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C OL L ANA
Mafe
diretta da Antonio Nicaso
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Nicola Gratteri - Antonio Nicaso
Testi didattici di
Michele Borrelli
Educare alla legalit
IL GRANDE INGANNO
I falsi valori della ndrangheta
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Propriet letteraria riservata
by Pellegrini Editore - Cosenza - Italy
Edizione ebook 2012
ISBN: 978-88-8101-954-0
Via De Rada, 67/c - 87100 Cosenza - Tel. 0984 795065 - Fax 0984 792672
Sito internet: www.pellegrinieditore.it
E-mail: info@pellegrinieditore.it
I diritti di traduzione, memorizzazione elettronica, riproduzione e adattamento totale o
parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microflm e le copie fotostatiche) sono riservati
per tutti i Paesi.
Il presente volume raccoglie ed integra in ununica edizione, curata spe-
cifcatamente per linsegnamento nelle scuole, parti centrali del volume
Fratelli di sangue di Nicola Gratteri e Antonio Nicaso e, quasi interamen-
te, lantologia di testi letterari Senza onore, curata da Antonio Nicaso.
La progettazione, la strutturazione, le analisi didattiche, le introduzioni
nonch laccesso al progetto: Educazione alla legalit - lotta alla ndran-
gheta sono di M. Borrelli
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INTRODUZIONE
Educare alla legalit
Lillegalit e la criminalit sono, oggi, talmente diffuse e ra-
dicate nelle coscienze individuali e nella societ in generale, che
leducazione alla legalit tema obbligatorio nei curricula delle
scuole (e si spera) di ogni ordine e grado.
La possibile strategia che ci auguriamo vincente e, quindi, in gra-
do di riportare a lungo raggio e progressivamente le singole strut-
ture e, in ultima analisi, la societ su un piano di legalit e, quindi,
di libert e di democrazia, dipender, infatti, dalla presa di coscien-
za che lillegalit e la criminalit non sono pi solo dei fenomeni
sociali marginali, accanto ad altri fenomeni riservati e circoscritti
ad ambiti, settori o sottosettori dindagini di natura strettamente
sociologica, psicologica o antropologica, ma strutture dominanti
complesse che occupano sempre pi potere nella societ.
Il progetto educazione alla legalit, che proponiamo a docen-
ti e studenti, ha come scopo formare nei giovani una coscienza
civile contro la criminalit organizzata che va sotto il nome di
ndrangheta. una scelta didatticamente esemplare, vale a dire
prioritaria, rispetto ad altre possibili ed importanti tematizzazioni
o contenuti che riguardano le criminalit organizzate e lillegalit
in generale e ci per varie ragioni. Innanzi tutto la ndrangheta
non riducibile ad un fenomeno che pu essere osservato e com-
battuto solo dallesterno, ma radicata e si estende, vieppi, in
tutti i settori della vita sociale per cui richiede una lotta anche e
soprattutto dallinterno. Ci vale, ancor di pi, se si parte dal pre-
supposto che la ndrangheta, nel frattempo, ha raggiunto un cos
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alto grado di ramifcazioni nazionali (ed internazionali), tale che
la sua portata devastante sul piano economico, politico, culturale
mette a rischio la stessa convivenza civile o meglio: i presupposti
e le condizioni di possibilit della vita democratica e del progres-
so che interessa tutte le fasce sociali e, non da ultimo, lavvenire
delle generazioni future. La ndrangheta passata da fenomeno
marginale dal volto agrario e contadino a struttura criminale
mondiale.
Privilegiare lesemplarit legata al progetto che qui proponia-
mo a docenti e studenti non signifca, quindi, richiamare latten-
zione su uno dei tanti possibili e importanti reali problemi sociali
legati allillegalit e alla criminalit organizzata, ma avviare una
rifessione sui rischi della stessa democrazia e sul futuro della so-
ciet italiana e non solo italiana.
Nessuna democrazia pu reggersi, svilupparsi e crescere real-
mente sulla violenza generata dallillegalit e dalla criminalit.
La democrazia implica, allora, non solo un discorrere su regole
e princip democratici, ma anche un impegnarsi per le regole e
i princip ritenuti democratici. Accettare la democrazia signif-
ca anche difenderla e lavorare affnch essa raggiunga un grado
sempre pi elevato e pi ampio di espressione e di dispiegamento
cos da abbracciare le singole istituzioni, anzi tutte le istituzioni;
signifca non solo partecipare a questo processo sempre pi ampio
e universale di democratizzazione, ma anche di vivere la demo-
crazia quotidianamente nelle istituzioni e fuori dalle istituzioni
non solo verbalmente, ma come atteggiamento quotidiano di ogni
singola persona che si oppone e combatte le forme dillegalit e
di criminalit che distruggono le fondamenta del vivere demo-
cratico. La ndrangheta si combatte, soprattutto, dallinterno,
sottraendo, cio, a questa organizzazione criminale il consenso,
ovverosia lappoggio diretto (partecipazione allorganizzazione)
o indiretto (lomert). Non , come pu notarsi, una questione
solo di pi Stato; una questione morale ed etica che interessa
lintera societ e, quindi, ogni singola persona. Nessuno pu e
deve sottrarsi a questo compito sociale di difesa dei presupposti
della vita democratica.
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Il progetto educazione alla legalit che sincentra, come og-
getto di analisi e di rifessione, sulla criminalit organizzata della
ndrangheta, trova qui i suoi presupposti prioritari, la sua fonda-
mentale legittimazione didattica come risposta situabile non solo
allinterno di un singolo territorio (la Calabria), ma come risposta
generale o globale. Si tratta, per un verso, di combattere la struttu-
ra criminale devastante della ndrangheta con gli strumenti legali
che una societ democratica ha a disposizione, per altro verso di
sottrarre ad essa i consensi: quindi creare le basi sociali per preve-
nire la criminalit. In ultima analisi: si tratta di opporsi al sorgere
e al diffondersi della mentalit ndranghetista. questa mentalit
omertosa, e i princip che la alimentano e la compongono, a co-
stituire il sottofondo culturale-criminale che alimenta, in ultima
analisi, la vera forza della ndrangheta.
Abbiamo, cos, tracciato alcuni degli obiettivi centrali che si
perseguono col progetto che viene proposto alle scuole e al qua-
le abbiamo dato il titolo Il grande inganno - I falsi valori della
ndrangheta.
Per il raggiungimento di questi obiettivi, si pensato di struttu-
rare lanalisi didattica sullorganizzazione criminale, che va sotto
il nome di ndrangheta, tenendo presente tre piani:
il piano storico-sociale della genesi dellorganizzazione cri-
minale della ndrangheta;
il piano socio-economico e socio-politico dellorganizza-
zione criminale della ndrangheta;
il piano socio-antropologico, ideologico-culturale dellorga-
nizzazione criminale della ndrangheta.
Partiamo, cio, dal presupposto che una risposta effcace al-
lavanzata, sul piano economico, politico e culturale, di una or-
ganizzazione cos devastante come la ndrangheta, debba essere
situata, necessariamente, sui piani che ne hanno reso possibile
il suo sorgere, il suo consolidarsi e il suo espandersi, in modo a
dir poco inaudito. Il progetto, pertanto, pu essere differenziato
nelle tre unit didattiche: storia, struttura, sottofondo ideologico
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o culturale della ndrangheta. Ovviamente gli obiettivi, nella loro
complessit e differenziazione, sono raggiungibili solo nelluni-
tariet delle singole unit didattiche, per cui si pensato a tre
tipi di analisi di contenuti. Col volume Fratelli di sangue abbia-
mo voluto offrire a docenti e studenti materiali che interessano
le due unit didattiche: storia e struttura della ndrangheta. Il
volume offre, infatti, tutta una serie sistematica di documenti, in-
formazioni e dati che riguardano soprattutto questi due piani di
rifessione. Analizzare lorganizzazione della ndrangheta su basi
obiettive o scientifche premette, infatti, non solo la possibilit di
avere a disposizione una raccolta rigorosa e vasta di materiali che
ne mettano a fuoco il suo sorgere, il suo costituirsi, consolidarsi
ed espandersi su basi nazionali e nel frattempo internazionali, ma
di potersi basare anche su una documentazione sistematica che
riesca a dimostrarne la complessit, il grado altissimo di devasta-
zione e violenza e le ripercussioni che seguono o meglio segui-
ranno per la societ e per i singoli sul piano politico, economico
e culturale non solo a corto e medio, ma anche a lungo raggio se
non si riuscir a contrastare, o meglio a combattere la struttura e
lespansione di questa organizzazione criminale.
Il volume Senza Onore pensato per lunit didattica sotto-
fondo culturale. una raccolta che offre ben quindici testi let-
terari, tutti selezionati e commentati, con lo scopo di far emer-
gere, da pi angolazioni, una variet di possibili interpretazioni
del fenomeno ndrangheta. La pluralit delle interpretazioni
didatticamente voluta per offrire agli studenti un quadro ampio di
interpretazioni anche contrastanti e, se si vuole, contraddittorie.
Lo scopo non solo quello di acquisire capacit ermeneutiche
relative allinterpretazione circa lorganizzazione della ndran-
gheta, ma anche di acquisire capacit critiche anche rispetto alle
interpretazioni che offrono gli stessi autori dei testi. Acquisire, se
cos si vuole, capacit meta-ermeneutiche nel confronto dei testi
e nel confronto fra i testi e le singole interpretazioni che suggeri-
scono gli autori dei testi letterari che formano qui loggetto della
rifessione.
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Lintimo legame tra i due volumi permette, didatticamente, di
organizzare linsegnamento o meglio lapprendimento a partire
tanto dallunit didattica storia o struttura della ndrangheta,
quanto dallunit didattica sottofondo culturale della ndranghe-
ta. Riteniamo importante e didatticamente essenziale non fermar-
si ad un singolo aspetto, piuttosto intrecciare i diversi aspetti del
tema e cogliere, quindi, possibilmente la complessit di questa
organizzazione cos violenta e nel frattempo cos ramifcata so-
cialmente da riuscire a mettere in ginocchio, in modo sempre pi
accentuato, politica, economia e cultura.
Se lunione dei due volumi qui proposta offre tre possibilit di
accesso alla complessit ndrangheta, per entrare analiticamente
nel problema o motivare gli studenti al tema, si consiglia di par-
tire da uno dei tanti casi di cronaca sulla ndrangheta che quasi
quotidianamente vengono riportati nei giornali. Suggeriamo, cio,
di risalire dalla problematizzazione di singoli casi, gradualmen-
te, alla struttura dellorganizzazione della ndrangheta, alla sua
logica, alla sua storia, alle condizioni che hanno reso possibile il
costituirsi di questa organizzazione antisociale e valutare, poi, le
conseguenze e gli effetti devastanti per la vita del singolo e per
lintera societ.
Come apertura al tema, abbiamo qui scelto la Strage di
Duisburg che dimostra, senza ombra di dubbio, il grado di barba-
rie inaudita raggiunto dalla cultura dellorganizzazione crimi-
nale ndrangheta.
MICHELE BORRELLI
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Laccesso al progetto:
Educazione alla legalit - lotta alla ndrangheta
Come accedere alla complessit del tema qui in questione?
Quali le scelte didattiche circa contenuti e forme di organizzazio-
ne dellapprendimento e dellinsegnamento? Quali le vie metodi-
che che possano far sorgere la motivazione alle rifessioni di un
tema cos importante sul piano individuale e sociale, un tema in
cui sono in gioco i princip stessi della democrazia e della nostra
costituzione?
Come apertura al Progetto: Educazione alla legalit - lotta alla
ndrangheta, abbiamo scelto, come si diceva sopra, la Strage di
Duisburg. un esempio a partire dal quale il progetto pu avere
inizio per poi dispiegarsi sistematicamente nelle sue sfaccettature
pi rilevanti che abbiamo suddivise in tre: storia, struttura, sotto-
fondo culturale o ideologico della ndrangheta.
La strage di Duisburg non un esempio qualsiasi. Oltre al
fatto che questo eccidio documenta la ferocia inaudita delle faide
legate alla ndrangheta, mostra al contempo che la ndrangheta
una ferrea organizzazione criminale che non si limita a particolari
territori o localit (per esempio calabresi), ma che la sua scia di
sangue, come i suoi affari, non conosce confni.
Per strutturare didatticamente questo accesso al tema, riportia-
mo anzi tutto alcune voci (TESTO NR. 1) che, subito dopo la strage
di Duisburg, hanno riempito le pagine dei giornali per passare poi
ad alcune precisazioni sulle faide (TESTO NR. 2: Sedici anni di fai-
da Una cronaca di sangue), nonch ai rituali tipici della ndran-
gheta (TESTO NR. 3: Liniziazione) e passare successivamente ad
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alcuni dati della polizia tedesca che chiariscono linternazionali-
t di questa organizzazione criminale (TESTO N. 4: Gli associati ai
clan di San Luca - Da un rapporto della polizia tedesca e TESTO
N. 5: Le cosche in Germania) e al ricompattamento tra le cosche
(TESTO N. 6: La tregua).
Testo n. 1:
Duisburg:
Unesecuzione militare: cinquantanove i colpi esplosi dagli
uomini che hanno atteso appostati per la strada le loro vittime.
La festa:
Marted sera (15 agosto 2007) nel ristorante Da Bruno, a
Duisburg, sei uomini vicini alla cosca Strangio-Nirta festeggiano
il 18esimo compleanno di uno di loro.
Il massacro:
Verso le due di notte, alluscita dal locale vicino alla stazione,
contro i sei uomini si abbatte una tempesta di piombo. Le vittime
vengono fnite con un colpo alla nuca.
Il ritrovamento:
Verso le 2.30 la polizia tedesca trova quattro cadaveri in una
Golf Volkswagen, altri due in un furgone Opel. Una delle vittime
muore in ambulanza.
La scena del crimine dice che lagguato stato organizzato
con una precisione militare. Cinquantanove i bossoli trovati, ma
a parte un proiettile che scheggia due volte la vetrina del risto-
rante e un altro che segna la statuetta di una spigolatrice, la po-
lizia non trova altri segni.
Chi ha sparato sapeva farlo. Ci sono rose strette di colpi sulle
fancate delle auto. Chi ha sparato s allenato a odiare e a non
farsi prendere la mano.
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Commento didattico
Alle prime ricostruzioni della strage di Duisburg, nelle
cronache dei giornali seguirono tutta una serie di puntualizza-
zioni e precisazioni sulla storia delle faide legate ai clan, qui
in contrapposizione, che offrono a studenti e docenti un primo
quadro delle ragioni che avrebbero scatenato il massacro.
Ovviamente, il lavoro con gli studenti non si limita alla lettura
di ci che riportano i giornali. Gli articoli richiedono unanalisi
critica. Per questo confronto critico, spesso non suffciente la
quantit di informazioni che pu essere desunta dalle cronache
di giornali; a queste informazioni gli studenti devono, quindi,
affancare ulteriori contestualizzazioni, documentazioni e ricer-
che specifche.
Il documento che riportiamo, qui di seguito, sulla storia delle
faide, offre senzaltro tutta una serie di informazioni che aiutano
docenti e studenti a capire, inoltre, che la cronaca di sangue legata
alle logiche ndranghetiste non sono improvvisazioni odierne, ma
che spesso vanno indietro negli anni. Compito dellanalisi didat-
tica non , allora, solo quello di cercare di cogliere cosa un testo
dice, ma cercare di capire anche cosa un testo non dice. Intanto,
vediamo come le faide vengono spiegate:
Testo n. 2:
Sedici anni di faida Una cronaca di sangue
Lepisodio da cui nata la faida di San Luca risale al Car-
nevale del 1991, 10 febbraio: un banale lancio di uova tra due
gruppi di ragazzi nella piazza del paese. I giovani appartengono a
famiglie contrapposte: da una parte gli Strangio-Nirta, dallaltra i
Vottari-Pelle-Romeo. Una parola di troppo, unoffesa, e si scatena
la furia omicida.
1991 (14 febbraio):
Vengono ammazzati Francesco Strangio e Domenico Nirta,
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tutti e due classe 1971. Feriti Giovanni e Sebastiano Nirta, rispet-
tivamente 22 e 20 anni, fratelli dellucciso.
1992 (25 luglio):
Il clan Strangio-Nirta si vendica con lomicidio di Antonio
Vottari, 25 anni.
1993 (primo maggio):
A san Luca la festa dei lavoratori segnata dal sangue. Sotto
i colpi darma da fuoco cadono Giuseppe Vottari, 41 anni, e Vin-
cenzo Pugliesi, 19. I Vottari la sera stessa uccidono per ritorsione
Antonio Strangio, 40 anni, e Giuseppe Pilia, 23.
Dopo la strage del primo maggio le armi tacciono per pi di
dieci anni. Ma lodio fra i clan rivali non archiviato e la scia di
sangue riprende nel 2005.
Gennaio 2005:
Domenico Giorgi (affliato Strangio-Nirta) uccide Salvatore
Favasuli. La pista quella passionale (lassassino ha una rela-
zione con la fdanzata del morto) ma il morto vicino ai Vottari e
lomicidio riacutizza i rancori.
31 ottobre 2005:
Viene ammazzato il fratello di Domenico Giorgi, Antonio, 31
anni.
25 dicembre 2006:
I sicari uccidono Maria Strangio, 33 anni, moglie di Giovanni
Nirta (ritenuto il capo del clan). Nellagguato restano feriti anche Do-
menico, 5 anni appena (nipote della donna uccisa), Francesco Nirta,
32 anni (cognato della donna uccisa) e Francesco Colorisi, 23 anni.
20 maggio 2006:
Viene ucciso Rocco Aloisi (padre di Antonio, vicino ai Votta-
ri), 56 anni.
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12 luglio 2006:
La vendetta colpisce Giuseppe Campisi (gruppo Vottari), 32
anni.
3 agosto 2006:
Tocca a un altro uomo della famiglia Vottari, Antonio Giorgi,
56 anni.
15 agosto 2007:
A Duisburg, in Germania, strage. Muoiono crivellati di colpi
Marco Marmo, 25 anni, Sebastiano Strangio, 39 anni, i fratelli
Francesco e Marco Pergola (22 e 20 anni). Tommaso Venturi, 18
anni e Francesco Giorni, 17 anni. Sono tutti pi o meno legati allo
schieramento Vottari-Pelle-Romeo.
Commento didattico:
Le faide
Le vendette non conoscono deroghe nel codice della ndran-
gheta. E talvolta non guardano in faccia nessuno, n donne n
bambini. A Duisburg, la faida di San Luca ha riacceso i rifettori
sulla ndrangheta. Nella cittadina renana, nella notte tra il 14 e
il 15 agosto del 2007 sei giovani sono stati uccisi alluscita del
ristorante Da Bruno. Cera stato un summit, prima dellarrivo
dei sicari. Nella tasca di una delle vittime, Tommaso Venturi, che
quel giorno aveva festeggiato il diciottesimo compleanno, stato
trovato un santino piegato in quattro e bruciato al centro, raffgu-
rante San Michele Arcangelo (vedi p. 75), simile a quelli utilizzati
dalla ndrangheta durante i riti di iniziazione. Secondo gli inqui-
renti tedeschi, i sei uccisi a Duisburg erano legati o contigui alla
cosca dei Vottari-Pelle in guerra con i Nirta-Strangio.
Marco Marmo, una delle vittime di Duisburg, il giorno prima
della strage, aveva chiamato il fratello a San Luca. Ho le armi,
gli aveva detto, durante una conversazione telefonica intercettata
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dalla Criminalpol. Le armi sono state trovate dalla polizia tedesca
nello stesso ristorante, di propriet di Sebastiano Strangio, unal-
tra delle vittime, gi sospettato di omicidio, il quale gi nel 1993
era ritenuto organico alle cosche di San Luca e coinvolto a pieno
titolo nel giro del riciclaggio di denaro sporco in Germania.
Chi ha sparato in Germania aveva un obiettivo preciso: vendi-
care lomicidio di Maria Strangio, uccisa il giorno di Natale del
2006 a San Luca, il paese della faida.
Le faide sono tipiche della ndrangheta, scontri allultimo san-
gue generati da un odio selvaggio che ruota attorno al soldo o alla
propriet o pi semplicemente al prestigio o allaffermazione so-
ciale. Spesso piccoli moventi possono saturare la riserva di odio,
come a San Luca dove i primi morti si sono registrati in seguito ad
una bravata con lancio di uova durante il carnevale del 1991.
Le faide hanno molte cose in comune con le disamistade sarde,
caratterizzate dal dovere millenario della vendetta, spesso origi-
nata da futili motivi, come lo scontro tra i Succu ed i Corrine.
Il punto di partenza, spiegano Luigi Maria Lombardi Satriani
e Mariano Meligrana, il concetto popolare di offesa, legato al
senso dellonore e della dignit, e la correlativa affermazione giu-
ridica che loffesa deve essere vendicata () Chi si sottrae al di-
ritto-dovere della vendetta () non considerato un uomo, cio
viene bandito dallideale di umanit che caratterizza storicamente
una comunit o unaggregazione sociale
1
.
La catena di vendette, ancora oggi, in alcuni centri della Cala-
bria, mantiene in vita un piccolo esercito di fuggiaschi colpevoli
in base al codice penale, ma innocenti per secolare codice donore
accettato e rispettato dagli uomini della ndrangheta.
Molti paesi della Calabria rievocano lunghe scie di sangue.
Cittanova rimanda al duro scontro tra le famiglie Facchineri e
Raso-Albanese, mentre Seminara ricorda la sanguinosa faida tra
i Giuffr ed i Pellegrino. Salvatore Pellegrino, boss dellomoni-
1
L.M. Lombardi Satriani-M. Meligrana, Un villaggio nella memoria, Casa del Li-
bro, Reggio Calabria, 1983, p. 139.
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ma famiglia, era soprannominato Luomo mitra. Una volta si
present armato al funerale di Giuffr, mettendo in fuga amici e
parenti che seguivano il feretro. Poi esplose alcuni colpi di mitra-
gliatore contro la bara dellavversario defunto: Anche da morto
sei rimasto solo, grid in uno spasimo di onnipotenza.
Lelenco delle faide in Calabria lungo. Quelle note sono le-
gate a paesi, come Cimin, Locri, Siderno, Gioia Tauro, Castella-
ce di Oppido Mamertina, Motticella. In questultima faida, scop-
piata nella zona di Bova in seguito ad un sequestro gestito male,
venne uccisa anche una giovane studentessa universitaria.
Molti attribuiscono la frequenza delle faide alla mancanza di
un organo verticistico sul modello di Cosa Nostra, capace di regi-
mentare gli scontri. Nella ndrangheta non ci sono mai stati boss
come Tot Riina o Bernardo Provenzano a capo di tutte le fami-
glie. In Sicilia, pertanto, si ricordano pochissime faide e quasi
tutte in tempi remoti. Una delle ultime quella scoppiata in seno
ai Greco. Da allora i Greco di Ciaculli hanno cercato sempre di
distinguersi da quelli di Croceverde Giardini.
Analisi didattica
Il TESTO N. 2 parla di una cronaca di sangue che dura da sedici
anni: la faida di San Luca. Nel testo si fa risalire la scia di sangue,
come noi stessi abbiamo commentato, a una ragazzata, ovverosia
a un lancio duova tra i ragazzi di due clan contrapposti.
Chiediamoci, per: possibile che un lancio duova tra ragazzi
possa aver costituito un motivo tale da far scatenare una guerra
tra clan contrapposti e che dura ormai da sedici anni? O si trattava
forse, gi da sempre e comunque, di una lotta per la supremazia
di un clan sullaltro?; di una lotta per il potere e per legemonia e
lestensione territoriali? In altri termini: si tratta solo di vendetta
per lonore ferito, per il rispetto perduto o di stragi anche
calcolate per garantirsi e aumentare il potere di un gruppo sul-
laltro?
La ferocia dei delitti, che sfocia nel massacro di Duisburg, fa
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presumere che, oltre ai motivi di vendetta e donore, la guer-
ra tra i clan miri allegemonia.
In base alla ricostruzione delleccidio di Duisburg, si potuto
chiarire che prima dellarrivo dei sicari, a Duisburg, nel ristorante
Da Bruno, a cena, cera stato un summit. Quella notte non si
sarebbe solo festeggiato il compleanno (18 anni) di una delle vit-
time, ma anche il suo ingresso nellonorata societ, cio un rito
diniziazione con la cerimonia della copiata.
Testo n. 3:
Liniziazione
Dalle cronache di quotidiani:
Nelloccasione, il neo maggiorenne sarebbe stato inziato
alla ndrangheta. Nel portafoglio di Venturi, il ragazzo che lavo-
rava da diverso tempo nel ristorante gestito dai fratelli Sebastiano
e Giovanni Strangio, e che aveva studiato alla scuola alberghiera
di Muelheim, a poca distanza da Duisburg, infatti, stato trovato,
gelosamente custodito, un santino piegato a quattro, con lim-
magine di San Michele arcangelo. Limmaginetta sacra presenta
una bruciatura allaltezza della testa dellarcangelo in una delle
sue classiche rappresentazioni. Il reclutamento nella ndranghe-
ta avviene secondo un rituale prestabilito e rigido; rituale che
ha inizio con il battesimo. Con tale rito laspirante entra a
far parte della ndrangheta con lappellativo di picciotto. Il
battesimo, cos denominato perch come con il battesimo nella
religione cristiana il bimbo entra a far parte della chiesa, pa-
rimenti laspirante diventa parte dellorganizzazione criminale.
Il rito di iniziazione viene celebrato, di solito, alla presenza del
numero minimo di cinque picciotti pi il celebrante che sar
uno ndranghetista anziano. Il rito inizia con le domande del
celebrante sulla possibilit di dar luogo alla cerimonia. Ottenuta
risposta positiva lanziano, con il vangelo in mano, ammoni-
sce i presenti sullimportanza del rito e intima loro di assumere
la posizione prevista con le braccia conserte. Il cosiddetto van-
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gelo non quello usato per le celebrazioni cristiane nella chiesa
cattolica, ma un libro dove sono scritte le regole e i rituali del-
lorganizzazione criminale. Quindi pronuncia le prescritte frasi:
battezzo questo locale santo, sacro e inviolabile nella stessa ma-
niera nella quale lo hanno battezzato i nostri avi dai quali noi di-
scendiamo, i cavalieri spagnoli Osso, Mastrosso e Carcagnosso,
e se un tempo era un posto comune da questo momento diventer
un luogo santo, sacro e inviolabile. Se qualcuno non lo ricono-
scer come tale ne pagher le conseguenze con cinque zacca-
gnate nella spina dorsale come scritto sulla regola sociale.
Al termine di questa locuzione laspirante verr sottoposto a del-
le prove che serviranno a mostrare agli astanti il suo coraggio di
neofta. Si buca un dito di una mano del giurante e il sangue viene
versato su una immagine sacra raffgurante San Michele arcan-
gelo. Limmagine viene posata sulla mano dello stesso e le si d
fuoco. A questo punto il neofta, che deve sopportare il bruciore,
la passa da una mano allaltra fno a totale spegnimento, giura di
mantenere fede ai principi della ndrangheta.
(Francesco Sorgiovanni, Il Quotidiano, 31 agosto 2007, pp. 6-7)
Testo n. 4:
Gli associati ai clan di San Luca - Da un rapporto della po-
lizia tedesca
Secondo un rapporto della polizia tedesca agli associati ai clan
di San Luca appartengono i seguenti 30 ristoranti, 2 hotel, 3 ditte,
2 edifci abitativi:
Da Bruno Duisburg
Zur Flotten Theke Duisburg
Da Michele Duisburg
Hotel Zum Rmerwall Geldern
La Gioconda Duisburg
La Gioconda II Duisburg
Landhaus Milser Duisburg
Il Mercator Duisburg
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Sole del Sud Duisburg
Calabrisella Duisburg
La Taverna Bochum
Trinacria Neukirchen
Rizzo Recklinghausen
Isola dElba Oberhausen
Mama mia Oberhausen
Pizzeria Toto Oberhausen
Ditta: Rmerwall Oberhausen
Paganini im Gildehaus Erfurt
Rossini Erfurt
Nirta-Giorgi GbR Erfurt
Due case di abitazioni ad Erfurt
Il Mulino Erfurt
La Trattoria Erfurt
Waldhaus Erfurt
Fellini Erfurt
Borsalino Erfurt
Schuhgeschft Zumnorde Erfurt
Ditta Food GbR Erfurt
Caravaggio Unterschliessheim
Bei Toni Kaarst
Sportgaststtte Deizisau
Eiscaf/Gelateria Bous
Paganini (Pizzeria allimpiedi) Leipzig
Paganini (Pizzeria e bar) Leipzig
Pizzeria Leipzig
(Calabria Ora, 26 agosto 2007, p. 26)
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Nr. 5:
Le cosche in Germania
(Panorama, 20-09-2007, p. 67)
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Testo n. 6:
La tregua
Un mese dopo Duisburg stop alla faide nel cuore della Locri-
de. Lo hanno deciso i boss in un summit di pochi giorni fa, perch
dopo la strage tedesca lorganizzazione ha bisogno di riprendere
i propri traffci.
Un mese dopo la strage di Duisburg, San Luca, cuore feri-
to della Locride, galleggia in una pace irreale. La faida che la
insanguina da anni sembra essersi fermata. Voci, intercettazioni,
fonti confdenziali hanno dato un nome a questo tempo sospet-
to: tregua. Quei cunni la devono piantare di portare scompiglio
era stata la parola dordine, intercettata a fne agosto in una delle
conversazioni sotto controllo. I cunni, stupidi in dialetto, erano
le famiglie impegnate nella guerra di San Luca. E cos, a inizio
settembre, le pi importanti cosche della ndrangheta, dai Pelle
ai Barbaro, dai Condello ai De Stefano, dai Cord ai Morabito,
hanno inviato i loro ambasciatori in una localit segreta, con un
unico mandato: riportare la pace in Calabria. Un vertice voluto da
Antonio Pelle, detto Gambizza, uno dei personaggi carismatici
nel pantheon dellorganizzazione. Secondo le notizie raccolte da-
gli investigatori, larmistizio sarebbe stato siglato il 2 settembre,
data simbolica, in cui gli affliati onorano la Madonna di Polsi, il
cui santuario si trova sopra San Luca. La tregua dura da giorni e,
presto, permetter alle ndrine di riprendere i traffci, dalla droga
al riciclaggio, interrotti, dopo la mattanza di Ferragosto, per lon-
data repressiva delle forze dellordine. In realt il business non si
mai fermato fa sapere Ercole DAlessandro, ispettore capo del
gruppo operativo antidroga della Guardia di fnanza di Catanzaro,
uno dei massimi esperti sul narcotraffco dei clan. Comunque
agli occhi delle grandi famiglie la strage di Duisburg stata una
mossa sbagliata, un colpo terribile ai loro affari allestero. Sono
tutti molto arrabbiati aggiunge Nicola Gratteri, sostituto procu-
ratore della Repubblica di Reggio Calabria, impegnato in prima
linea nelle indagini sulla faida. Qualcuno pagher per questo im-
23
previsto? Non esiste il concetto di gratis nella ndrangheta pre-
cisa il magistrato che nel suo libro Fratelli di sangue aveva gi
denunciato la ferocia senza pari dellorganizzazione.
(Panorama, 20. 09.2007, p. 66)
Commento didattico:
Il codice della ndrangheta*
La ndrangheta, a differenza di Cosa Nostra, ha sempre fatto
uso di codici scritti, di rituali e di simbologie. Anche recentemen-
te, nel corso di controlli e perquisizioni effettuate dalle forze del-
lordine, sono state ritro vate copie di codici, cio le trascrizioni
nella maggior parte dei casi re datte in dialetto, con grafe incerte
e da persone semi letterate del rito e del le formule esoteriche
attraverso cui si entra nella ndrangheta. In questi stessi codici
vengono distinti i ruoli interni della Societ, vengono preci sati
i compiti e le caratteristiche dei com ponenti, nonch le regole di
com portamento degli adepti e le sanzioni in caso di infrazione
delle norme sta tutarie.
Il primo codice di cui si ha notizia quello di Nicastro (1888)
2
.
Esso conteneva 17 articoli riguardanti gli obblighi e doveri degli
affliati, la formula del giuramento, la parola dordine per ricono-
scersi fra loro e distinguersi da quelli di altra societ.
Il primo codice, a fnire nelle mani delle forze dellordine ,
inve ce, quel lo di Seminara (1896).
Da allora le forze dellordine sono riuscite a recuperare diver-
si esem plari di questo importante documento che nel tempo ha
mantenuto la strut tura ori gi nale. Scrive il prof. Massimo Baldini,
esperto di comunicazione: Nelle culture orali primarie il sape-
* Queste pagine, relative al codice della ndrangheta, sono tratte da Fratelli di San-
gue, pp. 79 sgg..
2
Sezione Accusa, Cantafo Vincenzo +53, volume 129, 25 maggio 1888 in E. Ci-
conte, op. cit. p. 25.
24
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re fnisce con lessere trasmesso at traverso formule, frase fatte,
proverbi, massime, in breve fnisce con les sere un sa pere veico-
lato in espressioni verbali essenziali o, per meglio dire, quintes-
senziali.
Originariamente, per laffliato alla ndrangheta, che viveva
nel mondo della cultura orale, la gerarchia tra i sensi era diversa
dalla nostra, in parte gutenberghiana e in parte elettronica. Egli
prediligeva ludito, in quanto mezzo di ricezione orale, piuttosto
che locchio, strumento necessario per im possessarsi delle infor-
mazioni tipiche del mondo della scrittura.
Quello della ndrangheta un codice che bisogna memorizza-
re, non consentito trascriverlo. Purtroppo, per la mafa calabre-
se, a questa regola in molti sono venuti me no.
Nel 1902, i carabinieri interrompono una riunione di picciotti
e ca morristi a Catanzaro e trovano per terra due fogli di carta,
luno col titolo Societ della malavita catanzarese coi nomi di
80 individui col rispet tivo grado di Presidente o capo-contabile,
camorrista e picciotto, e laltro col titolo Statuto della malavita
catanzarese con tutte le norme, specie dellammissione ed espul-
sione. A rimarcare il carattere esclusivo della ndran gheta, lo sta-
tuto sequestrato a Catanzaro prevedeva la esclusione dei pedera-
sti, dei mariti traditi, delle guardie di fnanza, di citt e car cerarie
e dei carabinieri, e di coloro che non si siano vendicati della gra ve
offesa dellonore. Da un processo celebrato a Cosenza nel 1903
si ap pren de che un picciotto non riuscito a diventare camorrista
perch tollera va che la moglie avesse un ganzo
3
.
In quegli anni, molte sentenze della Corte dAppello delle Cala-
brie accertano lesistenza di questi codici. In un processo del 1902,
il briga diere dei carabinieri di Filandari racconta che un imputato
gli aveva dettato a memoria lo statuto di un gruppo di picciotti con
sede a Rombiolo, ma le gati alla societ maggiore di Monteleo-
ne, lodierna Vibo Valentia. Era come se recitasse lAve Maria, se
lo teneva nella mente impresso, spieg ai giudici.
3
ASCZ, Ibidem, 1904, vol. 407, 9 marzo.
26
Il terzo codice, dopo quello di Seminara e Catanzaro, viene
ritrovato in un materasso di foglie nel 1926 dal maresciallo Giu-
seppe Delfno nella zo na di Plat. In questo documento, in tutto
tre fogli di un quaderno scritto a mano, si individua la tipologia
dei picciotti secondo il grado di ap parte nenza, e cio: semplice,
di giornata, di sgarro, di sangue e liscio. Nel codice ritrovato da
Delfno si fa riferimento ai tre cavalieri spagnoli che nellimma-
ginario degli uomini donore rappre sentavano rispettivamente:
Ges Cristo, San Michele Arcangelo e San Pie tro. Un anno dopo,
un codice simile a quello rinvenuto a Plat, stato se questrato a
Gioiosa Jonica durante una perquisizione domi ciliare.
Agli inizi degli anni Trenta, alcuni fogli di carta su cui erano
scritte, nel gergo della delin quenza, le norme della costituzione e
i diritti e do veri degli appartenenti alla camorra e dei vari gradi
gerarchici, vengono alla luce durante unaltra perqui si zione do-
miciliare. Laccenno conte nu to in una sentenza del Tribunale di
Reggio Calabria del 16 luglio 1931.
Nel 1963, un altro codice viene scoperto dalla polizia a San Gior-
gio Morgeto, in provincia di Reggio Calabria dallallora tenente dei
carabi nieri Giuseppe Galat che comandava la compagnia di Tau-
rianova. Era cu sto dito gelosa mente nellabitazione di un vecchio
boss del luogo. Limportante documento san civa gli stessi scopi e
prescriveva le medesime sanzioni con tenute negli sta tuti preceden-
ti. Lo statuto di San Giorgio Mor geto differisce, per, in qualche
punto, come spiega Francesco Ca racciolo. Esso specifca meglio lo
sco po di garantire agli affliati il mutuo soccorso e sancisce un altro
intento primario e fondamentale, che non presente negli statuti ri-
trovati in precedenza, molto simili a quelli della Camorra, e cio di
di fen dere il de bole contro il forte. Non esclude, inoltre, la ne cessit
di pro curarsi il so stentamento, di ottenere un certo lu cro mediante
lesa zio ne di tangenti sulle vincite e taglie da ottenere anche con la
violenza contro la pro priet e le persone. Lo statuto, infne, sotten-
de lob bligo di dividere il rica vato secondo la di screzione dei capi
e stabili sce di dover tutelare linte grit e la si cu rezza dellassocia-
zione me dian te severe sanzio ni e dure puni zioni da in figgere a chi
tradisce o defette.
27
Altri due statuti vengono sequestrati a Gioia Tauro e a SantEu-
femia. Il primo viene rinvenuto a casa di un sicario della ndran-
gheta dallallora com mis sario di polizia Gaetano Vasta; il secon-
do viene trovato dal capo della Mobile di Reggio Calabria del
tempo, Alberto Sabatino, nellabita zio ne di Angelo Violanti, boss
di SantEufemia dAspromonte
4
.
