educazione alla legalit - lotta alla ndran-
gheta sono di M. Borrelli
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INTRODUZIONE
Educare alla legalit
Lillegalit e la criminalit sono, oggi, talmente diffuse e ra-
dicate nelle coscienze individuali e nella societ in generale, che
leducazione alla legalit tema obbligatorio nei curricula delle
scuole (e si spera) di ogni ordine e grado.
La possibile strategia che ci auguriamo vincente e, quindi, in gra-
do di riportare a lungo raggio e progressivamente le singole strut-
ture e, in ultima analisi, la societ su un piano di legalit e, quindi,
di libert e di democrazia, dipender, infatti, dalla presa di coscien-
za che lillegalit e la criminalit non sono pi solo dei fenomeni
sociali marginali, accanto ad altri fenomeni riservati e circoscritti
ad ambiti, settori o sottosettori dindagini di natura strettamente
sociologica, psicologica o antropologica, ma strutture dominanti
complesse che occupano sempre pi potere nella societ.
Il progetto educazione alla legalit, che proponiamo a docen-
ti e studenti, ha come scopo formare nei giovani una coscienza
civile contro la criminalit organizzata che va sotto il nome di
ndrangheta. una scelta didatticamente esemplare, vale a dire
prioritaria, rispetto ad altre possibili ed importanti tematizzazioni
o contenuti che riguardano le criminalit organizzate e lillegalit
in generale e ci per varie ragioni. Innanzi tutto la ndrangheta
non riducibile ad un fenomeno che pu essere osservato e com-
battuto solo dallesterno, ma radicata e si estende, vieppi, in
tutti i settori della vita sociale per cui richiede una lotta anche e
soprattutto dallinterno. Ci vale, ancor di pi, se si parte dal pre-
supposto che la ndrangheta, nel frattempo, ha raggiunto un cos
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alto grado di ramifcazioni nazionali (ed internazionali), tale che
la sua portata devastante sul piano economico, politico, culturale
mette a rischio la stessa convivenza civile o meglio: i presupposti
e le condizioni di possibilit della vita democratica e del progres-
so che interessa tutte le fasce sociali e, non da ultimo, lavvenire
delle generazioni future. La ndrangheta passata da fenomeno
marginale dal volto agrario e contadino a struttura criminale
mondiale.
Privilegiare lesemplarit legata al progetto che qui proponia-
mo a docenti e studenti non signifca, quindi, richiamare latten-
zione su uno dei tanti possibili e importanti reali problemi sociali
legati allillegalit e alla criminalit organizzata, ma avviare una
rifessione sui rischi della stessa democrazia e sul futuro della so-
ciet italiana e non solo italiana.
Nessuna democrazia pu reggersi, svilupparsi e crescere real-
mente sulla violenza generata dallillegalit e dalla criminalit.
La democrazia implica, allora, non solo un discorrere su regole
e princip democratici, ma anche un impegnarsi per le regole e
i princip ritenuti democratici. Accettare la democrazia signif-
ca anche difenderla e lavorare affnch essa raggiunga un grado
sempre pi elevato e pi ampio di espressione e di dispiegamento
cos da abbracciare le singole istituzioni, anzi tutte le istituzioni;
signifca non solo partecipare a questo processo sempre pi ampio
e universale di democratizzazione, ma anche di vivere la demo-
crazia quotidianamente nelle istituzioni e fuori dalle istituzioni
non solo verbalmente, ma come atteggiamento quotidiano di ogni
singola persona che si oppone e combatte le forme dillegalit e
di criminalit che distruggono le fondamenta del vivere demo-
cratico. La ndrangheta si combatte, soprattutto, dallinterno,
sottraendo, cio, a questa organizzazione criminale il consenso,
ovverosia lappoggio diretto (partecipazione allorganizzazione)
o indiretto (lomert). Non , come pu notarsi, una questione
solo di pi Stato; una questione morale ed etica che interessa
lintera societ e, quindi, ogni singola persona. Nessuno pu e
deve sottrarsi a questo compito sociale di difesa dei presupposti
della vita democratica.
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Il progetto educazione alla legalit che sincentra, come og-
getto di analisi e di rifessione, sulla criminalit organizzata della
ndrangheta, trova qui i suoi presupposti prioritari, la sua fonda-
mentale legittimazione didattica come risposta situabile non solo
allinterno di un singolo territorio (la Calabria), ma come risposta
generale o globale. Si tratta, per un verso, di combattere la struttu-
ra criminale devastante della ndrangheta con gli strumenti legali
che una societ democratica ha a disposizione, per altro verso di
sottrarre ad essa i consensi: quindi creare le basi sociali per preve-
nire la criminalit. In ultima analisi: si tratta di opporsi al sorgere
e al diffondersi della mentalit ndranghetista. questa mentalit
omertosa, e i princip che la alimentano e la compongono, a co-
stituire il sottofondo culturale-criminale che alimenta, in ultima
analisi, la vera forza della ndrangheta.
Abbiamo, cos, tracciato alcuni degli obiettivi centrali che si
perseguono col progetto che viene proposto alle scuole e al qua-
le abbiamo dato il titolo Il grande inganno - I falsi valori della
ndrangheta.
Per il raggiungimento di questi obiettivi, si pensato di struttu-
rare lanalisi didattica sullorganizzazione criminale, che va sotto
il nome di ndrangheta, tenendo presente tre piani:
il piano storico-sociale della genesi dellorganizzazione cri-
minale della ndrangheta;
il piano socio-economico e socio-politico dellorganizza-
zione criminale della ndrangheta;
il piano socio-antropologico, ideologico-culturale dellorga-
nizzazione criminale della ndrangheta.
Partiamo, cio, dal presupposto che una risposta effcace al-
lavanzata, sul piano economico, politico e culturale, di una or-
ganizzazione cos devastante come la ndrangheta, debba essere
situata, necessariamente, sui piani che ne hanno reso possibile
il suo sorgere, il suo consolidarsi e il suo espandersi, in modo a
dir poco inaudito. Il progetto, pertanto, pu essere differenziato
nelle tre unit didattiche: storia, struttura, sottofondo ideologico
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o culturale della ndrangheta. Ovviamente gli obiettivi, nella loro
complessit e differenziazione, sono raggiungibili solo nelluni-
tariet delle singole unit didattiche, per cui si pensato a tre
tipi di analisi di contenuti. Col volume Fratelli di sangue abbia-
mo voluto offrire a docenti e studenti materiali che interessano
le due unit didattiche: storia e struttura della ndrangheta. Il
volume offre, infatti, tutta una serie sistematica di documenti, in-
formazioni e dati che riguardano soprattutto questi due piani di
rifessione. Analizzare lorganizzazione della ndrangheta su basi
obiettive o scientifche premette, infatti, non solo la possibilit di
avere a disposizione una raccolta rigorosa e vasta di materiali che
ne mettano a fuoco il suo sorgere, il suo costituirsi, consolidarsi
ed espandersi su basi nazionali e nel frattempo internazionali, ma
di potersi basare anche su una documentazione sistematica che
riesca a dimostrarne la complessit, il grado altissimo di devasta-
zione e violenza e le ripercussioni che seguono o meglio segui-
ranno per la societ e per i singoli sul piano politico, economico
e culturale non solo a corto e medio, ma anche a lungo raggio se
non si riuscir a contrastare, o meglio a combattere la struttura e
lespansione di questa organizzazione criminale.
Il volume Senza Onore pensato per lunit didattica sotto-
fondo culturale. una raccolta che offre ben quindici testi let-
terari, tutti selezionati e commentati, con lo scopo di far emer-
gere, da pi angolazioni, una variet di possibili interpretazioni
del fenomeno ndrangheta. La pluralit delle interpretazioni
didatticamente voluta per offrire agli studenti un quadro ampio di
interpretazioni anche contrastanti e, se si vuole, contraddittorie.
Lo scopo non solo quello di acquisire capacit ermeneutiche
relative allinterpretazione circa lorganizzazione della ndran-
gheta, ma anche di acquisire capacit critiche anche rispetto alle
interpretazioni che offrono gli stessi autori dei testi. Acquisire, se
cos si vuole, capacit meta-ermeneutiche nel confronto dei testi
e nel confronto fra i testi e le singole interpretazioni che suggeri-
scono gli autori dei testi letterari che formano qui loggetto della
rifessione.
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Lintimo legame tra i due volumi permette, didatticamente, di
organizzare linsegnamento o meglio lapprendimento a partire
tanto dallunit didattica storia o struttura della ndrangheta,
quanto dallunit didattica sottofondo culturale della ndranghe-
ta. Riteniamo importante e didatticamente essenziale non fermar-
si ad un singolo aspetto, piuttosto intrecciare i diversi aspetti del
tema e cogliere, quindi, possibilmente la complessit di questa
organizzazione cos violenta e nel frattempo cos ramifcata so-
cialmente da riuscire a mettere in ginocchio, in modo sempre pi
accentuato, politica, economia e cultura.
Se lunione dei due volumi qui proposta offre tre possibilit di
accesso alla complessit ndrangheta, per entrare analiticamente
nel problema o motivare gli studenti al tema, si consiglia di par-
tire da uno dei tanti casi di cronaca sulla ndrangheta che quasi
quotidianamente vengono riportati nei giornali. Suggeriamo, cio,
di risalire dalla problematizzazione di singoli casi, gradualmen-
te, alla struttura dellorganizzazione della ndrangheta, alla sua
logica, alla sua storia, alle condizioni che hanno reso possibile il
costituirsi di questa organizzazione antisociale e valutare, poi, le
conseguenze e gli effetti devastanti per la vita del singolo e per
lintera societ.
Come apertura al tema, abbiamo qui scelto la Strage di
Duisburg che dimostra, senza ombra di dubbio, il grado di barba-
rie inaudita raggiunto dalla cultura dellorganizzazione crimi-
nale ndrangheta.
MICHELE BORRELLI
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Laccesso al progetto:
Educazione alla legalit - lotta alla ndrangheta
Come accedere alla complessit del tema qui in questione?
Quali le scelte didattiche circa contenuti e forme di organizzazio-
ne dellapprendimento e dellinsegnamento? Quali le vie metodi-
che che possano far sorgere la motivazione alle rifessioni di un
tema cos importante sul piano individuale e sociale, un tema in
cui sono in gioco i princip stessi della democrazia e della nostra
costituzione?
Come apertura al Progetto: Educazione alla legalit - lotta alla
ndrangheta, abbiamo scelto, come si diceva sopra, la Strage di
Duisburg. un esempio a partire dal quale il progetto pu avere
inizio per poi dispiegarsi sistematicamente nelle sue sfaccettature
pi rilevanti che abbiamo suddivise in tre: storia, struttura, sotto-
fondo culturale o ideologico della ndrangheta.
La strage di Duisburg non un esempio qualsiasi. Oltre al
fatto che questo eccidio documenta la ferocia inaudita delle faide
legate alla ndrangheta, mostra al contempo che la ndrangheta
una ferrea organizzazione criminale che non si limita a particolari
territori o localit (per esempio calabresi), ma che la sua scia di
sangue, come i suoi affari, non conosce confni.
Per strutturare didatticamente questo accesso al tema, riportia-
mo anzi tutto alcune voci (TESTO NR. 1) che, subito dopo la strage
di Duisburg, hanno riempito le pagine dei giornali per passare poi
ad alcune precisazioni sulle faide (TESTO NR. 2: Sedici anni di fai-
da Una cronaca di sangue), nonch ai rituali tipici della ndran-
gheta (TESTO NR. 3: Liniziazione) e passare successivamente ad
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alcuni dati della polizia tedesca che chiariscono linternazionali-
t di questa organizzazione criminale (TESTO N. 4: Gli associati ai
clan di San Luca - Da un rapporto della polizia tedesca e TESTO
N. 5: Le cosche in Germania) e al ricompattamento tra le cosche
(TESTO N. 6: La tregua).
Testo n. 1:
Duisburg:
Unesecuzione militare: cinquantanove i colpi esplosi dagli
uomini che hanno atteso appostati per la strada le loro vittime.
La festa:
Marted sera (15 agosto 2007) nel ristorante Da Bruno, a
Duisburg, sei uomini vicini alla cosca Strangio-Nirta festeggiano
il 18esimo compleanno di uno di loro.
Il massacro:
Verso le due di notte, alluscita dal locale vicino alla stazione,
contro i sei uomini si abbatte una tempesta di piombo. Le vittime
vengono fnite con un colpo alla nuca.
Il ritrovamento:
Verso le 2.30 la polizia tedesca trova quattro cadaveri in una
Golf Volkswagen, altri due in un furgone Opel. Una delle vittime
muore in ambulanza.
La scena del crimine dice che lagguato stato organizzato
con una precisione militare. Cinquantanove i bossoli trovati, ma
a parte un proiettile che scheggia due volte la vetrina del risto-
rante e un altro che segna la statuetta di una spigolatrice, la po-
lizia non trova altri segni.
Chi ha sparato sapeva farlo. Ci sono rose strette di colpi sulle
fancate delle auto. Chi ha sparato s allenato a odiare e a non
farsi prendere la mano.
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Commento didattico
Alle prime ricostruzioni della strage di Duisburg, nelle
cronache dei giornali seguirono tutta una serie di puntualizza-
zioni e precisazioni sulla storia delle faide legate ai clan, qui
in contrapposizione, che offrono a studenti e docenti un primo
quadro delle ragioni che avrebbero scatenato il massacro.
Ovviamente, il lavoro con gli studenti non si limita alla lettura
di ci che riportano i giornali. Gli articoli richiedono unanalisi
critica. Per questo confronto critico, spesso non suffciente la
quantit di informazioni che pu essere desunta dalle cronache
di giornali; a queste informazioni gli studenti devono, quindi,
affancare ulteriori contestualizzazioni, documentazioni e ricer-
che specifche.
Il documento che riportiamo, qui di seguito, sulla storia delle
faide, offre senzaltro tutta una serie di informazioni che aiutano
docenti e studenti a capire, inoltre, che la cronaca di sangue legata
alle logiche ndranghetiste non sono improvvisazioni odierne, ma
che spesso vanno indietro negli anni. Compito dellanalisi didat-
tica non , allora, solo quello di cercare di cogliere cosa un testo
dice, ma cercare di capire anche cosa un testo non dice. Intanto,
vediamo come le faide vengono spiegate:
Testo n. 2:
Sedici anni di faida Una cronaca di sangue
Lepisodio da cui nata la faida di San Luca risale al Car-
nevale del 1991, 10 febbraio: un banale lancio di uova tra due
gruppi di ragazzi nella piazza del paese. I giovani appartengono a
famiglie contrapposte: da una parte gli Strangio-Nirta, dallaltra i
Vottari-Pelle-Romeo. Una parola di troppo, unoffesa, e si scatena
la furia omicida.
1991 (14 febbraio):
Vengono ammazzati Francesco Strangio e Domenico Nirta,
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tutti e due classe 1971. Feriti Giovanni e Sebastiano Nirta, rispet-
tivamente 22 e 20 anni, fratelli dellucciso.
1992 (25 luglio):
Il clan Strangio-Nirta si vendica con lomicidio di Antonio
Vottari, 25 anni.
1993 (primo maggio):
A san Luca la festa dei lavoratori segnata dal sangue. Sotto
i colpi darma da fuoco cadono Giuseppe Vottari, 41 anni, e Vin-
cenzo Pugliesi, 19. I Vottari la sera stessa uccidono per ritorsione
Antonio Strangio, 40 anni, e Giuseppe Pilia, 23.
Dopo la strage del primo maggio le armi tacciono per pi di
dieci anni. Ma lodio fra i clan rivali non archiviato e la scia di
sangue riprende nel 2005.
Gennaio 2005:
Domenico Giorgi (affliato Strangio-Nirta) uccide Salvatore
Favasuli. La pista quella passionale (lassassino ha una rela-
zione con la fdanzata del morto) ma il morto vicino ai Vottari e
lomicidio riacutizza i rancori.
31 ottobre 2005:
Viene ammazzato il fratello di Domenico Giorgi, Antonio, 31
anni.
25 dicembre 2006:
I sicari uccidono Maria Strangio, 33 anni, moglie di Giovanni
Nirta (ritenuto il capo del clan). Nellagguato restano feriti anche Do-
menico, 5 anni appena (nipote della donna uccisa), Francesco Nirta,
32 anni (cognato della donna uccisa) e Francesco Colorisi, 23 anni.
20 maggio 2006:
Viene ucciso Rocco Aloisi (padre di Antonio, vicino ai Votta-
ri), 56 anni.
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12 luglio 2006:
La vendetta colpisce Giuseppe Campisi (gruppo Vottari), 32
anni.
3 agosto 2006:
Tocca a un altro uomo della famiglia Vottari, Antonio Giorgi,
56 anni.
15 agosto 2007:
A Duisburg, in Germania, strage. Muoiono crivellati di colpi
Marco Marmo, 25 anni, Sebastiano Strangio, 39 anni, i fratelli
Francesco e Marco Pergola (22 e 20 anni). Tommaso Venturi, 18
anni e Francesco Giorni, 17 anni. Sono tutti pi o meno legati allo
schieramento Vottari-Pelle-Romeo.
Commento didattico:
Le faide
Le vendette non conoscono deroghe nel codice della ndran-
gheta. E talvolta non guardano in faccia nessuno, n donne n
bambini. A Duisburg, la faida di San Luca ha riacceso i rifettori
sulla ndrangheta. Nella cittadina renana, nella notte tra il 14 e
il 15 agosto del 2007 sei giovani sono stati uccisi alluscita del
ristorante Da Bruno. Cera stato un summit, prima dellarrivo
dei sicari. Nella tasca di una delle vittime, Tommaso Venturi, che
quel giorno aveva festeggiato il diciottesimo compleanno, stato
trovato un santino piegato in quattro e bruciato al centro, raffgu-
rante San Michele Arcangelo (vedi p. 75), simile a quelli utilizzati
dalla ndrangheta durante i riti di iniziazione. Secondo gli inqui-
renti tedeschi, i sei uccisi a Duisburg erano legati o contigui alla
cosca dei Vottari-Pelle in guerra con i Nirta-Strangio.
Marco Marmo, una delle vittime di Duisburg, il giorno prima
della strage, aveva chiamato il fratello a San Luca. Ho le armi,
gli aveva detto, durante una conversazione telefonica intercettata
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dalla Criminalpol. Le armi sono state trovate dalla polizia tedesca
nello stesso ristorante, di propriet di Sebastiano Strangio, unal-
tra delle vittime, gi sospettato di omicidio, il quale gi nel 1993
era ritenuto organico alle cosche di San Luca e coinvolto a pieno
titolo nel giro del riciclaggio di denaro sporco in Germania.
Chi ha sparato in Germania aveva un obiettivo preciso: vendi-
care lomicidio di Maria Strangio, uccisa il giorno di Natale del
2006 a San Luca, il paese della faida.
Le faide sono tipiche della ndrangheta, scontri allultimo san-
gue generati da un odio selvaggio che ruota attorno al soldo o alla
propriet o pi semplicemente al prestigio o allaffermazione so-
ciale. Spesso piccoli moventi possono saturare la riserva di odio,
come a San Luca dove i primi morti si sono registrati in seguito ad
una bravata con lancio di uova durante il carnevale del 1991.
Le faide hanno molte cose in comune con le disamistade sarde,
caratterizzate dal dovere millenario della vendetta, spesso origi-
nata da futili motivi, come lo scontro tra i Succu ed i Corrine.
Il punto di partenza, spiegano Luigi Maria Lombardi Satriani
e Mariano Meligrana, il concetto popolare di offesa, legato al
senso dellonore e della dignit, e la correlativa affermazione giu-
ridica che loffesa deve essere vendicata () Chi si sottrae al di-
ritto-dovere della vendetta () non considerato un uomo, cio
viene bandito dallideale di umanit che caratterizza storicamente
una comunit o unaggregazione sociale
1
.
La catena di vendette, ancora oggi, in alcuni centri della Cala-
bria, mantiene in vita un piccolo esercito di fuggiaschi colpevoli
in base al codice penale, ma innocenti per secolare codice donore
accettato e rispettato dagli uomini della ndrangheta.
Molti paesi della Calabria rievocano lunghe scie di sangue.
Cittanova rimanda al duro scontro tra le famiglie Facchineri e
Raso-Albanese, mentre Seminara ricorda la sanguinosa faida tra
i Giuffr ed i Pellegrino. Salvatore Pellegrino, boss dellomoni-
1
L.M. Lombardi Satriani-M. Meligrana, Un villaggio nella memoria, Casa del Li-
bro, Reggio Calabria, 1983, p. 139.
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ma famiglia, era soprannominato Luomo mitra. Una volta si
present armato al funerale di Giuffr, mettendo in fuga amici e
parenti che seguivano il feretro. Poi esplose alcuni colpi di mitra-
gliatore contro la bara dellavversario defunto: Anche da morto
sei rimasto solo, grid in uno spasimo di onnipotenza.
Lelenco delle faide in Calabria lungo. Quelle note sono le-
gate a paesi, come Cimin, Locri, Siderno, Gioia Tauro, Castella-
ce di Oppido Mamertina, Motticella. In questultima faida, scop-
piata nella zona di Bova in seguito ad un sequestro gestito male,
venne uccisa anche una giovane studentessa universitaria.
Molti attribuiscono la frequenza delle faide alla mancanza di
un organo verticistico sul modello di Cosa Nostra, capace di regi-
mentare gli scontri. Nella ndrangheta non ci sono mai stati boss
come Tot Riina o Bernardo Provenzano a capo di tutte le fami-
glie. In Sicilia, pertanto, si ricordano pochissime faide e quasi
tutte in tempi remoti. Una delle ultime quella scoppiata in seno
ai Greco. Da allora i Greco di Ciaculli hanno cercato sempre di
distinguersi da quelli di Croceverde Giardini.
Analisi didattica
Il TESTO N. 2 parla di una cronaca di sangue che dura da sedici
anni: la faida di San Luca. Nel testo si fa risalire la scia di sangue,
come noi stessi abbiamo commentato, a una ragazzata, ovverosia
a un lancio duova tra i ragazzi di due clan contrapposti.
Chiediamoci, per: possibile che un lancio duova tra ragazzi
possa aver costituito un motivo tale da far scatenare una guerra
tra clan contrapposti e che dura ormai da sedici anni? O si trattava
forse, gi da sempre e comunque, di una lotta per la supremazia
di un clan sullaltro?; di una lotta per il potere e per legemonia e
lestensione territoriali? In altri termini: si tratta solo di vendetta
per lonore ferito, per il rispetto perduto o di stragi anche
calcolate per garantirsi e aumentare il potere di un gruppo sul-
laltro?
La ferocia dei delitti, che sfocia nel massacro di Duisburg, fa
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presumere che, oltre ai motivi di vendetta e donore, la guer-
ra tra i clan miri allegemonia.
In base alla ricostruzione delleccidio di Duisburg, si potuto
chiarire che prima dellarrivo dei sicari, a Duisburg, nel ristorante
Da Bruno, a cena, cera stato un summit. Quella notte non si
sarebbe solo festeggiato il compleanno (18 anni) di una delle vit-
time, ma anche il suo ingresso nellonorata societ, cio un rito
diniziazione con la cerimonia della copiata.
Testo n. 3:
Liniziazione
Dalle cronache di quotidiani:
Nelloccasione, il neo maggiorenne sarebbe stato inziato
alla ndrangheta. Nel portafoglio di Venturi, il ragazzo che lavo-
rava da diverso tempo nel ristorante gestito dai fratelli Sebastiano
e Giovanni Strangio, e che aveva studiato alla scuola alberghiera
di Muelheim, a poca distanza da Duisburg, infatti, stato trovato,
gelosamente custodito, un santino piegato a quattro, con lim-
magine di San Michele arcangelo. Limmaginetta sacra presenta
una bruciatura allaltezza della testa dellarcangelo in una delle
sue classiche rappresentazioni. Il reclutamento nella ndranghe-
ta avviene secondo un rituale prestabilito e rigido; rituale che
ha inizio con il battesimo. Con tale rito laspirante entra a
far parte della ndrangheta con lappellativo di picciotto. Il
battesimo, cos denominato perch come con il battesimo nella
religione cristiana il bimbo entra a far parte della chiesa, pa-
rimenti laspirante diventa parte dellorganizzazione criminale.
Il rito di iniziazione viene celebrato, di solito, alla presenza del
numero minimo di cinque picciotti pi il celebrante che sar
uno ndranghetista anziano. Il rito inizia con le domande del
celebrante sulla possibilit di dar luogo alla cerimonia. Ottenuta
risposta positiva lanziano, con il vangelo in mano, ammoni-
sce i presenti sullimportanza del rito e intima loro di assumere
la posizione prevista con le braccia conserte. Il cosiddetto van-
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gelo non quello usato per le celebrazioni cristiane nella chiesa
cattolica, ma un libro dove sono scritte le regole e i rituali del-
lorganizzazione criminale. Quindi pronuncia le prescritte frasi:
battezzo questo locale santo, sacro e inviolabile nella stessa ma-
niera nella quale lo hanno battezzato i nostri avi dai quali noi di-
scendiamo, i cavalieri spagnoli Osso, Mastrosso e Carcagnosso,
e se un tempo era un posto comune da questo momento diventer
un luogo santo, sacro e inviolabile. Se qualcuno non lo ricono-
scer come tale ne pagher le conseguenze con cinque zacca-
gnate nella spina dorsale come scritto sulla regola sociale.
Al termine di questa locuzione laspirante verr sottoposto a del-
le prove che serviranno a mostrare agli astanti il suo coraggio di
neofta. Si buca un dito di una mano del giurante e il sangue viene
versato su una immagine sacra raffgurante San Michele arcan-
gelo. Limmagine viene posata sulla mano dello stesso e le si d
fuoco. A questo punto il neofta, che deve sopportare il bruciore,
la passa da una mano allaltra fno a totale spegnimento, giura di
mantenere fede ai principi della ndrangheta.
(Francesco Sorgiovanni, Il Quotidiano, 31 agosto 2007, pp. 6-7)
Testo n. 4:
Gli associati ai clan di San Luca - Da un rapporto della po-
lizia tedesca
Secondo un rapporto della polizia tedesca agli associati ai clan
di San Luca appartengono i seguenti 30 ristoranti, 2 hotel, 3 ditte,
2 edifci abitativi:
Da Bruno Duisburg
Zur Flotten Theke Duisburg
Da Michele Duisburg
Hotel Zum Rmerwall Geldern
La Gioconda Duisburg
La Gioconda II Duisburg
Landhaus Milser Duisburg
Il Mercator Duisburg
20
Sole del Sud Duisburg
Calabrisella Duisburg
La Taverna Bochum
Trinacria Neukirchen
Rizzo Recklinghausen
Isola dElba Oberhausen
Mama mia Oberhausen
Pizzeria Toto Oberhausen
Ditta: Rmerwall Oberhausen
Paganini im Gildehaus Erfurt
Rossini Erfurt
Nirta-Giorgi GbR Erfurt
Due case di abitazioni ad Erfurt
Il Mulino Erfurt
La Trattoria Erfurt
Waldhaus Erfurt
Fellini Erfurt
Borsalino Erfurt
Schuhgeschft Zumnorde Erfurt
Ditta Food GbR Erfurt
Caravaggio Unterschliessheim
Bei Toni Kaarst
Sportgaststtte Deizisau
Eiscaf/Gelateria Bous
Paganini (Pizzeria allimpiedi) Leipzig
Paganini (Pizzeria e bar) Leipzig
Pizzeria Leipzig
(Calabria Ora, 26 agosto 2007, p. 26)
21
Nr. 5:
Le cosche in Germania
(Panorama, 20-09-2007, p. 67)
22
Testo n. 6:
La tregua
Un mese dopo Duisburg stop alla faide nel cuore della Locri-
de. Lo hanno deciso i boss in un summit di pochi giorni fa, perch
dopo la strage tedesca lorganizzazione ha bisogno di riprendere
i propri traffci.
Un mese dopo la strage di Duisburg, San Luca, cuore feri-
to della Locride, galleggia in una pace irreale. La faida che la
insanguina da anni sembra essersi fermata. Voci, intercettazioni,
fonti confdenziali hanno dato un nome a questo tempo sospet-
to: tregua. Quei cunni la devono piantare di portare scompiglio
era stata la parola dordine, intercettata a fne agosto in una delle
conversazioni sotto controllo. I cunni, stupidi in dialetto, erano
le famiglie impegnate nella guerra di San Luca. E cos, a inizio
settembre, le pi importanti cosche della ndrangheta, dai Pelle
ai Barbaro, dai Condello ai De Stefano, dai Cord ai Morabito,
hanno inviato i loro ambasciatori in una localit segreta, con un
unico mandato: riportare la pace in Calabria. Un vertice voluto da
Antonio Pelle, detto Gambizza, uno dei personaggi carismatici
nel pantheon dellorganizzazione. Secondo le notizie raccolte da-
gli investigatori, larmistizio sarebbe stato siglato il 2 settembre,
data simbolica, in cui gli affliati onorano la Madonna di Polsi, il
cui santuario si trova sopra San Luca. La tregua dura da giorni e,
presto, permetter alle ndrine di riprendere i traffci, dalla droga
al riciclaggio, interrotti, dopo la mattanza di Ferragosto, per lon-
data repressiva delle forze dellordine. In realt il business non si
mai fermato fa sapere Ercole DAlessandro, ispettore capo del
gruppo operativo antidroga della Guardia di fnanza di Catanzaro,
uno dei massimi esperti sul narcotraffco dei clan. Comunque
agli occhi delle grandi famiglie la strage di Duisburg stata una
mossa sbagliata, un colpo terribile ai loro affari allestero. Sono
tutti molto arrabbiati aggiunge Nicola Gratteri, sostituto procu-
ratore della Repubblica di Reggio Calabria, impegnato in prima
linea nelle indagini sulla faida. Qualcuno pagher per questo im-
23
previsto? Non esiste il concetto di gratis nella ndrangheta pre-
cisa il magistrato che nel suo libro Fratelli di sangue aveva gi
denunciato la ferocia senza pari dellorganizzazione.
(Panorama, 20. 09.2007, p. 66)
Commento didattico:
Il codice della ndrangheta*
La ndrangheta, a differenza di Cosa Nostra, ha sempre fatto
uso di codici scritti, di rituali e di simbologie. Anche recentemen-
te, nel corso di controlli e perquisizioni effettuate dalle forze del-
lordine, sono state ritro vate copie di codici, cio le trascrizioni
nella maggior parte dei casi re datte in dialetto, con grafe incerte
e da persone semi letterate del rito e del le formule esoteriche
attraverso cui si entra nella ndrangheta. In questi stessi codici
vengono distinti i ruoli interni della Societ, vengono preci sati
i compiti e le caratteristiche dei com ponenti, nonch le regole di
com portamento degli adepti e le sanzioni in caso di infrazione
delle norme sta tutarie.
Il primo codice di cui si ha notizia quello di Nicastro (1888)
2
.
Esso conteneva 17 articoli riguardanti gli obblighi e doveri degli
affliati, la formula del giuramento, la parola dordine per ricono-
scersi fra loro e distinguersi da quelli di altra societ.
Il primo codice, a fnire nelle mani delle forze dellordine ,
inve ce, quel lo di Seminara (1896).
Da allora le forze dellordine sono riuscite a recuperare diver-
si esem plari di questo importante documento che nel tempo ha
mantenuto la strut tura ori gi nale. Scrive il prof. Massimo Baldini,
esperto di comunicazione: Nelle culture orali primarie il sape-
* Queste pagine, relative al codice della ndrangheta, sono tratte da Fratelli di San-
gue, pp. 79 sgg..
2
Sezione Accusa, Cantafo Vincenzo +53, volume 129, 25 maggio 1888 in E. Ci-
conte, op. cit. p. 25.
24
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25
re fnisce con lessere trasmesso at traverso formule, frase fatte,
proverbi, massime, in breve fnisce con les sere un sa pere veico-
lato in espressioni verbali essenziali o, per meglio dire, quintes-
senziali.
Originariamente, per laffliato alla ndrangheta, che viveva
nel mondo della cultura orale, la gerarchia tra i sensi era diversa
dalla nostra, in parte gutenberghiana e in parte elettronica. Egli
prediligeva ludito, in quanto mezzo di ricezione orale, piuttosto
che locchio, strumento necessario per im possessarsi delle infor-
mazioni tipiche del mondo della scrittura.
Quello della ndrangheta un codice che bisogna memorizza-
re, non consentito trascriverlo. Purtroppo, per la mafa calabre-
se, a questa regola in molti sono venuti me no.
Nel 1902, i carabinieri interrompono una riunione di picciotti
e ca morristi a Catanzaro e trovano per terra due fogli di carta,
luno col titolo Societ della malavita catanzarese coi nomi di
80 individui col rispet tivo grado di Presidente o capo-contabile,
camorrista e picciotto, e laltro col titolo Statuto della malavita
catanzarese con tutte le norme, specie dellammissione ed espul-
sione. A rimarcare il carattere esclusivo della ndran gheta, lo sta-
tuto sequestrato a Catanzaro prevedeva la esclusione dei pedera-
sti, dei mariti traditi, delle guardie di fnanza, di citt e car cerarie
e dei carabinieri, e di coloro che non si siano vendicati della gra ve
offesa dellonore. Da un processo celebrato a Cosenza nel 1903
si ap pren de che un picciotto non riuscito a diventare camorrista
perch tollera va che la moglie avesse un ganzo
3
.
In quegli anni, molte sentenze della Corte dAppello delle Cala-
brie accertano lesistenza di questi codici. In un processo del 1902,
il briga diere dei carabinieri di Filandari racconta che un imputato
gli aveva dettato a memoria lo statuto di un gruppo di picciotti con
sede a Rombiolo, ma le gati alla societ maggiore di Monteleo-
ne, lodierna Vibo Valentia. Era come se recitasse lAve Maria, se
lo teneva nella mente impresso, spieg ai giudici.
3
ASCZ, Ibidem, 1904, vol. 407, 9 marzo.
26
Il terzo codice, dopo quello di Seminara e Catanzaro, viene
ritrovato in un materasso di foglie nel 1926 dal maresciallo Giu-
seppe Delfno nella zo na di Plat. In questo documento, in tutto
tre fogli di un quaderno scritto a mano, si individua la tipologia
dei picciotti secondo il grado di ap parte nenza, e cio: semplice,
di giornata, di sgarro, di sangue e liscio. Nel codice ritrovato da
Delfno si fa riferimento ai tre cavalieri spagnoli che nellimma-
ginario degli uomini donore rappre sentavano rispettivamente:
Ges Cristo, San Michele Arcangelo e San Pie tro. Un anno dopo,
un codice simile a quello rinvenuto a Plat, stato se questrato a
Gioiosa Jonica durante una perquisizione domi ciliare.
Agli inizi degli anni Trenta, alcuni fogli di carta su cui erano
scritte, nel gergo della delin quenza, le norme della costituzione e
i diritti e do veri degli appartenenti alla camorra e dei vari gradi
gerarchici, vengono alla luce durante unaltra perqui si zione do-
miciliare. Laccenno conte nu to in una sentenza del Tribunale di
Reggio Calabria del 16 luglio 1931.
Nel 1963, un altro codice viene scoperto dalla polizia a San Gior-
gio Morgeto, in provincia di Reggio Calabria dallallora tenente dei
carabi nieri Giuseppe Galat che comandava la compagnia di Tau-
rianova. Era cu sto dito gelosa mente nellabitazione di un vecchio
boss del luogo. Limportante documento san civa gli stessi scopi e
prescriveva le medesime sanzioni con tenute negli sta tuti preceden-
ti. Lo statuto di San Giorgio Mor geto differisce, per, in qualche
punto, come spiega Francesco Ca racciolo. Esso specifca meglio lo
sco po di garantire agli affliati il mutuo soccorso e sancisce un altro
intento primario e fondamentale, che non presente negli statuti ri-
trovati in precedenza, molto simili a quelli della Camorra, e cio di
di fen dere il de bole contro il forte. Non esclude, inoltre, la ne cessit
di pro curarsi il so stentamento, di ottenere un certo lu cro mediante
lesa zio ne di tangenti sulle vincite e taglie da ottenere anche con la
violenza contro la pro priet e le persone. Lo statuto, infne, sotten-
de lob bligo di dividere il rica vato secondo la di screzione dei capi
e stabili sce di dover tutelare linte grit e la si cu rezza dellassocia-
zione me dian te severe sanzio ni e dure puni zioni da in figgere a chi
tradisce o defette.
27
Altri due statuti vengono sequestrati a Gioia Tauro e a SantEu-
femia. Il primo viene rinvenuto a casa di un sicario della ndran-
gheta dallallora com mis sario di polizia Gaetano Vasta; il secon-
do viene trovato dal capo della Mobile di Reggio Calabria del
tempo, Alberto Sabatino, nellabita zio ne di Angelo Violanti, boss
di SantEufemia dAspromonte
4
.
Documenti simili sono stati sequestrati anche in Canada e in
Australia, dove la polizia dei due Paesi ha individuato la presenza
di organizzazioni criminali legate alla ndrangheta.
Quello ritrovato a Toronto nel 1971 ripropone lo schema degli
altri codici precedenti. Si ispira ai tre vecchi cavalieri di Spagna,
primi fondatori di camorra, che hanno lavorato ventinove anni per
fondare le regole so cia li. Nella parte del rituale che spiega come
vincolare la favella, cio come impegnare laffliato alla logica
del silenzio, il codice ritrovato a Toronto fa riferimento ai due
Fratelli Medici Cosimo e Damiano. Il codice conferma anche
lesistenza della co piata, come referente di ciascun affliato: Voi
pigliate conto e sotto con to della mia copiata, io piglio conto e sotto
conto della vostra copiata.
Sempre in Canada, a London, nel 1985 la polizia federale
riuscita anche a flmare un rito di iniziazione.
Sul video le immagini scorrono nitide, anche se i raggi del
sole, fltran do attraverso le tapparelle abbassate, sfocano i profli.
Cinque uomi ni si av vicinano al tavolo, parlottando tra loro a voce
bassa, qua e l taglia ta da una grossa risata. Quando nella stanza
entra il mastro di cerimo nia cala il silenzio.
un flmato eccezionale, unico nel suo genere, che per la pri-
ma volta, al di l delle fnzioni cinematografche, getta uno squar-
cio di luce sulle for mule di iniziazione mafosa, su cui ormai, da
tempo, esiste una diffusa letteratura.
Le immagini risalgono al 1985, quando un agente dellRcmp,
4
Molti collaboratori hanno descritto agli inquirenti le regole della ndrangheta. Un
codice venne dettato a verbale il 22 gennaio del 1960 al capitano dei carabinieri di Pal-
mi, De Salvo, da un affliato alla cosca locale. Importante, nella ricostruzione di questi
documenti, stata anche la collaborazione del pentito Pino Scriva.
28
le Giubbe Rosse, Giovanni Persichetti, dopo essersi guadagnato
la fducia dei fratelli Zangari, viene invi tato a entrare in un locale
di ndrangheta. Per mesi a veva acquistato e ri venduto cocaina,
grazie allaiuto di un altro agente sottocopertura che fre quentava
lippodromo di London, una citt dellOn tario. Persichetti con-
vince i suoi futuri confratelli a celebrare il rito di iniziazione
nel suo appartamento, per loccasione attrezzato di telecamere e
microfoni.
Dopo le varie raccomandazioni sul tema dellonore, della fe-
delt alla famiglia e della vendetta che colpisce, ineluttabilmen-
te, chi tradisce, Persi chetti sulla lama di un coltello, recita una
formula in uso nella ndrangheta sin dalla fne dellOttocento:
Manger con i miei compagni e divider con essi giusto ed in-
giusto, carne, pelle, ossa e sangue fno allultima goc cia. Se fal-
lir ogni macchia donore sar a carico mio e a discarico della
societ. Tutto avviene sotto locchio asettico delle te lecamere
che flma no anche la cena a base di pescestocco, una particolare
lavorazione del merluzzo, secondo le pi antiche tradizioni della
mafa calabrese.
Scrive il Raggruppamento Speciale Operativo (Ros) dei Cara-
binieri: La ndrangheta ha sempre conservato loriginale carat-
terizzazione re gio nalista, connotata da riti e linguaggi ad elevato
contenuto simbolico. Lo statuto, che alla base del rito dellin-
vestitura e che diventa il rife rimento per ogni decisione gestio-
nale della cosca, ricorre, infatti, ad un linguaggio criptico, in cui
appaiono inserimenti lessicali campani, allit terazioni ed al legorie
che conferiscono un alone di mistero ed un coin volgimento
e motivo analogo a quello presente in molte antiche ag gre gazioni
militari e religiose.
Per il Ros, il Codice diventa uno stru mento che assicura il sen-
so di appartenenza allorganizzazione, con ferendo alle decisioni in-
terne una legittimazione vissuta intimamente da tutti gli affliati.
Ed ancora: Il rito ed il suo linguaggio permettono la condivisione
di potere, attribui sco no il senso di sicurezza e di protezione e rap-
presentano, in un contesto di de grado culturale ed economico, la
rivalsa dallumile condi zione e le man ci pazione della societ cri-
29
minale calabrese. Ogni ordina mento [] si fonda sulleffettivit
del valore del linguaggio.
Il Ros conclude, precisando che dalle testimonianze rese da
pi af flia ti alla ndrangheta, emerge il rispetto incondizionato per
le regole e la totale assimilazione del lin guaggio della cosca, che
generano unim me desimazione generale delluo mo nella struttu-
ra criminale di appar tenen za.
Il codice ritrovato nel 1989 nel covo del superlatitante Giu-
seppe Chil conferma i cambiamenti avvenuti nella ndrangheta
dopo il summit di Montalto. Il documento diviso in tre parti.
La prima dedicata alla societ di sgarro e ai suoi rituali. I
riferimenti storici sono ai mitici cavalieri di Spagna e ai tre pre-
sunti assassini di San Michele Arcangelo, Minofrio, Misgrizzi e
Misgarro. Il giuramento quel lo tradizionale che impegna il neo-
fta a spartire con gli altri fratelli di san gue tutto ci che pos-
siede, fno allultimo millesimo, e a difendere la socie t di sgar ro
fno allultima goccia di sangue, precisando che ogni infamit o
mac chia donore avr ripercussioni personali e non intaccher
lorganiz zazione nel suo insieme.
Nella seconda parte si parla di Vangelo. E, oltre a Ges Cristo,
i re ferenti sono i tre magi: Gaspare, Melchiorre e Baldassarre. I
fratelli si im pegnano a non partecipare a nessuna societ []
tranne il Sacro Van ge lo.
Il carattere esclusivo di questo nuovo organismo si coglie me-
glio nella terza parte, quando si parla esplicitamente della Santa.
Ai re magi su bentrano Giuseppe Mazzini, Giuseppe Garibaldi e
Giuseppe (sic) La Mar mora e nel giuramento il neosantista si im-
pegna a rinnegare la societ di sgarro e qualsiasi [altra] organiz-
zazione. un passaggio epocale nella sto ria della ndrangheta.
Altri tre codici nel 1990 vengono sequestrati a Rosarno, La-
mezia Ter me e a Valle forita, nei quali, oltre al Conte Avignone,
Fiorentino di Russia e Cavaliere di Spagna, si fa riferimento ad
un certo Salvatore Bal zano, il quale avrebbe scoperto la Camor-
ra sullisola di Favignana. Altri codici, invece, citano il Conte
Ugolino.
Infne, un codice inedito, del quale pubblichiamo la versione
30
integrale in appen dice, stato scoperto, per caso, nella sof ftta di
una abitazione di Prestinace nel 1975.
Anche se il contenuto di questi statuti sembra essere un sug-
gestivo re taggio del passato o semplicemente materiale di ricer-
ca antropologica, re cen tis si me indagini hanno confermato che la
ndrangheta continua a farne uso, tanto da poter affermare che
non vi locale in Calabria e negli in sediamenti fuori della Ca-
labria che sia privo di un codice
5
.
In una conversazione intercettata il 5 maggio del 2005, un
uomo di Careri viene ascoltato mentre riferisce allo zio residente
in Australia parti colari importanti sullorganigramma della ndri-
na, a cui appartiene. Ven gono forniti molti dettagli sulla cerimonia
di iniziazione, utilizzando ter mini inequivocabili, come mastro
di tirata, capo di societ, mastro di giornata e contabile
6
.
Ha scritto Vincenzo Macr, sostituto della direzione nazionale
antimafa e uno dei magistrati pi attenti nellanalisi di questa
organizzazione crimi nale: Ancora oggi [...] quei riti, quelle for-
mule, sono osservate come cen to anni fa, nel lo vile di Plat, come
nei rioni di Reggio Calabria, nel retro dei bar di Buccinasco,
come nelle fattorie australiane, ovunque insomma la ndrangheta
esprime la continuit della sua presenza, della sua attivit, del suo
proselitismo, della sua espansione. Anche nel rispetto delliden-
tit del passato va ricercato uno dei motivi di tale sorprendente
capacit di sopravvivenza, di continuo rinnovamento, di rapido
adeguamento al muta mento delle situazioni esterne
7
.
Le diversit dei vari statuti se ci sono, sono marginali e mai
sostanziali, dovute molto probabilmente alla trasmissione orale,
lunica ammessa, che in certa misu ra pu comportare modifche e
varianti. Le parole sono pesate e le allusioni sono profonde, cos
5
Tracce dei riti di iniziazione sono state documentate recentemente in unindagine
condotta in Liguria e durante unintercettazione ambientale condotta in Calabria.
6
Guardia di Finanza, Comando Compagnia di Locri, Relazione conclusiva Proce-
dimento Penale nr. 1231/2005 R.G.N.R. DDA.
7
Direzione Nazionale Antimafa, La Ndrangheta. Vincenzo Macr.
31
come i dialoghi intrisi di metafore, ma anche di una gestualit di
grande interesse antropologico.
Raccontano i pentiti di ndrangheta che i codici rappresentano
degli strumenti formidabili per assi curare il senso di appartenen-
za allorganizza zione, ma anche per dare al rapporto associativo
una sua legittimazione, fondata su pretesi sentimenti di onore e di
superiorit.
C, per, una cosa che i codici non spiegano e riguarda lele-
zione o la nomina dei livelli pi alti della gerarchia ndrangheti-
sta. Non sappiamo come si diventa contaiolo o capo-bastone, se
per nomina o per elezione, n quale rituale si segue. Sul fnire
dellOttocento, si trova scritto in due sentenze che il capo-bastone
veniva eletto a maggioranza di voti e che dovendosi presce-
gliere il capo, appellato anche capo-bastone, riunivansi tutti i soci
e facevasi la cos detta causa del Tronco dellalbero con vota zione
franca, libera a teste scoperte.
Poi non si pi saputo nulla.
32
33
LE UNIt DIDAttIChE:
Storia e Struttura della ndrangheta
34
35
Introduzione
Lo schema (Ndrangheta - origini, cause ed evoluzione del fe-
nomeno, cfr. p. 34) col quale apriamo allunit didattica sulla sto-
ria della ndrangheta, raccoglie tutta una serie di informazioni e
dati sulla ndrangheta che, nel lavoro con gli studenti, sono prezio-
si per portare alla luce e analizzare non solo le origini lontane del
fenomeno criminale, che va sotto il nome ndrangheta, ma an-
che per evidenziare e discutere gli intrecci che sono esistiti, gi da
sempre, tra ndrangheta e politica e tra ndrangheta ed economia.
Lo schema storico fornisce, inoltre, anche un quadro delle guer-
re intra-ndranghetiste per il predominio di alcune famiglie sulle
altre, nonch una descrizione dei contatti e dei patti di riappacif-
cazione tra pi forme di organizzazione criminale (Cosa Nostra
siciliana e Camorra napoletana), che se da un lato riguardano il
controllo sempre pi rigoroso del territorio, dallaltro interessano
direttamente le possibilit di consolidamento e di espansione del-
la gestione del grande traffco soprattutto della droga.
Nel CAPITOLO 1 (si vedano anche i grafci pp. 50 e 60), accanto
alla storia della ndrangheta, si offre un quadro delle fgure che
formano le basi della famiglia ndranghetista o della picciotteria.
Appartengono alla famiglia della picciotteria i fratelli maggiori
(o camorristi) e i fratelli minori (o picciotti). Il boss il capo-ba-
stone. I giovani donore si dividono in picciotti lisci e picciotti
di sgarro; per la promozione si versava al puntaiolo la dritta che
veniva utilizzata per il pranzo che si consumava assieme a tutti gli
affliati (si veda grafco p. 47). La carriera si apre con il rito
36
diniziazione (rito valido oggi ancora, vedi pp. 18-19) che sigilla
il patto di fedelt, il rispetto dovuto, ovverosia: laccettazione del-
le regole ferree che devono assicurare lassoluta omert.
Intorno a queste regole di sangue, come lonore e la vendetta,
si creata una sorta di giustifcazione della ndrangheta. Come
dire: l dove lo Stato assente, si sviluppano fenomeni di auto-
giustizia, di esaltazione del coraggio individuale (il farsi rispet-
tare), la difesa del proprio onore, ecc..
Ma la ndrangheta lotta per la difesa di valori umani? Pu lomi-
cidio essere un valore? Ci pu essere una criminalit buona? Una
criminalit della giustizia? La vendetta un atto di giustizia?
Qualche altra domanda su cui si pu discutere:
Gli omicidi sono atti di giustizia, atti, cio, che confermano
i valori della tradizione contadina? Di quale onore, di quale
rispetto si fa carico la criminalit organizzata della ndrangheta?
Se si passa dai cenni storici alla storia attuale delle ndrine (=
le famiglie della ndrangheta) balza subito agli occhi lidentica
struttura ferrea che costituisce la ndrangheta; siamo, infatti, so-
stanzialmente sempre allinterno di famiglie (ndrine) e, quin-
di, sempre allinterno dellomert assoluta di cui si diceva sopra.
Tant vero che lOnorata Societ (o picciotteria) dispone di un
proprio tribunale col quale dimostrare lineluttabilit e linevita-
bilit delle punizioni che infigge (cfr. p. 47).
Ma, oltre a smascherare il falso onore di cui si serve la ndran-
geta, il CAPITOLO 1 fa capire che tra ndrangheta e politica c stato
sempre un rapporto dintesa. La ndrangheta ha trovato negli am-
bienti di potere, nelle istituzioni e in non poche fgure istituzionali,
possibilit di ramifcazione, di auto-tutela, di co-partecipazione. Il
CAPITOLO 1 permette, quindi, una rifessione, anche e soprattutto,
retrospettiva sulla storia della ndrangheta, attraverso cui gli stu-
denti possono rendersi conto che la ndrangheta non si fatta mai
(quindi tanto nella sua genesi, quanto nel suo svilupparsi, consoli-
darsi ed espandersi) portatrice di valori umani. In altri termini:
non c stata e non c una ndrangheta buona. Tuttaltro: si pu
dimostrare, infatti, che le nozioni di fedelt, dignit, rispetto, ono-
37
re, utilizzate in seno alla ndrangheta non sono regole in difesa
delluomo, ma regole che difendono gli interessi criminali e parti-
colari delle ndrine. Non solo: ma che, in non pochi casi e quando
ritenuto necessario, sono regole da applicare contro altre ndrine.
La guerra tra le ndrine anche, soprattutto, scontro di sangue per
la supremazia e legemonia sui territori e sugli affari. Di onore non
c traccia. Tanto vero che dalle guerre tra le ndrine si passa alla
pace o ai nuovi accordi tra le ndrine (si veda sopra anche il testo
n. 6, La tregua, pp. 22-23), l dove sono a rischio gli interessi cri-
minali di queste organizzazioni (si vedano nello schema iniziale e
nei testi qui successivi, le nuove intese, i nuovi accordi).
Questi contesti di lotta, anche allinterno delle ndrine, sono
documentati nel CAPITOLO 3 (Lurbanizzazione della ndranghe-
ta). Il capitolo mette in evidenza le trasformazioni allinterno
della struttura ndranghetista, nonch i passaggi dalluno allaltro
modello di gestione dellorganizzazione criminale. Da un lato le
divisioni e le gerarchie (si noti le divisioni tra santisti e sgarri-
sti), dallaltro il bisogno vitale di unitariet e coesione allinterno
dellonorata societ e lallargamento degli intrecci con altri po-
teri (per esempio: la destra eversiva, i legami con la massoneria
deviata, quindi con magistrati, poliziotti, politici, avvocati, ecc.).
Unanalisi attenta del capitolo, che studenti e docenti possono
sviluppare nelle forme didattiche che riterranno utili (lavoro di
gruppi, analisi individuali o lettura a cui partecipa tutta la classe
direttamente), mostra peraltro che le lotte interne portano a nuo-
ve forme di organizzazioni (lotta tra lala tradizionalista (gli sgar-
risti della ndrangheta contro la societ di santa) e a mutamenti
anche dei riti diniziazione (i cavalieri spagnoli Osso, Mastrosso
e Carcagnosso vengono sostituiti dalle fgure massoniche Gari-
baldi, Mazzini, La Marmora). Fondamentale , per, la fusione
che viene a crearsi tra massoneria e ndrangheta che permetter a
questultima di infltrarsi direttamente nelle istituzioni. Far parte
della massoneria signifcava e signifca essere rappresentati di-
rettamente nelle istituzioni, quindi non solo consolidare il potere,
ma creare una forma di simbiosi tra ndrangheta e politica. Se a
questo intreccio tra mafa e politica si aggiunge che la ndranghe-
38
ta intensifca i rapporti con Cosa nostra e le famiglie mafose di
Palermo e Catania, allora balza agli occhi ci che nel capitolo
considerato il salto di qualit della ndrangheta: da un lato la
conquista dei traffci di sostanze stupefacenti (dal Medio Oriente
al Nord-Africa), dallaltro le mani sulle opere pubbliche, o me-
glio: laccesso ai poteri politico-amministrativi e il controllo dei
traffci marittimi (illegittimi: contrabbando di sigarette, ecc.).
I CAPITOLI QUATTRO e CINQUE offrono a docenti e studenti infor-
mazioni signifcative sulle due guerre di mafa nelle quali la
ndrangheta agro-pastorale scompare defnitivamente e si crea-
no nuovi assetti per la gestione mafosa che vanno dal traffco di
stupefacenti alle risorse pubbliche (appalti), al pizzo, alla guardia-
na e al controllo del mercato del lavoro. Le guerre servirono, in
ultima analisi, a consolidare i rapporti dei gruppi criminosi emer-
genti con la Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo e con
Cosa Nostra. In questo intreccio, si prospett, non da ultimo, uno
scontro frontale con lo Stato, ma la ndrangheta pi che a scontri
diretti con lo Stato e le istituzioni mira ad entrare nelle istituzioni,
a mantenere ed ampliare i contatti con logge massoniche, politici,
istituzioni deviate (vedi soprattutto CAPITOLO CINQUE): il suo uni-
co scopo e rimane la massimizzazione dei proftti, mettendo le
mani sul potere politico ed economico.
Se, ad una lettura attenta del TERZO CAPITOLO, si legano le in-
formazioni e i dati contenuti nei CAPITOLI QUARTO e QUINTO, gli stu-
denti possono sviluppare un quadro dellascesa gigantesca della
ndrangheta a forza istituzionale. In questo quadro si potrebbero
raccogliere le voci pi signifcative di questo passaggio:
Lascesa della ndrangheta
Dimensione politica Dimensione economica
............................................... ...................................................
Intreccio tra
Politica e Economia
................................................ ................................................
39
La divisione territoriale
Commento e programmazione didattica
La ndrangheta, inizialmente, era (a partire dalla seconda met
dellOttocento) un fenomeno ristretto alla provincia di Reggio
Calabria. A partire dagli anni Sessanta, ci che sembrava un fe-
nomeno limitato e ristretto alla Provincia di Reggio ha raggiunto
un grado di espansione tale da penetrare non solo anche nel Cen-
tro e nel Nord dItalia, ma da estendersi ed espandersi anche in
molti paesi stranieri. I dati presenti nei CAPITOLI SEI, SETTE, OTTO
e NOVE mostrano che non si pu parlare pi di un fenomeno di
criminalit accanto ad altri fenomeni criminosi, ma di una strut-
tura criminale organizzata che non conosce frontiere e capace di
imporre razionalmente ed internazionalmente (si veda schema p.
130) il suo dominio.
Il CAPITOLO SETTIMO offre a docenti e studenti unanalisi serrata
relativamente alle ndrine calabresi e tutta una serie di cartine che
documentano la diversifcazione e gli intrecci dellespansione di
questa organizzazione criminale. Al grafco iniziale (La divisione
territoriale, p. 112, che spiega la divisione della Calabria in tre
mandamenti) abbiamo fatto seguire, come si diceva sopra, sin-
gole cartine della criminalit organizzata (del Raggruppamento
Speciale Operativo di Reggio Calabria):
cartina della criminalit organizzata di Reggio Calabria (p. 128)
cartina della criminalit organizzata della provincia di Catan-
zaro (p. 129)
cartina della criminalit organizzata della provincia di Cosenza
(p. 130)
40
cartina della criminalit organizzata della provincia di Vibo Va-
lentia (p. 131)
cartina della criminalit organizzata: Area tirrenica (p. 129)
cartina della criminalit organizzata: Area Jonica (p. 128).
Le cartine si possono trasformare in lucidi e si pu avviare una
rifessione sulla capacit di estensione della ndrangheta. Le car-
tine mostrano che la ndrangheta ormai padrona di tutto il terri-
torio calabrese e che gli affari criminali vanno dallo sfruttamento
della prostituzione ad attivit estorsive, dai traffci di stupefacenti
al mercato delle armi. I dati mostrano ancora che la ndrangheta
penetrata fortemente nel sistema produttivo e nelle amministra-
zioni comunali e che non trascura i mercati immobiliari, le attivit
fnanziarie e i grandi appalti pubblici.
