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Anonimo Genovese

LA DIVINA
COMMEDIA
di Dante Alighieri
trasmutata in lingua italiana
da un Anonimo Genovese
Add 2 novembre 2008
II Edizione

Edizione Samizdat

Genova 2009

Titolo originale: "Comeda" di Durante Alagherii


Le immagini sono state reperite grazie alla cortesia della Sez. Cons. della
civica Biblioteca Berio di Genova.

Copyright 2008 Orti di Carignano


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Edizione digitale:
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Edizione Samizdat

per conto degli Orti di Carignano salita San Leonardo 5/9

L'autore gode di rimanere incognito


e non si cura di fare acquisto di alcun bene temporale
col dare alle stampe la sua fatica.

Indice

Indice
Lettera al mio testimone di nozze
sulla difficolt del ben tradurre

pag. 33

Antefatto
Lettura come traduzione
Il testo frainteso
Espressione esplicita ed implicita
Lo sfasamento cronologico
L'intraducibilit della poesia
Il primato del testo di arrivo
Esprimere il senso
Versione libera o versione letterale
Classicisti o romantici
Dalla traduzione alla riscrittura
Traduzione culturale
Disambiguazione e interpretazione
Aumento o perdita delle informazioni
Un esempio pratico

Introduzione
I - Breve inquadramento cronologico
L'impero e il regno di Francia

- 5 -

pag. 51
pag. 55

Indice
La contessa Matilde di Toscana
La I e II crociata
La nascita del comune di Firenze
e l'assoggettamento del contado
L'ampliamento di Firenze e i disordini politici
Il Barbarossa e la III crociata
La fine del consolato fiorentino
e la nascita del regime podestarile
Attivit militari fiorentine
Innocenzo III e lo spirito di crociata (1198-1216)
Guelfi e Ghibellini
Vita religiosa
La cultura
Federico II e il ritorno dell'impero
La quarta crociata: 1227
La Toscana tra gli anni 20 e 30
La reazione del papato
Ezzelino da Romano
Lo sviluppo delle arti
La vittoria ghibellina
Lo scontro con il papato si riaccende
Il "Governo del Primo Popolo" a Firenze
Effetto della caduta degli Svevi in Toscana
L'interregno imperiale
La fine di Ezzelino III
La Battaglia di Montaperti
Situazione nel nord Italia
L'intervento di Urbano IV
La Battaglia di Benevento
La colonizzazione e la caduta degli Angioini
Gli anni '80
Pisa
Guerra aretina e battaglia di Campaldino

- 6 -

Indice
Spagna e Portogallo alla fine del duecento
Inghilterra fino all'inizio del 1300
Gli Ordinamenti di Giustizia
Bonifacio VIII
Guelfi Bianchi e Neri
L'inizio del Trecento
L'emarginazione del papato
L'attesa del Veltro
Risorgono le forze ghibelline

II Profilo biografico di Dante Alighieri

pag. 113

Storia del casato


Nascita e adolescenza di Dante
Gli studi e l'attivit militare
L'attivit politica
L'esilio e la morte

Bibliografia

pag. 125

Prefazione
Introduzione
Inquadramento letterario, storico e filosofico
Dizionari ed enciclopedie
Biografia dantesca
Opera
Immagini
Prosa
Critica dantesca
Commenti alla Divina commedia

- 7 -

Indice

L'Inferno
Capitolo I

pag. 157

Dante, smarrito nella selva oscura, giunge ai piedi di un colle illuminato dal sole
Tre fiere gli impediscono il cammino e lo respingono all'interno
della selva
Appare Virgilio annunziandogli l'avvento del Feltro
Virgilio invita Dante a passare attraverso i tre regni dell'oltretomba
Dante dichiara di essere pronto al viaggio

Capitolo II

pag. 165

Dante espone i suoi dubbi


Virgilio spiega che il viaggio voluto da Dio e da tre donne benedette
Dante riprende il suo cammino

Capitolo III

pag. 173

I due poeti varcano la soglia dell'Inferno


Nel vestibolo Dante incontra gli ignavi: papa Celestino V
Raggiungono sulla riva dell'Acheronte il traghettatore Caronte
Dopo un terremoto, Dante, privo di sensi, attraversa misteriosamente il fiume

Capitolo IV

pag. 181

Il primo cerchio (Limbo): coloro che sono morti prima del battesimo
Virgilio racconta della discesa di Cristo nel Limbo e la liberazione
dei Patriarchi
Dante vede gli uomini virtuosi nati prima di Cristo
Ingresso nel maestoso castello e rassegna di suoi abitanti illustri
I due poeti riprendono il viaggio

- 8 -

Indice

Capitolo V

pag. 191

Il giudice infernale Minosse prova ad opporsi al passaggio di Dante


Il secondo cerchio: i lussuriosi agitati da una perpetua bufera
Virgilio indica per nome alcuni lussuriosi
Francesca da Rimini

Capitolo VI

pag. 199

Dante rinviene nel terzo cerchio


I golosi, in una lurida pioggia mista a grandine, vengono dilaniati
da Cerbero
Il fiorentino Ciacco annuncia a Dante il prossimo trionfo dei Neri
Dante apprende che molti grandi fiorentini sono dannati in altre
zone
Virgilio spiega la condizione in cui si troveranno i dannati dopo la
resurrezione dei corpi
Il quarto cerchio

Capitolo VII

pag. 207

Plutone, custode del quarto cerchio


Due schiere cozzano tra loro: avidi e prodighi
Virgilio spiega il valore dei beni terreni e come la Fortuna sia ministra della Provvidenza
Discesa nel quinto cerchio lungo il fiume che forma la palude dello Stige, in cui sono immersi iracondi ed accidiosi

Capitolo VIII

pag. 215

Segnalazioni tra le due rive dello Stige avvisano dell'arrivo dei


due poeti
Flegas traghetta i due con la sua barca
Nella palude Dante incontra Filippo Argenti
I due poeti giungono davanti alle porte della citt di Dite
I dmoni della citt ostacolano il passaggio
Attesa di un aiuto celeste

- 9 -

Indice

Capitolo IX

pag. 223

Virgilio assicura Dante di aver gi fatto il viaggio


Sulle mura appaiono le tre Furie che minacciano di pietrificare
Dante con l'aiuto di Medusa
Un messo celeste interviene e apre le porte della citt di Dite percuotendole con una piccola verga
Il sesto cerchio: gli eretici giacciono in sepolcri infuocati

Capitolo X

pag. 231

Gli Epicurei
Manente degli Uberti e Cavalcante dei Cavalcanti
Farinata spiega come i dannati possano conoscere il futuro
Virgilio indica altri eretici e conforta il suo discepolo per la profezia di Farinata

Capitolo XI

pag. 239

I due poeti si soffermano dietro alla tomba di papa Anastasio per


abituarsi al puzzo del cerchio successivo
Virgilio descrive la topografia dell'Inferno
Virgilio spiega perch gli incontinenti siano fuori dalla citt di
Dite e perch l'usura sia un peccato contro Dio
I due poeti riprendono il cammino

Capitolo XII

pag. 247

I due scendono lungo una frana, custodita dal Minotauro, fino al


settimo cerchio
Nel primo girone i violenti contro il prossimo sono immersi nel
Flegetonte, fiume di sangue bollente
Virgilio, incontrati i Centauri, li convince a farli passare
Il centauro Nesso trasporta i due oltre il fiume, nel secondo girone

Capitolo XIII

pag. 257

Il secondo girone del settimo cerchio: i violenti contro se stessi


(suicidi) e le cose (scialacquatori)
Dante strappa un ramoscello dal quale sgorgano parole e sangue

- 10 -

Indice

Il cancelliere imperiale Piero della Vigna


Sorte dei suicidi prima e dopo il Giudizio Universale
Violenti contro le cose (gli scialacquatori): Lano da Siena e Giacomo da Sant'Andrea
Anonimo fiorentino suicida

Capitolo XIV

pag. 265

Terzo girone del settimo cerchio: una spiaggia infuocata in cui


vengono puniti i violenti contro Dio: i bestemmiatori
I violenti contro Dio (bestemmiatori): Capaneo
Il vecchio di Creta e l'origine dei fiumi infernali

Capitolo XV

pag. 273

Ingresso nella seconda zona del terzo girone


Incontro con la schiera dei sodomiti (violenti contro natura)
Dante incontra Brunetto Latini
Affettuoso discorso di Brunetto e profezia dell'esilio di Dante
Dante ringrazia Brunetto per le sue spiegazioni e si dichiara pronto a resistere ai colpi della sorte
Brunetto indica altri suoi compagni di pena e si congeda

Capitolo XVI

pag. 281

Incontro con altri tre sodomiti fiorentini


Dante parla con i sodomiti fiorentini di Firenze
Descrizione della voragine in cui si getta il Flegetonte, tra il settimo l'ottavo cerchio
Gerione appare sulla riva del settimo cerchio

Capitolo XVII

pag. 289

Il dmone Gerione
I violenti contro l'arte (gli usurai)
I due poeti salgono in groppa a Gerione che li trasporta fino all'ottavo cerchio: le Malebolge

- 11 -

Indice

Capitolo XVIII

pag. 295

Ottavo cerchio detto anche Malebolge perch diviso in dieci sacche o bolge
Nella prima bolgia vi sono i ruffiani: Vendico Caccianemico
I seduttori delle donne: Giasone
Nella seconda bolgia gli adulatori: incontro con Alessio Intiminelli
e Taide

Capitolo XIX

pag. 303

La terza bolgia. Invettiva contro i simoniaci conficcati nelle buche


I due poeti si fermano a parlare con papa Nicol III
Papa Nicol profetizza la dannazione di Bonifacio VIII e di Clemente V
Invettiva contro i pontefici simoniaci
Virgilio manifesta la sua compiacenza per il suo giudizio e camminando giungono al ponte successivo

Capitolo XX

pag. 311

La pena degli indovini nella quarta bolgia


Dante prova compassione per questi dannati e Virgilio lo rimprovera
Virgilio indica alcuni indovini famosi: Anfiarao, Tiresia, Arunte e
Manto
Virgilio spiega le origini di Mantova
Virgilio elenca altri indovini presenti
Ripresa del cammino

Capitolo XXI

pag. 319

Nella quinta bolgia i barattieri sono immersi nella pece


Un diavolo reca sulle spalle un dannato e lo getta nella pece dall'alto del ponte
Virgilio fa nascondere Dante dietro ad una roccia e va a parlare
col diavolo Malacoda
Dante, chiamato da Virgilio, esce spaventato dal suo nascondiglio

- 12 -

Indice

Malacoda concede una scorta di dieci diavoli


Virgilio e Dante, scortati, riprendono il viaggio

Capitolo XXII

pag. 327

La marcia dei diavoli rammenta la marcia dei soldati


I barattieri si nascondono sotto la pece al passaggio della comitiva
Uno di loro, Jean-Paul di Navarra, viene catturato da un diavolo
Jean-Paul parla dei suoi compagni frate Gomita e Michele Zanche
e della sua pena
Il barattiere si offre di far uscire i suoi compagni dalla pece e sfugge cos ai diavoli
Zuffa tra Alichino e Calcabrina che rimangono nella pece

Capitolo XXIII

pag. 335

I due poeti si calano nella sesta bolgia inseguiti dei diavoli


Gli ipocriti camminano in processione avvolti da cappe dorate
Tra essi Dante incontra i frati Catalano e Loderingo
Caifa e i membri del Sinedrio sono crocefissi a terra e calpestati
dagli ipocriti
Virgilio s'accorge d'essere stato ingannato da Malacoda e conduce
Dante fuori dalla bolgia

Capitolo XXIV

pag. 343

Sgomento e sconforto di Dante


Uscita dalla sesta bolgia
Discesa nella settima bolgia tra ogni tipo di serpenti e i ladri
Trasformazione di un ladro che s'incenerisce e risorge dalle sue
ceneri
Giovanni Fucci parla della sua colpa e delle future sventure di
Dante e dei Bianchi

Capitolo XXV

pag. 351

Punizione di Giovanni Fucci e invettiva contro Pistoia


Il centauro Caco
Tre ladri fiorentini

- 13 -

Indice

Trasformazione di Cianfa e Brunelleschi


Altri due fiorentini: Francesco Cavalcanti e Buoso degli Abati

Capitolo XXVI

pag. 359

Invettiva contro Firenze


Ottava bolgia: i consiglieri fraudolenti
La doppia fiamma in cui soffrono Ulisse e Diomede
Ulisse racconta il suo ultimo viaggio e la sua morte

Capitolo XXVII

pag. 367

Guido da Montefeltro chiede notizie della Romagna


Situazione della Romagna
Guido da Montefeltro racconta di come fu traviato da papa Bonifacio VIII
Il diavolo combatt con san Francesco per l'anima di Guido da
Montefeltro
I due poeti riprendono il cammino

Capitolo XXVIII

pag. 375

La nona bolgia: i seminatori di discordia e scismi


Maometto
Maometto predice la prossima fine di fra Dolcino
Piero da Medicina
Caio Curione
Mosca Lamberti
Bertran de Born procede, decapitato, con la testa in mano

Capitolo XXIX

pag. 383

Termine della nona bolgia e mancato incontro con Geri del Bello
Decima bolgia: i falsari
Griffolino d'Arezzo e Capocchio Siena

Capitolo XXX

pag. 391

Esempi della mitologia per raffigurare il furore che invade coloro


che falsarono la loro persona

- 14 -

Indice

Gianni Schicchi e Mirra


I falsificatori di moneta sono gravati dall'idropisia: mastro Adamo
I bugiardi, che falsarono le parole, sono colpiti da violente febbri:
la moglie di Putifarre e il greco Sinone
Lite tra Adamo e Sinone
Virgilio rimprovera Dante per aver seguto con interesse il litigio

Capitolo XXXI

pag. 399

Lasciate le Malebolge s'accostano al pozzo dei giganti


Raggiungono i giganti
Nembrth
Efialte
Anteo
Anteo prende tra le mani i due poeti e li depone nel nono cerchio

Capitolo XXXII

pag. 407

Invocazione delle Muse


Il ghiaccio del Cocito e i dannati
I traditori dei parenti nella prima zona (Caina): i conti di Mangona
Camicione dei Pazzi
I traditori della patria nella seconda zona (Antnora): Bocca degli
Abati
Due dannati sono ghiacciati in una buca e uno rode il capo all'altro

Capitolo XXXIII

pag. 415

Il conte Ugolino narra la sua fine


Invettiva contro Pisa
I traditori degli ospiti nella terza zona (Tolomea): frate Alberigo e
Branca Doria
Invettiva contro i genovesi

Capitolo XXXIV

pag. 423

I traditori dei benefattori nella quarta zona (Giudecca)


Lucifero

- 15 -

Indice

Lucifero mastica tre dannati: Giuda, Bruto e Cassio


I due poeti si arrampicano sul corpo peloso di Lucifero
Virgilio spiega l'origine dell'Inferno e del Purgatorio

I due poeti escono all'aperto

Il Purgatorio
Capitolo I

pag. 9

Invocazione alle Muse


L'alba e le quattro stelle simbolo delle virt cardinali
Colloquio tra Catone e Virgilio
Catone acconsente al passaggio e illustra i riti necessari
Virgilio e Dante eseguono quanto richiesto da Catone

Capitolo II

pag. 17

Sorge l'aurora
Giunge la nave dell'angelo nocchiero
Le anime sbarcano e chiedono la strada
Casella
L'amico gli canta una canzone del Convivio
Rimprovero di Catone

Capitolo III

pag. 25

I due poeti s'affrettano verso il monte


Dante teme d'essere stato abbandonato ma Virgilio lo conforta
Ai piedi del monte incontrano chi si pent in punto di morte
Re Manfredi

Capitolo IV

pag. 33

La percezione del tempo


La salita gravosa
Dante chiede il motivo per cui il sole deva a sinistra
L'ascesa diverr pi agevole con il salire
Belacqua

- 16 -

Indice

Capitolo V

pag. 41

Virgilio ammonisce Dante


I negligenti morti di morte violenta
Jacopo del Cssero
Buonconte da Montefeltro
Pia dei Tolomei

Capitolo VI

pag. 47

Altre anime appartenenti ai morti per violenza


Dubbio teologico di Dante e spiegazione
Sordello da Goito
Invettiva di Dante
Invettiva contro Firenze

Capitolo VII

pag. 55

Sordello omaggia Virgilio


Virgilio parla del Limbo
Il tramonto
La valle dei i prncipi negligenti nel proprio dovere
Alcune di quelle anime

Capitolo VIII

pag. 63

Al tramonto le anime cantano l'inno di compieta


Due angeli intervengono a difesa della valle
Dante scende nella valle e incontra Nino Visconti
Spendono in cielo tre stelle e il serpente messo in fuga
Corrado Malaspina predice l'ospitalit che Dante ricever dalla
sua famiglia

Capitolo IX

pag. 71

Dante s'addormenta
Sogna d'essere trasportato da un'aquila attraverso il fuoco purificatore della grazia
Destatosi comprende il significato del sogno

- 17 -

Indice

Raggiunta la porta del Purgatorio, incontra il primo angelo


L'angelo incide sette P sulla fronte di Dante
Gli apre quindi la porta e si ode il Te Deum

Capitolo X

pag. 79

Raggiungono la prima cornice dove espiano i superbi


La parete scolpita con esempi di umilt: l'Annunciazione
La danza di re Davide
La clemenza di Traiano
La schiera dei superbi

Capitolo XI

pag. 85

Le anime dei superbi recitano il Padre Nostro


Umberto degli Aldobrandeschi
Il famoso miniatore Oderisi da Gubbio
Il senese Provenzano Salvani

Capitolo XII

pag. 91

Dante osserva sul pavimento gli esempi scolpiti di superbia punita


Lucifero, Briareo, Nembrth, Niobe, Saul, Aragne, Roboamo, Erfile, Sannacherib, Ciro, Oloferne, Troia
L'angelo dell'umilt cancella dalla sua fronte la prima delle sette P

Capitolo XIII

pag. 99

Arrivo alla seconda cornice


Si odono per l'aria voci che rammentano esempi di umilt
Gli invidiosi, simili a mendicanti ciechi, cantano le litanie dei santi
Dante chiede se vi sia un italiano tra loro
La senese Spia

Capitolo XIV

pag. 107

Guido del Duca e Rinieri da Clboli


Invettiva contro i toscani
Predizione della rovina di Firenze sotto la guida di Fulcieri di C-

- 18 -

Indice

boli
Guido del Duca
Lamento sulla corruzione della Romagna
Voci che gridano esempi d'invidia punita

Capitolo XV

pag. 115

Un angelo li invita a salire


Dante chiede spiegazioni alle parole di Guido del Duca
Nella terza cornice s'addormenta e sogna esempi d'ira punita e di
mansuetudine
Al suo risveglio Virgilio sprona Dante

Capitolo XVI

pag. 121

Dante nell'oscurit ode le preghiere degli iracondi


Marco lombardo
Discorso di Marco sulla corruzione
In Lombardia vi sono solo tre uomini giusti
Le conclusioni di Dante

Capitolo XVII

pag. 129

Uscito dal fumo ha le visioni


Dante vede esempi d'ira punita ossia Progne, Aman e la regina
Amata
L'angelo della mansuetudine risveglia Dante
Virgilio spiega la ripartizione del Purgatorio

Capitolo XVIII

pag. 137

Dubbi sulla natura dell'amore


La funzione dell'intelletto
Arrivo tra gli accidiosi
Gli accidiosi gridano esempi di sollecitudine
L'abate del monastero di San Zeno di Verona
Le ultime due anime gridano esempi di accidia punita

- 19 -

Indice

Capitolo XIX

pag. 143

Dante sogna l'incontinenza e allora la filosofia chiama in soccorso


Virgilio
Il sole gi alto; riparte e l'angelo della sollecitudine li indirizza
alla quinta cornice
Virgilio spiega il sogno di Dante
Cornice degli avidi e dei prodighi
Colloquio con il pontefice Adriano V

Capitolo XX

pag. 151

Dante riprende il cammino e inveisce contro l'avidit


Gli avidi gridano esempi di povert e liberalit
Ugo Capeto
Di notte gli avidi gridano esempi del loro peccato
La montagna scossa da un terremoto seguto da un Gloria

Capitolo XXI

pag. 159

Appare l'ombra di Stazio


Stazio spiega il significato del terremoto
Stazio parla della sua vita e del suo afftto per Virgilio
Dante presenta Virgilio e Stazio cerca di abbracciarlo

Capitolo XXII

pag. 165

Mentre salgono alla sesta cornice Stazio gli rivela la sua prodigalit
Stazio rivela come un verso dell'Eneide corrsse il suo peccato e
la IV Ecloga lo fece convertire al cristianesimo
Stazio chiede notizie degli antichi poeti
I tre giungono alla sesta cornice, quella dei golosi
Si sentono gridare esempi di temperanza

Capitolo XXIII

pag. 173

Le anime dei golosi e la loro pena


Forese Donati

- 20 -

Indice

Forese spiega la causa della magrezza


Meraviglia di Dante nel trovarlo gi ad espiare
Lodi della moglie di Forese

Dante spiega le ragioni del suo viaggio

Capitolo XXIV

pag. 179

Forese racconta della sorella Donata e gli indica alcuni personaggi


Bonaggiunta da Lucca gli predice il soggiorno nella sua citt
Forese predice a Dante la morte di Corso Donati
Raggiungono un secondo albero e ascoltano esempi di golosit
punita
L'angelo della sobriet gli cancella una P dalla fronte

Capitolo XXV

pag. 187

I tre poeti salgono verso la settima cornice


Dante domanda come mai le anime dimagriscano
Stazio spiega la generazione umana
Stazio spiega come l'anima sia creata da Dio e quale sia il suo destino
Raggiunta la cornice dei lussuriosi odono esempi di castit

Capitolo XXVI

pag. 193

Dante incontra una schiera lungo le fiamme della settima cornice


Dante rivela alle anime di essere ancora in vita
Giunge una schiera che corre in senso opposto ed entrambe gridano esempi di lussuria (secondo e contro natura)
Guido Guinizelli parla della loro condizione a Dante
Lodi di Guinizelli per Arnault Daniel

Capitolo XXVII

pag. 201

L'angelo della castit invita i poeti ad attraversare le fiamme


Esortazione di Virgilio
Passate le fiamme, appare l'angelo della beatitudine
Salita al Paradiso Terrestre e descrizione del sogno

- 21 -

Indice

Risveglio e ripresa della salita


Commiato di Virgilio

Capitolo XXVIII

pag. 209

Descrizione del Paradiso Terrestre


Apparizione della contessa Matilde di Canossa
Spiegazione dei fenomeni atmosferici
L'et dell'oro dei classici prefigurazione del Paradiso Terrestre

Capitolo XXIX

pag. 215

Dante risale il corso del fiume e vede apparire una luce


Invoca le muse e vede apparire una processione guidata da sette
candelabri d'oro
Seguono ventiquattro anziani
Seguono quattro animali
Arriva il carro trionfale trainato dal grifone
Attorno al carro danzavano tre donne a destra e quattro a sinistra
Seguono sette anziani
Il corteo si ferma davanti a Dante

Capitolo XXX

pag. 223

Canti di invocazione e saluto


Beatrice appare tra angeli che gettano fiori
Virgilio scompare
Rimprovero di Beatrice
Beatrice espone agli angeli le colpe di Dante

Capitolo XXXI

pag. 229

Beatrice invita Dante a confessarsi


Beatrice l'ammonisce a non perseguire beni effimeri
Beatrice si svela
Matilde immerge Dante nel fiume
Le virt cardinali consentono a Dante di contemplare il Grifone
attraverso gli occhi di Beatrice

- 22 -

Indice

Le virt teologali pregano Beatrice di svelarsi

Capitolo XXXII

pag. 237

Dante contempla Beatrice


La processione ripiega verso oriente
La processione raggiunge una pianta spoglia
Il Grifone lega il carro all'albero che rifiorisce
Dante s'addormenta
Svegliato Dante, Beatrice gli chiede di prestare attenzione
Un'aquila percuote il carro
Una volpe si avventa sul carro
Un'aquila vi pone alcune penne
Giunge un drago
Il carro si tramuta in un mostro
Sul carro trionfano un gigante e una prostituta

Capitolo XXXIII

pag. 245

La processione riparte
Beatrice annunzia la venuta del condottiero divino
Beatrice spiega la differenza tra filosofia e religione
L'acqua dell'Eune rinnova lo spirito di Dante

Il Paradiso
Capitolo I

pag. 261

Introduzione
Invocazione ad Apollo
Salita alla sfera del fuoco
Beatrice spiega perch pu attraversare i cieli e quale sia l'ordine
dell'universo

Capitolo II

pag. 269

Ammonimento ai lettori
Beatrice e Dante penetrano nel cielo della Luna

- 23 -

Indice

Dante domanda la causa delle macchie lunari


Beatrice cnfuta l'ipotesi di Dante
Beatrice spiega la causa delle macchie lunari

Capitolo III

pag. 277

Il cielo della Luna: coloro che non mantennero fede ai voti


Piccarda Donati
Storia di Piccarda Donati
L'imperatrice Costanza

Capitolo IV

pag. 283

Dubbi sull'apparente provenienza e ritorno delle anime alle stelle e


sui voti mancati per violenza
Le anime sono tutte nell'Empireo ma cos gli appaiono per mostrargli i gradi della beatitudine
Queste anime hanno consentito alla violenza a con volont relativa, cio per evitare un male peggiore, e non assoluta
La commutazione dei voti

Capitolo V

pag. 291

Beatrice spiega al poeta perch non pu sostenere il suo sguardo


Non la volont ma l'oggetto del voto viene permutato
Ammonimento sui voti
Ascesa al cielo di Mercurio dove si trovano le anime attive
Dante parla ad uno di questi spiriti

Capitolo VI

pag. 299

L'imperatore Giustiniano
Storia e missione dell'Impero Romano
L'imperatore Giustiniano deplora Guelfi e Ghibellini
Spiriti del cielo di Mercurio
Rome de Villeneuve

Capitolo VII

pag. 307

Gli spiriti del cielo di Mercurio si allontanano cantando

- 24 -

Indice

Beatrice spiega che fu giusta la morte di Cristo e la punizione degli Ebrei


Motivo per cui si redense l'umanit con l'incarnazione
I misteri della creazione, le creature incorruttibili e il dogma della
resurrezione

Capitolo VIII

pag. 315

Il terzo cielo (di Venere): gli spiriti amanti


Carlo Martello
Differenze tra padri e figli e teoria delle inclinazione naturale

Capitolo IX

pag. 323

Vaticinio di Carlo Martello


Cunizza da Romano
Folquet da Marsiglia
Folquet parla contro la cupidigia ecclesiastica

Capitolo X

pag. 331

Dante ammira la creazione


Salita al cielo del sole
Gli spiriti sapienti
San Tommaso d'Aquino
Gli spiriti sapienti riprendono la loro danza e il loro canto

Capitolo XI

pag. 339

Rimprovero per gli appetiti terreni


San Tommaso nota i dubbi di Dante
San Tommaso effettua un parallelo tra san Francesco e san Domenico
Biografia di san Francesco
Invettiva contro la corruzione dei domenicani

Capitolo XII

pag. 347

Una seconda corona di spiriti circonda la prima


San Bonaventura elogia san Domenico

- 25 -

Indice

Monito ai frati che non rispettano la regola


Gli spiriti sapienti

Capitolo XIII

pag. 355

Le due ghirlande compiono un altro giro cantando un inno


Dubbio di Dante sulla sapienza di re Salomone, di Adamo e di
Cristo
Salomone fu il pi sapiente ma come re
Ammonimento a non giudicare

Capitolo XIV

pag. 363

Beatrice chiede ai beati un'altra spiegazione


Salomone spiega che la veste di luce aumenter dopo la resurrezione
Arriva una terza corona di spiriti sapienti
Ascesa al cielo di Marte
Le anime che hanno combattuto per la fede formano una croce luminosa in cui lampeggia Cristo

Capitolo XV

pag. 369

Un'anima l'accoglie
Dante gli domanda chi sia
Il trisavolo Cacciaguida

Capitolo XVI

pag. 377

Dante si compiace della sua antica nobilt


Dante interroga Cacciaguida su Firenze
Cacciaguida gli parla dei suoi antenati e dell'antica Firenze
Danni causati dall'immigrazione
Famiglie nobili attuali o decadute
La citt divisa in Guelfi e Ghibellini

Capitolo XVII

pag. 387

Dante interroga Cacciaguida riguardo al suo futuro esilio


Dante apprende i suoi futuri patimenti e il rifugio che otterr dagli

- 26 -

Indice

Scaligeri
Dante esita a rivelare quanto ha appreso
Esortazione a parlare franco

Capitolo XVIII

pag. 393

Dante viene confortato da Beatrice


Cacciaguida gli mostra gli spiriti difensori della fede
Ascesa al cielo di Giove
Gli spiriti giusti si dispongono in figura di lettere
Gli spiriti che formavano la M disegnano un'aquila
Invettiva contro la curia romana

Capitolo XIX

pag. 401

L'aquila parla
Dubbio circa la divina giustizia
Imperscrutabilit della giustizia divina
Non vi salvezza senza fede, e non basta la fede senza le opere
Perversit di alcuni prncipi cristiani

Capitolo XX

pag. 409

Coro delle anime che formano l'aquila


Le anime che formano l'occhio dell'aquila
Traiano e Rifo: pagni e beati
La predestinazione

Capitolo XXI

pag. 417

Ascesa al cielo di Saturno


La scala dorata lungo la quale salgono le spiriti contemplativi
San Pier Damiano
San Pier Damiano rimprovera il lusso mondano dei prelati

Capitolo XXII

pag. 425

Beatrice rassicura Dante per il grido udito


Gli spiriti contemplativi: san Benedetto
Richiesta di Dante a san Benedetto

- 27 -

Indice

San Benedetto deplora la decadenza dell'ordine


Dante e Beatrice raggiungono il cielo delle stelle fisse
Dante osserva i cieli sottostanti

Capitolo XXIII

pag. 433

Estatica attesa di Beatrice


Gli spiriti trionfanti e trionfo di Cristo
Sorriso ineffabile di Beatrice
Ascensione di Cristo
Apoteosi ed incoronazione della vergine Maria

Capitolo XXIV

pag. 441

Beatrice prega gli spiriti trionfanti


Gaudio dei beati
Beatrice invita san Pietro di interrogare Dante sulla fede
Essenza della fede
Possesso della fede
Fonte della fede
Dante professa la sua fede e il suo credo
Approvazione di san Pietro

Capitolo XXV

pag. 449

Dante vorrebbe rivedere la sua patria


San Giacomo apostolo
Beatrice invita san Giacomo ad interrogare Dante sulla speranza
La speranza
La quantit della speranza che Dante possiede
Essenza e fonte della speranza
Oggetto della speranza
San Giovanni rettifica le leggende intorno al suo corpo
Estasi visiva

Capitolo XXVI

pag. 457

L'oggetto dell'amore

- 28 -

Indice

Da dove proviene l'amore


Beatrice ridona la vista a Dante
Adamo scioglie quattro dubbi che Dante ha su di lui

Capitolo XXVII

pag.463

Inno di gloria
Trascolorazione dei beati
Invettiva di san Pietro
Sguardo di Dante verso la terra
Salita al cielo Cristallino
Beatrice deplora la corruzione umana

Capitolo XXVIII

pag. 470

Dante ha una prima visione della divinit


La disposizione dei cieli inversa a quella dei cerchi
La concordanza tra i cori angelici e i nove cerchi
Tripudio angelico per il dubbio dissipato
Distribuzioni delle intelligenze angeliche in Gerarchie e Cori

Capitolo XXIX

pag. 477

Silenzio di Beatrice
La creazione degli angeli
Angeli fedeli e ribelli
Le facolt degli angeli
Invettiva di Beatrice contro i cattivi predicatori
Il numero degli angeli e l'infinita possanza di Dio

Capitolo XXX

pag. 485

Scomparsa dei nove cori angelici


Ineffabile bellezza di Beatrice
Salita all'Empireo
La fiumana di luce
La candida rsa
Il seggio preparato per Enrico VII

- 29 -

Indice

Capitolo XXXI

pag. 493

La candida rsa
Dante contempla il Paradiso
Scomparsa di Beatrice ed apparizione di san Bernardo
Ultimo saluto a Beatrice
San Bernardo invita Dante ad ammirare il Paradiso e la Vergine
Visione trionfante della Vergine

Capitolo XXXII

pag. 501

Disposizione dei beati nella Candida Rsa


Distribuzione dei fanciulli innocenti
Omaggio dell'arcangelo Gabriele
Alcuni beati della Candida Rsa

Capitolo XXXIII

pag. 509

Orazione di san Bernardo


Intercessione di Maria
Insufficienza espressiva ed aiuto divino
Visione dell'unit tra creato e Creatore
Visione della trinit
L'incarnazione e l'ultima salvezza

- 30 -

Prefazione

Lettera al mio testimone di


nozze sulla difficolt del ben
tradurre
Antefatto
Mio caro e fraterno amico,
alcuni anni addietro, ne sarai all'oscuro, capitato un fatto increscioso in occasione della festa di pensionamento della nostra comune insegnante d'italiano del liceo. Uno dei suoi innumerevoli alunni decise di recitare alcune cantiche della Divina
Commedia. Proprio in quell'occasione purtroppo, sentendole
recitare da adulto, mi resi conto di non essere pi in grado di
comprenderne il senso.
Meravigliandomi di questa mia incapacit, cominciai ad interrogare alcuni dei nostri compagni di studio presenti quella
sera. Alcuni non ravvisavano in quelle parole alcun testo conosciuto, alcuni candidamente confessavano (con mio grande
stupore) di non averla mai veramente letta neppure a scuola. E
- 33 -

Antefatto

questi ultimi non erano certamente i peggiori della nostra covata.


Mi sono ritrovato, come accadde alcuni anni addietro quando
ripresi in mano i Promessi Sposi, a leggere un testo scolastico
per diletto. Ma differentemente da come procedette la mia lettura del Manzoni, stavolta mi sono trovato costretto ad un pesante lavoro di interpretazione. L'analisi linguistica, poetica,
storica e teologica, particolarmente gravosa in punti volutamente o casualmente ambigui, occuparono una quantit ingente del mio tempo ma la soddisfazione che ne trassi fu notevole.
Decifrando il testo mi resi conto quanto spesso mi toccasse affrontare temi di una attualit sbalorditiva e quindi decisi di trascrivere i risultati della mia lettura serale.
Durante questa operazione ho scelto ed ho cercato di mantenere una linea di condotta che sicuramente molti riterranno non
condivisibile ma che ora cercher di motivarti sapendo che, in
quanto professore e scrittore, sei molto sensibile sotto questo
punto di vista.
Lettura come traduzione
Il testo dantesco, per come scritto, non evidentemente pi
comprensibile, se non a poche persone e dopo un notevole
sforzo ermeneutico. Di questo anche tu dovrai darmene atto.
La sua stessa lettura , quindi, come una traduzione: si cerca di
isolarne i nuclei concettuali semanticamente evidenti e di riformularli in maniera comprensibile a se stessi.

- 34 -

Prefazione

Personalmente, ma succeder anche a te, rimango sempre in


dubbio su quali siano i nuclei concettuali, ossia il "messaggio",
che il testo mi vuole trasmettere. A volte, addirittura, sono perplesso anche sulla "qualit" di come lo riformulo durante la
lettura.
Il testo frainteso
Mi rendo conto che questa qualit dipende da come decido di
procedere o, per dirla come Eco, dai "criteri di flessibilit" negoziati precedentemente. Ma a prescindere dalla elasticit che
decido di adottare ritengo assiomatico che ogni messaggio, a
prescindere dal mzzo che lo veicola, sia sempre frainteso fin
dal momento stesso in cui viene emanato: si fraintende sempre
il riferito a prescindere dal referente. Una gran parte del messaggio viene persa qualora non vi sia una totale coincidenza tra
codice linguistico di emittente e destinatario; e queste coincidenze non le possiamo trovare mai, anche qualora ci trovassimo di fronte alla stessa persona, perch essa non permane
identica a se stessa nel tempo.
L'atto linguistico sempre "situato" e l'incomprensione causata dalla variazione delle condizioni culturali che ne sono all'origine: contesto storico, sociale, geografico e culturale. In
questo caso poi, a parte le variazioni grammaticali e sintattiche
della lingua medioevale rispetto all'italiano moderno, lo sfasamento cronologico del contesto causa un mutamento sul piano
lessicale delle parole utilizzate, che assumono differenze di significato pi o meno marcate (gentile = di nobili natali, donna
= signora, ...).
- 35 -

Espressione esplicita ed implicita

Espressione esplicita ed implicita


Questo testo veicola un messaggio, ma questo vale per un
qualsiasi testo, e si caratterizza per quello che dice in maniera
esplicita e per quello che dice implicitamente. L'implicito,
considerato scontato nel contesto che l'origina o a cui destinato, dunque deducibile dalla cultura in cui Dante e il testo, e
quindi il destinatario del testo, s'innestano.
I problemi interpretativi nascono in quanto il destinatario previsto (ossia uomini medioevali d'area italiana) non coincide
pi con quello che , al giorno d'oggi, il tipico lettore della Divina Commedia. Inoltre vi una variazione anche della modalit di fruizione del poema in quanto viene ora recepito in misura preponderante attraverso la lettura, pi che oralmente e
accompagnata da musica.
Lo sfasamento cronologico
Per un autore la comunicazione inizia nel momento stesso in
cui scrive ed lui, in fin dei conti, il suo primo lettore: la sua
stessa lettura infatti attua una comunicazione cronologicamente differita. Una delle principali cause di incomprensione dovuta allo sfasamento cronologico: non a caso nata la "semantica" per studiare il mutamento del significato delle parole nel
tempo.
Per compensare la perdita che avviene, come ti dicevo, a partire dal momento stesso in cui il testo viene scritto, si tende in
genere ad applicare un meccanismo di ridondanza linguistica
al testo in modo da permetterci di comprendere il "codice", pur
- 36 -

Prefazione

sepolto nel rumore di fondo dovuto alla variazione del contesto. Questa ridondanza dev'essere allora compresa e, se insufficiente, dilatata.
L'intraducibilit della poesia
In questo caso specifico, oltre alla difficolt del linguaggio
cronologicamente sfasato, abbiamo di fronte a noi un testo
poetico. Un testo poetico intraducibile "per definizione", e in
questa mia affermazione supportata da numerosi autori. Tra i
molti che attestano l'impossibilit della traduzione della poesia
abbiamo lo stesso Dante nel Convivio. E con questo direi che
possiamo dare per certa la mia affermazione senza commentarla ulteriormente.
La poesia si nega ad una esatta traduzione a causa del cambiamento dovuto al rapporto stretto che lega l'involucro sonoro e
quello semantico della parola. Tradurre parola per parola causa
sempre la perdita dell'estetica e del significato del messaggio e
in caso di poesia la perdita maggiore. La forma poetica con
cui il messaggio viene espresso , infatti, un elemento "portatore di senso" in quanto le interrelazioni foniche si sovrappongono a quelle semantiche.
Per quanto spesso io cerchi di recuperare le sonorit, queste finiscono inesorabilmente per avere una perdita non indifferente, specie in terzine particolarmente vibranti. Tanto per fare un
esempio, che possa valere per tutti i passi, in "chin la fronte,
e pi non disse, e rimase turbato" la sequenza FR SS RM TR
stata mutata in un CS CH CP TQ TR: "Cos dicendo chin il

- 37 -

L'intraducibilit della poesia

capo, e tacque turbato". Le fricali e sibilanti sono state mutate


in una serie di C e T per mantenere una certa sonorit.
La struttura (organizzazione ed equilibrio dei periodi), le metafore (immagini visive, sonore e tattili), il suono (allitterazioni,
assonanze, rime, ritmi e metro) causano, nel ridurre la poesia
in prosa, una perdita cospicua, come abbiamo visto, ma anche
una ricerca molto divertente e interessante. La perdita in questo tipo di operazione tale che Melchiorre Cesarotti, mentre
traduceva l'Iliade, concludeva che non era possibile rispettare
sia lo stile sia il contenuto e quindi ci offr due versioni: una in
prosa e una in verso sciolto.
Anche in questo caso il problema rilevante in quanto il fiorentino usa con abbondanza il ritmo e le tecniche retoriche per
esprimere le sue opinioni attraverso immagini sonore: nella
sua opera "i suoni stessi dipingono". Come procedere dunque?
Il primato del testo di arrivo
Quando ho messo in atto questa forma di "traduzione" ho deciso, come diceva Vincenzo Monti, che non era pi la lingua del
tradotto quella a cui si debbano i primi riguardi, ma a quella
del traduttore.
Il primato del testo di arrivo rispetto al testo di partenza sancito dalla maggioranza degli studiosi, tanto che molti addirittura ritengono che le traduzioni, confrontandosi con l'originale di
partenza, debbano aspirare al titolo di opera autonoma. Vista
la fatica e l'impegno, li posso a volte capire.

- 38 -

Prefazione

Questa affermazione forse esagerata ha, ritengo, una sua ulteriore motivazione. Anche il traduttore, come responsabile di
un testo, deve prevedere e rispettare in massimo grado un suo
"lettore tipo" e strutturare il suo lavoro su questo uditorio ipotetico, che non pi e non mai il medesimo dell'autore del
testo. Per questo motivo chi traduce si trova spesso costretto a
portare degli "aggiustamenti" al testo a volte tanto forti da renderlo irriconoscibile.
In questo caso specifico mi sono pi volte spinto addirittura ad
abbracciare il punto di vista tipico del letterato medioevale.
Costui, quando amava particolarmente un testo, lo usava come
fonte ma lo manipolava tanto da utilizzarlo completamente al
di fuori del suo contesto originario.
Esprimere il senso
Durante questo lavoro mi capitato di rileggere alcune "parafrasi" risalenti ai miei anni di liceo. In quell'occasione ho provato compassione per la nostra insegnante d'italiano, e di riflesso anche per quella di latino e greco.
Non avevo mai messo in pratica, e questo mi confermerai
(sono certo) che cpiti anche ai tuoi studenti, quanto ci suggerisce il buon Cicerone. Si deve cercare di trasportare il testo
verso il lettore utilizzando un linguaggio adatto ("verbia ad
nostra consuetudine aptis"): il pensiero espresso dal testo dovrebbe essere chiaro e perfettamente comprensibile nella nuova lingua.

- 39 -

Esprimere il senso

Per risolvere questo problema, che in un testo dotato di quattro


significati non cosa da poco, non bisogna restare fedeli alle
parole e al loro ordine, come dice san Gerolamo facendo riferimento ai testi laici, ma bisogna cercare di esprimere la correttezza del contenuto e la grazia dello stile ("non verbum de verbo, sed sensum exprimere de sensu").
In questo caso non solo ho cercato di essere preciso, ma ho anche cercato di affidarmi al giudizio dell'udito, come suggerisce
Leonardo Bruni, per non rovinare o sconvolgere ci che in
questo testo espresso con incredibile eleganza e senso del ritmo. In effetti le versioni letterali dei miei diciotto anni, quando
non sono orribili, straniano e risultano pi complesse del testo
di partenza.
Versione libera o versione letterale
Ho ritenuto che questa parafrasi avrebbe dovuto essere pi letterale possibile ma libera quanto necessario. Ho quindi cercato
soluzioni ottimali per produrre un testo di arrivo coerente e
solo in secondo piano di mantenermi fedele al testo di partenza.
Questo tipo di soluzioni dipendono soprattutto dall'idea che mi
sono fatto del testo e del suo scopo. Un testo tradotto in genere
deve riprodurre lo stesso effetto a cui mirava il testo originale,
ma in casi come questi si potrebbe arrivare anche all'estremo
di convertire la Comeda in uno sceneggiato televisivo poich
la funzione del poema sacro poteva essere ai suoi tempi quella
che dovrebbe essere la televisione ai nostri giorni.

- 40 -

Prefazione

Anzi potremmo forse dire che si avvicina al fumetto o ai manga giapponesi. Ho visto in effetti la Divina Commedia in fumetto, e l'ho apprezzata molto pi di quello che pensavo. L'importanza visiva, che si perde notevolmente con l'abbattimento
di molte metafore, in un epoca pigra come la nostra da questo
punto di vista, doveva essere compensata. Considerando la mia
negazione nel disegno ho deciso di compensarla con una ricerca iconografica. La scelta di ricorrere a stampe ottocentesche
ha fatto s che lo straniamento di un, che so, Lunigiano rispetto
al dettato del nostro, che era fiorentino, fsse mantenuto. Sarebbero state sicuramente di maggior effetto, e filologicamente
corrette per quanto molto meno leggibili e molto pi
stranianti , le miniature di epoca medioevale.
In linea generale ritengo possibile, e oramai l'avrai capto, solo
una trasposizione creativa. La traduzione di un testo da una
lingua ad un'altra talmente un fatto culturale, e si presenta
come specifico della cultura a cui destinata, che anche molti
linguisti invitano a stendere traduzioni talmente libere da non
essere riconoscibili come traduzioni.
Classicisti o romantici
Studiando questo argomento e come si sia sviluppato nel corso
dei secoli, ho constatato che due sono le correnti fondamentali
della traduzione, poi definite classicista e romantica.
La corrente "classicista" favorevole ad una traduzione "naturalizzante" e "domesticata" in cui si agevola la lettura annullando le differenze culturali che si possano incontrare.

- 41 -

Classicisti o romantici

La corrente "romantica" invece favorevole ad una traduzione


"estraniante" o "stranierificante" in cui noi lettori siamo costretti ad avvicinarsi all'autore e alla sua mentalit. Si basa su
criteri di stretta "adeguatezza" ed ha un atteggiamento di dipendenza nei confronti del testo originale per "permettere/costringere" il lettore a conoscere ed esplorare una diversa cultura.
Queste ultime sono in genere definite "traduzioni preziose"
perch ci rendono gli autori classici oscuri ed inaccessibili.
Questi sono i testi che creano una lite che abbia accesso alla
cultura e il cui cmpito sia quello di trasmettere la conoscenza.
Il tuo intrinseco ghibellinismo te le render gradite ma io non
le digerisco proprio.
Il motivo per cui i traduttori manipolano i testi, spesso senza
volerlo, per adattarli alle concezioni ideologiche e poetiche
del proprio tempo. Riscrivono il testo in maniera da essere pi
vicini al lettore e diventano responsabili della ricezione e del
successo delle opere letterarie, forse pi degli stessi autori.
Dalla traduzione alla riscrittura
Questa operazione di riscrittura, in questo caso e nel mio piccolo, viene portata agli eccessi inglobando le informazioni, tradizionalmente inserite nelle note, all'interno stesso del testo. Il
sapore populista ed anti-intellettuale che potrebbe irritare non
pochi, e che giustamente stuccher anche il tuo gusto dannunziano e aristocratico, deve svaporare se cercherai di comprendere che l'obiettivo di quest'opera sempre stato di rendere la

- 42 -

Prefazione

"parola" accessibile. D'altronde era lo stesso obiettivo di Dante


(come lui stesso dichiara nel trentesimo canto del Paradiso).
Ho optato per questa "trasposizione interpretativa" dopo aver
analizzato le varie possibilit (versione parola per parola, traduzione, parafrasi, commento al testo) con tutte le loro possibili sfumature.
Per questo motivo inizialmente ho pensato addirittura a definirla nel titolo "tradotta". In sguito pensai di utilizzare "traslata" per rifarmi all'Anonimo Genovese e al suo De quondam
provinciali traslato in lingua nostra. Poi ha prevalso, con la
sfumatura che lo stesso Dante utilizz nel Convivio, il termine
"trasmutata", perch traduco quanto pi mi sia possibile ogni
sfumatura culturale.
Non tradotta, ma "trasposta" anche perch come traduzione
sarebbe incompleta e, per molti aspetti, priva di senso. priva
del rispetto delle norme di traduzione anche le pi elementari
come la ISO 2384. Secondo questa norma internazionale permesso, in nome della chiarezza, modificare sintassi e usare sinonimi ma le omissioni, modifiche o riduzioni devono essere
evidenziate e si deve avere massimo rispetto per paragrafi,
proposizioni e frasi evitando di scindere o accorpare proposizioni. Proprio quest'ultimo punto anzi non rispetto e continuamente spezzo le frasi in periodi pi corti e sincopati rispetto al
dettato arioso della poesia.

- 43 -

Traduzione culturale

Traduzione culturale
La scelta di infrangere questa normativa basilare stata meditata ma obbligata, per evitare la "goffezza" che avrei avuto nel
rimanere fedele al testo.
La trasposizione del testo da una lingua ad un'altra crea, come
dicevamo, una iterazione tra questo e una cultura diversa da
quella nella quale, e per la quale, stato prodotto. Tradurre
un'opera in un altra lingua significa "tradurla" in un altra cultura e quindi bisogna essere responsabili non solo della traduzione linguistica ma anche della "mediazione" culturale.
La differenza tra le culture di partenza e di arrivo causano pi
problemi di quanto non faccia la differenza tra strutture linguistiche. Ne consegue, a causa della loro intrinseca diversit, che
impossibile arrivare ad una completa equivalenza tra sistemi
culturali e linguistici del testo di partenza e di arrivo.
Forti differenze culturali si hanno non solo con le frasi ma anche con una semplice parola. Il significato di ogni singola parola determinato dal contesto in cui s'inserisce ma varia anche in base anche alla capacit del singolo a cui indirizzata.
Ogni parola ha pi di un significato e molte possibili sfumature: il "coffee" per un newyorchese ha ben altro significato rispetto al "caff" italiano: uno l'espresso in tazzina, l'altro
un liquido bollente in un bicchiere di carta. Lo stesso "prendiamoci un caff" per un settentrionale ha una diversa sfumatura
rispetto a quella che pu avere per un meridionale. Ma gli
esempi potrebbero essere infiniti e questo lo sai bene.

- 44 -

Prefazione

Quando mi cpita di trovarmi di fronte ad una incomprensione


di tipo culturale dovrei inserire una nota esplicativa, sostituire
l'enunciato incomprensibile con uno "abbastanza" equivalente
oppure ignorare e lasciare comunque il residuo come tipico
della cultura costringendo ad un notevole impegno chi voglia
penetrare il testo. Di solito, in base a quanta fatica si vuole far
compiere al lettore, si semplifica la possibile fonte di incomprensione in maniera pi o meno marcata, considerando che
pi si semplifica un testo e lo si adatta all'ambiente culturale
del lettore e meno questo fedele.
Il tradurre un enunciato che potrebbe causare incomprensione
(come pu essere una frase idiomatica) con un altro simile che
produca uguali effetti e comprensione comunque differente e
porta con s sfumature molto diverse. Per ottenere qualcosa
dobbiamo rinunciare a qualcos'altro e non possiamo limitarci a
volgere un set di simboli in un altro: quella solo una trascrizione fonetica. Tradurre la frase tedesca "matto da mangiarsi i
tappeti" con "matto come un cappellaio" arricchisce la frase
con la cultura inglese di Alice e con il tipico avvelenamento da
piombo degli artigiani di un tempo, oltre a togliere l'incomprensione.
Disambiguazione e interpretazione
Affrontando un testo, anche solo effettuandone la lettura, necessario per prima cosa disambiguarlo rispetto al contesto e al
sostrato culturale e sociale.
L'interpretazione procede sempre di pari passo con la lettura e
ci troviamo costretti a prendere numerose decisioni, o atti di
- 45 -

Disambiguazione e interpretazione

"violenza" sul testo, per giungere all'assimilazione. La traduzione ci impone di ripetere una serie analoga di operazioni
mentali (tra cui interpretazione, confronto, analisi, istituzione
di analogie, inferenze) in sguito alle quali si attua un processo
decisionale di tipo identico: una serie di mosse che impongono
un certo numero di alternative.
Una traduzione indirizza la lettura come anche spesso cpita
con la critica: il traduttore, come il critico, sceglie di porre attenzione a certi livelli del testo e su di questi focalizza l'attenzione del suo lettore. Sotto questo punto di vista, con il suo
dialogo ermeneutico, l'atto di tradurre rende chi lo opera maggiormente consapevole dei vari aspetti della poesia, del linguaggio, dell'estetica e dell'interpretazione del testo esaminato.
Tutto sommato questo il motivo reale ed egoistico che mi ha
spinto a procedere. Senza contare che solo in sguito ho scoperto alcune traduzioni del testo gi edite in Italia: se lo avessi
scoperto prima, avrei letto quelle.
In questa attivit "trasmutativa" mi capitato che per far risaltare un aspetto considerato importante, oppure quando mi sono
trovato di fronte all'impossibilit oggettiva di rendere un'ambiguit, sono stato costretto a lasciare in secondo piano o ad eliminare certi aspetti del testo compiendo una scelta spesso molto sofferta.
Met delle parole di una frase in genere ambiguo anche se
tale fatto resta inosservato quando sono contestualizzate. Sotto
questo aspetto qualunque operazione di disambiguazione implica sempre un rimodellare alcuni significati che un termine
implica. Il lettore dell'originale quindi non ha pi le stesse in- 46 -

Prefazione

formazioni del lettore del testo tradotto; pi la frase contestualizzata e maggiore l'evidenza di questa operazione.
Aumento o perdita delle informazioni
La lettura e la traduzione sono una interpretazione e sono quindi un modo di "chiarire", anche se molti ritengono che al lettore della traduzione dovrebbe essere data la possibilit di interpretare personalmente i lati oscuri di un'opera leggendola senza che sia presente una interpretazione.
Si dice solitamente che una traduzione, la quale dice pi del testo originale, non sia pi una traduzione ma un'altra opera: ma
ritengo che questo lo si ottenga sempre con una traduzione.
In qualsiasi forma di comunicazione si verifica una variazione
e quindi ogni traduzione sminuisce, aumenta o guasta e tutt'al
pi produce espressioni somiglianti. Si ha spesso una variazione cos rilevante dell'opera che non potrebbe essere compensata in alcun modo se non lasciando il testo originale. Quindi la
traduzione contiene, sempre e nel medesimo tempo, pi e
meno informazioni dell'originale.
L'obiettivo risolvere le ambiguit e ridurre la complessit,
pur cercando di mantenere le stesse informazioni onde consentire il semplice consumo. Ma porgere al lettore solo una parte
del significato un privarlo della gioia di scoprire l'ambiguit
e di formulare la propria scelta. Nel caso di informazioni mancanti spesso si ritiene ragionevole fornirle, come in caso di
pronomi ambigui ("suo" italiano che pu essere di lui o di lei).
Ma nel giro di poco tempo la differenza tra interpretazione e
- 47 -

Aumento o perdita delle informazioni

traduzione inizia a scomparire. Spesso si cerca di conservare il


significato originario fornendo spiegazioni mediante aggiunte
e trasformazioni, ma la traduzione come esegesi offusca il testo originale al punto da non renderlo pi disponibile al lettore.
Se l'originale ricco di metafore ed ha significati astratti (religiosi, magici) e fisici probabile che la traduzione in prosa
con valore esplicativo sia pi lunga dell'originale per riprodurre il significato e non solo la funzione dell'originale.
Un esempio pratico
Portiamo un esempio pratico.
Se traduco il passo del Paradiso che dice il "mover de la Chiana" con la "velocit del Chiana" sono molto corretto ma non
dico praticamente nulla; e ovviamente questo nulla ad un toscano medioevale dice molto. Egli sa che il Chiana un fiume,
conosce Arezzo, forse ha combattuto nei dintorni, e non ignora
che proverbiale la lentezza di quel fiume. Aggiungervi quello
che "forse" diceva al lettore originario, anche quando non fosse quello che l'autore intendeva esprimere, lo trovo obbligatorio a meno di non voler essere oscuro e di costringere tutti a
leggere delle note scritte in piccolo.
Il passo diventa "il lento corso del fiume Chiana che, attraversando il territorio aretino, crea zone paludose". Il fatto che crei
una palude serve a rendere l'idea di quanto sia lento. La frase
lo localizza in toscana: tutta l'opera parla "di" e "a" Toscani
quindi questa caratteristica viene evidenziata. "Lento" serve a
rallentare la frase e a rendere il ritmo fonico di un fiume lento.
- 48 -

Prefazione

"Attraversando" d un senso di direzione ma rettilinea, contrapposta al senso circolare della costellazione citata nel passo
precedente e questa direzione evidenziata perch un tempo
l'idea di fiume scatenava immagine sicuramente pi vivide rispetto a quelle che possiamo avere oggi quando ci meravigliamo che un fiume possa essere un ostacolo al passaggio di eserciti anche moderni.
Detto questo non mi resta che augurarti buona lettura sperando
di non averti tediato troppo finora e di non annoiarti in queste
pagine che seguiranno.

