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La doverosa e opportuna sintesi scientifica della recente attivit


di ricerca posta in essere dalla Soprintendenza di Palermo sia a
seguito di programmazione ragionata che per esigenze stretta-
mente connesse alla tutela dei siti archeologici della giurisdizio-
ne, trova, nella nuova esposizione del Convento della Magione,
un momento di significativo compendio teso, anche, a creare un
percorso di fruizione che rimandi puntualmente ai singoli conte-
sti di provenienza. Un articolato percorso espositivo, dunque,
che si snoda attraverso lanalisi di alcuni complessi funerari della
Sicilia nord-occidentale, sottolineandone - cos come rimarcato
anche dal titolo della mostra - lo stretto legame con le citt dei
vivi, ma offrendo, nel contempo, spunti di grande interesse per
comprendere, al di l dei beni materiali che costituiscono il cor-
redo di ogni singola sepoltura, il ricco patrimonio di riti, culti
e credenze alla base dellideologia funeraria delle popolazioni
della Sicilia antica.
dunque particolarmente apprezzabile lo sforzo della
Soprintendenza di comunicare con rapidit e immediatezza
lesito delle proprie ricerche, peraltro del tutto inedite e in qual-
che caso tuttora in corso, e di considerare il momento dellosten-
sione un occasione irrinunciabile da offrire alla collettivit, oltre
che al pi ristretto mondo scientifico. Unopportunit di cono-
scenza, quindi, di un comprensorio territoriale che, apparente-
mente disomogeneo sotto il profilo culturale, dimostr invece la
sua straordinaria capacit di integrazione: Greci, Fenici, Sicani
ed Elimi, al di l dei conflitti di natura politica ed economica che
adesso trovano conferma esplicita nella straordinaria documen-
tazione archeologica delle necropoli imeresi, diedero vita, infat-
ti, ad una cultura peculiare di questa parte dellisola attraverso
forme di autentica e durevole integrazione pur mantenendo le
loro specifiche e peculiari identit.
Gaetano Armao
Assessore ai Beni Culturali
e allIdentit Siciliana
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Dove ha avuto attuazione, la legge regionale 15 maggio 1991, n. 17, attribuendo carattere di
museo regionale a quasi tutti gli antiquaria espressione delle zone archeologiche che li hanno
per decenni alimentati, rimaste nelle competenze dei Servizi per i beni archeologici delle
Soprintendenze per i beni culturali e ambientali, al di l delle intenzioni del legislatore, ha di
fatto sospeso sine die il rapporto osmotico tra indagine e divulgazione dei risultati attraverso la
loro esposizione, ovvero tra ricerca archeologica e infrastrutturazione culturale nel territorio.
Fortuitamente e fortunatamente, lantiquarium di Himera in territorio di Termini Imerese, luni-
co in provincia di Palermo di cui la legge ha previsto la emancipazione a museo, ad oggi
rimasto, come quello di Solunto, tra le attribuzioni del Servizio per i beni archeologici della
Soprintendenza, che ha avuto modo di approvvigionare luno e laltro con i reperti rinvenuti
nel corso della propria attivit dindagine in quelle zone archeologiche, e che, a breve, opere-
ranno nel diverso positivo contesto della nuova stagione, avviata in emblematica apertura della
Settimana della Cultura 2010, in attuazione del titolo II della legge regionale 3 novembre 2000,
n. 20, con listituzione del Parco archeologico di Himera con decreto dellAssessore regionale
dei beni culturali e dellidentit siciliana Gaetano Armao, nellambito delle iniziative intraprese
dalla Regione per contrastare il depotenziamento dellindustria automobilistica nellisola.
La Settimana della Cultura si conclusa il 25 aprile, nel 65 anniversario della Resistenza
al nazi fascismo da cui sorta la Repubblica Italiana e il neonato Parco archeologico di
Himera il simbolo della resistenza identitaria siciliana, in continuit ideale con laltra,
allincultura, un po cafonesca, di unimpresa automobilistica che, per voce del suo ammi-
nistratore delegato, si dice disposta a continuare a operare nel territorio di Termini Imerese
a condizione che la Sicilia sia fisicamente e geograficamente avvicinata al Piemonte!
In questo impegno resistenziale va collocata la mostra, curata da Francesca Spatafora, Lultima
citt. Rituali e spazi funerari nella Sicilia nord-occidentale di et arcaica e classica, che illustra gli esiti
delle pi recenti campagne di scavo condotte dal Servizio per i beni archeologici, di cui ella
responsabile, della Soprintendenza per i beni culturali e Ambientali di Palermo, diretta da
Adele Mormino, nelle necropoli di Palermo e Solunto e in quella di Himera, ancora in fase di
scavo, risultata la pi grande dEuropa e, quindi, molto probabilmente, del mondo, anche per
la presenza delle fosse comuni dei caduti nella battaglia di Himera del 480 a. C. tra i greci gui-
dati da Gelone di Siracusa e da Terone di Agrigento e i cartaginesi guidati da Amilcare che in
quella battaglia per, forse suicida per lonta della sconfitta: uno dei tanti scheletri rinvenuti
potrebbe, quindi, essere con ogni probabilit quello del grande condottiero africano.
Il percorso espositivo, misurato, esaustivo e completo nel presentare attraverso una sele-
zione di importanti reperti la realt della morte nelle tre antiche citt della Sicilia occiden-
tale, propone, quindi, quanto a Himera ancora a cantiere aperto, il virtuoso circuito di atti-
vit che va dalla tutela allo scavo, al restauro, allo studio dei reperti e, infine, alla presen-
tazione e alla divulgazione dei risultati attraverso la mostra e il relativo catalogo.
Le necropoli di et arcaica e classica documentate afferiscono insediamenti di matrice cul-
turale indigena, fenicio-punica e greca, cos collegando, attraverso le diverse ideologie
funerarie, le etnie che animarono questa parte di Sicilia: differenze e punti di contatto sem-
pre pi chiari nellevidenza archeologica ed espresse, in questo caso, attraverso le consue-
tudini che accompagnavano il rituale della sepoltura.
Anche per tal verso la nostra isola la terra in cui, pi che altrove, maturata, attraverso
lincontro di popoli diversi sempre tesi a superare le differenze e a integrarsi in un recipro-
co scambio di valori ed esperienze, quella forte e peculiare identit storica e culturale che
oggi ricollochiamo nella prospettiva di pace che, delineata dalla conferenza di Barcellona
del 1995 tra i paesi europei e quelli frontalieri nord africani e mediorientali, dovrebbe
decollare in questo 2010 con la liberalizzazione degli scambi delle merci e tra le genti, cui
il 15 maggio prossimo, nella coincidenza del 150 anniversario dalla decisiva battaglia di
Calatafimi tra i Mille e lesercito borbonico e del 64 dalla conquista dellAutonomia sicilia-
na, il Governo regionale, a iniziativa del Presidente Raffaele Lombardo, si accinge a dare
nuovo impulso raccogliendo a Palermo le autorit mediterranee.
26 aprile 2010
Gesualdo Campo
Dirigente generale del Dipartimento regionale
dei beni culturali e dellidentit siciliana
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Il momento
Vedere, desiderare e infine morire.
Comincia in questo modo la storia della conoscenza e del desiderio. Il tempo corrode la vita
ma in qualche modo la esalta. Le cose si rovinano.
Insieme alla conoscenza ed al desiderio nasce anche lamore per la fragilit dellesistenza.
1
Ma nelluomo, in ogni uomo, di ogni tempo vi la disposizione basilare di apertura allaldi-
l, a quello che, misteriosamente presente fin dal momento del nascere, intride il nostro esse-
re, lo permea, lo sottende, pervadendolo sia pure sotterraneamente.
Nella sua introduzione Francesca Spatafora si pone, correttamente com suo solito, il tema
del rapporto tra la citt dei vivi e quella dei morti; si interroga ed infine nega una possibile
simmetria, un possibile sovrapporsi; si riferisce alle esigenze di autocelebrazione che nasco-
no, per lo pi, dalle esigenze di autoassoluzione e del bisogno, estremo e non comprimibile,
di continuare il sistema di relazioni sperimentate e coltivate durante la vita.
Lungi dal costituire, dunque, appiattimento e scomparsa della personalit del singolo, la
dimensione dellultima citt, con i suoi rituali, i suoi canoni, le sue forme e le sue misure,
costituisce esaltazione della relazione immanente e permanente; strumento di elezione per
non estinguersi nel sentirsi soli e, nella solitudine, nellassenza del ricordo, che ci fa MORTI
davvero e per leternit.
Luomo sente, cos, che v qualcosa di pi che umano nel suo esistere, che la limitatezza
spazio-temporale della sua inserzione nelluniverso riscattata dal senso dellinfinit che
urge in lui e che d un infinito valore alla sua personale vicenda.
La distinzione, allora, di passato, presente, futuro, che compone il tempo non appare che
nel rapporto del tempo con leternit e nella sua riflessione delleternit nel tempo.
Leterno, invece, il presente in quanto infinitamente pieno di contenuto, la cui manifesta-
zione, in seno alla temporalit, si esprime proprio nel momento nel quale il tempo e leter-
nit si toccano.
Il momento del trapasso non dunque una mera determinazione della temporalit, ma il
riflesso delleternit, di cui esprime la concreta presenzialit, nel tempo: sintesi di entram-
bi ed equivalente allaltra sintesi per cui luomo posto come spiritualit.
Da qui acquista veramente il suo significato la distinzione di presente, futuro, riferita al
tempo, ma in cospetto alleternit.
In un certo senso, leterno significa, anzitutto, il futuro che lespressione del rapporto incom-
mensurabile con il tempo; e, in tal senso la intesero i Greci; ma il momento ed il futuro, come
espressione, questultimo, della possibilit, pongono, di nuovo, il tema del passato.
Ed allora, al di l del doveroso e consueto render conto al nostro committente, che il grup-
po sociale a cui apparteniamo e le cui risorse economiche utilizziamo, lesposizione odierna
, e credo che sia, un momento (torna il termine, inevitabilmente) sospeso tra il passato e il
futuro; fra luomo ed il sovraumano; tra il finito e linfinito; tra la caducit e limmortalit.
Siamo, dunque, ancora una volta in presenza di un percorso di conoscenza, di conservazio-
ne, di valorizzazione, nella doverosa consapevolezza, anche qui, ancora una volta, che
anche per il bene culturale, questo momento e non pu che essere un continuum, senza
cesure, senza amnesie, senza alibi.
Lo sguardo di ci che non pi, si ricrea e vive, ancora qui, nella memoria.
Adele Mormino
Soprintendente ai Beni Culturali e Ambientali di Palermo
1
Peregalli, Roberto, I luoghi e la polvere, Milano, 2010.
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INDICE
Introduzione 13
Per unarcheologia della morte
Francesca Spatafora
Le necropoli arcaiche della Sicilia centro-occidentale 17
Francesca Spatafora
Le necropoli indigene della Sicilia centro-occidentale 19
Francesca Spatafora
La necropoli in localit Manico di Quarara 21
Laura Di Leonardo
La necropoli di Monte Castellazzo di Poggioreale 27
Francesca Spatafora
La necropoli di Panormos . 31
Francesca Spatafora
Schede ceramica attica
Monica Chiovaro
Indagine antropologica e paleopatologica nella necropoli 41
punica di Palermo
Rosaria Di Salvo
La necropoli di Solunto 53
Alba Maria Gabriella Calascibetta
La necropoli di Himera 65
Stefano Vassallo - Matteo Valentino
Schede ceramica attica
Monica Chiovaro
Antropologia e tafonomia nella necropoli occidentale di Himera 103
Serena Viva
12
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Introduzione
PER UNARCHEOLOGIA DELLA MORTE
Francesca Spatafora
Lo studio dei contesti funerari rappresenta una delle principali fonti
per la conoscenza delle societ antiche. Fin dal suo nascere, di conseguenza,
larcheologia ha posto particolare attenzione alle indagini nelle necropoli,
privilegiando per, almeno in un primo tempo, pi gli aspetti tipologici e
formali, se non addirittura antiquari, che quelli storici e antropologici.
In realt le potenzialit esegetiche delle evidenze funerarie sono mol-
teplici e, a partire dagli anni sessanta dello scorso secolo, sono state ampia-
mente evidenziate, seppure sotto diverse angolazioni e con diverse prospet-
tive metodologiche. un fatto ormai acquisito, comunque, che linterpreta-
zione dei diversi complessi cimiteriali presuppone lanalisi di numerose
variabili: la posizione topografica delle necropoli rispetto alle citt, le vie di
collegamento, lorganizzazione interna degli spazi funerari, i riti e i rituali,
le tipologie tombali, lorientamento delle sepolture, la composizione dei cor-
redi, etc.
Dallo scavo e dallanalisi di gruppi di sepolture statisticamente signi-
ficativi rispetto ad un intero complesso cimiteriale, possono ricavarsi, poten-
zialmente, oltre che informazioni di carattere demografico, numerose e
importanti notizie sulla vita quotidiana, sui legami parentali, sulle abitudini
della collettivit o del singolo individuo, sulle capacit economiche della
comunit e sulla rete di relazioni sociali, sui rapporti tra popoli, sui commer-
ci. Inoltre, gli studi di tafonomia e le indagini di antropologia fisica e paleo-
patologia forniscono dati fondamentali sulle modalit di seppellimento, sul
sesso e sullet dei defunti, sulle abitudini alimentari, sulle patologie pi dif-
fuse, sulle cause di mortalit, sulla pertinenza etnica, su eventuali pratiche
mediche in uso nellantichit.
Nella valutazione di tutti questi elementi variabili diagnostiche, dun-
que, da vagliare con estrema attenzione occorre tuttavia superare lidea
che la citt dei morti rappresenti specularmente la citt dei vivi; qual-
siasi studio deve procedere, invece, nella consapevolezza che, per molti
aspetti, la sepoltura riflette fondamentalmente non tanto lo status o lideolo-
gia del defunto quanto quella di chi organizza la cerimonia funebre cos
come la necropoli, nel suo insieme, non rispecchia fedelmente la struttura
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socio-economica della comu-
nit ma piuttosto la rappre-
senta secondo un sistema di
selezione e di comunicazio-
ne che va attentamente deco-
dificato.
Nel porre la massima
attenzione a questi aspetti,
non bisogna tuttavia dimen-
ticare che nella maggior
parte delle civilt mediterra-
nee lattenzione verso la
morte - che si traduceva
soprattutto nella cura per i
defunti attraverso una serie
di cerimonie e attraverso gli
oggetti che in qualche modo
ne connotavano lidentit
era finalizzata ad assicurare
una degna vita ultraterrena
al defunto stesso.
In questo senso, i mol-
teplici momenti connessi con
la ritualit della morte, sep-
pur caratterizzati spesso da
un indiscutibile carattere di frammentariet che ne rende complessa e diffi-
cile linterpretazione, diventano tappe fondamentali di un percorso di cono-
scenza che tende a ricostruire anche gli aspetti immateriali della vita delle
comunit antiche.
quindi indispensabile, nellavvicinarsi allo studio di un contesto
funerario, tener conto del fatto che i dati materiali raccolti nel corso dello
scavo costituiscono solo la parte tangibile e immediatamente percepibile di
un rituale in cui confluiscono diversi aspetti prettamente ideologici oltre che
di un sistema codificato di simboli sicuramente pi complesso di quanto
non appaia a prima vista e di cui la sepoltura rappresenta soltanto il
momento finale anche se non lultimo, considerando labitudine dei popoli
antichi di ricordare i defunti reiterando periodicamente le cerimonie funebri
attorno alla sepoltura.
Superando dunque lapproccio esclusivamente materialistico, che per-
mette di comprendere le variegate e concrete realt socio-economiche al di
l delle forme di auto rappresentazione da parte dei diversi gruppi familia-
ri e sociali, necessario cogliere il modo di rapportarsi delle singole comu-
nit con la percezione della morte sulla base delle specifiche ideologie reli-
giose o credenze escatologiche.
Cratere apulo a figure rosse con
rappresentazione dellapoteosi
di Eracle. In basso tre ninfe
spengono la pira funebre del-
leroe (da Sena Chiesa - Arlsan,
233).
Nota bibliografica
L.R. Binford , Mortuary Practices: their study and their potential, in J.A.Brown (ed.), Approaches
to the Social dimension of mortuary Practices, in American Antiquity, 36, 1971, 6-29.
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A.M. Bietti Sestieri, Protostoria. Teoria e pratica, Roma 1996.
M. Cipriani - F. Longo (edd.), I Greci in Occidente. Poseidonia e i Lucani, Napoli 1996.
M. Cuozzo, Prospettive teoretiche e metodologiche nellinterpretazione delle necropoli: la Post-
Processual Archaeology, in Annali. Sezione Archeologica e Storia Antica (Istituto Universitario
Orientale di Napoli) 3 1996, 1-37.
M. Cuozzo, Reinventando la tradizione. Immaginario sociale, ideologia e rappresentazione nelle
necropoli orientalizzanti di Pontecagnano, Paestum 2003.
B. DAgostino, La necropoli e i rituali della morte, in S. Settis (ed.), I Greci. Storia, cultura, arte,
societ. 2. Una storia greca. I. Formazione, Torino 1996, 435-470.
F. Frisone, Rituale funerario, necropoli e societ dei vivi: una riflessione fra storia e archeologia, in
Studi di Antichit, 7, 1994, 11-23.
I. Morris, Burial and ancient society. The rise of the Greek city-state, Cambridge 1990.
I. Morris, Death-ritual and social structure in classical antiquity, Cambridge 1992.
G. Sena Chiesa - E.A. Arslan (edd.), Miti greci. Archeologia e pittura dalla Magna Grecia al
collezionismo, Milano 2004.
15
Pinax attico a figure nere con
scena di prothesis.
16
Lastra tombale. Scena di prothesis - Andrinolo. Tomba 53.
Lastra nord (da Cipriani-Longo, 126).
17
LE NECROPOLI ARCAICHE DELLA SICILIA CENTRO-OCCIDENTALE
Francesca Spatafora
La Sicilia centro-occidentale, abitata nelle zone interne da Sicani ed
Elimi, rappresenta, gi per let arcaica, un punto di osservazione privilegia-
to in relazione a quei processi dinamici di commistione e interazione che
interessarono questa parte dellisola a partire dallarrivo dei Fenici - insedia-
tisi sulla costa settentrionale e occidentale dalla fine dellVIII sec. a.C. - e
dallo stanziamento, alla met circa del VII sec. a.C., delle colonie di Himera
e Selinunte che segnarono, rispettivamente a Nord e a Sud, lestremo limite
dell espansione dei Greci verso loccidente isolano.