Diamo uno sguardo, intanto (si veda CAP. 7 - APPENDICE), al-
lelenco delle cartine che tracciano le linee centrali dellespansio-
ne della criminalit organizzata nel Resto dItalia e che offrono
una possibilit per approfondire lespansione e gli intrecci siste-
matici di queste organizzazioni :
cartina della criminalit organizzata: Marche
cartina della criminalit organizzata: Toscana
cartina della criminalit organizzata: Umbria
cartina della criminalit organizzata: Liguria
cartina della criminalit organizzata: Piemonte, Valle
DAosta
cartina della criminalit organizzata: Veneto
cartina della criminalit organizzata: Lombardia
cartina della criminalit organizzata: Emilia Romagna
Nel CAP. SETTE - APPENDICE si voluto mettere a disposizione di
docenti e studenti tutta una serie di cartine (mappature) che loca-
lizzano la criminalit organizzata per mettere in evidenza che la
ndrangheta non circoscrivibile ad una singola regione e non si
pu, pertanto, combattere in quanto fenomeno singolo, isolato. La
ndrangheta, invece, ormai una struttura tendente ad occupare
tutto il territorio. In una formula si potrebbe dire: la ndrangheta
41
non combatte lo Stato, la ndrangheta vuole sottomettere lo Stato,
vuole, quindi, sostituirsi allo Stato. Cosa ci possa signifcare per
le istituzioni, in particolare, e per la democrazia, in generale, un
punto centrale della discussione che docenti e studenti non pos-
sono fare a meno di avviare, in quanto sono in gioco la libert, i
diritti, il futuro di tutti noi e delle generazioni future.
Prima di avviare questa discussione, consigliabile a docenti e
studenti di tenere presenti alcuni dati signifcativi sul giro daffari
di questa organizzazione criminale (cfr. CAP. OTTAVO pp. 137 sgg.).
Nel grafco (p. 139) si parla di 22,3 miliardi di euro lanno nel
settore del traffco di droga; di 4,7 miliardi di euro nel settore de-
gli appalti pubblici e della compartecipazione in imprese; di 4,6
miliardi di euro nel traffco di armi e nel giro della prostituzione;
di 4,1 miliardi di euro in estorsioni e usura per un volume com-
plessivo annuo di 35,7 miliardi di euro lanno. Il grafco, inoltre,
evidenzia anche altre attivit affaristiche: smaltimento di rifuti
solidi e urbani, ma anche tossici e radioattivi, nonch il traffco di
esseri umani e il lavoro nero.
42
43
44
45
CAPITOLO 1
Le origini della ndrangheta
*
Sulle origini della ndrangheta si sono fatte molte ipotesi. Il no-
me fa rebbe pen sare a un etimo greco. Il linguista Paolo Martino so-
stiene che ndran gheta de ri verebbe dal greco classico, quello parla-
to nella zona di Bo va, in provincia di Reggio Calabria, e preci sa men-
te da andraga thos che signifca uomo coraggioso, va lente
1
. In mol-
te zone del Reggino il verbo ndranghi tiari, dal greco andra gati zo-
mai
2
, signifca as sumere at teg gia men ti ma fo si, spavaldi, valorosi.
Gi nel periodo della Magna Grecia, individui valenti e co-
raggiosi a vevano dato vita alle cosiddette hetairiai, associazioni
in parte segrete di cit ta di ni che, non di rado, conseguivano i loro
scopi con mezzi di intimida zio ne e anche con leliminazione fsica
degli avversari. Molti secoli dopo, in un documento car tografco
risalente al 1595 si scoperto che una vasta area del Regno di
Na poli, comprendente parti delle attuali regioni della Cam pania e
della Basilicata, era nota come Andragathia region, terra a bi tata
da uomini valorosi.
In Calabria, la ndrangheta, o meglio unorganizza zione cri-
minale con tratti simili a quelli che oggi caratterizzano la mafa
* Dal libro Fratelli di sangue di Nicola Gratteri e Antonio Nicaso, 11 ed., Pelle-
grini, Cosenza, 2007.
1
P. Martino, Storia della parola ndrangheta, in AA.VV., Le ragioni della mafa,
Jaca Book, Milano, 1983, p. 124.
2
Il verbo andragatizomai atteggiarsi a uomo valoroso stato usato anche da
Tucidide, Aristotele, Diodoro Siculo, Plutarco e Polibio.
46
calabrese, ha comin ciato a farsi notare allinterno del processo
che ac compagna la formazione del lo sta to unita rio.
Nel luglio del 1861 le carceri di Reggio Calabria sono infestate
di ca morristi e, qualche anno dopo, in una lettera inviata al pre-
fetto della citt del lo Stretto viene sollecitato lar resto di ladri e
camorristi che a Gal lico tirano e fanno tirare fucilate di notte ed
uccidono cittadini che si la gna no contro di loro per furti, e soprusi
che commettono
3
. Non per un fe no meno ristretto solo alla
citt di Reggio Calabria.
Nel 1877 a Nicastro, lodierna Lamezia Terme, viene condan-
nato un cer to Giovanni Guzzi, gi recidivo e ammonito come
ozioso, vagabondo e camorrista mentre nel 1884 la Corte di Ap-
pello delle Calabrie si pro nun cia in merito al ricorso presentato da
tre imputati in precedenza am mo niti per maffa e camorra
4
.
Uno dei documenti pi interessanti di quel periodo riguarda
una lettera anonima scritta al prefetto di Reggio Calabria, France-
sco Paternostro, nel la quale viene denunciata la presenza di unas-
sociazione di criminali do tata di riti di iniziazione che per stabilire
ruoli e gerarchie ricorreva con tinuamente alla tirata, una ver sione
ru sticana e ple bea del duello, praticata anche nel napoletano
5
:
Iatrinoli (lodierna Taurianova, nda): paese di circa
3.000 abbitanti sempre concorde e pacifco da cinque anni
a questa parte per una as so cia zione di malfattori camorristi
chia mati in paese picciotti si trova al maggior segno demo-
ralizzato. Spesso nelle pub bliche vie e piazze succede la
tirata per mantenere il pubblico in aggitazione e mostrare
nel tempo stes so che la setta nulla teme: La Tirata viene
fatta ad arte picciottesca e succede senza ferimento quin-
di impunita. [] Il Calabrese che per sua in dole tende al
Brigan taggio vedendono che restano impuniti il furto: La
3
A. Nicaso, Alle origini della ndrangheta: la picciotteria, Rubbettino Editore, So-
veria Mannelli, 1990, p. 7 (ASRC, Gabinetto di Prefettura, Inv. 34, B. 39, fasc. 199).
4
ASCZ, Procedimento Guzzi Giovanni +2, v. 245, 4 settembre 1877.
5
A. Nicaso, op. cit., p. 9. ASRC, Gabinetto di Prefettura. INV. 34, B. 52, fasc. 691.
47
violazione del tetto coniugale, Latten tato al Pudore []
sperezza qua lun que diritto, in guisa che la setta oramai si
e stesa su lunga scala. Ogni giorno si battezzano picciotti
facendo lauti pranzi; e se cos continuer: per lanima del
Sindaco: che S. Filippo Neri, Patrono del paese, si far
battezzare Pic ciotto [].
48
Proprio dal nome dei suoi affliati, lorganizzazione criminale
che, in quegli anni, comincia ad affermarsi nelle province di Reg-
gio Calabria e Ca tanzaro, viene defnita Picciotteria. Essa ha ca-
ratteristiche simili a quel le della Camorra che, a sua volta, aveva
tratto spunto dalla Garduna, unas sociazione co sti tuita a Toledo
intorno al 1417 e aperta a elementi di ogni condizione sociale. Il
termine garduna in spagnolo signifca faina, la stuto animaletto
che d la caccia ai topi e insidia continuamente i pollai.
possibile pensare che i prodromi della Picciotteria siano da ri-
cercare proprio nel perio do della dominazione spagnola in Italia e
in particolare in quelle attivit delittuose regolarmente impunite di
bravacci legati ai poten tati fondiari. Il fatto che non ci sia traccia di
documenti prima del 1861 non signifca che la Picciotteria, come
la mafa, sia nata dal nulla, improvvi samente. vero simile ritene-
re che essa sia il risultato di un lungo pe rio do di incuba zione, che
ha dato vita ad altri fenomeni di delinquenza or ga nizzata, come gli
spanzati nel vibonese, di cui parla Giuseppe Maria Ga lanti gi nel
1792 nel suo Giornale di viaggio in Calabria.
Non sembra invece esserci alcuna analogia con il brigantaggio
a nar chico, tanto da perdere spesso il senso delle proporzioni
che ha ca ratte ristiche diverse rispetto alla ndrangheta e alle al-
tre organizzazioni cri mi nali, tendenti sempre allordine e al com-
promesso. Inoltre, il brigantaggio un fenomeno legato alla crisi
del latifondo. La picciotteria invece attecchisce nelle zone meno
povere della Calabria, quelle ricche di oliveti e vigneti.
Sulla Garduna, progenitrice, o quanto meno ispiratrice del-
la Camorra, si sofferma diffusa mente un comandante del Corpo
degli Chasseurs des Al pes dellesercito francese, il quale, dopo
loccupazione napoleonica, vie ne in pos sesso di uno degli statuti
dellorganizzazione sorta a Toledo.
Qualunque uomo onorato che sia fornito di buon occhio, di
buone o recchie e di buone gambe, e che non abbia lingua recita
larticolo 1 del codice di questa setta, stilato nel 1420
6
pu dive-
6
F. Caracciolo, Miseria della mafologia, Monduzzi Editore, Bologna, 1992, pp.
38-39.
49
nire mem bro della Gar duna. Potranno dive nirlo pure le persone
rispettabili di una certa et che desidereranno servire la confrater-
nita, sia tenendola al cor rente delle buo ne operazioni da farsi, sia
dando i mezzi per eseguirle.
Miguel Cervantes, nella novella Rinconete e Cotardillo, rac-
conta di queste confraternite cofradias che allignavano a Toledo, a
Siviglia, ri ferendoci di uomini donore che esigevano una parte di
vincite (bara to) nelle case da gioco, ma anche di organizzazioni,
come quella che fa ceva capo a Monipodio, do tata di codici e ge-
rarchie fratelli maggiori (co frades mayors) e novizi (no viciado)
specializzata in vendette private.
Proprio questa distinzione, tra fratelli maggiori e minori, com-
pare il 16 luglio 1890 in una sentenza pronunciata dal Tribunale
di Reggio Cala bria
7
. Si riferisce alla Picciotteria che gi allora era
strut turata su due li velli so vrapposti luno allal tro per ga ran tire
al me glio il carattere di se gre tezza e di sicurezza. Del primo fa-
cevano parte i camorristi, del secondo i pic ciotti.
Il boss o capo-bastone era Paolo Scu dieri, un sarto di 37 anni.
Lorga nizzazione annoverava numerosi giovani do nore, picciotti
lisci e di sgarro, che dovevano mo strar si pro clivi a delinquere
contro le persone e le propriet. Sorprende lattualit di certi ri-
tuali. Per la promozione a camorrista, il picciotto di sgarro dove-
va versare al puntaio lo, il cassiere-se gretario dellassociazione,
la drit ta, una quota non meglio specifcata, che, come spiegano i
giudici nella sentenza, veniva utilizzata per pre pa ra re un pranzo
al quale erano invitati tutti gli affliati.
Facevano parte della cosiddetta Minore, oltre al puntaiolo, an-
che il picciotto di giornata che aveva il compito di tenere i con-
tatti con i singoli componenti, distribuire gli incarichi e svolgere
funzioni di raccordo.
Cerano anche giu ra men ti e rituali, come quello che regolava
lam mis sione dei picciotti lisci, prima dote della societ minore:
La mia votazio ne franca e libera, ed affermativa per ricono-
7
A. Nicaso, op. cit., p. 9. ASRC, Tribunale di RC. Anno 1890, vol. 3.
50
Locale Entit territoriale di almeno 49 affliati
Gerarchia della ndrangheta
51
scere in carne, pelle ed ossa per mio fedele compagno N.N.
e spartire con lui fno al lultimo centesimo, difenderlo giusto
ed ingiusto qui ed in qualsiasi pun to ci possiamo incon trare.
Quindi il bacio.
Le norme erano rigi dissime e comportavano fedelt, rispetto
e aiuto scam bievole, [] denuncia e sfregio delle spie oltre che
[] addestra men to al maneggio delle armi per la propria di fesa
e laltrui offesa.
Aderire alla Picciotteria non signifcava soltanto ac cettare que-
ste re gole, ma anche la loro spietata applicazione.
Da allora, sul piano ordinativo nulla cambiato.
del 1897, una sentenza del Tribunale di Palmi, nella quale
si fa rife rimento, per la prima volta, allesistenza di un codice,
scoperto a Semi nara
8
e con te nente tutte le regole, sia in rapporto
allammissione di co loro che inten de vano prendervi parte ed in-
dicati di poi col nomignolo di Picciotto, sia in rapporto agli obbli-
ghi inerenti, ed ai lucri e prebende, che si ripar ti vano a secondo
i gradi.
Tutto si basava, come spiega ai giudici il maresciallo Michele
Roc chetti, comandante della stazione dei carabinieri di Seminara,
sulla forza di coe sione del gruppo, caratterizzata da stretti vincoli
di parentela o di af fnit, che assicurano assoluta omert ma anche
solidariet nel momen to del bi sogno e, in particolare, assistenza
legale agli affliati arrestati, sussidi eco no mici ai loro familiari
e, non di rado, corresponsione di stipendi fssi e prebende. Nel
codice di Seminara, viene pi volte sottolineata limpor tanza del-
lomert, cio la capacit di essere uomo che costituisce uno dei
tratti fondamentali della Picciotteria, assieme alla segretezza, alla
violenza omi cida, al collegamento con i pubblici poteri e al ta-
glieggiamento di pro prietari e commercianti.
Spiega Enzo Ciconte: Lomert [...] lo scudo pro tettivo, la
vendetta lo stru mento per non incrinare tale difesa, la fami glia
8
A. Nicaso, op. cit., p. 12. ASCZ, Sentenze Penali, Corte dAppello delle Calabrie,
Anno 1897, vol. 364, 31 maggio.
52
il mezzo per vinco lare gli associati e impedire eventuali tradi-
menti
9
.
In quegli anni, la violenza era lunica industria forente in Ca-
labria. E la Picciotteria rappresentava, per i ceti subalterni, una
forza di recupero so cia le
10
. Il picciotto era temuto e perci ri-
spettato; e questa era la sua ri valsa nei confronti di una socie-
t che prima lo aveva respinto, tenendolo ai mar gini. Lo scopo,
allora come oggi, era quello di conquistare ricchezza e po te re,
due valori cumulabili. Ma anche, come scrive in un rapporto del
1901, Vincen zo Mangione, delegato di pubblica sicurezza a Santo
Stefano dAspromon te
11
, farsi rispettare, nel senso che la Pic-
ciotteria d a questa frase, vale a dire, imporsi ominamente con
lintimidazione, con la prepo ten za, con la minaccia.
Dopo il cosiddetto decennio felice, nel quale, durante gli
anni Ottan ta dellOttocento, si era notato un ampliamen to delle
terre messe a coltura e un attivismo dei massari la nuova bor-
ghesia , unaltra crisi agraria ri metteva in gi noc chio la provincia
di Reggio Calabria, mandando sul la strico molte famiglie conta-
dine.
Proprio in quegli anni si registra unimpennata di abigeati, fur-
ti di le gname, di frutta e di erbe varie che, come spiega Gaetano
Cingari, da soli mo stravano la direzione di base del ceto rurale
e il confitto con la bor ghesia terriera che si era appropriata delle
terre demaniali.
Gli unici a trarre qualche benefcio sono i massari che avevano
co min ciato a utilizzare i primi picciotti come scherani, una sorta
di cuneo tra il vecchio ceto domi nante e i contadini, al centro di
una rete di presta zioni che andava sem pre allargandosi, attraverso
la capitalizzazione del lonore, del rispetto e del la violenza.
Allo ra, il bisogno di protezione e linsicurezza erano pre valenti
9
Enzo Ciconte, Ndrangheta: dallUnit a oggi, Editori Laterza, Bari, 1992, p.
10
S. Gambino, Mafa. La lunga notte della Calabria, Quaderni Calabria-Oggi, Ser-
ra San Bruno, 1976, p. 34.
11
A. Nicaso, op. cit., p. 19, ASRC, Gabinetto di Prefettura, INV. 34, B.57, fasc.
850.
53
in Cala bria, una regione segnata dallassenza dello Stato, ma so-
prattutto del senso dello Stato.
Osserva Mariano Meligrana
12
: Non che il gabellotto (mas-
saro) di per s coincida esau stivamente col mafoso (ndrangheti-
sta), ma i suoi com por tamenti per uscire dalla pendolarit socio-
economica, connessa alla man canza di un orizzonte produttivo
autonomo, anticipano esemplar mente la prassi e la tipicit com-
portamentale mafosa.
In un secondo momento, il gabellotto (massaro) rompe il suo
ruolo di me diazione, la precariet sociale della sua posizione e va
a sostituirsi al pro prietario. Un transito, questo, che comune a
molte societ contadine. Spie ga Henner Hess: Ad una parte dei
ceti medi, a cui si impedisce di di ventare borghesia moderna, si
apre la prospettiva della cooptazione nella clas se dominante con
laccesso alla propriet terriera, passando attra verso la trafla del-
la gabella che consente di sfruttare e ta glieggiare i contadini.
questo il terreno nel quale germina la picciotteria, ma pi
che la picciotteria i picciotti con la loro retorica e la loro ideolo-
gia, basate sul lo nore, cio sulla capacit di farsi giustizia da soli
e sullesaltazione del co raggio individuale.
Sono proprio lonore e la vendetta ad ispirare la leggenda che
fa da sfondo alla ndrangheta come cosa, come mentalit, come
compor ta me n to individuale e poi come organizzazione criminale
diretta a pra ticare la vio lenza organizzata.
Si narra che nel Seicento su una nave partita dalla Spagna si
erano im barcati tre nobili cavalieri costretti a fuggire per aver la-
vato nel sangue lonore di una sorella sedotta. Sbarcati sullisola
di Favignana, Osso, vo tandosi a San Giorgio, decide di restare
in Sicilia dove fonda la mafa, Mastrosso, devoto alla Madon-
na, si trasferisce in Campania dove orga niz za la Camorra, mentre
Carcagnosso, con laiuto di San Michele Arcan gelo, pun ta sulla
Calabria dove d vita alla ndrangheta.
12
L. M. Lombardi Satriani, M. Meligrana, Un villaggio nella memoria, Casa del
Libro, Reggio Calabria.
54
Qualcosa di simile suc cesso anche in Cina con le triadi che,
secondo la leggenda, sarebbero state fondate da tre monaci buddi-
sti che avevano deciso di ribellarsi alla dinastia dei Manch. Sto-
rie simili popolano lim magi nario dei wakashu o dei chimpira, i
picciotti della Yakuza, la mafa giap po nese, sviluppando una sorta
di i dentit collettiva che permette agli affliati di riconoscersi tra
di loro.
Nel caso della mafa calabrese, il modello organizzativo ricalca
quello delle societ patriarcali. La famiglia, detta anche ndrina,
la cellula pri maria della ndrangheta. Essa formata dalla fami-
glia naturale del capo-bastone, alla quale se ne aggregano altre,
non di rado con un qualche gra do di parentela anche se, general-
mente o perlomeno inizialmente, in mo do subalterno, formando il
locale, su cui fno a qualche decennio fa non esistevano autorit
sovraor di nate.
In Calabria, infatti, non c mai stato un capo di tutti i capi, sul
modello di Cosa Nostra, forse proprio a causa della particolare
conformazione oro grafca di questa regione, frammentata e divi-
sa, con diffcolt di collega mento tra un versante e laltro. Tutto
ci ha infuito sullo stesso svi luppo della ndrangheta che nata
come struttura orizzontale, fortemente radi cata nel territorio, e
priva di un comando unico
13
. Ci non toglie che vi sia no stati
(e vi sono tuttora) rapporti fra le diverse ndrine, che sebbene au-
tonome, non hanno disdegnato alleanze, scambi o contatti quasi
sempre ri conducibili alla gestione di interessi comuni o a logiche
di potere.
Fino a qualche anno fa lunico elemento di raccordo stata
lannuale riu nio ne che si tiene a Polsi in occasione della tradi-
zionale festa in onore della Madonna della Montagna nel mese di
settembre e della quale si trova traccia in documenti giu diziari gi
agli inizi del Novecento.
Cos il capitano dei carabinieri Giuseppe Petella scrive nel
13
Lambito delle ndrine, nonostante la loro portata numerica e linfuenza dei loro
boss, sempre stato territorialmente defnito, quindi circoscritto.
55
1903 rife rendosi ad una cosca operante nella zona di Africo, San
Luca, Casalnuo vo, S. Stefano e Bruzzano
14
:
Risulta evidente il vincolo esistente tra le varie societ delit-
tuose, la corrispondenza tra i membri di esse, ed il luogo ove si
riunivano che era il Santuario della Madonna di Polsi posto quasi
nel centro dei circondari di Gerace, Reggio e Palmi.
In quella stessa indagine, gli inquirenti si avvalgono anche di
un col laboratore, il quale racconta di aver fatto parte dellOnorata
Societ, un altro nome con cui veniva identifcata la Picciotteria,
confermando, tra laltro, lesistenza di una costituzione forma-
le (e, quindi, una struttura con organi gerarchicamente ordinati),
nonch di un ordinamento giuridico con un sistema compiuto di
istituti, norme e sanzioni: Colui che tradiva la societ era stipato
arbitrariamente (sospeso) da colui che scopriva il tradimento o
la mancanza; laffare si portava quindi al Corpo di Societ, cio
a tutta la societ riunita che si costituiva in Tribunale. Il Capo
fungeva da presi dente, i sottocapi da giudici, si esaminavano i
testimoni, i camorristi facevano dAvvocati luno nellinteresse
dellimputato, laltro della Societ. Le pene variavano secondo la
gravit della mancanza, e consistevano nella espulsione dalla so-
ciet, nella ingiuria merc getto di sterco in fac cia, nello sfregio,
e nellomicidio.
Delle sanzioni previste dal codice della ndrangheta riferisce
anche un de tective della Pinkerton Agency, unagenzia privata
americana che per con to della polizia di Hillsville, in Virginia
nel 1906 si era infltrato per diciotto mesi in una presunta orga-
nizzazione criminale guidata da un certo Rocco Racco ed attiva
in quella cittadina. Oltre a sottoporsi al rito di ini ziazione che
14
A. Nicaso, op. cit., p. 31, ASCZ, Sentenze Penali, Corte dAppello delle Calabrie,
1904, Vol. 406, 13 febbraio. Di Polsi si parla anche nel procedimento penale contro
Giovanni Italiano ed altri, imputati di associazione per delinquere nonch dellomicidio
di Giuseppe Priolo, ucciso in contrada Palmento di Podargoni la sera del 29 aprile 1954.
In sede di confronto, due degli imputati Giuseppe Priolo, detto il vecchio, e Fortunato
Musolino spontaneamente parlano, nel tentativo di addossarsi reciprocamente certe
responsabilit, di un affliato del loro locale da inviare a Polsi quale delegato.
56
poi racconter con dovizia di particolari, linvestigatore pri vato
segnal lesistenza di puni zioni, come le zaccagnate, ferite non
profonde con la punta di un col tello, e luso di escrementi per
umiliare co loro che non si erano attenuti alle regole sociali
15
.
Spiega il giudice Saverio Mannino: La ndrangheta tende
sempre ad accreditarsi, nei confronti dei suoi affliati cos come
presso i suoi interlocutori esterni, per lineluttabilit delle sue de-
cisioni e linevitabilit delle punizioni irrogate
16
.
I picciotti sono al centro di questo complesso sistema di valori
e di regole. Essi devono necessariamente farsi riconoscere, come
succe de con gli aff lia ti alla Yakuza che ricorrono ai tatuaggi o
alle bande dei moto ciclisti che sulle spalle portano lo stemma del-
la loro organiz zazione. Oggi, molti criminali sfruttano limma-
ginario condiviso, ricorrendo al cinema per costruirsi un aspetto
riconoscibile
17
.
Sul fnire dellOtto cento, come rilevano i giudici del Tri bunale
di Ni castro
18
, i picciotti portavano i capelli alla mafosa; vesti-
vano per lo pi, onde riconoscersi, pantaloni larghi, e cappelli a
cencio.
Corrado Alvaro, descrivendo questo particolare comportamen-
to dei gio va ni picciotti, ne dipinge un quadro vivacissimo
19
: Si
facevano cre sce re le basette e il ciuffo, assumevano unandatura
dondolante e un po le ziosa, portavano a volte un fazzoletto di
15
A. Nicaso, L. Lamothe, Angels, Mobsters and Narco-terrorist, the Rising Mena-
ce of Global Criminal Empires, Wiley, Toronto, pp. 14-18. Lesistenza delle zaccagnate,
come sanzione, confermata anche nel codice della ndrangheta rinvenuto a Toronto,
Canada, nel 1971.
16
AA.VV., Criminalit nuova in una societ in trasformazione: Il Novecento e i
tempi attuali. - La ndrangheta nella realt attuale, Saverio Mannino, p. 372.
17
Nel Nord America, molti giovani mafosi hanno tratto spunto dallabbigliamento
e dallatteggiamento dei protagonisti di flm per la tv, come I Soprano per vestirsi e
farsi riconoscere.
18
A. Nicaso, op. cit., pagine 38-39. ASCZ, Ibidem, Anno 1897, Vol. 336, 14 ago-
sto.
19
L. Malafarina, La Ndrangheta, Il codice segreto, la storia, i miti, i riti e i perso-
naggi, Gangemi Editore, Roma, 1986, p. 87.
57
colore rigirato con molta cura attorno al collo, con annodature
raffnate.
Poi col tempo, queste abitudini sono venute meno, cos come
i tatuaggi, gal loni acquisiti durante la gavetta carceraria. Proprio
nel carcere, gi nel lOttocento, si comincia a fare uso del baccag-
ghju, un linguaggio con venzionale attraverso il quale gli ndran-
ghetisti riescono a comunicare. Nel 1897 una prostituta spiega ai
giudici il signifcato di alcune espres sioni tipiche del baccag ghju:
marca carnente la donna innamorata; maggiorigna, la matrona
che gestiva il postribolo; strambola, la sera; putri mento, il let-
to; mutria, la faccia; sopracielo, il cappello; sfer ra, il pugnale;
cerino, il coltello; lam panti, gli occhi; fangose o ca mi nanti, le
scarpe; putea, la questura, zaff, le guardie, carrubbi, i ca rabinieri;
sciacche, le prostitute; muffa, il fazzoletto; ntiuno, lo ro logio;
capezza, la catena; gra sciume, loro; sfoglio se, le ban conote, e
maniglie, le vecchia lire
20
. Molti anni dopo a questo glossario
si sono ag giunte altre espressione, come lutri ca fos sa, cio lo-
micidio, la pena comminata ai traditori.
Cera anche un linguaggio non verbale, quello dello sfregio,
un lin guag gio sul corpo, non del corpo, spesso pi eloquente di
mille parole, che si afferma come deterrente. Un tempo si usava
il rasoio e spesso le con troversie venivano dirimate attraverso la
tirata, il duello con sferra e spec chio. La sferra serviva per col-
pire e lo specchio per abbagliare lavversario, rendendone meno
effcace la difesa.
Il linguaggio convenzionale degli ndranghetisti era detto a
mascolo, da maschi, visto che la pic ciotteria e scludeva laff lia-
zione delle donne, ri tenute pance molli, cio incapaci di tenersi
dentro i segreti della consor teria.
Sulle donne, per, non sono mancate le eccezioni. In una
sentenza del Tribunale di Palmi del 1892, si parla del loro coin-
20
ASRC, Sentenze Penali, Tribunale di Reggio Calabria, Anno 1897, vol. VI, 7
settembre. In un altro procedimento, i giudici cos scrivono: La societ non aveva uno
statuto scritto, ma vi era un certo linguaggio convenzionale. ASCZ, Ibidem, 1990, Vol.
385, 12 luglio.
58
volgimento in unor ga niz zazione criminale della Piana di Gioia
Tauro
21
: Vestite da uomini, pren devano parte alla perpetrazio-
ne de furti ed altri reati. A svelare questo im por tante aspetto ai
magistrati di Palmi Rosaria Testa, accusata di asso ciazio ne a
delinquere assieme a Concetta Muzzopapa, entrambe di Rosar no,
rico noscendo che le donne ammesse [nella Picciotteria] doveva-
no pur esse pre stare giuramento, facendosi uscire il sangue del
dito mi gno lo della ma no destra. Non un caso isolato. A Santo
Stefano dA spro monte, la po lizia sco pre che la Picciotteria del
luogo aveva anche una se zione fem mi nile e il coinvolgimento
delle donne trova riscontro anche in altre sen tenze a Ni castro,
dove il capo-bastone del luogo durante le ope ra zioni not turne che
si concludono con furti, porta con s la propria co gnata armata e
ve stita da uomo
22
. Dal 1880 al 1906 in Calabria ven gono con dan-
nate per associazione a delinquere dieci donne, altre otto, in vece,
ven gono pro sciolte in appello o in istruttoria.
, comunque, un fenomeno ristretto, tra Reggio Calabria, il
circondario di Palmi e Nicastro.
Oggi, le donne oltre ad assolvere compiti di assistenza, facen-
do da tra mite tra i congiunti detenuti e il resto del gruppo familia-
re, svolgono un ruo lo meno remissivo.
Da unanalisi della Dia, nel 2000 emerge la presenza di 255
donne tra i 7.358 presunti affliati alla ndrangheta nella provin-
cia di Reggio Cala bria
23
. E sempre nel 2000 due sorelle, nipoti di
un vecchio padrino della ndran gheta, vengono coinvolte in una
inchiesta e sospettate di essere a ca po di una cosca operante a
Taurianova. Altre operazioni mettono a nudo il nuovo ruolo della
donna, non pi vivandiera o prostituta
24
.
21
A. Nicaso, op. cit., p. 11, ASCZ, Ibidem, Anno 1892, Vol. 336, 9 settembre.
22
E. Ciconte, Ndrangheta: dallUnit ad oggi, Laterza, Bari, 1992, p. 81, ASCZ,
Costanzo Antonio +9, vol. 406, 27 febbraio 1904.
23
Direzione Investigativa Antimafa, La Ndrangheta nella provincia di Reggio Ca-
labria, 2000.
24
Nelloperazione Fiori della notte di San Vito emersa la fgura di Maria Mo-
rello, descritta come la sorella domert della Lombardia. Spiega il pentito Calogero
59
Per defnire librida condizione della donna mafosa, fatta di
lealt verso le leggi non scritte dellorganizzazione criminale, ma
soprattutto di in tima adesione al la propria dipendenza dalluomo
violento e alla propria deresponsabi lizza zione come individuo,
la sociologa Renate Siebert par la di compli cit palesi
25
.
Centrale , invece, il ruolo della donna nelle faide, nella logica
del sangue che chiama sangue. Sono le madri ad alimentare la
vendetta per ch ad esse tradizionalmente aff data la custodia
della memoria e quindi dei morti. E sono sempre le donne a tra-
smettere la cultura e le regole ma fose ai propri fgli. Il vincolo di
sangue, infatti, non serve solo a proteggere la famiglia mafosa,
ma anche a rafforzare il potere della cosca.
Ndranghetisti, per esempio, non si diventa soltanto per me-
rito, ma an che per nascita. Nellaprile del 2003, nel corso di una
intercettazione, la fglia di un boss della ndrangheta ha ammesso
che la propria affliazione era avvenuta per discendenza.
Scrivono i magistrati della Direzione Distrettuale Antimafa di
Reggio Calabria
26
: let minima per essere iniziati e diventare
picciotti di 14 anni, anche se prima di questa et i fgli degli
affliati vengono sottoposti ad una forma di iniziazione a seguito
della quale si dice che sono mezzo dentro e mezzo fuori.
Certi padri, davanti a familiari e consoci, come ricorda Anto-
nio Zagari, ponevano vicino alle mani del bimbo, appena nato,
un coltello e una gran de chiave, quelle di una volta. Si tratta di
unusanza con cui gli appar te nenti alla ndrangheta volevano ve-
rifcare, a seconda di quale oggetto il neo nato avrebbe toccato,
Marcen: Tale carica, che esiste in ogni regione, affdata ad una donna, che nel caso
della Lombardia Morello Maria, che ha il compito di dare assistenza ai latitanti del-
lorganizzazione. Nel caso della Morello [] posso dire che la stessa inserita a pieno
titolo nellorganizzazione ed ha la dote di santista che la pi elevate che una donna
pu avere allinterno della ndrangheta. Faccio presente che nella regione pu esserci
una sola donna componente del clan, che assume la dote di santista e svolge per lap-
punto le funzioni di sorella domert.
25
R. Siebert, Le donne, la mafa, Il Saggiatore, Milano, 1994, p. 221.
26
Procedimento penale a carico di Condello Pasquale ed altri, nr. 46/93 r.g. D.D.A.
Reggio Calabria.
60
La Repubblica, 17 agosto 2007, p. 10
61
se fosse diventato malandrino oppure sbirro. Il coltello simboleg-
giava la ndrangheta, la chiave invece la sbirraglia. In realt,
la chiave veniva collocata un po distante in modo da non poter
es se re toc cata
27
. Unaltra usanza era quella del capo locale che
quando andava a fare visita al nascituro, con una forbicetta gli ta-
gliava le unghie. Era la prima forma di affliazione: il bambino da
quel momento diventava una piuma. Gesti carichi di simbolismi.
La ndrangheta pedante nellosservazione delle regole, ma
anche persuasiva, coercitiva. Come molte altre organizzazioni
criminali, essa una societ segreta di cui tut ti devono co noscere
lesi stenza. Scrive Man gione
28
: La minaccia, com presa talo-
ra nella forma pi vaga, esercita, tale infuenza sullanimo del
minacciato, che egli si piega subito a tollerare, fare od omettere
qual che cosa, perocch sia nota a tutti le sistenza della societ
segreta detta Pic ciotteria, la quale ca pace di compiere vendette,
come danneggia menti, incendi, sfre gi, omicidi, senza che perci
i colpe voli temano i rigori della leg ge, sapendo essi sfuggire alle
indagini di po lizia giudiziaria con alibi ingegnosi, con prove te-
stimoniali false e con minacce di mor te fatte ai te sti moni del de-
litto; ove per avventura se ne trovino.
Gi allora siamo nel 1901 questo solerte investigatore, che
dava la caccia al bandito Giuseppe Musolino, comprende che la
forza della Picciot teria trae origine dallinterazione, se non ancora
identifcazione, con am bienti di potere
29
: Sono personalit poli-
tiche, avvocati, medici, possi denti, dei quali sorprende la buona
fede; e queste persone rispettabili, cui ven gono presentati i fatti,
larvati dal sentimento di giustizia, fniscono, per spiegare la loro
attivit nellinteresse dei raccomandati, i quali, se col pevoli di
un reato, con queste raccomandazioni, con le false testimo nianze
che apprestano, con le abili difese che si procurano, spesso rie-
27
A. Zagari, Ammazzare stanca, Periferia, Cosenza, 1991, p. 7
28
A. Nicaso, op. cit., p. 20, ASRC, Gabinetto di Prefettura, INV. 34, B. 57, fasc.
850.
29
A. Nicaso, Ibidem.
62
scono a sfuggire a una condanna; e quando proprio non possono
sot trarvisi, per la irrefragabilit delle prove della loro reit, il di-
scarico li dipinge onesti, delinquenti doccasione sventurati, per
attenuare il rigore della legge; ed anche dopo una mite condanna,
con le medesime infuenze, ottengono non di rado la grazia.
Oggi, come allora, le relazioni esterne costituiscono la forza,
la capacit di adattamento, di radicamento e di diffusione dei ma-
fosi: una sorta di ca pitale sociale, senza il quale la ndrangheta
non sarebbe stata e non sarebbe ndrangheta.
La certezza della continuit nel tempo trova riscon tro in una
sentenza del Tribunale di Palmi del 22 novembre del 1923, nella
quale la Pic ciot teria viene paragonata ad un grande albero di cui
il tronco sa rebbe rap presentato dal saggio maestro, le radici ed i
rami dai ca morristi, le foglie ed i fori dai picciotti
30
.
Quattro anni dopo, una sentenza del Tribunale di Reggio Ca-
labria fa pro pria la confessione di un imputato che, agli inquiren-
ti, aveva raccontato il giuramento prestato durante la cerimonia di
inizia zio ne
31
: Giusto ap pun to stamattina, cu permessu du ca-
murrista capu in testa, ferro rovente, coltello tagliente, puntaruolo
a mano gi rante, passo la mia prima vota zione: di fronte a noi vi
una tomba coperta di fori, colui che violer il segreto, ricever
nel petto cinque pugnalate.
Identico il cerimoniale descritto da Martino Lizzi, un picciotto
che nel 1937 era entrato a far parte dellOnorata Societ nella
zona di Siderno, A gna na e Canolo. Scrivono i giudici del Tribu-
nale di Locri
32
: Egli vi entr per in vi to del capo Macr Antonio
di Giuseppe e del sottocapo Raso Rocco fu Giuseppe; il battesimo
era avvenuto di notte, in localit Vallone di Tri goni, con linter-
30
Saverio Mannino, op. cit., p. 400.
31
Saverio Mannino, op. cit., p. 401. Sentenza Tribunale di Reggio Calabria, 29
marzo 1927 (Schimizzi Giacomo +64, associazione a delinquere costituita nel comune
di Melito Porto Salvo negli anni 1919, 1920, 1921).
32
Sentenza Tribunale di Locri, 20 marzo 1937, Macr Antonio +12, associazione a
delinquere costituita in Siderno, Agnana e Canolo fno al 14 aprile 1936. Determinante
ai fni del processo la confessione resa ai carabinieri da Martino Lizzi, ex picciotto.
63
vento di quasi tutti i soci, avanti ai quali egli, poggiando la mano
sulla punta di un coltello impugnato dal sottocapo Raso, giur
so len nemente ripetendo le parole pronunciate dal detto Raso, di
man te nere il silenzio pi assoluto; che la regola della detta societ
era la cie ca ubbi dienza ai capi ed erano comminate le pene della
sospensione, dello schiaffeggiamento e della espulsione per le in-
frazioni disciplinari.
Trova anche conferma limpianto strutturale della picciotteria,
rispetto a quello ricostruito nellultimo ventennio dellOttocento.
In una sentenza del 1933, i giudici del tribunale di Reggio Cala-
bria, avvalendosi della testimo nian za di un ex affliato, scrivo-
no
33
: La Societ si divide in Societ Maggiore e Societ Minore.
Quella Maggiore composta di camorristi, e la Minore di picciotti
di sgarro e giovani donore. La prima guidata dal ca po di Socie-
t, scelto dai compagni camorristi, la seconda da un capo gio vane.
Presso la Societ Maggiore e la Minore vi un contaiolo (conta-
bile), scelto tra i camorristi o picciotti capaci. La Societ Mag-
giore si di vi de in Societ in testa o Gran Criminale e in Societ i
ndrina. Il capo del la Societ in testa chiamato capo in testa ed
sempre un camorrista e me rito. La Societ i ndrina quella dei
quartieri, rioni ecc. La societ Mi nore alla diretta dipendenza
della societ Maggiore. In ogni rione o quartiere vi un camorri-
sta capo i ndrina, un contabile e un camor ri sta di giornata per la
societ Maggiore ed un capo giovane, un con tabile ed un picciotto
di giornata per la societ Minore. Il picciotto di giornata ha lob-
bligo di presentarsi ogni mattina al capo giovane per comunicar-
gli le novit e ricevere gli ordini; il camorrista di giornata ri ferisce
gior nalmente al contabile oppure al capo i ndrina tutte le no vit,
e questi le comunica al capo societ. I gradi sociali sono: forillo
o giovane do nore, picciotto di sgarro, camorrista, contaiolo, capo
so ciet. I camorristi emeriti, distin tisi per bravura, sono chiamati
camorristi di seta. Questi u ltimi agiscono dietro le quinte; ordina-
33
Saverio Mannino, op. cit., p. 402, Sentenza Tribunale di Reggio Calabria, 6 aprile
1933, n. 174 pronunciata nel processo penale a carico di Span Demetrio +106.
64
riamente nelle imprese delittuose non compa riscono. Il contaiolo
custodisce gelosamente la ba cinella, cio il luogo do ve riposta
la camorra. La societ si pu formare anche in car cere, sempre
che vi siano gli elementi, e comunica con lesterno a mezzo delle
fbbie, i compagni cio dimessi dal carcere o che vi entrano. Le
regole ed i simboli della Societ sono: lumilt, la fedelt, la poli-
tica, la falsa politica, le carte, il coltello e lo specchio. Umili verso
i compagni, fedeli alla Societ, la politica per usarla con i conso-
ciati, la falsa politica con gli sbirri e gli infami (tra ditori), le carte
per transigere la camorra, il coltello per difendere la Societ, ed
infne lo specchio, o rasoio, per pu n ire gli infami ed i traditori. I
vari associati si debbono amare recipro ca mente, e debbono il pi
as soluto rispetto ai superiori. Le punizioni pos sono essere lievi o
gravi, a secondo della mancanza; vanno dallo stipa mento (cio
priva zione di ogni attivit, senza diritto alla camorra), allo sterco
sul volto, allo sfregio, allaccoltellamento ed alla morte.
Insomma, non manca la continuit, anche se oggi si tende so-
prattutto a mitizzare il passato.
Spiega Luigi Maria Lom bardi Satriani, ordinario di Etnolo-
gia allUniversit La Sapienza di Roma: Non esistono valori
buoni che siano anche mafosi. Cos come non c mai stata una
ndrangheta nella quale sussistevano valori di fedelt e di digni-
t tra persone appartenenti allo stesso clan in contrapposizione
a quella di oggi caratte riz zata da una sanguinaria de re gu lation
allinsegna dellarricchimento fa ci le. Spiega ancora Lombardi
Satriani: Certo, si pu parlare di differenze da un punto di vista
dia cronico tra una mafa vecchia e una nuova, ma solo per co-
gliere i cambiamenti nel loro divenire e non per legittimare una a
disca pito dellaltra.
Cambiano le modalit, le tecniche, i settori di attivit, ma re-
stano i tratti, come il ricorso allintimidazione e alla violenza
omicida, ma soprat tutto la capacit di combinare rigidit formale
ed elasticit ope rativa, un mix di continuit e innovazione. Senza
questa fessibilit la ndrangheta sa rebbe scomparsa con il feudo e
non si sarebbe riambientata in una so cie t urbanizzata e ad econo-
mia prevalentemente terziaria e suc cessiva men te in un contesto
65
sempre pi internazionalizzato e fnanziario. Questa capacit di
adattamento ha portato a creare forme associative meno rigide,
soprattutto allestero, dove non sempre stato possibile ricreare
lo humus cul turale e sociale nel quale dalla met dellOttocento
attecchisce la ndran gheta.
66
67
CAPITOLO 2
La struttura della ndrangheta
stato Francesco Fonti, ex affliato alla cosca di Siderno, pre-
cedenti per dro ga, a gettare, negli ultimi anni, un fascio di luce
sulla struttura della ndran gheta.
Sono nato a Bovalino [nel 1948] da genitori artigiani, ha di-
chiarato ai magistrati il 26 gennaio del 1994
1
. Mio padre aveva
una piccola fab brica di mobili per uffcio assieme al fratello Ferdi-
nando, mia madre era casa linga. Ho conseguito la maturit scien-
tifca al Liceo Zaleuco di Locri e poi mi sono iscritto alla facolt
di Matematica e Fisica dellUniversit di Mes sina e dopo un anno
sono passato alla facolt di Economia e Com mercio, ma non sono
riuscito a laurearmi. Frequentando il Liceo Scien tifco a Lo cri ho
conosciuto personaggi come Bartolo Pietro, Cord Pie tro, Catal-
do Pep pe, Modafferi Mimmo. Fu questultimo a raccoman darmi
presso il Lo cale di Siderno nel quale sono stato rimpiazzato.
Fonti ha raccontato di essere stato iniziato nel 1966 in un ca-
solare in con trada Mirto nel comune di Siderno alla presenza di
un compare di Ma cr Antonio, di professione gioielliere, anziano,
proprietario di una gioielleria sul Corso principale di Siderno.
Poi ha tracciato i lineamenti della mafa ca labrese che territorial-
men te, si articola in locali, cosche e ndrine.
1
Interrogatorio di Francesco Fonti, 26 gennaio 1994 alla presenza del dott. Vincen-
zo Macr, sostituto procuratore nazionale antimafa, a Roma in un luogo di detenzione
extracarceraria non specifcato.
68
La cosca o ndrina si fonda in larghissima misura su una fami-
glia di sangue. Pi cosche, legate tra di loro, danno vita al loca-
le, che costituisce lunit fondamentale di aggregazione mafosa
su un deter minato territorio, quasi sempre coincidente con un vil-
laggio o con un rione di una citt.
Per la costituzione del locale necessaria la presenza di alme-
no 49 af fliati. Ogni locale diretto da una terna di ndrangheti-
sti, detta co pia ta, quasi sempre rappresentata dal capo-bastone,
dal contabile e dal capo cri mine. La copiata deve essere dichiarata
ogni qualvolta un affliato si presenta in un locale diverso da
quello di appartenenza oppure qualora venga richiesta da un aff-
liato gerarchicamente superiore. La prassi fna lizzata ad evitare
potenziali infltrazioni esterne.
Il contabile, oltre alle fnanze e alla divisione dei proventi, si
occupa della cosiddetta baci letta, cio la cassa comune dove af-
fuiscono i proventi delle attivit criminali, mentre il capo crimi-
ne responsabile della pianifcazione e dellesecuzione di tutte
le azioni delittuose. Sia il conta bile che il capo crimine de vono,
in ogni caso, agire ottem perando alle disposizioni del capo-ba-
stone.
Il capo-bastone generalmente possiede una propria famiglia
naturale di note vole ampiezza, la quale, a sua volta, fa parte di un
aggregato di parentele naturali anchesso molto vasto. La relazio-
ne interna di base dei gruppi mafosi calabresi basata sul vincolo
di sangue. Esso tende ad im porsi su ogni altro tipo di relazione, e
col tempo avvolge in mo do sempre pi vincolante tutti i membri
del gruppo criminale, data la pra tica sem pre pi diffusa dei ma-
trimoni interni ai gruppi mafosi una ve ra e propria endogamia
di ceto che caratterizza soprattutto la mafa della provincia di
Reggio Calabria e la rende sempre pi chiusa alle in fuenze ed ai
con tatti con la societ legale. In un comune della fascia jo nica, nel
secolo scorso, discendenti di due famiglie di ndrangheta si sono
sposati, incrociandosi quattro volte.
Spesso i matrimoni vengono utilizzati per ricomporre faide
san gui nose o per creare aggregazioni pi forti. successo anche
agli inizi degli anni Ottanta con le nozze tra Venanzio Tripodo,
69
fglio di don Mico Tripodo, uc ciso nella prima guerra di ma fa,
e Teresa Romeo, la fglia di Sebastiano Romeo, detto U Staccu,
boss di San Luca ed alleato dei De Stefano.
La stessa famiglia De Stefano si ulteriormente rafforzata
nel 1992, do po il matrimonio tra il fglio di Paolo De Stefano e
la fglia di Franco Coco Trovato, uno dei boss pi potenti della
ndrangheta in Lombardia.
Funzionali a logiche di potere erano state anche le nozze nel
1985 tra Orazio De Stefano e Antonietta Benestare, la nipote di
Gio vanni, Giusep pe e Pasquale Tegano.
Nulla cambiato, come ha accertato il Ros di Reggio Calabria
durante una indagine, condotta tra il 2001 e il 2003. Nel corso di
una intercettazione su una utenza domestica a Buccinasco, gli in-
quirenti sono venuti a conoscenza dei risentimenti di una giovane
donna di Plat, costretta a unirsi in matrimonio con un corregio-
nale emigrato in Lombardia: Stavo tanto bene con laltro e mi
hanno fatto sposare con te, ha sbottato la donna, parlando con il
marito.
Scrivono nella informativa di reato, il tenente colonnello Va-
lerio Giar dina e il tenente Gerardo Lardieri: La vi cenda in esa-
me ci riporta indietro di molti an ni, quasi allepoca me dioevale,
allorquando i matrimoni tra i discen denti dei regnanti venivano
stipulati a base contrattuale ai fni dellespan sione e compattezza
territo riale
2
.
Il possesso di una famiglia numerosa e lappartenenza ad un
clan hanno sempre rap presentato elementi indispensabili per la
sopravvivenza e la ri pro duzione del proprio potere. Le cosche co-
stituite intorno ad un singolo in di vi duo per quanto abile egli
possa dimostrarsi nella costruzione di reti di amicizia, di clientele
e di interesse sono caratterizzate da una intrin se ca fra gilit che
le porta a decadere e soccombere rapidamente.
2
Raggruppamento Speciale Operativo dei Carabinieri di Reggio Calabria. Informa-
tiva di reato relativo a indagini connesse alla disarticolazione di aggregati criminali di
Plat (RC), condotte tra il 2001 ed 2002 e coordinate dal Ten. Col. Valerio Giardina e
dal Ten. Gerardo Lardieri.
70
Se si analizza la composizione interna di alcuni tra i pi po-
tenti locali della odierna Calabria meridionale, si rileva come
nessuna di esse ri sulta composta, nel suo nucleo fondamentale, da
meno di due fratelli.
Nel 1999 su un campione di 47 gruppi mafosi del circondario
di Locri, ben 43 erano costituite da cosche con almeno 3 affliati
legati da vincoli pa rentali e 17 da nuclei con almeno 10 cugini di
primo grado o fra telli
3
.
Ogni capo ha potere di vita e di morte sui suoi uomini e ha
diritto allobbedienza assoluta. pur vero, comunque, che per co-
mandare il capo-bastone ha bisogno del consenso, non solo della
propria organizza zione, ma anche dellambiente nel quale opera.
Quando linviato delle potenti ndrine di San Luca, la cosid-
detta mamma
4
, va a trovare Antonio Cord di Locri, coinvolto
nella faida con i Cataldo, non usa mezzi termini. Tot stai atten-
to che [...] quando il popolo vi va contro perdete quello che avete
fatto in questi trentanni! Lo perdete!... Quando si buca alla sara-
cinesca, a quello gli bruciano la mac china a quello unaltra cosa,
il popolo incomincia a ribellarsi
5
.
Quella del capo-famiglia o capo ndrina una carica che
si tra manda ge neralmente di padre in fglio. Esso ha il potere di
rimpiazzare, cio af fliare, anche elementi esterni alla famiglia
anagrafca. Per uff cializzare ladesione di questi nuovi associati
c per bisogno dellap provazione del capo-bastone, a cui costo-
ro devono essere presentati durante una riunio ne del locale che
3
Analisi degli autori su dati anagrafci relativi a 47 gruppi operanti nella Locride.
Gli affliati esaminati sono stati 1.885, per una media di 40,10 per gruppo.
4
Prima della nascita della commissione provinciale, le riunioni di Polsi costituiva-
no il momento di assunzione delle deliberazioni pi importanti. La localit di Polsi ri-
cade nel territorio di San Luca e tale collocazione ha assegnato storicamente al locale
di San Luca il ruolo di sede centrale, di centro propulsore, di punti di riferimento per
gli innumerevoli locali di ndrangheta sparsi nel mondo, di Mamma della ndran-
gheta.
5
Operazione Primavera citata nellordinanza n. 38/97 GIP Santalucia, relativa a
misure cautelari nei confronti di Cord Domenico, 2 marzo 1998, Tribunale di Reggio
Calabria.
71
avviene, per regola, generalmente a fne mese, di sabato, allim-
brunire. Il capo-famiglia pu anche tenere segreto il nome di
al cu ni suoi affliati.
Quando una ndrina raggiunge il numero di cinquan ta-sessanta
affliati che hanno in comune la stessa copiata, il capo-famiglia
pu costituire la cosiddetta ndrina distac cata, che, come spie-
gano i pentiti, una esten sione del concetto di co sca, la quale
cresce di importanza e si ramifca sul territorio.
In origine, il numero massimo di ndrine che potevano esse-
re distaccate da un locale erano sette, con il passare del tempo,
grazie agli enormi pro ftti realizzati dalle cosche con il traffco
della droga, le ndrine hanno co minciato a proliferare a dismi-
sura, per cui questa regola non ha avuto pi senso. Si pensi che
gi nel 1986, secondo le stime dei nuclei investi gativi, le ndrine
distaccate erano ben 144. Comunque, il distaccamento deve es-
sere autorizzato dal Locale principale, la cosiddetta Mamma di
San Luca, cui ogni capo ndrina deve ver sare una quota annuale,
spesso sim bolica.
Le affliazioni, dette in gergo taglio della coda
6
, gene ral mente
avvengono nel territorio di un locale, e in questo caso sono dette
di ferro, fuoco e catene, con riferimento al pugnale che larma
propria degli affliati, alla candela che brucia limmagine sacra
durante il rito di iniziazione ed al carcere che ogni affliato dovr
essere in grado di sopportare. Quando laffratellamento avviene
in un luogo diverso, come ad esempio in carcere, laffliazione
viene defnita semplice.
Resta invece immutata la doppia compartimentazione che,
oggi come nellOttocento, caratterizza la struttura gerarchica del-
la ndrangheta: la Societ Minore e la Societ Maggiore.
Allora la differenza era tra picciotti e camorristi, oggi la gerar-
chia si arricchita di molte altre defnizioni.
Spiega Fonte: Nella Minore ci sono i picciotti semplici e
6
Nellaccezione degli ndranghetisti, il contrasto mentre cammina solleva polvere.
Con il taglio della coda, e quindi con lingresso nellOnorata Societ, come se cam-
minasse su un tappeto di erba e fori.
72
quelli di gior nata, que sti ultimi hanno il compito di appurare tutte
le novit ine renti il locale e riferire al capo giovane oltre ad
avvertire tutti gli af fliati del le riu nioni indette. Poi ci sono i ca-
morristi che possono essere semplici, di so ciet, di fbbia, formati
e di sgarro. Il camorrista di fbbia pu convo care e pre siedere
una riunione in cui vengono affliati nuovi adepti. Il ca morrista
for mato in alcune circostanze pu fare le veci del capo-bastone
ed il ca morrista di sgarro noto per il suo valore; que stultima
dote as se gnata a coloro che hanno compiuto azioni valide, ma
non necessa ria mente di sangue. Infne, gli sgarristi che possono
essere di sangue e def nitivo. La ca ratteristica dei vari gradi
la dote che indica il valore di merito conferito ad un affliato nel
corso della sua carriera e che nel tempo aumenta per gradi: pi
pesante e pi conta.
La dote di sgarrista di sangue conferita a uomini che hanno
commesso almeno un o micidio, quella di sgarrista defnitivo, che
rappresenta la dote pi alta della Societ Minore, conferita ad
affliati di provata fedelt.
A ciascuna dote cor risponde un Santo o una Santa. Quella del pic-
ciotto Santa Liberata, quel la del camorrista Santa Nunzia e quella
dello sgar rista Santa Elisabetta. LArcangelo Gabriele, rappresenta
lAngelo Giu stiziere ed preso come simbolo dei locali.
Chi non fa parte dellorganizzazione viene in gergo defnito
con tra sto. I fancheggiatori, quelli dei quali ci si pu fdare e
che potrebbero entrare a far parte dellorganizzazione, sono inve-
ce noti come contrasti onorati.
Per quanto riguarda la Maggiore, la prima dote, partendo dal
basso, quella del santista, una carica alla quale possono ac-
cedere gli sgarristi che hanno dimo stra to un certo valore. Sette
affliati con il gra do di santista possono co stituire, nellambito del
locale, la cosid detta So ciet Maggiore, chiamata anche Santa.
Spiega ancora Fonte: La San ta [] non d al cun conto delle
sue decisioni, delle sue attivit, al Loca le di apparte nenza. Nessun
affliato di grado inferiore al santista pu par tecipare alle riunioni
della Santa che si pu quindi defnire una lite della ndrangheta.
Solo in pochi Locali si riesce a costituire la Santa, come ad
73
esempio San Luca, Plat, Africo, Gioiosa Jonica, Reggio Cala bria,
Gioia Tauro, Bo va, Palmi, Rosarno, Sinopoli e qualche altro.
Chiarisce Fonte: Il tutto ha unevidente radice massonica e un
pro fondo legame storico. I personaggi di riferimento dei santisti
sono il ge ne rale Alfonso La Marmora come stratega di battaglia e
il generale Giu seppe Garibaldi come combattente per la libert e
la giustizia. Il com pito dei santisti non dazione, ma di pensiero
e organizzazione.
La dote successiva quella di Vangelo ed stata creata da
alcuni santisti per differenziarsi. Secondo Fonte a ricoprire que-
sta carica sono ...personaggi eccelsi, conosci to ri dei diritti e dei
doveri dellO no ra ta So ciet con mansioni decisionali al massi-
mo livello. Fonte ha indicato co me ndranghetisti in possesso
di questa dote, tra gli altri, Giuseppe Mui di Siderno, Domenico
Mar tino, Sebastiano Romeo, Antonio Pelle ed i Nirta. Le fgure
religiose di riferimento sono tutti gli apostoli e i santis simi Pie tro
e Paolo, mentre le fgure storiche sono Giuseppe Mazzini come
fondatore e promotore delle societ segrete in genere, e Camillo
Benso di Cavour, somma mente di statista.
Il collaboratore di giustizia Alessandro Covelli, nel corso del-
listruttoria dibattimentale del procedimento denominato Stila-
ro, celebratosi davanti il Tribunale di Locri, ha riferito di aver
ricevuto la dote di vangelo, che superiore a quella di san-
tista, di cui era stato insignito quale apparte nente al locale di
Crotone. Covelli ha raccontato con dovizia di parti colari dello
svolgimento della cerimonia, e dellincisione di una crocetta sulla
spalla sinistra, quale segno distintivo del grado ricevuto.
Successivamente due periti hanno confermato che lex vange-
lista presentava nella regione scapolare sinistra ed in prossimit
di un ta tuaggio raf fgurante un grifone incoronato, una cicatrice
di vecchia data. La sud detta cicatrice ha la forma di una croce i
cui bracci, orizzontale e verti cale, si incro ciano pressoch ortogo-
nalmente descrivendo quattro an goli retti.
A rivelare per primo lesistenza di questa dote fu nel 1984
il pentito Pino Scriva. Disse anche che al di sopra del vangelo
cerano i gradi di quintino e associazione. Poi si scopr unal-
74
tra dote, quel la di quartino o trequartino che, come riferisce
Fonte, vennero crea te solo per comodit di alcuni personaggi
che volevano rimanere par ti colarmente segreti. A questa, pro-
seguendo in senso ascendente nella gerarchia della ndrangheta
se ne sarebbe aggiunta unaltra: quella di associazione. Lo stesso
Fonte ha spiegato ai magistrati che a ricoprire la dote di associa-
zione, un termine mutuato dal reato contestato nei processi di ma-
fa, attualmente in Calabria sarebbero non pi di sette persone, tra
cui Do me nico Tegano e Antonio Papalia.
