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a cura di
MARCO BUSSAGLI E MARIO DONOFRIO
Silvana Editoriale
Le Ali di Dio
MESSAGGERI E GUERRIERI ALATI
TRA ORIENTE E OCCIDENTE
(Mostra promossa in occasione
del IX Centenario della I Crociata
e del Giubileo del Duemila)
Bari, Castello Svevo,
6 maggio 31 agosto 2000
Caen, Abbaye- aux-Dames,
29 settembre 31 dicembre 2000
Enti promotori
Consiglio Regionale della Bassa Normandia, Regione Puglia, Comune di Bari Assessorato alla Promozione Culturale della Regione
Puglia Assessorato al Turismo della Regione Puglia Assessorato alla Cultura e Turismo per il Mediterraneo della Citt di Bari
Bari, Castello Svevo, 6 maggio 31 agosto 2000
Caen, Abbaye-aux-Dames, 29 settembre 31 dicembre 2000
in collaborazione con:
Soprintendenza ai Beni Ambientali Architettonici Artistici e Storici della Puglia, Museo di Normandia (Caen), ENEC (Europe-Near East
Centre), Comitato delle Universit Mediterranee, Centro Europeo di Studi Normanni, Museo Provinciale di Bari, Studium Biblicum
Franciscanum di Gerusalemme, Citt di Caen
Con il patrocinio di:
Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero per i Beni e le Attivit Culturali, Ministero della Pubblica Istruzione, Universit degli
Studi di Bari, Comunit delle Universit Mediterranee
Comitato promotore
Luigi Ambrosi, Sandrine Berthelot, Marco Bussagli, Nicola Bux, Franco Cardini, Mario DOnofrio, Gian Marco Jacobitti, Jean-Yves
Marin, Michele Piccirillo
Comitato scientifico
Nuccia Barbone, Massimo Cacciari, Mario Caravale, Domenico Antonino Conci, Giovanni Coppola, Errico Cuozzo, Giovanni Dotoli,
Cosimo Damiano Fonseca, Clara Gelao, Rosanna Gnisci, Patrick Halbout, Annamaria Lorusso, Cosimo Notarstefano, Lino Patruno,
Annunziata Piccolo, Marie Plante, Marco Tangheroni, Maria Laura Testi Cristiani, Fabrizio Vona
Coordinamento scientifico
Mario DOnofrio
Ministero per i Beni e le Attivit Culturali
Ministro Giovanna Melandri, Direttore Generale per i Beni Archeologici Architettonici Artistici e Storici Mario Serio, Direttore
Generale Ufficio Centrale per i Beni Librari e gli Istituti Culturali Francesco Sicilia, Direttore Generale Ufficio Centrale per i Beni
Archivistici Salvatore Italia, Direttore Generale per gli Affari Generali Amministrativi e del Personale Giuseppe Proietti, Dirigente
Divisione Settima Ufficio Centrale per i Beni Archeologici Architettonici Artistici e Storici Maria Grazia Benini
Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici della Puglia Soprintendente Gian Marco Jacobitti
Coordinamento tecnico organizzatore Rosanna Gnisci (direzione) Rosa Rigida
Ufficio stampa e p.r. Annamaria Lorusso (direzione), Rosa Grittani, Claudio Migliardi, Annamaria Vianelli
Rapporti con i prestatori Nuccia Barbone, Antonella Di Marzo, Rosanna Gnisci, Annamaria Lorusso, Annunziata Piccolo, Fabrizio Vona
-Restauri
Fabrizio Vona (direzione lavori), Osvaldo Cantore, Giuseppangelo Chiapparino, Celestina Del Core, Rocco Draicchio, Filippo Fasano,
Vito Iacobellis, Angela Laterza, Anna Scagliarini, Silvana Traversa, Francesca Vescera
Campagna fotografica
Antonella Simonetti (direzione), Giuseppe Gernone, Giuseppe Risola
Comunicazione
Consiglio Regionale della Bassa Normandia, Claire Fortin, Marie Plante, Emmanuelle Tirilly
Organizzazione generale
ENEC (Europe-Near East Centre)
Segreteria operativa F4 Strategie dImmagine
Direzione generale Tommaso Fidanzia
Coordinamento generale Ivano Martino
Segreteria scientifica
Marco Bussagli (coordinamento), Sandrine Berthelot, Giuseppina Capozzi, Paola Mastrobuoni
Progetto espositivo Franco Mazzoccoli (Bari ),Patrick David(Caen)
Coordinamento tecnico Vincenzo Foschi
(SA), Chiesa di San Bartolomeo / Pisa, Museo Nazionale di San Matteo / Polignano a Mare (BA), Parrocchia di Santa Maria Assunta / Pont -de-1Arche,
Eglise / Reims, Palais du Tau / Rigarda, Mairie / Roma, Galleria Naz. dArte Antica - Palazzo Barberini / Roma, Istituto Nazionale per la Grafica / Roma,
Galleria Borghese / Roma, Galleria Nazionale DArte Moderna / Roma, Medagliere Capitolino / Roma, Museo Barracco / Roma, Museo Nazionale di
Castel SantAngelo / Roma, Museo Nazionale Romano / Roma, Antiquarium Comunale / Rouen, Musee des Antiquites de la Seine-Maritime / Rouen,
Musee des Beaux -Arts / Rovigo, Accademia dei Concordi / Saint-Aubin dEcrosville, Eglise / Saint-Omer, Musee de 1Hotel Sandelin / Sala Consilina
(SA), Cappella di San Giuseppe / Salerno, Museo Diocesano San M atteo / Salzburg, Salzburger Barockmuseum / San Giovanni Rotondo (FG), Chiesa di
SantOrsola / SantAngelo dei Lombardi (AV), Chiesa di San Marco / Siena, Archivio di Stato / Siena, Museo Civico / Siena, Pinacoteca Nazionale /
Solofra (AV), Collegiata di San Michele Arcangelo / Solofra (AV), ex Convento di Santa Chiara
Strasbourg, Musee dArt Moderne et Contemporain / Taranto, Palazzo Arcivescovile / Trani (BA), Chiesa di San Toma / Trieste, Civici Musei di Storia
ed Arte / Udine, Santuario della Beata Vergine delle Grazie / Urbino, Galleria Nazionale delle Marche / Venoy, Eglise / Veroli (FR), Tesoro della
Cattedrale / Vico del Gargano (FG), Convento dei Cappuccini
Si esprime un particolare ringraziamento
a Monsignor Francesco Marchisano, Presidente della Pontificia Commissione Artistico Culturale per 1Anno Santo, ai soprintendenti, ai direttori
responsabili, ai conservatori, ai collaboratori dei musei pubblici e privati, alle biblioteche, ai collezionisti e a quanti in qualsiasi modo hanno contribuito
alla riuscita della manifestazione espositiva.
Si ringraziano inoltre:
Barbara Angelini, Mons. Francesco Cacucci, Mons. Raffaele Calabro, Mons. Domenico Caliandro, Claudia Castellani, Mons. Vincenzo DAddario,
Carmela De Falco, Stefano Fabi, Mons. Quintino Gianfreda, Lucilla Lucchese, Fabrizio Mancini, Maria Amalia Mastelloni, Giuseppe Mazzitello, Mons.
Donato Negro, Mons. Mario Paciello, Mons. Domenico Padovano, Mons. Luigi Benigno Papa, Mons. Giovanni Picchierri, Mons. Cosmo Francesco Ruppi,
Gualtiero Spada, Mons. Rocco Talucci, Aurelio Urciuoli, Marcello Vernola, Thierry Wavelet,
Distribuzione Silvana Editoriale S.p.A. Via Margherita De Vizzi, 86 - Cinisello B. (Mi) www.silvanaeditoriale.it
Realizzazione editoriale Arti Grafiche Amilcare Pizzi S.p.A.
Direzione: Dario Cimorelli
Coordinamento editoriale: Piero Giussani
Redazione : Francesca Saverio Battaini Pontiggia (supervisore), Gabriella Brandimarte, Federica Delucchi, Barbara Marchi, Candida Messori, Claudia
Pisi, Maria Elisabetta Tonali
Progetto grafico: Paolo Regini
Copyright 2000 by F4 Strategie dImmagine
noto come il tema degli Angeli sia comune a molte civilt e religioni: presente, nelle sue forme pi arcaiche,
nella civilt assiro-babilonese e in quella greco-romana e, nelle forme a noi pi vicine, nelle religioni giudaica,
cristiana e musulmana. Oltre a questo, la mostra Le ali di Dio. Messaggeri e guerrieri alati fra Oriente e
Occidente intende chiarire soprattutto il senso e le trasformazioni che le figure alate hanno avuto nel corso dei
secoli. Il medium espressivo dato da numerose testimonianze storico-artistiche di grande pregio e suggestione
che datano dallet antica ai nostri giorni. La Regione Puglia, prescelta dal Comitato direttivo della mostra, si puo
vantare di sostenere e ospitare un progetto espositivo di questo genere perch sul piano sia storico che
geografico si sempre configurata come una sorta di cerniera fra il mondo orientale e quello occidentale. E
opportuno evidenziare inoltre che il progetto sinquadra nello spirito di un sodalizio ideale tra la Puglia e la
Bassa Normandia gi sperimentato in passato, in occasione della grande mostra romana dal titolo I Normanni ,
Popolo dEuropa MCXXX-MCC. Siamo certi che le caratteristiche e gli obiettivi prefissi, tra cui la duplice
esposizione in ltalia (Bari) e in Francia (Caen), conferiscono alla mostra una singolare rilevanza internazionale e
che tra le manifestazioni promosse dalla Regione Puglia per il Giubileo del Duemila essa pu essere eletta a
evento culturale dellanno.
Il Presidente della Regione Puglia Salvatore Distaso
LAssessore alla Cultura della Regione Puglia Giuseppe Semeraro
LAssessore al Turismo della Regione Puglia Luciano Sardelli
La scelta di presentare per lanno 2000 una grande mostra sugli Angeli non e stata fatta soltanto per esplorare
un universo che da secoli stato oggetto di differenti speculazioni, ma per rendere formali, tramite Loro, i legami
che ci uniscono con la citt di Bari e la Puglia. In questa superba regione, in cui i Normanni hanno lasciato tante
tracce del loro passaggio, ho avuto la fortuna di visitare il santuario di Monte SantAngelo; da l che sono
partiti i monaci che hanno fondato da noi il Mont-Saint-Michel, come vuole la tradizione. Con questa iniziativa
comune vogliamo anche rendere omaggio a questa localit situata a uguale distanza tra la Normandia e
Gerusalemme e ai legami culturali che uniscono lOriente e lOccidente. Ringrazio in questa sede tutti coloro che
ci hanno aiutato a realizzare questo progetto che ci condurr dallantichit fino a oggi sulle orme degli Esseri
intermediari tra il cielo e noi. Mi auguro che tutti coloro che avranno il piacere di vedere la mostra colgano
loccasione di interrogarsi, di sognare e di meravigliarsi.
Il Presidente del Consiglio Regionale della Bassa Normandia Ren Garrec
Nella plurisecolare storia di Bari la presenza dellAngelo e, in particolare, dellArcangelo Michele, considerata la
vicinanza con il santuario di Monte SantAngelo, sempre stata sentita come viva testimonianza storico religiosa. Lo conferma fra laltro la chiesa barocca di San Michele, costruita al di sopra della chiesetta medievale
di San Felice a memoria del culto per lArcangelo allinterno del tessuto urbanistico della citt vecchia. Per
questo apparso assolutamente naturale guardare con attenzione alla mostra Le Ali di Dio dedicata al tema
dellAngelo. Il fatto poi che lesposizione venga successivamente trasferita a Caen nella Manche riporta alla
memoria il tempo in cui la nostra citt costituiva il terminale europeo pi orientale di quel percorso di fede e di
arte che congiungeva i grandi santuari del nord Europa a Roma e a Gerusalemme. In questo itinerario Bari ha
sempre occupato un posto strategico quale snodo di accoglienz a per crociati e pellegrini che si recavano in
Terrasanta e per quanti si dirigevano a pregare sulla tomba di Pietro. In tal senso, in occasione del Giubileo del
Duemila, questa prestigiosa iniziativa culturale offre a Bari lopportunit di riprendersi in qualche modo il suo
ruolo.
Il Sindaco di Bari Simone Di Cagno Abbrescia
LAssessore alla Cultura e Turismo Angiola Filipponio Tatarella
Assistiamo, da qualche tempo, a un rinnovato interesse per gli Angeli ; il bisogno di spiritualit che attraversa la
nostra epoca alcuni ritengono sia una moda di passaggio ha finito col dare nuova vita a questi messaggeri
del cielo per lungo tempo dimenticati. Sugli Angeli, figure utilizzate da sempre per riempire lo spazio fra il cielo e
la terra, gli uomini hanno riflettuto e speculato a lungo e gli artisti hanno tradotto in visione lidea che di Essi
aveva elaborato limmaginario collettivo e, allo stesso tempo, hanno contribuito alla determinazione di quellidea
con le loro opere. Questa mostra tenta di far luce su questo tema, ricostruendo la storia della raffigurazione
dellAngelo, nei suoi diversi ruoli e significati, a cominciare dai suoi progenitori, come per esempio gli eroti e i
geni della cultura classica, per arrivare ai segni visivi dei nostri giorni; certo, non si ha la presunzione di esaurire
cosi la complessa problematica angelologica, ma si intende contribuire a porre in rilievo che lidea dellAngelo,
con le sue rappresentazioni e con le sue metamorfosi, accompagna tutta la storia dellumanit. Costruire una
mostra tematica sempre difficoltoso, perch necessario scegliere oculatamente una rosa di opere in un
panorama a perdita docchio; in questo caso, poi, la scelta resa pi gravosa dalla complessit del tema
conduttore, dalle innumerevoli rappresentazioni artistiche dellAngelo e dallarco temporale lungo il quale esse si
snodano. Si tentato, dunque, di illustrare ogni possibile aspetto dellidea degli Angeli, Esseri intermedi
comuni tanto alla religiosit cristiana quanto allebraica e allislamica. Il punto di partenza viene collocato
nellambito delle religioni medio- orientali, perch su questo terreno culturale germogliato il concetto di
unentit che collega il mondo umano a quello divino e che pu essere considerata il progenitore dellAngelo; ma
naturalmente il filo conduttore della mostra offerto dalla rappresentazione angelica nellarte cristiana, la pi
ricca di documentazione iconografica; non si sono esclusi, tuttavia, riferimenti visivi e testuali alle altre culture
religiose che hanno influito sulla speculazione angelologica. 1l percorso espositivo si snoda attraverso opere
darte di varie epoche, provenienti dai pi importanti musei italiani ed europei, che focalizzano lattenzione sui
diversi aspetti dellAngelo per concludersi in una piccola sezione in cui sono accolte opere contemporanee,
alcune delle quali eseguite appositamente per questa mostra. In questo aleggiare di Angeli presente un
cospicuo nucleo di opere pugliesi; presenza inevitabile se si considera che la Puglia, con il santuario di Monte
SantAngelo dedicato allArcangelo Michele, lAngelo per eccellenza, e fisicamente equidistante tra Mont-SaintMichel e Gerusalemme, da sempre lanello ideale di congiunzione tra Occidente ed Oriente.
Il Soprintendente per i Beni Ambientali Architettonici Artistici e Storici della Puglia
Gian Marco Jacobitti
Sono ben 237 le opere dal 320 a.C. ai nostri giorni che abbiamo voluto portare al Castello Svevo di Bari per
questa grande mostra, che senza dubbio uno fra i principali eventi culturali dellanno del Giubileo. Un evento
che va al di l dei confini pugliesi e italiani per diventare europeo e mediterraneo: e non a caso si svolge nella
regione Puglia da sempre ponte fra le due grandi aree geografiche che son o lOriente e Occidente qui unificati
dalle Ali di Dio, i Guerrieri Alati, messaggeri non soltanto di fede. E anche il motivo per cui abbiamo voluto
realizzare levento in collaborazione fra noi: da un lato lENEC lorganismo internazionale che sviluppa le
relazioni con il Vicino Oriente ebraico, cristiano e musulmano dallaltro la F4 Strategie dImmagine, societ
leader nellorganizzazione di rilevanti occasioni culturali e in particolare di mostre darte. E labbiamo voluto
realizzare a Bari, il capoluogo di quella Puglia ritenuta porta dOriente per lEuropa, regione di passaggio, ma
anche di sintesi di culture, di civilt, di costumi, di religioni. E per questo che a settembre la mostra voler
da Bari verso la Normandia e il celebre santuario di Mont -Saint -Michel, laltra grande tappa dei pellegrinaggi
nellanno del Giubileo che proprio sui pellegrinaggi si fonda. Un parallelo, nel cuore dEuropa, allaltrettanto
celebre santuario di Monte SantAngelo sul Gargano. E non senza motivo che progettiamo un approdo finale
della mostra verso Gerusalemme e la Terrasanta, dove i pellegrinaggi di fede si concludevano e dove anche la
nostra mostra avrebbe il suo naturale punto di arrivo, sorretta dalle ali possenti degli Angeli. Questo nostro
progetto nato dal pensiero congiunto di tre grandi studiosi Mario DOnofrio, Franco Cardini, Jean Yves Marin,
cui va il nostro pi sentito ringraziamento. Una proposta che abbiamo giudicato di altissimo contenuto religioso,
artistico e storico, come dimostra, peraltro lentusiastica adesione di tutti i Prestatori dei pezzi che compongono
la mostra. Una mostra che idealmente conclude il programma Verso Gerusalemme per il nono centenario della
I Crociata e apre le Ali sul grande Giubileo del Duemila. La firmiamo con lorgoglio di aver avuto lopportunit di
portarla a conclusione e di offrire a studiosi e non il fascino del mistero e il fulgore della luce degli Angeli.
ENEC - Europe Near East Centre Franco Cardini
F4 Strategie dImmagine Tommaso Fidanzia
ai migliori specialisti che, con le loro competenze, coprono il complesso mondo culturale e teologico che ruota intorno alla
figura dellAngelo e con questa sinterseca. Naturalmente la mostra non pretende di esaurire un argomento cos articolato e
cos ricco dimplicazioni. Tuttavia appare legittima la convinzione di averne tracciato, sia pure sommariamente, un disegno
che possa essere di stimolo per ulteriori approfondimenti, sempre possibili per un tema che strettamente legato alla sfera
culturale e affettiva di ogni uomo. A questo punto corre lobbligo di ringraziare prima di tutto le istituzioni che hanno
permesso la realizzazione delliniziativa: la Regione Puglia, il Consiglio Regionale della Bassa Normandia, il Comune di
Bari, la Sovrintendenza ai Beni Ambientali Architettonici Artistici e Storici della Puglia, la Pinacoteca Provinciale di Bari,
il Museo di Normandia (Caen), lENEC (Europe-Near East Centre), lo Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme e
il Centro Europeo di Studi Normanni. Quindi un sentito ringraziamento vada allorganizzazione generale, alleditore, a
quanti hanno contribuito a sostenere gli oneri economici derivanti da una s complessa impresa e a tutti coloro che in
qualche misura hanno collaborato alla buona riuscita della manifestazione.
Marco Bussagli e Mario DOnofrio
SOMMARI0
1 Introduzione
13 I progenitori degli Angeli.
Gli Angeli nella religione zoroastriana
Andrea Piras
17 Eroti e geni
Marisa Corrente
21 Gli Angeli tra Antico e Nuovo Testamento
Gianfranco Ravasi
33 Dal vento all'Angelo
Marco Bussagli
36 La vita in grotta fra Angeli e Demoni
Cosimo Damiano Fonseca
40 Le gerarchie degli Angeli nel Medioevo.
Rapporti fra teologia e iconografia
Barbara Eichberg Bruderer
44 Gli Angeli nelle liturgie. Una scala tra cielo e terra
Nicola Bux
48 Il culto degli Angeli in Siria e Palestina
Michele Piccirillo
51 Angeli in Egitto
Loretta Del Francia
65 Gli Angeli nella mistica ebraica
Roberta Simini
69 Gli Angeli nel Corano e nel pensiero islamico
Kegham Jamil Boloyan
74 L'Angelo e la "Legenda aurea"
Massimo Oldoni
79 L'iconografia dell'Angelo nell'arte medievale
Mario D'Onofrio
83 Gli Angeli e la Trinit
Alessandra Guiglia Guidobaldi
87 Gli Angeli nella scultura meridionale del Rinascimento
Clara Gelao
93 Iconografie angeliche nel Seicento
Rosanna Gnisci e Fabrigio Vona
105 Angeli, Angioletti e amorini nell'immaginario romantico
Elisabetta Gulli Grigioni
108 La condizione angelica tra sincretismo e liturgismo
Mariano Apa
119 L'Arcangelo Michele nell'Europa occidentale
Franco Cardini
123 L'iconografia di san Michele o dell'Arcangelo Michele
Pina Belli D'Elia
del pensiero religioso zoroastriano del resto un fatto comprovato non soltanto da una ricca
speculazione teologica ma anche dagli osservatori esterni che nelle loro testimonianze hanno
lasciato fondamentali conferme di quanto si trova nella letteratura zoroastriana, sia in avestico sia
nel pahlavi dei libri, lingua medio- iranica degli scritti pi speculativi e dottrinali. Grazie quindi a
etnografi ante litteram come Erodoto (I, 131) ci viene data notizia che i Persiani sacrificano sulle
cime delle montagne per rendere il culto al fuoco, alla terra, allacqua, al sole e al vento: un
particolare che rivela la sacralit di ogni elemento e la cura devota che ognuno di essi riceve nelle
prescrizioni religiose e nelle osservanze che fanno obbligo ai fedeli di non contaminarli. E
sicuramente le fonti classiche sono preziose per constatare il rispetto tributato in primis al fuoco e
allacqua, due degli elementi centrali nella pratica rituale zoroastriana, e anche nelle moderne
credenze degli zoroastriani dellIndia e dellIran. Vista la riverenza concessa al fuoco, che tale da
costringere i Magi a indossare dei bavagli per non contaminarlo con il respiro, e la sua forte
rilevanza simbolica anche allinterno dellideologia regale iranica che prevedeva per
1intronizzazione di ogni sovrano 1accensione di un fuoco personale non vi da stupirsi se agli
occhi di osservatori stranieri il fuoco potesse denotare gli stessi zoroastriani per antonomasia: tale
quanto appare dalle fonti cinesi che per designare la religione zoroastriana usavano appunto il
termine fuoco (hsien). Questa breve disamina storica sulle fonti esterne ci permette di
comprendere la centralit del fuoco e la sua vicinanza al dio supremo Ahura Mazda, al punto tale
che chiamato simile a te e anche figlio: i poteri elargiti da questa icona vivente e crepitante di
Ahura Mazda riguardano molteplici benefici di energia vitale, di calore e di luce che ha il potere di
istruire (Yasna 34.4) e che concede un potere di visione duplice, benefico per i giusti e malefico per
gli empi, in una prospettiva dualistica che una costante della cultura zoroastriana e che si riflette in
una sorta di partita doppia di azioni che vengono giudicate buone o cattive secondo 1appartenenza
del fedele ad Ahura Mazda o allAvversario Ahriman.
Il fuoco concede quindi doni e soddisfazioni al pari del pensiero (mainyu-) di Ahura Mazda e anzi
vi unidentit tra il fuoco e il pensiero (Yasna 36.3) che lo avvicina a una dimensione noetica e
meditativa e ne fa una sorta di frammento di energia celeste che pu essere contemplata al pari di
quel cielo luminoso di cui detto noi ti riconosciamo, o Ahura Mazda, per la forma pi bella tra le
forme: questo cielo luminoso (Yasna 36.6). Una tale dimensione mentale e meditativa del fuoco
chiarisce anche il suo ruolo mediatore in alcune speculazioni teologiche e sacrificali su di esso e la
sua importanza come supporto di particolari tecniche di concentrazione (Gnoli, 1980, p. 192) non
dissimili, probabilmente, da alcune pratiche meditative indiane dello yoga che portavano 1asceta a
concentrarsi sui carboni ardenti, per realiz- zare una serie di acquisizioni psico-animiche
sullessenza della combustione (Eliade, 1975, p. 84). Si capisce bene come le qualit trasfiguranti, e
di illuminazione intellettiva, potessero fare del fuoco un supporto meditativo in grado di generare
particolari esperienze di allucinazione cosciente, motivata dallesigenza di realizzare una visione
fuori dallordinario, favorita dalla concretezza di un elemento partecipe della natura divina e in
grado di essere messaggero di molteplici doni spirituali che potevano fluire nella comunicazione tra
dei e uomini innescata dalla pratica rituale; e da determinate tecniche di estasi che, per usare una
felice espressione di Kuiper, dovevano fare parte di un Aryan mysticism indo- iranico fondato su
una simbolica della luce e su una dottrina della vista interiore (Piras, 1998).
Una particolare sensibilit religiosa che si esprime mediante una estetica della luce di una certa
raffinatezza intellettuale ancorch sobria nelle ricorrenze testuali, purtroppo avare di slanci poetici
ci consente di situare questa nostra lettura angelica allinterno di un pensiero fortemente
caratterizzato da una tendenza allastrazione e a una personificazione angelica (Gnoli, 1991, pp.
108, 120) che interessa tutto il reale e i suoi livelli cosmici ed elementali: la materialit viene quindi
trasfigurata in nozioni e in entit che esprimono qualit morali, archetipi immaginali che
preesistono alla realt e che anzi la fondano in quanto modelli trascendenti della creazione,
intelligenze angeliche confrontabili agli di-Angeli di Proclo, secondo Henri Corbin. Alessandro
Bausani (1999, pp. 61-63, 107) si acutamente soffermato su una tale forma mentis che rende il
pensiero iranico del tutto particolare, in questa sintesi originale di mitologia e teologia, dove la
proliferazione mitologica delle divinit viene bilanciata da un ruolo di assoluta preminenza del dio
supremo Ahura Mazda, tale da far sbiadire i contorni delle personalit divine fino a renderli suoi
sottoposti. Una comprensione dellaspetto angelico della religione zoroastriana dovrebbe senzaltro
prendere le mosse da una tale dialettica tra Ahura Mazda e gli altri di del pantheon, per contribuire
a spiegare fatti e dinamiche interne della sua storia culturale, nel lungo periodo della sua nascita e
della sua affermazione pi che millenaria. Non agevole ripercorrere la estesa sequela della storia
religiosa dello zoroastrismo dai suoi monumenti letterari pi arcaici, come lAvesta, ai libri pahlavi
del periodo sassanide, giunti alla loro redazione scritta nel IX secolo della nostra era. Una
estensione temporale plurisecolare intervallata da crisi e interruzioni dinastiche, con ovvie
ripercussioni nella continuit di una tradizione religiosa e sapienziale affidata alla tutela del
sacerdozio dei Magi deve infatti essere vista in contrappunto con le sintesi e le acculturazioni pi
varie che 1iranismo oper, coscientemente o meno, nellincontro con le pi svariate culture
dellEgitto, dellAsia Minore, della Mesopotamia, della Grecia e dellellenismo. La trattazione sui
progenitori degli Angeli non potr che avvalersi di questa feconda risonanza di contatti e di
contaminazioni che hanno di volta in volta arricchito di sfumature il portato originario
dellinsegnamento zoroastriano, differenziando una religione alta, dei seguaci dellinsegnamento
originario di Zarathustra, dalla pi multiforme religiosit estesa a una audience di fedeli meno
attenta alle dispute dottrinali e ai rigori di unortodossia, che peraltro fu un fenomeno della religione
zoroastriana del periodo sassanide, quando 1opera riformatrice del gran sacerdote Kirdir contro
ogni deviazione dottrinale interna e contro altre religioni intensific gli scrupoli di ortodossia e di
intransigenza. Ma in realt, a parte questo caso (e a parte i casi di circoli sacerdotali eterodossi)
dobbiamo altres constatare una tendenza alleclettismo che fu propria dello stesso clero dei Magi,
sapienti girovaghi e itineranti in cerca della conoscenza ed essi stessi responsabili di un vasto
sincretismo religioso e culturale. Se questa tendenza pu estendersi ai margini di una sociologia
religiosa rispondente alle esigenze di un pi vasto pubblico, nondimeno possibile isolare un
nucleo pi interno e pi denso, meno sfumato e anche pi conservativo e duraturo nel tempo, che
proprio una lettura angelica dello zoroastrismo pu rivelare, a partire dai riferimenti avestici delle
Cantiche (Gatha) attribuite a Zarathustra o alla sua cerchia pi stretta di fedeli fino alle
speculazioni teologiche degli scritti pahlavi che riflettono in modo unitario questa propensione dello
zoroastrismo a formulare intuizioni angeliche e a iscriverle in una spiritualit etica, fortemente
interiorizzata e incline a promuovere forme di un misticismo moderato che si proponeva di
realizzare nellanimo la presenza degli di (o meglio, degli Angeli) e di ispirare alla condotta umana
sentimenti di moderazione e di mansuetudine che ricordano certi temi dei libri sapienziali del
giudaismo.
Ecco come tale componente angelica viene espressa nelle Cantiche (Gatha) dellAvesta, dove la
centralit di Ahura Mazda verso cui si dirigono le esortazioni dellofficiante che si rivolge al dio
supremo utilizzando un repertorio di formule, artifici retorici e poteri della parola che fanno parte di
unoratoria del linguaggio performativo viene correlata da un gruppo di entit chiamate Benefici
Immortali: tale la traduzione del termine Amesa-Spenta, che riunisce in questi epiteti due
importanti nozioni dello zoroastrismo, quella di immortalit (amesa) e quella di beneficio inteso
come incremento, crescita, prosperit (spenta). La concezione del sacro nello zoroastrismo si
traduce infatti in un dinamismo creativo, fecondo e realizzativo, che riguarda tutta la creazione e gli
esseri divini che la tutelano e che la promuovono mediante un incremento che pienezza, rigoglio
di energie spirituali e vitali, espansione e rigonfiamento di una natura gravida e prospera di
infinite possibilit creative: Lessere o 1oggetto spenta- gonfiato da una forza sovrabbondante e
soprannaturale; investito da un potere di autorit e di effi- cacia che ha la propriet di accrescere,
di aumentare (Benveniste, 1976, p. 423). Ragion per cui, unentit divina connotata dallepiteto
spenta- avr un ruolo determinante nella economia divina e nelle sue strategie. Questo ci permette
di cogliere una duplice valenza del epoca sassanide, centrata sulla nozione di una sapienza (xrad)
ispiratrice di tutto un genere di letteratura didattica e sapienziale (andarz) dove ogni comportamento
umano informato dalla qualit della giusta misura (payman).
Ma quanto detto corrisponde a una tendenza del pensiero religioso pi elevato, colto e
teologicamente raffinato, secondo i dettami e le propensioni di una casta sacerdotale che
rappresentava le istanze pi speculative e filosofiche: e in questa lettura angelica che ci ha portati
dallAvesta ai libri pahlavi dello zoroastrismo sassanide possiamo sicuramente identificare una
costante di quella originalit dello zoroastrismo, cui si gia fatto cenno, ma che non coincideva
certamente con tutto un rigoglio di concezioni popolari. Al contrario, vi fu un pi variegato e
composito sottobosco di credenze, rituali e mitologie allargato verso il basso della societ che la
ricerca storica ha messo in evidenza da lungo tempo: e questo non solo riguardo 1angelologia ma
la demonologia, la magia, le forme insomma del sacro quotidiano di pronto intervento contro le
avversit della sorte (come il Male o le malattie), in tutto un repertorio di oggetti (come i sigilli
magici o le coppe magiche) di formule di scongiuro, di omina, di procedimenti divinatori e
quantaltro servisse a creare protezioni fisiche o metafisiche contro le influenze nefaste. Le
interazioni culturali in questo dominio pragmatico della religiosit furono ampie e di varia
provenienza iranica, mesopotamica, greco-ellenistica, ebraica di cui ci rimangono testimonianze
nelluso di amuleti e di formule dove evidente il sincretismo irano-semitico nella terminologia di
afflizioni demoniache (Shaked, 1985, p. 521); per non parlare della categoria dei sigilli magici
brillantemente studiati da Ryka Gyselen (1995), manufatti artistici dove iconografia e scrittura si
compongono in mirabili opere di uso personale esorcistico e propiziatorio.
Come esempio di una credenza mitologica angelica diffusa sia a un livello colto sia popolare
bisogna citare infine le Fravasi, entit divine il cui nome denota la scelta o la preferenza che al
servizio di Ahura Mazda contribuiscono alla salvaguardia della creazione e dellumanit.
Considerate Angeli guardiani della collettivit familiare, tribale e nazionale piuttosto che Angeli
custodi individuali (Kellens, 1989, pp. 105-107) le Fravasi ricordano nella loro iconografia il nostro
immaginario angelico: si dice infatti di loro che discendono e accorrono come un uccello dalle
belle ali (Yast 13.70). E anche il loro aspetto militaresco le rende simili ai nostri Angeli armati: di
bellaspetto, alte e con la cintura legata, i loro battaglioni sono numerosi e con le armi in pugno e le
bandiere spiegate giungono in aiuto delleroe che le invoca; bardate con elmi, corazze e armi di
ferro, lottano nella mischia circonfuse da unaureola di luce. Le componenti mitologiche e le
speculazioni teologiche relative a queste Fravasi sono state di varia natura: sono riconoscibili aspetti
guerrieri connessi ai valori epici e marziali di comunit bellicose, uniti alle concezioni
sullimmortalit (Gnoli, 1982); un riflesso delle concezioni sulle Fravasi lo possiamo cogliere anche
nella storia politica e militare delliranismo, nella istituzione achemenide dei diecimila Immortali,
la guardia scelta di Serse, che ricorda nel proprio nome e nella eccellenza di un corpo speciale gli
Angeli guerrieri Fravasi (Gnoli, 1981, pp. 274-277) cos come il loro Inno li ha descritti, in miriadi
di battaglioni in assetto da guerra.
Le concezioni sullimmortalit dellanima connettono queste Fravasi a quel culto delle anime che fa
parte delle cerimonie in onore dei defunti e di un culto per gli antenati che contribu a teologizzare
la mitologia degli Angeli guerrieri, in una fusione (Boyce, 1995, p. 35) tra elementi popolari,
epici e guerrieri, con le pi elaborate dottrine zoroastriane sullanima: sulle concezioni multiple
dellanima, si veda Piras (1993). Le Fravasi non ci ricordano gli Angeli solo per la loro iconografia
letteraria: la loro stessa fedelt ai comandi divini, il loro rapporto feudale con Ahura Mazda che
le rende entit gregarie e collaborative a un pi grande disegno. Nei testi pahlavi le Fravasi sono al
centro di un episodio che ben illustra il loro operato, conforme al loro nome che significa scelta:
al pari delle altre divinit zoroastriane che ancora permangono in questi testi ma pi come
venerabili (yazdan) che come protagonisti di mitologemi propri, anche le Fravasi sono presenti
nel racconto della Creazione Primordiale (Bundahisn) dove i veri attori sono Ohrmazd e Ahriman, il
Bene e il Male, la Luce e la Tenebra: tra questi due attori ogni altra figura divina accessoria,
evocata solamente allo scopo di prendere parte alla battaglia cosmica, per la disfatta conclusiva del
Male. In questo dramma ogni mitologia appare evanescente e sfumata, priva di personalit
narrativa: le stesse Fravasi appaiono come una legione celeste evocata a tutela della sacralit della
vita (e quindi del suo inc remento). Infatti, quando Ohrmazd chiese loro se preferivano rimanere
incorruttibili ed eterne nella trascendenza, oppure scendere nella esistenza materiale per combattere
Ahriman e la Menzogna, che avrebbero avvelenato il mondo, esse compirono la scelta a favore
della creazione grazie alla loro onniscienza, poich videro che alla fine dei tempi Ahriman sarebbe
stato debellato e loro stesse sarebbero divenute nuovamente perfette e immortali, per 1eternit,
nello scenario escatologico del Corpo Futuro.
Non vi molto spazio per poco pi che un accenno a ulteriori modificazioni ed elaborazioni degli
aspetti angelici nella cultura iranica per cui si rimanda a Piras (1997) per considerazioni
sullapocalittica e sulle interazioni con il giudaismo, il cristianesimo, la gnosi e il manicheismo.
Nelle diverse modalit della esperienza religiosa dello zoroastrismo e degli ambiti culturali del
Vicino Oriente e del Mediterraneo, segnati da molteplici interferenze, la figura dellAngelo si
afferm sempre pi come entit mediatrice e rivelatrice di vocazioni spirituali e di impeti
missionari; e nellIslam che conquist 1Iran e la Persia si crearono nuove sintesi filosofiche e
speculative che riproponevano le entit angeliche zoroastriane nelle loro funzioni di potenze e
intelligenze superiori. Ma unitamente a questo aspetto spirituale si vede affermarsi anche una
concretizzazione terrena del messaggero, pi consona a nuove esigenze storiche e allattesa di un
inviato o di un apostolo o di un rinnovatore: personalit storiche, quindi, e magnificate da
una terminologia apostolica (Widengren, 1955) attestata nellarea islamica, iranica, giudeo-cristiana
e gnostica. Nella opera profetica e missionaria di uno Zarathustra rivisitato dallIslam e chiamato
dagli arabi inviato (rasul), di un Mani sigillo della profezia e Apostolo della Luce
(frestagrosn) e di Muhammad Inviato di Allah (rasul Allah) si pu scorgere un esito finale della
tipologia angelica in una condensazione terrena incarnata in messaggeri umani, portatori di nuove
parole di salvezza e animati da una volont profetica e missionaria, individui eccezionali,
ambasciatori e realizzatori delle verit e delle rivelazioni divine nella storia.
Eroti e Geni
Marisa Corrente
Ambiguo, il bel dio alato dellamore ambiguo: fanciullo divino che si fa mettere in catene, divinit
terribile che ferisce, a anche giovane e
ammaliante efebo, tenera immagine che calpesta fiori, dio diverso nella sua capacit di farsi
servitore e nello stesso tempo guerriero invincibile. Il pi antico ma anche il pi giovane degli di.
Entit divina multiforme che ambisce a essere dio, ma che ha la sua vera affinit con il mistero
dellanima, soffio che insieme vento, psych, doppio. La sua ambiguit nellambire a essere
dio, sebbene la sua natura sia in realt demoniaca.
La concezione omerica non lo riconosce come personalit mitica: non esiste nellantichit egea un
problema delle origini di Eros, ma nella cintura ricamata di Afrodite, Eros, Himeros e Pothos,
impulso e tensione dellamore, incantano anche il dio supremo, Zeus.
Vi gi pluralit nella testimonianza letteraria per noi pi antica: sono assopiti in Omero i fantasmi
inconsistenti della passione, del desiderio e della persuasione, inafferrabili e quindi nascosti, o forse
fusi con la natura seduttrice di Afrodite.
La personalit di Eros non emerge, sembra esprimere piuttosto una virt funzionale: 1esaltazione
che porta allamplesso ma soprattutto al gamos, alle nozze.
Ma il mondo ordinato: il problema delle origini non consente semplificazioni, e allora anche Eros
si lega allantico fondo mitico delle divinit primordiali. Nello scenario esiodeo il dio altra cosa
rispetto alla testimonianza omerica, invero di scarsa utilit nel suo essere oscura immagine di
passione. Nellenigma che presiede alla creazione del mondo, Eros partecipa alla fatica
cosmogonica, forza demiurgica e nello stesso tempo principio non generato, terza divinit dopo
Chaos e Ghe (Indistinto e Terra), ma anche in Sofocle, come ricorda Deianira, Eros, colui che fiacca
le membra, comanda gli dei come vuole. Per quanto sembri, non suscita perplessit il successivo
passo esiodeo che introduce un nuovo campo dazione del dio: il fa tto mitico si arricchisce di nuovi
elementi, e immagini poetiche vengono evocate da nuove presenze divine. Dai cerchi che si
formarono sulla superficie delle acque in cui erano stati gettati i testicoli di Urano, sorge Afrodite,
assistita dalle sue prime ancelle, Apate e Zelos (Inganno e Rivalit). Ma nel corteggio di divinit, ad
accogliere la dea dalla bianca schiuma ci sono anche Eros ed Himeros (Amore e Desiderio).
Anche in altre versioni della sua origine il dio ha unaffascinante e immediata partecipazione a
quanto di pi religioso e misterico si possa cogliere nella tradizione mitica.
Esiste cos unaltra concezione antichissima, parodiata da Aristofane negli Uccelli, che fa di Eros il
figlio di Notte. Colpisce il fatto di una nascita da Notte: forse i figli di Nux, Notte nera, che
concepisce senza amore, non sono figure negative, messe al mondo perch il dolore sconvolga i
mortali? Eppure nella cosmogonia orfica, proprio da Nux dalle nere ali, viene generato un uovo
pieno di vento, da cui nasce Eros dalle ali dorate.
E quindi solo apparente la contraddizione tra le potenze che incarnano i suoi poteri e i suoi
strumenti dazione: dal tessuto del1oscurit nasce cosi anche Eris, la Discordia, dalla lunga veste
scura e dalle scure e ampie ali, che si aggira tra i guerrieri nella mischia del combattimento. E la
stessa Afrodite trova tra i figli di Notte le sue prerogative di dea: parole di menzogna, inganno e
unione amorosa appartengono alla sfera dellamore. La rappresentazione delle divinit dellamore si
va colorando di tinte inquietanti e si tinge di mistero.
La realt delluovo primordiale si traduce poi in altre nascite importanti: dal guscio di un uovo di
cigno nasceranno Elena e anche i Dioscuri, i divini gemelli.
Si pu allora pensare a una tradizione cosmogonica che organizza queste nascite privilegiate attorno
alla composizione degli opposti: si pensi, nella teogonia orfica, allesatto parallelismo costituito da
Phanes, assimilato in alcune tradizioni a Eros. Qui Luce e Desiderio convivono nel caos
primordiale. Si pu essere due in uno? Fondersi insieme con 1amato e ricostruire 1antica natura
perduta? Eros, il bel dio androgino, n maschio n femmina, al pari degli esseri androgini, come
ricorda Aristofane nel Simposio di Platone, tagliati in due dallastuto Zeus, la risposta allantico
impulso primordiale allunit.
Nella geografia cultuale che accompagna la presenza di Eros, i segni esteriori a lui associati
esprimono concetti multiformi e vanno da un sottofondo preistorico ai contenuti rituali dellambito
cittadino. E un cammino complesso di cui si possono ricordare alcune tappe. La devozione verso
Eros trascina i genitori di Pindaro in viaggio di nozze a Tespie in Beozia, davanti a una semplice e
nuda pietra. Emerge un fondo preistorico, 1aberrazione di un elemento aniconico ben lontano dalla
grazia del bel dio alato.
I1 culto litico si associa allora a un richiamo dei versi saffici, in cui Eros assume forme mostruose.
Altri luoghi di culto, se pur non numerosi, si pongono in questo cammino simbolico: significativa,
per i richiami al mondo della vegetazione, 1immagine del bosco di Leuctra ricordato da Pausania,
in cui le foglie cadute a primavera non vengono rimosse dalla pioggia. Analogamente, la dea della
natura permanentemente rinnovantesi, 1Afrodite dei giardini, trovava il suo culto tra i meli cidonii
e i fiori delle rose.
La caratterizzazione iconografica di Eros, se si ammantava di segrete suggestioni e si
accompagnava alla continua ideale complementarit con Afrodite, si affidava in realt a pochissimi
elementi: il volo e la presenza delle ali.
La cronaca delle vicende del dio era di fatto misteriosamente inquietante per la natura impetuosa
del suo fluttuare. Il repertorio di immagini a nostra disposizione evidenzia come sia privilegiata
soprattutto la vitalit di un corpo in volo con tutte le sfumature possibili, dalla rigida registrazione
del movimento al volo vibrante. Lequazione ali- volo proponeva la sua carica espressiva
soprattutto nella capacit di esplicitare il movimento, ma nel caso di Eros erano pochissimi gli
accorgimenti che potevano arricchire ed esaltare la percezione del movimento. Nella raffigurazione
di figure femminili alate, si vedano per esempio le infinite immagini di Nikai; 1inventiva
dellartista si affidava alla sensibilit sottile per i tessuti gonfi di vento, allinterna dinamica del
volo e allinesauribile tensione della stoffa sul corpo mosso dallaria.
Il volo del dio diventa invece stranamente chiaro e ovattato: le ali attaccate alle spalle si aprono
ampie, il corpo nudo si tende ora puntando i piedi verso il basso a indicare il corpo librato, come
nella splendida raffigurazione del Pittore di Brygos (lkythos al Museum of Fine Arts di Boston),
ora ritraendo le gambe. Le braccia prolungano verso 1esterno il movimento, bilanciando le ali.
Poche le eccezioni a questa animazione del volo. Il ritmo assorto dellEros sulla lkythos del
Pittore di Brygos della Collezione Navarra crea un rarefatto tessuto musicale e la totale fusione tra
il dio e al musica concede al corpo armonioso la morbidezza dei passi della danza. Ed hanno
vibrazioni pulviscolari le ali di farfalla dellEros che afferra un cerbiatto sulla lkythos del Pittore
di Pan, a Boston. Si coglie appieno in queste raffigurazioni come la presenza di Eros imponesse un
clima rarefatto, evocativo, e come una maggiore chiarezza espressiva potesse nascere solo
apportando dinamismo e ricchezza di movimenti, in una dimensione teatrale.
Lidea della potenza di Eros si arricchisce quando la speculazione filosofica e 1elaborazione dei
lirici e dei tragici ne precisano comporta- menti ed esperienze. Accade allora che le ali, pur
presenti, diventano invisibili: la peculiarit del cambiamento nel potere ambivalente di Eros, dio
del desiderio che insieme attrazione e aggressione, gamos e polemos. La sfera dazione del
bellissimo efebo lo vede allora partecipe dei rituali dellamore. Egli compare nelle scene di
corteggiamento, nei cortei nuziali, accanto a personaggi divini ma anche in tutte le raffigurazioni
dove entrano in gioco gli amori dei mortali e nelle attivit in cui i gesti di grazia, bellezza e
seduzione segnalano la presenza del dio dellamore. Non certamente superflua la sua presenza tra
Elena, recalcitrante, e Paride, venuto a rapirla; il suo potere sconvolgente consente 1unione di
Dioniso con Arianna, la bionda figlia di Minosse; ministro delle leggi che regolano il
comportamento amoroso, esprime ancora una volta il suo privilegio di eccezionalit quando
presiede allabbraccio di Afrodite con Adone. La rappresentazione iconografica pone 1accento
anche sulla pluralit dei fanciulli divini compagni di Afrodite: Eros, Himeros e Pothos nelle pi
antiche raffigurazioni sono individuabili solo dal 1iscrizione, e Pausania, nel descrivere il gruppo
scopadeo a Megara, non distingue aspetti e atteggiamenti che possano differenziare una figura
alata dallaltra.
Non sola la regale Afrodite di un pinax a figure nere prove niente dallacropoli di Atene: la dea,
splendida nella sua arcaicit, cerimoniale nella sua veste a scacchiera, ma la pienezza della sua
divinit sta nellepifania dei due fanciulli che in atteggiamento acclamante le coronano le spalle.
Simili ma distinti dalliscrizione Eros ed Himeros hanno fattezze efebiche, ma in rapporto alla dea,
rappresentano gi come i minuscoli idoli della seduzione dellarte ellenistica.
Nella kylix di Makron, a Berlino, librati in volo e quasi intrecciati allimmagine di Afrodite, i
quattro eroti che le volteggiano intorno hanno la stessa piacevole funzione di materializzare la
mobilit e la ricchezza del desiderio. Vale la pena di sottolinear che la presenza di Afrodite segno
certo della presenza di Eros degli altri eroti. Le preziose testimonianze dellarte fidiaca indicano
inoltre come si potesse procedere nella raffigurazione di Eros in due direzioni, sottolineandone ora
la sua dipendenza da Afrodite, ora isolandolo e lasciando solo trasparire la sua naturale
connessione con la dea. Nella prima direzione appaiono allora fondamentali le proporzioni del
piccolo Eros sulla spalla destra dellAfrodite di un metopa del Partenone: la compiutezza della dea
sta nel gesto del giovane dio che porge una corona, simbolo di seduzione. Un modello culturale
diverso opera invece la trasformazione del dio in un giovane e bellissimo efebo sul fregio orientale
del Partenone, perch qui la narrazione fidiaca enfatizza la dignit del dio, ravvisandone nella
composta bellezza la forza simbolica dellamore. Unidentit esplicitata con altrettanta forza nella
pittura vascolare o sui coperchi di specchi dal IV secolo in poi: scambio, reciprocit nello sguardo
il tema dellAfrodite affrontata a Eros nel giudizio di Paride, dipinto su una pisside della bottega
del Pittore di Pentesilea; attenzione e docilit si traducono nel reclinare la testa, a condividere uno
sguardo pieno di lusinga.
Ben diversa 1insidiosa ambiguit degli eroti, che moltiplicano gli strumenti damore e superano le
forme note del mito e della tradizione per far trasparire nuovi significati e nuovi simboli. E cos in
una lkythos del Gruppo di Suckling-Salting a Taranto, dove la scena con Afrodite, sorpresa da
uno sciame di sette eroti che graziosamente mettono in moto una dinamica ascensionale, esprime
ormai le microsfaccettature del dio dellamore: qui Afrodite la madre dei desideri, come la
ricorda un epigramma alessandrino.
Il IV secolo a.C. segna la vittoria di una dimensione erotica della vita quotidiana. Le
raffigurazioni a noi note vedono il dio prodigarsi in un empito di bruciante vitalit: trasporta
corone, rami fioriti, fiaccole, vasi rituali; moltiplica i suoi giochi, si fa servitore aggiogato al carro
di Afrodite, o chino ad allacciarle i sandali, tende 1arco, come 1Eros dellIppolito di Euripide e la
statua creata da Lisippo. Ogni motivazione mitica cade dalla fitta serialit delle scene di genere e
viene a definirsi una nuova e importantissima immagine di Eros che passer nella tradizione
pittorica e scultore romana: 1Eros infantile, il fanciullo divino.
Fattezze infantili, riccioli annodati e ricadenti, corpo paffutello piccole ali e infine, e soprattutto,
una nuova sensibilit per il di dellamore e le sue storie naturali, ora intrise di gioco, di riso e di
burla. Si dispiega la frenetica corsa di eroti che tendono a diventare appassionante corteo, gruppo
vendemmiante, mischia di gladiatori, gioco frivolo con animali, affaccendarsi capriccioso accanto
alle armi di Ares, vinto da Afrodite. E una totale adesione al meraviglioso e al giocoso, tanto da
rendere priva di qualsiasi allusione mistica la scena di Eros che brucia le ali di farfalla di Psych, o
il gruppo di eroti pigolanti in un nido, nel triclinio della Casa del Poeta Tragico a Pompei.
Ma ben altro valore assumeranno le stesse scene quando verranno trasportate su rilievi funerari e
sui sarcofagi. La nuova sigla di riconoscimento nel linguaggio funerario che d alle scene il
valore emblematico del viaggio dellanima.
Il corteo di eroti cavalcanti delfini, le scene di vendemmia, i giochi rappresentanti Eros e Psyc h
abbracciati, gli eroti con le fiaccole abbassate o reggenti festoni comportano nuove sollecitazioni
visive: si travalica il senso delle immagini mitiche, e le scene esprimono con regolarit imperativa
un ritmo religioso.
Le immagini permettono allora di accedere a un mondo soprannaturale, diventano strumento di
salvezza e beatitudine. Il piccolo dio sa approfittare delle crisi e delle svolte del mondo antico
perch ormai privo di qualsiasi consistenza mitica; partecipa ai rituali di rinascita e dimmortalit
perch non ha poteri sconvolgenti; si ha consapevolezza non della sua essenza e della sua natura,
ma solo di una sua presenza discreta che accompagna le drammatiche esperienze dellanima
immortale.
Per sottolineare il cambiamento sopravvenuto nella storia delle immagini, non superfluo
ricordare la phiale del IV secolo a.C. nel museo Jatta di Ruvo, con una fanciulla che si libra in volo
accompagnata da due splendidi eroti alati. Qui i due eroti, garanti della legittimit del desiderio,
celebrano un rito di passaggio che porta la fanciulla a essere sposa ed eroina dellamore. E
unennesima recita della strategia di seduzione recepita dalle genti indigene della Puglia
ellenizzata, in grado di riconoscere come modello di identit la via delleros. Gli amanti
continueranno a essere colpiti, feriti dal divino fanciullo, ma il pothos, il desiderium, che porta a
unirsi allaltro, laspirazione a fondersi nellaltra persona porteranno, con il trionfo delle idee
platoniche dellanima immortale, allamore incredibile di Amore e Psych.
Solo quando Eros avr creato il suo doppio, Psych, sar evidente la funzione ormai essenziale
delle dottrine di salvezza, che conducono alla beatitudine e alla rivelazione.
Ed forse il caso di richiamare 1antecedente di questo pensiero mistico, quella teoria orfica
dellanima dispersa nel corpo, cui stata condotta dai venti. Vi assopita 1immagine del
soffio che la parola psych evoca nel suo significato etimologico. Possiamo chiamarla allora
demone, genio alato, ma il daimon che consente 1ascesa polarizza 1attenzione sullessenza
divina insita nelluomo. La cornice indispensabile di figure allegoriche che accompagnano il
mondo delle immagini di et romana evidenzia come la nozione di genio comporti difficili
problemi di identificazione.
La sua presenza apparentemente secondaria e accessoria nel racconto delle immagini, ma di fatto
ne il coronamento simbolico. Non facile farsi unidea coerente della figura del genio, su cui
convergono numerose eredit e va lori astratti. Luso eccessivo del termine 1accettazione
moderna di un potere incondizionato del genio, la testimonianza di una sua positiva efficacia. Si
impone nel1analisi delle immagini la certezza che la virt e la ragione dessere del genio sta ne l
suo potere incondizionato, potenza terribile che determina gli eventi. Questa concezione, che ci fa
chiamare geni figure di diversa iconografia e funzione, attinge in realt a una linfa antichissima
legata ai valori essenziali della civilt romana. Divina facolt generatrice dellindividuo, forza
procreatrice, preziosa, unica, demone personale ed essenza spirituale, il genio rappresentava la
coscienza divina (ingenium) che un individuo ha di se stesso. Unatmosfera mitica sembra
avvolgere il genio nel momento in cui la sua rappresentazione pi antica appare essere il serpente.
Questa stregoneria ctonia, se da una parte evoca la comparsa di un essere legato al mondo
sotterraneo, al mundus latino, simbolo delluniverso e ricettacolo di anime, dallaltra conferma la
particolare vocazione dellindividuo a stabilire una continuit profonda con un sottofondo
immemorabile.
Insieme ai Penati e ai Lari, il genio era oggetto di culto domestico. E sono le raffigurazioni dei
larari, per esempio in lunghe sequenze pompeiane, che commentano con la felice spontaneit delle
leggende domestiche la devozione per le divinit della famiglia.
Giovani i Lari danzanti, con la corta tunica stretta dal cinctus Gabinus, proprio dei prisci Latini, in
un braccio alzato il corno potorio pronto a versare il vino sacrificale in una patra. Strettamente
drappeggiato in una toga il genius familiaris, velato capite, con cornucopia e patra. Convivono
sulle pareti dipinte dei larari o nelle rappresentazioni plastiche tante altre divinit, anche se la
creatura acquattata, il serpente, raffigurato mentre si appresta a divorare le offerte sullaltare,
risulta la pi appariscente, con la sua presenza carica di significati e il ruolo di supremo
supervisore e guardiano della famiglia. Lingenita capacit del genio di esprimere il divino di ogni
individuo si manifesta nellazione sacerdotale che ha la familiarit dei rituali sacri. La concezione
latina del genio in seguito ha operato 1inevitabile combinazione dellantico sostrato religioso con
le nuove necessit della res publica, affiancando a entit pubbliche astratte un pensiero religioso
teso sempre pi a permearsi di una valenza politica. La progressione verso 1idea di una forza
tutelare ampiamente diffusa, di simboli manifesti del potere, provoc per esempio 1inevitabile
maturazione del concetto di Genius loci. Il genio diventa cosi il patrono di collegi, associazioni,
comunit, come testimoniano soprattutto le iscrizioni. Dal punto di vista iconografico, importante
sottolineare il momento in cui alla concezione primitiva di un genio individuale si associ lidea
che potesse godere dei riti celebrati dalle autorit religiose della comunit anche il Genius Populi
Romani. La collettivit del popolo romano venerava il proprio genio come potenza procreatrice
necessaria al suo perpetuarsi e a alla sua grandezza. Nei monumenti ufficiali di et augustea il
genio del Popolo Romano immediatamente riconoscibile perch la divinizzazione e la fede nella
res publica affiorano nella gravitas e nel carattere sociale e giuridico della figura dellofficiante
con la testa velata. Ma la natura profonda e complessa della figura del genio recupera anche
1immagine della figura divina giovane: illuminante di questa volont di ringiovanimento il tipo
del giovinetto nudo imberbe con mantello nella parte inferiore del corpo. Lalternanza tra i due tipi
sin dal I secolo a.C. mostra come il tipo giovane del Genius Populi Romani, quale viene
tramandato dai rilievi flavi della Cancelleria a Roma, esercitasse un forte potere di suggestione,
tanto da influenzare anche la raffigurazione del Genius Augusti.
La sovraumanizzazione della figura dellimperatore era il naturale esito della potenza eccezionale
del genio della famiglia, ma celebrava con altrettanta efficacia le qualit eccezionali delluomo.
La figura divina del genio cesser ufficialmente con leditto di Teodosio del 392, ma la sua
irresistibile forza come principio spirituale sopravviver in quello che si pu definire 1 omologo
cristiano del genio, 1Angelo.
Come il genio, che Orazio aveva definito comes, anche 1Angelo custode ha un ruolo di protettore:
accoglie 1uomo nel momento della sua nascita, lo segue lungo il cammino della vita, presente
nel distacco della sua anima dal corpo mortale. La dignit del genio come pedagogo, sottolineata
da Seneca, riemerge nella definizione dellAngelo che d Origene. Lafricano Marziano Capella
nel V secolo assimila la figura del genio allAngelo per la sua funzione di nuntius, messaggero. Gli
Angeli stanno a fianco dei cristiani come protettori manifesti, ed evidente in questa presenza
familiare lo stesso tipo di esperienza religiosa che faceva del genio pagano il soccorritore
dellindividuo dalla nascita alla morte. Quali tendenze hanno permesso tale identificazione? Gi in
Varrone divine potenze aeree fluttuano insieme alle anime al di sotto della Luna e nello spazio
turbato dalle nubi e dai venti: sono eroi, Lari, geni. Sono demoni che permettono la comunicazione
tra gli uomini e gli di superiori. Lidea del Demone-Angelo, in parte derivata dal socratismo,
port a numerose costruzioni demonologiche. Una folla di esseri domina 1immaginazione del
neoplatonico Porfirio: la distinzione tra buoni e cattivi Angeli, tra forse benefiche e spiriti malvagi
tenta di spiegare 1esistenza del Male e di colmare lo spazio di figure intermedie fra 1uomo e le
divinit. Per Marziano Cappella i geni, Angeli individuali, sono di-demoni e si accompagnano
alle anime pure e, come di celesti, sono in una sfera al di sopra di altre figure di semidei e di
esseri sovraumani. Il risultato di queste tendenze religiose fu quello di moltiplicare tra 1uomo e gli
di superiori gli spiriti intermedi, agenti divini in grado di provocare il capriccioso controllo della
natura e di determinare la variazione degli elementi e degli accidenti atmosferici e umani. Se sul
terreno dei dati spirituali e dei comportamenti geni e Angeli sono assimilabili, la realt
iconografica degli Angeli si fonda su una tale e complessa moltiplicazione di eredit, di apporti
culturali e di speculazioni religiose da portare necessariamente a distinzioni rispetto alla formula
iniziale di identificazione.
Le prime immagini degli Angeli, fino alla fine del IV secolo, evadono dal sacro e hanno
1incurante immediatezza delle comparse umane in fatti di cronaca: sono uomini pieni di gravit,
vestono tunica dalmatica e pallium, consapevoli e rispettosi del proprio ruolo. Non c nulla che li
distingua dagli altri uomini, secondo la tradizione dei passi vetero e neotestamentari. Laspetto pi
importante che, nonostante sia riconosciuta la loro natura di spiriti, gli Angeli siano apteri.
Ma gi Tertulliano (Apologeticum, 22,8) nel II secolo aveva, indicato come caratteristica
fondamentale degli Angeli la loro natura alata: Omnis spiritus ales est: hoc et angeli et daemones.
Igitur momento ubique sunt. Laggiunta delle ali ad Angeli coi sembianze umane fu soluzione
iconografica adottata perch occorreva superare il disagio fondamentale rappresentato dalla scelta
iniziale degli Angeli- uomini. Gli Angeli come agenti divini dovevano consentire di stabilire i gradi
tra lo spirito e la materia e sottrarsi cos alla confusione primitiva di essenze spirituali raffigurate
con tratti di uomini imberbi o barbati e senza ali, quando invece era ben chiara la loro natura
aerea, che li rendeva simili agli uccelli e alle anime.
Per molto tempo si preferito cercare la logica filiazione degli Angeli dalle raffigurazioni alate
delle Vittorie, nella convinzione che il perpetuarsi di schemi iconografici passati con facilit
dallarte romana a quella cristiana avesse spiritualizzato la pagana Nike. Le origini degli Angeli
come esseri alati sono state collocate sotto il segno e la supremazia della forza ferma e dominatrice
della Vittoria romana, figura femminile trionfante, dal potere irresistibile. La fragilit e la
precariet di questa tesi sono state ben evidenziate ed emerso in pieno come vada superata
lantica derivazione Vittoria - Angelo. Lo slancio aereo degli Angeli, evidenziato dal linguaggio
iconografico con 1aggiunta delle ali, in realt 1evidente riconoscimento di figure che sono
demoni, puri spiriti, hanno un corpo daria, sono essi stessi venti. E si ritorna allora alla risposta
chi viene data dalla sacerdotessa Diotima a Socrate, nel corso di una serie importante di
ragionamenti sulla natura di Eros: Eros qual cosa di intermedio, un demone grande che sta in
mezzo fra il dio e il mortale.
Forse questo spiega perch su unonice dellVIII secolo, conservata nella gliptoteca del British
Museum, appaia in un; Annunciazione, accanto alla Vergine Maria, 1Arcangelo Gabriele
raffigurato come un piccolo Erote.
Eroti geni - Angeli: una storia alata, quella del dio dellamore, e degli eroti, che hanno
1ambizione alla divinit; una storia di demoni apteri quella dei geni custodi; una storia di
complesse eredit soprattutto di ali aggiunte a uomini-demoni, che si aggirano tra uomini, quella
degli Angeli; una storia, infine, di legioni di putti alati quella dei Cupidi dellarte rinascimentale e
barocca. Figure tutte che partono dal dio Amore, dal Petrarca definito in un sonetto, garzon con
1ali.
E vien da chiedersi allora se, pur in altro ambiente culturale, il genio favoloso della lampada di
Aladino non fosse anchesso qualcosa di intermedio, come il divino Eros ricordato da Platone, n
buono n cattivo, e se nella sua natura di soffio e di vento posseduto dalla lampada non
evocasse lessenza degli Angeli, prima che si distinguesse tra buoni e cattivi demoni.
parole decisive per Lot, nipote di Abramo (19,17-22). E ancora sotto i tratti di un uomo misterioso
che si cela 1Angelo della lotta notturna di Giacobbe alle sponde del fiume Jabbok (Genesi 32,2333), ma il patriarca convinto di aver visto Dio faccia a faccia. Dobbiamo, allora, interrogarci sul
significato di questa personificazione angelica di Dio che appare in non poche pagine bibliche
come espressione della sua benedizione ma anche del suo giudizio (si pensi allAngelo sterminatore
dei primogeniti egiziani nellEsodo che il libro della Sapienza reinterpreta come la stessa Parola
divina). Se non leggiamo materialmente o fondamentalisticamente (cio in modo letteralistico)
quei passi, ma cerchiamo di coglierne il significato genuino sotto il velo delle modalit espressive,
ci accorgiamo che in questi casi lAngelo biblico racchiude in s una sintesi dei due tratti
fondamentali del volto di Dio. Da un lato, infatti, il Signore per eccellenza 1Altro, cio colui che
diverso e superiore rispetto alluomo, se usiamo il linguaggio teologico il Trascendente.
Daltra parte, per, egli anche il Vicino, 1Emmanuele, il Dio - con - noi, presente nella storia
delluomo. Ora, per impedire che questa vicinanza impolveri Dio, lo imprigioni nel mondo come
un oggetto sacro, 1autore biblico ricorre allAngelo. Egli, pur venendo dallarea divina, entra nel
mondo degli uomini, parla e agisce visibilmente come una creatura. Ma il messaggio che egli porta
con s sempre divino. In altri termini 1Angelo spesso nella Bibbia una personificazione
dellefficace parola di Dio che annunzia e opera salvezza e giudizio. La visione della scala che
Giacobbe ha a Betel in questo senso esemplare: Gli angeli di Dio salivano e scendevano su una
scala che poggiava sulla terra mentre la sua cima raggiungeva il cielo (Genesi 28,12). LAngelo
raccorda cielo e terra, infinito e finito, eternita e storia, Dio e uomo.
Il volto personale dellAngelo
Ma gli Angeli sono anche qualcosa di pi di una semplice immagine di Dio. E necessario, perci,
percorrere altre pagine bibliche. Ebbene, in altri testi antico o neotestamentari gli Angeli appaiono
nettamente con una loro entit e identit e non come rappresentazione simbolica dello svelarsi e
dellagire di Dio. E necessaria, per, una nota preliminare. Soprattutto nellAntico Testamento, non
si parla mai di purissimi spiriti come noi siamo soliti definire gli Angeli, perch per i Semiti era
quasi impossibile concepire una creatura in termini solo spirituali, separata dal corpo (Dio stesso
raffigurato antropomorficamente).
Essi, perci, hanno connotati e fisionomie con tratti concreti e umani. Ed soprattutto nella
letteratura biblica successiva allesilio babilonese di Israele (dal VI secolo a.C. in poi) che 1Angelo
acquista unidentit propria sempre pi spiccata. Evochiamone alcuni desumendoli dalla narrazione
biblica. Iniziamo con la storia esemplare di Tobia jr. che parte verso la meta di Ecbatana, ove
1attenderanno le nozze con Sara, accompagnato da un giovane di nome Azaria. Egli ignora che,
sotto le spoglie di questo ebreo che cerca lavoro, si cela un Angelo dal nome emblematico,
Raffaele, in ebraico Dio guarisce. Egli, infatti, non solo preparer un filtro magico per esorcizzare
il demonio Asmodeo che tiene sotto il suo malefico influsso la promessa sposa di Tobia, Sara, ma
anche appronter una pozione oftalmica per far recuperare la vista a Tobia sr., il vecchio padre
accecato da sterco caldo di passero. Come facile intuire, il racconto fine e amabile di Tobia secondo la definizione di Lutero che ne raccomandava la lettura alle famiglie cristiane percorso
da elementi fiabeschi, ma la certezza dellesistenza di un Angelo custode del giusto indiscussa.
discorso finale che egli rivolge ai suoi beneficati nel capitolo 12 del libro di Tobia, al momento
dello svelamento, significativo: Raffaele-Azaria ha introdotto 1uomo nel segreto del re divino e
1b rivelato come quello di un Dio damore (quando ero con voi, io non stavo con voi per mia
iniziativa, ma per la volont di DIO confessa in Tobia 12,18).
