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RECHERCHES

AUGUSTINIENNES

VOLUME

IV

TUDES AUGUSTINIENNES
8 rue Franois-rer
PARIS (VIIIe)
r966

Supplment la Revue des 11tudes augustiniennes

Il Battistero di Sant' An1brogio


a Milano
Si deve a Ugo l\fonneret de Yillard l'aver riconosciuto il battistero
della cattedrale antica di l\:Iilano, S. Giovanni alle Fonti, in quei muri a
nicchie semicircolari e rettangolari tagliati nel 1870 per far passare avanti
al Duorno un grande canale collettore della fognatura 1 .
Queste ricerche sull' antico monumento milanese, ancora non indagato,
per quanto facilmente ricostruibile nella pianta, meritaYano uno scavo
clefinitivo e un esame attenta e l' occasione della costruzione della metropolitana era tale che non doveva esser trascurata.
Lo scavo del battistero stato iniziato dallo scrivente (per la Soprintendenza alle Antichit della Lombardia) nel maggio 1961 con lo strappo
del lastricato del sagrato del Duomo e compiuto alla fine del settembre
1962.
L' opera risultata integra planimetricamente, ad eccezione del taglio
prodotto dalla fognatura ricordata 2 , e conservata in altezza per m. 2,40
dal lato della gradinata del Duomo, mentre giunge a meno di un metro
dal lato opposto.
Anche nella parte pi conservata si notano vari meditati danneggiamenti dovuti alle opere di << mina )) fatte per la voluta demolizione dell'
edificio, quando si prevedeva fosse d'ingombro al procedere della costruzione del Duomo. Questa meditata demolizione giunta allo strappo di
varie parti del rivestimento marmoreo delle pareti, all'asporto di lastre
di marmo e dei gradini della vasca, al prelievo di ogni elemento architettonico o scolpito, che potesse essere riadoperato.
Quanta resta dell' opera pero non solo ci informa pienamente sulla
distribuzione delle parti dell' edificio, ma con notevoli resti di ogni eler. U. l\IoxxElU\'l' DE VII.LARD. L'antica basilica di S. Tecla in ldilano, iu << Arch.
Star. Lombardo )), XLIV (1917) pagg. 1-24. E. BIGXAMI, Ruine dell'antica Jlllilano,
in Atti del Coll. d. Ingegneri ed Architetti di l\Iilano )), 1870 (v. in DI<: C~PI'.l'AXI,
La Cltiesa maggiore di 2Vlitano, l\Iilano 1942, pp. 188-r9r e fig. 2).
2. Una smussatura allo spigolo N-E, prodotta dalla fondazione della facciata
del Duomo, costruita in grossi conci di ceppo.

MARIO M.IRABELLA ROBERTI

mento dell'interno ci informa sull'insieme in modo pienamente soddisfacente. lVIeritava percio che quest'opera che, come vedremo, l'attestazione di un tipo di edificio dato alla Chiesa piu antica a :i\Iilano, prima che
in ogni altra sede, fosse resa visitabile a studiosi e a turisti. Il che stato
fatto, costruendo una copertura in cemento armato, che ha modificato,
favorevolmente, l'aspetto della gradinata di accesso all'attuale Cattedrale.
Diamo ora un'occhiata al battistero, quale apparso clallo scavo.
(fig. l).
Il perfetto ottagono ampio esternamente m. 19,30 fra due spigoli
opposti (m. r7 ,60 fra due lati), internamente fra due angoli opposti
ampio m. r2,80. Ogni lato esterno , in media, di m. 7,40 e ogni spigolo
ha una lesena a libro di 46 cm. di lato in media.
In ogni lato si apre all'interno una nicchia, alternamente semicircolare
e rettangolare. Le rettangolari hanno tutte una porta : le quattro porte
si volgono ai punti cardinali deviando dalla linea West-Est di 140,30'
verso Nord e l'edificio, posto, com' noto, a Sud dell'abside dell'antica
cattedrale, non orientato n sulla cattedrale, n sulle strade del centro
della citt romana.
La porta verso la basilica conserva intatta la soglia antica pur sotto
riempimenti di muratura che ne hanno rialzato il vano.
Piu importante sembra la porta orientale, che in et romanica ha avuto
un portale con strombatura fatta di arcate digradanti fra due semicolonne,
ma tutte le porte hanno subito rialzamenti e forse le due a Nord e a Sud
sono state in un certo tempo occluse 3 .
Ad ogni angolo interno, fra le nicchie, era una colonna di cui resta
solo l'ipobase. Al centro la grande ,-asca ottagona, col fondo in lastre
di marmo, e il giro di tre gradini in mattoni (un tempo rivestiti di marmo)
trovati quasi del tutto asportati. La vasca misura fra due lati opposti
m. 5,16, fra due spigoli m. 5,56 ; il lato di m. 2,14. profonda 80 cm.
dal piano di calpestio del battistero, che a m. 2,80 in media dal piano
della piazza attuale (fig. 2).
Una vasca, dunque, davvero molto ampia, piu vicina alla vasca di
un frigidarium che al fonte di un battistero, dove solo il ritmo dell'ottagono ci riannoda a valori simbolici e, insieme, ritmici rispetto all'impianto
generale dell'edificio. Attorno alla vasca, incluso nel muro perimetrale
un canale di deflusso dell'acqua, fatto di mattoni4 , in cui quattro rotture
3. Le porte settentrionale e meridionale ave\ano un protiro, che a Sud stato
pi volte rialzato. La porta occidentale conduceya alla chiesa e l'interYallo fra
battistero e basilica era stipato di tombe a cassa di mattoni con lastroni di pietra
di copertura, dis poste almeno in tre strati (secoli XIII e :s:). Il maggior numero era
in un passaggio coperto che collegaya basilica e battistero, il quale ha avuto vari
rifacimenti : almeno uno coevo al battistero, uno del :s: secolo e uno romanico.
Questo il passaggio attraverso il quale i neofiti videro il corpo di S. Ambrogio
la sera del suo transita, corne attesta Paolino (Vita Ambrosi c. 48). E forse sosto fra
questi muri, che poi accolsero in memoria di lui tante tombe.
+ Nel canaletto perimetrale della vasca sono state troYate moltissime monetine
romane, fra le quali alcuni piccoli bronzi di Valentiniano II, di Teodosio, di Arcadio,
e moite tessere di bronzo.

IL BATTISTERO DI SANT'AMBROGIO

simmetriche suggeriscono bocche di sfioramento, corne nelle vasche dei


frigidaria delle terme.
Un canale di scarico stato scoperto sull'asse della porta meridionale,
ed era stato gi scavato in antico, evidentemente per pulirlo perch
mancavano in corrispondenza elementi del pavimento. Il canale di adduzione termina bruscamente sull' orlo della vasca : da supporre che l esistesse
qualche cosa donde l'acqua usciva. Ricordo ((in labio fontis baptisterii
agnum aureum fundentem aquam )) che papa SilYestro (314 - 335) dono
al Laterano, corne attesta il Liber pontijicalis. 0 anche l'apparato posto
da Eustorgio II (5n-5r8) nel pi tardo battistero milanese di S. Stefano,
riservato alle donne. Ennodio di Arles, vescovo di Pavia e retore (473-521),
in un epigramma dice che in esso (( arida nam liquidos efftmdit pergula
fontes, / et rursus natis unda superna venit )) e nel lemma scritto :
(( aqua quae per columnas venit )),
Sul lato d'oriente era la parte (( fatta per luogo de'battezzatori )), dove i
battezzandi, con le gambe immerse nell'acqua, potevano avvicinarsi
alla sponda per ricevere, volti ad oriente5, il sacro lavacro per infusione
(fig. 3).
Il pavimento in commesso di marmi bianchi e neri, a losanghe nere
fra fasce bianche nell'aula 6 , ad esagoni e triangoletti (neri e bianchi di
varia misura) nelle nicchie semicircolari, mentre nelle nicchie rettangolari
ha quadrati neri inclusi per diagonale in quadrati bianchi, anche qui di
''arie misure (fig. 4).
Esso , corne ho detto, largamente conservato ed la parte decorativa
pi appariscente dell'edificio. La zoccolatura in marmo, con una comice,
su cui si posava il rivestimento in crustae marmoree (attestato in frammenti con eleganti disegni), qua e l superstite. Sulle pareti di due nicchie
restano parti di affreschi della met del sec. xnr (due oranti avanti a
una cascata d' acqua) e dei primi del' 400 (una figura di sauta ?) .
Una gran volta d'oro doveva stendersi sull'aula : fra le migliaia di
tessere vitree trovate, abbondano quelle un tempo coperte di lamina
d'oro, assai piu scarse inYece le verdi chiare e le azzurre, poche le bianche
e le rosse. Anche questa volta (vedi pi avanti) attesta ta da un epigramma di Ennodio.
La copertura del battistero merita qualche considerazione. Abbiamo
notato che esistevano colonne angolari fondate su appositi corpi murari
in conglomerato di ciottoli.
Queste colonne erano decorative o reggevano la volta ?

5. Ritengo assai probabile chc l'asse \l'est-Est del battistero sia oricntato seconda
il sorgere del sole ne! giorno di Pasqua dell'anno in cui l'edificio fu costrnito.
6. A ,-eya Io stesso carattere il padmento in opera settile dell'Ursiana (l\:I. li:IAZZOTTI

J.a cripta della basilica 'isiana di Ravenna, in Felix Riwenna , r95r, fig. 4 p. 36),
costrnito snll'efrngono, n11zich snl rombo.

MARIO MIRABELLA ROBERT!

Per quanto mi consta non ricordo eclifici romani a pianta centrale che
abbiano la volta impostata su colonne. Nel tempio rotondo di Ostia,
in quello di Portumno, in quello di Siepe e, su tutti, nel mausoleo di Diocleziano, le colonne hanno funzione decorativa non portante. Nel tempio
di Portumno pero sostenevano nervature della volta a padiglione. Il
sistema (volte su colonne) pero presente in altri monumenti, corne nelle
terme di Diocleziano o nella basilica di l\fassenzio. Grandi mensole reggevano anche qui, sul capitello, l'imposta della volta, cos che la colonna ne
restava largamente scaricata.
Ma nei battisteri ottagonali la soluzione delle colonne angolari portanti
presente in moite sedi (comme a Frjus), a Novara, ad Albenga), anche
se sempre esistono le grandi mensole che scaricavano notevolmente la
colonna. Nel battistero del Laterano, nella sua fase precedente a quello
di Sisto III, le 8 colonne aderivano alla parete e assai probabilmente
avevano solo funzione decorativa ; corne le sette del battistero di Salona.
N el nostro battistero pero non dovevano esistere arcate concentriche alle
volte delle nicchie, corne ad Albenga e a Frjus, perch ogni spicchio di
muratura agli angoli interni della costruzione di poco piu ampio della
larghezza della base delle colonne (e quindi dei capitelli) e perch il designo
del pavimento sempre uguale a quello delle nicchie fino alla verticale di
queste basi. Poi comincia il tessuto del pavimento a rombi neri, che si
chiude in ottagono.
Non conosciamo bene la disposizione interna del mansoleo di S. Gregorio,
che De Angelis d'Ossat ha ricostruito graficamente 7 senza preveclere
colonne, ma in S. Aquilino, mausoleo annesso a S. Lorenzo, le colonne
erano previste, corne risulta <lai massi di ceppo sovrapposti alle fondazioni
contro ogni angolo 8 . Ed esse non potevano essere che decorative, non
portanti.
Ma osserrnndo le ipobasi che restano, su quella ad occidente della
porta meridionale si nota un volgare restauro del pavimento fatto in
malta signina, che copre l'ipobase stessa. Allora : le colonne c' erano, ma
non erano portanti, tanto che sono state tolte ad un certa epoca (quando
si dovuta restaurare la cattedrale ?) . Pensare che fossero state tolte se
erano solo in qualche modo portanti, mi sembra operazione un po' troppo
ardita. Colonne decorative, sono, corne abbiam visto, di regola negli
edifici a simmetria accentrata romani e paleocristiani pi antichi. E' assai
probabile che questo avvenisse anche nel nostro battistero.
Quanto alla volta impostata sopra le arcate varie soluzioni possono
essere previste : a) un raccordo angolare che porti ad una cupola (com'

7. Relazione del prof. G. De Angelis d'Ossat al C::ongresso di .'\.rcheologin dell'Itnlin


Settentrionnle a Torino, r96r.
8. v. G. C::rrmRrcr, La basilica di S. Lorrn:;o N!ar.;giore in Milano, :IIilnno T95 r,

p.

TTC.

IL BATTISTERO DI SANT'AMBROGJO

nel battistero dell'Ursiana di Ravenna, ma opera del vescovo Neone) ;


b) una serie di arcatelle che aumentino il numero dei lati e preparino la
cupola (com' a Frjus e ad Albenga) ; c) una diretta imposta di una volta
a otto spichi, com' p. es. nel S. Aquilino, che si collega a un tipico aspetto
di volte romane (v. Terme di Pisa) ; d) una modesta copertura piana,
corne nel battistero dell'Ursiana di Ravenna nello stadio iniziale.
E' senz'altro da escludere questa copertura che sarebbe assai inetta
conclusione di un impianto cos massiccio, con nodi di scarico ben segnati
e che esclusa dalla presenza di blocchi di volta trovati nello scavo.
Per la soluzione ad archetti abbiamo gli echi di Frjus e di Albenga,
ma non abbiamo alcuna prova che possa esser stata adottata qui ; il
raccordo angolare assai raro. Resta la soluzione a spicchi, la piu logica
e la piu semplice, attestata dal mausoleo di S. Aquilino.
Questa ha anche qualche precedente a Milano, nel Mausoleo di S. Vittore
(detto S. Gregorio), p. es., se giusta, corne credo senz'altro, la ricostruzione grafica del De Angelis d'Ossat, ed esempi epigoni nel S. Sisto presso
S. Lorenzo, oltre che egli echi del battistero di Firenze, che il De Angelis
d'Ossat ha riconosciuto paleocristiano 9 . Tutto ci stabilisce una continuit,
a cui il nostro battistero, sembra, non pu sfoggire.
La volta doveva essere in muratura, dati gli esempi milanesi seguenti
ma i frammenti scoperti nello scavo non lo chiariscono esattamente.
Non che si possa pensarla in tubi fittili, ch di questo materiale si sono
trovati esempi, solo presso le absidi di S. Tecla, ma dai blocchi informi
scoperti nello scavo sembra fosse, piuttosto che in mattoni organizzati
in corsi, in frammenti di mattoni e tegole impastati in malta abbondante,
corne una sorta di calcestruzzo.
Tutti questi elementi possono assumere particolare interesse agli
effetti del valore del monumento nella storia dell' architettnra paleocristiana milanese, dato che al battistero connesso il nome di S. Ambrogio.
Stabilirne la data puo essere perci particolarmente importante.
E qui, per ora, occorrer solo accennare ed essere, quanto l'entusiasmo
ce lo concede, prudenti.
Una cosa mi sembra sicura. La struttura muraria nel suo nucleo essenziale appare interamente unitaria. Le due fasi supposte dal De Capitani
(La Chiesa maggiore, p. 99, n. 5; p. r2r e fig. 6 e 7) non mi sembrano provate,
perch il paramento della stessa tessitura, dalle fondazioni alla estrema
parte conservata, anche se possono ammettersi opere di restauro locali.
La diversa apparenza del contesto murale, eroso fra mattone e mattone
ad una certa altezza a partire dalla fondazione in ciottoli, non dovuta
a diversa struttura, ma al logorio prodotto dalle acque scorrenti in
superficie.
9. G. DE Axcm,1s n'OssAT, Il battistero di Firenze : la decora .. ione tarda-romana e
le 111odifica"Jioni successiiie, in IX Corso <li cnltura snll'architetti.1ra nwennnte e
hizantinn , RaY(llllf\ 1962, pagg. zn-232.

MARIO J\IIIRABELLA ROBERT!

I,a struttura in s assai simile per composizione e per il rapporto


malta-mattone a quella di San Nazaro, piu che a quella di San Simpliciano, che conosciamo assai bene. Anche qui mattoni intatti di 7-8 cm.
di altezza assieme a notevole numero di pezzi di mattone di ricupero,
qualche strato di frammenti a mezza spina pesce, qualche rocchio in
mattone cilindrico per ipocausti. All'interno (negli strati piu bassi)
un' ordinata serie di ciottoli e spezzoni di mattoni, mentre le parti di volta
cadute appaiono all'interno composte di confusa opera a sacco.
Il vescovo Lorenzo (489-5rr) ha certo operato nel battistero e suo il
rivestimento musivo della volta, esaltato da Ennodio 10 , data l'assidua
presenza dell'oro e lo scarso numero di tessere che suggeriscono figure o
meglio una vigorosa decorazione vegetale11 .
Piu antico dell' et di Lorenzo peraltro certo il pavimento in commesso
di marmi12, cosi simile ad altri pavimenti noti in Lombardia e fuori nel
sec. v (vedi per es. i battisteri di Novara e di Riva San Vitale), cosi
simile per spirito e materiali al padmento della cattedrale.
l\Ia l'impianto ottagono con le lesene angolari e le nicchie alternate,
con la grande vasca centrale, nato di getto, non denuncia riprese, che
ne menomino l'unit e non pu riferirsi alla prima met del v secolo.
Nel battistero, noto, c'era il famoso epigramma accolto nella silloge
di Lorsch.
Ambrogio in quell' epigramma esalta l' opera sua, l'idea di fare sacri
baptismatis aulam surgere ottagona in memoria del giorno della risurrezione
di Cristo, qui claustra resolvit mortis et e tumulis suscitat exanimes.
L' epigramma sar stato scritto nel marmo o in musaico sulla volta
d'oro : probabilmente prima nel marmo, corne l'iscrizione di S. Nazaro,
poi sul musaico attribuito al vescovo Lorenzo, un distico per lato.
Gli otto distici sono espressione del desiderio di vedere nelle cose esteriori allegoria di interiori valori spirituali, comune alla cultura religiosa
del tempo del santo Vescovo, che pur sull' << ogdoade >>con compiacenza si
trattiene nei suoi scritti. Ma l'idea di scegliere corne sede del sacro lavacro
un tipo di edificio - ben definito nell' architettnra del suo tempo, sorto
per scopi diversi e, se vogliamo, profani - certo scatnrita assai presto
nella sua mente, quando il battesimo gli aveva dato coscienza della morte
dell' uomo vecchio per la nascita dell' nomo nnovo. Allora S. Ambrogio

IO. Nell'epigramma Venus in baptisterio mediolanensi dice : mundior excocti


julgescat lztce metalli / ... mannora, picturas, tabulas, subliine lacunar /ipse (Laurentius)
dedit templo (lacunar vuol dire qui genericamente soffitto, 11011 11ecessariamente
soffitto piano).
II. Oltre alle tessere sciolte, si sono trovati vari gruppi di tessere legati al letto,
che faticosamente si cercato di collegare. I piani di posa avevano andamento
concavo.
12. Risulta app1icato su! sottofondo in cocciopesto dopa la posa in opera del
rhestimento marmoreo delle nicchie.

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IL BATTISTERO DI SA.VT'AMBROGIO

pens di dare al luogo del battesimo l' aspetto dell' edificio sepolcrale pi
nobile del mondo antico, il mausoleo ottagonale, che aveva molti esempi
nell' architettura contemporanea : noi conosciamo quello di Spalato,
il mausoleo di Diocleziano, quello di lVIagonza, un mausoleo distrutto
alla fine del sec. III, quello di l\Iilano stessa, il ricordato mausoleo detto di
san Gregorio a S. Vittore ora distrutto, ma altri certo non mancavano.
Non dove\-a sembrar strano ai fedeli del tempo di S. Ambrogio entrare
giovani per il battesimo in un edificio che aveva la forma di una tomba,
dacch una tomba dal Redentore era stata mutata in sede della Resurrezione !
Per le considerzioni prima esposte, e per quelle che dopo queste pagine
fa Mons. Angelo Paredi, si deve ammettere che la costruzione del battistero ottagono di 1\Iilano sia avvenuta assai prima che S. Ambrogio provvedesse - a partire da poco prima il 386 - alle sue molte basiliche
suburbane, poste quasi a guardia della citt, come a Colonia erano, lungo
le strade che vi conducevano, le tombe venerate dei suoi martiri. Cosi
che il battistero di l\Iilano puo collocarsi fra il 378 (discorso sulla morte
del fratello Satiro, che lo aiutava in fabricis ecclesiae) e il 386. Aurelio
Agostino in questo battistero, compendio della dottrina battesimale
di Ambrogio, ricevette l' acqua lustrale nella notte tra il 24 e il 25 aprile,
Pasqua del 387.

***
Conosciamo pochi battisteri anteriori al IV secolo. Basti ricordare il
pi celebre, quello costantiniano del I,aterano, che circolare, e solo pi
tardi diventa ottagono, oppure il battistero della basilica episcopalis di
Aquileia, che il complesso episcopale pi antico meglio conosciuto in
Italia.
Ricostruito alla met del IV sec. 13 , ha un battistero in modesto ambiente
quasi quadrato, legato al resto delle costruzioni e non isolato, e solo la
vasca poligonale (esagonale e stellare). Anche tutti i battisteri sicuramente attestati in Siria prima del sec. v sono magari isolati o ben definiti,
ma sempre in forme tendenti al quadrilatero con o senza abside. Solo il
battistero della basilica della Vergine ad Efeso, attribuito alla met del
rv secolo, pur incorporato nella serie degli edifici annessi, irregolarmente
poligonale all'esterno ed circolare con otto nicchie all'interno 14 .
Dopo il battistero milanese, l'aula del sacro lavacro si stacca decisamente
dagli edifici connessi con la basilica e assume la definita forma di ottagono o ordinata sull'ottagono, che hanno anche i battisteri a pianta
13. :u. J'IIIIL\.BELLA Ro1m1nr, Considera:ioni sul/a basilica postteodoriana settentrionale di Aquileia, in Stud in onore di A. Calderini e R. Paribeni , :\Iilano, r956,
Yol. III, pagg. 863-87 5. Credo di aYer dimostrato che la basilic a e le opere annesse
sono del terzo quarto del IV sec. Il battistero ambrosiano non era encora nato.
q. Una silloge preziosa di dati sui battisteri noti qnella di A. KHATCI-IATRIAX,
Les baptistres palochrtiens, Paris r962.

IO

MARIO MIRABELLA ROBERTT

quadrata, ottagoni al secondo ordine. E ottagone sono le vasche battesimali specialmente in Lombardia e nei territori in relazione con la
diocesi ambrosiana.
Cosi a Rayenna, Ursus costruisce il battistero ottagono con le nicchie
semicircolari estradossate ; ad Aquileia, avanti alla basilica che subir
l'assalto degli Unni, l'ottagono si leva sull'impianto quadrato, che accoglie
negli angoli le nicchie semicircolari ; a Firenze, dove S. Ambrogio nel
393 porta le reliquie dei Santi Vittore ed Agricola e sosta a lungo, sorge
la grande aula ottagona che l'et romanica rivestir di marmi luminosi
e di musaici. A Roma Sisto III (432-440), modificando a fondo l'impianto
del battistero costantiniano circolare, leva il grande ottagono con il giro
di colonne attorno alla vasca.
L' esempio del grande vescovo, imitato prima nei territori della sua
giurisdizione dalla Provenza ad Aquileia ed oltre le Alpi, si estese in
tutto il mondo cristiano con variazioni in pianta e in alzato, che modificano e ravvivano il tipo iniziale, ma l' orientamento, dato dalle energie
edificatrici del suo insegnamento pastorale e dal suo esempio di costruttore,
resto ormai nell' ottagono degli edifici e delle vasche battesimali, consolidato per molti secoli.
:'vIARro l\IIRABELI,A RonERTI.

Dove fu hattezzato Sant' Agostino

r. - S. Agostino ricevette il battesimo a Milano nella Pasqua del1' anno 387 : precisamente nella notte tra il sabato 24 e la domenica
25 aprile. Nelle Conjessioni (9, 6, 1) egli dice che lascio la villa di Cassicico ubi temp1ts adven-it, quo me nomen dare oporteret. A <lare il nome,
ad iscriversi tra i battezzandi, S. Ambrogio capitava che invitasse gi
nella festa dell'Epifania (cfr. expos. evang. sec. Luc. 4, 76). Il momento
preciso di iscriversi, nell'uso milanese del nono secolo, era la domenica
della Samaritana,come si chiamava la domenica che in antico si diceva
la prima, ed ora invece si usa dire la seconda domenica di quaresima.
Al termine della lettura del vangelo, il diacono proclarnava : Qui vult
nomina sua dare, iam offerat : chi vuol iscriversi per ricevere il battesimo
nella prossima Pasqua, venga adesso a dare il nome1.
Vi sono buone ragioni per ritenere che questa disciplina, attestata per
il nono secolo, sia gi stata in vigore a l\tiilano nel secolo quarto.
Se S. Agostino espressamente dice che lascio Cassicico e venue a
Milano (( per dare il nome )), ossia per mettersi insieme con gli altri
battezzandi competenti 2 , che cio insieme chiedevano quell'anno il battesimo, noi dobbiamo dalle sue parole et baptizati sunms (Confess. 9, 6, 2)
concludere che egli fu battezzato insieme con gli altri nella usuale ceri-

Allo scopo di rendere pii't chiare le mgio ni esposte riproduco una pianta del centra
d1: J'dilano verso l'anno r300 disegnata e pubblicata da Ugo Jllonneret de Villard
nel volume Liber Notitiae Sanctorum :i\fediolani, 1\llilano 1917 ; e un grafico di Alberto
De Capitani d' A1zago.
r. Cfr. l\1anuale Ambrosianum, ediz. l\fagistretti, vol. II, Milano, 1905, pag. 135;
Evangeliario di Busto, fol. 5or.
2. Si chiamano competenti (<de ... simul petendo atque 1mum aliquid adpetendo :
AVGUS'l'., serin. 2r6, r (P.L. 38, 1865, col. ro77). S. Agostino attesta formalmente
di aver avuto il hattesimo dalle mani <li S. Ambrogio : per illiits (i. e. Amhrosii)
ministerium: AvGrsr., epist. ad Paulinani, 147, 23, 52 (CSEI,, 34, 328).

A. PAREDI

I2

monia che si comp\a una volta all'anno, nella notte pasquale, nel battistero dove usava battezzare S. Ambrogio. Dove si trovava questo battistero ?
2. La parola cc battistero n si trova due volte negli scritti di S. Ambrogio. Spiegando il battesimo egli dice che il battistero lo si pu considerare
corne la seconda tenda, o santo dei santi, del santuario mosaico (cfr.
Hb 9, r-7) ; il secondo tabernacolo mosaico ora il battistero in quo
vos introduxit sacerdos, in quo semel in anno summus sacerdos itrare
consuevit, hoc est ad baptisterium ubi virga Aaron floruit (de sacram. 4,
r, 2) 3 . Le vicende dell'assedio alle basiliche nella settimana santa del
386 S. Ambrogio le descrisse in una lettera alla sorella Marcellina : quando
gli vennero a dire che veniva posto il sequestro alla basilica Porziana,
egli stava nel battistero : symbolum aliquibits competentibtts in baptisterii tradebam basilica (epist. 20, 4) : stava nella basilica del battistero,
cio nell'aula, nella sala, nell'ambiente del battistero 4 .
In un'altra pagina, ancora parlando del battistero, lo chiama con un
altro nome : ingressus es 1'egenerationis sacrarium (de myster. 2, 5).

3. trovava
de sacr.
de sacr.
de sacr.
de sacr.

de sacr.
de sacr.
de sacr.
de myst.
de
de
de
de
de

myst.
myst.
myst.
myst.
myst.

Molte volte S. Ambrogio accenna alla vasca d'acqua che s1


nel battistero ; sempre la chiama Jons, sempre al singolare
venimus ad f ontem ...
I, 2, 4
vidisti jontem, vidisti et sacerdotem supra fontem ...
I, J, 9
I, 4, I2 qui per hmzc fontem trans ...
itsus hoc !tabeat, 1-tt ante Jons consecretur, tune descendat
I, 5, I8
qui baptizandus est.
I, 6, 24 de sacra fonte li basse mysteria ...
2, 6, r6 venisti ad jontem, descendisti in eum ... levitas, presbyterum in Jonte vidisti.
cum venir et ad jontem et mergeretur in jontem... I deo
2, 6, 19
Jons quasi sepultura est.
et in hune fonteni sacerdos pracdicationem dominicae
3, 14
crucis mittit ...
in hune fontem vis di vina descendit ...
4, 23
descendisti igitur ...
5, 28
post haec utiqite ascendisti ad sacerdotem ...
6, 29
ascendisti de fonte ...
6, JI
,mperveniens in fontem spiritus ...
9, 59

----3. L'opuscolo de sacramentis viene c0111unemente ora riconosciuto come autentica opera di S. Ambrogio ; cio sermones tenuti da lui ai neofiti, ma a quodam
excepti, cio non pnbblicati da lui. Per talnne recenti sconsiderate negazioni si
veda A. P.uumr, La litiwgia del de sacramcntis in Miscellanea Carlo Figini ,
Yenegono Inf. 1964, pp. 59-72.
-t Il p. O. Falier mi assicura {sua Jettera del rz-r-65) che nella maggioranza
dei mss. finora da lui esmninati pet la edizione critica dell'epistolario si legge non
in baptisteriis tradrbam basilicae, ma in baptistrrii tradebam basilica.

DOVE FU BATTEZZATO SAj\'T'AGOSTINO

in ps.

13

37, ro

: I ordanis enim descensio et adscensio est ; qitoniam


qui in fonte1n sacrum, descenderit et ascendit ...
exp. evang. sec. Luc. 2, 79 : licet etiam in ipso fonte sanctificatio divinitatis
adspiret ...
exp. evang. sec. Luc. 5, 25 : servemus igitur vestem, quam nos sacra dominus
emergentes fonte vestivit ...

Come queste citazioni dimostrano, S. Ambrogio ripetutamente afferma che nel fonte il battezzando discende gi ; che, dopo, battezzato, sale fuori. In altro luogo dice che il battezzato durante il battesimo
viene lavato in tutto il corpo :
in ps. rr8, 16, 29 : nunc quoque in emngelii mysteriis recognoscis quia
baptizatus licet toto corpore, postea tamen esca spiritali
potuque mundaris.
La vasca quindi doveva avere notevoli dimensioni. Doveva essere
provvista di gradini per scendere gi nell'acqua, e per poi risalire fuori 5 .
Dato che parecchie persone \' scendevano in una stessa notte pasquale,
dobbiamo supporre che vi fosse acqua corrente, o almeno, che l'acqua
potesse essere di frequente cambiata. Dove\a essere quindi provveduta
di un canale per addurre 1' acqua, e di un canale di cleflusso. Con ogni
probabilit vi erano anche dispositivi per riscaldare l'acqua : perch a
l\Iilano nel mese di aprile un bagno frecldo non lo fa nessuno.
4. - Il battistero a Milano al tempo di S. Ambrogio doveva troYarsi nelle immecliate adiacenze della cattedrale : egli dice che i neofiti,
subito dopo aver ricevuto il battesimo, partecipavano alla celebrazione
dell'eucaristia, anda,ano all'altare. Cfr. A1vrnROS., de sacr. 3, 2, II ;
4, 2, 7 ; de myst. 8, 43 ; PAur,rn., V. A., 48. Il hattistero e la cattedrale
quindi dovevano essere due edifici complementari, contigui.
5.
Ogni citt episcopale aveva una sola cattedrale ; e quindi di
solito un solo battistero. La cc gravissima eccezione >> di un secondo hattistero nella stessa citt, corne a Ravenna e a Salona, deve spiegarsi con
l' esistenza di due diverse comunit cristiane, per esempio una cattolica e
una ariana o scismatica ; o per ragioni speciali, corne il battistero extraur-

5. Vcdi la foto dei gradini ne! lrnttistero di Cuicui (Djmila) in F. \".\X DER :\Lwm,
Saint Augustin pasteur d'mes, II, Paris 1955, pag. 145, taY. VU ; ,-edi pure Io
schema del battistero ortodosso di Salona con qnattro gradini in B. DYGGYE, History
of Salonitan Cltristianity, Oslo 195 l, fig. III, 9 ; nei mosaici bizantini raffignranti
il battesimo di Ces, qnesti nell'acqna fino al yentre o fino al petto : cfr. il mosaico
del battistero di San :i\larco a Venezia, quello del hattistero ortodosso a RaYemrn
(cfr. Garncci IY, taY. 226), quello della chiesa di Daphni in Grecia ; cfr. anche
DACL, 2, rgro, col. 36r, 362, 369, 370, 372, 37-1, 407.

A. PAREIJI

bano di S. Pietro a Roma 6 . A meno che venga dimostrato vero il contrario,


a lVIilano nel quarto secolo da presumere che il battistero fosse unico
e che si trovasse vicino alla unica chiesa cattedrale.

6. - Della chiesa cattedrale di l\Iilano S. Ambrogio parla almeno


due volte. All'inizio della epist. 20 scritta alla sorella Marcellina nel 386
egli la chiama basilica nova, hoc est intramurana, quae maior est. Questa
basilica maior della epist. 20 sembra che nel pensiero di S. Ambrogio
sia lo stesso edificio di cui egli parla nella epist. 63 scritta nell'anno 396.
Ricorclando gli avvenimenti dell'anno 355, S. Ambrogio scrive che i
vescovi Dionisio di lVIilano ecl Eusebio di Vercelli furono strappati fuori
dalla cattedrale milanese per essere condotti in esilio : cum raperentur
de ecclesia maiore (epist. 63, 68).
Alla medesima catteclrale accenna pure S. Ilario di Poitiers nel ricordare anch'egli le vicende del concilio di Milano del 355. S. Ilario scrive
che le riunioni dei vescovi a un certo punto la fazione ariana le fece trasferire dalla cattedrale al palazzo imperiale : e dominico ad patatimn transeunt (CSEL, 65, 1916, p. 187).
Paolino scrive circa l'anno 422 la prima biografia di S. Ambrogio.
Parlando della cattedrale, nella quale ha luogo 1' elezione del successore
di Aussenzio, la chiama semplicemente ecclesiani (V.A., 6) ; invece nel
riferire i funerali di S. Ambrogio, la chiama ecclesiam maiorem (V.A.,48).
Una carta dell'anno 787 conserva l'atto di fondazione dell'ospedale
che l'arciprete Dateo ha voluto erigere nella sua casa milanese, la quale
si trova iuxta eccles1:am maiorem (Cod. Diplom. Langob., n. 61, col. rr5),
cio presso la cattedrale.
Il sacramentario Bergomense, scritto poco dopo la met del secolo
nono, nota che la seconda messa di Pasqua viene celebrata in ecclesia
maiore (cfr. ediz. di Bergamo, 1962, pag. 168) ; e cosi pure per parecchie
altre messe.
Altrettanto ci testimoniato dall' evangeliario del secolo nono della
Biblioteca Ambrosiana (ms. A. 28 inf.), ed anche clall'evangeliario di
Busto Arsizio (ms. JVI. I. 14, della Capitolare di Busto) 7

7. - Forse nel secolo quinto, e certamente prima del secolo ottavo, la ecclesia maior o catteclrale di l\!Iilano fu dedicata a Santa Tecla
e cominci a chiamarsi ecclesia sanctae Teclae. Che le due denominazioni

6. Per il battistero di S. Pietro a Roma cfr. A. FHRRUA, in Civilt Cattolica, r939,


II, pp. r46-157 ; per l'unico battistero nelle citt episcopali, cfr. G. VrscoxTI,
Observat. ecclesiast. yoJ. I, :i\Iediolani 1615, pp. 19-24 ; E. lVIARTI>NE, de antiqitis
ecclcsiae 1itibus, vol. I, Rotomagi 1700, p. 12; 1'. TI\S1'IXI, Archeologia ciistiana,
Roma 1958, p. 623.
7. Si vedano le attestazioni di questi cvangeliari riportate da A. Dl> CAPITAKI
D'ARZAGO, La chiesa maggiore di 1liilano, :i\Iilano, editrice Ceschina 1952, pp. 61-72.

DOli FU BATTEZZATO SAXT'AGOSTLYO

15

si riferiscano ad un solo e medesimo edificio lo dimostrano con certezza


vari passi del Liber N otitiae Sanctorum M ediolani 8 e di Galvano Fiamma.
Il pi antico documento che ci parla di una chiesa milanese di S. Tecla
e che quindi ci attesta che la cattedrale milanese si chiamava anche chiesa
di S. Tecla, la silloge di iscrizioni che un monaco di Lorsch trascrisse circa
la fine del secolo nono e che ci conservata nel ms. Vaticano Palatino
lat. 833. Il De Rossi e il Silvagni hanno dimostrato che il monaco Laureshamense copiava da una raccolta scritta 9 . Dai marmi originali le aveva
copiate con ogni probabilt un erudito pellegrino (facilmente un Franco)
nel secolo ottavo.
Alla prima iscrizione il raccoglitore d come titolo :
IN CIVITATE lVDIOLANIVM
IN ECCLESIA SCAE TECI,E

Prisca rediuiuis consurgimt culmina templis


In formain rediere sitain quae flamma cremarat
Heddidit ltaec uotis xpi qui templa noitauit
Eusebii meritis noxia flamma perit
Alcune parole di questi versi sembrano tolte da un sermone in reparatione ecclesiae ,tfediolanensis, attribuito a un S. l\fassimo, e che fu tenuto
a Milano nell'anno 452, in occasione della inaugurazione dei restauri,
compiuti dal vescovo Eusebio, nella cattedrale, dopo l'incendio causato
dai barbari di Attila10 . La pi ragionevole spiegazione delle concordanze
verbali tra 1' epigramma e il sermone questa : che le due composizioni
non soltanto si riferiscono allo stesso edificio, ma anche furono probabilmente scritte dal medesimo autore.

8. Item dicam si vobis placet aitdire quare ecclcsia salvatoris ubi dicitur sancta
Tcgla est 111aior illa sancte }vlarie ... : Liber Sotitiac Sanctorum 111ediolani, eiz.
:'II. IIL\GIS'tlTTI - U. IIIOXXERI\T Dl\ Vn,I,ARD, J\Iilano r9r7, col. 340 I3 ; il Liber
Sotitiae fu compilato nel I304-13rr, ma contienc 111atcriali molto antichi. Vedi i
testi di GalYano Fiamma in DE CAPITAXI, op. cit., pag. 82-83.
9. Cfr. A. SILVAGXI, Studfo ci'itico sopra le due sillogi medicvali di iscri.c:ioni cristiane 1vlilanesi, in Rivista di Archeologia Cvistianci, XV, Roma, 1938, pp. Io7-r 22 ;
249-279.
ro. Il sermone ln reparatione ecclesiae i\I ediolanensis si troya nel J\IrGxn, P.L.
57, col. 469-472. Si Yeda su questo discorso quanta scriye il DE C.\PITAXI, op. cit.,
pp. 29-35; anche Yedi F. S.\YIO, Gli antichi vescovi d'Italia, Lei Loinbardia, parte 1,
"~Jilano, Firenze 1913, pp. 172-173. I,a prima cattedrale, la chiesa maggiore
rimase sempre questa di sauta Tecla ; anche quando dal secolo nono in poi ci fu
Yicino a S. Tecla la chiesa di S. Maria :Maggiore. Questa di Santa ::\Iaria fu la cattcdrale seconda , la minore, la iemale ; precisamentc come a Roma la basilica di
Santa ::IIaria :Maggiore , o Liberiana, non soppiant mai nella qualit di chiesa
cattedrale la basilica Latcra11ense. Queste cose gi le ha dimostrate il SAVIO (cfr.
\olume citato pp. 868-869) fin da! 1913 ; eppure yari antori ancora continuano a
confonclere e dicono Santa Tecla la cattedrale seconda e Santa Maria la prima :
cfr. per esempio il I,eclercq in Dict. d'Arch. Chrt. et Lit. XI, Paris 1933, pag. ro65.

A. PAREDJ

10

8. - La stessa cattedrale, chiamata maior da S. Ambrogio, dal biografo suo Paolino, dai libri liturgici rnilanesi del nono secolo, denominata
di Santa Tecla >> nella silloge Laureshamense, comincia nel secolo nono
ad essere chiamata anche ecclesia aestiva. Essa viene indicata con questo
nome nel testamento di Ansperto dell'anno 879 (Cod. Dipl. Lang., n. 290,
col. 492) ; nell' evangeliario di Busto citato sopra, e poi nel Beroldo. La
ragione di questa nuova denominazione sta nel fatto che circa 1' anno 836
accanto alla chiesa di Santa Tecla venne costruita una chiesa pi piccola,
detta di Santa l\Iaria, o hyemalis, che serviva per l'ufficiatura nella stagione invernale, dalla terza domenica di ottobre fino al sabato santo.
9. - Nella silloge di Lorsch, dopo l'iscrizione che stava nella chiesa
di S. Tecla, segue corne seconda iscrizione milanese un epigranuna, che,
secondo il raccoglitore, composizione di S. Ambrogio ; e stava nel battistero della medesima chiesa di Santa Tecla.
VERSUS AMBROSII AD FONT. EIUSD. ECCL.

Octachorum scos templum surrexit in usus


Octagonus Jons est munere dignits eo
Hoc 1rnmero decuit sacri baptismatis aulam
Surgere q1w popul1:s 1ra salus rediit
Litce resurgentis xpi qui claustra resoluit
M ortis et e tumulis suscitat ex animes
Confessosq. reos macitloso crimine soluens
Fontis puriflui diluit inriguo
Hic quicumq. uolunt probrosa(e) crimina uitae
Ponere corda lauent pectora munda gerant
Huc ueniant alacres quamuis tenebrosus adire
A udeat abscedet candidior niuibtfS
Huc s properent non expers ullus aquarum
Ses : In his regnuni est consiliuniq. dei
Gloria iustitiae. Nam quid diuinius isto
Ut puncto exiguo citlpa cadat populi
cc Ouesto tempio dalle otto nicchie fu innalzato per uno scopo santo,
il fonte ottagono degno di una tale funzione. Era ben conveniente che
su questo numero venisse costruita l'aula del sacro battesimo, mediante
il quale viene alle genti la salvezza vera, nella luce del risorgente Cristo,
che apre le porte chiuse della morte, e chiama fuori dalle tombe i morti ;
mentre quelli che si riconoscono peccatori egli li libera dalle loro brutte
colpe e li lava nella corrente del fonte purificatore.
Tutti coloro che sentono il desiderio di liberarsi dalle colpe di una vita
di obbrobrio, comincino a lavare il loro cuore, a venire con anima puro.
Vengano qui volonterosi. Per quanto uno si senta avvolto dalle tenebre
della colpa, venga qui con fiducia : si trover partendo pi candida della
neve.

DOVE FU BATTEZZATO SANT'AGOSTINO

r7

Si affrettino a venire qui anche i santi : nessuno, anche se santo, pu


far senza delle acque del battesimo : in esse il regno e il disegno di Dio,
lo splendore della sua giustizia. Quale cosa infatti potrebbe essere pi
divina di questa, che in un breve istante le colpe del popolo vengano
tolte via ? >>.
L'autenticit del lemma, che introduce l'iscrizione (cio che tale iscrizione fu letta nel battistero accanto alla chiesa di S. Tecla), non si vede
quale ragione ci possa essere per metterla in dubbio, corne gi hanno
osservato G.B. De Rossi, A. Silvagni e A. De Capitani d' Arzago. Inyece
l' autenticit ambrosiana della iscrizione molti l'hanno negata. La questione fu studiata ancora di recente da .Giovanni Battista Pighi in un articolo del 1944 : il Pighi osserva con ragione che non si pu rifiutare la
tradizione unanime che attribuisce tale epigrafe a S. Ambrogio, per il
solo fatto che tale tradizione ci attestata soltanto dal secolo VIII in
poi11 .
Per altra via, cio con argomenti interni, ha dimostrato l'autenticit
ambrosiana dell'epigrafe Othmar Perler in un notevole lavoro del r95r 12 .
Adducendo molti luoghi paralleli da opere autentiche di S. Ambrogio,
il Perler ha fatto vedere la perfetta identit di vocabolario, di stile, di
idee tra gli otto distici dell' octachorum e altri scritti del santo. In modo
particolare Perler ha dimostrato la perfetta consonanza tra varie espressioni dell'iscrizione e passi paralleli dell' opuscolo de sacramentis. Anzi il
Perler crede di poter affermare che nell'iscrizione il vescovo ha derivato
frasi dal de sacramentis, e che quindi la iscrizione deve ritenersi composta
probabilmente dopo l'anno 386. Veramente, se ci sono evidenti affinit
tra il de sacramentis e l' octachorum, nessuno pu dire se questo derivi da
quello o invece viceversa. Inoltre il de sacramentis uno stenoscritto di
istruzioni che il santo vescovo ebbe a ripetere press'a poco uguali per
oltre vent'anni. Non sembra quindi che si possa dare una data agli otto
distici solo in base alle affinit con il de sacramentis. Sono pensieri e
parole che S. Ambrogio doveva avere abituali ; persuasioni, su le quali
ritornava di frequente, e che perci noi ritroviamo in parecchie sue opere.
Importa qui rilevare corne sia un'idea cara a S. Ambrogio il simbolismo
del numero cc otto >>, della cc ogdoade >> : tal numero il simbolo dell' ottavo
II. Cfr. lo studio di G. B. PrGHI in Aevum r8, l\1ilano 1944, pp. 16-23. Da dove
ha potuto saperc il collettore dell'epigrafe che i versi erano una composizione di
sant'Ambrogio ? Io penso
mi scrive il p. Antonio Ferrua in una lettera del
22.2.1966 che egli lo seppe da qualche parte in prosa della epigrafe che egli
non trascrisse, corne fecero alcuni di questi collettori che andavano dietro soltanto
alle belle poesie e lascia,-ano tutto il resto. Cosi fece appunto lo stesso collettore di
Lorsch per il carme di Gorgonio, Nereo ed Achilleo, Eusebio, altri. N erano gente
da far richieste su gli autori delle poesie, che essi copiavano .
12. Cfr. Othmar PERLER, L'inscription du baptistre de Sainte-Thcle Milan
et le De Sacramentis de Saint Ambroise, in Rivista di Arch. Cristiana, 27, Roma
1951, pp. 145-166. Al verso 9 il Perler legge uolent: io preferisco la lezione del manoscritto che uolunt ; invece si deve leggere, corne fa il Perler, probrosae, e correggere
1'errore del copista.

giorno che si aggiunge alla settimana dell' antico testamento, del giorno quindi della risurrezione di Cristo, della Pasqua, del riposo eterno, a cui si giunge
con la salvezza che ci ha ottenuto il Risuscitato, e che ci comunica con il
battesimo, il quale viene appunto amministrato nel giorno di Pasqua.
Tutta la epist. 44 una lunga esposizione dei valori simbolici prima
del numero sette, che a S. Ambrogio sembra il numero proprio dell' Antico
Testamento ; e poi e pi ancora del numero otto, simbolo della perfezione
che abbiamo nel Testamento Nuovo. Novit ogdoaden islam, quam octavam
Latine dicinii1s, velus testamentum, siquidem ait Ecclesiastes : Da parem
illis septem, et illis quidem octo >> (Eccle. II, 2). '' Hebdomas veteris testamenti est, octava novi, quando Christus resurrexit ... (Epist. 44, 6). E ancora:
<< A biit ergo hebdomas, venit octava. A biit heri, venit liodie... A biit ergo
ille dies testamenti veteris, venit dies novus, quo testamentitni consummatum
est novum ... >>(ibidem I7) <<Inoctavo numero resurrectionis est plenitudo >> :
expos. ev. sec. Luc., 7, I73
Vedi anche : explan. ps. 47, I, 3 ; expos. ps. u8, prol.

2.

IO. - Nel I870 per sistemare le acque di scolo in piazza del Duomo
il municipio fece scavare una trincea davanti alle porte della cattedrale
milanese. Nel sottosuolo furono trovati gli avanzi di un edificio circolare
e ottogonale di et romana. Non si capi allora l'importanza di una tale
scoperta e il suo significato. In uno studio del r9I4 Ugo J.\fonneret de Villard
sostenne per il primo che in quegli avanzi si doveva riconoscere il battistero
ottogonale dell' et ambrosiana.
Nel Ig43, dovendosi preparare in quella stessa area un rifugio antiaereo,
Alberto De Capitani pot verificare i reperti del I870 e almeno iniziare
lo scavo per scoprire il battistero13 .
Nel Ig6o in occasione dei nuovi scavi per una stazione della linea
metropolitana Mario l\Iirabella Roberti comincio uno scavo nuovo. Ai
fini di questo nostro studio interessano soprattutto i risultati riguardanti non la basilica di S. Tecla, ma quelli dell' eclificio ottogonale.
Nelle irnmediate vicinanze dell'absicle della chiesa di S. Tecla venne scoperto un ampio battistero. Lo scavo del battistero fu iniziato
13. Per gli scavi del 1870 e pi ancora per quelli del 19+3 si veda il volume citato
di Alberto De Capitani d'Arzago. Lo studio di lT. :i\Io~xrm.ET DE VII,I,ARD, Note
di archeologia Lombarda, in Arch. Storico Lombardo, XI,I, Milano, r9q, pp. 5-46.
Si deve ricordare che il suo volume su la chiesa maggiore di J\Iilano il De Capitani lo
lasci> manoscritto e incompiuto : non deve quindi meraYigliare che egli basandosi
snl Sayio (op. cit. pp. 877-879) parli di un battistero accanto alla basilica vetus e di
un diYerso battistero accanto alla basilica nova (cfr. nel suo libro citato, pag. 85).
Questo duplice battistero fu immaginato dal Savio in funzione della sua teoria su la
posizione della vetus. Se avesse potuto condurre a termine il suo studio anche il De
Capitani avrebbe dovuto concludere che il battistero milanese nell'etit ambrosiana
non poteYa essere che 11110 solo, donmque fosse. Anche qnanto dice il I'erler (art.
cit. p. 166) su il battistero della vetus suppone che la vetus sia da identificare con
San Lorenzo ; e che accanto a S. I,orenzo ci fosse un battistero: cose tutte ipotetiche.

JJO l'E FC BATTEZZATO SANT' AGOSTINO

ltJ

nel maggio 1961 e compiuto alla fine del 1962. E' questo battistero
che nel medioevo venne chiamato ecclesia sancti I ohannis ad fontes.
Lo scavo rivelo un perfetto ottagono, ampio esternamente metri 19,30
fra due spigoli opposti. In ogni lato si apre all'interno una nicchia, alternamente semicircolare e rettangolare. Ad ogni angolo interno, fra le otto
nicchie, stava una colonna su base con plinto quadrato. Al centro la
grande vasca ottagona col fondo in lastre di manno, e il giro di gradini
in mattoni (un tempo rivestiti di marmo) trovati quasi del tutto asportati.
La vasca misura fra due lati opposti m. 5,16; il lato di m. 2,14 E' profonda
cm. 80 dal piano di calpestio del hattistero, che si trova a m. 2,80 in media
dal piano del sagrato della piazza attuale. Una vasca davvero molto
ampia ... Attorno alla vasca, incluso nel muro perimetrale, un canale
di adduzione dell'acqua, in cui quattro rotture simmetriche suggeriscono
bocche di adduzione, corne nelle vasche dei frigidaria delle terme ...
Un canale di scarico stato scoperto sull' asse della porta meridionale ... >>14.
Si noti la perfetta corrispondenza di questi reperti archeologici con
la descrizione dell' epigrafe : costruzione ottcora, a otto nicchie ; e
fonte ottagono.
Un battistero accanto alla cattedrale milanese con ogni probabilit esisteva da parecchi clecenni prima che S. Ambrogio fosse eletto
yescovo. Ma la iscrizione Octachorurn cla lui composta e cla lui fatta
collocare nel battistero accanto a Santa Tecla un forte argomento per
inclurci a ritenere che sia stato lui S. Ambrogio a dare a quel battistero
la forma ottagona ; o insomma almeno a ornarlo, a clargli nuovo splendore. Questo lavoro o cli innovazione o di trasformazione sommamente
probabile che sia stato fatto nei primi anni dell'episcopato di S. Ambrogio,
negli anni in cui Satiro lo coadiuvava precisamente in fabricis ecclesiae
(de exc. Sat., I, 20). Pur nelle molte opere sue queste tre parole del discorso
in morte del fratello, tenuto nel 378, costituiscono l'unico accenno che
il vescovo faccia a costruzioni da lui promosse. Sembra che a nuovi
edifici per la chiesa abbia pensato soprattutto nei primi anni del suo
episcopato (avviene cosi anche ora, di solito). Certamente egli fece costruire due nuove basiliche a Milano, la Romana (poi chiamata Nazariana)
e 1' Ambrosiana, entrambe anteriori al 386. Prima che a costruire tali due
basiliche, probabile che S. Ambrogio abbia cominciato a sistemare,
a fare, o almeno ad abbellire il battistero accanto alla cattedrale : first
things first, dicono gli inglesi.
q. Cito da J\Iario i\Irn.ABELLA ROBERTI La Cattedrale antica di 11/lilano e il sua
Battistero, in Arte I,ombarda VIII, J\Iilano r963, pp. 77-98. Ci pennettialllo di
ossenare al chiar. lllo professore che quanto egli dice a pag. gr, cio che il famoso
epigramma Octachorum fu letto da Ennoclio ne! battistero, cosa assai probabile,
clato che Ennodio Yisse a l\filano quasi Yent'anni prima di cliventare \esco\o di
Pmia ; ma 11011 provata da alcun testo di En11oclio. Che poi S. Ambrogio abbia
portato a Firenze reliquie clegli Apostoli (pag. 95) non vero : a Firenze S. Ambrogio
porto qualche reliquia dei martiri Vitale e Agricola clai lui dissepolti a Bologna
(cfr. A~!BROS., exhortatio virginitatis, Migne. P. J~. 16, 1880, col. 351) i:~tili grafici
e foto dei battisteri paleocristiani si troyauo nel yo!ume di J. G. D.wrns,. The Architectural Setting oi Baptism, I,ondon 1962.

20

A. PAREDI

Riassumendo diversi studi recenti, J. G. Davies ha osservato che


i battisteri pi antichi, cio del terzo e quarto secolo, erano quadrati
o rettangolari. Tale tipo persiste fino al secolo settimo in Egitto, Grecia, Africa, Palestina. In accidente invece (in Italia, Gallia, Istria, Dalmazia, Austria) dalla met del secolo quinto in poi al tipo quadrato si
sostituisce il tipo rotondo oppure ottagonale. Caratteristico il caso del
battistero Laterano, che negli anni 432-440 viene trasformato in ottagono. Il Davies sar lieto di vedere confermata la sua osservazione dagli
scavi del battistero milanese e di sapere che la stessa osservazione l'aveva
gi fatta il Mirabella Roberti al Congresso di Archeologia Cristiana di
Ravenna nel 1962.
II.
In un seconda tempo questo stesso unico battistero accanto alla cattedrale milanese fu o restaurato o ricostruito (si ricordi la
devastazione che fecero a Milano gli Unni di Attila nella primavera
del 452), e certamente ornato di marmi, di pitture, di un nuovo soffitto,
per iniziativa del vescovo Lorenzo I (circa 489 ; circa 5n). Lo sappiamo
dal seguente epigramma di Ennodio, nel quale il poeta gioca anche su
la omonimia del vescovo di Milano con il santo diacono di Roma :

VERSUS IN BAPTISTERIO MEDIOLANENSI FACTOS

M undior excocti julgescat luce metalli,


Munera disponit qiti dare digna deo.
Ante vaporati s Laurenti vita caminis
Constitit, ut blandum nobilitaret opus.
Jl,J armora picturas tabulas sublime lacunar
Ipse dedit templo, qui probitate nitet.
Aedibus ad pretium sic mores conditor addit,
Vellera ceu Srum murice tincta feras,
Qualiter inclusas comit lux hospita gemmas,
Nix lapidis quotiens pulchrior arte rubet 1 5.
Pi nitido brilli della luce del metallo fuso chi si accinge a fare donatiYi degni di Dio. Per dare maggiore nobilt all'elegante farnro, la
vita di L.orenzo fu prima esposta ad ardente fuoco. Colui stesso che
per le virt sue gi risplende ha dato in dono a questo sacro edificio
marmi, pitture, quadri e il sublime soffitto. Il fondatore al valore del1' edificio quello pure volle aggiungere delle virt sue, quasi uno che
la costruzione l'adorni con cortine di seta tinta con la porpora dei Seri ;
corne quando la luce che entra nell' edificio rende lucenti le gemme che
ci sono dentro, ogni volta che il candore niveo della pietra, reso pi bello
dall'arte, d riflessi purpurei )).

I5. Testo di VOGEL : MGH, Auct. Antiq. VII, Berolini 1885, p. I57 ; cfr. anche
DAC:L, XI, Paris I933, p. 1014; SAVIO, op. cit., p. 209.

DOVE FU BATTEZZATO SANT'AGOSTINO

2I

Ennodio visse a lVIilano dal 496 circa fino al 513. Con il vescovo milanese
Lorenzo egli era stretto da vincoli di parentela e gli fece da segretario
e, nonostante le sue astruserie, fu considerato corne il poeta ufficiale
a lVIilano in quegli anni.
Si noti pero che i reperti ottenuti dal recente scavo di questo battistero milanese di S. Giovanni accanto a S. Tecla, secondo il 1\Iirabella Roberti, sembrano da riferire all'et di S. Ambrogio piuttosto
che al tempo di Lorenzo I, almeno per l'impianto ottagono e il pavimento musivo. Lorenzo I potrebbe aver fatto dei restauri, o una nuova
volta a mosaico.
Come si detto sopra, il battistero di Santa Tecla venne usualmente
chiamato chiesa di San Giovanni al Fonte nei documenti medievali :
cadente ormai dopo un millennio fu demolito nel 1355, o meglio nel
l4ro1s.
12. Alcuni anni dopo i lavori compiuti da Lorenzo I nel battistero di San Gioyanni, sappiamo da un altro epigramma di Ennodio
che il vesco\-o Eustorgio II (circa 5n) forse costrui e certamente provvide di nuovi impianti d'acqua il battistero di Santo Stefano. La pi antica testimonianza che possediamo della esistenza di questo secondo
ba ttistero milanese (che la tradizione posteriore afferma riservato alle
donne) appunto il seguente epigramma di Ennodio :

DE FONTE BAPTISTERII SANCTI STEFANI


ET AQUA QVAE PER COLUJVINAS VENIT

En sine nube pluit sub tectis imbre sercno


Et caeli facies pura ministrat aquas.
Proflua marmoribus decurrunt flumina sacris
A tque iterum rorem parturit ecce lapis.
A rida nam liquidas effund pergula fontes,
Et rursits natis unda superna venit.
S ancta per aetherios emanat limpha recessus,
Eustorgi vatis ducta ministerio17 .
Ecco che qui a cielo sereno, senza pure una nube, piove, e la serena
faccia dell'azzurra volta lascia scendere gi l'acqua. Onde scorrevoli
discendono lungo i sacri marmi, e una volta ancora ecco che dalla pietra

16. Sembra da assegnare al 1410 la definitiva demolizione della chiesa-battistero


di San Giovanni al Fonte, perch in quell'auno il ID luglio fu consacrato un nuovo
altare in Duomo e dedicato a San Giovanni Battista : in esso furono messe le reliquie
che stavano nella clemolita chiesa-battistero : cfr. la nota di Magistretti in Bnotdus,
pag. 17I.
17. Testo di VoGEL : op. cit., pag. 271 ; DACL, XI, eol. 1015 ; SAVIO, op. cit.,
pag. 217-218,

22

A. PAREDI

scaturisce l'acqua. Da un arido pergolato zampillano fonti limpide e


un' onda celeste scende su quelli che sono rinati. L' acqua sacra per cura
provvida del vescovo Eustorgio fluisce da cavit eteree .
Nei l\fanuali ambrosiani del secolo X-XI vengono ricordate nella
ufficiatura domenicale al termine del rnatutino una processione de
ecclcsia in baptisterium, e una seconda processione de baptisterio in aliud
(cfr. Man. Ambr. ediz. l\fagistretti, II, l\Iilano r905, p. 25, e la nota a pag.
r70 della ediz. del Beroldus, lVfilano r894). Fino a prova contraria, non
si possono far risalire queste processioni e questa << pluralit )) di battisteri a Milano oltre il secolo VI, appunto perch il seconda battistero
(per le donne) con agni probabilit fu una innovazione del vescmo
Eustorgio II.
Tale battistero di S. Stefano stava su l'area su la quale ora sorge
la sacrestia aquilonare del Duorno ; ad una clistanza cli circa r50 rnetri
dal fianco orientale del battistero di S. Giovanni. La vasca del battistero di S. Stefano venne scoperta nel r899 dall' architetto Gaetano
l\Ioretti sotto il pavimento della suddetta sacristia. Anche questa vasca
ottagona e anch'essa si trova a metri 2,80 sotto il pavimento attuale ;
ma molto pi piccola della vasca del battistero di S. Giovanni : questa
ha il diametro di m. 5,r6 e ogni lato lungo m. 2,r4 ; invece la ,-asca cl
S. Stefano ha il diametro di m. 3, e ogni lato misura m. r,2orn.
r3. - Che un altro battistero paleocristiano sorgesse a l\Iilano presso
la chiesa di S. Eustorgio fuori porta Ticinese una leggenda. Ivi venne
costruita nel secolo XII una chiesetta di S. Barnaba al Fonte, che \-enne
restaurata e rifatta dal card. Federico Borromeo nel 1623, e poi fu soppressa nel secolo seguente. In tale luogo e in tale fonte il seconda vescovo
di Milano, San Caio, avrebbe battezzato i primi cristiani milanesi : questo
il racconto che abbiamo dall'anonimo autore clell'opuscolo De situ
civitatis lVI ediolani. Ma questo opuscolo una composizione del secolo
XI, corne bene hanno giudicato il Duchesne e il p. F. Saviorn
18. La relazione clegli scavi del r870 riportntn da De Capitani nel volume citnto,
pp. r87-r9r.
TC). Il problema clell'ctit clelln rednzione del de situ fu giit risolto e definiti\amente
da L. DrcmiSXE nei 1V!langes G.B. De Rossi, Paris-Roma I 892. Ampiamente riprese
la questione F. S.1xro, op. cit., pp. 661-758, cheginnse alle stesse conclusioni del
Duchesne. Non Yero che il J\[onneret nella sua introduzione al Liber Xotitiae nbbia
dimostrato la impossibilit di attrihuire il de situ n Lnndolfo Seniore. Giit I,. A.
Muratori consigliava ai lettori di Lanclolfo la massima prudenzn : adagio a credere
alle sue affermazioni, perch un falsario ! E cosi lo hanno giuclicato anche il GIES1'BRI\CH'l', Gescliichte der deulschen Haisrn:eit, II, 574 ; e il \YA't'fXB.\CH, ::\IGH,
Script., VIII, p. 34. Le lunghissime pagine di Ar,ESS. Cor,o~rno nella prefazione alla
nuon1 edizione del de situ nei RR.II.55., Balogna r952, 11011 apportnno nulla di novo.
Anche A. VrscA1rnr, che riportn nella Storia di Jl'Iilano. III, 1954, pp. 736 ss. le
considerazioni del Colombo, sembra consentire alla sua opinione e fa risalire la
composizione del de situ all'et di Carlo :i\Iagno o all'etit di Ansperto. Questi studiosi
11011 hanno capito la forza dell'argomento liturgico ; il Duchesne prima di scrh-ere
le sue pagine si prese cura di esaminnre sette messali milanesi del secolo X-XT.

DOT'E FU BATTEZZATO SANT'AGOSTINO

23

Una iscrizione che stava una volta su tale fonte di S. Barnaba faceva
risalire la costruzione della chiesetta al tempo di S. Protaso, vescovo
del secolo IV. Tutti ora ammettono, dopo quanto hanno scritto il De
Rossi, il Mommsen e il Duchesne, che quella iscrizione << alciatina n,
ossia una falsificazione o una esercitazione letteraria di Andrea Alciato
(1492-1550).
Scavi recentissimi nella basilica eustorgiana hanno messo in luce
nuove tombe, anche cristiane : alcune del quarto secolo. Di un battistero antico non si trovato nessuna traccia. Nessuna traccia neppure
di un qualche edificio cultuale paleocristiano. Non si capisce quindi
corne si sia potuto scrivere che i recenti scavi di S. Eustorgio danno
ora un fondamento storico alla leggenda barnabiana : gi Achille Ratti
nel 1897 disse e pnbblic che tale leggenda scientificamente insostenibile.

14. - Che un altro battistero paleocristiano sorgesse a JVIilano presso


la basilica di San Lorenzo rimane una pura ipotesi. Gli scavi compiuti
da Gino Chierici sotto la cappella di S. Aquilino hanno accertato <<la
mancanza di ogni traccia di fonte battesimale >> 20 . Non ostante questo
sicuro reperto, tanto il Chierici che il Calderini scrivono che tale cappella
<< nata forse corne battistero n. L'unica prova per questa loro teoria
sarebbero due cunicoli profondi centimetri 15, e larghi centimetri 25.
Queste misure sembrano veramente minime, se tali cunicoli furono fatti
come canali di adduzione e di scarico dell'acqua di un fonte battesimale.
Comunqne, supposto anche che la cappella di 8. Aquilino sia stata costruita
o iniziata corne fonte battesimale per 1' attigua basilica di S. Lorenzo,
rimane sempre da dimostrare che il complesso risalga veramente al secolo
IY, e non invece al V.
15.
La tradizione che S. Agostino sia stato battezzato nella chiesetta a lui dedicata e che sta in via Lanzone a pochi passi dalla basilica
Ambrosiana, gi nel 1695 Ludovico Antonio Muratori la climostro senza
fonclamento storico e non antica21 .

11 nome di Barnaba Io si legge perla prima yo!ta nei testi liturgici milanesi ne! secolo
XII inenute, cio ne! Ca!endario cosi cletto Sitoniano ( cfr. :lbGISl'RRTTI, Beroldus,
pp. 7 e 139) e poi ne! messale di Bedero (ms. ambrosiano D. 87. strp., fol. 221 r)
del secolo XII, e poi in tutti i messali posteriori. :?lfanca inyece in tutti i messali
del secolo IX e X e XI. Vedi la prefazione alla edizione recente del Sacramenta1'io
Bergomense, Bergamo 1962, pag. XXII.
I; argomento liturgico documenta in maniera indiscutibile che il de situ non
pu essere anteriore al secolo XI. Si yedano le recensioni al lrworo del Dnchesnc
in Civilt Cattol., serie XV, ml. VI, r7 giugno r893 ; e in Analecta Bolland. \'II,
l 893, pp. 454-459 : pagine ancorn utili ed efficaci.
20. Cfr. A. CALDRRIXI, G. CHIFRIC'I, C. C:rtCCHIU,LI San Lorenzo Afaggiore, :l'1ilano,
r 952, pp. 183, 49, I ro, 141 ecc.
zr. J,. A. MrRA'IORI, Anecdola q1rne ex A111b1osia11ae bibl. codicilms nunc primum
eruit ... , tom, I, :?lfc;diolni r607. pp. r74-r75.

A. PAREDI

Non erano ancora passati vent'anni da quando i monaci Cistercensi


vi avevano murato la lapide che vi si ,-ede ancora con l'iscrizione che
consacra tale tradizione : eppure il Muratori non ebbe scrupolo di sostenere che la lapide diceva il falso. Il battistero antico di Milano, sosteneva
il Muratori, doveva sorgere non fuori dalle mura, ma nel centro della
citt, vicino alla cattedrale. Cita va quindi dalla Historia M ediolanensis,
composta da Landolfo Seniore circa l'anno lIOO, le righe seguenti :
Tandem nutu divino (Augustinus) non post multos dies, sicut multis videntibus et sibi consen#entibus palam oberraverat, sic in fontibus qui beati
]ohannis ascribuntur, Deo opitulante, a beato Ambrosio, cunctis fidelibus
huius urbis adstantibus et videntibus, in nomine sanctae et individuae
Trinitatis baptizatus et confirmatus est22 ...
Queste righe di Landolfo dimostrano che a Milano nel secolo XI si
sapeva benissimo prima di tutto che la cattedrale antica era Santa
Tecla e non Santa Maria Maggiore ; e poi che il battistero del tempo
di Sant'Ambrogio era quello accanto a Santa Tecla, quell'edificio che
veniva chiamato ecclesia sancti I ohannis ad fontes.
La Historia Mediolanensis di Landolfo Seniore fu pubblicata nel IV
volume dei Rerum Italicarum Scriptores nel 1723 per cura di Orazio
Bianchi su un codice della biblioteca del Capitolo 1\Ietrop. milanese,
codice che poi ando perduto e che, in margine al passo citato sopra,
portava scritto di mano antica : Fuit ergo b. Augustinus baptizatiis
in ecclesia S. ] oannis ad fontes, quae erat inter ecclesiam maiorem et S. Theclae funditus eversae (cfr. RR. II. SS., IV, Mediolani 1723, p. 65). Questa
nota la riporta anche W. Wattenbach nella sua edizione (MGR, Script.,
VIII, 1848, p. 41). Si noti che questo annotatore, probabilmente del
secolo XV, chiama per errore ecclesiam maiorem la chiesa di S. l\Iaria
Maggiore.
Contro il Muratori sostenne la tradizione della chiesetta di S. Agostino
Nicola Sormani (1732), un tipico difensore di cause perse, che nella serie

22. MGH, Scriptor., VIII, 1848, pp. 41-42 ; Migne, P. L. 147, Paris r879, col.
833. Dopo il battesimo, continua Landolfo, i due santi cantarono il Te Deum. Questa
la pi antica attestazione milanese della leggenda dell'origine ambrosianoagostiniana del Te Deum; mentre in Francia gi ricordata in uno scritto dell'anno
859 di Hincmaro di Reims, cfr. Migne, P. L. 125, 1879, col. 290. Vedi E. KAHLER,
Studien zum Te Deum, Gottingen r958, pp. l l l-l 13. Il passo citato di Landolfo Seniore
tolto dalla sua Historia J![ediolaneiisis, che non ha niente ache fare con laDatiana
o de situ. Anche il Kahler, corne ancora il Leclercq (DACL. XV, r950, col. 2030),
cita quel passo corne se fosse da una Chronica Datii o Datiana : questo errore gi in
parecchi scrittori (il Corio, l'Alciati ecc.), corne gi spieg il Muratori nella prefazione a Landolfo (Rer. Ital. Script., IV, l 723, p. 51). Difatti una mano recenziore
al principio del ms. ambrosiano H. 89. inf., che contiene la Historia M ediolanensis,
scrisse il titolo spurio di Chronica Datii. La mano recenziore fu sicuramente quella
di Francesco Castelli (1532-1578), corne si pu vedere confrontando nel ms. il fol.
SR con il fol. IR. Invece fu il primo L. Biraghi a dare il titolo di Datiana Historia
all'opuscolo de situ civitatis M ediolani nella sua edizione del r 848. Vedi il Savio,
op. cit., pp. 661-662.

Tavob l. -

IL CENTRO DI MILANO VERSO L'ANNO 1300.


Disegno di Ugo Monneret de Villard .

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50

Tavola II. - GRAFICO DAL VOLUME


di A. DE CAPITAXI D'ARZAGO, La chiesa di 111ilano, Milano 1052.
li n. 2 indica il battistero di S. Giovanni ; il n. 4 il battistero di S. Stefano.

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Tavola IV. -

MS. VAT . PAL. LAT. 833, fol. 41 vo.

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DOVE FU BATTEZZATO SANT'AGOSTINO

25

dei dottori della Biblioteca Ambrosiana non brilla davvero di chiara


luce. Invece il suo prefetto Giuseppe Antonio Sassi accetto e riporto gli
argomenti del Muratori. Altrettanto hanno fatto Serviliano Latuada
nel quarto tomo della sua Descrizione di Milano (1738), il conte Giorgio
Giulini nelle sue Memorie (IV, Milano 1760, p. 460), Angelo Fumagalli
nel quarto tomo delle Antichit Longobardico-Milanesi (1793) ; Giulio
Ferrario nel suo splendido volume su i monumenti della basilica di
S. Ambrogio (1824).
Nel 1843 viene interessato della questione anche Alessandro Manzoni.
J.-J.-F. Poujoulat stava allora preparando la sua Histoire de Saint
Augustin : per conoscere <love si doveva collocare la villa di Cassicicum
e dove era stato battezzato il grande africano si rivolse al Manzoni
corne a l'illustre reprsentant de la pense catholique Milan)). Cosi
in appendice al primo volume del Poujoulat (Paris 1845, pp. 325-330)
leggiamo la lettera di risposta del Manzoni, in data I I luglio 1843. Questi
scrive che les recherches que j'ai faites auprs de plus savants que
moi n'ont abouti qu' me faire ignorer en connaissance de cause ce qu'il
m'intresserait plus que jamais de connatre de la manire la plus positive>>. Fa lunghe considerazioni su Cassicicum ; poi per il luogo del
battesimo scrive : << A Milan il n'y a malheureusement aucune trace
des lieux que la conversion de saint Augustin aurait d illustrer jamais.
Prs de la basilique ambrosienne il y a une petite glise ddie au grand
saint, dans l'endroit o l'on a cru assez longtemps qu'il avait reu le
baptme. Mais cette opinion, tout a fait arbitraire et contraire l'usage
de ces temps, de n'admettre qu'un baptistre dans chaque ville (V. SAssr,
Archiepiscoporum M ediolanens. Series, etc. T.I., page 83, et les auteurs
qui y sont cits), est abandonne de tout le monde ... J>.
Le persone pi erudite di lui il Manzoni deve averle cercate alla Biblioteca Ambrosiana. Il prefetto di allora Bartolomeo Catena (1838-1855)
in una memoria letta all'I.R. Istituto Lombardo di Scienze, Lettere ed
ed Arti il 14 dicembre 1843 apertamente combatt la tradizione della
venuta di S. Barnaba a Milano 23 ; e deve essere suo anche l'articolo che
fu pubblicato anonimo da L'A mica Cattolico nel novembre 1843 : Dov' era
in Milano il battistero in cui da S. Ambrogio ju battezzato S. Agostino ? >> :
quattro pagine precise e documentate, scritte per dimostrare falsa la
opinione che il Manzoni nella lettera dice abbandonata da tutti. L'articolo
con ogni probabilit fu scritto appunto in seguito alle consultazioni >>
di Alessandro Manzoni.
Non senza motivo che qui insistiamo su questa polemica del settecento, e del primo ottocento. A Pavia nell'anno 1887 Francesco l\fagani
pubblico una monografia su La data e il luogo del battesimo di Sant'
Agostino )), Era allora il Magani prevosto del Carmine a Pavia ; poi nel
23. Cfr. Giornale dell'I. R. Istituto Lombardo di Sciente, Lettere ed Arti e Biblioteca
Italiana, tomo VIII, Milano 1843, pp. 153-179.

A. PAREDJ

26

1893 divenne vescovo di Parma. Si era fatto conoscere con la pubblicazione di tre volumi su Ennodio nel 1886. Nel nuovo libro del 1887 il
Magani sosteneva contro il Muratori che S. Agostino era stato battezzato
il 5 maggio e non a Pasqua 24 ; e, sempre contro il Muratori, che era stato
battezzato nella chiesetta di via Lanzone. A leggere oggi le verbose
pagine del l\fagani e i suoi strambi ragionamenti ci si meravigilia corne
ci fosse gente che Io prendeva sul serio. Eppure ancora nel 1930 un uomo
corne Filippo J.VIeda in una sua monografia su S. Agostino si attiene
alle opinioni del l\fagani e si sforza di tmrnrle non del tutto improbabili.
Il p. Fedele Savio invece pubblicanclo nel 1913 la sua fondamentale
opera su i vescovi antichi di lVIilano non cita mai il nome del Magani,
neppnre quanclo parla di Ennodio e di Lorenzo I ; il che significava, a
chi voleva capire, la nessuna fiducia che i libri del l\fagani meritavano.
16. - Speriamo che tra breve tutti potranno scendere a veclere
gli avanzi del battistero paleocristiano di l\Iilano. E molti yerranno da
molte altre contrade a meditare su l'incontro della Pasqua 387 tra il
vescovo di lVrilano e il futuro vescovo di Ippona.
Lo scavo ha dato ragione non soltanto alle intuizioni dei nostri migliori
storici del settecento, ma anche ai pochi solidi dati della pi antica
tradizione milanese.
Angelo PAREDI
l\Iilano, Biblioteca Ambrosiana, Pasqua 1965*.

24. Nei martirologi a partire dalla fine del secolo X\T, e quim1i anche nel ::-Oiartirologio Romano, la ConYcrsione di S. Agostino segnnta al 5 maggio : Quaerenti
quam ob causam com,ersio S. Augustini ad dirm 5. maii recoli coepta sil, id unum
rtpo11i11ws non eo die sed Proxima 7. maii in hicronymianis iterato recurrere memoriam
. 1ugustini episcopi, q1tem la111en non esse Hipponensem alio loco oslendimus : cosi
i Rollandisti uel Jllartyrol. Roman. sclioliis historic-is instn1ctum, J3ruxelles 1940, p. r74.
::\' ei libri liturgici milancsi non c' la memoria della Comersionc di S. Agostino ;
imece la festa della sua depositio al 28 agosto c' in tutti i messali fin clal secolo
nono, ma non c' nei due eyangeliari milanesi pi nntichi : ynol dire che tale fcsta
si introclnsse a ::-Oiilano nel secolo ottavo, non molti nnni dopo che il re Lintpranclo
circa il 726 fece portare dalla Snrclegna a PaYia le reliqnic del santo: cfr. Sacram.
Bergomeme, Dergan.o r962, pp. XXIII-XXIV.
* Estrntto clall'Archivio Ston'co Lombardo, ::-Oiiscellanea in memoria del prof.
Gian Piero DOG::\ETTI, Anno XC, Srie rx, Vol. ff, 1964, (::-.Iilnno, 1967).

.A Pioneering Work
111

Augustinian Iconography *

A systematic and exhaustive work on the iconography of St. Augustine


of Hippo has long been overdue. 1 It is, therefore, a pleasure to welcome
a volume that constitutes the first part of a comprehensive study of
the cycles of Augustinian iconography. M. and Mme Courcelle, to
whom we are already indebted for valuable and substantial contributions
to the vast and cornplex problems of the iconography of the striking
figure of the bishop of Hippo 2 , are peculiarly qualified to undertake
jointly a vvork which in a rare degree requires mastery in more than one
field. In this first volume the authors offer a scholarly and most enlightening interpretation of the cycles of the fourteenth century, that is,
of that period in which the cyclic treatment of St. Augnstine's life
made its beginning and experiencecl its first flowering.
The splendid volume, superbly producecl by the tudes Augustiniennes
'vith the aicl of the Centre National de la Recherche Scientifique, is
entitled to rank with the best that European scholarship and technical
skill in book making have been able to achieve in recent years. The
paper and binding are excellent. The press work leaves nothing to be
clesired. In 'riew of the fact that these are times in which cost is necessarily a vital consicleration, both the authors and the tudes AugustiJeanne and Pierre C::orRCELLE, Jconor;rapMe de saint Augustin : Les cycles
du XJT'e sicle. l'aris, J::tur1es Augustinien;1es, r965. l'p. "54,includingiro plates.
I. On this gap in Augustinian scholarship, see F. JJOLGI.\:'.\1, La conveYsione di
S. Agostino e l'FIJJo libro delle Confessioni , Torino 1956, pp. 161-176 (Appe11dice
II : Per l'iconografia della comersione di S. Agostino >>) ; morcover, the introduction
of ::\I, aml Mme Courcelle to the present yolume, p. l3f.
" Les <' Confessions de saint A U/!llstin dans la traditfon littraire : A ntcdeuts
tf postrit, Appenr1ice VI (pp. 6.p-683, 62 plates).
Paris, Ihucles Augustiniennes,
1963. ~ Vila Sancti Augustini inwr;inibus adornata. i'\'Ianuscrit de Boston, Public
Library, n 1483, s. XV, indit (pp. 256, including 109 plates). Paris, Jhudes Augustiniennes, 1964. - Les dctH A u.gustin dans une miniature du X ['e sicle in Revue des
tudes augustiniennes 8 (1962) 169-175 (4 plates). - Scnes anciennes de l'iconographie m.tgustinienne, ibid. ro (1964) 5r-96 (including ;q plates). - Xomelles illustrations des Conjessinns augustininmes, ibid. pp. 343-35 r.

28

R. ARBESMANN

niennes showed very good judgrnent in deciding to he lavish with essentials


but frugal with luxuries. There are one hundred and nine pages of
clear and accurate rnonochrorne illustrations. A considerable number
of scenes have here been reproduced for the first tirne and thus made
accessible to the scholarly world. We mention especially the scenes
of the little known fresco cycle in the church of Notre-Darne du Bourg
at Rabastens. There also is a frontispiece in full color to indicate the
color scherne of the four predella paintings preserved in the Old Pinakothek of Munich.
The appearance of M. and Mrne Courcelle's study coincided with
the publication of the second volume of G. Kaftal's rnonurnental work
on the Saints in Italian Art : Iconography of the Saints in Central and
South Italian Schools of Painting (Florence 1965). Kaftal (cols. 129143 : figs. 139-153, 155-161, 163) has also reproduced the scenes of the
fresco cycle in the church of Sant' Agostino in Gubbio, arnong thern sorne
which have been listed by JYI. and Mrne Courcelle as unpublished (compare plates LXXXII, LXXXIII, LXXXV, LXXXVI, LXXXVII,
LXXXVIII, XCI, XCII, XCV, XCVI, XCVII and CI with Kaftal,
op. cit., col. 131-143 : figs. 143, q4, 146, 147, 148, J49, 152, 155,
156, 157, 158 /159, 163). Kaftal's volume also contains an illustration
of one of the scenes of the fresco cycle in the church of Sant'Agostino
in Fabriano, likewise listed as unpublished by our authors (compare
plate XLIX with Kaftal, op. cit., cols. 143-144, fig. 162). Without
rninimizing Kaftal's great scholarly accomplishrnents and the excellent
production of his work by the Florentine publishing house Sassoni, we
think the difference of purpose between his work and that of l\1. and
Mme Courcelle should here be pointed out. Kaftal's volume is essentially a reference work. In accordance with its purpose, no atternpt
at a critical study of the cycles and their scenes is rnade. The scenes
are reproduced and identified, their literary sources are listed, and the
art and hagiographical bibliographies relating to the cycles are given.
Moreover, the illustrations are of rnuch srnaller size than the full-page
illustrations provided by M. and Mrne Courcelle. Finally, unlike
Kaftal's volume, the work of JYI. and Mrne Courcelle also contains fullpage illustrations of the entire scenery of the Gubbio cycle (see plate
LXXV) as well as of details of sorne of its units (see plates LXXVIII
and LXXIX).
The authors approach their subject quite rnethodically. After an
introduction (pp. 13-16), in which they discuss the particular historical
contexts within which the earliest known examples of a serial treatrnent
of St. Augustine's life in painting and sculpture carne into existence,
they proceed to examine the following eight cycles 3 according to the
3. The authors are yery circumspect. They do not claim that the cycles studied
by them represent the entire fourteenth-century Augustinian cyclic iconography,
but consider it quite possible that additional cycles, hitherto unnoticed, may be
discovered (see p. r3f.).

AUGUSTINIAN ICONOGRAPHY

29

chronological sequence in which they were produced : (1) the medallions


of the Augustinusfenster of Erfurt (pp. 17-38) ; (2) the frescoes of NotreDame du Bourg at Rabastens, Arrondissement Gaillac, Dpartement
Tarn, in southern France (pp. 39-46) ; (3) the frescoes of the church of
the (( Eremitani )) at Padua (pp. 47-51 ); (4) the frescoes of the church
of Sant' Agostino at Fabriano, in the province of Macerata, central Italy
(pp. 53-59) ; (5) the low reliefs of the tomb of St. Augustine in ((San Pietro
in Ciel d'Oro )) at Pavia (pp. 61-72) ; (6) the predella preserved in the Old
Pinakothek of Munich (pp. 73-79) ; (7) the frescoes of the church
of Sant' Agostino at Gubbio,
in the province
of Perugia
(pp. 81-99) ; (8) the panels preserved in the Pinacoteca Vaticana
(pp. l01-ro5). The data pertaining to the origin of each cycle are supplied. Drawings, accompanying the study of cycles l, 2, 4, 5 and 7,
give a clear idea of the sequence of the scenes and their location within
these cycles. Alle the scenes, including their present state of preservation, are carefully described and their underlying literary sources listed.
One of the most interesting sections in this part of the study is, in our
opinion, that on the A ugustinusfenster of Erfurt. The renovation of
nine medallions which had been destroyed, the disturbance of the original sequence of the scenes in the course of subsequent restorations,
as well as the fact that the pictures in this cycle are for the most part
limited to tvvo persons, make the interpretation of a number of scenes
very difficult. The authors' thorough familiarity with the pertinent
sources of St. Augustine's life enabled them to correct the misinterpretations of several scenes by their predecessors 4 , or, where the latter had
been unable to suggest an interpretation, to discover one that is at least
probable. The satisfactory interpretation of all the scenes in turn made
it possible to propose a rearrangement of the units (see Tables I and II
on pp. 22 and 23) that would restore their original grouping and make
the cycle again a coherent whole.
In the concluding section of their study (pp. ro7-rr6), M. and Mme
Courcelle present an exquisite summary of their findings. The remarkable inventiveness of the creators of the Erfurt cycle and the importance
of this cycle as the fountain-head of all later Augustinian iconography
are stressed. There is a lucid description of the various ways in which
the motifs, chosen by the originators of the cyclic treatment of St. Augustine's life, as well as their general scheme of grouping the scenes, were
adopted in the subsequent cycles of the period and modified by the
addition of details and individualizing features, and the accession of
new scenes. The reader also learns vvhich of the scenes in these cycles,
because of their dramatic or suggestive power, became favorites with

4. E. HAE'.rGE, Die A ugustinerkirche zu Erfurt, in : Die Kunstdenkniiiler der Provin:


Sachsen II. 1 (Burg 1931) 63-141 ; D. REN'.rSCH, Glasinalcrci des frhen vierzehnten
] ahrhunderts in Ost-Mitteldeutschland : Mitteld,utsche Forschungen ro (Koln and
Graz 1958) 25-41, 52-55, 6r-63, 75-76, ro2-ro5, r25-r36.

JO

R. ARBESJWAXX

the artists and acquirecl a permanent place in Augustinian iconography,


and which hacl but an ephemeral existence and clisappearecl altogether.
Attention is, finally, callecl to the rather restricted geographical area
within which these cycles macle their appearance. All of them, with
the exception of those of Erfurt and Rabastens, are creations of Italian
art. Three of them
the cycles of Padua, Pavia and Verona (now
in .Munich) - belong to northern Italy, the other three - the cycles of
Fabriano, Gubbio and the :'.\Iarch of Ancona (now in the Vatican)
ong1natecl in central Italy. The authors close their stucly with an interpretation of the cycles in the light of the artistic and religions history of the
period.
The study itself is followed by the above-mentioned monochrome
illustrations (pp. rr7-241). The reader will be gratifed by finding the
index of proper names (pp. 243-245) and a table of the scenes and illustrations (pp. 247-249). At the end (p. 251), the authors acknowledge
the provenience of the illustrations reproduced in the volume.
In two places of their study (pp. l4f. and rr5) l\I. and l\Ime Courcelle
have called attention to the fact that the appearance of the cycles coincidecl with a brilliant periocl in the history of the Augustinian Hermits.
It is certainly noteworthy that the earliest known cycle, namely, that
of Erfurt, is found in a church of the Augustinian Hermits 5 , and that at
least five out of the eight fourteenth-century cycles which have been
preserved (Erfurt, Padua, Fabriano, Pavia, Gubbio), originated beyond
doubt in churches of this Order. A brief excursion into the Order's
history during this period may be profitable for a fuller unclerstancling
of this phenomenon.
After the Great Union of 1256, by which a number of rather loosely
organized eremitical groups had been welclecl into a strictly unifiecl body
uncler one central direction, the Ortler hacl experienced a rapicl growth that
>vas beyond all expectation. Provinces of the Ortler had been establishecl
in all parts of Europe. Its members were active in every enterprise of
the Church, clistinguishing themselves by their zeal in the care of souls
5. Henry of Grnenberg, bishop of Naumburg (see C. Enim,, Hierarchia cat!wlica
I 913] 3 7 4), commissionec1 the famous A ugustinusjenster
for the church of the Augustinian Hermits, anc1 not for the , Reglerstift ', as the
monastery of the A ugustinian Canons or Canons Regnlar in Erfurt was called.
A. ZU)IKm,r,1m (Hevmann von Schildesche [Cassiciacum, vol. XIV, \Vrzburg 1957]
pp. q-26) "hom the authors quote 011 this point (p. r9 11. r), quite e\ide11tly means
the mnnastery and the clrnrch of the A ugustinia11 Hermits when he describes the
acti\ity of the Augustinian Hennit Hermann of Schildesche in Erfurt and, in this
connection, also mentions ' the magnificent staincd-glass windo\YS [in the apse of
the newly finishecl friary church~ wl10se last, the exquisite A ug11sti11usie11ster,
may well haye been executecl cluring the years of Hermann's actiYity in Erfurt '.
Also Reutsch's references to the ' Angustinerkirclte ' always mean the clrnrch of
the Augustinian Hermits (see his excursns on the architectural history of the chnrch,
pp. ro2-ro5). \Ye may add that the mec1allions of the stained-glass winclows of the
clrnrch hacl intime been stored in safety to protect them from harm cluring the \1ar.
111edii a'evi r 2 (:Jlnster

A cc0-snx1 AX ICO.VUGHAPH y

Jl

and a strict mode of life ; and it was not long before men of learning
became also numerous in the Order. To be sure, this signal success
was in part due to the leading role that a number of Augustinian Hermits
played in the intellectual and spiritual history of the Church during the
fourteenth century. But over and above that, another most influential
factor must not be overlookecl, because it gave to the Order as a whole a
remarkable oneness in spirit and action, namely the conscious effort to
clraw inspiration from a more thorough study of St. Augustine's \vorks
and the great zeal in promoting his cult.
Augustinian scholarship of the fourteenth century produced, for
instance, the truly monumental work of the Milleloqitium S. A1tgitstini
by the Augustinian Hermit Bartholomew of Urbino (+ 1350). The
Milleloquium contains, beside a concordance of approximately fifteen
thousand excerpts from the works of St. Augustine grouped under about
one thousand alphabetically arranged keywords (e.g., ecclesia, /ides,
haeresis, iustitia, iustificatio, lex, praedestinatio, etc.), a regular recension
of the whole literary output of St. Augustine, an astounding accomplishment for that time. Upon examination of Bartholomew's work it becomes evident that he personally read the original works from which he
made his excerpts. For the purpose of ferreting original texts out of
the libraries he undertook journeys and spared no trouble. The Milleloquiimi S. Aitgustii, which had the special distinction of a poetic
foreword contributed by Petrarch at the author's request, was a success.
Witness of its wide diffusion and appreciation are over fifty manuscripts
still extant. It had five printings : I,yons 1555, Paris 1645, 1649 and
1672, Brixen 1734 Since the indices of the great editions of the Latin
Fathers from the J\Iaurists to the Corpus of Vienna (the edition of the
Corj>us Christianornm began only twelve years ago) are no cloubt insufficient, Bartholomew's M illeloquium S. A ugustini, clespite its defects
due to the state of scholarship at his time, is still toclay of consiclerable
value. Here we may acld that the iclea of a concordance of St. Augustine's
works had already been conceived by another Augustinian Hennit,
Agostino Trionfo (+ 1328). Trionfo's work, however, never went
beyoncl the stage of sketches. It is preservecl in Cod. Laurent. Plut.
13.15 (saec. XIV). Its title reads : Flores Beati Aug1tstini seu J.11illeloquiimi ex scriptis S. Augustini 6 . Among the fourteenth-centurytheologians of the Order who belong to the milieu created by the Milleloq11ium, we mention especially Gregory of Rimini, the most remarkable
exponent of Augustinian theology in the fourteenth century, who,
because of his intimate acquaintance with the works of St. Augustine,
has been callecl ' the best Augustine scholar of the l\Iidclle Ages ' 7 . In
6. On J3artholomew of Urbino and his 1'dilleloquium S . .Aitgustini, see R. AR1msDn A ugustiner-Eremitcnorden und dn Beginn der httmanistischen Bewegung
(Cassiciacum, YOl. XIX, Wrzburg 1965) pp. 36-54.
7. D. TR.\PP, A ugustinian Theology of the 1-lth centur.i'. in A ugustiniana 6 (r956)

}IA:-<:\,

181.