Si tratta di una zona di frontiera dove lincontro tra genti di origine e
cultura diverse diede vita a forme peculiari di religiosit ma anche di orga-
nizzazione sociale, politica ed economica, nellambito delle quali, soprattut-
to a partire dalla met del VI sec. a.C., spesso difficile identificare le sin-
gole componenti che ne hanno originato la formazione.
Ovviamente gli aspetti che conservano nel tempo legami pi stretti e
riconoscibili con le culture dorigine sono quelli che investono la sfera ideo-
logico/spirituale: in questo senso diventa dirimente sia lo studio dei com-
plessi religiosi e cultuali che lindagine dei contesti funerari.
A titolo esemplificativo - e selezionando una fascia cronologica ben
definita che comprende i decenni in cui, al di l dei fatti storici contingenti,
si accelerano i processi di mescolanza e integrazione - levidenza restituita
dalle necropoli della greca Himera, dei vicini emporia fenici di Panormo e
Solunto, della sicana Hykkara e dellelima citt del Monte Castellazzo di
Poggioreale, offre spunti interessanti per una lettura che evidenzi gli ele-
menti di continuit o di evidente cesura dovuta allassimilazione di pratiche
e rituali estranei al patrimonio originario di consuetudini e credenze. E se
ancora alla met-fine del VI sec. a.C, la necropoli della citt sicana situata
nellimmediato entroterra panormita, a soli 8 km dal mare, mantiene le tipo-
logie tombali e, in parte, le pratiche funerarie tradizionali tombe multiple
a grotticella scavate nel banco roccioso con corridoio daccesso labitato
elimo situato nella media Valle del Belice, naturale entroterra della greca
Selinunte, mostra di avere gi assimilato, nello stesso periodo, tipologie
funerarie e rituali tipici del mondo greco. Contemporaneamente le necropo-
li fenicie di Palermo e Solunto manifestano chiaramente di aderire, sia sotto
il profilo tipologico che per quanto riguarda la ritualit della morte, a forme
19
LE NECROPOLI INDIGENE DELLA SICILIA CENTRO-OCCIDENTALE
Francesca Spatafora
La tomba a camera ipogeica a pianta quadrangolare costituisce, durante
lEt del Ferro, la tipologia tradizionale delle popolazioni indigene della Sicilia.
Sotto il profilo formale essa richiama le coeve strutture abitative, sottolineando
il passaggio dalle planimetrie curvilinee in uso fino allEt del Bronzo Finale -
periodo in cui le grotticelle scavate nella roccia hanno planimetria circolare - alle
piante quadrangolari delle strutture abitative dei villaggi sicani e siculi. In molti
casi si tratta di tombe multiple in cui si pratica il rito dellinumazione destinate,
probabilmente, a interi nuclei familiari anche se sono attestate, in alcuni siti, inu-
mazioni singole. La diffusione di nuove modalit di seppellimento e di nuove
tipologie tombali per quanto riguarda linumazione enchytrismoi, tombe a
fossa, sarcofagi, etc. nonch lintroduzione di rituali diversi come lincinera-
zione, lasciano ipotizzare processi di integrazione tra Greci e indigeni gi avvia-
ti a partire dal VII sec. a.C. e ancora meglio documentati nel corso del secolo suc-
cessivo. Non tuttavia da escludere la presenza di Greci allinterno di alcuni
insediamenti indigeni n pu sottovalutarsi la pratica dei matrimoni misti che
implica anche ladozione dei rituali funerari propri di una delle due parti.
AButera, ad esempio, nella media valle del Salso, lo scavo della necro-
poli di un importante insediamento sicano venuto precocemente in contatto
con la vicina colonia rodio-cretese di Gela e variamente identificato con alcu-
ni tra i pi noti centri indigeni ricordati dalle fonti classiche (Maktorion e
Omphake), ha ben evidenziato il passaggio da una tipologia tombale a came-
ra rettangolare e soffitto piano - caratterizzata dal rito dellinumazione e dalla
presenza di prodotti tipici delle culture locali della Prima Et del Ferro - ad
un livello di sepolture databili tra la met del VII e la met del VI sec. a.C. in
cui, pur permanendo la tipologia tradizionale seppure in forme pi elabora-
te, compaiono nuove modalit di seppellimento, quale ad esempio lenchytri-
smos in grandi contenitori, e nuovi riti funerari, come lincinerazione.
Ancora nella Sicilia centrale, levidenza di Polizzello documenta lampia
diffusione del tipo a camera rettangolare con inumazioni plurime ma anche
luso, forse nellultima fase di vita della necropoli, di sepolture a enchytrismos,
mentre nella necropoli di Valle Oscura, a Balate di Marianopoli, ancora nel VI
sec. a.C., quando i materiali rinvenuti nelle tombe attestano gi lesistenza di
avanzati processi di interazione con il mondo greco-coloniale, la tipologia
tombale, sepolture in anfratti e ingrottamenti naturali, rimane quella in uso
Polizzello (da Albanese Procelli
2003, 172).
21
LA NECROPOLI IN LOCALIT MANICO DI QUARARA
Laura Di Leonardo
La necropoli in localit Manico di Quarara si trova nel territorio del
comune di Carini, su Pizzo Grotta Bianca (F. 249 III N.E.), ripida altura (606
m s.l.m.) alle pendici meridionali di Montagna Longa che fa parte del siste-
ma orografico che divide la Conca DOro dalla piana di Partinico (1).
Il toponimo manifesta chiaramente la connotazione archeologica del
luogo che ospita la necropoli relativa, presumibilmente, allinsediamento
indigeno individuato sul Monte DOro di Montelepre (601 m s.l.m.), posto
immediatamente a SE.
Il numeroso materiale di superficie documenta la vita di questo centro
da et arcaica ad et ellenistica, coprendo un arco cronologico che va dal VI
al III sec. a.C. Il sito, che non mai stato oggetto dindagini sistematiche,
da identificare, secondo lipotesi pi accreditata, con la citt di Hykkara, indi-
cata da Tucidide (VI 62,3) polisma sikanikon.
Lattivit di ricerca, intrapresa nel 1968 dalla Soprintendenza alle
Antichit della Sicilia Occidentale, ha, infatti, interessato solo la necropoli
con lesplorazione di 15 tombe; la successiva campagna del 1989 stata, inve-
1
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ce, finalizzata per lo pi al rilievo delle sepolture messe in luce nel passato (2).
La cronologia della necropoli coincide con quella del vicino centro abitato,
anche se la maggior parte dei materiali si concentra tra la seconda met del VI
e il V sec. a.C. con tracce di una frequentazione sporadica in et medievale. Le
tipologie tombali documentate sono: a grotticella artificiale a pianta rettango-
lare, circolare o ellittica, scavata nel tenero banco naturale di biocalcarenite,
con breve corridoio di accesso tagliato nella roccia o costruito in pietrame irre-
golare o con ingresso preceduto da un recinto e facciata costruita con con-
notazione monumentale, a deposizione plurima, di tradizione indigena (3, 4,
5); alla cappuccina, a enchytrismos e a fossa, monosome, di tradizione greca.
Le tombe a grotticella erano collettive, con deposizioni multiple strati-
ficate, in media venti inumati, ma anche con ununica ma eccezionale pre-
senza accertata di 58 inumati; gli orientamenti delle deposizioni non sono
verificabili, essendo stati trovati gli scheletri in disordine. Le tombe furono
usate per un ampio arco cronologico, anche successivo alla fase arcaica del
centro, ed erano dotate di una ricchissima suppellettile. I corredi, cospicui
per quantit e qualit, mostrano una composizione mista greco-indigena; le
forme ceramiche indigene pi ricorrenti sono oinochoai e scodelle con deco-
razione geometrica dipinta, ampiamente documentate nel repertorio vasco-
lare dei centri indigeni dellentroterra panormita. Sono associate ad impor-
tazioni greche corinzie e attiche o ad imitazioni greche, databili dagli inizi
del VI agli inizi del V sec. a.C., che suggeriscono per questo periodo unin-
tensa attivit di scambio fra la comunit indigena e lesterno, cui subentra
una graduale diminuzione nella seconda met del V sec. a.C. Alcune tombe
si connotano come emergenti, poich i corredi hanno restituito reperti
segnalatori di rango, come oggetti di bronzo (strigili, una situla con anse a
protome di cigno, grattuge, fibule e un frammento di lamina con un motivo
2
3
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4
5
impresso a fiore di loto), armi in ferro (asce ad occhiello, coltelli, un puntale
di lancia a cannone), oggetti da toilette come rasoi e coltellini e beni esotici di
lusso, come collane di pasta vitrea. Anche lescavazione delle grotticella
indica che le tombe sono da riferire a famiglie appartenenti ad uno status ele-
vato in grado di permettersi energie di lavoro non indifferenti.
Lassociazione di ceramica locale e dimportazione, la presenza di
vasellame da mensa legato alla pratica del banchetto (scodella-oinochoe), il
rituale tipicamente ellenico delle sepolture monosome alla cappuccina e a
enchytrismos insieme alla tradizionale sepoltura indigena a grotticella con
seppellimento multiplo, confermano anche in questo sito i frequenti con-
tatti e le reciproche influenze che si svilupparono dal VI sec. a.C. tra indi-
geni e greci, che portarono allacquisizione di usi funerari greci da parte
degli indigeni e al progressivo abbandono della tipologia della tomba a
grotticella. Anche l arricchimento architettonico del prospetto della
tomba XIV tradisce, forse, linfluenza greca. Del resto la presenza di resi-
denti greci nel centro abitato pu pure ipotizzarsi in relazione allalfabetiz-
zazione degli indigeni, documentata epigraficamente agli inizi del V sec.
a.C. da tre brevi iscrizioni anelleniche in alfabeto greco, graffite sotto il
piede di una kylix, sul fondo esterno di una coppetta e di uno skyphos atti-
ci a vernice nera, che rientrano nellambito linguistico elimo. Sulla kylix si
legge un nome di persona indigeno, al dativo, seguito dalla sequenza ,
assimilabile al greco .
La presenza di materiale del IV-III sec. a.C - lekythoi baccellate e skyphoi
a vernice nera - indica che la necropoli rimase in uso sino ad et ellenistica,
epoca in cui il centro sito sul Monte DOro sembra investito da un evento
traumatico, inquadrabile allinterno delle azioni belliche della Prima Guerra
Punica, cui segu labbandono.
24
Nota bibliografica
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A. Tullio, s.v. Monte Doro, in Bibliografia Topografica della Colonizzazione Greca in Italia e nelle
isole tirreniche, X, Pisa-Roma 1992, 334-335 (con bibliografia precedente).
Id., I Fenici e i Cartaginesi, in Sikanie, Milano 1985, 577-631.
25
Manico di Quarara
Tomba XIII. A grotticella. Inumazioni.
Seconda met VI-prima met V sec.a.C.
1. Cratere a figure rosse in due frammenti
2. Coppa skyphoide a figure nere del gruppo del Pittore di
Haimon
3. Kylix a vernice nera con iscrizione anellenica graffita in
alfabeto greco
4. Kothon a vernice nera
5. Kylix di tipo C a vernice nera
6. Lekythos a vernice nera
7. Brocca indigena dipinta
8. Myke a bande
9. Kothon con foglioline dedera contrapposte a vernice nera
10. Kothon miniaturistico tardocorinzio
11. Scodella biansata a bande
12. Scodella carenata
13. Ago di bronzo
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3
8
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13
12 11 10
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26
Manico di Quarara
Tomba XIV. A grotticella. Inumazioni.
VI sec. a.C.
1. Hydria indigena dipinta
2. Anfora indigena dipinta
3. Fibula ad arco semplice di bronzo
4. Fibula a navicella di bronzo
5. Grattugia di bronzo
1
2
5
4
3
27
LA NECROPOLI DI MONTE CASTELLAZZO DI POGGIOREALE
Francesca Spatafora
La necropoli riferibile allantico insediamento posto sui pendii terraz-
zati del Monte Castellazzo di Poggioreale, nella media valle del Belice,
situata alle pendici orientali del rilievo, in Contrada Madonna del Carmine.
La citt, che aveva conosciuto una florida fase di vita gi durante la Media
Et del Bronzo, si svilupp successivamente a partire dal VII sec. a.C. e, dalla
met del VI, modific il suo assetto seguendo i canoni dellarchitettura e
dellurbanistica coloniale.
I saggi realizzati tra il 1967 ed il 1970 in contrada Madonna del Carmine,
prima dellavvio delle ricerche sistematiche nellabitato, portarono alla scoper-
ta di un gruppo di sepolture inquadrabili nellambito del VI sec. a.C.
Le tipologie sepolcrali e i rituali documentati attraverso lo scavo testi-
moniano chiaramente di un avanzato e profondo processo di integrazione
tra comunit indigena e realt coloniale, cos come aveva gi attestato la sco-
perta, alcuni decenni prima, di una dedica votiva in alfabeto selinuntino
arcaico in localit Mandra di Mezzo, pochi chilometri a Sud di Castellazzo,
Monte Castellazzo di Poggio-
reale. Veduta aerea.
28
e come successivamente confermato, per let tardo-arcaica, dalle indagini
nellabitato.
Si tratta, infatti, di tipologie tipicamente greche: inumazioni in fossa,
in sarcofago monolitico o in fossa rivestita da lastroni. Unulteriore innova-
zione rappresentata dalladozione del rito dellincinerazione, con urne o
crateri contenenti le ceneri, deposti sulla nuda terra.
Anche i corredi sono per lo pi composti da materiali dimportazione,
soprattutto vasi corinzi e produzioni coloniali. Purtroppo, tuttavia, essendo
lo scavo pressoch inedito, difficile valutare lincidenza delle diverse atte-
stazioni sia per quanto riguarda i materiali che relativamente alladozione di
nuovi rituali e tipologie tombali.
Nel 1971, inoltre, fu scoperta casualmente una sepoltura che compren-
deva materiali di pregio, tra cui un alabastron del Corinzio medio (circa 600
a.C.), un aryballos globulare di bronzo ed una phiale mesomphalos di bronzo
finemente decorata a incisioni con motivi vegetali e animali. Proprio que-
stultimo pezzo si caratterizza per la sua rarit e per lindiscutibile pregio,
dato anche dalla vivacit della rappresentazione. Si tratta di tre figure di
cavalli al galoppo rese a incisione sia per quanto riguarda i contorni che per
i dettagli; le criniere, ad esempio, sono rappresentate da una fitta serie di
tratti obliqui e paralleli mentre le code sono ottenute con fasce decorate con
motivi a spina di pesce.
Nota bibliografica
V. Tusa, Lattivit della Soprintendenza alle Antichit della Sicilia occidentale nel quadriennio 1963-
1967, in Kokalos XIV-XV, 1968-69, 439-456.
V. Tusa, La zona archeologica di Poggioreale, in Sicilia Archeologica, 18-20, 1972, 57-60.
C. A.Di Stefano, Palermo Museo Nazionale, in Bollettino dArte, LVII, 1972, 244.
G. Falsone, s.v. Monte Castellazzo, in Bibliografia Topografica della Colonizzazione Greca in Italia
e nelle isole tirreniche, X, 1992, 307-312 (con bibliografia precedente).
29
Monte Castellazzo di Poggioreale. Necropoli di
Madonna del Carmine.
Rinvenimento fortuito (1971). Inizi del VI sec. a.C.
1. Alabastron del Corinzio medio
2. Aryballos globulare di bronzo
3. Phiale mesomphalos di bronzo finemente decorata a
incisioni con motivi vegetali e animali.: tre figure di
cavalli al galoppo sono rese a incisione sia per quan-
to riguarda i contorni che per i dettagli; le criniere
sono rappresentate da una fitta serie di tratti obliqui
e paralleli mentre le code sono ottenute con fasce
decorate con motivi a spina di pesce.
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3
3
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2
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Monte Castellazzo di Poggioreale. Necropoli di
Madonna del Carmine.
Tomba IX . Met VI sec. a.C.
1. Aryballos corinzio
2. Aryballos corinzio miniaturistico
3. Kotyle corinzia
4. Kotiliskos corinzio
Monte Castellazzo di Poggioreale.
Necropoli di Madonna del Carmine.
Deposizione VII. Met VI sec. a.C.
1. Kantharos di bucchero.
Monte Castellazzo di Poggioreale.
Necropoli di Madonna del Carmine.
Sepoltura II. Incinerazione secondaria. Fine
VI sec. a.C.
1. Cratere laconico (cinerario)
2. Lekythos a figure nere
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1
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2
3
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Monte Castellazzo di Poggioreale.
Necropoli di Madonna del Carmine.
Sepoltura VII (infantile). Met del VI
sec. a.C.
1. Aryballos corinzio
2. Aryballos anulare corinzio
3. Kotiliskos corinzio
4. Kotiliskos corinzio
5. Coppetta acroma con orlo pendulo
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5
31
LA NECROPOLI DI PANORMOS
Francesca Spatafora
Le necropoli della citt punica si estendevano a Ovest dellabitato, nel-
larea oggi compresa tra Piazza Indipendenza, Corso Calatafimi, Corso
Pisani, Via Cuba, Via Cappuccini e Via Pindemonte (1).
Apartire dal 1746, anno delle prime scoperte casuali, sono state rinve-
nute circa 800 tombe che coprono un arco cronologico compreso tra la fine
del VII sec. a.C. e la met circa del III sec. a.C.
La scelta del sito fu determinata sia da fattori geomorfologici sia dalla
localizzazione del primo insediamento urbano nella parte pi alta - e pi
vicina quindi allarea cimiteriale - della piattaforma calcarenitica su cui, suc-
cessivamente, si estese tutta la citt.
La vasta area interessata dallantico cimitero panormita fu densamen-
te utilizzata nel corso di oltre tre secoli di vita, ben prestandosi, per le sue
caratteristiche geologiche, alla escavazione di camere ipogeiche nella tenera
1
32
2
3
33
calcarenite di origine marina.
Il periodo successivo alla conquista romana coincise, probabilmente,
con la creazione di nuovi impianti cimiteriali, come sembrano indicare alcu-
ni vecchi rinvenimenti nellarea del trans-Kemonia.
Sotto il profilo topografico e dellorganizzazione degli spazi funerari, il
dato pi significativo emerso nel corso delle ultime ricerche realizzate allin-
terno della Caserma Tukry di Corso Calatafimi e riguarda la scoperta di un
percorso stradale che attraversa larea cimiteriale in senso NO-SE (2).
