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Ruggero Bacone frate francescano fra i primi Alchimisti

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http://www.cartomante-bantan.com/1/oroscopo_tema_natale_ti_permette_di_vedere_dalla_nascita_le_tue_potenzialita_1350093.html
http://www.cartomante-bantan.com/1/felicita_si_puo_raggiungere_si_puo_trovare_5841380.html
http://www.cartomante-bantan.com/1/storia_dell_esoterismo_5837682.html
http://www.cartomante-bantan.com/1/biotensor_o_bio_tensore_valore_dello_strumento_antico_per_ricerche_energetiche_5884786.html
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http://www.bantan-sensitivo.com/1/oroscopo_tema_natale_ti_permette_di_vedere_dalla_nascita_le_tue_potenzialita_518348.html
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http://www.bantan-sensitivo.com/1/storia_dell_esoterismo_5847972.html
http://www.bantan-sensitivo.com/1/biotensor_o_bio_tensore_valore_dello_strumento_antico_per_ricerche_energetiche_5884561.html

Ruggero Bacone frate francescano fra i primi Alchimisti

Nell'A.D. 1267 un frate inglese di nome Ruggero Bacone (A.D. 1222-1292), invi a papa
Clemente IV, il suo trattato dal titolo Opus Maius.
Nel testo, Bacone esponeva le sue teorie, e informava il Pontefice che, lanno del calendario,
risultava pi lungo, rispetto allanno solare, di circa la 130-esima parte di un giorno.

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Ruggero Bacone frate francescano fra i primi Alchimisti

Aggiunse anche che, a partire dal concilio di Nicea, questerrore aveva spostato all'indietro
lequinozio di primavera di ben 9 giorni, e che dunque la Pasqua, veniva celebrata nel giorno
sbagliato.
Ci sono ignote le reazioni del papa, anche perch questi mor, improvvisamente, nel novembre
dell'A.D. 1268.
Da quel momento, le teorie di Bacone, furono dichiarate eretiche, e lui stesso venne perseguito
e imprigionato.
Quando nell'A.D. 1348 si abbatt la peste, che stermin, in
due anni, un terzo di tutti gli europei, ovvero circa 30 milioni
di persone, gli orologi meccanici con pesi e lancette, gi
inventati attorno all'A.D. 1320, ora cominciarono a diffondersi.
I vistosi errori de l calendario, cos, divenivano noti a un
maggior numero di persone, e la Chiesa si convinse che era
ormai necessario porvi rimedio.
Se ne occup, cos, papa Giovanni XXIII (A.D. 1350-1420), se
ne parl al concilio di Basilea (Svizzera) nell'A.D. 1436, e
nel Quinto Concilio Laterano a Roma dell'A.D. 1512, se ne
occup anche papa Leone X (A.D. 1450-1533), ma non si
giunse ad una valida soluzione.

Nell'A.D. 1543 fu pubblicato un libro importantissimo, il De


Revolutionibus di Niccol Copernico (A.D . 1473-1543).
Copernico lavor alla sua opera per trentanni.

Fu riluttante a pubblicarla, ben sapendo che la sua teoria


eliocentrica, non sarebbe stata accol ta favorevolmente, dopo
che per millenni il genere umano aveva ritenuto la Terra il
centro delluniverso.
Comp i suoi calcoli basandosi in parte sulle proprie
osservazioni, e in parte su quelle fatte, nel corso dei secoli,
dagli astronomi greci ed arabi.

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Riusc a ottenere misure, notevolmente accurate,


sia dellanno tropico, che dellanno siderale.
Queste misurazioni di Copernico (e non la sua teori
a), insieme ad altre carte astronomiche dellepoca,
furono usate per trovare lelegante soluzione per la
sistemazione
del
calendario,
promulgata il 24
giorno di febbraio dell'A.D. 1582, con la bolla papale
firmata dallottantenne papa Gregorio XIII.

La riforma di Gregorio giunse, dopo che egli ebbe nominato


unapposita commissione, presie duta dal matematico
bavarese Christopher Clavius, e grazie ad un medico
italiano, Luigi Lilio, che effettivamente elabor la soluzione.
Luigi Lilio (A.D. 1510-1576) nacque a Ciro, in Calabria.
Studi medicina e astronomia, e mor prima che la sua riforma
venisse accettata.
Il gesuita Christopher Clavius (A.D. 1538-1612) fu luomo che difese le idee di Lilio. Fu
devoto difensore dellipotesi tolemaica delluniverso, ma lavor duramente per difendere e
illustrare la riforma, rendendo possibile la sua diffusione, oltre il ristretto gruppo di paesi che,
sin dallinizio, la adottarono.
Il documento pi importante dellintero processo di riforma, fu un manoscritto, scomparso
senza lasciare traccia, di Luigi Lilio. Ci resta, per, un breve opuscolo pubblicato dalla
commissione, intitolato Compendium novae rationis restituendi kalendarium, ovvero una
sintesi della soluzione di Lilio.
Fino ad allora, tutti gli studiosi (Copernico incluso), erano erroneamente convinti che, le
diverse misurazioni ottenute nei secoli, dellanno tropico, fossero da imputarsi al fatto che
questultimo variabile.
Lilio propose, pertan to, di servirsi di una valutazione media delle misurazioni dellanno
tropico, e di basarsi sulle Tavole Alfonsine, che, originariamente scritte nell'A.D. 1252, e
aggiornate nel corso degli anni, includevano anche la misurazione di Copernico.
Il valore medio delle misurazioni dell'anno tropico, chiamato anno alfonsino, che cos si calcol,
risult pi corto, rispetto all'anno giuliano, della 134-esima parte di un giorno.
Tale valore medio, divenne lanno vero da impiegare, per colmare la differenza che esisteva
con lanno del calendario giuliano, lungo, come noto, 365 giorni e 1/4.
Dato che l'anno alfonsino pi corto, rispetto all'anno giuliano, della 134-esima parte di un
giorno, ci equivale a un giorno perduto ogni 134 anni giuliani.
Lilio approssim il risultato di 134 moltiplicato 3, ovvero 402, a 400. E concluse che, il
calendario giuliano, perdeva 3 giorni ogni 400 anni.
Quello che dunque si fece, fu, semplicemente, di lasciare immutato il calendario giuliano,
l dove Cesare stabil che, ad un ciclo di tre anni di 365 giorni, doveva seguire un anno
bisestile di 366 giorni. Tranne ad imporre anche di eliminare 3 giorni ogni 400 anni, che si
decise di togliere agli anni centenari non divisibili per 400.
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Cos: l'A.D. 1600 fu bisestile, mentre gli A.D. 1700, 1800 e 1900 no. L'A.D. 2000 stato
nuovamente bisestile, non lo saranno gli A.D. 2100, 2200 e 2300, ma l'A.D. 2400 si, e cos via.
Questo sistema, basato su tavole con misure imprecise dellanno tropico, e ottenuto attraverso
una discutibile approssimazione, si rivelato, malgrado ci,
notevolmente accurato. Infatti, si perde 1 giorno, solo ogni
3.200 anni.
Se, infatti, si fanno i conti, e si tiene conto del fatto che, solo
ogni 400 anni, il numero di giorni sempre lo stesso, viene
fuori il cosiddetto anno calendaristico, di soli 27 secondi
maggiore, dellanno tropico relativo allera in corso, e a cui
corrisponde, appunto, 1 giorno perso solo ogni 3200 anni.
Per recuperare, poi, i giorni perduti a causa dello
spostamento del calendario giuliano, e riportare lequinozio di
primavera allepoca di Nicea, Lilio sugger di cancellare 10
giorni, tutti in una volta.
Perch, per, si potesse celebrare la Pasqua, nel giorno da
determinarsi secondo le modalit stabilite a Nicea, occorreva,
non solo riportare al suo posto lequinozio di primavera, ma
anche accordare meglio lanno solare con lanno lunare.
Fino ai giorni della riforma, si impieg un ciclo di 19 anni che,
per, aveva ormai accumulato un errore pari a 4 giorni.
Per porvi rimedio Lilio propose una sua soluzione, anchessa puntualmente accolta.
La riforma fu dunque approvata, e cos avvenne che, il giorno successivo
al 4 giorno di ottobre dell'A.D. 1582
fu
il 15 giorno di ottobre dell'A.D. 1582,
con 10 giorni persi per sempre.
Il mistero del manoscritto Voynich, lunico codice mai decifrato. Scienza in ginocchio, in crisi
anche i computer