Documenti simili sono stati sequestrati anche in Canada e in
Australia, dove la polizia dei due Paesi ha individuato la presenza
di organizzazioni criminali legate alla ndrangheta.
Quello ritrovato a Toronto nel 1971 ripropone lo schema degli
altri codici precedenti. Si ispira ai tre vecchi cavalieri di Spagna,
primi fondatori di camorra, che hanno lavorato ventinove anni per
fondare le regole so cia li. Nella parte del rituale che spiega come
vincolare la favella, cio come impegnare laffliato alla logica
del silenzio, il codice ritrovato a Toronto fa riferimento ai due
Fratelli Medici Cosimo e Damiano. Il codice conferma anche
lesistenza della co piata, come referente di ciascun affliato: Voi
pigliate conto e sotto con to della mia copiata, io piglio conto e sotto
conto della vostra copiata.
Sempre in Canada, a London, nel 1985 la polizia federale
riuscita anche a flmare un rito di iniziazione.
Sul video le immagini scorrono nitide, anche se i raggi del
sole, fltran do attraverso le tapparelle abbassate, sfocano i profli.
Cinque uomi ni si av vicinano al tavolo, parlottando tra loro a voce
bassa, qua e l taglia ta da una grossa risata. Quando nella stanza
entra il mastro di cerimo nia cala il silenzio.
un flmato eccezionale, unico nel suo genere, che per la pri-
ma volta, al di l delle fnzioni cinematografche, getta uno squar-
cio di luce sulle for mule di iniziazione mafosa, su cui ormai, da
tempo, esiste una diffusa letteratura.
Le immagini risalgono al 1985, quando un agente dellRcmp,
4
Molti collaboratori hanno descritto agli inquirenti le regole della ndrangheta. Un
codice venne dettato a verbale il 22 gennaio del 1960 al capitano dei carabinieri di Pal-
mi, De Salvo, da un affliato alla cosca locale. Importante, nella ricostruzione di questi
documenti, stata anche la collaborazione del pentito Pino Scriva.
28
le Giubbe Rosse, Giovanni Persichetti, dopo essersi guadagnato
la fducia dei fratelli Zangari, viene invi tato a entrare in un locale
di ndrangheta. Per mesi a veva acquistato e ri venduto cocaina,
grazie allaiuto di un altro agente sottocopertura che fre quentava
lippodromo di London, una citt dellOn tario. Persichetti con-
vince i suoi futuri confratelli a celebrare il rito di iniziazione
nel suo appartamento, per loccasione attrezzato di telecamere e
microfoni.
Dopo le varie raccomandazioni sul tema dellonore, della fe-
delt alla famiglia e della vendetta che colpisce, ineluttabilmen-
te, chi tradisce, Persi chetti sulla lama di un coltello, recita una
formula in uso nella ndrangheta sin dalla fne dellOttocento:
Manger con i miei compagni e divider con essi giusto ed in-
giusto, carne, pelle, ossa e sangue fno allultima goc cia. Se fal-
lir ogni macchia donore sar a carico mio e a discarico della
societ. Tutto avviene sotto locchio asettico delle te lecamere
che flma no anche la cena a base di pescestocco, una particolare
lavorazione del merluzzo, secondo le pi antiche tradizioni della
mafa calabrese.
Scrive il Raggruppamento Speciale Operativo (Ros) dei Cara-
binieri: La ndrangheta ha sempre conservato loriginale carat-
terizzazione re gio nalista, connotata da riti e linguaggi ad elevato
contenuto simbolico. Lo statuto, che alla base del rito dellin-
vestitura e che diventa il rife rimento per ogni decisione gestio-
nale della cosca, ricorre, infatti, ad un linguaggio criptico, in cui
appaiono inserimenti lessicali campani, allit terazioni ed al legorie
che conferiscono un alone di mistero ed un coin volgimento
e motivo analogo a quello presente in molte antiche ag gre gazioni
militari e religiose.
Per il Ros, il Codice diventa uno stru mento che assicura il sen-
so di appartenenza allorganizzazione, con ferendo alle decisioni in-
terne una legittimazione vissuta intimamente da tutti gli affliati.
Ed ancora: Il rito ed il suo linguaggio permettono la condivisione
di potere, attribui sco no il senso di sicurezza e di protezione e rap-
presentano, in un contesto di de grado culturale ed economico, la
rivalsa dallumile condi zione e le man ci pazione della societ cri-
29
minale calabrese. Ogni ordina mento [] si fonda sulleffettivit
del valore del linguaggio.
Il Ros conclude, precisando che dalle testimonianze rese da
pi af flia ti alla ndrangheta, emerge il rispetto incondizionato per
le regole e la totale assimilazione del lin guaggio della cosca, che
generano unim me desimazione generale delluo mo nella struttu-
ra criminale di appar tenen za.
Il codice ritrovato nel 1989 nel covo del superlatitante Giu-
seppe Chil conferma i cambiamenti avvenuti nella ndrangheta
dopo il summit di Montalto. Il documento diviso in tre parti.
La prima dedicata alla societ di sgarro e ai suoi rituali. I
riferimenti storici sono ai mitici cavalieri di Spagna e ai tre pre-
sunti assassini di San Michele Arcangelo, Minofrio, Misgrizzi e
Misgarro. Il giuramento quel lo tradizionale che impegna il neo-
fta a spartire con gli altri fratelli di san gue tutto ci che pos-
siede, fno allultimo millesimo, e a difendere la socie t di sgar ro
fno allultima goccia di sangue, precisando che ogni infamit o
mac chia donore avr ripercussioni personali e non intaccher
lorganiz zazione nel suo insieme.
Nella seconda parte si parla di Vangelo. E, oltre a Ges Cristo,
i re ferenti sono i tre magi: Gaspare, Melchiorre e Baldassarre. I
fratelli si im pegnano a non partecipare a nessuna societ []
tranne il Sacro Van ge lo.
Il carattere esclusivo di questo nuovo organismo si coglie me-
glio nella terza parte, quando si parla esplicitamente della Santa.
Ai re magi su bentrano Giuseppe Mazzini, Giuseppe Garibaldi e
Giuseppe (sic) La Mar mora e nel giuramento il neosantista si im-
pegna a rinnegare la societ di sgarro e qualsiasi [altra] organiz-
zazione. un passaggio epocale nella sto ria della ndrangheta.
Altri tre codici nel 1990 vengono sequestrati a Rosarno, La-
mezia Ter me e a Valle forita, nei quali, oltre al Conte Avignone,
Fiorentino di Russia e Cavaliere di Spagna, si fa riferimento ad
un certo Salvatore Bal zano, il quale avrebbe scoperto la Camor-
ra sullisola di Favignana. Altri codici, invece, citano il Conte
Ugolino.
Infne, un codice inedito, del quale pubblichiamo la versione
30
integrale in appen dice, stato scoperto, per caso, nella sof ftta di
una abitazione di Prestinace nel 1975.
Anche se il contenuto di questi statuti sembra essere un sug-
gestivo re taggio del passato o semplicemente materiale di ricer-
ca antropologica, re cen tis si me indagini hanno confermato che la
ndrangheta continua a farne uso, tanto da poter affermare che
non vi locale in Calabria e negli in sediamenti fuori della Ca-
labria che sia privo di un codice
5
.
In una conversazione intercettata il 5 maggio del 2005, un
uomo di Careri viene ascoltato mentre riferisce allo zio residente
in Australia parti colari importanti sullorganigramma della ndri-
na, a cui appartiene. Ven gono forniti molti dettagli sulla cerimonia
di iniziazione, utilizzando ter mini inequivocabili, come mastro
di tirata, capo di societ, mastro di giornata e contabile
6
.
Ha scritto Vincenzo Macr, sostituto della direzione nazionale
antimafa e uno dei magistrati pi attenti nellanalisi di questa
organizzazione crimi nale: Ancora oggi [...] quei riti, quelle for-
mule, sono osservate come cen to anni fa, nel lo vile di Plat, come
nei rioni di Reggio Calabria, nel retro dei bar di Buccinasco,
come nelle fattorie australiane, ovunque insomma la ndrangheta
esprime la continuit della sua presenza, della sua attivit, del suo
proselitismo, della sua espansione. Anche nel rispetto delliden-
tit del passato va ricercato uno dei motivi di tale sorprendente
capacit di sopravvivenza, di continuo rinnovamento, di rapido
adeguamento al muta mento delle situazioni esterne
7
.
Le diversit dei vari statuti se ci sono, sono marginali e mai
sostanziali, dovute molto probabilmente alla trasmissione orale,
lunica ammessa, che in certa misu ra pu comportare modifche e
varianti. Le parole sono pesate e le allusioni sono profonde, cos
5
Tracce dei riti di iniziazione sono state documentate recentemente in unindagine
condotta in Liguria e durante unintercettazione ambientale condotta in Calabria.
6
Guardia di Finanza, Comando Compagnia di Locri, Relazione conclusiva Proce-
dimento Penale nr. 1231/2005 R.G.N.R. DDA.
7
Direzione Nazionale Antimafa, La Ndrangheta. Vincenzo Macr.
31
come i dialoghi intrisi di metafore, ma anche di una gestualit di
grande interesse antropologico.
Raccontano i pentiti di ndrangheta che i codici rappresentano
degli strumenti formidabili per assi curare il senso di appartenen-
za allorganizza zione, ma anche per dare al rapporto associativo
una sua legittimazione, fondata su pretesi sentimenti di onore e di
superiorit.
C, per, una cosa che i codici non spiegano e riguarda lele-
zione o la nomina dei livelli pi alti della gerarchia ndrangheti-
sta. Non sappiamo come si diventa contaiolo o capo-bastone, se
per nomina o per elezione, n quale rituale si segue. Sul fnire
dellOttocento, si trova scritto in due sentenze che il capo-bastone
veniva eletto a maggioranza di voti e che dovendosi presce-
gliere il capo, appellato anche capo-bastone, riunivansi tutti i soci
e facevasi la cos detta causa del Tronco dellalbero con vota zione
franca, libera a teste scoperte.
Poi non si pi saputo nulla.
32
33
LE UNIt DIDAttIChE:
Storia e Struttura della ndrangheta
34
35
Introduzione
Lo schema (Ndrangheta - origini, cause ed evoluzione del fe-
nomeno, cfr. p. 34) col quale apriamo allunit didattica sulla sto-
ria della ndrangheta, raccoglie tutta una serie di informazioni e
dati sulla ndrangheta che, nel lavoro con gli studenti, sono prezio-
si per portare alla luce e analizzare non solo le origini lontane del
fenomeno criminale, che va sotto il nome ndrangheta, ma an-
che per evidenziare e discutere gli intrecci che sono esistiti, gi da
sempre, tra ndrangheta e politica e tra ndrangheta ed economia.
Lo schema storico fornisce, inoltre, anche un quadro delle guer-
re intra-ndranghetiste per il predominio di alcune famiglie sulle
altre, nonch una descrizione dei contatti e dei patti di riappacif-
cazione tra pi forme di organizzazione criminale (Cosa Nostra
siciliana e Camorra napoletana), che se da un lato riguardano il
controllo sempre pi rigoroso del territorio, dallaltro interessano
direttamente le possibilit di consolidamento e di espansione del-
la gestione del grande traffco soprattutto della droga.
Nel CAPITOLO 1 (si vedano anche i grafci pp. 50 e 60), accanto
alla storia della ndrangheta, si offre un quadro delle fgure che
formano le basi della famiglia ndranghetista o della picciotteria.
Appartengono alla famiglia della picciotteria i fratelli maggiori
(o camorristi) e i fratelli minori (o picciotti). Il boss il capo-ba-
stone. I giovani donore si dividono in picciotti lisci e picciotti
di sgarro; per la promozione si versava al puntaiolo la dritta che
veniva utilizzata per il pranzo che si consumava assieme a tutti gli
affliati (si veda grafco p. 47). La carriera si apre con il rito
36
diniziazione (rito valido oggi ancora, vedi pp. 18-19) che sigilla
il patto di fedelt, il rispetto dovuto, ovverosia: laccettazione del-
le regole ferree che devono assicurare lassoluta omert.
Intorno a queste regole di sangue, come lonore e la vendetta,
si creata una sorta di giustifcazione della ndrangheta. Come
dire: l dove lo Stato assente, si sviluppano fenomeni di auto-
giustizia, di esaltazione del coraggio individuale (il farsi rispet-
tare), la difesa del proprio onore, ecc..
Ma la ndrangheta lotta per la difesa di valori umani? Pu lomi-
cidio essere un valore? Ci pu essere una criminalit buona? Una
criminalit della giustizia? La vendetta un atto di giustizia?
Qualche altra domanda su cui si pu discutere:
Gli omicidi sono atti di giustizia, atti, cio, che confermano
i valori della tradizione contadina? Di quale onore, di quale
rispetto si fa carico la criminalit organizzata della ndrangheta?
Se si passa dai cenni storici alla storia attuale delle ndrine (=
le famiglie della ndrangheta) balza subito agli occhi lidentica
struttura ferrea che costituisce la ndrangheta; siamo, infatti, so-
stanzialmente sempre allinterno di famiglie (ndrine) e, quin-
di, sempre allinterno dellomert assoluta di cui si diceva sopra.
Tant vero che lOnorata Societ (o picciotteria) dispone di un
proprio tribunale col quale dimostrare lineluttabilit e linevita-
bilit delle punizioni che infigge (cfr. p. 47).
Ma, oltre a smascherare il falso onore di cui si serve la ndran-
geta, il CAPITOLO 1 fa capire che tra ndrangheta e politica c stato
sempre un rapporto dintesa. La ndrangheta ha trovato negli am-
bienti di potere, nelle istituzioni e in non poche fgure istituzionali,
possibilit di ramifcazione, di auto-tutela, di co-partecipazione. Il
CAPITOLO 1 permette, quindi, una rifessione, anche e soprattutto,
retrospettiva sulla storia della ndrangheta, attraverso cui gli stu-
denti possono rendersi conto che la ndrangheta non si fatta mai
(quindi tanto nella sua genesi, quanto nel suo svilupparsi, consoli-
darsi ed espandersi) portatrice di valori umani. In altri termini:
non c stata e non c una ndrangheta buona. Tuttaltro: si pu
dimostrare, infatti, che le nozioni di fedelt, dignit, rispetto, ono-
37
re, utilizzate in seno alla ndrangheta non sono regole in difesa
delluomo, ma regole che difendono gli interessi criminali e parti-
colari delle ndrine. Non solo: ma che, in non pochi casi e quando
ritenuto necessario, sono regole da applicare contro altre ndrine.
La guerra tra le ndrine anche, soprattutto, scontro di sangue per
la supremazia e legemonia sui territori e sugli affari. Di onore non
c traccia. Tanto vero che dalle guerre tra le ndrine si passa alla
pace o ai nuovi accordi tra le ndrine (si veda sopra anche il testo
n. 6, La tregua, pp. 22-23), l dove sono a rischio gli interessi cri-
minali di queste organizzazioni (si vedano nello schema iniziale e
nei testi qui successivi, le nuove intese, i nuovi accordi).
Questi contesti di lotta, anche allinterno delle ndrine, sono
documentati nel CAPITOLO 3 (Lurbanizzazione della ndranghe-
ta). Il capitolo mette in evidenza le trasformazioni allinterno
della struttura ndranghetista, nonch i passaggi dalluno allaltro
modello di gestione dellorganizzazione criminale. Da un lato le
divisioni e le gerarchie (si noti le divisioni tra santisti e sgarri-
sti), dallaltro il bisogno vitale di unitariet e coesione allinterno
dellonorata societ e lallargamento degli intrecci con altri po-
teri (per esempio: la destra eversiva, i legami con la massoneria
deviata, quindi con magistrati, poliziotti, politici, avvocati, ecc.).
Unanalisi attenta del capitolo, che studenti e docenti possono
sviluppare nelle forme didattiche che riterranno utili (lavoro di
gruppi, analisi individuali o lettura a cui partecipa tutta la classe
direttamente), mostra peraltro che le lotte interne portano a nuo-
ve forme di organizzazioni (lotta tra lala tradizionalista (gli sgar-
risti della ndrangheta contro la societ di santa) e a mutamenti
anche dei riti diniziazione (i cavalieri spagnoli Osso, Mastrosso
e Carcagnosso vengono sostituiti dalle fgure massoniche Gari-
baldi, Mazzini, La Marmora). Fondamentale , per, la fusione
che viene a crearsi tra massoneria e ndrangheta che permetter a
questultima di infltrarsi direttamente nelle istituzioni. Far parte
della massoneria signifcava e signifca essere rappresentati di-
rettamente nelle istituzioni, quindi non solo consolidare il potere,
ma creare una forma di simbiosi tra ndrangheta e politica. Se a
questo intreccio tra mafa e politica si aggiunge che la ndranghe-
38
ta intensifca i rapporti con Cosa nostra e le famiglie mafose di
Palermo e Catania, allora balza agli occhi ci che nel capitolo
considerato il salto di qualit della ndrangheta: da un lato la
conquista dei traffci di sostanze stupefacenti (dal Medio Oriente
al Nord-Africa), dallaltro le mani sulle opere pubbliche, o me-
glio: laccesso ai poteri politico-amministrativi e il controllo dei
traffci marittimi (illegittimi: contrabbando di sigarette, ecc.).
I CAPITOLI QUATTRO e CINQUE offrono a docenti e studenti infor-
mazioni signifcative sulle due guerre di mafa nelle quali la
ndrangheta agro-pastorale scompare defnitivamente e si crea-
no nuovi assetti per la gestione mafosa che vanno dal traffco di
stupefacenti alle risorse pubbliche (appalti), al pizzo, alla guardia-
na e al controllo del mercato del lavoro. Le guerre servirono, in
ultima analisi, a consolidare i rapporti dei gruppi criminosi emer-
genti con la Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo e con
Cosa Nostra. In questo intreccio, si prospett, non da ultimo, uno
scontro frontale con lo Stato, ma la ndrangheta pi che a scontri
diretti con lo Stato e le istituzioni mira ad entrare nelle istituzioni,
a mantenere ed ampliare i contatti con logge massoniche, politici,
istituzioni deviate (vedi soprattutto CAPITOLO CINQUE): il suo uni-
co scopo e rimane la massimizzazione dei proftti, mettendo le
mani sul potere politico ed economico.
Se, ad una lettura attenta del TERZO CAPITOLO, si legano le in-
formazioni e i dati contenuti nei CAPITOLI QUARTO e QUINTO, gli stu-
denti possono sviluppare un quadro dellascesa gigantesca della
ndrangheta a forza istituzionale. In questo quadro si potrebbero
raccogliere le voci pi signifcative di questo passaggio:
Lascesa della ndrangheta
Dimensione politica Dimensione economica
............................................... ...................................................
Intreccio tra
Politica e Economia
................................................ ................................................
39
La divisione territoriale
Commento e programmazione didattica
La ndrangheta, inizialmente, era (a partire dalla seconda met
dellOttocento) un fenomeno ristretto alla provincia di Reggio
Calabria. A partire dagli anni Sessanta, ci che sembrava un fe-
nomeno limitato e ristretto alla Provincia di Reggio ha raggiunto
un grado di espansione tale da penetrare non solo anche nel Cen-
tro e nel Nord dItalia, ma da estendersi ed espandersi anche in
molti paesi stranieri. I dati presenti nei CAPITOLI SEI, SETTE, OTTO
e NOVE mostrano che non si pu parlare pi di un fenomeno di
criminalit accanto ad altri fenomeni criminosi, ma di una strut-
tura criminale organizzata che non conosce frontiere e capace di
imporre razionalmente ed internazionalmente (si veda schema p.
130) il suo dominio.
Il CAPITOLO SETTIMO offre a docenti e studenti unanalisi serrata
relativamente alle ndrine calabresi e tutta una serie di cartine che
documentano la diversifcazione e gli intrecci dellespansione di
questa organizzazione criminale. Al grafco iniziale (La divisione
territoriale, p. 112, che spiega la divisione della Calabria in tre
mandamenti) abbiamo fatto seguire, come si diceva sopra, sin-
gole cartine della criminalit organizzata (del Raggruppamento
Speciale Operativo di Reggio Calabria):
cartina della criminalit organizzata di Reggio Calabria (p. 128)
cartina della criminalit organizzata della provincia di Catan-
zaro (p. 129)
cartina della criminalit organizzata della provincia di Cosenza
(p. 130)
40
cartina della criminalit organizzata della provincia di Vibo Va-
lentia (p. 131)
cartina della criminalit organizzata: Area tirrenica (p. 129)
cartina della criminalit organizzata: Area Jonica (p. 128).
Le cartine si possono trasformare in lucidi e si pu avviare una
rifessione sulla capacit di estensione della ndrangheta. Le car-
tine mostrano che la ndrangheta ormai padrona di tutto il terri-
torio calabrese e che gli affari criminali vanno dallo sfruttamento
della prostituzione ad attivit estorsive, dai traffci di stupefacenti
al mercato delle armi. I dati mostrano ancora che la ndrangheta
penetrata fortemente nel sistema produttivo e nelle amministra-
zioni comunali e che non trascura i mercati immobiliari, le attivit
fnanziarie e i grandi appalti pubblici.
Diamo uno sguardo, intanto (si veda CAP. 7 - APPENDICE), al-
lelenco delle cartine che tracciano le linee centrali dellespansio-
ne della criminalit organizzata nel Resto dItalia e che offrono
una possibilit per approfondire lespansione e gli intrecci siste-
matici di queste organizzazioni :
cartina della criminalit organizzata: Marche
cartina della criminalit organizzata: Toscana
cartina della criminalit organizzata: Umbria
cartina della criminalit organizzata: Liguria
cartina della criminalit organizzata: Piemonte, Valle
DAosta
cartina della criminalit organizzata: Veneto
cartina della criminalit organizzata: Lombardia
cartina della criminalit organizzata: Emilia Romagna
Nel CAP. SETTE - APPENDICE si voluto mettere a disposizione di
docenti e studenti tutta una serie di cartine (mappature) che loca-
lizzano la criminalit organizzata per mettere in evidenza che la
ndrangheta non circoscrivibile ad una singola regione e non si
pu, pertanto, combattere in quanto fenomeno singolo, isolato. La
ndrangheta, invece, ormai una struttura tendente ad occupare
tutto il territorio. In una formula si potrebbe dire: la ndrangheta
41
non combatte lo Stato, la ndrangheta vuole sottomettere lo Stato,
vuole, quindi, sostituirsi allo Stato. Cosa ci possa signifcare per
le istituzioni, in particolare, e per la democrazia, in generale, un
punto centrale della discussione che docenti e studenti non pos-
sono fare a meno di avviare, in quanto sono in gioco la libert, i
diritti, il futuro di tutti noi e delle generazioni future.
Prima di avviare questa discussione, consigliabile a docenti e
studenti di tenere presenti alcuni dati signifcativi sul giro daffari
di questa organizzazione criminale (cfr. CAP. OTTAVO pp. 137 sgg.).
Nel grafco (p. 139) si parla di 22,3 miliardi di euro lanno nel
settore del traffco di droga; di 4,7 miliardi di euro nel settore de-
gli appalti pubblici e della compartecipazione in imprese; di 4,6
miliardi di euro nel traffco di armi e nel giro della prostituzione;
di 4,1 miliardi di euro in estorsioni e usura per un volume com-
plessivo annuo di 35,7 miliardi di euro lanno. Il grafco, inoltre,
evidenzia anche altre attivit affaristiche: smaltimento di rifuti
solidi e urbani, ma anche tossici e radioattivi, nonch il traffco di
esseri umani e il lavoro nero.
42
43
44
45
CAPITOLO 1
Le origini della ndrangheta
*
Sulle origini della ndrangheta si sono fatte molte ipotesi. Il no-
me fa rebbe pen sare a un etimo greco. Il linguista Paolo Martino so-
stiene che ndran gheta de ri verebbe dal greco classico, quello parla-
to nella zona di Bo va, in provincia di Reggio Calabria, e preci sa men-
te da andraga thos che signifca uomo coraggioso, va lente
1
. In mol-
te zone del Reggino il verbo ndranghi tiari, dal greco andra gati zo-
mai
2
, signifca as sumere at teg gia men ti ma fo si, spavaldi, valorosi.
Gi nel periodo della Magna Grecia, individui valenti e co-
raggiosi a vevano dato vita alle cosiddette hetairiai, associazioni
in parte segrete di cit ta di ni che, non di rado, conseguivano i loro
scopi con mezzi di intimida zio ne e anche con leliminazione fsica
degli avversari. Molti secoli dopo, in un documento car tografco
risalente al 1595 si scoperto che una vasta area del Regno di
Na poli, comprendente parti delle attuali regioni della Cam pania e
della Basilicata, era nota come Andragathia region, terra a bi tata
da uomini valorosi.
In Calabria, la ndrangheta, o meglio unorganizza zione cri-
minale con tratti simili a quelli che oggi caratterizzano la mafa
* Dal libro Fratelli di sangue di Nicola Gratteri e Antonio Nicaso, 11 ed., Pelle-
grini, Cosenza, 2007.
1
P. Martino, Storia della parola ndrangheta, in AA.VV., Le ragioni della mafa,
Jaca Book, Milano, 1983, p. 124.
2
Il verbo andragatizomai atteggiarsi a uomo valoroso stato usato anche da
Tucidide, Aristotele, Diodoro Siculo, Plutarco e Polibio.
46
calabrese, ha comin ciato a farsi notare allinterno del processo
che ac compagna la formazione del lo sta to unita rio.
Nel luglio del 1861 le carceri di Reggio Calabria sono infestate
di ca morristi e, qualche anno dopo, in una lettera inviata al pre-
fetto della citt del lo Stretto viene sollecitato lar resto di ladri e
camorristi che a Gal lico tirano e fanno tirare fucilate di notte ed
uccidono cittadini che si la gna no contro di loro per furti, e soprusi
che commettono
3
. Non per un fe no meno ristretto solo alla
citt di Reggio Calabria.
Nel 1877 a Nicastro, lodierna Lamezia Terme, viene condan-
nato un cer to Giovanni Guzzi, gi recidivo e ammonito come
ozioso, vagabondo e camorrista mentre nel 1884 la Corte di Ap-
pello delle Calabrie si pro nun cia in merito al ricorso presentato da
tre imputati in precedenza am mo niti per maffa e camorra
4
.
Uno dei documenti pi interessanti di quel periodo riguarda
una lettera anonima scritta al prefetto di Reggio Calabria, France-
sco Paternostro, nel la quale viene denunciata la presenza di unas-
sociazione di criminali do tata di riti di iniziazione che per stabilire
ruoli e gerarchie ricorreva con tinuamente alla tirata, una ver sione
ru sticana e ple bea del duello, praticata anche nel napoletano
5
:
Iatrinoli (lodierna Taurianova, nda): paese di circa
3.000 abbitanti sempre concorde e pacifco da cinque anni
a questa parte per una as so cia zione di malfattori camorristi
chia mati in paese picciotti si trova al maggior segno demo-
ralizzato. Spesso nelle pub bliche vie e piazze succede la
tirata per mantenere il pubblico in aggitazione e mostrare
nel tempo stes so che la setta nulla teme: La Tirata viene
fatta ad arte picciottesca e succede senza ferimento quin-
di impunita. [] Il Calabrese che per sua in dole tende al
Brigan taggio vedendono che restano impuniti il furto: La
3
A. Nicaso, Alle origini della ndrangheta: la picciotteria, Rubbettino Editore, So-
veria Mannelli, 1990, p. 7 (ASRC, Gabinetto di Prefettura, Inv. 34, B. 39, fasc. 199).
4
ASCZ, Procedimento Guzzi Giovanni +2, v. 245, 4 settembre 1877.
5
A. Nicaso, op. cit., p. 9. ASRC, Gabinetto di Prefettura. INV. 34, B. 52, fasc. 691.
47
violazione del tetto coniugale, Latten tato al Pudore []
sperezza qua lun que diritto, in guisa che la setta oramai si
e stesa su lunga scala. Ogni giorno si battezzano picciotti
facendo lauti pranzi; e se cos continuer: per lanima del
Sindaco: che S. Filippo Neri, Patrono del paese, si far
battezzare Pic ciotto [].
48
Proprio dal nome dei suoi affliati, lorganizzazione criminale
che, in quegli anni, comincia ad affermarsi nelle province di Reg-
gio Calabria e Ca tanzaro, viene defnita Picciotteria. Essa ha ca-
ratteristiche simili a quel le della Camorra che, a sua volta, aveva
tratto spunto dalla Garduna, unas sociazione co sti tuita a Toledo
intorno al 1417 e aperta a elementi di ogni condizione sociale. Il
termine garduna in spagnolo signifca faina, la stuto animaletto
che d la caccia ai topi e insidia continuamente i pollai.
possibile pensare che i prodromi della Picciotteria siano da ri-
cercare proprio nel perio do della dominazione spagnola in Italia e
in particolare in quelle attivit delittuose regolarmente impunite di
bravacci legati ai poten tati fondiari. Il fatto che non ci sia traccia di
documenti prima del 1861 non signifca che la Picciotteria, come
la mafa, sia nata dal nulla, improvvi samente. vero simile ritene-
re che essa sia il risultato di un lungo pe rio do di incuba zione, che
ha dato vita ad altri fenomeni di delinquenza or ga nizzata, come gli
spanzati nel vibonese, di cui parla Giuseppe Maria Ga lanti gi nel
1792 nel suo Giornale di viaggio in Calabria.
Non sembra invece esserci alcuna analogia con il brigantaggio
a nar chico, tanto da perdere spesso il senso delle proporzioni
che ha ca ratte ristiche diverse rispetto alla ndrangheta e alle al-
tre organizzazioni cri mi nali, tendenti sempre allordine e al com-
promesso. Inoltre, il brigantaggio un fenomeno legato alla crisi
del latifondo. La picciotteria invece attecchisce nelle zone meno
povere della Calabria, quelle ricche di oliveti e vigneti.
Sulla Garduna, progenitrice, o quanto meno ispiratrice del-
la Camorra, si sofferma diffusa mente un comandante del Corpo
degli Chasseurs des Al pes dellesercito francese, il quale, dopo
loccupazione napoleonica, vie ne in pos sesso di uno degli statuti
dellorganizzazione sorta a Toledo.
Qualunque uomo onorato che sia fornito di buon occhio, di
buone o recchie e di buone gambe, e che non abbia lingua recita
larticolo 1 del codice di questa setta, stilato nel 1420
6
pu dive-
6
F. Caracciolo, Miseria della mafologia, Monduzzi Editore, Bologna, 1992, pp.
38-39.
49
nire mem bro della Gar duna. Potranno dive nirlo pure le persone
rispettabili di una certa et che desidereranno servire la confrater-
nita, sia tenendola al cor rente delle buo ne operazioni da farsi, sia
dando i mezzi per eseguirle.
Miguel Cervantes, nella novella Rinconete e Cotardillo, rac-
conta di queste confraternite cofradias che allignavano a Toledo, a
Siviglia, ri ferendoci di uomini donore che esigevano una parte di
vincite (bara to) nelle case da gioco, ma anche di organizzazioni,
come quella che fa ceva capo a Monipodio, do tata di codici e ge-
rarchie fratelli maggiori (co frades mayors) e novizi (no viciado)
specializzata in vendette private.
Proprio questa distinzione, tra fratelli maggiori e minori, com-
pare il 16 luglio 1890 in una sentenza pronunciata dal Tribunale
di Reggio Cala bria
7
. Si riferisce alla Picciotteria che gi allora era
strut turata su due li velli so vrapposti luno allal tro per ga ran tire
al me glio il carattere di se gre tezza e di sicurezza. Del primo fa-
cevano parte i camorristi, del secondo i pic ciotti.
Il boss o capo-bastone era Paolo Scu dieri, un sarto di 37 anni.
Lorga nizzazione annoverava numerosi giovani do nore, picciotti
lisci e di sgarro, che dovevano mo strar si pro clivi a delinquere
contro le persone e le propriet. Sorprende lattualit di certi ri-
tuali. Per la promozione a camorrista, il picciotto di sgarro dove-
va versare al puntaio lo, il cassiere-se gretario dellassociazione,
la drit ta, una quota non meglio specifcata, che, come spiegano i
giudici nella sentenza, veniva utilizzata per pre pa ra re un pranzo
al quale erano invitati tutti gli affliati.
Facevano parte della cosiddetta Minore, oltre al puntaiolo, an-
che il picciotto di giornata che aveva il compito di tenere i con-
tatti con i singoli componenti, distribuire gli incarichi e svolgere
funzioni di raccordo.
Cerano anche giu ra men ti e rituali, come quello che regolava
lam mis sione dei picciotti lisci, prima dote della societ minore:
La mia votazio ne franca e libera, ed affermativa per ricono-
7
A. Nicaso, op. cit., p. 9. ASRC, Tribunale di RC. Anno 1890, vol. 3.
50
Locale Entit territoriale di almeno 49 affliati
Gerarchia della ndrangheta
51
scere in carne, pelle ed ossa per mio fedele compagno N.N.
e spartire con lui fno al lultimo centesimo, difenderlo giusto
ed ingiusto qui ed in qualsiasi pun to ci possiamo incon trare.
Quindi il bacio.
Le norme erano rigi dissime e comportavano fedelt, rispetto
e aiuto scam bievole, [] denuncia e sfregio delle spie oltre che
[] addestra men to al maneggio delle armi per la propria di fesa
e laltrui offesa.
Aderire alla Picciotteria non signifcava soltanto ac cettare que-
ste re gole, ma anche la loro spietata applicazione.
Da allora, sul piano ordinativo nulla cambiato.
del 1897, una sentenza del Tribunale di Palmi, nella quale
si fa rife rimento, per la prima volta, allesistenza di un codice,
scoperto a Semi nara
8
e con te nente tutte le regole, sia in rapporto
allammissione di co loro che inten de vano prendervi parte ed in-
dicati di poi col nomignolo di Picciotto, sia in rapporto agli obbli-
ghi inerenti, ed ai lucri e prebende, che si ripar ti vano a secondo
i gradi.
Tutto si basava, come spiega ai giudici il maresciallo Michele
Roc chetti, comandante della stazione dei carabinieri di Seminara,
sulla forza di coe sione del gruppo, caratterizzata da stretti vincoli
di parentela o di af fnit, che assicurano assoluta omert ma anche
solidariet nel momen to del bi sogno e, in particolare, assistenza
legale agli affliati arrestati, sussidi eco no mici ai loro familiari
e, non di rado, corresponsione di stipendi fssi e prebende. Nel
codice di Seminara, viene pi volte sottolineata limpor tanza del-
lomert, cio la capacit di essere uomo che costituisce uno dei
tratti fondamentali della Picciotteria, assieme alla segretezza, alla
violenza omi cida, al collegamento con i pubblici poteri e al ta-
glieggiamento di pro prietari e commercianti.
Spiega Enzo Ciconte: Lomert [...] lo scudo pro tettivo, la
vendetta lo stru mento per non incrinare tale difesa, la fami glia
8
A. Nicaso, op. cit., p. 12. ASCZ, Sentenze Penali, Corte dAppello delle Calabrie,
Anno 1897, vol. 364, 31 maggio.
52
il mezzo per vinco lare gli associati e impedire eventuali tradi-
menti
9
.
In quegli anni, la violenza era lunica industria forente in Ca-
labria. E la Picciotteria rappresentava, per i ceti subalterni, una
forza di recupero so cia le
10
. Il picciotto era temuto e perci ri-
spettato; e questa era la sua ri valsa nei confronti di una socie-
t che prima lo aveva respinto, tenendolo ai mar gini. Lo scopo,
allora come oggi, era quello di conquistare ricchezza e po te re,
due valori cumulabili. Ma anche, come scrive in un rapporto del
1901, Vincen zo Mangione, delegato di pubblica sicurezza a Santo
Stefano dAspromon te
11
, farsi rispettare, nel senso che la Pic-
ciotteria d a questa frase, vale a dire, imporsi ominamente con
lintimidazione, con la prepo ten za, con la minaccia.
Dopo il cosiddetto decennio felice, nel quale, durante gli
anni Ottan ta dellOttocento, si era notato un ampliamen to delle
terre messe a coltura e un attivismo dei massari la nuova bor-
ghesia , unaltra crisi agraria ri metteva in gi noc chio la provincia
di Reggio Calabria, mandando sul la strico molte famiglie conta-
dine.
Proprio in quegli anni si registra unimpennata di abigeati, fur-
ti di le gname, di frutta e di erbe varie che, come spiega Gaetano
Cingari, da soli mo stravano la direzione di base del ceto rurale
e il confitto con la bor ghesia terriera che si era appropriata delle
terre demaniali.
Gli unici a trarre qualche benefcio sono i massari che avevano
co min ciato a utilizzare i primi picciotti come scherani, una sorta
di cuneo tra il vecchio ceto domi nante e i contadini, al centro di
una rete di presta zioni che andava sem pre allargandosi, attraverso
la capitalizzazione del lonore, del rispetto e del la violenza.
Allo ra, il bisogno di protezione e linsicurezza erano pre valenti
9
Enzo Ciconte, Ndrangheta: dallUnit a oggi, Editori Laterza, Bari, 1992, p.
10
S. Gambino, Mafa. La lunga notte della Calabria, Quaderni Calabria-Oggi, Ser-
ra San Bruno, 1976, p. 34.
11
A. Nicaso, op. cit., p. 19, ASRC, Gabinetto di Prefettura, INV. 34, B.57, fasc.
850.
53
in Cala bria, una regione segnata dallassenza dello Stato, ma so-
prattutto del senso dello Stato.
Osserva Mariano Meligrana
12
: Non che il gabellotto (mas-
saro) di per s coincida esau stivamente col mafoso (ndrangheti-
sta), ma i suoi com por tamenti per uscire dalla pendolarit socio-
economica, connessa alla man canza di un orizzonte produttivo
autonomo, anticipano esemplar mente la prassi e la tipicit com-
portamentale mafosa.