La strada larga allincirca 3 m - misura utilizzata anche per gli stenopoi
(strade secondarie) del piano urbano e corrispondente a circa 6 cubiti punici
(1 cubito = 51,6 cm) - e le sepolture vi si distribuiscono ai lati con regolarit e
secondo lo stesso orientamento a partire dalla fine del VI sec. a.C. (3).
Lesistenza di uno o pi percorsi stradali a servizio di unarea necropo-
lica cos ampia risulta in un certo senso scontata, anche se in nessuna occa-
sione era emersa alcuna evidenza in tal senso: ci dimostra che oltre ad un
preciso piano urbano che caratterizzava labitato, testimoniato tuttavia sotto
il profilo archeologico solo a partire dal IV sec. a.C., esisteva una pianifica-
zione ed una organizzazione anche degli spazi funerari in relazione alla citt
gi dallet tardo-arcaica.
difficile, al momento, considerata la brevit del tratto riportato alla
luce, lungo poco meno di 30 m, mettere in relazione tale percorso stradale
con gli accessi allabitato sul lato occidentale, anche se plausibile supporre
che almeno da una delle due vie periferiche che correvano allinterno della
cinta muraria, seguendone landamento curvilineo, si dipartisse la strada
verso larea cimiteriale (4). Lesigenza di dotare la necropoli di una o pi stra-
de interne sembra risalire, dunque, al tardo arcaismo, epoca in cui il primo
emporio fenicio inizi probabilmente a strutturarsi in vera e propria citt
mentre lampio spazio cimiteriale raggiungeva, tra la fine del VI e il V sec.
a.C., la sua massima espansione.
Sulla base dei ritrovamenti, la parte centrale della vasta area interessa-
4
34
ta dalle sepolture sem-
bra comprendere il pi
antico nucleo della
necropoli, riferibile alla
prima generazione di
coloni fenici: situato a
circa 400 m dal confine
della citt, esso si
ampli, probabilmente
in maniera concentrica,
in tutte le direzioni fin
quasi a toccare, agli inizi del III sec. a.C, le mura urbiche, cos come hanno
dimostrato recenti rinvenimenti nellarea di Piazza Indipendenza.
Riti e tipologie funerarie
Il paesaggio della necropoli panormita caratterizzato dalla fitta pre-
senza di sepolture a camera ipogeica ricavate nel banco di calcarenite (5);
non mancano, tuttavia, le semplici tombe a fossa (6) o i sarcofagi litici (7)
adagiati sul piano della necropoli dove, soprattutto nei periodi di utilizzo
pi tardi, venivano deposti anche i cinerari contenenti i resti delle cremazio-
ni. Sotto il profilo del rito funerario, sono attestati sia linumazione che lin-
cinerazione (8).
Per quanto riguarda il primo e pi diffuso rituale, esso legato a
diverse tipologie sepolcrali.
Le tombe a camera sono costituite da una cella ipogeica di forma per
lo pi rettangolare, con ingresso a NE (9), cui si accede attraverso un corri-
doio a gradini, anchesso intagliato nella roccia e pi o meno ripido a secon-
da della profondit della camera. Lingresso solitamente chiuso da uno o
pi lastroni di calcarenite (10); in due soli casi laccesso constava di architra-
6
7
5
ve e stipiti ancorati alle pareti,
in altri esso era segnato da
cippi di calcarenite. Sono atte-
stati, inoltre, alcuni esemplari
di altarini utilizzati per la cele-
brazione delle cerimonie fune-
bri.
Generalmente non si
riscontrano, nelle tombe a
camera, elementi architettonici
distintivi, n rivestimenti
parietali di alcun genere.
Allinterno si trovano uno o
pi sarcofagi adagiati lungo le
pareti (11), poggiati sul pavi-
mento o ricavati nello stesso
banco roccioso; la copertura
dei sarcofagi ottenuta con
lastre di calcarenite o con gran-
di tegoli piani (solenes) (12).
Allinterno delle celle sepolcra-
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36
li gli inumati giacciono per lo pi entro i sarcofagi, ma non inusuale rinve-
nire, nel caso di riutilizzo da parte forse dello stesso gruppo familiare, depo-
sizioni in fossa, semplici inumazioni sul piano della cella, cinerari e sepoltu-
re a enchytrismos destinate ai bambini (13). Le camere pi antiche sono di
piccole dimensioni e sempre monosome, mentre la tomba a camera poliso-
ma diventa la tipologia assolutamente prevalente nel periodo compreso tra
il V e il IV sec. a.C.: il corredo solitamente deposto al di fuori del sarcofa-
go ma, in qualche caso, alcuni oggetti sono collocati allinterno, soprattutto
quelli personali e dornamento.
Per quanto riguarda le inumazioni in sarcofago litico, tale tipologia
sembra caratteristica delle sepolture di individui di et infantile o giovanile
11
12
37
ed caratterizzata dalla deposizione del corredo allinterno del sarcofago,
vicino al defunto. La copertura per lo pi a lastre e il sarcofago solitamen-
te poggiato entro una semplice fossa scavata nel banco di calcarenite o diret-
tamente sul piano della necropoli (7).
Meno attestate, sotto il profilo tipologico, sono le sepolture in fossa
semplice scavata nella roccia (6), con copertura a lastre di terracotta o a
lastroni litici.
Per quanto riguarda, invece, il rituale dellincinerazione abbastanza
diffuso e documentato anche dal rinvenimento di ampie zone caratterizzate
da residui di combustione (ustrina) sono attestate due diverse modalit di
esecuzione: la cremazione primaria prevedeva che il defunto venisse ada-
giato su una pira allestita allinterno di una fossa dove rimanevano seppel-
liti i resti combusti; nella maggior parte dei casi, dopo lo spegnimento, veni-
va deposto il corredo funebre.
In alternativa, il rito dellincinerazione secondaria, sporadicamente
utilizzato gi in et arcaica, ma molto pi diffuso durante let ellenistica
(IV-III sec. a.C.), prevedeva che i defunti venissero invece bruciati in unap-
posita area allestita sul piano della necropoli e i resti combusti raccolti in un
cinerario - la cui imboccatura era chiusa abitualmente con una coppa - a sua
volta deposto entro una fossa sul piano della necropoli o allinterno delle
celle ipogeiche o, ancora, lungo i dromoi daccesso alle camere.
I corredi
Il materiale ceramico rinvenuto nelle sepolture, per lo pi costituito da
vasi da mensa e anfore, documenta un livello economico abbastanza omoge-
neo e, soprattutto, attesta fenomeni assai profondi di interazione culturale
tra punici e greci, soprattutto a partire dalla fine del VI sec. a.C. Numerose,
infatti, oltre alle tipiche forme di tradizione fenicio-punica (14), sono le
14
13
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16
38
importazioni dalla Grecia stessa o dalle colonie occidentali (15), concentrate
soprattutto tra la met del VI ed il V sec. a.C., mentre per il IV e III sec. a.C.
le attestazioni pi numerose si riferiscono a prodotti vascolari provenienti
da fabbriche della Sicilia occidentale.
Se, dunque, in ambito ceramico prevale lispirazione a culture alloge-
ne, alla tradizione fenicia sono legati gli oggetti dornamento e quelli ineren-
ti la sfera magico-religiosa, quali gioielli, amuleti, uova di struzzo e arredi
funebri come cippi e altarini. Tra i gioielli, non troppo frequentemente atte-
stati e per lo pi realizzati in bronzo e argento (16), spiccano pochi oggetti
doro. Gli amuleti, abbastanza presenti a Palermo, soprattutto in sepolture
infantili di periodo arcaico, diminuiscono a partire dallet classica. Inoltre,
se la presenza di specchi nei corredi funerari di VI e V sec. a.C., riscontrata
in associazione con piccoli strumenti musicali, stata letta in funzione apo-
tropaica, a partire dal IV sec. a.C. lassociazione di questo particolare ogget-
to con altri manufatti connessi alla sfera della toeletta (pissidi, valve di con-
chiglia utilizzate come porta-cosmetici, cesoie) lo lascia pi facilmente inter-
pretare come parte integrante del corredo personale femminile o in qualche
modo connesso alla toeletta rituale del cadavere.
Lo scavo della Caserma Tukry
Nel lembo di necropoli indagato allinterno della Caserma Tukry,
situata nel cuore dellampio cimitero panormita, sono state riportate alla
luce 150 tombe, per un totale di 225 individui, circa il 20% rispetto al nume-
ro complessivo di sepolture scoperte a partire dal 1746, anno in cui avven-
nero i primi rinvenimenti nel corso della costruzione del Reale Albergo dei
Poveri (17).
Aprescindere dalle numerose tombe a camera ipogeica o dalle sempli-
ci inumazioni in fosse o sarcofagi, la novit pi rilevante emersa attraverso
le nuove indagini la scoperta del nucleo pi antico della necropoli panor-
mita. Nella parte nord-occidentale dellarea indagata, infatti, si riportato
alla luce un gruppo di tombe comprese tra lultimo venticinquennio del VII
e gli ultimi decenni del VI sec. a.C.: si tratta sempre di sepolture monosome,
per lo pi cremazioni primarie in fosse semplici e, in casi pi rari, incinera-
zioni secondarie in vaso o inumazioni in camera ipogeica.
Nel caso delle incinerazioni primarie, il seppellimento avveniva allin-
terno di semplici fosse di forma quadrangolare o ellittica (18), profonde non
oltre 30 cm e in molti casi rivestite da uno spesso strato di argilla che, indu-
rito al contatto col fuoco, formava un vero e proprio rivestimento della fossa.
Il numero rilevante di tombe di questo tipo permette di ricostruire le moda-
lit dellazione rituale anche attraverso la costante presenza di alcuni ele-
menti e grazie ai confronti con altre necropoli coeve di area mediterranea.
Si constatato che la pira veniva allestita allinterno della fossa ed il
corpo del defunto, dopo le operazioni di unzione e aspersione, vi veniva
adagiato al di sopra, poggiato su un letto di legno o, forse, avvolto in un telo:
il rogo non raggiungeva mai temperature altissime e, certamente, veniva
spento con liquidi prima che le ossa ardessero del tutto: lo dimostrano sia i
consistenti resti di tizzoni ritrovati soprattutto lungo i fianchi del defunto
17
39
che le ossa appena calcinate e depositatesi sul fondo della fossa quasi in con-
nessione anatomica.
Spento il rogo, ai piedi del defunto venivano appoggiati gli oggetti
adoperati per il rituale, solitamente una bottiglia con bocca a fungo ed una
brocca con orlo bi o trilobato, e vicino ad esse o ai lati del defunto, i vasi ceri-
moniali utilizzati per il banchetto funebre, spesso in posizione capovolta
(19): un servizio da mensa costituito, nella maggior parte dei casi, da una
pignatta di forma troncoconica o da unolletta dimpasto, da un piatto di tra-
dizione fenicia e da un vaso per bere solitamente dimportazione greca o
coloniale. Il corredo personale documentato solo in alcuni casi e si limita
alla presenza di vasi per la cura del corpo, aryballoi o alabastra di tradizione
greca, o di oggetti strettamente connessi alla vita del defunto, ornamenti e
armi, nel caso di sepolture maschili. Da non dimenticare lesistenza, nella
maggior parte delle fosse con incinerazioni primarie, ma anche pi tardi
allinterno dei cinerari, di resti di animali, soprattutto ovicaprini, lische di
pesce, gasteropodi e gusci di molluschi, solitamente resti di pasto ma, in
alcune occasioni, offerte per il defunto, come del caso degli ovicaprini depo-
sti senza essere stati sottoposti ad alcun tipo di cottura.
Le tombe a inumazione pi antiche sono del tipo a camera ipogeica
con gradinata di accesso: nella piccola cella a pianta rettangolare scavata
nella calcarenite un sarcofago litico, solitamente coperto da lastre e poggia-
to lungo una parete della camera, conteneva i resti di un solo inumato;
anche in questi casi la composizione del corredo, che comprendeva comun-
que vasi di tradizione fenicia, richiamava lo stesso tipo di cerimonia funebre
che prevedeva la libagione e il banchetto secondo una formula ampiamente
reiterata nel tempo (20).
18
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20
40
Sono dunque documentati in maniera inequivocabile, gi dalla fine
del VII sec. a.C., sia la coesistenza delle due tipologie tombali - sepolture a
fossa e a camera ipogeica - che dei due riti funebri, incinerazione e inuma-
zione. Sulla base, tuttavia, dellevidenza di altri insediamenti fenici siciliani,
Mozia in particolare, e di molte necropoli fenicie occidentali, plausibile
ritenere che il rito dellincinerazione fosse quello originariamente utilizzato
dai primi coloni fenici che raggiunsero lisola, rispecchiandone loriginaria
ideologia funeraria, riflessa anche dalla presenza di alcuni altarini del tipo a
collarino e vaschetta concava (22) che sembrano ancora attestare, quasi sim-
bolicamente, il saldo legame con la tradizione semitica.
Nota bibliografica
P. Bartoloni, Le necropoli della Sardegna fenicia, in A. Gonzlez Prats (ed.), El mundo funerario,
Alicante 2004, 117-130.
H. Benichou Safar, Les tombes puniques de Carthage, Paris 1986.
C.A Di Stefano, La necropoli punica di Palermo. Dieci anni di scavi nellarea della Caserma
Tukry, Roma 2009 (con bibliografia precedente).
PALERMO PUNICA (Catalogo della mostra), Palermo 1998.
A. Span Giammellaro, I luoghi della morte: impianti funerari nella Sicilia fenicia e punica, in
A. Gonzlez Prats (ed.), El mundo funerario, Alicante 2004, 205-251.
F. Spatafora, Das Grab aus der Via Maggiore Amari, in Hannibal ad portas. Macht und
Reichtum Karthagos, Herausgegeben vom Badischen Landesmuseum Karlsruhe, Stuttgart,
2004, 197.
F. Spatafora, Da Panormos a Balarm. Nuove ricerche di archeologia urbana, Palermo 2005.
F. Spatafora, La necropoli punica di Palermo (scavi 2000-2005). Spazio funerario, tipologie
tombali e rituali, in 6 Congresso Internacional de Estudos Fencio Pnicio, Lisboa (2005), in c.d.s.
F. Spatafora, Dagli emporia fenici alle citt puniche: elementi di continuit e discontinuit
nellorganizzazione urbanistica di Palermo e Solunto, in Phnizisches und Punisches
Stdtwesen (Roma 2007), Mainz am Rhein 2009, 219-239.
F. Spatafora, Ritualit e simbolismo nella necropoli punica di Palermo, in Giornata di studi in onore
di Antonella Span (Palermo 30 maggio 2008), in c.d.s.
G. Tore, Cippi, in Palermo Punica, 417-427.
22 Palermo. Caserma Tukry.
Altarini del tipo a collarino
e vaschetta concava.
41
Palermo. Caserma Tukry.
Tomba 94. A camera ipogeica con gradinata daccesso. Inumazione
Fine VII - Inizi VI sec. a.C.
1. Bottiglia con bocca espansa
2. Oinochoe corinzia (Corinzio medio?)
3. Anfora da mensa a decorazione geometrica dipinta
4. Anfora da mensa acroma
5. Olletta emisferica
6. Piatto ombelicato
7. Coppa ionica di Tipo B1
1 2
3 4
6 7 5
Palermo. Caserma Tukry.
Tomba 80. A fossa. Incinerazione primaria.
Inizi VI sec. a.C.
1. Bottiglia con bocca espansa e decorazione a fasce orizzontali dipinte
2. Brocca a bocca trilobata e decorazione a fasce orizzontali dipinte.
3. Pignatta dimpasto troncoconica
4. Piatto ombelicato
5. Coppa etrusco-corinzia della classe del Gruppo a Maschera Umana.
6. Aryballos globulare del tipo quatrefoil.
42
1 2
4
3
6
5
43
Palermo. Caserma Tukry.
Tomba 65. Incinerazione secondaria in urna.
Inizi VI sec. a.C.
Urna biansata acroma utilizzata come cinerario.
Allinterno:
1. Oinochoe di bucchero
2. Alabastron etrusco-corinzio
3. Coppa etrusco-corinzia
4. Lekanis a vernice nera.
Allesterno:
5. Piatto di bucchero
6. Brocca con orlo trilobato e decorazione a fasce orizzontali dipinte
1
5
2
4
3
6
44
Palermo. Caserma Tukry.
Tomba 82. Sarcofago. Inumazione.
Met del VI sec. a.C.
1. Amphoriskos cuoriforme a vernice nera e banda risparmiata.
2. Olpetta piriforme a vernice nera
3. Kylix a bande a vernice nera.
4. Aryballos corinzio globulare, combusto
5. Pateretta a vernice nera frammentaria, combusta
6. Orecchini dargento con pendente a cestello
7. Fermatrecce di bronzo
8. Anello dargento con castone ovale a farfalla
9. Pendente dargento con appiccagnolo a rocchetto
6
9
8
7
1 2
3
4
5
45
Palermo. Caserma Tukry.
Tomba 125. A fossa. Incinerazione primaria.
Met-fine VI sec. a.C.
1. Bottiglia con bocca espansa
2. Brocca a bocca trilobata
3. Pignatta dimpasto troncoconica
4. Piatto ombelicato
5. Coppa ionica di tipo B2
Palermo. Caserma Tukry.
Tomba 63. Sarcofago. Inumazione infantile.
VI sec. a.C.
1. Guttus a decorazione lineare dipinta
2. Brocchetta a vernice nera decorata a immersione
3. Olletta acroma
4. Lekanis acroma
5. Elementi di collana in osso e pasta di vetro
6. Amuleti in osso e pasta silicea
7. Pendenti in pasta vitrea policroma: a)figura demoniaca e b)testina dariete.
1
2
3
4
5
1
2
6
7a
7b
3
4
46
Palermo. Caserma Tukry.
Tomba 91. Fossa semplice con copertura a lastroni. Inumazione.
Fine VI - inizi V sec. a.C
1. Oinochoe a bocca trilobata a figure nere
2. Oinochoe a bocca trilobata a vernice nera del tutto abrasa
3. Pignatta dimpasto troncoconica
4. Piatto ombelicato
5. Coppetta monoansata a bande
6. Lucerna monolicne a vernice nera
7. Kylix attica di tipo C
1 2
3 4
5
6 7
47
1. Oinochoe attica a figure nere. Alt. max cm 25,5 ca. Ricomposta da pi frammenti.
Scena di Lotta tra Peleo e Teti.