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Roma -(Adnkronos) - Da oltre mezzo millennio esoteristi e crittografi tentano invano di svelare i
segreti di uno scritto medioevale ricomparso per magia. Il destino delle carte segrete passa per
Villa Mondragone a Frascati. Inattaccabile ai sistemi informatici, nella sua vetrina
allUniversit di Yale il libro del mistero aspetta chi sappia leggergli lanima
il codice. Ne esiste una copia sola al mondo e forse lultimo enigma letterario della storia
che rester per sempre: il manoscritto Voynich (di cui si vede una pagina nella foto).
Nessuno finora riuscito a decifrare questo codice medioevale che lungo i secoli ha
portato per i campi anche i crittografi militari che infransero i codici tedeschi e giapponesi
durante la Seconda Guerra Mondiale. Il piccolo codice oscuro racconta di strani alberi e delle
loro radici, che spesso hanno occhi. A strani segni mischia vegetali impossibili da identificare,
mentre mostra un drago che divora una pianta. E ancora: cerchi con simboli sconosciuti,
cadaveri femminili e scritte in lingue.
Gallassie a spirale e diagrammi di costellazioni che non esistono. Nelle illustrazioni in
inchiostro ad acqua dalle sfumature in verde e marrone, giallo, blu e rosso che
compongono le sue sei sezioni del manoscritto pi misterioso del tempo, ci sono anche donne
nelle vasche e ninfe in tinozze, animali inesistenti e strane danze celesti.
Vi si alternano in un gioco senza soluzione schizzi perfetti e a volte veloci, che sembrano usciti
dalla china bizzarra di un dio perduto o forse di un bevitore. Il Voynich ha tutta laria di
essere il manuale di un alchimista o un ghirigoro stenografico, per altri invece un
contributo alla medicina erboristica. Di certo gli ideogrammi rimandano ad altro da ci che
appare a prima vista. Il manoscritto cifrato misura 225 per 160 mm, e con i suoi oltre 250.000
caratteri ancora da comprendere, ha percorso un lungo cammino dalla sua composizione, che gli
studiosi datano tra il 1470 e il 1608 e le ultime scoperte di Gordon Rugg, nel 2004.
Ognuno vorrebbe avere la chiave idonea per penetrarne il messaggio. Invogliati allimpresa da
una frase del testo che, secondo linterpretazione di William Newbold, recita: ''Mi hai dato
molte porte''. Forse sono quelle della cabala e del mistero esoterico. Ma non e che mancato
anche chi ha scoperto tra questi fogli ricomparsi quasi per magia un contraccettivo orale a base
di corteccia di pino e olio di evonimo.
Laffascinante leggenda che cironda il tesoro letterario di questi 102 fogli rilegati, che sanno
di zolfo e di coda del demonio, stata popolata da una folla di personaggi interessanti: alcuni
erano grigi trafficoni, altri geniali studiosi, collegati tutti allintreccio piramidale di pagine
scritte con testo scientifico o magico, in un linguaggio cifrato, apparentemente basato su
caratteri latini in minuscolo. Tra essi ci sono la regina Elisabetta dInghilterra, Pontanus e
Rodolfo II.
E ancora ebbero a che fare con il manoscritto misterioso il medico cieco di Praga, Marcus Marci,
e Athanasius Kircher. Secondo altri il testo sarebbe invece frutto della mente geniale del monaco
francescano Ruggero Bacone, compromessa da piu di dieci anni di isolamento in carcere. Altri
vi hanno colto lo zampino di un bambino prodigio che si chiamava Leonardo da Vinci. Mentre
Johannes Marcus Marci avverte: ''Sfingi simili non obbediscono che al loro padrone''.
Ma lipotesi pi suggestiva resta quella secondo cui il manoscritto Voynich sia lunico
testo pervenutoci dei Catari, da molti ritenuti i veri custodi del Santo Graal. Questo
documento sarebbe dunque lunica copia di cio che rimane della loro lingua e dei loro segreti,
intrecciati a doppio filo con il volto di Maria Maddalena e del suo sangue reale. C poi un alto
mistero nel mistero: dal manoscritto mancano 8 fogli. Diverse pagine, inoltre, sono piegate e
una volta aperte hanno la dimensione di una pagina doppia. Ve ne perfino una, la pi grande,
che una volta dispiegata forma un solo grande foglio delle dimensioni di sei pagine.
Analizzato gi nel Rinascimento, il manoscritto scomparve nel 1666 per essere riscoperto
nel 1912 secolo da un misterioso compratore, il libraio e antiquario Wilfred Michael Voynich. Il
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destino di queste carte segrete porta il manoscritto a Frascati, nella Villa Mondragone,
propriet dei Gesuiti. Proprio i discepoli di Ignazio di Loyola, specialmente i padri Beckx e
Strickland, furono determinanti per la sopravvivenza del manoscritto, classificato MS 408. Nel
corso dei secoli scienziati ed esegeti si sono arrovellati sui suoi simboli, che restano
inattaccabili anche ai pi sofisticati programmi informatici.
Molti ricercatori hanno gettato la spugna, convincendosi che il testo non racchiuda un significato
in assoluto e che il suo autore, in questo caso, sarebbe il pi grande burlone della storia. Di
sicuro sarebbe per il pi fortunato, perch il suo perfetto e orchestrato inganno ha obbligato
tanti a investire ingenti somme di denaro e secoli di ricerche per sciogliere un nodo che non
esisterebbe.
Nel frattempo anche sulla Rete da anni prosegue, in decine di blog, il dibattito
sullenigmatico libro. Nellarticolo pubblicato sulla rivista Nature del 15 dicembre 2003 da
John Withfield, Gordon Rugg afferma che e abbastanza verosimile che Edward Kelley e John
Dee, due stravaganti inglesi approdati alla corte di Praga, abbiano fatto passare per un antico
manoscritto opera di Bacone, un incomprensibile testo abilmente contraffatto, allo scopo di
raggirare Rodolfo II e alleggerirlo di 600 monete doro.
Ma per molti altri, sono la maggior parte, il libro del mistero non sembra proprio lo scarabocchio
di uno psicotico bens lopera di uno studioso serio che aveva un messaggio da comunicare. Il pi
grande trofeo della crittografia resta piu elusivo che mai. Niente come il manoscritto
Voynich riuscito a ingannare lumanit e la scienza per oltre mezzo millennio.
Del caso, il vecchio Sherlock Holmes avrebbe detto: ''E un problema da cinque pipe, Watson!''. E
mentre tutti gli sforzi di comprenderne figure e parole si intensificano (per chi volesse
approfondire largomento si vedano gli ultimi due libri: Marcelo Dos Santos, Lenigma del
manoscritto Voynich, edizioni Mediterranee e Richard Belfield, Lenigma dei Codici cifrati,
Newton Compton Editori), nella sua vetrina di Libri Rari e Manoscritti, allUniversit di
Yale, quel vecchio libro ancora aspetta chi sappia leggergli lanima.
Ruggero Bacone nacque ad Ilchester, nella contea inglese di Somerset, presumibilmente intorno
al 1214/1220 e mor a Oxford, si presume, nel 1294. Allo stato attuale degli studi non si hanno
ancora informazioni sicure circa le date effettive di nascita e di morte. Dopo essere stato allievo,
a Oxford, di Roberto Grossatesta e Adamo di Marsh, negli anni Trenta complet la sua
formazione filosofica presso la Facolt delle Arti di Parigi, di cui assorb lo spirito pionieristico
maturando una personalit libera e spregiudicata. Nel 1241 a Parigi consegu il titolo di Maestro
delle Arti, che lo abilitava all'insegnamento delle sette discipline, raccolte appunto sotto la
denominazione di Arti liberali (grammatica, retorica, dialettica, aritmetica, musica astronomia,
geometria), che costituivano la base del curriculum di studi universitario nel Medioevo. A Parigi
si distinse per esser stato uno dei primi a commentare estesamente i testi scientifici di
Aristotele, da poco tradotti in latino dall'arabo, in particolare la Fisica. Questa attivit gli
consent di approfondire il pensiero dei grandi commentatori arabi di Aristotele, tra cui
Averro e Avicenna. Dopo il suo ritorno a Oxford, nel 1257 entr nell'ordine francescano, ma il
suo interesse per l'alchimia e l'astrologia cominci a destare sospetti e irritazione da parte dei
suoi superiori. Durante il pontificato di Clemente IV, dal 1265 al 1268, pot godere di una
condizione di relativa tranquillit, grazie alla protezione offertagli dal papa, suo amico ed
estimatore. I suoi tre scritti pi famosi, l'Opus maius, l'Opus minus, e l'Opus tertium, concepiti
come abbozzi di una enciclopedia che non sar mai realizzata, risalgono tutti a questo periodo.
Negli anni successivi egli scrisse i Communia Mathematica e i Communia naturalium e nel
1272 il Compendium studii Philosophiae. Venuta meno la protezione di Clemente IV, negli anni
'70 si moltiplicarono le accuse di eresia da parte dei confratelli, in quanto Bacone restava uno
strenuo difensore dell'astrologia. Approfittando della condanna del 1277 emanata dal vescovo di
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Parigi Etienne Tempier contro i maestri della locale Facolt della Arti, nel 1278 fu avviato un
procedimento giudiziario nei suoi confronti che si concluse con la detenzione, durata fino al 1292.
Contro la sua condanna Bacone scrisse lo Speculum astronomiae, ma la lettura delle sue opere fu
interdetta. Ormai in et avanzata e gravemente malato, Bacone dedic gli ultimi anni della sua
vita alla stesura del Compendium studii theologiae, che pu essere considerato il suo testamento
spirituale. Dal 1294 non si hanno pi notizie su di lui.
Altri eminenti alchimisti del mondo occidentale furono Ruggero Bacone, San Tommaso d'Aquino,
Tycho
Brahe,
Thomas
Browne,
il
Parmigianino,
*
http://goo.gl/ZfEHg
http://goo.gl/HM8Ff * Giordano Bruno, * http://goo.gl/XjvUn http://goo.gl/W4m7G * e fra gli
ultimi Cagliostro. * http://goo.gl/nv3xM http://goo.gl/a8qnl *
La dottrina filosofica
Complessa figura di frate, mistico, alchimista, astrologo, grammatico, costruttore di specchi
ustori, naturalista e forse scopritore della polvere da sparo, secondo una tradizione non
confermata, Ruggero Bacone senz'altro la personalit di maggiore spicco tra i discepoli di
Roberto Grossatesta, da cui trasse origine la grande scuola filosofica di Oxford. Roberto
Grossatesta, il vescovo di Lincoln vissuto tra il 1175 e il 1253, fu l'esponente principale di quel
filone della filosofia platonico - agostiniana che va sotto il nome di "metafisica della Luce", un
modello sorto dalla volont di coniugare la teologia cristiana con la concezione neoplatonica della
causalit intesa come "irradiazione" di Dio nel mondo. Sotto la guida di Grossatesta la scuola di
Oxford si caratterizz per una particolare attenzione ai problemi scientifici, in particolare l'ottica
e l'astronomia, pur senza cancellare i tratti tipici della religiosit francescana, come l'attesa
millenaristica per una imminente renovatio dell'intera cristianit che avrebbe dovuto inaugurare
la futura epoca dello spirito. Da questo punto di vista, le apparenti contraddizioni presenti
nell'opera di Ruggero Bacone, si possono almeno in parte spiegare a partire dal suo primo
ambiente di formazione.
La trilogia baconiana che comprende l'Opus maius, l'Opus minus e l'Opus tertium fu redatta tra
il 1265 e il 1268, e venne inviata al papa Clemente IV unitamente ad una lunga epistola in cui
l'autore delinea le linee guida del grandioso progetto enciclopedico che sarebbe rimasto
incompiuto. Bacone muove da due esigenze tra loro strettamente correlate. In primo luogo, la
necessit di realizzare una profonda riforma del sapere che superi la frammentazione e il
particolarismo in cui tendono a cadere le singole discipline, e confluisca in una visione unitaria
saldamente ancorata ai precetti della verit rivelata. In secondo luogo, l'idea che tutti i contenuti
del sapere sono incorporati, in maniera esplicita o implicita, nelle Sacre Scritture. Come il pugno
chiuso raccoglie tutto ci che la mano aperta dispiega, afferma Bacone, allo stesso modo la
sapienza necessaria al genere umano contenuta interamente nelle Scritture. Dio ha creato un
unico mondo, un unico genere umano, per un solo fine di salvezza: unica dev'essere pertanto la
Sapienza che compendia in s ogni singolo contenuto della conoscenza. Ne consegue che al
vertice della gerarchia delle discipline bisogna collocare la teologia, raggio dell'infinita Luce di
Sapienza che promana da Dio. L'ideale baconiano di reformatio e la concezione teocentrica del
sapere sono pertanto i due lati di un medesimo atteggiamento epistemologico. Sotto questo
profilo, la posizione di Bacone pu apparire molto vicina al conservatorismo e all'epistemologia
"riduzionistica" che Bonaventura da Bagnoregio aveva gi fissato nel suo trattato De
reductione artium ad theologiam. In quest'opera il maggiore esponente della scuola parigina
francescana, vissuto tra il 1221 e il 1274, aveva decisamente negato l'autonomia del sapere
filosofico, considerando la subordinazione della filosofia alla teologia come l'unico mezzo per
arginare il diffondersi delle eresie. Questa preoccupazione non certo assente in Bacone, ma
contiene parecchi elementi di novit se confrontata con la rigida impostazione di Bonaventura.
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Partendo dal presupposto che la Scrittura contiene in s la somma di ogni verit, Bacone
sostiene che compito del teologo approfondire il significato letterale del testo sacro senza
sovrapporvi le proprie compiaciute "divagazioni", che nel caso di alcuni esegeti finiscono per
degenerare in una vana moda letteraria. La presunzione di coloro che nel commento all pagina
sacra trovano l'occasione per fare sfoggio del proprio ingegno di eruditi, l'aspetto pi deleterio
della cultura teologica del proprio tempo che Bacone condanna senza mezzi termini,
richiamandosi a un ideale di umile simplicitas in cui sono evidenti le matrici francescane. D'altro
canto, se la teologia ha da essere una scienza rigorosa, il commentatore delle Scritture dovr
munirsi degli strumenti idonei: egli deve attingere in primo luogo alla conoscenza delle lingue in
cui sono scritti i testi originari, e quindi l'ebraico e il greco; e inoltre, dovr raccogliere tutti i
documenti necessari per restituire la pagina sacra alla sua corretta lezione, nell'intento di
isolare il testo dai commenti che con l'andar del tempo si sono sovrapposti ad esso dando origine
a luoghi comuni e incrostazioni intellettuali. In tal modo Bacone fa valere l'ideale di una ricerca
filologica applicata al testo sacro che anticipa in maniera sorprendente alcune acquisizioni che il
pensiero filosofico far proprie soltanto in epoca umanistica.
Una volta assicurati questi punti di riferimento, Bacone procede a delineare la struttura del suo
progetto enciclopedico secondo un disegno che viene efficacemente riassunto e motivato nella
lettera a Clemente IV, una sorta di "discorso sul metodo". Se la dottrina rivelata rappresenta la
fonte indiscussa da cui scaturisce ogni verit degna di questo nome, tre sono le strade che l'uomo
pu praticare per arrivare alla conoscenza. La prima l'Auctoritas, il rimando alle Scritture
attraverso la citazione del testo assunta allo scopo di dirimere una questione controversa. Questa
strada l'unica umanamente percorribile quando sono in gioco i dogmi della fede e i principi
della religione, ma Bacone mette in guardia contro un uso indiscriminato delle "autorit" in
filosofia, perch spesso il ricorso ad esse segno della malafede dell'interlocutore che vuole
sottrarsi a una discussione razionale o nascondere la sua incapacit di rispondere alle obiezioni
col trincerarsi dietro una citazione, magari nemmeno pertinente. Ovviamente il rischio tanto
maggiore quando l'autorit in questione sia quella di Aristotele o di un altro "sapiente" elevato
al medesimo rango. Nella prospettiva di Bacone, in altri termini, il richiamo all'autorit non pu
e non deve mai degenerare in oscurantismo. Il campo dell'argomentazione scientifica, da questo
punto di vista, ci spiana la seconda via verso la verit, quella che pu essere acquisita attraverso
il ragionamento. Quest'ultimo, tuttavia, non va inteso nel senso della logica aristotelica, come
deduzione sillogistica di verit particolari a partire da premesse universali di per s note o
dimostrate precedentemente, bens come dimostrazione matematica all'interno di un sistema
assiomatico come quello della geometria euclidea. La dimostrazione matematica assume per
Bacone un valore epistemologico fondamentale destinato a rendere sempre pi marginale il ruolo
della logica aristotelica, che egli spesso accusa di non essere sufficientemente rigorosa. Seguendo
le tracce di Grossatesta, Bacone attribuisce alla matematica il valore di scienza in grado svelarci
l'ordine razionale dell'universo, a sua volta manifestazione dell'infinita Sapienza divina, in
quanto la legalit ontologica del mondo fisico costituita da rapporti di causalit comprensibili
solo in termini di leggi matematiche. Come stato pi volte osservato, in questo passaggio
Bacone contribuisce a fissare il principio secondo cui l'oggetto della ricerca scientifica non sono le
essenze al di l dei fenomeni, o le forme sostanziali classificabili attraverso la tradizionale
nomenclatura dei generi e delle specie, bens le leggi attraverso cui comprendiamo i rapporti di
interdipendenza che legano tra di loro i fenomeni in una catena di cause ed effetti. Ed a questo
punto che scaturisce, come per una intrinseca necessit, la terza via della conoscenza, quella
della "scienza sperimentale" (scientia experimentalis): ogni dimostrazione matematica infatti
deve ricevere conferma dall'esperienza, ovvero dal contatto diretto con la realt nel suo diretto
manifestarsi. Non bisogna tuttavia incorrere nell'errore di considerare l'affermazione baconiana
come una anticipazione del metodo sperimentale moderno inteso nel senso della scienza
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seicentesca. Gli "esperimenti" di cui parla Bacone non sono altro che la semplice constatazione
fattuale di una conclusione a cui si giunti per via di ragionamento, e nulla hanno a che vedere
con le esperienze di laboratorio della scienza "esatta". assente in Bacone, come in tutta la
scienza medievale, l'idea del metodo come insieme di strumenti attraverso cui un'ipotesi viene
pubblicamente controllata e messa alla prova in base alle condizioni della sua riproducibilit
universale.
Alla distinzione fra le tre vie della conoscenza subentra la dottrina delle cinque discipline pi
"nobili" che dovranno costituire l'ossatura del progetto enciclopedico del sapere. Al primo posto
Bacone colloca la morale, quella che Aristotele chiama "scienza civile". In questa disciplina si
raccolgono i principi della dottrina cristiana, l'etica, e la teoria dello Stato, a dimostrazione del
fatto che le conquiste del sapere pagano dell'antichit trovano il loro compimento nei dettami
della Rivelazione cristiana. Il primato della morale ci illumina su un altro aspetto importante
che contraddistingue l'intera opera di Bacone. Per il dottore francescano, il
progetto
enciclopedico di riforma del sapere deve essere funzionale a un rinnovamento etico di tutta la
societ, la "repubblica cristiana" come egli la chiama abitualmente. E si tratta di un processo che
deve investire prima di tutto le istituzioni della Chiesa, sempre minacciate dal rilassamento o
dalla corruzione dei costumi. Il primato attribuito alla morale, in questo senso, salda in maniera
significativa l'aspirazione tutta baconiana a un sapere di tipo pragmatico - operativo con la
tradizione mistica e riformatrice che caratteristica dell'intero movimento francescano fin dalle
sue origini. Il progetto enciclopedico costituisce una riforma complessiva del sapere del tempo
che a sua volta anticipa la renovatio globale della Cristianit. Ed proprio il primato attribuito
alla scienza morale che ci permette di delineare le caratteristiche della "scienza sperimentale",
che occupa il secondo posto nello schema assiologico. Questa scienza maestra di tutte quelle che
seguono, e il suo scopo, a sua volta, quello di porsi al servizio della morale. In questa accezione
larga la scienza sperimentale include l'ottica, la matematica e la conoscenza della lingue, con le
quali si completa l'ossatura epistemologica su cui si articola il progetto enciclopedico.
Ricollegandosi a scienziati arabi come Avicenna e Al-Hazen, Bacone interpreta il ruolo
dell'ottica nel quadro della metafisica della luce di Grossatesta. Bacone convinto che attraverso
questa disciplina ancora giovane, almeno per ci che concerne il mondo cristiano, l'uomo possa
arrivare alla conoscenza della struttura geometrico - matematica del cosmo. Infatti, le leggi che
governano il diffondersi della luce sono analoghe alle leggi causali che governano tutti gli altri
processi della natura. Ne consegue che il fondamento dell'ottica rimanda alla quarta scienza, la
matematica, vera chiave di volta di un universo che fu creato da Dio - come attestato dal libro
della Sapienza 11, 21 - "secondo numero, peso e misura". Bacone insiste sulla vastit delle
applicazioni della matematica, dalla musica all'astrologia. Sebbene quest'ultimo termine
all'epoca di Bacone fosse l'equivalente di quella scienza che sar ribattezzata come "astronomia",
l'autore include esplicitamente nel suo spettro semantico anche la cosiddetta "astrologia
politica", ovvero lo studio scientifico degli astri necessario a chi governa al fine di deliberare ci
che meglio per la repubblica dei fedeli. I sapienti che sono i naturali consiglieri di principi e
papi devono mettere al servizio della cristianit tutti gli strumenti utili ad anticipare l'avvento
del regno di Dio, senza escludere pregiudizialmente nemmeno i prodigi dell'alchimia e della
magia. Questo tema viene approfondito nel suo aspetto tecnico - operativo in un trattato dal
titolo Epistula de secretis operibus naturae, dove l'autore, fra le altre cose, invita a distinguere la
magia falsa dei necromanti dalla magia autentica, che pu efficacemente contrastare gli inganni
orditi dal Maligno. Anzi, queste conoscenze sono indispensabili, perch quando i tempi saranno
maturi l'Anticristo si presenter egli stesso come "mago" e "negromante", e la padronanza della
arti magiche ci permetter di leggere in anticipo i segni dell'avvento imminente consentendoci
altres di combatterlo con le sue stesse armi in nome del trionfo finale di Dio. Nella figura del
Doctor Mirabilis, come Bacone fu soprannominato per la sua abilit di alchimista versato nella
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conoscenza dei segreti della natura, tornano ancora una volta a convivere il mistico e lo
scienziato, il profeta visionario e il pragmatico, l'uomo di chiesa imbevuto del profetismo
francescano e il razionalista che attinge a piene mani dalle opere degli "astrologi" arabi. La
consapevolezza che l'apprendimento delle arti magiche si colloca all'interno di un quadro
escatologico che comunque rimanda al mistero della Provvidenza divina, fa s che sia piuttosto
difficile considerare la passione di Bacone per la magia e l'alchimia come una anticipazione del
motivo rinascimentale dell'Homo Faber. Un accenno in questa direzione, lo si pu eventualmente
rintracciare nel celebre passo della Epistula de secretis operibus naturae in cui egli immagina
future realizzazione tecniche di navi senza rematori, macchine volanti e apparecchi per
camminare "sul fondo dei fiumi e dei mari senza pericolo alcuno". Resta tuttavia il fatto che il
suo entusiasmo per i "prodigi" della scienza sperimentale, unito alla convinzione che con
l'alchimia l'uomo si assicura il dominio sulla natura, non pot non destare sospetto in un
momento storico in cui l'impatto della scienza proveniente dal mondo arabo nella Cristianit
europea doveva mettere in discussione equilibri fino ad allora consolidati.
La sequenza delle cinque dottrine pi nobili che comprende morale, scienza sperimentale, ottica
e matematica, si conclude con la "conoscenza delle lingue". Non si tratta semplicemente dell'idea
di ampliare i compiti della tradizionale grammatica, intesa come prima arte liberale del
curriculum universitario, ma di una commistione di filologia e semiotica in cui ancora una volta
le proposte filosofiche di Bacone si distinguono per la grande forza innovativa. Egli sostiene che
un intellettuale cristiano non deve limitarsi alla conoscenza del latino ma deve ampliare
l'orizzonte al greco, all'ebraico e anche all'arabo. Importante, per quanto riguarda quest'ultimo,
non soltanto al fine di impadronirsi dell'imponente patrimonio della cultura islamica, ma anche
per ricondurre alla Cristianit i seguaci di Maometto utilizzando gli strumenti dell'apologetica,
anzich ricorrere all'imposizione di dogmi per loro incomprensibili o, ancora peggio, alla violenza
e alla guerra. Gli interessi linguistici di Bacone si inseriscono inoltre all'interno di una vera e
propria riflessione semiologica, approfondita soprattutto nel tardo Compendium studii
theologiae. Partendo da Sant'Agostino, egli riprende la distinzione tra segni naturali, come il
fumo che segnala la presenza del fuoco, e i segni artificiali, istituiti ad placitum, per
convenzione, attraverso un atto di imposizione. Bacone ribadisce che il significato di una parola
non ha alcuna connessione con la natura o l'essenza delle cose designate, tant' vero che il
significato delle parole muta profondamente nel corso del tempo. Dalla libert con cui i parlanti
si appropriano del codice e del lessico nasce una spinta decisiva destinata a tradursi in una sorta
di creazione continua della lingue, instabili e soggette al divenire come ogni altra istituzione
umana. La significazione non si esaurisce nella referenza,
ovvero il rapporto tra la parola e la cosa, ma include
anche la relazione tra il segno, il suo utente, e l'interprete
cui destinato l'atto di comunicazione linguistica. Si
tratta di quella dimensione che nel linguaggio della
semiotica attuale afferisce al livello della "pragmatica", e
Bacone stato il primo ad averla individuata e
tematizzata coerentemente.
La sapienza alchemica fra immaginario e filosofia
(Michela Pereira)
Parleremo di Alchimia, argomento quanto mai oscuro alla
maggior parte di noi, argomento fantasioso che entrato
nel luogo comune come per esprimere un concetto astruso
fondato su niente, frutto di menti bizzarre e non
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scientifiche. Ebbene uno dei motivi per cui siamo qui proprio per cercare di sfatare questo luogo
comune e, soprattutto, cercare di creare interesse o almeno curiosit per un argomento che sta
ritrovando nuove interpretazioni, che ha influenzato e influenza la Psicologia, l'Arte, la
Letteratura, la Religione e da pochi anni, sorprendentemente, perfino il mondo scientifico e in
particolare la Fisica Ufficiale che ha elaborato addirittura un nuovo approccio metodologico.
L'idea dei "Frattali", come espressione dinamica e geometrica del Caos, della "Meccanica
Quantistica" e della "Relativit", fanno parte di questo nuovo metodo. I frattali espressione
grafica della congiunzione del mondo matematico e il mondo puramente estetico della natura,
possiedono una caratteristica, quella di essere dotati di "ricorsivit infinita". Ci significa che la
loro struttura geometrica si ripete continuamente in natura, con qualsiasi scala di
ingrandimento li si voglia vedere, sempre uguale e tuttavia sempre diversa a se stessa. La fisica
quantica abolisce la distinzione fra energia e materia, dimostra come in realt l''osservatore' sia
un partecipante all'esperimento atomico, che pu esercitare degli effetti sulle particelle stesse.
Fritjof Capra nel suo libro "Il Tao della Fisica" ad un certo punto dice: "La teoria dei quanti
rivela un'unicit di base dell'universo. Mostra che non possiamo scomporre il mondo in unit
piccolissime dall'esistenza autonoma. Via via che si penetra nella Materia, la natura non ci
mostra nessun 'fondamento di edificio' isolato, ma appare piuttosto come una rete complicata di
relazioni fra le varie parti del tutto. Il ruolo che l'osservatore riveste in queste relazioni sempre
e necessariamente essenziale. L'osservatore umano costituisce sempre l'anello finale della catena
dei processi di osservazione, e le propriet di qualunque oggetto costituito da atomi possono
essere comprese solo in termini di 'interazioni dell'oggetto con l'osservatore'. Questo significa che
l'idea classica di descrizione obiettiva della natura non pi valida [...]. Nella fisica atomica, non
si pu mai parlare della natura, senza parlare, allo stesso tempo, di noi stessi."
Non solo la fisica atomica porta avanti le idee di coscienza e di unit. La teoria del 'Caos' apre la
possibilit che una piccola azione possa determinare effetti che si ripercuotono sull'universo
intero, definito sinteticamente come 'effetto farfalla'.
I vecchi e rigidi confini fra mente e materia possono essere superati, perch nulla si crea n si
distrugge, ma si trasforma. Queste nuove premesse scientifiche sono molto vicine a quelle su cui
si basa l'Alchimia; per questo pare possibile che essa possa ancora fornire nuove intuizioni
scientifiche.
Da un punto di vista etimologico la parola
Alchimia,
secondo
l'opinione
pi
diffusa,
deriverebbe dall'arabo "Al-Kimiya". Con tale
termine gli arabi intendevano "l'arte di fabbricare
l'oro e l'argento partendo da metalli diversi o vili."
Nei testi che ho consultato, anche autorevoli, non
c' chiarezza sull'origine del suo significato. Tutti
insistono
sull'origine
araba
dell'articolo
determinativo al, tradotto 'il', mentre molto meno
chiara appare la seconda parte della parola,
Kimiya, di origine incerta, ma che comunque non
appartiene alla lingua araba, forse all'egiziano o al
greco. All'egiziano perch sarebbe da ricondursi al
termine "Chem" che significa "nero" con riferimento
alla terra d'Egitto resa nera dal Limo alluvionale
del Nilo (mi sembra peraltro importante e non
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casuale l'accostamento tra l'arte della trasmutazione e l'aspetto fertile della terra e quello
fecondante del Nilo). Altri invece ritengono che la derivazione pi probabile sia dalla parola
greca "Chyma" con significato di "mescolare" collegata al processo di fusione del metallo.
Vorrei per proporre un'altra interpretazione, un'interpretazione "alternativa" e un po' esoterica,
nata da un'intuizione di Ren Gunon, che mi pare molto stimolante e degna di essere ricordata.
Tale parola, sembra solo apparentemente di origine araba, ma meglio sarebbe dire che gli arabi
hanno mantenuto il termine che invece trae origine dalla radice greca che significava
"mescolare". Questa a sua volta sarebbe la traduzione greca di un termine egizio, Kemet, che
connota l'Egitto come 'terra nera', in opposizione alla 'terra rossa' del deserto. Erodoto definisce
l'Egitto 'dal terreno nero'. Si deve ricordare, infatti, che "l'Egitto, - scrive Plutarco - che ha la
terra cos nera, viene chiamato con lo stesso nome della parte nera dell'occhio, Chmia, e viene
paragonato al cuore: perch caldo, umido e si insinua tutto a meridione, ossia nel territorio di
sinistra del mondo abitato, come il cuore sta nel lato sinistro dell'uomo, poich per gli Egizi
l'Oriente rappresenta il volto del mondo, il Settentrione il lato destro e il meridione quello
sinistro". D'altronde, secondo lo stesso Plutarco, il cuore mentre rappresentava l'Egitto, al tempo
stesso rappresentava il Cielo: "Gli Egizi - egli dice - raffigurano il Cielo, che non pu invecchiare
perch eterno, con un cuore posto su un braciere la cui fiamma ne alimenta l'ardore". "Cosicch scrive Ren Guenon - il cuore (Chmia) , ad un tempo, il geroglifico dell'Egitto e quello del
Cielo". "In Egitto si sostiene - scrive ancora Plutarco - che Osiride il Nilo che si congiunge con la
Terra, simboleggiata da Iside, fecondandola. [...] I sacerdoti pi sapienti non solo chiamano il
Nilo Osiride [...], ma sono anche convinti che Osiride rappresenti senz'altro il principio e la
natura dell'elemento umido in s, origine della vita e sostanza fecondante. [...] Il mito vuole che
Osiride avesse la pelle nera, perch l'acqua scurisce ogni cosa in cui viene assorbita, terra, vesti,
nuvole". Egitto, dunque, come originale luogo di incontro tra Cielo e Terra, luogo del sacro
rapporto tra la terra Iside e il dio Nilo Osiride, dove si pu soltanto intuire che esso rappresenta
il "sito recettoriale" della divina, nera, forza fecondante e trasformante la Terra. facile vedere,
da questo, l'omologia Cielo-Terra (ci che in basso cos come ci che in alto) e considerato che
l'Alchimia vuole ristabilire questo contatto, mi sembra evidente, salvo qualche ragionevole
dubbio, il suo originale significato.
Comunque sia, l'Alchimia l'Arte della Trasmutazione. L'Alchimista, con il suo lavoro, cerca di
produrre nel materiale su cui sta operando, cio la Materia Prima, una serie successiva di
mutamenti per condurlo da uno stato grezzo a uno stato perfetto e incorruttibile. Uno stato che
pu essere espresso, in una forma semplice ed esemplificativa, come la trasmutazione del
metallo vile in oro. L'oro perch il pi perfetto dei metalli: incorruttibile, non si ossida, n
distrutto o alterato dal fuoco, che pu soltanto raffinarlo e purificarlo.
Ma io non voglio entrare troppo nei dettagli pi intimi dell'Alchimia, mi limiter a fare
un'introduzione storico-culturale.
Innanzitutto vorrei premettere che non assolutamente facile n, forse, possibile, dare una
definizione dell'Alchimia completa e non obbiettivabile. Questa costituisce una tradizione
sapienziale particolarmente difficile da comprendere, sia perch si esprime principalmente con
simboli mitologici che non consentono mai una definizione precisa e univoca. Sia per la difficolt
di constatare in modo oggettivo il frutto presunto delle straordinarie trasformazioni alchemiche.
Sia perch la storia dell'Alchimia investe un raggio molto ampio, sia dal punto di vista spaziale
che temporale essendo praticata nella societ orientale, araba e occidentale, da pi di duemila
anni. L'Alchimia inoltre ha attratto una grande quantit di persone, animate dagli intenti pi

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disparati. Alcuni erano interessati dall'aspetto pi scientifico o intimamente chimico, altri erano
attratti invece dall'aspetto simbolico o filosofico.
Per altri ancora si poteva aprire la possibilit di produrre farmaci realmente efficaci o una
ricchezza enorme. per questo motivo che l'Alchimia non pu avere una trattazione univoca.
Essa, anche se la sua struttura costitutiva principale non si modificata, ha subito nel corso dei
secoli varie modificazioni interpretative a seconda della cultura e delle motivazioni di chi l'ha
praticata. Ogni alchimista ha voluto dare del proprio, ha aggiunto immagini non sempre
coincidenti tra loro, e a volte ha detto e scritto tutto e il contrario di tutto, sempre combattuto
dalla necessit di tenere nascosti ai "non iniziati" i segreti della "Grande Opera". Tutto ci
costituisce un aspetto particolarissimo e importante dell'Alchimia, che io trovo basilare, perch
come gli alchimisti anche gli studiosi di Alchimia descrivono e definiscono la Tradizione
Alchemica in base alle proprie inclinazioni e alle proprie tendenze culturali, ed inevitabile che
ci avvenga, perch non esiste un'interpretazione "obbiettiva" dell'Alchimia. indispensabile,
nell'avvicinarsi ad essa, tener conto, contemporaneamente delle tre dimensioni di cui composta:
la dimensione scientifica, la dimensione psicologica e quella spirituale. L'Alchimia, infatti, per
molti e forse anche per alcuni alchimisti, soltanto l'Arte di fare l'oro o tuttalpi un tentativo
iniziale di una chimica irrazionale e magica. Ma se l'Alchimia non fosse altro che questo, in
accordo con le parole di Mircea Eliade, non potremmo darle credito e, soprattutto,
sottovaluteremmo l'intelligenza di chi per millenni ha vissuto per essa. Se l'oro fosse stato l'unico
fine perseguito dagli Alchimisti non sarebbe possibile comprendere la loro pretesa saggezza.
Sebbene, comunque, non sia possibile sapere con certezza quali siano le cause storiche che hanno
determinato la nascita delle pratiche alchemiche, certo per che l'Alchimia non si costituita,
come disciplina autonoma, partendo dall'intenzione di fabbricare l'oro. noto infatti che, fin dal
XIV secolo a. C., i popoli mesopotamici conoscevano le tecniche metallurgiche per raffinare l'oro.
Pensare di collegare a questo una disciplina che ha ossessionato il mondo occidentale per
duemila anni significa non solo dimenticare la straordinaria conoscenza che gli antichi avevano
dei metalli, ma anche non riconoscere la seriet delle loro capacit intellettuali e spirituali. Il
pensiero scientifico greco possedeva, come tutti noi sappiamo, una straordinaria capacit di
sintesi e di analisi razionale, mentre ci che colpisce di pi nei testi alchemici proprio l'assenza
di spirito scientifico.
Se dunque l'Alchimia non nasceva solo dal desiderio di produrre l'oro, n soltanto dalla ricerca
scientifica, dove dobbiamo cercare le origini e le autentiche motivazioni di questa disciplina
particolare? Essa, secondo un'interpretazione tra le pi affascinanti
proposta dallo storico delle religioni Mircea Eliade, sembra costituire
il risultato dell'incontro di una corrente esoterica rappresentata dai
Misteri, come il Neopitagorismo e il Neoorfismo, dall'Astrologia e
dallo Gnosticismo, con le tradizioni delle tecniche metallurgiche pi
antiche dei Fabbri, legati magicamente al Cielo e alla Terra da
conoscenze rivelate , e custodi dei segreti dei mestieri come
avvenuto anche in Cina con il Taoismo e in India con il Tantrismo. ,
presumibilmente, nell'antica concezione della Terra Madre portatrice
dei minerali 'embrioni' e soprattutto con il lavoro dell'uomo
impegnato a estrarre i metalli dalla miniera, alla fusione e alla
forgia che si deve cercare una delle fonti principali dell'Alchimia,
perch l'uomo arcaico modificando con il fuoco la materia si
sostituiva in qualche modo alla Madre Terra o, comunque, ne
continuava l'Opera.
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La scoperta dei metalli ha contribuito a determinare un rapporto magico tra l'uomo e la matrice
della terra nella quale sono germogliati i minerali. Ha influito considerevolmente sulla
condizione dell'uomo arcaico, determinando una modificazione profonda del concetto che l'uomo
aveva di s nel Cosmo. Ha costituito uno dei pi forti fattori di spinta dell'evoluzione mentale,
psichica e intellettiva, e della civilt umana. Il metallo meteorico caduto dal Cielo poi
determinava un contatto altrettanto magico tra l'uomo e il Cosmo rendendolo partecipe di una
realt eterna, permettendogli di compiere magici tentativi di unificazione di quel Cosmo che la
creazione aveva diviso. L'uomo ha cominciato lentamente a prendere coscienza della
disgregazione del Reale determinata dalla Creazione e da questo momento, anche con metodi
diversi, mentali e religiosi come l'alchimia, tender sempre nella sua storia a ritrovare
quell'unione originale del Reale, quel momento di inizio adamitico che condizioner ogni simbolo,
ogni mito, ogni cultura, sia in oriente che in occidente. Si elaborarono delle tecniche
metallurgiche che al tempo stesso costituivano dei Riti, dei Misteri in quanto implicavano la
sacralit del Cosmo e si trasmettevano attraverso Iniziazioni. L'iniziazione ai Misteri consisteva
nel partecipare alla passione, alla morte e alla resurrezione di un dio, che il neofita
sperimentava direttamente in modo simbolico. La finalit dei Misteri era la trasmutazione
dell'uomo. Attraverso l'esperienza della morte e della resurrezione iniziatiche, l'uomo come il dio
diveniva immortale.
I simboli grafici architettonici cominciarono ad esprimere una peculiare concezione della realt
rappresentata dalla omologia totale tra il Cielo e il Mondo. Questo implicava non solo che quanto
esiste sulla terra esiste anche in Cielo, ma che a ogni cosa presente in terra ne corrisponde una
identica in Cielo sul cui modello ideale stata realizzata. E questo concetto ha seguito nei secoli
un filo comune che ha tenuto unita l'evoluzione mentale dell'uomo da Platone alla scuola
alessandrina con Ermete Trismegisto e la Tavola di Smeraldo, al Vangelo di Giovanni, a Dante,
a M. Ficino e alla filosofia neoplatonica, a Giordano Bruno, alla tradizione indiana e cinese fino
ai nostri giorni. I fiumi, le montagne, le citt, i templi, che non sono altro che l'immagine stessa
del Cosmo, esistono realmente a vari livelli Celesti. Una Gerusalemme Celeste stata creata da
Dio prima che la citt di Gerusalemme fosse costruita dall'uomo, scritto nell'Apocalisse del
profeta Baruc. Tutto ci che conosciuto, tutto ci che reale segue questa legge magica delle
corrispondenze. Il cosmo diviso in regioni governate dagli Dei, regolate dai pianeti. Tutto ci
che succede in una zona celeste succeder anche sulla terra e sull'uomo che si trova sotto la sua
influenza. Un certo metallo corrisponde a un certo pianeta. Anche gli oggetti, in quanto creati
dall'uomo, possiedono un significato magico. I fatti e i gesti dell'uomo, poich si ricollegano a
oggetti considerati magici, saranno regolati da leggi sacre. Gli atti sono trasformati in riti.
Poich tutto ci che esiste sulla terra esiste anche in Cielo, era inevitabile una corrispondenza
tra il corpo umano e il Cosmo, una corrispondenza microcosmo-macrocosmo.
La cultura greca fu influenzata profondamente
mesopotamiche tra uomo, pianeti, dei e metalli.