Lidea di un Angelo che non lascia solo il povero e il giusto per le strade del mondo, ma gli
cammina a fianco , daltronde, reiterata nella preghiera dei Salmi: Langelo del Signore si
accampa attorno a quelli che lo temono e li salva (...). Il Signore dar ordine ai suoi angeli di
custodirti in tutti i tuoi passi; sulle loro mani ti porteranno perch non inciampi nella pietra il tuo
piede (Salmi .34, 91,11-12).
Nel libro di Giobbe appare anche 1Angelo intercessore che placa la giustizia divina educando
1uomo alla fedelt e incamminandolo sulle vie della salvezza: Se 1uomo incontra un angelo un
intercessore tra i mille, che gli sveli il suo dovere, che abbia compassione di lui e implori:
Scampalo, Signore, dal discendere nella fossa della morte perch io gli ho trovato un riscatto!, allo
la carne delluomo ritrover la freschezza della giovinezza e torner ai giorni delladolescenza
(Giobbe 33,23-25).
Unaltra figura angelica personale di grande rilievo per entrambi i Testamenti , con Michele
(chi come Dio?), Angelo combattente, Gabriele (uomo di Dio o Dio si mostrato forte o
uomo fortissimo). Nel libro di Daniele egli entra in scena nel funzioni di Angelo interprete,
perch consegna e decifra ai fedeli gli enigmi della Rivelazione divina, spesso affidata ai sogni. Si
leggano appunto i capitoli 7-12 del libro apocalittico di Daniele, che mo lto simile a una sciarada
storico- simbolica, i cui fili aggrovigliati vengono dipanati da Gabriele, 1Angelo che come
vedremo sar presente anche alla soglia del Nuovo Testamento. Nella tradizione giudaica,
soprattutto in quella della letteratura apocalittica apocrifa dei secoli III-I a.C., egli si affaccia dal
cielo per abbracciare con sguardo tutti gli eventi del mondo cos da poterne riferire a Dio. E
presiede le classi angeliche dei Cherubini e delle Potest e ha in pratica la gestione dellintero
palazzo celeste. Gli Angeli si moltiplicheranno in particolare nel racconto biblico dellepoca dei
Maccabei, combattenti per la libert di Israele sotto il regime siro-ellenistico nel II secolo a.C.
Questa proliferazione naturalmente lo specchio di unepoca storica e della convinzione di
combattere una battaglia giusta e santa, avallata da Dio stesso che ne produce 1esito positivo
attraverso la sua armata celeste. Ma v anche la netta certezza che 1Angelo faccia parte delle
verit di fede secondo una sua precisa identit e funzione.
Cos, al ministro siro Eliodoro, che vuole confiscare il tesoro del tempio di Gerusalemme, si fanno
incontro prima un cavaliere rivestito darmatura aurea e poi due giovani dotati di grande forza
splendidi per bellezza e con vesti meravigliose che lo neutralizzano e lo convincono a riconoscere
il primato della volont divina ( 2Maccabei 3,24-40). Durante un violento scontro tra Giuda
Maccabeo e i Siri apparvero dal cielo ai nemici cinque cavaliere splendidi su cavalli dalle briglie
doro: essi guidavano gli Ebrei e, prendendo in mezzo a loro Giuda, lo ripararono con le loro
armature rendendolo invulnerabile (2 Maccabei 10,29-30). Altre volte un solitario cavaliere in
sella, vestito di bianco, in atto di agitare unarma tura doro, a guidare Israele alla battaglia (2
Maccabei 11,8). E non manca neppure una vera e propria squadriglia angelica composta da
cavalieri che correvano per 1aria con auree vesti, armati di lance roteanti e di spade sguainate (2
Maccabei 5,2).Al di l della retorica marziale di queste pagine v la sicurezza di una presenza forte
che, come si diceva nei Salmi gi citati, si accampa accanto agli oppressi e ai fedeli per tutelarli e
salvarli.
Gli Angeli che circondano Ges
Gli Angeli popolano con la loro presenza anche le pagine del Nuovo Testamento, rivelando talora
quei nomi che la tradizione giudaica aveva loro assegnato, come Gabriele e Michele (Luca 1,19.20;
Apocalisse 12,7; Giuda 9), delineando le loro gerarchie di Troni, Dominazioni, Principati e Potest
(Colossesi 1,16; 2,10; Efesini 1,21; 1 Pietro 3,22; Giuda 8), presentandoli come assistenti al soglio
divino (1 Pietro 1,12; Apocalisse), come custodi dei piccoli (Matteo 18,10) e delle chiese di Cristo
(Apocalisse 2-3), dotati di una lo ro lingua specifica (l Corinzi 13,1) e segnati al loro interno da una
linea di demarcazione drammatica, quella della ribellione satanica che d origine allAngelo
tenebroso (Giuda 6; Apocalisse 9,11; 12,9; 2 Corinzi 11,l4; Matteo 25,41; Romani 8,38).
Nonostante questo affollarsi angelico, bisogna, per, riconoscere che le Scritture Sacre cristiane
sono sobrie nei loro colori, tese come sono a ricondurre a Dio e al suo Cristo la centralit della fede.
Dalla prima Alleanza, al cui servizio essi erano destinati (Atti degli Apostoli 7,30.35.38.53; Galati
3,19; Ebrei 11,28), gli Angeli si pongono ora a disposizione di Cristo e della sua Chiesa. Hans Urs
von Balthasar ha giustamente notato che gli angeli circondano 1intera vita di Cristo appaiono
nel presepe come splendore della discesa di Dio in mezzo a noi; riappaiono nellAscensione come
splendore della nostra ascesa in Dio. Iniziamo, allora, con il Natale di Cristo. Se ci fermiamo alla
pura statistica, 1Angelo entra in scena quattro volte con Matteo (1,20.24; 2,13.19), rivolgendosi a
Giuseppe e scandendo tutte le tappe di quei giorni gi segnati dallombra della croce che si proietta
sul piccolo Ges, perseguitato e profugo, e sul mistero della sua nascita. Si ripresenta ben
quattordici volte in Luca (1.11- 19.26.27.30; 2,9-14), coinvolgendo le due annunciazioni a
Zaccaria e a Maria e le due nascite, quelle di Giovanni il Battista e di Ges. Non per nulla ai
nostri occhi il Natale ancor oggi una notte gelida, un brivido di luce, i pastori attorno a un ciocco
che arde, un manto di neve, una grotta con alcune presenze povere, ma solenni. In alto, per, ci sono
soprattutto gli Angeli, tanti Angeli che intonano un corale cosmico: Subito apparve con langelo
[che aveva annunziato la nascita del Cristo] una moltitudine dellesercito celeste che lodava Dio e
diceva: Gloria a Dio nel pi alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama (Luca 2,13-14).
Ma tutto era cominciato prima, quando lAngelo Gabriele era apparso a Zaccaria per annunziargli
la nascita di Giovanni il Battista (Luca 1,8-20) e quando un Angelo anonimo si era presentato ad
annunziare a Giuseppe la notizia del mistero che stava per compiersi in quella donna che egli voleva
ripudiare. Racconta Matteo: Mentre stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno
un angelo del Signore che gli disse: Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te
Maria. (...) Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato 1angelo del Signore
(Matteo 1,20.24). Dopo la nascita di Cristo ecco profilarsi lincubo della persecuzione di Erode.
Matteo, continua cos il suo racconto: Un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli
disse: Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto (2,13). E dopo il soggiorno
egiziano, morto Erode, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto e gli disse:
Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e va nel paese dIsraele (2,19). Ma entrato in
Palestina, seppe che regnava Archelao, figlio di Erode, e allora avvertito in sogno, [Giuseppe con
Ges e Maria] si ritir nella regione della Galilea e and ad abitare in una citt chiamata Nazaret
(2,22-23).
Come si vede il tracciato dei voli angelici pervade tutto il cielo del Natale quasi come una mappa di
luce, di salvezza, di speranza. Una posizione privilegiata occupata da Gabriele, ministro del
consiglio della corona di Dio: non per nulla Luca (1,19) gli mette in bocca una frase che nel
linguaggio orientale definisce i ministri (Io sono Gabriele che sto al cospetto di Dio e i ministri
erano appunto coloro che avevano accesso al cospetto del re). Ma con Gabriele appaiono altri
Angeli anonimi nel Natale di Cristo; anzi Luca (2,14) in quella notte, come si visto, introduce
tutta la milizia celeste, cio tutto lesercito di Dio, composto di legioni angeliche, pronte a
combattere il male e 1ingiustizia. Quelle legioni che Ges, al momento dellarresto nel giardino del
Getsemani, dir di non voler convocare per bloccare il suo destino sacrificale (Matteo 26,53: Pensi
forse che io non possa pregare il Padre mio, che mi darebbe subito pi di dodici legioni di angeli?).
Ma la presenza angelica si era affacciata gi prima di quellora terribile. Vi sono, infatti, gli Angeli
che si accostano a Ges, al termine delle tentazioni sataniche, per servirlo (Matteo 4,11). V
lAngelo che veglia sui piccoli: Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli, perch vi
dico che i loro angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio che nei cieli (Matteo
18,10). V 1Angelo consolatore nella sera dellagonia: Gli apparve [nel Getsemani] un angelo
del cielo a confortarlo (Luca 22,43), V lAngelo che indica il destino delluomo oltre la morte:
Alla risurrezione (...) si sar come angeli nel cie lo (Matteo 22,30). Ma, impor- tanti come quelli
del Natale, sono gli Angeli della Pasqua. Se 1Angelo del Natale era simile a un profeta che
annunziava lincarnazione, cio 1ingresso di Dio nella storia proprio sotto le spoglie di quel
bambino nato nella citt di Davide, Betlemme, 1Angelo della Pasqua proclama la redenzione
piena operata da Cristo e sigillata dalla sua vittoria sulla morte. Vi fu un grande terremoto: un
angelo del Signore, sceso dal cielo, si accost, rotol la pietra e si pose a sedere su di essa. Il suo
aspetto era come la folgore e il suo vestito bianco come la neve. Per lo spavento che ebbero di lui le
guardie tremarono tramortite. Ma 1angelo disse alle donne: Non abbiate paura, voi! So che cercate
Ges il crocifisso. Non qui. E risorto, come aveva detto; venite a vedere il luogo dove era
deposto. Presto, andate a dire ai suoi discepoli: E risuscitato dai morti, e ora vi precede in Galilea;
l lo vedrete. Ecco, io ve 1ho detto (Matteo 28,2-7). Sulle labbra dellAngelo ris uona la
professione di fede pasquale della Chiesa: E risorto!. E ci che ripeter anche 1Angelo
pasquale di Marco, raffigurato come un giovane vestito di una veste bianca (16,5-6) o i due
uomini in vesti sfolgoranti del racconto di Luca (24,4-6). Essi inaugurano anche la missione della
Chiesa quando, nel giorno dellascensione di Cristo nella sua gloria celeste, sotto 1aspetto di due
uomini in bianche vesti (e il bianco nella Bibbia simbolo dellEterno), si rivolgeranno agli
Apostoli cos: Uomini di Galilea, perch state a guardare il cielo? Questo Ges, che stato di tra
voi assunto fino al cielo, torner un giorno allo stesso modo in cui 1avete visto andare in cielo
(Atti degli Apostoli 1,10-11).
Gli Angeli che accompagnano la Chiesa
La Chiesa vive da quel momento accompagnata dagli Angeli. V 1Angelo degli Apostoli: apre
loro le porte del carcere a notte fonda (Atti degli Apostoli 5,19). V 1Angelo di Pietro: di notte gli
scioglie le catene, lo riveste e gli spalanca le porte della prigione (Atti degli Apostoli 2,7-11). V
1Angelo del diacono Filippo: mette questo ministro del vangelo sulla strada di Gaza per incontrare
1eunuco etiope, funzionario della regina Candace, e cos convertirlo (Atti degli Apostoli 8,26). V
1Angelo del centurione romano Cornelio: gli annunzia la via della salvezza attraverso 1incontro
con Pietro (Atti degli Apostoli 10,3; 11,13). V 1Angelo di Paolo: durante la tempesta che
colpisce la nave che porta 1Apostolo a Roma per essere processato, lo conforta e gli assicura che
raggiunger il tribunale di Cesare per testimoniare Cristo (Atti degli Apostoli 27,23-24). V
1Angelo di tutti gli annunziatori del vangelo: assiste alla lotta che il discepolo deve condurre per
compiere la sua missione (1 Corinzi 4,9). V 1Angelo della liturgia e lo presenta lo stesso Paolo
nel passo un po folcloristico sul velo delle donne (1 Corinzi 11,10). Come si vede, la presenza
angelica popola le strade della Chiesa e della sua storia. E non 1abbandona nel momento estremo,
quello dellapprodo alla Gerusalemme celeste.
Lo stesso Ges nel suo discorso escatologico, dedicato alla meta ultima della vicenda umana e
cosmica, aveva evocato la funzione degli Angeli quasi come cerimonieri dellevento del giudizio
finale (Matteo 13,41-42; Marco 13,27.32; Luca 16,22). Ma sar 1Apocalisse ad affollare il cielo di
Angeli, riflettendo in questo un modello tipico di una letteratura allora popolare, quella chiamata
appunto apocalittica e che abbiamo gi avuto occasione di evocare. In un trionfo di luce, gli Angeli
dellApocalisse cantano, assistono al soglio divino, suonano trombe, scagliano i flagelli del
giudizio, scardinano dalle fondamenta Babilonia, la citt del male, simbolo della Roma imperiale,
incatenano la Bestia infernale, vegliano alle porte della Gerusalemme celeste, la citt della gioia,
seguono Michele nella lotta estrema tra Bene e Male. La coreografia dellApocalisse ha 1Angelo
come attore di grande rilievo, nella prospettiva di una palingenesi di tutto 1essere e in particolare
dellumanit, chiamata alla cittadinanza celeste e alla comunione angelica, come Paolo (Efesini
1,18; Filippesi 3,20). Ma lo stesso libro nelle sue pagine di apertura, ossia nelle lettere indirizzate ad
altrettante comunit cristiane dellAsia Minore (Apocalisse 2-3), rivela che su ogni Chiesa ancora
pellegrina sulla terra veglia un Angelo del Signore. Egli raccoglie il messaggio ora dolce ora aspro
che Cristo ai fedeli di Efeso, Smirne, Pergamo, Tiatira, Sardi, Filadelfia e Laodicea, divenendo cos
partecipe delle sorti della comunit che egli assiste.
Rimane unultima nota. E facile colmare i cieli di deliziosi Angioletti; ancor pi facile
bamboleggiare ideologicamente con le misteriose presenze e spiritualmente con misticismi alla
melassa. E pericoloso inoltrarsi nel mondo angelico con intenti esoterico- magici perch questa
idolatria nel caso peggiore o stupidit nel caso dellingenuit superstiziosa. LAngelo , in verit,
un segno dellunico che devessere adorato, Dio; solo un indice puntato verso 1unico, vero
mistero, quello divino; un mediatore al servizio dell unico mediatore tra Dio e gli uomini che
Cristo Signore. Ritornare al rigore e alla sobriet della fede, in questo come in altri campi,
necessario. Ce lo ricorda soprattutto Paolo. Egli aveva gi reagito con veemenza a questa riduzione
idolatrica del mistero cristiano quando, scrivendo ai cristiani di Colossi, una citt della pi
profonda provincia dellAsia Minore, aveva polemizzato con un loro culto angelico esasperato,
forse simile a quello che sta ai nostri giorni qua e l affiorando: Nessuno si compiaccia in pratiche
di poco conto e nella venerazione degli angeli, seguendo le pretese visioni (Colossesi 2,18). A
quale degli angeli Dio ha detto: Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato? , si domanda 1anonimo
autore neotestamentario della Lettera agli Ebrei (1,5). Al centro dellautentica fede cristiana non ci
sono gli Angeli, ma Cristo che al di sopra di ogni potenza angelica e nel cui nome ogni
ginocchio si piega in cielo, sulla terra e sotto terra (Filippesi 2,10).
schemi compositivi (non iconografici) che erano della Vittoria pagana, alla quale viene comunque
riservato un ruolo significativo nel nuovo immaginario cristiano.
Cos, come la Vittoria, 1Angelo viene raffigurato di profilo, avanzante con un ramo di palma in
mano (diverr 1Angelo delle Annunciazioni); oppure frontale, con le braccia alzate che reggono un
clipeo con una croce o con un ritratto; ancora, in volo; o, infine, gli Angeli in volo sono due,
affrontati, che tengono in mano un clipeo. Tutto questo, per, vuol dire semplicemente che la
nascente arte cristiana sfrutta il linguaggio precipuo del paganesimo a cui sostituisce i propri
contenuti che, veicolati da schemi tipici di quella che era 1arte ufficiale, assumono la medesima
autorevolezza. Del resto, Angeli e Vittorie rimangono distinti perch questultime ricoprono il ruolo
simbolico del conferimento della grazia a colui che, facendosi cristiano e ricevendo il Battesimo
consegue una vittoria sulle tenebre e sul peccato. Non solo, ma la presenza della Vittoria sulle
monete, dove viene raffigurata con la croce in mano, allude alla vittoria del cristianesimo sul male e
sui nemici in genere. Non per nulla, 1imperatore a cavallo che campeggia al centro dellAvorio
Barberini conservato al Louvre, mentre conculca il nemico, reca in mano 1immagine della Vittoria
alata. E notevole, per, il fatto che sulla cornice dello stesso Avorio siano rappresentanti due
Angeli in volo con un clipeo in mano. Due Angeli alati che hanno uniconografia del tutto diversa
da quella della Vittoria. Questa, invero, decisamente di sesso femminile, indossa un chitone
discinto e non ha nulla a che vedere con gli Angeli che vestono tunica e pallio. Sono infatti questi
gli indumenti che compaiono gi nelle primissime rappresentazioni del messo divino perch si tratta
di una scelta programmatica.
Il pallio, com noto, fu oggetto di un vero e proprio trattatello da parte di Tertulliano, intitolato per
1appunto Pallium, nel quale 1apologeta spiega che questa sorta di corto mantello deve essere
considerato come la veste migliore per il cristiano, da opporre decisamente alla toga pagana. In altre
parole i primi Angeli rappresentati erano gi, per cos dire, abbigliati alla cristiana e il loro
aspetto, in questo senso, era cos significativo da non poter essere cambiato allorch alla loro figura
vennero aggiunte le ali. Vale infatti la pena di precisare che la presenza delle ali potrebbe essere
definita apposizione iconografica, tale cio da non modificare quella precedente.
A questo punto necessario rispondere a due domande: perch i cristiani dei primi secoli abbiano
rappresentato gli Angeli senza ali e perch, dopo, abbiano deciso di aggiungerle alliconografia
precedente. Per rispondere alla prima domanda bisogna innanzi tutto verificare se si tratta di una
scelta voluta, come in effetti sembra essere, dal momento che Angeli con le ali sono nominati tanto
nel Vecchio quanto nel Nuovo Testamento. Baster ricordare i Cherubini e i Serafini, oltre a due
passi biblici (Daniele 9,21; Apocalisse 14,6) nei quali scritto che gli Angeli volano. Pertanto, i
motivi che spinsero gli antichi artisti cristiani a rappresentarli privi di ali potrebbero essere i
seguenti, diversi ma non per questo contrapposti tra loro: evitare che essi si confondano con divinit
pagane alate (Vittoria, Eternit, Amore, Iride ecc.); seguire alla lettera i passi biblici che descrivono
le apparizioni angeliche agli uomini. Il pi delle volte, infatti, gli Angeli si presentano sotto spoglie
umane quando interferiscono nelle vicende della realt terrena (Genesi 18,2 sgg.; 19,10; Giudici
13,6; Tobia 5,4; Daniele 8,5-15; Marco 16,5; Luca 24,4). Nel Libro di Enoch (15,6), poi,
sinnamorano addirittura delle figlie degli uomini. Il che vuol dire che anche la natura spirituale
dellAngelo era considerata maschile, tale cio da giustificare il suddetto aspetto fisico. Non per
nulla, in alcune pitture murali della catacomba in via Latina a Roma, gli Angeli sono rappresentati
addirittura barbuti.
In altri termini, la scelta di rappresentare gli Angeli senza ali dovuta anche alla volont di
rispettare alla lettera il testo biblico o evangelico che fosse, in modo da evitare fraintendimenti e
garantire una corretta leggibilit della rappresentazione, secondo un costume applicato anche in
altre occasioni. Baster infatti rammentare, per esempio, che nella catacomba dei Santi Pietro e
Marcellino, No nellArca rappresentato in una madia, con tanto di tanto di toppa e di peducci, in
ossequio al significato primario del la tino arca.
Nel caso degli Angeli, la scelta ha implicazioni pi complesse perch riguarda anche la predilezione
di unidentit, quella maschile, evidentemente considerata (tanto nella societ ebraica che ha
prodotto i testi biblici ed evangelici, quanto in quella tardo-romana che ha confezionato le prime
immagini angeliche) pi valida e autorevole di quella femminile per configurare 1aspetto del
messo divino.
Per quanto riguarda il secondo quesito va subito detto che, nelliconografia angelica, le ali
comparvero quando la religiosit cristiana si sent sufficientemente forte per non correre il rischio di
confusioni con divinit pagane alate; il che avvenne (alla fine del IV secolo) allindomani
delleditto di Costantino e dopo che il Concilio di Laodicea del 336 aveva ribadito il divieto di
adorare gli Angeli ossia di fare sinassi. Ma questa una condizione che non spiega perch gli
Angeli, dallora in poi, vennero rappresentati con le ali. Naturalmente la risposta non sta nel
momento contingente della scelta, ma affonda le radici nella riflessione teologica precedente che ha
in un famoso passo dellApologeticum (22; Patrologia latina, I , col. 466) di Tertulliano un
momento conclusivo. Nellopera, scritta nel 197, infatti, si pu leggere che ogni spirito ha le ali e
che, per questo, Angeli e Demoni sono dappertutto. Se ne deduce che gli Angeli sono spiriti e che il
tratto distintivo di questa condizione (il corollario risiede nello spostarsi velocemente) sono le ali.
Laffermazione non sembri di poco conto perch, nellambito di una collocazione di rapporto fra le
creature (e si ricordi che anche gli Angeli sono esseri creati) e il loro Creatore, visto che Dio il
Supremo Essere di luce (1 Giovanni 1,5) e che gli uomini sono le creature di terra (Genesi 2,7), gli
Angeli sono spiriti, vale a dire entit che si pongono fra la massima luminosit del divino e
1opacit terrena (in tutti i sensi) delluomo.
Ora, nella concezione cosmologica dellantichit, giunta fino al mondo greco-romano attraverso la
speculazione del sistema filosofico degli stoici, 1unico elemento intermedio fra il fuoco
leggerissimo e luminoso e la terra pesante e cupa, era 1aria. Unaria che, a sua volta pu essere
trasparente e leggera come quella dello zefiro primaverile, oppure cupa e minacciosa come quella
della borea invernale. Ora, senza riesaminare a fondo i diversi aspetti e le relative implicazioni di
questo sistema cosmologico, magistralmente studiato da Franz Cumont (1939), sar sufficiente
ricordare 1importanza delle divinit del vento nel mondo antico e le loro molteplici funzioni che
andavano dal muovere i pianeti al condurre nellaldil le anime dei morti.
Nellambito della cultura ebraica, in un primo tempo senza tutte queste precisazioni (che troveremo
successivamente), Angeli e venti si sovrappongono. Punto nodale di questa sovrapposizione il
quarto versetto del Salmo 104 (103) nel quale si pu leggere che JAVHE(...) usa i venti come suoi
messaggeri (...). Al di l delle ambiguit del testo e delle diverse possibili traduzioni, tutte
puntualmente indicate da monsignor Ravasi (1986), resta il fatto che il passo si pone come pietra
angolare di quella speculazione teologica che considera gli Angeli quali entit intermedie, fatte di
aria. Buona della patristica greca e latina concorda su questo punto.Da Clemente Alessandrino
(Excerpta ex scriptis Theodoti, 14) a Gregorio Magno (Moralia, 2,3) per continuare poi, al di l
dello stretto ambito patristico, con Filone dAlessandria (De Plantatione, 14) che colloca nellaria
Angeli, anime e uccelli, gi gi fino allo pseudo Dionigi Areopagita che puntualizza e sistematizza
quanto era stato detto fino ad allora. La riflessione pseudo dionisiana molto chiara a riguardo. Nel
De coelesti Hierarchia (15,6, 333CD-336A), intatti, si pu leggere che agli Angcli si attribuisce il
nome di venti per indicare la loro azione veloce che passa in tutte le cose quasi
intemporalmente. In altri termini 1autore riscontra unidentit di natura e di comportamento che si
rafforza se continua 1Areopagita si riflette sul fatto che il soffio daria esprime 1immagine e
la forma dellattivit divina della quale esso simbolo.
Nellambito di una lettura simbolica del creato, che lo pseudo Dionigi afferma aver affrontato nella
perduta De mystica theologia, 1aria , fra i quattro elementi, quello che meglio rimanda alle qualit
che si attribuiscono allo spirito divino. Infatti il vento mobile, irrefrenabile, imprevedibile; allo
stesso modo lo Spirito di Dio del quale, come dicono le scritture tu non sai donde viene e dove
va. Infine, lessere invisibile del vento metafora dellignoto e del segreto dello Spirito divino.
Dunque la sovrapposizione fra Angeli e venti ben al di l di una superficiale congruenza; al
contrario, essa si basa su unintima corrispondenza fra ci che la natura elementale del vento
suggerisce e quella che gli uomini hanno ritenuto essere la sostanza dellAngelo.
Ora, un aspetto tuttaltro che trascurabile dellimmagine del vento consiste nel fatto che la
caratteristica della sua rappresentazione iconografica data dalle ali. Tanto vero che Isidoro di
Siviglia, (m. 663) autore di quella voluminosa opera a carattere enciclopedico che tanta fortuna
ebbe nel Medioevo, scrive che i venti (...) pennas habere dicuntur (Etymologiarum, 7,5,3). Non
qui il caso di ripercorrere la lunga e complessa vicenda iconografica dei venti esaurientemente
trattata da Thomas Raff (1978), tuttavia non si pu fare a meno di rammentare che liconografia
tardo-romana dei venti li presentava come teste alate. Cos le piccole ali che spuntavano fra i capelli
dei venti di et antonina, magari sui sarcofagi o sulle lastre votive, divennero le grandi e bellissime
ali degli Angeli. Anzi, in epoca medievale, furono addirittura gli Angeli a sostituire la figura del
vento, come per esempio nel caso della splendida coperta dellevangelario databile intorno al 1170
e conservata presso lo Schnutghen Museum di Colonia. Su di essa, ai quattro angoli del piatto di
legatura, troviamo altrettante placchette realizzate in smalto champlev che mostrano i quattro venti
come dichiara il relativo cartiglio. La loro iconografia, per, quella degli Angeli.
Del resto, in certi contesti specifici come quello dei mappamondi medievali, la sovrapposizione fra
Angeli e venti fu totale; sicch i primi presero il posto dangolo che di norma veniva riservato ai
secondi (ad esempio Enrico di Magonza, Imago mundi, Cambridge C.C.C., 66, p. 2). La
sostituzione rientrava in quel processo di cristianizzazione del cosmo che, per, ha sicuramente un
punto di appoggio testuale nel noto passo dellApocalisse (7,1) dove si descrive, per 1appunto i
(...) quattro angeli (...) ritti ai quattro angoli della terra in atto di trattenere i quattro venti della terra
(...). Non solo, ma altri aspetti delle antiche concezioni cosmologiche come quella che prevedeva
che fossero i venti a spostare stelle e pianeti, venne aggiornata alla luce del credo cristiano,
sostituendo gli Angeli ai venti, come mostra per esempio una celebre miniatura della Topografia
cristiana, scritta da Cosma Indicopleuste e conservata presso la Biblioteca Apostolica Vaticana (ms.
vat. gr. 699, f. 115v.).
La miniatura, databile al IX secolo, ma derivata da un prototipo sicuramente precedente (Cosma
del VI secolo), mostra il circolo zodiacale nel quale le dodici costellazioni sono state sostituite da
coppie di Angeli e i luminari maggiori il sole e la luna , esemplificativi del1intero sistema
planetario, sospinti dai messi divini che hanno sostituito i ve nti. Tutto questo spiega bene il ruolo e
il significato profondo di quella macroscopica apposizione iconografica che sono le ali degli
Angeli; ma non si pensi che la convinzione teologica secondo cui gli Angeli erano esseri daria o,
comunque per le ragioni dette avevano a che fare con questo elemento, abbia prodotto soltanto
la suddetta modificazione iconografica. Come chi scrive ha avuto modo di spiegare altrove
(Bussagli, 1991a; 1991b), sono strettamente connesse a questa opinione, le raffigurazioni di Angeli
che escono delle nuvole o che di vapore celeste hanno formata la parte posteriore del corpo, come
accade per esempio negli affreschi di Giotto a Padova o in molte altre rappresentazioni. Si tratta, in
fondo, di variazioni sul tema che porteranno a solu- zioni iconografiche diverse come quella di
raffigurare Angeli con le gambe piegate oppure con la veste spropositatamente lunga che si arrotola
su se stessa o con un corpo addirittura nastriforme. Sono tutte scelte che vogliono tendere a
sottolineare 1incorporeit della natura angelica, anche se 1appartenere, per cos dire, al regno
dellaria ha determinato un altro tipo di accostamento: quello che considera gli Angeli uccelli del
paradiso. E questo il motivo per cui Gentile da Fabriano li dipinge fra i rami degli alberi con tanto
di strumenti musicali in mano per cantare come gli uccelli ed questo il motivo per cui certa
iconografia quattrocentesca inglese li rappresenta con il corpo completamente coperto di piume.
grande e spazioso per altezza, profondit, estensione, capacit. Gioiva quindi il santuomo ed
esultava nello spirito trovando quel luogo, preparato per essi da Dio, come un tempio [N.d.R.]). Ma
Elia si rese conto che attraverso la fessura de roccia non entravano i raggi del sole e se ne contrist.
Venne incontro a lui e alla comunit un uomo chiamato Cosma, particolarmente esperto in
escavazione di grotte: Hic [nota il biografo] speluncam ingressus rursumque egressus, collem
diligenter lustravit, et operarios caedendo lapides bene assuetos conduxit, atque aperuit ex parte
meridionali ingressum speluncae latum etspatiosum: et sic lumen solare illuxit intus manentibus,
egressaque sunt consueta volatilia, ac mentes tenebrosae malorum immundorumque spirituum; nam
quod spelunca daemonum esset habitaculum post pauca dicam (1bid., 865). (Qui entrato nellantro
e di nuovo uscitone, visit attentamente il colle, e assold operai molto pratici nel tagliare le pietre,
ed apr nella parte meridionale unentrata larga e spaziosa nella spelonca: e cos la luce solare
illumin quelli che erano dentro, e ne uscirono gli uccelli notturni e le genti tenebrose dei mali e
degli spiriti immondi, infatti tra poco dir come la spelonca fosse abitazione dei demoni [N.d.R.]).
Ma a questo punto si scatenano le potenze demoniache contro Elia cercando innanzitutto, mediante
insopportabili strepiti e inenarrabili rumori, di incutere terrore e poi emettendo acuti sibili s da far
udire a tutta la valle il pressante invito rivolto a Elia a non dimorare pi in quel luogo. Il vir
venerabilis, accortosi della guerra scatenatagli dai Demoni, con lacrime e con suppliche implorava
1aiuto celeste (Ibid.).
La rivisitazione delle fonti agiografiche in rapporto allhabitat rupestre e, in particolare, alla
purificazione dellantro dalle potenze degli inferi e alla destinazione cultuale delle grotte,
suggerisce, a questo punto, di utilizzare un altro tipo di documentazione, quella iconografica, per
verificare sino a che punto nelle grotte di maggiore dignit architettonica e pittorica le chiese
rupestri appunto Angeli e Demoni entrino a pieno titolo nei corredi iconografici, tenuto conto
dellincomparabile valore pedagogico e didattico che essi assumono nei confronti dei fedeli. Si
comincia da quella che possiamo definire la funzione istituzionale degli Angeli e che trova nei
testi biblici vetero- e neotestamentari significativi punti di riferimento.
Valgano alcuni esempi, quale quello della raffigurazione delle gerarchie angeliche dellaffresco
indicato come Antico dei Giorni (San Biagio a San Vito dei Normanni), di chiara impronta
messianica, dove, accanto ai due Profeti che chiudono la scena, Daniele ed Ezechiele, sono presenti
due Serafini, mentre immediatamente al di sotto dei simboli degli Evangelisti, compaiono quattro
Cherubini che assolvono alla funzione di guardiani del Trono di Dio (Semeraro Herrmann, 1982,
pp. 79-98).
E chiaro che sotteso a questo programma iconografico dellAntico dei Giorni vi sono i due passi di
Daniele e di Ezechiele. Io stavo guardando, quando dei troni furono posti e 1Antico dei Giorni si
assise. Le sue vesti erano bianche come la neve e i capelli della sua testa candidi come pura lana. Il
suo trono, fiamma di fuoco e le sue ruote fuoco ardente (Daniele 7,9). Il cocchio di Jahv con i
cherubini. Io allora vidi che i cherubini sotto le ali avevano una forma di mani duomo. Guardai
bene: ed ecco quattro ruote a fianco dei cherubini: ciascuna ruota accanto a ciascun cherubino e
1aspetto della ruota aveva lo splendore del topazio (Ezechiele 10,8-11).
E stato giustamente notato come tra il testo di Ezechiele e 1affresco della chiesa rupestre di San
Biagio compaiano alcune diversit di ordine iconografico: i simboli degli Evangelisti non
costituiscono un tuttuno con i Cherubini che assolvono, in questo caso, alla funzione di guardiani
del Trono di Dio mentre i simboli degli Evangelisti alati e nimbati si succedono nellordine
distribuito dai canoni bizantini intorno al cerchio dellAntico dei Giorni. Sotto di loro sono disposte,
a destra e a sinistra, le quattro ruote alate compenetrantesi a due a due 1una nellaltra, come
simboli dellonnipresenza e dellonniscienza di Dio (Semeraro Herrmann, 1982, p. 92).
Passando al Cristo in Maest della Grotta delle Formelle a Calvi Vecchia va innanzitutto notato
come il Cristo sia collocato nella parte superiore di unAscensione: il Cristo raffigurato in piedi in
un clipeo, mentre quattro Angeli volano intorno alla mandorla senza toccarla (Carotti, 1974, pp. 5455).
E evidente come si intersechino nel programma iconografico della Grotta delle Formelle due
elementi: il primo il nesso assai stretto tra lAscensione raffigurata nel basso e la seconda venuta
del Cristo alla fine dei tempi e 1altro la funzione degli Angeli che nella scena dellAscensione e
in quella della Parusia accompagnano il Cristo. Per 1uno e per laltro aspetto valga il richiamo ai
due passi seguenti. Quando si resero conto che egli saliva in cielo, ecco che apparvero ad essi due
uomini vestiti di bianche vesti (Atti degli apostoli 1,9) e: Quando verr il Figlio dellUomo nella
sua maest e tutti gli angeli con lui, allora sieder sul trono della sua maest (Matteo 25,31).
Con lAscensione e la Parusia tocchiamo in maniera pi diretta il ciclo cristologico entro il quale
un posto preciso viene assegnato e svolto dagli Angeli.
LAnnunciazione senza alcun dubbio la scena evangelica maggiormente rappresentata nelle chiese
in grotta: a Matera (Le Chiese rupestri di Matera, 1966, passim) se ne contano quattro (Madonna
delle Tre Porte, San Nicola allAnnunziata, Cripta degli Evangelisti, Madonna de Idris); nella
provincia ionica quattro (Fonseca, 1970, passim) (Lizzano: Annunziata; Massafra: SantAntonio
Abate; San Leonardo e San Simeone in Famosa); tre nel territorio di Monopoli-Fasano
(Lavermicocca, 1977, passim), (Fasano: Santi Andrea e Procopio; Lamalunga; Monopoli: Santa
Cecilia); una a San Vito dei Normanni (Cripta di San Biagio) e una a Olevano sul Tusciano (grotta
di San Michele), (Zuccaro, 1977, p. 13); nel Basso Salento nove: SantAntonio Abate di Nardo, il
Carmine di Ruffano, il Santissimo Crocifisso di Ugento, la Madonna della Consolazione di San
Cassiano, la Madonna della Grotta di Galatina, le Sante Marina e Cristina di Carpignano, San
Mauro di Presicce, San Salvatore di Giurdignano, San Sebastiano di Sternatia (Fonseca, Bruno,
Ingrosso, Marotta, 1979, sub voce).
LArcangelo Gabriele dal punto di vista iconografico presenta alcune caratteristiche: arriva di corsa
dalla sinistra, ha lo scettro o il bastone nella mano sinistra e un diadema perlinato tra i capelli; non
indossa la veste imperiale, bens la tunica e il mantello la cui estremit avviluppata intorno alla
mano; con la mano destra sollevata saluta la Vergine nel tipico gesto della Trinit; lo scettro, o il
bastone, ne legittima la funzione in quanto messaggero di Dio che annuncia a Maria in nome
dellAltissimo 1incarnazione del Verbo di Dio.
Pi articolata la funzione degli Angeli nelle scene della Nativit, dellAnnunzio ai pastori,
dellAdorazione dei Magi, dellApparizione dellAngelo a Giuseppe e della Fuga in Egitto, anche se
si tratta di aspetti del ciclo cristologico meno frequenti rispetto a quello dellAnnunciazione.
A Matera una Nativit affrescata nella chiesa rupestre di Santa Maria de Idris (Le chiese rupestri
di Matera, 1966, p. 292); unaltra in San Pietro Mandurino a Manduria (Fonseca, 1970, p. 104);
unaltra ancora in Santa Cecilia di Monopoli (Lavermicocca, 1977, pp. 75-77), nella Grotta delle
Formelle a Calvi (Carotti, 1974, pp. 24-25), in San Michele a Olevano sul Tusciano (Zuccaro, 1977,
p. 13), nelle cripte della Madonna del Riposo a Sogliano e di Santa Marina di Stigliano (Fonseca,
Bruno, Ingrosso, Marotta, 1979, pp. 78-254).
Scene dellAnnunzio ai Pastori si trovano nella Grotta di San Michele a Olevano sul Tusciano
(Zuccaro, 1977, pp, 14-15) e nella Cripta di Lama di Pensiero a Grottaglie (Fonseca, 1970, pp.1415).
Unica la scena dellAdorazione dei Magi a Olevano sul Tusciano (Zuccaro, 1977, p. 21), anche se a
Santa Cecilia di Monopoli compaiono le figure dei Magi guidati dallAngelo (Lavermicocca, 1977,
pp. 83-84); altrettanto unico laffresco dellApparizione dellAngelo a Giuseppe sempre a
Olevano sul Tusciano, (Zuccaro, 1977, pp. 21-22), mentre due sono gli affreschi della Fuga in
Egitto a Olevano (Ibid., p, 22) e a San Biagio di San Vito dei Normanni (Semeraro Hermann, 1982,
pp. 110-114).
Ora dal punto di vista iconografico, nella scena della Nativit lAngelo compare oltre il limite
circoscritto della grotta vestito di una tunica grigio-azzurra e di un manto rosso, con la mano destra
in atto di stringere unasta, cos come vestito con la stessa foggia con la destra sollevata in un ampio
gesto di saluto compare nella scena dellAnnunzio ai Pastori.
NellAdorazione dei Magi 1Angelo a sinistra svolge la funzione di tramite fra i Re Magi e CristoDio indicato con la destra. NellApparizione in sogno a Giuseppe sempre con la tunica grigio-
azzurra e il mantello rosso, 1Angelo stende la mano sulla spalla di Giuseppe. Nella Fuga in Egitto
di San Biagio a San Vito dei Normanni, a differenza di quella di Olevano, 1Angelo, collocato in un
riquadro in alto, tra san Giacomo il Minore e la Madonna, che siede sul dorso di un mulo, compare
nella funzione di Colui che indica il cammino.
La rispondenza del programma iconografico con il racconto evangelico di Matteo e di Luca
stringente in ogni parte e qui varr solo indicare le pericopi di Matteo (1-2) e di Luca (1-2) cos
come aderente a Luca (1,11-21), 1Annunzio dellAngelo a Zaccaria nella cripta omonima del
territorio di Monopoli (Lavermicocca, 1977, p. 19).
Proseguendo nellanalisi del ciclo cristologico varr ricordare la scena del Battesimo di Ges
presente nella grotta di San Michele di Olevano sul Tusciano (Zuccaro, 1977, pp. 30-31) e nelle
chiese rupestri di San Simeone in Famosa di Massafra e di SantAngelo di Mottola (Fonseca, 1970,
pp. 134-166) dove compaiono alcuni Angeli, anche se i testi dei Vangeli non fanno alcun cenno di
presenze angeliche.
Nellaffresco di Olevano gli Angeli, che sono tre, leggermente inclinati in ossequioso rispetto con
un equilibrio ritmico cur vilineo, le ampie ali spiegate, partecipano quali testimoni ed assistenti al
rito del battesimo (Zuccaro, 1977, p. 31).
E sempre Angeli di cui peraltro non vi memoria nelle pericopi evangeliche compaiono nei
numerosissimi affreschi della Crocifissione: qui varr ricordare quello di Olevano dove due Angeli,
testimoni e rivelatori del sacrificio, sono presenti ai lati della testa di Cristo (Ibid., p. 32) e quello
di SantAntonio Abate di Massafra dove due piccoli Angeli raccolgono il sangue che stilla dalle
mani inchiodate (Fonseca, 1970, p. 112). In perfetta sintonia, invece, con il testo degli Atti degli
Apostoli (1,11) i cui versetti sono riportati sul margine inferiore del terreno sul quale poggiano i
piedi degli Apostoli compaiono gli Angeli nella scena dellAscensione di Cristo al cielo
nellaffresco situato sulla parete di fondo della Grotta delle Formelle: i due Angeli indicano con la
mano destra il cielo, mentre hanno la mano sinistra e il capo rivolti verso gli Apostoli (Carotti,
1974, pp. 13-14).
E questa aderenza al testo scritturistico la si rileva ancora nel1affresco del Sacrificio di Abramo
(Cripta di San Simeone in Famosa), dove la stessa iscrizione esegetica A(N)G(E)L/US D(OMI)NI
rende didascalicamente esplicito il gesto dellAngelo che trattiene la mano di Abramo nellatto di
sacrificare Isacco disteso nudo su una catasta di legna (Fonseca, 1970, p. 135).
Se finora il discorso sugli Angeli ha riguardato in larga misura gli intrecci tra gli stilemi
iconografici e i cicli veterotestamentari e cristologici, colti nelle testimonianze pi significative
delluniverso rupestre e verificati attraverso le pericopi bibliche, varr ricordare altres che esiste
unaltra e non irrilevante gamma di presenze angeliche in scene che entrano a far parte
dellimmaginario collettivo degli abitatori delle grotte. A cominciare dallaffresco piuttosto raro
della chiesa rupestre di San Nicola di Mottola dove compare un Cristo seduto in trono che benedice
santo Stefano ai suoi piedi.
Sullesterno dellarcheggiatura sono visibili due gruppi di sei ali rosse con la scritta esegetica
CHERU/BIN/ (Fonseca, 1970, p. 183); per continuare con due scene della Desis: la prima presente
nella chiesa superiore di SantAngelo di Casalrotto (Mottola) dove nella terza calotta absidale
sinistra il Pantocratore affiancato dagli Arcangeli Michele e Gabriele si tratta di una
significativa variazione dello schema canonico che accoglie ai lati del Pantocratore la Vergine e il
Battista e altres della esaltazione delleponimo della chiesa rupestre tenuto conto della sua
dedicazione allArcangelo Michele (Fonseca, 1996, p. 88) la seconda conservatasi nella chiesa
rupestre di San Bartolomeo di Ginosa dove, inseriti nella ornamentazione con girali in rosso e nero
e le solite fogliette trilobate su fondo giallastro dellestradosso dellabside, sono stati inseriti in
atteggiamento orante verso il Cristo Pantocratore due Angeli (Fonseca, 1970, pp. 68-69).
In questo contesto non va sottaciuta unaltra rarit iconografica ed ol schema triarchico degli
Arcangeli che si riscontra nella singolare cripta del Peccato Originale di Matera dove nella terza
delle tre nicchie absidali della parete sinistra viene raffigurata la triarchia degli Arcangeli con al
centro san Michele che benedice alla greca e regge nella sinistra la palma nera stilizzata (Le Chiese
rupestri di Matera, 1966, p. 268).
Il richiamo a Michele ci riporta al ruolo dellArcangelo nella duplice valenza di condottiero delle
milizie celesti e di custos ecclesiae, ma altres in funzione chiaramente antidemoniaca tenuto
conto della diffusa mentalit gia ricordata che considerava la grotta recesso di Diavoli. Non a caso
lo schema iconico ampiamente ricorrente nelle chiese rupestri di Matera (Ibid., sub voce), in quelle
di Laterza, Castellaneta, Mottola, Palagianello, Massafra, Crispiano, Grottaglie, Lizzano (Fonseca,
1970, sub voce), a Olevano sul Tusciano (Zuccaro, 1977, sub voce), a Uggiano, Palamariggi,
Casarano, Favana di Veglie, Otranto, Cursi, Poggiardo, Miggiano, Carpignano, Giurdignano, Vieste
(Fonseca et al., 1979, sub voce), nella Masseria Zaccaria presso Monopoli (Lavermicocca, 1977, pp.
25-27) presenta 1Arcangelo in posizione frontale, eretta con un nimbo ocra dal bordo rosso orlato
di doppia fila di perle, con indosso il loros imperiale, e cio una tunica rossa con fascia inferiore
dorata e riccamente decorata a quadretti policromi che regge nella mano destra unasta e nella
sinistra un globo con una croce dipinta. Ai suoi piedi, calzati da cimbali neri, giace il drago
sconfitto.
E lo stesso drago alato schiacciato sotto i piedi del cavallo che compare abitualmente nelle
numerose raffigurazioni iconiche dei santi guerrieri, Giorgio, Teodoro, Procopio, presenti nelle
chiese rupestri di Matera (Ibid., sub voce), in quelle dellarco ionico (Fonseca, 1970, sub voce) e del
Salento (Fonseca et al., 1979, sub voce).
Tornando alle funzioni che, sulla scorta della iconografia rupestre, vengono rivendicate
allArcangelo, quella militare di difensore del popolo cristiano e 1altra di intercessore espressa
nellaffresco della Desis di Mottola, va ricordata quella di psicopompo, cioe di pesatore danime,
anchessa di chiara derivazione orientale.
Un esempio significativo ed emblematico e costituto dalla scena del Giudizio Universale affrescato
sulla parete iniziale della navata sinistra della chiesa rupestre sul ciglio della gravina di Laterza,
dove ben visibile 1Arcangelo Michele che regge la bilancia attorniato da una schiera di trapassati
in attesa di essere pesati prima di ricevere il premio o il castigo eterno.
Queste interconnessione tra culti micaelici e impianti grottali, o pi in generale tra la caverna e la
sua destinazione cultuale, vanno colte senza dubbio nel rapporto con una situazione geomorfologica particolare quale appunto quella costituita dalla oscurit e dallenigmaticit
dellantro, ma ancora di pi ampia cultura di impronta dualistica uranico-ctonia che trova una
insistita diffusione nellintera area mediterranea.
Questi si orientano ormai, graduati per rango, verso tre aree di competenza: i tre ranghi pi elevati,
Serafini, Cherubini e Troni, servono Dio, loro Creatore e Signore; ai tre ranghi intermedi,
Dominazioni, Principati e Potest, compete il governo del mondo angelico, mentre i tre ranghi
inferiori, Virt, Arcangeli e Angeli, si prendono cura dellumanit. Il significato di questa chiara
definizione delle schiere angeliche da ricercare nellintelligente associazione con 1esegesi della
parabola delle dieci dracme, a cui dianzi si accennava, di vaste conseguenze pastorali. Le nove
dracme rappresentano le nove schiere angeliche, rimaste fedeli a Dio dopo la ribellione di Lucifero
e dei suoi Angeli; la decima dracma perduta rappresenta, invece, 1umanit che dovr colmare il
vuoto causato da Lucifero ristabilendo 1ordine alterato allinterno delle categorie degli Angeli.
Ogni uomo viene quindi ascritto gerarchicamente a seconda del grado e della natura dei suoi meriti,
a uno dei nove cori angelici. Con la teoria della restaurazione, in grado di spiegare in maniera
semplice e chiara i tre avvenimenti collegati causalmente dal punto di vista della storia della
Salvezza, le schiere angeliche con la 1oro incompletezza dovuta alla colpa originaria, i loro compiti
allinterno della Chiesa militante e, infine, la loro gerarchia completamente ristabilita grazie
allumanit alla fine dei giorni, Gregorio il Grande proponeva, accanto a Dionigi 1Areopagita, il
pi importante modello per il Medioevo occidentale di un aldil gerarchicamente concepito. Mentre
la dottrina gregoriana degli Angeli segn praticamente gi di per s 1Occid ente dellEt di mezzo,
quella di Dionigi 1Areopagita conobbe nel corso del XII secolo una prima grande rinascita,
sebbene gi in epoca carolingia le traduzioni e i commentari di Ilduino di San Denis (m. 844) e di
Giovanni Scoto Eriugena (m. verso 877) avessero reso accessibile allEuropa medievale la difficile
dottrina del De coelesti Hierarchia. Fondamentale per la sua riscoperta fu una serie di importanti
commentari, in particolare quello scritto da Ugo di San Vittore (m. verso 1141). Le summae della
prima fase della scolastica risentirono immediatamente di questi commentari a loro contemporanei,
come dimostrano chiaramente le pi influenti fra esse, le Sentenze di Pietro Lombardo (m. dopo
1160). Questa rinascita si dispieg appieno nel successivo secolo di apogeo della scolastica. Ci che
differenziava radicalmente la suddetta fase da quella del XII secolo era il tentativo teologico di
collegare le due autorit paleocristiane con 1ausilio di un metodo comparativo. Gi
nellenciclopedia De universo di Guglielmo dAuvergne (m. 1249) si riconosce un tale intento.
Seguono i grandi teorici della piena fioritura della scolastica, come Alberto Magno (m. 1280) con il
suo Compendium theologicae veritatis, o Tommaso dAquino (m. 1274) coi suoi Quattuor libri
sententiarum. Essi gettano cos le basi per una buona conoscenza teologica delle gerarchie
angeliche, che verr ulteriormente arricchita grazie ai commentari di Tommaso da Vercelli (m.
1246) e di Alberto Magno. E importante sottolineare a questo proposito che, nonostante il tentativo
di sintesi delle due autorit paleocristiane, sul piano teologico-speculativo, Dionigi 1Areopagita
mantenne una posizione dominante. I grandi sistemi teologici di Tommaso dAquino e di
Bonaventura da Bagnoregio (m. 1774) segnano perci il culmine della storia della fortuna di
Dionigi presso la scolastica; unepoca il cui pensiero si connota nel tentativo di comporre, per
mezzo di categorie ordinatrici, la realta comprensibile e intelligibile in un universo cristiano unitario
e armo nico. Dalla met del XV secolo 1interesse per queste opere va affievolendosi sempre pi,
poich gli umanisti mettono in discussione lautorit delle tesi dionisiane (Bruderer Eichberg, 1998,
pp. 7-12).
Nonostante 1univoco dominio di Dionigi sul piano teologico-speculativo, 1influsso delle teorie
gregoriane prosegu immutato. Le loro semplici definizioni delle singole schiere angeliche vennero
interamente recepite dalla scolastica e offrirono la possibilit di ulteriori speculazioni. Esse
godettero inoltre di una diffusione significativamente pi ampia di quella riservata alle teorie
dionisiane, anche perch il breviario romano e domenicano prescriveva la lettura della prima parte
della XXXIV Omelia di Gregorio Magno per la festivit dellArcangelo Michele e di tutti gli
Angeli, il 29 settembre.
Nel quadro cos delineato, la storia dellinflusso nel Medioevo della teoria gregoriana della
restaurazione non pu essere trascurata. Questa dottrina determin per secoli la concezione
medievale della Salvezza, un problema che occupava tutti i cristiani, a cominciare dai teologi e dal
clero fino ai semplici credenti. Di pi, essa offri alla cristianit medievale, insieme allagostiniana
De Civitate Dei il fondamento teologico essenziale per una societ celeste degli Eletti ugualmente
divisa in cori di Angeli e di uomini. Non stupisce, quindi, che essa costituisca soggetto per larte nel
contesto dei numerosi temi iconografici che si trovano in relazione causale dal punto di vista della
storia della Salvezza: in primo luogo, va ricordata la creazione dei nove cori angelici, la ribellione e
la caduta di Lucifero e dei suoi compagni, quindi la societ celeste dei cori degli Angeli e degli
eletti nelle rappresentazioni di tutti i Santi e del Paradiso.
La creazione degli Angeli era legata fin dallet paleocristiana a una esposizione esegetica della
Bibbia. A questo proposito si cristallizzarono tre teorie che conviene richiamare brevemente: la
prima sosteneva, sulla scorta di Giobbe (38,7) e del Siracide (1,4), che la creazione degli Angeli
fosse avvenuta prima di qualsiasi altra; le due successive si richiamavano, al contrario, ai primi
versetti della Genesi e sostenevano che la creazione degli Angeli fosse simultanea alle altre, sia
secondo il versetto 1 del primo capitolo: In principio Deus fecit caelum et terram, nel senso della
creazione del mondo materiale e intelligibile, sia secondo il versetto 3, dello stesso capitolo: Fiat
lux, contemporaneamente alla creazione degli Angeli. Mentre la prima teoria venne sostenuta
soprattutto dai Padri greci della Chiesa, tranne alcune eccezioni (si pensi a Gerolamo e Ambrogio),
successivamente le altre due godettero dellappoggio dei Padri occidentali, in primo luogo di
Agostino e di Gregorio Magno. Dopo di essi a partire dal XII secolo, la teoria della creazione
simultanea si consolid sempre pi fino a essere sanzionata dalla Chiesa quale dottrina canonica nel
1215, durante il Concilio lateranense. In questa occasione si definirono anche le nove schiere
angeliche, cosicch i teologi e i docenti del Medioevo si dovettero confrontare soprattutto intorno
alla questione se i cori fossero stati creati insieme agli Angeli o in un altro momento. Questo aspetto
apparentemente secondario offr, tuttavia, ad alcuni argomento di discussione. Il motivo del
contendere nasceva dal chiedersi se 1organizzazione gerarchica dei cori angelici avesse avuto
origine prima o dopo la ribellione e la caduta di Lucifero e dei suoi compagni. Guidato da Pietro
Lombardo, un partito sosteneva 1opinione dottrinale secondo cui la gerarchizzazione degli Angeli
in cori si fosse compiuta soltanto a seguito della caduta di Lucifero, quale ricompensa per gli Angeli
buoni, rimasti fedeli al Signore. Questi teologi si richiamavano alla teoria gregoriana della
restaurazione, secondo la quale, come si detto, sarebbero stati creati nove cori angelici e uno
umano, e questultimo avrebbe perduto il suo rango a causa del peccato originale, ma avrebbe poi
ripreso il suo posto come decimo fra i nove ordini angelici grazie al sacrificio del Cristo. Di contro,
1altro partito sosteneva la teoria secondo cui il sistema gerarchico delle schiere angeliche si
realizz nel momento stesso della loro creazione e, solo dopo la ribellione di Lucifero, 1ordine
venne turbato. Secondo questa tesi il numero degli ordini non era nove ma dieci. La differenza
numerica si chiarisce attraverso una concezione radicalmente discordante circa i rapporti tra Angeli
e uomini, dato che i sostenitori di questa teoria vedevano nelluomo il decimo coro, creato al posto
di quello angelico perduto. Costoro, la cui dottrina era definita sulla base di quella del Decimus
ordo, si richiamavano a un trattatello di Salonio di Ginevra (m. dopo 450) dal titolo Expositio
mystica in Ecclesiastem. Nonostante 1ostilit da parte degli scolastici, questa teoria resistette
durante tutto il basso Medioevo, diffondendosi specialmente attraverso la predicazione e i testi di
commento alla Genesi redatti in volgare (Babilas, 1968, pp. 175-366; Lutz, 1983, pp. 335-376).
Nel quadro delliconografia del primo giorno della Creazione, quella dei nove cori angelici viene
per lo piu accoppiata alla caduta di Lucifero e, in contrasto con la tradizione teologica corrente,
intesa come sinonimo della creazione della luce. Gi il pi antico esempio conservato, la Bibbia di
Lobbes del Maestro Goderamnus intorno al 1084 (Tournai, Biblioteca del Seminario, cod. 1)
testimonia questa tradizione iconografica. Nel medaglione inferiore del folio 6 recto, nove teste
alate di Angeli, disposte in cerchio, attorniano la mano del Creatore che tiene un cartiglio con le
parole FIAT LUX. Sul bordo inferiore sinistro del medaglione Lucifero precipita a testa in gi,
allontanandosi dai cori angelici, ridotti a nove.
Questa tradizione iconografica si cons erva anche nella scolastica.
Bibbia Moralizzata, Toledo, Capitolo della Cattedrale, ms. 1,,f. 2r.
La Bible moralise del Capitolo del duomo di Toledo, realizzata in Francia nella prima met del XII
secolo, pu qui servire da esempio. Sul folio 2 recto, a sinistra in alto, nel primo medaglione, viene
rappresentata la creazione della luce sotto forma di un globo raggiante, con il commento dei primi
versetti della Genesi: IN PRINCIPIO DEUS FECIT CAELUM ET TERRAM. DIXITQUE DEUS
FIAT LUX. ET FACTA EST LUX. A questo segue nel secondo medaglione la creazione
simultanea dei nove cori angelici, in cui rispettivamente nove e otto busti di Angeli ripartiti su tre
registri lodano il loro Creatore. Liscrizione di accompagnamento fissa con chiarezza il momento
della Creazione: HOC SIGNIFICAT CREATIONEM ANGELORUM QUI SUNT QUASI
LUMINARIA RESPECTU ALIARVM CREATURARUM. Nei due medaglioni inferiori viene
quindi rappresentata la separazione della luce dalle tenebre, cos come sostiene lo stesso Agostino,
con la caduta di Luc ifero. Questo episodio si ritrova pure nella Bibbia di Roberto de Bello, eseguita
a Canterbury intorno al 1230-1240 (Londra, The British Library, Burney 3, f. 5v.). Sul margine
superiore delliniziale a tutta pagina dell1ncipit siedono nove Angeli che assistono alla rovina di
Lucifero, il quale cade dalle loro schiere nel medaglione superiore in cui Dio separa la luce dalle
tenebre. Questi tre esempi rispecchiano fedelmente la dottrina gregoriana dei nove cori creati; in
particolare gli ultimi due, senza dubbio, seguono esplicitamente 1opinione dottrinale della
scolastica ricordata in precedenza; vi tuttavia un caso che documenta in maniera davvero
impressionante la teoria del Decimus ordo addirittura allinterno delllite ecclesiastica. Si tratta
della celebre Bibbia di Lothian (New York, Pierpoint Morgan Library, 791), che venne realizzata
verso il 1220 a Oxford o a Saint-Albans. La met superiore del campo figurato al folio 4 recto
dominata da una Trinit assisa in uno spazio quadrilobato. Essa fiancheggiata da un totale di dieci
registri. Nove di questi registri sono affollati di cori angelici che rendono grazie; il decimo al
centro del lato sinistro e al contrario vuoto. Il suo occupante, il decimo coro angelico, viene
raffigurato ai piedi della Trinit sotto forma di demoni che precipitano.
Sulla scorta dellesegesi della prima scolastica, in queste Bibbie non viene trattato il reinserimento
dellumanit nei ranghi delle gerarchie angeliche. Questa parte della teoria gregoriana, in contrasto
con i primi esponenti della scolastica, venne introdotta dai teologi dellapogeo della stessa, come
testimoniano eloquentemente Bonaventura, Tommaso dAquino e i loro rispettivi discepoli.
Seguendo gli itinerari delle prediche per la festa di san Michele e di tutti gli Angeli, essa pot
rapidamente diffondersi a partire dalla met del XIII secolo. A giudicare dalle prediche conservate,
si tratta di un tema particolarmente caro ai domenicani, che poteva essere trattato pi diffusamente o
con maggiore semplicit secondo il genere di uditorio. Fra gli autori va a questo punto citato il pi
noto e influente: Jacopo da Varazze (m. 1298). Partendo dalla concezione della fratellanza che gli
Angeli condividono con gli uomini e che quindi a loro Li unisce, egli approfond 1insegnamento
gregoriano, non soltanto nella Legenda aurea oggi pi nota, ma anche in una delle prediche dei suoi
Sermones aurei. E non da ultimo grazie a queste due opere, famose in tutta Europa, se la dottrina
gregoriana della restaurazione pot diffondersi.
In relazione alla caduta di Lucifero, questa parte della teoria della restaurazione compare nellarte
solo nel tardo Medioevo. Un buon esempio si e conservato nel testo francese, Livres des anges,
composto da Franois Eximinez intorno al 1425-1430 (Berlin, Kupferstichkabinett, S.M.P.K., inv.
n. 78). Disposta al di sopra del testo, nel campo figurato superiore del folio 3 recto, la Trinit
troneggia su uno scranno. Questo sovrasta nove archi ribassati che sono occupati parimenti da nove
cori di Angeli e di eletti. I cartigli presentano le rispettive triadi angeliche: SERAPHINS,
CHERUBINS, THRONES; POTESTUS, DOMINATIONS, VERTUS e PRINCES,
ARCHANGELS, ANGELS. Presso il bordo sinistro dellillustrazione gli Angeli ribelli precipitano
dalle cinque sfere inferiori nelle fauci spalancate dellInferno. Bench segua la tesi dionisiana
nellarticolazione formale delle Triadi e nella sequenza dellenumerazione, il soggetto nondimeno
di ispirazione gregoriana.
La concezione di Gregorio Magno di una societ celeste costituita da cori di Angeli e di Eletti
poteva svilupparsi significativamente in temi iconografici, nei quali si potevano visualizzare le gioie
della Ecclesia triumphans: questo costituiscono le rappresentazioni di tutti i Santi e del Paradiso con
la sovrana coppia divina del Cristo e di Maria o, come variante, 1incoronazione di Maria.
Gi allepoca di Luigi il Santo, che insieme a papa Gregorio IV aveva fissato nell835 la festivit di
Tutti i Santi al 1 novembre, i nove cori angelici compaiono associati alle schiere degli Eletti, nelle
litanie e nelle omelie di Tutti i Santi, secondo la XXXIV Omelia gregoriana. In ci, la Predica
Legimus in ecclesiasticis historiis, erroneamente attribuita al Venerabile Beda (m. 735) rivest un
importante ruolo di mediazione. Dal XIII secolo, grazie alla sua recezione nel breviario romano e
domenicano per la festivit di Tutti i Santi il 1 novembre, questo testo conobbe una vasta diffuBibbia di Roberto il Bello. Londra, The British Library, Burney 3, f. 5v.
sione. Anche in altre prediche di Tutti i Santi dal XII al XIV secolo vengono citati i nove cori deg1i
Angeli secondo la lista di Gregorio oppure viene inserita la sua teoria della restaurazione. E
importante porre in risalto il fatto che presso la maggior parte dei teologi e dei predicatori della
scolastica dominasse la convinzione secondo la quale la societ celeste dei cori degli Angeli e degli
eletti sussistesse gi nella vita terrena, nellEcclesia triumphans. Questultima era intesa come
modello e strumento di mediazione nei confronti del1umanit, nonch quale testimone della
sovranit divina perch partecipe di questa. Le schiere degli eletti manifestano cos, attraverso la
loro celeste associazione con quelle degli Angeli, il divino ordinamento gi restaurato e operante
nel presente, allo stesso modo in cui esse rappresentano per il credente una condizione
paradigmatica di felicit.
La pi antica testimonianza figurativa di questa concezione squisitamente teologica costituita
dalla Curia celeste del folio 244 recto dellHortus deliciarum della badessa Herrad di Landsberg,
prodotto sul finire del XII secolo. Lillustrazione, conservatasi solo in parte, rappresenta i nove cori
angelici in un cerchio tagliato orizzontalmente sopra e sotto in nove registri, che, alternandosi con i
cori degli Eletti, costituiscono la Curia celeste. Sopra di essa troneggiava in origine la divina coppia
regale, della quale resta conservata solo la figura del Cristo. La raffigurazione illustra
esplicitamente la XXXIV Omelia gregoriana e la Predica De sancto Michaele di Onorio di
Augustodunum (m. verso 1133), i cui apografi si trovano insieme sul folio 245 recto. Nel contesto
di tale predica, questo influente teologo del XII secolo elabor la teoria gregoriana della
restaurazione. Prendendo lo spunto dal tema della fratellanza, che Jacopo da Varazze avrebbe pi
tardi ripreso e ampliato, egli elabor la concezione di una Curia celeste costituita ugualmente da
cori di Angeli e di Eletti. Questopera singolare resto pressoch priva di seguito nellEuropa
settentrionale. In Italia, al contrario, a partire dalla meta del Trecento si trovano impressionanti
trasposizioni artistiche della pi volte citata teoria gregoriana: ad esempio, il Paradiso di Nardo di
Cione nella Cappella Strozzi di Santa Maria Novella a Firenze (1351-1357). La coppia regale e
divina, assisa in trono, e attorniata da una Curia celeste che loda e canta, distribuita su dodici
registri. Questa costituita di volta in volta da dieci cori di Angeli e di eletti e, mentre nei due
registri pi alti sono rappresentati i cori angelici pi elevati dei Cherubini e dei Serafini senza gli
Eletti, nei due registri pi bassi si trovano i cori inferiori delle Vergini senza Angeli. Negli otto
registri intermedi sono dis tribuiti gerarchicamente i cori degli Angeli e degli Eletti. Non pu essere
certamente un caso, se proprio in questa roccaforte domenicana dellItalia centrale venne realizzata
unopera del genere che permetteva di tradurre in modo tanto impressionante questa concezione
dellaldil diffusa soprattutto, infatti, dai domenicani. Un ulteriore esempio di questo ci stato
lasciato da Giusto de Menabuoi con la rappresentazione del Paradiso nel Battistero di Parma, tra il
1376 e il 1382. Ledificio, un mausoleo riadattato, venne decorato per ordine di Fina Buzzaccarini
(m. 1378), sposa di Francesco il Vecchio di Carrara, signore di Padova (m. 1393). Alla sommit
della cupola domina, racchiuso in un medaglione, il Cristo dellApocalisse. Egli stringe nella mano
sinistra il libro aperto, sul quale si leggono le parole dellApocalisse (22,13) EGO SUM A(LPHA)
ET (NO)VISSIMUS.
Sette sfere disposte radialmente Lo circondano, le tre superiori sono occupate dai nove cori angelici
e le quattro inferiori da dieci schiere di Eletti. La Curia celeste attornia la Madre di Dio che, quale
somma interceditrice, sta al di sotto del Figlio in una mandorla, con la corona sul capo e le braccia
aperte.