Teti, panneggiata, in corsa verso sinistra e retrospiciente, con braccio sinistro sollevato e proteso,
presa per la vita da Peleo, incedente verso sinistra, reso con il busto leggermente inclinato in avan-
ti. Luomo veste un chitonisco; una bandoliera, che regge una spada, gli attraversa diagonalmente
il petto. Alle spalle delleroe, una Nereide in fuga verso destra, retrospiciente. Sullo sfondo, tralci
di vite stilizzati.
Decorazione secondaria: sulla parte alta della scena, banda risparmiata decorata con bastoncelli a
v.n.; sul collo, in corrispondenza del riquadro metopale risparmiato, e ai lati della scena, decora-
zione con motivo a doppia fila di puntini sfalsati collegati da brevi tratti obliqui.
Vicina al Gruppo del Pittore di Atena.
Il rapimento di Teti era nel mondo antico considerato lantefatto della guerra di Troia e narrato nei
Canti Ciprii, che completavano la narrazione dei poemi omerici; per questa ragione, il tema costi-
tuisce un importante motivo iconografico molto diffuso nella ceramica attica. Anche se le versioni
pi antiche della lotta risalgono gi al secondo quarto del VI secolo e si rifanno a modelli corinzi,
il tema ha particolare successo tra il 520 e il 460 a.C. nelle rappresentazioni attiche che, nel corso
del tempo, diventano sempre pi correnti e schematiche. Le officine del Ceramico riproducono, in
genere, la scena della lotta tra Peleo e la dea, nella quale leroe usa una presa che anche utilizzata
da Eracle contro Tritone e che indica la difficolt dellimpresa alla quale Peleo deve resistere,
disperatamente attaccato alla dea che posta sempre a destra. In questa posizione appare spesso
pi piccolo di Teti, sorpresa, che lo sovrasta. La figura delleroe scompare quasi del tutto nelle rap-
presentazioni della seconda met del V secolo.
Fine VI - inizi V secolo a.C.
Inedita.
Cfr.: per un profilo simile del vaso, A. Villa, Ceramica a figure nere e a figure rosse, in Palermo Punica,
Palermo 1998, 272, 276, 279, F9; per liconografia del rapimento di Teti, R. Vollkommer, s.v. Peleus,
in LIMC VII, Munchen-Zurich 1994.
Monica Chiovaro
48
Palermo. Caserma Tukry.
Tomba 90. A camera ipogeica con gradinata daccesso. Tre inumazioni e unincinerazione in vaso.
Fine VI - met V sec.a.C.
1. Anfora greco-occidentale. Fine VI sec. a.C.
2. Anfora greco-occidentale. Fine VI sec. a.C.
3. Pignatta troncoconica. Fine VI sec. a.C.
4. Skyphos a figure nere con teoria di somarelli. Fine VI-inizi V sec. a.C.
5. Tegame biansato. Fine VI inizi V sec. a.C.
6. Piattello ombelicato di tipo punico. Fine VI sec. a.C.
7. Brocca acroma. Prima met V sec. a.C.
8. Brocca acroma. Prima met V sec. a.C.
9. Skyphos attico di tipo A. A vernice nera. Prima met V sec. a.C.
10. Olpetta piriforme verniciata nella parte superiore. Fine VI inizi V sec. a.C.
11. Brocca acroma (cinerario). Prima met V sec. a.C.
12. Coperchio frammentario (sul cinerario). Prima met V sec. a.C.
13. Lucerna monolicne a vernice nera. Fine VI inizi V sec. a.C.
14. Piatto ombelicato a vernice nera. Fine VI sec. a.C.
15. Coppetta attica su piede. A vernice nera. Prima met V sec. a.C.
1 2
49
3 4 5
6 7 8
9
12 13 14 15
10 11
50
Palermo. Caserma Tukry.
Tomba 109. Sepoltura infantile a enchytrismos. Inumazione.
Prima met V sec. a.C.
1. Anfora punica (contenitore della sepoltura)
2. Amuleti in osso: a. mano che fa le fiche
b. cani stanti di profilo
Palermo. Caserma Tukry.
Tomba 135. Sepoltura infantile a enchytrismos. Inumazione
Fine VI - inizi V sec. a.C.
Anfora punica (contenitore della sepoltura)
1. Anellino di bronzo.
2
1
a
b
51
INDAGINE ANTROPOLOGICA E PALEOPATOLOGICA
NELLA NECROPOLI PUNICA DI PALERMO
Rosaria Di Salvo
Il materiale osteologico rinvenuto nella vasta area della necropoli
punica di Palermo stato sottoposto ad analisi antropologica, che ha per-
messo di evidenziare le caratteristiche morfologiche e morfometriche degli
individui, gli aspetti biodemografici e le patologie di cui erano afflitti.
Inoltre ha fornito dati interessanti sulle modalit di seppellimento degli
individui e sulla tipologia delle sepolture.
Nella necropoli sono stati evidenziati due riti: linumazione e lincine-
razione. Linumato, in deposizione primaria, era deposto solitamente in
decubito supino, con gli arti superiori distesi lungo il corpo, in pochi casi le
braccia erano flesse e le gambe incrociate. Eccezionalmente sono stati rinve-
nuti individui in posizione prona. Gli esemplari sottoposti allincinerazione
si presentano ridotti in numerosi frammenti, in quanto lalta temperatura ha
agito sui reperti ossei provocando variazioni di colore e di struttura con
deformazioni, fessurazioni e alterazioni delle curvature anatomiche. In base
al grado di cromatismo e alle alterazioni macroscopiche della struttura ossea
stato possibile determinare la probabile temperatura a cui gli esemplari
sono stati sottoposti. Nella maggior parte dei casi i resti ossei hanno assun-
to una colorazione bianco-calce (600); alcuni risultano combusti soltanto
parzialmente, probabilmente perch non erano a diretto contatto col fuoco;
altri invece presentano fratture concoidi e torsioni di curvatura e per leleva-
ta temperatura (900 C) risultano vetrificati.
I cinerari, nella maggior parte dei casi, contenevano i resti scheletrici
di un solo individuo, di et infantile o adulta; in pochi casi si anche consta-
tata la presenza di due individui. Inoltre, in alcune urne, stata riscontrata,
evidentemente in connessione con il rituale, la compresenza di resti umani
ed animali, soprattutto ovicaprini, ma anche volatili, gallinacei, pesci, con-
chiglie marine e grosse lumache.
Della necropoli punica di Palermo sono stati esaminati resti scheletri-
ci umani, riferibili ad almeno quattrocento esemplari, di ambo i sessi e di et
compresa tra la nascita e let senile. Si tratta del 53% di inumati e del 47%
di incinerati.
Per quanto riguarda let di morte da sottolineare lelevata incidenza
di adulti, in particolare tra i 21 e i 40 anni, seguita da quella infantile.
52
I punici palermitani erano afflitti da forme di patologia dentaria
(usura, carie, piorrea alveolare, ascessi, ipoplasia dello smalto), carenziale
(deficit alimentare, anemie secondarie da parassiti intestinali, da malaria, da
fattori gravidici), traumatica (traumi cranici e fratture alle ossa lunghe) e
degenerativa (stress funzionali, artrosi articolare e vertebrale, per modelli
lavorativi e difetti di dinamica articolare).
Dal punto di vista antropologico gli esemplari risultano di tipologia
dolicomorfa; nella maggior parte degli individui il cranio in norma superio-
re di forma ovoide, mediamente lungo, alto e stretto; soltanto in pochi casi
risulta corto, ma sempre di elevata capacit cranica. La faccia, poco sporgen-
te, prevalentemente stretta e di media altezza, con fronte di media larghez-
za, con orbite mediamente strette e alte, con apertura nasale prevalentemen-
te stretta e soltanto in pochi casi medio-larga.
Anche dallanalisi dello scheletro post-craniale emersa una tipologia
umana di moderata robustezza, caratterizzata da discreto dimorfismo ses-
suale.
La statura media maschile di circa 170 cm, quella femminile di 156
cm.
Sul piano etnomorfologico il campione riconducibile a popolazioni
del bacino del Mediterraneo e caratterizzato da elementi di tipologia berbe-
ra, presentando caratteristiche comuni con gruppi umani coevi della Sicilia
occidentale (Selinunte, Marsala, Mozia) e dellAfrica settentrionale (Carta-
gine, Utica-Mahdia).
53
LA NECROPOLI DI SOLUNTO
Alba Maria Gabriella Calascibetta
La localizzazione dellinsediamento relativo alla Solunto arcaica nellarea
del pianoro di San Cristoforo sul promontorio di Solanto un dato scientifico
pienamente acquisito. Posto sulla costa nord-occidentale della Sicilia in posi-
zione intermedia tra Palermo e la colonia greca di Himera, per le sue caratteri-
stiche morfologiche e topografiche, il promontorio presenta i requisiti indi-
spensabili a un insediamento fenicio: poco elevato (trenta metri circa sul livel-
lo del mare), proteso tra due approdi naturali, linsenatura dellOlivella a
Nord, il litorale di Fondachello a Sud, delimitato a Sud dai valloni De Spuches
e Cefal che, ricadendo allinterno del bacino idrografico dellEleuterio, costi-
tuivano una naturale via di penetrazione verso lentroterra.
Le indagini archeologiche, intraprese negli anni Ottanta e Novanta
dalla Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali di Palermo nella odier-
na contrada San Cristoforo, hanno riportato alla luce diversi settori artigia-
nali e abitativi, documentando i livelli di occupazione dellarea dalla fine del
VII sec. a.C. ai primi decenni del IV sec. a.C. Tra le installazioni adibite alla
produzione ceramica, spiccano un piccolo forno da vasaio della fine del V
sec. a.C., che costituisce uno dei rari esempi del tipo punico a pianta biloba-
ta rinvenuti in Sicilia, e una fornace di dimensioni veramente imponenti,
databile invece ad epoca ellenistica, situata sulla punta del promontorio. In
prossimit di questultima il rinvenimento in fosse di scarico di materiali
databili alla fine del VII- inizi VI sec. a.C., probabilmente pertinenti a conte-
sti funerari o cultuali, ha fatto ipotizzare lubicazione della necropoli proto-
arcaica e del tophet nelle immediate vicinanze dellarea artigianale, sulla base
di stringenti analogie con altri centri fenici, in particolare Mozia.
La necropoli soluntina ubicata a NO dellabitato arcaico, nella vasta
area che dalla fascia costiera dellOlivella si estende, nelle contrade
Campofranco e Olivetano, oltre la linea ferroviaria e la stazione di Santa
Flavia; in una zona compresa, quindi, tra il promontorio di Solanto e la citt
ellenistica sul Monte Catalfano. Nella porzione occidentale dellarea dislo-
cato il nucleo ellenistico della necropoli, mentre a oriente si sviluppa il vasto
settore con tombe di et arcaica e classica. Un ulteriore lembo riferibile alla
fase pi arcaica, messo in luce da un recentissimo scavo, si situa pi a Sud,
in unarea pi prossima allabitato. Non sappiamo se i nuclei finora indivi-
duati costituiscano ununica grande necropoli di notevole estensione o se
54
siano da riferire ad aree funerarie distinte, indipenden-
ti luna dallaltra. Tuttavia, non sembra che esistano ele-
menti di separazione tra i settori finora indagati.
Complessivamente il numero delle sepolture finora
messe in luce ammonta a oltre 500 (1).
Oggetto di scavi e di rinvenimenti clandestini o
fortuiti, la necropoli era conosciuta gi nellOttocento;
in seguito, gli scavi effettuati tra la fine dellOttocento e
gli inizi del Novecento riportarono alla luce numerose
tombe riferibili alla fase ellenistica. Allinterno dellarea
demaniale sita nei pressi della stazione di Santa Flavia,
a ovest della linea ferroviaria, sono intagliate nel banco
roccioso calcarenitico ben 220 sepolture; oltre alle
tombe a camera con dromos gradinato daccesso, tipo
nettamente prevalente, sono presenti tombe a cassa e a
fossa rettangolare di varie dimensioni. Per quanto
riguarda la disposizione planimetrica, si riscontra la
mancanza di una precisa organizzazione delle sepoltu-
re che, seppur generalmente orientate in senso E-O,
sono disposte luna accanto allaltra senza alcun ordine,
occupando, di volta in volta, gli spazi disponibili anche
sullasse N-S. Una strada, parzialmente conservata, col-
legava la necropoli alla citt sul Monte Catalfano.
Purtroppo, ad eccezione delle ben note Tanagrine e
pochi altri reperti, oggi esposti al Museo di Palermo,
non conosciamo i materiali relativi alle strutture fune-
rarie, rimaste per lo pi inedite.
Immediatamente a Ovest di questa area, nel 2005
stato riportato alla luce un piccolo gruppo di sepoltu-
re, databili tra la fine del IV e il III sec. a.C., che ha
aggiunto nuovi importanti elementi per la conoscenza
della fase ellenistica del sepolcreto, attestando per la prima volta il rituale
funerario dellincinerazione in situ.
Il vasto settore della necropoli con tombe di et arcaica e classica, ubi-
cato a est della statale 113, stato esplorato a partire dalla fine degli anni
Sessanta e pi sistematicamente negli anni Novanta. Le indagini hanno
documentato diverse fasi dutilizzazione caratterizzate da una variet di
tipologie tombali, che trovano confronti pi o meno puntuali nel mondo
punico. Per la fase arcaica, a partire dagli inizi del VI sec. a.C., sono attesta-
ti sia il tipo a cassa monumentale con copertura a lastroni e cuscino rispar-
miato (2) che il tipo a cassa con nicchia laterale nella quale veniva deposto il
defunto, entrambi utilizzati per sepolture individuali. Dalla fine del VI e per
tutto il V sec. a.C., il tipo preminente costituito dalla tomba ipogeica a
camera preceduta da ampio dromos a gradini (3), che si caratterizza per lam-
piezza della camera e del dromos e per la presenza del letto funebre rispar-
miato nella parete meridionale della camera e di una banchina lungo il lato
sud del dromos, spesso adoperata per deposizioni successive. Il tipo risulta
A - Solunto arcaica
B - Necropoli
1. arcaica
2. arcaica/ellenistica
3. ellenistica
C - Solunto
ellenistico-romana
1
55
utilizzato per deposizioni collettive anche per un arco di tempo abbastanza
lungo. Per il periodo pi tardo, dalla met del IV sec. a.C., attestato il tipo
a semplice fossa di dimensioni ridotte che si differenzia per il diverso orien-
tamento N-S, mentre per la fase ellenistica pi tarda sono documentate
sepolture a enchytrismos, contenute in anfore, deposte negli strati pi super-
ficiali del riempimento del dromos di alcune tombe a camera. Il rito funera-
rio attestato costantemente quello dellinumazione, mentre solamente in
un caso stata accertata unincinerazione secondaria deposta in uno stamnos
databile al IV sec. a.C., collocato nel dromos di una tomba a camera (4).
Il cattivo stato di conservazione e gli sconvolgimenti prodotti dalle atti-
vit agricole, edilizie e soprattutto clandestine hanno impedito, tranne in
pochi casi, di rinvenire contesti integri e di conseguenza di raccogliere tutti
quei dati indispensabili per unanalisi approfondita della tipologia dei corre-
di funerari, della loro disposizione, delle modalit di deposizione e di orien-
tamento dei defunti, degli elementi rituali e cerimoniali connessi alle pratiche
funerarie. Nei corredi solo in piccola percentuale sono attestate le forme tipi-
che del repertorio ceramico punico che caratterizzano i corredi funerari nel
periodo arcaico: rarissimi i vasi adoperati per le aspersioni del cadavere, un
solo esemplare di bottiglia con orlo a fungo da un recupero fortuito e due
esemplari di brocca con orlo trilobato. Pi frequenti le forme aperte che
rimandano alla pratica del banchetto funebre e alle offerte rituali di alimenti;
costante la presenza dei piatti e dei vasi da fuoco, quali pignatte troncoconi-
che, olle e tegamini. I materiali ceramici dimportazione e di tradizione greca,
presenti in percentuale maggiore, attestano la progressiva adozione di forme
proprie del repertorio vascolare greco. Pochi gli esemplari di ceramica corin-
zia, greco-orientale e di ceramica attica a figure nere e rosse, pi numerosi gli
esemplari di tradizione ionica e coloniale, e la ceramica a vernice nera.
Scarsa la presenza di componenti non ceramici riferibili al corredo per-
2
3
4
56
sonale del defunto, oltre a pochi amuleti e gioielli di semplice tipologia, figu-
rano cuspidi di lance di ferro e in un caso uno strigile. Tra i contesti integri
si distingue il ricco corredo della T. 10 - una cassa ricavata nella banchina del
dromos dellipogeo 8 - datato alla fine del VI-inizi del V sec. a.C.; oltre ai
numerosi elementi relativi al corredo personale, tutti ascrivibili alla tradizio-
ne fenicia - due amuleti, una catenella, un anello in argento e 5 vaghi di col-
lana - ha restituito tra il materiale ceramico un originale askos configurato a
forma di cavallo.
Recentissime indagini archeologiche, condotte dalla Soprintendenza
di Palermo in localit Campofranco, hanno riportato alla luce un nucleo di
tombe relativo alla necropoli arcaica. Il saggio, preventivo alla realizzazione
di un fabbricato, ha interessato unarea estesa 100 mq circa, ubicata a SO del
settore gi esplorato e compresa tra la strada statale 113 e la linea ferrovia-
5
57
ria. Lo scavo, che si da poco concluso e il cui studio appena agli inizi, ha
consentito il recupero di 35 sepolture, che presentano novit rilevanti sia
relativamente alle tipologie e ai rituali funerari, sia per quanto concerne la
topografia dellintero sepolcreto.
Le tombe, individuate a circa 50 centimetri al di sotto del piano di
campagna, presentano una consistente variet di tipologie finora sconosciu-
te a Solunto. La maggioranza delle sepolture costituita da semplici fosse
terragne, tagliate nello strato di terra rossastra argillosa che ricopre il banco
roccioso, di forma subrettangolare, appena incise nella nuda terra o di forma
rettangolare, scavate pi profondamente nel terreno; in genere sono prive di
copertura, soltanto in due casi la fossa era chiusa da lastroni e in un caso la
copertura era costituta da due tegoli piani; le pareti di due fosse erano rive-
stite con lastre di pietra appena sbozzate. Ad eccezione di un unico caso, si
tratta di sepolture monosome relative a individui di et adulta e solo in
quattro casi a individui di et infantile.