32

R. ARBESMANN

this connection we should like to mention that some fourteenth-century


libraries of the Augustinian Hermits contained impressive collections
of works of St. Augustine. This is especially true of the library of their
studium generale in Paris 8 . It was in this \'ery library that some of the
Order's great masters of theology, for instance, Gregory of Rimini,
Alphonse of Toledo, Hugolin of Orvieto, John of Basel, acquired their
thorough knowledge of St. Augustine's works. The writings of these
authors abound in Augustinian quotations. Their love for St. Augustine
most opportunely coincided with the rising wave of humanism that
displayed a kindred admiration for the great Doctor of the Church. It
was an Augustinian Hermit, Denis of Borgo San Sepolcro, who directed
Petrarch to the works of St. Augustine, made him see the dangerous
course of his past life and understand ever more clearly that beside
ancient pagan literature there existed a no less important literature of
Christian antiquity in which the works of St. Augustine deserved a special
place. Petrarch treasured for the rest of his life the handy pocket edition
of the Confessiones of St. Augustine given him by Denis. He always
had it in his travels and toward the end of his life bequeathed it to another Augustinian Hermit, his youthful friend Fra Luigi Marsili of Florence. The study of this work of St. Augustine made a very deep impression on Petrarch and gave his personal life and literary activity a new
content and a quite discernible direction. This influence can be traced
especially in his ethico-philosophical treatises, the fruits of his later years
of full maturity. He never tired of quoting the Confessiones and of
recommending their reading to his friends 9 .
The use of St. Augustine's works as a main source of erudition was
especially suited to one of the Augustinian Hermits' most cherished
traditions of the tirne, the tradition that linked the beginnings and
unfolding of their institute directly to the early monastic foundations
of St. Augustine. Recognizing that History failed to reveal the desired
bond of continuity, the theologians of the Ortler tried to give supplementary support to this tradition by a doctrinal Augustinianism that
would prove beyond all doubt that they were the true and real sons of
St. Augustine 10 . The great importance that the theologians of the
Ortler attributed to the study of St. Augustine, as well as the prominent
part played by the Augustinian Hermits in the life of the university of
Paris, explain the fact that, in r36r, at the request of Ralph of Citt

8. See the list of Augustinian works which once belonged to the library of this
house of study, in A. ZUMKELLER, Hugolin von Orvieto und seine theologische Erkenntnislehre, Wrzburg 1941, pp. 57-6r. For the libraries of the houses of study in
Padua and Siena, see D. GUTIRREZ, De antiquis Ordinis Eremitarum sancti A ugustini
bibliothecis, in Analecta Augustiana 23 (1953) 242-243 ; 302-303.
9. On Denis of Borgo San Sepolcro and his friendship with Petrarch, see ARBESMANN, Der Augustincr-Eremitenorden (n. 6 supra) pp. 16-36, and the literature cited
there.
IO. See TRAPP, Augustinian Theology (n. 7 supra) p. 189 n. 46.

AUGUSTINIAN ICONOGRAPHY

33

di Castello, magister regens of the Order's studium generale, the university


declared the last day of February, the feast of the secimda translatio
S. Augiistini, an official holiday, to be celebrated with a solemn procession and a sermon in honor of St. Augustine 11 . The example set by the
university of Paris was soon followed by the faculty of theology of Bologna. In the Statuti of the faculty, the drafting of which had been entrusted to Hugolin of Orvieto, an Augustinian Hermit, we read : Dies vero,
quibus infra annum nullus de universitate legere debet, sunt infrascripti :
. . . Die quo fit officium translationis beati Augustini, scilicet ultima
Februarii ... Vigilia et festum sancti Augustini )) 12 .
The Augustinian Hermits also bestowed great care on promoting the
popular devotion to their spiritual father and patron. Apart from dedicating most of their churches to him, they spread his veneration among
the populace that came to them for spiritual addce, sought their prayers,
and filled their churches. The principal feast of St. Augustine (August
28) was celebrated in their churches with great solemnity and amid a
large concourse of people. Soon three secondary feasts in his honor
were added to the calendar of the Ortler : the feast of his conversion
(May 5), the feast of the translation of his body from Hippo to Sardinia
(October n), and the feast of the translation from Sardinia to Pavia
(last day of February) 13 It was quite natural that the sermons preached on these festival occasions aimed at stimulating devotion to their
patron saint and at strengthening the trust of the faithful in his intercession. They usually abound in stories about St. Augustine coming
to the aid of persons who had recourse to him. A great number of
these sermons have corne clown to us. Among Jordan of Saxony's
two hundred and seventy-one Sermones de Sanctis alone, for instance,
there are twenty-three (sermones 129-151) for the principal feast of St.
Augustine (August 28) and two (sermones 59 and 185), entitled De translatione S. Augustini (last day of February and October n) 14 .
That the Augustinian Hermits were successful in their efforts of promoting the veneration of their spiritual father, we may see from a statement in an anonyrnous Vita Aurelii Augustini Hipponensis Episcopi,
written by an Augustinian friar of the Order's Tuscan province of Pisa
probably a short time before 1331 and preserved in Cod. Laurent. Plut.
go sup. 48, fol. lr-fol. l3r. The main body of the narrative is followed
by a number of appendices, the last of which (fol. 12r-fol. l3r) is a list
of miracles which, according to the author, occurred in Florence in his
rr. H. DENIFLE, Chartularium Universitatis Parisiensis 3 (Parisiis 1894) 1256.
12. F. EHRLE, I piantichi statuti della Facolt Teologica dell' Universit di Balogna
(Universitatis Bononiensis lYionumenta, vol. I, Balogna 1932) pp. 25, 27, 30.
13. On these feasts, see E. ESTEBAN, De festis et ritibus sacris Ordinis Eremitarum
S.P. Aitgustini, in Analecta Augustiniana r6 (1937-38) 6-11.
14. \Ve quote J ordan's Opus Sernzonum de Sanctis according to the Strasbourg
edition of r 484, printed by Johannes von Grningen (Hain 9440). The edition has no
pagination.

34

R. ARBES,WA.VN

day through the intercession of St. Augustine. He introduces his account


by saying: Non etiam dignum existimavi silentio praeterire quod nostris
temporibus dignatus est dominus operari precibus tanti patris [Augustini]
maxime in civitate Florentiae, ubi eiits devotio de die in diem crescit ))
(fol. I2r). We may add that, in recounting the first miracle (fol. 12r),
the author incidentally mentions a fresco representing St. Augustine
in Santo Spirito, the church of the Augustinian Hermits in Florence.
Unfortunately he furnishes no further description of the painting, and
his account contains, as far as we know, the only information about
the existence of a fresco of St. Augustine in old Santo Spirito. When
the church was replaced by a new building in the course
of the fifteenth century, the fresco perished, and we shall probably
never learn the name of the painter, though we know that early Florentine
masters, among them Giovanni Cimabue, had worked in old Santo
Spirito. The friars of Santo Spirito were in a position to promote the
popular devotion to their patron also by unobtrusively guiding the
religious fervor of the Compagnia di Laudesi of their church 15 , especially
since a friar of the community was always assigned to them to make the
relationship between the confraternity and the Ortler more intimate. An
early fourteenth-century hymn-book (laudario) of the Compagnia of
Santo Spirito, beautifully illuminated in gold and colors 16 and providing
the notations for chant, which has been preservecl in Cod. lVIagliabecchianus II, I, 122 of the Biblioteca Nazionale Centrale in Florence, contains two hymns (nr. 69 and nr. 70 of the collection) in honor of St. Augustine. The incipit of the first reads : cc Gaudiamo tucti quanti / al cui
fervor siamo ragunati )).
The second hymn, beginning with << Sancto

r 5. In the course of the thirteenth century special confraternities had been formed
in many cities and towns of Italy for the express purpose of promoting the devotion
to the Blessed Virgin. Their members, the laudesi (' praisers '), assembled in the
clrnrches in the evening and sang hymns (laude) in honor of Our Lady. In time
almost every church in Florence had such a confratemity (compagnia). The most
renowned Compagnie di Laudesi, however, \Yere attached to the churches of
the religions Orders. Though they were primarily dedicated to the Blessed Virgin,
the laudesi did not confine themselves to singing 'praises ' in honor of their heayenly
patroness. Hymn-books (laudari) of the laudesi, which have been preserYed in
manuscript form, contain numerous hymns addressed to Christ and to saints, or
treat themes on the varions mysteries of the faith. Because of their connection
\Yith Santo Spirito the laudesi of that church also sang special hymns in honor of
the Roly Spirit (for a more detailed history of the Florentine laudc:,i, ineluding
those of Santo Spirito, see R. DA YIDSOHN, Fircnse ai tempi di Dante, Ital. transl.
by E. Dupr Theseider, Florence 1929, pp. 171-180). The Compagnia di Laudesi of
Santo Spirito was founded toward the end of the thirteenth century. Qyer the
door of its headquarters, on the corner of Via S. Agostino and Via Maffia, the following words were engraved in stone : Dive Marie Laudum Sanctique Spiritus
Societas (see S. BELLANDI, Rievoca::ione di mi antico Laudario di S. Spirito, in
Bollettino Storico Agostiniano 9 [1932-33] 122).
r6. One of the miniatures represents a group of Augustinian Hermits and laudesi
of Santo Spirito in the act of singing a hymn in honor of St. Augustine.

A UGUSTINIAN ICONOGRAPHY

35

Agostin doctore ii, is of special interest for us, because it praises St. Augustine's relentless struggle for the purity of the faith against the heretics
and celebrates him as' the vanquisher of every error ', a theme represented
in one of the scenes of the Munich predella 17 . The same hymn is also
found in a laudario of the Compagnia of the church of Sant' Egidio in
Florence 18 . We may reasonably assume that the devotion of St. Augustine was characteristic of all the confraternities attached to the churches
of the Augustinian Hermits in Italy. That St. Augustine was one of
the special patrons of Siena, we learn from a sermon preached by the
humanist and Augustinian friar Andrea Biglia in the church of his Order
(Sant' Agostino) in that city on the feast of St. Augustine (August 28)
before King Sigismund 19 In the course of his sermon Biglia addresses
the King thus : << Iam tibi, imperator gloriosissime, Augustinus Senenses
suos tutandos tradit, quos ferme - ita credo
post Beatissimae Virginis
praesidia unus singulari tutela commissos habet. Tantum ille debet
Senensibus, quibus Ordinem suum tantae curae et gubernationi esse
conspicit, ut nullos plus salvos cupiat quam ubi ipse quoque intelligit
nomen suum celeberrime propagatum >>20.
The veneration of St. Augustine gained a great impetus when, in
1327, the Augustinian Hermits, by a special pridlege granted them by
Pope John XXII, were appointed custodians of the body of St. Augustine in the basilica of San Pietro in Ciel d'Oro at Pavia, thus supplanting
the Canons Regular of St. Augustine to whom the care of the sacred
relie had hitherto been entrusted 21 . An inevitable result of this action
of John XXII was a feud between the two rival Orders, both claiming
St. Augustine as their true founder. The fend which grew ever more bitter,
especially during the fifteenth century, found its literary expression in a
great number of treatises and polemical pamphlets full of subtle argu~
ments and steadily moving farther away from the original question at
issue. We are looking forward to JVI. and Mme Courcelle's second volume

17. See M. and Mme Courcelle's discussion of the scene, p. 78 f., "Che frontispiece
and plate LXXIV.
18. The laudario is presened in Cod. Magliabecchianus II, I, 212 of the second
half of the fourteenth century. The hymn is nr. 77 in the collection.
19. On the jonrney to his coronation in Rome, King Sigismund stayed in Siena
from Jnly Il, 1432, to the end of the year.
20. The ser111on, carrying 110 title, is preserved in a mannscript of the Ambrosiana in Milan: Cod. Ambros. N. 280 sup., fol. 29r - fol. 3ov. The passage qnoted is
on fol. 30'". On the veneration of St. Augustine in the fourteenth century, and the
pre-eminence lus cuit attained through the Augustinian Hermits, see also F. Ro'rH,
The English Austin Friars 1249-1538, vol. I (New-York 1966) pp. 40-43.
2r. The source !11aterial relating to this important event in the history of the
Ordcr of the Augustinian Her111its has been collected by R. Maiocchi and N. Casacca,
Codex diplomaticus Ord. E.S. Aitgustini Papiae r (Papiae 1905) 13-75. As a rather
amusing curiosity we mention that an Augustinian Hermit even made John XXII
a poet on this occasion. The poem allegedly written by the pope is preserved in
MS 212 of the Bibliothque de Lyon, fol. 126 (see Catalogue Gnral des klanuscrits
des Bibliothques Publiques de France 30.1 [Paris 1900] 48).

R. ARBESMANN

in the series 22 to learn whether this rivalry is also reflected in the great
cyclic compositions of the fifteenth century.
A closing remark.
In examining the medieval sermon literature on
St. Augustine which has corne down to us, we may well be surprised that,
in their sermons, the preachers did not make use of the material they
had at their disposal in many a church and occasionally explain to their
audiences the sacred paintings and sculptures representing the saint
and his deeds. Today such explanations would be of great value. We
are thinking especially of fresco scenes which are difficult to interpret
either because of the deterioration they have suffered through the ravages
of time or because of the loss of explanatory inscriptions. Only seldom
do we have in such cases the good fortune of being aided by other sources.
As an example we may cite an early fifteenth-century cycle in the former
church of the Augustinian Hermits (now Dreifaltigkeits-Pfarrkirche)
in Constance, a gift of King Sigismund to the friars who had been his
hosts during the latter part of the Council of Constance. Introducing
a new theme into Augustinian cyclic iconography, the artists commissioned by Sigismund pictured St. Augustine as the originator and father
of the Rule that is followed by a great number of Orders and Congregations. They developed the theme by representing,.in scene after scene,
always a group of five religious kneeling in re,erential attitude before
the towering figure of St. Augustine, clothed in his episcopal robes over
his religious habit, and receiving from his hand the Rule. Unfortunately the explanatory inscriptions perished, and we would not be in a
position to know which Orders and Congregations the artists represented
in the various scenes, if there had not corne down tous a note giving their
names. The note which may be helpful in a critical study of the cycle
is preserved in the following four manuscripts which we list according
to A. ZUMKELLER, lvianuslripte von Werken der A utoren des A ugustinerEremitenordens in mitteleuropaischen Bibliotheken (Cassiciacum, vol. XX,
Wrzburg I966) p. 527, nr. I543 :
London, British Museum, Arundel 6, a. I460, fol. 4or, in Middle High
German.
Berlin, Staatsbibliothek, Germ. Fol. 696, saec. IS, fol. 4nra, in :Middle
High German. The manuscript is now in Tbingen, Stiftung Preussischer Kulturbesitz : Depot der Staatsbibliothek, Wilhelmstrasse 32.
Danzig, Stadtbibliothek (now Biblioteka Gdanska Polskiej Akademii
Nauk), St. Marien, F. 286, saec. IS, fol. I73r - fol. I73v, in Latin; and St.
Marien, F. 300, saec. IS, fol. I88r - fol. I88v, in Latin.
W e add the incipit of the text in Middle High German according to
Arundel 6 : << Hie hieben sich an die orden die der Romisch Kunig Sigmundt hat lassen malen zu constintz in der Kirchen zu den Augustinern )).
Rudolph ARBESMANN, O.S.A.
Fordham University
22.

Iconogrnphie de saint Augustin: Les cycles du XV sicle (in preparation).

Scnes anciennes
de l'iconographie augustinienne Ir*
l.

AUGUSTIN DIALOGUE A CASSICIACU:\I.

Deux miniatures du xne sicle reprsentent le jeune Augustin dialoguant avec ses amis Cassiciacum; elles introduisent le Contra Academicos
sur les manuscrits d'Admont zr (r25), fol. r v 0 (Pl. II) 1 et de
Vienne roo9, fol. r r 0 (Pl. III) 2 . Les deux miniatures offrent une
ressemblance gnrale. L'une n'a pourtant pas t copie sur l'autre.
Remontent-elles un archtype commun ? Toutes deux ressortissent
l'art allemand du xne sicle et prsentent de grandes analogies de
style. D'autre part, les images du Contra F austum semblent dmontrer
l'existence d'une tradition iconographique constitue ds avant le
xne sicle pour tel ou tel trait de controvers.
La miniature d' Adrnont est la plus fidle au texte, la plus belle et la
plus originale. Le lieu du dialogue est suggr et les personnages qui y
ont pris part mis en scne selon une hirarchie qui suppose une bonne
connaissance du trait.
<< Sur mon invitation, crit saint Augustin, nous tions tous runis dans
nn lieu commode , et la suite prcise qu'il s'agit d'un pr attenant la

Cet article fait suite notre 1Jremier article portant le mme titre, paru dans
Revue des tudes augustiniennes, t. X, 1964, p. 51-71 et vingt-quatre planehes.
I. P. Bi:BERL, Die illuminierten Handschriften in Steierniark, Leipzig, 19II,
t. I, Die Stiftsbibliothellen zu Admont im Vorau, p. 49, fig. 44.
2. H.-J. HERllIAXX, Die deutschen romanischen Handschriften, Leipzig, 1926,
p. 72 et fig. 36.
3. Cf. J. et P. CouRCf,LE, Quelques illustrations du ' Contra Faiistum ' de
s. Augustin, dans Oikoumn, Studi paleocristiani pubblicati in onc,re dd Concilia
Ecumenico Vaticano II, Catania, 1964, p. 1-9 et cinq planches.
4. Aucus'l'Ix, Contra Acadcnzicos, I, 2, 5, d. P. Knoll, dans CSEL, t. LXIII,
p. 6, 18 : Cum igitur omnes hortatu meo unum in locum ad hoc congregati essemus,
ubi oportunum uisl.lm est ... ,

JEANNE ET PIERRE COURCF-LLE

maison de campagne 5 . Le rideau dploy au-dessus de la scne n'a donc


que la valeur d'un cadre idologique ; la porte de bois ferme, surmonte
d'un fronton rustique, indique suffisamment que les acteurs sont runis
en plein air; du reste, les deux personnages, de part et d'autre de la porte,
sont assis mme le sol. AVGUSTINVS, figure imposante, sige au centre
sur une chaise curule orne de griffes et de gueules de chiens ; en dpit
de la moustache et d'une courte barbe, son visage est jeune, comme il
convient pour cette poque de sa vie. Il est coiff d'une calotte et tient
avec la main gauche un grand livre ouvert sur ses genoux ; il semble
diriger la discussion en pointant l'index droit vers le texte du livre.
Tous ses interlocuteurs sont imberbes, encore plus jeunes d'aspect.
A sa droite, son ami ALYPPIVS est assis sur un banc, envelopp dans
sa toge comme Augustin ; le menton appuy sur la main droite ouverte,
il mdite ; c'est exactement l'attitude de l'arbitre, comme il se dfinit
lui-mme6. Sur un autre banc en face de lui NAVIGIVS, frre d'Augustin,
maintient de la main gauche une tablette sur ses genoux et porte la droite
sur la poitrine ; il coute avec attention. Les deux interlocuteurs
d'Augustin, constamment interpells et interrogs, sont les '' jeunes
gens 7 , ses disciples LICENTIVS gauche, TRIGETIVS droite. Ils
sont figurs assis par terre, plus petits que 1' ami et le frre d'Augustin,
et vtus d'une simple robe. Le peintre a bien marqu, par la mimique
de leurs doigts, qu'ils sont avec Augustin les acteurs principaux. Trygetius
numre ses arguments ; Licentius lve l'index droit comme pour contredire aux enseignements qu'Augustin tire sans doute de l' H ortensiits s.

5. Ibid., I, r, 4, p. 6, r r : In agro uiuere coepimus ; I, 5, r5, p. 15, 28 : diesque


paene totus ... in rebus rusticis ordinndis ... peractus fuit ; II, 4, ro, p. 30, 13 :
Et forte dies ita serenus effulserat, ut nulli prorsus rei magis quam serenandis
animis nostris congruere uideretur ; maturius itaque solito lectos reliquimus paulnlumque cum rusticis egimus quod tempus urgebat ... Quod cum factum esset et in
eo paene totum antemeridianum tempus consumtum uideremus, redire ab agro,
qui deambulantes nos acceperat, domum instituimus ; II, 6, r4, p. 33, 9 : Deinde,
cum tanturn alimentorum accepissenrns, quantum compescendae fami satis esset,
ad pratuin regressis no bis Alypius ... ; II, rr, 25, p. 4r, 12 : Ad pratum processimns ...
Itaque cum ad arborem solitam uentum esset... ;III, r, I, p. 45, 10: Brat tristior
(dies), quam ut ad prntum liberet descendere ; Conf. IX, 3, 5 21, d. I.,abriolle,
p. z l 2 : < Rure illo eius Cassiciaco, ubi ab aestu saeculi requieuimus in te .
6. Ac:GUSTIX, ContraAcademicos, I, z, 5, p. 6, 23: HicA!ypius :' Huiusquaestionis
inquit, iudicem me tutius puto. Cum enim iter mihi in urbem sit constitutum, oportet
me onere alicuius suscipiendae partis releuari, simul quod facilius iudicis partes
quam cuiusquam defensionis cuipiam delegare possum. Quare dehinc pro alterutra
parte ne a me quidquam exspectetis .
7. Ibid., I, r, 4, p. 6, 6 : Nam disputationem quam inter se Trygetius et
I,icentius habuerunt, relatam in litteras tibi misi. Illum enim quoque adulescentem
quasi ad detergendum fastidium disciplinarum aliquantum sibi usurpasset militia,
ita nobis magnarum honestarumque artium ardentissimum eclacissimumque restituit ; II, 7, rg, p. 36, 22 : Qua hilaritate ad1t1escentulormn cum essemus laetiores .
8. Ibid., I, r, 4, p. 6, 13 : Volui temtare pro aetate quid passent, praesertim
cum Hortensius liber Ciceronis iam eos ex magna parte conciliasse philosophine
uideretnr ;cf. III, 4, 7, p. 50, 26; III, 14, 3r, p. 7r, 9.

SCANES AXCIENl'-lES AUGUSTJ.VJKVNES -

II

39

Cette miniature constitue un parfait avant-propos au texte du dialogue.


La qualit artistique gale la qualit intellectuelle. Les personnages sont
dessins la plume et coloris ensuite de brun, de vert, de jaune, de bleu.
La porte et le cadre sont rouges, le rideau vert ; les attitudes de ces
jeunes lacs doivent paratre fort libres, si l'on songe l'art hiratique
habituel l'poque romane. Les draperies marquent certaines parties
du corps et retombent en plis souples entre les jambes. Les expressions
sont varies comme les ges et les gestes. Les inscriptions paraissent
presque superflues, tant la scne est raliste.
Tel n'est pas l'art de la miniature de Vienne. L'auteur commet un
grossier anachronisme en peignant Augustin vque, mitr, nimb, sa
crosse la main droite; de la gauche, il interpelle LICENTIVS et TRIGETIVS. Ses interlocuteurs ont encore l'air jeunes et portent le mme duvet
de barbe qu'Augustin ; seul Trygetius porte en outre une barbe deux
pointes, boucle comme sa chevelure. Tous font le mme geste d'approbation. ALIPPIVS, assis la partie infrieure, rpte la mimique des
disciples ; Navigius, lui, a disparu. On remarquera qu'ici c'est Licentius
qui porte un livre sur son sein, alors que, dans l'image d' Admont, c'tait
Navigius. Il faut peut-tre voir l une allusion au pome de Licentius 9 .
A ce dtail prs, l'image de Vienne est beaucoup moins fidle au texte
que l'image d' Ad mont.

II. --

ACGUSTIN PRCHE.

Nous avons publi nagure une miniature de Fleury-sur-Loire, peinte


an xe sicle1 o, o saint Augustin dicte un moine-stnographe. Cette
scne, disions-nous, est nouvelle par rapport aux << portraits d'auteur ))
des poques carolingienne et romane. Or voici maintenant une image
de la fin du vme sicle o le portrait cl' auteur perd dj sa rigidit et
prend une allure familire. A ce titre, cette miniature d'une grande beaut
mrite d'tre examine de plus prs (Pl. I).
Cet homiliaire, dit<< codex d'ginon )), du nom de celui qui le commanda,
contient diYers sermons runis par cet vque de Vrone 11 . Quatre
grandes miniatures pleine page (335 ~< 260 mm.) reprsentent les
auteurs des diffrents sermons : Augustin (fol. 18 vo), Lon le Grand
(19 ro), Ambroise (24 r 0 ) et Grgoire le Grand (25 v 0 ). Tandis que les

9. 1 bid., III, 4, 7, p. 50, I4 : < Inuenimus Licentium, cui numquam sitienti Helico
subuenisset, excogitandis uersibus inhiantem... malim auribus nostris inculces
tuos uersus ... >> ; cf. III, 4,9, p. 51, 26. Sur I,icentius pote, cf. :'.1. Scruxz, Geschichte
der rimischen Litteratur, t. IV, 2, Mnchen, 1920, p. 462
ro. J. et P. COL'RCELLE, art. cit, p. 52-53 et pl. I.
r r. J. KmcI-Ixrm, Beschreibende Verzeichnisse der JVIiniati!1'en-Ha11dscll1'i/te11 dn
prrussische11 Staatshib!iothel, nt Brr{in, Leipzig, 1926, p. 6 et sniY.

JEANNE ET PIERRE COURCELLE

trois derniers, assis en majest, crivent sous l'inspiration, tels des \'anglistes, et sont conformes la tradition du portrait d'auteur)), l'image
d'Augustin montre plus d'originalit. La scne est enferme dans un
cadre semblable celui des autres miniatures. Dans une bordure rectangulaire, deux colonnettes soutiennent une arcade ; deux ibis sont finement
dessins dans les coinons. La partie arrondie, l'intrieur de 1' arc,
est occupe par une coquille dont le centre a malheureusement t mutil ;
la partie dcoupe comportait probablement un animal dcoratif comme
ceux qui surmontent les portraits de Lon, Ambroise et Grgoire 12 . Cinq
personnages sont disposs devant un rideau suspendu une tringle, tir
vers la gauche et la droite et nou aux colonnettes.
Le style de ces lments dcoratifs, tout comme celui des figures, est
proche du groupe de miniatures carolingiennes dnomm<< groupe d' Ada )),
Ce style a vu le jour Aix-la-Chapelle dans les milieux artistiques proches
de Charlemagne. Or ginon de Vrone avait des relations avec l' Allemagne ; en 799, il Yivait et btissait Reichenau 13 ; il n'est donc pas
tonnant qu'il ait choisi un peintre du nord, mme si ce codex fut crit
Vrone.
Par leurs attitudes, le model des visages et du corps, les plis des vtements, ces cinq personnages rvlent des survivances antiques, comme il
est habituel dans l' cole d'Ada >>.Sur fond d'or, le peintre allie le rouge
au gris, l'argent au violet sombre. Les figures sont cernes de noir ; de
grands yeux aux pupilles rondes s'ouvrent dans les visages models par
des ombres vertes sur incarnat.
Augustin nimb est d'une taille un peu suprieure ceux qui l'entourent:
quatre clercs large tonsure. Assis sur une chaire surleve, garnie
d'un coussin long, il porte le pallium sur ses habits d'vque. Il se tourne
et s'incline lgrement vers le clerc qui est assis au premier plan, calame
dans la main gauche, encrier dans la droite, devant un pupitre aux
montants en forme de poissons. Le saint accompagne sa parole d'un geste
de la main droite, dont les longs doigts carts semblent argumenter.
Trois autres clercs sont debout : l'un gauche lve la main avec le
mme air d'attention respectueuse que le stnographe. Augustin ne
s'adresse donc pas seulement celui-ci, il prche. Son visage jeune est
empreint de srieux et d'autorit. Il montre sur son genou, avec la main
gauche, un livre ouvert. On y lit, dispose sur huit lignes, la premire
phrase de l'vangile selon saint Jean:<< IN PRINCIPIO ERAT VERBVl\1
E(T) VERBVl\I... >>. Le livre ouvert sur le pupitre devant le clerc porte
les premires lignes du sermon qui figure en tte de l'homiliaire :
<< AVDISTIS FF KMI )), Ce sermon pseudo-augustinien est, en effet, une
rz. Voir ce portrait de Grgoire le Grand chez A. BOI'KET, La miniatzwe carolingienne, Paris, 1913, pl. CXLVII.
13. V. Rosi,;, Ver~eichnis der lateinischcn Handsclwiften der hiJniglichen Bibliotheh
zu Berlin, t. I, Berlin, 1893, p. 83 ; l.YI. l\IA::;JI'!'IUS Geschichte der lateinischen Literatur
des Mittelalters, t. I, Mnchen, r9rr, p. 266.

SCNES ANCIENNES A UGUSTINIENZ\TES -

II

paraphrase du premier verset du prologue johannique et commence :


Audistis, fratres, quemadmodum beatus euangelista hodie generationis
Christi retulit sacramentum : ' Christi, inquit, generatio sic erat ' )) 14 .
Nous avons affaire ici une scne vritable, car tous les personnages
tournent les yeux vers Augustin, et les inscriptions prcisent les circonstances. Le beau geste d'Augustin et ses traits attentifs forment un lien
psychologique entre lui et ses auditeurs. Ce n'est plus un << portrait
d'auteur )), mais l'image anime d'un prdicateur au milieu de ceux qui
l'coutent. Voici clone l'anctre d'une longue tradition dans l'iconographie augustinienne.
L'enseignement oral d'Augustin prend une forme plus naturelle au
xrve 'sicle. Dans l'initiale G d'un manuscrit espagnol de la Cit de
Dieu,' conserv San Lorenzo de El Escorial, P. I. r9, fol. r r 0 15 , le
prdicateur est assis, spar de son public par une colonnette (Pl. IV,
fig. r). Il parle cinq moines qui l'coutent mains jointes et genoux
flchis. Augustin ne manque pas de grandeur malgr la simplicit de
l'image et l'absence de nimbe. Il porte la mitre sur une chevelure sans
apprt ; son visage est imprieux comme son geste, qui souligne sa parole
par la mimique des longs doigts ; sa main gauche tient un livre. Le pluvial
et la robe, traits en grande surface, sans ornements, ajoutent la sobrit
de la figure.
L'initiale se termine en volutes ; trois tours surmontent les arcades. Le
tout tient dans un cadre form de plusieurs bandes colores ; des carreaux
dcoratifs servent de fond toute la surface peinte.
Un artiste d'origine franaise a dcor un manuscrit des Sermo11s
d'Augustin (Valence, Universit, 481, fol. r 0 ,s. xrv, (Pl. IV, fig. 2).Lepetit
tableau est d'un syle plus anecdotique. On voit l'vque debout dans
sa chaire, mitr, nimb, barbe et che'\'eux boucls ; son manteau est
richement orn au col. L'orateur ramne la main gauche vers l'paule,
tandis qu'il pointe en avant l'index droit avec beaucoup de vivacit. Au
pied de la chaire, six personnages sont disposs en gradins : on croit
identifier un pape assis sur une chaise curule, un cardinal reconnaissable
au chapeau, un vque indiqu seulement par la mitre ; les trois dernires
figures, largement tonsures, portent le froc des moines. Malgr l'allure
raliste de l'image, l'artiste a montr de manire symbolique que l'enseignement cl' Augustin s'adresse l'glise entire. Le sujet de ce sermon
illustr est l'utilit de la << lectio diuina >> 16 .
<<

r4. P.L. t. XXXIX, 1997, note b.


r 5. Rappelons que l'incipit de la Citl de Dieu est : <1 ('loriosissimaun Dei
ciuitatem ... .
r6. On lit: <1 De uerbis et scriptur1s ueteris Testamenti. Quam bonum sit lectionem
diuinam legere et quam malmn al) illa uel eius inquisitione desinere .

JEANNE ET PIERRE COURCELLE

42

III. -

AUGUSTIN CRIT.

Quatre miniatures du xrre sicle voquent sous des aspects diffrents


Augustin crivain. Celle du manuscrit de Tours 29r, fol. 132 vo, originaire
de Saint-Gatien, reprsente l'auteur au travail (Pl. V, fig. l). Le P de
Posteaquam persuquutores... )), en tte du Tractatus in 1 ohannem
CXIII, l, r, CC., t. XXXVI, p. 636, forme le cadre de l'image. L'homme
qui crit sous une coupole surmonte d'une croix et soutenue par deux
colonnettes est sans doute Augustin. Assis sur un banc, il est tonsur,
mais non nimb ; son manteau agraf sur l'paule retombe en arrire,
laissant voir une robe drape selon le style particulier l'cole de Tours.
Il se courbe sur un livre grand ouvert pos sur un pupitre ; le miniaturiste
a saisi sur le vif l'crivain l'uvre, calame dans la main droite, grattoir
dans la gauche. Derrire lui un aide, galement tonsur, lui apporte avec
empressement une feuille couverte d'criture. Dans la haste du P, un
serviteur lve deux mains une coupe. Ce manuscrit est clbre pour la
beaut de sa dcoration 17 , car il contient un grand nombre d'initiales
histories. Celle-ci brille par sa vivacit, son ralisme et sa finesse d' excution.
A la mme date, la miniature du manuscrit de Bruxelles, Bibliothque
Royale, 9137, fol. 8 r 0 , d'origine mosane 18 , procde d'une autre intention
(Pl. V, fig. 2). Plus proche de l'image que de la scne proprement dite,
l'initiale J du chapitre des Rtractations mis en tte de la Cit de Dieit 19 ,
est cependant inspire directement du texte qu'elle dcore. Augustin
porte les vtements et insignes piscopaux : aube, dalmatique, chasuble,
pallium timbr de croix ; ses pieds reposent sur les deux tiges des volutes
qui s'lvent de part et d'autre, dans l'initiale, et font la figure un cadre
souple. Le beau visage du saint, aux grands yeux recueillis, au nez long,
aux lvres minces, rappelle celui du manuscrit de Bruxelles ro791,
fol. 2 ro, issu de la mme cole 20 . l:rn large nimbe entoure la tte tonsure.
Lgrement tourn vers la droite, Augustin montre, en le soutenant
de la main gauche, un livre ouvert ; de la droite, il tient sa crosse. Au-dessus
de lui, dans une mandorla, le Christ, reconnaissable son nimbe crucifre,
bnit de la main droite et tient avec la gauche le haut de la mme crosse.
Contrairement MM. Gaspar et Lyna21 , nous ne pensons pas qu' Augustin reoive ici la crosse de la main du Seigneur. Le motif principal de
I. E.-K. RAXD, A Su1Tey of the l\!lanuscripts of Tour_;, Cambridge :.\Iass., r929,
p. 202 ; J. PORCHER, Les manuscrits peinti;,res en France du VII au XII sicle.
(Catalogue de l'exposition de la Bibliothque Nationale), Paris, 1954, p. 83.
18. C. GASP.\R et F. LYX.\, Les principaux manuscrits il peintures de la Bibliothque
1'oyale de Belgique, t. I, Paris, r937, p. 90-91.
19. AUGUSTIX, Retract., II, 43, (70), r, d. G. Bardy, Paris, 1950, p. 523 :
Intererea Roma Gothorum irrnptione agentimn suh rege Alarico atque impetu
magnae cladis enersa est .
20. J. et P. COC:RCEUE, art. cit, pl. XVIII.
2r. C. G.\SP.~R et F. I,vxA, op. cit., p. 91.

SC!?NES ANCIEN"YES ACGUSTINIENXES -

II

43

l'image est en ralit le livre, plac d'ailleurs en avant de ia crosse. Le


Christ tient cette crosse en mme temps qu'Augustin ; il lit le livre et
bnit le zle de l'auteur qui crit contre les blasphmes profrs par les
paens l'occasion de la prise de Rome par Alaric. C'est ce que prcise,
en effet, le texte de cette Rtractation : '' Vnde ego exardescens
z e 1 o cl o m u s D e i (Ps. LXVIII, IO ; I oh. II, 17) acluersus eorum
blasphemias uel errores libros' De ciuitate Dei' scribere institui ))2 2
Le sujet de l'initiale est donc parfaitement adapt au texte qui l'entoure;
nous n'avons pas ici le portrait interchangeable qu'on trouve si souvent
au dbut des manuscrits, mais une scne vritable, adapte nn ouvrage
prcis.
Un autre crit d'Augustin est mis en vedette dans le manuscrit de
Vienne, Nationalbibliothek, 1488, fol. l v 0 , du milieu du xne sicle,
originaire de Salzbourg (Pl. VI). L'initiale A, dont le dessin souple
fait sur parchemin l'encre brune et rouge avec lavis de lilas est conforme au style de cette cole23 , enferme trois personnages. Le buste d' Augustin est joliment encadr dans la partie suprieure de la lettrine. Un
nimbe large entoure sa mitre et son visage aux traits marqus, la barbe
et aux cheveux abondants. Le pallium se dtache sur l'aube. Augustin
bnit de la main droite ; de l'index gauche il dsigne un livre au centre
du registre infrieur que dessine la lettre. Deux moines en buste surgissent de feuillages dcoratifs et tiennent ouvert entre eux ce grand
livre, de manire montrer l'inscription : '' Factus Augustinus prespiter
monacus clericus secunclum regulam sub sanctis apostolis constitam (sic). )) 24 . Ces moines lvent le regard vers l'auteur de leur Rgle,
avec cette expression candide et lgrement caricaturale que les
peintres romans leur ont souvent prte. Ici encore, Augustin est
figur comme auteur de l'crit que l'initiale introduit. L'inscription
S. A V GVST JNVS, trace sur la barre transversale, place la scne hors
du temps.
La mme initiale A, plus ornementale encore et peinte avec l'art
consomm de l'cole mosane vers l'an 120025 , voque cette fois Augustin
pistolier (Pl. VII). Le manuscrit de Bruxelles, B.R., II 2526, fol. l vo,
contient au dbut les Lettres cl' Augustin Aurelius. Le miniaturiste a

ArcrsTrx, Retract., /oc. cit., p. 52-1.


G. S\YARZE~SKI, Die Sahlmrger i\lalcrei, Leipzig, I9I 3, pl. CXVIII, fig. 397 ;
H.-J. HER~L\xx, D1:e deutschen romanisclten Handsclwiften, Leipzig, 1926, p. r3.+,
fig. So.
24. Notice issue
peut-tre tr:n-ers quelque T'ie mdi\ale - de PoSSIDIUS,
lta s. Augustini, V, r, d. Pellegrino, p. 52 : 1 Factusque presbyter monasterium
intra ecclesiam mox instituit et cum Dei seruis uiuere coepit secundum modum et
regulam sub sanctis Apostolis constitutam . Cette initiale A se trouve au dbut
<le la Rer;1a A ugustini qui commence : Ante omnia, fratres ... .
25. C. GASPAR et F. ,Y:\".\, of'. cit., p. 94-95 et pl. XIX.
oo

23.

JEANl'lE ET PIERRE COURCELLE

44

donc install les deux vques cte cte sur une banquette. Il les a
nimbs tous deux, vtus pareillement et dots des mmes traits. L'intitul
de la lettre qui suit : cc Aurelio episcopo Augustinus presbyter >> suffit
prciser de quels personnages il s'agit : Augustin, gauche, tend une
feuille de papyrus droule Aurelius. Cette petite scne, trs lisible en
dpit du cadre de volutes qui la presse, semble rare dans l'iconographie
augustinienne de ce temps. Nous avons pourtant vu dj, au xne sicle,
Augustin donnant un lh~re Volusien 26 . Dans les deux cas, le miniaturiste
se montre au courant du texte qu'il dcore.

IV.

AUGUSTIN LUTTE CONTRE LES HRI~TIQUES.

Augustin \ainqueur de l'hrsie a fourni le sujet de nombreuses reprsentations. L'iconographie en est varie, de la simple prdication la
discussion passionne. Une des images les plus anciennes que nous
connaissions est une figure encore symbolique, du xne sicle, peinte
la fresque dans 1' glise de Saint-] acques des Gurets, Loir-et-Cher
(Pl. VIII). Augustin fait ici pendant saint Georges, car les deux
figures occupent chacun des brasements de la petite fentre au centre
de 1' abside. Malheureusement, si le dragon que saint Georges crase est
encore parfaitement visible, l'hrtique qui se dbat sous les pieds d' Augustin se trouve, par suite de restaurations dans la maonnerie, trop
effac pour qu'il apparaisse sur une photographie. Cette dcoration reste
nanmoins perceptible l'il nu, et conforme au dessin publi autrefois
par Clemen27 (Pl. IX).
La main divine sort du ciel pour bnir Augustin ; lui-mme esquisse
de la main droite un geste de bndiction et tient en diagonale, de la
gauche, une longue crosse. Un grand nimbe rouge met en \aleur son visage
aux traits fins, coiff d'une mitre jaune deux pointes. Les vtements
piscopaux dtaills allongent la silhouette. Mais l'intrt iconographique
de cette belle composition rside dans l'image presque efface de l'hrtique : cette petite figure nue, au profil volontairement repoussant, n'est
pas conue comme un simple attribut ; sous les pieds d'Augustin, le
\aincu se dbat et cherche discuter encore de sa main leve.
Le Sermo XLVI d'Augustin, intitul De pastoribu.s 28 , est illustr, dans
le manuscrit de Cambrai 559, fol. 57 v 0 , par une peinture d'aspect nigmatique au premier coup d'il (Pl. X). Les deux longues figures cte

26. J. et P. COURCELLE, art. cit, p. 53 et pl. II.


27. P. CLJC~IEX, Die romanische :vionuinentalmalerEi in den Rheinlanden, Dsseldorf,
I9I6, fig. 294.
28. P.L., t. XXXVIII, 270-293. Sur ce manuscrit, cf. J. PoRCHlR, L'e11Zumi11urc
f1anaise, Paris, r959, p. 37-38.

SCNES ANCIENNES AUGCSTINIE1\TNES -

II

45

cte, influences par l'art oriental, dsignent coup sr des pasteurs,


car des moutons s'tagent entre eux. Ces figures, malgr leur caractre
dcoratif, prsentent une apparence et une expression trs tudies. Les
deux pasteurs sont tonsurs et nimbs. Ils tiennent chacun une houlette
en forrn.e de crosse; le geste de leurs index souligne leur pense. L s'arrte
la similitude. Le personnage de gauche est habill en vque, dont les
insignes sont dtaills avec soin : pallium, dalmatique, aube, tole. Ses
traits sont jeunes. Trois ouailles paisibles, un bouc et deux brebis, s'tagent le long de sa houlette, au pied de laquelle est assis un chien de berger.
Son interlocuteur, troitement drap dans un manteau capuchon, porte
des traits accuss, peu aimables, qui font contraste avec l'expression
anglique du jeune Yque. Le geste des index tmoigne d'une vive controverse entre les deux personnages. Le texte claire le sens prcis de cette
image ; car ce sermon, qui date de l'an 409-4ro, est dirig contre les
Donatistes, plus spcialement contre leur vque Macrobius d'Hippone 29 ,
et roule << sur les pasteurs qui veulent jouir du titre de pasteur sans en
remplir les devoirs >> 30 ; Augustin, commentant une page d'Ezchiel3 \ oppose
<< le pasteur qui ne pat que soi-mme (Ewch. xxxrv, 2), c'est--dire
qui se repat de sa dignit, au vrai pasteur qui rassemble et pat ses brebis.
Voil pourquoi, sur l'image, le ptre donatiste est reprsent escort,
non d'un troupeau, mais d'une seule brebis, l'air vindicatif. C'est par
erreur que l'artiste ou le copiste a nimb l'vque donatiste. On peut
supposer si l'on veut que les deux pasteurs reprsentent Augustin et
.l\facrobius en personne.
Au folio 73 v 0 du mme manuscrit (Pl. XI), une miniature de mme
style prcde le dbut du De mendacio. A premire vue elle parat surtout dcorative : une figure aux cheveux pars, retenus par un diadme
sur le front, semble voler ou danser dans l'espace au bout d'un lazzo.
Jean Porcher, qui publie cette image, n'en offre aucune interprtation32
En ralit, il suffit de se reporter au texte pour constater que l'artiste,
ici aussi, s'en est inspir directement : << Magna quaestio est de mendacio ,
crit Augustin, << Latrebrosa est enim nimis et quibusdam quasi cauernosis anfractibus saepe intentionem quaerentis eludit, ut modo uelut
elabatur e manibus quod inuentum erat, modo rursus adpareat et rursus
absorbeatur. Ad extremum tamen sententiam nostram uelut certior
indago conprehendet. In qua si ullus error est, cum ab onmi errore ueritas

29. Exactement entre la fin de 409 et le mois d'aot 410, selon A. Kuxzr,:r,MAl\X,
Die Chronologie der Sermones des heiligen Augustinus, dans Afiscellanea A r;ostiniana,
t. II, Roma, 1931, p. 443. Car ce Sermon est en rapport avec les Epist. CVI-CVIII:
nous y apprenons qu'Augustin a vainement adress deux de ses clercs l'vque
donatiste J\Iacrobius d'Hippone pour le prier de ne pas rebaptiser un de ses sousdiucres pass au parti donatiste.
30. AuGuS'l'Il\, Sermo XL VI, P.L., t. XXXVIII, 270 : Sunt pastores, qui pastorum nomine gaudere uolunt, pastoris antem officium implere nolunt .
3 r. Ezchiel, XXVII, 1-16.
32. J. PORCHER, L'enluminure franaise, Paris, 1959, p. 37 et fig. 41.

JEANNE ET PIERRE COL'RCELLE

liberet atque in omni errore falsitas implicet, nunquam errari tutius


existimo quam cum in amore nimio ueritatis et reiectione nimia falsitatis
erratur )) 33 .
L'artiste a traduit ce passage de la manire la plus concrte, non sans
fantaisie. Du coin gauche, en bas, un petit amour nu, que ses pieds fourchus,
ses griffes et sa queue dnoncent comme un dmon malgr ses ailes dans
le dos et aux chevilles, enserre cle ses lacets (implicet) la figure principale,
l'empche cle s'vader, en sorte qu'elle va s'engloutir (absorbeat) dans la
gueule ouverte de Lviathan, figure au coin droit.
Comme dans l'image du mme manuscrit prcdemment dcrite,
nous sommes en prsence d'une scne exceptionnelle. L'illustrateur est
non seulement un artiste inventif, mais un intellectuel qui s'attache
peindre par tous les moyens la lutte entre le vrai et le faux 34 .
En 1348, une version pittoresque de la scne de controverse est
fournie par la miniature du trs prcieux manuscrit de Paris, B.N.,jranais
241, fol. 222 v 0 (Pl. XII, fig. l). Cette Lgende dore, crite pour le libraire
Richard de J.\foulaston, est illustre avec la finesse, le got, la vivacit de
coloris propres l'cole franaise du xrve sicle 35 . Augustin, nimb de rouge
et en habit monastique noir, est reprsent de profil, imberbe, l'air trs
jeune, gesticulant des deux mains, index tendu. Devant lui l'hrtique,
couvert d'un bonnet phrygien vert et drap dans un manteau orange,
gesticule avec la mme animation. Il porte des cheveux et une barbe gris.
Le coloris vif, le mouvement expressif suggrent que les contradicteurs
restent chacun sur sa position.
A la fin du xve sicle, on choisit le mme sujet pour illustrer la vie
d'Augustin dans un autre manuscrit delaLgende dore, en trois volumes36.
Une petite miniature (ro >< 9 cm.), insre au fol. 65 v 0 du manuscrit
de Paris, B.N., franais 245, prsente l'originalit cle doubler Augustin
par <<Valrien)) (Pl. XII, fig. 2). Les inscriptions prcisent les noms des
personnages, qui sont assis face un long pupitre. Nimbs, vtus des mmes
habits piscopaux o l'or luit sur les mitres et les chapes, ils font de la
main droite le mme geste de persuasion l'adresse d'un groupe qui leur
fait face. Un yolume ouvert, deux livres ferms, l'un rouge, l'autre bleu,
se dtachent sur l'or du pupitre et donnent une allure savante la controverse. Les hrtiques rsistent ; chevelus, barbus, coiffs de chapeaux
pointus, vtus de rouge et de bleu vif, ils gesticulent avec vhmence.
Le prener tient un rouleau la main. On lit sur leur robe : << Herezes )).

33. AUGC>TIX, De mendacio, I, I. d. l. Zyclla, <laus CSEL, t. Xl,I, p. 414,1-415,2.


34. Symbole analogue, au folio 40 Y0 , en tte <lu line IV De doctrina christiana
(PORCHER), op. cit., p. 37 et fig. 40), o l'on yoit un homme pattes <le coq transpercer
un dragon avec son pe. l\Iais ici nul rapport direct ayec le texte : il s'agit <l'un H
histori.
35. ANDRI> MICHEL, !Histoire de l'art., t. III, I, p. 12r.
36. PAULIN PARIS, Les manuscrits jranais de la Bibliothque du roi, t. II, Paris,
1838, p. 256 et SU\",

SC.VES A.\TCIEN.VES AUGCSTISIESSES -

Il

47

La scne se passe clans une bibliothque aux rayons garnis de livres,


et le peintre a voulu complter cette image en voquant la vie passe
cl' Augustin. A 1' arrire-plan, une baie laisse voir une chambre o Monique
et son fils, de part et d'autre d'un lit, dialoguent au moyen de phylactres:
" Filio (sic !) meum Augustinum ploro )), clit i\Ionique ; Augustin rpond :
'' Mulier, quicl ploras ? >>. Les deux banderoles, qui sortent par la fentre
et empitent sur la scne principale, allient le souci dcoratif l'esprit
narratif. Le but de l'artiste est de montrer qu'Augustin, autrefois manichen, est devenu par sa conversion le plus redoutable adversaire de la
secte, selon ce qui avait t prdit J\:Ionique3 7 .
Cette collection d'images du vrne au xve sicle - toutes issues de
manuscrits, l'exception de la fresque de Saint-Jacques des Gurets
nous apprend que l'on souhaita trs tt illustrer les uvres cl' Augustin,
surtout les uvres d'intrt pastoral.
Ces miniaturistes n'taient pas dnus d'invention. Toutes les scnes
que nous avons analyses montrent un accord intime entre le texte et la
peinture qui fut place en tte. Plusieurs de ces images (scnes de prdication, hrtique foul aux pieds) peuvent paratre banales ; en ralit,
le codex d'ginon et la fresque de Saint-Jacques sont l'origine d'une
longue tradition iconographique. Quant la scne de dialogue Cassiciacum - surtout telle qu'elle est dessine sur le manuscrit d' Admont
elle tmoigne d'un got historique et potique exceptionnel. La confrontation du bon et du mauvais pasteur, sur le manuscrit de Cambrai, et la
figuration du mensonge, supposent un sens religieux averti. Ces reprsentations, inexpliques jusqu'ici, s'clairent ds lors que l'on mne de
pair l'enqute touchant l'image et le texte.
Jeanne et Pierre CouRCELLE

l'HOVE>iANCE DES ILTXSTl\.\TIO::-\S

Planche I : Deutsche Staatsbibliothek, Berlin


Planches II. V, I. XII. 1
et 2 : Bibliothque Nationale, Paris - Planche III : Osterreichische National
Bibliothek, Vienne - Planche IV, r : San Lorenzo de El Escorial - Planche
IV, 2 : Photo Grollo, Valencia - Planches V, 2. VII : Bibliothque Royale,
Bruxelles - flanche VIII : lVIuse des Monuments Franais, Paris - Planche
IX : Dessin E. Courcelle - Planches X. XI : Photo M. Delcroix, Cambrai.

37. Cf. At:GUS'I'IX, Con( III, rr-12, 19-21 d. I,abriolle, p. 60-63, pisode remploy par J ACQt:ES DE VORAGIXE, !ta Augustiui.

Pl. I. - A UGUSTJ N P RF.CHE .


Minintur0, Berlin, Stnatsb ibliothek , Mecrm. 50 Phil!. 1676, fo l. 18 ,- 0 ,

VIIIe

s.

Pl. II. - AUGUSTIN DIALOGUE A CASSICIACUM.


)finiaturc, Admont, Stiftsbibliothek, 21 (125), fol. 1 Y 0 , xn s.

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---Pl. III. -

AUU:US'l'JN ll.!ALOU UE A l'ASSJl'[Al'UM.

Miniature, Vienne, Nationalbibliothck l OOU, fol. 1 r 0 ,

XII"~ .

l'i. IV. 1. A UGUS1'J N PUJ':;CHE.


Miniature, Madrid, San Lorenzo de el Escorinl
P. I, l!l, fol. l 1 0 , XI\ c s .. indite.

2. AUGUSTIN 1'RC'HE.
1\'liniat.ure, Yal en<:ia, l Jni,ersit 181 , fol. 1, xnc s., in dit e.

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cr dimf'f'Ub1lrf :id du~cr=
f1.cuc- iotif ~tub f1M1'.
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Pl. V. - 1. AUGUSTIN CRIT.


~Tinia.ture , Tours, Bibl. 1nunic ipale 2Hl,
fol. 132 vo, xnc s.

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~c!A.dtf~1.UU

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2. AUGUS'.l'IN CRI'I'.
0
Miniature, Bruxelles, Bibl. Royale 0137, fol. 8 r , xn s.

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Pl. VI. - AUG U STJN J~~CRIT.


Min iature, Vienne, Nationalbibliothek l-!88, fol. 1 yo, xn s. med .

'

IT).
Pl. V II. -

Miniature,

Bl'uxell e~,

AUGUSTIN CHI'I'.
Bibl. Roynl e II 2;)26, fol. 1 Y", ,c1s l 20 0,

Pl. VIIJ. -

AUGUST'1N LU'l"l'E CONT'RE LBS R8Rl~TIQUES.


Fresqu e , Saint-Ja cques des Gui-ets , XII " ,;,

l'i. IX. -

, \UGUS'l'lN LU1"1' E COi\"T l LES H 1:: Lt.T l~ UES.

D'aprs P. CLEllIEN, DiP- rnmneisehc ~f on um enta lmal erl'i


in den l=theinlanden, Ds~c lcl orf, lU.1 ll , fig . 2lH.

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Pl. X. -

LES JJEU X l'ASTEUHS llfX'H11'S VAH c\ UUUS'l' LN .


l\'fi_niatul'C, Ca111b1ai, Bibl. nn11tipale 55 ,
fo l. ,37 v 0 , xu es. in,

Pl. XI. - LE :MENSONGE DltCRIT PAlt AUGUSTIN.


l\finiat.urc, Cambrai, Bibl. municipale 559,
fol. 73 v 0 , XII S. in.

Pl. XII. -

1. AUGUSTIN LUTTE

CONTRE LES HRTIQUES.


Miniature, Paris, B.N., franais 24 1,

fol. 222 v 0 , xrve s., indite.

2. AUGUSTIN LUTTE
CONTRE LES Hl~RTIQUES.
:Minia.t u1e , l-'nris , B .N . franais 2 -l5,
fol. 65 v 0 , xy e s ., indite.

Psaume 13, 3
et l'interpolation de iRom. 3, 13-18
dans l' uvre de saint Augustin
Le seul texte augustinien renfermant la pricope Rom. 3, IO 18 se
trouve dans le Contra Cresconium I, 25 (30). Nous le transcrivons ici,
d'une manire qui permette de saisir au premier coup d'il la construction du passage paulinien.

Rom. 3, rob : Sicut scriptum est quia non est iustus quisquam
( = Ps. 13, le)
Rom. 3, II : Nonestintellegens,nonestinquirens Deum(= Ps. 13, 2b)
Rom. 3, 12 : Omnes declinaverunt, simul inidiles facti
sunt;
(= Ps. 13, 3a)
non est qui faciat bonum, non est usque ad
unum.
Ps. 13, 3b)
Rom. 3, 13 : Sepulchrnm patens est guttur eorum
(= Ps.
5, na)
linguis suis dolose agebant
(= Ps. 5, nb)
Venenum aspidum sub labiis
(= Ps. 139, 4b)
:
eorum
quorum
os
maledictione
et
amaritudiRoni. 3, 14
ne plenum est
Ps. 9b, 7a)
Rom. 3, 15 : Ve~oces pedcs eorum ad effundendum san- l
gmmm;
1(
) =Is. 59, 7-8)
Rom. 3, 16 : Contritio et infelicitas in viis eornm
[
Rom. 3, r7 : et viam pacis non cognoverunt
Rom. 3, 18 : Non est timor Dei ante oculos eornm
Ps. 35, 2)
Si 1' on excepte la citation d' Isae 59, 7-8, on remarque que le centon
renferm en Rom. 3, II-r8 est constitu d'une srie de versets psalmiques
dont les premiers sont emprunts au Psaume 13 [(1, 2a, 3, 3b). Cette
circonstance a favoris l'erreur en vertu de laquelle, partir du moment
o le centon tout entier a t incorpor dans le texte du Psaume 13, luimme, l'appellation de Ps. 13, 3 a couvert toute la pricope commenant
<< Omnes declinaverunt .. >> et se terminant ... oculos eorum >> c'est-dire le fragment de l'ptre aux Romains 3, 12 18.

50

Un tel centon paulinien et son insertion clans le Psaume r3 posent divers


problmes : Paul a-t-il compos lui-mme ce florilge ou l'aurait-il trouv
dj constitu ? A quelle poque les chrtiens ont-ils enrichi leur Psautier
d'un tel texte ? Le fait a-t-il t gnral et toutes les recensions psalmiques
l'attestent-elles ? Autant de questions sur lesquelles se sont penchs les
biblistes1 . Il est peu prs impossible de savoir quelles ont t les conditions de travail de saint Paul lui-mme. L'interpolation de Rom. 3, r3 r8
n'est pas du tout gnrale clans tous les manuscrits du Psautier. Elle fait
dfaut d'une part clans 1' Alexandrinus d'autre part clans tous les manuscrits
grecs dpendant de la recension lucianique (due Lucien cl' Antioche)
et clans le texte officiel del' glise grecque. Par contre, insrs au Psaume r3
de la version des Septante une date inconnue, les versets Rom. 3, r3 r8
ont pass clans la Vulgate latine et sont devenus essentiellement l'apanage
du texte occidental. Seule fait exception la recension hironymienne
iuxta hebraeos ; mais clans son Liber Psalmorii1n iuxta Septuaginta interpretes, Jrme conserve la leon longue du Psaume r3, 3.
Aujourd'hui, malgr les obscurits qui planent encore sur l'origine de
l'interpolation, plus aucun risque d'quivoque ne subsiste au sujet de la
teneur du Psaume r3. iVIais il n'en a pas t de mme aux premiers sicles.
Certains textes nous rvlent d'une part la surprise, d'autre part le labeur
de certains des Pres dcouvrant peu peu, soit l'agencement de la
pricope de l' ptre aux Romains 3, ro r8, soit la relation entre cette
pricope et le Psaume r3.
Centrant notre recherche sur l' uvre de saint Augustin nous chercherons
comment il a compris le texte paulinien, quelle a t son exgse du Psaume
r3, 3 et si des influences extrieures ont guid sa rflexion. Afin de pouvoir rpondre cette dernire requte nous passerons en revue les commentaires latins de Rom. 3, II r8 2 .
I -

LEs INTERPRTATIONS LATil\ES DE

Rom. 3, rr-r8

Les commentaires de Rom. 3, rr-r8 par les Pres latins jusqu'au dbut
du ve sicle sont peu nombreux. Si nous ngligeons les citations de versets
r. Septuaginta, ed. A. RAIILFS. X, Psalinis cum Odis. Gi.ittingen, Vandenhoeck
Ruprecht, r93r, Prolegomena p. 30-3r.
Dom Robert 'WEBER, Le Psautier Romain, Collectanea biblica latina, yoJ X, Rome
1953, p. 23 (l'interpolation est dans tous les manuscritJ> latins recenss, elle est sous
oble ds Ga).
P. HUBY - St. LYONKET, Saint Paul, ptre aux Romains (Verbu111 saltttis),
p. 144-145.
I. CALES, Le Livre des Psaiimcs I, p. 184, 6c ed. 1936.
VETUS LATINA INSTITUT, Beuron (recension des manuscrits latins de Ps. r 3, 3).
E. PODECHARD, Le Psautie1, lrc partie, notes critiques, 1949.
H. de SAINTE MARIE, Psalterium iuxta Hebraeos, Collectanea biblica latina, Yol.
XI, p. 21, Rome 1954
2. Cette recherche nous a t facilite par les fichiers de la Velus latina Institut,
grce la bienYeillance de dom Boniface Fischer, qui nous exprimons notre reconnaissance.

PSAUME 13,3 ET ROMAI1VS 3,13-18

51

isols pour nous en tenir aux commentaires continus, nous n'avons


retenir que six textes, ceux de Cyprien, de 1' Ambrosiaster, de Rufin, de
Plage, de Jrome et d'Augustin. Un de ces six textes, celui de Rufin,
est une traduction d'Origne. Ce fait nous conduit remonter Origne.
Or, nous avons la bonne fortune, grce aux travaux de Jean Scherer,
de disposer maintenant d'une excellente dition du Commentaire d'Ori-

gne sur Rom. III, 5, - V, 7 d'aprs les extraits dit Papyrus n 88 748 du
1lfuse du Caire et les fragments de la Philocalie et du Vaticanus gr. 762 3 .
L'dition du texte est accompagne d'une traduction dont nous extrayons
le passage relatif la pricope Rom. 3, 9 18 :
" Ensuit~, conformment son habitude de fonder son enseignement
sur les Ecritures, (Paul) veut grouper des citations pour montrer
comment tous, Juifs et Grecs, se trouvent sous l'empire du pch.
Cela commence : > Comme il est crit qu'il n'y a pas de juste,
pas un seul <. Et mon avis, pour expliquer ce passage, comme
tous ceux o les serviteurs de Jsus-Christ, ministres du Nouveau
Testament font des citations de la loi ou des prophtes, on doit observer attentivement l'endroit o figurent ces citations et si elles sont
faites littralement ou (dans une forme modifie). (Donc, la phrase >
Il n'y a pas de juste, pas un seul ;) il n'y a pas d'homme intelligent ;
U n'y en a pas qui recherche Dieu <::,nous ne la trouvons nulle part en
ces termes. Mais nous croyons que la citation est emprunte aux
Psaumes 13 et 52, et que !'Aptre en a modifi le texte. Il est dit, en
effet, dans le Psaume 13 : > Le Seigneitr s'est pench hors du ciel vers
les fils des hommes, pour voir s'il y avait im homme intelligent ou cherchant Dieit < ; et, dans le Psaume 52 : >Dieu s'est pench hors du Ciel
vers les fils des hommes, pou1' voir s'il y avait un homme intelligent ou
cherchant Dieu < Et Paul semble avoir jug que "pour voir s'il y
avait un homme intelligent ou cherchant Dieu " tait quivalent, pour
le sens, "il n'y a pas d'homme intelligent ; il n'y en a pas qui recherche
Dieu'" - Quant > Il n'y a pas de juste, pas un seul<, c'est tir,
mon avis, de > Il n'y en a pas qui fasse le bien, non il n'y en a pas
1m seitl <. Ainsi, au point de vue du sens, !'Aptre se trouve avoir
cit deux fois ce texte : une fois, sous une forme modifie, une fois
littralement et en omettant le second "il n'y a pas "... Ensuite, il cite :
> Le venin des serpents est sous leurs lvres< ; comme (la prcdente ?)
je crois me rappeler ( ?) que cette citation vient d'un Psaume ... La
suivante : > Dont la bouche est pleine d.e maldiction et d'amertume <
parat tre du Psaume 9 ainsi conu : > Lui dont la bouche est pleine
de maldiction, d'amertume, de fourbe < Aussitt aprs nous avons :
>Les pieds sont vifs poitr rpandre le sang < : Vous trouverez cela
dans ISAE ou dans certaines ditions des PROVERBES, > Rapides
poztr rpandre le sang <, qui a t ajout, avec astriques, dans l'dition des Septante.
>La dsolation et le malheur sont sitr leurs routes<,
jusqu' maintenant, j'ignore o je l'ai lu ; mais j'imagine que c'est
crit dans un des prophtes; car j'ai l'impression que c'est dans un des
prophtes qu'il est crit : > Ils ne connurent pas la route de la paix <.
C'est dans les PSAU:VIES que se trouve : > Il n'y a pas de crainte de Dieu
devant leurs yeux <. - S'il a multipli les citations, c'est, semblc-t-il,

3. J K~X SCHERER, Le Commentaire d'Origne ... Le Caire, Imprimerie de l'Institut


franais d'archologie orientale, 1957.

A.-M. LA BONNARDIRE

52

afin d'enseigner comment l'criture sait que juifs et Grecs, tous, ont
t accuss d'tre sous l'empire du pch 4.

Rufin a cc traduit >> le commentaire d'Origne. Jean Scherer 5 tudie


longuement cette uvre de Rufin et analyse son attitude en face du
passage d'Origne que nous venons de transcrire : cc En Rom. 3, ro-r8,
l' Aptre pour prouver l'universelle mchancet de l'homme, cite longuement l'Ancien Testament... Ce sont ces citations qu' Origne cherche
identifier. Mais le problme ne se posait pas Rufin dans les mmes termes,
et mme ne se posait plus du tout, car de son temps et dans les ditions
qu'il utilisait, toutes ces citations avaient t incorpores au Psaume 13.
C'est lui qui nous en avertit : Illud etiam necessario ducimus admonendum

quod in nonnullis exemplaribits latinorum ea quae sitbsequumtur testimonia


in tertio decimo Psalmo consequenter ex integro posita inveniuntur, in
Graecis autem paene omnibus non ampliits in decimo tertio Psalmo quam
usque ad illum versiculum ubi scriptum est : cc non est qui faciat bonum,
non est usque ad unum ))6 . Mais cela ne l'empche pas de traduire le texte
d'Origne et d'avouer, par exemple; son embarras, au sujet de Rom. 3, r6 :
non quidem ad integrum recordor ... suspicor tamen ... 7
Transcrivons la traduction de Rufin :
Sed et quod dixit Apostolus cc Sicut scriptum est : Quia non est iustus
quisquam : non est intelligens, non est requirens Deum )), non eisdem
sermonibus invenitur in Psalmo, sed alii permutantur, alii assumuntur,
alii relinquuntur. Quod ab studiosis quibusque si observetur diligentius,
puto dari in hoc apostolicam auctoritatem, ut cum Scripturae testimoniis utendum fuerit, sensum magis ex ea, quam verba capiamus.
Hoc enim et in Evangeliis factum frequenter invenies. In tertio decimo igitur Psahno ita scriptum est : cc Dominus de clo respexit superfilios hominum, ut videret si est intelligens, aut requirens Deum "
Sed in quinquagesimo secundo Psahno ita dicit : cc Deus de coelo respexit super filios hominum, ut videret si est intelligens, aut requirens
Deum )). Et videtur idem servari sensus etiam in eo quod Apostolus
posuit: cc Non est intelligens, non est requirens Deum>>. Et quod dixit:
cc Non est iustus quisquam >> puto quod ex eo sumpserit quod scriptum
est: cc Non est qui faciat bonitatem, non est usque ad unum '" in quo
etiam si sermo converti videtur, sensus tamen unus idemque servatur.
Quod vero in consequentibus dicitur : cc Sepulcrum patens est guttur
eorum, linguis suis dolose agebant '" in quinto Psalmo reperies. Post
hoc:<< Venenum aspidmn sub labiis eorum '" quod et ipsum ex quodam
Psalmo assumptum, immutatis, ut supra diximus, sermonibus, puto.
Quod autem sequitur : << Quorum os maledictione, et amaritudine
plenum est)) ex nono Psalmo videtur acceptum. Tum deinde: cc Veloces
pedes eorum ad effundendum sanguinem )) vel in Isaia invenies vel in
Proverbiis. Sed et cc Contritio et infelicitas in viis eorum, et viam pacis
non cognoverunt '" non quidem ad integrmn recordor ubi scriptmn sit :
suspicor tamen in uno Prophetarum inveniri posse. In Psalmis autem

4. Ibid. 3e partie, p. 131-135.


5. Ibid. rre partie, p. 85-121.
6. P. G. t. 14, 929.

7. JEA:N' SCHERER, o.c.

rre

partie, p. 94-95.

PSAUME 13,3 ET ROMAINS 3,13-18

53

scriptum est : " Non est timor Dei ante oculos eorum '' Haec autem
omnia testimonia videtur congregare voluisse ob hoc, ut ostenderet,
quia quod causatur " Iudaeos et Graecos omnes sub peccato esse '"
non tam suam, quam sanctae Scripturae sententiam pronuntiat .
La traduction de Rufin suit assez fidlement le texte d'Origne, jusque
dans ses hsitations et ses doutes pour identifier les divers lments du
centon Rom. 3, IO r8. Or cet effort de recherche ne semble pas, du moins
en Occident, avoir eu d'cho. Ni le texte d'Origne, ni celui de Rufin
apparemment ne furent connus de saint Jrme, si l'on en juge par la
manire assez jolie dont lui-mme prit conscience de la difficult pose
par Rom. 3, IO r8. Dans le prologue du livre seizime de son commentaire
d'Isae, Jrme flicite Eustochium de lui avoir signal l'anomalie que nous
tudions ici et il lui expose l'effort qu'il dut soutenir pour analyser Rom. 3,
IO I8:
Qua felicitate tu, filia Eustochium, me compotem esse fecisti; nam cum
anterioris libri praefatiumculam legeres, in qua asserui Apostolos et
Evangelistas ea tantum de Septuaginta interpretibus, vel suis, vel
eorum verbis ponere testimonia, quae cum Hebraico consonarent ;
si qua autem ab aliis addita sunt, omnino negligere ; illico mihi non
parvam quaestiunculam detulisti, quod scilicet octo versus qui leguntur
in Ecclesiis, et in Hebraico non habentur, tertii decimi Psalmi, Apostolus usurparit, scribens ad Romanos : Sepulcrwm ... ante oculos eorum
(Rom, 3, r3-r8). - Quod cum audissem, quasi a fortissimo pugile
percussus essem, coepi tacitus aestuare, et stuporem mentis vultus
pallore signare. Hebraeus, inquam, ex Hebraeis, secundum legem
Pharisaeus, eruditusque ad pedes Gamalielis, aut ignoravit haec, aut
eornm qui lectnri erant, abusus est ignorantia. Quorum alterum ineruditi, alterum callidi est ad malitiam, nec eius qui dixerit : " Et si
imperitus sermone; non tamen scientia n (II Cor. rr, 6), et iterum "in
simplicitate et sinceritate annuntiavi vobis verbum n (II Co1'. r, 12).
Tandem in memet reversus, unius diei spatium postulavi, ut responsio
mea nequaquam argum:entnm hnmani esset ingenii, sed fructus assiduae lectionis. Itaque omnem Scripturam mente perlustrans, animadverti, sicut omnis pene ad Romanos epistola de veteri structa est
Instrumento, sic et hoc testimonium de Psalmis et Isaia esse contextum. Nam duo primi versus : Sepulcrum ... agebant qninti psalmi sunt
(Rom. 3, 13 a). Illud autem quod sequitur : Vencnum ... eorum, centesimi tricesimi noni Psalmi est (Rom. 3, r3b). Rnrsumque quod dicitur :
Quorum ... plenum est de nono Psalmo snmptnm est (Rom. 3, 14).
Tres autem versiculi qui sequuntur : Veloces prdes ... cognoverunt,
in Isaia propheta reperi, quos in decimo sexto explanationis eius libro,
quem nunc dictare cupio, expositurus sum (Rom. 3, r5-r6-r7). Ultimus autem versus, id est octavus : Non ... eorum, in tricesimi qninti
Psalmi principio est. - Nec in hoc cuiquam videatur esse diversum,
si quod in suis lods numero dicitur singulari, ab Apostolo pluraliter
dicatur, qui scribebat ad plurimos, et in unum sensum multa cogebat
exempla. Arbitror solutam quaestionem tuam ... '

8. P. G. t. q, 929-930.
9. P.L. t. 24, c. 547-548,

A.-,W. LA BONNARD/RE

54

Parvenu au cur du livre se1z1eme de son commentaire sur Isae,


aux versets 59, 7-8, saint Jrme rappelle l'explication qu'il a donne
dans le prologue du livre :
Et supra: Veloces ... sanguinem, Apostolus posuit ad Romanos (Rom. 3
r5-r6-17), quod multi ignorantes, de tertio decimo Psalmo sumptum
putant, qui versus in editione Vulgata additi sunt, et in Hebraico 11011
habentur. De quo plenius in exordio huius voluminis diximus 10
Saint Jrme souligne clairement ici ce qui distingue le texte hbreu
et le texte latin du verset 3 du Psamne 13. Le texte latin est alourdi d'une
interpolation qui vient de l'insertion d'un fragment de l' ptre aux
Romains.
Contemporain de Jrme, l' Ambrosiaster a comment verset par verset
les ptres pauliniennes. Les gloses qui accompagnent la pricope Rom. 3,
IO 18 ne laissent transparatre aucune proccupation relative l'origine
des divers fragments dont elle est compose. Aucun rapprochement avec
le Psaume 13 n'est signal11 .
La mme constatation s'impose en ce qui concerne le commentaire
donn par Plage de la pricope Rom. 3, ro r8. Plage ne parat pas avoir
conscience que Paul a runi un centon de versets vtro-testamentaires12 .
Quels documents l'Afrique enfin va-t-elle nous fournir ?
Saint Cyprien, dans le De zelo et livore, cite exactement le passage :
Venenum ... oculos eorum (correspondant Rom. 3, r3b 18) et l'attribue
nommment saint Paul : Illas (les furieux) beatus apostolus Paulus
designat et denotat dicens ... Cyprien ne fait donc aucune confusion entre
le Psaume 13 et l' ptre aux Romains, plus exactement, ce passage unique
et trop court ne peut nous rvler si Cyprien connat l'interpolation du
Psaume 13. Nous verrons plus loin quel rle ce texte a probablement jou
au cours de la polmique donatiste13 .
Auparavant il nous reste tudier l'exgse augustinienne de la pricope Rom. 3, I I 18. Le bilan est vite fait : nous ne disposons que de deux
textes. Le premier en date appartient au Contra Fa1,i,st1tm XX, I I
Augustin remarque que !'Aptre a cit le Psaume 5, I I :
an ut de vobis etiam concinat, quod de Propheta ponit Apostolus .
" sepulcrum patens est guttur eorum '" ore aperto expectatis quis
inferat Christum tamquam optimae sepulturae faucibus vestris ?
postremo dicite nobis, quot christos esse dicatis".
P.L. t. 24, c 579.
II. P.L. t. I7, c. 76-77.
IZ. Edition Robinson, Sauter p. 29-3I.
r3. CSEL, t. 3I, p. 424.
14. Contra Faustum XX, II ; CSEL, t. 25.r, p,
peler Propheta le psalmiste.
IO.

~,)O,

;\ugustin a coutume d'ap-

PSAUME 13,3 ET ROMAUlS 3,13-18

55

\T ers 398 environ, saint Augustin sait donc que Psaume 5, II" est cit
en Rom. 3, r3a.
Le second texte augustinien, beaucoup plus important, appartient
au livre Ier du Contra Cresconimn15 , Augustin s'adresse Cresconius :
Concedis enim memoratwm A postolum testimonium posuisse de Psalmis
adversus eos, qtti gloriabantur in lege et vivebant contra legem ; suit le texte
intgralement cit de Rom. 3, IO Ig. Au moment o Augustin crit ces
lignes, aprs 405, il sait et il exprime ce que Cresconius sait aussi, savoir
que la pricope Rom. 3, IO I3 est tisse de Yersets psalmiques choisis
par Paul. Mais en ce passage, il n'est aucunement question ni d'une
confrontation prcise avec le Psaume I3 ni d'une rminiscence de la
sentence du Concile de Baga que nous allons tudier. Ici, Augustin fait
tat d'un passage de la lettre de Cresconius, sans plus. Il ne re,-iendra
jamais sur cette pricope del' ptre aux Romains, en tant que telle. On peut
toutefois supposer que dans ses nombreuses citations ultrieures de la
sentence du Concile de Baga, il saura tacitement qu'il a affaire un passage de l' ptre aux Romains.
De cette analyse des six commentaires latins de la pricope Rom. 3, II
r8, nous tirerons la conclusion que les auteurs ont travaill chacun selon
son gnie et qu'ils se sont peu influencs mutuellement. Rufin videmment a connu Origne ; sans aucun doute Augustin a connu Cyprien ;
mais Jrme a fait cavalier seul. Augustin n'a profit ni du travail d'Origne, transmis par Rufin ni du commentaire d'Isae de Jrme. Si le
texte du Contra Cresconium I, 25 (30) manifeste sa science du contenu
de la pricope Rom. 3, II I8, rien ne nous permet de dceler d'o il
tient cette science et si son attention personnelle ne lui a pas suffi pour
raliser le travail d'analyse auquel tout seul Jrme avait bien su se
livrer. D'ailleurs une circonstance purement africaine - l'affaire de la
sentence du Concile de Baga
devait fournir Augustin une occasion
de relire et de rpter satit le fragment de Rom. 3, I3kI8.

II -

LA CITATION

Rom. 3, r3b-r8 ou Ps. I3, 3c

DE LA SENTENCE DU CONCILE DE BAGA.

En Afrique, la polmique donatiste donna lieu une large utilisation


<lu centon scripturaire Rom. 3, r3 b r8 ou Ps. I3, 3" On sait que le 24
avril 394, un concile de trois cent dix vques primianistes, runi Baga,
condamna lVIaximianus et ses douze conscrateurs. La sentence qui fut
alors proclame tait l'uvre de l'vque donatiste de Csare de lVIaurtanie, Emeritus : Augustin, dans la clbre entrevue qu'il eut avec lui en
4r8 Csare le lui rappela : Sententia tenetur, et qitantum a,udivimus ab

15, Co11/rr1 Cr,:sconium I, 25

(:~o)

; CSEL, t. 52, p. 349-350,

A.-M. LA BONNARDIRE

ipso fratre nostro, quem Deus jaciat pacatum fratrem nostrum, ab isto Emert'.to
est dicta sententia ubi illi damnati sunt16 .
D'un style grandiloquent dont s'est souvent moqu saint Augustin,
la sentence du Concile de Baga tait tisse de rminiscences scripturaires
qui attestent l'rudition de son auteur. Comme les donatistes aimaient le
faire, Emeritus s'est inspir de saint Cyprien en lui empruntant le thme
de Dathaon, Cor et Abiron (Num. XVI), longuement voqu dans les
Lettres 67, 69 et 73 de l'vque de Carthage. Et sans doute aussi est-ce au
De zelo et livore qu'Emeritus emprunta la citation scripturaire dont il
fait le cur mme de l'anathme port contre J\Iaximianus et ses partisans. Grce aux nombreuses citations d'Augustin, le texte de la sentence
a pu tre reconstitu presque dans son intgralit. Empruntons aux
Gesta cum Emerito le fragment qui nous intresse ici :
Nec solum hune sceleris sui mors iusta condemnat ; trahit etiam ad
consortium criminis plurimos catena sacrilegii, de quibus scriptum est:
" Venenum aspidum sub labiis eorum quorum os maledictione et
amaritudine plenum est. Veloces pedes eorum ad effundendum sanguinem. Contritio et infelicitas in viis eorum, et viam pacis non cognoverunt. Non est timor Dei ante oculos eorum " Nollemus quidem tamquam proprii corporis secare iuncturam. Sed quoniam tabescentis
vulneris putredo pestifera plus habet in abscisione solaminis quam in
remissione medicaminis, inventa est causa salubrior, ne per cuncta
membra pestilens irreperet virus, ut compendioso dolore natum decidat vulnus".
On reconnat immdiatement dans la citation '' V enenum... eorum >>
le centon Rom. 3, l3b-18 = Ps. 13, 3c
Ps. 139, 4b
Ps. 9b, 7a
Is.
59, 7-8
Ps. 35, 2. C'est exactement la citation faite par saint Cyprien
dans De zelo et livore 8. Mais alors que ce dernier, comme nous l'avons vu,
entend citer l'aptre Paul, Emeritus use d'un quivoque scriptimi est,
de sorte qu'il nous est impossible de savoir s'il songe l' ptre aux Romains
ou au Psaume 13.
Quoiqu'il en soit, cette citation de la sentence du Concile de Baga va
reparatre trs frquemment dans l'uvre de saint Augustin. Nous n'indiquerons pas ici toutes les allusions augustiniennes tous les fragments
de la sentence18 , mais nous dressons le tableau des passages dans lesquels
Augustin cite textuellement ou par allusion le fragment de la sentence,
transcrit plus haut. Pour faire mieux ressortir le contenu de chacun des
passages augustiniens nous avons numr en quatre colonnes; en leur
donnant leur nom vtro-testamentaire, les lments du centon Rom. 3,
l3b-r8. Ainsi se dtachent au premier coup d'il les citations compltes

r6. Gesta cuni Emerito IO; CSEL, t. 53, p. 192.


r7. Gesta cum Emerito I I ; ibid., p. r94.
r8. Cf. P. MONCEAUX, Histoire littraire ... t. IV, p. 362-364;-CSEL, t. 53,p. 276278;
A. M. La BO;\TNARDIRE, Emeritus, ygue donatiste de Csare de :i\faurtanie, en D.H. G.E., vol. XV, col. 392-393.

PSAUME 13,3 ET ROMAINS 3,13-18

57

de celles qui ne le sont pas . .:.VIais il va sans dire qu'en tous ces textes, le
souci d'Augustin n'est pas du tout d'analyser les lment scripturaires de la citation de la sentence du concile de Baga.
Rom. 3,r3 11-r8 = Ps. r3, 3c
1

Sentence
Concile de Baga
Contra epist. Pann.
III, 7
mant Contra litt. Pet.
(1
I, 19 (2r)
404
(1
I, 20 (22)
(1
I, 24 (26)
(1
I, 27 (29)
(1 II, 14 (32)
(1 II, 52 (rzo)
aprs Contra Cresconium
(1 III, 19 (22)
405
III, 22 (25)
(1 III, 23 (26)
(1
IV, 4 (5)
(1
IV, 13 (15)
((
IV, 18 (21)
(1
IV, 23 (30)
((
IV, 31 (38)
(1
IV, 52 (62)
Y.
408 En. in Ps. 54, 26
409-410 Epistula 108, r4-15
De gestis cum Eme4r8
rito l l
24 avnl
394

Ps. 139, 4''\-' Ps. 9", 7 1

h, '39 4"

1+

l' 9',

+ Is. 59, 7-81 + Ps.

11 ,_ 1'. 59, 7-81


Is. 59, 7a

35,

Ps. 35, 2

+
+
+

Ps. 35,

Ps. 35, 2

Ps. 35, 2

Ps. 139, 4b

Ps. 9b, 71

+ Is. 59,

Ps. 139, 4b
Ps. 139, 4b
Ps. l 39, 4"
Ps. 139, 4"
Ps. 139. 4b
Ps. I 39, 4b
Ps. 139, 4"
Ps.

39, 4b

Ps. 139. 4"

all.

ail.
all.

Ps. 9 1', 7al


Is. 59, 7

71 ++
1

Ps. 9b,
Ps. 9'', 7a

+
+
+

Ps. gb, 7a
Ps. g", 7"

Ps. 9", 7a
Ps. 9", 7"

+
/+

7-8 i

Ps. 9", 7"


Ps. 91', 7n

Is. 59, 7-8


Is. 59, 7-8
all.
Is. 59, 7-8

+
+ Is. 59,

7-8

+ Is. 59,

7-81
Is. 59, 7-8 '
Is. 59, 7-8
Is. 59, 7

+
+ Is. 59,

7-8

Ps. 35,

Nous remarquons que l'tude du fragment << Nec solum ... vulnus
(qu'il soit cit entirement ou partiellement) appartient une priode
assez resserre dans le temps et se lit seulement dans six des uvres de
saint Augustin : tel un slogan; ce fragment revient frquemment dans le
Contra litteras Petiliani (en 400-401) et dans le Contra Cresconium (aprs
405). La mme proccupation affleure au cours des annes 408-4ro dans
l' Epistula ro8 et dans l' Enarratio in Psalmun 54. Beaucoup plus tard, en
4r8 les Gesta cum Emcrito nous offrent une rtrospective de l'argumentation. Le propos d'Augustin, en tous ces passages, n'est aucunement d'ordre
exgtique, mais bien d'ordre polmique. Son art d'utiliser au mieux
contre le donatisme tous les arguments que pouvait lui fournir 1'<< affaire 11
maximianiste se rvle ici particulirement adroit. Il tire du passage de
la sentence du Concile de Baga qui fulmine la condamnation de Maximianus et de ses conscrateurs deux arguments.
r) Maximianus et ses douze conscrateurs qui ont mrit d'tre fustigs
l'aide des terribles versets emprunts Rom. 3, r3 b-r8, ont pourtant,
bien qu'ils n'aient pas respect le dlai prvu par le concile de Baga,
bnfici d'une rintgration dans leurs fonctions antrieures sans aucune

A.-M. LA BONNARD/RE

exigence de la moindre purification ; bien plus, ont t reconnus tacitement valides tous les baptmes qu'ils avaient confrs pendant leur
schisme. Augustin en formulant ce raisonnement met particulirement en
relief les cas de l\faximianus lui-mme, de Flicianus de l\fosti et de Pretextatus d' Assuras19 .
2) Un second argument, plus rare, est tir de la prsence clans la citation de Rom. 3, l3b-18 du fragment originaire d'Isae 59, 7: Veloces pedes
eorum ad ejfundendmn sanguinem. C'tait une habitude chez les donatistes
de lancer ce verset comme une injure contre les catholiques20 . Or, rtorque saint Augustin, vous-mmes, primianistes, avez utilis ce verset
contre les maximianistes, clans votre sentence du concile de Baga21 .
Cependant les maximianistes n'avaient tu personne. Ceux qui les condamnaient reconnaissaient qu'il y a une manire spirituelle de verser le sang :
ils tuaient les mes en les sduisant. Les primianistes n'ont donc pas donn
un sens concret, matriel Is. 59, 7 en le dirigeant contre Maximianus 22 .
Et puisque finalement, malgr un si grave conflit, primianistes et maximianistes se sont reconcilis, il ne faut pas dsesprer d'une rconciliation
avec les catholiques eux-mmes 23 . A ce dernier souhait, on reconnatra
la proccupation permanente qui pousse saint Augustin chercher une
solution pacifique au schisme donatiste.

Pour la clart de l'expos, nous venons d'appeler de son nom - Is.


59, 7 - le fragment V eloces pedes eorimi ad effundendum sanguinem.
Quand saint Augustin lisait lui-mme cette phrase au cur de la citation
de la sentence du concile de Baga, quel passage de l'criture sainte
songeait-il ? I,'avait-il rencontr avant de le transcrire en Contra litt.
Pet. I, 19 (21) ? Une question analogue peut se poser au sujet des versets
psalmiques qui, amalgams, constituent le tissu de Rom. 3, 13 b-18 ou de
la sentence du concile de Baga: Ps. 139, 4b, Ps. 9b, 7", Ps. 35, 2. De tels
versets ont-ils sparment une vie indpendante dans l'uvre d'Augustin?
Et d'abord, avant d'abandonner le centon, comment se prsente la version
longue du Psawne 13, 3, constitue comme nous l'avons dit de Ps. 13, 3
plus l'interpolation de Rom. 3, 13-18 ? I,a rponse cette dernire question facilitera la solution des problmes qui la prcdent.

r9. Contra litt. Pet. I, r9 (2r); 20 (22) ; 24 (z6) ; 27 (29). Contra Cresconium III,
23 (26); IV, 3 (4) ; 4 (6); r3 (r5); r8 (zr); 23 (30); 31 (38); 52 (62). Gesta cu111

Emerito r I.
20. Parinenianus (Contra cpistulam Parmeniani II, 3, 6); Petilianus (Contra
Cresconiits (Contra Cresconium IV, 52, 62) ; - ''vos = Malitt. Pet. II, r5, 34);
rrobius (Epistula ro8, 5, r5) ; - les donatistes (Enariatio in Psalmum 54, 26).
2I. Contra Crcsconium IV, 52 (62), Epistula ro8, 5, r 5 ;
Enanatio in Psalmum
54, 26.

Contra ep. Parm. II, 3, (7) ; - Contra litt. Pet. II, r5 (35);
Contra Cresconi11111
Enarratfo in Psalnmin 54, 26.
23. Contra Cresconium IV, 52 (62) ; - Epistula ro8, 5 (q-15).
22.

IV, 52 (62) ; -

PSAUME 13,3 ET ROMAINS 3,13-18

III

LA

VERSIOK LO'.'lGUE DE

59

Psamne 13, 3

Dans les deux premires parties de ce travail, nous avons considr


le centon de Rom. 3, 11-18 soit dans son contexte immdiat, 1' ptre aux
Romains, soit partir de la sentence du concile de Baga. Il nous faut
maintenant examiner ce que saint Augustin
pour nous en tenir lui a transmis dans son uvre, sur la version longue du verset troisime du
Psaitme 13, en tant que tel.