Il ruolo eccezionale di Maria, per un verso intesa come regina del cielo e per laltro come
interceditrice circondata dalla Curia celeste, venne definito da parte dei teologi della scolastica nel
XIII secolo, in relazione allallora teologicamente virulento dibattito sullAssunzione del corpo
della Madonna. In contrasto con la liturgia, che gi assai presto aveva onorato 1assunzione della
Vergine con la festivit del 15 agosto, la questione restava irrisolta. Due tesi si opponevano: 1una
riconosceva, sulla scorta di Gerolamo, la sola assunzione dellanima, laltra al contrario,
richiamandosi ad Agostino, sosteneva lascensione del corpo della Madonna. Dietro i due antichi
Padri della Chiesa si nascondevano due autori medievali, Pascasio Radberto (m. 895) con la sua
celebre Epistula beati Hieronymi ad Paulam et Eustochium. De assumptione sanctae Mariae
Virginis, e un autore anonimo pi recente, appartenente alla cerchia di Anselmo di Canterbury (m.
1109) con il suo trattato De Assumptione Beatae Mariae Virginis (Threl, 1984, pp. 16- 38). Il testo
di Pascasio Radberto venne interamente recepito dagli esponenti della scolastica sullautorit di san
Gerolamo e arricchito da due concetti: da una parte, lAscensione di Maria accompagnata dagli
Angeli che ne cantano le lodi e il Suo ingresso nella Societ Celeste degli Angeli e degli eletti,
dallaltra il Suo ruolo di principale interceditrice a favore dellumanit. Sulla base di questo testo,
1antifona per la festivit dellAssunzione di Maria e i due versetti (6,9) e (8,5) del Cantico dei
Cantici, gli autori della scolastica affrontarono nei loro trattati e nelle loro prediche lAssunzione
della Madonna al di sopra di tutte le sfere dei cori degli Angeli e degli Eletti. Con lausilio della sua
intronizzazione alla destra del Figlio secondo il libro di Malachia (2,19), Ester (2,16-17) e Salmo
(44,10), essi discussero quindi del suo ruolo di Regina coeli. Questo venne interpretato
principalmente alla luce della sua attivit di intercessione, della quale Ella soltanto sarebbe stata
capace grazie alla Sua Assunzione al di la dei nove cori angelici e alle Sue qualit superiori a quelle
delle schiere degli uomini e degli Angeli.
Le due rappresentazioni del Paradiso appena descritte riflettono la suddetta teologia mariologica
della scolastica. Contemporaneamente, la portata teologico-pastorale di queste rappresentazioni si
manifesta allinterno di un monumento funerario. Come Curie celesti, nelle quali 1ordine celeste
garantito gi nel presente per la morte salvifica del Cristo, lintercessione della Madonna, i nove
cori angelici e la testimonianza delle schiere degli eletti anticipano la futura completa restaurazione
dellumanit, alla quale sia i morti sia i vivi sperano di poter prendere parte. In questo senso si
comprende perch proprio nei monumenti funerari la teoria della restaurazione gregoriana possa
trovare la sua formulazione pi efficace, e questo specialmente dopo la soluzione posta da papa
Giovanni XXII, nel 1331, alla disputa dogmatica sulla visio beatificata.
Traduzione a cura di Alessandra Uncini
Bibbia di Lothian. New York, Pier Point Morgan Library, ms. 792, f. 4r.
per inaugurare la pienezza del tempo, Michele che conduce la battaglia nel cielo contro il
Dragone.
La Lettera agli Ebrei, grandiosa riflessione teologica sullo sfondo della liturgia cristiana appena nata
dal culto giudaico, osserva a proposito della superiorit del Figlio di Dio sugli Angeli: Non sono
essi invece tutti spiriti al servizio di Dio, inviati per esercitare un ufficio in favore di coloro che
devono ereditare la salvezza? (1,14).
Origene, seguendo santIreneo, scrive Come fra gli uomini Ges fu conosciuto come uomo, cos
tra gli angeli fu conosciuto come ange lo(Patrologia orientale, 7,1031-43; Patrologia graeca,
12,695 e 778). Un linguaggio pre-niceno che si ritrova comunemente negli apocrifi giudeo-cristiani,
che richiama 1Angelo dellAlleanza di Malachia, (3,1), lettura introdotta nella liturgia romana
della Presentazio ne del Signore al tempio di Gerusalemme, il 2 Febbraio; forse retaggi di una
dottrina che considerava 1Angelo 1Angelo del Gran Consiglio come ipostasi del Verbo. Ma la
liturgia cristiana celebra e attua la salvezza a causa della discesa del Verbo nella carne umana; in
merito, ancora Origene immagina che gli Angeli conversino tra loro: Essi si dissero: Se egli
disceso in un corpo, se ha rivestito una carne mortale, cosa restiamo noi qui a fare ? Piuttosto
discendiamo tutti dal Cielo (Omelia su Ezechiele 1,7).
Gli Angeli che appaiono a Betlemme gioiscono, quello del Getsemani soffre, esprimendo la
partecipazione cosmica alla Redenzione del Figlio di Dio; il movimento degli Angeli di Dio intorno
al Figlio delluomo sulla terra dimostra che la comunicazione tra cielo e terra, la scala sognata da
Giacobbe, e ormai aperta per sempre. Questo evento permanente e la liturgia eucaristica lo
celebra; cio fa si che in esso venga coinvolto 1uomo. Poich gli Angeli conoscono 1economia
salvifica di Dio verso 1uomo, si rallegrano ogniqualvolta sulla terra si riproduce quanto avviene e
si vuole in cielo; in qualche modo poi, gli Angeli rendono gli uomini simili a se stessi, ossia
messaggeri della Buona Notizia, come accadde ai pastori di Betlemme.
La liturgia cosmica, dir nel VI secolo da Oriente san Massimo il Confessore. Risponde da
Occidente linno liturgico romano Jesu redemptor omnium, a ricordare che la Creazione intera
partecipa alla Redenzione e si rallegra. LApocalisse ha paragonato le stelle agli Angeli: sette stelle
su sette candelabri, simbolo delle sette chiese (1,20); gli Angeli sono tutelari delle citt e degli
individui, in un contesto liturgico cosmico-storico nato dalla tradizione giudaico-cristiana che
ricorreva spesso al simbolo della scala cosmica; per questo anche i vescovi che, etimologicamente,
vegliano sulle chiese, sono accostati agli Angeli.
San Giovanni Crisostomo, descrivendo 1apertura del velo che occulta il santuario sulla porta
delliconostasi bizantina, dice: La Chiesa il luogo degli angeli, il luogo degli arcangeli, il regno
di Dio, il cielo stesso (...) E tu dunque ancor prima del tempo venera, stupisci e levati, prima di
vedere aperti i veli, e precedendo il coro degli angeli, sali verso il cielo (Epistula ad 1 Corinthios
homilia, 36,5; Patrologia graeca, 61,313). I1 velo della porta regale, secondo 1anafora greca di san
Giacomo, e simbolo della carne del Cristo che avvolgeva la Sua divinit, nascondendola agli occhi
umani.
Ma stato Teodoro di Mopsuestia, nella XV catechesi sul rito solennissimo dellingresso dei doni
per lEucaristia, a presentare una tipologia teologica che si ritrover poi in molti autori e riti
orientali e occidentali. Egli, partendo dal suddetto passo della Lettera agli Ebrei, ricorda che,
durante la Passione, le potenze invisibili servivano il Signore; servizio che nella liturgia e compiuto
dai diaconi: Secondo le Scritture, verano degli Angeli al lato del sepolcro, seduti sulla pietra, che
rivelarono alle donne la risurrezione e, tutto il tempo che Cristo giacque nella morte, rimasero l ad
onorare colui che era morto, finch non videro la risurrezione; non ci si sbaglia quindi oggi [afferma
il grande catecheta] a riprodurre per immagini quella liturgia angelica. A ricordo di quegli angeli,
che durante la passione e la morte del Signore, venivano continuamente e si anteponevano, ecco che
i diaconi lo circondano e agitano ventagli (Tonneau e Devreesse, p. 503 sgg.).
Ges stesso aveva manifestato la Sua libert sovrana andando incontro alla Passione, quando, al
momento dellarresto, ammon che avrebbe potuto pregare il Padre per ricevere 1aiuto di dodici
legioni di Angeli (Matteo 26,53). La partecipazione angelica vi fu, non per evitare ma per alleviare
la sofferenza e annunciare la vittoria. I diaconi dunque, con i ventagli (le ali) rappresentano gli
Angeli al sepolcro del Signore.
La rappresentazione angelica nelle liturgie orientali verr continuamente riproposta dal VI al XIV
secolo da autori siriaci e greci come Narsai, Massimo il Confessore, Germano di Costantinopoli,
Abraham Bar Lipheh, pseudo Giorgio di Arbela, Nicola Cabasilas. Ma nessuno pi di Dionigi
1Areopagita, pseudonimo di un autore vissuto tra il V e il VI secolo che ha scritto in greco, non
senza attingere alle concezioni giudaiche apocalittiche, ha elaborato nelle opere De coelesti
Hierarchia e De ecclesiastica Hierarchia, la teoria del rapporto tra la gerarchia celeste e quella
ecclesiastica, come si manifesta massimamente nella liturgia.
Egli, nel tentativo di spiegare lunione delluomo con Dio, il primo a dire che imitando gli Angeli
il percorso verso Dio e possibile. Essi sono tali in quanto 1illuminazione tearchica e
primieramente in essi e tramite loro ci vengono comunicate le manifestazioni superiori a noi (De
coelesti Hierarchia, IV, 2, 180B). Dio ha comunicato i suoi voleri mediante gli Angeli, cos vi ha
obbedito anche Ges. La liturgia che celebra la massima obbedienza del Figlio al Padre con la
croce, non pu non considerare gli Angeli quali ministri operanti. Anzi, poich il Figlio ha
comunicato agli uomini tutto quello che aveva udito dal Padre, 1Angelo del Gran Consiglio (De
coelesti Hierarchia, IV, 4, 181C).
In base a una sua interpretazione della Sacra Scrittura, lo pseudo Dionigi ha enumerato nove ordini
di Angeli, raggruppati a loro volta in tre schiere o disposizioni gerarchiche illuminate da Dio, la
prima direttamente, la seconda attraverso la prima, la terza mediante le prime due: la prima schiera,
pi vicina a Dio, formata da Serafini, Cherubini e Troni; la seconda da Dominazioni, Virt e
Potest; la terza di Principati, Arcangeli e Angeli (De coelesti Hierarchia, VI, 2, 200D).
La prima schiera la pi sublime perch vicina al trono di Dio: i Serafini, etimologicamente, che
ardono e riscaldano, possono librarsi verso lalto per sconfiggere le tenebre. I Cherubini sono
protesi a conoscere e contemplare Dio dal quale ricevono la sapienza, che a loro volta effondono
incommensurabilmente allordine inferiore. I Troni sono tali perch distaccati da ogni attrazione
terrestre.
E tesi verso lalto, soprattutto portano Dio in trono, appunto, avendone ricevuto la visita in modo
perfettamente inalterabile e immateriale.
La seconda schiera manifesta le propriet imitatrici di Dio perennemente conformi a Lui: le
Dominazioni indicano 1assoluta libert che si muove intorno a Dio. Le Virt, le operazioni piene
di forza che si conformano a Lui. Le Potest indicano il dominio sui nemici e la possibilit di
ricevere la grazia di Dio.
Lultima schiera, dice Dionigi, adornata dai Principati e dagli Arcangeli, che hanno il compito di
guida, e dagli Angeli che portano le rivelazioni e gli ordini di Dio agli esseri umani. In realt
1appellativo di Angelo si attribuisce anche alle schiere superiori, quando svolgono un annunzio,
come ricorder san Gregorio Magno (Omelia, 34, 8-9; Patrologia latina, 76, 1250-1251).
Langelologia di Dionigi, con i nomi dei diversi cori, ancora presente nella liturgia romana; il
Prefazio che introduce la grande preghiera eucaristica li menziona spesso, per gruppi, quasi a
indicare il loro concorso al momento solenne della Divina Liturgia, che la discesa del Verbo in
mezzo agli uomini, come mediante una scala per la quale salgono e scendono. Tuttavia, quanto alla
conoscenza di Dio sulla terra, gli uomini la ricevono attraverso i simboli, mentre gli Angeli vedono
Dio direttamente. Dagli spiriti pi vicini a Dio, infatti, procede una iniziazione nei confronti di
quelli pi lontani. Infine lAreopagita afferma che la Sapienza di Dio si manifestata proprio
nellaver creato esseri sapienti come gli uomini e gli Angeli. Non solo, anche la Potenza
distribuita gerarchicamente a partire dagli Angeli (De Divinis nominibus, VI, 3, 857B). Certamente
le liturgie orientali, con lintento di portare il cielo sulla terra, hanno tradotto pi da vicino la
teoria dionisiana: gli Angeli e le Virt sono parte di questo compito di comunione.
Luniverso simbolico della liturgia bizantina, testi, inni, icone, ridonda massimamente della
presenza e del ministero angelico. La preghiera della Piccola Entrata, la processione
dellEvangelario nella prima parte della Messa bizantina, menziona gli Angeli che celebrano nel
cielo la liturgia eterna e che si uniscono ora ai fedeli per la Divina Liturgia: Maestro e Signore
nostro Dio, che hai stabilito nei cieli gli ordini e gli eserciti degli angeli e degli arcangeli per
celebrarvi la liturgia della tua gloria, fa che con la nostra entrata abbia luogo 1entrata dei santi
angeli che, con noi, celebrano e glorificano il tuo amore, perch a te conviene ogni gloria e ogni
adorazione. Avviene unirruzione del celeste nel terrestre, gli Angeli celebrano nel cielo la liturgia
eterna e partecipano a quella degli uomini, che un inserirsi nel tempo delladorazione perpetua,
condizione normale di ogni creatura. E il tema iconografico Divina Liturgia che raffigura il Cristo
allaltare, in vesti pontificali, circondato da Angeli celebranti vestiti da preti e diaconi.
Il tempo delladorazione segnato dal Trisagion recitato sacerdote e ripreso dal coro: Dio Santo,
Dio Forte, Dio Immortale abbi piet di noi; indica ancora una volta la sinergia tra le schiere
angeliche: Dio Santo, che abiti nel santo dei santi, che sei lodato dai serafini al canto dellinno tre
volte santo; che sei glorificato dai cherubini e adorato da tutte le potenze celesti (...). Se la liturgia
pontificale, il vescovo avanza durante il canto tenendo nella mano sinistra il dikrion (candelabro
a due ceri incrociati, simbolo delle due nature del Cristo) e nella mano destra il trikrion
(candelabro a tre ceri, simbolo della Trinit) e benedice il popolo incrociando due immagini,
cristologica e trinitaria.
Noi, che misticamente rappresentiamo i cherubini e cantiamo alla vivificante Trinit linno tre
volte santo, deponiamo ogni sollecitudine mondana per ricevere il Re delluniverso, invisibilmente
scortato dagli eserciti angelici. Alleluia, alleluia, alleluia. E linno cherubico intonato dal diacono
allinizio della Grande Entrata, la processione del pane e del vino, cio i doni per 1Eucaristia;
nell attesa di questo evento 1anima deve accordarsi con il canto delle potenze celesti. Questa
processione di offertorio, che una rappresentazione liturgica dellarrivo del Cristo a Gerusalemme,
condotto al sacrificio, rifulge ancora di pi in un altro canto per 1ingresso dei doni, forse pi
antico, nella liturgia greca di san Giacomo, cantato dai Bizantini il Sabato Santo: si avanza per
essere sacrificato e per essere dato in nutrimento ai suoi fedeli. Egli preceduto dal coro degli
angeli, con tutti i principati e le dominazioni, i cherubini dai molti occhi e i serafini dalle sei ali, che
si velano la faccia e cantano 1inno Alleluia.
Nel rito armeno unantifona, che nel rito caldeo si ritrova come antifona dei misteri, o hagiologia,
cantata dal diacono: La moltitudine degli angeli e delle schiere celesti discesero dal cielo con
1Unigenito re, cantando e dicendo: Ecco il Figlio di Dio!
Tutti noi diciamo: Giubilate cieli ed esultate fondamenta del mondo, perch il Dio eterno apparso
sulla terra ed ha conversato con gli uomini, per dare la vita alle nostre anime (...) Venite, popoli,
cantiamo le lodi insieme agli angeli, dicendo: Santo (...). La visione dei Serafini nel libro di Isaia
richiamata nel rito caldeo, cos pure nella liturgia siro-antiochena e in quella maronita.
Alla comunione il diacono apre,in silenzio, la porta regale, simbolo della pietra del sepolcro rotolata
dallAngelo Gariele: come il Cristo risorto,appare il prete con il calice.
Prima dellelaborazione tipologica del Grande Ingresso in Teodoro di Mopsuestia, si era delineata
in alcuni Padri, per esempio lo pseudo Crisostomo (Patrologia greca, 62,722-4), una riflessione
teologica sulla discesa del Cristo agli Inferi, celebrata come fase del mistero pasquale nei riti
orientali. Nella santa e grande Parasceve, infatti, il Cristo preceduto dalle Virt un coro non
menzionato dallo pseudo Dionigi che acclamano: Aprite le porte e queste vengono infrante
(Salmi 23). Il diacono nel rito bizantino ha proprio la funzione di riprodurre, tra la navata e il
santuario, la funzione dellAngelo, messaggero di quanto si va preparando a celebrare e guida della
preghiera.
LAngelo della pace, fedele conduttore e custode delle anime e dei corpi, viene invocato da Dio
nella litania dopo lingresso dei doni: la dimensione pasquale applicata allescatologia individuale.
Nel rito siro-caldeo, invece lAngelo della misericordia e della guarigione per i malati e per quanti
cadono in tentazione.
Una commemorazione speciale delle potenze celesti e angeliche, che fanno parte integrante del
cielo, introdotta nel ciclo settimanale bizantino allufficio di preghiera del luned; i loro cori
acclamano continuamente: Benedetto Colui che viene nel nome del Signore (Salmi 118,26). E
unacclamazione che nellEucaristia romana e bizantina stata aggiunta al Sanctus, mutando la
formula conclusiva della benedizione (berakah) degli Angeli nella liturgia della sinagoga:
Benedetta sia la Gloria di Jahweh dal luogo della sua dimora (Ezechiele 3,12). Si potrebbe risalire
cos, nella liturgia di Gerusalemme, al rito della azkarah-epiclesi allo Spirito Santo, al quale
assistono gli Angeli. Secondo san Paolo, Essi, sempre presenti durante la liturgia, devono incutere
rispetto nelle donne che vi partecipano (1 Corinzi 11,10). Nelliconografia romana e bizantina, gli
Angeli sono spesso simbolo del cielo o dei vari cieli. In alcune scene della Creazione, affiancano in
numero di sette il Creatore, rappresentando ciascuno i sette giorni. Le loro principali insegne sono
le ali; tutti gli spiriti angelici hanno due ali, i Serafini e i Cherubini ne hanno sei; talvolta le hanno
anche Ges, quale Angelo del Gran Consiglio, Giovanni il Precursore ed Elia il profeta
immortale. Gli Angeli, in quanto messaggeri, recano anche una verga lunga e sottile, fiorita spesso
in un fiordaliso. Quando hanno le mani velate, in segno di rispetto per le cose sacre che portano. Il
loro rapporto con la liturgia indicato dalla prsfora (il pane dellofferta eucaristica) tonda, con una
linea ondulata a indicare la lievitazione del pane; spesso tenuta innanzi al petto da Michele,
circondato da altri Angeli.
Nella liturgia romana, che si distingue dalle altre per la sobriet dei riti, gli Angeli sono tra i
testimoni del confiteor, il riconoscimento delle colpe nellatto penitenziale. Sono menzionati per
gruppi, spesso insieme ai Santi, nella conclusione del Prefatio, la proclamazione introduttiva della
preghiera eucaristica: E noi uniti agli Angeli e alla moltitudine dei cori celesti, cantiamo con gioia
1inno della tua lode; oppure: uniti agli Angeli e agli Arcangeli, ai Troni e alle Dominazioni e alla
moltitudine dei cori celesti. A te inneggiano i Cieli, gli Spiriti celesti e i Serafini, uniti in eterna
esultanza.O altre espressioni come: Per questo mistero si allietano gli Angeli; 1assemblea
degli Angeli e dei Santi (...) nelleternit adorano la gloria del tuo volto. Per mezzo di lui tutti gli
Angeli proclamano la tua gloria. Al loro canto concedi o Signore che si uniscano le nostre umili
voci.
LAngelo, dunque, indica lunit della liturgia terrena e di quella celeste. Riprendendo
santAmbrogio (De Sacramentis, 4,6,26) il Canone Romano Lo menziona nella formula di epiclesi
per la transustanziazione, in cui non invocato lo Spirito Santo: Ti supplichiamo, Dio onnipotente:
fa che questa offerta, per le mani del tuo angelo santo, sia portata sullaltare del cielo davanti alla
tua maest divina, perch su tutti noi che partecipiamo di questo altare, comunicando al santo
mistero del corpo e sangue del tuo Figlio, scenda la pienezza di ogni grazia e benedizione del
cielo. Anche nella liturgia della festa dei santi Arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele, il 29
settembre, nel calendario romano, si ricorda che gli Angeli e gli uomini sono chiamati a cooperare
al disegno della Salvezza divina (orazione colletta); 1orazione sulle offerte dichiara: Per le mani
dei tuoi angeli sia portata davanti a te; infine, nella preghiera dopo la comunione si auspica che
sostenuti dagli angeli avanziamo nella via della salvezza. La memoria degli Angeli custodi (2
ottobre) Li invoca come segno della Provvidenza, inviati a custodia e protezione delluomo; si
esprime con ci la speranza di essere sempre sorretti dal loro aiuto e di raggiungere la gioia eterna
insieme a Loro.
Nella liturgia bizantina, la sinassi dei principi degli angeli Michele, Gabriele e delle altre potenze
incorporee si celebra, invece, 18 novembre, data della dedicazione di una chiesa a Costantinopoli.
Esisteva anche una festa minore, il 6 settembre, in relazione a un miracolo attribuito all
arcistratega Michele a Colossi; una prova dellesistenza del culto degli Angeli nel IV secolo. A
Roma, accaduto analogamente, nel VI secolo, per il 29 settembre, data della dedicazione a san
Michele della chiesa romana. Il titolo Dedicatio conservato anche per 18 maggio, festa del
santuario sul Gargano, che coincide con 1Apparitio san Michaelis Archangeli, nel calendario
romano precedente la riforma del 1970. Le feste degli Arcangeli Gabriele e Raffaele furono
introdotte nel calendario romano da Benedetto XV nel 1921; sono state unificate nel 1970 con
quella di Michele al 29 settembre.
Quanto agli Angeli custodi una festa propria appare nel XVI secolo in Spagna e in Francia, ma la
Santa Sede, pur avendo concesso alla diocesi di Valenza la festa nel 1582, non 1aveva inserita nel
breviario del 1568. Clemente XI nel 1667, fissandola alla prima domenica di settembre, su richiesta
di Ferdinando II, la estese alle chiese del regno; nel calendario romano rimane ancora al 2 ottobre,
dove fu spostata da Clemente X. Questa memoria evidenzia unaltra missione degli Angeli: Essi
svolgono unassistenza fraterna presso ogni essere umano: con misteriosa provvidenza Dio manda
i suoi angeli a nostra custodia.
Le Scritture del Vecchio Testamento ricordano spesso lintervento degli Angeli per guidare i
Patriarchi nel loro esodo o per proteggere il popolo di Israele nellingresso alla terra di Canaan; i
Salmi lo documentano ampiamente. Tra le innumerevoli menzioni degli Angeli si veda il Salmo 90
dove si afferma: Il Signore manda i suoi angeli sul nostro cammino. Sulle loro mani ti porteranno,
affinch non inciampi il tuo piede. Anche Ges parla della premura degli Angeli per gli uomini,
ricordando in specie la dignit dei fanciulli: I loro angeli nel cielo vedono continuamente il volto
del Padre mio (Matteo 18,10).
La scala tra cielo e terra approntata nelle liturgie dunque custodita e presidiata dagli Angeli, in
particolare da Michele, il condottiero degli eserciti celesti, la guida delle anime e il vincitore di
Satana nel grande combattimento alla fine dei tempi. A questo convincimento si alimentata la
piet popolare espressasi peraltro in alcune preghiere; la prima fa parte del Catechismo di san Pio
X: Angelo di Dio, che sei il mio custode, illumina, custodisci, reggi e governa me, che ti fui
affidato dalla piet celeste. Amen. Nota anche quella che papa Leone XIII ordin di recitare a
conclusione della Messa: san Michele Arcangelo, difendici nella lotta; sii tu il nostro aiuto contro
la malizia e le insidie del demonio. Dio lo domini. Te ne preghiamo supplici: e tu, principe della
milizia celeste, ricaccia nellinferno, col divino potere, Satana e gli altri spiriti maligni, che si
aggirano per il mondo a rovina delle anime. Amen. Infine, uninvocazione che accomuna i tre
Arcangeli o arcistrateghi, come li chiamano i Latini e i Bizantini: Sancte Gabriel cum Maria,
sancte Raphael cum Tobia, sancte Michael cum omni coelesti hierarchia, adsitis nobis in viam.
I TUOI BENI CHE PROVENGONO DALLA TUA BONTA, IO TE LI PRESENTO O DIO PER
MEZZO DELLARCANGELO PER LA REMISSIONE DEI MIEI PECCATI.
La funzione di guardiani delle porte risulta anche nella chiesa di Qalb el- Lozeh, costruita verso il
480, dove i due Arcangeli Michele e Gabriele, identificati dai nomi in greco che ancora si leggono,
furono scolpiti sul1imposta della porta laterale sud. Purtroppo le due figure furono
successivamente martellate. (IGLS, II, 632).
Il Michaelion di Huarte in Siria
Il santuario pi antico dedicato allArcangelo finora identificato in Siria, il Michaelion di Huarte,
villaggio che si trova a quindici chilometri a nord di Apamea (Carniet, 1987). Nel villaggio, Canivet
scav un complesso monumentale di trentasei metri di lato che alla fine del V secolo comprendeva
due chiese parallele e un battistero, con 1aggiunta di un nartece a ovest, divise da un portico
centrale e raggiungibili con unampia scalinata. Tre iscrizioni in greco nella basilica meridionale pi
antica (LA SANTA CHIESA DI DIO, come si legge nelliscrizione davanti alla porta occidentale)
indicano rispettivamente tre date: 20 aprile 483 al tempo di Fozio arcivescovo di Apamea, nella
navata; maggio 484 davanti allambiente di servizio nord modificato in martirium; 485
nelliscrizione sulla testata orientale della navata sud. La chiesa nord costruita a una quota pi alta e
a cinque metri di distanza dalla precedente, datata al 487. Le iscrizioni designano la chiesa con il
nome di Michaelion, cio un santuario dedicato allArcangelo Michele. II termine viene infatti
utilizzato da Sozomeno per designare la chiesa che 1imperatore Costantino fece costruire sulla
sponda occidentale del Bosforo a Anaplous. II complesso era stato ricostruito sopra un edificio
sacro preesistente. Un ipogeo con cinque sarcofagi ad arcosolio, venne successivamente
rimaneggiato con 1aggiunta di altri due sarcofagi perch il soffitto servisse da nartece al
Michaelion.
Scavi recenti, ancora in corso, hanno chiarito che il Michaelion era stato costruito sopra un mitreo
di epoca tardo-romana decorato con pitture murali. Il santuario cristiano dedicato allArcangelo
Michele, Angelo della luce e condottiero delle armate celesti, sostitu il dio solare Mitra adorato dai
soldati di stanza nella regione (inf. Prof. Gawlikowski).
Secondo Canivet, la processione con il trasporto delle reliquie su una portantina a dorso di due muli,
raffigurata nel mosaico pavimentale della navata nord del Michaelion, vuole sottolineare
labbinamento proposto dai testi letterari dellepoca tra culto degli Angeli e culto dei Martiri nella
stessa chiesa. Abbinamento ideato per evitare il solo culto degli Angeli visto ancora malvolentieri
dai teologi e dalla gerarchia. In territorio transgiordanico, oltre ai nomi dei quattro Arcangeli sulla
ricordata torre di Umm al-Jimal, gli archeologi della Yale University riuscirono a identificare le
figure degli Arcangeli Michele e Gabriele con i relativi nomi, dipinte ai lati della Theotokos, la
madre di Dio in trono con il Figlio, collocate in una edicola sulla scalinata che dal1asse vario del
cardo conduceva alla cattedrale (Kraehing, 1938, p. 473). La figura dellArcangelo Michele ricorre
pi volte alternato con Danie le tra i Leoni, il Cavaliere che trafigge il drago, un busto nimbato e una
donna seduta tra due leoni sulle fascette in rame di una cassetta trovate a Umm al-Kundum alBisharat, a sud di Amman (Piccirillo, 1993, p. 316). LArcangelo Michele nimbato con le grandi ali
raffigurato in piedi, a gambe divaricate, vestito di una lunga tunica, con globo nella mano sinistra
e croce astile nella mano destra con la quale trafigge un drago. Una fiera aggiunta sul lato
opposto.
Una invocazione in qualche modo in relazione con Michele si pu leggere in una iscrizione graffita
sulla parete meridionale del vano di un eremitaggio scavato nella roccia del Wadi Afra, affluente
del Wadi Hasa a sud di Kerak (Macdonald, 1980, pp. 363 sgg.).
Negli scavi di Palestina stata trovata una chiesa isolata costruita al margine delle rovine
dellHerodion (Di Segni, 1990, pp. 177-184) sicuramente dedicata allArcangelo. Il villaggio
bizantino con un centro monastico e tre chiese, si svilupp tra le rovine della fortezza e del centro
amministrativo costruito dal re Erode a sud di Betlemme. Nella iscrizione principale della chiesa a
tre navate posta sulla testata orientale della navata centrale lungo il gradino del presbiterio, il nome
dellArcangelo segue quello del Cristo: SIGNORE GESU CRISTO E SAN MICHELE ACCETTA
LOFFERTA DEI TUOI SERVI, I FIGLI Dl IULISA (...). Linvocazione allArcangelo ripetuta
in un ambiente isolato, sito allesterno della parete nord della chiesa: SAN MICHELE RICEVI
LOFFERTA DEL TUO SERVO ANAEL.
I1 nome dellArcangelo ricorre ancora come intercessore iscrizione del mosaico situato nei pressi
dellingresso in facciata nella chiesa un contesto cimiteriale riportata alla luce ovest di Tel
Maresha: PER INTERCESSIONE DEL SANTO ANGELO MICHELE LA TUA (DI DIO) CASA
STA IN PIEDI (Di Segni, op. cit., pp.201-204).
Nella cappella del cenobio di Tobia ricavato tra le rovine della fortezza asmonea costruita sulla
cima di Nuseib Uweishira di fronte alla fortezza asmonerodiana di Kypros allimbocco della strada
che da Gerico raggiungeva Gerusalemme costeggiando il Wadi el-Kelt, una iscrizione del mosaico
si rivolge a Dio e ai Suoi Angeli: GLORIA A DIO E AI SUOI ANGELI, PER ESSERE VENVTO
IN NOSTRO AIUTO (Kloner e Stark, 1986, p. 277 sgg.).
In questa rassegna non va nno dimenticate le scene evangeliche che hanno come protagonisti gli
Angeli: 1Annunciazione sullencolpion doro del VI secolo trovato nella piana di Gerico, oggi nel
museo Rockefeller di Gerusalemme (Iliffe, 1950, pp. 97-99), 1anellino sempre doro conservato
nel museo dello Studium Biblicum di Gerusalemme (Piccirillo, 1983, p. 92), la Resurrezione su un
disco di terracotta oggi conservato nel museo del duomo di Monza dove si trovano anche le ampolle
in metallo provenienti da Gerusalemme, che recano in rilievo 1Ascensione. Sui pi poveri
oggettini di creta (Conti, 1982 p. 16, 18-26; Grabar, 1958) a uso dei pellegrini, di solito, impressa
la scena di un Angelo che incorona un monaco stilita appollaiato sulla sua colonna (Pena et al.,
1975).
Risalgono al VI secolo gli Angeli che offrono allAgnello, raffigurato al centro di una croce con lo
scettro e 1orbe della regalit.
Essi compaiono sullarco trionfale dellabside decorata a mosaico con la scena della
Trasfigurazione nella chiesa costruita al tempo dellimperatore Giustiniano nel monastero fortificato
del Sinai (Forsyth e Weitzmann, 1965). Tra le icone pi antiche conservate nel monastero, due
Angeli sono raffigurati ai lati del trono della Vergine Theotokos (Weitzmann, 1996).
Di epoca crociata la doppia teoria di Angeli rivolti verso la Grotta della Nativit che chiude in alto
la composizione a mosaico delle pareti della basilica omonima. Gli Angeli, in piedi con le ali
spiegate, ai piedi i sandali, vestiti di una lunga tunica e mantello, indicano anche con la posizione
delle mani la direzione del loro incedere solenne. Sul lato nord del transetto si osserva ancora la
parte bassa della scena dellAscensione. Due Angeli con ali spiegate ai lati della Vergine, in piedi al
centro della composizione, indicano agli Apostoli il Cristo che ascende al cielo.
Il nome di Michele accompagna anche quello di Dio sugli amuleti di origine giudaico cristiana,
come sullamuleto trovato in una tomba del villaggio di el-Jish in Galilea, dove sulla parte frontale
incisa la scena con il Cavaliere che uccide la donna-diavolo accompagnata dalla scritta UN DIO
VINCITORE DEL MALE, e sul verso con animali diversi, si legge la scritta IAO-SABAOTH
MICHAEL SOCCORRI (Makhonhy, 1939, pp. 48-49).
Sono queste testimonianze estreme, venate di sincretismo e di superstizione, relative alla
penetrazione del culto degli Angeli tra le popolazioni oramai cristianizzate di Siria-Palestina,
origine della diffidenza dei teologi e della gerarchia ecclesiastica nei confronti di queste pratiche
religiose.
ANGELI IN EGITTO
Loretta Del Francia
Il cristianesimo egiziano, nato in ambiente alessandrino, porta il segno di una marcata vicinanza al
pensiero giudaico. Fra gli aspetti che meglio rivelano la presenza di tale matrice 1insieme delle
credenze relative allangelologia. Tuttavia occorre subito precisare che la fonte non univoca. Non
da sottovalutare il portato del neoplatonismo e dello gnosticismo, di grande rilievo in Alessandria.
Daltro canto, quando il cristianesimo si diffonde allinterno del paese, viene ad accogliere elementi
delle credenze tradizionali del periodo faraonico, che modificano in modo significativo e
interessante alcuni aspetti, non sempre di dettaglio, della fede cristiana.
Ci avviene a tutti i livelli e in tutti gli ambienti, ma segnatamente sul piano della religione popolare
e della magia.
Uno dei motivi per cui la civilt egiziana, per tutto il corso della sua storia, stata fra le pi
significative che conosciamo risiede nel fatto che essa ha prodotto, e per requisiti ambientali molto
particolari ha conservato, una documentazione sterminata. Ma questa attiene, diversamente da
quanto normalmente accade, non soltanto alle classi dominanti colte e abbienti, ma anche alla intera
popolazione, che dalle dispute confessionali rimane fuori e che interessata a cavarsela in qualche
modo in questo mondo e nellaltro. Per fare ci, necessita dellaiuto di quanti pu interessare ai suoi
casi, raggiungere con le sue preghiere, invocare perch intercedano in suo favore presso Dio.
Cos mentre il Didasckalion di Origene e di Clemente Alessandrino poneva le basi di
sistematizzazioni gerarchiche delle potenze angeliche, testi magici invocano tutte le gerarchie
celesti a protezione di singoli individui. Sono i due termini di una realt va riegata originale e
complessa anche a causa della molteplicit delle fonti documentarie, siano esse figurative o
testuali.
Probabilmente un egiziano vissuto al tempo dei faraoni non era in grado di padroneggiare tutto il
panorama di divinit che la religione egiziana offriva, tanto alto il numero degli di e delle dee
maggiori o minori, di rango universale o di importanza locale che lEgitto ha venerato. Passata
attraverso 1esperienza ellenistica, che sostiene e promuove 1accoglimento di divinit del pantheon
ellenico nel paese, la popolazione abbraccia ora il cristianesimo, una fede monoteista.
I primi tempi del cristianesimo portano traccia, nei testi patristici e negli atti dei concili, del fatto
che la pratica di una fede monoteista non aveva scalzato dalla mente dei convertiti 1antica
abitudine a pensare al plurale. E se la figura di Dio Padre, nella sua statura superna, veniva avvertita
come straordinariamente lontana, era al ruolo degli intermediari che veniva affidata la
comunicazione con tanta altezza.
Si aggiunga poi che la societ egiziana lo si coglie per molti aspetti si sentiva assediata, da ogni
parte, da fattori di rischio, palpabili e contingenti (razzie di popolazioni nomadi, invasioni di popoli
stranieri, tassazioni e vessazioni, carestie e malattie, punture di insetti e morsi di serpenti) e meno
palpabili, ma non per questo meno temibili, assalti di Demoni o del principe dei Demoni, fino alla
possessione. Entro questo quadro denso di pericoli, diviene allora grande 1importanza degli
intermediari, il cui ruolo fondamentale quello della protezione nella necessit (en ananke).
Intermediari nelle altezze fra Dio Padre e 1umanit sono il Cristo, le gerarchie angeliche, la
Vergine Maria; pi vicini alla terra, martiri, santi, monaci.
Fortuna e protezione viene poi richiesta anche a oggetti dotati di una particolare potenza: reliquie,
talismani, amuleti. Su questi, in particolare, spesso interviene uninvocazione agli Angeli.
Ma chi sono gli Angeli in Egitto, cosa dicono di Loro i testi e le immagini, perch e come vengono
venerati e quali sono le preferenze e le particolarit egiziane della visione degli Angeli?
In linea generale si osserva che gli Angeli in Egitto sono una presenza costante e il loro culto
molto sentito. Testi di ogni genere ne fanno menzione pi e pi volte, sia canonici, sia apocrifi. Ma
le nostre maggiori fonti documentarie sono costituite dalla letteratura narrativa, con la quale si
intreccia la letteratura omiletica, dai testi liturgici, fra cui i pi ricchi di elementi descrittivi sono le
dossologie, le lodi e gli inni in onore delle gerarchie o di singole personalit angeliche, nei giorni di
festa loro dedicati. Infine vi sono i testi magici, con le loro formule di esorcismo e le loro
invocazioni e preghiere per ogni genere di intervento, ivi compresa la maledizione. Data la natura di
questi testi, la loro importanza straordinaria per la comprensione del ruolo che le potenze
angeliche svolgono nella considerazione delluomo comune. Si attribuisce la massima importanza,
come nel periodo faraonico, allinvocazione del nome.
Dai testi magici dunque si conosce il massimo dispiegamento dei nomi degli Angeli.
Le immagini confermano e integrano questo quadro, perch, se da un lato si ritrovano in esse gran
parte dei dati fomiti dai testi, la raffigurazione comporta la forzatura del tradurre 1incorporeo
(asomatos) in corporeo e 1adozione di certe convenzioni che possano rendere immediatamente
comprensibile il significato e 1intento.
Linsieme testo e 1insieme immagine si saldano con particolare aderenza nel repertorio pittorico
dei monasteri pi importanti, centri di cultura provvisti di biblioteche, dove si coltiva
unapprofondita conoscenza delle scritture. E il caso dei conventi dello Wadi an-Natrun, nel
deserto occidentale, soprattutto il convento di San Macario, di SantAntonio nel deserto orientale,
presso il mar Rosso, del monaco Scenute (il Convento Bianco), in alto Egitto.
Figure angeliche, infatti, sono soprattutto documentate nelle pitture delle fondazioni monastiche e
delle chiese dei centri urbani per tutto il periodo di vita dellarte copta, anzi, in epoca musulmana,
grazie anche allattivit di singole personalit di pittori, questa presenza anche pi accentuata. Si
attestano spesso anche nel rilievo in legno o in pietra. I manoscritti figurati copti e copto-arabi ne
sono ricchi. Il dominio funerario, che in Egitto di norma la maggior fonte di documentazione, non
da che un posto limitato alle figure angeliche. Le eccezioni, per, sono molto interessanti. In periodi
pi recenti, un settore significativo rappresentato dalle icone. La loro importanza grande nella
liturgia. Dinanzi a queste immagini si celebrano vari uffici. Nel giorno festivo del personaggio o dei
personaggi che vi sono rappresentati, si accende davanti ad esse un lume, il cui olio considerato
benedetto. Le icone stesse vengono unte del myron, 1 olio santo. Sono quindi innanzitutto da
considerarsi immagini sacre.
Gli ordini angelici sono chiamati a svolgere molteplici funzioni comuni e alcune specifiche funzioni
di cui sono maggiormente investiti. Essi stanno alla presenza di Dio, Lo servono, Ne eseguono
prontamente i voleri; celebrano con il canto e con il suono le Sue lodi; costituiscono, sotto la guida
di Michele, 1Arcistratego, la milizia celeste. Sostengono lalone luminoso entro il quale il Cristo
raffigurato in gloria; Lo adorano e Lo supplicano per 1umanit. Essi affiancano, venerano, servono
e incoronano la Vergine Maria. Come intermediari fra il mondo celeste e quello terrestre, sono
messaggeri del volere divino, portano 1annuncio di ci che dovr accadere, guidano e proteggono,
confortano e guariscono, ma sono anche esecutori severi di giustizia.
Inducono gli uomini a pentirsi dei peccati; recano al cielo le anime e, dopo il giudizio al tribunale
del Cristo, le accompagnano al paradiso di delizie, giardino di luce, o al luogo del tormento. Sono
incorporei; la loro essenza di fuoco e di luce; il loro soffio emana profumo. Sono ordinati in
gerarchie, secondo la maggiore o minore vicinanza a Dio, ma queste possono variare nellordine,
anche in relazione alla preparazione del proponente.
Le attestazioni figurative lasciano intravvedere nel tempo alcuni progressivi mutamenti. Nel periodo
pi antico, il Messo divino compare anche in sembianze umane, nellabbigliamento caratteristico
della tarda antichit, tunica con clavi e pallio. Con 1affermarsi della vittoria del cristianesimo,
taluni schemi di derivazione classica, come quello della vittoria in volo a reggere un clipeo e quello
della vittoria che incede portando un ramo, vengono adottati anche per le figure angeliche, il cui
abbigliamento e le cui ali sono di grande sobriet. In seguito, 1auto- rit della dizione bizantina
introduce elementi nuovi. Gli Angeli si affollano pi numerosi e in atteggiamenti pi mossi,
soprattutto nelle scene della Nativit; assumono attitudini di profonda riverenza e si chinano, si
inginocchiano, incensano le figure e i simboli sacri.
Indossano abiti in stoffe preziose. Gli Arcangeli si chinano profondamente, tendendo le mani aperte
verso il basso in umile preghiera di intercessione o grandeggiano in abbigliamento sontuoso e
rutilante di colori. Portano il loros riccamente adorno e abiti e insegne che rivelano 1appartenenza
a una corte celeste le cui configurazioni traggono ispirazione dalla sua controparte terrena: la corte
bizantina. Talvolta sono in abito militare. Allinterno dei singoli ordini possibile lumeggiare
distinzioni significative.
Gli Angeli
Sono miriadi, incorporei, essenze di luce e di fuoco, di aria delle alte sfere. In due pitture (a
Bagawat e nel convento dei Martiri a Esna) hanno il volto rosso, che designa 1Angelo buono, che
occupa gli spazi aerei pi alti. Hanno il compito di servitori di Dio. In Egitto sottolineata la loro
funzione di diaconi, assistenti, attedenti. Sono la schiera comandata dagli Arcangeli. La loro
presenza forte nel deserto, dove servono il Cristo, indirizzano e fortificano i monaci, intervengono
nella loro vita quotidiana e nel momento estremo per recare le loro anime al cielo.
Le pi antiche formulazioni iconografiche li vedono occupare lo spazio semantico delle vittorie in
volo, come in una lunetta di Bawit, dove recano entro una corona il busto del Cristo designato
come Salvatore; le iscrizioni Li qualificano come anghelos kiriou e anghelos theou. In adorazione o
in atti liturgici compaiono ai lati del Cristo o della Vergine. E ancora una pittura di Bawit che Li
mostra nellatto di portare verso Maria un incensiere pendente da tre catenelle nella destra e un
cofanetto rettangolare nella sinistra. Le grandi ali somigliano a penne di pavone. Le immagini
illustrano loro interventi nella vita della Sacra Famiglia: un Angelo reca una stella a indirizzare i
Magi a Ges; un Angelo accorre a segnalare che necessario fuggire in Egitto; guida poi i passi del
piccolo gruppo nel peregrinare; annuncia, anni dopo, che il pericolo passato e si pu far ritorno.
Due Angeli reggono i panni del Cristo allatto del battesimo nel Giordano. Nella profezia del Cristo
a Natanaele: i cieli si apriranno e si vedranno gli Angeli di Dio salire e discendere sul Figlio
delluomo (Giovanni 1,51).
Tale profezia viene messa in corrispondenza con la visione veterotestamentaria della scala di
Giacobbe (Genesi 28,12-13), come si pu osservare, ad esempio, in una pittura del convento di San
Macario nello Wadi an-Natrun.
Piccoli Angeli in volo incoronano la Vergine, come in una pittura di tono popolare del convento di
San Tommaso 1Eremita presso Ak hmim. Anche nei confronti dei Martiri e dei Santi si
rappresentano interventi di Angeli. Portano al Martire la corona, come nelle pitture di Bawit e
armano la mano di Santi combattenti nel nome del Cristo. E questo il significato di una pittura con
san Mercurio nel convento di SantAntonio, dove un piccolo Angelo reca con la destra la spada a
san Mercurio, mentre con la sinistra regge una croce.
Nello stesso convento c unimmagine sontuosa di una croce definita come legno di vita,
incensata da due Angeli in abito azzurro e manto rosso.
I testi menzionano anche Angeli spietati che si fanno strumenti della collera divina (Amlineau,
1888, p. 114). Essi gettano peccatori nel fiume di fuoco che nellaldil e li puniscono per loro
azioni malvagie (Muller, 1959, p. 74). Un testo di esecrazione menziona anche per nome i 21
Angeli che stanno alla sinistra di Dio. Essi daranno ragione a chi Li invoca contro coloro che hanno
giurato il falso nel nome di Dio. Infine, personaggio di un certo rilievo nel mondo copto Abbaton,
1 Angelo della morte, del quale esiste anche un Libro di insediamento. Egli strumento della
mano di Dio. Nel Libro della Risurrezione di Ges Cristo, Egli rappresenta la personificazione della
morte e il Cristo deve lottare con Lui per liberare le anime dal suo regno. Una rara figurazione di
Abbaton compare nella cappe XVII di Bawit. Egli inginocchiato accanto a una fornace; a petto
nudo, alato e ha il volto corrucciato.
Gli Arcangeli
La pi larga preferenza tuttavia accordata nel mondo copto agli Arcangeli. Essi sono sette e sono
conosciuti tutti per nome.
Non vale per 1Egitto la preclusione che nel 745 ne limit il ruolo a Michele, Gabriele e Raffaele.
Dal 500 circa in poi Essi si distinsero nettamente dagli Angeli nelle raffigurazioni anche per il loro
abbigliamento, in quanto vennero rivestiti di costumi imperiali. Portarono la clamide o il loros e
scarpe rosse, nonch attributi come la sphaira o orbe, lo scettro, la corona. Quando compaiono in
contesti narrativi portano i tradizionali costumi angelici (tunica, himation, sandali). In battaglia, o
quando i valori richiamati sono quelli del combattimento o della difesa armata, vestono abiti
militari.
Il vero Arcangelo, il principe della milizia celeste Michele. Straordinaria la devozione che
lEgitto Gli porta, incomparabilmente superiore a quella dedicata alle altre figure. Ma anche
Gabriele, Raffaele e Suriele, o Uriele, sono sufficientemente caratterizzati perch sono oggetto di
una venerazione che si riferisce alle loro proprie caratteristiche e prerogative. Sempre pi
evanescente per la loro caratterizzazione, a mano a mano che si scende da Gabriele in gi. Di
conseguenza maggiore larco delle funzioni che vengono condivise. Diversamente che in altre
aree del mondo cristiano, i primi quattro Arcangeli hanno ciascuno un giorno di festa Loro dedicato.
Quello dedicato a Michele e il 12 paone, ma ogni dodici del mese si celebrano devozioni in suo
onore.
Michele
Testi e immagini Lo vedono in Egitto protagonista assoluto dellinsieme rappresentato dalle potenze
angeliche e i documenti sono molto numerosi. II favore accordato a Michele legato soprattutto al
fatto che Egli ha combattuto e sconfitto Mastema, il diavolo, spogliandolo della sua veste di luce. Si
insediato quindi quale capo supremo delle schiere angeliche con un rituale di investitura che i testi
tramandano e descrivono dettagliatamente (ad esempio il Libro dellinsediamento di Michele e
lOmelia sul diavolo e Michele attribuita a Gregorio il Teologo). In questo ruolo in grado di
assicurare a chi Lo invoca la massima protezione. Egli la estrinseca su molteplici piani: nei
confronti di luoghi, di edifici, di persone e in circostanze di passaggio (la nascita, la morte) o di
difficolt (la malattia, il pericolo). Conventi, chiese, cappelle Gli sono dedicate in tutto lEgitto.
Non manca mai un luogo di culto per Lui nei punti chiave della difesa del paese: nella fortezza di
Babilonia al Vecchio Cairo, allultimo piano della torre dei monasteri fortificati, nel punto della
cateratta di Assuan. Qui, dove anche il primo nilometro che misura 1inizio della piena nella
valle, la figura di Michele riveste un senso particolare. Egli stato infatti investito di un compito
specifico e peculiare soltanto allEgitto: deve pregare Dio Padre affinch mandi agli uomini una
piena ottimale. Secondo una credenza condivisa anche dai musulmani, lArcangelo, nel giorno della
sua festa getta nel Nilo una goccia dacqua e questa e dotata di una tale potenza da determinare una
piena che sommerge tutta la valle. Fino a tempi recenti, la festa della salita del Nilo si e celebrata la
notte del 12 Bauna (il mese copto paone, il cui dodicesimo giorno corrisponde al 17 giugno);
questa notte si chiama Leylet el-Nuktah, la notte della goccia (Rushdi Said, 1993, p. 96-97). Un
testo di grande interesse per lumeggiare vari aspetti della figura di Michele 1Encomio di Michele
Arcangelo di Eustazio di Tracia (Campagnano et al., 1977, pp. 105-172). Nel racconto, il diavolo
ricorda che proprio quel giorno, il 12 paone, Michele prosternato con tutte le schiere degli Angeli
per supplicare il Padre per linondazione del Nilo, la pioggia, la rugiada, e questa supplica dura tre
giorni e tre notti, senza che Egli si alzi mai. Il Diavolo ritiene cos di poter operare impunemente,
mentre 1Arcangelo assorbito da questo importante compito. Altri dati interessanti emergono dalla
narrazione. Limmagine di Michele, dipinta su una tavoletta di olivo, diviene talismano di una
nobildonna vedova sua devota. In virt di quel legno, come gi dal legno della croce, il Diavolo sar
vinto e Michele, intervenuto nel momento della necessit (bench fosse il 12 paone), salva la donna
che implora il suo aiuto e pi tardi scende a raccogliere la sua anima sul suo manto di luce e porta in
cielo. La tavoletta, libratasi miracolosamente in volo, segnaler il prodigio e ogni anno emetter
dagli angoli ramoscelli con frutti, dotati di virt terapeutiche miracolose. Un altro testo, unomelia
attribuita a Giovanni Crisostomo e pronunciata nella festa del 12 del mese, elenca le 12 discese di
Michele sulla terra e i benefici che agli uomini derivano dalle suppliche della beata Vergine Maria e
di Michele. I temi pi interessanti sono la rimozione della pietra del sepolcro del Cristo e lannuncio
della Risurrezione e, fra i benefici, linvio di venti favorevoli alla navigazione, lirrigazione della
terra e la maturazione dei frutti. Lencomio conservato nel Borgiano copto 66 segnala, fra le sue
apparizioni sulla terra, 1intervento in aiuto dei tre giovani ebrei nella fornace. Un altro aspetto,
posto in evidenza da vari testi, e quello che vede Michele in qualit di medico e guaritore. In una
preghiera per la benedizione dellacqua e dellolio (Muller, 1959, p. 297), si dice che Michele sta in
preghiera alla destra della Vergine, Gabriele alla sinistra. Lolio benedetto, tratto dal lume acceso
davanti alla sua icona, miscelato con acqua, pozione curativa per la guarigione degli ammalati.
Tali guarigioni avvenivano, e a tuttoggi se ne conserva la pratica, anche per incubazione, come
attestato per altre figure di guaritori. II malato passava la notte nella chiesa di Michele. In sogno gli
appariva lArcangelo che interveniva su di lui e la mattina si destava guarito. Una dossologia
illustra invece un altro e non secondario ruolo dellArcangelo, quello per cui stato talvolta
accostato al dio egiziano Toth: Egli partecipa al Giudizio Universale, dando inizio ad esso con la
tromba e per intercessione del suo Angelo arconte dei cieli, Dio perdoner alle anime i loro
peccati.
Anche per quanto riguarda il suo aspetto i testi abbondano di descrizioni. Le sue ali distese sono
dargento, la sua veste e di melograni doro, la sua cintura di perle (Borgiano copto, 66). Dalla
Trinit riceve segni di particolare onore: una corona di perle adorna il suo capo.
Alla dovizia delle testimonianze dei testi corrisponde una pari abbondanza di attestazioni in campo
figurativo. Queste per insistono, rispetto a quanto stato conservato, su di un arco pi limitato di
significati. La figurazione pi consueta vede 1Arcangelo Michele alla destra del Cristo in trono e
Gabriele alla Sua sinistra.
Limmagine ricorre anche in ambito funerario, come illustra una pittura della cappella di Teodosia
ad Antinoe.
Negli oratori dei conventi di Saqqara e di Bawit i due Arcangeli affiancano il Cristo e la Vergine,
talvolta insieme con gli Apostoli che La accompagnano. Molto spesso Maria ha Loro come Suoi
custodi. Cos nella pittura delle cappelle e chiese monastiche, pi raramente nel tessuto e nel rilievo.
I due documenti pi interessanti in proposito sono un grande tessuto del Cleveland Museum in
onore della Vergine, dove i due Arcangeli affiancano il Suo trono, e una stele del Museo del Cairo
in cui Michele alza la sinistra a toccare la spalla della Vergine, mentre Gabriele sembra passare il
braccio intorno al Suo.
Nellambito delle stele probabilmente Michele da riconoscersi nellaccompagnatore di un defunto
in una stele di Copenhagen, nella quale il Grabar aveva identificato un Arcangelo psicopompo. Il
personaggio porta 1asta e il globo, ma non alato. Un rilievo di Mainz (Landesmuseum, Prinz
Johann Georg-Sammlung, n. 3) presenta una figurazione che non stata finora identificata. Sembra
proprio che Michele vi sia rappresentato, mentre sul suo mantello riceve 1anima della persona
defunta che giace distesa sul letto nella parte inferiore della scena. E il testo dellOmelia di
Eustasio di Tracia che induce a proporre tale interpretazione, cos come sono i testi che narrano la
dormizione della Vergine i quali portano a riconoscere Michele e Gabriele nei due personaggi che
affiancano il Cristo, il quale riceve lanima di Maria (rappresentata come un fantolino in candide
fasce di luce) nella Dormizione del monastero dei Siriani nello Wadi an-Natrun.
A ricordare uno dei Suoi interventi sulla terra, una pittura di Bawit, dove grandeggia dietro le
figurine dei tre ebrei nella fornace.
Nelle icone pi volte rappresentato con in mano una bilancia, per indicare la funzione di pesare le
anime. In un trittico del Museo Copto del Cairo (n. 3458) tiene nella destra unanima al di sopra
della bilancia, mentre sembra librarsi su una persona che giace i terra con le mani incrociate sul
petto; evidentemente il defunto.
Nei cicli pittorici delle fondazioni monastiche del XII-XIII secolo rappresentato in grandi
dimensioni e in abiti sontuosi a guardia degli edifici sacri; presente anche nei dipinti delle cappelle
a Lui dedicate nelle torri di difesa.
Gabriele
Nessuna potenza angelica uguaglia Michele, il vero Arcangelo, ma 1Egitto venera, come suo
secondo, Gabriele. Per quanto testi e immagini lascino intravvedere, Gabriele, ferma restando
1essenza ignea di tutti gli Arcangeli, e quello che pi accentuatamente e con nesso con il fuoco. Le
sue ali sono di fiamma e individuano il fiume di fuoco in cui precipitano le anime nellaldil. Nello
scenario che Lo vede nella maggior parte dei casi rappresentato, quello dellAnnunciazione a Maria,
e talvolta presente una lingua di fiamma che emana da un braciere. Talvolta la sola fiamma del
braciere basta a evocare la sua presenza o a qualificarla.
Egli laraldo della buona novella. Interviene sulla terra come messaggero ed sempre un grande e
lieto annuncio che deve portare. Si intende, fra questi, anche 1annuncio alla Vergine della sua
prossima dipartita.
Quando insieme con Michele e il Cristo, comparve ad Abramo sotto 1albero di Mamre i tre erano
in sembianze umane. Gabriele Uomo di Dio, e cos raffigurato anche in un altro caso. Si tratta
della redazione fortemente originale dellAnnunciazione che compare in una seta, la cosiddetta
seta di Maria, conservata nella Abegg Stiftung di Berna. Qui, come indicano le iscrizioni,
Gabriele il vigoroso uomo in tunica e pallio che rivolge a Maria il saluto mente Ella alla fonte a
prendere 1acqua con un vaso. Non si pu dire che qui si abbia a che fare con un Angelo aptero, ma
con un messo divino, sceso sulla terra in sembianze umane.
Gabriele anche 1Arcangelo che reca conforto agli uomini per le loro pene. Inoltre il compagno
di Michele e Ne condivide molte funzioni. Anche i testi magici Lo menzionano e ne invocano i
nome. Gli sono dedicati edifici di culto, seppure in numero minore.
Uno dei pi importanti nel sito di Naqlun, presso il Fayyum.
Le immagini Lo vedono nellAnnunciazione a Maria e a Zaccaria, compagno di Michele a fianco
del Cristo e della Vergine a guardia di edifici sacri o in gruppi di Arcangeli.
La pittura dellAnnunciazione, recentemente scoperta nella chiesa della Vergine del monastero dei
Siriani nello Wadi an-Natrun, Lo mostra con chioma ricciuta, volto nobile dai tratti
classicheggianti, dalmatica bianca, pallio celeste e sandali.
Per i musulmani, Gabriele Colui che ha rivelato il Corano Maometto.
Raffaele
Il suo nome Dio ha guarito compare per la prima volta nel libro di Tobia, composto, forse in
Egitto nel III secolo a.C. Le sue prerogative sono quasi tutte in connessione con 1episodio narrato.
Raffaele accompagna Tobiolo, figlio di Tobia, nel suo viaggio a Rage, nel regno dei Medi. Durante
il viaggio lo salva da un grosso pesce nelle acque del Tigri. Salva poi Sara e Tobiolo dalle insidie
del demone Asmodeo che aveva ucciso i sette precedenti mariti di Sara, cos che i due possano
sposarsi. Guarisce infine dalla cecit Tobia.
Egli dunque Colui che indica la retta via e guida gli Apostoli nella loro missione nel mondo.
Sostiene i martiri e gli asceti del deserto e li fortifica nella loro condizione. E protettore dei
pescatori che lo invocano per una buona pesca. Uno dei suoi miracoli la restituzione di
imbarcazioni naufragate, come narra un encomio in suo onore (Orlandi, 1971). E Colui che
concede aiuto, protezione, riparo. E il patrono delle nozze. E guaritore delle malattie e delle ferite e
patrono della medicina, tanto che, secondo Origene, taluni Lo rappresentano come un serpente.
Lolio santo per i malati viene miscelato sotto la protezione di Raffaele. E considerato grande e
molto forte. Un altro dei suoi aspetti quello di esecutore della giustizia. Possiede infatti una spada
di fuoco con la quale punisce coloro che lo meritano. E invocato in questa funzione nei testi magici.
In un testo di esecrazione chiamato a realizzare una vendetta. Per mano di Raffaele e della sua
spada, il destinatario deve essere colpito da confusione, pazzia, frenesia (Muller, 1959, p. 314).
Egli accompagna le anime nel loro viaggio ultraterreno (Libro di Enoch, 22,3-6) e veglia sugli
uomini affinch conseguano la beatitudine eterna. Il suo volto e le sue ali sono di una luce pari a
quella del sole. La sua caratteristica quella di avere un cuore lieto.
I testi copti che ne illustrano i miracoli sono due encomi pseudoepigrafi, uno attribuito a Giovanni
Crisostomo, di cui 1Arcangelo era guida e protettore e uno attribuito al Patriarca Teofilo di
Alessandria, unomelia che contiene un dialogo fra il patriarca e limperatore Teodosio I per la
costruzione di un edificio di culto in onore di Raffaele in Alessandria e 1inizio del suo culto nella
citt per impulso della vedova romana Dronice. Ricorrono in questo testo elementi di somiglianza
con quello relativo a Michele attribuito a Eustazio di Tracia, ivi compreso il prodigio della tavoletta
di legno con 1immagine dellArcangelo che alla morte della vedova si libra nellaria. Se ne
menzionano miracoli riferiti anche allimperatore Teodosio. Sono inoltre conservate omelie in arabo
in suo nome. I testi magici Lo invocano pi volte. Non molto numerosi sono infine gli edifici di
culto a Lui dedicati.
Nelle immagini raffigurato insieme con gli altri Arcangeli, per lo pi nelle pitture delle fondazioni
monastiche (Bawit, San Paolo) e in qualche icona. A Bawit, notevoli sono le pitture della sala 40,
dove santi personaggi della vita mo nastica sono guidati da Arcangeli. In una icona a trittico del
Museo Copto del Cairo (n. 3436) Lo si pu osservare con Gabriele e Suriele: in abito militare e
porta lasta crociata e il calice. La sua festa si celebra il 27 agosto, il penultimo giorno dellanno
copto.
Uriele
Uriele o Suriele, il suo nome significa forza, il quarto Arcangelo, ma la sua posizione non
fissa: talvolta il terzo, precedendo nellordine Raffaele. Testi liturgici, narrativi, omiletici, magici
ne illustrano la figura e le mansioni, che per lo pi condivide con gli altri Arcangeli. Lo mostrano
soprattutto come ambasciatore dellumanit dinanzi a Dio, supplice per i peccatori che sperano nella
sua intercessione, guaritore che sigilla 1olio santo per i malati. E connesso in particolare con la
luce del sole e con 1amore. Un testo cita i suoi caratteri. E invocato, insieme con gli altri
Arcangeli, in un testo magico in cui viene richiesta una buona voce e loquela. E colui che presiede
alle corone. Il suo tratto pi caratteristico probabilmente quello di suonare la tromba: Egli il
trombettiere del Signore. In particolare al suono della tromba, accompagna i giusti in Paradiso. Le
sue non numerose immagini appartengono al repertorio della pittura murale e delle icone. A Bawit
raffigurato anchegli nella sala 40, come guida di santi personaggi. Nellicona a trittico del Museo
Copto del Cairo rappresentato in abito militare, come gli altri due Arcangeli e regge 1asta
crociata, ma porta alle labbra una tromba dargento.
Per estensione delle funzioni, sono da considerarsi Arcangeli le figure con corona crociata e loros
che, in una cupola della chiesa del monastero di San Paolo, suonano la tromba.
Le Virt
Dalle pitture di Saqqara e di Bawit ci deriva la testimonianza di immagini di virt, denominate
dalle iscrizioni che le accompagnano. Si tratta di figure femminili a mezzo busto o a serie di testine
entro tondi. Labbigliamento riccamente adorno di perle e gli orecchini pendenti le qualificano
come femminili, mentre gli attributi delle ali e soprattutto la sphaira, indicano, secondo gli studiosi
che se ne sono occupati (Coquin, 1974; Rassart-Debergh, 1981) la loro appartenenza allordine
angelico. I nomi di tali Virt, la cui serie considerata di dodici (un esempio si trova nel Libro della
Resurrezione di Cristo dellApostolo Bartolomeo) possono variare.
Una presenza costante quella delle tre Virt teologali Fede, Speranza, Carit. Quanto alle altre, si
d la preferenza a virt particolarmente appropriate alla vita dei monaci. A Saqqara si conservano i
nomi della Pazienza, Saggezza, Longanimit; a Bawit, si leggono, fra gli altri, i nomi della
Continenza, Mansuetudine, Verginit, Castit. La loro associazione con altri temi varia; si
osservano talora in connessione con figure femminili, come quella dellAma Sibilla, reputato
personaggio femminile dellambito monastico, e fanno corona, in forma di piccole testine, a nicchie
in cui figura la Vergine Maria.
Cherubini, Serafini
E stolta temerariet distinguere i due ordini angelici, sentenzia un testo attribuito a Teofilo,
patriarca di Alessandria dal 385 al 412: (...) stultae temeritatis est, aliquem velle decernere, quae
inter Cherubin et Seraphin diversitas sit, cum haec solius Dei scientiae reservetur (Van Moorsel,
1995, p. 25). Il mondo copto, in effetti, sia nelluso liturgico, sia in campo figurativo, accentua le
convergenze fra Cherubini, Serafini e Zodia apocalittici in sostanza dei Cherubini presentando
contaminazioni nelle caratteristiche e combinazioni originali nella traduzione figurativa.
Testi e immagini configurano unimportante presenza di queste pi alte gerarchie angeliche nel
mondo copto e ne delineano caratteri e funzioni. Essi sono esseri di luce, della luce che emana dal
Padre; cantano e adorano Dio. Innalzano inni di lodi alla Trinit e usano, nel far ci, una lingua
speciale (Muller, 1959, pp. 79-84). Portano il carro di Dio Padre o del Cristo e sorreggono lalone di
luce entro il quale raffigurato in trono. Alla nascita di Ges si coprono il volto con le ali, cosi pure
alla dormizione della Vergine. Presenziano invisibili allUltima Cena e proteggono il Sacramento
con le loro ali: queste sono ricoperte di occhi. Emanano lampi di luce.
Unillustrazione dellordine dei Serafini contenuta nel Libro dei Segreti di Giovanni. Essi sono
ricoperti di rugiada e portano incensieri nelle Loro mani. Michele comanda anche su di Loro.
Hanno il compito di bagnare la terra; regolano con le ali la forza della pioggia per evitare
inondazioni. Per contro, lo splendore dei cherubini causa del tuono. 12 Cherubini cantano
ciascuno inno per ciascuna delle ore del giorno; altrettanto fanno i 12 Serafini per le ore della notte.
Un Loro aspetto guerriero si rivela nei testi magici che Li menzionano come sostegno degli Angeli
nella guerra celeste.Un Cherubino precipit Mastema gi dal cielo. Due Serafini dalle ali sono posti
a guardia dell albero dellEden. Maria, come Colei che ha portato in grembo Ges, chiamata
carro cherubinico (Muller, 1959, p. 79).
Un Cherubino apparve a san Macario, svolgendo, cosa insolita e singolare, il ruolo di Angelo
custode. In una pittura del convento di SantAntonio, Egli lo guida tenendolo per il polso.