Genova, 2 novembre 2008

- 49 -

Introduzione

Introduzione

Il tipo di operazione portato avanti da queste pagine mi ha


sempre affascinato. Nei primi anni del liceo, quando mi sarebbe piaciuto farlo con un testo del Machiavelli che stavo leggendo, non ne avevo n il tempo n la capacit.
In sguito mi sono imbattuto in un opera di Steinbeck e l'ho
talmente apprezzato che ora vi tedio con una sua citazione che
dice tutto quanto c' da dire: "Per molto tempo ho desiderato
trasferire nella lingua d'oggi le storie di re Art e dei cavalieri
della tavola rotonda. Sono storie vive anche in quelli di noi
che non le hanno lette, ma, nella nostra epoca, forse ci spazientiscono i termini disusati e i ritmi maestosi di Mallory. ....
Credo che i racconti siano abbastanza grandi da sopravvivere
al mio intervento che, nel migliore dei casi, li render accessi-

- 51 -

Introduzione

bili ad altri lettori, nel peggiore non pu danneggiare molto


Mallory.".
Quindi ora, per la pochezza della mia capacit, mi limito a
Dante che cos posso permettermi di usufruire, nano su spalle
di giganti, della sapienza critica di generazioni di studiosi.
Abituato fin dal liceo al commento asciutto del Sapegno mi si
apre ora un mondo diverso e ricco. Leggere prima le note del
Giacalone, poi della Leonardi e di Grabher, consultare di nuovo il vecchio Sapegno, trovare poi uno spiraglio nelle pagine
del Di Salvo, l'arte che spira dal Fallani. Ognuno ha il suo pregio e la sua caratteristica e si trova sempre una perla ovunque.
Ad un certo punto ho iniziato a classificare i critici come un
eno-gastronomo (asciutto, corposo, grasso, succulento) a volte
mi innervosivo per le approssimazioni che trovavo nelle loro
pur ricche note.
All'autorit dei critici qui citati mi rimetto con devozione intera. Ma spesso tra l'interpretazione del Buti e del Pagliaro non
avrei saputo chi prediligere. La scelta tra i due quindi spesso
arbitraria, forse prediligendo l'interpretazione pi antica, se
possibile, ma mai a scapito del senso. Di solito oscillo tra l'interpretazione di questi due, ma cpita che in certi punti prediliga, per un motivo o per l'altro, anche l'interpretazione differente di altri commentatori.
Utilizzo il testo critico di Giorgio Petrocchi. La scelta del Petrocchi per il testo critico banale: quello a cui quasi tutti
oramai siamo abitati dalle scuole superiori e alcune scelte critiche, anche autorevoli, avrebbero creato non pochi problemi in- 52 -

Introduzione

terpretativi. Certe scelte non sono condivise (mediamente due


a canto) ma d'altronde non ho i mezzi scientifici necessari a
valutare i manoscritti n la competenza per discuterli. Inoltre,
proprio per il tipo di lavoro in atto, avrei prediletto, anche inconsapevolmente, la lectio facilior a causa della sua comprensibilit. L'unico punto in cui non me la sentivo proprio di forzarmi la mano accettando la sua scelta l'ho segnalato con una
nota.
Non ho rinumerato i capitoli, come averi voluto, ed ho mantenuto il numero "uno" per il capitolo introduttivo poich il
"ventesimo" viene identificato nel testo come capitolo ventesimo.
Le immagini sono tratte da volumi reperiti presso la sezione
Dantesca del reparto Conservazione della Civica Biblioteca
Berio. L'immagine di Dante nel volume dell'Inferno inciso
da Angelo Testa, quella del Purgatorio dal Littret, quello del
Paradiso dall'Heylbrouck. Le immagini che accompagnano il
testo sono incise da Piroli e da Fabris.
Questi due volumi sono dedicati a mia moglie, per il suo silenzioso sostegno, a Remo Viazzi, di cui temo i commenti critici
al mio italiano spesso approssimativo, a Massimiliano Pelle,
che me ne sugger l'idea, e ad Antonio Sgorbissa, che con le
sue canzoni mi diede lo stimolo iniziale a cominciare quest'impresa.

- 53 -

Introduzione

- 54 -

Introduzione

I - Breve inquadramento cronologico

Queste righe servono a delineare cronologicamente il periodo


storico nel cui retroterra si muove quest'opera.
Non hanno pretesa di completezza n di eccessiva precisione:
si cercato anzi di vedere gli avvenimenti sotto l'ottica del fiorentino guelfo, citando i punti dell'opera dove sono citate le
varie persone. Le persone e i fatti sono riportati non per il loro
valore intrinseco ma solo per il fatto di essere stati nominati da
Dante e quindi per inserirli nel contesto storico e permetterci
di valutarli meglio.
Per questo motivo, quindi, grandi e piccoli (personaggi e fatti)
si trovano accomunati e allo stesso livello sperando di permetterci di valutare quale potesse essere l'ottica originale di Dante
per cui ovviamente Campaldino era importante quanto l'incoronazione imperiale.
L'impero e il regno di Francia

Il titolo imperiale venne ricostituito sotto Carlo Magno1. Dopo


un periodo di turbolenze fino al 924, ed una breve vacanza
fino al 962, il titolo imperiale fu assunto dal re di Germania
Ottone III.
In Francia lo scontro tra gli ultimi re carolingi e i loro vassalli
si fece pi intenso e mentre Carlo il Semplice era in minore et
fu eletto re Eude, conte di Parigi. Alla sua morte il regno torn
a Carlo ma nel 922 i vassalli nominarono re il figlio di Eude,
1 Pa VI, 96; Pa XVIII, 43

- 55 -

I - Breve inquadramento cronologico

Roberto di Parigi, e alla sua morte il duca Raul di Borgogna. I


re tornarono poi carolingi con Lotario e Luigi V ma alla morte
di quest'ultimo i feudatari incoronarono nel 987 Ugo Capeto2
minore, figlio di Ugo il Grande che gi governava il regno sotto i precedenti re carolingi. Re Ugo, duca di Parigi, Borgogna
e Aquitania e nipote di re Roberto I di Francia, imprigion
Carlo duca di Lorena e zio di Luigi V, l'ultimo erede della dinastia carolingia e assunse il potere in maniera ereditaria e definitiva.
La contessa Matilde di Toscana

Ugo il Grande3, marchese di Brandeburgo e duca di Lorena


nonch fratello di papa Stefano IX, era vicario imperiale di
Toscana per conto di Ottone III (imperatore dal 1002) e diede
origine ai titoli nobiliari di molte famiglie fiorentine. Con il
passare degli anni Firenze e la Toscana si emanciparono sempre pi dal dominio dei vicari imperiali per via del sostegno
alla politica papale da parte dei loro conti.
La contessa Matilde di Canossa4 (1146-1115), prese il potere
dopo la morte del patrigno, Goffredo il Barbuto, e dette il suo
appoggio a papa Gregorio VII contro l'impero durante la
"guerra delle investiture". L'imperatore Enrico IV nel 1081 depose la contessa Matilde ma costei resistette fedele al pontefice, aiutata anche dalla citt di Firenze che per questo motivo
sub lassedio imperiale nel luglio 1082.
2 Pu XX, 49
3 Pa XVI, 128
4 Pu XXVIII, 40 e ssg.

- 56 -

Introduzione

La figura della contessa Matilde, in lotta contro l'impero e in


difesa della Chiesa aiutata dai suoi fedeli spesso in azioni di
vera e propria guerriglia, venne all'epoca talmente mitizzata da
essere paragonabile a Giovanna d'Arco.
La I e II crociata

Goffredo di Buglione, duca di Lorena5, ebbe il comando della


prima crociata; partecip all'espugnazione di Gerusalemme nel
1099 e fu il primo "re" cristiano della citt.
L'imperatore Corrado III di Svevia6 (1093-1152) guid nel periodo 1147-1149 la seconda crociata promossa da san Bernardo da Chiaravalle7 (1091-1153), monaco cistercense dal 1113.
Al sguito di Corrado III come crociato vi fu anche Cacciaguida degli Elisei8 che fu per l'occasione armato cavaliere e per
in Terrasanta. Egli aveva due fratelli, Moronto ed Eliseo9, e un
figlio, Alighiero I10, che sar il padre di Dante.
La nascita del comune di Firenze e l'assoggettamento del
contado

La contessa Matilde di Canossa11 mor nel 1115 lasciando erede dei suoi beni la Santa Sede. L'imperatore Enrico V rientr
prontamente in Italia per contrastare al pontefice tali possessi
5
6
7
8
9
10
11

Pa XVIII, 47
Pa XV, 139
Pa XXXI, 59 e ssg.
Pa XV, 20
Pa XV, 36
Pa XV, 94
Pu XXVIII, 40 e ssg.

- 57 -

I - Breve inquadramento cronologico

e, per governarli direttamente, condusse con se il nipote Corrado.


Alla morte dell'imperatore Enrico V, nel 1125, Firenze divenne
comune autonomo. Era ancora una citt di secondaria importanza rispetto a Lucca, Pisa o Siena. In questo periodo si consolid l'inurbamento e l'assoggettamento della nobilt, che
vantavano diritti feudali sul contado, inglobando i loro castelli.
Decisiva per la sua espansione fu la distruzione di Fiesole nel
1125. A met del secolo la citt dominava gi il medio corso
della Val d'Arno da Figline a Empoli.
Nel 1171 Pisa, in difficolt per le lotte contro Genova e contro
l'imperatore Federico I di Svevia12 il Barbarossa (1121-1190),
ottenne sostegno militare da Firenze. Da allora iniziarono le
lunghe guerre promosse dai Lucchesi e dai Senesi, ben decisi a
frenare l'espansione della potenza politica e militare di Firenze.
L'ampliamento di Firenze e i disordini politici

Dal 1172 al 1175 la citt di Firenze costru una nuova cerchia


di mura (la precedente risaliva allo scontro con Enrico IV) che
triplic la superficie della citt includendo i numerosi "borghi"
e circa 30.000 abitanti. La crescita della popolazione inurbata
per port ad un acuirsi delle differenze sociali.
La famiglia degli Uberti, fautori dell'impero, tentarono nel
1177 di sopraffare i consoli e scardinare il sistema delle alleanze tra "consorterie" (gruppi di pi famiglie) che governavano il
12 Pu XVIII, 119

- 58 -

Introduzione

comune di Firenze. Vi fu una sanguinosa guerra civile che


dur tre anni.
I commercianti fiorentini si organizzarono in associazioni corporative (le "Arti") a partire dal 1182: quell'anno venne fondata l'Arte di Calimala, la prima associazione corporativa di mercanti, che fino a quel momento erano stati esclusi dal potere
politico monopolizzato dalle antiche famiglie aristocratiche.
Il Barbarossa e la III crociata

Con la pace di Costanza, firmata nel giugno 1183 dopo un lungo e sanguinoso scontro con i comuni ed il papato, l'imperatore Federico I di Svevia13 il Barbarossa reinquadr i comuni all'interno del sistema feudale. Ugolino d'Azzo14 di Faenza era a
Costanza per rappresentare la sua citt. Due anni dopo l'imperatore priv Firenze del possesso sul contado circostante e ristabil il marchesato della Toscana, anche se tale misura ebbe
vita breve.
Enrico VI di Svevia15 (1165-1197), figlio di Federico Barbarossa, venne incoronato re di Germania e spos nel 1285 Costanza d'Altavilla16, zia del re di Sicilia Guglielmo II il Buono 17
ed ultima erede della dinastia dei re Normanni. I re normanni
di Sicilia avevano avuto origine da Roberto Guiscardo18 duca

13
14
15
16
17
18

Pu XVIII, 119
Pu XIV, 105
Pa III, 119
Pu III, 113; Pa III, 118
Pa XX, 62
In XXVIII, 14; Pa XVIII, 48

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I - Breve inquadramento cronologico

di Puglia e Calabria che cacci i Saraceni da quelle terre nel


1046.
Il Barbarossa19, alla notizia che nel 1187 Salah ed-din Yusuf20,
il Saladino, sultano d'Egitto dal 1137 al 1193, aveva espugnato
Gerusalemme. Part a capo della terza crociata ma per nel
1190 attraversando un fiume in Asia Minore.
Il figlio, Enrico VI di Svevia21, succeder come imperatore e
assumer anche la corona del regno di Sicilia non nel 1189,
alla morte del re di Sicilia Guglielmo II il Buono22, ma solo nel
1194.
La fine del consolato fiorentino e la nascita del regime
podestarile

Nel 1193 una nuova insurrezione civile fiorentina capeggiata


dagli Uberti, appoggiati anche dai mercanti e degli artigiani,
abol col beneplacito dell'imperatore il sistema dei consoli. Il
consolato venne ricostituito nel 1197, ma si mostr fin dall'inizio in crisi.
Nel 1200 fu istituita anche a Firenze, come nelle altre citt italiane, la podesteria e si pass dai due consoli a un unico podest che era un cavaliere, preferibilmente forestiero affinch
fsse imparziale. Vi era anche un consiglio oligarchico ristretto e uno collegiale, del quale facevano parte i Capitani delle
Arti.
19
20
21
22

Pu XVIII, 119
In IV, 129
Pa III, 119
Pa XX, 62

- 60 -

Introduzione

Tra il 1197 e il 1203 Firenze consolid militarmente il suo


controllo nel contado, soprattutto nel basso Val d'Arno (fondamentale per l'accesso fluviale) e nella Val d'Elsa (per il controllo della via Francigena).
Nel corso del Duecento Firenze si ricolleg, come dicevamo,
alla via Francigena assumendo il controllo della Val d'Elsa,
fatto che port sicurezza economica e militare alla regione. I
ricchi mercanti, che avevano iniziato a legarsi all'antica aristocrazia, entrarono in politica. Queste famiglie di uomini nuovi
vennero definiti "grandi" o Magnati. Dal contado giunsero
quindi, attratti da queste nuove condizioni di vita, manodopera
e capitali.
Attivit militari fiorentine

Nel marzo 1201 i Fiorentini stipularono una pace con i Senesi


ma l'anno successivo si alleano con Montepulciano, che era
sua avversaria. Nel giugno 1203 si giunge infine ad un arbitrato tra Firenze e Siena sulla questione dei confini.
Nel giugno 1204 i Fiorentini sconfissero i Pistoiesi. Nel giugno 1207, poi, sconfissero a Montalto l'esercito senese rinforzato da Orvietani e Pistoiesi. L'anno successivo, dopo un'ulteriore sconfitta, imposero a Siena un trattato di pace.
Nel 1212 vi fu guerra tra Pistoia e Bologna e il comune di Firenze non si schier anche se la nobilt fiorentina sostenne
apertamente i Bolognesi. L'anno seguente nella guerra tra Pisa
e Lucca i Fiorentini, i Pistoiesi e il conte Guido Guerra III si
allearono con Pisa.
- 61 -

I - Breve inquadramento cronologico

Innocenzo III e lo spirito di crociata (1198-1216)

Nel 1198 Innocenzo III23 venne eletto pontefice a 37 anni e


diede una svolta teocratica alla politica papale. Appena eletto
prese a controllare direttamente i territori posti sotto la giurisdizione ecclesiastica ed esercit forti influenze sulla Sicilia di
Federico II24, sulla Francia di Filippo II Augusto e sull'Inghilterra di Giovanni Senzaterra. Promosse, durante il suo pontificato, la crociata contro gli Albigesi, la repressione dei catari e
la quarta crociata (1202-1204) che venne deviata dai Veneziani a Costantinopoli dove si fond l'impero latino d'Oriente.
Tramite i suoi legati convoc a San Genasio, ai piedi di San
Miniato al Tedesco, una dieta anti-imperiale. Pisa, ghibellina,
si dissoci ma vi parteciparono Firenze, Siena, Arezzo, Pistoia
e Lucca.
Nel 1215 radun il IV Concilio lateranense e l'anno seguente
mor: gli successe Onorio III25.
Guelfi e Ghibellini

In genere le famiglie nobili pi potenti mantennero fede agli


ideali feudali e si legarono al partito ghibellino mentre quelle
meno influenti si legarono al partito guelfo.
L'inizio delle contese tra Guelfi e Ghibellini a Firenze viene
fatto risalire tradizionalmente alla contesa tra le famiglie Amidei e Buondelmonti. Nel 1215 Buondelmonte dei Buondel23 Pa XI, 92
24 Pa III, 120
25 Pa XI, 98

- 62 -

Introduzione

monti26, gentiluomo della Val d'Arno superiore con cittadinanza fiorentina, chiese in sposa una ragazza della famiglia Amidei. Mentre si preparavano le nozze una dama della casa Donati gli propose in sposa la propria figlia e questi accett. Mosca dei Lamberti27 con il suo consiglio determin gli Amidei e
ventiquattro famiglie loro legate a vendicarsi di Buondelmonte
che aveva mancato la sua promessa. Costui venne quindi ucciso la mattina di Pasqua mentre passava sul Ponte Vecchio ai
piedi della statua di Marte. A questo punto quarantadue famiglie guelfe si consociarono per vendicarne la morte e per anni i
due gruppi si scontrarono.
In sguito alle accese rivalit politiche delle famiglie nobili tra
le fazioni guelfe e ghibelline (papali e imperiali), quasi tutte le
citt presero ad escludere la nobilt dalle attivit politiche.
Vita religiosa

Nella vita religiosa vi fu un grande fermento fin dall'inizio del


secolo: molti personaggi influenti erano mistici. Piero Damiano28 (1007-1072), dottore della chiesa e abate del monastero di
fonte Avellana, nel 1058 fu cardinale e vescovo di Ostia ma
due anni dopo rinunci alla carica e torn in convento. Pietro
degli Onesti29 (1040-1119) che, spesso confuso col precedente,
fond la chiesa ravennate di Santa Maria in Porto. San Ubaldo

26
27
28
29

Par XVI, 140


In VI, 80; In XXVIII, 106
Pa XXI, 121
Pa XXI, 121

- 63 -

I - Breve inquadramento cronologico

Baldassini30 (1084-1160) vescovo di Gubbio che fu eremita sul


monte Iugino.
Tra i molti teologi di fama, che fiorirono in questo periodo, abbiamo soprattutto Alberto Magno da Colonia31 dei conti di
Bollstaedt (1193-1280): domenicano e vescovo di Regensburg,
insegn a Colonia e a Parigi ed era noto come "doctor universalis", tanto era clto. Ebbe come allievo il domenicano san
Tommaso d'Aquino32 (1227-1274), detto "doctor angelicus":
pubblic nel 1266 la Summa Teologica, insegn a Parigi e
mor nella Badia di Fossanova, si vociferava avvelenato per
motivi politici.
Dopo la crociata contro gli albigesi, il IV Concilio Lateranense
(1215) eman severe disposizioni contro i miscredenti: qualche anno dopo nacque l'inquisizione. In quegli anni si svilupparono anche numerosi movimenti religiosi: alcuni furono
condannati (come i Gioachimiti), altri diedero nuova linfa alla
spiritualit cattolica come i Domenicani e i Francescani.
I Gioachimiti furono fondati dal monaco cistercense Gioacchino da Celico33 nel 1189 presso l'abbazia di Fiore. Gli altri due
pi noti movimenti religiosi su chi si poggi la Chiesa furono
fondati da san Domenico e da san Francesco.

30
31
32
33

Pa XI, 44
Pa X, 98
Pu XX, 69; Pa X, 99; Pa XI, 16; Pa XIII, 32
Pa XII, 140

- 64 -

Introduzione

San Domenico34 nacque in Castiglia, nel 1170 da Felice di Guzman35 e Giovanna d'Ass36. Si rec in Italia al sguito del vescovo Diego di Osma e fond l'ordine destinato a combattere
le eresie, approvato da papa Onorio III37 nel 1216.
San Francesco38 figlio del ricco mercante Pietro Bernanrdone39, nacque ad Assisi nel 1182. Nel 1210 Innocenzo III40 ne
approv verbalmente la regola. Nel 1219 incontr in Terrasanta il sultano d'Egitto Malik al-Kamil41. Papa Onorio III42 nel
1223 ne approv la regola per scritto. Tra i suoi primi seguaci
vi furono ricchi cavalieri come Bernardo da Quintavalle43, popolani come frate Egidio44, preti come padre Silvestro45 e la
fondatrice dell'ordine delle clarisse santa Chiara46.
Da rammentare tra gli esponenti francescani: Illuminato da
Rieti47, di nome Accarino della Rocca: fu tra i primi seguaci
del santo e lo accompagn in Terrasanta; Agostino d'Assisi48
ministro dell'ordine francescano in Terra di Lavoro; Bonaven34
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41
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Pa XI, 35 ; Pa XII, 70
Pa XI, 79
Pa XI, 80
Pa XI, 98
In XXVII, 112; Pa XI, 43; Pa XIII, 33; Pa XXII, 90; Pa XXXII, 3
Pa XI, 89
Pa XI, 92
Pa XI, 101
Pa XI, 98
Pa XI, 79
Pa XI, 83
Pa XI, 83
Pa III, 98
Pa XII, 130
Pa XII, 130

- 65 -

I - Breve inquadramento cronologico

tura da Bagnorea49, generale dei Francescani, vescovo e cardinale; Ubertino da Casale50, a capo della corrente degli spirituali; il venditore di pettini da cardatura Pietro da Campi51, che fu
solo terziario francescano ma mor a Siena nel 1289 in fama di
santit.
Non manc in Firenze, come ovunque, la diffusione di dottrine
ereticali. Si radic soprattutto quella dei catari, grazie anche
all'appoggio di alcune grandi famiglie ghibelline, quali gli
Uberti, per ostacolare il papato. La repressione delle eresie non
tard e si serv degli stessi ordini mendicanti: fino al 1244 i
Domenicani di Santa Maria delle Vigne, poi i Francescani di
Santa Croce.
Tra i teologi di fama tra il 1000 e il 1300 abbiamo il benedettino Anselmo d'Aosta52 (1033-1109) vescovo di Canterbury;
Ugo da San Vittore53 (1097-1141) fiammingo e canonico dell'abbazia di San Vittore a Parigi; Pietro Mangiadore54 (XII sec1179) francese detto "Petrus Comestor"; Riccardo da San Vittore55 (ca. 1110-1173); Pietro Ispano56 (1210-1277) che fu papa
col nome di Giovanni XXI (1276-1277) e fu autore di numerose opere mediche e logiche.

49
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54
55
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Pa XII, 127
Pa XII, 124
Pu XIII, 127
Pa XII, 137
Pa XII, 133
Pa XII, 134
Pa X, 131
Pa XII, 134

- 66 -

Introduzione

La cultura

Molti ecclesiastici si distinsero nel campo della cultura come


Francesco Graziano di Chiusi57 (fine XI secolo-met X
secolo), il benedettino che cerc di concordare diritto civile ed
ecclesiastico, Sigieri di Bramante58 (1226-1282) professore di
filosofia alla Sorbona che fu ucciso ad Orvieto dove s'era recato per difendersi dall'accusa di eresia, Pietro Lombardo59 (ca.
1065-ca. 1160) detto "magister sententiarum", Francesco d'Accorso60 (1225-1293) professore di giurisprudenza a Bologna e
poi in Inghilterra su invito di Edoardo I, Enrico di Susa61 il vescovo di Ostia che chios i decretali nel XIII secolo.
L'astrologia era considerata una scienza e praticata liberamente
da personaggi come il forlivese Guido Bonatti62 che fu consigliere di Guido da Montefeltro, o da Michele Scoto63 il medico
dell'imperatore Federico II64 che tradusse e comment molte
opere di Aristotele. Di molti poi si dice facessero anche negromanzia (come Michele Scoto) o praticassero l'alchimia come
Capocchio da Siena65, che fu arso vivo a Siena nel 1293, o
Griffolino d'Arezzo66 al rogo nel 1272 come eretico patarino in

57
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Pa X, 104
Pa X, 136
Pa X, 107
In XV, 110
Pa XII, 83
In XX, 118
In XX, 115
Pa III, 120
In XXIX, 124; In XXX, 28
In XXIX, 109; In XXX, 31

- 67 -

I - Breve inquadramento cronologico

sguito all'accusa di Alberto da Siena67, figlio illegittimo del


vescovo di Siena.
Federico II e il ritorno dell'impero

Enrico VI di Svevia68 morendo nel 1197 lasci un figlio di


quattro anni, Federico II69, che fu sottratto alla tutela dei dignitari tedeschi e preso sotto la custodia del papato. La madre,
Costanza d'Altavilla70, tenne in suo nome la reggenza del regno di Sicilia fino al 1198.
La successione imperiale rimase a lungo incerta tra Ottone IV
e Filippo I. Ottone IV, duca di Baviera e Sassonia, era appoggiato dai Guelfi e dal denaro inglese mentre Filippo I, duca di
Svevia e fratello di Enrico VI, dai Ghibellini. La lotta tra i due
si protrasse fino al 1208 quando il secondo mor.
Nel 1212 Federico II71 fu incoronato re di Sicilia dietro la promessa che non avrebbe mai unito quella corona a quella imperiale e che avrebbe organizzato la crociata promossa dal concilio lateranense. Nel 1212 si rec ad Aquisgrana dove i Ghibellini tedeschi lo incoronarono re di Germania e dei Romani. Nel
1218 Ottone IV mor senza eredi e nel 1220, dopo la dieta di
Cremona, venne eletto imperatore Federico II72 e incoronato a
Roma dal papa. I fiorentini Oderigo Fifanti e Mosca dei Lam-

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In XXIX, 109
Pa III, 119
Pa III, 120
Pu III, 113; Pa III, 118
Pa III, 120
Pa III, 120

- 68 -

Introduzione

berti73 erano presenti all'incoronazione e in tale occasione si


ebbe un'aspra contesa tra Fiorentini e Pisani. In sguito all'incoronazione le citt italiane si unirono nella lega anti-imperiale
di San Zenone.
La quarta crociata: 1227

Quando sal al soglio pontificio Gregorio IX, Federico II74 fu


costretto a intraprendere la crociata a lungo rinviata e, quando
nel 1227 la flotta appena salpata rientr per via della peste
scoppiata a bordo, l'imperatore venne scomunicato. Part l'anno seguente, ma per abbreviare le ostilit concluse con il sultano Malik al-Kamil75 il trattato di Jaffa con cui ottenne Gerusalemme, Betlemme e Nazareth. I prncipi mussulmani di Egitto
e Siria gli permisero di ricostituire il regno di Gerusalemme di
cui divenne re sposando nel 1228 Iolanda di Lusignano, ultima
erede di quella corona.
La Toscana tra gli anni 20 e 30

Piero Traversaro76, ghibellino, fu signore di Ravenna dal 1218


al 1225. Famosa tra i trovatori la sua seconda moglie: Emilia
dei conti Guidi di Firenze.
Nel 1221 vi fu un bando imperiale contro i Fiorentini. Quello
stesso anno si trovano a Firenze il legato pontificio Ugolino
d'Ostia come anche san Francesco77.
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In VI, 80; In XXVIII, 106


Pa III, 120
Pa XI, 101
Pu XIV, 98
In XXVII, 112; Pa XI, 43; Pa XIII, 33; Pa XXII, 90; Pa XXXII, 3

- 69 -

I - Breve inquadramento cronologico

Nel 1222 Firenze sconfisse Pisa, con cui era in contrasto fin
dal tempo dell'incoronazione imperiale; l'anno successivo Figline, sobillata dai Senesi, si ribell a Firenze.
Nel 1228 Firenze sconfisse Pistoia e l'anno successivo, alleata
con Arezzo, Lucca, Montepulciano, Orvieto e Pistoia, combatt senza esito contro contro Siena e i suoi alleati: Cortona,
Montalcino e Pisa. Ma riusc a sconfiggerle solo nel 1230.
Nel 1231 Fiorentini e Lucchesi furono sconfitti dai Pisani a
Barga ma l'anno seguente i Fiorentini, che dal lato senese riescono a penetrare fino a Quercegrossa, furono sconfitti sul
fronte pisano. Solo nel 1235 si giunge alla pace con i Senesi.
La reazione del papato

Il papa Gregorio IX, disapprovando il trattato di Jaffa, fece invadere dalle proprie truppe il regno di Sicilia, ma Federico II
rientr e le sconfisse. Il conflitto s'interruppe nel 1230 con il
trattato di San Germano. Federico II78 dovette poi portarsi in
Germania per piegare all'obbedienza il figlio Enrico, associato
al regno di Germania dal 1220 e lo releg in Puglia. Nel 1236
pass per Trento e giunse a Verona. Con l'aiuto del fedele Ezzelino III da Romano79 (1194-1259), signore della Marca Trevigiana, Federico II batt le citt guelfe settentrionali a Cortenuova sull'Oglio nel 1237.

78 Pa III, 120
79 In XII, 110

- 70 -

Introduzione

Ezzelino da Romano

Nel 1233 Ezzelino II il Monaco aveva diviso il patrimonio tra i


figli, ad Alberico i feudi di Treviso e a Ezzelino III i castelli
tra Verona e Padova.
Ezzelino III da Romano80, vicario imperiale in Lombardia, intervenne nei conflitti di Padova e Treviso contro il vescovo di
Feltre e Belluno. Appoggi la signoria di Salinguerra Torelli
su Ferrara contrastando le aspettative degli Estensi. Interfer
nelle lotte di parte di Verona, prendendo posizione contro la
dinastia comitale dei San Bonifacio.
Nell'anno in cui Federico II scese in Italia (1236) consegu il
controllo di Verona e, dopo Cortenuova, spos Selvaggia, figlia naturale di Federico. Prese Vicenza e Padova (1237),
mentre Treviso era in mano al fratello Alberico. Nel 1241 acquist Trento.
Giacomo da Sant'Andrea81 di Codiverno, presso Padova, era rinomato per aver dilapidato il suo patrimonio e nel 1239 fu fatto uccidere da Ezzelino III da Romano per motivi politici.
Lo sviluppo delle arti

Numerosi e famosi erano i rimatori provenzali: tra essi Girault


de Borneil82 di Essidueil attivo tra il 1175 e il 1220; Folco da
Marsiglia83, vescovo di Tolosa e persecutore degli Albigesi,
80
81
82
83

In XII, 110
In XIII, 133
Pu XXVI, 120
Pa IX, 94

- 71 -

I - Breve inquadramento cronologico

mor nel 1231; Arnault Daniel84 am le forme ritmiche complicate e malinconiche; Bertran dal Bornio85, visconte di Haltafort
in Guascogna, nelle sue composizioni aizz Enrico d'Inghilterra il giovane contro il padre Enrico II.
Tra i poeti in lingua italiana abbiamo: Bonaggiunta Orbicciani86 degli Overardi di Lucca, poeta di scuola siciliana; Guittone
d'Arezzo87, capo della scuola poetica toscana; Jacopo da Lentini88 notaio della cancelleria di Federico II e rimatore della
scuola siciliana; Piero della Vigna89 protonotaro di Federico II
e poeta di scuola siciliana; Guido Guinizelli90, poeta seguace di
Guittone e fondatore del "dolce stil novo"; Guido Cavalcanti 91,
genero di Manente degli Uberti92, e il fiorentino Ciacco93.
Le poesie pi note o famose venivano poi musicate da professionisti come il musico Casella94 e cantate con gli strumenti
forniti da abili artigiani come il maestro liutaio Belacqua95.

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95

Pu XXVI, 142
In XXVIII, 134; In XXIX, 29
Pu XXIV, 19
Pu XXIV, 56; Pu XXVI, 124
Pu XXIV, 56
In XIII, 58
Pu IX, 97 ; Pu XXVI, 92
In X, 63; Pu IX, 97
In VI, 79; In X, 32
In VI, 52
Pu II, 91
Pu IV, 123

- 72 -

Introduzione

Celebri nelle arti pittoriche furono il pittore fiorentino Cimabue96 e Giotto97, suo discepolo; per le miniature Oderisi da
Gubbio98 e Franco Bolognese99
La vittoria ghibellina

Nel 1237 il podest di Firenze, il guelfo milanese Rubaconte


da Mandello, invi truppe a Roma in appoggio al papa Gregorio IX in rotta con la popolazione cittadina. Nel frattempo Federico II sconfisse i comuni a Cortenuova e i debitori dei banchieri fiorentini, approfittando della vittoria imperiale, non pagrono i loro debiti causando una grave crisi finanziaria in citt.
Nel 1238 si insedi a Firenze il rappresentante imperiale Gerhard di Arnstein. Dopo quattro mesi di lotte civili i Ghibellini
ebbero la meglio in citt e i Guelfi, per la prima volta, abbandonano Firenze nel 1239.
Nel 1239, per evitare la riunione di un concilio che avrebbe
potuto ostacolarlo, Federico II si insedi a Pisa. Nel 1241 e poi
l'anno dopo re Enzo, figlio dellimperatore, soggiorn a Firenze. Nel 1241 i pisani catturano davanti alla Meloria le navi genovesi che trasportavano i cardinali diretti al concilio romano.
Quello stesso anno mor papa Gregorio IX.
Si ebbero scontri tra Guelfi e Ghibellini quando Federico II decise di inviare nel 1242 in citt il figlio Federico d'Antiochia
96
97
98
99

Pu IX, 94
Pu IX, 95
Pu IX, 79
Pu IX, 83

- 73 -

I - Breve inquadramento cronologico

(vicario imperiale per tutta la Toscana e poi, dal 1246, Podest) per appoggiare il partito ghibellino.
Nel 1244 si insediarono a Firenze i Templari.
Lo scontro con il papato si riaccende

Il ridotto concilio cardinalizio riusc ad eleggere nel 1243 Innocenzo IV, Sinibaldo Fieschi, che nel 1245 convoc un concilio a Lione per evitare l'influenza imperiale. Federico II venne
nuovamente scomunicato e la sua corona offerta dal papa a
Roberto di Francia, ad Hkon V Magnussn100 di Norvegia, a
Enrico di Turingia e infine a Guglielmo d'Olanda.
Nel 1245 i Frati domenicani e il vescovo di Firenze si sollevano inutilmente contro il governo ghibellino della citt.
Soprattutto in sguito alla scomunica contro l'imperatore sempre pi spesso si tramarono complotti e attentati. Il pi famoso
fu quello portato avanti, forse, da Piero della Vigna101, Notaio
della corte imperiale fin dal 1220. Costui, scoperto, venne rinchiuso, accusato di tradimento, nella Rcca di San Miniato al
Tedesco dove, accecato, si suicid nel 1249.
Il cardinale legato Ottaviano102 degli Ubaldini, arcivescovo di
Bologna, convinse le citt di Cervia, Faenza, Forl e Imola a
schierarsi con i Guelfi. L'esercito svevo venne sconfitto a Fossalta nel 1249 e re Enzo, figlio di Federico II, venne catturato

100 Pa XIX, 139


101 In XIII, 58
102 In X, 120

- 74 -

Introduzione

dai bolognesi nelle cui mani rimane 22 anni. Clto dalle febbri
l'imperatore mor nel 1250 nel castello di Fiorentino, in Puglia.
Michele Zanche103, vicario di re Enzo nel giudicato di Logodoro in Sardegna, dopo la sua morte ne spos la madre Adelasia
e si fece nominare giudice. Fu ucciso a tradimento nel 1275
dal genero Branca Doria104.
Il "Governo del Primo Popolo" a Firenze

Il governo ghibellino per carpire il favore della classe media,


istituzionalizz le Arti e introdusse i Rappresentanti del Popolo accanto al Podest. Nel 1247 vi furono scontri tra Guelfi e
Ghibellini in citt quindi, l'anno successivo, per evitare di perdere la citt i Ghibellini, guidati da Manente degli Uberti105,
appoggiarono il figlio dell'imperatore, Federico d'Antiochia,
che entr a Firenze e costrinse i Guelfi a lasciare Firenze.
Il 21 settembre 1250, dopo la morte di Federico II, l'esercito
fiorentino fu sbaragliato dai Guelfi a Figline Val d'Arno: un
mese dopo un'insurrezione guidata dal "Popolo" scacciava Federico e tutte le grandi famiglie che lo avevano appoggiato.
Iniziava cos il periodo del "Popolo Vecchio" o del "Primo Popolo". Le istituzioni ricalcarono quelle ghibelline del 1244-46,
con un doppio sistema: da una parte il Comune col Podest e
due consigli; dall'altra il Popolo con un Capitno affiancato da
altri due consigli (Anziani e Consoli delle Arti).

103 In XXII, 88
104 In XXXIII, 137
105 In VI, 79; In X, 32

- 75 -

I - Breve inquadramento cronologico

Il crescere di importanza delle Arti segnava sempre una maggiore diffidenza verso il ceto aristocratico, sia esso guelfo o
ghibellino. Per questo, sebbene fedeli nell'alleanza col papato
e contrari a Manfredi106 di Svevia, i popolani fiorentini evitarono di definirsi Guelfi. Tutte le torrette delle famiglie nobiliari
dovettero essere capitozzate. Nel 1255 inizi la costruzione di
quello che doveva essere il Palazzo del Popolo, oggi Bargello,
eretto per alloggiare i consigli del Comune.
Nel 1252 l'espansione economica fu eccezionale, tanto che vi
fu la coniatura del fiorino d'oro. Questo in poco tempo divenne
la prima moneta aurea dell'Europa occidentale e primeggi anche grazie al fatto che la quantit d'oro presente era mantenuta
costante.
Effetto della caduta degli Svevi in Toscana

Dopo la morto di Federico II e la sconfitta di Figline nel 1251


Firenze richiam i Guelfi esiliati e pochi mesi dopo si cre la
lega tra Pisa, Pistoia, Siena, Volterra e i Ghibellini fiorentini
contro Firenze.
La citt organizz una spedizione contro Arezzo che fu sconfitta a Montaio. Nel 1252 vi furono accesi contrasti con gli
Ubaldini del Mugello, i Pisani e i Senesi; venne riconquisto il
castello di Montaio, spettante ai conti Guidi, e vinto il fronte
pisano-senese a Pontedera. Nel 1253 Firenze batt i Pistoiesi,
appoggiati da Pisani e Senesi: lanno successivo si stipul la
pace con Pistoia e con Siena e, dopo la presa di Volterra e di
Poggibonsi, anche con Pisa.
106 Pu III, 112

- 76 -

Introduzione

L'interregno imperiale

Il figlio di Federico II, Corrado IV, scese in Italia, ma nel maggio 1254 mor a Lavello lasciando le redini dell'impero in
mano a un figlio, Corradino107, ancora in giovane et. Gli elettori tedeschi, ma principalmente l'arcivescovo di Colonia, fecero incoronare Enrico Raspon e poi il conte Guglielmo d'Olanda (che si occup solo delle sue terre fino alla morte nel
1258).
Nel 1255 Firenze si alle con Siena e l'anno successivo sconfisse i Pisani sul Serchio e li costrinsero a consegnare la rcca
di Motrone presso Pietrasanta. I Fiorentini nel 1256 mandarono in aiuto degli Orvietani 500 cavalieri guidati dal conte Guido Guerra108 dei conti Guidi. Sua nonna era Gualdrada, figlia
di Bellincione Berti109 dei Ravignani, il cui cugino, Geri del
Bello110, cugino di secondo grado di Dante, fu ucciso dai Sacchetti durante una serie di vendette. Agli inizi del 1257 il Popolo cacci il Podest e si ebbe la pace con Pisa.
Nel 1257 gli elettori imperiali nominarono contemporaneamente il re di Castiglia Alfonso X, la cui madre era figlia di
Federico II, e anche il conte Riccardo di Cornovaglia, fratello
del re d'Inghilterra. Il papato non conferm nessuno dei due
eletti. Re Alfonso si disinteress alla carica. Anche Riccardo,
che pur si fece incoronare ad Aquisgrana, dovette rientrare in

107 Pu XX, 67
108 In XVI, 38
109 Pa XV, 112
110 In XXIX, 27

- 77 -

I - Breve inquadramento cronologico

patria per i disordini del regno di Enrico III111 e non fece pi ritorno morendo nel 1272.
Manfredi112, figlio illegittimo di Federico II di Sicilia, alla
morte del padre, govern la Sicilia in nome del fratello Corrado IV e, morto questi, si fece poi incoronare re. Nel 1258, in
sguito a una cospirazione ghibellina, l'esecuzione di alcuni di
loro (tra cui un Uberti, un Infangati e il legato pontificio Tesauro dei Beccheria113) ne convinse molti a rifugiarsi a Siena.
Per l'esecuzione del legato papale Firenze sub l'interdetto per
sette anni.
Il papato, disconoscendo Manfredi, offr la corona di Sicilia a
Carlo I d'Angi114 che era figlio di Luigi VIII di Francia. Moglie di Carlo I era Beatrice di Provenza115, in sguito, Margherita116. Romeo di Villanova117, gran siniscalco dell'ultimo conte
di Provenza, Raimondo Berengario IV, contribu a far sposare
bene anche le altre tre figlie di Raimondo: Margherita a Luigi
XI, Eleonora ad Enrico III118 d'Inghilterra e Sancia al pretendente imperiale Riccardo di Cornovaglia.

111 Pu VII, 131


112 Pu III, 112
113 In XXXII, 119
114 In XIX, 99; Pu VII, 113; Pu XX, 66
115 Pu VII, 128
116 Pu VII, 128
117 Pa VI, 128
118 Pu VII, 131

- 78 -

Introduzione

La fine di Ezzelino III

Papa Innocenzo IV indisse, alla morte dell'imperatore, una crociata contro Ezzelino III da Romano119 e la fece guidare dall'arcivescovo di Ravenna. I crociati saccheggiarono Padova nel
1256.
Ezzelino penetr in Lombardia, giovandosi dell'alleanza dei
signori di Cremona, Oberto Pelavicino e Buoso da Dovara 120, e
riconciliandosi con il fratello che ancora governava Treviso.
Quindi assal Padova, che resistete, ma entr a Brescia nel
1258.
La sorella di Ezzelino III e moglie del signore di Verona Rizzardo di San Bonifacio, Cunizza121, era fuggita con il trovatore
Sordello da Goito122 e dopo il 1260 and ad abitare a Firenze
dove poi mor nel 1268. Sordello da Goito123 si rifugi invece
in Provenza ma poi torn in Italia al sguito di Carlo I d'Angi124 e combatt contro re Manfredi125.
Mentre Ezzelino III dirigeva verso il centro della Lombardia
minacciando Milano, i milanesi, condotti da Martino della
Torre, cercano daggirarlo. Questi attravers lOglio e lAdda
ed attacc Monza. Il marchese Pallavicino e Buoso da Dovara126, signori di Cremona, insorsero alle sue spalle costringen119 In XII, 110
120 In XXXII, 116
121 Pa IX, 32
122 Pu VI, 74
123 Pu VI, 74
124 In XIX, 99; Pu VII, 113; Pu XX, 66
125 Pu III, 112
126 In XXXII, 116

- 79 -

I - Breve inquadramento cronologico

dolo nel 1259 a ritirarsi. Ezzelino venne bloccato sul ponte di


Cassano d'Adda e venne catturato a Vimercate: dopo undici
giorni di prigionia mor per le ferite riportate. Lo stesso anno
Umberto Aldobrandeschi127, figlio di Guglielmo Aldobrandeschi128 dei conti di Santafiora, fu ucciso a Campagnatico.
La Battaglia di Montaperti

Manfredi129 di Svevia, figlio di Federico II, appoggi i fuoriusciti ghibellini guidati da Farinata degli Uberti130. L'esercito
fiorentino, aiutato da numerose altre citt (Arezzo, Colle, Orvieto, Bologna, Pistoia, Prato, San Miniato, San Gimignano e
Volterra) marci contro la ghibellina Siena ma venne sconfitto
il 4 settembre 1260 a Montaperti dal fronte di re Manfredi131. I
Ghibellini fiorentini costrinsero i Guelfi all'esilio verso Lucca,
ne confiscarono i beni e ne distrussero le case abbattendo pi
di seicento edifici. Tra gli esuli anche il conte Guido Guerra132,
che torner in patria solo dopo la battaglia di Benevento
(1266).
In occasione della battaglia di Montaperti Bocca degli Abati133,
fiorentino guelfo, trad i suoi e tagli la mano al portabandiera
della cavalleria fiorentina; allora le file della cavalleria fiorentina si scompigliarono perch, vedendo lo stendardo abbattuto,
pensarono alla disfatta.
127 Pu XI, 67
128 Pu XI, 59
129 Pu III, 112
130 In VI, 79; In X, 32
131 Pu III, 112
132 In XVI, 38
133 In XXXII, 106

- 80 -

Introduzione

Nel 1261 mor papa Alessandro IV. L'anno seguente, sotto le


mentite spoglie di penitenti, i Fiorentini esiliati tentano di rientrare in patria.
Quando il vicario di Manfredi in Toscana nel 1264 alla dieta di
Empoli propose di radere al suolo la citt di Firenze, come un
secolo prima aveva fatto per Milano Federico Barbarossa, venne appoggiato da Provenzano Salvani134 signore di Siena; ma
ebbe la dura opposizione di Manente degli Uberti135 detto Farinata che mor poi quello stesso anno.
I Ghibellini, pur vittoriosi, furono costretti ad accettare che il
papa Clemente IV136 facesse da mediatore di pace fra le opposte fazioni. Costui favor apertamente la fazione guelfa, che riconquist il potere e reintrodusse le istituzioni politiche abrogate.
I nobili guelfi e ghibellini, che erano grandi proprietari ("Magnati"), e i "Popolani" si scontrarono sempre di pi fino al
1293 quando ai Magnati fu proibito di partecipare alla vita politica della citt.

Situazione nel nord Italia

Milano si appoggi spesso ai signori di Valsassina, i


Della Torre, che salvarono il suo esercito da Federico
II137, dopo la sconfitta di Cortenuova. In quegli anni i
134 Pu IX, 121
135 In VI, 79; In X, 32
136 Pu III, 125

- 81 -

I - Breve inquadramento cronologico

membri di quella famiglia (Pagano, Raimondo, Filippo e


Napoleone) furono nominati Capitani del Popolo di Milano, Como, Novara, Vercelli Bergamo, Lodi. Arcivescovo di Milano era invece Ottone Visconti in esilio con
i Ghibellini.
I vecchi avversari di Ezzelino guidavano Mantova (i
conti di San Bonifacio) e Ferrara (il marchese d'Este).
La ghibellina Verona era in mano a Mastino Della Scala. Il successivo signore di Verona, Alberto della Scala138, mor nel 1301 e lasci i figli Bartolomeo139 che
mor nel 1304, Alboino, Cangrande della Scala140 e un
quarto figlio141, illegittimo, che fu nominato abate di San
Zeno. Cangrande venne associato alla signoria di Verona dal fratello Alboino nel 1311 e poi gli succedette nel
1312.
Cremona, anch'essa ghibellina era in mano al marchese
Pelavicino che si alternava alla sua guida con Buoso da
Dovara142.
Guglielmo VII143 degli Aleramici, detto il Gran Marchese (1240 - 1292) eredit nel 1253 il marchesato del
137 Pa III, 120
138 Pu XVIII, 121
139 Pa XVII, 71
140 Pa XVII, 76
141 Pu XVIII, 124
142 In XXXII, 116
143 Pu VII, 134

- 82 -

Introduzione

Monferrato. Combatt contro i comuni di Alessandria e


Asti e, per sottometterli, si schier dalla parte francese e
della Chiesa. Dopo l'incoronazione a re di Sicilia di Carlo I d'Angi144 si alle con Alfonso X di Castiglia, proclamatosi erede di Manfredi di Svevia. Il monarca spagnolo abbandon le mire in Italia e lasci la corona a
Rodolfo d'Asburgo145. Nel 1274 a Roccavione il Gran
Marchese sconfisse i Francesi e divenne signore di Pavia, Vercelli, Novara, Alessandria, Tortona, Alba, Genova, Torino, Asti, Brescia, Cremona e Lodi. Fu nominato capo in carica della lega anti-angioina e Milano lo
nomin suo Capitno.
Quando Alessandria e Asti si ribellarono alla sua signoria venne sconfitto da Tommaso III di Savoia. A Milano
Ottone Visconti lo destitu nel 1281. Giunto ad Alessandria in rivolta i cittadini lo convinsero ad entrare in citt
per negoziare. Venne catturato e rinchiuso in una gabbia
di ferro dentro cui per l'anno dopo, il 6 febbraio 1292.

L'intervento di Urbano IV

Nell'agosto 1261, morto Alessandro IV, venne eletto papa il


francese Urbano IV che consegn la corona di Sicilia ad Edmondo, figlio del re d'Inghilterra Enrico III146. Poi gli prefer
144 In XIX, 99; Pu VII, 113; Pu XX, 66
145 Pa VIII, 72
146 Pu VII, 131

- 83 -

I - Breve inquadramento cronologico

Carlo d'Angi147, conte di Provenza e fratello di Luigi IX re di


Francia.
Nel 1263 papa Urbano IV, deciso ad abbattere Manfredi148,
scomunic i Ghibellini di Firenze e di Siena. Quello stesso
anno una sollevazione popolare impose al regime ghibellino
l'elezione di un Capitno del Popolo.
Nel 1264 Lucca, ultimo rifugio in Toscana dei Guelfi fiorentini, cade sotto i colpi della Lega Ghibellina di Toscana capitanata da Guido Novello. I profughi guelfi trovano scampo a Bologna.
La Battaglia di Benevento

Carlo I d'Angi149 con un esercito di tremila uomini pass per


la Lombardia: i Della Torre gli permettono di passare; Buoso
da Dovara150 si vocifera fosse stato corrotto, i marchesi d'Este
e i conti di San Bonifacio e i Bolognesi si unirono alla colonna. Giunse a Roma nel 1265 e venne incoronato re di Sicilia.
Il 26 febbraio 1266 nella battaglia di Benevento sconfigge e
uccide Manfredi151 appoggiato dai Guelfi fiorentini. Bartolomeo Pignatelli152, vescovo di Cosenza per ordine di papa Clemente IV153, papa dal 1265 al 1268, fece portare il corpo dello
sconfitto al di fuori del territorio della Chiesa.
147 In XIX, 99; Pu VII, 113; Pu XX, 66
148 Pu III, 112
149 In XIX, 99; Pu VII, 113; Pu XX, 66
150 In XXXII, 116
151 Pu III, 112
152 Pu III, 124
153 Pu III, 125

- 84 -

Introduzione

Firenze prov a mantenersi ghibellina facendo atto di sottomissione al papato; le Arti presero il potere accanto ai capi del
passato regime ghibellino: Guido Novello e Napoleone degli
Alberti154 conte di Mangona, che per odio uccise il fratello morendo poi per sua mano. Durante un tumulto Gianni dei Soldanieri155 pass dalla parte popolare nel 1266.
Furono chiamati a reggere il comune di Firenze i bolognesi
Catalano dei Malavolti e Loderigo degli Andal156, di parte
guelfa Catalano e ghibellina Loderigo. Appartenevano all'Ordine Cavalleresco di Santa Maria Gloriosa (fondato a Bologna
nel 1261 per comporre le discordie e detto anche dei "gaudenti") ed erano gi stati podest di altre citt. A Firenze s'ebbe la
sensazione favorissero i Guelfi quando permisero la distruzione delle case dei conti Uberti a Gardingo.
In sguito di un nuovo moto popolare a novembre il conte
Guido Novello, vicario imperiale in Toscana, abbandon la
citt con i suoi cavalieri tedeschi, e cos termin il potere ghibellino a Firenze. I Guelfi riformarono il governo, offrendo per
dieci anni la signoria al re Carlo I d'Angi157. Corrado da Palazzo158, vicario di Carlo I d'Angi, fu a Firenze a partire dal
1266. Nel marzo del 1267 giunse a Firenze come vicario di
Carlo I il conte Guido di Montfort159 accompagnato da 800 cavalieri francesi. I Guelfi rientrarono in citt dopo sei anni d'esi154 In XXXII, 41
155 In XXXII, 121
156 In XXIII, 104
157 In XIX, 99; Pu VII, 113; Pu XX, 66
158 Pu XVI, 124
159 In XII, 118

- 85 -

I - Breve inquadramento cronologico

lio causando l'esodo dei Ghibellini e dopo poco capitol anche


Poggibonsi, una delle roccaforti dei Ghibellini esiliati da Firenze.
Questo stesso anno il sedicenne Corradino160 scese in Italia. A
Verona con diecimila cavalieri ebbe l'appoggio di Pisa e Siena.
Pass per l'Abruzzo ma venne sconfitto nella battaglia di Tagliacozzo il 23 agosto 1268. La vittoria arrise a Carlo I d'Angi161 grazie a Erardo di Valery162 contestabile di Champagne e
suo consigliere. Corradino163 di Svevia che venne catturato e
decapitato a Napoli e il papa nomin Carlo I vicario imperiale
per il periodo di vacanza. Lo stesso anno mor il papa Clemente IV.
La colonizzazione e la caduta degli Angioini

Nel 1269, nella battaglia a Colle di Val d' Elsa, i Guelfi fiorentini ebbero la meglio sui Senesi e Provenzan Salvani164, signore della citt, fu imprigionato e decapitato. La zia di questi, Sapia165, gio, poich era di parte guelfa, nell'apprenderne la
sconfitta del nipote.
Nel 1270 i Fiorentini sconfissero i Ghibellini fiorentini e senesi a Montevarchi e Guido di Montfort166, vicario in Toscana di
Carlo I d'Angi, entr in Firenze. Di lui si rammenta che per
160 Pu XX, 67
161 In XIX, 99; Pu VII, 113; Pu XX, 66
162 In XXVIII, 18
163 Pu XX, 67
164 Pu IX, 121
165 Pu XIII, 109
166 In XII, 118

- 86 -

Introduzione

vendicare la morte del padre, uccise a Viterbo durante la messa Enrico, fratello del futuro re Edoardo I d'Inghilterra167. Poggibonsi, piegata dalle armi di Guido di Montfort, venne distrutta dai Fiorentini.
Il re di Francia Luigi IX mor nel 1270 davanti a Tunisi all'inizio dell'ottava crociata, la seconda a cui partecipava; con lui vi
era, in quell'occasione, anche il fratello Carlo. A Trapani, di ritorno dalla crociata guidata dal suocero Luigi IX, mor Tebaldo II conte di Champagne e re di Navarra dal 1253 al 1270. Il
suo segretario, Gian Paolo di Navarra168, fu abile nel mercanteggiare grazie e benefci.
Successe a Luigi IX il Santo il figlio secondogenito Filippo III
l'Ardito169, padre di Filippo IV il Bello170. Questo fece impiccare il suo ciambellano, Pierre de la Brosse171, in sguito all'accusa lanciatagli da Maria di Bramante, sua seconda moglie.
Enrico I172 il Grasso (1244-1274) fu re di Navarra dopo la morte del fratello Tebaldo II. Nel 1269 aveva sposato Bianca d'Artois, figlia di Roberto d'Artois (figlio del re di Francia Luigi
VIII e fratello di Luigi IX il Santo). Giur fedelt al nuovo re
di Francia Filippo III l'Ardito173.

167 Pa XIX, 122


168 In XXII,48
169 Pu VII, 103
170 Pu XX, 91; Pa XIX, 120
171 Pu VI, 22
172 Pu VII, 107
173 Pu VII, 103

- 87 -

I - Breve inquadramento cronologico

Mor a causa dell'obesit, nel 1274, all'et di trent'anni. Lasci


il regno ad una bambina di tre anni, Giovanna I di Navarra
(1271-1305), che poi nel 1284 spos l'erede al trono di Francia, Filippo IV il Bello174.
Lanno successivo Guido di Montfort175 cadde in disgrazia e
gli successe, quale vicario del re in Toscana, Enrico di Vaudemont. Alla morte di Guido di Monfort Paganello d'Inghiramo
dei Pannocchieschi, signore del castello di Pietra, spos Margherita dei conti Aldobrandeschi di Santafiora e signori di
Campagnatico, sua vedova. Si vocifera che per riuscirvi fece
morire la sua legittima consorte Pia dei Tolomei176.
Nel 1272 san Tommaso d'Aquino177 si trovava a Firenze per il
capitolo generale dell'ordine domenicano. Nel frattempo il
conclave riunito a Viterbo elesse Tebaldo Visconti, allora in
Terrasanta: papa Gregorio X.
Nel giugno 1273 papa Gregorio X, l'imperatore di Costantinopoli Baldovino e Carlo I d'Angi178 erano a Firenze per rappacificare le fazioni. Ne segu in breve l'interdetto su Firenze e la
scomunica dei Guelfi per la condotta adottata verso Pisa. Ad
agosto re Carlo lasci Firenze. Quello stesso anno gli elettori
imperiali assegnarono la corona a Rodolfo d'Asburgo179.