Enarratio in Psalmum
13,4

Commenons par transcrire la glose de


Psa1<tme 13, 3 qui se trouve dans 1' Enarratio in Psalmum 13 :

01nnes declinai'erunt, simul inutiles facti swnt id est, Iudad tales facti
sunt, quales et gentes, de quibus supra dictum est.
Non est qiti faciat bonum, non est usque ad unum, similiter ut supra
intellegendum est.
Sepulcruin patens est guttur eoruni : aut voracitas significatur inhiantis
gulae, aut in allegoria, qui occidunt et quasi devorant interfectos eos,
quibus suorum morum perversitatem persuadent. Cui simile est c
contrario quod Petro dictum est: l'dacta et mand11ca (Act ro, r3), ut in
suam fidem et bonos mores gentes converteret.
Unguis suis dolose agebant . .Cornes est voracibus adulatio et on111ibus
malis.
l'encnum aspidum sub labiis eorum. venenum dolum dicit, aspidum
antem, quia nolunt audire praecepta legis, sicut aspicles nolunt auclire
verba incantantis, quocl in alio Psalmo eviclentius dicitur (ail. au Ps.
5,

5).

Quorum os maled'ctione et amaritudine plenum est. Hoc est 11enemim


aspidum.
Veloces pedes eormn ad effundendum sangitinem, consuetucline 111ale-

faciencli.
Contritio et infelicitas in viis eorum. Omnes enim malormn hominum
viae plenae sunt laboribus et miseria. Ideo Dominus clamat : Venite
ad me, omnes qui laborai'is et oncrati estis, et ego reficiani vos. Tollite
_jugitm memn, et discite a me, qitoniam initis sum et l11tmilis corde.
htgum enim mernn lcne est, et sarcina mea levis est (Mat. r I, 28-30).
F:t viam pacis non cognoverunt, hanc utique quam Dominus, ut dixi,

commemorat, in iugo leni et sarcina levi.


.Von est tiinor Dei ante oculos eontm. Isti 110n dicunt : Non est Deus ;
se cl tamen non timen t Deum 2 ' .
La lecture de ce document suggre plusieurs remarques :
1) Augustin admet sans aucune arrire-pense que la teneur du verset
Ps. 13, 3 s'tend de Omnes declinaverunt ocios eorum. Cette leon longue
ne lui cause aucune difficult, pas plus que ne l'tonnera, au cours de son
exgse du Psaume 52 (doublet du Psaume 13), la leon courte du verset
24. Enarratio in Psalm11111 r 3,

60

A.-M. LA BONNARDIRE

Ps. 52, 4 parallle au Ps. r3, 3 Omnes declinaverunt, simul inutiles facti
sunt ; non est qui jaciat bonum, non est usque ad unum 25 . Qu'il y ait une
interpolation de Rom. 3, r3-r8 dans le Psaume r3, que cette interpolation
soit absente du Psaume 52, voil deux faits que les Enarrationes r3 et 52
de saint Augustin passent totalement sous silence. Nous ayons remarqu
dj que Rufin affirmait que de son temps la leon longue de Psaume r3,3
tait admise en Occident sans problme. L'attitude d'Augustin confirme
cette affirmation.
2) Saint Augustin commente - d'ailleurs trs brivement - les fragments qui s'tendent de Venenum aspidum oculos eorum - soit la citation de la sentence du concile de Baga - sans faire la moindre allusion ni
cette sentence, ni au cas des maximianistes, ni aucun aspect de la
polmique antidonatiste. On peut en dduire, sinon que 1' Enarratio in
Psalmum r3 est antrieure au concile de Baga (24 avril 394), du moins
la prise de connaissance par Augustin du dossier de ce concile (vers
400 environ).
3) Bien que saint Augustin ne nomme pas l' ptre aux Roniains, il
applique le dbut de Ps. r3, 3 aux juifs et aux gentils; dj un peu plus
haut dans l'Enarratio r3, propos de Ps. r3, 2 il avait appliqu aux juifs
le terme de filii hominum et les avait opposs aux nations idoltres.
Augustin semble donc bien connatre la relation qui existe entre le Psaume
r3 et la problmatique paulinienne de Rom. 3 ; cependant l'allusion est
trop discrte pour tre considre comme une sre rminiscence, d'autant
plus que, nous l'avons vu, les citations de ce fragment de 1' ptre aux
Romains sont rares dans son uvre.
4) Le fragment Veloces ... cognoverunt (= Is. 59, 7-8) reoit une
interprtation christique. Augustin s'intresse au terme via qui revient
deux fois et qui lui suggre de citer le texte de Matthieu II, 28-30 : Venite
ad me ... I ugum enim meurn leve est, et sarcina mea levis est.
Contra litteras Petiliani
II, 15 (34-35)

Le second livre du Contra lifteras


Petiliani est constitu d'une srie
d'objections que Petilianus formule
contre les catholiques et que saint Augustin transcrit et rfute aussitt
l'une aprs l'autre. Bon nombre de ces objections sont empruntes aux
livres saints. C'est ainsi que nous connaissons l'arsenal scripturaire du
donatisme ; il renfermait quelques Psaumes particulirement virulents,
au nombre desquels figurait le Psaume r3. Petilianus en cite un fragment
(Ps. r3, 3 selon la leon longue, de Sepulchrum patens oculos eoru.m, et
Ps. r3, 4: Nonne cognoscent omnes, qui operantiir iniquitatem, qui devorant
plebem meam sicut cibum panis ?). Petilianus introduit sa citation au moyen
de la formule : De vobis quoque David (in) persecutores haec dicit ... Il n'y a

25. Enarratio in Psalinu1n 52, 5-6.

PSAUME 13,3 ET ROMAINS 3,13-18

6r

aucun doute : Petilianus ici, cite le Psaume 13 selon la version occidentale


alors classique.
Augustin rpond Petilianus en reprenant chaque fragment psalmique
qu'il revt d'une glose explicative ; lui-mme aussi est assur de commenter le Psau,me 13, et le souci d'claircir le problme d'une interpolation
ventuelle ne l'effleure pas. Mais la glose du fragment: V eloces ... sang1iinem
Is. 59, 7) va nous retenir:
Veloces pedes autem ad effundendum sanguinem etiam Maximianistas
habere dixistis; testis est plenarii vestri concilii sententia totiens gestis
proconsularibus et municipalibus allegata. Illi autem neminem, quantum audimus, corporaliter occiderunt. Intellexistis ergo etiam spiritali
caede animarum sanguinem fundi gladio schismatis, quod in Maximiano damnastis. Videte ergo si non sunt pedes vestri veloces ad
effundendum sanguinem, cum praeciditis homines ab unitate orbis
terrarum, si hoc in Maximianistis recte dixistis, quia praeciderunt
aliquos a parte Donati'".
Nous savons maintenant, non seulement que saint Augustin attribue
au Psaume 13 le fragment : Veloces, mais aussi qu'il identifie une citation du Psaume 13 la citation de la sentence du concile de Baga. Si Emeritus, lui, l'a emprunte saint Cyprien - lequel l'attribue l'Aptre
Augustin au contraire la reoit comme citation du Psaume 13.
Reste un troisime texte, susceptible
d'tre considr comme un tmoin
d'une citation, de la version longue
de Ps. 13, 3, bien qu'il soit tronqu et qu'il soit transmis par Augustin
comme une citation de Cresconius ; mais il est prcieux, parce qu'il
s'agit encore du fragment Veloces ... )) :
Contra Cresconium
IV, 52 (62)

... de Psalmis testimonium subiecisti et dixisti : Nonne de his qui talia


faciunt dictum est Veloces pedes corwm. ad ejjundendum sanguinem.,
et viam pacis non cognoverunt ? Haec ipsa et alia multa longeque graviora illo Bagaiensi concilio episcopi vestri in Felicianum Praetextatumquc
dixerunt " ...
Le texte d' Isae est encore assimil un Psaume. Peut-tre faut-il rapprocher ce texte d'un autre passage du Contra Cresconium que nous avons
analys dans notre premire partie et dans lequel Augustin remarque que
Cresconius a vu dans Rom. 3, 10-18 un centon que Paul a tir de Psalmis 28
Jusqu' maintenant, nous avons considr le centon comme un tout;
pour achever de comprendre l'attitude de saint Augustin vis--vis de ce
problme d'exgse, il nous faut dsarticuler la pricope et suivre au cours
del' uvre d'Augustin le destin de chacun des lments.
26. Contra litteras Petiliani II, I5 (35).
27. Cont1'a Cresconium IV, 52 (62) ; CSEL, 52, p. 559.
28. Contra Cresconium l, 25 (30) ; ibid., p. 349.

A.-M. LA BO.V-YARDIRE

I\' -

LEs 'Lr'.:11ENTS DU CEN'l'ON

Roin. 3, r3-18

ET LEUR V.\LEUR INDIVIDUELLE

Puisque, loin d'imiter l'exemple d'un Origne ou d'un Jrme, Augustin


n'a nulle part analys la pricope Rom. 3, ro-r8, et que nous en sommes
rduits runir les lments d'information disperss dans son uvre,
aprs avoir pass en revue les textes qui considrent la pricope comme un
tout, reprenons un par un les lments scripturaires qui la composent.
Chaque monographie va reprendre les rsultats dj acquis et s'enrichira des apports nouveaux, que 1' analyse individuelle de chaque verset
va nous fournir. Cette mthode plus synthtique nous permettra des
conclusions prcises. Rappelons que : Rom. 3, rob 18 = Ps. r3, rc, zb,
3b + Ps. 5, II+ Ps. r39, 4JJ + Ps. 9b, 7a + Is. 59, 7-8 + Ps. 35, 2.
En ce qui concerne le Psaume r3, l'interpolation commence la citation du Ps. 5, II pour se terminer celle de Ps. 35, 2, ce qui constitue ce
qu'il faut appeler Ps. 13, 3c. Pour tre complte, notre enqute devrait
commencer par l'tude de Ps. r3, r 0 , 2 b, 3a b (texte authentique du Ps. 13)
cit par Rom. 3, ro 1'-IZ ; mais ce serait sortir de notre sujet qui est l'interpolation au cur du Psaume 13 d'un texte tranger : Rom. 3, r3 18.
Ce serait mme doublement sortir du sujet, parce que les perspectives
ouvertes par le Psaitine r3, r 3 b ont fourni Augustin l'occasion d'un
enseignement, qui n'a plus aucun rapport avec ce que nous avons expos
au sujet de Ps. 13, 3. Nous renvoyons donc la notice sur le Psaume 13,
qui paratra dans la Biblia A ugitstiniana. Ici, nous dressons le bilan des
emplois de: Ps. 5, II
Ps. r39, 4b - Ps. 9b, 7 a - I s. 59, 7-8 - Ps. 35, 2.

*
Psaun1e 5, II: Sepulcrum patens est guttur eorum; linguis suis dolose agebant
r) Ps. 5, I I est cit dans l'Enarratio in Psalinum 5, r2 et r8, sans aucun
rapprochement ni avec le Psaume 13 ni avec l' ptre aux Romains.
2) Ps. 5, II fait partie intgrante de Ps. 13, 3 dans l'Enarratio in Ps.
r3, 429 ; dans le Contra litteras Petiliani II, r5 (34-35).
3) Ps. 5, II est cit travers Rom. 3, 13 a dans le Contra Faustum XX,
IIao et dans le Contra Cresconium I, 25 (30).
4) Ps. 5, II ne fait pas partie de la sentence du concile de Baga.
29. Il faut remarquer la similitude frappante d'exgse de sepu!crum. patens et de
linguis suis dans l' Enarratio 5, 12 et dans l' Enarratio I3, 4 (le fait de dvorer quelqu'un en le convertissant sa propre manire de Yine; utjlisation des mots voracitas
et adulatio. Cependant, dans l'Enarratio I3, 4, Augustin ne semble pas reconnatre
clans ces fragments de ce qu'il croit tre Ps. I3, 3, un verset qu'il a dj comment
comme verset Ir du Psaume 5.
30. En Contrci Faustum XX, II, Augustin remarque que !'Aptre a cit Psairnie 5,
rr
.. .an ut de vobis etiam conci111tt, quod de Prophcta ponit A postolus : sepulcruni
patens est guttur eorum ... Vers 398, Augustin sait donc que Psaume 5, r r est cit en
Rom. 3, 13 '

PSAU:WE 13,3 ET ROJ;JAJXS 3,13-18

*
Psaume 139, 4 Il : Venenuin aspidum sub labiis eorum
1) Ps. 139, 4b est cit dans l'Enarratio in Psalmum 139, 6 o il est
comment pour lui-mme, sans aucune rfrence ni au Psaume 13, ni
Rom. 3, 13, ni la sentence du concile de Baga.
2) Ps. 139, 4b fait partie intgrante de Psaume 13, 3 dans l'Enarratio
in Psalmmn 13, 4; dans le Contra litteras Petiliani II, 15 (34-35).
3) Ps. 139, 4b est cit travers Rom. 3, 13 dans le Contra Cresconium I,
25 (30).
4) Ps. 139, 4b est un fragment de la sentence du Concile de Baga :
ce titre il est cit onze fois ..

* **
Psaume 9 b, 7 a : Quorum os maledictione et amaritudine plenum est
1) Ps. 9b, 7" est cit dans l'Enal'J'atio in Psalmum 9 1i, 25 o il est comment pour lui-mme, sans aucune rfrence ni au Psaume 13, ni Rom.
3, J4, ni la sentence du concile de Baga. Il revt d'ailleurs une leon
spciale : Cuiits maledictione os cius plenitm est et amaritudine et dola.
2) Ps. 91J, 7" fait partie intgrante de Psaunie 13, 3 clans l'Enarratio
in Psalmum 13, 4; clans le Contra litteras Petiliani II, 15 (34-35).
3) Ps. 9 1', 7 est cit travers Rom. 3, 14 dans le Contra Cresconium I,
25 (30).
4) Ps. 9 Il, 7 a est un fragment de la sentence du concile de Baga : ce
titre, il est cit onze fois.

*
1s. 59, 7-8 : Veloces pedes eormn ad ejjimdendum sangi1inem ; contritio

et infelicitas in viis eorum et viam pacis non cognovernnt.


1) Js. 59, 7a (Veloces ... sangitinem) est cit seul en De doctrina christiana
II, 12 ( 18), vers 396 : tude des deux leons du verset : veloces et acuti ;
Augustin ne nomme pas Isae, il est impossible de savoir quel verset prcis
il vise.
2) Js. 59, 7-8 fait partie intgrante de Psaume 13, 3c dans l'Enal'J'atio
in Psalinum 13, 4 ; dans le Contra litteras Petiliani II, 15 (34 et 35) ; clans
le Contra Cresconium IV, 52 (62) 31 .
3r. Optat de Jl.lilw II, 26, CSEL, t. 26, p. 65 cite Is. 59, 8 connue faisant partie
du Psaume 13 : Yere de ,-obis dictum est in Psulmum XIII Contritio et injelicitas
in viis eormn et viilm pacis non cognoverunt ... Dj en II, 18, Optut applique aux donatistes le Yerset : Veloces pedes eorum ad e//undendum sanguinem, prcd de dictitm
est ; Optut ne prcise pus le \erset. - l\fais l'diteur du CSEL, t. 26, p. 52 indique
l's. I 3, 3, sans prcision.

A .-M. LA BONN A RD! RE

3) Is. 59, 7-8 appartient normalement la pricope Is. 59, 1-8 dans le
Contra epistulam Parmeniani II, 3 (6) et 3 (7) et III, 6 (29) ; dans le De
baptismo I, 19 (29) et II, 5 (6) : dans ce dernier cas, il s'agit seulement de
Is. 59, Sa.
4) Is. 59, 7-8 est cit travers Rom. 3, rr-18 dans le Contra Cresconium I,
25 (30).
5) Is. 59, 7-8 est un fragment de la sentence du concile de Baga ;
ce titre, ce verset est cit seize fois.
A partir de l'Epistula 108, vers 409, Is. 59, 7-8 disparat de l'uvre
d'Augustin pour ne reparatre qu'une seule et dernire fois dans les Gesta
cum Emerito. C'est un texte scripturaire de la polmique antidonatiste
entre 400 et 409.

* **
Psaume 35, 3 b : Non est timor Dei ante ocuJos eorum.
1) Ps. 35, 2b est cit dans l'Enarratio in Psalmu11i 35, 1-2 o il est
comment pour lui-mme, indpendamment de toute allusion soit au
Psaume 13, soit Rom. 3, 18, soit la sentence du concile de Baga.
2) Ps. 35, 2b fait partie intgrante de Psaitme 13, 3c dans l'Enarratio
in Psalmum 13, 4; dans le Contra litteras Petiliani II, 15 (34-35) 32
3) Ps. 35, 2b est cit travers Rom. 3, 18 dans le Contra Cresconium I,
25 (30).
4) Ps. 35, 2 b est un fragment de la sentence du concile de Baga : ce
titre, il est cit cinq fois.
On aura remarqu, dans les quatre notices sur les versets psalmiques
Ps. 5, II, Ps. 139, 4b, Ps. 9b, 7a, Ps. 35, 2 la totale indpendance des
quatre Enarrationes in Psalmos 5, 139, 9 b et 35 vis vis de la polmique
antidonatiste. Ce sont aussi les seuls cas o les quatre versets psalmiques
sont cits isolment.
Les conclusions tirer de cette tude sur le Psaume 13 et la pricope
Rom. 3, n-18 travers l'uvre de saint Augustin sont envisager dans
deux perspectives dont l'une est d'ordre exgtique et l'autre cl' ordre
polmique.
Au plan exgtique, saint Augustin ne s'est pas pos le problme de
l'interpolation du Psaume 13. A cet gard, il est manifeste qu'il n'a pas
connu les travaux d'Origne et de Jrme. Il est clair cependant qu'il
connat et distingue les unes des autres les pricopes cl' Isae 59, l 8,
32. Optat de iVIilve, II, 26, CSEL, t. 26, p. 65 cite Ps. 35, zb comme appartenant
au Psaume r3 : Contrivistis sexus, vexastis aetates ; vere de vobis dictum est in
Psalmo XIII: contritio ... non cognoverunt ( = Is. 59, 8), non est timor Dei ante oculos
eorum ( = Ps, 35, zb).

PSAUl\,fE 13,3 ET ROMAINS 3,13-18

de Rom, 3, IO 18, de Psaume 13, 3 version longue, Il connat l'appartenance plusieurs lieux scripturaires de phrases telles que le verset d' Isae
59, 7 : Veloces pedes eorum ad effundendum sanguinem, Augustin n'est
pas sans savoir aussi que la pricope de Rom, 3, IO r8 reprsente un centon. Mais au plan exgtique, il n'a jamais ralis la synthse de toutes
ces donnes. D'ailleurs le nombre de textes consacrs ces lieux scripturaires sont rares. Particulirement la leon longue de Ps. r3, 3 ne reoit
une glose thologique que dans la seule Enarratio r3 qui reprsente un
expos absolument original et unique.
Au plan de la polmique, la frquente citation de la sentence du Concile
de Baga et les arguments qui en sont tirs par Augustin sont considrer
comme un des aspects du conflit qui mit aux prises Emeritus de Csare
et Augustin d'Hippone. Au sein de la lutte gnrale entre catholiques et
donatistes, on peut discerner des affrontements d'homme homme :
en tant que connaisseurs de la Bible, Emeri tus et Augustin s'opposaient
et osons le dire s'estimaient. Si nous avons peru dans un raisonnement
d'Augustin, le souhait d'une rconciliation entre donatistes et catholiques
analogue celle qui tait intervenue entre primianistes et maximianistes,
n'y avait-il pas l une perche tendue par Augustin Emeritus lui-mme,
auteur de la sentence du concile de Baga ? Entre les deux lutteurs on croit
deviner une sorte d'amiti dsespre, celle qui unit quelquefois de vieux
adversaires sincres mais incapables de s'entendre. Le dernier acte se joua
Caesare, le 20 septembre 418 : Emeritus brava toute crainte pour
oser entrer dans 1' glise et entendre Augustin ; Augustin dploya toute
son loquence, non pour craser, mais pour conqurir enfin ce '' frre ii
muet. Relues dans cette perspective, certaines phrases des Gesta cum
Emerito prennent tout leur sens d'mouvante sollicitude :
I I .... Frater Emerite, amplexus es fratrem tuum Felicianum tui oris
fulmine condemnatum ; agnosce fratrem tuum Deuterium tibi etiam
genere sociatnm ... r2. si ramns fractns quaesivit parvum a se fractum,
qua diligentia debet arbor ipsa quaerere ramum ex se fractum ...
l\Inlta diximns etiam fatigati, et tamen frater noster, propter quem
ista dicimus vobis et cui pariter dicimus et pro quo tanta agimus,
adhuc pertinax sistit.., Audiat Apostolum dicentem " virtus in infirmitate perficitur , Oremus pro illo, Unde scimus quid velit Deus ?
Multae cogitationes, sicut scriptum est, in corde viri ; consiliuin autcm
Domini manet in aeternum",

A.-M,

LA BONNARDIRE.

33, Gesta cum Enzerito r r et rz ; CSEL, t, 53, p, 194, 195-196,


l',-que catholique de Csare de Maurtanie en 418.

Deuterius C:tait

Augustine and the Academics


In the many accounts of the conversion of Augustine to Christianity
as set forth in the Confessions most commentators have noted with
considerable detail the varions stages in the intellectual, moral, and
religious development of Augustine which led to his ultimate embrace
of Christianity. The pattern exemplified by these stages begins with
the reading of the Hortensius, the conversion to :M:anicheism, the rejection of l\fanicheism, the adherence to the philosophy of the Academics 1 ,
the acceptance of some form of Neo-Platonism, and culminates in the
conversion to Christianity in the famous garden scene in the year 386.
Other writers, notably Harnack2 and Thimme 3 , have questioned the
sincerity of the Confessions and the conversion to Christianity, maintaining that Augustine was primarily a philosopher in the period at
Cassiciacum while awaiting his baptism and that his real conversion to
Christianity did not come until later. A more significant and influential
variant on this account of Augustine's spiritual development is the thesis
put forth with considerable skill by Alfaric who maintained :
vVhen he (Augustine) was baptized, he attached such little importance
to this rite that in his writings of that time, where he speaks often
of himself and of all that interests him, he never makes the faintest
allusion to it. Morally as well as intellectually he was converted to
:N'eo-Platonism rather than the Gospel... If he had died after he had
written the Soliloqities, we would not have regarded him as anything
but a convinced Neo-Platonist, with a tincture, more or less, of Christianity. " 4
Although Alfaric's thesis is better documented and more ably argued
than similar views which preceded his, the refutation and rejection of
Alfaric's thesis has been suffcient attested by such scholars as Boyer,

r. By the Academics (or Academicians) ;yi!l be meant the members of the New
Academy and more particularly Areesilas and Carneades.
2. See his Augustins Confessionen (znd ed. Giessen 1895) 17.
3, w. TrnM11E, A itgustins geistige Entwichlimg in den ersten ] altren nach seiner
Bekchrung (386-391) (Berlin 1908) II.
+ ..\..s stated by John J. O':\iEARA, The "\'oung .cl11gusline, London, Longmans,
195..f, p. 132.

68

JOHN A. MOURANT

Gilson, .Marrou, Pellegrino, O'Meara, et. al. We shall accept their verdict
as sound and limit our study to the thesis that in Augustine's conversion
the persistence of his Manicheism is greater than has been allowed and
that there was no real or substantial acceptance by him of the Academ:ic
philosophy. His Neo-Platonism is significant but may be regarded more
as an instrument for the understanding of faith than as an object of his
conversion. This last point, howeyer, will not be considered within
the limitations set in the present study.
Our procedure will be to examine and evaluate the relevant passages
from the Confessions and the philosophical dialogues of Cassiciacum,
more notably of course, the Contra Academicos.
Augustine's first explicitly noted contact with the Academics apparently occurred during his twenty ninth year. In all probability he read about
them earlier in Cicero, for at the age of rg he had read and was greatly
impressed with the Hortensius of Cicero.
However that may be, the
Academics are mentioned for the first time in the Confessions Book V. ro.
rg where Augustine describes the disillusionment he experienced with
the Manicheans following his fruitless conversation with Faustus 5 . Augustine remarks :
Etenim suborta est etiam mihi cogitatio, prudentiores illos ceteris
fuisse philosophos, quos Acadernicos appellant, quod de omnibus
dubitandum esse censuerant nec aliquid ueri ab homine conprehendi
posse decreuerant. ita enim et mihi liquido sensisse uidebantur, ut
uulgo habentur, etiam illorum intentionem nondum intellegenti.'
Can one say more of this statement than that Augustine's limited
knowledge of the Academics may have influenced his decision to reject
the l\fanicheans ? Considering the final remark in his statement that
" etiam illorum intentionem nondum intellegenti ", it would be difficult
to infer much more than that he had become interested in the Academics,
but certainly not that he had embraced their cause. The indecisiveness
of Augustine relative to the Academics is evident again at the close of
Book V. 14 25 of the Confessions when he declares :
itaque Academicormn more, sicut existimantur, dubitans de omnibus
atque inter omnia fluctuans manichaeos quidem relinquendos esse
decreui, non arbitrans eo ipso tempore dubitationis meae in illa secta
mihi permanendum esse, cui iam nonnullos philosophos praeponebam :
quibus tamen philosophis, qnod sine salutari nomine Christi essent,
curationem languoris animae meae conmittere omnino recusabam 1
5. The statement in the Confessions " nmlta philosophorum legeram memoriaeque
mandata retinebam" (V. 3. 3) refers to the mathematici according to R.P. A. Solignac,
S. J. See his note in the uvres de saint Augustin. Les Confessions. Vol. 13.,
Coll. Bibliothque _l ugustinienne. Paris, Descle De Brouwer, 1962, p. 82 (This
collection will be abbreviatecl hereafter as B.A.)
6. B.A., 13, p. 498.
7. Ibid., pp. 5u-512.

AUGUSTINE AND THE ACADEMICS

69

This passage deserves some comment. First, the phrase " that time
of my doubt " may be taken to mean his increasing doubts of the Manicheans and all that they believed, rather than a position of philosophical
doubt like that of the Academics 8 . Second, it may be observed that
Augustine says quite explicitly that he ' refused altogether to commit
the cure of (his) sickly soul to those philosophers who were without the
health-giving name of Christ 9 ". Taking this statement in conjunction
with the concluding sentence of this chapter in which he declares his
resolution to be a catechumen in the Catholic Church would seem to
indicate at least a nominal tie with Christianity rather than any conversion or adherence to the cause of the Academics10 .
We would contend that at this stage in his development Augustine
is still fundamentally a religious rather than a philosophical thinker.
True, he had been strongly influenced several years earlier by the reading
of Cicero's Hortensius but the extent of this influence is difficult to determine. We believe that the more reasonable conjecture is that this
early philosophical interest was soon replaced by the strength of his
Manichean conversion and was not effectively revived again until his
reading of the " libri Platonicorum ". Finally, the strength of this
rejection of the Aca<lemics should be noted in the phrase " conmittere
omnino recusabam " 11 .
In the Confessions VI. r. r Augustine notes that his mother found
him in despair of discovering the truth and that he informed his mother
that although he was no longer a Manichean he was not yet a Catholic
Christian12 . There is no indication here that he had embraced any
particular philosophical position. That he had despaired of finding
the truth does not imply that he had accepted the Academic philosophy.
The mood of a sceptic is usually not one of despair. Furthermore,
Augustine's comment that although his conversion had not yet been
accomplished, it had already corne about to such an extent that he was
freed from error even though he had not yet attained the truth13 , would
hardly have been made if he had embraced the cause of the Academics.
For the Academics in his eyes were equally in error. The reference to
truth in his comment is a reference to Christian truth. The whole statement represents a definite stage in the progress of Angustine's conyersion to Christianity. The mood of despair is struck again in the closing
sentence of the Confessions VI. 2.2 but the reference in the statement
" qui dubitabam de illis omnibus et inueniri posse uiam uitae minime

8. Ibid.,p.5r2.
9. Ibid.

ro. Statui ergo tamdiu esse catechumenus in C8tl10lica ecclesia mihi a parentilms
conmendata, onec aliquid ccrti ch1ceret, quo cursum dirigerem (Ibid.).
1 I. Ibid.
.
I2. Ibid., p. 516.
r3. Ibid,

70

JOHl'-7 A. MOURAXT

putabam '' 14 again is not an expression of philosophical or intellectual


doubt but refers rather clearly to the religious practises of Monica and
to the difficulty Augustine experienced in accepting Christianity as a
way of life even though some of his intellectual doubts concerning it had
been removed. Finally, if Augustine was in " doubt about all things ",
this would entail a doubt of the Academic position as well.
Later in the Confessions VI. rr. r8 Augustine refers again to this period
in his life in a resume of his intellectual development. He cites the
Academics quite explicitly : " 0 magni uiri Academici ! nihil ad agendam
uitam certi conprehendi potest " 15 . The irony of the attack is followed
by his conviction that we must not despair but rather seek [the truth]
more persistently16 . The statement and the context in which it is expressed reflects Augustine's difficulty in accepting Christianity as a vvay
of life, rather than the acceptance of a principle of doubt.
The evidence to the close of Book VI of the Confessions shows no real
acceptance by Augustine of the Academic philosophy. Instead there
is a greater indication that some of his intellectual and religions doubts
of Christianity had been removed and that he had gradually corne to
accept certain Christian truths. What deserves emphasis at this point
is that the intellectual, moral, and religions development of Augustine
cannot be reduced to any simple logical order or pattern. To maintain
that at the age of twenty nine he abandoned Manicheism, that for the
next three years he was a follower of the Academics, and that this stage
in turn was succeeded by the acceptance of Neo-Platonism and his conversion to Christianity in his thirty second year is far too simple an explanation of a complex mincl and personality.
For one thing such an explanation does not give adequate recognition
to the persistence of Augustine's l\Ianichean belief and the very strong
hold that this sect exercised upon him. Although Augustine does state
that he rejected the Manicheans in his twenty ninth year, it is necessary
to remember that this was not a sudden break nor a complete disassociation. The ties with lVIanicheism were undoubtedly being weakened
before the initial break. What Augustine gave up in Manicheism when
he first broke away from it was a conviction of its truth and .the adequacy
of its doctrine as a way of life. What he clicl not yield so readily were
his associations with the lVIanicheans and his continuecl acceptance of
some of their doctrines, e. g. the material nature of Gocl and the human
soul.
Furthermore, it is important to recognize the complexity of a religions
conversion. The factors involvecl generally lie deep beneath the surface.
Psychologically the conversion process is one that extends over some

14 Ibid., p. 520.
I 5. Ibid., p. 556.
r6.
imrno quaeramus diligentius et non desperemns.

(J,oc. cil.)

AUGUSTINE AND THE ACADEMICS

period of time. Although the final act of the conversion process may
appear climactically, it is only the end result of a protracted process of
religious development. Also it is necessary to emphasize that in the
religious conversion the whole being of the individual is caught up in a
manner that is not found as a rule in the changes that may develop in
our philosophical or other convictions. In the case of Augustine, we
'vould argue, the transition psychologically and religiously was effected
primarily from Manicheism to Christianity. Philosophy played only
a secondary and subordinate role in his conversion. Initially with the
Academics what philosophy supplied was a means of escaping from Manicheism. Neo-Platonism contributed the more positive fonction offering
precisely that intellectual explanation that would make Christianity
more intelligible. The real conversion embodying the whole person of
Augustine was from one religious sect to another. The key to that
conversion was the grace of God, not the Academy Old or New.
Hence, it is necessary to consider in more detail the actual causes at
work leading Augustine away from Manicheism as well as toward Christianity. The arguments of the Academics certainly may have played an
important role, but there were other factors present. Testard notes the
importance of the role of Cicero and observes that a knowledge of Cicero
wonld have given Augustine a picture of the physical world as aesthetic,
orderly, rational and religions, such as Cicero presented in the De N atura
Deorimi 17 . This is quite possible but in the absence of any evidence that
Augustine had ever read this work it must remain uncertain. Also,
the notion of the rational and orderly nature of the universe was to be
found in other philosophers, notably the Stoics with whom Augustine
was acquainted.

***
To obtain a more adequate pictnre of Augustine's conversion from
l\Ianicheism and also of the influence of the Academics upon him, it is
necessary to consider more fully at this stage of our inqniry the basic
attractions that Manicheism had for Augustine, the motivations that
led him to an acceptance of Manicheism18 . The conversion to lVIanicheism
like the conversion to Christianity was gradual rather than sudden. Augustine seems to haye been attractecl first to the methocl, then to the
philosophy, and finally to the religion and mythology of the l\1anicheans 19 .
For our purposes we may indicate the following basic motivations that
lecl Augustine to accept their doctrine.
17. TES'L\RD M. Saint Augushn et Cicron, (Paris: :f;tudes Augustiniennes, 1958.)
rS. \\'e may speak of a conYersion to Manicheism even though it in no way
resembled in fenor, intensih', and influence that conversion to Christianitv. It
should also be noted that Augustine never became one of the elect of the :\fani~heans
hut as an anditor was always more or Jess upon the periphery of this sect.
19. An extensive account of Augustine's :Manicheism is to be found in ALFARIC,
P. L' Lz>olution intellectuelle de saint Augustin (Paris : 1918). For a summary
nccount see the article by Dr, ,'wton lEGJS, The :'1ind oj St. Augustine, in :Wedievnl
Studies, 6 (I9H), pp.r-2,

JOHN A. MOURANT

72

First there was the eclecticism in the doctrines of the Manicheans.


They professed to accept only what was best from the various religious
sects and philosophies. Also, for one who was still professedly a Catholic,
there was a certain attraction in their daim that they followed Christ
and accepted the teachings of the New Testament even though they
contended that the teachings of Christ were falsified by his disciples. The
rejection of the Old Testament by the Manicheans as the work of the
devil probably satisfied some of the misgivings Augustine had of the
Old Testament.
Furthermore, the claim of the 1VIanicheans that they had a knowledge
of all the sciences and could answer any and all questions regarding man
and the universe must have made a strong appeal to the youthful inquirer
recently caught up with the enthusiasm of the Hortensius and the desire
to learn the truth. For Augustine, the materialism and dualism
of the Manicheans must have seemed far more comprehensible than some
of the mysteries and abstractions of Christian truth. And undoubtedly
their proselytizing fervor and the austerity of their ethics were equally
impressive. Above all other considerations was the strength of their
rationalistic appeal, the claim that in their teachings they relied upon
reason and scientific demonstration rather than upon faith and authority.
In the De utilitate credendi Augustine specifically informs us that the
1\!Ianicheans appeal to reason rather than authority and that they
claimed that Christianity was a superstition and based its appeal solely
on faith and not on reason 20 . Yet Augustine did not wholly embrace
their doctrine and remained in the rank of the auditors for no other reason
than " quod ipsos quoque animadvertebam plus in refellendis aliis disertos et copiosos esse, quam in suis probandis firmos et certos manere ))21 .
Holte observes that Augustine's acceptance of 1VIanicheism was a
reaction to the early view he held of Christianity as a superstition and
not the form of Christian gnosticism which he had been seeking22 . Courcelle notes that the fundamental motive for Augustine's acceptance of
l\Ianicheism was its rationalistic attraction which he did not find as a
youth. More particularly he observes :
Il a longuement cout les Manichens se gausser des erreurs des
ignorants, et s'est convaincu par l de leur supriorit, non seulement
sur le problme des gnalogies de Jsus, mais sur quantit d'autres
qu'ils lui proposaient."
At this point we would like to conjecture that any real sceptical period
in Augustine's intellectual development would have occurred during
20. B. A., 8, p. 210.
lbid.,p.210.
22. HOLTE Ragnar, Batitude ri Sagesse, (Paris : :fhudes Augustiniennes, r962),
p. I88.
23. COURCELLE Pierre, Recherches sur les Confessions de saint Augustin, (Paris :
De Boccard, r950), p. 65.
2I.

AUGUSTINE AND THE ACADEMJCS

73

the early years at Carthage. This was the period when he may have
looked upon Christianity as a superstition and at least its influence upon
him appears to have declined. The later alleged scepticism of Augustine
might be regarded more as the strategy of the rhetorician turning the
tables of doubt upon the Manicheans and using their own tactics to refute
them. Just as earlier Augustine had been persuaded of Manicheism by
their rhetorical ability to refute the beliefs of others and more notably
Christian beliefs.
Next, we should like to point out that in the very period in which
Augustine was supposed to have been caught up in the doubts of the
Academics certain doubts which he felt about Christianity were removed.
Sorne of these doubts were removed as he heard Ambrose preach, " et
magis magisque mihi confirmabatur omnes uersutarum calumniarum
nodos, quos illi deceptores [Manicheans] nostri aduersus diuinos libros
innectebant, posse dissolui " 24 . He confesses his embarrassment at
having misunderstood the meaning of the statement " for men to be made
by Thee to Thy Image" and to have thought of it in materialistic terms25 .
It may be argued that the failure of philosophy to have taken a strong
hold upon him is revealed in the easy and unquestioned acceptance of
the Manichean accusations against Christianity, of their false interpretations of Christian doctrines. Consequent upon the preaching of Ambrose
there is initiated a gradual intellectual conversion to Christianity :
itaque confundebar et conuertebar et gaudebam, deus meus,
quod ecclesia unica, corpus unici tui, in qua mihi nomen Christi
infanti est inditum, non saperet infantiles nugas neque hoc haberet in doctrina sua sana, quod te creatorem omnium in spatium loci
quamuis summum et amplum, tamen undique terminatum membrorum humanornm figura contruderet. 2 6
It was through Ambrose that he learned to interpret correctly the
Old Testament and to follow the rule that " littera occidit, spiritus autem
uiuificat " 27 He no longer found anything offensive in Christian doctrine
when it was interpreted in a spiritual sense even though he did not comprehend its meaning.

Boyer's Comment on Confessions VI, 4. 5-6, that:


Les arguments des acadmiciens, enfls par l'loquence de Cicron,
l'enveloppent et le paralysent, la faon des narcotiques qui, sans
supprimer toute activit, rendent incapables de dcision. A quelle
certitude est-il parvenu sinon celle de l'illusion de ses anciennes certi-

24. B. A., p. 52-1.


25. Ibid.
26. Ibid., p. 526.
27. Ibid., p. 528.

74

]OHS A. JfOURANT

tudes ? Adhrer it une nouvelle doctrine ne serait-ce pas de nouveau


tre dupe ? Aussi se retient-il, comme au bord d'un prcipice, pour ne
pas donner son adhsion aux enseignements de saint Ambroise"

is inaccurate or at best an exaggeration. In the context of this chapter


of the Confessions as well as in the previous chapter the reference to the
image of God and his own deception is clearly to the l\tianicheans. He
cloubts the l\Ianicheans because he wanted to believe in Christ, not because
he believed in the Acaclemics. And he is still a l\fanichean and not an
Academic.
Furthermore, the appeal of rationalism reasserts itself ; the old lVIanichean daim to teach certitude seems to have left its mark, for Augustine
declares that he wantecl to be as certain of the truths of Scripture as he
was that " seven and three are ten " 29 . The conviction that there is
certitude is hardly the position of an Academic. The suspension of
judgment that he refers to in this same context does not imply an adherence to the cause of the Academics but a reluctance to be twice deceived.
The suspension of assent is emotional as well as intellectual - " tenebam
cor meum ab omni assentione timens praecipitium ". - Augustine clesires
certitude but is still unable to comprehend spiritual things except in
material form.
The assertion that the health of his soul could not be cured except
by believing 30 is not a reference to the need for a cure from the cloubts
of the Acaclemics. Rather it points to the necessity of faith if he was
to be cured of the few remaining convictions of his Manichean beliefs,
viz. the representation of spiritual things, God and the soul, as corporeal
in nature. The certitude of faith had to succeecl the certitude of reason
rather than the sceptical doubt ; for, as we shall endeavor to maintain
later, Augustine was simply incapable of holding for any protracted
period of time the kind of scepticism taught by the Academics. Even
while waiting for the cure of faith Augustine is still a rationalist of sorts.
What he requires is a different type of rationalism than that which
had led him to the Manicheans. For that rationalism had turned out
to be largely negative ; it was as much a protest against the Christian
faith as a defense of Manichean principles. The real need of Augustine
at this point was the gift of faith which could then lead him to an understanding of Christian truths.
Also, it would appear that what the Manicheans had required of Augustine
to rely upon reason rather than faith - had led him to just those
difficulties that undermined his faith in Manicheism, i. e. the belief in
the fabulons and the absurd, for how could such beliefs meet the test

28. BOYER Charles, S. J., Chrishanis111t rt X<1o-Platonisme dans la formation de


saint A 11g1:sti11, (Rornne, Officium Libri Cntho!ici, rc153), p. 50.
20. B. ~-1., p. 528.
30. Tbid.

AUGUSTINE A:VD THE ACADE1\IIICS

75

of reason already laid clown ? Augustine seems to be approaching here


his own famous account of the relationship between faith and reason,
the " credo ut intelligam ". But the Manicheans have given priority
to reason yet they contradict their own position by asking their followers
to believe the absurd. This seems to be the conclusion of Augustine
in the following passage from the Coikfessions :
Ex hoc tamen quoque ia111 praepone11s doctrinam catholicam
modestius ibi minimeque fallaciter sentiebam iuberi, ut crederetur
quocl no11 clemonstrabatur sine esset quicl, secl cui forte no11 esset,
siue nec quid esset quam illic temeraria pollicitatione scientiae credulitatem inricleri et postea tam multa fabulosissima et absurclissima,
quia demonstrari non poterant, credenda imperari "
For Augustine, of course, faith is prior and leads to understanding ;
reason gives understanding to faith. Augustine discerned that the
l\Ianicheans were unable to grasp the true nature of faith. And perhaps
he had also discerned at this time that the Academics distrusted both
reason and faith. The rejection of both reason and faith - the acceptance
of a suspension of all judgement. - Augustine may have felt would
only lead to another deception 32 .
Now although the way of reason as taught by the l\fanicheans was
found wanting, reason was not to be abandoned. Augustine is no misologist. He continues to accept the certainty of mathematical truths.
Furthermore, as he infonns us, no matter how much he had read of a
contradictory nature in the writings of the philosophers, he could not
disbelieve in the existence of God 33 . And although his belief in God's
existence and His providence was unshaken, yet he did not know His
nature nor how to attain Him34.
Angustine's difficulty at this juncture is twofold : First, he lacks the
necessity of a faith in Christian principles which on the grounds of reason
he is prepared to accept. Second, he lacks an adequate intellectual
understanding of those beliefs about God which he had never abandoned
- the existence of God and the Divine Providence. Reason will help
him to understand the first, faith will enlighten him on the second. Concerning the nature of God - still a great stumbling block - an explanation \Vill come largely through faith, although his reading of the Platonists
will contribute to the intellectual preparation for his faith.

31. Ibid., p. 530.


32. It is interesting to obsern that in the later Augustinian attack npon scepticism he emphasizes the fact that in being cleceived he at least knows that he exists
as one who is c1ecei\ec1. \Vhether, "e might ac1c1, such a deception occurs at the
lrnnds of the Manicheans or the Academics.
33. Ibid., pp. 530-531.
34. Ibid., p. 532. -- I find it difficult to accept the statement of R. Jolivet
that : " _\ugusti11, Cassiciacnm, aYait renonc an scepticisme acadmicien, qn

JOHN A. MOURANT

However, e\en before the reading of the Platonists, the intellectual


preparation of Augustine for faith has shown marked progress. He
comments upon his realization of the need and the importance of faith in
the natural order, in history, in every day life, and of the divine guidance
he was receiving in the direction of his faith 35 . Thus his aclvance toward
Christianity was restrained not so much by intellectual considerations,
these were graclually being overcome, as by a lack of faith. In turn this
lack of faith was made more difficult for him by the materialism of every
day life.
" Inhiabam honoribus, lucris, coniugio, et tu inridebas " 36 .
The extent of his materialism finds further expression in the influence
upon him at this time of the Epicurean philosophy. In conversations
and arguments with his friends he notes the attraction of Epicureanism
except for its position on immortality. Despite all the persuasiveness
at this time of Epicureanism the belief in immortality remained a firm
conviction with Augustine3 7 .

* **
Continuing with the analysis of the Confessions, we find no explicit
references to the Academics in Book VII. The early chapters of this
book are concerned with certain doubts and difficulties which he hacl
become aware of in lVIanicheism. He observes that the materialism of
the Manicheans kept him from an adequate conception of the self and
of God 38 Despite his efforts to avoid a materialistic outlook, he continued
to think of God and the self in terms of corporeal entities. He concluded
that whatever could not be defined spatially was nothing 39

l'a\ait retenu pendant quelque temps. Les Confessions en tmoignent nettement


(VI, v, 8, VII, xnr) et avec beaucoup de prcision, VIII, ,., r r : 'Je ne pouvais mme
allguer (pour retarder la conversion des murs) l'excuse qui nagure me permettait
de supposer que, si je ne mprisais pas encore le monde pour m'attacher vous,
c'est que la connaissance de la vrit tait en moi incertaine; non, la vrit tait dj
pour moi, elle aussi, objet de certitude. ' " B. A. 4, pp. 2rr-212. The first two
references citecl hy Fr. Jolivet Jack any precision that would justify his contention.
Of the last reference (VIII, Y, rr) the statement cited appears within the context
of a passage on the conflict of the two wills, a doctrine of the Manicheans that Augustine
was to modify. Furthermore, the statement that his " perception of truth was
nncertain (incerta mihi esset perceptio ueritatis) coulcl refer to a cloubt as to whether
the i\Ianichean teaching or Christian truth was to he preferrecl. At any rate there
is no specific reference to the Acaclemics.
35. B. A., 13, p. 530.
36. Ibid., p. 534.
37. Tbid., pp. 570, 572.
38 .... et te incorruptibilem et inuiolabilem et inconmutabilem totis medullis
crecleham, quia nesciens, uncle et quomodo, plane tamen uidebam et certus eram
id, quo corrumpi potest, cleterius esse quam id quod non potest, ... "
Ibid., p. 576.
39. Ibid., p. 579.

AUGUSTINE AND THE ACADEMICS

77

Augustine is also certain at this time 40 that the Manichean solution to


the problem of evil is inadequate. He recognizes that corruption and
change cannot be allowed to fall back on that which is immutable and
incorruptible 41 . He rejects with contempt the l\!Ianichean explanation
of the origin of moral evil, but confesses that he is unable to understand
how our own free will is the cause of evil 42 . He continues his inquiry
into the source of evil and weighs different possibilities for explaining
the origin of evil 43 . The solution to the problem eludes him and he is
concerned over his failure to discover the truth. Yet he remain, as he
says, within the Church although there was much that he did not understand44.
In the meantime he frees himself from the superstitions of astrology 45 .
The problem of evil continues to baffle him 46 . However, such difficulties
did not disturb his belief in God's existence, His immutability, His
providence, nor in the salvation that can be achieved in the life to corne
through Christ. Y et with all these convictions firmly held he still
sought anxiously for a solution to the problem of evil 47 . The real conversion of Augustine to Christianity must wait upon the solution to the
problem of evil and particularly as it affected his own moral life. For
his conversion to be complete it must be both moral and intellectual.
Furthermore, the intellectual conversion at this stage is still incomplete,
many difficulties and doubts remain. His further progress away from
l\ilanicheism to Christianity awaits the influence and the contributions
of the Neo-Platonists. They will supply Augustine with an immaterialist
philosophy, a spiritual conception of God and the soul, and especially
with an ontological solution to the problem of evil48 . The moral conversion and the total embrace of Christianity awaits the grace of God. But
this is another chapter in the conversion of Augustine.
To the point of his conversion in Book VIII of the Confessions there
seems to be then insufficient evidence to substantiate the notion that
Augustine was ever an Academic. Instead the evidence points to the
greater persistence of the l\ilanichean influence upon the mind of Augustine.
The doubts that Augustine experienced in this period of his life are not
the doubts of a philosopher but those of a religions man. His doubts
are directed to those lVIanichean principles that stand as an obstacle to
40. It is now the year 385 and Augustine is thirty years old.
4 r. Ibid., p. 584.
42. Ibid,, pp. 584, 586.
43. Ibid,, pp. 590, 592.
44 . ., .stabiliter tamen haerebat in corde meo in catholica ecclesia fi des Christi
tui, domini et saluatoris nostri, in multis quidem adhuc informis et praeter doctrinae
normam fluitans, secl tamen non eam relnquebat animus, immo in dies magis
magisque inbibebat. (Ibid,, p. 594).
45. Ibid., p. 600.
46. Ibid., p. 602.
47. Ibid,, p. 604.
48. Ibid,, pp. 6r 8-626, 634-636,

]OH~Y

A. MOURANT

the acceptance of Christianity. The intellectual, moral, and religions


clevelopment of Augustine is essentially from Manicheism to Christianity,
rather than from Manicheism to the Acaclemics, thence to Neo-Platonism,
and finally to Christianity. The Academics provicled Augustine with
the necessary means to challenge the J\Ianichean position, but despite
their attraction they did not lead him to adopt a position of philosophical
doubt. The reading of the Platonists, it might be said, did not convert
him to Platonism but rather provided reasons for the intellectual acceptance of Christianity.
W e would also argue at this point that there are existential depths
to a religions conversion that escape any easy surface analysis. In Augustine's case it would be inaccurate to contend that the work of grace was
something of a sudden and instantaneous nature. The conversion in the
garden was the climax and the consummation of a process of conversion
that had begun much earlier. This seems evident enough from Augustine's own account. It is reflected particularly in the very strong conviction that Augustine possessed in the reality and the efficacy of the divine
proyidence. Such a conviction stands out in such instances as the
impression the writings of Cicero made upon him, the strength of his
mother's faith, the death of a close friencl, the journey from Carthage to
Rome, the visit to l\Iilan to hear Ambrose, and the readings of the " books
of the Platonists ". All of these instances and more manifested for
Augustine the foreshadowings of the divine providence and the work
of the divine grace that was to lead eventually to the ecstatic embrace
of the divine truth.
The graclualness of the slow return to Christianity can be correlated
to the gradual decline in the effectiveness of the l\Ianichean influence. It
is also a testimony to the strength of Augustine's Manichean convictions
and the long hold that this doctrine exercised upon hirn 49 . It is Manicheism and the problems it raises that are the dominant concern of Augustine up to the conversion in the garden and not the philosophical
issues raised by the Academics.
The persistence of the lVIanichean influence continued right clown
to the point of his conversion. At the very onset of the famous garden
scene, Augustine comments vividly upon his inward tensions, the
apparent disintegration of the self as he deliberated upon the choice of
God. Contrary to the Manicheans who held to the doctrine of two wills,
the one goocl and the other evil, Augustine cleclares :

49. It may be suggested that the strength of l\lanicheism is also evient in the
severity of Augustine's recriminations against this sect in comparison with his
consideration of the philosophers. The treatment of the Acaemics, as we shall
note later, is some\vhat ambhalent. The treatment of the Neo-Platonists is
generally favorable.

AG'GUSTLVE A.VD THE ACADE:l:lfCS

79

ego curn deliberabam, ut iam seruirem domino cleo mco, sicut


cliu disposuerarn, ego eram, qui uolebam, ego, qui nolebam ; ego
eram. Nec plene uolebam nec plene nolebam, ideo mccmn contendebam et clissipabar a me ipso, et ipsa dissipatio me inuito quiclem fiebat,
nec tamen ostenclebat naturam mentis alienae, sed poenam meae.
Et ideo 11011 iam ego operabar illam, secl quod habitabat in me peccatum
de supplicio liberioris peccati, quia eram filins Adam. 0

The entire chapter shows that the :Manichean heresy was viviclly
before him. The final act of grace not only couverts him to Christianity
but liberates him from one of the more pernicious moral doctrines of the
JVIanicheans that had long stood in his way.
After his conversion and during the beginning of his stay at Cassiciacum, Augustine writes very movingly of his reading of the Psalms of
David 51 . He expresses strongly his indignation with the Manicheans
as well as his pity for them. The whole account in this chapter shows
clearly that he was preoccupied with the JVIanicheans and not the Academics. The references to the JVIanicheans are quite explicit 52 . This is
true also in the statement : " o si uiderent internum aeternum, quod ego
quia gustaueraum 53 ... The" they" in this case does not refer to both
the Academics and the Manicheans as Sciacca maintains 54 . The context
is the commentary on Psalm 4 and the reference in the preceding paragraph
has been to the Manicheans. Also the reference to the eternal light is
from Eph. 5. 8. and this would seem to rule out any implication of a
connection with the Academics or the Plotinian notion of light.
Furthermore, in a letter to Secundinus Augustine notes that he left
the Manicheans through fear :
Ego enim fateor, timore Manichaeos cleserui, sed timore illorum
verborum quae per apostolum Paulum prolata sunt : Spiritus, inquit,
manifeste dicit, qitia in novissimis temporib-us rccedent quidam a fide,
attendentes spiritibus seductoribus et doctrinis daemoniorum in hypocrisi
mendaciloquontm, cauteriatam habentes conscientiain suani, prohibrntes
mtbere, abstinentes a cibis quos Deus creavit ad percip:ndum cum
gratiaruin actione fidelibus, etiis qui cognoz'eru.nt nritatem. Omnis enn
creatztra Dei bona est, et nihil abiiciendwn quod cwn gratiarmn actione
percipitur. [I Tim., IV, 1-4]. 55

50. B. A., L1, p. 54.


5 r. Conjcssions IX. + 8-r 2. :Jiuch of this chapter is a con1111e11tary ou Psalm 4.
52 . ... quam uehementi et acri dolore inclignabar manichaeis et miserabar eos
rursus, quocl illa sacramenta, illa medicamenta nescirent et insani essent aducrsus
antidotum, quo sani esse potuissent ! (B. A. q, p. 84) .
. , . et merito irasci, quia non alia natura gentis tenebrarum de me peccabat, sicut
dicunt qui sibi non irascuntur et thesaurizant sibi iram in die irae et reuelationis
insti iudicii tui ! [Roin. 2. 51 (Ibid., p, 88).
53. Ibid., p. 90.
54. ScrACCA M.F., Saint c~ ugustin et le nioplatonis111e, (Louyain, 1956) p. 24.
55 J3. -~., 17, p. 5-fO.

80

JOHN A. MOURANT

Iviay we not assume that with the renewed interest of Augustine in


Scripture the words of St. Paul seemed to be directed against just
those Manichean doctrines that were giving him particular difficulty at
the time of his conversion ? The exhortations of the first three verses
were to be quickly consummated, but the last could apparently take
place only with some intellectual explanation such as he was to find in
Neo-Platonism of the metaphysics and good and evil. Since this letter
was in all probability written around 397 and at the approximate time
of the composition of the Confessions, its correlation with the thought
of that work and the events of the conversion would be fairly well established.
Finally, the intensity and the vehemence of his opposition to the
Manicheans may again be noted. He states :
legebam et ardebam nec inueniebam, quid facerem surdis mortuis,
ex quibus fueram, pestis, latrator amarus et caecus aduersus litteras
de melle caeli melleas et de lumine tuo luminosas, et super inimicis
seripturae huius tabescebam. ' 6
These are the words of a religions man, of one who has recently found
the true faith and shaken off the false. They are not the words of a
philosopher concerned principally to refute other philosophers. The
l\fanicheans are the true enemy ; they are very much with Augustine
right down to the point of his conversion and they remain with him
down to the completion of the treatises directed against them. Compared
to their influence that of the Academics is minimal.

* **
Such we find to be the evidence of the Confessions. Is it possible,
however, to maintain this interpretation without serious modification in
the light of the evidence of the dialogues of Cassiciacum ? Even though
we reject the thesis of Alfaric that these dialogues demonstrated that
Augustine was first converted to philosophy and then to Christianity,
is there not sufficient evidence to show unequivocally that Augustine
was converted to the Academics prior to his conversion to Christianity
in 386 ? We think not. The dialogues of Cassiciacum may be expected
to cause more difficulty because their composition antedates that of the
Confessions. They are doser to the events of the critical years than are
the Confessions which were written some ten years later and in retrospect.
On the other hand, it can be argued that for this very reason the Confessions may be said to present a greater objectivity and to represent a more
mature judgment on the part of the author. However that may be, the
evaluation of the evidence of the dialogues will be limited principally

56. B. A., q, p. 92.

AUGUSTINE AND THE ACADEMICS

81

to a consideration of the De beata itita, the De Ordine, and the Contra


Academicos. In addition we shall look briefly to the evidence from the
Letter ta Herrnogenianus and the Retractationes.
One other preliminary consideration needs to be noted. In some
respects our interpretation of the dialogues has been influenced by
Boyer with whom we are in general agreement 57 That is, we are in
complete accord with Boyer's point that Augustine was not a sceptic
during his sojourn at Cassiciacum and that his conversion to
Christianity in 386 was both real and sincere. However, Boyer like
others contends that Augustine prior to his conversion to Christianity
did adhere for a brief period to the position of the Academics. This we
reject. As we have already noted we grant that Augustine was influenced
by the Academics and that it was their sceptical outlook that intensified
his own developing distrust of the l\'.fanicheans in the period immediately
preceding his conversion. In other words, we hope to show that the
evidence of the dialogues is in conformity with that of the Confessions.
Turning first to the Dr: beata uita we find the evidence here somewhat
inconclusive and presenting certain difficulties of interpretation. In
the first chapter, which is largely autobiographical, Augnstine first
resorts to a metaphor to explain his intellectual development and his
progress toward philosophy and the attainment of the happy life. He
observes that there are three classes of seafarers who would journey to
the port of philosophy 58 . Interpreting the metaphor; it may be argued
that the reference to the first class of individuals to be embraced by
philosophy is to the Academics. If so, the Academics Augustine has
in mind are probably some contemporary imitators of the Academics
who lacked the persistence and the ability to be true philosophers. Such
men lack the profundity and the secret wisdom of philosophers like
Carneades 59 . The second class probably refers to such materialists
as the Stoics and Epicureans 60 . The third class evidently refers to those
who like Augustine have found the true philosophy in Christianity. Of
the members of this class there are those who with but little delay attain
the goal of the happy life and those whose progress toward such a goal is
delayed for varions reasons 61 . This interpretation is verified for the
most part in the explanation given in I. 4. Noting that his love for
philosophy came with his reading of the Hortensius of Cicero, Augustine

57. Op. Cit., cf. especially pp. 135 ff.


58. B. A., 4, pp. 222, 224.
59. Cf. The Letter ta Hennogenianus, Writings of Saint Augustinr', (Ne\\ York:
l'athers of the Church, 1951), Volume 9, pp. 3-4.
60. Perhaps oJso to the i\Ianicheans. The language of the entire paragraph
Jacks any explicit allusions or references.
6r. The allusions to the " fog ", the " sinking stars ", and " alluring charm ",
the " unfavorable tcmpest ", may refer to Manicheism, the love of the classical
writings, the worldly life and loves, ant1 Augnstine's illness which compellet1 him
to rest temporarily from a more acthe lifo.

JOHX A. 1110G1?,1ST

observes tha t this was followed by his acceptance of l\Ianicheism 62.


Abandoning l\fanicheism he reports : '' At ubi discussos eos evasi, maxime
traiecto isto mari, diu gubernacula mea repugnantia omnibus ventis in
mediis fluctibus Academici tenuerunt "63.
This statement contrasts sharply with what we conjecturecl was a
possible reference to the Academics or their followers in r.2. The present
statement seems quite explicit and an obvions interpretation of it would
be that Augustine was a follower of the Academics for a period of some
three years 64 . However, this woulcl contraclict the rather decisive
passage from the Confessions V. r4. 24. in which Augustine merely says
that " in the manner of the Acaclemics, as they are interpretecl,I was in
cloubt about all things, " and he aclcls, as we have previously observed,
that he " refused altogether to commit the cure of (his) sickly soul to those
philosophers who were without the health-giving name of Christ " 65 . To
our earlier observations on this passage we would aclcl that the phrase
" in the manner of " is highly ambiguous and can hardly be saicl to show
any explicit adherence to the Acaclemic cause.
The assertion of Augustine that" for a long time the Acaclemics steerecl
his course 66 " could mean simply that like the Acaclemics he cloubted
but for his part he clid not accept cloubt as a principle of philosophy or
as a way of life. It was only " after their manner " or in " imitation "
of thern that he lookecl upon some of the problems and perplexities that
confrontecl him. That the Acaclemics guidecl him " for a long periocl
of tirne " may be regardecl as a necessary construction of language if
the metaphor of the sea and the long journey to Rome is to be maintainecl.
Again, the length of time rnay represent merely a psychological state of

62. Concerning .i.ugustine's intellectual development during the periocl of his


membership in the i\fanichean sect, it is Yery likely that his interests in Cicero and
the I,atin culture continuecl and that he cle\oted much of his time to the perfection
of his knowledge and skill of rhetoric. lt would alsoseem qui te likely that he must
lw,c spent a good part of his time in the furtl1er stucly and practisc of i>Ianicheism.
He undoubteclly perfectecl his kncnYledge of the basic principles and practises of
i>Ianicheism only graclually falling a\Yay from that scct \dth his clisco\ery of a
kincl of Christian gnosticism aicled and supplementecl by his acquaintance \dth
the Neo-I'latonists. \Vith his moral and religions com-ersion to Christianity the
break \vith ?.Ianicheism finally becomes complete. \\'e should be cautious in any
minimizing of Augustine's :.IIanicheism because of au excessi,-e concern to cl well
npon his comersion to Christianity. This can easily lead to a distortion of the truc
picture of Augustine's religions cleyclopment.
63. B. A., 4, p. 228.
64. This is the interpretation gfren by Schopp who cleclares that " Augustine
hacl been a follO\Yer of fois philosophical group from his twenty-eighth year up to
his co11yersi011. " Saint Augustine, The Happy Life, translated by I,ud\vig Schopp,
(New York, The Jathers of the Church, 1948), p. 47.
65. itaque Acaclemicorum more, sicut existimantur, dnbitans de omnibus ...
qnibus tamen philosophis, qnocl sine salutari nomine Christi essent, cnrationem
languoris animae meae conmittere omnino recusabam. (B ...\., 13, pp. 510, 512).

06. B. ci.. 4, p.

28.

A UGUSTl.YE AND THE ACADEM.ICS

mind which in retrospect seemed to have existed for a long period of


time. Also, the oft repeated phrase " in the manner of the Academics "
can just as easily refer to the manner in which Augustine doubts of the
::.\Ianicheans and their materialism, just as the Academics had cloubted
of the Stoics and the Epicureans and their materialism. Nowhere does
Augustine specifically assert that he accepted the position of the Academics. Furthermore, Trygetius, speaking we may assume for Augustine 67 ,
declares of the Acaclemics :
Quare gaudeo imndiu cum illis me ininticitias suscepisse. Nam
ne,.;cio qna impellente natura, vel, ut verius dicam, Deo, etiam ncsciens
quomoclo refellendi essent, tamen ei~ nimis aclversahar 08 .

This statement evidently contradicts the one previously cited 69 . For


Trygetius states quite explicitly that he has been opposed to the Academics for some time, even though he did not know how they were to be
refuted. Assuming that he represents the attitude of Augustine, it is
difficult to see much more than an ambivalence in the attitude of Augustine towards the Academics. Certainly, it cannot be said unequivocally
that Augustine ever became an Academic. Testard observes that
Augustine had a confidence in the human understanding that Cicero did
not know.
Saint Augustin connut toujours une grande confiance dans l'intelligence humaine. Cette confiance subit diverses reprises l'preuve
du cloute, la tentation du scepticisme, mais elle en triompha toujours. 7 0

Two points need to be made with respect to the record of the dialogue
itself. First the references to the Academics are concerned principally
with Augustine's contention that since the Academics cannot find truth
or wisdom, the happy life is not possible for them 71 This contention is
a reflection of Augustine's judgment of the Academics rather than an
historical statement of their position. For the Academics held that the
proper end of the philosopher is that of quietude or tranquillity (ataraxy),
a state of mental rest that follows the suspension of judgment and the
acceptance of the probable 72 . This also seems to be Augustine's inter67. In tllis dialogue as well as in the Contra Academicos, Trygetius criticizes
the ActHlernics and assists Augustine in the arguments used against them. The
De /Jeala iita was completed shortly after Augustine's thirty second birthday.
lt \\'as written during the composition of the Contra ,l cade micas and is the first of
his \\orks to be completed and transmittcd to posterity. The De pulchro et apto
is lost.
68. 1 bid., p. 248.
69. Ibid., p. 228.
70. Tl';STARD l\L, Saint .J. ugustin et Cicron, p. 34r.
7 r. B.A. 4, pp. 246, 248.
72. Good statements of the position held by the Academics are to be founcl in
Sextus Empiricus, Out!ines oj Pyrrhonism, The Loeb Classical Library, Translated
by R. G. Bury, (London and Cambridge: r955, Heinemann and Han-arcl l'niYersity
Press), pp. 9, r 9, 2 r.

JOHN A. l\/fOURANT

pretation of their position if we interpret the statement in the prologue


concerning the first class of those seafarers embraced by philosophy as
applying to the Academics. The passage may be interpreted as meaning
that those who go but a little way in philosophy and are content to suspend
judgment and follow the easy path of the probable will achieve tranquillity73. Thus Augustine's conclusions that the Academics are miserable
is more a reflection of his o\vn state of mind in the period just prior to his
conversion. And since the whole testimony of the Confessions is to the
effect that he was unhappy because he was unable to attain truth and
wisdom, it would appear most unlikely that he had ever embraced the
Academic cause.
Second, the dialogue is strictly a religions disputation as Augustine
himself notes 74 . Its religions character is revealed in its dedication to
Theodorus 75 and in its purpose, namely, to formulate the principles of
the happy life in terms of Christianity. Thus there can be no question
of Augustine's Christianity during this period.
Finally, the prologue of the dialogue is autobiographical but presents
us only with a very abbreviated account of Augustine's intellectual
development. It correlates closely with the Confessions but is much
less significant for its account of the Academics than the Confessions 76 .
Actually, there is only one explicit reference to the Academics in the
prologue. The dialogue as a whole shows Augustine's opposition to the
Academics butnot that he ever accepted their position. In his limited
knowledge of philosophy he saw them as an obstacle to Christianity, a
sect that must be rejected because it offered nothing to Christian truth.
Considering next the De ordine, Augustine informs us that the two
books of this dialogue were written during the composition of the Contra
Acadcmicos7 7 . Thus the De ordine touches significantly upon the problem of the relation of Augustine to the Academics. The purpose of the
dialogue is the considera:tion of the problem of evil and the divine providence78. Augustine's analysis of this problem shows that he had movecl
beyoncl Manicheism and Scepticism to a Christian solution. Like the
De beata vita the dialogue is essentially religions. The philosophy
expressecl is a Christian philosophy 79 . As Fr. Russell puts it :

73. Il. A. 4, p. 222f.


74. Ibid., p. 23r.
75. Manlius Theoclorus, a contemporary of Augustine and an outstanding couvert
t o Christi ani t y.
76. For a comparative enlluation of the Confessions and the Dialogues see BOYER,
Christianisme et No-Platonisme .. ., pp. 20-26.
77. Retractationes, B. A. 12, p. 285.
78. Ibid.
79. The references of Augustine to philosophy in this dialogue as in many of his
writings are not always precise ancl free from ambiguity. Sometimes he appears
to mean by the tenn "philosophy ", the traclitional or Platonic sense. ]lut at other
times the term can be eqnatecl to Christian \Ysclom ancl truth.

A UGUSTI>lE AND THE ACADEMICS

For, notvdthstanding the presence of elements that suggest a Platonie or neo-Platonic origin, thoughts distinctly and exclusively Christian
are not only clearly discernible, but predominate throughout the
entire dialogue 80 .

The references to the Academics in this dialogue are few and may be
dealt with briefly. In chapter four during the opening of the discussion
on the problem of order, Licentius remarks that poetry cannot divert
him from philosophy as much as a doubt of discovering the truth 81 .
Trygetius then observes that now Licentius is not an Academic, although
he had formerly been accustomed to defend them zealously 82 .
This passage could be interpreted to imply a reflection of a position
held by Augustine some years earlier. For Licentius is much too young
at the time of this remark to be regarded as ever having defended the
sceptics so zealously. It is more likely, however, that the statement
reflects the position of Romanianus, the father of Licentius. Romanianus,
the close friend of Augustine, had been converted to l\fanicheism by
Augustine. Following Augustine's rejection of Manicheism, Romanianus
hesitated to follow his friend's example and embrace Christianity. Instead he adopted the position of the Academics. Our conjecture would
be that it was Romanianus who zealously defended the Academics in his
conversations with Augustine and that he probably found their doctrines
useful in resisting the efforts of Augustine to convert him to Christianity.
The stubborness of Romanianus and the fact that he did not become a
Christian until much later testifies to the strength of Augustine's earlier
convictions for the truth of Manicheism and his ability to communicate
such convictions to his friends. The persistence of Romanianus in resisting conversion to Christianity and in using the Academic philosophy
to this purpose may also be said to be reflected in the fact that the Contra
Academicos is addressed to Romanianus. The refutation of the Academics
is drected primarily to him and the desire of Augustine to convert him
to Christianity.
A similar purpose is not evident in any role that could be assigned to
Licentius. Licentius was apparently never converted to Christianity
despite the appeals of Augustine and Romanianus 83 . This would rule
out any consideration that he was meant to represent Augustine, although
his enthusiasm, his love of poetry, his concern with the problem of order
and evil, are representative of similar interests on the part of Augustine.
In both this dialogue and in the Contra Academicos Licentius and Tryge-

80. Fathers of the Church, Writings of St. A ug11sli11e, Volume r, trnnslated ]Jy
Robert P. Russell, O. S. A., (New York: HJ48), p. 231.
Sr. B.A. 4, p. 318.
82. Tum Trygetius gaudentibus verbis : Habemus, inquit, iam, quod plus est,
Licentium non Academicum ; eos enim ille studiosissime defendere solebat. (Ibid.)
83. Cf. Letter 32 \\Titten in 396 by Paulinus and Thernsia and addressed to
Romnnianus. W1itings of St. Augustine, Fathers of the Chunh, trnnslnted hv
Sister \Vilfri! Prsons, (New York; r951), Volume 9, p. rrq,

86

JOHlv' A. MOU RA:YT

tius are treated as students with the neecl of students for discipline and
philosophy. Their representation of the position or character of Augustine
himself must always be carefully restricted.
Onr analysis of the Contra Academicos will be concerned with what light
the dialogue throws upon the relations of Augustine to the Academics
rather than with any cletailecl study of Augustine's statements and refutations of their arguments. 'vVe hope to show that the evidence of the
dialogue supports the conclusions we have already argued for concerning
Augustine's relation to the Academics.
The Contra Academicos was written while Augustine was already a
Christian. The dialogue itself reveals this sufficiently. In addition
there is the fact that the De ordie, a strongly religious dialogue \.Vas
composed at the same time. Finally, the De beata vita was written before
the Contra Academicos and it is equally a religious dialogue. All this
leaves little to be said for Alfaric's thesis that Augustine was not a Christian at the time. The purpose, then, of Augustine in the Contra Academicos is not the refutation of the Academics as a condition for his own
acceptance of Christianity, but rather the refutation of the Academic
doctrine as an obstacle to the acceptance of Christianity by others, and
notably by Romanianus his friend.
Although the thesis of Alfaric is no longer acceptecl, it has left its mark
upon the interpretation of Augustine's intellectual development. As
we have seen this interpretation takes the form of assigning certain fixed
stages to Augustine's intellectual development. A recent example of
this type of interpretation is found in Fr. Kavanagh's introduction to his
translation of the Contra Academicos. Fr. Kavanagh writes :
After an interval of thirty-five years, Augustine tells in retrospect
that his chief need at that time was the removal of all cloubt of the
possibility of fincling truth : ' Therefore at the beginning of my conyersion I wrote three books so that those things which blocked my
way at the threshold, might not prove an obstacle to me '. ' The three
books against the Academics' were, then, Augustine's farewell letter to
the philosophy which he had followecl last, a philosophy that had the
aim to justify doubt as to one's ultimate attitude. '' ''

We have already argued that Augustine did not wholly accept the
Academic position for any period of time and that there is no real
evidence to show explicitly that he was actually converted to their position. It may be significant to observe that in this quotecl statement
from Augustine he refers to the " beginning of my conversion " and not
" before " his conversionR.5. The use of " before " would have indicated
84. Faihers oi the Clmrcli, Fritin/;s oj Si. A 11gusli11r, Volnmc 1, translat<:l by
Denis J. Kayanagh, O. 8. A. (Xe" \'ork : 1948), p. 89.
85. The original statc:ment reacls : l'nde tria confoci \'Olnmina in initio con\ersionis meae, ne impedimenta nobis essent, qnae tamqnam in ostio contrndicebant.
Et utique fuerat remoyenda inyeniendae clesperntio yeritatis, quae illorum Yidetur
argumentationibus robornri. (B. A. 9, p. r .fo),

AUG['STLVE A.VD THE ACADEJl!ICS

a periocl prior to his acceptance of Christianity in which he had followecl


the Acaclemic philosophy. But for Augustine cloubting was real and
not methodic. Instead of being limited to a brief and precise stage in
his intellectual development it embodiecl a long and restless quest for
the truth. Any ' periocl ' of cloubt for Augustine woulcl have to be tracecl
back to his initial doubts of l\Ianicheism, probably to some time prior
to his meeting with Faustus
Furthermore, when Augustine states that " at the beginning of my
conversion " he means quite specifically the periocl immediately prior
to his baptism. However, his conversion may also be unclerstood as a
continuing and viable religions experience extencling over a much longer
periocl of time. For Augustine regarcled his progress toward Christianity
as proviclential and marked by God's continuing grace. It may be conjectured that the precise point of the beginning of his conversion arose
with his first doubts of l\Ianicheism. And that such doubts were increased
and intensified by those events that he regarded as providential. These
doubts were a natural part of his religions clevelopment. They shoulcl
not be interpreted as representing a position of philosophical doubt.
Finally, at the time of the writing of the dialogue Augustine is unclergoing a period of preparation for his baptism. As a catechumen it vvas
necessary that he be instructed in the faith. His instruction seems to
have been largely self instruction and to have consisted in the reading
of Scripture and also no doubt of the Neo-Platonic philosophy. This
reading is reflected in both the philosophical interests evoked at Cassiciacum as well as in the strong religions tone and interests that all the
dialogues of Cassiciacum seem to exhibit. That he read both philosophy
and Scripture must be considered as the context in which to interpret
his attitude toward the Academics and the problem of truth. Such a
context does much to explain his sometimes ambivalent attitude and
the difficulty of interpreting his position.
Turning next to a fe-w specific points in the first book of the dialogue,
it is important to note that the dialogue is dedicatecl to Romanianus
who is exhorted to the study of philosophy. The dedication to Romanianus would inclicate that Augustine's interest in refnting the Academics
is motivated in goocl part by a clesire to bring about the conversion of
his friencl Romanianus. The meaning of " philosophy " in the exhortation is somewhat ambiguous. Augustine states :
Ouam sentcntiam ubcrrimarum doctrinarum oraculis cditam, remota1iquc longissimc ab intellectu profanorum. se demonstraturam
yeris amatoribus suis, ad quam te invito, philosophia pollicetur."

Within the context of this entire section, and in particular in substituting


" Providence " for ,, Fortune ", this passage could be interpreted as an

86. B. _\.., 4, p, r6,

88

JOHN A. MOURANT

exhortation to Christian philosophy. On the other hand, as O'Meara 87


points out, this passage may be interpreted as an invitation to a synthesis
of Christian truth and the philosophy of Neo-Platonism.
A few paragraphs later in a statement reflecting his own intellectual
development, the exhortation to philosophy is quite explicitly to NeoPlatonism88.
The position of Licentius in the comment that follows is somewhat
ambiguous. He is pictured as devoted to phi1osophy 89 . Later in
the dialogue his position is aligned with that of the Academics for whom
he is the spokesman. Augustine's intention may be conjectured as follows.
Since his objective is the conversion of Romanianus what better appeal
could he use than to cite the position of Licentius. That Licentius is
devoted to philosophy will please Romanianus and so will the apparent
ability of his son as a philosopher and as a defender of the Academic
position. However, the failure of Licentius to persuade Augustine
to the Academic position as well as Augustine's own skillful refutation
of scepticism may move Romanianus to abandon the Academics and to
turn at least to Neo-Platonism if not immediately to Christianity.
This conjecture finds some confirmation towarcl the close of Book I.
in which Augustine sums up the clevelopment of the argument between
Trygetius and Licentius. The debate turns upon the problem of happiness and its relation to the pursuit or the possession of truth. Licentius
accepts the typically Greek notion that the pursuit of truth or wisdom
brings happiness. This view is representative of the Academics and
Licentius is defencling them. It is Augustine's desire to win over Licentius
(and his father) to the Christian view of happiness as consisting in the
possession and not just the pursuit of wisdom. Augustine points out
that a record of the clebate will be sent to Romanianus :
Quamobrem iam istam, ut dixi, disputationem terminemus, et
relatam in litteras mittamus, Licenti, potissimum patri tuo, cuius
erga philosophiam iam prorsus animum teneo. Sed adlmc quae admittat, quaero fortunam. Incendi autem in haec studia vehementius
poterit, cmn teipsum iam [intentum] mecum sic vivere, non audiendo
solum, verum etiam legendo ista cognoverit."
0

87. John J. O'MIURA, St. Augustine A gains/ the A cade mies, Ancient Christian
vVriters, Vol. IZ (Westminster, Mrl., 1950), p. 170, n. 3. O'J'IIEARA observes that this
is suhstantiated in III. 43 and Augustine's statemcnt : "Apud Platonicos me interim
quod sacris nostris non repugnet reperturum esse confido. "
88. Cf. B. A., 4, pp. I 8, 20 where he recounts how, after he hacl gh-en up the profession of rhetoric, lie retired to Cassiciacum and devotecl himself to philosophy.
The whole passage is more clearly relevant to Neo-Platonism, particularly in the
reference to this philosophy freeing him from the materialism of the l\Ianichean
superstition. Cf. also the Confessions, 7. zoff.
89. Although the context might indicate Neo-Platonism, the worcl Augustine
uses is " stucliosissimc " \Yhich might hest he renrlered as " a devotion to learning ".
qo. B. A. 4, p. 60.

AUGUSTINE A.VD THE ACADEMICS

89

The implication here would appear to be that the philosophizing skill


of I,icentius may intensify his father's interest in philosophy and that
Augustine's ability to refute the Academic position presented by Licentius
will ultimately win over Romanianus to Christianity. In effect, Augustine would accomplish two objectives : the refutation of the Academics
and the conversion of Romanianus. And lest we underestimat the
latter, it should be observed that the value and the place of friendship
was a factor of much importance in the life of Augustine 91 .
The opening of Book II. of the dialogue is marked by a continuation
of this appeal of Augustine to his friend Romanianus to abandon the
Academics with their " deceitful pretence " and " obstina te persistence ".
In this opening chapter Augustine observes that the Academics seem to be
invincible only because of our own lack of diligence and our aversion to
learning. He counsels that in such a struggle vYe must appeal for divine
aid if we are to attain the " port of wisdom " 92 . The allusion to the
" port of wisdom " may be interpreted as Christian wisdom or philosophy,
for Augustine prays for the liberation of the mind of Romanianus from
the Academics. Since Augustine himself is a Christian at this time, his
prayer for Romanianus would be more logically directed to the hope for
his acceptance of Christianity rather than Neo-Platonism. The attainment of the latter would only continue the quest for wisdom and fail to
yield the desired finality of the possession of wisdom in Christian truth.
In this instance the metaphor of the port might be interpreted as the
final port of call.
Augustine's own position at this time is revealed rather precisely in
chapter two when, after appealing to Romanianus once more to embrace
philosophy and recounting his indebtedness to him 93 , he observes :
" Cuius autem minister fueris, plus adhuc fide concepi, quam ratione
comprehendi " 94 . This statement reflects well the fact that at the time
of the writing of the dialogue Augustine had accepted Christianity upon
faith but still sought a better understanding of his faith. The statement
further testifies to the predilection of Augustine for a providential interpretation of the events leading up to his acceptance of Christianity.
After a brief digression on philocaly Augustine returns again to the
question of philosophy and points out to Romanianus that " " Restant
duo vitia et impedimenta inveniendae veritatis " 95 Fr. Kavanagh
observes of Augustine that :

9r. On the snbject of friendship and its importance and influence in the life of
Augustine, see Sister M.A. :\IcN.IARA, Friends and Frirndship for Saint A ugustinr. (New York: Alba Ronse, r964i.
92. B .\. 4, pp. 60, 62.
93. See also the Confessions 2. 3, 3. TI, and 4.7.
94. B. A. 4, p. 66.
95. Ibid., p. 72. The t\\o <lefects are l\fanicheism and Academicism.

90

JOHX A. AfOURAXT

He fears that Romanianus mav have returnecl to the ::.\fanichean superstition, although he was an aiherent to the Xew ..i..cademy, 'seeking
and doubting ', when he departed from Milan. This disputation was
to disabuse him of Skepticism. Approximately four years later,
..i..ugustine cornposed the treatise, Tite Tme Religion, and cleclicate{l
it to Romanianus. He devotes all of the ninth chapter to a refntation
of ::.\Ianicheism. 0 "

This concurs with our own judgment on the purpose of the dialogue. It
also gives added confirmation to our contention of the strength of the
l\fanichean heresy and the great hold it must have exercised upon Augustine.
The statement of the rage of Romanianus at the Academics 97 , may
just as \Yell be a reflection of Augustine's own attitude towarcl the Academics. As such it could then be argued that Augustine was enraged at
them because he had been deceived into accepting their doctrine. On
the other hancl, it might be argued that he was simply enraged with
their attempted cleception but that he hacl not acceptecl their doctrine.
Of greater significance, however, is the further comment of Augustine
that the rage of Romanianus was the more spontaneous because of his
great love of the truth. Fndoubtedly this also reflects Augustine's
own passion for the truth. This great love of Augustine for the truth
makes it difficult to reconcile his position \Yith any adherence at any
time to the position taken by the Academics.
At the conclusion of this exhortation to Romanianus to embrace philosophy, Augustine cautions him not to accept as certain anything which
cannot be known as truly as mathematical propositions 98 . Similarly
he is cautionecl not to clespair of discovering the truth, and he is aclmonished
that such knowleclge will be even more manifest than that of numbers.
The Scriptural injunction in this context seems to imply that by philosophy and truth Augustine means here Christian truth and philosophy.
The conclusion of this exhortation as well as the dialogue as a whole
seems to reflect then a proselytizing note on the part of Augustine. It
shows a concern not merely to refute scepticism to his own satisfaction
and to make his own position clear but to win over one of his closest
friends.
After a further summary discussion of the arguments of the Academics,
Augustine appears to inclicate that he hacl accepted rather explicitly
the Academic cloctrine 99 . Fr. Kavanagh translates this passage :
:\ncl do you not know that as yct I have nothing \Yhicl1 I can regard
as certain, but that, on account of the arguments and clisputations
of the .-\caclemics, 1 am hindered from searching for it ?... ' 0 0
96. Op. Cil., p. q1, note 2.
97. n ..\. 4, p. 7-1
98. Ibid.
99. Tune crgo ncscis, nihil me certnm adlmc lrnberc quod sentiam, sed ah eo
quncrendo Academicornm argnmentis atque disputationibus impcdiri '(Ibid., p. 08).
100. Op. rit., p. r57.

A UG[/STI,YE A.Y D THE ACA f)EMICS

<)I

Fr. Kavanagh correctly observes that the phrase " as yet " may mean
" up to the present moment in my life, or it may mean up to the present
moment in the debate ". And he argues that the doubt expressed is
methodical rather than real vvhich wonld be in conformity with the
generally accepted opinion that Augustine was a Christian at this time
and not an Academic101.
The closing sentence of this chapter " Nam ignoratio veri, aut mihi,
sil illi fingebant, peculiaris est, aut certe utrisque communis " 102 , raises
a point that is pursued by Augustine more fully in Book III1 3 . The
point is that the Academics were not sincere in their pretendecl scepticism
and that they chose such names as " truth-likeness " (" verisimile ")
and " probable " (" probabile ") to conceal the truth from others104 .
As
".\.ugustine states the issue :
Itaque reponde, quaeso, utrum tibi videantur Academici habuisse
certam de veritate sententiam, et emn temere ignotis vel non purgatis
animis prodere noluisse ; an vero ita senserint, ut eornm disputationes
se hahent. 1 n'
No definite answer is given to this question in Book II., but in Book III.
Augustine presents a more detailed account of this problem, the analysis
of which has an important bearing upon his relations with the Academics.

*
Turning to Book III. of the Contra Academicos our major concern will
be the attitude of Augustine tovvarcl the Academics rather than any
extensive analysis of the arguments he uses in refuting their position.
Augustine's attitude seems to be clearly ambivalent. At times he is
sharply derisive and derogative of the Academics. He observes that
they have achieved only a second rate standing in relation to all other
philosophers, and that their so-called wisdom is little better than ignorance
for they are never able to take a definite position on any issue and are
incapable of learning anythingl0 6 .
Of the arguments used in the refutation of the Academics, one of the
more significant is that basecl on the existence of clialectical truths. In
particular Augustine appeals to the truths of disjunctive propositions
and their certitude107 . Such certitude is similar to that which can be

1or. Ibid.,notc5.
I02. B. A. 4, p. IOO.
103. Jbid., pp. I<)O-T98.
104. Ibid., p. ro4. See nlso C1c1mo, .lrndrm. 2.ro.32.
105. B. A.. 4, p. ITO,
106. Ibid., pp. qo-144. Cf. C1crmo, Arad. r. fr. 20 (:.\Iller).
IO. Ibid., p. 1 . The somce for these arguments is to he founrl in Crc1mo
Dr Academ. 2.94f.

JOHN A. MOURANT

()2

discoyered in mathematical propositions and which Augustine hacl remarked upon earlierios_
The rejection of the Academic position reaches its highest pitch in
chapter fifteen in which Augustine develops the consequences of the
doctrine of the" probable" as it is applied to the field of moral judgments.
The very intensity of Augustine's attack upon the Academics at this
point can only be accounted for on the assumption that he has accepted
Christianity and that his criticism is directed from this position. Even
so his emotions seem to be somewhat mixed:
Tmn vero tam multa mihi et tam capitalia in istos venerunt in
mentem, ut iam non riderem, sed partim stomacharer, partim dolerem
homines doctissimos et acutissimos in tanta scelera sententiartum et
flagitia devolutos. ''
A little later the attack upon the Academics mounts in its intensity.
The doctrines of the Academics are ridiculous yet entail the most serious
consequences :
Jllud est capitale, illud formidolosum, illud optimo cuique metuendum, quod nefas omne, si haec ratio probabilis erit, cum probabile
cuiquam visum fuerit esse faciendum, tantum nulli quasi vero assentiatur, non solum sine sceleris, sed etiam sine erroris vituperatione commitat. Quid ergo ? Haec illi non viderunt ? Imo solertissime
prudentissimeque viderunt ... 110
Consiclering the significance and the centrality of the moral problem
for Augustine, and also his own guilt feelings in this respect, is it not
strange that had he ever embraced their doctrine he would not have
said soin very explicit terms ? Certainly he showed no hesitancy in setting
clown the absurdities and evils of the Manichean doctrine that he had
held forsome nine years. \Vhythen should henot han been consistent and
stated clearly his guilt in accepting the Academic doctrine ? The answer
can only be that he never actually adhered to the Academic cause and
\Vas neYer converted to their position as he vvas to lVIanicheism and to
Christianity.
Furthermore, it would appear very likel:r that his own ambivalent
attitude toward the Academics kept him from embracing their doctrine.
In part this ambivalence stemmed from a certain loyalty he felt to Cicero
coup1ed with his own instinctive distrust of the Academic doctrine.
l\fore significantly Augustine's attitude was no doubt dictated by his
difficulty in assessing the true position and motiYes of the Academics.
Quid igitur placuit tantis viris perpetuis et pertinacibus contentionibus agere, ne in quemquam cadere veri scientia videretur ? Audite
108. Ibid., p. 1 62.
109. ibid., pp. r8o,
1 rn.

Ibid., p. rS<i.

182.

AUGUSTnYE AND THE ACADEMICS

93

iam paulo attentius non quid sciam, sed quid existimem : hoc enim a(l
ultimum reservabam, ut explicarem, si possem, quale mihi vidcatur
esse totmn Academieormn consilium. 111
Augustine's answer is that the Academics were crypto-Platonists.
That they possessed a secret doctrine and did not seriously believe that
which they taught publicly.
This notion of a secret doctrine imputed to Arcesilas does not seem
to be substantially founded.
It was apparently based upon certain
statements by Diodes of Cnidus which were adopted and popularized
by Cicero and then by Sextus Empiricus. It was variously held that
Arcesilas merely assumed the position of a Skeptic to escape the criticisms
of Zeno and the Stoics, to maintain the purity of the Platonic teaching,
or that according to Sextus Empiricus " The Academics' scepticism vvas
merely a means of testing the fitness of their pupils for admittance to
their mysteries " 112 .
\Vhateyer may be the validity of the historical sources and the explanations of this secret doctrine of the Academics, its importance for our
consideration lies in the fact that Augustine, whether he fully accepted
it or not, did take the time and the trouble to set it clown in some detail.
This would seem to reflect either his acceptance of the doctrine or his
ambivalent attitude toward the Academics. Certain points can be
singled out in his account of the development of this doctrine that will
justify our contention.
In his brief history of the Platonic Academy he observes particularly
the relation of Zeno the founder of the Stoic school to the Platonic Academy. He expresses his belief that Zeno was held suspect by the Platonists for the pernicious doctrine he taught :
Quamobrem cum Zeno sua quadam de munclo, et maxime de anima,
propter quam vera philosophia Yigilat, sententia clelectaretur,
dieens eam esse mortalem, nec quidquam esse praeter hune sensibilem
mundum, nihilque in eo agi, nisi corpore (nam et Deum ipsum ignem
putabat) ... 113
His statement that Arcesilas wisely and cleverly concealed the doctrine
of the Academy and developed his own mode of disputation in order to
refute those who had too readily accepted such false doctrines114 , undoubtedly reflects his own fear of the danger of such teachings115 . He also
observes that the teachings of the New Academy originated in the need
to combat the views of Zeno, whereas the earlier Academics had no need
] bid., pp. I 86, 188,
Quoted from KA\'AXAGH, op. Cit., p. 21411.
rr3. Ibid., p. r90. Cf. Conf. 4. 15. 24 for Augustine's acceptance of a similar
Yiew.
I 14. B. A., 4, p. 190.
i 15. J<;,en in the period immediately after his co1n-ersio11 Augustine was wrestling
with philosophical solutions to the problems of the nature of the soul and of God.
III.

112.