In un secondo momento, il gabellotto (massaro) rompe il suo
ruolo di me diazione, la precariet sociale della sua posizione e va
a sostituirsi al pro prietario. Un transito, questo, che comune a
molte societ contadine. Spie ga Henner Hess: Ad una parte dei
ceti medi, a cui si impedisce di di ventare borghesia moderna, si
apre la prospettiva della cooptazione nella clas se dominante con
laccesso alla propriet terriera, passando attra verso la trafla del-
la gabella che consente di sfruttare e ta glieggiare i contadini.
questo il terreno nel quale germina la picciotteria, ma pi
che la picciotteria i picciotti con la loro retorica e la loro ideolo-
gia, basate sul lo nore, cio sulla capacit di farsi giustizia da soli
e sullesaltazione del co raggio individuale.
Sono proprio lonore e la vendetta ad ispirare la leggenda che
fa da sfondo alla ndrangheta come cosa, come mentalit, come
compor ta me n to individuale e poi come organizzazione criminale
diretta a pra ticare la vio lenza organizzata.
Si narra che nel Seicento su una nave partita dalla Spagna si
erano im barcati tre nobili cavalieri costretti a fuggire per aver la-
vato nel sangue lonore di una sorella sedotta. Sbarcati sullisola
di Favignana, Osso, vo tandosi a San Giorgio, decide di restare
in Sicilia dove fonda la mafa, Mastrosso, devoto alla Madon-
na, si trasferisce in Campania dove orga niz za la Camorra, mentre
Carcagnosso, con laiuto di San Michele Arcan gelo, pun ta sulla
Calabria dove d vita alla ndrangheta.
12
L. M. Lombardi Satriani, M. Meligrana, Un villaggio nella memoria, Casa del
Libro, Reggio Calabria.
54
Qualcosa di simile suc cesso anche in Cina con le triadi che,
secondo la leggenda, sarebbero state fondate da tre monaci buddi-
sti che avevano deciso di ribellarsi alla dinastia dei Manch. Sto-
rie simili popolano lim magi nario dei wakashu o dei chimpira, i
picciotti della Yakuza, la mafa giap po nese, sviluppando una sorta
di i dentit collettiva che permette agli affliati di riconoscersi tra
di loro.
Nel caso della mafa calabrese, il modello organizzativo ricalca
quello delle societ patriarcali. La famiglia, detta anche ndrina,
la cellula pri maria della ndrangheta. Essa formata dalla fami-
glia naturale del capo-bastone, alla quale se ne aggregano altre,
non di rado con un qualche gra do di parentela anche se, general-
mente o perlomeno inizialmente, in mo do subalterno, formando il
locale, su cui fno a qualche decennio fa non esistevano autorit
sovraor di nate.
In Calabria, infatti, non c mai stato un capo di tutti i capi, sul
modello di Cosa Nostra, forse proprio a causa della particolare
conformazione oro grafca di questa regione, frammentata e divi-
sa, con diffcolt di collega mento tra un versante e laltro. Tutto
ci ha infuito sullo stesso svi luppo della ndrangheta che nata
come struttura orizzontale, fortemente radi cata nel territorio, e
priva di un comando unico
13
. Ci non toglie che vi sia no stati
(e vi sono tuttora) rapporti fra le diverse ndrine, che sebbene au-
tonome, non hanno disdegnato alleanze, scambi o contatti quasi
sempre ri conducibili alla gestione di interessi comuni o a logiche
di potere.
Fino a qualche anno fa lunico elemento di raccordo stata
lannuale riu nio ne che si tiene a Polsi in occasione della tradi-
zionale festa in onore della Madonna della Montagna nel mese di
settembre e della quale si trova traccia in documenti giu diziari gi
agli inizi del Novecento.
Cos il capitano dei carabinieri Giuseppe Petella scrive nel
13
Lambito delle ndrine, nonostante la loro portata numerica e linfuenza dei loro
boss, sempre stato territorialmente defnito, quindi circoscritto.
55
1903 rife rendosi ad una cosca operante nella zona di Africo, San
Luca, Casalnuo vo, S. Stefano e Bruzzano
14
:
Risulta evidente il vincolo esistente tra le varie societ delit-
tuose, la corrispondenza tra i membri di esse, ed il luogo ove si
riunivano che era il Santuario della Madonna di Polsi posto quasi
nel centro dei circondari di Gerace, Reggio e Palmi.
In quella stessa indagine, gli inquirenti si avvalgono anche di
un col laboratore, il quale racconta di aver fatto parte dellOnorata
Societ, un altro nome con cui veniva identifcata la Picciotteria,
confermando, tra laltro, lesistenza di una costituzione forma-
le (e, quindi, una struttura con organi gerarchicamente ordinati),
nonch di un ordinamento giuridico con un sistema compiuto di
istituti, norme e sanzioni: Colui che tradiva la societ era stipato
arbitrariamente (sospeso) da colui che scopriva il tradimento o
la mancanza; laffare si portava quindi al Corpo di Societ, cio
a tutta la societ riunita che si costituiva in Tribunale. Il Capo
fungeva da presi dente, i sottocapi da giudici, si esaminavano i
testimoni, i camorristi facevano dAvvocati luno nellinteresse
dellimputato, laltro della Societ. Le pene variavano secondo la
gravit della mancanza, e consistevano nella espulsione dalla so-
ciet, nella ingiuria merc getto di sterco in fac cia, nello sfregio,
e nellomicidio.
Delle sanzioni previste dal codice della ndrangheta riferisce
anche un de tective della Pinkerton Agency, unagenzia privata
americana che per con to della polizia di Hillsville, in Virginia
nel 1906 si era infltrato per diciotto mesi in una presunta orga-
nizzazione criminale guidata da un certo Rocco Racco ed attiva
in quella cittadina. Oltre a sottoporsi al rito di ini ziazione che
14
A. Nicaso, op. cit., p. 31, ASCZ, Sentenze Penali, Corte dAppello delle Calabrie,
1904, Vol. 406, 13 febbraio. Di Polsi si parla anche nel procedimento penale contro
Giovanni Italiano ed altri, imputati di associazione per delinquere nonch dellomicidio
di Giuseppe Priolo, ucciso in contrada Palmento di Podargoni la sera del 29 aprile 1954.
In sede di confronto, due degli imputati Giuseppe Priolo, detto il vecchio, e Fortunato
Musolino spontaneamente parlano, nel tentativo di addossarsi reciprocamente certe
responsabilit, di un affliato del loro locale da inviare a Polsi quale delegato.
56
poi racconter con dovizia di particolari, linvestigatore pri vato
segnal lesistenza di puni zioni, come le zaccagnate, ferite non
profonde con la punta di un col tello, e luso di escrementi per
umiliare co loro che non si erano attenuti alle regole sociali
15
.
Spiega il giudice Saverio Mannino: La ndrangheta tende
sempre ad accreditarsi, nei confronti dei suoi affliati cos come
presso i suoi interlocutori esterni, per lineluttabilit delle sue de-
cisioni e linevitabilit delle punizioni irrogate
16
.
I picciotti sono al centro di questo complesso sistema di valori
e di regole. Essi devono necessariamente farsi riconoscere, come
succe de con gli aff lia ti alla Yakuza che ricorrono ai tatuaggi o
alle bande dei moto ciclisti che sulle spalle portano lo stemma del-
la loro organiz zazione. Oggi, molti criminali sfruttano limma-
ginario condiviso, ricorrendo al cinema per costruirsi un aspetto
riconoscibile
17
.
Sul fnire dellOtto cento, come rilevano i giudici del Tri bunale
di Ni castro
18
, i picciotti portavano i capelli alla mafosa; vesti-
vano per lo pi, onde riconoscersi, pantaloni larghi, e cappelli a
cencio.
Corrado Alvaro, descrivendo questo particolare comportamen-
to dei gio va ni picciotti, ne dipinge un quadro vivacissimo
19
: Si
facevano cre sce re le basette e il ciuffo, assumevano unandatura
dondolante e un po le ziosa, portavano a volte un fazzoletto di
15
A. Nicaso, L. Lamothe, Angels, Mobsters and Narco-terrorist, the Rising Mena-
ce of Global Criminal Empires, Wiley, Toronto, pp. 14-18. Lesistenza delle zaccagnate,
come sanzione, confermata anche nel codice della ndrangheta rinvenuto a Toronto,
Canada, nel 1971.
16
AA.VV., Criminalit nuova in una societ in trasformazione: Il Novecento e i
tempi attuali. - La ndrangheta nella realt attuale, Saverio Mannino, p. 372.
17
Nel Nord America, molti giovani mafosi hanno tratto spunto dallabbigliamento
e dallatteggiamento dei protagonisti di flm per la tv, come I Soprano per vestirsi e
farsi riconoscere.
18
A. Nicaso, op. cit., pagine 38-39. ASCZ, Ibidem, Anno 1897, Vol. 336, 14 ago-
sto.
19
L. Malafarina, La Ndrangheta, Il codice segreto, la storia, i miti, i riti e i perso-
naggi, Gangemi Editore, Roma, 1986, p. 87.
57
colore rigirato con molta cura attorno al collo, con annodature
raffnate.
Poi col tempo, queste abitudini sono venute meno, cos come
i tatuaggi, gal loni acquisiti durante la gavetta carceraria. Proprio
nel carcere, gi nel lOttocento, si comincia a fare uso del baccag-
ghju, un linguaggio con venzionale attraverso il quale gli ndran-
ghetisti riescono a comunicare. Nel 1897 una prostituta spiega ai
giudici il signifcato di alcune espres sioni tipiche del baccag ghju:
marca carnente la donna innamorata; maggiorigna, la matrona
che gestiva il postribolo; strambola, la sera; putri mento, il let-
to; mutria, la faccia; sopracielo, il cappello; sfer ra, il pugnale;
cerino, il coltello; lam panti, gli occhi; fangose o ca mi nanti, le
scarpe; putea, la questura, zaff, le guardie, carrubbi, i ca rabinieri;
sciacche, le prostitute; muffa, il fazzoletto; ntiuno, lo ro logio;
capezza, la catena; gra sciume, loro; sfoglio se, le ban conote, e
maniglie, le vecchia lire
20
. Molti anni dopo a questo glossario
si sono ag giunte altre espressione, come lutri ca fos sa, cio lo-
micidio, la pena comminata ai traditori.
Cera anche un linguaggio non verbale, quello dello sfregio,
un lin guag gio sul corpo, non del corpo, spesso pi eloquente di
mille parole, che si afferma come deterrente. Un tempo si usava
il rasoio e spesso le con troversie venivano dirimate attraverso la
tirata, il duello con sferra e spec chio. La sferra serviva per col-
pire e lo specchio per abbagliare lavversario, rendendone meno
effcace la difesa.
Il linguaggio convenzionale degli ndranghetisti era detto a
mascolo, da maschi, visto che la pic ciotteria e scludeva laff lia-
zione delle donne, ri tenute pance molli, cio incapaci di tenersi
dentro i segreti della consor teria.
Sulle donne, per, non sono mancate le eccezioni. In una
sentenza del Tribunale di Palmi del 1892, si parla del loro coin-
20
ASRC, Sentenze Penali, Tribunale di Reggio Calabria, Anno 1897, vol. VI, 7
settembre. In un altro procedimento, i giudici cos scrivono: La societ non aveva uno
statuto scritto, ma vi era un certo linguaggio convenzionale. ASCZ, Ibidem, 1990, Vol.
385, 12 luglio.
58
volgimento in unor ga niz zazione criminale della Piana di Gioia
Tauro
21
: Vestite da uomini, pren devano parte alla perpetrazio-
ne de furti ed altri reati. A svelare questo im por tante aspetto ai
magistrati di Palmi Rosaria Testa, accusata di asso ciazio ne a
delinquere assieme a Concetta Muzzopapa, entrambe di Rosar no,
rico noscendo che le donne ammesse [nella Picciotteria] doveva-
no pur esse pre stare giuramento, facendosi uscire il sangue del
dito mi gno lo della ma no destra. Non un caso isolato. A Santo
Stefano dA spro monte, la po lizia sco pre che la Picciotteria del
luogo aveva anche una se zione fem mi nile e il coinvolgimento
delle donne trova riscontro anche in altre sen tenze a Ni castro,
dove il capo-bastone del luogo durante le ope ra zioni not turne che
si concludono con furti, porta con s la propria co gnata armata e
ve stita da uomo
22
. Dal 1880 al 1906 in Calabria ven gono con dan-
nate per associazione a delinquere dieci donne, altre otto, in vece,
ven gono pro sciolte in appello o in istruttoria.
, comunque, un fenomeno ristretto, tra Reggio Calabria, il
circondario di Palmi e Nicastro.
Oggi, le donne oltre ad assolvere compiti di assistenza, facen-
do da tra mite tra i congiunti detenuti e il resto del gruppo familia-
re, svolgono un ruo lo meno remissivo.
Da unanalisi della Dia, nel 2000 emerge la presenza di 255
donne tra i 7.358 presunti affliati alla ndrangheta nella provin-
cia di Reggio Cala bria
23
. E sempre nel 2000 due sorelle, nipoti di
un vecchio padrino della ndran gheta, vengono coinvolte in una
inchiesta e sospettate di essere a ca po di una cosca operante a
Taurianova. Altre operazioni mettono a nudo il nuovo ruolo della
donna, non pi vivandiera o prostituta
24
.
21
A. Nicaso, op. cit., p. 11, ASCZ, Ibidem, Anno 1892, Vol. 336, 9 settembre.
22
E. Ciconte, Ndrangheta: dallUnit ad oggi, Laterza, Bari, 1992, p. 81, ASCZ,
Costanzo Antonio +9, vol. 406, 27 febbraio 1904.
23
Direzione Investigativa Antimafa, La Ndrangheta nella provincia di Reggio Ca-
labria, 2000.
24
Nelloperazione Fiori della notte di San Vito emersa la fgura di Maria Mo-
rello, descritta come la sorella domert della Lombardia. Spiega il pentito Calogero
59
Per defnire librida condizione della donna mafosa, fatta di
lealt verso le leggi non scritte dellorganizzazione criminale, ma
soprattutto di in tima adesione al la propria dipendenza dalluomo
violento e alla propria deresponsabi lizza zione come individuo,
la sociologa Renate Siebert par la di compli cit palesi
25
.
Centrale , invece, il ruolo della donna nelle faide, nella logica
del sangue che chiama sangue. Sono le madri ad alimentare la
vendetta per ch ad esse tradizionalmente aff data la custodia
della memoria e quindi dei morti. E sono sempre le donne a tra-
smettere la cultura e le regole ma fose ai propri fgli. Il vincolo di
sangue, infatti, non serve solo a proteggere la famiglia mafosa,
ma anche a rafforzare il potere della cosca.
Ndranghetisti, per esempio, non si diventa soltanto per me-
rito, ma an che per nascita. Nellaprile del 2003, nel corso di una
intercettazione, la fglia di un boss della ndrangheta ha ammesso
che la propria affliazione era avvenuta per discendenza.
Scrivono i magistrati della Direzione Distrettuale Antimafa di
Reggio Calabria
26
: let minima per essere iniziati e diventare
picciotti di 14 anni, anche se prima di questa et i fgli degli
affliati vengono sottoposti ad una forma di iniziazione a seguito
della quale si dice che sono mezzo dentro e mezzo fuori.
Certi padri, davanti a familiari e consoci, come ricorda Anto-
nio Zagari, ponevano vicino alle mani del bimbo, appena nato,
un coltello e una gran de chiave, quelle di una volta. Si tratta di
unusanza con cui gli appar te nenti alla ndrangheta volevano ve-
rifcare, a seconda di quale oggetto il neo nato avrebbe toccato,
Marcen: Tale carica, che esiste in ogni regione, affdata ad una donna, che nel caso
della Lombardia Morello Maria, che ha il compito di dare assistenza ai latitanti del-
lorganizzazione. Nel caso della Morello [] posso dire che la stessa inserita a pieno
titolo nellorganizzazione ed ha la dote di santista che la pi elevate che una donna
pu avere allinterno della ndrangheta. Faccio presente che nella regione pu esserci
una sola donna componente del clan, che assume la dote di santista e svolge per lap-
punto le funzioni di sorella domert.
25
R. Siebert, Le donne, la mafa, Il Saggiatore, Milano, 1994, p. 221.
26
Procedimento penale a carico di Condello Pasquale ed altri, nr. 46/93 r.g. D.D.A.
Reggio Calabria.
60
La Repubblica, 17 agosto 2007, p. 10
61
se fosse diventato malandrino oppure sbirro. Il coltello simboleg-
giava la ndrangheta, la chiave invece la sbirraglia. In realt,
la chiave veniva collocata un po distante in modo da non poter
es se re toc cata
27
. Unaltra usanza era quella del capo locale che
quando andava a fare visita al nascituro, con una forbicetta gli ta-
gliava le unghie. Era la prima forma di affliazione: il bambino da
quel momento diventava una piuma. Gesti carichi di simbolismi.
La ndrangheta pedante nellosservazione delle regole, ma
anche persuasiva, coercitiva. Come molte altre organizzazioni
criminali, essa una societ segreta di cui tut ti devono co noscere
lesi stenza. Scrive Man gione
28
: La minaccia, com presa talo-
ra nella forma pi vaga, esercita, tale infuenza sullanimo del
minacciato, che egli si piega subito a tollerare, fare od omettere
qual che cosa, perocch sia nota a tutti le sistenza della societ
segreta detta Pic ciotteria, la quale ca pace di compiere vendette,
come danneggia menti, incendi, sfre gi, omicidi, senza che perci
i colpe voli temano i rigori della leg ge, sapendo essi sfuggire alle
indagini di po lizia giudiziaria con alibi ingegnosi, con prove te-
stimoniali false e con minacce di mor te fatte ai te sti moni del de-
litto; ove per avventura se ne trovino.
Gi allora siamo nel 1901 questo solerte investigatore, che
dava la caccia al bandito Giuseppe Musolino, comprende che la
forza della Picciot teria trae origine dallinterazione, se non ancora
identifcazione, con am bienti di potere
29
: Sono personalit poli-
tiche, avvocati, medici, possi denti, dei quali sorprende la buona
fede; e queste persone rispettabili, cui ven gono presentati i fatti,
larvati dal sentimento di giustizia, fniscono, per spiegare la loro
attivit nellinteresse dei raccomandati, i quali, se col pevoli di
un reato, con queste raccomandazioni, con le false testimo nianze
che apprestano, con le abili difese che si procurano, spesso rie-
27
A. Zagari, Ammazzare stanca, Periferia, Cosenza, 1991, p. 7
28
A. Nicaso, op. cit., p. 20, ASRC, Gabinetto di Prefettura, INV. 34, B. 57, fasc.
850.
29
A. Nicaso, Ibidem.
62
scono a sfuggire a una condanna; e quando proprio non possono
sot trarvisi, per la irrefragabilit delle prove della loro reit, il di-
scarico li dipinge onesti, delinquenti doccasione sventurati, per
attenuare il rigore della legge; ed anche dopo una mite condanna,
con le medesime infuenze, ottengono non di rado la grazia.
Oggi, come allora, le relazioni esterne costituiscono la forza,
la capacit di adattamento, di radicamento e di diffusione dei ma-
fosi: una sorta di ca pitale sociale, senza il quale la ndrangheta
non sarebbe stata e non sarebbe ndrangheta.
La certezza della continuit nel tempo trova riscon tro in una
sentenza del Tribunale di Palmi del 22 novembre del 1923, nella
quale la Pic ciot teria viene paragonata ad un grande albero di cui
il tronco sa rebbe rap presentato dal saggio maestro, le radici ed i
rami dai ca morristi, le foglie ed i fori dai picciotti
30
.
Quattro anni dopo, una sentenza del Tribunale di Reggio Ca-
labria fa pro pria la confessione di un imputato che, agli inquiren-
ti, aveva raccontato il giuramento prestato durante la cerimonia di
inizia zio ne
31
: Giusto ap pun to stamattina, cu permessu du ca-
murrista capu in testa, ferro rovente, coltello tagliente, puntaruolo
a mano gi rante, passo la mia prima vota zione: di fronte a noi vi
una tomba coperta di fori, colui che violer il segreto, ricever
nel petto cinque pugnalate.
Identico il cerimoniale descritto da Martino Lizzi, un picciotto
che nel 1937 era entrato a far parte dellOnorata Societ nella
zona di Siderno, A gna na e Canolo. Scrivono i giudici del Tribu-
nale di Locri
32
: Egli vi entr per in vi to del capo Macr Antonio
di Giuseppe e del sottocapo Raso Rocco fu Giuseppe; il battesimo
era avvenuto di notte, in localit Vallone di Tri goni, con linter-
30
Saverio Mannino, op. cit., p. 400.
31
Saverio Mannino, op. cit., p. 401. Sentenza Tribunale di Reggio Calabria, 29
marzo 1927 (Schimizzi Giacomo +64, associazione a delinquere costituita nel comune
di Melito Porto Salvo negli anni 1919, 1920, 1921).
32
Sentenza Tribunale di Locri, 20 marzo 1937, Macr Antonio +12, associazione a
delinquere costituita in Siderno, Agnana e Canolo fno al 14 aprile 1936. Determinante
ai fni del processo la confessione resa ai carabinieri da Martino Lizzi, ex picciotto.
63
vento di quasi tutti i soci, avanti ai quali egli, poggiando la mano
sulla punta di un coltello impugnato dal sottocapo Raso, giur
so len nemente ripetendo le parole pronunciate dal detto Raso, di
man te nere il silenzio pi assoluto; che la regola della detta societ
era la cie ca ubbi dienza ai capi ed erano comminate le pene della
sospensione, dello schiaffeggiamento e della espulsione per le in-
frazioni disciplinari.
Trova anche conferma limpianto strutturale della picciotteria,
rispetto a quello ricostruito nellultimo ventennio dellOttocento.
In una sentenza del 1933, i giudici del tribunale di Reggio Cala-
bria, avvalendosi della testimo nian za di un ex affliato, scrivo-
no
33
: La Societ si divide in Societ Maggiore e Societ Minore.
Quella Maggiore composta di camorristi, e la Minore di picciotti
di sgarro e giovani donore. La prima guidata dal ca po di Socie-
t, scelto dai compagni camorristi, la seconda da un capo gio vane.
Presso la Societ Maggiore e la Minore vi un contaiolo (conta-
bile), scelto tra i camorristi o picciotti capaci. La Societ Mag-
giore si di vi de in Societ in testa o Gran Criminale e in Societ i
ndrina. Il capo del la Societ in testa chiamato capo in testa ed
sempre un camorrista e me rito. La Societ i ndrina quella dei
quartieri, rioni ecc. La societ Mi nore alla diretta dipendenza
della societ Maggiore. In ogni rione o quartiere vi un camorri-
sta capo i ndrina, un contabile e un camor ri sta di giornata per la
societ Maggiore ed un capo giovane, un con tabile ed un picciotto
di giornata per la societ Minore. Il picciotto di giornata ha lob-
bligo di presentarsi ogni mattina al capo giovane per comunicar-
gli le novit e ricevere gli ordini; il camorrista di giornata ri ferisce
gior nalmente al contabile oppure al capo i ndrina tutte le no vit,
e questi le comunica al capo societ. I gradi sociali sono: forillo
o giovane do nore, picciotto di sgarro, camorrista, contaiolo, capo
so ciet. I camorristi emeriti, distin tisi per bravura, sono chiamati
camorristi di seta. Questi u ltimi agiscono dietro le quinte; ordina-
33
Saverio Mannino, op. cit., p. 402, Sentenza Tribunale di Reggio Calabria, 6 aprile
1933, n. 174 pronunciata nel processo penale a carico di Span Demetrio +106.
64
riamente nelle imprese delittuose non compa riscono. Il contaiolo
custodisce gelosamente la ba cinella, cio il luogo do ve riposta
la camorra. La societ si pu formare anche in car cere, sempre
che vi siano gli elementi, e comunica con lesterno a mezzo delle
fbbie, i compagni cio dimessi dal carcere o che vi entrano. Le
regole ed i simboli della Societ sono: lumilt, la fedelt, la poli-
tica, la falsa politica, le carte, il coltello e lo specchio. Umili verso
i compagni, fedeli alla Societ, la politica per usarla con i conso-
ciati, la falsa politica con gli sbirri e gli infami (tra ditori), le carte
per transigere la camorra, il coltello per difendere la Societ, ed
infne lo specchio, o rasoio, per pu n ire gli infami ed i traditori. I
vari associati si debbono amare recipro ca mente, e debbono il pi
as soluto rispetto ai superiori. Le punizioni pos sono essere lievi o
gravi, a secondo della mancanza; vanno dallo stipa mento (cio
priva zione di ogni attivit, senza diritto alla camorra), allo sterco
sul volto, allo sfregio, allaccoltellamento ed alla morte.
Insomma, non manca la continuit, anche se oggi si tende so-
prattutto a mitizzare il passato.
Spiega Luigi Maria Lom bardi Satriani, ordinario di Etnolo-
gia allUniversit La Sapienza di Roma: Non esistono valori
buoni che siano anche mafosi. Cos come non c mai stata una
ndrangheta nella quale sussistevano valori di fedelt e di digni-
t tra persone appartenenti allo stesso clan in contrapposizione
a quella di oggi caratte riz zata da una sanguinaria de re gu lation
allinsegna dellarricchimento fa ci le. Spiega ancora Lombardi
Satriani: Certo, si pu parlare di differenze da un punto di vista
dia cronico tra una mafa vecchia e una nuova, ma solo per co-
gliere i cambiamenti nel loro divenire e non per legittimare una a
disca pito dellaltra.
Cambiano le modalit, le tecniche, i settori di attivit, ma re-
stano i tratti, come il ricorso allintimidazione e alla violenza
omicida, ma soprat tutto la capacit di combinare rigidit formale
ed elasticit ope rativa, un mix di continuit e innovazione. Senza
questa fessibilit la ndrangheta sa rebbe scomparsa con il feudo e
non si sarebbe riambientata in una so cie t urbanizzata e ad econo-
mia prevalentemente terziaria e suc cessiva men te in un contesto
65
sempre pi internazionalizzato e fnanziario. Questa capacit di
adattamento ha portato a creare forme associative meno rigide,
soprattutto allestero, dove non sempre stato possibile ricreare
lo humus cul turale e sociale nel quale dalla met dellOttocento
attecchisce la ndran gheta.
66
67
CAPITOLO 2
La struttura della ndrangheta
stato Francesco Fonti, ex affliato alla cosca di Siderno, pre-
cedenti per dro ga, a gettare, negli ultimi anni, un fascio di luce
sulla struttura della ndran gheta.
Sono nato a Bovalino [nel 1948] da genitori artigiani, ha di-
chiarato ai magistrati il 26 gennaio del 1994
1
. Mio padre aveva
una piccola fab brica di mobili per uffcio assieme al fratello Ferdi-
nando, mia madre era casa linga. Ho conseguito la maturit scien-
tifca al Liceo Zaleuco di Locri e poi mi sono iscritto alla facolt
di Matematica e Fisica dellUniversit di Mes sina e dopo un anno
sono passato alla facolt di Economia e Com mercio, ma non sono
riuscito a laurearmi. Frequentando il Liceo Scien tifco a Lo cri ho
conosciuto personaggi come Bartolo Pietro, Cord Pie tro, Catal-
do Pep pe, Modafferi Mimmo. Fu questultimo a raccoman darmi
presso il Lo cale di Siderno nel quale sono stato rimpiazzato.
Fonti ha raccontato di essere stato iniziato nel 1966 in un ca-
solare in con trada Mirto nel comune di Siderno alla presenza di
un compare di Ma cr Antonio, di professione gioielliere, anziano,
proprietario di una gioielleria sul Corso principale di Siderno.
Poi ha tracciato i lineamenti della mafa ca labrese che territorial-
men te, si articola in locali, cosche e ndrine.
1
Interrogatorio di Francesco Fonti, 26 gennaio 1994 alla presenza del dott. Vincen-
zo Macr, sostituto procuratore nazionale antimafa, a Roma in un luogo di detenzione
extracarceraria non specifcato.
68
La cosca o ndrina si fonda in larghissima misura su una fami-
glia di sangue. Pi cosche, legate tra di loro, danno vita al loca-
le, che costituisce lunit fondamentale di aggregazione mafosa
su un deter minato territorio, quasi sempre coincidente con un vil-
laggio o con un rione di una citt.
Per la costituzione del locale necessaria la presenza di alme-
no 49 af fliati. Ogni locale diretto da una terna di ndrangheti-
sti, detta co pia ta, quasi sempre rappresentata dal capo-bastone,
dal contabile e dal capo cri mine. La copiata deve essere dichiarata
ogni qualvolta un affliato si presenta in un locale diverso da
quello di appartenenza oppure qualora venga richiesta da un aff-
liato gerarchicamente superiore. La prassi fna lizzata ad evitare
potenziali infltrazioni esterne.
Il contabile, oltre alle fnanze e alla divisione dei proventi, si
occupa della cosiddetta baci letta, cio la cassa comune dove af-
fuiscono i proventi delle attivit criminali, mentre il capo crimi-
ne responsabile della pianifcazione e dellesecuzione di tutte
le azioni delittuose. Sia il conta bile che il capo crimine de vono,
in ogni caso, agire ottem perando alle disposizioni del capo-ba-
stone.
Il capo-bastone generalmente possiede una propria famiglia
naturale di note vole ampiezza, la quale, a sua volta, fa parte di un
aggregato di parentele naturali anchesso molto vasto. La relazio-
ne interna di base dei gruppi mafosi calabresi basata sul vincolo
di sangue. Esso tende ad im porsi su ogni altro tipo di relazione, e
col tempo avvolge in mo do sempre pi vincolante tutti i membri
del gruppo criminale, data la pra tica sem pre pi diffusa dei ma-
trimoni interni ai gruppi mafosi una ve ra e propria endogamia
di ceto che caratterizza soprattutto la mafa della provincia di
Reggio Calabria e la rende sempre pi chiusa alle in fuenze ed ai
con tatti con la societ legale. In un comune della fascia jo nica, nel
secolo scorso, discendenti di due famiglie di ndrangheta si sono
sposati, incrociandosi quattro volte.
Spesso i matrimoni vengono utilizzati per ricomporre faide
san gui nose o per creare aggregazioni pi forti. successo anche
agli inizi degli anni Ottanta con le nozze tra Venanzio Tripodo,
69
fglio di don Mico Tripodo, uc ciso nella prima guerra di ma fa,
e Teresa Romeo, la fglia di Sebastiano Romeo, detto U Staccu,
boss di San Luca ed alleato dei De Stefano.
La stessa famiglia De Stefano si ulteriormente rafforzata
nel 1992, do po il matrimonio tra il fglio di Paolo De Stefano e
la fglia di Franco Coco Trovato, uno dei boss pi potenti della
ndrangheta in Lombardia.
Funzionali a logiche di potere erano state anche le nozze nel
1985 tra Orazio De Stefano e Antonietta Benestare, la nipote di
Gio vanni, Giusep pe e Pasquale Tegano.
Nulla cambiato, come ha accertato il Ros di Reggio Calabria
durante una indagine, condotta tra il 2001 e il 2003. Nel corso di
una intercettazione su una utenza domestica a Buccinasco, gli in-
quirenti sono venuti a conoscenza dei risentimenti di una giovane
donna di Plat, costretta a unirsi in matrimonio con un corregio-
nale emigrato in Lombardia: Stavo tanto bene con laltro e mi
hanno fatto sposare con te, ha sbottato la donna, parlando con il
marito.
Scrivono nella informativa di reato, il tenente colonnello Va-
lerio Giar dina e il tenente Gerardo Lardieri: La vi cenda in esa-
me ci riporta indietro di molti an ni, quasi allepoca me dioevale,
allorquando i matrimoni tra i discen denti dei regnanti venivano
stipulati a base contrattuale ai fni dellespan sione e compattezza
territo riale
2
.
Il possesso di una famiglia numerosa e lappartenenza ad un
clan hanno sempre rap presentato elementi indispensabili per la
sopravvivenza e la ri pro duzione del proprio potere. Le cosche co-
stituite intorno ad un singolo in di vi duo per quanto abile egli
possa dimostrarsi nella costruzione di reti di amicizia, di clientele
e di interesse sono caratterizzate da una intrin se ca fra gilit che
le porta a decadere e soccombere rapidamente.
2
Raggruppamento Speciale Operativo dei Carabinieri di Reggio Calabria. Informa-
tiva di reato relativo a indagini connesse alla disarticolazione di aggregati criminali di
Plat (RC), condotte tra il 2001 ed 2002 e coordinate dal Ten. Col. Valerio Giardina e
dal Ten. Gerardo Lardieri.
70
Se si analizza la composizione interna di alcuni tra i pi po-
tenti locali della odierna Calabria meridionale, si rileva come
nessuna di esse ri sulta composta, nel suo nucleo fondamentale, da
meno di due fratelli.
Nel 1999 su un campione di 47 gruppi mafosi del circondario
di Locri, ben 43 erano costituite da cosche con almeno 3 affliati
legati da vincoli pa rentali e 17 da nuclei con almeno 10 cugini di
primo grado o fra telli
3
.
Ogni capo ha potere di vita e di morte sui suoi uomini e ha
diritto allobbedienza assoluta. pur vero, comunque, che per co-
mandare il capo-bastone ha bisogno del consenso, non solo della
propria organizza zione, ma anche dellambiente nel quale opera.
Quando linviato delle potenti ndrine di San Luca, la cosid-
detta mamma
4
, va a trovare Antonio Cord di Locri, coinvolto
nella faida con i Cataldo, non usa mezzi termini. Tot stai atten-
to che [...] quando il popolo vi va contro perdete quello che avete
fatto in questi trentanni! Lo perdete!... Quando si buca alla sara-
cinesca, a quello gli bruciano la mac china a quello unaltra cosa,
il popolo incomincia a ribellarsi
5
.
Quella del capo-famiglia o capo ndrina una carica che
si tra manda ge neralmente di padre in fglio. Esso ha il potere di
rimpiazzare, cio af fliare, anche elementi esterni alla famiglia
anagrafca. Per uff cializzare ladesione di questi nuovi associati
c per bisogno dellap provazione del capo-bastone, a cui costo-
ro devono essere presentati durante una riunio ne del locale che
3
Analisi degli autori su dati anagrafci relativi a 47 gruppi operanti nella Locride.
Gli affliati esaminati sono stati 1.885, per una media di 40,10 per gruppo.
4
Prima della nascita della commissione provinciale, le riunioni di Polsi costituiva-
no il momento di assunzione delle deliberazioni pi importanti. La localit di Polsi ri-
cade nel territorio di San Luca e tale collocazione ha assegnato storicamente al locale
di San Luca il ruolo di sede centrale, di centro propulsore, di punti di riferimento per
gli innumerevoli locali di ndrangheta sparsi nel mondo, di Mamma della ndran-
gheta.
5
Operazione Primavera citata nellordinanza n. 38/97 GIP Santalucia, relativa a
misure cautelari nei confronti di Cord Domenico, 2 marzo 1998, Tribunale di Reggio
Calabria.
71
avviene, per regola, generalmente a fne mese, di sabato, allim-
brunire. Il capo-famiglia pu anche tenere segreto il nome di
al cu ni suoi affliati.
Quando una ndrina raggiunge il numero di cinquan ta-sessanta
affliati che hanno in comune la stessa copiata, il capo-famiglia
pu costituire la cosiddetta ndrina distac cata, che, come spie-
gano i pentiti, una esten sione del concetto di co sca, la quale
cresce di importanza e si ramifca sul territorio.
In origine, il numero massimo di ndrine che potevano esse-
re distaccate da un locale erano sette, con il passare del tempo,
grazie agli enormi pro ftti realizzati dalle cosche con il traffco
della droga, le ndrine hanno co minciato a proliferare a dismi-
sura, per cui questa regola non ha avuto pi senso. Si pensi che
gi nel 1986, secondo le stime dei nuclei investi gativi, le ndrine
distaccate erano ben 144. Comunque, il distaccamento deve es-
sere autorizzato dal Locale principale, la cosiddetta Mamma di
San Luca, cui ogni capo ndrina deve ver sare una quota annuale,
spesso sim bolica.
Le affliazioni, dette in gergo taglio della coda
6
, gene ral mente
avvengono nel territorio di un locale, e in questo caso sono dette
di ferro, fuoco e catene, con riferimento al pugnale che larma
propria degli affliati, alla candela che brucia limmagine sacra
durante il rito di iniziazione ed al carcere che ogni affliato dovr
essere in grado di sopportare. Quando laffratellamento avviene
in un luogo diverso, come ad esempio in carcere, laffliazione
viene defnita semplice.
Resta invece immutata la doppia compartimentazione che,
oggi come nellOttocento, caratterizza la struttura gerarchica del-
la ndrangheta: la Societ Minore e la Societ Maggiore.
Allora la differenza era tra picciotti e camorristi, oggi la gerar-
chia si arricchita di molte altre defnizioni.
Spiega Fonte: Nella Minore ci sono i picciotti semplici e
6
Nellaccezione degli ndranghetisti, il contrasto mentre cammina solleva polvere.
Con il taglio della coda, e quindi con lingresso nellOnorata Societ, come se cam-
minasse su un tappeto di erba e fori.
72
quelli di gior nata, que sti ultimi hanno il compito di appurare tutte
le novit ine renti il locale e riferire al capo giovane oltre ad
avvertire tutti gli af fliati del le riu nioni indette. Poi ci sono i ca-
morristi che possono essere semplici, di so ciet, di fbbia, formati
e di sgarro. Il camorrista di fbbia pu convo care e pre siedere
una riunione in cui vengono affliati nuovi adepti. Il ca morrista
for mato in alcune circostanze pu fare le veci del capo-bastone
ed il ca morrista di sgarro noto per il suo valore; que stultima
dote as se gnata a coloro che hanno compiuto azioni valide, ma
non necessa ria mente di sangue. Infne, gli sgarristi che possono
essere di sangue e def nitivo. La ca ratteristica dei vari gradi
la dote che indica il valore di merito conferito ad un affliato nel
corso della sua carriera e che nel tempo aumenta per gradi: pi
pesante e pi conta.