Per comprendere appieno tutti questi cambiamenti, bisogna te-
nere con to della necessit avvertita dalla ndrangheta negli anni
Settanta di tute lare quella zona grigia caratterizzata dallinter-
scambio con altri poteri occulti e istituzionali.
Le stesse cariche si differenzierebbero per valenza e prestigio
a seconda dellorgano da cui promanano, in modo tale che la for-
za di ogni singola dote corrispondente alla struttura gerar-
chica di cui espressione: quelle conferite dal Crimine, inteso
come momento assembleare di pi lo cali, in occasione della tra-
dizione riunione di Polsi, infatti, rivestirebbero maggiore impor-
tanza rispetto a quelle impartite dai livelli ordinativi pi bassi.
Nellambito della procedura fnalizzata al conferimento di una
dote, la grazia rappresenterebbe un presupposto essenziale,
una sorta di premes sa e di impegno in vista dellimminente coop-
tazione dellaffliato ad un livello gerarchico superiore.
Fonte ha anche confermato ci che sul simbolismo della ndran-
gheta si sempre saputo. Essa, ha scritto nel suo memoriale,
rappresentata dallal bero della scienza che una grande quercia
alla cui base col lo cato il capo-bastone o mammasantissima ossia
quello che comanda. Il fusto (il tron co) rappresenta gli sgarristi
che sono la colonna portante della ndran gheta. Il rifusto (grossi
rami che partono dal tronco) sono i ca mor risti che rappresentano
gli affliati con dote inferiore alla prece dente. I ramoscelli (i rami
propriamente detti) sono i picciotti cio i sol dati della ndrangheta.
Le foglie (letteralmente cos) sono i contrasti ono rati cio i non
appartenenti alla ndrangheta. Infne ancora le foglie che cadono
sono gli infami che per la loro infamit sono destinati a morire.
75
Nella ndrangheta, secondo Fonte, le colpe si dividono in tra-
scuranze e sbagli. Le pri me sono in frazioni di lieve entit quasi
sempre di carat tere informale e vengono pu nite con la sospensione
per un mese dal locale o con il pa ga mento di una ammenda. Le se-
conde, invece, vengono punite con la morte o, in subordine, con la
spoliazione completa dellaf fliato con la degradazione al ruolo di
contrasto senza o nore, come per il massone quando viene messo
in sonno. Infne, nel suo memoriale, Fonte conferma lesistenza dei
riti di inizia zione, quel la birinto semantico nel quale confuisce il co-
dice della ndra gheta. Ricorda che ancora oggi per entrare a far parte
di questa organizzazione bisogna pun gersi il dito o il braccio con
un ago o con un coltello, facendo cadere qualche goccia di sangue
sullimmagine di un santino (quella di San Michele Arcangelo, pro-
tettore della ndrangheta) che poi viene dato alle famme, in ossequio
ad una suggestiva simbolo-
gia tesa a garantire fedelt e
rispetto del vincolo di assog-
gettamento alla cosca.
Lam monimento del ca-
po-bastone impietoso:
Come il fuoco brucia que-
sta immagine, cos brucerete
voi se vi macchiate dinfa-
mit; se prima vi conoscevo
come un contrasto onorato
da ora vi riconosco come un
pic ciotto donore.
Aveva giurato fedel-
t anche Francesco Alba-
nese, detto tarra, il qua-
le nel 1896 aveva deciso di
eliminare due picciotti che
si erano rifutati di spartire
con lui il bottino di una ra-
pina. Albanese nella piana
di Gioia Tau ro era temuto e
76
riverito. Cosicch, una volta arrestato, il Tarra non fa tic mol-
to a convincere le guardie della sua innocenza e farsi rilasciare.
A quei tempi, come per i successivi decenni, tra guardie e ladri si
era in stau rato una sorta daccordo, un patto di tolleranza recipro-
ca. Venivano puniti solo gli eccessi, per il resto cera una sorta di
quieto vivere. In quellocca sione per, il seguito ebbe uno svolgi-
mento impre visto, grazie soprattutto ad un magistrato coraggio-
so, Giuseppe Trinci, il quale decise di inda gare fno in fondo. Al-
la fne riusc a provare la responsabilit di Albanese, ottenendone
la carcerazione.
Bastarono pochi giorni di carcere duro, a pane ed acqua, per
convincere il Tarra a collaborare proprio come successo, in al-
cuni casi, con il 41 bis. Dinanzi alla prospettiva di marcire in
cella, il boss di Gioia Tauro vuot il sacco sui se greti della sua
organizzazione e su tutte quelle regole in gran parte ri maste im-
mutate nel tempo.
Prima di Francesco Fonti, importanti conferme erano arrivate
dalla te stimonianza di Antonio Zagari, autore tra laltro di una in-
teressante au tobiografa dal titolo Ammazzare Stanca. Zagari ha
dichiarato che il vin colo asso ciati vo si estingue solo con la morte,
oppure con il tradimento o con le spulsio ne per inde gnit. E ha
precisato: Lipotesi che un espulso dalla ndrangheta continui a
rimanere in vita [...] assai remota. In ogni caso, anche se lor-
ganizzazione dovesse decidere di non uccidere un ex af fliato, a
questi verrebbe tolto il saluto e nessun uomo donore potrebbe
pi frequentarlo. Secondo Zagari nel gergo della ndrangheta,
laffliato e spulso dallorga nizzazione viene defnito spogliato,
cio privato della veste o camicia che simbolicamente e in sen-
so metaforico, viene con se gnata al momento del laf fliazione.
Tuttavia, ha spiegato ancora Zagari, esistono casi, anche se ra-
rissimi, in cui un appartenente alla ndrangheta pu ritirarsi a vita
privata, ma anche quando concesso di ritirarsi in buon ordine
(que sto il termine usato dalla ndrangheta) la persona che si
ritira ha sempre e comunque lobbligo di mettersi a disposi zio ne
del lor ganizzazione, se richiesto, in qualsiasi momento e per tutta
la vita.
77
CAPITOLO 3
Lurbanizzazione della ndrangheta
Giuseppe Zappia aveva il viso duro, asciutto, segnato dal sole,
dallaria a spra della montagna e dalle sofferenze. Durante il gior-
no era solito affac ciarsi sulluscio e poi si attuffava in casa, come
le lucertole che cerca no, tra il capelvenere e le paretarie, un rag-
gio di sole. Il 26 ottobre 1969, a Serro Jun cari, una radura ai piedi
di Montalto, sullAspromonte, aveva pre sie duto lultimo summit
della ndrangheta agro-pastorale, quella che al suono della taran-
tella si ba loccava con Osso, Mastrosso e Carcagnosso.
Era la mafa di Ntoni Ma cr, Mico Tripodo e Mommo Piromal-
li, uo mini tutto dun pez zo, sangui nari e generosi. Della vecchia
guardia era uno dei pochi soprav vis suti. Aveva subito tre attentati.
Sono impiombato come un pac co po sta le, raccont un giorno
al giornalista Antonio Delfno che era an dato a tro varlo, arram-
picandosi lungo quella strada stretta che si aggrappa a mo struose
creature di roccia e che sale, si piega, scende, si con tor ce sfo-
rando ciuff di piante selvatiche, querce secolari, fno ad arri vare
a San Mar tino di Taurianova, in provincia di Reggio Calabria.
La sua unica colpa era quella di appartenere a una generazione
che lui stesso con accento gnomico defniva ormai lontana. Una
generazione che si aspettava la ventura di morire nel proprio letto.
Aveva superato la set tan tina, ma aveva ancora paura. Balzava dal-
la sedia ad ogni rumore, in terrompendo quella sua parlata gestua-
le tipica dellantica consorteria. f nita lominit, diceva, i
giovani doggi sono assatanati di denaro e non hanno rispetto per
nessuno. Quella di Zappia una storia strettamente in trecciata a
78
quella della ndrangheta, una storia di miti e di morte.
Era stato proprio lui a Montalto a esprimere lesigenza di evitare
divi sio ni. Non c ndrangheta di Mico Tripodo, non c ndran-
gheta di Ntoni Ma cr, non c ndrangheta di Peppe Nirta, ave-
va detto. Si deve essere tut ti uniti, chi vuole stare sta, chi non
vuole se ne pu anche anda re. Quel gior no i delegati dei vari
locali della provincia si erano riuniti per affrontare molte que-
stioni, alcune anche spinose.
Racconta Francesco Scopelliti, uno dei partecipanti al summit:
Per primo prese la parola Antonio Romeo di San Luca, il quale
propose di tra sferire lannuale convegno di Polsi in unaltra lo-
calit dellAspromonte. La proposta, su mio suggerimento, ven-
ne per respinta. Mentre discuteva mo, improvvisamente scoppi
una lite in seno ad un gruppo formato da sei persone di Condofuri,
tre dei quali accusavano le altre di essersi allon ta nate dalla mala-
vita uffciale del luogo per formare una societ a parte. La lite che
stava per degenerare, venne prontamente sedata. Fu a quel pun to
che Zappia invit tutti a rimanere uniti.
Durante il summit si discusse anche della necessit di inasprire la
lotta contro la polizia, ricorren do anche ad attentati dinamitardi.
Racconta An gelo Oliviero, anchegli presente a Montalto: Su
questo argomento si svilupp un acceso di battito. Dopo Zappia
presero la parola altri sette ndranghetisti per cri ticare le insop-
portabili iniziative del que store Emilio Santillo che con tinuava a
man dare gente al confno. Ci fu an che chi pro po se di far saltare gli
automezzi della questura e chi di sparare contro la macchina del
que store, ma su questo punto non tutti si trovarono dac cordo.
Si disse anche che quel summit doveva servire per convincere
la ndrangheta ad al learsi con la de stra eversiva, rappresentata
dal prin cipe nero Junio Valerio Borghese, ex gerarca della X
Mas
1
.
1
La testimonianza di Giacomo Lauro. Proprio in quei giorni era previsto un co-
mizio a Reggio Calabria di Junio Valerio Borghese, sospeso per motivi di opportunit
dalle autorit di polizia che temevano incidenti.
79
Qualcuno, per, aveva informato la questura che, in poche ore,
mise a punto un piano per sorprendere gli oltre 150 mafosi con-
venuti da tutte le parti della provincia a Montalto, dove quellan-
no si era deciso di spostare la tradizionale riunione di Polsi.
In vano i partecipanti al sum mit cer carono di giustifcare la loro
presen za su quella radura qualifcan dosi come ignari caccia tori o
cercatori di fun ghi.
Loperazione venne coordinata dal commissario della Polizia
di Stato Alberto Sabatino
2
:
Per antica tradizione, scrive Sabatino nel rapporto inviato
allau to rit giudiziaria, la malavita della provincia di Reggio
Ca labria de no minata anche onorata societ o ndrangheta
teneva ogni anno in A spro monte unassemblea di esponenti e
delegati di tutti i nuclei, in oc ca sio ne dei festeggiamenti che si
svolgono a settembre in ono re della Ma donna nel Santuario di
Polsi, sito nel territorio di San Luca. Mai la po lizia aveva avuto
modo di cogliere utili informazioni preventive sulle mo dalit e
circostanze specifche, di tempo e di luogo, con cui si organiz-
za va no e si svolgevano tali assemblee, e sapeva tuttavia che ad
es se par te cipavano gli esponenti pi qualifcati di tutti i comuni: i
capi ba stone o ca pi societ, i contabili, i mastri di sgarro.
Loperazione Montalto port davanti ai giudici del Tribunale
di Lo cri, competente per territorio, settantadue presunti affliati
alla ndran gheta che dovettero rispondere dei reati di associazio-
ne per delinquere, scorreria, de tenzione abusiva e porto illegale di
armi. Tra gli imputati, sebbene in con tu macia, anche Antonio Ma-
cr, Domenico Tripodo e Giuseppe Nirta, f gure pro minenti della
ma la vita calabrese del tempo. I gradi di giu dizio che se guirono,
le nu me rose condanne e le assoluzioni conseguenti, anche se
con sentirono di evi den ziare lesistenza storico-giudiziaria della
malavi ta or ganiz zata nella pro vin cia reggina, non indebolirono
o disgregarono af fatto loperativit cri minale dellorganizzazione
2
La mafa a Montalto, Sentenza 2 ottobre 1970 del Tribunale di Locri, Reggio Ca-
labria, Stab. Tip. La Voce di Calabria, 1971, pagina 22.
80
che gi allora era in grado di reggere bril lantemente allurto di
qualsiasi indagine giudiziaria.
Le divergenze che avevano animato il summit di Montalto
esplosero vio lentemente agli inizi degli anni Settanta.
Molti sentivano la necessit di libe rarsi di quella mentalit
poco elastica che impediva ai boss della ndrangheta di a vere
contatti e rapporti con il potere politico ed economico.
Ci che avvenne in quegli anni fu un cambiamento epocale,
racconta oggi un vecchio boss della ndrangheta che vive alleste-
ro, dopo aver pa gato i propri debiti con la giustizia. stato Mom-
mo Piromalli assieme ai De Stefano a defnire le nuove strategie
della ndrangheta, cio lidea di andare oltre lo sgarro e di entra-
re in quella zona grigia, rappresentata dalla masso neria de viata,
nella quale era possibile incontrare magistrati, poliziotti, politici,
av vocati e commercialisti. Lidea stata subito abbrac ciata dal
locale di Toronto, dove vivevano alcuni autorevoli rappresen tan ti
della ndranghe ta, legati a Cosa Nostra americana.
Venne cos creata unenclave allinterno della ndrangheta,
detta Santa, composto da 33 per sone, alle quali era permesso di
affliarsi a logge coperte della mas soneria
3
.
Conferma Gaetano Costa, ex capo del locale di Messina: Fu
Mommo Piromalli che, attesi gli enormi interessi che allepoca
sussistevano nella zona di Reggio Calabria (il troncone ferrovia-
rio, la centrale siderurgica e il porto di Gioia Tauro, ecc.), al fne
di imporre una sua maggiore au to rit, in vista del cambiamento
allinterno della consorteria, onde poter ge stire direttamente la
realizzazione delle opere pubbliche, si fregi del gra do di santi-
sta che, a suo dire, gli era stato conferito direttamente a To ron to,
dove esisteva una importantissima ndrina.
Dopo Piromalli anche Paolo De Stefano e Santo Araniti si fre-
3
Linchiesta giudiziaria del 1992, denominata Olimpia fece luce su questi intrecci.
La Santa sarebbe entrata nella massoneria, tramite logge compiacenti e personaggi,
come Pietro Marrapodi, notaio a Reggio Calabria, Pasquale Modafferi, esponente di
punta del gruppo Condello-Imerti di Reggio Calabria e Cosimo Zaccone, capo di una
loggia massonica di Reggio Calabria.
81
giarono del titolo di santista. Contrari a questa iniziativa si di-
mostrarono sin da su bito Ntoni Macr e Mico Tripodo, entrambi
sgarristi, esponenti dellala tradizionalista della ndrangheta.
Macr in particolare, come racconta Costa, non volle ricono-
scere le sistenza della societ di santa, che defniva bastarda,
anche perch le regole di questa nuova societ consentivano di
tra dire ed effettuare dela zioni pur di tutelare un santista.
Come raccontarono altri pentiti la Santa rappresent allinter-
no della ndrangheta uno stadio occulto, in quanto il relativo gra-
doera no to sol tanto agli altri santisti e nessun rilievo oc cupava
allinterno delle ge rar chia della ndrangheta.
Cambiarono anche i riti di iniziazione. Ai mitici cavalieri spa-
gnoli Os so, Mastrosso e Carcagnosso, i vecchi antenati, suben-
trarono eroiche f gu re mas soniche, come Garibaldi, Mazzini e La
Marmora.
Giuro su questa arma e di fronte a questi nuovi fratelli di San-
ta re cita il nuovo testo del codice della ndrangheta sequestrato
dalla Squadra Mobile di Reggio Ca labria e dalla Criminalpol ca-
labrese nel giugno del 1987 nel covo del su perla titante Giuseppe
Chil
4
di rinnegare la societ di sgarro e qual siasi or ganizzazione
e far parte alla Santa Corona e divi dere sorte e vita con questi
nuovi fratelli.
Insomma, come conferma anche il collaboratore Giovanni
Gull, un santista pur di salvare lor ganiz za zione po teva persino
tradire cento camorristi o sgar risti. Un esempio di questa nuova
realt ce lo fornisce Filippo Barreca, capo zona del quar tiere di
Pellaro, nominato santista: Nel 1979 entrai a far parte delllite
della ndrangheta, acquisendo un grado segreto che mi dava la
possibilit di a vere rapporti con esponenti della massoneria.
Barreca racconta che a formare la loggia coperta, della quale
4
La fotocopia del codice ritrovato a SantEufemia nel 1987 stata pubblicata in
appendice al libro Alle origini della ndrangheta: la picciotteria di A. Nicaso, Rub-
bettino Editore, nel settembre del 1990. La trascrizione dello stesso documento viene
riproposta interamente in appendice a questo libro.
82
egli entr a far parte, assieme alle pi importanti personalit cit-
tadine, fu Franco Fre da, esponente di punta della destra eversiva,
al quale egli stesso aveva dato ospitalit nel 1979 prima della
fuga del terrorista in Nicaragua. Cosa No stra era rappresentata
da Stefano Bontade e grazie a que sta nuova di men sione la San-
ta riusc ad imporsi, assicurandosi il controllo di tutte le prin-
cipali attivit economiche, compresi gli appalti, e ad infl trarsi
nelle i stituzioni attraverso lelezione di persone di gradimento e
fa cilmente avvi cinabili.
Anche per Giacomo Lauro fu una svolta storica
5
: Sino alla
prima guerra di mafa la massoneria e la ndrangheta erano vicine,
ma la ndrangheta era subalterna alla massoneria, che fungeva
da tramite con le istituzioni, racconta il pentito. Gi sin da al-
lora la massoneria rica va va un utile diretto per centualizzato, in
riferimento agli affari che per conto nostro mediava. In vero, vi
era una presenza massonica massiccia nel le istituzioni tra i po-
litici, imprenditori, magistrati, appartenenti alle forze dellordine
e ban cari, e pertanto vi era un nostro interesse diretto a man tenere
un rapporto con la massoneria. evidente che in questo modo
era vamo costretti a de legare la gestione dei nostri interessi, con
minori gua dagni e con un ne cessario affdamento con personaggi
molto spesso i naffdabili. A questo punto capimmo benissimo che
se fossimo entrati a far parte della famiglia massonica avremmo
potuto interloquire diretta mente ed essere rappresen tati nelle isti-
tuzioni. Fu cos che Paolo De Ste fano, Santo Ara niti, Antonio,
Giuseppe e Francesco Nirta, Antonio Mam mo liti, Natale Iamonte
ed altri entrarono a far parte della massoneria.
Per anni il potentato fondiario era stato al centro delleconomia
calabrese. Altre classi sociali non avevano mai avuto spazi propri
e in assenza di un apparato produttivo, la politica era stata lunica
a poter compiere scelte economiche, offrendo potere, prestigio e
ricchezza. I mafosi lo ave vano intuito da tempo.
Una relazione inviata al ministero dellInterno nel 1959 aveva
5
Operazione Olimpia. Direzione Distrettuale Antimafa, Reggio Calabria.
83
rilevato i legami dei capi mafa anche con esponenti politici, ai
qua li mantengono sottomano la clientela elettorale. E alle stesse
con clu sioni erano arrivati i giudici Guido Marino, Antonio Stal-
tari e Luigi Co trona nella sentenza per i fatti di Mon talto: Che il
mondo della mafa tenda costantemente a fare binomio col mondo
della politica una verit ormai notoria
6
.
Parallelamente al rapporto con i politici, la ndrangheta inten-
sifca i rapporti con Cosa Nostra e in par ticolare con le famiglie
mafose di Paler mo e Catania. Gli investigatori, de f nendo il nuo-
vo corso della mafa cala brese, molti anni dopo, parleranno di
entit integrate, forme di plu ra lismo associativo che troveranno
con ferma nel la contiguit con politici cor rotti e massoni legati a
logge deviate.
La ndrangheta, proprio in quegli anni, compie il defnitivo
salto di qualit: da una parte la conquista dei traffci, ormai rami-
fcati, delle so stan ze stupefacenti dal Medio Oriente e dal Nord-
Africa, dallaltra la po litica degli interventi straordinari verso il
Meridione che destina anche alla Calabria centinaia di miliardi
per indifferibili opere pubbliche. Molti an ni dopo, la commis-
sione parlamentare antimafa apprender dalle parole del giudice,
Salvatore Trovato, che tutti i mafosi che avevano vissuto la sta-
gio ne degli interventi straordinari in Calabria, avrebbero potuto
dimo stra re di aver ricevuto centinaia di milioni di lire da parte
della Regione, cio del lo Stato
7
.
A determinare la politica degli interventi straordinari contri-
bu, proprio nel 1970, la stagione della rivolta sociale, insorta nei
quartieri e nel le stra de di Reggio Calabria a seguito della decisio-
ne po liti ca di spo stare il ca poluogo della regione a Catanzaro. Fu-
rono setti mane e mesi di guer ri glia urbana accesa, violenta, senza
esclu sione di col pi alla quale il Gover no pen s di porre ri paro,
6
Tribunale di Locri, Sentenza n. 299, N. 75-70 Reg. Gen. Depositata il 24 marzo
1971. Zappia Giuseppe +71, p. 95.
7
Commissione Parlamentare Anti-Mafa, Audizione del giudice Salvatore Trovato,
1985.
84
prima inviando in riva allo Stretto lesercito e i carri armati, e
poi disegnando un nuo vo piano dinter vento produttivo (il noto
pacchetto) elaborato dallal lora presi dente del Con siglio, Emi-
lio Colom bo.
Scrivono i magistrati della Procura Distrettuale Antimafa di
Reggio Ca labria: Lirruzione nel ramo delle in frastrutture con-
sent il salto nella cate goria imprenditoriale di numerosi espo-
nenti dei casati vincenti e rap present loccasione di conquistare
un giro di affari senza precedenti e la pos sibilit di accesso nelle
stanze della burocrazia politico-ammini stra ti va. I risultati furo-
no o vunque clamorosi, tali da spiegare ampia mente lin coraggia-
mento che ne avrebbe ricavato la spregiudicatezza del mafo so-
manager negli anni successivi: il servizio dei trasporti, la for nitura
dei materiali, lespropriazione dei terreni ne cessari, las sun zione
della ma no dopera, lassegnazione stessa degli ap palti vennero
mono polizzati o con dizionati dai capi zona e dai loro pro tettori
con spiccato senso spe culativo. [] andarono egualmente a se-
gno le manovre fnali z zate allac ca par ramento ed appropriazione
dei posse dimenti agricoli ovunque ab ban donati dalla massa con-
tadina, richiamata al Nord dai miraggi del mi ra colo eco nomico
e dai vecchi proprietari ter rieri non pi pre disposti a sot to stare
alle stagionali soverchierie dei malavitosi. Peral tro, proprio con
la sa piente uti lizzazione delle somme destinate dal Governo allin-
te gra zione dei prezzi di alcuni prodotti (lolio di oliva tra tutti) e
con lim piego di fondi ra strellati in campi di attivit collaterali,
la ndrangheta nel reg gino si as sicur il controllo genera lizzato
del fondo agrario a condi zio ni di as soluto vantaggio, in modo da
garantirsi lesclu siva di una fon damen tale risorsa produttiva e il
con seguente assoluto dominio sui prezzi, sulla di stribuzione e sul
mercato dei prodotti agricoli. E cos i ma lavitosi che per anni ave-
vano costruito il proprio prestigio custodendo militar mente i ter-
reni altrui si tramutarono in imprenditori rampanti, altri ripiega-
rono tradizio nalmente verso la conquista diretta del fondo agrario
calabrese.
Naturalmente, oltre alla speculazione edilizia, alle grandi
opere pub bli che ed alle varie risorse legate allagricoltura e alla
85
pastorizia, la ndrangheta mise le mani anche sul controllo dei
traffci marittimi natural mente ille citi, come il contrabbando di
sigarette.
Furono, comunque, la costruzione del quinto centro siderurgi-
co e il com ple tamento del lau tostrada del Sole nel tratto compre-
so tra Salerno e Reg gio Calabria ad imprimere una nuova svolta
al rapporto politica-ndran gheta, con la creazione di lobby tra ma-
fosi, politici e settori del mondo economico e fnanziario locale
e nazionale.
Presero piede anche i sequestri di perso na, creando ulteriori e
sangui nose divisioni in seno alla ndrangheta. Dal 1970 al 1978
se ne registrano 53 contro i due veri fcatisi dal 1963 al 1969.
Non ci fu, per, nessun cambiamento dal ruolo passivo della
me diazio ne a quel lo attivo dellaccumulazione. Piuttosto ci fu un
salto di quan tit, di un fenomeno di integrazione vecchio di se -
coli.
Osserva acutamente Francesco Caracciolo
8
: Lassociazione
mafosa e il mafoso, in Calabria, in Sicilia e in Campania, hanno
sempre avuto in s due anime, hanno sempre svolto due ruoli: di
mediazione e di accumu la zio ne e di do minio. Solo che ora la rapi-
dissima integrazione della mafa calabrese, che negli anni settanta
approftta dellopportunit di adeguarsi ai tempi sfrut tando le nu-
merose occasioni di lucro e di investimento ad e mu lazione della
mafa siciliana, ha reso pi evidente uno dei due ruoli. Cio la
ndrangheta dopo Montalto adegua ai tempi nuovi i suoi vecchis-
simi stru menti, con i quali ha sempre esercitato la mediazione e
laccu mula zio ne.
8
F. Caracciolo, op. cit., p. 149.
86
87
CAPITOLO 4
La prima guerra di mafa
La resa dei conti per Peppe Zappia arriv il 5 agosto del 1993,
quando veniva ucciso assieme al fglio Giuseppe di 54 anni alle
porte di San Mar tino di Taurianova, il paesino aspromontano che,
da alcuni anni, era diven tato la sua prigione. I sicari inferirono sul
suo corpo esanime, a terra, in una sorta di spasimo di ferocia e di
esaltazione. Era lultimo patriarca della ndrangheta agro-pastora-
le, quella che aveva avuto in Antonio Macr il boss dei boss.
Negli anni Sessanta e Settanta, la ndrangheta era soltanto un
sostantivo dalla sgra devole sonorit, che al solo evocar lo incute-
va fasti dio
1
. Macr era un boss rispettato. Amico di Luciano Lig-
gio, Angelo e Salvatore La Bar bera, Pie tro Torret ta, dei Greco di
Ciaculli, negli anni Cin quanta era stato in buoni rapporti con il
dottor Michele Navarra, boss dei Corleonesi, confnato a Ma rina
di Gioiosa Jonica.
Il suo pupillo era Domenico Tripodo, boss di Reggio Calabria
che, come lui, era fortemente legato alle tradizioni ndranghetiste.
Entrambi erano contrari ai sequestri di persona, voluti invece dai
clan della piana di Gioia Tauro, San Luca e Plat. Attirano su di
noi solo gli sbirri, sostenevano. Nella Locride, Macr comanda-
va con lo sguardo. Aveva imposto la guar diana a tutti i proprieta-
ri, tanto che, come avevano scritto nel 1950 i giu dici della Corte
dAssise di Locri, nella sentenza di un processo a 41 im putati
1
M. Guarino, Poteri segreti e criminalit, Edizioni Dedalo, Bari, 2004, p. 8.
88
di Siderno: Mentre altrove le con tro versie agrarie si discutono
da vanti il Tribunale, in Siderno e Locri si ri corre allocculta po-
tenza del Ma cr per imporre la volont dei padroni a contadini e
mezzadri.
Il pentito Giacomo Lauro, in un memoriale consegnato alla
magistra tura di Reggio Calabria, ne traccia un ritratto molto eff-
cace: Que stuo mo era il capo crimine e rappresentava, secondo
me, non inde gna mente, quel la che si riteneva fosse lonorata
societ; egli, se si pu di re, era il capo dei capi (...) il vero unico,
rappresentante, con tutti i titoli in Cosa No stra ed aveva le chiavi
per entrare negli Stati Uniti (New Jersey), Ca nada (da Toronto a
Montreal, fno ad Ottawa) e Australia (la zona di Mel bourne, Ade-
laide, Griffth); (...) Aveva conosciuto, quando ancora por ta vano
i pantaloni corti, sia Riina che Provenzano, i quali, ne gli anni 50
era no al servizio del dott. Michele Navarra di Corleone....
Macr aveva saputo sfruttare i vantaggi del contrabbando di si-
garette che, in quegli anni, era il vero grande affare del le cosche,
quello che pose le basi per le future sinergie con altre organizzazioni
criminali.
Nel giro cerano tutti. Mommo Piromalli nella piana di Gioia
Tauro, con i Pe sce di Rosarno ed i Mammoliti di Castellace di
Oppido Mamer tina; Domenico Tripodo a Reggio Calabria con i
clan Codispoti, Canale, Sammarco e Surace; Natale Iamonte, nel-
la zona Ann di Melito Porto Sal vo; i Nirta nella zona che va da
Bianco a Bovalino; i Marafoti, i Cord e i Cataldo di Locri; Bruno
Equisone di Bova; gli Ursino-Scali-A quino-Maz zaferro assieme
a Rocco Monteleone nella vallata del Tor bido (Gioiosa Jonica,
Marina di Gioiosa e Mammola); i Ciamp di Cu tro, gli Arena di
I so la Capo Rizzuto, i Mannolo di San Leonardo di Cutro; i Vren-
na di Cro tone.
Con loro traffcavano anche gli Sca duto di Bagheria, i Di
Cristina ed i Ferrante di Palermo, i Ferrera, i Fer lito e i Santapaola
di Catania, i Nu vo letta di Ma rano. E anche i Mazza rella e i Zaza
di Napoli. Tutti assieme in or dine sparso.
Spiega Enzo Ciconte: La brusca e improvvisa accelerazione
del traf fco delle bionde fu determinata da una situazione che si
89
venne crean do allesterno della Calabria. Le coste siciliane, tra-
dizionali posti di sbar co, diventarono insicure per una accorta ed
effcace azione di repres sione da parte della Guardia di Finanza.
Il traffco venne dirottato allora sul le co ste calabresi di certo pi
sicure perch non controllate e non sorve glia te; in particolare sul
litorale jonico, a Crotone, e soprattutto nella zona della Locri-
de. Vi furono sbarchi anche nei pressi di Lamezia Terme, dove
il contrabbando delle sigarette aveva assunto le modalit della-
zio naria to popolare: partecipavano in molti, anche professionisti,
deside rosi soltanto di investire i loro risparmi in unattivit alta-
mente redditizia
2
. Daltronde, cos come era successo con il proi-
bizionismo nel Nord Ame rica, lacquisto di sigarette a un prezzo
inferiore rispetto a quello del Monopolio non era considerato un
fatto riprovevole.
Ci furono anche scontri per il controllo di questa lucrosa at-
tivit, come quello tra gli Ursino-Scali-Aquino da una parte e i
Mazzaferro-Femia dal laltra nella Vallata del Torbido. E per le
sigarette avvenne anche la strage di Locri (Piazza Mercato) che
vide imputati come mandan ti Anto nio Nirta, potente boss di San
Luca, ed Antonio Macr e come e secutori due palermi tani, Tom-
maso Scaduto e Antonio Di Cristina. Poi tutti assolti.
Oltre al contrabbando di sigarette, nellottica della ndranghe-
ta, in quegli anni, entr anche la distribuzione clientelare delle
risorse pub bliche (ap palti) che and ad affancarsi al piz zo, alla
guardiana e al controllo del mercato del lavoro.
Nacquero cos, in quegli anni, le prime imprese edilizie ma-
fose, cio le imprese gestite da mafosi, grazie soprattutto allau-
mentata disponibilit del le risorse fnanziarie. Una prova di tale
ec cesso di liquidit fu il ritrova mento nella borsa di Giorgio De
Ste fano, uc ciso nel 1976 sullAspro mon te, di un piano di inve-
stimenti immo biliari e industriali di tali pro porzioni da triplicare,
se realizzato, la gi no tevole scala di attivit eco nomica del lim-
pre sa-cosca dei fratelli De Stefa no. E, in quegli stessi anni, in un
2
Intervista con Gianfranco Manfredi, febbraio 2006.
90
covo dellAspromonte fniva anche Paul Getty III, nipote del noto
miliar dario americano. Fu proprio con i proftti dei sequestri che
le cosche comincia ro no ad acquistare ruspe e motopale
3
.
Questo era il retroterra della ndrangheta quando scoppi la
prima guer ra di mafa. Don Mommo Piromalli, potente boss di
Gioia Tauro, era del lavviso che la ndrangheta non potesse ri-
manere eternamente in con fitto con le istituzioni statali ed era
convinto che bisognasse prendere lo Stato sottobraccio, come
avevano fatto i siciliani entrando nelle logge mas so ni che.
La svolta indicata da don Mommo venne subito appoggiata
da Paolo De Stefano, un rampante e ambizioso boss cresciuto nel
quartiere Archi di Reg gio Cala bria.
I sequestri furono un pretesto e contribuirono a creare un vorti-
ce in seno alla ndrangheta. Con Piromalli, si schierarono anche i
Mammoliti di Castellace, ma soprattutto gli Strangio di San Luca,
i Barbaro di Plat e i Ietto di Natile di Careri. I traffci di droga,
che avevano cominciato a viaggiare sulle stesse rotte seguite dalle
casse di sigarette, fecero il resto, de stan do molti appetiti, soprat-
tutto tra i giovani che fremevano per con qui sta re nuovi spazi.
Antonio Macr venne eliminato il 20 gennaio del 1975. Nel-
lagguato ri mase gra vemente ferito Francesco Commisso, detto u
quagghia, braccio destro del potente boss di Siderno. I due ave-
vano appena fnito di giocare a bocce in un campetto ubicato nelle
vicinanze di un quadrivio in contrada Zamma riti di Siderno.
stato il pentito Giacomo Lauro a ricostruire questo omicidio
venti an ni dopo. Ha raccontato che a uccidere Macr furono Pa-
squale Condello e Giovanni Saraceno, i quali si avvalsero come
copertura di Giusep pe Schi mizzi e di Pietro Orlando; questulti-
mo, uomo di fducia di Giuseppe Ca taldo, boss di Locri. Orlando
verr ucciso il 17 febbraio di quello stesso an no, nei pressi di un
semaforo nel centro di Locri.
3
Nei cantieri di Gioia Tauro erano utilizzati automezzi appartenenti ad esponenti
delle cosche Piromalli, Stanganelli, Mammoliti, Rugolo, Nava e Pesce. Cfr. Sentenza
emessa dal Tribunale di Reggio Calabria in esito al procedimento contro Paolo De Ste-
fano +59. Sentenza n. 1/79 datata 4 gennaio 1979, p. 245.
91
Lauto usata per lagguato era stata rubata a Reggio Calabria
a due pas si dal Tribunale ad un medico. Verr ritrovata bruciata
qualche giorno do po nelle campagne di Antonimina.
Dopo lomicidio, il gruppo di fuoco, che secondo Lauro ag su
mandato di Paolo De Stefano, dei fratelli Giuseppe e Nicola Ca-
taldo e di Vincenzo, Giuseppe e Francesco Mazzaferro, si rifugi
a Gioiosa Jonica a casa di que sti ultimi. Una fonte confdenzia-
le rifer alla polizia che Giuseppe Ca taldo, qualche giorno prima
dellomicidio del Macr, era stato visto a bor do dellAlfa Romeo
rubata a Reggio e utilizzata per lagguato di con trada Zamma-
riti assieme a Do me nico Tegano e Giovanni Saraceno. Sem pre
se condo Lauro, anche Tegano avrebbe dovuto partecipare allag-
guato, ma eb be qualche problema a causa della tensione e venne
lasciato a casa di amici.
Scrive Luigi Malafarina il 22 gennaio del 1975 sulla Gazzetta
del Sud: La carriera del boss che stato al soggiorno coatto di
Ustica, del lAquila, e di Casarze Ligure; latitante per nove anni;
alla colonia a gricola dellAsinara stata costellata, nellarco
di cinquantanni, da tan te asso luzioni. In istruttoria fu prosciol-
to dallaccusa di essere il man dante del lomicidio di Girolamo
Commisso, fulminato il 22 agosto 1947 con una scarica di mi-
tra; il 23 novembre 1961 fu assolto dalla Corte dAs sise di Melf,
dove il processo si celebr per legittima suspicione, dal la vere
or ganizzato luccisione dello studente, Antonio Saracini, 20 anni,
fglio di un vecchio rivale; il 2 ottobre 1970 il Tribunale di Locri
lo mand libero dalla imputazione di essere uno dei capi della
mafa riunitasi a Montalto, e, infne, la Corte dAssise di Lecce
lo dichiar innocente del laccusa di es sere uno dei mandanti del-
la strage di Locri (che cost la vita di Do menico Cord, vecchio
amico di don Antonio, Vincenzo Saracini e Car melo Siciliano,
vittima inno cente estranea alla contesa tra gruppi mafo si). Tutte
queste assoluzioni (don Antonio ha sostenuto sempre di essere
stato estraneo a quei delitti e che la giustizia aveva cercato in
lui un capro e spiatorio) rafforzarono il mito delluomo forte, del
mammasantissima intoccabile.
Sul luogo del delitto vennero trovati 32 bossoli, quattro, secon-
92
do i periti balistici, le armi usate per abbattere il boss dei boss.
Dir al giudice istrut tore di Locri nel dicembre del 1976 Fran-
cesco Com misso, ferito nel lag guato che cost la vita al padri-
no di Siderno: ...Tut ti erano a volto sco perto. Potevano avere
una trentina danni. Pri ma di andarsene uno dei due discese dalla
macchina, essendosi accorto che il Macr ancora respi rava, gli ha
sparato contro altri due colpi di mi tra al petto ed alla te sta....
Un anno prima, secondo quanto aveva raccontato una fonte
confdenzia le allallora dirigente della Squadra Mobile di Reg-
gio Calabria, Girola mo Celona, Antonio Macr, accompagnato
da un certo Pietro Romanello, aveva partecipato a Gioia Tauro
a una riunione, alla quale erano presenti Giuseppe Piromalli, che
allepoca era latitante per essersi allonta nato dalla clinica Ita-
lia di Roma sottraendosi cos alla misura di preven zione della
sorveglianza speciale con lobbligo di soggiorno ed i fratelli De
Stefano. Linformatore aveva aggiunto che a un certo punto la
discus sione tra Pao lo De Stefano e Antonio Macr era diventa-
ta abbastanza a nimata, tanto che i due erano quasi venuti alle
mani. Pare che Macr a vesse difeso Domeni co Tripodo, inviso
ai De Stefano. Alla fne, anche per la mediazione di Pi romalli,
gli animi si placarono e lo stes so Ma cr si disse disposto a me-
diare tra Tripodo e De Stefano
4
. Invece, qual che mese dopo,
daccordo con il suo fglioccio, organizz, con laiuto del la fa-
miglia Ferrante di Na po li, la spedizione punitiva che allinterno
del Roof Garden, un locale alla moda di Reggio Calabria, vide
cadere Giovan ni De Stefano. In quelloc casione ri mase ferito
anche Giorgio De Stefano, fratello della vit ti ma. Fu linizio del-
la prima guerra di mafa, preceduta da un attentato di na mitardo
contro due motopale appartenenti a Orazio Polimeni, cognato
di Tripodo.
Nel solo 1975 si contarono 93 morti, 101 lanno successivo. Ri-
ma sero uccisi anche Martino Raso, Vincenzo Romeo, Giuseppe
4
La riunione si tenne in occasione delle nozze di Girolamo Mazzaferro, che furono
festeggiate presso lHotel Jolly.
93
Poli meni, Giusep pe Zito, Giuseppe Imerti, Paolo Bruno Equiso-
ne, Tot DA gostino e Do me nico Campolo. Altre faide scoppia-
rono a Gioiosa Jonica tra gli Scali-Aquino e i Mazzaferro; a Cro-
tone, dove lo scontro tra i Vrenna e i Feu dale, coinvolse anche i
Giamp di Cutro e gli Arena di Isola Capo Rizzuto; ed a Cosenza,
dove lomicidio di Luigi Palermo, detto U Zorru rivel i colle-
gamenti tra la malavita cosentina, la mafa siciliana, la camorra e
la ndrangheta.
La stessa sorte di Antonio Macr tocc a Domenico Tripodo
nellin fer meria del carcere di Poggioreale
5
. Era il 26 agosto del
1976.
Racconta Lauro: A quel tempo nel carcere di Poggioreale era
dete nuto tale Cutolo Raffaele di Ottaviano (Napoli). Questo non
era n malandrino n guappo, ma disponeva di denari. Devo dir-
vi che in carcere se uno ha soldi buono, invece se sulla sua
libretta soldi non ci sono, questo non buono. Allora Cutolo
aveva i soldi e cos E gi dio Muraca di Ni ca stro (den tro per un se-
questro), e Salvatore Mam moliti (fratello dei pi noti Vin cenzo,
Nino e Saro) lo tennero a battesimo e cio gli diedero il se con-
do battesimo. In poche parole da contrasto onorato lo fecero
ca mor rista. E siccome il Cutolo gi dentro Poggio reale si sen tiva
qual cuno, gli diedero subito i gradi prima di santista e poi di
van gelista. Tan to Cutolo spendeva per tutti. E cos ancora una
volta dei calabresi crearono da un fan te appiedato un generale a
cavallo. Cos fece Umberto Bellocco con i pugliesi. Li fece tutti
malandrini. Poco importava se erano dediti alla pro stituzione ed
al traffco di sigarette. Anzi questo portava ric chezza.
Lauro, cos, continua nel suo racconto: Quando Dome nico
Tripodo venne arrestato (76) fu condotto in quel carcere (Poggio-
reale, nda), o meglio allinfermeria San Paolo del carcere. Per i
De Stefano-Mammoliti-Piro malli-Ciccio Canale, fu facile chie-
dere al Cutolo il favore di uccidergli un nemico. In poche parole
5
Tripodo e Giorgio De Stefano avevano avuto dei contrasti a causa delliniqua
spartizione di una carico di contrabbando.
94
Cutolo
6
accett la som ma di cento milioni (non duecento come si
disse) e diede incarico a Esposito Gennaro ed Effge A grippino,
questultimo di un paese vesu viano. I due aiutati da un ap punta to
o brigadiere di servizio che apr loro la cella lo uccisero nella sua
stan za sorprendendo il Tripodo a letto che riposava. Dovete sa-
pere che il giorno prima di essere ammazzato Dome nico Tripodo
si in contr (recan dosi a colloquio dal proprio avvocato e con la
famiglia, col compare Car mine Alferi, allepoca anche egli de-
tenuto a Poggio reale...). Per paura che non morisse lo massacra-
rono a coltellate. Il Tripodo ebbe la forza di alzarsi dalla branda
in cui dormiva e chiuderli dentro la sua cella. Fu cos che i due
infami furono trovati ancora tremanti e pian genti dentro la cella
di Mico Tripodo. Non par liamo delle infamit fatte dire ai due
pi doc chi per celare lo scopo del vero omicidio. Politica di gente
donore. La morte di Mico Tripodo segn la vittoria defnitiva
(del gruppo De Stefano, nda) e il nuovo assetto terri toriale.
Altre versioni sostengono che luccisione di Tripodo venne po-
sta a Cu tolo come condizione per il suo ingresso nella ndranghe-
ta. Dal mo men to che non era calabrese, fu necessaria una deroga.
Gli assassini cercarono di sviare le indagini sui presunti mandan-
ti, raccontando agli inquirenti di a ver ucciso Tripodo perch il
boss reggino aveva fatto loro delle proposte sessuali.
Dal confitto con i vecchi padrini emersero le famiglie Cataldo
e Mazzaferro nella Locride e quella dei De Stefano, alleati con i
Piromalli di Gioia Tauro e i Mammoliti di Castellace, sullaltro
versante della provincia. La guerra serv a consolidare i rapporti
dei gruppi emergenti con la Nuova Camorra Organizzata di Raf-
faele Cutolo e con Cosa Nostra.
Pi che una pace fu una tregua molto fragile. Venne violata,
infatti, quindici mesi dopo, il 7 novembre del 1977 in localit Ac-
qua del Gallo in territorio di Santo Stefano in Aspromonte. Quel
6
Racconta il pentito Pasquale DAmico che nel 1974, nel manicomio giudiziale di
SantEframo Cutolo pens di fondare una nuova camorra, strutturandola sul modello
della ndrangheta, di cui mutu anche il sistema e il rituale.
95
giorno ad arrivare al capo linea fu Giorgio De Stefano, quello
stesso che era scampato allagguato allinterno del Roof Garden.
Era stato invitato a partecipare ad una riu nione sulle alture del
massiccio aspromontano con boss e consigliori delle principali
consorterie mafose. Scopo uffciale del summit era quello di rag-
giungere un accordo per limitare i sequestri di persona, gli omici-
di, gli attentati dinamitardi, al fne di fare allentare sia la pressione
esercitata dal le forze dellordine presenti in maniera massiccia
nella provincia, che quel la delle pi importanti testate nazionali,
le quali avevano preso una dura posizione contro la ndrangheta.
Era in gioco linserimento delle fa mi glie mafose nei la vori per la
realizzazione degli insediamenti industriali previsti nel pac chetto
Colombo e, proprio in quel periodo, si dovevano ag giudicare i
la vori per la costruzione della superstrada Jonio-Tirreno con una
spesa ini ziale prevista di 45 miliardi.
De Stefano si present con il cugino Enzo Saraceno. La sua
elimina zione era stata decisa dalle principali famiglie e quella del
summit fu solo un pretesto. A uccidere il boss fu Giuseppe Su-
raci, cognato di Rocco Mu solino, vicesindaco di Santo Stefano,
che con De Stefano aveva un conto in sospeso. Cornuto, tu hai
sparato contro mio fratello, gli grid in fac cia prima di premere
il grilletto. Nello scontro rimase ferito anche Sara ceno
7
.
Racconta Giacomo Lauro: In quel tempo Gior gio De Stefano
era il capo della sua famiglia e aspirava ad un ruolo ben pi inci-
sivo anche nellambito delle altre consorterie calabresi tenuto
con to che lo stesso era pri vo di qualunque carisma e, quindi, cer-
tamente, inidoneo a rivestire il ruo lo di capo supremo, decisero
di eliminarlo.
Secondo gli inquirenti, il boss di Archi aveva cercato di mette-
re il naso in alcuni investimenti edilizi che interessavano i Mam-
moliti e i Piromalli. E laveva fatta grossa quando era andato a
7
Per il tentato omicidio di Rosso Suraci, avvenuto nella primavera del 1963, al-
lepoca, erano stati denunciati il boss Mico Tripodo e alcuni suoi affliati, ma non il De
Stefano.
96
estorcere soldi a un imprendi tore, un certo Russotti, protetto dal
gruppo Mammoliti-Nava-Zinnato.
De Stefano era latitante quando venne ucciso. Era sfuggito a
un man dato di cattura emesso dalla Procura di Roma in relazio-
ne alle indagini sul lomicidio del giudice Vittorio Occorsio e sui
contatti dello stesso De Ste fano con il terrorista nero Pierluigi
Concutelli
8
.
I veri mandanti dellomicidio riuscirono, nellimmediatezza
del fatto, a sostenere la propria estraneit, riversando sul Surace
ogni colpa e bloccando ogni forma di legittima reazione da parte
degli arcoti. Inoltre per evitare che questi ultimi lo interrogassero,
il Surace, in base a quanto hanno dichiarato i collaboratori Filippo
Barreca e Giacomo Ubaldo Lauro, venne e liminato e la sua testa
recapitata a Paolo De Stefano.
Questultimo, che successe a Giorgio alla guida dellomonima
fa mi glia, si rese conto di non avere i mezzi per affrontare tutte
quelle co sche (Piro malli, Mammoliti, Serraino, Mazzaferro, Nir-
ta) che avevano promos so la riu nio ne-trap pola nella quale era ca-
duto il cugino. La questione venne mes sa da parte per molti anni,
fno a quando alla met degli anni 80, Fran cesco Serraino, boss
dellomonima famiglia, alleata dei Piromalli e dei Mam moliti,
non venne giustiziato allinterno degli O spedali Riuniti di Reggio
Calabria, do ve era ricoverato. La seconda guerra di mafa era alle
porte.
8
Lelenco degli amici del boss reggino era lungo. Da Aldo Pascucci, e sponente di
primo piano della malavita romana, a Guerrino Urbani, il pa dre di Gianfranco, detto Er
Pantera, molto noto negli ambienti dello spac cio di stupefacenti, da Mario Brunetti,
capo della malavita nei rioni Ri tiro e Giustra di Messina, a Bruno Caccamo, pregiudica-
to romano im plicato in sequestri di persona, da Vincenzo Zull, imputato di favoreg gia-
men to nei confronti di esponenti della nota banda Vallanzasca, a Enrico Torricciani che
aveva ospitato Antonio Nirta durante il soggiorno obbli gato nel Frusinate, da Giuseppe
Nardi, implicato in alcuni rapimenti, a Santo Filippone, un boss calabrese residente a
Milano, arre stato per il se questro di Paolo Belloni.
97
CAPITOLO 5
La seconda guerra di mafa
Se la prima guerra di mafa fu uno scontro generazionale che
coinvolse molte famiglie del reggino, la seconda fu determinata
da una dura presa di posizione in seno al locale dei De Stefano.
Quando si concluse, nel lestate del 1991, si contarono quasi sei-
cento morti.
Tutto cominci con unautobomba fatta esplodere l11 ottobre
del 1985 a Villa San Giovanni, nel tentativo di eliminare Antoni-
no Imerti, ex brac cio destro di Paolo De Stefano. Imerti, sfuggito
allattentato, reag rabbio samente e due giorni dopo fece uccidere
il boss di Archi. A infuocare gli animi era stato il controllo dei
futuri appalti relativi alla costruzione del pon te sullo Stretto, ma
anche linteresse dei De Stefano ad allargare la lo ro infuenza su
Villa San Giovanni, territorio degli Imerti.
Lassassinio di De Stefano provoc una profonda frattura nella
ndrangheta reggina. Con i De Stefano rimasero i Libri, i Tegano,
i Latella, i Bar reca, i Paviglianiti e gli Zito. Con gli Imerti si schie-
rarono i Condello, i Saraceno, i Fontana, i Serraino, i Rosmini e i
Lo Giudice.
Al confitto presero parte anche famiglie che operavano in
Lombardia, come i Paviglianiti e i Di Giovine mentre i Latella-
Labate che gestivano assieme i lavori per il raddoppio del binario
Reggio Calabria-Melito Porto Salvo si divisero schierandosi su
fronti contrapposti. Unaltra faida nello stesso periodo scoppi
a Oppido Mamertina in seguito alla morte del vec chio boss Giu-
seppe Ferraro.
98
Per le vie di Reggio i sicari si inseguivano luno con laltro. I
commando omicidi si tenevano in contatto per mezzo di barac-
chini. Lodore pungente della polvere da sparo ammorbava laria
scacciando il profumo di bergamotto e di zagare. Lo Stato, che
aveva sempre sottovalutato la ndrangheta, contava i morti.
A Reggio Calabria, molti imprenditori si videro costretti a pa-
gare due volte la mazzetta e tra le vittime di quello scontro per
il controllo del territorio ci fu anche lon. Lodovico Ligato, giusti-
ziato davanti alla sua vil letta, sotto la ferrovia a Bocale, quindici
chilometri da Reggio Calabria, da un commando dello schiera-
mento contrapposto ai De Stefano.
Alla guerra di mafa si intrecci anche il cosiddetto Decre-
to Reggio, un pacchetto di fnanziamenti per la realizzazione di
opere pubbliche e per la creazione di posti di lavoro. Vennero isti-
tuiti comitati di affari, intrecci pericolosi tra malavita e politica,
tra mafa e massoneria deviata.
Lultimo atto della guerra, nellagosto del 1991, fu lomicidio
del ma gistrato Antonino Scopelliti, sostituto procuratore presso
la Procura Ge ne rale della Corte di Cas sazione. Questo delitto co-
stitu uno dei mo menti pi alti della comunanza di interessi con
Cosa Nostra, quanto meno f naliz zata ad una sorta di mutuo soc-
corso. Scopelliti, infatti, avrebbe dovuto rappre sentare laccusa
in Cassazione al maxi-processo istruito dal pool antimafa di Pa-
lermo.
Poi scoppi la pace. Anzi pi che una pace fu un patto di non
belligeranza: la guerra si concluse senza vincitori, n vinti, ma
con la volont unanime di mettere da parte le armi per concentrar-
si sui grandi traffci di droga.
La mafa, dopo luccisione di Scopelliti e dopo le stragi di Ca-
paci e Via DA melio, cerc di convincere la ndrangheta a se-
guirla sulla strada dello scontro frontale con lo Stato. La proposta
dei corleonesi venne discussa e respinta nellestate del 1992 in
una riunione tenutasi a Nicotera a casa del boss Luigi Mancuso.
Il summit precedette di poco gli attentati di Firenze e di Roma.
Conferma Franco Pino, oggi collaboratore di giustizia: ...in Ca-
labria non si era mai stati favorevoli al rumore ed allo scontro
99
aperto con le istituzioni, abbiamo sempre preferito delegittimare
i giudici scomo di.
La pace di Reggio Calabria port alla creazione di una com-
missione formata dai rappresentanti delle famiglie pi importan-
ti della provincia. Una sorta di camera di compensazione, come
lha defnita il pentito Gae tano Costa, con il com pito di gestire
una fase di diffcile e complessa tran sizione, dopo anni di guerra
scellerata e fratricida, dopo anni di scon tro totale e generalizzato
che aveva fnito con lindebolire ed impove rire i locali aperti ed
operanti in provincia di Reggio Calabria
1
.
Furono soprattutto i boss della mafa siciliana a insistere per
sanare le fratture. Racconta il pentito Filippo Barreca che le trat-
tative furono molto laboriose. I Tegano e i Libri erano favorevoli
alla tregua, lavvocato Gior gio De Stefano subordinava le trat-
tative di pace alla consegna degli as sas sini del cugino Paolo. A
convincere tutti dellutilit di deporre le ar mi, ol tre ai siciliani, se-
condo lo stesso Barreca, furono Antonio Pelle, det to Gam bazza,
e Nino Mammoliti di Castellace. Altri collaboratori sostengo no,
invece, che a mediare tra Pasquale Condello e Giorgio De Stefano
fu Do menico Alvaro, il capo societ del locale di Sinopoli.
Si parlato anche dellintervento di boss dei locali esteri ma la
notizia non ha trovato riscontri oggettivi
2
.
Scrive la Commissione Parlamentare Antimafa: Laccordo
ebbe rilevanti ripercussioni sulla struttura di vertice. E infatti, se-
condo il racconto di molti collaboratori, si venne a formare una
struttura di raccordo e di comando tra i capi delle maggiori fami-
glie ca labresi. Tale struttura simile, ma non identica, alla Com-
missione di Cosa Nostra. Essa non un organismo permanente,
si riunisce solo in de terminati momenti e per decidere su que-
stioni particolarmente rilevanti. La particolarit di tale organismo
1
Rinvio a giudizio di Matacena Amedeo, di cui al procedimento nr. 42/97 R.G.N.R.
D.D.A. presso la Direzione Distrettuale Antimafa di Reggio Calabria.
2
Alcuni pentiti indicarono la presenza e/o lintervento di Vic Cotroni, boss di Cosa
Nostra a Montreal, senza considerare che il vecchio padrino era gi morto da tempo
(1984).
100
consiste nel fatto che esso da un lato im pegna tutte le ndrine al
rispetto di queste decisioni e dallaltro le la scia del tutto autono-
me per quanto riguarda il resto delle attivit mafose. Con ci la
ndrangheta fnora riuscita a garantire un comando cen tralizzato
delle questioni pi delicate superando, cos, una storica man can-
za di di rezione unitaria nel contempo riuscita a lasciare ampi
mar gini di au tonomia ad ogni singola ndrina, assecondando in tal
modo istanze e caratteristiche di fondo della plurisecolare storia
della mafa calabrese.
C da dire comunque che la Corte di Assise di Reggio Cala-
bria, a conclusione del processo Olimpia, ha ritenuto che dal-
lesame del materiale probatorio raccolto non possa desumersi
lesistenza di un superorganismo mafoso di vertice. La Corte
arrivata a questa conclusione perch tutti i collaboratori di giu-
stizia escussi hanno riferito di averne appreso lesistenza da altre
persone e nessuno di loro ha menzionato lesistenza di con crete
riunioni tenutesi per risolvere singole situazioni di tensione crea-
tesi tra le varie cosche e perch non sempre i collaboratori di
giustizia han no indicato le stesse persone.
Loperazione Armonia, qualche anno dopo, riusciva a fugare
i dubbi sui nuovi assetti di vertice della ndrangheta reggina, ri-
levando, durante una conversazione tra due ndranghetisti, lesi-
stenza di tre mandamenti, quello jonico, quello tirrenico e quello
di centro, suddivisi in collegi, verosimilmente un surrogato se-
mantico dei tradizionali locali.
Altre intercettazioni confermavano lesistenza di un autore-
vole organi smo denominato la Provincia, in grado di interve-
nire anche nelle questioni interne dei singoli locali
3
.
3
Il nuovo organo collegiale, secondo gli inquirenti, riuscito a conseguire alcuni
importanti risultati, come la composizione della faida che contrapponeva gli Asciutto-
Grimaldi agli Za gari-Viola a Taurianova e quella che ha visto di fronte i Commisso e i
Costa a Siderno. Un al tro confitto stato sedato sul nascere tra due famiglie tradizio-
nalmente rivali di San Luca e pro gressi sono stati registrati per evitare ulteriori spargi-
menti di sangue a Locri e Roghudi.
101
Oltre alle faide in corso, si deciso di porre fne ai sequestri
di persona.
Racconta un vecchio boss della ndrangheta che ormai non
vive pi in Calabria: Il nuovo corso stato dettato dalla neces-
sit di ridurre lattenzione e la pressione dello Stato sulla citt e
sulla provincia di Reg gio Calabria per poter con tinuare in tutta
tranquillit a gestire una serie di affari, dagli appalti pub blici e
privati al lucroso traffco di stu pefacenti, senza dover pi pagare
il grande costo, e correre lalto rischio, di una guerra che aveva
decimato le famiglie di entrambi gli schieramenti, col pendo non
solo i picciotti, ma anche quadri dirigenti di notevole spes sore
criminale.