174 Pu XX, 91; Pa XIX, 120


175 In XII, 118
176 Pu V, 133
177 Pu XX, 69; Pa X, 99; Pa XI, 16; Pa XIII, 32
178 In XIX, 99; Pu VII, 113; Pu XX, 66
179 Pa VIII, 72

- 88 -

Introduzione

Nel 1274 a Bologna vengono cacciati i Ghibellini: vanno in


esilio tra gli altri Fabbro180 dei Lambertazzi e Guido Guinizelli181, poeta fondatore del "dolce stil novo". Vendico Caccianemico182 che capeggi la fazione guelfa dei Geremei contro i
Lambertazzi, fu poi Podest di varie citt e costrinse la sorella
Ghisolabella a sposare il marchese di Ferrara Obizzo II d'Este183 per poi morire nel 1293 assassinato da Azzo VIII184.
Nel 1274 la Lega guelfa di Toscana mosse contro la ghibellina
Pisa sconfiggendo le sue truppe l'anno dopo ad Asciano e nel
1276, dopo essere stata sconfitta al Fosso Rinonico, Pisa firm
la pace con la Lega Toscana.
Nel 1275 papa Gregorio X, malato, di ritorno dal concilio di
Lione costretto ad attraversare Firenze. La citt ancora, e
rimane, sotto l'interdetto. L'anno successivo il papa mor.
Francesca da Polenta185, figlia di Guido il vecchio signore di
Ravenna, spos nel 1276 Gianciotto Malatesta signore di Rimini. Costei per, innamoratasi del cognato Paolo che era stato
Capitno del Popolo a Firenze, sar poi uccisa assieme a lui
dal marito tradito.
Adriano V186, Ottobono Fieschi dei conti di Lavagna, venne
eletto papa nel 1276 ma il suo pontificato dur solo 38 giorni.
180 Pu XIV, 100
181 Pu IX, 97; Pu XXVI, 92
182 In XVIII, 50
183 In XII, 111
184 Pu V, 77
185 In V, 116
186 Pu XIX, 100

- 89 -

I - Breve inquadramento cronologico

Dopo tre papi effimeri venne infine eletto nel 1277 Nicol
III187, Giovanni Gaetano Orsini, che govern la Chiesa fino al
1280.
A settembre 1278 Carlo d'Angi, su istanza del nuovo papa, si
dimise dalla carica di vicario imperiale in quanto non era pi
vacante la sede imperiale. Il mese dopo il cardinale Latino Malabranca entr in Firenze e la citt gli attribu pieni poteri.
Nel 1277 Napoleone della Torre, Capitno del Popolo di Milano, venne sconfitto dall'Arcivescovo Ottone Visconti e e dai
Ghibellini esiliati. Nel 1279 Nicol III188 costrinse Bologna a
richiamare i Ghibellini esiliati.
Gli anni '80

Tebaldo degli Zambrasi189 per vendetta contro i Lambertazzi,


che l'avevano offeso, nel 1280 apr le porte di Faenza, sua patria, ai guelfi Geremei.
Dopo aver convinto Bologna a richiamare i Ghibellini, il papa
invi nel febbraio 1280 il cardinale Latino che giunse a una
pacificazione tra Guelfi e Ghibellini. Tra gli esuli che rientrano
vi era il ghibellino Puccio Sciancato190 dei Galigai, bandito nel
1268. La situazione ghibellina sembr migliorare.
Il nuovo imperatore Rodolfo d'Asburgo191, tramite suoi vicari
(il vescovo di Gurk, Giovanni di Enstall, e Rodolfo di Hohe187 In XIX, 31
188 In XIX, 31
189 In XXXII, 122
190 In XXV, 48
191 Pa VIII, 72

- 90 -

Introduzione

neck), cerc di convincere i Fiorentini a cedere alcuni dei poteri imperiali che detenevano, tra cui il diritto di discutere le
cause d'appello. In Romagna, nel frattempo, si ebbe la signoria
di Guido da Montefeltro192, ardente ghibellino. Costui fu Vicario di Corradino a Roma nel 1268, poi Capitno ghibellino nel
1274 a Forl e Capitno generale dei Ghibellini romagnoli nel
1275.
In agosto 1280 mor Nicol III193 e Carlo I d'Angi, riusc a far
eleggere Martino IV194 papa dal 1281 al 1285. Il nuovo papa
era nativo di Brie: aveva fama di santo e buongustaio, ed era
stato in precedenza tesoriere della cattedrale di Tours.
Maestro Adamo195 da Brescia, venne arrestato per aver falsificato il fiorino d'oro per conto dei conti Guidi di Modigliana
(Guido, Alessandro e Aginolfo), e fu arso vivo a Firenze nel
1281. Erano frequenti i conflitti della citt con la nobilt confinante e, inoltre, la difesa dell'integrit della moneta era una
priorit basilare per una citt mercantile come Firenze.
Nel 1282 sorse a Firenze una nuova magistratura, progettata
dai mercanti di Calimala, che rimpiazz quella creata dal cardinale Latino e affianc quella dei Priori delle Arti. Capitno
del Popolo era in quel periodo Paolo Malatesta196 da Verrucchio.

192 In XXVII, 25
193 In XIX, 31
194 Pu XXIV, 23
195 In XXX, 61
196 In V, 134

- 91 -

I - Breve inquadramento cronologico

Nel marzo 1282 vi furono i moti dei Vespri contro Carlo I


d'Angi197 in Sicilia: i baroni, decidendo di fatto la separazione
dal continente, affidarono la corona a Pietro III d'Aragona198 il
Nerboruto marito di Costanza di Hohenstaufen199 figlia di
Manfredi200, e quindi legittimo erede.
La "guerra del vespro" tra aragonesi e angioini durer per vent'anni con alterni episodi, tra cui anche la fuga di Carlo II
d'Angi201 sconfitto dall'ammiraglio Ruggiero di Lauria. Tale
guerra vedr il suo termine con la pace di Caltabellotta nel
1302 con cui si assod che Federico III d'Aragona sarebbe rimasto re solo fino alla morte e poi l'isola sarebbe tornata in
mano angioina.
Pietro III d'Aragona202 il Nerboruto ebbe come figli Alfonso
III203, primogenito e re di Aragona che mor a ventisette anni
senza eredi, Giacomo II204, che successe nel regno di Aragona
al fratello Alfonso e mor nel 1291, e Federico II d'Aragona205,
che sar re di Sicilia nel 1296.
Guido da Montefeltro206, l'avversario del guelfo Malatesta da
Verrucchio207, difese Forl nel 1282 dai francesi inviati da papa
197 In XIX, 99; Pu VII, 113; Pu XX, 66
198 Pu VII, 112
199 Pu III, 143; VII, 129
200 Pu III, 112
201 Pu XX, 79; Pa VI, 106 ; Pa VIII, 72; Pa XIX, 127; Pa XX, 63
202 Pu VII, 112
203 Pu VII, 116
204 Pu VII, 119; Pa XIX, 137
205 In X, 11; Pu VII, 119; Pu XVI, 117; Pa XIX, 131; Pa XX, 63
206 In XXVII, 25
207 In XXVII, 46

- 92 -

Introduzione

Martino IV208. Nel 1295 Malatesta e il figlio Malatestino s'impadronirono di Rimini facendo strage di Ghibellini tra cui
Montagna di Parcitade209 che, dopo lunga prigionia, fu fatto
uccidere da Malatestino. Malatestino era noto per la spregiudicata ferocia tanto che nel 1312 invit come ambasciatori a Cattolica i fanesi Guido del Cassero e Angiolello da Carignano 210
e li fece affogare durante il viaggio.
A Firenze il Popolo ottenne delle modifiche istituzionali tra il
1282 e il 1284: istituzione del collegio dei sei Priori delle Arti
(uno per sestriere), un Gonfaloniere scelto dalle Arti, un consiglio, reparti armati e inoltre pot far entrare i propri esponenti
nel consiglio del Podest. Nel 1283 Carlo I d'Angi211 era a Firenze.
Firenze, Genova e Lucca strinsero accordi contro la citt di
Pisa che scelse come Capitno Generale per dieci anni Ugolino conte della Gherardesca212 la cui sorella era sposa di Giovanni di Gallura, capo dei Guelfi di Pisa e Sardegna. Pisa venne sconfitta nel 1284 durante la battaglia navale della Meloria
e abbandon ai genovesi la Sardegna.
Nel 1285 Firenze ampli la sua cinta muraria costruendo il terzo cerchio; quello stesso anno, a gennaio, mor Carlo I d'Angi. Egli era ancora impelagato nella "guerra del vespro" e lasci il figlio Carlo II prigioniero dei siciliani, che lo libereran208 Pu XXIV, 23
209 In XXVII, 47
210 In XXVIII, 77
211 In XIX, 99; Pu VII, 113; Pu XX, 66
212 In XXXIII, 13

- 93 -

I - Breve inquadramento cronologico

no solo nel 1288 quando riconoscer la separazione dei due regni; giuramento da cui fu sciolto da papa Nicol IV. Carlo II
regn ventiquattro anni senza eventi particolari e gli succeder
il figlio secondogenito Roberto d'Angi213 nel maggio 1309.
Nel 1286 Corso Donati214 cerc inutilmente di impedire l'esecuzione di un Magnate.
Andrea dei Mozzi215 divenne vescovo di Firenze nel 1287 ma
poi fu trasferito dal papa a Vicenza nel 1295 dove mor l'anno
successivo. I Magnati, nel 1287, cacciarono i Guelfi dalla citt
per affidare le redini del governo al nuovo vescovo, Guglielmo
degli Ubertini. Questo, di fede ghibellina, terminer la sua carriera con la battaglia di Campaldino.
Pisa

Ugolino della Gherardesca216, conte di Donoratico, nel 1275


tent di imporre il governo guelfo alla ghibellina Pisa. Esiliato
nel 1276 rientr con i Guelfi. Nel 1284 comandava la flotta pisana sconfitta alla Meloria. Cedette in quel periodo alcuni castelli a Firenze e Lucca per allontanarle dalla lega con Genova.
Nel 1285 associ al governo il nipote Ugolino Visconti di
Pisa217 ma i Ghibellini, guidati dall'arcivescovo Ruggieri218, fi-

213 Pa VIII, 76
214 Pu XXIV, 82
215 In XV, 112
216 In XXXIII, 13
217 Pu VIII, 53
218 In XXXIII, 14

- 94 -

Introduzione

glio di Ubaldino della Pila219 che era fratello del cardinale Ottaviano220, cacciarono Ugolino Visconti di Pisa.
In sguito l'arcivescovo convinse il conte Ugolino della Gherardesca a rientrare. Il conte, richiamato dunque con la scusa di
concludere la pace, fu accusato di tradimento per aver ceduto i
castelli pisani e nel luglio 1288 rinchiuso nella torre dei Gualandri con i figli Gaddo, Ugaccione e i nipoti Nino e Anselmo.
Dopo otto mesi di trattative, nel febbraio 1289, furono lasciati
morire di inedia.
Ugolino Visconti, figlio di una figlia del conte Ugolino della
Gherardesca, era giudice di Gallura in Sardegna dove ebbe
come vicario frate Gomita221, che fu in seguito impiccato per
tradimento. Associato dal nonno al governo di Pisa, nel 1288
ripar a Lucca. Con Fiorentini, Genovesi e Lucchesi assal nel
1289 il castello pisano di Caprona. Ritorn poi in Sardegna,
ma nel 1296 era a capo della Taglia guelfa di Toscana e si preparava ad assalire Pisa quando mor.
Era sposato con Beatrice d'Este222 che, figlia del marchese di
Ferrara Obizzo II d'Este223, nel 1330, dopo la sua morte spos
Galeazzo Visconti di Milano. La figlia, Giovanna224, sposer
Rizzardo da Camino225 figlio di Gherardo da Camino226 di Tre219 Pu XXIV, 29
220 In X, 120
221 In XXII, 81
222 Pu VIII, 73
223 In XII, 111
224 Pu VIII, 71
225 Pa IX, 50
226 Pu XVI, 124

- 95 -

I - Breve inquadramento cronologico

viso che fu signore della sua citt fino al 1300, quando gli successe il figlio. Gaia da Camino227 figlia di Gherardo, spos Toberto da Camino e mor nel 1311.
Guerra aretina e battaglia di Campaldino

Nell'ottobre 1287 i rappresentanti della Lega tra le citt Toscane e i Guelfi di Arezzo si riunirono nel Battistero e proclamarono guerra ad Arezzo. Nel 1288, quindi, l'esercito fiorentino
marci fino alle mura di Arezzo. Jacopo del Cassero228, giunse
con la colonna dei Guelfi marchigiani in aiuto dei Fiorentini.
Le truppe della Lega si ritirarono perch impreparate all'assedio. Mossero nuovamente contro Arezzo l'anno successivo,
mentre erano in corso anche operazioni militari contro Pisa di
cui era podest Guido da Montefeltro229. Carlo II d'Angi230 lo
Zoppo, padre di Carlo Martello231, re di Napoli transit in citt
sbito prima della loro partenza.
Buonconte da Montefeltro232, figlio di Guido, fu a capo dei
Ghibellini che nel 1287 cacciarono i Guelfi da Arezzo. L'anno
dopo combatt contro i senesi alla Battaglia di Pieve del Toppo, battaglia in cui mor Arcolano Maconi233 da Siena; nel
1289 guid i Ghibellini aretini a Campaldino dove per.

227 Pu XVI, 140


228 Pu V, 64
229 In XXVII, 25
230 Pu XX, 79; Pa VI, 106 ; Pa VIII, 72; Pa XIX, 127; Pa XX, 63
231 Pa VIII, 40; Pa IX, 1
232 Pu V, 88
233 In XIII, 120

- 96 -

Introduzione

L'11 giugno 1289 i Guelfi fiorentini sconfissero gli Aretini a


Campaldino. La battaglia di Campaldino fu la definitiva sconfitta dei Ghibellini e l'affermazione dei Magnati rispetto alla
borghesia imprenditoriale. Nelle file dei Guelfi fiorentini vi
erano allora Vieri de'Cerchi e Corso Donati.
Nel 1290 i fiorentini mossero contro Arezzo. A fine giugno il
grosso dell'esercito ritorn in citt e poi diresse contro Pisa.
Rodolfo d'Asburgo234, suocero di Carlo Martello235, era stato
eletto imperatore nel 1273 e mor nel 1291 senza mai essere
sceso in Italia. Neppure i suoi successori lo faranno: Adolfo di
Nassau morto nel 1298 e Alberto I d'Austria236, figlio di Rodolfo d'Asburgo, morto nel 1308.
Il re di Boemia (dal 1278) Venceslao II237, figlio di Ottocaro
II238, aveva sposato la sorella di Alberto I e favor la sua elezione imperiale. L'imperatore in cambio nel 1300 lo aiut a ottenere la corona di Polonia. Gli venne quindi offerto anche il
trono d'Ungheria, poich si era estinta la dinastia degli Arpadi,
ma egli lo cedette al figlio Venceslao III, che dovette quasi sbito lasciarlo ai pretendenti angioini. Nel 1304 Alberto I invase la Boemia togliendola al cognato Venceslao II ed egli si dovette quindi alleare con il re di Francia Filippo IV il Bello239.

234 Pa VIII, 72
235 Pa VIII, 40; Pa IX, 1
236 Pu VI, 97; Pa XIX, 115
237 Pu VII, 101; Pa XIX, 125
238 Pu VII, 100
239 Pu XX, 91; Pa XIX, 120

- 97 -

I - Breve inquadramento cronologico

Se gli imperatori ignoravano l'Italia, i papi se ne interessarono


soprattutto per le proprie famiglie: Onorio IV (1285-1287) rafforz quindi i Savelli, Nicol III240 (1277-1280) gli Orsini e
Nicol IV (1288-1292) i Colonna.
Spagna e Portogallo alla fine del duecento

Nel 1277 papa Giovanni XXI aveva interdetto il regno del Portogallo e scomunicato re Alfonso III. Nel 1279 il regno pass
al figlio Dionigi Alfonso241 l'Agricoltore che, per parte di madre, era nipote del re di Castiglia, Alfonso X il Saggio.
Salito al trono inizi a trattare con i papi in carica (Niccol III,
Martino IV, Onorio IV e Niccol IV) fino a giungere, nel
1289, ad un concordato. Nel 1282 spos la principessa aragonese Isabella la Santa, figlia del re d'Aragona, Pietro III d'Aragona242 il Nerboruto e della principessa Costanza di Hohenstaufen243, figlia del re di Sicilia Manfredi244, (quindi nipote
dell'imperatore Federico II di Svevia) e di Beatrice di Savoia.
In Spagna Ferdinando Sanchez IV245 il Convocato, nel 1295,
alla morte del padre Sancho IV, divenne re di Castiglia a soli
nove anni. Lo zio si appropri del regno di Len mentre il cugino, Alfonso de la Cerda, sarebbe stato il successore legittimo
del regno di Castiglia in quanto designato dal nonno Alfonso

240 In XIX, 31
241 Pa XIX, 139
242 Pu VII, 112
243 Pu III, 143, VII, 129
244 Pu III, 112
245 Pa XIX, 125

- 98 -

Introduzione

X (al quale il padre Sancho IV aveva usurpato il trono) e veniva in queste sue aspettative appoggiato dai re di Aragona.
La Castiglia venne attaccata da re Dionigi del Portogallo fino
al 1297 quando, con il trattato di Alcaices, Dionigi e la reggente Maria, per Ferdinando IV, sancivano una pace quarantennale. Sbito dopo, a partire dal 1300 fu attaccata dal re Giacomo II di Aragona.
Nel 1301 Ferdinando IV di Castiglia divenne maggiorenne e
l'anno dopo spos Costanza del Portogallo, figlia di Dionigi
Alfonso246 del Portogallo e di Isabella di Aragona, figlia di
Pietro III d'Aragona247 il Nerboruto.
Nel 1305 Giacomo II d'Aragona e Ferdinando IV di Castiglia
firmarono il trattato di Elx. In pace con l'Aragona Ferdinando
Sanchez IV248 si dedic alla guerra contro i Mori del regno di
Granada. Quando mor, nel 1312, gli successe il figlio Alfonso
XI di Castiglia il Giusto, di pochi mesi, con la reggenza di sua
nonna, Maria.
Inghilterra fino all'inizio del 1300

Nel 1066 l'esercito normanno del duca Guglielmo (uno tra i


maggiori feudatari francesi e parente del defunto re, Edoardo il
Confessore) s'impadron del regno inglese sconfiggendo nella
battaglia di Hastings i feudatari anglosassoni.

246 Pa XIX, 139


247 Pu VII, 112
248 Pa XIX, 125

- 99 -

I - Breve inquadramento cronologico

Sotto Enrico II Plantageneto (1154-1189) vasti territori francesi della casa d'Angi, la Normandia, che era gi inglese, e il
ducato di Aquitania, che lo diviene allora per matrimonio, vanno a fare parte della corona inglese.
A partire dal 1169 Enrico II dInghilterra ottenne da papa
Adriano IV la concessione (laudabiliter) per sottomettere l'Irlanda e inizi la conquista dell'isola, che fu sottomessa del tutto nel 1171.
Le tasse aumentarono notevolmente sotto Riccardo I Cuor di
Leone (1189-1199) e Giovanni Senzaterra (1199-1216), a motivo delle continue guerre feudali nel continente e della terza
crociata (1187). La guerra col re francese Filippo II provoc
numerose perdite territoriali nel continente ed inoltre, in sguito ad alcuni attriti con papa Innocenzo III249, Giovanni Senzaterra fu scomunicato e la corona pass a Filippo II. Giovanni,
per rientrare in possesso della corona, dovette riconciliarsi col
pontefice e accattivarsi i baroni che gli imposero la firma della
Magna Charta Libertatum nel 1215.
Gli successe Enrico III250 (1216-1272) che continu ad aumentare i privilegi reali. Il conflitto con i baroni scoppi nel 1263:
i baroni e gli abitanti delle citt, guidati da Simone di Monfort,
pretesero l'istituzione di un Parlamento. La monarchia inglese,
nella battaglia di Evesham (1265), usc vincitrice dal conflitto
ma tuttavia il re istitu il Parlamento.

249 Pa XI, 92
250 Pu VII, 131

- 100 -

Introduzione

Grazie all'appoggio del Parlamento il re Edoardo I d'Inghilterra251 (1272-1307) pot combattere i principati celtici indipendenti del Galles e sottometterli. Tent di sottomettere la Scozia
nel 1296; nel 1303, re Edoardo invase nuovamente la Scozia e
sottomise tutti i capi scozzesi tranne William Wallace.
Robert I Bruce252 (1274-1329) venne incoronato re di Scozia
nel 1306 radunando attorno a s la resistenza contro gli inglesi.
Lo stesso anno sub alcune sconfitte ma il 7 luglio 1307 re
Edoardo mor lasciando come suo erede il figlio: il debole
Edoardo II. Nel 1310 il clero scozzese, nonostante la scomunica, riconobbe come suo re Bruce che, nel 1314 con la battaglia
di Bannockburn, assicur l'indipendenza scozzese dall'Inghilterra.
Gli Ordinamenti di Giustizia

Giano della Bella253 eletto tra i Priori delle Arti, entr in carica
il 15 febbraio del l293. Come reazione al guelfismo magnatizio promulg gli Ordinamenti di Giustizia nel 1293, che tagliarono fuori dalla vita politica i Magnati rendendo necessaria l'iscrizione ad un'Arte e predisponendo gli strumenti per tutelare
i cittadini dai Magnati. Cre la figura del Gonfaloniere di Giustizia che fu posta come garante del nuovo ordinamento.
I Guelfi di Firenze e Lucca accettarono nel 1293 di firmare la
pace con Pisa per via delle imprese di Guido da Montefeltro254.
251 Pa XIX, 122
252 Pa XIX, 122
253 Pa XVI, 132
254 In XXVII, 25

- 101 -

I - Breve inquadramento cronologico

Nel 1294 divenne papa Celestino V255 a 74 anni: una ventata di


santit rispetto ai papi precedenti. A marzo la famiglia reale di
Napoli tra cui anche Carlo Martello256, figlio primogenito di
Carlo II d'Angi, era a Firenze. A dicembre dello stesso anno
papa Celestino V abdic.
Si chiuse questo periodo con la salita al soglio pontificio di
Bonifacio VIII257 (che mor poi nel 1303) e con la morte del
dotto fiorentino Brunetto Latini258 che, notaio, filosofo, maestro di retorica e guelfo, fu esule in Francia dopo Montaperti e
torn in patria solo dopo Benevento.
Nel 1295 i Priori delle Arti ammorbidirono le norme in vigore
e permisero cos ai Magnati di rientrare nel governo cittadino,
mentre Giano venne esiliato.
L'anno successivo il Capitno ghibellino Guido da Montefeltro259, oramai settantenne e divorziato, lasci l'attivit politica e
militare ed entr nei Francescani.
Jacopo del Cassero260 di Fano, fu Podest a Bologna nel 129697 quando un contingente fiorentino venne venne inviato in
aiuto dei Bolognesi. Durante la sua podesteria si oppose ad
Azzo VIII d'Este261, figlio di Obizzo II d'Este262 e marchese di
Ferrara, Modena e Reggio. Quando nel 1298 fu chiamato
255 In III, 59; In XXVII, 105
256 Pa VIII, 40; Pa IX, 1
257 In XIX, 53; In XXVII, 70; Pa XXVII, 22
258 In XV, 30
259 In XXVII, 25
260 Pu V, 64
261 Pu V, 77
262 In XII, 111

- 102 -

Introduzione

come Podest a Milano, Azzo lo fece uccidere mentre, in viaggio, passava nei pressi di Padova.
Bonifacio VIII

Bonifacio VIII263 (1294-1303) riprese e ampli il programma


teocratico di Innocenzo III264. Nel 1294, dopo aver indtto Celestino V ad abdicare, fu eletto papa dal conclave riunito a Napoli.
Il re di Francia, Filippo IV il Bello265, intendeva sottoporre gli
ecclesiastici francesi alle imposte ma Bonifacio invoc il rispetto dei tradizionali privilegi ecclesiastici. Per migliorare la
sua immagine in Francia canonizz re Luigi IX di Francia; poi
consolid la sua posizione in Roma sulle famiglie rivali bandendo una crociata contro i Colonna. Celebr il primo giubileo
secolare nel 1300. Cerc di concludere la guerra tra Angioini e
Aragonesi con la pace di Caltabellotta nel 1302. Tent di pacificare le fazioni bianche e nere di Firenze inviandovi Carlo di
Valois che vi rimase fino all'aprile 1302.
La contesa con la Francia si riaccese quando Filippo il Bello
fece arrestare il vescovo di Pamiers: il papa ribad i suoi diritti
e la sua visione teocratica con la bolla Unam sanctam (1302) e
nel Concilio romano depose Filippo. Il sovrano pose i beni ecclesiastici sotto il controllo della corona e si alle con i Colonna. Invi Guglielmo di Nogareth in Italia e questi, con Sciarra
Colonna, cattur Bonifacio VIII nel suo palazzo di Anagni nel
263 In XIX, 53; In XXVII, 70; Pa XXVII, 22
264 Pa XI, 92
265 Pu XX, 91; Pa XIX, 120

- 103 -

I - Breve inquadramento cronologico

settembre 1303. Il papa, liberato da una insurrezione dei cittadini di Anagni, scomunic il re ma per a Roma pochi giorni
dopo.
Guelfi Bianchi e Neri

Due nobili famiglie consanguinee, per cause meramente private, diedero origine a Pistoia, nel XIV secolo, a due fazioni:
Bianca e Nera. Anche a Firenze il partito guelfo si scisse in
due fazioni alleate una con le famiglie pi antiche e guidate
dai Donati (i Neri, pi legati al papato e sostenuti dall' lite
mercantile e finanziaria) e l'altra con le famiglie di recente
ascesa e guidate dai Cerchi (i Bianchi pi moderati).
Piccarda Donati266, sorella di Corso Donati, si fece monaca
clarissa ma il fratello la allontan a forza dal convento per maritarla con Rossellino della Tosa. L'altro suo fratello era Forese267, buon rimatore e amico di Dante.
I Ghibellini tennero per i Bianchi della famiglia Cerchi, come
anche i partigiani di Giano della Bella. Tra essi il poeta Guido
Cavalcanti268, genero di Farinata degli Uberti269.
Nel 1297 venne votato nel Consiglio del Cento l'invio di un
aiuto a papa Bonifacio VIII da impiegare nella crociata contro
i Colonna.

266 Pu XXIV, 10; Pa III, 49; Pa, IV, 97


267 Pu XXIII, 48; Pu XXIV 74
268 In X, 63; Pu IX, 97
269 In VI, 79; In X, 32

- 104 -

Introduzione

Nel 1298 l'ammiraglio veneziano Andrea Dandolo fu sconfitto


a Curzola da Lamba Doria. A Firenze predominava la fazione
dei Donati. A fine anno si ebbe l'ennesima zuffa tra Cerchi e
Donati. A maggio 1299 un moto popolare rovesci il Podest e
la fazione dei Donati. Corso Donati270 ottenne la podesteria di
Orvieto che lo allontan dalla citt ormai in mano ai Bianchi
della famiglia Cerchi.
L'inizio del Trecento

Il 1300 fu un anno giubilare e molti andarono in pellegrinaggio


a Roma. Nell'aprile del 1300 vennero condannati alcuni cittadini fiorentini legati al papa. I Neri in citt, nel frattempo, erano sempre attivi e manovrarono per un ritorno di Corso Donati271.
Nel giugno 1300 il cardinale Matteo d'Acquasparta272, ministro
generale dell'ordine francescano e capo della corrente conventuale, fu inviato dal papa, come paciere, a Firenze. Proprio
mentre costui si trovava a Firenze, divenne Priore Dante Alighieri.
A giugno, durante una processione in onore di san Giovanni,
alcuni Magnati vennero alle mani con i Capitani delle Arti. In
sguito all'episodio vi furono molti esiliati, sia Bianchi che
Neri e tra essi anche il bianco Guido Cavalcanti273, figlio di
Cavalcante Cavalcanti274. A fine anno Matteo d'Acquasparta
270 Pu XXIV, 82
271 Pu XXIV, 82
272 Pa XII, 124
273 In X, 63; Pu IX, 97
274 In X, 52

- 105 -

I - Breve inquadramento cronologico

lasci Firenze e la citt preg papa Bonifacio VIII275 di mandare un nuovo paciere. Carlo di Valois276, fratello di Filippo IV il
Bello277 giunse il 4 novembre 1301 e favor i Neri: furono
espulsi Dante Alighieri, Petracco dell'Incisa, il giurista e rimatore Lapo Salterello e moltissimi Bianchi. Nel 1302 Dante fu
condannato al rogo in contumacia.
In sguito la fazione dei Neri si divise in Donateschi (capeggiati da Corso Donati2) e dei Tosinghi (seguaci di Rosso del
Tosa).
Diventa podest di Firenze nel primo semestre 1303 Fulcieri
da Calboli278, nipote di Rinieri da Calboli279 della famiglia
guelfa dei Paolucci di Forl, che strumento dei Neri.
Filippo IV il Bello280 invi nel 1303 ad Anagni Guglielmo di
Nogareth, come dicevamo prima, che imprigion Bonifacio
VIII281 il quale, sebbene liberato da una insurrezione popolare,
dopo pochi giorni mor.
Alessandro Novello282, vescovo di Feltre, nel 1304 consegn i
fuoriusciti ferraresi, che si erano rifugiati presso di lui, al vicario Pontificio di Ferrara, Pino della Tosa, che li fece decapitare.
275 In XIX, 53; In XXVII, 70; Pa XXVII, 22
276 Pu XX, 71
277 Pu XX, 91; Pa XIX, 120
278 Pu XIV, 58
279 Pu XIV, 88
280 Pu XX, 91; Pa XIX, 120
281 In XIX, 53; In XXVII, 70; Pa XXVII, 22
282 Pa IX, 53

- 106 -

Introduzione

L'emarginazione del papato

Carlo II d'Angi283 fece sposare la figlia Beatrice con Azzo


VIII d'Este284 nel 1305. Partito da Firenze Carlo di Valois e
morto Bonifacio VIII, nuove divisioni fra i Magnati e i popolani di parte Nera causarono nuovi tumulti. La citt ricorse a Benedetto XI appena fatto pontefice, rimettendosi alla sua mediazione. Il papa invi a Firenze il cardinale Niccol, vescovo
d'Ostia, che non riusc nell'intento.
Il nuovo papa, Benedetto XI, mor avvelenato nel 1304. Il conclave di Perugia elesse allora nel 1305 Clemente V285 , il guascone Bertrand de Goth, che fu il primo dei papi di origine
francese. Il nuovo papa trasport la sede pontificia ad Avignone e cos incominci la cattivit avignonese (1305-1377).
Firenze, nel 1306, sconfisse Pistoia e ne abbatt le mura; poi
combatt contro gli Ubaldini e i Ghibellini fiorentini fortificati
nel castello di Montaccianico.
Nel 1307 Vitaliano del Dente286 di Padova era Podest della
sua citt.
Filippo IV il Bello287, sempre in conflitto con il papato, nel
1308 distrusse l'ordine dei Templari e ne incamer le notevoli
ricchezze. La stesso anno, dopo la morte dell'imperatore Al-

283 Pu XX, 79; Pa VI, 106 ; Pa VIII, 72; Pa XIX, 127; Pa XX, 63
284 Pu V, 77
285 In XIX, 79; Pa XVII, 82; Pa XXVII, 58; Pa XXX, 142
286 In XVII, 68
287 Pu XX, 91; Pa XIX, 120

- 107 -

I - Breve inquadramento cronologico

berto I d'Austria288, fu eletto il 25 novembre 1308 Enrico VII289


di Lussemburgo.
Corso Donati290 fu accusato di tradimento nel 1308 e, inseguito
da alcuni cavalieri catalani, mor impigliato nella staffa e trascinato dal proprio cavallo. Dopo la morte di Corso Donati e la
cacciata dei suoi seguaci la situazione cittadina si tranquillizz.
Il novarese fra Dolcino Tornielli291 assunse la guida del movimento dei dei Fratelli Apostolici contro cui papa Clemente V
band nel 1306 una crociata. Fra Dolcino si ritir con 5000 seguaci sul Monte Zebello, nel Vercellese, ma dopo tre mesi di
resistenza dovette arrendersi. Nel 1308 fu arso vivo a Novara.
Roberto d'Angi292, fratello minore di Carlo Martello293, successe al regno di Sicilia nel 1309.
L'attesa del Veltro

L'imperatore Enrico VII294 entr in Italia nel settembre 1310


con duemila cavalieri e l'intento di ripristinare la situazione
politica creatasi con la pace di Costanza. I vicari imperiali che
nominava per le varie citt avrebbero dovuto governare di concerto con le autorit locali e ripristinare la pace e la giustizia:
288 Pu VI, 97; Pa XIX, 115
289 Pa XVII, 82; Pa XXX, 137
290 Pu XXIV, 82
291 In XXVIII, 55
292 Pa VIII, 76
293 Pa VIII, 40; Pa IX, 1
294 Pa XVII, 82; Pa XXX, 137

- 108 -

Introduzione

ovunque giungesse richiamava gli esiliati come gesto conciliativo.


Dal 1295 al 1302 il ghibellino Matteo Visconti, nipote dell'arcivescovo Ottone, era stato Capitno del Popolo di Milano.
Una lega tra Piacenza e Parma reinsedi Guido Della Torre ma
l'arrivo dell'imperatore fece richiamare i Ghibellini che ne approfittarono per risalire al potere ed espellere i Guelfi. Il giureconsulto fiorentino Baldo d'Aguglione295 nel 1311 scrisse la riforma che permise le amnistie da cui per fu escluso Dante.
Nel gennaio 1311 l'imperatore venne incoronato con la corona
di ferro a Sant'Ambrogio.
Le citt guelfe di Crema, Cremona, Lodi, Brescia e Como si ribellarono. Brescia capitol nel 1311 all'imperatore che poi diresse a Genova, dove ottenne la signoria della citt per vent'anni; a febbraio 1312 salp per la Toscana su navi pisane. A
Roma il 29 giugno 1312 fu incoronato a San Giovanni in Laterano. Le sue truppe, i Ghibellini e i Bianchi minacciarono Firenze nel 1312. Usc dal territorio fiorentino nel gennaio 1313
in attesa di rinforzi dalla Germania inviatigli dal fratello, arcivescovo di Treviri: duemilacinquecento cavalieri. Ad agosto i
tedeschi e millecinquecento cavalieri italiani partirono da Pisa
diretti contro re Roberto d'Angi296 ma Enrico VII297 giunse a
Bonconvento, presso Siena, e l mor.
Dopo dieci mesi gli elettori, riuniti a Francoforte, elessero alcuni Lodovico IV di Baviera e altri Federico I d'Austria. Il
295 Pa XVI, 56
296 Pa VIII, 76
297 Pa XVII, 82; Pa XXX, 137

- 109 -

I - Breve inquadramento cronologico

conflitto tra gli elettori permaner fino al settembre 1322


quando Federico verr sconfitto e imprigionato a Mhldorf.
Nel 1314 mor Filippo IV il Bello298, ferito a morte da un cinghiale, e Clemente V299. A Firenze il potere pass nelle mani
del vicario di Roberto d'Angi300 re di Napoli.
Risorgono le forze ghibelline

Rinieri da Clboli301 (Podest a Faenza, Parma e Ravenna tra


1250 e il 1265) s'impadron di Forl nel 1292. Cacciato due
anni dopo vi torn nel 1296, ma l'esercito di Scarpetta degli
Ordelaffi lo sconfisse e uccise.
Marchese degli Argogliosi302, imparentato con i signori da Polenta, aiutato da Scarpetta e Bartolomeo Ordelaffi, nel 1311
prese Forl che era in mano al nipote di Rinieri, Fulceri da Clboli. Costui, con suo figlio Paolo, appoggi nel 1315 Cecco
Ordelaffi e i Ghibellini che rientrarono in Forl cacciando Marchese degli Argogliosi e Ferrandino Malatesta. Entrambi i Clboli vennero per poi espulsi da Forl dall'Ordelaffi.
Uguccione della Faggiuola, giunto a Pisa, rianim i Ghibellini;
nel giugno 1314 si impadron di Lucca e fece imprigionare il
ghibellino Castruccio Castracani. Nel 1315 sconfisse Fiorentini, Senesi, Volterrani, Pistoiesi e alleati guelfi di Toscana a
Montecatini.
298 Pu XX, 91; Pa XIX, 120
299 In XIX, 79; Pa XVII, 82; Pa XXVII, 58; Pa XXX, 142
300 Pa VIII, 76
301 Pu XIV, 88
302 Pu XXIV, 31

- 110 -

Introduzione

Il papa Clemente V incaric il cardinale Bertrando del Poggetto di far valere i diritti della Santa Sede in Lombardia agendo
sopratutto contro il ghibellino Matteo Visconti. Morto papa
Clemente V nel 1314, venne eletto nel 1316 Giovanni XXII303,
nato a Cahors e vescovo di Avignone, che fiss anch'egli la
sede papale ad Avignone.
Il 10 aprile 1316 Uguccione fu espulso da Pisa e da Lucca. A
Lucca il Castracani, appartenente agli Interminelli, venne innalzato ancora in catene alla signoria della citt.
Matteo Visconti combattendo contro i Guelfi lombardi si impadron di Pavia, Tortona, Alessandria, assedi a Genova re
Roberto d'Angi304 e costrinse alla ritirata Carlo di Valois che,
nel 1320, era entrato in Italia sollecitato dal papa.
Castruccio Castracani inizi l'offensiva contro Firenze a partire dal 1320 saccheggiando la Val di Nievole e la Val d'Arno
inferiore.
1321 Morte di Dante.

303 Pa XVIII, 130; Pa XXVII, 58


304 Pa VIII, 76

- 111 -

Introduzione

II Profilo biografico di Dante Alighieri


Storia del casato

Cacciaguida degli Elisei "filius Adami", da cui origina la famiglia di Dante, abitava con i fratelli Moronto ed Eliseo nella
zona del Mercato Vecchio. Spos la ferrarese Aldighiera figlia
di Aldighiero degli Aldighieri, il cui nome, origin poi il cognome di Alighieri. Ebbero due figli Preitenitto, padre di Bonareddita, e Alighiero I. Armato cavaliere da Corrado III di
Svevia, mor in Terrasanta nel 1148 durante la III crociata.
Alighiero I spos la figlia di Bellincione Berti dei Rovagnati
ed ebbe due figli: Bello, padre di Geri del Bello, e Bellincione.
Bellincione, ricco ed abile uomo d'affari, non era in politica
ma era di parte guelfa e per questo non pat per l'esilio del nonno materno ghibellino (Bellincione Berti). Ebbe numerosi figli; il primo dei sei maschi ebbe il nome del nonno e si chiam
Alighiero II.
Alighiero II spos Bella degli Abati, figlia di Durante degli
Abati, da cui ebbe una figlia, che and in moglie a Leone Poggi, e Durante. Vedovo nel 1270-1273 spos in seconde nozze
Lapa, figlia di Chiarissimo Cialuffi, da cui ebbe Francesco e
(Gae)Tana, che spos Lapo Riccomanni.
Il figlio di prime nozze Durante degli Alighieri, detto Dante,
spos nel 1285 Gemma, figlia di Manetto Donati parente di
Corso Donati, ed ebbe quattro figli: Giovanni, Pietro, Jacopo e
Antonia.
- 113 -

II Profilo biografico di Dante Alighieri

Giovanni, la cui esistenza discussa, premor al padre ma


dopo il 1308. Antonia divenne suora col nome di Beatrice e si
ritir nel convento di Santo Stefano degli Ulivi a Ravenna.
Pietro e Jacopo nel 1315, oramai maggiori di quindici anni, seguirono il padre in esilio.
A ld ig hie ro
d e g li A ld ig hie ri

A dam o

M o ro nto

E lise o

C a cc ia g uid a
d e g li E lise i

A ld ig hie ra

P re ite nitto

A lig hie ro I

B o na re d d ita

B e llo

fig lia

B e llincio ne

C hia ri ssim o
C ia nluffi

G e ri d e l B e llo

Lapa

Ta na

B e llinci one B e rti


d e ' R o va g na ti

F ra nce sc o

D ura nte
d e g li A b a ti

S e i m a sc hi

A lig hie ro II

B e lla
d e g li A b a ti

D ura nte
d e ttoDante

fig lia

Nascita e adolescenza di Dante

Durante degli Alighieri, detto comunemente Dante anche nei


documenti ufficiali, nasce alla fine di maggio (tra il 14 maggio
e il 13 giugno) del 1265, nella casa di fronte alla Torre della

- 114 -

Introduzione

Castagna, nel popolo* di San Martino del Vescovo. Viene battezzato il 26 gennaio 1266, che un sabato santo, nel battistero
di san Giovanni durante la pubblica cerimonia di battesimo dei
nati nell'ultimo anno.
La madre, Bella, muore tra il 1270 e il 1273, quando egli non
aveva che pochi anni (tra i cinque e gli otto). Il padre si risposa
dopo cinque anni dando altri due fratelli a Dante: Tana e Francesco.
Nel 1274, a maggio, incontra (avvenimento decisivo nella sua
vita) Beatrice, figlia di Folco Portinari, che in sguito sposer
Simone Bardi. Il 9 gennaio 1277, quando non aveva che dodici
anni, il padre stipula l'instrumentum dotis come premessa al
matrimonio con Gemma, figlia di Manetto Donati.
Poco prima del 1283 il padre muore e lascia il diciassettenne
Dante a capo della famiglia.
Gli studi e l'attivit militare

I primi rudimenti della cultura li apprende studiando presso un


doctor puerorum: il pi vicino a casa sua era un certo Romano
ma non certo sia stato il suo insegnante.
Nel 1274, quando non aveva che nove anni, viene decretato al
concilio ecumenico di Lione il dogma del Purgatorio.
Tra met anni 70 e met anni 80 il periodo dell'amicizia con
Guido Guinizzelli. Tra il 1280 e il 1287 compone (l'attribuzio-

* Una ripartizione della citt a met strada tra la parrocchia e il quartiere.

- 115 -

II Profilo biografico di Dante Alighieri

ne alquanto dubbia) i 232 sonetti del Fiore e il Detto d'Amore.


Nel novembre del 1285, a vent'anni, partecipa, con la cavalleria fiorentina, ad una spedizione d'aiuto ai Senesi in guerra con
gli Artetini.
Certamente tra il 1286 e il 1287 soggiorna nella citt universitaria di Bologna per almeno sei mesi. In quel periodo corrispondeva poeticamente con Dante da Maiano e nella citt di
Bologna i suoi componimenti furoreggiano. Il suo stile guittoniano si muta in questi mesi e diventa tipicamente stilnovista.
In quel periodo stringe amicizia con molti studenti toscani tra
cui Jacopo Cavalcanti, suo nipote Dante degli Abati e Gianni
degli Infangati.
Nel 1288 rientra a Firenze per l'escalation dello scontro militare tra Senesi ed Aretini, con cui si schierano i ghibellini toscani. I Fiorentini, spinti dal passaggio di Carlo II d'Angi in citt
nel maggio del 1289, decidono di aumentare gli aiuti allo
schieramento Lucchese e la cavalleria fiorentina combatte l'11
giugno a Campaldino con Dante in prima linea.
Rientra in citt il 24 luglio e marcia verso Pisa partecipando, il
16 agosto, all'espugnazione del castello di Caprona, in Val
d'Arno. Il castello, occupato dal comandante dei Guelfi pisani
fuoriusciti, Nino Visconti, era infatti caduto in mano a Guido
da Montefeltro.
Nel marzo 1290 Nino Visconti torna a Firenze; poco dopo diventa Podest della citt Guido da Polenta il Vecchio, padre di
- 116 -

Introduzione

Francesca da Rimini, di cui Dante diventa amico. Quello stesso anno muore Beatrice e Dante si sposa (anche se molti anticipano la data al 1285) con la promessa sposa Gemma Donati
da cui avr tre figli: Jacopo, Pietro e Antonia. Forse avr anche
un quarto figlio, Giovanni, che muore entro sette anni dalla nascita.
Tra il 1291 e il 1295 rimane a Firenze per studiare teologia e
filosofia presso i Domenicani di Santa Maria Novella e presso
i Francescani di Santa Croce. Corrisponde tra il 1291 e il 1292
con il Capitno del Popolo Aldobandino Mezzabati.
Proprio in quel periodo (1293) la politica fiorentina ha lo scossone degli "Ordinamenti di Giustizia" di Giano della Bella e
l'anno successivo, marzo 1294, Carlo II d'Angi passa a Firenze con la famiglia, tra cui il figlio Carlo Martello, che Dante ha
occasione di incontrare. Sempre in quell'anno muore il grande
maestro Brunetto Latini.
Tra il 1294 e il 1295 licenzia la stampa del prosimetro, insieme
di poesie e prose, intitolato Vita Nuova, in cui commenta alcune poesie scritte tra il 1283 e il 1293. In questo fine secolo
scambia rime con Cino da Pistoia, Cecco Angiolieri e Forese
Donati.
L'attivit politica

Il 1295 si apre all'insegna dell'attivit politica con la riforma


degli "Ordinamenti" e con la cacciata da Firenze di Giano della Bella. Nel 1295, a trent'anni, Dante si lancia nell'agne politico e, per questo, s'iscrive all'Arte dei Medici e Speziali: in
- 117 -

II Profilo biografico di Dante Alighieri

base ai "Temperamenti" poteva fare attivit politica solo chi


fsse iscritto ad una delle arti.
Entra a far parte dei Trentasei, un consiglio speciale del Capitno del Popolo, per il semestre novembre 1295 - aprile 1296.
Entra a far parte del Consiglio dei Cento, che si occupa dell'amministrazione del pubblico denaro, dal maggio al settembre 1296.
Fa parte del Consiglio dei Savi nel dicembre 1296; proprio in
quel mese viene invitato al Consiglio delle Capitudini per
esprimere il suo parere sulla procedura elettiva per la nomina
dei Priori, cio dei massimi rappresentanti di ciascuna Arte.
Parteggia per il partito bianco contro la politica filo-pontificia
di Corso Donati con cui tra l'altro imparentato da parte di
moglie e del cui fratello amico.
Fa parte di un imprecisato consiglio nel 1297. Tra il 1297 e il
1300 la famiglia ha una profonda crisi economica in considerazione dei numerosi mutui che accende.
Nel 1299 Nicola Acciaiuoli e Baldo d'Aguglione falsificano il
libro notarile contenente la confessione delle malversazioni del
Podest del primo semestre dell'anno, Monfiorito da Coderta.
Corso Donati, ritenuto l'ispiratore di tale azione, viene bandito
da Firenze ma il suo protettore, Bonifacio VIII, lo nomina Podest di Orvieto.
Nei primi mesi del 1300 Dante a Roma in occasione del Giubileo.
- 118 -

Introduzione

A marzo sono condannati per cospirazione tre cittadini fiorentini residenti a Roma e sotto la protezione del pontefice: il
papa chiede la revoca della sentenza fiorentina.
Il 7 maggio Dante partecipa all'ambasciata inviata a San Gimignano che, appena rientrata nella Lega Guelfa, deve eleggere
un suo rappresentante.
A maggio il cardinale Matteo d'Acquasparta viene nominato
legato per la Toscana e inviato per appianare le divergenze di
Firenze. Il legato propone l'elezione dei priori per sorteggio, e
non per votazione segreta, al fine di rimettere in gioco i Neri
che venivano esclusi dalle elezioni.
A giugno l'elezione dei Priori si tiene per con il tradizionale
meccanismo e Dante tra i nuovi eletti. I nuovi Priori per il bimestre 15 giugno - 15 agosto confermano le condanne precedentemente inflitte a Corso Donati e ai tre banchieri fiorentini
residenti a Roma.
A met del mandato, il 23 giugno, nella piazza di Santa Trinit
si ha uno scontro tra i facinorosi del partito nero e i notabili
cittadini in corteo verso San Giovanni. Viene inflitto l'esilio
alla dirigenza di entrambe le fazioni e tra i condannati vi anche Guido Cavalcanti, amico di Dante e guelfo bianco. Quattro
giorni dopo la condanna all'esilio i Consoli respingono la richiesta papale tesa ad ottenere il vicariato sulla Toscana.
Nel Giugno 1301, al Consiglio dei Cento, si esprime negativamente alla richiesta di inviare un presidio di cento cavalieri

- 119 -

II Profilo biografico di Dante Alighieri

fiorentini al papa in guerra contro Margherita Aldobrandi; la


richiesta per viene accolta.
A settembre 1301 Dante si pronuncia a favore del mantenimento degli "Ordinamenti di Giustizia" al Consiglio dei Cento.
Quello stesso mese Bonifacio VIII invia Carlo di Valois a Firenze come paciere.
Nell'ottobre di quell'anno Dante ed altri ambasciatori sono inviati a Roma per fare atto di sottomissione. Dante rimane a
Roma, mentre il resto dell'ambasceria rientra in patria. Il primo
novembre Carlo di Valois entra in Firenze con 500 cavalieri
favorendo il partito nero: Corso Donati e i fuorusciti fanno ritorno.
Il nuovo podest, Cante de' Gabrielli da Gubbio, accusa Dante
di aver rubato denaro pubblico e di concussione. Dante aveva
37 anni quando, il 27 gennaio 1302, viene condannato in contumacia a 2 anni di confino, interdizione a vita ai pubblici uffici e al pagamento di una penale di 5.000 fiorini piccoli.
Il 10 marzo, non essendosi presentato a difendersi e a pagare la
penale, condannato in contumacia al rogo assieme ad altri
quattordici cittadini fiorentini.
L'esilio e la morte

Da Roma Dante si dirige a Siena dove si radunano i Bianchi


fuoriusciti. A febbraio 1302 a Gargonza e poi l'8 giugno alla
Pieve di San Godenzo nel Mugello, dove i fuoriusciti bianchi
di Vieri de Cerchi si alleano con i Ghibellini di Lapo Uberti
(figlio di Farinata) e con la famiglia Ubaldini, sotto la guida di
- 120 -

Introduzione

Scarpetta Ordelaffi. Dopo una serie di vittorie seguono alcune


sconfitte. In nessun caso Dante combatte di persona ma agisce
come intermediario politico.
Nell'autunno 1302 si reca a Forl alla corte di Scarpetta degli
Ordelaffi. Il podest di Firenze, il forlivese Fulcieri da Cboli,
riesce ad avere la meglio nella battaglia di Castel Puliciano.
Dopo la disfatta confederata Dante non presente assieme a
coloro che a giugno s'impegnano a pagare i mercenari assunti.
Ma tra maggio 1303 e marzo 1304 alla corte veronese di
Bartolomeo della Scala per domandare un aiuto militare alla
sua fazione.
Morto Bonifacio VIII, viene eletto papa Benedetto XI; questi
nomina legato in Toscana il cardinale Nicol da Prato il 31
gennaio 1304. Dante raggiunge allora il quartier generale dei
Bianchi e ad aprile risponde a nome di Aghinolfo da Ravenna
e dei Bianchi ad una lettera del cardinale.
Tra aprile e maggio 1304 s'incontra ad Arezzo con il fratellastro Francesco che lo aiuta economicamente perch si trova in
un periodo di "inopina paupertas".
Grazie agli sforzi del legato, il 26 aprile si firma la pace di
Santa Maria Novella; gi ai primi di giugno il cardinale per
costretto a suggerire ai rientrati bianchi e ghibellini di allontanarsi da Firenze. I Neri consolidano il loro potere in citt.
Lo stato maggiore dei Bianchi decide di riprendere le ostilit e
in questo momento Dante si pronuncia chiaramente in maniera
contraria e si allontana. Il 7 luglio muore il papa e il 20 luglio
- 121 -

II Profilo biografico di Dante Alighieri

si combatte aspramente fin davanti a San Giovanni (disfatta


della Lastra in Val di Mugnone). Quattrocento confederati
(Ghibellini, Bianchi, Aretini, Bolognesi e Pisani) cadono sul
campo di battaglia.
Dante lascia Arezzo per il Veneto: tra l'estate 1304 e l'estate
1306 a Treviso alla corte di Gherardo da Camino. Nel 1304
inizia a scrivere il Convivio e, viaggiando per la marca, compone i primi canti dell'Inferno e lavora al De Vulgari Eloquentia. Sia il Convivio (il banchetto del sapere incompiuto al
quarto libro) che il De Vulgari Eloquentia (la difesa del volgare interrotta a met del secondo libro) rimangono incompiuti
perch ben presto l'Inferno, a cui lavora dal 1304 al 1309, l'assorbe completamente. Si hanno notizie di copie manoscritte
dell'Inferno a partire dal 1313.
Dante si sposta dalla corte trevigiana alla casa degli Scrovegni,
ricchi mercanti padovani. A Bologna aveva conosciuto il nero
Cino da Pistoia, giurista e poeta stilnovista, che lo presenta ai
Malaspina. Si ferma in Lunigiana, presso Moroello Malaspina
e il 6 ottobre 1306, per incarico dei conti Malaspina, suoi ospiti a Sarzana, si reca a Castelnuovo Magra come procuratore di
pace presso il vescovo di Luni, Antonio da Camilla.
Nel 1307 nel Cosentino ospite del conte Guido Salvatico di
Dovadola (genero di Boncore da Montefeltro). Tra il 1307 e il
marzo 1309 a Lucca, congiunto con la sua famiglia, fino a
quando la citt non vieta il soggiorno ai fuoriusciti fiorentini.
Probabilmente nasce allora il suo quarto figlio (Giovanni) citato solo in un documento del 1308 ma che muore prima del
1315.
- 122 -

Introduzione

Nel 1308 inizia a scrivere il Purgatorio ma anche lo stesso


anno in cui s'ipotizza possa aver intrapreso un ipotetico viaggio a Parigi. Sarebbe rimasto all'estero tra il 1309 e il 1310 per
rientrare in Italia in occasione della discesa di Enrico VII.
Il 10 ottobre 1310 invia una Epistola ai Signori e Comuni e
Popoli d'Italia affinch accolgano bene l'imperatore. ospite
di Guido I di Battifolle, signore di Pppi, quando scrive la
VIII, IX e X Epistola nel maggio 1311.
A settembre Firenze concede ampia amnistia da cui per
escluso, tra i molti, anche Dante.
Nel 1312, dopo l'incoronazione, Enrico VII assedia Firenze e
Dante, tra marzo e aprile, a Pisa per incontrarlo assieme ad
altri fuoriusciti fiorentini. In quel periodo (tra il 1311 e il 1313,
secondo i pi anche se valide sono le ragioni per posporlo al
1317) scrive il De Monarchia.
Il 24 agosto 1313 l'imperatore muore a Bonconvento, presso
Siena, di febbri malariche.
Dante nel 1314 termina la stesura dell'Inferno e del Purgatorio
e li pubblica.
Nel 1315 la citt di Firenze dichiara una amnistia generale perch pressata dalle vittorie di Ugaccione della Faggiola. Dante
rifiuta di aderirvi per non sottostare alla pubblica ammenda;
d'altronde si sentiva forte anche della migliorata situazione
economica della moglie che a febbraio eredita dalla madre.