I quattro viventi dellApocalisse hanno un posto importante nella devozione dei Copti, che li
venerano in un giorno di festa particolare e hanno dedicato loro cappelle nei luoghi di culto. Per
quanto attiene alle immagini, va rilevato che sono questi ordini, data la loro natura, a porre i
maggiori problemi nella resa delle loro particolarit; a questi si data risposta con soluzioni diverse.
Le raffigurazioni sembrano attestarsi a partire dal 400 (Leroy, 1975, p. 44). Lo schema largamente
prevalente quello che li vede ai quattro angoli dello spazio circostante la mandorla racchiude il
Cristo. Le quattro figure, spesso soltanto protomi di maggiori o minori dimensioni, sono viste entro
ali rigate, ricoperte di occhi. Nella pittura dei secoli successivi, in particolare del XII - XIII secolo,
le figure dei Cherubini si presentano con il volto umano, le ali superiori incrociate al di sopra del
capo, le inferiori sul corpo e ricoperte di occhi, le mediane spiegate. Possono essere accennate le
protomi dei tre animali accanto al volto umano:laquila alla sommit, il leone a destra e il bue a
sinistra. Vi sono soluzioni pi felici, come quella che compare nel convento di Macario, nello
Haikal di Beniamino, dove lo schema pressappoco di questo tipo. Nel santuario Nord dello stesso
convento, Serafino presentato nellatto di avvicinare una molla con un carbone ardente alle labbra
di Isaia, per purificarlo dai peccati. A questo episodio rinvia un testo di consacrazione del cucchiaio
liturgico Concedi ad esso la virt e la gloria delle molle, che sono nella destra del serafino, (Van
Moorsel, 1995, p. 32).
Rappresentazioni originali di tali gerarchie sono proposte soprattutto dai conventi del deserto
orientale. Nel convento di Paolo, due Cherubini con spada di fuoco affiancano, come guardie del
corpo, la Vergine Maria. In quello di SantAntonio, una cappella in particolare dedicata ai quattro
Zodia. Essi sono rappresentati come supplici con Maria e san Giovanni il Battista; sono quattro
distinti individui a figura intera, 1uno a capo umano gli altri di leone, di toro, di aquila.
Lanalisi di questa interessante materia, tanto ricca in Egitto di documenti di varia natura,
soprattutto per 1esistenza nel paese di una vita monastica che conta seguaci a migliaia, della pratica
di una liturgia articolata e diversamente modulata nei vari giorni di festa, con percorsi che trovano
momenti culminanti nella preghiera davanti allicona con il lume acceso e da ultimo per una antica
pensione degli Egiziani per la magia, ha trovato qui unillustrazione per necessit breve. Tuttavia
non sar inutile proporre 1indicazione di caratteri e documenti, alcuni dei quali scarsamente noti e
emersi da recenti pubblicazioni. Probabilmente alcune delle peculiarit della visione egiziana degli
Angeli traggono la loro origine da credenze remote e mai totalmente dimenticate del mondo
faraonico. Molti ne riconosceranno le tracce, sia negli schemi figurativi sia in quelli concettuali.
Tuttavia il quadro che ne risulta porta a pensare che tali elementi siano stati completamente
elaborati e assimilati in una visione coerente di grande originalit ed efficacia.
Michele (allora) and a chiamare tutti gli angeli e disse: Adorate limmagine del Signore Dio,
come ha comandato il Signore; e Michele fu il primo ad adorarti, mi chiam e mi disse: Adora
limmagine del Signore Dio; ma io ribattei: No, io non ho motivo di adorare Adamo; ma poich
Michele mi costringeva ad adorare, gli dissi: Perch mi costringi? Non adorer uno inferiore a me,
perch vengo prima di ogni creatura e prima che egli fosse creato io ero gi stato creato; lui che
deve adorare me e non viceversa.
Udendo questo gli angeli del mio seguito si rifiutarono di adorare. Michele insiste (ancora) con me:
Adora 1immagine di Dio, che se non adorerai, il Signore Dio si adirer con te. E io risposi: Se si
adira con me, vuol dire che stabilir la mia dimora al di sopra delle stelle del cielo, e che sar simile
allAltissimo.
E il Signore Dio si adir con me e mi fece espellere dal cielo privandomi della gloria insieme
con i miei angeli. E cos, per causa tua fummo cacciati dalla nostra dimora e gettati sulla terra. Fui
subito addolorato di essere stato spogliato di tutta la mia gloria, mentre a te venivano riservate gioie
e delizie. Perci presi a invidiarti e non tolleravo che ti gloriassi tanto. Circuii tua moglie e tramite
lei, ti feci privare di tutte le tue gioie e di tutte le tue delizie, cos come da principio ne ero stato
privato io (Apocalisse di Mose, I, 12-15).
Certo la gelosia degli Angeli rimasti fedeli a Dio non comparabile con linvidia acuta di Satana,
che lo porter alla rivolta contro Dio stesso, ma si traduce in una sorta di riluttanza a servire
1uomo, che si esprime attraverso 1evidenziazione che il servizio alluomo svolto per obbedienza alla volont di Dio. Angeli al servizio delluomo quindi, ma soprattutto Angeli al servizio di
Dio, dalla cui volont esclusivamente dipende il servizio delluomo.
La mistica ebraica pi antica, databile tra il II secolo a.C. e il II secolo d.C., si svilupp soprattutto
nelle forme del commento al primo capitolo del libro della Genesi, Mas Bereshit (Opera della
Creazione), e al primo capitolo del libro di Ezechiele, Mas Merkabah (Opera del Carro). Ma fu la
Mas Merkabah ad avere la maggiore diffusione tra le scuole mistiche e a influire in modo
determinante su tutto lo sviluppo successivo dellangelologia ebraica.
La visione del Carro di Dio, sede della Kabod, della Sua Gloria, circondato dai Cherubini, o meglio
dalle Chayyoth, le creature alate, con sembianza di uomo, di toro, di leone e di aquila, sar la meta
delle ascensioni mistiche dei devoti, gli Yoredeh Merkabah (coloro che discendono nella
Merkabah).
Da queste esperienze nascer la letteratura degli Hekhaloth, libri nei quali il visionario descrive le
sale o palazzi celesti, attraverso i quali la sua anima passa per raggiungere la visione del Trono di
Dio. Giunti a noi con il nome di Grandi Hekhaloth e Piccoli Hekhaloth, ci mostrano un mondo
angelico estremamente articolato e complesso.
Negli Hekhaloth, infatti, gli Angeli hanno un ruolo importante, essi sono i custodi delle porte dei
santuari, cantano le lodi di Dio, consentono il passaggio e accompagnano coloro che sono trovati
degni di giungere dinanzi alla Gloria di Dio.
Questi scritti attingono amp iamente ai cosiddetti Apocrifi dellAntico Testamento, e soprattutto al
Libro di Enoch, sia ebraico sia etiope, nei quali vengono descritti i cieli e le relative gerarchie
angeliche. Gli Angeli in questi testi hanno sembianze umane, diversamente dai Cherub ini di
Ezechiele e dai Serafini di Isaia; infatti sono descritti come uomini alati: Accadde che, mentre
parlavo con i miei figli, due uomini mi chiamarono e mi presero sulle loro ali. Mi portarono nel
primo cielo e mi posero l (Libro Segreto sul Rapimento Di Enoch il Giusto, III).
I testi pi antichi ci mostrano gli Angeli intenti a sovrintendere ai depositi delle acque celesti, della
rugiada, al corso degli astri, ai venti, ai pianeti, Angeli che guidano il corso dei fiumi, che dominano
1arroganza dei flutti, che impongono alluniverso le sue leggi, permettendo allo stesso di esistere.
Altri Angeli conducono il carro del sole; hanno ben dodici ali, governano il tempo, 1allungarsi e il
diminuire dei giorni, le stagioni e i loro mesi.
Ma il servizio di gran lunga pi importante che gli Angeli svolgono quello di cantare, senza
interruzione alcuna, le lodi di Dio: Come la voce delle acque nel frastuono dei fiumi, come le onde
del mare di Tarshsh quando il vento del sud le percuote, cos il canto che risuona intorno al Trono
della Gloria: esso esalta e loda il Re Glorioso. Un esercito di suoni e un grande fragore in cui molte
voci assistono il Trono della Gloria per sostenerlo e rinforzarlo, quando Esso esalta e loda il
Possente di Giacobbe, come detto: Santo, Santo, Santo (Hekhaloth Rabbat, IX).
Vi sono Angeli prncipi dei popoli, essi sovrintendono alle sorti delle nazioni, regolano lascesa e la
caduta degli imperi, secondo la volont di Dio, dirigono la storia verso il suo compimento
escatologico, rispettosi della libert delluomo, ma attenti ai segni dei tempi.
Dio cre gli Angeli dalla luce e dal fuoco, secondo il Libro di Enoch: Dalle pietre feci scaturire un
gran fuoco e dal fuoco creai tutte le milizie incorporee e tutte le milizie delle stelle e i Cherubini e i
Serafini e gli Ofannim e tutto questo lo feci scaturire dal fuoco (Libro dei Segreti di Enoch,
XXIX).
Dio stesso nel Libro di Enoch si proclama il Creatore degli Angeli, questo perch nessuno abbia a
confonderLi con gli di pagani (dei quali spesso svolgono il ruolo), e Li creda increati, eterni,
consustanziali al Creatore.
E che il rischio di confusione ci fosse, soprattutto nei tempi pi antichi, cosa reale. Si pensi su tutti
al mito dei giganti e degli eroi (Genesi 6), figli degli Angeli e delle figlie degli uomini, come mostri
evidente 1influsso dei miti pagani dellarea mediterranea, sulla filiazione divina degli eroi. E
proprio questo mito di contaminazione Angelo-donna sar ampiamente ripreso proprio nei pi
antichi testi mistici: Gli uomini mi presero e mi innalzarono al quinto cielo. La vidi gli Egrigori
[vigilanti], il loro aspetto era come un aspetto umano, la loro grandezza maggiore [di quella] di
giganti grandi e i loro visi tristi e le loro bocche silenziose (...). Gli uomini mi risposero: Questi
sono gli Egrigori che da s si sono separati, due prncipi e duecento hanno camminato al loro
seguito e sono scesi sulla terra e hanno infranto la promessa su dorso del monte Hermon per
insozzarsi con le donne degli uomini e dopo essersi insozzati il Signore li ha condannati (Libro
de Segreti di Enoch, XVIII).
La punizione non esclusa nel mondo degli Angeli, anzi Essi sono sottoposti a una ferrea
disciplina. Il Regno del Trono della Gloria di Dio, nella visione di questi mistici, un Regno dove il
tremendum prevale, dove la gioia di servire non disunita dalla trepidazione e da un intenso senso
di timore. Esso descritto come unimmensa distesa di accampamenti in cui dimorano gli eserciti
degli Angeli, fiumi di fuoco lo circondano, nubi di caligine avvolgono il Trono della Gloria, gli
Angeli non contemplano il volto d Dio, ma Questi si cela nella nube luminosa; neppure i Cherubini,
le Sante Chayyoth, che sono intorno al Trono stesso, possono guardare il Suo volto: essi si coprono
gli occhi con le ali, solo alluomo puro, al mistico dato guardare il volto di Dio.
Il Santo Benedetto glorificato da quattro schiere di angeli ministri: il primo accampamento,
quello di Michele, sta alla Sua destra; il secondo accampamento, quello di Gabriele, sta alla Sua
sinistra; il terzo accampamento, quello di Uriele, sta davanti a Lui; il quarto accampamento, quello
di Raffaele, sta dietro di Lui.
E la Presenza del Santo Benedetto sta in mezzo, ed Egli siede su di un Trono elevato ed eccelso.
Il Suo Trono sta in alto, e i quattro accampamenti stanno in sale di fuoco e di fiamma. Di fronte a
essi stanno le ruote del Trono della Gloria, e le Merkaboth che stanno nel settimo santuario, che
nei cieli (...).
Fra un accampamento e laltro vi sono fiumi di fuoco che passano in mezzo ad essi e poi
continuano, ed escono sotto il Trono della Gloria, e ciascuno di essi profondo come il grande
abisso, e la loro larghezza pari alla larghezza del firmamento. Salgono e scendono e scuotono tutte
le schiere, e fra un campo e 1altro vi sono caligini di purit che li circondano, e fra una schiera e
1altra vi una nube di luce davanti e una nube di oscurit di dietro; e le loro ali [degli Angeli che
vivono negli accampamenti] sono lunghe come le loro teste, e ammantano di fuoco le loro facce per
non vedere e non conoscere 1aspetto della Shekinah; poich la Shekinah presso di loro in ogni
luogo. E ognuno di questi angeli vestito di fiamma e avvolto di manti di fuoco. Essi sono pront i
con terrore e timore, a compiere la volont del loro Creatore (Masskhet Hekhalot, VI).
La Shekinah la Sapienza di Dio, Sua emanazione e quindi consustanziale a Lui, e non una
creatura, come gli Angeli. Essa non pu essere vista in quanto partecipe della stessa essenza divina
inconoscibile. Gli Angeli pertanto si coprono il volto con le ali, mentre svolgono il loro duplice
servizio di lode a Dio e di missione.
Luomo che voglia tentare la discesa nella Merkabah deve innanzi tutto essere in perfetto stato di
purit, poi deve conoscere i nomi degli Angeli, posti a guardia delle porte dei santuari celesti,
pronunciarli nel modo corretto, deve quindi aver ricevuto una particolare rivelazione. Non
sufficiente trovare i nomi negli scritti antichi, occorre riuscire a pronunciarli. La lingua ebraica ha
una scrittura solo consonantica ed impossibile riuscire a pronunciare un nome se se ne ignorano le
vocali: nomi come ZHRRYL, o DRWTH ON YDY PST o TWTRWSYH O SWRTG,
WHDRYL, SRWYLYL, cos come si trova no nei testi antichi, sono impronunciabili per chi non
ne apprenda la pronuncia dal maestro.
La pena per il fallimento la vita stessa del mistico, o, nella migliore delle ipotesi, la sua salute
mentale. Sono gli stessi Angeli posti a guardia delle porte ad accompagnare il mistico che ne
trovato degno fino alla porta successiva, o che lo puniscono con rigore incredibile se non ne
riconoscono la purit.
Nel Libro di Enoch, parte XV, capitolo LXXXII, si trovano i nomi degli Angeli addetti alla cura dei
giorni, dei mesi e delle stagioni. Lanno, di trecentosessantaquattro giorni, diviso in quattro
stagioni. A capo di tutti i moti delle stelle, che regolano appunto le stagioni, v 1Arcangelo Uriele,
quattro capi di mille guidano le stagioni, li seguono dodici guide, a capo di schiere di mille Angeli. I
nomi dei quattro Angeli guida delle stagioni sono: Melkiele, Helmemelek, Meleyal e Narel.
Coloro, invece, che guidano i primi tre mesi dellanno e sono sottomessi a Melkiele, il cui nome
anche Tamaani vasahaya (il Sole meridionale, pi correttamente: Tamaani dahay), sono: Adenarel,
Iyesusael e Iyelumiel. I mesi da essi guidati sono quelli primaverili.
Al comando di Helmemelek, il cui nome e anche Sahaya beruha (il Sole splendente) ci sono
Gadaele, Keele e Heele. Non abbiamo i nomi degli Angeli delle altre stagioni nel testo: forse perch
il copista si stancato di trascriverli, privandocene definitivamente.
I nomi degli Angeli contengono sempre una o pi lettere del Nome di Dio, questo per sottolinearne
la stretta relazione: Il nome dellangelo come quello del suo Signore (Sefer ha Temunah - Libro
della Figura, II); conoscere i loro nomi significa poterli invocare, costringerLi allattenzione verso
chi pronuncia il loro nome, poich il chiamare per nome sottolinea sempre una familiarit.
Particolare ruolo svolge nellangelologia ebraica 1Angelo Metatron (o Matatron), soprattutto nelle
dottrine esoteriche.
Il Libro di Enoch etiopico, al capitolo XL, chiama gli Angeli che si trovano vicini al trono di Dio e
lo guardano in viso I Principi del Volto; questo nome passer a Metatron in modo esclusivo: sar
chiamato infatti semplicemente Il Principe del Volto.
Le correnti eretiche del giudaismo arrivarono a vedere in Metatron una seconda divinit. Ad esse
reag il Talmud, che nellHagigag XV, specifica che Metatron solo una creatura e gli concesso
di sedere dinanzi a Dio solo perch lo scriba celeste e la sua sottomissione completa a Dio viene
dimostrata con il fatto che egli ricevette sessanta colpi di verghe infuocate per provare che non era
un dio, bens un angelo e come tale poteva essere punito. Ma nello stesso Talmud si evidenzia
anche la posizione sovrannaturale di Metatron (Sanhedrin, 38b): Egli 1Angelo del Signore di cui
parla 1Esodo (23,21). Evidente , nel tenore del Talmud nella sua preoccupazione di sostenere
contro gli eretici la non divinit di Metatron 1esistenza di un serio dibattito su questo tema e di
tendenze molto forti, nelle scuole rabbiniche dellepoca alla divinizzazione dello stesso.
Ma questa tentazione a vedere in Metatron una divinit minore rester anche nella letteratura
posteriore al Talmud, l dove Metatron sar chiamato YHWH minore.
Lappellativo sconcertante, come dice giustamente G. Scholem nel suo libro La Cabala; la stessa
letteratura degli Hekhaloth ne offre spiegazioni insufficienti. La tradizione fa risalire questo epiteto
allAngelo Jahoel, menzionato nellApocalisse di Abramo (inizio del II secolo d.C.), al capitolo X,
dove si dice che il Nome di Dio in Lui. A Jahoel fu quindi applicato il nome di YHWH minore, e
a lui erano attribuiti poteri superiori a quelli degli altri Angeli. Il suo nome contiene le lettere del
nome divino e questo spiega la sua preminenza e il suo potere. In seguito tutti gli attributi e le
prerogative di Jahoel passarono a Metatron che quindi non altri che lAngelo Jahoel, creato, per
alcuni, al momento della Creazione, per altri addirittura prima di essa.
Ma la tradizione che considera la figura di Metatron in continuit con quella dellAngelo Jahoel non
1unica; ad essa se ne affianca presto unaltra, ugualmente antica, che fa dellAngelo Metatron la
trasfigurazione del patriarca Enoch. Nel capitolo 5 della Genesi si parla di Enoch, che cammin con
il Signore, ma non si dice, diversamente da tutti gli altri, che mor. Dalla constatazione di questo
silenzio della Scrittura circa la morte di Enoch nacque la leggenda del suo rapimento da parte di Dio
e della sua trasformazione in Angelo, appunto nellAngelo Metatron.
Di questa trasfigurazione di Enoch parlano ampiamente gli
Apocrifi, il Libro dei Giubilei (4,23), il Libro di Enoch ebraico, quasi assente invece nel Talmud e
nei Midrashim, come il Midrash Genesis Rabbah; tracce di questa tradizione si trovano invece nel
Targum palestinese e in alcuni altri Midrashim, dove Enoch svolge il ruolo di difensore di Israele
piuttosto che di scriba celeste.
La letteratura mistica posteriore sar ampiamente influenzata dalla figura di Metatron. LAlfabeto
di Rabbi Aqiv, uno dei pi influenti scritti del La Cabala, riporta Ielenco dei nomi di Metatron
poco dopo 1elenco dei Nomi di Dio, nello stesso capitolo I, e dichiara esplicitamente:
Settanta nomi ha Metatron, che Enoch figlio di Iared e sono questi: Yhw1, Yh, Ywpy1, Ppy1,
Mrgyy1, Gywr1, Tndw1, TTndy1, Ttry1, Tbtbyl..., il piccolo Yhwh, a nome del suo maestro,
come detto: Poich il mio nome in lui (Esodo 23,21), Rkrkyel, Nmyl, Sgnzy1, principe di
sapienza.
Settanta nomi ha Dio e settanta nomi ha Metatron, a Lui sono stati consegnati tutti i poteri; Egli :
Principe della Torah, angelo principe della sapienza, angelo principe dellintendimento, angelo
principe della gloria, angelo principe del palazzo, angelo principe dei re, angelo principe dei
notabili, angelo principe dei prncipi sublimi e eccelsi, numerosi e insigni, che sono in cielo e in
terra (Alfabeto di Rabbi Aqiv, I).
Nello stesso libro troviamo il racconto dettagliato del rapimento del patriarca Enoch e della
consegna a lui, da parte di Dio, di tutti i poteri, alla presenza delle Sante Chayyoth, degli Ofannim,
dei Cherubini, dei Serafini e dei Chasmalim (Baleni di luce). Dio elev la statura di Metatron al di
sopra di quella di ogni creatura: per settantamila parasanghe, accrebbi il suo trono nel fasto del mio
trono, aumentai la sua gloria del fasto della mia gloria, tramutai la sua carne in torce di fuoco e le
ossa del suo corpo in tizzoni di luce, gli diedi fattezze di lampo, la luce delle sue palpebre mutai in
luce che non sva nisce. Accesi il volto come il fulgore del sole, lo splendore dei suoi occhi come
una vampa del trono di gloria. Posi a sua veste la gloria, fasto e magnificenza, e lo coprii dun
manto di meraviglia e fierezza, di una corona di regno (...). Deposi su di lui parte del mio fasto e
della mia magnificenza, del lustro della mia gloria che sul trono della gloria. Lo chiamai col nome
di Yhwh il piccolo, principe facieo, colui che conosce gli arcani.
Di Metatron dice il Sefer ha Temunah (il Libro della Figura, un altro dei testi fondamentali della
mistica ebraica), che conferisce 1anima superiore al corpo e ne traccia il disegno. Insieme con
IAngelo Sandalfon, che determina il sesso del bambino, Metatron collabora alla creazione del
nuovo essere umano, a Lui sono sottoposte tutte le cose che si trovano tra cielo e terra, mentre a
Sandalfon quelle che si trovano sulla terra e allinterno di essa.
Il Keter Shem Tov (Corona del Buon Nome), di Avraham ben Alexander da Colonia, poi, lo
identifica addirittura con la Shekinah: Fondamento (Malkuth) sta per circoncisione, regno ci che
chiamato diadema oppure Shekinah oppure Metatron, e si avvale di vittoria e di fasto.
La concezione quindi di Metatron come trasfigurazione del patriarca Enoch e come piccolo YHWH,
finisce con il prevalere nella tradizione mistica successiva, tardo antica e medievale, fino a
influenzare fortemente le correnti del chassidismo polacco e quindi strati sempre maggiori del
popolo ebreo. Metatron diviene il difensore di Israele nel processo celeste dello Yom Kippur,
quando tutta la comunit di Israele giudicata da Dio. E sempre Metatron a portare le preghiere di
Israele davanti al Trono di Dio e a intercedere per il popolo.
Incerta 1etimologia del nome Metatron. Pu darsi che questo nome dovesse restare segreto e che
non abbia un vero significato. Alcuni lo fanno risalire al termine matara, colui che veglia, altri a
metator, guida, messaggero, altri ancora lo fanno derivare dalla combinazione di due parole
greche met e tronos: colui che sta dietro il trono. Questultima ipotesi fortemente contestata in
quanto la parola greca tronos non appare nella letteratura talmudica.
A occuparsi con maggiore impegno degli Angeli e dei loro nomi, dei modi di evocarLi e di
ottenerNe 1intervento, fu per la cosiddetta Cabala pratica, cio quella parte della tradizione
mistica ebraica che si fonde con la magia e che grande influsso ebbe sul pensiero esoterico
rinascimentale. Si tratt soprattutto di quella magia nota come magia bianca, ma ugualmente
unanimemente condannata dai mistici ebrei dei circoli cabbalistici di tutte le epoche, oltre che dal
giudaismo rabbinico, anche se non tutti i grandi cabbalisti sono immuni da commistioni con essa.
Limperatore ha inviato a te, (...) proprio a te ha inviato un messaggio (...) Ha fatto inginocchiare il
messaggero presso il letto e gli ha mormorato il messaggio allorecchio (...) I1 messaggero si
messo subito in cammino (...) Tu stai seduto presso la tua finestra e sogni quel messaggio quando
viene la sera (F. Kafka, Il messaggio dellimperatore).
Dio sta al di sopra di tutti gli imperatori del mondo. Incarnatosi nel Cristo, Suo specialissimo
tramite, Dio entrato nella storia degli uomini, e 1Angelo, Suo messaggero, non fragile come il
messaggero di Kafka; 1Angelo del Signore riesce sempre a oltrepassare palazzi, cinte di mura,
millenni, fecce di mondo.
Utilizzando il De coelesti Hierarchia dello pseudo Dionigi, i Moralia in Iob di Gregorio Magno, i
Sermones di Bernardo di Clairvaux, e molto discutendo le opere di santAmbrogio, Jacopo da
Varazze (1228-1298) presenta nella Legenda aurea una sua ricostruzione delle gerarchie angeliche;
cos, 1Ange lo funziona, nella struttura dellopera, come una componente terza, intrecciata alla
prima (Martiri, Confessori, Santi, Eletti protagonisti) e alla seconda (Attori del quotidiano).
Leccezionale diffusione della Legenda, certo il libro pi letto, pi raccontato e tramandato
oralmente di tutto il Medioevo, segna la straordinaria fortuna dellAngelo e delle schiere angeliche:
la Commedia di Dante amplifica questa presenza e, dal Trecento, ormai del tutto consolidata
1eredit angelica proveniente dai primi secoli e dallalto e centrale Medioevo. Secondo la
cosmologia celeste di Jacopo da Varazze la prima gerarchia, detta epifania o delle apparizioni
superiori, comprende i Serafini (gli Spiriti ardenti), i Cherubini (gli Spiriti di conoscenza), i
Troni (gli Spiriti di giudizio); la seconda gerarchia, detta iperfania o delle apparizioni
intermedie, comprende le Dominazioni (gli Spiriti potenti), le Virt (gli Spiriti miracolanti), le
Potest (gli Spiriti caccianti); la terza gerarchia, detta ipofania o delle apparizioni inferiori,
comprende i Principati (gli Spiriti ubbidienti), gli Arcangeli (gli Spiriti rivelatori), gli Angeli
(gli Spiriti custodi). Lepifania sta al cospetto di Dio; 1iperfania guida la comunit degli uomini;
1ipofania accompagna il giorno dopo giorno dellindividuo. La disposizione e 1ordine di queste
gerarchie possono intendersi a somiglianza delle gerarchie terrene; scrive Jacopo: Infatti fra i
ministri che stanno al di sotto del re alcuni operano direttamente intorno alla sua persona, sicut
cubicularii, consiliarii et assessores, e questi sono simili agli Ordini della prima gerarchia angelica.
Altri, invece, hanno una funzione connessa al regno nel suo insieme, e non sono addetti a questa o
quellaltra provincia, ut principes militiae et iudices Curiae, e questi sono simili agli Ordini della
seconda gerarchia. Altri, infine, si occupano del governo di una parte del regno, ut praepositi et
balivi et huiusmodi minores officiales, e questi sono simili allordine della terza gerarchia. Su
questa terza gerarchia 1esemplificazione di Jacopo ancora pi precisa: I tre Ordini dellultima
gerarchia hanno un potere determinato e limitato. Alcuni di loro sono a capo di una provincia, e
questi sono detti Principati (...). Altri sono addetti al governo duna moltitudine duomini, come
potrebbe essere una citt, e questi sono detti Arcangeli. Altri sono preposti ad una singola persona, e
questi sono detti Angeli; per questa ragione si dice che gli Angeli annunciano soltanto cose piccole,
perch le competenze si limitano a una sola persona. Gli Arcangeli, invece annunciano cose di
maggiore importanza, perch il bene duna comunit duomini pi importante del bene dun sol
uomo: questo spiega il motivo dellapparizione dellArcangelo a Giovanni il Battista e
dellAngelo a Maria.
Sulla base di questangelica sociologia degli uffici terreni sarebbe giusto aspettarsi che il capitolo
181 della Legenda, la cosiddetta Historia Lombardica, sia tutto punteggiato da indicatrici presenze
pronte a guidare le condotte di re, imperatori, vescovi, papi, potenti monaci e uomini qualunque.
Invece soltanto tre volte compaiono gli spiriti sapienti. La prima nel Paradiso islamico,
pincernarum more cum easis aureis et argenteis deambulabunt fra Eletti abbigliati in sete policrome
e circondati di ogni delizia, pronti a congiungersi con bellissime vergini. La seconda apparizione
riguarda gli Angeli malvagi che tentano di trascinare allInferno Dagoberto, re dei Franchi,
rapinatore di chiese ma protetto da san Dionigi. La terza manifestazione quella di Angeli che
cantano le lodi di Bruno di Carinzia, papa nel 1049 con il nome di Leone IX, protagonista vincente
nel dibattito sulleresia di Berengario di Tours sulla presenza del corpo del Cristo nellEucaristia.
Poi, niente pi Angeli nella Historia Lombadica, niente pi Angeli nella storia maggiore delluomo;
molti Angeli, per, nelle piccole storie degli uomini. E un discrimine fortissimo che separa la
nozione alta della storia dal livello basso dellesistere, e in questo agiscono le presenze
angeliche. Alcune creature hanno soltanto 1essere, come quelle puramente corporee, i sassi, ad
esempio; altre hanno 1essere e il vivere, come gli alberi e i vegetabilia; altre possiedono 1essere, il
vivere, il sentire, come gli animali; altre hanno 1essere, il vivere, il sentire, il discernere, come gli
uomini; altre, infine, hanno 1essere, il vivere, il sentire, il discernere e il comprendere, come
lAngelo (Legenda aurea, cap. 6): in queste prerogative naturali e soprannaturali della
paleontologia storica e metastorica Jacopo assegna allAngelo un ruolo di vertice che tramite fra
le cose della terra e le cose del cielo. Ricordando il De divinis nominibus dello pseudo Dionigi, egli
afferma che 1Angelo il cielo intelletturale ( angeli enim dicuntur coelum, cap. 72) per altissime
degnit ed eccellenza, e gli Angeli sanno capire e conoscere al di l dei sensi e della ragione. In pi
sono bellissimi per natura e per gloria, e sono fortissimi per virt e potenza.
Nei fatti che determinano i percorsi della storia rivelata la componente terza, 1Angelo, presente
in modo decisivo: san Giovanni il Battista (cap. 86), la Nativit di Maria (cap. 131),
1Annunciazione (cap. 51), la Nativit (cap. 6), la Resurrezione (cap. 54), 1Ascensione (cap. 72),
1Invenzione della Croce 68), 1Assunzione (cap. 119), san Pietro apostolo (cap. 89), san Paolo
apostolo (cap. 90). Egualmente nella vita dei Santi: Remigio (cap. 16), Gregorio Magno (cap. 46),
Bartolomeo (cap.123), Furseo (cap. 144), Cecilia (cap. 169), Pelagio (cap.181),
Ognissanti (cap. 162). LArcangelo Michele (cap. 145) sta sulla linea di separazione fra terra degli
uomini e cielo degli Angeli. Almeno settantaquattro biografie sante recano il segno dellAngelo.
In obbedienza alla sua missione di annunciare grandi eventi per il bene delle moltitudini,
1Arcangelo Michele spiega quale sia la funzione angelica nellumano giorno-dopo-giorno: gli
Angeli sono custodi, aiutanti, fratelli e concittadini; guidano le anime al Paradiso e portano
in cielo le preghiere dei penitenti; sono i soldati di Dio e i consolatori dei sofferenti. Gli uomini
devono onorarLi per molte ragioni e Jacopo, elencandole, sembra voler rimeditare per allusioni e
metafore il significato stesso della vita. La Legenda aurea sta anche in questa analisi minuta del
rapporto che passa fra lindividuo e i suoi comportamenti condizionati. Ognuno nella vita assistito
da due Angeli custodi: uno cattivo, che mette alla prova, uno buono, che protegge. Leffetto di
questa protezione agisce secondo quattro intendimenti, come dimostrano gli episodi riferiti alle
sante Agnese (cap. 24), Elisabetta (cap. 168), Cecilia (cap. 169), Caterina (cap. 172), e ai santi
Sebastiano (cap. 23) e Vincenzo (cap. 25). Il primo effetto della protezione angelica la crescita
della grazia eliminatrice degli ostacoli al Bene, della pigrizia nellagire, dove si esalta la
disposizione alla penitenza. Il secondo effetto angelico sulluomo di aiutarlo a non rischiare di
cadere nella colpa, opponendosi al peccato pentendosi dei peccati, aiutandolo a sottrarsi a nuove
tentazioni. Il terzo effetto la capacit di riscatto espressa attraverso la contrizione, la confessione e
lespiazione. Il quarto effetto, infine, sollevare 1uomo dai propri errori, ponendo limiti allazione
del Diavolo e argini alla concupiscenza, senza mai dimenticare la sofferta lezione esemplare della
Passione. Jacopo crede nella qualit di tale custodia angelica perch, come scrive e ripete nei
Sermones, gli Angeli servono alluomo: con la loro carit sono una costante illuminazione della
mente, un perenne incitamento allamore, e si deve alla bont di Dio se gli Angeli dellipofania si
occupano di noi come fratelli e concittadini.
Questa nozione di concittadino (concivis) riferita allAngelo piace a Jacopo, che 1applica anche
agli Spiriti epifanici e iperfanici: la storia ritmata da svelamenti (piccoli dagli Angeli, pi
importanti dagli Arcangeli); difesa dal Male grazie alle Potest e ai Principati; mantenuta pura
da antichi vizi per lintervento delle Dominazioni e per il timore del giudizio dei Troni. Laiuto dei
Cherubini prezioso per esercitare la carit verso il prossimo, quello dei Serafini per esprimere la
propria predilezione a Dio: fratelli e concives, gli Angeli, di quella particolarissima e indifesa citt
che sono 1anima e il corpo delluomo. Jacopo disegna cos unideale citt oltre-la-storia, un narrato
di vita al-di- l-dello-specchio ove agisce, a fianco alluomo, 1Angelo soldato di Dio. Nelle citt,
nei villaggi, nei castelli, nelle chiese 1Angelo soldato protegge vergini, coniugati, casti, laici e
religiosi; combatte i Demoni delluomo e il Diavolo inviato per metterlo alla prova. Tribolazioni,
debolezze, impazienze, angosce trovano 1 Angelo che consola: lo stesso che reca a Dio le
preghiere, intercede per noi e, esauritasi la vicenda terrena, accompagna 1anima in cielo
preparandole la via oltre il percorso concluso dellesistenza fisica.
La Legenda aurea dimostra anche come sia possibile raccogliere in un uomo semplice il senso della
santit e della vocazione angelica: Giovanni il Battista detto angelum meum in Malachia (3,1).
Angelo [precisa Jacopo] qui il nome della funzione, non della natura. Giovanni fu Serafino
perch ardente; fu Cherubino perch conobbe terminus noctis ignorantiae et initium lucis gratiae; fu
Trono perch giudic Erode; fu Dominazione perch era guardato con amore dai seguaci e con
timore dai re; fu Principato perch sinchinava a chi sarebbe venuto dopo di lui; fu Potest perch
tenne lontano da s i Demoni e li scacci dagli uomini con il Battesimo; fu Virt perch opero
miracoli mangiando locuste e miele selvatico; fu Arcangelo perch svel il mistero della
Redenzione e, infine, fu Angelus quando predicava piccole cose come fate penitenza e non fate
violenza ad alcuno.
Lumanit angelica di Giovanni esaltata dagli Angeli stessi che lo lodano davanti al Signore e agli
uomini che si interrogavano: Cosa diventer questo fanciullo? Nel capitolo 86, da cui tratta
questa citazione, la Legenda inarca la storia delluomo sulleternit della memoria e, attuato il
modello del Battista, la Legenda parte con gli altri Angeli in terra: Angelo Andrea apostolo (cap.
2), al quale un Angelo vero insegna la via dacqua per andare in Mirmidonia presso Matteo; Andrea
fa ravvedere la moglie di un assassino, un vecchio incontinente, un figlio incestuoso, il proconsole
Egeas e sua moglie Massimilla. Angelo era di aspetto san Silvestro, e cos santo Stefano. Comparate
agli Angeli sono tutte le Vergini (cap. 162) perch virginitas soror est angelorum (capp. 5, 75);
Angelo san Giovanni abate che vuole ad similitudinem angelorum (...) Deo sine intennissione
eocare (cap. 176); Angelo della terra e uomo del cielo detto Paolo, il pi nobile fra tutti gli
Apostoli, la cui anima raccoglie quelle degli uomini e quelle degli Angeli; nel capitolo 90 la
Legenda tocca, con san Paolo, effetti di grande luminosit di prosa: Non aveva una natura diversa
dalla nostra, n aveva unanima dissimile dalla nostra, n abitava un mondo diverso (...) Paolo,
quando era nel mondo, si comportava con tutti come se fosse in compagnia di Angeli; quando
infatti era ancora legato alla condizione materiale del corpo mortale egli gi godeva della perfezione
angelica. E Paolo, metafora delluomo che segue Dio, riesce perfino a superare gli Angeli:
Bench agli Angeli sia stata attribuita la cura di molti popoli, nessuno di essi pot guidare la
propria parte meglio di quanto Paolo non avesse governato il mondo intero. Intanto 1esempio di
Giovanni il Battista destinato a rimanere perenne: la Legenda, al capitolo 125, lo riafferma al
momento della sua decollazione: Giovanni, il pi grande di tutti gli uomini, pari agli Angeli,
compendio della Legge, promulgatore della buona novella, voce degli apostoli, silenzio dei profeti,
faro del mondo, precursore del Giudice, strumento della Trinit.
Come gli uomini possono diventare Angeli, cos gli Angeli si manifestano come uomini: accade a
Gregorio Magno (cap. 46); mentre intento a scrivere, ecco che gli si presenta un naufrago sibique
misereri lacrimabiliter postulavit. Gregorio gli fa dare sei danari dargento; il naufrago torna, altri
sei danari dargento; il naufrago torna una terza volta, i soldi sono finiti: resta solo una scodella
dargento che la madre del santuomo era solita mandargli con dei legumi; Gregorio gliela fa subito
dare; il naufrago se ne va contento.
In unaltra occasione Gregorio decide dinvitare a pranzo dodici pellegrini. Li conta e sono tredici.
Li conta il padre guardiano e sono dodici. Gregorio si accorse che 1uomo che gli sedeva pi
vicino mutava rapidamente daspetto: gli appariva ora come un giovinetto, ora come un vecchio
dalla venerabile testa bianca.
Luomo rivela di essere il naufrago di un tempo e gli parla della scodella dargento: Dal giorno in
cui me 1hai data il Signore ti ha destinato a diventare capo della sua Chiesa e successore di Pietro
(...) Come lo sai? (...) Perch sono un angelo e il Signore mi ha rimandato da te perch io ti
protegga sempre : altro Angelo custode. Frank Capra, nel celebre La vita meravigliosa, lo
definir Angelo di seconda classe.
La Legenda aurea investiga anche sulla speciale, sinistra categoria degli Angeli di Satana. Jacopo da
Varazze si serve del Sermo de Pentecoste di Leone I papa, arricchendolo con una sceneggiatura fitta
di dialoghi. Nerone aveva scelto Simon Mago a custode della vita sua e dei suoi sudditi. Simone,
come il Diavolo, aveva la capacit di mutare di aspetto, ora pareva pi vecchio, ora pi simile ad
un ragazzo; per provare dessere davvero figlio di Dio dice a Nerone: Fammi decapitare, e il terzo
giorno risorger. Il boia viene ingannato e mozza la testa a un ariete. Simone sparisce per tre
giorni, poi si fa vivo; Nerone e i Romani gli credono e gli erigono una statua. Simone aveva presso
di s anche un Demonio che, assumendo le sue sembianze, concionava sermoni con il popolo. I
santi Pietro e Paolo si presentano dal princeps: Come in Cristo sono due sostanze, quella divina e
quella umana, in questo mago c la sostanza umana e quella diabolica. Simone invoca i suoi
Angeli, poi chiama i suoi cani, poi cerca, invano, di resuscitare un morto: niente; tenta perfino di
volare, ma Pietro intima: Angeli di Satana, a voi che lo state sostenendo nellaria, ordino (...) di
farlo precipitare!; Simone va gi: corruit (...) et confractis cervicibus exspiravit (cap. 89).
Egesippo e Lino papa sono fonti di questo teatro narrativo che altrove ha protagonisti personaggi
femminili partecipi, come accade a Giuliana, sventurata moglie del prefetto Eulogio (cap. 43): non
si dar al marito prima che egli non sia stato battezzato. Moglie mia, questo non posso,
1imperatore mi farebbe tagliare la testa. La donna insiste; il marito la fa rinchiudere, bastonare,
appendere per i capelli e le vengono fatte calare gocce di piombo fuso sul capo; incatenata, e gettata
in carcere, ad quam venit diabolus in specie angeli: Io sono 1Angelo del Signore afferma e, poi,
aggiunge: Sacrifica agli di e non sarai pi torturata n morrai in modo cos crudele. La scena
sembra tragica, invece diventa comica; fra mille disastri fisici Giuliana chiede a Dio come sia
possibile un suo Angelo parli cos; il buon Dio le suggerisce di costringerlo a confessare. Giuliana
lo afferra e lo mette alle strette e pi che Diavolo in sembianze di un Angelo, la Legenda racconta le
sventure di un poveraccio: Mio padre Belzeb, ci spinge al male; ci fa picchiare duramente ogni
volta che ci facciamo vincere dai cristiani; so che ricever solo danno dallessere venuto fin qui
senza riuscire a vincerti e confessa anche che erano la celebrazione del mistero del Corpo del
Signore, le orazioni e le prediche a tenerlo lontano dai cristiani. LAngelo-Diavolo diventa un
poveraccio: le prime botte le prende da una rinvigorita Giuliana che poi lo incatena e lo trascina
fuori dietro di s mentre quello supplica: Giuliana, mia signora, non fare di me una cosa ridicola,
non potr mai pi prevalere su nessuno.
Dicono che i cristiani sono misericordiosi, ma tu non hai piet di me!. Giuliana lo trascina per
totum forum e poi lo butta in una latrina. LAngelo di Satana parte duna scrittura bassa,
grottesca, la cui fruizione pu diventare facile e tramandabile oralmente. Angeli di Satana o Angeli
veri, incontrarli pu accadere a chiunque: li vede una pia matrona nella solitudine devota della sua
stanza (cap. 37),li vede una sorprendente meretrice che recita a suo modo un noli me tangere per un
cliente vecchio e allupato (cap. 2): Un giomo non resistevo pi (...) andai al lupanare e statim
meretrix dixit mihi: Vattene, vecchio, vattene, perch tu sei un angelo di Dio, tu ne me contingas
neque huc accedere praesumas, vedo sopra di te cose mer gliose . Prove dambiente, ancor pi
esaltate nellatmosfera di attrazioni non carnali che, grazie allintervento dellAngelo custode
Cecilia, incorona la vergine e il suo promesso sposo con serti di rose e di gigli (cap. 169). Il
profumo coinvolge fino al ravvedimento anche Tiburzio, fratello di Valeriano: quando i due
subirono il martirio, si videro Angeli rifulgenti e Angeli che accoglievano le loro anime portandole
in cielo. Proprio come gli Angeli visti dal vescovo Furseo alla fine della vita (cap. 144): gli vanno
incontro per prendersi cura della sua anima; un terzo Angelo, con uno scudo bianchissimo e una
spada sfolgorante, gli cammina davanti proteggendolo dai Demoni che gli scagliano iacula infuocati
inveendogli contro: O tiosos sermones saepe dixit e, dunque, non pu godersi illaesus la vita dei
Beati; Minima (cosette) risponde 1Angelo; la contesa va avanti come una farsa; Furseo
accusato di corruzione, ricettazione, scarso amore per il prossimo. Gli viene affibbia to un ceffone,
gli gettato addosso il corpo abbrustolito di un suo compare usuraio;
Langelo lo difende con piglio forense, una serie di botta -e- risposta, poi il Signore giudic e gli
Angeli furono vincitori e i Demoni sconfitti. Furseo si riebbe, visse ancora a lungo e concluse la
sua vita nelle buone opere.
Buon vescovo di Laon sarebbe stato anche Genebaldo se non avesse amato tanto sua moglie (cap.
16). Pur sciolti dal vincolo causa religionis, i due continuano a vedersi, ma non per pregare; la
moglie, causa istruendi, va spesso dal marito, rimane incinta e partorisce un bel maschio. Genebaldo
le dice: Puer de latrocinio acquisitus est, chiamalo Ladrone!. La donna, intanto, continua ad
andare dal marito causa istruendi; dallastuzia di quel rapporto nasce una bella bambina: Chiamala
Volpina!. Il buon san Remigio sa tutto, consola il vescovo- marito-padre e lo tiene sette anni in una
cella di penitenza. Il settimo anno un Angelo appare a Genebaldo e gli dice che il suo peccato
rimesso. Quando il vescovo muore il figlio Ladrone gli succede sulla cattedra. Volpina sparisce.
Nel teatro della Legenda aurea gli Angeli sono un po avvocati, un po segretari, sempre pronti a
entrare in azione dove ci sia unanima da riconquistare, un uomo da sostenere, consolare o
rafforzare.
Gli Angeli risanano santa Giuliana sulla ruota della tortura (cap. 43), sollevano in aria la cella di
Giuseppe dArimatea, visitato e liberato da Ges (cap. 54), procurano a Seth, figlio di Adamo, un
rametto da piantare sul monte del Libano: dal frutto che sarebbe spuntato sullalbero cresciuto
sarebbe forse stato possibile guarire Adamo che invece mor. Storie apocrife, fatte circolare dai
Greci: poco da crederci (cap. 68). Invece con quellalbero si fabbrica la Croce del Cristo. Altri
Angeli liberano lanima di un monaco lussurioso, ma devoto alla Vergine (cap. 119); altri liberano
santEufemia (cap. 139), i santi Cosma e Damiano (cap. 143), Quintino (cap. 160); la levatrice
Salom ha la mano guarita da un Angelo (cap. 6) e pu continuare nelle sue pratiche. Ma i pastori e
gli Ebrei, ai quali appare 1Angelo del Signore per annunciare la nascita di Ges, restano tali; il
cieco eremita, che prega per le sorti della Chiesa in Gallia (cap. 16), resta cieco anche dopo le
rassicurazioni di un Angelo; e rimane un povero soldato il buon Secondo durante quel suo viaggio
nellOltrep tutto punteggiato da colloqui e interventi di Angeli accanto a lui (cap. 55). Gli Angeli
partecipano alla vita degli individui, ma non detto che la migliorino: la custodiscono semmai,
senza per toglierle la fatica del quotidiano. Rimane vedova e sola la moglie di Bonifacio, alla quale
1Angelo rivela il martirio del marito (cap. 71); restano umili ragazzi Sabiniano e Sabina, ai quali
un Angelo indica la via della testimonianza nel nome di Dio (cap. 127); resta pessimo padre quello
che rinchiude il figlioletto, vede intorno a s sette Angeli e subito perde la vista (cap. 82). Gli
Angeli entrano nella vita di chiunque, talvolta preparano la santit di alcuni, o il ristoro di chi,
sfinito dalla fame e dal freddo, si sente spremere in bocca un grappolo duva (cap. 19), oppure
modificano con le loro apparizioni il corso degli eventi di qualcuno: Francesco vide un Serafino
crocefisso che impresse su di lui visibili segni di crocefissione (cap. 149), quasi che la Legenda
creda alle stimmate precedute da una visione angelica superiore. E questo il solo riferimento ad
Angeli che la Legenda di Jacopo dedica ai grandi protagonisti della sua epoca: Tommaso Beckett,
san Benedetto, san Patrizio, san Pietro martire, san Domenico, san Bernardo di Clairvaux non
godono della presensa di Angeli; soltanto santa Elisabetta dUngheria incontra forse il suo Angelo
custode: quellavicula (cap. 168) che le insegna a cantare.
Il grande conversatore medievale con gli Angeli della Legenda rimane, per, papa Gregorio Magno
(cap. 46). Il naufrago, la colonna luminosa degli spiriti sapienti che indicano il luogo dove
Gregorio si nasconde cercando di evitare 1elezione a papa, le voci che cantano per lui, le risposte
angeliche durante le sue messe, le sofferenze propostegli per evitare appena due giorni di
Purgatorio.
Tutta 1esistenza di Gregorio unoperosa officina dove non si rischia mai la noia, come accade ad
Antonio, il quale, sconfortato, si alz, usc fuori e vide un uomo che sedeva e lavorava, poi si
alzava e pregava: era lAngelo del Signore che gli disse: Fai cos e sarai salvo (cap. 21).
Martino, Timoteo, Bartolomeo e Vincenzo ricevono dagli Angeli, allo stesso modo, 1indicazione
decisiva per la loro santit.
Quali sono le altre prerogative particolari degli Angeli? Sono ministri che servono Dio (cap. 51);
non mentono mai (cap. 54); camminano sullacqua (cap. 55); si cibano di ambrosia (cap. 57);
parlano allorecchio di chi predica (cap. 57); sono fatti come il vento (cap. 90); affondano i Demoni
nel mare (cap. 112); compio- no miracoli (cap. 73); cantano e lodano (capp. 70, 112, 31, 36, 46,
162, 180); proteggono i popoli; spezzano le catene (capp. 80, 99, 110); consigliano gli incerti (capp.
96, 98). LAngelo agisce da solo, ma appartiene a un collettivo che perennemente agisce dentro le
cose dellesistenza, sa modificarle, fino ad assumere ruoli profetici, come insegna la vicenda di
Maria, destinataria di angeliche attenzioni. Tutto comincia dal viaggio dei Tre Re, guidati dalla
Stella: perch nella Stella dei Magi v davvero profeticamente gi tutto.
Quintuplex est Stella (cap. 14): cinque volte Stella. E Stella materiale quella che fu vista; Stella
spiritua le, cio Fede, quella che i Magi videro nel loro cuore, e se non avessero visto questa, non
avrebbero potuto vedere la prima. Terza Stella quella intellettuale, cio 1Angelo, e la videro nel
sonno quando furono avvertiti di non tornare da Erode; la quarta Stella, quella razionale, fu la Beata
Vergine, che essi videro nella casa; la quinta Stella, quella superstanziale, fu il Cristo che videro
nella mangiatoia. La cinque - volte - Stella della Legenda intellettuale solo nella sua sembianza
angelica; Giovanni Crisostomo ricorda che essa fu veduta (ossia capta) in forma razionale anche
dai pastori giudei, perch dotati di ragione e, in forma irrazionale, dai Gentili, in quanto irrazionali.
La quarta Stella, quella razionale di Maria, conferma 1origine ebraica della nascita di Ges, e
soprattutto di Maria stessa (cap. 131), secondo la notizia dovuta a Giovanni Damasceno: La
gloriosa Vergine Maria nacque dalla trib di Giuda, dalla stirpe reale di David, e di origine
ebraica fu anche Giuseppe per natura figlio di Giacomo. Allopposto la sembianza angelica fa
irrazionali i Gentili: perch la storia salvatrice delluomo prende le mosse altrove, dallAngelo che
appare a Gioacchino e Anna preannunciando il concepimento e la nascita di Maria. Anna era sterile,
ma, come Maria nasce da una madre sterile, altrettanto mirabiliter da Lei si generer il Figlio
dellAltissimo. LAngelo dice a Gioacchino: Quando arriverai a Gerusalemme, alla Porta Aurea,
ti si far incontro tua moglie Anna (...) e sar felice di vederti. Nasce Maria; allattata dalla madre
per tre anni; non smetteva di pregare finch 1Angelo non le portava il cibo; Maria ab angelis
quotidie visitabatur (cap. 131). Infine, a Nazareth, le appare Gabriele et de ea nasciturum Dei
filium nuntiavit. E giusto che 1Angelo, ministro e strumento di Dio, serva la padrona (cap. 51);
cosi giusto che lannuncio a Maria sia fatto dallAngelo. Quella nascita di Ges non solo ripar il
peccato delluomo ma evit la ruina angelica: presentandosi a Maria e poi a Maria Maddalena, gli
Angeli riscattano Se stessi dalla caduta ed esaltano il mistero dellIncarnazione e della Resurrezione
(cap. 96).
Come per Maria, Gabriele protagonista della vicenda terrena del Battista al suo inizio: appare ai
genitori di lui, Elisabetta e Zaccaria, poi a Giovanni stesso, dotato gi di eccezionali prerogative
angeliche (cap. 86). Il colloquio fra Maria e Gabriele offre a questi il ruolo di interprete delle
incertezze della Vergine, riaffioranti a Betlemme dove Maria vide una parte del popolo gaudentem
e una parte gementem (cap. 6). LAngelo Le spiega: La parte gaudens sono i Gentili, che
riceveranno la benedizione eterna riservata alla discendenza di Abramo; la parte gemens la plebs
judaica a Deo suis meritis reprobata. Qui la Legenda trae spunto dalle opere di Ambrogio,
Bernardo di Clairvaux e Pier Damiani, ma segue con attenzione anche la Compilatio e il Liber de
infantia Salvatoris di Bartolomeo da Trento, recuperando 1elemento gentile e irrazionale da
unemotivit popolare assai coinvolta dal fenomeno della Nativit, e innestandosi sulla componente
razionale ebraica per come sarebbero andate le cose fino alla Passione (cap. 53). Grazie allAngelo i
Magi evitano Erode, cos come lo fugge la Sacra Famiglia: dalla fuga in Egitto (cap. 10)
allAssunzione (cap. 119) Maria percorre una progressiva personale ascensione qualitativa che si fa
poi celeste: gli Angeli Le stanno attorno (molto le fu insegnato dagli intelletti celesti), Le parlano,
cantano per Lei, La accompagnano al talamo del cielo; schiere e legioni angeliche Le fanno corona
allorch 1Arcangelo Michele La introduce al cospetto del Signore con quella che certo la pi
bella preghiera della Legenda aurea (cap. 119): Tempus est te assumendi, ossia: E giunto il
tempo di riprendere te, madre mia, con me. Come hai riempito la terra di gioia, cosi riempine ora
anche il Cielo; rendi felici le case del Padre mio, consola le anime dei miei Santi. Non ti inquieti
lasciare il mondo a corrompersi nei suoi vani desideri, ora tu stai per avere il Palazzo del Cielo.
Madre, non avere paura che ti sia tolto il corpo terreno: ora sei chiamata alla vita eterna, alla gioia
che non passa mai, alla vita sicura, alla mensa che mai cesser, alla luce inaccessibile, al giorno che
non conosce mai sera, alla gloria che nessuno pu descrivere. Stai per arrivare a me, figlio tuo e
creatore del mondo. Io sono infatti la vita eterna, 1amore senza confronti, la casa che lingua umana
non pu descrivere, la luce che ignora le tenebre, la bont che va oltre ogni concessione. Nessuno ti
strapper alla mia mano, perch nella mia mano stanno i confini del mondo. Deponi adesso in me il
tuo corpo, come io ho deposto la mia divinit nel tuo utero. La morte non prevarr pi su di te,
perch tu hai ge nerato la vita vera. Non ti veler lombra delloscu- rit, perch tu hai generato la
luce. Il tuo corpo non subir 1oltraggio della dissoluzione e della rottura, perch tu hai avuto il
privilegio dessere il mio vaso. Vieni finalmente a me e riceverai la ricompensa che il tuo grembo di
madre ha meritato, la mercede per avermi cresciuto, la restituzione del debito del latte e del cibo:
abita ora con il tuo figlio unigenito, affrettati a ricongiungerti con lui. Io ti ho fatto conoscere al
mondo come Vergine Madre, e adesso ti mostrer come muro che protegge tutto il mondo, 1arca
per quelli che vorranno salvarsi, il ponte per quelli che stanno nelle acque, il bastone per gli infermi,
la scala per quelli che saliranno al Cielo, la mediatrice per quelli che peccano. Porter gli Apostoli a
te, e saranno le loro mani a seppellirti, come fossero le mie. LAngelo ripete le parole di Ges per
porre Maria pi in alto dei Cherubini e dei Serafini, e tutti gli Angeli ne vegliano la Dormizione
fino al campo del Getsemani insieme agli Apostoli, ai Santi, alla tota mul- titudo. Nellapoteosi
celeste di Maria, sorella degli Angeli, la Legenda La descrive attorniata dagli Arcangeli, onorata dai
Principati, plaudita dalle Potest, riverita dalle Virt, esultata dalle Dominazioni, giubilata dai
Troni, inneggiata dai Cherubini, trionfante fra i Serafini. Il collettivo angelico che esalta Maria
prefigura e riproduce, nella Legenda aurea, i tanti collettivi angelici che accompagnano le sorti
terrene di tanti protagonisti illustri od oscuri. Dice la sponsa virtuosa al suo Iosafat: Gaudium est
angelis in caelo super uno peccatore penitentia agente. DallAngelo discende il nome di Ges
Salvatore per la sua disposizione a salvare 1uomo, ma prima che arrivi il segno della misericordia
dovranno passare la palma, il cedro, il cipresso, 1olivo, i legni della Croce, la caro circumcisionis,
che sarebbe poi stata portata da un Angelo a Treviri e di l a Charroux e poi a Roma. Pezzi di legno,
pezzi di carne per 1inesausto messaggero angelico sempre allopera nella Legenda aurea. Tante
cose dicono e fanno gli Angeli nella pi grande e conosciuta opera letteraria del Medioevo. Il
messaggio e il messaggero di Franz Kafka non arriveranno mai, eppure conta che vi sia sempre
qualcuno ad aspettarli. Nella Legenda aurea, invece, 1attesa non vana: Angeli e messaggi
arrivano sempre, anche quando nessuno pi li aspetta; perch nella componente terza della storia
gli Angeli la Legenda racconta quel meraviglioso segmento intermedio che lega a Dio
1individuo.
Nel corso di quel lunghissimo periodo che gli storici hanno denominato Medioevo e che, per quanto
riguarda la produzione artistica, pu trovare i suoi limiti cronologici, da un lato, nella fioritura
dellarte catacombale e, dallaltro, nel concorso per le porte del Battistero di Firenze, la figura
dellAngelo sub una serie di importanti mutazioni che determinarono la nascita di iconografie
nuove, destinate in parte a perpetuarsi nei secoli successivi. Quando limmagine dellAngelo si
affacci alle soglie del Medioevo, infatti, il suo corredo iconografico dalla complessa formazione teologica e filosofica era ormai sostanzialmente fissato nelle linee principali. Il nunzio
celeste era canonicamente presentato come un uomo, vestito di dalmatica e pallio, dietro le cui
spalle spuntava un maestoso paio di ali (Stuhlfauth, 1897).
Generalmente la santit del suo stato veniva affidata alla presenza del nimbo, mentre atteggiamenti
e posizioni erano per lo pi esemplati sulla base del modello classico della Vittoria alata (Berefelt,
1968; Bussagli, 1991). I cambiamenti pi vistosi, invece, riguardarono gli elementi di vestiario che
iniziarono a diversificarsi rispetto al corredo iniziale, dando origine a tipologie differenti che, a
questo riguardo, possono ricondursi orientativamente a tre gruppi principali: gli Angeli sacerdote;
gli Angeli guerrieri e gli Angeli in veste femminile.
Naturalmente 1apporto della cultura artistica medievale non fu limitato soltanto a questi specifici
aspetti che per lo pi rimandano alle diversificate funzioni dellAngelo inteso sempre come
ministro e messaggero di Dio (dall Angelo nunziante a quello giustiziere) ma si estese
allelaborazione di altre varianti iconografiche che portarono fra 1altro alla nascita dei cosiddetti
Angeli musicanti, nonch alladozione di particolari elementi caratterizzanti, per esempio, quello
del nastro svolazzante e di altri ancora dei quali si dar conto nel corso di questo scritto
necessariamente sintetico.
Nel complesso il Medioevo si rivel come un periodo centrale per lo sviluppo delliconografia
angelica, le cui soluzioni furono suc- cessivamente reinterpretate in senso decisamente naturalistico
dalle successive culture rinascimentale e barocca. E, il caso degli Angeli nuvola che vennero pi
avanti riproposti come figure alate sorrette da soffici cuscini di vapore (Bussagli, 1991a). Del resto,
per comprendere pienamente quale sia limportanza indiscutibile del Medioevo nellambito
dellulteriore specificarsi delliconografia angelica, sar sufficiente porre mente al fatto che
proprio in questo lungo periodo che si tent una definizione delliconografia delle varie gerarchie
elencate dallo pseudo Dionigi, da san Gregorio Magno e dagli altri teologici che trovarono un
divulgatore deccezione in Dante Alighieri e nella sua Comedia (Petrocchi e Miglio, 1994). Il
fenomeno del tutto comprensibile perch, per una figura tanto enormemente diffusa come quella
dellAngelo, oltretutto gravida di implicazioni devozionali e liturgiche, era necessario che la
complessit della speculazione filosofica e teologica trovasse riscontro ed efficace chiarificazione in
unimmagine altrettanto precisa (nei limiti del possibile, vis ta 1 impalpabilit della materia).
Tutto questo, per, non vuol dire che poi non esistessero contraddizioni, come si potr vedere,
anche di carattere iconografico e che la figura angelica, secondo il contesto culturale che la
produsse nello specifico, non subisse semplificazioni e banalizzazioni. In altre parole, non sempre
possibile riscontrare la coerenza della scelta iconografica, talora dettata da una sorta di pigrizia
che ostacola 1impiego delliconografia pi elaborata. E il caso, per esempio, dellimmenso
mosaico della cupola del Battistero di Firenze (XIII secolo) dove, a fronte di una specifica scelta
iconografica nella rappresentazione degli Angeli come esponenti del primo dei nove ordini angelici,
non si trova un riscontro nelle scene sottostanti, in cui gli Angeli che agiscono quali protagonisti o
comprimari dei vari episodi biblici o evangelici appaiono privi delle caratteristiche dei primi: non
portano il rotulo in mano, non sempre vestono la dalmatica con i clavi, non hanno il diadema fra i
capelli o il nastro svolazzante, come accade allangelo del Sogno di Giuseppe. Bisogna perci
resistere alla tentazione di pensare e sperare che, in occasioni come queste, la figura dellAngelo
possa rientrare allinterno di una sorta di alfabeto iconografico sempre coerentemente applicato.
Tuttavia il pi delle volte, 1immagine dellAngelo e in qualche modo figlia di una complessa
elaborazione filosofica e teologica o, tuttal pi, risente positivamente del testo che viene a illustrare
e lo segue in maniera attiva; ovverosia lo completa iconograficamente. Un esempio chiarificatore
in questo senso pu essere rappresentato da uno degli arazzi della celeberrima Apocalisse di Angers
eseguita fra il 1373 e il 1380 per Luigi I dAngi. Il tessuto rappresenta la scena in cui san Giovanni
vede gli Angeli delle sette chiese (Apocalisse 1,20) alle quali 1Apostolo rivolger un appello
ispirato direttamente da Dio. Naturalmente il testo non offre nessuna indicazione circa
labbigliamento dellAngelo, eppure non sar difficile osservare, con un po di attenzione, che,
sebbene sporgano soltanto per il busto, i sette Angeli effigiati indossano la veste diaconale. Portano
infatti 1anagolagium al collo e la tunica alba (o tunicella) che, stretta in vita, caratterizza
1abbigliamento del diacono. In questo modo il dato iconografico completa quello testuale
attribuendo naturalmente alle figure degli Angeli delle sette chiese la dignit di appartenenti alla
gerarchia ecclesiastica.
Del resto il testo apocalittico un punto di riferimento preciso nella giustificazione della nascita
delliconografia dell Angelo sacerdote che ha il suo momento fondante nel parallelismo pi o
meno esplicito elaborato dallo pseudo Dionigi nei suoi scritti, che significativamente annoverano
tanto il De coelesti Hierarchia quanto il De ecclesiastica Hierarchia. Molte sono infatti le analogie
sotto- lineate dai testi pseudo dionisiani, a cominciare dalla suddivisione in tre delle due gerarchie
che, nel caso di quella ecclesiastica, prevedono vescovi, preti e ministri, ovverosia diaconi quelli
che ne costituiscono il gradino pi basso proprio come gli Angeli lo sono di quella angelica
insieme agli Arcangeli e ai Principati, mentre Potest, Virt e Dominazioni fanno parte della
seconda e Troni, Cherubini e Serafini della prima. Diaconi e preti hanno il compito dinfondere
negli iniziandi al Verbo di Cristo la luce derivata da Dio attraverso la somministrazione del
sacramento del Battesimo, mentre ai vescovi affidato il compito di perfezionare questa
illuminazione iniziale o, se vogliamo, iniziatica gra- zie allo strumento della Sinassi eucaristica
(o Comunione). Pertanto, quel che accomuna le due strutture gerarchiche una formata da uomini e
laltra da puri spiriti il ruolo. La gerarchia angelica, infatti, ha il compito di far giungere fino agli
uomini, in maniera calibrata, la luce divina altrimenti insostenibile; 1altra ha 1obbligo di
raccoglierne 1essenza e di diffonderla per gradi anche fra coloro che non si sono ancora purificati e
di portarli cos a questa nuova condizione.
Si spiega in questo modo la diffusione delliconografia degli Angeli sacerdote anche al di fuori di
contesti iconografici strettamente apocalittici, sebbene il testo giovanneo costituisca un non piccolo
punto dappoggio alla speculazione pseudo dionisiana. Fra i primi esempi di Angeli in abito
sacerdotale vanno sicuramente menzionati quelli dipinti sulle pareti della XVIII cappella del
convento di SantApollonio a Bawit, in Egitto, databili fra il VI e il VII secolo della nostra era. La
specificit della loro funzione liturgica segnalata dalla presenza dei turiboli che tengono nella
mano, mentre la foggia delle vesti, caratterizzata dagli orbicoli di tradizione copta, denota come la
connotazione iconografica rientri allinterno di quella concreta collocazione culturale. In altri
termini 1appartenenza alla classe sacerdotale in senso lato viene indicata non in maniera generica,
ma riproducendo fedelmente il vestiario che il contesto, la moda e la cultura dellepoca utilizzano
per 1abbigliamento liturgico. Tanto vero che gli Angeli sacerdote che compaiono nel pantheon
di SantIsidoro a Lon (1160 1170) e quelli che brillano nelle paste vitree e traslucide delle vetrate
di Notre-Dame a Parigi (1180 ca.), pur mostrandosi tutti come diaconi e pur essendo pressoch
contemporanei, hanno figura vestita secondo tradizioni regionali del tutto diverse. Al contrario, gli
Angeli dipinti da Giotto nella scena dellAscensione nella Cappella dellArena a Padova (13041305) o nellAdorazione dei Magi, sempre agli Scrovegni, appartengono alla medesima tradizione
cui si riferisce 1Arcangelo Gabriele dellAnnunciazione di Simone Martini agli Uffizi di Firenze
(1333). Le differenze vere e proprie di vestiario sono da assegnarsi, invece, a differenze di ordine
angelico. Gli Angeli di Giotto, che vestono la tunica stricta ornata di tablion, hanno il ruolo
diaconale di Angeli, mentre il Gabriele di Simone Martini, in quanto Arcangelo, indossa una veste
pienamente sacerdotale, con tanto di dalmatica e stola liturgiche. Linterpretazione naturalistica e
cortese a un tempo ha spinto il pittore senese a guarnire la testa di Gabriele di un diadema con nastri
svolazzanti che si nasconde fra le foglie di una corona d mirto o dalloro. Ora, questo ornamento,
nellimmagine visto d profilo, spesso e volentieri rappresentato frontalmente, con i due nastri che
si dispongono ai lati della testa. Si tratta di una soluzione iconografica di derivazione bizantina che
ebbe non poca fortuna in Italia e che ritroviamo in opere molto importanti della pittura italiana:
basti ricordare fra le altre la Maest di Santa Trinit (1290-1300 ca.) di Cimabue o la Madonna
Rucellai (1285 ca.) d Duccio di Buoninsegna, entrambe agli Uffizi. Quel tipo di ornamento,
probabilmente derivato dalla kosti sasanide, non vuole indicare altro che 1intimo indice di regalit
della condizione angelica (Bussagli, 1988). Come si vede, le tradizioni si mescolano e si
sovrappongono, come nel caso di un altro ornamento regale, quello del loros bizantino che compare
indosso agli Angeli del Giudizio Universale di Pietro Cavallini nella chiesa romana di Santa Cecilia
in Trastevere (1293 ca.). Il ruolo della tradizione vestiaria fu perci di estrema importanza nella
definizione delliconografia medievale dellAngelo che sub notevoli variazioni, tutte finalizzate a
rendere chiaramente leggibile, se non la natura profonda, almeno uno degli aspetti della natura
angelica.