La ndrangheta ha scelto di agire sotto traccia, imboccando di
nuovo la via che le aveva permesso di esercitare un pesante con-
trollo del territorio senza che il suo potere fosse a tutti evidente.
Secondo Gaetano Costa, il cambiamento stato contrassegna-
to anche dalladozione di un nuovo nome per lintera associazio-
ne: seguendo le sem pio siciliano, infatti, la ndrangheta avrebbe
da qualche anno assunto lappellativo di Cosa Nuova.
A parte il nome, su cui si sono registrate opinioni contrastanti,
alla nuova camera di controllo spetterebbe il compito di rappre-
sentare lintera or ganizzazione di fronte ad altri consorzi crimina-
li e mantenere contatti con le logge massoniche, i politici collusi
e istituzioni deviate, al fne di mas si mizzare i proftti della ndran-
gheta nella sfera politica ed econo mica.
102
103
CAPITOLO 6
La ndrangheta nella provincia di Reggio Calabria
La forza della ndrangheta nella provincia di Reggio Calabria
con fer mata dai numeri: decine di locali con un esercito di
7.358 presunti af fliati, tra cui 255 donne, pari al 3% del totale.
I mandamenti garantiscono un controllo pervasivo del terri-
torio. Le cosche della fascia jonica sono pi impegnate nel traff-
co di droga, grazie anche alle radicate proiezioni nel Nord Italia;
quella della fascia tirrenica risultano maggiormente orientate alla
gestione economica del territorio in cui operano.
Nel circondario di Reggio Calabria, Cardeto, Santo Stefano
dA spro monte, SantAlessio dAspromonte, Laganadi e Motta
San Gio vanni, attualmente, operano le cosche Araniti, Condel-
lo-Imerti-Lo Giu di ce-Iann-Surace-Marra, De Stefano-Tegano-
DAgostino-Franco-Mora bi to D.-Barreca, Ficara, Labate, Latel-
la, Libri-Zindato, Rosmini, Rugoli no, Sa ra ceno-Fontana-Trapani,
Serraino P.-Ficara (intesi Ficareddi, Serrai no). Ma ci sono anche
i Postorino, Nicol, Caracciolo, Musolino, Latella, Caridi, Poli-
meni, Cannizzaro, Chirico, Cru citti, e Ambrogio, quasi tutti coin-
volti nel la seconda guerra di ma fa.
Dopo la pace siglata da Giorgio De Stefano e Pasquale Con-
dello, si deciso di dividere il territorio di Reggio Calabria in
tredici com prensori, assegnando ciascuno di essi ad una diversa
famiglia coinvol ta nei due schie ra menti.
Nellabitato di Reggio sono state create tre grandi zone, nord,
centro e sud. La zona nord, in direzione Gallico, stata assegnata
alle famiglie rag gruppate attorno al gruppo Condello-Saraceno-
104
Imerti; la zona centro, quel la economicamente pi rilevante,
stata attribuita alla gran parte delle consorterie raccolte attorno ai
De Stefano-Tegano-Libri; la zona sud sta ta assegnata ai Latel-
la-Ficara, con i Labate ristretti nel quartiere Geb bione. Nel com-
prensorio operano anche le famiglie Araniti, Fontana, Zin dato,
Chi rico, Serraino-Di Giovine e Barreca.
Nonostante la guerra e gli ultimi arresti che hanno portato in
carcere molti pericolosi latitanti, le cosche di Reggio Calabria
continuano a co stituire un punto di riferimento importante per
tutte le ndrine calabresi.
Nella zona di Reggio Calabria quasi tutti i locali dispongo-
no di armi e di uomini pronti ad usarle. Le attivit pi redditizie
continuano ad essere il traffco di droga, il commercio di armi, lo
smaltimento dei ri futi tossici e nocivi, il racket delle estorsioni
1
e
le in fl trazioni nei vari settori delleconomia legale.
Nel traffco di droga, la ndrangheta di questa provincia ha
consolidato la propria leadership a livello internazionale, intensi-
fcando i legami con altre consorterie criminali, anche nei settori
del ri ciclaggio di proventi illeciti, realizzato attraverso sofsticati
e consolidati network fnanziari.
Gli in teressi delle varie ndrine sono stati indi rizzati anche sui
lavori di ammodernamento dellautostrada A3 Salerno-Reggio
Calabria e sulle atti vit connesse al porto di Gioia Tauro che ha
assunto un ruolo fonda mentale negli scambi commerciali del-
larea del Mediterraneo.
Proprio nel porto di Gioia Tauro, il 24 maggio del 2002, il
Raggrup pamento Speciale Operativo (Ros) dei Carabinieri ha
scoperto circa 225 chilogrammi di cocaina a bordo della moto-
nave Greenwich Maerks, proveniente dal porto di Cartagena,
in Colombia, nellambito dellinda gine Thessaloniki che, tra
laltro, ha accertato un circuito relazionale che coinvolgeva per-
sonaggi di spessore internazionale stanziati in Grecia, Bul garia,
Macedonia e Albania. Altrettanto signifcativa stata lopera-
1
Secondo il rapporto 2006 della Confesercenti, il 70% delle imprese di Reggio
Calabria paga il pizzo.
105
zione condotta dal Gruppo Operativo Antidroga (Goa) della
Guardia di Finanza di Reggio Calabria che il 2 novembre del
2003, in uno dei containers sbarcati da una nave prove niente
dalla Spagna, ha scoperto e sequestrato 350 chilogrammi di
cocai na, celata in fusti contenenti succo di ananas.
Gli ultimi rapporti di intelligence, comunque, sottolineano
lesistenza a Reggio Calabria di una situazione di fragilissima
coesistenza fra i locali di ndrangheta pi rappresentativi che
esercitano, in regime di apparente convivenza e secondo logiche
spartitorie consolidate, il loro potere criminale.
Scrive il ROS dei Carabinieri di Reggio Calabria:
In effetti, nellultimo periodo si regi strata una la-
tente confittualit, che ha innalzato lindice din cidenza
degli eventi estorsivi
2
e rimodulato gli assetti dei locali
ope ran ti nei quar tieri di San Giovanello
3
, Cannav
4
, Ter-
reti
5
e Pellaro
6
, ge stiti ri spettiva mente dalle consorterie
Audino-Postorino, Libri, Polimeni e Ficara, inserite nel
cartello criminale facente capo, da una parte, alla fa mi glia
De Stefano e, dallaltra, a quella Tegano. Proprio allinter-
no di que stul timo raggruppa men to criminale, si registra
il dato pi importante in or dine ad estreme ten sioni che
2
La citt di Reggio Calabria stata teatro di una serie di attentati incendiari e
dinamitardi, perpetrati quasi quotidianamente, in danno di imprenditori, commercianti
e amministratori pubblici, la cui fre quenza sembra esorbitare dalle abituali dinamiche
criminose legate alle attivit estorsive, nonch pre ludere a una possibile incrinatura
degli equilibri mafosi esistenti.
3
Si tratta di un quartiere di Reggio Calabria, collocato a ridosso dellospedale Isti-
tuto Ortopedico situato nella parte nord della citt, delimitato dalla via Cardinale Por-
tonuova, dalla via Eremo e dalla via Reggio Campi.
4
Si tratta di una frazione di Reggio Calabria, collocata nella parte collinare e set-
tentrionale della citt, delimitata dal raccordo tra la SS 106 e lautostrada A/3 e dalle
frazioni di Mosorrofa e Cataforio di Reg gio Calabria.
5
Si tratta di una frazione di Reggio Calabria, collocata a ridosso del centro abitato
di Ort e delimitata dalla via Reggio Campi Alta e dalla frazione Pietra Sorta.
6
Si tratta di una frazione di Reggio Calabria, situata nella parte sud della citt,
delimitata dalle frazioni Bocale, Lazzaro e San Gregorio.
106
stanno pregiudicando la storica alleanza tra i com ponenti
di en tram be le strutture. A ben vedere, i prodomi di tale
con fit tualit sono ricon duci bili alle dialettiche crimina-
li intra nee al locale di San Giovannello, retto sino alla
sua uccisione da Audino Mario Salvatore ed in particolare
alla gestione delle estorsioni in danno degli imprenditori
ed esercenti com merciali operanti nel centralissimo Corso
Garibaldi di questo capoluogo di provincia. In effetti, a
seguito della consolidata alleanza tra sversale, intercorsa
tra questultimo ed il latitante De Stefano Giuseppe
7
, la
famiglia Tegano era rimasta esclusa dalla spartizione de-
gli illeciti ricavi predatori, nonostante che lAudino fosse
organicamente inserito nella fami glia Tegano. A tal ri guar-
do le oggettivazioni investigative
8
avevano con sentito di
condurre una qualifcata azione di contrasto nei confronti
degli affliati alla famiglia Tegano che, per come emerge,
continuano a ma nife stare costantemente une le vata capa-
cit aggressiva nei confronti delle com ponenti sociali ed
istituzionali locali, basata fondamentalmente sul con trollo
degli appalti pub blici e sul riciclaggio degli illeciti capitali.
In effetti, lo scollamento emerso tra i De Stefano ed i Tega-
no, culminato con leli mina zione fsica di Audino Mario,
avvenuta il 18 dicembre 2003, stato ulte riormente docu-
mentato in maniera oggettiva, grazie alla censura tecnica
di una conversazione ambientale
9
, nel corso della quale
7
Nato a Reggio Calabria il primo dicembre del 1969 fglio del defunto boss Paolo
De Stefano, ucciso il 13 ottobre 1985. Lo stesso latitante perch colpito dal provve-
dimento restrittivo nr. 981/2003 emesso dal Tribunale di Reggio Calabria ed inserito
nellelenco dei 30 latitanti pi ricercati, stilato dal Ministero degli Interni.
8
Indagine FULMINE del R.O.S.
9
In particolare, nellambito dellindagine FULMINE, il 14 dicembre 2004, veniva
intercettata una conversazione durante la quale un noto esponente dei TEGANO cos si
esprimeva: ..Franco destinato che deve morire, caso mai ci sono altri ..incomp
ha sbagliato di brutto... Dal complesso ge nerale della conversazione il Franco,
stato identifcato in AUDINO Francesco, fratello di AUDINO Mario, ucciso in Reggio
Calabria il 19.12.2003.
107
esponenti della cosca Tegano avevano predisposto lucci-
sione del fratello Audino Franco, pluri pregiudicato, in atto
reggente la cosca dappartenenza. Che sia stato un omici-
dio, legato alla volont dei Tegano di compattare le fla dei
propri af fliati e riconfermare il proprio ruolo di guida e di
vertice innegabile, e ci emerso non solo dalla mancata
risposta armata al delitto di sangue esa mi nato, ma anche
dal ritrovamento delle armi sul luogo del delitto: questa
circostanza ha un preciso senso e cio, da una parte, im-
plica il totale coin volgimento nellesecuzione dellazione
di sangue suddetta dei reggenti la fa miglia Tegano, al cui
interno lAudino si era imposto come esponente di massi-
ma fducia e, dallaltra, esprime, per certi versi, una sorta
di messaggio di rassicurazione ai componenti del locale di
San Giovannello che le opera zioni armate sono state con-
dotte solo ed esclusivamente allindirizzo del Ca po Socie-
t, il cui comportamento, evidentemente non in linea con
gli accordi assunti, ne ha determinato anche la sua stessa
eliminazione fsica.
A seguito delleliminazione fsica dellAudino e della
successiva cattura di Tegano Pasquale
10
detto noccioli-
na, avvenuta il 5 agosto 2004 ad ope ra del ROS, consi-
derato lo storico Capo Societ dellomonima famiglia, si
sono evidenziate, in maniera sempre pi radicale, le lace-
razioni e le fratture con la frangia criminale De Stefano,
a tal punto che Tegano Giovanni
11
, latitante e reggente lo
schieramento, unitamente ai fratelli Paolo
12
, Giusep pe
13
e
10
Nato a Reggio Calabria, il 14/01/1955, in atto sottoposto al regime detentivo,
previsto dallart.41 bis dellordinamento giudiziario.
11
Nato a Reggio Calabria il 08.11.1939, coniugato con MARTINO Maria Carmela,
inserito nellelenco dei 30 latitanti compilato dal Ministero degli Interni.
12
Nato a Reggio Calabria il 04.04.1943, commerciante, titolare di lavanderia, plu-
ripregiudicato.
13
Nato a Reggio Calabria il 16.08.1944, commerciante, titolare di pizzeria, pluri-
pregiudicato.
108
Bruno
14
, ottenuta la neutralit dei componenti la struttura
criminale ca peggiata dal latitante Condello Pasquale
15
, ha
predisposto un progetto, per ora realizzato solo sul piano
diplomatico e relazionale, fnalizzato ad iso la re i pi fedeli
adepti alla famiglia De Stefano, evitando contestualmente
laccendersi di confittualit armate, ritenute pregiudizie-
voli e sconvenienti per la conduzione degli affari illeciti da
tutto il gotha ndranghetista reggino.
Il rapporto dei R.O.S. cos prosegue:
Parallelamente sul fronte destefaniano, sebbene la strut-
tura abbia subi to, al pari di quella riconducibile ai Tegano,
unimportante ridimensiona mento con la cattura del latitante
De Stefano Orazio
16
, avvenuta la sera del 22 febbraio 2004,
si assistito, grazie alle indubbie capacit carismatiche
di De Stefano Giorgio
17
, coadiuvato dal cugino Giusep-
pe, in atto latitante, ad un rafforzamento delle politiche di
alleanza con i componenti delle princi pali famiglie, ope-
ranti nel comprensorio di questo capoluogo di provincia,
ed in particolare con i Latella, i Labate ed i Libri al fne di
mantenere e svi luppare una credibile struttura criminale
che compensi, non solo le eventuali reazioni armate dei
Tegano, ma soprattutto il crescente potere delinquen zia le
espresso, non solo in questa Provincia, ma in tutta la Re-
gione, dal latitante Condello Pasquale
18
.
Daltra parte, a proposito della fgura e del ruolo rico-
perto da questul timo nel panorama criminale calabrese,
14
Nato a Reggio Calabria il 12.03.1949, commerciante, pluripregiudicato.
15
Nato a Reggio Calabria il 24.09.1950, pluripregiudicato, ricercato sin dal
28.11.1990 ed inserito nella lista dei 30 latitanti pi pericolosi.
16
Pregiudicato, Capo Societ, inserito noto elenco 30 latitanti pi pericolosi ambito
nazionale e ricercato dal 1988.
17
Nato a Reggio Calabria il 27.11.1948, avvocato, pluripregiudicato.
18
Nato a Reggio Calabria il 24.09.1950, pluripregiudicato, ricercato sin dal
28.11.1990 ed inserito nel noto elenco dei 30 latitanti pi importanti stilato dal Mi-
nistero degli Interni.
109
si manifestata in maniera sempre pi qualifcata la sua
opera criminale, distinguendosi non solo per le ogget tive
capacit di mediazione e pacifcazione nel variegato e de-
licato pano rama criminale reggino, sin dai tempi della pax
mafosa del 1991 e per ulti mo nel contesto dei contrasti e
dei dissidi insorti tra i De Stefano ed i Te gano, ma anche
per la comprovata attitudine a penetrare il tessuto econo-
mico reggino, non solo in fase predatoria (estorsioni, usura
e rapine), ma ad di rittura attraverso forme di comparteci-
pazione e di diretta ingerenza (ap palti pubblici) mediante
espressioni imprenditoriali di propria e diretta ema nazione,
come le societ Sor. Nova. di Ionetti Alfredo ed Edil
Primavera di Alampi Matteo, individuati in maniera og-
gettiva dal R.O.S.
19
.
Condello Pasquale, strettamente coadiuvato dal cu-
gino Domenico
20
, an chesso latitante, opera in posizione
apicale nel raggruppamento crimi nale composto dalle co-
sche Imerti di Fiumara di Muro (RC), Buda di Villa San
Giovanni (RC), Serraino di Cardeto (RC) e di Santo Ste-
fano dAspro monte (RC), Rosmini del quartiere Modena
di Reggio Calabria (RC), Fontana-Saraceno del quartiere
Archi Carmine di Reggio Calabria, Rugolino della fra-
zione Arghill di Reggio Calabria e Araniti delle frazio ni
Sambatello e Diminniti di Reggio Calabria.
19
Nel corso delle attivit investigative rispettivamente denominate VERTICE e
RONIN.
20
Nato a Reggio Calabria il 4 novembre 1956, coniugato, nullafacente, pluripre-
giudicato, ricercato dal 1992, inserito nellelenco dei 30 grandi latitanti, stilato dal
Ministero degli Interni.
110
111
CAPITOLO 7
La ndrangheta nelle altre province della Calabria
La ndrangheta, come abbiamo detto, prese inizialmente pie-
de nella provin cia di Reggio Calabria. Oltre al capoluogo, nella
seconda met del lOttocento, furono interessati i comuni di San
Luca, Iatrinoli e Radicena (lodierna Tauria nova), Molochio,
Melicucc, Polistena, Palmi, Si nopoli, Rosarno, S. Ferdinando,
Siderno, Cittanova, S. Ste fano dAspro monte, A frico, Rocca-
forte del Greco, Bova, Bovalino, Palizzi, Ro ghudi, Condo furi,
Seminara, Gioia Tauro, Maropati, Pietrapennata, Villa San Gio-
vanni, Cam po Calabro, Fiumara, Op pido Mamertina e Sci do.
Con tem pora nea men te vennero segnalate presenze di organizza-
zioni criminali ricon ducibili alla Picciotteria in provincia di Ca-
tanzaro e in particolare a Nica stro e Sam biase (Lamezia Terme),
Mon teleone (lodierna Vibo Valentia), Arena, Ricadi, Gizzeria e
Plata nia, Rombiolo, Mileto, Dinami, San Costantino e Nicotera.
Un apparizione fugace si registr a Cosenza nei primi anni del
Novecento.
Dagli anni Sessanta in poi cambiato tutto. La ndrangheta si
espansa in tutte le province della Calabria, anche laddove prima
era del tutto assen te, penetrata via via nel Centro e nel Nord
Italia e si irradiata in vari paesi stranieri, seguendo la catena
migratoria di milioni di calabresi onesti e laboriosi e utilizzando
anche la misura del soggiorno obbligato, con cui il Governo pen-
sava di estirpare la malapianta mafosa dalla regione di ori gi ne.
Il triangolo industriale stata la prima destinazione. Pezzi della
ndrangheta si sono trasferiti in Piemonte, Liguria e Lombardia,
112
il pol mone del miracolo economico italiano nel secondo dopo-
guerra.
Oggi in Calabria non esistono pi isole felici. La ndrangheta
ha con quistato gli ultimi lembi di questa regione sfuggiti alle sue
leggi.
La Repubblica, 17 agosto 2007, p. 10
113
La provincia di Catanzaro
Nella provincia di Catanzaro, la ndrangheta ha trovato terre-
no fertile gi nella seconda met dellOttocento. A Nicastro, oggi
comune di Lamezia, si ha notizia della presenza di camorristi gi
nel 1887.
A Catanzaro, dove nel 1903 stata sgominata unorganizza-
zione crimi nale nota come societ della malavita catanzarese,
le ndrine locali hanno sempre subito linfuenza dei Mancuso di
Limbadi e degli Arena di Isola Ca po Rizzuto. Negli ultimi tempi,
si registrata una sorta di coreggenza de gli Arena con la cosca dei
Gaglianesi, unorganizzazione dotata di gran de pervicacia cri-
minale, aperta anche alla banda degli zingari, che re centemente
stata al centro di unoperazione condotta dalla squadra mobi le
di Catanzaro in collaborazione con il Servizio centrale operativo
della Polizia di Stato (Sco). La cosca dei Ga glianesi a Catanzaro
era attiva e radicata nel territorio gi agli inizi degli anni 90,
quando era stata colpita una prima volta dalle forze dellordine.
A distanza di anni, per, si ri costituita sotto la direzione di Gino
Costanzo, il capo storico, attualmente in car cere dove sta scon-
tando una condanna allergastolo per omicidio. Nel capoluogo
assieme ai Costanzo operano anche i Catanzariti.
Nel lametino, roccaforte storica della ndrangheta, le cosche
principali sono tre: quella dei Cerra-Torcasio, o perante nella zona
Capizzaglie di Ni castro, alleata con i Gualtieri di Lamezia e con i
Giorgi-Pizzata di San Lu ca; quella dei Giamp di Nicastro, allea-
ta con i Iannazzo di Sambiase; e quella dei Da Ponte-Cannizzaro.
Sono attive anche le famiglie De Fazio, Bagal, Argento, Mauro-
Corrado, Dattilo, Gattini, Mercuri-Arcieri-Stran gis
1
.
Nel 2000, si creata una spaccatura tra lo schieramento ma-
foso dei Cerra-Torcasio e quello dei Iannazzo-Giamp
2
. Questo
1
Direzione Investigativa Antimafa, relazione 2000, secondo volume, p. 105.
2
Gravitano attorno a queste quattro famiglie, in un contesto di alleanze, rivalit,
subordinazione e gestita neutralit i gruppi Gualtieri, Da Ponte-Cannizzaro, Pagliuso
ed Anello.
114
scontro, che ha dato origine ad una vera e propria guerra di mafa,
ha causato, nel periodo tra settembre del 2000 e giugno del 2003,
dieci omicidi e cinque tentati omicidi (operazione Tabula Rasa).
Scrive la Commissione parlamentare antimafa:
Dopo i violenti delitti che lhanno caratterizzata nel
2003, ed una fase transitoria di non bellige ranza, la fai-
da tra le cosche Cerra-Torcasio e Iannazzo ripresa con
altri omicidi. Nel 2004 si progressivamente affermata
la leadership della citata cosca Iannazzo sulla compagine
contrapposta. La posizione dei Ian nazzo stata anche raf-
forzata dallalleanza con esponenti di spicco della co sca
Giamp. In tale quadro i Iannazzo hanno orientato i propri
inte ressi verso lucrosi affari derivanti dalle attivit com-
merciali ed imprenditoriali e nel settore degli appalti.
stato confermato il ricorso strumentale ad atti intimidatori
di particolare gravit. inoltre stata rilevata la pre senza
del c.d. gruppo di Sambiase, composto dalle famiglie Pu-
lice-An zalone-Chieffallo, dedito alle estorsioni ed affliato
ai Can nizzaro e quindi ai Iannazzo
3
.
Sono ripresi anche gli attentati contro amministratori locali.
Proprio a Lamezia negli anni Settanta si era registrato il primo de-
litto eccellente, con luccisione dellAvvocato dello Stato, Fran-
cesco Ferlaino, avvenuto il 3 luglio 1975.
Nellottobre del 2006 cinquemila manifestanti sono scesi in
piazza a Lamezia Terme per protestare contro gli attentati dina-
mitardi ai danni di molti imprenditori della zona che hanno supe-
rato ogni limite, come ha sottolineato il sindaco Gianni Spe ran za.
Facciamoci sentire, per non farci sep pellire, stato lo slogan
che ha aperto il corteo
4
.
3
Commissione Parlamentare Antimafa, Sintesi Relazione fnale 2004.
4
In una indagine condotta dal Centro Riforme-democrazia-diritti su un campione
di 450 giovani lametini di et compresa tra i 16 e i 21 anni, il 27,75% degli intervistati
115
Nel resto della provincia, la zona dellalto versante jonico
controllata dagli Scumaci-Mannolo, dai Pane-Iazzolino (al leati
con la cosca Manno lo di Cutro), dal gruppo Scalise, dai Carpi-
no di Petron (alleati agli Arena) e dai Bubbo (alleati alla cosca
Coco-Trovato di Marce nise)
5
.
Tra i Bubbo e i Carpino di Petron si sono registrate tensioni
ricon ducibili a con trasti per gli appalti boschivi. La faida che ne
scaturita ha avuto il suo momento pi cruento nel biennio 1992-
93, causando sette omicidi, sei tentati omicidi e un caso di lupara
bianca.
Attivi in questa zona sono an che i Ferrazzo di Meso raca che
vantano collegamenti anche in Svizzera.
Sul versante opposto, a Guardavalle e nel soveratese operano
le cosche Procopio-Lentini di Satriano e Davoli, e Gallace-Novel-
la di Guardavalle, entrambe inserite nei cartelli di narco traf fcanti
attivi a Milano, Torino e Ro ma. Gli altri clan sono i Iozzo-Chie-
fari a Chiaravalle-Cardinale, i Pil-Gia cobbe a Borgia e dintorni,
i Tolone nella zona di Valleforita e i Sia a So verato, Montauro,
Montepaone, Gagliato e Petrizzi. Questi ultimi, attivi nel settore
degli stupefacenti, sono legati ai Valle lunga di Serra San Bruno e
ai Procopio-Lentini di Satriano
6
.
Segnala la commissione parlamentare antimafa
7
: Sono ri-
sultati par ti colarmente diffusi, nel capoluogo e nel lametino, lo
sfruttamento della pro stituzione, connessa a fenomeni di immi-
grazione clandestina di citta dine dellEuropa dellEst, e le attivit
estorsive (tipica forma di controllo e sfruttamento del territorio).
Tutte queste fenomenologie si sono affan cate ai prevalenti inte-
ressi criminali, quali i traffci di stupefacenti, che han no visto la
provincia quale zona di transito di grossi quantitativi desti nati ai
ritiene che la ndrangheta sia un male inevitabile. Per il 22,74%, invece, un fenomeno
che si pu estirpare, mentre per il 66,21% costituisce un ostacolo alla crescita civile ed
economica.
5
Dia, relazione 2003, ibidem, p. 106.
6
Dia, Ibidem, p. 106. Erano legati anche ai Costa di Siderno.
7
Commissione Parlamentare Antimafa, Ibidem.
116
mercati del Nord Italia e di alcuni Paesi europei, e quelli di armi,
operati in collegamento con esponenti di altre organizzazioni.
sembrata sempre pi consolidata labilit della ndrangheta a pe-
netrare il sistema pro duttivo, mantenendo una costante capacit
di adattamento allevolu zio ne economica della societ civile. Le
attivit meno redditizie sono state lentamente abbandonate per in-
teressi economico-fnanziari pi remunera tivi, come i mercati im-
mobiliari, le attivit fnanziarie e i grandi appalti pubblici. I reati
c.d. di criminalit diffusa maggiormente consumati so no il fur-
to di autoveicoli ed in appartamento, da ricondursi prevalente men-
te allopera di zingari, ormai stanziali, dimoranti nel catanzarese
e nel lametino. Al riguardo, il furto di autoveicoli si dimostrato
presup posto delle successive estorsioni con le quali si richiede ai
proprietari una somma per la restituzione del mezzo (c.d. cavallo
di ritorno). Da segna lare, il nuovo interesse delle citate comunit
gitane verso il mercato al mi nuto degli stupefacenti nonch i ten-
tativi di avvicinamento alla crimi nalit organizzata locale.
La provincia di Cosenza
Quella di Cosenza stata lultima delle province calabresi a
fnire nella mor sa della ndrangheta. Nel 1903 venivano condan-
nate 86 persone che avevano dato vita ad una organizzazione che
ricalcava fedelmente la struttura della picciotteria nelle province
di Reggio Calabria e Catanzaro. Dopo quella esperienza le orga-
nizzazioni criminali rimasero lungamente sotto traccia. Tornarono
alla ribalta il 14 dicembre del 1977, quando a Cosenza ven ne uc-
ciso Luigi Palermo, capo storico della ndrangheta cosentina, det-
to U Zorru. A ordinarne luccisione fu Franco Pino, allora boss
emergente. Scoppi una guerra senza quartiere. Con i Sena-Pino
si schierarono i Muto di Cetraro, i Basile-Calvano di San Lucido
e i Cirillo operanti nella Sibari tide e spalleggiati dalle famiglie
della Piana di Gioia Tauro e dalla Nuova Camorra Organizzata
di Raffaele Cutolo. Con la compagine dei Perna-Pranno-Vitelli
si allinearono invece gli Africano di Amantea e i Serpa di Paola.
117
La guerra and avanti fno alla fne degli anni Ottanta. Vennero
uccise 27 persone, tra cui un dodicenne, Pasqualino Perri, fglio
di un e sponente del gruppo Pino-Sena.
Altro episodio signifcativo di quel violento scontro fu il dupli-
ce o micidio Geria-Saffoti, avvenuto il 6 agosto 1983 a Scalea. I
due, espo nenti della ndrangheta reggina, vennero eliminati da un
com mando del gruppo Pino-Sena, nellambito di uno scambio
di favori con le cosche di Reggio Calabria facenti capo a Pasquale
Condello e Giovanni Fontana.
Alla fne degli anni 80 venne siglata una sorta di pax mafo-
sa che tuttavia ebbe breve durata a seguito del distacco del gruppo
Bartolomeo-Notargiacomo dalla cosca dei Perna-Pranno-Vitelli.
Fu in questo contesto di confitti intestini che matur lomicidio
del direttore del carcere di Co senza Sergio Cosmai, ucciso il 12
marzo 1985 dagli emissari di Francesco Perna che si era proposto
di consolidare il potere del clan anche allinterno del carcere di
Cosenza.
In questa seconda guerra di mafa, uno degli episodi pi effe-
rati fu lassassinio dei fratelli Stefano e Giuseppe Bartolomeo,
rispettivamente di 24 e 26 anni, sequestrati il 5 gennaio del 1991.
I cadaveri dei due fratelli, come hanno dichiarato gli stessi as-
sassini, Aldo Acri, Ferdi nando Vitelli, Angelo Santolla e Mario
Pranno, furono sciolti nel lacido. Un altro minorenne, Francesco
Bruni, nel novembre del 1991, era stato ucciso per una vendetta
nei confronti del padre, ritenuto responsabile della morte di Fran-
cesco Carelli, vicino al gruppo Pranno-Vitelli.
stata loperazione Missing, condotta dal Raggruppamento
speciale operativo e dal comando provinciale dei carabinieri di
Cosenza e conclusasi nellot tobre del 2006, a ricostruire un quar-
to di secolo di guerre di mafa tra clan co sentini. stato possibile
anche verifcare gli attuali assetti delle cosche nella provincia,
colpite dallesecuzione dei provvedimenti. Sono stati arrestati i
principali esponenti in libert dei gruppi criminali attivi a Co sen-
za, tra i quali Giuseppe Iirillo e Dome nico Cicero, della origina-
ria cosca Perna-Pranno, ed i fratelli Michele e Pasquale Bruni,
capi dellomo nimo gruppo criminale. Nellinchiesta sono stati
118
coinvolti anche potenti boss da tempo detenuti, come Francesco
Muto, storico capo dellomonima cosca di Cetraro, nonch Ro-
meo Calvano e Giuliano Ser pa, rispetti-vamen te a capo delle co-
sche di San Lucido e di Paola. La presenza di Pasquale Condello
tra i destinatari dei provvedimenti ha confer mato i rap porti tra la
ndrangheta reggina e le cosche attive nel nord della regione, gi
emersi nelle operazioni Galassia ed Eclissi della Procura Di-
strettuale Antimafa di Catanzaro.
Oggi, in seguito ad indagini emersa lesistenza di un diret-
torio, un locale sorto nel capo luogo, ma con competenza pro-
vinciale, per tenere a bada gruppi emer genti o stori ca mente an-
tagonisti e per consentire lo sfrut tamento delle cospicue ri sor se
fnanziarie de sti nate a questa provincia. Fa rebbero parte di questo
organismo i clan dominanti di Cosenza e pro vincia.
Secondo i rapporti di intelligence, nel capoluogo continua a do-
minare il cartello Perna-Ru, nel quale sono confuiti i superstiti
delle famiglie Per na-Cicero-Pranno, e Pino-Sena. Un tempo i due
clan erano feroce mente con trapposti. Oggi appaiono uniti sotto la
direzione di due boss: Ettore Lanzino e Domenico Cicero
8
.
Sempre a Cosenza, lo spaccio di droga sarebbe interamente
gestito dal gruppo di zingari, un tempo capeggiati da Francesco
Bevilacqua, detto Franco i Mafalda, at tual mente collaboratore
di giustizia.
Il Raggruppamento Operativo Speciale:
Con il riassetto degli equilibri criminali avviato a se-
guito delle operazioni Galassia, Gar den, Ciak 1 e 2, Pi-
ranha 1, Piranha 2000 e Luce, nel capoluogo cosen tino ha
progressivamente assunto un ruolo di rilievo il gruppo dei
cd. zingari, vicini prima alla cosca Perna e poi alla cosca
Pino. In realt, questo numeroso gruppo ha sempre rappre-
sentato lago della bilancia ne gli e quilibri criminali, schie-
randosi a seconda dei casi con luna o laltra con sorteria
8
Direzione investigative antimafa, Ibidem, p. 110.
119
mafosa di Cosenza. In atto, il sodalizio articolato in due
schie ramenti con al vertice Bruzzese Giovanni e Abbruz-
zese Celestino, inse diati nella citt di Cosenza e nel comu-
ne di Cassano allo Jonio; que stul tima fazione (nota come
Abbruzzese-Elia), unitamente alla storica co sca Carelli di
Corigliano, entrata in contrasto per il controllo del terri-
torio e la gestione delle attivit illecite con le componenti
criminali locali, rap presentate dalla consorteria Faillace-
Forastefano.
Nellarea tirrenica operano sempre le cosche Muto-Polillo di
Cetraro, Stummo-Valente di Scalea e Belvedere Marittimo, Gen-
tile di Amantea, Femia di Santa Maria del Cedro, Tundis-Calvano
di San Lucido, quale referente della cosca Perna-Cicero, e i Serpa-
Martello-Scofano di Paola e Fuscaldo. Ultimamente i Serpa hanno
preso le distanze dal grup po domi nante Sco fano-Martello
9
.
Segnala la Commissione parlamentare antimafa:
In questa area la ten sione tra le organizzazioni mafo-
se si mantenuta comunque ad alti li velli, a causa dei con-
fitti in atto per ristabilire gli assetti che sono stati al terati
dallazione repressiva delle Forze di polizia
10
.
Sul litorale jonico e nellalto cosentino tre sono i locali pre-
senti da pi tempo: quello dei Manzi-Morf-Acri a Rossano, dei
Perri a Corigliano e dei Critelli a Cariati. Questultimo gruppo
sarebbe minacciato dalle cre scenti mire e span sionistiche dei Gre-
co-Crescenti di Mandatoriccio. Scontri si so no re gistrati anche
tra i clan Manzi e Morf-Acri a Rossano e tra le ndrine sto riche
della sibaritide, principalmente il clan Portoraro, e gli zingari di
Lau ropoli, un tempo alleati con il clan Carelli.
Conferma la Commissione parlamentare antimafa:
9
Dia, Ibidem, pagine 111-2
10
Commissione Parlamentare Antimafa, Ibidem.
120
La sibaritide e il comprensorio di Rossano sono stati
caratterizzati da una instabilit do vuta alla precariet degli
equilibri criminali, derivanti sia dalla mancanza di auto-
revoli leadership sia dal succedersi di numerose attivit
repressive. In particolare, dopo gli arresti di Morf Salva-
tore e Acri Nicola, prin cipali esponenti della criminalit di
Rossano, sono emerse nuove fgure tese a un graduale pro-
cesso di stabilizzazione. Nella Piana di Sibari sono risul-
tati operativi esponenti della comunit nomade (famiglia
Abbruzzese di Cas sano allo Ionio) in contrasto con alcuni
gruppi locali. Tale situa zione ha creato una fase di incer-
tezza negli equilibri della zona. Lomi cidio di Anto nio Be-
vilacqua, legato alla cosca degli Abbruzzese-Pepe di Lauro-
poli, ha rappresentato lepilogo della guerra tra i predetti
e la cosca contrapposta Faillace-Portoraro-Forastefano per
il controllo del mercato degli stupefacenti, considerato
lattivit pi remunerativa della malavita cassanese che ha
visto il piccolo centro tra i pi attivi dellintera provincia.
Per quanto riguarda il comprensorio coriglianese, si regi-
strata legemonia del clan facente capo ai Carelli, guidato
da Perri Natale e da Azzaro Rocco, che ha stretto intese
operative con la famiglia nomade stan ziale degli Abbruz-
zese. Nella zona di Castrovillari, dopo luscita di scena
di Di Dieco Antonio, ha assunto una posizione di vertice
Esposito An tonel lo. I gruppi cosentini hanno manifestato
particolare interesse nei set tori delle estorsioni, dellusura
e del narcotraffco (tale settore, in par tico lare quello della
cocaina e delleroina, stato controllato e gestito da per-
sonaggi gravitanti nella criminalit organizzata cosentina
e da espo nenti della comunit nomade insediatasi in Co-
senza ed in Cassano allo Jonio), mentre solo alcune cosche
hanno esercitato il controllo delle atti vit con nesse alla
pesca ed alla commercializzazione dei prodotti ittici nelle
zone di Paola e Scalea e la gestione dei video-poker. da
segnalare linfl trazione delle cosche cosentine nel settore
dei pubblici appalti, attraverso la gestione di alcune impre-
121
se aggiudicatarie o con il ricorso al sistema dei sub-appalti
e delle forniture mediante il controllo delle ditte interessa-
te. Per quanto concerne il fenomeno estorsivo, la cui sta-
tistica resta infuen zata dalla percezione della generalit
degli operatori econo mici quale costo di produzione o
come sorta di assicurazione, ha se gnato un sen sibile de-
cremento. Gli estorsori, appartengono sia alla crimi nalit
organiz zata sia a quella comune; questultimi, in maggio-
ranza, so no tossicodi pendenti che spesso non esitano ad
estorcere piccole somme a chiunque, familiari compresi.
Inoltre, specie nel capoluogo, si evidenzia la particola re
forma di estorsione, appannaggio di elementi della comu-
nit ROM, consistente nel furto di veicoli e nella successi-
va richiesta di denaro al proprietario per la restituzione del
bene asportato. In tutta la provincia sono stati perpetrati
reati contro il patrimonio, in particolare rapine, e stor sioni
(con la tecnica del cavallo di ritorno), furti di bestiame
a scopo estorsivo o per alimentare il circuito della macel-
lazione clandestina. So prat tutto nella piana di Sibari, le
manifestazioni di crimi nalit rurale si sono concretizzate,
sovente, in attentati e danneggiamenti di strutture a gricole.
Di particolare rilievo risultato anche il coinvol gimento di
mino renni in reati predatori, nelle estorsioni e nelle con-
nesse forme di intimi dazione. Il fenomeno delle rapine ha
visto, poi, lo spostamento dellatten zione della malavita
dagli obiettivi tradizionali comportanti maggiori ri schi ad
altri pi facilmente aggredibili quali le tabaccherie, i di-
stributori di carburante, le farmacie, i piccoli supermercati
e, in qualche caso, le a bi tazioni. Nella provincia di Cosen-
za hanno operato anche gruppi cri minali albanesi attivi nel
settore degli stupefacenti, delle armi e nel fa voreggiamento
dellim migrazione clandestina e nel connesso sfruttamen-
to, sistematico ed orga nizzato, di persone originarie del-
lEst-Europa e del Nord-Africa. Questul tima attivit ha
consentito alla criminalit locale, at traverso un rapporto
di mutua collaborazione con gli albanesi, di otte ne re armi
122
e droga in cambio della gestione dello sfruttamento della
pro stituzione
11
.
La provincia di Crotone
Il campo dazione delle cosche crotonesi sempre stato quello
del litorale jonico, dove sono concentrati i maggiori interessi eco-
nomici, sin dai tempi di Luigi Vrenna, detto u Zirru
12
, morto il
18 maggio del 1982. Si racconta che il potente boss del Marche-
sato era riuscito ad evitare il soggiorno obbligato grazie ad una
petizione estorta col terrore e a strani certifcati di buona condotta
rilasciati persino dal vescovo dellepoca.
Negli anni Settanta i Vrenna furono coinvolti in uno scontro
con i Feudale per il controllo degli interessi che ruotavano attorno
ad unarea che, grazie anche alla presenza del porto, rappresenta-
va un punto nodale per il contrabbando di sigarette e per il traffco
di droga. Crotone, negli anni Settanta, costituiva la base di tran-
sito delle armi provenienti clandestinamente dai mercati medio-
rientali. Nel crotonese trascorse parte della sua latitanza Pietro
Vernengo, il quale con i fratelli Mannolo impiant una raffneria
di eroina a San Leonardo di Cutro.
Oggi, nella provincia di Crotone si registra una fase di ristruttu-
razione. I Nicoscia-Arena di Isola Capo Rizzuto, un tempo grup-
po leader, in debo liti dagli esiti di molte inchieste giudiziarie, non
dominano pi in con tra stati e de vono convivere con altri gruppi,
come i Grande-Aracri di Cutro, e i Farao-Marincola di Cir
13
.
La mappa redatta dagli investigatori colloca i Ciamp-Vrenna
a Crotone, gli Anania-Cariati a Cir Marina, gli Iona a Rocca di
Neto e i Dima e i Giglio-Levato a Strongoli, (vicini ai cirotani),
i Ferrazzo di Mesoraca, i Comberiati-Garofalo di Petilia Polica-
11
Commissione Parlamentare Antimafa, Ibidem.
12
Lo Zirro il recipiente di stagno dove viene raccolto lolio appena spremuto.
13
Dia, Ibidem, p. 115.
123
stro, i Mannolo e i Grande Aracri e i Dragone a Cutro
14
. Il capo
cosca Antonio Dragone stato assassinato con un vero e proprio
blitz militare preparato nei minimi dettagli nel maggio del 2004,
nellambito dello scontro tra le cosche Arena-Dragone e Nico-
scia-Grande Aracri.
In questa provincia, diffuse appaiono le pratiche estorsive ed
usuraie, realizzate con attentati incendiari ad autovetture ed eser-
cizi commerciali. In crescita anche il fenomeno dello sbarco di
clandestini, in prevalenza tur chi, soprattutto ad Isola Capo Riz-
zuto. Le cosche della provincia sono dedite prevalentemente al
traffco internazionale di droga (che dividono con le organizza-
zioni criminali del reggino con cui hanno dei saldi rap porti di
alleanza) spesso attraverso affliati a strutture logistiche presenti
nel nord-Italia (Toscana, Reggio Emilia e Lombardia), in Europa
(Ger ma nia) e nel continente americano. In particolare, essi vanta-
no contatti con gruppi della malavita internazionale ed elementi
della criminalit organiz zata pugliese, che garantiscono lapprov-
vigionamento di consistenti quan ti ta tivi di eroina e cocaina pro-
venienti dallAlbania.
Annota la Commissione parlamentare antimafa:
La criminalit organizzata operante nel crotonese ha
mostrato una spiccata propensione ad agire in contesti
territoriali extra-regionali ed extra-nazionali, facendo ri-
corso anche a metodologie aggressive. Essa ha continuato
a manifestare un particolare interesse nel traffco interna-
zionale di sostanze stupefa centi, condiviso anche con le
omologhe consorterie del reggino. In parti colare, questo
settore illecito risultato cos forente, al punto che Isola
Capo Rizzuto risultata essere fra i principali centri di
distribuzione di narcotici, in grado di rifornire anche la
limitrofa provincia di Catanzaro. Hanno operato con tec-
niche imprenditoriali sem pre pi allavanguardia ed han-
14
Dia, Ibidem, p. 115.
124
no investito nel settore edile, condizio nando il mercato e
limprenditoria grazie al ricorso alla forza intimida trice.
La realt criminale del luogo si espressa pure con atti
di condizio namento e di intimidazione ad amministratori
pubblici. Le cosche di maggiore spessore e meglio orga-
nizzate si sono infltrate nel sistema dei pubblici appalti,
creando le condizioni per riciclare i proventi derivanti
dalle attivit illecite. Daltronde, gli interessi criminali
in questo settore sono aumentati in vista degli stanzia-
menti dei fondi previsti per la rea lizzazione di impor-
tanti opere pubbliche soprattutto in alcuni comuni del la
provincia. Nello specifco sono stati attivati i lavori di
bonifca del larea del petrol chimico. Nel capoluogo la si-
tuazione criminale risultata stabile, stante il predominio
incontrastato della cosca Ciamp-Vrenna-Bo naventura
alla quale sono risultati collegati i Megna di Papanice,
attivi nel traffco di stupefacenti e nelle estorsioni. Le
zone di Isola Capo Rizzuto e Cutro sono state teatro di
precari equilibri tra gli Arena, al leati con i Dragone-
Man nolo, e la cosca Grande Aracri, schierata al fanco
dei Nicoscia, con conseguente appendice omicidiaria; di-
fatti, pur ri manendo gli Arena unorganizzazione forte ed
agguerrita, con ingenti capitali a disposizione, le cosche
Grande Aracri e Nicoscia si sono raf forzate notevolmente
sia sotto il proflo criminale che economico. Allin ter no
di questultimo clan, peraltro, sarebbero emersi progressi-
vamente tentativi, da parte dei gregari pi importanti, di
acquisire il controllo del gruppo e ci ha costituito un
elemento di destabilizzazione, acuendo i contrasti ed ori-
ginando nuove faide. Infatti, nel 2004, si sono registrati
numerosi fatti di sangue tra cui luccisione del boss Dra-
gone Antonio, che ha generato una serie di altri omicidi,
dando vita ad una vera e propria guerra tra bande rivali.
Tra gli altri, si segnalano lomicidio di Ciamp Gaetano
(genero del Dragone Antonio), di Nicoscia Pasquale e del
boss Arena Carmine, questultimo eseguito con un bazoo-
125
ka. Ci nonostante, gli Arena hanno mostrato la volont
di non perdere il controllo esercitato sul territorio anche
perch il boss Arena Nicola, detenuto, fautore di una li nea
morbida, almeno fno a prima dellomi cidio di Carmine
Arena, ha po tuto ancora contare su un gruppo capace di
sostenere una mirata rea zione. Nel cirotano stata regi-
strata la posizione di predominio della co sca Farao-Ma-
rincola, che ha esteso la propria infuenza in tutta la pro-
vincia nonch nellarea dellalto Ionio cosentino, attiva
nel settore delle estor sioni e del traffco delle sostanze stu-
pefacenti. Ci sarebbe avallato dal lomicidio del reg gente
del clan, avvenuto a seguito della scarcerazione del capo-
cosca Farao Giuseppe. Sono, altres, presenti gli Anania-
Cariati. Nella Valle del Neto, nel territorio dei co muni
di Belvedere Spinello, Rocca di Neto e Santa Severina
si registrata la pre senza della cosca Iona, capeggiata
da Iona Guerino, detenuto, in teressata prevalentemente ai
settori delle estorsioni e alla ingerenza in pubblici appalti
e lavori edili in genere. Sono stati riscontrati, altres, casi
di truffe ai danni dellUnione europea.
La provincia di Vibo Valentia
Nella provincia di Vibo Valentia il clan Mancuso domina senza
solu zione di continuit dagli inizi del secolo scorso. Gi nel 1903
la Corte dAppello delle Calabrie condannava Vincenzo Mancuso
assieme ad altre dodici per sone di Monteleone, lodierna Vibo
Valen tia, per associazione a delin quere. Da allora, nonostante i
duri colpi infitti a questa organizza zione, i Mancuso continuano
ad esercitare quello che, dagli inquirenti, viene def nito un domi-
nio incontrastato sul territorio.
La cosca dei Mancuso si anche ritagliata ampi ambiti di ope-
rativit nei settori del traffco nazionale ed internazionale delle
sostanze stupefacenti. Il prestigio e la capacit organizzativa f-
nora dimostrate, nonostante alcuni segnali sulla scorta dei quali
126
ipotizzabile lesistenza di un contrasto in seno al grup po
15
, assicu-
ra una suffciente stabilit dellas set to e degli equilibri crimi nali
nella provincia.
Annota il Raggruppamento Speciale Operativo:
La cosca Man cu so opera nellintera provincia vibone-
se mediante gestione diretta delle aree territoriali di Lim-
badi, Nicotera, Vibo Marina, Tropea e gestione de centrata
del restante territorio, per il tramite delle cosche Fiar di
San Gregorio, Anello di Filadelfa, Vallelunga di Serra S.
Bruno, Pititto di San Giovanni di Mileto e Accorinti di
Zungri. Mantiene, inoltre, forti legami con il clan Piromal-
li-Mol di Gioia Tauro (RC) e la famiglia Bellocco di Ro-
sario (RC). I Mancuso, inoltre, hanno cointeressenze cri-
minali con altri sodalizi attivi nelle province di Cosenza, di
Crotone (gruppo Arena di I so la Capo Rizzuto), di Lamezia
Terme e di altre parti del territorio nazio nale (Lombardia,
Piemonte, Emilia Romagna e Toscana). Le prin cipali atti-
vit illecite gestite dalla cosca riguardano il traffco (anche
internazio nale) di stupefacenti e di armi, le estorsioni e le
connesse attivit intimi datorie, nonch cointeressenze nel
settore degli appalti di opere pub bliche.
Oltre ai Mancuso, i principali sodalizi operanti in questa pro-
vincia sono i Lo Bianco che a Vibo Valentia stanno assumendo
una propria autonoma ed assai dinamica penetrazione nel mondo
imprenditoriale e dellusura, gli Accorinti di Zungri, i Gaspar-
ro-Fiar di San Gregorio dIppona, i Barto lotta di Stefanaconi, i
Bonavota di SantOnofrio, i Vallelunga e i Ciconte di Serra San
Bruno ed i Fiumara-Anello di Francavilla Angitola. Le altre co-
sche sono i Mantino e i Tripodi di Vibo Valentia, i Patania di Stefa-
naconi, i Petrolo di SantOnofrio, i Cracolici-Manco, i Larosa di
Tropea ed i Vecchio di Joppolo.
15
Ci sarebbero dei contrasti tra Cosmo e Diego Mancuso.
127
Scrive la Commissione parlamentare antimafa:
Sono state registrate tensioni sia allinterno della fa-
miglia, sia con cosche un tempo alleate ed oggi concorren-
ti. La famiglia Lo Bianco, desiderosa di affrancarsi dalle
recenti posizioni subiettive e di recuperare un ruolo signi-
fcativo, ha assunto una posizione di rilievo nella gestione
dellattivit usuraia e nella infltrazione nelleconomia le-
gale. Linfuenza dei Mancuso si evidenziata anche nel
settore dei lavori pubblici aggiudicati mediante appalti; ci
ha attribuito loro i connotati tipici di una formazione ma-
fosa ad elevata vocazione eco nomico-fnanziaria. stato
registrato un persistente fenomeno di infl trazioni da parte
della criminalit mafosa allinterno delle Ammini strazioni
comunali, che in taluni casi hanno patito condizionamen-
ti, di diverso genere, nella gestioni delle attivit. Le altre
organizzazioni cri minali presenti nella provincia sono state
quelle di Bonavota e Petrolo nella zona di SantOno-
frio; Cracolici-Manco e Fiumara nella zona di Pizzo;
Gallace-Loiero nella zona delle Serre Calabre
16
.
16
Commissione Parlamentare Antimafa, Ibidem.
128
APPENDICE: Mappature della criminalit organizzata
129
130
131
132
133
134
135
136
137
CAPITOLO 8
Il giro daffari della ndrangheta
Il giro daffari della ndrangheta, attualmente, pari al 3,4%
del Pil nazionale. Il settore pi remunerativo rimane quello del
traffco di sostanze stupefacenti con introiti di circa 22.300 mi-
lioni di euro.
Scrive lEurispes: Negli ultimi anni si assistito ad un vero
e proprio salto di qualit in questa particolare attivit illecita: le
cosche puntano ad ottimizzare sforzi e rischi verso una mag-
giore e pi oculata gestione dei fussi di sostanze stupefacenti in-
ternazionali.
Le ndrine, negli ultimi venti anni, hanno dimostrato di poter
contare su collegamenti diretti con organizzazioni straniere, in
particolare sudamericane ed albanesi, nonch con le famiglie di
Cosa Nostra. Spesso si registrata la presenza di calabresi stabil-
mente insediati allestero con funzioni di raccordo tra la ndran-
gheta ed i cartelli locali.
Lindividuazione della Calabria come luogo privilegiato di im-
portazione nel nostro Paese attesta lalto grado di affdabilit che
le cosche calabresi possono vantare nel mercato criminale, sia
con riferimento al controllo del territorio sia con riguardo agli
aspetti economici legati al rilevantissimo giro daffari generato
dal traffco di droga.
Inoltre, gli appalti truccati e la compartecipazione nel settore
imprenditoriale rappresentano il 18,6% della ricchezza comples-
siva prodotta in Calabria. Commenta lEurispes: Diventa sem-
pre pi preoccupante e crescente latteggiamento assunto dagli
138
1
Caso Calabria: la solitudine di fare impresa in una regione a sovranit limitata.
Lettera di Giuseppe Gatto, titolare della Gatto costruzioni di Catanzaro, presidente del-
lAnce Calabria, al Sole 24 Ore, 24 ottobre 2005.
imprenditori che, gi al momento della partecipazione alla gara
dappalto, considerano il pagamento della tangente alla crimina-
lit organizzata come una ineludibile voce passiva di bilancio, da
imputare, dunque, tra i costi della propria azienda.
Lusura, un fenomeno fortemente presente, ancorch sommer-
so, unitamente alle estorsioni, garantisce un giro daffari stima-
to intorno ai 4.100 milioni di euro. In questa attivit illecita, la
ndrangheta seconda sola alla camorra. Si tratta di un mercato
in forte espansione che non gestito direttamente delle cosche ma
si avvale di personaggi ad esse contigui, che rappresentano il trait
dunion tra la cosiddetta societ civile e quella mafosa e che si
occupano altres del reimpiego dei proventi illeciti delle cosche.
Secondo lEurispes lusura costituisce una forma avanzata di in-
fltrazione mafosa che si denota, nella maggior parte dei casi, con
un pericoloso intreccio tra imprenditoria, politiche delle banche e
criminalit organizzata.
Tradizionalmente pervasivo il racket dellestorsione: chi non
accetta il ricatto, fnisce sotto tortura. Lavorare in Calabria
cosa diversa che altrove, commenta Giuseppe Gatto, presiden-
te dellAssociazione nazionale costruttori edili in Calabria
1
. Ci
sono intere aree in cui io stesso, nella mia attivit di imprendito-
re edile, mi tengo lontano: il Lametino, larga parte del Reggino,
alcune zone della provincia di Catanzaro sono zone off limits,
escluse da una normale attivit economica. Luoghi dove incendi
nei cantieri o furti di mezzi sarebbero la ritorsione inevitabile a
chi volesse opporsi al racket. doloroso ammetterlo: la Calabria
una regione a sovranit limitata, con uneconomia di mercato
falsata dalla presenza arrogante e pervasiva delle cosche. Tutto
questo si gi tradotto nella presenza di concorrenti impropri,
di imprese che possono godere di capitali abbondanti, di dubbia
provenienza. Aziende che in una gara dappalto possono permet-
139
tersi ribassi fno al 30-40%. impossibile non vedere anche per
chi dovrebbe controllare, eppure quasi mai dopo una gara avviene
quanto prescritto dalla legge: il controllo della composizione so-
cietaria dellazienda vincitrice. Sarebbe facile scoprire zone gri-
gie. Che restano tali.
Sul traffco darmi e sulla prostituzione, infne, lEurispes ha
stimato, per il 2004, un introito complessivo illecito per le cosche
calabresi di oltre 4.600 milioni di euro.
Numerose inchieste hanno accertato il coinvolgimento della
ndrangheta nel traffco di armi, le cui rotte si sovrappongono a
quelle della droga. In Albania, Medio Oriente o in Sud America,
sempre pi spesso gli stupefacenti diventano merce di scambio.
La ndrangheta, con i suoi numerosi collegamenti transnazionali,
diventata unaffdabile interlocutrice criminale sia per droga che
per armi.
Giro daffari della ndrangheta
Valori assoluti in milioni di euro. 2004
Traffco di droga 22.300
Appalti pubblici truccati e compartecipazione
in imprese 4.700
Estorsioni ed usura 4.100
Armi e prostituzione 4.600
Giro daffari complessivo 35.700
Non da sottovalutare neanche il giro di denaro che ruota at-
torno al traffco di essere umani. Cos come quello delle fliere
delleco-mafa e della criminalit ambientale che ormai hanno
fatto breccia anche in Calabria.
Il tradizionale controllo del territorio esercitato dalle organiz-
zazioni mafose, con la disponibilit di cave, terreni, manodopera
a bassissimo costo e il ricorso alla violenza dissuasiva, spiega
140
il procuratore nazionale antimafa Piero Grasso, ha permesso ai
sodalizi criminali di imporsi come unico interlocutore imprendi-
toriale capace di gestire, in regime di monopolio, gran parte della
attivit proprie del ciclo dei rifuti
2
.
Da oltre ventanni, infatti, la ndrangheta sarebbe coinvolta
nel business dei rifuti tossici e radioattivi. Secondo un memo-
riale consegnato da un collaboratore di giustizia alla Direzione
Nazionale Antimafa, tra gli anni Ottanta e Novanta, sarebbero
state affondate volontariamente molte navi con il loro carico di
scorie pericolose. Affari di dimensioni planetarie che sono stati
investigati dalla Procura di Paola e da quella di Reggio Calabria e
che avrebbero coinvolto decine di nazioni, politici e faccendieri,
servizi segreti e industriali, massoni e malavitosi
3
.
2
Legambiente: presentato rapporto Eco-mafa 2006: i dati. Sesto Potere. 18 giugno
2006.
3
R. Bocca, Parla un boss: Cos lo Stato pagava la ndrangheta per smaltire i rifuti
tossici, LEspresso, 6 giugno 2005.
141
LUNIt DIDAttICA:
Sottofondo culturale della ndrangheta
142
143
Analisi didattica
Lunit didattica ha come punto centrale di riferimento la rac-
colta antologica Senza Onore di Antonio Nicaso. Docenti e stu-
denti hanno a disposizione quindici testi letterari per analizzare,
discutere e confrontare unampia variet di interpretazioni sul
fenomeno ndrangheta. Parliamo, ovviamente, di interpreta-
zioni per pi motivi, interpretazioni che, daltronde, costituiscono
il problema di fondo di ogni analisi testuale e dellermeneutica
in generale: come interpretare? Interpretiamo in modo corretto?