- 123 -

II Profilo biografico di Dante Alighieri

Giunge a Verona nel 1316 presso Cangrande della Scala, succeduto al fratello Bartolomeo, dove inizia a lavorare al Paradiso e che viene pubblicato man mano che completa i canti. A
Verona rimane fino al 1318 quando, spinto dal fervore culturale della citt, si trasferisce a Ravenna presso Guido Novello da
Polenta dove rimane fino alla morte, nel 1321, circondato da
tutta la sua famiglia, moglie e tre figli, e attorniato da amici e
allievi.
In questi anni si concentra sulla composizione del Paradiso i
cui ultimi tredici canti saranno postumi. Mentre compone il
Paradiso corrisponde per mzzo di poesie in latino con a Giovanni Quirini del Virgilio, professore di grammatica a Bologna
e suo amico ed estimatore. Il 20 gennaio 1320, mentre da
Mantova stava tornando a Ravenna, si ferma a Verona per leggere pubblicamente la Questio de Acque et Terra.
Nel 1321 si reca a Venezia con
una ambasceria per incarico del
suo ospite; di ritorno, attraversa
le paludi di Comacchio. Si ammala e muore per la malaria tra
il 13 e il 14 ottobre di quello
stesso anno.

- 124 -

Bibliografia

Bibliografia
In questa bibliografia si cercato di riportare, ogni volta che
era possibile, le indicazioni della prima edizione o comunque
il primo o pi antico volume reperito. Questo per dare idea
della collocazione cronologica delle opere e degli autori.
In alcuni casi, per evitare omonimie e per indicazione cronologica, si sono fornite le date di nascita e morte degli autori.
Prefazione

Apel, Friedmar Il manuale del traduttore letterario ( a


cura di Emilio Mattioli e Gabriella Ravagnanti) Guerrini e Associati, Milano, 1993

Arcaini, Enrico Analisi linguistica e traduzione Ptron,


Bologna, 1986

Bassnett-McGuire, Susan La traduzione. Teoria e pratica Bompiani, Milano, 1993

Berman, Antoine La traduzione e la lettera o l'albergo


nella lontananza Quodlibet, Macerata, 2003
- 125 -

Bibliografia

Bertolazzi, Raffaella La traduzione: teorie e metodi Carocci, Roma, 2006

Bertozzi, Roberto Equivalenza e sapere traduttivo


LED, Milano, 1999

Bocci, Laura Di seconda mano. N un saggio, n un


racconto sul tradurre letteratura Rizzoli, Milano, 2004

Bonino, Antonio Il traduttore. Fondamenti per una teoria della traduzione New Technical Press, Torino, 1980

Buffoni, Franco (a cura di) La traduzione del testo poetico Guerini e Associati, Milano, 1989

Calabr, Giovanna (a cura di) Teoria, didattica e prassi


della traduzione Liguori, Napoli, 2001

Cardinaletti, Anna; Garzone, Giuliana L'italiano delle


traduzioni Franco Angeli, Milano, 2005

Copioli, Rosita Tradurre poesia Paideia, Brescia, 1983

Di Sabato, Bruna Per tradurre. Teoria e pratica della


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Dolfi, Anna (a cura di) Traduzione e poesia nell'Europa del Novecento Bulzoni, Roma, 2004

Eco, Umberto Dire quasi la stessa cosa. Esperienze di


traduzione Bompiani, Milano, 2003

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Aspetti teorici e applicativi Franco Angeli, Milano,
2005

Gentzler, Edwin Teorie della traduzione. Tendenze


contemporanee UTET, Torino, 1998

Humboldt von, Wilhelm La diversit delle lingue


Roma-Bari, Laterza, 1991

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Bibliografia

Opera
Immagini

I volumi sono stati consultati e fotografati presso la Sez. Conservazione della Biblioteca Berio di Genova

La Divina Commedia di Dante Alighieri con le note di


Paolo Costa, e gli argomenti dell'Ab. G. Borghi. Adorna di 500 vignette disegnate ed incise in legno da D.
Fabris ed una vita appositamente scritta dal Prof. Ab.
Melchior Missirini. Seconda edizione originale italiana
eseguita sotto la direzione dei sigg. Proff. G. B. Niocolini e G. Bezzuoli [4 tomi] Firenze, Stabilimento artistico tipografico Fabris, 1840

La Divina Commedia di Dante Alighieri con una breve, e sufficiente dichiarazione del senso letterale [di
Pompeo Venturi] diversa in pi luoghi da quella degli
antichi commentatori. [contenente in antiporta il ritratto di Dante dalla Pinacoteca Lisca di Verona inciso
dall'Heylbrouck da un dipinto di Bernardino India] Verona, presso Giuseppe Berto, 1749

La Divina Commedia di Dante Alighieri corretta e


spiegata e difesa dal P. Baldassarre Lombardi M.C. nel
MDCCXCI. Riscontrata ora sopra preziosi codici nuovamente emendata di molte altre vaghe annotazioni e
di un volume arricchita in cui tra le altre cose si tratta
della visione di frate Alberico. Tomo I [1815] Inferno
[con 40 tavole incise dal Piroli e disegnate da G. Flax- 138 -

Bibliografia

man]; tomo II [1816] Purgatorio [con 40 tavole incise


dal Piroli e disegnate da G. Flaxman]; tomo III [1816]
Paradiso [con 35 tavole incise dal Piroli e disegnate da
G. Flaxman] Roma, Stamperia De Romanis, 18151817

La Divina Commedia di Dante Alighieri tratta da quella che pubblicarono gli Accademici della Crusca l'anno
MDXCV col commento di M.R.P. Pompeo Venturi ...
Divisa in tre tomi [Tomo I: L'inferno contenente ritratto di Dante inciso dal Littret] Venezia, presso Giambatista Pasquali, 1772

Prosa

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Amoretti, Gaspare (a cura di) Il poema di Dante in prosa. Volume secondo: il purgatorio Signorelli, Milano,
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Amoretti, Gaspare (a cura di) Il poema di Dante in prosa. Volume terzo: il paradiso Signorelli, Milano, 1933

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Grabher, Carlo <1897-1968> (a cura di) La Divina


Commedia Laterza, Bari, 1964-65 (prima ed. 1934-36)

Lanza, Antonio La Commedia. Nuovo testo critico secondo i pi antichi manoscritti fiorentini De Rubeis,
Anzio, 1995

Letture Dantesche

Letture della "Casa di Dante" in Roma (a cura della


"Casa di Dante" in Roma) Bonacci, Roma, 19771989 (Inferno : letture degli anni 1973-76 [a cura di
Silvio Zennaro; 1977]; Purgatorio: letture degli
anni 1976-79 [1981]; Paradiso : letture degli anni
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Bibliografia

1979-81 [1989] )
Nuove letture dantesche (a cura della "Casa di
Dante" in Roma) Le Monnier, Firenze, 1966-1976
Nuova Lectura Dantis (a cura di Chimenz, Sirio
Amedeo <1897-1962>) Signorelli, Roma, 19501959
La mia Lectura Dantis (a cura di Porena, Manfredi
<1873-1955>) Guida, Napoli, 1932
Lecturae Dantis nella chiesa di Orsammichele in
Firenze (a cura di Getto, Giovanni <1913-2002>)
Sansoni, Firenze, 1956-1961
Lectura Dantis Fiorentina nella sala di Dante in
Orsanmichele Firenze, Sansoni, 1900-1940
Lectura Dantis Metelliana (1986-1991) (a cura di
Mellone, Attilio) Bulzoni, Roma, 1992
Lectura
Dantis
Neapolitana
(diretta
da
Giannantonio, Pompeo) Loffredo, Napoli, 19812000
Lectura Dantis Scaligera (diretta da Marcazzan,
Mario) Le Monnier, Firenze, 1967-1971
Letture Classensi Longo, Ravenna, 1966-2000

Mattala, Daniele (a cura di) La Divina Commedia Rizzoli, Milano, 1960

Momigliano, Attilio <1883-1952> (con note di) La Divina Commedia Sansoni, Firenze, 1945-47

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Petrocchi, Giorgio <1921-1989> (a cura di) La Commedia secondo l'antica vulgata Firenze, Le Lettere,
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Di Salvo, Tommaso (a cura di) La Divina Commedia


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Vallone, Aldo <1916-2002>; Scorrano, Luigi (a cura


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- 151 -

Volume I

L'Inferno

L'Inferno

Capitolo I

Capitolo I
Dante, smarrito nella selva oscura, giunge ai piedi di
un colle illuminato dal sole

La notte del venerd santo del 1300, giunto a met della mia
vita, mi accorsi d'aver perduto la strada della virt e di essermi
smarrito nella foresta del peccato.
per me estremamente difficile raccontare ci che mi accadde
al suo interno tanto era intricata e difficile da attraversare. Il
- 157 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

solo ricordo della foresta del peccato rinnova in me il senso di


paura: mi trovavo infatti in una situazione estremamente critica perch riguardava la mia dannazione eterna. Ma, per potervi
spiegare come raggiunsi la salvezza spirituale, vi descriver
quanto m' accaduto in sguito.
Non sono in grado di narrarvi con precisione come m'addentrai
nel peccato, tanto era confusa la mia mente quando abbandonai la via della fede.
Ero stato angosciato
per tutta la notte, e la
paura mi attanagliava
le viscere. Improvvisamente la selva termin
e uscii in uno spiazzo
alla base della collina
della perfezione. Alzai
lo sguardo e ne vidi la
sommit gi illuminata
dal sole. Poich con la
sua luce, simbolo della
grazia divina, notoriamente il sole guida tutti
sulla retta via, non ebbi
pi alcuna paura.
Per quanto desiderassi intensamente allontanarmi, rimasi ad
osservare quel luogo in cui ero passato e che nessuno mai lasci da vivo: mi sentii come il naufrago che, una volta in sal- 158 -

L'Inferno

Capitolo I

vo, si volta comunque, per quanto affaticato e con il respiro


rotto per l'angoscia, ad osservare pericolo scampato.
Tre fiere gli impediscono il cammino e lo respingono
all'interno della selva
Una volta riposatomi, ricominciai deciso a salire lungo il pendio deserto, ma proprio all'inizio della salita vera e propria mi
si par di fronte una lince snella, agile e con il manto a chiazze. Non si allontanava al mio apparire, ma anzi m'impediva di
proseguire il cammino. Per tale motivo quindi mi voltai pi
volte meditando se fosse il caso di tornare indietro.
Era l'alba ed era primavera, come quando Dio cre l'universo.
L'ora mattutina e la dolce stagione mi fecero sperare di poter
avere la meglio su quella lince, che rappresentava la lussuria
con il suo mutevole e leggiadro gioco di lusinghe.
Mi sentii rassicurato, ma non cos tanto da non spaventarmi all'apparizione della superbia sotto forma di leone. Questo mi
veniva incontro estremamente affamato e a testa alta, e pareva
che persino l'aria tremasse per via dei suoi ruggiti.
Infine apparve, e mi
scosse particolarmente,
la cupidigia in forma
di lupa che impauriva
per il suo aspetto. Costei sembrava affamata
di qualunque cibo, a
- 159 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

causa della sua magrezza, e aveva fatto gi vivere miseramente


molte persone.
L'irrequieta cupidigia mi fece quindi disperare di potermi salvare raggiungendo la cima del colle. Mi rese come l'avaro
mercante, che si rattrista quando perde i suoi beni, e venendomi incontro mi faceva indietreggiare verso la dannazione.
Appare Virgilio annunziandogli l'avvento del Feltro
Mentre stavo precipitando a fondo
valle mi apparve la
ragione in forma
d'uomo e pareva
evanescente tanto a
lungo ne avevo
ignorato i richiami.
Quando lo notai gli
gridai "Abbi piet
qualunque cosa tu
sia, o uomo o spirito."
Ed egli mi rispose
"Non sono
un
uomo, ma lo sono
stato. I miei genitori furono entrambi mantovani. Nacqui all'epoca di Giulio Cesare, sebbene non ebbi la possibilit di conoscerlo, e vissi a
- 160 -

L'Inferno

Capitolo I

Roma, al tempo del paganesimo, sotto la protezione di Ottaviano Augusto. Fui poeta e composi un'opera che narra delle
avventure del pietoso Enea che fugg da Troia quando la sua
superba citt fu data alle fiamme.
Ma tu perch ritorni verso un tale dolore? Perch piuttosto non
sali lungo la piacevole collina della perfezione, che princpio
e causa della beatitudine celeste?"
"Oh, ma allora tu sei quel famoso Virgilio," chiesi chinando il
capo imbarazzato. "Sei quella sorgente che spande un cos largo fiume di poesia?" E proseguii: "Oh, tu che sei onore e guida
di tutti i poeti, la passione con cui lessi le tue opere mi fu di
grande aiuto. Tu sei il mio autore preferito e da te trassi molti
insegnamenti: sei l'unico da cui appresi lo stile che mi ha reso
famoso.
Vedi l'animale che mi costringe ad indietreggiare? Aiutami
perch il cuore per la paura mi batte cos forte da farmi tremare li sangue nelle vene dei polsi."
"Se vuoi sopravvivere in questa terra cos difficile," mi rispose
quando mi vide scoppiare in lacrime, "ti conviene seguire un
altro percorso: quest'animale, che giustamente ti preoccupa,
non permette a nessuno di passare per questa strada. La lupa
ostacola tutti in maniera tale da causare la morte di chi s'avventura nella salita del colle. Ed cos perfido e malvagia di
natura che non riesce a saziare le sue voglie bramose, e dopo il
pasto ha pi fame di prima. Molti sono gli esseri viventi che

- 161 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

corteggia e il loro numero crescer fino a quando giunger un


salvatore che, come cane da caccia, l'uccider crudelmente.
Questo salvatore, in forma di levriero, non avr brama n di
domini n di denaro; si ciber invece di sapienza, amore e virt e la sua origine sar umile. Sar la salvezza di quell'Italia
oppressa per cui s'immolarono la vergine Camilla, regina dei
Volsci, e Turno, figlio del re dei Rutuli; ed anche i troiani Eurialo e Niso che caddero combattendo contro i Rutuli e contribuirono cos alla futura potenza di Roma.
Questo segugio inseguir la lupa di citt in citt fin quando
non l'avr ricacciata all'Inferno, da dove la fece uscire il demnio.
Virgilio invita Dante a passare attraverso i tre regni
dell'oltretomba
Per questi motivi ritengo che ti convenga seguirmi ed io ti guider e ti far attraversare l'oltretomba. Qui udrai le grida disperate e vedrai gli spiriti che soffrono per la loro dannazione
eterna. Vedrai anche gli spiriti che sono felici in mzzo alle
fiamme del Purgatorio poich sperano di poter raggiungere i
beati alla fine dei tempi.
Se poi vorrai salire fino al Paradiso, vi sar l pronto a guidarti
uno spirito pi degno di me. Ti lascer nelle sue mani perch
Dio non permette che si raggiunga la sua citt guidati da me.
Io non conobbi la rivelazione e quindi non fui sottomesso alla
sua lgge.
- 162 -

L'Inferno

Capitolo I

Dio comanda ovunque, in tutto il creato, ma in questo luogo


governa direttamente: questa la sua citt e la sua reggia. Oh,
quanto felice chiunque acceda a questo regno!"
Dante dichiara di essere pronto al viaggio

Ed io quindi quindi gli chiesi: "Poeta, in nome di quel Dio che


tu non conoscesti, guidami dove m'hai promesso, di modo che
io possa sfuggire alla cupidigia e quindi alla dannazione eterna. Guidami affinch possa vedere la porta di san Pietro e coloro che mi dici cos tanto sofferenti." Allora s'incammin ed
io lo seguii.

- 163 -

L'Inferno

Capitolo II

Capitolo II
Dante espone i suoi dubbi

Il sole tramontava e gli esseri viventi interrompevano le loro


fatiche per via dell'oscurit. Io invece, unico tra tutti i vivi, mi
preparavo a sostenere la fatica dell'arduo cammino e la pena
angosciosa della visione dei tormenti delle anime dannate,
come vi riferir fedelmente la mia memoria.
Oh alto ingegno delle Muse, aiutami nell'impresa. Qui constateremo l'effettivo valore della mia mente che deve dare forma
scritta a quanto vidi.

- 165 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

"Poeta che mi guidi," dissi, "prima di scortarmi in quest'arduo


viaggio verifica che le mie capacit siano adeguate.
Tu narrasti nel tuo poema la discesa di Enea nell'oltretomba,
sebbene ancora vivo e con il proprio corpo. Per, se Dio fu generoso con Enea, questo non sembra che adeguato ad un uomo
saggio, se pensi che da lui discende il popolo romano e l'Impero che prepararono la via all'avvento del Cattolicesimo.
La Provvidenza, per essere precisi, stabil che Roma e l'Impero
fossero designati a santa sede del Soglio Pontificio. A causa di
questo suo viaggio, che descrivi, apprese informazioni tali che
causarono la sua vittoria sui popoli latini confinanti e quindi la
fondazione dell'Impero, condizione necessaria al Papato.
Anche san Paolo si rec fino al terzo cielo per cercare conferma della fede che fondamento della salvezza.
Ma io per quale motivo ho per venirci? Chi mi concede la grazia di un tale viaggio? Io non sono Enea da cui nacque l'Impero e neppure Paolo che sostenne la fede. N io mi ritengo all'altezza, n altri me ne ritengono degno.
Se m'avventuro in questo viaggio senza rifletterci, ho paura di
imboccare una strada che al di l delle mie possibilit. Tu
che sei saggio, comprendimi meglio di quanto io non riesca ad
esprimermi.
In quella landa oramai avvolta dalle tenebre della notte cambiai proposito e mi ridussi come chi non vuole pi quello che

- 166 -

L'Inferno

Capitolo II

aveva voluto prima e rinuncia all'impresa. Anch'io rinunciai all'impresa in cui m'ero lanciato cos precipitosamente.
Virgilio spiega che il viaggio voluto da Dio e da tre
donne benedette
"Se ho ben compreso il tuo discorso," mi rispose lo spirito di
quel grande uomo "la tua anima indebolita dalla vilt. Tale
inconveniente spesso ostacola l'uomo tanto da impedirgli di
compiere imprese onorevoli ma una percezione sbagliata,
come quelle che fanno impennare i cavalli.
Affinch tu mi liberi da questo timore, ti spiegher perch
venni in tuo soccorso e quello che udii fin dal primo momento
in cui m'impietosii per il tuo stato di peccatore.
Io mi trovavo nel Limbo, lontano sia sia dalla grazia sia dalla
dannazione, quando una donna bella e beata mi chiam. La sua
voce aveva una dolcezza tale
che io la pregai di farmi pure
qualunque richiesta.
I suoi occhi erano pi luminosi
delle stelle, e mi parl nella
sua lingua con voce dolce ma
al contempo pacata: "Oh nobile anima mantovana, la cui
fama ancora dura e durer fino
alla fine dei tempi, vienimi in
aiuto. Il mio amico, con cui
- 167 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

per non condivido la sorte che a lui fu avversa, ha trovato tali


ostacoli sul suo percorso, che s' gi voltato indietro per la
paura.
Temo che sia caduto cos profondamente nel peccato da rendere la mia levata in suo soccorso, spinta da quello che ho udito
su di lui in cielo, tardiva ed inutile.
Ora vai e aiutalo con la tua eloquenza e con ogni mzzo necessario a salvarlo, di modo che io possa tranquillizzarmi.
Io che ti invio sono Beatrice Portinari e giungo dall'Empireo,
dove desidero tornare. M'indusse a venire l'amore ed l'amore
che m'induce a parlarti. Quando sar di nuovo di fronte a Dio
ti loder spesso per il tuo aiuto."
Allora tacque ed io
quindi le risposi:
"Oh donna simbolo
della Fede, virt
tramite cui l'umanit pu superare l'aspetto terreno della
vita, sono cos ben
disposto ai tuoi comandi che, se anche
avessi gi obbedito, penserei d'essere in ritardo. Non necessario aggiungere altro se non rivelarmi il tuo volere.

- 168 -

L'Inferno

Capitolo II

Ma spiegami piuttosto il motivo che ti ha spinto a scendere


fino al Limbo dagli ampi spazi dell'Empireo, dove desideri ardentemente ritornare."
"Poich tu vuoi conoscere i motivi profondi del mio gesto,
ti accenner," mi rispose, "il motivo per
cui non temo di scendere fino alla soglia
dell'Inferno. Bisogna
temere solamente ci
che pu causarci del
male, altro non bisogna temere. Per grazia di Dio sono beata e la pena dei dannati non mi pu danneggiare e le fiamme che li divorano non mi possono scottare.
Nel cielo vi una donna misericordiosa, la vergine Maria, che
ha compassione per questo mio amato e si duole di quest'ostacolo, di cui ti affido la
rimozione, tanto che
lass provvede a mitigare la severa giustizia
divina.
Costei convoc santa
Lucia, simbolo della
- 169 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

Speranza, per aiutarla e le disse: "Un tuo devoto fedele ha bisogno di te, te lo affido." La pietosa Lucia, fiera avversaria di
ogni crudelt, mi raggiunse mentre sedevo a conversare con la
vecchia Rachele, moglie del patriarca biblico Giacobbe e simbolo della Vita Contemplativa.
Mi disse "Beatrice, tu che sei la pi vera gloria di Dio, perch
non corri in soccorso di colui che t'am a tal punto da staccarsi
dalla folla mediocre per dirigersi verso Dio? Non odi la pena
angosciosa della sua invocazione? Non vedi il pericolo
di morte spirituale che l'assale sul fiume del peccato,
ch' talmente impetuoso che
quando incontra il mare, il
mare non riesce a vincerlo?
Fidandomi dell'onest della
tua eloquenza, che onora te
e quanti l'hanno udita, fui
cos veloce, nello scendere
dal mio seggio di beata e a
venir quaggi, che nessuno
al mondo fu mai cos veloce
ad agire per il proprio vantaggio o a fuggire il proprio
danno."

- 170 -

L'Inferno

Capitolo II

Dopo avermi detto questo Beatrice si mise a piangere per spingermi a muovermi pi velocemente; allora mi diressi verso di
te non appena ella si gir.
Ti portai via dalla strada che incrociava la Lussuria, anche se
era la pi veloce per raggiungere il monte della perfezione.
Dunque che hai? Perch tanta esitazione? Perch tanta vilt?
Perch non mostri coraggio e franchezza?
Tre beate si occupano di te dall'Empireo ed intercedono presso
Dio affinch ti sia concessa la grazia salvifica ed io, con la mia
eloquenza, ti assicuro che la mta raggiungibile."
Dante riprende il suo cammino
Oppresso dai dubbi, mi risollevai come un piccolo fiore di
campo. Questi, infatti, reclinati e con le corolle serrate per il
rugiadoso gelo notturno, si drizzano e s'aprono ai primi raggi
di sole.
Fui preso dall'entusiasmo, tanto che iniziai a parlare senza timore: "Come fu pietosa Beatrice che venne in mio soccorso, e
anche tu, che ascoltasti la sua richiesta, come fosti nobile nell'esaudire cos rapidamente le sue veritiere parole! Con le tue
parole m'hai tranquillizzato e sono tornato al mio precedente
proponimento. Ora incamminati che entrambi abbiamo un solo
desiderio. Fammi da comandante, da guida e da insegnante."
Cos gli dissi; e, non appena si mosse, lo seguii su quella strada difficile e selvaggia.

- 171 -

L'Inferno

Capitolo III

Capitolo III
I due poeti varcano la soglia dell'Inferno
"A
ATTRAVERSO

ME SI ENTRA NELLA CITT DEL DOLORE, SI VA NEL

LUOGO DEL SUPPLIZIO ETERNO E TRA I DANNATI.

DIO,

NELLA SUA

ATTO, SAPIENZA ED AMORE, MI CRE SPINTO DALLA


GIUSTIZIA. PRIMA DI ME NON FU CREATO NULLA SE NON ENTIT
ETERNE ED IO STESSA DURER IN ETERNO. ABBANDONATE OGNI
SPERANZA DI SALVEZZA VOI CH'ENTRATE IN QUESTO LUOGO."
TRINIT DI

Vidi, incise sullo stipite del portale che avevamo raggiunto,


queste parole minacciose.
"Maestro," esclamai, "il loro significato preoccupante."
Ed egli, ben comprendendo il mio stato d'animo, mi rispose: "A questo punto
devi abbandonare ogni timore e paura.
- 173 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

Siamo giunti dove ti ho detto che avresti veduto i dannati che


hanno perduto la speranza di vedere Dio, l'unico bene logicamente concepibile."
Mi diede la mano e sorridendo mi confort e mi rivel informazioni ignote ai viventi.
Nel vestibolo Dante incontra gli ignavi: papa
Celestino V
In quest'atmosfera tenebrosa risuonavano sospiri, pianti ed urla
cos lamentose che io, inizialmente, ne fui commosso fino alle
lacrime. Risuonavano linguaggi disumani, pronunce orrende
ed espressioni di dolore; grida di rabbia e voci violente o soffocate, a seconda dell'intensit del supplizio. Rumori di mani,
assieme alle grida, causavano una confusione vorticante per
l'aria eternamente scura, come cpita alla sabbia quando soffia
un vento turbinoso.
Ed io, pieno di dubbi, chiesi: "Maestro, cos' che sto ascoltando? Che gente questa, che sembra cos oppressa dal dolore?"
"In questa misera condizione," mi rispose, "si trovano le anime
dannate di coloro che apaticamente vissero senza n biasimo
n lode.

- 174 -

L'Inferno

Capitolo III

Sono puniti assieme a quella malvagia schiera di angeli


che, in occasione
della rivolta di Lucifero, non furono
n fedeli n ribelli a
Dio. Tali angeli vili
sono stati cacciati
dal cielo per evitare
che ne insozzassero
la sua bellezza, ma neppure l'Inferno li accogli onde evitare
che i dannati possano aver conforto nell'essergli superiori dato
che loro una scelta, per quanto sbagliata, l'hanno fatta."
"Maestro," indagai allora, "cosa c' di cos doloroso che li
spinge a lamentarsi cos disperatamente?"
"Te lo accenner solamente. Costoro non possono pi sperare
nemmeno nella morte per sfuggire alla loro condizione: la loro
vita oscura cos infima che sono invidiosi d'ogni altra possibile sorte. Il mondo non lascia alcun ricordo di loro e anche
Dio, fonte di misericordia e giustizia, non li ritiene degni n di
accoglierli in Cielo n di condannarli all'Inferno. Non parliamo
pi oltre del loro stato ma osservali e passiamo oltre."
Ed io osservai con maggiore attenzione. Vidi una bandiera che
girando procedeva tanto velocemente da sembrare incapace di
fermarsi. Una tale quantit di persone, che mi pareva incredi- 175 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

bile che la morte ne avesse falciati cos tanti, seguivano correndo quella insegna.
Dopo aver identificato alcuni
di loro, vidi e riconobbi l'anima di papa Celestino V che
per vilt rinunci al soglio
pontificio e permise cos l'ascesa di Bonifacio VIII.
Compresi immediatamente e
con certezza che questa era la
schiera delle anime sdegnate
da Dio e dal demnio. Questi sciagurati, che in vita non compirono mai alcuna azione da potersi dire vivi, erano nudi e
continuamente punti da tafni e vespe. Tali insetti facevano rigare il loro vlto di sangue e questo, mescolandosi con le lacrime, veniva raccolto ai loro piedi da vermi nauseabondi.
Raggiungono sulla riva dell'Acheronte il
traghettatore Caronte
Quando guardai oltre la loro schiera, notai una immensa folla
di persone in riva ad un grande fiume. "Maestro potrei sapere
chi sono e per quale motivo sembrano tanto desiderose di attraversare il fiume, almeno cos mi pare per via della scarsa
luce."
Ed egli allora mi rispose: "Lo capirai non appena ci fermeremo
sulla riva desolata del fiume Acheronte."
- 176 -

L'Inferno

Capitolo III

Allora, con gli occhi bassi per la vergogna causata dal suo rimprovero e temendo che le mie domande lo infastidissero, non
pronunciai pi una parola sino al fiume.
Non appena raggiungemmo la riva
del fiume, ecco dirigersi verso di noi,
su di una barca, un
vecchio canuto che
gridava: "Guai a
voi, anime malvagie! Non sperate di
poter mai pi vedere il cielo. Io vengo
per traghettarvi fino all'altra riva nelle tenebre eterne, tra fiamme e ghiaccio che parimenti vi tormenteranno. E tu, aggiunse
indicandomi, che sei giunto fin qui vivo, allontnati da loro
che sono morti sia fisicamente sia spiritualmente."
Ma quando vide che non me ne andavo aggiunse: "Attraverso
altre vie e altri porti giungerai alla spianata delle anime salve:
sar una barca pi leggera a doverti trasportare."
La mia guida allora intervenne: "Caronte, non te la prendere:
lass, dove la Volont Atto, si vuole questo e non chiederci
altro."

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Dante Alighieri

La Divina Commedia

Sentite queste parole il nocchiere di


quella scura palude,
che aveva le pupille
come cerchiate dalle fiamme, rilass le
guance ispide.
Quelle anime, nude
e affrante, impallidirono e batterono i denti non appena sentirono le crudeli parole che Caronte rivolse loro. Bestemmiavano Dio e imprecavano contro i loro genitori, l'umanit, il tempo e il luogo della
loro nascita e quello dei loro antenati. Si raggrupparono con
alti pianti sulla riva maledetta che destinata ad accogliere
chiunque non tma Dio.
Il demnio Caronte, con occhi di brace incandescente, le radun
con un cenno e chiunque si fermava lo colpiva con il suo
remo. Quest'umanit malvagia si precipitava su quella spiaggia
come le foglie che, in autunno, cadono una dopo l'altra, finch
il ramo ormai spoglio non le vede tutte a terra. Uno per uno, al
cenno di Caronte, s'affrettavano come l'uccello che punti dritto
verso il richiamo del cacciatore.
In tale modo queste anime vengono traghettate tra le onde scure. Ma prima ancora che siano approdate all'altra riva, gi su
questa si raggruppa un'altra folla.

- 178 -

L'Inferno

Capitolo III

Dopo un terremoto, Dante, privo di sensi, attraversa


misteriosamente il fiume
"Figliolo," spieg cortesemente il mio maestro "chi muore in
stato di peccato converge qui da ogni paese del mondo; spinto a passare l'Acheronte pungolato dalla giustizia divina, cos
che il timore della pena si trasforma in desiderio di espiazione.
Di qui non mai passata anima che non fsse destinata alla
dannazione e quindi se Caronte si lamenta di te, ti puoi ben
immaginare cosa lascino presagire le sue parole."
Terminata questa frase, quest'oscura regione trem cos
forte che al solo
ricordo ancora
sudo freddo per
la paura. Un
vento impetuoso scatur dalla
terra, umida per
le lacrime dei
dannati, a causa
del terremoto.
Balen quindi una luce vermiglia che mi fece svenire, e caddi
a terra come oppresso da una improvvisa sonnolenza.

- 179 -

L'Inferno

Capitolo IV

Capitolo IV
Il primo cerchio (Limbo): coloro che sono morti
prima del battesimo
Un fragoroso tuono mi risvegli bruscamente cosicch mi riscossi come uno che si sveglia a forza. Dopo essermi alzato in
piedi, osservai attorno a me con l'occhio riposato e guardai attentamente per capire dove mi trovassi.
Era certo che mi trovavo sull'orlo di quella valle abissale che
dentro di s raccoglie infiniti lamenti. Era una voragine oscura
e profonda e tanto nebbiosa che, per quanto scrutassi il fondo,
non distinguevo nulla.
"Ora scendiamo in questo punto verso il mondo senza n luce
n speranza," cominci il poeta impallidendo. "Io ti guider e
tu mi seguirai."
Notato il suo turbamento, protestai: "Come potr seguirti se tu
stesso, che sei conforto costante al mio dubitare, ti mostri timoroso?"

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Dante Alighieri

La Divina Commedia

Mi rispose: "L'angoscia di costoro che si trovano quaggi mi


fa impallidire per la piet e non, come tu pensi, per il timore.
Andiamo: la strada che ci attende lunga e ci costringe a non
indugiare pi." Cos dicendo s'avvi, portandomi con s, nel
primo cerchio che avvolge l'abisso.
In quel luogo,
in base a
quanto si poteva ascoltare,
non v'era alcun pianto ma
solamente sospiri che facevano fremere
quest'aria ultraterrena. Questi sospiri erano dovuti ad un dolore
privo di sofferenza provato, in questo luogo, da un gran numero di uomini, donne e bambini.
Il mio buon maestro si rivolse a me: "perch ora non mi chiedi
chi sono questi spiriti che vedi? Vorrei che ti rendessi conto,
prima di proseguire, che essi non peccarono in alcun modo.
Anche se hanno dei meriti di salvezza, ci non basta perch
non furono battezzati e il battesimo la condizione essenziale
per l'appartenenza alla fede cristiana. Non adorarono correttamente Dio anche se ci avvenne perch nacquero prima dell'avvento del cristianesimo. Tra costoro ci sono anch'io.

- 182 -

L'Inferno

Capitolo IV

Per questa mancanza, non per altra colpa, siamo esclusi dalla
beatitudine celeste; ma siamo puniti soltanto con questo vivere
nel desiderio di Dio, destinato a restare inappagato."
Virgilio racconta della discesa di Cristo nel Limbo e
la liberazione dei Patriarchi
Ebbi come un colpo al cuore quando sentii ci, poich seppi
che personaggi insigni e di gran valore erano sospesi eternamente in quel Limbo.
"Dimmi, maestro e signore," chiesi per aver conferma della
verit di quell'articolo di fede che al di sopra di ogni dubbio,
"per merito suo o di altri, usc mai da qui qualche anima per
raggiungere la beatitudine?" Virgilio, che comprese perfettamente cosa intendevo domandargli con i miei giri di parole, mi
rispose: "Io ero appena giunto quaggi, quando vidi arrivare
un essere potente, incoronato come un re e con il segno della
croce sulla corona.
Egli sollev lo spirito di Adamo, capostipite del genere umano,
di suo figlio Abele e di No, il patriarca che scamp al diluvio.
Sollev anche l'ubbidiente legislatore Mos, che ricevette i
dieci comandamenti, il patriarca Abramo e il re poeta Davide.
Sollev Giacobbe, suo padre Isacco, e i suoi dodici figli, da cui
discesero le dodici trib d'Israele, e anche sua moglie Rachele,
per avere la quale in sposa aveva servito quattordici anni. E
fece beati anche molti altri.

- 183 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

Ma voglio che tu sappia che prima di loro non vi furono esseri


umani che raggiunsero la salvezza."
Dante vede gli uomini virtuosi nati prima di Cristo
Non trascuravamo di camminare, anche se lui continuava a
parlare, e attraversammo una ininterrotta e densa folla di anime.
Non avevamo ancora percorso molta strada dal punto dove
m'ero ridestato, che notai un fuoco sovrastare le tenebre di
quel semicerchio. Eravamo ancora lontani dalla sorgente della
luce, ma non tanto da impedirmi di notare che tipo di persone
ragguardevoli abitasse in quel luogo.
"Tu, che con le tue opere rendi onore a scienza e arte, rivelami
chi sono mai costoro che meritano tanto onore da essere separati dal resto del mondo infernale?" Virgilio allora mi rispose:
- 184 -

L'Inferno

Capitolo IV

"L'onorata fama, che perdura nel mondo sensibile, procura


loro la grazia celeste che gli permette di essere separati dagli
altri in questa maniera."
In quell'istante udii una voce: "Rendete onore allo spirito dell'altissimo poeta che torna tra noi." Non appena questa voce
cess e ritorn il silenzio, vidi quattro spiriti, n tristi n lieti,
dirigersi solennemente verso di noi.
Il mio buon maestro
inizi a spiegarmi:
"Osserva quello che
precede regalmente
gli altri tre con
quella spada in
mano: Omero, il
principe dei poeti.
Lo segue Stazio, famoso per la satira, e
poi Ovidio e per ultimo Lucano."
E poich ciascuno come me poeta, come mi defin la voce
che hai udito prima, mi accolgono onoratamente come poeta e,
onorando cos la poesia, fanno bene."
Cos vidi radunarsi attorno a me la splendida schiera del re
dell'epica, che sovrastava tutti gli altri come un'aquila in volo.
Dopo aver parlato tra loro per qualche tempo, si rivolsero allora verso di me salutandomi amichevolmente; il mio maestro
- 185 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

sorrise compiaciuto per l'onore che mi rendevano. Poi mi resero un onore ancora pi grande del saluto e mi fecero entrare a
far parte della loro schiera in modo che fui sesto in mzzo a
poeti di cos grande fama.
Ci dirigemmo quindi verso la luce, conversando di argomenti
che ora opportuno tralasciare, cos come in quel luogo era invece opportuno discuterne.
Ingresso nel maestoso castello e rassegna di suoi
abitanti illustri
Giungemmo ai piedi di un maestoso castello, cinto da sette ordini di alte mura come le sette parti della filosofia (fisica, metafisica, etica, politica, matematica e dialettica). Era circondato
e difeso dal piacevole fiume dell'eloquenza, ma noi lo attraversammo a piedi come fsse solida terra battuta.
Entrai assieme a questi saggi attraverso le sette porte delle arti
liberali del trivio (grammatica, dialettica e retorica) e del quadrivio (musica, aritmetica, geometria e astronomia). Raggiungemmo quindi il prato della verdeggiante fama.
Vi erano molte persone con lo sguardo pacato e severo e con
un portamento autorevole: parlavano raramente, ma con voce
soave. Per poter avere una visuale pi ampia possibile ci spostammo cos verso uno spazio aperto centrale, illuminato e sopraelevato.
Sopra il verde prato mi furono indicati gli spiriti pi famosi, e
nel vederli provai una profonda ammirazione.
- 186 -

L'Inferno

Capitolo IV

Vidi Elettra, la ninfa amata da Giove e da cui nacque il fondatore di Troia, circondata da molti suoi concittadini. Tra essi
identificai Ettore ed Enea, suoi discendenti, e Caio Giulio Cesare armato e con i suoi occhi da rapace. Vidi la vergine Camilla, che combatt contro Enea in Lazio, e la regina delle
Amazzoni, Pentasilea, che si schier con Troia e venne uccisa
da Achille.
Dall'altro lato vidi il re Latino che sedeva con sua figlia Lavinia, sposa di Enea, il cui matrimonio caus l'ostilit tra Latini e
Troiani. Vidi Lucio Giunio Bruto che cacci Tarquinio il Superbo, l'ultimo re di Roma, e Lucrezia che fu la causa di questa
cacciata. Vidi Giulia, figlia di Cesare e moglie di Pompeo, e
Marzia, moglie di Catone l'Uticense, e anche Cornelia, la madre dei Gracchi.
- 187 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

Solo in disparte vidi il sultano d'Egitto, il Saladino, principe di


grande liberalit e giustizia.
Non appena sollevai gli occhi notai il sommo maestro, Aristotele, che sedeva in quel gruppo di filosofi che era pi in alto
degli uomini d'armi. Tutti lo osservavano e tutti gli rendevano
onore.
A questo punto notai accanto a lui, e
quindi davanti a tutti gli altri, Socrate e
Platone.
Li
circondavano
Demcrito, che ritiene il mondo formato da atomi e dominato
dal caso, Digene il cinico, che predic il disprezzo dei beni
materiali, e gli esponenti del pensiero presocratico: Anassgora, Talete, Empdocle, Erclito e Zenone.
Scorsi in lontananza Dioscride, il sagace botanico, e Orfeo,
che commosse con il suo canto gli di infernali; il retore Marco Tulio Cicerone e il musico Lino; vidi Seneca, famoso per le
opere morali, Euclide, famoso matematico, e l'astronomo Tolomeo.
Notai i medici Ippcrate, Galeno e Avicenna ma anche il filosofo arabo Averro, che compil il grande commento alle opere di Aristotele.
- 188 -

L'Inferno

Capitolo IV

Non sono in grado di riferire su tutti loro in maniera esauriente: la materia vasta e incalza tanto che spesso l'esposizione
insufficiente rispetto ai fatti da narrare.
I due poeti riprendono il viaggio
Ci allontanammo dalla schiera dei poeti e, attraverso un'altra
strada, la mia saggia guida mi condusse fuori da questo luogo
tranquillo. Mi port di nuovo in mzzo all'aria vibrante per i
lamenti, in quella zona dove non c'era alcuna luce.

- 189 -

L'Inferno

Capitolo V

Capitolo V
Il giudice infernale Minosse prova ad opporsi al
passaggio di Dante
Cos scesi nel
secondo cerchio, che
pi piccolo di
circonferenza
rispetto al primo, ma in
esso la pena
maggiore.
Minosse, antico re di Creta e famoso per essere stato un severissimo legislatore, si trova in questo luogo con il suo aspetto
orribile e ringhia. Prende in esame le colpe di chi entra; giudica e mostra di quanto vuole sprofondarlo nell'abisso a cui destinato attorcigliando la sua coda su se stesso.

- 191 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

Quando l'anima, a cui sarebbe convenuto non nascere affatto,


gli giunge davanti, confessa ogni cosa. Quel giudice dei peccati allora determina quale luogo dell'Inferno le conviene e si avvolge il corpo con la coda tante volte quanto il numero del
cerchio in cui deve sprofondare.
Davanti a lui si trovano sempre numerose anime. Si presentano
a turno al suo giudizio; confessano le loro colpe ed ascoltano
la sentenza. Poi precipitano nell'abisso a cui sono state destinate.
"Oh tu che vieni in questo luogo di dolore", disse Minosse non
appena mi vide, interrompendo l'esercizio di questo incarico
talmente importante, "considera attentamente il modo in cui
stai entrando in questo abisso e non fare troppo affidamento
sulla ragione che ti guida e di cui ti fidi. Non farti ingannare
dall'ampiezza dell'ingresso!" Ma la mia guida lo apostrof di
rimando: "Perch continui a gridare? Non impedire il suo viaggio perch cos ha disposto la volont divina. Non chiedere altro."
Il secondo cerchio: i lussuriosi agitati da una
perpetua bufera
A questo punto cominciarono a farsi sentire le urla di dolore:
giunsi fin dove mi colp un intenso pianto. Ero in un luogo
muto di ogni luce, che muggiva come il mare in tempesta, se
contrastato da vnti contrari.

- 192 -

L'Inferno

Capitolo V

La bufera infernale, che non si ferma mai, travolge gli spiriti in


un vortice senza tregua, simile a quello della passione, e li tormenta voltandoli e percuotendoli. Quando giungono davanti
alla frana sull'orlo del cerchio, causata dal terremoto avvenuto
per la morte di Ges Cristo, prorompono in grida, pianti e lamenti; qui bestemmiano la giustizia divina.
Capii che a un tale tipo di tormento erano condannati i lussuriosi peccatori carnali, che sottomettono la ragione al desiderio
sessuale.
Il vento sbatte gli spiriti malvagi qua e l, su e gi come gli
stornelli che in inverno vlano a schiera larga e piena. Nessuna
speranza li conforta mai, n di riposo, n di pena minore.
Vidi giungere, portate dalla bufera, alcune ombre che gemevano come le gru, che si lamentano e formano in aria una lunga
riga.
Virgilio indica per nome alcuni lussuriosi
"Maestro, chi sono
costoro che vengono castigati cos da
questo vento buio?"
"La prima anima di
cui tu vuoi sapere
notizie", mi rispose
allora Virgilio, "comand su molte nazioni. Fu talmente lussuriosa che, per non essere biasimata, dichiar la libidine con- 193 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

sentito per lgge. Semirmide che fu moglie e successore


dell'imperatore degli assiri Nino e govern anche l'Egitto che
ora in mano al Saladino.
L'altra Didone, regina di Cartagine, che venne meno al suo
giuramento di fedelt alle ceneri del marito Sicheo, e per amore di Enea s'uccise. La segue Cleopatra, la lussuriosa regina
d'Egitto, che fece innamorare di s prima Giulio Cesare e poi,
dopo la sua morte, Marco Antonio.
Dietro ad essa vedi Elena, a causa della quale vi furono molti
anni dolorosi di guerra; e vedi poi il grande Achille, che infine
dovette combattere anche con l'amore per Polissena. Vedi Paride, il rapitore di Elena, e Tristano, il cavaliere della tavola rotonda che s'innamor di Isotta, la moglie di suo zio." E mi mostr pi di mille ombre per le quali l'amore carnale fu causa di
dannazione e me le indic.
Dopo che ebbi udito il mio maestro nominare le donne e cavalieri dei tempi antichi, fui clto da una grande commozione e
fui sul punto di perdere i sensi.
Gli domandai: "Mio buon poeta, parlerei volentieri a quei due
che procedono assieme, e che sembrano opporre cos poca resistenza al vento."

- 194 -

L'Inferno

Capitolo V

Francesca da Rimini

Virgilio allora mi rispose: "Fai attenzione e quando si avvicineranno pregali in nome di quell'amore che li porta: essi ti verranno incontro." Quindi, non appena il vento li volse verso di
noi, le interrogai: "Oh anime trafelate, venite a parlare con noi,
se Dio ve lo consente!"
Quei due uscirono dalla schiera di Didone, venendo verso di
noi attraverso l'aria maligna, tanto efficace fu la nostra affettuosa richiesta. Nel loro moto parvero fendere l'aria sorrette
dalla volont come le colombe. Queste infatti, spinte dall'amore materno, stanno quasi immobili, con le ali spiegate di fronte
al dolce nido, per nutrire i loro piccoli.
"Oh uomo pieno grazia e di benevolenza, apprezzo che vieni
in questo vento tenebroso per incontrare proprio noi che pure
morimmo nel sangue. Se fossimo stati benedetti da Dio pre- 195 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

gheremmo volentieri per la tua pace dato che sei cos profondamente turbato dal nostro atroce destino. Ascolteremo e parleremo con voi di quel che vi piace finch il vento, come ora,
ci da tregua.
Sono Francesca, figlia del signore di Ravenna Guido da Polenta. La terra dove
nacqui, Rimini, si
affaccia sul litorale
adriatico dove il Po
con i suoi affluenti
si getta in mare per
cercare pace.
L'amore, che infiamma all'istante i cuori pi nobili, fece ardere
quello di mio cognato, Paolo Malatesta, per il mio bel corpo fisico. Il suo amore per il mio corpo, che mi fu strappato in
modo tanto brutale da mio marito, fu cos intenso che ancora
mi avvince e mi tiene in sua bala.
L'amore, che non consente a nessuno che viene amato di non
corrispondere, me lo fece desiderare cos tanto che ancora,
come vedi, quest'uomo non mi abbandona.
L'amore ci condusse alla medesima morte; ma il nono cerchio,
quello della Caina, attende mio marito, Gianciotto Malatesta,
che ci priv della vita." Questo ci dissero.

- 196 -

L'Inferno

Capitolo V

Quando ebbi terminato di ascoltare quelle anime sofferenti,


chinai lo sguardo e lo tenni basso, finch il poeta non mi chiese: "A che pensi?"
Quando mi decisi a rispondere, incominciai dicendo: "Ohim,
quanti dolci pensieri, e che fervida passione condusse costoro
alla morte violenta e alla dannazione eterna!" Poi mi volsi
nuovamente a loro: "Francesca, le tue sofferenze mi rendono
triste e pietoso fino alle lacrime.
Ma raccontami: quando la vostra passione si manifestava solamente tramite dolci sospiri, in che modo e con quali mezzi l'amore vi fece scoprire i reciproci sentimenti, fino ad allora incerti?"
Ed ella allora mi narr: "Niente fa pi male che rammentarsi
del tempo felice quando si nella miseria, e ci lo sa bene anche il tuo maestro. Ma, se hai un cos grande desiderio di conoscere l'origine del nostro amore, piangendo ti racconter tutto quanto.
Noi un giorno leggevamo per divertimento un romanzo
su Lancillotto; raccontava di come
s'innamor
della
sua regina Ginevra.
Eravamo da soli
ma senza alcun
- 197 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

proposito. Quella lettura ci costrinse in pi punti ad alzare imbarazzati gli occhi, e ci fece impallidire. Ma solo un brano fu
quello che ci travolse. Quando leggemmo che un cos nobile
innamorato baci le desiderate labbra di Ginevra, Paolo, che
mai da me sar pi separato, mi baci la bocca tutto tremante.
Il libro, e chi lo scrisse ci fece da mezzano e si comport come
il siniscalco Galehaut che istig Lancillotto a baciare la regina
Ginevra. Da quel giorno infatti non leggemmo pi oltre."
Mentre uno
dei due spiriti
mi raccontava
ci,
l'altro
piangeva; cos
che io per la
commozione
svenni e caddi
a terra tramortito.

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L'Inferno

Capitolo VI

Capitolo VI
Dante rinviene nel terzo cerchio
Riapresi infine conoscenza, ch'era vacillata per la piet verso i
due cognati ed era confusa profondamente triste per loro. Vidi
allora intorno a me nuovi tormenti e nuovi dannati, comunque
io mi muovessi, in qualunque direzione mi girassi e dovunque
guardassi.
Mi ritrovai nel terzo cerchio, quello della pioggia eterna, maledetta, gelida e pesante. Cade sempre nello stesso modo e con
lo stesso immutabile ritmo. Grandine grossa, acqua torbida e
neve si riversano per l'aria tenebrosa sulla terra, che riceve
questa mistura e puzza.
I golosi, in una lurida pioggia mista a grandine,
vengono dilaniati da Cerbero
Cerbero, bestia crudele e mostruosa, latra con le sue tre gole
come un cane incombendo sulle anime che sono immerse in
queste acque putride. Ha gli occhi arrossati, la barba unta e

- 199 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

nera, il ventre prominente e le unghie lunghe e acuminate;


graffia gli spiriti dannati, e li scuoia e li squarta.
La pioggia flagellante li fa ululare come cani e quindi con un
fianco si riparano l'altro: per questo i miserabili reietti si girano spesso, dall'uno all'altro lato, per avere un poco di sollievo.
Quando Cerbero, il
grande e ripugnante
demnio, ci scorse,
spalanc le sue tre
bocche, ci mostr le
zanne e s'agit tutto. La mia guida allora allung le
braccia e prese della terra, e riempitesene le mani chiuse a pugno, la gett dentro
a quelle fameliche gole.
Le tre facce sudice del dmone Cerbero, il quale stordisce talmente le anime che queste vorrebbero essere sorde, si quietarono. Tacque come un cane che abbaia e smania di mangiare, e
si acquieta solo dopo che ha morso il pasto ed totalmente intento a divorarlo.

- 200 -

L'Inferno

Capitolo VI

Il fiorentino Ciacco annuncia a Dante il prossimo


trionfo dei Neri
Noi camminavamo sugli spiriti che la pesante pioggia abbatte,
e ponevamo i piedi sopra la loro inconsistente ombra che sembra apparentemente un corpo reale.
Esse giacevano tutte quante a terra, tranne una che, non appena
ci vide passarle davanti, si lev a sedere. "Oh tu che ti lasci
condurre attraverso l'Inferno", mi disse, "riconoscimi, se puoi:
nascesti ben prima che io morissi."
Ed io gli risposi:
"La
pena che ti
sfigura forse
mi impedisce
di riconoscerti, infatti non
sembra d'averti mai visto. Ma dimmi chi sei tu
che ti trovi in
un luogo cos
doloroso ed hai una pena tale che, se anche le altre sono maggiori, nessuna cos spiacevole."
Ed egli replic: "La tua citt che talmente piena di odio da
non poterne pi oltre contenere, mi ospit mentre ero in vita.
- 201 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

Voi fiorentini mi soprannominaste Ciacco, ossia maiale, per


via della mia gola; a causa di quella mia dannosa colpa, come
vedi, mi struggo ora sotto la pioggia.
Ed io, anima dannata, non
sono il solo. Tutte queste anime si trovano sottoposte alla
medesima pena per via di una
colpa simile." Detto questo
non ci parl pi.
Io proseguii allora il discorso:
"Ciacco dell'Anguillaia, la tua
angoscia mi addolora tanto da
farmi piangere. Ma dimmi, se lo sai, quale esito avranno i contrasti dei nostri concittadini? Vi qualcuno che ancora nel
giusto? Conosci il motivo per cui Firenze travagliata da cos
tanta discordia?"
Quello allora mi rispose:
"Dopo un lungo scontro
s'arriver a versare il sangue. Il partito dei Bianchi,
gente rozza e campagnola,
espeller dalla citt quello
dei Neri con grandi oltraggi.
In sguito, entro tre anni,
questo partito cadr e l'altro
riuscir a superarlo, grazie
- 202 -

L'Inferno

Capitolo VI

all'aiuto di papa Bonifacio VIII che ora si barcamena abilmente tra i due partiti, Bianchi e Neri.
Il superbo dominio dei Neri durer a lungo, opprimendo i
Bianchi con pesanti condanne e confische, per quanto ora si
dolgano e s'adirino di questo stesso fatto.
Il numero delle persone imparziali esiguo (sono solo due) e
comunque non vengono ascoltate. Tre sono le passioni che
hanno infiammato i cuori dei fiorentini: superbia, invidia e avidit."
Dante apprende che molti grandi fiorentini sono
dannati in altre zone
A questo punto interruppe il suo doloroso discorso.
"Vorrei che mi raccontassi ancora, e che mi facessi dono di altri chiarimenti. Rivelami dove
sono e in che condizione
si trovano i nostri pi stimati cittadini. Dove si
trova
Farinata
degli
Uberti, che vinse i Guelfi
a Montaperti e che, assieme a Tegghiaio Aldo- 203 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

brandi degli Adimari, fu cos degno? Dov' Jacopo Rusticucci


e dove Arrigo dei Giandonati, che partecip all'uccisione di
Buondelmonte? E dove sono Mosca dei Lamberti e altri che
s'impegnarono nel bene della loro citt? Dimmelo perch desidero intensamente sapere se il Cielo li conforta con la beatitudine, o l'Inferno li amareggia con le sue pene."
"Costoro si trovano" mi rispose" fra le anime pi nere: diverse
colpe li spingono gi al fondo dell'Inferno. Se scendi ancora, li
potrai vedere l gi.
Ma quando tornerai nel dolce mondo terreno, ti prego di ricordarmi alla memoria di altri. Ora non parlo e non rispondo pi."
Allora gir gli occhi e mi guard ancora un istante di sbieco.
Poi chin la testa che ricadde sul petto come gli altri dannati,
anch'essi ciechi per la pioggia.
Virgilio spiega la condizione in cui si troveranno i
dannati dopo la resurrezione dei corpi
La mia guida mi spieg: "Non si rialzer pi, fino al suono
della tromba del Giudizio Universale, quando verr Dio, nemico dei reprobi. Allora ogni dannato rivedr la sua infelice tomba, risorger con il proprio corpo e udr l'ultima ed eterna sentenza di Dio."

- 204 -

L'Inferno

Capitolo VI

Cos attraversammo a passi lenti quella sucida mistura di ombre e pioggia, parlando incidentalmente del futuro. Tra questi
discorsi chiesi: "Maestro, questi tormenti aumenteranno dopo
il Giudizio Universale, saranno minori o saranno dolorosi
come ora, anche se lo spirito sar riunito al proprio corpo?"
Ed egli argoment:
"Ricorda
quello
che dice la filosofia
aristotelica:
tanto pi la persona perfetta, tanto
pi sensibile alla
percezione della
gioia o del dolore.
Quando
queste
ombre saranno riunite al corpo saranno in condizioni di maggiore perfezione. Anche se questa gente maledetta non giunger mai alla vera perfezione, che quella del corpo risorto e beatificato, pur sempre destinata ad essere meno imperfetta dopo il Giorno del Giudizio che non prima."

- 205 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

Il quarto cerchio
Noi percorremmo un tratto del cerchio, parlando molto di pi
di quanto non vi racconto e giungemmo fino al punto dove degrada nel cerchio successivo.
Qui incontrammo Plutone, il
grande dmone,
il dio pagno
della ricchezza,
figlio di Giasone
e di Demetra.