Cos, 1idea che gli Angeli siano i soldati dellarmata celeste, come implicitamente affermato nei
passi biblici dove sinvoca Dominus Sabaoth, il Signore degli Eserciti (1Samuele 1,3,11; Salm
23-24,10; Geremia 7,3 e 9,6; Isaia 1,9 e 4,3), alla base delliconografia degli Angeli in veste
militare. Fra le prime raffigurazioni quella dellArcangelo Michele in SantApollinare in Classe a
Ravenna, a lato dellabside (met del VI secolo). Qui 1indumento caratterizzante la clamide,
mantello militare comune anche a dignitari della corte bizantina. Sembrano evocare un concetto
militare anche gli Angeli con lance (hastae) che fiancheggiano la figura del Cristo in trono nella
chiesa di SantApollinare Nuovo, sempre a Ravenna (post 556). Tuttavia, parlare di Angeli in veste
militare significa sostanzialmente riferirsi ai gruppi dei Principati delle Potest e delle Virt. La
tradizione militare romana, soprattutto nellambito della tradizione strettamente occidentale, ebbe,
naturalmente, un ruolo tuttaltro che secondario. Basti ricordare in questo senso la celebre tavoletta
del Maestro degli Angeli ribelli al Louvre di Parigi (1340 ca.) che utilizza chiaramente il modello
della lorica romana di poco adattata al nuovo gusto goticheggiante. Ci non toglie, per, che
1evoluzione dellabbigliamento militare abbia indotto gli artisti a rappresentare le figure angeliche
con armature complete, come nel caso della Cacciata dei progenitori dipinta da Giusto de
Menabuoi nel Battistero di Padova (1376-1378), dove lArcangelo (che qui sostituisce il biblico
Cherubino) ha, sotto il gonnellino romano, gambali e ginocchiere di metallo. Strettamente connessa
alla speculazione filosofica, religiosa e poetica che si svilupp nel corso del XIV secolo
relativamente al ruolo della donna angelicata nelleconomia della Salvazione la nascita
delliconografia degli Angeli in vesti femminili. Ora, per quanto non sia possibile stabilire un
preciso nesso di causa-effetto fra 1uno e laltro elemento, anche per il sovrapporsi dellidea di
bellezza, implicito nel concetto medievale di Angelo e gi presente nellambito della teorizzazione
pseudo dionisiana (De Divinis nominibus, IV, 7), va tuttavia rilevata 1assenza di una simile
iconografia nei secoli precedenti. E certo che la femminilizzazione della figura angelica pu
essere apprezzata soltanto da questo momento in poi. In altre parole proprio sulla base
dellanalogia fra larmonia del cosmo e la bellezza femminile che si individua nella figura
femminile quella pi adatta a incarnare limmagine angelica. Questo, naturalmente, al di l di
specifici esempi come la Resurrezione del Maestro di Wysebrod (1350-1360) conservata alla
Narodni Galerie di Praga, dove un elegantissimo Angelo in vesti femminili siede sul sepolcro del
Cristo ormai vuoto. Da ci deriva la constatazione che lapporto della cultura medievale alla
formazione delliconografia angelica dei secoli successivi fu tuttaltro che secondario. La bellezza
incantata degli Angeli di Raffaello o di Bernini, infatti, non sarebbe stata possibile senza questo
complesso passaggio. Sembra, anzi, che nel corso del lungo periodo medievale filosofi, teologi,
poeti e artisti si siano in qualche modo preoccupati di chiarire, attraverso lefficacissimo mezzo
letterario o visivo, quelli che potevano apparire i punti oscuri della natura angelica e a offrirne una
innovativa sintetica soluzione iconografica.
Particolarmente significativa, in questo senso, anche limmagine dell Angelo nuvola.
Liconografia 1attualizzazione, secondo lalfabeto figurativo medievale, di quella comple ssa
speculazione che lega 1Angelo al vento (si veda, in questo catalogo, il saggio Dal vento
allAngelo) e allelemento aereo in genere, inteso come metafora ma non solo per esprimere la
condizione e la natura spirituali del messaggero divino. Tuttavia, al di l della pletora dei riferimenti
alla Sacra Scrittura, ai testi pseudo dionisiani e a quella letteratura teologica che si andata
formando intorno a questo concetto, il testo dal quale dipende, in parte, questa scelta iconografica di
grande suggestione sicuramente un passo del Liber sententiarum (I, X, 19), dove si pu leggere
che gli Angeli traggono corpo (...) da quellaria che sta pi in alto e che indossano come solida
forma fatta di cielo (...). Lidea, successivamente ripresa anche da Tommaso dAquino (Summa
Theologiae I, q. 51, a. 2 ad 3), si pone alla base di quelle immagini, particolarmente diffuse, di
Angeli che sbucano dalle nuvole o, meglio, da queste prendono forma corporea, come nel caso della
Crocifissione di Pietro Lorenzetti ad Assisi, basilica inferiore (1320 ca.), di Giotto, in Simone
Martini, Polittico di Cambridge, 1320-1350 (particolare con Angelo) . Cambridge, Fitzwilliam
Museum.
molte delle scene affrescate per la Cappella dellArena (1304-1305) o nei dipinti di Taddeo Gaddi
per la Cappella Baroncelli in Santa Croce a Firenze (1330 ca.).
Laccertata collocazione degli Angeli nella regione dellaria e del cielo dal punto di vista teologico
e filosofico, produsse per anche la nascita di unaltra iconografia: quella degli Angeli uccello, i
cui esempi eclatanti vanno dallAngelo che nella Lamentazione su Cristo morto di Giotto (Padova,
Cappella dellArena) plana mostrando uninequivocabile coda duccello, fino a quelli appollaiati
fra i rami nella tavola della Madonna con il Bambino, i Santi Nicola e Caterina e un donatore di
Gentile da Fabriano (1395-1400), conservata negli Staatliche Museen di Berlino. Un riscontro si ha
perfino nelle immagini angeliche che fiorirono sui margini delle pagine dei Decretali (per esempio,
nel Vat. lat. 1386, c.4r). Caratterizzati talora dalla presenza di ali che spuntano anche dalle pelvi, gli
Angeli uccello trovano uno dei riscontri fondanti nel commento di Gerolamo al passo profetico di
Isaia (46,8-11), ove il rapace invocato dallOriente paragonato al Cristo, mentre i suoi Angeli sono
paragonati agli uccelli che aleggiano per tutto il mondo (Commentarium in Isaiam, libb.VIII e X).
Certamente fu soltanto questo il punto nodale che produsse la scelta iconografica e, a fronte di un
complesso intreccio fra elementi testuali e figurativi che qui non possibile esaminare
partitamente (si rinvia a Bussagli, 1991), si deve comunque rammentare che gli uccelli sono quelle
creature che, in maniera pi efficace di altre, evocano la figura dellAngelo. Accanto alla loro
capacit di volare, infatti gli uccelli hanno quella di cantare; proprio come gli Angeli. Per questo
Gentile da Fabriano, nella sua Madonna con il Bambino, i Santi Nicola e Caterina e un donatore, li
rappresenta nellatto di suonare strumenti musicali. Da qui affiora 1altra grande innovazione
grafica del Medioevo, quella degli Angeli musicanti. Essi compaiono per offrire agli uomini il
dono della musica, riflesso impalpabile di quella che 1armonia delle sfere e del cosmo (Ravasi
1990). Fra i numerosi esempi si rimanda al Portico della Gloria del Maestro Matteo nella cattedrale
di Santiago di Compostella ( 1168-1188) o ai codici miniati e alle tavole rilucenti di oro di Paolo
Veneziano attivo nel secondo quarto del Trecento.
Tuttavia lo sforzo pi grande compiuto dalla cultura figurativa medievale stato quello di tentare di
offrire unimmagine diversificata e immediatamente riconoscibile delle varie gerarchie celesti.
Cos gli ordini angelici vengono rappresentati nella ricordata volta del Battistero di Firenze e su
quella, pure decorata a mosaico, del Battistero di San Marco a Venezia (1344-1354), mentre
1elegante pennello del Guariento ne ha fissato 1effigie sulle tavolette lignee conservate nei Musei
Civici di Padova (1354-1357 ca.). Ora, infatti, non ci si accontenta pi di segnalare i nove cori
(Angeli, Arcangeli, Principati, Potest, Virt, Dominazioni, Troni, Cherubini e Serafini)
enunciandone semplicemente il nome (Bussagli, 1991, p. 295), ma li si vuole chiari e visibili in
modo che possano entrare a pieno titolo nellimmaginario collettivo dei fedeli.
Se, con qualche forzatura, divisassimo di paragonare la scultura figurata del Rinascimento a una sorta
di palcoscenico sul quale si rappresentano particolarissime pices teatrali con sce na fissa e attori che,
assunti di volta in volta i panni dei pi svariati personaggi tratti dalla realt o dal soprannaturale, sono
eternati in una immutabile gestualit, sarebbe facile osservare che le figure angeliche risultano
indubbiamente i personaggi pi ricorrenti.
Ad essi il regista-scultore affida ruoli assai diversi, da quello di protagonista assoluto (Arcangelo
Michele), a quello di coprotagonista e comprimario (Arcangelo Gabriele nella scena
dellAnnunciazione), a quello di astante partecipe e commosso dellevento sacro, di figura deputata a
esprimere con i propri comportamenti e atteggiamenti sentimenti generalmente condivisi (malinconia,
cordoglio, gioia, tripudio) o, ancor pi spesso, di valletto, scudiero, guardia del corpo, aiutante di
campo, maggiordomo, accompagnatore. Naturalmente questi ultimi ruoli, che sembrerebbero essere
poco pertinenti a figure cui una lunga e indiscussa tradizione iconografica ha da sempre attribuito un
valore semantico di eccezionale positivit, vanno inseriti nel loro contesto, che invariabilmente
connesso al sacro, acquistando da ci un significato assai diverso e ben pi pregnante di quel che
saremmo indotti ad attribuire loro se li rapportassimo a un contesto laico e profano.
Esemplificare queste osservazioni, certamente banali e scontate, possibile a patto che si pratichino dei
tagli, non solo cronologici, ma anche ambientali. La presente indagine, che non ha nessuna pretesa di
completezza, sugli Angeli nel Rinascimento prender quindi in considerazione un ambito cronologico
che va, quasi senza eccezioni, dalla seconda met del Quattrocento alla fine del Cinquecento, il mezzo
espressivo della scultura (statue, monumenti funerari, rilievi) e unarea geografica coincidente con le
sole regioni meridionali italiane.
Entro i limiti fissati da queste coordinate, si cercher di enucleare e distinguere i tipi iconografici
ricorrenti, avvertendo che le regioni che conservano un pi ricco patrimonio scultoreo relativo; a questi
secoli (Campania e Sicilia e, su un gradino certamente pi basso, Calabria) sono anche quelle in cui si
ritrova il maggior , numero di esemplificazioni e le pi frequenti contaminazioni iconografiche.
LAngelo protagonista. San Michele Arcangelo
Collocati, nella Gerarchia celeste di Dionigi 1Aeropagita, nel1ordine gerarchico pi basso insieme
agli Angeli, gli Arcangeli sono in numero di sette (Michele, Gabriele, Raffaele, Jehudiele, Sealtiele,
Barachiele, Uriele). Proprio agli inizi del Cinquecento Antonio del Duca, giovane sacerdote siciliano
maestro di musica presso il duomo di Palermo, aveva ritrovato le tracce di un antico nella chiesa di
SantAngelo a Palermo, dove egli insegnava canto liturgico. Laffresco, diviso in tre registri
corrispondenti ai tre ordini gerarchici degli esseri angelici, raffigurava in quello inferiore i sette
Arcangeli con i loro attributi iconografici. La scoperta dellaffresco ebbe profonde ripercussioni sulla
devozione popolare, tanto che nel 1523 veniva fondata a Palermo la chiesa dei Sette Arcangeli.
Trasferitosi in seguito a Roma presso il cardinal del Monte, Antonio del Duca ebbe da questi 1incarico
di comporre insieme a Girolamo Maccabei, maestro di musica presso lo stesso del Monte, una messa
per i sette Arcangeli. Al giovane sacerdote siciliano si deve il progetto di trasformazione della sala
centrale delle Terme di Diocleziano in una chiesa dedicata a Santa Maria e ai Sette Arcangeli: progetto
solo in parte realizzato da Michelangelo e da Jacopo del Duca, nipote di Antonio e discepolo del
Buonarroti.
Ma presto il culto dei quattro Arcangeli apocrifi venne avversato dalla Chiesa. E questo il motivo per
cui nel Rinascimento protagonista assoluto della statuaria di soggetto angelico lArcangelo Michele il
cui culto, sviluppatosi dal santuario micaelico del monte Gargano, ampiamente attestato in tutta
1Italia meridionale.
San Michele raffigurato come un Angelo, guerriero o non, nellatto di vibrare la spada, talvolta
reggendo un clipeo nella sinistra, tal altra tenendo al guinzaglio il drago (un iconografia presente nella
statua marmorea del santuario di Monte SantAngelo, di cui si dovr riparlare). In non pochi casi (come
nel poco noto altorilievo proveniente dalla chiesa di SantAngelo di Gallipoli, conservato nella chiesa
di San Francesco dAssisi nella stessa citt) san Michele, coperto dallarmatura di guerriero celeste,
conficca una lunga lancia nella gola del drago, su cui calca i piedi. Nellesemplare di Gallipoli lo scudo
che solitamente accompagna 1Arcangelo reca lo stemma degli Acquaviva dAragona, che occuparono
Gallipoli nel 1497 (data che costituisce un indicativo postquem cronologico anche per il rilievo,
databile agli anni immediatamente successivi). Esclusa la variante dello stemma, che evidentemente
un omaggio alla nuova dinastia dominante, a chi scrive sembra di poter collegare 1iconografia qui
seguita con una delle tante rappresentazioni pittoriche quattrocen.
tesche di san Michele, per esempio dei Vivarini (un San Michele che trafigge al cuore il Demonio su
cui poggia salda mente i piedi, conservato nella Pinacoteca Provinciale di Bari, ma proveniente dalla
chiesa dei Minori Osservanti di Andria, firmato da Bartolomeo Vivarini e databile al 1483, ne precisa
testimonianza, nonostante vi si aggiunga la bilancia per la pesatura delle anime che invece non compare
a Gallipoli). Col bus- to coperto da una mezza corazza da cui fuoriesce 1ampia e sbuffante veste da
Nike lo raffigura, verso il 1518, Stefano da Putignano in una sta- tua nel santuario di Monte Laureto a
Putignano. Lopera lo mostra mentre, con la testa china in una sorta di impercettibile malinconia,
brandi- sce con la destra la spada e con la sinistra regge un clipeo circolare, calpestando con il piede
destro il Demonio raffigurato come un immondo drago squamoso con testa di levriero ringhiante e ali
di pipistrello.
Tale iconografia, piuttosto comune, mostra per nella stragrande maggioranza dei casi il Santo con
armatura da centurione (Nola, duomo, altare Cesarino, del 1523, di Giovanni da Nola). In una statua
successiva, datata 1538, nella cattedrale di Gravina, lo stesso Stefano da Putignano ripe- te, pur se con
maggiore dinamismo, tale iconografia variando la posizione del braccio destro che, anzich sollevare
minacciosamente la spada, la conficca con forza nelle fauci del drago-Demonio (iconografia del tutto
simile a quella di una statua di Antonello Gagini nella chiesa di San Michele a Nicosia, dove per il
Santo, diversamente che a Gravina, coperto interamente da unarmatura). Un altro filone iconografico
fa capo alla splendida statua del santuario garganico che, dalla vecchia attribuzione al Sansovino,
attraverso una mediana a Girolamo Santacroce, ap- prodata a quella ad Andrea Ferrucci da Firenze.
Senza volerci addentrare in questa sede in discussioni attrib utive e cronologiche (la datazione 14971507 fissata si fonda sullo stemma della base, identificato con quello di Consalvo de Cordova), si
noter che qui 1Arcangelo, coperto da unarmatura finemente decorata e da un manto che,
avvolgendoglisi alla gola, scende lungo la spalla sinistra sino a terra, rappresentato col braccio destro
sollevato ad angolo retto a impugnare la spada, mentre con la sinistra nellatto di trattenere un lembo
del mantello cui saggrap pa il Demonio, con zampe caprine e orecchie di fauno. E stato ipotizzato che
sin dallorigine fosse presente quella sorta di guinzaglio metalli- co che, partendo dal mignolo della
mano del santo guerriero, agganciato nelle fauci del mostro; alcune derivazioni per, come quella
nella chie sa del Carmine di Napoli, attribuita dubitativamente a Girolamo Santacroce, o unaltra, assai
fedele, nella chiesa di SantAndrea Barletta, o altre pi libere, come quella nel centro storico di Bitonto
o quella, forse degli inizi del Seicento, nella chiesa dell Immacolata di Minervino di Lecce, sconoscono
tale particolare. Derivata dallesemplare di Monte SantAngelo sembra anche la statua di San Michele
nella chiesa di San Pietro ad Aram a Napoli attribuita a Giovanni da Nola, in cui la mancanza del
mantello ind uce significative varianti: mentre infatti il gesto del braccio des- tro ripete quello del
prototipo, il sinistro, anzich il mantello regge con noncuranza per il gancio posteriore, un piccolo
scudo. Di conseguenza il Demonio, anzich al mantello, si aggrappa a un calzare dellArcangelo.
Diversa la raffigurazione che lo stesso Giovanni da Nola d di san Miche le in una lastra della chiesa
madre di Lioni (Avellino), dove il Santo rappresentato coperto interamente da unarmatura dietro cui
si intravede un manto svolazzante, mentre poggia leggiadramente i piedi, quasi danzando, sul drago che
apre le fauci in atto di minacciarlo e avvolge le sue spire intorno alla gamba sinistra del Santo, protetta
dallo schiniere. San Michele solleva la spada in un gesto del tutto simile alla statua di Mon- te
SantAngelo, difendendosi con lo scudo crociato che regge nella sinistra. Una forte impronta
donatelliana conserva il San Michele della Casa Annunziata di Napoli, attribuito dal Pane ad Antonello
Gagini, che, nel mo- do di reggere lo scudo, replica esattamente la, posizione del San Giorgio di
Donatello, ancorch qui lo scudo poggi sulla testa del drago. Ci che rimane del braccio destro sembra
invece alludere al gesto di chi solleva la spada per sferrare il colpo.
Una statua in parte frammentaria, nella stessa Casa dellAnnunziata, attribuita alla cerchia di Pere Joan,
vede invece san Michele conficcare la punta dello scudo nelle fauci del mostro e infilzare con la lancia
questultimo col braccio ora mancante. In alcuni casi la perdita di parti delle statue ci rendono difficile
interpretare i tipo iconografico seguito. Nessun collegamento col prototipo di Monte SantAngelo
sembra avere la statua di Giandomenico Gagini del 1542, nella chiesa di San Michele Arcangelo a
Mazara del Vallo, dove forse la mano sinistra reggeva una catena che aggiogava il Demonio
antropomorfo ai suoi piedi, mentre la bella statua di Fazio Gagini in localit Santocanale a PartannaMondello, abbigliata da centurione romano, ha perso tutti gli attributi iconografici salienti, compreso il
drago. Comunque sembra di poter affermare che, neppure in Puglia, il prototipo di Monte SantAngelo
sia stato replicato pedissequamente, essendo troppe le varianti e le reinterpretazioni che possono
rinvenirvisi.
LArcangelo Gabriele compare invariabilmente nella scena dellAnnunciazione che, pur fissata da
secoli, presenta varianti anche regionali, talvolta abbastanza accentuate. Pu essere rappresentato
volante, in atto di planare sulla terra, in piedi, inginocchiato o in atto dinginocchiar- si. Pu reggere
con la sinistra un ramo di giglio o un filatterio sul quale inciso il versetto AVE GRATIA PLENA, e
benedire con la destra, o te- nere le braccia conserte in atto di adorazione. Analogamente, anche la
posizione della Vergine pu variare: raramente in piedi, Ella e pi spesso inginocchiata, talvolta su un
leggo decorato con fregi vegetali e candelabri, o addirittura seduta, colta nellatto di leggere un testo
sacro o pi realisticamente, di filare.
In Sicilia, Domenico e Antonello Gagini e le loro fiorentissime botteghe hanno prodotto un numero
davvero stupefacente di esemplari appartenenti a questa tipologia iconografica diffondendoli anche in
Calabria modificandone spesso i particolari. Del primo ricordiamo almeno 1Annunciazione,
realizzata forse in collaborazione con la bottega, il cui Angelo conservato nella chiesa di Santa Maria
di Porto Salvo a Palermo (la corrispondente figura della Vergine, giovanissima come le pi affascinanti
Madonne di Domenico, a capo scoperto, in piedi, la mano destra sul petto e la sinistra a fermare contro
il fianco il libro aperto, nel Museo Diocesano della stessa citt). LAngelo, dalla folta capigliatura
ravviata allindietro, colto nellatto di inginocchiarsi, ha lesp ressione intensa di chi sia pienamente
consapevole del suo ruolo, e con la lunga mano affusolata nasconde, pi che mostrare, il lungo
cartiglio. Pi numerose e variate le Madonne di Antonello: di finissima qualit e fondamentale per i
riflessi iconografici, anche assai lontani, che esso ha avuto e di cui si dovr riparlare, il gruppo, carico
di intima religiosit, oggi nel municipio di Erice, datato 1525.
Lestremo equilibrio compositivo del gruppo si fonda sulla posizione delle figure dellArcangelo
Gabriele e della Vergine, affrontate, entrambe inginocchiate e col capo leggermente reclinato verso il
centro, occupato da un inginocchiatoio -leggo sul quale poggia il volume di cui Maria ha sospeso la
lettura. Il primo, che sindovina appena planato con le grandi ali piumate, indossa un lungo mantello
chiuso da una fibbia sul petto e, con un gesto che denota una certa qual familiarit, avvicina la mano
benedicente al leggo, su cui appoggia 1avambraccio, nascondendo cos il filatterio srotolato quanto
basta per leggere un AVE G. PLE. Compositivamente meno felice , dello stesso Antonello Gagi- ni, il
gruppo della chiesa di SantAgata a Castroreale datato 1519, che conserva ancora le preziose
decorazioni dorate: in esso la figura alquanto instabile di Gabriele in atto dinginocchiarsi con le
braccia conserte contrapposta a una placida Vergine seduta su un solido trono animato da leoni alati,
che, tenendo sul grembo il libro di cui ha appena interrotto la lettura, con la mano destra accenna a un
lieve moto di sorpresa.
Il tipo dellAnnunciazione con Vergine in piedi sembra avere avuto particolare diffusione nella Sicilia
orientale e, di qui, essere trasmigrato in Calabria (gruppi della chiesa madre di Bagaladi, Reggio
Calabria; della chiesa parrocchiale di Brognaturo, di Giovan Battista Mazzolo, del 1532; della chiesa
dellAnnunziata di Tropea, dello stesso Mazzolo); il tipo con la Vergine inginocchiata, di cui si
indicato un esempio qualitativamente altissimo nellAnnunciazione del municipio di Erice, trova una
singolare eco nelle numerose Annunciazioni di Altobello Persio a Matera: da quella, gi a torto
attribuita al figlio Giulio Persio, nella cappella dello stesso titolo nella cattedrale, a quella, di assai pi
ridotte dimensioni, che figura sul cosiddetto dossale di San Michele nella stessa chiesa, a quella della
cappella del Corpo di Cristo annessa alla cattedrale, a quella, ora restaurata, presente nella chiesa di
Materdomini. La circostanza, che potrebbe apparire singolare, trova una precisa giustificazione storica
nel fatto che, come stato dimostrato da chi scrive, il fratello di Altobello, Aurelio, da identificare
con 1Aurelius de Basilicata di cui gi Gioacchino Di Marzo diceva aver lavorato per qualche anno
nella bottega di Antonello a Palermo , dove sicuramente il nostro Altobello dovette trovarsi tra il 1534 e
il 1538. E un fatto che il tipo iconografico materano non compaia in Puglia, dove per contro
troviamo, nella chiesa matrice di Grottaglie, un grande rilievo databile intorno al 1520, caratterizzato
da uno stile arcaizzante e manierato, con una curiosa Annunciazione in cui un Angelo in piedi, di tre
quarti, con lunghissimi capelli ritorti che gli scendono lungo la schiena, fornito di giglio (perduto) e di
vistoso filatterio, e con indosso tunica e dalmatica minuziosamente raffigurate, reca il suo annuncio a
una Vergine seduta frontalmente verso lo spettatore a braccia conserte.
Gli Angeli custodi del Santissimo Sacramento
Secondo Giovanni da Cartagena il sacrificio del Cristo immolatosi sulla croce era servito non solo
allumanit, ma anche agli Angeli. Sarebbe per tale ragione, secondo il Male, che essi fissano con
fervore 1ostia e con ammirazione il prete che consacra il Corpo di Cristo.
Questa circostanza trova un preciso risco ntro nella scultura del Rinascimento meridionale, in cui
grandissima diffusione hanno i tabernacoli, spesso monumentali, quasi sempre marmorei o pi
raramente in pietra, sui quali compaiono senza eccezione pi o meno affollate schiere di Angeli
adoranti il Santissimo. La fronte del tabernacolo simula una stanza (o una stanza nella stanza) dal
soffitto piano o a volta cassettonato: sulla parete di fondo collocata la porticina (o il tempietto) che
custodisce il Sacramento, ai lati della quale sono distribuiti, talvolta su due o pi ordini, Angeli in
atteggiamento di adorazione. Non raramente il Sacramento simbolizzato dal calice con lostia o da
figurazioni in rapporto con il tema della Passione e della Salvazione. Un sia pur sommario censimento
dei Sakramentstabernakel rinascimentali sparsi in chiese, cap- pelle e musei dellItalia meridionale
richiederebbe una trattazione specifica che non potrebbe certamente essere sintetizzata nelle poche
pagine a disposizione.
Nella scultura siciliana rinascimentale, soprattutto di ambito gaginesco, questo tipo, che insieme
strutturale e iconografico, trova numerosissime esemplificazioni, talvolta daspetto monumentale (per
esempio nella cappella del Sacramento del duomo di Marsala), sparse in tutta 1isola (Alcamo,
Ciminna, Collesano, Ficarra, Isnello, Messina, Mazara del Vallo, Mirto, Nicosia, Palermo, Pollina, San
Mauro Castelverde, Tusa ecc.). Di grande raffinatezza quello della chiesa madre di Isnello, attribuito a
Domenico Gagini e alla sua bottega, in cui la porticina che custodisce il Sacramento si apre sulla parete
di fondo di un vano reso in prospettiva, coperto da una volta cassettonata da cui pende una tenda a
padiglione. A svelare questo sacro invaso sono due Angeli che aprono i due lembi di un ampio
tendaggio fissato a due colonne tortili, che lo delimitano lateralmente. Allinterno del vano sei Angeli
(tre per parte) sono inginocchiati sul pavimento ad adorare la custodia del Santissimo. Tre grandi
Cherubini ornano 1architrave del tabernacolo, sovrastato da una lunetta in cui si accampa unaffollata
schiera di Cherubini disposti a formare una sorta di ghirlanda.
Ancora in Sicilia, non si pu non ricordare il tabernacolo, di Antonello Gagini, monumentale a onta dei
centotrentasette centimetri di altezza, conservato nel Museo Nazionale di Messina, pienamente
rivelatore del suo stile classicheggiante. La lastra marmorea, scolpita ad altorilievo, simula il solito
vano, questa volta coperto da un cassettonato piatto in prospettiva, con sei terzetti di Angeli distribuiti
su altrettanti piani verticali ai lati del tempietto (chiaramente ispirato a quello bramantesco di San
Pietro in Montorio) che accoglie il Sacramento, gli inferiori ad ali abbassate, i superiori con le ali
sollevate nel volo. Gli Angeli del terzo registro recano grossi cartigli con iscrizioni derivate dal tema
sacramentale, cui allude anche il rilievo, in asse con la cupola del tempietto centrale, in cui Cherubini e
Angeli reggenti i simboli della Passione circondano la figura stante del Cristo risorto. Altri Angeli
adoranti e Cherubini fiancheggiano, in alto, la figura dellEterno, forse benedicente (ma i danni subiti
dagli arti non ci permettono di affermarlo).
Delle custodie sacramentali napoletane, in genere di composizione meno complessa, si vogliono
ricordare quella di Jacopo della Pila nella cappella di Santa Barbara in Castelnuovo, con le solite
schiere di Angeli oranti ai lati della porticina del Santissimo, quelli in basso inginocchiati sul
pavimento a riggiole, con 1intermediazione di banchi di nuvole, e quelli del registro superiore ritratti
furiosamente in volo, con lunghissime ali appuntite; ma non si possono non citare quella nella chiesa di
SantAngelo a Nilo (riadattata a lavabo), quella murata sul retro dellaltare nella chiesa di
Monteoliveto, imitata nel tabernacolo della chiesa di SantIppolistro ad Atripalda, e unaltra nella
chiesa di Santa Caterina a Formiello (frammentaria). Non la custodia sacramentale, ma 1immagine
della Bruna adorano invece gli Angeli Cherubini presenti nel monumentale tabernacolo della chiesa del
Carmine Maggiore a Napoli reso noto dal Pane, dove per alla simbologia eucaristica alludono, nella
predella, gli Angeli che reggono il sudario e, nel paliotto, la Resurrezione.
Anche la Calabria conserva un numero consistente di custodie sacramentali, di volta in volta ispirate ad
esemplari napoletani (Squillace, cattedrale, anchesso derivato dal prototipo di Monteoliveto; Morano
Calabro, collegiata; Tropea, duomo, dove nella lunetta compare un gigantesco calice con 1ostia) o
siciliani (Sinopoli, chiesa madre; Stignano, chiesa dellAnnunziata; Taurianova, chiesa dellImmacolata
ecc.). Da Napoli provengono le poche custodie presenti in Basilicata (notevole il frammento nella
chiesa di Maria Maggiore a Maratea). In Puglia, oltre allAdorazione del Santissimo presente nella pala
dellaltare maggiore di Nuzzo Barba nella collegiata di Noci, si vogliono segnalare quella murata
allesterno di un fabbricato nel centro storico di Loseto, inedito, imitazione locale di qualche esemplare
napoletano scomparso.
Angeli musicanti
Un filone angelico di estremo interesse nella scultura del rinascimento meridionale rappresentato
dagli Angeli musicanti. Al di l dei consueti, poco significativi Angeli tibicini presenti in un gran
numero di rilievi di diverso soggetto, occorre prendere in considerazione i presepi monumentali, in
pietra o altri materiali (marmo, terracotta, legno) dove non raramente agli Angeli affidato il ruolo di
accompagnatori musicali dellevento. Il notevole numero di presepi monumentali sopravvissuti in area
apulo - lucana grazie al materiale con cui sono realizzati (la dura pietra calcarea locale), ci permette di
dellAssunta di Antonello Gagini nel duomo di Palermo; quella, ancora di Antonello, nella cappella di
villa Palagonia a Bagheria; nonch 1Assunta di Antonino Gagini nel duomo di Marsala) o la
Maddalena (tra le raffigurazioni pi significative, q uella, autentico capolavoro della scultura
rinascimentale italiana, di Antonello Gagini nellaltare Pignatelli nella chiesa di San Leoluca a Vibo
Valentia, copiata da Angelo de Marinis detto il Siciliano nella figura di analogo soggetto del Museo
del duomo di Milano).
In atteggiamento di adorazione o di preghiera, oltre che nei gi citati tabernacoli sacramentali, troviamo
gli Angeli in una serie infinita di raffigurazioni (se ne cita qualcuna a caso: Domenico Gagini, Nativit,
Washington, National Gallery of Art, Kress collection; Andrea Ferrucci, Battesimo di Cristo, Napoli,
chiesa dellAnnunziata; Giovanni da Nola, Madonna in gloria, Napoli, chiesa di San Lorenzo;
Salvatore Caccavello, altare in Santa Maria Maddalena di Aversa; Gian Domenico DAuria e Salvatore
Caccavello, Madonna delle Grazie, Capua, Museo Campano; Pietro Bernini, Angeli adoranti, Morano
Calabro, chiesa della Maddalena ecc.).
Ricorrente la presenza degli Angeli nei monumenti funerari, dove possono farsi interpreti del dolore
collettivo, specie se si tratti di morti giovani (monumento funebre di Andrea Bonifacio e di G.B. Cicaro
nella chiesa dei Santi Severino e Sossio, rispettivamente di Bartolom Ordonez e di Andrea Ferrucci;
sepolcro di Federico Uries, di Annibale e Salvatore Caccavello, Napoli, chiesa di San Giacomo degli
Spagnoli), o reggere faci, talvolta rovesciate in segno di lutto (Gravina, chiesa di Santa Sofia, mausoleo
di Angela Castriota Skanderbeg; Napoli, San Domenico Maggiore, sepolcro di Galeazzo Pandone e di
Rainaldo de l Doce; Napoli, duomo, monumento Tocco; Napoli, chiesa dei Santi Severino e Sossio,
sepolcro di Sigismondo Sanseverino; Potenza, chiesa di San Francesco, sepolcro di Donato De Grasiis
ecc.).
Troviamo gli Angeli intenti anche ad aprire le cortine che nascondono alla vista il cadavere (mausoleo
di re Ladislao, monumento di Ruggero Sanseverino, monumento di Sergianni Caracciolo, tutti in San
Giovanni a Carbonara a Napoli; monumento di Malizia Carafa in San Domenico Maggiore a Napoli) o
a sollevare, allo stesso scopo, i lembi di una tenda a padiglione (sepolcro di Giovannella Stendardo
nella chiesa di SantAgostino ad Arienzo; sepolcri di Raimondello e di Giovanni Del Balzo Orsini,
entrambi nella chiesa di Santa Caterina dAlessandria a Galatina; sepolcro di Giulio Antonio
Acquaviva dAragona nella chiesa di Santa Maria dellIsola a Conversano ecc.).
Talvolta, come nel succorpo di San Gennaro, gli Angeli aprono la tenda che nasconde il Santissimo, o
ne reggono i lembi (monumento a Maria dAragona, Napoli, Monteoliveto; altare Arcella, Napoli,
chiesa di San Domenico Maggiore) o reggono un drappo che simula o nasconde lo schienale del trono
della Vergine (Madonne con Bambino in trono di Stefano da Putignano nella chiesa di San Domenico
di Monopoli e nelle chiese matrici di Noci e Turi).
Frequentissimo, soprattutto nei monumenti funerari, il caso in cui gli Angeli reggono lo stemma di
famiglia del defunto. Delle numerosissime esemplificazioni possibili e inevitabilmente parziali,
verranno qui citate solo alcune tra quelle che mostrano una maggiore originalit, come nel sepolcro di
Troilo Carafa in San Domenico Maggiore a Napoli dove gli Angeli pi che reggere gli stemmi, vi si
appoggiano sconsolati, o nel monumento Poderico in San Lorenzo, sempre a Napoli, dove gli
Angioletti dolorosi, seduti, vi appoggiano il gomito. Il sepolcro di Giovanni Patern nel duomo di
Palermo, opera di Antonello Gagini, costituito da un sarcofago romano rilavorato: al centro due Nikai
alate e con mantello svolazzante reggono lo stemma del defunto circoscritto da un profilo circolare
rilevato. Una curiosa, innaturale posizione semisdraiata caratterizza gli Angeli reggistemma nei
monumenti Valguarnera della chiesa carmelitana di Assoro, attribuiti alla bottega di Domenico Gagini:
gli Angeli, appoggiati sul ventre e con le piccole gambe sollevate, calcano con i piedi minuscoli banchi
di nuvole.
Di raffinata qualit, e non legati a un monumento funerario, sono gli splendidi Angeli volanti che,
poggiando i piedi su nuvolette (lo stesso particolare che gi in Domenico Gagini) si aggrappano
faticosamente ai nastri cui sospeso lo stemma cardinalizio del Carafa nel succorpo di San Gennaro a
Napoli, opera di Giovan Tommaso Malvito: rilievo di cui non si pu non ammirare la grazia e la
spontaneit dei gesti e il trepido plasticismo del modellato.
Di livello di gran lunga inferiore, ma interessanti perch comunemente considerati parte di un paliotto
daltare, gli Angeli ad altorilievo che reggono lo stemma dei Bonospirito nella cappella del presepe
della cattedrale di Polignano, opera del locale Stefano da Putignano.
Nei monumenti funerari (e non solo) gli Angeli reggono spesso anche grandi targhe recanti 1iscrizione
funebre. Anche in questo caso, gli esempi che si potrebbero addurre sono numerosissimi (sarcofagi
Curiale, Artaldo e Vassallo in Monteoliveto; mausoleo Maremonti, chiesa madre, Campi Salentina;
altare con Madonna in gloria e Santi attribuito a Giovan Antonio Tenerello nella chiesa dei Santi
Severino e Sossio a Napoli). Curiosamente privo discrizione il grosso cartiglio retto da due
muscolosi Angioletti in un rilievo della chiesa della Maddalena ad Aversa la cui attribuzione
oscillante fra Annibale e Salvatore Caccavello. Pi frequente la presenza di Angeli reggicartiglio nei
presepi e, in genere, nelle Nativit (Presepe nella cattedrale di Polignano, Nativit nella chiesa madre di
Pollina, Nativit nel Museo Regionale di Messina ecc.).
Altre presenze comuni sono quella degli Angeli porgidrappo nelle scene del Battesimo del Cristo
(Andrea Ferrucci, Napoli Annunziata; Antonello Gagini, Corleone, chiesa madre) e, riflesso, su talune
acquasantiere (Erice, chiesa di San Giovanni Battista; San Mauro Castelverde, chiesa di Santa Maria
dei Franchi), degli Angeli reggipalma (cappella di Somma in San Giovanni a Carbonara a Napoli;
altare del Pezzo in Monteoliveto), degli Angeli spargincenso (Potenza, Santa Maria del Sepolcro), degli
Angeli reggicornucopia (monumenti Marchese e Salimbene nel Museo Regionale di Messina).
Reggono unguenti gli Angeli della tomba di Maria dAragona in Monteoliveto e di quella Montalto in
Santa Maria degli Incurabili a Napoli, mentre Angeli che reggono serti con immagini sacre sono
presenti ancora nel monumento di Maria dAragona a Monteoliveto, in un portale della chiesa di San
Domenico a Napoli, in una monumentale acquasantiera del palazzo del municipio a Palermo, per non
citare che alcune tra le moltissime esemplificazioni proponibili.
Comunissimi gli Angeli reggicorona, spesso in collegamento con la figura della Madonna in Trono.
Davvero straordinaria la serie di quattordici Angeli che, nei pi vari atteggiamenti, reggono la corona
(salvo uno che regge la tiara pontificale di san Pietro) del duomo di Palermo, sovrastanti altrettante
statue di Santi realizzate da Antonello Gagini per la cosiddetta tribuna, un grandioso coi plesso
plastico che lo impegn a partire dal 1510 e che egli condurr personalmente solo fino allinizio del
secondo ordine.
Infine, tra gli altri compiti assegnati agli Angeli ricordiamo quello di reggere festoni di alloro o di frutta
e fiori (Annunciazione di Benedetto da Maiano in Monteoliveto a Napoli; icona Rainaldo nel Museo
Campano di Capua ecc.) o candelabri (Angeli reggicandelabro nella chiesa matrice di Castellana
Grotte; Presepe nella chiesa di San Francesco a Gallipoli e nella cattedrale di Martina Franca; Angeli
reggicandelabro in marmo carrarese, di scuola gaginesca, nella chiesa dei Riformati di Mesuraca,
Catanzaro).
Le tipologie sin qui enumerate non pretendono in nessun modo di avere carattere esaustivo, dato che se
ne potrebbero citare molte altre (come gli Angeli atlanti nellacquasantiera della chiesa madre di Mola
di Bari o nella statua della cosiddetta Madonna del Popolo nella cattedrale di Tropea, o gli Angeli
traspo rtatori nel rilievo di un altare, opera di Salvatore Caccavello, ove raffigurato il trasferimento
della Santa Casa di Loreto nella chiesa di Santa Mar Maddalena ad Aversa) che, seppur pi rare,
compaiono comunque nel panorama della scultura del Rinascimento meridionale. Basti pensare solo,
con queste note, 1aver dato qualche spunto che possa portare una sia pur pallida luce sulla
straordinaria ricchezza delle figurazioni angeliche nel tempo e nellarea proposti.
Dipinse in un maggior quadro la Madonna che si riposa dalla fuga in Egitto: evvi un angelo, in piedi che suona il violino,
San Giuseppe sedente gli tiene avanti il libro delle note, e 1angelo bellissimo, poich volgendo la testa dolcemente in
profilo va discoprendo le spalle alate e l resto dellignudo interrotto da un pannolino. (Bellori, Roma 1672; ed. critica,
Torino 1976, p. 215).
Cos Bellori, nella descrizione del Riposo nella fuga in Egitto della Galleria Doria Pamphili, pone 1accento decisamente
sulle forme dellangelo apollinee, levigate e luminose; eppure il racconto della fuga in Egitto, dal Vangelo di Matteo, non
ci racconta del riposo n ci narra dellAngelo che accompagna il sonno del Divino Bambino e di Sua Madre: 1episodio
narrato dagli Apocrifi e tuttavia ben poco del racconto dello pseudo-Matteo (XX) resta nel dipinto. La pagina di musica,
noto, riporta la trascrizione di un mottetto del musicista nordico Noel Bauldewijn il cui testo tratto dal Cantico dei Cantici
(7,6): la funzione salvifica della musica celeste, 1angelica consolazione, stata chiarita in una lettura dellopera che ne
affronta le molteplici implicazioni nel contesto dellattivit giovanile di Caravaggio (Calvesi, 1985). Caravaggio fonde, nel
Riposo, differenti tipologie in unoperazione di sincretismo angelico che raccoglie insieme nello stesso momento 1Angelo
del sogno, lAngelo musicante, con il suo profondo significato di dispensatore dellarmonia delluniverso, e lAngelo dei
bambini. Guardatevi dal disprezzare uno di questi piccoli, poich vi dico che i loro angeli nei cieli contemplano
continuamente il volto del Padre mio. Matteo (18,10) tra gli Evangelisti, e quello che pi ha posto 1accento sullumanit
di Cristo e, conseguentemente, sulla sua infanzia. Il suo racconto della Strage degli innocenti ha ispirato infinite
raffigurazioni; eppure nessuna, forse, raggiunge il senso di dramma compiuto del dipinto conservato nella Pinacoteca
Nazionale di Bologna che Guido Reni esegu qualche anno dopo lopera di Caravaggio. Tra gli elementi della raffigurazione
ve n uno che forse non ha avuto lapprezzamento che pure avrebbe meritato se la met inferiore del dipinto, quella in cui
si consuma la parte pi straziante dellavvenimento, fosse stata appena poco meno che straordinaria. Ci riferiamo ai due
piccoli Angeli che compaiono in alto, parzialmente nascosti nelle nuvole: certamente Angeli dei bambini. In nessun caso,
pi che in questo, si possono apprezzare le parole di Matteo, ma straordinaria 1invenzione di raffigurare due piccoli
Angeli quasi monocromi che, con gesto compunto e pieno di grazia, tengono a fatica tra le braccia due grandi fasci di
palme e da essi le sfilano, una per volta, per porgerle ai piccoli martiri. Ecco che unesigenza compositiva, quella di rendere
pi aerea una raffigurazione che altrimenti, con la presenza di una folla di Angeli, uno per ciascuno degli Innocenti, avrebbe
potuto vanificare il senso di dramma bloccato che la pi grande invenzione del dipinto, diviene un brano di poesia.
Allorch Guido Reni dipinse lArcangelo Michele per la chiesa dei Cappuccini a Roma per inciso, il raro dipinto a olio su
seta, commissionato dal cardinale Antonio Barberini, fratello di papa Urbano VIII, fu tra i pi celebrati del pittore,
soprattutto dalla critica francese del Settecento, e particolarmente amato dal Winckelmann (Abhandlung von der Fahigkeit
..., tr. it., 1983, p. 33) il pittore si pose nel solco della ripresa delliconografia micaelica propugnata dalla Controriforma:
1Arcangelo atterra il Diavolo cos come la Chiesa Trionfante atterra leresia protestante.
Ma ci che pi interessa la testimonianza che il campione della teoria belloriana del Bello Ideale ci ha lasciato in relazione
a quello che potremmo definire 1anelito di ogni artista allidentificazione con 1Angelo. Cos Guido si espresse in una
lettera inviata a monsignor Massani, maestro di casa di Urbano VIII, allorch sped da Bologna il dip into: Vorrei aver
avuto pennello angelico, o forme di Paradiso, per formare lArcangelo e portarlo in cielo, ma io non ho potuto salire
tantalto, ed in vano 1 ho cercate in terra. S che ho riguardato in quella forma che nellidea mi sono stabilita.
Si trova anche 1idea della bruttezza, ma questa lascio di spiegare nel Demonio, perch lo fuggo sin col pensiero, ne mi curo
di tenerlo a mente (Bellori, ed. cit., pp. 17, 530).
Lidea dellAngelo stata da sempre utilizzata dagli uomini per riempire lo spazio vuoto, e forse
incolmabile tra il cielo e la terra. Anghelos , gi in Omero, colui che reca un messaggio ed sacro
anche quando non emanazione diretta degli di, perch sacra la comunicazione e la possibilita che
agli uomini data di comunicare attraverso intermediari; Achille consegna Briseide ai messaggeri di
Agamennone, Euribate e Taltibio, e a essi non oppone resistenza poich il messaggero sotto la protezione
degli di: Messaggeri di Giove e delle genti (...) In voi niuna colpa con meco (Iliade, I, 437-439). La medesima
sacralit, a ben guardare, avvolge, dopo alcuni millenni, le misteriose sorveglianti delle comunicazioni notturne di Proust, le
telefoniste, (...) Angeli custodi (...) che senza posa vuotano e riempiono e trasmettono le anfore dei suoni (Proust, Paris
1920; ed. critica, Torino 1978, p.l41).
Nella Bibbia gli Angeli sono i messaggeri di Dio che trasmettono la Sua Volont nel mondo; ma le descrizioni delle
Scritture non ci autorizzano, e non autorizzarono i pi antichi illustratori cristiani, a immaginarli con le ali.
Fritz Saxl ricostruisce la storia della comparsa delle al corpo degli Angheloi e fissa la nascita delliconografia pi consueta
alla prima met del V secolo; ma, soltanto nel XVII secolo, la libert di giudizio di Rembrandt permetter il ritorno alla
lettera del testo biblico nel dipinto raffigurante il Sacrificio di Manoach, (Giudici 13,19) oggi conservato nella
Gemaldegalerie di Dresda (Saxl, Bari 1982): qui 1Angelo del Signore, dopo aver recato lannuncio della prossima nascita
di Sansone, vola, confuso nelle fiamme, e non ha ali. E nel Seicento che il recupero delle pi antiche credenze del
misticismo cristiano raggiunge il suo pi archeologico senso. E probabile, anzi forse certo, che in questo una larga parte
possa avuto il clima di rinascenza paleocristiana propugnato e perse con molti differenti mezzi dalla cerchia di papa Urbano
VIII, Maffeo Barberini, ma gi, del resto, parzialmente riportato in dallo spirito del Concilio di Trento.
Lestetica della luce, ad esempio, di derivazione plotiniana, dar vita ai pi straordinari congegni luminosi che la storia
dellarte rammenti e, nel contempo, a raffigurazioni in cui 1Angelo perde progressivamente corpo per acquistare forma
nella luce.
Gli scritti di Dionigi Areopagita (pseudo Dionigi) che, tra i primi, ci consegnano, raccolti in un organico sistema di
pensiero, una angelologia che costituir la base di molte successive speculazioni sullargomento, furono oggetto di
particolare attenzione in ambienti romani del XVII secolo; del per tes oranias erarchas comparve una traduzione latina
(De coelesti Hierarchia) nel 1634, che si giov di una incisione di Rubens nel frontespizio (Wittkower, Milano 1990, p. 58).
La denominazione di Cherubini indica daltra parte la disposizione a conoscere e a contemplare Iddio, a ricevere i pi alti
della sua luce. (De coelesti Hierarchia, VII, 1). E, pi avanti: () devesi ora affrontare il problema proposto e
cominciare la nostra spiegazione delle immagini ricercando perch la teologia, come constatabile, ponga le immagini
tratte dal fuoco sopra tutte le altre (De coelesti Hierarchia XV, 2).
Il Cherubino che trafigge Teresa nella cappella Corsaro in Santa Maria della Vittoria, a Roma, ma anche, qualche anno
prima, gli Angeli che sorreggono san Francesco nella pala marmorea della cappella Raimondi in San Pietro in Montorio
eseguita da Francesco Baratta, ma concepita e inserita in un apparato a illuminazione controllata da Bernini con
meccanismo tipico dellillusionismo barocco, si sostanziano di luce e in essa si smaterializzano.
Collegata alla teologia della luce , ancora nellAreopagita, la tematica della gioia degli Angeli, una gioia che trae
nutrimento dalla consapevolezza che coloro che si volgono a Dio non possono che trovare la salvezza; in questo particolare
versante del pensiero dello pseudo Dionigi trova spiegazione il sorriso, riverbero d che per errore stato talvolta definito
erotico e sensuale dellAngelo berniniano che trafigge Teresa nel momento della trasverberazione (De coelesti Hierarchia,
XV, 9; sulle citate opere di Bernini: Lavin, 1980, passim e, sullidentificazione dellAngelo della trasverberazione con un
Cherubino, ibid., p. 117, n. 1).
Quanto detto rende certo che 1immagine dellAngelo unimmagine di puro presente e, in questa immanenza, essa si
qualifica come idea della presenza di Dio che si manifesta in un soffio della durata di un solo istante e per un istante colma
il vuoto tra il cielo e la terra. Non si pu non pensare allidea di Tempo elaborata da santAgostino e alla sua riflessione
sulla condizione dellanima umana che vive tre momenti in uno solo, in una sorta di annullamento del tempo: lattenzione a
ci che accade, il ricordo di ci che gi accaduto, lattes a di ci che deve ancora accadere (Agostino, Confessioni, XI, 28,
35-38). Anche il Wittkower (1980, p. 58) ha parlato di immutabile beatitudine nel suo fondamentale volume su Bernini a
proposito degli Angeli della cappella del Sacramento in San Pietro: il puro presente, in questo caso, equivale a una
ininterrotta eternit.
Daltro canto, una nuova considerazione pu essere affiancata a quella appena enunciata: 1Angelo smemorato. Ma
perch in terra per le vostre scole / si legge che 1angelica natura / tal, che ntende e si ricorda e vole, / ancor dir, perch
tu veggi pura / la verit che laggi si confonde, / equivocando in si fatta lettura (Paradiso, XXIX, 70-74).
Massimo Cacciari (1988, p. 132) ha posto in luce la mancanza di memoria nellAngelo, cos chiaramente presentata da
Dante, e da questa circostanza ha potuto trarre la considerazione che solo luomo conosce 1avventura e il peccato
dellAngelo; simmetricamente, si potrebbe proseguire considerando che la smemoratezza e leterno presente dellAngelo
sono la dimensione temporale che 1uomo non conosce pi e che potr recuperare soltanto lUltimo Giorno.
Le arti hanno sempre tentato di porre in sincronia i tempi del sacro e dellumano: per giungere a questo risultato larte del
Seicento ha cercato di esprimere tangibilmente lannullamento della separatezza tra le due dimensioni e, di conseguenza,
lannullamento tra i limiti, questa volta puramente fisici, tra pittura scultura e architettura, in modo concreto e visibile.
Non questo il luogo per ripercorrere, sia pure brevemente, la storia della rappresentazione illusiva dello spazio propria
dellet barocca, esemplificata nelle volte di molti edifici sacri. Basti per ricordare che il sistema decorativo, rinveniente da
un passato in cui aveva avuto sporadiche apparizioni, ebbe, nel corso del secolo, sviluppi diversi; dagli esempi iniziali del
Correggio alla fine del Cinquecento, fino alla volta della cappella della Passione nella chiesa del Ges a Roma, eseguita da
Gaspare Celio, il sistema avr massima diffusione nel corso del Seicento. Lanfranco e Pietro da Cortona, Gaulli e padre
Pozzo, per limitarci a considerare soltanto la capitale della cristianit, daranno vita a congegni di luce in cui gli Angeli
concorrono sempre alla determinazione di un collegamento visivo tra lo spazio immaginario della volta dipinta e lo spazio
della realt. Nel segno della trionfante Controriforma, lartista barocco sollecitato a creare immagini fantastiche e vere allo
stesso tempo, trasfigurate nella luce, imbevute di cielo, il cui compito quello di rendere i riguardanti partecipi del disegno
divino. E spesso, nelle volte barocche, gli Angeli si riducono soltanto a piccole teste alate, perch una testa e due ali sono
sufficienti per suggerire gli elementi essenziali del loro essere: 1intelligenza e la rapidit dei movimenti. E ancora lo
pseudo Dionigi a rammentarci, con immagine carica di suggestione, che il loro agire si compie spandendo la pioggia
dellintelligenza e che son detti vnti per mostrar la prestezza con cui agiscono (De coelesti Hierarchia XV, 6).
Ma tra tutti i meccanismi di luce sopra ricordati forse nessuno ci aveva fornito, al tempo stesso, la dimostrazione tangibile
che i due mondi non sono incomunicanti e una presentazione cos chiara della possibilit di annullare i limiti fisici propri
delle tre arti, attraverso 1elaborazione di un sistema decorativo che lo stesso Bernini defin un bel composto, come la
cappella Cornaro. Gli Angeli della volta, confusi nelle nubi anzi essi stessi nuvole, ad esse assimilati dallesecuzione con
il medesimo stucco grigio - oltrepassano e superano i limiti della cornice della finestra recando dallesterno allinterno una
luce che il loro tocco rende divina; ancora una volta occorre credere che allinvenzione berniniana abbiano fornito una
giustificazione gli scritti dello pseudo Dionigi: le raffigurano anche come nubi per significare che le intelligenze sante
contengono (...) la pienezza del lume segreto e (...) la trasmettono alle loro sottoposte dipoi in generosa maniera (De
coelesti Hieraxchia XV, 6). Nella stessa cappella 1annullamento di ogni dimensione fisica, anche di quella del tempo,
ribadito dagli Angeli in stucco bianco che appendono ghirlande di fiori sullarco di ingresso: (...) la decorazione ancora in
corso (...). La cappella appare come unopera darte il cui creatore impieghi come operai angeli e cherubini (Lavin, op. cit.,
p. 141).
Non sembrer bizzarra, a questo punto, linserzione di una piccola digressione sul sesso degli Angeli. E stato rilevato come
1Angelo assuma talvolta, nelle arti figurative, sembianze femminili, ed esemplari angelici di vaga femminilit sono
presenti in differenti epoche della storia dellarte: stata supposta una dipendenza di questa particolare iconografia, almeno
nel suo nascere, dalla poetica del dolce stil novo. Ma, per restare nellambito del Seicento, ricorderemo che Georges de La
Tour, in un dipinto conservato a Nantes, nel Muse des Beaux Arts, ci consegna una interpretazione del Sogno di Giuseppe
che, allo stesso momento, priva 1Angelo delle ali e lo rende femmina (Bussagli, 1995, p. 178). E altre opere dimostrano
che, sovente, le vesti degli Angeli nascondono forme muliebri che di rado vengono esibite, al contrario di quanto accade, ad
esempio, in alcuni degli Angeli femminili in stucco che sorreggono le corone, al sommo degli stemmi dei committenti, nella
volta della chiesa dei Santi Cosma e Damiano a Conversano. Qui le figure angeliche, che decorano la volta di una chiesa
dalle raffigurazioni rigorosamente sacre, mostrano il seno che fuoriesce dalle vesti; gli stucchi sono anonimi, ma la loro
qualit ha suggerito a chi scrive 1ipotesi in corso di studio che nella progettazione, e forse nella stessa esecuzione,
abbia avuto un ruolo determinante lo stesso Cosimo Fanzago. In questo caso viene facile immaginare che la femminilit
dellAngelo possa derivare direttamente dalle figure mostruose di cui grottesche e stucchi cinquecenteschi ci avevano
presentato molti esempi. E nel Seicento che il culto dellAngelo custode, istituito gi dalla prima met del Cinquecento dal
vescovo di Rodez, Franois dEstaing, acquista, per impulso dei Gesuiti, rinnovato vigore e determina la comparsa di
numerose raffigurazioni del tema, tra cui si ricorder quella di Domenichino, a Capodimonte, e quella di Bonone conservata
nella Pinacoteca Nazionale di Ferrara. Ancora una volta, tuttavia, sar Rembrandt che, con la raffigurazione della
guarigione di Tobia, ci riporter alloriginario significato del tema. Raffaele e Tobiolo sono due giovani che si aiutano e si
guidano vicendevolmente (Tobia 6, id. 9) e questultimo non sa che 1altro un Inviato del Signore. Nel dipinto raffigurante
Tobia guarito dal figlio, conservato nella Staatsgalerie di Stoccarda, abbiamo la rappresentazione esatta del passo biblico:
sotto il controllo di Raffaele Tobiolo applic il farmaco e glielo tenne fermo. Poi con ambedue le mani distacc le scaglie
bianche dai margini degli occhi (Tobia 11,11-12). Rembrandt, che tuttavia questa volta rappresenta 1Arcangelo con le ali,
ci spiega qui il significato del nome di Raffaele Dio ha guarito e, contemporaneamente, nel mostrarci 1Angelo che
assiste Tobiolo, ci spiega con chiarezza e semplicit 1origine del ruolo che Raffaele avrebbe poi assunto.
Se torniamo per un momento alla considerazione sopra esposta della smemoratezza dellAngelo potr esserci di aiuto la
considerazione di Cacciari che precisa il parallelismo, di cui gi la Bibbia lascia intuire pi volte la sostanza un solo
esempio, fra tutti: cavalc un cherubino e vol (Salmo di Davide in Samuele II, 22, 11) tra la semplicit a-intenzionale
e immemore dellAngelo e linnocenza dellanimale(Cacciari, op. cit., p. 133). E ancora una volta Rembrandt, nel dipinto,
prevalentemente a lui attribuito, raffigurante Lasina di Balaam, conservato a Parigi nel museo Cognacq - Jay, a presentarci,
con la consueta chiarezza nella lettura del testo biblico, un episodio poco rappresentato nellarte del Seicento. Lasina vide
1angelo del Signore che se ne stava sulla strada con la spada sguainata nella sua mano, e ripieg dalla strada e and nel
campo. (Numeri 22, 23). Con visione repentina il pittore ci mostra 1Angelo, 1asina e Balaam: soltanto 1asina vede
1Angelo; Balaam, il divinatore, non ha la possibilit di entrare da subito in sintonia con 1Angelo poich la sua umanit
non glielo consente. E, per torna re al Riposo in Egitto: lo sguardo dellasino, cosi stranamente simmetrico a quello di
Giuseppe, senza ombra di dubbio diretto allosservazione dellAngelo incantatore. Cos come 1asina di Balaam, sola,
vede 1Angelo, cos 1asino del Riposo, solo, comprende la natura immemore dellAngelo.
Ma gli Angeli prenderanno possesso, nel corso del Seicento, anche dello spazio urbano; gli Angeli recanti i simboli della
Passione, vennero eseguiti, per il Ponte SantAngelo, da vari scultori, tutti, per, su disegno del Bernini a eccezione
dellAngelo con cartiglio, realizzato direttamente dallartista che scolp anche le prime versioni della medesima opera e
dellAngelo con la corona di spine, entrambe conservate in SantAndrea delle Fratte.
Alla fine della strada dei Pellegrini, subito prima di addentrarsi nei vicoli di Borgo e di giungere alla Tomba di Pietro, in
vista del paesaggio aperto sul fiume verso Castel SantAngelo e la Cupola, gli Angeli sono posti allinizio di un percorso in
cui sollecitano il pellegrino alla meditazione sui simboli del martirio di Cristo. Essi costituiscono, allo stesso tempo, il
momento di neces saria purificazione e il primo grado del lento avvicinamento alla visione della Cattedra. Gli Angeli ci
consegnano di s unimmagine dolente; in essi un Bernini settantenne esprime, al pi alto livello, una religiosit che si
nutriva dellImitazione di Cristo unopera anonima che veniva un tempo attribuita al mistico tedesco vissuto nel XV
secolo Tommaso da Kempis, ma probabilmente da datare al XIII secolo (Zolla, 1997) e che gli consent, soprattutto
nellAngelo con il cartiglio, di giungere a un pro cesso di spiritualizzazione estatica che si manifest nello stesso
andamento gotico che innest su modello dellAntinoo Vaticano (Wittkower, op. cit, p. 196). Al termine del percorso, sta la
visione berniniana della Cattedra di San Pietro, in cui scultura a tutto tondo, rilievi e luce concorrono al coinvolgimento
mistico del pellegrino e restituiscono agli Angeli che la sovrastano un ruolo pienamente trionfale.
la bella fanciulla che lo chiama; un tema di chiara derivazione umanistica. Compaiono su vasi e piatti in ceramica della ditta
inglese Minton dipinti a soggetto mitologico da quadri di Angelica Kaufmann (1748-1807). Angeli e Angioletti, in
opposizione a Diavoli agguerriti, sono infine raffigurati sullo scudo in argento cesellato con damaschinatura in oro, ispirato
al poema The Pilgrims Progress di John Bunyan (1628- 1688), esposto dalla ditta Elkington.
Si pu dire che le manifestazioni o i fenomeni socio-religiosi che abbiano raggiunto nellOttocento pienezza di
manifestazione e di strutturazione (devozionalit, stili di vita, evoluzione della vita familiare e pubblica, sviluppo delle
comunicazioni, del commercio e delle scienze, guerre, politica) abbiano anche, immediatamente, trovato espressione
nelloggettistica e nellarte figurativa passando attraverso 1iconografia della figura alata nelle sue diverse tipologie. Un
esame dellornamento personale femminile mostrer, ad esempio, nella significativa diffusione del tema angelico, una
commistione ambigua di moda sentimentale e di devozionalit in cui a volte impossibile cogliere la vera natura del
personaggio alato raffigurato; oppure permetter di osservare, accostate nello stesso oggetto, figure alate di derivazione
biblica e figure alate di derivazione pagana. Per esempio nella produzione di gioielleria archeologica degli orafi della
famiglia Castellani che nellOttocento soprattutto verso la met si ispirarono alle tecniche e ai motivi decorativi
dellantichit egizia, romana, etrusca, sono utilizzati in una stessa collana cammei intagliati nel XVI secolo con soggetti
biblici come Tobia e lAngelo o con soggetti ispirati alla mitologia che hanno come pro- tagonisti Cupido, Sileno, Venere
(Munn, 1983, ill. 81). Perfino le ali degli Angeli, singolarmente, fornirono ispirazione alloreficeria: la ditta londinese Child
and Child, attiva dal 1880 al 1916, e tra la sua produzione caratteristica le ali, adattate in modo da formare ogni possibile
tipo di gioiello (Munn, 1983, p. 173).
Un esame delle raffigurazioni grafiche, in particolare delle immaginette devozionali e degli oggetti prodotti per i
cerimoniali legati ai momenti lieti o tristi della vita umana (nascita, prima comunione, matrimonio, monacazione,
sacerdozio, morte) riveler schiere di personaggi alati, ciascuno da identificare nel proprio contesto. Appare comunque
immediata, in ogni specifico repertorio, la differenza tra i giovani Angeli longilinei e ieratici, mistici mediatori di
spiritualit, e i paffuti Angioletti tanto simili agli amorini - eredi di una ludica e spesso bizzarra vitalit che nei secoli
precedenti aveva caratterizzato sia le illustrazioni emblematiche sia la pittura.
Sembra opportuno, in questa situazione di dispersione, restringere il campo per brevi osservazioni a un motivo figurativo di
ampia diffusione europea e adatto a permettere, grazie allosservazione delle molte manipolazioni di cui fu oggetto, una
ricerca di derivazioni, di prosecuzioni, di adattamenti iconografici capace di riconoscere nitidamente la componente
revivalistica ed eclettica dellimmaginario figurativo angelico ottocentesco. Si tratta dell estrapolazione dei due Angioletti
posti tra le nuvole ai piedi della Vergine nella Madonna Sistina di Raffaello (Dresda, Gemaldegalerie), che ebbero fortuna,
rilevabile anche a una rapida ricognizione, soprattutto nella seconda met del secolo: 1uno pensoso, con il gomito
appoggiato a sostegno della testolina, 1altro, ugualmente pensoso, con le braccia conserte. Il particolare estrapolato
appare riprodotto in un acquerello di interno di autore anonimo, camera della consorte di Giovanni di Sassonia (Amalia
spos Giovanni re di Sassonia nel 1822) nel Palazzo Reale di Dresda (raccolta di Federico Guglielmo IV, ora a Sanssouci,
Potsdam), in un quadretto appeso a una parete con tappezzeria scozzese (Praz, 1981, p, 266). Ma il soggetto raffaellesco
venne riprodotto, soprattutto verso la fine del secolo (i due Angioletti, raffigurati insieme come nel particolare originario o,
con ulteriore manipolazione, separatamente), anche nelle piccole cromolitografie da vendere in fogli (Droscher, 1982, pp.
84, 131) e da usare nellornamento delle letterine di Natale (Wohlfart, 1991, pp. 50, 111) o nella decorazione di quadretti
manufatti destinati alla protezione domestica e memorie familiari felici o luttuose (Lange, 1994) ed presente anche in
cromolitografie di dimensioni pi grandi vetrificate in quadretti di forma rotonda, ovale o rettangolare (Pieske, 1988, p.140).
I due Angioletti, anche in questo caso in coppia o separa sempre immediatamente riconoscibili, per la caratteristica
posizione delle braccia, anche nelle riproduzioni meno accurate, fu motivo ricorrente nella gioielleria borghese e popolare:
su ciondoli mediante smalto policromo (Gri e Cantarutti, 1988, p. 88; Pietravalle, 1994, tav. 25; Cavalcanti, 1996, p. 149),
su medaglioni di collana (Bennet e Mascetti, 1989, p. 68), su orecchini in mosaico romano (Mascetti e Triossi, 1990, p.