}OH~V

A. MOL'RAST

of such teachings. Similarly, we han argued, that Augustine needed


and used the teachings of the Academics to combat the views of the
::.\Ianicheans on the nature of the soul and of God.
Pursing further his historical account Augustine notes that Chrysippus
continuecl the work of Zeno but that the spread of this doctrine met with
the opposition of Cameades who refuted it so masterfully that Augustine
was surprised that it coulcl have any fnrther acceptance. And he adds
that Carneades avoided the clisrepute that had fallen upon Arcesilas
because of his method of disputation.
N amque Carneades primo illam velut calumniandi impuclentiam,
qua viclebat Archesilam non mediocriter infamatum, cleposuit, ne
contra omnia velle clicere quasi ostentationis causa vicleretur, secl
ipsos proprie sihi Stoicos, atque Chrysippum convellenclos evertcndosque proposuit. m

So far the importance of this account of the Academics by Augustine


lies in the fact that it appears to establish at the very least his ambivalent
attitude toward the Academics and thus goes far to justify our thesis
that Augustine was not converted to the Academic cause. For this
account reveals a very fondamental and different motive for Augustine's
willingness to accept the Academic position. He may be said to agree
with the Acaclemics, not because he is a sceptic or has been converted
to the principles of scepticism, but rather because the Academics are not
truly sceptics themselves. Insteacl the Academics use the sceptical
method to attack and refnte a doctrine of materialism which Augustine
himself had come to despise with his break from the 1\Ianicheans. If
this is one acceptable version of the Academic philosophy, or at least
a version in which Augustine believed for a time, then it would account
for his ready acceptance of it as a means of liberating himself from the
l\Ianicheans. On this interpretation it is easy to understand the admiration he seems to express for Cameadesll 7.
The Acaclemics, then, constitute a formidable ally in the refutation of
materialism118 and with it of the l\fanicheans. Actually, the Academics
contributed to Augustine's ultimate conversion to Christianity rather
than standing in the way of his conversion.
In addition a parallel may be suggested regarding the relation of Augustine to the .i.\Ianicheans and the allegecl esotericism of the Acaclemics. It
can be argued that Augustine's ultimate rejection of the lVIanicheans
lay in their refusal or inability to answer his questions, to reveal to him
those truths they claimecl were helcl in secret by the elect. And Augustine
r r6. Ibid., p.

192.

117. Ibid., pp. 192, 19-f.

See also the letter to Hennogenianus (386) for furthcr


references to the genius and the karning of Carneatles.
rrS. At the close of chapter I _.\.ugustine obsen-es tliat the real purpose of Carneatles \YaS to o\erthrow and destroy the Stoics and Chrysippus (" sed ipsos proprie
sibi Stoicos, atque Chrysippum comellendos e\ertenosque proposnit ").

AUGUSTIXl: ASD THE AC,lDEMICS

<JS

soon found himself in a similar position vis vis the Academics. For
supposing that the Academics held a secret doctrine, it was not revealed
to Augustine. Once more his position is that of an auditor rather than
one of the elect. However, the deception in each case (if it was a cleception by the Acaclemics) was soon cliscerned by Augustine and does much
to account for the vigor and even rancor at time of his criticism of both
sects. On the other hand, assuming that the Academics clid not holcl
a secret doctrine and that Augustine knew this, then their scepticism
contributed to that intellectual despair Augustine felt of ever attaining
the truth at that time when he realized he coulcl no longer accept the
alleged truths of Manicheism.

* **
After weighing all these alternative interpretations of Augustine's
attitude toward the Acaclemics, I think his statement toward the close
of the dialogue sufficiently re-affirms the ambivalence of his attitude and
also his conviction that the truth can be foundllH.
Thus to the extent that the Academics acceptecl or claimecl a knmvledge
of the truth (Platonism) they tendecl to escape Augustine's direct criticism.
On the assumption that they helcl no secret doctrine they are snbject
to his bitterest criticism. In any event his basic difference with them
is that although they might daim to know truth, they resort to clialectic
to show that it cannot be attained. Such a sceptical position, we have
arguecl, coulcl not have been maintainecl by Augustine. Although he
was clisturbecl at times by their arguments and cleterrecl from the pursuit
of human wisclom, now, in the year of his conversion he feels that in the
present clisputation he has sufficiently protectecl himself against the
reasonings of the Acaclemics. The conclusion of the long clebate with
the Acaclemics reveals quite clearly that this dialogue has been concluctecl
within the context of Augustine's Christian faith.
::\ulli autem dubium est gemino ponclere nos impelli ad cliseendum,
anctoritatis atque rationis. lviihi autem eertum est nusquam prorsus
a Christi auctoritate diseedere non enim reperio valentiorem. 120

Since this was the state of mincl and the position of Augustine in his
thirty thircl year, it is clear that at this time he vrns neither an Acaclemic
nor a Platonist, although philosophically he might be best clescribecl as a
Neo-Platonic Christian. In view of our contention that his :.\1anicheism
was far more persistent than is usually acceptec1, the major doubts of

r 19. 1 bid .. pp. r98, 200.


~ote that this ambintlence of _.\ugustine toward the
_.\cademics is expressed in the different titles he gaye to this dialogue. In the
Rctraclatio11es he refers toit as" contra Academicos" or" de Acadcmicis" (B._.\.. 12,
p. 2J+).
120. Ibid., p. 200.

JOHN A. MOURANT

Augustine were directed against their doctrine, and especially their


materialism, rather than to any acceptance of the Academic position.
The attraction of the Academics lay in their disputed " secret doctrine "
or Platonism, their opposition to philosophical materialism, their presentation by Cicero and the influence of Cicero upon Augustine,
and their dialectical skill which undoubtedly had a strong appeal for
Augustine. To be attracted, however, is not to be convinced or persuaded. Augustine vve believe was never cominced of the truth of the Academic position. Not merely for the varions reasons we have outlined,
but also because of his own difficulty in assessing and determining the
true position of the Academics.
John A.

MOURANT.

Pennsylvania State University

Augustine' s De doct ri na christ iana


A Treatise on Christian Education
The nature of St. Augustine's compressed work De doctrina christiana,
his plan for its composition, and the ultimate purpose that he had in mind
to accornplish by means of it are questions which continue to intrigue
Augustinian scholarship1 . The present study seeks to gather a simple
collection of facts and references to the work itself and to the literature
that has grown up concerning 1t that may ser<:e as a contribution toward
the correct answers 2 .
Augustine himself proYides the basic information concerning the circumstances of composition. Surveying and criticizing his publications
toward the end of his life in that unique work, the Retractationes, he found
the De doctrina christiana unfinished, and decided to complete it before

I. See E. Hu,r,, " De doctrina christiana : A Suggestion '', Studia Patristica, VI


(1962), 443-446. Referring to Marrou's well-known retraction of his earlier censure
of Augustine for having constructed and composed badly the De civitatc Dei and
the De T1initate, Hill writes " But of ail Augustine's major works, the one >vhich
young barbarians are going to find most bizarre in its construction, I suggest, is
the De doctrina christiana. Prof. Marron has not retracted his Yiews on the nature
of this work ... In his opinion the De doctrina christiana is a draft or sketch of a
Christian culture ; it presents us with a scheme for Christian education, with what we
might cal! Augustine's Idea of a University. I would not deny that the elements of
such a scheme can be drawn from the book, but I cannot believe that Augustine's
purpose in writing it was to provide them. My first objection is that if this was
his intention, then the charge must stand that the De doctrina christiana is a thoroughly malcomposed work... My second objection is that while Augustine, like
Newman, had been professionally engaged in higher education before his conversion,
he never had an occasion like Newman's for writing a treatise on the principles of
Christian education. But that the De doctrina christiana was written for a particular
occasion, to meet a particular pastoral need, I think we may take for granted ''.
(443-4).
2. There has been a mounting interest in Augustne's De doctrina cluistiana during
the present century, especially since the 1930 centenary. F'or a survey of the literature
on the point, see Eugene KEY ANE, St. A ugustinc as an Eclucator fo the Recenl Litera/ure, in The American Ecc/esiastica/ Review, 152 (April, r965), 217-232.

<;8

li. KEVANE

going on with his review. This was in the years A.D. 426-427 3 . Book
III had been broken off, for some unknown reason, in chapter 25 at the
quotation from St. Matthew on the woman and the three measures of
meal. This evidence of a plan of composition that endured so strongly
in his memory for three decades stands as a mute answer to the question
already noted, whether Augustine composed his works badly 4 . He
finished Book III, therefore, and added Book IV entirely new to complete
the treatise he had had in mind for so many years. " The first three
books ", he says, " help to understand the Scriptures, while the fourth
concerns the right way of communicating to others what we have
understood " 5 . This in itself is a perfectly clear statement of the nature
and purpose of his treatise, and, coupled with the title he gave to it,
probably left no doubt in the minds of his contemporaries, constantly
preoccupied as they were with the state of the pagan civilization and the
relationship of the New People of God to it, as to the precise object he
had in mind in writing it.
When was the work begun ? Approximately thirty years earlier, as one
of Augustine's first undertakings after his episcopal consecration. He
wrote his Ad Simplicianum to his close friend, the successor of St. Ambrose
as Bishop of Milan, in mid-395, the first of his works as a bishop himself.
Then followed the Contra Epistolam M anichaei and the Sermo de agone
christ1:ano ; and apparently he was working on Books I and II of the De
doctrina christiana throughout the year 396 6 .
A separate question concerns the fact and date of publication. Although some have questioned the fact, Augustine himself bears witness,
in the Contra Faustum, written in 397-398, to a first edition of the De
doctrina christiana already in circulation 7 .
Dom De Bruyne in 1913
held for two editions, one in 396 and the other in 426-7 ; during his
Retractationes Augustine \vould have corrected and amplified the first

3. See the comprehenshe study of the \'arions dates of composition and publication of the t\\'o editions of De doctrina christiana by Joseph M.rn1'IX, Sancti Aurelii
A ugustini De doctrina chrisliana, Turnholti 1962, "Praefatio" vn-xrx " Quando
quattuor libri De doctrina christiana incohati sint et perfecti ". And Seraphin us
Z.\RB, Ch1onologia operum S. Augustini, Romae 1934, rg; 40-42.
4. See note r, above, and H.-I. MARROU, Saint Augustin et la fin de la culture
antique, Paris 1958, 61, " Saint Augustin compose mal ''. ;\farrou revokes his earlier
position in his admirable Retractatio, 665-672 : " Jugement d'un jeune barbare "
(665) ; "J'ai dpouill peu peu l'orgueil du moderne, cet orgueil propre au barbare
qui mprise ce qu'il ignore; peu peu je suis dennu sensible cet art si parfaitement
sr de ses moyens, qui \'ite tout effet facile et vise charmer en surprenant "
(666). Perhaps the best answer to the question is that of Andr lYL\.KDOUZE, " Saint
Augustin ou le rhteur canonis ", in B1letin de /'Association Guillaume Bud
(1955), 37-41
5. Retractationum libri duo, 2, 4, l ; P.L. 32, 63r.
6. Both Joseph l'vfoR'l'IK and S. ZARB, op. cil., agree on this date for the first portion
of Augustine's treatise.
7. See Contra Faustum J\1anichaciwz 22, gr; P.I,. 42, 461 : iam in quibusda111 libris,
quos de Doctrina Christi ana praniotavi ...

AUGUSTINE'S "DE DOCTRJNA CHRISTJANA,,

99

edition. This first edition, now lost, De Bruyne attempted to reconstruct 8 .


A controversy broke out on the matter, after which De Bruyne withdrew
his thesis and held for one edition only, that of 426-7, rejecting the idea
that the first edition has been lost: " No, it never existed ... except in my
imagination ... "D But, as Zarb points out, this conflicts with Augustine's
reference to the De doctrina christiana in bis Contra Faustum, unintelligible if it concerned a work known only to himself and preserved among
his private papers ; in the Retractationes, furthermore, Augustine makes
two corrections in De doctrina christiana, treating it exactly as bis other
published works and placing it after the agone christianolo.
A primary factor in the matter doubtless has been the failure to discover
manuscripts that break off at the point in Book III where Augustine
states that he found the work unfinished and went on to complete it11 .
But, as ] oseph Martin rightly points out, neither then nor now are
unfinished books of a work published; it is common, however, for completed books to appear separately so that a multi-volumed work as a whole
is published gradually, often over a period of many years. So too in
antiquity. Thus the first edition of the De doctrina christiana would
have been composed of Books I and II as we have them today. The
problem seems to have reached its solution in the research, conducted
independently, of William JYI. Green and ] oseph Martin for their critical
editions, the former for the Corp'us Scriptorum Ecclesiasticoriiin Latinorwm,
the latter for the Corpus Christianorum, of the text of the De doctrina
cliristiana. Professor Green was the first to recognize the Leningrad
l\tianuscript, formerly of Corbie, containing the Prologue, Book I and
Book II, as a witness to the first edition of the work1 2 .
8. D. DE BRUYXE, L'ltala de saint Augustin, in Revue Bndictin(, 30 (1913),
302-3 I

9. D. DE BRUYXI<:, Encart /']tala des. ,iugustin, Revue d'Histoire ccZ., 23 (1927),


782.
ro. See S. ZARB, op. C'it., 42; for the references to the literature of the discussion
and contron~rsy, Zarb, 41-42. On the general question of second editions in antiquity,
see Hilarius E~IO:--IDS, Zweite .+uflage im. Alterlum : J(ulturf!.eschichtliche Studioi zur
berlieferung der antifwn Literatur, Leipzig 1941, 14-23 ; and 324-325 for his treatment of the De doctrina ch1'istiana in particular. Emonds has no doubt that Augustine's work was published in two editions " Die Schrift ... erlebte eine doppelte
Veriiffentlichung. " (324) But, writing before the research of Vi!illiam :McGowan
C~reen and Joseph l\Iartin, Emonds assumes that the first edition contained part of
Book III : " in dem unfertigen Zustand der Bcher I-III Mitte yeriiffentlicht war ".
(Ibid.)
r r. H.J. VOGELS, for example, in his edition of the De doctrina christianu for the
Florilegiuin Patristicum, doubts any publication of Augustine's work prior to its
completion in 426-427. See his S. A urelii A ugustini De doctrina christiana, Bonn
1930, " Praefatio ", Y : " ... utrum pars prior Yulgata sit, id quod multi viri docti
ex eo concludunt [the reference is to Contra Faustum 22, 91.J an opus imperfectum
in lucem non prodierit, omnino incertum est ; nam usque ad nunc diem nullus codex
repertus est, cuius textus in verba III 25 (35) (dance fermen.taretur totmn) exiret ".
12. See IV.M. GREE:\, A Fourtlt Century lt1 anuscript of Saint Augustine ? in Revue
Rndictim, 69 (1959), 191-197. Joseph Martin arrived at the same conclusion in his
" Praefatio ", op. cil., xrx, noting that he read Green's article "hac praefatione iam
confecta "

IOO

E. KEVANE

What was the occasion of the work ? To whom was it addressed ?


Sorne have thought that Augustine wrote it in answer to the Donatist,
Tyconius13 . This could be at best only a small part of the truth. E. Hill
has advanced the suggestion that it was undertaken " in response to a
particular request from a particular persan, Aurelius bishop of Carthage '',
but he himself is quick to add, "This is of course no more than a guess ... " 14
In such a case Augustine's Letter 4I would bear upon the matter. It
seems safe to say, however, that a particular addressee is not definitely
known, whatever one will be able to deduce regarding a more general
group of persans in the Church whom Augustine appears to have had in
mind.
This deduction can be prepared by gathering evidence on the persans
concerning whom the De doctrina christiana was written.
From the very outset, St. Augustine declares he is writing for those
who will undertake " this profitable study " and he answers his objectors
in the Preface lest those for whom he is writing be influenced " toward a
laziness that dispenses with education " 15 . As a matter of fact, his
very first sentence names those with whom his treatise is concerned : it
is " prepared ... for students of the Sacred Book " 16 . St. Augustine becomes still more explicit : " He therefore will be the most effective student
of the Sacred Scriptures who begins by reading them all " 17 . " It is
in all these books that our students, fearing God and made gentle by
piety, seek to learn the will of God " 18 . It is " men of Latin speech ",
Augustine declares, " whose instruction is our concern in this present
treatise " 19 . He writes for " our students of the Scriptures ", for those
" who desire to gain a mastery of the Divine Scriptures " 20 . And with
great explicitness : " for talented young students who fear God and are
seeking the happy life " 21 . It is important to note that Augustine has
13. See the reference to Storff in T. FRANCBY, Les ides littraires des. Aitgustin
dans le " De doctrina clwistiana ", Saarbrcken 1920, 17.
q. E. HILI,, op. cit., 444. One might mention that Augustine seems \rnnt to
acknowledge explicitly when such a " particular request " stands at the origin of
one of his \Yorks. See for example his De catcchi:.:andis rudibus r, r. At the same time,
in a broader sense, the Primate of all Africa could \Yell haYe been a primary addressee ; we shall return to the point.
15. De doctrina christiana, Prooemium l : utile studium contrastecl with the imperitiae pigritia of his opponents. The Corpus christianorum edition of Joseph MAR'tIX,
Turnholti 1962, is usecl throughout the present stucly when the De doctrina christiana
is citecl. The translations haYe been made by the \Hiter.
16. Preface, l ; studiosi earum (scil. scripturarum). Studiosi is a technical tenn of
the Classical educational system, meaning simply " stuclents " in the processes and
institutions of forma) education.
17. 2, 8, 12 : divinantm scriptiwarum solertissimus indagator.
18. 2, 9, 14 ; see 2, 7, 9 : mitcscerc opits est pietate.
19. 2, l l, 16.
2, 14, 21. And in general see, 2, 19, 29 to 2, 25, 38, for Augustine's purpose and
concern in his treatise.
2 r. 2, 39, 58 : Quain ob rem videtur mihi studiosis et -ingeniosis adulesccntibus et
20.

timentil,us deum beatamque 1 itam quaerentibus salitbriter praecipi ...

AUGUSTINE'S "DE DOCTRINA CHRISTIAN A,,

IOI

adolescent young people in mind when writing his treatise. The purpose is
explicitly an educational one for Christian youth. This could be deduced
from his lengthy treatment of the preparatory disciplines in Book II and
his reservation of the formal discipline of rhetoric for youthful studies in
Book I\' 22 . But there is also his explicit statement in the matter. In
fact, he is concerned throughout with two age groups among his students
of the Scriptures : the adolescents, as he states or implies throughout ;
and older men preparing for the priesthood, who receive particular attention in Book IV23 .
This light on the persons for whom Augustine is composing his treatise
enables us to ask who they are whom he is directly addressing. The
key again is contained in the very first sentence, in the word praecepta.
" There are certain rules for teaching the Scriptures ", he writes, " and I
see that a treatise on them can be prepared with propriety for students
of the Sacred Book " 24 . He speaks of " the type of procedure which I
have taken upon myself to develop in the present work " 25 . "I should not
be criticized ", he states, " if I explain not only what I understand, but
also the principles of human teaching that assist the understanding " 26 .
And he compares himself in the De doctrina chitistiana to the teacher of
reading who uses a set of rules to impart the ability to read : " so he who
learns the pedagogical rules that we are attempting to teach in this book
will need no other person to uncover the meaning that lies hidden " 27 .
The formal object of Augustine's treatise is " knowledge ", the third of
the seven steps toward wisdom, knowledge in the sense of the process
of formal education and academic teaching 28 . He expounds the varions
kinds of rules and procedures to be followed by teachers who are developing in their students a systematic method for understanding the
Scriptures rightly29 . Thus it is a teaching that prepares each student
to become a teacher himself : one " who treats and teaches the Sacred
Scriptures "30

22. See Book II, cc. 16-42 ; Book IV, 3 (4) : satis est, ut adolescentuloritm ista sit
l, 8, 34 ; 2, 4, 18 ; Quintilian, Instihtlio oratoria, 3, 8,
69-70. Augustine's great Roman predecessors did not have a different idea in mind.
23. This becomes clear in the early chapters of Book Four, for example, 4, 3, 4.
24. Prooemium l : Sunt praecepta quaedam tractandcwum scripturarum. P1aecepta
and tractare are teclmical words of the Classical edncational system.
25. Prooemium 2.
26. Prooemium 8.
27. Prooemium 9 : praecepta, quac conamur tradere. For a detailed study of this
intention of Augustine in composing his treatise, see Peter BRUNNER, Charismatische

cura. See CICERO, De oratore

imd methodische Schriftauslegung nach Augustins Prolog ::u de doctrina christiana,


in J{erygma und Dogma, r (1955), 59-69. See esp. p. 62, for the importance of t1actare
in Augustine's statement of his purpose.
28. See 2, 8, I 2.
29. See, 3, r 5, 23.
30. 4, 4, 6 : di11inc1rw11 scripturarum tracta/or et doctor.

102

F:. REVANE

In general, then, Augustine's treatise is a guide for teaching, intended


for the use of teachers. It contains guidelines for organizing the teaching,
nes and precepts for carrying it out in actual classroom practice. Praecepta is a technical term for the rules and procedures that constitute an
academic discipline or educational system. To whom, therefore, is the
De doctrina christiana addressed ? St. Augustine appears to be writing
directly to teachers and to those, like Bishop Aurelius, who are responsible
for the planning of teaching and the superdsion of teachers 31 . In this
way, the De doctrina christiana becomes visible as a practical instrument
for the education of youth. It might well ha,-e been consciously designed
to reform the educational system of classical antiquity.
Augustine is writing for the benefit of students of the Bible, therefore,
and his work is some kind of guide to a tractatio Scripturarum, for the
teacher who teaches not only about the Bible but the Bible itself. At
the same time, his treatise not only reflects his discipleship of Cicero in
the discussions of rhetoric in Book IV, but the plan of the work as a whole
with its two parts, De inveniendo, Books I-III, and De proferendo, Book IV,
stands full in the tradition of the Roman educational writing that proceeds
from Cicero. Take, for example, Cicero's statement ii1 his Topica :
" Every systematic treatment of argumentation has two branches, one
concerned with invention or arguments and the other with judgment
of their validity ; Aristotle was the founder of both in my opinion " 32 .
It is not difficult to corne from this to Augustine's De inveniendo prius,
de proferendo postea33.
31. Thus the "guess ", as be calls it, of E. Hill to the effect that the De doctrina
clwistiana was written " in response to a particular request from a particular person,
Aurelius bishop of Carthage ", may haYe a general justification, eYen if the " particular request " cannot be documentecl. See R HILL, op. cil. 444.
32. H.l\:I. HUBBF.LL (transl.), Cicero de inuentione .. ., Topica, Cambridge, Massachusetts 1949, 387. The affinity with Augustine's major cliyision is eyen more clear
in Cicero's Latin : Cum 0111nis ratio diligens disserendi duos habet partes, unam imeniendi alternin iudicandi, where ratio disserendi is hroader than Hubell's translation
by " argumentation ". And the part called " judgement " is readily transposed to
Augustine's De proferendo. Cicero's mention of Aristotle points up the fact that hoth
he and his later disciple, the Bishop of Hippo, are concernecl \Yth the Graeco-Roman
civilization of classical antiquity as a whole. See also Crc:i,;iw, Dl' 01'atore 2, 4r, 176177 ; and QurNTILIAN ro, 5, 19. For Augustine as a careful stndent of C'icero an<l
indeed as his life-long disciple, see J\Iaurice TES'I'ARD, Sai 111 Augustin et Cicron,
Paris 1958.
33. De doctrina chvisliana 1, r, r ; repeated three decades la ter, 4, 1, 1. Thrse
FRAXCBY, Les id/es litt haires de s. Augustin dans le De docll'i11a christiana, Saarbrcken 1920, 22, notes the correspondence from another direction : " La ressemblance
r'lu De 01'al01'e et du De doclrina christiana commence par le cadre dj ", pointing
out that the two main divisions of rhetoricnl doctrina, imentio and elocutio, reflect
its matter and form, res and 1Jerba; and she cites C'icero's De oratore 2, 90, 366 and 27,
120 ; Orator 34, 1 r9. Also Professor I~ouis D. McNE\Y, The Rcla.tion of Cicero's
Rh0toric to Augustine, in Research Studies of the State Col/ege of Washington, 25 (1957),
r o " C'icero treated rhetoric in terms of fiye parts-invention, arrangement, diction,
memory, and deliYery. For Augustine two of these fiYe parts provide at once the
framework of his treatise on Christian Doctrine ... " ; ancl he cites C'icero's De oratore
r, 41, 186-42, 187.

AUGUSTINE'S "DE DOCTRINA CHRISTJA1YA"

103

The general framework of composition then, is that of the Classical


culture, an old bottle indeed. But the wine is largely new. Whatever
the exact nature and purpose of this treatise may be, and regardless of
its somewhat mysterious title, so difficult to translate and so disconcerting
at first sight with its omission of the Bible, Augustine's De doctr1na
christiana concerns the Sacred Scriptures from its beginning to end. And
hence the challenge to analyze in greater detail its nature and purpose,
partly to see more accurately what Augustine himself had in mind, often
obscured when meanings of today are read back into words of his day,
and partly to interpret more comprehensively what he did, frequently
illumined in a new way when seen in retrospect upon history and its
succession of civilizations.
Vrnws AND CoxTROVERSIES ON AuGuSTINE's TREATISE

A wide variety of opinions regarding the nature and purpose of the


De doctrina christiana has been characteristic of Augustinian scholarship
in recent times. A brief survey of them may well begin with the view
that it is a treatise on biblical hermeneutics, indeed the first of a long
line of such textbookish manuals or introductions to Scripture that extends
to the present. On the surface at least, the Yiew seems eminently justified, for the treatise does indeed concern the Bible throughout ; and does
not Augustine himself say that it is intended to help in understanding
the Scriptures ?
Teuffel and Kroll, in their earlier but still useful History of Roman
Literature, list the De doctrina christiana among Augustine's " exegetical
works '', calling it his general treatise on exegesis ; and they cite Retr. II, 30
in support, according to which Books I-III would be simply a " Biblical
Hermeneutics ", and Book IV a " Homiletics " 34 . So too Portali :
" This is a genuine treatise of exegesis, the earliest of its kind, since
St. Jerome wrote rather as a controversialist... It is divided into two
parts. Viewing the Bible as a great source of Christian doctrine, although
not the only or the primary one, Augustine outlines the method of discovering its rneaning in the first part, really a treatise on herrnenentics
(Books I-III). Then he shows how to explain its meaning to the people.
Thus the second part gives the principles of homiletics or preaching rather
than of scientific exposition " 35 . Testard, studying Augustine as a
disciple of Cicero, finds that Books I-III contain practically no trace
of Cicero, but constitute rather " a manual for the Christian exegete " 36 .
3+ See W.S. TEUFFEL, and \V. KROU,, Geschichte der r6111ischen Literatur,
Leipzig 19ro-19r6, Vol. III, 372. The title, De doctrina christiana, is translatecl
" ber die christliche \Vissenschaft ".
35. J2ugne PoRTALifr (trnnsl. Ralph J. Bastian), A Guide Io the Tho111d1t of Saint
Aitgustine, Chicago 1960, 60.
36. l\Iaurice T.ESTARD, Saint Augustin et Cidron, Paris 1958, Vol. r, 189. In Book
IV, Testard states, Augustine leaves the domain of Scripture and treats " the pastoral
problem of teaching the truths of the Bible by preaching ". It is here that he refers
frequcntly to Cicero, especiall;- the Oralor. (r80-r90),

E. KEVANE

Also Julien Ries in his valuable monograph on Augustine's exegetical


works : " For him, doctrina christiana is synonymous with doctrina de
scriptura sacra " 37 . Duchrow furnishes a prime example of this type of
generalization on the De doctrina christiana as a whole : for him it is
simply " seine Hermeneutik " 38 . Laistner vacillates. " Augustine's
De doctrina christiana ", he writes, " reproduces two phases of his thought
on education " 39 . In fact, with striking accuracy, he states that" Augustine's book gave his contemporaries a clear and self-contained guide to
the whole education of a Christian teacher " 40 . But immediately he
doubles back, disturbing his insight and producing an opaque mixture :
" The work is, in short, a manual of hermeneutics and homiletics " 41 .
Robertson in the introduction to his translation expresses a view that
may serve as a transition to those who perceive better the pedagogical
character of Augustine's work. " Essentially, On Christian Doctrine is
an introduction to the interpretation and explanation of the Bible " 42 .
" It formulates an approach to the Scriptures whose principles determined
the character of education during that period ", namely, the thousand
years to come 43 .
Those who see the De doctrina christiana as a textbook of rhetoric, a
techne or ars rhetorica, present so stark a contrast that it is difficult to
realize they are discussing the same work 44 . " The treatise De doctrina
christiana ", writes Corneau, " a part from certain personal views of the
author, finds its place quite naturally in the long series of textbooks of
rhetoric that Latin authors, emulating each other, published until the
barbarian invasions 4 5 . " Granted that this treatise has biblical interpretation as its purpose ", states Francey, " it is in fact a manual of

37. J. RIES, La Bible chez saint Augustin el che7 les Manichens, in Revud des
tu.des Augustinimncs, 9 (1963), 2rr. See p. 205: "Two treatises by Augustine sound
the death-knell of the moclernism of that day : De {<enesi ad litteram, the decisiYe
refutation of the cosmogony of Mani ; and De docfrina c!wisliana, the rnin of the
exegesis of the African Manicheans ".
3il. Ulrich DucHROW, Zunz Prolor; i'on Augustins "De doctrina christiana '', in
Vigiliae Christianae, 17 (1963), 165.
39. M.L.W. LAISTXI\R, ChYistianity and Pagan Culture in the Later Roman Empire,
Ithaca, New York I95r, 68.
40. Ibid., 7r.
4r. Ibid., 69.
42. D.\V. ROBI\RTSOX (transL), Saint Augustine : On Christian Doctrine, Ne''
York 1958, IX.
43. Ibid., X.
44. Christine Mohrmann writes, with ample justification, " Few of _Augustine's
works have been so clifferently, and often so wrongly interpreted ". Etudes sur le
Latin des Chrtiens, Roma 1961, Vol. I, 358.
45. M. Col\!IEAU, La rhtorique de saint Augustin d'aprs les " Tractatus in ]ohannein ",Paris 1930, 21-22. See also J. GARCIA }IME::-<Ez, La Rct6rica de San Ag11sti11 :J'
su patrimonio cldsico, in La Ciudad de Dios, 7r (1955), rr-32.

AUGUSTINE'S ., DE DOCTRINA CHRISTIAl\TA"

105

rhetoric applied to the exposition of truths discovered by exegesis" 46


Jos Oroz holds for a middle way between this " exaggerated classicism "
and the view of authors like l\Iarrou, followed by Van der Meer and l\Iohrmann, who wish to see the De doctrina christiana as a " rhetoric " indeed,
but one that breaks in an abrupt revolutionary manner with the classical
rhetorical tradition 47 . Actually Oroz's study, like those of lVIcNew 48 ,
lVIandouze 19 , and Del Ton 5, appears to approach the truth of the matter ;
these specializecl stuclies see Augustine's " rhetoric " as the fulfillment of
the classical cultural heritage and its eleYation to the higher level of
Christian culture, rather than as a revolutionary rupture with it.
This concern to locate Augustine's De doctrina christiana properly
and objectively in the stream of the classical rhetorical tradition, with
its pedagogical textbooks and its works of Cicero, has not occupied the
center of the stage. This has been held by the controversy between Eggers-

46. Thrse FRAXCEY, Lis ides littvair,s de s. Augustin dans le " De doctrina
christiana ", Saarbrcken 1920, 6. Francey (ibid.) aclmits that Augustine's title is
a puzzle " .. le titre ne semble gure annoncer une exposition de principes littraires". Neither does it seem to annou11ce a treatise on exegesis, or a" Hermeneutics
'1nd Homiletics ". E\erything turns, as 've shall see, on the meaning of the word
doctn:na. See also ::vI.\Y.L. LAISTNER, Christianity and Pagan Culture, Ithaca,
Ne\\' York l95r, 70-71, for a similar " exrrggerated classicism " : " Augustine ...
very rarely makes rr direct quotation from his pagan sources. Nevertheless, his debt
to Cicero is not superficial ; for the parallelism in thought beh\een the classical
theory of oratory and Augustine's theory of Christian preaching can be traced right
through the book ". And, interestingly, he cites with approYal, and against 1Iarrou,
the same " exaggerated classicism ''in Sister Thrse Sullivan : "This has been brougt
out clearly by Sister Thrse Sullh-an in her edition of the fourth Book of De doctrina
(Catho!ie Unh-ersity of America : Patristic Studies XXIII [19301, 8-13). Greatly
as I admire M.H.I. J\Iarrou's book .. ., he seems to me to exaggernte the originality
of the De doctrina christiana ... " (132).
47. See J. ROZ, "El 'De doctrina christiana' o la ret6rica cristiana ",in Estudios
Cldsicos, 3 (1955-1956), 452-453. He cites H.I. J\IARROF, Saint Augustin et la fin de
la culture antique, Paris 1958, 519 : "The De doctrina christiana is therefore something
new. lt is definitely different (as a rhetoric) from the teaching of the classical schools ...
It is this seeoncl alternatfre, the method of free imitation, that becomes for Augustine
the normal thing. One senses that in his view they are fe\Y who can profit in practice
from that other method, the technical formation at the hands of a teaeher of rhetoric.
For Van der Meer, see his Augi!st-ine the Bishop, London 1961, 405-406. And for
Mohnnann, see the chapter, "Saint Augustine and the 'Eloquentia' ",in her tudes
sur le Latin des Chrtiens, Roma 1961, Vol. I, 351-370. "It was thought ", she writes,
"that he expressly recommended the study of classical oratory to young religions ... "
It is Marrou's " great merit " that " he breaks with this tradition " and calls Book
VI " reyo!utionary " (358).
48. See J,ouis D. McN1rn-, The Relation of Cicero's Rl1etoric Io A ugustinc, in Restarch
Studies of the State Collegc of W!ishington, 25 (1957), 5-13.
49. See Andr MA::-mouzi;;, S. Augustin ou le 1'hteur canonis, in Bulletin de
!'Association Guillaume Bud (1955), 37-41.
50. See Joseplrns DEL To:\, De loquendi genere grandi sancti A ugitslini, in Latini/as, r r (1963), 245-254.

ro6

E. KET'ANE

dorfer and his school of thought regarding the De doctrina christiana


on the one hand, and lVIarrou and his followers on the other 51 .
Eggersdorfer maintains that the De doctrina christiana is a specialized
guide for the training of the clergy, restricted to this particular point of
view. Within this limited purpose, Augustine " planned a Christian
reform of the educational program of the school, in such a way that Sacred
Scriptnre would occupy a decisive position " 52 . After analyzing the
educational theory and practice contained in Book II of Augustine's
work, Eggersdorfer states his conclusion. " The broad survey of the
general education which the future exegete is to receive leaves no doubt
about Augustine's purpose : his Doctrina christiana is not intendecl merely
as a textbook in hermeneutics, but rather as the complete description of
his plan for the entire education of the clergy, which for him was the same
thing as Christian education as such " 5 3.
" I take a definite position here ", writes Marrou, " on a disputed question : is the De doctrina a simple manual of Hermeneutics and Homiletics
for the use of the clergy, or is it rather a treatise on the full extent of the
problem of knowledge and of Christian culture ? " 54 And he states his
view of the nature and purpose of the work: " It is a treatise in four books
expressly clevoted to Christian culture, well meditatecl and maturely

51. See Franz Xaver }\GGERSDORFER, Der hPilig,, Aui;ustimts als Piidagoge und
seine Betleutuni; fr die Gesclziclite der Bildung, Freiburg im Breisgan 1907, n8, for
the state of the question and the bibliography on the point at that' date. And HenriIrne M.\RROU, Saint Augustin et la fin de la culture antique, Paris r958, 332, for
his statement of the question and the relevant literature. For a more recent redew of
the controversy and its literature, see U. DoMiNGUEZ DEL VAL, Cu.ltiwa y formaci6n
inte/ectual en los J\fonasle1'ios agustinianos de Tagaste, Cartago e Hipona, in La Ciudad
de Dias, 169 (1956), 449-450; among the authors noted, he cites one, the patrologist
B. Altaner, who follmvecl earlier the" traclitional \'iew" of Eggersdorfer then changecl
in the later editions of his Patrology to that of l\Iarrou.
52. EGGERSDORFER, op. cit., r 17. In this he himself is following Gaston BorssmR,
La jin du paganisme, Paris r89r, Vol. I, 243 : " Ce trait<" (the De docfrina chYistiana)
est un !ivre d'ducation; mais il ne s'adresse pas tout le monde; saint Augustin ne
\'eut lever que des clercs ". For the essential pedagogical practices, Eggersdorfer
analyzes Book II of the De doctrina chi'istiana, citing from the earlier German editions the statement of A ugustine's intention gfren by Otto \VILL~L\.:\'X, The Science
of Education in ils Sociological and H istorical A spccts, Latrobe, Pennsyl\' ania 1930,
Vol. I, r87 : " The cleverest and most dispassionate treatment of the subject (the
conflict between ancient pagan education and the principles of Christianity) is
found in the \York De doctrina christia11a (Book II, written abont 396), where St.
Augustine outlines, from the \iewpoint of Holy \\'rit, a system of secular stuclies
that lias exercised upon the succeediug ages a powerful influence ".
53. EGGERSDORFER, op. C'it., 145. It is clear that Eggersdorfer is not accurately
represented when he is listecl with those who see the De doctrina christiana simply
as a " Hermeneutics and Homi!etics ". l\ggersdorfer is the pioneer modern Augustinian scholar in the stndy and recognition of St. Augustine as an eclucator. For another
statement of his position, see ibid., r 40 : the De doctrina christia11a "ist also in Wirklichkeit " Fin Buch iiber Erzielmng ', enger genommeu eine Studienordnung fiir
Kleriker ".
5-f. H.-I. ::.\Ll.RTWr, op. cil., 332.

AUGUSTINE'S "DE DOCTRI1\'A CHR!STIANA"

107

ripened in his thought, in which St. Augustine expounds for us the full
essentials of the position he reachecl at the end of his life on intellectual
culture, on its place in man's life, on its purpose, its techniques and its
methods " 55 . This intellectual culture is to be a Christian culture,
without compromise : Doctrina christi:ana, the title of his book, means
" Christian culture " 56 . " Let us analyze immecliately the significance of
this expression. There is more involvecl than simply to adopt a type of
intellectual life that does not conflict with the demands of Christianity,
that can be harmonized with it, that leaves open the possibility of the
Christian life. Augustine insists upon much more than that. He wants
a culture that is strictly subordinatecl to Christianity : all the manifestations of intellectual life ought to serve the life of religions faith, and
indeed to be nothing else than a fonction of this life of faith " 57 . Hence,
Marron concludes, " The De doctrina christiana is the fondamental charter
of Christian culture " 58 . And this is " a culture entirely consecrated to
God " 59 .
The crux of the matter is the evidence Marron adduces for the fact
that St. Augustine intencls this Christian culture for all Christians, for
the laity as well as for the clergy 60 . " Defined by such a program (namely
the purged and Christianizecl order of studies and the central place given
to the Bible), this culture perhaps will appear to be not only Christian,
but rather definitely ' clerical '.
I am certainly the first to see how
this program reflects the influence of Augustine's character as an ecclesiastic. I recognize there the apostolic spirit, the concern for apologetics,
the severe churchly practicality of the great bishop. But nevertheless it
would be a misconception to believe that this program was destined only
for ecclesiastics " 61 .
" One must recognize that for St. Augustine it is all human culture as
such that gravitates around the stucly of the Bible, and that this is the
55. Ibid. For :i'llarrou's concept of " cnlture ", see his " Introduction ", III-1\" ;
it is a concept \Yhich has overtones of the understanding of culture as a static persona! quality, with a corresponding tenclency to miss the dynamic concept of culture
as a modng social phenomenon, ha,ing therefore a Itlturgeschichte ; and hence also
to miss the dynamic agency in the social process of culture called education ; and
for Christian culture, a Christian education of youth.
56. Ibid., 339: "Augustine's concept of intellectual culture ... is summarized in one
word, the yery one that he selected as the title of the work devoted ex professa to
this snbject, dnclrina clzristim?a, une culture chrtienne ".
57. Ibid., 339.
58. Ibid., 4 r 3. See 1 bid., 339-345, for ::-.rarrou's documentation of his thesis.
" I do not seek here ", he says, " to impose a persona! impression on my reacler.
St. Augustine has expressecl his teaching on this point with ail clesired precision and
rigor ". (343) ::Yiarrou points out qui te correctly that Augustine's Book I, from heginning to end, is a documentation of this concept of anthentic Christian culture.
59. 1 bid., 342, with the references to Augustine's two letters on his philosophy of
culture, Epis!. 26 and Epist. rr8.
60. See ibid. esp. 380-386 ; 506-507 ; 638 ; but also passim: ?iiarrou's massiYe work
might well be said to support his thesis on prnctically eyery page.
6r. Ibid., 380.

108

E. KEVANE

only culture he admits for the Christian intellectual.. For him, no other
culture is legitimate " 62 . lVIarrou is clear on the fact that Augustine
expects his Christians to participate in all the works of civil society, and
that he intends that they have a suitable intellectual preparation for all
such tasks and callings. The time is past when a Tertullian called for
Christian abstention from the activities of the earthly city. " Augustine
lives and thinks in the century of Theodosius, in a society that has become
officially Christian.
He ne\'er for a moment dreams of forbidding the
technical studies necessary for future attorneys, medical doctors, civil
servants, and so on... But, considered in their technical aspect, these
studies properly speaking do not constitute a culture " 63 . For his personal culture, the Bible includes all that any Christian, whether clergyman
or layman, needs to know.
" Let him look at the culture of paganism :
whatever is harmful, in it, the Bible condemns ; whatever is useful in it,
is found also in the Bible, and in addition a wealth of things to be found
nowhere else ... " 64
With this Marrou cornes to his inferences and conclusion. " The De
doctrina christiana, therefore, is not a simple manual De institutione
clericorum : there is nothing specifically ecclesiastical in this program of
culture. And this is made clear by the fact thn.t Augustine did not have
to wait to enter the ranks of the clergy at Hippo in order to recognize its
necessity " 65 . lVIarrou points out rightly that this program dates from
Augustine's life as a Catholic layman, when he saw clearly that the laity,
obliged to assist the Church and to share the apostolate, cannot do so
without this Christian culture.
" Let us guard against useless surprise
at this. It is a mere modern idea, one that appears to me quite foreign
to the Patristic Age, to distinguish between a religions culture reserved
solely for the clergy and a profane culture that would be legitimate for
the laity... Augustine rejects this hypothesis with indignation " 66 .
" It is an error frequently committed to see in Book IV of the De doctrina
christiana a simple treatise on homiletics " 67 . And in his Retractatio,
his mature reconsideration of his own book, Marrou gives his position
formal re-statement. " I maintain ... that Augustine's treatise is not a
simple manual of hermeneutics and homiletics for the use of the clergy,
but rather that it defines the normal type of higher Christian culture . I
still consider my demonstration valid. Apart from the ' philosophical '
vocation, there is no other Christian culture that is legitimate. And in
62. 1 bid.
63. Ibid., 380-381 ; and :.\Iarrou cites De doctrina christma, 2, 25, 39-2, 26, 40.
64. Ibid., 38r, citing De doctrina christiana z, 42, 63.
65. Ibid.
66. Ibid., 383, citing Augustine's Sermon r7, 8, in G. \IORIK, Sancti Attgustini
Serinones post }'vfaurinos reperti, Miscellanea Agostiniana, Roma r930, Vol. I, 88.
See Marron, ibid, 384-385, for a discussion of the laymen in all walks of life who
formerl part of Augustine's circle. They were interested in the study of " theology "
and \Yere devotecl to the pursnit of Christian culture.
67. Ibid.., 50C>.

AUGUSTINE'S "DE DOCTRINA CHRISTIA.l\TA,,

IO<)

fact that culture was spread in Augustine's day very extensively among
the Christian elite, outside the ranks of the clergy "68.
There is another group of scholars who place their evaluation of Augustine's intention in the De doctrina christiana, and the fundamental nature
of his treatise, in a different context. It is that of the field of education,
formally as such, with its concept of humanizing purposes and procedures,
its design and content of the curriculum, and its set of methods, motives
and ideals in teaching6 9 .
Eggersdorfer, although with the restriction noted above, does so already.
He calls St. Augustine" the founder of Catholic education " 70 , and relates
his Christian philosophy of God and the soul to his educational theory
and curricular practice. " In fact ", he writes, " this philosophical position gave Augustine a stable norm for choosing which sciences and disciplines should find place upon his order of studies. This decision was not to
be left to mere custom, nor even to practical utility. What the young
person should use as the means of educating his mind was rather to be
determined by one all-important question : How is each discipline related
to the uniquely real truth and how is it suitable for leading the mind to
that truth ? ... It was this pedagogical position of Augustine that became
significant for the history of education " 71 . " Augustine ", Eggersdorfer
concludes, " extablishes by this speculative philosophizing what is actually
a systematic order and plan for the sciences and disiplines of the field
of education " 72 .
Professor Wilhelm Whr, standing in the strong tradition of German
historiography and Kultiirgeschichte, writes in measured terms. " As
Augustine influenced v.,r estern thought for eight centuries by his apologetical writings and his City of Gad, so too he dominated the educational
institution of Western Christendom by his foundational work, the De
doctrina christiana, ' On Christian Education ', written out of his rich
personal experience in the matter. In it he gives his general theory of
education; uniting Christianity and the classical pedagogical heritage,
and providing the detailed design of the curriculum for the Cathedral
Schools which he personally established 73 . " Hence '', he concludes,
68. Ibid., 638. l\Iarrou is replying in particular to P. de I,abriolle, a supporter of
Eggersdorfer's Yiew, writing in the journal des Savants (1938), 149-150.
69. Marron. of course, is close to this group with his constantly recurring theme of
" Christian culture ". But for some reason, somewhat of a puzzle, he seems studiously
to ayoid the field of education as such. In his short popular work, St. Augustine and
his Influrnce throup;h the Ages, New York 1957, 55, he does incleed speak of the" special place (which) must be ghen to what we may call his educational works, such as
De catechfrcindis vu di bus, a little book of elementary religious instruction, or his
De doctrina christiana, a thesis on Christian education ... "
70. F.X. EGGERSDORIIER, op. cit., 105.
7r. Ibid., 42.
72. Ibid., 6+
73. \Vilhelm v,-1m, Das abendlandische Bilditn{{S'ldSnl im lvlittelalter, Munich 1950,
20-2!.

ll

L. HEVANE

" every treatise on medieval education must begin with the masterful
figure of the African Church Father. This is true not only because he
stood on the boundary of the epochs, unique in reflecting in his personal
and intellectual destiny that twilight between the culture that precedecl
and that which was to follow, but also because Augustine was in a twofolcl sense the lawgiver of the entire educational life of the early Middle
Ages. For he legislated both the very iclea of the educational theory,
and an actual part of the essential institutional aspects of the educational
practices " 74 .
Professor cl' Arcais in Italy agrees. " St. Augustine, one can say, was
the first to construct an explicit treatise of Christian peclagogy, a systematic discussion of the pnrposes, content and practical aspects of the
educational process " 75 Victorino Capnaga, in a perceptin treatment
that sees the relationship between eclucational process and cultural outcome, terms the De doctrina christiana " a manual of Christian cultural
formation " 76 . Jean Leclercq speaks of Augustine's " great work on
Christian education, the De doctrina christiana " 77 .
In the English-speaking world the same position is well represented.
" In his De doctrina christiana ", writes Edward Kennard Rand, " Augustine explicitly recognizes the value of the arts as a precursor of the higher
studies of clivinity ; he recommencls that the learner begin the difficult
programme early, and pursue it vigorously and steadily. Now this is
precisely the plan of Plato and Cicero, a curriculum of two parts, an introduction and a fulfillment " 78 . Professor Rand tenus it " a splenclid
programme of Christian humanism " 79 , one in which St. Augustine
subscribes to the basic positions in the Christian education at which
St. Jerome also had arrived 80 . In England John Baptist Reeves gave
Rand's insight a more explicit and cleveloped statement. "St. Augustine"
he writes, " was a professor of the liberal arts before his baptism, and
continuecl to practice his profession to the end of his life, and for generations afterward " 81
" As a Christian teacher he took his disciples
74. Ibid., 20 ; note the characteristic German use of the \\'ord " culture " as a
social heritage and process, a meaning quite distinct from its usage to denote one's
JeyeJ of Bildung, an acquired persona! qnality. lloth meanings lul\'e come to attach
almost equally to the use of the word " culture " in English.
75. Giuseppe Flores d'ARCAIS, La pedagogia nel pensiero cristiano, Grande Antologia Filosofica, Vol, V, 64I.
76. Victorino C.\PAX.\G,\ in his " Introducci6n general ", Ob ras de San A gustin,
~Iadrid 1950, Vol. 1, r++
77. Jean LECLERq}, The Love of Lrarning and the Dcsire for Gad, New York 1961,
217.
78. Edward KEXXARD RAXD, Foundcrs of the Middle Ar;es, New York 1928 and
1957, 228.
79. Ibid., 270.
80. See ibid., 269.
8r. John Baptist RI<:EVES, St. Augustine and Humanism, in Martin D' ARCY
(ed.). A Monument to Saint Augustine, London 1930, 126. This book has been rcissued, Ne\\' York 1957, under the title St. Augustine and Humanism.

AUGUSTINE'S "DE DOCTRINA CHRJSTJA,VA,,

111

through the whole schooling in which he himself hacl been educatecl,


making the pagan arts the introduction to Christian doctrine " 82 . " The
De doctrina christiana ", he conclucles, " .. .instructed Christian scholasticism what its method and aim in education was to be, and was most
faithfully followed. No book on eclucation has ever been studiecl more
attentively or profitably than this was by the great men, humanists
and philosophers, who laid the first complete founclation of European
universities " 83 . Christopher Dawson concurs. " The course of studies
which St. Augustine had clescribed in his treatise On Christian 'Doctrine
became the programme of the monastic schools, and bore fruit in men
like Bede and Alcuin " 84 . Augustine was a profoundly original philosophie
genius in the matter of Christian culture, Dawson concludes, for whom
" the seven Liberal Arts ... are regarded as an instrument of religions education, notas an end in thernselves " 85 . This states accurately the fondamental fact which Gerhard Ladner views frorn a different perspective,
that of the conversion of antiquity to God in the Catholic Church, when
he calls the De doctrina christiana " a program of Christian learning and
teaching ", " ... Christian reform of the ancient educational system " 86 .
" The Augustinian road then leads frorn doctrina cliristiana, the receiving of
" Christian instruction ", to prebaptismal conversion, to baptismal regeneration, to reformation and postbaptismal conversion, to a rnonastic
or at least ascetic way of life in the City of God on earth, and through it
all back to doctrina christiana, the giYing of ' Catholic instruction ' within
the Civitas Dei "8 7 .
A lucid treatment of the nature of the De doctrina christiana and of
Augustine's work and influence as an educator is that offered by Professor
Bolgar of Cambridge University in his magisterial work on the classical
heritage. " Augustine's vigour of rnind ", he writes, " was to have great
importance in his treatment of educational problems ... He put forward
a single solution to the problem of how to preserve civilization without
preserving paganism... Christian culture could then take the first and
jettison the second" 88 . " With the barbarians at the gate ", he continues,
" ... three books are written breaking new ground. The attempt to find
arguments for general knowledge within the limits of the oratorical ideal
is summarily abandoned. Instead, in the treatises of Augustine, Capella,
and Cassiodorus the seven liberal arts feature as the basis of a new school
82. ] bid., I 28.
8 3 . rbid., 14 6.
84. Christopher D.\WSOX, St. Augustine and His Age, in ~Iartin D'ARCV (ed.),
op. cil., 35.
85. Christopher DAwso::-;, The JVlahing oi Europe, New York 1938, 66.
86. Gerhart B. LAD:N1'R, The Idea of Reform Ils Impact on Christian Thought
and Action in the Age of the Fathcrs, Cambridge, Massachusetts 1959, 376.
87. Ibid., 377-

87. Ibid., 377.


88. R.R. BoLG.\R, Tite Classical Heritage and fis Bemjiciaries, Cambridge, I-:ngJand 1958, s2-53.

112

E. KEVANE

curriculum " 89 This new plan for a more comprehensive curriculum,


as he terms it, was a fondamental step beyond the Classical civilization ;
and in taking it, " Jerome and Augustine were the men who decided the
educational future of the West " 90 . And, to conclude this survey, William
Barclay in his luminously synthetic work on classical education allows
the De doctrina christiana to appear as an integral and climactic part of
a process that had occupied the Patristic Age as a whole. " ".In fact the
Church had annexed the Roman educational system, and had made it her
own. She had in fact baptized pagan education into the service of the
Ch urch " 91 .
Such, then, are some of the principal views on the purpose and nature of
Augustine's De doctrina christiana, views that frequently are described
in terms of a controyersy on the treatise. These varions approaches to
Augustine's work and evaluation of it, however, may be less difficult to
reconcile than one might perhaps think. As a preparation for such a
reconciliation, and to make Augustine's purpose in his De doctrina christiana more visible, we shall summarize and outline its content.
AN UTLINE OF THE CONTENT
The Preface
St. Augustine's Prooemium is a remarkable document of the Patristic
Age, bearing witness to the long struggle of the Fathers of the Church to
solve the problems created for Christianity by the corrupted natural heritage of the pagan paideia, the secularized Graeco-Roman culture. Since
the victory of the Church of the l\Iartyrs over the ancient paganism, a
strong tendency existed among Christians " to reject the entire heathen
educational system and its schools " 92 . This attitude, however, was not
shared by the great leaders among the Greek and Latin Fathers of the
Fourth Century. Such is the context of the Prooemium and the general
background of the De doctrina christiana as a whole. Chapters 28-29 of
Book II correspond directly to the questions raised by the opponents
refuted in the Prooemium, and Book II, chapters 30-57 give the detailed
answer to the questions regarcling the proper place of the profane paideia
in a program for the Christian education of youth 93 Positively, Augusti-

89. Ibid., 35.


90. Ibid., 50.
9r. ..William BARCI,AY, Educat-ional Idea/s 1:n the Ancien! World, London 1959,
25r. See iu general his chapter Y, 192-233, " The Christian Attitude to Pagan Cul-

hue ".
92. F.X. l~GGERSDORFJW, op. cil., 123.
93. This may be taken as an indication that the Prooemium was written as part
of the first edition of 296-397, against the view of Ulrich DFCHRO\\", Zum Prolog
von Augustins De doctrina christiana, in lgiliae Christianae 17 (1963), 165-172,
who envisages the opponents of Augustine's approach to the Scriptures through a
lmman doctrina as a group of monks in Cassiau's circle. " Eine Bezugnahme auf
Cassian ist natrlich nur dann mglich, wenn der Prolog nicht zum ersten, 396 /7
verffentlichten Teil yon De doctrina christiana gehrt, sondern erst mit dem Schluss

A['GUSTl1\'E'S "DE DOCTRINA CHRIST/ANA,,

II3

ne's Preface states the intention to develop a method, by means of the


praeccpta of a doctrina, for understanding the Scriptures, rather than to
give the exegetical interpretations themselves. He will proceed like the
teacher who imparts the method of reading so that the student may read
henceforth for himself. Negatively, the Preface answers the opponents
of the methods of formal pedagogy in the Christian education of youth and
in the interpretation of the Bible. Seen in its larger context, therefore
the Prooemium seems to place the De doctrina christiana full in the field
of education from the very beginning 94 .

Booh I : The Content of the Faith


Section I : Basic Principles and Distinctions, I (1) - 4 (4).
Section II: The Object of Faith, 5 (5) - 21 (19).
- God Almighty, the Blessed Trinity, 5 (5) - IO (IO).

Yon Buch III und Buch IV etwa 426 /27 geschrieben ist. Dies scheint nur m der
Tat der Fall zu sein ". (169) In fact, however, Augustine himself (Book 4, 1, 1)
seems to state that he wrote the Prooemium in connection with the first eclition. It
appears more correct, al! things considerecl, to retain this position with Peter BRUXXER, Charismatische und methodische Schriftauslegung nach Augustins Prolog ,;,u
De doctrina christiana ",in Kerygma und Dogma, l (1955) 59-69, 85-103.
94. The cletailed commentary upon and ex p1'ofesso study of Augustine's Prooemiitm is the monograph by Peter Brunner, cited in the preceding note. For the
current of anti-intellectualism and opposition to doctrina and formal education
among the early Christians, see the excellent synthetic chapter iri v,-miam Barclay's
work, cited in note 91 above. In fact the pagan educators had to contend with the
same sentimentalism, as Quintilian makes clear, II, cc. l 1-12 ; see his heavy irony
in conclusion, 2, 12, 12 " Still let me congratulate these gentlemen on attaining
cloquence without inclustry, methocl or stncly ". (H.E. Butler, transl., Cambridge
1958, 278). On Augustine's Proocmium. see also Alfred de S.\DOUS, Sancti Augiistini
de doctrina christiana, Paris 1847, 9-19; and H.I. J\faRROU, Saint Augustin et la fin
de la cultiwe antique, Paris 1958, 239; 389; and especially 181-186, where he discusses
the intellectual component of culture. There is a pointed contemporary rele\ance
in Augustine's Proocmium that Werner J aeger expressess lucidly in his Early Christianity and Greeh Paideia, Cambridge, l\Iassachnsetts 1961, 72-73 ; "The Christians
of higher cultural ambition and greater political foresight conld not follow such
mass instincts ; rather, they rose to the occasion under a wise leadership, and instead
of rejecting this culture out of hand the y made a supreme effort to clistinguish ...
They felt that... if Christianity pro\ed un able to take over cultural and intellectual
leadership, eyen its external political victory, of which they felt certain in the long
run, would be illusory. It was not enough to coin slogans and to proclaim Christ the
new pedagogne of humanity, as Clement of Alexandria had doue, and Christianity as
the only trne paideia. Christians had to show the formative power of their spirit in
works of snperior intellectual and artistic caliber and to carry the contemporary
mincl along in their enthusiasm. That new enthusiasm might become the creatiYe
new force that was needed, but it would never achieve its goal without passing
through the severest training of han cl and min cl, just as the ancient Greeks had had to
learn the hard way. They had to start from the elements and then builcl man np
systematically. What they needecl was the kind of school that would teach them
that. In a word, they had to build up a Christian paideia ". This states qnite precisely
both the nature and purpose of Augustine's De doctrina christiana and its abiding
relevance for contemporary questions and problems in Christian education.

The Incarnation, II (II) - 12 (12).


The Redemption, 4 (13),
The Resurrection and Ascension, 15 (14).
The Church, the Mystical Body, 16 (15) - 18 (17).
The Resurrection of the Body and Life Everlasting, 19 (18)21 (19).
Section III : Resulting Christian Moral Principles, 22 (20) - 34 (38).
On Human Love, 22 (20) - 24 (25).
Divine Charity and Christian Value Judgment, 25 (26) - 33
(37).
Conclusion : Christ is the only way to God, 34 (38).
Section IV : Principles of Biblical Exegesis, 35 (39) - 40 (44)
Seen from the viewpoint of philosophical analysis, Augustine's Book I
establishes the purpose that the Christian teacher ought to have in view,
and clarifies the essential values which make the process of education a
humanistic formation. And from beginning to end, the rule is the Catholic
Faith on the one hand, and its counterpart, the absolute elimination of
secularism, on the other. The approach is entirely theocentric, a fonction
of Augustine's general philosophy of God and the Soul, and at the same
time completely practical : how to judge values in the light of the Great
Commandment 95 . Augustine ends his Book I with a general study of the
place of the Bible within the Catholic faith, establishing the " rule of
faith " or " analogy of taith ", and preparing the place of the Bible among
the means and instruments of education, the general subject of Books II
and III.

Booh II : The Studies that Concern the Bible.


Section

I: Principles and General Approach, r (r) - 8 (13).


Signs, Symbols and Worcls, r (r) - 4 (5).
- Application to Sacrecl Scripture, 5 (6) - 6 (8).

95. See Paul AGASSE, criture sainte et vie spirituelle, in Dict. de Spiritualit,
fasc. 15, 1958, col. 155-158, for an excellent study of Augustine's elimination of
secularism and atheism from education by means of the principles and purposes
laid d0\n1 for it in Book One. " One basic principle is his guide : a truly Christian
culture cannot be one that is simply juxtaposed to a pagan culture that 'Youk1 be
valid and self-sufficient in its o'vn order" (col. 156). True humanism is determined
by the concept of man and his last end : hence Augustinc's concern to illuminate
the entire matter of educational purposes by means of the content and object of
faith. " Augustine intends tlrnt profane culture be subordinated to the life of religions faith and thus permit man to reach his last end. In this perspective, it becomes
eyident that man must seek in Divine Reyelation his criterion for judging values,
recognizing that the truth of all affirmations concerning man is to be found in the
higher order of the Absolute. And the ,,.ay to this discoyery is no other than the
folloing of Christ ". (col. 156-157) Por detailed discussions of Augustine's exclusion
of secularism, see H.-I. M.\RROU, op. cit., 184, 329, 334-339, 341-342, and 343, Marrou's
summary of Book One.

AUGCSTJSE'S DE DOCTRINA CHRISTIANA"

The Seven Steps to Wisdom, 7 (9) - 7 (rr).


The Canon of the Bible, 8 (12) - 8 (13).
Section II: Knowledge of Biblical Languages, 9 (14) - 16 (23).
- Benefits Derived from Linguistic Studies, 9 (14) - 13 (20).
- Translations of the Bible, 14 (21) - r6 (23).
Section III : The Heritage of Natural Knowledge in Relation to the
Bible, r6 (24) - 42 (63).
- The Natural and 1\fathematical Sciences, r6 (24) - 18 (28).
Discernment and Rejection of Pagan Superstition, r9 (29) 24 (37).
The Arts and Disciplines of Human Culture, 25 (38) - 39 (59).
Philosophy : The Gold of the Egyptians, 40 (60) 42 (63).
In Book II, Augustine is primarily concerned to show in detail how the
arts and disciplines of human culture can be and ought to be cleansed
from paganism and purified of their secularized condition. This regenerates and renews them so that they become effective instruments for an
educational process that fonctions in terms of the purpose laid clown
in Book I. This catharsis is effected by using the Christian principles
learned in the Bible and by relating the arts and disciplines to the study
of the Bible. They therefore become a propaideia, including even rhetoric
and philosophy in this category, for a new and higher level of eclucation,
the study of God's revealed truth directly from the Bible 96 This prepares
for Book III.

Book 111 : The lnterpretation of Sacred Scriptiwe


Section

I : Ambiguities from Punctuation and Pronunciation, r (1) - 4 (8)

Section II : Ambiguities from Figurative Expressions, 5 (9) - 29 (4r).


The Christian Liberation in Biblical Interpretation, 5 (9) - 9
(13).
Principles for Recognizing Figurative Expressions, ro (14) 25 (34).
The Senses and lVIeaning of Scripture, 25 (36) - 29 (41).
Section III : Tyconius and the 1\Ieaning of Scripture, 30 (42) - 37 (56).
The worcl " interpretation " in the title given here for Book III does not
communicate exactly what St. Augustine has in mind. It tend::; to read

96. Perhaps the best study of Augustine's program of catharsis and Christianization of the human arts, sciences and disciplines remains that of F.X. Eggersdorfer,
already cited; see also H.-I. l\L\RROl', op. cil., passim ; esp. 407, for a chart of Angustine's curriculum and the three basic changes that he introduced. For the new philosophical spirit animating the teaching of the arts and sciences, see F. AM:l';ruo,
Il" De }vlusica " di S. Agostino, Torino 1939, l-34; Rudolf LOREXZ, iDie !Vissenscha/tslehre Augustins, in Zeitschrift fr Kirchengeschichte, 67 (1955-6), 28-60, 21225 r. See also Eugene KE\'AXH, . Augustine the Educator, \Yestminster, l\Iarylanr1,
i964, Chapter 6, 149-186, "The Culture of the Human Arts and Disciplines".

E. KEVANE

II6

the present, with its scriptural " introductions " and " commentaries ",
back into the past. Augustine is actually writing about the use of all
the academic and pedagogical procedures of ancient education, especially
those of the grammaticus, upon a new object of study, the Sacred Literature
of the People of God that is largely replacing the litterae, Homer and the
Authors, of the older pagan system of education. The paideia or humanistic formation by means of the classical literature becomes accordingly
a Christian paideia, a Christian humanism, or, in contemporary terminology, a Christian education of youth. This is a practical and vital teaching
because it relates to the life of faith, to a life that fulfills the Great Commandment97.
Book IV : The Christian Teacher and Preacher
Preface, l (1) - I (2).
Section

I : The Relationship of Rhetoric to Christian Education,


(rn).
The Role of Rhetoric among Christians, 2 (3) - 4 (6).
Wisdom and Eloquence, 5 (7) - 6 (rn).

(3) - 6

Section II: TheArt of Rhetoric Studied in Scripture, 7 (rr) - II (26).


The Eloquence of St. Paul, 7 (II) - 7 (14).
- The Eloquence of the Prophets, 7 (r5) - 7 (z1).
- Practical Corollaries for Christians, 8 (22) - II (26).
Section III : The Three Purposes and Styles of Rhetoric, 12 (27) - 2r (50).
The Three Purposes of Rhetoric, r2 (27) - 14 (Jr).
Ecclesiastical Use of the Three Styles, 15 (32) - 19 (38).
Examples of the Styles in St. Paul, 20 (39) - 20 (44).
Examples of the Styles in Sts. Cyprian and Ambrose, 21
(45) - 21 (50).

97. See F.X. J.;;GGBRSDORFJ~R, op. cit., 141-153, 109-123, 141-153, on the replacement of Homer by the Bible. Fggersdorfer points out that Augustine was much
concerned to defend the literary \'alue of the Sacred Scriptures, precisely because
of his educational plan. The Bishop of Hippo is cominced that " the Bible is yery
well suited ... to occupy the central position on the program of studies ''. (123)
"From the very beginning of his treatise (I, l (r)), Augustine lays it down that the
core of Christian education is the tractatio Scripturarum, a teaching of and by means
of the Scriptures ". (141). Eggersdorfer perceh-es accurately the technical meaning
of tracta1'e and tractatio in classical education. See Ernst Robert CuRTrus, Europaische Literatur und lateinisches JY!ittelalter, Bern 1948, Kap. r r, 208-218, " Poesie
und Philosophie ", on the way classical teachers used their literature in teaching ;
and 81 : " Durch seine Bekehrung \Yar er (Augustinus) zur Einsicht gelangt, dass alle
Bildungsarbeit in den Dienst des Glaubens treten msse. Er hatte der Bibel eine
Rhetorik eigener Art zuerkannt ". See H.-I. MARROU, op. cit., 494-498, and Chapter V,
" La Bible et les lettrs de la dcadence ", 469-503 passim. Also, especially for the
significance of Augustine's biblical program in education for history and salvaton
history, see Eugene Kevane, op. cit., Chapter 7, 187-256, " Christian Doctrine : The
Renewal of Sacred History ".

AUGUSTINE'S "DE DOCTRINA CHRISTIAN A,,

II7

Section IV : The Nature of Christian Eloquence, 22 (Sr) - 31 (64).


- Rhetoric as used by Christians, 22 (51) - 26 (58).
- The Primacy of Wisdom, 27 (59) - 31 (64).
St. Augustine in his special preface to Book IV (1, 1-2) reaffirms his
original plan, which, as we have noted, stood in the pattern of classical
treatises on rhetorical education : first, " the way of discovering what is
to be understood '', and then" the way of enunciating these understandings
to others " 98 . Book IV, accordingly, is contained within Augustine's
plan of composition, and should not be interpreted (or eYen presented)
in separation from the first three books, his Christian De inventione. It
is a wonderfully lucid presentation of the literary and pedagogical value
of Sacred Scripture and the definitive Christian fulfillment of the classical
aspiration for wisdom as well as knowledge in the process and outcome of
education 99 .
DocTRINA, HuMANISM, AND EDUCATION

A better position has now been reached, one that stands in the light of
the actual plan and content of the four books of St. Augustine's treatise,
for addressing the questions raised by the several interpretations, and for
reaching some kind of conclusion on the nature, occasion and purpose of
the De doctrina christiana.
In the first place, there is no doubt that Augustine's work is a treatise
in the general area of what >ve today call exegesis, containingprecepts and
methods for understanding and interpreting the Scriptures. His entry
into lVIanicheism had been occasioned by his distaste for the literary style
98. It seems not guite exact to cal! " The fourth book of Christian Knowledge "
"The Handbook for l'reachers ", as Van der Meer does in his Augustine the Bishop,
London 1961, 405. Throughout Book Four, the words doclor and docere predominate,
especially in connection ,\-ith the first purpose and style of discourse, and praedicarc
is found only rarely. H.I. Marron is exactly precise in his remark, op. cil., 638 :
" Seule l'loquence est plus particulirement rsen-e l'f~glise enseignante, mais
le 1. IV traite, en plus de l'homiltique, de tout le problme de l'expression .littraire ", with references to his O"wn pp. 506-507. Indeed, as Augustine says, he is
concerned with discourse and eloquence in all forms and occasions, inclurling conversation and the apostolate of the pen.
99. See, on Book Four in general, H.-I. MARROU, op. cil., 505-540, "L'~loquence
Chrtienne ". On the conflict throughout classical education behveen rhetoric and
philosophy, see H. von AR:"<"BI, Leben und Werke des Dio von Prusa. Nlit einer Ein-

leitung : Sophistik, Rhetorik, Philosophie in ihrem Kampj uin die jugendbildung,


Berlin 1898, 1-114. Cicero discusses this conflict and his hopes for the victory of the
philosophical ideal, the culture of the inner word of truth that begets true wisdom,
in many places; see Brutus 6, 23; 7, 30-31 ; I5, 58-59; 3r, rr9-20; Orator 3, II-5,
21; 21, 70; 23, 117-24, 121; De inuentione II, 2, 6-II, 3, IO; De oratore I, 13, 55-56;
I, 18, 80-84; I, 24, lIO; I, 54, 233; I, 61, 260-62 ; II, 38, 159; III, 15, 56-19, 73;
III, 31, 122 ; and III, 35, 142-143, the climax of Cicero's rhetorical and educational
thought, the silence of his beata pacis visio when the philosophical ideal will have
emerged victorious. On St. Augustine and his Christian education as this abiding
victory and fnlfillment, see Eugene KEYANE, Augustine and [sacrales, in The American Ecclesiastical Rwiew, 149 (1963), 301-327.

II8

E. KEVANE

of the Scriptures, their lack of Ciceronian polish100 . At the tiine Manicheism attracted him with its promise of all knowledge and all wisdom by
means of a purely rational exegesis of the Bible. Gradually he became
disillusioned with the sect, however, and when he broke with it at last,
the Bible was directly involved. For he abandoned Manicheism by means
of the first principle of his Catholic exegesis, the discoyery of the fact that
the Bible is one inspired whole, that the Roly Spirit is the author of both
of the Testaments that have wrought a wonderful, divinely-planned
succession into the panorama of human history101 . He began forthwith a
series of exegetical works designed to defend the Scriptures against the
Manicheans, bringing three factors to bear : the lucid fondamental philosophical thinking, missing in Manicheism, of his new Christianized use of
reason, or " Christian philosophy " ; the sound exegesis which sees the
Scriptures from within the faith and the authority of the Catholic
Church 102 ; and his own vast learning and culture, his unrivalled possession
of the educational and cultural heritage of civilization. Augustine used
all three as one instrument to achieve one purpose : a pastoral care that
saw the indispensable role of religions truth in the salvation of souls.
The De doctrina christiana stands squarely among these biblical treatises
and exegetical works, primarily directed against lVIanicheism, that characterize the first decade of his Catholic life, and which actually form a
somewhat neglected, although vitally significant phase and expression of
his conversion103 . As a result of this cleep and passionate interest in the
Bible and his declication to the exposition of Catholic truth in its regard,
Augustine achievecl a unique place in the history of biblical exegesis and

roo. See Confessions III 5 (9) ; John K. Rv.1.x (transi.), Thi! Confessions of St.
Aur;ustine, New York 1960, 82 : "\Vhen I first turnecl to that Scripture, I dicl not
feel towards it as I am speaking now, but it seemed to me unworthy of comparision
with Cicero's writings. 1\Iy swelling pride turned away from its humhle style ... "
ror. See Julien RIES, La Bible che:: Saint Augusjin et chez les ]l,Janichhns, III :
Orientations actuelles de la recherche, in Revue des Etudes A ugustinienncs, ro ( r96-t),
318: " Ds l'instant de sa rupture ayec le manichisme Augustin croit que la Bible
est un tout ".
ro2. See his famous statement, written about A.D. 396, in Contra Epis!. qnam
vacant Fundanienti : Ego vcio evangdio non credernn, nisi 111c catllolicac ecc!tsiae
commoveret auctoritas ". (P.L. 42, 176).
ro3. This has been studied in the excellent articles by Julien Rms, op. cil., in
Revue des tudes Augustiniennes, 7 (1961), 23r-243; 9 (r963), 2or-2r5; and IO (r96.f),
309-329. This perspecti\-e leacls to a new and broader Yiew of Augustine's conyersion.
It was not the naturalistic " Yolution intellectuelle " that Alfaric imagined, but a
genuine -vvork of Gocl by the light of faith, as Boyer smv. At the same time, it was a
two-fold learning process on Augustine's part, and the De doclrina chrisliana reflects
them both. The first was the study of the Bible, reflected in his exegetical \nitings
that have been analyzed in recent decades alioye ail by Pincherle ; and the second
\vas Augustine's study of the tradition of the Church, \Yhich it has been the merit
of Altaner to analyze as a particular ohject of research,

AUGUSTINES" DE DOCTRINA CHRISTI ANA"

II9

interpretation104 . For he brought to his thought and work on Sacred


Scripture, as :M.-J. Lagrange says, " an ardent passion for truth ". Hence
men always have had an " ardent admiration for this supreme genius, so
enamored, so uniquely enamored with the truth, for this saint of God,
incomparable model of sincerity ... l\Iay we be able to imitate in him aboYe
all else his love for the study of the Sacred Scriptnres and his personal
submission to the Word of God "105.
Those who see the De doctrina christiana in this context and perspective,
therefore, calling it Augustine's Hermeneutics, and in general standing
with Eggersdorfer in perceh'ing the primacy of Scripture in Augustine's
treatise, see rightly up to a certain point. At the same time, it seems not
to be a sufficiently comprehensive view. It covers some material aspects
of the De doctrina clwistiana, indeed essential ones, but not all. A cursory
survey of the content reveals extensive discussions and significant blocks
of matter that are not sufficiently explained as " hermeneutics " or
" exegesis ". An cl even in the portions that coincide materially with
these concepts, there is something different in Augustine's approach.
and formal object, something other than the modern treatises in these
areas have in view. The present should not be read back into the past.
Augustine seems not to have in mincl to write a modern hermeneutical
treatise or work on exegesis ; to explain the entire matter and intention
of his De doctrina christiana, some other principle formally different and
much more comprehensive, must be dis.covered.
What can be said on the question of a " Christian rhetoric " ? On the
face of it, the De doctrina christiana does indeed bear in its plan of composition the fondamental framework of the rhetorical treatises on education.
And the correspondences with Cicero's works can be charted in such detail
as to become apodictic 10 a. At the same time, it is definitely not a text-

ro4. In addition to Ries' research citecl in the preceding note, see G. :\IoRD:
(ed.) 1fiscel!anea Agostiniana, Vol. II, Stu.di Ap;ostiniani, Rome 1931, termed by
Rrns (op. cil., 9 (1963), zrn), "l'ounage monumental et le plus utile ... Une Yritable
mine des questions exgtiques augustiniennes ". For Augustine's exegesis in particular, see Maurice PoxTE'f, L'exgse de saint Augustin pJ'dicateur, Paris 1945 ;
:\I. Co:m:Ar, Saint Augustin e;rgte du Il' mngile, Paris 1930 ; and in gcneral,
Lope CII,T.ERUIU,o, San A r;ustin y la Hib/ia, in Balhino :\L\RTIX (ed.), Obras de San
A gustin, l\Iadrid 1957, Vol. XV, 3-46.
105. :\I.J. LAGRAXGE, Les Rr'tractations ext'gtiques de saint Aug11sti11, in G. M01ux
Studi A gostiniani, Roma r93 r, 394106. See for example the detailed study of these correspo11c1e11ce, with parallel
colunms and charts, in Ioseplrns Zi:;JK, De S. Aureli Aup;ustini praecept.is rhetoricis.
\nclobonae 1898, esp. rn5-rn6; Thrse FRAXCF.Y, J,es ides littraires des. Augustin
dans le" De doctrina christiana ", Saarbriicken 1920, esp. Ch. II, 22-4r, "L'apport
de Cicron et de Quintilien dans le " Doctrina christiana " ; and J oseplrns DF.r, Tox,
De loqitendi genere grandi sancti Au gi1sti11i, in Latini tas l l ( i 963), 245-254. For Marron's opposition, admitted by himself to he somewhat polemical, to the many
anthors who st\1dy these corresponcknces, see op. cil., 519ff., esp. note 2, p. 521,

E. KEVANE

IZO

book on rhetoric, for Augustine himself says so explicitly107 . The solution to this problem appears to lie in the fact that Cicero's works, in
particular the Orator which Augustine is using quite visibly as his model,
are likewise not textbooks on rhetoric. They are elevated philosophical
discussions of education as a whole, of the educational principles and
ideals that express the Classical culture at its best and in its highest
aspiration. This becomes clear in his many passages on eloquentia as a
complete ideal of humanity and as a fully-developed paideia or approach
in education for perfected manhood108 . It seems correct to say, therefore,
with J. Oroz109 and lVIandouze110 , that the De doctrina christiana is not
a " Christian rhetoric " in the sense of an " exaggerated classicism ". But
it is a " Christian rhetoric " when rhetoric is taken in its hroader Ciceronian sense as a complete paideia, a fully developed theory and practice
of humanism in education. Seen in this perspective, the De doctrina
christiana is the fulfilllment of the rhetorical and philosophical ideals of
classical education, rather than a " revolutionary " departure from them,
as Marron would have it111 .

ro7. See 4, r, 2 : " In the first place, I wish by these prefatory ''ords to preclude
any false expectations on the part of my readers, who might perhaps think that I am
going to present the precepts of the science of rhetoric that I learned and taught
in the secular schools. I admonish that no such treatise on rhetoric be expecterl of
1ne

1
'.

ro8. See CICERO, De inventione I, 4, 5-5, 7 (Rhetoric, the culture of the "ord of
lrnman communication, is the secret of man's conquest of ci dlization) ; Brutus 7,
26-29 (Epquentia is the full y educated condition or state. that giYes ciyic leadership
and the happy life) ; De oratore I, 6, 20-23 (the orator must haYe uniyersal knowledge
and education) ; I, il, 34 ; I, 13, 59 (the orator is defined by his ability de omnibus
rebus copiosr dicere) ; I, 16, 72 (perpolitus omnibus artibus) ; II, l, 5 (the fully-educate(1
orator possesses all wisdom as well as the techniques of eloquence) ; II, ro, 40 (the
orator cannot be a mere specialist) ; II, 36, 153 (rhetorical education promises et
bene vivendi et copiose dicendi rationenz) ; III, 14, 54-55 (elucation without Yirtue is
the arming of madmen); III, 16, 60-61; III, 32, 126-131 (the ideal of universal learning) ; III, 35, 142-143 (the Yision of a complete elucation, philosophical anl rhetorical at the same time).
ro9. See Jos ROZ, El 'De doctrina c1z1,istiana ' o la retrica cristiana, in Estudios
Clcisicos, 3 (1955-1956), 452-459.
r ro. See Andr l\1AXDOUZE, S. Aul{itstin ou le rhteur canonis, in Bulletin de
!'Association Guillaume Bud (1955), 37-41.
III. See H.-I. l\fARROU, op. cit., 514-531, on Augustine's new Christian approach
to eloquence. l\Iarrou notes that Augustine resenes a certain place for the study
of rhetoric as in the schools of the past on his plan of the curriculum, but only for
young people, adulescentuli. " But, and this seems to me a Yery important point,
this formation is not indispensable, anl Augustine refuses to impose it on al! Christian intellectuals. For he conceiyes another way of acqniring the power of eloquence ...
Such, briefly, is Augustine's position. It is expressed with perfect clarity in his texts.
I am not sure, however, that its truc significance has been appreciated up to this
point. Augustine's position, I would say, is lefinitely revolutionary, nettement rvolutionnaire, and represents a remarkable innoYation in the history of culturP. Very
modern in its inspiration, it breaks with a centuries-long tradition ... " (515) It seerns,
however, that Marron does not consider sufficiently the practical pastoral purpose
that Augustine harl in mind when he drew up this guide for Christian elucation. He

AUGUSTINE'S "DE DOCTRINA CHRISTI A.VA"

IZI

On the question that separates Eggersdorfer and Marron, whether


the De doctrina christiana is a restricted program for educating the clergy,
or rather a general theory of Christian culture, it seems beyond question
that Marron has established the correct perspective112 . It is his merit
to have brought the De doctrina christiana into a better light as offering
the key to understanding Christian culture as such, in its own intellectual
and persona} reality as something distinct from the Classical culture of
the pagan past. In his truly monumental treatise on Augustine's personal
culture, the major portion is actually astudy of the De doctrina christiana113 .
At the same time, a certain lack of comprehensheness seems also to characterize JVIarrou's work, in this sense, that he translates doctrina with
" culture ", meaning thereby Augustine's personally-acquired mental
and intellectual qualities114 . This seems to miss the full meaning, indeed
is engaged in the mighty task of wresting i\ orth Africa from the rlominance of the
pagans, the Manicheans, and the schismatics, by a ne\\ program of Christian education. Its most basic pnrpose is to mise up well-educated priestly leaders in the Clrnrch,
eloquent men of prayer. Athis particular juncture in time, in the conversion of the
Roman world, there "ere a number of older men, couverts like himself, who \\ere
preparing for the priesthood in Augustine's schools. He has them in mind in
this other way towrrrrl eloquence, ancl dispenses them, if time presses too he::wily
on them, from the study of rhetoric that he retains so definitely for the adulescentuli.
~farrou seems to desire to 110ld some position open for " Christian intellectuals ",
" philosophers ", in a way Augustine never had in mind, and to pass by the clear
educational rrrrangements that Augustine makes for the normal state of affairs, the
schooling of youth by a regular order of studies containing both rhetoric and Christian philosophy. It seems more correct, more comprehensively true of the nature
of the affiliation and the succession imo!ving the Classical cidlization and western
Christendom, to look on Augustine's relationship to the rhetorical tradition as one
of fulfillment and renewal, not revolution. The development that is " nettement
ryolutionnaire" dates rather from Rousseau in the r76o's, and occnpies these t\YO
contemporary centuries.
r r 2. lt cloes not seem that E. Hill's recent suggestion that Augustine has only
the training of the clergy in Yie\\', in a plan that relates only to the seminary as we
have known it in recent times, is well taken in the face of l\:Iarron's massive demonstration of Augnstine's j)hilosophy of culture. This suggestion is actually nothing
else than Eggersdorfer's older vie\\' restated, but now with overtones of intellectual
rupture with the Christian Era as such, as if it were a " past " which has been left
behind in the Hegelian way of thinking.
See O. Hn,r,, De doctrina christiana :
. .J Suggestion, in Studia Patristica, VI (r962), 443-446. Note his interesting tour de
/one on Marron " Against Prof. ~Iarrou then I wonld say that the De doctrina
clzristiana is not concerned with Christian eclucation ... " (44 6) This is perhaps the
ontcome of l\Iarron's excessfre concentration on culture as a persona! achieYement,
omitting eclucation, the process by \Yhich culture orclinarily is achieved and transmitted. In point of fact, '-\Iarrou is mnch doser to the truth of the matter than his
opponent.
r r3. See H.-I. l\IARROF, op. c-it., Troisime partie, 329-540 " Doctrina Christiana"
r q. Ibid., 146 : " Tel est le contenu de la culture scientifique de saint Augustin.
C'est l'ensemble de tout cela qui s'appelait doctrina, eruditio : le mot rudition est la
seule traduction correcte qui conYienne ces termes peu prs synonymes en I,atin ".
But on page 297 Marrou implies the actfre meaning, the process of acthe ascent to
(iod by means of the order of stuclies. See also p. 362, note 5 ; and 5.t9-560, note A :
" L'ide de culture et le vocabulaire latin ". ::.IIarrou does indeed ad vert briefly to
the essential fact of the matter: "doctrina ... tous ces mots 1oquent la notion d'enseignement, d'cole ". (.5.H) The question secms to rnll for more detailed analysis.

E. KEVA:VE

I22

the root meaning and the first meaning, and hence the field of education,
as if there can be a Christian culture for persons on a purely individual
basis, without the dynamic social agency of Christian teaching, Christian
schools and schooling, to shape and to form, in the active sense of paideia,
this Christian culture of human persons. By way of exception, an<l in
the case of a genius like Augustine, indeed ; but Augustine himself again
seems to have had something quite different in mincl.
"DoarRINA "
The solution to this problem is contained in two considerations : the
worcl doctrina, whch Augustine personally chose, vdth all deliberateness,
as the title of his work115 ; and the manner in which this word expresses
accurately the full content and visible formal object of the four books of
the De doctrina christiana consiclered as a whole116 .
The word doctrina derives from doctor, and this in turn of course from
docere, the active process of teaching. The original meaning is the active
one of teaching and instructing, the living activity of the teacher in the
classroom117 . " Action, activity and eYent are indicated ... in the forTHE lVIEANING OF THE \VoRD

rr5. \on/ra Fa11stu111 22, 91 ; I'.L. 42, 461 : in quibusdam libris quod De doctrina
christiana paenolai'i ... See Christine :i\IoHrnIA:-<:-<, Ji.tu des sur fr Latin des Chrtiens,
Rome 196r, Vol. I, 358 "Dr doctrina christiana, his, for us, somewhat misleading
title ".One can think, hmve\er, that it need not be misleading at all, but quite precisely informatfre concerning the nature and purpose of his treatise.
I r6. It is of course impossible to understand Augustine's mind and intention in
this \York \vhen its books are Yie\\'ed in separation and eyen isolation, as if Book I
were a" Summary of Theology ", Book II to be forgotten, Book III a "Hermeneutics ", and Book IV " the first manual of Christian rhetoric ", as Sister Thrse
Sullfran tenus it in her separate edition, S. A urrlii A ugustini De doclrina ch1'istiana
liber quartus, \Vashington 1930, "Preface ", p. II. Such approaches oyerlook the
masterful and brilliantly unified plan of composition that Augustine hnrl in mim1
for the work as a \\hole, am1 can be omitted here.
117. See Lmns and SHORT,_.../ Latin Dicti'.o11a1'y, Oxford 1879, 1958, 605; doctrina,
from doclo1', meaning " teaching, instruction " ; transferred sense, objecth-ely, " the
knowledge imparted by teaching, i.e., science, erm1ition, learning " ; sul)jectkely,
" the habit produced by instruction ". Also Kendig BRFBAKER Ct:LLY (ed.), The
Westminster Dictionarv of Christian Education, Philadelphia 1963, 209 : " The word
' doctrine ' is deri\ed from the Latin doctrina, with which the Vulgate inyariahly
translated didache and didaskalia, each of which bore the hrnfol meaning of the
act or actfrity of teaching and of what is tanght. In ecclesiastical usage, ' doctrine '
has retained these two meanings. On the one hand, it means teaching, instruction,
and edification ; on the other, the teachings of God's \\'ord or fo the Church ''.
On didachr, see Gerhard Kr'fl'EL (ed.) Theologtsches TYorterbuch zum Neuen Testament,
Stuttgart 1035. 166-167; Jean-Paul AFDE'l', La Didache: Instructions des Aptres,
Paris 1958,chap. 4, 91-103, " Le titre "; and Walter BAl:ER, Grifchisch-Drutsches
li' ortcrlmch 'Ll den Schriften des N euen Testaments und der brigen urchristlichen
Literatur, Berlin r95tl, didache, col. 381-'.2 " r. Akt der Unterv;eisung, des Unterrichts (Plato, Phaedr. 275A; r Cor. T 4, 6; 2 Tit. 4, 2; Mark 4, 2 and l 2, 38). 2. Pass.,
die (durch UntenYeisung yermittelte) Lehre ... " And ERXOU'f-MEIU,E'r, Diction11airr
Etymologique de la Langue Latine, Paris 1959, rSo : Docerc is the equivalent of the
cluster of Creek \\ords around and behind didache ; its <1erhatiYes include doctnr,
" the one \Yho te aches ", and r!octrina : teaching, knowledge. and culture th us ac<]Uired. Aud attention is drawn to the parallel, tondrrr, tonsor, and lonstrina, the
operntion, work, or aC'ti\ity thcreof.

AUGUSTI.VF:'S "DE DOCTRINA CHRISTI ANA"

123

lllation of substantives by ... tri-na, doctrina, ' instruction '


i-na, rapina ... " 118 That this is the llleaning of the word in Augustine's title
Eggersdorfer perceived accurately at the beginning of the conte111porary
period of Augustinian scholarship. It means Bildung, " education "
in the active sense of the process of instruction, teaching and educational
for111ation ; and, as he points out, it is quite impossible to translate
Augustine's title by " On Christian Doctrine ", in the passive sense that
" doctrine " has corne gradually more and more to acquire in the English
1anguage119 . Wilhelm Whr has settled definitely on the translation,
" ber die christliche Bilclung ", " On Christian Education " 120 . All
things considered, this seems to be the more correct translation, the one
that best conveys the meaning of the word in Augustine's ti111e, and that
clenotes most accurately the content and orientation of his treatise as a
vvhole121 .
But whatever be the worcl usecl to translate doctrina correctly into
German, French or English, the essential point is to detennine the precise
meaning doctrina hacl in Augustine's lllind when he hi111self usecl it. And
rr8. B.I,. GILDERST,EEYE and Gonzalez LODGE, Gildersleevc's Latin Grainmar,
:N'e\\ York 1894, 124. So also Rnphael Kt:HXER, Ausfiilzrliche Gra111111a.tih der lateinisclicn Sprache, Hanno,-er 1912, 969 (on noun-roots of the first declension): "Abgeleitete DenominatiYa auf-ina und-ll'i11a bezeichneten meist eine \Vissenschaft oder
Kunst... als doc-lrina (doctor), su-trina (sutor), tex-trina (textor), tons-trina (tonsor) ".
In other words, an " art " in the original sense of making or doing something, in this
case, the practical actiYe art by which a youthful human being is shaped and formed
toward an ideal of human perfection. And this of course is the meaning of the technai
or artes used lJy the Greek paideia in this educational formation of youth, as \Verner
J .\EG 1m has demonstrated in his massh-e work in three Yolumes, Pa.ideia: The I deals
of Greeh Culture, Kew York 1939, r945. The title of the original German edition
conyeys more accurately the Creek concept of a practical pedagogical actiYity that
actually accomplishes the lnnnanizing work : Pa.leia : Die Fonming des griechischen
il1enschen. See his " Introduction ", Vol. I, XITI-XIY. The German word Bild1111g,
used by Eggersclorfer in trnnslating doctrina in Angustine's title, also con,-eys the
same practical sense of an acti\e shaping of plastic material.
119. See :F.X. EGGERSDORFHR, op. cit., rr8 : ,, Er (namely, Augustine's title)
drfe namlich nicht iibersetzt werden : ' Von der christlichen J,ehre ', sonden1 :
' ber die christliche \Vissenschaft ', oder ' ber die Bildung des christlichen Gelehrten ' ". Eduard NORDEx, Die antil!e Imstprosa vom VI jahrlwndert 7'. Clw. bis in
die Zeit de1' Renaissance, Leipzig 1898, Vol. II, 526 already had pointed out the fact
that Augustine's purpose is expressed nccurately in the title he gaye to his work.
120. \Vilhelm \Vrm, Das abendliindische Bildm1gswcsen im Mittelaltcr, :Munich
1950, 21.
l 2 r. It \rnuld be possible also to consider " On Christian Teaching ". But " On

Christian Education" is more comprehenshe, including Jearning as well, and emphasizing eyen hetter the actiYe sense of doctrina, the classical concept of paideia as a
lrnmanizing, a shaping unto perfection, of the whole person. So too \\' ebster :
teaching is " the act of profession of instructing ; also that wihch is taught " ;
edncation is " the act or process of educating ; discipline of mind or character
through study or instruction ". It is important to preserye a scholarly approach in
the matter, choosing the English word that com-eys best the rneaning Augustine
himself had in mind when he selected the word doctrina. for his title. The present
shonld not be read back into the past, nor should nntipathy to Catholic edncntion
tor1ay be allowed to play a rolc in the matter.