Quando sappiamo di interpretare in modo corretto un testo? Ci
sono criteri per garantire unanalisi rigorosa, talch il risultato
non sia solo unanimit di consenso, legittimazione, ma dimostra-
zione rigorosa e oggettiva di conoscenza non pi dubitabile e,
quindi, vera? Ovviamente, non abbiamo a disposizione criteri er-
meneutici assoluti e validi una volta per tutte, gi per il fatto che
linterprete di un testo (o lermeneuta) (o dovrebbe essere) a
conoscenza del fatto che linterpretazione che lui si avvia a por-
tare alla luce ha s a che fare con il testo che interpreta, ma nello
stesso tempo con i presupposti del suo avvicinarsi al testo e col
modo mediante il quale i suoi presupposti incontrano il testo e lo
interpretano. Praticamente, ogni interprete si avvicina ad un testo
da una determinata angolazione o prospettiva (questo non costi-
tuisce in s il problema, dal momento che non ci si pu avvicinare
ad un testo da un punto zero ma sempre a partire da unangola-
144
zione o prospettiva). Non solo: questa angolazione o prospettiva
infuisce anche sul risultato dellinterpretazione. In altri termini:
non c uninterpretazione neutrale. Ogni interpretazione avviene
allinterno di ci che gli ermeneuti defniscono circolo ermeneu-
tico, allinterno del gioco tra pre-concettualit dellinterprete e
oggetto dinterpretazione (testo).
Discutere i testi letterari, scelti per questa unit didattica, si-
gnifca allora, da un lato, acquisire nozioni, conoscenze e infor-
mazioni legate ai contesti in discussione, dallaltro perseguire,
anche, tutta una serie importante di abilit e capacit che abbia-
mo sopra defnite: meta-ermeneutiche. Un testo non solo fonte
di informazioni, conoscenze e verit. Un testo pu essere anche
fonte di disinformazione e di falsit, per cui lavorare al testo e
con i testi sempre anche, e diciamolo con chiarezza, soprattutto:
interrogare. Lanalisi di un testo un lavoro critico. La raccolta
dei testi che abbiamo scelto per il lavoro didattico dei docenti e le
possibili e necessarie analisi alle quali saranno sottoposti nellin-
segnamento e nellapprendimento, permettono in modo ottimale
questo lavoro critico dinterrogazione. Se le analisi dei singoli
testi verranno confrontate fra di loro (e nellinsegnamento e nel-
lapprendimento non si potr fare a meno di un confronto del ge-
nere), sar facile notare o dimostrare che le descrizioni tracciate
nei testi, sono, a volte, esse stesse interpretazioni e che molte
delle interpretazioni sono spesso valutazioni legate a determinate
giustifcazioni. Lavorare criticamente con un testo signifca allora,
anche e per lo pi, poter sviluppare nei confronti degli autori di
un testo una legittima critica. Compito dellinsegnamento e del-
lapprendimento , non da ultimo, mirare a questa legittima cri-
tica dei testi o meglio dei presupposti degli autori dei testi sulla
base di conoscenze, informazioni, documenti e dati scientifci che
spesso gli autori dei testi non avevano e forse nemmeno si cura-
vano di avere. Per questo confronto critico fra testi e fra contenuti
dei testi, qui oggetto di analisi e discussione nellinsegnamento e
nellapprendimento, rimandiamo alle fonti sistematiche raccolte
nei rispettivi capitoli di questo stesso volume.
145
Ci premesso, passiamo ora alla lettura dei testi in Senza Ono-
re, cercando, da un lato, di ricavarne la maggior parte di infor-
mazioni possibili, dallaltro di discutere, analizzare e vagliare la
rigorosit delle singole interpretazioni.
Il primo testo letterario di Giovanni De Nava. Si tratta di tre
poesie o componimenti poetici scritti in dialetto: I Notti, Picciot-
teddu, Mala-vita. Riportiamo, ovviamente, la traduzione delle
poesie in italiano, partendo dal presupposto che molti dei termini
siano al lettore o meglio agli studenti (o a molti studenti) sco-
nosciuti e incomprensibili. Didatticamente, per, interessante e
motivante cercare di raccogliere la lettura che dei termini dialet-
tali riescono a fare gli studenti prima ancora di confrontarsi con le
poesie in traduzione italiana. Ovviamente, senza i necessari aiuti
del docente, saranno letture e interpretazioni diverse, contrastan-
ti, contraddittorie ed bene che allinizio si crei questa aporia in-
torno alle possibili interpretazioni. Molti dei termini non saranno
comprensibili e gli studenti avranno diffcolt ad interpretare il
senso dei testi. Si passer, allora, alle singole traduzioni per con-
frontare i signifcati assegnati ai singoli termini e cercare poi il
vero senso di ogni singolo componimento. Tracciamo un possibi-
le schema di come organizzare didatticamente questa fase iniziale
del lavoro sui testi, riferito intanto al primo componimento:
I Notti
Termini dialettali Interpretazioni dei termini

ntisicari .................................................................
bastaseddu .................................................................
bizzola .................................................................
annaccarata .................................................................
ricugghiri .................................................................
creanza .................................................................
luppinaru .................................................................
nchianari .................................................................
146
Dopo questa fase di ricerca spontanea dei signifcati dei sin-
goli termini dialettali, si pu passare al controllo o alla verifca
del loro senso, utilizzando le singole traduzioni riportate subito
dopo i testi in dialetto. Intanto, un aiuto per inquadrare il testo
(in questo caso il componimento poetico o la poesia) o lautore
(o meglio: il senso che lautore del testo vuole trasmettere al let-
tore) offerto dal curatore della stessa antologia. Ovviamente,
dipender da come si struttura linsegnamento e lapprendimento
se laccesso allanalisi dei componimenti poetici avviene gi dal-
linizio con gli aiuti interpretativi offerti dal curatore dei testi o
se si privilegia (lo consigliamo) il confrontare successivamente i
risultati del lavoro didattico svolto sui testi dagli studenti con la
lettura che suggerisce il curatore dellantologia.
Quale interpretazione suggerisce il curatore dellantologia?
Naturalmente, il curatore, in Senza Onore, ha potuto scegliere
solo alcune delle poesie dalla vasta produzione letteraria di Gio-
vanni De Nava. Ne ha scelto tre, ma il giudizio del curatore dei
testi raccolti in Senza Onore tiene conto di tutta la produzione let-
teraria del poeta reggino. Il risultato potrebbe essere sintetizzato
in questi pochi punti: il poeta ritiene la ndrangheta un prodot-
to del degrado socio-economico. In questo senso, la ndrangheta
potrebbe essere interpretata come risposta (necessaria, giusta,
giustifcabile?) delle classi diseredate o disagiate?
Intanto, conviene entrare nel vivo della seconda poesia e chie-
dersi: com descritto il picciotteddu?
Prima di rispondere alla domanda, consigliabile anche in que-
sto caso raccogliere e discutere i singoli termini dialettali di diff-
cile comprensione, similmente allo schema specifcato sopra:
termini dialettali Interpretazioni suggerite dagli studenti
ncampanati ..............................................................
sddifnta ..............................................................
Dopo il lavoro ai termini, consigliamo gli studenti di elaborare
147
un elenco delle caratteristiche principali che designano il picciot-
to, p. es.:
spacconeria
spavalderia
incutere timore
appartenenza alla famiglia della camorra
A cosa mira il picciotto?
Alcuni obiettivi:
promozione sociale
essere persona di rispetto
imporsi con la forza
Se si confronta la visione, che suggerisce il poeta, di unasso-
ciazione criminale come prodotto delle classi diseredate, con
i dati forniti dal Tribunale di Reggio Calabria pochi anni prima
della pubblicazione della raccolta di poesie di cui qui tre sono
oggetto di discussione, si pu notare che gli ndranghetisti o i
camorristi non appartengono alle classi disagiate come la poesia,
tutto sommato, suggerisce, ma sono quasi tutti occupati in singo-
le attivit. Questo un primo dato interessante che conviene
annotare e ridiscutere via via che il discorso sulla ndrangheta si
fa pi serrato. Intanto, anche la seconda poesia che si presenta a
docenti e studenti, il picciotteddu, mostra che i motivi per entrare
nella picciotteria sono variegati. Si va dalla picciotteria vinaria
(Crupi) che spera di bruciare in fretta le tappe della promozione
sociale al volersi presentare socialmente come un duro, pronto
ad imporsi, dominare, vedersi rispettato ad ogni costo. Si con-
ferma cos lipotesi che il motivo scatenante, per far parte dellor-
ganizzazione criminale della ndrangheta, non necessariamente
la condizione sociale disagiata, com dimostrato, oltre tutto, da
relativi atti di processi alla picciotteria.
Ma altri elementi potrebbero e dovrebbero essere oggetto di
discussione e rifessione come i due punti seguenti:
la visione che il poeta ha del picciotto (pi che saggio, il
picciotto carne venduta);
148
il legame tra peccati e lira di Dio che pone fne al male
scatenando la fne del mondo.
Nel terzo (Mala-vita di De Nava) e quarto componimento poe-
tico (Mala-vita di Giovanni Patari) entrano altri elementi in gioco
circa lorganizzazione della ndrangheta. Al picciotto segue qui
il capobastone. Inoltre si menziona una delle norme centrali del-
la struttura criminale dellonorata societ: lomert. Anche in
questi casi, i due poeti offrono tutta una serie di caratteristiche
che permettono di individuare la visibilit di questa fgura crimi-
nale. Balzano subito agli occhi ferezza e superbia e lorgoglio
del camorrista (=lappartenenza alla malavita); il saper maneg-
giare rasoio e coltello e incutere paura, a tal punto che la terra
trema alla presenza del camorrista, nonch la risposta riservata
allo sgarro. I due componimenti offrono, tra laltro, la possibi-
lit di discutere il concetto, per la ndrangheta fondamentale, di
omert e, non da ultimo, lonore che la logica ndranghetista o
camorrista riserva alla persona omertosa allinterno dellonorata
societ o della famiglia camorrista.
Nulla togliendo a questi elementi, senzaltro importanti, che
descrivono la psicologia del picciotto o del capobastone, si
consiglia di estendere la rifessione su come il poeta presenta la
ndrangheta. Anche in questo caso suggeriamo alcune possibili
domande: riesce il poeta a dare un quadro realistico della struttura
criminale di questa organizzazione? La ndrangheta un feno-
meno marginale, legato a singoli casi di una cultura dellonore
e del rispetto? La ndrangheta da intendere come riscatto
dei diseredati, degli umiliati e offesi? In altri termini: il senso
della ndrangheta consiste, per davvero, nel reclamare onore e
rispetto, nel porsi, cio, sul piano dei duri per procurarsi quel-
lascesa sociale negata alle classi marginali della societ?
A questa serie di domande, si possono affancare altre doman-
de con lo scopo di interrogare o problematizzare anche la visione
che il poeta ha della ndrangheta:
la ndrangheta un fenomeno marginale o strutturale sul piano
sociale?
149
tra ndrangheta e politica, tra ndrangheta ed economia c un
rapporto, unintesa, una condivisione di valori, un intreccio,
una comunanza di obiettivi?
Sono queste alcune domande centrali che richiedono discussio-
ne e approfondimenti e che allinterno del progetto delle tre uni-
t didattiche, troveranno la loro giusta collocazione. Qui, si tratta
intanto solo di anticipare luna o laltra domanda critica per svi-
luppare quella dose di giusto scetticismo nei confronti del testo e
abituare, cio, a poco a poco gli studenti a leggere interrogando e a
non lasciarsi prendere dalla visione nuda e cruda suggerita dai te-
sti. Problematizzare e approfondire, allinterno del progetto didat-
tico, signifcher ricorrere a fatti e documenti, allintreccio o uso
complementare, dei due testi Fratelli di sangue e Senza Onore.
Di onore parla il testo di Francesco Perri. I valori della
mentalit contadina e la cultura mafosa sembrano intrecciar-
si come se avessero un comune sottofondo. Ma proprio cos?
Al disonore corrisponde necessariamente la vendetta. Ma il sot-
tofondo culturale non del tutto identico. Anzi d luogo a incom-
prensioni. Pietro, il personaggio che si reca negli Stati Uniti per
chiedere vendetta circa il disonore della sorella, che ha tradito
il marito, trova una realt diversa e non capisce la frase ndran-
ghetista: sotto la mia protezione. Lonore dello ndranghetista
comprende la vendetta, ma ampliato da una serie di contenuti
nuovi. Appartiene a questi nuovi contenuti il fatto che luomo
onorato della ndrangheta corrispondenza totale alle regole
dellonorata societ. Lonore ndranghetista , quindi, innanzi
tutto e per lo pi: ferrea omert. Appartenere alla ndrangheta
difendere, se necessario, col proprio sangue il rispetto delle regole
e delle gerarchie. Si tratta di un patto di sangue che trova con-
ferma ed espressione anche nel rituale di quanti hanno lonore
di entrare nellonorata societ.
Il testo, da un lato, d la possibilit di analizzare, discutere
e, soprattutto, confrontare lintreccio tra cultura contadina
e cultura ndranghetista, dallaltro offre elementi che danno
150
prova anche e comunque di dover distinguere tra un concetto di
onore di provenienza agro-pastorale e un concetto di onore
strettamente ndranghetista che non ha pi nulla a che fare con la
civilt contadina.
Il testo si presta bene per essere messo in scena riproducendo i
dialoghi. Nella sceneggiatura alla quale docenti e studenti posso-
no dar vita, facile far emergere i due mondi: quello della civilt
contadina e quello della civilt ndranghetista; lincontro, ma
anche lo scontro delle due civilt. Ma a queste due civilt si
pu far seguire una terza civilt, la civilt di mastro Genio
che, vivendo in America una realt nuova, rispetto a quella delle
sue origini, non capisce pi la logica del disonore di cui parla
Pietro.
Oggetto della messa in scena del testo sono, a questo punto,
tre mondi che vengono riprodotti e successivamente confrontati e
valutati. Il confronto didatticamente sempre fruttuoso non solo
perch offre lo spazio per conoscere e valutare (in questo caso)
visioni o modelli di pensiero di provenienza diversa, ma anche
perch stimola ad articolare la propria visione di mondo, i propri
valori; stimola, cio, a prendere posizione e a difendere (con ar-
gomenti) il proprio punto di vista. Non da ultimo, la traduzione
del testo in scene teatrali mette in movimento gli studenti intorno
a tutta una serie di idee e rifessioni che vanno al di l di un con-
fronto puramente testuale.
In Natalino Lanucara ritornano gli stessi motivi che si riscon-
trano nel testo, or ora, discusso di Francesco Perri: onore e ven-
detta. Il contesto, per, si sposta dalloffesa allonore della don-
na alloffesa all onore dellonorata societ. Lintervento , in
questo caso, la banda degli americani. Il contesto interessante
anche per tematizzare lintreccio ndranghetista che si estende,
com facile notare, anche internazionalmente. Per la cultura
mafosa, il fatto grave e inaudito che a tradire uno ndranghe-
tista: un membro della famiglia che godeva della protezione.
importante discutere con gli studenti anche un altro aspetto:
151
lunione di sacro e profano. Nelle parole di Archilu: i traditori
e i fedifraghi (= infedeli, che non tengono fede a un giuramento)
meritano la morte intanto perch la cultura della ndrangheta lo
obbliga di per s, e poi perch linfedele, ovverosia colui che non
mantiene il giuramento, non stimato e preso in considerazione
nemmeno da Dio.
Il testo, inoltre, delinea un quadro chiaro delle gerarchie e della
solidariet che legano i fratelli di sangue e cosa pu signifcare
venire meno alla parola duomo donore. Peraltro, e non da ul-
timo, da notare la simbologia ndranghetista, presente nel testo
(il braccio in avanti, il simbolo del coltello), e le minacce (vi
regaler un orecchio, vi mander una lingua) che testimonia-
no i veri valori dellonorata societ.
Questi simboli della cultura ndranghetista possono essere
integrati e ampliati con il quadro normativo offerto dal testo di
Luca Asprea. Il testo di Asprea quasi un documento diniziazio-
ne alle regole e ai princip della ndrangheta:
omert = legge base della societ onorata
fedelt = attaccamento alla Societ
politica = vivere con i degni e meritevoli (coi mastri e i fedeli
compagni)
falsa politica = come regolarsi con gli indegni, gli infami e con
gli sbirri
carta e penna = fare i conti e sottoconti alla Societ
coltello = serve a difendere il mastro
rasoio = serve a sfregiare la faccia agli infami.
I codici e i riti sono stati e sono tuttora alla base della cultura
ndranghetista (si vedano i grafci pp. 47 e 50), in quanto forma-
no il sottofondo ideologico o la mentalit dello ndranghetista.
Il rispetto, ovverosia linteriorizzazione dei codici, quindi delle
regole, dei princip, dei valori, apre alliniziato lascesa a uomo
donore, a uomo di rispetto in seno allonorata societ.
Anche il testo di Fortunato Seminara ricalca i temi qui intro-
dotti dei valori e quindi del disonore, del rancore e della ven-
detta. La vendetta ha come obiettivo lo sfregio, come il codice
152
ndranghetista prevede e obbliga, cio, il marchio dinfamia pub-
blico che la cultura ndranghetista riserva al volto dell infa-
me come segno incancellabile e visibile da ognuno.
Il testo di Domenico Cuppari mostra, per, che nemmeno
in ci vi coerenza, in quanto la ndrangheta senza princip
morali. La ndrangheta di Cuppari semina lutti e riserva morte
programmata allo stesso inziato. Liniziato viene utilizzato per
giustiziare un gruppo di infami. Svolto il compito, liniziato
viene ucciso a sua volta.
Indubbiamente, come si evidenziava sopra, il disonore, la ven-
detta, lo sfregio sono categorie rilevanti nelle logiche culturali
ndranghetiste e che si fondono e confondono con i simboli mo-
rali di sovrastrutture ideologiche legate ancora a sottofondi ar-
caici di condizioni socio-economiche ove regnano incontrastate
miseria e ignoranza. Non a caso, i testi fnora messi qui in discus-
sione rimarcano, da pi parti, questo sottofondo arcaico in cui si
preferisce la vendetta alla giustizia: o meglio la vendetta diventa
un atto di giustizia, anzi lunico atto vero di giustizia. Da questa
angolazione, facile confondere criminalit e giustizia.
Il testo di Corrado Alvaro pu essere utile proprio per tematiz-
zare ulteriormente lintreccio tra criminalit e giustizia. Intreccio
in cui il delitto diventa un diritto. Unanalisi attenta del testo di-
mostra, per, che farsi giustizia non solo sfducia nella legge;
anche un modo criminale di legittimare le regole dellonorata
societ. Diffusione, cio, di quel potere occulto criminale che
dovr sostituire le aule dei tribunali. In questa logica i criminali
avanzano a rappresentanti di giustizia e i rappresentanti di giusti-
zia a criminali.
Se con gli studenti si seguono le tracce del lavoro ermeneutico
o di interpretazione che si consigliava inizialmente, indubbio
che il lavoro al testo anche un lavoro di critica al testo e quindi:
anche di critica allautore del testo. Alcune domande sono obbli-
gatorie:
Corrado Alvaro svolge unanalisi reale, quindi, attenta, rigoro-
sa del fenomeno ndrangheta? O confonde i valori della ci-
153
vilt contadina (onore, sangue, vendetta come riscatto della
propria dignit, del proprio prestigio, del proprio onore) con
i valori della cultura ndranghetista?
Corrado Alvaro discute la ndrangheta nellintreccio di crimi-
nalit e politica, criminalit ed economia o la sua interpretazio-
ne rimane in superfcie, diventa una visione letteraria, una
re-mitizzazione e re-idealizzazione e, quindi, fuga dalla realt?
In altri termini: non che la fusione tra i simboli morali di vita
agro-pastorale e i simboli morali della criminalit organizzata
conducono a quello che qualche studioso ha defnito giustif-
cazionismo storico in cui scompare la differenza tra carnefce
e vittima, tra onest e corruzione, tra giustizia e criminalit?
Ad unanalisi attenta dei passi di Minasi, Gullo, Murdaca, Ali-
cata, Caroleo, che precedono il testo di Alvaro, balza subito agli
occhi la confusione generale tra criminalit e politica e soprattut-
to un dato grave: la sottovalutazione, anche in ambito nazionale,
del fenomeno criminale ndrangheta, o meglio lambivalenza
della politica nazionale che oscilla tra sottovalutazione e giusti-
fcazione.
Per iniziare con gli studenti a problematizzare il contesto dei
rapporti tra criminalit organizzata e politica, criminalit orga-
nizzata ed economia si pu passare ai testi di Saverio Montalto
e Saverio Strati. In questi due testi diventano evidenti alcuni dei
valori veri della ndrangheta.
Prima di discutere la logica o la cultura criminale che si na-
sconde dietro letichetta onorata societ, gli studenti possono svi-
luppare un elenco di questi valori, di cui, qui di seguito, si ri-
porta solo un possibile esempio che potrebbe essere ulteriormente
strutturato ed ampliato.
La ndrangheta
associazione a delinquere;
legata al potere;
trasgredisce alle regole che ritiene sacrosante;
architetta infamie;
154
vive di sgarro;
non difende, ma attenta allonore;
non arretra davanti al delitto di colui che si ribella alla sue
leggi;
non difende, ma spoglia la povera gente;
legata alle strutture di potere politico ed economico, per cui
non una forma di anti-stato, ma unassociazione criminale
ben integrata nelle strutture dello Stato e che mira a consolida-
re ed estendere i propri poteri allinterno di queste strutture.
I testi di Montalto e Strati non solo danno la possibilit di co-
gliere alcuni motivi di fondo della civilt ndranghetista (la
divisione-distinzione tra uomini e infami), nonch i rapporti che
la ndrangheta intreccia con i poteri politici, economici e le isti-
tuzioni, ma anche di costruire il tipo di tribunale e, quindi, il tipo
di giustizia che sono alla base di questa organizzazione criminale
e i codici o simboli del sottofondo culturale o ideologico. Con-
sigliamo, intanto, di sviluppare, sulla base del testo di Saverio
Montalto, uno schema che tenga conto anche delle gerarchie e di
passare, poi, servendosi del testo di Saverio Strati, al fascino che
emana la cultura ndranghetista sui giovani proprio a partire dalle
gerarchie, dal linguaggio, dalla retorica ndranghetista:
Tribunale della ndrangheta

Composizione Regole Valori
Presidente ................................... .....................................
Giudici ................................... .....................................
Pubblico ................................... .....................................
Altro punto centrale (del testo di Strati) il rito. Non vi al-
cun dubbio che termini come onore, onorato, uomo di rispetto
sono fondamenti della cultura ndranghetista. Colui che entra
155
nellonorata societ, accetta le sue regole e i princip della sua
giustizia a costo della propria vita. La protezione legata in-
teramente al rispetto delle regole e dei princip. Vale altrettanto
per lascesa sociale. Il grande avvenire di quanti entrano nella
famiglia onorata e il riconoscimento di omo donore sono se-
gnati dallaccettazione, a costo della propria vita, dei valori
dellorganizzazione criminale. Colui che entra nella famiglia pu
uscirne solo da morto.
Sorgono, qui, alcune domande che offrono la possibilit agli
studenti di discutere anche e soprattutto su problemi di principio,
su problemi che riguardano il senso generale che vogliamo asse-
gnare a princip che sono essenziali per la consistenza della nostra
convivenza civile e democratica :
Di quale onore, di quale rispetto si fa carico lo ndrangheti-
sta?
Il tribunale ndranghetista un tribunale che si regge su regole
democratiche di giustizia? Su princip condivisi e generalizza-
bili? La protezione che assicura lonorata societ pensata per
difendere il singolo (ndranghetista) dallinfedelt dalla strut-
tura criminale della ndrangheta o, al contrario, per difendere
la struttura criminale della ndrangheta dallinfame, dalla in-
fedelt, dallo sgarro di singoli membri della famiglia?
Che signifca giustizia? Abbiamo criteri validi per ognuno o
questione di libero arbitrio? Chi decide cosa giusto e cosa
ingiusto?
Quali sono le possibili conseguenze, gli effetti di una convi-
venza civile basata sui valori della cultura ndrangheti-
sta?
Come possiamo opporci alla cultura della ndrangheta e di-
fenderci dai suoi effetti devastanti?
Lunit didattica pu essere chiusa con lelaborazione di tre
nuclei tematici:
1. Un nucleo tematico che riguarda lindividuazione di regole e
i princip in grado di dare risposta ad unidea di giustizia con-
divisibile possibilmente da tutti e, quindi, universale.
156
2. Un nucleo tematico che mette a fuoco le conseguenze o gli ef-
fetti possibili di un concetto di giustizia ridotto alle categorie
della cultura della ndrangheta.
3. Un nucleo tematico che raccoglie gli argomenti, le proposte,
le strategie su come combattere lidea di giustizia della
ndrangheta.
157
Scheda dellAutore*
GIOVANNI DE NAVA
(Reggio Calabria 1873-1941)
A Reggio studia fno a quando, assai giovane, rimane orfano. Continua da
solo a formarsi culturalmente. nominato direttore del primo quotidiano
calabrese: Il giornale di Calabria. Collabora con lAvanti e con altre
importanti testate nazionali. La sua poesia si fonda su tematiche sociali,
caratterizzata sia da suggestivi accenti amorosi che dalla rifessione sul
dramma dei vinti e degli emarginati. De Nava analizza gli ambienti esclu-
si e la sua poesia non ricade nello sterile romanticume. Il suo linguaggio
incisivo e la scrittura si fa carico di accusare gli oppressori (associazioni
organizzate) che nascono nella mala vita, producendo ndrangheta.
Opere: Fogghi caduti (1892); Sentiti genti (1894); Passu cantandu (1898);
tra ombre e luci (1902); Allombra del Vaticano (1903); Il sangue di S.
Gennaro (1903); Delinquenza e misticismo (1903); Favole umane (s.d.);
Sonetti garibaldini (1912); Il brigante Musolino (1930); Canzoni vecchi e
canzoni novi (1931).
* Le schede biobibliografche, che precedono i testi letterari, sono a cura di Antonio
DElia e Antonietta Cozza.
158
Testo 1
I NOttI
notti, je marritiru, su ntassatu,
nc un friddu chi tti faci ntisicari,
ncuntru nu custurinu ncappucciatu
e cchi nudd arma viu caminari.
Jttatu supra porta i na puta
supr on bizzolu dormi un bastaseddu
e caminandu ancora cchi dda via,
ndi viu natru e penzu: u maricchieddu!
Quantu fgghioli ma, nta sti palazzi
chi dormunu cuntenti e caddiati;
pi chisti, su la petra i matarazzi,
sunnu i bizzola di li purticati.
Non hannu a mamma chi, prima i durmiri,
i bascja supr a frunti annaccarata,
pun nzordu i pani vannu a ricugghiri
un pugnu di muzzuni mmenza strata.
Ma, chi sarannu ma chisti fgghioli,
senza n a casa, mamma, pani e Diu?
sarannu un gghiornu i latri e marioli
ch a sogitati stessa si crisciu!
Sarannu i camurrista e picciottedda
chi campunu nto sgarru nta paranza,
sarannu i muttetusi d i cutedda,
i picciotteddi i cori e d a crianza!
E cchi dda via, mentri cangiu strata,
ncuntru nu luppinaru, i so luppina
jastima, e a fami, a sorta nnaracata:
no ndi vindi un turnisi i stamatina.
159
Cchi ssupra, nta nu bassu lluminatu,
nu barcuneddu viu spalancari
e na fgghiola cu na vecchia a llatu
mi chiama: pis, pis, vo nchianari?.
Versione italiana*
LE NOTTI
notte, rincaso, tutto intorpidito / c un freddo che ti fa rabbri-
vidire, / incontro qualcuno incappucciato / e non vedo pi anima
viva camminare. // Buttato sulluscio di una bettola / sopra uno
scalino rustico dorme un bastardello / e camminando ancora / ne
vedo un altro e penso poverino!. // Mamma mia quanti ragaz-
zi, in questi palazzi / che dormono contenti e al caldo; / per que-
sti altri invece i materassi sono la pietra / gli scalini dei porticati.
// Non hanno la mamma che prima di addormentarsi, / li baci
sulla fronte accarezzandoli, / per un pezzo di pane raccolgono
un pugno di mozziconi per strada. // Mamma, chi saranno questi
ragazzi, / senza una casa, una madre, pane e Dio? / saranno un
giorno i ladri e i furfanti che la societ stessa si cresce! // Saran-
no i futuri camorristi e i picciotti / che vivranno di sgarro nella
malavita, / saranno i vanitosi dei coltelli, / i picciotti infessibili
del rispetto! // Pi in l per la via, mentre cambio strada / incon-
tro un lupinaio, che bestemmia i suoi lupini, la fame e la mala
sorte: / non ha visto un soldo da questa mattina. // In alto, da un
luogo illuminato, / vedo spalancare un balcone, e una ragazza
con una vecchia al lato, / mi fa: pis, pis, vuoi salire?.
* La traduzione delle poesie a cura di Alessia Antonucci e Michele Borrelli.
160
Testo 2
PICCIOttEDDU
U fciru a Carmelu picciotteddu,
nta paranza da picciottera,
diciunu cu rrasolu e lu cuteddu,
Madonna santa, comu lu mania.
Cu ddi cazuni ianchi ncampanati,
cu ddu cappeddu a storta e sangu i Liu,
e ccu dda rrisatedda sgalapata,
va sapi fari a parti di schifu.
E stu fgghiolu cu llaiva a ddiri,
chi mma facia chista rrinisciuta,
e tantu saggiu volarria pariri,
ambeci sddifnta, carni vinduta.
Ch bruttu u mundu, comaddifntau!
sunnu i piccati, cumparuzzu beddu,
sunnu i piccati e Diu sasdignau,
Malachiara, vinni lu sfraceddu!
Versione italiana
PICCIOTTELLO
Fecero di Carmelo un picciotto, / e allinterno della picciottera,
/ si meravigliano per come sia bravo / nel maneggiare i coltelli
e il rasoio. // Con i pantaloni bianchi a zampa delefante, / Ma-
donna Mia con il cappello al contrario, / e con quella risatina
sguaiata, / fa la parte dello spaccone. // E chi doveva dirlo che
questo ragazzo, / sarebbe diventato cos, / voleva sembrare tanto
saggio, / invece diventato carne venduta. // Come brutto il
mondo, cosa diventato! / sono stati i peccati, compare bello,
/ sono stati i peccati e Dio sindign, / Mamma mia, verr il
fnimondo!
161
Testo 3
MALA VItA
notti, e nta dda casa i ddi nflici
nci sunnu ricugghiuti i picciottedda,
unu jastima, nautru binirici,
e nnatri ddui tirunu i cutedda.
Unu a Tiresa sapi chi nci dici,
e nautru basciula a Carmeledda,
unu si mangia un nzordu i pani e llici,
e nn autru canta na canzuna bedda
Ma, ammenz a chisti quattru, nc esti Ndria,
u capu muttettusu, malandrinu,
chesti u rrispettu d a picciottera;
Si jaza, scjogghi, stringi la curria,
si mbivi sana n a buttigghja i vinu,
cchiapp a catarr e mani e cantulia:
Su d a paranza, sugnu camurrista,
e sugnu u cchi balenti malandrinu,
aundi u peri me faci n a pista,
a terra trema, trem a terra anzinu.
N o fazzu no, no dico no pi vantu,
ma no nzi menti nuddu avanti a mia,
si beni carchidunu, nd avi schiantu
quantu nci fazzu na superchiara.
Dda botta a ddritta, dda scagghjate manu
mi fci fare bona numinata,
ddu giru di rrasolu a menzu o a ssanu,
a parti di schifu p rrasolata.
O picciotteddi i sgarru, o picciotteddi,
162
chaviti lanuranza sta matina,
a scola d i rrasola e d i cuteddi
vambizza cca, sta manu malandrina.
Ye sintiti sugnu camurrista,
e sugnu u cchi valenti malandrinu,
aundi u peri me faci na pista,
a terra trema trem a terra anzinu!
Versione italiana
MALAVITA
notte, e nella casa dei miseri / si sono radunati i picciotti, / uno
bestemmia, laltro benedice, / e altri due tirano i coltelli. // Luno
sa cosa dire a Teresa, / laltro corteggia Carmelina, / uno mangia
un pezzo di pane e alici, / e un altro canta una bella canzone //
Ma tra questi quattro c Ndria, / il capo vanitoso, malandrino, /
che incarna il rispetto della picciottera; // Si alza, slaccia, stringe
la cintura, / beve una bottiglia intera di vino, / prende la chitarra
in mano e canticchia: // Sono un malavitoso, sono camorrista, /
e sono il pi valoroso dei malandrini / dove metto piede lascio
il segno, / la terra trema, persino la terra trema. // Non lo dico
tanto per vantarmi, / ma nessuno mi si mette davanti, / poich
chiunque conosce lo spavento se ricorro alla violenza. // Il colpo
dritto, la fnta / mi crearono una bella fama, / quel roteare del
rasoio per met o la simulazione il preannuncio, / fatto di di-
sprezzo, dellaffondo fnale. // O picciotti di sgarro, o picciotti,
/ che avete lonore di essere questa mattina a scuola dei coltelli
e dei rasoi, / provate a colpire questa mano malandrina. // Ye...
ascoltate... sono camorrista, / e sono il malandrino pi valoroso,
/ dove metto un piede lascio il segno, / la terra trema, persino la
terra trema!
163
Aiuto alla lettura
Nel 1894 Giovanni De Nava compone una poesia in cui, per la
prima volta, si parla di picciotteria, un termine che fno ad allora
aveva fatto capolino solo nelle aule giudiziarie. Dopo De Nava,
questa defnizione verr utilizzata da molti saggisti, tra cui Lori,
Taruff e De Nobili nel loro libro sullemigrazione in Calabria
1
e
Morselli e De Sanctis nella loro biografa sul bandito Giuseppe
Musolino
2
. Picciotteria anche il titolo di un saggio scritto da
Luigi Ferraioli nel 1900
3
.
La raccolta di poesie del De Nava, noto anche per le sue col-
laborazioni con lAvanti, il quotidiano del Partito socialista
italiano (PSI), e lAsino, la rivista di satira politica fondata da
Guido Podrecca, sintitola Sintiti genti
Dalle poesie del De Nava, viene fuori una criminalit straccio-
na, fglia del degrado socio-economico, delle classi diseredate e
del disagio ambientale. La descrizione dei pic ciotti sembra richia-
mare il dettaglio secentesco del ciuffo, alla maniera dei bravi di
man zo niana memoria e insieme lo scorcio fgurativo del cappel-
laccio poggiato di traverso di inequivocabile stampo mafoso.
Nel 1890, quattro anni prima della pubblicazione di questa rac-
colta di poesie, il Tribunale di Reggio Calabria (Guerritore presi-
dente, Prestipino e Manferoce a latere) aveva condannato 32 per-
sone di et compresa tra 17 e 42 anni, accusati di associazione per
delinquere. Spul ciando lelenco degli imputati, si nota che quasi
tutti avevano unoccupazione: nove di essi erano calzolai, due
fabbro-ferrai, due chincaglieri, due falegnami, due sarti, uno era
proprietario di beni, un altro era macellaio. Poi cerano un com-
merciante, un negoziante, un orefce, uno stagnaio, un fornaio,
1
D. Taruff, L. De Nobili, C. Lori, La questione agraria e lemigrazione in Cala-
bria, prefazione di P. Villari, Firenze, Barbera, 1908, pp. 858-859.
2
E. Morselli, S. De Sanctis, Biografa di un bandito, Giuseppe Musolino di fronte
alla psichiatria e alla sociologia, Milano, Treves, 1903, p. 216.
3
L. Ferraioli, Picciotteria, Monteleone, 1900.
164
uno scopaio, un imbianchino, un fruttivendolo, un mat tonaio, un
facchino, un ebanista. Ed infne, nellelenco dei condannati, f-
gurano an che uno studente e un nullatenente, o impossidente,
come si diceva allora
4
. Lasso ciazione, defnita dei picciotti e dei
malandrini, speculava sui piccoli vizi e sui poveri consumi dei
lavoratori, imponendo stili di vita e di malavita, di prepotenza
e di interme diazione parassitaria, soprattutto nelle bettole e nei
lupanari.
Dopo le cause, De Nava prende in esame anche gli effetti della
picciotteria. Nella poesia intitolata Picciotteddu, il protagonista
viene descritto come un giovane dalla sorte segnata destinato a
diventare carne da macello. una picciotteria vinaria
5
, come la
def ni sce effcacemente Pasquino Crupi, legata alle bettole e ai
postriboli, spavalda e spac cona, desiderosa di bruciare in fretta le
tappe della promozione sociale.
Di contro, in un processo alla picciotteria di Calanna nel 1905,
i giudici riferendosi ad un calzolaio imputato di associazione a
delinquere, cos scrivono: Sebbene persona in buona condi zio-
ne fnanziaria purtuttavia viveva in mezzo alla picciotteria, e ci
per dominare ed imporsi e vedersi rispettato
6
.
Nella poesia intitolata Mala-vita
7
, De Nava, infne, si soffer-
ma su un capobastone spocchioso, di quelli che si annacavano,
cio camminavano con un incedere dondolante che tradiva fe-
rezza e superbia. Era un modo, come un altro, per farsi notare, un
atteggia mento che rifette i tratti della picciotteria, unorganizza-
zione segreta, di cui tutti per devono conoscere lesistenza. La
picciotteria, come scrivono i magistrati del tempo, era una sorta
4
A. Nicaso, op. cit., pp. 51-52.
5
P. Crupi, Anomalia selvaggia, camorra, mafa, picciotteria e ndrangheta nella
letteratura calabrese del Novecento, Palermo, Sellerio, 1992, p. 42.
6
ASCZ, Corte di Appello delle Calabrie, Sebastiano Rizzuto +18, v. 413, 4 aprile
1905.
7
G. De Nava, Mala-vita, in Sentiti genti, cit., pp. 11-12.
165
8
E. Ciconte, Ndrangheta, DallUnit a oggi, Bari, Editori Laterza, 1992, p. 95.
di potere visibile, riconosciuto non solo dagli associati che rispet-
tavano le rego le imposte dai codici e dalle gerarchie interne, ma
anche da chi associato non era ma ne subiva le manifestazioni e le
conseguenze pi dirette e immediate. Nello stesso tempo pe r era
anche un potere invisibile perch non riconosciuto uffcialmen-
te, negato dai diretti interessati nei tribunali. In alcune sentenze,
i giudici fanno notare proprio lapparente contraddi zio ne degli
imputati che mentre menavano pubblico vanto di appartenere alla
picciotteria, negavano poi questa circostanza in fase di interroga-
torio.
C, insomma, incongruenza tra la realt che emerge dai pro-
cessi e quella raccontata dal De Nava.
Scrive Enzo Ciconte
8
: Unopinione, largamente diffusa, ha
sempre considerato la ndran gheta come un fenomeno legato a
una societ arretrata, marginale, contadina. Se con do tale inter-
pretazione la ndrangheta agisce entro un mondo agropastorale
rinchiuso e rinserrato tra inaccessibili montagne. La rappresenta-
zione massima di tale opinione costituita dallimmagine che nel
tempo si avuta dellAspromonte. Cos, in parte, nato il mito
di una ndrangheta espressione di un mondo in declino, fattore di
mediazione e di controllo sociale, una forma meno brutale e meno
clamorosa di brigantaggio, rappre sentazione, tutto sommato, di
una particolare devianza criminale a mala pena mitigata dalla cul-
tura dellonore e del rispetto. Un fenomeno, quindi, poco interes-
sante sul piano sociale, poco infuente sul piano politico, neppure
caratterizzato da delitti particolarmente signifcativi, sicuramente
meno vistoso rispetto alla mafa siciliana e meno diffuso rispetto
alla camorra napoletana.
In realt, la ndrangheta non si ferma alle pendici dellAspro-
monte e non il frutto di un defcit di controllo, di socializzazione
e di opportunit. Va oltre lAspromonte, diffonden dosi nei centri
pi importanti, come Reggio Calabria, Crotone, Catanzaro, Vibo
Valentia, Nicastro e Cosenza, ma anche nei centri meno grandi,
ma comunque vivaci dal punto di vista economico.
166
Scheda dellAutore
FRANCESCO PERRI
(Careri [Reggio Calabria] 1885-Pavia 1974)
testimone e protagonista di molti importanti avvenimenti del Novecento.
Tra il 1921 e il 1922 assiste alle lotte sociali in Lomellina (Pianura Padana).
Nel 1924 pubblica il romanzo I conquistatori, frmato con lo pseudonimo
di Paolo Albatrelli, sequestrato nel 1925 per il carattere antifascista. Oppo-
sitore del regime, tuttavia non condivide limpegno del proletariato perch
ha unidea statica del mondo e della societ del tempo e considera lo
stato liberale come un organismo capace di dar vita ad una camorra or-
ganizzata. La sola possibilit per la massa di elevarsi , secondo Perri, il
canto damore. Analizza nei suoi scritti anche la societ del dopoguerra
e, se prima del confitto bellico, il contadino paragonato ad una bestia da
soma, successivamente lo scrittore coglie la delusione e limpotenza del-
luomo di fronte ad un mondo che esclude sempre e comunque i pi deboli.
Se in Lamante di zia Amalietta il destino a dominare su cose e persone, in
Emigranti il dramma della sua terra che diventa protagonista.
Opere: La rapsodia di Caporetto (1919); I conquistatori (1924 - 2 ed.
167
1925); Emigranti (1928); Il discepolo ignoto (1940); Lamante di zia Amaliet-
ta (1958).
Testo
[La vendetta oramai non spettava a loro]
9
[Di Rosa] non volevano avere pi notizie. La vendetta oramai non
spettava a loro: quella aveva il marito, al quale essi lavevano conse-
gnata come un fore. Ci pensasse lui. Per conto loro la cancellavano
anche dalla loro memoria, e se anche fosse morta, essi non in tendevano
esserne informati.
E siccome anche sulla condotta di mastro Genio correvano nellele-
mento degli emigranti delle notizie poco simpatiche, Pietro si rec dal
cognato, un po per accertarsi di persona della consistenza delle dicerie
che lo riguardavano, un po per incitarlo a ritornare in Italia e punire la
colpevole.
Lo trov in una specie di locanda tenuta da una calabrese attempata,
di Catanzaro; una di quelle locande-ristoranti che gli emigranti chiama-
no storo, dove si d da mangiare e da dor mire ai lavoratori italiani. Era
diventato grasso come un cappone nella stia, con la faccia ripugnante
del fannullone. In principio vi si era impiegato come cameriere, poi era
diventato lamante della padrona, che lo teneva da conto come il verme
nel formaggio. La sola sua occupazione era quella di strimpellare la
chitarra per far divertire gli avventori, e accompagnare le loro canzoni.
Difatti Pietro lo trov seduto dietro il banco, accanto alla padrona:
suonava e cantic chiava. Lo storo era in una specie di baraccamento, con
un salone pieno di piccoli tavoli di ferro, e qualcuno di marmo. I tavoli
in parte erano occupati da operai che bevevano bir ra: qualcuno anche
mangiava. La padrona, una donna sui cinquantanni, energica, bru na,
con un viso angoloso e sparso di piccole macchioline scure, simili a
quelle chiazze di licheni che si formano sui sassi esposti allumidit, le
mani magre darpia, segnate da gros se vene violette, carica doro al col-
lo e ai polsi come una regina barbara, lo ascoltava con unaria accorata
9
F. Perri, Emigranti, Milano, Mondadori, 1928, pp. 164-167.
168
e insieme contegnosa.
Quando mastro Genio lo vide entrare, tent dissimulare il disappun-
to che gli procurava quella visita. Si alz, gli tese la mano e lo accom-
pagn a un tavolinetto di marmo in un angolo.
Siedi gli disse. Poi and al banco, depose in un angolo la chi-
tarra, e ritorn al tavolo dovera Pietro con una bottiglia di birra e due
bicchieri.
Pietro rifut il bere, e cominci a parlare al cognato di quanto linte-
ressava, col suo cipi glio duro e ingenuo di ragazzone che prende tutto sul
tragico. Infne lo invit senzaltro a ritornare in Italia e a fare le sue ven-
dette senza piet. Se non aveva i denari per il viaggio glieli avrebbe dati
lui. Mastro Genio tentenn un po il capo, poi rispose seccamente che lui
stava troppo bene dove si trovava, e che non aveva nessuna intenzione di
ritornare in Italia, dove non aveva lasciato nessun feudo da sfruttare.
Hai lasciato mia sorella che tua moglie fece Pietro stringendo
le mascelle, come se aves se voluto stritolarlo dentro. Cosa intendi
fare di mia sorella?
Tua sorella? non so cosa farmene.
Ma noi te labbiamo data con lonore
Si vede il bel genere che mi avete dato! Me lavete data per una
notte, mi sono servito: ve la restituisco.
Pietro che era gonfo dira, per averlo trovato grasso e tranquillo,
nonostante latroce offesa ricevuta, non vide pi dagli occhi. Afferr
con le sue enormi mani la lastra di mar mo del tavolino rovesciando bot-
tiglia e bicchieri, e lo avrebbe certamente fnito se un nugolo di operai
presenti, attratti dalle grida della padrona, non lo avessero accerchiato
e disarmato.
La padrona strillava come unaquila: Accorrete, la polizia, chia-
mate i pulisi Assassi no
Si produsse un tramesto dinferno.
Miserabile! ruggiva Pietro divincolandosi come un gigante, con
degli scossoni che facevano rotolare due operai per volta sul pavimen-
to. Miserabile! di mia sorella dici di essertene servito? che forse era
venuta dalla ruota come te, che non sai neppure di chi sei fglio?
Mastro Genio, bianco come un cencio di bucato, tremante, con le
labbra livide dalla paura, si asciugava la fronte, madida di sudor freddo,
169
e si nascondeva dietro un gruppo di operai, come un bimbo davanti a un
mastino che ringhi minaccioso.
Che c, cos stato? domandarono gli emigranti che non cono-
scevano la cagione della rissa.
Niente niente faceva Pietro soffando come un toro la-
sciate che gli torca il collo a quel miserabile che gli mangi il cuore.
Uno dei presenti, molto robusto, con un aspetto da bravaccio, si
avvicin e prese Pietro per i lembi della giacca sul petto.
Paesano, gli sussurr scuotendolo parlate con me. Lo storo
sotto la mia pro tezione poi pronunci alcune parole del gergo ca-
morristico che Pietro non compre se.
Io non vi conosco, rispose il giovane allontanandosi e non
intendo conoscervi. Anzi se mi rivolgete ancora la parola vi pianto un
pugno nello stomaco che ve lo sfondo.
Lascialo stare, gridavano gli operai da ogni parte ha ragione,
per Dio, si tratta di sua so rella Venite, paesano, andiamo fuori, rac-
contateci; vi aiuteremo noi a vendicarvi.
E lo trascinarono fuori, mentre mastro Genio, spinto per le spalle
dalla padrona dello storo, piagnucolante, si nascondeva in cucina.
170
Aiuto alla lettura
Nel 1928, Francesco Perri (1885-1974) pubblica Emigranti,
un libro nel quale lo scrittore di Careri pi che di ndrangheta
parla di quella legge non scritta che imponeva agli uomini di farsi
giustizia per difendere il proprio onore.
Il romanzo ambientato in Calabria. Rosa, una delle due fglie
di Rocco Blefari, aveva tradito il marito, mastro Genio, emigrato
negli Stati Uniti. Il padre la maledice, ma non lammazza. Pietro,
il fratello di Rosa, va a trovare il cognato, il quale, nel frattempo,
era diventato lamante di una calabrese attempata di Catanzaro,
proprietaria di unosteria. Lo invita a tornare al paese per lavare
nel sangue lonore macchiato, ma riceve solo in sulti. Si vede
il bel genere che mi avete dato, dice, riferendosi alla moglie.
Me lavete data per una notte, mi sono servito: ve la restituisco.
Mastro Genio non pi un uomo. Merita una lezione e Pietro gli
si scaglia contro. E qui che la ndrangheta diventa ricono scibile.
Uno dei presenti prende Pietro per i lembi della giacca: Paesa-
no gli sussurra scuotendolo parlate con me. Lo storo [loste-
ria, in italiese] sotto la mia protezione. Pie tro non comprende,
cos come lautore del libro. Per entrambi la ndrangheta pi che
unassociazione criminale un modo di pensare, un comporta-
mento, un quid indefnito ed indefnibile.
In questo romanzo di Perri, la cultura mafosa si intreccia
con quella folclorica che assegna allonore e al senso del lonore
unimportanza notevole nella gerarchia dei valori della mentalit
contadina.
Lonore annota Pino Arlacchi
10
lunit di misura del
valore di una persona, di una famiglia e si accompagna ad una
particolare simbologia che ha profondissime radici nelle strutture
10
P. Arlacchi, La mafa imprenditrice, Bologna, Il Mulino, 1983, p. 23.
11
P. Crupi, op. cit., p. 58.
171
mentali di intere comunit.
Spiega Crupi
11
: Luomo, dentro il sistema morale contadino
che ha la sua chiave di volta nellonore, una grande passivit.
Acquista lonore senza premio e lo perde senza colpa. onorato
se la donna, che gli appartiene onorata, disonorato se la donna,
che gli ap par tiene, disonorata. [] Il disonore, che colpisce luo-
mo, a differenza di quello della donna, ha la durata effmera del
tempo utilmente necessario alla consumazione della vendetta.
Uno dei requisiti fondamentali per lappartenenza alla ndran-
gheta proprio quello di es sere un uomo onorato e di essere in
grado, alla bisogna, di difendere il proprio onore. Per questo non
tutti possono far parte dellonorata societ, non a tutti dato di
partecipare ad unassociazione che, sotto questo aspetto, appare
come una societ delite che sceglie e seleziona i suoi membri.
Il concetto di onore strettamente connesso a quello di posses-
so e di dominio. Nel pic ciotto esso innanzitutto riposto nella
inalienabilit dei beni che egli riuscito a pro curarsi o che gli de-
rivano da fonti naturali. Al primo posto la donna: moglie, fglia,
so rella, madre, amante. Su di loro esso ha un diritto esclusivo, di
vita e di morte
12
. Emerge un concetto, esasperato ed estremo, di
dominio sulla donna, considerata, per diritto na turale, esclusiva
propriet privata delluomo. In una societ contadina, nella quale
luomo nasceva in profondissima miseria e abiezione sen-
za diritti e senza propriet, lunico di ritto che poteva esercitare
e lunica propriet che poteva rivendicare erano quelli ri cadenti
sulle proprie donne. Lonorata societ assume questa concezione
e la mette a fon damento del suo comportamento e dei suoi giu-
dizi.
12
S. Gambino, La mafa in Calabria, Reggio Calabria, Edizioni Parallelo 38, 1975,
pp. 57-58.
172
Scheda dellAutore
NATALINO LANUCARA
(Reggio Calabria 1916-1967)
Laureatosi in lettere a Messina, sotto la guida di Ettore Paratore e Ludovi-
co Perroni-Grande, Natalino Lanucara inizia la sua carriera di insegnante
nel 1937 presso lIstituto Magistrale Tommaso Gulli di Reggio Calabria.
Appassionato cultore di musica collabora con varie riviste quali Realismo
lirico, LAirone, Brutium, Scrittori calabresi, La Lyra, Il lette-
rato e, nello stesso periodo, viene nominato redattore di Bottega dei quat-
tro e direttore dellEco del mondo. Nel 1939 pubblica Fior di bosco, un
testo poetico nel quale ricalca le formule metrico-sintattiche del Carducci.
Si dedica, dopo la seconda guerra mondiale, alla versifcazione, da un lato,
e, dallaltro, allesame della poesia neoumanistica. preciso flologo e acu-
to interprete del verso di molti autori italiani. Sotto lo pseudonimo di Ivon
Lstz pubblica Larca di tirncola, racconto nel quale al tono comico
si alterna il linguaggio vivo del dettato quotidiano. Con Citt delle Cor-
ti Lanucara raggiunge alte vette lirico-descrittive e analitiche. Il romanzo
si impone nella letteratura italiana per lampia e dettagliata rifessione sul
tema mafoso, che nasce dallosservazione-esame del reale fenomeno ma-
foso e dei suoi tragici aggettivi.
Opere: Fior di bosco (1939); Voci ne letere (1940); Varilia ad Fretum
173
(1944); Larca di tirncola (1945); Poetica e poesia di Diego Vitrioli (1946);
Pascoli in Sofa (1947); Citt delle Corti (1949 - 2 ed. 1950 - 3 ed. 2006).
Testo
Citt delle Corti
La Banda degli Americani non aveva ancora visitato uffcialmente
il capo trib del laccampamento degli zingari attestati a nord di Corte
Bufala. Non aveva fatto visita per ch i maggiorenti degli Americani
si erano recati nella Valle di Polsi, alla grande Assi se della Mafa.
In mancanza di Padron Gustino, che svernava in casanza, erano ve-
nuti a Polsi: Russu vo tacessi, Andrini e Papaserpi. Erano partiti senza
alcun apparato di forza e ciascheduno portava un settesoldi e un vecchio
fucile ad avancarica. Il fucile di Papaserpi era un vecchio trombone.
Egli lo portava con s ogni volta che valicava lAspromonte. Credeva
ci un segno di onore e di distinzione e gli ricordava i tempi della sua
prima giovinezza quan do aveva avuto la buona sorte di proteggere le
accorte mosse del Brigante Musolino braccato dalla forza pubblica.
NellAssise di Polsi egli portava con s il vecchio trombone e, per
esso, aveva il posto donore. Tutti sapevano che in un anfratto Papaser-
pi aveva saputo vigilare sui sonni del Brigante durante le battute che
egli faceva per vendicarsi dei suoi nemici, dopo la fuga romanzesca dal
carcere di Gerace.
A quei tempi, quando Papaserpi ebbe notizia che i migni avevano
incastagnato ancora una volta il Brigante, nellurbinate, prov gran do-
lore. Si un ad altri compaesani e si rec in America dove trov acco-
glienza tra i gangster. Egli aveva raggiunto la sua meta. Non era venuto
nelle Americhe per lavorare, come avevano fatto gli altri del suo paese,
che ritornavano col gruzzolo e vivevano poi tranquillamente in un pic-
colo podere. Aveva voluto portare il saluto del Brigante a coloro che
ormai lo attendevano invano.
Forse portava con s una missione segreta.
Avuta notizia della strage immane disseminata dal movimento tel-
lurico era rientrato a Citt delle Corti e viveva nel rispetto dei compagni
donore. Per i suoi capi daccusa egli occupava uno dei posti pi segna-
lati nelle Assise di Polsi.
174
Qualche giorno prima di partire i tre erano venuti dal Brigadiere.
Avanti, avanti, aveva detto il Brigadiere ors venite avanti.
Oh, che bella compagnia!
Cos disse: Che bella compagnia; ma voleva dire tante cose.
Parl Russu votacessi. Disse:
Brigadiere vi portiamo il nostro rispetto.
Grazie rispose il Brigadiere oh, mi giova!
Vi giova di pi di quello dei nostri nemici incalz Russu.
Nemici? Nemici? Voi avreste dunque dei nemici?
Brigadiere, voi sapete di chi parliamo.
Oh, no certamente! incalz il Brigadiere il quale si aspettava la
visita che gli era fatta ogni anno, in quel periodo.
Brigadiere disse con fare semiserio Russo io un giorno o lal-
tro vi far un regalo.
Troppo gentile, ma regali io non ne accetto.
Quella volta lo prenderete. Preparate una boccetta di spirito. Pre-
sto vi regaler un orecchio e sar quello di un traditore. C uno che
sente troppo e parla troppo. Forse vi man der anche una lingua.
Il Brigadiere rise. Aveva capito che la Banda degli Americani ricer-
cava il suo infor matore e fece fnta di non intendere.
Ma no, caro Russo. Quando ti sarai stancato di essere libero non ci
sar bisogno che tu vada a mozzare le orecchie al tuo prossimo: verrai
da me e mi dirai: Brigadiere sono stanco di trovarmi sempre in giro
senza fare niente. Voglio ritirarmi un p e stare in meditazione. Ti as-
sicuro che ti spalancher le porte e sarai accontentato.
E qui risero tutti come se quel discorso fosse stato un divagamento
tra buoni amici.
Che volete, dunque, da me chiese il Brigadiere.
Quel solito permesso per Polsi. C la festa alla montagna e noi
si va per devozione. Mettete un po di nero sul bianco. Scrivete: Tizio,
Caio e e laltro vanno a Polsi e portano il fucile: la Questura pu
rilasciare il nulla osta.
Vi basta un fucile disse il Brigadiere. Sparerete le salve con
un fucile solo.
No, Brigadiere interruppe Papaserpi voi sapete che io por-
to con me il trombone che aveva mio nonno quando combatt con i
175
picciotti di Garibaldi. Lo porto ogni anno per devozione ai piedi della
Madonna della Montagna.
Papaserpi mentiva e lo sapevano tutti. Anche il Brigadiere lo sapeva.
E va bene! esclam il Brigadiere porta pure il tuo fucile a
Polsi. Tu vivi troppo di nostalgie.
Brigadiere! esclam con tono risentito Papaserpi.
Ah, quello Andrini.
A servirla, Brigadiere.
Come mai questanno tu a Polsi?
Mancava Padron Gustino e allora gli amici mi hanno invitato a
tenere un p di compagnia
Cosicch, tu sostituisci Padron Gustino? chiese con interesse il
Brigadiere.
Brigadiere, rispose Andrini voi parlate diffcile. Voi sapete
leggere e scrivere e io no. Come volete che vi risponda qui!
Ah! Ah! Ah! rideva il Brigadiere e voleva con quel suo sorriso
dare incoraggiamento ai tre.
State attenti con codesti cacafco disse ora il Brigadiere che
non vi accada una disgrazia come quella di Gustino. Il permesso che io
vi d serve per sparare le salve in onore della Vergine della Montagna.
Lupi niente, veh!
E rise ancora una volta. Rise sguaiatamente.
Che disgrazia successa a Padron Gustino, chiese con dire su-
perbo Russu votacessi che disgrazia?
Ol, fatemi ora i tonti! E quel pastore chi lha ucciso a Valln Bui.
Chi lha ucciso? Sono stato forse io?
Non lo sappiamo n noi n voi n Padron Gustino!
No, no, Gustino lo sa e da buon fgliolo me lo ha confessato.
S, con lo scarabeo che gli rodeva lombelico
Storie, storie interruppe il Brigadiere. Io glielo ho chiesto e lui
me lha confdato. Meglio cos. Dimostrer che stato un accidente e
torner a casa. Meglio cos.