113). Si possono rintracciare anche in cataloghi di oreficeria pi o meno prestigiosi, ancora nei primi decenni del Novecento
(Gioielli dAurion..., p.103; Calderoni..., 1916, pp. 7, 85, 86; Brillanti chimici..., p. 23). E interessante notare come nel
catalogo Calderoni 1Angioletto raffaellesco sia denominato Angelo custode, segno di un trasferimento di funzione,
abusivo rispetto alliconografia originaria e tanto legittimato dalla gestualit degli Angioletti, ben diversa dalla gestualit
tutelare tradizionalmente attribuita agli Angeli custodi. Un manufatto conservato nella raccolta di chi scrive, attribuibile a
un periodo tra 1ultimo decennio dellOttocento e i primi decenni del Novecento, prodotto in area tedesca, sembra preludere
inoltre alla possibilit di ulteriori spostamenti semantici in seguito allestrapolazione dal contesto raffaellesco e al
successivo inserimento in un nuovo contesto iconografico -simbolico. Si tratta di una figurina in cromolitografia
raffigurante 1Angioletto pensoso di Raffaello, ben pettinato, per, secondo la moda infantile dellepoca, applicata a un
fondo in cartoncino fustellato ornato di elementi vegetali essiccati, di stelle alpine e di ricami in filo dorato e in lana
policroma componenti la scritta, in caratteri gotici, GOTT SCHUTZE EUREN EHESTAND (Dio protegga il vostro
matrimonio). Nel nuovo contesto, per il richiamo alla protezione divina, il personaggio conserva la sua originaria
connotazione religiosa, ma lo specificarsi di una mansione tutelare gamelica evoca inevitabilmente il ruolo dei precristiani o
rinascimentali amorini (Gulli Grigioni, 1993). Quanto il motivo abbia influito sul gusto vittoriano lo si pu dedurre dal fatto
che il principe Alberto, consorte della regina Vittoria, avesse inserito nellalbum di famiglia una fotografia del principe di
Galles in atteggiamento raffaellesco (Detheridge, 1998). Lidea, in qualche modo legata alla consuetudine dei quadri
viventi, fu probabilmente in seguito popolarizzata, come sembra suggerire la presenza di due bambine in posa raffaellesca in
una cartolina postale fotografica anteriore al 1905 conservata nella raccolta di chi scrive. Il motivo raffaellesco
attualmente oggetto di un vistoso recupero commerciale: in coppia o separati, i due Angioletti appaiono su poster, album per
ricordi di cerimonie nuziali, coperchi di scatole in metallo policromato, calendari e agende di tutte le misure, attaccapanni in
ottone, scatolette portapillole in metallo e porcellana, sacchetti patinati e carte per raffinate confezioni regalo natalizie. Da
una bancarella invitano a scoprire il proprio Angelo custode, su una piccola piramide di cartone custodiscono un gioco
divinatorio in trentatr carte intitolato I consigli dellAngelo. Si trovano perfino sulle bustine per lo zucchero di una
caffetteria forlivese. Un dato importante di questo revival raffaellesco allinterno del generale revival angelico che
caratterizza gli ultimi decenni del Novecento rappresentato dallo spostamento (sopra segnalato) della funzione sia verso
un ruolo specializzato di Angelo custode sia verso una funzione amorosa appartenente a Cupido e agli amorini. Si illustrano,
di seguito, alcuni esempi della seconda situazione. Su una valentina americana (1979) i due Angioletti di Raffaello,
appoggiati alla balaustra di una piscina, osservano una bella fanciulla; sulla rivista Astra (novembre 1999) 1Angioletto
pensoso vaga in un cielo stellato a reclamizzare una trasmissione notturna di cartomanzia amorosa; sulla rivista Rclame
Conbi Casa (dicembre 1999) reclamizza un completo di lenzuola da letto matrimoniale e, in una cartolina promozionale di
questi ultimi anni comunicando grazie a un fumetto cuoriforme esorta: Valentiniamoci. Si tratta quindi di un tema
figurativo utilizzabile come campione ideale per lo studio delliconografia angelica ottocentesca e per una ricerca sulla
persistenza delle immagini e sulla migrazione delle immagini simboliche dal settore religioso a quello profano. Altre
segnalazioni circa 1attualit dei due Angioletti appaiono in un articolo di Enrico Gatta pubblicato nel 1995 su Il Resto del
Carlino.
Un altro caso ideale per lo studio della migrazione e delle trasformazioni dei temi iconografici, gi evidenziato ma che pu
forse essere arricchito con ulteriori ricerche in documenti seriali, fornito dal tema galante della Venditrice di amori,
encausto pompeiano cui sono raffigurate due nobildonne alle quali una popolana mostra, con gesto tipico di chi offre la
mercanzia, un amorino preso per ali come un pollo, estraendolo da una gabbia che rinchiude un secondo amorino. Osserva
Anna Ottani Cavina: La venditrice di amori e la sua avventurosa storia, dai fasti delle manipola zioni azzardate ad opera di
Vien (1763), di Fussli (1775 ca.), di Tischbein Thorvaldsen (1832), (...) fino alle spaventose cadute di gusto che ancora la
riciclavano in vista del Salon parigino del 1859, pu darci il diagramma di unoperazione gi kitsch, (Ottani Cavina, 1982,
p. 650). In nota lautrice, rifacendosi agli studi di Robert Rosenblum a segnalazioni di Nicola Spinosa, fornisce preziose
indicazioni bibliografiche per seguire il filo delle interpretazioni scaturite dallencausto pompeiano: dalle varianti di
Juchtzer, di David, dei Ripenhausen alle variazioni ottocentesche, da A. Tadolini Isambert, alle tante riprese di Thorvaldsen
perfino su grandi crateri di marmo. A proposito del quadro di Joseph-Marie Vien, del 1763 che riproponeva tale iconografia,
osserva Hugh Honour: La composizione deriva da un dipinto romano scoperto a Gragnano nel 1740 e riprodotto in varie
pubblicazioni del tardo Settecento sulle antichit. Pi tardi fu riprodotto in porcellana nella manifattura Vienna; ne esistono
anche versioni pornografiche del primo Ottocento, probabilmente di provenienza tedesca, in cui ai cupidi sono sostituiti falli
alati (Honour, 1980, p. 129). Sembra importante ricordare, a proposito dellantichit del tema, che, a corredo di un saggio
di Erwin Panofsky (Panofsky, 1975, ill. 106), riprodotto un mosaico di Antiochia nel quale si osserva un vecchio cl afferra
un amorino per metterlo in una grande gabbia in cui ne gi rinchiuso uno.
Concludendo, si ritiene utile esaminare Angioletti e amorini nellintero arco dellOttocento europeo, ricercando tanto
nellarte colta quanto nellarte popolare e in quella che si delinea nel corso del secolo come arte industriale, ricostruendo
genealogie culturali e linee di migrazioni iconografiche, utilizzando con attenzione e considerazione, accanto agli oggetti
della cosiddetta cultura materiale (manufatti o di produzione seriale), i repertori di immaginette devozionali, di valentine
e, verso la fine del secolo, di cartoline.
Se nei santini possibile osservare Angeli che conducono le anime verso il Paradiso con battelli a ruota e Angioletti che
scortano un aerostato sospeso nel cielo con le effigi della Madonna e di Ges Bambino o Ges Bambino che arriva per
Natale con lo slittino mentre sul versante sentimentale gli amorini delle cartoline e delle valentine vittoriane confezionano
cuori con la macchina da cucire, scrivono lettere augurali con la macchina da scrivere o, vestiti da ferrovieri, invitano gli
innamorati a salire sul treno dellamore; non si tratta di novit curiose, frutto esclusivo della fantasia di artisti e grafici, ma
dellapplicazione di tradizionali meccanismi dellinvenzione figurativa: nellimmaginario del tardo Ottocento, turgido
rapinosamente eclettico, conservatore e spregiudicatamente innovatore a un tempo, la connotazione romantica perde i
contorni storici per diventare linfa costituzionale a nutrimento di schiere sempre pi ampie di consumatori.
LA CONDIZIONE ANGELICA
TRA SINCRETISMO E LITURGISMO
Mariano Apa
Premessa
Lo spazio compreso tra 1umano e il divino si definito quale intermedia localizzazione della dimensione angelica, in
corrispondenza di una visione in cui numerosi servitori stavano alla corte degli dei in ambito assiro babilonese o
quali figli di Dio, schiere ed esercito del Dio che si presenta anche come Signore degli eserciti degli Angeli
nellAntico Testamento. Oppure ancora il mistero salvifico della nascita di Ges cantato da una moltitudine dellesercito
celeste, cos come la fine dei tempi vedr il Trono di Dio circondato da una moltitudine di angeli (...) in numero di miriadi
di miriadi e di migliaia di migliaia (Apocalisse 5,11).
Messaggero e inviato degli di, e da Dio, presenza spirituale allinterno di una corte celeste, dallebraico malak e dal
greco nghelos deriva il latino angelus. In quanto creato da Dio 1Angelo uno spirito bello, puro e sapiente:
cristologicamente eucaristico nella mensa degli angeli (Bussagli, 1991).
La cosmologia della dottrina cristiana contempla una gerarchia degli Angeli tramandata dai Padri della Chiesa e definitasi in
particolare sulla base dellordine angelico elaborato e descritto dallo pseudo Dionigi, una angelologia persistente nella
tradizione del magistero e ribadita quale coinvolgente e convincente narrazione nel vissuto del canone liturgico.
NellEuropa del moderno, tra i secoli XVIII e XX, il rinnovamento dei sociali comportamenti esprime dinamiche
antropologiche volte ad avvalorare una secolarizzazione dellimmaginario angelologico in cui sembra come venire a
esaurire la sua funzione canonica e al contempo si afferma la affabulazione estetizzante della narrativit iconografica
affermando gli opposti significati, ovvero di un mosaico di ideologia sincretista oppure di una precisa rinnovantesi linea
liturgica volta a ristabilire, nel moderno e nella contemporaneit anche, lo splendore estatico del canto degli Angeli.
Langelologia di Dante Alighieri biblicamente riferita alla Commedia, per William Blake, mentre in Rossetti e nei
Preraffaelliti in generale si accentuano i profumi e i neoplatonici rispecchiamenti ottico-percettivi della stilnovista Vita
Nova.
William Blake coglie visionariamente e secondo modulazioni dantesche, le figure angelicate quando investe dinvettiva il
rosacrociano occultista Emanuel Swedenborg: LEterno Inferno rivive Ed ecco! Swedenborg 1Angelo seduto sulla
tomba, sono i suo scritti, quel lenzuolo piegato (...) Mentre camminavo tra i fuochi dellInferno, e mi deliziavano i rapimenti
del Genio, che agli Angeli sembravano tormento e pazzia, raccolsi alcuni dei loro Proverbi (Matrimonio del cielo e
dellInferno nella traduzione di Ungaretti). Le sue fluttuanti vuote/piene visioni si costituiscono come 1inquieta Divine
Image, come una rappresentazione dellUno Eterno; i Four Zoas quale proclamazione luciferina della angelelizzazione
dei Quattro Elementi. What are the Natures o these Living Creatures the Heavenly Father only Knoweth: No Individual
Knoweth, nor Can Know in all Etemity.
Per Blake ha solide ali il Dio Padre che crea Adamo e lo scaraventa nella valle dellesistenza (1795) e si pacifica in
sublimale rappresentazione di Angeli con 1illustrazione del libro di Giobbe; si veda: When the morning Stars sing
together del 1823 e nellultima impresa per la Divina Commedia, dove tutte le immagini diventano luminosa energia
fissata in invetriati, struggenti schiaffi di allucinata visione appena colti a mitigare il rancore dello strappo originario: la
divisione tra giorno e notte, tra maschio e femmina, tra cielo e terra. Gli acquarelli danteschi tentano una angelica
ricostruzione di una pur sempre rifiutata sintesi sovrumana. Delle numerose illustrazioni per la Divina Commedia,
ricordiamo 1Angelo a grandi ali spiegate che si sdoppia davanti la Gorgone e la porta di Dite (Inferno, IX), o che plana
sul cerchio dei Superbi (Purgatorio, XII); lo vedia mo come Angelo/Giove a registrare le buone e cattive azioni degli uomini
(Paradiso, XIX), e gli Angeli sono incastrati in una sequenza cosmologica, quasi si trattasse della Armonia Universale nel
frontespizio della Practica Musicae di Franchino Gaffurio, edita a Milano nel 1496. Blake presenta gli Angeli in nove
cerchi concentrici volti a decantare il Cristallino, disegnando con 1acqua 1architettura della spirituale astronomia nella
dantesca Commedia (Paradiso, XXVIII).
Lavorando allabbazia di Westminster, Blake costruisce con le siluette di due Angeli, unarchitettura di silenzi in cui riposa
corpo del Cristo (1807), una costruzione la cui tipologia verr moltiplicata in una lugubre finestra gotica, da parte di John
Everett Millais (1853) il cui incastro di ali, volti e corpi di Angeli realizza un teschio la cui figura risulta nascosta o
meglio, come Enrico Castelli defin di Simbolismo Involontario, quale problema di fenomenologia dellinconscio che
acquista senso in una filosofia dellarte sacra (Castelli, 1966).
dantesco si accentua sul carattere estetico-percettivo del neoplatonismo svolto nel Dolce Stil Novo. Rime e Vita Nova, oltre
alla Commedia, sono i punti cardine di una letteratura in cui si contempla Omero e Shakespeare, Chaucer e Shelley. Si
afferma un raccontare di cortesi raffinatezze descritte in un luminismo affabulatorio dove 1intera composizione viene a
essere come sospesa, precisata nel contesto di uno spazio intermedio tra il terrestre e il celeste, un luogo narrativo
di per s strutturalmente angelicato. In tale contesto espressivo e narrativo, il Dantis Amor del 1859, di Dante Gabriel
Rossetti, sintetizza in questa cultura la qualificazione stilnovista dellAngelo; tra il Re/Amato/Sole e la Luna/Amata/Regina;
ecco che la Sapienza dellAmore Serafino centro referente di un Cosmo Altro. In questo Universo certo lAngelo
presente nella Annunciazione e nella Nativit (opere del 1858 di Arthur Hughes) e nei cartoni per i mosaici a San Paolo
dentro le mura a Roma, di Burne-Jones, ma il loro Angelo si percepisce e viene a uniformare nella propria identit di
messaggero di Dio, le varie raffigurazioni di Ginevra/Ofelia/Psyche/Venere e le dantesche Francesca/Beatrice la Beata
Beatrix di Rossetti quasi che fossero un unico Angelo/fanciulla ripetuto allinfinito su le Scale doro (Burne -Jones, 1880).
Allinterno di una prorompente ed eccitata visionariet, William Blake nelle sue descrizioni figurali rimanda comunque alla
Bibbia e a De coelesti Hierarchia dellAreopagita, quali fonti dellangelologia dellAlighieri nella Divina Commedia. I
Preraffaelliti accentuano, pi che la tipologia iconografica, 1aura spiritualistica, la estetizzazione delleros femmineo nella
pur dichiarata androginia delle immagini dellAngelo e il loro intendersi nel rispecchiamento intellettuale e nella bellezza
del desiderio. Da Dante viene avvalorato quanto derivato dal Convivio (secondo, terzo e quarto libro) e nel De Vulgari
Eloquentia (primo libro), e quindi con quanto declamarono i vari Cavalcanti, Cino da Pistoia, Lapo Gianni, dove i termini di
Madonna, Gentile, Cortese sono epiteti dellAngelo, della spiritualit angelologica spiegata nella sapienza otticopercettiva del neoplatonismo stilnovista. Si possono elencare alcuni esempi fra i numerosi presenti: Angelica sembranza/in
voi, donna, riposa (Cavalcanti), Angel di Deo simiglia in ciascun atto/queste giovane bella (Cino da Pistoia), Angelica
figura nuovamente/di ciel venuta a spander tua salute (Lapo Gianni).
Nel momento della morte di Beatrice, Dante la evoca nella rappresentazione figurale: Io mi sedea in parte nella quale
ricordandomi di lei disegnava uno angelo sopra certe tavolette. E mentre io lo disegnava volsi gli occhi e vidi (...) ritornaimi
alla mia opera, cio del disegnare figure dangeli, e faccendo ci, mi venne uno pensiero di dire parole quasi per
annovale... (Vita Nova, XXIII). Come Dante cos 1artista preraffaellita si riconosce mentre: disegnava uno angelo sopra
certe tavolette, cos che: La ricerc a, o nostalgia del fantasma evoca 1amata in quanto Angelo, tenta,con la pittura, un
recupero almeno delle angeliche sembianze della defunta (G. Gorni). Cos nella pittura preraffaellita la
sembianza/evocazione/fantasma dellamata stilnovista rivela la verit dellAngelo.
In un altro contesto storico culturale nellItalia e nellEuropa degli anni Trenta, Dante viene letto nella sua grande visione
filosofico-religiosa e tradotto anche in una ideologica romanit medioevalista dove 1artista pu soccombere o invece
recepire e riproporre nella sua contemporaneit 1immenso disegno architettonico del pensiero dantesco.
E Giuseppe Terragni che con il progetto del Danteum d luogo a una precisa corrispondenza tra il proprio linguaggio
artistico e 1imperitura poesia dellAlighieri. Ledificio progettato da Terragni con Lingeri pi che un monumento e una
cattedrale laica entro cui 1intero percorso, secondo le tre cantiche rappresentate, vuole essere un itinerario
iniziatico/sublimale, fino alla solida trasparenza del Paradiso, dove troviamo le colonne a rappresentare gli Angeli.
E nel contesto dellastrazione della purezza geometrico/numenorologica, tra rettangolo, quadrato e cerchio che si ripropone
la dimensione dellinterdipendenza tra 1umano e il divino. Monumento architettonico e Opera letteraria scrive Terragni
possono aderire in uno schema unico senza perdere in questa unione nessuna delle loro prerogative. Lo schema e la
struttura definiscono uno spazio mentale che si organizza con il rettangolo aureo che secondo Terragni esprime con
chiarezza la legge armonica dellunit nella trinit, cos che le rispondenze matematiche e geometriche si possono
rintracciare in tutte le pi importanti divisioni degli ambienti delledificio. Gli amb ienti si integrano preparando
gradualmente il visitatore a una sublimazione della materia e della luce. Luce nella materia e trasparenze concettuali nel
Paradiso del Danteum, in cui Terragni ordina un percorso di colonne: La colonna 1ombrello di riparo per le povere
anime dellInferno. La colonna di vetro del Paradiso il simbolo dellinfinito (e quindi delleterno), scrive Schumacher:
La trasparenza della colonna coincide con la concezione dantesca della trasparenza nel Paradiso: vale a dire che, mediante
la trasparenza, si rivela tutta la Grazia Divina. Dante scriveva nel Convivio che (...) la bont di Dio ricevuta altrimenti
dalle sostanze separate, cio dagli Angeli, che sono senza grossezza di materia, quasi diafani per la purit della loro forma
(Schumacher, 1983). La figurazione degli Angeli come colonne trasparenti, rimanda, per evocazione, alla lastra di vetro
presente nella tarsia allo Studiolo del Palazzo Ducale di Urbino: come presenza angelicata dellanima della Battista
Sforza cos come il disegnare un Angelo su alcune tavolette stava a significare per Dante levocazione dellAmata. Nella
cosmologia del Danteum, Terragni costruisce il tolemaico dantesco Cristallino, il luogo senza spazio in quanto non
ha altro dove/che la mente divina (Dante) e dove il tempo tenga in cotal testo/le sue radici, dove le presenze angeliche
descrivono i cerchi concentrici di tale Primo
Mobile e che Alberto Cuomo vede raffigurato in Terragni quale referenza con 1incisione del Dor nella edizione della
Commedia reperita in studio da Lingeri, e dove il cielo reso attraverso le figure della molteplicazione degli angeli
(Cuomo, 1987).
Nel Danteum la colonna/angelo una struttura/presenza che qualifica la dimensione del Paradiso ma anche che media verso
la sala dellImpero la quale nel progetto sembra come incastrarsi a quella del Paradiso; metafora stessa dellincontro tra i
distinti, tra terra e cielo, Chiesa e Impero. Le colonne sono volumetriche trasparenze e avvalorano un motivo non tomista
colto da Gentile nellAlighieri, secondo Cuomo, per sottolineare come le colonne/angeli siano raffigurazione concettuali di
Angeli guerrieri, servitori del biblico Signore degli eserciti (Studi su Dante, 1965; si noti anche il Discorso su Dante di
Croce, per il centenario del poeta nel 21 e le letture dantesche di Bontempelli, come ha fatto notare Cuomo nel Terragni
ultimo del 1987. Si veda pure Schnapp, Un tempio moderno, in Giuseppe Terragni, 1996). La qualificazione con- cettuale
della spazialit razionalista, non-funzionalista, permette di attribuire anche allopera di Terragni, quel che Benedetto Croce
aveva affermato per la Divina Commedia, di essere cio romanzo teologico.
Terragni proprio nel Danteum, scrive Cuomo: organizza la forma e gli spazi su ritmi, misure e temi linguistici tra essi
analoghi, come appunto nella Divina Commedia, la quale riprende le sue ripetute cadenze dai componimenti arcaici, fino
al risalimento verso 1interruzione della parola, il loro sgretolamento in una immaterialit. Le colonne/angelo sostenendo
la rete di cristallo del soffitto, framezzo alveolare nelle cui trasparente materialit incrociare il terreno e il divino, il tempo
e la sua creazione, a cristallizzare irretire appunto, la sfuggente variabilit del cielo, il suo terso colore (Cuomo, 1987). Le
piefrancescane colonne/angelo cos come rilette da Terragni, appartengono al contesto culturale e storico in cui si delinea la
riflessione filosofico-teologica del neotomismo, verificata anche in base allopera di Dante Alighieri.
Insieme alla produzione di Terragni, dalla Casa del Fascio al Danteum, Severini rivisita le possibilit narrative delle
iconografie, soprattutto nelle importanti esperienze dei cantieri ecclesiastici in Svizzera e nei circoli culturali parigini, dove
lAngelo ha valore didattico e descrittivo nella esaltante affermazione del moderno rivisitando il pensiero di san Tommaso,
insieme eppure anche in modo autonomo e inedito con Maritain, e, ancora in tale contesto, Carlo Belli, amico sia di
Terragni sia di Severini, si immerge nella ricerca delle origini anche in senso ideologico nel definibile luogo del
Mediterraneo coniugando il pensiero del Rosmini alla pratica artistica e giungendo allincontro con 1originale tomis mo
disincantato e melanconico di Tullio Garbari, dove gli Angeli nel Giudizio Finale e nel Trionfo di san Tommaso, entrambe
opere del 31 ci costringono a una aurorale felicit del dono dellesistenza, in alternativa al secolarismo e sincretismo del
Primordialismo di Franco Ciliberti, ad esempio (Di Salvo, 1989). Non sar una eccentricit letteraria, in tale attenzione
spirituale al pensiero teologico e filosofico cattolico; se in parallelo con le disamine critiche su Garbari da parte dei Carr,
Pica, Severini, Persico, nel 1937 Carlo Belli scriver dellartista di Pergine nella monografia dal giusto e indicativo titolo
LAngelo in borghese.
LAngelo/Garbari per Belli il messaggero di uno stato delle origini, dove Manzoni e Rosmini ci introducono alle siderali
altezze delle composizioni astratte e alle profondit dei pensieri figurati, per affermare una unica e unitaria angelologia, che
si potr verificare anche nellopera di Licini come in quella di Savinio: il quale Savinio da Mascherpa fu proprio definito:
contraltare pagano-surrealista del surreale-trascendente Garbari, come ha ricordato Bruno Passamani in un recente
importante saggio su Tullio Garbari (Paolo VI e larte, 1997).
Vergini/anime (1897 a Nantes), bene sintetizzano lo spiritualismo occultista rosacrociano. Di realismo magico e comunque
in esotica letteratura raccontano le imma - gini dellangelicata Giustizia e Vendetta del 1808, da parte di Prudhon, al
Louvre; di amorini impertinenti Sonno di Endimione del 1792, di Girodet-Trioson, al Louvre ed esseri alati raccontano
di adolescenti Angeli della morte (si veda il Canova a San Pietro a Roma e a Vienna per Maria Cristina dAustria) e
intriganti figurazioni angelologiche presiedono a Amore e Psiche come troviamo in Grard e Bouguereau, oltre che nel
Canova.
Cos anche lalato Icaro che cade, in Rodin, ad esemp io (del 1896) diventa un soffio angelico in un dolce e sensuale, si
potrebbe dire, rilkiano sogno, Il bacio di un angiolo (del 1889, al Museo Rodin di Parigi) e in una nuvola gonfia di esotismo
e intellettuale orientalismo, Gustave Moreau ha ridisegnato e praticato una sua personale cosmologia, ancora godibile nel
suo parigino museo, un percorso angelologico riassumibile nellimpegnativo La vie de lhumanit. Le Christ rdempteur del
1886. Moreau ha imposto proprio uno stile angelologico riscontrabile addirittura nella luminosit terrestre ed esistenziale
di un Ruaoult, come nello splendore solare in Matisse.
A Bordeaux la figura dellAngelo in Redon, alla Tate Gallery il Turner dellAngel standing in storm, del 1840 circa, grande
al centro e compenetrante nel vortice di colore, con la spada brandita, cos come lArcangelo del Paradiso, nella cultura di
Franz von Stuck (del 1889) impone la potenza mascolina del Principe degli Angeli, mentre pi armonioso un Angelo pone
la corona a una musa distratta, al mu seo Stuck, nella sua villa a Monaco. E cos Corot in un aereato Battesimo (circa 18441847) fa volare un Angelo a riempire il cielo sopra le fronde degli alberi e Manet nel 1864 rappresenta il Cristo tra due
Angeli, memore del Bellini. George Frederic Watts ritrae un melanconico e bellissimo Angelo della fine dei tempi, e
Francis Danby impone il cosmico Angelo dellApocalisse, rimandando alla medesima visione apocalittica del Tumer e alla
Caduta degli angeli ribelli, in quellespressionista turneriano (si potrebbe dire per questa opera) quale in realt
1espressionismo di Ensor.
Da Goya alla Basilica del Pilar di Saragozza (1771-1781), alle decorazioni a San Antonio de la Florida, del 1798, lo
stupendo San Gabriele della Annunciazione del 1785 a Siviglia, a Ingres in cattedrale a Montauban, con il raffaellesco (la
Madonna di Foligno in Pinacoteca Vaticana) Voto di Luigi XIII del 1824, gli Angeli volteggiano e spalancano scenari dai
contorni, per cos dire, di devozione postmoderna fino a investire la laica angelologia della Vittoria che da Poussin
(Davide Vittorioso, al Prodo), a Ingres (Apoteosi di Omero, al Louvre), pu vedersi addirittura riversata nella scultura di
Lucio Fontana (si vedano gli studi per il monumento alla Vittoria, per la Milano tra il 1937 e il 1939). A iniziare da
Hyppolite Flandrin per concludere con Friedrich Overbeck e i suoi amici della romana Compagnia di San Luca, tradotti
dalle rivisitazioni del Quattrocento umbro-toscano e dalla fiorentina Scuola di San Marco, gli Angeli vengono rappresentati
nelle diverse tipologie: Annunciazione/Nativit/Cristo nellorto/Piet, che si possono riscontrare nella produzione di opere
di Heim, Picot, Lehmann, Benouville, Lenepveau, Chasserian, Pichon, Amaury-Duval, Caminade, Orsel, Cornu,
Bouguereau (Foucart, 1987).
La rilettura della Bibbia dentro i luoghi della forbice, tra devozione ecclesiastica da una parte e sincretismo esoterico
dallaltra, propria della crisi postimpressionista che vede protagonisti il Gauguin del Cristo giallo, Bernard con
1Annunciazione del 1889 e il Cristo nel Getzemani dello stesso anno e, il tradizionalista M. Denis. Tra Parigi e la
Bretagna, il sintetismo diventa il luogo di tutti i sogni e di tutte le attese per una modernit che si rivelata sconfitta. Gli
Angeli possono allora convertire in attesa messianica o attenta catechetica partecipazione, le inquietudini di un viaggiare
altrimenti esotico ed esoterico, intimamente sincretista. Da Gauguin a Paul Srusier e Paul Ranson, una sottile linea di
primitivis mo religioso innerva da parte di Srusier un incontro con il tradizionalismo di Denis: da Pont-Aven a Parigi,
alla Cappella Sainte-Croix du Vsinet, Denis illustra la Gloria e lesaltazione della Croce (ora al Muse dOrsay) dove una
teoria di Angeli evoca le fiesolane immagini della Annunciazione, in profumi di quella intensa partecipazione religiosa che
ebbe come protagonisti i suoi amici, Verkade e Ballin, proprio a Fiesole battezzati e proprio con Denis in viaggio di
iniziazione tra Beuron e Montecassino. Un religioso simbolismo definisce 1identit dellAngelo anche in Previati e
Segantini: Lamore alla fonte della vita, del 1896, impone la teatrale dispiegazione delle ali attorno alla fonte dacqua:
acqua e aria, terra e fuoco dellamore intesi come fonte della vita, mentre volteggiano nellopera di Previati e in vortice
avvitano 1aria, gli Angeli della Caduta, del 1913, e delle Ore, del 1899. E un Angelo, il loro, fatto di trasparenze
volumetriche; le figurazioni narrative-evocative emergono invece in opere di Puvis de Chavannes, Henri Martin, Alexandre
Son, Carlos Schwabe. E un versante Jugendstil si afferma nella ricerca di un Opera totale nella cultura delle secessioni,
tra Vienna e Monaco. A Vienna, in Secessione, Segantini ha la sua prima retrospettiva (1901) e tra Plecnik, Olbrich, la
chiesa di San Leopoldo allo Steinhof di Otto Wagner ci annuncia negli Angeli di Othmar Schimkowitz e nelle vetrate di
Kolo Moser la angelologizzazione dello spazio architettonico inteso come luogo spirituale, reale luce aurorale gettata a
illuminare il XX secolo.
-amicizia continuata a Worpswede dove Vogeler gli presenta la sua futura moglie, Clara Westhoff, che rimanda il poeta
praghese nella Parigi di Rndin: si chiude, cos, il cerchio di una geografia artistico- spirituale che avr sintesi e unit nel
silenzinso labirinto del castello a Duino. L dove Rilke elabor, a ridosso del Malte e tra il Libro dore e i Sonetti a Orfeo, il
capolavoro delle Elegie. Tra il 1911 e il 1912 scrive le prime due Elegie; il 22 Maggio del 1913 viene pubblicata Das
Marien - Leben, in una edizione di duecento copie con la copertina di Henry Van de Velde. Lopera dedicata allamico
Vogeler, per 1insistenza con cui questi voleva riprendere 1 antico progetto di illustrare alcune poesie di Rilke su la Vita
di Maria, e che il poeta prese a riscrivere tra il 15 e il 22 gennaio del 1912, senza accettarne, per la pubblicazione, i disegni
preparati dallartista a Worpswede.
Elegie Duinesi e Marien -Leben vengono a sovrapporsi, a incastrare le iconografie forti di una oggettiva angelologia. Gli
Angeli della Marien-Leben sono come nascosti/custoditi tra gli Angeli delle prime due Elegie. Con le suggestioni del
viaggio in Russia e con il Libro dei pittori del Monte Athos, Rilke sembra riprendere 1inno Akathistos e creare una poesia
come immagine scritta, quale icona: Perch errano le mani tra i pennelli?/Se ti dipingo, Dio, lo noti appena, scriveva
Rilke gi nella Vita monastica del Libro Dore: Molti angeli ti cercano nella luce/ e sbattono la fronte contro le
stelle/convinti di trovarti in ogni splendore/(...) Perch eri solo un ospite delloro/e solo per quel tempo che timplor/con
preci di marmo chiaro/apparisti come re delle comete.
Rilke scrive di Vogeler nel volu me che dedic a Worpswede, nel 1902 e invoc per lui 1analogia con L arte dei monaci
medioevali, rispetto alla comunit dei laici artisti di Worpswede. Larte dellamico verr da Rilke definita: Come le figure
filiformi dei principi e dei principini che popolano le incisioni fiabesche scaturiscono da una intensa e concreta sensibilit
per la primavera, cos le figure fantastiche dei disegni sembrano provenire da una fiaba destate. Vi in essi qualcosa della
ricchezza, dellabbondanza, delleccesso dellestate. E quando Vogeler realizza 1opera LAnnunciazione, Rilke
commenter: LAngelo che reca 1annuncio non la spaventa, riferendosi a Maria, e 1Angelo: E 1ospite di cui era in
attesa ed ella accoglie le sue parole come una porta spalancata, come un grazioso ricettacolo. E il grande angelo in piedi
inchinato al di sopra di lei e canta, cos vicino che neppure una delle sue parole pu sfuggirle, e nelle pieghe della sua ricca
veste ancora il moto con cui disceso verso di lei. Il suo cielo lontano, ora, e la terra li e lo sguardo pu distendersi
ampiamente sulla sua silenziosa realt. Questo quadro ricolmo di una uniforme tranquilla bellezza, di splendore e di bont,
fin nelle distanze pi lontane. Si avverte continua Rilke, che questo artista giunto alla materia biblica lungo una sua
propria strada; quando la dipinge, non pronuncia le sue parole come miracoli, ma come gli eventi, buoni e lieti, eventi che
rendono la vita ricca e importante. Il suo quadro dellannunciazione e pi prossimo alle annunciazioni degli antichi maestri
di quanto non lo siano le immagini di Maria ritratte da Rossetti o da Uhde. A proposito della figura dellAngelo nelle sue
Elegie, Rilke cos ne scrive il 13 novembre del 1923, al suo traduttore polacco Witold von Hulwicz: LAngelo delle Elegie
quella creatura in cui la metamorfosi del visibile in invisibile, che noi operiamo, compare gi compiuta. Per 1angelo delle
Elegie tutte le torri e i palazzi passati sono esistenti perch da tempo invisibili; e le torri e i ponti del nostro esistere, che
ancora si ergono, sono gi invisibili, sebbene (per noi) durino ancora fisicamente. Langelo delle Elegie quellessere che
garante del fatto di riconoscere nellinvisibile un superiore rango della realt. Per questo tremendo per noi, perch noi,
coloro che amano e trasformano siamo ancora legati al visibile. Tale condizione dellinvisibile verr ben rappresentata
dallopera angelologica di Klee il quale entra in amicizia con Rilke a Monaco, nel 1915. Klee un uomo che annota il
partecipare e il legarsi allapparire terreno scrive Rilke, e definisce 1opera del pittore una parafrasi della musica, per
Rilke, Klee in una fase inquieta della sua produttivit, sebbene la musica sottoponga alla matita che disegna leggi che
valgono in entrambi i campi, non riesco tuttavia, senza rabbrividire, a guardare a questo dialogo delle arti alle spalle della
natura. Sia la pratica artistica si quella della scrittura, costruiscono un Linguaggio astratto, u: luogo dove si dimostri reale
uno sguardo colmo dello stupore del1arte (R.M. Rilke, 1995). In questo senso, forse, va colto il richiamo heideggeriano
allo stato originario, per quanto riguarda la figura dellAngelo nellopera di Rilke: In virt della sua essenza incorporea,
la possibile agitazione del visibile sensibile si capovolta nellinvisibile. Langelo nella quiete soddisfatta dellunit
equilibrata di ambedue i domini, in seno alla regione interiore del mondo (...) Nel compimento della metafisica moderna, il
riferimento a qualcosa come 1Angelo concerna 1essere dellente, in qual modo 1essenza dellAngelo rilkiano, a dispetto
di ogni differenza di contenuto, sia metafisicamente il medesimo della figura c Zarathustra in Nietzsche, essere delucidato
solo a partire da un considerazione pi originaria dellessenza della soggettivit (Sentieri interrotti, 1968). E Hans Urs von
Balthasar ha scritto sugli Angeli c Rilke: Ci che Rilke realmente intende e che non pu pensare e realizzare senza
contraddizione, troverebbe soluzione unicamente nellamore trinitario cristiano, ma che non pu per venir concepito pi
come variazione delleros (Gloria, 1978).
La presenza angelologica nellopera di Rilke, proprio se colta nello specifico della Vita di Maria e nelle Elegie duinesi, si
accompagna, ma non si uniforma alla letteratura contemporanea nel contesto storico, da Baudelaire a Valery, da
Lautramont a Cocteau. LAngelo in Rilke pu diventare 1Angelo di Klee. LAngelo di Klee a sua volta pu tradursi in
un Angelo di Benjamin. E su 1Angelus Novus di Klee, Benjamin cos ha scritto: C un quadro di Klee che si intitola
Angelus Novus. Vi si trova un angelo che sembra in atto di allontanarsi da qualcosa su cui fissa lo sguardo. Ha gli occhi
spalancati, la bocca aperta, le ali distese. Ha il viso rivolto al passato. Dove ci appare una catena di eventi, egli vede una
sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su rovine e le rovescia ai suoi piedi. Egli vorrebbe trattenersi, destare i
morti e ricomp orre linfranto. Ma una tempesta spira dal paradiso, che si impigliata nelle sue ali ed cos forte che egli
non pu chiuderle. Questa tempesta lo spinge inesorabilmente nel futuro, a cui egli rivolge le spalle, mentre il cumolo di
rovine sale davanti a lui nel cielo. Ci che chiamiamo il progresso questa tempesta. (Benjamin, 1982; Scholem, 1978).
Lo Jugendstil di Heinrich Vogeler permette la rappresentazione di un Angelo nella stilizzazione formale della sua
narratibilit. Il moderno Klee evoca lastrazione della forma come unica realt del significato e ci gli permette di porsi su
una prospettiva postmoderna. Tra modernit dellastrazione lirico-geometrica e onirica fabulazione, vengono a delinearsi gli
Angeli di Licini e di Savinio, come originale angelologia del comune contesto europeo, dove ritornano le voci del laico
salmodiare del Rilke e del trafiggere il vuoto da parte di Klee.
In Savinio lenigma si racconta nella fabulazione panteistica e tra il ludico e il melanconico attraversa la storia e i miti e le
icone del religioso. Nel gioco continuo di Savinio ha scritto Pia Vivarelli di sovrapposizione di tematiche e di significati,
la storia evangelica letta in chiave mitica, e mito e cultura cristiana si piegano a visualizzare momenti emblematici di
unarcana animazione di tutto il reale, i personaggi di una Annunciazione del 1930, diventano incorporei segnali di un
incessante dinamismo della natura, tanto che anche la Vergine si ricopre dello stesso frammento e fremente piumaggio
dellangelo. Nellidentificazione dei due personaggi con un concetto di natura in movimento, che pervade e assimila in s
ogni cosa, risultano in secondo piano le connotazioni pur parodistiche delle sottili figure dei due protagonisti. Laccento
prosegue la Vivarelli, posto prevalentemente sullidea di leggerezza e di trasparenza, suggerita dalle sagome vuote delle
teste e dallassottigliarsi a ricciolo dellangelo annunciante (Vivarelli, 1991). Con il Mercurio di Hermaphrodito e
1Angelo di Cocteau nel Rappel lordre del 26, si coglie 1intrico dellAngelo che sar in Licini il ribelle. Langelo si
piazza proprio tra lumano e il disumano. E un giovane animale scintillante scrive Cocteau affascinante, vigoroso, che
passa dal visibile allinvisibile con i potenti accorciamenti di un tuffatore, il tuono di tali ali di mille piccioni selvatici
(Ibid.), precedendo Licini al 1919 le iconologie di disperante religiosit che lo incastreranno con le icone di Klee, come
hanno notato Zeno Birolli e Federica Pirani: E perch un angelo sia in volo occorre che chi guardi sia fermo, e si trovi
almeno in cima a un colle. Dal suo laboratorio per immagini, ha scritto Birolli, poter osservare con occhi di spirito. L in
cima al quarto punto della stella, quello polare, si dominano le punte della geografia cardinale, soprattutto se rivolti
allorizzonte celeste: quella divina linea retta di cui in cielo non esiste copia; e davanti allo stravolgimento della tipologia
devozionale, l dove lAnnunciazione viene investita da un racconto tra lonirico e il surreale, Birolli scrive: Listante della
congiunzione nella storia evangelica (1Annunciazione) sciolto per sempre e con le nuove contaminazioni in atto si
inaugura un altro rcit attraverso le mutazioni continue delle figure (Z. Birolli, 1983). La valenza del polisema metaforico
quale simbolo della creazione stato dalla Pirani messo in evidenza nella ricostruzione della figura dellAngelo che appare
come: traccia del trascendente ma, al contempo, realt immanente come messaggero e custode della parola e limmagine
dellAngelo informa tutto il percorso liciniano (...) passando attraverso la pagina scritta, la creazione poetica, le figure
metonimiche e allusive del triangolo/ala, degli Uccelli, del Sagittario, dei Castelli in aria, dell Equilibrista del
Bilico, tutte appartenenti al simbolismo ascensionale (F. Pirani, 1988; si vedano anche i testi di Toniato, Apa, Bartoli,
Agosti, Brusatin).
Con Savinio e con Licini, 1Angelo si dispone ad accompagnarci nelle profondit siderali dello stato originario, l dove
Ciliberti aveva teorizzato la regione delle Madri, il contesto del Primordialismo entro cui va colto il leopardiano Angelo
ribelle di Licini, rispetto allinquieto Angelo sovrumano di Savinio/Cocteau, e quanto Bontempelli specificava del
Primitivismo, rispetto al Primordialismo, probabilmente lasciava intatta la possibilit di un valore trascendentale anche
allimmagine dellAngelo: Primordiale e ci che in fondo a tutti gli stadi della storia rimane immutabile, esso la sorgente
costante delle variazioni che succedendosi la creano: il fermo che governa il mobile (1ntroduzione e Discorsi, 1940).
Alessandro Manzoni. Indicazioni di arte sacra
Sorti allinizio del XIX secolo, tra il 1815 e il 1823, gli Inni sacri del Manzoni possono essere ben considerati un
corrispettivo poetico per quanto riguarda la nuova impostazione pastorale e teologico- liturgica che tra Germania, Francia e
Belgio porter allaffermarsi del Movimento Liturgico, entro cui trovano identit anche le tematiche dellarte sacra
concentrata su committenze ecclesiastiche e diversificantesi nella produzione di immagini sacre dalle poetiche dei Nazareni
e dei Puristi. Questi si possono considerare ultime affermazioni di quel Romanticismo cristianizzato che in Europa ebbe in
Schlegel e Novalis, in Schleiermacher e Schelling quel che da Pier Cesare Bori stata definita: la secolarizzazione
romantica del paradigma antico, ovvero una creativa rivisitazione della Bibbia che ha informato numerose imprese
artistiche anche in una impostazione fortemente devozionale (Linterpretazione infinita, 1987) che trova ulteriore conferma
negli scritti di Rio e Jouve e Raoul-Rochette e naturalmente in Chateaubriand e cos nellopera di Manzoni che nei suoi Inni
Sacri mostra lAngelo come realt descrivibile e concretamente reale: Un estranio giovinetto/Si pos sul monumento:/Era
folgore 1aspetto,/Era neve il vestimento (Risurrezione); e Langiol del cielo a gli uomini/Nunzio di tanta sorte (...) Subito
in luce appar/E in torno a lui, per lampia /Notte calati a stuolo/Mille celesti strinsero/Il fiammeggiante volo/E accesi in
dolce zelo/Come si canta in cielo/A Dio gloria cantar (Natale). La scrittura per il Manzoni la capacit di una
comunicazione reale e naturale che informi 1esistenza dellindividuo: La virt propria della parola poetica doffrire
intuiti al pensiero (Del romanzo storico).
Gli lnni Sacri si dispongono come elementi fondativi della nuova sensibilit religiosa, rivolta a educare le attese della
modernit, come ha fatto notare Carlo Marcora in un indicativo saggio: Gli Inni Sacri di Alessandro Manzoni e la Liturgia
Ambrosiana (Ambrosius, 1947). Marcora ricorda una lettera del Manzoni in cui il poeta afferma di non voler fare opera di
apologetica ma di esporre la dottrina cristiana co suoi precetti e coi suoi riti e come la stessa struttura tematica delle
solennit dellanno liturgico, fosse un invito a considerare strutturalmente liturgico il corso dellesistenza, di modo che non
si tratta, per Manzoni, di riprendere dotti manuali di teologia ma di immergersi nel dogma vivo cos come la Chiesa lo
presenta nella sua liturgia. Analizzando la Resurrezione, la Passione e il Natale, don Marcora individua elementi circa le
pratiche religiose proprie dei riti ambrosiani, e rimanda a un saggio di Bernareggi (Ambrosius, 1927) su elementi del
Movimento Liturgico tipici della realt ambrosiana agli inizi del XIX secolo. Una realt che si rispecchia nel lavoro
redazionale delle rivista Ambrosius e Arte Cristiana, nella cura per la settimana liturgica ambrosiana e nella
divulgazione di Annunci (Ordinazioni sacerdotali, morti, anniversari ecc.), spesso xilografati con figure di Angeli.
Labside della chiesa a Masano e la cupola della chiesa a Bollate opere eseguite dalla Scuola Beato Angelico di mons.
Giuseppe Polvera esemplarmente testimoniano della presenza dellAngelo, in senso liturgico e catechetico, nello stile
appropriato a tale contesto culturale e teologico che si sintetizza nella formulazione: La santit, la seriet, 1onest,
1umanit, la giusta popolarit della liturgia cattolica, devono rifiutare sia il rancidume possatista, sia lo squilibrio
modernista, per riferire con delle parole di don Mario Tantardini (Arte Cristiana, 1950). Le attenzioni al Manzoni come
protagonista della cultura religiosa e della sensibilit anche liturgica, cos come alla riflessione angelologica nellambito del
Movimento Liturgico e in ambito salesiano e paolino, da san Francesco di Sales a don Alberione (si veda Barbero, 1988;
Pedrini, 1992), sono una referenza importantissima per definire il clima culturale, il contesto socio-religioso in cui quella
produzione artistica si programmaticamente disposta a raccontare su sintassi e grammatiche di forte comunicazione le
iconografie catechetiche, assorbendo eventuali stilemi del divisionismo o del purismo, del romanticismo religioso, ma
comunque caratterizzandosi per una pratica artistica di forte impronta di didattica catechetica e dunque liturgica, aderente
cio alle funzionalit della decorazione nel programma stilato ad assecondare e accompagnare lo svolgersi della liturgia. In
questo contesto gli Angeli sono rappresentazioni realistiche ma al tempo stesso trasfigurate nella stilizzazione formale che
ne assicura la qualificazione di realt altra, di conformazione divina nella dimensione umana. Gli Angeli vengono ritratti
nellordinamento gerarchico classico e anche le invenzioni formali e possibili licenze espressive si ricompongono nella
verit di una casistica catechetica dove il ruolo dellAngelo e la funzione liturgico-sacramentale della sua rappresentazione
ben compresa e dettata in evidenza figurale.
Un esempio pertinente dato dalla decorazione della Cappella dellApostolato liturgico a Genova, definita da Mario
Tantardini, sacerdote collaboratore di Arte Cristiana (1935), come: Arte sincera e umile fino a parerti timida (...) La parte
propriamente pittorica, di concezione schiettamente liturgica, di fattura delicata per una ricerca diligente di spiritualit e di
compostezza meditativa ed estatica, si compone di quattro figure di santi e di due pannelli con t di angeli, eseguiti dal
pittore Mazzini: Dodici Angeli sfilano nati in cornu epistolae: sei musicanti e sei cantanti. Muovono a passo leggero di
volo, suonano e cantano soavemente e sopratutto devotamente. Lo dice il ritmo calmo e composto delle movenze, dei gesti,
dice la serena estasi dei volti (...) Fa degno riscontro il corteo angelico che si svolge parete in cornu Evangeli() Gli angeli
recano i ceri, il turibolo e 1incenso, il libro delle lezioni del vecchio testamento, delle epistole, del Vangelo, ampolle,
mentre gli ultimi due sostengono con le mani coperte dal velo, le speci del pane su la patena, e il calice. Vestono tuniche o
dalmatiche in relazione col proprio ufficio: cos il corteo degli accoliti e del muove verso 1altare per la Messa solenne, e
dal maestoso incesso, e dalla devota comprensione della santit del momento di questo corteo di angeli di Ettore Mazzini,
c qualche cosa da imparare per le nostre funzioni, cos conclude Tantardini.
Dalla ieratica scuola di Beuron, tra Praga e Montecassino, ai cantieri di Loreto e di Padova, innumerevoli esempi si possono
fare in una schedatura che svela una angelologia canonica, liturgi Luigi Mussini ad Antonio Ridolfi, a Ricciardo Meacci; da
Alessandro Franchi a Ludovico Seitz a Biagio Biagetti, Faustini, Maccari e numerosi altri, in una coerente linea che
accompagna la committenza ecclesiastica fino a papa Pio XII con i cantieri della chiesa della Sede della Sapienza
allUniversit di Roma e sempre a Roma con la chiesa di SantEugenio, autentica summa negli anni Cinquanta
delliconografia dellAngelo nel XX secolo. Si possono altres fare almeno due esempi di realt sacramentali-liturgiche
stringente contemporaneit: a Loreto nel nuovo arredo presbiteriale, dove Floriano Bodini ha realizzato un angelo-ambone,
che annuncia e proclama dunque la Parola e comunque gli Angeli accompagnano Maria lauretana nel rilievo dellaltare
e a Cefal, nel capace intervento contemporaneo per 1insigne archetipo del Duomo, ecco che Virginio Ciminaghi ha
disegnato un altare in cui una sequenza di angeli rendono preziosamente leggero dellEmmanuel Gloria De i Mysteri.
Un prete romano, come si considerava don Giuseppe De Luca, nel recensire un libro di poesie del critico e storico
dellarte Mario Rivosecchi, Mare aperto cos si espresse: Una delle termina con questo verso: gli Angeli del cielo di
Roma segue quindi una disamina sugli Angeli: E uno stupore che gli Angeli siano cos presenti a noi e noi siamo cos
assenti agli Angeli (...) di Cristo tutta in un volo di Angeli, dalla Annunciazione alla Ascensione, e la nostra vita di
cristiani perch non cos? O meglio, cos, ma non ce ne avvediamo? La vita dei Santi, di coloro cio che se avvedevano,
cos. Larte se ne avvede, e la nostra fede non se ne avvede? Che fede se da meno dellarte? Un artista modernissimo,
Scipione, era ossessionato da presenze angeliche nellaria (LOsservatore Romano, 26 gennaio del 1948).
Attraversando le poetiche della cultura artistica degli ultimi decenni del XX secolo, la figura dellAngelo si presentata
quale costante e persistente icona della riflessione esis tenziale e religiosa Mentre gli Angeli di Moreau, ad esempio,
possiedono la musica di Debussy, i suoni ancestrali di Moses und Aron di Schonberg, con 1Arcangelo Gabriele a suonare la
propria figura, introducono agli Angeli di Ognissanti e della Resurrezione e Fine dei tempi e al proprio: San Gabriele di
Kandinskij opere tutte tra il 1909 e il 1911 dove in un tripudio di improvvisazioni si decide il suono-colore che
prorompe al centro della cultura delle Secessioni, tra Vienna e Monaco, tra Wagner e Skrjabin, in quel Cavaliere Azzurro,
sorta di Angelo Guerriero.
Dal Doctor Faustus di Mann, al Prometeo di Luigi Nono, si riassumono e si configurano le identit sulla soglia
dellAvanguardia, dellicona persistente dellAngelo. Cos sia Cacciari che Vedova, tornano su la realt dellAngelo,
proprio a iniziare dal centro della elaborazione dellopera musicale di Nono (Verso Prometeo. Luigi Nono, 1984).
Lalfabeto dei suoni, geroglifico di microintervalli e microtoni, configura la possibilit della dilatazione infinita dello
spazio-tempo dove poter edificare (la struttura che accoglieva 1Oratorio era stata progettata da Renzo Piano) il poter
abitare il suono. Appare limmagine e non esiste. Ogni movimento si ritrae nellinvisibile del suono (Cacciari).
Eliminando le referenze di similitudini, naturalistiche e figurative, una apparente iconoclastia investe Prometeo, per poterci
restituire intatta 1identit dellascolto: il chiamare e 1essere chiamati. In una Lotta con lAngelo tra immagine e realt
del silenzio, anima vocalia (Cacciari), la Musica lotta con la Parola per tradurla nella presenza del silenzio: Non- ancora e
gi suono. Nella trascrizione dei testi, ecco lAngelo: Delle memorie il cumulo/d allAngelo (nella Quarta Isola. I
Nomi): Vibrano intese segrete/Si impigliano nellali dellAngelo(...) Irrompono Angeli /A volte/nel cristallo del
mattino/battono ali di porpora/tra i tralci notturni/Ascolta... (Secondo stasimo e Maestro del gioco).
Nel 1986 a Vienna, presentando gli Angeli di Vedova, Cacciari scriveva: Langelo aiuta a comprendere la dimensione ekstatica in cui vive tutto ci che vive (...) LAngelo taxis, ordine, architettura,coro di voci: syn-phonia. E nel catalogo
per la esposizione di Klagenfurt, nel 1989 (Vedova Angeli), Emilio Vedova scrive: Apparizioni magmatiche di domandecolloqui ed estraniamenti punti vulnerabili di te, ingigantiti, disfatti... Angeli deboli, vulnerabili come me gridati di
paradosso come me angelo precario, come me. Angelus Novus, dissacrato della sua possibile resurrectio - dissacrazione di
Klee. E ancora: LAngelo delle Annunciazioni, di un possibile dialogo-che ti ascolta... ma nella breccia
(LAnnunciazione del Tintoretto, San Rocco), tutti i possibili Angelo, Angeli come nuclei di captati dialoghi, angeli
indifesi, duttili territorio di contatti dilatati, ambigui... Si muovono questi miei angeli in territori gravidi, appartengono
alla disfatta e a possibile catarsi-invidiabili nella loro danza?.
LAngelo di Vedova/Cacciari/Nono, diventa LAngelo necessario, (1986), di Silvano Zucal la rilettura dellangelologia in
Romano Guardini, con 1importante libro Ali dellinvisibile. LAngelo in Guardini e nel 900 (1998), preceduto nel 1994 dal
testo dello stesso Guardini medesimo con LAngelo. Cinque meditazioni. Guardini medita su Genesi 32,22-32; su Matteo
18,1-6.10, su Apocalisse 4,6-11: in questultima su Apocalisse, Guardini ristabilisce la gerarchia angelologica: E 1atto di
ci che creato in assoluto, nel quale la creatura esiste cos come essa e deve essere: nelladorazione. Lesclamazione
riempie 1eternit.E ancora: Ora, che cosa fanno gli angeli questassemblea dei due dodici, nella quale sono presenti
umanit, mondo, Chiesa? Di che genere la loro azione? E liturgia, risponde Guardini.
Come per le conclusioni di Alpatov in un saggio su Gli angeli nelliconografia (Laltra Europa, 1985), si pu citare il
testo di Leskov da Langelo sigillato: Questo angelo era davvero qualcosa dindescrivibile. La sua faccia, la vedo come
fosse adesso, piena di luce divina e cos pronta a venire in aiuto; lo sguardo mite; le orecchie con la scia dellascolto
ovunque e da tutte le direzioni, i vestiti bruciano, la tunica di penne, le cinghie intorno alle spalle; sui seni il volto infantile
dellEmanuele, nella mano destra una croce, nella sinistra una spada di fuoco. Prodigioso! prodigioso! (...) I capelli sulla
testa sono riccioli biondo chiaro, sono scesi dalle orecchie e sono stati disegnati capello dopo capello con un aghetto. Le ali
sono spaziose e bianche come la neve e di sotto azzurro chiaro, penna per penna, e nella barbetta di ogni penna baffetto per
baffetto. Guardi queste ali, e la tua paura se ne va chiss dove: preghi proteggimi e subito tranquillizzi tutto, e nellanimo
ti viene la pace. (Leskov, 1999).
Il fatto che nelle tradizioni europee i tre grandi e celebri Arcangeli ricordati nella Scrittura Michele, Gabriele, Raffaele
siano chiamati con lappellativo di Santo, rinvia senza dubbio a una loro umanizzazione. Il fatto che Essi e soprattutto
Michele siano titolari di santuari e abbiano caratteristiche patronali e taumaturgiche forti, li pone in una condizione
qualitativamente diversa rispetto alla folla mirabile e innumerevole degli altri Angeli, alla coelestis militia et exercitus.
Quanto a Michele, si evidenziano in modo specifico, anche riguardo agli altri due Arcangeli, sovente suoi compagni e
venerati insieme a Questi, due funzioni: la psicagogica e la patronale-militare; che sono due aspetti del medesimo ruolo, dal
momento che 1invocazione a Michele come a dux christiani populi dipende ansitutto da una dimensione psicomachiaca
che fa parte del ruolo psicagogico del grande Arcangelo. Se Gabriele 1Arcangelo dellAnnunzio e Raffaele il compagno
fedele di viaggio in ci modello, seguendo 1episodio di Tobiolo, dellAngelo custode Michele 1Arcangelo dei
novissima, il signore della Morte e del Giudizio. E Questi che, nelliconografia parallela a quella dellAnnunciazione,
presenta a Maria la palma del trapasso.
Come sia giunto e si sia radicato il culto di san Michele in Occidente questione per rispondere alla quale va dichiarato in
prima istanza che, con lambiguo termine Occidente, intendiamo qui la pars Occidentis dellImpero romano dopo la
riorganizzazione teodosiana della fine del IV secolo e dunque, nella sua dinamica, larea egemonizzata e direttamente o
indirettamente cristianizzata dopo allora dalla Chiesa patriarcale di Roma.
In pieno V secolo si dedic allArcangelo Michele, a Perugia, un tempio circolare il cui impianto appare ispirato al
Pantheon e a 5anto Stefano Rotondo, entrambi a Roma. Luso della pianta circolare rinviava a un significato cosmico-solare
comera sottolineato anche dalle ventiquattro colonne provenienti da edifici pagani in rovina e apocalittico. Ma a Roma
si dovette a Gregorio Magno, ai primi del VII secolo, il radicarsi di un culto micaelico molto importante collegato con la
difesa dellUrbe dalla peste. La famosa visione dellArcangelo posato sul culmine della Mole Adriana e in atto di
rinfoderare la spada molto intensa: richiama al ruolo di Michele quale luogotenente di Dio e strumento della Sua ira, alla
sua funzione di Angelo della Morte forse sottolineata dal suo apparire su un monumento funebre pagano ma anche alla
sua nuova posizione di protettore.
Un caso di sovrapposizione del culto micaelico cristiano a precedenti culti pagani senza dubbio quello del santuario
dedicato allArcangelo sul monte Gargano, in Puglia. La regione era stata cristianizzata a partire dal III-IV secolo e aveva
mantenuto il ruolo di cerniera fra Oriente e Occidente. Il culto micaelico le giunse quindi, forse, dalle aree nelle quali si era
rapidamente diffuso, come per esempio dalla Frigia. Non conosciamo con precisione le vicende della fondazione del
santuario, n il culto pagano preesistente che esso venne a obliterare configurando cos uno dei molti casi di acculturazione
che si verificarono tra paganesimo e cristianesimo, ma abbiamo parecchie notizie sul Gargano come montagna sacra,
caratterizzata da culti dedicati a Calcante e a Podalirio figlio di Asclepio.
La leggenda che narra il caso del Gargano, nota come Apparitio sancti Michaelis, fu redatta forse non prima del IX secolo e
ci giunta in differenti redazioni sia greche sia latine. Essa consta di tre episodi: il ritrovamento da parte del pastore
Gargano, in una grotta sul monte, di un toro che gli era fuggito, il lancio di una freccia da parte dellinfuriato padrone contro
1animale e la deviazione del proiettile, che ferisce di ritorno 1uomo; quindi una battaglia tra Sipontini e Beneventani,
alleati e cristiani, contro i pagani napoletani, e la vittoria dei primi grazie allintercessione dellArcangelo; infine
1edificazione del santuario in seguito a ripetute apparizioni dellArcangelo da parte del vescovo di Siponto, alla cui
diocesi apparteneva fino al VII secolo il Gargano.
Siamo evidentemente dinanzi a un testo composito e farraginoso. Il primo episodio narra senza dubbio un mito di
fondazione, con elementi vari che rinviano al culto di Diomede, vivo in Puglia, mentre ci si aspetterebbe che Michele dato
il suo carattere di psicopompo potesse esser chiamato a obliterare una precedente venerazione per Hermes-Mercurio e,
daltra parte, il toro fa pensare a Mithra. Certo che tra la fine del IV e 1inizio del V secolo la grotta del Gargano era gi
sede di un culto micaelico, come attestano alcune iscrizioni dalle quali si ricava che gi esisteva al riguardo un
pellegrinaggio di una certa portata. Lepisodio della battaglia potrebbe richiamare la guerra gotica, che vide Napoli soggetta
al dominio goto (e quindi ariano: 1Apparitio, riferendosi ai pagani, compie al riguardo un escamotage alquanto
consueto), mentre Siponto e Benevento erano in mano imperiale, dunque controllata dai fautori dellortodossia (nel senso,
evidentemente, etimologico del termine). Lepisodio che vede protagonista il vescovo di Siponto d modo di determinare un
termine ad quem per la fondazione del santuario: dopo il VII secolo, il monte pass difatti alla diocesi di Benevento.
Secondo un testo agiografico del IX secolo, la Vita Barbati, tale trasferimento di giurisdizione si dovette alla volont di
Romualdo, figlio del duca (poi re) Grimoaldo, che intese in tal modo remunerare il vescovo beneventano Barbato per aver
ottenuto da Dio, con la mediazione di Michele, la grazia della liberazione di Benevento dallassedio bizantino del 663. Per
quanto la prima apparizione dellArcangelo sul monte venga tradizionalmente datata al 493, le ragioni che abbiamo esposte
consigliano di guardare piuttosto al VI-VII secolo come data davvio del culto micaelico, non senza tener presente che esso
simpianta (con o senza soluzione di continuit) su un culto preesistente di tipo terapeutico- taumaturgico (il figlio di
Esculapio).
La tesi, diffusa fino alla met del XX secolo, secondo la quale il culto dellArcangelo Michele si afferm tra i popoli
germanici in quanto adatto a obliterare e a sostituire in qualche modo, le loro divinit guerriere pagane, non mai stata
avvalorata da prove effettive: sia i luoghi sacri individuati, sia le caratteristiche morfologiche di quelle divinit (oltre alle
armi, il fatto di venir venerati in luoghi come le montagne o le grotte e associati a fenomeni cratofanici come eruzioni e
terremoti) sono in realt piuttosto generici. Che in qualche specifico caso il culto micaelico abbia sostituito ma sar volta
per volta da stabilire quando, e in quali circostanze quello reso a Thor o a Wotan-Odhinn, o in area celtica a Lug o a
Belenos (gi decrittato, in area gallo-romana, come Helios-Apollo), o a Hermes o a Mithra, pu ben essere accaduto: ma
non significa che sia per questo possibile organizzare un discorso tipologico, e tanto meno elaborare una teoria generale.
Caso mai, i popoli germanici specie orientali, che sono entrati presto e sono restati a lungo a contatto con la cultura
dellImpero romano-orientale e con il suo esercito nel quale Michele aveva funzione di santo archistrategos, possono aver
desunto, proprio da tale modello, il loro atteggiamento micaeloduliaco.
Pi ragionevole il ritenere che, di pari passo con la cristianizzazione e la diffusione della conoscenza delle Scritture, le
genti barbariche Celti prima, poi Germani, pi tardi anche Uraloaltaici, Slavi e Balti abbiano approfondito la loro
venerazione rispetto agli Angeli delle nazioni: ogni popolo aveva il suo. Il culto angelico in quanto culto nazionale si
svilupp in modo speciale soprattutto presso i Goti della penisola iberica e gli Scoti dIrlanda, dove acquist anche un ruolo
teologico molto intenso. Furono senza dubbio i Longobardi, a partire dal VII secolo, a conferire al santuario del Gargano e a
Michele la venerazione del quale avevano appreso sia dai Bizantini, sia dai Goti una fama che ad allora Egli non aveva
avuto. Fu in gran parte sotto il regno tutela dellArcangelo che si celebrarono nel mondo longobardo sia la conciliazione tra
cattolici e ariani, sia il sostanziale prevalere primi sui secondi: al re longobardo Grimoaldo (padre di quel Romualdo che si
era rivolto a Barbato e alla mediazione di Michele) si attribuisce la fondazione della basilica palatina di Pavia, dedicata
appunto a Michele, mentre Cuniperto impose nel regno longobardo la coniazione di monete che recavano impressa 1effigie
dellArcangelo. Il culto degli Arcangeli sette, secondo una tradizione angelologica che non mancava di preoccupare
qualche teologo aveva avuto un ruolo nella cristianizzazione delle gentes, ma era suscettibile di sviluppi magico-ereticali.
Per tale ragione il Concilio lateranense del 746 ne limit il culto consentito ai tre Gabriele, Raffaele e Michele.
Se il monte Gargano sorge su uno sperone roccioso quasi, allestremo sud-est dellEuropa, molto pi a nord una posizione
diversa ma a modo suo affine occupata da un alto scoglio posto al confine tra Normandia e Bretagna: a poca distanza dalla
terraferma certo (circa ventidue chilometri a ovest di Avranches), ma in posizione tale che, nelle ore dalta mare a, il mare
possa insinuarsi nel mezzo e separarlo da essa, laddove durante la bassa marea diventa praticabile una limacciosa lingua di
terraferma che pu essere cos percorsa. In questo luogo incerto fra cielo, mare e terra era radicato un culto al dio celtico
Belenos, la memoria del quale resta forse nei toponimi Tombelaine e Mont Tombe, allusivi allaspetto montuoso del luogo e
forse al nome Belenos. In et romana si era avviata una qualche, soluzione acculturativa tra Belenos e Mithra, e il luogo
aveva conosciuto la costruzione di altari destinati al taurobolion. Pi tardi, alcuni eremiti cristiani erano venuti a stabilirsi
nei dintorni: tra essi la tradizione vuole giungesse da una delle capitali della vita spirituale gallo-romana, Poitiers,
1evangelizzatore della zona, san Paterno (che i francesi chiamano saint Pair) il quale, prima di divenire a met del VI
secolo vescovo di Avranches, vi fond un monastero.
Un suo successore, santOberto, ebbe nel 708 un sogno nel Michele gli ordinava di costruire in suo onore un monastero sul
Mons Tumba. Dopo molte sollecitazioni, il buon vescovo, alquanto intimidito i modi dellArcangelo sanno esser bruschi
si mise alla ricerca del luogo designato dal suo santo committente, che egli avrebbe riconosciuto in quanto vi avrebbe
trovato un toro che era stato rubato e l nascosto. Dopo altre vicissitudini, il santuario fu fondato e Oberto invi messaggeri
in Puglia affinch portassero dal monte Gargano una reliquia micaelica (giunse, in effetti, un frammento del manto
dellArcangelo). Si era appunto ai primi dell VIII secolo, un tempo nel quale il culto dedicato agli Arcangeli dava luogo a
inquietudini e a polemiche: il radicarsi dei due santuari micaelici, il pugliese e il bretone-normanno, dovette pesare nel
sostegno allimmagine del loro titolare.