124

E. KEVANE

that meaning, granted Augustine's mastery of Latin as a life-long disciple


of Cicero, should be the meaning of the word as Cicero used it when he
made it a technical term in the Roman educational system122 .
It will
help, therefore, to analyze the Ciceronian meaning of the word doctrina.
Nam mihi, Brute, Cicero writes, in te intuenti crebro in mentem venit
vereri, ecquodnam curriculum aliquando sit ha bitura tua et natura admirabilis
et exquisita doctrina et singularis inditstria123 . In this sweeping synthesis,
Cicero specifies the three basic components of the educational process :
natura, the endowment of talent proYided by nature ; doctrina, the objective pedagogical entity designed by men as a personal and social process
to improve upon nature through cultivation and training ; and industria,
the persona! contribution made freely and energetically by the student.
Here doctrina is used as the Greeks used paideia and as we today use
" education " 124 . Quid dicam opus esse doctrina ? Cicero asks ; sine qua
etiam si quid bene dicitur adiuvante natura, tamen id, quia fortuito fit,
semper paratum esse non potest125 . Doctrina is placed in clear opposition,
in explicit contrast, to natura. Doctrina is used to denote the entire
human apparatus and process added to natura as given, conceived as
something in the wild state, raw and imperfect, which must be deyeloped
and cultivated toward its perfection. This is exactly the meaning of

For Augustine as a disciple of Cicero, see the comprehensive work oi Maurice


alreacly cited, Saint Augustin et Cicron, Paris r958, Vol. I, Cicron dans
la formation et dans l' uvre de saint Augustin ; esp. Chap. II, " L'lan intellectuel
du disciple de Cicron ", 4 r-79 ; and " persistance de l'influence de Cicron sur
Augnstin ", 170-176.
123. CICERO, Brutus 6, 22. See also Brutus 66, 233 for the same three basic components of human formation: mediocritcr a doctrina instructus, where doctrina expresses
the idea of paideia, an educational process and system distinct from natura.
124. The three-Yolume work of \Verner ],\EGER, Paidcia
The Jdeals of Crech
Culture, New York 1939, 1945, is especially releYant for determining the exact
meaning of doctrina as used by Cicero and Augustine. See his " Introduction : The
Place of the Greeks in the History of Education", Vol. I, xrn-xxff. It shonld not be
forgotten that Cicero was educated in Greece and was literally steeped in the Greek
paideia "'hich he movel bodily into the Latin social tradition by his educational
\Hitings on rhetoric and philosophy. See, in general, H.-I. J\hRROlT, A History of
Education in Antiquity, New York r956, " Rome Adopts Greek Education ", 242254. Introlucing his chaptcr on " The Roman Schools ", Marron writes " The
three chapters that follo\Y are in a sense unnecessary, for the general principles, the
syllabus anl the methods used in Roman schools were simply copied from their
Hellenistic prototypes : the change-oYer to a Latin-spealdng society caused no
important modifications in teaching. The reader will certainly be surprised when he
cliscovers hmY mechanically the change-oyer was made. It was not even a case of
imitating ; it was on the whole a pure and simple transfer ". (265) It is essential to
bear this general hackgro1111d in mind if the nature and purpose of St. Augnstine's
De rloctrina christiana are to be correctly and comprehensively determined.
I25. Brutus 29, r r r. For the same contrast and opposition between natura and
doctrina, see Brutus 69, 243 : sine doctrina, sine ingcnio; Brutus 70, 247 nec sine
ingenio nec indocti ; De oratoie 3, 4, 16: Nam fuit utrrque [Crassus rt AntoniusJ cum
studio atque ingenio et doclrina pra,'stans omnibus ; De oratore 3, lb, 59 : ipsi rsci/,
sapientiae docto!'fs: dorfl'ina et ingeniis abundarent.
122.

Tr:ST.\RD,

AUGUSTJNE'S "DE DOCTRJNA CHRISTIAl\TA"

125

the Greek paideia ; and it is the meaning of the English word '' education '',
at least apart from the recent aberration of wachsen-lassen associated
with the Rousseau-Dewey approach. In qua [scil. eloquentia], Cicero
says again, quia 7'is magna est in honiinum ingeniis, eo multi etiam sine
This is
doctrina aliquid omnium generum atque artium consequunturl 2 6.
the same contrast, recurring constantly in Cicero, between ingenium or
natura as given, and doctrina, the educational process that shapes and
forms the naturally given. So too : Habebat hoc a natitra ipsa, quod a
doctrina non facile posset127 . Again the sharp contrast of natura and
doctrina, putting the latter word on a par with paideia in the Greek language, and denoting human cultivation, per artes et praecepta, of human
nature as given. Quam scientiam V arro noster acceptam ab illo auctamque
per sese, vir ingenio praestans omnique doctrina, pluribus et illustrioribus
literis explicavit128 . Doctrina is a humanizing paideia, an educational
process adcled to the natural endowment of talent.
The meaning of doctrina emerges clearly from another direction when
it is used to denote the process of schooling, as such, which youngsters
receive. Repetamque, Cicero writes, non ab incunabulis nostrae veteris
puerilisque doctrinae quemdam ordinem praeceptorum, sed ea, etc129 . Here
he uses doctrina explicitly to denote the process of education received in
his boyhood and youth, with its textbooks and praecepta. Cicero states
that his De oratore is not intended to furnish a guide for stuclying rhetoric
and its rules in the classrooms of a school. The relevance to St. Augustine's De doctrina christiana, with its avowed purpose of laying down
praecepta quaedam, is clear. Again : Opinio fuit, L. Crassum non plus
attigisse doctrinae, quam quantum prima illa puerili institutione potuisset130 .
Doctrina means " early education ", in the precise sense of the Greek
paideia. Frequently doctrina means simply " formal education " as such
and as a whole : Neque enim apud homines res est ulla difficilior [quam

126. De oratore 2, 9, 38 ; see also De oratore 2, 29, J 26 : .4 dmirari soleo, quod, cum
inter vos in dicendo dissimlimi sitis, da !amen uterque 1estrum dicat, ut ei nihil
nequc a natura dencr;atwm neque a doctrina non delatu111 esse videatur, where doctrina
is usetl with the meaning of the Greek paideia.
127- Brutus 29, 112.
128. Brutus 56, 205. Cicero says the same of Pompey, Brutus 6S, 240: Q. Pompeius
sumnzo studio dicendi multaque doctrina, incredibili lahore atque industria.
129. CICERO, De oratore I, 6, 23.
130. De oratorc 2, r, r. See also De oratore 2, 25, 109: Deinde genere ipso doctrinam
redolet n:ercitationemque paene puerilcm ; De oratorc 3, 9, 38 : traditur littcris doctrinaque puerili ; De oratore 3, 3I, 48 : praetereamus if;ur praecepta Latine loquendi, quae
pucrilis doctrina tradit; De oratore 3, 31, 125. Sit modo is qui dicet aut scribe! institutus
liberaliter cducatione doctrinaque puerili et /lagret studio et a naturn adiuvetur. This is
one of the rare instances where Cicero uses educatio, \Yhich ordinarily means in classical Latin the nourishment of biological life in the home and at the hauc1s of the mother.
See Bnilus 58, 2 l I for the Gracchi, non ta111 in grnnio educatos quam in sermone matris.
But there is no hint of the confusion, common in the pedagogy of today, between
" nurture " ancl paleia or doctrin<1 ; the latter llenote a formational process that
proceec1s per artes d prnecepta.

l 2(!

li. J\.E VASE

cloqucntia] neque maior ncquc quae plnra adiumenta doctrinae desideret 131 .
Finally, says Cicero, Erant multi qui ... nos incensos studio dicendi a doctrina
deterrerent 132 .
One can go further. There seem to be concrete instances where Cicero
uses doctrina as the translation of the word paideia, frequently in his mind
and in the Greek texts he uses when composing his own works. Nain
vetus quidem illa doctrina, he writes, eadeni videtur et recte f acndi et bene
dicendi magistra, neque disiitncti doctores sed eideni erant vivendi praeceptores
atque dicendi 133 . Here he is discussing the Greek educational system of
pre-Socratic times, prior to the separation of philosophy and rhetoric :
this is simply the paideia of the Greeks, rendered by the word doctrina. So
too concerning Cato : Quid enim lvf. Catoni praeter liane politissimam
doctrinam transinarinam atque adventitiam defuit 134 ? This educational
process with its resultant humanizing polish and perfection coming from
across the sea is nothing other than the Greek paideia, and the word is
translated into Latin by doctrina. ~Veque enim ignora, et quae bona sint
[dona naturae], jieri meliora passe doctrina, et qiiae non optima, aliquo
modo acui ta1nen et corrigi possc135 . Again doctrina is used for the precise
concept expressed by the Greek paideia, " education " as a developmental
and humanizing process added by men to human nature as given. Speaking of Athens, Cicero mentions the itberrimas artes qu.ae... arcessivisti
ex urbe ea quae domus est semper habita doctrinae 136 . Seen in the light of
Jaeger's study of paideia, it seems clear that Cicero is using doctrina as
the direct translation of that richly comprehensive Greek term for education and culture. Quani ob reni recte vides, Catule, Cicero says in a
fitting conclusion for this survey of his usage of doctrina, nihil enim isti

131 De oratore 3, 22, 84. For the same use of doct1 ina to deuote "formai cducatiou"
as snch, see Oral or 42, 143 : ,J tque haud scia an pleriquc nostrorum orntor11111 ingenio
plus valuerit qua111 doctrina. \Yhere doctrina is simply paideia, the process and result
of education as a whole, as distinct from natural ahility. See also Orator 48, r6r.
c\.nd De oratore z, 54, 2 18, "herc Caesar, discussing hnmor, uses doctrina sin1ply to
mean paideia, the process of education as a whok ; Quare miki quidcm nu/Io modo
;;idetar doclrina ista res passe Ira di. See also Orator 3, r 3 ; 5, 1 7 ; De oratore r, r, 6 ;
r, r 6, 75 ; r, r 7, 79 ; 2, 39, r 62 (\\here doctrina is the acti\c process of educational
formation that uses the arles Zibera/es as its instruments).
132. De oratorc 2, l r ; St. Augustine may well han had this passage of Cicero in
mind \Yheu \\Tting the Prooemium for his De doctrina christiana.
133. De oratorc 3, 15, 57.
1 3+. De oratore 3, 33, r 35 ; see also De oratorE 3, 5, 2 r, \Yhere doctrina is synonymons
\Yith paideia also in this, that it is a unified educational process that gathers the
hranches of knm\'ledge into a single \Yisdom. And De oratore 2, 3, r r, a succinct summary of the field and process of education as a wl10le, parallel to Brutus 6, 22. Doctrina
stands for paideia, the objective educational entity that de,elops ingeniinn by means
of its Yarions scholastic exercitatioues und procedures. Like\Yise De oratore r, 32, r45,
where doctrina denotes education us sucl1, with ull its teaching and artcs and prneccpta and exercitationcs. This again is the reality termed paideia by the Greeks.
135. De oratore r, 25, lr5.
136. Brutus 97, 332.

AUGUSTIX!i'S IJE DOCTRINA CHJUSTJ/L\TA,,

adolescenti neqite a natura ncque a doctrina deesse sentio 13 . Professor


Rackham translates : " Consequently your view, Catulus, is correct, for I
feel that the young man in question lacks no gift of nature or of education " 138 . This is to use the word " education " comprehensiYely, in the
sense of the Greek paideia as human pedagogical development of the
naturally given, and as the correct English translation of the Latin worcl
doctrina.
Quintilian, as one would expect, uses doctrina exactly as Cicero does.
Nunc de ceteris artibits, quibus institindos, priusquam rhetori tradantitr,
pueras existimo, strictim subiungam, ut ejjiciatiir orbis ille doctrinae, quem
" Enkyhlion paideian " vocant139 . It would be difficult to state more
explicitly the fact that doctrina translates into Latin the Greek word and
concept paideia. Professor Butler translates : " for it is by such studies
that the course of education described by the Greeks as enkyhlios paideia
or general education will be brought to its full completionl4o. Scia,
quaen: etiam, Quintilian asserts, naturane plus ad eloquentiam conjerat an
doctrina 141 . And he proceeds to devote the entire chapter to this question,
answering it with the core of the paideia concept. Again doctrina appears
as the ordinary translation of paideia into Latin.
In addition to his use of doctrina in his title, St. Augustine has several
instances of the word throughout his treatise, always in the same general
sense found in Cicero and Quintilian. Omnis doctrina vel rerum est vel
signorum, he writes, sed res per signa discuntur142 . This exemplifies the
comprehensive meaning common in Cicero and Quintilian, denoting
education as a whole. Sicut enim corporis medicamenta, he writes ... ,
ita et adiumenta doctrinae tune prosunt animae adhibita per hominem,
cum deus operatur, id prosint143 . This is a farnrite thought of Augustine,
which applies in his own Christian way the contrast between doctrina and
natii.ra as gh,en. Doctrina denotes as always the educational process
that develops and humanizes natiwa ; but now in his new Christian perspective, the process also participates in the work of the Church; helping
to heal and to sanctify this same human nature. Thus he cornes to the
basic theme of his treatise, written as it was for the man of the teaching
apostolate, Qui in doctrina sana, id est christiana, non solum sibi, sed
aliis ctiam laborare studef14 4

r37. De oratore 3, 61, 229.


138, H. R.\CKHA:II, trausl., Cicero de oratorr, The
Massachusetts 1960, Vol. II, 185.

r~oeb

1 39. Qc1x'I'II,L\X, 1 nstitutio oratoria r, ro, r.


qo. H.E. Bl;1'I,ER, transi., The Institutio Oratoria

Classical J,ibrnry, Cambridge,

of (]uintilian, Tire Loch Classical


Librury, Cambridge, J\lassachusetts 1958, Vol. I, r6r.
LfI. Jnst. oral., 2, H), I. See 2, 8, 8 : Sam el omnino supcrvacua crat doctrina, si
1111t11ra su/jicerct,
142. St. Al:G1JS1'IXE, De doclrina christian11 r, 2, 2.
143. De doclrina christiana, 4, r6, 33.
144. De doctrina christiana, 4, 31, 6+

E. J<EVANE

128
Co~cr.us10:\'

It appears, therefore, that the formal abject of Augustine's treatise, the


purpose that actually occupied his mind when he was writing, is perceived
correctly by those scholars who place the De doctrina christiana in the
field of Christian education, not indeed in a sense restricted to the training
of the clergy, but as the educational system of formation proper to
the People of God as a whole, the clergy together with the laity in all
walks and callings of temporal life. Thus doctrina christiana is the dynamic pedagogical instrument and educational process that produces a
Christian culture in persans and in society1 45.
\Vhen Augustine, the life-long and universally famous teacher and educator was enlisted at Hippo for the Catholic priesthood his bishop assigned
him to the diocesan educational program. In fact, as Possidius reports,
he was sought for ordination because of this special qualification, so
badly needed by the Church in North Africa at the time14 6. During his
years as a layman since his conversion, since his first writings at Cassiciacum, he seems to have been working on a plan or program for a Christian paideia or doctrina, proper to the adulescentes of the People of God.
The De doctrina christiana arises quite naturally from this background as
the blueprint and the guide for teachers in putting his educational plan
into effect. We know, of course, that priests and bishops wentforth from
his own school to establish similar institutions, with transforming
effect and victory for the Chruch, in various cities of North Africa,
and that later it became the pattern for Christian schooling across all
Europe. The paideutic character of his treatise, apparent in its plan as a
whole and visible in each of its parts, reduces to two essentials. The
first is the fact that it is a set of praecepta. This puts the treatise immediately into the category of the practical guides for teachers in developing
academic disciplines in the actual practices and procedures of the classrooml47. The second is the fact that it introduces a new litterae, a new
145. The adjectfre " Christian " also merits special consideration, as well as the
noun doctrina. See :milien LDIIIUXDE, La signification de , Christianus ' dans la
t/iologie de saint Augustin et la tradition ancienne ", in Revue des tud' s A ugustiniemzes, 9 (r<J63), 221-234, with the references. See St. Augustine, Enarr. in ps. 26,
2, 2 : I dco ad omnes cJwistianos pertinet unctio. For the full y deYeloped contemporary
statement of this concept, see the Second Vatican Council, Constitution on the
Church (November 21, i964), esp. Chapter II, "On the l'eople of God ", Chapter IV,
" The Laity " and Chapter V, " The l'ni\ersal Call to Holiness in the Church ".
Other documents of the Second Vatican Council make particular applications,
deYeloping the concept of the Christian culture of the People of God in a manner
proper to the contemporary situation of mankind.
146. See Possrnrus, Vila (P.L. 32. 37) : iam scientes catholici sancti Augustini
propositum et doctrinam ...
r 4 7. The tenus pral'Ce pta an cl prneci/>ere lia \'e a technical eharacter in Roman
cducation from Cicero to St. Augustine. They refer to the principles that constitute
an acudemic discipline in its yery being and pedagogical structure, and which therefore guide the teucher in the teaching of it. Cicero is careful to note that his Oralor

AUGUSTINE'S "DE DOCTRINA CHRISTIANA"

129

set of pedagogical instruments and curricular content the Sacred Scriptures primarily, and with them certain works of the Fathers. It centers
the actual practice of teaching upon the Bible, which replaces Homer and
the literature of the Graeco-Roman paideia and doctrina. This places
before the students a new paradigm of human perfection, Christ the Lord,
with an entire new set of Christian models and examples, as well as principles and ideals. Thus there is ncit only a new doctrine, the content of
the faith summarized in Book I, but also a new doctrina, a new active
educatioi:J.al dynamism, formative as a paideia in the Christian sense14s.
This transforms the ancient paganism and transvalues its classical humanism, the paideia and the doctrina of the civilization that is ending, and
establishes the new Christian humanism in education to which the future
belongs149 .

is not a practical guide, in this sense, for teachers : Jllud tamen quod iani ante diximus
meminerimus, nihil nos praecipiendi causa esse dicturos atque ita potius acturos ut
existimatores videamur loqui, non rnagistri.(Orator 3r, II2). Augustine states explicitly
that his intention is precisely the opposite : his treatise will explain " certain rules,
praecepta, for teaching the Scriptures ". (Preface, r.) Unlike Cicero, who wants to
appear as a critic rather than a teacher, Augustine affirms his explicitly educational
intention at the outset.
148. See Book 4, 6, 9, 4, 7, 21 ; 4, 14, 3r. The Bible, \vith its stilus vcnerabilis, is
the prototype of al! these literary and educational qualities, 4, 6, 10. A fruitful
comparative analysis of Augustine's other writings on education vdth his comprehensive ex professa treatise, the De doctrina clwistiana, can be made, but it would go
far beyond the scope of the present study. See De civitate Dei XI, cc. 2-3, where Augustine states succinctly his master plan for the Christian education of youth. The
entire De ordine relates to the De doctrina christiana, which is in a true sense simply
the full development of the principles contained in the earlier treatise. See also
Confessions, Book I-III ; De vera religione 24, 45-40, 74 ; De magistro ; De quantitate
animae ; and the discussions of science and \Ysdom on his De Trinitate, Books XII,
XIII and XIV.
149. The Christian hmnanism of St. Augustine is a large topic in its own right,
and a discussion of it wonld transcend present limits. The humanistic implications
of the De doctrina christiana are apparent from the moment that it is seen in the
perspective of the classical Graeco-Roman paideia, the humanizing process or
" humanism " that fonns the proper content, activity, and purpose of schools and
schooling. Augustine's treatise is a program for Christian humanism in the sense that
is proper to education, the process of development and formation toward an ideal
of human perfection. This is the Christian purpose of education clarified in Book I,
and achieved by the Christianized means of the propaideia established in Book II
and the Biblical paidcia of Book III. From the beginning of his thought and planning
in the Dialogues of Cassiciacmn, furthermore, to the end in Book IV and in the
Retractationes, Augustine's humanism in education possesses, despite all development,
explicitation and ripening, an abidingly eonsistent Christian character and authenticity. Education is never conceived in the Pelagian sense as man's " grace " unto
himself and his own self-achieved renewal and salvation. It is fundamentally wrong
to <livide Augustine's life as a Christian into two opposed periods, the first a "philosophical " one characterized by a special kind of " good " humanism that some call
" secular " and others " Christian ", and the second an "ecclesiastical" one in his
years as pricst and bishop, characterized by a ncw, different and Jess praiseworthy
humanism. These misconceptions have their roots in a more fundamental misreading
of his \vorks in relationship to his conversion. For one example of this exaggeratecl

IJO

li. KEVANE

Thus the four books of the De doctrina christiana reflect a unified plan
of composition, strongly consistent and brilliantly lucid, Augustine's
exposition of his program for Christian education150 . Doctrina means
didsion of Augustinc's thought into opposed" philosophical" and" ecclesiastical"
periods and humanisms, sec the othen.-ise meritorious work of Franz Georg nIAnm,
Augustin und das anti!?r Rom, Stuttgart 1955, 213, construeting a development from
" Christian Humanism" of the " philosophical period "into " die christliche Intransigenz" of the later period. See in general 208-214, " Das Romproblem als Problem
des christlichen Humanismus ", \Yhich appears to miss entirely \Yhat Da\\"son calls
" The Historie Reality of Christian Culture ". This equating of " Christian Humanism " with the secular lmmanism of the classical past, supposecUy represented hy a
" philosophical period " in Augustine's work, emasculates the De doctrina christiana
and indeed the entire Patristic Age in its gradua! development of a Christian solution
for the problems of paideia, education and culture ; and it sets the stage for a fundamental misunderstanding of the Christian Era as a whole, from the Fathers through
the schools and universities of Christendom that applied and developed the Patristic
philosophy of culture, to the contemporary Church embattled in the deep waters of a
resurgent secularism and atheism. The truth of the matter is quite different : Augustine's Christian Humanism is the same in his De ordinc written as a Catholic layman as
it is in his De doctrina christiana. His conversion was a con,ersion to the Catholic
faith, not to philosophy in the secularized sense. Erich Dr:<iKr;1m strikes the heart of
the matter accurately in his work, Die Anthropologie A ugustius, Stuttgart 1934,
50-59 : " Augustins \Vissenschaftsbegriff ". " Die Wissenschaft ", he points out,
"ist eingegliedert in das religise Le ben. Sie hat kein Eigenwert ". (5r) And he cites
De doctrina christiana II, 7, 9ff. The whole of human life is under the authority of
the Bible and in its service, as the fulfillment of the Great Commandment. But this
is exactly the Christian humanism of his writings as a layman, in the so-called " philosophical period " : " Das winl schon De ordine II, 9, 26: De nwsica V, 5, ro; De
Mor. eccl., r, 2, 3, gefordert ".(Ibid.)
150. It is one thing, of course, to draw up a philosophical plan for the Christian
education of youth and a program for a Christianized order of studies ; it is quite
another thing to organize and operate the scholastic institutions \Yhich put the program into actual operation. Considerable research has been done on the question
whether there were Catholic schools in the Patristic Age ; it would go beyond the
present scope to detail the matter here. See I{ugene KEV.\XE, Augustine the Educator,
\Vestminster, nfaryland 1964, 388 for the references to the work of Gustave Ilardy
on the point, and H.-I. M.umOl', Saint Augustin i't la fin de la c1tlt1tre antique, Paris
r958, 39+-401, for !lis opposition " la thse formule par Bardy ". Marron holds
that the Fathers of the Clrnrch stood on principle for retaining " toute la tradition
des coles paennes " for the formation of the Christian intelligence. Then, " une
fois deye1iu un homme cultiY ",the intelligence can enter upon its Christian acti\ity,
utilizing what it finds serviceable for nnderstanding Scripture and for the progress
of the soul to\Yard perfection. (394-395) " No properly Christian education \Yas
foreseen (by the Fathers), no teaching or plan of studies alrcady inspired by Christianity, ordained in advance to that Christian culture which such an education should
prepare ". (395) But this seems to be an Ull\Yarranted transposition from the d.:
jacta social situation of the Barly Church to the order of Christian principles in the
matter. It seems, furthermore, to be in open contradiction \Yith the known facts
about Patristic thinking on the matter, clearly Yisible in hoth St. Jerome and St.
Augustine. In fact, Marron himself seems to find Book II of De doctrina christiana
embarrassing for his extremism in the matter. (See 398) In the real crux of the question, he misses the catharsis of the artes by the Christian philosophy of God and the
soul (407) ; Eggersdorfer's insight on this Yital point is more accurate and comphensive. In short, Catholic schools had to be concei ved mentally before the y could be
built physically in order to exist as institutions that historians eau document and

AUGUSTINE'S "DE DOCTRINA CHRISTIANA

IJI

simply paideia in the comprehensive sense understood by classical antiquity. Doctrina christiana denotes an educational approach large enough
to admit into its content and its procedures the entire natural and supernatural heritage of mankind. If as a result of Werner Jaeger's work the
word " paideia ", preserving its full original meaning, were to corne into
the English language, one would translate De doctrina christiana as " On
Christian Paideia ". As it is, the most valid and expressive word we
have is " education ", taken in its comprehensive and actiYe sense of
both instruction and formation : " On Christian Education ".
And since the Bible is the literature of the People of God, corresponding
to the merely human literatures of the natural peoples that they use in
fonning their youth to their cultural yalues and ideals, it is rightly taken
as the chief instrument of this education, as Augustine saw, replacing
Homer, Vergil and the auctores at the core of the curriculum and at the
center of the educator's intererest. When this intention to plan and
program an education under Christian auspices is properly considered,
together with the practical measures regarding the Bible that follow as
a logical consequence, a certain conciliation of the varions contrasting
views of the De doctrina christiana becomes possible. It is indeed " the
charter of Christian culture ", as l\farrou sees it but not merely because
it reflects Augustine's view of culture, or his personal acquisition of culture
as a Christian convert and intellectual: it is this charter primarily because
it programs the social process of Christian education which alone is the
adequate cause of Christian culture, whether for persons on any general
scale, or for society in the sense of the Christendom yet to be formed.
And a hermeneutics, a handbook for preachers, the first textbook of
exegesis ? It is all of these in a sense, and bears some of their marks,
because it launched all of these upon their development in the Western
and Christian civilization to corne, and where they stand now fully
elaborated. But the De doctrina christiana is not any one of them as
the y ha ye corne to exist after the processes and experiences of the Christian Era. A " Christian rhetoric " ? In the sense that " rhetoric " denoted

escribe. The fact that the Church of the Martyrs and the Fathers clicl not and coule!
not commancl the social resources for the institutionalization inyo]yecl should not leacl
to illogical conclusions on the principles inYolYed. These principles can indeed be
documented. The De doctrina christiana is one of the most fully developecl I'atristic
documents in the matter, and one 'diich guided a certain incipient institutional
practice of Christian education e\en in Augustine's lifetime. To admit that Augustine
laid out a practical philosophy of the curriculum, as :Marron does (39-1) (as Eggersdorfer, \Viihr, Bolgar and many other scholars haye seen without puzzling inhibitions
in the matter) and yet to deny or studiously to a\oicl any corresponcling edncational
proccss, seems some\Yhat inconsistent and e\en implausible when teachers and
schoolmen are known at first hancl. See Otto \VILOL\XX, The Science of Education,
J,atrobe, Penn. 1930, Vol. I, ch. 17, 191-HJ5, "The Early Christian School System".
Perhaps the most balancerl suney of the question \vhethcr there were Catholic
schools in l'atristie times is that of \Villiam lLrncr,.\ Y, Educatioual Jdeals in the
,1 ncient Wol'ld, London r9yJ, 238-25 1.

132

E. KEVANE

the classical educational system as a whole, as it actually existed and


functioned in both its grandeur and its decadence, then yes indeed : it
is that educational system of Vi?'estern man, regenerated and renewed. It
is the basic plan and program for training teachers to carry out a new
approach in education as a whole, one that transyalues into the converted
and elevated Christian state of being and operation the classical educational heritage of the Graeco-Roman world that Augustine knew so well
and possessed so fully151 . In the largest sense, the De doctrina christiana,
"Augustine's brilliant work ",as Norden terms it152, is his much-meditated
personal masterpiece, the one that reflects in a special way vvhat he was
throughout his life, Augustinits rhetor. It is the work that climaxes the
Patristic Age, which completes the victory of the Martyrs and the Apologists over the ancient pagan secular humanism, and which opens the way
to the Western and Christian civilization to corne. And in it Augustine
states at last what his new plan was, that res quani moliebar, for a safe
way for youth to walk, that came to his mind as a part of his conversion
to God153 .
What St. Augustine saw in his treatise De doctrina christiana was a
renewed educational program designed for the specific pastoral care of
the Church in North Africa. But he fashioned a work of God, an instrument that Providence was able to use for an effect beyond anything
Augustine himself could have foreseen. By his use of the Patristic
principle of the Gold of the Egyptians, the natural heritage of the liberal
disciplines was allowed to flow into the Christian culture to come15 4 . By
placing philosophy among these liberal disciplines as their capstone, the
way was set for that development of Christian philosophy that reached
full metaphysical flower in Thomas Aquinas155 . In his application of
logic and this same Christian philosophy to the quaestiones that arise in
teaching revealed truth from the Sacred Page, perspectives opened which
were to permit the new Science of Sacred Theology to arise as the supreme
intellectual achievement of the Christian Era.
St. Augustine's De doctrina christiana is thus the key to the intellectual
unity and coherence of the Christian Era as such, and it contains the
principles which implement, humanly speaking, the very indefectibility
of the teaching Church. It unlocks the secret of the true Christian philosophy of universal history, the successsion of the two Testaments interwoven with the succession of world empires and civilizations.
For it
contains the distilled and purified essence of that vast entity of universal
history, the Classical civilization that extends from Homer to the Fall of
15I. See Albert C. UTI,ER, Augustine and the Transvaluation of the Classical
Tradition, in Classical journal, 54 (1959), 213-220; Giovanni di NAPOLI, S. Agostino
e il problema della citltura, in Eitntes Docete, II, (1958), 340-357.
152. E. NoRDF:N, Die antiile ]{unstprosa, Leipzig 1898, Vol. II, 526.
153 De beata vita I, 6 ; P.I~. 32, 962 ; see Confessions I, 15, 24.
154 See De doctrina christiana z. 16, 24-2, 39, 59.
155 See De doctrina christiana 2, 40, 60-61 ; Retractationes r, 6.

AUGUSTJl\'E'S "DE DOCTRINA CHRISTIANA"

r33

Rome. It unifies the divine pedagogy emanating from J erusalem with


the educational content and method of Athens. This entails a new
approach to both education and culture that completes the work of the
Patristic Age in regenerating the heritage of paideia and hence of renewing
makind's laboriously elaborated civilization, secularized and sick unto
death in this fullness of time. Thus Augustine's treatise also contains the
program and the distilled essence of the Christian culture that will characterize the Western civilization still to be formed, still to corne. The
De doctrina christiana is a fondamental factor, therefore, in that historie
succession of civilizations that carries the movement of universal history
from Homer to the present. It stands, as a matter of fact, at the historie
point where the Classical civilization fell and the new Western and Christian civilization began to take its origin, at what Karl Jaspers calls the
" axial period " of universal history156.
For these and similar reasons, the De doctrina christiana is a perennial
fount of educational renewal in the Church. This is due to its absolute
faith in the Incarnate God and its use of the Scriptures as the means of
Christian instruction and formation. Hence Augustine's educational
treatise is the abiding foundation of doctrinally sound and culturally
viable teaching programs for the present and the future. Augustine is
indeed "The Genius of the West", and the De doctrina christiana document the fact perhaps more comprehensively than any other of his works,
eyen more than the De civitate Deil 5 7 .
Eugene KEVANE.

156. See Karl JASPERS, The Origin and Goal of Histnrv, London 1953, 25-26. The
new comparative study of chilizations, the result of the exploration of the world by
Europeans in modern times, and organized into a ne\Y discipline and brunch of learning during the last fifty years or so, throws new light on St. Augustine's De doctrina
clwistiana. This makes it possible to see its nature more clearly and to understand its
purpose more comprehensiyely.
157. " The Genius of the \\'est "
the title of the percepthe study by Erwin
Roderich Yon KIENI'fz, .J ugustinits : Gcnius des A brndlande, \Vuppertal r947.

L'loge de Thodose
dans la Cit de Dieu (V, 26, 1)
Sa place, son sens et ses sources

La Cit de Dieu est une uvre si vaste et si complexe qu'on ne s'y


engage gure sans guide. Heureusement, saint Augustin a eu soin de son
lecteur. Il lui a mnag de nombreuses tapes o il attire son regard aussi
bien sur le chemin parcourir encore que sur celui qui a t parcouru.
Il a galement signalis sa marche, et les tudes modernes ont fait avec
raison le relev de tous ces prcieux jalons 1 .
Pourtant il arrive que l'un ou l'autre chapitre refuse, semble-t-il,
d'entrer dans le cadre logique et apparaisse bien comme une digression.
C'est le cas, semble-t-il au premier abord, pour le chapitre 26 du livre \T,
qui constitue un long loge de Thodose. Si 1' on se reporte au travail de
J.-C. Guy par exemple, on constate que ces pages n'ont pas le droit de
figurer dans le plan qu'il donne des cinq premiers livres 2 . Un lecteur
press se rangerait volontiers cet avis, en remarquant que la charnire
des chapitres 25 et 26 est d'une logique un peu flottante et que le dveloppement en cours semble brusquement s'interrompre ou dvier.
Nous voudrions montrer rapidement tout d'abord qu'il n'en est rien :
non seulement cet loge de Thodose se rattache au contexte prochain,

r. Il suffit de renYoyer nnx pages dfsormais classiques de :i\I. H.-I. MARR01;


sur la composition de la Cit de Dieu : Saint Augustin et la fin de la culture antique.
Retractatio, Paris, 1949, pp. 668-671, et J.-C. Gev, Unit et structure de la Cit
de Dieu de saint Augustin, Paris, 1961, surtout p. TI, 11. let 2.
2. Aucune mention n'est faite, op. dt., p. 47, de cet loge de Thlodose. L'allusion
de la n. 3 at1 chapitre 26 remoie, d'aprs le contenu, la fin de ce chapitre, c'est-<lire 26,2 selon l'dition de la Bibliothque Augustinienne, 11033 ( 4" dit. DOMBAR'.1'KALB), Paris, 1959, qui est utilise ici, ayec les notes de G. BARDY. Jnns le tableau
de ln p. 18, le ch, ~6 est nette;nent spar de ce qui le prcde,

Y.-M. DUVAL

I36

mais il se relie galement au thme principal des cinq premiers livres,


dont il offre une conclusion concrte 3 .
D'autre part, cet loge de Thodose, compos par un contemporain,
est souvent utilis par les historiens modernes 4 . Or, ils ne semblent pas
se poser la question du genre littraire de ces pages, ni se demander si la
thse que veut dfendre Augustin n'inflchit pas les informations qu'il
rapporte. Nous voudrions faire apparatre cette thse en tudiant la
faon dont Augustin a utilis les sources crites dont il disposait, et qu'on
ne semble gure avoir encore aperues.

I. -

LA PLACE DE CET ELOGE.

Partons donc de cette charnire entre les chapitres 25 et 26 du livre V.


Peu importe, en fait, qu'il y ait changement de numro, mais on comprend
3. Les trois premiers livres, adresss Marcellin, sont antrieurs septembre 413,
date de son excution. Les deux suivants les compltent et sont termins en 4r5.
d'aprs le tableau que saint Augustin donne alors de ses travaux son ami Orose :
Ep. r69, r, r et 4, r3 (CSEL 44, dit. Gor,DBACHER, p. 6rr, 1. I I sq; p. 620, 1. 26 sq.).
Les deux derniers livres, qui abordent le problme de l'accroissement de l'Empire
romain, forment certes un petit ensemble, mais ils ne peuvent cependant tre dissocis des prcdents. Si nous aurons plusieurs fois l'occasion de souligner la cohrence
des livres IV et V, nous suivrons galement l'un ou l'autre thme travers les cinq
livres, qu'Augustin a toujours considrs comme un seul tout (voir, par ex., le texte
de la lettre Firmus, cit n. r2).
4. Par exemple O. SEECK, dans les ]\![ GH, Attct. Antiq., VI, r (uvns de Symmaque), p. LIX, (cf. infra, p. 160, n. 97); A. PIGA:\'IOL, L'Empire Chrtien, Paris,
r947, p. 2r6, n. 107; p. 266, n. 108 ; p. 267, 11. 114-5 ; . DEMOUGEO'I', De l'unit/
la division de l'Empire romain (395-410), Paris, 1951, p. 94, n. IO (cf. infra, p. r6o
n. 97) ; E. STEIN - J .-R. P.U,ANQUE, Histofrc dit Bas-Empire, t. I, Descle de Brouwer,
r959, p. 323, n. r Ir ; p. 334, n. I 58 ; p. 335, 11. r 59. I,a chose est particulirement
importante pour l'histoire religieuse. Il est dommage que l'on n'ait gu(re tir parti
d'une remarque de J.-R. PAI,ANQUE, Saint Ambroise et l'Empire romain, Paris,
1933, p. 229, n. 171 (cf. infra, p. 164 et n. III). W. Exssr,rx, Die Religionspolitik
des Kaisers Theodosius d. Gr., Munich, 1953, utilise souvent (p. 68, n. r ; 73, n. 5 ;
74, n. 3 ; 85, n. 7; 86, 6, pp. 87-88) cet loge de Thodose; mais, faute d'avoir YU la
dpendance - que nous voulons tablir en ce travail - entre Augustin et Rufin
d' Aquile et faute d' aYoir tudi la perspective d'Augustin dans ce passage de la
Cit de Dieu, il est amen se poser, croyons-nous, de faux problmes (cf. infra,
p. 167; n. rr5, fin) ou fausser mme son expos en majorant la ,-aleur historique
de certains textes. (cf. infra, n. 102). Cela ne veut pas dire, bien entendu, qu'un document tronqu ou parti al ne puisse tre utilis par l'historien. niais encore faut-il
qu'il ne l'accepte pas pour argent comptant. Notre objet, cependant, n'est pas, dans
ce travail, de rcrire ce chapitre d'histoire, mais, tout au plus, de prparer la tche
aux historiens en leur signalant certains des tenants et aboutissants du texte d' Augustin. Il n'est pas davantage question de proposer ici une thse sur la politique de
saint Augustin. Pour rsister mme toute tentation d'extrapoler, le prsent article
sortira le moins possible de la Cit de Dieu et mme de ses cinq premiers livres qui
forment un ensemble. Le seul conseil qui puisse tre rappel au lecteur est de ne
pas s'emparer trop vite d'une affirmation cl' Augustin avant d'ayoir soigneusement
examin le contexte et le mouvement, piirfois trs ample, de ln pense.

L'LOGE DE THODOSE

137

trs bien qu'un repre ait t introduit cet endroit 5 , car le dveloppement
prend brusquement une direction nouvelle. Le nom de Thodose est en
effet introduit, de faon incidente, comme celui du vengeur de Gratien.
Mais seule la mort malheureuse de ce dernier avait quelque rapport avec
l'argument dvelopp dans ce chapitre6.
Augustin est en train de montrer que la diversit des rgnes des empereurs chrtiens rvle, la fois, que les biens temporels ne sont pas refuss
celui qui honore le vrai Dieu 1' exclusion des dmons - qui seraient
seuls capables, selon les paens, de procurer le bonheur sur cette terre 7 - et
qu'il ne faut pas se convertir au vrai Dieu pour des motifs temporels 8 :
aprs avoir combl de biens Constantin, Dieu n'accorde Jovien qu'un
rgne trs court, et Il laisse assassiner Gratien par un tyran. On pourrait
s'attendre ce que cette revue des empereurs chrtiens et de leurs rgnes,

5. Sur ce point, voir H.-I. l\'1ARROU, La division en chapitres des liires de la Cit
de Dieu, in lvl langes de Ghellinck, I, Gembloux, 1951, pp. 235-249.
6. Voici la fin du ch. 25 et le dbut du ch. 26 (BA n 33, p. 752, l. 19- p. 754, l. ro) :
Gratianum ferro tyrannico permisit (Deus) interimi, longe quidem mitius quam
Magnum Pompeium colentem velut Romanos deos. Nam ille Yindicari a Catone non
potuit, quem civilis belli quodam modo heredem reliquerat ; iste (Gratianus) autem,
qumnyis piae animae solacia talia non requirant, a Theodosia yindicatus est, quem
regni participem fecerat, cum pan-ulum haheret fratrem, avidior fidae societatis
quam nimiae potestatis. (ch. 26) Unde et ille non solum Yivo seryavit quam dehehat
fidem, yerum etiam post ejus mortem pulsum ah ejus interfectore 1faximo Valentinianum ejus pan-ulum fratrem in sui partes imperii tamquam Christianus excepit
pupillum ... Nous reviendrons dans la seconde partie sur les sources des informations
historiques concernant Thodose (cf. p. 144-168). Est-ce cause de sa felicilas, tant
yante par Cicron, que Pompe est ici nomm aYec quelque ironie ? (cf. de imp.
Cn. Pomp. r6, 47 sq., avec la mention du fait que, comme Thodose bientt, mme
les vents lui obissent ~ 48).
7. Ci. Dei, V, 25 (p. 752, 1. l-7) : ,. Nam bonus Deus, ne homines, qui eum crederunt
propter aeternam Yitam colendum, has sublinlates et regna terrena existima1'ent
passe neminnn consequi nisi daeinoni bus supplice!, quod hi spiritus in talibus vale1ent,
Constantinum imperatorem non supplicantem daemonibus, sed ipsum verum Deum
colentem tantis terrenis implevit munerihus quanta optare nullus auderet ...
L'essentiel de l'argumentation a t mis en italique. Sur le portrait de Constantin
qui vient ensuite (l. 8-r5), Yoir la note de G. BARDY, p. 752, n. I.
8. Civ. Dei, V, 25 (p. 752, l. 15-19) : Secl rursus ne imperator quisqnam ideo
Christi anus esset, ut felicitatem Constantini mereretur, cum propter vitam aeternam
quisque deheat esse Christi anus, J odanum mnlto citius quam Julianum abstulit ;
Gratianum ferro tyrannico permisit interimi... >) (suite du texte cite supra, 11. 6).
Jovien est mort brusquement 33 ans, au dbut de 364, aprs huit mois de rgne
peine. La cause immdiate de sa mort ? : indigestion on asphyxie par un brasro
(cf. Jrme, Chronique, ad ann. 364 ou Ep. 60, r5 JUliodo1e, d. J. LABOUR'.!', Belles
Lettres, Paris, t. III, p. 105, 1. 16-17 ; Ammien l\farcellin, Res gestae XXV, ro, 13,
dit. ROLFE, II, p. 562. Julien, au temps de son sjour Lutce, a\-ait failli tre
asphyxi de la mme faon : Misopogon 341 D-342 A, dit. C. LACOilIBRADE, Belles
Lettres, Paris 1964. p. 162). Rufin (Hist. Eccl., II, r fin, PL 21, c. 508C) ne parle
pas de la cause de sa mort, mais Jovien est un empereur chrtien, orthodoxe, ce qui
ne va pas sans quelque exagration. Cf."' PrG,\XlOL, op. cil., pp. 147-8 et le point
de vue arien chez Philostorge, VIII, 6, GCS 2r, dit. J. BIDEZ, p. 107), qui, au sujet
de la mort de Jovien (VIII, 8 ; p. 108, 1. 20 sq.), n'a aucunement l'attitude qu'il
aura pour celle de Thof1ose (ef. infra, n. 33 ad finem).

Y.-M. DUVAL

heureux ou malheureux, soit complte par l'exemple de Thodose,


mais telle n'est pas la suite immdiate des ides 9 : comme nous 1' avons
dit, le nom de Thodose n'est simplement introduit que comme celui du
vengeur de Gratien 10 ; il faut attendre plusieurs pages pour voir rapparatre, tout la fin du mme livre V, le thme de la flicit des empereurs
chrtiens, ou plutt de leur vraie flicit, oppose tous les biens temporels,
que Dieu accorde << aux bons et aux mchants 11 )),

***
En ralit, ces dernires lignes forment galement la conclusion des
cinq premiers livres de la Cit de Dieu, tout entiers centrs sur la question
du bonheur ici-bas 12 . Le problme pos par le vrai bonheur des empereurs
chrtiens (ch. 24) et leur sort diffrent sur cette terre (ch. 25) ne font
qu'illustrer une parole vanglique qui forme la trame de ces cinq premiers
livres : <<Dieu fait lever chaque jour son soleil sur les bons et les mchants)>
(Mat. 5, 45). Dieu accorde ses bienfaits temporels, sur cette terre,
n'importe qui, sans y attacher une marque de sa faveur. Le verset, cit
ds les premires pages du livre I, est rpt ou rappel cinq ou six
reprises, en rponse la thologie paenne de la rtribution qui ne voit
clans le culte des dieux que le moyen de se procurer le bonheur sur cette
terre 13 .
Tout l'effort de l'auteur de la Cit de Dieu au long de ces premiers livres
a consist, en maintenant avec toute son poque que 1' essentiel pour
9. Nous montrerons dans notre deuxime partie que l'~loge lui-mme (V, 26, r)
exploite les mmes thmes. (Voir aussi n. 33).
ro. Cf. supra, p. 137 et n. 6.
II. Ciu. Dei, V, 26, 1 fin (p. 758, 1. 16 sq.)
"Haec ille (Theodosius) secum et
si qua simila (quae con1111emorare longum est) hona opera tulit ex isto temporali
vapore cujuslibet culminis et sublimitatis hmnanae ; quorum operum merces est
aeterna /chcitas, cujus dator est Deus solis yeraciter piis. Cetera yero \'tae hujus
Yel fastigia yel subsidia, sieut ipsum mundum, lucem, auras, terras, aquas, fructus
ipsiusque hominis animam, corpus, mentcm, ,-itam, bonis malisque largitur ; in
quibus est etiam quaelibet imperii magnitm1o, quam pro temporum gubernatione
dispensat . ~nr bonis mahsque, yoir n. 13 ; sur l'ensemble c1e ce texte, ,-oir, n. 35
et 36.
12. Cf. Ep. Filmus (dit. dom L\MBOT, in Rc11, Bi'n, 5r (1939), pp. rr2-rr3
reprise dans BA n 33, p. 170, d'aprs laquelle nous citons) : Quorum (codicum)
contineat qninque libros priores qnibus ad \ersus eos est disputatum qui felicitati
ilae lmjus non plane deorum sed dae1nonioru111 cultum prodesse contenduut ... "
r 3. Le texte de JJ,.i al. 5, 45 est cit, ds le dbut du li ne premier, ceux qui s'tonnent que des impies et des ingrats aient profit de la fayeur accon1e par les Barbares
au nom chrtien durant le sac de la Ville (I, 8 : p. 2 ro). On le retrome sous forme
d'allusion en III, 8 (p. 432-4), et il sera exploit rien moins que 'inq fois dans les
livres IV et V: IV, 2 fin (p. 536) ; IV, 33 dbut (p. 63..i) : " ... ,erus Deus ... dat regna
terrena et bonis et malis; V, 16 (p .. 712) ; ibi (dans l'antre yie) non oritur sol s1tper
bonos el malos, sed sol jnstitiae (cf. l'ilal . ..J, 2) solos protegit bonos ... ;V, 18 (p. 728
en bas) : " ... 11011 pro terrenis et temporalilms l>encfidis, qune dhina proyirlentia
permixte bonis maJisq ue concedit ... ; V, 26, r fin (texte cit supra, n. r 1).

L' !~LOGE DE THODOSE

3<)

l'homme est le bonheur 14 , distinguer une double flicit : la felicitas


terrena ou temporalis 15 , qui est caduque et qui est donne par Dieu aux
justes comme aux criminels ; la vera felicitas d'autre part, qui consiste
en la participation la flicit divine 16 . Elle sera le fait, dans la Cit cleste,
des seuls hommes vritablement pieux 17 , qui n'attendent ce bonhenr que
de Dien, seul capable de le lenr procurer 18 .

***
Ce thme du bonheur est donc un des fils conducteurs de ces premiers
livres 19 . Mais on comprend qu' Augnstin, arrfr an terme de cette premire
partie de son uvre, rassemble leur faisceau et les entrelace une dernire
r + Quelques textes sur l'importance du bonheur, dans ces premiers lines :
IV, 23, r (p. 598 en haut) : Quis optat aliqnid propter aliud qnam ut felix fiat ;
IV, 23, z (p. 602) : Kou enim qnispiam resisteret Fe/icitati (desse), nisi, \:!t:Oll
Frnm :-;ox 1'01'EST, qui esse Yellet infe/ix ; IV, 23, 4 (p. 604) : Quis enim ab aliquo
deo nisi felicitatem \'elit accipere Yel quod ad jelicitatrm existimat pertinere ? ;
IV, 25 (p. 608) : Illi non sufficiat ad colendum Deus dator felicitatis, cui non sufficit
ad accipiendam ipsa fclicitas. Cui autem sufficit (NO::\ Exnr HABET HO:YIO QUID
.UIPI,n:S OPTARE DEBEAT), serdat uni Deo datori felicitatis; V, prambule (p. 643) :
Quoniam co11stat 011111ium rerum optandarum ple11itndinem esse felicitatem, quae non
dea est, sed donum Dei, et ideo nullum deum colendum esse ab hominibus nisi
qui potest eos facere felices ... Cette problmatique est classique. Cf. R. HOLTE
Hiatitude et Sagesse, Paris, 1962, 3e partie, pp. 193 sq.
r5. Il faudrait tout d'abord citer l'ensemble du chapitre 8 du line I (pp. 2ro sq.)
aYec la note complmentaire de G. BARDY sur La distribution des biens temporels
(pp. 767-9) qui utilise surtout des textes trangers la Cit de Dieu. Celle-ci contient
cependant, ds les premiers lines, plus d'une affirmation du mme genre : II, 23, 2
(p. 386) : Ne nragni pendamus lerrenam felicitatem quae sicut Mario malis etiam
plerumque conceditur, nec eam rursus quasi malam arbitremur, cum ea multos
etiam pios ac bonos unius Yeti Dei cultores invitis daemonibus praepolluisse videamus 1), C'est dj la thse de la fin du line V. De mme, cf. II, 23, I (p. 382) : tempoialem ... felicitatem ; III, r7, 2 dbut (p. 472) : Uhi erant illi dii (des paens), qui
propter exiguam fallacemquc mimdi hujus felicitatem colendi existimantur ... ? 1)
16. Civ. Dei, V, rr (p. 688) : Deus ... cujus sunt participatione fclices quicumque
sunt veritate, non vanitate felices ... ; V, r6 (p. 712) : Illa cidtas (Dei) sempiterna est ...
ibi est vera et plena felicitas, non clea sed donum Dei ; V, 18 (p. 718) : Felices,
vel nos vel filios nostros, non divitiae terrenae faciunt aut no bis vhentibus amittendae,
aut nabis mortuis a quihus nescimus vel forte a quihus nolumus possidendae, sed
Deus fclices facit qui est nze11tiuin vera opulentia . Citons l'autre extrmit de la
Cit de Dieu, au mome11t justement o il est question de sa fin : XXII, 30, (BA
n 37, p. 707) : tune .. , plena, certa, secura, sempiterna felicitas, etc. .
r7. Civ. Dei, IV, 23, 2 (p. 600) : Quo modo ibi esset vera felicitas ubi vera non
erat pietas? Pietas est enim verax veri Dei cul tus, non cultus falsorum tot cleorum
quot daemoniorum ... Cf. V, 2 r, dbut (p. 738 en bas - texte cit, infra, 11. 2 r
dbut).
r8. Alors que les paens l'attribuent leurs dieux. Cf. III, r8 (p. 4R4 en bas) ;
III, 20 (p. 492 en bas) ; III, 2 r (p. 494-6), etc.
19. Nous ne suivons ici d'ailleurs que le mot fe/icitas, puisque c'est le titre de
fclix qui introduit en V, 24 (p. 748 - cf. infra, n, 27) le dveloppement sur le vrai
bonheur des empereurs chrtiens. Il va de soi qu'il faudrait, si nous voulions tudier
la notion mme du bonheur, qui est l'objet mme du dbat de ces cinq premiers
livres, examiner des mots comme beatitudo, laetitia, munera, bona, calamitas, etc.

Y.-M. DUVAL

fois. En une conclusion trs fortement crite, il peut dclarer que la


rpartition des biens de ce monde se fait, non au hasard certes 20 , mais
selon les intentions secrtes de Dieu qui accorde l'empire au peuple2 1
qu'Il veut, quand Il le veut, et dans la mesure o Il le veut, comme Il le
fait pour les individus 22 . De mme en est-il pour la dure des guerres 23
L'histoire ancienne de Rome en a connu de toutes sortes. Elle en a vu
d'aussi longues et meurtrires, si ce n'est plus, que les guerres menes
sous les empereurs chrtiens, comme en tmoigne, a contrario, l'invasion
manque de Radagaise 24 . Encore celle-ci doit-elle tre rapproche de
celle d' Alaric en 410 pour faire apparatre la mme leon : les dmons
sont impuissants procurer le bonheur terrestre 25 . Dieu, d'autre part,

20. Cf. Civ. Dei, IV, 33, dbut (p. 634) : t Deus igitur ille felicitatis auctor et
dator, quia solus est yerus Deus, ipse dat regna terrena et bonis et malis (cf. supra,
n. 13), neque hoc teme1'e et quasi fortuito, quia Deus est, non fortuna, sed pro rerum
ordine ac temporum occulte nobis, notissimo sibi ; (... ) felicitatem vero non dat nisi
bonis ... Cf. V, 21 fin (p. 742 en haut).
2r. Civ. Dei, V, 21, dbut (p. 738) : " Quae cum ita sint, non tribuamus dandi
regni atque imperii potestatem nisi Deo vero, qui dat felicitatem in regno coelorum
solis piis ; regnum vero terrenum et piis et impiis, sicut ei placet, cui nihil injuste
placet ... I,a suite du texte, sur les divers empires antrieurs l'Empire romain,
mriterait d'tre cite, fortement crite qu'elle est (p. 740).
22. Civ. Dei, V, 21 (p. 740 m) : (Aprs avoir trait des empires successifs) :
Sic etia111 hominibus : Qui (dedit regnum) Mario, ipse Gaio Caesari ; qui Augusto,
ipse et Neroni ; qui Vespasianis, vel patri, vel filio, suavissimis imperatoribus, ipse
et Domitiano crudelissimo; et, ne per singulos ire necesse sit, qui Constantino Christiane, ipse apostatae Juliano, cujus egregiam indolem decepit amore dominandi
sacrilega et detestanda curiositas ... Cette srie d'antithses oppose bons et
" mauvais empereurs, qui Dieu a accord indistinctement le pouyoir. Il s'agit
toujours du : Dieu fait lever son soleil sur les bons et les mchants (Cf. supra,
n. r3).
23. Civ. Dei, V, 22, dbut (p. 742) : Sic etiam tempora ipsa bellorum ... ut alia
citius, alia tardius finiantur . V, 22, fin (p. 744) : Haec ideo commemoro quoniam
multi (... ) si temporibus christianis aliquod bellum panlo diutius trahi vident, ilico
in nostram religionem protervissime insiliuut (... ) Recolant igitur qui legerunt,
quam diuturna bella, quam variis eventis, quam luctuosis cladibus a veteribus sint
gesta Romanis ... .
24. A laquelle est consacr le chapitre 23.
25. Civ. Dei, V, 23, ad f. (pp. 746-8) : Cum statuisset (Deus) inruptione barbarica graviora pati dignos mores hominum castigare, indignationem suam tanta
mansuetudine temperavit ut illum (Radagaisum) PRUIO faceret mirabiliter vinci,

ne ad infirniorwm aninws evertendos gloria daretur daemonibus, qitibus eum supplicare


constabat. DEINDE ab his barbaris Roma caperetur, qui contra omnem consuetudinem gestorum ante bellormn ad loca sancta confugientes Christianae religionis
reverentia tuerentur ipsisque daemonibus atque impiorum sacrificiorum ritibus
(... ) adversarentur nomine Christiane (... ). Ita verus Dominus gubernator rerum et
Romanos cum misericordia flagellavit et tam incredibiliter victis supplicatoribus
daemonum nec saluti rerum praesentium necessaria esse sacrificia illa monstravit ...
La fin du texte reprend la thse essentielle de la premire partie de la Cit de Dieu,
expose ds les premiers chapitres du livre r er. On peroit mme (cum misericordia
flagellavit) un cho du Ps. 88, 33-34 cit en I, 7 fin (p. 210) : Visitabo in virga iniquitates eorum et in flagellis peccata eorum ; inise1'icordiam autem meam non dispergam ab eis. Les livres VI X montreront que les dmons ne sont pas da\antage
capables de procurer Je bonheur aprs cette Yie.

L'LOGE DE THODOSE

ne veut pas que l'homme place dans le bonheur terrestre son souverain
bien et Il l'invite se tourner vers les biens de l'autre vie 26 .
Contre les paens qui attaquent les tempora christiana, l'ensemble de la
dmonstration avait t men l'aide d'exemples pris l'histoire antrieure au Christ et dont certains ont t voqus nouveau dans les
premires pages de cette conclusion. Mais il s'agit de montrer galement
que la mme loi de rpartition des biens terrestres continue tre observe
l'poque chrtienne 27 et que le titre de felix, que les empereurs chrtiens
portent eux aussi 28 , doit tre maintenant entendu en un sens chrtien.
Le chapitre 24 limine donc pour ce titre l'interprtation qui n'y verrait
que la felicitas terrena 29 . Il insiste sur ce qui, non pas constitue, mais
prpare la vraie flicit chez les empereurs chrtiens justes, clments,
doux, humbles, pnitents 30 : << De tels empereurs chrtiens, nous les pro-

26. Civ. Dei, Y, 23, fin (p. 748) ... ut ab his qui non pervicaciter contendunt,
sed prudenter adtendunt, nec propter praesentes necessitates vera religio deseratur,
et magis aeterna1T vitae expectatione teneatur i>. I,a fin du texte cit la note suivante
est explicite.
27. Civ. Dei, V, 24, dbut (p. 748-750) : Neque enim nos Christianos quosdam
imperatores ideo felices dicimus, quia vel diutius imperarunt, vel imperantes filios
morte placida reliquerunt, vel hastes rei publicae domucrunt, vel inimicos cives
adversus se insurgentes et cavere et opprimere potuerunt. Haec et alia vitae hujus
aerumnosae vel munera vel solacia quidam etiam cultores daemonum accipere
meruerunt, qui non pertinent ad regnum Dei, quo pertinent isti. Et hoc ipsius
misericordia factum est, ne ab illo ista qui in eum crederent velut summa bona
desiderarent ... Je ne cache pas que c'est pour essayer de comprendre l'enim du
dbut de ce chapitre et le rapport du titre de felices dcern aux empereurs avec les
chapitres antrieurs que plusieurs des pages qui prcdent ici ont t crites. Si le
lien entre le ch. 25 et 26 tait assez lche (cf. supra, n. 6), l'enim du ch. 24 tait au
premier abord assez surprenant.
Remarquons que les traits du bonheur terrestre des empereurs rassembls 1c1
conviennent assez bien Thodose, mais ils peuvent concerner tout aussi bien
Constantin (cf. ch. 25, dbut). Le quosdam initial est restrictif : nul mot de Constance
par exemple, et Valens l'arien est svrement jug plus loin (ch. 26 - texte cit,
infra, p. 162). I/assurance donne par Augustin que les empereurs chrtiens pertinent
ad regnum Dei ne concerne donc que ceux qui ont mrit cette vraie flicit qui est
prcise ensuite.
28. Sur ce titre de felix partir de Commode, cf. R. CAGXAT, Cours d'pigraphie
latine, p. 159 et n 2 (cit par G. BARDY, p. 748, n. l). On trouvera un exemple d'attention, trs malicieuse, cette titulature de la part des chrtiens cl' Antioche chez
Ammien Marcellin, Res gestae, XXIII, l, 5. Sur la double pithte piits, felix introduite
par Commode, cf. J .M. HEER, Der historisclie Wert dei' Vita Comnzodi, in Philo!.
Suppl. IX (1901), p. 89 (cit par H. BLOCH, A new document of the last pagan revival
in the West, in Harvard Thcological Review 38 (1945), p. 202, n. 12). L'insistance
d'Augustin sur les empereurs vraiment pieux (veraciter piis, in V, 26, r ad finem,
p. 758 Texte cit n. II} s'explique peut-tre par rfrence cette titulature.
Cf. V, 19 (p. 734 m.).
29. Cf. n. 27.
30. Civ. Dei, V, 24 (p. 750). Texte cit pour l'essentiel n. 33. La puret d'intention
est essentielle. Toutes ces belles actions doivent tre accomplies, non propter ardorem
inanis gloriae i>, comme le faisaient les anciens Romains (cf, de Civ. Dei V, 12 sq.),
sed propter caritatem felicitatis aeternae (p. 750 ad f.). Tel Thodose (cf. V, 26,
r, ad f. - texte cit n. II ; quorum (bonorum) operum merces est aeterna felfritas ... >).

Y.-Nl. DUVAL

clamons heureitx en esprance ds ici-bas, et un jour, en ralit, quand sera


arriv ce que nous attendons31.
Si l'on examine la fois l'esquisse des qualits de l'empereur chrtien,
qui agit ((par amour de la flicit ternelle 32l>, et le portrait de Thodose33,
on se demandera vite si, plus qu' Constantin, ou Jovien et Gratien, ce
n'est pas dj Thodose que songe Augustin en dcrivant l'empereur

31. Civ. Dei, V, 24, fin (p. 750 en bas) : Tales C'hristianos imperatores didmus
esse felices interim spe, postea re ipsa futuros, cum id quod expectamus advenerit .
L'expression intcrim spe est rapprocher du spe salvi facti sumus de saint Paul
(Rom. 8, 24). Cette opposition spe / re est cardinale chez Augustin pour l'apprciation
du temps prsent. Voir, par ex., de Civ. Dei, XV, 18 (BA no 36, pp. u6-118) o,
aprs avoir rappel que c'est in spe que vit l'homme, fils de la rsurrection, Augustin
cite Rom. 8, 24-25, avant de dfinir les membres de la Cit d'en haut sur cette terre :
la socit (< quae non secundum hominem in re felicitatis humanae, sed secundum
Deum vfrit in spe felicitatis aeternae >l. De mme XIX, 20 (BA n 37, p. 138 en
haut et n. r, tout le livre XIX, consacr la pax, tant aussi celui de la beatitudo
(cf. XIX, l ; p. 38).
3 2. Cf. n. 30 fin.
33. On peut, en effet, renvoyer pour presque toutes les qualits numres dans
cette page l'un ou l'autre des pisodes de l'loge de Thodose que nous tudierons
plus loin. Nous faisons donc suivre les diffrentes parties du texte des renvois possibles:
De civ. Dei, V, 24 (p. 750) : Sed felices eos dicimus si juste imperant, si inter linguas
sublimiter honorantium et obsequia nimis humiliter salutantium non extolluntur,
sed se homines esse meminerunt (cf. infra, p. 162 : Attitude vis vis des hrtiques
et des catholiques, b, textes de Rufin et d'Augustin). - Si suam potestatem ad Dei
cultum maxime dilatandum majestati ejus famulam faciunt >l (cf. injm, p. 163 :
Attitude vis vis des paens). - (< Si Deum timent diligunt colunt; si plus amant illud
regnum ubi non timent habere consortes l (cf. infra, p. 162 : Attitude vis vis des
hrtiques et des catholiques, b (?),et de Civ. Dei, IV, 33, p. 634 - suite du texte cit
11. 20).
<c Si tardius vindicant, facile ignoscunt; si eandem vindictam pro necessitate
regendae tuendaeque rei publicae, non pro saturandis inimicitiarum odiis exerunt ;
si eandem veniam non ad inpunitatem iniquitatis, sed ad spem correctionis indulgent;
si quod aspere coguntur plerumque decernere, misericordiae lenitate et beneficiorum
largitate compensant >l (cf. infra, p. 164 : L'affaire de Thessalonique, b, p. 165 ;
La clmence de Thodose, p. 160 et n. 95; Les guerres civiles, p. 160 et n. 98).
Si
luxuria tanto eis est castigatior quanto posset esse liberior ; si malunt cupiditatibus
pravis quam quibuslibet gentibus imperare . (Cette dernire composante adapte
l'adage stocien qui fait du sage matre de lui-mme, le matre de l'univers. Augustin a
d'ailleurs cit, au sujet de l'ambition, une strophe d'Horace qui rend un son voisin :
I,atius regnes avidum domando / Spiritum, quam si Libyam remotis / Gadibus
jungas et uterque Poenus / Serviat uni (Od. II, 2, q-12
Cil'. Dei, V, 13 ; p. 704).
Aucune allusion la vie morale de Thodose dans l'loge d'Augustin, ni dans l' Histoire de Rufin. Philostorge accuse cependant Thodose de dbauche et y voit la cause
de sa mort: XI, 1 fin, dit. J. BIDEZ, GCS, 21, p. 134, 1. 6 sq. De Jovien, Ammien
}farcellin dit qu'il tait vina Venerique indulgcns, mais ajoute : quae vitia impcriali
7Jerecundia forsitan correxisset (XXV, ro, 15, d. ROLFE, II, pp. 562-4). - En ce qui
concerne la dernire condition de saint Augustin, on la dirait presque rajoute
puisque l'numration est interrompue pour rappeler la ncessit de la puret d'intention (cf. texte cit, n. 30) : (< Si pro suis peccatis lmmilitatis et miserationis et orationis
sacrificium Deo suo vero immolare non neglegunt (cf .infra., p. 167-8: L'affaire de
Thessalonique, d, pisode qui, comme ici, figure la fin du tableau des nvres de
Thodose). On comprend sans peine qu'une telle page ait enthousiasm Bossuet
prcepteur d'un roi chrtien (cf. Barn.y, p. 86. n. r, citant G. Col\IBS).

L'JiLOGE DE THODOSE

chrtien idal 34 . Inversement, lorsqu'il aura termin son loge de Thodose,


Augustin qualifiera toutes les actions qu'il a rapportes de bona opera,
uvres bonnes cc qui ont mrit l'empereur la flicit ternelle que Dieu
dispense uniquement aux mes rellement pieuses35 )).
Les biens temporels, au contraire,
dont il aura t dbattu tout au
long de ces cinq livres - et, entre antres, l'tendue de l'Empire, objet
plus prcis des livres IV et V. sont accords cc aux bons et aux mchants)),
comme Augustin le rappelle une dernire fois 36 , avant d'annoncer le
thme des livres snivants 37 .

C'est donc bien le thme de la flicit qui permet de situer cet loge
de Thodose, aussi bien dans le contexte prochain des chapitres consacrs
aux empereurs chrtiens que dans la conclusion gnrale des cinq premiers
livres. Contrairement ce que proclament leurs adeptes, qui voient dans
leur abandon la vraie cause du sac de Rome, comme dans leur culte antrieur la raison de 1'extension de l'Empire romain, les dieux paens sont
incapables de procurer la flicit terrestre. Cette flicit terrestre mme
ne peut tre le but suprme du chrtien, puisqu'elle est donne par Dieu
aussi bien au paen qu'au chrtien, au juste qu' l'impie ; elle peut mme
tre donne tel chrtien et refuse tel autre, tandis qu'Il rserve
cc aux bons, pour l'autre vie, des biens dont les mchants ne jouiront pasas)),
Le chrtien n'agit que par amour de la flicit ternelle et l'empereur chrtien Thodose 1' a bien compris et montr par sa vie. Il reste donc tudier
cet loge en lui-mme, maintenant que nous en avons prcis la place et
le rle dans l'conomie de ces cinq premiers lines.

34. I,eurs rgnes divers vont montrer, comme nous l'avons vu (p. 137 sq.) que le
chrtien peut obtenir de Dieu des biens terrestres minents, mais qu'il n'honore
pas Dieu, de faon intresse, pour les obtenir. Textes cits 11. 7 et S. Nous revenons
ainsi, aprs avoir montr le chemin qui y conduit, ces derniers chapitres du li ne V.
35. Civ. Dei, V, 26, r, fin (p. 758) : Haec ille (Theodosius) secum et si qua simili a,
quae commemorare longum est, bona opera tulit ex isto temporali \apore cujuslibet
culminis et sublimitatis humanae ; quorum operum merces est aeterna felicitas,
cujus dator est Deus solis veraciter piis >l.
36. Civ. Dei, V, 26, I, fin (p. 758 en bas) : c1 Cetera vero vitae hujus vel fastigia
,el subsidia, scut ipsum mundum lucem auras terras aquas fructus ipsiusque hominis anilnam corpus sensus mentem vitam, bonis malisque largitur ; in quibus est
etiam quaelibet imperii magnitudo, quam pro temporum gubernatione dispensat .
37. Civ. Dei, V, 26, 2, dbut (p. 760) : Proinde jam etiam illis respondendum esse
video, qui manifestissimis documentis, quibus ostenditur, quod ad ista temporalia,
quae sola stulti concupiscunt, nihil deorum falsorum numerositas prosit, confutati
atque comicti, conantur asserere 11011 propter vitae praesentis utilitatem, sed
propter eam quae post mortem futura est, colendos deos. >1 I,es premires lignes
contiennent une dernire allusion aux adversaires combattus dans les cinq premiers
livres, la dernire annonce le sujet des livres VI X. Mmes formules ds I, 36 (p. 300).
38. Civ. Dei, I, 8, r (p. 210 fin). t< Placuit qnippe divinae Providentiae praeparare
in posterum bona justis, quibns non fruentur injusti. .. >l,

Y.-M. DU VAL

II. -

LES SOURCES DE L'LOGE DE THODOSE.

A la lumire de cette enqute pralable, on se trouve amen se demander si les pisodes de la vie de Thodose, qui, la diffrence de celle de
Constantin, n'appartenait pas encore au mme point la lgende en ce
dbut du ve sicle, n'ont pas t choisis et narrs en fonction de la thse
thologique qui donne son unit aux cinq premiers livres de la Cit de
Dieit. Or, sur ce point, Augustin avait des prdcesseurs, sinon des modles,
en dehors mme du biographe de Constantin et de l'auteur du de mortibus
persecutorum.
Nous nous proposons ici de montrer que, pour la majeure partie de
son texte, Augustin s'est report Rufin d'Aquile, le traducteur et le
continuateur de 1' Histoire Ecclsiastique d'Eusbe. La chose, qui ne semble
pas avoir t releve 39 , n'a rien en soi d'impossible. Si la traduction de
l'uvre d'Eusbe est commence Aquile en 401-2, lors de la premire
invasion de l'Italie par Alaric 40 , elle n'a pas d attendre de nombreuses
annes pour tre complte par les deux livres qui sont la part propre de
Rufin 41 . Nous le trouvons en effet occup par d'autres traductions dans les
annes qui suivent 42 . De toute faon, l'ouvrage est termin a\ant 4n,
date de la mort du protg de Mlanie l' Ancienne, en Sicile 43 , donc avant
415, date laquelle saint Augustin a pu l'utiliser pour ce livre V de la
Cit de Dieu 44 .
Il est dj sr qu'Augustin a utilis aussi bien la traduction d'Eusbe
que les deux livres de Rufin en 42r. C'est en effet cette date qu'Augustin
rpond aux questions de Paulin de Nole Sitr les soins donner aux morts.
Dans cette lettre-opuscule, la traduction de Rufin est explicitement

39. Aucune des ditions consultes ne le mentionne : l\fauristes (Migne, PL 41,


c. 171 sq.), Dombart-Kalb (Teubner et Corpus Christianorum 47, pp. 161-2),
Hoffmann (CSEL 40, l p. 262 sq.), de Labriolle (Garnier, t. r, pp. 534-540 et
pp. 571-2), Bardy (Bibliothque Augustinienne, 33, pp. 754-8).
40. Voir la prface de Rufin sa traduction (PL zr, c. 461-4). Ds le dbut le
dessein est net et Rufin parle de son ajoute personnelle : Decimum vero vel undecimum librum nos conscripsimus, partim ex majorum traditionibus, partim ex his
quae nostra jam memoria comprehenderat ... nostri vero duo libelli a temporibus
Constantini post persecutionem usque ad obitum Theodosii Augusti. (c. 463-4).
L'uvre est donc d'une seule coule. Cf. M. VILLAIN, Ru/in d'Aquile et l'histoire
ecclsiastique d'Eusbe, in Rech. SR. 33 (1946), pp. 164-210, surtout p. 166, n. I.
4r. Sur les deux livres de Rufin, voir M. VrLLAIN, ibid., p. 185 sq. A peu prs rien
dans cet article, cependant, ne concerne l'Occident sous Valentinien, Gratien, Thodose. C'est cette partie de l'uvre de Rufin qui va le plus nous retenir ici.
42. La dernire tant celle des homlies d'Origne sur les Nombres. Voir leur
prface (PG r2, c. 583 sq. - GCS 30, pp. 1-2 - trad. A. MHA'I.', coll. Sources Chrtiennes, 29, pp. 65 sq.).
43. Sur la date de la mort de Rufin, en Sicile, cf. F. CAVAI.LERA, Saint Jrme,
sa vie et son uvre, Paris-Louvain, 1922, t. I, p. 318, n. r.
44. Cf. supra, n. 3.

L'LOGE DE THODOSE

nomme4 5 et un autre de ses ouvrages est exploit, de faon assez surprenante46. On trouve, en outre, d'autres traces de l'utilisation de l'Histoire
Ecclsiastique de Rufin dans l'uvre ultrieure de saint Augustin47.
Peut-on remonter plus haut que 421 ? Nous croyons pouvoir le montrer
en nous fondant sur ce chapitre du livre V de la Cit de Dieu. Nous tudierons donc les diffrents pisodes de la vie de Thodose qu'a retenus
Augustin, en les comparant ce qu'en avait dit Rufin avant lui. A titre
de contre-preuve, nous citerons, en note, dans tous les cas o la chose
sera possible, le texte d'un autre historien ecclsiastique, le prtre Paul
Orose 48 . Son tmoignage est particulirement prcieux, puisqu'il est disciple
de saint Augustin. Ainsi apparatra mieux, par diffrence, le fait que Rufin
et Augustin ne refltent pas simplement, chacun de leur ct, une tradition ecclsiastique dj constitue leur poque.

45. De cura pro mortuis gcrenda, VI, 8 et VIII, IO (BA u 0 2, pp. 480 et 488) :
Allusion Eusbe, HE, V, r, aYec l'introduction suivante: Legimus in Ecclesiastica
historia quam graece scripsit Eusebius et in Latinam linguam vertit Rufjinus ...
Sur la date de ce trait-lettre d'Augustin, voir P. COURCELLE, Les lacitnes de la
correspondance entre saint Augustin et Paulin de Nole, in REAnc. 53 (r95r), pp. 253300, repris dans Les Confessions de saint Augustin dans la tradition littraire, A ntcdents et Postrit, Paris, 1963, p. 595 sq.
46. Au moins pour nous, modernes : I"e de cura, XVII, 21 (pp. 514-6) utilise,
comme s'ils' agissait de propos rapports par oral, le texte del' Historia monachorum, I
(PL 21, c. 391-2), comme l'a dmontr P. COURCELLE, Possidius et les Confessions
de saint Augiistin : emprunts et complments, in Rech.SR, 39 (1951), pp. 428-442,
repris dans Les Confessions dans la tradition littraire .... , p. 616 et n. 6. Sur Jean de
Lycopolis et Thodose, voir, infra, p. 151 sq. et n. 69 sq.
47. M. VILLAIN, art. cit., p. 210, cite le de Haeresibus, 83 (PL 42, c. 46) o EusbeRufin sont nomms. En revanche il ne peut s'agir de la traduction de l'Histofre
Ecclsiastique (ni mme, d'aprs le contexte, de l'uvre grecque) dans le De doctrina
christ., II, 39, 59 (PL 34, c. 62) puisque les deux premiers livres de cet ouvrage et
une partie du troisime sont de 396 ou 397 (Cf. Retractationes, II, 4, r; PL 32, c. 631).
Le nom d'Eusbe est seul nomm et il doit s'agir du Liber de situ et nominibus
Zocorum hebracorwm dans 1' adaptation de ... Jrme ! En revanche, la Cit de Dieu,
XXI, 6, 2 (BA n 37, p. 400 et n. r) semble bien driver de ce que Rufin lui-mme
rapporte des stratagmes utiliss dans les temples d'Alexandrie (II, 23 ; c. 530 C).
J'ai l'intention de revenir sur une autre utilisation trs intressante : celle
de Rufin, Hist. Eccl., I, 32, 36 ; II, 2 dans Cit de Dieu, XVIII, 52 (BA n 36,
pp. 674, avec ses prolongements - ou, l'influence directe de Rufin - chez Quodvultdeus, Liber Promissionum, I, 31 ; III, 36 ; et aussi III, 42 (dit. R. BRAUN,
coll. Sources Chrtiennes n ror-102, r>aris, 1964, pp. 65, 67-68, 69-70 et pp. 222,
558, 570).
48. Son Adversus Paganos est crit, la demande mme d'Augustin, aprs son
retour (416) de Palestine et il utilise plus d'une fois les cinq premiers livres de la
Cit de Dieu qu'il est charg de complter (Cf. l'inde,1' de ZANGEllIEISTER, CSEL 5,
p. 700, et pour notre priode, infra, n. 55 et 58). Son indpendance, pour l'poque
rcente, n'en est que d'autant plus remarquable et doit souligner d'autant mieux
les rapports entre Rufin et Augustin. Nous recourerons galement, titre de confirmatur, aux historiens ecclsiastiques grecs, - qu'Augustin ne peut avoir connus dessein surtout de montrer que, malgr leur propre utilisation connue ou avoue
de Rufin, malgr leur caractre " ecclsiastique , ils sont souYent moins proches
de l'historien latin que ne l'est Augustin.

10

Y.-1Vl. DUVAL

146

Une dernire remarque : elle est i;mpose par notre double propos qui
n'est pas seulement de dcouvrir les sources de cet loge, mais aussi d'en
dgager le sens. Qu'on ne s'attende pas trouver un plagiat pur et simple
dans le texte d'Augustin. Celui-ci est capable de modeler sa matire, mais
celle-ci, semble-t-il, lui a t le plus souvent fournie ou suggre par Rufin,
et non pas seulement par la rumeur publique. Nous tudierons au contraire, chaque tape, ce trayail de refonte personnelle et il ne tardera
pas nous apparatre que celui-ci est command par un dessein thologique assez prcis.

A. -

LE CHOIX DE THODOSE PAR GRATIEK.

Nous serions bien mal clairs sur les raisons qu'eut Gratien de s'associer
l'espagnol Thodose, dont il avait fait tuer le pre quelques annes auparavant, ou mme seulement sur les circonstances de cette lvation et les
vnements qui la suivirent, si nous n'avions que Rufin et Augustin pour
nous renseigner 49 Encore le premier lie-t-il bien ce choix la mort de
Valens. Augustin, en revanche, ne retient presque du texte de son prdcesseur que l'un des motifs noncs et qui n'est autre qu'un motif religieux50
RuFrn, Hist. Eccl., II, 13,
(P.L. 21, c. 523 A-B) :
... Igitur Gratianus cum fratrc admodum parviilo, post patrui necem,
Orientis quoque suscepit imperium.
(Suit un portrait du prince o Rufin
souligne sa pit, puis) ( 14) : Quique videns utile virum annis matu-

AUGUS'l'IN, de Ciuit. Dei, V, 25,

fin.

(B.A. n 33, P 754, 1. 2-5) :

(Gratianns) a Theodosia vi11dic11tns


est, quem regni participem fecerat,
cum parviwn haberet fralrem, avidior fidae societatis quam nimiae
potestatis.

49. Sur ce point - et tout est loin d'tre clair


\'Oir A. PIGANIOL, op. c.,
p. 208.
50. Voici ce que dit Orose cle cet appel Thodose, Adv. Paganos, VII, 34, r-3
(CSEL 5, pp. 521-2) : Anno ab Urbe lYICXXXII Gratianus quadragesimus ab
Augusto post mortem Valentis sex annis imperium tenuit, quamvis jamduclmil
antea cum patruo Valente et cum Valentiniano fratre regnaret. Qui cum adflictum
ac paene conlapsum reipublicae statum Yicleret, eadem provisione qua quondam
legerat Nerva Hispanum Yirum Trajanum, per quem respublica reparata est, legit
et ipse Theoclosimn aeque Hispanum virum et restituendae reipublicae necessitate
apud Sirmium purpura induit Orientisque et Thraciae simul praefecit imperio,
in hoc perfectiore judicio, quia cnm in omnibus humanae Yitae virtutibus iste par
fuerit, in ficlei Sacramento religionisque cultu sine ulla comparatione praecessit ;
siquidem ille (Valens) persecutor, hic propagator Ecclesiae ... . Problme politique
chez Gratien : sauver l'empire ; aucune allusion des sentiments chrtiens ni des
intentions religieuses ; aucune allusion au jeune ge de Valentinien II ; fiert de
!'Espagnol chez Orose dans ses sentiments patriotiques et religieux, avec la constatation, faite avec emphase, que Thodose est chrtien. Dieu l'en rcompensera
(cf. suite du texte, 4).
Chez Thodoret, Gratien est loin d'tre d'emble favorable Thodose (V, 5,
4-6 et V, 6, 3 ; GCS 19, dit. P.m:11g:\r'rmR, pp. 284-5 et p. 285, 1. 17 sq.).

L'LOGE DE THODOSE

rnm in tantis regni c:nris habere paret quia, ut sermo divinus


monet : " ::vrelius <lno qnam unus ,,
(Eccle<;. -J-, 9), eonsortem adsciscit
Theodosium.

ticipnn,

Bien que la mort de Gratien 5 1, dont est en train de parler saint Augustin
et dont Rufin va parler aussitt aprs le texte que nous avons cit, soit
explique de la mme faon par les deux crivains (Rufin : a lVIaximo
tyranno ... suorum magis proditione quam vi hostium peremptus est 52 =
Augustin : ferro tyrannico interimi 53 ), on pourrait abandonner comme
peu probantes des ressemblances textuelles comme regni participem
qui est technique, mais bien courante, ou l'indication sur l'ge de Valentinien II qui, de part et d'autre, est parvulus et donc incapable d'assumer
les affaires d'Orient. La citation scripturaire de Rufin semble au contraire
fournir un indice plus prcieux.
Rufin fournit, en effet, une double explication l'association de Thodose
l'empire : l'une est d'une sagesse toute humaine, l'autre s'appuie sur un
conseil de !'criture. Augustin semble bien ne retenir que la seconde et
il insiste sur le ct religieux de cette opration politique. La nimia
potestas serait une tentation d' hybris chez un chrtien ; quant la jida
societas, elle est peut-tre une allusion la suite du mme verset de
l' Ecclsiaste qui clbre les bienfaits de l'union de deux amis 54 .
B. -

L'USURPATION DE MAXIME.

Rufin (II, 15-16) s'attarde au rgne de Valentinien II et la raction


arienne Milan avant de montrer la fuite de la Cour devant l'approche de
::vraxime. La raction de Thodose est alors dcrite sa place chronologique.
Augustin au contraire a pass sous silence les querelles intrieures
l'glise - auxquelles il avait pourtant assist de bien prs
et le rgne
de Valentinien Milan de 383 387. A le suivre 55 on dirait que Maxime

5 r. Sur la mort de Gratien, voici l'avis d'Orose tout d'abord : :Maximus ...
Gratianum Augustum subita incursione perterritum atque in Italiam transire
meditantem dolis circumveutmn interfecit fratremque ejus: Valentinianum Augustum
Italiaexpulit. (VII, 34, 9-ro; p. 524, 1. 5-II). Ton diffrent, mais donnes analogues,
chez Jrme, Ep. 60, 15, Hliodore (LABOUR'!', III, p. 105, 1. 22-25).
52. RUFIN, Hist. Eccl., II, 14 fin (c. 523 B-C).
53. AUGUSTIN, Civ. Dei, V, 25 ad finem (p. 752 fin). Texte cit supra, 11. 6).
54. Selon la Vitlgate : Melius est ergo duos esse simul quam unum; habent enim
emolumentum societatis suae . Dans le commentaire sur l' Ecclsiaste de Jrme
(PL 23 (1845), c. 1046-7) on trouve : Meliores duo quam unus; quibus est merces
bona in labore suo . Suit une interprtation que l'on retrouye chez Ambroise, Ep. Sr,
3 (PL 16 (1845), c. 1273), bien que le texte scripturaire soit lgrement diffrent.
55. Mme impression chez Orose (cf. fin du texte cit n. 51) qui doit dpendre
ici de saint Augustin (cf. encore, n. 58). Rien, chez lui non plus sur l'arianisme de
Justine. l\fais, au chapitre suivant (VII, 35, 1-5 ; pp. 525, 1. I - 526, 1. 12), Orose
reprend toute l'affaire de l'usurpation de lfaxime et s'tend longuement sur la
guerre et son issue (cf. in.fra, n. 60).

148

Y.-M. DUVAL

est arriv Milan aussitt aprs la mort de Gratien et que la fuite de


Valentinien II s'est produite ds 383 ! Rien non plus n'est dit du catholicisme de Maxime, que Rufin avait soulign 56 . Sans doute Augustin ne
veut-il pas taler aux yeux de son public paen les misres de l'Empire
chrtien. Mais surtout, il ne s'intresse qu'au seul Thodose, qui, par ses
lois contre les paens, est ses yeux le seul vrai champion du Christianisme.
RUFIN, Ibid., II, 17,
(c. 525 A-B) :
Adfuit tamen Theodosius propter
regni fidem, bonitatis ac beneficioruin Gratiani memor et in vindictam totis viribus Orientis insurgens,
ultus est sanguinem justum". Valentiniani quoque impia inter haec
matre defuncta, fidem catholicam
quam ipsa violaverat et regnum,
tyrannide depulsa, nstituit.

AUGUSTIN, V, 26, dbut,


(p. 754. 1. 6-23) :
Unde et ille Theodosius non solum
vivo (Gratiano) servavit fidem, verum
etiam post ejus mortem pulsum ab
interfectore Maximo Valentinianum
ejus parvulum fratrem in sui partes
imperii tamquam Christianus excepit
pupillum, paterno custodivit affectu58 ,
quem destitutum omnibus opibus
mtllo negotio posset auferre, si latins
regnandi cupiditate magis quam
beuefaciendi caritate flagraret (... ).
Mox tv1'anni Maximi extinctor Valentinianum puerum imperii sui partibus,
unde fugatus fuerat, cum misericordissima veneratione l'estituit ...

Il serait trop facile de souligner les diffrences de ces deux textes 59


Il serait galement inutile, pour le moment, de mettre en relief ce qu'ils
56. RuFrl\, Hist. Eccl., II, 16 (c. 524 C). Jugement plein d'estime chez Orose
(VII, 34, 9 ; p. 524, 1. 5).
57. Remarquer l'expression sanguinem justuin, qui est vanglique (lvlat. 23, 35
et 27, 4). Rufin aime prsenter ses personnages sous des traits bibliques ou mettre
en leur bouche des paroles sacres. Ainsi Ambroise est-il un nouvel Elie (cf. Hist.
Eccl., II, 24, c. 524 A, peut-tre sous l'influence de saint Ambroise lui-mme, Ep. 20,
18 ; PL 16 (1845), c. 999 B-C), Grgoire de Naziance un nouveau Jonas (II, 9,
c. 520 B-C- cf. Y.-l\f. DuvAr,, Les sources grecques de l'exgse de Jonas chez Znon
de Vrone, in Vigiliae Christianae 20 (1966), p. ro6, n. 43), Thodose un nouveau
Mose (II, 33, c. 539 C - cf. infra, p. 155 et n. 81): Valens, comme les mauvais rois
de Juda et d'Isral, abiit in viain patmm suorum (II, 2; c. 509). Lucius d'Alexandrie,
l'hrtique, ne peut tre qu'un loup (II, 3, c. 5II A). De mme pour les paroles
scripturaires : I, 36 (c. 504 B-C) allusion, dans la bouche de Thodore, Daniel 3 ;
II, 3 fin (c. 51 I B-C) : I,es moines reoivent leurs perscuteurs avec cette parole
du Christ Judas Amice, ad quid venisti ? ; II, l 4 (c. 523 : Ecclsiaste 4, 9
cf. supra, p. 146-147 et n. 54) ; II, 33 (c. 540 A : Ps. I 13, ro - cf. infra, n. 78).
58. De mme Orose, Ibid., VII, 34, Io (p. 524, 1. II-12) : Valentinianus in Orientem refugiens a Theodosio paterna pietate susceptus, max etiam imperio restitutus
est. Dpendance d'autant plus nette par rapport Augustin (cf. n. 55) que nous
savons que Thodose ne s'empressa pas de rompre ouvertement avec Maxime, ni
mme de rencontrer Valentinien Thessalonique. La lettre de Thodose Valentinien
(Thodoret, V, 15, 1-4 ; GCS 19, Parmentier, p. 304-305) n'est pas empreinte d'une
bien grande tendresse. Rtabli en Occident Valentinien est en fait plus ou moins
relgu en Gaule, sous la tutelle d'Arbogast. - Il s'agit de faire de Thodose le
dfenseur de l'orphelin ... : aucune ambition (regnandi cupiditas), mais une charit
ardente (caritate flagraret).
59. En particulier, rien, chez Augustin, sur l'arianisme de Valentinien et le rle
de Justine.

L'I~LOGE DE THJ~ODOSE

ont cependant de commun 60 et de fournir les raisons de leurs divergences.


Tout cela ne deviendra vraiment plausible, en effet, que lorsque nous
aurons montr qu'Augustin se rfre de faon beaucoup plus vidente
Rufin pour deux autres pisodes connexes : le rcit de la mort de Valentinien et la mention des deux consultations du moine Jean par Thodose,
avant la campagne contre Maxime et avant celle contre Eugne.

C. -

LA MORT DE YALE)JTINIEN.