Brigadiere, disse in tono conclusivo Russu datemi codesta car-
ta e ce ne andiamo. Quando poi vorrete sapere chi ha ucciso il pastore
di Valln Bui, una volta tanto vi indicheremo noi la persona che potr
informarvi sul punto e sulla virgola! A servirvi, Brigadiere, e grazie
176
tante.
Il Brigadiere pens ora che gli Americani erano sulla traccia del
suo informatore e decise di avvertirlo che si tenesse lontano per un certo
tempo, per non essere ravvisato.
La carovana alla quale si unirono gli Americani era composta di
sei uomini e una cavalcatura. Cammin per due giorni e una notte. Du-
rante la notte ci fu una sosta allaccampamento dei Piani e poi, partenza
ancora di buon mattino. Prima di giungere al Montalto, Papaserpi pieg
il ginocchio destro, si lev il cappello e stette afferrato con ambedue le
mani alla corta canna del trombone che poggiava il calcio a terra. Egli
guar dava, con animo commosso, il rincorrersi delle montagne e delle
vallate e ricordava i gior ni della sua gloria. Papaserpi si commuoveva
come un bambino quando ritornava tra i suoi monti e i suoi boschi. Una
voce gli sussurrava dolcemente: Fermati Papaserpi, non seguire la via
degli altri. Fermati: ora verr il Brigante. stanco il Brigante, sai, e ha
bisogno di riposo. Chi potr vigilare sui suoi sonni? Fermati, Papaserpi.
Ce lhai il tuo trombone?
Papaserpi accarezzava la canna del suo vecchio fucile e rispondeva:
qui, non lo vedi? E la voce gli ripeteva: Fermati, dunque, che
verr il Brigante e tu lo proteggerai!
Io mi commuovo davanti a questo spettacolo che ha un richiamo
nelle sue verdi foreste si giustifc Papaserpi con gli amici che lo at-
tenevano. Egli non disse di quella voce che gli sonava insistentemente
dentro: Fermati, Papaserpi, che ora verr il Brigante
Eppure disse ancora Papaserpi fnir che regaler alla Vergine
di Polsi questo mio trombone.
Ma non disse perch volesse fare quel voto.
I suoi amici non risposero. Non volevano che alla Vergine di Polsi si
promettessero degli oggetti che poi non potevano esserle dati. Gli amici
sapevano che Papaserpi non poteva privarsi di una cosa tanta cara che
era la sua vita stessa, ogni suo vanto e decoro.
Nellanfteatro di Polsi era un continuo rimbombo degli spari voti-
vi, e i fuochi dei bivacchi costellavano le pareti della montagna, preci-
pitanti arditamente gi gi sino al fume vicino alle cui scaturigini era il
Santuario. I tre pellegrini di Corte Bufala portarono i loro omaggi alla
Vergine del Santuario e diedero delle somme di denaro. Salirono su per
177
la rampa che conduceva al piano di sopra. L il balcone correva intorno
al cortile interno delledifcio. Visitarono il padre guardiano che racco-
glieva e annotava le somme. Dallo stazzo improvvisato accogliente gli
animali offerti in dono un tanfo di bestiame urgeva prepotentemente
sulla leggera aria montanina e offendeva lolfatto.
Padre, vi bacio le mani disse Papaserpi.
Ben tornati, fglioli. Che portate? chiese il guardiano guardan-
do al di sopra degli occhiali e tenendo pronta la penna per trascrivere
lelenco degli oggetti votivi e le somme consegnate.
Una somma per la Vergine della Montagna. Anche a nome di Padron
Gustino che questanno non con noi a causa di un vile tradimento.
Il guardiano alz gli occhi ancora una volta al di sopra degli occhia-
li quasi ad accertarsi dellassenza di Padron Gustino che ogni anno gli
aveva fatto lofferta.
Va bene, fglioli disse il guardiano, e continu ad annotare sul
suo quaderno.
Papaserpi ancora non aveva saputo donare il trombone. Nel suo ani-
mo si agitava una tempesta di passioni.
Durante la matura notte, mentre si levava il suono delle zampogne
e nei bivacchi guizzavano arditamente le famme, lontano dagli occhi
indiscreti, in una breve radura circondata da alti alberi di castagno la
mafa aveva inaugurato la grande Assise. Guidava i lavori Archilu del
Jonio il quale vantava la pi ricca corona di capi daccusa. Tutti gli
intervenuti sedevano su tronchi dalbero disposti in pi fle e a ferro di
cavallo. I lavori della prima notte furono dedicate a varie discussioni
e fu rimandata alla notte seguente la cerimonia che serviva a rialzare i
nuovi picciotti. Alla destra di Archilu cera Papaserpi col suo trombo-
ne. Ben presto si parl anche di Padron Gustino.
Parl Archilu e disse:
Questonorato consesso privo di una persona tra le pi degne e
meritevoli. Fino allo scorso anno, Padron Gustino di Corte Bufala ha
onorato con la sua presenza questa nostra alta riunione e ha portato la
voce della sua saggezza. Questanno egli assente perch si trova in
casanza. Lasciamo parlare Russu, sottocapo di Corte Bufala.
Ringrazio il capo che mi consente di portare il saluto della Ban-
da degli Americani in questo nobile consesso disse Russu in piedi.
178
La mia parola di uomo donore e la presenza di due persone degne
di rispetto, Andrini e Papaserpi, fanno fede della mia accusa. Padron
Gustino non qui tra noi perch stato tradito vigliaccamente da uno
spergiuro che abbiamo individuato. La nostra banda sera riunita e vo-
leva condannarlo; ma in vista della nobile riunione di Polsi ha meglio
deciso di far pronunciare questo nobile consesso. Io ho parlato.
La parola al compagno Papaserpi.
La mia indignazione pari al disprezzo che provo per il traditore.
La nostra banda voleva lavare lonta ricevuta disse Papaserpi senza
levarsi in piedi e tenendo il trombone tra le gambe. Egli accarezzava
lentamente la corta canna.
Chi altro vuol parlare? interrog Archilu.
Nessuno chiese la parola e bast uno sguardo perch tutti mostrasse-
ro di essere uniti in una tacita intesa. Dopo un attimo di silenzio si lev
solenne una voce. Era Archilu che sentenziava. Egli disse: I traditori e
i fedifraghi meritano la morte perch sono disprez zati da Dio. Io chiedo,
in nome dei nostri compagni donore, presenti e assenti, che il nostro
diletto sottocapo di Corte Bufala, Russu, dica qui il nome del traditore.
Russu votacessi si lev in piedi e disse:
Bsilu; Bsilu che ha la Bettola del Gatto. Noi lo abbiamo sem-
pre onorato della nostra alta protezione. Ora s lasciato infnocchiare
dal Brigadiere e ci tradisce. Chiedo per Bsilu del Gatto la condanna a
morte.
Russu tir il suo settesoldi e lo piant in un tronco che era davan-
ti ad Archilu, capo dellAssise di Polsi. Tutti portarono il braccio in
avanti verso il simbolo del coltello immerso nel corpo del vile e dissero
solennemente, con una voce che non aveva nessun colore: A morte.
Con le prime luci dellalba lAssise rinvi i lavori alla notte
seguente.
179
Aiuto alla lettura
Natalino Lanucara (1916-1967) il capostipite della narrativa
che affronta anche il tema della mafa. Il suo romanzo Citt del-
le Corti, pubblicato nel 1949, precede Il Giorno del la civetta di
Leonardo Sciascia (1961), La Famiglia Montalbano di Saverio
Moltal to (1973) e Il Selvaggio di Santa Ve ne re di Saverio Strati
(1977).
La storia ambientata a Reggio Calabria dopo il ter re moto del
1908. In questa citt di case improvvisate che ospitano unuma-
nit varie gata e sfduciata, la ndrangheta ha il vol to della Banda
degli Americani, ex emigrati che ol treoceano avevano metabo-
lizzato for me di evoluzione gangsteristica
13
.
Padron Gustino, il capobastone, era fnito in carcere per colpa
di un delatore. Per vendicarsi di questo affronto e per ottenere
lavallo degli altri capibastone, la Banda degli Americani si reca
al summit di Polsi. Dellesistenza di questa riunione annuale, che
coincide con la festa della Ma donna della Montagna nel mese di
settembre, si trovano tracce in documenti giudiziari gi agli inizi
del Novecento
14
. Nel romanzo si fa riferimento anche al bandito
Giuseppe Musolino, considerato uno dei primi grandi boss della
picciotteria, assieme a Santazzo Scidone.
13
Questo laspetto meno esplorato tra le cause che hanno determinato lo sviluppo
e laffermazione della ndrangheta in Calabria. In una sentenza della Corte dAppello
delle Calabrie nel 1906, i giudici iden tifcano come il gran bastone della picciotteria
di Gallico un certo Giovanni Costa. Questi, si legge nella sentenza depositata il 12
luglio di quello stesso anno, oltre ad essere un triste soggetto, era il capo della mano
nera in America, e col merce ricatti, estorsioni si arricch. Tramite rogatoria venivano
sentiti negli Stati Uniti alcuni testimoni, i quali confermavano che in Carbondale [...]
si era costituita unassociazione a delinquere, denominata la Mano Nera, o Maffa, il
cui capo riconosciuto da tutti era Giovanni Costa, il quale, richiamava in America i
pessimi soggetti del suo paese, fornendoli dei mezzi di viaggio. Cfr. A. Nicaso, op.
cit., pp. 32-33.
14
A. Nicaso, Ibidem, p. 31.
180
Fino ad una decina di anni fa, la riunione di Polsi rappresenta-
va lunico momento di rac cordo tra i locali di ndrangheta. Dopo
la seconda guerra di mafa (1985-1991), la mafa calabrese ha
modifcato la propria struttura, dotandosi di unorganizzazione
di tipo ver ticisti co-fede rativo, comunque, sempre rispettosa degli
equilibri geo-politici, ma so prat tutto della natura parentale delle
ndrine, basata sullomert, sulla coesione interna e sul la so stan -
ziale autonomia nelle rispettive aree di infuenza
15
.
15
N. Gratteri, A. Nicaso, op. cit., p. 16.
181
Scheda dellAutore
FORTUNATO SEMINARA
(Maropati [Reggio Calabria] 1903-Grosseto 1984)
Studia prima presso il seminario di Mileto, dal 1915 al 1918, poi a Pisa e a
Reggio Calabria. Si laurea in giurispudenza a Napoli nel 1937. Si forma sui
testi di Hugo, Balzac, Zola, C

echov, Misasi, Deledda, Tozzi, Pratesi. Colla-


bora a vari giornali tra i quali Omnibus e Meridiano di Roma. I moti-
vi fondanti della pagina di Seminara sono: il crudo realismo che nasce dalla
visione di una realt emarginata e povera, quale quella calabrese; losser-
vazione attenta di un individuo-personaggio, il contadino, impossibilitato a
raggiungere qualsiasi forma di benessere; la paralisi profonda delle istitu-
zioni e di un mondo dominato dallo strapotere dei signorotti. Una prosa, la
sua, suggestiva e, spesso, liricamente tragica, fondata sui traumi persona-
li e sulle disgrazie collettive. La stessa vicenda umana dello scrittore viene
spesso adombrata nei suoi romanzi. Muore lontano dalla sua terra.
Opere*: Le baracche (1942 - 2 ed. 2003); Il vento nelloliveto (1951 - 2
ed. 2007); La masseria (1952); Donne di Napoli (1953); Disgrazia in casa
Amato (1954 - 2 ed. 2006); Il mio paese del Sud (1957); LArca (1997); La
fdanzata impiccata (1957 - 2 ed. 2000); La dittatura (2002); Il Viaggio
(2003).
182
* La Fondazione Fortunato Seminara, unitamente alla Casa Editrice Luigi Pellegrini, sta pubblicando lOpera
omnia dello scrittore di Maropati.
Testo
Disgrazia in casa Amato
[] i nostri ragionamenti, come i pensieri in quel tempo, si aggi-
ravano attorno allo stesso argomento con uninsistenza ossessionante.
Una notte, nellorto, Vincenza mi enumer tutti gli sfregi commessi in
paese, da quando lei aveva memoria, indicandomi con disprezzo gli
sfregiati che si erano riconciliati con gli sfregiatori, o avevano mostrato
di non curare loffesa.
Gli sfregiatori sono sempre giovani, alcuni addirittura ragazzi, isti-
gati dagli adulti, o smaniosi di farsi presto una fama di uomini terribili,
suggestionati dallesempio degli altri, oppure da un codice donore, per
cui ogni offesa devessere vendicata, per ogni colpo dieci, e nessuna
vendetta sembra migliore e duratura come lo sfregio. Lo sfregiatore
deve provare un piacere sadico a deturpare la faccia del nemico odiato,
come torturarlo per tutta la vita, sapendo che quel segno un marchio
che non si cancella, n si pu nascondere ed visto da tutti. A volte, i
giovanetti ricorrono allo sfregio, perch facile e non richiede che agi-
lit e gambe leste, non sentendosi il coraggio di affrontare un nemico
pi forte di loro, quasi sempre persona adulta: colpiscono, e prima che
laltro si renda conto di ci che gli accaduto, sono spariti. Fatti adulti
e sposati, gli uomini evitano le liti, non di rado diventano pecoroni e co-
prono la propria vilt coi doveri verso la famiglia. Si sente dire spesso:
Se non avessi il peso della famiglia, farei vedere I fgli mi legano le
mani. E quando i fgli sono cresciuti, li istigano a vendicare i torti,
affermano anzi che un loro dovere.
Ricordo alcuni di quei fatti, che Vincenza mi raccont, i pi note-
voli. Il primo era un ragazzo forse di quindici anni: sfregi un giovane
suo parente con una rasoiata, mentre discutevano senza sospetto, fermi
al canto di una strada. Era stato istigato da una sorella maritata, la quale
si mostrava offesa di certe proposte disoneste fattele dal giovane. Forse
era vero, ma la ragione era che durante lassenza del marito emigra-
183
to aveva commesso delle leggerezze e aveva bisogno di riscattare il
proprio onore con un fatto chiassoso prima del suo ritorno; scelse per
vittima il pi innocuo e forse meno colpevole. Loffeso dopo qualche
tempo accett la proposta di pace dellaltra parte per soffocare lo scan-
dalo, si content del compenso che gli offrirono, e desistette dallazione
giudiziaria. Altri due giovani sfregiarono uomini adulti per offese che
non erano proporzionate alla ritorsione. Uno degli sfregiati non fece
denunzia, non fat, guar e torn alle proprie occupazioni; tenne per
parecchi anni il feritore sotto la paura duna terribile vendetta, che non
fece mai. Luno e laltro vivono ancora. Il secondo sdegn la soddisfa-
zione, che poteva dargli la giustizia, e giur di scannare il feritore. Di-
fatti un giorno, incontratolo in una strada soli taria del paese, lafferr e
lo stava mettendo tra le gambe come una capra, per scannarlo, quando,
accortisi due uomini, liberarono a stento il disgraziato; andato a monte
il primo tentativo, non lo ripet pi, forse perdette il gusto della vendet-
ta. Lo sfregiatore, dopo alcuni anni, commise un secondo sfregio. Un
altro sfregio caus tragiche conse guenze, che tutti ricordano ancora con
orrore. Una sera un uomo, che da poco era tornato dallAmerica, forse
brillo, si divertiva in casa, suonando la chitarra e cantando, mentre poco
distante una famiglia era in lutto per la morte dun congiunto; pi tardi,
sceso nella strada buia per un bisogno, fu sfregiato con una rasoiata.
Dopo qualche tempo seppe che era stato il fratello del morto. Passarono
degli anni. Lo sfregiatore era un bifolco e abitava in campagna. Una
notte lo sfregiato bussa alla sua porta, e dicendosi stanco per un lungo
cammino, chiede ricovero; insiste, perch fa buio e comincia a piovere.
Quando laltro apre la porta, senza proferire una parola gli tira tre colpi
di rivoltella nel petto e fugge. Il ferito, chera un uomo vigoroso e agile
come una belva, lo insegue e lo raggiunge dopo un duecento passi; lotta
con lui furiosamente, gli addenta il naso per strappargli la rivoltella di
mano e gliela scarica nel ventre. Labbandona sulla strada e si fa tra-
sportare col carro a casa. Il ferito si trascin per un tratto, lamentandosi
e invocando soccorso, ma nessuno lud; arso dalla sete, cerc di rag-
giungere il torrente; e la mattina fu trovato moribondo in una cunetta da
184
un contadino che andava per tempo al lavoro. Mor dopo pochi giorni.
Il feritore guar, scont una breve pena e torn a casa.
Aiuto alla lettura
Fortunato Seminara (1903-1984), scrittore solitario e schivo,
rimasto sempre attaccato a Maropati e alla Calabria che tanta
parte avranno nelle sue opere.
Disgrazia in casa Amato la storia di un maestro elementare
che anzich vendicarsi denuncia ai carabinieri il capraio violento
che laveva sfregiato.
In questo romanzo, pubblicato nel 1954, la ndrangheta co-
mincia a prendere corpo, ma ancora marginale, come se si ve-
desse in controluce. una malavita che si adatta a ucci dere per
un compenso adeguato
16
, che non disdegna di mettersi al servi-
zio delle auto rit del paese, le quali la usavano per commettere
soperchierie
17
e che offre la sua pro te zione ai grandi proprietari,
le cui terre, pertanto, non avevano a temere da coloni, caprai e
ladri
18
. una malavita colta nella fase della sua frantumazione,
dispersione e di sgregazione ad opera del fascismo. Molti malavi-
tosi erano chi in galera, chi emigrato, chi al cimitero
19
.
Lo sfregio era un marchio dinfamia che additava al pubblico
disprezzo la persona sfre giata. Cera solo un modo per riscattarsi:
la vendetta.
Nel 1890, in un processo davanti al Tribunale di Palmi dove si
stavano giudicando le ndrine operanti in alcuni comuni di quel
16
F. Seminara, Disgrazia in casa Amato, Cosenza, Luigi Pellegrini Editore, 2006,
p. 72.
17
Ibidem, p. 73.
18
Ibidem, p. 174.
19
Ibidem, p. 72.
20
ASCZ, Corte dAppello delle Calabrie, Michelangelo Calia + 65, v. 324, 14 ot-
tobre 1890.
185
circondario, un testimone dichiar che nel suo paese molti ave-
vano la faccia tagliata dal rasoio ed erano rimasti perci deturpati
nel volto
20
. Nella mentalit della ndrangheta, come in quella
contadina, lo sfregio era una fe rita permanente. Era il volto ad
essere sfregiato. Una ferita che non era possibile nascondere, dis-
simulare, coprire. Chi la portava era segnato per tutta la vita. In
questo modo, la ndran gheta parlava a tutti senza pronunciare pa-
186
rola; un linguaggio non del corpo, ma sul corpo.
Scheda dellAutore
CORRADO ALVARO
(San Luca [Reggio Calabria] 1895-Roma 1956)
Tra i pi famosi scrittori italiani del Novecento, nato a San Luca, Corrado
Alvaro riceve la sua prima educazione letteraria tra le mura domestiche. Il
padre, insegnante nelle scuole elementari, legge per il giovane Corrado i ro-
manzi italiani e stranieri dellOttocento: Manzoni, Grossi, DAzeglio, Scott,
Hugo. A questi lo scrittore aggiunger quelli di Proust, Dostojevskij, Joyce,
e le letture di Croce, Bergson e Kierkegaard. la Calabria, tuttavia, la prima
e vera maestra dello scrittore: da essa deriva lessenza e gran parte della
costruzione poetica del suo narrare. Alvaro rifette sullamara condizione di
un Sud lacerato dalla miseria e dallignoranza, incapace di creare una vera
e propria classe media, e perci lontano dal resto della Nazione. Il dramma
si trasforma lentamente in mito e lo porta a idealizzare il paese tanto che per
lui si parler, a livello di critica, di realismo magico, cio di una scrittura
che parte dalla realt ma la trasfgura in forme mitiche disegnando un paese
che, di fatto, non c temporalmente. E tale vena si manifesta in particolare
nei tredici racconti di Gente in Aspromonte, dove riemergono dalla memo-
ria dellinfanzia fgure di popolane, di pastori, episodi di vita regionale che
non hanno una verit storica ma sono simboli morali e raccontano il popolo
calabrese nellanima pi che nello svolgimento storico. Combattente della
prima guerra mondiale, giornalista inviato da importanti testate nazionali
in varie regioni del mondo, conoscitore della vita europea del suo periodo,
calabrese innamorato e pur ben avveduto dei limiti della sua regione (mori-
r lontano da essa nel 1956), Corrado Alvaro ha tracciato acutamente molti
profli del carattere umano che non appartengono necessariamente alluomo
calabrese ma alluomo nella sua essenza.
Opere: Poesie grigioverdi (1917); Luomo nel labirinto (1926); Gente in
Aspromonte (1930 - 2 ed. 1995); Ventanni (1930 - 2 ed. 1995); Il mare
(1934 - 2 ed. 2006); Luomo forte (1939 - 2 ed. 1994); Il viaggio (1942);
Let breve (1946 - 2 ed. 1994); Mastrangelina (1960 - 2 ed. 1994); tutto
accaduto (1961 - 2 ed. 1995).
187
Per una bibliografa alvariana pi dettagliata, che tenga conto dellintera pro-
duzione dello scrittore di S. Luca (poesia, saggistica, teatro) rinviamo ad A.M.
Morace, Itinerario di Alvaro, in Idem, Orbite novecentesche, Napoli, Edizioni
Scientifche Italiane, 2001, pp. 15-49.
Testo
[Scrive Alvaro nel 1955, utilizzando, per la prima volta, il termine
ndranghita]
21
:
La Fibbia, la ndrina, la ndrnghita, LOnorata Societ, insom-
ma la mafa, di cui si parla in questi giorni, la conosco da quando ebbi
let della ragione. Un ricordo preciso di quando, tornato a casa per le
vacanze, mia madre, venendomi incontro, mi disse che mio padre era
occupato nella stanza di sopra con quelli dellassociazione. Mi rallegrai
di cendo: C fnalmente unassociazione al nostro paese?. Fresco di
studi, credevo si trattasse di unassociazione per gli interessi locali. Mia
madre mi fece ricredere subito:
lassociazione a delinquere. Non so che avesse da sbrigare mio
padre con quelle persone, comunque non me ne meravigliai. Nessuno
in paese li considerava gente da evi tare, e non tanto per timore quanto
perch formavano ormai uno degli aspetti della classe dirigente. Per
la confusione di idee che regnava tra noi a proposito di giustizia e in-
giustizia, di torto e di diritto, di legale e di illegale; per gli abusi veri
o presunti di chi in qualche modo deteneva il potere, non si trovava
sconveniente accompagnarsi con un ndranghitista. I membri dellas-
sociazione professavano il rispetto della religione, posa va no a difensori
della morale anche quando non la praticavano, proteggevano le ragazze
tradite e ne decretavano le nozze, vedevano di buon occhio i concittadi-
ni che si facevano onore. Compivano prepotenze, ed era una di pi da
tollerare. Si assassinavano tra loro per gli strappi allomert, ed erano
affari loro. Essi agivano nei paesi, nel tessuto stesso della societ. I la-
titanti che si rifugiavano in Aspromonte, non sempre diventavano loro
gre gari. I loro affliati provenivano da gente gi potente che aspirava
21
C. Alvaro, La Fibbia, in Corriere della Sera, 17 settembre 1955, ripubblicato
poi con il titolo LOnorata Societ in Un treno nel Sud, Milano, 1958.
188
a un prepotere, o da oscuri giovani disperati che balzavano cos a una
certa considerazione.
I delitti in una citt, e non meno feroci e raffnati, sono lammo-
nimento quotidiano di un oscuro pericolo. In un paese, gli autori dei
delitti sono gente che si conosce, con cui si scambiato il saluto e con
cui si parlato. A meno che non si trattasse di crimini infa manti, e las-
sassinio per vendetta non lo era, chi usciva dal carcere, non per questo
si trovava di fronte a gente che non lo volesse riconoscere. Ricordo un
poveretto che aveva fatto venti anni di lavori forzati, e trascinava la
gamba pel ricordo della palla che allora legavano al piede degli ergasto-
lani. Era stato liberato perch riconosciuto innocente. Nel suo campo,
era stato trovato sepolto un tale, ed egli ne port la colpa. Morendo,
una don na confess che era stata lei ad uccidere quel tale, perch ne era
stata oltraggiata. Cera un altro, un giovane, che, abbandonati gli studi
per compiere una vendetta di onore, tor nava dal carcere. Si era sicuri
che ne avrebbe compiuta ancora unaltra nella persona dellamico che
lo tradiva con la moglie. Nel frattempo, si intratteneva con noi delle no-
zioni che gli erano rimaste dai suoi studi. Lo avremmo veduto il giorno
dellarresto; ci guard come chi sia sorpreso in un atto vergognoso ma
naturale. Questi non erano della Fibbia, ma li ricordo come un esempio
della scarsa importanza sociale che aveva un delitto. Il compimento
duna vendetta era piuttosto una disgrazia, un farsi giustizia da s per
diffdenza dei Tribunali, e per rispondere allopinione pubblica che in
certi casi re clama il delitto. Ben altro succede nelle citt del mondo, ma
qui le cose diventano indovinelli da romanzo giallo, soggetti di flm.
Ricordo che alla prima prova delle elezio ni per suffragio universale,
nel nostro paese si scatenarono, alla vigilia del voto, i maz zieri dei due
partiti in lotta, sequestrando i passanti: i quali, chiusi in una stanza dei
ca pipartito, e rifocillati con una buona cena e vino abbondante, vi pas-
sarono la notte; per essere condotti a votare la mattina, in fla, con la
scheda gi pronta nella mariuola della giacca. In paesi dove la libert
personale e di opinione godeva dun simile rispetto, si pu immaginare
che cosa altro si vedesse. E lOnorata Societ cresceva vigorosa, come
oggi improvvisamente si scopre. Nei bassi ranghi, essa rappresentava
la rivalsa di una misera condizione; il picciotto appena reclutato as-
sumeva una importanza, e da allora non sarebbe stato disprezzato n
189
offeso. Negli alti ranghi, presumeva di rappresentare un correttivo alle
ingiustizie della societ, alla distrazione di un Governo troppo lontano,
rappresentato da funzionari mandati l in punizione, e perci non del
migliore umore; alle angherie e alle sopraffazioni, o ritenute tali da gen-
te non abituata al libero esercizio dei diritti civili. Alle sopraffazioni, si
aggiungevano sopraffazioni nuove. Ma al capo supremo si richiedeva
una temerariet senza limiti. Pare non fosse infrequente il caso che un
simile personaggio si presentasse al procuratore del re, e alla polizia
stessa, per comunicare i voleri dellOnorata Societ.
Un ricordo molto remoto, di quando ero ragazzo, che, mentre mio
padre tornava a casa in una sera di luna leggendo il giornale (la limpida
luna di certe miti notti dinverno), fu aggredito e colpito con un gros-
so bastone che doveva spaccargli la testa. Ferito di striscio, se la cav
con qualche giorno di letto. Doveva avere riconosciuto laggressore, ma
non ne trapel mai niente. Mio padre era pronto allumorismo, e non se
ne lasciava mai sfuggire loccasione. Cos imparai a distinguere i capi
bastone e i maestri di sgarro, dagli apprezzamenti ironici che egli tribu-
tava ai giovanotti che balzavano a una improvvisa considerazione per-
ch della ganga. Si facevano crescere le basette o il ciuffo, assumevano
unandatura dondolante e un poco leziosa, portavano a volte un fazzo-
letto di colore, rigirato con molta cura attorno al collo, con annodature
raffnate. I pi appariscenti, e individuabili, erano gente di poco conto, e
scelti perci ad arte. In tempi pi vicini, si ebbe anche qualche podest
maestro di sgarro, si ebbe qualche proprietario capo bastone. I raddriz-
zatori di torti, i taglieggiatori dei ricchi arrivavano a patti; il potere oc-
culto, creato dalla violenza, conquistava il potere uffciale e fnanziario.
Da allora, mi ha sempre interessato, negli incontri in Calabria, notare
quei modi e quegli atteggiamenti, quei particolari della pettinatura e del
vestito che fanno arguire un affliato allOnorata Societ. Era il segno,
indefnibile ma sensibile, del mutamento di condizione, dellesercizio
di un potere occulto, una specie di mollezza e insieme uno stare a orec-
chi tesi. Lungi dallacquistare apparenze brutali, assumevano una di-
stinzione da parvenu. E tenevano ad accompagnarsi a persone di buona
condizione, a persone istruite, con esa gerati modi cavallereschi. Forti
della violenza, acquistavano un rango sociale. Disprezzati fno a ieri,
diventavano temibili. Quando una societ d poche occasioni di mutare
stato, o nessuna, far paura un mezzo per afforare. Di quel contegno da
parvenu mio padre si prendeva giuoco col suo umorismo, la sua ironia
190
assumeva il tono della lusinga smaccata, larma infda e pericolosa di
chi deve tollerare e tollera male.
Aiuto alla lettura
Corrado Alvaro (1895-1956), il pi noto scrittore calabrese del
Novecento, nei suoi libri, non pone mai laccento sulla ndran-
gheta, come se non sia mai esistita, o come se abbia voluto deli-
beratamente ignorarla. Non c traccia della ndrangheta in Gente
in Aspro monte, pubblicato nel 1930, n nelle opere successive.
Lunica volta in cui lo scrittore di San Luca si occupa spe-
cifcatamente di questo fenomeno lo fa attraverso le pagine del
Corriere della Sera il 17 settembre del 1955, con un pezzo dal
titolo La fbbia, un altro termine utilizzato per defnire la ndran-
gheta. Questa defnizione era emersa, per la prima volta, in Ca-
labria durante un processo per associazione a delinquere a Palmi
nel 1903
22
.
Larticolo di Alvaro viene pubblicato nel mezzo del dibattito
sulloperazione Marzano, dal nome del questore inviato in Cala-
bria per fronteggiare londata di delitti che aveva insanguinato la
regione. Ad Oppido Mamertina, da anni, imperversa una violenta
faida mentre nel vibonese, da poco, era stato arrestato Serafno
Castagna, il mostro di Presi nace, accusato dellomicidio di cinque
persone, tra cui quello del padre. Ad attrarre per lattenzione dei
quotidiani nazionali era stata la notizia di alcuni colpi darma da
fuoco esplosi, forse per errore, alla vigilia di Ferragosto di quello
stesso anno, contro lauto sulla quale viaggiava lungo una strada
aspromontana la moglie di Antonio Capua, sottosegretario di Sta-
to allAgricoltura e Foreste nel governo Scelba.
22
ASCZ, Corte dAppello delle Calabrie, Anno 1904, Vol. 408, 19 maggio. ...ebbe
la fbbia di Palmi con lincarico di percuotere alcuni di Rizziconi.
23
Atti Parlamentari, Camera dei Deputati, Intervento dellonorevole Rocco Minasi,
Legislatura II Discussioni Seduta del 4 ottobre 1955, p. 20188.
191
Lesponente di governo, intervistato dal Tempo, minimizza
lincidente, ri conducendo il tutto a qualche ragazzaccio invasato
di romanticismo, che andrebbe se veramente sculacciato
23
. Qual-
che mese dopo, per la prima volta il Parlamento prende in esame
il tema dellordine pubblico in Calabria. Si rivela una discussione
inutile; tutti cer cano di giustifcarsi, accusandosi a vicenda.
Rocco Minasi, deputato socialista, denuncia la perdurante
presenza delle vecchie strutture feudali che soffocano lecono-
mia calabrese, accusando i mafosi di offrire un piedistallo agli
agrari che continuano a vessare i lavoratori
24
.
Fausto Gullo critica loperazione Marzano, manifestando dif-
fdenza nei confronti dello Stato che non ha saputo migliorare le
condizioni di vita delle popolazioni calabresi con provvedimenti
di natura sociale ed economica
25
.
Filippo Murdaca, sottosegretario al Ministero del Lavoro e
della Previdenza Sociale, dichiara che rapine, grassazioni, altri
crimini avevano superato il livello di guardia, pre cisando, co-
munque, che alcuni episodi (fra questi i pi gravi) non avevano
avuto per cau sale il lucro ed il vizio [] ma la mal intesa digni-
t, parola usata nel gergo della mafa, o il mal inteso onore offeso,
causale comune a molti omicidi registrati dalle statistiche nella
nostra regione
26
.
Anche Mario Alicata, nel suo intervento, stigmatizza il rap-
porto tra agrari e mafosi, chiamando in causa il sottosegretario
Capua. Mi dispiace, dichiara, che non sia pre sente [] perch
fu proprio in vicinanza dei suoi fondi che, in occasione della lot-
ta per loccupazione delle terre del 1950, apparvero nella zona
tirrenica, per la prima volta, dei mafosi armati che cercarono di
spezzare londata di lotta dei contadini affancando lopera della
polizia
27
.
24
Ibidem, p. 20189.
25
Ibidem, Intervento di Fausto Gullo, pp. 20201-2.
26
Ibidem, Intervento di Filippo Murdaca, p. 20288.
27
Ibidem, Intervento di Mario Alicata, Seduta del 5 ottobre 1955, p. 20316.
192
Infne, Nunzio Caroleo, il quale, dopo aver criticato laspet-
to scandalistico dei tanti resoconti di corrispondenti e di inviati
speciali di buona parte dei giornali italiani, liquida il confno di
polizia come un espendiente politico di stati tirannici: Se vi sono
asso ciazioni a delinquere da colpire, si deferiscano al magistra-
to penale, che promuover le azioni secondo la legge codifcata;
ma non si dia credito al sospetto, alla diffamazione, per attentare
indiscriminatamente alla pace familiare di un intera regione che
ha tradizioni di generosit e di solidariet umana universalmente
note
28
.
I partiti di maggioranza accusano le sinistre di aver arruolato
nelle proprie fle tristi fguri legati alla mafa; socialisti e comuni-
sti criticano la Democrazia Cristiana e gli altri partiti di governo
per essersi serviti dei mafosi con lintento di tenere a bada i con-
tadini e condizionare lesito elettorale. Non si arriva a nessuna
conclusione. In Parlamento si torner a parlare di ordine pubblico
e di organizzazioni criminali in Calabria soltanto nel 1969, quat-
tordici anni dopo.
C in Alvaro una sorta di giusticazionismo storico. Il suo li-
mite di non aver saputo distinguere i valori della civilt conta-
dina da quelli della ndrangheta. Spiega Crupi
29
: [Alvaro] non
si avvede che i valori della civilt contadina onore e sangue,
doverosit della vendetta a tutela del proprio prestigio, eccetera,
eccetera strizzano tanta e tale mafosit da richiedere, quando
divengono grumi narrativi, il ritmo interiore del dissenso dello
scrittore. Ci che in Corrado Alvaro non si sente mai. Se mai,
quando un volto coperto nasconde uno sfregio, quando il coltello
luccica e insaguina, quando unoffesa subita, per reale o presunta
che sia, viene vendicata, laffitta e lirica sua parola allontana i
28
Ibidem, Intervento di Nunzio Caroleo, Seduta del 6 ottobre 1955, p. 20369.
29
P. Crupi, op. cit., p. 70.
193
fatti, li margina, quasi li annulla, e il carnefce e la sua vittima
sono annebbiati da una equanime pietas storica.
Scheda dellAutore
SAVERIO MONTALTO
(S. Nicola di Ardore [Reggio Calabria] 1898-Ardore Marina 1977)
Il vero nome Francesco Barillaro. La sua vita attraversata da una trage-
dia. Nel 1940, stanco dei maltrattamenti infitti dal marito a sua sorella, uc-
cide questultima e ferisce il cognato. Il resoconto dellaccaduto riportato
in un memoriale dallo stesso scrittore, pubblicato, con il titolo Memoriale
dal carcere, da Mario La Cava e frmato con lo pseudonimo di Saverio
Montalto. Il memoriale nasce dalla richiesta fatta dallautore al magistra-
to per poter raccontare il tremendo avvenimento. Montalto, veterinario di
mestiere, viene condannato poich ritenuto malato, ed rinchiuso in ma-
nicomio. Con La famiglia Montalbano si assiste per la prima volta ad una
narrazione basata su reali avvenimenti, che hanno come protagonista la
ndrangheta, accaduti nel 1918. I soprusi perpetuati dai mafosi alle spalle
della povera gente, lassenza delle istituzioni, il degrado morale e civile,
i rapporti del potere occulto con i ricchi, descrivono un sud amaramente
194
perduto e sconftto dalla volont del silenzio. Ed in silenzio muore ad Ardore
Marina lo scrittore amareggiato dalla sua esistenza e da ci che la sua terra
aveva partorito.
Opere: Memoriale dal carcere (1957); La Famiglia Montalbano (1973).
Testo
I
[Deve piantare cavoli al cimitero]
30
Il sei dicembre si festeggiava a S. Filipo il patrono S. Nicola. La
malavita del luogo e dei paesi circonvicini era al completo e sui volti
dei suoi affliati si notava uninsolita arrogante prosopopea, dato che
lorizzonte politico si veniva intorbidendo sempre pi.
Attraverso questorizzonte infdo e malefco si andavano delineando
prossime le elezioni e il padre del deputato in carica aveva di nuovo
chiamato Gianni della Zoppa per comunicargli che egli faceva sempre
grande affdamento su di lui e per assicurarlo ancora una volta che poteva
continuare a fare i comodi suoi senza preoccupazione alcuna, perch al-
loccorrenza, per quanto concerneva la giustizia, ci avrebbe pensato lui.
Gianni della Zoppa, sicuro ormai del fatto suo, in occasione della fe-
sta, aveva indetto per luna dopo mezzanotte [], la riunione del crimi-
ne di prima istanza, che era una specie di tribunale in seno alla famiglia
Montalbano composto dai capibastoni pi meritevoli del circondario.
Dopo il crimine di prima istanza veniva il crimine provinciale o
vertice chera a sua volta una specie di corte suprema composta dai tre
capi trini che detenevano il comando dei tre circondari della provincia
e degli altri capi di uguali meriti anche senza comando. Alle riunioni
dei due crimini potevano prendere parte tutti gli affliati, per se non
interpellati, non avevano voce in capitolo.
Gianni della Zoppa in qualit di capo trino presiedeva sempre lui
nel circondario il crimine di prima istanza e questa volta laveva riu-
nito per discutere due questioni pi importanti: la prima riguardava
30
S. Montalto, La Famiglia Montalbano, cit., pp. 329-331; 335; 348-352.
195
laccusa di un picciotto camorrista negoziante di tessuti della Marina di
Zuccalo che aveva venduta una certa stoffa a prezzi esorbitanti ad un
picciotto di S. Filipo e la seconda questione si riferiva a Cola Napoli, il
quale dovevano giocarselo.
La riunione si teneva quella notte in una casa di campagna di pro-
priet del sottocapo di S. Filipo Bruno lo Spincione sita a qualche chi-
lometro a nord del paese in un punto solitario e fuori mano, adatta alla
bisogna anche perch durante linverno rimaneva sempre disabitata.
Poco prima delluna la festa era gi al suo epilogo. La banda aveva
esaurito il programma, i fuochi pirotecnici erano terminati con alcuni
colpi fragorosi e scuri, la popolazione si era ritirata, i lumi acetileni
che per loccasione erano stati aggiunti a quelli esistenti per illuminare
meglio la piazza e le vie principali erano spenti, i carabinieri avevano
preso la via del ritorno verso Zuccalo ed il paese tutto aveva riacquista-
to laspetto delle altre notti.
Gianni della Zoppa e Bruno lo Spincione si avviarono per primi ver-
so il luogo della riunione e gli altri mafosi paesani e forestieri che do-
vevano prendere parte li seguirono alla spicciolata. I forestieri che non
erano pratici dei luoghi si accompagnavano ai mafosi del paese [].
Quando Gianni della Zoppa stim giunto il momento, assunse la
presidenza: scelse due giudici e il pubblico ministero fra i capi pi me-
ritevoli tra cui Angelo Bello ed il crimi ne entr nellesercizio delle
sue funzioni.
Il presidente, i giudici ed il pubblico ministero occupavano tre lati
del tavolo. Dal lato vacante doveva comparire limputato. Lunica sedia
di avanzo fu data a Carmeluzza che sedette alle spalle tra Gianni della
Zoppa e Angelo Bello. I rimanenti si accomodarono gre miti a m di
siepe a breve distanza intorno al tavolo. Coloro che conoscevano Car-
meluzza si piantarono; gli altri la guardavano con desiderio e curiosit
e si domandavano sotto voce chi fosse, ma senza azzardarsi di chiedere
spiegazioni, perch dove il maggio re c, il minore cessa.
Al centro del tavolo accendeva una candela: la fammella ogni tan-
to tremolava e faceva apparire ancor pi torve tutte quelle facce pi o
meno patibolari [].
Esaurito lincidente Nardo si pass ad esaminare il caso di Cola
Napoli, che interessava per davvero tutti quanti e per il quale, si pu
196
dire, si era riunito il crimine. Il caso di Cola Napoli si era differito
fno allora per volont di Gianni della Zoppa, ma ormai anche lui era
convinto che la pera era matura e che bisognava coglierla. Questa volta
laccusa ven ne da Bruno lo Spincione che era quegli che, dopo Gianni
della Zoppa, considerato che questi da giudice non poteva muovere ac-
cuse, aveva la maggiore responsabilit del buon andamento delle cose
di S. Filipo. Si alz fra un silenzio di tomba e unansia generale e senza
tanti preamboli and diritto al cuore della questione dicendo che ormai
egli, in qualit di vero uomo donore, non poteva pi tollerare la pre-
senza a questo mondo di quello infame, delatore, miserabile uomo di
cristiano sbattezzato che si chiamava Cola Napoli. Ramment il fatto
della notte di Natale, la protezione di costui agli stronzilli, il tradimento
a zio Bottaccio, diversamente se non ci fosse stata la sua mano mise-
rabile di spia e di uomo disonesto, zio Bottaccio non poteva venire ar-
restato e, soprattutto, tratteggi la vicenda capitata alla nobile fanciulla
Carmeluzza Caruso rimasta macchiata per tutta la vita dal disonore a
causa di quel vigliacco; e, bench era notorio a tutti che la causa era
stato Angelo Bello e non Cola Napoli, fnsero tutti di crederci lo stesso.
La quale nobile fanciulla oltre ad appartenere come sorella legittima ad
un uomo altamente meritevole ed onorato a cui si doveva ogni riguardo
e rispetto anche dopo morto, anzi maggiormente dopo morto giacch
i veri uomini si onorano pi in morte che in vita, era diventata ormai
anche lei sangue e carne della stupenda famiglia Montalbano. Per
tutte queste ragioni chiedeva che il Cola Napoli si doveva senza indugi
e senza ambagi mandare a piantare cavoli al camposanto, perch se
fosse rimasto ancora a mangiare pane, co me tutti gli altri, signifcava
un grave disonore per lonorata societ la quale non avrebbe avuto pi
ragione di vivere nel paese di S. Filipo.
A questo punto si alz Carmeluzza come una furia profferendo con
veemenza che quellinfame doveva mandarsi assolutamente a mangia-
re terra nella fossa, perch lei non era donna da essere scherzata da un
Cola Napoli qualsiasi; e faceva notare che se aveva ac condisceso alle
sue brame, aveva accondisceso solo dopo seducenti lusinghe e reiterate
promesse di matrimonio e certo, poich il partito era buono, ognuno al
suo posto avrebbe rischiato tutto per tutto, perch chi non risica non
rosica. Ma visto e considerato che il disonesto non aveva mantenuti i
197
suoi impegni, doveva essere spedito ipso facto allaltro mondo e qua-
lora non intendevano farlo loro uomini, che parlassero chiaro ch lo
avrebbe fatto lei, a tamburo battente, da semplice donna, perch il cuore
non le mancava e non solo che non le mancava il cuore, ma dopo morta
era capace anche di succhiargli il sangue e berselo come si beve una
bottiglia di licore. In ogni modo era bene che si rammen tassero tutti e lo
tenessero bene in mente che se suo fratello non si fosse trovato a dormi-
re sotto terra, quellindividuo sicuramente sarebbe divenuto da tempo
suo marito, ovvero, caso contrario, non avrebbe continuato sino a quel
momento a respirare laria e a man giare e a bere e a divertirsi.
Dette tutte queste cose belle ed edifcanti si sed di nuovo e cam-
biando cera di punto in bianco, si mise a guardare con occhio languido
ed appassionato Mico Rodi che le stava di fronte facendolo tremare
da capo a piedi. Il quale aveva in mente di prendere la parola, non per
opporsi recisamente, giacch sapeva bene di non poterlo fare, ma per
richiamare lattenzione della rispettabile assemblea sulla circostanza di
fatto che, levando Cola Napoli dalla circolazione potevasi andare in-
contro a degli imprevisti poich trattavasi di un individuo appartenente
ad una famiglia di cui il capo era stato assessore del comune e quindi la
giustizia non poteva del tutto disinteressarsi. In verit ci teneva pi che
altro alla vita di Cola Napoli perch era un cliente che spendeva bene
nel suo negozio. Ma, daltro canto, sentendosi ora addosso lo sguardo
ammaliatore e carezzevole di Carmeluzza, la quale gli faceva venire
lacquolina in bocca e rifettendo meglio che se si fosse lasciato scap-
pare quel momento propizio, avrebbe dovuto rinunziare per sempre alle
sue grazie e considerato anche che la sua affascinante parola questa
volta sarebbe stata voce declamante al deserto, giacch si capiva chiaro
ormai dallatteggiamento generale che si desiderava senza discutere la
pelle di Cola Napoli, decise di tenersi la bocca chiusa; e mirando con un
dolce ed impercettibile sorriso Carmeluzza abbass la testa in segno di
assentimento. Carmeluzza gli mand uno sguardo ancora pi languido
ed appassionato che gli caus un nuovo tuffo al cuore.
Gianni della Zoppa non se ne accorse di tutto questo armeggio fat-
to daltronde con oculatezza e riserbo; dappoich se si fosse accorto,
avrebbe esclamato senzaltro dentro di s: Non c che dire! Qualun-
que uomo valoroso, non appena avvista una gonnella, si cala le brache.
198
E cos! Il mondo pieno di rammolliti!. Osserv invece con certo
stupore, ma non senza piacere, che neanche Mico Rodi si opponeva e
disse queste brevi parole:
Amici, vi ringrazio del consenso universale accordato, dato che la
questione del miserabile e disonesto uomo Cola Napoli riguarda anche
un p me personalmente. In ogni modo state tranquilli che il crimine
verace ha gi dato il suo consenso e posso assicurare inoltre che nessu-
no di voi avr il minimo dolore in testa e, non solo perch nessuno di
questi paraggi comparir sulla scena, dato che lincarico sar dato ad
alcuni amici della sponda del bel Tirreno, ma per quanto avremo tutto
lappoggio morale e ma teriale del deputato, il quale gi informato
199
che, se Cola Napoli rimarr in vita, a S. Filipo pu contare poco su un
numero adeguato di voti a suo favore. E con ci vi d la buona notte,
perch la seduta tolta [].
Aiuto alla lettura
di Saverio Montalto (1898-1977), pseudonimo di Francesco
Barillaro, il primo ro manzo organico sulla mafa in Italia. Se nel
libro di Lanucara la ndrangheta viene colta nella sua essenza,
male tra i mali, La Famiglia Montalbano, fnito di scrivere nel
1945 e pubblicato nel 1973, getta un fascio di luce su un feno-
meno che molti avevano volu tamente ignorato o sottovalutato.
Commenta Crupi: [Montalto] sfata i miti, demitizza lOnorata
Societ. La mafa unassociazione a delinquere che tresca, in-
triga nellombra, si affata con il potere, deruba la povera gente,
spoglia e veste gli affliati, manomette le regole, che essa stessa
ha sacralmente ereditato e trasmesso, architetta infamie, vive di
sgarro, attenta allonore delle madri, delle sorelle, delle mogli dei
camorristi, che, al contrario, dovrebbe circondare di rispetto, e
non arretra dinnanzi al delitto di chi si ribella alle sue leggi.
Lo scrittore di San Nicola di Ardore riesce a cogliere il nesso
tra ndrangheta e politica, consapevole del fatto che la criminalit
di stampo mafoso non sia un fenomeno di semplice devianza le-
gato alla marginalit sociale, bens una realt politica, economica
e sociale attenta al consenso e alle dinamiche istituzionali
31
.
Montalto non parla di ndrangheta, ma di Famiglia Montal-
bano, uno dei tanti nomi con cui stata identifcata la mafa in
31
sbagliato defnire la ndrangheta un antistato, un contropotere criminale, ever-
sivo dello Stato democratico. Unanalisi della ndrangheta, nel suo percorso storico e
nella realt attuale, non pu non registrare come dato caratterizzante il rapporto con
settori istituzionali, senza di cui molte attivit non sareb bero pensabili, a cominciare
dagli appalti di opere pubbliche. Va detto anche che la ndrangheta, con trariamente a
Cosa Nostra ha raramente colpito rappresentanti delle istituzioni.
32
ASCZ, Giuseppe Facchineri +20, v. 460, 18 gennaio 1916.
200
Calabria.
Nel 1941 ad un processo alla ndrina di Cittanova, un testi-
mone raccont di essere stato invitato a far parte della Famiglia
Montalbano onde acquistare rispetto e divenire uomo
32
. La
stessa defnizione era stata usata anche in un altro processo a ca-
rico di 39 im putati di Gioiosa Jonica nel 1928
33
. Due anni dopo si
ricorse ancora a questa def nizione per identifcare unorganizza-
zione criminale operante in pi comuni ai confni della provincia
di Reggio Calabria con quella di Catanzaro. Scrivono i giudici
34
:
La vasta associazione era denominata Famiglia Montalbano per-
ch diramazione di quella di Gioia Tauro indicata con lo stesso
appellativo. Sul fnire degli anni Trenta, quando fu processata
la ndrina operante a Marcin di Grotteria, un teste afferm di
essere stato invitato ad iscriversi alla societ di Montalbano, in
Marcin Superiore con la sicurezza che avrebbe acquistato ri-
spetto e trovato il modo come vivere senza lavorare
35
. La stessa
defnizione fu trovata in un codice della ndrangheta sequestrato
a Gioia Tauro
36
.
Montalto, facendo intervenire Carmeluzza alla riunione del
crimine, anche il primo a mettere in evidenza il ruolo della
donna nella ndrangheta, come custode della memoria. La ndran-
gheta, pur essendo formalmente monosessuale, cio composta da
soli uomini (in obbedienza non tanto a una regola interna quanto a
una prassi di carattere generale, che voleva le donne subalterne ed
escluse dalla vita pubblica e dalle professioni), di fatto, ha sempre
assegnato, e continua ad assegnare alle donne, ruoli non seconda-
ri, che vanno dalla gestione delle attivit legali alla supplenza nel
caso della carcerazione di familiari.
33
Ibidem, Luigi Luc + 38, vol. 504, 9 luglio 1928.
34
Ibidem, Vincenzo Annaccarato + 93, v. 516, 25 novembre 1930.
35
Tribunale di Locri, Francescantonio Commisso +56, b. 3, 19 luglio 1937.
36
L. Malafarina, Il codice della ndrangheta, Reggio Calabria, Edizioni Parallelo
38, 1981, p. 89.
37
N. Gratteri, A. Nicaso, op. cit., pp. 30-31.
38
Ibidem, p. 31.
201
NellOttocento si ha notizia di donne che erano state addirit-
tura iniziate alla ndrangheta
37
e nel 2000 le cronache giudiziarie
riportano la vicenda di due sorelle, nipoti di un vecchio padrino,
arrestate con laccusa di aver guidato una cosca operante a Tau-
rianova
38
. Unulteriore riprova di elasticit e capacit di adatta-
mento che spesso viene sottovalutata da chi si ostina a leggere il
fenomeno mafoso attraverso le lenti degli stereotipi, dimostrando
che quella pseudoscienza che va sotto il nome di mafologia
pi che produrre analisi adeguate riproduce e rafforza banalit e
luoghi comuni.
202
La ndrangheta, come spiega effcacemente lautore di que-
sto romanzo, ha un proprio tribunale che, contrariamente a
quello statuale, prevede anche la pena di morte.
Scheda dellAutore
SAVERIO STRATI
(SantAgata del Bianco [Reggio Calabria] 1924)

Da autodidatta, si laurea a Messina in lettere. il calabrese misero il per-
sonaggio centrale dei suoi romanzi: i protagonisti, particolarmente umani,
lottano per laffermazione della ragione. Vi nella poetica di Saverio Strati
la volont di opporsi al padrone e alla violenza di istituzioni, come quella
familiare, legata ad idee che non mutano con il passare dei secoli e condu-
cono verso atteggiamenti omertosi. Un dolore profondo, misto a piet e
risentimento, connota la voce narrativa di questo scrittore di Calabria. Il
suo un realismo forte, un tentativo di immaginare una realt maggiore e
migliore, dove, tuttavia, si abbatte come scure il boato dellemigrazione e
dove i contadini sono sconftti e costretti ad andare via. In questo vuoto, che
decreta la sconftta di una terra e anche quella dello scrittore, si crea il pieno
della ndrangheta e, in particolare, il romanzo Il selvaggio di Santa Venere
racconta nel suo intreccio la potenza totale della malavita calabrese che si
203
ingoiata una terra intera.
Opere: La marchesina (1956); La teda (1957); tibi e tascia (1959); Mani vuo-
te (1960); Avventure in citt (1962); Nodo (1965); Gente in viaggio (1966); Il
codardo (1970); Noi lazzaroni (1972); Il selvaggio di Santa Venere (1977); Il
diavolaro (1979).
Testo
Il selvaggio di Santa Venere
39
[] Cosa siete: lupo, ape o caccola di capra? gli domand il ca-
pogiovane.
Lupo e ape; mai caccola di capra.
Di cosa andate in cerca, saggio compagno? gli domand ancora
il capogiovane [].
Vado in cerca di onore e sangue rispose il cardone tutto emozio-
nato che quasi non gli usciva la voce di gola [].
Onore e sangue avrete gli rispose il capogiovane: [] ma se
non ve li meritate, vi sar tolto lonore e il sangue. Se non sapete tenere
quello che ora vi diamo, vi sar tagliata la lingua che sar gettata ai cani,
o anche ai porci [].
Lo giuro sul mio onore che terr bene quello che ora mi viene
dato: lonore e il sangue. E giur sul suo onore che sarebbe stato un
saggio compagno degno, e aggiunse, come voleva il rito, che avrebbe
reso conto a tutti i saggi mastri delle sue azioni. Lo giuro sul mio ono-
re che rispetter e onorer tutti i saggi compagni e tutti i saggi mastri
presenti e assenti e ogni cosa che a loro appartiene, a costo della mia
pelle stessa [].
Dette queste parole, il capogiovane gli si avvicin e labbracci e
subito con la punta di un coltelluzzo [] tagliente fece un segno al
braccio del cardone di fresco fatto omo. Il sangue schizz e il capogio-
vane lo succhi. A uno a uno, per primo il capobastone, succhiarono al
braccio delliniziato le gocce di sangue che continuava a sgorgare. Poi
39
Nel testo abbiamo inserito, di tanto in tanto, qualche passo informativo (ricono-
scibile dal carattere diverso delle lettere) per rendere agli studenti pi facile lanalisi
del testo.
204
gli legarono la piccola ferita e dissero che ormai erano tutti un sangue,
una carne, un destino, una fede, la stessa famiglia.
Comincia cos il viaggio di Leo nellonorata societ. Che
per dura poco. Presto scopre, dallinterno, i legami della
ndrangheta con i ricchi proprietari terrieri che taglieggia-
no e depredano fttavoli e contadini. E nota come la gran
massa degli omini caprai, vaccari e zappatori vagano
tra carcere e tribunali, mentre i boss si godono la ricchez-
za accu mulata. Fino a scoprire la strana e assurda giustizia
della ndrangheta
40
:
[] Gli si present la scena dellassassinio nella fumara, la fossa,
la deviazione dellacqua, la notte lunare. Se non fossi stato presente,
come saresti tranquillo, Leo! Co me tuo padre che l fra le viti, e non
smette di lavorare []. Avevano arrestato un mucchio dindranghetisti
che presumibilmente dovevano sapere dellassassinio. Dovun que cera
un grande t-t sullarresto deglindranghetisti. Anche le rane parlava-
no della retata e la gente si augurava che li tenessero per sempre in ga-
lera, cos il paese e gli onesti sarebbero stati in pace. Pi di trentmini
in tutto il mandamento erano stati beccati. Se qualcuno per debolezza
cantava? Se i saggi mastri avevano, ad esempio, stabilito di buttare su di
lui ogni responsabilit? Come si sarebbe difeso? Chi erano quei tre ve-
nuti non sapeva manco da dove? Dovette fare un bisogno, ch le viscere
gli si sciolsero a queste domande senza risposta. Egli era complice e
perci colpevole. Era fritto, rovinato per sempre. La sua vita in sostanza
sera conclusa, e male. Malissimo. Inghiott. Si ricord di aver sognato
lassas si nato. Lo aveva minacciato con lindice proteso: tu!, gli aveva
detto lassassinato. Poi con lindice piantato sotto il palmo della mano:
quassotto non piove, e se piove non si bagna, gli aveva detto. Verr il
tuo turno e la pagherai, Sel vaggio di Santa Venere. Ch tho conosciuto
e tho gi denunciato! Almeno potesse aprirsi, confdarsi con qualcu-
40
S. Strati, Il selvaggio di Santa Venere, Milano, Mondadori, 1987 (I ed. 1977), pp.
114-150.
205
no, per liberarsi del masso che lopprimeva! Neanche con la sua ombra
poteva farlo. Fiss la sua ombra che gli stava distesa lunga davanti a s.
Ebbe la strana idea di saltarle sopra; ma lombra, con sorpresa di lui,
fece lo stesso balzo in avanti. Egli si stup parecchio di questo fatto.
Risalt e lombra scatt anchessa come lui. Uguale.
Che ti prende? gli domand il padre che gli stava a pochi metri.
Teri accorto che non si pu saltare sulla propria ombra? gli co-
munic sto fesso ingenuo qua, dice mio padre; ed era strabiliato della
scoperta.
Ma fa qualche cosa! gli disse don Mico con tono seccato; ma
pens che egli non si era mai posto un simile problema. Non gli era mai
venuto in mente di pensare che sulla propria ombra non si pu saltare,
che la propria ombra nessuno in grado di afferrarla.