Accanto alle tombe a semplice fossa terragna figurano quattro tombe
a lastroni, costituite cio da lastre di calcarenite, impostate nel senso dello
spessore sulla roccia, che, foderando le pareti della fossa, formano una sorta
di cassa litica interrata (5). Solo in un caso si sono conservati i due lastroni
che costituivano la copertura. Questa tipologia, inedita per Solunto, nota
in altri centri punici come Palermo e Lilibeo. Del tutto estraneo, invece, alle
tipologie funerarie puniche, ma diffuso nelle necropoli siceliote, il tipo alla
cappuccina (6) qui attestato da due sepolture formate da quattro tegoli
piani disposti (due per ciascun lato) a spiovente; il fondo costituito dalla
nuda terra in un caso e da due tegoli nellaltra sepoltura che presentava inol-
tre una copertura di lastre di calcarenite che al momento del rinvenimento
6
58
erano scivolate sulla sponda est. La variet tipologica completata da tre
enkytrismoi che riguardano inumazioni di infanti in anfore puniche.
Le sepolture sono disposte luna accanto allaltra senza alcun ordine
preciso e difficilmente pu essere distinta un organizzazione spaziale del-
larea funeraria. Solo nel caso delle tombe a lastroni T. 4 e T. 5, adiacenti e
simili per tipologia, dimensioni e orientamento, composizione e disposizio-
ne del corredo (7), si potrebbe pensare a un unico recinto familiare, anche
tenendo conto del sesso differente dei due inumati. Dal generale orienta-
mento lungo lasse SO-NE, si distaccano nettamente le due cappuccine, la
tomba con copertura di tegoli piani, gli enkytrismoi e la tomba a fossa T. 34
che si dispongono lungo un asse SE-NO e, sebbene spazialmente non vicine,
sembrano connotarsi come un gruppo a s stante sia per le peculiarit tipo-
logiche, sia per la composizione del corredo - costituito esclusivamente da
oggetti di fabbricazione o di tradizione greca - sia per la collocazione crono-
logica alla prima met del V sec. a.C., elementi questi che spingono a riferi-
re queste sepolture alla frequentazione dellarea funeraria da parte di un
nucleo greco della popolazione.
Le novit pi rilevanti emerse dalle nuove indagini riguardano sen-
zaltro il rituale funerario, infatti delle 35 sepolture individuate 11 sono a cre-
mazione. Si tratta di incinerazioni primarie in fossa terragna su pira che pre-
7
59
sentano caratteristiche simili a quelle attestate nella vicina Palermo e in altre
necropoli fenicie occidentali. Nei casi in cui stata nettamente distinta, la
fossa poco profonda presenta forma subrettangolare o ellissoidale, vi si rin-
vengono allinterno i resti carbonizzati della pira e i resti scheletrici combu-
sti in connessione anatomica (8). Lorientamento rispetta nella maggior parte
dei casi lasse SO-NE e lincinerato deposto con il cranio a SO, il corredo
ceramico collocato dopo lo spegnimento del rogo, eseguito per impedire la
completa combustione delle ossa. Estata inoltre individuata una zona, carat-
terizzata da abbondati residui carboniosi, concotto, numeroso vasellame,
spesso frantumato, e resti scheletrici, ridotti a scaglie, in cui non stato pos-
sibile distinguere singole deposizioni e che probabilmente da ritenere
unarea utilizzata per pi cremazioni.
Lattestazione del rituale dellincinerazione in et arcaica, finora per
Solunto solo supposto, in quanto utilizzato dai primi coloni fenici nelle altre
necropoli siciliane, costituisce un dato di grande interesse, anche per quanto
riguarda la caratterizzazione topografica dellintero sepolcreto soluntino.
Sembra plausibile, infatti, riferire il nuovo gruppo di tombe allimpianto fune-
rario pi antico di Solunto. Lassenza di tutte le tipologie finora attestate a
Solunto (in nessun caso le nuove sepolture sono tagliate nel banco roccioso) e
la cronologia delle deposizioni che, da un esame preliminare e ancora parzia-
le dei materiali rinvenuti, si colloca in un arco di tempo che almeno dagli inizi
del VI sec. a.C. non sembra andare oltre gli inizi del V sec. a.C., a differenza di
quanto si verifica negli altri settori gi indagati, in cui attestata una continui-
t nello sfruttamento dellarea di deposizione dagli inizi del VI sec. a.C. fino
allet ellenistica, rendono possibile ipotizzare che loriginario nucleo necropo-
lico, posto in prossimit del centro abitato, sia stato progressivamente abban-
donato in favore di zone pi distanti dislocate pi a Nord.
8
60
Per quanto riguarda i corredi funerari, a parte un piccolo gruppo di inu-
mazioni in semplice fossa terragna che si caratterizza per la giacitura del cada-
vere in posizione contratta e per la costante assenza del corredo, le sepolture
erano provviste di corredo costituito da un minimo di un elemento a un massi-
mo di 7 elementi. Scarsa la presenza di componenti non ceramici riferibili al cor-
redo personale del defunto; per quanto riguarda i gioielli, solamente linumata
della T. 14 indossava al momento del seppellimento due anelli bronzei con
castone fisso, tipologicamente affini ad altri esemplari da Solunto. Un ago bron-
zeo, rinvenuto tra le costole dellinumato della T. 2, doveva fungere da spillone,
forse per trattenere un sudario. Altrettanto rara la presenza di armi, una punta
di lancia di ferro era deposta lungo il fianco dellincinerato della T. 21 ed ecce-
zionalmente il corredo personale dellinumato della T. 26 era costituito da una
cuspide di lancia e da una spada di ferro con guardamano a crocera, tipo atte-
stato in Sicilia e diffuso in ambiente italico, dove generalmente connota tombe
indigene. Il panorama vascolare dei corredi si presenta abbastanza uniforme e
di qualit mediocre. I corredi delle cremazioni, mediamente pi diversificati e
pi ricchi, si differenziano per la presenza di forme, assenti nelle inumazioni,
che si riferiscono alla pratica del banchetto funebre: il piatto, di tradizione feni-
cia, la pignatta troncoconica o lolla e la brocca a bocca trilobata o a collo cilin-
drico che sono generalmente associati con una kylix di tipo ionico, rinvenuta
sempre in posizione capovolta. Inoltre, tra i componenti dei corredi delle crema-
zioni figurano pochissimi esemplari di ceramica corinzia.
Nei corredi delle inumazioni, deposti generalmente ai piedi del defun-
to, ricorrono costantemente forme chiuse tra cui prevalgono nettamente le
olpai, acrome o decorate a immersione, spesso deposte in coppia. Tra i vasi
per versare si segnalano, anche per la rarit delle loro attestazioni nella
necropoli di Solunto, due bottiglie con orlo a fungo e la brocca a corpo
ovoide e collo distinto troncoconico di tradizione fenicia. In due corredi i
vasi per versare sono associati con la kylix di tipo ionico. Di particolare inte-
resse la T. 26 (9) che ha restituito, oltre alle due armi, di cui abbiamo gi
detto, deposte lungo il fianco dellinumato, due brocche indigene a decora-
zione geometrica dipinta.
Nota bibliografica
A.M.G. Calascibetta, Nuovi dati sulla necropoli soluntina, in Immagine e immagini della Sicilia e di
altre isole del Mediterraneo antico. Atti delle Seste Giornate Internazionali di Studi sullaria elima e
la Sicilia occidentale nel contesto mediterraneo (Erice,12-16 ottobre 2006), Pisa 2009, 633-643.
C. Greco - R. De Simone C. Polizzi V. Tardo A. Termini, Materiali dalla necropoli punica di
Solunto: studi preliminari, in AA.VV. Archeologia e Territorio, Palermo 1997, 25-110 e ivi biblio-
grafia precedente.
C. Greco, La necropoli punica di Solunto, in Atti del IV Congresso Internazionale di Studi fenici e
punici, Cadice 2000, 1319-1335.
C. Greco, Solunto arcaica: nuovi dati topografici e cronologici, in Atti del V Congresso Internazionale
di Studi fenici e punici, vol. II, Palermo 2005, 667-675 e ivi bibliografia precedente.
C. Greco, Nuovi dati su Solunto fenicia, in La Sicilia in et arcaica. Dalle apoikiai al 480 a.C., a cura
di R Panvini e L. Sole. Palermo 2009, 1, 287-290.
V. Tardo A. Termini, Solunto, necropoli in localit Campofranco e Olivetano, Tomba 10, in La Sicilia in
et arcaica. Dalle apoikiai al 480 a.C., a cura di R Panvini e L. Sole. Palermo 2009, 2, 426-429.
9
61
Solunto. Necropoli arcaica (Scavo 2009).
Tomba 30. A fossa. Incinerazione primaria.
Prima met VI sec. a.C.
1. Coppetta con decorazione a bande e fori per la
sospensione
2. Kotyle del Corinzio medio
3. Olla monoansata
Solunto. Necropoli arcaica (Scavo 2009).
Deposizioni US 29. Incinerazioni primarie.
VI sec. a.C.
1. Hydria miniaturistica
2. Piatto ombelicato
3. Pignatta dimpasto
Solunto. Necropoli arcaica (Scavo 2009).
Tomba 2. A lastroni. Inumazione.
Seconda met del VI sec. a.C.
1. Brocca a bocca trilobata
2. Brocca a collo cilindrico
3. Coppa di tipo ionico B2
1
2
3
1 2
3
1
2
3
62
Solunto. Necropoli arcaica (Scavo 2009).
Tomba 5. A lastroni. Inumazione.
Seconda met del VI sec. a.C.
1. Brocca con bocca espansa
Solunto. Necropoli arcaica (Scavo 2009).
Tomba 26. A lastroni. Inumazione.
Seconda met VI sec. a.C.
1. Brocca indigena a decorazione geometrica
dipinta
2. Brocca indigena a decorazione geometrica
dipinta
3. Punta di lancia in ferro
4. Spada di ferro con guardamano a crocera
Solunto. Necropoli arcaica (Scavo 2009).
Tomba 27. A fossa terragna con copertura a
lastroni. Inumazione.
Seconda met del VI sec. a.C.
1. Olpe acroma
2. Olpe acroma
3. Olpetta acroma
4. Coppa di tipo ionico B2
Solunto. Necropoli arcaica (Scavo 2009).
Tomba 14. A fossa terragna. Inumazione.
Fine del VI- inizi del V sec. a.C.
1. Brocca acroma
2. Anello digitale di bronzo con castone
3. Anello digitale di bronzo con castone
1
2
3
4
1
2
3
1
2
3
4
63
Solunto. Necropoli arcaica (Scavo 2009).
Tomba 1. A fossa con copertura di tegoli piani.
Inumazione.
Fine del VI- inizi del V sec. a.C.
1. Olpetta decorata a immersione
2. Olpetta decorata a immersione
3. Ago bronzeo
Solunto. Necropoli arcaica/ ellenistica (Scavo 1993).
Tomba 10 -A cassa ricavata nella banchina del dromos dellipogeo T.8. Inumazione.
Fine del VI - inizi del V sec. a.C.
1. Coppa tipo Iato K 480
2. Askos in forma di cavallo
3. Olla monoansata
4. Amuleto in pasta silicea con rappresentazione del dio Khnum in posizione stante
5. Amuleto in pasta di talco con rappresentazione di figura antropomorfa con testa di animale
(cinocefalo?)
6. Anello digitale dargento con castone ovale
7. Catenella in argento
8. Vaghi di collana in vetro policromo con motivo decorativo a occhi e piccoli globetti applicati.
1
2
3
1
4
5
6
7
8
2
3
65
LE NECROPOLI DI HIMERA
Stefano Vassallo - Matteo Valentino
Himera fu fondata nel 648 a.C. (Diodoro Siculo XIII, 62,4) sulla costa tir-
renica della Sicilia da un gruppo di coloni misti, clacidesi - provenienti da
Zankle (Messina) e probabilmente dallisola di Eubea in Grecia - e dorici, i
cosiddetti Miletiadi, un enigmatico gruppo venuto da Siracusa a seguito di
dissidi interni (Tucidide VI, 5,1). La citt rimase in vita per circa 240 anni, sino
alla distruzione definitiva avvenuta per mano dei Cartaginesi nel 409 a.C.
Gli scavi archeologici, condotti dallUniversit e dalla Soprintendenza
di Palermo, hanno permesso di ricostruire la topografia generale della colo-
nia, identificando i limiti dellabitato con i suoi grandi impianti urbanistici
di et arcaica e di localizzare tre necropoli ubicate, come di consueto nelle
citt greche, allesterno dellabitato, lungo i principali percorsi di collega-
mento costieri e per lentroterra (1).
In questa sede si presentano i risultati delle ricerche realizzate negli
1
66
ultimi venti anni nelle due grandi necropoli imeresi situate sulla pianura
costiera, ad Est e ad Ovest dellabitato. Una terza necropoli era a Sud della
citt alta, lungo il percorso che collega Himera al suo fertile entroterra.
Lesplorazioni delle necropoli hanno avuto, a partire dal 1990, notevo-
le intensit e regolarit, in particolare quelle condotte nella necropoli occi-
dentale, avviate nel settembre del 2008 lungo il tracciato della nuova linea
ferroviaria Palermo-Messina, in costruttiva e piena collaborazione con le
Ferrovie dello Stato che hanno interamente finanziato le indagini, tuttora in
corso (2-3).
Complessivamente sono state esplorate, fino al dicembre del 2009,
oltre 9000 tombe databili lungo tutto il periodo di vita della colonia con
risultati straordinari per quanto riguarda la conoscenza dei riti e dei costu-
mi funerari di Himera.
Le necropoli est ed ovest occupano lunghe fasce di terreno parallele
alla costa, a poca distanza dal litorale; le sepolture venivano deposte a vari
livelli nello strato sabbioso, con una distribuzione apparentemente poco
ordinata per quanto riguarda le diverse tipologie funerarie e senza una stra-
tificazione cronologica significativa (4).
In superficie affioravano segnacoli di vario tipo - semplici pietre, ele-
menti di terracotta o di legno - infissi nel terreno per ricordare il luogo della
sepoltura; il paesaggio della necropoli era animato anche da altri e pi com-
plessi elementi, di cui abbiamo chiara testimonianza nella necropoli occi-
dentale, costituiti da piccoli monumenti, basi o muretti, sui quali venivano
posti, nel corso di particolari cerimonie e riti, oggetti votivi destinati ad ono-
rare il ricordo dei propri cari dopo la morte.
2
3
67
Lo standard delle tombe finora scoperte non evidenzia casi di partico-
lare ricchezza nella composizione dei corredi o nelle modalit del seppelli-
mento, non dovevano comunque mancare sepolture di individui di ceti
meno abbienti o di schiavi, come risulta dal rinvenimento di tre scheletri
sepolti ancora con gli anelli di ferro alle caviglie (5).
Ingente il numero di reperti rinvenuti nei corredi delle tombe e desti-
nati ad accompagnare il defunto nella vita delloltretomba; numerosissimi
sono anche i grandi contenitori di terracotta utilizzati per accogliere i picco-
li corpi dei neonati nelle tombe di tipo a enchytrismos.
Questa rilevante quantit di materiali ci fornisce utilissime indicazio-
ni non solo per lo studio delle ideologie connesse ai riti funerari, ma anche
per conoscere significativi aspetti legati alla cultura materiale che connotava
la dimensione domestica della colonia. Si tratta, infatti, di oggetti che prima
di confluire nella composizione dei corredi o di essere impiegati in vario
modo nella necropoli erano stati utilizzati nelle pi diverse attivit ordina-
rie della citt.
Eccezionale la scoperta di due tesoretti di monete dargento, entrambi
in tombe femminili della seconda met del V sec. a.C.; in un caso si tratta di
19 tetradrammi e didrammi di zecche siciliane (6), nellaltro di 11 didrammi
di Poseidonia; essi, oltre a costituire un significativo indice di ricchezza,
documentano uninteressantissima e precoce manifestazione delluso di
deporre nelle sepolture monete, il cosiddetto obolo di Caronte, destinato
5
6
4
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a diventare presto una delle pi diffuse consuetudini nei rituali funerari del
mondo antico.
S.V.
Riti e tipologie funerarie
Nelle necropoli di Himera sono attestate le tipologie funerarie pi
ricorrenti del mondo greco in et arcaica e classica, con presenza sia di inu-
mazioni che di incinerazioni.
Per quanto riguarda le inumazioni, che costituiscono in percentuale il
rito prevalente, i tipi pi frequenti sono le tombe a enchytrismos, riservate ai
bambini deceduti nei primi mesi di vita, i cui piccoli corpi venivano deposti
entro contenitori di terracotta di varia forma e dimensione; quelli maggior-
mente utilizzati sono le anfore da trasporto con oltre il 61% del totale, pro-
venienti da tutti i principali centri del Mediterraneo (7). Gli altri contenitori
attestati sono le chytrai (8), le hydriai, i pithoi e gli stamnoi; per lo pi si tratta
di vasi di uso domestico prodotti ad Himera; pi sporadica la presenza di
recipienti fittili indigeni provenienti dallarea sicana della Sicilia centrale.
Le sepolture entro fossa sono le pi semplici e non presentano in gene-
re alcuna particolare accortezza nella loro definizione. In taluni rari casi si
rinvengono fosse delimitate da mattoni crudi (9) o da ciottoli, in altri esse
sono coperte con tegoli piani.
Un altro tipo di inumazione la cassa rettangolare, formata da tegoli
piani posti di taglio per delimitare la cassa e in orizzontale come copertura.
Usuale appare limpiego di vaschette di terracotta di riuso, la cui destinazio-
ne originaria da mettere in relazione ad attivit produttive (lavorazioni
artigianali o di prodotti agricoli). Pi sporadica la presenza di sarcofagi fit-
tili, con coperchio a bauletto.
Bene attestato il tipo alla cappuccina (10-11), realizzato con tegoli
piani posti a spiovente, la cui connessione superiore in qualche caso coper-
ta da coppi. Allinterno della tomba il piano di posa pu essere la nuda terra
o un letto costituito da altri tegoli piani posti orizzontalmente.
Per ci che riguarda il rito dellincinerazione - limitato a circa il 10%
del totale - attestata sia la cremazione primaria, sia, in minore percentuale,
quella secondaria.
Nel banco di sabbia si conservano bene le tracce delle pire (12) con
intense lenti di combustione dalla tipica forma irregolarmente rettangolare
o ovale, sul fondo delle quali si individuano spesso consistenti resti di tron-
chi bruciati (13).