La dote di sgarrista di sangue conferita a uomini che hanno
commesso almeno un o micidio, quella di sgarrista defnitivo, che
rappresenta la dote pi alta della Societ Minore, conferita ad
affliati di provata fedelt.
A ciascuna dote cor risponde un Santo o una Santa. Quella del pic-
ciotto Santa Liberata, quel la del camorrista Santa Nunzia e quella
dello sgar rista Santa Elisabetta. LArcangelo Gabriele, rappresenta
lAngelo Giu stiziere ed preso come simbolo dei locali.
Chi non fa parte dellorganizzazione viene in gergo defnito
con tra sto. I fancheggiatori, quelli dei quali ci si pu fdare e
che potrebbero entrare a far parte dellorganizzazione, sono inve-
ce noti come contrasti onorati.
Per quanto riguarda la Maggiore, la prima dote, partendo dal
basso, quella del santista, una carica alla quale possono ac-
cedere gli sgarristi che hanno dimo stra to un certo valore. Sette
affliati con il gra do di santista possono co stituire, nellambito del
locale, la cosid detta So ciet Maggiore, chiamata anche Santa.
Spiega ancora Fonte: La San ta [] non d al cun conto delle
sue decisioni, delle sue attivit, al Loca le di apparte nenza. Nessun
affliato di grado inferiore al santista pu par tecipare alle riunioni
della Santa che si pu quindi defnire una lite della ndrangheta.
Solo in pochi Locali si riesce a costituire la Santa, come ad
73
esempio San Luca, Plat, Africo, Gioiosa Jonica, Reggio Cala bria,
Gioia Tauro, Bo va, Palmi, Rosarno, Sinopoli e qualche altro.
Chiarisce Fonte: Il tutto ha unevidente radice massonica e un
pro fondo legame storico. I personaggi di riferimento dei santisti
sono il ge ne rale Alfonso La Marmora come stratega di battaglia e
il generale Giu seppe Garibaldi come combattente per la libert e
la giustizia. Il com pito dei santisti non dazione, ma di pensiero
e organizzazione.
La dote successiva quella di Vangelo ed stata creata da
alcuni santisti per differenziarsi. Secondo Fonte a ricoprire que-
sta carica sono ...personaggi eccelsi, conosci to ri dei diritti e dei
doveri dellO no ra ta So ciet con mansioni decisionali al massi-
mo livello. Fonte ha indicato co me ndranghetisti in possesso
di questa dote, tra gli altri, Giuseppe Mui di Siderno, Domenico
Mar tino, Sebastiano Romeo, Antonio Pelle ed i Nirta. Le fgure
religiose di riferimento sono tutti gli apostoli e i santis simi Pie tro
e Paolo, mentre le fgure storiche sono Giuseppe Mazzini come
fondatore e promotore delle societ segrete in genere, e Camillo
Benso di Cavour, somma mente di statista.
Il collaboratore di giustizia Alessandro Covelli, nel corso del-
listruttoria dibattimentale del procedimento denominato Stila-
ro, celebratosi davanti il Tribunale di Locri, ha riferito di aver
ricevuto la dote di vangelo, che superiore a quella di san-
tista, di cui era stato insignito quale apparte nente al locale di
Crotone. Covelli ha raccontato con dovizia di parti colari dello
svolgimento della cerimonia, e dellincisione di una crocetta sulla
spalla sinistra, quale segno distintivo del grado ricevuto.
Successivamente due periti hanno confermato che lex vange-
lista presentava nella regione scapolare sinistra ed in prossimit
di un ta tuaggio raf fgurante un grifone incoronato, una cicatrice
di vecchia data. La sud detta cicatrice ha la forma di una croce i
cui bracci, orizzontale e verti cale, si incro ciano pressoch ortogo-
nalmente descrivendo quattro an goli retti.
A rivelare per primo lesistenza di questa dote fu nel 1984
il pentito Pino Scriva. Disse anche che al di sopra del vangelo
cerano i gradi di quintino e associazione. Poi si scopr unal-
74
tra dote, quel la di quartino o trequartino che, come riferisce
Fonte, vennero crea te solo per comodit di alcuni personaggi
che volevano rimanere par ti colarmente segreti. A questa, pro-
seguendo in senso ascendente nella gerarchia della ndrangheta
se ne sarebbe aggiunta unaltra: quella di associazione. Lo stesso
Fonte ha spiegato ai magistrati che a ricoprire la dote di associa-
zione, un termine mutuato dal reato contestato nei processi di ma-
fa, attualmente in Calabria sarebbero non pi di sette persone, tra
cui Do me nico Tegano e Antonio Papalia.
Per comprendere appieno tutti questi cambiamenti, bisogna te-
nere con to della necessit avvertita dalla ndrangheta negli anni
Settanta di tute lare quella zona grigia caratterizzata dallinter-
scambio con altri poteri occulti e istituzionali.
Le stesse cariche si differenzierebbero per valenza e prestigio
a seconda dellorgano da cui promanano, in modo tale che la for-
za di ogni singola dote corrispondente alla struttura gerar-
chica di cui espressione: quelle conferite dal Crimine, inteso
come momento assembleare di pi lo cali, in occasione della tra-
dizione riunione di Polsi, infatti, rivestirebbero maggiore impor-
tanza rispetto a quelle impartite dai livelli ordinativi pi bassi.
Nellambito della procedura fnalizzata al conferimento di una
dote, la grazia rappresenterebbe un presupposto essenziale,
una sorta di premes sa e di impegno in vista dellimminente coop-
tazione dellaffliato ad un livello gerarchico superiore.
Fonte ha anche confermato ci che sul simbolismo della ndran-
gheta si sempre saputo. Essa, ha scritto nel suo memoriale,
rappresentata dallal bero della scienza che una grande quercia
alla cui base col lo cato il capo-bastone o mammasantissima ossia
quello che comanda. Il fusto (il tron co) rappresenta gli sgarristi
che sono la colonna portante della ndran gheta. Il rifusto (grossi
rami che partono dal tronco) sono i ca mor risti che rappresentano
gli affliati con dote inferiore alla prece dente. I ramoscelli (i rami
propriamente detti) sono i picciotti cio i sol dati della ndrangheta.
Le foglie (letteralmente cos) sono i contrasti ono rati cio i non
appartenenti alla ndrangheta. Infne ancora le foglie che cadono
sono gli infami che per la loro infamit sono destinati a morire.
75
Nella ndrangheta, secondo Fonte, le colpe si dividono in tra-
scuranze e sbagli. Le pri me sono in frazioni di lieve entit quasi
sempre di carat tere informale e vengono pu nite con la sospensione
per un mese dal locale o con il pa ga mento di una ammenda. Le se-
conde, invece, vengono punite con la morte o, in subordine, con la
spoliazione completa dellaf fliato con la degradazione al ruolo di
contrasto senza o nore, come per il massone quando viene messo
in sonno. Infne, nel suo memoriale, Fonte conferma lesistenza dei
riti di inizia zione, quel la birinto semantico nel quale confuisce il co-
dice della ndra gheta. Ricorda che ancora oggi per entrare a far parte
di questa organizzazione bisogna pun gersi il dito o il braccio con
un ago o con un coltello, facendo cadere qualche goccia di sangue
sullimmagine di un santino (quella di San Michele Arcangelo, pro-
tettore della ndrangheta) che poi viene dato alle famme, in ossequio
ad una suggestiva simbolo-
gia tesa a garantire fedelt e
rispetto del vincolo di assog-
gettamento alla cosca.
Lam monimento del ca-
po-bastone impietoso:
Come il fuoco brucia que-
sta immagine, cos brucerete
voi se vi macchiate dinfa-
mit; se prima vi conoscevo
come un contrasto onorato
da ora vi riconosco come un
pic ciotto donore.
Aveva giurato fedel-
t anche Francesco Alba-
nese, detto tarra, il qua-
le nel 1896 aveva deciso di
eliminare due picciotti che
si erano rifutati di spartire
con lui il bottino di una ra-
pina. Albanese nella piana
di Gioia Tau ro era temuto e
76
riverito. Cosicch, una volta arrestato, il Tarra non fa tic mol-
to a convincere le guardie della sua innocenza e farsi rilasciare.
A quei tempi, come per i successivi decenni, tra guardie e ladri si
era in stau rato una sorta daccordo, un patto di tolleranza recipro-
ca. Venivano puniti solo gli eccessi, per il resto cera una sorta di
quieto vivere. In quellocca sione per, il seguito ebbe uno svolgi-
mento impre visto, grazie soprattutto ad un magistrato coraggio-
so, Giuseppe Trinci, il quale decise di inda gare fno in fondo. Al-
la fne riusc a provare la responsabilit di Albanese, ottenendone
la carcerazione.
Bastarono pochi giorni di carcere duro, a pane ed acqua, per
convincere il Tarra a collaborare proprio come successo, in al-
cuni casi, con il 41 bis. Dinanzi alla prospettiva di marcire in
cella, il boss di Gioia Tauro vuot il sacco sui se greti della sua
organizzazione e su tutte quelle regole in gran parte ri maste im-
mutate nel tempo.
Prima di Francesco Fonti, importanti conferme erano arrivate
dalla te stimonianza di Antonio Zagari, autore tra laltro di una in-
teressante au tobiografa dal titolo Ammazzare Stanca. Zagari ha
dichiarato che il vin colo asso ciati vo si estingue solo con la morte,
oppure con il tradimento o con le spulsio ne per inde gnit. E ha
precisato: Lipotesi che un espulso dalla ndrangheta continui a
rimanere in vita [...] assai remota. In ogni caso, anche se lor-
ganizzazione dovesse decidere di non uccidere un ex af fliato, a
questi verrebbe tolto il saluto e nessun uomo donore potrebbe
pi frequentarlo. Secondo Zagari nel gergo della ndrangheta,
laffliato e spulso dallorga nizzazione viene defnito spogliato,
cio privato della veste o camicia che simbolicamente e in sen-
so metaforico, viene con se gnata al momento del laf fliazione.
Tuttavia, ha spiegato ancora Zagari, esistono casi, anche se ra-
rissimi, in cui un appartenente alla ndrangheta pu ritirarsi a vita
privata, ma anche quando concesso di ritirarsi in buon ordine
(que sto il termine usato dalla ndrangheta) la persona che si
ritira ha sempre e comunque lobbligo di mettersi a disposi zio ne
del lor ganizzazione, se richiesto, in qualsiasi momento e per tutta
la vita.
77
CAPITOLO 3
Lurbanizzazione della ndrangheta
Giuseppe Zappia aveva il viso duro, asciutto, segnato dal sole,
dallaria a spra della montagna e dalle sofferenze. Durante il gior-
no era solito affac ciarsi sulluscio e poi si attuffava in casa, come
le lucertole che cerca no, tra il capelvenere e le paretarie, un rag-
gio di sole. Il 26 ottobre 1969, a Serro Jun cari, una radura ai piedi
di Montalto, sullAspromonte, aveva pre sie duto lultimo summit
della ndrangheta agro-pastorale, quella che al suono della taran-
tella si ba loccava con Osso, Mastrosso e Carcagnosso.
Era la mafa di Ntoni Ma cr, Mico Tripodo e Mommo Piromal-
li, uo mini tutto dun pez zo, sangui nari e generosi. Della vecchia
guardia era uno dei pochi soprav vis suti. Aveva subito tre attentati.
Sono impiombato come un pac co po sta le, raccont un giorno
al giornalista Antonio Delfno che era an dato a tro varlo, arram-
picandosi lungo quella strada stretta che si aggrappa a mo struose
creature di roccia e che sale, si piega, scende, si con tor ce sfo-
rando ciuff di piante selvatiche, querce secolari, fno ad arri vare
a San Mar tino di Taurianova, in provincia di Reggio Calabria.
La sua unica colpa era quella di appartenere a una generazione
che lui stesso con accento gnomico defniva ormai lontana. Una
generazione che si aspettava la ventura di morire nel proprio letto.
Aveva superato la set tan tina, ma aveva ancora paura. Balzava dal-
la sedia ad ogni rumore, in terrompendo quella sua parlata gestua-
le tipica dellantica consorteria. f nita lominit, diceva, i
giovani doggi sono assatanati di denaro e non hanno rispetto per
nessuno. Quella di Zappia una storia strettamente in trecciata a
78
quella della ndrangheta, una storia di miti e di morte.
Era stato proprio lui a Montalto a esprimere lesigenza di evitare
divi sio ni. Non c ndrangheta di Mico Tripodo, non c ndran-
gheta di Ntoni Ma cr, non c ndrangheta di Peppe Nirta, ave-
va detto. Si deve essere tut ti uniti, chi vuole stare sta, chi non
vuole se ne pu anche anda re. Quel gior no i delegati dei vari
locali della provincia si erano riuniti per affrontare molte que-
stioni, alcune anche spinose.
Racconta Francesco Scopelliti, uno dei partecipanti al summit:
Per primo prese la parola Antonio Romeo di San Luca, il quale
propose di tra sferire lannuale convegno di Polsi in unaltra lo-
calit dellAspromonte. La proposta, su mio suggerimento, ven-
ne per respinta. Mentre discuteva mo, improvvisamente scoppi
una lite in seno ad un gruppo formato da sei persone di Condofuri,
tre dei quali accusavano le altre di essersi allon ta nate dalla mala-
vita uffciale del luogo per formare una societ a parte. La lite che
stava per degenerare, venne prontamente sedata. Fu a quel pun to
che Zappia invit tutti a rimanere uniti.
Durante il summit si discusse anche della necessit di inasprire la
lotta contro la polizia, ricorren do anche ad attentati dinamitardi.
Racconta An gelo Oliviero, anchegli presente a Montalto: Su
questo argomento si svilupp un acceso di battito. Dopo Zappia
presero la parola altri sette ndranghetisti per cri ticare le insop-
portabili iniziative del que store Emilio Santillo che con tinuava a
man dare gente al confno. Ci fu an che chi pro po se di far saltare gli
automezzi della questura e chi di sparare contro la macchina del
que store, ma su questo punto non tutti si trovarono dac cordo.
Si disse anche che quel summit doveva servire per convincere
la ndrangheta ad al learsi con la de stra eversiva, rappresentata
dal prin cipe nero Junio Valerio Borghese, ex gerarca della X
Mas
1
.
1
La testimonianza di Giacomo Lauro. Proprio in quei giorni era previsto un co-
mizio a Reggio Calabria di Junio Valerio Borghese, sospeso per motivi di opportunit
dalle autorit di polizia che temevano incidenti.
79
Qualcuno, per, aveva informato la questura che, in poche ore,
mise a punto un piano per sorprendere gli oltre 150 mafosi con-
venuti da tutte le parti della provincia a Montalto, dove quellan-
no si era deciso di spostare la tradizionale riunione di Polsi.
In vano i partecipanti al sum mit cer carono di giustifcare la loro
presen za su quella radura qualifcan dosi come ignari caccia tori o
cercatori di fun ghi.
Loperazione venne coordinata dal commissario della Polizia
di Stato Alberto Sabatino
2
:
Per antica tradizione, scrive Sabatino nel rapporto inviato
allau to rit giudiziaria, la malavita della provincia di Reggio
Ca labria de no minata anche onorata societ o ndrangheta
teneva ogni anno in A spro monte unassemblea di esponenti e
delegati di tutti i nuclei, in oc ca sio ne dei festeggiamenti che si
svolgono a settembre in ono re della Ma donna nel Santuario di
Polsi, sito nel territorio di San Luca. Mai la po lizia aveva avuto
modo di cogliere utili informazioni preventive sulle mo dalit e
circostanze specifche, di tempo e di luogo, con cui si organiz-
za va no e si svolgevano tali assemblee, e sapeva tuttavia che ad
es se par te cipavano gli esponenti pi qualifcati di tutti i comuni: i
capi ba stone o ca pi societ, i contabili, i mastri di sgarro.
Loperazione Montalto port davanti ai giudici del Tribunale
di Lo cri, competente per territorio, settantadue presunti affliati
alla ndran gheta che dovettero rispondere dei reati di associazio-
ne per delinquere, scorreria, de tenzione abusiva e porto illegale di
armi. Tra gli imputati, sebbene in con tu macia, anche Antonio Ma-
cr, Domenico Tripodo e Giuseppe Nirta, f gure pro minenti della
ma la vita calabrese del tempo. I gradi di giu dizio che se guirono,
le nu me rose condanne e le assoluzioni conseguenti, anche se
con sentirono di evi den ziare lesistenza storico-giudiziaria della
malavi ta or ganiz zata nella pro vin cia reggina, non indebolirono
o disgregarono af fatto loperativit cri minale dellorganizzazione
2
La mafa a Montalto, Sentenza 2 ottobre 1970 del Tribunale di Locri, Reggio Ca-
labria, Stab. Tip. La Voce di Calabria, 1971, pagina 22.
80
che gi allora era in grado di reggere bril lantemente allurto di
qualsiasi indagine giudiziaria.
Le divergenze che avevano animato il summit di Montalto
esplosero vio lentemente agli inizi degli anni Settanta.
Molti sentivano la necessit di libe rarsi di quella mentalit
poco elastica che impediva ai boss della ndrangheta di a vere
contatti e rapporti con il potere politico ed economico.
Ci che avvenne in quegli anni fu un cambiamento epocale,
racconta oggi un vecchio boss della ndrangheta che vive alleste-
ro, dopo aver pa gato i propri debiti con la giustizia. stato Mom-
mo Piromalli assieme ai De Stefano a defnire le nuove strategie
della ndrangheta, cio lidea di andare oltre lo sgarro e di entra-
re in quella zona grigia, rappresentata dalla masso neria de viata,
nella quale era possibile incontrare magistrati, poliziotti, politici,
av vocati e commercialisti. Lidea stata subito abbrac ciata dal
locale di Toronto, dove vivevano alcuni autorevoli rappresen tan ti
della ndranghe ta, legati a Cosa Nostra americana.
Venne cos creata unenclave allinterno della ndrangheta,
detta Santa, composto da 33 per sone, alle quali era permesso di
affliarsi a logge coperte della mas soneria
3
.
Conferma Gaetano Costa, ex capo del locale di Messina: Fu
Mommo Piromalli che, attesi gli enormi interessi che allepoca
sussistevano nella zona di Reggio Calabria (il troncone ferrovia-
rio, la centrale siderurgica e il porto di Gioia Tauro, ecc.), al fne
di imporre una sua maggiore au to rit, in vista del cambiamento
allinterno della consorteria, onde poter ge stire direttamente la
realizzazione delle opere pubbliche, si fregi del gra do di santi-
sta che, a suo dire, gli era stato conferito direttamente a To ron to,
dove esisteva una importantissima ndrina.
Dopo Piromalli anche Paolo De Stefano e Santo Araniti si fre-
3
Linchiesta giudiziaria del 1992, denominata Olimpia fece luce su questi intrecci.
La Santa sarebbe entrata nella massoneria, tramite logge compiacenti e personaggi,
come Pietro Marrapodi, notaio a Reggio Calabria, Pasquale Modafferi, esponente di
punta del gruppo Condello-Imerti di Reggio Calabria e Cosimo Zaccone, capo di una
loggia massonica di Reggio Calabria.
81
giarono del titolo di santista. Contrari a questa iniziativa si di-
mostrarono sin da su bito Ntoni Macr e Mico Tripodo, entrambi
sgarristi, esponenti dellala tradizionalista della ndrangheta.
Macr in particolare, come racconta Costa, non volle ricono-
scere le sistenza della societ di santa, che defniva bastarda,
anche perch le regole di questa nuova societ consentivano di
tra dire ed effettuare dela zioni pur di tutelare un santista.
Come raccontarono altri pentiti la Santa rappresent allinter-
no della ndrangheta uno stadio occulto, in quanto il relativo gra-
doera no to sol tanto agli altri santisti e nessun rilievo oc cupava
allinterno delle ge rar chia della ndrangheta.
Cambiarono anche i riti di iniziazione. Ai mitici cavalieri spa-
gnoli Os so, Mastrosso e Carcagnosso, i vecchi antenati, suben-
trarono eroiche f gu re mas soniche, come Garibaldi, Mazzini e La
Marmora.
Giuro su questa arma e di fronte a questi nuovi fratelli di San-
ta re cita il nuovo testo del codice della ndrangheta sequestrato
dalla Squadra Mobile di Reggio Ca labria e dalla Criminalpol ca-
labrese nel giugno del 1987 nel covo del su perla titante Giuseppe
Chil
4
di rinnegare la societ di sgarro e qual siasi or ganizzazione
e far parte alla Santa Corona e divi dere sorte e vita con questi
nuovi fratelli.
Insomma, come conferma anche il collaboratore Giovanni
Gull, un santista pur di salvare lor ganiz za zione po teva persino
tradire cento camorristi o sgar risti. Un esempio di questa nuova
realt ce lo fornisce Filippo Barreca, capo zona del quar tiere di
Pellaro, nominato santista: Nel 1979 entrai a far parte delllite
della ndrangheta, acquisendo un grado segreto che mi dava la
possibilit di a vere rapporti con esponenti della massoneria.
Barreca racconta che a formare la loggia coperta, della quale
4
La fotocopia del codice ritrovato a SantEufemia nel 1987 stata pubblicata in
appendice al libro Alle origini della ndrangheta: la picciotteria di A. Nicaso, Rub-
bettino Editore, nel settembre del 1990. La trascrizione dello stesso documento viene
riproposta interamente in appendice a questo libro.
82
egli entr a far parte, assieme alle pi importanti personalit cit-
tadine, fu Franco Fre da, esponente di punta della destra eversiva,
al quale egli stesso aveva dato ospitalit nel 1979 prima della
fuga del terrorista in Nicaragua. Cosa No stra era rappresentata
da Stefano Bontade e grazie a que sta nuova di men sione la San-
ta riusc ad imporsi, assicurandosi il controllo di tutte le prin-
cipali attivit economiche, compresi gli appalti, e ad infl trarsi
nelle i stituzioni attraverso lelezione di persone di gradimento e
fa cilmente avvi cinabili.
Anche per Giacomo Lauro fu una svolta storica
5
: Sino alla
prima guerra di mafa la massoneria e la ndrangheta erano vicine,
ma la ndrangheta era subalterna alla massoneria, che fungeva
da tramite con le istituzioni, racconta il pentito. Gi sin da al-
lora la massoneria rica va va un utile diretto per centualizzato, in
riferimento agli affari che per conto nostro mediava. In vero, vi
era una presenza massonica massiccia nel le istituzioni tra i po-
litici, imprenditori, magistrati, appartenenti alle forze dellordine
e ban cari, e pertanto vi era un nostro interesse diretto a man tenere
un rapporto con la massoneria. evidente che in questo modo
era vamo costretti a de legare la gestione dei nostri interessi, con
minori gua dagni e con un ne cessario affdamento con personaggi
molto spesso i naffdabili. A questo punto capimmo benissimo che
se fossimo entrati a far parte della famiglia massonica avremmo
potuto interloquire diretta mente ed essere rappresen tati nelle isti-
tuzioni. Fu cos che Paolo De Ste fano, Santo Ara niti, Antonio,
Giuseppe e Francesco Nirta, Antonio Mam mo liti, Natale Iamonte
ed altri entrarono a far parte della massoneria.
Per anni il potentato fondiario era stato al centro delleconomia
calabrese. Altre classi sociali non avevano mai avuto spazi propri
e in assenza di un apparato produttivo, la politica era stata lunica
a poter compiere scelte economiche, offrendo potere, prestigio e
ricchezza. I mafosi lo ave vano intuito da tempo.
Una relazione inviata al ministero dellInterno nel 1959 aveva
5
Operazione Olimpia. Direzione Distrettuale Antimafa, Reggio Calabria.
83
rilevato i legami dei capi mafa anche con esponenti politici, ai
qua li mantengono sottomano la clientela elettorale. E alle stesse
con clu sioni erano arrivati i giudici Guido Marino, Antonio Stal-
tari e Luigi Co trona nella sentenza per i fatti di Mon talto: Che il
mondo della mafa tenda costantemente a fare binomio col mondo
della politica una verit ormai notoria
6
.
Parallelamente al rapporto con i politici, la ndrangheta inten-
sifca i rapporti con Cosa Nostra e in par ticolare con le famiglie
mafose di Paler mo e Catania. Gli investigatori, de f nendo il nuo-
vo corso della mafa cala brese, molti anni dopo, parleranno di
entit integrate, forme di plu ra lismo associativo che troveranno
con ferma nel la contiguit con politici cor rotti e massoni legati a
logge deviate.
La ndrangheta, proprio in quegli anni, compie il defnitivo
salto di qualit: da una parte la conquista dei traffci, ormai rami-
fcati, delle so stan ze stupefacenti dal Medio Oriente e dal Nord-
Africa, dallaltra la po litica degli interventi straordinari verso il
Meridione che destina anche alla Calabria centinaia di miliardi
per indifferibili opere pubbliche. Molti an ni dopo, la commis-
sione parlamentare antimafa apprender dalle parole del giudice,
Salvatore Trovato, che tutti i mafosi che avevano vissuto la sta-
gio ne degli interventi straordinari in Calabria, avrebbero potuto
dimo stra re di aver ricevuto centinaia di milioni di lire da parte
della Regione, cio del lo Stato
7
.
A determinare la politica degli interventi straordinari contri-
bu, proprio nel 1970, la stagione della rivolta sociale, insorta nei
quartieri e nel le stra de di Reggio Calabria a seguito della decisio-
ne po liti ca di spo stare il ca poluogo della regione a Catanzaro. Fu-
rono setti mane e mesi di guer ri glia urbana accesa, violenta, senza
esclu sione di col pi alla quale il Gover no pen s di porre ri paro,
6
Tribunale di Locri, Sentenza n. 299, N. 75-70 Reg. Gen. Depositata il 24 marzo
1971. Zappia Giuseppe +71, p. 95.
7
Commissione Parlamentare Anti-Mafa, Audizione del giudice Salvatore Trovato,
1985.
84
prima inviando in riva allo Stretto lesercito e i carri armati, e
poi disegnando un nuo vo piano dinter vento produttivo (il noto
pacchetto) elaborato dallal lora presi dente del Con siglio, Emi-
lio Colom bo.
Scrivono i magistrati della Procura Distrettuale Antimafa di
Reggio Ca labria: Lirruzione nel ramo delle in frastrutture con-
sent il salto nella cate goria imprenditoriale di numerosi espo-
nenti dei casati vincenti e rap present loccasione di conquistare
un giro di affari senza precedenti e la pos sibilit di accesso nelle
stanze della burocrazia politico-ammini stra ti va. I risultati furo-
no o vunque clamorosi, tali da spiegare ampia mente lin coraggia-
mento che ne avrebbe ricavato la spregiudicatezza del mafo so-
manager negli anni successivi: il servizio dei trasporti, la for nitura
dei materiali, lespropriazione dei terreni ne cessari, las sun zione
della ma no dopera, lassegnazione stessa degli ap palti vennero
mono polizzati o con dizionati dai capi zona e dai loro pro tettori
con spiccato senso spe culativo. [] andarono egualmente a se-
gno le manovre fnali z zate allac ca par ramento ed appropriazione
dei posse dimenti agricoli ovunque ab ban donati dalla massa con-
tadina, richiamata al Nord dai miraggi del mi ra colo eco nomico
e dai vecchi proprietari ter rieri non pi pre disposti a sot to stare
alle stagionali soverchierie dei malavitosi. Peral tro, proprio con
la sa piente uti lizzazione delle somme destinate dal Governo allin-
te gra zione dei prezzi di alcuni prodotti (lolio di oliva tra tutti) e
con lim piego di fondi ra strellati in campi di attivit collaterali,
la ndrangheta nel reg gino si as sicur il controllo genera lizzato
del fondo agrario a condi zio ni di as soluto vantaggio, in modo da
garantirsi lesclu siva di una fon damen tale risorsa produttiva e il
con seguente assoluto dominio sui prezzi, sulla di stribuzione e sul
mercato dei prodotti agricoli. E cos i ma lavitosi che per anni ave-
vano costruito il proprio prestigio custodendo militar mente i ter-
reni altrui si tramutarono in imprenditori rampanti, altri ripiega-
rono tradizio nalmente verso la conquista diretta del fondo agrario
calabrese.
Naturalmente, oltre alla speculazione edilizia, alle grandi
opere pub bli che ed alle varie risorse legate allagricoltura e alla
85
pastorizia, la ndrangheta mise le mani anche sul controllo dei
traffci marittimi natural mente ille citi, come il contrabbando di
sigarette.
Furono, comunque, la costruzione del quinto centro siderurgi-
co e il com ple tamento del lau tostrada del Sole nel tratto compre-
so tra Salerno e Reg gio Calabria ad imprimere una nuova svolta
al rapporto politica-ndran gheta, con la creazione di lobby tra ma-
fosi, politici e settori del mondo economico e fnanziario locale
e nazionale.
Presero piede anche i sequestri di perso na, creando ulteriori e
sangui nose divisioni in seno alla ndrangheta. Dal 1970 al 1978
se ne registrano 53 contro i due veri fcatisi dal 1963 al 1969.
Non ci fu, per, nessun cambiamento dal ruolo passivo della
me diazio ne a quel lo attivo dellaccumulazione. Piuttosto ci fu un
salto di quan tit, di un fenomeno di integrazione vecchio di se -
coli.
Osserva acutamente Francesco Caracciolo
8
: Lassociazione
mafosa e il mafoso, in Calabria, in Sicilia e in Campania, hanno
sempre avuto in s due anime, hanno sempre svolto due ruoli: di
mediazione e di accumu la zio ne e di do minio. Solo che ora la rapi-
dissima integrazione della mafa calabrese, che negli anni settanta
approftta dellopportunit di adeguarsi ai tempi sfrut tando le nu-
merose occasioni di lucro e di investimento ad e mu lazione della
mafa siciliana, ha reso pi evidente uno dei due ruoli. Cio la
ndrangheta dopo Montalto adegua ai tempi nuovi i suoi vecchis-
simi stru menti, con i quali ha sempre esercitato la mediazione e
laccu mula zio ne.
8
F. Caracciolo, op. cit., p. 149.
86
87
CAPITOLO 4
La prima guerra di mafa
La resa dei conti per Peppe Zappia arriv il 5 agosto del 1993,
quando veniva ucciso assieme al fglio Giuseppe di 54 anni alle
porte di San Mar tino di Taurianova, il paesino aspromontano che,
da alcuni anni, era diven tato la sua prigione. I sicari inferirono sul
suo corpo esanime, a terra, in una sorta di spasimo di ferocia e di
esaltazione. Era lultimo patriarca della ndrangheta agro-pastora-
le, quella che aveva avuto in Antonio Macr il boss dei boss.
Negli anni Sessanta e Settanta, la ndrangheta era soltanto un
sostantivo dalla sgra devole sonorit, che al solo evocar lo incute-
va fasti dio
1
. Macr era un boss rispettato. Amico di Luciano Lig-
gio, Angelo e Salvatore La Bar bera, Pie tro Torret ta, dei Greco di
Ciaculli, negli anni Cin quanta era stato in buoni rapporti con il
dottor Michele Navarra, boss dei Corleonesi, confnato a Ma rina
di Gioiosa Jonica.
Il suo pupillo era Domenico Tripodo, boss di Reggio Calabria
che, come lui, era fortemente legato alle tradizioni ndranghetiste.
Entrambi erano contrari ai sequestri di persona, voluti invece dai
clan della piana di Gioia Tauro, San Luca e Plat. Attirano su di
noi solo gli sbirri, sostenevano. Nella Locride, Macr comanda-
va con lo sguardo. Aveva imposto la guar diana a tutti i proprieta-
ri, tanto che, come avevano scritto nel 1950 i giu dici della Corte
dAssise di Locri, nella sentenza di un processo a 41 im putati
1
M. Guarino, Poteri segreti e criminalit, Edizioni Dedalo, Bari, 2004, p. 8.
88
di Siderno: Mentre altrove le con tro versie agrarie si discutono
da vanti il Tribunale, in Siderno e Locri si ri corre allocculta po-
tenza del Ma cr per imporre la volont dei padroni a contadini e
mezzadri.
Il pentito Giacomo Lauro, in un memoriale consegnato alla
magistra tura di Reggio Calabria, ne traccia un ritratto molto eff-
cace: Que stuo mo era il capo crimine e rappresentava, secondo
me, non inde gna mente, quel la che si riteneva fosse lonorata
societ; egli, se si pu di re, era il capo dei capi (...) il vero unico,
rappresentante, con tutti i titoli in Cosa No stra ed aveva le chiavi
per entrare negli Stati Uniti (New Jersey), Ca nada (da Toronto a
Montreal, fno ad Ottawa) e Australia (la zona di Mel bourne, Ade-
laide, Griffth); (...) Aveva conosciuto, quando ancora por ta vano
i pantaloni corti, sia Riina che Provenzano, i quali, ne gli anni 50
era no al servizio del dott. Michele Navarra di Corleone....
Macr aveva saputo sfruttare i vantaggi del contrabbando di si-
garette che, in quegli anni, era il vero grande affare del le cosche,
quello che pose le basi per le future sinergie con altre organizzazioni
criminali.
Nel giro cerano tutti. Mommo Piromalli nella piana di Gioia
Tauro, con i Pe sce di Rosarno ed i Mammoliti di Castellace di
Oppido Mamer tina; Domenico Tripodo a Reggio Calabria con i
clan Codispoti, Canale, Sammarco e Surace; Natale Iamonte, nel-
la zona Ann di Melito Porto Sal vo; i Nirta nella zona che va da
Bianco a Bovalino; i Marafoti, i Cord e i Cataldo di Locri; Bruno
Equisone di Bova; gli Ursino-Scali-A quino-Maz zaferro assieme
a Rocco Monteleone nella vallata del Tor bido (Gioiosa Jonica,
Marina di Gioiosa e Mammola); i Ciamp di Cu tro, gli Arena di
I so la Capo Rizzuto, i Mannolo di San Leonardo di Cutro; i Vren-
na di Cro tone.
Con loro traffcavano anche gli Sca duto di Bagheria, i Di
Cristina ed i Ferrante di Palermo, i Ferrera, i Fer lito e i Santapaola
di Catania, i Nu vo letta di Ma rano. E anche i Mazza rella e i Zaza
di Napoli. Tutti assieme in or dine sparso.
Spiega Enzo Ciconte: La brusca e improvvisa accelerazione
del traf fco delle bionde fu determinata da una situazione che si
89
venne crean do allesterno della Calabria. Le coste siciliane, tra-
dizionali posti di sbar co, diventarono insicure per una accorta ed
effcace azione di repres sione da parte della Guardia di Finanza.
Il traffco venne dirottato allora sul le co ste calabresi di certo pi
sicure perch non controllate e non sorve glia te; in particolare sul
litorale jonico, a Crotone, e soprattutto nella zona della Locri-
de. Vi furono sbarchi anche nei pressi di Lamezia Terme, dove
il contrabbando delle sigarette aveva assunto le modalit della-
zio naria to popolare: partecipavano in molti, anche professionisti,
deside rosi soltanto di investire i loro risparmi in unattivit alta-
mente redditizia
2
. Daltronde, cos come era successo con il proi-
bizionismo nel Nord Ame rica, lacquisto di sigarette a un prezzo
inferiore rispetto a quello del Monopolio non era considerato un
fatto riprovevole.
Ci furono anche scontri per il controllo di questa lucrosa at-
tivit, come quello tra gli Ursino-Scali-Aquino da una parte e i
Mazzaferro-Femia dal laltra nella Vallata del Torbido. E per le
sigarette avvenne anche la strage di Locri (Piazza Mercato) che
vide imputati come mandan ti Anto nio Nirta, potente boss di San
Luca, ed Antonio Macr e come e secutori due palermi tani, Tom-
maso Scaduto e Antonio Di Cristina. Poi tutti assolti.
Oltre al contrabbando di sigarette, nellottica della ndranghe-
ta, in quegli anni, entr anche la distribuzione clientelare delle
risorse pub bliche (ap palti) che and ad affancarsi al piz zo, alla
guardiana e al controllo del mercato del lavoro.
Nacquero cos, in quegli anni, le prime imprese edilizie ma-
fose, cio le imprese gestite da mafosi, grazie soprattutto allau-
mentata disponibilit del le risorse fnanziarie. Una prova di tale
ec cesso di liquidit fu il ritrova mento nella borsa di Giorgio De
Ste fano, uc ciso nel 1976 sullAspro mon te, di un piano di inve-
stimenti immo biliari e industriali di tali pro porzioni da triplicare,
se realizzato, la gi no tevole scala di attivit eco nomica del lim-
pre sa-cosca dei fratelli De Stefa no. E, in quegli stessi anni, in un
2
Intervista con Gianfranco Manfredi, febbraio 2006.
90
covo dellAspromonte fniva anche Paul Getty III, nipote del noto
miliar dario americano. Fu proprio con i proftti dei sequestri che
le cosche comincia ro no ad acquistare ruspe e motopale
3
.
Questo era il retroterra della ndrangheta quando scoppi la
prima guer ra di mafa. Don Mommo Piromalli, potente boss di
Gioia Tauro, era del lavviso che la ndrangheta non potesse ri-
manere eternamente in con fitto con le istituzioni statali ed era
convinto che bisognasse prendere lo Stato sottobraccio, come
avevano fatto i siciliani entrando nelle logge mas so ni che.
La svolta indicata da don Mommo venne subito appoggiata
da Paolo De Stefano, un rampante e ambizioso boss cresciuto nel
quartiere Archi di Reg gio Cala bria.
I sequestri furono un pretesto e contribuirono a creare un vorti-
ce in seno alla ndrangheta. Con Piromalli, si schierarono anche i
Mammoliti di Castellace, ma soprattutto gli Strangio di San Luca,
i Barbaro di Plat e i Ietto di Natile di Careri. I traffci di droga,
che avevano cominciato a viaggiare sulle stesse rotte seguite dalle
casse di sigarette, fecero il resto, de stan do molti appetiti, soprat-
tutto tra i giovani che fremevano per con qui sta re nuovi spazi.