Anche chi ti parla, che fglio di suo padre, intu oscuramente che
dentro di noi c qualcosa che non ci riesce di afferrare, come la nostra
ombra. Cosera questo fenomeno? Simmerse a pensarci. Non gli riusc
di defnirlo. La scontentezza? Limpossibilit di vivere tranquilli? Di
essere padroni di noi? Di avere amici? E perch? Perch abbiamo dei
segreti, dei problemi che ci torturano e non possiamo comunicarli agli
altri? Perch, inoltre, si trascinati come pagliuzze dalla corrente, in
avvenimenti che rifuti, che odi, che ti fanno male per tutta la vita? Chi
avrebbe mai potuto cancellare dalla sua mente la scena dellassassinio
a cui aveva assistito l nella fumara? Ora quel rozzo ignorante di
Santo linvitava di andare a Polsi per la festa. Non gli poteva dire di no
a tondo di palla. Non poteva dire di no a nulla. Per non destare sospetti.
Chi nel ballo deve ballare. Anche se non gli garba deve ballare. Anche
se sfnito di stanchezza non si pu rifutare di ballare. Basta niente e ti
fanno il processo e ti stutano con un colpo e ti buttano in una fossa come
un vecchio sacco sfondato; e nessuno sapr mai dove sono andate a
fnire le tue ossa. Ti spediscono allaltro mondo senza manco un domi-
nisvobiscum, e la tua anima non avr mai pace come quella del pastore
del pioppo. Inghiott secco. A questora quel disgraziato in putrefazio-
ne. Immagin i vermi, a mucchi, sul cadavere. Aveva visti tanti animali
morti l nella campagna che pullulavano di vermi, di formiche e di altri
insetti. Inghiott nuovamente. Come dirlo a suo padre, se non poteva
tirarsi indietro alla proposta di Santo? Santo gli aveva fatto intendere
206
che a Polsi avrebbe avuto il suo riconosci mento di omo davanti a tutta la
famiglia riunita in assemblea generale e che cos sarebbe cominciata la
sua scalata di giovane degno e meritevole di ogni fducia e che pertanto
da ora in avanti, per come si era comportato, si sarebbe potuto presen-
tare a chiunque da pari a pari e in qualsiasi paese sarebbe stato accolto
e rispettato come un padreterno. Sput a questo pensiero. Ma doveva
andare a Polsi. E doveva andarci, per non suscitare il pi pallido sospet-
to in nessuno. Tanto fra pochi mesi sarebbe partito e avrebbe tagliato
con questomini qua, radicalmente. Santo inoltre gli aveva spiegato che
a Polsi ci doveva andare insieme a don Nino che aveva in programma,
anche per far egli stesso buona fgura, di presentarlo ai capocombric-
cola come giovane di grande avvenire. Sicch non si poteva davvero
tirare indietro. Li avrebbe sbranati, a pezzetti li avrebbe fatti, sti caproni
stupidi Certo suo padre si sarebbe messo a frignare, a maledire, e for-
se anche a strillare. Avrebbe certo tentato dimpedirglielo; ma sarebbe
scappato lo stesso; non aveva altra scelta. Certo si sarebbe scatenato un
putiferio di liti fra loro due che fno a qualche mese fa avevano vissuto
in pace. Il groppo, il rovello dei pensieri, delle preoccupazioni era tale
e tanto, che cacci un urlo.
Che ti prende? gli strill incazzato il padre spaventato.
Stracco gli uccelli che mi disturbano la testa.
Davvero ti comporti come un selvaggio! esclam don Mico.
Scroll la testa, amareggiato. Sper in cuor suo che il fglio partisse al
pi presto. Sotto le armi si sarebbe maturato, civilizzato. Se pensava a
se stesso, doveva concludere che a quellet non era pi esperto e meno
rozzo di suo fglio, prima di partire per la naja. Poi, piano piano, a con-
tatto di gente di tutto il mondo e per la fortuna che aveva avuto di fare
lattendente a quel signore del suo capitano, gli si era mossa la scorza
che lo appesantiva e un pezzetto al giorno gli era in parte caduta. Lo
stesso sarebbe avvenuto per Leozzello suo, certamente.
Suo fglio, spinto da un impulso pi forte della sua volont gli disse
a un tratto:
Io questanno vado a Polsi.
Ah! esclam don Mico, e lo fss. Dopo una pausa tesa, giacch
ebbe la tentazione di prendere un palo e di spezzarglielo sulle corna,
ma si fren stringendo i denti: Andiamo a dimostrare quanto siamo
207
bravi? fece. Il suo discorso era chiaro nei sottintesi.
Voglio visitare la Madonna prima di partire gli ribatt pronto il
fglio. O credi che lanno prossimo io sar qua con te?.
vero. Lanno prossimo non sar qua con me. Per sapeva che
lo scopo del viaggio a Polsi non era la Madonna, ma la presentazione
nella famiglia, la presentazione fra quella maniata di ladri rozzi che
non avevano nessuna spinta a civilizzarsi. Questa malariuscita del fglio
ti conduce alla tomba, don Mico Arcdi. Mai avresti immaginato che
tuo fglio Dal pero pere devono nascere, non c Cristo che sa dire
il contrario. Pere. Su questo non ci sono dubbi. Neanche nel ramo del-
la moglie cera qualcuno che si fosse affbbiato alla malavita. Mai, in
nessunepoca, a memoria duomo Cominci a mugugnare: che i de-
linquenti sono delinquenti, e basta; ma hanno la spudorataggine di no-
minarsi mini; ma non sono certo mini, visto che ammazzano e manco
pagano. Sotto sotto sono dei vili, dunque. Inoltre sono degli sfaticati,
dei ladri sfruttatori della povera gente; sono stupidi senza cervello e
forse non hanno manco anima, visto che compiono assassini terribilosi.
Avevano fatto sparire un povero cristo che aveva avuto il coraggio di
cantare chiaro, di fare il nome degli assassini di un padre di famiglia
onesto e laborioso. Belle persone, certi individui! Te li presento!
Il fglio non gli diede corda. Gli faceva per rabbia che suo padre
avesse sempre ragione. E se viene a scoprire che sono stato testimone di
questomicidio?! Se scopre quello che accade di tanto in tanto nella ca-
setta, e il frischiabut che bevono glingordi animali di pancia; e le ca-
pre e i capretti che rubano e scannano e squartano e arrostiscono a quar-
ti interi sulle braci e se ne intrippano?! Se i muri della casetta potesse-
ro parlare! Poi a lui toccava cancellare ogni segno della scialacquata,
in modo che suo padre non ne trovasse traccia Non desiderava altro
che troncare e al pi presto con questa mentalit intollerabile, assurda,
disumana, per liberarsi del peso che di notte gli toglieva il sonno Se
non avessi conosciuto Santo, Leo Arcdi!, si ripeteva. Per un momento
si faceva lillusione di non averlo mai conosciuto e di essere libero, con
lanimo sgombro dogni timore e malopensiero. Ma Santo laveva co-
nosciuto e al delitto tremendo era stato presente e se lo sentiva gravare
dentro. Aveva incubi, certe notti; era angosciato dalla paura di fnire in
galera; aveva paura perfno degli spettri, lui che prima sarebbe stato ca-
208
pace di dormire in mezzo ai cadaveri; lui che in una notte buia e vento-
sa, non pi di un anno avanti, era salito sul pioppo dovera stato assas-
sinato il pastore di cui si raccontava che il fantasma certe volte si aggi-
rasse gemendo e piangendo. Aveva parato la tagliola per la volpe di cui
aveva visto le impronte l in giro e la curiosit e la passione lavevano
indotto a spiare larrivo di comare Rosa che infatti arriva, ma la fur-
ba scansa la tagliola, e lui deluso e imprecando era anche intirizzito e
stordito dal vento scende, a mezzanotte, e se ne torna deluso alla caset-
ta. Ma poi la mattina ci trova la volpe attanagliata alla zampa destra po-
steriore. La gioia, oh la gioia! Si tolse il berretto e lo morse dalla gioia.
Bestemmi, dalla gioia. Volle prenderla viva, la volpe; ma era pericolo-
so, giacch quella era furiosa: gli occhi rossi dalla rabbia e i denti aguzzi
come aghi, pronta a mordere, e balzava di qua e di l meno male che la
trappola era robusta e legata a una catena di ferro. Egli corse alla casetta
e prese un sacco; stanc lanimalaccio, stuzzicandolo con un lungo palo.
Quando la volpe era sfnita che quasi si lasci andare a terra, egli le but-
t il sacco addosso e limmobilizz. Per prima cosa le leg il muso e poi
la port sullaia e ve la tenne come un cane al guinzaglio. Laddomestic
e tutti si stupivano della sua abilit e del suo coraggio Ora, aveva
Dio santo, mamma mia! aveva paura di guardare gli altri dritto in vi-
so. Se qualcuno parlava dellomicidio misterioso di cui nessuno sapeva
niente di preciso, egli abbassava lo sguardo e piano piano si allontana-
va con la coda ciondoloni. Non si riteneva degno di stare in mezzo alla
gente onesta, laboriosa. N lo rasserenava o consolava che non si sape-
va dove fosse andato a sbattere quel disgraziato, che non esisteva traccia
che potesse indiziare, accusare qualcuno. Anzi! il peso dentro lanimo
gli si accumulava, crescendo come un male che avrebbe potuto esplode-
re a un tratto, giacch riteneva che egli solo fosse il colpevole Chi era-
no gli altri tre, da doverano sbucati? Non lo sapeva neanche Santo che
messo alle strette l sullaia della casetta, si premette la mano sul petto
e disse: so quanto te, sul nostro sacronore, e pronunci a modo di giura-
mento una delle loro parole segrete che non si proferisce quasi mai e da-
vanti alla quale si china la testa, dato che quella parola non si usa invano.
Sicch era buio ftto intorno! Non solo per la legge. Ch, non si sareb-
be saputo niente di niente della scomparsa di quelluomo, se la moglie
non avesse dichiarato nella sua denuncia alla giustizia che una persona
209
forestiera nella notte era andata a picchiare alla porta di casa sua e ave-
va chiamato suo marito. Vieni, ti vogliono fuori. Aveva sentito lei con i
suoi orecchi questa frase pronunciata dalla voce dellassassino. Una vo-
ce che non conosceva, che mai aveva sentita, che di sicuro era di un fo-
restiero Non era escluso che qualcuno degli arrestati ce nera uno fra
questi che certo sapeva, che certo era stato presente alla riunione duran-
te la quale il tribunale aveva deciso la morte dellinfame parlasse, fa-
cesse nomi, buttasse la responsabilit su personaggi di mezza tacca, per
allontanare i sospetti dai capibacchetta, per scagionare i pezzi da novan-
ta che avevano pronunciato la sentenza di morte. A questo timore si sen-
tiva gelare il sangue Ma i giorni passavano e con sua grande sorpre-
sa nulla avveniva a danno suo, n a danno daltri. Nessuno sapeva nien-
te, nessuno dava indicazioni neanche alla lontana. Ciechi e sordi e come
muti erano tutti quanti [].
Leo riesce a tirarsi fuori. Loccasione gliela offre la guerra
fascista. Quando torna al paese non mostra di avere rim-
pianti
41
:
Ieri si portava rispetto alla gente che ne era degna. Ora si va alla
caccia di persone danarose e si inviano lettere minatorie. Dieci milioni
lasciati l, il tale giorno e alla tale ora, altrimenti te la passerai male tu e
i tuoi e anche la tua roba []. No, questi mafosi di ora sono sporchi e
avidi. Non hanno il senso del rispetto e dellonore che si aveva un tem-
po. Ti aggrediscono alle spalle. Non hanno il fegato di affrontarti a viso
e scoperto, in pub blica piazza. Un tempo si agiva cos.
Leo idealizza. Come tanti che per una ragione o per
unaltra decidono di tagliare i ponti con il passato. In realt,
ci che rende discontinua la ndrangheta di ieri da quella di
oggi la qualit non la quantit del delitto, n lefferatezza.
C spazio anche per rammentare velocemente la vera
41
Ibidem, pp. 9-11.
42
Ibidem, p. 9.
210
essenza della ndrangheta, le sue connivenze con il potere
politico. sempre Leo che parla
42
: E tutti sanno chi sono
sti mafosi, sti coraggiosi. Sono personaggi pubblici: occu-
pano posti in Comune come as sessori, o addirittura come
sindaci. Protetti dai politici si sussurra che a una riunione
plenaria della mafa regionale cera perfno un ministro.
Mafa e potere economico diventano un tuttuno ne Il
Diavolaro, pubblicato nel 1979.
Il Diavolaro cos chiamavano Mastro Santo in paese
una carogna sociale. Entra in a mi cizia con un capobastone
che
43
:
aveva un preciso senso della giustizia relativa alla sua comunit. Era
umano, cio. Non applicava mai la severit del codice donore, ma si la-
sciava condurre spesso dal cuore Bisogna compatire, cristianamente,
diceva. Bisogna capire, perdonare; ma avvisava a ripetere la bruttazio-
ne era pericoloso.
E infatti chi sgarrava per la seconda volta non perdonava. Attenua-
va sempre la pena, giacch il suo istinto di uomo sano lo spingeva a
cercare le cause e le ragioni di ogni a zione di quei disgraziati, cos li
chiamava, che erano ciechi e sordi e vivevano solo perch erano nati
senza chiedersi, come le capre, niente di niente, tanto spessa era la loro
ar retratezza e tanto immediata era a momenti la necessit di trovare in
qualche modo un boccone per i fgli e per se stessi.
Commenta Crupi
44
: Quando il Diavolaro ha incomincia-
to la sua carriera di carogna sociale, la Calabria e il Sud erano
infestati dal medioevo agrario, che il fascismo pro teggeva e
riempiva di privilegi. La guerra, il dopoguerra, la cacciata
del re, lavvento della Repubblica, la lotta per la conqui-
sta delle terre incolte, la rinascita dei partiti dei lavoratori,
43
S. Strati, Il diavolaro, Milano, Mondadori, 1979, pp. 53-54.
44
P. Crupi, op. cit., p. 122.
211
lemigrazione, la scolarizzazione, che rappresenta una leva,
per quanto am bivalente, del mutamento disegnano il crepu-
scolo della Calabria feudalistica e latifon distica.
Il Diavolaro non si rende conto di tutti questi cambia-
menti. Come la ndrangheta, si adatta ai tempi, cambia
pelle, si adegua. Si illude di potere dominare processi pi
grandi di lui, ma nessuno lo ascolta. Neanche la fglia, che
anzich sposarsi con il fglio del capomafa, don Bastiano,
si unisce a Tonino, il giovane intellettuale povero che incita
le masse ad occupare i terreni incolti. Lepilogo tragico ed
introduce il tema dei delitti politico-mafosi:
45
Mentre una sera Tonino parlava a una cinquantina di braccianti e
di raccoglitrici di gelsomino in un gruppo di case sparse l nellaperta
campagna, qualcuno gli spar da dietro unalta siepe di rovi e di
ortiche.
Con una fucilata gli fece schizzare il cervello sulle pietre intorno.
Una scena terrifcante che sconvolse il mandamento, anzi la provincia
intiera.
Ne parlarono i giornali e alla Camera ci fu uninterpellanza e nel
mandamento successero dei tumulti. Si racconta ancora come omicidio
impressionante, e l dove Tonino cadde morto ora esiste un cippo di
marmo con la scritta Qua venne assassinato il sindacalista A memo-
ria I lavoratori
Si raccont che a decidere la morte di Tonino erano stati i ricchi
del circondario che lo ritenevano un grande rompiscatole. In parte il
racconto corrisponde alla verit; ma il punto, la ragione stava un poco
altrove: nel rapimento di Eleonora.
Eleonora era la promessa sposa del fglio di don Bastiano. Don Ba-
stiano, che era il mastro dei mastri chiam al dovere Don Santo. Don
Santo, con tanto rispetto per lamico, rispose che non se la sentiva di
rovinare la vita, la felicit di sua fglia.
Cosa fatta capo ha, rispose. I tempi cambiano, e non bisogna essere
45
S. Strati, Il diavolaro, cit., pp. 175-179.
212
selvaggi, concluse. Don Bastiano sincavol brutto e disse a Don Santo
che non era omo. Don Santo gli ribatt che sarebbe stato il tempo a dire
chi dei due era omo o mezzomo, e gli ricord le sue grandi amicizie po-
litiche su cui poteva contare. Don Bastiano lasci trascorrere parecchio
tempo, senza mai pi fare verbo su quello smacco. Ma, da pari suo, ci
pensava alla vendetta. Fra laltro lattivit di Tonino gli metteva i pa-
stori contro, perci Tonino gli stava sempre pi allo stomaco. Decise di
riunire i capibacchetta che, chi pi chi meno, erano infastiditi da questo
sobillatore fetoso che abbaiava come un cane bastardo. Don Bastiano
disse che questa merda di rosso dava troppo fastidio ancora. Visto che
certi cristiani non avevano avuto il fegato, non avevano sentito il dovere
di liberarsene, come si conveniva dopo tanta offesa, e siccome anche lui
si sentiva offeso, chiedeva che venisse fatto bianco. Don Santo, che era
presente, gli ribatt pronto e si oppose. Si tratta di me e dellavvenire di
mia fglia, disse.
Non siamo nei secoli passati. Il mondo s aperto. Il timore che sua
fglia avesse uno spavento forte che poteva anche rovinarla per sem-
pre lo sgomentava. Don Bastiano fu duro. Siamo mini o siamo pupi?
strill. Stavano venendo alle mani, Don Santo e Don Bastiano che era
un poco suggestionato dal potere politico su cui Don Santo poteva fare
leva. Ma sindispett e disse che metteva la cosa ai voti per alzata di
mano. I capifbbia a suo favore furono due pi della met.
Don Santo torn sconvolto a casa nella notte profonda. Fu sul punto
di denunciare la cosa alla legge. Ma ci medit e cap che non poteva far-
lo: avrebbe segnato la sua fne in modo irreparabile. Si sent riesplodere
dentro lanimo la vecchia antipatia verso il negro che era nato per la sua
malanova, che sera messo fra i suoi piedi per avvelenargli lesistenza.
Si fece la speranza che Eleonora si sarebbe potuta riprendere presto tra-
mite lamore per il bambino che aveva gi tre anni. Non osava guardare
la fglia in quei giorni indimenticabili e lunghi come anni. Si aspettava
di minuto in minuto la notizia delluccisione. Era una pila elettrica che
non gli si poteva rivolgere la parola; era sempre in giro per gli uffci o
per i cantieri sparsi in tutta la provinca. Aveva chiesto che il delitto av-
venisse fuori dal suo territorio. Aveva chiesto che fosse preparato come
un delitto poli tico puro e semplice Quando la notizia arriv come un
tuono fragoroso che fa vibrare i mu ri delle case, egli stava pagando un
213
gruppo di operai e aveva il nipotino sulle ginoc chia mentre si trovava
seduto alla scrivania l nello studio. Un grido straziante gli perci il cer-
vello e gli fece rizzare i capelli Corse di l e trov Eleonora riversa
sui pavimento come morta; trov sua moglie con le mani fra i capelli e
la bocca spalancata in un grido che non le usciva dal petto; e tanta gente
cera l nella stanza, in cucina, nel corridoio, che a un tempo strillava
chiedeva raccontava. Qualcuno prese Santino in braccio e se lo port
via lontano, per non far assistere linnocente a quello sconquasso. Eleo-
nora non si riprendeva e un sudore freddo cominci a inondare tutto il
corpo di don Santo che ancora stringeva in mano un mazzetto di carte
da mille. Il trambusto era grande e cresceva in continuazione dato che
il popolo a lava sera riversato al palazzo; e don Santo aveva la strana
sensazione di assistere a una scena drammatica che non lo riguardava
e tutto davanti ai suoi occhi si muoveva come dietro a un velo. Stava
sognando. Lo scosse la voce della moglie che diceva: fate aria; se no
mia fglia muore! Con le braccia don Santo allontan quel gruppo di
persone che serano ammucchiate intorno a Eleonora sua che mandava
schiuma dalla bocca e faceva vedere in modo impressionante il bianco
degli occhi. Dentro di s pens alla vendetta pi crudele e sottile contro
coloro che gli ammaz zavano a quel modo anche la fglia. Ebbe per la
prontezza di gridare: correte a chiamare il medico.
Eleonora rest fra la vita e la morte per parecchie settimane. Sma-
niava, aveva visioni, tanto che si temeva per la sua ragione. Poi per mesi
rimase come senza volont. Diceva sempre: s, pap; s, mamma; per
ogni cosa, come chi non ha pi interesse a nulla, come chi preferisce
morire piuttosto che vivere. A tratti per sembrava destarsi di colpo e
prendeva in grembo Santino e se lo stringeva appassionatamente fra le
braccia e scoppiava in lacrime. La madre la rimproverava amorevolmen-
te: non affiggere il fgliolo a questo modo! E a Santino faceva lei tutte
le carezze pi care; e quando Santino le domandava: nonna, perch la
mamma piange?, la nonna gli rispondeva con dolcezza, ma con gli occhi
umidi di lacrime: perch sta male, bello mio. Perch un poco malata,
la mamma. E il bambino: e pap mio dov andato? Lontano lontano, gli
rispondeva la nonna. E quando torna? Andremo noi, poi a raggiungerlo,
e la poveretta doveva fare uno sforzo per non scoppiare in singhiozzi
davanti a quellanima candida di Dio; e fra s era certa e convinta che
214
la gelosia e la maledizione deglinvidiosi erano cadute sulla sua casa;
era certa e convinta che la sua casa ora cominciava ad andare a rotoli, se
non si stava attenti; era certa e convinta lei in persona che non aveva mai
fatto male neanche a una mosca, che aveva evitato di schiacciare anche
una sola formica, che nella gente cera nei riguardi della sua famiglia
unavversione che prima non cera, quando viveva Tonino, a cui aveva
voluto molto bene, a cui avrebbe dato la sua vita per salvarlo.
Bello, onesto, generoso era stato. Uomo grande che i lupi feroci ave-
vano assassinato, che i maiali di questo mondo avevano eliminato per
stare liberi e soli col gruppo nel truogolo. Quando viveva Tonino anche
i muri della sua casa erano rispettati, perch Tonino era come un Dio per
i giornatai, per le raccoglitrici di olive e di gelsomino. Bastava pensare
a quello che successe per la sua morte. Migliaia e migliaia di anime di
tutto il circondano e anche dei capoluogo serano riversate nel paese e
fecero la veglia in piazza dove sistemarono a cielo aperto la bara e grup-
pi di donne cantarono i lamenti del fglio del popolo sbranato dai lupi
mai sazi di sangue; e cerano di quelli che stavano per distrug gere le case
dei ricchi di tutti i paesi; cerano di quelli che stavano per mettere fuoco
alle caserme e ai municipi. Dovettero chiamare durgenza rinforzi, per
frenare in qualche mo do lira della gente, e sua fglia era come morta an-
che lei stesa nel letto in un delirio che non aveva fne. Dovettero arrivare
volando onorevoli comunisti e socialisti per calmare gli animi. Ci furono
bandiere, ci furono fori e tutte le anime, anche quelle che votavano per i
preti, erano presenti e piangevano con rabbia e dolore; e suo marito stava
per ammalarsi anche lui, che era rimasto solo in tanta tempesta.
Sera sbiancato in viso, sera dimagrito, sera invecchiato ancora
di pi.
Lavorava con disperazione e guardava quella fglia che stava a occhi
spalancati, assente. Poi, un poco al giorno, durante lunghi mesi, Eleo-
nora si riprese, con la volont di Dio che la aiut a salvarsi. Si riprese
e cominci ad avere cura del bambino che nessuno, anche di notte, le
poteva staccare dalle braccia; e cos piano piano cominci a tornare la
vita del passato in famiglia. Lavoro, e la gente che andava e veniva dal
palazzo; ma non pi nel gran numero di prima, giacch molti comin-
ciarono a preparare sacchi e scatole e parti vano per il mondo intiero.
Era come se non potessero pi vivere nella loro terra, ora che era morto
215
il loro difensore, quello che di giorno in giorno, per la prima volta, gli
indicava la strada da battere, la maniera di difendersi dagli sciacalli che
gioivano di averli sotto come servi nudi e crudi; e cos di anno in anno,
da quel momento, i paesi si spopolarono e la terra simpover, e conti-
nua a impoverirsi ancora oggi.
Aiuto alla lettura
Saverio Strati lo scrittore che, pi di ogni altro, si occupato di
ndrangheta nella sua vasta produzione letteraria. Nel primo roman-
zo, La marchesina (1956), la ndrangheta pi che unassociazione a
delinquere un modo di essere, una ristretta concezione della vita.
Domenica, la protagonista, rimasta vedova giovanis sima, si conso-
la con un adole scente. Quando il cognato mafoso scopre la tresca,
il giovane viene allontanato, ma non ucciso, perch la ndrangheta
non ammazza i minorenni. Una conclusione troppo bella per essere
vera. La cronaca ha purtroppo dimostrato il contrario.
In La teda (1957), la ndrangheta non detta regole, non ha rap-
porti con il potere padronale e politico, ma distingue gli uomini
dagli infami. Strati comincia a mettere in discussione il presunto
buonismo degli ndranghetisti. A Terrarossa, la ndrangheta ri-
spetta solo le proprie donne e quelle degli amici. Cicca disonorata
da un picciotto si uccide. Tutti sanno chi lha stuprata, ma nes-
suno parla. Lomert cuce la bocca in questa citt dove la gente fa
luce con la scheggia di pino.
In Mani vuote (1960), la ndrangheta conquista il proflo crimi-
noso dellassociazione a delinquere in una Calabria che, dopo il
ventennio fascista, torna ad emigrare. una malavita che sac-
cheggia e deruba pastori e contadini e che calpesta le regole del-
lonore con tradimenti e delazioni. Rispuntano gli americani che
hanno qualcosa in pi: cammi nano in piazza col brigadiere, da
signoroni, mentre muovono la matassa di tutta la malavita.
Le degenerazioni dellonorata societ vengono riprese ne Il
46
S. Strati, Il selvaggio di Santa Venere, Milano, Mondadori, 1987 (I ed. 1977),
pp. 9-10.
216
selvaggio di Santa Venere, il romanzo nel quale lo scrittore di
SantAgata del Bianco ripropone il tema della mala vita come ri-
sposta allimmobilismo sociale. anche il romanzo nel quale,
per la prima volta, com pare la parola ndrangheta. Il protagonista
Leo, un giovane insoddisfatto della propria vita. Scrive Strati
46
:
Era isolato, non vedeva nessuno, non aveva dove andare, non
esisteva una sezione di partito, o un cinema, o un bar. Tuttal pi
si stava in piazza, e i vaccari si aggruppavano fra di loro; e i fgli
degli artigiani saggruppavano anchessi fra di loro. Divisi dun-
que si era anche fra poveri. Perci, per non rimanere tagliato fuo-
ri, per non essere sfottuto e ritenuto animale, una povera anima
si aggregava alla ndrina. Per essere protetto e per sentirsi uomo,
dato che gli dicevano: tu sei omo.
La ndrangheta gli offre la possibilit di sottrarsi allisola-
mento sociale e al controllo del padre che vuole fare di lui uno
zappatore. Lincontro con Santo gli cambia la vita. Leo rimane
affascinato dalle gerarchie, dal linguaggio e dalla retorica della
47
Ibidem, p. 21.
217
ndrangheta. A convincerlo proprio Santo con la sua parlanti-
na
47
. Il testo chiarisce bene che cosa signifca giustizia nella
logica ndranghetista.
Scheda dellAutore
MARIO LA CAVA
(Bovalino [Reggio Calabria] 1908-1988)
Mario La Cava, uno dei pi importanti scrittori calabresi, indaga il mondo
contadino e le ragioni che muovono la societ paesana.
Da un lato luomo umiliato e dallaltro il mito del padrone, lo stato di
prepotenza.
Nei suoi scritti si afferma la volont di una ragione, che quella superiore
dello scrittore, di liberare i pi deboli concedendogli la parola. La Cava
analizza con grande acume i caratteri di un mondo chiuso alla libert e
osserva uomini perduti nel fascino di un potere che non permette lattua-
218
zione del pensiero. Lignoranza si tramuta in malattia sociale ed il potere mal
gestito governa le logiche di una falsa e dannosa giustizia.
Opere: Caratteri (1939); Mim Cafero (1959 - 2 ed. 2006); Vita di Stefano
(1962); Una storia damore (1972); I fatti di Casignana (1974); Viaggio in
Egitto e altre storie di emigranti (1986); Una stagione a Siena (1988).
Testo
[Scrive La Cava, raccontando il dialogo di Cafero con il futuro suoce-
ro, il signor Montevergine]
48
:
Scese dal carrozzino, ed entr dal portoncino come se si avviasse
non a una casa amica, ma alla stazione nella fretta di prendere il treno.
I suoi occhi rossi mandavano famme di sdegno, e i capelli neri uscenti
dal berretto scomposto incorniciavano un volto tetro. Le grosse labbra,
sigillate, non si aprivano nemmeno a quel sorriso stento che gli era
naturale, e tutta la sua fgura vestita di scuro sembrava limmagine del
rancore e della vendetta.
Parl per primo, senza farsi interrogare, e disse: Ecco come fun-
ziona la giustizia in Italia! Ecco a che punto siamo arrivati, che si ar-
disce condannare un innocente come Michele Campagna, senza alcuna
prova di reato, dico senza alcuna prova, per semplici indizi dati da tra-
ditori e vigliacchi
Ah! Lhanno condannato? E a quanti anni? chiese il signor Mon-
tevergine, non molto convinto dellinnocenza di quel Michele Campa-
gna, conosciuto in citt da tutti come il capo della malavita del luogo.
A ventiquattro anni, signori miei! Lhanno condannato a ventiquattro
anni! Ma voi avreste dovuto vedere il contegno di quelluomo, sempre
un signore Io mi trovavo in mezzo alla folla al processo, non mi sono
potuto avvicinare a salutarlo, mentre era nella gabbia, giacch i carabi-
nieri lo impedivano. Ma lui, alto, in mezzo agli altri imputati, rispondeva
appena, sdegnosamente, alle domande del giudice, e poi, quando sent la
sentenza di condanna, disse soltanto: Avete condannato un innocente!
. Non cambi per questo di colore nel viso e io sono sicuro che se fosse
48
M. La Cava, Mim Cafero, Soveria Mannelli, Ilisso Rubbettino, 2006, pp. 115-
116.
219
stato libero avrebbe fatto una poltiglia di quella gente che si compiaceva
del suo dolore. Perch l non tutti erano favorevoli a lui, quelli favorevoli
a lui erano stati disperse, io cero, s, ma gli altri erano contrari. Si capisce
che dovessero applaudire alla sentenza, poich ormai di fronte a un uomo
legato non cera da aver paura. Ma ancora non tutto perduto. Gli avvocati
hanno ricorso in Cassazione, e per quanto ci siano poche speranze con un
governo simile che non fa giustizia, pure chi sa! E allora infelici coloro
che lo hanno tradito! Dove si nasconderanno, dove?
Ma io ancora non capisco perch lhanno condannato Una ra-
gione ci devessere
La causa stata che avrebbero giustiziato, a quanto un traditore
ha rivelato, un miserabile che lo aveva offeso. C chi dice che lo abbia
ucciso lui, c chi dice che sia stato semplicemente mandante. Non
risultato chiaro. E voi, giudici, nel dubbio condannate a cos grave pena
un uomo che poi, del resto, non era cattivo?
Chi sa come hanno visto la cosa i giudici
che Michele Campagna faceva ombra a parecchi. Egli, come
sapete, era amico intimo di molti onerevoli del passato regime, poi-
ch egli era un signore e aveva infuenza. Il nuovo governo ha volute
sbarazzarsi di lui, per proteggersi da uneventuale ripresa del vecchio
regime Una porcheria, vi assicuro, non c pi libert
Gi, non c libert rispose il signor Montevergine, non molto
rammaricato della cosa; e continu: Dicono che fosse capo della ma-
lavita, c chi lo vantava come fosse un gentiluomo, e chi assicurava,
invece, che aveva la sua parte nelle ruberie che accadevano.
Io, come sapete, ero amico; perci sono tanto abbattuto So io il
braccio forte che ho perduto! Poich Michele Campagna era un uomo
che sapeva rispettare gli amici. Si intrometteva lui e aveva tali poteri sui
delinquenti da saperli sviare come meglio credesse. Certamente non si
metteva di impegno a difendere quelli che gli mancavano di rispetto
E poi non credo che egli avesse la parte nelle ruberie degli altri. Gli ba-
stavano i regali che riceveva, per vivere bene. Quando poi al delitto che
gli hanno attribuito, non so cosa ci sia di vero in tutto questo Certo che
quel delinquente se lo doveva meritare di essere trattato in quel modo
Io dico che se Michele Campagna si fosse fatto i fatti suoi, non gli
sarebbe capitato quello che gli capitato
Ma come poteva farsi i fatti suoi? Ormai si era messo nella po-
litica, e non poteva trarsi indietro. Perch al fondo di questo processo,
220
c sempre la politica. Ora la ruota girata dallaltra parte, e Michele
Campagna dentro. Domani chiss!
S, la politica centra, lo credo anchio ammise il signor Mon-
tevergine.
Aiuto alla lettura
Mario La Cava nel romanzo dal titolo Mim Cafero, pubblica-
to nel 1959, comprende benissimo lhumus nel quale attecchisce
la ndrangheta che si nutre di consensi. Il protagonista ragiona,
pensa, agisce da ndranghetista, pur non essendo legato a nessuna
organizzazione criminale. In particolare, Mim Cafero mafoso
nei comportamenti, nel modo di pensare, non solo quando deci-
de di vendicarsi dellamico che gli aveva fatto contrarre la sifli-
de, ma anche quando non perde occasione per difendere Michele
Campagna, il capo della malavita del luogo.
Il rapporto con la politica fondamentale per comprendere
lessenza delle mafe. Senza la politica, la ndrangheta non sa-
rebbe ndrangheta. Spiega Francesco Forgione, presidente della
Commissione Parlamentare Antimafa: Parliamo dellorganizza-
zione mafosa meno studiata, meno conosciuta anche perch pi
impenetrabile, pi ramifcata territorialmente in Italia e allestero.
Tutti gli inquirenti e le recenti indagini giudiziarie ci dicono di
unorganizzazione che ha conquistato un suo primato nel traffco
degli stupefacenti su scala mondiale. E questa forza accumulata
anche in virt della sua struttura familiare che lha protetta dal fe-
nomeno dei collaboratori. Ma unorganizzazione che ha tessuto
una ragnatela di rapporti col mondo economico, col mondo poli-
tico, con un potere che in Calabria vive anche di relazioni occulte
e massoniche in forme pervasive
49
.
Limportanza del consenso non era sfuggita neanche a Stendhal,
il quale durante un viaggio in Calabria nella prima met dellOtto-
cento cos annotava: Prima o dopo il calabrese si batter benissi-
mo per gli interessi di una societ segreta, che gli sta montando la
testa da dieci anni a questa parte. Sono gi passati diciannove anni
49
Relazione programmatica del presidente della Commissione antimafa On. Fran-
cesco Forgione, 6 dicembre 2006.
50
Conferenza di Gianfranco Manfredi al Convegno Nazionale Sicurezza Urbana,
Lamezia Terme, 12 gennaio, 2006.
221
da quando il cardinal Ruffo ebbe unidea del genere: probabil-
mente queste societ (defnite dallautore stesso come una sorta
di carboneria di campagna) esistevano magari prima di lui
50
.
Scheda dellAutore
LUCA ASPREA
(Oppido Mamertina [Reggio Calabria] 1928-Roma 2005)
Luca Asprea lo pseudonimo di Carmine Ragno. Sacerdote, fgura inquie-
tante della chiesa calabrese per la sua volont irriducibile di appartenere,
contemporaneamente, alla chiesa e al mondo affascinato in particolare dalla
fgura femminile. Il suo romanzo Il Previtocciolo (pubblicato da Feltrinelli
nel 1971 e ripubblicato integralmente, con largo successo di pubblico, da
Pellegrini Editore nel 2003) uno spaccato vero di vita, vissuto dallo scrit-
tore in una Calabria dominata dai poteri oscuri, dalla miseria e nella quale il
seminario poteva garantire, con molte delle sue contraddizioni di carattere
222
logisticoe, spesso, di carattere falsamente spirituale, un riparo dalla strada. Il
romanzo unisce al linguaggio dialettale quello in lingua e ci rivela lambiente
mafoso crudele, la sua genesi, i suoi sviluppi e i suoi principi.
Opere: Il Previtocciolo (1971 - 2 ed. 2003).
Testo
Il Previtocciolo
51
Quando arrivai ai Previti, sia Peppe Ballotta, sia il ragazzo Ciccr-
ro, mi accolsero festosamente. Ciccrro mi era affezionato perch spes-
so, nellestate, al meriggio nella fumara, ci scambiavamo il pane [].
Poco dopo con Ballotta eravamo seduti sotto un gigantesco e pampano-
so albero dulivo, i cui rami allintorno quasi lambivano le felci, come
un salice piangente. Era primavera: marzo. La natura germogliava. Bal-
lotta invece seminava nel mio cuore, nella mia anima, nel mio cervello.
Dapprima risi vergognoso e timido per il fatto che un malandrino di
quel calibro si degnasse dinsegnarmi cose misteriose, segrete, che mi
avrebbero elevato alla stessa importanza. Poi ascoltai con disinvoltura.
In seguito anche con fascino. Non gli confdai mai, per, che desideravo
di entrare in Seminario, o presto o tardi. Se uno, in qualunque luogo, ti
facesse questa domanda (inizi egli enfatico ed agitando la montagna di
capelli ricci, che non riuscivano a diminuirgli il capo taurino):
Giovanotto, voi che siete?
lupo, ape, cannuccia di pipa
o cacajcciolo di capra?
Oppure:
Giovanotto, che stanziate?
grugno o piede di pero?
tu sapresti rispondergli a dovere?
No! risi. Nessuno me lha insegnato mai.
Bisogna rispondere cos: Badate a parlare, perch qua c gente
degna e meritevole e con sangue agli occhi! Allora lui ti pu toccare
i tasti per accertarsi se sai rispondere con le regole sociali, a quale so-
51
L. Asprea, Il Previtocciolo, Cosenza, Luigi Pellegrini Editore, 2003, pp. 177-182.
223
ciet appartieni; con quale onore appartieni, cio che posto occupi e
che grado, nella Societ; insomma, per assicurarsi se veramente sei un
uomo degno e meritevole e con sangue agli occhi. Guai, se non sapessi
rispondere! Quindi cominciamo ad imparare di che cosa si compone la
societ, di quanti membri, di quali e quanta dignit.
Il primo gradino della scala tenuto dal Giovane donore.
Si elegge con una sola votazione.
Per fare questa votazione si riuniscono:
Il Capo Giovane della Minore;
Il Puntaiolo, cio il contabile della Minore. Tutti e due devono ap-
partenere al medesimo Circolo Sociale. Devono esserci altre reclute at-
tive e devono essere cinque.
Di fuori Circolo Sociale devono presenziare:
Il Camorrista di Testa, il quale lemissario della Maggiore, quale
Ispettore per la Minore; e il Picciotto di Giornata, il quale ha il potere di
sequestrare le armature ai minori della Societ formata. Difatti, prima
sequestra le armature e dopo formano.
Oltre a questi devono presenziare altri Picciotti Attivi. Pi ce ne
sono e meglio . Giovane donore pu essere fatto un bambino di qua-
lunque et; anche un bambino in fasce. Quando egli sar alluso della
ragione, comincer ad imparare le regole sodali.
Secondo gradino sociale: il Picciotto, detto anche recluta, o mezza
gavetta, o mezza pmpina.
Se il rialzando non Giovane donore, si crea Picciotto con due
votazioni; se invece Giovane donore, basta una sola votazione, quella
di recluta.
Lelevazione a Picciotto deve avvenire in una aperta campagna. I
presenziatori devono essere o cinque o pi di cinque. Mai meno di cin-
que. Se per un caso di emergenza sono meno di cinque, allora si prende
un fazzoletto e si fanno tanti nodi, quanti presenziatori mancano per
arrivare a cinque.
Parole per formare un Giovane donore e cerimonia.
Il Giovane donore sta nel mezzo fra il Capo-giovane e il Puntaiolo
(Contabile della Minore).
Inizia a parlare il Capo-giovane e dice: Col permesso del Camorri-
sta chiniamo la testa Capo-giovane e Puntaiolo.
224
Si dice cos perch presenzia anche il Camorrista di Testa, quale
emissario e Ispettore della Maggiore.
Prima il Capo-giovane e poi il Puntaiolo dicono:
Passo la mia prima votazione
franca e libera in attivit.
Se fno ad ora ho, riconosciuto questo
giovane come uno qualunque, dor a
in avanti lo riconosco come giovane donore
appartenente alla Societ.
Seconda votazione:
Passo la mia prima e
seconda votazione franca
e libera e formativa in attivit.
Se prima riconoscevo tizio come un
giovanotto donore, dora in avanti
lo riconosco come un fedele compagno mio.
Divider con lui giusto per giusto;
soldo per soldo;
centesimo per centesimo,
fno allultimo millesimo.
Segli porter raggiri, infamit,
debolezze e macchie donore, andranno
a carico suo e a discarico della Societ.
Questa fu la prima lezione chebbi come aspirante a Giovane
donore.
La sera, alla scuola serale della Maistra, mentre dicevo il rosario
assieme a lei, alla signorina Anna e a Ntonarella la sorda, amichetta
scorbutica e musona, le regole sociali mi venivano in mente e la lingua
cadeva nella tentazione di ripeterle e il saluto del lAngelo alla Madonna
sintrecciava, mio malgrado, con le regole sociali create da Os, Mastrs
e Carcagns, fondatori della Camorra, venuti dalla Spagna e sbarcati a
Palermo.
225
La paura del peccato mi tormentava per un lato; lorgoglio e la co-
scienza di essere qualcosa mi gonfava dallaltro. In certi istanti sentivo
una gioia incontenibile, che non riuscivo a nascondere. Se avevo delle
compagne vicine le carezzavo, le pizzicavo, le infastidivo. Credevo che
tutto mi fosse permesso, ormai. Della Maistra non avevo pi paura e
lei sbalordiva e mi ricordava che se diventavo un cavallo sfrenato, mi
bisticciavo con qualcuno, mi macchiavo la condotta e non potevo pi
entrare in Seminario. I compagni cominciai a considerarli delle schiap-
pe, dei cardoni, dei contrasti, dei bastardi, perch non erano avviati ad
essere Giovani donore e Picciotti.
Se temevo qualcuno, cominciavo a pensare, a ruminare il modo di
farlo fuori, senza cadere nelle mani degli zaff e senza che alcuno se ne
accorgesse. Gli uomini adulti non mi facevano pi n paura n ombra:
ero convinto che tutti mi dovevano rispetto come ad un uomo. Da parte
mia rispettavo i degni e i meritevoli; e li intuivo infallibilmente quali
erano. I contrasti cominciarono a sentire subito il peso della mia ven-
detta.
Verso la fne di marzo sapevo gi perfettamente quello che Peppe
Ballotta mi aveva detto, spiegato e ripetuto nella prima lezione .
Nella seconda lezione imparai le regole e i doveri e i diritti del Pic-
ciotto. Il Giovane donore non ha n diritti n doveri. guardato con
occhio di passione. E perch venga eletto non sono necessarie tante
ricerche. ancora un bambino; e basta che appartenga a una famiglia
senza macchia nellonore.
La seconda lezione che imparai: regole, doveri e diritti del Picciotto
Quando la Societ vi ha rialzato
di che cosa vi ha dotato?
Mi ha dotato di sette cose belle!
Quali sono queste sette cose belle?
Esse sono:
1) Omert
2) Fedelt
3) Politica
4) Falsa-politica
226
5) Carta e penna
6) Coltello
7) Rasoio
1) Che cos lOmert?
LOmert la legge base della Societ Onorata. Essa lopposto
dellarroganza e dello spirito di vendetta. Insegna il bel tatto, le belle
maniere, leducazione, la gentilezza, la bont, la persuasione con le
buone e col ragionamento. Insegna a marciare con spirito di passio-
ne, cio di benevola comprensione e mai con spirito di vendetta.
Quando lOmert diventa falsa-omert?
Lomert pu diventare falsa-omert, cio fnta bont, accondi-
scendenza, gentilezza, trappola insospettata di morte ai riottosi pre-
potenti incorreggibili che portano lindividuo con le spalle al muro; e
agli infami e agli indegni, che sotto il nome della Societ commettono
infamie, male azioni e criminalit. Per legge lOmert in questi casi
il reo sopportato in apparenza; e poi eliminato nel pi assoluto
silenzio. Esiste da quando luomo sulla terra cominci a vivere in
piccoli gruppi. Fu praticata da sempre e viene praticata tuttora da ogni
governo e da ogni religione. Essa fu sempre e lo tuttora il fondamento
e il corpo dogni governo e dogni religione, e la camorra, palese, cio
legalizzata, o coperta, il sangue di tale corpo.
2) Che cos la Fedelt?
La fedelt lattaccamento sincero alla Societ, ai Mastri, ai fedeli
compagni e alla pratica perfetta delle regole sociali.
3) Che cos la Politica?
la bellarte che cinsegna a vivere in gentile, amorosa e sincera
armonia con tutti i degni e meritevoli, e specialmente coi Mastri e coi
fedeli compagni.
4) Che cos la falsa-politica?
larte che insegna come trattare con gli indegni prepotenti, con
linfami e coi sbirri.
227
5) La carta e la penna a che servono?
Per fare conti e sottoconti alla Societ: centesimo per centesimo,
sino allultimo millesimo.
E la Societ ha bisogno del centesimo?
Scusate, col vostro permesso, la Societ con una mano butta la car-
ta da mille; con laltra si chiama il centesimo.
6) Il coltello a che cosa serve?
Il coltello serve per difendere il mio Mastro, in caso di una questio-
ne, cio rissa: scavallo me e incavallo lui.
E voi come fate, senza armatura?
Mi metto dietro le sue spalle e formo uno specchio.
E se voi siete scavallato come scavallato il vostro Mastro?
Lo difendo con qualsiasi armatura possa recapitare.
7) Il rasoio a che serve?
Per sfregiare la faccia agli infami: entra dolce ed esce amaro.
Cos il Picciotto di Giornata?
Il Picciotto di Giornata una Sentinella domert, che passeggia
per le strade e ogni 24 ore porta novit. Con un piede alla tomba e uno
alla catena; col pugnale alle mani, difende un Corpo di Societ.
Dopo la seconda lezione per liniziazione alla Societ Onorata, di-
ventai pi saggio, pi calmo; capii che non dovevo essere insultatore,
riottoso, prepotente. Questo me linsegnava la defnizione dellOmert.
Per, se fossi stato insultato da altri, non avrei dovuto mostrarmi debo-
le. Scagliati, minsegnava Peppe Ballotta, e rompigli i pruna! E se
qualcuno ti sfda, insisteva, non ti rifaldare; ma parola detta e colpo
menato! mi raccomandava enfatico, con occhi da mastino minacciato.
Ha la meglio, affermava, chi colpisce per primo. Meglio in galera,
concludeva convintissimo e sicuro, che ai cipressi! Perch dalla galera
c speranza duscire; ma dalla fossa no.
Quel modo di parlare mi elettrizzava, mi riempiva duna gioia in-
contenibile e pericolosa. Egli era meravigliato ed entusiasta per i pro-
gressi giornalieri che facevo nellapprendere le regole sociali. Per la
mezza madonna! esclamava, io ho dovuto fare un anno di carcere
228
per imparare queste regole e tu in pochi giorni ne sai gi quanto me.
Ce n gnogna qui dentro! mi diceva soddisfatto, mentre mi dava i
nocchini lievi lievi sulla fronte, con lindice e col medio ricurvi della
terribile mano, che aveva il sapore di legno, di bastone nocchieruto e
stagionato. Le sue dita enormi, infatti, mi richiamavano i bastoni che
i macellai portavano al braccio, quando andavano a fare abigeato nel
versante ionico, o a comprare, a prezzo vile, bestie dabigeato. Egli era
orgoglioso di me; io ero orgoglioso di lui. Qualche giorno mi ringra-
zier tuo padre, mi diceva pi che convinto. Lui un granduomo di
vita (cio un navigato nella Societ Onorata). Lo fu in America, dovera
Capo-Societ a Goodland; lo fu sotto le Armi e lo anche adesso. Ma tu
ancora non devi dirgli niente; se lo sa mammazza!.
In vero, nessuno sapeva niente delle mie cose; o meglio, ciascuno
conosceva i rapporti che aveva con me ma nessuno sapeva i rapporti
229
che avevo con gli altri. I miei genitori sapevano che io andavo a scuola
comunale la mattina; e la sera a ripetizione dalla Maistra [].
Aiuto alla lettura
La ndrangheta di don Luca Asprea, pseudonimo di Carmine
Ragno (1928-2005), quella della memoria, della fanciullez-
za. Avevo nove anni, quando mio padre rientr dallAmerica,
racconter in unintervista molti anni dopo la pubblicazione del
suo ro manzo Il Previtocciolo (1971). Contrariamente a tanti al-
tri paesani, i suoi bauli a Messina non vennero neanche toccati.
Cera di tutto: una pistola, un fucile a doppia can na, generi ali-
mentari, vestiario. Ho un bel ricordo di mio padre. Era un uomo
straor dinario, tenuto in gran conto in seno alla ndrangheta. Luca
non segue le orme paterne. A quattro anni, mentre con il fratello
e con lo zio Lalo assiste ad una processione davanti al Duomo di
Oppido Mamertina, esprime il desiderio di diventare prete. Mi
rimase impressa quella lunga parata con il vescovo benedicente,
preceduto da decine di seminaristi e previtoccioli. Nonostante
questa precoce vocazione, fa in tempo ad ap prendere le regole
dellonorata societ. Quando la sera ci riunivamo, spesso con-
fondevo i misteri del rosario con quelle della ndrangheta.
Ancora oggi, i codici rivestono unenorme importanza in seno
alla ndrangheta. Recenti indagini condotte attraverso luso di in-
tercettazioni ambientali hanno accertato lattualit e la validit di
questi rituali che dal 1896
52
ad oggi hanno subito po che modif-
52
Nel 1896 venne sequestrato a Seminara il primo codice della picciotteria.
230
che. Codici riconducibili alla ndrangheta sono stati sequestrati
anche in Canada e in Australia.
Scheda dellAutore
DOMENICO CUPPARI
(Laureana di Borrello [Reggio Calabria] 1932).
Di famiglia assai povera, rimane orfano del padre allet di otto anni. Suc-
cessivamente viene mandato dalla madre a prestare servizio nelle terre di
ricchi possidenti. Allet di diciotto anni, accusato di furto e anche di
aver ferito un giovane. Innocente, , tuttavia, condannato come malato di
mente e sconta ventidue anni di carcere nei manicomi criminali di Pozzuoli
e Barcellona. La sua scrittura si concentra nella narrazione della propria
drammatica esistenza (manicomio, repressione, indifferenza dei medici e
delle strutture carcerarie).
231
Ne Il retroscena vengono messi a fuoco i processi sociali ed il rapporto con una
giustizia che schiava di un potere che affoga la libert entro un conformismo
disumano.
Opere: Il retroscena (1975); Killerismo antico e moderno (1997).
Testo
tre spari nella notte
53
Arcangelo Alessandri, dopo alcuni giorni dalla sua escarcerazione,
and a trovare il giovane Paolino, con una entusiastica manifestazione
fliale! E nella loro conversazione, do mand come si trovava nella sua
nuova sistemazione. Il giovanotto, nella sua in genuit, quasi si com-
mosse di tanta manifestazione di stima! E rispose che non poteva tro-
varsi meglio di cos.
La sera, la ragazza si mostr piuttosto nervosa, per, cerc di non
farlo accorgere al giovane! E lui, drogato dal suo travolgente corpo, non
chiese il motivo
Forse, perch lei, conosceva bene lAlessandri e sapeva che la sua
generosit, aveva un prezzo altissimo
Ma lei, nulla poteva, perch era un oggetto suo e doveva solo ub-
bidire!
Un pomeriggio, Arcangelo Alessandri, compar in compagnia della
giovane donna sulla 500, e scendendo senza neanche guardarla, a denti
stretti, bianscic: Puoi andare! Lei, vedendo a Paolino in mezzo
alla porta, fece un lieve cenno col capo e ripart.
Egli, senza muovere neppure un muscolo dalla faccia, come vide
la donna allontanarsi, gli and incontro allAlessandri e gli strinse la
mano calorosamente.
E nello stesso tempo, esclam:
Oh, caro compare Arcangelo!
Questi, lo cov alcuni istanti compiaciuto, perch da intenditore di
53
D. Cuppari, tre spari nella notte, da tre spari nella notte, in Calabria oggi, 1
dicembre 1977. Questo brano stato pubblicato per la prima volta nel libro di Pasquino
Crupi, op. cit., pp. 139-151.
232
elementi, si rese conto che oramai poteva disporre per qualsiasi cosa di
lui!
E con pacate ed esitanti parole, rise:
Comparuccio, sono venuto, perch desidero che facciamo, un gi-
retto insieme
Compare, io sono ben lieto di assecondare il mio benefattore!!!
Non esagerate troppo, perch, niente quello che ho potuto fare
per te, in confronto a ci che meriti
Perci, chiudi che partiamo!
Va bene, compare, entro un solo momento per prendere qualco-
sa.
E nel fnire questo qualcosa, rientr in casa e pochi istanti dopo,
si vedeva che si inflava alla cintola dei pantaloni, una grossa pistola
automatica.
LAlessandri, lo osserv da mezzo la porta furtivo e soddisfatto.
Il giovane Paolino, con il volto pieno di contento, usc e facendo
scattare la porta, fece:
Ecco, compare, ora possiamo andare!
LAlessandri, annuendo col capo, apr lo sportello sinistro della Si-
mca, posta a pochissima distanza dalla porta e, si accomod. Subito
imitato dal giovane che si mise al volante.
Per, prima di partire, si misero ciascuno un paio di lenti scuri, il
primo traendole di una tasca della giacca ed il secondo dal cruscotto
della macchina.
Dopo un minuto o due, Paolino part lentamente e lAlessandri, si
mise ad agitarsi!
Come un tizio che aveva un qualcosa in corpo
Il giovane, gli diede unocchiata furtiva e fece: Compare, c
qualcosa che non va?!
No, comparccio, va tutto bene
Solo ci sono un poco di malandrini che cercano di darmi qualche
fastidio!
Paolino, ricordando il giro notturno fatto con Peppe Mantelli, pen-
so, subito agli individui nominati.
E sentendo il dovere di fare qualcosa per il suo protettore, con muso
duro, bianscic:
233
Chi sono, costoro?!
Comparuccio, non te lo dico!
Perch, non desidero il loro male
Compare, nessuno vuole il male di un altro, a condizione che non
cerca di crearne ad altri!
Bravo, comparuccio, hai una perfetta logica, nel rispondere
Ma siccome, ti stimo molto, voglio confdarmi con te ! Sono elementi
che ho anche benefcato, comparuccio mio
Ed ora, cercano di menare calci, vero?!
Purtroppo, vero
Sin oggi, non pens nessuno a costoro?!
Non che, non pens nessuno, sono stato io!
Diciamo che, non lo permisi
Non trovaste gli amici, giusti!
Perch, se li avevate trovato, il permesso se lo prendevano da
soli
Forse, hai ragione, mio caro Paolino!
Ma posso anche dirti che, qualcuno, lo avevo trovato
Per, non sono un essere malvagio di approfttarne..
Non si tratta di approfttare, per, quando necessario!
Con questo, vi prego di dirmi chi sono, questa specie di malan-
drini!
Cos, vediamo quello che si pu fare
B, comparuccio, non dovrei dirtelo, per, visto che insisti, sono:
Ciccio Staltaro, Antonio Del Duca, Masi U Carabiniere, o
meglio Tommaso Palermi, Andrea e Lucio Ippolito e i cugini Sandro
DAmico e Vittorio Castelli.
Bene, vedo che sono gli stessi che mi aveva parlato compare Peppe!
Quando?!
Una notte che abbiamo girato un poco!
Non doveva farlo, perch non voglio che gli amici, si agitano il
sangue, per certi miserabili
Compare, i veri amici, non debbono solo agitarsi il sangue, ma
fare con intelligenza, quello che non potete fare voi!
Sarebbe cos, ma io, non voglio
Compare, o volete o no, io sento che debbo fare qualcosa contro
234
questi indegni!
Tanto, i pi li conosco e, quelli che non conosco, me li far indi-
care di compare Peppe
Comparuccio mio, non parlare cos, altimenti, farai diminuire la
mia stima!
Compare Alessandri, voi parlate cos, perch siete molto buo-
no
Io, far in modo che nessuno sapr niente!
Perch, sapr anche come camuffarmi
Solo, voglio che nessuno sappia!
A tutto il resto, lasciate fare a vostro compare
Appena il giovane Paolino, fn lasciate fare a vostro compare,
lAlessandri con una gioia interna, lo sogguard per alcuni istanti, con
una strana luce negli occhi, poi con voce un poco incrinata dallemo-
zione, respir:
Comparuccio mio, io non desidero che fai tanto, per me
Paolino, come un esaltato, rise:
Compare, questo, soltanto un mio dovere!
Dovere, che ogni vero amico, dovrebbe fare
Comparuccio, vedi che io, non voglio sapere niente!
Il non voglio sapere niente di Arcangelo Alessandri, signifcava:
Per, Paolino puoi passare allazione Sicch, dopo di queste
parole, fra i due, si fece un lungo silenzio.
Finalmente dopo una diecina di minuti, giunsero in un incrocio e
luomo rivolto al giovane, fece: Comparuccio, qui si chiama Tre Don-
ne, ed abbiamo il nostro Ciccio Staltaro!
Sinceramente, un pezzo di bastardo
E cornuto!
Rise Paolino a m di risposta.
LAlessandri, conferm con un vigoroso tentennamento del capo.
Dopo altri sei o sette minuti, giunsero in vista di un villaggio.
E luomo, accendendosi una sigaretta, bofonchi: Questo Vil-
laggio Terranova, ove abita il nostro Duca
Un bel tartaro!
Rugg il giovane, tra i denti.
235
LAlessandri, con un occhio fsso sul suo giovane amico e con lal-
tro, su una casa a due piani pittata di rosso, mormor:
S, proprio, un tartaro
Ed abita, in quella casa!