da

queste

magiche

corrispondenze

Anche l'origine storica non possibile fissarla con precisione. Essa fa la sua comparsa nel mondo
occidentale intorno al I - II secolo d. C., ma esistono testimonianze, sempre secondo alcuni storici
e in particolare Eliade, di tecniche alchemiche o pre-alchemiche legate comunque alla fusione
mistica dei metalli almeno mille anni prima. Diventa quindi cruciale per gli storici capire e
scoprire quando ci fu tale separazione, quando cio l'Alchimia divent una disciplina autonoma
dalla semplice (si fa per dire) lavorazione e fusione dei metalli.
Comunque sia, attualmente, la maggior parte degli studiosi ritiene improbabile un'origine unica
dell'Alchimia, anche se ci sono sostenitori dell'origine Egizia, Cinese, o Ellenistica. Nonostante
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che i primi documenti alchemici risalgano, come si detto, intorno al I secolo della nostra Era
da presumere che si sia sviluppata, prima di rendersi manifesta, anche e soprattutto, attraverso
la tradizione orale con un lento processo di affinamento e fusione di teorie nate in tempi e in
luoghi differenti, con il concorso scambievole delle culture occidentali, o comunque EllenisticoAlessandrina, e orientali.
Secondo la tradizione antica, infatti, le tecniche alchemiche furono rivelate agli uomini da un dio
o comunque da un personaggio semidivino come Ermete Trismegisto o nella tradizione
mitologica greca che, forse derivata e trasformata da quella indiana o cinese, attribuiva alla dea
Cibele la rivelazione agli uomini dei "Misteri" della metallurgia. ( il cui rito, secondo Mircea
Eliade, servir, con il "Mistero" della morte e della resurrezione di Attis, da modello
all'alchimista per operare anche sulla materia e determinare la sua redenzione).
Una versione particolarmente significativa di questa tradizione ci tramandata da uno dei primi
alchimisti a noi noti, Zosimo di Panopolis, vissuto in Egitto nel II secolo d. C. che attribuisce alla
dea Iside la rivelazione agli uomini dei misteri dell'Alchimia che le erano stati a sua volta svelati
da un Angelo corrotto che si era invaghito di lei. Un testo simile possibile ritrovarlo anche nel
libro di Enoch, un apocrifo dell'Antico Testamento scritto nel II secolo a. C.
Pi tardi, mentre in Oriente e particolarmente in Cina si continu senza interruzione a praticare
le tecniche alchemiche come ritroviamo nel Taoismo, in Occidente, con la decadenza dei Misteri
dell'antichit, intorno al V-VI secolo la Tradizione Alchemica Occidentale cadde in declino,
rimase per e continu solo nel mondo arabo a cui dobbiamo la conservazione e la traduzione dei
testi antichi, soprattutto ellenistici che presumibilmente sarebbero andati irrimediabilmente
perduti per sempre. Gli Arabi svilupparono l'Alchimia e riuscirono a influenzare l'occidente
europeo del XII secolo (tracce di questo fenomeno le ritroviamo nelle cattedrali gotiche), destando
nuovamente l'interesse per l'antica tradizione. Ma essi fecero molto di pi. Svilupparono la
tendenza pi razionale che avrebbe portato alle scoperte chimiche vere e proprie. L'Islam
rappresent il custode e il punto di incontro delle diverse correnti alchemiche orientali e
occidentali antiche. Quindi l'Alchimia medievale, che nel XII secolo divenne autonoma come
scienza, non fu pi la stessa praticata mille anni prima, ma presumibilmente fusa con concetti
orientali e forse anche Taoisti. Dobbiamo a Marsilio Ficino http://goo.gl/uQDO9
http://goo.gl/hc42W nel 1463 la traduzione per Cosimo dei Medici del Corpus hermeticum
attribuito a Ermete Trismegisto http://goo.gl/k1qB1 http://goo.gl/dIQWT a cui si riferir
continuamente nei sui scritti. Ma l'opera pi importante del Ficino rimane: il "De vita coelitus
comparanda", in cui compendia la sua visione dei molteplici piani di una realt, dove le
immagini celesti sono segni e non cause, espressioni dei divini concetti, simboli dell'anima
mundi, dell'armonia del mondo, dell'anima, delle stelle, dei demoni.
Di questo gigantesco sistema l'uomo diventa il "faber" che muta, che opera, che capta e
imprigiona le forze del cielo per restituire la vita, per creare magici effetti. L'uomo pu arrivare a
vedere il cielo popolato di figure, a loro volta distribuite in altre immagini corrispondenti a quelle
stesse del mondo inferiore. A questi stessi scritti si riferir spesso G. Bruno, come nella sua
opera, "Spaccio della bestia trionfante".
I testi degli antichi alchimisti sono scritti in uno stile volutamente oscuro e apparentemente
sconclusionato, ornati di immagini simboliche stupefacenti ricorrenti nell'immaginario collettivo
di ogni epoca, espressione dell'enorme potenza "magica" coinvolgente, presente nel processo
alchemico. Sta di fatto che l'Alchimia era definita da Ruggero Bacone: "La scienza che insegna a
trasformare ogni genere di metallo in un altro" e secondo un alchimista arabo del Medioevo: "Per
mezzo di quest'arte, quei metalli che sono imperfetti nella miniera vengono ricondotti
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Ruggero Bacone frate francescano fra i primi Alchimisti

dall'imperfezione alla perfezione, dalla corruzione all'incorruttibilit." Tale trasformazione si


ottiene mediante la "Pietra Filosofale" o "L'Elisir" la cui realizzazione costituisce quindi la meta
finale della "Grande Opera".
Ma a partire dal XIV secolo l'Alchimia assume anche un altro aspetto, perch oltre a
perfezionare i metalli, l'Elisir svolger un'analoga opera di perfezionamento sul corpo umano.
Comunque sia, oggi sappiamo che non giusto ridurre l'Alchimia alla pura e semplice pretesa di
fabbricare l'oro o di produrre una medicina per prolungare la vita e sappiamo che gli alchimisti
stessi, nel tramandarci quest'immagine certamente bizzarra della loro Arte, hanno occultato
coscientemente o incoscientemente altri significati. Solo i numerosi studi compiuti negli ultimi
decenni ci hanno restituito una prospettiva pi completa, consentendoci finalmente di
comprendere che l'Alchimia stata qualcosa di diverso e molto di pi: una regola di vita, una
ricerca di esperienze trascendenti, un modo particolare di porsi nei confronti della Natura.
Dobbiamo forse al chimico francese
dell'800
Marcelin
Berthelot
la
riscoperta dell'importanza di un
approccio diverso all'Alchimia. Da
allora infatti si sono sviluppate molte
ricerche di studiosi con obbiettivi e
metodi diversi che si distinguono,
principalmente, in tre direzioni.
La prima considera l'Alchimia come
sistema filosofico e religioso. I rapporti
tra l'Alchimia e il Taoismo, lo Yoga,
l'Ermetismo , il Sufismo e il
Cristianesimo sono stati oggetto di
studio di diversi autori come Mircea
Eliade, di Andr-Jean Festugre, di
Henry Corbin.
La seconda considera l'Alchimia come conoscenza magico-esoterica. Su questo piano di
interpretazione si collocano,tra gli altri, pur con posizioni personali diversificate, Julius Evola,
Ren Alleau, Titus Burckardt e Ren Gunon e pi recentemente da Antoine Faivre.
Una terza direzione di studi considera l'Alchimia come dimensione dell'immaginario. Gli aspetti
irrazionali dell'Alchimia hanno attirato l'attenzione di alcuni studiosi della psicologia del
profondo, da Herbert Silberer a Carl Gustav Jung e Marie-Luise Von Franz.
Quindi l'Alchimia, l'Alchimia Tradizionale, consiste in una disciplina che comporta un lavoro
fisico, di laboratorio, psicologico e spirituale, in quanto il metallo vile su cui si opera e l'oro
prodotto possono anche essere interpretati come simboli dell'uomo che alla ricerca del
perfezionamento della sua natura.
Vorrei concludere con le parole di Paracelso, medico e alchimista del XVI secolo : "La vera Pietra
Filosofale si trova senza dubbio nell'inespugnabile fortezza della verit [...]. Tale pietra sembra
vile, disprezzabile ed esecrabile alla gente comune, ma per i filosofi pi preziosa di qualsiasi
gioiello [...]. E il cammino della verit, che rigenera e rivitalizza ci che non esiste pi, facendolo
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Ruggero Bacone frate francescano fra i primi Alchimisti

tornare ci che era prima della corruzione, tramuta ci che non in ci che dovrebbe essere.
L'oro dei filosofi che rende ricchi i Saggi non certamente l'oro con cui si coniano le monete".
Sono uno studioso dellalchimia
medioevale.
Mi occupo professionalmente di
storia della filosofia medioevale e il
mio campo dunque una parte, un
settore, un periodo di questa
tradizione che, come lintroduzione
di Mugnai ha mostrato, molto
ampia, multiforme e che favorisce
approcci diversi, che quasi direi stimola la presa di posizione
soggettiva dello studioso, della
studiosa che laffronta, tanto che io
avevo scelto come motto per un mio
libro sullargomento una frase di
Carl
Gustav
Jung
che
dice
"loggettivit scientifica il manto
con cui loccidente vela a se stesso il
proprio cuore".
Dunque non voglio presentarvi una visione oggettiva dellalchimia, ma quello che io ho trovato
dentro a questa sapienza.
Un altro grande psicologo del profondo del nostro tempo, James Hillman, scriveva una ventina di
anni fa: "noi pecchiamo contro limmaginazione ogni volta che interroghiamo unimmagine per
conoscerne il significato pretendendo che le immagini siano tradotte in concetti".
Tradurre immagine in concetti una buona definizione per il lavoro filosofico soprattutto una
buona definizione della filosofia del tempo in cui lalchimia ha conosciuto, nella nostra civilt
occidentale, il momento della sua massima fioritura: il Medioevo.
Nellet scolastica i filosofi, quelli ufficiali, quelli che stanno nei manuali di filosofia, definivano
la filosofia come la astrazione delle verit universali dimostrabili che formavano il nucleo della
dimostrazione, dalle immagini mentali, da quelli che loro chiamava noi fantasmi.
Dunque definivano la filosofia come un abbandonare il campo delle immagini per approdare al
campo delluniversale.
Ora, anche gli alchimisti si definivano filosofi ma, come vedremo, intendevano questa definizione
in senso molto diverso dai filosofi della Scolastica.
Gli alchimisti cominciano a lasciare traccia di s nella nostra cultura medioevale a partire dal
XII secolo, quando i primi testi tradotti in latino dallarabo introducono nelloccidente un sapere
che viene recepito come novitas.
Dallarabo al latino si traducono in quellepoca molti testi filosofici e scientifici, e quando si
traduce per esempio - un testo astronomico o astrologico si pu risalire ad auctoritates dellet
classica per collocare questo sapere.
Quando si traducono testi medici, anche l ci sono autori della tarda anti chit che hanno
costituito il solco di una tradizione.

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Ruggero Bacone frate francescano fra i primi Alchimisti

Quando si traducono invece testi alchemici, arriva qualcosa che assolutamente nuovo, qualcosa
che assolutamente inedito per quella cultura, per quellepoca. Ma, appunto, questo qualcosa
definito, dagli autori che ne scrivono, filosofia.
Gli alchimisti dunque si definiscono filosofi
ma, diversamente dai filosofi scolastici, non
vogliono astrarre luniversale dallimmagine,
non vogliono abbandonare il sostrato
materiale dellimmagine. Si pu prendere
come motto degli alchimisti una frase che
ricorre spesso nei testi dellelixir, quelli che
appunto allinizio del 300, come vedremo in
seguito, sembrano riportare alla luce il
significato pi primitivo e pi pieno del
sapere alchemico. In molti di questi testi
ricorre una frase che in latino dice "Accipe
nigrum nigrius nigro" (prendi quella cosa
oscura che pi oscura dello scuro).
lalchimista maestro che spiega al suo
discepolo, perch il sapere alchemico si
trasmette in una iniziazione, in un contatto
diretto, familiare fra il maestro e il discepolo,
e il suo discorso concerne la materia prima, il
segreto centrale dellalchimia, il cui mistero e
la cui indeterminatezza sono qualcosa che non pu essere tradotto in concetti. Eppure lo stesso
alchimista, che insegna a partire da questa oscurit pi oscura dello scuro, si definisce filosofo.
La materia prima non pu essere detta, non pu essere definita, non pu essere ridotta in parole
che esprimono concetti o appunto una definizione precisa, ma deve essere indicata attraverso un
paradosso per poter essere comunicata; pu solo essere mostrata, eppure si deve insegnare a
raggiungerla, a lavorarla: la conoscenza della materia prima deve essere veicolata da un
linguaggio che per non pu essere il linguaggio della astrazione.
Lalchimia dunque non una scienza dimostrativa,
come invece la filosofia si propone e riesce ad essere,
in et scolastica. Linsegnamento alchemico
comunicazione di una sapienza che si apprende
attraverso unesperienza multiforme, il cui scopo
iniziale quello di mettere in contatto con il
substrato materiale della realt, ed il cui scopo
finale quello di dare a questo substrato materiale
della
realt
la
massima
perfezione.
Lincorruttibilit, appunto, di cui loro un simbolo
ed anche una realizzazione concreta ma parziale.
Questa esperienza non esclude lesperienza
intellettuale vera e propria, ma la ingloba insieme
ad altri tipi di esperienza.
Gli alchimisti insegnano ai loro discepo li a
documentarsi sui libri, a leggere, anzi a leggere
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molto perch un libro ne apre un altro, un libro dice le cose che nellaltro sono rimaste nascoste.
Ma insegnano anche ad abbandonare i libri nel momento in cui non servono, nel momento in cui
bisogna tacere e osservare quello che fa il maestro, nel momento in cui bisogna raccogliersi e
aspettare lilluminazione. Insegnano a non limitarsi semplicemente a leggere i libri facilmente
disponibili, ma ad andarli a cercare, in una ricerca che un viaggio, spesso figurato ma spesso
anche no. Un alchimista della met del 300, Leonardo di Maurperg, ha lasciato un vero e proprio
taccuino dei suoi viaggi, degli incontri che ha fatto, delle ricette che ha imparato dalluno, dei
segreti che ha appreso dallaltro e dunque ci racconta quasi dal vivo quello che effettivamente
era un coinvolgimento del corpo, un coinvolgimento non solo intellettuale, in questa ricerca.
Quindi la ricerca, il viaggio, lincontro casuale: tanti racconti alchemici narrano proprio della
scintilla che scocca, quando uno che va alla ricerca incontra laltro che sa - ma non sapeva dove
era laltro che sapeva, lo incontra quasi per caso, lo riconosce.
Lo riconosce perch, dice un altro trattato, il Libellus de alchimia attribuito ad Alberto Magno,
gli alchimisti dovunque siano si riconoscono fra loro, e se ce ne sono due o tre in una grande
citt, si troveranno e cominceranno a conversare fra loro. Quindi lincontro; e poi la devozione
dellapprendista al maestro e anche laffinamento etico, e infine lilluminazione che pu venire
direttamente da Dio o pu venire attraverso le parole del maestro: sono tutti modi, un mosaico di
modalit con cui gli alchimisti entrano in possesso, o si potrebbe anche dire che vengono
posseduti, da una sapienza che non rinuncia a voler includere la materialit del reale. Dunque la
conoscenza alchemica non astrae il concetto dal fantasma, ma ne riconosce lirriducibilit a
parole: eppure si dichiara filosofia.
Per non far torto a questo carattere dellalchimia,
non riducibile, appunto, a parole (per quanto
possano essere non rigorosamente astratte o
concettuali), ho scelto di costruire questa mia
conversazione con laiuto di una serie di immagini.
Questa scelta anche legata al fatto che, come ho
gi anticipato, ritengo che un momento cruciale
nella storia dellalchimia sia il passaggio fra il 200
e il 300; perch in questo sapere, che i latini
avevano ricevuto dagli arabi e nel quale dapprima
avevano soltanto confusamente creduto di
riconoscere una specie di super-metallurgia, larte
di fare loro dai metalli vili (e questo si mantiene
vero per tutti i testi del 200), in esso a un certo
punto - per una serie di influssi interni e forse
anche esterni - gli alchimisti occidentali
cominciano a riscoprire quello che il senso pi
complessivo dellalchimia.
Lalchimia arriva cos ad essere compresa come ricerca della perfezione materiale non solo dei
metalli, ma anche del corpo umano: quindi una ricerca di perfezione che coinvolge lo stesso
artefice, in prima persona, e anche una ricerca di perfezione che non pu prescindere da un
affinamento etico e dunque da una crescita spirituale dallinizio alla fine di questa ricerca.
Questo complesso di idee lo riconosciamo nei testi del primo 300, e in particolare in quei testi
dedicati alla ricerca dellelixir, molti dei quali sono stati tramandati sotto il nome di un filosofo
che si chiamava Raimondo Lullo, una filosofo catalano contemporaneo di Dante Alighieri,
http://goo.gl/nLn9r http://goo.gl/8kQH2 che di per s non aveva scritto niente di alchimia, anche
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se nelle sue opere si vede che era al corrente


dellesistenza di essa, ma anzi diffidente nei suoi
confronti. E tuttavia si cominciano a scrivere dei testi,
attribuendoli a lui, che hanno, rispetto ai testi
precedenti e rispetto a tutta la successiva tradizione
dellalchimia post quattrocentesca, una caratteristica
estremamente interessante. Vogliono infatti
chiaramente mettere in comunicazione questo sapere
che nasce dal fare, da questa ricerca di un opus che
produca un agente di perfezione, con il sapere filosofico
del loro tempo.
Il pi importante, il primo di questi testi si chiama
Testamentum, ed un esempio di questo tentativo di
collegare questi due piani. Usa il linguaggio dei filosofi
per dire cose che un filosofo non potrebbe mai dire, per
esempio che "il vero temperamento, il vero equilibrio
degli elementi lo si ottiene attraverso unoperazione
manuale". Un filosofo scolastico non avrebbe mai
pensato che loperazione manuale fosse una via di accesso alla filosofia: al massimo loperazione
manuale aveva una sua dignit come attivit utile allumanit, ma non una dignit filosofica.
Invece lalchimista dice proprio questo. Allora, ecco i testi dellelixir, i testi attribuiti a Raimondo
Lullo come momento nel quale io vedo confluire tutti i temi dellalchimia in una formulazione
particolarmente rilevante perch cerca il dialogo con il resto del mondo, con il resto della vita
intellettuale del suo tempo. In seguito il rifiuto dellistituzione universitaria, il rifiuto del sapere
ufficiale, a confrontarsi con questo sapere alchemico, cio ad includerlo nel novero delle
discipline legittime - cio insegnabili -, indurr gli alchimisti a richiudersi in un ambito, sempre
pi ristretto, ad occultare il proprio sapere che come dice Gilbert Durand, occulto, per noi,
perch stato occultato, in quel momento storico.
Dellalchimia pseudo-lulliana, attribuita cio a
Raimondo Lullo, esistono molti manoscritti, uno
dei quali, conservato nella Biblioteca Nazionale
di Firenze, un documento splendido. un
manoscritto della fine del 400, che per riporta
testi sullelixir scritti nel secolo precedente, un
manoscritto probabilmente confezionato per un
medico, poich sono molti in quellepoca i medici
che hanno interesse per lalchimia fra il 300 e il
400; comunque chiaramente un manoscritto
commissionato da una persona molto danarosa e
contiene una serie di miniature , dipinte dal
celebre miniaturista Gerardo da Cremona, che
accompagnano i testi. Queste miniature stanno,
in genere, nei capilet tera iniziali dei testi;
quindi hanno una funzione esornativa, ma anche
visualizzano dei motivi che sono, in questi testi,
motivi centrali. Ecco allora perch ho scelto
questa serie di miniature. Non ho portato tutte

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le miniature contenute in questo manoscritto, ma una scelta che ho ritenuto particolarmente


significativa.
La prima immagine proprio il primo capolettera della prima opera contenuta in questo
manoscritto, il Testamentum, e ha due settori, entrambi significativi (Figura 1). Limmagine di
sinistra, la donna bionda che si strappa i capelli, col volto palesemente in lacrime, la natura
che si lamenta. Il motivo di natura lugens un motivo che percorre la poesia tardo latina e poi
torna nel XII sec. e che ancora ritroviamo in Jean de Meung. Natura si lamenta e dice
allalchimista che alcuni vogliono strapparle i suoi segreti, vogliono lacerarle le vesti, afferma
"morti me tradere volunt" (mi vogliono ammazzare). Riecheggia in questo lamento il titolo del
libro di Carolyn Merchant, La morte della natura. La Merchant ha analizzato un accadimento
storico collocandolo nel momento in cui proprio arrivato a compimento, al tempo della
rivoluzione scientifica in cui la natura come grande dea, come figura divina era ormai decaduta a
oggetto dellindagine e quindi torturabile, come diceva nel 600 Francesco Bacone.
Nellimmagine del manoscritto
abbiamo una natura che ancora
vitale ed in grado di
lamentarsi, non ancora stata
definitivamente
uccisa,
ma
manifesta proprio nelle sue
parole questo pericolo e si
appella allalchimista perch
solo
lalchimista
potr
comprendere i suoi segreti in
maniera non lacerante, in
maniera non violenta.