Nelle incinerazioni primarie i resti combusti del cadavere erano
lasciati al centro della pira e, a secondo lintensit e la durata del rogo, si
rinvengono parti dello scheletro bruciato ancora in connessione anatomica;
tuttavia, nella maggioranza dei casi, si conservano soltanto pochi frammen-
ti di ossa, forse perch vi fu la volont di comburere del tutto il defunto,
riducendo il pi possibile lo scheletro a cenere attraverso fuochi intensi e
prolungati.
8
7
69
Nellincinerazione seconda-
ria lurna era abitualmente deposta,
dopo il rogo, nello strato di brucia-
to (14-15); il contenitore pi fre-
quentemente utilizzato era il crate-
re, sia a colonnette che a calice, e in
percentuale minore la chytra.
I corredi
La presenza del corredo
funerario documentata per circa
il 36% delle tombe. In genere si
tratta di uno, due o tre oggetti
posti a contatto dello scheletro; pi
raramente, nel caso delle tombe a
enchytrismos, alla cappuccina o a
cassa, essi erano posti allesterno
della sepoltura.
Le incinerazioni sono le sepolture che restituiscono mediamente i cor-
redi pi numerosi; il pi delle volte sono frammenti ceramici che documen-
tano una lunga esposizione al fuoco. In qualche caso loggetto veniva collo-
cato a pira spenta, al termine della cerimonia funebre, per cui non presenta
tracce di combustione.
Tra i reperti rinvenuti, abituale la presenza di materiali importati;
prevalgono la ceramica corinzia e quella attica, sia a vernice nera che figura-
ta. Tuttavia, la maggior parte degli oggetti costituita da vasi di piccole,
9
10
70
medie e grandi dimensioni prodotti ad Himera; si tratta di un repertorio,
pressoch completo, delle forme e delle decorazioni realizzate dai ceramisti
locali, utilissime per ricomporre un quadro significativo degli artigiani di
questa colonia.
Numerosi sono gli oggetti di metallo: oltre alle armi - punte di freccia
in bronzo, lame e cuspidi di lancia di ferro - vi sono due probabili schinieri
in bronzo di fabbrica indigena e diversi strigili anchessi bronzei. Una tomba
a fossa di un sub-adulto presentava come corredo un anello in argento con
castone decorato ad incisione con un elegante cavallo rampante.
M.V.
11
12
71
Le fosse comuni dei caduti nelle battaglie di Himera del 480 e del 409 a.C.
Uno dei risultati pi significativi delle ricerche condotte nella necropo-
li occidentale la scoperta di nove fosse comuni, che sulla base di forti indi-
zi archeologici riteniamo di potere identificare come sepolture collettive di
soldati morti nelle grandi battaglie combattute davanti alle mura di Himera
nel 480 e del 409 a.C.
Nelle fosse, scavate in profondit nella sabbia, i cadaveri vennero
deposti allineati, uno a fianco dellaltro, in numero variabile da un minimo
di due (fossa 7) ad un massimo di cinquantanove individui (fossa 9) (16-19).
Linterpretazione di queste fosse come sepolture di morti in episodi bellici
suggerita da numerosi elementi: in primo luogo, sono presenti esclusiva-
13
14
15
72
mente individui di sesso maschile; quindi da escludere un collegamento
con altri eventi tragici (come ad esempio epidemie), giacch in questo caso
esse conterrebbero anche donne e bambini. Diversi scheletri presentano trac-
ce di violenti traumi causati da armi da taglio (spade, pugnali) o da lancio
(frecce, lance); ma la testimonianza pi impressionante e decisiva per linter-
pretazione delle fosse la presenza in alcuni cadaveri di punte di lancia e di
freccia, che ne causarono la morte e che non furono estratte dai corpi prima
della sepoltura (20). Le modalit del seppellimento - avvenuto simultanea-
mente e poco tempo dopo la morte indicano, infine, che il combattimento
avvenne in un luogo prossimo ad Himera, in quanto, se la battaglia si fosse
16
17
73
svolta in territori distanti non sarebbe stato possibile trasportare i cadaveri
in tempi brevi e nella loro integrit.
Sulla base dei dati di scavo, la datazione di queste fosse da inquadra-
re in due diversi momenti; alcune sono collocabili nei primi decenni del V
sec. a.C., altre alla fine dello stesso secolo. Riteniamo, quindi, di potere attri-
buire le sepolture collettive ai caduti nelle due grandi battaglie svoltesi ad
Himera, la prima nel 480 a.C. quando i Greci sconfissero lesercito cartagine-
se, la seconda del 409 a.C. che vide lesercito cartaginese attaccare e distrug-
gere Himera.
I morti delle fosse collettive della necropoli occidentale di Himera sono
probabilmente soldati di parte greca; nel primo caso sacrificatisi per la dife-
sa della grecit dellisola; quelli del 409 a.C. morti, invece, nel disperato
quanto inutile tentativo di salvare la loro citt. In ogni caso, la loro disposi-
18
74
zione nelle fosse esprime modalit splendide e solenni che rievocano meta-
foricamente lo schieramento in battaglia dei soldati pronti alla morte e al
sacrificio, incarnando un altissimo valore, dare la vita per la propria patria,
con coraggio, generosit ed eroismo, virt grandemente stimate e celebrate
nellantica Grecia.
Alla battaglia del 480 a.C. sono probabilmente da riferire anche le
sepolture di oltre venti cavalli, trovate non distanti dalle fosse comuni; con-
siderata la rarit di queste tombe nelle necropoli greche di Sicilia, potrebbe
trattarsi dei cavalli morti nei combattimenti e sepolti per onorare il loro
sacrificio, assai significativo se, come narra Diodoro Siculo, la cavalleria
greca dette un grande contributo alla vittoria.
Le battaglie di Himera: 480 e 409 a.C.
Gli eserciti Greci e Cartaginesi si affrontarono due volte davanti alle
mura di Himera, nel 480 e nel 409 a.C., in battaglie dagli esiti diversi, ma
entrambe determinanti per i destini dellisola.
Battaglia di Himera del 480 a.C.
Lo scontro del 480 a.C. fu determinato dalla volont di Cartagine, che
controllava le citt puniche di Sicilia - Mozia, Palermo e Solunto - di esten-
dere il proprio dominio territoriale nella Sicilia Occidentale e contrastare la
forte presenza politica delle colonie greche in questa parte dellisola.
Amilcare, comandante cartaginese, inizi proprio da Himera la sua
offensiva, le cui fasi sono narrate da Diodoro Siculo in un celebre passo
che abbiamo riportato integralmente per mettere in rilievo limportanza
di questo evento nellimmaginario greco. Lesercito e la flotta cartaginesi,
raggiunta Himera, si accamparono sulla pianura costiera, tra il mare e le
colline, nei luoghi oggi identificabili con larea ad Est della foce del fiume
19
20
75
Torto. Le forze della coalizione greca, guidata dal tiranno di Siracusa
Gelone e formata oltre che da Imeresi anche da Agrigentini e Siracusani,
sconfissero i nemici in una grande battaglia campale, svoltasi davanti alle
mura cittadine, grazie, soprattutto, ad un geniale stratagemma ideato da
Gelone (21).
La risonanza di questa vittoria fu talmente grande da essere messa in
relazione, dallo stesso Diodoro Siculo e da Erodoto, con il trionfo dei Greci
sui Persiani nelle battaglie di Salamina (480 a.C.) e di Platea (479 a.C.) e
Gelone fu paragonato al grande stratega ateniese Temistocle. Gli Elleni pote-
vano cos celebrare idealmente laffermazione della grecit sui minacciosi
popoli barbari provenienti sia da Oriente (Persiani) sia da Occidente
(Cartaginesi). Al di l, comunque, dellenfasi celebrativa che caratterizza la
narrazione di parte greca, la battaglia di Himera dette inizio ad una fase
splendida per la vita politica delle poleis di Sicilia, aprendo una felice stagio-
ne di prosperit economica e culturale, che segner in profondit la storia
dellisola.
Battaglia di Himera del 409 a.C.
Ben pi tragico lesito della battaglia combattuta ad Himera nel 409
a.C., quando Cartagine rinnov il progetto fallito nel 480 a.C. di estende-
re il suo controllo in Sicilia, organizzando una strategia dattacco che in
pochi anni le consent di conquistare numerose citt greche, compresa
Himera, distrutta dopo un tragico assedio ed abbandonata per sempre.
Anche in questo caso possiamo seguire tutte le fasi dei combattimenti
attraverso il racconto di Diodoro Siculo, fin dallo sbarco nel 409 a.C. del
potente esercito punico, composto in gran parte da truppe mercenarie, a
capo Lilibeo, lodierna Marsala. Conquistata dopo un violentissimo asse-
21
76
dio Selinunte, Annibale, alla guida dei Cartaginesi, marci rapidamente
verso Himera nel desiderio ardente di abbattere proprio quella citt: essa aveva
colpa dellesilio di suo padre, e nei pressi di essa suo nonno (Amilcare), preso nel-
linganno di Gelone, era stato ucciso, e con lui erano stati uccisi centocinquanta-
mila soldati e altrettanti erano finiti in prigionia. Perci Annibale correva alla
vendetta (Diodoro, XIII, 59).
Con tali sentimenti avanzarono i Cartaginesi fin sotto le mura di
Himera, dove si verificarono ripetuti scontri, che videro anche parziali suc-
cessi di parte greca; tuttavia, ben presto, avendo perduto Himera il confor-
to di un contingente di alleati siracusani, lassedio si strinse, la citt venne
conquistata ed ebbe inizio il suo saccheggio e la strage di tutti coloro che
non lavevano abbandonata, un massacro ancora vivo nel drammatico rac-
conto di Diodoro (XIII, 62): la citt fu conquistata di forza, e i barbari si dette-
ro a una lunga, spietata strage di tutti quelli che vi restarono presi. Poi Annibale
dette ordine di tenere in vita i prigionieri: il massacro cess e inizi la razzia delle
abitazioni. Annibale fece saccheggiare i luoghi sacri e, strappatine via i supplici
che vi si erano rifugiati, li incendi e fece radere al suolo la citt, abitata da due-
centoquaranta anni. Per suo ordine le donne e i bambini prigionieri vennero tra-
dotti nellaccampamento e posti sotto sorveglianza; gli uomini catturati, circa tre-
mila, furono condotti nel luogo in cui il nonno Amilcare era stato ucciso da Gelone
e l, dopo molti tormenti, tutti furono trucidati (traduzione di Isabella Labriola,
Sellerio Editore 1988).
S.V.
* Allo scavo della necropoli occidentale hanno collaborato:
gli archeologi: F. Badagliacca, G. Cassar, A. Ceiazzi, C. Casesi, L. DEsposito, A. Del Brusco,
A. Di Maggio, R. Graditi, A. Infarinato, L. Riolo, B. Roseau, D. Zirone.
I disegnatori: M. Marinelli, G. Adamo, C. Carnevale, A. Cellura, A. Coro, G. Guadagnino, E.
Iacono, M. La Macchia, A. Pallares, R. Pianpiano, F. Sestito.
Gli antropologi: F. Giovannini, N. Lonoce, C. Sozzo.
I restauratori: F. Bertolino, R. Boscia, F. Alaimo.
Nota bibliografica
O. Belvedere A. Brugnone, s.v. Imera, in Bibliografia Topografica della Colonizzazione Greca in
Italia e nelle isole tirreniche, vol.VIII, Pisa-Roma 1990, 259-273. Ivi bibliografia su Himera fino
al 1989.
N. Allegro, La necropoli orientale, in Himera II, Roma 1976, 597-625.
N. Allegro et alii, Himera 1989-1993. Ricerche dellIstituto di Archeologia nellarea della citt, in
Kokalos, XXXIX-XL (1993-1994), II2, 1129-1133.
N. Allegro, Imera, in La citt greca antica. Istituzioni, societ e forme urbane, a cura di E. Greco,
Roma 1999, 269-301.
C.A. Di Stefano, La necropoli, in Himera I, Roma 1970, 317-331.
C.A. Di Stefano, I vecchi scavi nelle necropoli di Himera, in Himera II, Roma 1976, 783-830.
S. Vassallo et alii, Himera. Necropoli di Pestavecchia, in Di terra in terra, Palermo 1993, 86-110.
S. Vassallo, Himera Indagini a Pestavecchia 1994-1996, in Kokalos XLIII-XLIV (1997-1998), II2,
731-744.
S. Vassallo, Himera citt greca. Guida alla storia e ai monumenti, Palermo 2005, 70-77.
S. Vassallo, Himera, indagini nelle necropoli, in Tra Etruria, Lazio e Magna Grecia: indagini sulle
necropoli, Incontro di Studio, Fisciano 5-6 marzo 2008, in c.d.s.
77
Racconto della battaglia del 480 a.C. (Diodoro Siculo XI, 20-23)
Amilcare ...salp da Cartagine con un esercito di terra non inferiore a trecen-
tomila uomini, e pi di duecento navi da guerra, ed inoltre molte navi da carico che
trasportavano le vettovaglie, pi di tremila. Nellattraversare il mare libico fu colpi-
to da una tempesta e perse le navi che trasportavano i cavalli e i carri. Quando appro-
d in Sicilia, nel porto di Panormo, disse di aver finito di combattere la guerra, per-
ch temeva che il mare escludesse i Siciliani dai combattimenti. Per tre giorni fece
riprendere i soldati e ripar i danni del naufragio avvenuto durante la tempesta; poi
si spinse con lesercito contro Imera (e la flotta navigando lo fiancheggiava). Quando
giunse nei pressi della citt che abbiamo prima citato, vi pose due accampamenti, uno
per lesercito di terra ed uno per la forza navale. Tir a secco tutte le navi da guerra
e le circond con un profondo fossato e con una palizzata di legno, fortific laccam-
pamento dellesercito di terra che aveva sistemato proprio di fronte alla citt, e aveva
prolungato dalla trincea navale fino alle colline sovrastanti. Occupata tutta la parte
verso occidente, tolse tutte le vettovaglie dalle navi da carico, e mand via rapidamen-
te tutte le imbarcazioni, con lordine di portare grano e il resto delle vettovaglie dalla
Libia e dalla Sardegna. Presi poi con s i soldati migliori, egli avanz contro la citt,
volse in fuga gli Imeresi che uscivano contro di lui, ne uccise molti e spavent quelli
che erano in citt. Perci Terone, signore degli Agrigentini, che pure aveva unarma-
ta eccellente e stava a guardia di Imera, si spavent e mand subito inviati a Siracusa,
a chiedere che Gelone corresse in aiuto al pi presto.
Gelone, che aveva preparato anche lui la sua armata, quando venne informa-
to dello scoraggiamento degli Imeresi, part in fretta da Siracusa, con non meno di
cinquantamila soldati di fanteria e pi di cinquemila cavalieri. Il viaggio lo comp
rapidamente, si avvicin alla citt degli Imeresi e fece rincuorare quelli che prima
dinanzi alle forze dei Cartaginesi si erano spaventati. Mise il campo, un campo adat-
to ai luoghi intorno alla citt, lo fortific con un profondo fossato e circondandolo
con uno steccato; invi poi tutti i cavalieri contro quei nemici che vagavano per la
regione ed erano occupati a fare bottino, ed essi, apparendo inaspettatamente a uomi-
ni dispersi senza ordine nella regione, ne presero prigionieri tanti quanti ciascuno
poteva condurre con s. Quando nella citt vennero portati pi di diecimila prigio-
nieri, Gelone ottenne grande consenso, e i cittadini di Imera si misero a disprezzare
i nemici. Agendo in modo conseguente, Gelone tutte le porte che prima Terone e i
suoi per paura avevano chiuso, le fece aprire, al contrario, per disprezzo dei nemici,
e altre ne fece preparare in aggiunta, attraverso le quali era possibile ricevere aiuto
in caso di necessit incalzanti.
Gelone, con la sua superiorit nellarte del comando e in intelligenza,
cerc subito in che modo potesse vincere i barbari con stratagemmi e senza peri-
colo per i suoi, e distruggerne completamente larmata. Per la realizzazione del
suo progetto gli venne grandemente in aiuto anche il caso, perch si verific que-
sta situazione. Egli aveva deciso di incendiare le navi dei nemici, e mentre
Amilcare era impegnato nel campo navale e si preparava ad offrire un sacrificio
in grande stile a Poseidone, giunsero dallinterno dei cavalieri, che conduceva-
no a Gelone un corriere che portava una lettera da parte degli abitanti di
Selinunte, nella quale era scritto che avrebbero mandato i cavalieri per quel gior-
no per il quale Amilcare aveva scritto loro di inviarli. Il giorno era quello nel
78
quale Amilcare pensava di compiere il sacrificio, e in quel giorno Gelone invi
propri cavalieri: essi avevano avuto lordine di percorrere intorno i luoghi
vicini e di marciare verso il campo navale col far del giorno, come se fossero
alleati da parte dei Selinuntini, e, una volta allinterno del muro di legno, di
uccidere Amilcare e incendiare le navi. Invi anche delle vedette sulle colline
sovrastanti, cui ordin, quando avessero visto i cavalieri allinterno del muro
di legno, di innalzare il segnale convenuto. Egli stesso col far del giorno,
schierato il suo esercito, aspettava la segnalazione che sarebbe venuta dalle
vedette.
I cavalieri, al sorgere del sole, cavalcarono verso il campo navale dei
Cartaginesi, e vennero accolti dai soldati di guardia come alleati. Subito corsero
da Amilcare, che era impegnato nel sacrificio, lo uccisero e incendiarono le navi.