- 206 -

L'Inferno

Capitolo VII

Capitolo VII
Plutone, custode del quarto cerchio
"Pape Satn, pape Satn aleppe! Oh Satana, oh Satana,
oddio", cominci a gridare Plutone, dio degli inferi e della ricchezza, con voce rauca.
Virgilio, saggio di sconfinata dottrina,
mi confort
dicendomi:
"Non
aver
paura perch,
per
quanto
sia potente,
non ti impedir di scendere da questo dirupo roccioso gi nel
quarto cerchio."
Poi si rivolse a quel vlto gonfio d'ira e disse: "Taci, maledetto
lupo e roditi di rabbia! La nostra discesa nel profondo Inferno
- 207 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

voluta dal Cielo, dove l'arcangelo Michele vendic la superba ribellione di Lucifero."
A quelle parole quella fiera crudele s'afflosci a terra come cpita alle vele gonfie di vento che, quando si spezza l'albero
maestro, cadono avvolte su se stesse.
Due schiere cozzano tra loro: avidi e prodighi
Cos scendemmo
nella quarta fossa
penetrando sempre
pi nello scosceso
avvallamento dell'Inferno in cui
rinchiuso tutto il
male dell'universo.
"Ah, divina giustizia! Chi mette assieme tante nuove
pene e travagli
quante ne potei vedere in quel luogo?
E perch la nostra
colpa ci strazia in
questo modo?
In questo luogo accadde che i dannati siano sballottati in una
danza infernale, come accade all'onda proveniente dallo Ionio
d'infrangersi, nello stretto di Messina, con la corrente prove- 208 -

L'Inferno

Capitolo VII

niente dal Tirreno. Qui vidi, pi che altrove, due numerosi


gruppi di persone: facevano rotolare i pesi da una parte, e poi
dall'altra, spingendoli con il petto tra grandi lamenti. Si scontravano e poi in quel punto preciso si voltavano in senso inverso, girando ognuno dietro ai suoi pesi e gridando: "Perch diavolo li tieni stretti?" e "Perch mai li getti via?"
Cos da ogni punto tornavano indietro per raggiungere il punto
opposto di quel nero girone infernale, gridandosi sempre queste oltraggiose parole. Poi, giunti a met girone, si volgevano e
ripartivano alla carica.
Ed io, che avevo il cuore quasi turbato, chiesi: "Maestro, rivelami chi sono costoro. Questi alla nostra sinistra, che hanno i
capelli tonsurati, furono davvero tutti dei religiosi?"
"Tutti quanti costoro utilizzarono cos male la loro intelligenza
in vita, che non fecero alcuna spesa secondo il criterio della
giusta misura. In modo assai chiaro lo abbaia la loro voce,
quando giungono nei due punti del girone dove l'antiteticit
della colpa li contrappone. Quelli che hanno la tonsura furono
religiosi, papi e cardinali ma eccedettero nell'avidit."
Allora pensai: "Maestro, tra questi dovrei senza difficolt riconoscere qualcuno che sia stato contaminato da questi mali."
"Ti sbagli. La scarsa coscienza del valore delle cose che ebbero in vita e che li rese lordi di peccato, ora li rende irriconoscibili. Eternamente verranno a cozzare gli uni contro gli altri;
quelli risorgeranno dal sepolcro con il pugno chiuso e questi
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Dante Alighieri

La Divina Commedia

coi capelli tonsurati. I due vizi di prodigalit e di avidit, ossia


lo spendere e l'accumulare oltre misura, li hanno privati del
Paradiso e li hanno destinati a questa eterna battaglia: e quale
sia lo puoi vedere e non te la star ad abbellire con le parole.
Ora, figliuolo, puoi vedere come i beni, che sono variamente
distribuiti dalla fortuna e per cui l'umanit s'accapiglia, siano
solamente un inganno fugace. Tutto l'oro del mondo, infatti,
non potrebbe donare un solo istante di tregua a nessuna di
quelle anime stanche."
Virgilio spiega il valore dei beni terreni e come la
Fortuna sia ministra della Provvidenza
"Maestro mio," domandai ancora a Virgilio, "ora spiegami cos' mai questa Fortuna, di cui mi hai accennato, che pu trattenere in suo potere tutti i beni del mondo?" Ed egli allora mi rispose, "Oh uomini sciocchi, quanto vi nuoce l'ignoranza! Ora
vorrei che tu riceva le mie parole come se t'imboccassi.
Dio onnisciente cre i cieli e ad essi assegn delle intelligenze
angeliche affinch li guidassero in modo da riflettere la sua
luce ovunque, in maniera proporzionale al loro grado e alla
loro potenza. In modo simile per i beni del mondo istitu la
Fortuna, una intelligenza esecutrice della sua volont e guida
delle cose umane.
Quest'intelligenza, a tempo debito, trasferisce questi beni vani
di popolo in popolo e da una famiglia all'altra, senza che gli
uomini possano impedirlo. Per questo motivo cpita che vi sia- 210 -

L'Inferno

Capitolo VII

no popoli che comandano ed altri che lnguono sottomessi all'arbitrio di questa Fortuna, che nascosta come la serpe nell'erba. Le vostre accortezze non riescono a spuntarla su di lei:
questa prevede, giudica ed agisce nel suo regno come le altre
intelligenze angeliche nel loro. I suoi mutamenti si succedono
senza tregua, ma la necessit di compiere l'ordine divino che
la rende cos veloce. Per questo sono cos numerosi quelli a cui
tocca mutare la propria condizione economica.
Questa la Fortuna, ed spesso denigrata con ingiuste parole
di biasimo e di critica anche da coloro che dovrebbero lodarla.
Ma lei beata e quindi non s'accorge nemmeno di queste maledizioni: muove la sua sfera mondana, come le altre intelligenze angeliche che muovono le sfere celesti, e gode imperturbata della sua beatitudine.
Discesa nel
quinto cerchio
lungo il fiume
che forma la
palude dello
Stige, in cui sono
immersi iracondi
ed accidiosi
Ora
scenderemo
verso un luogo ben
pi miserabile; sono
gi passate dodici
ore e tutte le stelle
- 211 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

che quando sono partito in tuo soccorso sorgevano, oramai


stanno tramontando. Non ci concesso indugiare ancora."
Attraversammo il girone fino all'altra riva e giungemmo dove
sgorga una sorgente che ribolle. Questa riversa le sue acque in
un fossato scavato dal suo stesso scorrere. L'acqua era scura
pi che nera e noi, seguendo la corrente di quelle onde torbide,
entrammo nel quinto cerchio attraverso una via inusitata e malagevole. Questo tristo ruscello, una volta raggiunta la maligna
e tetra pianura, sfocia nella palude chiamata Stige.
Ed io osservai intorno a me e vidi delle persone, dall'aspetto
stravolto, immerse in quel pantano fangoso. Queste, tutte nude,
si percuotevano a vicenda non solo con le mani, ma anche con
la testa, con il petto e con i piedi, e si facevano a brandelli con
i denti.
Il buon maestro mi rivel: "Figliuolo, ora puoi vedere le anime
di chi stato sopraffatto dall'ira. Voglio che tu sappia che anche sotto le sue acque vi sono moltissime anime dannate che,
sospirando, ne fanno ribollire la superficie, come puoi vedere
tutto attorno a te. Costoro, conficcati nel fango, dicono: Fummo tristi da vivi, nell'aria dolce rallegrata dal sole, perch
avevamo dentro di noi il tenebroso fumo dell'accidia. Ora ci
rattristiamo in questa infernale fanghiglia trbida. Questa litania gorgogliano nella gola perch, a causa dell'acqua, non
riescono a recitarla chiaramente."

- 212 -

L'Inferno

Capitolo VII

Cos costeggiammo la palude fangosa, tenendoci tra la riva


asciutta e quella fradicia, e volgemmo gli occhi verso costoro
che erano condannati ad ingozzarsi di fango.
Alla fine giungemmo ai piedi di una torre.

- 213 -

L'Inferno

Capitolo VIII

Capitolo VIII
Segnalazioni tra le due rive dello Stige avvisano
dell'arrivo dei due poeti
Proseguendo
nel
mio racconto dovete sapere che, prima di arrivare ai
piedi dell'alta torre,
i nostri occhi corsero fino alla sua
cima a causa di due
fiamme di segnalazione che vedemmo esporre, quasi certamente per indicare il numero di anime in arrivo. Notammo
inoltre un'altra torre rispondergli da cos lontano che a stento si
poteva notare questo segnale.
Mi rivolsi al mio maestro, che un mare di saggezza, e chiesi:
"Che cosa significa questa segnalazione? E cosa gli ha risposto
quell'altra? E chi sono coloro che si scambiano questi messaggi?"
- 215 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

Egli mi rispose: "Gi puoi scorgere sulle sudice onde quello


che ci aspetta, sempre che le nebbie dalla palude non te lo nascondano alla vista."
Flegas traghetta i due con la sua barca
Scivolava sull'acqua verso di noi, mentre parlavamo, una piccola imbarcazione. Era pi veloce di qualsiasi freccia mai tirata ed era guidata da un solo rematore che gridava: "Finalmente
ti ho presa, anima dannata!"
"Flegas, Flegas, stavolta tu gridi inutilmente," replic il mio
signore che aveva riconosciuto nel nocchiero il re tessalo.
Questo, irato contro Apollo per l'affronto fatto alla propria figlia, uccise la sua stessa figlia e cerc di incendiare il santuario
di Delfi. "Non ci avrai in tuo potere che per il tempo necessario a varcare questa palude stagnante."
Allora Flegas trattenne l'ira come chi, ascoltando, si rende
conto di essersi ingannato e se ne rammarica.
La mia guida mont sulla barca e poi mi fece salire dietro a
lui; ma solo quando fui dentro io la barca parve carica, dato
che l'anima della mia guida non aveva alcun peso. Una volta
saliti, la vecchia prora se ne and fendendo l'acqua pi profondamente di quanto non avveniva solitamente.

- 216 -

L'Inferno

Capitolo VIII

Nella palude Dante incontra Filippo Argenti


Mentre percorrevamo l'acqua stagnante della palude mi si par
davanti una figura tutta infangata che chiese: "Chi sei tu che
stai arrivando ora, da vivo e prima del tempo?"
Ed io allora gli risposi: "Se arrivo ora, non rimarr; ma chi sei
tu, invece, che sei tutto lordo di fango?"
Allora questi
replic secco:
"Lo vedi anche tu che
sono uno che
espia la sua
colpa." Ed io
di rimando:
"Resta con la
tua pena e il
tuo
dolore,
anima dannata: io ti riconosco bench
tu sia cos sudicio."
Allora quest'anima si protese verso la barca con entrambe le
mani cercando di rovesciarla ma il mio maestro, accrtosene,
lo cacci via gridandogli: "Via da qui, stai gi con gli altri
cani!"

- 217 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

Mi gett quindi le
braccia al cllo e
mi baci il viso ed
esclam: "Benedetto figliolo, hai ragione ad essere
sdegnato! Quello l
era Filippo Cavicciuli della famiglia
degli Adimari, e da
vivo fu arrogante e
prepotente. A memoria d'uomo non comp mai nessuna buona
azione e per questo la sua anima s'infuria qui tra gl'iracondi.
Quanti in vita si ritengono importanti saranno quaggi ridotti a
rotolare nel fango come prci, e avranno lasciato di s un pessimo ricordo."
"Maestro, desidererei tanto, prima di lasciare queste acque, vederlo spingere sotto a questo pantano melmoso."
"Sarai soddisfatto ben prima di
vedere l'altra sponda," mi rispose allora, "in quanto il tuo
un giusto desiderio."
Sbito dopo scorsi come le anime che erano immerse nella
palude lo straziavano ma vidi
poco, e quel poco che vidi era
- 218 -

L'Inferno

Capitolo VIII

cos orribile che ringrazio Dio di non avermene mostrato una


parte maggiore. Tutti gridavano: "Addosso a Filippo Argenti!"
Questo era infatti il suo soprannome, avendo egli una volta
ferrato con l'argento il proprio cavallo. A questa incitazione il
bizzoso fiorentino si mordeva da solo.
I due poeti giungono davanti alle porte della citt di
Dite
Lo lasciammo in quello stato e in quel luogo. Di lui non occorre raccontare altro. Subito dopo mi colp un grido di dolore,
per cui spalancai gli occhi e osservai attentamente.
Il mio buon maestro mi spieg allora: "Ormai, figliolo, ci avviciniamo alla citt chiamata Dite, piena di peccatori e di una
folla di dmoni."
Ed io: "Maestro, gi distinguo chiaramente, lungo il pendio
della rocca, le sue moschee; sono di color rosso incandescente,
come se fossero appena uscite dalle fiamme." Ed egli mi conferm: "Il fuoco eterno, che arde dentro di loro, le arroventa e
le rende incandescenti e rosse, come ben vedi qui in questa
parte bassa dell'Inferno."
Raggiungemmo infine i fossati profondi che difendono questa
terra sconsolata: le mura mi parevano di ferro. Approdammo,
infine non senza aver fatto prima un lungo giro, l dove il robusto nocchiero ci grid: "Uscite dalla mia barca. Qui l'entrata."

- 219 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

I dmoni della citt ostacolano il passaggio


Io vidi sulle mura migliaia di angeli ribelli, precipitati dal cielo
assieme a Lucifero, che si domandavano stizzosamente: "Chi
costui che vivo cammina nel regno dei morti?"
Il mio saggio maestro, che era anima, fece segno di voler comunicare con loro in disparte. Allora moderarono un poco il
loro immenso sdegno e dissero: "Vieni avanti soltanto tu; e
quell'altro, che os entrare in questo regno infernale, se ne
vada. Ritrovi da solo la strada per tornare indietro da questo
folle viaggio, se gli riesce. Tu, che l'hai guidato in questa contrada cos buia, rimarrai qui."
Immagina, mio buon lettore, quanto fui sgomento a sentire
quelle parole, perch pensai che non sarei mai pi potuto ritornare su questa terra.
"Oh mia cara guida, che innumerevoli volte m'hai rassicurato e
salvato dal grande pericolo a cui andavo incontro, non mi abbandonare," lo pregai, "cos smarrito. Se ci vietato procedere
oltre, torniamo sui nostri passi assieme e velocemente."
E lui, mio signore, che mi aveva condotto fin l, mi disse:
"Non aver paura perch nessuno ci pu impedire il viaggio:
accordato da Dio.
Ma ora attendimi qui e risolleva il tuo animo abbattuto e nutrilo con buona speranza, che non ti abbandoner in questo luogo
infernale."

- 220 -

L'Inferno

Capitolo VIII

Cos quell'affettuoso padre si allontan e mi lasci l, ed io ero


comunque incerto e combattuto dato che in testa mi si affollavano pensieri opposti di timore e di speranza.
Non potei udire
quello che disse
loro; ma non stette
via molto, che gi
ciascuno di loro
come a gara torn
correndo verso la
citt. Quei dmoni
chiusero le porte
in faccia al mio signore ed egli, rimasto fuori, torn
da me procedendo
lentamente. Teneva gli occhi a terra
e aveva il vlto
privo della precedente certezza. Sospirava: "Ma chi si credono
di essere per negarmi l'accesso alla citt dannata di Dite?"
Attesa di un aiuto celeste
Rivolto a me aggiunse: "Anche s'io m'arrabbio, tu non spaventarti. Riuscir nell'intento chiunque sia che all'interno si oppone alla nostra entrata. Questa loro temeraria presunzione non
una novit.
- 221 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

Gi la dimostrarono di fronte alla porta principale, quando Cristo scese negli inferi, e
quella ancora adesso
scardinata. E tu hai gi
potuto vedere la scritta
incisa sopra di essa che
annunzia la morte eterna.
Colui che ci garantir
l'ingresso alla citt di
Dite proprio ora ha gi
varcato quella porta e discende per i costoni attraversando,
senza scorta e senza guida, i cerchi infernali.

- 222 -

L'Inferno

Capitolo IX

Capitolo IX
Virgilio assicura Dante di aver gi fatto il viaggio

Quel pallore dovuto alla paura, che m'era da poco apparso sul
viso vedendo la mia guida tornare indietro, spar rapidamente.
Virgilio si ferm con l'orecchio teso perch l'occhio a causa
dell'oscurit e della densa caligine, a causa dell'oscurit e della
densa caligine, non poteva scorgere lontano.

- 223 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

"Eppure vinceremo la battaglia" cominci, "a meno che ... .


talmente potente colei che ci promise il suo aiuto! Oh quanto
mi pare che tardi ad arrivare!"
Io mi accorsi che camuff la frase iniziale con le parole che seguirono perch il termine della frase era differente dal suo inizio. Ci nonostante le sue parole mi fecero paura perch attribuii alle parole taciute un senso peggiore di quello che avrebbero avuto.
" mai successo che dal Limbo, la cui unica pena l'essere
senza speranza di salvezza, qualcuno sia disceso fin quaggi in
questa conca triste?" gli domandai allora e lui rispose: "Accade di rado che qualcuno dal Limbo percorra questo mio cammino. D'altronde io personalmente giunsi fin quaggi gi
un'altra volta obbligato dalla crudele maga Ertone, che faceva
tornare in vita i morti.
Ero morto da poco che ella mi costrinse a varcare queste mura
per scortare fuori da esse lo spirito di un soldato morto, che era
nella Giudecca, per predire al figlio di Pompeo l'esito funesto
della sua prossima battaglia. Il nono cerchio il luogo pi profondo e oscuro dell'Inferno, e il pi lontano dal Cielo. Stai certo che conosco bene il cammino.
Questa palude, che esala un cos gran fetore, cinge tutt'attorno
la citt del dolore, dove noi ormai non potremo entrare senza
dare battaglia."

- 224 -

L'Inferno

Capitolo IX

Sulle mura appaiono le tre Furie che minacciano di


pietrificare Dante con l'aiuto di Medusa
E disse altro,
ma io non vi
feci caso perch l'alta torre
su cui era apparsa la fiamma di segnalazione aveva
calamitato la
mia attenzione.
All'improvviso in cima ad
essa spuntarono tre Furie infernali lorde di sangue. Avevano
corpo e aspetto femminile ma erano vestite di grosse bisce verdissime, e al posto dei capelli avevano serpi e serpenti, che avvolgevano le loro raccapriccianti tempie.
Virgilio, che sbito riconobbe le serve di Proserpina, regina
degli Inferi, mi disse: "Guarda sono le feroci Erinni, le Furie
infernali; sono le dee della vendetta e del rimorso: perseguitavano il colpevole fino a fargli perdere la ragione. Quella a sinistra Megera, quella che piange sulla destra Aletto mentre
Tesfone in mzzo." E tacque dopo aver detto ci.

- 225 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

Queste si ferivano il petto con le unghie, si percuotevano col


palmo delle mani e gridavano cos forte che io, intimorito, mi
avvicinai al poeta.
In coro, guardando in basso, dicevano: "Venga la grgone Medusa cos li pietrificheremo. Facemmo male a non vendicarci
dell'assalto di Teso alla nostra citt, quando venne a rapire
Prosrpina."
"Grati e chiudi gli occhi. Se la terrorizzante grgone si mostrasse e tu la vedessi, ti sarebbe impossibile il ritorno." Cos
disse il mio maestro. Egli stesso mi gir e non si fid delle mie
mani: quindi, per
prudenza, vi sovrappose le sue per
chiudermi gli occhi.
Oh, voi che potete
ragionare tranquillamente, notate l'aspetto
allegorico
della vicenda: vi
una profonda verit
in questi fatti. La
Ragione, che mia guida, impedisce al Terrore del rimorso di
paralizzarmi; ma solamente l'intervento divino, che atteso fiduciosamente ad occhi chiusi, risolver la situazione.

- 226 -

L'Inferno

Capitolo IX

Un messo celeste interviene e apre le porte della


citt di Dite percuotendole con una piccola verga
Gi stava emergendo dalle torbide onde dello Stige un terribile
fracasso tale da far tremare ambedue le sponde. Questo suono
era causato da un vento impetuoso simile a quello dovuto allo
scontro di due correnti d'aria, una calda ed una fredda, e che
colpisca una foresta. Senza alcun ostacolo spezza i rami, li abbatte e li trascina via; il suo turbinare polveroso avanza superbo e fa fuggire uomini e bestie.
Virgilio mi liber finalmente gli occhi e disse: "Ora osserva la
superficie schiumosa di quest'antica palude, dove le esalazioni
sono pi fastidiose."
Io vidi pi di mille anime disfatte fuggire dinanzi ad uno che
attraversava lo Stige tranquillamente, ma sfiorandolo, senza
bagnarsi neppure le piante dei piedi. Fuggivano come le rane
si dileguano di fronte alla serpe, loro nemica, fino a che non si
radunano ammucchiandosi tutte sulla terra ferma. Costui allontanava dal vlto la nebbia densa della palude, muovendo spesso la mano sinistra davanti a s, e pareva infastidito soltanto da
questo fatto. Mi accorsi sbito che era il messo inviato dal cielo e mi rivolsi verso il maestro; ma questo mi fece segno di tacere e di inchinarmi al suo passaggio.
Come sembrava ribollire d'ira! Raggiunse la porta e con un
piccolo scettro l'apr senza trovare alcuna resistenza. "Gente
spregevole che foste cacciati dal cielo," li apostrof questo in
piedi di fronte a quella soglia orribile, "da dove proviene que- 227 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

sto temerario orgoglio che s'annida in voi? Perch resistete alla


volont di Dio, il cui scopo non pu essere impedito e che pi
volte vi ha aumentato i tormenti? Che utilit c' nello scontrarsi contro i decreti divini? Il vostro Cerbero, se ben vi ricordate,
per essersi opposto all'ingresso di Ercole all'Inferno venne incatenato e trascinato via. Per questo ha ancora mnto e gola
spelacchiate."
Poi si gir verso lo Stige e non ci parl, come se avesse un impellente e stimolante desiderio diverso dal nostro che gli eravamo davanti. Allora noi, dopo aver udito quelle sante parole,
dirigemmo sicuri verso la fortezza.
Il sesto cerchio: gli eretici giacciono in sepolcri
infuocati
Entrammo dentro, senza essere ostacolati da nessuno. Io, che
desideravo osservare le condizioni degli abitanti di tale citt
fortificata, non appena entrato osservai intorno. Vidi da ogni
parte una vasta pianura, piena di gemiti e di crudeli suplizi.
Numerose tombe in marmo rendevano tutta la zona variegata
come accade ad Arles, in Provenza alla foce paludosa del Rodano, o a Pola, presso il golfo del Carnaro che bagna il confine
istriano dell'Italia. I sepolcri erano ovunque ma sembravano
ben pi dolorosi di quelli terrestri: le fiamme li avvolgevano e
li arroventavano talmente che nessun fabbro potrebbe desiderare un ferro pi incandescente.

- 228 -

L'Inferno

Capitolo IX

Tutti i loro coperchi erano sollevati e da questi sarcofaghi uscivano lamenti cos angosciosi, che appartenevano certamente a
gente dannata e tormentata.
"Maestro, chi sono quelli che sepolti dentro a quei sarcofaghi
fanno udire i loro sospiri dolorosi?"
"Qui si trovano i capi di ogni stta eretica ed i loro adepti, poich anche in vita l'eresia viene punita con il rogo. Le tombe
sono molto pi piene di quanto non puoi immaginare. Gli eretici di ogni stta sono sepolti uno sull'altro e, a seconda della
gravit del loro credo, i sepolcri sono pi o meno infuocati."
Poi si gir a destra e passammo in mzzo tra i sepolcri roventi
e le alte mura.

- 229 -

L'Inferno

Capitolo X

Capitolo X
Gli Epicurei
Il mio maestro procedette per uno stretto sentiero, tra le mura
della citt di Dite e le tombe infuocate, e io lo seguivo tant'era
stretto.

- 231 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

"Oh maestro sommamente virtuoso, che mi conduci liberamente attraverso gli empi cerchi infernali," cominciai a dire,
"parla e risolvimi un dubbio. Sarebbe possibile vedere le anime che giacciono dentro ai sepolcri? Tutti i coperchi sono gi
sollevati, e non vi nessuno di guardia."
Virgilio mi rispose: "Tutti
coperchi saranno definitivamente
serrati solo
quando i dannati ritorneranno qui dalla valle di
Giosaft,
dove avverr il Giudizio Universale, con i loro corpi che ora
sono rimasti sulla terra.
In questa parte della citt di Dite sono sepolti il filosofo greco
Epicuro e tutti i suoi seguaci, che ritengono che l'anima muoia
assieme con il corpo. Perci sar sbito soddisfatta la tua domanda e anche il tuo desiderio, sebbene non espresso a parole."
"Mia buona guida, non ti tengo nascosto il mio desiderio ma
non parlo troppo, e tu stesso mi hai gi pi volte istruito in tal
senso."
- 232 -

L'Inferno

Capitolo X

Manente degli Uberti e Cavalcante dei Cavalcanti


Improvvisamente una voce usc da una delle tombe: "Oh Toscano che procedi vivo attraverso la citt del fuoco e parli cos
dignitosamente, ti prego di soffermarti in questo luogo. Il tuo
accento rivela che sei nato a Firenze, quella nobile patria della
quale forse fui troppo nemico."
A queste parole, per la
paura, mi avvicinai un
poco di pi alla mia guida. Ed egli mi ordin:
"Vltati! Che fai? Vedi l
Manente degli Uberti,
detto Farinata, che si
drizzato. Comandava i
Ghibellini a Montaperti
mentre ora ne vedi uscire
dal sarcofago la parte superiore, dalla cintola in
su." Io lo guardavo fisso negli occhi; ed egli si ergeva col petto
in fuori e con la fronte alta come se disprezzasse profondamente l'Inferno.
Le mani sollecite e pronte della mia guida mi spinsero verso di
lui, tra quelle sepolture, suggerendomi: "Le tue parole siano
misurate e cortesi."

- 233 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

Non appena giunsi ai piedi della tomba di Farinata, mi guard


un poco, e poi, con un accenno di sdegno, mi domand: "A che
famiglia appartieni?"
Io, che ero desideroso di ubbidire a Virgilio, non glielo nascosi
ma parlai liberamente. Egli inarc leggermente le sopracciglia,
ma poi aggiunse: "I tuoi parenti furono fieri avversari miei,
della mia stirpe e della mia fazione, cosicch per due volte li
dispersi."
"Se essi furono cacciati, tornarono da ogni luogo," gli risposi
piccato, "entrambe le volte; ma i vostri non appresero bene
l'arte di rientrare."
A questo punto si lev accanto a Farinata un'altra ombra apparendo alla vista fino al mnto: credo che si fsse alzata sulle
ginocchia. Guard intorno a me, come se avesse desiderio di
vedere se c'era qualcun altro con me. Dopo che il suo dubbio
fu completamente dissolto, mi chiese in lacrime: "Se procedi
attraverso questo buio carcere per i tuoi meriti intellettuali,
mio figlio Guido dov'? Perch non con te?"
Gli risposi: "Non vengo di mia volont e con le mie sole forze:
colui che attende l in disparte mi conduce attraverso questo
luogo. Mi porta da Beatrice, sempre se riuscir ad arrivarci,
che simbolo della teologia a cui il vostro Guido rifiut di essere condotto." Le sue parole e il tipo di pena mi avevano gi
rivelato che questi era Cavalcante dei Cavalcanti, per questo la
mia risposta fu cos esauriente.

- 234 -

L'Inferno

Capitolo X

Levatosi in piedi di scatto grid: "Come? Hai detto rifiut?


Egli non pi in vita? I suoi occhi non sono pi feriti dalla
dolce luce del sole?" Quando s'accorse che io indugiavo un
poco a rispondere, ricadde all'indietro nel sarcofago e non si
mostr pi.
Farinata invece, alla cui richiesta mi ero fermato, rest impassibile e immobile. Continuando il discorso di prima, aggiunse:
"Se essi non hanno imparato l'arte di ritornare in patria, ci mi
tormenta pi di questo giaciglio infuocato. Ma la faccia della
luna, regina degli inferi nell'antichit, non si mostrer cinquanta volte, che anche tu saprai quanto quell'arte sia difficile.
Se tu mai potrai tornare nel dolce mondo terreno, come t'auguro, dimmi: perch il popolo fiorentino cos spietato verso i
miei famigliari in ogni suo decreto?"
Gli risposi: "La disfatta e la terribile
strage di Montaperti, che color il vicino fiume Arbia di
rosso, fa prendere
tali decisioni in Firenze un po' come
le preghiere che si
pronunciano
in
chiesa in ricordo
delle calamit."
- 235 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

Dopo che ebbe scosso il capo sospirando, disse: "Non fui l'unico a compiere tale strage, n certamente mi sarei mosso con gli
altri esuli senza un motivo. Ma fui il solo a difendere Firenze
apertamente l dove tutti acconsentirono di raderla al suolo,
come richiesto da re Manfredi."
Farinata spiega come i dannati possano conoscere il
futuro
"Allora possa un giorno aver pace la vostra discendenza e, se
potete," lo pregai, "scioglietemi il dubbio che ora mi sta annebbiando la mente. Sembra che voi prevediate il futuro, se ho
ben capto, mentre riguardo al presente seguite una norma differente."
Rispose: "Noi vediamo malamente le cose che sono lontane,
come i presbiti; perch solo di tanto in tanto, nonostante siamo
dannati, la luce di Dio risplende nel nostro intelletto.
Quando le cose si avvicinano o sono presenti, il nostro intelletto ci del tutto inutile. Se qualche altro dannato, arrivando,
non ci portasse notizie fresche, non sapremmo nulla della condizione degli uomini. Puoi ben capire quindi che la nostra conoscenza sar del tutto estinta nel momento in cui non ci sar
pi futuro, cio dopo il Giudizio Universale."
Allora, come pentito per la mia esitazione, gli chiesi: "Spiegate
allora voi a Cavalcante che suo figlio ancora vivo. Se io prima non fui pronto nel rispondere, lo feci perch gi riflettevo
sul dubbio che mi avete ora risolto."
- 236 -

L'Inferno

Capitolo X

Virgilio indica altri eretici e conforta il suo discepolo


per la profezia di Farinata
Oramai il mio maestro mi stava richiamando; per cui io pregai
Farinata che mi dicesse pi rapidamente possibile chi si trovasse assieme a lui l, nelle tombe infuocate. Mi rivel: "Giaccio qui assieme a moltissimi altri; qua dentro c' Federico II di
Svevia e il cardinale Ottaviano degli Ubaldini. E tralascio gli
altri."
Scomparve a questo punto dalla mia vista; e io mi diressi verso
Virgilio, ripensando alle parole di quella profezia che mi sembravano tanto minacciose quanto oscure.
Egli si mosse; e
poi,
mentre
camminavamo,
mi chiese: "Perch sei cos turbato?"
Io risposi alla
sua domanda e
allora quel saggio mi comand: "Ricorda quello che ti stato predetto a tuo
sfavore; ma ora presta attenzione a ci che sto per dire," e alz
l'indice: "quando sarai davanti allo sguardo luminoso di Beatrice, il cui bell'occhio, in quanto scienza teologica, vede tutto
in Dio e pu risolvere ogni tuo dubbio, allora apprenderai da
lei con certezza il corso futuro della tua vita."
- 237 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

Terminato di parlare, Virgilio si mosse verso sinistra. Ci allontanammo dalle mura della citt di Dite e procedemmo verso la
parte centrale del cerchio per un sentiero che conduce in una
valle, che esalava fin lass il suo fetore molesto.

- 238 -

L'Inferno

Capitolo XI

Capitolo XI
I due poeti si soffermano dietro alla tomba di papa
Anastasio per abituarsi al puzzo del cerchio
successivo

- 239 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

Sul ciglio di un alto dirupo, costituito da una grande quantit


di macerie disposte circolarmente, raggiungemmo una folla
sottoposta ai pi dolorosi tormenti. In questo luogo, a causa
del terribile ed enorme puzzo proveniente dal profondo abisso,
indietreggiammo accostandoci al coperchio di un sarcofago su
cui vi era inciso: "Custodisco papa Anastasio II, che si fece
traviare dal diacono Fotino"*. Infatti questo papa prese accordi con lo scismatico Acacio tramite il
diacono di Tessalonica Fotino.
"Ci conviene sostare e rimandare la
nostra discesa in
modo da abituare
un poco l'olfatto a
questo fetore penetrante. In sguito
non dovremo pi
prendere, per l'odore, nessun'altra precauzione."

* Il testo su cui Dante si basava risulter poi essere spurio e papa


Anastasio sar addirittura santificato.

- 240 -

L'Inferno

Capitolo XI

Virgilio descrive la topografia dell'Inferno


"Cerchiamo d'impiegare in discorsi utili il tempo di questa nostra sosta," aggiunsi pronto ed il mio maestro: "Stavo pensando proprio a questo." Poi mi cominci a spiegare: "Figliolo, in
questi terreni sassosi vi sono ancora tre cerchi come quelli gi
percorsi. Sono sempre pi piccoli, mano a mano che si scende
e sono tutti pieni di spiriti dannati. Affinch poi la vista ti basti
a comprendere immediatamente la loro condizione, ti spiego
ora il modo e il motivo della loro punizione.
Ogni cattiva azione punita da Dio, vola i diritti altrui con la
violenza o con la frode.
Poich la frode un male proprio dell'uomo, dato che intenzionale, pi grave agli occhi di Dio. Negli ultimi due cerchi
sono puniti quindi, con maggior dolore, i fraudolenti.
Il prossimo cerchio invece totalmente occupato dai violenti,
ma poich si pu commettere ingiustizia nei confronti di tre
differenti soggetti, allora suddiviso in tre gironi. La violenza,
come ora ti chiarir, pu colpire il prossimo, noi stessi o Dio
sia nella persona sia nei beni posseduti.
Contro il prossimo si possono commettere omicidio, infliggere
gravi ferite o si possono distruggere, incendiare o rubare i suoi
beni. Quindi il primo girone dei violenti tormenta, divisi in diversi gruppi, gli omicidi, coloro che feriscono intenzionalmente, i devastatori e i ladri.

- 241 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

L'uomo pu agire violentemente anche contro la propria persona o i propri beni. Quindi giusto che si pentano inutilmente
nel secondo girone i suicidi, chi si riduce in miseria per il gioco d'azzardo e poi si dispera mentre avrebbe potuto essere felice.
Gli uomini possono agire violentemente anche contro Dio ed
essere atei o bestemmiatori, oppure disprezzando le leggi di
natura e la sua bont. Il terzo girone bolla quindi con il suo
marchio a fuoco i lussuriosi sodomiti, gli usurai e chi parla disprezzando Dio nel suo intimo.
L'uomo pu ingannare con la frode, che offende profondamente ogni coscienza, sia chi ha fiducia in lui sia chi non ne ha.
Questo secondo tipo di frode, che inganna chi non ha fiducia,
sembra che spezzi il vincolo dell'amore naturale. Nel cerchio
successivo, ossia l'ottavo, si annidano allora ruffiani, lusingatori, simoniaci, maghi, barattieri, ipocriti, ladri, consiglieri
fraudolenti, seminatori di scandali, scismatici e falsari.
Il primo tipo di frode, che inganna chi si fida, spezza invece,
oltre ai vincoli di amore naturali, anche quelli creati successivamente da una particolare fiducia: ossia parentela, amor di
patria, ospitalit e amicizia. Per questo motivo nel cerchio pi
interno, dov' conficcato Lucifero, viene consumato in eterno
chiunque abbia tradito."

- 242 -

L'Inferno

Capitolo XI

Virgilio spiega perch gli incontinenti siano fuori


dalla citt di Dite e perch l'usura sia un peccato
contro Dio
Ed io: "Maestro, il tuo ragionamento chiaro e spiega bene
questo bratro in cui ci dirigiamo e le persone che racchiude.
Ma illuminami: gli iracondi sono puniti nella palude melmosa
dello Stige, i lussuriosi sbattuti dal vento, i golosi tormentti
dalla pioggia, gli avidi e i prodighi si scontrano ingiuriandosi.
Perch non sono puniti anch'essi all'interno della citt di Dite
se Dio sdegnato con loro? Se non lo perch sono puniti?"
Ed egli mi rimbrott: "Perch il tuo intelletto deva cos tanto
dal buon cammino che solito seguire? Pensi ad altre teorie filosofiche? Non ricordi la frase con cui l'Etica Nicomachea di
Aristotele indica chiaramente le tre disposizioni che Dio non
tollera: incontinenza, frode e violenza? Non rammenti che l'incontinenza, cio il cedere ad un impulso, offende meno Dio,
non essendo un atto volontario, ed ha quindi minore colpevolezza?
Se tu rifletti bene su queste affermazioni e ti rammenti chi
sono coloro che vengono puniti fuori dalla citt di Dite, ti renderai conto perch questi ribelli sono all'esterno e pi in alto. E
capirai anche perch la giustizia divina li colpisca con minore
sdegno."
"Tu sei la mia luce e come il sole migliori la mia percezione.
Mi soddisfi solitamente in tale maniera, quando risolvi i miei
dubbi, che lo stesso dubitare oramai mi rallegra non meno del
- 243 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

conoscere la verit, perch mi consente di ascoltare le tue dotte


parole."
Poi aggiunsi: "Torna ancora un poco indietro, l dove affermasti che l'usura offende la bont di Dio, invece che causare danni al prossimo, e sciogli il nodo della questione."
"La filosofia aristotelica," mi rispose, "fa rilevare in molti punti, a chi la comprenda, come la natura derivi dalla mente di Dio
e da un suo atto. Se rileggi attentamente i libri della Fisica aristotelica, che ben conosci, troverai, dopo non molte pagine,
che l'opera dell'uomo segue la natura, per quanto possa, come
l'allievo imita il maestro. Quindi il vostro lavoro, figlio della
natura, in un certo senso, nipote dell'atto divino.
Se ben ricordi l'inizio della Genesi, l'uomo deve trarre sostentamento e migliorare la propria condizione dalla natura e dal
suo lavoro. Poich l'usuraio segue un altro stile di vita, disprezza la natura e il lavoro dell'uomo. Egli, infatti, confida nei
frutti del denaro e del lavoro altrui.

- 244 -

L'Inferno

Capitolo XI

I due poeti riprendono il cammino


Seguimi, che mi piacerebbe accelerare il passo. La costellazione dei Pesci, che
precede il sorgere
del sole di un paio
d'ore, sale gi all'orizzonte e l'Orsa
Maggiore a nordovest, sopra il punto da dove soffia il
maestrale.
Sono
quindi gi le tre del
mattino e il punto
pi adatto per scendere lungo questo
dirupo ben lontano da qui."

- 245 -

L'Inferno

Capitolo XII

Capitolo XII
I due scendono lungo una frana, custodita dal
Minotauro, fino al settimo cerchio
Il luogo dove ci dirigemmo per scendere
il dirupo era franato
come in montagna
e, oltretutto, era frequentato da un dmone la cui vista
avrebbe causato ribrezzo a chiunque.
Il pendio era cos
scosceso e impervio che somigliava a quella frana che a sud di
Rovereto si abbatt sull'Adige, o per un terremoto o per l'erosione del terreno sottostante dovuta all'acqua del fiume.

- 247 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

Il pendio della frana, che si stacc


dalla montagna,
cos inclinato, da
non offrire alcuna
via di discesa per
chi fsse in cima.
Sull'orlo della costa
franata stava disteso il Minotauro, la
vergogna dei Cretesi, concepito dalla
moglie del re Minosse che, per farsi
possedere da un toro si mise in una vacca di legno. Quando ci
vide si morse il labbro come sopraffatto dall'ira bestiale che lo
consumava internamente.
Il mio saggio maestro gli grid: "Pensi forse che sia qui con
me il principe Teso, l'eroe che ti uccise? Allontnati da noi,
bestia, che costui non arrivato fin qui guidato dalla tua sorellastra Arianna, ma in viaggio per osservare i vostri tormenti."
Il Minotauro allora, come un toro che si scioglie dai lacci nel
momento in cui ha ricevuto il colpo mortale, non riusc pi a
correre e si dimen saltellando sul posto.
Il sagace Virgilio allora mi grid: "Corri al varco. Ci conviene
scendere mentre infuriato e non custodisce l'accesso." Cos ci
- 248 -

L'Inferno

Capitolo XII

precipitammo gi lungo la frana, con le pietre che spesso cedevano sotto i miei piedi a causa dell'insolito peso.
Riflettevo mentre procedevo e Virgilio mi chiese: "Stai forse
pensando a questa frana custodita da quella furia bestiale che
ho appena spento.
Devi sapere
che la volta
precedente,
quando scesi
qua gi nel
basso Inferno,
questa sponda
rocciosa non
era ancora franata.
Ma
sicuramente, se ricordo bene,
poco
prima
della venuta
di Cristo, che
priv il Limbo di un gran numero di anime, la profonda e sozza valle trem da ogni parte. Trem talmente che pensai che
l'universo fsse clto da un impeto d'amore divino. Pensai addirittura che, come sostiene Empdocle, sarebbe tornato ancora una volta al primitivo caos oscillando tra unificazione e se- 249 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

parazione, in virt dell'amore e dell'odio. Fu in quel momento


che queste antiche rocce franarono in questo luogo e nella bolgia degli ipocriti."
Nel primo girone i violenti contro il prossimo sono
immersi nel Flegetonte, fiume di sangue bollente
"Osserva in basso," prosegu Virgilio, "ci avviciniamo al Flegetonte che un fiume di sangue bollente nel quale finiscono
le anime di coloro che commettono offese ad altri con la violenza."
Oh avidit e ira sconsiderata, che cos tanto ci avete spronato
nella breve vita terrena, ora in quella eterna c'immergete in una
tale sofferenza!
Vidi un'ampia fossa circolare, in quanto abbraccia l'intera piana del settimo cerchio, come m'aveva preannunciato la mia
scorta.
Virgilio, incontrati i Centauri, li convince a farli
passare
Tra la base del dirupo e la riva del fiume correvano, in schiere
ordinate, dei centauri armati di arco e frecce, come quando sulla terra andavano a caccia.
Vedendoci scendere lungo la frana, si fermarono. Tre di loro si
allontanarono dal gruppo e si diressero verso di noi con archi
in mano e le frecce che avevano gi prima estratto dalla faretra.
- 250 -

L'Inferno

Capitolo XII

Uno di loro grid da lontano: "A quale pena siete destinati voi,
che scendete lungo la costa? Ditemelo sbito altrimenti tendo
l'arco."
Il mio maestro replic:
"Risponderemo solo a
Chirone
quando saremo vicini: la
tua irruenza
non ti ha mai
giovato."
Poi mi tocc leggermente con il gomito e spig: "Quello
Nesso. Fu ucciso da Ercole mentre tentava di rapirgli la moglie
Deianira e, morendo, per vendetta le don una camicia da fare
indossare al marito che, invece di farlo innamorare, l'avvelen.
Quello al centro, con il capo chino sul petto, il grande Chirone, che fu precettore di Achille; quell'altro Folo, che fu cos
pieno di sconsiderata violenza da saltare addosso alla sposa di
Pirtoo durante il banchetto di nozze.
I centauri sono a migliaia di ronda attorno al fossato, e colpiscono con le frecce le anime dei dannati che tentino di tirarsi
fuori dal fiume di sangue pi di quanto non gli competa, in
base all'entit della loro colpa."

- 251 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

Ci avvicinammo a quelle
belve veloci:
Chirone prese
una freccia, e
con la cocca si
pettin all'indietro la barba
tirandosela fin
sulla spalla.
Non appena ebbe scoperto la sua grande bocca fece notare ai
suoi compagni: "Vi siete accorti che quello che dietro muove
i sassi che tocca? vivo: questo non cpita con i piedi delle
anime."
La mia buona guida, che gli arrivava a stento al petto, l dove
si congiungono le sue due nature di uomo e di cavallo, rispose:
" effettivamente vivo, e a lui, a lui soltanto, devo mostrare la
valle infernale: lo spinge la necessit e non il diletto. Una donna scese dal cielo e mi affid questo straordinario incarico.
Non un brigante, n io sono l'anima di un ladro. Ma in nome
della virt divina, che mi consente di percorrere questa strada
cos impervia, prestaci uno dei tuoi a cui possiamo stare vicini.
Che ci mostri il punto dove poter guadare il fiume e che lo
porti in groppa, poich costui non uno spirito che possa camminare sospeso a mezz'aria."

- 252 -

L'Inferno

Capitolo XII

Chirone si gir a destra e ordin a Nesso: "Torna indietro. Guidali tu e allontana da loro ogni drappello di centauri che li
ostacoli."
Il centauro Nesso trasporta i due oltre il fiume, nel
secondo girone
Ci muovemmo dunque con questa scorta fidata lungo la riva
del Flegetonte, ribollente di sangue, dov'erano immersi i dannati che sentivamo gridare.
Vidi molte anime immerse in quel fiume fino alle sopracciglia,
tanto da riempirlo tutto fino alla riva. Nesso mi spieg: "Sono i
tiranni che uccisero e depredarono. Qui si piangono i danni arrecati agli altri senza alcuna piet.
Qui si trovano Alessandro di Fere, tiranno della Tessaglia, ladro e distruttore di popoli, e il crudele Dionisio il vecchio, che
don alla Sicilia quarant'anni dolorosi. E quella che ha i capelli
cos neri, la fronte di Ezzelino III da Romano, signore di Padova. Quell'altro che biondo il marchese di Ferrara Obizzo
II d'Este, il quale fu ucciso dal figlio snaturato Azzo VIII."
Allora mi girai verso il poeta e questo mi disse: "Fatti precedere dal centauro, io ti seguo."
Poco dopo il centauro si ferm presso un brulicho di anime
che pareva immersa fino alla gola in quel liquido ribollente, simile alla sorgente ferruginosa e calda di Viterbo. Ci mostr
un'ombra che si trovava sola e appartata in un angolo e ci disse: "Quello il conte Guido di Montfort che assassin Enrico
- 253 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

di Cornovaglia, cugino del re d'Inghilterra, mentre era a messa.


Gli Inglesi riportarono il suo cuore trafitto a Londra dove tuttora lo venerano."

Poi vidi una moltitudine che teneva la testa e anche tutto il petto fuori del fiume, e tra questi ne riconobbi molti. Cos, man a
mano che procedevamo, il livello del fiume andava diminuendo fin tanto da ustionare soltanto i piedi dei dannati. In questo
punto trovammo il nostro guado.

- 254 -

L'Inferno

Capitolo XII

"Cos, come vedi, da questo lato la profondit del fiume diminuisce progressivamente," disse il centauro. "Ma da quell'altra
parte il fiume aumenta nuovamente la sua profondit, fino a
che diventa massima l dove sono puniti giustamente i tiranni.
In questo punto la giustizia divina punisce il re degli Unni Attila, che fu sulla terra un terribile flagello, e il re dell'Epiro Pirro, che contrast Roma, e il figlio di Tarquinio il superbo, Sesto, che violent la nobile Lucrezia.
Per l'eternit munger le lacrime che spilla a caldo ai famosi
banditi Rinieri da Corneto, che terrorizz la Maremma, e Rinieri dei Pazzi, scomunicato per aver assassinato un vescovo, i
quali resero le nostre strade cos pericolose."
Poi, terminato il suo cmpito, si volt e riattravers quel pantano.

- 255 -

L'Inferno

Capitolo XIII

Capitolo XIII
Il secondo girone del settimo cerchio: i violenti
contro se stessi (suicidi) e le cose (scialacquatori)

Nesso non aveva ancora terminato di attraversare il guado, che


entrammo in un bosco senza sentieri evidenti. Con le foglie
non verdi, ma scure; privo di rami lisci e diritti, ma nodosi e
contorti; senza frutti, ma ricolmo di spine velenose. Gli animali selvaggi che abitano le terre incolte della Maremma toscana,
- 257 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

tra il fiume Ccina e la localit di Corneto, non vivono tra sterpi cos irti, pungenti e folti.
In questo luogo nidificano le orride Arpie, met donne e met
uccelli, che cacciarono i Troiani dalle isole Strofadi annunciando loro le future sventure. Hanno ali larghe, cllo e viso
umani, piedi con artigli, e corpo di uccello coperto di penne.
Emettono strani gemiti, lamentandosi dalla cime di quegli alberi.
E il mio buon maestro: "Prima che tu t'inoltri nel bosco, sappi
che sei oramai nel secondo girone del settimo cerchio" cominci a dire, "e vi rimarrai fino a quando non raggiungerai una
terribile distesa sabbiosa. Osserva quindi con attenzione, cos
noterai cose che, se te le raccontassi adesso, ti sembrerebbero
incredibili."
Dante strappa un ramoscello dal quale sgorgano
parole e sangue
Sentivo provenire da ogni parte gemiti lamentosi ma non vedevo colui che li emetteva e quindi mi fermai confuso.
Credo che Virgilio pensasse che io potevo immaginarmi che
cos tante voci provenissero da anime che si nascondevano in
mzzo a quegli alberi secchi. Perci il maestro mi disse: "Se tu
spezzi un qualsiasi rametto ad una di queste piante, quanto stai
pensando si dimostrer erroneo."
Allora allungai la mano e colsi un ramo da un grande pruno
spinoso, e il suo tronco grid: "Perch mi spezzi?" Si copr di
- 258 -

L'Inferno

Capitolo XIII

sangue e ricominci a dire: "Perch mi strappi? Non hai dunque alcuna piet? Fummo uomini, e ora siamo sterpaglia. La
tua mano avrebbe dovuto essere pi pietosa anche se fossimo
state anime di serpenti."
Dal ramo rotto uscirono insieme parole e sangue come da un
ramo verde posto nel fuoco da uno dei lati e che geme e stride
a causa del vapore che ne esce. Io lasciai cadere a terra il
ramo, e rimasi immobile e terrorizzato.
"Anima ferita,
costui
non
avrebbe mai
steso la sua
mano contro di
te, se avesse
potuto credere
senza
provare," rispose il saggio
Virgilio, "ci
che finora ha
letto solo nella
mia
poesia.
Nell'Eneide infatti racconto che Polidoro, figlio del re di Troia,
venne ucciso per avidit da Polinestore re della Tracia. Sul suo
corpo crebbero dei cespugli ed Enea, giunto sul posto, ne
strapp alcuni per ornare gli altari: dai rami spezzati usc il
sangue e il lamento di Polidoro.
- 259 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

Questa situazione, in s quasi incredibile, mi indusse a fargli


compiere un atto che mi rincresce. Ma digli chi fosti cosicch,
invece di riferire un tuo rimprovero, rinnover la tua fama nel
mondo dei vivi, dove gli consentito ritornare."
Il tronco allora disse: "Mi alletti talmente con le tue maniere
cortesi che io non posso tacere; non vi sia di peso se mi soffermo un poco a discorrere.
Il cancelliere imperiale Piero della Vigna
Io sono il cancelliere imperiale Piero della Vigna,
colui che ebbe le chiavi
del cuore di Federico II di
Svevia. Le girai cos delicatamente, aprendo e chiudendo, che esclusi quasi
ogni altra persona dalla
sua intimit. Ma fui tanto
fedele al mio glorioso incarico, che a causa di ci
persi sonno e salute.
L'invidia, vizio comune e colpa abituale delle corti, come una
prostituta non ha mai distolto il suo sguardo disonesto dalla
sede imperiale. Infiamm tutti gli animi contro di me, e gli infiammati, a loro volta, tanto rumoreggiarono presso l'imperatore che le gloriose onorificenze si mutarono in dolorosi lutti.

- 260 -

L'Inferno

Capitolo XIII

Il mio animo sdegnato, credendo che con la morte si sarebbe


sottratto all'ingiusto disprezzo, mi indusse a compiere contro
me stesso, che nel giusto fino a quel momento, un atto ingiusto.
Per le inusitate radici di quest'albero che mi incarcera, vi giuro
che fui sempre fedele al mio rispettabile signore. E se qualcuno di voi torna nel mondo, mi conforti riabilitando la mia memoria, che ancora prostrata per il colpo che le assest l'invidia."
Sorte dei suicidi prima e dopo il Giudizio Universale
Virgilio attese un poco, e poi mi disse: "Dato che tace non perdere tempo; ma parla e interrogalo, se desideri sapere qualcosa."
Io mi schernii e gli risposi: "Domanda in vece mia ci che credi possa appagarmi: io non potrei, tanto grande la piet che
ora mi gonfia il cuore!"
Perci Virgilio, voltosi al pruno, riprese: "Se ti verr fatto
spontaneamente il favore che chiedi, spirito imprigionato, rivelaci in che modo l'anima si lega a questi tronchi contorti; e rivelaci, se puoi, se sia mai accaduto che qualche anima si sia liberata da tali membra.
Allora il tronco soffi forte, e quel soffio si convert in parole:
"Vi sar data una risposta concisa.

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Dante Alighieri

La Divina Commedia

Quando l'anima, che stata cos crudele, si separa dal suo corpo, da cui essa stessa s' volontariamente strappata, Minosse la
scaglia nel settimo cerchio. Essa cade a caso nella selva e non
in un luogo prestabilito; qui germoglia come gramigna. Spunta
in forma di rovo o di albero selvatico e poi le Arpie, nutrendosi
delle sue foglie, le causano dolore e permettono a questo dolore di manifestarsi.
Come le altre anime, anche noi verremo infine a riprendere i
nostri corpi, ma non per questo ce ne rivestiremo, poich non
giusto riavere indietro ci di cui ci si privati volontariamente.
Trascineremo fin qui i nostri corpi ed essi saranno appesi nella
triste selva, ciascuno penzolante dalla pianta in cui rinchiusa
la sua anima, nemica del suo stesso corpo."
Violenti contro le cose (gli scialacquatori): Lano da
Siena e Giacomo da Sant'Andrea
Eravamo ancora in attesa ai piedi del tronco, credendo che ci
volesse dire altro, quando fummo sorpresi da un rumore simile
a quello che si sente quando arriva il cinghiale e i cani da caccia. Nel luogo dove si appostati si odono allora il latrato dei
cani e lo stormire delle fronde.
Ecco apparire a sinistra due individui, nudi e graffiati, che
scappavano cos in fretta da rompere ogni fronda. Quello che
correva davanti gridava: "Soccorrimi. Soccorrimi presto, oh
morte!" E l'altro, che si accorgeva di restare troppo indietro, lo
sbeffeggiava: "Ercolano Maconi, non furono cos veloci le tue
gambe nella battaglia della Pieve al Toppo, quando fosti ucciso
- 262 -

L'Inferno

Capitolo XIII

dagli Aretini!" Ercolano perse tutto al gioco ed per questo si


trova ora qui. Ma dopo averlo sbeffeggiato, poich forse gli
mancava il fiato, si cacci dentro ad un cespuglio per nascondersi.

Dietro a loro la selva era piena di cagne nere, affamate e veloci


come cani da caccia sguinzagliati al loro inseguimento. Azzannarono quello che si era riparato nel cespuglio, e lo lacerarono
pezzo per pezzo; e se ne andarono portando via quei brandelli
dolenti di carne.
Anonimo fiorentino suicida
Allora la mia guida mi prese per mano, e mi condusse al cespuglio che piangeva inutilmente attraverso le rotture sanguinanti. Diceva il cespuglio: "Oh Giacomo da Sant'Andrea, a che
- 263 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

ti servito farti scudo di me? Che colpa ne ho io della tua vita


peccaminosa durante la quale sperperasti tutti i beni di tua
madre?"
Quando il maestro si ferm sopra di lui, chiese: "Chi fosti tu,
che attraverso tanti rami spezzati emetti assieme al sangue
queste parole dolorose?" Ed egli ci rispose: "Anime che siete
arrivate giusto in tempo per vedere l'orrendo strazio che cos
violentemente mi strapp le fronde, radunatele, vi prego, ai
piedi di questo infelice cespuglio.
Nacqui a Firenze, citt che cambi il dio Marte, suo primo patrono, con san Giovanni Battista; per questo motivo il dio della
guerra sempre l'affligger con
la sua arte. Se non fsse che
sul ponte dell'Arno rimane ancora una sua statua, quei cittadini che la rifondarono sulle
ceneri, rimaste dopo il passaggio di Attila*, avrebbero lavorato inutilmente.
Sono qui Perch mi impiccai
in casa mia."

* Firenze in realt fu assediata dai Goti di Totila nel 542.

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L'Inferno

Capitolo XIV

Capitolo XIV
Terzo girone del settimo cerchio: una spiaggia
infuocata in cui vengono puniti i violenti contro Dio:
i bestemmiatori
Poich l'amore di patria mi commosse, radunai i rami sparpagliati e li restituii a quell'anima, la cui voce s'andava affievolendo.
Giungemmo quindi al confine con il terzo girone, dove si contempla la spaventosa azione della giustizia. Per illustrare bene
cose mai viste prima, vi devo spiegare che arrivammo in una
pianura priva di vegetazione. La dolorosa e triste foresta dei
suicidi la circonda, come il fiume di sangue del Flegetonte circonda quest'ultima. Qui ci fermammo proprio sul margine.
Il suolo era formato da una sabbia asciutta e compatta, non diversa da quella che fu calpestata nel deserto libico da Catone
Uticense, al comando dell'esercito pompeiano in guerra contro
Cesare.