Lalchimista infatti, come vedremo in seguito, ha un modo di rapportarsi alla natura per cui la
natura gli svela volentieri i suoi segreti, perch sa che non ne far cattivo uso, perch ha
raggiunto una consapevolezza etica che gli consente di fare buon uso dei segreti di natura e una
metodologia di approccio per cui interagisce con la natura ma non "la mette alla tortura" frase,
questultima, di Francesco Bacone.
Laltra immagine, quella racchiusa nella lettera O, invece unillustrazione sintetica di che cosa
lalchimia. La scena illustra langelo che guida Tobia, il Tobia biblico, nel ritorno verso casa,
dove con il fiele del pesce guarir la cecit del padre. Tobia raffigurato un po pi giovane che
nellepisodio biblico, un bambino (vedremo alla fine il perch di questa piccola figura di puer), e
il pesce un simbolo dai molti significati, ma qui sta chiaramente per il "farmaco. Dunque
lalchimia perch? Per ottenere il farmaco, non un farmaco, ma il farmaco, il rimedio
universale. Langelo il segno della rivelazione, cio indica che questo sapere alchemico
appunto un sapere dalle caratteristiche particolari. Il francescano inginocchiato, a sinistra, che
ammira questa scena con devozione, unimmagine di Raimondo Lullo. Raimondo Lullo che non
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fu mai veramente francescano ma si accost allordine francescano e ne divenne terziario qui


raffigurato con il saio, e quindi mostra lalchimista nella veste di un francescano, di un
francescano probabilmente eremita perch il paesaggio un paesaggio della campagna. Tutte le
scene sono sullo sfondo di un paesaggio di questo genere, un paesaggio toscano, poich Gerolamo
da Cremona, lillustratore, lavorava fra Firenze e Perugia.
Il francescano alchimista indica anche unaltra cosa, e cio il coinvolgimento di questo ordine
nellalchimia. In verit entrambi gli ordini mendicanti, e anche vasti settori della chiesa, si
interessarono allalchimia.
Ma i francescani, soprattutto i
francescani
spirituali

cio
appartenenti a quella corrente che
voleva conservare la pi rigorosa
adesione alla povert e che accolgono
idee tardo-gioachimite - sembrano
particolarmente
interessati
alla
ricerca alchemica dellelixir. Ci sono
molti nomi di francescani associati,
leggendariamente o no, alla ricerca
alchemica.
Passand o alla seconda immagine
vediamo, sempre sullo sfondo del
solito paesaggio, la fonte del sapere
dellalchimista:
il
raggio,
lilluminazione divina che viene
dallalto in risposta a un chiaro atteggiamento di preghiera (Figura 2). Dunque la devozione
come atteggiamento che permette di ricevere un sapere che, per quanto si definisca filosofico,
percorre vie diverse da quelle della filosofia aristotelica.
Come ho gi detto, il sapere dellalchimista, la metodologia che lalchimista segue per ottenere il
suo prodotto, una metodologia che lo mette in una relazione non violenta e di collaborazione e
di interazione con la natura e quindi la prossima serie di immagini vogliono proprio far vedere
alcuni aspetti di questo sapere.
La terza immagine simboleggia lopus alchemico nel suo complesso (Figura 3). Opus un
termine che propriamente si traduce con litaliano "operazione", ma perde il suo sapore; e quindi
il processo alchemico si continua in
genere a definire con il termine latino.
Lopus alchemico viene qui illustrato con
lesempio dellagricoltura. Il parallelo fra
lalchimia e lagricoltura presente in
alcuni testi alchemici e, prima che in essi,
negli scritti di Ruggero Bacone, un
filosofo del 200 appartenente allordine
francescano, che propose al papa
Clemente IV un progetto di riforma della
cristianit incentrato sulla sapienza
alchemica, sullastrologia e sulla scientia
experimentalis in genere.
Il
paragone
alchimia/agricoltura

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raffigurato con i due buoi che tirano laratro; leremita appare nella veste dellagricoltore che
prepara i solchi. I due buoi sono uno doro e uno dargento, vera foglia doro e vera foglia
dargento ovviamente nella miniatura (il manoscritto una meraviglia). E il piccolo personaggio
che sta sopra il carro Mercurio, con i piedi alati e con uno strumento musicale. una delle
prime testimonianze del legame fra lalchimia e la musica, che poi sar sviluppato soprattutto in
et barocca. Probabilmente qui unallusione al fatto che lalchimia si inserisce in una visione
del mondo basata sullarmonia, la visione del mondo che noi conosciamo come dottrina della
simpatia universale, quella cio per cui in un cosmo che sostanzialmente unitario le cose si
collegano fra loro non in maniera meccanica, ma per influssi qualitativi, per somiglianze, per
affinit - appunto simpatie.
Di fatto questa una dottrina ermetica e lermetismo, ovvero la filosofia che fa capo alla figura
mitica di Mercurio lo sfondo filosofico dellalchimia. La Tabula Smaragdina, testo ellenistico
che gli alchimisti considerano come il fondamento del loro sapere, si narrava fosse stata ritrovata
incisa in una tavola di smeraldo che la statua di Ermete reggeva nelle mani, in un luogo
sotterraneo - quindi ritrovata al termine di un percorso iniziatico. Questo testo comincia dicendo
"ci che in alto come ci che in basso e ci che in basso come ci che in alto per realizzare
il miracolo della realt che una". E quindi Ermete presentato come il capostipite, il padre,
lorigine della sapienza alchemica.
La quarta figura, Lalchimista, che nellimmagine precedente preparava la terra, ora la
semina con semi doro e dargento, come doro e dargento erano i due buoi che tiravano il carro
(Figura 4). Questi sono i semi della perfezione, e limmagine sta a significare che lalchimista non
lavora in maniera innaturale o contro natura, ma prende ci che gi esiste a livello di perfezione
embrionale, appunto di seme, per portare a perfezione anche tutto il resto della realt materiale,
che i processi naturali hanno lasciato imperfetto o incompiuto. Per poter compiere ci
necessario produrre un qualcosa, il famoso lapis philosophorum, che non una pietra, anche se il
suo nome significa pietra dei filosofi.
Come dice Morieno, un alchimista
arabo il cui testo fu il primo
tradotto in latino nel XII secolo,
"Ricordati bene che le pietre non
hanno
nessuna
parte
in
questopera".
Quindi lapis philosophorum un
nome emblematico per dire il
prodotto incorruttibile dellopus
(anche chiamato elixir), prodotto
che ottenuto seminando la
perfezione, che come il frutto di
perfezione
che
diffonde
la
perfezione,
moltiplicandosi
e
rendendo perfetto tutto ci con cui
viene in contatto.
Linterazione fra lalchimista e la natura non dunque uno stravolgimento o un intervento
estrinseco sul corso naturale, ma linserimento dellintenzionalit cosciente umana, che vuole
portare alla perfezione totale lintero cursus naturae che, come dice il nostro alchimista nel
Testamentum, talvolta si distorce, cio devia dalla originaria direzione verso la perfezione.
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Questa direzione viene recuperata attraverso lintenzionalit umana, la coscienza: ecco dunque
lalchimista come seminatore. Ma limmagine del seminare anche unimmagine che pu
passare dalla metafora agricola a quella sessuale: e, come vedremo, c uno sviluppo di questo
tema. Linterazione fra lalchimista e la natura, visualizzata come immagine femminile divina,
viene ad essere pensata in termini nuziali, nei termini della coniunctio. Su questo torneremo pi
avanti.
Nella quinta immagine
vediamo lalchimista che fa
unoperazione curiosa, sta
tingendo dei rami.
Il riferimento immediato alla
parte di testo che ora comincia
e che si intitola "rami della
tintura", cio la parte del testo
che tratta del tingere. Questa
espressione ci riporta alla
parte manuale in senso
stretto,
artigianale
dellalchimia, a ci per cui
lalchimia si definisce ed
definita una ars, non nel senso
di unarte estetica ma di una
techne, cio di un fare materiale.
Lalchimia infatti una ricerca sui materiali e perci ha piena legittimit concepire lalchimia
anche come una madre della chimica o protochimica, come una ricerca dalla quale poi discendono
anche i procedimenti scientifici della chimica. In questa ars, appunto il momento culminante si
definisce tingere, perch la compenetrazione di perfezione che lelixir opera sulle cose con cui
viene messa a contatto analoga a quella con cui una piccolissima quantit di principio del
colore, per esempio della porpora diluita e lavorata e trattata in un certo modo, riesce a imbibire
una grossa quantit di materiale grezzo, per esempio di stoffa. Ora per questi rami che
lalchimista sta tingendo sono rami di palma e la palma un albero simbolico dellimmortalit,
che come vedremo ricorre in unaltra immagine che incontreremo fra poco. Dunque questo suo
tingere non solo il tingere del
tintore, ma ha un doppio livello di
lettura: e del resto in un testo
dellalchimia dellelixir contenuto
anche in questo manoscritto, il
Rosarius attribuito ad Arnaldo da
Villanova, la tintura paragonata
allanima che, portata dallacquaspirito, imbeve il corpo materiale,
rendendolo perfetto.
Nella sesta figura vediamo
invece un altro aspetto che quello
della cottura e del raffinamento,
della separazione delle impurit
dal materiale grezzo. Questa una
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delle miniature pi misteriose della serie (Figura 6), perch questo materiale grezzo
raffigurato con due facce umane, chiaramente, ma come vedete sono due tartari, che allepoca in
cui viene scritto il Testamentum (pi che a fine 400, quando vengono fatte le illustrazioni) sono i
popoli assolutamente al di fuori della civilt. Questa immagine perci dice due cose insieme: una
che metalli, minerali, esseri viventi, sono tutti una parte dellunit del tutto. I metalli, dice un
frammento attribuito ad Ermete, sono anche essi animati, sono dotati di vita; ecco perch degli
esseri umani possono raffigurare i metalli posti nel fuoco a purificarsi.
Il testo a cui questa iniziale d lavvio si apre dicendo che la purificazione che avviene nel fuoco
dellalchimista fa sollevare delle nubi nere piene di mostri, che sono le impurit che si
allontanano dalla materia prima che stata messa nel fuoco. Dunque il fuoco presentato come
lo strumento dellalchimista, e la materia prima esemplificata da queste due teste umane ed il
nero delle impurit dai mostri (chimere, bestie strane e mitologiche che stanno allontanandosi).
Dunque col fuoco lalchimista separa le componenti di una sostanza, le componenti impure, e poi
distilla, cio fraziona una sostanza nelle sue varie componenti.
La settima immagine si
riferisce alla distillazione vera
e propria, cio non ad un
lavoro fatto a partire da una
materia prima minerale, ma
ad una materia prima che
chiaramente il vino (perch c
un torchio: Figura 7).
Infatti questa iniziale si
riferisce al Liber de secretis
naturae, che un testo sulla
distillazione
della
quinta
essenza, distillazione della
essenza
incorruttibile,
luminosa, che sta nel cuore di
tutte le cose ma che meglio di
tutte si estrae come dicono
lo
pseudo
Lullo
e
il
francescano spirituale Giovanni da Rupescissa nel 1350 - proprio dal vino.
Il vino infatti deriva dalluva, dal frutto che racchiude in se stesso il calore vitale del sole; e
attraverso questa serie di trasformazioni (sole, uva, vino, quinta essenza) lopera dellartefice
ottiene il principio vitale, che nel calore del sole racchiuso e che il principio quintessenziale,
la quintessenza della realt elementare.
Che il frutto dellopus sia lanima dei metalli, o che sia la quinta essenza del vino, uno il
principio di perfezione, che racchiude in s due caratteristiche: "incorruttibile", sia che sia fatto
raffinando metalli, sia che sia ottenuto dal vino.
La quintessenza un prodotto che invece - dice Giovanni da Rupescissa - sovraelementare, non
si corrompe, non n freddo n caldo n umido n secco, ma ha le funzioni di tutti gli elementi,
di cui radice unica.
Ma, oltre ad essere il principio della perfezione, questo prodotto un principio dinamico, perch
questa perfezione che possiede pu generarla in ci con cui viene in contatto, dunque ha in se
stesso un dinamismo di ordine vitale per cui cresce e si diffonde.
E chiaro allora che ci che stato ottenuto nellopus alchemico ununione degli opposti, della
vita e dellincorruttibilit, o del dinamismo e della perfezione incorruttibile.
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C per un problema a cui gli alchimisti sono sensibili, alcuni


almeno: la distillazione, o comunque le operazioni alchemiche
in genere, permettono soltanto di estrarre il principio vitale
dalle realt materiali in cui gi presente, o permettono di
crearlo, di farlo manualmente?
E una problematica che nei testi arabi e nei testi latini si
esprime con il privilegiare o meno, come materia prima
dellopus, sostanze che noi oggi definiamo organiche, oppure
sostanze inorganiche.
Cio da una parte piante, tessuti animali, per esempio il
sangue, oppure sostanze invece inerti, i metalli, i minerali.
Nellimmagine ottava, si vede lalbero della palma, che
lalbero dellopus alchemico; in esso tutte le foglie di destra,
cio le foglie sostituite da lettere, raffigurano i diversi stadi
dellopus che il testo descrive; alla base dellalbero c un vaso.
Un vaso molto particolare: chi conosce la medicina medioevale
vi potr riconoscere un orinale, e dunque il liquido che
contiene urina umana che il principio, la materia prima da
cui si parte, secondo lalchimista che ha scritto questo testo, il Liber de investigatione secreti
occulti, per fare il lapis philosophorum, perch si deve partire da una sostanza che abbia gi in
s il principio della vita.
Immagine ottava, bis Questa per lopinione di una
corrente dellalchimia dellelixir, perch altri alchimisti invece
sostengono che si pu partire da qualunque sostanza, anche
dai metalli, anche dai minerali, perch il principio vitale si
ottiene attraverso le manipolazioni, attraverso lestrazione
dellanima (Figura 8bis).
Secondo questi ultimi alchimisti, lalchimia permette in verit
di estrarre da qualunque cosa, da qualunque elemento, da
qualunque materia prima, lanima.
Ed essa il filius, che lalchimista ha ottenuto dalla
gravidanza della natura.
C un passo, che ricorre in diversi testi quasi con le stesse
parole, in cui lalchimista raccomanda al figlio: "quando avrai
ingravidato la natura" cio quando avrai lavorato la terra e
avrai seminato i semi della perfezione "aspetta il parto perch
la natura che detta i tempi e non tu".
Dunque si richiede allartefice non latteggiamento prometeico,
del fare che dominio sopra la natura, ma la capacit di
interagire con essa, saper aspettare.
Si richiede dunque allartefice una virt che tradizionalmente una virt femminile, ma che
anche una virt degli alchimisti: la pazienza cio il saper patire, aspettare.
perch lalchimista sa aspettare che la natura non violentata dal suo intervento.
perch lalchimista riconosce alla natura il suo ruolo di soggetto vivente che non la riduce
appunto ad un oggetto.

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Il testo introdotto dalla nona


immagine non dello pseudoLullo ma attribuito ad Arnaldo
da Villanova e si chiama
Rosarius:
ecco
perch
la
miniatura raffigura le rose
(Figura 9). Ma la rosa doro
anche il dono che i papi, in et
tardo medievale e rinascimentale
portavano alle citt dove si
trovavano in visita, cio il segno
del passaggio del sacro. La rosa
doro anche il simbolo della
perfezione materiale viva (fiore) e
incorruttibile
(oro).
Viene
spontaneo laccostamento con
quel Segreto del fiore doro, testo
di alchimia taoista tradotto da Richard Wilhelm negli anni 20 del nostro secolo e commentato da
Jung, testo nel quale a un certo punto si dice "quando col tempo lopera compiuta, come se in
mezzo al non essere ci fosse un essere". Fin qui abbiamo visto che cos lalchimia; ora vediamo
come si rapporta lalchimista col sociale, chi lalchimista nel suo mondo.
La decima immagine ci mostra che
lalchimista, lalchimia interessa ai re
(Figura 10).
Il
personaggio
sulla
destra

chiaramente un re perch ha la
corona; e si pu anche riconoscere con
esattezza chi , perch il destinatario
della copia di dedica del Testamentum
pseudo-lulliano,
Edoardo
III
dInghilterra. Ma non affatto lunico
sovrano medievale che si interessi di
alchimia: sono tanti coloro che se ne
interessano, ed in particolare i sovrani
si mostrano interessati alla parte
metallurgica perch pensano di
coniare moneta con loro alchemico. Da
qui nasce il problema degli alchimisti come falsari, che si collega a tutta una problematica
giuridica che tuttavia articolata e complessa. C una tradizione, che radicata addirittura in
un breve passaggio di Tommaso DAquino nella Summa theologiae in cui si dice che "se gli
alchimisti mediante lopus riuscissero a fare delloro vero, coniare moneta con quelloro non
sarebbe peccato, sarebbe lecito"; su questa posizione si allineano diversi giuristi.
Un caso emblematico di rapporto fra lalchimia ed il potere regio si ha nellInghilterra del primo
400: lalchimia proibita fino a che, dopo la fine della guerra dei Cento Anni, le finanze inglesi
sono distrutte. A quel punto il re Enrico IV comincia a dare delle deroghe al divieto che uno dei
suoi predecessori aveva istituito, e comincia a dare il permesso a singoli alchimisti, come
mostrano i documenti dellarchivio inglese pubblicati nei Patent Rolls. Ci sono una serie di

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Ruggero Bacone frate francescano fra i primi Alchimisti

lettere-patenti che dicono pressa poco: il tale pu esercitare lalchimia, purch lo faccia
ovviamente per me, sotto la mia giuris dizione.
Quando poi gli alchimisti non riuscivano - le tecniche di saggiatura delloro erano gi ben
conosciute e si poteva benissimo vedere che quel che veniva fuori dalle loro manipolazioni non
era oro -, se non fuggivano i sovrani erano pronti a gettarli in galera e anche a ordinarne la
messa a morte.
Quindi le vicende degli alchimisti
col potere sono controverse.
Interesse da una parte, per una
potenza che si avverte in questo
sapere e che viene interpretata
letteralmente come potenza di
fare ricchezze pressoch dal
nulla; dallaltra parte diffidenza e
quindi pronto castigo.
Esemplare a leggenda di Lullo
alchimista, che avrebbe fatto loro
per il re Edoardo ma, poich
questi
lavrebbe
usato
per
combattere i Cristiani anzich i
Saraceni (scopo per cui Lullo lo
aveva fatto) lalchimista si
oppone al re e di conseguenza
viene messo in galera: anche se poi proprio nel carcere si narra che gli succedono cose
meravigliose, riceve le rivelazioni degli Angeli... per in galera.
Nella successiva figura (Figura 11) vediamo invece che lalchimista ammaestra i dottori e i
filosofi; dunque lalchimia non come potere, ma come sapere .
Lalchimia si coniuga fra il 200 e il 300 con il sogno del farmaco universale che nasce allinterno
della ricerca medica e farmacologica, forse sulleco di ricerche orientali di cui Ruggero Bacone a
Oxford poteva ben essere a conoscenza e che trova ascolto anche nella curia papale.
C infatti molta attenzione da
parte dei pontefici, dei cardinali
per il farmaco che ringiovanisce,
per il farmaco che mantiene il
corpo efficiente. In un mondo
cristiano non si pu pensare al
farmaco dellimmortalit in senso
stretto perch questo sarebbe
hybris eccessiva, ma si pensa ad un
farmaco che consenta di vivere dicono gli alchimisti - fino al
termine ultimo stabilito da Dio,
evitando tutte le cause di morte
precoce.
Questa
ricerca
del
farmaco
alchemico come medicina, panacea
e elixir contro tutti i mali, sfocia in una applicazione della distillazione alla ricerca
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Ruggero Bacone frate francescano fra i primi Alchimisti

farmacologica, a met del 300, con il francescano Giovanni da Rupescissa che uno dei
precedenti di Paracelso della ricerca iatrochimica di Paracelso.
Ci che spiega perch i medici rinascimentali sono interessati a questo sapere.
Nella dodicesima immagine il medico che stringe la mano allalchimista una persona
particolare: Arnaldo da Villanova, che compare in una versione della leggenda di Lullo
alchimista, in cui si dice che Arnaldo sapeva fare la distillazione ma non ne conosceva il quadro
di riferimento alchemico.
Quando questo gli viene insegnato dallalchimista i due diventano socii, condividono la stessa
ricerca, e a questa comunanza di interessi allude il fatto che si stringono la mano in gesto
amichevole (Figura 12).
Nella figura successiva vediamo
invece raffigurato linteresse dei
religiosi per la ricerca alchemica
(Figura 13). Il monaco vestito di
bianco un certosino; e infatti
lillustrazione riferita al Liber de
secretis naturae, che lalchimista
avrebbe scritto su richiesta di un
monaco della Certosa Parigina.
Quello che qui viene illustrato il
momento in cui lalchimista
consegna al monaco il libro che gli
stato richiesto.
Di fatto ci sono numerosi divieti di
praticare lalchimia rivolti dagli
ordini religiosi ai propri membri;
ma proprio il ripetersi per di questi divieti mostra che in realt i religiosi praticavano la ricerca
alchemica con tutte le implicazioni che questa ha relativamente alla salvezza del corpo e alla
salvezza spirituale, con la sua richiesta di perfezionamento anche etico, di disposizione religiosa
nei confronti della natura e naturalmente anche di ricerca medica dellelixir.
Del resto tutti quei liquori che nelle Certose, nelle fondazioni di antica memoria ancora si
producono, testimoniamo una tradizione di distillazione che poi si certo abbassata a scopi pi
utilitaristici, ma che radicata in questo sapere.
Cera, in Italia, un ordine religioso che fu soppresso alla fine del 600, fondato dal senese
Giovanni Colombini dopo la peste nera verso il 1365/67 per assistere gli ammalati di peste e i
moribondi, che venne presto ribattezzato "I Frati Speziali" o "I Fratelli dellAcquavite". In tutte
le fondazioni di questi Gesuati, cerano officine di distillazione, perch era coi farmaci distillati
che essi curavano i malati gravi e i moribondi.
Un testo attribuito ad Arnaldo da Villanova racconta del resto come si possa ottenere mediante
la distillazione un farmaco che in grado di risuscitare i morti," vel quasi" dice -, insomma non
proprio del tutto.
Cio si pu far s che una persona che sta malissimo, che sta perdendo i sensi, che se ne sta
andando allaltro mondo, ma che non ha fatto in tempo a fare testamento o a confessarsi, si
riprenda con questo prodotto alchemico, detto appunto perci elixir vitae, quel tanto che basta
per mettersi in pace con Dio e con gli eredi: e pare che i Gesuati di questa possibilit vel quasi ne
abbiano forse un po abusato.