E stata notata lanalogia molto stretta fra il testo dellApparitio sancti Michaelis e quello della leggenda della fondazione di
Mont - Saint-Michel detto au pril de la mer: che il luogo si denominasse, ancora alla fine del Medioevo, Mont Gargan,
stato posto nel folklore francese in rapporto con un mitico figlio del dio Belenos cui si attribuiva appunto quel nome, e che
divenuto poi il gigante Gargantua. Nell870 si ha la prima testimonianza sicura di un pellegrinaggio al santuario di MontSaint-Michel e alla tomba di santOberto procurata dal monaco Bernardo, celebre autore dun Itinerarium nel quale narra di
un suo pellegrinaggio che lo condusse a Gerusalemme,al Gargano,a Roma e sullo scoglio tra Bretagna e Normandia.
Allepoca, il monte era rifugio delle genti circostanti contro le incursioni dei pirati scandinavi che avrebbero pi tardi
insediato la regione e le avrebbero conferito il suo nome attuale. Infatti nel 911 il norvegese Rollone, capo duna banda di
incursori danesi, decise di insediarsi in quellarea e divenne per concessione del re di Francia dux Normannorum e anche
protettore del santuario. Da allora, Michele sarebbe divenuto il Santo nazionale dei Normanni e il drago che a lui era
associato nellimmagine tradizionale identificato come draco normannicus. NellXI secolo, gli avventurieri normanni che
scendevano in Italia per far fortuna non avrebbero dimenticato n la Val di Susa, n il monte Gargano: sarebbe nata cos una
forte tradizione di pellegrinaggio micaelico, una Via sancti Michaelis tra Normandia e Puglia attraverso le Alpi occidentali
da considerare, insieme con il Camino de Santiago e la Via Francigena, quale componente di quel reticolo di strade di
pellegrinaggio che ha contribuito come poche altre realt storiche a fare lEuropa. A Mont-Saint-Michel il duca
Guglielmo il Conquistatore volle che fosse affiliato il monastero di Saint Michel in Cornovaglia.
Nel 1204 Filippo II Augusto, re di Francia, strapp al suo scomodo vassallo Giovanni, re dInghilterra, la Normandia, della
quale era, secondo il diritto feudale, signore eminente, e ne rivendic il diretto governo. Da allora 1Arcangelo Michele
venne sempre pi considerato allinterno della sfera celebrativo-devozionale francese: anzi, data la posizione del suo
santuario bretone-normanno divenne una specie di sentinella avanzata nel mare, di fronte allInghilterra. Tra il 1216 e il
1218 il santuario venne coronato della sua celebre costruzione gotica, la Merveille a tre piani, quanti erano i petali del
fiordaliso di Francia, simbolo dei tre stati in cui si scandiva la societ cristiana: gli oratores, i bellatores, i laboratores.
Luigi IX giunse pellegrino a Mont-Saint-Michel nel 1256, Filippo IV il Bello nel 1307. Si fond in tal modo la tradizione
che voleva che il re di Francia fosse il primo dei miquelots, i pellegrini al santuario dellArcangelo. Nel 1395 Carlo VI
comp un sontuoso pellegrinaggio da Parigi alla roccia au pril de la mer per impetrare la protezione dellArcangelo sul
suo paese di nuovo minacciato dal nemico di Oltremanica: animato da unintensa venerazione per Michele, lo sventurato re
folle dette il nome del suo protettore celeste a una delle sue figlie e a una porta di Parigi.
Nella ripresa della guerra dei Centanni, dopo Azincourt e il trattato di Troyes, Michele divenne comera allora destino
comune dei Santi un patrono partigiano. Gli Inglesi avevano scelto Giorgio, una sorta di copia terrena dellArcangelo, e
si erano appropriati come distintivo della sua croce rossa. Il re di Bourges, il delfino Carlo, opt a sua volta per Michele
riesumando senzaltro un culto regale capetingio, ma al tempo stesso rilanciandone con forza il carattere patronale: egli
inalber difatti 1insegna della croce bianca (la medesima dellOrifiamma, il mitico stendardo di Carlomagno) e una
bandiera sulla quale era effigiato 1Arcangelo accompagnato dalla divisa SAINT MICHEL EST MON SEUL
DEFENSEUR. Lo scoglio del santuario, isolato in un territorio che con la pace di Troyes del 1420 era tornato a quel re
dInghilterra, ormai designato anche sovrano di Francia, resisteva nelle mani di un gruppo di partigiani del delfino: nel 1425
gli Inglesi avevano scatenato unoffen- siva contro di esso, ma pare che nel 1427 vi fosse stata unulteriore apparizione
dellArcangelo per confortare i suoi fedeli. E strano che Michele, nel frattempo, avesse cominciato a parlare anche a una
ragazza dun villaggio lorenese, Domrmy, suggerendole che Dio voleva che gli Inglesi lasciassero il suolo della dolce
Francia.
Michele ebbe un ruolo attivo nellultima parte della guerra dei Centanni: comparve ancora, a Talmont nel 1429, ancora al
suo santuario nel 1434, a Bayonne nel 1451. La sua croce bianca -rovescio di quella rossa di san Giorgio era ormai il
simbolo della riscossa della Francia. I sovrani di casa Valois, che grazie a lui finalmente erano riusciti a liberarsi dellincubo
inglese, gli mostrarono appieno la loro gratitudine. Nel 1469 Luigi XI fond 1Ordine cavalleresco di san Michele, un
Ordine di corte destinato a premiare i personaggi distintisi per sicura e benemerita fedelt alla corona.
I tre grandi santuari micaeliti dEuropa (San Michele del Gargano, San Michele della Chiusa in Val di Susa e Mont-SaintMichel in Normandia) non es auriscono tuttavia la tradizione devozionale dedicata allAngelo. Si parlato di guerrieri
normanni: lungo la via da essi tracciata nellXI secolo si arriva alla conquista della Sicilia e alle crociate. Michele, tuttavia,
non figura in prima linea tra i Santi militari di quel periodo: non lo si allinea insieme con Giorgio, con Demetrio, con
Teodoro, con Mercurio. Pur dotato di tratti terribili, e anche se la cavalleria lo consacrer pi tardi fra i suoi patroni, non lo
si pu ridurre alle pur alte dimensioni del Santo guerriero. Aprioristica e sviante la tesi che saluta Michele unilateralmente
o prevalentemente come Arcangelo di guerra. La consapevolezza del carattere escatologico e al tempo stesso psicagogico e
psicomachiaco della sua lotta col Demonio (presentato o meno sotto forma di dragone) era ben precisa: i santuari micaelici
hanno rapporto costante con le aree cimiteriali, come accade nella famosa cappella di Fulda la citt santa della
conversione dei Sassoni o con i luoghi in posizioni elevate, a testimonianza della manifestazione diretta della forza divina.
Ci si vede bene in santuari impressionanti per la loro posizione, come quello di Saint-Michel, 1Aiguilhe a Le Puy fondata
nel 962 dal vescovo Godescalco, secondo la tradizione il primo pellegrino francese a Santiago de Compostela, o la Sacra
o Sagra di San Michele in Val di Susa fondata secondo unincerta tradizione nei 966 o nel 999-1002, mentre oggi si
propende piuttosto per il periodo 983-987 collegandola alla volont di un nobile pellegrino a1verniate, Ugo di Motboissier,
e di suo figlio Maurizio. La prossimit cronologica e in qualche modo anche 1affinit tipologica due edifici sacri fondati
su due luoghi impervi e inaccessibili induce a chiedersi se Ugo, giunto in Val di Susa, non agisse avendo ben presente il
modello di Le Puy. Oggi tuttavia si tende a ritenere che esistesse gi sullalto monte Pirchiariano (unaltra montagna
sacra) una tradizione eremitica quella riunita attorno a Giovanni Vincenzo e che in un secondo tempo la fondazione
alverniate vi abbia radicato una comunit cenobitica. Ad ogni modo la notizia della fondazione del santuario piemontese,
anonima, risale al terzo quarto dellXI secolo.
Sulla linea costituita dai tre grandi santuari del Monte Gargano, di San Michele della Chiusa (la Sacra) e di Mont-SaintMichel simpost 1asse portante della spiritualit micaelica e del pellegrinaggio micaelico di et medievale. Naturalmente,
nacquero altre chiese dedicate allArcangelo e in alcuni casi seguirono una tradizione indipendente da questa. Talvolta, il
carattere esaugurale del culto micaelico rispetto a persistenze pagane (anche in et tardiva) evidente: come nel caso della
chiesa a Michele dedicata fra il 1072 e il 1099 per volont del grande Desiderio, abate di Montecassino, a SantAngelo in
Formis, sulle pendici di unaltra montagna sacra venerata in et pagana, il Monte Tifata, su cui un tempio dedicato alla dea
Diana la distruzione del quale, secondo la leggenda legittimata da una Passio, era vals a il martirio a Prisco vescovo di
Capua. Altro importante caso di fondazione micaelica la chiesa di Montesiepi, luogo alto che ha condotto pi tardi alla
costruzione della vicina abbazia cistercense di San Galgano. In effetti il Santo che porta un nome semiomofono di Gargano,
che in realt il medesimo (ma si trattava di un nome gi abbastanza attestato nella Toscana del XII secolo, specie in area
volterrana), quel Galgano fondatore nella Toscana meridionale del santuario ancor oggi conosciuto per la sua reliquia di
sapore vagamente arturiano, la spada nella roccia. Galgano un cavaliere convertito alla vita eremitica alla fine del XII
secolo: la leggenda che lo riguarda ruota attorno alle funzioni psicagogiche di Michele, guida del suo protetto in un onirico
viaggio dai caratteri iniziatici molto pronunziati.
Angelo della giustizia e quindi del giudizio le bilance sono, insieme con la spada e con lo scudo, caricate sovente dal suo
motto, QUIS UT DEUS?., il suo attributo Michele continu a ricevere, al di l dei santuari dedicatigli, un culto soprattutto
nelle chiese dedicate ai defunti e nei cimiteri. Laspetto escatologico del suo culto lo poneva da una parte in prima linea
negli episodi della cacciata degli Angeli ribelli e dellApocalisse, dallaltra gli dedicava un ruolo fondamentale nellagonia
dei mortali oltre a metterlo al centro delle scene del giudizio tanto particolare quanto universale. Per questo Egli torn ad
assumere un ruolo di speciale importanza nel lungo periodo compreso tra le due pandemie del 1348-50 e del 1630, allorch
la sua effigie ricorre tra le pi frequenti nella pittura votiva insieme a quella dei Santi abitualmente venerati e invocati
contro il contagio: Lazzaro, Sebastiano e Rocco. Resta sempre tutto sommato pi in ombra di quanto non si creda il suo
ruolo propriamente militare. Tuttavia, ancora oggi, Michele con la Vergine, che ha assunto questo ruolo nel corso delle
lotte contro i musulmani e in particolare contro i Turchi uno dei Santi pi comunemente invocati quale patrono degli
eserciti, dei corpi di polizia o di certi reparti speciali. Le sue due feste, 18 maggio (ricorrenza della sua apparizione sul
Monte Gargano) e il 29 settembre (data nella quale tradizionalmente scadevano i contratti nella vecchia cultura contadina, e
che per questo aveva unimportanza calendariale di grande rilievo) restano tra le pi venerate di un calendario santorale
cattolico che il Concilio Vaticano II ha molto falcidiato: facendone tra 1altro cadere il doppio terreno, il fratello-rivale
Giorgio. Del che, non detto che il Principe della Celeste Milizia si sia compiaciuto.
sincretisticamente, almeno a livello iconografico, quella dellArcangelo con altre immagini di divinit
guerriere, prevalentemente ma no n solo germaniche; contesto nel quale la vittoria sul drago assumeva il
valore di metafora del trionfo del cristianesimo sugli antichi culti pagani.
Se rimane interessante la segnalazione di una figura che regge la croce e la lancia in piedi su un drago
in stoffe copte del VI-VII secolo (De Jerphanion, 1938), tuttaltro che provata la tesi della derivazione
di figurazioni simili, in ambito occidentale, dalla grande immagine dellArcangelo vista dal monaco
Bernardo (IX secolo) nella grotta santuario del Gargano. Il pellegrino non fornisce infatti alcuna
descrizione dellicona, che non trova riscontro in un rilievo, pi rozzo che antico, di incerta datazione,
reimpiegato nel cosiddetto trono reale nella grotta garganica (Bertelli, in LAngelo, la Montagna , il
Pellegrino, 1999, p, 80); tanto meno nella figura a mezzo rilievo in rame dorato ritrovata intorno al
1900 in uno degli anfratti della grotta, gi ritenuta del VI secolo, ma non pi antica degli inizi dellXI
secolo (Bertelli, op. cit., p. 54); n pu essere posta automaticamente in relazione con 1Arcangelo
avvolto in una lunga veste che trafigge il drago sotto i suoi piedi, scolpito a rilievo sul bracciolo della
cattedra vescovile nel santuario, databile sulla fine dello stesso secolo (Mola, op. cit., p. 76-79). Non
offre testimonianze pi significative in questo senso neppure la porta bronzea della chiesa- grotta, fusa e
ageminata a Costantinopoli nel 1076 (Bertelli, 1990), autentico poema figurato in lode dellAngelo del
Signore, nella quale le icono grafie si attengono strettamente alla tradizione classica e bizantina, senza
tenere conto di spunti locali e di sug- gestioni occidentali. La prima formella dellanta sinistra illustra,
ad esempio, il noto passo dellApocalisse non con una scena di battaglia, ma con una immagine stante
di Michele vittorioso sospesa nel cielo, al di sopra della figura rannicchiata e alata di Satana in
sembianze umane, mentre ai suoi lati dal cielo cadono le figurine nude degli Angeli sconfitti:
interpretazione che adombra la trasformazione della battaglia apocalittica nella vittoria su Lucifero e gli
Angeli ribelli, costruita dai Padri sulla invettiva di Isaia contro il re di Babilonia (Isaia 14,13). Quanto
alle tre apparizioni al vescovo di Siponto, concepite come illustrazioni testuali dei relativi passi della
fonte altomedievale, il Liber de Apparitione S. Michaelis in Monte Gargano, 1Arcangelo vi appare
piuttosto in vesti di messaggero, il braccio levato nel gesto della allocuzione, cos come nelle due scene
contestuali di annunci a Giuseppe.
Daltro canto, lo stesso Arcangelo si presenta, nel testo agiografico, come Michele Arcangelo, che
sempre sto al cospetto del Signore dichiarandosi ispettore e custode del luogo: pi vicino, quindi,
allimmagine di incensatore de l trono celeste che a quella di guerriero.
E probabile pertanto che 1introduzione in area garganica della iconografia di Michele che trafigge il
drago, ben nota gi nella Francia altomedievale (Lamy- Lasalle, 1971), ripresa e amplificata anche in
loco ne l portale francesizzante di San Leonardo in Lama Volara (seconda met del XII secolo), iuxta
strata peregrinorum, sia da mettere piuttosto in relazione con la conquista normanna della Puglia, che
secondo la tradizione aveva preso le mosse, nei primi anni dellXI secolo, proprio da un pellegrinaggio
alla Montagna sacra.
Per i pellegrini guerrieri, si era trattato di ripercorrere allinverso il cammino compiuto nellVIII secolo
dai fondatori del santuario sul monte Tumba, il leggendario Mont-Saint-Michel, modellato palesemente
sull esempio del promontorio garganico proteso nel mare. Non si dimentichi che dalla fine del X
secolo Riccardo I, duca di Normandia, aveva dato nuovo impulso al primitivo santuario franco
allogandovi una comunit benedettina e facendone un punto di riferimento per la nazione normanna
(Le Mont-Saint- Michel, 1998, pp. 21-34). Strettamente collegate anche le leggende di fondazione dei
due santuari, allusive al soppiantamento di antichi culti pagani di matrice agro pastorale con il nuovo
culto cristiano personificato dallArcangelo. In entrambe ma quella garganica certo precedente la
rivelazione affidata a un toro mentre a un vescovo Lorenzo di Siponto, Aubert di Avranches
spetta 1interpretazione del mistero e la dedicazione del luogo di culto. E possibile, quindi, che alla
leggenda di fondazione si riferisse anche 1immagine vista da Bernardo al Gargano; lo lascerebbe
pensare un frammento mutilo di affresco scoperto negli ambienti del santuario alto-medievale negli
anni Cinquanta, mal documentato e subito scomparso, nel quale per rimanevano evidenti le zampe di
un bovino e lala di un angelo (DAngela, 1980, pp. 355-378). In alternativa, o in aggiunta, si pu
pensare a una solenne figura paludata alla bizantina, simile a quella affrescata nel Duecento in Santa
Maria Maggiore a Monte SantAngelo, nella quale il tardivo attributo di un piccolo drago sotto i piedi
appare del tutto incongruo.
Lapparizione al monte Gargano, anzi le tre successive apparizioni, fissate dalla tradizione alla fine del
V secolo, di poco successive quindi a quella sul monte Tancia, in Sabina, dove antagonista
dellArcangelo era stato un mostruoso serpente (Righetti Tosti Croce, 1985), assunsero in Occidente un
rilievo e una risonanza del tutto speciali. Giocavano a favore del santuario garganico sia la suggestione
del luogo e 1asprezza dellascesa, sia 1esistenza di segni concreti della presenza angelica assimilabili
a reliquie: 1orma del piede impressa su una roccia, il drappo rosso trovato sullaltare a significarne
lavvenuta consacrazione (Angelillis, 1955-1957).
Ignota allarte bizantina nonostante la redazione, nellXI secolo, di una traduzione greca del testo
agiografico dellApparitio (Otranto, 1988); poco o nulla attestata, a quanto ci risulta, nei luoghi
coinvolti nellevento (Otranto, 1985; Belli dElia, 1994), la rappresentazione della leggenda garganica
si diffuse invece in tutto 1Occidente a partire almeno dallet carolingio - ottoniana, con massime
punte di intensificazione tra il XII e il XV secolo (Otranto, 1983; Belli DElia, 1994).
In alcuni antependia e poi nei sontuosi retabli (polittici) spagnoli e catalani, non meno che
nellillustrazione libraria, le scene relative al Miracolo del toro, alle Apparizioni al vescovo di Siponto,
alla Dedicazione della grotta meno frequentemente alla Battaglia si alternano a quelle relative alla
leggenda di Aubert e alla costruzione del santuario sul monte Tumba, spesso aggiungendovi la
rappresentazione dei rispettivi miracoli e scene di pellegrinaggio. Si va dalla allusione cifrata nel
Frontale degli Angeli (XII secolo) da Eguillor, ora nel Museu de Arte de Catalunya a Barcellona e in
quello duecentesco da Soriguerola, nella collezione Plandiura dello stesso museo, alla pi esplicita
narrazione dispiegata sullAntependio catalano duecentesco ora nel Muse des Arts Decoratifs di Parigi
(Belli DElia, 1994).
Non sembra che le tante versioni dipendano da un unico modello figurativo, ponendosi piuttosto, di
volta in volta, come illustrazioni diverse dello stesso testo letterario nelle sue varie redazioni. In alcuni
esempi, modellati sullo schema delle icone agiografiche, le scene si dispongono per lo pi attorno a
immagini centrali dellArcangelo, a volte sontuosamente abbigliato come nella tradizio ne bizantina
(Dorsale di Vico 1Abbate, oggi a San Casciano in Val di Pesa, Museo Vicariale), altre volte in veste di
guerriero e al tempo stesso di pesatore di anime.
In questa duplice, difficile posizione, che vede la figura impegnata a trafiggere con la destra il dragone
mentre con la sinistra regge una bilancia e non di rado il Demonio, in sembianze pi o meno
mostruose, si aggrappa a un piatto per tirare lanima dalla sua parte giocavano altre antichissime
componenti di origine egiziana, ma anche il sincretismo con la figura di Hermes -Mercurio psicopompo
(conduttore delle anime). Nelle Scritture, lo spunto era offerto dallallusione a una disputa tra Michele
e Satana sul corpo di Mos (Giuda 1,9), che poneva lArcangelo nella posizione di difensore e guida
delle anime dei defunti. Questa funzione, ripresa e amplificata dai testi apocrifi, fin per associarlo
anche alla Dormitio Virginis, come colui al quale Cristo affida 1animula di Maria (Roma, Santa Maria
Maggiore, mosaico absidale) o, in versio ni tardive di gusto popolare, punisce 1incredulo troncandogli
le mani.
In altri contesti, Michele, sempre combattente, diviene strumento del Giudizio associato al Cristo
apocalittico. Questo tipo di raffigurazione, ricorrente nei timpani romanici con la messa in scena del
Giudizio e presente anche, in una versione pi grottesca che minacciosa, nel Frontale degli Angeli di
Eguillor, campeggia al centro del gi ricordato Antependio catalano del XIII secolo, ora nel Muse des
Arts Dcoratifs di Parigi, dove 1Angelo bianco vestito affiancato da riquadri con scene di miracoli al
Gargano e al Mont-Saint-Michel; la si ritrova, quindi, nella stessa pittura bizantina o bizantineggiante
si veda ad esempio la luminosa versione che n d Manfredino da Pistoia in un affresco nel Museo di
SantAgostino a Genova ma trova le sue maggiori e pi fantasiose realizzazioni nella pittura francofiamminga del Rinascimento. Negli esempi quattrocenteschi di matrice nordica sportello esterno del
Trittico di Danzica di Hans Memling, ripreso in una tavola napoletana gi in Santa Maria Nova, ora
Capodimonte la lancia per lo pi sostituita dalla spada sguainata levata col braccio destro piegato
sopra il capo; 1Arcangelo porta 1armatura, ma con una grazia femminea che autorizza, almeno in
alcuni esempi francesi Libro dore di Pietro II, duca di Bretagna (Parigi, Bibliothque Nationale, ms.
1159; in Le Mont-Saint-Michel, 1998, p. 70), Messale di Carlo VI, gi nella Biblioteca Didot, sempre a
Parigi il richiamo alla figura della Pulzella dOrlans, in armi contro i nemici della Francia. Come
sempre in tempi di calamit e di pericolo, la figura dellArcangelo a spada sguainata assicurava
protezione e prometteva la vittoria sui nemici.
Con rare eccezioni, sar questa la versione preferita anche nel clima della Riforma cattolica, dove si
riproporr con nuova ampiezza scenografica il tema della Cacciata degli Angeli ribelli. Antagonista
dellArcangelo diviene allora principalmente 1Eresia e il motto QUIS UT DEUS? campeggiante sul
suo scudo assume dichiaratamente il valore di un grido di battaglia e di sfida.
Nella nuova icona secentesca elaborata da Guido Reni (Roma, Santa Maria della Consolazione), la
figura luminosa con le ali dispiegate e le braccia aperte aleggia su uno sfondo di nubi: la destra armata
di spada rivolta in basso, verso il Demonio in forma umana, la bilancia, ridotta a un gingillo, nella
mano sinistra. In seguito, questo inverosimile attributo finir per scomparire quasi del tutto, sostituito
da una catena con la quale 1Angelo tiene avvinto per un braccio Satana. Si veda, ad esempio il gruppo
bronzeo di Alessandro Algardi nel Museo Civico di Bologna.
Se la figura del combattente, del protettore armato, senzaltro predominante nelliconografia
micaelica, quasi altrettanto rilevante, soprattutto a livello del culto, quella del guaritore, che muove
anche pi da lontano ed evoca altre associazioni sincretiche con Apollo e Asclepio. A monte di questa
interpretazione, vi sono le Apparizioni di Chonai, Colossae, Cheretopa in Frigia, riportate da una
anonima Narratio, nella quale la figura angelica viene associata alla nascita di un fiume e alle propriet
salutifere dellacqua (Otranto, 1990). La raffigurazione di questo miracolo assai pi rara e presente, a
quanto mi risulta, solo in aree di cultura greca: la si riconosce, ad esempio, in una miniatura del
Menologio di Basilio II (Roma, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. Gr. 1613, f. 17) e su una formella
ageminata di una porta bronzea nella cattedrale di Suzdall. LArcangelo vi compare in candida veste,
accanto alla biforcazione di un fiume prodotta dalla sua verga. Lacqua, sgorgata dalle profondit della
terra, aveva propriet salutifere; i devoti, nellarea del santuario, praticavano il rito dellincubatio. Cos
a Chonai, cos anche sul Gargano, nel sacro speco di monte SantAngelo ricordiamo che vi erano stati
venerati Podalirio e 1indovino Calcante dove 1acqua, stillante perennemente dalla roccia, era
raccolta nel pozzillo e distribuita ai fedeli. Cos anche a Cagnano Varano, in un antro assai meno
celebre ma non meno venerato dalle popolazioni locali e forse, pi vicino, nella intatta natura del
luogo, alle suggestioni originarie, ormai fortemente compromesse, nel santuario di monte SantAngelo,
dai troppi interventi umani (Ferrante, 1991).
Le due funzioni, di difensore e combattente contro il male nonch di pietoso soccorritore degli uomini
nelle loro miserie, si fondono con rara espressivit nellimmagine rinascimentale dellArcangelo
garganico: quel simulacro marmoreo voluto dal re di Spagna, scolpito nel Cinquecento a Napoli da una
eccellente mano di artista, toscano di nascita o quanto meno di educazione, (Mavelli, in LAngelo, la
Montagna, il Pellegrino, 1999, pp. 170-173) che, esposto sullaltare nella grotta di monte SantAngelo,
servito da allora come modello per le migliaia di copie in tutte le pietre e le dimensioni, prodotte per
venire incontro alle esigenze della moltitudine di devoti da artigiani locali, i sammichelre, che ne
avevano avuto in esclusiva il privilegio (Tripputi, op. cit., pp. 274-283). LArcangelo vi appare rivestito
della lorica raffinatissima ma con volto mite di fanciullo, mentre leva sopra il capo la spada con
espressione pi di ammonimento che di minaccia nei confronti del Demonio in sembianze di fauno che
calca col piede. Lo sguardo, dolcissimo, rivolto altrove, verso la folla di devoti e sofferenti,
idealmente raccolti ai suoi piedi.
A questa efficacissima immagine di protettore e taumaturgo si contrappone in certo modo quella,
egualmente dal duplice significato, che dallalto della Mole Adriana era apparsa a papa Gregorio
Magno nellatto di rinfoderare la spada a significare la fine della peste. Lapparizione, soprattutto dal
Trecento in poi oltre al singolare affresco di Biagio di Doro Ghezzi in San Michele a Paganico vale la
pena di ricordare la sulfurea interpretazione datane dal Beccafumi per la chiesa senese di San Niccol
al Carmine (Belli DElia, 1994) stata spesso evocata pittoricamente insieme a quelle al Gargano e al
monte Tumba; e ha trovato la sua perfetta formulazione iconica nella scultura bronzea del fiammingo
Pieter Werschaffeld (1752) che domina Castel SantAngelo.
A differenza dellimmagine garganica, anchessa invocata pi volte in occasione delle pestilenze che
avevano colpito il Regno nel XVII e XVIII secolo (Mavelli, 1999, pp. 208-209) il valore salutifero e
apotropaico (che allontana gli influssi negativi) era stato allora attribuito, oltre che alla stilla, alle
scaglie di pietra tratte dalla cava nella grotta la statua romana trasmette un inquietante, duplice
messaggio, simile a quello che gli antichi leggevano nella figura di Apollo saettatore e guaritore. Se
lArcangelo rinfodera la spada, significa che essa era stata sgua inata non a protezione degli uomini, ma
contro di essi, che avevano meritato la punizione divina.
Una nuova testimonianza della identificazione di Michael, manifestazione della misericordia ma anche
strumento dellira divina, con Dio stesso.
Uno studioso francese del XIX secolo, Anthyme Saint-Paul, con la miscela di erudizione e sorpresa
propria di unepoca che rivalutava il Medioevo, spiegava cos 1emergenza architettonica e le ragioni
di ordine simbolico dei due principali santuari angelici medievali di Francia: Il culto di San Michele fu
uno dei pi popolari, indipendentemente dalle diverse apparizioni e dai diversi miracoli che gli sono
stati attribuiti: il motivo principale di questo culto potrebbe trovarsi nellanalogia che i primi cristiani
Galli credettero notare fra San Michele, uno dei messaggeri di Dio, il vincitore di Satana, e Mercurio,
1uccisore di Argo, il messaggero di Giove e patrono nazionale della Gallia paga na. I missionari venuti
da Roma accettarono questanalogia e ne approfittarono per dedicare allArcangelo i luoghi
precedentemente consacrati al dio alato dellOlimpo. Era cos attaccare nei suoi pi solidi trinceramenti
lantica superstizione. Cos come Mercurio era adorato specialmente sulle alture, fu sulle alture che si
onor San Michele. In Vandea esiste una collina che nel suo nome rivela nel modo pi sorprendente
questa successione di culti, giacch riunisce il nome pagano al nome cristiano: il monticello chiamato
Saint-Michel-Mont-Mercure, da dove si scopre unimmensa distesa di terreno pianeggiante. Esiste
ancora in tutte le regioni francesi un gran numero di alture di tutti i livelli, poggi, mammelloni, colline
o montagne, che coronano oratori portanti il vocabolo di Saint-Michel. La pi celebre il Mont-SaintMichel che emerge nel mezzo di una baia, non lontano da Avranches, fra la costa della Bretagna e
quella normanna del Cotentin. Dalla navata della sua chiesa fino alle magnifiche fortificazioni che lo
resero inviolabile agli inglesi durante la guerra dei CentAnni, il Mont-Saint-Michel il riassunto pi
completo di quello che 1arte religiosa, 1arte civile e 1arte militare hanno prodotto di pi ardito e di
pi grandioso fra il X e il XVI secolo. C qui un fabbricato che porta e merita il nome di Meraviglia;
una delle sale che esso racchiude 1antico scriptorium che stato chiamato per molto tempo sala dei
cavalieri, per ricordare che il pi antico ordine reale di cavalleria fu creato, nel 1469, da Luigi XI, sotto
il titolo di Saint-Michel, in onore del famoso pellegrinaggio normanno. Per altri aspetti, anche la chiesa
Saint-Michel dAiguilhe degna di essere menzionata fra i santuari dedicati al capo dei combattenti
celesti. Si eleva, di fronte alla citt di Puy, sulla punta di un obelisco naturale di granito, alto 85 metri e
accessibile tramite una scala di 270 gradini tagliati nella roccia. A parte questa situazione bizzarra,
1edificio rimarchevole in se stesso per la sua forma ellittica e 1antichit della sua architettura
(Saint-Paul, 1884, pp. 88-90).
I santuari dedicati a san Michele sono spesso situati durante lalto Medioevo in luoghi elevati non solo,
per cos dire, allesterno, collina o spuntone roccioso, ma anche allinterno degli stessi edifici religiosi.
Al primo piano delle torri occidentali, sopra il portico dingresso di una chiesa, si trova spesso una
cappella il cui altare dedicato a san Michele. Grazie a questa posizione, si cerca di rendere tangibile la
protezio ne dellArcangelo celeste sulla terra, la Chiesa e i suoi fedeli. Nello stesso tempo,
sopraelevando il pi possibile il santuario, si afferma la volont di avvicinare la preghiera dellaldil
strappandola con la stessa occasione alla quotidianit.
In Francia come in Italia o in altri luoghi dellOccidenti medievale si costruito sopraelevando i
santuari cos da renderli nello stesso tempo visibili dal basso e dallalto. La protezione di san Michele
il Santo militare con lo stendardo del mondo bizantino o il san Michele principe celeste del culto
occidentale era necessaria e la sua intercessione invocata regolarmente grazie ai santuari che
racchiudevano il mistero del suo culto. Rispetto alla maggior parte dei Santi locali o di altri personaggi
prestigiosi della gerarchia celeste, Michele appare come un essere santificato vicino allo stesso tempo
lontano, come i santuari che Gli sono dedicati.
Per Lui si sono costruite nel Medioevo delle vere scenografie monumentali.
Dagli inizi dellepoca pre-romanica e sino alla fine de Medioevo, i santuari dedicati a san Michele sono
stati oggetto di pellegrinaggi molto frequentati e organizzati intorno allimmaginario dei luoghi, celle e
palazzi e, allo stesso tempo, alla Gerusalemme celeste lontana da noi nella qua le si pu riuscire a
penetrare solo dopo aver praticato la penitenza necessaria, simboleggiata nella fattispecie
dallinaccessibilit del luogo e dalla difficolt del cammino da intraprendere per giungervi.
Saint-Michel dAiguilhe allepoca pre-romanica e romanica Mont-Saint-Michel, con un percorso
architettonico che trova i suo apogeo nellarte gotica, rappresentano ancora oggi in Francia la volont
di costruire nel Medioevo, per gli Angeli e gli Arcangeli, dei reliquiari monumentali che siano dei
luoghi di preghiera situati a met strada fra la terra e il cielo e che per la loro posizione elevata
permettano agli uomini di avvicinarsi fisicamente al mistero divino. Scala di Giacobbe o torre di
Babele, la volont di toccare il cielo diventa possibile nei santuari dedicati a san Michele grazi alla
preghiera. Cos 1utopia si fa realt.
Il paesaggio e la citt di Puy sono dominati, oltre il mont Corneille, dalla cappella di Saint-Michel
dAiguilhe. Era abbastanza comune durante il Medioevo incontrare edifici religiosi dedicati
allArcangelo, posti su questo tipo di alture. Immediatamente si pu fare il raffronto con Mont-SaintMichel che si visita solo dopo una faticosa salita. Pi modestamente, il santuario dellAiguilhe si erge a
unaltitudine di ottantadue metri e ancora oggi i pellegrini devono salire i duecentosessantanove gradini
tagliati nella roccia per potervi accedere. Larchitetto di questo edificio ha approfittato di una breccia
basaltica risalente allinizio dellera quaternaria; un dike di pi di un milione di anni del quale solo una
piccola parte visibile sopra il suolo. Nel Medioevo questa roccia era circondata da vasti prati.
Come per la cattedrale di Notre-Dame, a Puy non escluso che la cappella sia stata edificata sopra
resti di un edificio dellepoca gallo -romana. Sembra certo che questo luogo abbia sempre beneficiato
di miracoli provenienti dal culto religioso. Il pi famoso legato alla storia leggendaria della Pulzella
dOrlans, la cui purezza fu messa in dubbio. Per tentare di bloccare queste calunnie, ella si gett
dallalto della roccia pregando Dio, la Vergine e san Michele. E in questo frangente che un Angelo la
salv e la depose sulla terra incolume. Per provare la veracit del prodigio si lanci una seconda volta
davanti a testimoni e il fenomeno si rinnov. Purtroppo, mor, cercando, per vanit di ripetere
1esperimento. Grazie a questo tipo di leggende e al culto dedicato allArcangelo, il luogo divenne ben
presto famoso tanto da attirare molti pellegrini.
Si conosce la data della fondazione della cappella tramite una carta trascritta dalla Gallia christiana. Il
vescovo Godescale la consacr il 18 luglio 961. In quella data la cappella era certamente ultimata e gli
scalini costruiti. Molto presto una comunit religiosa fond 1abbazia di Sguret, probabilmente
costituita da eremiti, che sinsedi ai piedi della roccia. Nel 1088 Bernard, il custode della cappella, con
il permesso del decano della chiesa di Puy e del vescovo, Adhemar di Monteil, trasform la sua casa in
ospedale e fond un cimitero per i poveri. Contemporaneamente si ebbero frequenti pellegrinaggi sia a
Puy che ad Aiguilhe. La scala lunga e ripida era allepoca ritmata da tre oratori che esistevano ancora
nel 1793 e che erano consacrati a Gabriele, Raffaele e Guinefort.
La cappella fu costruita in due tempi. Un primo edificio fu realizzato nel X secolo e successivamente
ampliato nel XII secolo.
Allepoca pre-romanica il monumento ha una pianta quasi quadrata con una porta a ovest e tre absidi.
Una cupola piramidale a quattro falde copre la parte centrale, coronata da una torre quadrata. Questo
tipo di pianta trilobata molto frequente a partire dallet paleocristiana soprattutto nellItalia
settentrionale e in Germania nel IX e X secolo. Si conosce bene per esempio 1oratorio di Germignydes-Prs, voluto da Thodulphe vicino a Orlans. Due secoli dopo la cappella dAiguilhe prender la
sua forma attuale. La piattaforma davanti alla porta originaria era sfruttata per realizzare una navata
circondata da un deambulatorio irregolare illuminato da sei grandi finestre e coperto da volte con
profili irregolari che poggiano su colonne. Allesterno la cappella dominata da un campanile ispirato
a quello della cattedrale che doveva originariamente elevarsi su cinque piani; esso stato fulminato nel
1245 e in seguito restituito allintegrit originaria. Fu ricostruito unaltra volta nel 1858 dallarchitetto
Mallay con grande fedelt. Il campanile in cima alla roccia connota verticalmente 1edificio come una
freccia che invoca direttamente san Michele. La realizzazione di questo santuario fu determinata dalla
forma della roccia. Gli architetti successivi 1 hanno completamente adattato al luogo, facendo di
questo monumento un capolavoro di grande originalit.
La decorazione scolpita della facciata integra san Michele in un programma complesso. Larchitrave
destro decorato con sirene porta unarcata trilobata che domina un timpano neutro. Nei lobi si trovano
dei riferimenti allApocalisse: lAgnus Dei al centro, quattro Vecchi, che evocano i ventiquattro della
tradizione e tre dei quattro simboli dei Vivi. Poco pi a sinistra, pi sopra, si trova un loculo cerchiato
da quattro rami di palmette. Allultimo livello, cinque nicchie accolgono lOnnipotente al centro, la
Vergine e san Giovanni a sinistra. Le due altre nicchie sono occupate da san Michele e san Pietro a
destra. Qui, come in numerosi altri insiemi romanici, la Vergine e 1Arcangelo sono presentati quali
intercessori presso Dio. Liconografia della facciata quindi dominata dal tema dellapocalisse.
Oltre il suo programma scolpito, questa cappella era fornita di pitture murali oggi in parte scomparse.
Al momento dei restauri de1 XIX secolo, le pitture murali furono dapprima interamente intonacate nel
1823, poi liberate nel 1851 da Anatole Dauvergne.
Nel santuario pre-romanico, sotto la volta, Dio raffigurato in trono in maest in una doppia mandorla.
E incorniciato dalle personificazioni della luna e del sole. Dallaltro lato, sempre sulla volta, dipinto
san Michele in piedi con ai lati due Serafini muniti ciascuno di tre paia di ali. Si nota ancora la presenza
dei simboli evangelici agli angoli e di due busti dAngeli in maest.
LAnnunciazione, la Nativit cos come 1Apparizione dellAngelo ai pastori sono dipinte nellabside
est, mentre a ovest vi sono diciassette personaggi aureolati. Lorganizzazione dellinsieme potrebbe
datare al X secolo. Il san Michele sarebbe dellepoca romanica, considerando che potrebbe essere
lingrandimento di una raffigurazione dello stesso Santo del X secolo.
Le grandi linee della costruzione di questa cappella sono relativamente facili da decifrare. Le differenze
stilistiche lo permettono facilmente, dalla sua costruzione nel 961 fino agli ampliamenti e alle
trasformazioni della fine del XII secolo. Dallepoca romanica la cappella ha sempre la stessa
importanza per la sua posizione, la sua originalit architettonica e i suoi elementi iconografici.
Mont-Saint-Michel
E a Mont-Saint-Michel che i raffronti con lItalia merid ionale si concretizzano gi a partire dallalto
Medioevo, fatto che testimonia peraltro unattenzione intensa verso il grande santuario
dellArcangelo del monte Gargano nelle Puglie. Ai confini della Normandia e della Bretagna, in un
luogo isolato del continente quando la marea sale ma si stacca nettamente dal suolo in altezza allorch
1acqua si allontana, si voluto, fin dallalto Medioevo, onorare 1Arcangelo Michele cos come
esposto nella Revelatio ecclesiae sancti Michaelis, racconto che si trova in diversi manoscritti, quale,
ad esempio, il 211della biblioteca dAvranches. In questa evocazione si ricorda che 1arcivescovo di
Avranches, Auberto, fece costruire sul monte Tomba in onore dellArcangelo san Michele,
probabilmente nel 708, un piccolo santuario a forma di grotta a immagine di quello del monte Gargano.
Due secoli pi tardi, nel 966, il duca di Normandia, Riccardo I, vi install una piccola comunit di
benedettini provenienti da Fontenelle (Saint-Wandrille) e da Bec-Hellouin diretti dal1abate Mainard
(966-991); riforma che fu confermata dal re Lotario il 9 febbraio 966. In quel preciso momento
sopraggiunse la costruzione della chiesa pre-romanica.
NellXI secolo 1afflusso di pellegrini e 1importanza della comunit monastica determinarono
1edificazione di una nuova chiesa romanica, motivata dalla scoperta miracolosa delle reliquie di
santAuberto. Labate del luogo si serv di questa scoperta al fine di ottenere le sovvenzioni necessarie
per la costruzione di un nuovo edificio religioso.
Il progetto ambizioso, visto che si decide di porre la chiesa, di una lunghezza di ottanta metri, in cima
a una roccia, questultima capace di accogliere solo i quattro pilastri della crociera e una piccola parte
della navata. Si sistem allora una piattaforma orizzontale sostenuta da quattro cripte la cui parte
orientale serve da supporto al coro. Questultimo, sopraelevato di tre metri rispetto al transetto, croll
nel 1421. Un deambulatorio illuminato da larghe finestre e senzaltro fornito di una vo lta di pietra,
circondava originariamente il coro, com stato possibile constatare dagli scavi effettuati. Era composto
da tre campate diritte, prolungate a est da unabside a cinque falde, mentre unabsidiola prolungava il
lato orientale. In compenso, le cripte a nord e a sud, che reggono i due bracci del transetto, sono giunte
fino a noi. Rispettivamente poste sotto il vocabolo di Notre-Dame-des-Trente-Cierges e di SaintMartin, adottano un piano identico: una navata chiusa, divisa in due campate da un doppio arco e
prolungata da unabside semicircolare con volta a semicatino. I bracci del transetto sono provvisti di
unabsidiola parallelamente coperta a volta e incorniciata da archi a centina piana incassati. La cappella
Notre-Dame-sous-Terre rinforzata per servire da supporto alla navata della chiesa romanica, della
quale oggi sussistono quattro delle sette campate originarie e il transetto restaurato secondo gli schemi
architettonici del XIX secolo.
Nel 1103 il muro nord della navata croll e fu ricostruito in maniera identica. Nel 1176 tutta la parte
occidentale della chiesa venne devastata da un incendio. Questo port alla costruzione di edifici
conventuali sui tre lati del monumento, con poche cure e 1impiego minore di mezzi. Si distingue a
nord una lunga costruzione che comprende la cappellania, la sala dellambulacro e il dormitorio,
completato da dipendenze quali la cucina o 1infermeria; a ovest si trovavano i locali amministrativi
dellabbazia e a sud la cappella che venne poi trasformata in ossario.
La seconda met del XII secolo fu segnata da intense campagne di costruzione, volute dallabate
Robert di Thorigny (1154- 1186). Nel 1204 un nuovo incendio colpisce il santuario romanico, a opera
dei soldati fedeli alleati di Philippe Auguste, allora lanciato alla conquista della Normandia. I doni dei
re di Francia contribuiscono a far dimenticare questo spiacevole avvenimento e permettono di costruire
a nord della chiesa un edificio prestigioso, pi tardi chiamato la Meraviglia. Questultimo presenta
varie sale sovrapposte su tre livelli: la cappellania, la sala degli ospiti e il refettorio dei monaci a est, la
cantina, la sala detta dei Cavalieri (di fatto la sala dei monaci) e il chiostro a ovest. Linsieme resta una
delle testimonianze pi notevoli dellarchitettura monastica dellinizio del XIII secolo. Dal 1250 circa
fino allinizio del XVI secolo, 1insieme completato dagli appartamenti dellabate e i locali
amministrativi e giuridici del monastero. Durante 1assedio degli Inglesi, nel 1421, il coro del santuario
croll. A partire dal 1446, dietro ordine dellabate dEstouville, fu ricostruito sulla solida cripta dei
Gros Piliers.
Ultimato nel 1518, il coro di questo santuario una delle pi belle opere dellarte gotica. Linsieme
delle costruzioni di Mont- Saint-Michel rappresenta la pi alta energia spiegata per avvicinare il lavoro
architettonico degli uomini ai sortilegi della natura sulle cose, in un luogo singolare, un tempio della
preghiera nel quale 1Arcangelo Michele possa essere onorato allinterno di un vero gioiello, un
reliquiario di pietra destinato a rassomigliare il pi possibile al Paradiso.
verga con due serpenti intrecciati, il caduceo, munito anchesso di piccole ali; Raffaele, secondo
Origene (Contra Coelsum, VI, 30, in Patrologia graeca, XI, coll. 1338-42) per i suoi poteri
taumaturgici, era rappresentato talvolta come un serpente!
Nella Sacra Scrittura e negli Apocrifi la figura di Raffaele sembra essere ancor pi vicina agli uomini
in quanto ricopre, oltre al ruolo di taumaturgo, quello di custode e accompagnatore. Nel libro di Tobia
Egli ci appare in molteplici ruoli, tra cui quello di compagno di viaggio. Questo racconto biblico, tra i
pi antichi, narra com noto, le vicende del giovane figlio di Tobia e del suo Angelo custode, Raffaele
in persona. Siamo a Ninive al tempo di Salmanassar (726-722) e di Sorgaan II (721-705) e Tobia un
deportato ebreo molto pio che vive in questa citt con la moglie Anna e appunto con il figlio Tobiolo.
Giunto in et avanzata, Tobia vittima di uno strano incidente: mentre riposa allaperto gli escrementi
di un passero gli cadono negli occhi causandogli uninfezione che lo rende cieco. Sentendosi vicino alla
morte, incarica il figlio di recarsi nella regione della Media per riscuotere del denaro che gli era dovuto.
La storia racconta che, a questo punto, senza svelare la propria identit, lArcangelo Raffaele si
presenta alla porta di Tobia offrendosi di accompagnare Tobiolo nel suo viaggio.
Dopo aver ricevuto la benedizione di Tobia, e malgrado le proteste di Anna, timorosa di far partire il
ragazzo con uno sconosciuto, i due si mettono in cammino accompagnati dal cagnolino del giovane.
Durante una sosta sulle rive del Tigri, Tobiolo decide di bagnarsi, ma improvvisamente un pesce
enorme sbuca fuori dallacqua e minaccia di divorarlo. Raffaele incita Tobiolo a non avere paura, ma
anzi lo aiuta, con i suoi consigli, a pescarlo e gli raccomanda di conservarne il cuore, il fiele e il fegato.
Giunti a destinazione, Tobiolo ritira il denaro e Raffaele suggerisce di fare una sosta presso la casa di
un parente del ragazzo, la cui figlia, Sara, avrebbe potuto essere una sposa ideale per lui. Arrivati a casa
di Sara, anchessa ebrea figlia di esuli, Tobiolo viene a sapere che questa posseduta dal demone
Asmodeo, che ha gi divorato i suoi precedenti sette mariti durante la prima notte di nozze. Consigliato
dal suo compagno, Tobiolo, malgrado la grande paura, sposa ugualmente Sara e, seguendo le
indicazioni di Raffaele, una volta solo con la sposa nella stanza nuziale, brucia in un incensiere il cuore
e il fegato del pesce pescato durante il viaggio creando un fetore talmente insopportabile che Asmodeo
costretto a fuggire nelle regioni dellAlto Egitto, dove viene incatenato mani e piedi dallAngelo
Raffaele stesso.
Messisi in cammino con Sara, i viaggiatori raggiungono la casa di Tobia dove Raffaele ordina a
Tobiolo di spalmare il fiele del pesce sugli occhi del padre e in tal modo ne rende possibile il riacquisto
della vista.
Davanti a tanti strani fatti Tobia chiede a Raffaele di svelarsi e gli domanda come avrebbe potuto
ricompensarlo. A ci egli risponde: Sono Raffaele, uno dei sette Angeli che sono sempre pronti a
entrare alla presenza della maest del Signore. Ora benedite il Signore sulla terra e rendete grazie a
Dio. Io ritorno a Colui che mi ha mandato. (Tobia 12,15).
In relazione a questo episodio molto interessante sottolineare che lattenzione di alcuni studiosi
(Davidson, op. cit.) si concentra sulla derivazione della figura di Raffaele dalle divinit alate di origine
caldea, portando a prova di ci il fatto che il libro di Tobia uno dei libri postesilici della Bibbia,
mentre tutti riconoscono che proprio da esso derivata la quasi totalit delliconografia europea sia
dellAngelo Raffaele sia, come gi ricordato, a partire dal XVI secolo, dellAngelo custode.
A seguito del suo ruolo di guida di Tobiolo, nel Medioevo Raffaele stato nominato patrono dei
viaggi e protettore degli adolescenti che lasciavano per la prima volta la loro abitazione. Il Rau
(1955-1958) riporta che a Firenze i figli dei ricchi mercanti, prima di partire, si facevano ritrarre su
tavolette propiziatore nelle vesti di Tobiolo tenuto per mano dallAngelo.
I pittori che hanno rappresentato Raffaele Pollaiolo, Ghirlandaio, Tiziano Rembrandt, Guercino lo
hanno dipinto vestito da pellegrino, con il bordone, la borraccia e il tascapane (bellissimo esempio di
tale iconografia il dipinto di Giaquinto Porta Tobiolo e lAngelo conservato nellEpiscopio di Andria,
Bari), sempre accanto a Tobiolo il quale, come per esempio nel dipinto omonimo del celebre pittore
pugliese Corrado Giaquinto, conservato a Molfetta (Bari), reca spesso in mano il pesce pescato nel
fiume Tigri. Tra i vari ruoli attribuiti a Raffaele vi anche quello suggestivo di Angelo
dellApocalisse (Apocalisse di Esdra, in DALC, I, 2, Paris 1907, I, 2 col. 2156). Egli il capo
dellordine angelico delle Virt, il guardiano dellalbero della vita nel giardino dellEden e il protettore
del primo giorno della settimana.
Dal rilievo sullangolo di Palazzo dei Dogi a Venezia (XIV secolo) in cui appare con in mano un rotolo
con la scritta EFFICE FRETUM QUIETUM ossia dacci un mare tranquillo si evince inoltre il suo
ruolo di supervisore dei venti della sera che gli dava il potere calmare le tempeste.
Il vento sempre stato segno attribuito alla manifestazione della Divinit nel suo contatto con 1uomo
(la Sapienza in cui DIO si manifesta una dolce brezza) e il compito di sorvegliare 1andamento dei
venti avrebbe un legame affatto trascurabile nel ruolo di Raffaele come Angelo della scienza e della
conoscenza (Davidson, op. cit.).
Gli Ebrei reputavano inoltre che Raffaele avesse il compito di muovere le acque della piscina di
Bethseda con il vento generato dal movimento delle sue ali e si credeva che chi fosse entrato primo
nelle acque da lui smosse, sarebbe stato guarito da ogni malattia.
Lepisodio in cui Cristo sana il paralitico (Giovanni 5,1-15) il quale, a causa della sua malattia, aveva
deciso di non allontanarsi dalla piscina per tentare di gettarvisi per primo dopo la venuta di Raffaele,
ma che, proprio a causa della sua infermit, ne era sempre stato impossibilitato, identifica, forse per la
prima volta in fonti non veterotestamentarie il ruolo dellAngelo con quello di custode della salute.
Le narrazioni tramandateci dalla tradizione giudaica su questo Arcangelo sono molteplici e tutte
particolarmente suggestive: o ai gi ricordati ruoli, la Sefer Noah attribuisce a Raffaele il compito di
aver portato a No, dopo il diluvio, un libro medico che potrebbe essere divenuto il famoso Sefer
Raziel, il Libro dellAngelo Raziele. Da questa leggenda sembrerebbe derivata la consuetudine di
scrivere il suo nome nelle formule di guarigione (Schwab, op. cit.) e negli amuleti adoperati contro le
malattie (Encyclopaedia Judaica, 1971).
Rispetto a quanto si ritiene oggi, lecito ipotizzare che tale pratica sia da collegarsi anche al fatto che
il grosso pesce ucciso da Tobiolo, inadatto a risolvere le situazioni narrate nel contesto del racconto
biblico fosse in realt un coccodrillo: noto infatti che il fegato e il cuore di tale animale venivano
usati nelle antiche ricette magiche per 1esorcismo dei Demoni.
I Demoni e Raffaele sono anche i personaggi di una gradevole leggenda riportata nel libro del
Conybeare Il testamento di Salomone. Il grande Re Salomone doveva edificare il Tempio di Dio, ma
molto timoroso di non riuscire in questo compito che sentiva troppo superiore alle sue forze umane:
malgrado, tutti gli sforzi del architetto Hiram Abi, infatti, il lavoro, immenso, non progrediva.
Una notte, mentre Salomone con maggior fervore pregava e chiedeva aiuto, il Creatore esaud le sue
preghiere e gli invi 1Arcangelo Raffaele in persona che gli port in dono un anello magico. Questo
anello recava inciso il segno del pentalfa (cinque stelle) e aveva il potere di soggiogare tutti i
Demoni. Mediante 1anello laccorto Salomone non esit un attimo a convocare, sottomettere e far
lavorare come schiavi i Demoni, riuscendo in tale maniera, proprio grazie a questi, a ultimare la
costruzione della casa di Dio.
In tale racconto compaiono ancora una volta tutti quegli elementi che evidenziano nellAngelo Raffaele
la figura di messaggero Divino al soccorso alluomo.
La tradizione popolare su Raffaele custode degli esseri umani, inviato personalmente da Dio a ogni
creatura, si radicher e cristallizzer a partire dal XVI secolo.
Dietro a ogni filo derba c un Angelo che gli sussurra cresci!, recita il Talmud. Essere un Angelo
custode, infatti, non una prerogativa, come si detto, dellArcangelo Raffaele e neppure, secondo la
credenza giudaica, come si vede dalla suddetta frase, avere un Angelo protettore un vantaggio
riservato solo agli esseri umani. Anche santAgostino sottolinea questa tesi e, nelle sue 83 questioni
diverse (79,1), afferma che ogni realt visibile di questo mondo ha una potenza angelica a s preposta.
E interessante rimarcare per che, proprio a partire dal XVI secolo, contemporaneamente
allassunzione del nuovo ruolo di Angelo custode da parte di Raffaele, vennero riuniti e poi
pubblicati per la prima volta i vari manoscritti che formavano il Libro dellAngelo Raziele, pocanzi
citato, (1701), un;> raccolta di scritti mistici, astrologici e magici della tradizione ebraica.
Tale libro venne ripubblicato in molteplici edizioni in quanto la credenza popolare reputava che il
tenerlo in casa avrebbe protetto questa e i suoi abitanti dal fuoco (v. analogia con 1Inferno) e da altri
pericoli. Si era giunti quindi, per estensione, dallAngelo al libro custode!
Non questa la sede per indagare sulle ragioni storiche e sociologiche che hanno portato a tale
mutamento della figura di Raffaele sot- tolineandone il ruolo di compagno di cammino delluomo e
facendone passare in secondo piano le altre funzioni, ma interessante rilevare che sin dal XVI secolo
la figura dellAngelo custode ebbe grande fortuna nelliconografia popolare e in particolare nei santini,
stampe e piccole immagini di devozione che spesso hanno avuto il merito e il compito di correlare
limmaginario collettivo, 1arte e La religione.
In seguito allinserimento nel calendario liturgico della festa dei tre Arcangeli voluta da papa Clemente
X nel 1670, e da allora celebrata il 29 settembre, gli editori liturgici francesi si specializzarono nella
produzione di santini a stampa di argomento angelico, destinati a entrare nelle case grazie alla
diffusione capillare attivata in ogni luogo di culto.
Ben presto tale arte si diffuse in tutta lEuropa, specie in Germania e Austria e da qui, con gli
emigranti, sino nel lontano Canada e nelle Americhe.
In accordo con laffermazione di V. Musardo Tal (1997) nel sostenere che 1Angelo custode
rappresenta per ogni cristiano il primo incontro con il sacro, si pu facilmente scoprire come il primo
dei registri iconografici ad affermarsi con successo sin dal tardo Cinquecento, in questo campo, sia
stato proprio quello relativo a queste dolcissime Presenze.
Pi tardivamente gli Angeli custodi vennero rappresentati secondo una tipologia del genere Babyschema (cfr. a tale proposito linteressante articolo di M. Cecchetti, Sotto ai piedi di Michele in
Lavatori, Gli Angeli, op. cit., p. 18) che consiste nella riproduzione della figura angelica mentre
protegge il bimbo in ogni atto della sua quotidianit, dallaiuto nello svolgimento dei compiti, alla
protezione dal rischio di essere investito da unauto nellattraversare la strada. Molto interessanti a
questo proposito sono le immagini riprodotte nei santini venezuelani e canadesi degli anni 50.
Ai giorni nostri i santini sembrano sostituiti da Internet.
Unaccurata ricerca potr far navigare dai siti degli Angeli custodi armati, cos cari allarte boliviana
del XVII secolo, ai siti degli Angeli custodi dellimpresa commerciale dello stilista Piero Guidi. Da
quelli degli Angeli custodi immaginati nella cinematografia di Wim Wenders (Il cielo sopra Berlino;
Cos lontano, cosi vicino), di Frank Capra (La vita meravigliosa) sino a quelli, infine, relativi alla
moltitudine degli esseri alati della New Age tra i quali possibile identificare anche il proprio Angelo
custode.
Questo interesse, mai sopito per 1Angelo custode, dovuto forse al fatto che questi sempre stato
percepito come uno spirito vicino alluomo, compagno forte e dolcissimo nel viaggio della vita,
risposta al bisogno di luce che abita in ognuno di noi.
Raffaele ha risposto alla domanda di compagnia che, dopo la rottura dellunit con il Creatore e con
il creato, ha pervaso le creature di ogni epoca e civilt.
Egli ha rappresentato sin dai tempi pi antichi il sostegno e la certezza dellaiuto che Dio manda
alluomo, non solo nelle occasioni importanti, ma in tutti i giorni della vita che, proprio nella
quotidianit, necessita di maggior sostegno.
Limmagine simbolica, utilizzata dal sociologo J. Hillman, dellAngelo custode come albero della
vita che d nutrimento e sostegno, e da cui discende il seme spirituale in cui si esplicita il destino di
ciascuno, sembra forse la pi adatta alla caratterizzazione che oggi viene percepita necessaria per
Raffaele.
Ma il poeta inglese Robert Browning a esprimere nella maniera pi efficace questi concetti grazie a
una lirica scritta, egli dice, davanti alla meravigliosa pala dellAngelo custode del Guercino, conservata
attualmente nella Pinacoteca di Fano.
Caro e grande Angelo, se soltanto tu volessi lasciare Quel fanciullo, quando avrai finito con Lui, per
curarti di me! Permetti che io sieda qui tutto il giorno, affinch, quando la sera Trover compiuto il tuo
particolare incarico, E tempo verr di ripartire, tu, differendo Il tuo volo, possa scorgere un altro
fanciullo da custodire, Un altro ancora da calmare e salvare.
Allora ti sentir muovere un passo, uno solo, non pi, Da dove ora stai, verso il luogo dove io ti
contemplo E allistante il mio capo sar ricoperto Da quelle ali, bianche sul fanciullo che prega Ora su
quel tumolo e sentir che tu vegli Su me trascurando tutto il resto de l mondo; per me lasciando Lass
il cielo, la tua casa, che tattende e tapre la porta.
modo ridimensionato; sicuramente posposto rispetto a Enoch che viene fatto sedere pi vicino a DIO di
quanto non lo fosse Gabriele (25; Sacchi, op. cit., pp. 510-511).
E interessante il fatto, per, che nella redazione russa del Libro dei segreti di Enoch (ms. 3 della
collezione Uvarov; Enrietti, in Sacchi op. cit., pp. 498 e 601), Gabriele sia protagonista di una sorta di
annunciazione a rovescio, dal momento che appare a Nir, marito di Sofonim, per rassicurarlo del fatto
che la morte della mogli dalla quale aveva avuto un figlio in tarda et per volont del Signore, non era
dovuta alla colpa di Sofonim. Quel figlio era, infatti, frutto giusto e anzi Dio lo riprender in Paradiso
(...) affinch tu non sia padre di un dono di Dio. Il manoscritto russo, databile al XV secolo, risente
evidentemente, ormai, in maniera preponderante del testo evangelico di Luca che, daltra parte,
influenza tutta la vicenda di Nir e Sofonim. Tuttavia, una vicenda assai simile, ma ricondotta a termini
e a personaggi evangelici, la troviamo ne La storia del falegname Giuseppe, un vangelo apocrifo
databile fra il 600 e il 650 di cui si suppone un prototipo greco, ma che ci pervenuto nelle versioni
araba, sahidica e bohairica (Erbetta, I, 2, 1981, pp. 186-187). A parlare il Cristo (VI,1): Ma a
mezzanotte ecco comparirgli [a Giuseppe] in visione, per ordine di mio padre, Gabriele, 1arcangelo
della gioia, e dirgli: Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Sappi
che ci che dar alla luce frutto di Spirito Santo .
Naturalmente, il testo pedissequamente esemplato su quello di Matteo (1,20) nel quale la
raccomandazione che 1Angelo fa a Giuseppe praticamente identica. Lunica differenza di rilievo
risiede nel fatto che il testo evangelico parla semplicemente di un angelo del Signore, mentre
1Apocrifo attribuisce 1intervento a Gabriele, evidentemente sulla base dellanalogia dellannuncio.
La cosa ancor pi singolare dal momento che gli altri Apocrifi, appartenenti al ciclo dellinfanzia del
Cristo, tacciono circa 1identit dellAngelo perfino nellepisodio canonico de llAnnunciazione. Pur
comparendo questo evento tanto nel Protovangelo di Giacomo, quanto nel Vangelo detto dello Pseudo
Matteo, come pure nel Vangelo armeno dellinfanzia, soltanto nel Libro della Nativit di Maria (IX,l;
Erbetta, op. cit., p. 75) Gabriele esplicitamente nominato. Il passo pone 1accento su aspetti
miracolistici che nel Vangelo canonico, quello di Luca, non vengono minimamente sottolineati.
Composto fra 1846 e 1849, il testo, che ha come fonti, oltre ai Vangeli, lo Pseudo Matteo, venne
utilizzato da Vincenzo di Beauvais nello Speculum historiale e da Jacopo da Varagine (Jacopo da
Varazze) che lo riproponeva integralmente allinterno della Legenda aurea.
Si spiega cos certo influsso anche sulliconografia dellAnnunciazione. Per esempio 1abbacinante
presenza di dorata luminosit in opere come la celeberrima Annunciazione di Simone Martini
conservata agli Uffizi, al di l della dimensione simbolica che ognuno pu cogliere osservando quella
profusione di oro (simbolo della divinit e della luce, segno della dimensione ultraterrena e via di
questo passo), si spiega perfettamente con il fatto che non appena Gabriele entr nella stanza dove si
trovava Maria (...) tutta la camera (...) fu pervasa da luce straordinaria. (IX,1). Allo stesso modo, le
parole del testo canonico di Luca (1,29) non sembrano adatte a spiegare 1atteggiamento di Maria che,
secondo 1Evangelista (...) a quelle parole si turb (...). A guardar bene, infatti, la Madonna di
Simone Martini, bench abbia un gesto di ritrosia, pare, pi che intimorita, pensosa e attenta al
dipanarsi degli eventi. Il passo dellApocrifo sembrerebbe pertanto pi calzante con la scena dipinta dal
grande pittore senese: La Vergine, che ben conosceva i volti angelici e non le era insolito il lume
celeste, non si spavent della visione angelica ne si stup per la luce immensa. Si mostr sorpresa
unicamente per quel modo di parlare. (1X,2). E questo dunque 1episodio centrale dellazione
salvifica di Gabriele, anche se in realt il suo intervento compare pure in unaltra circostanza riportata
soltanto da Luca che, daltra parte, lunico a narrarci dellAnnunciazione. E lannuncio della nascita
del Battista (1,5-25). In questo caso, per, Gabriele che esplicitamente nominato, anzi si presenta
egli stesso: Io sono Gabriele che sto davanti a Dio (...) (1,19) si rivolge a Zaccaria, il sacerdote
sposo di Elisabetta. Lannuncio cio indirizzato al marito e non a Elisabetta che gi aspettava da
cinque mesi la nascita di san Giovanni. A parte questo le modalit sono simili e Zaccaria, nonostante
fosse un sacerdote in tarda et (e quindi con esperienza) (...) si turb e venne preso da timore (...).
Sono sostanzialmente questi gli episodi pi noti e importanti nei quali compare la presenza
dellArcangelo Gabriele, anche se non possibile, in tale sede, darne un elenco esaustivo (sicch si
rimanda al Lavatori, 1991, passim). Tuttavia, lo si gi detto, quello che ha avuto maggior fortuna dal
punto di vista iconografico stato sicuramente 1episodio evangelico dellannuncio a Maria. Anzi, si
pu dire che sebbene non sia vero e lo si visto con esso si identifica la funzione e finanche la
natura di Gabriele il quale, per il fatto stesso di essere il nunzio della Vergine, finisce per essere
1Angelo per antonomasia. Non bisogna infatti dimenticare che il termine ebraico malak
(letteralmente messaggero) tradotto in greco con anghelos (angelos) che, a sua volta, diviene
angelus nella traduzione latina servile. In questo senso, perci, ne llimmaginario collettivo, Gabriele, il
cui nome profeticamente oserei dire significa uomo di Dio, ricopre il ruolo del messo divino per
eccellenza. A lui si deve, infatti, lannuncio che ha spaccato in due la storia umana. Lepisodio
dellAnnunciazione centrale nelleconomia del disegno divino per la salvezza degli uomini, sicch si
spiega perfettamente anche la sua fortuna iconografica della quale sarebbe impossibile dare conto in
maniera completa. Ci limiteremo, perci, a ricordare alcuni momenti artistici salienti per delineare il
percorso di uniconografia costellata di capolavori e che parte dalla fine del II secolo d.C. per arrivare
fino ai nostri giorni. Varr infatti la pena rammentare che la prima Annunciazione compare sulla volta
della cappella greca nella catacomba di Priscilla. Non si potr fare a meno di notare che qui
1Arcangelo Gabriele, privo di ali come usava allora, si presenta alla Vergine, seduta in uno scranno,
da destra, mentre 1iconografia successiva ci abituer a vedere nella gran parte dei casi il nunzio divino
entrare da sinistra.
Ancora con 1antica impostazione compositiva si presenta 1Annunciazione dellarco trionfale di Santa
Maria Maggiore a Roma, come pure il frammento murario della celebre parete di Santa Maria A ntiqua,
nella medesima citt. Allo stesso modo, la notissima Annunciazione tessuta in seta su una stoffa di
manifattura egizia conservata nel Sancta sanctorum dei Musei Vaticani, mostra Gabriele che entra da
destra. La scelta, probabilmente, dipende dalla volont di dare maggiore rilievo alla Vergine, dal
momento che lo sguardo solito percorrere una composizione seguendo il verso di lettura di una
pagina scritta. Al contrario, invertire la disposizione dei due personaggi, significa conferire maggior
dinamicit alla composizione come accade gi nella scena in smalto realizzata sulla croce di Pasquale I
conservata ai Musei Vaticani.