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Dante Alighieri

La Divina Commedia

Oh giustizia divina, quanto devi essere temuta da chiunque


legga ci che apparve ai miei occhi! Vidi folte schiere di anime
nude e indifese che piangevano tutte con grande strazio, e pareva che fsse imposta a ciascun gruppo una diversa punizione.
Alcuni, i violenti contro Dio che sono bestemmiatori, giacevano in terra in posizione supina; altri, i violenti contro l'arte che
sono usurai, sedevano tutti rannicchiati. Altri ancora, i violenti
contro la natura che sono sodomiti, camminavano senza posa.
Quelli che camminavano erano pi numerosi, mentre quelli
che subivano la loro punizione distesi erano meno numerosi
ma imprecavano maggiormente e con pi foga per il dolore.
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L'Inferno

Capitolo XIV

Su tutta questa distesa di sabbia, piovevano lentamente larghe


falde di fuoco, come neve su di una montagna senza vento. Il
fuoco eterno scendeva su di loro come le fiamme che, nella
calda India, Alessandro Magno vide cadere sul suo esercito e
scendere compatte a terra. In quell'occasione fece calpestare il
terreno dal suo esercito, perch il fuoco si spegnesse, fintanto
che ogni fiamma era isolata e non unita assieme alle altre in un
grande incendio.
La sabbia infernale, invece, si infiammava, come l'sca sotto
l'acciarino, e raddoppiava cos la sofferenza di queste anime; il
movimento frenetico delle loro misere mani, per allontanare
dal corpo le fiamme appena cadutevi, era incessante.
I violenti contro Dio (bestemmiatori): Capaneo
Io cominciai a chiedere: "Maestro, tu che speri ogni difficolt, tranne i diavoli ostinati che ci uscirono incontro mentre stavamo per varcare la porta di Dite, chi mai quel colosso? Lo
vedo ignorare le fiamme e giace sprezzante e torvo: la pioggia
di fuoco non sembra sopraffarlo?"
Quello, accortosi che chiedevo di lui alla mia guida, mi grid:
"Come fui da vivo, cos sono anche da morto.
Giove non potrebbe essere soddisfatto della sua vendetta anche
se stremasse il suo fabbro Vulcano dal quale, adirato, ottenne il
fulmine acuminato con cui mi uccise. Non potrebbe essere
soddisfatto anche se stremasse i Ciclopi, uno dopo l'altro, nella
nera fucina dell'Etna, invocando: "Buon Vulcano, aiutami, aiu- 267 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

tami!", come accadde durante la battaglia di Flegra, tra i giganti e gli di. Non potrebbe essere soddisfatto anche se mi
fulminasse nuovamente con tutta la sua forza."
Allora la mia guida url, come non lo avevo mai udito finora:
"Oh Capaneo, sei maggiormente punito proprio perch non
riesci a moderare la tua superbia: nessuna pena, eccetto che essere divorato dalla tua stessa rabbia, sarebbe adeguata al tuo
insolente furore."
Poi si rivolse verso di me con il vlto sorridente spiegando:
"Quello fu Capaneo, uno dei sette re che assediarono Tebe. Salito sulle mura della citt, sfid i suoi numi protettori, Bacco
ed Ercole. Per questo Giove in persona lo fulmin. Disprezz
Dio e sembra che lo disprezzi ancora e lo stimi ben poco; ma,
come gli dissi, i suoi atteggiamenti sono ora appropriati alla
sua condizione.
Seguimi adesso. Stai attento a non mettere i piedi sulla sabbia
ardente, ma cammina sempre rasente al margine del bosco."
In silenzio giungemmo l, dove scaturisce dalla selva un torrente il cui colore rosso ancora mi fa raccapricciare. Quel fiume scorreva gi attraverso la sabbia come l'acqua calda del
lago ferrigno Bulicame esce in un ruscello che poi le lavoranti
della canapa di Viterbo dividono fra di loro incanalandole in
varie piscine di macerazione.* Il suo letto, le sponde e gli argi* Preferisco, in questo caso, leggere pettinatrici o lavoranti della canapa
("pettatrici") invece di peccatrici o prostitute ("peccatrici") che
utilizzerebbero le acque a scopi medicamentosi.

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L'Inferno

Capitolo XIV

ni erano di pietra; e perci mi accorsi che il passaggio era proprio l.


Il vecchio di Creta e l'origine dei fiumi infernali
"Fra tutte le altre cose che ti ho mostrato, dopo che varcammo
la porta dell'Inferno il cui ingresso non precluso a nessuno,
non vedesti nulla cos particolare come questo ruscello, che sopra di s smorza tutte le fiamme."
Queste furono le parole della mia guida ed io quindi la pregai
che mi spiegasse meglio ci di cui m'aveva fatto assaporare
uno stuzzicante accenno.
"Nel Mediterraneo si trova un'isola in rovina," disse allora,
"che si chiama Creta e sotto il cui re, Saturno, un tempo il
mondo fu virtuoso e gli uomini vissero in perfetta armonia.
Vi si trova una montagna, il monte Ida, un tempo allietata da
acque e vegetazione: ora abbandonata come fosse un vecchiume.
Rea, moglie di Saturno, la scelse come nascondiglio sicuro per
dare alla luce il figlio Giove che suo padre voleva divorare.
Per celarlo meglio, ordin ai Coribanti, suoi fedeli sacerdoti, di
coprire con suoni e canti i suoi vagiti.
Dentro il monte vi una statua di un gran vecchio in piedi, che
tiene le spalle rivolte verso le foci del Nilo e guarda a Roma
come a specchiarvisi. La sua testa di oro puro, le braccia e il
petto sono di argento, poi di rame fino al cavallo; da questo
- 269 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

punto in gi tutto di ferro puro, eccetto il piede destro che


di terracotta; e si appoggia pi su questo che sull'altro. Rappresenta le diverse et del mondo, che volgono le spalle alla culla
della civilt per guardare alla sede dell'Impero. Ed ora non ci
si affida infatti alla ferrea autorit temporale ma piuttosto alla
fragile autorit spirituale del papato.
Ogni
parte,
fuorch quella
d'oro, crepata da una fessura che lacrima. Queste lacrime, convogliate assieme, perforano
la roccia e scorrono di masso in masso precipitando in questo
abisso dove formano l'Acheronte, lo Stige e il Flegetonte.
Scendono poi attraverso questo stretto canale e formano la palude ghiacciata del Cocito nel nono cerchio, dove pi non si
scende. Che aspetto abbia questo stagno ghiacciato lo vedrai e
quindi adesso non te ne sto a parlare."
Allora gli chiesi: "Se questo ruscello scaturisce in questo modo
sulla terra, perch ci appare soltanto ora sul margine di questo
cerchio?" E lui mi rispose: "Tu sai che questo luogo circolare; bench, scendendo, hai camminato a lungo e procedendo
sempre verso sinistra, non hai ancora compiuto un intero giro

- 270 -

L'Inferno

Capitolo XIV

di circonferenza. Per questo, se ti appare una cosa ancora mai


vista, non devi stupirti."
Ma io insistetti: "Maestro, dove si trovano esattamente il Flegetonte e il Lte? Infatti di uno di questi fiumi non parli, e dell'altro affermi che deriva da questa pioggia di lacrime."
"In genere approvo tutte le tue domande" mi rispose; "ma ora
il ribollire dell'acqua rossa avrebbe ben dovuto rispondere a
una delle domande che mi poni e farti riconoscere il Flegetonte.
Vedrai il Lte, ma fuori da questo abisso, l dove le anime vanno a lavarsi quando i peccati, di cui si sono pentite, sono purgati e cancellati."
Quindi prosegu: "Ormai
tempo di allontanarsi da
questo bosco. Seguimi: gli
argini di pietra, che non
sono arsi dal fuoco, ci
consentono di procedere:
sopra di loro, infatti, ogni
fiamma si spegne."

- 271 -

L'Inferno

Capitolo XV

Capitolo XV
Ingresso nella seconda zona del terzo girone
Procedemmo sopra
una delle sponde di
pietra; e il vapore
del ruscello faceva
ombra e riparava
dalle fiamme cadenti sia l'acqua sia
gli argini.
Quegli argini erano
impressionanti,
quantunque il costruttore, chiunque fsse, non li avesse fatti n
troppo alti n troppo larghi. Assomigliavano in piccolo alla
diga che i Fiamminghi, temendo la marea, innalzarono tra
Wissant e Bruges. Assomigliavano pure alla diga che i Padovani innalzarono lungo il corso del Brenta, per proteggere le
loro citt e i loro castelli dalle inondazioni quando, per il caldo, si sciolgono le nevi sulle Alpi Carniche.
- 273 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

Incontro con la schiera dei sodomiti (violenti contro


natura)
Ci eravamo gi allontanti tanto dalla selva che non sarei pi
riuscito a vederla, anche se mi fossi voltato. Incontrammo allora un gruppo di anime che camminavano lungo l'argine; ognuna di loro ci osservava come cpita di scrutarsi in una sera senza luna, e strizzavano gli occhi verso di noi come un vecchio
sarto che introduca il filo nella cruna dell'ago.
Dante incontra Brunetto Latini
Osservato in questo modo da tale schiera, fui riconosciuto da
uno, che mi afferr per un lembo della veste e grid: "Che sorpresa vederti qui!"
Io, quando tese il braccio verso di me, fissai quella faccia bruciata e lo riconobbi nonostante le ustioni; e stendendo in gi la
mano verso il suo viso,
risposi: "Anche voi siete
in questo luogo, messer
Brunetto?"
E quello allora prosegu:
"Figliolo, non ti rincresca che Brunetto Latini
torni indietro, assieme a
te, per un breve tratto e
abbandoni cos il suo
gruppo." Io allora risposi: "Ve ne prego di cuore.
- 274 -

L'Inferno

Capitolo XV

Se volete che mi fermi e mi sieda qui con voi, lo far volentieri; sempre se l'approva il mio compagno di cammino."
"Figliolo," disse, "chiunque di questa schiera si fermi anche
per un solo istante, costretto poi a giacere per cento anni senza difesa quando la pioggia di fuoco lo ferisce. Procedi: io ti
camminer accanto; poi torner dalla mia brigata, che sconta
piangendo la sua pena eterna."
Io non osavo scendere dall'argine per camminare affianco a lui
come avrei voluto, ma nonostante questo chinai il capo pieno
di rispetto.
Affettuoso discorso di Brunetto e profezia dell'esilio
di Dante
Egli cominci a chiedermi: "Quale caso o quale volere superiore ti conduce quaggi prima della morte? E chi costui che
indica il cammino?"
"Lass, nel
mondo
che
pur, rispetto a
questo, pare
sereno," gli

- 275 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

risposi, "mi smarrii in una valle, prima di aver compiuto trentacinque anni.
Soltanto ieri mattina l'ho lasciata alle mie spalle e costui, che
vedi con me, giunse mentre stavo per tornare indietro. Ora mi
conduce sulla retta via attraverso questo difficile cammino."
Ed egli: "Se segui l'influsso del tuo segno zodiacale non puoi
che approdare alla gloria, se giudicai bene da vivo. Se non fossi morto cos presto, vedendo che il cielo ti cos favorevole,
ti avrei incoraggiato nella tua opera politica e letteraria.
I Fiorentini, ingrati e perversi, anticamente discesero dai Fiesolani, quando la loro citt fu distrutta dai Romani per aver
aiutato Catilina. Ancora oggi sono duri e rozzi come allora e ti
saranno ostili, per via della tua rettitudine. Ed giusto, poich
il dolce fico non deve produrre i suoi frutti in mzzo agli aspri
sorbi. Un vecchio detto li dice ciechi, e sono avidi, invidiosi e
superbi: mantieniti immune dai loro costumi.
La sorte ti riserva tanto onore, che entrambi i partiti cercheranno di estirparti; ma l'erba tenera sar ben lontana da questi caproni. Le bestie fiesolane facciano quindi foraggio di loro stesse e non tocchino la pianta, se in mzzo al loro letame ne nasce
ancora qualcuna, nella quale rivive la discendenza dei Romani.
I coloni romani infatti si unirono ai Fiesolani deportati quando
si fond questo covo di cos grande malvagit."

- 276 -

L'Inferno

Capitolo XV

Dante ringrazia Brunetto per le sue spiegazioni e si


dichiara pronto a resistere ai colpi della sorte
"Se le mie richieste fossero state interamente esaudite," gli risposi, "voi non sareste ancora morto. Ben ricordo il caro e
buon atteggiamento paterno che avevate in vita, e che ora mi
addolora, quando nei nostri colloqui mi insegnavate come l'uomo pu acquistare gloria imperitura. giusto quindi che si
veda chiaramente, attraverso le mie parole, quanta gratitudine
vi serbi.
Quello che mi raccontate sulla mia futura vita lo memorizzo
per farlo interpretare, assieme con un'altra predizione, da una
donna che ne sar certamente capace, sempre se riuscir mai a
giungere fino a lei.
Soltanto voglio che sappiate che sono preparato a qualunque
colpo della sorte, purch la coscienza non mi rimproveri. Una
tale predizione l'ho gi udita, come dicevo: perci la Fortuna
giri pure la sua ruota come vuole, non ne ho maggior timore
che dei contadini che usano la loro zappa."
Virgilio si volse allora indietro, verso destra, e mi fiss. Poi
chios enigmatico: "Solo chi riesce a ricordare quello che viene detto, ascolta con profitto."

- 277 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

Brunetto indica altri suoi compagni di pena e si


congeda
Nondimeno continuai a camminare parlando con messer Brunetto, e gli chiesi chi fossero i suoi compagni pi famosi e importanti. Ed
egli: "Sapere
il nome di alcuni di loro
bene, ma d'altri meglio
tacerlo, poich il tempo
non ci basterebbe per una
cos
lunga
elencazione.
Sappi in breve che furono tutti ecclesiastici e dotti di grande
valore e di grande rinomanza, macchiatisi in vita di un medesimo peccato.
Con quella folla infelice se ne vanno Prisciano di Cesarea, autore delle Institutiones gramaticae, e Francesco di Accorso,
docente di diritto all'universit di Bologna.

- 278 -

L'Inferno

Capitolo XV
Se mai tu desiderassi
guardare una tale piattola, avresti potuto anche vedere il vescovo
di Firenze Andrea dei
Mozzi che fu trasferito
da papa Bonifacio
VIII a Vicenza, dove
poi mor nel peccato.

Parlerei con te anche


pi a lungo; ma non
posso pi n camminare n parlare, poich
vedo levarsi in lontananza un nuovo polverone dalla distesa
sabbiosa: si avvicina un gruppo a cui non devo unirmi.
Ti raccomando la mia
opera, i Livres dou trsor
nella quale sopravvivo.
Non chiedo altro."
Poi si volt, e fu rapido
come quelli che a Verona
corrono il palio gareggiando nella corsa podistica; e mi parve essere il
vincitore e non chi perde.

- 279 -

L'Inferno

Capitolo XVI

Capitolo XVI
Incontro con altri tre sodomiti fiorentini
Ero arrivato fin l dove si udiva, simile a quel ronzio che producono gli alveari, lo scrscio dell'acqua del Flegetonte che
precipitava nel cerchio seguente.
Tre ombre si
staccarono
contemporaneamente,
correndo, dal
nuovo gruppo che vedevo ora passare sotto la
pioggia
di
questo crudele supplizio.

- 281 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

Venivano verso di noi e gridavano: "Frmati tu che dal modo


di vestire sembri provenire dalla nostra malvagia citt."
Ahim, quante ferite appena aperte dalle fiamme e appena rimarginate vidi sui loro corpi! Al solo ricordo ne soffro ancora.
Il mio maestro prest attenzione alle loro grida: si volse verso
di me e mi sugger: "Aspettali: si deve essere cortesi con costoro. Se non fsse per le fiamme scagliate dalla natura di questo luogo, direi che converrebbe pi a te, che a loro, l'affrettarsi per un colloquio."
Non appena ci fermammo, ripresero il consueto lamento e,
quando ci raggiunsero, si misero a correre in cerchio attorno a
noi tutti e tre. Come i lottatori nudi e unti, cercano con gli occhi la presa
pi vantaggiosa prima
di slanciarsi e
colpirsi a vicenda
cos,
pur girando,
questi
tre
mantenevano
il viso rivolto
verso di me,
in modo che dovevano volgere continuamente la testa in direzione opposta a quella dei piedi.

- 282 -

L'Inferno

Capitolo XVI

Dante parla con i sodomiti fiorentini di Firenze


"Se la miseranda condizione di questo luogo sabbioso e il nostro aspetto bruciacchiato e spellato rendono spregevoli noi e
le nostre stesse preghiere," cominci uno di essi, "la nostra
fama ti induca a dirci chi sei tu che, cos fuori dai tormenti,
cammini pur vivo nell'Inferno.
Questo, di cui mi vedi calpestare le orme, bench cammini
nudo e spellato, fu di condizione pi elevata di quanto tu non
possa immaginare. Egli Guido Guerra dei conti Guidi. Fu nipote della virtuosa Gualdrada, figlia di Bellincione Berti dei
Ravignani, e nella sua vita si distinse per intelligenza e per valore militare. Venne bandito da Firenze dopo la sconfitta di
Montaperti e capeggi i Guelfi fiorentini nella battaglia di Benevento contro i Ghibellini di re Manfredi, figlio dell'imperatore Federico II.
L'altro, che dietro me calpesta la sabbia, Tegghiaio Aldobrandi degli Adimari, le cui parole avrebbero dovuto essere pi
apprezzate nel mondo, soprattutto quando consigli di non
scendere in campo a Montaperti contro i Ghibellini di Farinata
degli Uberti.
Ed io, che vengo tormentato assieme a loro, sono Jacopo Rusticucci, e certamente mia moglie, insopportabile pi d'ogni altra cosa, mi rec grave danno e col suo carattere scorbutico fu
all'origine del mio peccato.
Se fossi stato al riparo dal fuoco, mi sarei precipitato gi in
mzzo a loro, e credo che il maestro lo avrebbe permesso; ma
- 283 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

poich sarei stato bruciato e arso dalle fiamme, la paura prevalse sulla mia lodevole voglia di abbracciarli.
Poi risposi loro: "La vostra condizione non suscita in me disprezzo, ma un dolore cos acuto, che trascorrer molto tempo
prima che riesca a liberarmene del tutto. Tale dolore cominci
fin da quando il mio signore Virgilio m'accenn di voi ed io
compresi che si avvicinavano anime grandi, quali in effetti siete.
Appartengo alla vostra stessa citt, e sempre udii e parlai di
voi e delle vostre opere con venerazione e commozione.
Ora lascio l'amarezza del peccato e mi dirigo verso i dolci frutti della salvezza, a me promessi da questa mia onesta guida;
ma prima occorre che giunga fino al centro della terra."
"Possa tu vivere a lungo," rispose ancora quello che mi aveva
parlato, "e la tua fama risplendere ben oltre la tua vita. Ma dicci se nella nostra citt abitino ancora cortesia e valore, cos
com'era per tradizione, o se sono completamente scomparse.
Te lo chiediamo poich Guglielmo Borsiere, cavaliere costumato, che da poco soffre qui assieme a noi e cammina l con i
nostri compagni, ci addolora non poco per gli eventi che ci ha
riferito."
Allora gridai a testa alta: "Le persone venute su dal nulla e gli
improvvisi guadagni hanno prodotto in te, Firenze, tanta superbia e sfrenatezza che gi ne soffri per gli effetti." E i tre, che

- 284 -

L'Inferno

Capitolo XVI

interpretarono le mie parole come risposta, si guardarono l'un


l'altro come quando si sente una triste verit.
"Se ti cos facile" risposero in coro "accontentare chi ti chiede notizie, considerati fortunato!
Perci, se scamperai a questi luoghi
oscuri e tornerai a
rivedere le belle
stelle, se potrai raccontare con soddisfazione di quando
fosti nell'Inferno, fa
in modo di parlare
alla gente di noi."
Quindi ruppero il
cerchio, e le loro
agili gambe sembrarono ali nel fuggire. Non si sarebbe
potuto pronunciare
un amen con la
stessa velocit con cui essi sparirono; per cui anche al mio
maestro parve opportuno allontanarsi.

- 285 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

Descrizione della voragine in cui si getta il


Flegetonte, tra il settimo l'ottavo cerchio
Io lo seguivo: avevamo percorso ben poca strada quando il fragore dell'acqua divenne tale che, se anche avessimo parlato, ci
saremmo uditi appena.
V' un fiume che inizia a scorrere con corso proprio dal Monviso, sul versante sinistro dell'Appennino, verso levante. Nel
tratto iniziale, prima di scendere a valle, si chiama Acquacheta
ma a Forl non ha pi quel nome e si chiama Montone. Sopra
San Benedetto dell'Alpe rimbomba in modo simile al Flegetonte perch precipita attraverso un'unica cascata l dove, per
la massa d'acqua, dovrebbe essere ricevuto da mille balze. Lo
stesso scuro Flegetonte aveva un fragore tale, precipitando gi
dal pendio scosceso, che in poco tempo ci avrebbe danneggiato l'udito.
Gerione appare sulla riva del settimo cerchio
Io avevo legato in vita una cintura a rammentarmi quotidianamente il mio voto di castit, e con essa avevo pensato tempo
prima di imbrigliare la lince dal manto screziato, ossia la Lussuria. Ma ora non mi serve pi, avendo lasciato l'ultimo cerchio,dove si puniscono peccati di lussuria. Dopo averlo slegato, come mi aveva ordinato la mia guida, gliela porsi tutta appallottolata. Egli si gir a destra e la gett gi in quel profondo
dirupo, alquanto lontano dalla sponda.

- 286 -

L'Inferno

Capitolo XVI

"Deve accadere qualcosa di insolito," pensavo, "in risposta a


questo strano tipo di segnale che Virgilio segue cos attentamente con lo sguardo."
Ahi quanto dobbiamo essere prudenti davanti ai saggi: non bisogna domandargli nulla perch essi non vedono solamente le
azioni ma intuiscono anche i nostri pensieri! Tant' vero che
egli mi disse: "Ben presto salir colui che attendo, come tu
confusamente immagini: fra poco lo vedrai."
L'uomo deve sempre tacere, finch pu, quella verit che sembra menzogna tanto incredibile, poich senza che ne abbia
colpa, lo fa sembrare bugiardo. Io per, lettore, non posso tacere la verit.
Su questi versi, che possano essere graditi a lungo, ti giuro che
vidi attraverso quell'aria densa e tenebrosa venire nuotando
verso l'alto una figura, tale da sgomentare ogni animo, anche il
pi forte. Affiorava dall'abisso con il movimento di chi s'immerge per disincagliare l'ancora da uno scoglio, o da qualche
altro impedimento sommerso, il quale tende le braccia e ritira
a se le gambe per darsi la spinta.

- 287 -

L'Inferno

Capitolo XVII

Capitolo XVII
Il dmone Gerione

"Ecco il mostro dalla coda acuminata che scavalca le montagne e penetra nelle case e attraverso le corazze. Ecco colui che
appesta tutto il mondo con il suo fetore!" Cos cominci a
spiegarmi la mia guida; e gli fece segno di accostarsi all'orlo

- 289 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

del girone, vicino al bordo degli argini di pietra su cui avevamo camminato.
Quel laido simbolo della frode ci raggiunse, e pose a riva la testa e il tronco, ma non la sua coda. Il suo vlto era di uomo
onesto, tanto benevolo era il suo aspetto. Tutto il resto del corpo era di serpente; aveva due zampe con artigli e pelose fino
alle ascelle, che rappresentano la crudelt del male. Aveva il
dorso e il petto e ambedue i fianchi disegnati con nodi intricati
e fregi circolari, simbolo dei raggiri e degli inganni. Neppure i
Tartari o i Turchi riuscirono mai a fare tappeti con una tale variet di colori, fondi e rilievi; neppure Aracne, mitica tessitrice
della Lidia, che vinse la dea Minerva nella tessitura e fu da lei
trasformata in ragno, riusc mai a elaborare tele con simili disegni.
Come a volte le barche sono ferme a riva, con la poppa in acqua e la prua in secco, e come nelle terre dei Tedeschi crapuloni il castoro si prepara a pescare con la coda in acqua, cos il
peggiore di tutti i mostri, stava sul margine pietroso che cinge
la distesa di sabbia infiammata.
L'intera sua coda guizzava nel vuoto, ritorcendo verso l'alto la
coda biforcuta, ad indicare la doppiezza della frode, che aveva
l'estremit velenosa come quella di uno scorpione.
Virgilio disse: "Dobbiamo deviare un poco fino a raggiungere
quella perversa bestia." Perci scendemmo a destra e percorremmo dieci passi sull'orlo del settimo cerchio, per evitare
completamente la sabbia e la pioggia di fuoco.
- 290 -

L'Inferno

Capitolo XVII

I violenti contro l'arte (gli usurai)


Giunti vicino a lei vidi, un po' pi in l, sulla sabbia, delle persone che sedevano vicino all'abisso.
A questo punto il maestro mi disse: "Per conoscere a pieno
questo girone, avvicinati e osserva la loro condizione. Ma sii
breve: nel frattempo io chieder a questa bestia che ci traporti
sulle sue forti spalle."
Cos procedetti da solo sull'orlo estremo del settimo cerchio,
dove sedevano quelle anime tormentate. Piangevano per il dolore e si riparavano con le mani, agitandole di qua e di l, ora
dalla pioggia di fiamme e ora dal terreno infuocato. Non si
comportavano diversamente dai cani che d'estate, ora con il
muso e ora con la zampa, tentano di difendersi dai morsi delle
pulci, delle mosche o dei tafni.
Fissai il vlto di alcuni di
loro, su cui cadeva il doloroso fuoco, ma non riconobbi nessuno. Per mi
accorsi che a ciascuno di
loro pendeva dal cllo
una borsa, simbolo della
loro cupidigia. Su questo
sacchetto era dipinto il
colore e lo stemma della

- 291 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

loro famiglia e sembrava che il loro sguardo traesse nutrimento da queste borse.
Avvicinandomi e osservandoli pi attentamente, notai su di
una borsa gialla un leone azzurro: lo stemma dei guelfi Gianfigliazzi. Mentre il mio sguardo procedeva oltre, ne vidi un'altra
rossa come sangue, che mostrava un'oca candida pi del burro:
lo stemma dei Ghibellini Obriachi.
A questo punto uno, che aveva disegnata sulla sua borsa bianca una grossa scrofa azzurra, mi disse: "Che ci fai in questo
abisso? Vattene! Anzi, poich sei ancora vivo, sappi che mio
genero, Vitaliano del Dente, sar podest a Vicenza e poi a Padova, e infine seder qui alla mia sinistra. Sono padovano, nonostante stia assieme a questi fiorentini, e mi chiamo Reginaldo degli Scrovegni.
Molte volte i miei compagni mi assordano gridando: Presto
arriver il principe degli usurai, che porter la borsa coi tre
caproni neri! Venga Giovanni Buiamonte, della famiglia dei
Becchi: l'attendiamo!" A questo punto storse la bocca e tir
fuori la lingua, come un bue che si lecchi il naso.
E io, temendo che il rimanere pi a lungo infastidisse Virgilio
che mi aveva raccomandato di non indugiare, tornai indietro,
allontanandomi da quelle anime afflitte.

- 292 -

L'Inferno

Capitolo XVII

I due poeti salgono in groppa a Gerione che li


trasporta fino all'ottavo cerchio: le Malebolge
Trovai che la mia guida era gi salita sulla groppa al mostro
terrificante. Mi disse: "Ora sii forte e coraggioso. D'ora in poi
si deve scendere con tali scale. Sali davanti, perch voglio stare dietro, in modo che la coda non ti possa nuocere."
Dopo le parole pronunciate da Virgilio, sentii come appressarsi
il brivido della malaria, tanto da avere gi le unghie livide e da
tremare al solo vedere un luogo ombreggiato. Ma mi vergognai e mi mostrai coraggioso come un servo in presenza di un
valoroso padrone.
Mi sedetti su quelle immonde spalle, provai a dire, ma non riuscii: "Cingimi con le tue braccia." Ma egli, che altre volte mi
aveva aiutato nel rischio, appena salii, mi cinse e mi sorresse
con le braccia e disse: "Gerione, ora di partire. Fai ampi giri
e una discesa lenta. Ricordati del carico inusuale che
trasporti."
Gerione si stacc dall'orlo del girone come l'imbarcazione si
stacca dall'attracco procedendo a ritroso; appena si sent libero,
volse la coda dove prima aveva il petto. Poi tese la coda come
un'anguilla, e con le zampe tir a s l'aria.
Fetonte, figlio del Sole, quando moll le redini del carro paterno e scott il cielo, come ancora si pu vedere osservando la
Via Lattea, prov certo una grande paura. Ma non credo fsse
maggiore della mia, allorch mi trovai circondato dall'aria e
non vidi pi nulla fuorch il mostro. Una simile paura non la
- 293 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

prov neppure l'infelice Icaro che, fuggendo col padre Dedalo


dal labirinto di Creta con ali di piume e cera, sent le spalle
perdere le penne. La cera si scioglieva, mentre dietro a lui il
padre gli gridava disperato: "Hai sbagliato direzione! Sei troppo vicino al sole!"
Gerione procedeva nuotando lentamente; scendeva con movimenti circolari, ma non me ne rendevo conto se non per il fatto
che l'aria mi soffiava in viso e dal basso. Sentivo gi, sulla mia
destra, lo spaventoso fragore della cascata del Flegetonte,
quindi sporsi la testa per vederlo meglio.
Allora temetti maggiormente di cadere, dato che vidi le fiamme e udii i pianti delle anime: tremando mi strinsi meglio con
le gambe alla groppa di di Gerione.
E vidi chiaramente, poich prima non potevo dato che scendevamo a spirale, i supplizi che si avvicinavano ora da una parte
ora dall'altra.
Cpita che il falcone, quando stato a lungo in volo senza aver
veduto il richiamo del cacciatore o alcuna preda, faccia esclamare al falconiere deluso: "Ahim, tu stai scendendo!" Vola
stanco, verso il luogo da cui era partito agile e, con molti giri,
si posa lontano dal suo sdegnato e adirato padrone. Similmente
Gerione ci depose sul fondo, ai piedi della rupe a picco e, scaricatici, si dilegu nelle tenebre come una saetta.

- 294 -

L'Inferno

Capitolo XVIII

Capitolo XVIII
Ottavo cerchio detto anche Malebolge perch diviso
in dieci sacche o bolge
Questa parte dell'Inferno chiamata Malebolge, ed costituita
interamente
da una pietra
livida, come
la parete rocciosa che tutt'attorno lo
circonda.
Proprio nel
centro
di
questa spianatamalvagia si apre un pozzo molto largo e profondo che porta dall'ottavo al nono cerchio e di cui descriver la struttura
quando sar il momento giusto.

- 295 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

Quello spazio che rimane tra il pozzo e la base dell'alta parete


rocciosa pertanto circolare, ed suddiviso in dieci fossati
concentrici detti bolge.
Quegli avvallamenti hanno l'aspetto simile ai numerosi fossati
che circondano i castelli, per proteggerne le mura. Come alle
porte dei castelli vi sono dei ponti di pietra tra l'ingresso e la
riva esterna dell'ultimo fossato, cos
dalla base della parete rocciosa partivano una serie ponti di pietra; questi
ponti attraversavano gli argini e i fossati fino al pozzo,
che li interrompe e
verso cui convergono.
Ci trovammo in
questo luogo quando Gerione ci scroll via dalla sua
schiena; Virgilio si
diresse a sinistra, e io lo seguii.

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L'Inferno

Capitolo XVIII

Nella prima bolgia vi sono i ruffiani: Vendico


Caccianemico
Vidi alla mia destra il primo avvallamento; era pieno di inusitate immagini di dolore, pene mai viste e fustigatori di nuovo
tipo. I peccatori stavano nudi sul fondo; procedevano, lungo
l'argine esterno, in direzione contraria alla nostra; mentre invece, lungo l'argine interno, camminavano nella nostra direzione,
ma pi velocemente.
Si muovevano come i Romani che quest'anno, a causa della
grande folla per il primo giubileo, hanno deciso di regolare il
transito della moltitudine di pellegrini sul ponte di Castel Sant'Angelo. Lo hanno convogliato in modo tale che da un lato del
ponte tutti si dirigessero verso San Pietro mentre dall'altro lato
verso il monte Giordano.
Da ogni parte, sulla pietra scura vidi diavoli cornuti che con
grandi fruste percuotevano crudelmente sulla schiena i dannati.
Ah come gli facevano alzare i talloni fin dal primo colpo! Nessuno aspettava il secondo o il terzo.
Mentre camminavo notai uno di loro. Immediatamente esclamai: "Non certo la prima volta che lo vedo!" Per poterlo
quindi osservare meglio mi fermai. La mia cara guida si ferm
con me, e consent addirittura che ritornassi un poco indietro
per vederlo meglio.
Quel frustato credette di potersi nascondere abbassando il vlto; ma gli serv a poco, poich l'avevo gi riconosciuto e l'apostrofai: "Tu, che volgi lo sguardo a terra sei certamente Vene- 297 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

dico Caccianemico, se il tuo aspetto non mi inganna, capo del


partito guelfo bolognese. Ma quale peccato ti conduce in queste brucianti e piccanti vallate?"
Ed egli mi rispose: "Lo dico malvolentieri; ma mi costringono
a fare ci le tue precise
parole, che mi richiamano
alla memoria la vita terrena.
Per cementare un'alleanza
politica costrinsi mia sorella Ghisolabella a cedere alle voglie del marchese Obizzo II d'Este, comunque venga raccontata
ora questa turpe vicenda.
Ma non sono il solo bolognese a scontare qui la sua colpa. In questo luogo, al contrario,
vi sono pi Bolognesi di quanti non ne parlino ora il dialetto
tra i fiumi Svena e Reno; e se di questo vuoi una prova certa,
rammentati di quanto grande la nostra cupidigia."

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L'Inferno

Capitolo XVIII

Mentre diceva queste parole un diavolo lo colp con la sua frusta di cuoio e disse: "Vattene da qui, ruffiano! In questo luogo
non vi sono donne da ingannare."
I seduttori delle donne: Giasone
lo mi riavvicinai al mio compagno con cui, percorsi pochi passi, giungemmo in quel punto da dove partiva, dalla parete rocciosa, un ponte di pietra. Salimmo su di esso con molta facilit; camminammo diretti a destra, sul suo fondo scheggiato, e ci
allontanammo da quell'eterno girare.
Quando raggiungemmo il centro della campata del ponte, per
consentire il passaggio dei frustati, la mia guida disse: "Frma- 299 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

ti, e fa in modo che ti vedano questi altri disgraziati che non


hai potuto osservare poich camminano nella nostra stessa direzione." Da questo antico ponte osservavamo quindi la fila
che procedeva verso di noi dall'altra parte della bolgia, e che la
frusta spingeva cos come faceva con i ruffiani.
Il mio buon maestro, senza che domandassi, mi disse: "Guarda
quel grande che si avvicina, e che non sembra piangere per il
dolore: che regale fierezza!
Quello Giasone, figlio del re di Tessaglia, che guid la spedizione degli Argonauti in Colchide con coraggio e saggezza. L
giunto riusc a conquistare il vello d'oro. Egli pass per l'isola
di Lmno, dopo che le donne audaci e spietate avevano ucciso
tutti i loro uomini. Qui con gesti e con lusinghe ingann Isfile,
la giovane che al tempo della strage aveva ingannato tutte le
altre donne convincendole a risparmiare la vita al padre Toante. La abbandon, incinta e sola: questo peccato gi lo rende
meritevole di tale supplizio. Ma si rende anche giustizia alla
moglie Medea, anch'essa da lui abbandonata.
Assieme a lui camminano coloro che usarono l'inganno per il
proprio interesse e ti basti sapere questi fatti sulla prima bolgia
e su coloro che sono qui azzannati."
Nella seconda bolgia gli adulatori: incontro con
Alessio Intiminelli e Taide
Ci trovavamo gi nel punto in cui l'angusto sentiero s'incrocia
col secondo argine, e da cui parte un altro ponte.
- 300 -

L'Inferno

Capitolo XVIII

Udimmo gente che si lamentava nell'altra bolgia e grufolava e


si percuoteva con le palme aperte.
Le sponde erano
incrostate, da una
muffa che disgustava vista e olfatto,
per le esalazioni
che dal basso vi si
condensavano pastosamente. Il fondo cos scuro, che
per vederlo fu necessario raggiungere la sommit dell'arco, dove il ponte
di pietra pi alto.
L giungemmo e l
vidi sul fondo una
massa di persone immerse in tale e tanto sterco che sembrava
uscire da tutte le latrine della terra.
E mentre guardavo il fondo, notai uno con la testa cos imbrattata di merda, che non si capiva se avesse meno la tonsura ecclesiastica.
Quello mi sgrid: "Perch mi guardi tanto e ignori gli altri?" E
io allora risposi: "Perch, se ben ricordo, ti ho gi veduto con i

- 301 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

capelli asciutti: sei Alessio Interminelli di Lucca. Per questo ti


osservo."
Ed egli allora, colpendosi la testa: "Gi! Le lusinghe, che non
ero mai stanco di fare, mi hanno cacciato qua gi."
A questo punto Virgilio mi disse: "Guarda poco pi avanti e
vedrai la faccia di
quella sudicia e
scostumata donnaccia che, con le
unghie lorde, si
graffia
laggi.
Senza pace siede a
terra e si alza in
piedi. Taide, la
prostituta
greca
che al suo amante,
quando costui le chiese Ho grandi meriti ai tuoi occhi?, rispose adulandolo e pensando solo al suo desiderio: Pi che
grandi. Straordinari! E a questo punto ci basti quanto abbiamo visto."

- 302 -

L'Inferno

Capitolo XIX

Capitolo XIX
La terza bolgia. Invettiva contro i simoniaci
conficcati nelle buche

Oh Simone, mago di Samaria, tentasti invano di acquistare da


san Pietro i doni dello Spirito Santo. Oh sciagurati i tuoi seguaci, che rapacemente prostituiscono per denaro gli uffici sacri: questi devono essere conferiti solo a persone virtuose.
giusto che voi adesso siate condannati e vi trovate nella terza
bolgia.

- 303 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

Gi eravamo sulla bolgia seguente, al centro della campata del


ponte.
Oh sapienza infinita, quanta creativit dimostri in cielo, in terra e in questo mondo malvagio, e con quanta giustizia il tuo
potere distribuisce a ciascuno il suo!
Vidi lungo le pareti laterali e sul fondo la roccia scura e piena
di buchi, tutti della stessa dimensione e circolari. Mi sembravano delle stesse esatte dimensioni dei battezzatri che si trovano nel Battistero fiorentino di san Giovanni, dove si battezzava per immersione nell'acqua santa il neonato. Spezzai proprio uno di questi, non molti anni fa, per salvare uno che, scivolatovi dentro, vi stava annegando. Questa spiegazione serva
ad evitare ogni altra calunnia sul mio conto.
Fuori dell'apertura i piedi e le gambe di un dannato fino al polpaccio sporgevano sopra ogni buco, e il resto dei corpo era
conficcato dentro. Su entrambe le piante dei piedi di costoro
erano accese delle fiamme; perci si agitavano con tanta forza
che avrebbero spezzato funi di vimini o corde intrecciate. Le
fiamme ardevano muovendosi dai calcagni alla punta delle dita
come quando si muovono sugli oggetti unti, sfiorandone la superficie.
I due poeti si fermano a parlare con papa Nicol III
"Maestro, chi costui che si agita pi degli altri suoi compagni," domandai, "e perch consumato da una fiamma pi vivace?"
- 304 -

L'Inferno

Capitolo XIX

E Virgilio mi rispose: "Se lo desideri ti conduco gi scendendo


lungo l'argine successivo. Apprenderai direttamente dalle sue
labbra chi fu e quali furono i suoi peccati."
E io: "Apprezzo ogni cosa che ti sia gradita. Tu sei quello che
comanda. Sai che eseguo ogni tuo desiderio e inoltre precorri i
miei desideri anche se non li esprimo."
Giungemmo allora sul quarto argine; scendemmo quindi gi,
dirigendoci a sinistra, nel fondo del fossato sforacchiato e
stretto.
Virgilio, che mi
stringeva al fianco,
non mi depose a
terra finch non
giungemmo al fro
di chi tanto intensamente manifestava il proprio dolore
con le gambe.
"Chiunque tu sia,
anima malvagia,
che hai la parte superiore del corpo
conficcata come un palo," cominciai a dire, "parlami, se ti
possibile."

- 305 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

Io stavo come un
frate che confessa
un sicario spergiuro. Questo, condannato ad essere sepolto vivo, dopo
essere stato posto a
testa in gi nella
fossa lo richiama
pi volte vicino a
s, prima che lo ricoprano di terra,
per allontanare la
morte il pi possibile.
Papa Nicol profetizza la dannazione di Bonifacio
VIII e di Clemente V
Questo dannato, che fu assassino della Chiesa, grid: "Sei gi
qui, Bonifacio? Sei gi qui? Il libro del futuro mi ha ingannato
di molti anni.
Sei gi sazio di quei beni terreni per cui non esitasti ad impadronirti con l'inganno della Chiesa, e a devastarla?"
lo rimasi interdetto come chi, per non aver capto la risposta,
non sappia replicare.
Allora Virgilio sugger: "Digli sbito: Non sono io, non sono
io colui che aspetti." E io risposi come mi ordin.
- 306 -

L'Inferno

Capitolo XIX

A quel punto lo spirito contorse i piedi e poi, sospirando e con


voce lamentosa, mi disse:
"Allora che vuoi? Se ti
importa tanto sapere chi
sia, da precipitarti gi
dall'argine per questo,
sappi che fui rivestito del
manto papale col nome di
Niccol III. In realt fui
degno membro della famiglia Orsini: infatti fui a
tal punto desideroso di
agevolare i miei parenti,
che nel mondo intascai
ricchezze, e qui me stesso.
Sotto di me, appiattiti
nelle crepe della roccia,
sono spinti gi gli altri
papi che mi precedettero
nel peccato di simonia.
Anch'io precipiter laggi allorch giunger qui
papa Bonifacio VIII, che
pensavo fossi tu quando ti feci quell'improvvisa domanda. Ma
il tempo in cui mi sono bruciato i piedi e che sono stato cos

- 307 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

capovolto, gi pi lungo di quello nel quale egli star confitto con i piedi arsi.
Dopo di lui giunger molto presto il guascone Clemente V.
Egli, per aver venduto
delittuosamente la Chiesa
alla Francia e trasportato la sede papale ad Avignone,
sar tale da dover
ricoprire noi due.
Sar un novello
Giasone che, nel
secondo Libro dei Maccabei, compr il sommo sacerdozio degli Ebrei dal re di Siria, Antioco Epifane. Come questo sovrano si mostr compiacente nei confronti di Giasone, cos anche
sar il re di Francia, Filippo il Bello, nei confronti di questo
papa."
Invettiva contro i pontefici simoniaci
Io non so a questo punto se fui troppo temerario perch, pur
essendo stato pontefice, gli risposi in questo modo: "Ma quanta ricchezza pretese mai Ges da san Pietro prima di affidargli
le chiavi del cielo? Certamente non chiese altro se non di seguirlo. N Pietro n gli apostoli tolsero a Mattia oro o argento,
quando questi venne sorteggiato per occupare il posto che fece
dannare il malvagio Giuda Iscariota. giusto quindi che tu sia
- 308 -

L'Inferno

Capitolo XIX

dannato in questo luogo e continua pure a custodire con cura il


denaro raccolto illecitamente e che ti serv ad osteggiare Carlo
I d'Angi.
E se non fsse che ancora me lo impedisce il rispetto per la carica che avesti in vita, ricorrerei a parole molto pi dure; la vostra avidit infatti corrompe il mondo, calpestando i buoni ed
elevando i malvagi. L'evangelista san Giovanni pens a voi
pontefici, allorch vide la grande prostituta, che siede sulle acque, amoreggiare con i re. La prostituta nacque con le sette teste e trasse forza dalle dieci corna; allo stesso modo la Chiesa
cominci ad operare con i sette sacramenti e si rinvigor con i
dieci comandamenti, fino a che il suo sposo, il papa, fu virtuoso e non commise azioni simoniache.
Del denaro avete fatto il vostro dio. Quale differenza c' tra voi
e gli idolatri, se non che quelli adorano un idolo e voi adorate
un numero sterminato di pezzi d'oro e d'argento?
Ahi, Costantino, di quanto male fu causa non la tua conversione, ma quella ricca donazione* di terre che ricevette da te il
primo papa, Silvestro I!"
E, mentre gliele cantavo, costui scalciava violentemente con
entrambi i piedi o per rabbia o per rimorso.

* La donazione di Costantino un falso risalente all'VIII secolo, ma


ritenuto genuino fino al XV secolo.

- 309 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

Virgilio manifesta la sua compiacenza per il suo


giudizio e camminando giungono al ponte
successivo
Credo davvero che alla mia guida, che la ragione, piacesse
quanto avevo detto, tanto soddisfatta era la sua espressione
mentre ascoltava il mio discorso. Perci mi cinse con le braccia; e dopo avermi sollevato al petto, risalimmo per la strada
da cui eravamo discesi.
N si stanc di tenermi stretto e s, finch non mi ebbe riportato nel mzzo del ponte, che serve da passaggio tra il quarto e il
quinto argine.
Qui depose dolcemente il carico e fu delicato perch il ponte
era irto di sporgenze e ripido tanto da essere, anche per le capre, un passaggio arduo.
Da l riuscii a
intravedere davanti a me un'altra bolgia.

- 310 -

L'Inferno

Capitolo XX

Capitolo XX
La pena degli indovini nella quarta bolgia

Ora, nel ventesimo capitolo di questo volume, devo scrivere di


una pena inaudita.
Ero pronto a osservare il fondo visibile della bolgia, che era
bagnato da lacrime d'angoscia. Vidi allora molta gente, silen-

- 311 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

ziosa e piangente, avanzare lentamente in questa valle circolare al passo che tengono le processioni.
Quando abbassai il mio sguardo notai che ciascuno di loro,
sembrava avere il cllo ruotato verso il dietro in maniera innaturale. La faccia era girata dal lato della schiena e dovevano
camminare all'indietro, poich non potevano vedere davanti a
s. Forse questo pu essere gi capitato a qualcuno per una paralisi; ma io non lo vidi mai accadere, n credo sia mai avvenuto.
Dante prova compassione per questi dannati e
Virgilio lo rimprovera
Lettore, se Dio ti lascer trarre utile frutto da queste righe, immedesimati e pensa come avrei mai potuto trattenermi dal
piangere quando vidi da vicino dei corpi umani cos devastati.
Le loro lacrime scorrevano sulla schiena bagnando la fenditura
tra le natiche. Pure io piangevo, appoggiato ad una delle sporgenze della roccia. Allora il mio accompagnatore mi disse:
"Sei come tutti gli altri sciocchi! Perch ti commuovi di fronte
alla punizione dei malvagi? Il non aver compassione di costoro
, qui, la piet pi grande che si possa avere: quale colpa
peggiore del soffrire osservando gli effetti della giustizia divina?

- 312 -

L'Inferno

Capitolo XX

Virgilio indica alcuni indovini famosi: Anfiarao,


Tiresia, Arunte e Manto
Alza la testa!
Alzala
e
guarda colui
sotto cui, davanti a Tebe
assediata, si
spalanc la
terra.
Tutti
gridavano:
"Dove precpiti , re Anfiarao? Perch abbandoni la guerra?" Ma lui non smise di precipitare, fino a che non
raggiunse Minosse che ghermisce tutti quanti.
Anfiarao, prevedendo il suo destino, tent di nascondersi per
non andare in guerra, ma la moglie Erfile ne rivel il nascondiglio, in cambio di una spettacolare collana.
Osserva come ha trasformato in petto le sue spalle poich volle
veder troppo avanti. Ora invece costretto a guardare all'indietro e a camminare a ritroso.
Vedi l'indovino tebano Tiresia, che fu tramutato da maschio in
femmina per aver separato, bastonandoli, due serpenti che si

- 313 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

accoppiavano. Dovette percuotere nuovamente i due serpenti


avvinti, prima di riavere le sue sembianze maschili.
Quello che d le spalle al ventre di Tiresia l'aruspice etrusco
Arunte, che previde la guerra civile
fra Cesare e Pompeo e la vittoria di
Cesare. Egli dimor in una grotta tra
i marmi bianchi
dei monti della Lunigiana*, dove fanno legna i Carraresi che abitano a
valle. Da questa
grotta poteva liberamente vedere le stelle e il mare; e ora non ha altra vista che il
ventre di Tiresia.
E colei che si copre il seno con i capelli sciolti, che non puoi
per vedere perch posto dietro e che ha dall'altra parte anche tutte le sue pudenda pelose, fu Manto figlia di Tiresia. Peregrin per molti paesi e poi si ferm l dove nacqui io: per
questo motivo sarei lieto che tu ora mi prestassi un po' pi di
attenzione.

* In realt era di Lucca ma Dante nel suo manoscritto leggeva "Lunae"


invece di "Lucae".

- 314 -

L'Inferno

Capitolo XX

Virgilio spiega le origini di Mantova


Dopo che suo padre mor e la citt di Tebe, sacra a Bacco, fu
schiava del tiranno Creonte, costei girovag a lungo per il
mondo.
A nord dell'incantevole terra d'Italia vi il lago di Garda, ai
piedi dei monti che sovrastano il castello di Tirolo e segnano i
confini della Germania. Un tempo questo lago si chiamava Benaco. La regione situata tra Garda, Valcamonica e Alpi Pennine, irrigata dall'acqua, proveniente da pi di mille sorgenti,
che poi ristagna in questo lago.
In mzzo ad esso vi l'isola di Lechi, un tempo detta dei Frati,
la cui chiesa di santa Margherita soggetta contemporaneamente alla giurisdizione dei vescovi di Trento, Brescia e Verona. Tutti e tre questi vescovi potrebbero infatti fermarsi qui a
dare la loro benedizione, se la visitassero nel loro tragitto.
La fortezza scaligera di Peschiera, bella e robusta e atta a fronteggiare Bresciani e Bergamaschi, psta a sud del lago dove
la riva pi bassa. Qui
necessariamente trabocca quanto d'acqua non
pu essere contenuto
dentro al lago, e diventa
un fiume che scorre gi
lungo i pascoli verdeggianti.

- 315 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

Appena l'acqua ricomincia a scorrere, non si chiama pi lago


di Garda, ma fiume Mincio e procede fino al borgo di Govrnolo, dove si getta nel Po. Dopo un percorso non molto lungo,
trova poi un avvallamento nel quale straripa e forma una palude che d'estate talvolta diventa malsana.
Mano, vergine selvaggia, passando di l vide una terra, in mzzo alla palude, incolta e disabitata. Si ferm in quel luogo, con
i suoi servitori, per evitare ogni contatto umano ad esercitare le
sue arti magiche; l visse e l mor.
In sguito gli uomini dei
dintorni si radunarono in
quel luogo, che era ben
protetto perch circondato dalla palude. Costruirono la citt nel luogo
dove lei era sepolta; e, in
onore di colei che per
prima l'aveva abitata, la
chiamarono
Mantova
senza bisogno di ricorrere ad alcun rito magico nella scelta del
nome.
Un tempo i suoi abitanti erano molto pi numerosi, prima che
lo stolto conte Alberto di Casalodi, signore guelfo di Mantova,
fsse tratta in inganno dal ghibellino Pinamonte dei Bonacolsi;
questo, infatti, convinse il conte ad esiliare molti nobili mantovani.
- 316 -

L'Inferno

Capitolo XX

Dunque ti avverto che, se anche udissi mai spiegare in maniera


differente l'origine della mia citt, nessuna menzogna dovr
ora alterare la verit di quanto ti ho esposto."
Ed io lo rassicurai: "Maestro, le tue argomentazioni sono cos
evidenti e convincenti, che altre delucidazioni sarebbero come
tizzoni spenti e privi di fiamma.
Virgilio elenca altri indovini presenti
Ma indicami, ti prego, se tra i dannati che camminano, ne scorgi qualcuno degno di considerazione: questo il mio pensiero
fisso."
Allora mi disse: "Colui che lascia scendere la barba sulle spalle abbronzate, fu l'indovino che insieme a Calcante, quando
tutti i Greci partirono per la guerra tanto che rimasero solo i
bambini nelle culle, interrog gli di per conoscere il momento
propizio per salpare verso Troia.
Si chiam Eurpilo, e sotto questo nome l'ho descritto in un
passo dell'Eneide, e tu lo sai bene visto che la conosci tutta
quanta a memoria.
Quell'altro che cos magro, era Michele Scotto. Egli, medico
e astrologo alla corte di Federico II, fu davvero abile nelle frodi della magia.
L puoi vedere l'astrologo forlivese Guido Bonatti, che lavor
alla corte di Ezzelino III; puoi vedere Asdente, calzolaio di
Parma, che ebbe fama di grande indovino e che adesso vorreb- 317 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

be essersi occupato solo di cuoio e spago, ma oramai troppo


tardi per pentirsi.
Vedi infine le donne sciagurate che tralasciarono ago, spola e
fuso per farsi indovine e poter fare incantesimi con erbe e simulacri.
Ripresa del cammino
Ma vieni via di qui oramai; poich gi la luna, le cui macchie
rammentano Caino condannato a portare sulla schiena un fascio di spine, a met tra i due emisferi e si immerge nel mare
vicino a Siviglia. Gi ieri notte ci fu luna piena: te ne devi ben
ricordare, poich ti giov, con il suo chiarore, quando eri
smarrito nella buia selva."
Cos mi parlava, ed intanto camminavamo.

- 318 -

L'Inferno

Capitolo XXI

Capitolo XXI
Nella quinta bolgia i barattieri sono immersi nella
pece
Cos procedemmo da un ponte all'altro parlando di cose che la
mia opera ora non tratta.
Giungemmo sul punto pi alto del ponte successivo, quando ci
fermammo per vedere quest'altra fenditura di Malebolge e
questi altri inutili pianti. Da lass notai che era straordinariamente buia.
Era come visitare la drsena veneziana durante l'inverno quando s'incolla e si spalma di nuovo la pece bollente sui navigli
danneggiati e che non possono navigare. Invece di navigare,
che d'inverno non si pu, alcuni rimettono a nuovo la loro
nave e altri chiudono con la stoppa le falle sulle fiancate di
navi che hanno fatto innumerevoli viaggi. Vi chi ribatte i
chiodi a prua e chi a poppa; altri fabbricano remi ed altri intrecciano le funi; alcuni rattoppano le vele, sia quelle minori
che quelle maggiori. Cos dunque, non a causa del fuoco ma
- 319 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

per opera di Dio, bolliva laggi una pece densa, che impiastrava entrambe le rive con uno strato viscoso.
Io vedevo questa pece, ma in essa non scorgevo altro se non le
bolle che l'ebollizione sollevava, e la vedevo gonfiarsi e ricadere abbattendosi su se stesse.
Un diavolo reca sulle spalle un dannato e lo getta
nella pece dall'alto del ponte
Mentre osservavo il fondo
della bolgia,
la mia guida,
dicendomi di
far attenzione, mi tir a
s dal luogo
dov'ero.
Allora, con le
gambe
che
tremavano per l'improvvisa paura, mi voltai impaziente di vedere ci che avrei dovuto fuggire e: per meglio vedere, non
avevo fretta di muovermi. Vidi giungere alle nostre spalle un
diavolo nero che correva su per la roccia del ponte.
Quanto era minaccioso e feroce mentre avanzava con le ali
spiegate e in punta dei piedi a piccoli passi! Un dannato pog-

- 320 -

L'Inferno

Capitolo XXI

giava con entrambi i fianchi sulla sua spalla acuta e sporgente,


ed egli ne artigliava le caviglie.
Giunto nel punto dov'eravamo grid: "Oh Malebranche, ecco
un altro politico di Lucca, citt tanto devota a Santa Zita! Immergetelo voi nella pece, poich io torno di nuovo in quella
citt ch' ben fornita di questi peccatori.
L ognuno corrotto ben pi di Bonaventura Dati che, come
tutti sanno, il pi grande malfattore di Lucca: ad ogni assemblea si vendono sempre il voto."
Lo scaravent gi e torn
indietro sul
ponte roccioso cos rapidamente
come
mai
nessun cane,
sciolto dalla
catena,
fu
cos veloce
nell'inseguire
il ladro.
Quello sprofond e riemerse impeciato; ma i dmoni, che stavano nascosti sotto al ponte, gridarono: "Qui non c' il santo
vlto del Cristo Nero che venerate a Lucca. Qui si nuota diver-

- 321 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

samente che nel Serchio. Se non vuoi le nostre unghiate, non ti


sporgere al di sopra della pece."
Poi lo trafissero con innumerevoli uncini e aggiunsero: "Qui
dovrai muoverti al di sotto della pece. Dovrai arraffare, se
puoi, una boccata d'aria di nascosto." Procedevano come i cuochi quando tuffano la carne nel mzzo della pentola con gli uncini, in modo che non venga a galla.
Virgilio fa nascondere Dante dietro ad una roccia e
va a parlare col diavolo Malacoda
Il mio buon maestro mi disse: "Perch non ti si noti, accovcciati dietro ad una sporgenza rocciosa. Non temere se mi offendono poich so come vanno queste cose: gi un'altra volta
infatti mi ritrovai in una simile baruffa."
Poi pass oltre il colmo del ponte; e non appena giunse sul sesto argine, gli fu necessaria tutta la sua risolutezza.
I diavoli uscirono da sotto il ponte e gli puntarono contro tutti i
loro uncini. Avevano il medesimo furore tempestoso dei cani
da guardia che si lanciano contro il mendicante che s'arresta
sulla porta e chiede l'elemosina.
Ma egli grid: "Non siate malvagi! Prima che mi unciniate,
venga avanti uno di voi e mi ascolti; dopo discuterete se il
caso di uncinarmi."