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Nella figura che segue vediamo


lautorit massima del mondo
medievale,
il
papa.
Questa
immagine per non molto lineare
come leggibilit, la pi misteriosa
(Figura 14). Questo animale, volpe
o furetto che fa cadere il triregno
dalla testa del papa, io (e gli altri
studiosi che hanno
analizzato
questo manoscritto) non riesco a
interpretarla. Quello che si capisce
che c una certa animosit fra
lalchimista e il papa. Lalchimista
agita il vaso della materia prima in
maniera
leggermente
intimidatoria, mentre il papa
pare - sta perdendo di fronte
allaltro il simbolo del suo potere: ed ecco che riappare quel piccolo puer, vestito come nella prima
immagine, che mi induce a pensare che questa immagine indichi una contesa sul sacro e indichi
dunque laspetto negativo che fa da pendant allaspetto positivo dellalchimia come complemento
ad un discorso religioso che ha trascurato il versante della materia: ma su questo rinvio al testo
di Carlo Cicali e Dario Squilloni. Di fatto, nella perfezione alchemica della materia possibile
innestare il rinnovamento della chiesa, come Bacone aveva auspicato, come il puer dellimmagine
sembra mostrare, ma anche leggervi la minaccia di rovesciamento del potere temporale: e il
legame della ricerca alchemica con i movimenti spirituali del tardo medioevo cui ho gi
accennato - sembra andare piuttosto nella seconda direzione.
La conflittualit con la figura massima della cristianit si manifesta in alcuni fatti storici: la
condanna degli alchimisti come falsari che pronunci Giovanni XXII, la persecuzione contro gli
alchimisti da parte dellinquisitore della corona dAragona Nicola Eimerich alla fine del 300, che
contraddicono linteresse che i papi e i cardinali avevano mostrato per la ricerca dellelixir fra il
200 e il primo 300, che chiudono questa possibilit, forse perch appunto stato compreso che
lalchimia conteneva una visione del mondo che non poteva andar daccordo con quella che il
potere ecclesiastico, alla fine del medioevo, sosteneva. Ecco allora lalchimia che, a quel punto,
rifiutata dalle universit, osteggiata dallautorit massima e ambiguamente favorita dal potere
secolare, si rintana, si rinchiude in una sua sfera di ricerca, si occulta e diventa ci che per noi
oggi una scienza occulta. E allora che vuol dire, che senso ha riprendere oggi in considerazione
una ricerca di questo tipo? La risposta, o almeno la mia motivazione, radicata sia nel discorso
di Jung, su cui per qui non mi soffermo, sia in un discorso che emerge da ricerche sulla
tradizione esoterica per esempio in Francia. Ritornare allalchimia non vuol dire dedicarsi a
stranezze o concedersi delle divagazioni, per quanto affascinanti, ma cercare di rimettere a tema
del pensiero un materiale che non si presenta cos unilaterale, cos astratto, cos
schematicamente universale come la definizione di scienza e di filosofia nella modernit di fatto
sono. Lalchimia stata definita da una studiosa francese contemporanea, Franoise Bonardel "il
continente nero del pensiero occidentale", riprendendo coscientemente quella definizione che
Freud ha dato delle donne e del femminile. Continente nero in cui il pensiero occidentale ha
cessato - dice Bonardel - di volersi avventurare in un dato momento della sua storia. Ecco,
tornare a questo sapere significa fare un passo indietro rispetto a quel momento della storia in
cui il pensiero moderno ha messo le basi per lunilateralit e per la violenza contro la natura che
lo caratterizzano, e ritrovare un sapere simbolico che - per usare una frase di Paul Ricoeur - "d
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da pensare". Il simbolo d da pensare. Il simbolo non qualcosa da cui si astrae un concetto, ma


qualcosa su cui si lavora anche col pensiero per andare oltre, per superare questo
atteggiamento prometeico unilaterale della coscienza occidentale. Dunque lalchimia come
sapienza, che superando questo atteggiamento prometeico suggerisce, indica, d da pensare un
nuovo rapporto possibile tra gli esseri umani e il mondo. Un prendersi cura del mondo nella sua
materialit, uninterazione cosciente volta alla perfezione di entrambi i soggetti di una relazione,
quella fra esseri umani e natura, che costituisce anche la nostra realt.
Dibattito
- [Pubblico] Quando parlava sul tema della distillazione, dellestrazione di unessenza che in
qualche modo supera laspetto materiale, mi sembra che facesse emergere degli echi in un certo
senso heideggeriani. Nel pensiero di questo filosofo, il tema del disvelamento del naturale
prefigurava un finale positivo, una techne positiva, mentre la lettura, lapproccio di tipo ecologico
di segno opposto. Nellars, nella techne, nellatteggiamento di non violenza degli alchimisti nei
confronti della natura mi sembra di sentire in fondo una sorta di insegnamento attualizzabile.
- [Pereira] S! il tema della trasformazione possibile e delle modalit possibili per trasformare.
Gli alchimisti non sono sostenitori del non intervento, anzi sono sostenitori del fatto che la
coscienza, il possesso dellintenzionalit d allessere umano la possibilit, anzi lobbligo in
qualche modo di portare lopera di perfezione al suo compimento. Opera di perfezione che gli
alchimisti, come Cristiani, ovviamente vedono iniziata da Cristo, ma rimasta incompiuta, perch
Cristo ha redento il piano spirituale, le anime, mentre rimasto da redimere tutto il piano dei
corpi e della materia. Dunque la tecnica come una possibilit positiva; e del resto Ruggero
Bacone, che appunto un personaggio chiave per capire gli sviluppi dellalchimia fra il 200 e il
300, convinto che le tecniche, anche quelle che oggi a noi sembrano le pi astruse e quelle che
anche ai suoi tempi venivano identificate con la magia e quindi con le arti dellAnticristo,
possano e debbano essere utilizzate dai Cristiani nella loro guerra contro lAnticristo e per lo
sviluppo morale dellumanit. Bacone colloca lalchimia nel sesto livello della sua enciclopedia
delle scienze, in quei tre testi che dedica al Papa Clemente IV chiedendogli di intervenire per
riformare gli studi e, attraverso gli studi, la cristianit; al settimo livello cio al pi alto quello a
cui introducono le conquiste della scientia experimentalis (tra le quali c lalchimia), c la
morale. Dunque c una enciclopedia delle scienze che parte dal dato rivelato, dalla conoscenza
biblica attraverso le lingue, attraverso la matematica, lottica (perch rivela il la modalit
radiante in cui con cui tutte le realt si influenzano luna allaltra) e poi appunto le scienze
sperimentali. E dopo il completo possesso di tutte queste scienze, lapertura ad un sogno
tecnologico che per lepoca medievale appare incredibile (si potranno fare scrive Bacone - navi
che possono scendere sotto lacqua con degli uomini dentro, carri che si muovono da soli ecc.): ma
tutto questo ha come scopo il perfezionamento morale dellumanit. Questa pagina di Bacone
stata ripresa allepoca del secondo Bacone, cio nel 600, per dimostrare come si pu dominare la
natura. Ma allepoca del primo Bacone non cera una volont di dominare la natura: nei testi
alchemici di questepoca non c la parola n il concetto dl dominio, c piuttosto lidea
dellinteragire, del portare a una perfezione che della natura e dellartefice, dellartefice e della
natura. Non si pu distinguere, a quellaltezza cronologica, fra una alchimia spirituale e
unalchimia operativa. Lalchimia operativa chiede e d perfezione spirituale, la chiede come
esigenza iniziale e la conferisce come sapienza accresciuta alla fine; e viceversa il vero sapiente
non pu poi che, in qualche modo, esplicare la sua sapienza operando, quindi facendo. Insomma
si pu vedere lalchimia oggi come cibo per il pensiero, nel senso di materiali che permettano di
immaginare, prima ancora che per pensare altre modalit di intervento umano sulla natura. Le
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operazioni che gli alchimisti facevano oggi non sono pi un lavoro sullignoto: sappiamo cosa vuol
dire, distillare, conosciamo le formule chimiche delle sostanze, in pratica chiunque ne abbia un
minimo di voglia si pu comprare lattrezzatura, i libri e impara e fa le quintessenze di tutto
quanto con risultati mirabili, pi che ai tempi di Paracelso. Ma il problema dellalchimia quello
che si manifesta nel discorso della materia prima - significa sapersi mettere in contatto con ci
che ignoto, con ci che pi oscuro dello scuro e saperci stare in relazione, sapendo che quella
relazione fruttifera per lumana coscienza e per loscurit della materia . Questo appunto non
oggi traducibile forse nelle tecniche che per gli alchimisti erano innovative e misteriose, ma
certamente pensabile nel rapporto fra gli esseri umani e questa cosa misteriosa che lo
strapotere che il nostro stesso operare ha assunto su di noi.
- [Pub.] Io volevo fare una piccola provocazione, a questo punto, visto che loperare pu
determinare dei cambiamenti sia nella materia prima sia nelloperatore. Ho letto che certe
ricerche di alchimisti hanno portato a delle scoperte straordinarie, eccezionali, scoperte che
anche alchimisti pi moderni hanno cercato di ricreare. Qualche studioso riferisce - e lo
riportano anche dei fisici - che probabilmente qualche cosa successo e presumibilmente questo
qualche cosa successo grazie a un certo potere delloperatore sulla materia. Questo significa, in
pratica, che in qualche modo la mente pu determinare una alterazione o comunque che il
soggetto non pu essere completamente fuori dal fenomeno alchemico che riguarda la materia.
La mia provocazione consiste in questo: ci sono studi che hanno cercato di dimostrarlo? Anche
nellantichit, ovviamente E, se ci sono, che cosa stato visto? Quali sostanze sono state
ottenute? Si parla di oro che non oro ma che simile a oro; potrebbe esserlo ma non proprio
oro
- [Per.] Credo di capire che lautore a cui ti riferisci Titus Burkhardt. La sua posizione a me
appare irritante, ancor prima che provocatoria, perch non da modo di capire alcunch, n della
disposizione psicologica, n di cosa effettivamente stesse facendo, n di cosa effettivamente ha
visto accadere; e se mi dice che cosa che si dice solo ad un iniziato, allora io gli chiedo perch
lha scritto in un libro che regolarmente in commercio. Il problema questo. C almeno un
autore che passato nella cultura latina in maniera abbastanza limitata come numero di scritti,
ma che ha influenzato per lappunto Ruggero Bacone, nellopera in cui presenta la teoria
dellirraggiamento, il De multiplicatione Specierum, che sembra avere dei fili abbastanza solidi
di collegamento con il tema dellagente di perfezione che perfeziona. Questo autore noi lo
conosciamo come addirittura " il filosofo degli arabi ", Al Kindi, il cui sapere risulta essere
radicato nella sapienza orientale dei Sabei di Harran; egli sosteneva che gli astri e anche i corpi
elementari e qualunque sostanza emettono dei raggi e che questi raggi sono il collegamento fra le
sostanze (cause) e gli effetti che si producono. E per, secondo Al Kindi, non c un legame di uno
a uno, fra causa ed effetto, ma ogni effetto determinato da tutti i raggi che convergono su di
esso e ogni causa, ogni sostanza irradiante emana raggi da tutta la sua sostanza, quindi in ogni
direzione. Questo significa che tutta la realt determinata, ma che questo determinismo
talmente complesso che non possiamo conoscerlo: dunque il determinismo ontologico produce
indeterminismo epistemologico. Significa inoltre che il mago, colui che conosce questo modo di
agire, pu modificare se stesso come centro emanante raggi e pu in questo modo modificare la
realt senza uscire dal determinismo naturale, senza introdurre quindi un elemento estraneo,
agendo allinterno della natura e secondo le sue leggi. Dunque questo autore, che pensava e
scriveva nel IX/X secolo, pensava in termini di feed-back ...Ecco, se questo sia la stessa cosa che
dice Burckhardt non lo so. Personalmente mi irrita meno Al Kindi di Burckhardt. Questo per
non vuol dire che la modifica di se stesso sia una modifica spirituale (nel senso di mentale), cio
quello che si intende banalmente quando si parla del valore spirituale o addirittura metaforico
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dellalchimia, come se lalchimia fosse una pia favoletta per cui gli alchimisti parlano delle cose
che fanno, ma vengono interpretati come se le loro operazioni come se fossero pensieri,
immaginazioni o addirittura fantasticherie. Non cos: il mago che si trasforma, per trasformare
fa qualcosa di se stesso, con se stesso, che non limitato al pensare di far qualcosa, cio agisce a
un livello materiale, anche se il livello materiale dei raggi un livello materiale sottile, ovvero
non la materia densa, dei corpi concreti. Certo che Ruggero Bacone prende lavvio da qui
quando parla non mi escono pi le parole di moltiplicazione delle specie. Quando poi gli
alchimisti parlano di moltiplicazione dellelixir o della perfezione indotta dallelixir, forse si
muovono ancora su quel piano. E questa concezione di fondo la possiamo forse riconoscere in una
pratica che ha qualche radice nelle ricerche post-paracelsiane, e cio nella medicina omeopatica,
in cui si ritiene che il farmaco agisca a partire dallassottigliamento che corrisponde ad una
capacit di potenza, quindi a una capacit di azione pi profonda e tendenzialmente pi
risonante (non voglio dire pi ampia perch pi ampia un termine troppo spaziale e concreto).
Anche in questo caso si pu pensare che siamo in un ambito di discorso che sempre un discorso
sulla realt naturale, ma in cui la realt naturale non soltanto, appunto, tavole e sassi cio non
soltanto il concreto materiale
- [Pub.] energia.
- [Per.] un modello probabilmente energetico, si!
- [Pub.] A proposito dellalchimia al tempo medievale, cui si riferiva, in letteratura ci sono diversi
esempi. Volevo sentire da lei, non so Dante
- [Per.] Dante definisce lalchimia come imitazione della natura, e dunque sembra stare dentro la
visione duecentesca dellalchimia come formazione di metalli perfetti, di metalli nobili a partire
dai metalli vili; e anche sembra non particolarmente favorevole allalchimia, dato che mette
allinferno i due alchimisti (Divina Commedia, Inferno, XXIX, vv. 118-120 Griffolino: "nellultima
bolgia delle diece / me per lalchimia che nel mondo usai /dann Mins"; 133-139 Capocchio: "s
vedrai chio son lombra di Capocchio, / che falsai li metalli con alchimia: / e te dee ricordar, se
ben tadocchio,/ comio fui di natura buona scimia"). Per poi c tutto un filone di letteratura
esoterica, che interpreta Dante e la Commedia come un poema alchemico che appunto, secondo
me, va nellordine dellintendere lalchimia come metafora di qualcosa daltro. Si possono trovare
delle utilizzazioni della terminologia alchemica: per esempio termini della distillazione nei
trovatori; questo mostra che lalchimia era un sapere pi diffuso di quello che noi pensiamo fra il
XII e il XIII secolo. Ci sono scambi: la cultura dei trovatori si svolge in ambienti che sono un
secolo dopo, certamente propensi ad aprirsi allalchimia. Per il XII secolo e la prima met del
XIII sappiamo poco, ma per esempio ci sono certamente interessi alchemici alla corte di Federico
II.
- [Pub.] Mi veniva in mente di quando si fanno riferimenti alle influenze delle pietre sulluomo;
un discorso che si pu riferire allalchimia?
- [Per.] Quello delle pietre un discorso che fa parte sempre della filosofia ermetica per non
coinvolge il fare umano. Le pietre semplicemente si incastonano, si portano addosso ...
- [Pub.] Per si polverizzavano.

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- [Per.] E poi si possono anche ingerire, s, quindi c tutto un settore di medicina magica,
talismani ecc. che fa parte di tutto quellinsieme ermetico cui appartiene anche lalchimia.
- [Pub.] Anche la perla
- [Per.] La perla un esempio interessante.
- [Pub.] Si faceva farina.
- [Per.] Dentro lalchimia pseudo lulliana c probabilmente lorigine di quelle che sono le perle
che oggi si comprano noi per gioielli, le perle di Maiorca. Alcuni testi pseudo lulliani insegnano
come fare perle che hanno le stesse virt delle perle naturali (perch la perla ha virt come
farmaco magico ed estremamente pregiata nella farmacologia medievale). Dunque c come una
zona di commistione fra gli usi magico-medici e le preparazioni medico-alchemiche dove per si
pu distinguere, vedendolo anche dal versante dei testi letterari, e riconoscere una visione
globale del mondo improntata a quello che appunto dicevo come unitariet e armonia di tutte le
cose, in cui tutto risponde con tutto e dunque le pietre, gli esseri umani, gli animali e le
manipolazioni degli uni e degli altri; per il discorso sulle pietre preziose non alchemico in
senso stretto.
- [Pub.] Tutto il discorso sulla scolastica e cio su un linguaggio, una ricerca, una metodologia di
progressiva astrazione e quindi, in qualche modo, di una distillazione in cerca delluniversale,
oggetto di critica in questo particolare periodo che tu hai appena descritto. Fra laltro, nelle
immagini molto belle che ci hai fatto vedere, la ricomposizione delluno - dove per ricomposizione
delluno si intende la coniunctio oppositorum - evidente: argento e oro, la rosa dorata, i semi
doro e dargento gettati nel terreno arato dal toro doro e dargento ecc. ecc. Il prodotto di questa
unione riunisce in s i due elementi. Mi veniva spontaneo ricollegare il tentativo del francescano,
sbattuto in faccia ad un papa evidentemente indegno della sua tiara, allimmagine di Tobia che
ritorna - dopo un percorso alchemico, possiamo dire - per riaprire gli occhi al padre, cio per
fargli ritrovare la giusta ottica sulle cose, se mi si permette la metafora. Questo mi sembrava
molto in contrapposizione quasi come un voler far ritrovare una vera sapienza a chi aveva
fatto di una filosofia troppo scotomizzante - e quindi in qualche modo distillatoria - la materia
prima. Ecco, come si conciliano queste immagini di aratura e semina, di questi semi doppi,
opposti, di questo sole e questa luna, di questo oro e questo argento? Sembra si voglia
nuovamente confondere queste cose, unirle, mentre il prodotto di una distillazione, come
processo, appare, per lo meno a prima vista, un qualcosa che scotomizza, che tende a liberare
impurit successive e quindi a scindere in qualche modo gli elementi fra di loro.
- [Per.] La distillazione degli alchimisti un separare uno scindere in vista del riunire. Come
per seminare loro e largento, questo prima non lho detto, bisogna averli dapprima purificati,
ottenuti nella loro forma pura: cio il seme doro e il seme dargento non un pezzetto doro o un
pezzetto dargento presi dalla miniera o dalla sabbia, ma loro e largento naturale purificato
alchemicamente. Dunque la distillazione alchemica un processo di purificazione e di
separazione per la riunione per riunire. Ora dallaltra parte, io dubito che si possa definire
lastrazione scolastica come distillazione. Astrarre il concetto dal fantasma, estrarre la species
tecnicamente dal fantasma non significa (penso a Tommaso come esposizione esemplare), non
significa propriamente prendere il fantasma come qualcosa che c gi. La struttura concettuale
non c come tale, non come losso nella polpa che quindi io devo estrarre, ma qualcosa che
lintelletto agente, una delle due potenze razionali dellanima intellettuale, produce a partire dal
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fantasma; cio che lintelletto agente fa trasformando la potenzialit dellintelletto possibile in


attualit del concetto. Dunque c come una sostituzione a livello di conoscenza razionale di ci
che stato portato fino ad un determinato livello, quello appunto dellimmaginario, a partire dal
sensibile (loggetto sensibile colpisce il senso, il quale recepisce ovviamente in maniera materiale
perch colpito passivamente e poi trasmette al sensorio comune e alla fantasia, alla sede
dellimmaginazione in cui limmagine smaterializzata, ma questa ancora non lastrazione,
non il concetto, immagine del singolare). Il concetto qualcosa che viene costruito
dallintelletto agente a partire dallo stimolo offerto dal fantasma di questo singolare, un qualcosa
che mi permette di tornare in maniera diversa alloggetto. Cio un concetto universale,
unattivit creativa quella dellintelletto agente, non unattivit distillatoria. Lultimo prodotto
che io ottengo e che Tommaso chiama il verbum interius, la parola interiore, non ha pi legame
effettivo con loggetto, me lo rappresenta ma non derivato dalloggetto.
- [Pub.] Caso mai contiene tutti gli oggetti possibili.
- [Per.] Caso mai contiene tutti gli oggetti possibili, ma li contiene in una maniera per cui non
contiene nessun oggetto non in relazione di dipendenza da nessun oggetto. La distillazione che
fanno gli alchimisti, invece, una separazione delle componenti della materia che sono in ogni
sostanza materiale data. Le cose sono composte quantitativamente secondo un pi e un meno,
cio formano dei composti che sono instabili, che sono non perfettamente temperati; e
lalchimista separa queste componenti e le ricompone secondo una proporzione che quella del
temperamento perfetto, quindi dellequilibrio. Per cui non toglie e non aggiunge, ma rimescola, fa
circolare - dice per esempio il Rupescissa - questa quintessenza che si ottiene dalla distillazione.
Nel testo classico sullalchimia distillatoria, il Liber de consideratione quintae essentiae di
Giovanni da Rupescissa, si insegna a mettere il vino, il prodotto di partenza in un vaso chiuso
ermeticamente. Il sigillo di Ermete (le nostre chiusure ermetiche derivano in ultima istanza da
esso) era un tipo particolare di amalgama, con il quale si tappavano i vasi. Quindi si chiude in un
vaso chiuso, sigillato ermeticamente e lo si mette sul fuoco in modo che prima una parte si separi
e poi ricada sulla sostanza di sotto; poi si procede a separare la seconda frazione come diremmo
oggi - e la terza e la quarta (corrispondenti ai quattro elementi, terra, acqua, aria, fuoco). Questa
circolazione si fa cento volte, mille volte: i numeri sono come puramente indicativi, stanno per un
numero tendenzialmente infinito di volte e questo continuo circolare fa s che il prodotto che si
ottiene alla fine che sia lo stesso materialmente di quello che si aveva allinizio, ma trasformato
nella sua propria quintessenza. Cio in quella matrice della sua realt elementare che a questo
punto splendent - dice il Rupescissa, e aggiunge - splendente di colore azzurrino e se a quel
punto tu apri il vaso, tu sentirai un profumo cos meraviglioso che tutti gli uccelli che svolazzano
nei dintorni, accorreranno tutti l dentro attratti anche loro da questo profumo. Cio un
prodotto che non ha pi nulla del prodotto materiale che era stato inserito allinizio, eppure non
niente di diverso da quello. Questo non neanche lontanamente paragonabile al processo
dellastrazione e della conoscenza per astrazione in Tommaso.
- [Pub.] Unaltra cosa. Nelle immagini che si sono viste, il rapporto coi due poteri, quello
temporale e quello spirituale, rappresentato in forma storico allegorica semplicemente oppure
c una differenza, per cui il potere temporale impersonato dallimperatore ha, agli occhi
dellalchimista, maggiori possibilit di incontro con lopus, dato che gli viene consegnato il
volume - ancora una volta doppio, mezzo doro e mezzo dargento -, mentre il papa, con
quellorina quasi sbattuta sugli occhi, sembra irrimediabilmente condannato a un tuffo nella
materia prima?