Antonio Macr venne eliminato il 20 gennaio del 1975. Nel-
lagguato ri mase gra vemente ferito Francesco Commisso, detto u
quagghia, braccio destro del potente boss di Siderno. I due ave-
vano appena fnito di giocare a bocce in un campetto ubicato nelle
vicinanze di un quadrivio in contrada Zamma riti di Siderno.
stato il pentito Giacomo Lauro a ricostruire questo omicidio
venti an ni dopo. Ha raccontato che a uccidere Macr furono Pa-
squale Condello e Giovanni Saraceno, i quali si avvalsero come
copertura di Giusep pe Schi mizzi e di Pietro Orlando; questulti-
mo, uomo di fducia di Giuseppe Ca taldo, boss di Locri. Orlando
verr ucciso il 17 febbraio di quello stesso an no, nei pressi di un
semaforo nel centro di Locri.
3
Nei cantieri di Gioia Tauro erano utilizzati automezzi appartenenti ad esponenti
delle cosche Piromalli, Stanganelli, Mammoliti, Rugolo, Nava e Pesce. Cfr. Sentenza
emessa dal Tribunale di Reggio Calabria in esito al procedimento contro Paolo De Ste-
fano +59. Sentenza n. 1/79 datata 4 gennaio 1979, p. 245.
91
Lauto usata per lagguato era stata rubata a Reggio Calabria
a due pas si dal Tribunale ad un medico. Verr ritrovata bruciata
qualche giorno do po nelle campagne di Antonimina.
Dopo lomicidio, il gruppo di fuoco, che secondo Lauro ag su
mandato di Paolo De Stefano, dei fratelli Giuseppe e Nicola Ca-
taldo e di Vincenzo, Giuseppe e Francesco Mazzaferro, si rifugi
a Gioiosa Jonica a casa di que sti ultimi. Una fonte confdenzia-
le rifer alla polizia che Giuseppe Ca taldo, qualche giorno prima
dellomicidio del Macr, era stato visto a bor do dellAlfa Romeo
rubata a Reggio e utilizzata per lagguato di con trada Zamma-
riti assieme a Do me nico Tegano e Giovanni Saraceno. Sem pre
se condo Lauro, anche Tegano avrebbe dovuto partecipare allag-
guato, ma eb be qualche problema a causa della tensione e venne
lasciato a casa di amici.
Scrive Luigi Malafarina il 22 gennaio del 1975 sulla Gazzetta
del Sud: La carriera del boss che stato al soggiorno coatto di
Ustica, del lAquila, e di Casarze Ligure; latitante per nove anni;
alla colonia a gricola dellAsinara stata costellata, nellarco
di cinquantanni, da tan te asso luzioni. In istruttoria fu prosciol-
to dallaccusa di essere il man dante del lomicidio di Girolamo
Commisso, fulminato il 22 agosto 1947 con una scarica di mi-
tra; il 23 novembre 1961 fu assolto dalla Corte dAs sise di Melf,
dove il processo si celebr per legittima suspicione, dal la vere
or ganizzato luccisione dello studente, Antonio Saracini, 20 anni,
fglio di un vecchio rivale; il 2 ottobre 1970 il Tribunale di Locri
lo mand libero dalla imputazione di essere uno dei capi della
mafa riunitasi a Montalto, e, infne, la Corte dAssise di Lecce
lo dichiar innocente del laccusa di es sere uno dei mandanti del-
la strage di Locri (che cost la vita di Do menico Cord, vecchio
amico di don Antonio, Vincenzo Saracini e Car melo Siciliano,
vittima inno cente estranea alla contesa tra gruppi mafo si). Tutte
queste assoluzioni (don Antonio ha sostenuto sempre di essere
stato estraneo a quei delitti e che la giustizia aveva cercato in
lui un capro e spiatorio) rafforzarono il mito delluomo forte, del
mammasantissima intoccabile.
Sul luogo del delitto vennero trovati 32 bossoli, quattro, secon-
92
do i periti balistici, le armi usate per abbattere il boss dei boss.
Dir al giudice istrut tore di Locri nel dicembre del 1976 Fran-
cesco Com misso, ferito nel lag guato che cost la vita al padri-
no di Siderno: ...Tut ti erano a volto sco perto. Potevano avere
una trentina danni. Pri ma di andarsene uno dei due discese dalla
macchina, essendosi accorto che il Macr ancora respi rava, gli ha
sparato contro altri due colpi di mi tra al petto ed alla te sta....
Un anno prima, secondo quanto aveva raccontato una fonte
confdenzia le allallora dirigente della Squadra Mobile di Reg-
gio Calabria, Girola mo Celona, Antonio Macr, accompagnato
da un certo Pietro Romanello, aveva partecipato a Gioia Tauro
a una riunione, alla quale erano presenti Giuseppe Piromalli, che
allepoca era latitante per essersi allonta nato dalla clinica Ita-
lia di Roma sottraendosi cos alla misura di preven zione della
sorveglianza speciale con lobbligo di soggiorno ed i fratelli De
Stefano. Linformatore aveva aggiunto che a un certo punto la
discus sione tra Pao lo De Stefano e Antonio Macr era diventa-
ta abbastanza a nimata, tanto che i due erano quasi venuti alle
mani. Pare che Macr a vesse difeso Domeni co Tripodo, inviso
ai De Stefano. Alla fne, anche per la mediazione di Pi romalli,
gli animi si placarono e lo stes so Ma cr si disse disposto a me-
diare tra Tripodo e De Stefano
4
. Invece, qual che mese dopo,
daccordo con il suo fglioccio, organizz, con laiuto del la fa-
miglia Ferrante di Na po li, la spedizione punitiva che allinterno
del Roof Garden, un locale alla moda di Reggio Calabria, vide
cadere Giovan ni De Stefano. In quelloc casione ri mase ferito
anche Giorgio De Stefano, fratello della vit ti ma. Fu linizio del-
la prima guerra di mafa, preceduta da un attentato di na mitardo
contro due motopale appartenenti a Orazio Polimeni, cognato
di Tripodo.
Nel solo 1975 si contarono 93 morti, 101 lanno successivo. Ri-
ma sero uccisi anche Martino Raso, Vincenzo Romeo, Giuseppe
4
La riunione si tenne in occasione delle nozze di Girolamo Mazzaferro, che furono
festeggiate presso lHotel Jolly.
93
Poli meni, Giusep pe Zito, Giuseppe Imerti, Paolo Bruno Equiso-
ne, Tot DA gostino e Do me nico Campolo. Altre faide scoppia-
rono a Gioiosa Jonica tra gli Scali-Aquino e i Mazzaferro; a Cro-
tone, dove lo scontro tra i Vrenna e i Feu dale, coinvolse anche i
Giamp di Cutro e gli Arena di Isola Capo Rizzuto; ed a Cosenza,
dove lomicidio di Luigi Palermo, detto U Zorru rivel i colle-
gamenti tra la malavita cosentina, la mafa siciliana, la camorra e
la ndrangheta.
La stessa sorte di Antonio Macr tocc a Domenico Tripodo
nellin fer meria del carcere di Poggioreale
5
. Era il 26 agosto del
1976.
Racconta Lauro: A quel tempo nel carcere di Poggioreale era
dete nuto tale Cutolo Raffaele di Ottaviano (Napoli). Questo non
era n malandrino n guappo, ma disponeva di denari. Devo dir-
vi che in carcere se uno ha soldi buono, invece se sulla sua
libretta soldi non ci sono, questo non buono. Allora Cutolo
aveva i soldi e cos E gi dio Muraca di Ni ca stro (den tro per un se-
questro), e Salvatore Mam moliti (fratello dei pi noti Vin cenzo,
Nino e Saro) lo tennero a battesimo e cio gli diedero il se con-
do battesimo. In poche parole da contrasto onorato lo fecero
ca mor rista. E siccome il Cutolo gi dentro Poggio reale si sen tiva
qual cuno, gli diedero subito i gradi prima di santista e poi di
van gelista. Tan to Cutolo spendeva per tutti. E cos ancora una
volta dei calabresi crearono da un fan te appiedato un generale a
cavallo. Cos fece Umberto Bellocco con i pugliesi. Li fece tutti
malandrini. Poco importava se erano dediti alla pro stituzione ed
al traffco di sigarette. Anzi questo portava ric chezza.
Lauro, cos, continua nel suo racconto: Quando Dome nico
Tripodo venne arrestato (76) fu condotto in quel carcere (Poggio-
reale, nda), o meglio allinfermeria San Paolo del carcere. Per i
De Stefano-Mammoliti-Piro malli-Ciccio Canale, fu facile chie-
dere al Cutolo il favore di uccidergli un nemico. In poche parole
5
Tripodo e Giorgio De Stefano avevano avuto dei contrasti a causa delliniqua
spartizione di una carico di contrabbando.
94
Cutolo
6
accett la som ma di cento milioni (non duecento come si
disse) e diede incarico a Esposito Gennaro ed Effge A grippino,
questultimo di un paese vesu viano. I due aiutati da un ap punta to
o brigadiere di servizio che apr loro la cella lo uccisero nella sua
stan za sorprendendo il Tripodo a letto che riposava. Dovete sa-
pere che il giorno prima di essere ammazzato Dome nico Tripodo
si in contr (recan dosi a colloquio dal proprio avvocato e con la
famiglia, col compare Car mine Alferi, allepoca anche egli de-
tenuto a Poggio reale...). Per paura che non morisse lo massacra-
rono a coltellate. Il Tripodo ebbe la forza di alzarsi dalla branda
in cui dormiva e chiuderli dentro la sua cella. Fu cos che i due
infami furono trovati ancora tremanti e pian genti dentro la cella
di Mico Tripodo. Non par liamo delle infamit fatte dire ai due
pi doc chi per celare lo scopo del vero omicidio. Politica di gente
donore. La morte di Mico Tripodo segn la vittoria defnitiva
(del gruppo De Stefano, nda) e il nuovo assetto terri toriale.
Altre versioni sostengono che luccisione di Tripodo venne po-
sta a Cu tolo come condizione per il suo ingresso nella ndranghe-
ta. Dal mo men to che non era calabrese, fu necessaria una deroga.
Gli assassini cercarono di sviare le indagini sui presunti mandan-
ti, raccontando agli inquirenti di a ver ucciso Tripodo perch il
boss reggino aveva fatto loro delle proposte sessuali.
Dal confitto con i vecchi padrini emersero le famiglie Cataldo
e Mazzaferro nella Locride e quella dei De Stefano, alleati con i
Piromalli di Gioia Tauro e i Mammoliti di Castellace, sullaltro
versante della provincia. La guerra serv a consolidare i rapporti
dei gruppi emergenti con la Nuova Camorra Organizzata di Raf-
faele Cutolo e con Cosa Nostra.
Pi che una pace fu una tregua molto fragile. Venne violata,
infatti, quindici mesi dopo, il 7 novembre del 1977 in localit Ac-
qua del Gallo in territorio di Santo Stefano in Aspromonte. Quel
6
Racconta il pentito Pasquale DAmico che nel 1974, nel manicomio giudiziale di
SantEframo Cutolo pens di fondare una nuova camorra, strutturandola sul modello
della ndrangheta, di cui mutu anche il sistema e il rituale.
95
giorno ad arrivare al capo linea fu Giorgio De Stefano, quello
stesso che era scampato allagguato allinterno del Roof Garden.
Era stato invitato a partecipare ad una riu nione sulle alture del
massiccio aspromontano con boss e consigliori delle principali
consorterie mafose. Scopo uffciale del summit era quello di rag-
giungere un accordo per limitare i sequestri di persona, gli omici-
di, gli attentati dinamitardi, al fne di fare allentare sia la pressione
esercitata dal le forze dellordine presenti in maniera massiccia
nella provincia, che quel la delle pi importanti testate nazionali,
le quali avevano preso una dura posizione contro la ndrangheta.
Era in gioco linserimento delle fa mi glie mafose nei la vori per la
realizzazione degli insediamenti industriali previsti nel pac chetto
Colombo e, proprio in quel periodo, si dovevano ag giudicare i
la vori per la costruzione della superstrada Jonio-Tirreno con una
spesa ini ziale prevista di 45 miliardi.
De Stefano si present con il cugino Enzo Saraceno. La sua
elimina zione era stata decisa dalle principali famiglie e quella del
summit fu solo un pretesto. A uccidere il boss fu Giuseppe Su-
raci, cognato di Rocco Mu solino, vicesindaco di Santo Stefano,
che con De Stefano aveva un conto in sospeso. Cornuto, tu hai
sparato contro mio fratello, gli grid in fac cia prima di premere
il grilletto. Nello scontro rimase ferito anche Sara ceno
7
.
Racconta Giacomo Lauro: In quel tempo Gior gio De Stefano
era il capo della sua famiglia e aspirava ad un ruolo ben pi inci-
sivo anche nellambito delle altre consorterie calabresi tenuto
con to che lo stesso era pri vo di qualunque carisma e, quindi, cer-
tamente, inidoneo a rivestire il ruo lo di capo supremo, decisero
di eliminarlo.
Secondo gli inquirenti, il boss di Archi aveva cercato di mette-
re il naso in alcuni investimenti edilizi che interessavano i Mam-
moliti e i Piromalli. E laveva fatta grossa quando era andato a
7
Per il tentato omicidio di Rosso Suraci, avvenuto nella primavera del 1963, al-
lepoca, erano stati denunciati il boss Mico Tripodo e alcuni suoi affliati, ma non il De
Stefano.
96
estorcere soldi a un imprendi tore, un certo Russotti, protetto dal
gruppo Mammoliti-Nava-Zinnato.
De Stefano era latitante quando venne ucciso. Era sfuggito a
un man dato di cattura emesso dalla Procura di Roma in relazio-
ne alle indagini sul lomicidio del giudice Vittorio Occorsio e sui
contatti dello stesso De Ste fano con il terrorista nero Pierluigi
Concutelli
8
.
I veri mandanti dellomicidio riuscirono, nellimmediatezza
del fatto, a sostenere la propria estraneit, riversando sul Surace
ogni colpa e bloccando ogni forma di legittima reazione da parte
degli arcoti. Inoltre per evitare che questi ultimi lo interrogassero,
il Surace, in base a quanto hanno dichiarato i collaboratori Filippo
Barreca e Giacomo Ubaldo Lauro, venne e liminato e la sua testa
recapitata a Paolo De Stefano.
Questultimo, che successe a Giorgio alla guida dellomonima
fa mi glia, si rese conto di non avere i mezzi per affrontare tutte
quelle co sche (Piro malli, Mammoliti, Serraino, Mazzaferro, Nir-
ta) che avevano promos so la riu nio ne-trap pola nella quale era ca-
duto il cugino. La questione venne mes sa da parte per molti anni,
fno a quando alla met degli anni 80, Fran cesco Serraino, boss
dellomonima famiglia, alleata dei Piromalli e dei Mam moliti,
non venne giustiziato allinterno degli O spedali Riuniti di Reggio
Calabria, do ve era ricoverato. La seconda guerra di mafa era alle
porte.
8
Lelenco degli amici del boss reggino era lungo. Da Aldo Pascucci, e sponente di
primo piano della malavita romana, a Guerrino Urbani, il pa dre di Gianfranco, detto Er
Pantera, molto noto negli ambienti dello spac cio di stupefacenti, da Mario Brunetti,
capo della malavita nei rioni Ri tiro e Giustra di Messina, a Bruno Caccamo, pregiudica-
to romano im plicato in sequestri di persona, da Vincenzo Zull, imputato di favoreg gia-
men to nei confronti di esponenti della nota banda Vallanzasca, a Enrico Torricciani che
aveva ospitato Antonio Nirta durante il soggiorno obbli gato nel Frusinate, da Giuseppe
Nardi, implicato in alcuni rapimenti, a Santo Filippone, un boss calabrese residente a
Milano, arre stato per il se questro di Paolo Belloni.
97
CAPITOLO 5
La seconda guerra di mafa
Se la prima guerra di mafa fu uno scontro generazionale che
coinvolse molte famiglie del reggino, la seconda fu determinata
da una dura presa di posizione in seno al locale dei De Stefano.
Quando si concluse, nel lestate del 1991, si contarono quasi sei-
cento morti.
Tutto cominci con unautobomba fatta esplodere l11 ottobre
del 1985 a Villa San Giovanni, nel tentativo di eliminare Antoni-
no Imerti, ex brac cio destro di Paolo De Stefano. Imerti, sfuggito
allattentato, reag rabbio samente e due giorni dopo fece uccidere
il boss di Archi. A infuocare gli animi era stato il controllo dei
futuri appalti relativi alla costruzione del pon te sullo Stretto, ma
anche linteresse dei De Stefano ad allargare la lo ro infuenza su
Villa San Giovanni, territorio degli Imerti.
Lassassinio di De Stefano provoc una profonda frattura nella
ndrangheta reggina. Con i De Stefano rimasero i Libri, i Tegano,
i Latella, i Bar reca, i Paviglianiti e gli Zito. Con gli Imerti si schie-
rarono i Condello, i Saraceno, i Fontana, i Serraino, i Rosmini e i
Lo Giudice.
Al confitto presero parte anche famiglie che operavano in
Lombardia, come i Paviglianiti e i Di Giovine mentre i Latella-
Labate che gestivano assieme i lavori per il raddoppio del binario
Reggio Calabria-Melito Porto Salvo si divisero schierandosi su
fronti contrapposti. Unaltra faida nello stesso periodo scoppi
a Oppido Mamertina in seguito alla morte del vec chio boss Giu-
seppe Ferraro.
98
Per le vie di Reggio i sicari si inseguivano luno con laltro. I
commando omicidi si tenevano in contatto per mezzo di barac-
chini. Lodore pungente della polvere da sparo ammorbava laria
scacciando il profumo di bergamotto e di zagare. Lo Stato, che
aveva sempre sottovalutato la ndrangheta, contava i morti.
A Reggio Calabria, molti imprenditori si videro costretti a pa-
gare due volte la mazzetta e tra le vittime di quello scontro per
il controllo del territorio ci fu anche lon. Lodovico Ligato, giusti-
ziato davanti alla sua vil letta, sotto la ferrovia a Bocale, quindici
chilometri da Reggio Calabria, da un commando dello schiera-
mento contrapposto ai De Stefano.
Alla guerra di mafa si intrecci anche il cosiddetto Decre-
to Reggio, un pacchetto di fnanziamenti per la realizzazione di
opere pubbliche e per la creazione di posti di lavoro. Vennero isti-
tuiti comitati di affari, intrecci pericolosi tra malavita e politica,
tra mafa e massoneria deviata.
Lultimo atto della guerra, nellagosto del 1991, fu lomicidio
del ma gistrato Antonino Scopelliti, sostituto procuratore presso
la Procura Ge ne rale della Corte di Cas sazione. Questo delitto co-
stitu uno dei mo menti pi alti della comunanza di interessi con
Cosa Nostra, quanto meno f naliz zata ad una sorta di mutuo soc-
corso. Scopelliti, infatti, avrebbe dovuto rappre sentare laccusa
in Cassazione al maxi-processo istruito dal pool antimafa di Pa-
lermo.
Poi scoppi la pace. Anzi pi che una pace fu un patto di non
belligeranza: la guerra si concluse senza vincitori, n vinti, ma
con la volont unanime di mettere da parte le armi per concentrar-
si sui grandi traffci di droga.
La mafa, dopo luccisione di Scopelliti e dopo le stragi di Ca-
paci e Via DA melio, cerc di convincere la ndrangheta a se-
guirla sulla strada dello scontro frontale con lo Stato. La proposta
dei corleonesi venne discussa e respinta nellestate del 1992 in
una riunione tenutasi a Nicotera a casa del boss Luigi Mancuso.
Il summit precedette di poco gli attentati di Firenze e di Roma.
Conferma Franco Pino, oggi collaboratore di giustizia: ...in Ca-
labria non si era mai stati favorevoli al rumore ed allo scontro
99
aperto con le istituzioni, abbiamo sempre preferito delegittimare
i giudici scomo di.
La pace di Reggio Calabria port alla creazione di una com-
missione formata dai rappresentanti delle famiglie pi importan-
ti della provincia. Una sorta di camera di compensazione, come
lha defnita il pentito Gae tano Costa, con il com pito di gestire
una fase di diffcile e complessa tran sizione, dopo anni di guerra
scellerata e fratricida, dopo anni di scon tro totale e generalizzato
che aveva fnito con lindebolire ed impove rire i locali aperti ed
operanti in provincia di Reggio Calabria
1
.
Furono soprattutto i boss della mafa siciliana a insistere per
sanare le fratture. Racconta il pentito Filippo Barreca che le trat-
tative furono molto laboriose. I Tegano e i Libri erano favorevoli
alla tregua, lavvocato Gior gio De Stefano subordinava le trat-
tative di pace alla consegna degli as sas sini del cugino Paolo. A
convincere tutti dellutilit di deporre le ar mi, ol tre ai siciliani, se-
condo lo stesso Barreca, furono Antonio Pelle, det to Gam bazza,
e Nino Mammoliti di Castellace. Altri collaboratori sostengo no,
invece, che a mediare tra Pasquale Condello e Giorgio De Stefano
fu Do menico Alvaro, il capo societ del locale di Sinopoli.
Si parlato anche dellintervento di boss dei locali esteri ma la
notizia non ha trovato riscontri oggettivi
2
.
Scrive la Commissione Parlamentare Antimafa: Laccordo
ebbe rilevanti ripercussioni sulla struttura di vertice. E infatti, se-
condo il racconto di molti collaboratori, si venne a formare una
struttura di raccordo e di comando tra i capi delle maggiori fami-
glie ca labresi. Tale struttura simile, ma non identica, alla Com-
missione di Cosa Nostra. Essa non un organismo permanente,
si riunisce solo in de terminati momenti e per decidere su que-
stioni particolarmente rilevanti. La particolarit di tale organismo
1
Rinvio a giudizio di Matacena Amedeo, di cui al procedimento nr. 42/97 R.G.N.R.
D.D.A. presso la Direzione Distrettuale Antimafa di Reggio Calabria.
2
Alcuni pentiti indicarono la presenza e/o lintervento di Vic Cotroni, boss di Cosa
Nostra a Montreal, senza considerare che il vecchio padrino era gi morto da tempo
(1984).
100
consiste nel fatto che esso da un lato im pegna tutte le ndrine al
rispetto di queste decisioni e dallaltro le la scia del tutto autono-
me per quanto riguarda il resto delle attivit mafose. Con ci la
ndrangheta fnora riuscita a garantire un comando cen tralizzato
delle questioni pi delicate superando, cos, una storica man can-
za di di rezione unitaria nel contempo riuscita a lasciare ampi
mar gini di au tonomia ad ogni singola ndrina, assecondando in tal
modo istanze e caratteristiche di fondo della plurisecolare storia
della mafa calabrese.
C da dire comunque che la Corte di Assise di Reggio Cala-
bria, a conclusione del processo Olimpia, ha ritenuto che dal-
lesame del materiale probatorio raccolto non possa desumersi
lesistenza di un superorganismo mafoso di vertice. La Corte
arrivata a questa conclusione perch tutti i collaboratori di giu-
stizia escussi hanno riferito di averne appreso lesistenza da altre
persone e nessuno di loro ha menzionato lesistenza di con crete
riunioni tenutesi per risolvere singole situazioni di tensione crea-
tesi tra le varie cosche e perch non sempre i collaboratori di
giustizia han no indicato le stesse persone.
Loperazione Armonia, qualche anno dopo, riusciva a fugare
i dubbi sui nuovi assetti di vertice della ndrangheta reggina, ri-
levando, durante una conversazione tra due ndranghetisti, lesi-
stenza di tre mandamenti, quello jonico, quello tirrenico e quello
di centro, suddivisi in collegi, verosimilmente un surrogato se-
mantico dei tradizionali locali.
Altre intercettazioni confermavano lesistenza di un autore-
vole organi smo denominato la Provincia, in grado di interve-
nire anche nelle questioni interne dei singoli locali
3
.
3
Il nuovo organo collegiale, secondo gli inquirenti, riuscito a conseguire alcuni
importanti risultati, come la composizione della faida che contrapponeva gli Asciutto-
Grimaldi agli Za gari-Viola a Taurianova e quella che ha visto di fronte i Commisso e i
Costa a Siderno. Un al tro confitto stato sedato sul nascere tra due famiglie tradizio-
nalmente rivali di San Luca e pro gressi sono stati registrati per evitare ulteriori spargi-
menti di sangue a Locri e Roghudi.
101
Oltre alle faide in corso, si deciso di porre fne ai sequestri
di persona.
Racconta un vecchio boss della ndrangheta che ormai non
vive pi in Calabria: Il nuovo corso stato dettato dalla neces-
sit di ridurre lattenzione e la pressione dello Stato sulla citt e
sulla provincia di Reg gio Calabria per poter con tinuare in tutta
tranquillit a gestire una serie di affari, dagli appalti pub blici e
privati al lucroso traffco di stu pefacenti, senza dover pi pagare
il grande costo, e correre lalto rischio, di una guerra che aveva
decimato le famiglie di entrambi gli schieramenti, col pendo non
solo i picciotti, ma anche quadri dirigenti di notevole spes sore
criminale.
La ndrangheta ha scelto di agire sotto traccia, imboccando di
nuovo la via che le aveva permesso di esercitare un pesante con-
trollo del territorio senza che il suo potere fosse a tutti evidente.
Secondo Gaetano Costa, il cambiamento stato contrassegna-
to anche dalladozione di un nuovo nome per lintera associazio-
ne: seguendo le sem pio siciliano, infatti, la ndrangheta avrebbe
da qualche anno assunto lappellativo di Cosa Nuova.
A parte il nome, su cui si sono registrate opinioni contrastanti,
alla nuova camera di controllo spetterebbe il compito di rappre-
sentare lintera or ganizzazione di fronte ad altri consorzi crimina-
li e mantenere contatti con le logge massoniche, i politici collusi
e istituzioni deviate, al fne di mas si mizzare i proftti della ndran-
gheta nella sfera politica ed econo mica.
102
103
CAPITOLO 6
La ndrangheta nella provincia di Reggio Calabria
La forza della ndrangheta nella provincia di Reggio Calabria
con fer mata dai numeri: decine di locali con un esercito di
7.358 presunti af fliati, tra cui 255 donne, pari al 3% del totale.
I mandamenti garantiscono un controllo pervasivo del terri-
torio. Le cosche della fascia jonica sono pi impegnate nel traff-
co di droga, grazie anche alle radicate proiezioni nel Nord Italia;
quella della fascia tirrenica risultano maggiormente orientate alla
gestione economica del territorio in cui operano.
Nel circondario di Reggio Calabria, Cardeto, Santo Stefano
dA spro monte, SantAlessio dAspromonte, Laganadi e Motta
San Gio vanni, attualmente, operano le cosche Araniti, Condel-
lo-Imerti-Lo Giu di ce-Iann-Surace-Marra, De Stefano-Tegano-
DAgostino-Franco-Mora bi to D.-Barreca, Ficara, Labate, Latel-
la, Libri-Zindato, Rosmini, Rugoli no, Sa ra ceno-Fontana-Trapani,
Serraino P.-Ficara (intesi Ficareddi, Serrai no). Ma ci sono anche
i Postorino, Nicol, Caracciolo, Musolino, Latella, Caridi, Poli-
meni, Cannizzaro, Chirico, Cru citti, e Ambrogio, quasi tutti coin-
volti nel la seconda guerra di ma fa.
Dopo la pace siglata da Giorgio De Stefano e Pasquale Con-
dello, si deciso di dividere il territorio di Reggio Calabria in
tredici com prensori, assegnando ciascuno di essi ad una diversa
famiglia coinvol ta nei due schie ra menti.
Nellabitato di Reggio sono state create tre grandi zone, nord,
centro e sud. La zona nord, in direzione Gallico, stata assegnata
alle famiglie rag gruppate attorno al gruppo Condello-Saraceno-
104
Imerti; la zona centro, quel la economicamente pi rilevante,
stata attribuita alla gran parte delle consorterie raccolte attorno ai
De Stefano-Tegano-Libri; la zona sud sta ta assegnata ai Latel-
la-Ficara, con i Labate ristretti nel quartiere Geb bione. Nel com-
prensorio operano anche le famiglie Araniti, Fontana, Zin dato,
Chi rico, Serraino-Di Giovine e Barreca.
Nonostante la guerra e gli ultimi arresti che hanno portato in
carcere molti pericolosi latitanti, le cosche di Reggio Calabria
continuano a co stituire un punto di riferimento importante per
tutte le ndrine calabresi.
Nella zona di Reggio Calabria quasi tutti i locali dispongo-
no di armi e di uomini pronti ad usarle. Le attivit pi redditizie
continuano ad essere il traffco di droga, il commercio di armi, lo
smaltimento dei ri futi tossici e nocivi, il racket delle estorsioni
1
e
le in fl trazioni nei vari settori delleconomia legale.
Nel traffco di droga, la ndrangheta di questa provincia ha
consolidato la propria leadership a livello internazionale, intensi-
fcando i legami con altre consorterie criminali, anche nei settori
del ri ciclaggio di proventi illeciti, realizzato attraverso sofsticati
e consolidati network fnanziari.
Gli in teressi delle varie ndrine sono stati indi rizzati anche sui
lavori di ammodernamento dellautostrada A3 Salerno-Reggio
Calabria e sulle atti vit connesse al porto di Gioia Tauro che ha
assunto un ruolo fonda mentale negli scambi commerciali del-
larea del Mediterraneo.
Proprio nel porto di Gioia Tauro, il 24 maggio del 2002, il
Raggrup pamento Speciale Operativo (Ros) dei Carabinieri ha
scoperto circa 225 chilogrammi di cocaina a bordo della moto-
nave Greenwich Maerks, proveniente dal porto di Cartagena,
in Colombia, nellambito dellinda gine Thessaloniki che, tra
laltro, ha accertato un circuito relazionale che coinvolgeva per-
sonaggi di spessore internazionale stanziati in Grecia, Bul garia,
Macedonia e Albania. Altrettanto signifcativa stata lopera-
1
Secondo il rapporto 2006 della Confesercenti, il 70% delle imprese di Reggio
Calabria paga il pizzo.
105
zione condotta dal Gruppo Operativo Antidroga (Goa) della
Guardia di Finanza di Reggio Calabria che il 2 novembre del
2003, in uno dei containers sbarcati da una nave prove niente
dalla Spagna, ha scoperto e sequestrato 350 chilogrammi di
cocai na, celata in fusti contenenti succo di ananas.
Gli ultimi rapporti di intelligence, comunque, sottolineano
lesistenza a Reggio Calabria di una situazione di fragilissima
coesistenza fra i locali di ndrangheta pi rappresentativi che
esercitano, in regime di apparente convivenza e secondo logiche
spartitorie consolidate, il loro potere criminale.
Scrive il ROS dei Carabinieri di Reggio Calabria:
In effetti, nellultimo periodo si regi strata una la-
tente confittualit, che ha innalzato lindice din cidenza
degli eventi estorsivi
2
e rimodulato gli assetti dei locali
ope ran ti nei quar tieri di San Giovanello
3
, Cannav
4
, Ter-
reti
5
e Pellaro
6
, ge stiti ri spettiva mente dalle consorterie
Audino-Postorino, Libri, Polimeni e Ficara, inserite nel
cartello criminale facente capo, da una parte, alla fa mi glia
De Stefano e, dallaltra, a quella Tegano. Proprio allinter-
no di que stul timo raggruppa men to criminale, si registra
il dato pi importante in or dine ad estreme ten sioni che
2
La citt di Reggio Calabria stata teatro di una serie di attentati incendiari e
dinamitardi, perpetrati quasi quotidianamente, in danno di imprenditori, commercianti
e amministratori pubblici, la cui fre quenza sembra esorbitare dalle abituali dinamiche
criminose legate alle attivit estorsive, nonch pre ludere a una possibile incrinatura
degli equilibri mafosi esistenti.
3
Si tratta di un quartiere di Reggio Calabria, collocato a ridosso dellospedale Isti-
tuto Ortopedico situato nella parte nord della citt, delimitato dalla via Cardinale Por-
tonuova, dalla via Eremo e dalla via Reggio Campi.
4
Si tratta di una frazione di Reggio Calabria, collocata nella parte collinare e set-
tentrionale della citt, delimitata dal raccordo tra la SS 106 e lautostrada A/3 e dalle
frazioni di Mosorrofa e Cataforio di Reg gio Calabria.
5
Si tratta di una frazione di Reggio Calabria, collocata a ridosso del centro abitato
di Ort e delimitata dalla via Reggio Campi Alta e dalla frazione Pietra Sorta.
6
Si tratta di una frazione di Reggio Calabria, situata nella parte sud della citt,
delimitata dalle frazioni Bocale, Lazzaro e San Gregorio.
106
stanno pregiudicando la storica alleanza tra i com ponenti
di en tram be le strutture. A ben vedere, i prodomi di tale
con fit tualit sono ricon duci bili alle dialettiche crimina-
li intra nee al locale di San Giovannello, retto sino alla
sua uccisione da Audino Mario Salvatore ed in particolare
alla gestione delle estorsioni in danno degli imprenditori
ed esercenti com merciali operanti nel centralissimo Corso
Garibaldi di questo capoluogo di provincia. In effetti, a
seguito della consolidata alleanza tra sversale, intercorsa
tra questultimo ed il latitante De Stefano Giuseppe
7
, la
famiglia Tegano era rimasta esclusa dalla spartizione de-
gli illeciti ricavi predatori, nonostante che lAudino fosse
organicamente inserito nella fami glia Tegano. A tal ri guar-
do le oggettivazioni investigative
8
avevano con sentito di
condurre una qualifcata azione di contrasto nei confronti
degli affliati alla famiglia Tegano che, per come emerge,
continuano a ma nife stare costantemente une le vata capa-
cit aggressiva nei confronti delle com ponenti sociali ed
istituzionali locali, basata fondamentalmente sul con trollo
degli appalti pub blici e sul riciclaggio degli illeciti capitali.
In effetti, lo scollamento emerso tra i De Stefano ed i Tega-
no, culminato con leli mina zione fsica di Audino Mario,
avvenuta il 18 dicembre 2003, stato ulte riormente docu-
mentato in maniera oggettiva, grazie alla censura tecnica
di una conversazione ambientale
9
, nel corso della quale
7
Nato a Reggio Calabria il primo dicembre del 1969 fglio del defunto boss Paolo
De Stefano, ucciso il 13 ottobre 1985. Lo stesso latitante perch colpito dal provve-
dimento restrittivo nr. 981/2003 emesso dal Tribunale di Reggio Calabria ed inserito
nellelenco dei 30 latitanti pi ricercati, stilato dal Ministero degli Interni.
8
Indagine FULMINE del R.O.S.
9
In particolare, nellambito dellindagine FULMINE, il 14 dicembre 2004, veniva
intercettata una conversazione durante la quale un noto esponente dei TEGANO cos si
esprimeva: ..Franco destinato che deve morire, caso mai ci sono altri ..incomp
ha sbagliato di brutto... Dal complesso ge nerale della conversazione il Franco,
stato identifcato in AUDINO Francesco, fratello di AUDINO Mario, ucciso in Reggio
Calabria il 19.12.2003.
107
esponenti della cosca Tegano avevano predisposto lucci-
sione del fratello Audino Franco, pluri pregiudicato, in atto
reggente la cosca dappartenenza. Che sia stato un omici-
dio, legato alla volont dei Tegano di compattare le fla dei
propri af fliati e riconfermare il proprio ruolo di guida e di
vertice innegabile, e ci emerso non solo dalla mancata
risposta armata al delitto di sangue esa mi nato, ma anche
dal ritrovamento delle armi sul luogo del delitto: questa
circostanza ha un preciso senso e cio, da una parte, im-
plica il totale coin volgimento nellesecuzione dellazione
di sangue suddetta dei reggenti la fa miglia Tegano, al cui
interno lAudino si era imposto come esponente di massi-
ma fducia e, dallaltra, esprime, per certi versi, una sorta
di messaggio di rassicurazione ai componenti del locale di
San Giovannello che le opera zioni armate sono state con-
dotte solo ed esclusivamente allindirizzo del Ca po Socie-
t, il cui comportamento, evidentemente non in linea con
gli accordi assunti, ne ha determinato anche la sua stessa
eliminazione fsica.
A seguito delleliminazione fsica dellAudino e della
successiva cattura di Tegano Pasquale
10
detto noccioli-
na, avvenuta il 5 agosto 2004 ad ope ra del ROS, consi-
derato lo storico Capo Societ dellomonima famiglia, si
sono evidenziate, in maniera sempre pi radicale, le lace-
razioni e le fratture con la frangia criminale De Stefano,
a tal punto che Tegano Giovanni
11
, latitante e reggente lo
schieramento, unitamente ai fratelli Paolo
12
, Giusep pe
13
e
10
Nato a Reggio Calabria, il 14/01/1955, in atto sottoposto al regime detentivo,
previsto dallart.41 bis dellordinamento giudiziario.
11
Nato a Reggio Calabria il 08.11.1939, coniugato con MARTINO Maria Carmela,
inserito nellelenco dei 30 latitanti compilato dal Ministero degli Interni.
12
Nato a Reggio Calabria il 04.04.1943, commerciante, titolare di lavanderia, plu-
ripregiudicato.
13
Nato a Reggio Calabria il 16.08.1944, commerciante, titolare di pizzeria, pluri-
pregiudicato.
108
Bruno
14
, ottenuta la neutralit dei componenti la struttura
criminale ca peggiata dal latitante Condello Pasquale
15
, ha
predisposto un progetto, per ora realizzato solo sul piano
diplomatico e relazionale, fnalizzato ad iso la re i pi fedeli
adepti alla famiglia De Stefano, evitando contestualmente
laccendersi di confittualit armate, ritenute pregiudizie-
voli e sconvenienti per la conduzione degli affari illeciti da
tutto il gotha ndranghetista reggino.