- 322 -

L'Inferno

Capitolo XXI

Gridarono in coro: "Vada Malacoda!" Quindi uno avanz - e


gli altri stettero fermi - e si avvicin a Virgilio chiedendo: "Ma
che ti serve tergiversare?"
"Credi forse, Malacoda, che sia giunto fin qui al riparo da ogni
vostra azione," disse il mio maestro allora, "senza che la volont di Dio e la Provvidenza mi siano favorevoli? Lasciaci andare, poich il Cielo vuole che io faccia da guida ad un altro
per questo orribile cammino."
Allora l'orgoglio lo abbandon, lasci cadere l'uncino ai suoi
piedi, e poi, rivolto agli altri, disse: "Se cos, non feritelo."
Dante, chiamato da Virgilio, esce spaventato dal suo
nascondiglio
E la mia guida rivolta verso di me: "Tu che stai rannicchiato al
riparo tra le rocce del ponte, torna pure tranquillamente al mio
fianco."
Alle sue parole mi alzai e mi avvicinai velocemente; ma i diavoli avanzarono verso di
me
tutti
quanti assieme, tanto che
dubitai che
rispettassero
il patto. Gi
una volta mi
- 323 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

capit di percepire una simile paura nei i soldati pisani che


uscivano dal castello di Caprona, dopo aver raggiunto un accordo sulla loro resa. Anch'essi furono colti dal timore dovendo passare in mzzo a cos numerose schiere della lega guelfa.
Mi avvicinai con tutto il mio corpo a Virgilio, e li fissai perch
il loro aspetto non era per nulla rassicurante.
Essi abbassavano verso di me gli uncini e parlavano fra di
loro: "Vuoi che lo punga sul groppone?" E quello interrogato
rispondeva: "Ma si, assestargli una bella fiocinata!"
Ma quel demnio che stava discorrendo con Virgilio, si volt
prontamente verso i suoi compagni e intim: "Piantala, Scarmiglione! Sta' fermo!"
Malacoda concede una scorta di dieci diavoli
Quindi ci disse: "Non possibile proseguire lungo questa roccia dato che il sesto ponte giace distrutto sul fondo. Ma se tuttavia desiderate andare avanti, procedete lungo questo argine.
Troverete qui vicino un'altra serie di ponti rocciosi che consentono il passaggio. Ieri, cinque ore pi tardi di adesso, erano appena trascorsi milleduecento sessantasei anni da quando questa
strada fran in quel punto.
Stavo giusto mandando in quella direzione qualcuno di questi
miei sottoposti, per controllare se mai qualcuno da quelle parti
non si stia stendendo all'aria: andate pure con loro, poich non
si comporteranno male."

- 324 -

L'Inferno

Capitolo XXI

"Venite avanti, Alichino e Calcabrina," cominci l'appello, "ed


anche tu, Cagnazzo. Barbariccia sia a capo di tutti e dieci. Venga anche Libicocco e Draghignazzo, lo zannuto Ciriatto e
Graffiacane, Farfarello e il pazzo Rubicante.
Ispezionate tutt'intorno le peci bollenti: questi invece restino
incolumi fino all'altra serie di ponti, che attraversano le bolge
senza interrompersi."
Virgilio e Dante, scortati, riprendono il viaggio
"Ahim, maestro, che quel che vedo? Ti prego, andiamo via
di qui soli senza guida. Visto che conosci il cammino, per quel
che mi riguarda, non ho bisogno della scorta. Perspicace come
sei, non ti accorgi che digrignano i denti e ci fulminano con lo
sguardo?"
E Virgilio: "Non avere paura: lascia che digrignino a loro piacimento, poich lo fanno per i sofferenti dannati che stanno
laggi a lessare."
Voltarono a sinistra sull'argine; ma prima di partire, si rivolsero verso il capogruppo, e gli fecero una pernacchia. Egli allora
diede il segnale
di partenza, invece che con la
tromba, scureggiando.

- 325 -

L'Inferno

Capitolo XXII

Capitolo XXII
La marcia dei diavoli rammenta la marcia dei soldati

Un tempo vidi i cavalieri mettersi in marcia, iniziare l'assalto,


sfilare in parate, e talvolta ritirarsi per mettersi in salvo. Vidi la
cavalleria procedere sul suolo aretino, e vidi incursioni, tornei
e duelli.
A volte i soldati sono guidati dal suono delle trombe, delle
campane, dei tamburi o a volte dai segnali provenienti dalle
fortezze, e con strumenti di uso comune o stranieri. Ma certamente penso che non vidi mai partire cavalieri, fanti o navi,
- 327 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

che di solito si orientano con i fari e le costellazioni, al segnale


di una cos insolita tromba.
Noi procedevamo assieme con questi dieci diavoli. Ahi che
paurosa compagnia! Ma in chiesa con i santi, e in osteria con i
furfanti.
La mia attenzione era rivolta soltanto alla pece, per osservare
ogni aspetto della bolgia e della molta gente che vi bruciava.
I barattieri si nascondono sotto la pece al passaggio
della comitiva
Qualcuno talvolta, per alleviare la sofferenza, sollevava la
schiena al di fuori della pece e poi la nascondeva pi rapido di
un lampo, come un delfino. Questi infatti inarcano il dorso e
saltano al di sopra dell'acqua, per avvertire i marinai dell'arrivo
di una tempesta, affinch si affrettino a porre in salvo la loro
nave.
I peccatori erano ovunque come ranocchi che, a pelo d'acqua,
stanno nel fossato col solo muso fuori, in modo da nascondere
le zampe e il resto del corpo. Per non appena si avvicinava
Barbariccia, si ritiravano sbito sotto alla pece bollente.
Uno di loro, Jean-Paul di Navarra, viene catturato da
un diavolo
Vidi, e ancora ne provo sgomento, uno di loro restare l fermo
come quando una rana resta ferma mentre le altre schizzano

- 328 -

L'Inferno

Capitolo XXII

via. Graffiacane, che gli era di fronte, gli uncin i capelli impeciati e lo sollev come una lontra lucida e umida.
Io conoscevo gi il
nome di ognuno di
loro poich stavo
attento
quando
vennero scelti, e
poi li ascoltavo
quando si chiamavano l'un l'altro.
"Oh Rubicante, artiglialo e scuoialo!"
urlarono in coro i
malvagi diavoli.
E io: "Maestro mio, cerca, se puoi, di sapere chi lo sventurato caduto in bala dei suoi nemici." La mia guida gli si avvicin al fianco e gli chiese di dove fsse.
Quello rispose: "Nacqui nel regno di Navarra ed ebbi nome
Jean-Paul. Mia madre, che mi aveva generato con uno sciagurato suicida e scialacquatore, mi mise a servizio di un signore.
Fui in sguito alla corte del munifico re Tebaldo II di Navarra:
qui feci concussione di benefci e grazie. Il mio peccato ora lo
sconto in questo bollore."
E Ciriatto, al quale dai lati della bocca sporgevano due zanne
come a un cinghiale, gli fece sentire come una di esse lacerava
- 329 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

la pelle. Il topo era capitato tra gatte ben cattive; ma Barbariccia lo circond con le sue braccia, e disse: "State in l! Ci penso io ad inforcarlo."
Si gir verso Virgilio e disse: "Chiedi ancora se desideri sapere
dell'altro, prima che lo facciano a pezzi."
Allora Virgilio ne approfitt e chiese in vece mia: "Dimmi un
po', tra gli altri dannati che stanno sotto la pece, conosci qualcuno che sia italiano?" E quello rispose: "Mi sono allontanato,
poco fa, da uno che era di quelle parti. Magari fossi ancora sotto la pece con lui, cos che non temerei n artiglio n uncino."
E Libicocco proruppe: "Abbiamo atteso anche troppo!" Gli afferr un braccio con il rampone e ne strapp via un pezzo.
Pure Draghignazzo volle colpirlo e mir alle gambe. A questo
punto il loro comandante si volse tutto attorno con espressione
minacciosa.
Jean-Paul parla dei suoi compagni frate Gomita e
Michele Zanche e della sua pena
Appena si furono quietati un poco, la mia guida gli domand
senza indugio, mentre egli ancora si osservava la ferita: "Chi
fu quello da cui dici che facesti male a separarti per venire a
riva?"
Ed egli rispose: "Fu frate Gomita, vicario in Gallura di Ugolino Visconti di Pisa. Egli, ricettacolo d'ogni inganno, ebbe in
custodia i nemici del suo signore, e li tratt in maniera tale che
ognuno di loro ancora se ne compiace. Prese denaro e li lasci
- 330 -

L'Inferno

Capitolo XXII

andare liberi dopo un procedimento sommario e affrettato, cos


come egli stesso mi raccont. E anche negli altri incarichi pubblici non era un furfante da poco, ma sommo maestro.
Sta spesso assieme a lui il
signor Michele Zanche,
giudice di Torres, e per
parlare della Sardegna le
loro lingue non sono mai
stanche.
Ahim, guardate quell'altro diavolo come digrigna
i denti; parlerei ancora,
ma temo che quello si prepari a grattarmi la rogna." E il loro
capo, rivolto a Farfarello che stralunava gli occhi pronto a colpire, disse: "Trati indietro, uccellaccio."
Il barattiere si offre di far uscire i suoi compagni
dalla pece e sfugge cos ai diavoli
"Se volete vedere o ascoltare Toscani o Lombardi," ricominci
a dire quel poveretto spaventato, "li far arrivare. Ma che i
Malebranche se ne stiano in disparte, in modo che essi non abbiano a temere punizioni. Allora io, stando qui seduto, per uno
che sono ne far venire fuori almeno sette. Fischier, come
nostra abitudine fare quando ci si tira fuori e vede che non c'
pericolo."

- 331 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

Cagnazzo a queste parole alz il muso e, scrollando la testa,


disse: "Senti tu che maliziosa astuzia ha escogitato per potersi
rituffare sotto!" Allora il dannato, che conosceva una gran
quantit di raggiri, rispose: "Sono fin troppo malizioso, in questo modo causo infatti un supplemento di pena per i miei compagni."
Alichino non si trattenne e, nonostante il parere degli altri disse: "Se provi a gettarti nella pece, io non ti inseguir correndo,
ma voler radente alla pece. Ora abbandoniamo la cima dell'argine e ci nascondiamo per vedere se sei pi abile di noi."
Ora, lettore, sentirai raccontare un nuovo tipo di scherzo: tutti
si girarono verso l'argine opposto; primo fra loro proprio Cagnazzo che era il pi restio.
Il Navarrese allora colse il momento giusto: punt i piedi a terra e di colpo spicc un salto e si liber dalla loro presa.
Zuffa tra Alichino e Calcabrina che rimangono nella
pece
Ognuno si sent in colpa per la sua fuga ma soprattutto chi era
stato causa del loro errore; egli, perci, si lanci all'inseguimento e grid: "Ti prendo!"

- 332 -

L'Inferno

Capitolo XXII

Ma gli serv a poco urlare perch le sue ali non poterono superare in velocit la paura del Navarrese. Quello s'immerse e
questo, volando, drizz verso l'alto il petto. Sembrava di vedere l'anatra che si tuffa nell'acqua d'improvviso, quando si avvicina il falcone, e questo se ne deve tornare su indispettito e affaticato.
Calcabrina, adirato per la beffa, li segu volando e sperava che
il dannato si salvasse per aver
motivo di lite
con
Alichino.
Non appena il
barattiere scomparve, immediatamente rivolse
gli artigli contro
il suo compagno,
e con lui si avvinghi sopra il
fossato di pece.
Ma anche l'altro
dmone si comport
proprio
come un rapace
sparviero
artigliandolo a dovere, e caddero entrambi nel mzzo dello stagno
bollente. Il caldo li separ immediatamente; ma era impossibi- 333 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

le uscirne levandosi in volo tanto le loro ali erano invischiate


di pece.
Barbariccia, crucciato come gli altri, ne invi quattro sull'altra
sponda con i loro uncini. Questi, molto velocemente, calarono
dove gli era stato indicato e tesero gli uncini verso gli impeciati, che erano gi ben scottati sotto la crosta di bitume.
Noi li abbandonammo mentre erano in queste difficolt.

- 334 -

L'Inferno

Capitolo XXIII

Capitolo XXIII
I due poeti si calano nella sesta bolgia inseguiti dei
diavoli
Silenziosi, soli e senza la scorta dei diavoli, procedevamo l'uno
davanti e l'altro dietro, come i francescani per la strada.
Mi venne in mente,
a causa della recente zuffa, la favola di
Esopo che narra
della rana che aiuta
il topo ad attraversare un fiume. Lo
persuade a legarsi a
lei ma, a met strada, s'immerge per
farlo affogare; giunge quindi un nibbio, che li ghermisce entrambi.

- 335 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

Studiando attentamente questi due casi c' meno differenza tra


gli avverbi di tempo "ora" e "adesso" di quanta non ve ne sia
tra la favola e la zuffa.
E come un pensiero scaturisce all'improvviso da un altro, cos
da quello ne venne fuori in un secondo tempo un altro, che
raddoppi in me la paura che gi provavo. Pensavo: "Costoro
sono stati derisi e danneggiati per colpa nostra, e ritengo che se
la siano assai presa. Se l'ira si aggiunge alla loro naturale malvagit, ci inseguiranno pi feroci del cane con la lepre quando
l'azzanna." Sentivo gi drizzarmisi i capelli in testa, e mi osservavo dietro, allorch dissi: "Maestro, se non ci nascondiamo rapidamente, mi rester la paura dei Malebranche. Gi li
abbiamo alle spalle, e mi turbano talmente che me li sento addosso."
E Virgilio: "Se fossi uno specchio, non rifletterei pi rapidamente la tua immagine di quanto ora accolgo ed esaudisco il
tuo desiderio. Proprio ora ho letto il tuo pensiero e visto che
era identico al mio, mi sono risolto a prendere l'unica decisione possibile. Sempre ammesso che la parete destra dell'argine
abbia scarsa pendenza e ci permetta di scendere nella sesta
bolgia, cos fuggiremo al temuto inseguimento."
Aveva appena finito di darmi quest'indicazione, che li vidi avvicinarsi con le ali spiegate e pronti a ghermirci.
La mia guida mi afferr immediatamente, come la madre che
si sveglia per il rumore, vede le fiamme dell'incendio e afferra

- 336 -

L'Inferno

Capitolo XXIII

il figlio. Fugge cos senza fermarsi, preoccupandosi pi di lui


che di se stessa, tanto da restare in camicia da notte.
Dalla cima dell'argine pietroso si lasci scivolare sul dorso
lungo la roccia scoscesa, che chiude uno dei lati dell'altra bolgia.
Il mio maestro scivol veloce lungo quella parete, mentre mi
stringeva al petto,
come fossi un figlio e non un compagno. Corse pi
velocemente dell'acqua lungo il canale e diretta alla
ruota del mulino,
anche quand' vicina alle pale.
Appena i suoi piedi
toccarono il fondo,
i diavoli raggiunsero la sommit dell'argine sopra di
noi. Ma non c'era
pi motivo di temere, poich la divina provvidenza, che volle porli quali guardiani della quinta bolgia, gli tolse la possibilit di allontanarsi da
l.
- 337 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

Gli ipocriti camminano in processione avvolti da


cappe dorate
Laggi trovammo molte persone scure in volto, stanche e affaticate nell'aspetto, che procedevano con passi lentissimi e piangendo.
Indossavano cappe con i cappucci abbassati davanti agli occhi,
simili a quelle che indossavano i benedettini del monastero di
Cluny.
Esternamente erano
dorate tanto da abbagliare; ma dentro
foderate di piombo
e cos pesanti che,
al confronto, sembravano di paglia
quelle che Federico
II faceva indossare
ai rei di lesa maest
quando li mandava
al rogo. Oh quant'erano opprimenti quelle vesti e per l'eternit!
Noi ci dirigemmo ancora, come al solito, verso sinistra, seguendoli mentre piangevano; ma, a causa del peso, quella folla
sfinita dal peso si muoveva cos lentamente, che noi avevamo
nuovi compagni ad ogni passo.

- 338 -

L'Inferno

Capitolo XXIII

Perci domandai alla mia guida: "Pur continuando a camminare guardati attorno e vedi se trovi qualcuno famoso per le sue
azioni o per il nome."
Tra essi Dante incontra i frati Catalano e Loderingo
Uno, udito l'accento toscano, ci grid dietro: "Fermatevi, voi
che correte nel buio! Forse saprai da me quello che chiedi."
Perci Virgilio si volt verso di me e disse: "Aspettalo, e poi
avanza al suo passo."
Sostai, e notai due di loro la cui espressione tradiva un grande
desiderio di raggiungermi; ma il peso delle cappe e la strettezza del sentiero li rallentava non poco.
Quando arrivarono vicino a me, mi osservarono a lungo guardandomi di traverso e senza parlare perch i pesanti cappucci
non gli consentivano di girare la testa. A questo punto si volsero l'uno verso l'altro e parlarono tra di loro: "Questo qui sembra vivo poich muove la gola per respirare; e se invece sono
morti, per quale privilegio sono senza la pesante stola?"
Poi mi interpellarono: "Toscano, che sei giunto al raduno dei
tristi ipocriti, dgnati di dirci chi sei."
E io gli rivelai: "Nacqui e crebbi nella grande citt sulle rive
del bel fiume Arno, e sono qui col corpo che ho sempre avuto.
Ma chi siete voi, ai quali tanto dolore lacrima gi per le guance? E qual' il vostro castigo, che brilla in questo modo? "

- 339 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

Uno di loro mi rivel: "Queste cappe dorate sono di piombo e


sono cos spesse che per il peso ci fanno cigolare come bilance
sovraccariche.
Fummo frati dell'ordine della Milizia di
Maria Vergine Gloriosa, ed entrambi
bolognesi; io sono
Catalano, della famiglia guelfa dei
Malavolti, e questo
Loderigo, della famiglia
ghibellina
degli Andal.
Per salvaguardarne
la pace fummo eletti contemporaneamente come podest dalla
tua citt, quando invece usanza che sia eletto un uomo solo.
Il nostro comportamento per fu tale, che le conseguenze sono
ancora visibili attorno al Gardingo, dove i Guelfi, terminato il
nostro governo, rasero al suolo le dimore degli Uberti."
Caifa e i membri del Sinedrio sono crocefissi a terra
e calpestati dagli ipocriti
Cominciai a dire: "Frati, i vostri tormenti ..." Ma non aggiunsi
altro, poich vidi uno, crocifisso a terra con tre pali al posto
dei chiodi. Quando mi vide, si contorse sospirando nel folto
della barba; e frate Catalano, che se ne era accorto, mi spieg:
- 340 -

L'Inferno

Capitolo XXIII

"Quell'uomo, che vedi inchiodato a terra, il sommo sacerdote


Caifa: consigli i Farisei, per il bene pubblico, di suppliziare
un uomo.
posto sul cammino, di traverso e nudo, come vedi, ed necessario che senta, prima che sia transitato del tutto, il peso di
chiunque passi.
E nello stesso modo soffrono in questa bolgia suo suocero
Anna, e gli altri membri del Sinedrio che condannarono Cristo,
fatto che per gli Ebrei fu causa di innumerevoli sventure."
Allora notai che Virgilio era stupito dal vedere costui disteso ai
suoi piedi e in croce in un modo cos umiliante, nel luogo dell'eterna dannazione.
Virgilio s'accorge d'essere stato ingannato da
Malacoda e conduce Dante fuori dalla bolgia
Poi, per, si rivolse al frate con queste parole: "Non vi spiaccia, se vi permesso, dirci se a destra vi una qualche uscita
attraverso cui noi due possiamo passare da soli e senza dover
obbligare i diavoli a farci uscire da questa fossa."
Allora rispose: "Un ponte di pietra vicino pi di quanto non
speri. Parte dalla grande muraglia che circonda le Malebolge e
attraversa tutte le spaventose fsse; per in questa bolgia
spezzato e non la valica. Potrete risalire lungo le macerie, che
giacciono lungo il pendio e si ammucchiano sul fondo."

- 341 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

Virgilio stette un poco a testa bassa e borbott tra s contrariato: "Il diavolo uncinatore mi ha mentito." E il frate: "A Bologna udii una volta spiegare che il diavolo ha molti vizi, tra cui
l'essere bugiardo e mentitore per eccellenza."
Sentite queste parole la mia guida se ne and a grandi passi,
col vlto indurito dall'ira. Io ne seguii quindi le amate orme,
allontanandomi dagli ipocriti oppressi dalle loro cappe plumbee.

- 342 -

L'Inferno

Capitolo XXIV

Capitolo XXIV
Sgomento e sconforto di Dante

All'inizio dell'anno il sole riscalda i suoi capelli di luce nella


costellazione dell'Acquario e le notti durano fino a met giornata. La brina tratteggia in terra l'immagine della neve, ma
dura poco e la sua mina si spunta rapidamente.

- 343 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

Il povero contadino, a cui manca il foraggio, si alza e vede tutta la campagna imbiancata. Si batte allora l'anca sconfortato,
rientra in casa e si lamenta andando di qua e di l, come un poveretto che non sappia che fare; poi torna fuori e, vedendo che
il mondo in poco tempo ha cambiato aspetto, ricomincia a sperare. Prende il suo bastone, e spinge fuori le pecore al pascolo.
Sbigottii quando vidi il maestro turbato allo stesso modo del
povero contadino, ma altrettanto rapidamente giunse la cura
per il mio spavento. Non appena raggiungemmo il ponte franato, la mia guida si volse verso di me con quel sorriso affettuoso che avevo gi visto ai piedi del monte.
Uscita dalla sesta bolgia
Allarg le braccia deciso, dopo aver osservato
la frana, e mi afferr.
Si comportava come
chi agisca a ragion veduta e d sempre l'impressione di aver pensato alla sua mossa
successiva prima di
agire. Mentre mi sollevava verso la sommit
di ogni masso, cercava
con lo sguardo la sporgenza successiva di- 344 -

L'Inferno

Capitolo XXIV

cendo: "Affrrati poi a quella roccia; ma accertati che sia abbastanza salda da poterti reggere."
Non era certo una strada che avrebbero potuto percorrere gli
ipocriti, con indosso le loro pesanti cappe. Noi a stento, egli
spirito leggero e io da lui spinto, riuscivamo a salire passando
da una sporgenza all'altra. Se non fsse stato che questo argine
era pi basso del precedente, non so Virgilio, ma io senza dubbio sarei stato sopraffatto dalla stanchezza.
Le Malebolge sono inclinate verso la bocca del pozzo centrale
che, gi in basso, porta al nono cerchio. Per questo l'argine
esterno di ogni bolgia pi alto mentre quello interno pi
basso.
Raggiungemmo infine la sommit dell'argine da cui l'ultima
pietra del ponte franato sporge ancora in fuori.
Rimasi talmente senza fiato che quando fui in cima, non potei
pi andare avanti e, anzi, non appena giunsi mi sedetti.
"Non devi pigrire in questo modo" protest il maestro "poich
in poltrona o sotto le coperte, non si raggiunge la fama. Chi
vive senza fama, lascia sulla terra un ricordo simile a quello
del fumo nell'aria o della schiuma nell'acqua.
Alzati e vinci l'affanno con la forza di volont che trionfa su
qualsiasi difficolt, se non si accascia assieme al corpo cui
legata. Dobbiamo salire una scala ben pi lunga e non sar sufficiente essersi allontanti da questi dannati. Se mi capisci fai
dunque tesoro di questa mia esortazione."
- 345 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

Mi alzai, mostrando pi forza di quanta non avessi, e dissi:


"Vai, che sono forte e coraggioso."
Discesa nella settima bolgia tra ogni tipo di serpenti
e i ladri
Ci incamminammo sul ponte di pietra che era pieno di sporgenze, angusto, difficile da percorrere ed assai pi ripido di
quello precedente. Mi muovevo parlando, per non sembrare
stanco quando da questa nuova bolgia usc una voce, incapace
di esprimersi a parole. Non compresi le parole, sebbene mi trovassi gi in cima al ponte che scavalca questo fossato, ma colui che parlava sembrava lo facesse camminando.
Guardai in basso ma, a causa dell'oscurit, non potei scorgere
il fondo della bolgia con la mia scarsa vista da essere vivente.
Allora chiesi: "Maestro, arriviamo all'altro argine e scendiamo
gi dal ponte. Da quass, come ascolto senza comprendere le
parole, cos guardo il fondo senza distinguere nulla."
"Non rispondo neppure," disse, "e faccio ci che chiedi: dobbiamo sempre soddisfare le giuste richieste senza parole inutili."
Scendemmo all'estremit del ponte dove si congiunge con l'ottavo argine, e da l la bolgia mi fu visibile: in essa vidi uno
spaventoso ammasso di serpenti, e di tale orribile assortimento, che al solo ricordo mi si gela ancora il sangue. Non si possono pi vantare i deserti della Libia, anche se generano chlidri, iculi, fare, cncri e anfisibne; questi deserti non misero
- 346 -

L'Inferno

Capitolo XXIV

mai in mostra cos tanti animali velenosi e nocivi, se anche li


sommassimo a quelli dell'Etiopia e dell'Arabia.*
In mzzo a questa feroce e terribile moltitudine di serpenti correvano schiere di dannati nudi e spaventati, senza la speranza
di poter trovare un riparo o una pietra magica che li proteggesse dal veleno. Avevano le mani legate dietro la schiena con
serpenti; questi spingevano la coda e la testa lungo i loro fianchi, per poi attorcigliarsi sul davanti.
Trasformazione di un ladro che s'incenerisce e
risorge dalle sue ceneri
All'improvviso un
serpente si scagli
contro uno che si
trovava alla base
del nostro argine e
lo morse tra il cllo
e le spalle.
Mai si scrisse tanto
rapidamente una
"o" oppure una "i",
rispetto alla velocit con cui questo dannato prese fuoco, bruci e cadendo s'incener. Dopo che fu cos disfatto a terra, la
* Serpenti descritti da Lucano nella Farsaglia: i "chelidri" sprigionano
fumo lungo la strada percorsa, gli "iaculi" cadono planando dagli alberi,
le "faree" lasciano una traccia con la coda, i "cencri" procedono in linea
retta e sono screziati sul ventre, le "anfisibene" hanno una testa a
ciascuna estremit.

- 347 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

cenere si radun spontaneamente e si ritrasform di colpo nel


medesimo dannato di prima.
Allo stesso modo i grandi sapienti affermano che la Fenice
muore e poi rinasce, quando si avvicina al suo cinquecentesimo compleanno. Mentre in vita non si ciba n di erbe n di
biada, ma solo di gocce d'incenso e di resina, e morendo si avvolge nel nardo e nella mirra.
L'epilettico cade senza conoscerne il motivo, a causa di un assalto dei dmoni che lo precpitano a terra o per una ostruzione
del circolo ematico che lo paralizza. Quando si rialza, si guarda attorno disorientato, a causa del grande dolore che ha sofferto, e sospira. Tale appariva il peccatore quando si rialz. Oh
quanto severa la potenza di Dio, che scaglia tali colpi per punizione!
Giovanni Fucci parla della sua colpa e delle future
sventure di Dante e dei Bianchi
La mia guida gli chiese quindi chi fsse ed egli rispose:
"Piombai dalla Toscana in questa valle crudele che poco tempo. Mi piacque una vita da bestia e non da uomo, perch, come
un mulo, ero un bastardo. Sono Giovanni Fucci, la bestia, figlio illegittimo di Guelfuccio dei Lzzari e Pistoia fu mia degna tana."
E io chiesi a Virgilio: "Chiedigli di non scantonare e di rivelarci quale peccato lo spinse fin quaggi; poich lo conobbi solo
come uomo sanguinario e violento."
- 348 -

L'Inferno

Capitolo XXIV

Il peccatore, che mi ud, non esit, ma si volse verso di me e


arross di rabbia e di vergogna. Poi aggiunse: "Provo pi dolore per essere stato da te sorpreso in questa miseranda condizione, di quello che provai morendo. Non posso negarti quello
che domandi: sono cos in basso nell'Inferno perch rubai i
preziosi arredi custoditi nella sacrestia, riccamente addobbata,
della cappella di san Giacomo del duomo di Pistoia; e il furto
fu ingiustamente attribuito ad un altro.
Ma affinch tu non goda dell'avermi visto in questo stato, se
mai uscirai dall'Inferno, ascolta con attenzione la mia profezia.
Pistoia dapprima si svuoter dei Neri, esiliati da Moroello Malaspina, signore di Valdimagra, spalleggiato dai Bianchi. In sguito Firenze cambier partito e forma di governo, e i Bianchi
saranno banditi dopo l'entrata in citt di Carlo di Valois.

Marte, dio della guerra, far uscire dalla Valdimagra vapore


igneo avvolto in torbido vapore acqueo, e per la colluttazione
tra i vapori si scatener in terra di Pistoia una travolgente e im- 349 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

petuosa tempesta. La Lega Nera, capitanata dal marchese Moroello, combatter tre anni in queste terre. Infine il fulmine
scaturir e dissiper le nubi ed ogni Bianco risentir della caduta di Pistoia.
E ho detto questo perch ti faccia male!"

- 350 -

L'Inferno

Capitolo XXV

Capitolo XXV
Punizione di Giovanni Fucci e invettiva contro
Pistoia
Terminato ch'ebbe di parlare, il ladro lev al cielo entrambi i
pugni facendo il gesto osceno del pollice sporgente fra l'indice
e il medio, e grid: "Ti, Dio, beccati questo!"
Ed allora i serpenti
mi parvero buoni,
poich uno gli si attorcigli al cllo,
come per dire "Non
voglio che dici una
parola di pi", ed
un altro ne rileg le
braccia stringendolo cos tanto che
non pot pi fare
alcun movimento.

- 351 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

Ah Pistoia, Pistoia, perch non deliberi di incenerirti in modo


da non esistere pi? Speri infatti nel male i tuoi stessi fondatori, i soldati dell'esercito di Catilina. Mai nei tenebrosi cerchi
infernali vidi un dannato cos superbo verso Dio, neppure Capaneo che pure venne per questo folgorato sulle mura di Tebe.
Questo dannato fugg via senza pi dire una parola; ed io vidi
un centauro colmo d'ira avanzare cercando: "Dov', dov'
quell'empio impenitente?"
Il centauro Caco
Non credo che la Maremma sia popolata da cos tanti serpenti,
quanti egli ne aveva sulla groppa, fino a dove cominciava il
suo aspetto umano. Sopra le spalle e dietro la nuca, aveva un
drago con le ali aperte che brucia con le sue fiammate chiunque s'imbatta in lui.
Virgilio mi spieg: "Costui il centauro Caco, figlio del dio
Vulcano; nella sua grotta sotto l'Aventino caus spesso bagni
di sangue. Non come i suoi simili, a guardia del girone dei
violenti, per via del furto che comp con l'inganno quando
ebbe a portata di mano la grande mandria di Gerione. Per questo le sue perverse azioni ebbero termine sotto la clava di Ercole, che gli assest pi di cento colpi mentre lui non riusc a
sentirne nemmeno dieci."
Tre ladri fiorentini
Mentre raccontava queste cose, Caco si allontan e tre spiriti
vennero sotto di noi senza che n io n Virgilio ce ne accorges- 352 -

L'Inferno

Capitolo XXV

simo, se non quando gridarono: "Chi siete?" Allora smettemmo di parlare e gli prestammo attenzione.
Non li riconobbi. Ma accadde, come a volte cpita, che uno
chiamasse l'altro col nome dicendo: "Dove sar rimasto Cianfa?" Sentito il nome feci segno a Virgilio di tacere e d'ascoltare
ponendo l'indice davanti al naso. Cianfa Donati era stato infatti
consigliere del Capitno del Popolo di Firenze per il Sesto di
San Piero dove io abitai.
Trasformazione di Cianfa e Brunelleschi
Se tu ora, lettore, sei restio a credere ci che dir, non sar
strano; io stesso, che pure lo vidi, a stento riesco a crederci.
Mentre li osservavo, ecco che un serpente con sei piedi si scaglia contro uno di loro, e gli si avvinghia addosso.
Con i piedi centrali gli avvolse la pancia e con quelli anteriori
le braccia; poi gli morsic entrambe le guance. Allung i piedi
posteriori sulle cosce, e fra queste infil la coda che si avvinghi attorno a lui e si ritese in su, lungo la schiena.
Lo spaventoso mostro avvolse le sue membra a quelle del dannato cos strette che mai neppure l'edera si abbarbic ad un
tronco cos tenacemente.
Poi si fusero come se fossero stati di cera, e mescolarono i loro
colori, e nessuno dei due era pi quello di prima. Sembrava di
vedere il colore bruno che precede la fiamma quando brucia
una carta: non ancora nero ma non gi pi bianco.
- 353 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

Gli altri due lo


guardavano attentamente, e ciascuno
gridava: "Ahim,
Angelo Brunelleschi, come ti trasformi! Ormai non
siete pi due ma
non sei ancora uno
solo."
Le due teste erano
gi divenute una
sola, quando ci apparvero fuse in un
unico vlto, nel
quale i due avevano smarrito il proprio aspetto. Quattro arti si
fusero in due braccia; cosce, gambe, ventre e petto presero un
aspetto mai visto prima d'allora.
Ogni sembianza precedente scomparve: la figura deforme aveva l'aspetto di due cose e di nessuna. Cos se ne and via lentamente.
Altri due fiorentini: Francesco Cavalcanti e Buoso
degli Abati
Un piccolo serpente infuriato, scuro e nero come un granello
di pepe, si diresse svelto verso i ventri degli altri due. Era simile al ramarro sotto la sferza della canicola che, nel passare da
- 354 -

L'Inferno

Capitolo XXV

un cespuglio all'altro, sembra un fulmine se attraversa la strada.


Trafisse uno di loro sull'ombelico e poi cadde gi e rimase steso davanti a quello. Il trafitto lo guard, ma non disse nulla.
Anzi sbadigliava immobile come se fsse assonnato o febbricitante. Guardava il serpente, e questo guardava lui; l'uno attraverso la ferita, e l'altro attraverso la bocca emettevano un denso fumo, e i due fumi si fondevano.
Non si vanti pi Lucano che narra degli infelici soldati romani
morsi dai serpenti: Sabello divenuto cenere e Nasidio gonfiato
fino a scoppiare; ascolti invece attentamente ci che descrive
la mia poesia. Non si vanti pi Ovidio delle metamorfosi di
Cadmo in serpente, e di quella della nereide Aretusa che, inseguita dal fiume Alfeo, fu mutata in fonte per potergli sfuggire.
Io non lo invidio: egli infatti non trasform mai due esseri differenti posti l'uno di fronte all'altro di modo che entrambi fossero in grado di scambiarsi la loro natura.
Insieme si trasformarono in questo modo, il serpente divise la
sua coda in due, e l'uomo ferito un assieme i suoi piedi. Le
gambe e le cosce si fusero in modo che in breve non rimase
pi alcun segno di separazione. La coda divisa prendeva la forma che l'uomo stava perdendo: la sua pelle divenne liscia e
morbida, mentre quella dell'uomo s'indur e si fece a scaglie.
Vidi le braccia dell'uomo rientrare nelle ascelle, e i due piedi
anteriori della bestia, che erano corti, allungarsi tanto quanto
quelle si accorciavano. Poi i piedi posteriori del serpente, at- 355 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

torcigliati l'uno all'altro, si trasformarono nel pene mentre il


pene di quell'infelice si divise in due.
Mentre il fumo stese
un nuovo colore su
entrambi e fece
spuntare il pelo su
uno, privandone l'altro. Uno si alz in
piedi e l'altro cadde
gi, senza che nessuno dei due levasse
dall'altro i suoi occhi malvagi, attorno
ai quali stava mutando il vlto.
Quello che ora era
in piedi, ritir il
muso verso le tempie, e dall'eccessiva materia che in l si raccolse, uscirono dalle guance, che ne erano prive, le orecchie. Ci che di quell'eccesso non si ritir e rimase dov'era, form il naso e ingross le
labbra quanto era necessario.
Quello che ora giaceva a terra, allung il proprio muso, e fece
rientrare nella testa le orecchie, come la lumaca quando ritira
le sue corna. La lingua, che prima era unita e pronta a parlare,

- 356 -

L'Inferno

Capitolo XXV

si divise, mentre quella biforcuta nell'altro si richiuse; e il


fumo si ferm.
L'anima, che si era trasformata in serpente, fugg sibilando per
la valle, e l'altra l'insegu urlando e sputando. Quindi si ferm,
gir le spalle da poco formate, e disse all'altro ladro: "Giacch
mi concusse, ora voglio che tocchi a Buoso degli Abati correre
a carponi per questo sentiero, come prima ho fatto io."
Cos vidi la feccia della settima bolgia trasformarsi e mutare; e
a questo proposito la straordinariet dell'argomento mi scusi se
le mie parole sono msse un poco alla rinfusa.
Sebbene i miei occhi fossero disorientati e l'animo sgomento,
quei due non poterono fuggire di nascosto, ed io riuscii a distinguere chiaramente Puccio Sciancato dei Galigai. Era il
solo, dei tre dannati che prima erano sopraggiunti, che non s'era trasformato perch fu un semplice ladro. L'altro era invece
Francesco Cavalcanti il guercio; Gaville, borgo della Val d'Arno dove fu ucciso, piange ancora adesso per le brutali rappresaglie a cui fu sottoposta per questa morte.

- 357 -

L'Inferno

Capitolo XXVI

Capitolo XXVI
Invettiva contro Firenze
Gioisci, Firenze, poich
sei cos grande che spazi
imperiosa per mare e per
terra, e il tuo nome si diffonde nell'Inferno! Tra i
ladri incontrai cinque tuoi
cittadini di nobile origine
per cui me ne vergognai e
tu, Firenze, non ne ricevi
un grande onore.
Ma se vero che all'alba si sogna il vero, tu proverai tra poco
quello che Prato, per non dire di altre citt, ti augura. E
quand'anche ci avvenisse immediatamente, non sarebbe mai
troppo presto. Fsse gi avvenuto, giacch deve pur accadere!
Pi passa il tempo e invecchio e pi mi sar duro da sopportare.

- 359 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

Ottava bolgia: i consiglieri fraudolenti


Ci allontanammo, e la mia guida risal su per le sporgenze rocciose che prima ci avevano fatto impallidire nello scendere, e
mi port con lui. Mentre proseguivamo nella via solitaria, tra
le pietre e i massi del ponte che scavalcava la nona bolgia, il
piede non riusciva a procedere senza l'aiuto delle mani.
Allora mi addolorai, e ora nuovamente mi addoloro quando ripenso a ci che vidi. Riconosco a questo punto i limiti del mio
intelletto pi di quello che non sia solito fare, onde evitare che
proceda senza l'aiuto divino. Se l'influsso celeste o la grazia divina mi hanno concesso questo dono, non sar io a privarmene.
Il contadino, che si riposa in cima al colle, scorge appena i
campi dove vendemmia e ara, quando nella stagione estiva le
zanzare succedono alle mosche. Egli scorge gi per la valle
tante lucciole quante fiamme mi parve di vedere splendere sul
fondo non appena giunsi al centro del ponte.
Nel fondo della bolgia ogni fiamma si muove, e cos nessuna
mostra ci che rapisce al suo interno, e ogni fiamma nasconde
un peccatore.
Lo stesso capit ad Eliseo citato nella Bibbia perch, schernito
da alcuni ragazzi, si vendic maledicendoli e facendoli sbranare dagli orsi. A questo giudeo capit infatti di vedere il carro di
fuoco del profeta Elia quando part e i cavalli si impennarono
verso il cielo. Il carro del profeta era di tale aspetto che, per
- 360 -

L'Inferno

Capitolo XXVI

quanto lo seguisse con gli occhi, non vide altro che una fiamma salire verso l'alto, come una piccola nuvola.
Stavo in piedi sul
ponte e mi sporgevo a guardare. Ero
cos preso che, se
non mi fossi aggrappato ad una
sporgenza,
sarei
precipitato, anche
senza essere spinto.
E la mia guida, che
mi vide cos attento, disse: "Le anime stanno dentro ai
fuochi. Ciascuna avvolta dalla fiamma che la brucia."
La doppia fiamma in cui soffrono Ulisse e Diomede
"Maestro mio," risposi, "me lo confermi, ma gi lo sospettavo.
Volevo infatti domandarti chi c' dentro a quella fiamma che
avanza cos divisa in cima, che sembra levarsi dal rogo funebre dove Etocle fu posto col fratello Polinice e che si divise in
due, a testimoniare il loro eterno odio?"
Mi rispose: "In quella fiamma sono tormentati Ulisse, re di Itaca, e Diomede, re di Argo. Assieme subiscono la punizione di
Dio, come assieme si esposero alla sua ira. Dentro a quella
- 361 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

fiamma si espa l'inganno del cavallo di Troia che apr ai nemici le porte della citt natale di Enea, il nobile progenitore dei
Romani.
In essa si paga il fio per
l'astuzia con cui convinsero Achille a partire e
per la quale, anche ora
che morta, Deidamia
continua a piangere la
perdita del suo uomo.
In essa si soffre il castigo
per il rapimento del Palladio, la statua di Atena che proteggeva la citt di Troia."
"Se possono parlare da dentro quelle fiamme," dissi "ti prego,
maestro, e torno a pregarti, e possa la mia preghiera valerne
mille. Consentimi di attendere fino a quando quella fiamma a
due punte non sia giunta qui. Guarda come, dal desiderio di
parlarle, rischio di perdere l'equilibrio!"
Mi rispose: "La tua richiesta meritevole, e perci l'approvo:
ma tieni a freno la lingua. Lascia parlare me, poich ho compreso ci che desideri. Essi, essendo Greci, forse non ti risponderebbero."
Quando la fiamma giunse nel punto in cui Virgilio ritenne opportuno, lo sentii dire: "Oh voi che siete in due dentro ad una
sola fiamma, se, mentre ero in vita, ebbi un qualche merito ai
- 362 -

L'Inferno

Capitolo XXVI

vostri occhi, fermatevi. Se ebbi un merito grande o piccolo


quando in terra scrissi i nobili versi per cui sono famoso, fermatevi; e uno di voi racconti dove e come si smarr e mor."
Ulisse racconta il suo ultimo viaggio e la sua morte
La punta pi grande dell'antica fiamma cominci a dimenarsi
rumoreggiando proprio come il fuoco agitato dal vento. Poi,
muovendo di qua e di l la cima, dando l'impressione che fsse
la lingua che parlava, gett fuori la voce, e disse: "Venne il
tempo in cui lasciai la maga Circe, che mi trattenne oltre un
anno in quell'isola vicino a Gaeta, ben prima che Enea la chiamasse cos in ricordo della sua nutrice. N la tenerezza per mio
figlio, n la devozione per il mio vecchio padre, n l'amore che
doveva consolare Penelope per l'attesa, riuscirono a vincere il
mio ardente desiderio di conoscere il mondo, nonch i vizi e le
virt degli uomini. Mi spinsi in alto mare con una sola nave e
con quell'esiguo gruppo di compagni che non mi aveva abbandonato.
Vidi l'una e l'altra sponda del mare fino alla Spagna, al Marocco, alla Sardegna e alle altre isole mediterranee. Fin quando io
e i miei compagni, ormai vecchi e lenti nei movimenti, giungemmo a quello stretto passaggio dove Ercole aveva segnato
con due colonne i limiti del mondo, affinch l'uomo non si avventurasse oltre nelle sue esplorazioni. Lasciai alla mia destra
Siviglia, mentre a sinistra ormai avevo gi passato Cuta.
"Fratelli miei," dissi, "avete raggiunto il confine occidentale
del mondo, affrontando con me innumerevoli pericoli. Non vo- 363 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

gliate ora negare la conoscenza del mondo disabitato, che troveremo nell'altro emisfero, a questo breve tempo che ci rimane
ancora da vivere.
Riflettete sulla vostra natura: non foste creati per vivere
come bestie, ma per
seguire la virt e il
sapere."
Con questo conciso
discorso resi i miei
compagni cos smaniosi di proseguire il viaggio, che sarei a stento riuscito a trattenerli. Rivolta la poppa verso oriente, trasformammo i remi in
ali per il nostro viaggio temerario, sempre diretti verso sinistra.
La notte ci mostrava tutte le stelle dell'emisfero australe, mentre invece quelle del nostro emisfero erano cos basse che non
sorgevano pi al di sopra del mare. Erano trascorsi cos cinque
mesi da che varcammo l'arduo stretto di Gibilterra quando ci
apparve una montagna, velata a causa della distanza. Mi sembr pi alta di quante non ne avessi viste mai.

- 364 -

L'Inferno

Capitolo XXVI

Noi gioimmo, ma sbito la nostra esultanza mut in pianto. Da


quella terra appena avvistata sorse un turbine impetuoso che ci
invest a prua. Tre volte ci fece girare insieme alle acque circostanti; alla quarta la poppa si lev in alto e la prua sprofond,
come Dio volle, e il mare si
richiuse sopra
di noi."

- 365 -

L'Inferno

Capitolo XXVII

Capitolo XXVII
Guido da Montefeltro chiede notizie della Romagna

La fiamma si era raddrizzata e stava immobile poich non parlava pi; si allontan, quindi, da noi col permesso del dolce
poeta. Proprio allora un'altra, che giungeva dietro a questa, ci
- 367 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

fece volgere lo sguardo verso la sua punta a causa del mormorio che da essa usciva.
Non trovando una via d'uscita attraverso il fuoco, le dolorose
parole si mutavano all'inizio in questo suono che pareva un
muggito. Era simile al suono che il toro di rame del tiranno di
Agrigento emetteva quando pareva muggire per il gemito dei
condannati a morte rinchiusi in esso. Infatti, sebbene di rame,
pareva soffrisse quando, arroventato, causava la morte dei condannati in esso serrati; e mugg giustamente la prima volta per
il lamento di chi l'aveva costruito e cesellato.
Ma quando le sue parole trovarono la loro via d'uscita verso
l'alto comunicarono alla fiamma quello stesso movimento che
la lingua aveva loro impresso mentre passavano. Udimmo
dire: "Oh tu che or ora parlavi in italiano, dicendo Adesso
puoi andartene; non ho altro da chiedere, bench sia giunto
forse troppo tardi, non ti rincresca parlare con me: a me non
dispiace, eppure brucio!
Se sei precipitato ora in questo mondo privo di grazia da quella dolce terra italiana da cui mi sono portato dietro tutti i miei
peccati, dimmi se i Romagnoli sono in pace o in guerra. Io
nacqui nella regione montuosa del Montefeltro, tra Urbino e il
monte Coronaro, dalla cui falde scaturisce il Tevere."

- 368 -

L'Inferno

Capitolo XXVII

Situazione della Romagna


Ero ancora chinato ed intento ad osservare il fondo, quando la mia guida
mi diede una gomitata sul
fianco dicendo: "Parlagli
tu: italiano."
Io, che ero gi pronto a rispondere, parlai rapidamente: "Oh anima che sei
celata laggi, la tua Romagna, anche se ora non vi alcun conflitto palese, non e
non mai stata in pace nell'animo dei suoi governanti. Ravenna si trova nella condizione in cui stata per molti anni: l'aquila vermiglia in campo oro di Guido da Polenta la custodisce, in
modo da coprire con le sue ali anche le saline di Cervia.
La citt di Forl, che gi sostenne il lungo assedio pontificio e
fece una strage dei Francesi guidati dal guelfo Jean d'Eppe,
sotto il dominio degli artigli verdi del leone in campo oro di
Scarpetta degli Ordelaffi.
E il vecchio Malatesta da Verrucchio, il cui stemma il mastino, e suo figlio Malatestino, fecero strazio del ghibellino Montagna di Parcitade; a Rimini e nelle terre vicine, dove sono soliti farlo, questi due mastini usano i loro denti per sbranare gli
avversari.

- 369 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

Faenza e Imola, citt bagnate rispettivamente dai fiumi Lamone e Santerno, sono governate dal piccolo leone azzurro in
campo bianco di Maghinardo Pagani da Susinana, che cambia
alleanze al cambiare delle stagioni.
E Cesena, bagnata dal fiume Savio, cos com' situata a mezza
costa tra la pianura e i monti, allo stesso modo vive tra dispotismo e libert governata da Galasso da Montefeltro.
Guido da Montefeltro racconta di come fu traviato da
papa Bonifacio VIII
Ora, ti prego, raccontarci chi sei. Non essere pi restio d'altri, e
possa il tuo nome avere nel mondo fama duratura."
Dopo che la fiamma ebbe rumoreggiato alquanto com'era solita fare, mosse la cima appuntita di qua e di l, e poi disse: "Se
mai pensassi che sto parlando a uno che potrebbe tornare sulla
terra, questa fiamma s'immobilizzerebbe. Ma poich mai nessuno torn vivo da questo abisso, se vero quel che mi si dice,
ti rispondo senza il timore d'essere screditato.
Fui guerriero e poi frate francescano ritenendo che, cinto da
quel cordone, avrei potuto emendarmi dai miei peccati. Sicuramente ci che credevo sarebbe avvenuto, se non fsse stato per
il papa, maledetto lui, che mi fece ricadere nelle solite colpe;
voglio che tu comprenda come e perch.
Finch fui vivo, le mie azioni non furono il risultato della forza
bruta, ma dell'astuzia volpina. Io, conte Guido I da Montefel-

- 370 -

L'Inferno

Capitolo XXVII

tro, ero un grande esperto di astuzie e di inganni, e li usai con


tale perizia, che la loro fama varc i confini del mondo.
Quando divenni vecchio, et nella quale ognuno dovrebbe ammainare le vele e radunare le sartie, quello che prima gradivo,
mi rincrebbe e, pentito, mi feci frate. Ahi povero me! Ci mi
avrebbe anche giovato.
Il capo dei Farisei dei nostri tempi, Bonifacio VIII, era in guerra vicino a Roma, e non contro Saraceni o Giudei, giacch
ogni suo avversario era cristiano. Nessuno dei nemici era stato
tra le file infedeli ad espugnare san Giovanni d'Acri, ultima
roccaforte crociata in terrasanta, n a commerciare illegalmente nel paese del Sultano. Questo papa non ebbe riguardo n per
il suo elevato incarico n per il suo stato sacerdotale, n per
quel cordone francescano che portavo e che rendeva, un tempo, pi magro chi se ne cingeva.
Ma come l'imperatore Costantino mand a chiamare dal monte
Soratte, dov'era eremita, papa Silvestro I per essere guarito
dalla lebbra, cos costui mi chiam come medico per guarirlo
dalla febbre della sua superbia. Mi chiese consiglio, ma io tacqui perch le sue parole mi sembrarono come pronunciate in
stato d'ebrezza.
Poi aggiunse: Non temere. Tu indicami il modo di espugnare
la citt di Palestrina, roccaforte dei Colonna. Io t'assolvo fin
d'ora. Posso chiudere o aprire il regno dei cieli, come tu ben
sai; per questo sono due le chiavi che il mio predecessore,

- 371 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

papa Celestino V, rifiut senza capirne il valore quando rinunci al papato.


Allora questi fondati argomenti mi fecero ritenere che il silenzio fsse la decisione peggiore, per cui suggerii: Padre santo,
ti consiglio giacch mi assolvi da quel peccato in cui ora devo
cadere. Promettere molto e mantenere poco ti faranno trionfare sui tuoi nemici e rafforzare il tuo trono."
Il diavolo combatt con san Francesco per l'anima di
Guido da Montefeltro
"Non appena morii, giunse san Francesco per accompagnare la
mia anima in cielo; ma uno degli angeli ribelli gli disse: Non
mi fare torto: non
portarla via con te.
Deve venire gi
nell'Inferno tra i
miei servitori perch ha dato il consiglio ingannatore.
Da quando pronunci quel consiglio
sono stato sempre
pronto ad afferrarlo per i capelli. Non
si pu assolvere chi
non si pente, n
possibile pentirsi e
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L'Inferno

Capitolo XXVII

peccare nello stesso tempo, perch una cosa in contraddizione con l'altra.
Oh me misero! Come trasalii quando mi afferr dicendomi:
Forse non mi credevi in grado di ragionare con tale lucidit!
Mi condusse fin da Minosse e quello avvolse otto volte la coda
intorno al suo dorso duro. Dopo essersela morsicata con rabbia, dato che non poteva abbinarmi il complice delle mie colpe, disse: Costui uno dei peccatori che il fuoco ruba alla
vista; perci io sono qui dannato, come vedi, e vestito di
fiamme cammino e mi strazio."
I due poeti riprendono il cammino
Quando ebbe finito di parlare, la fiamma si allontan gemendo
di dolore, torcendo e dibattendo la punta aguzza.
Noi proseguimmo, io e la mia guida, su per il ponte fino a
quello successivo che passa sulla bolgia nella quale scontano
la pena coloro che suscitarono colpevolmente separazioni e
scismi.