Paolino, addocchiandola furtivo, fece un lieve cenno con il capo.
Dopo i due uomini, continuarono silenziosi, perch la loro conver-
sazione sembrava priva di mordente!
Forse, perch pensavano la stessa cosa Cos, per un quarto dora
o meno, nella macchina a volte si udivano soltanto i loro respiri, poi si
inflarono fra un folto oscuramento di olivare, in una strada di terra bat-
tuta. E passando vicino ad un tre o quattro casette in parte con le mura
sul margine della strada, luomo a bassissima voce, biancic:
Queste abitazioni, sono di due buoni amici
Come Tommaso Palermi, Ciccio Staltaro ed il Del Duca?!
Ghign il giovane, con sarcasmo.
LAlessandri, sempre bonario, rise:
Anche un pochino peggio!
Oh, allora, sono meritevoli di una ottima festa
Non dico di no!
Per, bisogna saperla organizzare, perch sono molto velenosi
B, si organizza a dovere, e poi si trattano con le maschere anti-
veleni!
LAlessandri, sorrise come uno strano fantasma, nella oscurit del-
la macchina e, dopo alcuni secondi, mormor: Comparuccio, qui si
chiama Malafemmina!
Va bene, compare, se non lo ricordo, cercher di non dimenticar-
lo
Finalmente dopo una ventina di minuti, giunsero nelle vicinanze
dellabitazione dei due cugini.
E Paolino, ricordando le raffche di pistola e le rintronanti fucilate,
fra i denti, ringhi:
Sdisonorati, sapr ben io, preparare la vostra festa!
LAlessandri, lo sbirci di sottocchio e rise:
Chi c, comparuccio?!
Niente, compare!
Solo ci sono altri due miserabili che sparano a vista
236
Ah, gi, io non lo ricordavo!
Per, lo ricordo bene io
Ma posso dirvi che non per molto!!!
Dopo questa passeggiata in macchina Arcangelo Alessandri, scom-
par dalla circolazione! Ed il giovane Paolino rimase, in balia della bella
Maria e, dei suoi cattivi pensieri
Peppe Mantelli, si faceva vedere raramente, perch non era il caso
di coltivare ancora un elemento gi maturo!
Seppure, il giovane Paolino, talvolta sentiva una interna sensazione
di proporre alla donna di scappare!
Per, la respingeva con rabbia nel lato pi recondito del suo essere,
perch gli sembrava un atto di vilt, dopo tanto bene da parte dellAles-
sandri.
E ruggiva a for di labbro un qualcosa di inconcepibile e si limitava
ad amarla, con pi intensit.
Lei, non si ribellava mai, perch doveva recitare la sua parte sino
allultimo.
Cos trascorsero, un venti o venticinque giorni dalla comparsa di
Arcangelo Alessandri, sotto una indefnibile tensione nervosa, alleviata
dallamore della bella Maria.
E dopo, un pomeriggio, discese nel nascondiglio e si camuff con
una parrucca bionda, poi pigli un corto mitra dalla rastrelliera e tre
caricatori della cassetta e ne inser uno. Una volta camuffato ed armato,
risal nella camera e si infl una specie di tuta verde. Ed intascando an-
che una calibro 9, prima si affacci furtivo dalla porta e, non scorgendo
nessuno, usc e fece scattare la stess dietro di s. Appena fuori, respir
profondamente e sal sulla Simca e si allontan dalla abitazione a passo
duomo.
La sera, allimbrunire, in contrada Briganti, vennero falciati a raf-
fche di mitra davanti la loro casa, i cugini Sandro DAmico e Vittorio
Castelli, insieme ad un cane che si era avventato sullassassino.
Assassino, rimasto ignoto!
Dopo una quindicina di giorni dalla esecuzione dei due cugini,
con la stessa tecnica, in pieno giorno, in contrada Malafemmina, ven-
237
nero uccisi i fratelli Ippolito.
Nulla si seppe delle mani esecutori!
Al giovane Paolino, nessuno faceva domande Solo che la bella
Maria, era divenuta un poco fredda nei loro incontri.
Ma lui, preso dal pensiero di uccidere, non faceva caso!
Cos, con impressionante gradualit, uno dopo laltro, entro un in-
tervallo di tre mesi, quali a raffche di mitra e quali a pistolettate, ven-
nero uccisi prima, i cugini DAmico e Castelli, poi, i fratelli Ippolito,
Tommaso Palermi, Antonio Del Duca e Ciccio Staltaro.
Questultimo, insieme un suo cane lupo ed una capra!
Questo, perch il giovane Paolino, a forza di uccidere, evidente-
mente, veniva contagiato dallodore della morte
E provava molto gusto, nelle varie esecuzioni!
Poche, erano le testimonianze dalle sue imprese, perch venivano
eseguite con molta intelligenza. E di conseguenza, le forze poliziesche,
brancolavano nel buio.
E la giovane donna, non sempre era regolare agli appuntamenti!
Perch, qualche sera, addirittura non compariva nessuno, e lui do-
veva arrangiarsi con dei resti del giorno, o dalla sera precedente.
E giorno dopo giorno, sembrava crearsi anche una strana atmosfera
ostile attorno a lui!
Atmosfera che poteva di un momento allaltro travolgerlo
Finalmente, dopo un tredici o quattordici giorni dallultima esecu-
zione, la ragazza si mostr particolarmente affettuosa con lui, e dopo
avere fatto allamore, scherzosa disse:
Usciamo, perch voglio pigliare una boccata daria fresca!
Egli, senza fare alcuna obiezione, la segu fuori. Appena fuori, la
campagna sembrava quasi agghindata a festa, perch, cera luna piena
e si stagliava col suo splendido giallore lass nel centro del cielo. Lei,
si diresse in un giardino rettangolare chiuso con delle canne, lontano
dallabitazione, una diecina di metri o meno.
Giardino, tutto rigogliante di peschi, fchi, peri ed altri alberi fruttiferi.
Dopo un paio di minuti, entrarono da un cancelletto di legno, e lui,
per dire qualcosa, mormor:
Cera un cos magnifco giardino e, neanche avevo fatto caso!
La donna, si poggi ad un piccolo pesco e lo sbirci furtiva e, rima-
238
se silenziosa.
Per, vedendo che si era fermato ad un passo o due da lei, come tra
s, sussurr:
S, proprio magnifco
Ma nella sua magnifcenza, ha il sapore della morte!!!
Paolino, alla parola morte, la fss alcuni istanti semi sconcertato,
poi con uno strano brontolio, fece: Perch, dici questo?! A me, non
sembra!
Dico questo, perch so, quello che dico
E seppure, non ti sembra, ha proprio il sapore della morte!
Ma spiegati
S, con te, sento che posso parlare!
Vedi quel pesco, che cos rigoglioso e carico di frutta quasi vel-
lutata?!
S, ma qua dentro, tutti gli alberi, hanno una particolare rigoglio-
sit
Una rigogliosit che possa raccontare tante cose!
Insomma, tutti gli alberi di questo giardino, possono raccontare
una storia
Perch, sotto quel pesco, venne atterrato Antonino Del Nero!
Un giovanotto, poco pi che ventitreenne di Sinopoli.
Cosa aveva fatto?!
Nulla!
Solo quello che facesti, tu
Io, non feci nulla!!!
Tutti, dicono, cos
Ma io, so tutto!
Come non so, niente
Per, entrambi hanno lo stesso valore!
Aveva tolto dalla circolazione alcuni nemici di Arcangelo Ales-
sandri.
Perch, costui, ne ha molti
E considerato che per lui, gli uomini sono dei sassi, e bisogna che
si scanzano dalla sua strada!
Per farli scanzare, adopera gentilezze, soldi ed elementi come te,
e a sua volta, questi ultimi vengono messi in condizione di non nuoce-
239
re
E per questa ragione, questo bel giardino, sa tutto di morte!
Perch, oltre del Del Nero, ce ne sono altri nove che mi constata-
no a me
Laggi, sotto quella bella fcara, dorme Giovanni Bagnolesi di Co-
soleto, sotto quella perara carica, Enzo Cal da Delianuova, sotto quel-
lalbicocco, Rocco De Pasquale da Melito P. Salvo, in quel nespolaro,
Silvano Conte da Filadelfa, in quella limonara, Giuseppe DElia di S.
Giorgio Morgeto, in quella altra fcara, Ciccio Della Porta da Messina,
sotto quella ceresara, ce ne sono addirittura due, Leo Baldi ed Emanuele
Di Vincenzo, il primo da Bova Superiore ed il secondo da Brancaleone.
Infne, sotto quella aranciara calabrese, Piero Pergola da Crotone.
Tutti questi giovanotti, erano dai ventanni ai trentanni.
E che, avevano recitato la loro parte, con leliminare molti elementi
che davano fastidio ad Alessandri.
Tutti, avevano creduto alla magnanimit da questo uomo che ha le
braccia tentecolanti, come una piovra!
Tutti, da disperati, pensavano di farsi una posizione, con la sua be-
nevolenza
E fnirono, collinfumerare questo bel giardino.
Anche tu, avevi creduto come loro!
Per, se non sparisci, sarai sotterrato in quellangolo, ove vicino
c quel melo.
Perch, per Arcangelo Alessandri, non c nulla, se non la sua
legge!
Legge, misteriosamente protetta da quella legale.
Lui, non conosce umanit!
Non conosce limite!
Insomma, un essere insaziabile in tutto
Perci, se vuoi salvarti, vai via!
Perch, non voglio vederti sotterrare, come gli altri
A questo punto, la donna fece una pausa, e Paolino che la fssava
come uno spiritato, respir profondamente e balbett:
S, ora capisco, i segni che vidi appena sono arrivato qua!
E che, mi dicevano di andarmene subito
Non ho obbedito ai mio subconscio ed ora, forse dovr paga-
240
re!
Sono stato usato, come un oggetto
Ed ora, non servo pi!
La giovane donna, con voce dura che somigliava anche ad uno stra-
no ruggito, fece:
S, il termine esatto!
Ora, non servi pi
E vai via, perch non c tempo da perdere!
Paolino con uno sguardo di fantasma, sotto il chiarore lunare, con
forza bianscic:
Ma io, potrei discutere con lui
Lui, non accetta discussione!
Lui, non si far pi vedere, e se non sparisci, mander il suo boia
particolare, lo zio Stefano
Perch, si sente grande, e dopo tolti gli elementi nocivi al suo
comando, desidera stare tranquillo!
E tu, oramai, per lui, non sei altro che un elemento nocivo
E non c altra soluzione, se non quella di sparire!
Se puoi salvarti, io non posso fare di pi per te
Vedi che la prima volta, che cerco di salvare qualcuno!
Sino oggi, non lo feci con nessuno.
E non so, perch lo faccia, per te
Appena la ragazza, fn di pronunziare queste parole, si allontan
brusca da Paolino, forse perch aveva la sensazione di sentire lodore
della morte!
E pochi secondi dopo, fece ruggire la sua 500 e spar nel mistero
della notte, illuminata dalla luna.
Il giovane, dopo un determinato tempo che poteva essere di minuti
o, di ore, si scosse, perch gli sembrava di essere avvolto da un indef-
nibile abbraccio e rientr in casa.
Dopo alcuni minuti, usc e si chiuse la porta dietro di s, e guar-
dandosi attorno, si allontan furtivo a piedi, tra la baluginosit degli
alberi.
Nel pomeriggio del giorno seguente, improvvisamente lo vidi spun-
tare fra un flare di vigna, sulla Piana dei Bucceri.
241
E poco dopo, si sedette accanto a me, innanzi alla casetta e, mi
raccont questa storia. Appena fn, io rimasi alcuni secondi, come pa-
ralizzato, poi mi scossi e borbottai:
Sono cose, orrende!
Ma ora, vediamo se possiamo fare qualcosa
Tu, cerca di non parlare con nessuno!
Egli, assent col capo ed io, senza perdere del tempo, lo portai nel
fattore del marchese, mio amico e lo feci assumere al posto di prima, in
qualit di pastore.
Pensando che momentaneamente fosse al sicuro
Per, avevo calcolato con leggerezza la ferocia di Arcangelo Ales-
sandri, perch dopo, una quindicina di giorni, una notte venne prelevato
da due individui sconosciuti e portato sulla ferrovia ed ucciso con tre
colpi di pistola.
Al mattino seguente, nessuno seppe dire niente dalla scomparsa
di Paolino.
Perch, gli altri massari, risposero che, verso mezzanotte, aveva-
no sentiti soltanto tre spari!
S, e qualcuno di questi, con un certo sadismo, ripet: Solo, tre
soli spari nella notte!
E non si seppe mai, se qualcuno dei massari avesse, collaborato
con i due sconosciuti, nel prelevare il mio povero cugino.
A questo punto, luomo si alz e con sorriso amaro, fece: Micuz-
zo, questi si chiamano uomini onesti!
Io non seppi rispondere niente, perch mille sensazioni si agitavano
nel mio cervello, quali di rivolta, e di quali, di disprezzo.
Egli allimprovviso, mi tese la mano e biascic:
Addio, Micuzzo!
Se posso essere utile, sapete dove trovarmi
Io gli strinsi la mano e risposi:
Bene addio
E con questo mio addio, luomo usc subito dalla bettola bar e si
confuse fra la folla del mercato.
Io, lo seguii alcuni istanti, perch mentre si allontanava, mi sembra-
va unombra in disarmonia, con la folla in movimento!
Non so perch
E nel cercare di scoprire gli assassini di Paolino, trov anche lui, la
morte!
242
Perch, dopo una ventina di giorni, gli stessi sconosciuti, lo ucci-
sero davanti la propria casetta, con tre colpi di fucile automatico, allo
stesso posto, ove aveva seduto suo cugino.
Aiuto alla lettura
Domenico Cuppari ha il merito di descrivere la ndrangheta
cos com: unorganizzazione senza principi morali che semina
lutti. Cuppari nasce a Laureana di Bor rello nel 1932. Ha uninfan-
zia diffcile. Prima perde il padre e poi viene ceduto dalla madre
ad una famiglia che lo tratta peggio delle bestie. A quindici anni
gi massaro in proprio e malandrino. Trascorre ventidue anni,
dal 1950 al 1972, in pi manicomi. Scrive un romanzo che non
riuscir mai a pubblicare. La sua una visione cupa che rifette i
lunghi anni trascorsi in carcere e il disincanto per una vita sofferta
ed inutile. Nel romanzo inedito tre spari nella notte racconta la
storia di una iniziazione mafosa che non avviene con i rituali de-
scritti da Asprea e Strati, ma attraverso una lunga scia di sangue.
Il giovane malavitoso viene usato per giustiziare un gruppo di
infami e poi eliminato, come tanti altri prima di lui.
Il protagonista del romanzo non si sottrae al compito che gli
243
viene assegnato, n si scompone. Esegue ordini, non ha sensi
di colpa. Lomicidio visto come una necessit, funzionale alle
logiche della cosca, del clan, del gruppo.
Scheda dellAutore
ANTONIO MARGARITI
(Ferruzzano [Reggio Calabria] 1891-New York 1981)
Con America! America! Margariti affronta il tema della camorra e lo rivisita
in maniera autobiografca. Emigrato dalla Calabria, nel primo decennio del
Novecento, verso gli Stati Uniti, qui che lavora e conosce i diffcili pro-
blemi della vita quotidiana. Nel suo racconto sono presenti le rivisitazioni
puntuali dellambiente non solo americano ma anche del paese dal quale
244
proviene: Ferruzzano, in provincia di Reggio Calabria. Preti, padroni, carabi-
nieri dominano la cittadina mentre la mafa muove i primi passi. Analizza poi
il fenomeno mafoso calabrese e quello siciliano, il potere della malavita orga-
nizzata negli Stati Uniti e i suoi risvolti sullambiente americano.
Opere: America! America! (1979).
Testo
America! America!
54
In quel tempo i giovani non avevano vie duscita. Cerano dei gruppi
che usavano la prepotenza come metodo e vivevano senza lavorare e
certi sono fniti rovinati: insomma era una societ di mafosi che per in-
cutere paura vestivano male e si lasciavano crescere i capelli con il ciuf-
fo che scendeva sulla fronte e con il berretto sullorecchio. La maggio-
ranza era analfabeta e credeva di realizzarsi solo con la prepotenza. Una
sera partii tardi dal paese in compagnia di tre vaccari, Antonio Bono era
il pi anziano ed era conosciuto co me un bravo ladro. Appena usciti dal
paese passammo per la propriet dun certo Mu scatello, le cui galline,
durante la notte, dormivano sopra una quercia. Bono mi disse di andare a
controllare se le galline cerano. Difatti, erano l sulla quercia ma io non
avevo mai rubato e mi batteva il cuore e cos mentii riferendo che le gal-
line non cerano. Continuammo a camminare e dopo un p incontrammo
un certo Sarvo Zengara, il padre di quello che fece fuoco contro il pre-
sidente Roosevelt in Miami Florida. Ci parl il Bono, ma ignoro quello
che si dissero. Non molto lontano abitava la famiglia Romeo che posse-
deva una capra e la capretta. Il Bono ordin a me e a Sculli dandare a
prelevare la capra e la capretta sarebbe venuta dietro la madre. A questo
punto mi incazzai e me ne andai da solo per i fatti miei. Dopo vennero
da me con la capra e la capretta ammazzate, e ce ne andammo a casa di
Bono perch la madre era una brava cuoca ed avevano del buon vino.
A rubare una capra o altri animali sembra aver commesso un grande
reato, specie se pensi che la rubi ad un altro povero come te e questo
54
A. Margariti, America! America!, Casalveino Scalo (SA), Galzerano Editore,
1979, pp. 28-29.
245
fatto pesa sulla coscienza, ma se guardi la faccenda dallaltro lato pensi
che luomo si ciba di carne e per averla deve comprarla e ai poveri man-
cano i soldi e cos deve rubarla a chi la possiede.
Dopo un p di tempo il Romeo individu i ladri delle sue capre e
un giorno venne a trovarmi proponendomi di tenermi fuori a condizio-
ne che avessi testimoniato contro Bono e Sculli, cherano partiti per
lAmerica. Replicai di non saperne unacca, ma lui insistette: Non vuoi
farmi il testimone, ti far andare in galera, vedrai! Difatti fui citato
come complice davanti al tribunale di Gerace. Con la madre di Sculli
fummo difesi da un avvocato, Marvasi, che per difenderci si prese L.
25, somma che dividemmo. Mentre passeggiavo nel tribunale in attesa
dellinizio della causa, fui avvicinato da un vecchio malandrino tra i
40 e i 50 anni, che chiese il paese dal quale venivo e se cono scevo un
suo amico. Volle conoscere anche la ragione del perch mi trovassi
in quel tempio dellingiustizia. Saputolo disse: Insegnami il padrone
della capra, col quale adesso ci vado a parlare io per convincerlo di non
presentarsi promettendogli che gli pagherete la capra; per, basta solo
promettere perch non pagherete nessuno.
Fummo assolti e non pagammo nessuno: lunico condannato fu
Bono, aveva pi duna accusa e nessuno lo difendeva. Dopo salutai
e ringraziai Sebastiano Di Bartolo per il suo positivo intervento e gli
domandai cosa faceva lui in tribunale. O fglio, questa la mia casa!
disse mentre ci stringevamo la mano.
Antonio Margariti si racconta. Nel 1979 pubblica il suo pri-
246
mo e unico romanzo dal titolo America! America!, nel quale
ricostruisce le tappe pi signifcative della propria vita: dalla
diffcile giovinezza a Ferruzzano agli anni dellemigrazione ol-
treoceano.
Scheda dellAutore
CARMINE ABATE
(Carfzzi [Catanzaro] 1954)
Nato a Carfzzi (KR) nel 1954. Ha studiato in Italia e si laureato presso
lUniversit di Bari. Ha vissuto in Germania e, attualmente, vive nel Tren-
tino dove esercita la professione di insegnante. Il suo primo libro di poesie
Nel labirinto della vita. Esordisce in Germania come narratore con la
raccolta di racconti Den Koffer und weg e con Die Germanesi, una ricerca
socio-antropologica sullemigrazione svolta con Meike Behrmann e pubbli-
cata in italiano, con il titolo I Germanesi da Pellegrini Editore presso cui di-
rige la collana Biblioteca Emigrazione e ha curato In questa terra altrove,
unantologia di testi letterari di emigrati italiani. Il tema dellemigrazione
fltra poi nel primo romanzo Il ballo tondo, dove emergono i risvolti pro-
blematici derivanti da questo fenomeno, che viene riproposto anche in La
247
55
C. Abate, tra due mari, Milano, Piccola Biblioteca Oscar Mondadori, 2002, pp.
26-28.
moto di Scanderbeg e in tra due mari vincitore di numerosi prestigiosi premi.
Opere: I Germanesi (1986); In questa terra altrove (1987); Il ballo tondo
(1991 - 2 ed. 2000 - 3 ed. 2005); Dimore (1992); Di noi (1992); Den Koffer
und weg (Il muro dei muri 1993 - 2 ed. 2006); La moto di Scandeberg (1999);
tra due mari (2002); La festa del ritorno (2004); Il mosaico del tempo grande
(2006 - 2 ed. 2007).
Testo
tra due mari
55
[] tutto era cominciato nella tarda mattinata di quella prima do-
menica di luglio. La macelleria era vuota, Giorgio Bellusci stava ri-
ponendo nella cella frigorifera la carne rimasta. Faceva questo lavoro
con facca calcolata, restando pi del dovuto davanti al frigo aperto.
Fuori imperversava lafa maligna e quelle folate di aria fredda gli rin-
frescavano la testa sudata e le lunghe braccia nude, macchiate qua e l
di sangue di vitello.
Davanti alla macelleria si ferm una macchina di grossa cilindrata
con due uomini a bordo. Il guidatore rest seduto al proprio posto. Inve-
ce laltro, un giovane elegante, scese dalla macchina, si guard intorno
e sbuff per il gran caldo. Entr in macelleria e salut educatamente
in un italiano con una forte infessione calabrese. Buongiorno, capo.
Come va?. Indossava un completo di lino azzurro con delle chiazze di
sudore sotto le ascelle.
Buongiorno a voi, rispose Giorgio Bellusci siete arrivato appena
in tempo, stavo chiudendo la chianca in questo momento. Mi rimasto
il girello, ch qua non ne capiscono di carne buona e guardano solo il
prezzo. Questa carne che si scioglie in bocca. Di vitello casarulo.
Luomo tocc con un dito il girello come per accertarsi che fosse
veramente tenero. Sorrise compiaciuto. Disse: Vanno bene gli affari,
eh, capo.
Giorgio Bellusci rispose: Non mi posso lamentare, grazie.
E la campagna? E le mandrie? Ho sentito che volete comprare del-
248
le vigne gi al fume. E poi questo bel progetto di costruire un albergo!
Il Fondaco del Fico! Unidea geniosa! Mio nonno mi diceva che era una
locanda coi focchi, una volta. Tutti si fermavano l, i viaggiatori. Ci
voleva, sapete. Lalbergo pi vicino gi al mare. Farete una barca di
soldi, almeno in estate. Vi espandete, eh! Progredite. Si vede che siete
una persona sgambigna.
Giorgio Bellusci ingoi un p di aria fredda dal frigo che aveva
riaperto e lanci alluomo uno sguardo sospettoso: Di dove venite, voi
che siete cos ben informato sul mio conto, pi di mia moglie?.
Laltro lo guard per la prima volta con arroganza.
Vengo da dove mi ha fatto mia mamma. A voi questo non deve
interessare. Voi dovete pensare solo a progredire, questo a noi ci piace.
Avrete la nostra benedizione, la nostra protezione. Pagherete una picco-
la percentuale lultima domenica di ogni mese. Passo io a ritirare la pila.
Non dovete preoccuparvi di nulla. Siete in buone mani.
Giorgio Bellusci non credeva alle sue orecchie, non voleva crederci;
era cos sorpreso che non sapeva cosa rispondere, se sbattergli il girello
tra i denti o mandarlo al diavolo o ridergli in faccia. Prov con lironia:
Ecch, mavete scambiato per uno che ha sbancato lEnalotto? Io la-
voro con queste. E gli mostr le sue grandi mani callose.
Non fare il furbo, noi di te sappiamo pure quanti peli hai nel buco del
culo. Paga, non fare il tignoso, o te ne pentirai disse con tono aggressivo
premendo il dito contro il camice di Giorgio Bellusci, sporco di sangue.
Giorgio Bellusci prese il coltellaccio afflato con cui squartava i
vitelli e lo appoggi al dito dello sconosciuto. Levate quel dito, senn
ve lo taglio di netto disse con gli occhi di fuori. Vi faccio a pezzettini
e li butto ai miei cani da mandria.
Luomo scost il dito distinto. Indietreggi di un passo e infl la
249
mano sotto la giacca. Per cambi idea. Disse: Ci vedremo domenica
prossima, tignoso! Un uccellino mi dice che cangerai testa: parola mia
donore!. Poi usc a passi rapidi, sal in macchina e spar.
Quella stessa notte qualcuno diede fuoco alla porta della macelleria.
Aiuto alla lettura
Nel romanzo tra due mari di Carmine Abate la ndrangheta
rappresentata come una malattia invisibile che getta unombra
scura su una Calabria altrimenti incantata, dove il sole e la brez-
za dei due mari, il Tirreno e lo Jonio, tirano su famiglie unite
dallamore e dalla testardaggine. Il romanzo la storia appassio-
nante di un uomo del Sud, Giorgio Bellusci, che per inseguire i
suoi sogni, intrecciati al destino di un fotografo tedesco e ad un
manoscritto di Alexandre Dumas, sfda le leggi della ndranghe-
ta. Bellusci non solo si rifuta di pagare il pizzo, ma uccide an-
che lesattore delle cosche, appendendolo ad un gancio della sua
macelleria. Sconter otto anni di carcere, ma non abbandoner il
sogno di realizzare un albergo sul Fondaco del fco, il terreno
ereditato dal padre. Qualche tempo dopo, la ndrangheta si ven-
dicher e a morire non sar solo Bellusci, ma anche il suo amico
fotografo, che lo aveva aiutato economicamente nellavventura.
Toccher al nipote, Florian, nato in Germania, riprendere il flo
del sogno. Quellalbergo, costruito a caro prezzo, diventa il sim-
bolo di una Calabria che non si arrende, molto diversa dal Sud
immobile dellimmaginario corrente.
Il pizzo il modo pi effcace con cui la ndrangheta esercita il
controllo del territorio. Ma anche una delle ragioni per cui solo
pochi investono in Calabria, una terra che con la sua storia e le
sue coste non avrebbe nulla da invidiare ad altre mete del turismo
250
di massa.
La ndrangheta unindustria che, tra laltro, produce, pro-
muove e vende protezione privata. In sostanza, offrendo prote-
zione, difende da se stessa le vittime del racket.
Scheda dellAutore
MARIO STRATI
(SantAgata del Bianco [antica Samo di Calabria] 1941)
Insegna letteratura italiana allUniversit di Messina. Vive a Locri. Con il
romanzo Fra Scilla e Cariddi, Mario Strati descrive la mafa in maniera par-
ticolarmente realistica utilizzando una prospettiva distaccata. Il romanzo
251
56
M. Strati, Impallidisco le stelle e faccio giorno, Soveria Mannelli, Ilisso Rubbet-
tino, 2006. Il libro venne per la prima volta pubblicato nel 1991 con il titolo Fra Scilla
e Cariddi.
una vera e propria lettura-analisi dellazione e dellorganizzazione mafosa, da
un lato, e, dallaltro, presa di coscienza, del disfacimento delle istituzioni, della
degenerazione dello stato democratico.
Opere: Fra Scilla e Cariddi (1991, poi ripubblicato con il titolo Impallidisco le
stelle e faccio giorno, 2006); Nella pianura degli asfodli (romanzo inedito).
Testo
Impallidisco le stelle e faccio giorno
56
:
Rocco Scurli e Gianni Migozzo arrivarono stanchi. Avevano mar-
ciato per quasi sei ore, da quando poco prima di mezzanotte, al Ponte
dei Cani, erano scesi dallautomobile di Cirlurzo. Erano sudati, a di-
spetto dellalta montagna, dellottobre gi avanzato e dello rario che
avevano scelto.
Peppantoni Risacca e Gino Trlibo li stavano aspettando con impa-
zienza. Erano dalla sera prima pronti a partire a loro volta.
Si alzava gi il giorno.
Eccoci qua disse Gianni buttando il sacco di tela in un angolo
del pagliaio. Anche Rocco butt il suo, sbuffando. Sedettero tutti e due
sulle felci secche che facevano da pa vimento, e da materasso per la
notte.
Il bramanti tranquillo disse Peppantoni Risacca, da fuori. Con-
segn a Rocco at traverso lapertura che faceva da porta la ricetrasmit-
tente. Gli indic il mitra appeso al ramo del leccio:
Tutto a posto; se non ci sono novit noi ce ne andiamo ag-
giunse.
Nessuna novit. Ricordatevi che aspettiamo il cambio per venerd
mattina rispose Rocco.
Gino Trlibo entr nel pagliaio e lasci il suo mitra per terra, sulle
felci.
Gianni tir dalla cacciatora un mazzo di giornali. La Gazzetta del
giorno prima la porse a Gino Trlibo, commentando:
252
Le solite cose.
Ordin i Satanik e i Diabolik formando due mazzetti separati. I set-
timanali dattualit li mise a parte.
Rocco Scurli usc dal pagliaio. Si stiracchi. Si stropicci gli occhi.
Arriv sino allargine dello strapiombo. Guard tuttintorno la mon-
tagna. L sotto la fumara era una striscia bianca con una macchia nel
mezzo: il laghetto che alcuni anni prima sera formato per la caduta
duna frana. Lontano, verso il mare, si vedevano solo matasse bianche
di nuvole. Not, passati ormai i primi minuti di riposo, il venticello fre-
sco che gli sferzava il viso. Nel ftto del bosco era cominciato il lagno
delle ghiandaie. Si ricord, come ogni volta che sentiva quel lagno,
delle Arpe dellInferno di Dante: Quivi le brutte Arpe lor nidi fanno.
Questo verso gli era rimasto fsso nella mente. Non si ricordava nien-
te di quello che aveva fatto a scuola. Solo quel verso. E le Arpe, per
lui, erano donne-mostro con voce di ghiandaie. Pens alle lamentatrici
delle veglie funebri Quelle grida Ebbe un brivido, e si tocc tra
le gambe, per scaramanzia. Si scosse. Diamogli unocchiata, si disse.
Rientr e prese un passamontagna, poi and verso il posto dove tene-
vano il sequestrato. Quando torn rifer: Ho messo un po di frasche
verdi . Poi spieg: Bisogna metterle sempre col buio. Non si deve
muovere foglia, di giorno, e gi stamattina tardi.
Speriamo che Paperone si decide a sganciare presto, senn sono
cazzi nostri come comincia linverno valut per tutta risposta Gianni.
Ma sono pi suoi fece eco Rocco, accennando con la testa verso
il luogo dove tenevano il bramanti.
Gino Trlibo termin di sfogliare il giornale. Si guard in giro:
Dov domand, ed usc.
Peppantoni Risacca stava tornando accaldato. Era andato in fretta
e furia a controllare una covata di ghiri che allevava per Natale, quelli
vicini, ch gli altri, i pi, li avrebbe visti scendendo.
Andiamo? domand Gino Trlibo.
Si salutarono con gli amici e partirono. Portavano ciascuno uno zaino
vuoto che a vrebbero lasciato in un casotto prima del paese: lo avrebbero
riportato sul pieno del necessario per passare otto giorni in montagna.
Nel casotto avrebbero anche cambiato pantaloni maglia e scarpe.
Rocco e Gianni, dallo spiazzo davanti alla porta del pagliaio, stet-
253
tero a guardarli mentre si allontanavano. Non si mossero n parlarono
sino a quando intesero il rumore del loro saltare per i dirupi. Poi Rocco
disse, guardandosi le scarpe sporche di terra e bagnate di rugiada:
Se le cose vanno per le lunghe bisogna trovare un posto meno
esposto allumido e al freddo.
Gianni non rispose. Entr nel pagliaio e termin di ordinare le sue
cose. Anche Rocco entr nel pagliaio:
Facciamoci un caff disse. Prese la moka, la prepar e la mise
su un mini fornello a spirito.
Poco dopo tuttintorno si sparse lodore forte del caff bollente.
Va a fnire che qualche volta ci scoprono per questodore disse
Gianni sorridendo.
A strafottere! rispose Rocco. Si sedette su un piccolo ceppo
cilindrico e tenendo il bicchiere appannato e fumante racchiuso tra le
mani cominci a sorseggiare la sua porzione, succhiando con le labbre
perche scottava.
Accesero, dopo, una sigaretta ciascuno. Gianni si sdrai sulle felci.
Emetteva il fumo a piccoli batuffoli, aprendo e chiudendo ritmicamente le
labbra, sporgendo quello di sotto, con lo sguardo fsso allins, assente.
Che succo dici che ci esce? domand Rocco, valutando Do-
vrebbe essere sostanzioso, per ciascuno di noi almeno dieci-venti ma-
niglie.
Gianni non rispose subito, poi disse senza muoversi:
Spero di pi.
Stettero muti. Si sentiva lo stermire del bosco. Un petirosso, proprio
davanti alla porta del pagliaio, singhiozzava il suo trillo. A tratti giunge-
va, improvviso, il verso delle ghiandaie.
Bisogna convincere don Nino a stringere i tempi consider
Gianni, magari minacciando di tagliare un orecchio al bramanti, come
hanno fatto con Paul Getty.
No, don Nino non deve stringere i tempi, tuttaltro. Certo per noi
prima fnisce sta storia e meglio . Ma meglio ancora se fnisce come
deve fnire, cio con la pilanga che ci dovuta. E per arrivare a mungere
molto non bisogna mostrare fretta.
Don Rosario ormai caduto allimpiedi.
Ha corso anche lui il suo rischio. E poi non avr pi di centoven-
254
ti maniglie; invece se tutto fla liscio noi ne dovremmo avere almeno
mille.
Ma! Speriamo di poterle riciclare, poi. Una volta era pi facile.
Non ci sono problemi, limportante avere la pilanga.
Tacquero per un pezzo. Gianni intrecci le palme sotto la nuca e
chiuse gli occhi. Rocco stava con le gambe allargate, il bicchiere tra le
mani e il capo ciondoloni.
Don Rosario ha spostato tutti i suoi interessi nella capitale. Non
sarebbe meglio anche per noi se don Nino trapiantasse la baracca in
qualche citt, che dici?
Rocco lo guard.
Per noi io e te, o per tutta la famiglia? domand.
255
Per la famiglia e per noi.
Per noi certamente. Per la famiglia non lo so. Non che don Nino
non coltiva gli affari a Roma, a Milano e altrove.
Aiuto alla lettura
Quella raccontata da Mario Strati nel libro Impallidisco le stel-
le e faccio giorno
57
una ndrangheta meno stanziale che ha col-
legamenti con altre organizzazioni criminali, cura interessi fuori
dalla Calabria, ma non coinvolta ancora nel traffco di droga.
Don Nino Rodicato un boss temuto e rispettato. Don Rosario
Scordamaglia, un altro boss, molto attivo nella capitale, gli pro-
pone di gestire assieme un sequestro di persona. La vittima, che
fnisce tra le forre dellAspromonte, fglio di un gioielliere ro-
mano.
Quello dei sequestri stato per la ndrangheta un business mi-
liardario, ma anche un ramo della malavita arretrata
58
. Poi, dopo
la legge sul blocco dei beni alle vittime dei sequestri, la ndran-
gheta ha intuito che sarebbe stato meglio evitare quellattenzione
dei media e delle forze dellordine sulla Calabria ed ha comincia-
to a dedicarsi ad attivit pi redditizie. Ci avviene dopo la secon-
da guerra di mafa, in seguito ad un accordo tra i principali boss
del la provincia di Reggio Calabria. Va detto, comunque, che negli
anni Ottanta, ai tempi dei sequestri, la ndrangheta della Locride
era gi coinvolta nel traffco internazionale di droga. I soldi dei
riscatti venivano spesso investiti nella produzione o nellacquisto
di so stanze stupefacenti, anche oltreoceano
59
. Oggi la ndrangheta
detiene il monopolio della cocaina in Europa, potendo contare su
una serie di rapporti privilegiati con i produttori sudamericani.
Nel suo romanzo, Strati descrive anche i collegamenti della
famiglia Rodicato con le cosche palermitane, e in particolare lo
57
Ibidem, pp. 107-110.
58
F. Veltri, Sequestri, tra lacrime e misteri, Cosenza, Memoria, 1998, p. 75.
59
Alcune indagini, per esempio, accertarono che i soldi dei sequestri venivano in-
vestiti nella produzione di marijuana in Australia.
256
scambio di sicari per delitti delicati e importanti. Ma racconta
anche di una ndrangheta capace di trattare e di fare la voce
grossa con le forze dellordine, troppo spesso manesche e vio-
lente.
Scheda dellAutore
ENZO SICILIANO
(Roma 1934-2006)
Si laureato in flosofa. La sua formazione segnata da alcuni grandi pro-
tagonisti della cultura del Novecento: da Giacomo Debenedetti ad Alber-
to Moravia, da Pier Paolo Pasolini a Giorgio Bassani e Attilio Bertolucci.
Prima dellesordio letterario e dellattivit critica e pubblicistica, stato
insegnante, funzionario della Rai della quale stato presidente, dal 1996 al
257
1997. Uomo di ampia ed elevata cultura ha esordito nella narrativa con Rac-
conti ambigui (1963). stato condirettore di Nuovi Argomenti e direttore
del Gabinetto Viesseux di Firenze.
Opere: Racconti ambigui (1963); La principessa e lantiquario (1980); Carta
blu (1992); I bei momenti (1997); Non entrare nel campo degli orfani (2002);
Rosa pazza per amore (1973); La vita obliqua (2007).
Testo
La vita obliqua
60
Erano tutti ai posti assegnati, sotto locchio inquieto di don Ferdi-
nando apparso allimprovviso, quando cominci a schiarirsi il cielo.
Cera umido nellaria, e veli altissimi di nuvole.
Nel primo chiarore del giorno Bruno vide che nella Valletta erano
gi presenti gruppi di uomini: parlavano, ma le loro parole non potevano
essere colte dalla posizione in cui si trovava lui. Vedeva, non lontano,
Monaldo, le mani in tasca, appoggiato a un tronco dalbero segato. E
vedeva anche Giuseppe, che gli stava sulla destra, abbastanza vicino.
Arrivarono altri, a piedi dal viottolo in basso, dove era parcheggiato
lApe che la mattina avanti aveva portato il latte. Alcuni di questi, non
pi di quattro o cinque, si ritirarono dietro un folto cespuglio di rovi
che chiudeva su un lato la valletta, come a nascondersi e parlavano
animate, non in modo cordiale.
Ma, quasi ultimo arrivato, un uomo tarchiato e basso, vestito di
un doppiopetto nero, la camicia Bianca, gli occhiali da sole, sembrava
ricevere pi saluti deferenti di altri: nel gruppo si muoveva spedito. Poi
disse a voce alta, perch tutti sentissero: Si rimanda, e si rimanda di
un mese. Qui ci sono persone di riguardo, e va usato riguardo, per lono-
rabilit di tutti.
Bruno guard Giuseppe, e Giuseppe sorridendo gli lanci una striz-
zata docchio.
Bruno non capiva i dettagli. Al primo appuntamento gli avevano
parlato di cose importanti per Reggio. E gli era stato detto che non
60
E. Siciliano, La vita obliqua, Milano, Mondadori, 2007, pp. 200-202.
258
doveva sapere altro. Ma adesso gli sembr di sapere cose anche in ab-
bondanza, pure se i dettagli gli sfuggivano.
Viveva il suo momento, e fu un momento alto se, in risposta alle
parole pronunciate dalluomo tarchiato, dal cespuglio venne una voce
doveva essere conosciuta da molti, dato che nessuno mostr stupore
, e disse in stretto dialetto reggino con tono quasi di sdegno: Io non
so niente di niente. Ripet nasale: Non so niente, e si fece un silenzio
sospeso che luomo dal doppiopetto spezz con una frecciata, rivolgen-
dosi per a un tale che gli stava vicino con la coppola calata sulla fron-
te: Ti dovevano togliere il cappello di testa, prima che il tuo padrone
aprisse bocca questo ti dovevano fare Chi cazzo sei tu!.
Quindi si guard intorno col tono di chi impone il consenso. Dal
cespuglio la voce di prima grid con tono quasi lacrimevole: Chiedo
scusa .
Qui ci sono persone, politici eminenti che fanno a noi lonore
di venire. E questo, ormai, un fatto pubblico. Si arrest, si guard
in giro come per raccogliere nei suoi gli occhi di tutti. Prosegu, a giro
compiuto: Pubblico fra di noi, voglio dire. Ma sar pub blico prestis-
simo, se lo sdegno di Reggio si manifester spontaneoCerto: spon-
taneo, ma guidato con intelligenza.
La solita voce grid, inscenando un diverso tono di dolore: Ma il
nostro ruolo qual ?.
Prima di rispondere, luomo in doppiopetto rise commiserando: Di
controllo, e per compiti specifci. Ma queste persone sono qui, e noi
dobbiamo dimostrare che il loro tornaconto coincide con il nostro: che
noi siamo degni di fducia, premiabili.
Bruno assapor laggettivo: si sentiva senza dubbio premiabile,
in possesso di un ardimento privo di confronti e di unidea soddisfacen-
te di parit con il mondo. Diede unocchiata a Monaldo, e lo vide cur-
vato su se stesso, la giacca a vento chiusa fno al collo, le mani che per
noia andavano a frugare linguine, e incurante degli occhi di Giuseppe
che lo studiavano.
A Bruno sembrava di stare benissimo a galla sulla diffcile marea
del dovere dellenigmatico dovere che si era scelto. Quellavventura
cos singolare era appena agli inizi ma, qualsiasi sorpresa gli venisse
riservato, sentiva che tutto di lui era ormai da riportare a essa. La tene-
259
bra immensa in cui era vissuto dileguava era una fortuna anche essere
nati, poteva dirsi.
Guardava la scena che il mattino gli stava offrendo senza parsimo-
nia, in una lucentezza di colori che di quelli sgusciati dalla nebbia e
dallumido.
Si sentiva impegnato a capire le diffcolt che lavventura poteva
parargli contro quel pensiero gli faceva nascere in petto un languor di
disponibilit e nessuna traccia di rammarico. Fiss di nuovo Giuseppe
e incroci il suo sguardo. Stavolta per fu lui a striz zare locchio. Ma
Giuseppe, il viso in famme, le sopracciglia inarcate, gli occhi lucidi,
gli rispose con uno scatto violento del capo: nella piazzola sottostante
cera mo vimento, un vero e proprio fuggi fuggi silenzioso. Don Anto-
nino arrancava l in mezzo, un fazzoletto bianco sulla bocca. Si sentiva
il rombo affaticato di qualche camionetta.
Bruno vide che Monaldo alzava il braccio in un gesto di richiamo
verso lo spazio in basso, e Giuseppe che lo afferrava di schiena e con un
260
calico agli stinchi lo piegava a terra. A Bruno, con un grido soffocato,
disse: Corri, vieni via con me.
Don Ferdinando, dallaltro capo della collina, faceva cenni di invito
a fuggire.
Aiuto alla lettura
Il fremito insurrezionale ed anarchico che pervase la citt di
Reggio nel 1970 diventa romanzo. A raccontare gli intrecci tra
massoneria deviata, eversismo e ndrangheta Enzo Siciliano nel
libro Non entrare nel campo degli orfani, pubblicato nel 2002.
la storia di un giovane che, come Raskolnikov di Delitto e
castigo, uccide per mi seria, ma anche per noia esistenziale, per
volont di potenza e soprattutto per dimostrare al padre la sua
consistenza umana, la sua ferocia, la sua ostinata capacit di ri-
bellione. Le strategie che consentono alla ndrangheta di entra-
re nella zona grigia delle contiguit vengono messe a punto in
un freddo giorno di ottobre del 1969, in un meeting segreto sul-
lAspromonte, al quale partecipa anche Bruno, il giovane ribelle
e due suoi amici, Mo naldo e Giuseppe. Il summit, come quello
di Montalto, cui si ispira lautore, verr inter rotto da un blitz di
polizia e carabinieri.
La ndrangheta entra anche nella narrativa dellultimo roman-
zo di Siciliano, pubblicato postumo, dal titolo La vita obliqua.
Una storia calabrese ambientata negli anni del fa scismo, ma in-
261
centrata su temi e comportamenti che parlano della vita di oggi:
la con trapposizione tra Gabriele, un idealista isolato, e il com-
paesano Saverio, prototipo di fur bizia e inganno, un opportuni-
sta destinato a farsi tradire da compagni ancora peggiori di lui.
Scheda dellAutore
FRANCESCA VISCONE
(Catanzaro 1961)
Vive e lavora in Calabria. Si laureata in lingue con una tesi sulle fabe
popolari boeme. Ha vissuto in Germania, dove insegnava italiano e tedesco.
Scrive storie di piccole comunit e di uomini qualsiasi, capaci per di grandi
resistenze contro tutto ci che tende a distruggerne lidentit o la dignit.
Ha pubblicato un libretto su Filadelfa, divenuto poi la sceneggiatura di un
documentario, una serie di racconti-memoria su Badolato, Le porte del si-
lenzio e una raccolta di articoli, Incontri. Sullimmaginario collettivo ma-
foso ha scritto il saggio La globalizzazione delle cattive idee. Mafa, musi-
262
ca, mass media.
Collabora con Calabria, mensile del Consiglio Regionale, con il settimanale
Diario e con la rivista di studi antropologici della Fondazione Giusti Spola.
Opere: Le porte del Silenzio (2000); Incontri (2002); La globalizzazione delle
cattive idee. Mafa, musica, mass media (2005).
Testo
Romanzo breve (inedito)
A volte ritornano.
Di quella citt mi piaceva soprattutto il lungomare. Si potevano ve-
dere il golfo, i paesi allineati lungo la costa o adagiati in collina.
A volte i ricordi ritornano. Stesi come panni, mossi dal vento.
La panchina azzurra. Stavamo l per ore a chiacchierare.
La accarezzo con gli occhi. Neanche il colore cambiato.
Mezzogiorno caldo su azzurro di panchina. Davanti il mare. Mara,
dieci anni. Titti, tredici. Io. Si parlava sempre di scuola e di casa. Il
lavoro dei genitori, i soldi che non bastavano. Titti una volta pronunci
quella frase. La disse veloce, quasi come se volesse liberarsene.
Mio padre ha detto che chieder il lavoro ai mafosi.
Sgranai gli occhi. Ero pi piccola di lei, forse non avevo nemmeno
capito di cosa parlasse. Lei, invece, aveva le idee chiare.
La mafa non sempre un male. Protegge le donne e i bambini. Lo
dice mio padre.
Suo padre non era una donna, e nemmeno un bambino. Dunque, a
cosa gli serviva quella protezione?
Accadde molti anni dopo. Titti si era sposata prestissimo e aveva
avuto tre fgli. Mara faceva linfermiera in ospedale. Io giravo lEuropa,
inquieta.
Non pensavo pi ai nostri discorsi sulla panchina azzurra vicino al
mare. Ma loro tornarono, allimprovviso.
Mi sono sempre chiesta se ci fosse una relazione, e di che tipo, tra
quellevento tragico e le convinzioni della mia piccola amica.
Per un p di tempo non si seppe niente, tranne che era sparito. Per
mesi e mesi ogni domenica il sacerdote ricordava il suo nome durante
263
le prediche e pregava perch quel ragazzo potesse tornare dai suoi ge-
nitori.
La mafa protegge le donne e i bambini.
Il fratello di Titti, pi giovane di lei di dieci anni, fu ritrovato. Non
era stato protetto bene. Era stato gettato in un pozzo, non molto pro-
fondo.
A volte anche Titti e Mara ritornano.
Passeggiamo ancora insieme su quel lungomare. Stiamo sedute sul-
la panchina azzurra. Parliamo. Io guardo Titti e aspetto che quella frase
scivoli via dalle sue labbra.
Titti racconta di un fratellino birbante, con cui giocher tutto il po-
meriggio.
Se questa fosse una favola, vorrei cambiare il fnale. Ma non posso,
perch questa storia vera.
Mi chiedo se quel che accaduto si poteva evitare. Vorrei sapere se
per caso il padre e la madre di Titti sanno ancora cosa raccontavano ai
264
loro fgli. Credo di no. Anzi, sono certa che avranno dimenticato. Anche
Titti e Mara hanno dimenticato?
La mafa non protegge nessuno. Nemmeno chi ne fa parte pu sen-
tirsi al sicuro.
Aiuto alla lettura
Francesca Viscone giornalista e insegnante. Nel libro si ac-
costa alla complessa e contorta identit della Calabria, a partire
da quelle co struzioni identitarie che negli ultimi decenni lhanno
maggiormente caratterizzata in ter mini negativi: quella di una ri-
duzione della Calabria a luogo della ndrangheta, della tra duzione
dei suoi abitanti a ndranghetisti o, comunque, a persone contigue
e omogenee allideologia criminale. Linchiesta di Viscone parte
dalla produzione di alcuni cd che rac colgono canti di malavita,
presentati come unoperazione di riscoperta o scoperta della vera
e autentica Calabria che coincide con la valutazione positiva dei
comportamenti degli uomini donore.
In questo breve ed inedito racconto, Viscone affronta un altro
luogo comune sulla ndrangheta vista come uffcio di colloca-
mento o, comunque, come unorganizzazione che, in mancanza
dello Stato, garantisce occupazione e benessere e rispetta le don-
ne e i bambini.
265
Filmografa sulla ndrangheta
Il brigante Musolino, 1950. Regista: Mario Camerini. Cast: Silva-
na Mangano, Amedeo Nazzari, Arnoldo Fo, Umberto Spadaro. Pro-
duzione: Dino De Laurentiis. Durata: 94 minuti. Trama: la storia di
Giuseppe Musolino e del suo amore per la bella Mara. Condannato per
un delitto non commesso, Musolino evade e si d alla macchia. Fino al
1950 la storia del noto brigante calabrese non era mai stata portata sullo
schermo per lassonanza del nome con quello del duce.
Calabria segreta, 1954. Regista: Vincenzo Nasso. Cortometraggio,
girato a Cardeto (Reggio Calabria) nel quale si racconta il linguaggio
malavitoso della tarantella.
La ndrangheta, 1974. Regista: Giuseppe Ferrara. Cortometraggio.
Milano: il clan dei calabresi, 1975. Regista: Giorgio Stegani. Cast:
Antonio Sabto, Pier Paolo Capponi, Silvia Monti, Nicoletta Rizzi,
Mario Donen. Durata: 94 minuti. Trama: Paolo Mancuso, calabrese
dorigine, emigra con la moglie a Milano in cerca di fortuna. Stanco di
soffrire la miseria e la fame, non trova di meglio che cercare di arraffare
miliardi inserendosi nel giro della malavita che controlla il traffco della
droga e della prostituzione; e, in effetti scala i pi alti vertici della mafa
divenendo un temuto boss. Ma la sua fortuna scatena contro di lui la
lotta delle bande rivali. Braccato, si rifugia in un laboratorio biologico
dove viene morso da una cavia portatrice di virus letali. Destinato a
morire certamente entro 20 ore, decide di trascinare molti dei suoi av-
versari nelle tenebre della morte.
Il coraggio di parlare, 1987. Regista: Leandro Castellani. Cast:
Riccardo Cucciolla, Lello Arena, Gian Luca Schiavone, Corrado Olmi,
266
Enzo Cannavale, Antonio Cantafora, Giuliana Calandra, Francesca
Rinaldi, Marco Leonardi, Angelo Maggi, Cesare Apolito. Durata: 99
minuti. Trama: Dallomonimo romanzo di Gina Basso. Un ragazzino
calabrese si ribella al dominio della ndrangheta, prima trasferendosi a
Milano, poi, rompendo la rete dellomert a rischio della vita. I giovani
del suo paese lo imitano. un flm di denuncia contro la criminalit or-
ganizzata in Calabria, prodotto dallIstituto Luce e dal Centro Culturale
Salesiano.
Faida, 1988. Regista: Paolo Pecora. Cast: Gordon Mitchell, Peppe
Pecora, Tano Cimarosa, Michele Cimarosa, Paolo Fiorino. Durata: 91
minuti. Trama: Un giovane uccide un mafoso che gli aveva violentato
la sorella. Don Salvatore, il capo mafa, considera lomicidio un grave
affronto che non pu tollerare senza perdere la faccia davanti ai suoi
uomini e al paesino dellAspromonte che egli domina col terrore.
La corsa dellinnocente, 1992. Regista: Carlo Carlei. Cast: Manuel
Colao, Francesca Neri. Durata: 106 minuti. Trama: la storia di un
bambino la cui famiglia aveva rapito il fglio di un ricco industriale.
Quando lostaggio viene ucciso, il bambino scappa per riconsegnare ai
genitori disperati i soldi del riscatto.
Era mio fratello, 2007. (Fiction tv). Regista: Claudio Bonivento.
Cast: Paolo Briguglia, Stefano Dionisi, Maurizio Aiello, Enzo De Caro,
Pamela Villoresi, Massimo Ghini, Anna Valle. Trama: La storia quella
di due fratelli, fgli di un capo clan della ndrangheta, che riescono a
salvarsi dalla strage in cui perdono la vita i genitori. Da quel momen-
to i due intraprenderanno strade diverse: Sante (Dionisi), scappa verso
labitazione del boss Giuseppe Palmisano, che lo accoglie in casa ed
alleva assieme al fglio Michele, crescendo nellambiente malavitoso,
fno a diventare un capo cosca. Luca (Briguglia), invece, viene adottato
da Vincenzo, un comandante dei GIS (il Gruppo Intervento Speciale dei
carabinieri).
Ventanni dopo, Vincenzo si trover a lavorare sotto copertura come
infltrato proprio nel clan dei Palmisano, con lo scopo di arrestare il
fratello di Luca, nel frattempo sposatosi e con un fglio.
Tallonato dal colonnello Paolo Cento, Vincenzo scoprir presto la
verit, e una volta detta al fglio, questultimo non potr non essere
coinvolto nelle vicende del fratello latitante.
267
INDICE
INTRODUZIONE
Educare alla legalit ....................................................................... pag. 5
Laccesso al progetto:
Educazione alla legalit - lotta alla ndrangheta ........................... 11
Testo n. 1: La strage di Duisburg .................................... 12
Commento didattico ........................................................ 13
Testo n. 2: Sedici anni di faida - Una cronaca di sangue 13
Commento didattico: Le faide ........................................ 15
Analisi didattica .............................................................. 17
Testo n. 3: Liniziazione .................................................. 18
Testo n. 4: Gli associati ai clan di San Luca -
Da un rapporto della polizia tedesca .......................... 19
Nr. 5: Le cosche in Germania ......................................... 21
Testo n. 6: La tregua ...................................................... 22
Commento didattico: Il codice della ndrangheta ........... 23
LE UNIt DIDAttIChE
Storia e Struttura della ndrangheta
Introduzione ......................................................................... 35
La divisione territoriale
Commento e programmazione didattica ....................................... 39
CAPITOLO 1
Le origini della ndrangheta ........................................................... 45
CAPITOLO 2
La struttura della ndrangheta........................................................ 67
268
CAPITOLO 3
Lurbanizzazione della ndrangheta ............................................... 77
CAPITOLO 4
La prima guerra di mafa ................................................................ 87
CAPITOLO 5
La seconda guerra di mafa ............................................................ 97
CAPITOLO 6
La ndrangheta nella provincia di Reggio Calabria ...................... 103
CAPITOLO 7
La ndrangheta nelle altre province della Calabria ....................... 111
La provincia di Catanzaro ............................................... 113
La provincia di Cosenza ................................................ 116
La provincia di Crotone .................................................. 122
La provincia di Vibo Valentia ......................................... 125
Appendice: Mappature della criminalit organizzata ...... 128
CAPITOLO 8
Il giro daffari della ndrangheta .................................................... 137
LUNIt DIDAttICA
Sottofondo culturale della ndrangheta
Analisi didattica ................................................................... 143
Scheda dellAutore: GIOVANNI DE NAVA ........................ 157
testo 1 ............................................................................. 158
testo 2 ............................................................................. 160
testo 3 ............................................................................. 161
Aiuto alla lettura ............................................................. 163
269
Scheda dellAutore: FRANCESCO PERRI ......................... 166
testo ................................................................................ 167
Aiuto alla lettura ............................................................. 170
Scheda dellAutore: NATALINO LANUCARA .................. 172
testo ................................................................................ 173
Aiuto alla lettura ............................................................. 179
Scheda dellAutore: FORTUNATO SEMINARA ................ 181
testo ................................................................................ 182
Aiuto alla lettura ............................................................. 184
Scheda dellAutore: CORRADO ALVARO ......................... 186
testo ................................................................................ 187
Aiuto alla lettura ............................................................. 190
Scheda dellAutore: SAVERIO MONTALTO ..................... 193
testo ................................................................................ 194
Aiuto alla lettura ............................................................. 199
Scheda dellAutore: SAVERIO STRATI ............................. 202
testo ................................................................................ 203
Aiuto alla lettura ............................................................. 215
Scheda dellAutore: MARIO LA CAVA .............................. 217
testo ................................................................................ 218
Aiuto alla lettura ............................................................. 220
Scheda dellAutore: LUCA ASPREA .................................. 221
testo ................................................................................ 222
Aiuto alla lettura ............................................................. 229
Scheda dellAutore: DOMENICO CUPPARI ...................... 230
testo ................................................................................ 231
Aiuto alla lettura ............................................................. 242
270
Scheda dellAutore: ANTONIO MARGARITI ................... 243
testo ................................................................................ 244
Scheda dellAutore: CARMINE ABATE ............................. 246
testo ................................................................................ 247
Aiuto alla lettura ............................................................. 249
Scheda dellAutore: MARIO STRATI ................................. 250
testo ................................................................................ 251
Aiuto alla lettura ............................................................. 255
Scheda dellAutore: ENZO SICILIANO ............................. 256
testo ................................................................................ 257
Aiuto alla lettura ............................................................. 260
Scheda dellAutore: FRANCESCA VISCONE ................... 261
testo ................................................................................ 262
Aiuto alla lettura ............................................................. 264
Filmografa sulla ndrangheta ........................................................ 265
271
272
Stampato da
Pellegrini Editore
Cosenza

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