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- [Per.] una domanda interessante. Nel manoscritto io ho sempre letto le immagini come
richiami a personaggi specifici, anche perch per esempio rispetto al rapporto con il re c, sia la
dedica del Testamentum, sia la leggenda, sia un sacco di notizie storiche relative. Quindi non mi
sono mai chiesta in questi termini se, tendenzialmente lalchimista ha maggior feeling col potere
non ecclesiastico. Di fatto cos, storicamente cos, cio fino nella modernit le corti, o almeno
alcune corti, si aprono alla ricerca alchemica, mentre invece la chiesa chiude con la condanna di
Giovanni XXII e poi dellInquisitore, dunque nel 300. Per interessante come elemento su cui
pensare.
- [Pub.] In una delle immagini c una figura con uno strumento musicale. Che cosa centra la
musica nel processo alchemico? uno strumento di contatto con qualcosa di superiore?
- [Per.] Dicevo che quella , che io sappia, la prima raffigurazione, e del resto nella tradizione
testuale medievale non c cenno a questo. un qualcosa in pi che, anche in quellimmagine,
potrebbe essere semplicemente legato alla raffigurazione convenzionale di Hermes, Mercurio,
per certamente suggestivo della collocazione ermetica del sapere alchemico. Ora c un testo dei
primi decenni del 600, lAtalanta Fugens di un alchimista tedesco, Michael Maier, in cui per la
prima volta la corrispondenza di alchimia e musica messa a tema. LAtalanta Fugens
costruito come una serie di motivi, di emblemi alchemici ai quali corrisponde una serie di fughe
musicali, fughe nel senso tecnico della parola, che illustrano anche nella forma il tema del titolo.
Atalanta inseguita da Ippomene fugge, lancia i pomi ecc. ecc. E questo viene preso come simbolo
della ricerca alchemica nel suo complesso: ogni punto, ogni stadio dellopus ha quindi una sua
musica. Siamo per in piena epoca barocca, non ci sono riprese successive di questo tema, rimane
questexploit di Michael Maier neanche particolarmente studiato o particolarmente compreso.
Molto suggestivo ma niente di pi. Forse oggi, cio nellambito della ricerca artistica
davanguardia che questo tipo di suggestione qualche vola si ripresentato. Per io qui mi
avventuro male perch conosco veramente poco di questo tipo di problematiche. Storicamente,
lunica cosa che si pu dire che se c un legame, c un legame nel nome di Hermes. Il testo di
Maier a me fra laltro d anche limpressione certe volte che sia un testo da leggere con una
doppia lettura: perch Atalanta, che poi raffigurata come la terra incinta potrebbe anche
rappresentare una critica che Maier fa agli alchimisti del suo tempo. Quindi onestamente non lo
so. un tema sul quale ho visto pochissime ricerche. Ho interpellato qualche amico musicologo
ma ho ottenuto solo risposte vaghe relative a qualche compositore contemporaneo. Ma nellet
contemporanea, dopo la ripresa di questi temi col futurismo, quando sul piano della creazione
artistica qualcuno teorizza di riallacciarsi oppure di fatto si riallaccia a temi della tradizione
alchemica, questo assume un senso diverso dalla riflessione sullalchimia come fenomeno storico.
Introduzione alla storia dell'artiglieria
Quando il primo colpo di cannone esplose fragorosamente su un campo di battaglia, dando avvio
alla pi grande rivoluzione della storia militare, il materiale che fece da propellente al
proiettile non fu la polvere da sparo, ma la mente degli uomini. Quel giorno era iniziata la corsa
a rendere sempre pi letale il connubio tra un tubo metallico e il suo contenuto, una gara
intellettuale di cui ancora non vediamo la fine.
Linvenzione della polvere da sparo, miscuglio di salnitro, carbone di legna e zolfo, immersa
nelle nebbie della storia. Forse i Cinesi disponevano gi prima dellanno mille di qualche mistura
incendiaria, pi simile ai fuochi di artificio in realt che alla polvere da sparo, basata sul
salnitro. infatti questo sale la componente fondamentale della polvere da sparo, perch
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contribuisce al composto con le sue qualit ossidanti, ovvero fornisce lossigeno necessario
affinch il carbone di legna finemente triturato bruci cos velocemente da produrre unesplosione.
Migliore la qualit del carbone di legna e maggiore sar lo scoppio, ma qualsiasi materia
organica altamente infiammabile pu essere usata al suo posto. Lo zolfo, la parte minore del
composto, fa praticamente solo da innesco, avendo una temperatura di infiammabilit inferiore a
quella del salnitro. Laccensione della polvere provoca la subitanea produzione di gas che
moltiplicano il volume originario della miscela e generano leffetto esplosivo.
Tutto apparentemente semplice, con materiali conosciuti fin dallantichit, compreso il nitro che
citato da Plinio Seniore nella sua Storia naturale e forse persino nella Bibbia. Eppure tutto
anche tremendamente complesso, perch imbrigliare lenergia prodotta dalla polvere da sparo e
scoprire come usarla efficacemente in guerra fu un processo secolare, lento ma inarrestabile,
alimentato dalle menti di innumerevoli protagonisti.
La prima ricetta affidabile della polvere da sparo descritta dal frate francescano e alchimista
inglese Ruggero Bacone a met del XIII secolo nellopera De Secretis Operibus Artis et Naturae"
e consiste di 7 parti in volume di Salnitro, 5 di carbone di nocciolo e 5 di zolfo. Bacone tiene a
precisare che il composto ben noto a tutti, dato luso che gi allora se ne faceva per disturbare
e spaventare le persone, aggiungendo che basterebbe creare ordigni pi grandi con involucri in
materiale solido per provocare danni molto maggiori.
Per inciso, questa polvere non affatto nera, ma assume tonalit che vanno dal grigio al color
caff: divenne nera a met Ottocento quando le fu aggiunta polvere di grafite per renderla meno
igroscopica e per ditinguerla dalla "polvere bianca", quella senza fumo.
La granata esplosiva suggerita dal francescano alchimista, per, non fu la prima linea di utilizzo
della polvere da sparo. Nei primi decenni del Trecento in tutta Europa sono infatti gi diffuse le
armi da fuoco, la cui sola presenza sufficiente per costringere alla resa fortificazioni
considerate imprendibili: a Ghent, in Belgio, sono presenti nelle armerie dal 1313, vengono usate
in Francia nellassedio di Metz del 1323, e a Firenze si ordinano palle di ferro e canones nel
1326. In questo stesso anno abbiamo la prima immagine di un pezzo di artiglieria: lerudito
inglese Walter de Milemete lo illustra a uno studente di eccezione, il futuro re Edoardo III: un
vaso di ferro dal quale fuoriesce una pesante freccia scagliata contro le mura di una citt,
mentre un artigliere innesca lesplosione con un ferro incandescente infilato in un foro
dellordigno. La forma proprio quella di un vaso, forse perch familiare ai fonditori di campane
che erano gli unici allepoca ad avere le necessarie competenze metallurgiche.

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Ben presto, per, i cannoni assunsero la forma tubolare che hanno ancora oggi, saldando tra loro
barre di metallo attorno ad un cilindro di legno e poi tenendole strette con altre robuste cinture
metalliche, come le doghe di una botte, e il fondo veniva poi chiuso avvitando una culatta.
Da quel tubo si continuarono a sparare grosse frecce, ma anche, e presto soprattutto, palle di
ferro e di pietra: queste ultime con il vantaggio della comodit di poterle preparare direttamente
sul luogo del combattimento.
La metallurgia dovette rispondere alla esplosiva domanda di armi con un enorme sforzo
organizzativo e inventivo. Venne utilizzato ogni tipo di metallo e di lega, scegliendo poi
prevalentemente bronzo e ferro, gli unici abbastanza resistenti da garantire un uso
sufficientemente sicuro e prolungato nel tempo.
In questa prima corsa agli armamenti, per, lostacolo maggiore era reperire gli ingredienti per
la polvere da sparo: non il carbone di legna, perch la carbonizzazione era un procedimento ben
conosciuto, n lo zolfo ma soprattutto il salnitro.
Lo zolfo migliore dEuropa proveniva dalla Sicilia, e giacimenti si trovano un po dovunque: pi
puro il minerale, pi semplice distillarlo per ottenerne i cristalli.
Il salnitro, invece, richiede anni per essere prodotto e raffinato. La sua efflorescenza spontanea
sui muri umidi ovviamente insufficiente, e si ricorse inizialmente allimportazione dallOriente.
Ma la produzione diretta divenne ben presto la principale fonte di approvvigionamento,
nonostante la sua laboriosit: i letti di coltura composti da animali e vegetali in decomposizione
devono essere bagnati di letame e urina, che appositi addetti procurano ripulendo le fattorie,
sfondando persino i pavimenti delle stalle. Il processo di fermentazione dura tre anni, durante i
quali la massa putrescente va rivotata e areata costantemente, e nutrita con calcinacci, ceneri e
scarti della fabbricazione del sapone. Poi la materia grezza cos ottenuta purificata in
successivi lavaggi prima di essere distillata.
I tre ingredienti vengono mescolati nel luogo di utilizzo, perch altrimenti durante il trasporto si
separerebbero: solo uno dei compiti, e nemmeno il pi importante, di nuove consorterie di
professionisti altamente specializzati, gli artificieri e gli artiglieri. Sanno leggere e scrivere,
hanno competenze che si estendono dalla matematica, alla chimica, e persino allingegneria,
perch le pesantissime armi da fuoco sono legate a postazioni fisse su piazzole che devono essere
abbastanza resistenti da sopportarne il tremendo rinculo e bisogna schierarli l dove faranno il
danno maggiore, perch spostarli sarebbe problematico. Sono civili assoldati a contratto,
guardati con timore dagli altri uomini per la loro familiarit con quel fuoco infernale: a poco
servono per riabilitarli i periodi di cristiana contrizione a cui si dedicano dopo ogni impiego
bellico.
Dalla collaborazione tra militari, fonditori e artiglieri nacquero armi sempre pi efficaci, letali e
specializzate: tozzi mortai a tiro curvo e gigantesche bombarde per gli assedi, pi agili colubrine,
falconi e falconetti in battaglia. Uneffervescenza creativa con scopi dichiaratamente letali, a
volte forse ingenua e bizzarra, ma pi spesso fertile e portatrice di preziosi contributi.
Con linvenzione nel Quattrocento degli orecchioni, perni che si prolungano ai lati della canna
fissandola allaffusto, il tiro pu essere elevato a piacimento, mentre dotando gli affusti di ruote
si conferisce alle artiglierie una prima rudimentale mobilit. Sempre nel Quattrocento si scopre
la granulazione della polvere da sparo, che viene bagnata, essiccata in fogli e quindi triturata
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in grani: questo permette di trasportarla finalmente pronta alluso e la rende pi uniforme e


infiammabile. Proprio nel Quattrocento la ricetta della polvere da sparo si perfeziona,
stabilizzandosi attorno a proporzioni che rimarranno valide per i successivi 4 secoli: rispetto alla
formula di Bacone si riducono le quantit di zolfo e carbone a vantaggio del salnitro, per ottenere
una polvere pi vivace e che lascia meno pericolosi residui incombusti nella canna.
La guerra dei CentAnni (13371453) tra Francia e Inghilterra il primo conflitto che vide un
uso esteso delle artiglierie e forse il primo impiego su un campo di battaglia ad opera del gi
citato Edoardo III a Crecy nel 1346, ma fu solo con la campagna dItalia del re francese Carlo
VIII (1494-1497) che venne formato il primo vero treno di artiglieria: 300 pezzi di cui 70
dassedio, che costituivano il cuore dellarmata.
Durante le guerre rinascimentali italiane le linee di sviluppo tecnologico e di impiego tattico
dellartiglieria sono gi tutte tracciate: lartiglieria deve collaborare con la sua insuperabile forza
distruttiva alle operazioni militari integrandosi con le altre armi. Deve diventare pi mobile, pi
rapida nel tiro, pi potente e micidiale. Queste armi ancora rudimentali riescono a sparare solo
pochi colpi al giorno, eppure nessun esercito pensa di potersene privare. Ricordo anche che per
lungo tempo i cannoni furono praticamente immobili sul campo di battaglia, divenendo spesso
inutili dopo i primi colpi, perch impossibilitati a seguire il corso dellazione. Chi attaccava
doveva spesso avanzare davanti ai propri cannoni, impedendo loro di tirare e in caso di sconfitta
lartiglieria rimaneva inevitabilmente preda del vincitore.
Linvenzione della polvere da sparo e del cannone uno stimolo incredibile per gli studiosi
rinascimentali. Gli alchimisti medioevali avevano consegnato loro un sistema darma di enorme
potenza, non solo sul campo di battaglia, ma anche per la suggestione che sapeva creare alle
menti creative. Tra i pi coinvolti non poteva mancare Leonardo da Vinci, che produsse studi
allaltezza del suo genio sulla balistica, sulle tecniche dassedio, e giungendo persino a progettare
un predecessore del carro armato. Leccezionale capacit di osservazione di Leonardo nei suoi
disegni riusc a fissare la parabola di volo dei proiettili esplosivi lanciati da un mortaio,
ipotizzando anche il primo esempio di bombardamento a tappeto, realizzato mediante il
successivo spostamento di una ghiera dentata che orientava lalzo del pezzo.
Scienza, tecnologia e industria devono rispondere alle esigenze tattiche e strategiche, ma
nellattesa queste ultime si adatteranno a ci che disponibile al momento. Il Cinquecento ad
esempio porta nuove tecniche metallurgiche: si riescono a realizzare i cannoni in ununica
fusione, il centro della quale occupato da un cuore di creta. Il risultato un cannone pi
robusto e di un calibro che pi esattamente pu corrispondere a quello dei proiettili. Vi sar
quindi meno dispersione di gas (in termini tecnici il vento) durante lesplosione e un tiro pi
potente e preciso. A parit di calibro rispetto al passato, i cannoni possono essere pi leggeri e
hanno bisogno di meno carica per esprimere la stessa potenza, perch la sfruttano meglio. Le
artiglierie pesanti sono ancora praticamente statiche, ma altre (molto) pi leggere possono
combattere in supporto ravvicinato della fanteria e sostenerne lo sforzo anche in attacco e non
solo in difesa.
La standardizzazione dei calibri e dei modelli non pi un miraggio e i principali innovatori
militari del Seicento, come il re Gustavo Adolfo di Svezia (1594-1632), se ne fanno i
propugnatori, semplificando di molto lapparato logistico. Riducendo, infatti, la tipologia dei
cannoni a pochi essenziali modelli, si razionalizza il problema di rifornirli di proiettili.

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Il processo produttivo, per, rimase ancora a lungo sostanzialmente artigianale, con tutti i pregi
e i difetti che ne sono caratteristici. Per un artigiano, infatti, era impossibile produrre cannoni in
serie, con le medesime caratteristiche e soprattutto con calibri perfettamente identici, ma ogni
arma era un pezzo unico, diverso da tutti gli altri, perch lo stampo andava perso durante la
fusione. Nel Seicento, per, labilit di questi artigiani aveva gi raggiunto livelli di eccellenza e
risultati sorprendenti. Le officine del sopracitato Gustavo Adolfo erano ad esempio capaci di
produrre cannoni con differenze di calibro effettivo inferiori al 2%. Lopera degli artigiani
raggiungeva per il suo apice nelle decorazioni che abbellivano e rendevano ancora pi unici i
propri lavori, a volte trasformandoli in un oggetto darte. La potenza e il prestigio dei re si
misurava anche con la loro attenzione verso questi dettagli allapparenza trascurabili.
Verso la fine del secolo gli Svedesi introdussero per primi l'Obice, un pezzo la cui lunghezza da
15 a 25 volte il calibro (quelli pi corti sono i mortai, quelli pi lunghi i cannoni): un pezzo
multiruolo a tiro pi curvo del cannone, la cui elasticit e leggerezza lo rese molto utile sui campi
di battaglia per il tiro di bombe esplosive o per la mitraglia a distanza ravvicinata.
Il Seicento porta anche i primi studi scientifici sulla balistica ad opera di Francois Blondel (16181686) che applica allartiglieria lopera di Galileo Galilei sulle leggi del movimento: la strada
aperta, e il matematico francese Bernard Forest de Blidor (1698-1761) dar alle stampe nel
1731 Le Bombardier franais, contenente le prime tabelle balistiche, con le quali dimostra che
le cariche in uso allepoca sono troppo potenti e non solo sprecano inutilmente polvere nera, ma
consumano prematuramente i cannoni.
Con una carica dimezzata i cannoni possono essere ancora pi leggeri e, quindi, pi mobili e pi
rapidi da caricare: un processo al quale contribuiranno a met del Settecento lo svizzero Jean
Maritz (16801743) prima e il francese Jean de Gribeauval (17151789) poi, che introdussero la
tecnica della costruzione dei cannoni mediante alesaggio: il foro prodotto nella fusione
perfezionava ulteriormente la corrispondenza tra le pareti della canna e la palla, permettendo
un nuovo, decisivo, alleggerimento dellarma e fornendo a Napoleone Bonaparte lo strumento
agile e potente di cui aveva bisogno per le sue tattiche aggressive. La parabola del letale
connubio tra polvere da sparo e cannone era giunta al suo apice: finalmente gli eserciti
disponevano dello strumento che fino ad allora avevano solo immaginato, capace di muoversi sul
terreno in cooperazione con le altre armi, per concentrare in un punto preciso e al momento
voluto, sufficiente potere distruttivo da decidere le battaglie. Con affusti e carriaggi di poco pi
pesanti ma anche molto pi resistenti, anchessi invenzione di de Gribeauval, e gli artiglieri
montati a cavallo, i cannoni potevano addirittura seguire gli spostamenti della cavalleria,
appoggiandone lazione con il proprio tiro ravvicinato: la specialit dellartiglieria a cavallo
piemontese durante le guerre risorgimentali che le merit il nome di Voloire, artiglieria
volante.
Una evoluzione quella dellartiglieria, dunque, pi che una rivoluzione, eppure era tutta gi
scritta fin dal Medioevo, con scienziati e tecnici a rendere reali con le loro intelligenze i desideri
dei comandanti militari: ununica storia che gi contiene episodi come il tritacarne di Verdun
della Prima guerra mondiale, la battaglia di annientamento pianificata dal generale tedesco
Erich von Falkenhayn, che dal 21 febbraio al 19 dicembre 1916 distrusse le vite di 300.000
soldati francesi e tedeschi, ferendone tre volte tanti, usando armi gigantesche come i mortai da
42 cm, meglio noti come Dicke Bertha, la Grossa Bertha: il migliore acciaio delle fabbriche
Krupp e i pi potenti esplosivi di ultima generazione, avevano raccolto la letale eredit di
fonditori e alchimisti di molti secoli prima.
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Salutiamo prima di ogni altro, con rispettosa ammirazione, il frate francescano RUGGERO
BACONE, uno dei pi vasti intelletti esistiti.
"Questo frate, - scrive Luigi Figuier, - disconosciuto e orribilmente perseguitato mentre viveva,
la pi grande figura scientifica dell'evo medio. Nessuno ha espiato pi crudelmente di lui, la
gloria di essere stato superiore a' suoi contemporanei e di aver preceduto di pi secoli il cammino
dello spirito umano. Ruggero Bacone trascorse gran parte della sua esistenza in prigione. Ora
stette in una cella, dove, sottomesso a severa sorveglianza, non pot n scrivere n far calcoli
senza destare sospetti, che diedero motivo a un aggravio di pena; ora in una prigione, dove sub i
pi vili e indegni trattamenti, come uno dei peggiori malfattori. E quale fu il suo delitto?
L'ardente amore per gli studi e per l'indipendenza del pensiero".
Ruggero Bacone nacque nel 1214 [a Ilchester], nella contea di Somerset. Dopo aver studiato
all'universit di Oxford, si rec a quella di Parigi, dove soggiorn fino al 1250. In quell'epoca
torn a Oxford e risolse di prendere l'abito francescano. Quella determinazione fu la causa di
tutte le sue sventure.
La confraternita dei frati cercanti non si componeva che d'individui votati all'umilt e al digiuno,
la pi parte di bassa origine, convinti dell'infernalit di qualsiasi scienza. Sicch quando
sorpresero il loro confratello, matematico e astronomo, a studiare perseverantemente Avicenna e
gli autori arabi, quando lo sorpresero a eseguire ricerche di laboratorio, circondato da oggetti che
li facevano rabbrividire, lo presero in antipatia.
Bacone non conosceva la dissimulazione. Amante entusiasta della verit, os proclamare essere
l'esperienza e l'osservazione della natura le sole autorit invocabili nelle scienze. Allora il
generale dell'ordine, san Bonaventura1, lo condann a lasciare Oxford e ad esser imprigionato a
Parigi, nel convento dei Francescani.
Lo sventurato Bacone, [il Dottore ammirabile, Doctor Mirabilis, il fondatore del metodo
sperimentale e il creatore dell'ottica, l'inventore della polvere da cannone e fors'anche del
telescopio e degli occhiali per i presbiti], fu sottomesso col a crudele sorveglianza. Non poteva
inviare al di fuori nessuno dei suoi manoscritti. Grazie, per, a un frate, a lui affezionato in modo
speciale, pot avvertire della sua prigionia il papa, allora Clemente IV, mente illuminata ma
timida. Costui gli scrisse una lettera consolatoria (!) e, in cambio, gli chiese il libro che stava
preparando. Malgrado l'assoluto isolamento in cui era, a furia di coraggio e di perseveranza, a
dispetto delle dispute delle quali era oggetto, sebbene fosse stato sotto chiave, Bacone riusc a
comporre l'Opus majus ad Clementum quartum, cio un in-folio di 477 pagine.
Fra Giovanni, discepolo amatissimo del celebre alchimista, port a Roma l'Opus Majus quando
fu terminato, cio nel 1267.
L'anno stesso Bacone scrisse e sped al papa l'Opus minus, seguito dal suo primo lavoro. Poi
cominci l'Opus tertium. Clemente IV risolve allora - nel 1287 - di dar l'ordine formale della
scarcerazione dello sventurato fisico!
Tornato a Oxford, Bacone pubblic il Trattato di filosofia, nel quale attacc vivamente il clero e i
predicatori. Per Clemente IV era morto: lo sventurato frate fu carcerato nuovamente fino al
1292.
Le opere di Ruggero Bacone emanano, lo ripetiamo, da uno dei pi vasti talenti, de' quali possa
andare orgoglioso il mondo dei pensatori. Esse devono essere ammirate tanto pi, in quanto che
si sa in quali penose condizioni furono composte.