Il rapporto dei R.O.S. cos prosegue:
Parallelamente sul fronte destefaniano, sebbene la strut-
tura abbia subi to, al pari di quella riconducibile ai Tegano,
unimportante ridimensiona mento con la cattura del latitante
De Stefano Orazio
16
, avvenuta la sera del 22 febbraio 2004,
si assistito, grazie alle indubbie capacit carismatiche
di De Stefano Giorgio
17
, coadiuvato dal cugino Giusep-
pe, in atto latitante, ad un rafforzamento delle politiche di
alleanza con i componenti delle princi pali famiglie, ope-
ranti nel comprensorio di questo capoluogo di provincia,
ed in particolare con i Latella, i Labate ed i Libri al fne di
mantenere e svi luppare una credibile struttura criminale
che compensi, non solo le eventuali reazioni armate dei
Tegano, ma soprattutto il crescente potere delinquen zia le
espresso, non solo in questa Provincia, ma in tutta la Re-
gione, dal latitante Condello Pasquale
18
.
Daltra parte, a proposito della fgura e del ruolo rico-
perto da questul timo nel panorama criminale calabrese,
14
Nato a Reggio Calabria il 12.03.1949, commerciante, pluripregiudicato.
15
Nato a Reggio Calabria il 24.09.1950, pluripregiudicato, ricercato sin dal
28.11.1990 ed inserito nella lista dei 30 latitanti pi pericolosi.
16
Pregiudicato, Capo Societ, inserito noto elenco 30 latitanti pi pericolosi ambito
nazionale e ricercato dal 1988.
17
Nato a Reggio Calabria il 27.11.1948, avvocato, pluripregiudicato.
18
Nato a Reggio Calabria il 24.09.1950, pluripregiudicato, ricercato sin dal
28.11.1990 ed inserito nel noto elenco dei 30 latitanti pi importanti stilato dal Mi-
nistero degli Interni.
109
si manifestata in maniera sempre pi qualifcata la sua
opera criminale, distinguendosi non solo per le ogget tive
capacit di mediazione e pacifcazione nel variegato e de-
licato pano rama criminale reggino, sin dai tempi della pax
mafosa del 1991 e per ulti mo nel contesto dei contrasti e
dei dissidi insorti tra i De Stefano ed i Te gano, ma anche
per la comprovata attitudine a penetrare il tessuto econo-
mico reggino, non solo in fase predatoria (estorsioni, usura
e rapine), ma ad di rittura attraverso forme di comparteci-
pazione e di diretta ingerenza (ap palti pubblici) mediante
espressioni imprenditoriali di propria e diretta ema nazione,
come le societ Sor. Nova. di Ionetti Alfredo ed Edil
Primavera di Alampi Matteo, individuati in maniera og-
gettiva dal R.O.S.
19
.
Condello Pasquale, strettamente coadiuvato dal cu-
gino Domenico
20
, an chesso latitante, opera in posizione
apicale nel raggruppamento crimi nale composto dalle co-
sche Imerti di Fiumara di Muro (RC), Buda di Villa San
Giovanni (RC), Serraino di Cardeto (RC) e di Santo Ste-
fano dAspro monte (RC), Rosmini del quartiere Modena
di Reggio Calabria (RC), Fontana-Saraceno del quartiere
Archi Carmine di Reggio Calabria, Rugolino della fra-
zione Arghill di Reggio Calabria e Araniti delle frazio ni
Sambatello e Diminniti di Reggio Calabria.
19
Nel corso delle attivit investigative rispettivamente denominate VERTICE e
RONIN.
20
Nato a Reggio Calabria il 4 novembre 1956, coniugato, nullafacente, pluripre-
giudicato, ricercato dal 1992, inserito nellelenco dei 30 grandi latitanti, stilato dal
Ministero degli Interni.
110
111
CAPITOLO 7
La ndrangheta nelle altre province della Calabria
La ndrangheta, come abbiamo detto, prese inizialmente pie-
de nella provin cia di Reggio Calabria. Oltre al capoluogo, nella
seconda met del lOttocento, furono interessati i comuni di San
Luca, Iatrinoli e Radicena (lodierna Tauria nova), Molochio,
Melicucc, Polistena, Palmi, Si nopoli, Rosarno, S. Ferdinando,
Siderno, Cittanova, S. Ste fano dAspro monte, A frico, Rocca-
forte del Greco, Bova, Bovalino, Palizzi, Ro ghudi, Condo furi,
Seminara, Gioia Tauro, Maropati, Pietrapennata, Villa San Gio-
vanni, Cam po Calabro, Fiumara, Op pido Mamertina e Sci do.
Con tem pora nea men te vennero segnalate presenze di organizza-
zioni criminali ricon ducibili alla Picciotteria in provincia di Ca-
tanzaro e in particolare a Nica stro e Sam biase (Lamezia Terme),
Mon teleone (lodierna Vibo Valentia), Arena, Ricadi, Gizzeria e
Plata nia, Rombiolo, Mileto, Dinami, San Costantino e Nicotera.
Un apparizione fugace si registr a Cosenza nei primi anni del
Novecento.
Dagli anni Sessanta in poi cambiato tutto. La ndrangheta si
espansa in tutte le province della Calabria, anche laddove prima
era del tutto assen te, penetrata via via nel Centro e nel Nord
Italia e si irradiata in vari paesi stranieri, seguendo la catena
migratoria di milioni di calabresi onesti e laboriosi e utilizzando
anche la misura del soggiorno obbligato, con cui il Governo pen-
sava di estirpare la malapianta mafosa dalla regione di ori gi ne.
Il triangolo industriale stata la prima destinazione. Pezzi della
ndrangheta si sono trasferiti in Piemonte, Liguria e Lombardia,
112
il pol mone del miracolo economico italiano nel secondo dopo-
guerra.
Oggi in Calabria non esistono pi isole felici. La ndrangheta
ha con quistato gli ultimi lembi di questa regione sfuggiti alle sue
leggi.
La Repubblica, 17 agosto 2007, p. 10
113
La provincia di Catanzaro
Nella provincia di Catanzaro, la ndrangheta ha trovato terre-
no fertile gi nella seconda met dellOttocento. A Nicastro, oggi
comune di Lamezia, si ha notizia della presenza di camorristi gi
nel 1887.
A Catanzaro, dove nel 1903 stata sgominata unorganizza-
zione crimi nale nota come societ della malavita catanzarese,
le ndrine locali hanno sempre subito linfuenza dei Mancuso di
Limbadi e degli Arena di Isola Ca po Rizzuto. Negli ultimi tempi,
si registrata una sorta di coreggenza de gli Arena con la cosca dei
Gaglianesi, unorganizzazione dotata di gran de pervicacia cri-
minale, aperta anche alla banda degli zingari, che re centemente
stata al centro di unoperazione condotta dalla squadra mobi le
di Catanzaro in collaborazione con il Servizio centrale operativo
della Polizia di Stato (Sco). La cosca dei Ga glianesi a Catanzaro
era attiva e radicata nel territorio gi agli inizi degli anni 90,
quando era stata colpita una prima volta dalle forze dellordine.
A distanza di anni, per, si ri costituita sotto la direzione di Gino
Costanzo, il capo storico, attualmente in car cere dove sta scon-
tando una condanna allergastolo per omicidio. Nel capoluogo
assieme ai Costanzo operano anche i Catanzariti.
Nel lametino, roccaforte storica della ndrangheta, le cosche
principali sono tre: quella dei Cerra-Torcasio, o perante nella zona
Capizzaglie di Ni castro, alleata con i Gualtieri di Lamezia e con i
Giorgi-Pizzata di San Lu ca; quella dei Giamp di Nicastro, allea-
ta con i Iannazzo di Sambiase; e quella dei Da Ponte-Cannizzaro.
Sono attive anche le famiglie De Fazio, Bagal, Argento, Mauro-
Corrado, Dattilo, Gattini, Mercuri-Arcieri-Stran gis
1
.
Nel 2000, si creata una spaccatura tra lo schieramento ma-
foso dei Cerra-Torcasio e quello dei Iannazzo-Giamp
2
. Questo
1
Direzione Investigativa Antimafa, relazione 2000, secondo volume, p. 105.
2
Gravitano attorno a queste quattro famiglie, in un contesto di alleanze, rivalit,
subordinazione e gestita neutralit i gruppi Gualtieri, Da Ponte-Cannizzaro, Pagliuso
ed Anello.
114
scontro, che ha dato origine ad una vera e propria guerra di mafa,
ha causato, nel periodo tra settembre del 2000 e giugno del 2003,
dieci omicidi e cinque tentati omicidi (operazione Tabula Rasa).
Scrive la Commissione parlamentare antimafa:
Dopo i violenti delitti che lhanno caratterizzata nel
2003, ed una fase transitoria di non bellige ranza, la fai-
da tra le cosche Cerra-Torcasio e Iannazzo ripresa con
altri omicidi. Nel 2004 si progressivamente affermata
la leadership della citata cosca Iannazzo sulla compagine
contrapposta. La posizione dei Ian nazzo stata anche raf-
forzata dallalleanza con esponenti di spicco della co sca
Giamp. In tale quadro i Iannazzo hanno orientato i propri
inte ressi verso lucrosi affari derivanti dalle attivit com-
merciali ed imprenditoriali e nel settore degli appalti.
stato confermato il ricorso strumentale ad atti intimidatori
di particolare gravit. inoltre stata rilevata la pre senza
del c.d. gruppo di Sambiase, composto dalle famiglie Pu-
lice-An zalone-Chieffallo, dedito alle estorsioni ed affliato
ai Can nizzaro e quindi ai Iannazzo
3
.
Sono ripresi anche gli attentati contro amministratori locali.
Proprio a Lamezia negli anni Settanta si era registrato il primo de-
litto eccellente, con luccisione dellAvvocato dello Stato, Fran-
cesco Ferlaino, avvenuto il 3 luglio 1975.
Nellottobre del 2006 cinquemila manifestanti sono scesi in
piazza a Lamezia Terme per protestare contro gli attentati dina-
mitardi ai danni di molti imprenditori della zona che hanno supe-
rato ogni limite, come ha sottolineato il sindaco Gianni Spe ran za.
Facciamoci sentire, per non farci sep pellire, stato lo slogan
che ha aperto il corteo
4
.
3
Commissione Parlamentare Antimafa, Sintesi Relazione fnale 2004.
4
In una indagine condotta dal Centro Riforme-democrazia-diritti su un campione
di 450 giovani lametini di et compresa tra i 16 e i 21 anni, il 27,75% degli intervistati
115
Nel resto della provincia, la zona dellalto versante jonico
controllata dagli Scumaci-Mannolo, dai Pane-Iazzolino (al leati
con la cosca Manno lo di Cutro), dal gruppo Scalise, dai Carpi-
no di Petron (alleati agli Arena) e dai Bubbo (alleati alla cosca
Coco-Trovato di Marce nise)
5
.
Tra i Bubbo e i Carpino di Petron si sono registrate tensioni
ricon ducibili a con trasti per gli appalti boschivi. La faida che ne
scaturita ha avuto il suo momento pi cruento nel biennio 1992-
93, causando sette omicidi, sei tentati omicidi e un caso di lupara
bianca.
Attivi in questa zona sono an che i Ferrazzo di Meso raca che
vantano collegamenti anche in Svizzera.
Sul versante opposto, a Guardavalle e nel soveratese operano
le cosche Procopio-Lentini di Satriano e Davoli, e Gallace-Novel-
la di Guardavalle, entrambe inserite nei cartelli di narco traf fcanti
attivi a Milano, Torino e Ro ma. Gli altri clan sono i Iozzo-Chie-
fari a Chiaravalle-Cardinale, i Pil-Gia cobbe a Borgia e dintorni,
i Tolone nella zona di Valleforita e i Sia a So verato, Montauro,
Montepaone, Gagliato e Petrizzi. Questi ultimi, attivi nel settore
degli stupefacenti, sono legati ai Valle lunga di Serra San Bruno e
ai Procopio-Lentini di Satriano
6
.
Segnala la commissione parlamentare antimafa
7
: Sono ri-
sultati par ti colarmente diffusi, nel capoluogo e nel lametino, lo
sfruttamento della pro stituzione, connessa a fenomeni di immi-
grazione clandestina di citta dine dellEuropa dellEst, e le attivit
estorsive (tipica forma di controllo e sfruttamento del territorio).
Tutte queste fenomenologie si sono affan cate ai prevalenti inte-
ressi criminali, quali i traffci di stupefacenti, che han no visto la
provincia quale zona di transito di grossi quantitativi desti nati ai
ritiene che la ndrangheta sia un male inevitabile. Per il 22,74%, invece, un fenomeno
che si pu estirpare, mentre per il 66,21% costituisce un ostacolo alla crescita civile ed
economica.
5
Dia, relazione 2003, ibidem, p. 106.
6
Dia, Ibidem, p. 106. Erano legati anche ai Costa di Siderno.
7
Commissione Parlamentare Antimafa, Ibidem.
116
mercati del Nord Italia e di alcuni Paesi europei, e quelli di armi,
operati in collegamento con esponenti di altre organizzazioni.
sembrata sempre pi consolidata labilit della ndrangheta a pe-
netrare il sistema pro duttivo, mantenendo una costante capacit
di adattamento allevolu zio ne economica della societ civile. Le
attivit meno redditizie sono state lentamente abbandonate per in-
teressi economico-fnanziari pi remunera tivi, come i mercati im-
mobiliari, le attivit fnanziarie e i grandi appalti pubblici. I reati
c.d. di criminalit diffusa maggiormente consumati so no il fur-
to di autoveicoli ed in appartamento, da ricondursi prevalente men-
te allopera di zingari, ormai stanziali, dimoranti nel catanzarese
e nel lametino. Al riguardo, il furto di autoveicoli si dimostrato
presup posto delle successive estorsioni con le quali si richiede ai
proprietari una somma per la restituzione del mezzo (c.d. cavallo
di ritorno). Da segna lare, il nuovo interesse delle citate comunit
gitane verso il mercato al mi nuto degli stupefacenti nonch i ten-
tativi di avvicinamento alla crimi nalit organizzata locale.
La provincia di Cosenza
Quella di Cosenza stata lultima delle province calabresi a
fnire nella mor sa della ndrangheta. Nel 1903 venivano condan-
nate 86 persone che avevano dato vita ad una organizzazione che
ricalcava fedelmente la struttura della picciotteria nelle province
di Reggio Calabria e Catanzaro. Dopo quella esperienza le orga-
nizzazioni criminali rimasero lungamente sotto traccia. Tornarono
alla ribalta il 14 dicembre del 1977, quando a Cosenza ven ne uc-
ciso Luigi Palermo, capo storico della ndrangheta cosentina, det-
to U Zorru. A ordinarne luccisione fu Franco Pino, allora boss
emergente. Scoppi una guerra senza quartiere. Con i Sena-Pino
si schierarono i Muto di Cetraro, i Basile-Calvano di San Lucido
e i Cirillo operanti nella Sibari tide e spalleggiati dalle famiglie
della Piana di Gioia Tauro e dalla Nuova Camorra Organizzata
di Raffaele Cutolo. Con la compagine dei Perna-Pranno-Vitelli
si allinearono invece gli Africano di Amantea e i Serpa di Paola.
117
La guerra and avanti fno alla fne degli anni Ottanta. Vennero
uccise 27 persone, tra cui un dodicenne, Pasqualino Perri, fglio
di un e sponente del gruppo Pino-Sena.
Altro episodio signifcativo di quel violento scontro fu il dupli-
ce o micidio Geria-Saffoti, avvenuto il 6 agosto 1983 a Scalea. I
due, espo nenti della ndrangheta reggina, vennero eliminati da un
com mando del gruppo Pino-Sena, nellambito di uno scambio
di favori con le cosche di Reggio Calabria facenti capo a Pasquale
Condello e Giovanni Fontana.
Alla fne degli anni 80 venne siglata una sorta di pax mafo-
sa che tuttavia ebbe breve durata a seguito del distacco del gruppo
Bartolomeo-Notargiacomo dalla cosca dei Perna-Pranno-Vitelli.
Fu in questo contesto di confitti intestini che matur lomicidio
del direttore del carcere di Co senza Sergio Cosmai, ucciso il 12
marzo 1985 dagli emissari di Francesco Perna che si era proposto
di consolidare il potere del clan anche allinterno del carcere di
Cosenza.
In questa seconda guerra di mafa, uno degli episodi pi effe-
rati fu lassassinio dei fratelli Stefano e Giuseppe Bartolomeo,
rispettivamente di 24 e 26 anni, sequestrati il 5 gennaio del 1991.
I cadaveri dei due fratelli, come hanno dichiarato gli stessi as-
sassini, Aldo Acri, Ferdi nando Vitelli, Angelo Santolla e Mario
Pranno, furono sciolti nel lacido. Un altro minorenne, Francesco
Bruni, nel novembre del 1991, era stato ucciso per una vendetta
nei confronti del padre, ritenuto responsabile della morte di Fran-
cesco Carelli, vicino al gruppo Pranno-Vitelli.
stata loperazione Missing, condotta dal Raggruppamento
speciale operativo e dal comando provinciale dei carabinieri di
Cosenza e conclusasi nellot tobre del 2006, a ricostruire un quar-
to di secolo di guerre di mafa tra clan co sentini. stato possibile
anche verifcare gli attuali assetti delle cosche nella provincia,
colpite dallesecuzione dei provvedimenti. Sono stati arrestati i
principali esponenti in libert dei gruppi criminali attivi a Co sen-
za, tra i quali Giuseppe Iirillo e Dome nico Cicero, della origina-
ria cosca Perna-Pranno, ed i fratelli Michele e Pasquale Bruni,
capi dellomo nimo gruppo criminale. Nellinchiesta sono stati
118
coinvolti anche potenti boss da tempo detenuti, come Francesco
Muto, storico capo dellomonima cosca di Cetraro, nonch Ro-
meo Calvano e Giuliano Ser pa, rispetti-vamen te a capo delle co-
sche di San Lucido e di Paola. La presenza di Pasquale Condello
tra i destinatari dei provvedimenti ha confer mato i rap porti tra la
ndrangheta reggina e le cosche attive nel nord della regione, gi
emersi nelle operazioni Galassia ed Eclissi della Procura Di-
strettuale Antimafa di Catanzaro.
Oggi, in seguito ad indagini emersa lesistenza di un diret-
torio, un locale sorto nel capo luogo, ma con competenza pro-
vinciale, per tenere a bada gruppi emer genti o stori ca mente an-
tagonisti e per consentire lo sfrut tamento delle cospicue ri sor se
fnanziarie de sti nate a questa provincia. Fa rebbero parte di questo
organismo i clan dominanti di Cosenza e pro vincia.
Secondo i rapporti di intelligence, nel capoluogo continua a do-
minare il cartello Perna-Ru, nel quale sono confuiti i superstiti
delle famiglie Per na-Cicero-Pranno, e Pino-Sena. Un tempo i due
clan erano feroce mente con trapposti. Oggi appaiono uniti sotto la
direzione di due boss: Ettore Lanzino e Domenico Cicero
8
.
Sempre a Cosenza, lo spaccio di droga sarebbe interamente
gestito dal gruppo di zingari, un tempo capeggiati da Francesco
Bevilacqua, detto Franco i Mafalda, at tual mente collaboratore
di giustizia.
Il Raggruppamento Operativo Speciale:
Con il riassetto degli equilibri criminali avviato a se-
guito delle operazioni Galassia, Gar den, Ciak 1 e 2, Pi-
ranha 1, Piranha 2000 e Luce, nel capoluogo cosen tino ha
progressivamente assunto un ruolo di rilievo il gruppo dei
cd. zingari, vicini prima alla cosca Perna e poi alla cosca
Pino. In realt, questo numeroso gruppo ha sempre rappre-
sentato lago della bilancia ne gli e quilibri criminali, schie-
randosi a seconda dei casi con luna o laltra con sorteria
8
Direzione investigative antimafa, Ibidem, p. 110.
119
mafosa di Cosenza. In atto, il sodalizio articolato in due
schie ramenti con al vertice Bruzzese Giovanni e Abbruz-
zese Celestino, inse diati nella citt di Cosenza e nel comu-
ne di Cassano allo Jonio; que stul tima fazione (nota come
Abbruzzese-Elia), unitamente alla storica co sca Carelli di
Corigliano, entrata in contrasto per il controllo del terri-
torio e la gestione delle attivit illecite con le componenti
criminali locali, rap presentate dalla consorteria Faillace-
Forastefano.
Nellarea tirrenica operano sempre le cosche Muto-Polillo di
Cetraro, Stummo-Valente di Scalea e Belvedere Marittimo, Gen-
tile di Amantea, Femia di Santa Maria del Cedro, Tundis-Calvano
di San Lucido, quale referente della cosca Perna-Cicero, e i Serpa-
Martello-Scofano di Paola e Fuscaldo. Ultimamente i Serpa hanno
preso le distanze dal grup po domi nante Sco fano-Martello
9
.
Segnala la Commissione parlamentare antimafa:
In questa area la ten sione tra le organizzazioni mafo-
se si mantenuta comunque ad alti li velli, a causa dei con-
fitti in atto per ristabilire gli assetti che sono stati al terati
dallazione repressiva delle Forze di polizia
10
.
Sul litorale jonico e nellalto cosentino tre sono i locali pre-
senti da pi tempo: quello dei Manzi-Morf-Acri a Rossano, dei
Perri a Corigliano e dei Critelli a Cariati. Questultimo gruppo
sarebbe minacciato dalle cre scenti mire e span sionistiche dei Gre-
co-Crescenti di Mandatoriccio. Scontri si so no re gistrati anche
tra i clan Manzi e Morf-Acri a Rossano e tra le ndrine sto riche
della sibaritide, principalmente il clan Portoraro, e gli zingari di
Lau ropoli, un tempo alleati con il clan Carelli.
Conferma la Commissione parlamentare antimafa:
9
Dia, Ibidem, pagine 111-2
10
Commissione Parlamentare Antimafa, Ibidem.
120
La sibaritide e il comprensorio di Rossano sono stati
caratterizzati da una instabilit do vuta alla precariet degli
equilibri criminali, derivanti sia dalla mancanza di auto-
revoli leadership sia dal succedersi di numerose attivit
repressive. In particolare, dopo gli arresti di Morf Salva-
tore e Acri Nicola, prin cipali esponenti della criminalit di
Rossano, sono emerse nuove fgure tese a un graduale pro-
cesso di stabilizzazione. Nella Piana di Sibari sono risul-
tati operativi esponenti della comunit nomade (famiglia
Abbruzzese di Cas sano allo Ionio) in contrasto con alcuni
gruppi locali. Tale situa zione ha creato una fase di incer-
tezza negli equilibri della zona. Lomi cidio di Anto nio Be-
vilacqua, legato alla cosca degli Abbruzzese-Pepe di Lauro-
poli, ha rappresentato lepilogo della guerra tra i predetti
e la cosca contrapposta Faillace-Portoraro-Forastefano per
il controllo del mercato degli stupefacenti, considerato
lattivit pi remunerativa della malavita cassanese che ha
visto il piccolo centro tra i pi attivi dellintera provincia.
Per quanto riguarda il comprensorio coriglianese, si regi-
strata legemonia del clan facente capo ai Carelli, guidato
da Perri Natale e da Azzaro Rocco, che ha stretto intese
operative con la famiglia nomade stan ziale degli Abbruz-
zese. Nella zona di Castrovillari, dopo luscita di scena
di Di Dieco Antonio, ha assunto una posizione di vertice
Esposito An tonel lo. I gruppi cosentini hanno manifestato
particolare interesse nei set tori delle estorsioni, dellusura
e del narcotraffco (tale settore, in par tico lare quello della
cocaina e delleroina, stato controllato e gestito da per-
sonaggi gravitanti nella criminalit organizzata cosentina
e da espo nenti della comunit nomade insediatasi in Co-
senza ed in Cassano allo Jonio), mentre solo alcune cosche
hanno esercitato il controllo delle atti vit con nesse alla
pesca ed alla commercializzazione dei prodotti ittici nelle
zone di Paola e Scalea e la gestione dei video-poker. da
segnalare linfl trazione delle cosche cosentine nel settore
dei pubblici appalti, attraverso la gestione di alcune impre-
121
se aggiudicatarie o con il ricorso al sistema dei sub-appalti
e delle forniture mediante il controllo delle ditte interessa-
te. Per quanto concerne il fenomeno estorsivo, la cui sta-
tistica resta infuen zata dalla percezione della generalit
degli operatori econo mici quale costo di produzione o
come sorta di assicurazione, ha se gnato un sen sibile de-
cremento. Gli estorsori, appartengono sia alla crimi nalit
organiz zata sia a quella comune; questultimi, in maggio-
ranza, so no tossicodi pendenti che spesso non esitano ad
estorcere piccole somme a chiunque, familiari compresi.
Inoltre, specie nel capoluogo, si evidenzia la particola re
forma di estorsione, appannaggio di elementi della comu-
nit ROM, consistente nel furto di veicoli e nella successi-
va richiesta di denaro al proprietario per la restituzione del
bene asportato. In tutta la provincia sono stati perpetrati
reati contro il patrimonio, in particolare rapine, e stor sioni
(con la tecnica del cavallo di ritorno), furti di bestiame
a scopo estorsivo o per alimentare il circuito della macel-
lazione clandestina. So prat tutto nella piana di Sibari, le
manifestazioni di crimi nalit rurale si sono concretizzate,
sovente, in attentati e danneggiamenti di strutture a gricole.
Di particolare rilievo risultato anche il coinvol gimento di
mino renni in reati predatori, nelle estorsioni e nelle con-
nesse forme di intimi dazione. Il fenomeno delle rapine ha
visto, poi, lo spostamento dellatten zione della malavita
dagli obiettivi tradizionali comportanti maggiori ri schi ad
altri pi facilmente aggredibili quali le tabaccherie, i di-
stributori di carburante, le farmacie, i piccoli supermercati
e, in qualche caso, le a bi tazioni. Nella provincia di Cosen-
za hanno operato anche gruppi cri minali albanesi attivi nel
settore degli stupefacenti, delle armi e nel fa voreggiamento
dellim migrazione clandestina e nel connesso sfruttamen-
to, sistematico ed orga nizzato, di persone originarie del-
lEst-Europa e del Nord-Africa. Questul tima attivit ha
consentito alla criminalit locale, at traverso un rapporto
di mutua collaborazione con gli albanesi, di otte ne re armi
122
e droga in cambio della gestione dello sfruttamento della
pro stituzione
11
.
La provincia di Crotone
Il campo dazione delle cosche crotonesi sempre stato quello
del litorale jonico, dove sono concentrati i maggiori interessi eco-
nomici, sin dai tempi di Luigi Vrenna, detto u Zirru
12
, morto il
18 maggio del 1982. Si racconta che il potente boss del Marche-
sato era riuscito ad evitare il soggiorno obbligato grazie ad una
petizione estorta col terrore e a strani certifcati di buona condotta
rilasciati persino dal vescovo dellepoca.
Negli anni Settanta i Vrenna furono coinvolti in uno scontro
con i Feudale per il controllo degli interessi che ruotavano attorno
ad unarea che, grazie anche alla presenza del porto, rappresenta-
va un punto nodale per il contrabbando di sigarette e per il traffco
di droga. Crotone, negli anni Settanta, costituiva la base di tran-
sito delle armi provenienti clandestinamente dai mercati medio-
rientali. Nel crotonese trascorse parte della sua latitanza Pietro
Vernengo, il quale con i fratelli Mannolo impiant una raffneria
di eroina a San Leonardo di Cutro.
Oggi, nella provincia di Crotone si registra una fase di ristruttu-
razione. I Nicoscia-Arena di Isola Capo Rizzuto, un tempo grup-
po leader, in debo liti dagli esiti di molte inchieste giudiziarie, non
dominano pi in con tra stati e de vono convivere con altri gruppi,
come i Grande-Aracri di Cutro, e i Farao-Marincola di Cir
13
.
La mappa redatta dagli investigatori colloca i Ciamp-Vrenna
a Crotone, gli Anania-Cariati a Cir Marina, gli Iona a Rocca di
Neto e i Dima e i Giglio-Levato a Strongoli, (vicini ai cirotani),
i Ferrazzo di Mesoraca, i Comberiati-Garofalo di Petilia Polica-
11
Commissione Parlamentare Antimafa, Ibidem.
12
Lo Zirro il recipiente di stagno dove viene raccolto lolio appena spremuto.
13
Dia, Ibidem, p. 115.
123
stro, i Mannolo e i Grande Aracri e i Dragone a Cutro
14
. Il capo
cosca Antonio Dragone stato assassinato con un vero e proprio
blitz militare preparato nei minimi dettagli nel maggio del 2004,
nellambito dello scontro tra le cosche Arena-Dragone e Nico-
scia-Grande Aracri.
In questa provincia, diffuse appaiono le pratiche estorsive ed
usuraie, realizzate con attentati incendiari ad autovetture ed eser-
cizi commerciali. In crescita anche il fenomeno dello sbarco di
clandestini, in prevalenza tur chi, soprattutto ad Isola Capo Riz-
zuto. Le cosche della provincia sono dedite prevalentemente al
traffco internazionale di droga (che dividono con le organizza-
zioni criminali del reggino con cui hanno dei saldi rap porti di
alleanza) spesso attraverso affliati a strutture logistiche presenti
nel nord-Italia (Toscana, Reggio Emilia e Lombardia), in Europa
(Ger ma nia) e nel continente americano. In particolare, essi vanta-
no contatti con gruppi della malavita internazionale ed elementi
della criminalit organiz zata pugliese, che garantiscono lapprov-
vigionamento di consistenti quan ti ta tivi di eroina e cocaina pro-
venienti dallAlbania.
Annota la Commissione parlamentare antimafa:
La criminalit organizzata operante nel crotonese ha
mostrato una spiccata propensione ad agire in contesti
territoriali extra-regionali ed extra-nazionali, facendo ri-
corso anche a metodologie aggressive. Essa ha continuato
a manifestare un particolare interesse nel traffco interna-
zionale di sostanze stupefa centi, condiviso anche con le
omologhe consorterie del reggino. In parti colare, questo
settore illecito risultato cos forente, al punto che Isola
Capo Rizzuto risultata essere fra i principali centri di
distribuzione di narcotici, in grado di rifornire anche la
limitrofa provincia di Catanzaro. Hanno operato con tec-
niche imprenditoriali sem pre pi allavanguardia ed han-
14
Dia, Ibidem, p. 115.
124
no investito nel settore edile, condizio nando il mercato e
limprenditoria grazie al ricorso alla forza intimida trice.
La realt criminale del luogo si espressa pure con atti
di condizio namento e di intimidazione ad amministratori
pubblici. Le cosche di maggiore spessore e meglio orga-
nizzate si sono infltrate nel sistema dei pubblici appalti,
creando le condizioni per riciclare i proventi derivanti
dalle attivit illecite. Daltronde, gli interessi criminali
in questo settore sono aumentati in vista degli stanzia-
menti dei fondi previsti per la rea lizzazione di impor-
tanti opere pubbliche soprattutto in alcuni comuni del la
provincia. Nello specifco sono stati attivati i lavori di
bonifca del larea del petrol chimico. Nel capoluogo la si-
tuazione criminale risultata stabile, stante il predominio
incontrastato della cosca Ciamp-Vrenna-Bo naventura
alla quale sono risultati collegati i Megna di Papanice,
attivi nel traffco di stupefacenti e nelle estorsioni. Le
zone di Isola Capo Rizzuto e Cutro sono state teatro di
precari equilibri tra gli Arena, al leati con i Dragone-
Man nolo, e la cosca Grande Aracri, schierata al fanco
dei Nicoscia, con conseguente appendice omicidiaria; di-
fatti, pur ri manendo gli Arena unorganizzazione forte ed
agguerrita, con ingenti capitali a disposizione, le cosche
Grande Aracri e Nicoscia si sono raf forzate notevolmente
sia sotto il proflo criminale che economico. Allin ter no
di questultimo clan, peraltro, sarebbero emersi progressi-
vamente tentativi, da parte dei gregari pi importanti, di
acquisire il controllo del gruppo e ci ha costituito un
elemento di destabilizzazione, acuendo i contrasti ed ori-
ginando nuove faide. Infatti, nel 2004, si sono registrati
numerosi fatti di sangue tra cui luccisione del boss Dra-
gone Antonio, che ha generato una serie di altri omicidi,
dando vita ad una vera e propria guerra tra bande rivali.
Tra gli altri, si segnalano lomicidio di Ciamp Gaetano
(genero del Dragone Antonio), di Nicoscia Pasquale e del
boss Arena Carmine, questultimo eseguito con un bazoo-
125
ka. Ci nonostante, gli Arena hanno mostrato la volont
di non perdere il controllo esercitato sul territorio anche
perch il boss Arena Nicola, detenuto, fautore di una li nea
morbida, almeno fno a prima dellomi cidio di Carmine
Arena, ha po tuto ancora contare su un gruppo capace di
sostenere una mirata rea zione. Nel cirotano stata regi-
strata la posizione di predominio della co sca Farao-Ma-
rincola, che ha esteso la propria infuenza in tutta la pro-
vincia nonch nellarea dellalto Ionio cosentino, attiva
nel settore delle estor sioni e del traffco delle sostanze stu-
pefacenti. Ci sarebbe avallato dal lomicidio del reg gente
del clan, avvenuto a seguito della scarcerazione del capo-
cosca Farao Giuseppe. Sono, altres, presenti gli Anania-
Cariati. Nella Valle del Neto, nel territorio dei co muni
di Belvedere Spinello, Rocca di Neto e Santa Severina
si registrata la pre senza della cosca Iona, capeggiata
da Iona Guerino, detenuto, in teressata prevalentemente ai
settori delle estorsioni e alla ingerenza in pubblici appalti
e lavori edili in genere. Sono stati riscontrati, altres, casi
di truffe ai danni dellUnione europea.
La provincia di Vibo Valentia
Nella provincia di Vibo Valentia il clan Mancuso domina senza
solu zione di continuit dagli inizi del secolo scorso. Gi nel 1903
la Corte dAppello delle Calabrie condannava Vincenzo Mancuso
assieme ad altre dodici per sone di Monteleone, lodierna Vibo
Valen tia, per associazione a delin quere. Da allora, nonostante i
duri colpi infitti a questa organizza zione, i Mancuso continuano
ad esercitare quello che, dagli inquirenti, viene def nito un domi-
nio incontrastato sul territorio.
La cosca dei Mancuso si anche ritagliata ampi ambiti di ope-
rativit nei settori del traffco nazionale ed internazionale delle
sostanze stupefacenti. Il prestigio e la capacit organizzativa f-
nora dimostrate, nonostante alcuni segnali sulla scorta dei quali
126
ipotizzabile lesistenza di un contrasto in seno al grup po
15
, assicu-
ra una suffciente stabilit dellas set to e degli equilibri crimi nali
nella provincia.
Annota il Raggruppamento Speciale Operativo:
La cosca Man cu so opera nellintera provincia vibone-
se mediante gestione diretta delle aree territoriali di Lim-
badi, Nicotera, Vibo Marina, Tropea e gestione de centrata
del restante territorio, per il tramite delle cosche Fiar di
San Gregorio, Anello di Filadelfa, Vallelunga di Serra S.
Bruno, Pititto di San Giovanni di Mileto e Accorinti di
Zungri. Mantiene, inoltre, forti legami con il clan Piromal-
li-Mol di Gioia Tauro (RC) e la famiglia Bellocco di Ro-
sario (RC). I Mancuso, inoltre, hanno cointeressenze cri-
minali con altri sodalizi attivi nelle province di Cosenza, di
Crotone (gruppo Arena di I so la Capo Rizzuto), di Lamezia
Terme e di altre parti del territorio nazio nale (Lombardia,
Piemonte, Emilia Romagna e Toscana). Le prin cipali atti-
vit illecite gestite dalla cosca riguardano il traffco (anche
internazio nale) di stupefacenti e di armi, le estorsioni e le
connesse attivit intimi datorie, nonch cointeressenze nel
settore degli appalti di opere pub bliche.
Oltre ai Mancuso, i principali sodalizi operanti in questa pro-
vincia sono i Lo Bianco che a Vibo Valentia stanno assumendo
una propria autonoma ed assai dinamica penetrazione nel mondo
imprenditoriale e dellusura, gli Accorinti di Zungri, i Gaspar-
ro-Fiar di San Gregorio dIppona, i Barto lotta di Stefanaconi, i
Bonavota di SantOnofrio, i Vallelunga e i Ciconte di Serra San
Bruno ed i Fiumara-Anello di Francavilla Angitola. Le altre co-
sche sono i Mantino e i Tripodi di Vibo Valentia, i Patania di Stefa-
naconi, i Petrolo di SantOnofrio, i Cracolici-Manco, i Larosa di
Tropea ed i Vecchio di Joppolo.
15
Ci sarebbero dei contrasti tra Cosmo e Diego Mancuso.
127
Scrive la Commissione parlamentare antimafa:
Sono state registrate tensioni sia allinterno della fa-
miglia, sia con cosche un tempo alleate ed oggi concorren-
ti. La famiglia Lo Bianco, desiderosa di affrancarsi dalle
recenti posizioni subiettive e di recuperare un ruolo signi-
fcativo, ha assunto una posizione di rilievo nella gestione
dellattivit usuraia e nella infltrazione nelleconomia le-
gale. Linfuenza dei Mancuso si evidenziata anche nel
settore dei lavori pubblici aggiudicati mediante appalti; ci
ha attribuito loro i connotati tipici di una formazione ma-
fosa ad elevata vocazione eco nomico-fnanziaria. stato
registrato un persistente fenomeno di infl trazioni da parte
della criminalit mafosa allinterno delle Ammini strazioni
comunali, che in taluni casi hanno patito condizionamen-
ti, di diverso genere, nella gestioni delle attivit. Le altre
organizzazioni cri minali presenti nella provincia sono state
quelle di Bonavota e Petrolo nella zona di SantOno-
frio; Cracolici-Manco e Fiumara nella zona di Pizzo;
Gallace-Loiero nella zona delle Serre Calabre
16
.
16
Commissione Parlamentare Antimafa, Ibidem.
128
APPENDICE: Mappature della criminalit organizzata
129
130
131
132
133
134
135
136
137
CAPITOLO 8
Il giro daffari della ndrangheta
Il giro daffari della ndrangheta, attualmente, pari al 3,4%
del Pil nazionale. Il settore pi remunerativo rimane quello del
traffco di sostanze stupefacenti con introiti di circa 22.300 mi-
lioni di euro.