Poi, quando le vedette innalzarono il segnale, Gelone avanz con tutto leserci-
to schierato contro il campo dei Cartaginesi. I comandanti dei Fenici che si tro-
vavano nellaccampamento, per prima cosa fecero uscire lesercito, andarono
incontro ai Sicelioti, attaccarono battaglia e combatterono vigorosamente. Allo
stesso tempo, in tutti e due gli accampamenti diedero il segnale di guerra con le
trombe, e un urlo si lev alternativamente dagli eserciti, perch ambedue i con-
tendenti avevano lambizione di superare con la forza del grido gli avversari
schierati contro. Grande fu la strage, e la battaglia oscillava di qua e di l, quan-
do allimprovviso lincendio delle navi divamp in alto, e alcuni diedero la noti-
zia della morte del comandante. I Greci allora presero coraggio, e con lo spirito
sollevato dalle grida e dalle speranze della vittoria, attaccarono con pi ardire i
barbari, mentre i Cartaginesi, spaventati e disperando della vittoria, si volsero
in fuga. Poich Gelone aveva dato lordine di non prendere nessuno prigioniero,
fu grande la strage dei fuggitivi, e alla fine ne furono uccisi non meno di cento-
cinquantamila. I superstiti, fuggiti verso un luogo munito, allinizio si difende-
vano dai nemici che li incalzavano, ma poich avevano occupato un luogo privo
di acqua, oppressi dalla sete, furono costretti a consegnarsi ai vincitori. Gelone,
che aveva vinto in una splendida battaglia, e laveva combattuta con successo
soprattutto grazie alla propria abilit strategica, conquist fama altisonante,
non solo presso i Sicelioti ma anche presso tutti gli altri: non si ricorda che nes-
suno dei generali prima di lui si sia servito di un tale stratagemma, n che abbia
ucciso pi barbari in un solo combattimento, o ridotto in suo potere una tale
quantit di prigionieri. Perci molti storici paragonano questa battaglia a quel-
la che i Greci combatterono a Platea, e lo stratagemma di Gelone ai disegni di
Temistocle, e per lo straordinario valore di entrambi assegnarono il primo pre-
mio alcuni a questi, altri a quegli altri. Gli uni in Grecia e gli altri in Sicilia
erano spaventati prima della battaglia per la quantit delle forze dei barbari; gli
uni vincendo prima in Sicilia fecero si che quelli che erano in Grecia si incorag-
giassero quando vennero a sapere della vittoria di Gelone; e dopo che Temistocle
e Gelone ebbero avuto presso entrambi il comando generale, nel caso dei Persiani
il re scamp e con lui molte decine di migliaia e invece, nel caso dei Cartaginesi,
non solo mor il generale, ma si fece strage anche di coloro che avevano preso
parte alla guerra, e secondo quanto si racconta non si salv neanche un messag-
gero per andare a Cartagine (traduzione di Isabella Labriola, Sellerio edito-
re 1988).
79
Himera. Necropoli orientale.
Tomba RO1611. A fossa.
Met VI sec. a.C.
1. Cratere attico a colonnette a figure nere. Alt. max cm 35 ca.; diam. max corpo cm 40 ca. Met ca.
del vaso.
Corteo nunziale con divinit.
Lato A: quadriga guidata da una
coppia di sposi; luomo barba-
to, impugna le redini del carro e
nella mano destra regge anche
un sottile kentron. La sposa pro-
tende il bordo dellhimation con
le mani coperte dal mantello,
allaltezza del petto. Alle spalle
del carro, cavaliere imberbe, con
chitonisco, seguito da uccello in
volo. In secondo piano rispetto ai
cavalli della quadriga, figura
femminile stante. Il tiro prece-
duto da un altro personaggio -
probabilmente Hermes e da
unaltra figura femminile, di cui
si intravedono i piedi sovradi-
pinti in bianco e la veste.
Lato B: in senso opposto allan-
damento del corteo precedente,
cavallo e cavaliere di cui rimane
solo la parte della gamba sinistra
sotto il ginocchio. Alle sue spalle,
rosetta resa a puntini; la figura
procede verso un tripode, al di
sotto del quale si trova un calde-
rone. Decorazione secondaria:
sul piattello dansa, testa maschi-
le barbata e, sotto lansa, cigno di
profilo ad ali spiegate.
Attribuibile al Gruppo di Lydos.
E uno dei pi significativi vasi attici a figure nere rinvenuti fino ad ora a Himera, dove la presenza
di importazioni del Gruppo era gi stata segnalata nel temenos. La scena molto diffusa rappre-
senta probabilmente le nozze di Peleo e Teti, paradigma per eccellenza dellunione coniugale; la col-
locazione degli dei nel corteo sembra seguire regole precise e, come su altri prodotti decorati con
immagini analoghe, Hermes ha il compito di aprire la sfilata.
550 a.C. ca.
Cfr.: per la presenza del Gruppo a Himera, N. Allegro, M. Chiovaro, M.C. Parello, Himera. Ceramica
attica dal santuario di Athena, in Ceramica attica da santuari della Grecia, della Ionia e dellItalia, a cura di
80
S. Fortunelli e C. Masseria (Atti Convegno Perugina 14-17 marzo 2007), Venosa (Pz) 2009, 617, fig.
2,5; per una scena nuziale simile, La Collezione archeologica del Banco di Sicilia, Catalogo, 78, D13 e F.
Caruso, I soggetti, in La Collezione archeologica del Banco di Sicilia, Palermo 1992, 294-296; per la resa
della testa sulla piastra dellansa, B. Iacobazzi, Le ceramiche attiche a figure nere, Gravisca 5, Bari 2004,
49, n. 48.
Monica Chiovaro
Himera. Necropoli orientale.
Tomba RO1150. Tomba a enchytrismos.
Met VI sec. a.C.
1. Coppetta ionica
2. Aryballos in pasta vitrea frammentario
3. Balsamario plastico a forma di piede calzato di krepis. Alt. cm 8 ca.; lungh. max cm 9,2. Integro.
Piede maschile, affusolato, con alluce molto pronunciato e indicazione della caviglia e del malleolo.
Sandalo reso con linee a rilievo in rosso; i legacci formano, nella parte posteriore, un reticolo, in
quella anteriore, sono raccolti con un nodo che presenta due elementi terminali cascanti. Tra il piede
e la suola, linea in rosso, quindi fila di puntini a vernice nera (doppia allesterno). Imboccatura deco-
rata sullorlo a bastoncelli; sul bordo doppia fila di puntini. Collo a vernice nera e, al di sotto, fila di
linguette dipinte alternativamente in nero e in paonazzo. Sullansa, palmetta - a petali alternati a
vernice nera e in paonazzo - con volute alla base.
Limportazione di questo tipo di vasi strettamente legata, oltre che al contenitore, al contenuto di
essenze e profumi. Il prodotto doveva assolvere a una funzione votivo-religiosa e faceva parte di un
gruppo abbastanza consistente di piccoli vasi per i quali stata proposta anche una produzione atti-
ca che riprende una tradizione legata alla fabbricazione di vasetti plastici, gi attestata in ambiente
greco-orientale e a Corinto. Questi balsamari sono ampiamente diffusi sia in Grecia, sia in Etruria; un
vaso da una sepoltura tarantina identico al nostro ed indicato come probabile prodotto rodio.
Inoltre, nel corredo imerese presente anche un aryballos in faence; un esemplare analogo ricorre
anche nella tomba pugliese. La popolarit che questi prodotti esotici anche se probabilmente non
molto costosi incontrarono indirettamente confermata, tra laltro, dalle interessanti riletture indi-
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Himera. Necropoli orientale.
Tomba RO393. Tomba a
enchytrismos
Met VI sec. a.C.
1. Guttus a bande
2. Kotyliskos corinzio
3. Kotyliskos corinzio
4. Coppa monoansata deco-
rata a immersione
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gene del vaso presenti a Sabucina (dove stata rinvenuta una oinochoe a forma di stivale datata alla
seconda met del VI sec. a.C.) e a Camarina. Il tipo sopravvive almeno fino allet ellenistica, come
dimostra il vaso a forma di piede con calzare rinvenuto nella necropoli sud di Monte Riparato.
Datazione: met del VI sec. a.C.
Bibliografia: S. Vassallo, Himera citt greca: Guida alla storia e ai monumenti, Palermo 2005, 77, fig. 119.
Cfr.: per la tomba tarantina, F.G. Lo Porto, Le importazioni della Grecia dellEst in Puglia, in Les crami-
ques de la Grce de lEst et leur diffusion en occident, 6-9 Juillet 1976, Paris Naples 1978, 135-136, tav.
LXIX, 20; per la diffusione dei vasi plastici in Etruria, M. Martelli Cristofani, La ceramica greco-orien-
tale in Etruria, in Les cramiques de la Grce de lEst, cit., 150-212 e F. Boitani Visentini, Le ceramiche deco-
rate di importazione greco-orientale di Gravisca, in Les cramiques de la Grce de lEst, cit., 216-222,
entrambi con bibliografia precedente; per loinochoe da Sabucina, D. Gull, in La Sicilia in et arcaica
dalle apoikiai al 480 a.C.: contributi alle recenti indagini archeologiche, Catalogo, a cura di R. Panvini e L.
Sole, Palermo 2009, 279, VI/258; per il vaso da Camarina, F. Fouilland, Ceramiche non corinzie da
Rifriscolaro, in Camarina 2600 anni dopo la fondazione: nuovi studi sulla citt e sul territorio, Atti del
Convegno internazionale, Ragusa 7 dicembre 2002/7-9 aprile 2003 a cura di P. Pelagatti, G. Di
Stefano, L. de Lachenal, Ragusa 2006, 118, fig. 12, d; per il vaso da Monte Riparato, S. Vassallo,
Himera citt greca; guida alla storia e ai monumenti, Palermo 2005, 144, fig. 290; per un balsamario con-
figurato simile, datato allinizio del VI secolo, La Collezione archeologica del Banco di Sicilia, Catalogo,
Palermo 1992, 28, B5, con bibliografia.
Monica Chiovaro
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Himera. Necropoli orientale.
Tomba RO807. A fossa. Inumazione.
Seconda met VI sec. a.C.
1. Balsamario plastico a forma di colomba
Himera. Necropoli orientale.
Tomba RO2029. A fossa. Incinerazione primaria.
Seconda met VI sec.
1. Terracotta figurata a forma di cane
Himera. Necropoli orientale.
Tomba RO467. A fossa.
Inumazione.
Terzo quarto VI sec. a.C.
1. Coppa coloniale a fasce rispar-
miate
2. Guttus
3. Lekythos attica a figure nere Alt.
max cm 14 ca.; diam esterno bocca
cm 3 ca; diam. esterno piede cm
4,3. Ricomposta da pi frammenti.
Scena di lotta al leone.
Al centro, leone con fauci spalancate e criniera sovradipinta in paonazzo. In lotta con lanimale, figu-
ra maschile nuda, armata di scudo e spada. Capelli sovradipinti in paonazzo. Alle spalle del guer-
riero, unaltra figura maschile in fuga e retrospiciente. Dietro il leone, un uomo, rappresentato come
il precedente. Sulla spalla, tra due galli, capro pascente con ritocchi in paonazzo sul collo e sulla
coscia.
Attribuibile al Gruppo del Gallo (?).
Le lekythoi attribuite al Gruppo, in genere, si datano al tardo VI sec. a.C. Il vaso del nostro tipo, con
spalla distinta dal corpo, vicino agli esemplari attici pi arcaici - abbastanza rari - a pareti svasate
e si pone in una periodo di transizione tra le shoulder lekythos pi antiche e quelle di forma pi
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Himera. Necropoli orientale.
Tomba RO1958. A fossa.
Inumazione.
Terzo quarto VI sec. a.C.
1. Balsamario plastico a forma di
quadrupede accovacciato
2. Statuetta di divinit femminile
in trono
3. Statuetta di divinit femminile
stante di tipo samio
4. Kothon con banda a vernice nera
5. Kothon corinzio
6. Band cup attica
7. Pisside stamnoide miniaturistica
corinzia
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7
evoluta. Dopo il 530 a.C. questo tipo di contenitore gradatamente sostituito dalla forma a corpo
cilindrico, che proseguir per tutto il secolo seguente. Potrebbe pertanto lesemplare imerese costi-
tuire uno dei prodotti pi antichi del Gruppo.
Terzo quarto del VI secolo.
Bibliografia: S. Vassallo, Dati preliminari sulle importazioni attiche nella necropoli orientale di Himera, in
Il Greco, il barbaro e la ceramica attica, a cura di F. Giudice e R. Panvini, Roma 2003, 91, tav. I, 3.
Cfr.: per i prodotti pi antichi del Gruppo del Gallo, M.B. Moore - M.Z.P. Philippides, Attic black-
figured Pottery, Ahenian Agora XXIII, Princeton (N.J.) 1986, 203, n. 793, tav. 75; per la forma, E.
Messina - G. Ancona, La necropoli arcaica del Giardino Spagna a Siracusa: nuove acquisizioni, in Studi
classici in onore di Luigi Bernab Brea, a cura di G.M. Bacci-M.C. Martinelli, Quaderni del Museo archeo-
logico regionale eoliano Luigi Bernab Brea, Supplemento 2, Palermo 2003, 49 ss., con bibliografia pre-
cedente; per una resa simile del leone, B. Iacobazzi, Le ceramiche attiche a figure nere, Gravisca 5, Bari
2004, 76, n. 100.
Monica Chiovaro
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Himera. Necropoli orientale.
Tomba RO469. A fossa. Inumazione.
Ultimo quarto VI sec. a.C.
1. Lekythos attica a figure nere. Alt. max cm 18 ca.; diam. max piede cm 6,2. Mancante di met ca. del
collo e di tutto il bordo.
Scena di commiato.
Al centro, guerriero stante, coperto da uno scudo circolare, bordato da una fascia a puntini sovradi-
pinti in bianco e decorato con un emblema costituito da una rosetta a sei punte resa a compasso. I campi
tra i petali sono sovradipinti in bianco e in paonazzo. Il guerriero tiene appoggiati alla spalla due gia-
vellotti, armi che fanno parte del normale equipaggiamento delloplita. La testa del guerriero coper-
ta da un elmo con alto cimiero decorato con una fila di cerchietti e sovradipinto in bianco. E rivolto
verso il giovane un uomo anziano che si appoggia a una lancia e gesticola con la mano sinistra prote-
sa verso il basso. Il vecchio curvo, panneggiato, i capelli a calotta sono sovradipinti in bianco come
la barba, la tenia in rosso. Alle spalle dellanziano, una figura maschile incedente, nuda, imberbe regge
con la mano una lancia. La tenia sovradipinta in paonazzo. Dietro al guerriero, Dioniso stante, retro-
spiciente; probabilmente tiene in mano un corno potorio, indossa un chitone sovradipinto in bianco
decorato da una fila centrale di puntini in rosso. Sulle spalle, lhimation a vernice nera; sulla testa,
corona di foglie sovradipinte in rosso e fila di puntini bianchi. Precede il dio un satiro retrospiciente,
in probabile posizione di danza, con lunga barba sovradipinta in rosso. Sul fondo della scena, tralci
vegetali. Sulla parte inferiore del vaso linea in paonazzo su cui poggiano le figure. Sulla spalla, una
fila di boccioli di loto uniti da peduncoli ad archetto e, tra la spalla e il collo, bastoncelli.
Vicina al Pittore di Gela.
La lekythos a spalla distinta e a corpo rastremato sopravvive ancora nellultimo quarto del VI seco-
lo, nonostante il contemporaneo sviluppo della forma a corpo cilindrico. Il soggetto della partenza
del guerriero, molto diffuso nella produzione vascolare greca, plausibile che sia stato scelto in fun-
zione del ruolo del defunto. Loplita in genere raffigurato con altre persone che rappresentano la
famiglia che egli si prepara a lasciare; nel nostro caso, inoltre, il tema traslato su un piano eroico
e divino, grazie alla presenza di Dioniso. I motivi vegetali compaiono con frequenza anche in scene
85
che non hanno esclusivamente carattere dionisiaco e, senza avere un punto di partenza preciso, si
snodano attorno alle figure. Labbondante aggiunta di colore rosso e di bianco sovradipinto una
caratteristica dellultima produzione a figure nere.
Ultimo quarto del VI secolo a.C.
Bibliografia.: S. Vassallo, Himera citt greca: Guida alla storia e ai monumenti, Palermo 2005, 33, fig. 32.
Cfr.: per un rendimento simile dellepisema, cfr. G. Giudice, Catalogo vasi post ABV / ARV2 e nuove
attribuzioni (A), in TA ATTIKA, Veder greco a Gela. Ceramiche attiche figurate dallantica colonia, a cura
di R. Panvini e F. Giudice, Roma 2003, 416, pD5.
Monica Chiovaro
Himera. Necropoli orientale.
Tomba RO1350. A cassa di tegoli. Inumazione.
Fine VI sec. a.C.
1. Lekythos a figure nere. Alt. max cm 20,3 ca.; diam. max piede cm 5,8. Integra.
Scena di danza armata processionale.
Quattro personaggi, vestiti con un himation che lascia scoperti solo i piedi. Le mani sono sollevate,
protese e coperte dal mantello. Le figure sono barbate e hanno tutte un elmo con cimiero bordato di
rosso. Il personaggio che apre la fila (capocoro?) ha sul panneggio ritocchi in paonazzo, decorazio-
ni a crocette incise ed elementi a puntini in bianco sovradipinto. Sullo sfondo, tralcio di vite sempli-
ficato. Sulla spalla, catena di boccioli compresi tra sottili girali; tra la spalla e il collo, bastoncelli.
Gi su prodotti ceramici attestati al Dipylon appaiono illustrazioni di danze in armi; in seguito, scene
di danze funebri di guerrieri ricorrono su vasi dellultima produzione a figure nere e alludono proba-
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Himera. Necropoli orientale
Tomba RO2015. A fossa Inumazione.
Fine VI-inizi V sec. a.C.
1. Guttus di produzione imerese
2. Lekythos attica a vernice nera
3. Oinochoe attica trilobata di I tipo. Alt.
max cm 24,2; alt. senza ansa cm 23; diam.
piede cm 7 ca. Ricomposta e reintegrata
nella parte del collo.
Ritorno di Efesto.
Al centro, entro metopa risparmiata,
Efesto su cavalcatura, indossa un corto
himation che lascia scoperte le gambe (il
piede distorto rappresentato tra le
zampe anteriori dellanimale). Sul petto e
sulla pancia, incisioni orizzontali, che forse alludono a pieghe di adipe. Il dio ha barba lunga e sulla
testa una corona resa a incisione. Efesto fiancheggiato da due satiri barbati, che presentano sulla
testa una doppia linea incisa. La figura che precede il dio tiene in mano una benda sovradipinta in
rosso. Tralci di vite stilizzati sullo sfondo; tra le zampe della cavalcatura si trova anche un grappo-
lo duva reso a macchia. Adestra e a sinistra della scena, fascia risparmiata, limitata da doppia linea
a vernice nera; allinterno, doppia fila di puntini sfalsati collegati da segmenti diagonali. Sopra la
scena, linguette.
Vicina al Gruppo del Pittore di Atena?