- 373 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

- 374 -

L'Inferno

Capitolo XXVIII

Capitolo XXVIII
La nona bolgia: i seminatori di discordia e scismi
Chi potrebbe mai, sia pure in prosa e narrandolo da pi punti
di vista, descrivere compiutamente lo spettacolo del sangue e
delle ferite che vidi ora? Certamente ogni descrizione inadeguata perch la lingua e la nostra memoria non ne hanno la capacit.
Dovrebbero riunirsi
tutti quelli che nella
fiorente terra di Puglia perirono durante le guerre contro i
Romani. Dovrebbero riunirsi tutti quelli che caddero nella
seconda guerra punica quando i nobili romani periti contro Annibale furono cos tanti, come narra Tito Livio che non sbaglia,
che si raccolsero tanti anelli d'oro da formare un cumulo. Dovrebbero riunirsi tutti quelli che furono gravemente feriti nel- 375 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

l'opporsi all'invasione normanna di Roberto Guiscardo. Dovrebbero riunirsi tutti i caduti della battaglia di Benevento tra i
Guelfi di Carlo I d'Angi e i Ghibellini di Manfredi, quando i
baroni traditori defezionarono. Dovrebbero riunirsi tutti i caduti a Tagliacozzo, dove Corradino di Svevia fu sconfitto dall'astuzia dal vecchio rard di Valry, consigliere di Carlo I d'Angi. Se tutti costoro che ho citato si riunissero e chi un suo arto
trafitto e chi uno mutilato, non sarebbe comunque ancora possibile eguagliare l'orrore abominevole della nona bolgia.
Maometto
Una btte, che abbia
perduto la doga mediana o laterale, non
si apre certo cos,
come invece vidi
squarciato un dannato dal mnto fino a
dove scoreggia.
Gli intestini penzolavano tra le gambe;
gli si vedeva il cuore come anche lo stomaco, sacco ripugnante
che riduce in merda ci che s'ingoia.
Mentre lo fissavo attentamente, mi guard e si apr il petto con
le mani dicendo: "Osserva dunque come mi spacco in due!
Guarda come sciancato lo scismatico Maometto! Davanti a
me piangendo cammina mio genero Al col vlto spaccato dal
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L'Inferno

Capitolo XXVIII

mnto ai capelli. Da me nacque l'Islam e da lui la stta degli


Sciiti.
Tutti quelli che vedi in questo luogo, furono da vivi seminatori
di discordie civili e causa di scisma, e perci sono qui spaccati
in questo modo.
L dietro vi un diavolo che acconcia in modo tanto crudele
noi dannati. Una volta che abbiamo compiuto il giro completo
di questa dolorosa bolgia ci sottopone nuovamente al taglio
della sua spada; le ferite infatti si rimarginano completamente
prima che ciascuno di noi gli ritorni davanti.
Ma chi sei tu che scruti, sporgendoti dal ponte, per ritardare il
castigo che ti assegnato in base quanto tu stesso hai rivelato a
Minosse?"
"N la morte ancora lo ha raggiunto, n lo spinge il peccato,"
rispose il mio maestro, "a subire la pena. per dargli una conoscenza completa dell'oltretomba, che io, che sono morto,
devo guidarlo quaggi attraverso l'Inferno di cerchio in cerchio. Ci vero com' vero che ti sto parlando."
Pi di cento, quando intesero queste parole, si fermarono nella
bolgia e, dimenticando il loro tormento, mi fissarono stupiti.
Maometto predice la prossima fine di fra Dolcino
"Tu che forse vedrai il sole tra poco, avverti dunque fra' Dolcino, capo dei Fratelli Apostolici: digli che si prepari. Se non
vuole seguirmi all'Inferno fra breve, deve provvedersi di vetto- 377 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

vaglie a sufficienza. In questo modo la stretta della neve non


consentir al vescovo di Novara quella vittoria, che non gli sarebbe facile in alcun altro modo."
Dopo aver sollevato un piede per andarsene, Maometto mi disse tutto questo e solo allora lo riappoggi a terra per allontanarsi.
Piero da Medicina
Un altro, che aveva la gola bucata e il naso mozzato fino alle
ciglia, e non aveva ormai pi che un solo orecchio, si ferm
con gli altri a guardarmi stupito. Prima degli altri spalanc la
gola, che colava sangue da ogni parte, e disse: "Oh tu che sei
innocente e che io conobbi in Italia, se non mi sbaglio, ricordati di Piero da Medicina. Ricordati il mio nome se mai torni a
vedere la dolce pianura padana che si stende da Vercelli al castello di Marcab alla foce del Po.
E metti in guardia i due pi ragguardevoli cittadini di Fano,
messer Guido del Cssero e Angiolello di Carignano. Se la
preveggenza nell'Inferno non inutile, avvertili che saranno
gettti fuori della loro nave in sacchi zavorrati. Affogheranno
presso Cattolica per il tradimento dello sleale tiranno Malatestino da Verrucchio. Nettuno gi mai vide un delitto pi nefando, fra le isole di Cipro e di Maiorca, n per opera di pirati n
di gente infda come i Greci.

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L'Inferno

Capitolo XXVIII

Quel tiranno traditore, guercio da un occhio, signore della


citt, che uno che qui con me vorrebbe non aver mai visto. Li
inviter per un'ambasciata. Poi far in modo che non siano loro
pi necessari voti o preghiere per scampare dal terribile vento
che spira dal monte Focara, tra Pesaro e Cattolica."
E io gli chiesi: "Se
vuoi che io rechi
tue notizie nel
mondo, dimmi chi
, e per quale motivo, colui che con
te si duole di aver
veduto Rimini."
Caio Curione
Allora poggi la mano sulla mascella di un suo compagno e gli
apr la bocca, gridando: " lui, ma non pu parlare. Costui,
esiliato da Roma, convinse Giulio Cesare a non esitare, sostenendo che l'attesa danneggia chi ben preparato."
Oh quanto mi sembrava avvilito, con la lingua recisa in gola, il
tribuno della plebe Caio Curione, che fu cos audace nel parlare e spinse Cesare alla guerra civile con Pompeo.

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Dante Alighieri

La Divina Commedia

Mosca Lamberti
E un dannato, con entrambe le mani tagliate, alz i moncherini
nell'aria tenebrosa. Il sangue gli lord il vlto ed egli url: "Ricordati anche di Mosca dei Lamberti, che purtroppo sentenzi:
Cosa fatta non pu disfarsi. Queste parole furono origine di
grandi sventure per i Toscani:
a causa del suo consiglio Buondelmonte dei Buondelmonti fu
ucciso dagli Amidei. Questa morte causer, a Firenze, la divisione in Guelfi e Ghibellini a sostegno dell'una e dell'altra famiglia."
E io aggiunsi: "Queste tue parole causarono la rovina della tua
stirpe;" per cui egli, aggiungendo dolore a dolore, se ne and
via come una persona incupita e fuori di s.
Bertran de Born procede, decapitato, con la testa in
mano
Rimasi a osservare la folla, e vidi una cosa, che avrei timore di
riferire, senz'altra testimonianza che la mia. Ma la mia coscienza mi spinge e mi incoraggia con la sua integrit.
Senza alcun dubbio vidi, e ancora mi pare di vederlo, un tronco privo di testa camminare come gli altri dannati di quella triste schiera. Teneva per i capelli il proprio capo mozzato, sospeso come fsse una lanterna. Ci guardava, e gemeva: "Oh
povero me!" Con gli occhi della testa faceva luce a se stesso,
ed erano due corpi separati ma di un solo individuo: come ci
possa avvenire, solo Dio lo sa, giacch cos dispone.
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L'Inferno

Capitolo XXVIII

Quando fu alla base del ponte, lev alto il braccio con tutta la
testa, per farci
giungere meglio le
sue parole: "Osserva bene questa
pena angosciosa tu
che,
respirando,
guardi i morti: vedi
se ce n' una immensa come la
mia.
Affinch tu possa
recare notizie di
me, sappi che sono Bertran de Born, visconte di Hautefort e rinomato poeta. Diedi al giovane re Enrico III d'Inghilterra cattivi consigli e feci diventare nemici padre e figlio. Achitofl,
consigliere di re Davide, che istig Assalonne a ribellarsi al
padre, non caus maggior danno con i suoi perfidi incitamenti.
Poich io divisi persone unite da cos stretti vincoli, oh povero
me, ho il mio cervello separato dal midollo ch' nel tronco.
Cos vengo punito con la stessa pena che inflissi al prossimo.

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L'Inferno

Capitolo XXIX

Capitolo XXIX
Termine della nona bolgia e mancato incontro con
Geri del Bello
Gli innumerevoli peccatori e le mostruose ferite mi avevano
talmente commosso, che desideravo solo piangere.
Ma Virgilio mi disse: "Cosa continui a
guardare? Perch il
tuo sguardo indugia
laggi in mzzo a
quelle disgraziate
anime
mutilate?
Non ti sei comportato in questo modo nelle altre bolge: se desideri soffermarti
per contarle, pensa che la bolgia ha una circonferenza di pi di
trentasei chilometri.

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Dante Alighieri

La Divina Commedia

E la luna gi sotto di noi; il tempo concessoci breve, e ci


restano da vedere ben altre cose oltre a quelle che stai guardando".
"Se tu avessi riflettuto sul motivo per cui guardavo," immediatamente gli risposi, "forse mi avresti permesso di fermarmi ancora un poco."
Intanto Virgilio si avvi, e io lo seguivo spiegandogli gi i
miei motivi e soggiungendo: "Dentro quella bolgia dove mi
sono soffermato, credo che uno spirito della mia famiglia
sconti con dolore il peccato che laggi s paga in modo cos
atroce."
Disse allora il maestro:
"Non pensarci pi: occupati d'altro ed egli resti l
in fondo. Me n'ero accorto
e infatti lo vidi alla base
del ponte che ti indicava
agli altri. Agitava con ira
il dito verso di te; udii che
lo chiamavano Geri del
Bello che, se non sbaglio,
era il cugino di tuo padre.
Fu ucciso da Brodato Sacchetti e questo caus l'inimicizia tra i vostri due casati che dura tuttora.

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L'Inferno

Capitolo XXIX

Tu eri allora cos assorto ad ascoltare il signore di Hautefort,


che non volgesti lo sguardo in quella direzione finch non se
ne fu andato."
"Oh mio signore, la sua morte violenta non ancora stata vendicata," dissi, "da nessun parente, e questo lo riempie di sdegno. Per questo, penso, si allontan senza parlarmi e quindi mi
dispiace ancora di pi."
Decima bolgia: i falsari
Cos parlammo fino a raggiungere la zona del ponte da cui per
la prima volta sarebbe stata visibile tutta l'altra bolgia fino in
fondo, se vi fsse stata abbastanza luce.
Giungemmo allora sopra l'ultimo fossato di Malebolge, cos
che potemmo vedere i suoi pesci; mi colpirono con violenza i
terribili lamenti, penetranti come frecce con le punte rinforzate
dal dolore: per questo mi coprii le orecchie con le mani. Il dolore che era in questo luogo era tale a quello proveniente dai
malati degli ospedali di Valdichiana, Maremma e Sardegna,
negli afosi e insalubri mesi estivi, se fossero riuniti tutti assieme in una fossa; e da esso emanava lo stesso terribile fetore di
putrefazione.
Noi scendemmo sull'ultimo argine sempre deviando a sinistra;
e allora vidi meglio il fondo. In quel luogo l'infallibile giustizia
di Dio punisce i falsari che, ancora in vita, sono destinati a
questo luogo senza possibilit di scampo.

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Dante Alighieri

La Divina Commedia

Vedere tutto il popolo malato dell'isola di Egina, per la pestilenza inviata da Giunone che si vendicava della ninfa amata da
Giove che l dimorava, era ben triste. Ma non era certo pi triste di quanto non fsse vedere in quella buia valle le anime
soffrire in orribili mucchi.
L'aria di Egina fu talmente impregnata di malattie che morirono tutti i viventi, fino al pi piccolo verme. Gli antichi abitanti,
secondo quanto affermano per certo i poeti, rinacquero poi, per
volere di Giove, dalle formiche.
Alcuni dei dannati di questa valle giacevano sul ventre, altri
addossati l'uno all'altro e alcuni invece si trascinavano carponi
lungo quel triste cammino.
Procedevamo lentamente e in silenzio, osservando e ascoltando i malati che non potevano alzarsi.
Griffolino d'Arezzo e Capocchio Siena
Vidi due sedere appoggiati l'uno all'altro, come due tegami
messi a scaldare sulla stessa fiamma, ed erano pieni di croste
dalla testa ai piedi. Giammai vidi uno stalliere, quando atteso
dal suo padrone o quando ha fretta di andare a dormire, strigliare il cavallo con cos tanta furia come quella con cui ognuno di loro si grattava per il prurito intenso e insopportabile. Le
unghie staccavano le croste, come il coltello raschia le squame
della scrdola o di altro pesce che le abbia anche pi grandi.
"Oh tu che ti togli le croste con le unghie come fossero le maglie di un'armatura," cominci a dire Virgilio a uno di loro, "e
- 386 -

L'Inferno

Capitolo XXIX

che talvolta le usi come fossero tenaglie, dicci se tra quelli che
sono qui dentro vi qualche italiano. Possa l'unghia durarti in
eterno per il tuo lavoro."
"Noi due, che vedi
cos sfigurati, siamo italiani" rispose
uno dei due piangendo; "ma chi sei
tu che ci rivolgi
queste domande?"
E la mia guida replic: "Sono uno
che scende gi di
cerchio in cerchio
con questo vivo, e intendo mostrargli l'Inferno."
Allora si ruppe il reciproco appoggio e ciascuno, tremando, si
rivolse verso di me come anche gli altri che avevano ascoltato
senza volere.
Il buon maestro si avvicin suggerendomi: "Chiedi loro ci
che vuoi." Io cominciai, giacch lo voleva: "Possa il vostro ricordo non dileguarsi mai dalla memoria degli uomini e vivere
per molti anni. Ditemi chi siete e di quali citt. La vostra ripugnante e dolorosa pena non vi impedisca, per la paura, di rivelarmi i vostri nomi."

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Dante Alighieri

La Divina Commedia

"Io, Griffolino, nacqui ad


Arezzo, e Alberto a
Siena," rispose uno. "Costui mi fece condannare al
rogo; ma la colpa per la
quale morii non quella
che mi conduce in questa
bolgia.
Scherzando mi vantai:
Se volessi saprei alzarmi
in volo; e quello, capriccioso e stolto, volle che
glielo insegnassi. Solo perch non ne feci un Dedalo, mi fece
mandare al rogo come eretico dal vescovo di Siena, che l'amava come fsse un figlio.
Ma Minosse, che non pu sbagliare, mi condann all'ultima
delle dieci bolge, per aver trasformato i metalli vili in oro."
E dissi al poeta: "Vi fu mai gente cos vuota e frivola come i
Senesi? Di certo non sono cos nemmeno i Francesi!"
Allora l'altro lebbroso, che mi ud, rispose ironicamente alle
mie parole: "Sono cos! Eccetto forse Stricca dei Salimbeni
che seppe rovinarsi con moderazione.
Ed eccetto suo fratello Niccol dei Salimbeni che per primo
scopr la costosa usanza di insaporire i cibi con i chiodi di ga-

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L'Inferno

Capitolo XXIX

rofano che aveva nel suo giardino, dove germogliano tali usanze.
Escludi anche la compagnia con cui Caccia di Asciano degli
Scialenghi dilapid le terre di famiglia, e anche quella con cui
Bartolomeo dei Folcacchieri, detto l'abbagliato, dimostr la
sua stupidit.
Ma affinch tu sappia chi a tal punto
d'accordo con te a
proposito dei Senesi, aguzza la vista in
modo da potermi riconoscere: t'accorgerai che io sono
l'anima del fiorentino Capocchio, che
con l'alchimia falsificai i metalli. Ti dovresti ricordare, se ti ho
ben riconosciuto, come ero bravo nell'imitare gli altri scimmiottando i loro discorsi."

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Dante Alighieri

La Divina Commedia

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L'Inferno

Capitolo XXX

Capitolo XXX
Esempi della mitologia per raffigurare il furore che
invade coloro che falsarono la loro persona

Nei tempi antichi Giunone s'adir con i Tebani a causa a causa


della passione amorosa di Giove per Smele, figlia del re tebano Cadmo.
Giunone fece quindi
impazzire Atamante, cognato di Cadmo, a tal punto che
costui, vedendo la
moglie con in braccio i suoi due figli,
non la riconobbe.
Gli parve di vedere
un leone e grid: "Tendiamo una trappola, cos che io possa
catturare la leonessa e i suoi leoncini." Protese i suoi crudeli
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Dante Alighieri

La Divina Commedia

artigli: afferr il figlio Learco, lo rote per aria e lo scagli


contro una roccia. La moglie per sfuggirgli si gett in mare,
annegando con l'altro figlio in braccio.
E quando la fortuna abbatt la sfrontata superbia dei Troiani,
re Priamo fu ucciso e il suo regno distrutto. cuba, sua moglie,
addolorata, infelice e prigioniera dei Greci, vide la figlia Polissna immolata sulla pira di Achille. Seppe inoltre, e si riemp
d'angoscia, che il corpo di suo figlio Polidoro giaceva insepolto sulle rive di Tracia. Allora il dolore le sconvolse la mente a
tal punto che, fuori di s, gua come un cane.
Ma non si vide mai la pazzia del tebano o della troiana colpire
animali o esseri umani con tanta crudelt come la vidi colpire
due anime pallide e nude, che, mordendosi, correvano con la
stessa foga del maiale quando esce dal porcile.
Gianni Schicchi e Mirra
Una di queste due
anime
raggiunse
Capocchio, e l'azzann alla nuca; tirandolo lo abbatt a
terra strusciandone
il ventre sul duro
pavimento
della
bolgia.

- 392 -

L'Inferno

Capitolo XXX

E l'Aretino, che rest l mi disse tremante di paura: "Quello


spirito folle e malvagio Gianni Schicchi dei Cavalcanti, e
rabbiosamente riduce gli altri in questo stato".
"Oh!" esclamai. "Augurandoti che non ti addenti, dimmi chi
l'altro prima che si allontani."
Mi rispose: "Quello l'antico spirito della sciagurata Mirra, figlia del re di Cipro, che divent incestuosamente l'amante del
padre. Costei riusc a peccare col padre facendosi passare per
un'altra donna, cos come Gianni Schicchi, per prendersi la migliore cavalla della mandria di Buoso Donati, os fingersi lui
nel fare testamento di fronte ad un notaio."
I falsificatori di moneta sono gravati dall'idropisia:
mastro Adamo
E dopo che i due pazzi furiosi, sui quali avevo fermato lo
sguardo, furono passati, rivolsi la mia attenzione agli altri
sventurati.
Ne vidi uno a forma di liuto, se soltanto avesse avuto l'inguine
separato dalle gambe. La pesante idropisia lo deformava a causa dei liquidi che non riusciva ad assimilare. La faccia non era
proporzionata al ventre, e per questo gli rimangono le labbra
aperte come un malato cronico che, per la sete, rivolta un labbro verso il mnto e l'altro in su.
"Oh voi che vi trovate nel mondo del dolore senza alcuna
pena, e non capisco il perch," ci disse quello, "osservate con
attenzione l'infelicit di mastro Adamo. Io ebbi, da vivo, tutto
- 393 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

ci che volevo e ora, misero me, desidero solo una goccia di


acqua.
I ruscelli che dai verdi colli del Casentino scendono gi nell'Arno, rendendo freschi e umidi i loro lvei, mi sono sempre
davanti agli occhi, e non invano. Il loro ricordo m'asciuga ben
pi del male che mi scava il vlto. L'inflessibile giustizia che
mi tormenta trae spunto dal luogo dove peccai per farmi sospirare sempre pi frequentemente. In quei luoghi ameni infatti si
trova Romena.
L falsificai il fiorino d'oro, la moneta che porta
impressa l'immagine di
san Giovanni Battista; e
per questo fui bruciato
sul rogo.
Ma se potessi vedere quaggi l'anima malvagia di Guido II dei
conti Guidi o di Alessandro o del fratello Ildebrandino, non
cambierei tale spettacolo con tutta l'acqua della fonte Branda,
la celebre fontana senese a cui
tutta la citt attinge.
In questa bolgia, in effetti, si
trova gi una di queste anime
furiose, se gli spiriti idrofobi
che s'aggirano qui attorno dicono la verit; ma a che mi giova,
giacch non posso muovermi?
- 394 -

L'Inferno

Capitolo XXX

Se io fossi ancora agile quanto basta per percorrere un centimetro in cent'anni, mi sarei gi messo in cammino. Lo starei
cercando in questa moltitudine deforme, nonostante che la bolgia abbia una circonferenza di diciotto chilometri, e sia larga
non meno di ottocento metri.
Per causa loro infatti mi trovo in tale compagnia: mi indussero
a falsificare i fiorini d'oro utilizzando una lega contenente tre
carati di metallo vile."
I bugiardi, che falsarono le parole, sono colpiti da
violente febbri: la moglie di Putifarre e il greco
Sinone
E io a questo punto gli chiesi: "Chi sono quei due infelici alla
tua destra che sudando fumano, come d'inverno le mani bagnate, e stanno l'uno sull'altro?"
"Li trovai qui," rispose, "- e da allora non si sono pi mossi quando caddi in questo precipizio, e non credo che si muoveranno mai pi.
Una di quelle anime la bugiarda moglie dell'egiziano Putifar
che non essendo riuscita a concupire Giuseppe, lo accus di
seduzione.
L'altra il menzognero Sinone, il greco che ingann i Troiani
convincendoli a far entrare in citt il cavallo di legno. Emanano tanto fetore di unto a causa della febbre ardente che li tormenta."

- 395 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

Lite tra Adamo e Sinone


Il greco Sinone, che s'offese forse d'essere menzionato con tale
epiteto infamante, gli colp con un pugno il ventre gonfio e
teso. Risuon come un tamburo; e allora maestro Adamo gli
colp il volto col gomito, in modo non meno violento, dicendogli: "Anche se non posso muovermi a causa delle membra pesanti, ho il braccio svelto nel colpire."
L'altro rispose: "Quando salivi sul rogo, non l'avevi cos veloce perch era legato; cos pronto, e anche di pi, l'avevi quando coniavi le monete false."
E l'idropico replic: "Tu dici il vero; ma non fosti altrettanto
verace quando a Troia ti chiesero di dire la verit sul cavallo di
legno."
"Se io mentii, tu invece sei un falsario" puntualizz Sinone; "e
se io sono qui per una colpa, tu, invece per cos tante colpe,
una per ogni fiorino, che speri in peccati qualsiasi altro dannato!"
"Ricordati, spergiuro, del cavallo" aggiunse quello con la pancia gonfia; "e crepa di rabbia per il fatto che tutti lo sappiano!"
"E tu crepa per la sete che ti screpola la lingua," disse il greco,
"e per l'acqua putrida che t'innalza il ventre, al punto da trasformarlo in una siepe che m'impedisce la vista!"

- 396 -

L'Inferno

Capitolo XXX

E il falsario allora: "Ti si continua a lacerare la bocca a causa


della malattia, non diversamente da come t'accadeva in vita. Se
io ho sete e la ritenzione mi gonfia, tu scotti e ti duole il capo.
Non ti faresti certo pregare per leccare lo specchio d'acqua
limpida in cui Narciso, invaghito della propria immagine riflessa, affog."
Virgilio rimprovera Dante per aver seguto con
interesse il litigio
Ero completamente preso dal loro litigio, quando Virgilio mi
disse: "E continui a guardarli! Se insisti potrei spazientirmi e
litigare con te."
Quando mi accorsi che s'era adirato con me, mi girai con tale
vergogna, che ne ho ancora un vivo ricordo.
- 397 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

Non trovavo le parole, e desiderando scusarmi, di fatto mi scusavo e non ne ero consapevole. Mi comportavo come chi in sogno riceve un danno e, sognando, desidera che il suo sia soltanto un incubo, e quindi aspira a ci che sta realmente facendo.
"Un pentimento minore cancella di certo un peccato maggiore
del tuo," disse il maestro; "spogliati quindi da questa tua contrizione. Ricorda, se mai incapperai in simili litigi, che sar
sempre al tuo fianco, perch meschino volerli ascoltare."

- 398 -

L'Inferno

Capitolo XXXI

Capitolo XXXI
Lasciate le Malebolge s'accostano al pozzo dei
giganti
La stessa lingua prima mi punse tanto da farmi arrossire, poi
mi confort. In egual modo la lancia, che Achille ebbe dal padre Peleo, poteva essere causa di una dolorosa ferita ma con un
secondo colpo aveva la propriet di sanare le ferite prodotte.
Noi volgemmo le spalle a questa immensa bolgia, rimontammo sull'argine che la circonda e l'attraversammo in silenzio.
Non riuscivo a vedere che gli oggetti pi vicini come accade al
crepuscolo.
Udii allora il suono
fragoroso di un
corno, che avrebbe
fatto sembrare fioco qualunque tuono. Questo suono,
continuando a per- 399 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

correre il suo cammino, mi fece rivolgere attentamente lo


sguardo verso il punto da cui proveniva.
Era ben pi terribile di come il conte Orlando suon il suo corno, l'olifante, dopo la grave disfatta nella gola di Roncisvalle.
Fu allora, ascoltando quel suono, che l'imperatore Carlo Magno comprese di aver perso nei Pirenei i paladini della fede appartenenti alla sua retroguardia.
Raggiungono i giganti
Da poco avevo girato la testa in quella direzione, e mi sembr
di vedere numerose alte torri; per cui chiesi: "Maestro, che citt questa?"
Ed egli rispose: "Poich osservi nel buio e troppo da lontano, ti
confondi nel percepire. Ti accorgerai, se arriverai fin l, quanto
la vista ti possa ingannare per la distanza; perci accelera il
passo."
Poi mi prese affettuosamente per mano, e disse: "Prima di
giungere a destinazione, affinch la cosa non ti sorprenda, devi
sapere che non sono torri, bens giganti. Sono posti lungo l'argine del pozzo, sprofondati fino all'ombelico."
Penetrando con lo sguardo quel buio e quel vapore, a mano a
mano che mi avvicinavo all'orlo del pozzo, si dileguava il mio
errore e accresceva la mia paura. Accadde come quando la
nebbia si dissolve: l'occhio distingue poco a poco ci che il vapore che addensa l'aria nasconde.

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L'Inferno

Capitolo XXXI

Come il castello di Montereggioni in Val d'Elsa


coronato da quattordici
torri, cos i mostruosi giganti, che Giove dal cielo
sembra ancora minacciare
col tuono, soverchiavano
come torri il bordo del
pozzo con met del loro
corpo.
Di uno di loro gi scorgevo il viso, le spalle, il petto, gran parte della pancia e le due braccia lungo i fianchi.
Certamente la natura, quando smise di produrre simili esseri,
fece benissimo, cosicch Marte non pot pi usare tali guerrieri nelle sue imprese. E se anche la natura non ha timore nel
creare elefanti e balene, chi riflette la giudica per questo motivo pi giusta e pi assennata. Infatti solo quando la ragione si
somma alla volont di nuocere e alla forza fisica, non si pu
opporre alcuna difesa.
Nembrth
La faccia di quel gigante mi sembrava lunga e grossa come la
pigna di bronzo di quattro metri che era nella piazza San Pietro
a Roma, e le altre membra erano proporzionate ad essa. La
sponda, che gli serviva da perizoma per la parte inferiore, lasciava vedere cos tanta parte del suo corpo che difficilmente
riuscirebbero tre Frisoni, sebbene altissimi, ad arrivargli ai ca- 401 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

pelli. Io ne vedevo, infatti, dal cllo in gi sette metri abbondanti.


"Raphl my amch zab alm" cominci a gridare la mostruosa bocca, alla quale non si addicevano parole pi gradevoli.
E la mia guida, rivolgendosi a lui: "Stupido! Gioca col corno e
sfogati con quello, quando ti coglie la rabbia o un'altra passione! Cerca intorno al cllo, scemo, e troverai la cinghia che lo
tiene legato. Ti fascia il possente petto come la lista dello scudo araldico."
Poi mi spieg: "Manifesta chiaramente chi sia: Nembrth, re
di Babilonia. Per colpa della sua empia idea di costruire la torre di Babele, nel mondo non si usa pi un unico linguaggio.
Lasciamolo stare e non perdiamo tempo a parlargli; per lui
ogni linguaggio incomprensibile, come il suo non conosciuto da nessuno.
Efialte
Camminammo dunque per un lungo tratto verso sinistra e costeggiammo l'orlo del pozzo. Ad un tiro di balestra di distanza
incontrammo un altro gigante, molto pi grande e orribile nell'aspetto.
Non so dire chi sia stato a legarlo, ma egli aveva il braccio sinistro piegato sul petto e il destro dietro. Una catena lo legava
dal cllo in gi, e gli avvolge il corpo per cinque giri sulla porta che sbuca dal pozzo.

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L'Inferno

Capitolo XXXI

"Questo superbo arrogante volle sperimentare la sua forza contro il sommo Giove," disse Virgilio, "e per questo ottenne un
simile premio. Il suo nome Efialte; mostr la sua grande forza quando i giganti spaventarono gli di tentando la scalata all'Olimpo. Ora non pu nemmeno muovere le braccia con cui in
quell'occasione sovrappose il monte Ossa al monte Pelio."
E io allora chiesi: "Se fsse possibile, vorrei vedere l'immenso
Briareo. Quello che tu stesso, descrivendolo, dici che abbia
cento mani e cinquanta teste." Mi rispose: "Vedrai invece Anteo che qui vicino. Sa esprimersi a parole e non legato.
Sar lui che ci deporr sul fondo dell'Inferno. Quell'altro, che
tu desideri vedere, molto pi distante. incatenato e ha la
stessa corporatura di questo qui, tranne che pi orribile d'aspetto."
Mai vi fu terremoto tanto violento, da scuotere una torre con lo
stesso impeto, con il quale Efialte fu pronto a scuotersi per la
rabbia.
Allora pi che mai temetti per la mia vita, e sarei morto di paura se prima non avessi visto i solidi legacci che lo immobilizzavano.
Anteo
Proseguimmo e giungemmo presso Anteo, che si proiettava dal
bordo roccioso per oltre sette metri, se non si tiene conto della
testa.

- 403 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

"Oh tu che uccidesti nella valle presso Zama, che rese Scipione glorioso quando Annibale fu sconfitto, innumerevoli leoni;
Oh tu che, se mai avessi preso parte alla grande guerra dei tuoi
fratelli contro gli di, avresti certamente fatto vincere voi giganti, figli della terra; Calaci gi dove il freddo congela le acque del Cocito e non disdegnare di farci questo semplice servizio.
Non ci fare andare laggi, fin da Tizio o da Tifeo: il mio compagno pu darti ci che nell'Inferno desiderato, ossia il ricordo dei vivi. Abbassati perci, e non girare la testa. Egli ti pu
ancora dare la fama nel mondo poich vivo, e dovrebbe vivere ancora a lungo, se Dio non lo chiamer a s prima del tempo."
Anteo prende tra le
mani i due poeti e li
depone nel nono
cerchio
Cos parl il mio maestro
e Anteo allung immediatamente le mani, di cui
Ercole aveva sentito un
tempo la poderosa stretta
quando combatt contro
di lui, e afferr la mia
guida.

- 404 -

L'Inferno

Capitolo XXXI

Virgilio, quando si
sent stringere, mi
chiese:
"Avvicinati,
cos che ti possa abbracciare;" e mi strinse in modo che formassimo un corpo
solo.
Guardavo con timore
Anteo che si chinava
verso di me, e fu un
momento cos terrificante che avrei voluto
andarmene. Sembrava
di vedere la Garisenda quando a Bologna la si guarda dal lato
in cui inclinata. E se una nuvola vi passa sopra in direzione
contraria alla sua pendenza, sembra che la torre stia per piombare a terra.
Ma ci adagi dolcemente sul fondo in cui sono sprofondati Lucifero e Giuda; n, cos chinato, indugi, ma subito si lev
diritto come l'albero maestro di
una nave.

- 405 -

L'Inferno

Capitolo XXXII

Capitolo XXXII
Invocazione delle Muse
Potrei esprimere l'essenza del mio pensiero in modo adeguato
solo se i miei versi fossero aspri e striduli come si conviene al
malvagio cerchio sopra il quale poggiano tutte le altre rocce.
Dal momento che non dispongo di tali capacit, non senza timore mi accingo a scrivere. Non un'impresa da prendere alla
leggera descrivere il centro dell'universo, n tale da usare un
linguaggio semplice o immaturo.
Soccorrano il mio poetare le Muse che aiutarono Anfione; costui col suono della lira mosse le rocce del monte Citerone e
costru le mura di Tebe. Facciano in modo, le Muse, che le mie
descrizioni siano aderenti alla realt.
Oh anime sciagurate ben pi delle altre, che state in un luogo
di cui cos arduo parlare, meglio sarebbe stato per voi se nel
mondo foste state pecore o capre!

- 407 -

Dante Alighieri

La Divina Commedia

Il ghiaccio del Cocito e i dannati


Non appena fummo posti in fondo al buio pozzo ma assai pi
in basso rispetto ai piedi del gigante, io continuai a guardare
ancora l'alta parete del pozzo. Allora udii: "Fa' attenzione a
dove metti i piedi; non calpestare le teste dei tuoi infelici fratelli doloranti."
Perci mi girai, e vidi davanti a me e sotto i miei piedi un lago
che, per il gelo, pareva di vetro e non d'acqua.
Il Danubio in Austria o il Don, sotto
il freddo cielo boreale, non formarono mai d'inverno
una lastra di ghiaccio cos spessa. Se
il monte Tambura o
il monte Pietrapana
vi fossero caduti
sopra, non avrebbe
scricchiolato nemmeno lungo il margine, dove pure, in genere,
lo spessore minore.
Le ombre dei dannati erano livide e conficcate nel ghiaccio
fino al cllo ed emettevano, battendo i denti, un suono simile a
quello delle cicogne con il becco. Sembravano rane che gracidano col muso fuori dell'acqua quando d'estate la contadina
non vede l'ora di andare a spigolare la mietitura.
- 408 -

L'Inferno

Capitolo XXXII

Ognuno di loro teneva il vlto abbassato: ma si poteva vedere


il freddo che li assale per via del battere dei denti e il dolore
che li tortura attraverso i loro occhi.
I traditori dei parenti nella prima zona (Caina): i conti
di Mangona
Dopo essermi guardato
attorno,
abbassai
lo
sguardo ai miei piedi e
vidi due cos vicini che
anche i loro capelli erano
fusi assieme.
"Ditemi: chi siete," domandai, "voi che state
cos strettamente abbracciati?" E quelli piegarono
il cllo e levarono lo
sguardo verso di me. I
loro occhi, che prima erano gonfi, lacrimarono
fino alle labbra, e il gelo ne ghiacci il pianto chiudendogli le
palpebre. Gli occhi si saldarono meglio di quanto possa capitare a due pezzi di legno tenuti assieme da una spranga di ferro.
Essi quindi cozzarono tra loro la testa come due montoni, tanta
era la rabbia che li sopraffece.

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Dante Alighieri

La Divina Commedia

Camicione dei Pazzi


Un altro, che per il freddo aveva perduto entrambi le orecchie,
pur continuando a tenre il viso abbassato, mi parl. Osservando il mio riflesso sul ghiaccio, chiese: "Perch ci fissi? Se vuoi
sapere chi sono quei due, sappi che la valle di Sieve e il fiume
Bisenzio appartenne al loro padre, Alberto degli Alberti conte
di Mangona, e loro sono Alessandro e Napoleone.
Ebbero la stessa madre; e tu potrai cercare per tutta la Caina,
senza trovare nessun'altra anima pi meritevole di essere conficcata nel ghiaccio. Neppure Mordret cos colpevole; eppure
egli aveva tentato di uccidere suo padre, re Art. Per questo
Art lo trafisse nel petto con un colpo di lancia tale, che il sole
pass attraverso la ferita e illumin, al centro, l'ombra del suo
corpo. Neppure Giovanni dei Cancellieri, il pistoiese detto Focaccia, cos colpevole, eppure uccise il cugino di suo padre.
Neppure costui che mi impedisce la vista con la sua testa, per
cui non riesco a vedere pi in l, cos colpevole; eppure il
fiorentino Sasslo Mascheroni dei Toschi. Se sei toscano, sai
bene di chi parlo: uccise il cugino a lui affidato per intascarne
l'eredit.
E affinch tu non mi faccia pi parlare oltre, sappi che fui Alberto Camicione dei Pazzi di Val d'Arno: uccisi per impossessarmi delle sue fortezze, un mio parente. Aspetto con ansia
Carlino dei Pazzi, confronto a lui apparir meno colpevole.
Egli si macchier infatti di un tradimento ben pi infamante:
ceder tra non molto ai Neri fiorentini il castello di Piantravigne, nel quale molti esuli Bianchi hanno trovato ospitalit."
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L'Inferno

Capitolo XXXII

I traditori della patria nella seconda zona (Antnora*):


Bocca degli Abati
Poi vidi un'infinit di volti paonazzi per il freddo; nel vederli
sentii un brivido, e lo sentir per sempre, al solo pensiero di
uno stagno ghiacciato.
E mentre dirigevamo al centro, verso cui ogni peso converge,
tremavo nell'ombra eterna. Mentre passeggiavo fra queste teste
colpii violentemente col piede una di queste al volto, ma non
saprei dire se lo feci deliberatamente, per volont di Dio o per
caso.
Piangendo, questa mi rimprover: "Perch mi calpesti? Se non
sei qui per accrescere la punizione assegnatami a causa della
battaglia di Montaperti, quando tagliai la mano del portainsegne della cavalleria fiorentina e contribuii alla sconfitta dei
miei concittadini,
perch allora mi
tormenti?"
Ed io: "Maestro
mio, ti prego aspettami qui. Voglio
schiarirmi le idee
per suo mzzo; poi
mi potrai fare fretta quanto vorrai."

* Antnore: principe troiano che apr lo sportello del cavallo di Troia.

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Dante Alighieri

La Divina Commedia

Virgilio si ferm, e io dissi a quello che continuava a bestemmiare selvaggiamente: "Chi sei che rimproveri cos violentemente gli altri?"
"Dimmi, piuttosto," rispose, "chi sei tu che cammini per l'Antnora colpendo impunemente le guance altrui? Se fossi vivo,
mi sarei gi vendicato."
"Io invece sono vivo," risposi, "e potrei esserti utile, se desideri fama nel mondo dei vivi e vuoi che rammenti il tuo nome tra
le altre cose che ho visto."
Ed egli: "Anzi, desidero proprio l'opposto. Vattene e non mi
infastidire pi, perch a nulla valgono le tue lusinghe in questa
foiba!"
Allora lo afferrai per la collottola, e imprecai: "Mi dirai il tuo
nome, o non ti rester nemmeno un capello in testa."
"Anche se mi strappi tutti i capelli, non ti dir chi sono, n te
lo riveler anche se mi piombi sulla testa mille volte."
Gli avevo afferrato i capelli; gliene avevo gi strappati pi di
una ciocca, mentre guaiva con gli occhi chini, allorch un altro
gli grid: "Che ti succede, Bocca degli Abati? Non ti basta battere i denti? Che bisogno hai di latrare? Chi diavolo ti sta pungolando?"
"Ormai" dissi "non ho pi bisogno che parli, malvagio traditore. Per aumentare la tua vergogna, porter in terra notizie certe
sul tuo conto."
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L'Inferno

Capitolo XXXII

"Vattene," rispose, "e racconta ci che vuoi; ma non tralasciare, se potrai mai uscire da qua, di menzionare colui che poco fa
stato cos svelto di lingua. Egli piange qui l'aver ricevuto denaro dai Francesi: Vidi potrai dire il cremonese Buoso di
Dovra l dove i dannati soffrono per il freddo. Trad il suo signore Manfredi quando fece passare l'esercito di Carlo I di
Angi.
Se ti venisse chiesto chi altro c'era, sappi che proprio accanto a
te si trova l'abate Tesauro dei Beccaria, legato pontificio di Toscana, che Firenze decapit per essersi accordato con i fuorusciti Ghibellini per anima di parte.
Credo che pi in l troverai il fiorentino Gianni
dei Soldanieri, che guid
per ambizione personale
la rivolta che pose fine
alla podesteria dei frati
Catalano e Loderigo. Lo
troverai affianco a Gano
di Maganza, che si vendette ai Saraceni e provoc la disfatta di Roncisvalle; proprio
accanto al romagnolo Tebaldello dei Zambrasi, che per privati
rancori contro i Lambertazzi, una notte apr le porte di Faenza
ai Guelfi bolognesi guidati dai Geremei."

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Dante Alighieri

La Divina Commedia

Due dannati sono ghiacciati in una buca e uno rode


il capo all'altro
Ci eravamo gi allontanti da lui, quando vidi in un'unica buca
due sepolti nel ghiaccio, in modo che la testa di uno faceva da
cappello a quella dell'altro. Con la stessa avidit con cui l'affamato mangia il
pane, cos quello
che stava sopra conficcava i denti nella
nuca dell'altro.
Quel dannato ora
rodeva il cranio e il
cervello del suo
compagno come Tideo, uno dei sette re
che assedi Tebe,
morendo morsic
per rabbia la testa del proprio uccisore, il tebano Menalippo.
"Oh tu che manifesti, con un atto cos bestiale, il tuo odio verso colui che divori, dimmene il motivo," dissi. "Parla a questa
condizione: se hai ragione, sapendo chi siete e la sua colpa, io
ti posso ricompensare su nel mondo, sempre che la mia lingua
non si inaridisca."

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L'Inferno

Capitolo XXXIII

Capitolo XXXIII
Il conte Ugolino narra la sua fine
Quel peccatore sollev la bocca dal
suo feroce pasto,
pulendola coi capelli della testa che
rodeva sul retro.
Poi incominci a
parlare: "Tu vuoi che io rinnovi un dolore disperato e mi opprime il solo pensarci, prima ancora di parlarne. Ma se le mie
parole saranno feconde e frutteranno maggiore infamia per il
traditore che rodo, mi vedrai al tempo stesso piangere e parlare.
Non so chi sei, n come sei arrivato quaggi. Dall'accento mi
sembri fiorentino. Allora devi sapere che sono il conte Ugolino
della Gherardesca e questo l'arcivescovo Ruggieri degli

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Dante Alighieri

La Divina Commedia

Ubaldini. Adesso ti spiego perch sono nei suoi riguardi un vicino cos spietato.
Non occorre che racconti
come, fidandomi della sua
parola, fui imprigionato e ucciso a causa delle sue trame.
Ma udrai da me quello che
non puoi avere gi sentito, e
cio come la mia morte fu
crudele. Potrai cos giudicare
se non sia stato colpevole nei
miei riguardi.
La Torre della Muta, dove
mutavano le penne le aquile
del Comune, ora a causa mia ora soprannominata Torre della
Fame e altri, come me, vi saranno ben presto chiusi. Una piccola feritoia mi aveva gi mostrato il trascorrere di alcuni
mesi, quando io feci il sogno funesto che mi svel il futuro.
Costui che ho davanti mi apparve come capo battuta e signore
degli altri cacciatori, mentre braccava il lupo e i suoi cuccioli
su per il monte San Giuliano, quello stesso monte che impedisce ai Pisani di vedere Lucca.

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L'Inferno

Capitolo XXXIII

Aveva disposto davanti a s, sul fronte degli inseguitori, le famiglie ghibelline Gualandi, Sismondi e Lanfranchi sguinzagliando davanti a
loro il popolo in
forma di cagne fameliche, bramose
ed esperte nel cacciare. Dopo una
breve corsa il lupo
e i suoi figli mi
sembravano stanchi; mi parve di
vedere i loro fianchi gi lacerati dai denti aguzzi delle cagne.
Quando mi svegliai, poco prima del mattino, udii piangere i
miei figli, che erano imprigionati assieme a me, e domandare
del pane nel sonno.
Sei davvero crudele se gi da ora non ti commuovi, immaginando quello che il mio cuore presagiva; se non piangi ora, per
che cosa sei solito piangere?
Erano ormai svegli, e si avvicinava l'ora in cui veniva portato
il cibo, ed eravamo tutti intimoriti per i nostri sogni. Udii inchiodare la porta inferiore di quella spaventosa torre. Allora
guardai negli occhi i miei figli senza parole.

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Dante Alighieri

La Divina Commedia

Ero impietrito a tal punto


che non riuscivo a piangere: piangevano loro. Il mio
Anselmuccio disse: Ci
guardi in modo strano,
padre! Che hai?
Non piansi n risposi tutto
il giorno e la notte successiva, finch non spunt
un'altra alba. Non appena
un po' di luce penetr nella cella dolorosa, ed intravidi sui loro quattro volti
il mio stesso aspetto, mi morsi entrambe le mani per l'angoscia. Loro, credendo che lo facessi per fame, scattarono in piedi, e dissero: Padre, avremo meno dolore se ti cibi delle nostre membra: tu ci hai donato
questa carne infelice, tu spogliacene!
Allora mi ricomposi per non
amareggiarli ulteriormente; rimanemmo in silenzio quel
giorno e il giorno successivo.
Ahi, terra crudele, perch non
ci inghiottisti?

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L'Inferno

Capitolo XXXIII
Quando fummo al quarto
giorno, Gaddo mi si gett ai piedi, supplicandomi: Padre mio, perch
non m'aiuti?
Mor l.

E come tu ora vedi me,


io vidi cadere gli altri tre
miei figli* uno dopo l'altro tra il quinto e il sesto
giorno.
Incominciai
quindi, ormai cieco, a
barcollare sopra ciascuno di loro e per due giorni li chiamai per nome, dopo che furono morti. Poi, pi del dolore, pot il digiuno."
Ci detto, con
gli occhi biechi
e torvi, riaddent il misero cranio, con morsi
tenaci
come
quelli di un
cane.

* Di due era padre, Gaddo e Uguccione, e di due nonno, Anselmo e Nino


detto Brigata; solo uno (Anselmo) era adolescente mentre gli altri erano
adulti.

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Dante Alighieri

La Divina Commedia

Invettiva contro Pisa


Ahi Pisa, onta e infamia dei popoli d'Italia, dato che le citt vicine tardano a punirti, si muovano le isole di Capraia e di Gorgona. Sbarrino la foce dell'Arno, di modo che straripi e anneghi ogni suo abitante! Se anche, come si diceva, il conte Ugolino ti avesse tradita cedendo i castelli a Lucca e a Firenze, non
dovevi sottoporre ad un tale supplizio i suoi figli. Oh citt crudele come Tebe, la giovane et rendeva innocenti Uguccione e
il Brigata e gli altri due che ho menzionato prima.
I traditori degli ospiti nella terza zona (Tolomea*):
frate Alberigo e Branca Doria
Passammo quindi nella terza zona del Cocito, l dove il ghiaccio stringe duramente un'altra folla, non verticale, ma tutti supini, puniti per aver tradito gli ospiti.
In quel luogo il pianto stesso impedisce di piangere. Le prime
lacrime formano infatti un blocco di ghiaccio, e riempiono tutta la cavit dell'occhio come visiere di cristallo. Le successive
lacrime di dolore, che trovano sugli occhi un impedimento, rifluiscono dentro ad aumentare la loro pena.
E sebbene a causa del freddo non avessi pi sensibilit sul volto, come accade per un callo, mi parve di sentire un forte vento. "Maestro, chi lo causa? Non infatti qui assente il sole che
possa causare naturalmente il vento?" Quindi Virgilio mi ri* Tolomo: principe egiziano che consegn a Cesare la testa di Pompeo
che pure era suo ospite.

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L'Inferno

Capitolo XXXIII

spose: "Ben presto capirai, vedendo il motivo che causa il soffiare del vento."
Ed uno degli sciagurati immersi nella lastra gelata ci grid:
"Anime spietate, a voi assegnata come dimora la Giudecca,
la zona successiva e pi profonda del Cocito, dove stanno coloro che hanno tradito i benefattori. Toglietemi dal volto il
ghiaccio cos che possa sfogare un poco il dolore che mi gonfia il cuore, prima che il pianto geli nuovamente."
Perci mi rivolsi a lui: "Se vuoi che ti aiuti, dimmi chi sei. Se
non ti liberer dal ghiaccio, possa scendere gi fino al fondo
del Cocito."
Allora mi rispose: "Sono frate Alberigo dei Manfredi dei Cavalieri di Maria Vergine. Feci uccidere a tradimento i miei parenti mentre erano a cena da me; furono assassinati per mio
volere quando pronunziai la frase: Venga la frutta. Ho seminato datteri e qui raccolgo fichi."
"Oh!" esclamai, "Sei gi morto?" Ed egli: "Ignoro in quali
condizioni si trovi il mio corpo nel mondo dei vivi. Questa
zona, detta Tolomea, ha il privilegio che sovente l'anima vi
cade prima che la morte le dia la sua ultima spinta.
E affinch pi volentieri mi raschi dal volto le lacrime congelate, ti riveler appieno i dettagli di questa situazione.
Non appena l'anima tradisce come feci io, un demnio s'impossessa del suo corpo e lo governa in sua vece finch non sia

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Dante Alighieri

La Divina Commedia

interamente trascorso il tempo che gli resta da vivere. Essa invece precipita subito in questo pozzo.
Forse il corpo dell'anima che sverna qua dietro a me ancora
visibile nel mondo. Tu lo dovresti sapere, se soltanto ora scendi all'Inferno: il genovese Branca Doria, genero e assassino
del giudice di Torres Michele Zanche. Sono vari anni che
chiuso nel ghiaccio."
"Credo" gli dissi "che mi prendi in giro. Branca Doria non
ancora morto: mangia, beve, dorme e si veste normalmente."
"Nella bolgia custodita dai Malebranche," mi spieg allora,
"dove ribolle la pece vischiosa, Michele Zanche non era ancora arrivato che un diavolo prese il suo posto nel corpo, ed altrettanto fece un altro con un suo parente che l'aveva aiutato.
Ma stendi ora la tua mano e aprimi gli occhi."
Io non glieli apersi; e fu un atto nobile essere scortese nei suoi
confronti.
Invettiva contro i genovesi
Ahi Genovesi, uomini privi di ogni buona usanza e pieni d'ogni vizio, perch non siete stati estirpati dal mondo? Dovreste
esserlo poich trovai, assieme con il pi malvagio romagnolo
esistente, un vostro concittadino. Egli, per le sue azioni, gi
immerso nel Cocito, seppure il corpo sembra ancora vivo.

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L'Inferno

Capitolo XXXIV

Capitolo XXXIV
I traditori dei benefattori nella quarta zona
(Giudecca)

"Vexilla regis prodeunt inferni. Avanzano i vessilli del re dell'Inferno. Avanzano le sei ali di Lucifero verso di noi. Guarda
davanti a te," Salmodi il mio maestro, "e vedi se riesci a scorgerlo in questa oscurit."
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Dante Alighieri

La Divina Commedia

Mi sembr di intravedere un mulino a vento come attraverso le


nebbia densa o la notte buia; poi, a causa del vento, mi riparai
dietro alla mia guida, poich non vi era nessun altro rifugio.
Gi mi trovavo, e con paura lo descrivo, l dove i dannati erano completamente ricoperti dal ghiaccio, e trasparivano come
pagliuzze incorporate nel vetro. Alcuni sono distesi e altri eretti; chi con la testa e chi con i piedi in alto; altri, inarcati all'indietro, rivolgono il capo verso i piedi.
Lucifero
Quando ci fummo inoltrati abbastanza, Virgilio ritenne opportuno mostrarmi Lucifero, che fu il pi bello degli angeli; si
scost e mi fece fermare. "Ecco Dite, re dell'Inferno, ed ecco il
luogo ove occorre che ti armi di coraggio."
Non chiedermi neppure, lettore, come mi raggelai per il terrore
e ammutolii. Non posso scriverlo perch qualsiasi mia parola
inadeguata. Ero morto di paura ma consapevole. Immagina, se
puoi, come ero diventato io, vivo, di fronte alla dannazione
eterna.
Il sovrano dell'Inferno sporgeva fuori dal ghiaccio con met
del petto; e riuscii meglio a calcolare le proporzioni fra me e
un gigante, che fra i giganti e le sue braccia. Renditi conto di
quanto deve essere grande l'intero suo corpo, perch sia proporzionato a simili braccia.
Se un tempo fu cos bello quant'ora brutto, e si ribell al suo
Creatore, naturale che tutti i mali del mondo derivino da lui.
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L'Inferno

Capitolo XXXIV

Oh come mi stupii quando vidi che aveva tre facce! Quella davanti era rossa per l'odio; le altre due, si congiungevano a questa dal mzzo di ciascuna spalla. Si congiungevano fra di loro
nella parte mediana del cranio dove alcuni uccelli hanno la
cresta. La destra appariva giallina per l'ignoranza e la sinistra
scura per l'impotenza, come quella degli Etopi dell'alta valle
del Nilo.
Sotto ciascuna faccia sporgevano due grandi ali, proporzionate
ad un cos grande uccello: non vidi mai vele cos grandi. Non
avevano penne, ma sembravano ali di pipistrello. Le agitava,
allora, in modo da causare i tre differenti vnti che gelavano
completamente il Cocito.
Piangeva con sei occhi, e su i tre menti gocciava lacrime e
bava mista a sangue.
Lucifero mastica tre dannati: Giuda, Bruto e Cassio
In ogni bocca frantumava con i denti un peccatore, come un
tritacarne e, in tal modo, ne tormentava tre.
Per quello che era nella bocca anteriore il mordere era ben
poca cosa rispetto alle unghiate che gli infliggeva e con cui gli
scorticava completamente la schiena.
"Quel dannato lass, che sottoposto al tormento maggiore,"
disse Virgilio, " Giuda Iscariota. Ha la testa dentro la bocca di
Lucifero e fuori agita le gambe. Per trenta denari trad Ges
Cristo.

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Dante Alighieri

La Divina Commedia

Degli altri due, che hanno invece la testa rovesciata in basso,


quello che pende dalla faccia scura Giunio Bruto: vedi come
si divincola e non emette un lamento! L'altro, che sembra cos
muscoloso, Cassio Longino. Entrambi
tradirono
Cesare.
Ma sta scendendo
nuovamente la notte e quindi dobbiamo andare, poich
abbiamo gi veduto
tutto quanto c'era
da vedere."
I due poeti si arrampicano sul corpo peloso di
Lucifero
Strinsi Virgilio da dietro, come m'aveva chiesto, ed egli scelse
il momento ed il luogo opportuno per partire. Quando le ali furono completamente aperte, si afferr ai fianchi pelosi: poi si
cal di ciuffo in ciuffo tra il folto pelo e le pareti del pozzo incrostate di ghiaccio.
Quando raggiungemmo l'anca, Virgilio, faticosamente ed affannosamente, si capovolse girando la testa in direzione dei
piedi di Lucifero. Si aggrapp ai peli salendo, tanto che io credevo che stessimo ritornando nell'Inferno.

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L'Inferno

Capitolo XXXIV

"Tienti stretto, poich per scale di tal genere" disse il maestro,


ansimando come se fsse stanco, "occorre allontanarsi da questo luogo."
Poi usc attraverso un'apertura nella roccia, e mi mise a sedere
sull'orlo; quindi mi raggiunse con passo rapido e sicuro.
Alzai lo sguardo e
pensavo di vedere
Lucifero nella posizione in cui lo
avevo lasciato; ma
invece vidi le sue
gambe rivolte in
alto. Se allora ero
confuso, lo pu
ben
immaginare
anche chi non riesca a capire che
avevo oltrepassato il centro della terra.
"Alzati in piedi" disse il poeta "poich la via da percorrere
lunga e il cammino difficile. Gi il sole sorto da un bel pezzo: saranno le sette e mezza almeno."
Non eravamo nel salone di un palazzo, ma in un sotterraneo
naturale con il pavimento irregolare e privo di luce .

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Dante Alighieri

La Divina Commedia

Virgilio spiega l'origine dell'Inferno e del Purgatorio


"Maestro mio, prima di uscire dall'Inferno," dissi non appena
riuscii a mettermi in piedi, "spiegami bene quanto non riesco a
capire. Dov' finito il ghiaccio? E come mai Lucifero ora capovolto? E come mai stato cos rapido il passaggio dalla sera
alla mattina? Poco fa il sole tramontava."
Ed egli: "Tu pensi di essere ancora dall'altra parte della terra,
l dove mi afferrai al pelo di questo maligno verme che perfra il mondo.
Eri dall'altra
parte quando
io scendevo;
allorch
mi
girai, oltrepassasti il centro
della terra che
attrae i corpi
da ogni direzione.
Ora sei giunto
sotto l'emisfero
australe.
Questo l'emisfero opposto a quello in
cui la terra
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L'Inferno

Capitolo XXXIV

emersa, al cui centro vi Gerusalemme, dove fu crocifisso


l'uomo che nacque e visse senza peccato. Tu poggi i piedi su
un piccolo disco di roccia che dalla parte opposta della Giudecca.
Qui mattina, quando nell'altro emisfero sera; quanto a costui, che col suo pelo ci faceva da scala, ancora conficcato
come prima. In questo emisfero precipit dal Cielo a testa in
gi. La Terra, che prima della sua caduta emergeva da questa
parte, inorridendo al suo arrivo, si copr col mare, e riemerse
nel nostro emisfero.
La terra che visibile nell'emisfero australe, dove ci troviamo
ora, fugg da lui e lasci qui un vuoto. Si spinse fuori, verso
l'alto, formando la montagna del Purgatorio."
I due poeti escono all'aperto
Vi laggi un sentiero, lontano da Belzeb quanto questo cavernoso sotterraneo. percepibile non con la vista, ma per il
rumore di un piccolo ruscello. Questo rigagnolo scende qui attraverso una fenditura, fenditura che lui stesso ha scavato col
suo corso tortuoso e lievemente in pendenza.
La mia guida ed io entrammo in quella via nascosta per ritornare nel mondo luminoso.
Senza riposarci nemmeno per un istante, salimmo, lui per primo e io dietro, finch attraverso un fro rividi le luci del cielo.
E uscimmo quindi a rivedere le stelle.
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