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Nell'Opus Minus si trovano due trattati alchimia, pratico l'uno, speculativo l'altro. (Lo specchio
alchimico1[4]). Gli altri sono: Alchimia major; Breviarium de dono Dei; De leone viridi; Secretum
secretorum, Epistola de secretis operibus artis et naturae ac nullitati magiae.
[Bacone mor nel 1294].
Nel 1193 nacque a Lawingen sul Danubio, nel ducato di Neuburg (Svevia) ALBERTO, discendente
d'una illustre famiglia - [i conti di BOLLSTAEDT] - che gli uomini dovevano battezzare col nome di
Grande. [Fu chiamato anche Albertus Magnus, Albertus Teutonicus, Frater Albertus de Colonia,
Albertus Ratisbonensis, Albertus Grotus]. A trent'anni entr ne' domenicani. La sua intelligenza
s'era sviluppata lentamente; ma, appena ebbe trovata la via luminosa, progred pi lui in sei
mesi, che non altri in sei anni. Della lentezza non gli rimase che la pi feconda maturit nello
studio delle scienze.
Nel 1245, dietro consiglio ricevutone dal capitolo dell'ordine, Alberto si rec a Parigi per ottenere
il diploma di magister. Soltanto l'universit di Parigi, a quell'epoca la pi celebre di tutto il
mondo, poteva conferire quel titolo, dopo avervi professato almeno tre anni. Alberto fu
accompagnato nella capitale francese da uno de' suoi allievi, da Tommaso d'Aquino, il quale in
seguito illustr pure il proprio nome e fece onore alla memoria del maestro. [Dante li menziona
tutt'e due nel X canto del Paradiso:
Io fui degli agni della santa greggia
Che Domenico mena per cammino,
U' ben s'impingua se non si vaneggia.
Questi, che m' a destra pi vicino,
Frate e maestro fummi; ed esso Alberto
di Colonia, ed io Thomas d'Aquino.
A Parigi s'acquist immensa fama. Tanti erano coloro che accorrevano per udirlo, che dovette far
scuola in quella piazza, che da lui fu detta di maestro Alberto (Maubert)].
Noi abbiamo ragione di supporre che fu durante la residenza a Parigi ch'Alberto ricevette
l'iniziazione alchimica. Difatti la capitale francese fu in quell'epoca, come pure durante tutto il
medio evo, il vero santuario dell'ermetismo occidentale. L'arte spargirica e i suoi adepti visti, da
una parte, di malissimo occhio dalla maggioranza de' teologi, non perdevano per questo,
dall'altra, di prestigio presso la folla beffarda ma paurosa, in tutto ci che concerneva la magia.
Un certo numero di dotti e di pensatori aderivano, del resto, in pectore, alla dottrina occulta; per
siccome non era bene proclamare ad alta voce tali preferenze, pel motivo del perpetuo rogo, la cui
fiamma covava senza mai estinguersi, cos erano rari coloro che non nascondevano le loro
personali convinzioni.
Alberto, al pari dei veri spiriti forti, seppe conservare la propria indipendenza, senza celare il suo
pensiero, giacch, mentr'era vivo, acquis la pericolosa riputazione di Stregone o
d'Alchimista, sinonimi in que' bei tempi.
[Il nostro teologo e alchimista domenicano fu fatto vescovo di Ratisbona da papa Alessandro IV e,
dopo morto, fu beatificato].
Dopo molti esperimenti trasmutatori e chimici eseguiti, Alberto scrisse il Libro dei minerali o del
segreto dei segreti. In esso difende senza ambagi, la dottrina ermetica e fa conoscere che i metalli
sono composti di un'umidit oleosa e sottile, unita fortemente e incorporata con una materia

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sottile e perfetta. In quanto alla trasmutazione, da parecchi brani del suo strano volume si rileva
ch'egli la pratic con esito felicissimo.
Non ci fermeremo sui diversi manoscritti, dei quali il Grande Alberto fu sagace autore; la sua
scienza sembra essere stata universale giacch egli scrisse tanto sugli animali, quanto sulla
fisionomia, tanto sul carattere, quanto sulle meteore [Fu infatti uno dei pi fecondi poligrafi del
medio evo; fu il Giaber del mondo cristiano]. L'opera sua comprende ventun volumi in folio;
per pi che probabile ch'egli si sia limitato a dirigerne la redazione, perch un tal lavoro
oltrepasserebbe le forze umane.
La morte lo colp a Colonia nel 1280, a oltre ottant'anni.
nel 1225 (o 1227) a Rocca-secca, presso Napoli, da famiglia signorile e
mor nel 1273 o 1274 a Fossanova (Napoli) [fu detto l'Angelo delle Scuole, il Dottore Angelico e
l'Aquila de' teologi. A diciott'anni indoss la veste dei domenicani e recatesi a Parigi, ebbe a
maestro Alberto Magno].
A costui spetta l'onore d'averlo divinato e preparato. Noi non racconteremo la vita del celebre
teologo e filosofo, perch riteniamo sia cognita a' nostri lettori. Perci ci limiteremo ad assegnare
a san Tommaso d'Aquino un posto tra gli ermetisti e a citare il solo suo Tesoro d'alchimia,
libriccino che dimostra la sua filiazione spirituale da Alberto il Grande.
per improbabile che l'autore della Summa totius theologiae si sia esercitato nella pratica
dell'opera trasmutatoria.
[Dante Alighieri trasse da San Tommaso filosofia e teologia. Lo cit pi volte nella sua
celeberrima opera (Purgatorio, XX, versi 67-69; Paradiso, X, versi 94-99, da noi pi sopra
riportati; XII, v. 109-111 e 142-144; XIII e XIV)].
ALAIN DE L'ISLE, oriundo olandese, detto il Dottore Universale, fior verso il 1250 [fu teologo,
filosofo, poeta, storico e alchimista]. Mor, secondo si crede, a pi di cent'anni, nel 1298.
Studi all'universit di Parigi, durante un lungo periodo della sua vita, periodo ch' restato quasi
ignorato. Di lui s'ha una Raccolta d'aforismi sulla pietra filosofale, che si trova nel Teatro
chimico; lo stile n' pesante e oscurissimo.
TOMMASO D'AQUINO nacque

ARNALDO DA VILLANOVA - [non si sa bene se sia Villa-nova d'Italia o di Francia, ma


preferibilmente da ritenere sia di quest'ultima] - fu un ermetista d'incontestabile valore. Nacque
tra il 1235 e 1250 - molto probabilmente nel 1245 - in Provenza [o nell'Italia settentrionale],
studi ad Aix e poi si rec in Spagna. L'iniziazione alchimica gli fu, senza dubbio, conferita col,
dove in altri tempi pullularono numerosi occultisti. [Il loro gran focolare era Toledo, che diede
nome alla scienza sacra (scienza toletana)].
A venticinqu'anni, nel 1270, Arnaldo fu laureato in medicina. Dopo avere esercitato qualche
tempo a Villeneuve, fu attirato a Parigi. Si ritiene che, dopo aver soggiornato in quella citt per
oltre un decennio, tornasse a Montpellier.
[Fu a Firenze, a Roma e in altre citt d'Italia. Nel 1285 si trovava presso Pietro, re d'Aragona].
[Arnaldo, detto Arnaldus Catalanus, oltre a essere medico, chimico e alchimista di molta
reputazione, fu anche astrologo e teologo.
Pregi pi le opere di carit, di altruismo, di scienza, che le pratiche religiose. Questo modo di
pensare lo chiarisce iniziato.
Di lui fu detto che appartenesse a una setta pitagorica, ampiamente diffusa in Italia, specie nella
Puglia e nella Toscana. Fu maestro a Raimondo Lullo. Mor nel 1313 in mare, presso Genova].
In un cenno come il presente non c' concesso di dilungarci sulla sua scienza terapeutica; per
bisogna segnalare il suo ardire, come medico.

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Egli os affrancarsi dalle usanze ufficiali, in quei tempi molto pi inveterate d'oggigiorno, e porre
le basi d'un metodo, originale di certo e spesso anche razionale.
Arnaldo da Villanova profess chimica a Barcellona, nel 1286, e oper molte trasmutazioni di
mercurio in oro, tanto in Spagna, quanto appresso in Italia. I titoli delle sue opere spargiriche,
giustamente molto apprezzate dagli adepti, sono i seguenti:
La strada delle strade; Flos florum (Il fiore dei fiori); Lettera al re di Napoli; Novum lumen (La
nuova luce); Rosarium (Il Rosario); Domande sull'essenza e sull'accidente.
Si trovano nel Theatrum Chemicum e nella Biblioteca Manget
Con RAIMONDO LULLO arriviamo a una delle pagine pi singolari e agitate della storia
dell'alchimia. Quest'adepto dev'essere da noi considerato qual maestro de' maestri, del pari che,
un po' pi in l, nel corso de' secoli, l'illustre Paracelso.
Raimondo Lullo lev alto clamore non solo nel secolo XIII, ma in tutto il medio evo: fu
considerato come un prodigio.
Nato nel 1235 a Palma, capoluogo dell'isola Maiorca, da un nobile guerriero, compagno d'armi
del re aragonese Giacomo I, Raimondo men - secondo l'usanza d'allora -fino a quasi trent'anni,
vita oziosissima e dissipatissima.
Dapprima paggio alla corte di Giacomo I, poi siniscalco, occupava i giorni, o meglio anzi le notti,
a conquidere, quantunque ammogliato, ragazze e maritate.
Una di costoro, a onta delle ripetute insistenze del giovane, mostrava essere d'incrollabile virt.
Egli conobbe il segreto della sua resistenza quando, stancatala con continue dimostrazioni
d'affetto, la bella gli diede un appuntamento.
Durante il convegno ella si sgangher la fascetta e si denud il petto.
E, mostrando all'amante una delle mammelle, rosa da schifosissimo cancro, gli disse: "Raimondo,
puoi amarmi cos?"
Lullo, spaventato da s ripugnante spettacolo, fugg via con la disperazione nel cuore. Fin da quel
momento risolse di consacrarsi a Dio solo e di adoprarsi alla conversione degli Arabi al
cristianesimo.
Egli mise nello studio l'ardore tolto a' piaceri, s'applic indefessamente per conoscere
profondamente non solo la lingua, ma anche la storia della religione, la filosofia e le scienze degli
Arabi.
Lullo complet gli studi a Parigi, dove trov Arnaldo da Villanova. Quest'avvenimento ci spiega
facilmente la sua affiliazione alla spargiria ermetica. Fu precisamente in quella citt ch'egli
scrisse varie opere, trattanti di tale scienza.
D'indole randagia e inquieta, Lullo non rimaneva a lungo in un sito; trascorse l'esistenza
viaggiando in Italia e in Spagna; poi, desiderando sempre di convertire gli infedeli al
cristianesimo, s'imbarc per l'Africa, nel 1292. Ma, catturato dai Turchi, ricuper a stento la
libert e dov ritornare in Europa, bandito dall'Oriente.
Adorando sempre la sua chimera, malgrado i fastidi e le peregrinazioni, ripart dall'Europa nel
1304, all'et di settant'anni, e poi anche pi in l, nel 1312: visit l'Egitto, Gerusalemme e
Tunisi, predicando il Vangelo.
A Bugia, la folla esasperata lo lapid. Sottrattosi a stento al furore popolare, mor alcuni giorni
dopo, in seguito alle ferite riportate. [Ci avvenne nel 1313].
Fu negl'intervalli di quella vita emozionante e d'estrema attivit che l'eccelso genio trov modo
d'ideare e di comporre le stupende opere, descrivendo gli esperimenti
a pi riprese felicemente riuscitigli.
Di lui abbiamo: La Clavicola - Il sunto dello spirito della trasmutazione (Compendium animae
transmutationis) - La dilucidazione del testamento - e il Vade-mecum o sunto delle tinture.
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Ruggero Bacone frate francescano fra i primi Alchimisti

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Ruggero Bacone frate francescano fra i primi Alchimisti

[Nel secolo XIII si distinsero anche i seguenti alchimisti:


CRISTOFORO, di Parigi.
TADDO D'ADEROTTO, medico e filosofo fiorentino. Costui fu il fondatore della scuola medica di
Bologna, nella quale insegnava nel 1250. menzionato da Dante nel canto XII del Paradiso:
Non per lo mondo per cui uno s'affanna
Di retro ad Ostienso ed a Taddeo,
Mor il 1295 e lasci molte opere. Fu seppellito in un bel sarcofago di marmo nell'atrio de' frati
minori, a Bologna.
Vincenzo Di Beauvais o VINCENZO BELLOVACNSE. Fu un erudito domenicano, maestro dei figli di
Luigi IX di Francia (re dal 1266 al 1270).
PIETRO DE' BONIFAZI, signore provenzale. Di costui si legge nelle vite de' trovatori che,
tentata invano ogni arte magica per acquistar l'amore di una dama, lasci l'amore e si diede
all'alchimia, e s'affatic tanto che trov una pietra, che aveva la virt di convertire i metalli in
oro.
ALFONSO X, detto il Sapiente (El Sabio 1252-1284), re di Castiglia e delle Asturie. Fu principe
dottissimo, am i sapienti, coltiv le scienze con passione e si tenne in relazione coi maestri
arabi. Si dice, anche, ch'abbia fabbricato oro; alcuni per pretendono ch'esso provenisse
semplicemente dall'alterazione del titolo delle monete. Questo celebre re di Castiglia, che scrisse
sull'alchimia in termini simbolici e cabbalistici, cio con caratteri geroglifici propri alla scienza
ermetica, usati all'epoca sua, pretese anche di possedere il segreto della trasmutazione dei
metalli e dichiar di avere imparato quella scienza da un Egiziano, fatto da lui venire
appositamente da Alessandria.
Egli rivel cio vel nuovamente, rivest di nuovo i segreti alchimici da lui conosciuti in un
poema (egli era anche poeta) che intitol il Libro del Tesoro.
Al suo proemio seguono trentacinque ottave in cifre che vengono offerte come chiavi di tutta
l'opera. Nessuno mai giunto a interpretare quelle cifre.
Noi citeremo una quartina del poema, d'interesse storico:
La pietra que llaman philosophal
Sabia fazer, y me la ensen;
Fizimos la juntos, despues solo yo;
Conque muchas veces crecio mi caudal.
(Io sapevo far la pietra chiamata filosofale; egli - l'Egiziano - me l'insegn; noi la facemmo
insieme, poi la feci da solo. Fu in tal maniera ch'aumentai le mie finanze).
Anche l'opera alchimica Clavis sapientiae, dove si scorgono le dottrine arabe, attribuita al re
cavaliere; non sappiamo per con quanto fondamento.
Ad Alfonso X si deve inoltre un monumento astronomico, le tavole che prendono nome da lui, che
furono usate universalmente fino al principio del secolo XVI, cio per tre secoli, perch datano
dal 30 maggio 1252, giorno del suo avvento al trono. Queste tavole, le quali, anzi ch'essere opera
personale del re, furono probabilmente quelle de' molti astronomi arabi di Granata, che vivevano
alla sua corte, furono pubblicate per la prima volta a Venezia, nel 1492, in un volume in-4.
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Questo sovrano, possessore della scienza orientale, fu dal pontefice trattato da empio e
scomunicato.
GRIFFOLINO D'AREZZO. Costui si vant con un tal Alberto, di Siena, di sapere l'arte di
volare e promise d'insegnargliela. Ma lo scolaro, accortosi d'essere stato corbellato, accus il
maestro al vescovo di Siena, che lo fece bruciare vivo come negromante. Pare che Griffolino fosse
alchimista falso e disonesto. Dante perci lo pone nella decima bolgia, mettendogli in bocca
queste parole:
Io fui d'Arezzo, ed Alberto da Siena
. . . . . . mi f' mettere al foco;
Ma quel, perch'io mor, qui non mi mena.
Ver ch'io dissi a lui, parlando a giuoco:
Io mi saprei levar per l'aere a volo:
E quei, ch'avea vaghezza, e senno poco,
Volle ch'io gli mostrassi l'arte; e solo,
Perch'io nol feci Dedalo, mi fece
Ardere a tal che l'avea per figliuolo.
Ma nell'ultima bolgia delle diece
Me per alchmia, che nel mondo usai,
Dann Minos, a cui fallir non lece.
Sono anche probabilmente da assegnare al secolo XIII i tre alchimisti italiani GARELLO
D'AQUILA, GUIDO DA CASTELLO e NICCOLO DA FIRENZE.
Costoro sono menzionati come maestri famosi nell'arte di sciogliere e di comporre i metalli. Il
primo (degli altri non si sa nulla) partiva l'oro dall'argento con acqua forte composta di allume di
rocca, salnitro e vetriolo romano. Forse furono semplici alchimisti exoterici, cio souffleurs,
garzoni di laboratorio, chimici].
Nel secolo XIV la scienza ermetica brill di luce pi vivida, che negli antecedenti. Allora era
consuetudine atteggiarsi vagamente ad alchimista e una quantit di persone si vantarono con
amici di possedere il segreto della pietra, mentre, in realt, ignoravano fin la prima parola
dell'Arte per eccellenza.
Quel giochetto non offre nulla di serio alla storia dell'alchimia e i nomi dei presuntuosi non
meritano d'essere rilevati.
Il papa GIOVANNI XXII, (Giacomo d'Euse o d'Huze, Duze, Dossa, Dossat, d'Usia e d'Osa,
nato circa il 1244 a Cahors e pontefice dal 1316 al 1344), che fu sedotto -secondo che si dice dalla ricerca della Grand'Opra, scrisse, pare verso il 1300 l'Arte trasmutatoria dei metalli e
realizz su vasta scala la fabbricazione dell'oro. [Difatti si narra che, mediante il processo
descritto nel suo libro, ottenesse dugento verghe d'oro]. Noi non oseremo garantire n la
legittimit dell'opera, n quella dei lavori pratici. Giovanni XXII fu un iniziato? Il sommo
pontefice romano fu un adepto? da ritenerlo. ["All'Universit di Montpellier e a Parigi, dove
impar teologia, diritto e medicina, egli si trov a contatto con Arnaldo da Villanova e con
Raimondo Lullo, e pot perci essere iniziato da questi due celebri occultisti, dai quali riceveva
lezioni" Egli per non si giov affatto della sua duplice elevatissima posizione, n pel bene degli
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uomini, n per quello della verit. [Difatti, nel 1317 lanci contro gli alchimisti la bolla Spondent
pariter; nel 1320 ne fulmin un'altra contro gli Adoratori del diavolo, nome col quale design
complessivamente stregoni e albigesi, nel 1327 fece bruciare l'astrologo Cecco d'Ascoli e nel 1328
fece processare il carmelitano Ricordi come fattucchiere. I roghi dell'Albigese completarono la
collana delle sue opere umanitarie.
Al pari di Giovanni XXII, GIOVANNI DI MEUNG, mediocre scrittore, non attirer gran fatto la
nostra attenzione. [Costui, secondo alcuni, scrisse il Romanzo della rosa e due trattati alchimia.
Secondo altri, egli aument soltanto di diciottomila versi tale romanzo, dovuto alla penna di
GUGLIELMO DI LORRIS. Il Romanzo della rosa una epopea alchimica, della quale i letterati
francesi vanno s alteri da paragonarla perfino ai poemi italiani. Certo , peraltro, che le rose
colte dal Meung e da Dante provengono dallo stesso rosaio: la scienza segreta del Templari. Il
Lorris, nel suo idillio bisenso, descrive