Scrive lEurispes: Negli ultimi anni si assistito ad un vero
e proprio salto di qualit in questa particolare attivit illecita: le
cosche puntano ad ottimizzare sforzi e rischi verso una mag-
giore e pi oculata gestione dei fussi di sostanze stupefacenti in-
ternazionali.
Le ndrine, negli ultimi venti anni, hanno dimostrato di poter
contare su collegamenti diretti con organizzazioni straniere, in
particolare sudamericane ed albanesi, nonch con le famiglie di
Cosa Nostra. Spesso si registrata la presenza di calabresi stabil-
mente insediati allestero con funzioni di raccordo tra la ndran-
gheta ed i cartelli locali.
Lindividuazione della Calabria come luogo privilegiato di im-
portazione nel nostro Paese attesta lalto grado di affdabilit che
le cosche calabresi possono vantare nel mercato criminale, sia
con riferimento al controllo del territorio sia con riguardo agli
aspetti economici legati al rilevantissimo giro daffari generato
dal traffco di droga.
Inoltre, gli appalti truccati e la compartecipazione nel settore
imprenditoriale rappresentano il 18,6% della ricchezza comples-
siva prodotta in Calabria. Commenta lEurispes: Diventa sem-
pre pi preoccupante e crescente latteggiamento assunto dagli
138
1
Caso Calabria: la solitudine di fare impresa in una regione a sovranit limitata.
Lettera di Giuseppe Gatto, titolare della Gatto costruzioni di Catanzaro, presidente del-
lAnce Calabria, al Sole 24 Ore, 24 ottobre 2005.
imprenditori che, gi al momento della partecipazione alla gara
dappalto, considerano il pagamento della tangente alla crimina-
lit organizzata come una ineludibile voce passiva di bilancio, da
imputare, dunque, tra i costi della propria azienda.
Lusura, un fenomeno fortemente presente, ancorch sommer-
so, unitamente alle estorsioni, garantisce un giro daffari stima-
to intorno ai 4.100 milioni di euro. In questa attivit illecita, la
ndrangheta seconda sola alla camorra. Si tratta di un mercato
in forte espansione che non gestito direttamente delle cosche ma
si avvale di personaggi ad esse contigui, che rappresentano il trait
dunion tra la cosiddetta societ civile e quella mafosa e che si
occupano altres del reimpiego dei proventi illeciti delle cosche.
Secondo lEurispes lusura costituisce una forma avanzata di in-
fltrazione mafosa che si denota, nella maggior parte dei casi, con
un pericoloso intreccio tra imprenditoria, politiche delle banche e
criminalit organizzata.
Tradizionalmente pervasivo il racket dellestorsione: chi non
accetta il ricatto, fnisce sotto tortura. Lavorare in Calabria
cosa diversa che altrove, commenta Giuseppe Gatto, presiden-
te dellAssociazione nazionale costruttori edili in Calabria
1
. Ci
sono intere aree in cui io stesso, nella mia attivit di imprendito-
re edile, mi tengo lontano: il Lametino, larga parte del Reggino,
alcune zone della provincia di Catanzaro sono zone off limits,
escluse da una normale attivit economica. Luoghi dove incendi
nei cantieri o furti di mezzi sarebbero la ritorsione inevitabile a
chi volesse opporsi al racket. doloroso ammetterlo: la Calabria
una regione a sovranit limitata, con uneconomia di mercato
falsata dalla presenza arrogante e pervasiva delle cosche. Tutto
questo si gi tradotto nella presenza di concorrenti impropri,
di imprese che possono godere di capitali abbondanti, di dubbia
provenienza. Aziende che in una gara dappalto possono permet-
139
tersi ribassi fno al 30-40%. impossibile non vedere anche per
chi dovrebbe controllare, eppure quasi mai dopo una gara avviene
quanto prescritto dalla legge: il controllo della composizione so-
cietaria dellazienda vincitrice. Sarebbe facile scoprire zone gri-
gie. Che restano tali.
Sul traffco darmi e sulla prostituzione, infne, lEurispes ha
stimato, per il 2004, un introito complessivo illecito per le cosche
calabresi di oltre 4.600 milioni di euro.
Numerose inchieste hanno accertato il coinvolgimento della
ndrangheta nel traffco di armi, le cui rotte si sovrappongono a
quelle della droga. In Albania, Medio Oriente o in Sud America,
sempre pi spesso gli stupefacenti diventano merce di scambio.
La ndrangheta, con i suoi numerosi collegamenti transnazionali,
diventata unaffdabile interlocutrice criminale sia per droga che
per armi.
Giro daffari della ndrangheta
Valori assoluti in milioni di euro. 2004
Traffco di droga 22.300
Appalti pubblici truccati e compartecipazione
in imprese 4.700
Estorsioni ed usura 4.100
Armi e prostituzione 4.600
Giro daffari complessivo 35.700
Non da sottovalutare neanche il giro di denaro che ruota at-
torno al traffco di essere umani. Cos come quello delle fliere
delleco-mafa e della criminalit ambientale che ormai hanno
fatto breccia anche in Calabria.
Il tradizionale controllo del territorio esercitato dalle organiz-
zazioni mafose, con la disponibilit di cave, terreni, manodopera
a bassissimo costo e il ricorso alla violenza dissuasiva, spiega
140
il procuratore nazionale antimafa Piero Grasso, ha permesso ai
sodalizi criminali di imporsi come unico interlocutore imprendi-
toriale capace di gestire, in regime di monopolio, gran parte della
attivit proprie del ciclo dei rifuti
2
.
Da oltre ventanni, infatti, la ndrangheta sarebbe coinvolta
nel business dei rifuti tossici e radioattivi. Secondo un memo-
riale consegnato da un collaboratore di giustizia alla Direzione
Nazionale Antimafa, tra gli anni Ottanta e Novanta, sarebbero
state affondate volontariamente molte navi con il loro carico di
scorie pericolose. Affari di dimensioni planetarie che sono stati
investigati dalla Procura di Paola e da quella di Reggio Calabria e
che avrebbero coinvolto decine di nazioni, politici e faccendieri,
servizi segreti e industriali, massoni e malavitosi
3
.
2
Legambiente: presentato rapporto Eco-mafa 2006: i dati. Sesto Potere. 18 giugno
2006.
3
R. Bocca, Parla un boss: Cos lo Stato pagava la ndrangheta per smaltire i rifuti
tossici, LEspresso, 6 giugno 2005.
141
LUNIt DIDAttICA:
Sottofondo culturale della ndrangheta
142
143
Analisi didattica
Lunit didattica ha come punto centrale di riferimento la rac-
colta antologica Senza Onore di Antonio Nicaso. Docenti e stu-
denti hanno a disposizione quindici testi letterari per analizzare,
discutere e confrontare unampia variet di interpretazioni sul
fenomeno ndrangheta. Parliamo, ovviamente, di interpreta-
zioni per pi motivi, interpretazioni che, daltronde, costituiscono
il problema di fondo di ogni analisi testuale e dellermeneutica
in generale: come interpretare? Interpretiamo in modo corretto?
Quando sappiamo di interpretare in modo corretto un testo? Ci
sono criteri per garantire unanalisi rigorosa, talch il risultato
non sia solo unanimit di consenso, legittimazione, ma dimostra-
zione rigorosa e oggettiva di conoscenza non pi dubitabile e,
quindi, vera? Ovviamente, non abbiamo a disposizione criteri er-
meneutici assoluti e validi una volta per tutte, gi per il fatto che
linterprete di un testo (o lermeneuta) (o dovrebbe essere) a
conoscenza del fatto che linterpretazione che lui si avvia a por-
tare alla luce ha s a che fare con il testo che interpreta, ma nello
stesso tempo con i presupposti del suo avvicinarsi al testo e col
modo mediante il quale i suoi presupposti incontrano il testo e lo
interpretano. Praticamente, ogni interprete si avvicina ad un testo
da una determinata angolazione o prospettiva (questo non costi-
tuisce in s il problema, dal momento che non ci si pu avvicinare
ad un testo da un punto zero ma sempre a partire da unangola-
144
zione o prospettiva). Non solo: questa angolazione o prospettiva
infuisce anche sul risultato dellinterpretazione. In altri termini:
non c uninterpretazione neutrale. Ogni interpretazione avviene
allinterno di ci che gli ermeneuti defniscono circolo ermeneu-
tico, allinterno del gioco tra pre-concettualit dellinterprete e
oggetto dinterpretazione (testo).
Discutere i testi letterari, scelti per questa unit didattica, si-
gnifca allora, da un lato, acquisire nozioni, conoscenze e infor-
mazioni legate ai contesti in discussione, dallaltro perseguire,
anche, tutta una serie importante di abilit e capacit che abbia-
mo sopra defnite: meta-ermeneutiche. Un testo non solo fonte
di informazioni, conoscenze e verit. Un testo pu essere anche
fonte di disinformazione e di falsit, per cui lavorare al testo e
con i testi sempre anche, e diciamolo con chiarezza, soprattutto:
interrogare. Lanalisi di un testo un lavoro critico. La raccolta
dei testi che abbiamo scelto per il lavoro didattico dei docenti e le
possibili e necessarie analisi alle quali saranno sottoposti nellin-
segnamento e nellapprendimento, permettono in modo ottimale
questo lavoro critico dinterrogazione. Se le analisi dei singoli
testi verranno confrontate fra di loro (e nellinsegnamento e nel-
lapprendimento non si potr fare a meno di un confronto del ge-
nere), sar facile notare o dimostrare che le descrizioni tracciate
nei testi, sono, a volte, esse stesse interpretazioni e che molte
delle interpretazioni sono spesso valutazioni legate a determinate
giustifcazioni. Lavorare criticamente con un testo signifca allora,
anche e per lo pi, poter sviluppare nei confronti degli autori di
un testo una legittima critica. Compito dellinsegnamento e del-
lapprendimento , non da ultimo, mirare a questa legittima cri-
tica dei testi o meglio dei presupposti degli autori dei testi sulla
base di conoscenze, informazioni, documenti e dati scientifci che
spesso gli autori dei testi non avevano e forse nemmeno si cura-
vano di avere. Per questo confronto critico fra testi e fra contenuti
dei testi, qui oggetto di analisi e discussione nellinsegnamento e
nellapprendimento, rimandiamo alle fonti sistematiche raccolte
nei rispettivi capitoli di questo stesso volume.
145
Ci premesso, passiamo ora alla lettura dei testi in Senza Ono-
re, cercando, da un lato, di ricavarne la maggior parte di infor-
mazioni possibili, dallaltro di discutere, analizzare e vagliare la
rigorosit delle singole interpretazioni.
Il primo testo letterario di Giovanni De Nava. Si tratta di tre
poesie o componimenti poetici scritti in dialetto: I Notti, Picciot-
teddu, Mala-vita. Riportiamo, ovviamente, la traduzione delle
poesie in italiano, partendo dal presupposto che molti dei termini
siano al lettore o meglio agli studenti (o a molti studenti) sco-
nosciuti e incomprensibili. Didatticamente, per, interessante e
motivante cercare di raccogliere la lettura che dei termini dialet-
tali riescono a fare gli studenti prima ancora di confrontarsi con le
poesie in traduzione italiana. Ovviamente, senza i necessari aiuti
del docente, saranno letture e interpretazioni diverse, contrastan-
ti, contraddittorie ed bene che allinizio si crei questa aporia in-
torno alle possibili interpretazioni. Molti dei termini non saranno
comprensibili e gli studenti avranno diffcolt ad interpretare il
senso dei testi. Si passer, allora, alle singole traduzioni per con-
frontare i signifcati assegnati ai singoli termini e cercare poi il
vero senso di ogni singolo componimento. Tracciamo un possibi-
le schema di come organizzare didatticamente questa fase iniziale
del lavoro sui testi, riferito intanto al primo componimento:
I Notti
Termini dialettali Interpretazioni dei termini
ntisicari .................................................................
bastaseddu .................................................................
bizzola .................................................................
annaccarata .................................................................
ricugghiri .................................................................
creanza .................................................................
luppinaru .................................................................
nchianari .................................................................
146
Dopo questa fase di ricerca spontanea dei signifcati dei sin-
goli termini dialettali, si pu passare al controllo o alla verifca
del loro senso, utilizzando le singole traduzioni riportate subito
dopo i testi in dialetto. Intanto, un aiuto per inquadrare il testo
(in questo caso il componimento poetico o la poesia) o lautore
(o meglio: il senso che lautore del testo vuole trasmettere al let-
tore) offerto dal curatore della stessa antologia. Ovviamente,
dipender da come si struttura linsegnamento e lapprendimento
se laccesso allanalisi dei componimenti poetici avviene gi dal-
linizio con gli aiuti interpretativi offerti dal curatore dei testi o
se si privilegia (lo consigliamo) il confrontare successivamente i
risultati del lavoro didattico svolto sui testi dagli studenti con la
lettura che suggerisce il curatore dellantologia.
Quale interpretazione suggerisce il curatore dellantologia?
Naturalmente, il curatore, in Senza Onore, ha potuto scegliere
solo alcune delle poesie dalla vasta produzione letteraria di Gio-
vanni De Nava. Ne ha scelto tre, ma il giudizio del curatore dei
testi raccolti in Senza Onore tiene conto di tutta la produzione let-
teraria del poeta reggino. Il risultato potrebbe essere sintetizzato
in questi pochi punti: il poeta ritiene la ndrangheta un prodot-
to del degrado socio-economico. In questo senso, la ndrangheta
potrebbe essere interpretata come risposta (necessaria, giusta,
giustifcabile?) delle classi diseredate o disagiate?
Intanto, conviene entrare nel vivo della seconda poesia e chie-
dersi: com descritto il picciotteddu?
Prima di rispondere alla domanda, consigliabile anche in que-
sto caso raccogliere e discutere i singoli termini dialettali di diff-
cile comprensione, similmente allo schema specifcato sopra:
termini dialettali Interpretazioni suggerite dagli studenti
ncampanati ..............................................................
sddifnta ..............................................................
Dopo il lavoro ai termini, consigliamo gli studenti di elaborare
147
un elenco delle caratteristiche principali che designano il picciot-
to, p. es.:
spacconeria
spavalderia
incutere timore
appartenenza alla famiglia della camorra
A cosa mira il picciotto?
Alcuni obiettivi:
promozione sociale
essere persona di rispetto
imporsi con la forza
Se si confronta la visione, che suggerisce il poeta, di unasso-
ciazione criminale come prodotto delle classi diseredate, con
i dati forniti dal Tribunale di Reggio Calabria pochi anni prima
della pubblicazione della raccolta di poesie di cui qui tre sono
oggetto di discussione, si pu notare che gli ndranghetisti o i
camorristi non appartengono alle classi disagiate come la poesia,
tutto sommato, suggerisce, ma sono quasi tutti occupati in singo-
le attivit. Questo un primo dato interessante che conviene
annotare e ridiscutere via via che il discorso sulla ndrangheta si
fa pi serrato. Intanto, anche la seconda poesia che si presenta a
docenti e studenti, il picciotteddu, mostra che i motivi per entrare
nella picciotteria sono variegati. Si va dalla picciotteria vinaria
(Crupi) che spera di bruciare in fretta le tappe della promozione
sociale al volersi presentare socialmente come un duro, pronto
ad imporsi, dominare, vedersi rispettato ad ogni costo. Si con-
ferma cos lipotesi che il motivo scatenante, per far parte dellor-
ganizzazione criminale della ndrangheta, non necessariamente
la condizione sociale disagiata, com dimostrato, oltre tutto, da
relativi atti di processi alla picciotteria.
Ma altri elementi potrebbero e dovrebbero essere oggetto di
discussione e rifessione come i due punti seguenti:
la visione che il poeta ha del picciotto (pi che saggio, il
picciotto carne venduta);
148
il legame tra peccati e lira di Dio che pone fne al male
scatenando la fne del mondo.
Nel terzo (Mala-vita di De Nava) e quarto componimento poe-
tico (Mala-vita di Giovanni Patari) entrano altri elementi in gioco
circa lorganizzazione della ndrangheta. Al picciotto segue qui
il capobastone. Inoltre si menziona una delle norme centrali del-
la struttura criminale dellonorata societ: lomert. Anche in
questi casi, i due poeti offrono tutta una serie di caratteristiche
che permettono di individuare la visibilit di questa fgura crimi-
nale. Balzano subito agli occhi ferezza e superbia e lorgoglio
del camorrista (=lappartenenza alla malavita); il saper maneg-
giare rasoio e coltello e incutere paura, a tal punto che la terra
trema alla presenza del camorrista, nonch la risposta riservata
allo sgarro. I due componimenti offrono, tra laltro, la possibi-
lit di discutere il concetto, per la ndrangheta fondamentale, di
omert e, non da ultimo, lonore che la logica ndranghetista o
camorrista riserva alla persona omertosa allinterno dellonorata
societ o della famiglia camorrista.
Nulla togliendo a questi elementi, senzaltro importanti, che
descrivono la psicologia del picciotto o del capobastone, si
consiglia di estendere la rifessione su come il poeta presenta la
ndrangheta. Anche in questo caso suggeriamo alcune possibili
domande: riesce il poeta a dare un quadro realistico della struttura
criminale di questa organizzazione? La ndrangheta un feno-
meno marginale, legato a singoli casi di una cultura dellonore
e del rispetto? La ndrangheta da intendere come riscatto
dei diseredati, degli umiliati e offesi? In altri termini: il senso
della ndrangheta consiste, per davvero, nel reclamare onore e
rispetto, nel porsi, cio, sul piano dei duri per procurarsi quel-
lascesa sociale negata alle classi marginali della societ?
A questa serie di domande, si possono affancare altre doman-
de con lo scopo di interrogare o problematizzare anche la visione
che il poeta ha della ndrangheta:
la ndrangheta un fenomeno marginale o strutturale sul piano
sociale?
149
tra ndrangheta e politica, tra ndrangheta ed economia c un
rapporto, unintesa, una condivisione di valori, un intreccio,
una comunanza di obiettivi?
Sono queste alcune domande centrali che richiedono discussio-
ne e approfondimenti e che allinterno del progetto delle tre uni-
t didattiche, troveranno la loro giusta collocazione. Qui, si tratta
intanto solo di anticipare luna o laltra domanda critica per svi-
luppare quella dose di giusto scetticismo nei confronti del testo e
abituare, cio, a poco a poco gli studenti a leggere interrogando e a
non lasciarsi prendere dalla visione nuda e cruda suggerita dai te-
sti. Problematizzare e approfondire, allinterno del progetto didat-
tico, signifcher ricorrere a fatti e documenti, allintreccio o uso
complementare, dei due testi Fratelli di sangue e Senza Onore.
Di onore parla il testo di Francesco Perri. I valori della
mentalit contadina e la cultura mafosa sembrano intrecciar-
si come se avessero un comune sottofondo. Ma proprio cos?
Al disonore corrisponde necessariamente la vendetta. Ma il sot-
tofondo culturale non del tutto identico. Anzi d luogo a incom-
prensioni. Pietro, il personaggio che si reca negli Stati Uniti per
chiedere vendetta circa il disonore della sorella, che ha tradito
il marito, trova una realt diversa e non capisce la frase ndran-
ghetista: sotto la mia protezione. Lonore dello ndranghetista
comprende la vendetta, ma ampliato da una serie di contenuti
nuovi. Appartiene a questi nuovi contenuti il fatto che luomo
onorato della ndrangheta corrispondenza totale alle regole
dellonorata societ. Lonore ndranghetista , quindi, innanzi
tutto e per lo pi: ferrea omert. Appartenere alla ndrangheta
difendere, se necessario, col proprio sangue il rispetto delle regole
e delle gerarchie. Si tratta di un patto di sangue che trova con-
ferma ed espressione anche nel rituale di quanti hanno lonore
di entrare nellonorata societ.
Il testo, da un lato, d la possibilit di analizzare, discutere
e, soprattutto, confrontare lintreccio tra cultura contadina
e cultura ndranghetista, dallaltro offre elementi che danno
150
prova anche e comunque di dover distinguere tra un concetto di
onore di provenienza agro-pastorale e un concetto di onore
strettamente ndranghetista che non ha pi nulla a che fare con la
civilt contadina.
Il testo si presta bene per essere messo in scena riproducendo i
dialoghi. Nella sceneggiatura alla quale docenti e studenti posso-
no dar vita, facile far emergere i due mondi: quello della civilt
contadina e quello della civilt ndranghetista; lincontro, ma
anche lo scontro delle due civilt. Ma a queste due civilt si
pu far seguire una terza civilt, la civilt di mastro Genio
che, vivendo in America una realt nuova, rispetto a quella delle
sue origini, non capisce pi la logica del disonore di cui parla
Pietro.
Oggetto della messa in scena del testo sono, a questo punto,
tre mondi che vengono riprodotti e successivamente confrontati e
valutati. Il confronto didatticamente sempre fruttuoso non solo
perch offre lo spazio per conoscere e valutare (in questo caso)
visioni o modelli di pensiero di provenienza diversa, ma anche
perch stimola ad articolare la propria visione di mondo, i propri
valori; stimola, cio, a prendere posizione e a difendere (con ar-
gomenti) il proprio punto di vista. Non da ultimo, la traduzione
del testo in scene teatrali mette in movimento gli studenti intorno
a tutta una serie di idee e rifessioni che vanno al di l di un con-
fronto puramente testuale.
In Natalino Lanucara ritornano gli stessi motivi che si riscon-
trano nel testo, or ora, discusso di Francesco Perri: onore e ven-
detta. Il contesto, per, si sposta dalloffesa allonore della don-
na alloffesa all onore dellonorata societ. Lintervento , in
questo caso, la banda degli americani. Il contesto interessante
anche per tematizzare lintreccio ndranghetista che si estende,
com facile notare, anche internazionalmente. Per la cultura
mafosa, il fatto grave e inaudito che a tradire uno ndranghe-
tista: un membro della famiglia che godeva della protezione.
importante discutere con gli studenti anche un altro aspetto:
151
lunione di sacro e profano. Nelle parole di Archilu: i traditori
e i fedifraghi (= infedeli, che non tengono fede a un giuramento)
meritano la morte intanto perch la cultura della ndrangheta lo
obbliga di per s, e poi perch linfedele, ovverosia colui che non
mantiene il giuramento, non stimato e preso in considerazione
nemmeno da Dio.
Il testo, inoltre, delinea un quadro chiaro delle gerarchie e della
solidariet che legano i fratelli di sangue e cosa pu signifcare
venire meno alla parola duomo donore. Peraltro, e non da ul-
timo, da notare la simbologia ndranghetista, presente nel testo
(il braccio in avanti, il simbolo del coltello), e le minacce (vi
regaler un orecchio, vi mander una lingua) che testimonia-
no i veri valori dellonorata societ.
Questi simboli della cultura ndranghetista possono essere
integrati e ampliati con il quadro normativo offerto dal testo di
Luca Asprea. Il testo di Asprea quasi un documento diniziazio-
ne alle regole e ai princip della ndrangheta:
omert = legge base della societ onorata
fedelt = attaccamento alla Societ
politica = vivere con i degni e meritevoli (coi mastri e i fedeli
compagni)
falsa politica = come regolarsi con gli indegni, gli infami e con
gli sbirri
carta e penna = fare i conti e sottoconti alla Societ
coltello = serve a difendere il mastro
rasoio = serve a sfregiare la faccia agli infami.
I codici e i riti sono stati e sono tuttora alla base della cultura
ndranghetista (si vedano i grafci pp. 47 e 50), in quanto forma-
no il sottofondo ideologico o la mentalit dello ndranghetista.
Il rispetto, ovverosia linteriorizzazione dei codici, quindi delle
regole, dei princip, dei valori, apre alliniziato lascesa a uomo
donore, a uomo di rispetto in seno allonorata societ.
Anche il testo di Fortunato Seminara ricalca i temi qui intro-
dotti dei valori e quindi del disonore, del rancore e della ven-
detta. La vendetta ha come obiettivo lo sfregio, come il codice
152
ndranghetista prevede e obbliga, cio, il marchio dinfamia pub-
blico che la cultura ndranghetista riserva al volto dell infa-
me come segno incancellabile e visibile da ognuno.
Il testo di Domenico Cuppari mostra, per, che nemmeno
in ci vi coerenza, in quanto la ndrangheta senza princip
morali. La ndrangheta di Cuppari semina lutti e riserva morte
programmata allo stesso inziato. Liniziato viene utilizzato per
giustiziare un gruppo di infami. Svolto il compito, liniziato
viene ucciso a sua volta.
Indubbiamente, come si evidenziava sopra, il disonore, la ven-
detta, lo sfregio sono categorie rilevanti nelle logiche culturali
ndranghetiste e che si fondono e confondono con i simboli mo-
rali di sovrastrutture ideologiche legate ancora a sottofondi ar-
caici di condizioni socio-economiche ove regnano incontrastate
miseria e ignoranza. Non a caso, i testi fnora messi qui in discus-
sione rimarcano, da pi parti, questo sottofondo arcaico in cui si
preferisce la vendetta alla giustizia: o meglio la vendetta diventa
un atto di giustizia, anzi lunico atto vero di giustizia. Da questa
angolazione, facile confondere criminalit e giustizia.
Il testo di Corrado Alvaro pu essere utile proprio per tematiz-
zare ulteriormente lintreccio tra criminalit e giustizia. Intreccio
in cui il delitto diventa un diritto. Unanalisi attenta del testo di-
mostra, per, che farsi giustizia non solo sfducia nella legge;
anche un modo criminale di legittimare le regole dellonorata
societ. Diffusione, cio, di quel potere occulto criminale che
dovr sostituire le aule dei tribunali. In questa logica i criminali
avanzano a rappresentanti di giustizia e i rappresentanti di giusti-
zia a criminali.
Se con gli studenti si seguono le tracce del lavoro ermeneutico
o di interpretazione che si consigliava inizialmente, indubbio
che il lavoro al testo anche un lavoro di critica al testo e quindi:
anche di critica allautore del testo. Alcune domande sono obbli-
gatorie:
Corrado Alvaro svolge unanalisi reale, quindi, attenta, rigoro-
sa del fenomeno ndrangheta? O confonde i valori della ci-
153
vilt contadina (onore, sangue, vendetta come riscatto della
propria dignit, del proprio prestigio, del proprio onore) con
i valori della cultura ndranghetista?
Corrado Alvaro discute la ndrangheta nellintreccio di crimi-
nalit e politica, criminalit ed economia o la sua interpretazio-
ne rimane in superfcie, diventa una visione letteraria, una
re-mitizzazione e re-idealizzazione e, quindi, fuga dalla realt?
In altri termini: non che la fusione tra i simboli morali di vita
agro-pastorale e i simboli morali della criminalit organizzata
conducono a quello che qualche studioso ha defnito giustif-
cazionismo storico in cui scompare la differenza tra carnefce
e vittima, tra onest e corruzione, tra giustizia e criminalit?
Ad unanalisi attenta dei passi di Minasi, Gullo, Murdaca, Ali-
cata, Caroleo, che precedono il testo di Alvaro, balza subito agli
occhi la confusione generale tra criminalit e politica e soprattut-
to un dato grave: la sottovalutazione, anche in ambito nazionale,
del fenomeno criminale ndrangheta, o meglio lambivalenza
della politica nazionale che oscilla tra sottovalutazione e giusti-
fcazione.
Per iniziare con gli studenti a problematizzare il contesto dei
rapporti tra criminalit organizzata e politica, criminalit orga-
nizzata ed economia si pu passare ai testi di Saverio Montalto
e Saverio Strati. In questi due testi diventano evidenti alcuni dei
valori veri della ndrangheta.
Prima di discutere la logica o la cultura criminale che si na-
sconde dietro letichetta onorata societ, gli studenti possono svi-
luppare un elenco di questi valori, di cui, qui di seguito, si ri-
porta solo un possibile esempio che potrebbe essere ulteriormente
strutturato ed ampliato.
La ndrangheta
associazione a delinquere;
legata al potere;
trasgredisce alle regole che ritiene sacrosante;
architetta infamie;
154
vive di sgarro;
non difende, ma attenta allonore;
non arretra davanti al delitto di colui che si ribella alla sue
leggi;
non difende, ma spoglia la povera gente;
legata alle strutture di potere politico ed economico, per cui
non una forma di anti-stato, ma unassociazione criminale
ben integrata nelle strutture dello Stato e che mira a consolida-
re ed estendere i propri poteri allinterno di queste strutture.
I testi di Montalto e Strati non solo danno la possibilit di co-
gliere alcuni motivi di fondo della civilt ndranghetista (la
divisione-distinzione tra uomini e infami), nonch i rapporti che
la ndrangheta intreccia con i poteri politici, economici e le isti-
tuzioni, ma anche di costruire il tipo di tribunale e, quindi, il tipo
di giustizia che sono alla base di questa organizzazione criminale
e i codici o simboli del sottofondo culturale o ideologico. Con-
sigliamo, intanto, di sviluppare, sulla base del testo di Saverio
Montalto, uno schema che tenga conto anche delle gerarchie e di
passare, poi, servendosi del testo di Saverio Strati, al fascino che
emana la cultura ndranghetista sui giovani proprio a partire dalle
gerarchie, dal linguaggio, dalla retorica ndranghetista:
Tribunale della ndrangheta
Composizione Regole Valori
Presidente ................................... .....................................
Giudici ................................... .....................................
Pubblico ................................... .....................................
Altro punto centrale (del testo di Strati) il rito. Non vi al-
cun dubbio che termini come onore, onorato, uomo di rispetto
sono fondamenti della cultura ndranghetista. Colui che entra
155
nellonorata societ, accetta le sue regole e i princip della sua
giustizia a costo della propria vita. La protezione legata in-
teramente al rispetto delle regole e dei princip. Vale altrettanto
per lascesa sociale. Il grande avvenire di quanti entrano nella
famiglia onorata e il riconoscimento di omo donore sono se-
gnati dallaccettazione, a costo della propria vita, dei valori
dellorganizzazione criminale. Colui che entra nella famiglia pu
uscirne solo da morto.
Sorgono, qui, alcune domande che offrono la possibilit agli
studenti di discutere anche e soprattutto su problemi di principio,
su problemi che riguardano il senso generale che vogliamo asse-
gnare a princip che sono essenziali per la consistenza della nostra
convivenza civile e democratica :
Di quale onore, di quale rispetto si fa carico lo ndrangheti-
sta?
Il tribunale ndranghetista un tribunale che si regge su regole
democratiche di giustizia? Su princip condivisi e generalizza-
bili? La protezione che assicura lonorata societ pensata per
difendere il singolo (ndranghetista) dallinfedelt dalla strut-
tura criminale della ndrangheta o, al contrario, per difendere
la struttura criminale della ndrangheta dallinfame, dalla in-
fedelt, dallo sgarro di singoli membri della famiglia?
Che signifca giustizia? Abbiamo criteri validi per ognuno o
questione di libero arbitrio? Chi decide cosa giusto e cosa
ingiusto?
Quali sono le possibili conseguenze, gli effetti di una convi-
venza civile basata sui valori della cultura ndrangheti-
sta?
Come possiamo opporci alla cultura della ndrangheta e di-
fenderci dai suoi effetti devastanti?
Lunit didattica pu essere chiusa con lelaborazione di tre
nuclei tematici:
1. Un nucleo tematico che riguarda lindividuazione di regole e
i princip in grado di dare risposta ad unidea di giustizia con-
divisibile possibilmente da tutti e, quindi, universale.
156
2. Un nucleo tematico che mette a fuoco le conseguenze o gli ef-
fetti possibili di un concetto di giustizia ridotto alle categorie
della cultura della ndrangheta.
3. Un nucleo tematico che raccoglie gli argomenti, le proposte,
le strategie su come combattere lidea di giustizia della
ndrangheta.
157
Scheda dellAutore*
GIOVANNI DE NAVA
(Reggio Calabria 1873-1941)
A Reggio studia fno a quando, assai giovane, rimane orfano. Continua da
solo a formarsi culturalmente. nominato direttore del primo quotidiano
calabrese: Il giornale di Calabria. Collabora con lAvanti e con altre
importanti testate nazionali. La sua poesia si fonda su tematiche sociali,
caratterizzata sia da suggestivi accenti amorosi che dalla rifessione sul
dramma dei vinti e degli emarginati. De Nava analizza gli ambienti esclu-
si e la sua poesia non ricade nello sterile romanticume. Il suo linguaggio
incisivo e la scrittura si fa carico di accusare gli oppressori (associazioni
organizzate) che nascono nella mala vita, producendo ndrangheta.
Opere: Fogghi caduti (1892); Sentiti genti (1894); Passu cantandu (1898);
tra ombre e luci (1902); Allombra del Vaticano (1903); Il sangue di S.
Gennaro (1903); Delinquenza e misticismo (1903); Favole umane (s.d.);
Sonetti garibaldini (1912); Il brigante Musolino (1930); Canzoni vecchi e
canzoni novi (1931).
* Le schede biobibliografche, che precedono i testi letterari, sono a cura di Antonio
DElia e Antonietta Cozza.
158
Testo 1
I NOttI
notti, je marritiru, su ntassatu,
nc un friddu chi tti faci ntisicari,
ncuntru nu custurinu ncappucciatu
e cchi nudd arma viu caminari.
Jttatu supra porta i na puta
supr on bizzolu dormi un bastaseddu
e caminandu ancora cchi dda via,
ndi viu natru e penzu: u maricchieddu!
Quantu fgghioli ma, nta sti palazzi
chi dormunu cuntenti e caddiati;
pi chisti, su la petra i matarazzi,
sunnu i bizzola di li purticati.
Non hannu a mamma chi, prima i durmiri,
i bascja supr a frunti annaccarata,
pun nzordu i pani vannu a ricugghiri
un pugnu di muzzuni mmenza strata.
Ma, chi sarannu ma chisti fgghioli,
senza n a casa, mamma, pani e Diu?
sarannu un gghiornu i latri e marioli
ch a sogitati stessa si crisciu!
Sarannu i camurrista e picciottedda
chi campunu nto sgarru nta paranza,
sarannu i muttetusi d i cutedda,
i picciotteddi i cori e d a crianza!
E cchi dda via, mentri cangiu strata,
ncuntru nu luppinaru, i so luppina
jastima, e a fami, a sorta nnaracata:
no ndi vindi un turnisi i stamatina.
159
Cchi ssupra, nta nu bassu lluminatu,
nu barcuneddu viu spalancari
e na fgghiola cu na vecchia a llatu
mi chiama: pis, pis, vo nchianari?.
Versione italiana*
LE NOTTI
notte, rincaso, tutto intorpidito / c un freddo che ti fa rabbri-
vidire, / incontro qualcuno incappucciato / e non vedo pi anima
viva camminare. // Buttato sulluscio di una bettola / sopra uno
scalino rustico dorme un bastardello / e camminando ancora / ne
vedo un altro e penso poverino!. // Mamma mia quanti ragaz-
zi, in questi palazzi / che dormono contenti e al caldo; / per que-
sti altri invece i materassi sono la pietra / gli scalini dei porticati.
// Non hanno la mamma che prima di addormentarsi, / li baci
sulla fronte accarezzandoli, / per un pezzo di pane raccolgono
un pugno di mozziconi per strada. // Mamma, chi saranno questi
ragazzi, / senza una casa, una madre, pane e Dio? / saranno un
giorno i ladri e i furfanti che la societ stessa si cresce! // Saran-
no i futuri camorristi e i picciotti / che vivranno di sgarro nella
malavita, / saranno i vanitosi dei coltelli, / i picciotti infessibili
del rispetto! // Pi in l per la via, mentre cambio strada / incon-
tro un lupinaio, che bestemmia i suoi lupini, la fame e la mala
sorte: / non ha visto un soldo da questa mattina. // In alto, da un
luogo illuminato, / vedo spalancare un balcone, e una ragazza
con una vecchia al lato, / mi fa: pis, pis, vuoi salire?.
* La traduzione delle poesie a cura di Alessia Antonucci e Michele Borrelli.
160
Testo 2
PICCIOttEDDU
U fciru a Carmelu picciotteddu,
nta paranza da picciottera,
diciunu cu rrasolu e lu cuteddu,
Madonna santa, comu lu mania.
Cu ddi cazuni ianchi ncampanati,
cu ddu cappeddu a storta e sangu i Liu,
e ccu dda rrisatedda sgalapata,
va sapi fari a parti di schifu.
E stu fgghiolu cu llaiva a ddiri,
chi mma facia chista rrinisciuta,
e tantu saggiu volarria pariri,
ambeci sddifnta, carni vinduta.
Ch bruttu u mundu, comaddifntau!
sunnu i piccati, cumparuzzu beddu,
sunnu i piccati e Diu sasdignau,
Malachiara, vinni lu sfraceddu!
Versione italiana
PICCIOTTELLO
Fecero di Carmelo un picciotto, / e allinterno della picciottera,
/ si meravigliano per come sia bravo / nel maneggiare i coltelli
e il rasoio. // Con i pantaloni bianchi a zampa delefante, / Ma-
donna Mia con il cappello al contrario, / e con quella risatina
sguaiata, / fa la parte dello spaccone. // E chi doveva dirlo che
questo ragazzo, / sarebbe diventato cos, / voleva sembrare tanto
saggio, / invece diventato carne venduta. // Come brutto il
mondo, cosa diventato! / sono stati i peccati, compare bello,
/ sono stati i peccati e Dio sindign, / Mamma mia, verr il
fnimondo!
161
Testo 3
MALA VItA
notti, e nta dda casa i ddi nflici
nci sunnu ricugghiuti i picciottedda,
unu jastima, nautru binirici,
e nnatri ddui tirunu i cutedda.
Unu a Tiresa sapi chi nci dici,
e nautru basciula a Carmeledda,
unu si mangia un nzordu i pani e llici,
e nn autru canta na canzuna bedda
Ma, ammenz a chisti quattru, nc esti Ndria,
u capu muttettusu, malandrinu,
chesti u rrispettu d a picciottera;
Si jaza, scjogghi, stringi la curria,
si mbivi sana n a buttigghja i vinu,
cchiapp a catarr e mani e cantulia:
Su d a paranza, sugnu camurrista,
e sugnu u cchi balenti malandrinu,
aundi u peri me faci n a pista,
a terra trema, trem a terra anzinu.