Rufin fournit sur elle un certain nombre d'indications aprs le long


dveloppement (II, 22-30) qu'il a consacr la rpression du paganisme
en gypte. Augustin, de par son sujet, n'est pas tenu au mme parpillement et il peut lier le retour de Valentinien en Occident (en 388) et sa
mort, quelques annes aprs (393). Mais, une fois encore,le texte de Rufin
semble bien tre au point de dpart de la brve prsentation qu'il fait
de cet vnement. Ce n'est d'ailleurs pas tant Valentinien que Thodose
qui continue seul l'intresser.
RUPIN, Ibid., II, 31,

AUGUSTIN, Ibid.,

(c. 538 B-C) :

(p. 754, 1. 24-27) :

Interea Valentinianus in Occiduis partibus,


... caussis etiam nunc latentibus laqueo vitam
finivit. Sed hoc qui d am dola ducis sui A.rbogasti factum confirmabant, idque quam maxime
tenebat opinio. A 1 i i quidem a commissi scelere
ducem alienum dicebant... Fuere tamen
11 o n n u 11 i sacerdotum qui... immunem esse
ducem a mortis scelere apud Theodosium testarentur.

Mox (Theodosius) ... Valentinianum... restituit eoque


(Valentiniano) sive per insidias, s i v e quo alio pacto
v e 1 casu proxime extincto,

32 (c. 538 C) :

Sed ille (Theodosius) nihilo segnius inflarnmatus ad ultionem, arma contra Eugenium, qui in
locum defuncti s u b s t i tu t u s est, corripit ...

alium tyrannum Eugenium,


qui in illius imperatorislocum
non legitime fuerat su br o g a tus, ... oppressit.

Certes, les deux historiens n'en savent pas plus que nous sur la mort de
Valentinien 61 . D'autres historiens anciens cependant n'prouvent aucune
------,,.---60. Mme silence, par rapport Orose (VII, 35, ro ; p. 527, 1. r6 sq.) sur la mort
de Victor, le fils de Maxime et le dpart de Valentinien pour la Gaule (alors que
l'vque d'Hippone insistera tout l'heure sur la clmence de Thodose
cf. infra,
p. r6o et n. 95); surtout, mmes motifs donns l'action de Thodose, bien qu'Augustin renchrisse : l o Rufin voit de la reconnaissance ( bonitatis ac beneficiorum
memor), Augustin vante le dsintressement. Or, nous avons not que celui-ci ne
fut pas pur et qu'il tarda se manifester ... puisque Gratien tait mort depuis 383
(cf. n. 58). Tous deux passent sous silence Aquile. Rufin reviendra simplement
plus loin II, 32 (cf. texte cit, p. r5r) sur le fait que ce fut une victoire non sanglante
(cf., sur ce point, n. 68).
6r. Rufin l'avoue : caussis etiam nunc latentibus Jl. 1'Iais, au schma quidam ...
alii ... nonnulli ... de Rufin correspond, mme s'il ne le recouvre pas entirement,
le sii1e ... sive,,. vel,,, ct',l\.ugustin.

150

Y.-M. DUT'AL

hsitation 62 et il faut au moins noter l'accord avec lequel Rufin et Augustin prouvent le mme scrupule. On remarquera aussi qu'une fois de
plus Augustin, qui a eu dbattre du suicide dans le premier livre de la
Cit de Dieu6 3 , se garde bien de mentionner ici le bruit qui courut sur la
mort de Valentinien. Surtout, il est notable que les deux historiens regardent l'avnement d'Eugne d'un point de vue chrtien qui traduit une
fidlit la dynastie thodosienne bien postrieure aux vnements
dcrits. Sur le moment Ambroise reconnatra le pouvoir d'Eugne comme
tout fait lgitime. Leur jugement s'exprime en des termes analogues
(Eugenium, qui... substitutus est
Eugenium, qui ... fuerat su.brogatits)
en deux phrases qui, de part et d'autre, dcrivent l'attitude de Thodose.
Selon eux, d'aprs la suite de leurs textes respectifs, c'est d'ailleurs plus
le paen que l'usurpateur qui est combattu par Thodose 64 . Or, Eugne
tait chrtien 65 ! Il est facile de souponner que les snateurs paens de
Rome avaient, sur la lgitimit de cette accession au pouvoir, un jugement tout diffrent. L'absence de lettres de Symmaque pour cette priode,
de la part d'un homme qui s'tait ouvertement compromis au temps de
Maxime, s'explique sans cloute par le soin que prit son diteur faire
disparatre ces pices dangereuses. On devait y trouver trop de traces
des relations entre Symmaque et celui que Rufin et Augustin appellent
un usurpateur 66 . Rufin nous prsentera d'ailleurs peu aprs le dfenseur

62. Chez Orose (VII, 35, ro; p. 528, 1. r-4), tout est dcrit comme une machination.
I/historien avoue ne rapporter qu'une tradition (ut femnt), mais il ne prend pas
soi)l de rapporter les autres: (Valentinianus) in Galliam transiit : ubi cum tranquilla
republica in pace ageret, apud Viennam dolo Arbogastis comitis sui, ut ferunt,
strangulatus atque, ut voluntariam sibi conscivisse mortem putaretur, laqueo
suspensus est. Mme si l'on peut penser ici une utilisation cl' Augustin
(cf. ZANGEMEIS'l'ER, CSEL 5, p. 528, appai-atus fontimn), il n'en reste pas moins
qu'il se conduit son gard avec une indpendance plus grande que celle dont
avait fait montre Augustin par rapport au texte de Rufin. Deux tapes galement
chez Jrme, Ep. 60, 15 Hliodore (LAnOURT, III, p. ro5, 1. 28-29). Pour Socrate
(Hist. Eccl., V, 25 ; PG 67, c. 652 A), Valentinien est trangl par ses chambellans,
soudoys par Eugne et Arbogast. Il n'y a non plus aucun doute de la part deThodose
clans l'attitude dcrite par Thodoret (V, 24, 16; p. 327, 1. 6-7). Philostorge est encore
plus net (XI, 2; p. 132-3), le complot devient rocambolesque. L'opinion de Claudien
(I vo Cons. Hon., \'. 7 5-76, 93-97) est claire aussi, mais on peut la trouver sujette
caution de la part de ce courtisan. Pour le pote paen galement, Thodose est
l'instrument des dieux (cf. ibid., v. 98-100).
63. De Civ. Dei, I, 22, l sq.
64. Cf., pour Rufin, Hist. Eccl., II, 33, fin (c. 540 B-C) ; pour Augustin, infra.
p. r58-r59 et n. 92, la mention des statues de Jupiter riges contre Thodose dans les
dfils des Alpes. Orose ne parle pas non plus des opinions religieuses d'Eugne.
Celui-ci, d'aprs lui, n'est d'ailleurs qu'un prte-nom ; le pouyoir rel est exerc
par le barbare et paen' Arbogast (VII, 35, l r ; p. 528, 1. 5-8 ; 12, p. 529, 1. 3-4).
65. Cf., par ex., Ambroise, Ep. 57 (PL 16 (r845), c. rr748, en particulier les 5-6,
c. r 176 A-B) Sur la reconnaissance d'Eugne par Ambroise, Yoir J.-R. P.\T..\>IQUB,
op. cit., pp. 269-277 et en particulier pp. 274 sq.
66. Cf. O. SEECK dans sa Prface l'dition des u1rcs de Symmaque clans les
MGH, Auct. Antiq., t. VI, r, p. LVIII en bas.

L'I:LoGE DE THI:onosE

151

acharn du paganisme que fut Nicomaque Flavien 67 . Thodose, au contraire, est l'empereur chrtien qui combat sous l'inspiration divine,
en l'occurrence, avec les promesses inspires du moine Jean.
D. -

LES CONSFLTATIOXS DU ll10IXE JEAN PAR THODOSE

Dans son Histoire Ecclsiastique, Rufin parle de ce solitaire gyptien


deux reprises : une premire fois, de faon gnrale, mais en rfrence
Thodose. La deuxime fois, tout en rappefant une consultation antrieure lors de la guerre contre Maxime, il signale la nouvelle rponse du
moine lors de la campagne contre Eugne. Le texte de la Cit de Dieu
mentionne ces deux mmes consultations.
RuFIN, Ibid., IT, HJ. fin,
(c. 526 B) :
... in tantum Deo charus fuit (Theodosius) ut speciale ci munus contulerit divina providentia. .Etenim in
Thebados partihus monachum quemdam ] oannem. nomine spiri:tu prophetico replevit, cujus monitis atque
respon.is pacem retinere an hellum
gererc esset melius sdscitahatnr.
$ 32 (c. 538 C-D) :
Sed ille (Theodosius) nihilo segnius
inflammatus ad ultionem, arma contra Eugeuium, qui in locum clefuncti
substitutus est, corripit, primo Dei
voluntatem pet Joannem monachmn
(de quo supra - cf. 19 - memoravimus) sciscitatus. Tum ille qui
primam de lYiaximo ei victori am
praedixerat incruentarn, etiam hanc,
licet 11011 absque plurima utriusque
smi9.'Uinis inm1datio11e, promittit".

"\UGUSTIN, Ibid.,
(p. 754, 1. 17-21 et 1. 25-27)
Au sujet de Nfaximc : ~on est lapsus
(Theodosius) ad cmiositates sacrilegas atquc in licitas, sed ad ] ohannem in Aegypti eremo constitutum",
quem Dei servum p1ophetandi spiritii
praeditum fama crebrescente cliclicerat. misit atque ab eo nuntium
victoriae certissimum accepit.

Au sujet d'Eugne : ... alimn tyrannum


Eugenium, qui in illius imperatoris
(Valentiniani) locum non legitimc
fuerat subrogatus, accepto rursus
prophetico responso fide certus oppressit.

67. ReFr:---, Rist. Ecc/., II, 33 (c. 539 B) - Texte cit, infrn, p. r53 et n. 73.
68. On a remarqu comment Augustin, dans ce texte soign de la Cit de Dieu,
vite le terme monachus que lui offrait deux reprises R ufin. Il le remplace par la
priphrase in ereino constitutus. Paulin de ::\Iilan fera la mme chose dans la page
applique de sa Prface de la Vita A mbrosii, alors mme qu'il s'agit d'Antoine et
de Paul, les pres des moines (in eremo positi ; PL 14 (r8.t5), c. 27 A), mais clans le
courant de son rcit, le mot inonaclms apparat ( 22, c. 34 C-D ; la fin du mme
chapitre (c. 35 B), un autre emploi reproduit les paroles de Thodose: Cf. infra, n. I I 4).
69. Augustin a omis cette mention, inutile son propos, de la diffrence entre
les deux victoires, l'une non sanglante, la seconde coteuse en sang. Rufin, comme
Orose, a l'air d'ignorer que la reddition de Maxime Aquile fut prcde d'une
campagne sanglante dans la valle de la Save (cf. par ex., Pacatus, Paneg. Tlieod.
34-36, dit. Ed. GALI.I>TIER, Paris, Belles Lettres, 1955, pp. 100 sq. o le massacre
est certainement grossi - cf. ibid., p. 102, n. 4). Beaucoup de sang, ds cette restauration
<le Valentinien II, cbez Jrme, Ep. 60, r5 Hliodore (I,.rnot:RT, III, p. 105, !. 26).

Y.-M. DUJ.'AL

Ici encore on peut refuser le rapprochement en arguant du fait que


ces consultations du moine Jean sont connues d'autres historiens. Sozomne mentionne en plus l'intermdiaire - oubli par Rufin - entre
Thodose et le Solitaire 70 Chez les Latins eux-mmes le pote Claudien
fait allusion l'une et l'autre de ces consultations dans son Invective
contre Eutrope 71 Il n'en reste pas moins qu'Augustin, qui, en d'autres textes, o il dpend justement de Rufin, semble faire preuve, de plus d'esprit
critique au sujet du mme moine Jean, rejoint ici l'historien ecclsiastique,
dont la crdulit n'est plus souligner 72 .
Il y a plus, cependant. Il est facile de voir qu'Augustin excuse en quelque
sorte Thodose pour cette consultation, en dclarant que l'empereur
n'a fait que suivre la rumeur publique (quem Dei servum ... Jama crebrescente didicerat) ; en tout cas, il le loue de ne s'tre pas tourn << vers des
curiosits sacrilges et illicites >> : non est lapsus ad curiositates sacrilegas
et inlicitas. Comprenons : de n'avoir pas recouru, pour connatre l'avenir,
aux haruspices et aux devins paens. Or, c'est justement le spectacle

Orose ne connat ni le moine Jean ni, surtout, la teneur de ses prophties, puisqu'il
insiste plusieurs reprises sur le fait que les Yictoires de Thodose ne furent pas
sanglantes (VII, 35, 5-9, p. 526, 1. r r - p. 527, 1. r4, pour l\Iaxime ; VII, 35, r9-20
p. 53r, 1. 7-r5 au sujet d'Eugne. - De mme pour :Mascezel, quelques annes plus
tard (VII, 36, 5 fin; p. 534, 1. 8-9). Il y a l tout un thme sur les guerres des princes
chrtiens. cf., V, 32, 5sq. (p. 337-9) ; VII, 6 et 8 (pp. 447-8 et 448-9). Quant aux
dix-mille Goths massacrs la Rivire Froide, cf. infra, n. 77 et r73, fin.
70. SOZOMNE, Hist. Eccl., VII, 22, 7-8, GCS 50, dit. J. BIDEZ-G.-C. HANS~mx,
p. 336, 1. r sq.), L'historien nous parle de !'Eutrope mme qu'attaquera Claudien
(cf. n. suivante). Voir galement Thodoret, V, 24, 2 (p. 324, 1. ro-r6).
71. Cr,AUDIEN, In Eutrop., I, 312-3: .. .inter proprias laudes AegJPtia jactat/
Somnia prostratosque canit se vate tyrannos ; allusion analogue en II, 37-40.
72. Voir la fin de la note complmentaire 7r de BARDY (BA n 33, p. 833, au
sujet du de Cura XVII, 2r). Je me demande cependant si la rserve ne concerne
pas plus Paulin que l'ermite, dans la faon dont Augustin, la fin de son entretien
imaginaire, se fait adresser le conseil de ne pas se poser des questions inutiles ...
- Sur le dbut de ce de Cura, XVII, 21, cf. supra, n. 46.
On ne peut refuser de faon catgorique que la Cit de Dieu dpende dj ici de
l' Historia Monachorum. Celle-ci, dans le premier texte cit ci-dessous, donne beaucoup plus de dtails que !'Histoire Ecclsiastiqite ; mais, Augustin, son habitude,
a pu les omettre et n'en tirer que le fama crebrescente qui n'a pas son quivalent
dans !'Histoire Ecclsiastique : Hist. monach., r dbut (c. 39r en bas) : Evidenter
namque et Dominus prophetiae gratiam contulit : ita ut non tantum civibus et
provincialibus suis, si forte percontarentur, futura praedicaret, sed et imperatori
Theodosia, vel quos belli exitus habiturus esset, yeJ quibus modis victoriam caperet
de tyrannis, sed et quot irruptiones passurus esset gentium barbararum saepe
praedixit. Ibid., I, fin (c. 404-5) : Ut autem coepimus velle ab eo (Johanne) proficisci,
datis nabis benedictionibus : ' Pergite, inquit, in pace, filioli. Hoc tamen scire vos
vola, quod hodierna die victoriae religiosi Principis Theodosii Alexandriae nuntiatae
sunt de Eugenio Tyranno. Necesse est ergo et ipsum Theodosium non multo post
propria morte vitam finire ' >>. Cependant quelques parallles textuels sont plutt
en faveur d'un recours l' Histoire Ecclsiastique : spiritu prophetico, responsis /
prophetandi spiritu, prophetico 1'esponso. Je suis le premier reconnatre qu'ils sont
bien menus. Il faut, pour trancher la question, examiner la suite du texte et l'opposition avec les consultations faites par les paens.

L'LOGE DE THODOSH

153

que nous offre Rufin du camp paen o, contrairement Thodose,


Nicomaque Flavien s'affaire autour des autels et des victimes, et annonce,
lui, la victoire d'Eugne : Les paens ensanglantaient Rome de victimes
sinistres, examinaient les entrailles des animaux, et, d'aprs les prdictions de ces entrailles, annonaient Eugne une victoire assure. Flavien,
alors prfet, accomplissait ces rites fort superstitieusement et avec toute
son ardeur. Comme sa supriorit en cette science tait considrable, sur
ses affirmations ils avaient annonc comme certaine la victoire d'Eugne )) 73 . A la fin de son rcit de la bataille de la Rivire Froide, Rufin
notera de mme la dconvenue des paens qui s'taient trop reposs sur
de vaines esprances et de fausses divinations )) 74 . En raccourci, comme
bien souvent, c'est la mme attitude respectivement oppose des deux
combattants qui est note chez Augustin, cette diffrence prs, qu'il ne
parle que de Thodose : il faut avoir en mmoire le texte de Rufin dont
il se sert pour saisir le sens de ses allusions. L'empereur chrtien est
l'lu de Dieu, il combat sur ses conseils et vainc avec son aide, comme
le montre la bataille de la Rivire Froide.

E.

LA BATAILLE DE LA RIVIRE FROIDE

Celle-ci revt, dans un tel contexte religieux, une trs grande importance et l'on comprend qu'Augustin lui ait consacr la majeure partie
de son loge de Thodose. Tous les historiens ecclsiastiques se sont tendus sur cette journe, ou plutt, ces deux journes (S-6 septembre 394) 75 .
nfais, lorsqu'on compare tous leurs rcits, on s'aperoit que c'est de Rufin,
une nouvelle fois, que se rapproche le plus saint Augustin, bien qu'il
dispose d'autres informations et, en particulier, d'aprs ce qu'il affirme
lui-mme, de tmoignages oculaires.
Suivons le rcit de saint Augustin :

73. RUFIN, Hist. Ecc/., II, 33 (c. 539 A-B) : At Pagani, qui errores suos novis
semper erroribus animant, inno,are sacrificia et Romam funestis victimis cruentare,
inspicere exta pecudum et ex fibrarum praescientia securam Eugenio victoriam
nuntiare. Superstitiosius haec agente et cum omni animositate Flaviano, tune
Praefecto, cujus assertionibus (magna erat ejus in sapientia praerogativa) Engenium
victorem fore pro certo praesumpserant. Cela par opposition Thodose que Rufin
nous a montr jenant et priant devant les reliquaires des martyrs et des saints
(texte cit, p. 154). - Sur la science de Flavien, voir J\IACROBE, Sat. III.
74. Ibid. (c. 540 1~-C) : quibus (paganis) spes vana et falsa divinatio minus in
interitu contulit poenae quam pudoris servavit in vita >). L est la cause du suicide
de Flavien selon Rufin (texte, n. 94).
75. Rufin, suivi par Augustin, ne parle que d'une journe ; Orose, Socrate, Sozomne, Thodoret, de deux. Cf. A. BRASSEUR, Le songe de Thodose le Grand, in Latomus 2 (1938), p. 192 (cit par G. BARDY, BA n 33, p. 756, n. r). Pour Rufin, cf.
infm, n. 163. Aucun dtail chez Philostorge (XI, 2 ; p. r33, 1. 18), qui ne signale que
l'pret du combat.

Y.-M. DUT'AL

r. -

Les armes du co1nbat :

Aprs avoir rappel, comme Rufin, la seconde rponse du moine Jean,


Augustin en vient, comme Rufin, la guerre elle-mme.
Ibid., IT, 33, dbut,
(C". 539 A-B) :

H.TFIN,

Igitur prteparatur ad bellum, non


tain armorum telorumque quam je
juniorum oraiionumque subsidiis,
nec tam excubiarum vigiliis quam
obsecrationum pemortatione munitus1 circumibat, cmn sacerdotibns
et populo, onmia orationum loca,
ante martyrum et apostolornm thecas jacebat cilicio prostratus et auxilia sibi fida sanctorum interressione poscebat...
Durant la bataille (c. 539 C)
Fundebantur auxilia barbarorum
(... ) "- Tum ille, ut conversas snorum
acies vidit, stans in edita rupe, unde
et conspicere et conspici ab utroque
posset exercitu, projcctis armis, ad
solida se vertit auxilia, et, prostratns
ll conspectu Dei
" Tu, inquit,
omnipotens Deus, nosti quia in nomine

_-\UGUS'.l'IN,

Ibid.,

(p. 756, 1. r-2) :

(Eugenium Theodosius ... oppressii),


contra cujus robustissimum exercitum in.a gis orando q11am feriendo
pUf,'llavit ... '"

76. Affirmations analogues, mais disperses chez Orose : Avant l'inYasion de


l'Italie par Arbogast : VII, 35, 12 (p. 528, 1. 12-13) : potentia Dei non fiducia
hominis Yictorem semper exstitisse Theodosium ; Durant la nuit du 5 au 6 septembre
\-II, 35, r4 (p. 529, 1. ro-12) sciens quod destitutus suis, nesciens quod clausus
alienis, Dominum Christum solns solum, qui posset omnia ... orabat (Theodosius) ' :
Conclusion rlu rcit de la bataille : VII, 35, 22 (p. 532, 1. 5-7) : Ita caelitus judicatum
est inter partem etiam sine praesidio hominum de solo Deo humiliter sperantem
et partem adrogantissime de viribus suis et de idolis praesumentem . ).fascezel
se souviendra de l'exemple de Thodose, en VII, 36, 5 (p. 534, 1. 4-9).
L'abrviation d'Augustin aurait-elle son point de dpart dans le titre de ce chapitre
c1e Rufin autant que dans le contenu mme de ce chapitre 33 : De apparatu belli
adversus Eugenium Theodosii et de victoria ejus orationibus 1nagis quam virlute
parta (c. 539 A - de mme, dit. :;\I\D1SEX, ces 9, 2, p. rooo). Formules analogues
chez Paulin de Nole, Ep. 28, 6 ad Severum et chez Gennade, de Script. Eccl., 48 (Textes
cits n. r23 m., m-ec le problme qui pourrait tre soulev).
77. Ces premiers mots sont ici transcrits parce que Rufin oppose en un jeu de
mots deux sortes d'aw:ilia : les troupes auxiliaires des Barbares et les secours de
Dieu. - La suite du texte ( sed fiebat hoc non ut Theodosius vinceretur, sed ne
per Barbaros vincere Yideretur ) est trs significath-e dans la mesure o elle montre
le nationalisme romain et, peut-tre aussi, rvle une certaine propagande impriale:
comparer l'opinion d'Orose, en 417, au sujet de ces mmes dix-mille Goths, envoys
en avant-garde par Thodose et taills en pices par Arbogast : quos utique
perdidisse lucrnm et vinci yincere fuit (VII, 35, l<J; p. 531, r.ro-rr). De mme
chez Clautlien, l'poque justement o Rufin crit : VJ Cons. Hon., 218-222
(cf. Laud. Stil., I, 233-6 : nrl. Gel., 4or-3).

L'J{LOGF, DE THJ{ODOSE

r55

Christi Filii tui nltionis jnstac ut


puto, praelia ista suscepi. Si se<'us,
in me vindka" !

Augustin concentre en une courte phrase de nombreux dtails circonstancis de Rufin. Le premier concerne la force de l'arme ennemie. Augustin l'estime trs puissante, ce qu'il peut bien avoir dduit des indications
de Rufin. Celui-ci racontera, en effet, peu aprs la scne de la prire de
Thodose, qu'il fallut s'ouvrir un chemin travers des c: milliers d'ennemis ii 79 Orose, au contraire, s'il insiste sur l'avantage qu'avaient les partisans d'Eugne pour les positions, semble reconnatre la supriorit numrique de Thodose 80
Le second texte de Rufin prsente un bel exemple d'histoire difiante
Cette prire dramatique de l'imperator chrtien, debout sur le haut d'un
rocher lev, au beau milieu de la bataille, fait songer, la fois, Mose
priant Dieu sur une colline pendant qu'Isral combat les Amalcites 81 , et
la devotio (si secus, in me vindica ... !) d'un consul romain devant le double
front des armes. Ces deux archtypes font certes souponner une mise
en scne complaisante ; ils ne devraient pas cependant conduire conclure
d'emble un pur artifice littraire 82 , si les mmes vnements ne nous

78. A la suite de cela Rufin met dans la bouche de Thodose la parole Ju psalmiste (Ps. r r3,ro) : Ne forte dicant Gentes, ubi est Deus eorum ! Cela est assez
proche d'Ambroise, de Obitu Theod. 7 (PL 16, c. 1388-9) : Cum Jocornm angustiis
et impedimentis calonum agmen exercitus paulo serhrs in aciem descenderet, et
inequitare hostis mora belli videretur, desilivit equo princeps, et ante aciem solus
progrediens, ait : Ubi est Theodosii Deus ? ( ... ) Quo dicto excitavit omnes et exemplo omnes armavit . On remarquera que le moment choisi pour cet appel Dieu
est diffrent : Thodose descend du col et il vient se placer devant son arme qui a
du mal se ranger en bataille. Ambroise ne dit rien de ce qui s'est pass au col
lui-mme. Il ne parle pas non plus, ici, du vent qui se leva dans le fond de la valle,
un peu plus tard (cf. f11. Ps. 36, 25; PL J4 (1845), c. 980 A-B, Cf. 1jm, p. 156 et
11. 87).
79. RuFrx, Hist. Eccl., II, 33 (c. 540 A-B) : Bacnrius ... aginina.hostium conferta
el constipata perrumpit. Iter per millia 1'uenti11111 ad ipsum tyrannmn, ruptis agminilms
et acervatim fnsis stragibus, agit ...
80. ROSE, A dv. Pag., VII, 35, 13 (p. 529, 1. 5-8) : I\ngenius atque Arbogastes
instructas acies campis expedierant, arta Alpium latera atque inevitabiles transitus
praemissis callide insidiis occuparant, etiamsi numero ac viribus impares foJ'ent,
sola tamen belli dispositione <'ictores . Le forent est ambigu, d'autant plus qu'en VII,
35, 13 (p. 528, 1. 8-9) Arbogast rassemble des innumeras inviclasquc copias. - Thocloret, aprs le rcit de la premire journe qui a vu la perte d'un grand nombre d'auxiliaires, insiste it plusieurs reprises sur la faiblesse numrique de Thodose (V, 24,
0, p. 325, 1. 22 sq.; rr, p. 326, 1. 7 sq.).
8r. Exode 17, 8-12. I,e rappel cle l'Ancien 'festament est fait deux reprises par
Ambroise au sujet de la mme bataille: Ep. 6r, 3 (c. rr87 A-B) : ... ut Yideremus
nostro tempore quoc1 in Scripturarum lectione miramur ... ; Ep. 62, 4 (c. rr88 C) :
" Victoria tua antiqua more vetustisque miraculis, qualis sancto 111o1>si et sancto
J esu Nave et Samueli atque David, non humana aestimatione, sed coelestis gratiae
effusione tibi collata censetnr ... .
82. Thodose est nn chrtien, mais 011 nous le montre galement fru d'histoire
romaine. Cf. A. PIG.\XIOI,, op. cil., p. 210, 11. 64.
C<

Y.-J1". DCV AL

taient prsents par d'autres historiens d'une mamere diffrente, mais


tout aussi dramatique: il s'agit, chez Thodoret, d'un songe qu'aurait eu
l'empereur et qui aurait rconfort ses troupes 83 ; chez Orose, d'une nuit
de prire solitaire qui aurait prcd la bataille gnrale 84 . Augustin a,
pour sa part, renonc toute dramatisation littraire, mais il a conserv
l'opposition entre les armes matrielles et les armes spirituelles (magis
orando qttam feriendo 85 ).
2. -

Le vent miraculeux

Rufin tablit une relation de cause effet entre la prire de Thodose


et la naissance d'un vent subit qui dut gner les ennemis et favoriser
l'arme de Thodose. Augustin continue son rcit en mentionnant, lui
aussi, ce vent, mais une lecture un peu rapide pourrait faire croire qu'il
ne tient cette information que de la bouche de tmoins oculaires 86 :
RuFrn, Ibid. II, 33, (c. 540 A-B), :

Vix fortasse ab impiis credantur


quae gesta sunt. Etenim compertum est quod post illam imperatoris
precem quam Deo fuderat, ventus
ita vehemens exortus est ut tela hostium in eos qui jecerant retorqueret.
Cumque, magna vi persistente vento,

AUGUSTIN,

Ibid., (p. 756, 1. 2-II) :

Milites nobis qui aderant rettulerunt extorta sibi esse de manibus


quaecumque jaculabantur, cum a
Theodosii partibus in adversarios
vehemens ventus iret et non solum,
quaecumque in eos jaciebantur concitatissime raperet8 ' , verum etiam

83. Sur ce songe, (Thodore Y, 24, 5 sq). voir les remarques d'A. BRASSEUR,
art. cit., p. 192-4. Chez le mme Thodoret, (V, 6, .r) Thodose a dj eu un songe peu
avant son association l'empire (cf. aussi V, 73, ad finem).
84. OROSR, Adv. Pag., VII, 35, 14-15 (p. 529, !. 9- p. 530, l. 3): Theodosius in
summis Alpihus constitutus, expers cibi et somni, sciens quod destitutus suis, nesciens
quod clausus alienis, Dominum Christum solus solum qui posset onmia, corpore
humi fusus, mente caelo fixus orabat. Dehinc, postquam insomnem noctem precum
continuatione transegit et testes propemodum quas in pretium praesidii caelestis
adpenderat lacrimarum lacunas reliquit, fiducialiter arma corripuit solus, sciens
se esse non solum, signa crucis signum proelio dedit ac se in bellum, etiamsi nemo
sequeretur, victor futurus, inmisit >l. La fin de ce texte effets valait d'tre cite
puisqu'elle nous montre en Thodose un notIYeau Constantin. I,e rappel est explicite,
dans la bouche mme de Thodose, chez Prudence, Contra Symmachum, I, 464-9
(dit. LAVAREXXE, Belles Lettres, Paris, p. l5r-2). Il faut rapprocher de cette mention
de la Croix lors de la bataille de la Rivire Froide, la comparaison que fait Thodose,
chez Thodoret (V, 24, 4; p. 324, l. 23-26), entre l'tendard de la Croix du Christ et
celui d'Hercule (cf. infra, n. 03).
85. Cf. n, 76 ad finem.
86. Orose, qui a plac la prire de Thodose dans la nuit du 5 au 6 septembre
- sans parler ici d'un engagement dans la journe du 5 - , signale, avant de parler
du fameux vent ( ille et ineffabilis turbo ventomm >) VII, 35, r7, p. 530, !. 6 sq.),
la reddition ( = trahison) d' Arbitius qui tait post en embuscade au sommet du
col. (ibid., 16, p. 530, !. 3 sq.).
87. Rufin ne note que la vanit des efforts des soldats d'Eugne, Augustin y
ajoute les impressions des soldats (de Thodose) qui lui ont racont que leurs traits
s'envolaient de leurs mains pour atteindre leurs adversaires. Orose (VII, 35, 18,
p. 530, 1. n-p. 531, 1. 4) est proche ici d'Augustin qu'il amplifie (cf. cependant
Ambroise in Ps. 36, 25, PL, q (1845) c. 980 A).

L'LOGE DE THODOSE

omne jaculum missum ab hostibus


frustraretur, fracto adversariorum animo, seu potins ilidnitus repulso (... )
Eugenius ante Theodosii pedes (... )
adducitur ...

JS
ipsorum tela in eorum corpora retorqueret. Unde et poeta Claudianus,
quamvis a Christi nomine alieuus,
in ejus tamen laudibus dixit :
0 nimium dilecte Deo, cui militat
aether
Et conjurati veniunt ad classica
venti !
(III Cons. Hon. 96-98)

Bien que le doute soit plus que lgitime en d'autres cas analogues 88 ,
nous verrons plus loin qu'un appel semblable des tmoignages oculaires
a toute chance de devoir tre pris en considration 89 . Nous ne devons donc
pas souponner trop vite que le prsent tmoignage direct de soldats a
t invent de toutes pices par Augustin. Rien n'oblige, cependant,
croire qu'Augustin ne connat l'existence de ce vent que par des sources
orales. Claudien, qu'Augustin cite ici, en parle de la mme faon dans les
quelques vers qui prcdent ceux qu'Augustin lui a emprunts : r< L' Aquilon, en lanant du haut des montagnes ses tourbillons glacs, renversa
1' arme ennemie. Il retourna les traits contre leurs auteurs, repoussa leurs
javelots de sa tempte90 i>. Le tmoignage des soldats, comme celui qu'il
a pu lire chez Claudien, apporte Augustin la confirmation de ce qu'il
trouvait chez Rufin.
Mais, de plus, l'appel au tmoignage de Claudien s'explique lui-mme
de faon assez vraisemblable, si l'on se rapporte ce que disait Rufin
de la tempte subite : Les paens ne croiront peut-tre qu'avec peine
ce qui se passa . Augustin est trop heureux de citer le tmoignage de
quelqu'un qui n'est pas inconnu des milieux romains pour lesquels il
crit et qui tait pourtant, selon lui, a Christi nomine aliemts91 Comme
88. Cf. P. Couucm,r,1;, Emprunts et complments de Possidius, lac. cit., p. 616, et
n. 3 sq.
89. Nous verrons plus loin que c'est ce tmoignage direct que saint Augustin
doit ses prcisions sur les statues de Jupiter.
90. CI.AUDIHN, III Cons. Hon., 93-95 : ... Gelidis Aquilo de monte procellis /
Obruit adversas acies, revolutaque tela / Vertit in auctorcs, et turbine reppulit
hastas >>.
gr. Au sujet des vers de Claudien, cits dans la Cit de Dfru, il faut tout d'abord
remarquer que le dilecte de Claudien n'est pas Thodose, comme le dit Augustin,
mais ... Honorius, qui porte bonheur son pre (cf. ibid., v. 89, 93); puis, qu'Augustin
(ou quelqu'un avant lui ? ? ?) limine deux hmistiches trop paens : 0 nimium
dilecte Deo, cui fundit ab antris / Aeolus armatas hiemes, cui militat aether ... >>
(v. 96-97) o nous retrouvons d'ailleurs la mention des vents.
Est-ce de tels vers qu'Augustin infre que Claudien est un pai'.en ? I,a chose ne
me parat plus douteuse, malgr quelques oppositions, depuis P. FARGUES, Claudien,
tude sur sa posie et son temps, Paris, 1933, p. 160 sq., et, en tout cas, l'avis d'Augustin est net. Quant son expression a Christi nomine alienus, elle peut tre explique
par la distinction que fait Orose entre alienus et inimicus: Unus Deus unam fidem
tradidit, unam Ecclesiam toto orbe diffudit : hanc aspicit, hanc diligit, hanc defendit ;
quolibet se quisq11is nomine tegat, si !mie non sociatur, Alienus , si hanc impttgnat,
Inimicus est . (VII, 33, 17 ; p. 520, 1. 8-II). Cette distinction rendrait vains les
efforts de BIRT (dit. des Carmina de Claudien, in 1VIGH, Auct. Antiq., t. X, Praef.
p. LXII -- cf. P. FARGUES, op. cit., p. 156 et n. r). F,Jle rendrait compte mme des

Y.-JJ. DUVAL

158

on le voit, les dtails propres '1.ugustin s'incrinnt clans le cadre que


lui fournit Rufin. Il en est de mme encore pour le premier des vnements
suivants.
3. -

Les statues de J Hpitcr :

Il reste, en effet, pour terminer la relation de la bataille de la Rivire


Froide et des vnements qui la suivirent immdiatement, traiter de
deux pisodes pour lesquels Augustin dispose cl' autres sources que le
rcit de Rufin, sans toutefois qu'elles le contredisent.
Le premier concerne les statues de Jupiter leves aux cols des Alpes
Juliennes pour protger leur passage contre Thoclose 92 . L'existence et
1' identit des divinits protectrices de 1' arme paenne n'est atteste que
par deux auteurs anciens : Thodoret, qui parle d'une reprsentation
d'Hercule qui tait porte en tte de l'anne 93 , et ce passage o Augustin

pomes d'inspiration chrtienne que l'on trouve dans son uvre, si l'on prouvait
qu'ils sont bien de lui (Cf. I'. FARGUI<;S, op. cit., p. 159 sq.). - Orose, au sujet de la
Ri\-ire Froide rapporte les mmes yers que saint Augustin, en les donnant comme
ceux d'un poeta eximius sed paganus pervicacissimus . (VII, 35, z r ; p. 53r-2).
La prsence du mot par;anus s'explique ici la fois par la date un peu plus tardive
(.p7) et, surtout, par la qualit littraire moindre du texte d'Orose. Comme l'a
montr :Mlle . DE:lfOUGEO'.t (Remarques sur l'emploi de Paganzis, in 11Ilanges
A. CU,DERINI et R. PARIBE::n, I, Milan, 1956, p. 345), le mot paganus ne se trouve
que trois fois dans le texte de la Cit de Dieu (V, 23 ; VIII, z6 ; IX, 9). Augustin
vite longtemps ce mot vulgaire. Si les titres des chapitres du Breviculus contiennent
souvent eu reYanche ce mme terme, ce n'est pas une preuve, comme serait prte
l'admettre ::\Ille DI<:nIOl'GEOT (ibid., p. 346, ri. 77), qu'ils ne sont pas de saint Augustin
lui-mme. Cela provient du fait que ces titres ont t composs, par saint Augustin,
en mme temps que sa lettre Firmus, aprs l'achvement de la Cit de Diett,
c'est--dire l'poque mme o, selon l'enqute de Mlle DE:\IOUGl>OT, l'emploi de
pa;1.anus se gnralise chez Augustin comme chez les autres crivains. Sur le Breviculus, cf. H.-I. l\faRROU, article cit la n. 5 et r57. -- Cf. n. 68 la remarque sur
l'emploi de monaclrns.
92. Civ. DG'i, V, 26, 1 (p. 756) : Victor autem sicnt crcdiderat et praedixerat,
J otis si111ulacra, quac advcrsus cum fuerant ncscio qui bus ritibus vclut consecrata. et
in Alpibus constituta, deposuit eorumque fulmina, quod aurea fuissent, jocantibns
(qnocl illa laetitia permittebat) cursoribns et se ab eis fnlminari yclJe clicentibus
hlariter benigneqne donaYit . Aucune mention de ces statues ni chez Ambroise
(E.p. 6r, 3, c. I 187 A-R: nulli Yertices montium ad\-entus tui curnum rctardarent ... ),
ni chez Orose (VII, 35, 13 ; p. 529, 1. 5-7 : Eugenins atque Arbogastes ... arta Alpium
latera atque ine\itabiles transitns praemissis callide iusidiis occuparant i:), ni chez
Socrate (V, 25, PC 67, c. 652 B-C) et Sozomne (VII, 22, 6 ; p. 335, 1. 21 sq.),
ni, hien entendu, chez Claudien (ln l'rob. et Olyb. cons., lo+-r10: congestis scopnlis;
semirutae tnrres a\ulsaque moenia i>; II fo Cons. Hon., 89-92 : muuitis lacis; seopulis
rcnss ; I r- Cons. Hon., 103: clansos montes i>). La plupart parlent pourtant des
passages fortifis, mesure que l'on twait prise autrefois contre les incursions barbares
(cf. Ambroise, de Ere. Satvri, I, 31 m., PL 16 (r845), (', 1300 B-C).
93. Tm~;ODORE'.t, Hist. Eccl., V, 24, 4 (p. 324, 1. 23-26) et V, 24, 17 (p. 327, 1. Ssq.).
Voir H. Br,OCH, A new document of the last pagan revival in the West, in Hai'vard
Thcological Revi,;w 38 (1945), pp. 199-244, surtout pp. 236 sq. ; et, The pagan revival
in the rVest at the end of the fourth century, in A. ::\fo:\IIGI,IANO, The conflict bctwecn

L'LOGE DE THODOSE

159

rvle qu'on avait consacr Jupiter, contre Thodose, des statues riges
dans les Alpes. Or Rufin, s'il ne parle pas explicitement de ces statues,
et encore moins de ce que Thodose en fit aprs la bataille, n'est pas
sans connatre leur existence. Il semble bien y faire allusion, dans un
passage qui ne parat pas avoir t remarqu. Rufin dclare, en effet,
que '' ds que Thodose, appuy sur le secours de la vraie religion, commena s'approcher des dfils des Alpes, les dnions qui on sacrifia
en vain tant de victimes, furent les premiers s'enfuir, alarms qu'ils
taient par la conscience de leurs mensonges ))94 , c'est--dire, de leur fausse
prdiction de la victoire d'Eugne. Pour un chrtien du ve sicle, Jupiter
ne peut tre qu'un dmon et Augustin a trs bien senti l'allusion qui a
chapp aux lecteurs des sicles postrieurs. Il greffe donc cet endroit
du rcit de Rufin l'anecdote des foudres d'or qui lui a sans doute t
conte par les soldats mentionns plus haut et que le texte de Rufin lui
remet en mmoire.

Paganism and Christianitv, (Lectures of \Varburg Institute in 1958-9), Oxford,


r963, pp. 193-218, surtout p. 2or.
Comme le note H. Br,ocn (A new dowment, p. 236 n. 85), J.-R. P.\I,.\XQUE, op.
taud., p. 285) a t le seul relever que Jupiter et Hereule taient '' les dieux de
Diocltien>>. Cf. I,actance, De morte persecutorum, 52, 3 (dit. J. :Horeau, coll. Sources
CM/tiennes, 11 39, Paris, 1954, pp. 138 et 472) : '' lJbi snnt ... Joviorum et Herculiorum cognomina, quae primum a Dioclete et :.IIaximiano insolenter assumpta ... ?
Ne serait-ee pas avec une pointe voulue qu'Ambroise rappelle Ungne en 393-4
!'attitude des J nifs contraints de porter une somme d'argent Antioehus, pour
offrir un sacrifice Hercule (cf. z J'vlach. 4, 18 - Ep. 57, 9-ro Eu15ne ; PL 16
(1845), c. 1177 A-C) ? On peut certes faire observer qu'Ambroise se sert de ce mme
li ne des M~achabes dans le de Jacob, que :.IL Palanque date de la crise arienne cle386.
Mais il n'est pas innaisemblable que ces allusions du de Jacob (II, 43-44 - Cf.
J.-R. PAT,AXQUI;, op. cil., p. 515) soient rapprocher cle la menace de perscution
paenne de 394. Arbogast et Nicomaque Flavien quittrent :\Iilan cluro.nt l't 39l
en promettant de transformer la basilique cle :.IIilan en table et cl' enrler les clercs
(Paulin, Vita Ambrosii, 31 ; c. 37 C-D).
94. Runx, Hist. Eccl., II, 33 (c. 539 B-C) : " Sed ubi 1erae religionis fretus auxilio
Theodosius, "-J.lpium jauces coepit urgere, PRL\II illi, quibus, ncquicquam litatae sunt
tot victimae, de fallaciae conscientia trepicli dacmones in fngam versi. Po~n etiam
magistri horum et cloctores errorum, praecipne Flavianus, plus pudoris quam sccleris
reus, cmn potnisset evac1ere eruclitus aclmoclum vir, mereri se mortem pro errore
justius quam pro crimine juclicavit. CJ<~Tl<;JU vero instrunnt aciem ...., D'aprs le
contexte et la mention de l'approche des dfils par Thodose, les sacrifices dont il
est question ne semblent pas tre cens: qui ont t clbrs Rome (c. 539 A-B Texte cit, n. 73), mais les crmonies de conscration dont parle Augustin. Ce
texte est donc verser au dossier de ceux qu'a tudis H. BLOCH. On le reliera
galement au texte clu Contra Faustum de saint Augustin que nous citerons plus
loin (n. l 23, ad f.). Quant la mort de Flavien, elle est place cet endroit par Rufin
qui reviendra ensuite sur les deux endroits de la bataille : l'eml.mscacle du dfil et
le combat clans la plaine. :Mme si nous restons sur notre curiosit, c'est l le renseignement le plus prcis que nous ayons sur cette mort, place avant la fin du combat.
Contra, I-I. BLOCH, A new document ... p. 239, 11. 90. :En tout cas Rufin laisse entendre
que Flavien aurait pu compter sur la clmence de Thodore. C'est la seule allusion
qu'il fasse celle-ci.

rGo

4. -

Y.-J1!. DUVAL

La clmence de Thodose:

Cette conduite de Thodose l'gard des ennemis vaincus 95 , est atteste


de faon plus particulire par un autre historien ecclsiastique, qu'Augustin utilise, comme nous le verrons plus loin; pour un autre pisode :
Paulin de Milan, le biographe de saint Ambroise. Celui-ci signale les interventions d'Ambroise en faveur des vaincus et en particulier de ceux qui
s'taient rfugis dans une glise, vraisemblablement celle d'Aquile
o Ambroise se rendra96 Mais, sauf erreur, Augustin est le seul qui mentionne explicitement l'identit de quelques-uns, au moins, de ceux qui
avaient cherch asile dans cette glise, et qui nous renseigne sur leur
baptme forc 97
Le dernier dveloppement, sur la fin de la guerre civile, est introduit
pour opposer la conduite de Thodose celle de Cinna, Marius et Sylla98
dont il a t longuement question dans le troisime livre de la Cit de
Dieu99 Augustin revient ici son propos particulier, qui n'est pas tout

95. Civ. Dei, \-, 26, I (p. 756, suite) : " Inimicorum suorum filios, quos, non
ipsius jussu, belli abstulerat impetus, etiam nondum Christianos ad ecclesiam
confugientes, Christianos hac occasione fieri voluit et Christiana caritate dilexit,
nec privavit rebus et auxit honoribus ~. Cela ne s'applique pas an fils de Maxime !
(cf. supra, n. 60).
96. PAULIN de MILAX, Vita A mbrosii, 3r, fin (c. 38 A) : " ad tuitionem eorum qui
ad ecclesiam confugerant etiam ipse (Ambrosius) Aquileiam perrexit precandum
pro eis . Paulin utilise ici deux lettres d'Ambroise que nous possdons (Ep. 6r, 7
et 62, 3 - Sur le tribun Jean cit Ep. 62 et VA, 3r, cf. infra, p. 178 et n. r7r et
r72). I,a clmence de Thodose en 388 est clbre par Pacatus dans son Pangyrique de 389 ( 44, 45-46) et Symmaque, qui avait pris parti pour l\faxime, lui dut
la vie. Claudien la chante lui aussi (IV Cons. Hon., II3 sq.). Quant Ambroise,
il en fait l'un des leit-motiv de son de Obitu Thcod. ( 4 fin, r2, 13, r6, r7, 33 etc).
en la donnant en exemple au fils de Thodose. Ambroise revient sur le mme sujet
un peu plus tard: in Ps. 37, r9 (PL 14, c. 10r8 B -Cf., pour la date, J .-R. P.\I,ANQUE,
op. cit., p. 552 - Dans un sens diffrent, l\I. PETSCHEXIG, CSEL 62, p. r50, n. ad
lac.). Voir encore, l\I. Pm,r,EGRr:-<o, Paolino di l\Hlano, Vita di S. Ambrogio, Roma
(r96r), p. 96, n. 7 fin, dont nous n'avons malheureusement pu disposer qu'aprs
la fin de ce travail.
97. Sur la poursuite de la carrire de Nicomaque Fla\ien junior, cf. PAULYWrssov,\, RE, VI, 2, r909, n 15, c. 251 r-2 ; O. SEECK, uvres de Symmaque dans
les NIGH, Auct. Antiq., t. VI, r, p. LIX, n. 244-7, anc la remarque de la fin de la
n. 244 , . DI<;;-.rnuGIWT, o.c., p. III et n. 90, p. 213 et n. 486. L'auteur, qui cite
d'autres textes, et en particulier Prudence, Contra Symm., I, 6r6-62r, ne voit dans
cette clmence qu'habilet politique (pp. 109-rr o). Certes, mais pourquoi refuser
toute composante religieuse dans cette mesure qui fut certainement complexe,
pourquoi ce baptme forc ?
98. Civ. Dei, V, 26, r (p. 756 suite) : < ln neminem post victoriam pri\atas inimicitias valere permisit. Bella civilia non sicut Cinna et l\Iarius et Sulla et a!ii tales
nec finita finire voluerunt, sed magis doluit exorta quam cuiquam nocere voluit
termina.ta .
99. Cf. de Civ. Dei, III, 27-29. On trounra cependant chez Pacatus, Paneg., 46,
(dit. GALLE1'IER, pp. r r 2-3), non seulement une opposition analogue entre Thodose
et i\Iarius, Cinna, etc., mais aussi l'ide {cf. Civ. Dei, III, 29, p. 514) que Rome a
plus souffert des guerres civiles sous Csar et Sylla que des invasions carthaginoise

L'LOGE DE THODOSE

161

d'abord celui d'un historien. Nous allons avoir l'occasion de le remarquer


encore dans la suite de son texte.

F. -

LA

POLI'l'IQUE RELIGIEUSE DE THODOSE.

Augustin a, en effet, prfr l'ordre chronologique de Rufinloo,


une prsentation plus synthtique. Il a group toutes les activits militaires de Thodose 101 , comme nous venons de le voir. Il a trait en revanche
de la politique intrieure et de la conduite personnelle de Thodose
l'gard de l'glise en deux petits ensembles qui terminent son loge.
Le premier, qui concerne la politique religieuse de Thodose, vis--vis
des hrtiques et des paens, n'est pas sans rappeler encore une fois, le
chapitre que Rufin consacrait au mme sujet, au moment o il signalait
le retour de Thodose en Orient aprs sa victoire sur Maxime.
r. -

L'attititde de Thodose vis--vis des hrtiques et des catholiques

Le texte de saint Augustin mrite d'autant plus d'tre considr qu'on


y a vu un jugement important sur l'attitude et le caractre religieux de

Thodose 102 . La comparaison avec le texte de Rufin invite, au moins,


plus de prudence.

et gauloise. (Roma) cui damna graviora scissus in partes civium furor quam portis
imminens Poenus aut receptus muris Gallus intulerat ; cui Alliensi die Emathia
funestior, Cannis Collina feralior ... L'allusion l':f:mathie concerne Pharsale
(contra, GAr,r,m'n;R, p. II 3, n. I). - Sur le problme de la guerre ciYile chez les empereurs chrtiens, voir, dans la tradition d'Augustin, sans doute, Orose, VII, 35, 6-9
(pp. 526-7), 20 (p. 533, 1. II sq.). Cf. n. 69. fin.
100. I,'affaire de Thessalonique (II, I8), les mesures contre les hrtiques et les
paens, les diverses affaires religieuses d'Orient s'intercalent leur place chronologique entre les deux guerres contre les usurpateurs (Maxime, I7 ; Eugne, 31-33).
Si, partir du 19 qui va nous occuper ici, le rcit s'attache des faits d'ingale
importance, son plan n'est pas moins net: le 19 concernait tout d'abord les affaires
chrtiennes et les rapports avec les hrtiques : ceci est trait dans les 20 (Apollinaire) et 21 (les successions piscopales). Le reste ( 22-30) concerne les lois antipaennes dont il est question de faon gnrale dans la deuxime partie du 19.
Rufin ne parle pas du fait que Thodose eut plus d'un gard, avant son retour en
Orient de 391, pour le paganisme, ni ne signale que l'une des plus fameuses lois
a t donne Aquile, sur le chemin du retour (Cod. Tlzeod. XVI, lO, II, le 16
juin 391). Elle entrainera la ruine du temple de Srapis Alexandrie, dcrite
pourtant longuement aux 22-23.
lOI. Ou plutt, et c'est un indice supplmentaire, toutes les activits militaires
que Hujin rapportait. Rien n'est dit, par exemple, de l'activit de Thodose sur les
frontires de l'Est.
102. Ensslin cite entirement ce passage en conclusion de son ouvrage (p. 87)
et commente (p. 88) : Der Kirchenvater hat hier den eigentlichen Wesenszug des
Kaisers wenn auch vielleicht mit einer leichten Verlagerung der Gewichte klar
herausgestellt. Christ sein und Kaiser sein war nach des Theodosius eigener Auffassung ein ihm von Gott erteilter untrennbarer Auftrag, und daraus ergab sich fr

11

Y.-M. DUl'AL

162
RGFI:\',

Ibid.,

II,

I<),

(c. 526 A-B) : .

(a) Igitur ad Oriente111 regressus,


ibique, ut ab exordio principatus sui,
summa ni,ra, summoque studio pulsis lwereticis, Ecclesias catholicis traclere, idque ea moderatione agere,
ut, ultione contempta, tantum "atholieis de Ecclesiarum nstitutione consuleret, quo fides recta ahsque prae<lieationis impedimento proficeret.
(b) Connnun.em se praehere erga
sacerdotes Dei. Fide, religione, et
mu11ificentia cunctis regium animum
exhibere. Accessu facilis et absquc
imperiali fastu ad colloquium se
humilibus praebere 10 ' ..

Ibid.,
(p. 758, J. I-6} :
(a) Inter haec omnia, ex ipso initio
iinperii sui, non quievit justissimis
et rn.isericordissimis legibus adversus impios Jaboranti ecclesiae subvenire quam Yalens liaereticis favens
Arianis vehcmenter adflixerat.
AUGUS'l'IX,

(b) Cujus ecclesiae se membnun esse


magis quam i11 terris regnare grmclebat.

Remarquons tout d'abord que, de part et d'autre, le dveloppement


est construit sur un double mouvement identique : l'attitude officielle
du monarque, qui dfend le catholicisme (a) ; 1' attitude personnelle du
chrtien (b), qui, selon Rufin, est, tout prince qu'il soit, accessible tous,
aux humbles comme aux vques ; qui, selon Augustin, fait passer sa
qualit de chrtien et de membre de l'glise avant sa dignit et son rle
de monarque.
A considrer le dtail du premier mouvement, il est ais de noter les
quivalences textuelles comme d'expliquer les diffrences. Les deux crivains signalent, en des termes analogues (ab exordio principatus sui =
ex ipso initio iJnperii sui) que la faveur de Thodose fut immdiate pour
le catholicisme et ils vont noter tous les deux, ne serait-ce qne par leurs
superlatifs, l'intensit de son zle pour la vraie foi 104 . En revanche, la
diffrence des uvres autant que la diversit des publics auxquels sont
destines l'Histoire ecclsiastiqite et la Cit de Dieu, explique que, dans le
texte prsent, Rufin, qui a longuement parl105 de la perscution de Valens,
de la destruction et de la confiscation des glises des (( catholiques )),
ihn die Pflicht, nach <lem Heil seiner eigenen Seele zu trachten, als christlicher
Kaiser veranwortlich fi.ir das Seelenheil der ihm mn-ertrauten Untertanen zu sorgen ...
N'est-ce pas majorer au dpens d'autres, et sans tenir compte de ce qu'Augustin
veut promer, la valeur historique de ce texte de la Cit de Dieu ? La rserve de
\V. Ensslin est insuffisante, on saisit dj le travail d'idalisation dans la manire
dont Augustin traite le texte de Rufin qui lui a donn le branle.
ro3. Idal du bon gouverneur de province selon Cicron (Ad Quint. jr., I, I, 25;
Ad Atticum, VI, 2, 5 f.); du bon prince selon Pline le Jeune (Pan. Traj., 48, 71), mais,
pour Thodose, tout cela prend plus de relief si l'on songe qu'une loi du 14 mars 383
refuse toute audience aux hrtiques et en particulier aux Apollinaristes dont va
parler ensuite Rufin (Cod. Theod., XVI, 5, 14 fin ; dit. 3Io>r;>ISEN, p. 860, l. 7-9:
... ut supra mernoratis (haereticis) omnibus acleundi atque interpellandi serenitatem
nostram denegetur ).
104. RuFIX : suimna cura, summo studio ; Augustin : j-ustissimis et misericordissimis legibus ... .
105. RUFIX, His!. Eccl., II, 2-3 (c. 509 sq).

L'LOGE DE THODOSE

n'a plus y revenir ici, la diffrence d'Augustin. Il a d'ailleurs soulign


que le dsastre d'Andrinople, et la brche faite alors dans l'Empire romain,
est une punition divine de son hrsie 106 . Augustin, au contraire, doit
donner quelque dtail sur le rgne de Valens, mais il estompe autant qu'il
le peut ces ombres de la chrtient >> et, devant les paens - qui pourraient reprocher cet empereur chrtien d'avoir inaugur, ainsi que Rufin
l'affirme, les malheurs de l'Empire, comme Thodose d'avoir introduit
des fdrs dans cet Empire - il parle d'impii, moins compromettants
devant des paens, qui ont aussi leurs impies, que des haeretici, forcment
chrtiens. C'est pourtant l'gard de ces derniers que sont dictes les
justissnac et misericordissimae leges de Thodose et 1' on n'aura pas de
peine concder que le second adjectif reprend la substance de la moderatio et du refus de vengeance (ultione contempta) dont a parl Rufin.
Comme on le voit, cette utilisation de son prdcesseur n'exclut pas
de la part cl' Augustin une recomposition et une adaptation au sujet
plus gnral qu'il traite. lVlais la ligne gnrale du jugement reste ici celle
de Rufin.
2.

L' attititde de Thodose vis--vis des paens :

Les deux constatations que nous venons de faire s'imposent galement


pour le court dveloppement qui suit et qui concerne les paens.
RuFIN, Ibid., II,

19,
(C. 526 B) :

suite,

ldolorum cultus, qui Co11sta11ti11i


iustitutionc et deinceps negligi et
destrui coeptus fuerat, eodem imperante, collapsus est.

AUGUSTIN, Ibid.,
(p. 758, ], 6-9) :

Simulacra gentilium ubiqne evertenda praecepit, satis intelligens nec


terrena munera in daemoniorum,
sed in Dei veri esse posita potestate.

En ce qui concerne les rapports cl' Augustin et de Rufin, un seul point


est relever : la succession des deux dveloppements sur la politique
1' gard des hrtiques, puis l'gard des paens. Certes, cette succession
n'a rien, en elle-mme, de trs original. Mais si l'on admet que le premier
de ces deux dveloppements est calqu sur celui de Rufin, on pourra admettre galement qu'Augustin ait ici suivi son devancier jusque dans
l'ordre mme de ses dveloppements.
Sans s'intresser, comme l'historien Rufin, la continuit de la politique impriale l'gard du paganisme, il commente la dcision de Thodose par une phrase qui relve du thme des quatrime et cinquime livres
de la Cit de Dieii : savoir que les dmons, c'est--dire les dieux paens,
sont incapables d'tre les bienfaiteurs de l'homme sur cette terre, et qu'ils
106. RUFIX, Hist. -Eccl., II, 13 (c. 523 A) : Quae pugna initium mali Romano
imperio tune et deinceps fuit, crit-il, au moment o Alaric vient de ravager l'Italie
du Nord et n'est certainement pas trs loin d'Aquile. La mort de Valens fut le
chtiment de son impit (ibid., c. 522 C). Cf. dj Ambroise, De Fide, II, 16, r37-

q3.

Y.-M. DUVAL

n'ont pu, en consquence, ni protger, ni tendre l'Empire romain. Il


est donc inutile de les honorer. Avant de passer bientt une autre section
de son plan, Augustin fait entendre ici nouveau l'un des thmes de la
Cit de Dieu 107 . C'est ce thme qu'il convient de reconnatre dans le dernier
pisode retenu pour achever le portrait de ce chrtien.
G. -

L'AFFAIRE DE THESSALONIQUE ET I,A PNITENCE DE THODOSE 108 .

Si Augustin avait cherch cacher ou masquer certaines taches de


l'glise du rve sicle, il n'arnit plus le faire pour Thodose : ses fautes
avaient t suivies d'un repentir clatant et le chrtien avait en lui pris
le pas sur l'empereur, montrant ainsi la face du monde que la puissance
temporelle n'est rien devant Dieu et ses ministres. N'attendons pas
cependant qu'Augustin montre ici l'humiliation du pouvoir civil devant le
pouvoir religieu:x109 . Il veut bien plutt faire voir en Thodose un chrtien
qui, dans sa fonction impriale, a su discerner les vraies valeurs - celles
de la foi-, travers la fume phmre qui enveloppe le fate de la
grandeur humaine )) 110 . Pour son salut, Thodose a su oublier qu'il portait
la pourpre. Plus encore, il a su reconnatre avec humilit - religiosa
humilitate - , que ce pouvoir terrestre lui venait lui-mme de Dieu.
Si la thse d'Augustin parat assez claire - et nous lui apporterons quelques complments tout l'heure - , d'o tient-il ses informations ?
De Rufin encore une fois, qui consacre une dizaine de lignes ces incidents?
Non pas, pour l'essentiel, mais de Paulin de Milan, comme la chose a t
brivement signale par M.J.-R. Palanque 111 , suivi par G. Bardyll 2 .
107. Cf. rrc Partie de cet article. Par ex. 11. 7.
108. La datation des divers ,nements de cette anne 390 et en particulier de tout ce
qui touche cette affaire est trs controyerse. Nous n'avons pas entrer dans cette
question ici. Voir J.-R. PALANQUE, op. cit., pp. 227- 248 ; 536-9 ; MacGUIRI(, in
Cathol. Histor. Rev. 22 (1936-7) p. 304, cit et suivi par A. PIG.\NIOL, op. cit., p. 257
et n. 43 ; W. ENSSLIN, op. cit., pp. 67-74.
109. Ensslin (op. cit., p. 74 et n. 6) s'appuie sur la fin des textes d'Augustin et de
Rufin pour crire : Daher mssen \Yir einer Auffassung die Zustimmung versagen,
die zu <lem Bussakt meint, es sei eine gerade Linie Yon Mailand nach Canossa .
Pour saint Augustin, la chose est nette. - Cf. PALANQUE, o.c., p. 239 et n. 223.
IIO. Civ. Dei, V, 26, r, fin (p. 758) : temporali vapore cujuslibet culminis et
sublimitatis humanae .
rrr. Op. laiid., p. 229, n. 171 : Le tmoignage d'Augustin sur l'intercession des
vques (De civitate dei, V, 26) est certainement driv de celui de Paulin ...
Cf. ibid., n. 173-4.
rrz. Note complmentaire 72 (BA n 33, p. 833) : D'aprs saint Augustin, qui
s'inspire, semble-t-il, de la Vita A inbrosii, 24, de Paulin, Thodose avait promis
l'indulgence sur l'intervention des vques, mais on ne sait lesquels ; et il aurait t
pouss la svrit par un certain nombre de ses courtisans. On doit se demander
si l'vque d'Hippone ne se propose pas la fois de majorer l'influence des vques
et de blanchir l'empereur en faisant porter sur son entourage la responsabilit du
massacre. La rfrence J.-R. PALANQUE se trouve la fin de la note (p. 834).
La deuxime partie de l'apprciation au moins est juste. - Sur les vques mentionns, voir n. rr5. Sur les courtisans chez Paulin, voir n. r 14.

L'LOGE DE THODOSE

l\Iais Rufin n'est pas oubli pour autant. Aprs l'avoir dlaiss pour le
dbut de sa prsentation des faits, Augustin revient lui pour la dernire
scne de ce dernier pisode. Plus que tout autre, ce passage nous permet de
juger du travail de l'auteur de la Cit de Dieu et de voir en pleine lumire
la thse qu'il veut dfendre en ces pages.
PAULINDEMII,AN,

V.A.

24 (PL 14, c. 35 C-D) :

(a) Per idem tempus causa


Thessalonicensis ci vit a tis
non minima snccessit tribulatio sacerrloti (Ambrosio),
cum paene deletam comperisset.

Ibid.,
(p. 758, 1. 9-If) :

AUGUS'I'IN,

Ibid., II, r8
(c. 525 B-C) :

RUFIN,

(a) Quid autem fuit


ejus (Theodosii) religiosa humilitate
mirabilius, quando
in Thessalonicensimn gr a vissim um
scelus,

(a) Per idem tempus subreptione quaclam daemonis, turpis macula religioso principi
musta est. Etenim, cum apucl
Thessalonicam, seditione
exorta, quidam ex militaribus vir impetu fuisset populi furentis extinctus,

(b) Promisc:rat enim illi im- ( b) cui jam episcoperator se veniam daturum pis intercedentibus
cidbus supradictae civitatis. f'romiserat indulgentiam,

(c) repentini nuntii atrocitate succensus, ad luclos


cin:enses invitari populum
eique ex improviso circumfundi milites et obtruncari
passim, nt quisque occurrisset, gladio jnbet et vimlktam dari non crimini sed
furori.

(c) scd agentihus comitibus


occulte cum
imperatore,
ignorante sacerdote, usque
in horam tertiam gladio civitas est donata atque plurimi
interempti innocentes.

(c) tumultu quo- (b) Ob hoc, cum a sacerclorumdam, qui ei co- tibus Italiae argueretur,
haerebant, vindicare compuls11s est

(d) Qnod factum ubi cognovit sacerdos, copiam imperatori ingrecliendi ecclesiam denegavit, nec prius dignum judicavit coetu ecclesiae vel
sacramentorum communione
qnam publicam ageret poenitentiam. Cui imperator contra asserebat David aclulterium simul et homicidium
perpetrasse. Sed responsum
illico est : " Qui secutus es errantem, sequere corrgentem " Quod ubi audivit clementissimus imperator, ita
snscepit animo nt publicam
poc11ite11tiam non abhorreret.

(ri) et, cohercitus


ecclesastica disciplina, sic egit paenitentiam ut mperatoriam
celsitudinem pro illo populus orans magis fleret videndo quam
peccando timeret
iratam ?

(d) agnovit delictum cnlpamqne cum lacrimis professus pnblicam poenitentiam


in conspectu totius ecclesiae
exegit et, in hoc sibi tempu~
aclscriptum, absque regah
fastigio, patienter implevit.

L'ordre des premiers vnements de cette affaire est prsent de faon


diffrente par Paulin et Augustin d'une part, par Rufin de 1' autre. Pour
celui-ci, le massacre fot ordonn dans un mouvement de colre, et l'inter-

r66

Y.-:lT. DLTAL

vention des vques d'Italie (du Nord) 113 suivit le crime et prit la forme
d'une rprimande. Augustin, sans mme se demander o se trouve ce
moment Thodose, lui fait promettre tout d'abord l'indulgence, comme
Paulin, et il explique son revirement par l'action de son entourage.
Paulin avait prsent les choses de la mme faon, mais avec quelques
diffrences de dtails fort importantes pour notre propos.
Si Paulin, en effet, souligne qu'il y eut changement de dcision, il
dclare qu'il se fit l'intrieur du Conseil del' empereur, l'insu d'Ambroise
auquel promesse, dit-il, avait t faite ; mais il ne met aucunement hors de
cause 1' empereur lui-mme, comme Augustin a tendance le faire en rejetant toute la responsabilit sur l'entourage de Thodose. Ces courtisans,
loin d'agir secrtement (occulte) comme chez Paulin, manifestent maintenant grands cris (tumultu) et le forcent presque (compulsus est) svir.
Il n'y a encore l, de la part d'Augustin, qu'un gauchissement des renseignements que lui fournissait - non sans erreur - Paulin. Car ce dernier
a, lui-mme, mal interprt la lettre d'Ambroise Thodose, lorsqu'il a
mentionn une promesse faite l'vque de l\Iilan 11 4.
r13. Ces ,ques d'Italie (du Nord) sont ceux qui sont groups autour d'Ambroise
(cf. Ep. 5r, 6; c. u6r B-C- Cf. n. IJ 5). Rufin tient-il ces renseignements de Chromace (vque cl' Aquile depuis 388) qui assistait sans cloute an concile auquel participaient galement des vques gaulois et qui tait runi l\Iilan au moment o y

panint la nouYelle du massacre de Thessalonique ? On a-t-il sons les yeux cette


lettre cl' Ambroise qui mentionne la raction violente de cette assemble ? L'une
et l'autre hypothse sont plausibles. En faveur de la seconde noter la rencontre
entre la mention de la ruse du dmon contre un prince si pieux et Ep. 51, 12 (c. r 162
D 2-3). (Cf. pour cette lettre 51, les n. 114 et J r6).
r q. Tout d'abord, Paulin sait, par l'pisode de la synagogue de Callinicon ( 23)
qu'il vient c1e raconter l'aide des lettres cl' _\mbroise (cf. -infra, n. r 16), que l'entourage
de Thodose n'est pas favorable l',que de :\Iilan. Que l'on compare les deux
textes sui\ aiits :
AMBROISE, Ep. 4r, 27 (c. rr20 D) :
Tune (imperator) ait : ... Monachi multa
scelera faciunt. Tune Timasius magister
equitum et peditum coepit aclversus monachos esse vehementior. Respondi ei
l~go cu111 imperatore ago, ut oportet,
quia novi quod habeat Domini timorem :
tecum autem aliter agendum, qui tam
dura Ioqueris.

PAULIX, V.A., 23 (c. 35 A-B)


Tune imperator : ... in monachos vero Yindicandum esse. Ita et a comitilrns qui
in tempore aclerant c1icebatur. Quibus
episcopus : l\go quidem cum imperatore
nunc ago, vobiscum vero mihi aliter
agenc1um est.

Entre autres menues transformations - toutes significatives - , on s'aperoit


que, c1e Timasius, le futur consul de 390, on est pass plusieurs personnages (co111itibus, vobis), et ces personnages poussent Thodose la svrit.
De plus, l'ide d'une nHmu\Te secrte de l'entourage de Thodose semble provenir
c1e la lecture cle la lettre 51, 2 (c. r 160 B) ; celle d'une promesse de pardon d'une
mauvaise interprtation du 16 (c. r 164 B) de cette mme lettre, o l'on peut
trouver enc)re une allusion l'entourage de l'empereur (tu prar;entus es). Selon
J .-R. PALAXQUE, o.c., p. 235 (et n. 200) Paulin ne connat pas cette lettre. I,es deux
textes prcdents semblent montrer le contraire et, pour qu'elle nous soit panenne,
il faut que cette lettre n'ait pas t aussi secrte qu'on semble le penser. - Le de
obitu Theodosii 34 (c. 1396 C-D) : (pcccatum) quocl ei aliorum fraude obrepserat ,
peut ~tre interprt dans le sens d'nne influence du Conseil galement. l\n tant cas

L'IiLOGE DE THliODOSE

Un second dtail fait apparatre, cette fois, une vritable altration.


Selon Paulin, la promesse d'amnistie a t faite Ambroise seul. Le
pluriel apparat chez Augustin qui a d se souvenir des sacerdotes Italiae
du rcit de Rufin. Or, ces vques - nous le savons, mieux sans doute
qu'Augustin, par la lettre d'Ambroise Thodose - ne sont runis
JVIilan autour d'Ambroise qu'au moment de l'annonce du massacre11 5 .
D'aprs ce que rapporte Ambroise dans cette lettre, il est peu vraisemblable qu'ils y taient runis depuis longtemps, encore moins qu'ils aient
formul une requte collective. Il semble donc qu'Augustin combine ses
deux sources d'information, Paulin et Rufin, non sans que des erreurs
historiques en rsultent. C'est son dsir de tracer un portrait idalis de
Thodose qui lui a fait tout d'abord prfrer la prsentation chronologique
de Paulin celle de Rufin, puis, liminer tout trait qui pourrait ternir la
figure de l'empereur.
Ce mme souci amne Augustin abandonner Paulin pour revenir
Rufin, dans le dernier pisode de l'affaire, celui de la rconciliation (d).
:Mme si nous n'avions, en effet, que le tmoignage de Paulin sur cette
affaire, nous devinerions que Thodose ne se repentit pas immdiatement.
I,e biographe cl' Ambroise dclare en effet - ce qu'il faut bien entendre
comme une excommunication de fait - que l'accs l'glise et la communion aux sacrements furent interdits Thodose tant qu'il ne se ft pas
soumis la pnitence publique. Il rapporte aussi, ou plutt, semble-t-il,
imag1:ne, un dialogue entre Thodose et Ambroise, o l'empereur regimbe
contre les mesures qui sont prises son gard 116 .
la lettre ( ~ 6) semble bien contredire l'ide c1'nne promesse : quod 1woca1'e non potui
11< iierel (c. T r6r B).
I,e caractre public de la pnitence est affirm aussi bien par Ambroise (de obu
Theod. 34, c. 1396 C-D : defledt in ecclesia publice peccatum suum ... Quoc1 prfrati
erubescunt, non erubuit imperator publice agcre poenitentiain ) que par Paulin, et,
si la pnitence fut publique, comment J'exconununication, implicite chez Paulin,
serait-elle demeure ce point secrte (J .-R. PALAXQUE, o.c., p. 235 en bas) ?
115. Cf. n. r I 3. Il faut distinguer une double assistance ce concile : les vques
Gaulois qui ,-iennent rgler c1es affaires (bien difficiles prciser ayec entire sret)
qui concernent leur pays, et les \ques d'Italie du Nord runis ce sujet an tour
d'Ambroise
i< Quando auditmn est (l'annonce du massacre), propter adventum
Callorum episcoporum, synodus convenerat ... (Ep. 51, 6; c. rr64 B-C).
F,mbarrass par le pluriel d'Angustin, Ensslin (op. cil., p. 72, n. r) songe une
intenention des vques de l'Orient et en particnlier d' Anisius de Thessalonique.
Le recours Rufin fait disparatre toute question.
i r6. Ce c1ialogue de la fin du texte de Paulin me semble issu nouveau de la
lettre 5r, 7 (c. r r6r C) o Ambroise exhorte le monarque la pnitence en lui proposant
tout d'abord l'exemple du roi Dmid " An pudet te, Imperator, hoc focere quod
rex propheta, auctor Christi secundum carnem prosapiae fecit David ? ( ... ) Noli
ergo impatienter ferre, Imperator, si dicatnr tibi : 'Tu fecisti istuc1 ', quod Dadc1 regi
dictum est a propheta ... L'allusion la double faute se laisse deviner pnisq u' Ambroise se prsente en Nathan et reprend la parabole de la brebis. Paulin pouvait partir
de l imaginer une scne qu'il n'avait sans doute pas vue (cf. infra, n. 168) et tre
tent de renouveler l'altercation qu'il avait dcrite clans l'pisode prcdent( 22-23,
sur l'affaire de Callinicon). Or, bien qu'il ne parle ( 23 fin) que de la lettre 4 r d'Amhroise :.\farcelline, qui transcrhait un sermon tem1 c1t:vant Tboc1ose et narrait

Y.-M. DUT'AL

r68

Toute protestation disparat du rcit d'Augustin comme de celui de


Rufin. La soumission est, chez eux, immdiate. De plus, alors qu'Ambroise
semble avoir veill mnager 1' empereur, Rufin et Augustin insistent
sur 1' expression extrieure du repentir et surtout de la rconciliation
de Thodose. L'empereur est en larmes et la pnitence publique a lieu la
vue de toute l'glise d'aprs Rufin ; le peuple chrtien n'est pas non plus
absent dans le texte d'Augustin o il prie pour son prince. L'auteur de la
Cit de Dieu, enfin, a not la suite de Rufin (absque regali fastigio =
imperatoriam celsitudinem prostratam) l'humilit du prince chrtien dont
il avait parl en commenant le rcit de cet pisode (religiosa hwmilitate).
C'est bien l'image sur laquelle il voulait nous laisser. L'humilit est la
vertu fondamentale du chrtien selon Augustin. L'orgueil de la puissance
comme celui de l'intelligence ne peut que fermer tout accs Dieu et la
vrit 117 .

CONCLUSION
Un certain nombre de conclusions s'imposent, en ce qui concerne
saint Augustin, tant pour la comprhension de la premire partie de la
Cit de Dieu, pour la saisie du dessein d'Augustin 118 et l'examen de sa
mthode de travail 119 , que pour la prsentation qu'il fait des vnements,
avec ses erreurs, ses dformations, et aussi ses apports la connaissance
des faits de la fin du rve sicle120.
Chemin faisant, de plus, les sources elles-mmes d'Augustin nous ont
fourni quelques indications qu'il nous faudra mettre davantage en lumire121. Elles ne sont pas sans intrt, en effet, tant pour l'histoire gnrale que pour la datation de la Vita Ambrosii de Paulin de Milan 122 .
la scne qui le suivit (cf. siipra, n. r r4), Paulin utilise aussi la lettre 40 d'Ambroise
Thodose o l'empereur est dj reprsent sous les traits de David, qui entend
les remontrances de Nathan (Ep. 40, 22; c. 1ro9 A-B). Il semble mme que, lors dn
sermon, Thodose a d sentir !'allusion devenir claire partir du moment surtout
o Ambroise a repris !'exemple de David et l'a dvelopp peu prs de la mme manire
que dans sa lettre (Ep. 41, 25; c. lI20. - A partir du 26, l'vque s'adresse direcment l'empereur : c. 1120 B).
- La contamination par Paulin des lettres 40 et 41 a t vue par M. P1'r,LEGRIXO,
(op. c., pp. 14-5) qui note le got de Paulin pour le paralllisme rhtorique : on peut
justement appliquer cette remarque notre petit dialogue et donc tendre cette
utilisation par Paulin la lettre 51 !
rr7. Libido dominandi ct de la supeibia ou de 1'1:mpia curiosilas. Voir le texte
clbre du de Civ. Dei, XIV, 28 sur les deux amours, o la premire partie, qui snnole
les livres I-V, retient comme trait distinctif de la cit tenesfl'e , la dominandi libido,
tandis que la deuxime partie, qui concerne les livres VI-X, retient la supnbia,
intellectuelle (BA n 35, pp. 464-6). Sur cet orgueil de l'esprit, en particulier devant
l'Incarnation, voir G. MADEC. Connaissance de Dieu et Action de grces. Essai sur
les citations de l'p. aw: Romains I, rS-25 dans l'u11re de saint Augustin, in Recherches
Augustiniennes, II, Paris, r962, pp. 273-309.
n8. Infra, pp. 171-175 et surtout p. 173. r~e sens de cet loge est alors clair.
r r9. Infra, p. r69.
120. Infra, p. r75-176.
I2I. Infra, p. l76-r77.
r22. Infra, p. l77-r78 et surtout p. 178-r79.

L'LOGE DE THODOSE

169

* **
Pour qui s'intresse la Cit de Dieii et la mthode de travail d'Augustin,
le problme auquel la rponse de notre tude peut tre la plus nette
concerne la ralit de l'utilisation des textes de Rufin et de Paulin de
.1Iilan dans cet loge de Thodose. Laissons de ct, ici, le biographe d'Ambroise : son nom a dj t cit et il ne nous offre qu'un champ de rflexion
trop restreint, puisque son tmoignage 11' est utilis qu'en un seul passage 123 .

123. Cf. supra, p. 164-167 : L'affaire de Thessalonique et n. 1 u-2. -Nous n'avons


gure parl, parce que le texte n'en a pas t conserv, d'un autre Pangyrique de Thodose, celui de l'aulin de Nole. Son existence est bien connue. Une srie de documents
nous prcise sa date, son style, et mme, son contenu. D'aprs la lettre 58, r et 8 de
Jrme Paulin de Nole (d. J. LABOUR'!', III, p. 74, 1. 6 et p. 82, 1. 13 sq. Cf. ibid.,
p. 221), M.P. COURCELI,E, dans son bel article sur Saint Jrme et Paulin de 1Yole
(in Rl~L 25, 1947, p. 261 sq.) place avec beaucoup de naisemblance la composition
de ce pangyrique " au lendemain de la mort de Thodose (p. 261), vers la fin
de janvier ou le dbut de fvrier 395 (p. 262 en haut). Plus importante que les
indications sur le style et l'intrt d'actualit que nous donne cette lettre de Jrme
(ajouter, pour le style, Cassiodore, Jnst. Div. Litter. 21; PL 70, c. 1136 B), se trouve
tre la lettre 28, 6 de Paulin lui-mme Sulpice Svre, en 402-4 (cf. P. FABRE,
Essai sur la chronologie de l'mre de saint Paulin de .Vole, Paris, 1948. p. 40 sq.),
o l'on trouve l'avance une partie de la thse d'Augustin : ... ut in Theoclosio
non tam imperatorem quain Cl1risti senum, non dominandi superbia sed humilitate
famnlandi potentem, non rer;1io, sed jidc pri:ncipem prnedicarem . (Ep. 28, 6; CSEL
29, dit. H.'l'P:L, p. 247, 1. 7-9 - Gennade dpend naisemblablement de cette
lettre de Paulin dans son dr Script. Eccles. 48; PL 58, c. ro86-7 : (Paulinus composuit)
ad Theodosium imperatorem, ante episcopatnm, prosa panegyricum super victoria
tyrannorum : eo maxime qitod /ide et oratione plus quam m'mis vicerit. On a remarqu
la ressemblance avec l'expression <le saint Augustin cite p. 154 et note 76 fin).
D'aprs cette lettre, Paulin emoie ce moment ce pangyrique Svre et il
l'informe qu'il transmet Rufin les questions que Svre lui a poses pour l'ach\ement de sa Chronique. On peut se demander si Rufin n'a pas lui-mme, un moment
on un antre, pu consulter lui aussi ce pangyrique, mais il est difficile de rpondre
avec certitude et encore plus de dceler ce que Rufin denait ce texte.
Et Augustin ? Connaissait-il mme l'existence de ce pangyrique ? Ce n'est pas
impossible si l'on songe un texte du Contra Faustum : Christiani quoque imperatores plenam gerentes ficluciam pietatis in Christo de inimicis sacrilegis, qui spem
suam in sacramentis idolorum daemonumque posuerant, gloriosissimam victoriam
perceperunt, cum apertissimis notissimisque documentis, de quibus nonnulli jam
scriptum memoriae commendarmzt, illos fallerent vaticinia daemoniorum, hos firmarent praedicta sanctorum (Contra Faustum, XXII, 76, fin; CSEL 25, dit. ZYCHA,
p. 676, 1. 14-20). C'est la victoire sur Bugne qui est ici vise (puisque :Maxime tait
chrtien et s'est pos en dfenseur de l'orthodoxie), avec l'effenescence paenne
qui accompagna son usurpation. :Mais Augustin songe-t-il I>aulin ? Les premires
lettres de la correspondance Paulin-Augustin, ne contiennent aucune allusion de
ce genre (cf.!P. COUR.CELLE, Les lacunes de la correspondance ... , repris dans Les Confessions dans la tradition littraire .. ., p. 563). :\[ais ne peut-on imaginer qu'Augustin
tient ce renseignement, connue il en tient cl' antres, de la bouche des messagers de
Paulin, Romanus et Agilis, qui lui ont longuement parl de leur matre et en particulier de la prparation d'un ouvrage contre les paens (P. COURCELLE, ibid., p. 564
et n. 6 ; p. 565 et n. 2) ? N'ont-ils pas parl a fortiori des ounages dj composs ?
Quoi qu'il en soit, rien ne nous dit qu'Augustin ait jamais vu cet ou nage et il parat
tmraire, alors que la liaison Augustin-Rufin est nette, de lui prfrer ce qui ne
peut, au moins pour le moment, n'tre qu'une hypothse.

IO

Y.-M. DUVAL

La faon dont saint Augustin se comporte par rapport au texte de Rufin


peut tre juge de diffrentes manires, selon le point de vue o on se
place, mais il est ncessaire au pralable de 1' examiner sous son aspect
proprement littraire et, pourrait-on presque dire, technique. La premire
constatation qui s'impose est celle d'une tendance l'abrviation 124 :
Rufin raconte, Augustin s'appuie sur des faits qui lui servent de preuves
et lui permettent d'amorcer une dmonstration. Cependant, non seulement, il respecte le plus souvent les informations et certains jugements
de Rufin 125 , mais il imite plusieurs mouvements de ses phrases 126 ou
mme, pour tel pisode, l'ordre de sa prsentation 12 7.
Cet ensemble de ressemblances montre assez qu'Augustin n'a pas eu conscience de commettre un plagiat ni n'a cherch le masquer. Sans doute
avait-on jusqu'ici de bonnes raisons de penser qu'il pouvait porter sur
toute cette priode un jugement personnel et autoris : n'tait-il pas
contemporain de l'ensemble de cette poque ? n'avait-il pas sjourn
::.\Iilan au moment mme o se situent quelques-uns des vnements
qu'il relate ? Le fait, d'ailleurs, qu'il et cit pour la bataille de la Rivire
Froide le tmoignage crit d'un pote paen, ct du tmoignage oculaire
de soldats qu'il avait rencontrs, ne pouvait que conduire penser que
son jugement tait aussi directement fond pour les autres pisodes.
Cependant, mme si bien des lecteurs de la Cit de Dieit se sont ainsi laiss
tromper, on peut conserver sa valeur cette impression favorable : en
recourant Rufin, Augustin se rfre un docte qu'il croit peut-tre
bien inform, en tout cas un historien, - ce qu'il n'est pas lui-mme-.
On objectera qu'il aurait pu citer ses autorits et nous permettre de mieux
peser la valeur de ses sources. La chose, en fait, n'tait pas usuelle ni
considre comme indispensable l'poque. Elle pouvait mme choquer
un saint Jrme, avec lequel 1' vque d'Hippone resserre ses relations
en cette anne o la controverse plagienne se dveloppe. lVIais surtout,
il semble que citer nommment Rufin n'et pu qu'amener Augustin
devoir se sparer aussi ouvertement de son expos.
On criera peut-tre ici au paradoxe, et l'on pourra rappeler avec raison
qu'Augustin a tendance insister encore plus que Rufin sur la conduite
exemplaire de Thodose et sur la protection qu'il reut de Dieu, en particulier la Rivire Froide. Sans doute. J\fais c'est aussi le moment de
rappeler ce qui distingue, radicalement,peut-on dire, les thses de nos deux
crivains.

1 24. Par exemple, sur le choix de Thodose par Gratien (p. r 46-7), la mort <1e
Valentinien (p. r49), les consultations du moine Jean (p. r5r-3), etc.
125. Par exemple, sur la mort de Valentinien (p. r49), sur l'usurpation d'Eugne
(p. r50).
r26. Par exemple, pour l'attitude de Thodose ds it Yis des hrtiques et des
orthodoxes (p. 162).
r 27. La succession des deux d,eloppements sur la politique religieuse de Thodose
(p. r 6r-r64).

L'J;LOGE DE TH!~ODOSJ~

171

Rufin est le continuateur et le successeur d'Eusbe de Csare ; il a


hrit de sa conception d'un pouvoir imprial favoris par Dieu ds lors
qu'il dfend ou protge le Christianisme 128 . C'est ce qui lui permet de
louer Constantin dans son premier livre 129 , de commencer son second livre
par un cri de triomphe l'avnement de Jovien 1 30 qui, succdant l' apostat Julien, proclame aussitt sa foi et reoit tout aussitt un signe de la
protection divine 131 . L'arme romaine, l'Empire sont sauvs 132 ! Ce
second livre contient bien encore quelques ombres : en particulier, en
Orient, clans la personne de l'hrtique Valens, dont l'arianisme entrane

128. Grce au l'. Cl. :C.Io;rntsmn', j'ai pu consulter la fin de ce tra\ail la thse
de doctorat en thologie de (;ratien R.\SPUDIC, Les lhnents apologtiques dans
l'Histoir ecclsiastique d'Eusbe, Lyon, s.d. (1938), mentionne par M. VILLAC\"
(art. cit., p. 165, n. 2). L'auteur consacre une quarantaine de pages (pp. 171-215)
aux relations entre l'Empire et le christianisme d'aprs l' HE. J'en cite la dernire
phrase qui ouyre une perspecthe inhabituelle, et, mon sens, assez juste : (< Ce n'est
pas, nous le rptons, Constantin qui smn-e proprement le christianisme, mais c'est
le christianisme qui sauye Constantin de ses ennemis, et, par l'intermdiaire de
Constantin, l'Hmpire Romain. C'est bien l, nous Youlons le croire, l'aboutissement
de l'HE (p. 2 r5). De mme (p. ro): (<Dans l'HE l'yque de Csare prtend mettre
la Rome impriale deYant ce dilenme : ou le christianisme ou la ruine. Je n'ai pas
cru de\oir corriger mon propre texte, car la tendance de Rufin ne me semble pas
aussi nettement tranche, mais nous sommes bien cependant dans la mme atmosphre, comme le montre le jugement sur le dsastre cl' Andrinople. (Un chapitre (6)
de cette thse a t imprim J ,y on, en H)39, par les soins des dit. Bosc Frres
:\I. et l~. RIOU, 64 p. - Notre premire citation figure la p. 60).
Sur la pense politique d'Hnsbe, voir J. Smrxf,LI, Les vues historiques d' Eusbe
de Csare durant la priode prlnicenne, Paris, 1961, pp. 388 sq. ; F.-E.CRAXZ, De
Civitate Dri XI", 2 and A 11g11sti'.nes Jdea of Christian Society, in Spcculum, 1950,
pp. 2 r5-225 (en trad. fran. dans Rev. lit. A ur;., 3, 1957, pp. 15-27, surtout pp. 24-27)
dont la deuxime partie oppose Augustin Eusbe. Du mme, Jnr;dom and l'olil.1
in Eusebius of Caesarea, in HTHR, 45, 1952, pp. 47-66.
129. RrFIX, His!. Eccl., I, 1 et 4 - Cf. M. VII.LAIX, art. cil., p. 189-190.
130. Ibid., II, r (c. 507) : Post Juliani necem tandem cfrile nabis Joyiani reparatur imperium. Is namque sub uno eodem tempore imperator et confessor et male
illati extitit depulsor erroris
r3r. Ibid., (c. 507 C) : Rufin se fait l'cho d'une tradition (dicitur, perhbentur)
selon laquelle J oyien aurait tout <1' a bord refus la dignit impriale qui lui tait
offerte an milieu de l'anne paenne de Julien, en proclamant qu'il tait chrtien,
et qu'il n'aurait accept que cleyant les protestations des ses collgues qui s'crirent:
Xous aussi, nous sommes chrtiens ' Ht l'historien poursuit .: Denique statim
aclfuit ei divina clementia contraque omnem spem, cum clausi unclique hostilms
tenerentnr nec evaden<li facultas ulla suppeteret subito emissos a barbaris oratores
aclesse dclent pacemque deposcere, exercitui quoque inedia consumpto cibos
ceteraque necessaria in mercimoniis polliceri omnique hnmanitatc nostrorum temeritatem emenclare . On comparera ce miracle la protestation de foi de Thodose
it la Rhire Froide, suiyie, elle aussi, aussitt, rl'un effet clatant (cf. p. 156).
132. I,a fin de ce mme chapitre (Ibid., II, I,; c. 508 C) dveloppe uneimagerle
srnit aprs la tempte : Fhi, in Yiginti et novem annos pace composita, ad Roma111u11 regressus est (J ovianus) solum clar-iorquc lux nostro se orbi ex orientis partibus
oborta diffudit, rem publicam quasi post nimias procellas 011111i mocleratione aggreditnr reparnre ... On ne souponnerait gure lire ces seules lignes, que la paix
signe avec les Perses fut une lourde capitulation. Ce chapitre dpend de Grgoire de
~aziance, Or. v, 15 (P. G. 35, col. 681-683 Jl). Saint Augustin sera beaucoup plus
explicite (cf. n. l +7).