. . . . . . . un nobile castello,
Sette volte cerchiato d'alte mura;
- analogo, cio, a' sette gradi de' gnostici cantori d'amore (i trovatori di lingua d'oc, provenzali e
italiani; i trovr di lingua d'oil, francesi; i minnesanger o minne singeri tedeschi e i love singers
inglesi), - le quali mura sono altissime - come la verit celata nell'albigesismo - e tutte dipinte di
figure emblematiche - come i geroglifici ermetici o le abraxas valentiniane - e racchiudono un
misterioso giardino - la gnosi o scienza sacra - in cui non dato accedere se non conosciuti i sensi
segreti di quei geroglifici - cio le verit esoteriche. Giovanni di Meung, o Iehan di Meun, detto
dopimi (lo Sciancatello), mor tra il 1310 e il 1322].
GIOVANNI DI RUPESCISSA fu, come il precedente, alchimista incerto, talch meriterebbe
d'essere classificato piuttosto tra i chimici. [Spacciavasi profeta, parlava di due anticristi e
cercava di crescere col mistero nel concetto degli uditori. Clemente VI (1342-1352) e Innocenzo
VI (1352-1362), lo fecero imprigionare per le sue prediche. "Un suo libro, il Vade mecum in
tribulatione, sta in un codice cartaceo della Marciana. Un suo manoscritto tratta di alchimia
medica col titolo De famulatu philosophiae, sive de consideratione quintae essentiae. Dice di aver
studiato filosofia naturale per quindici anni; desidera il suo libro giovi ai poveri di Cristo, non ai
tiranni od agli avari, ad conservandam vitam longo tempore; vuole si studi con religiosa
attenzione, altrimenti si riesce solo falsificatori di monete; loda come conservatrice delle forze
l'aqua ardens, anima vini, acqua vitae; e se un vecchio ogni mattina beva un sorso di quest'acqua
con infusa essenza d'oro e di perle, torna come all'et di quaranta o cinquant'anni.
A noi tarda di venerare la memoria del grande filosofo ermetico NICOLA FLAMEL. Del resto, chi
non conosce la storia della sua esistenza, consacrata tutta al lavoro, alla perseveranza e alla
beneficenza? I suoi particolari si possono trovare nella Storia della filosofa ermetica del LengletDufresnoy e nell'Alchimia e alchimisti del compianto Luigi Figuier. Contentiamoci di riassumere
i punti salienti d'una biografia.
Flamel venne al mondo [a Pontoise] nel 1330, secondo che generalmente si crede. Abbracci la
carriera di scrivano pubblico, prese moglie e si stabil a Parigi, nel quartiere di San Giacomo
della Beccheria. Col trascorreva i suoi giorni accanto a Pernella, senza ambizione, assorto dalle
proprie occupazioni, quando uno strano manoscritto, che si procur nel 1357, produsse un
completo cambiamento nel suo sistema di vita. Quell'antico libro d'Abramo Ebreo, scritto con
geroglifici, simboli e linee miniate, gett il turbamento nello spirito di Flamel. Egli non ebbe
requie fino a che non pervenne a decifrarlo; per, essendo ignaro dei primi elementi
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dell'ermetismo, le sue veglie diedero sterili risultati. Sprec pi di vent'anni in tali pazienti
ricerche. Vedendo che con le sole sue forze non riusciva a decifrare il significato delle figure,
risolse di consultare un dottore ebreo, capace di dargliene la spiegazione, e part per la Spagna.
Col incontr un rabbino, il maestro CANCHES, che lo mise sulla via e che s'esib d'accompagnarlo
in Francia; disgraziatamente per mor strada facendo. Flamel, basandosi sulle incomplete
istruzioni del dotto ebreo, lavor ancora tre anni:
Io fui d'Arezzo, ed Alberto da Siena
. . . . . . mi f' mettere al foco;
Ma quel, perch'io mor, qui non mi mena.
Ver ch'io dissi a lui, parlando a giuoco:
Io mi saprei levar per l'aere a volo:
E quei, ch'avea vaghezza, e senno poco,
Volle ch'io gli mostrassi l'arte; e solo,
Perch'io nol feci Dedalo, mi fece
Ardere a tal1[25] che l'avea per figliuolo.
Ma nell'ultima bolgia delle diece
Me per alchmia, che nel mondo usai,
Dann Minos, a cui fallir non lece.
Sono anche probabilmente da assegnare al secolo XIII i tre alchimisti italiani GARELLO
D'AQUILA, GUIDO DA CASTELLO e NICCOLO DA FIRENZE.
Costoro sono menzionati come maestri famosi nell'arte di sciogliere e di comporre i metalli. Il
primo (degli altri non si sa nulla) partiva l'oro dall'argento con acqua forte composta di allume di
rocca, salnitro e vetriolo romano. Forse furono semplici alchimisti exoterici, cio souffleurs,
garzoni di laboratorio, chimici].
Nel secolo XIV la scienza ermetica brill di luce pi vivida, che negli antecedenti. Allora era
consuetudine atteggiarsi vagamente ad alchimista e una quantit di persone si vantarono con
amici di possedere il segreto della pietra, mentre, in realt, ignoravano fin la prima parola
dell'Arte per eccellenza.
Quel giochetto non offre nulla di serio alla storia dell'alchimia e i nomi dei presuntuosi non
meritano d'essere rilevati.
Fattori Arcani e Alchimia
Antica arte e tradizione mistica che arriv ad avere, dal XII secolo in poi, una profonda influenza
su un certo numero di pensatori medievali. Nel suo significato pi stretto, l' alchimia stata
definita dagli studiosi come l' arte di tramutare i metalli non nobili in oro. A questa definizione
pu tuttavia essere aggiunto il concetto metafisico, elaborato da altri scrittori, secondo il quale la
pratica di quest'arte avrebbe trasformato lo stesso alchimista da imperfetto a un essere
dallelevata grazia spirituale.
L'alchimia, come la sua controparte, l'astrologia, divenne universalmente nota e fu praticata da
Egiziani, Cinesi e Greci molto tempo prima che lo fosse dai Bizantini, dagli Arabi e dagli
Europei. Chiamata lArte o la "Grande Opera", cerc, attraverso un numero apparentemente
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infinito di componenti o materiali, tra cui oro, argento, piombo, ferro, rame, zolfo, stagno,
mercurio, sali, alluminio, cloruro, ammonio, arsenico e acidi, di conferire l'immortalit. Gi
alchimisti inoltre ritennero che la vita eterna fosse il prodotto di una formula complessa, l' elixir
vitae, chiamata anche la pietra filosofale, che si supponeva trasformasse i metalli non nobili in
oro.
Nella tradizione occidentale, la pratica dell'alchimia inizi probabilmente intorno al III secolo
a.C. nel mondo ellenico. malgrado gli Arabi avessero loro specifiche correnti di pensiero.
Alchimisti greci di rilievo furono Bolos di Mendes, Synesio e Zosimo. I loro sforzi furono
importanti soprattutto nel preservare le teorie o dottrine alchemiche come quelle di Ermete
Trimegisto (la versione greca del dio egiziano Thot) -il Corpus hermeticum e l'Emerald Tablet - e
il Libro della tradizione segreta di Apollonio di Tiana. L' alchimia ellenica, influenzata dai Cinesi
e Indiani, pass ai Bizantini e quindi agli Arabi.
L' alchimia araba deve la sua evoluzione non solo ai Greci ma anche ai suoi praticanti orientali,
in particolare a quelli della citt siriana di Harran. Al-Razi, alchimista e medico dell'inizio del x
secolo, lasci un'impronta importante sulla sua arte e fu influenzato dal suo predecessore Jabir
ibn Hayyan, o Geber, e dagli Jabiriani. I loro scritti, compresi i loro contributi relativi alla
medicina, arrivarono in Occidente nel XII secolo.
Grazie alle crociate e ai maggiori contatti tra Oriente e Occidente, le opere arabe cominciarono
ad apparire in Europa. Nel XII secolo, Gerardo di Cremona tradusse Al-Razi e Roberto di
Chester, nel Libro di Morienus, muovendo i primi passi per una maggiore conoscenza del sapere
alchemico. Ulteriori studi, analisi e raccolte di cognizioni e precetti vennero poi pubblicati nel
XIII secolo da Vincenzo di Beauvais, Arnaldo di Villanova, Ruggero Bacone e Alberto Magno.
La maggiore diffusione dell'alchimia port tuttavia a una maggiore opportunit per i suoi
disonesti praticanti di compiere truffe e frodi. Con l'obiettivo di creare oro dai metalli non nobili,
falsi alchimisti vendevano falsi trattati agli incauti. Un'opera come la Summa perfezione (ca.
1300), attribuita a Geber, fu probabilmente di origine europea. In risposta al declino della vera
alchimia, i legittimi alchimisti nascosero le loro formule e i loro libri dietro un intenzionale e
complicato amalgama di immagini, simboli e messaggi arcani. Molti dicevano di aver fatto
fortuna grazie alla "Grande Opera". Nonostante la condanna della Chiesa e una prolungata aria
di cattiva reputazione, l' alchimia costitu la transizione vitale dagli studi di Paracelso ai
progressi in farmacologia, medicina e nella nuova scienza della chimica.
Pietra Filosofale
Alchimia
Il concetto ha apparentemente avuto origine dalle teorie dell'alchimista Geber. Egli analizz
ciascuno dei quattro elementi aristotelici nei termini delle quattro qualit di base: caldo , freddo
, secco e umido . In questo modo, il fuoco era caldo e secco, la terra fredda e secca, l'acqua fredda
e umida, e l'aria calda e umida. Teorizz inoltre che ogni metallo fosse una combinazione di
questi quattro principi, due di questi interiori e due esteriori.
Partendo da queste premesse, si pens che la trasmutazione di un metallo in un altro potesse
essere effettuata riarrangiando le sue qualit di base. Questo cambiamento sarebbe stato
mediabile attraverso una sostanza detta al-iksir in arabo (dalla quale viene il termine
occidentale " elisir "). Viene spesso immaginata come una polvere asciutta, ottenuta da una
pietra mitica, la pietra filosofale.
Harry Potter
Nella serie di Harry Potter , la pietra filosofale compare nel primo episodio, che ha appunto
questo titolo, ed custodita in un corridoio segreto ad Hogwarts , da un'enorme cane a tre teste.
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dotata di immensi poteri e Voldemort , usando il professor Raptor , tenter di impadronirsene.


Fra gli altri poteri, la Pietra ha quello di assicurare una vita eterna al suo creatore, che nella
serie l'alchimista Nicolas Flamel , che ha pi di 600 anni. Nel corso delle vicende tuttavia la
pietra verr distrutta.
Ruggero Bacone ( Ilchester , Somerset , Inghilterra , 1214 - Oxford , Inghilterra , 1294 ), in
inglese Roger Bacon e ampiamente noto con l'appellativo latino di Doctor Mirabilis , fu un
frate francescano inglese e uno dei maggiori pensatori del suo tempo. Come filosofo diede grande
importanza alle osservazioni dei fatti e va considerato come uno dei padri dell' empirismo. Per
certi aspetti pu considerarsi uno dei rifondatori del metodo scientifico, ma non sono pochi i suoi
collegamenti con l' occultismo e le tradizioni alchemiche. Del resto, come fa notare Clive Staples
Lewis le credenze magiche non sono tipiche del Medio Evo , ma sorgono "gemelle" con l'interesse
per la scienza naturale, tanto che il maggiore sviluppo della magia si ebbe proprio tra il XVI
secolo e il XVII secolo, in contemporanea con la rivoluzione scientifica .
Primi anni
Nasce presso Ilchester da una famiglia probabilmente benestante, ma che per gli eventi
turbolenti del regno di Enrico III d'Inghilterra viene spogliata delle sue propriet e vede molti
dei suoi membri costretti all'esilio.
Ruggero Bacone studia a Oxford , dove riceve una formazione prevalentemente aristotelica e
successivamente diventa frate francescano (probabilmente nel 1233 ) e professore nella stessa
Oxford. Quindi si trasferisce in Francia per studiare all' Universit di Parigi , allora il maggior
centro della vita intellettuale europea. I due grandi ordini monastici dei francescani e dei
domenicani , da poco costituiti, stanno cominciando a contendersi il primato nel dibattito
teologico. Alessandro di Hales guida i Francescani, mentre l'ordine rivale dispone di Alberto
Magno e Tommaso d'Aquino . Le capacit di Bacon si fanno presto riconoscere ed egli si
guadagna l'amicizia di personaggi eminenti come Adam de Marisco e Robert Grosseteste ,
vescovo di Lincoln . Nel corso dei suoi insegnamenti e delle sue ricerche egli esegue e descrive
vari esperimenti.
Maturit e opere
La formazione scientifica che Bacone ha ricevuta lo convincono che il dibattito accademico del
suo tempo presenta gravi pecche. Aristotele conosciuto solo attraverso traduzioni scadenti;
nessuno dei professori vuole cimentarsi con lo studio del greco . Analoga situazione per lo studio
delle Sacre Scritture. La scienza fisica non viene sviluppata attraverso esperimenti secondo lo
stile degli aristotelici, ma mediante argomentazioni basate sulla tradizione. Bacone si allontana
dalla routine scolastica e si dedica allo studio delle lingue e alla ricerca sperimentale. L'unico
insegnante che rispetta un certo Petrus de Maharncuria Picardus , cio "della Piccardia",
probabilmente identificabile con un matematico chiamato anche Petrus Peregrinus di Piccardia ,
che forse l'autore di un trattato manoscritto, il De Magnete , conservato nella Bibliotheque
Imperiale di Parigi. Il contrasto tra la poca notoriet di quest'uomo con la fama goduta dai
loquaci giovani dottori suscita la sua indignazione. Nei suoi libri Opus Minus e Opus Tertium
Bacone porta avanti una violenta invettiva contro Alessandro di Hales e un altro professore, che
a suo parere, impara insegnando agli altri e adotta un tono dogmatico che gli consente di essere
accolto a Parigi tra gli applausi come se valesse quanto Aristotele, Avicenna o Averro .
Bacone incontra poi il Cardinale Guy le Gros de Foulques , che si interessa delle sue idee e gli
chiede di compilare un trattato sistematico. Bacone inizialmente esita a causa della regola
dell'Ordine francescano che vieta che i suoi membri pubblichino alcunch senza un permesso
specifico. Ma il cardinale diventa il papa Clemente IV e torna a sollecitare Bacone di ignorare il
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divieto e di scrivere il suo trattato in segreto. Bacone allora acconsente e nel 1267 invia al papa
la sua opera, intitolata Opus Majus , un trattato sulle scienze (grammatica, logica, matematica,
fisica e filosofia). Questa viene seguita nello stesso anno da una Opus Minus , un sommario delle
idee pi rilevanti della sua prima opera. Nel 1268 riesce ad inviare al papa la sua Opus Tertium
; questi per muore quello stesso anno. Bacon cade allora in disgrazia e successivamente dallo
stesso Ordine francescano viene imprigionato per la seconda volta nel 1278 , con l'accusa di
diffusione di idee dell' alchimia araba, ma senza dubbio anche per il fatto che le sue proteste
contro l'ignoranza e l'immoralit del clero avevano fatto nascere nei suoi confronti una accusa di
stregoneria . Becone rimane imprigionato per pi di dieci anni, fino a che l'intercessione di alcuni
nobili inglesi gli assicura la liberazione.
Nei suoi scritti Bacone reclama una riforma degli studi teologici. Si dovrebbe meno enfasi alle
distinzioni filosofiche minori discusse nella Scolastica , mentre la stessa Bibbia dovrebbe tornare
al centro dell'attenzione e i teologi dovrebbero studiare approfonditamente le lingue nelle quali i
testi originali sono stati composti. Egli in effetti padroneggia parecchie lingue e lamenta la
corruzione dei testi sacri e delle opere dei filosofi greci dovuta ai numerosi errori di traduzione e
di interpretazione. Inoltre Bacone spinge tutti i teologi a studiare accuratamente tutte le scienze
e di aggiungerle al normale curricolo universitario.
Bacone disponeva di una delle pi autorevoli intelligenze del suo tempo, e forse di tutti i tempi, e
nonostante i tanti svantaggi e impedimenti che deve subire, riesce a compiere molte scoperte e
ad avvicinarsi a un numeroancora maggiore. Egli rifiuta diseguire ciecamente le autorit
precostituite, sia sul piano teologico che su quello scientifico. La sua "Opus Majus" contiene
trattazioni di matematica , ottica , alchimia e manifattura della polvere da sparo ,le posizioni e le
estensioni dei corpi celesti , compresa la chiara affermazione della rotondit della terra; l'opera
inoltre anticipa successive invenzioni come il microscopio , il telescopio , gli occhiali, le macchine
volanti e le navi a vapore. Bacone studia anche l' astrologia ed convinto che i corpi celesti
esercitino una influenza sul fato e la mente degli umani. A lui sideve anche una critica al
calendario giuliano allora in uso. Per primo dopo gli scienziati elenistici riconosce lo spettro
visibile in un bicchiere d'acqua, secoli prima dei lavori di ottica di personaggi come Marcantonio
de Dominis , Cartesio e Isaac Newton . A lui si devono anche misurazioni sull' arcobaleno .
Egli fu un entusiasta sostenitore e praticante del metodo sperimentale come mezzo per acquisire
conoscenze intorno al mondo: sul tema, famosa la sua polemica con Alberto Magno , proprio per
stabilire che cosa intendere per metodo scientifico. Egli si era anche ripromesso di pubblicare
una ampia enciclopedia , ma di questa sono comparsi solo pochi frammenti.
Nelle opere di fantasia
Molti autori, soprattutto a partire dall'epoca rinascimentale, sono stati attratti dalla figura di
Ruggero Bacone come l'incarnazione del saggio e sottile possessore di conoscenze negate ai pi e
forse proibite, simile a un dottor Faust . Intorno alla sua figura sono cresciute numerose
leggende e storie impossibili a verificarsi, ad esempio quella che egli avesse creato una testa di
ottone parlante in grado di rispondere ad ogni quesito; questa diceria ha un ruolo centrale
nell'opera teatrale Friar Bacon and Friar Bungay scritta da Robert Greene intorno al 1589 .
Probabilmente la pi completa ed accessibile descrizione della vita di Ruggero Bacone
contenuta nel libro Doctor Mirabilis , scritto nel 1964 dall'autore di fantascienza James Blish. Si
tratta del secondo libro (inedito in Italia) di una trilogia quasi religiosa, intitolata After Such
Knowledge (o Apocalisse ), e si configura come un racconto completo, a tratti autobiografico della
vita di Bacone e del suo sforzo volto a sviluppare una "scienza universale". Si tratta di un testo
basato su ricerche approfondite anche per un accademico e ricco di riferimenti, comprese ampie
citazioni dalle opere dl protagonista, ma presentato secondo lo stile romanzesco; l'autore lo
considera un'opera di fantasia o una visione .
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La Filosofia della natura di Ruggero Bacone


Il libro uno studio sulla filosofia della natura di Ruggero Bacone. Questo frate francescano,
eclettico pensatore, si rivela un personaggio di grande interesse nella storia della scienza e della
filosofia medievale, figura emblematica di un'epoca in cui si assiste al consolidarsi di due distinte
prospettive filosofiche: una di orientamento aristotelico, presso l'universit di Parigi, con Alberto
Magno e Tommaso d'Aquino, e una linea prevalentemente platonica nello Studium di Oxford,
con Roberto Grossatesta e lo stesso Bacone.

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Dopo aver studiato e insegnato diversi anni a Parigi, dove assimil la filosofia di Aristotele,
Bacone fece ritorno alla sua terra d'origine, stabilendosi ad Oxford, ove entr in contatto con le
idee di Roberto Grossatesta, che prospettavano una visione platonica del cosmo e una fisica
basata sulla conoscenza delle strutture matematiche della natura e sulla pratica sperimentale .
La cultura di Bacone cos ampia da meritargli l'appellativo di doctor mirabilis, il campo dei
suoi interessi vastissimo: matematica, ottica, alchimia, studio delle lingue, filosofia morale,
diritto, teologia.
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Non si tratta tuttavia di una erudizione tanto multiforme quanto caotica, ma del frutto di un
lungo studio orientato da una precisa visione unitaria del sapere . Lunghi anni di ricerca trovano
una sintesi nella sua opera pi famosa, l' Opus Maius , scritto intorno al 1267 e inviato al
pontefice Clemente IV, per esporgli le basi di una riforma sistematica di tutto il sapere , volta al
rinnovamento culturale della civilt cristiana.
Nel redigere questo ambizioso programma Bacone animato da una profonda convinzione della
veridicit di quanto si attesta nel Secretum Secretorum , un testo pseudoaristotelico di carattere
esoterico, che conobbe grande diffusione, in cui si narra di una antica sapienza, rivelata
originariamente da Dio ai primi uomini, e in seguito andata perduta.

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Tale sapienza originale conteneva, secondo lui, molte notizie intorno ai mezzi tecnici per
migliorare la vita umana , e che la civilt cristiana chiamata a recuperare. Le sue idee si
presentano in aperta polemica con alcuni maestri dell'universit di Parigi, in particolare con un
maestro innominato che possiamo identificare, quasi certamente, con Alberto Magno, accusato
di incompetenza, perch, tra l'altro, non assegnerebbe la dovuta importanza alla conoscenza
della matematica.
Il presente studio analizza le idee di Bacone intorno alle due discipline che costituiscono i
capisaldi del suo sistema delle scienze: la matematica , che egli considera la porta e la chiave di
tutte le scienze, e la scienza sperimentale , chiamata domina scientiarum.
Emergono, dalla lettura di questo pensatore medievale, interessanti analogie con quello che sar
il pensiero di alcuni protagonisti della rivoluzione scientifica, nel XVII secolo, in particolare per
ci che riguarda la concezione di un universo ordinato secondo le leggi della geometria euclidea ,
le quali forniscono anche il paradigma di ogni vera conoscenza.
Il primo capitolo offre una buona panoramica sulle vicende biografiche e sul lavoro intellettuale
di Bacone, rintracciando gli autori, le letture, le scuole filosofiche che maggiormente hanno
influenzato il suo pensiero, e trattando in maniera sintetica i contenuti dell'Opus Maius. Nel
secondo capitolo si entra nello specifico, trattando della matematica e dei motivi per cui essa
viene assunta a cardine di tutto il sapere.
Ben otto prerogative Bacone attribuisce a questa disciplina, le quali dimostrano perch essa
debba considerarsi porta e chiave di tutte le scienze, dice infatti il filosofo: solo la matematica
si mantiene per noi certa e verificata, per cui attraverso di essa che occorre conoscere e
comprovare ogni altra scienza.
La matematica, secondo Bacone, deve trovare applicazione nei pi svariati campi del sapere:
nelle scienze della natura innanzitutto, dove la ricerca delle cause dei fenomeni deve portare ad
individuarne la struttura geometrica, nell'ottica, che fornisce il modello di tutti i meccanismi di
causa-effetto, persino nella linguistica, dove determina le leggi della metrica, nella logica, ove
definisce la natura delle categorie, e, infine, nell'interpretazione della Bibbia, ove contribuisce a
chiarire tanti particolari del testo sacro, e fornisce utili esempi che aiutano a comprendere, per
analogia, le verit soprannaturali.
Le leggi della geometria euclidea pervadono dunque il mondo sensibile, prendendo corpo nell'
ottica , cui dedicato il capitolo terzo: tale disciplina, nel pensiero di Bacone, acquista i caratteri
di una vera e propria fisica matematizzata.
Il capitolo si apre con una interessante excursus storico attraverso alcuni autori antichi e
medievali, specie di orientamento platonico, i quali hanno visto, nei fenomeni luminosi descritti
dall'ottica geometrica, una sorta di matrice comune di tutti i fenomeni naturali, spesso
mettendo in relazione tali ipotesi con il significato mistico che molte tradizioni attribuiscono alla
luce. Si descrivono quindi alcuni aspetti della scienza ottica, le leggi di riflessione e rifrazione,
portando numerosi esempi tratti da pagine dell'Opus Maius.
L'ultima parte dedicata alla scienza sperimentale , aspetto a cui, nella storiografia, il nome di
Ruggero Bacone quasi sempre legato.
Spesso la letteratura ricorda, ad esempio, l'utilit che Bacone assegnava alla scienza
sperimentale, al fine di smascherare i trucchi di sedicenti maghi. Scopo di questo capitolo
chiarire che cosa Bacone intendesse davvero con la dizione scientia experimentalis, e quali
applicazioni dei suoi principi egli sia riuscito in concreto a proporre. Anche qui l'analisi
arricchita da vari esempi, tratti dall'Opus Maius, che ci fanno conoscere anche alcune curiose
credenze dell'epoca. Ampio spazio dedicato alla sua celebre ricerca sulla natura dell'arcobaleno
: essa, oltre a costituire un interessante esempio di applicazione del metodo induttivo,
rappresenta anche, per la storia della scienza, un contributo originale del francescano alla
conoscenza di questo spettacolare fenomeno ottico.
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Ruggero Bacone frate francescano fra i primi Alchimisti

Bacone fu probabilmente il primo a determinare, in un angolo di 42 gradi, la misura dell'altezza


massima del sole oltre la quale l'arcobaleno non pu apparire, e ad attribuire la formazione
dell'iride alla rifrazione dei raggi solari. Dalle pagine di questo grande erudito emerge dunque
una visione della scienza in cui matematicismo ed empirismo non si trovano affatto in
contraddizione. L'universo, secondo il nostro francescano, una rete di forze, in ogni punto
convergono e da ogni punto si diramano infiniti raggi che trasmettono gli influssi con cui ogni
corpo in collegamento con ogni altro, tali influssi si propagano seguendo le leggi della
geometria ottica, quindi ogni fenomeno descrivibile in termini matematici: tutto questo non
in contrasto con la necessit di ricorrere all'analisi empirica al fine di conoscere la natura, perch
proprio l'esperienza che ci permette di cogliere il reale nella sua matematicit (p. 145).
Si tratta dunque di un personaggio rappresentativo di una scuola di pensiero che ha aperto la
strada ad una concezione, e ad una pratica della scienza, di tipo empirico-matematico, come
quella che poi si concretamente sviluppata in epoca moderna. Per questo il libro uno
strumento particolarmente utile a chi vuole farsi un'idea della distanza che, fin dal XIII secolo,
era gi rintracciabile tra la concezione parigina e quella oxfordiana del sapere: la prima
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Ruggero Bacone frate francescano fra i primi Alchimisti

platonizzante, univoca e matematizzata; la seconda aristotelizzante, analoga e organizzata


secondo scienze gerarchizzate da una ben precisa teoria dei fondamenti. Se allora Ruggero
Bacone e Alberto Magno non poterono comprendersi, forse lo potrebbero meglio se vivessero ai
nostri giorni, nei quali la via matematizzata sembra richiedere sempre pi insistentemente
un'attenzione ai suoi presupposti logici e ontologici, e la via filosofica esige di farsi maggiormente
scientifica e formale, per non perdersi in un relativismo senza via d'uscita. Dunque questo studio
non ha solamente un interesse storico orientato al passato, ma aiuta a comprendere meglio, nelle
loro radici remote, anche le problematiche della scienza recente.

Claudio
Spero che questo documento vi piaccia
Se volete continuare la consultazione di altri documenti che riguardano studiosi di
Occulto del passato, consultate i miei siti web e troverete cose molto interessanti.
http://www.bantan-sensitivo.com/
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Buon lavoro a tutti

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