In ogni modo, in tutti questi esempi e siamo giunti ormai allet carolingia 1iconografia di
Gabriele appare gi ampiamente codificata (cos come lo la presenza del trono che qualifica la
Vergine come regina) dal momento che consiste nella figura Angelo alato (dal IV secolo) vestito di
dalmatica e pallio che talora tiene in mano un bastone. Questo, da considerarsi il pi delle volte come
bastone di comando o bastone del pellegrino perch 1Angelo viaggia, quando fiorito allude
allepisodio della verga di Giuseppe narrata dal ricordato Libro della nativit di Maria (VII, 2-4). Il
testo, fra gli apocrifi, 1unico a rip ortare il passo di Isaia (11,1 sgg.) che afferma che (...) spunter un
virgulto tronco di Iesse (...). Emblematica in questo caso sembra essere la formella con
1Annunciazione della porta bronzea del duomo di Pisa realizzata da Bonanno Pisano nel 1180. Qui
1artista rappresenta Gabriele munito di bastone, ma fa germogliare una pianta dalledificio (mezza
casa e mezza chiesa) che accoglie la Vergine.
Daltra parte il bastone (fiorito per esempio nel bellArcangelo Gabriele a smalto cloisonn di fattura
lombarda conservato nel San Lorenzo di Chiavenna, XI secolo) o il serto fiorito di gigli costituisce, in
epoca tarda, 1attributo caratteristico di Gabriele. Anzi la tripartizione del ramo fiorito allude anche alla
verginit di Maria ante partum, in partu e post partum (Ghidoli, 1991, p. 44). Esiste tuttavia una
tradizione radicata nellarea artistica senese del XIV secolo che sostituisce al bastone il ramo di ulivo,
mostra la ricordata Annunciazione di Simone Martini. Lopera divenne un modello, cos come lo fu
unaltra Annunciazione importante: quella di Ambrogio Lorenzetti conservata alla Pinacoteca
Nazionale di Siena dove, sebbene 1Angelo mantenga la corona di ulivo in testa, tiene per in mano un
ramo di palma. Questa seconda iconografia ebbe grande fortuna nellAretino e influ direttamente sulla
scelta operata da Piero della Francesca nellAnnunciazione affrescata nel ciclo di San Francesco ad
Arezzo (Ronen, 1996). Quanto ai significati, bisogna dire che non accettabile 1idea che i pittori
senesi sostituissero il giglio con 1ulivo per odio nei confronti di Firenze (Salmi, 1979, p. 94) perch
annunciazioni con il giglio sono state dipinte dallo stesso Simone Martini e da altri (Ronen, op. cit., p.
210, n. 15). Rimane allora soltanto il simbolismo classico dellulivo che certo non contrasta con lo
spirito evangelico dellAnnunciazione. Per quel che riguarda la palma, va detto che esiste
uniconografia codificata dellannuncio della morte della Vergine che contempla la presenza
dellArcangelo Michele (in sostituzione di Gabriele) il quale reca a Maria una palma. Nei casi ricordati,
tuttavia, lArcangelo sicuramente Gabriele e la tipologia proprio quella dellAnnunciazione, sicch,
verosimilmente, la scelta va connessa al significato delle parole del Salmo (91,13): (...) il giusto fiorir
come palma. Il Giusto per eccellenza, naturalmente, il Cristo custodito dal ventre di Maria. E
dunque questa la buona novella annunciata da Gabriele e tutta liconografia dellAngelo ruota intorno a
tale concetto. Ecco perch unaltra delle caratteristiche iconografiche di Gabriele quella, in alcuni
casi, di presentarsi in veste sacerdotale. Lanalogia e la relazione fra Angeli e sacerdoti ha fondamento
negli scritti dionisiani (Bussagli, 1991, pp. 159-174), tuttavia, la concezione di Maria come tabernacolo
che sostituisce 1Arca dellAlleanza e che contiene il Cristo Emanuele, prima sostanza della sinassi
eucaristica, spiega perfettamente il valore liturgico dellAnnunciazione e il conseguente desiderio di
sottolinearlo attribuendo a Gabriele la veste talare. Si tratta di una serie di immagini piuttosto diffuse
che vanno dal XIV secolo con la pi volte ricordata Annunciazione di Simone Martini (qui Gabriele
indossa la veste diaconale) fino a quella di Ludovico Carracci del 1585 conservata presso la Pinacoteca
Nazionale di Bologna. Non si pensi, per, che si tratti di una scelta soltanto italiana perch in realt
assai diffusa, nel corso del XV secolo, in area fiammingo -francese. Baster in questo senso ricordare
opere come 1Annunciazione di Rogier van der Weiden conservata al Louvre, oppure quella miniata a
tutta pagina nelle Ore di Carlo di Francia conservata al Metropolitan Museum of Art di New York (The
Cloisters). Si tratta di opere pressoch contemporanee, dal momento che sono databili rispettivamente
al 1435 e al 1465. La prima mostra Gabriele avvolto in un ricchissimo piviale, mentre la seconda
rappresenta 1Arcangelo vestito di unaltrettanto ricca dalmatica liturgica. Per il resto (e daltra parte
anche in questi casi) 1immagine di Gabriele segue le mutazioni di gusto e di scelte iconografiche
tipiche degli altri Angeli nelle diverse epoche. Cos, se per esempio troviamo una generica attenzione a
un vestiario che vorrebbe essere classicheggiante nellAnnunciazione del Garofalo del 1550 conservata
a Brera, la scelta si enfatizza fra le grandi pieghe gonfiate dal vento dellAngelo annunciante di
Francesco Mochi scolpito nel 1605 (Orvieto, Museo dellopera del Duomo). Da questepoca in poi si
tratta sostanzialmente di una variazione su un tema iconografico ormai ampiamente codificato per il
quale si potrebbero moltiplicare gli esempi, dal Barocci al Tiepolo, dal Caracciolo al Piazzetta. Per
trovare qualche cosa di nuovo, infatti, bisogner aspettare Dante Gabriel Rossetti e la sua celebre Ecce
ancilla Domini realizzata intorno al 1850 e conservata alla Tate Gallery di Londra. Infine, questa
brevissima ricognizione intorno allArcangelo Gabriele rischierebbe di essere ancor pi incompleta se
non ricordassimo che Gabriele ebbe un ruolo di un certo rilievo anche nella religiosit islamica (Fahd,
1966, passim). Piace, per concludere, citare un celebre passo di Sohravardi (1155-1191), uno dei pi
importanti mistici islamici medievali, sul valore delle ali di Gabriele: Sappi che Gabriele ha due ali.
Una, quella di destra, luce pura. Questala , nella sua totalit, lunica pura relazione dellessere di
Gabriele con Dio. C poi 1ala sinistra. Su questala sestende una certa impronta tenebrosa che
somiglia al colore rossastro della luna quando sorge o a quello delle zampe di pavone (...). Il mondo
dellillusione quindi 1eco e lombra dellala di Gabriele, voglio dire della sua ala sinistra, mentre le
anime di luce emanano dalla sua ala destra. (Faure, 1991, p. 87).
ANGELI IN GUERRA
Antonino Conci
Sancte Michael Archangele, defende nos in proelio: Iantica e perduta invocazione cristiana rivolta al
principe celeste, supremo condottiero delle armate dellAltissimo, salzava a chiudere con inattesa
drammaticit il discorso che il Pontefice Giovanni Paolo II, in visita ufficiale sul monte Gargano, aveva
indirizzato alla folla di devoti accalcati attorno al Santuario di san Michele Arcangelo, la mattina del 24
maggio 1987. Era, questa, limplorazione rituale che, per volere di Leone XIII, doveva essere recitata
dai fedeli al termine della santa messa e che, dopo il Concilio Vaticano II, non era pi usata. Certo, data
la particolare circostanza, essa associata allesplicito avvertimento papale della pericolosa presenza di
Satana, tuttora vivo e operante nel mondo era in perfetta sintonia con 1indole stessa dellarcano e
selvaggio sito micaelico: TERRIBILIS EST LOCUS ISTE, ci ammonisce ancor oggi una lapide
allingresso della santa spelonca, che rinvia al grande e tuttavia obsoleto motivo mitico-rituale della
terrificante lotta senza quartiere, vittoriosamente ingaggiata nei cieli e sulla terra dal formidabile
stratega celeste contro le forze avverse guidate dal Serpente antico, per difendere dal Male il
popolo di Israele, prima, e la Chiesa di Cristo, poi.
Tuttavia, assolutamente indigeribile divenuta oggi 1idea della presente realt del Male e del Bene,
della realt della guerra endemica in cui le entit sacrali si misurano a vicenda, della realt del
coinvolgimento di tutti gli uomini e dellintero cosmo in una guerra che si placher stando alle
rivelazioni oracolari dellApocalisse solo dopo 1ardua e vittoriosa battaglia campale e
1annientamento definitivo del Male. A partire dallEvo moderno, infatti, la cultura religiosa e laica
dOccidente, privilegiando 1interpretazione allegorica, metaforica e simbolica degli eventi e dei gesti
della sacralit, sfociata fatalmente nella totale derealizzazione delluniverso mitico- rituale. Il Sacro,
realissimo per eccellenza proprio perch destinato funzionalmente a elargire alluomo reala (esistenza)
e verit (senso) mediante rivelazioni mitico - rituali, ha perso, cos, valore ed efficacia, riducendosi alla
sfera soggettiva della mera interiorit spirituale, destinata solo a soddisfare gli appetiti dellemozione
estetica o la sete di meraviglioso, non certo i bisogni di sempre, urgenti e drammatici, di senso e di
salvezza. Lanalisi della guerra angelica devessere, allora, ancorata direttamente ed esclusivamente
ai dati rivelativi a disposizione sullargomento, vale a dire, anzitutto, ai testi canonici (Antico e Nuovo
Testamento). Solo cos possibile cogliere il senso razionale di questo enigmatico conflitto sacrale e
individuarlo, infine, nella sua consistenza letterale e propria. Ma, se si affronta 1analisi dei testi sugli
Angeli c sulle guerre angeliche cercando di cogliere il senso che gli estensori di tali testimonianze si
erano formati intorno questi Esseri e ai loro comportamenti, non consigliabile utilizzare quei concetti
e quelle molteplici dicotomie elaborate e ritenute ovvie dal pensiero filosofico - scientifico occidentale.
La distinzione materia/spirito, ad esempio, di esclusiva matrice occidentale, non ha plausibilit
nellanalisi delle manifestazioni sacrali generali. Le fonti veterotestamentarie sono ambigue, anzi,
reticenti sul1origine del Male e non dicono, poi, addirittura, nulla su quando come gli Angeli siano
stati creati. A un certo punto della narrazione biblica un Cherubino con la fiamma di una spada
improvvisamente appare a guardia del fronte orientale del giardino dellEden. Ma bene analizzare il
racconto della Creazione. In principio Dio cre il cielo e la terra. Ora la terra era informe e deserta e le
tenebre ricoprivano lAbisso (Tehom) e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque.
Dio disse Sia la luce! E la luce fu. Dio vide che la luce era cosa buona e separ la luce dalle tenebre
(Genesi 1,1-3). Da dove vengono queste acque sulle quali aleggia lo Spirito di Dio? Se non si
risponde a questa preliminare domanda, difficile capire, tra 1altro, cosa fece Dio il primo giorno.
Ma, se si riflette, ora, su ci che cre Jahve il secondo e il terzo giorno, ci si accorge che,
probabilmente, i termini cielo, terra e acque, usati nel racconto del primo giorno, non significano
quello che di norma si intende con essi. Sia il firmamento in mezzo alle acque per separare le acque
dalle acque. DIO fece il firmamento e separ le acque che sono sotto il firmamento dalle acque che
sono sopra il firmamento. Dio chiam il firmamento cielo (...). Le acque che sono sotto il cielo, si
raccolgano in un solo luogo e appaia 1asciutto. E cos avvenne. Dio chiam 1asciutto terra e la
massa delle acque mare (Genesi 1, 6-10). Appare allora probabile che Jahve, non diversamente da
molte altre potenze creatrici, abbia iniziato le Sue fatiche cosmogoniche affrontando e intaccando con
inevitabile violenza la realt acosmica e tenebrosa del Caos primigenio costituito dalle acque
primordiali , con il gesto esemplare e originario di separare ci che era confuso e tenebroso,
rompere, quindi, 1uniformit indeterminata delle tenebre distinguendole dalla luce, allestendo, cos,
il primo abbozzo di un ordir universale l dove prima esisteva solo un informe e oscuro disordine.
In altri termini, nel primo giorno Jahve divise in due parti acque originarie, chiamando cielo quelle
superiori e terra quelle inferiori significativamente qualificata come informe e deserta - mentre il
Suo Spirito restava ad aleggiare nelle tenebre sulle acque da Lui divise. Poi, creando la luce, distinse
ulteriormente il giorno dalla notte. Nel secondo giorno cre il firmamento chiamando pi
propriamente cielo ossia una sorta di volta solida con specchio di metallo fuso (Giobbe 37, 18)
quale diga per arginare straripamento delle acque di sopra, e solo nel terzo giorno, raccogliendo le
acque di sotto in unarea circoscritta, cre il mare e la terra vera e propria, sul cui fronte il mare
destinato a infrangersi senza poterlo oltrepassare contro la volont di Jahve. Il cielo e la terra, allora,
non sono altro che i baluardi di contenimento posti Jahve contro 1a violenza potenzialmente sempre
eversiva delle acque di sopra e di sotto , perch esse tendono a tornare una cosa sola, come lo erano
prima della Creazione.
Soccombere alle forze del Male significa, di fatto, per luomo e per il cosmo, regredire a uno stato di
disordine, totale o parziale, a una condizione esistenziale ne gativa, informe e ottusa, di cui il Caos
acqueo che tutto livellava e azzerava ai primordi costituisce il modello mitico paradigmatico. Al
cospetto di Jahve, insomma, il nulla costituito dalle acque primordiali, esistenze potenti, tenebrose e
terrifiche perch caotiche e quindi, di necessit, essenzialmente nullificanti.
Dato lo stato di impotenza radicale delluomo e del mondo, sottoposti quotidianamente alle aggressioni
grandi o piccole da parte delle forze del Male, le Potenze del Bene,a1 fine di conservare integre le
proprie creazioni, sono costrette direttamente o tramite Intermediari potenti a una continua attivit
salvifica di sorveglianza e di repressione. Tra le figure protagoniste di queste guerre cosmiche vanno
annoverati, in area veterotestamentaria, da una parte un Essere Supremo, celeste e uranico, e
onniveggente, Creatore e Signore del mondo, Dio degli eserciti, Alleato del popolo eletto, Jahve,
insieme allelusivo universo dei Suoi divini servitori fedeli, denominati ellenicamente Angeli, di cui
solo alcuni nomi sono noti e ricorrenti nei Testi. Nella corte celeste questi figli di Dio rivestono ruoli
specifici e svolgono molteplici funzioni amministrative per delega divina. Essi sarebbero distribuiti,
secondo lo pseudo Dionigi Areopagita, in un ordine rigorosamente gerarchico e, come ministri,
guerrieri, informatori, scribi, servitori, stanno agli ordini indiscutibili di Jahve. Ma, se lesercito celeste
costituito da tutti gli Angeli, colui che si oppone decisamente a Satana, il principe di questo mondo
(Giovanni 12,31), 1Arcangelo Michele, il grande condottiero che i Giusti si troveranno accanto nel
tempo della grande angoscia, quello dellinizio della guerra che sar alla fine del mondo (Daniele
12,1).
Dallaltra le Potenze avverse del Male, tenebrose e infere, sarebbero distribuite anchesse in un ordine
gerarchico di tipo burocratico- militare in cui i Demoni sono raggruppati in legioni di 6666 unita,
comandate in un numero oscillante tra 200 (sotto il Demone Paymon) e 10 (sotto il Demone Valefar)
da re, principi, duchi, marchesi, conti e presidenti. Tali sinistre, fantasmatiche figure risaltano non gi
per una iconografia mostruosa che, in realt, da loro condivisa con gli stessi Angeli, ma, piuttosto,
per unindole totalmente aliena, fatta di cieca e ostinata violenza, di comportamenti abnormi e
sconvenienti, difficilmente prevedibili e controllabili, da cui traspaiono i tratti dellancestrale origine
caotica e del disordine precosmico. Agiscono, presumibilmente a mezzaria, tra la sede celeste
dellAltissimo e la terra abitata dagli uomini, a portata, per cos dire, duomo e dAngelo, e proprio
in tali bassure, dove laria e pi densa, caliginosa, umida e, quindi, acquosa, avvengono le pi
spettacolari e terrifiche ierofanie dellimmane conflitto. Il Male insomma (infermit, vecchiaia, sterilit
e morte di uomini, di animali e di vegetali, carestie e disastri naturali, quali inondazioni, siccit,
incendi, terremoti, o sociali, quali disordini intestini e guerre, turbe di ogni specie) da intendere, in
blocco, realisticamente ed essenzialmente ossia miticamente come la regressione distruttiva,
parziale o totale, dallordine al disordine, ossia dal Cosmo naturale e sociale al Caos delle origini. Tale
potenza implosiva va dunque affrontata con ogni mezzo di vigilanza e di repressione.
Lossessiva e, tuttavia reticente, fenomenologia preminentemente ofidica del Maligno nellAntico
Testamento, come il Serpente dellEden, Raab, il Drago, il Leviatano, il Serpente tortuoso e guizzante
(il coccodrillo), Tannin, Behemot (1ippopotamo), non altro che una sequenza di variazioni
epifaniche sul grande tema mitico delle tenebrose acque primigenie, sopraffatte, ma non annientate,
dalle forze avverse della Creazione.
Nel contesto mitico-rituale giudaico-cristiano, dunque, la lotta vittoriosa cosmogonica dei primordi da
parte di Jahve contro il Caos acqueo e 1annientamento totale sancito negli oracoli delle Apocalissi,
costituisce il mitologhema originario che si ripete realmente in tutti gli eventi bellici del popolo eletto
da Dio; mentre il tumulto delle nazioni, degli accampamenti e degli eserciti nemici in marcia,
puntualmente identificato nella Bibbia, e non certo metaforicamente, con il fragore delle grandi
acque. Tali eventi, allora, non vanno assunti e vissuti come fatti che si dipanano in un tempo storico,
ma come mere ripetizioni di un contrasto e di una resistenza delle forze del Caos originario nei
confronti delle Potenze benefiche creatrici. Miticamente, quindi, non ci sono molte e diverse guerre
avvicendantisi nel tempo della storia, ma ununica, identica guerra, suscitata dal Gesto benefico e
creatore di Dio, che tuttora in corso, e che si concluder solo con lannientamento finale del Male e la
glorificazione della Gerusalemme del popolo eletto e della Chiesa dei Beati (secondo le Apocalissi
giudaiche e cristiane). Lo scontro campale della fine dei tempi avrebbe, allora, un unico possibile
senso, quello dellepilogo di questa guerra mitica precosmica che, in quanto tale, non ha e non pu
avere significato storico alcuno.
In verit, fin dai tempi antichi il Signore ha fissato il giorno della grande battaglia. Cos, se da una
parte tutte le guerre di Israele e della cristianit premoderna hanno sempre risonanza e portata cosmiche
indubitabili e sono, in definitiva, micro-apocalissi, dallaltra, la fine del mondo sar preceduta da una
guerra cosmica totale che, sebbene, probabilmente, originata nei tempi e luoghi ove 1uomo ancora non
cera, coinvolger, certo, lumanit e le terre da essa abitata.
LApocalisse, quindi, dovrebbe realizzare finalmente quel sogno occulta radice dellostinato istinto
bellico invano sempre accarezzato dai cuori dei guerrieri: quello della distruzione definitiva del Male
in tutto il mondo e in tutti i suoi molteplici aspetti. Dovrebbero avvenire, allora, con il ritorno del
Messia sulla terra, la glorificazione dei Giusti che risorgeranno a nuova ed eterna vita, trionfando sul
Male e, quindi, sulla Morte, il castigo senza appello dei malvagi, il dilatarsi nel cosmo del dominio dei
Giusti e dei Beati, la pace perpetua e 1avvento di nuovi cieli e di nuove terre. In definitiva, con
1Apocalisse, che conduce alla perfezione un universo nato o divenuto imperfetto, si conclude, di fatto,
il lavoro cosmogonico di Dio con laggiunta di un settimo giomo, non meno faticoso e creativo dei
precedenti. Levento apocalittico e, in definitiva, cio che Dio fara il settimo giomo, portando a
conclusione la Sua Creazione. Il giorno dellira, quello della mietitura, il giorno rovente come un
fomo, tenebroso per nube e caligine, piombera improvviso come un ladro nella notte al suono delle
trombe angeliche, non diverso da quello lanciato dalle sentinelle che, allertando gli eserci- ti accampati,
intimano ai guerrieri di adunarsi in fretta per il com- battimento. Il Signore, circondato dalle mietitrici
armate angeli- che, dovra uscire ancora, per 1ultima volta, con mano forte e brac- cio teso contro i
nemici di Israele e contro gli avversari di Cristo, schierati su di un campo grande quanto il mondo,
perche essi, nella pienezza dei tempi (cioe con 1avvento dellAnticristo) hanno rag- giunto una
potenza e una estensione tali da mettere a repentaglio, ormai, la vita delluomo e del cosmo, cioe la
Creazione stessa. Ma il destino vittorioso e scontato perche esso e gia presente n carne ed ossa nella
rivelazione oracolare. La figura solare e aggressiva del Cristo che nellApocalisse di san Giovanni
appare allapostolo in estasi occhi fiammeggianti, piedi simili al bronzo lucente, spada a doppio
taglio emergente dalla bocca, voce simile al fragore di grandi acque non lascia dubbio alcuno
sullimminenza dello scontro escatologico. In mezzo e intor- no al Trono dellAltis simo, circonfuso di
lampi, tuoni e voci, quat- tro Esseri simili ai Cherubini di Ezechiele, dallaspetto di leone, di vitello, di
uomo e di aquila volante, cosparsi di occhi davanti e di dietro e muniti di sei ali, occhiute anchesse,
inneggiano allOnnipotente, seguiti, poi, dai cori di miriadi di Angeli in lode dellAgnello, come i
guerrieri sogliono esaltare con le grida i loro capi per esaltarsi a vicenda alla vigilia di ogni grave
scontro. Lapertura dei sette sigilli a opera di Cristo, che stringe nelle mani il rotolo degli eventi finali
decretati da Dio, ritma la sequenza incalzante dei disastri umani e cosmici che precedono sinistramente
la fine dei tempi, ossia invasioni, guerre, carestie, pestilenze, morti, terremoti, sole nero, luna rossa,
caduta di astri e 1accartocciarsi della volta del cielo. I quattro Angeli, che comandano dai quadranti
del mondo i venti devastatori, attendono immobili, prima di abbattersi sulla terra e dare inizio alla
strage, che venga impresso sulla fronte di tutti i servi di Dio il segno del loro riconoscimento di uomini
giusti. Allapertura del settimo sigillo verranno date agli Angeli sette trom- be che Essi inizieranno a
suonare una dopo 1altra, provocando sulla terra disastri di origine meteorica e, soprattutto, astrale, e
solo dopo lo squillo della settima tromba si compira il mistero di Dio, secondo le profezie. Un Angelo
decaduto, al suono della quinta tromba, aprira il pozzo dellAbisso dal quale, come da una fomace, si
spri- gioneranno, insieme a un fumo tanto denso da oscurare il sole, scia- mi di mostruose cavallette dal
ventre corazzato che, simili a cavalli da battaglia catafratti, ma con volto e capelli umani, con zanne
leo- nine e code di scorpione, muoveranno allassalto dei malvagi con le loro ali rombanti come carri
da guerra trainati da molti cavalli lan- ciati al galoppo. Lo squillo della sesta tromba sciogliera i legami
dei quattro Angeli incatenati del fiume Eufrate e duecento milioni di cavalieri corazzati di fuoco, di
giacinto e di zolfo, che montano cavalli dalla testa leonina e dalle code ofidiche, vomitanti fuoco, fumo
e zolfo, stermineranno un terzo dellumanita. 11 settimo squillo di tromba-schiudera il Santuario
celeste di Dio e 1Arca dellAlleanza apparira nel varco dei cieli, accompagnata dagli sconvolgimenti
meteorici e ctoni, tradizionalmente sempre col- legati alle grandi ierofanie celesti. Lesibizione del
massimo della cra- tofania sacrale e, di fatto, 1inizio dello scontro. In cielo una Donna incinta del
Messia, vestita di sole, coronata da dodici stelle e con la luna sotto i Suoi piedi, verra assalita nel
vano tentativo di divor ne il figlio appena nato da un enorme drago rosso dalle sette testi dalle dieci
coma, la cui coda rovinera giu sulla terra un terzo de stelle del cielo. Michele e le sue legioni
piomberanno in forze su lui e sui suoi accoliti e il grande Drago, il Serpente antico, colui c chiamiamo
diavolo e Satana sara precipitato sulla terra anc< vivente e furente. E Satana, a conferma della sua
primordiale matr acquea, dopo aver tentato di affogare la Donna che si invola ve il deserto con due ali
daquila vomitando su di Lei un fiume d: qua, si ferma infine in riva al mare per conferire alla
Bestia em gente dalle acque un pauroso mostro con dieci coma e sette te< simile a una pantera, ma
con zampe dorso e con bocca leonina forza, il trono e la potesta per dominare sui potenti della terra,
~ guerreggiare contro i Santi e, infine, per vincerli. Ad apparizioni angeliche che annunziano 1ora del
giudizio e altre che mietono e vendemmiano le nazioni, perche la pienezza i tempi e ormai giunta, si
avvicendano sulla scena apocalittica se Angeli muniti di sette coppe, colme dellira divina, che essi
dovr; no rovesciare sulla terra, sul mare, suHe acque, sul sole, sul tro della Bestia, sullEufrate e in aria,
causando rovine immani co mai prima. Ma dalla bocca del Drago e della Bestia usciranno, so 1aspetto
di rana, tre spiriti immondi che, facendo prodigi, andr; no a radunare tutti i re di tutta la terra, quelli che
nel gran gior di Dio si scontreranno sulla piana fatale di Armaghedon. Cristo con corona e occhi
fiammeggianti scendera in campo ~ la prima volta, montando un cavallo bianco, seguito dagli esen
celesti, anchessi su cavalli bianchi e vestiti di lino candido e pu Mentre un Angelo, ritto sul sole,
comandera a gran voce agli ucc che volano in mezzo al cielo di radunarsi per cibarsi a sazieta d( cami
di coloro che cadranno nella imminente carneficina: re, ei capitani, cavalieri e cavalli. La Bestia e i re
della terra con i h eserciti si scontreranno con le schiere dellAltissimo e dopo 1ecci totale degli
sventurati accoliti trafitti dalla spada a doppio ta~ che si protende dalla bocca del Verbo la Bestia e
il falso prof< verranno catturati e gettati nello stagno di fuoco e di zolfo. Satana radunera per 1ultima
volta, dai quattro angoli della te: tutte le nazioni nemiche del popolo di Dio, che marceranno dilag, do
sullintera superficie terrestre e, sebbene allassedio Gerusalemme e dellaccampamento dei Santi gli
eserciti guidati Dragone saranno numerosi come i granelli della sabbia del mare, i verranno inceneriti
da un fuoco fatto piombare su di loro dal cielo. guerra escatologica si concludera, quindi, con la
desacralizzazione Male che, da cratofanico che era, perche sacro, diverra del tu impotente: nello stagno
di fuoco e di zolfo Satana, la Morte e Inferi stessi andranno a fare compagnia, per i secoli dei secoli,;
Bestia e al falso profeta che li avevano preceduti. Cosi, su una T( talmente purificata dal lutto, dal
lamento e dallaffanno da non rin nirvi piu nemmeno il relitto piu imponente della loro arcana e rer ta
matrice caotica primigenia il mare illuminata senza posa r piu dal sole o dalla luna, ma dalla Gloria
di Dio e dellAgnello i hanno fugato ogni tenebra, discendera dal cielo la Gerusalemme s tificata dove
Dio e Cristo abiteranno con i Giusti, che potranno fir mente guardare il volto del Signore senza morire.
Una citta re: comunque, squadrata a regola darte, costruita con metalli nobili, ~ tre preziose e perle,
cinta, ancora, da alte mura guarnite di do< porte, vigilate da dodici Angeli, e con al centro della piazza
della c 1albero della vita i cui frutti, di dodici raccolti 1anno, sfamerar tutti. Il mondo intero e il
paradiso diventeranno una cosa sola i guerra, solo allora, scomparira del tutto e dovunque, perche essa
i avra ormai piu senso alcuno. Ma questa pace etema, sempre bram dagli uomini, potra scaturire solo da
una guerra paradigmatica vil riosa, come esito della lotta radicale e definitiva contro il Male.
Basilicata (osser- vazione diret ta, 1975 e anni seguenti). A Barile (Potenza), ad esempio dove 1usanza
e consolidata, bambine di pochi anni sono vestite da Angelo e interamente di bianco: coroncina di fiori,
ali di cartone e raso, calzamaglia, scarpine e guanti. Sui vestitini di tulle e organza sono cuciti i gioielli
di famiglia. Ogni Angioletto precede un Mistero, (quadro vivente o rappresentato da statue) e reca un
simbolo della Passione. Alcune adolescenti vestite da Angelo, anche se in abbigliamento meno ricco,
recano riproduzioni di brani dei Vangeli e oggetti legati alle Sacre Scritture: accompagnano le statue
dellAddolorata e del Cristo morto. Indossano tuniche di rasatello con applicazioni di stelline di carta
argentata e dorata; hanno un cerchietto di metallo dorato sospeso sul capo e fissato alle ali ricoperte di
tulle. Funzione piu articolata e ricca, almeno per quanto riguarda Iabbigliamento recente, ha la schiera
di decine di Angioletti nella processione dei Battenti, a Guardia Sanfremonti (Benevento), orga- nizzata
per la festa dellAssunta ogni sette anni, ma ripetuta quasi ogni anno in versione ridotta per i turisti. La
processione e compo- sta anche da molti quadri viventi. Figuranti adulti, che interpreta- no scene tratte
dai Vangeli e da leggende mariane, sono preceduti da bambini nel ruolo di Angioletti vestiti di rasatello
con applica- zioni dorate, gioielli e ali di fil di ferro ricoperto di organzino (Mazzacane, 1998).
Angioletti simili sono presenti in molte altre Sacre rappresentazioni. A Petralia (Palermo), ad esempio,
quattro donne, nel ruolo dellAddolorata, della Maddalena, della Veronica e di san Giovanni, sono
accompagnate da bambini e bambine vesti- ti da Angioletti recanti calici dorati. Angeli guerrieri. A
Sturno (Avellino) nella processione per la festa del Protettore, san Michele, la statua e preceduta da
bambini, dai tre ai sei anni, vestiti come 1Arcangelo, compresi i gioielli e gli ori votivi che ricoprono
la statua. La consuetudine vuole che cia- scun bambino partecipi, cosi vestito, almeno a tre ricorrenze
festive (Cuoppolo, 1999, p. 12).
Un esempio molto interessante la processione del Venerd Santo di Gavenola (Imperia) organizzata
ogni cinque anni.
Ventiquattro bambini indossano costumi da centurioni romani, riccamente confezionati nel XVIII
secolo: hanno le ali e rappresentano le mili
zie celesti poste a scorta della statua del Cristo Morto. Bambini ancora pi piccoli vestiti da San
Michele sono esibiti nella analoga processione di Procida.
Un costume simile, ma di fattura meno ricca, lo indossano i bambini - qualche volta anche le bambine che danno vita alle molte rappresenta- zioni dell Arcangelo Michele in alcune feste che ancora si
celebrano nelle varie regioni del Mezzogiorno. Si tratta di un costume militaresco (Bussagli, 1995, p.
156) che richiama quello delle immaginette (Gulli Grigioni, 1988), di edicole sacre, di statue e dipinti
che raffigurano questo Arcangelo o altri santi combattenti per la fede. Allo stesso modo sono vestiti i
cavalieri della scorta al carro trionfale di cartapesta, ogni anno costruito e strappato per la festa della
Madonna della Bruna di Matera. Il modello mutuato dai dipinti e dalle stampe in cui il soldato antico,
di un tempo non definito e definibile, vestito alla romana o altrimenti detto alleroica . E una
tipologia rappresentativa divenuta tradizio- nale o quanto meno prevalente; forse a partire dalla visione
di papa Gregorio Magno (Bussagli, 1995, p. 157), pur entro le interpretazioni e ripro- posizioni
iconografiche mitico- leggendarie, popolari e non solo.
Una notizia interessante, quanto particolare, riportata da Antonio D Amato che, facendo riferimento
a una nota del vescovo di Avellino, rile- va che ai primi dell Ottocento alla processione dellArcangelo
Michele, partecipavano alc uni fedeli vestiti di paglia recanti una grande croce, anchessa di paglia; vi
erano bambini vestiti come lArcangelo, ma anch essi con costumi interamente di paglia, comprese le
ali (D Amato, 1933; Cuoppolo, 1999, p. 11).
Quadri viventi
In questa tipologia sono qui comprese, sempre a titolo esemplificativo, quelle rappresentazioni di
Angeli che costituiscono l elemento scenico e devozionale principale in cui fondamentale la presenza
di bambini in quanto personaggi definitori dellallestimento di quadri viventi e di mac chine di festa.
La cavalcata degli Angeli. Bambini di 3-5 anni vestiti da San Michele danno corpo scenico e
cerimoniale a una particolare processione, detta Cavalcata degli Angeli. Definizione, questa,
comune a molti centri di Basilicata (area del Vulture e nordorientale della regione), Campania Ir pinia), Puglia (Foggiano) e Molise. Le Cavalcate degli Angeli, sono realizzate in preparazione e come
prima fase devozionale del pellegrinaggio al santuario dell Incoronata di Foggia di Monte Sant
Angelo.
A Maschito, (Potenza) la Cavalcata ha luogo l ultimo sabato di aprile (rilevazione 1975). Circa una
decina di bambini, di pochi anni, sono vestiti come san Michele, anche qui con i gioielli cuciti sull
abito. Sono tutti vestiti come l Arcangelo delle statue e dei santini; come antichi soldati romani hanno
elmo e piume; indossano ali di cartone e tulle e calzari argentati. Tutti, immobili come piccole statue,
levano in alto, come per col- pire, una spadina di latta. Condotti dai genitori, sfilano su cavalli bardati e
guarniti con piume colorate. Alla Cavalcata si aggiungono piccoli
carri, decorati con veli e teli di raso celeste, su cui sono ricostruite, in forma di quadri viventi, le scene
relative all avvio del culto della Ma- donna Incoronata, con bambine vestite da Madonna e bambini da
Strazzacappa, il contadino -bovaro che ebbe 1apparizione. Non mancano,
poi, bambine con il vestito della Prima Comunione.
Vi sono anche, in particolare proprio dagli anni Settanta (il modello locale Maschito),
rappresentazioni dell apparizione appiedata dello
Arcangelo Michele nella grotta del Gargano. Sui medesimi palchi fissi, o su carretti, con le bambine in
vesti di Madonna e gli altri personaggi - tutti con costumi in rasatello vi sono bambini vestiti da
Angeli, con armatura ed elmo alla romana, che levano in alto le spadine di latta e reg- gono catene nella
sinistra.
In un testo del 1930 descritta la composizione e il comportamento cerimoniale di una di tali Cavalcate
degli Angeli alla volta del santuario della
Incoronata di Foggia. Non indicata la provenienza specifica; ma la descrizione pu considerarsi
esemplificativa di quanto era fatto e di come erano allestite le altre Cavalcate delle regioni citate.
Cavalli riccamente bardati, disposti in doppia fila, erano montati da bambini vestiti da Ange- li; con le
spade tenute in alto. Il corteo, chiuso da uomini a cavallo, concludeva quella tappa del pellegrinaggio
girando tre volte intorno al san- tuario dell Incoronata (Gentile, 1930, pp. 20-21).
Negli ultimi decenni la figura del bambino-Angelo a cavallo andata a mano a mano scomparendo un
po ovunque, mentre sono aumentati i car ri con i quadri viventi - ormai veri e propri carri allegorici sui quali sono rappresentate anche scene pi complesse e ricche di personaggi tratte dai Vangeli, dalla
Bibbia, dalle storie di Santi, o anche dall attualit della vita religiosa.
Angeli e macchine processionali. Un esempio interessante per il modo in cui sono rappresentati gli
Angeli, bambini di pochi; quello della
processione del Corpus Domini di Campobasso. I bambini vestiti da Angelo sono collocati, in numero
da uno a cinque, su macchine particolari che costituiscono il centro cerimoniale e rappresentativo della
processione. Le macchine, strutture in acciaio e ferro utilizzate per mettere in sce na i Misteri, furono
progettate e costruite a met del XVIII secolo da un artista locale, Paolo S. Di Zinno (Lalli, 1976, p. 65;
Di Nola, 1991, p. 145). Ognuna delle tredici macchine, detta appunto Mistero, riproduce, con
personaggi viventi bambini e adulti in pose plastiche un episodio della vita di alcuni Santi (Isidoro,
Crispino, Gennaro, Maria Maddalena, Antonio abate, Leonardo, Rocco, Michele che caccia i diavoli,
Nicola) una scena dallAntico Testamento (Sacrificio di Abramo), 1Immacolata Concezione,
1Assunta, il Cuore di Ges. Tutte le figurazioni, mutuate dalliconografia ufficiale e tradizionale, sono
arricchite da voli di Angeli. I bambini sono imbracati alle strutture in acciaio abilmente mascherate
dagli addobbi. Leffetto plastico finale che, grazie alle vibrazioni della struttura, i bambini-Angeli
sembrano volare per davvero. Sono vestiti con tunichette di rasatello con abbondanti applicazioni di
nastri, stelline e passamaneria dorata; hanno ali profilate di metallo e ricoperte da tulle, organzino e
piume colorate sui contorni. Molti portano, sul petto o in mano, una sagoma a forma di cuore, su cui
sono applicati monili doro e catenine di bigiotteria, oppure esibiscono oggetti riferiti alla storia del
Santo cui fanno corona.
Stando alle informazioni raccolte durante la processione, negli ultimi decenni i bambini che
partecipano ai Misteri, provengono prevalentemente dalle campagne e dai paesi della provincia. I
campobassani infatti partecipano sempre meno alla processione, di cui parlano come di un evento che
non riguarda direttamente loro, bens la gente dei paesi vicini.
Altri esempi interessanti, e di antica tradizione, del fenomeno si trovano anche in Sicilia di cui si
ricordano qui quelli di Messina e di Randazzo (Catania). A Messina, per la festa dellAssunta, viene
utilizzata una macchina particolare detta Vara (bara), la cui introduzione risalirebbe, pur attraverso i
successivi rifacimenti e modificazioni, alla prima met del XVI secolo. E un carro trionfale montato su
una grande slitta di ferro trainata a braccia; trasporta due immagini della Madonna, una sul feretro e
1altra, al culmine, mentre ascende al cielo sorretta con un braccio da Cristo. Negli anni Cinquanta,
prima di essere sostituiti da statue, numerosi bambini e bambine vestiti da Angelo erano collocati sulla
macchina, a pi livelli, fino alla sommit, dove anche la Madonna era impersonata da una bambina. I
bambini in veste dAngelo, distribuiti nei vari settori mobili e rotanti della macchina, rappresentavano
la schiera angelica che sorregge e accompagna lascesa al cielo di Maria, cos come appare
nelliconografia.
Unaltra Vara, sempre per la festa dellAssunta, utilizzata a Randazzo. Come la prima, anche questa
ruota su se stessa. Voluta da una nobildonna del luogo, viene fatta risalire al XVI secolo. Una ventina
di bambini e bambine sono collocati sulla macchina processionale alta 15 metri. Su ogni sezione vi
sono bambine-Angelo con tuniche lunghe di rasatello rosa e celeste, veli e bianche ali di tulle e con un
cerchietto dorato intorno al capo. A met altezza, su due dischi opposti, sono collocati quattro bambiniAngelo: hanno parrucche bionde e ricciolute e indossano corazze di tess uto argentato su gonnellini
rossi. Al centro del disco, su un piano sovrapposto e fisso, vi un quinto bambino con elmo e spada:
1Arcangelo Michele.
Il volo degli Angeli
Un modo di rappresentare gli Angeli che caratterizza molte feste patronali, in particolare della
Campania e della Sicilia, dov attualmente pi vivo e diffuso, ma documentato anche in Molise e
Basilicata, quello comunemente indicato come volo dellAngelo o cascata dellAngelo. Lazione
drammatica pu presentarsi in due forme distinte. Nella prima da uno a tre bambini, vestiti da Angelo,
vengono fatti pendere, con un cavo, sulla statua del Santo al quale offrono fiori e dedicano poesiole.
Nella seconda bambini nelle vesti di san Michele, recitano e mimano, a terra o appesi a un cavo, la lotta
con il Diavolo impersonato da un ragazzo o da un adulto.
Angeli messaggeri. A San Giorgio la Montagna (Benevento), vi era la consuetudine che Filippo
Cirelli riferisce caduta in disuso di vestire un bambino da Angelo e farlo pendere dallalto con
apposite funi e carrucole disposte fra due palazzi. Quando arrivava la processione il bambino-Angelo
salutava il santo recitando alcuni versi e offrendogli dei fiori (Cirelli, I, 1854, p. 59).
Qualcosa del tutto simile accadeva con la cascata dellAngelo di Bonefro (Campobasso) in occasione
della festa patronale di Santo Antonio di
Padova, celebrata fino ai primi anni del 1900. Tra due balconi posti dirimpetto venivano fatte scorrere
funi cui erano appesi a turno bambini e bambine vestiti da Angelo e con le ali piumate. Tirati con le
funi, uno per volta, dai vari genitori che li incitavano Angelo per Angelo, vieni da me venivano
portati sulla statua del Santo dove recitavano poesiole religiose. Lintera operazione richiedeva tempo,
tanto che i bambini diventavano neri per 1arresto della circolazione del sangue. Le famiglie, in
genere tra le pi povere del paese, ricevevano un compenso per la prestazione. Caduta in disuso, la
cascata dellAngelo fu ripresa negli anni Trenta da una famiglia di Riccia (Campobasso). Una bambina
di sette-otto anni impersonava lAngelo mentre i fratelli suonavano la tromba, il tamburo e i piattini.
Alla fine la piccola compagnia raccoglieva le offerte (Colabella, 1979, pp. 106-107).
Identica azione e nello stesso periodo, a Petrella Tifernina per la festa di san Gaetano, affidata a una
compagnia proveniente da Vietri sul Mare (Salerno), formata da cinque musicanti e una bambina.
LAngelo, sospeso sulla statua del Protettore, benediceva, elogiava il paese e invocava il Santo (Di
Lallo, 1985, p. 133).
Il volo dellAngelo, quasi identico, continua ad essere il centro drammatico e devozionale di alcune
feste patronali campane.
A Giugliano (Napoli) la festa per la Madonna della Pace, raffigurata con il Cristo morto e invocata
contro la siccit, inizia a Pentecoste e termina la domenica successiva. Nel giorno della Santissima
Trinit il volo dellAngelo ha luogo due volte, allinizio e a conclusione della processione del carro
trionfale trainato da buoi bardati a festa, con gualdrappa, fiori e nastri colorati. A una fune che
attraversa la piazza attigua alla cappella dellAnnunziata, da dove parte la processione, sospesa a
circa venti metri da una bambina di dieci-undici anni, con tunica di rasatello celeste, ali dorate e
coroncina. Portata sulla perpendicolare del carro, la bambina-Angelo viene calata pi in basso, canta
una canzoncina di devozione, offre incenso e un mazzo di fiori. Conclude lazione unesplosione di
fuochi dartificio (De Simone, 1974, pp.41-42; Porcaro e Mazzacane, 1990, pp. 203-205).
A Prata Principato Ultra (Avellino), lazione ripetuta due volte, ma con due bambine-Angelo:
impersonano 1Arcangelo Gabriele. Sollevate a circa 10 metri da terra, cantano una allAnnunziata,
allinizio e alla fine della processione della Domenica e del Luned in albis (Grasso e Russoniello,
1979, pp. 255-263). Il Luned dellAngelo, a Pratola Serra (AV), nella processione di Ges Risorto e
della Madonna di Montevergine, i bambini-Angelo che volano sono tre: Gabriele, ha la tunica celeste e
un giglio, Michele bianca, con elmo, scudo e spada, Raffaele in rosa e reca il vessillo di Cristo risorto.
Azione del tutto simile, ma con la sola rappresentazione dellArcangelo Michele, messa in scena a
Carpignano di San Mango, Luned in albis. Una bambina, san Michele con elmo scudo e spada, recita
una lunga preghiera sospesa a mezzaria sulla statua della Madonna del Carmine (Cuoppolo, 1999, p.
25). La stessa cosa accade per la Madonna della Rotonda, a Parete nel Casertano. A Ottaviano (Napoli),
per la festa settembrina di san Michele, due bambini di circa dieci anni rappresentano 1Arcangelo.
Sono vestiti allo stesso modo, con una lunga tunica di rasatello, una rosa e 1altra celeste. Hanno scudo
a forma di cuore, elmo co n penne di struzzo bianche e rosse e parrucche bionde e ricce. Sono sospesi
uno accanto allaltro e si tengono sottobraccio. Quando la processione con la statua dellArcangelo, con
scudo a forma di cuore e spada sguainata in atto di colpire, arriva in ciascuna delle tre piazze in cui
sono predisposti i cavi, i bambini ripetono il saluto e le richieste di protezione (Mazzacane, 1998, p.
43).
A Sala Consilina, nel Salernitano, la festa per il patrono San Michele dura tre giorni, dal 28 al 30
settembre; diverse azioni sceniche e devozionali hanno luogo in pi parti della cittadina. Particolare
menzione meritano I giardini detti anche Gli orti di San Michele: unimpalcatura interamente
coperta da uva, ortaggi e rami di edera. Quando la processione, il 29, vi arriva vicino che la statua
stata rivestita degli ex- voto dinanzi alledicola Michelicchio, un grande grappolo duva viene calato e
offerto al Santo. Altra uva distribuita ai presenti. In uno spiazzo a lato della chiesa di SantEustachio
ha infine luogo il volo dellAngelo. Un bambino di undici- dodici anni, vestito come la statua, alla
romana, compreso il turibolo pendente dalla sinistra. Il bambino Angelo vien tirato da un capo
allaltro della piazza per tre volte; quindi, calato sulla statua, chiede protezione a nome dellintero
paese e ripete le offerte (Tortorella, 1983, pp. 115-121). Anche a Sassano fino agli anni Settanta era
ancora praticato il volo dellAngelo. Era dedicato allArcangelo Michele, la cui statua era portata in
processione, 18 maggio, su una macchina detta Barca (Tortorella, 1983, p. 145).
A Perdifumo, nel Cilento, il volo dellAngelo realizzato per la festa del patrono san Nazzario,
1ultima domenica di luglio o la prima di agosto. Un bambino vestito con elmo, corazza e spada - non
indicato come 1Arcangelo Michele sempre sospeso a un cavo, lascia cadere fiori e petali sulla statua
del Santo dopo aver recitato alcuni versi di saluto (inf. G. Delli Iaconi).
A SantAntimo (Napoli) il volo degli Angeli parte integrante e conclusiva di una sacra
rappresentazione pi articolata. Gli Angeli-bambino sono due. Luno vestito di rosa e laltro di
celeste, come a Ottaviano. Lazione si svolge lultima domenica di maggio o la prima di giugno. Nella
piazza del paese messa in scena la vita e il martirio del patrono SantAntimo, che si conclude con la
sua decapitazione. La testa di un fantoccio cade sul palco; a quel punto due Angioletti sospesi a un
cavo teso tra la chiesa e la torre, discendono, recitano una poesia, raccolgono la testa; quindi, sollevati
di nuovo lungo il cavo, portano con loro la testa del santo (Mazzacane, 1998, p. 43).
Altri voli di Angeli simili, dedicati al Santo patrono o alla Madonna, sono ancora eseguiti in altri centri
delle regioni meridionali.
A Pescopagano, (Potenza), 1Angelo un bambino di otto- nove anni; per tradizione lo stesso bambino
deve volare per due anni consecutivi. Rappresenta genericamente un Angelo buono; indossa un
corto vestito di veli bianchi, ali profilate di ferro ricoperte di tulle, elmo e sandali dorati. Il volo
dellAngelo viene effettuato una prima volta in occasione della festa di san Francesco di Paola, il 30
giugno. LAngelo cinto da un nastro celeste con la scritta CHARITAS in oro. II volo ripetuto, dal
medesimo bambino-angelo, il 2 luglio per la festa della Madonna delle Grazie, e allora il nastro
bianco con la scritta AVE MARIA. In entrambe le feste il volo effettuato nella piazza del Municipio
dove allestito un palco coperto di teli celesti; da qui parte un cavo, fissato a un palo di ferro antistante,
su cui vien fatto scarrucolare lAngelo per mezzo di un argano elettrico. Arrivato sulla perpendicolare
delle due statue, esibite entrambe nelle due feste, il bambino-Angelo pronuncia frasi di saluto e di
richiesta di protezione, quindi offre fiori e incenso.
Nella festa della Madonna del Carmelo, il 16 luglio a Paterno, centro vicino a Sala Consilina, il volo
dellAngelo stato modificato da una ventina danni. LAngelo sospeso a 5-6 metri dal suolo, con
una imbracatura fissata a un baldacchino in ferro allestito nella piazza. LAngelo impersonato da un
bambino sorteggiato fra gli alunni della scuola media, dintesa con le famiglie. Anche qui lAngelo non
ha un nome, ma potrebbe essere identificato in san Michele: indossa, infatti, una corta tunica bianca di
pizzo e merletti, un corpetto a forma di corazza e un elmo con piume di struzzo e regge una spada.
Quando la processione gli arriva dinnanzi, lAngelo recita cinque preghiere, di cui lultima con
invocazioni e richieste di grazie; quindi offre alla Madonna la spada, una corona, dellincenso, un cero
e un abitino. In passato le preghiere erano quelle della tradizione orale locale; da qualche anno sono
liberamente composte e variano ogni volta. Unaltra modifica, non gradita da chi in passato ha
impersonato lAngelo, riguarda linserimento delle bambine (inf. sig. Parente).
Il volo dellAngelo, in forma simile a quelle ora ricordate, piuttosto diffuso anche in Sicilia. A
Misilmeri, (Palermo), ad esempio, il volo degli Angeli messo in scena e ripetuto nel corso di alcune
feste. Programmato dalle diverse confraternite realizzato in occasione della festa di San Giuseppe, in
quella del Patrono, San Giusto, lultima domenica di agosto e, saltuariamente, anche nella festa del
Santissimo Crocifisso. Due bambini, un maschio e una femmina sono vestiti da Angelo, con corte
tuniche di tulle, celeste e rosa, ali ed elmo: fatti scorrere su due cavi distinti tesi fra due balconi posti
dirimpetto al secondo piano, i due bambini- Angelo volano al centro della piazza provenienti da
direzioni opposte. Giunti sulla perpendicolare della statua del Santo al quale dedicata la festa,
lanciano fiori e declamano poesie. La folla, alla fine di ogni strofa, grida l Evviva al Santo. Da oltre
una ventina danni i bambini che effettuano il volo non sono di Misilmeri, ma fanno parte di una sorta
di compagnia, composta anche da adulti, ingaggiata dalle confraternite che ne richiedono la prestazione
nelle feste
patronali. Negli ultimi tempi i ragazzetti che impersonano gli Angeli provengono da Altavilla Milicia
(Sciascia e Scianna, 1965, pp. 47-53, 220; inf. Sig. G. Amato).
San Michele e il Diavolo. Questo tipo di contrasto, attualmente rappresentato in forma di volo
dellAngelo presente in Campania.
Ma un altro dei modi con cui era molto diffuso e rappresentato in occasioni diverse, anche al di fuori
della festa patronale. In alcuni centri del Gargano nel XIX secolo stato particolarmente utilizzato,
spesso a conclus ione di alcune farse. A San Nicandro (Foggia) farse del genere, note localmente come
ditt, erano rappresentate quasi tutto 1anno in un locale fisso e da attori dilettanti. Quando 1azione si
concludeva con la morte di un personaggio, come, per esempio ne l ditt del vignaiolo e dellortolano,
o in quello del cavalier Motta, intervenivano san Michele, con la spada, e il Diavolo, con le catene, a
contendersi 1anima del defunto. Spesso nellultimo quadro, con Pulcinella che recitava il Congedo
compariva, nellatteggiamento statuario con cui si vede nei santini san Michele che schiaccia sotto il
piede il Demonio incatenato. Dal secolo scorso queste farse sono rappresentate per strada e solo a
Carnevale (Vocino, 1914, pp. 279-285).
Notizie relative alla met del Novecento attestano la presenza del volo dellAngelo, nella prima forma,
anche nel Molise, dove, per, da decenni non pi stato rappresentato.
In alcuni centri del Mezzogiorno, con interessanti attestazioni attuali soprattutto in Campania, la
rappresentazione del volo dellAngelo mette in scena il contrasto tra Bene e Male. Conflitto espresso o
con la rappresentazione della Scacciata degli angeli ribelli dal Paradiso, o, pi frequentemente, dal
contrasto fra 1Arcangelo Michele e Lucifero. Azione drammatica che ripropone alla lettera
liconografia di san Michele. Anche per queste forme drammatiche uninteressante testimonianza
stata raccolta da Filippo Cirelli, il quale, nel 1854, riferisce di una rappresentazione, allora non pi in
uso da qualche anno, messa in scena a Sannazzaro (Benevento) durante la festa della Madonna del
Carmine. Questa la descrizione, pubblicata in uno degli ormai introvabili fascicoli del Regno delle due
Sicilie descritto ed illustrato (Cirelli, II, 1854, p. 63):
Uscita la processione, in un sito prossimo alla chiesa, il corteo soffermavasi, la statua si poneva
dinanzi ad una botte sfondata, messa a poca distanza, e tosto sorgeva da quel fondo un nembo di fumo
(...). Sbucava quindi un ragazzaccio dal volto e dalle braccia nere, e di pelle di capra il resto del corpo
vestito. Aveva in una mano un forcone rugginoso, e con 1altra agitava una catena con movenze
ridicole. Compariva poscia un altro giovanetto fornito di due grandi ale, e coperto il corpo di varii
stracci di tutti colori (...) e con elmo di cartone cilestro, rappresentante un Angelo, mentre 1altro (...)
rappresentava il demone. LAngelo quindi traeva dal fianco uno spiedo, (...), lo impugnava contro quel
brutto ceffo, (...) e borbottando sconnesse parole, gli conse- gnava dei calci, ricacciandolo dentro la
botte (...). Inchinata quindi la statua della Vergine, gli si porgeva una guantiera, con la quale girava per
dentro la folla, per ottenere il compenso della vittoria riportata contro il demonio.
Questa descrizione pu essere utilizzata, quasi alla lettera, come esemplificazione delle analoghe azioni
ancora rappresentate in molti centri della Campania, anche se in questa rappresentazione 1Arcangelo
si muove a terra.
A Tufo (Avellino) san Michele il Patro no locale. L8 maggio la processione termina con la
rappresentazione della Cacciata degli Angeli ribelli dal Paradiso. Lazione aperta da bambini- Angelo
che lanciano petali sulla folla. Inizia, quindi, la recita. San Michele, un bambino vestito come
1Arcangelo, pi volte affronta il Diavolo, finch lo sconfigge definitivamente: lo schiaccia sotto il
piede e lo tiene a bada con la spada levata. (Cuoppolo, 1999, p. 24).
A Gesualdo (Avellino) per la festa del Patrono, san Vincenzo Ferreri, raffigurato in una statua con
grandi ali bianche, 1Angelo, un bambino vestito da san Michele, sospeso a 20 metri daltezza a un
cavo lungo 150 metri, teso fra il castello e il campanile. Arrivato sulla piazza 1Angelo saluta il Santo.
Da un palco dinanzi al Santo, preannunziato da esplosioni, escono fumo e fiamme. Compare allora, dal
fondo, Lucifero: un uomo con giubbetto, calzoni corti, calzamaglia e mantello rossi; ha una maschera
nera con i fori per gli occhi e la bocca; mostra la lingua. Ha inizio la recita del co ntrasto che si conclude
con la ricacciata del Diavolo nel fondo del palco. LAngelo vittorioso, acclamato dalla folla, prima di
concludere il volo verso il campanile, lascia cadere fiori e coriandoli. Dalla piazza allora vengono
liberati centinaia di pallo ncini colorati (Mazzacane, 1998, p. 43; Cuoppolo, 1999, p. 26). A Rutino, nel
Cilento, il volo dellAngelo e la lotta con il Diavolo hanno luogo la seconda domenica di maggio, festa
del Protettore san Michele. Un bambino di nove-dieci anni sospeso a un cavo teso fra due palazzi
della piazza principale: vestito come 1Arcangelo guerriero. I suoi antagonisti sono due uomini. La
recita, piuttosto lunga, segue lo stesso canovaccio finora descritto.
Pi movimentata la rappresentazione a Vatulla, frazione di Perdifumo, per la festa dellAssunta.
LAngelo, sempre un bambino vestito come san Michele (qui non identificato esplicitamente) combatte
contro 4-5 diavoli, adolescenti e adulti vestiti di rosso e di nero, mascherati e armati di bastoni.
Lazione inizia prima del passaggio della processione, ed sospesa allapparire della statua della
Madonna. Passata la processione, il combattimento riprende. LAngelo vola pi volte da un capo
allaltro della piazza mentre i Diavoli si agitano in basso, e dopo aver ricevuto una bastonatura, sono
cacciati (inf. Sig. G. Delli Iaconi).
A san Pietro al Tanagro, sempre nel Cilento, il 29 giugno, per la festa di san Pietro, non pi celebrata, il
volo dellAngelo era realizzato con altre azioni cerimoniali: 1offerta del vitellino parato e la fontana
del latte e del vino. La rappresentazione era affidata ad artisti girovaghi (Tortorella, 1983, p. 132),
come visto in alcuni esempi molisani e siciliani.
Bambini-Angelo fra antropologia e storia
A questo punto vien fatto di chiedere perch vi sia presenza di bambini vestiti da Angeli, in forme e
modalit particolari, in azioni sceniche e drammatico-rituali a far da cardine di molte feste. Azioni che,
come visto, finiscono per connotare profondamente lo svolgimento, la realizzazione e il senso stesso
dellevento festa.
Le modalit di partecipazione allazione scenico-processionale rinviano a un comune atteggiamento
votivo e penitenziale, che non esclude una forte componente esibitoria, implicita in tutte le azioni
cerimoniali e rituali. Le motivazioni, ancora attive e portatrici di senso di queste forme rappresentative
e devozionali pi complesse e radicate di quanto possa apparire a prima vista. Si sostanziano nelle
specifiche forme con cui viene vissuto e rappresentato il Sacro, e tutto quanto ad esso attiene in ogni
manifestazione; cos come esso stato recepito, e ancora lo oggi, nelle colture a forte componente
mitico-rituale, quale , appunto la cosiddetta cultura popolare, o pi esattamente del realismo segnico
(Conci, 1988, p. 152). Sulla base di questa constatazione, alla domanda prima formulata non possibile
dare una risposta precisa e univoca. Ne possibile assumere atteggiamenti di condanna o di
accettazione, che eludano il tentativo di comprenderne il senso. Si possono, tuttavia,avanzare delle
considerazioni che propongo come elementi di un discorso le cui parti non sono collegate e subseguenti
in maniera sintattica, bens giustapposte e correlate secondo un procedimento paratattico, che quello
prevalente ne lle culture a rilevanza realistica e sacrale. In queste realt il vissuto mitico ancora in
larga parte presente; per cui le rappresentazioni del Sacro e quindi della Potenza non passano attraverso
le trasposizioni allegoriche, ma sono recepite alla lettera e come presenze reali e corporee. I messaggeri
alati che appaiono alla Madonna, ai Santi e agli umani, gli Angeli guerrieri che combattono il Male e il
Diavolo stesso, quelli che sorreggono in volo Santi e Madonne sono reali in carne e ossa , nella
forma, nei modi e negli atteggiamenti. Con questi caratteri posti come specifici e qualificanti, sono
rappresentati sui santini e nei dipinti, come comunemente acquisito in prevalenza, ma non
unicamente, nelle comunit ancora a forte eredit agraria del Mezzogiorno. Del resto va ricordato che il
linguaggio verbale e iconico, organizzato sulla rappresentazione realistica operativa della Potenza
divina, positiva e negativa, lungo tempo il pi importante, se non addirittura unico strumento di
comunicazione nel processo di evangelizzazione. E con queste caratteristiche si mantenuto fino a
oggi; anzi queste forme di linguaggio attualmente sono sempre pi diffuse, rafforzate dai moderni
mezzi di comunicazione che si articolano, soprattutto e in forma a volte esclusiva, sulluso delle
immagini. E questo continua ad avvenire in ambiti socio -culturali in cui lo stesso linguaggio verbale
continua a essere trasmesso e acquisito per immagini. Fisiche o immaginarie che siano, esse rimandano
al mondo concreto e reale; non hanno funzione rammemorativa, ma prolungano e replicano
realisticamente il corpo, il sangue e le qualit di chi in esse rappresentato. Come ben sanno, per
esempio, predicatori e stregoni, che su questa concezione hanno operato, ieri come oggi (Spera 1996,
pp. 94-96; 1997, p. 19).
Per analizzare il perch della presenza di bambini-Angeli, rappresentazioni processionali, e il senso di
tali incursioni, pu essere utile ricordare che i bambini, a volte intere schiere, erano utilizzati nelle
scenografie allestite in occasione delle visite compiute da sovrani, pontefici e potenti, di cui ci restano
esempi anche riferiti allItalia, dove questa consuetudine era pure molto diffusa (Fagiolo DellArco e
Carandini, 1977). Diversi esempi di bambini attivi in queste circostanze sono riferiti, in particolare, dai
cronisti francesi. A Lione, nel 1439, pi di mille bambini vestiti con abiti reali avrebbero acclamato
agli incroci delle strade il passaggio del sovrano. La stessa cosa accadeva anche in molti altri centri in
analoghe circostanze; come a Brive-la-Gaillarde nel 1463, o a Tournai nel 1464. Numerosi bambini,
disposti lungo il percorso o allingresso della citt, accoglievano il re, gridando evviva, vestiti con
camicie bianche, cappelli di fiori e con le insegne reali. Cos, per la processione di Carlo VIII nelle
strade di Troyes nel maggio del 1486 dove, come riferiscono le cronache, i due bambini che lo
accolsero suscitarono la commozione di tutti.
Ma bambini venivano disposti anche su palchi o su grossi alberi piantati per 1occasione vicino a
fontane e croci, sempre in occasioni particolari come la visita di un sovrano. I bambini collocati su
questi alberi erano vestiti come piccoli re, come nel caso dellentrata di Carlo VIII a Vienne nel 1490.
Allo stesso modo erano allestiti palchi fissi, Misteri e tableaux vivants, con scene tratta dalla Bibbia,
dalla Vita di Cristo e dalla vita quotidiana; tra questi era ricorrente la rappresentazione della Strage
degli Innocenti, con lArcangelo Gabriele che battezza i piccoli martiri nel loro stesso sangue. Misteri
fissi vennero allestiti per lentrata a Digione di Luigi XI nel 1476, e per 1entrata solenne a Parigi di
Carlo VIII nel luglio del 1484, quando, per loccasione, ne furono allestiti venti e cos via secondo una
consuetudine allora molto diffusa derivata dalle sacre rappresentazioni medievali in cui anche i
bambini erano protagonisti; come in quelle organizzate a Parigi, nellIle Notre-Dame, nel 1313 (Heers,
1983, pp. 98-108).
La presenza dei bambini che acclamano il re, oltre che a suscitare commozione, voleva richiamare
quindi stabilirne 1analogia 1entrata di Ges a Gerusalemme, che, secondo la tradizione, sarebbe
stato acclamato proprio dai bambini.
Chi scrive non sa fino a che punto quanto finora presentato, circa limpiego di bambini vestiti da
Angeli nelle varie processioni, nei Misteri, sulle Vare e nei Voli, pu essere direttamente collegato
con le notizie relative alle sacre rappresentazioni medievali e gli ingressi trionfali dei sovrani. Certo
che gli uni e gli altri hanno in comune proprio la presenza e limpiego di bambini di pochi anni, dato
non trascurabile, sia come elementi centrali della costruzione scenografica, sia per suscitare
commozione e sentimenti edificanti e non aggressivi, secondo pulsioni naturalmente implicite proprio
nella specifica conformazione e aspetto del bambino. Inoltre, proprio per queste caratteristiche, in
situazioni in cui il reale e 1immaginario coincidono, e il regale tale per volere divino, 1esibizione di
bambini, in azioni pubbliche rivolte allesterno e soprattutto alle rappresentazioni concrete e operanti
del Potere e della Potenza, esplicitano chiaramente la totale disponibilit e incondizionata accoglienza
ad esse riservate dalla comunit che li esibisce.
Nelle culture a forte connotazione mitico-rituale, come erano quelle del tempo storico prima richiamato
e quelle attuali cosiddette tradizionali e popolari, il bambino, in particolare quello di pochi anni,
assume una connotazione anche a valenza sacrale. Proprio in quanto recepito come puro, ingenuo, non
iniziato alla contraddittoriet della vita, quindi non riconoscibile come produttivo nel senso dei
vissuti e dei bisogni degli adulti, il bambino appartiene ancora a una dimensione amb igua, liminare.
Egli pu meglio degli adulti essere posto in relazione con il Sacro e le sue rappresentazioni; pu
assolvere meglio il ruolo di mediatore con la Potenza, terrena o ultraterrena che sia. Lo pu perch la
Potenza, il Divino, pensati e rappresentati in carne e ossa e quindi con sentimenti umani, possono
anchessi commuoversi e accogliere quanto la comunit dei sudditi- fedeli vuole manifestare e chiedere
attraverso la mediazione di un bambino. Si pensi, per esempio, anche a Fatima, Lourdes e altri simili
luoghi. Forse anche su questo si basa il fatto che gli Angeli, nelle rappresentazioni cristiane mediatori
fra la terra e il cielo, concepiti non meno reali dei Santi, hanno sembianze efebiche e infantili, cio
prive di connotazioni di genere; cos come lo sono, a prima vista, i bambini di pochi anni,
comunemente chiamati ovunque con il vezzeggiativo angioletto.
II bambino, in quanto non iniziato, quindi ancora in condizione di soglia, pu assolvere il compito, per
altri molto pericoloso, di rappresentare contemporaneamente la dimensione e la natura umana e divina.
Per lo stesso motivo spesso un bambino a essere posto al centro di unazione votiva, come quella,
appunto, della sua esibizione vestito da Angelo, a volte coperto dei gioielli di famiglia, trascinato a
piedi nelle interminabili processioni, o imbragato su una macchina processionale, appeso a un cavo e
fatto volare. Il voto o la promessa fatta dai genitori viene espressa con il sacrificio del piccolo, che
partecipando allazione devozionale e drammatica, come sottratto al nucleo familiare; come offerto
in sacrificio alla Potenza verso cui va adempiuto un atto di restituzione. Nel momento in cui il
bambino, vestito da Angelo, presentato come sua immagine (ci vale anche per chi e nei panni del
Santo) diventa la sua incarnazione. E una sorta di ricettacolo della sacralit potente che egli raffigura
in immagine. La paura, la sofferenza dei bambini e dei familiari, ma anche degli spettatori che
assistono commossi, come molte descrizioni evidenziano, parte del comportamento devozionale
necessario perch il sacrificio sia significativo, perch sia posta in evidenza la sacralit del gesto e
dellofferta, cio dellesposizione e separazione del piccolo dalla comunit, per la quale agisce da
tramite con il Divino, sia che offra fiori, sia che cacci il Demonio.