172

Y.-M. DU V AL

la mort, mais aussi la dfaite de l'Empire devant les Barbares Andrinople133 ; en Occident, dans l'action de Valentinien II et de Justinel3 4
Il n'en reste pas moins que la figure et le rle de Thodose dominent ce
second livre et lui donnent son aspect triomphal : c'est le catholique
Thodose qui succde en Orient l'arien Valens et qui, cc ds le dbut de
son rgne )) 135 , y favorise le catholicisme. Lorsqu'il intervient en Occident,
il y rtablit et la foi catholique et le pouvoir de Valentinien II 136 . La guerre
contre le second usurpateur devient une vritable croisade contre le
paganisme. Thodose consulte nouveau en gypte, le moine Jean,
l'interprte mme de Dieu, avant de partir pour l'Occident o l'attendent,
non pas des rivaux, ni mme des ennemis, mais les Paens 137 . Deux
religions s'affrontent et, finalement, si les dmons s'enfuient parce qu'ils
connaissent leur dfaite prochaine, leurs servants -les soldats d'Eugne s'inclinent devant les manifestations surnaturelles de la protection
divine 138 . Tant dans la prparation 139 que dans le droulement de la
bataille, l'empereur chrtien apparat comme l'humble serviteur de Dieu,
qui attend tout de Lui et s'identifie avec Sa cause: Ne forte dicant Gentes,
ubi est Deus eorwm 140 ! On ne sera donc pas surpris que le dernier chapitre
de Rufin soit presque exclusivement politique. C'est qu'Empire et Catholicisme s'identifient ds lors. L'historien nous rapporte les mesures que
Thodose prit la veille de sa mort pour confrer le pouvoir ses fils. De
telles mesures ne devraient gure concerner directement l'histoire ecclsiastique ... ! Et il termine son uvre par cette phrase, qui, semble-t-il,
dvoile bien la thse qu'il veut dfendre : une fois prises les mesures de
passation de pouvoirs ses fils, <c ipse (Theodosius), Romano imperio
feliciter gubernato, ad meliora migravit, cum piissimis principibus percepturus praemia meritorum 141 ii. O est la jelicitas et quelle est-elle! Sans
doute Rufin, comme Ambroise et comme Augustin, place-t-il Thodose
au ciel, mais le bonheur dont il parle est d'abord et avant tout l'heureux
rgne terrestre que cet empereur a connu cause de sa foi, partant
cause de la protection divine qui continue s'exercer sous ses successeurs. Le blocage du politique et du religieux est un fait naturel, qui ne
pose mme aucun problme Rufin. Il est en effet symptomatique
que ces lignes terminent un ouvrage crit au moment o les frontires de
l'Empire craquent 142 , et o se prpare cette invasion qui dferlera bien133. Ibid., II, 13 (c. 523 Cet 524 A). Cf. supra, n. rn6.
134 Ibid., II, i5-16 (c. 523 C-525 A).
135. Ibid., II, 19. Cf. supra, p. 162.
136. Ibid., II, 17 (c. 525 A-B). Cf. supra, p. 148. Il faut remarquer l'ordre dans
lequel Rufin prsente ces deux oprations.
r 37. Ibid., II, 32-33 (c. 538 C-540 C). Cf. suprn, pp. 150.
138. Ibid., II, 33 ; c. 539 B-C (cf. supra, p. 159) et c. 540 B : Aprs la tempte
soudaine : fracto ad\ersariornm anima seu potius divinitus repulso., .. .
139 Ibid., II, 33, dbut (c. 539 AB). Cf. texte cit, p. 154 en haut.
140. Ibid., II, 33 m. (c. 540 A) C'f. n. 78.
r.p. Ibid., II, 34, (c. 540 C-D).
q2. Cf. le dbut de la pr(face gnrale de Rn fin (PL 2 r, c. 461) : tempore quo
dirnptis Italiae claustris, .\Jarico r1nce, Gothorum se pestifer morbus infurUt ...

L'LOGE DE THODOSE

73

tt au del mme de Rome. Comme Rufin le laisse entendre 143 , et comme


on l'a bien soulign aprs lui 144 , ce n'est pas sans raisons prcises que
Chromace d' Aquile a demand son ami de traduire l' Histoire Ecclsiastique d'Eusbe en une priode aussi trouble. Il fallait non seulement
distraire et consoler, mais surtout raffermir et nourrir les esprits des fidles
en leur donnant confiance en un Dieu qui protgeait son peuple, partant
l'Empire chrtien. L' uvre historique de Rufin apparat ici comme une
uvre de propagande politique tout autant que religieuse.
Mais ds lors, on distingue mieux aussi ce qui spare l'entreprise propose par Chromace et celle que ralisera Augustin une dizaine d'annes
plus tard, en des circonstances peu prs analogues, vues de loin ... ! Aprs
410, en effet, la situation est plus pressante qu'en 402-403 et certaines
illusions ne sont plus dfendables. Il ne s'agit plus seulement de rconforter des chrtiens qui, des annes durant, se demanderont si la fin du
monde n'est pas l. Il faut rpondre aux paens qui ne se contentent
plus d'accuser, tort ou raison, la collusion entre tel ministre de 1' empereur et les barbares, mais qui rendent responsable de la catastrophe
le christianisme lui-mme. Pour les paens il n'y a pas d'Empire chrtien.
Il n'y a que des empereurs chrtiens qui, par leur attitude religieuse,
ont provoqu ou n'ont pu empcher la ruine de l'Empire romain. Volusien
Carthage, et les gens de son entourage, exprimaient cette critique ds
4n 145 . Augustin rpond alors en oprant une distinction laquelle se
refuseraient sans doute les paens et en montrant que ce n'est pas leur
qualit de chrtiens qui est incriminer chez ces empereurs, mais tout
au plus leur valeur politique ou militaire. Ne pourrait-on pas, en effet,
adresser les mmes reproches d'avoir caus la perte de l'Empire des
empereurs paens 146 ? Dans un cas comme dans l'autre, ce sont les hommes
qui doivent tre rendus responsables, et non leur religion. Dans les premiers livres de la Cit de Dieu, qui reprennent pourtant cette question,
143 Chromace est compar un mdecin qui doit soigner l'pidmie de dcouragement qui s'est abattue sur la population entire. Cf. n. 142 : pestifer morbns.
144. M. VILLAJX, art. cit., p. 165 en bas : L'intention de Chromatius tait celle
mme qui donnerait naissance, vingt-cinq ans (sic) plus tard, :\ la CitJ de Dieu .
Nous voudrions montrer qu'en fait, la similitude des circonstances ne doit pas
cacher que les ractions sont bien diffrentes ... - Cf. P. Col'RCEI,LE, Histoire littraire des grandes invasions, Paris, 1964, p. 38, n. 6.
145 Ep. 136, 2 de 1V1arcellin Augustin (CSEL 44, dit. Gor,DB.\CHER, p. 95,
1. 17-19) : ... ut per Christianos principes Christianam religionem sen-antes ... rei
publicae mala evenisse manifestum sit. Cf. Ep. 137, 5, 20 <1'Augustin Vo1usien
(ibid., p. 124, 1. 8 sq.).
146. Ep. 138, 3, r6 (ibid., p. 142, 1. 5-ro) : Haec generalis conquestio calumniosa
est. Nam si apertius certe de praeteritis imperatoribus aliqua commemorarent,
possem similia ,el fartasse etiam gra.Yiora de imperatoribus non christianis et ego
commemorare, ut intellegerent vel hominum haec esse vitia non doctrinae, yel
non imperatorum sed aliorum, sine quibus imperatores agere nihil possunt . Cet
ensemble de lettres est important bien des points de vue et, entre autres, parce
que, pour rpondre aux objections politiques, saint Augustin s'y sert dj de bon
nombre des textes de Salluste et Cicron qui sous-tendront l'argumentation des
premiers lines de la Cit de Dieu. La chose mriterait d'tre montre dans le dtail.

174

Y.-!11. DUVAL

Augustin ne dfend pour ainsi dire pas la personne des empereurs14 7 ,


tandis qu'il montre, 1' aide des historiens romains, que la religion chrtienne ne peut tre rpute responsable des malheurs survenus l'Empire
romain durant les sicles qui ont prcd le Christianisme 148 . La flicit
que le chrtien peut attendre n'est pas de cette terre ... Certes, remarque
Augustin, << il est avantageux que les bons tendent loin et longtemps
leur empire, mais ce bienfait ne les concerne pas tant eux-mmes que
ceux qu'ils commandent. Car, pour ce qui les concerne personnellement,
leur pit et leur justice, ces grands dons de Dieu, suffisent leur procurer
le vrai bonheur : celui de bien vivre id-bas et cl' obtenir ensuite la vie
ternelle. Sur cette terre donc, le rgne des bons est un bienfait non point
tant pour eux-mmes que pour l'humanit ))149 . Au reste, les sujets n'ont
pas se proccuper tellement du rgime politique sous lequel ils vivent,
pourvu qu'ils ne soient pas contraints des actes impies et iniques 150 .
Un peu plus loin Augustin dira mme que victoires ou dfaites
et donc
l'asservissement ou la domination politiques qui s'en suivent
n'ont pas
grande importance pour les bonnes murs des individus 151 . On voit
donc que, dans un tel contexte et selon une telle perspective 152 , mme si
Augustin reconnat une certaine valeur la domination romaine, s'il se
refuse admettre que le temps qui lui a t assign par Dieu soit dj

147. Selon la rtorsion annonce au contraire dans la lettre r38, 3, 16 (texte cit
la note prcdente), Augustin montre que c'est sous Hadrien (Civ. Dei, IV, 29 ;
p. 620 en bas) et cause de Julien (ibid., p. 622) qne les frontires de l'Empire ont
recul. Il prend soin de disculper Jovien qui fut oblig de pallier la tmrit de
Julien : L'oracle du dieu Terme cessit Juliani temeritati et J oviani necessitati :
(ibid., p. 622). Rufin parlait aussi de tenzeritas (cf. n. 131).
148. Civ. Dei, I, 36 dbut (p. 300) : Mihi quaedam dicencla sunt aclversus eos
qui Romanae rei publicae clades in religionem nostram referunt, qua diis suis
sacrificare prohibentur ... ; IV, 2 dbut (p. 532) : " Promiseramus ergo quacdam
nos esse dicturos adyersus eos qui Rornanae rei publicae clades in religionem nostrarn
referunt et cornmemoraturos (... ) quae illa civitas pertulit Yel ad ejus imperium provinciae pertinentes, antequam eonnn sacrificia prohibita fuissent ... .
q9. Civ. Dei, IV, 3, (p. 538 ad f.) : Quapropter si Deus Yerns colatur eique
sacris veracibus et bonis moribus serviatur, utile est ut boni longe lateque dizt regnent ;
ncquc hoc tam ipsis quam illis utile rst, qui bus regnant. Nam, quantum ad ipsos pertinent, pietas et probitas eormn, quae magna doua Dei sunt, sufficit eis ad veram
felicitatem, qua et ista vita bene agatur et postea percipiatur aeterna . Cf. de mme
Ep. 138, 2, 15, (ibid., p. 141, 1. I6-p. 142, 1. 2).
150. Civ. Dei, V, 17, l (p. 714) : Quantum pertinet ad hanc vitam mortalem,
quae paucis diebus ducitur et finitnr, quid interest sub cujus imperio Yivat homo
moriturns, si illi qui imperant ad impia et iniqua non cogant ? De pareilles affirmations n'ont pas tre dtaches de leur contexte, bien entendu 1
r5r. Civ. Dei, V, r7, 2 (p. 716):" Quid intersit ad incolumitatem bonosque mores,
ipsas certe hominum dignitates, quocl alii vicerint, alii victi sunt, omnino non video,
praeter ilium gloriae lmmanae inanissimum fastum ....) Augustin exerce sa rflexion
sur une histoire de la Mditerrane de\enue peu peu romaine. En dirait-il autant
de la conqute par les Barbares ?
r52. Qui est donc celle de leur salut religieux.

L'JiLOGE DE THODOSJ:,'

175

rvolu 1 53, la fonction impriale, qui peut tre exerce par un chrtien
pour le bien gnral, n'a pas valeur absolue : celui qui l'exerce doit tout
d'abord songer son propre bonheur vritable. Celui-ci ne peut se trouver
que clans la soumission Dieu et la reconnaissance que tous les dons
viennent de lui 154 . Si l'on y prte attention, le tableau des qualits de
1' empereur chrtien idal est constitu surtout de qualits morales individuelles ; celles-l mme dont la fonction impriale, avec toutes ses
sductions et ses dangers, pourrait amener oblitrer le sens ou mme
ngliger l' existence 155 . I/ loge de Thodose semble bien illustrer la
mme thse. Le bonheur de Thodose est celui qu'il gote au ciel et non
pas seulement le gouvernement heureux qu'il a procur son peuple.
Ce bonheur qu'Augustin lui attribue, comme Rufin, et sans doute clans le
sillage de son Histoire 156 , au terme de son loge, lui provient en fait de
cette foi et de cette pit qui sont signales dans le titre du Brevicius 157 .
Ds lors, cette page n'est d'abord, ni un pangyrique, ni un crit apologtique, mais, avant tout, un document thologique.

***
Pour la connaissance, clone, de l'histoire, il semble qu'on ne puisse faire
simplement crdit Augustin sans, pour chaque fait, examiner soigneusement son tmoignage. Paradoxalement cependant, celui-ci semble
devoir tre reu lorsqu'Augustin est le seul nous mentionner un fait
ou lorsqu'il se rfre explicitement une source d'information orale.
La chose se prsente par deux fois ici : Augustin en appelle au tmoignage

153 Voir en particulier de Civ. Dei, IV, 7 fin (p. 550) : Quamquam Romanum
imperium afflictum est potius quam mutatum, quocl et aliis ante Christi nomen
temporibus ei contigit et ab illa est afflictione recreatum, quod nec istis temporibus
desperandum est. Quis enim de hac re novit voluntatcm Dei ?
154. Civ. Dei, V, l<J (p. 734) : Illi qui vera pietate praediti bene vivnnt, si habent
scientiam regendi populos, nihil est felicius rebus humanis, quam si, Deo miserante,
habeant potestatem. Tales autem virtutes suas, quantascumque in hac vita possunt
habere, non tribuunt nisi gratiae Dei, quod eas, yolentibus, eredentibus, petentilrns,
dederit...
155 Civ. Dei, V, 24 (p. 750). Cf. n. 33. Augustin le signale d'ailleurs ds le dbut.
On remarquera la fois la parent et la diffrence de cet idal aYec celui que les
pangyristes et les philosophes proposent l'empereur du IVe sicle. Voir A. PrGAXIOL, op. cit., pp. 309-3ro. On trouyerait certaines esquisses ds le Pangyrique de
Trajan de Pline le Jenne. Mais il faut souligner ici le rle donn aux vertus de religion
et la puret d'intention, rappele au terme de ce tableau (cf. n. 30). Les mmes
notions peuvent rece\oir des contenus trs diffrents.
r56. Ne serait-ce pas encore, en effet, sous l'influence de Rufin qu'Augustin aurait
achev son portrait de Thodose ? Cf. supra, n. II, dbut du texte cit. Mais cet
exemple montrerait la perfection combien le mme contenu matriel peut recevoir
un sens diffrent. Il ne s'agit plus de la mme flicit. C'est un peu le traitement
qu'Augustin a fait subir l'ensemble du texte de Rufin.
157. BA 11 33, p. 642, ou CC 47, p. XIII: De fidc et pietate Theodosii Angusti.
Sur ce sommaire joint la lettre Fimrns, voir H.-I. )L\RROU, La division en chapitres
des livres de la Cil/ de Dieu, in ,WJlanges de G/idlinc/1, I, pp. 237-238.

Y.-M. DUVAL

de soldats qui ont pris part la bataille de la Rivire Froide et mentionne

1' rection et la dmolition de statues de Jupiter dans les Alpes. Or, ces
faits seront confirms par d'autres tmoignages, ceux de Claudien et de
Rufin pour le moins 158 . On peut aussi lui faire confiance pour le sort
rserv aux fils des vaincus du 6 septembre 394. L'histoire gnrale nous
permet une nouvelle fois de vrifier son assertion pour une bonne part159.
Il n'en est plus de mme lorsqu'Augustin s'accorde avec Rufin ou
ou Paulin. Il n'a pas cherch, en effet, faire uvre d'historien mais
semble s'tre content de rpter ses devanciers. Son tmoignage ne saurait
ds lors faire nombre avec le leur. Il y a mme plus : la manire dont,
pour l'affaire de Thessalonique, il suit tantt Paulin, tantt Rufin, ne
semble pas devoir tre interprte d'un point de vue strictement historique160. Si Augustin choisit, en effet, entre deux versions des faits, ce
n'est pas essentiellement parce que celle de Paulin lui semble plus vraisemblable que l'autre - pourquoi, en ce cas, ne la suivrait-il pas jusqu'au
bout ? -. :Mais son choix est dirig par la thse qu'il veut dfendre :
celle de 1' empereur dont la vritable (( flicit ii est toute spirituelle et
intrieure. Les donnes de Paulin comme celles de Rufin sont refondues
et interprtes d'un point de vue que l'on peut appeler hagiographique
ou mme, comme nous 1' avons dit, thologique.
Cette tendance l'hagiographie a dj t signale chez Rufin comme
chez Paulin 161 et nous avons eu l'occasion d'en relever plus haut l'un ou
l'autre trait. Nos deux historiens semblent cependant sortir grandis de
l'examen auquel nous avons soumis certains de leurs textes. Si l'on peut
reprocher Rufin162 , par exemple, d'avoir bloqu en une seule les deux
journes de la Rivire Froide, il faut cependant reconnatre que les diverses phases de ces deux journes, telles que nous les connaissons par
d'autres sources, sont discernables dans son rcit 163 . Les contemporains,
I 58. Un paen et un chrtien. L'un et l'autre pour le vent subit (cf. p. r 56-157 et
n. 90), Rufin pour les statues, selon nous (cf. p. 159 et n. 94).
r59. Cf. n. 97.
160. Cf. p. r65-r68 et n. rq sq.
r6r. J.-R. PAT,ANQUE, op. taud., p. 415, qui ragit cependant juste titre contre
le discrdit dans lequel avait t tenu cet ounage de Paulin. Mais quel dommage
que ce dernier ne nous ait pas parl davantage des uvres d'Ambroise, quand ce
ne serait que de celles qu'il avait lui-mme copies sous la dicte d'Ambroise !
162. Sur Rufin historien, voir les rserves de M. VILL.UX, art. cit., p. r86, mais
aussi ses louanges : p. 207 sq. L'auteur ne s'est malheureusement gure intress
la description des affaires d'Occident.
163. RUFIX, Hist. Eccl., II, 33 (c. 539 B-540 A) : L'arrive des troupes de Thodose
au col, la disposition des troupes d'Eugne: un corps en embuscade au col (coltocatis
insidiis), le reste de l'arme au bas de la descente (ipsi exspectant) ; les phases de la
bataille : la reddition du corps en embuscade, le massacre de Goths, la prire de
Thodose, l'attaque dcisive de ses troupes et en particulier de Bacurius, suhie du
lever d'un yent violent.
En dehors de l'erreur de chronologie, et sans doute lie elle, la maladresse de
Rufin consiste penser - ou montrer - que l'ensemble des troupes de Thodose
a eu le temps de se dployer dans la plaine, une fois parvenu au bas de la descente ...
Comme si Arbogast, qui avait prvu d'enfermer Thodose, avait t dispos leur en
laisser le temps. Orose dit bien que les caya!iers Goths avaient t envoys en avant

L'LOGE DE THODOSE

177

plus avertis que nous, les remarquaient sans doute, de mme qu'ils
comprenaient demi mot que l'allusion la fuite des dmons, lors de
1' arrive de Thodose auprs des dfils des Alpes, visait les statues
de Jupiter qu'on y avait consacres164 et leur vaine protection. L'examen
de 1' pisode de Thessalonique, o les dtails les plus prcis voisinent
avec les raccourcis et les tlescopages de faits, nons a amen aux mmes
constatations165 . Dans les deux cas Rufin tait bien inform et, compte
tenu de l'objet de son uvre, qui est d'abord d'dification, il a conserv
la teneur des faits.
La mme probit peut tre releve chez Paulin 166, mme si l'on peut
prendre en dfaut, notre avis, la faon dont il utilise les documents qu'il
possdait. A la diffrence de M. J.-R. Palanque, en effet, nous pensons
que Paulin connat la lettre 5r d'Ambroise Thodose 167 . C'est elle plus, mme, que le De obitit Theodosii - qui est chez Paulin la source
d'une erreur dans l'expos des vnements qui ont prcd le massacre
de Thessalonique, ainsi que d'une dramatisation littraire des rapports
de Thodose et d'Ambroise. Du point de vue historique, on peut nouveau reprocher Paulin ces erreurs ou cette prsentation. Mais il n'en faut
pas moins louer la faon dont le biographe, pour des faits dont il n'avait
pas t le tmoin 168 , a recouru, ici comme pour d'autres vnements,
aux documents crits qu'il pouvait juger les plus srs et les mieux appropris l'objet de sa biographie, savoir les lettres mme d'Ambroise169.
(VII, 35, 10 ; p. 53 l, 1. 9 sq). Ils se firent tailler en pices au fur et mesure qu'ils
sortaient de la passe, sans avoir le temps, sans doute, de se dployer et c'est ce qui
dut freiner la descente du reste de l'anne (cf. Ambroise, de Obitu Theod., 7-Texte
cit, supra, n. 78).
164. Cf. supra, p. 158-159 et 11. 92 sq.
165. Cf. supra, p. 165-168. L'pisode est racont, d'ailleurs, sa place chronologique:
lors du retour de Thodose vers l'Orient, aprs sa victoire contre Maxime et son
triomphe Rome (cf. II, 17 fin). llfais, entre la fin aot 389, o Thodose quitte
Rome ( 17 fin : Atque Ipse, posteaquam Romam illustri triumpho invectus est, ad
propria rursus regna remeavit), et 391 ( r9 dbut : Igitur ad Orientem regressus ... ),
Rufin ne trouve que cet pisode de Thessalonique raconter ( 18). L'affaire de
Callinicon (Paulin, Vita A mbrosii, 22-23 - Sur la date, cf. J .-R. PALANQUE, op.
cit., pp. 523-4) est omise. D'autres chapitres fourniraient des exemples analogues
de blocages de faits l'intrieur d'un mme pisode (voir, par ex., Rufin, Hist.
Eccl., II, IO, ou, comme l'a dj not J .-R. PALAXQUE, op. cit., pp. 408-9, les chapitres
relatifs aux affaires milanaises de 386).
166 Dj souligne par J.-R. PALANQUE, op. cil., pp. 421-3. - Cf. supra, n. 16r.
167. Cf. n. I q et n6.
r68. Paulin ne semble appartenir l'entourage d'Ambroise qu' partir de 395.
I4e premier tmoignage personnel se trouve au 32, aprs la mention de la mort
de Thodose. tait-il de Florence et aurait-il suivi Ambroise en 394, comme le
voudrait J .-R. PALANQUE (op. cil., pp. 409-410), ou aurait-il dj t, l\Iilan, le
tmoin, plus lointain ou plus jeune, d'un certain nombre d'vnements ? L'ensemble
de ses renseignements sur l'activit d'Ambroise Florence peut ayoir t recueilli
en 405, lors du repli devant Radagaise.
169. L'tude la plus prcise de cette utilisation des lettres d'Ambroise se trouve
maintenant chez l\I. PI,LLEGRINO, op. cil., pp. 13-15. L'auteur n'envisage pas le cas
de la lettre 51, mais nous croyons avoir montr plus haut (n. rr6) que les procds
utiliss pour l'emploi des autres lettres concordaient avec ce que nous trouvons
dans ce rcit de 1' affaire de Thessalonique.

12

r78

Y.-M. DC' VAL

Enfin, si, comme nous ne sommes pas seul le penser 170 , Augustin a
bien, dans ce cinquime livre de la Cit de Dieu, utilis le texte de Paulin,
il faut en tirer pour cette Vita A mbrosii une conclusion qui ne semble
jamais tre venue l'ide de personne. On sait que l'indice le plus sr dont
nous disposions pour dater l' uvre de Paulin est une allusion une prfecture du prtoire de Johannes, qui tait tribun en 394 171 . Or ce Johannes a
t prfet d'Italie deux reprises, en 412 et 422 172 .0n inscrivait donc,
jusqu'au dbut du sicle, la Vita Ambrosii entre ces deux dates1 73,
mais l'on a eu tendance depuis lors retenir la deuxime date 17 4. Le

I 70. Cf. sitpra, n. III et Il 2. Ajouter M. PI,LLJ.\GRI:NO, op. cil., p. 86, n. 3.


171. PAULIN, Vita Ambrosii, 31, fin (c. 38 A): ... Johannes tune tribunus et notarius, qui nunc praefectus est.
172. J.-R. PALANQUJ.\, Essai sur la prfecture du prtoire du Bas-empire, Paris,
1933, pp. 98 et 99 (et p. 99, n. 88).
173 J.-R. PALANQ1.'E, Saint Ambroise, pp. 410-r.
174 Ibid., p. 4u, o Palanque cite et suit . Boi::vv, Paulin de Nlilan, in Revue
Augustinienne, Louvain-Paris, t. 1, 1902, pp. 497-514 et surtout p. 500) qui a
donn nn argument dcisif en se servant de la prface de Paulin o Athanase et
Jrme sont appels btati, tandis que Sulpice Svre est dit servus Dei. Cela montrerait selon lui que Jrme, comme Athanase, est mort, tandis que Sulpice Svre est
encore vivant : Hortaris, venerabilis pater Augustine, ut sicut bcati viri Athanasius
episcopus et Hieronymus presbyter stylo prosecuti sunt vitas sanctorum Pauli et
Antonii in eremo positornm, sicut etiam :Martini venerabilis episcopi Turonensis
Ecclesiae Severus servus Dei lnculento sermone contexuit, sic ego beatissimi Ambrosii
episcopi :Mediolanensis Ecclesiae meo prosequar stylo ... (c. 27 A). A cela on peut
an moins rpondre deux choses :
ro Le titre de beatus peut trs bien tre attribu un vivant, et, par exemple,
Jrme lui-mme n'erit jamais qu'au beatis.1i1110 papae A ugustino (Ep, 102, 103,
105, lI2, lI5, 14r, d'aprs la numrotation des lettres de Jrme). Augustin donne
ce mme titre diYers correspondants (par ex. Ep. 31, 37, 4r, 59 etc.). Orose, en 416
et 417, applique ce mme titre Jrme, toujours vivant : Liber Apologeticus, 4,
6 (p. 608, l. l6-I7: bcatus Hieronymus ... ; II, 5 (p. 619, l. l : beatissimus pater Hierony1m1s
cf. 12, r, p. 620, l. 2 : beatissimi patres Augustinus et Hieronymus) ; Adv.
Pag., VII, 43, 4 (p. 560, 1. 2 : beatissimo Hieronymo presbytero) .. Paulin lui-mme,
enfin, donne Augustin le titre de Beatitudo (V A 56). - M. PELI,HGRIXO, op.
cit., p. 6, 11. 3 ad finem, se montre rticent devant cet argument de BorYY, mais
admet la date de 422, parce Jrme est joint Athanase (voir notre zo).
20
La phrase de la prt"face me semble dicte davantage par des considrations
gographiques que par des questions chronologiques. Athanase et Jrme ont crit
la vie de moines d'Orient : Antoine et Paul ; Sulpice S\re a erit la vie du premier
grand moine-vque occidental. Il ne faut doue pas s'tonner qu'Augustin, moine
et vque, ait demand Paulin d'crire la vie de celui qui, sans tre proprement
moine, animait la vie du monastre hors les murs de :Milan (Confessions, VIII, 6, 15,
dit, de Labriolle, p. r88, l. 5 : siib Ambrosio nutritore) et restait en tant qu'vque
et que son pre dans le baptme, si prsent sa mmoire. Il n'est pas ncessaire de
rappeler longuement l'influence sur saint Augustin de la dcouverte de la Vie
d'Antoine Milan, en 386, (Conf., VIII, 6, 14; p, 187, 1. 14 sq.) pour sa conversion,
ni des contacts avee Ambroise, avant (cf. Ep. 54, 2, CSEL 34, 2, dit. GOI,DBACHER,
p. r6r, l. II sq.) et aprs sa conversion (attests par la Vita Augustini 27, PL 32,
c. 56 B-C), sur la conduite postrieure de sa vie : Cf. P. COURCELLE, Les Confessions,
p. 6r 7, n. 3. Augustin ne fait que demander Paulin de Milan ce que Paulin de
Nole avait demand Alypius et d'o sortiront finalement les Confessions de saint
Augustin : cf. P. Cot:RCEU,E, Les Confessions, pp. 562-3, 565-4, 570 sq.

L'LOGE DE THODOSE

179

texte de saint Augustin, crit en 415, nous oblige revenir, de faon ferme,
au premier17 5. L'apport serait de maigre importance si cette datation
n'obligeait tirer les consquences qui en dcoulent, et, en particulier,
rYiser du mme coup toutes les donnes prosopographiques de la Vita.

Yves-Marie DUVAI<.

29 Dcembre 1965.

r75. Il ya de soi qu'une fois tabli ce repre de l'utilisation de l'uvre de Paulin


par Augustin dans cette page de la Cit de Dieu, il n'est pas difficile de montrer,
non seulement, qu'aucun lment de la Vita A mbrnsii ne s'oppose cette datation,
mais qu'un faisceau d'arguments de c01wenance , emprunts cette mme Vita,
dent, si l'on peut dire, confirmer la date de 412.

Prsence de saint Augustin

dans l' Enchiridion et le Symbolum d'Erasme


Pour que l'glise soit rellement ce que le Christ attend de son pousel,
il fallait, au commencement du xv1e sicle, liminer ou changer maintes
choses. Dans son domaine propre, savoir la philologie, rasme fut un
des ouvriers les plus actifs dans la mise en uvre de cette rforme qui
aboutit au Concile de Trente. A la fin du xve sicle et au dbut du xv1e
sicle, la fonction prophtique de l'glise laissait trop dsirer. rasme
ne prcha peut-tre jamais et n'enseigna pas davantage le catchisme,
mais il crivit plusieurs ouvrages touchant la catchse. On y sent l'homme
des livres, le prtre coup de l'exprience pastorale, mais on y voit aussi
l'homme clairvoyant qui dcouvre des pistes d'autres plus zls on
plus dous pour la pastorale catchtique 2 . Deux uvres catchtiques
d'rasme retiendront notre attention : l' Enchiridion militis christiani,
dat de 1504, soit du dbut de sa carrire, et le Symbolum ou Dilucida ac
pia explanatio Symboli, quod dicitur Apostolorum, Decalogi praeceptorimi
et dominicae precationis, crit Fribourg trois ans avant sa mort, en 1533 3 .
Ds son apparition 1' Enchiridion eut un succs inou. Il reut non seulement l'approbation du futur pape Adrien VI, Adrien Florenz, ancien professeur d'rasme Louvain, devenu recteur de l'Universit en 1501 4,
1. Ce sujet revient trs souvent sons la plume d'.rasme, cf. son dernier crit
Enarratio in Psalinitnz XIV Domine quis habitabit qui est de puritate Tabernacu/i
siue Ecclesia christiana (Basileae, 1536), dans Desiderii Erasmi Rotterodami opera
omnia (Lugduni Batauorum, 1704) t. 5, col. 291-312. Nous citerons rasme d'aprs
cette dition ralise par Jean I,e Clerc, et que The Gregg Press Lied. ont reproduite
en i962.
2. Sur la catchtique il crivit notamment: Ecclesiastes siue concionato1 euangelicus. De dignitate, puritate, prudentia ceterisqite uirtutibus ecclesiastae, d. cit., t. 5,
col. 767-1 l IO. Il suffit de feuilleter cet norme livre et de le comparer avec le De
doctrina christiana de saint Augustin pour dcouvrir immdiatement ce curieux
mlange de clairvoyance aigu et d'ingnuit linesque, qui caractrise plusieurs
ouvrages d'rasme.
3. L'Enchiridion se trouYe, dans l'dition cite, an t. 5, col. 1-66 ; le Symbolum,
ib., col. l 133-r 196.
4. (1 Enchiridion prlmum editum est Lonanii ante annos uiginti duos, Florebat
id temporis illic Adrianus, eius Academiae princeps ; legit eum librum et probauit
(ldlre dn 15 juin 1525 ii Soiil J3cda, Ble, d. cit., t. 3a, col. 873 D-E).

rSz

A. ETCHEGARAY

mais aussi de nombreux vques et thologiens 5 . Il fut traduit en diverses


langues 6 , et inspira la catchse au Mexique. Enfin, clans la session du
Concile de Trente, du 15 avril 1546, Jacques Cortesi di Prato, vque
cl' Avignon, jugea bon de le proposer comme modle de texte catchtique
pour toute l'glise catholique7 .
Le Symboliim ne connut pas le mme succs. La sant d'rasme tait
devenue fragile ; les critiques se multipliaient ; ses uvres perdaient en
clat et en vigueur, comme on peut s'en rendre compte avec l'Ecclesiastes.
Trs paradoxalement ce furent les missionnaires des Indes Orientales
et Occidentales, les aptres des terres nouvellement dcouvertes, qui
apprcirent le plus le Symbolimt; et on en retrouve des traces au Mexique
espagnol et clans les Indes portugaises, dans un texte cle Constantino
Ponce de Le6n qui suit de trs prs le contenu clu livre d'rasme 8
Pour 1' Encliiridion et le Symbolum comme pour d'autres traits tels que
les Enarrationes ou l'Ecclesiastes, c'est saint Augustin qu'rasme emprunte le plus. A ses yeux l'vque d'Hippone est une source tellement
riche, qu'il y a toujours possibilit d'y puiser. Notre propos est cl' examiner
ici quelles uvres d'Augustin rasme se rfre principalement dans ces
deux traits pour proposer sa rforme cle la catchse ; nous verrons ainsi
sous quel angle l'humaniste s'intresse la thologie augustinienne.

5. rasme, au pinacle de sa gloire, crivait son ami Thomas More: Enchiridion


illud exosculantur omnes. Id episcopus basilensis semper circumfert. Vidi margines
omnes ipsius manu clepictas " (lettre rdige Bruxelles en r5r8; d. cit., t. 3a, col.
380 E).
6. Dedi Enchiridion ; nosti librum iam olim per omnes orbis plagas uolitantem
latine, gallice, germanice, hispanice, tusce loquentur (lettre Jean Siisquet, Ble,
r525 ; d. cit., t. 3a, col. 910 A).
7. Cf. St. EHSES, Concilii Tridentini actorum pars altera (Friburgi-Br., l9I r) t. 5,
p. r17. On lit dans une lettre d'rasme crite Rle le 12 mars 1528 : Ac diligenter salutes amicorum meorum ... fortissimum patronum Iacobum a Prato
(d. cit. ; t. 3a, col. 1065 B).
8. Cf. M. BATAILLON, Erasmo :J' Espafia. Estudios sobre la historia espiritual del
siglo XVI (trad. esp. revisada y aumentada por el autor, Mjico, 1950) 2 \'ol. A
Cochin, le 24 avril 1552, saint Franois Xavier crit au P. Gaspar Barceo : 0 l'e.
Antonio de Eredia tinha c hum lino que n muito necessario leva-Ho a China, o
quai se chama Constantino. Francisco Lapez tem hum, e o Pe. Manoel de Morais
tem outra : hum mandareis ao Pe. Antonio de Eredia, porque tem necessidade delle
(G. SCIIURHAMMER-J. \VICKI,Epistulae S. Francisci Xave1,ii (coll. J11oniwzenta lvlissionum, Romae, 1945) t. 2, p. 443. Or ce Constantino" n'est que la Suinma de doctrina
christiana en que se contient todo lo p1'i ncipal y necesario que el hombre clzristiano de be
saba y obrar (rre d. connue SYille en 1545; premire dition probable en r540)
du fameux rasmien espagnol CONSTAN'TINO Po:-<c;<; DE I,EN. Frre Juan de Zumrraga, premier archevque du Mexique, l'aYait fait imprimer ses frais, mais sans
mentionner le nom de l'auteur. Cf. A. ETCHEGARAY C. Saint Augustin et le contenu
de la catchse pr-tridentine en A mhique Latine dans Reuue des t11des augustiniennes,
II, r965, p. 277-290. D'aprs les extraits de M. MENEXDEZ PELAYO, Historia de los
heterodoxos espafioles (Madrid, 1880) t. z, p. 427-428, tirs de l'dition de Lns l'soz
DEL Rro Reformistas antiguos espaiioles, t. 19, le contenu et l'orientation du texte
de Constantino ressemblent beaucoup ceux du Sy111bol11m d'f\rasme.

AUGUSTIN ET RASJV!E

:i\Iais ds que 1' on tente d'tablir des rapprochements entre rasme et


Augustin, on se heurte un double obstacle. C'est, d'une part, la rptition
frquente des mmes thmes dans 1' une augustinienne, et, d'autre part,
le fait qu'rasme, n'aimant pas le ((latin chrtien)) d'Augustin et prfrant
la langue de saint Jrme comme beaucoup d'humanistes, n'hsitait pas
transposer dans le latin de la Renaissance les citations augustiniennes.
Nous ne pouvions, dans les quelques pages qui suivent, prsenter les
rsultats d'une enqute dtaille qui exigerait un travail de longue haleine,
notamment sur les procds de transposition propres rasme. Nous
nous sommes born l'examen d'une vingtaine de passages de l'Enchiridion et du Symbolum que nous croyons inspirs d'une faon ou d'une
autre d'Augustin. Ce choix nous a paru suffisant pour cerner le problme
de l'influence agustinienne, de ses caractres et de ses limites, dans le
renouvellement catchtique prn par rasme.
I
A

L' (( Enchiridion militis christiani

>l

LES SOURCES

En r5or, lorsqu'rasme se mit rdiger, Saint-Omer, son premier


opuscule catchtique, il avait dj eu connaissance de la plupart des
crits formant le corpus augustinien. Ds son premier contact avec Augustin, huit ans auparavant, au couvent de Groenendael, il avait t bloui
par la richesse de sa pense. A cette date circulaient dj en texte imprim
l'Enchiridion ad Laurentimn 9 , le Sermo de disciplina christiana 10 , le Sermo
r3r 11 , les Conjessionesl 2 , le De continentia 13 , et le De doctrina christiana 14 .
Quant au De catechizandis rudibits dont 1' dition princeps d' Amerbach
ne paratra qu'en r504-r506, rasme dut le lire clans un manuscrit du
xve sicle 15 ..
9. Questionum Laurentii de /ide, spe et charitate, dans Opus questionmn diui
A ugustini dit par Joseph Tresche (Lugduni, r 497). Cf. ] . G. ScHOEXXEl\IAXX
litteraria i11 Sanctum Augustinum reproduite dans P.L. 47, col. 51-52.
rn. _.Jurelii Augustini opuscula plurima, par Martin Flnch (Argentorntii,1489),
opusc. n. 26, (J. G. SCIIOENNE~IAXX, o.c., ib., col. 49-50).
rr. Ser111ones de !empare dits par J. Amerbach (Basileae, 1495) (J. G. ScI-IOEXXE:\HXN, o.c., ib., col. 182).
rz. Confessionum libri XIII (l'viediolnni, 1482) in 8 min. (J. G. SCHOEX:\'EMANX
o.c., clans P.L., 47, col. 134).
r3. Imprim dans une collection d'opuscules cl' Augustin parue Cologne en 1473
(J. G. SCHOENXI\MAXN, o.c., ib. col. 48).
14. Liber de doctrina christiana diuisus in quatuor parll's, in 8 mai., imprim au
XVe sicle sans indication de date ni de lieu (J. G. SCHOENXE:\!AXN, o.c., ib. col. 130).
15. Dom A. WILMART en signale cinq: Pal. 602 (Vatican), Vat. 446, T'ai. 1792,
Urb. 76, Trves (Sminaire) 48 (S. l\fatthieu) de q.72, Venise S. 1Vfarco Pai1'. 42
de q.71, et Wolfenbiittel 684, (lJtrecht 64, Chartreuse) : Liste des manuscrits du (<De
catechizandis rndi bus dans Revue Bndictine, 193 l, p. 263-265). rasme s'est
peut-tre servi d'une copie du dernier, tant donn les relations entre les chanoines
rguliers de saint Augustin et les chartreux, ou bien des manuscrits du couvent de
Groenen(1ael, qui fournira des rnntriaux l'clition de Jean Amerbach,

A. ETCHEGARAY

If?4

Par ailleurs nous savons qu' la mme poque, rasme apprenait aussi
le grec. Introduit la lecture de saint Paul par John Colet lors de son premier sjour en Angleterre (1499-1500), et pouss par ses lectures d'Augustin
pntrer la pense de l' Aptre, il se fit un devoir d'en connatre la
langue. On le voit aussi se familiariser avec la philosophie stocienne
travers des crivains latins comme Cicron, Snque, voire Augustin 16
et 1' on retrouvera dans toute son uvre une profonde sympathie pour
cette philosophie populaire.
B -

STRUCTURE

rasme ne songea pas rdiger son Enchiridion sous forme d'un petit
trait )) bien charpent. Sa propre tournure d'esprit ne l'y portait pas 17 ;
de plus les manuels qu'il avait lus et relus tout au long de sa formation
religieuse (1488-1493) comme les Regulae de Guarino de Verona, le De
educatione liberorum d'Aeneas Silvio Piccolimini, la Lettre de Francesco
Filelfo Matteo Triviano sur la pdagogie des enfants, n'taient pas
en fait des cc traits ii de pdagogie 18 . Enfin, il faut reconnatre que les
uvres d'Augustin qui ont servi rasme pour rdiger son Enchiridion
ne brillaient pas non plus par la clart de leur construction 19 .
Pour le titre Enchiridion, rasme en explique lui-mme le choix son
ami de Saint-Omer : cc Enchiridion, hoc est, pugiunculum modo quemdam
excudimus, quem nunquam de manu deponas )). L'allusion la lettre
de Laurentius cite par Augustin en tte de son De /ide, spe et caritate
est vidente : cc Enchiridion, ut dicunt, habeas et de tuis manibus non
recedat ii. Mais rasme vise aussi l"Eyxstpiiov de Flavius Arrianus.
Alors qu'il s'applique l'tude du grec, notre humaniste veut montrer
qu'il est dj capable de tirer parti du double sens du mot cc enchiridion ))
en prsentant son livre comme un cc manuel )) et comme une arme pour le
combat chrtien.
Les grandes lignes de la premire partie de l'Enchiridion semblent tires
des trois livres du De imitatione Christi. Les chapitres I et II sont inspirs
par le livre premier qui traite du cc combat spirituel i>; les chapitres III-V
cc

16. Cf. G. VERBEKE, Augustin et le stoYcisme, dans Recherches Augustiniennes,


(1958) p. 67-89.
17. El espiritu de Erasmo no era ni filos6fico ni hist6rico. No era la obra de
exacto, 16gico discernimiento (J. HUIZIXGA, Erasmo (trad. esp., Barcelona, 1946)
YOl. I

p. r5r.
18. Dans la Tabula librorum praecipue legendorum de }EAX DE l\fOMBAER, un
grand ami d'rasme, on trouve cits Petrarque, Pic de la Mirandole, Campanella
et huiusmodi innumerorum (P. DrmoxcxrE, art. Dvotion moderne, dans Dict. de
Spirit., t. 3, col. 742).
19. Cf. H.-I. MARROU, Saint Augustin et la fin de la culture antiq11e (Paris, 1958,
4 d.) p. 54-76. Voir, aussi p. 74-75, o il est question de la ,, compositio chez
Snque, propos de l\L Ar,BER'I'Ixr, La composition dans les ouirnges philosophiques
de Snque (Paris, 1923).

AUGUSTIN ET RASME

185

reprennent les sujets dvelopps au livre deux: la paix, la souffrance, la


patience ; enfin les chapitres VI-VII, comme le livre trois du trait de
Thomas a Kempis, ont pour thme l'amour de Dieu aux moments de
tentation 20 .
La seconde partie, soit les chapitres VIII-XIII, se rapproche assez des

A dagioritm collectanea que 1' auteur de 1' Enchiridion militis christiani


vient de publier (1500). Les cc regulae '" les cc remedia )) ont un certain rapport
littraire et idologique avec 1' Enchiridion de Flauius Arrianus, rsum
des Liw.Tpt~ai d'pictte 21 . Elles sont, en outre, dans la ligne des opuscula
de la deiwtio moderna qui aime le genre sentencieux.

C -

E?.IPRUNTS ET RJ\IINISCEXCES 22 :

r.
Le prologue de 1' Enchiridion - nous 1' avons dj signal les prfaces de 1' Enchiridion et du De catech. rndibits d'Augustin :
Enchiridion :
Prol. 1!.,}flagitasti non mediocri studio, frater in Domino dilectissime, ut
tibi compendiarum quan1da111 uiuencli
rationem praescriberem, qua itistructus, posses ad mentem Christo digna1il
peruenire... Quo mihi carior es, hoc
impensius gratulor tuo tam salutari
proposito, quod, spero, uel citra nostram operam fortimabit prouehctque
ipse, qui dignatus est excitare. Ego
tamen nimis qua.in libens panti uel
homitii tam amico, uel tam pia postulanti ... Immo uotis communibus benignum illum Iesu Spirit= :imploremus, ut et mihi scribenti suggerat
salubria, et tibi ea reddat efficacia.
(t. s, col. r-z).

voque

De catechizandis ritdibus :
r. Petisti me, frater Deogratias, ut
aliquid ad te ... scriberem. - z. Ego
uero 11011 ea tantum qua.ni f amiliariter
tibi, sed etiam quam matri Ecclesiae
uniuersaliter debeo, caritatc et seruitnte complellor, si quid per operam
meam q11am Domini nostri largitate
possum exhibere, idem eos Dominus
quos mihi fratres fecit, adiuuari
iubet, nullo modo recusare, sed potius
prompta et deuota uoluntate suscipere.
- II, 3. (in fine) ... quae Deus suggesserit disseremus. 4 (PL. 40, 309-311).
Enchiridion :
r, + \'is enim tibi, ut scribis, librum
a me fieri, quem Enchiridion (ut
dicunt) habeas ... - .5 Certum uero
propriumque fidei catholicae funda111entum Christus est. (PL. 40, 232-233).
I,

P. D1:noxcxrn, Les thmes del' Imitation, dans Rev. d'Hist. Eccl. (Louvain)
p. 289-332. Parmi les sources de la deuotio moderna r1 P. Debongnie signale
de faon trs gnrale, saint Augustin, dans la partie affective de ses apocryphes
plus. que dans les traits authentiques . (Art. Dvotion moderne, dans Dict. de Spiritualit, t. 3, col. 742).
2r. I,a plupart des manuscrits d'pictte (u) appartiennent au xc sicle. Cf.
J. SOUILH, Epictte, Entretiens, d. Belles Lettres, 1948, t. I, p. LXX\'.
22. Pour la confrontation des textes, nous adopterons le procd de la mise en
colonnes parallles; mais il nous faut mertir le lecteur qu'il ne s'agit pas de parallles
textuels au sens strict, pour les raisons indiques ci-dessus (cf. p. oo). Ce sont les
emprunts d'ides et de thmes que nous youlons souligner.
20.
1940,

A. ETCHEGARAY

r86

z. - rasme termine le ch. I, <c Yigilandum esse in uita )), par une allusion
au prologue du De agone christiano de saint Augustin. D'aprs la rhtorique
des anciens, l'introduction et la conclusion ont une mme intention 2 3.
Enchiridion :
Cap. II. Nemo hic non uicit, nisi qui uincere noluit. Auxiliatoris benignitas nulli
defuit unqua:m : si caueris ne benignitati illius desis ipse, uicisti. Pro te
pugnabit, et liberalitate:m sua:m tibi
pro :merito i:mputabit. Victoriam omnem illi feras acccptam oportet, qui
primus et solus a peccato iln:munis,
peccati tyrannidem oppressif, ueru:m
ea tibi non sine tua continget indust1ia.
Nam qui dixit, '' Confidite, quia ego
uici mundu:m )) : :magno te uult animo
esse, nonsecuro. Ita demu1111l'incemiis,
si illius exemplo pugnabimus. (t. 5,
col. 6B.)

De agone clw. :
2. Sed habemus :magistrum qui
nobis demonstrare dignatus est quomodo inuisibiles hastes uincantur.
De illo enim dicit Apostolus : << Exuens
carne, principatus et potestates exemplauit, fiducialiter triu:mphans eos in
semetipso )). Ibi enim uincuntur inimicae nobis inuisibiles potestates
ubi uincuntur inuisibiles cupiditates.
Et ideo quia in nobis ipsis uinci:mus
temporaliu:m rerum cupiditates, necesse est ut in nabis ipsis uincamus et
illu:m qui per ipsas cupiditates regnat
in homine. (PL, 40. 29r).
II,

3.
Parmi les leitmotiv de la spiritualit augustinienne et de la deuotio
moderna, l'humilit occupe une des premires places :
Enchiridion :
Cap. II. Balbutit nobis Diuina sapientia, et ueluti mater quaepiam officiosa,
ad nostram infantiam uoces acconmiodat.
Lac porrigit infantulis in Christo,
olus infim1is. Tu uero festina adolescere, et ad solidwn propera cibwn.
Demittit i lla sese ad tuam humilitatem,
at tu contra ad illiu.s s11blimitatem
adsurge. (t. 5, col. 8 F).

De catechi.Jandis rudibus :
15. Hinc ergo factus est paruulus
in media nostrum, tanquam nutrix
fouens filios suos. Nu:m enim delectat,
nisi amor inuitet, dec1trtata et mutilata
ue1ba immimniware ? (PL. 40, 322).
De agone christictno :
xxxm. 35. Ista fidei simplicitate et
sinceritate lactati, nutriamur in Christo
et cum paruuli sumus maiorum cibos
non appetamus, sed nutrimentis saluberrimis crescamus in Christo ... (PL.,

x,

40, 309-3ro).

4.
On ne troitve la paix qtt' en Dieit ; tous ceux qui la cherchent ailleurs
se trompent. Voil une ide reprise trs souvent par Augustin et qui rejoint
en partie celle du dtachement des biens temporels en faveur chez les
philosophes stociens :
Enchiridion militis clwistiani :
Cap. III. Pax igitnr summmn illud
est bonitm, ad quam sua studia, mnndi
quoque amatores referunt, sed falsam,
ut dictum est... Christus enim un us
eam donat, " quam mundus non potest

Enchiridion ad Laurentimn :
63. Pax ista praecellit, sicut
scriptum est, omnem intellectuin ,
neque sciri a nabis, nisi cum ad ea
itenerimus potest. Quomodo enim
pacificantur caelestia nisi nobis, id
XVI,

23. '' Orationis quot sunt partes ? Quattuor ... ad impellendos animos duae, principium et peroratio (Crcfmox, Parti lianes oraloriac r, 4, d. H. Bornecque, coll.
Belles Lettres, p. 3).

Ar:GUSTI.V ET JiRASME

dare '" Ad hanc perueniendi wia ratio


est, si cIDn nobis ipsis bellum geramus,
si cum uitiis nostris acriter depugnemus. Cum his enim hostibus implacabili odio diffidet Deus pax nostJ'a,
cum natiwa sit uirtus ipsa, uirtutumquc omnimn parens et auctor. (t. 5,

est, concordando nobiscum ?.. . Dei


uero pax quae illic est erga eos, et
nostrum et illorum intellectum sine
dubitatione praecellet. De ipso quippe
beata est rationalis creatura, q11aecimiq11e beata est, non ipse de illa.
(PL 40, 261-262).

ccl. 9-roF - rrA)''

5. - Comme beaucoup d'auteurs chrtiens, y compris Augustin, rasme


s'est pris de la philosophie stocienne 25 , trs adapte sa mentalit26
et sa spiritualit 2i. Au ch. vr de l' Enchiridion intitul De homine
interiore et exteriore et de duabus partibus hominis ex litteris sacris )),
rasme revient sur le sujet dj trait au ch. r, en approfondissant les
donnes de la philosophie stocienne par un ressourcement biblique.
Il semble avoir sous les yeux un passage d'Augustin o il est question
des manichens :
Enchiridion :
Cap. vr. Qnod Philosophi rationem,
id Paulus modo spiritwm, modo interiorem hominem, modo legem mentis
nocat. Ouod illi adfectum, hic interdum ca;nem, interdum corpus, interchun exteriorem hominem, interdmn
legem membrorum appellat : Spiritu,
inquit, amlmlate et desideria carnis
non perficietis. Caro enim concupiscit
aduersus spiritum et spiritus aduersus
carnem, ut non quaecumque uultis, illa
faciatis ... Noua, profecto rerum commutatio, ut in bello pax quaeratur, in
pace bellum, in morte uita, in uita
mors, in seruitute libertas, in libertate
seruitus... Plato duas uno in homine
animas constituit. Paulus eodem in
homine duos homines f acit adeo conglutinatos, ut neuter sine altero, neque in
gloria neque in gehenna sit futurus,
adeo rursum disiunctos ut uniits mors,
11ita sit alterius " (t. 5, col. r5 F-r6 E).

De continentia :
i8. Prorsus ista duo ambo sitnt
houa : et spiritus bonmn est et caro
bonum; et homo qui ex utroque constat,
uno imperantc, alio seruiente, utique
bonum est, sed mutabile bonmu ...
Languorem autem istum culpa meruit,
natura non habuit. Ouam sane culpam per lauacrmn regenerationis Dei
gratia fidelibus iam remisit.... In
tali autem pugna sanitas erit tota
uictoria, nec temporaria sanitas, sed
aeterna., ubi non solum finiatur hic
languor, uerum etiam deinceps mlus
orialttr ... sanat languores cum desideria praua compescit... Hoc fit in
agone certantibus in quo a nobis
noster per eius adiutorimn 1tincend11s
est morbus. (PL 40, 360).
VII,

z+ Et rasme ajoute Atque ex omnium uitiornm genere contracta collnuies


a stoicis, fortissimis assertorihus uirtutis, stultitia uocatur, in nostris litteris malitia
uominatur (col. rr A).
25. Le ro septembre 1519, rasme crh-ait, Louvain: Neque sic tamen abesse
potui ab adamata bibliotheca mea, quin unum aut alterum libellum ... circumferrem ...
In his erant Officia Ciceronis, Laelius, Cato una cnm Stoicorum paradoxis (d.
cit., t. 3a, col. 496 D).
26. Eran tmnbin las cualidades de su propio espiritu, que, a despecho de toda
su amplitud y agudeza, no se inclinaban a penetrar en las especulacones filos6ficas
y c1ogmticas (J. HnzrxG.\, Erasmo, d. ct., p. 39).
27. P. DEBOXGXU:, art. Dt'iotion modrrnr, dnns Dict. dr Spirit., t. 3, 727-747. Sur
les sources, cf. col. 7.p-743.

r88

A. ETCHEGARAY

A partir du ch. VIII, les exposs de 1' Enchiridion se transforment


en une collection de (( regulae >> pour une vie authentiquement chrtienne.
Sous la forme de (( sententiae )), rasme, toujours fidle l'esprit de la
(( deuotio moderna )), propose son ami de Saint-Omer une spiritualit
toute pratique. Cette deuxime section de l'Enchiridion dbute par un
thme stocien, (( contra malum ignorantiae >> rpt, ensuite, sous la
forme de (( canones >>assez longs 28 Mais le principe gnral est inspir d'un
passage o saint Augustin vient de dire : (( Hoc unum dicam quod quidem in aliis opusculorum meorum locis saepe iam dixi 29 .

6. -

Enchiridion militis christiani :


Cap. vrn. Nam et si labem abstersit
baptismus, tamen haeret adhuc quiddam ueteris morbi, relictum in nobis,
tum custodiam humilitatis, tum materiam segetemque uirtutis. Ea sunt
caecitas, caro et infirmitas. Caecitas
ignorantiae nebula, rationis obscurat
iudiciunt... Ergo, (ut coeperam) caecitas facit ut in delectu rerum fere
caecutiamus, pro optimis pessima sequentes, potiora minus utilibus posthabentes. Caro sozt.icitat adfectttin, ut
etiam si quid sit optimum, intelligamus,
diuersa tamen amenus. Infirmitas facit,
ut uirtutem semel arreptam, uel
taedio, uel tentatione uicti deseramus "
(t. 5, col. 2 r B-C).

Enchiridion ad Laurentium
xxn, 8 I. Dua bus ex causis peccamus :
aut nondum uidendo quid facere
debeamus, aut non faciendo quod
debere fieri iam uidemus, quorum
duorum illud ignorantiae malum est,
hoc infirinitatis ... sed profecto uincimur, nisi diuinitus adiuuemur ut
non solum uideamus quid faciendum
sit, sed etiam accedente sanitate,
delectatio iustitiae uincat in nobis
earum rerum delectationes, quas uel
habere cupiendo uel amittere metuendo
scientes uidentesque peccamus ,, (PL
40, 27r).

7 -

Comment l'humaniste qu'est rasme, aurait-il pu vaincre la tentation de paraphraser un texte fameux cl' Augustin sur le sens chrtien de

la rhtoriqite ?
Enclziridion :
Cap. VIII. Sunt enin1 et philosophis
quidam fines imperfecti, ac medii,
in quibus non oporteat consistere,
quibusque conueniat uti, non frui.
Verum quae media sunt, non eodem
modo omnia, aut co11fe1'unt aut officiunt
ad Clwistwn eunribus ... Et quamquam
omnis eruditio potest ad Christum
referri, alia tamen alia propiore uia
conducit. Ab hoc fine, mediormn
omniun1 utilitatem, aut inutilitatem,
metire. Litteras amas, recte, si propter Christum ... Quod si litteras expetis,
ut illis adiutus, Clwistum in arcanis
litte1'is latentein clarius perspicias,

De doctrina clwistiana :
II, 40, 6o-6r. Plzilosop!zi autem qui

uocantur, si qua forte uera et fidei


nostrae accommodata dixerunt, maxime
platonici, non solum formidanda non
sunt, sed ad eis etiam tamquam iniustis
possessoribus in usum nostrum uindicanda ... sed etiam liberales disciplinas
usui ueritatis aptiores et quaedam
morun1 praecepta utilissima continent,
deq1te ipso uno Deo colendo nonnulla
uera inueniuntiw apud eos ... Nonne
aspicimus quanta auro et argento et
1teste suffarcinatus exierit ex Aegypto
Cyprianus doctor suauissimus et martyr beatissimus ? ... sed dederunt

28. 1us:1rE, Encliiridion, cap. 8, d. cit., t. 5, col. rg F-4-1 P,,


29, Al"Gl"S1'IX, Enclz. ad. Laur. 22, Sr (P.L. 40, 271).

AUGUSTIN ET RASME
perspectum ames, cognitmn atque
amatUlll co111111unices, aut fruaris,
accinge te ad studia litterarUlll... Si
tibi confidis, et ingens in Christo
lucrum speras, perge tamquam audax
mercator longius etiam in Gentilium
litteris peregrinari, atque aegyptias
opes, ad dominici templi honestamentum
conuertere" (can. 4, t. 5, col. 25 D-F).

aurum et argentmn et uestem suam


exeunti populo Dei de Aegyto nescientes quemadmodum illa quae dabant, in Christi obscquium cederent "
(PL 34. 63).

8 - La philosophie stocienne insistait sur le dtachenient de l'argent,


des honneurs, de la sensualit. L' Hortensius de Cicron passait pour un
modle de cette ascse philosophique et l'on sait combien la lecture
de ce livre influena Augustin. rasme ne peut manquer 1' occasion de
renvoyer certains aveux des Confessions :
Enchiridion :
Cap. VIII. Diuus Aurelius Augustinus,
ut ipse de se in co111111entariis confessiomnn suarurn testatur, iam multo
prius qitam Christum indueret, contemserat pecuniam, pro nihilo habebat
honores : gloria non co111111ouebatur,
itoluptatibus autem usque adeo frena
negarat, ut homo adolescens una
muliercula esset contentus cui et
coniugii fidem seruabat. (can. 6, t. 5,
col. 41 A-B).

Confessiones
Mihi autem displicebat,
quod agebam in saeculo, et oneri
mihi emt ualde non iam inflammantibus
cupiditatibus, ut solebant, spe honoris
et pecuniae, ad tolerandam illam seruitutem tam grauem.
1'', 2, 2. In illis annis unam habebam ...
sed unam tamen, ei quoquc seruans
tari /idem. (PL. 32, 749 et 693-694).
VIII, I, 2.

9 - Aprs un expos sur les consquences malheureuses auxquelles


conduit la mconnaissance du Christ, rasme propose une srie d' opiniones
christiano dignae suivies, cette fois, de six canons plus ou moins brefs3o.
I,a premire de ces opiniones invite le chrtien tout raniener au Christ,
allusion probable au De catechizandis rudibus :
Enchiridion :
Cap. VIII : Haec semper apud te constent ueri christianismi paradoxa,
uti ne quis christianus se sibi natum putet, neque sibi uelit uiuere,
sed quidquid habet, aut est, id oinne
non sibi tribuat, sed Deo auctori ferat
acceptum... Pios amet in Christo,
impios propter Christum, qui nos
adhitc inimicos sic dilexit prior, ut se
totmn nobis redimendis impenderit ;
illos complectatur, quod boni sint,
hos nihilominus ut bonos reddat (t.
5, col. 44 F).

30. RASll,

De catechi-:andis rudibus :
vrr, r r : quod 111axin1e commendandum

est ut... qui... moribus et scientia


proficere coeperit et uiam Christi
alacriter ingredi, nec nabis id audeat
assignare nec sibi, sed et se ipsum
et nos et quoscwnque alios diligit
amicos, in illo et propte1' illwn diligat
qui eitm dilexit inimicum ut iustificans
faceret amicurn" (PL 40, 318).

Enchiridion, cap. 8, d. cit. t. 5, col. 44 F-56 F.

A. ETCHEGARAY

190

IO A la suite d'Augustin, rasme revient sur l'avarice, mais il ajoute des


rflexions sur la mort qui peut venir au moment o l'on y songe le moins.
Voici bien un lment de la spiritualit de l'poque.

Enchiridion
Cap. x. Atque adeo isto titulo uel
infelicissimus est diues, quod amicos
ne disgnoscere quidem queat. Alius
in sinu odit, ut tenacem, alius inuidet,
ut opulentiori ... Quod si maxime sit
qui diuitem sincere diligat, ille tamen
non potest quemquam non habere
suspectum... Quiquid igitur comrnoditatis uidentur adducere, id fere
fucatmn, umbraticmn, praestigiosumque est : at uerorum malorum plurimum adferunt, uerorum bonorun1
plurimmn adimunt... Quibus de causis
et spinas appellat Christus, quod
omnem anni tranquillitatem, quam
nihil hoinzni dulcius, mille citris dilaniant ... Desines igitur mirari pecuniam,
si uera bona cum falsis, si fucata
commoda cmn ueris incommodis diligenter expenderis. Si summum ill-ud
bonitin contemplari atque amare condidiceris, quod unmn quod adest, etiam
si reliqua omnia defuerint, abunde
explet animum hominis (t. 5, col. 60
E-F, 6r A, 62 A).

De disciplina christiana
7. Quomodo enim socialis erit
felicitas tua, quam torquet felicitas
aliena ? Nonne cimz coeperit ditesccre
iticinus tuus, et incipere quasi surgere
et ire post te, times ne... sequatur
te, times ne transeat te ? (IX, 9-ro)
Corrumpunt bonos mores colloquia
mala : sepi aures tuas spinis. Sepi,
et spinis sepi, ut ille qui importune
intrare ausus fuerit, non solum repellatur, sed etiam coinpungatur ... Auarus
es, pecuniam amas : beatus esse uis ?
Deum tuum ama. Pecunia te non
f acit beatum ; tu eam f acis ornatam,
non illa te beatwn... respice, et uide
qitantmn intersit inter pecuniain tuam
et Deum tuum. Pulchrior est iste sol
quam pecunia tua, et tamen sol iste
non est Deus tuus. Porro si pulchrior
est lux ista quam pecunia tua, quantum
pulchrior est qui fecit hanc lucem ?
(Pl 40, 673-67 4).
YII,

II Aux chap. 12 et 13 il est question de l'orgueil qui attise la colre


et la vengeance. Or le vrai chrtien est tenu de pardonner, mme si,
parfois, cela est trs dur pour sa vanit. L'orgueil et ses consquences,
voil un autre sujet qui revient constamment chez Augustin :

Enchiridion militis clwistiani :


Cap. XIII : Porro multo praesentius
remedium fuerit, si in peccato honiinis
in te cogites, quae, quanta, quoties
tu peccaris in Deum... Quantum tu
remiseris debitori fratri, tantum tibi
condonabit Deus. Hanc dissoluendi
aeris alieni rationem nos docuit creditor ipse. Non recusabit legem quam
ipse statuit... At duritm est, inquis,
animum excandesce11tem comprimere.
~on tibi succurrit quanto duriora
pro te tulerit Christus ? (t. 5, col. 63

Enchiridion ad Laiirentimn
74 Iam uero qui eimi, in quem
peccanit, hominem rogat, si peccato
suo mouetur ut roget, 11011 est adhuc
deputandus inimicus, ut eum diligere
sit difficile, sicut difficile erat quando
inimicitias exercebat. Quisquis autein
roganti et peccati sui poenitenti non
ex corde dimittit, nullo modo existimet
a Domino peccata sua dimitti, quoniam
mentiri ueritas non potest (PL, 40, 267).
XIX,

E-F).

Ut ~~rasme de clore son Enchiridion militis christiani par un appel


la lecture directe de la Bible et des grands crivains del' Antiquit latine

AUGUSTI1\' ET RASiVIE

I9I

et grecque, afin de mieux comprendre le message de l'vangile 31 . Le renouveau de la catchse n'aura clone lieu que par un ressourcement biblique
et patristique, compte tenu aussi, comme l'a enseign saint Augustin,
de ce que le paganisme a eu de meilleur.
D -

CONCLUSION

Dans son Enchiridion rasme recourt clone maintes fois aux textes
augustiniens ; il les paraphrase selon son habitucle 32 , ou les transpose clans
son latin lui. Cependant cette inspiration augustinienne apparat
limite et contrarie. En effet rasme semble ne retenir de la morale de
saint Augustin que ce qu'elle a de commun avec le stocisme. Alors qu'Augustin sut, grce son gnie philosophique et sa connaissance approfondie des critures, proposer une vritable synthse de la morale chrtienne33, notre humaniste, malgr son intention de raliser quelque chose
de semblable, n'offre comme morale chrtienne qu'une doctrine qui demeure incontestablement plus proche du stocisme que de l'augustinisme.
II. - La Dilucida et pia explanatio Symboli, quod Apostolorum
dicitur, Decalogi praeceptorum et Dominicae precationis )).

A -

STRUCTURE ET SOURCES

Le titre de 1' ouvrage, en dtaillant les trois parties, indique suffisamment que 1' auteur s'est conform aux formules traditionnelles du Moyen
Age34.
3 r. Et prophetas sanctos, Christum, Apostolos in colloquium adscisce. In primis
autem Paulum tibi facito familiarem ... Atque ut intelligant calumniatores quidam,
qui summam existimant religionem, nihil bonarum litterarum scire, quocl politiorem
ueterum litteraturam per adolescentiam sumus amplexi, quod utriusque linguae,
graecae pariter ac latinae mecliocrem cognitionem non sine mnltis uigiliis nobis
peperimus ... ut dominicum templum ... exoticis opibus pro uirilms exornaremus,
quibus et generosa ingenia passent ad diuinarum scripturarum amorem inflmnmari
(Enchiridion, c. 13, d. cit., t. 5, col. 66 A-C).
32. La verdadera ocupaci6n para un espiritu como el suyo consista en parafrasear : llenar lagunas, sua\izar pasajes abruptos, ordenar lo clesorclenaclo, clesmaraiar Io enredaclo, cleshacer nudos, aclarar Io que estaba obscuro (Allen, 7ro, 26) ...
Pulir y ajustar era precisamente el trabajo que le placia. Es muy caracteristico y mny
explicable que parafrasease todo el Nuevo Testamento, saho el Apocalipsis (J. HurzrxG.\, Erasmo, d. cit., p. 150).
33. Cf. R. HoLTE, Batitude et sagesse. Saint Augustin el le problme de la jin de
l'homme dans la philosophie ancienne, Paris, tudes Augustiniennes, J962, p. 193-300.
34. Cf. le programme du Concile de Tortose (1429): J. D. MANSI, Collectio maxima
conciliorwn omnimn, t. 28, col. I 146. Cependant rasme ne suit pas strictement
l'ordre presque universel l'poque : il insre les sacrements clans le Symbole. On
notera aussi qu'il vite soigneusement, mme dans le titre (Symboli qztod Apostolontm dicitur), de cautionner la lgende des douze Aptres qui auraient compos le
Symbole a\ant de se sparer (Cf. Rc:FIX, Co111. in 5;11111>. Apost. 3, PL. 21, 337).

Iy2

A. ETCHEG/lRA Y

rasme assure que sa source principale est le<< Trait de saint Cyprien))
sur le Symbole 35 : il s'est tromp sur l'authenticit de ce livre 36 , puisqu'il
s'agit de la fameuse Expositio in Symboluni A postolorum de Rufin
d' Aquile ; mais il ne s'est pas mpris sur les qualits de 1' ouvrage3 7 .
Pour les prceptes du Dcalogue )), il s'est servi de l'opuscule de saint
Thomas d'Aquin In Symbolitm Apostolornm scilicet Credo in Demn ))
expositio, tout en formulant une rserve sur son authenticit 38 . Quant
au Pater)), rasme s'excuse de ne pas s'y attarder et renvoie le lecteur
au commentaire de saint Cyprien39 .
Mais il faut ajouter ces sources l'inspiration augustinienne. En 1533,
il y a dj quatre ans qu'rasme a fini son dition du Corpus augustinien :
on comprend qu'il soit imprgn de la doctrine de l'vque d'Hippone.
Dans l'ouvrage qui nous occupe, nous allons voir qu'il s'est servi de nouveau de l'Enchiridion ad Laurentium et du De catechizandis rudibus,
mais aussi du De fide et symbolo, du Sermon 212 in traditione symboli ))
et des De symboli ad catechwnenos libri JV40.

35. Si post multos tamque celebres Ecclesiae auctores, quorum Cyprianus sic
primus inter Latinos hoc tractauit argmnentum, ut praecurrentem hactenus nemo
potuerit assequi, commentarer aliquid in Symbolum Apostolorum >) (Symbolum,
pro!., d. cit., t. 5, col. 1133-1134). .
36. I,e 31 juillet r5r9 J,ouvain, Erasme cri\ait : Symbolum ficlei, quod in
euulgatis pariter ac descriptis uoluminibus Cypriani titulum hactenus possidet,
contra opera diui Hieronymi fertur Rufini nomine>) (lettre ait cardinal Laurent Puc,
d. cit., t. 3a, col. 478-D). En q98 on avait imprim ce texte Oxford, o rasme
arriverait l'anne suivante, mais en l'attribuant saint J rome : Exposicio in
Symbolo Apostorum (J. G. Snroi>xxmLD1x Xotitia sur ~ufin, reproduite clans P.L.
zr, 17). Toutefois, une anne aprs la lettre Pucci, Erasme faisait imprimer ce
commentaire parmi les unes de saint Cyprien (d. Froben, Ble, 1520, p. 35 r
et suiv.). Dans le Symbohtm rasme ne fait jamais allusion son inauthenticit.
37. Homo emunctae naris >)dit de lui dom Prudence i\Iaran (Praefatio aux mres
de saint Cyprien, reproduite dans P.L. 4, II) ; est-ce une fine allusion au fameux
portrait d'rasme par Hans Holbein ?
38. An Thomas Aquinas addiderit, subdubito ... Quamquam hoc opusculum licet
eruclitum ac pium, non uidetur esse Thomae Aquinatis >) (Symbolum, cat. 4, d.
cit., t. 5, col r 16.r F-r 162 A). Dans le catalogue de J. de Mombaer (cf. note r8) on
trome saint Thomas d'Aquin ou ses apocryphes littraires (P. DEBOXGNIE art.
Dvotion moderne, dans Dict. de Spirit., t. 3, col. 742). J. G. Schonnemann cite une
Expositio Symboli et Orationis Dominicae sans date, ni lieu, pi imprimeur, et il
ajoute que ce sont deux opuscules de saint Augustin suivis de aliquot Thomae
Aquinatis et Henrici de Hassia, idem pene argumentum concernentibus et iisdem typis expressis >) (l'v'otitia litteraria in S. A ugustinum, reproduite clans P.L. 47, col. 192).
39. De precatione dominica non disseram pluribus. In promtu sunt in hanc
piorum et eruditorum hominum commentarii, praecipue cliui Cypriani >) (Symbolum,
eat. 6, d. cit., t. 5, col, rr96 E).
40. rasme tient pour authentiques les sermons II, III et IV (P.L. 637-668),
il les a imprims au t. 9 de son corpus augustinien. Les mauristes ne l'ont pas suivi :
Sequuntur alii de Symbolo sermones tres, Augustinum, cui hactenus aclscripti in
ante editis fuerunt, haudquaquam no bis repraesentantes, secl oratorem genere dicendi
ernditione et ingenio mnlto inferiorem >) (P.L. 40, 637-638). Les critiques modernes
sont de l'avis des mauristes.

AUGUSTIN ET RASME

193

EMPRUNTS ET RMINISCENCES

I Un passage de 1' Enchiridion ad Laiwentium semble avoir servi


rasme pour donner son commentaire une certaine dimension historique, parce que les textes de 1' Ancien Testament cits par le pseudoCyprien41 ne convenaient pas l'ide qu'rasme se proposait de dvelopper:

Symbolum
Catechesis III. Hic erat primus gradus
ad cognitionem Dei. Successit lex,
quae mentis lmmanae caliginem nonnihil adiuit, se ea praeterquam quod
uni genti data est, per typos et aenigmata nobis Deus delineauit, praeparans
animos hominUlll ad lucem euangelicam, quae per Filium nabis illuxit.
Naturali lumine ad fastum abusi
sunt philosophi, lex plerisque iudaeis
fuit maioris impietatis occasio... Post
orbem mirabilite1' condituin, post legem
diuinitus datam, post prophetas diuinitus afflatos, misit unicum Filium
factum hominem (t. 5, col. n51 B-C).

Enchiridion ad Laurentium :
rr8 Sed cum in altissimis
ignorantiae tenebris, nulla resistente
ratione secundum carnem uiuitur,
haec sunt prima hominis. Dtinde
cum per legem cognitio fuerit jacta
peccati... Harum quatuor differentiarUlll prima est ante legem, secunda
sub lege, tertia sub gratia, quarta in
pace plena atque perfecta. Sic est et
Dei populits ordinatus per temporimi
interualla... Nam fuit primitus ante
legem, secundo sub lege quae data
est per Moysen, deinde sub gratia
quae reuelata est pe1' primum JJiediatoris aduentum. Quae quidem gratia
nec antea defuit quibus eam oportuit
impertiri, quamuis pro tcmporis dispensatione itelata et occulta " (PL 40,
XXXI,

287).

z
Dans la christologie, Rufin (le cc Cyprien )) d'rasme) ne semble pas
tre parfaitement orthodoxe sur la question du Christ, Fils de Dieu4 2 ,
rasme, sagement, prfre 1' autorit doctrinale de saint Augustin :
Symbolum :
Cat. III : Augustimts in libella de
Symbolo pro una uoce duas ponit :
" Et in I esum Christum Filium
eius unigenitum, unicum Dominum
nostrum '" Sed quoniam ex interpretatione non Iiquet an ita legerit,
probabile est " unigenitmn " additum,
ab aliquo, qui conatus sit explanare.
quare dixisset '' unicum " (t. 5, col.
n53 C).

De fide et symbolo :
Credimus etiam in Iesum Christum Filium Dei, Patris unigenitum,
id est unicmn, Dominum nostrum
(PL 40, 183).
III, 3.

41. Il est question du Christ con1111e chef, parce qu'il est" oint (Comnz. in Sy111b.
A.post., 6, P.L. zr, 345-346).
42. Il est bien probable que Rnfin, en composant son Comm. in Symb. Apost., a
eu sous les yeux les Catecheses ad illuminandos 5 et r r de saint Cyrille de Jrusalem.
L'dition des uvres de Rufin par Domenico Vallarsi (Verona, 1745), reproduite
dans la P.L .. cite les passages parallles du Commentaire sur le Symbole. Or, dj
de son vi\-ant, l'orthodoxie de Cyrille de Jrusalem avait prt discussion; il n'emploie jamais le terme 6oocrto et parfois ses expressions ne sont pas trs nettes. Cf.
J. LEBO", La position doctrinale de saint C;.rille de Jrusalem dans les luttes provoques
par l'arrianisme, clans Rev. d'Hist. Eccl. r924, p. 203-210 et 357-366.

A. ETCHEGARAY

194

Augustin lui sert encore pour expliquer comment le Christ est, la


fois, Fils de Dieu et Frre des H om111,es :
Symboluin :

De fide et symbolo

Cat. III : Etsi Chistus non esset


omnium Dominus iuxta naturarn
assumtam, tamen ob unitatem hypostascos, tres substantias complectentis
recte diceretur omnium Dominus,
quemadmodum pie Deum dicimus
passum ac mortuum. Sed hic frater,
non est itocabulwn aequalitatis, sed
similitudinis, cognationis et caritatis.
Eadem dignatione discipulos suos
appellat, pro semis amicos, non
abdicans ius suum, quod alibi agnoscit,
quum ait : " Yos uocatis me magistrum ac Dominum, et bene clicitis,
sum etenim '" secl eximiam caritatem
suam declarans quae nihil recusat,
modo prosit... Sed reuera quiuis
homo cuiuis homini frater est, ab

6. Ipse reparator noster in se


ipso clemonstrare dignatus est " qui
non rapinam arbitratus est, esse
aequalem Deo, secl semetipsum cuacuauit formam seriti accipiens ,,.,, Quapropter secundwm id quod I'nigenitus
IV,

est non habet fratres ; secundmn autem


id quod primogenitus est, fratl'es uocare
dignatus est omnes qui post eius
primitias in Dei gratia nascimur

per acloptionem filiorum, sicut apostolica doctrina comrnendat (PL 40, 185).

eamdem naturam ab iisdem pi'ogenitoribus profectam, ac similibus obno:riam


afflictionibus, in Christo dumtaxat

excipio peccatum et quidquid eo


uergit (t. 5, col. n53F - rr54A).

3 - La pit antique considrait la croix comme le signe du triomphe


sur le pch et la mort 43 . Mais cette vision de la croix ne pouvait pas
ne pas paratre quelque peu froide un adepte de la deuotio modernaii.
Aussi, pour mettre en relief l'amour dont tmoignent les souffrances
du Christ, rasme exalte la dvotion la croix, trs vivante son poque,
en paraphrasant un dveloppement clbre du De catechizandis rndibus44 :
Symbolum

Cat.

IV :

Ouis autem inueniatur tain


ingratits, ut non redamet

inhinnanu;-et
eum qui sic
beneficiis ad
uocauit ? (t.

prior dile:rit tantisque


amoreni mutuum pro5, col. n6o F).

De cat. rud :
7 : Et ipsum Dewn, quoniam prior
dile:rit nos, et Filio suo non pepercit,

IV,

secl pro nobis omnibus tradiclit eeum,


si amare pigebat, saltem redamare
non pigeat. Nulla est enim maior
ad amorem inuitatio quam praeuenire amando et nimis durus est
animus qui dilectionem si nolebat
impendere, nolit rependere (PL 40,
314).

43. RUFIX, Comin. in Symb. Apost. q-r7, PL. 2r, 352-356.


44. Notons en passant que saint Thomas d'Aquin cite ce passage trois fois dans la
Summa Theologiae: 2 zac, qu. 26, a. 12, ad l um; qu. 27, a. r, ad 3 um; 3, qu. r, a. 2
et une fois dans l'opuscule In duo praecepta caritatis et in decem legis praecepta, c. 4
(d. Vives, t. 27, p. q8a). Luis de Granada s'en est servi aussi, en 1585, dans son
B1'eve tratado en que se declara de la manora que se podrfo proponer la doct1'ina de
nuestra santa je a los nuevos jieles, 9, 2, dans Biblioteca de A utores espafiolts, Madrid,
1902, t. 8, p. 6ro b-6rr a.

AUGUSTIN ET RASME

HJ5

Cette phrase d'rasme montre que sa spiritualit a volu. Les souffrances physiques, les dsillusions, la mort de ses amis les plus chers
l'ont dtach de ce qui passe4 5 , et l'ont douloureusement rapproch de
ce qu'il y a de plus profond dans le message vanglique, la vie en communion avec Dieu, la rponse d'amour l'amour de Dieu, voqu ci-dessus
dans un registre augustinien. En 1501, au contraire, dans l' Enchiridion
militis christiani, tout en s'inspirant de la << Vision d'Ostie J>, il ne parvenait pas dpasser le plan intellectuel et ne pouvait suivre son modle
dans les lans de 1' amour :
Enchiridion :

Cap. VIII. .. sed semper alis illis nitens,


quas Plato putat in animis amoris
calore elicitas, denuo pullulascere,
a corpore ad spiritum, a mundo uisibili
ad inuisibilem, a littera ad mysterium,
a sensibus ad intelligibilia, a compositis ad simplicia temet ipsum quasi
gradibus quibusdam scalae I acob erige.
Ita ad se propinquanti, tcissim
appropinquabit Dominus : et si tu
pro uiribus de tua caligine, sensuumque strepitu conaberis adsurgcre, occurret ille commode e luce sua inaccessibili et silentio illo incogitabili, in
quo non sensuum tantmn omnis
tumultus, sed et intelligibilium omnium imagines conticescunt. (t. 5, col.
38F - 39A).

Conjessiones :
IX, X, 24-25. Cumque ad eum finem

sermo perduceretur, ut carnalium


sensumu delectatio quantalibet... ne
commemoratione quidem digna uideretur, erigentes nos ardentiore ajjectu
in idipsum, perambulauimus gradatim cuncta corporalia... Et adhuc
ascendebamus ... mirando opera tua,
et uenimus in mentes nostras, et
transcendimus eas, ut attingeremus
regionem ubertatis indeficientis ... Et
dum loquimur et inhiamus illi, attigimus eam modice toto ictu cordis
et suspirauimus, et reliquimus ibi
religatas primitias spiritus, et remeauimus ad strepitum oris nostri. ..
Si iam taceant... et loquatur ipse
solus non per ea, sed per seipsmn,
ut audiamus uerbmn eius .... et rapida
cogitatione attigimus aeternam Sapientiam super omnia manentem ...
(PL 32, 774).

4
Plus loin dans le Symbolum, rasme reprend l'ide d'Augustin sur
le caractre biblique de la catchse :
Symbolum :

Sermon 212:

Cat. IV : Symbolum, quoniam totum


e Scripturis disumptum est, congruenter refert uerba Scripturae (t. 5, col.

Quiclquicl enim in Symbolo audituri


estis, in diuinis Scripturarum litteris
continetur (PL. 38, 1060).
2.

u65 B).

Mais il manifeste que la diffrence entre typologie et allgorie lui chappe4 6 ;


et il carte une interprtation allgorique d'Augustin, pour s'en tenir
au sens littral, comme le Pseudo-Cyprien 47 :
45. La mme anne que le Symbolitm, rasme crivit Quomodo se quisquc debeat
t. 5, col. r293-r3r8.
46. C:f. Symboluin, cat. 4, d. cit. t. 5, col. rr73 F-rr74 A-Il.
47. C:f. Comm. in Symb. Apost. 33, PI,. 21, 368-369.

j1raeparare ad mortein, d. cit.,

A. ETCHEGARAY

196

Syniboluin
Cat. IV : Quidam interpretantur uiuos,
pios ; mortuos, impios ; uerum id
coactius est. Symbolo, quod simplicibus est paratum, conueniunt simplicia.
P1,obabiliits est, mortuos accipere eos,
qui ante iudicii diem excesserunt e
corpore : nam simul ut reuixerint,
iudicabuntur ; uiuos uero quos ille
dies in carne 1tiuentes dcprehendct (t.
5. col. u65 B).

De Symbolo ad cateclzumenos :
12. Inde uenturus iudicare uiuos
et mortuos. Viuos qui superfuerint,
mortuos qui praecesserint. Potest et
sic intelligi : uiuos, iustos ; mortuos,
iniustos. Vtrosque enim iudicat, sua
cuique retribuens (PL 40, 634).
IV,

De fide et Symbolo :
r5. Credimus etiam inde uenturum conuenientissimo tempore et iitdicaturum uiuos et mortuos. Sine istis
nominibu~ iusti et peccatores significentur, s1ue quos tune ante mortem
in terris inuentiwus est appellati sunt
uiui, mortui uero qui in eius aduentu
resiwrecturi sunt (PL 40, 188).
VIII,

5 - rasme n'a cess d'insister sur ce qui spare la mentalit spirituelle


chrtienne de celle des Juifs 48 . Mais, les Pres, dans leurs textes catchtiques, ayant toujours prsent l'glise comme la ralisation des figures
de 1' Ancien Testament, rasme se croit tenu de les suivre. Pourtant il
ne souligne que la supriorit du Nouyeau Testament. Et l'on peut
constater cette optique restreinte, alors mme qu'rasme voque l'ecclsiologie augustinienne
Symbolum
Cat. IV. KA : Si ab exordio mundi
fuit sanctorimi omnium societas, et
piis omnibus adfuit Spiritus Sanctus,
cur ante legem nullmn fuit arcanae
sodalitati nomen ?.. . CA.
Ouod
nomen (Ecclesia) fuerit ante legem
ueterem, nobis non constat ; fuisse
tamen aliquod uocabulum probabile
est, quum res esset eadem. Semper
Christus agnouit sponsam suam nec
umquam illi defuit Spiritus Christi.
Verum initio quemadmodum paucis
innotuit personarU111 distinctio, sed
profitebantur unum Deum... Filii
personam pauci nouerant, pauciores
Spiritum Sanctum ; ita societas haec
inter paucos crat, et usque ad euangelicam lucem angustis finibus coarctabatur (t. 5, col. rr69 E-F).

De cat. rudibus :
XIX, 3r ; XX, 34 ; XXII, 39 Duae ita-

que ciuitates, una iniquorum, altera


sanctorum, ab initio generis humani
usque in finem saeculi perducuntur ...
quae tune a paucis sanctis intelligebantur ad fructum salutis ... 'itsque ad
aduentum Doniini nostri lesu Christi ;
ex cuius aduentu sexta aetas agitur,
ut iam spiritualis gratia, quae paucis
tune patriarchis et prophetis nota erat,
manifestaretur omnibus gentilms (PL
40, 333, 336 et 338).

6 - A l'poque des Pres, l'vanglisation comportait toujours un


argument apologtique propre frapper l'esprit de tout homme pourvu
48. En 1504 Paris, rasme, crivait : " Mitto ad te munusculnm litterarium,
lncnbratiuncnlas a1iqnot meas ... Enchiridion non ad ostentationem ingenii ant eloqnentiae conscripsi, nernm hoc sohun ut mederer errori nulgo rcligionem constituentinm in ceremoniis iudaiciis rerum corporalium, ea qnae ad pietatem pertinent
mire negligentium (lettre John Colet, d. cit., t. 3a, col. 95 C).

AUGUSTIN ET l~RASME

r97

de sens religieux : l'accomplissement des prophties. Saint Augustin,


dans le De catecliizandis rudibus, difie toute la narratio }} du deuxime
modle de cc krygme }} sur cc praedictum ... et sic factum est }} ; rasme le
suit :
s.1mbol1m1
Cat. n : Similiter praedixit, fore ut
granum sinapis, hoc est euangelica
fides, ex minimis initiis per uniuersmn
munditm diffunderetur, et quid euenturum esset euangelii praeconibus ...
Xec illud quidem sihtit fore ut uariis
haeresibus Ecclesia impeteretu1', nonsubuerteretur... Obainbulat enim calumniator ille pe1' ouile Ecclesiae, tamquam
leo rugiens quaerens quem deuoret,
cui beatus Petrus iubet nos resiste1'c
fortes non fiducia operum aut uirium
nostrarum, sed fide, (t. 5, col. rr8o F
et I r 8 r B-C).

C -

De cat. rudibus :
53. Praedictum est non solum
a prophetis, sed ab ipso Domino Iesu
Christo, quod Ecclesia eius per imiuersum orbe111 terrarum esset fut1tra, per
sanctorum martyria passionesque disseminata ... P1'aedictuin est etiam quod
schismata et haereses ex eius Ecclesza
essent exiturae, et sub eius nomine
pr1' loca, ubi possent, suam, non Christi,
gloriam quaesiturae... (xxrv, 44) per
quorum adite1'sitates magis magisque
exerceretur Ecclesia et probaretur
atque illustraretur et doctrina eius
et patientia (PL. 40, 346, 341).
XXVII,

CONCI,USIO:N'

Tout en suivant expressment d'autres modles dans la rdaction


du Syniboluin, rasme s'inspirait donc aussi de divers ouvrages d'Augustin
sur le Symbole. Les points de comparaison que nous avons relevs montrent qu'il estimait Augustin principalement comme une autorit extrmement riche et sre du point de vue doctrinal et secondairement comme
un matre dans 1' expos de l'conomie de l'histoire du salut. A cet gard,
les trois passages du Symbolum qui reprennent des thmes du De catechizandis rudibits indiquent qu'rasme avait enfin bien saisi le contenu
de 1' opuscule krygmatique d'Augustin, et voulait son tour mettre
en relief l'amour sauveur de Dieu et l'histoire du salut.
Toutefois il a manqu au grand philologue qu'tait rasme une authentique intelligence du sens chrtien de l'histoire 49 , pour pouvoir apprcier
vraiment le rle que joue l'histoire du salut dans la thologie et la krygmatique augustiniennes, et pour pouvoir fonder sur elle les principes du
renom'ellement de la catchse. Il reste qu'~rasme a su admirer en Augustin le thologien de gnie qui a scrut les profondeurs des vrits de la
Rfrlation.
Adolfo

ETCHEGARAY CRFZ.

49. El espiritu de J~rnsmo no era ni filosofico ni historico. No ern la obrn de exacto,


logico discernimiento, ni el apoderarse del profundo sentido de la marcha del mundo
en vastas yisiones historicas en que hasta los hechos particulares con su multiplicidad
y diYersidad de color fonnan la imagen total >l (J. HnZr\G_\, Ercrsmo, d, cit., p. r5r).