N o fazzu no, no dico no pi vantu,
ma no nzi menti nuddu avanti a mia,
si beni carchidunu, nd avi schiantu
quantu nci fazzu na superchiara.
Dda botta a ddritta, dda scagghjate manu
mi fci fare bona numinata,
ddu giru di rrasolu a menzu o a ssanu,
a parti di schifu p rrasolata.
O picciotteddi i sgarru, o picciotteddi,
162
chaviti lanuranza sta matina,
a scola d i rrasola e d i cuteddi
vambizza cca, sta manu malandrina.
Ye sintiti sugnu camurrista,
e sugnu u cchi valenti malandrinu,
aundi u peri me faci na pista,
a terra trema trem a terra anzinu!
Versione italiana
MALAVITA
notte, e nella casa dei miseri / si sono radunati i picciotti, / uno
bestemmia, laltro benedice, / e altri due tirano i coltelli. // Luno
sa cosa dire a Teresa, / laltro corteggia Carmelina, / uno mangia
un pezzo di pane e alici, / e un altro canta una bella canzone //
Ma tra questi quattro c Ndria, / il capo vanitoso, malandrino, /
che incarna il rispetto della picciottera; // Si alza, slaccia, stringe
la cintura, / beve una bottiglia intera di vino, / prende la chitarra
in mano e canticchia: // Sono un malavitoso, sono camorrista, /
e sono il pi valoroso dei malandrini / dove metto piede lascio
il segno, / la terra trema, persino la terra trema. // Non lo dico
tanto per vantarmi, / ma nessuno mi si mette davanti, / poich
chiunque conosce lo spavento se ricorro alla violenza. // Il colpo
dritto, la fnta / mi crearono una bella fama, / quel roteare del
rasoio per met o la simulazione il preannuncio, / fatto di di-
sprezzo, dellaffondo fnale. // O picciotti di sgarro, o picciotti,
/ che avete lonore di essere questa mattina a scuola dei coltelli
e dei rasoi, / provate a colpire questa mano malandrina. // Ye...
ascoltate... sono camorrista, / e sono il malandrino pi valoroso,
/ dove metto un piede lascio il segno, / la terra trema, persino la
terra trema!
163
Aiuto alla lettura
Nel 1894 Giovanni De Nava compone una poesia in cui, per la
prima volta, si parla di picciotteria, un termine che fno ad allora
aveva fatto capolino solo nelle aule giudiziarie. Dopo De Nava,
questa defnizione verr utilizzata da molti saggisti, tra cui Lori,
Taruff e De Nobili nel loro libro sullemigrazione in Calabria
1
e
Morselli e De Sanctis nella loro biografa sul bandito Giuseppe
Musolino
2
. Picciotteria anche il titolo di un saggio scritto da
Luigi Ferraioli nel 1900
3
.
La raccolta di poesie del De Nava, noto anche per le sue col-
laborazioni con lAvanti, il quotidiano del Partito socialista
italiano (PSI), e lAsino, la rivista di satira politica fondata da
Guido Podrecca, sintitola Sintiti genti
Dalle poesie del De Nava, viene fuori una criminalit straccio-
na, fglia del degrado socio-economico, delle classi diseredate e
del disagio ambientale. La descrizione dei pic ciotti sembra richia-
mare il dettaglio secentesco del ciuffo, alla maniera dei bravi di
man zo niana memoria e insieme lo scorcio fgurativo del cappel-
laccio poggiato di traverso di inequivocabile stampo mafoso.
Nel 1890, quattro anni prima della pubblicazione di questa rac-
colta di poesie, il Tribunale di Reggio Calabria (Guerritore presi-
dente, Prestipino e Manferoce a latere) aveva condannato 32 per-
sone di et compresa tra 17 e 42 anni, accusati di associazione per
delinquere. Spul ciando lelenco degli imputati, si nota che quasi
tutti avevano unoccupazione: nove di essi erano calzolai, due
fabbro-ferrai, due chincaglieri, due falegnami, due sarti, uno era
proprietario di beni, un altro era macellaio. Poi cerano un com-
merciante, un negoziante, un orefce, uno stagnaio, un fornaio,
1
D. Taruff, L. De Nobili, C. Lori, La questione agraria e lemigrazione in Cala-
bria, prefazione di P. Villari, Firenze, Barbera, 1908, pp. 858-859.
2
E. Morselli, S. De Sanctis, Biografa di un bandito, Giuseppe Musolino di fronte
alla psichiatria e alla sociologia, Milano, Treves, 1903, p. 216.
3
L. Ferraioli, Picciotteria, Monteleone, 1900.
164
uno scopaio, un imbianchino, un fruttivendolo, un mat tonaio, un
facchino, un ebanista. Ed infne, nellelenco dei condannati, f-
gurano an che uno studente e un nullatenente, o impossidente,
come si diceva allora
4
. Lasso ciazione, defnita dei picciotti e dei
malandrini, speculava sui piccoli vizi e sui poveri consumi dei
lavoratori, imponendo stili di vita e di malavita, di prepotenza
e di interme diazione parassitaria, soprattutto nelle bettole e nei
lupanari.
Dopo le cause, De Nava prende in esame anche gli effetti della
picciotteria. Nella poesia intitolata Picciotteddu, il protagonista
viene descritto come un giovane dalla sorte segnata destinato a
diventare carne da macello. una picciotteria vinaria
5
, come la
def ni sce effcacemente Pasquino Crupi, legata alle bettole e ai
postriboli, spavalda e spac cona, desiderosa di bruciare in fretta le
tappe della promozione sociale.
Di contro, in un processo alla picciotteria di Calanna nel 1905,
i giudici riferendosi ad un calzolaio imputato di associazione a
delinquere, cos scrivono: Sebbene persona in buona condi zio-
ne fnanziaria purtuttavia viveva in mezzo alla picciotteria, e ci
per dominare ed imporsi e vedersi rispettato
6
.
Nella poesia intitolata Mala-vita
7
, De Nava, infne, si soffer-
ma su un capobastone spocchioso, di quelli che si annacavano,
cio camminavano con un incedere dondolante che tradiva fe-
rezza e superbia. Era un modo, come un altro, per farsi notare, un
atteggia mento che rifette i tratti della picciotteria, unorganizza-
zione segreta, di cui tutti per devono conoscere lesistenza. La
picciotteria, come scrivono i magistrati del tempo, era una sorta
4
A. Nicaso, op. cit., pp. 51-52.
5
P. Crupi, Anomalia selvaggia, camorra, mafa, picciotteria e ndrangheta nella
letteratura calabrese del Novecento, Palermo, Sellerio, 1992, p. 42.
6
ASCZ, Corte di Appello delle Calabrie, Sebastiano Rizzuto +18, v. 413, 4 aprile
1905.
7
G. De Nava, Mala-vita, in Sentiti genti, cit., pp. 11-12.
165
8
E. Ciconte, Ndrangheta, DallUnit a oggi, Bari, Editori Laterza, 1992, p. 95.
di potere visibile, riconosciuto non solo dagli associati che rispet-
tavano le rego le imposte dai codici e dalle gerarchie interne, ma
anche da chi associato non era ma ne subiva le manifestazioni e le
conseguenze pi dirette e immediate. Nello stesso tempo pe r era
anche un potere invisibile perch non riconosciuto uffcialmen-
te, negato dai diretti interessati nei tribunali. In alcune sentenze,
i giudici fanno notare proprio lapparente contraddi zio ne degli
imputati che mentre menavano pubblico vanto di appartenere alla
picciotteria, negavano poi questa circostanza in fase di interroga-
torio.
C, insomma, incongruenza tra la realt che emerge dai pro-
cessi e quella raccontata dal De Nava.
Scrive Enzo Ciconte
8
: Unopinione, largamente diffusa, ha
sempre considerato la ndran gheta come un fenomeno legato a
una societ arretrata, marginale, contadina. Se con do tale inter-
pretazione la ndrangheta agisce entro un mondo agropastorale
rinchiuso e rinserrato tra inaccessibili montagne. La rappresenta-
zione massima di tale opinione costituita dallimmagine che nel
tempo si avuta dellAspromonte. Cos, in parte, nato il mito
di una ndrangheta espressione di un mondo in declino, fattore di
mediazione e di controllo sociale, una forma meno brutale e meno
clamorosa di brigantaggio, rappre sentazione, tutto sommato, di
una particolare devianza criminale a mala pena mitigata dalla cul-
tura dellonore e del rispetto. Un fenomeno, quindi, poco interes-
sante sul piano sociale, poco infuente sul piano politico, neppure
caratterizzato da delitti particolarmente signifcativi, sicuramente
meno vistoso rispetto alla mafa siciliana e meno diffuso rispetto
alla camorra napoletana.
In realt, la ndrangheta non si ferma alle pendici dellAspro-
monte e non il frutto di un defcit di controllo, di socializzazione
e di opportunit. Va oltre lAspromonte, diffonden dosi nei centri
pi importanti, come Reggio Calabria, Crotone, Catanzaro, Vibo
Valentia, Nicastro e Cosenza, ma anche nei centri meno grandi,
ma comunque vivaci dal punto di vista economico.
166
Scheda dellAutore
FRANCESCO PERRI
(Careri [Reggio Calabria] 1885-Pavia 1974)
testimone e protagonista di molti importanti avvenimenti del Novecento.
Tra il 1921 e il 1922 assiste alle lotte sociali in Lomellina (Pianura Padana).
Nel 1924 pubblica il romanzo I conquistatori, frmato con lo pseudonimo
di Paolo Albatrelli, sequestrato nel 1925 per il carattere antifascista. Oppo-
sitore del regime, tuttavia non condivide limpegno del proletariato perch
ha unidea statica del mondo e della societ del tempo e considera lo
stato liberale come un organismo capace di dar vita ad una camorra or-
ganizzata. La sola possibilit per la massa di elevarsi , secondo Perri, il
canto damore. Analizza nei suoi scritti anche la societ del dopoguerra
e, se prima del confitto bellico, il contadino paragonato ad una bestia da
soma, successivamente lo scrittore coglie la delusione e limpotenza del-
luomo di fronte ad un mondo che esclude sempre e comunque i pi deboli.
Se in Lamante di zia Amalietta il destino a dominare su cose e persone, in
Emigranti il dramma della sua terra che diventa protagonista.
Opere: La rapsodia di Caporetto (1919); I conquistatori (1924 - 2 ed.
167
1925); Emigranti (1928); Il discepolo ignoto (1940); Lamante di zia Amaliet-
ta (1958).
Testo
[La vendetta oramai non spettava a loro]
9
[Di Rosa] non volevano avere pi notizie. La vendetta oramai non
spettava a loro: quella aveva il marito, al quale essi lavevano conse-
gnata come un fore. Ci pensasse lui. Per conto loro la cancellavano
anche dalla loro memoria, e se anche fosse morta, essi non in tendevano
esserne informati.
E siccome anche sulla condotta di mastro Genio correvano nellele-
mento degli emigranti delle notizie poco simpatiche, Pietro si rec dal
cognato, un po per accertarsi di persona della consistenza delle dicerie
che lo riguardavano, un po per incitarlo a ritornare in Italia e punire la
colpevole.
Lo trov in una specie di locanda tenuta da una calabrese attempata,
di Catanzaro; una di quelle locande-ristoranti che gli emigranti chiama-
no storo, dove si d da mangiare e da dor mire ai lavoratori italiani. Era
diventato grasso come un cappone nella stia, con la faccia ripugnante
del fannullone. In principio vi si era impiegato come cameriere, poi era
diventato lamante della padrona, che lo teneva da conto come il verme
nel formaggio. La sola sua occupazione era quella di strimpellare la
chitarra per far divertire gli avventori, e accompagnare le loro canzoni.
Difatti Pietro lo trov seduto dietro il banco, accanto alla padrona:
suonava e cantic chiava. Lo storo era in una specie di baraccamento, con
un salone pieno di piccoli tavoli di ferro, e qualcuno di marmo. I tavoli
in parte erano occupati da operai che bevevano bir ra: qualcuno anche
mangiava. La padrona, una donna sui cinquantanni, energica, bru na,
con un viso angoloso e sparso di piccole macchioline scure, simili a
quelle chiazze di licheni che si formano sui sassi esposti allumidit, le
mani magre darpia, segnate da gros se vene violette, carica doro al col-
lo e ai polsi come una regina barbara, lo ascoltava con unaria accorata
9
F. Perri, Emigranti, Milano, Mondadori, 1928, pp. 164-167.
168
e insieme contegnosa.
Quando mastro Genio lo vide entrare, tent dissimulare il disappun-
to che gli procurava quella visita. Si alz, gli tese la mano e lo accom-
pagn a un tavolinetto di marmo in un angolo.
Siedi gli disse. Poi and al banco, depose in un angolo la chi-
tarra, e ritorn al tavolo dovera Pietro con una bottiglia di birra e due
bicchieri.
Pietro rifut il bere, e cominci a parlare al cognato di quanto linte-
ressava, col suo cipi glio duro e ingenuo di ragazzone che prende tutto sul
tragico. Infne lo invit senzaltro a ritornare in Italia e a fare le sue ven-
dette senza piet. Se non aveva i denari per il viaggio glieli avrebbe dati
lui. Mastro Genio tentenn un po il capo, poi rispose seccamente che lui
stava troppo bene dove si trovava, e che non aveva nessuna intenzione di
ritornare in Italia, dove non aveva lasciato nessun feudo da sfruttare.
Hai lasciato mia sorella che tua moglie fece Pietro stringendo
le mascelle, come se aves se voluto stritolarlo dentro. Cosa intendi
fare di mia sorella?
Tua sorella? non so cosa farmene.
Ma noi te labbiamo data con lonore
Si vede il bel genere che mi avete dato! Me lavete data per una
notte, mi sono servito: ve la restituisco.
Pietro che era gonfo dira, per averlo trovato grasso e tranquillo,
nonostante latroce offesa ricevuta, non vide pi dagli occhi. Afferr
con le sue enormi mani la lastra di mar mo del tavolino rovesciando bot-
tiglia e bicchieri, e lo avrebbe certamente fnito se un nugolo di operai
presenti, attratti dalle grida della padrona, non lo avessero accerchiato
e disarmato.
La padrona strillava come unaquila: Accorrete, la polizia, chia-
mate i pulisi Assassi no
Si produsse un tramesto dinferno.
Miserabile! ruggiva Pietro divincolandosi come un gigante, con
degli scossoni che facevano rotolare due operai per volta sul pavimen-
to. Miserabile! di mia sorella dici di essertene servito? che forse era
venuta dalla ruota come te, che non sai neppure di chi sei fglio?
Mastro Genio, bianco come un cencio di bucato, tremante, con le
labbra livide dalla paura, si asciugava la fronte, madida di sudor freddo,
169
e si nascondeva dietro un gruppo di operai, come un bimbo davanti a un
mastino che ringhi minaccioso.
Che c, cos stato? domandarono gli emigranti che non cono-
scevano la cagione della rissa.
Niente niente faceva Pietro soffando come un toro la-
sciate che gli torca il collo a quel miserabile che gli mangi il cuore.
Uno dei presenti, molto robusto, con un aspetto da bravaccio, si
avvicin e prese Pietro per i lembi della giacca sul petto.
Paesano, gli sussurr scuotendolo parlate con me. Lo storo
sotto la mia pro tezione poi pronunci alcune parole del gergo ca-
morristico che Pietro non compre se.
Io non vi conosco, rispose il giovane allontanandosi e non
intendo conoscervi. Anzi se mi rivolgete ancora la parola vi pianto un
pugno nello stomaco che ve lo sfondo.
Lascialo stare, gridavano gli operai da ogni parte ha ragione,
per Dio, si tratta di sua so rella Venite, paesano, andiamo fuori, rac-
contateci; vi aiuteremo noi a vendicarvi.
E lo trascinarono fuori, mentre mastro Genio, spinto per le spalle
dalla padrona dello storo, piagnucolante, si nascondeva in cucina.
170
Aiuto alla lettura
Nel 1928, Francesco Perri (1885-1974) pubblica Emigranti,
un libro nel quale lo scrittore di Careri pi che di ndrangheta
parla di quella legge non scritta che imponeva agli uomini di farsi
giustizia per difendere il proprio onore.
Il romanzo ambientato in Calabria. Rosa, una delle due fglie
di Rocco Blefari, aveva tradito il marito, mastro Genio, emigrato
negli Stati Uniti. Il padre la maledice, ma non lammazza. Pietro,
il fratello di Rosa, va a trovare il cognato, il quale, nel frattempo,
era diventato lamante di una calabrese attempata di Catanzaro,
proprietaria di unosteria. Lo invita a tornare al paese per lavare
nel sangue lonore macchiato, ma riceve solo in sulti. Si vede
il bel genere che mi avete dato, dice, riferendosi alla moglie.
Me lavete data per una notte, mi sono servito: ve la restituisco.
Mastro Genio non pi un uomo. Merita una lezione e Pietro gli
si scaglia contro. E qui che la ndrangheta diventa ricono scibile.
Uno dei presenti prende Pietro per i lembi della giacca: Paesa-
no gli sussurra scuotendolo parlate con me. Lo storo [loste-
ria, in italiese] sotto la mia protezione. Pie tro non comprende,
cos come lautore del libro. Per entrambi la ndrangheta pi che
unassociazione criminale un modo di pensare, un comporta-
mento, un quid indefnito ed indefnibile.
In questo romanzo di Perri, la cultura mafosa si intreccia
con quella folclorica che assegna allonore e al senso del lonore
unimportanza notevole nella gerarchia dei valori della mentalit
contadina.
Lonore annota Pino Arlacchi
10
lunit di misura del
valore di una persona, di una famiglia e si accompagna ad una
particolare simbologia che ha profondissime radici nelle strutture
10
P. Arlacchi, La mafa imprenditrice, Bologna, Il Mulino, 1983, p. 23.
11
P. Crupi, op. cit., p. 58.
171
mentali di intere comunit.
Spiega Crupi
11
: Luomo, dentro il sistema morale contadino
che ha la sua chiave di volta nellonore, una grande passivit.
Acquista lonore senza premio e lo perde senza colpa. onorato
se la donna, che gli appartiene onorata, disonorato se la donna,
che gli ap par tiene, disonorata. [] Il disonore, che colpisce luo-
mo, a differenza di quello della donna, ha la durata effmera del
tempo utilmente necessario alla consumazione della vendetta.
Uno dei requisiti fondamentali per lappartenenza alla ndran-
gheta proprio quello di es sere un uomo onorato e di essere in
grado, alla bisogna, di difendere il proprio onore. Per questo non
tutti possono far parte dellonorata societ, non a tutti dato di
partecipare ad unassociazione che, sotto questo aspetto, appare
come una societ delite che sceglie e seleziona i suoi membri.
Il concetto di onore strettamente connesso a quello di posses-
so e di dominio. Nel pic ciotto esso innanzitutto riposto nella
inalienabilit dei beni che egli riuscito a pro curarsi o che gli de-
rivano da fonti naturali. Al primo posto la donna: moglie, fglia,
so rella, madre, amante. Su di loro esso ha un diritto esclusivo, di
vita e di morte
12
. Emerge un concetto, esasperato ed estremo, di
dominio sulla donna, considerata, per diritto na turale, esclusiva
propriet privata delluomo. In una societ contadina, nella quale
luomo nasceva in profondissima miseria e abiezione sen-
za diritti e senza propriet, lunico di ritto che poteva esercitare
e lunica propriet che poteva rivendicare erano quelli ri cadenti
sulle proprie donne. Lonorata societ assume questa concezione
e la mette a fon damento del suo comportamento e dei suoi giu-
dizi.
12
S. Gambino, La mafa in Calabria, Reggio Calabria, Edizioni Parallelo 38, 1975,
pp. 57-58.
172
Scheda dellAutore
NATALINO LANUCARA
(Reggio Calabria 1916-1967)
Laureatosi in lettere a Messina, sotto la guida di Ettore Paratore e Ludovi-
co Perroni-Grande, Natalino Lanucara inizia la sua carriera di insegnante
nel 1937 presso lIstituto Magistrale Tommaso Gulli di Reggio Calabria.
Appassionato cultore di musica collabora con varie riviste quali Realismo
lirico, LAirone, Brutium, Scrittori calabresi, La Lyra, Il lette-
rato e, nello stesso periodo, viene nominato redattore di Bottega dei quat-
tro e direttore dellEco del mondo. Nel 1939 pubblica Fior di bosco, un
testo poetico nel quale ricalca le formule metrico-sintattiche del Carducci.
Si dedica, dopo la seconda guerra mondiale, alla versifcazione, da un lato,
e, dallaltro, allesame della poesia neoumanistica. preciso flologo e acu-
to interprete del verso di molti autori italiani. Sotto lo pseudonimo di Ivon
Lstz pubblica Larca di tirncola, racconto nel quale al tono comico
si alterna il linguaggio vivo del dettato quotidiano. Con Citt delle Cor-
ti Lanucara raggiunge alte vette lirico-descrittive e analitiche. Il romanzo
si impone nella letteratura italiana per lampia e dettagliata rifessione sul
tema mafoso, che nasce dallosservazione-esame del reale fenomeno ma-
foso e dei suoi tragici aggettivi.
Opere: Fior di bosco (1939); Voci ne letere (1940); Varilia ad Fretum
173
(1944); Larca di tirncola (1945); Poetica e poesia di Diego Vitrioli (1946);
Pascoli in Sofa (1947); Citt delle Corti (1949 - 2 ed. 1950 - 3 ed. 2006).
Testo
Citt delle Corti
La Banda degli Americani non aveva ancora visitato uffcialmente
il capo trib del laccampamento degli zingari attestati a nord di Corte
Bufala. Non aveva fatto visita per ch i maggiorenti degli Americani
si erano recati nella Valle di Polsi, alla grande Assi se della Mafa.
In mancanza di Padron Gustino, che svernava in casanza, erano ve-
nuti a Polsi: Russu vo tacessi, Andrini e Papaserpi. Erano partiti senza
alcun apparato di forza e ciascheduno portava un settesoldi e un vecchio
fucile ad avancarica. Il fucile di Papaserpi era un vecchio trombone.
Egli lo portava con s ogni volta che valicava lAspromonte. Credeva
ci un segno di onore e di distinzione e gli ricordava i tempi della sua
prima giovinezza quan do aveva avuto la buona sorte di proteggere le
accorte mosse del Brigante Musolino braccato dalla forza pubblica.
NellAssise di Polsi egli portava con s il vecchio trombone e, per
esso, aveva il posto donore. Tutti sapevano che in un anfratto Papaser-
pi aveva saputo vigilare sui sonni del Brigante durante le battute che
egli faceva per vendicarsi dei suoi nemici, dopo la fuga romanzesca dal
carcere di Gerace.
A quei tempi, quando Papaserpi ebbe notizia che i migni avevano
incastagnato ancora una volta il Brigante, nellurbinate, prov gran do-
lore. Si un ad altri compaesani e si rec in America dove trov acco-
glienza tra i gangster. Egli aveva raggiunto la sua meta. Non era venuto
nelle Americhe per lavorare, come avevano fatto gli altri del suo paese,
che ritornavano col gruzzolo e vivevano poi tranquillamente in un pic-
colo podere. Aveva voluto portare il saluto del Brigante a coloro che
ormai lo attendevano invano.
Forse portava con s una missione segreta.
Avuta notizia della strage immane disseminata dal movimento tel-
lurico era rientrato a Citt delle Corti e viveva nel rispetto dei compagni
donore. Per i suoi capi daccusa egli occupava uno dei posti pi segna-
lati nelle Assise di Polsi.
174
Qualche giorno prima di partire i tre erano venuti dal Brigadiere.
Avanti, avanti, aveva detto il Brigadiere ors venite avanti.
Oh, che bella compagnia!
Cos disse: Che bella compagnia; ma voleva dire tante cose.
Parl Russu votacessi. Disse:
Brigadiere vi portiamo il nostro rispetto.
Grazie rispose il Brigadiere oh, mi giova!
Vi giova di pi di quello dei nostri nemici incalz Russu.
Nemici? Nemici? Voi avreste dunque dei nemici?
Brigadiere, voi sapete di chi parliamo.
Oh, no certamente! incalz il Brigadiere il quale si aspettava la
visita che gli era fatta ogni anno, in quel periodo.
Brigadiere disse con fare semiserio Russo io un giorno o lal-
tro vi far un regalo.
Troppo gentile, ma regali io non ne accetto.
Quella volta lo prenderete. Preparate una boccetta di spirito. Pre-
sto vi regaler un orecchio e sar quello di un traditore. C uno che
sente troppo e parla troppo. Forse vi man der anche una lingua.
Il Brigadiere rise. Aveva capito che la Banda degli Americani ricer-
cava il suo infor matore e fece fnta di non intendere.
Ma no, caro Russo. Quando ti sarai stancato di essere libero non ci
sar bisogno che tu vada a mozzare le orecchie al tuo prossimo: verrai
da me e mi dirai: Brigadiere sono stanco di trovarmi sempre in giro
senza fare niente. Voglio ritirarmi un p e stare in meditazione. Ti as-
sicuro che ti spalancher le porte e sarai accontentato.
E qui risero tutti come se quel discorso fosse stato un divagamento
tra buoni amici.
Che volete, dunque, da me chiese il Brigadiere.
Quel solito permesso per Polsi. C la festa alla montagna e noi
si va per devozione. Mettete un po di nero sul bianco. Scrivete: Tizio,
Caio e e laltro vanno a Polsi e portano il fucile: la Questura pu
rilasciare il nulla osta.
Vi basta un fucile disse il Brigadiere. Sparerete le salve con
un fucile solo.
No, Brigadiere interruppe Papaserpi voi sapete che io por-
to con me il trombone che aveva mio nonno quando combatt con i
175
picciotti di Garibaldi. Lo porto ogni anno per devozione ai piedi della
Madonna della Montagna.
Papaserpi mentiva e lo sapevano tutti. Anche il Brigadiere lo sapeva.
E va bene! esclam il Brigadiere porta pure il tuo fucile a
Polsi. Tu vivi troppo di nostalgie.
Brigadiere! esclam con tono risentito Papaserpi.
Ah, quello Andrini.
A servirla, Brigadiere.
Come mai questanno tu a Polsi?
Mancava Padron Gustino e allora gli amici mi hanno invitato a
tenere un p di compagnia
Cosicch, tu sostituisci Padron Gustino? chiese con interesse il
Brigadiere.
Brigadiere, rispose Andrini voi parlate diffcile. Voi sapete
leggere e scrivere e io no. Come volete che vi risponda qui!
Ah! Ah! Ah! rideva il Brigadiere e voleva con quel suo sorriso
dare incoraggiamento ai tre.
State attenti con codesti cacafco disse ora il Brigadiere che
non vi accada una disgrazia come quella di Gustino. Il permesso che io
vi d serve per sparare le salve in onore della Vergine della Montagna.
Lupi niente, veh!
E rise ancora una volta. Rise sguaiatamente.
Che disgrazia successa a Padron Gustino, chiese con dire su-
perbo Russu votacessi che disgrazia?
Ol, fatemi ora i tonti! E quel pastore chi lha ucciso a Valln Bui.
Chi lha ucciso? Sono stato forse io?
Non lo sappiamo n noi n voi n Padron Gustino!
No, no, Gustino lo sa e da buon fgliolo me lo ha confessato.
S, con lo scarabeo che gli rodeva lombelico
Storie, storie interruppe il Brigadiere. Io glielo ho chiesto e lui
me lha confdato. Meglio cos. Dimostrer che stato un accidente e
torner a casa. Meglio cos.
Brigadiere, disse in tono conclusivo Russu datemi codesta car-
ta e ce ne andiamo. Quando poi vorrete sapere chi ha ucciso il pastore
di Valln Bui, una volta tanto vi indicheremo noi la persona che potr
informarvi sul punto e sulla virgola! A servirvi, Brigadiere, e grazie
176
tante.
Il Brigadiere pens ora che gli Americani erano sulla traccia del
suo informatore e decise di avvertirlo che si tenesse lontano per un certo
tempo, per non essere ravvisato.
La carovana alla quale si unirono gli Americani era composta di
sei uomini e una cavalcatura. Cammin per due giorni e una notte. Du-
rante la notte ci fu una sosta allaccampamento dei Piani e poi, partenza
ancora di buon mattino. Prima di giungere al Montalto, Papaserpi pieg
il ginocchio destro, si lev il cappello e stette afferrato con ambedue le
mani alla corta canna del trombone che poggiava il calcio a terra. Egli
guar dava, con animo commosso, il rincorrersi delle montagne e delle
vallate e ricordava i gior ni della sua gloria. Papaserpi si commuoveva
come un bambino quando ritornava tra i suoi monti e i suoi boschi. Una
voce gli sussurrava dolcemente: Fermati Papaserpi, non seguire la via
degli altri. Fermati: ora verr il Brigante. stanco il Brigante, sai, e ha
bisogno di riposo. Chi potr vigilare sui suoi sonni? Fermati, Papaserpi.
Ce lhai il tuo trombone?
Papaserpi accarezzava la canna del suo vecchio fucile e rispondeva:
qui, non lo vedi? E la voce gli ripeteva: Fermati, dunque, che
verr il Brigante e tu lo proteggerai!
Io mi commuovo davanti a questo spettacolo che ha un richiamo
nelle sue verdi foreste si giustifc Papaserpi con gli amici che lo at-
tenevano. Egli non disse di quella voce che gli sonava insistentemente
dentro: Fermati, Papaserpi, che ora verr il Brigante
Eppure disse ancora Papaserpi fnir che regaler alla Vergine
di Polsi questo mio trombone.
Ma non disse perch volesse fare quel voto.
I suoi amici non risposero. Non volevano che alla Vergine di Polsi si
promettessero degli oggetti che poi non potevano esserle dati. Gli amici
sapevano che Papaserpi non poteva privarsi di una cosa tanta cara che
era la sua vita stessa, ogni suo vanto e decoro.
Nellanfteatro di Polsi era un continuo rimbombo degli spari voti-
vi, e i fuochi dei bivacchi costellavano le pareti della montagna, preci-
pitanti arditamente gi gi sino al fume vicino alle cui scaturigini era il
Santuario. I tre pellegrini di Corte Bufala portarono i loro omaggi alla
Vergine del Santuario e diedero delle somme di denaro. Salirono su per
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la rampa che conduceva al piano di sopra. L il balcone correva intorno
al cortile interno delledifcio. Visitarono il padre guardiano che racco-
glieva e annotava le somme. Dallo stazzo improvvisato accogliente gli
animali offerti in dono un tanfo di bestiame urgeva prepotentemente
sulla leggera aria montanina e offendeva lolfatto.
Padre, vi bacio le mani disse Papaserpi.
Ben tornati, fglioli. Che portate? chiese il guardiano guardan-
do al di sopra degli occhiali e tenendo pronta la penna per trascrivere
lelenco degli oggetti votivi e le somme consegnate.
Una somma per la Vergine della Montagna. Anche a nome di Padron
Gustino che questanno non con noi a causa di un vile tradimento.
Il guardiano alz gli occhi ancora una volta al di sopra degli occhia-
li quasi ad accertarsi dellassenza di Padron Gustino che ogni anno gli
aveva fatto lofferta.
Va bene, fglioli disse il guardiano, e continu ad annotare sul
suo quaderno.
Papaserpi ancora non aveva saputo donare il trombone. Nel suo ani-
mo si agitava una tempesta di passioni.
Durante la matura notte, mentre si levava il suono delle zampogne
e nei bivacchi guizzavano arditamente le famme, lontano dagli occhi
indiscreti, in una breve radura circondata da alti alberi di castagno la
mafa aveva inaugurato la grande Assise. Guidava i lavori Archilu del
Jonio il quale vantava la pi ricca corona di capi daccusa. Tutti gli
intervenuti sedevano su tronchi dalbero disposti in pi fle e a ferro di
cavallo. I lavori della prima notte furono dedicate a varie discussioni
e fu rimandata alla notte seguente la cerimonia che serviva a rialzare i
nuovi picciotti. Alla destra di Archilu cera Papaserpi col suo trombo-
ne. Ben presto si parl anche di Padron Gustino.
Parl Archilu e disse:
Questonorato consesso privo di una persona tra le pi degne e
meritevoli. Fino allo scorso anno, Padron Gustino di Corte Bufala ha
onorato con la sua presenza questa nostra alta riunione e ha portato la
voce della sua saggezza. Questanno egli assente perch si trova in
casanza. Lasciamo parlare Russu, sottocapo di Corte Bufala.
Ringrazio il capo che mi consente di portare il saluto della Ban-
da degli Americani in questo nobile consesso disse Russu in piedi.
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La mia parola di uomo donore e la presenza di due persone degne
di rispetto, Andrini e Papaserpi, fanno fede della mia accusa. Padron
Gustino non qui tra noi perch stato tradito vigliaccamente da uno
spergiuro che abbiamo individuato. La nostra banda sera riunita e vo-
leva condannarlo; ma in vista della nobile riunione di Polsi ha meglio
deciso di far pronunciare questo nobile consesso. Io ho parlato.
La parola al compagno Papaserpi.
La mia indignazione pari al disprezzo che provo per il traditore.
La nostra banda voleva lavare lonta ricevuta disse Papaserpi senza
levarsi in piedi e tenendo il trombone tra le gambe. Egli accarezzava
lentamente la corta canna.
Chi altro vuol parlare? interrog Archilu.
Nessuno chiese la parola e bast uno sguardo perch tutti mostrasse-
ro di essere uniti in una tacita intesa. Dopo un attimo di silenzio si lev
solenne una voce. Era Archilu che sentenziava. Egli disse: I traditori e
i fedifraghi meritano la morte perch sono disprez zati da Dio. Io chiedo,
in nome dei nostri compagni donore, presenti e assenti, che il nostro
diletto sottocapo di Corte Bufala, Russu, dica qui il nome del traditore.
Russu votacessi si lev in piedi e disse:
Bsilu; Bsilu che ha la Bettola del Gatto. Noi lo abbiamo sem-
pre onorato della nostra alta protezione. Ora s lasciato infnocchiare
dal Brigadiere e ci tradisce. Chiedo per Bsilu del Gatto la condanna a
morte.
Russu tir il suo settesoldi e lo piant in un tronco che era davan-
ti ad Archilu, capo dellAssise di Polsi. Tutti portarono il braccio in
avanti verso il simbolo del coltello immerso nel corpo del vile e dissero
solennemente, con una voce che non aveva nessun colore: A morte.
Con le prime luci dellalba lAssise rinvi i lavori alla notte
seguente.
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Aiuto alla lettura
Natalino Lanucara (1916-1967) il capostipite della narrativa
che affronta anche il tema della mafa. Il suo romanzo Citt del-
le Corti, pubblicato nel 1949, precede Il Giorno del la civetta di
Leonardo Sciascia (1961), La Famiglia Montalbano di Saverio
Moltal to (1973) e Il Selvaggio di Santa Ve ne re di Saverio Strati
(1977).
La storia ambientata a Reggio Calabria dopo il ter re moto del
1908. In questa citt di case improvvisate che ospitano unuma-
nit varie gata e sfduciata, la ndrangheta ha il vol to della Banda
degli Americani, ex emigrati che ol treoceano avevano metabo-
lizzato for me di evoluzione gangsteristica
13
.
Padron Gustino, il capobastone, era fnito in carcere per colpa
di un delatore. Per vendicarsi di questo affronto e per ottenere
lavallo degli altri capibastone, la Banda degli Americani si reca
al summit di Polsi. Dellesistenza di questa riunione annuale, che
coincide con la festa della Ma donna della Montagna nel mese di
settembre, si trovano tracce in documenti giudiziari gi agli inizi
del Novecento
14
. Nel romanzo si fa riferimento anche al bandito
Giuseppe Musolino, considerato uno dei primi grandi boss della
picciotteria, assieme a Santazzo Scidone.
13
Questo laspetto meno esplorato tra le cause che hanno determinato lo sviluppo
e laffermazione della ndrangheta in Calabria. In una sentenza della Corte dAppello
delle Calabrie nel 1906, i giudici iden tifcano come il gran bastone della picciotteria
di Gallico un certo Giovanni Costa. Questi, si legge nella sentenza depositata il 12
luglio di quello stesso anno, oltre ad essere un triste soggetto, era il capo della mano
nera in America, e col merce ricatti, estorsioni si arricch. Tramite rogatoria venivano
sentiti negli Stati Uniti alcuni testimoni, i quali confermavano che in Carbondale [...]
si era costituita unassociazione a delinquere, denominata la Mano Nera, o Maffa, il
cui capo riconosciuto da tutti era Giovanni Costa, il quale, richiamava in America i
pessimi soggetti del suo paese, fornendoli dei mezzi di viaggio. Cfr. A. Nicaso, op.
cit., pp. 32-33.
14
A. Nicaso, Ibidem, p. 31.
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Fino ad una decina di anni fa, la riunione di Polsi rappresenta-
va lunico momento di rac cordo tra i locali di ndrangheta. Dopo
la seconda guerra di mafa (1985-1991), la mafa calabrese ha
modifcato la propria struttura, dotandosi di unorganizzazione
di tipo ver ticisti co-fede rativo, comunque, sempre rispettosa degli
equilibri geo-politici, ma so prat tutto della natura parentale delle
ndrine, basata sullomert, sulla coesione interna e sul la so stan -
ziale autonomia nelle rispettive aree di infuenza
15
.
15
N. Gratteri, A. Nicaso, op. cit., p. 16.
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Scheda dellAutore
FORTUNATO SEMINARA
(Maropati [Reggio Calabria] 1903-Grosseto 1984)
Studia prima presso il seminario di Mileto, dal 1915 al 1918, poi a Pisa e a
Reggio Calabria. Si laurea in giurispudenza a Napoli nel 1937. Si forma sui
testi di Hugo, Balzac, Zola, C