Sulla oinochoe, raffigurato lepisodio post-omerico del ritorno di Efesto ubriaco, dopo che la sua
resistenza era stata domata dal dio del vino - sullOlimpo, scortato da Dioniso e dal suo seguito di
satiri; il tema, frequente anche sui vasi corinzi, sullesemplare da Himera rappresentato con unim-
1
3
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bilmente alla relazione morte-guerra e alloriginario valore apotropaico del fragore delle armi.
Sui prodotti a figure rosse continua liconografia del ballo a braccia allungate e sollevate con mani con-
giunte, ma ha raramente protagonisti armati; pi spesso si tratta di giovani o anche di fanciulle. In
questi casi, la relazione con Dioniso e con i personaggi del suo corteggio esplicita e numerose sono
le scene interpretate come riproduzione di commedie satiresche, di cori tragici o anche di danze orien-
tali. Rappresentazioni come la nostra si collocano ai margini della serie dei balli in armi (mancano lan-
cia e scudo) e si avvicinano di pi, probabilmente, alla danza armata realizzata in contesti teatrali. Le
raffigurazioni di questo tipo perdurano fino allet romana, anche su altre classi di materiali.
Datazione: fine del VI secolo a.C.
Cfr.: per le attestazioni delle scene di danza, L. Vlad Borrelli, Danza, in EAA, Roma 1960, vol. III; per
le rappresentazioni di danzatori armati, P. Ceccarelli, La pirrica nellantichit greco romana. Studi sulla
danza armata, Pisa-Roma 1998, in particolare 82, tav. XXIV; per un probabile esempio di danza pro-
cessionale di armati, J. Boardman, Vasi ateniesi a figure rosse, Periodo arcaico, Milano 1992, 218-219, fig.
333; per le scene di danze orientali, L. Todisco, Danze orientali tra Attica e Magna Grecia, in Il Greco, il
barbaro e la ceramica attica: immaginario del diverso, processi di scambio e autorappresentazione degli indi-
geni, a cura di F. Giudice e R. Panvini, Roma 2006, 131 ss. con bibliografia.
Monica Chiovaro
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Himera. Necropoli occidentale.
Tomba W1177. A fossa Inumazione.
Fine VI-inizi V sec. a.C.
1. Pateretta a orlo estroflesso
2. Askos a figure nere con Arione e delfino
3. Lekythos decorata a immersione
4. Lekythos acroma
Himera. Necropoli occidentale.
Tomba W5121. A fossa Incinerazione.
Fine VI-inizi V sec. a.C.
1. Statuetta fittile di divinit femminile in trono
1
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3
4
magine meno completa, costituita soltanto dal dio ebbro e da due dei suoi accompagnatori, secon-
do la consuetudine per cui i pittori del Ceramico mostrano alcune volte solamente un estratto da
rappresentazioni di repertorio molto familiari allosservatore.
Datazione: inizi V secolo a.C.
Inedita.
Cfr.: per un profilo simile del vaso, A. VILLA, Ceramica a figure nere e a figure rosse, in Palermo Punica,
Palermo 1998, 272, 276, 279, F9; per la resa simile del petto del satiro, cfr. Veder greco, 146, Cat. I, n.
31; per una forma e una decorazione secondaria simile, La Collezione archeologica del Banco di Sicilia,
Tavole iconografiche, IVb, 8 e Catalogo, 120, D138, 149, D230.
Monica Chiovaro
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Himera. Necropoli occidentale.
Tomba W1316. A fossa Inumazione.
Fine VI-inizi V sec. a.C.
1. Lekythos globulare decorata a immersione
2. Guttus decorato a immersione
3. Guttus decorato a immersione
4. Coppetta a vernice nera
Himera. Necropoli occidentale.
Tomba W3514. A fossa Inumazione.
V sec. a.C.
1. Anello dargento con cavallino al
galoppo
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3
Himera. Necropoli occidentale.
Tomba W1370. Tomba a enchytrismos.
Inizi V sec. a.C.
1-7. Kotyliskoi corinzi
8. Lekythos attica a vernice nera
9. Coppa acroma monoansata
10. Vago di collana in vetro policromo
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9
8
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Himera. Necropoli occidentale.
Tomba W220. Alla cappuccina inumazione.
Inizi V sec. a.C.
1. Coppa skyphoide a vernice nera
2. Kalpis a figure nere, con corteo dionisiaco
Himera. Necropoli orientale.
Tomba RO1995. A fossa Inumazione.
Primo quarto V sec. a.C.
1. Lekythos a figure nere Alt. max cm 21,8; diam. max piede cm 6,2.
Integra.
Scena di duello.
Al centro, duello tra guerrieri; il primo indossa gambali e forse schinieri, chitoni-
sco bordato da una fila di puntini bianchi e clamide gettata sulle spalle. Ha elmo
con cimiero, si difende con lo scudo e attacca con la lancia, come avviene frequen-
temente nelle scene di combattimento ravvicinato. Il guerriero che lo affronta
armato e vestito alla stessa maniera. Alle loro spalle, due figure maschili stanti,
prive di barba, che indossano un himation.
Sulla spalla, raggiera di boccioli di loto allungati, stilizzati e, tra la spalla e il collo,
bastoncelli. Sulla parte alta della scena, tra due linee a vernice nera, doppia fila di
puntini sfalsati.
Maniera del Pittore di Haimon.
Ancora nel primo venticinquennio del V secolo persiste la tradizionale produzione dei vasi attici a
figure nere, anche se con riproduzioni di immagini seriali e forme che in questa et godono di una
specifica fortuna, come la lekythos. Le figure avvolte dal mantello e poste ai lati del duello potrebbe-
ro essere due giovani spettatori non ancora entrati nellet adulta e, pertanto, inadatti a cimentarsi
direttamente nel combattimento.
500-475 a.C.
Inedita.
Cfr.: per una resa simile dalla forma e della decorazione secondaria, R. Panvini, Le ceramiche attiche figu-
rate del Museo Archeologico di Caltanissetta, Bari 2005, 37-38, I.30; S.J. Schwarz, Greek Vases in the National
Museum of Natural History, Smithsonian Institution Washington D.C., Roma 1996, 25, n. 13, tav. 24; per un
soggetto simile e per linterpretazione delle figure giovanili, La Collezione archeologica del Banco di Sicilia,
Catalogo, 115, D123 e F. Caruso, I soggetti, in La Collezione archeologica, cit., 320 con bibliografia.
Monica Chiovaro
1
2
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Himera. Necropoli occidentale.
Tomba W1172. A fossa Incinerazione.
Tra il primo e il secondo quarto del V sec.a.C.
1. Coppa attica tipo C
2. Coppa attica tipo C
3. Lekythos attica a fondo bianco con palmette orizzontali su due registri (P. della Megera?)
4. Lekythos a figure nere con scena di gigantomachia di Athena
5. Frammento di piede di coppa con iscrizione graffita sul fondo: trattino verticale, HY in nesso, PAI
6. Scudetto in bronzo
Himera. Necropoli occidentale.
Tomba W1334. A fossa Incinerazione.
Tra il primo e il secondo quarto del V sec.a.C.
1. Guttus decorato a immersione
2. Lekythos a figure nere con probabile scena di corsa di apobati
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2
Himera. Necropoli occidentale.
Tomba W1162. Tomba a enchytrismos.
Prima met V sec. a.C.
1. Lekane a vernice nera con coperchio
2. Coppetta a vernice nera con ansa sopraele-
vata a vernice nera
2
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Himera. Necropoli occidentale.
Tomba W1124. A fossa Inumazione.
Prima met V sec. a.C.
1. Pateretta a vernice nera
2. Skyphos a vernice nera
3. Coppa biansata a vernice nera
Himera. Necropoli occidentale.
Tomba W641. Alla cappuccina inumazione.
Seconda met V sec. a..C.
1. Lekythos globulare a vernice nera
2. Lucerna
3/21. Tetradrammi e didrammi di Siracusa (9),
Segesta (5), Agrigento (2), Gela (1), Lentini
(1), Messina (1)
Siracusa Siracusa
Segesta Gela Messina
Lentini Lentini Agrigento
Himera. Necropoli occidentale.
Tomba W24.
Prima met V sec. a.C.
1. Anphoriskos di vetro.
2. Olpe acroma.
1
2
3
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1
92
Himera. Necropoli occidentale.
Tomba W738. Alla cappuccina inumazione.
Seconda met V sec. a.C.
1/11. Stateri di Poseidonia (D/Poseidon; R/toro)
Himera. Necropoli occidentale.
Tomba W309.
VI a.C.
1. Pithos indigeno dipinto
Himera. Necropoli occidentale.
Tomba W4968.
Seconda met VI sec. a.C.
1. Arula con cavalieri
Contenitori di tombe ad enchytrismos, elementi di copertura di inumazioni, urne cinerarie.
93
Himera. Necropoli occidentale.
Tomba W2191.
Seconda met VI sec. a.C.
1. Stamnos
Himera. Necropoli occidentale.
Tomba W2828.
Seconda met VI a.C.
1. Hydria a bande
Himera. Necropoli occidentale.
Tomba W493.
Ultimo quarto VI sec. a.C.
1. Anfora greco occidentale
94
Himera. Necropoli occidentale.
Tomba W440. A fossa Incinerazione.
Fine VI - prima met V sec. a.C.
1. Cratere a colonnette decorato a bande (vaso cinerario)
Himera. Necropoli occidentale.
Tomba W2235.
Fine VI - inizi V sec. a.C.
1. Chytra
Himera. Necropoli occidentale.
Tomba W854.
Fine VI - prima met V sec. a.C.
1. Anfora punica
95
Himera. Necropoli occidentale.
Tomba W1696. A fossa Incinerazione.
V sec. a.C.
1. Cratere a colonnette con motivi decorativi
sulla spalla (vaso cinerario)
Himera. Necropoli occidentale.
Tomba W194. A fossa Incinerazione.
V sec. a.C.
1. Cratere a campana decorato a bande (vaso cinerario)
Himera. Necropoli occidentale.
Tomba W1891.
V sec. a.C.
1. Pithos
96
Himera. Necropoli occidentale.
Tomba W2224.
V sec. a.C.
1. Colonnina di louterion
Himera. Necropoli occidentale.
Tomba W844. A fossa - Inumazione.
V sec. a.C.
1. Kalypter egemon
Himera. Necropoli occidentale.
Tomba W1201. A fossa - Inumazione
V sec. a.C.
1. Kalypter
Himera. Necropoli occidentale.
Tomba W977. Entro coppi Inumazione.
V sec. a.C.
97
Himera. Necropoli occidentale.
Tomba W1248. A fossa. Inumazione.
1. Scodellone a bande
Himera. Necropoli occidentale.
Tomba W1049. A fossa. Inumazione.
1. Vaschetta fittile
Himera. Necropoli occidentale.
Tomba W870. Inumazione.
1. Sarcofago fittile
98
Himera. Necropoli occidentale.
Tomba W973.
Met V sec. a.C.
1. Anfora corinzia di tipo AA con scheletro e
brocchetta
Strigili
Himera. Necropoli occidentale.
Tomba W758. A fossa. Inumazione.
Fine VI - inizi V sec. a.C.
Himera. Necropoli occidentale.
Tomba W2590. Fossa comune 4. Inumazioni.
Inizi V sec. a.C. 1
2
99
Sporadico
Fosse comuni e armi
Himera. Necropoli occidentale.
WS631.
V sec. a.C.
1. Alabastron di alabastro
Himera. Necropoli occidentale.
Fossa comune 1. Inumazione.
Due puntali di lancia in ferro con anello in bronzo
Himera. Necropoli occidentale.
Tombe varie.
Quattro lame di ferro.
1
2
3
4
Fossa 1
Deposizioni
Himera. Necropoli occidentale.
WS291.
VI sec. a.C.
1-2. Coppia di schinieri (?) indigeni in bronzo
100
Himera. Necropoli occidentale.
Fossa comune n. 9. Inumazione.
Fine V sec. a.C.
1. Skyphos a vernice nera di produzione imerese
2. Kothon a vernice nera di produzione imerese
3. Skyphos a vernice nera ad anse contrapposte
4. Kothon a vernice nera
5. Lekythos panciuta
6. Strigile in bronzo
7. Punta di freccia in bronzo
8-11. Anelli in ferro di cui uno con elemento doro incastonato
1
8-11
7
4
3
5
6
2
Himera. Necropoli occidentale.
Tomba W2219. A fossa. Inumazione.
1. Punta di freccia di bronzo tra vertebre
101
Altro
Himera. Necropoli occidentale.
Tombe varie.
1-25. Punte di freccia di bronzo
Himera. Necropoli occidentale.
Tombe SG18-W904. A fossa. Inumazione.
Due crani con foro di trapanatura chirurgica
103
ANTROPOLOGIA E TAFONOMIA NELLA NECROPOLI
OCCIDENTALE DI HIMERA
Serena Viva
Nella porzione della necropoli di Himera analizzata, si osserva la pre-
valenza del rito inumatorio (92%) rispetto alla pratica dellincinerazione
(8%), primaria e secondaria, riservata quasi esclusivamente ad individui
adulti; questo dato concorda con quelli relativi alle necropoli delle altre colo-
nie magno-greche e siceliote indagate.
Le tombe a enchytrismos sono riservate a individui sub-adulti in mas-
sima percentuale da 0 a 9 mesi e fino ai 3-4 anni, con qualche eccezione di
et superiore; queste costituiscono il 43% ca. delle inumazioni. Le fosse ter-
ragne semplici e con copertura, le tombe alla cappuccina e a cassa di tego-
le piane rappresentano il 57% ca. del campione preso in esame e costituisco-
no loggetto principale dellanalisi tafonomica. Le percentuali non si disco-
stano da quelle della necropoli orientale di Pestavecchia.
La stragrande maggioranza degli scheletri ha orientamento E-O, con
cranio a E, ma non mancano le eccezioni se pur in percentuali minori (O-E,
ENE-OSO, N-S, S-N, etc.).
Uno degli elementi fondamentali dellanalisi tafonomica il tipo di
decubito che caratterizza lo scheletro; a tale proposito ovvia losservazione
relativa alle tombe a enchytrismos nelle quali gli scheletri dei bambini vengo-
no quasi sempre rinvenuti in posizione contratta, cos come venivano depo-
sti, per motivi funzionali, allinterno di anfore o in generale grossi conteni-
tori fittili. Per quanto riguarda le fosse terragne, il decubito dorsale (90% ca.)
rappresenta il tipo di deposizione pi usuale nella necropoli (22); nel restan-
te 10% ca. delle deposizioni sono documentate posizioni diverse: decubito
dorso-laterale destro o sinistro, laterale destro o sinistro e ventrale o latero-
ventrale destro o sinistro (23-26).
Nelle tombe alla cappuccina, a cassa di tegole piane e nelle fosse ter-
ragne con copertura, il decubito dorsale sfiora il 100%, con rare eccezioni di
decubito laterale nelle cappuccine. La posizione pi comune quella con
arti superiori distesi o poco flessi e arti inferiori distesi nel decubito dorsale;
i decubiti laterale, ventrale e latero-ventrale sono caratterizzati da arti supe-
riori e inferiori flessi.
Nelle tombe a fossa la decomposizione avviene in spazio pieno.
Tuttavia le parti molli possono essere sostituite dal sedimento in tempi e
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modi diversi; a tale proposito si riscontra una grande incidenza di riempi-
menti differiti, in cui, ad esempio, osserviamo casse toraciche completamen-
te appiattite, e rari casi di riempimento progressivo, dove al contrario il tora-
ce conserva parte del volume originario. Nel caso delle tombe alla cappuc-
cina, nonostante la maggior parte degli scheletri rinvenuti al loro interno
possano far pensare che il corpo si sia decomposto in spazio pieno, una
buona percentuale di esse presenta il crollo o la compressione dei tegole
piane di copertura verso linterno della struttura: questo dato prova che le
cappuccine erano originariamente vuote e che il tipo di sedimento, riem-
piendole rapidamente, almeno prima della completa scheletrizzazione, ha
permesso che le ossa rimanessero allinterno del volume del corpo.
Degni di nota sono sia i rari casi di inumazioni secondarie (come nel
caso della riduzione di uno scheletro) a volte associate a primarie in piena
terra o a enchytrismos, sia quelli di sepolture bisome e multiple, attestate
nella stragrande maggioranza delle necropoli magno-greche, in cui due o
pi corpi venivano inumati contemporaneamente. I tipi di tomba sono gli
stessi delle monosome, fosse terragne e cappuccine soprattutto, in cui erano
stati deposti un adulto e un sub-adulto, oppure due adulti dello stesso sesso
o di sesso diverso, o anche pi adulti di sesso maschile nei casi legati ad
eventi bellici (dato testimoniato direttamente dal rinvenimento di armi o di
parte di esse allinterno di scheletri e indirettamente da traumi rilevati sulle
ossa).
Lo studio in laboratorio, condotto su un campione di 500 sepolture da
Norma Lo Noce, permette di avere un quadro demografico preliminare; tut-
tavia, le determinazioni di sesso ed et di morte sono limitate solo ad una
parte del campione analizzato: per unampia percentuale di individui adul-
ti non possibile questa determinazione. Escludendo gli adulti non determi-
nabili e i sub-adulti di cui non determinabile il sesso per il mancato rag-
giungimento della maturit sessuale, abbiamo un 61% di maschi e 39% di
femmine.
Let di morte fornisce nel caso della necropoli di Himera, un dato
demografico molto attendibile, perch qui, a differenza della maggior parte
delle necropoli scavate, la conservazione pressoch totale delle tombe degli
individui sub-adulti, permette di avere un rapporto alquanto vicino alla
realt tra sub-adulti (42%) e adulti (58%). Per quanto riguarda i sub-adulti,
il 43% sono neonati; il 9,61% tra 6 e 12 mesi; il 14% tra 1 e 4 anni; il 9% tra 5
e 9 anni; il 6% tra 10 e 19 anni; il 15% immaturi di et non determinabile.
Quasi la met dei sub-adulti muore in et neonatale; evidente, dunque, che
il momento pi critico quello della nascita e dei primi mesi di vita.
Nota bibliografica
D. Kurtz, J. Boardman, Greek Burial Customs, London 1971.
P.F. Fabbri - R. Schettino - S. Vassallo, Lo scavo delle sepolture della necropoli di Himera
Pestavecchia (Palermo), in Guerra e pace in Sicilia e nel Mediterraneo Antico (VIII-III sec. a.C.). Arte,
prassi e teoria della pace e della guerra, vol. II, Pisa 2006, 613-620.
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F|r|lo d| slarpare
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