A propos des ditions patristiques


de la Contre-Rforn1e :

Le" Saint Au~nst1n" de la Typographie Vaticane


Les diteurs d'aujourd'hui ne s'intressent gure aux travaux de leurs
prdcesseurs humanistes. Sans doute, devant telle ou telle trouvaille,
un savant ne pourra manquer de rendre hommage aux qualits de son
devancier, d'autant plus tonnantes que celui-ci travaillait une poque
o ((la science de la critique des textes (n'tait) pas encore ne JJ1, mais il
est bien rare qu'un philologue se donne la peine de recenser les ditions
anciennes et d'en prsenter une analyse bibliographique, encore plus
rare qu'il essaie cl' tablir ce que ces lourds in-folio ou ces modestes inseize ont reprsent clans l'histoire de la philologie et, peut-tre, dans
celle de la culture europenne.
Saint Augustin est un cas privilgi, grce aux recherches que pendant
plus de vingt ans le P. de Ghellinck a consacres aux ditions de ses
0 pera onmia, et qu'il a regroupes dans une tude de Patristiqite et Moyen
At;e2 . Toutefois le savant jsuite s'est attach surtout aux personnalits
Cet article reprend ou dveloppe certaines parties d'un mmoire de l'f:cole Franaise cle Rome, Les ditions patristiques de la Contre-Rjomie romaine (15,j9-1610).
Je tiens remercier tous ceux qui, au Vatican, ont bien voulu m'aider dans ces
recherches, en particulier :Mgr J. Ruysschaert, ~I. V. Peri et Mme J. Bignami Odier,
qui m'a permis de consulter le manuscrit de son importante Histoire de la Bibliothque
l7 aticanc. Cette tude doit aussi beaucoup Dom C. Lambot qui m'a fait bnficier
de sa connaissance incomparable des Sermons de s. Augustin.
A. Loyen, clans son dition de Sidoine Apollinaire, t. I, Paris 1960, p. XLII.
['J1c dition patristique clbre, dans Patristique et Nloyen Age, t. 3, Paris
r948, pp. 339-484. Cette tude reprend et souvent complte diffrents articles qu'il
sera peut-tre utile de rappeler : Les rtractations de saint Augustin, examen de
conscience de /'crivain, Nouv. Rev. Thol. 57, 1930, pp. 481-500; La premire dition
imprime des Opera omnia S. A ugustini, ]\!fiscellanea ]. Gessle1', t. I, i948, pp. 530547 ; L'dition de sait Augusti'.n par les IVIaiwistes, Nouv. Rev, Tho/. 57, 1930,
pp. 746-774. li faut, pour la priode mdi\a!e, la complter par un article du mme
auteur, [:ne dition on une collection mdivale des Opera omnia de saint A u.gustin,
1,iber Floridus (Festschrift P. Lehmann), S, Ottilien 1950, pp. 63-82,
1.

2.

200

PIERRE PETJTMENGJ;V

de premier plan, un Amerbach, un rasme, les Lovanistes ou les l\Iauristes


et il est pass un peu rapidement sur la priode, assez terne au premier
abord, qui spare l'dition de Plantin (1576-1577) de celle des religieux
bndictins (1679-1700). La dcouverte de quelques documents non
utiliss jusqu'ici1 m'a amen reconsidrer le problme de l'dition
vaticane de saint Augustin, cette entreprise officielle qui dura pendant
presque tout le pontificat de Clment VIII (1592-1605), et en fin de compte
se solda par un chec. Il m'a sembl intressant de la replacer au milieu
des autres ditions patristiques de la Contre-Rforme romaine, de dgager
l'influence qu'elle a exerce au xvne sicle, et enfin d'tudier les mthodes
de travail des Scholastici Vaticani qui ont contribu la prparer2 .

I. L'IMPLANTATION

D'UNE IMPRIMERIE ECCLSIASTIQUE


A ROME

Au dbut du xvre sicle, les imprimeurs romains publiaient volontiers


les auteurs classiques, mais ngligeaient la littrature ecclsiastique.
Les Pres de l'glise, par exemple, s'imprimaient Paris et surtout
Ble, et c'tait ces ditions, ou aux contrefaons ralises par les puissants libraires de Venise, que le public italien avait recours. Ces livres
avaient mauvaise rputation Rome. Naturellement on respectait saint
Augustin ou saint Jrme, mais on accusait les diteurs, comme Erasme
ou Beatus Rhenanus, d'ayoir obscurci les textes par des commentaires
tendancieux, on les souponnait mme d'avoir adultr certains passages
dlicats. Comment faire pour se dbarrasser de ces ditions, dangereuses
parce qu' hrtiques i>, et pourtant indispensables, parce que les seules
sur le march ?
Une premire rponse avait t donne par Marcello Cervini, ce cardinal
humaniste dont on a rcemment propos, non sans une pointe d'humour,
de faire le saint patron de la bibliographie 3 . Vers 1540 il avait dcid
smon de corriger les diteurs blois, du moins de rivaliser avec eux, et

I. L'tude sur laquelle se fonde presque uniquement le P. de Ghellinck, C.F. l'rba,


Beitrigc .rnr Geschichte der A ugustinischen Texthritili (Sit2unr;sber. Wien, t. r r9,
fasc. 6), remonte 1889. Depuis cette date, grce aux trayaux en particulier dn
cardinal G. l\Iercati, la connaissance du seizime sicle romain et de la Vaticane a
fait des progrs considrables.
2. Nos abrYiations les plus frquentes sont : ABV pour Archhio pri\ato della
Iliblioteca Vaticana ; ASV, pour Archhio Segreto Vaticano ; A. St. Roma, pour
Archivio di Stato di Roma; ft1EFR, pour les J1langes d'Archologie et d'Histoire,
publis par l'f~cole Franaise de Rome ; St. e T., pour Studi e Testi (Rome, puis
Cit du Vatican, partir de 1900).
3. S. :M:orison, i'vl anello Cervi ni Pope 1'1 arcellus II, biblior;ra.j>h1'' s patron saint,
Ita!ia imianistica e medioe11ale 5, 1962, pp. 301-319.

LE SAI:VT AUGUSTIN DE LA TYPOGRAPHIE L4.TICANE

zor

pour cela de fonder Rome une imprimerie ecclsiastique1 . L'entreprise


se droule suiYant un scnario qui se rptera plusieurs fois au cours du
sicle : on fait venir un typographe de talent, cette fois-ci Antonio Blaclo ;
on explore les bibliothques romaines, spcialement la Vaticane qu'on
rorganise cette occasion 2 ; on publie quelques uvres indites ; puis
tout sombre dans l'indiffrence et l'abandon.
l\Ialgr son chec, cette tentative n'est pas sans importance, car elle
a contribu rpandre clans les milieux romains le got pour les auteurs
sacrs. En une dizaine d'annes, au moment o se prpare et se droule
la premire session du Concile de Trente, il se produit un changement
clans 1' orientation de la culture. En 1542, la grande publication c'est le
commentaire d'Eustathe sur Homre, en 1550 ce sont les traits de
Clment d'Alexandrie, que Pier Vettori invite lire pour leur doctrine,
et pas seulement pour y retrouver des citations d'auteurs profanes.
Une autre rponse, plus nergique mais gure plus efficace, fut donne
en 1558 par l'Index de Paul IV3 . Les auteurs anciens, mme hrtiques,
taient en gnral pargns, mais la patristique se trouvait tout de mme
durement touche, car l'Inclex prohibait de faon gnrique les uvres
publies chez les principaux imprimeurs blois, et rangeait clans la classe
des auteurs (( qui ex professo errasse deprehensi sunt )) tous les plus grands
diteurs, commencer par rasme 4 . Il y eut un moment de panique
Rome; devant les protestations des libraires et des rudits, le Pape accorda
une Jvloderat1'.o Indicis en janvier 1559 5 , d'aprs laquelle on pouvait
utiliser les uvres d'auteurs orthodoxes ((traduites, imprimes ou dites
par des hrtiques )) condition cl' avoir fait disparatre toute trace de
l'activit des hrtiques, et cl' avoir reu une autorisation crite des
inquisiteurs. C'est ainsi qu'un des meilleurs patristiciens romains, Latino

r. L'histoire <1e cette entreprise est faite par I,. Dorez, Le ca1'dinal NI arcello
Cervi ni et l'impri1Jlerie Rome (1 139-1:J:)O),1VIEFR I 2, 1892, pp. 289-313, que complte
utilement l'tude de P. Paschini, Un cardinale editore, NI arcello Cervini, clans son
lfrre Cinquecento ro11lano e riiorma cattolica, Rome 1958, pp. 183-217 (il s'agit d'un
article puhli d'ahord dans la lvfiscellanea ... Luir;i Ferrari, Florence 1952, pp. 3834 r3).
2. De cette poque date l'imentaire des manuscrits latins rdig par F. Ruano
(actuellement Fat. lai. 3967 3969), qui sera encore en usage lorsqu'on entreprendra
l'dition de S. Augustin ; sur ce catalogue, cf. mes Recherches sur l'orr;anisation de
la Bibliothque Vaticane .. ., kIEFR 75, 1963, pp. 564-6.
3. Sur cet index (publi en dcembre 1558, mais appel communment index
de 1559 ), on se reportera de prfrence :.\I. Scaduto, Laine:: e l'indice del 1559.
Lnllo, Sabunde, Savonarola, Erasmo, Arcli. Hist. Soc. Ics11 24, 1955, pp. 3-32.
4. Il vaut la peine de citer le texte de la condamnation (d'aprs F.H. Reusch,
Die Indices librorum prohibitornin des sech.;e/mten Jahrhunderls, Tbingen 1886,
p. r83): (prohibitur) Desiderius Erasmus Roterodamus cum uniYersis commentariis,
annotationibns, scholiis, clialogis, epistolis, censuris, versionibus, libris et scriptis
snis, etiam si nil penitus contra religionem \'el de religione contineant >!,
5. I.,e texte en est publi dans Reusch, ibid., p. 208, mais ce savant s'est tromp
en la datant du 24 juin 1561 ; cf. J. Hilgers, Der Index del' verbotenen Bcher ...
rechtlichhistorisch gew1rdir;t, Fribourg en Rrisgau r904, p. S.

202

PIERRE PETITJ11!ENGIN

I,atini, obtint du Matre du Sacr Palais le droit de garder son dition


de saint Augustin (Venise, ad Signum Spei, 1552), o il avait effac tous
les commentaires d'Erasme : cc sublatis Erasmi omnibus 111 .
Le pape suivant, Pie IV (1559-1565), se rendit compte qu'une attitude
de pure rpression ne menait rien. L'Index qu'il fait publier en 1564
est moins svre que celui de 1559, et tempre bien des interdictions par
un << donec corrigatur )) 2 . Des ditions romaines, corriges, devront peu
peu remplacer celles de Ble ; l'artisan de cette << rforme 11 de la typographie, ardemment souhaite par les catholiques les plus clairvoyants 3 ,
sera Paul M:anuce qu'on fait venir grands frais de Venise.
On connat bien l'histoire malheureuse de sa typographie romaine 4 .
Tout commence clans 1' enthousiasme, les contemporains mettent l'entreprise sur le mme plan que la troisime session du Concile de Trente 5 ;
puis ds 1563 la Curie se dsintresse de l'affaire et fait cadeau de l'imprimerie au cc Peuple romain )), la Commune de Rome. Paul l\fanuce, loin
de jouir de l'cc otium cum dignitate 11 qu'il avait espr, se dbat au milieu
de difficults sans nombre et finit, en 1570, par rompre son contrat et
quitter Rome. Sans cloute il avait publi, jusqu'en 1564, d'assez nombreuses uvres patristiques, mais il s'agissait gnralement de textes mineurs,
et d'ditions d'une faible l'aleur scientifique. Le cas de s. Augustin est
typique : alors que le lovaniste Jean Vlimmerius rvle en 1564 l' lncfir. Cette indication est tire de la longue liste de li nes prohibs soumise par Latini
il l'approbation du :\Iatre du Sacr Palais; celui-ci a crit il la fin: ci V sus huiusmoc1i
librorum concessus sit D. Latino Latinio deletis omnibus delendis secundum decreta
sacri officii. F. Daniel ::\Iagister 11. (Bibliothque capitulaire de Viterbe, ci manuscrit >i
10, c'est--dire cassette contenant les papiers de Latini). Cette dition de s. Augustin
n'est pas it Viterbe ayec les autres l\Tes de I,atini, mais j'ai pu constater dans
<l'autres cas que les indications de la liste sont toujours respectes : d'o des pages
arraches, ou blanchies, ou crwiardes ...
2. Cf. F.-H. Reusch, Der Index der 11erbotenen Biicher, t. I, Bonn 1883, p. 321 et ss.
3. Cf. le mmoire d'Hippolito Chizzuola, datant sans doute de r560 : Che ... si
debba introdurr' in Italia et massimamente in Roma bellissime stampe .. ., proyedenclo
che tutti i libri sacri della bibia e de dottori christiani siano qui stampati colle correttioni cl'huomini dotti e catolici, affin che non c'intravenga di nuovo quello che
intrayenne sotto Paolo IV, che vietanclo i lihri stampati da gl'heretici, non ci resto
pin ne bibia ne dottore sacro che fosse da yedere, tanta si scopri essere stata la
trascuragine nostra ne! tutto contraria alla diligenza de gl'heretici >i (Concilinm
Tridentinum, t. XIII, 1, Fribourg en Br. 1938, p. 435). On pourra voir aussi une lettre
c1u cardinal Seripando Paul J\Ianuce (6 octobre r56r) dansA.. A. Renouard, Annales
de l'imprimerie des Alde", Paris 1834, p. 527.
-1 Elle a t faite dans l'excellente tude de F. Barberi, Paolo Nfamt:io e la
Stalllpcria del Popolo Romano (J:i61-1570), Rome 1942, que complte maintenant
..\.M. Giorgetti Yichi, ..Jnnali della Stanzpcria del Popolo Romano (1570-16.98), Rome
1959.

5. Pietro Galesini affirme dans la ddicace du de uirginitale de Grgoire de Nysse


(f. *ii'") : Pie Pontifex ... finnissima duo Christianae Reipublicae fundamenta perte
constituta sunt, quorum unum primum et summum in Concilio positnm est ; alterum in eo, quod, sublatis haereticorum interpretationibus, ueterum patrum scripta,
quae uel iniuria temporum, uel hostium perfidia in tenebris iacuernnt, beneficio
tno dinulgabnntnr 1),

LE SAI.VT A [.TGUSTlN DE LA TYPOGRAPHIE VATICANE

203

culus de Possiditts et ttne srie de sermons indits 1 , Rome on se contente


d'envisager une rdition cle la Cit de Dieu, qtti n'aboutit mme pas 2 .
Pendant une dizaine d'annes, partir de 1565, on ne publie plus
Rome les Pres de l'glise, si l'on excepte le Saint Jrme d la forte
personnalit de Mariano Vittori 3 . Et pourtant cette priode est capitale
pour l'mdition romaine parce que c'est alors qu'apparaissent pour la
premire fois les congrgations d'rudits qui, sous la direction d'un ou
plusieurs cardinaux, ont mission cl' tablir des ditions cle textes parfaitement correctes. On connat assez bien 1' activit des commissions charges
de la Vulgate ou clu Dcret cle Gratien 4 ; certains documents invitent
penser qu'on voulut diter de la mme faon S. Jean Chrysostome et
Thophylacte 5 . Ces commissions font venir Rome des savants de tous
les pays, et la collaboration internationale est renforce par la gnrosit
avec laquelle la Vaticane aide les diteurs rsidant hors de Rome 6 I,e
cardinal bibliothcaire, Guglielmo Sirleto, entretient une correspondance
avec les principaux rudits d'Europe, il envoie Plantin des collations
pour son S. Augustin - elles se perdent d'ailleurs, semble-t-iF - , et
il autorise le P. Jean de Graeve, alors au Collge germanique, copier
la Vaticane vingt-quatre lettres indites 8 , qui seront un des titres de
gloire de 1' dition des Lovanienses.

1. C'est Vlimmerius qui, mec Jean Coster, ach\e la rdition des Opera (t. X,
sermons), commence par :\fortin Lipsius ; elle parat en 1569 Ble, chez Frohen ;
cf. Opus epistolar11111 D. Erasmi (d. Allen), t. 3, Oxford r9r3, p. 185, et C. I,ambot,
Jean Flilmnerius diteiw de sermons de saint .1 ugustin, Annales Soc. Roy. Arch. de
Rru:relles 50, r961, pp. 144-149.
2. Cf. les comptes pnblis par G. Beltrani, La tipografia romana dfretta da Paolo
Jianu~:io (extrait de la Rivista Europea, Florence, septembre 1877), p. 18 : Panl
::\fanuce achte un exemplaire du de Civitate Dei per copia alla stampa ,le IO octobre
T 562.
3. C'est la seule dition patristique romaine de quelque importance qui ne sera
pas violemment critique par les savants protestants.
4. Sur la premire, on pourra Yoir H. Hopf!, Beitriige zur G.:schichte der Sixtof\te111 .0nti111:schen Vulgata, I"ribourg en Br. 1913, pp. 77-ror et H. Quentin, Jvlinoire
sur l'tablissement du texte de la Fulfiale, Rome-Paris 1922, pp. 160-168. Sur la
seconde, L. von Pastor, Geschiclztc der Ppste, t. 8, Fribourg en Br., 1920, p. 146, n. 3,
donne une premire orientation ; le ms. 9 de Viterbe (72 du catalogue de Dorez,
Rei'lti: des Bibl. 5, r 895, p. 253) contient des documents de premire main, surtout
des procs-verbaux, qui s'chelonnent entre 1568 et 1577.
5. Cf. les notes des bndictins Prospero ::\fartinengo, de Brescia, Vat. lat. 12607,
ff. qo-154 (Thophylacte) et Hilarion, de Gnes : Vat. lat. 6149, ff. r-q, 90-1 ro
(Chrysostome) et Vat. lat. 12607, ff. 130-138 (Thophylactc).
6. On regrette de ne pas trouyer yoqu cet aspect de l'activit du cardinal Sirleto
clans le livre de G. Denzler, I<ardinal Guglielmo Sirleto, l\lunich 1964.
7. Cf. les lettres de Plantin Arias l\lontanus, en dcembre 1575 (Coinspondance
de Clwistophe Plantin, t. 5, All\ers 1915, p. 97) et un correspondant non identifi,
en 1579 (date trs douteuse; ibid., t. 6, 19r6, p. 126).
8. Elles sont copies sur les Va.t. lat. 495 et 499, qui pour les lettres l03, 104, 179,
r8o, 206, 237 et 263 sont mme les seuls tmoins dont nous disposions; cf. A. Goldbacher clans CSEL, t. 58, pp. :s::s:v-:s:xn. Plantin remercie le P. de Gracye clans une
lettre durer janyier r575 (Corr. de Plantin, t. 4, 1914, p. 223).

PIERRE PETITMENCJN

A partir de 1578 commence l'ge d'or de l'dition patristique Rome.


Aprs trente ans d'interruption, on publie de nouveau des textes ecclsiastiques grecs1, sans aucun doute avec des arrire-penses missionnaires.
Dsireux de regagner l'unit les peuples spars, Grgoire XIII comprit
que pour les convertir, il fallait leur envoyer soit des hommes, soit des
livres : d'o l'institution des collges grec, armnien et maronite 2 , et la
publication d'uvres comme la Bible grecque, les Conciles 3 , les Pres, qui
constituaient un domaine commun, et peut-tre un terrain d'entente.
La commission charge d'diter la version des Septante regroupe, autour
du cardinal Carafa, une quipe d'rudits exceptionnels, : Fulvio Orsini,
le thatin Antonio Agellio, les Espagnols Francisco Torres et Pedro
Chacon, le Franais Pierre Morin, bref tous les meilleurs hellnisants et
orientalistes du moment 4 Deux imprimeurs d'origine vnitienne, Domenico Basa et Francesco Zannetti, dcident de consacrer leurs presses
au service de l'rudition sacre 5, et afin que les ditions soient aussi belles
que bonnes, on a mme recours aux services du clbre fondeur de caractres Robert Granjon 6 .
r~a production est de valeur trs ingale. Les diteurs du Corpus de
Vienne couvrent d'loges le Cassien de P. Chacon (1580), mais critiquent
vivement l'dition de S. Ambroise 7 , donne par une des personnalits les
plus en vue de la Curie, le cardinal Felice Perretti ( partir de 1579).
L'diteur a voulu tablir un texte sr, l'abri de toute hrsie, et pour
cela, comme il le dit avec une parfaite clart :

r. D'o l'enthousiasme du \'ienx Pier Vettori qui dans une lettre du 30 novembre
1577 compare Grgoire XIII Lon X, le pape qui l'on doit les six premiers
lines des Annales de Tacite ... Original dans Reg. lat. 2023, ff. 380-382r ; le texte
est publi cl' aprs une copie dans A. Theiner, Annales Ecclesiastici, t. 2, Rome r 856,
pp. 3.p-3.
2. Cf. Pastor, Geschichte der Papste, t. 9 (1923), p. r79 et ss. et sur le collge grec,
l'article de V. Peri, Inizi e finalit erumenir-Jze del Collegio greco, paratre clans un
\'Olume de Studi e Testi consacr l'attitude du Saint Sige <leYant les glises grecques sous le pontificat de Grgoire XIII.
3. En fait on ne publia gure que les Actes du concile de Florence, mais ce choix
est significatif ; cf. V. Laurent, L'dition p1'inceps des Actes du Concile de Florence
(1577), Orient. Christ. Period. zr, 1955, pp. 165-189,
4. Cf. H. Hopf!, Beitriir;e zur Geschiclzte der Si:rto-K!ementinischen Vulgata,
pp. r r9-r25.
5. Cf. les ddicaces Grgoire XIII qui prcdent l'dition de Cassien (Rome,
D. Basa, r580), f. t 3" et les Homiliae deccm de 8. Jean Chrysostome (Rome, F.
7.:annetti, r581), f. t 3. Une tude complte denait aussi s'intresser la Typographie
orientale mclicenne.
6. Cf. P.-M. Baumgarten, Neue Kunde von alttn Bibeln, t I, Rome 1922, p. ro5.
7. Cf. pour Chacon, :u. Petschenig, CSEL, t. 17, pp. ClX-CX, et pour le S. Ambroise,
C. Schenkl, ibid., t. 32, r, p. LXXVIII, ou O. Faller, t. 73, p. 60*. La critique des
:\Iauristes (P.L. t. 14, c. 18) tait dj trs sYre. On trouyera quelques passages
significatifs comments dans le li\re, assez clceyant du reste, de C. Dejob, De
l'influence du Concile de Trente sur la litthature et les bean:r-arts chez les peuples
catholiques, Paris r884, pp. 06-99.

LE SAIST AUGUSTI:V DE LA TYPOGRAPHIE l'ATICA.VE

205

" obscura explicuimus, manca !'uppleuimus, adiecta reiecinms,


transposita reposuirnus, deprauata emendauimus, omnia demum ut
germanam Ambrosii phrasirn redolerent eiusquc dignitati atque grauitati responderent sedulo curauimus "'
De tels principes nous inquitent, ils inquitaient dj les contemporains 2
On conoit clone leur apprhension lorsque l'diteur aventureux de
S. Ambroise fut proclam souverain pontife sous le nom de Sixte-Quint.
Au dbut il ne se passa rien, on se contenta d'achever les uvres
commences sous Grgoire XIII, par exemple l'dition des Septante qui
parut en r587 ; mais Sixte-Quint se rendit bien vite compte qu'il ne
suffisait pas d'avoir son service des imprimeurs de talent, et il conut
l'ide de fonder une imprimerie officielle, la Typographie Vaticane3,
dont l'installation dans le Palais Apostolique suffisait montrer l'troite
dpendance vis--vis du Saint-Sige. Cette initiative a beaucoup frapp
les esprits, au mme titre que le percement de la Via Giulia ou l'asschement des marais pontins 4 , et naturellement elle a une part d'honneur
dans cette espce de programme en images que sont les fresques de la
Bibliothque Vaticane 5 .
L'ide essentielle de Sixte-Quint tait celle qu'on trouve dj exprime
dans la prface de son Saint Ambroise : il faut lutter contre les hrtiques
qui corrompent les textes, imprimer des ditions dfinitives des Pres
de l'glise, et les diffuser dans tout le monde pour le triomphe de la
religion catholique. Ce programme est longuement dvelopp dans
l'introduction des diffrentes bulles qui traitent de la Typographie 6 , il
trouve une expression lapidaire, pourrait-on dire, dans l'inscription qui
ornait la porte de l'imprimerie :

r. Ddicace du premier tome (1580) Grgoire XIII, f.


3''.
I,es insuffisances de l'dition romaine pour les questions d'authenticit ont
t bien mse8 en lumire par N. I,efne, Opuscu/a, Paris 1614, pp. 316-7. Les principes qui ont dtermin la constitution du texte sont critiqus de faon pntrante
dans un mmoire indit datant de 1580, sur lequel je pense re,enir (Vat. lat. 6207,
ff. 169-17ov).
3. On trouyera la liste des tudes qui lui sont consacres dans V. Peri, Il nume10
dei concili ecumenici nella tradi::ione cattolica moderna, .-levum 37, 1963, p. 454, n. 67;
aucune n'est yrament satisfaisante. On ne dispose pas encore d'Annales de cette
imprimerie pourtant fameuse.
4. La comparaison est fate par le cardinal Sarnano dans la ddicace SxteQunt du premier tome des Opera de S. Bonayenture (1588).
Sur ces grandes
entreprises, on verra Pastor, Gcschiclzte der Ppste, t. ro (1926), p. 419 et ss.
5. Voir l'tude de A. Dupront, Art et contre-rjormr. Les fresques de la Bibliothque
de Sixte-Quint, li1EFR 48, 1931, pp. 282-307. On lit toujours rlans la premire salle
sxtine : Sacram paginam /ex concili trid. praescrpto /quam emendatssimam /
diuulgari curauit et Sanctorum patrum /monumenta typs/fideliter excudenda /
mandaut (V. Forcella, I scrioni delle chiese e d' alt1'i edificii di Roma, t. 6, Rome
1875, n 379-380).
6. Par exemple dans la Lulle Eam semper (Bullarium Romanum, d. Turin, l 863,
t. 8, p. 841) : ad haeretcorum execrables errores detegendos et conculcandos, Yel
ad relgonem latus propagandam locum opportunum patefieri posse ... .
2.

'.206

PIERRE PETITMENGJN
TYPOGRAPHIA VATICAl\A
DIVIXO CONSILIO A SIXTO V. PONT. 111AX.
INS'l'ITVTA AD SANCTORVM
PA'l'RVM OPERA RESTITVENDA
CATHOLICAMQ. RELIGIONEM TOTO
TERRARVM ORBE PROPAGANDAJ\11

C'taient des questions d'argent qui avaient fait chouer l'entreprise


de Paul Manuce. Sixte-Quint, instruit par l'exprience, commence par
assurer une solide base financire sa Typographie. La bulle Eam semper
du 27 avril 15872 institue un cc lVIonte della stampa J>, c'est--dire un de
ces emprunts publics qui ont connu un tel succs Rome la fin du
xvre sicle 3 . La Chambre Apostolique met un emprunt de 20 ooo cus,
qui se subdivise en 200 obligations de roo cus chacune, ou cc luoghi di
monte JJ 4 ; elle confie cette somme l'imprimeur Domenico Basa qui doit
la lui restituer dix ans plus tard, et de plus verser des intrts annuels
gaux 6 % du capital ; la vente des livres de la Typographie Vaticane
constituait la garantie des emprunteurs.
Il y avait un grand avantage prendre Basa pour imprimeur, c'est
qu'il se trouvait dj pied d'uvre ; il lui suffisait de transporter son
atelier au Vatican, et la nouvelle Typographie pouvait commencer
travailler 5 . On n'a pas encore retrouv l'emplacement exact de l'imprimerie vaticane. Certains plans, bien postrieurs il est vrai 6 , me laisseraient
croire qu'elle tait installe dans de petites constructions adosses au
mur de Jules II7. En tout cas, on est sr que le dpt de livres avait t
install dans la cc Nichia in Belvedere JJ, et que l'architecte de la nouvelle
bibliothque, Domenico :Fontana, avait prvu les appartements des
I. M. Pansa, Della libraria Vaticana, Rome 1590, p. 322 (Forcella, op. cil., n 313,
avec une division diffrente des lignes).
2. Elle est publie dans le Bullarium Romanttlll, t. 8, pp. 841-847 ; j'ai trouv la
minute, qui porte de nombreuses corrections (de Sixte-Quint ?), l'A. St. Roma,
I'ondo Camerale III, busta 2080 (Roma. Istituzioni letterarie e scientifiche. Stamperia camerale).
3. Le fonctionnement des c< monti >l est trs bien analys par J. Delumeau, I 'ie
co1iomique et sociale de Rome dans la seconde moiti du XVI 0 sicle, t. 2, Paris 1959,
pp. 784-788. Il est dommage que cet auteur, qui tudie les seize monti institus
par Sixte-Quint ne dise pratiquement rien du ntre (ibid., p. 810).
4. P.-~:L Baumgarten, Neue Kunde von alten Bibeln, t. I, Rome 1922, p. 106,
publie certains actes concernant la vente de ces luoghi.
5. Il n'y a aucune diffrence de typographie entre le cinquime tome de" S. Ambroise" imprim C< in officina D. Basae (1585) et le sixime, C< ex Typographia
Vaticana (1587). Sur Basa, on Yerra maintenant l'article de A. Cioni dans le
Di.sion. Biogr. degli Italiani, t. 7, Rome 1965, pp. 45-49.
6. Ils sont contenus dans le recueil ABV, t. 9, ct d'une histoire de la Typographie Vaticane faite par S.E. Assemani en 1738.
7. Dans les comptes de la Typographie (A. St. Roma, F. Camerale III, b. 2080,
Copia dei chirografi, f. 3'), on parle de la spesa fatta da lui (Basa) in restaurar le
casette doue si esercita la detta stampa .

LE SAINT A UGUSTLV DE LA TYPOGRAPHIE l"ATJCAXE

207

correctores juste en dessous du cc Salone sistino ,,, c'est--dire l'emplacement de l'actuelle salle de lecture 1 .
Ce fait rappelle opportunment qu'il existait une troite collaboration
entre la Bibliothque rorganise et l'Imprimerie nouvellement cre :
c'est la premire qui devait alirnenter la seconcle 2 . Pourtant Sixte-Quint
institue une administration distincte pour la Typographie : dans sa bulle
Aeterna mtmensi Dei du 22 janvier 1588, qui rorganise les dicastres
romains, il institue une congrgation cc pro Typographia Vaticana deputata ,, 3 , la quatorzime, qui groupe cinq cardinaux, le bibliothcaire
Antonio Carafa (t 1591), Franois de Joyeuse (t 1615), Costantino Sarnano
(t 1595), Scipione Gonzaga (t 1593) et Benedetto Giustiniani (t 1620).
C'est un organisme de dcision ; le vrai travail sera effectu par un
collge de correcteurs, dont la bulle prcise qu'ils doivent tre trs savants,
bien connatre les langues, et provenir de tous les pays chrtiens. Nous
avons conserv diffrentes demandes adresses des nonces ou des
Universits catholiques, on y trouve numres les qualits exceptionnelles
que devaient possder les correcteurs, et aussi les avantages exceptionnels
qui les attendaient 4 . Le Collge devait compter huit membres : deux
Italiens, deux Allemands, deux Franais et deux Espagnols. Nous n'en
avons malheureusement identifi qu'un seul, le thologien belge Henri
Gravius, envoy par l'Universit de Louvain 5 .
Le travail des correcteurs tait soumis aux cardinaux, et en cas de
difficult majeure, ceux-ci devaient recourir au Pape, qui n'hsitait pas
statuer sur des problmes de critique textuelle :

" Si quae vero graviores dubitationes et difficultates in veterum


codicum auctoritate, librorum correctione et emendatione inciderint
(relms prius in Congregatione examinatis) ad Nos referant, ut in
Jectionum varietate id quod orthodoxae veritati maxime consonum
erit ex speciali Dei privilegio huic Sanctae Sedi concesso statuamus "'
Un texte ainsi fix par le Pape lui-mme ne pouvait tre qu'un texte
parfait, et il n'y avait aucune raison d'envisager la moindre modification.
I. Cf. mes Recherches sur l' organisation de la Bibliothque l" atica11e .. ., 111 EFR 75,
r963, pp. 581 et 585.
2. C'est ce que pensaient les contemporains (cf. l\I. Pansa, op. cil., p. 321 : la
correction a lieu ci per 111ezzo dei loro originali, de quali la maggior parte si conseruano
nella Libraria )et ce qu'affirment d'ailleurs les textes officiels (Bulle Aeterna numensi,
cite la n. snfr. : ... ex nobili et optimis libris referta Pontificia Vaticana bibliotheca ).
3. Le paragraphe qui la concerne se trouye clans le Bull. Romanwn, t. 8, p. 996 ;
il est reproduit clans Urba, Beitrage .. ., pp. 4-5.
4. I,es textes sont commodment groups dans V. Peri. Due protagonisti del!'
editio romana dei concili ecumenici: Pietro J11orin ed Antonio d'Aquino, 111langes
E. Tisserant, t. 7. (St. e T. 237, 1964), pp. 146-7.
5. Latini crit Pinelli le 7 septembre 159 r : "Il Ganio theologo Louaniense uenne
per il loco de la libraria Vaticana per complir per uno il numero de li nrr. a ci
deputato (Ambras. D. 169 inf., f. 295r). Sur Gra\"ns, on n~rraplusloin p. 215, 11. 6.
6. Bulle Aetenza numensi, dans Urba, op. cil., p. 5.

208

Pl ERRE PETJTM E,\'GJX

Les autorits ecclsiastiques recevaient donc l'ordre de n'autoriser que


des rimpressions<< ad Vaticanae impressionis praescriptum ac normam ))1,
et l'index de 1590 ne permet l'usage d'ditions antrieures que jusqu'au
moment o la Typographie Vaticane aura produit les siennes, dfinitives 2
C'est clone un systme admirablement cohrent qu'avait conu le
Souverain Pontife pour liminer toute infiltration de l'hrsie dans les
esprits catholiques ; la seule question tait de savoir s'il tait possible
de le mettre en pratique, et notamment de raliser ces ditions parfaites.
Or il faut bien dire que les rsultats furent assez dcevants. On commena une dition de S. Grgoire le Grand, dont les principes rappellent
dangereusement ceux du S. Ambroise 3 , et une autre de S. Bonaventure,
plus satisfaisante semble-t-il. L'effort principal porta sur la Vulgate 4 :
comme on sait, la commission prside par le cardinal Carafa fournit
un travail de premier ordre, qui fut ensuite revu et << corrig }} par SixteQuint lui-mme en vertu de principes contestables. La Bible sixtine parut
en 1590, mais sa vente fut stoppe immdiatement aprs la mort du
pontife, survenue le 27 aot de cette anne.
Pendant deux ans les principaux rudits romains vont tre occups
revoir le texte de la Vulgate, jusqu' ce que paraisse l'dition << sixtoclmentine }}. On achve pniblement d'imprimer le Saint Grgoire 5 ;
la Typographie Vaticane sommeille au point que Baronio lui retire ses
Annales Ecclesiastici pour les donner la petite imprimerie des Oratoriens.
Une nouvelle vie commence pour la Typographie lorsque Clment VIII
cre, par la bulle Inter grauissimas quas du 20 aot 1593, six postes de
<< Correctores Bibliothecae et Typographiae }} auxquels il assure une excellente situation conomique6. Les titulaires dpendent la fois du Cardinal
Bibliothcaire, en l'occurence Marco-Antonio Colonna (jusqu'en 1597),
puis Cesare Baronio (1597-1607), et de la congrgation<< pro Typographia
\'aticana }}. La composition exacte de cette commission ne nous est pas
connue ; tout au plus peut-on affirmer que les cardinaux William
Allen, Federico Borromeo, Francisco Toledo, Agostino Valier et Enrico

r. Id., ibid. On peut rapprocher les ordres donns par Sixte-Quint en tte du
sixime tome du S. Ambroise (cits clans H. Quentin, J1fmoire ... , p. 18r).
2. Cf. Reusch, Die Indices, p. 454 il est yrai que l'index n'interdit expressment
que les ditions, ou plutt les versiones >l, faites ab haeresiarchis Yel etiam ab
haereticis >l.
3. J,'diteur, Pietro Ridolfi, vque de Venosa, s'exprime ainsi dans l'.cl.rgumentu111
in omncs libros .. ., quo eorum ordo correctionisque ratio exponitur, t. I, r588, p. r57 :
quaedam enim superuacanea, falsoque acliecta praeciclimus ; quaedam, quae
deerant, suppleuimus, alia Yero menclose mutata ac reiecta restituimus, etc. .
4. On se reportera aux tudes trs dtailles de Hopf!, Beitrgc, pp. r28-r58 et
de Quentin, i'vlmoire .. ., pp. 170-192.
5. Basa dit fort discrtement dans la ddicace cln t. 4 (r59r), f. $z'": opus ... nonnihil oh tcmporis difficultatem intcrmissum >).
6. Bullarium Romanum, t. ro, pp. Sr-3. Le texte est cit et abondamment comment par P.-:.\L Baumgarten, Ncue Kunde von alten Bibeln, t. I, p. 135 et ss.

LE SAINT AUGUSTIN DE LA TYPOGRAPHIE VATICANE

209

Caetani en ont fait partie dans les annes 1593-1596 1 , et entre 1604 et
1606, les cardinaux Jacques Davy Du Perron, Robert Bellarmin, Pompeo
Arigone et Bartolomeo Cesi 2 . Par contre partir de nombreux documents,
brefs de nomination, rles de la famille pontificale, mandats de paiement,
etc., il est possible de reconstituer un tableau d'effectifs presque complet3
pour le collge des correctores V aticani (\-oir le tableau pp. 210-2n) ; un
simple coup cl' il permet de voir que le recrutement a t vraiment international : les Espagnols qui jouaient un rle prpondrant vers 1580
ont cd leur place aux Franais et, dans une certaine mesure, aux Grecs.
Un autre changement, presque aussi important, c'est que l'imprimeur
Domenico Basa, entran dans la faillite de la banque Ubertini, rompt
son contrat dans l't 1595 Il aurait d verser 35 ooo cus la Chambre
Apostolique 4 , mais il russit en dfalquer de grosses sommes5 et
ramener sa dette I I ooo cus, qu'il paya en offrant la Camera tout son
stock de livres. Un chirographe du 13 janvier 1596 6 rorganise les finances
de la Typographie, qui passent sous le contrle direct de la Chambre
apostolique ; celle-ci nomme un comptable, Hermes Cavaletti, un garde
du magasin des livres, Gian Francesco Olignano, et un imprimeur qui
n'est autre que Basa lui-mme, en qui le Pape avait toute confiance.

r. Cf. les indications donnes clans la correspondance de P. l\lorin, Opuscula et


cpistolae, Paris r675, pp. 3r5-6, 337, 346. On remarquera que les membres nomms
par Sixte-Quint ont, semble-t-il, quitt leurs fonctions. Allen meurt le r6 octobre
r594, Borromeo est nomm le 24 avril r595 archevque de J'.Iilan, F. Toledo qui lui
succde la sous-commission des conciles (Peri, Il numero dei concili ... , p. 456)
meurt le r4 septembre 1596.
2. Une note du Vat. lat. 4992, f. r3zv (Urba, Beitrage, p. 25) nous apprend qu'une
congrgation a runi ces cardinaux chez le card. Baronio (terminus ante quem,
l'lection de Du Perron au cardinalat le r7 septembre 1603, post quem: sa nomination
l'archevch de Sens: 9 octobre r6o6). En 1602, Baronio, Arigone et Cesi faisaient
en tout cas partie de la congrgation: cf. un ordre sign d'eux datant du 23 novembre
1602 (ASV, Brevi, t. 328, f. 45)
3. Il reste encore quelques obscurits, que la dcouverte d'autres documents
denait claircir. Les brefs de nomination out t retrouvs dans les archiYes de la
Segretaria dei Brevi par Mme Bignami Odier, qui a bien voulu me faire profiter de
ses dcouvertes.
4. I,es 20 ooo cus du monte >), plus r 2 ooo d'intrt, plus 3 ooo autres qu'il
avait encore emprunts.
5. Certaines raisons valent d'tre cites, car elles montrent bien pourquoi la
Stamperia Vaticana ne pouvait fonctionner comme une imprimerie normale: pretendendo il detto Basa che si habbi da difalcar et far' buono grossa somma de denari
per il prezzo delle bibie legate in uarii modi mandate a donar dalla santa memoria
de Sisto Quinto .. ., il prezzo di fogli rifatti delle opere de S. Gregorio e S. Bonanntura,
et per l'interessi patiti per causa della tardanza delle copie corrette delle dui opere ...
(A. St. Roma, Fondo Camerale III, busta 2080, Copia dei Chirografi, f. 3v-4r).
6. A. St. Roma, mme dossier, Copia dei Clvirografi, f. I et ss. Ce dossier, trs
important pour la Typographie Vaticane, a t utilis jadis par .A. Bertolotti,
Le Tipografie orientali e gli orientalisti a Roma nei secoli XT'I et XVII, Rfrista
Europea 9, 1878, pp. 2r7-268, mais on semble l'aYoir un peu oubli depuis.

11

PIERRE PETITMENGIN

210

LES EFFECTIFS DE
P. ADMINISTRATIF
Dates
Imprimeur

garde-magasin

l\IORIK'

D. BASA

1593

secrtaire
BANDINI 6

VOSSIUS'
1

BRESSIEN'

1594

1595
D. BASA 1

1596

OLIGNAN0 1

1597

B. BASA'

I598

LRENZINI"

1599

BANDIN1 3

1600
1601
i602
UGONI0 16

r603

1604

Giu. S.

1605

MAU RA

1606
1607

1608 IV

BAKDIJ\Tf

UGONIO

BANDINI

Giu.

S. MAUR

1609

LORENZINI 4

1610

BANDINI 4

1
J.

Cf. le chirographe du 13 janvier 1596, cit p. 209.

z. Bernardo Basa est d'abord nomm avec Luigi Zauetti par chirographe du 27
novembre 1596, mais Zanetti se retire, et il reste seul (chirographe du 29 novembre
1596) ; cf. A. St. Roma, Foudo Camerale III, b. 2080, Copia dti Chirografi, if. 7-8.
3. Cf. le registra dei mandati 1599-1600 (A. St. Roma, mme dossier) la date dn
24 mai 1599 (f. 15v).

LE SAIST AUGUSTIN DE LA TYPOGRAPHIE VATICANE

2rr

IPOGRAPHIE VATICANE

PERSONNEL SCIENTIFIQUE
correcteurs

1
ROCCA"

MEZI0 5

LAMATA 6

CIPRIANI"

AURY'
1
MANUCE 10

TROIANI'

'

11

AGEI,LIO 1 "

SPONDE 13
CAROFILO 1 5
BO NAFE

l'lUAi\1 14

PROVOST 18
!
1

AGEI,I,IO

CAROFIT,O

PRIAM

PROVOST

'tROIANI

+ Cf. les imentaires faits en r6ro lors de la cession de la Typograple Vaticane


Geremia Guelfi : celui du matriel par C. Lorenzini et celui des livres par Bandini
(r r mai r6ro) : A. St. Roma, mme dossier.
5. Pierre Morin, corrector sen secretarius Typographiae Vaticanae jusqu' sa
mort, survenue le 8 novembre 1603; cf. V. Peri, Due protagonisti (cit p. 207, n. 4),
pp. 148-151.
Suite des notes la p. 2 r 2

212

PIERRE PETITMENGLV

Suite dr s noies

6. Correcteur nomm par lu. bulle Inter graitissimas quas du 20 aoftt 1593 ; cf.
p. 208, n. 6.
7. Maurice Bressieu, clerc du diocse de Grenoble, nomm le 19 no\embrc 1593 en
remplacement de Grard Vossius, dmissionnaire (ASV, Segretaria clei Brevi, t. 209,
f. 12)).
8. Christophe Auty, nomm le 8 novembre 1594 dans un poste nouveau cr
pour lui (ASV, Brevi, t. 227, f. 15 ; supplique au f. 16) ; sur lui, voir p. 218, n. 8.
9. Giovanni Domenico Troiani supple Bressieu, souvent parti en !<'rance, et on
finit par lui crer un poste stable de scriptor supranumerarius (Morin, Opuscula et
epistolae, p. 338) ; cf. Baumgarten, Neue Kunde von alten Bibeln, t. I, pp. 139 et 148.
r o. Alde Manuce le jeune, nomm en remplacement d' Angelo Rocca le 18 mai 15<J5
(ASV, Brevi, t. 227, f. 163).
l r. Cipriani apparat pour la dernire fois dans les Ruoli en mai 1596 (Peri, Due
protagonisti, p. 230) ; j'ai suppos qu'ensuite le poste n'a plus t pourvu.
12. Antonio Agellio nomm le ler mars 1599, d'aprs Baumgarten, op. cit., t. 1,
p. r48. Comme il porte parfois dans les documents le titre de soprastante alla
stampa , j'ai suppos qu'il anlit recueilli la succession, assez honorifique, d' Alde
lVIanuce.
13. Henri de Sponde, clerc du diocse d'loron, nomm le 15 juin r601 en remplacement de C. Aury, dcd (ASV, Brevi, t. 309, f. 259) ; on verra sur lui infra
p. 219, n. 4.
14. Jean Priam nomm le 7 octobre 1602 en remplacement de Francisco Lamata,
parti pour Saragosse (ASV, Ilrevi, t. y26, f. 87).
15. En remplacement de Federico lVIezio, devenu \que de Termoli, on a nomm
par brefs du 5 dcembre 1602 (ASV, Brevi, t. 328, ff. 42 et 44) deux correcteurs qui
se partagent son traitement : Giovanni Matteo Carofilo " greco reoit les 8 scudi al
mese , et Giovanni Bonafde (Bonaf), clerc du diocse de Zante, la parte di
palazzo .
16. Pompeo Ugonio, nomm en remplacement de .l\Iorin le 22 novembre 1603
(Vat. lat. 14475, f. 45, original ; ASV, Brevi, t. 339, f. 378, minute).
17. D'aprs Baumgarten, op. cit., p. r39, Bressieu repart dfinitivement en France
en r 604, et Giulio Cesare Santa JI.Laura lui succde ; celui-ci en tout cas tait en
fonction en 1605 puisqu'un bref lui permet d'ajouter son poste de correcteur celui
de scrittore grec, qu'avait son pre Giovanni Santa Ilfaura (ASV, Brevi, t. 353, f. 310,
sans doute du 13 janvier 1605).
18. Jean Provost, clerc du diocse de Bordeaux, nomm le 31 aoflt 1606 en remplacement de Sponde (ASV, t. 411, f. l).
rg. Tous les personnages figurant sur cette ligne sont nomms dans le rapport
Torres , de mai 1608, cf. infra, p. 222, n. 3.

LE SAINT AUGUSTIN DE LA TYPOGRAPHIE VATICANE

213

Dsormais la Typographie Vaticane n'est plus une entreprise commerciale vivante, mais une organisation bureaucratique, un des services
de la Curie. Peu importe qu'en 1599 ce soit un savant de talent, Giovanni
Battista Bandini1 , qui en assure la direction administrative. Le malheureux
s'puise rdiger des inventaires, des prises en compte, des mandats
de paiement ... En 1596, simple correcteur, il n'avait pas hsit protester
contre le monopole de la Typographie en matire de livres religieux, qu'il
estimait injuste et nfaste 2 ; devenu directeur des ventes, il s'efforcera
d'assurer la plus large diffusion aux livres de son imprimerie, et essaiera
notamment de conclure des accords avec les Moretus, pour qu'ils reproduisent Anvers les principales publications romaines 3 : peine perdue
pour la simple raison que, au moins jusqu'en 1608, presque rien ne sort
de la lourde machine administrative qu'est devenue la Typographie.
Le cas des ditions patristiques permet de saisir l'cart entre les projets
ambitieux et les ralisations des plus modestes. Nous avons la chance
d'avoir conserv une sorte de programme dans une lettre que le secrtaire
de la Typographie, Pierre Morin, adressa en 1593 un de ses suprieurs,
le cardinal Federico Borromeo4 . Aprs avoir dress un rapide bilan de
la production patristique (o, comme de juste, il rserve la plus belle
part aux savants romains), il envisage les domaines explorer. Supersunt... praeclari aliquot scriptores excudendi Graece, SS. Athanasius,
Gregorius Nyssenus, Ioannes Chrysostomus, item Theodoritus et Origenis
octo libri ad versus Celsum ... )). Tous ces auteurs seront publis dans la premire moiti du xvrre sicle, mais en Allemagne, en France, ou en Angleterre5; il ne semble pas qu'on ait entrepris au Yatican ne serait-ce que des
travaux prparatoires une dition 6 .

r. Sur ce patristicien et liturgiste distingu, on peut voir l'article de P. Prodi dans


le Di::ion. Biogr. degli Italiani, t. 6, Rome r963, pp. 7r3-7r4; une tude d'ensemble
serait souhaitable.
2. Voir son mmoire publi par G. J'vfercati dans l'article Veccl!'i lamenti contra il
monopolio de' libri ecclesiastici, specie liturgici, Opere minori, t. z (St. e T. 77, r937),
pp. 482-489. J'ai retrouv dans l'ASV (fondo Borghese IV, 224, f. rr7) la supplique
des imprimeurs vnitiens ruins par le monopole, qui a suscit les protestations de
Bandini.
3. On trouvera une lettre de Bandini et la rponse de Moretus (zg juillet - 3 septembre r603) dans A.C. de Schrevel, Documents pou1' servir la biographie de Lucas
de Bruges, Annales Soc. Enml ... de Bruges. 38, r889, pp. 263-6 ; quelques autres
lettres, chelonnes entre r604 et 16r4, dans le Vat. lat. 62or, ff. 224-243.
4. Publie d'abord dans les Opuscula et epistolae, pp. 315-6, elle a t reproduite
par Urba, Beitriige ... , pp. 8-9 et partiellement commente par G. Mercati, Opere
minori, t. 3 (St. e T. 78, r937), p. 2r9, n. z.
5. Athanase est dit par P. Felckmann (Heidelberg, Commelin, r6oo), le Contre
Celse par D. Hoeschel (Augsbourg, D. Franck, r605), S. Jean Chrysostome par
S:n-ile (Eton, Norton, r6rz) et par Fronton du Dnc (Paris, C. :Morel, r6og A. Estienne, r624), Grgoire de Nysse par F. Morel et d'autres rudits (Paris,
C. Morel,16r5), enfin Thodoret de Cyr par Sirmond (Paris, S. et G. Cramoisy, r642).
6, Voir pourtant infra p. 222, n. r pour S. Athanase,

PIERRE PETTTMENGTN

Il y a par contre des publications qui sont dj en chantier. << Biblia


Hebraica et volumina Conciliorum restant, quae ab Amplitudine Vestra
Illustrissima ad felicem exitum, iuvante Deo, perducentur et S. Augustinus
cuius parandi provincia11i Illustrissimus D. Cardinalis Alanus sitscepit,
ac S. Hilarius quem Bandinus habet paratum, et S. Leo quem adornaturus
est Gerardus Vossius )). Hlas, on abandonne vite la rvision de la bible
hbraque, qu'on avait commence ds 15911 ; Bandini a bien un dossier
tout prt sur S. Hilaire
de fait il existe encore aujourd'hui 2 - , mais
il n'en publie rien ; quant au S. Lon de Vossius, aprs avoir dfray la
chronique de l'Europe savante, il se perd lui-aussi dans les sables 3 . Enfin,
des deux entreprises officielles, patronnes par un cardinal, une seule
aboutira, l'dition des Conciles cumniques (1608-1612), sauve in
extremis par l'nergie de Bellarmin et d' Antonio d' Aquino 4 ; il nous faut
voir maintenant pourquoi les correctores Romani n'arrivrent jamais
terminer leur S. Ai1gustin.

II. LE SAINT AUGUSTIN DE LA TYPOGRAPHIE VATICANE.


La publication de l'dition des Lovanistes marque sans contredit
une date, mais on commettrait une erreur d'apprciation en croyant que
tout s'est alors arrt pour cent ans, jusqu'aux :M:auristes. Les recherches
et les dcouvertes, continuent aprs 1577 En France une rdition de
l'dition Plantin, parue Paris en 1586, apporte onze sermons indits,
tirs d'un manuscrit de la Grande Chartreuse5. C'est, semble-t-il, Nicolas
Le Fvre (un rudit dont nous reparlerons souvent) qui les avait dcouverts, et Pierre Pithou qui s'tait charg de la publication 6 . A Naples, un
moine olivtain, Alessandro Archirota, projette vers 1580 de reconstituer
r. Cf. J .-?\I. Voste, De revisione bibliae hebracae iit:rla iotum conci!ii Tridentini,
Angelicum 18, 1941, pp. 387-394.
2. Il s'agit d'une dition conserve la Vaticane (Raccolta Prima II. 20), dans
les marges de laquelle il a not les yariantes du manuscrit de S. Pierre de Rome.
3. Bonne tude dans C.T.G. Schonemann, Bibliotheca historico-liternria patrum
latinoruin, t. II, Leipzig 1794, pp. 889-890 (on tronyerait aussi quelques dtails
dans une lettre de Vossius au cardinal F. Borromeo, du 2 l aot 1604; A mbros. G. 257

f. 2II).
Cf. V. Peri, Il numero dei concili (cit supra p. 205, n. 3), pp. 459-460.
5. Cf. C. I<ambot, Le catalogue de Possidius et la collection cartlwsienne des sermons
de S. Augustin, Rev. Bn. 60, 1950, pp. 3-7.
6. Suppositions d'A. \Vilmart, La collection des trente huit homlies latines de Saint
Jean Chrysostome, Journ. Theol. Siudies 19, 1917-8, p. 312, n. r, et r1e C. Lambot,
rrrl. citf, p. 4, n. 2.
llf.,

LE SAil'lT AUGUSTIN DE LA TYPOGRAPHIE T'ATICANE

215

une Bible tire mot mot de toutes les uvres d'Augustin ))1 ; il envoie
des chantillons de son travail Rome et russit intresser le cardinal
Sirleto ce projet d'une Biblia Aug1~stiniana 2 : elle ne vit jamais le jour,
peut-tre parce que le Vetus Testamentmn secundum Septuaginta latine
reddit1mz (r588) de Flaminio Nobi1i 3 lui avait coup l'herbe sous les pieds
en utilisant dj beaucoup de textes augustiniens.
A Rome, on donne des ditions courantes, en format de poche, des
uvres les plus lues 4 , mais on ne se limite pas l ; on conoit le projet
de publier la Typographie Vaticane non pas une simple rimpression
de l'dition Plantin, mais un nouveau texte, tabli sur de nouveaux frais.
Le P. de Ghellinck attribue cette initiative Sixte-Quint. C'est possible,
probable mme, car l'autre grande dition de la Stamperia Vaticana,
celle des Conciles, a t commence sur son ordre 5 ; de plus, parmi les
correctores qui arrivent Rome en r590-r, il y a l'un des diteurs Lovanistes, Henri Gravius, et nous avons conserv des notes critiques qu'il
avait rdiges pour amliorer son texte des Lettres 6 Toutefois les premiers
documents explicites que nous connaissions datent de r593, donc du
pontificat de Clment VIII.
On consulta alors quelques savants de renomme internationale, non
pour les prier de rechercher des manuscrits, comme on avait fait une
Yingtaine d'annes plus tot pour l'dition du Dcret de Gratien 7 , mais

2020, f. 454. (mmoire adress au Card. Sirleto).


On trotl\"era une bonne mise au point dans Hpfl, Beitrctge .. ., p. r27, n. 3.
3. Description bibliographique de l'ounage dans Giorgetti Vichi, Annali ...
(cit p. 202, n. 4), p. II5. Il vaudrait sans: doute la peine de tirer de l'oubli
Fl. Nobili, lointain prcurseur de P. Sabatier et des moines de Beuron ; notons toutefois que ce qui l'intresse aYant tout, c'est le texte grec qn'on peut reconstituer
partir des tmoignages latins : ses notes feraient penser 1' apparat des Gttinger
Septuaginta ; plutt qu' celui de la Vetus Latina 1;. P. Chacon, autre spcialiste des yersions pr-hironymiennes, s'est lui-aussi intress au texte biblique
cl' Augustin ; on a de lui des remarques sur les citations des Locutiones in Heptalcuchum (RegiH. lat. 299, f. 140).
4. Par exemple l'dition des Confessions parue Rome en 1589 ex officina Iacobi
Tornerii ; la prface du typographe fait preuve d'une certaine ingnuit en matire
de critique textuelle.
5. Cf. C. J,eonardi, Pei una storia dell'edi~ione romana dei concili ecu111enici (16081612): da Antonio Agustn a Francesco Ad11arte, JY!langes Tisserant t. 6 (St. e T. 236,
1964), pp. 602 et 630.
6. Il s'agit des A nnotationes et castigationes doctoris Lovaniensis H emici Grauii
in zm Tornum opermn D. A ugitstini, Re gin. Lat. 299, fL 144-146. Sur le personnage
on pourra voir les articles, assez dcevants pour notre propos, de r~. Ceyssens,

r. Reg. lat.

2.

Hendrik van Grave ( Gravius), (1536-1591), pro/essor te Leuven, prefect van de Vatikaanse bibliotheeh .. ., Meded. Nederlands Hist. lnst. te Ronze, rue S., t. IO, r959, pp. 227234, et de F. Claeys Bouuaert, Un thologien belge du. XVIe sicle, Henri Gravius,
Rev. Hist. Eccl. 57, r962, pp. 863-871 (sur Je destin de ses livres, on verra infra
p. 219, n. 6 et p. 222, n. 5).
7. Voir l'article trs instructif de \V. Schelhass, Wissenschaftliche Forschmigen
1mter Gregor XIII fr die Neuausgabe des gratianischen Dekrets, Papsttum 1md
J<aisntum (l\Ilanges l', Kelir), ::\fonich r926, pp. 574 et ss,

2r6

PIERRE PETITMENGIN

pour leur demander toutes suggestions utiles. Le jsuite Jrme Torres,


auteur d'une Confessio Augustiniana parue en 1567 Dillingen, se montre
un peu surpris de la question, et se contente d'expliquer les difficults
qu'il a rencontres en rdigeant son livre. La principale tait de sparer
les uvres authentiques et les apocryphes. L'explication de certains
passages faisait, elle aussi, problme :
" Exhibuerunt denique negocium aliquod loca nonnulla quae in
operibus Augustini videbantur vel obscura vel suspecta et ab haereticis
aduersus orthodoxos citata ; quibus accedebant scholia Erasmica ad
latus paginae adscripta. Ad haec omnia diiudicanda et corrigenda
plura suppetunt presidia Romanis patribus quam mihi, imo quam
aliis quantumuis doctis uiris, etiam iis qui Louanii opera Augustini
fidelissime et accuratissime non ita pridem ediderunt. Hanc oh causam,
ni fallor, videtur Summus Pontif ex etiam post editionem Louaniensum
iussisse ut Romae opera Augustini ederentur, scilicet quia Romae (ut
verisimile est) extant Augustini opera manuscripta et etiam excusa
plura et uetustiora ideoque magis integra et incorrupta quam alibi.
Ex quo fit ut omnes difficultates propositae tolli possint... et quae
nunc extant vulgates editiones facilius corrigantur : nempe facilius
intelligetur qui sint libri gennani Augustini, qui non sint, et quae
sint certiores lectiones in variis Augustini lods 1.
On peroit la gne du Jsuite qui ne veut pas blmer une entreprise
dcide par le Pape, mais se demande si elle sera vraiment utile aprs
l'dition des Lovanistes; il s'en tire par un hommage aux bibliothques
romaines, et par un appel respecter le texte des '' vieux exemplaires J>.
Thomas Stapleton, professeur Louvain et controversiste fameux 1' poque, insiste sur la ncessit d'accompagner de commentaires thologiques
certains ouvrages difficiles, en particulier le de correptione et gratia " qui
lui seul a profondment troubl les glises franaises JJ, le de praedestinatione sanctoru.m et le de bono persiterantiae 2 . Enfin le P. Sa, le troisime
consulteur dont nous ayons une rponse, envoie une tude sur l'authenticit de quelques uvres, et un choix de corrections 3
lVIunis de ces viatiques, les rudits romains pouvaient commencer. Les
lettres de P. lVIorin et ce que nous savons des autres commissions romaines
nous permettent de reconstituer grosso modo le droulement du travail.

r. Regin. lat. 299, f. l36r; lettre date de Ratisbonne, 30 mars 1593.


2. Re gin. lat. 299, f. l 35r, extrait d'une lettre adresse ad J>rouincialem Flandriae
P. Oliuarium . L'criture est celle du P. Sirmond, qui a sjourn Rome de 1590
1607 ; malheureusement aucun autre document ne nous permet de prciser le

rle que le grand sayant a pu jouer clans l'dition de S. Augustin.


3. Il s'agit de De opei-ibus aliquot D. Augustino adscriptis censura (t. r, 3-4,
6-ro de l'dition Frohen) et de Correctiones Operuin Auguslini impressorum a
F1'0bcnio (t. 1-4 et 6-ro) : Regin. lat. 299, ff. 137-143 ; une note au f. r4]'" Censura
in opera D. Augustini P. Emmanuelis Sa se rapporte trs naisemblablement ces
feuillets, c'est en tout cas ce qu'ont cru les :iifauristes (Dom \Vilmart, Codices Rer;inenses Latini 251-500, Cit du Vatican 1945, p. 139, dit prudemment : f. q7, de
cuius proprietate non satis claret >J).

LE SAI,VT AUGUSTIN DE LA TYPOGRAPHIE T'ATICANE

2r7

La Congrgation des cardinaux ne se runissait qu'exceptionnellement,


s'il fallait trancher un problme grave1 ; en principe elle dlguait ses
pouvoirs un de ses membres, qui fut cl' abord le cardinal Allen (t i594) 2 ,
puis le cardinal de Vrone, Agostino Valier (t r6o6) 3 , peut-tre aussi le
cardinal du Perron. Naturellement un illustrissime prlat n'entrait pas
clans le dtail des problmes matriels, et ceux-ci retombaient sur le
Secrtaire de la Typographie, P. Morin. Si l'on en juge par les efforts
qu'il dt dployer pour fournir aux correctores leur instrument de travail,
une simple dition de S. Augustin 4 , il ne semble pas que cette tche ait
t une sincure. Aucun procs-verbal ne nous est parvenu, et pour
cause : l'dition n'a jamais atteint le stade o il aurait fallu discuter et
dcider le choix d'une leon 5 . Les rudits se sont contents de collationner,
chacun suivant sa mthode, un ou deux tomes de l'dition de Louvain
avec les manuscrits qu'ils trouvaient la Vaticane ; le fruit de leurs
labeurs est rassembl dans les V aticani latini 499r et 4992.
Le grand mrite de C.F. lJrba est d'avoir identifi presque tous les
manuscrits utiliss par les correctores Romani. Profitant de 1' exprience
du Prfet de la Vaticane, le P. Ehrle 6 , il a bien vu que les cotes indiques
clans les collations sont soit les anciennes, celles du catalogue de Ruano 7,
soit les nouvelles, celles qui sont aujourd'hui en usage. Toutefois la rorganisation de la Vaticane, consquence de son transfert dans le btiment
de Sixte-Quint, a t plus complexe que ne le croyait Urba. Jusque vers
1612, la bibliothque a t coupe en deux, une partie ouverte au public,
et l'autre cc secrte J>, sufrant la tradition mclivale 8 . Tous les manuscrits

r. Par exemple lorsqu'on fixa les manuscrits du de Ci vitale Dei qui seraient choisis
pour tre collationns: cf. Vat. lat. 4992, f. 132' (Urba, Bcitriige .. ., p. 56).
2. Cf. la lettre de ::\forin an cardinal Borromeo reproduite supra p. zq.
3. Cf. l\iorin, Opuscula et epistolae, p. 337 : apucl Illustrissimum Dominum Carclinalem Veronae, qui Yestri sacri con ventus in praesentia Princeps est, ac sententia
Yestra huic eclitioni praefectns (lettre au carc1. Caetani, de 1595), et la note, au dbut
d'un feuillet de collations : ex mandato clni Cardinalis Veronensis cl. 1Iarinus
i Ranaldi!, custos bibliothecae, mihi cledit quartum tomum operum d. Augustini
inquinatum et contaminatum die lunae 25. J ulii r 597 (Vat. lat. 4991, f. 403r). On se
souyient que c'est chez le carrlinal Valier lui-mme, au Palais de Venise, qu'est
cens se drouler son dialogue Philippus siue De Laetitia Christiana, si caractristique
de l'poque ; cf. A. Dnpront, Autour de Saint Filippo 1\Teri . de l'optimisme chrtien,
JIEFR 49, 1932, pp. 219-259.
+ Il s'agit de la rdition lyonnaise de l'dition lo\aniste, parue en 1586 apm1
Ioannem Quaclratum >l. Urba, op. cil. pp. 18-21, raconte agrablement l'affaire,
mais il se trompe sans cloute en disant que la Bibliothque Vaticane ne possdait
pas l'dition cle Plantin; ce que voulaient les scholastici, c'tait un exemplaire eux,
pour y porter leurs collations.
5. Cf. H. Quentin, J1frmofre .. ., pp. 166-168.
6. I./article fondamental du P.F. Ehrle, Zur Gescltichte dn Katalogisierung da
l"atikana, Rist. ]ahrbuclt, rr, 1890. pp. 718-727 est paru un an aprs le tra\ail
cl'Urba, qui l'a peut-tre suscit.
7. Cf. supra p. 201, n. 2.
8. Voir mes Recherches sur l'orr;a-nisation de la Bibliothque !' aticane, 111EF R 75,
1963, spcialement pp. 587-600.

'.2I8

PIERRE PETITMENGJN

que recense Urba sont compris entre les Vat. lat. 250 et I3I9 ; ils se trouvaient donc dans la bibliothque publique, qui comprenait les 2490 premiers
numros. Il aurait t extraordinaire qu'il n'y et pas de S. Augustin
dans la partie secrte : de fait un correcteur plus curieux que les autres,
ou mieux vu des employs, a finalement accs ce domaine rserv et
dcouvre pour les six livres contre Julien << aliud exemplar eiusdem operis
in codice non compacto, qui est in ultima camera secreta bibliothecae
Vatic. in armario viciniori fenestrae ultimae laeua manu cum ingrederis.
Estque in Indice eiusdem Camerae notatus num. 97 )) 1 . En se reportant
au plan que nous avons publi ailleurs 2 , on voit que cette indication dsigne
trs clairement un manuscrit de l'Armoire des livres du Cardinal Carafa,
qui malheureusement semble avoir disparu, lorsqu'on a intgr le contenu
de la << Secreta >> dans le fonds gnral.
La bibliothque publique a, elle-aussi, t rorganise vers r6I2 ;
par suite d'un dmnagement les manuscrits compris entre les numros
r458 et 2490 ont chang de cotes 3 . Un correcteur signale qu'il a dcouvert
un abrg du De natura boni << in codice notato numero 2052 ll, cette
rfrence est exacte, seulement elle ne dsigne pas l'actuel Vat. lat. 2052
(Cosmographia Claudii Ptolemaei), mais le Vat. lat. r792 4 . Si l'on ajoute
quelques erreurs invitables, dues soit Urba 5 , soit aux correctores
eux-mmes 6 , on conoit qu'il y aurait encore moyen d'amliorer notre
connaissance de la << Vorlage >> de 1' dition Yaticane ; mais ce travail
minutieux ne se justifierait sans doute pas dans la mesure o pour ainsi
dire tous les manuscrits utiliss sont encore accessibles aujourd'hui,
ce qui rend inutile de recourir des collations, si fidles soient-elles 7 .
Il me semble par contre intressant d'identifier les diffrents scholastici.
Urba n'en a identifi qu'un, Christophe Aury 8 , qui il attribue les
r. J'ai. lat. 4991, f. 691'", (Urba, Beitriige .. ., p. 72).

Article cit, tableau 3, aprs la page 6ro.


3. On trouvera l'explication ibid., pp. 608-609.
4. Urba, op. cit., p. 65 (Vat. lat. 4991, f. 618"). I,es textes d'Augustin sont dcrits
dans B. Nogara, Codices Vaticani Latini 1461-2059, Rome 1912, p. 268.
2.

5. Par exemple se fiant uniquement la table place en tte des collations de


la Cit de Dieit, (Vat. lat. 4992, f. l32r), il a oubli, avec elle, de signaler l'utilisation
<lu Fat. lat. 425 (ibid. ff. 342-406).
6. Urba, op. cil. p. 34 n'arrive pas identifier le numro 2396 (ancien), mentionn
plusieurs fois <lans les collations des Epistulae. Fne tude du contenu montre que le
correcteur a en fait parl du numro 2395 de Ruano, l'actuel Vat. lat. 497.
7. La seule exception serait peut-tre les Contra Iulianuin 1-ibri sex (collations :
rat. lat. 4991, ff. 643'"-660). L'exemplaire du card. Carafa ne se retrom-e pas ; de
mme Je Vat. lat. 502 qui les comprenait a t remplac par un autre manuscrit,
a\mit le xrxc sicle : on s'en rend compte en regardant !'Inventaire manuscrit de
D. Ranaldi o, en fce de la notice, A. Mai a crit : non corrisponde. l\st liber de
dignitate sacerdotali S. Ioh. Chrysostomi. A. Mai us>>.
8. Le bref de nomination (ASV, Brevi, t. 227, f. r5) nous livre quelques dtails
sur ce personnage : (tu) qui in collegio Sorbonensi Parisiis professor extitisti et
parocchialis Ecclesiac 8ancti Andreae Parisiensis rector extitisti et nunc Religionis
causa a Patria cogeris exulare . Dans les documents du temps, il est gnralement
appel Ohrius, Obri, Obrio, parfois mme (dans les Ruoli) Christoforo Tedesco.

LE SAINT A UG['STIN DE LA TYPOGRAPHIE VATICANE

ZHJ

collations des tomes 3 et 4 1 . Il suppose qu' Alde J\fanuce le Jeune s'est


charg du tome 2 2 . Cela n'est pas impossible, mais en tout cas Alde n'a
pas transcrit les collations. L'criture du Vat. lat. 4991, ff. l - 125 se
retrouve en effet dans des documents dats de 1600 3 , donc bien postrieurs
la mort d'Alde, survenue en 1597 ; bien mieux, elle reparat dans le
Vat. lat. 4991, ff. 257-489 (collations du tome 3 partir du de Trinitate
et du tome 4), c'est donc celle cl' Aury lui-mme. Pour les deux autres
correcteurs, responsables des tomes 5 et 8, et 6 et 7, Urba ne propose
aucun nom. Une lettre adresse G.B. Banclini par un ancien correcteur,
Henri de Sponde 4, va nous donner quelque lumire en montrant o en
tait l'entreprise en 1607 5 .
Molto Illr 0 et Rr10. Signre. mio.
Jo hebbi ultimamente una lettera dal Sigr. Priamo, nella quale
scriveva ch' in una Congregne. tenuta per gli negotii della stampa,
essendosi ragionato delle fatighe fatte sopra S. Agostino, non s'era
potuto saper quanti tomi di d 0 . Auttore fossero stati riscontrati con li
manuscritti. Subito io gli feci risposta ; m accio che V. S. ne sia pi
particolarmente certificata, ho pensato clover mandare a lei stessa,
ch'il Primo Torno non f mai fatto da nissuno ; per che si bene Monsigre. Sacrista n'haveva una volta pigliato l'assonta, 11011dimeno per
altri suoi negotii non se ne fece altro. Il Secondo, Terzo, et Quarto
furono visti dal Dottore Ohrio mio antecessore ; et io ho visto il Sesto
et Settimo. Il Quinto l'hebbe il Sr. Priamo. Quelli del Obrio, et miei,
io prima di partire da Roma, li messi in mano del'Ill mo. Card 10 Baronio
nel palazzo di piazza Navona ; et tutte le Correttioni dei d 1 . cinque
Tomi erano dentro una saccoccia di tela (un mot illisible) ; et insieme
gli lasciai tutti i cinque tomi stampati in Liane ; et di pi duoi tomi
ch'erano gi stati del dottor Errico Gravio, cio il 2 0 et il 7 mo. che
sono della stampa di Plantino ; i quali io feci ligar in carta pecora,
cmne sono adesso".
Hora io gl'ho voluto far tutto questo discorso, si accio che V.S.
sappia dove ricorrere quando n'havera bisogno, come per avvertir la,
ch'in I,ione vogliono ristampar tutte l'opere di S. Agostino ; et che
non dovendosi stampar a Roma, mi pare saria 1mono di far parte al
pnblico per questa via di I,ione delle yarie Lettioni del Vaticano ; et

r. Beitrage .. ., p. 23, d'aprs la correspondance de J\Iorin et une note du Vat. lat.


4991, f. 637''. On n'a l)US jusqu' prsent retrou;- de lettre ou de document sign
par Aury.
2. Op. cit., p. 22, d'aprs une lettre o :Morin rnque seulement la possibilit
cle donner le trnYail Alde (Op1tscitla, p. 336).
3. Collations de 6 manuscrits de Grgoire le Grand, commences le II janyier I6oo
et acheves le 5 dcembre de la mme anne: Re{!,i11. Lat. 299, f. t-I 33 (cf. A. \Viltuart,
Cod. Re{!,in. latini 251-500, Cit du Vatican 1945, p. I37).
4. Henri de Sponde, l'poque bien plus clbre que son frre Jean, bnficie
aujourd'hui de l'intrt port aux pomes de ce dernier (voir par exemple 1\. Droz,
!.es annes d'tttdes de jean et d' Henry de Sponde, Bibl. Hum. et Renaissance 9, I947.
pp. 141-150). I,a biographie due J. Vidal, Henri de Sponde, 'l'ecteu'I' de Saint Louis
des F'i'anais, vque de Pamiers (1548-1603), Paris 1929, ne parle pas du rle de
Sponde dans la Typographie Vaticane.
5. Vat. lat. 6201, f. 267.
ri. Snr les <lestines de ces livres et de ces collations, voir plus bas, p. 222, n . .5

PIERRE PETJTMENGIN

220

commettere alcuni per farne une scielta delle pi importanti. V.S.


se ne potra far informar da i Librari di Roma, et trattar de quanto
occurrera con quelli di Lione : che per me io sono in viaggio per Guascoigna, donde io non tornero per alcuni mesi. Et nondimeno si me commandar qual che cosa, dia le lettere a Mons. di Sallette, Maestro di
Camera dell'Illm0 . di Perron, il quale me le mandar : et io la serviro
in tutto quello che potro.
Et in tanto la supplico di dar al d 0 . sr. di Salette per me, le nlforali
di S. Gregorio di qta. ultima stampa che si fa nel Vaticano in 8 1 , le
quali io havevo gi domandate a V.S., m non f tempo d'haver le
prima di partire. Adesso ch' avera tempo di far mettere i fogli insieme,
me faccia, di gratia, la carit di dar tutti i duoi tomi al d 0 sr. che me
le mandar con conm10dit ; per che io amo particolarmente quella
opera di S. Gregorio, et so che quella editione sar piu corretta et pi facile a portar de nissun' altra. Qui sono desiderati i vostri Concilii
Generali : i quali doverebbono esser affrettati pi di nissun altro
libro. V.S. far un grande servitio a la Republica Christiana in divulgarli. Dio glie ne dia gratia et la perfettioni in ogni bene et virt. Et
con questo desiderio, basciaro le mani di V.f). pregandola di tener me
sempre per suo
Humill n10 . et affett mo. servitore
Errico di Spondes.
Di Parigi, a !'ultimo di Aprile 1607.

(Adresse, au uerso)
Al Molto Illustre et Reverendo
Signore
Il Signore Gio. Battista Bandini,
Canonico di S. Pietro et Correttore
della Bibliotheca et Stampa Vaticana.
Roma.

Tout n'est pas de la mme valeur dans ce tmoignage. Sponde connat


mal la priode qui a prcd I60I, date de son entre la Typographie.
Il se trompe sans doute lorsqu'il dit qu' Angelo Rocca ((( Monsignore
Sacrista ))) se chargea du tome premier, mais ne fit jamais rien ; les lettres
de Morin nous apprennent en effet que les collations furent commences
par l'abb Adrianus, c'est--dire Adriano Cipriani, bndictin de la
congrgation de Vallombreuse, abb du lVIonastre de San Michele di
Salvanere en Sardaigne2 Ce qu'on peut conclure en tout cas de la lettre
de Sponde, c'est que ce travail avait disparu sans laisser de trace ds le
dbut du xvrre sicle.
D'autre part, une inspection mme rapide du Vat. lat. 499I montre
qu'Aury n'a pas t le seul revoir le tome 3 de l'dition des Lovanistes.

r. Sur cette dition in-8 de Grgoire le Grand (1608-1613), Yoir plus bas, p. 223,

n.

l.

z. Cf. P. :Morin, Opuscula et epistolae, p. 332 : Coepit D. Abbas primnm tomum


excolere in eoque varietates notare (lettre de jam-ier 1594 au cardinal Caetani) ;
sur Cipriani, on verra P.-:.\I. Baumgarten, "\!eue Kunde von alten Bibeln, t. I, passim
(surtout p. T 38),

LE SA.IST A UGUSTIS DE LA TYPOGRAPHIE VATICASE

221

Les collations des quatre premiers traits ont t crites par une main
diffrente de celle d'Aury et que j'attribuerais, sous toutes rserves,
?.Iaurice Bressieu1 , puis recopies dans une criture calligraphique2 . Enfin
certains dtails dans la technique de la collation3 me feraient volontiers
supposer qu'Aury n'a pas effectu lui-mme la collation du tome 2, mais
qu'il s'est born transcrire les variantes notes par un autre, peut-tre
Alde le Jeune.
En combinant les renseignements fournis par Sponde, les indications
tires des collations elles-mmes, et ce que nous savons sur les effectifs
de la Typographie, on peut arriver dresser le tableau suivant :
COPII~

COLLATIONS
To::.m

CORRECTEURS

des MAURISTES
Pai'is. Lat.

DATES

TTat. Lat.

II646

--II

4991, ff. I-I25

(Alde lVIanuce ?) 12.x.1594-?


C. Aury

III

?
ff. 132-253 M. Bressieu ( ?) 12.rv.1595 ff. 257-399 C. Aury [et X 8.I. l 596-24.VI.1597

ff. I0-1G1r

IV

ff. 403-589 C.\.ury

ff. 16rv-288r

VI

ff. 590-626 H. de Sponde

VII

ff. 627-688 H. de Sponde

11601

VII
(Auct.)

ff. 689-697 H. de Sponde

VIII
V

4992, ff. 1-131

]. Priam

ff. 132-587 ]. Priam

25.n.1597 1598

IO.X.

ff. 288 '-338r


( ?)-1606

ff. 387r-394 V

ff. 338r-387r

ff. 395-.p4
I602 ( ?)-1608 ( ?)

1
r. Les lettres autographes de Bressieu consenes la Bibliothque Nationale, Coll.
Dupuy, vol. 663, ff. 24 et 134, sont d'une dizaine d'annes antrieures, et se prtent
mal une comparaison avec des collations crites la va vite. Sur Bressieu, successeur de Ramus au Collge de France, on se reportera A. Lefranc, Histoire du
Collge de France, Paris r893, pp. 224 et 233. - Latini n'avait jamais sentito alcuno
pi espedito (Ambras. D. 169 inf., f. 192 ; lettre Pinelli du 27 septembre 1856).
2. Bressieu , qui a y ait d'abord collationn une dition parisienne pour le de
doctr. chr. I (cf. Vat. lat. 4991, ff. 133-135), adapte sa collation au texte des Loyanistes
(ib., ff. 140-q3) ; ce re]ey est lui-mme transcrit par une main que je n'ai pas identifie (ff. r37-139). Pour doctr. II-IV, les Locut., le de /ide et l'Ench., on n'a que la
collation de Bressieu, faite directement sur l'dition Plantin (ff. r50-r55, 163-165,
etc), et la copie ealligraphique (ff. 145-147, 147-q9, etc). Il est possible que le dbut
des collations du de Trin. soit d aussi Bressieu, l'critue typique cl' Aury ne
commenant qu'au second feuillet (f. 258).
3. Cf. infra p. 245, n. 4.

'.222

PIERRE PETJTivfENGJN

A partir de ces donnes, l'histoire du Saint Augustin se laisse assez


aisment reconstituer. Une premire quipe, Cipriani, Bressieu, Aury,
travaille de I593 I598, puis il y a un temps mort. En I602, quand la
Typographie semble retrouver une certaine vigueur grce aux initiatives
de Bandini 1 , on consacre l'entreprise de nouvelles forces, celles d'Henri
de Sponde et de Jean Priam. En I607, un an aprs le dpart de Sponde,
le Saint Augustin a tellement bien sombr dans l'oubli que personne au
Vatican ne saurait dire ce qui a dj t fait, et il faut que ce soit Sponde
qui, de Paris, envoie les renseignements Bandini. A ce moment il n'y a
plus que Priam pour travailler l'dition, mais il abandonne bientt,
inacheve, sa collation des Enarrationes in Psalmos 2
La condamnation dfinitive du Saint Augustin dt avoir lieu en 1608,
lorsque le nouveau pape, Paul V, dcida de rformer profondment la
Typographie. Le rapport que lui avait adress le cardinal bibliothcaire,
Ludovico de Torres, tait franchement dfavorable :
" I,a stampa 11011 va mai innanzi, comc si vede nella medesima
opera de i concilii, da diciasette anni in qua ; ne! qual tempo appena
se n' stampato un thomo ; e non s' finito ancora di confrontare
l'opere di Santo Agostino ; e l'opere elle si stampano qui escono prima
stampate altrouc ... "'
On se mit alors, avec une nergie qui rappelle l'poque glorieuse de
Sixte-Quint, publier toutes les uvres dont une partie avait dj t
imprime, en premier lieu les Conciles cumniques (tomes I et 2), et
la nouvelle dition de Grgoire le Grand 4 . Pour Saint Augustin, bien
qu'on ait rcupr la Bibliothque des Oratoriens, l'actuelle Vallicelliana 5, les collations et les livres remis jadis au Cardinal Baronio, les
r. C'est ce moment qu'on essaie de se procurer l' Athanase de l'Ospedaletto de
Gnes pour contrler l'dition Felckmann; cf. G. J\Iercati, Pcr la storia dei inanoscritti
greci di Genova (St. c T. 68, 1935), pp. lr-20.
2. Sponde n'en parle pas dans sa lettre ; c'est donc aprs le dpart de celui-ci
(1606) que Priam l'a commence. La fin brusque au f. l3F, an milieu de la collation
de la 49 Enarratio, ne tient sans doute pas une interruption subite dn travail,
mais la perte d'une feuille ou d'un cahier.
3. ASV, fondo Borghese IV, 280, ff. r32"-r33 1', cit d'aprs V. Peri, Il numero dei
concili .. ., Aevum 37, 1963, p. 456, n. 83; cette relation ayait dj t publie par
P.-M. Baumgarten, Neue Ktfde .. ., t. II, Krumbach (Bayern), pp. 49*-50*.
4. La diffusion n' ayait pas encore commenc en 1610, lorsque Bandini dresse son
innntaire (II mai r6ro; A. St. Roma, dossier cit, spese fatte in stampare li retroscritti libri in Vaticano ) : il reste des Conciles t. I, 574 exemplaires sur 600 et tout
le tirage des Conciles, t. II (600) et du S. Grgoire, t. r 3 (rooo).
5. Je ne sais quand ont t rcupres les collations des tomes 2, 3, 4, 6, et 7
(qui forment maintenant le Vat. lat. 4991), mais pour les imprims nous avons consen le reu cl u premier custode de la Vaticane : Io B aldassare Ansidej ho rice\uto
questi di 4 di settembre r6ro perla libraria Vaticana dal mt 0 . rcydo. prc. Fabiano
Giustiniani custode della libraHa della Vallicella li seguenti libri, cio il 2.3+6.7. tomo
di S. Agostino sciolti, et il 2. et 7. tomo di Plantino legati ; erano frai libri del carcl.
Raronio havuti dalla libraria Vaticana. Io l{. Ansidej manu propria (E.Pinto,
La Biblioteca Vallicelliana in Roma, Rome 1932, p. 47, n. 2, d'aprs le Codex Vallfr.
P. 183, f. rr). On aura i10t que les descriptions correspondent exactement celles
cle Sponde dans sa lettre. J c n'ai malheure<.1sement pas russi retrouver ces livres.

LE SAI:YT ,l UGUSTnV DE LA TYPOGRAPHlll VATICANE

223

travaux prparatoires taient trop peu avancs pour qu'on pt envisager


une publication. De toute faon la Typographie Vaticane est supprime
dans le courant de l'anne I6IO, son matriel et ses stocks de livres vendus
l'Imprimeur camral, Gieremia Guelfi ; celui-ci se contente d'achever
les publications dj commences1 et renonce l'ambitieux programme
d'ditions patristiques qu'il avait conu dans l'enthousiasme du dbut 2 .
Un coup d'il dans les inventaires que dressait minutieusement Bandini
nous fera comprendre une des raisons pour lesquelles la Typographie
Vaticane tait condamme : les livres ne se vendaient pas. Entre I599
et I6rn, les stocks n'ont pratiquement pas diminu. Cette mvente tient
sans doute au fait que !'Imprimerie n'tait plus une entreprise commerciale
mais une administration, de surcrot mal gre3. Les correcteurs n'ont pas
russi former une quipe ; quand ils ont travaill, ils l'ont fait chacun
pour soi et finalement les seules uvres publies sont dues aux efforts de
personnalits comme un Bandini, un Agellio, ou un Antonio cl' Aquino.
Nous sommes videmment loin de la parfaite organisation des Mauristes
qui ont su donner leur entreprises une base financire solide, et faire
travailler harmonieusement tout un groupe d'rudits de premier plan4 .
Toutefois il est plus juste, et plus consolant, de comparer la Typographie
Vaticane aux autres tentatives qui ont eu lieu au dbut du xvne sicle
en Angleterre et en France.
L'adversaire acharn des Papistes, Thomas Jam es, premier bibliothcaire de la Bodleian Library, avait entrepris ds I6oo de rviser le texte
des ditions patristiques donnes par des rudits catholiques5. Devant
r. Un Cassien (1611), les Conciles, t. 3 et 4 (1612) et le S. Grgoire, t. 4 et complments aux premiers tomes (1613). Une description bibliographique prcise de cette
uvre poserait des problmes dlicats, dont les notices du catalogue de la Bibliothque Nationale (Grgoire Ier, n 15-17) donnent dj une ide.
2. Cf. la ddicace Paul V du Cassien (1611), f. A 5v: ad Sacronun Conciliorum
et Bullarii, aliorumque Sanctorum Patrum monumenta quam emendatissime in
lucen1 edenda me compara ... .
3. I4 e rapport Torres (cit page prcdente, n. 3) est trs explicite : Non si
osserva la Bolla dell'eretione di Sisto V, n i decreti della Congregatione, n alcuna
regola ordinaria delle stampe : ogni operaio fa a suo modo ; tra i ministri 11011
intelligenza o subordinatione, non n'essendo alcuno legitimo capo. Le congregationi
de Cardinali solite farsi ogni settimana, hora non si fanno pi, etc .
4. On verra sur le premier point H.-J. Martin, Les Bndictins, leurs libraires et
le pouvoir, J11morial ... S.-Germain-des-P1s, Paris 1959, pp. 273-287, sur le second
le P. de Ghellinck, Patristique et Moyen Age, t. 3, pp. 439-440 et aussi O. d'Allerit,
Comment on travaillait S.-Germain-des-Prs sous la direction de Dom Claude J11 artin,
Revue d'Hist. 1i,[od. et Gant. 4, 1957, pp. 212-228.
5. A la fin de son Ecloga Oxonio-Cantabrigicnsis (1600), il puhlie un Cyprianus
rcdiuiuus (2 partie, pp. u6-124), c'est--dire une comparaison, pour le de ['nitatc
Ecclesiae catholicae, dn texte de Pamle (rimpression de J. Le Preux, s. l., l 593)
avec quatre manuscrits: deux de New College (New College 130 et r3r, 132), un de
Lincoln College (Lincoln College 47) et un extantem in Bibliotheca Coll. Benedicti
Cantabrigiae (c'est--dire, sans doute, Cambridge, Corpus Christi, 25). Vient
ensuite (pp. 125-132) un Spicilegium D. A ngustini, c'est--dire une comparaison
du texte du De Fide ad Petrum donn par les I,ovanistes (rimpression parisienne

PIERRE PETJTMENGJN

l'immensit de la tche, il demande et obtient de l'aide. L'archevque


de Cantorbry, William Laud, met son service une douzaine de bacheliers
en thologie qui, en l6rr et 1612, comparent sous sa direction le texte
imprim de Grgoire, Cyprien et Ambroise avec celui donn par un certain
nombre de manuscrits anglais1 . Hlas, aucun mcne ne consent subventionner ces ditions qui auraient d faire pendant au S. Jean Chrysostome
de Sa vile, et les imprimeurs londoniens, insensibles l'appel de James, ne
se dcident pas entreprendre << une affaire aussi grande et aussi honorable2 )) . Une quinzaine d'annes plus tard, James essaiera un autre mode
de financement, en proposant une souscription au Clerg de l'glise d'Angleterre3. Il chouera l encore, et finalement le seul rsultat de son important travail philologique sera quelques minces recueils de variae lectiones :
Bellum gregorianum ou Vindiciae cyprianicae 4
Une des raisons que ] ames faisait valoir pour aiguillonner ses compatriotes tait les initiatives du Clerg de France. De fait, 1' Assemble du
Clerg de 1606 avait dcid d'avancer deux mille cus l'imprimeur
::\Iorel pour permettre l'impression du S. Jean Chrysostome prpare par
le P. Fronton du Duc 5 ; l'affaire n'alla pas toute seule, si l'on en juge par
le long rapport que le jsuite fit 1' Assemble de 1615 sur ses dmls
avec l'imprimeur 6 . Finalement la formule qui prvalut, et qui russit,
fut d'accorder un monopole certaines<< compagnies de libraires associs)),
diriges en fait par Sbastien Cramoisy 7 . Tant de beaux ouvrages, qui font
honneur la France de Louis XIII, s'expliquent par l'accord entre cet

de 1586), avec deux manuscrits dont l'un est vraisemblablement Bodley 136 (Sum.
Catal., n 1900), qui a t donn par James la Bodleian en l6or ; le texte du de
Fide (au moins du f. 76 au f. 78'") y a t enrichi de rfrences aux pages et paragraphes d'une dition, qui n'est pas celle de 1586. Pour rendre le de Fide Fulgence,
Jam es utilise le tmoignage d'un manuscrit de ::\Ierton College, actuellement JY! erton
College 16 (cf. f. 246'").

r. Voir l'excellente tude de K.R. Ker, Thomas James's collation of Gregory,


Cyprian, and Ambrose, Bodleian Library Record 4, 1952-3, pp. 16-30.
2. On aura intrt et plaisir lire le Treatise of the Corruption of Scripture, Councels,
and Fathers, by ... Prelates of the Cliurch of Rome (Londres, 1612), 5 partie, pp. 22-24.
3. Cf. The Humble and Earncst request of Thomas James ... , to the Church of
England; for, and in the behalfe of Boohes toitching Religion (s.l.n.d., sans doute
Oxford 1625), pp. ro-15.
4. Cf. Ker, op. cit., pp. 17-19.
5. Cf. A. Duranthon, Collection des procs-verbaux des assembles gnrales du
clerg de France, t. I (Paris 1767), p. 767. Fne tude plus pousse devrait naturellement utiliser les originaux conservs aux Archives Nationales, et la correspondance
de Fronton du Duc.
6. Cf. Duranthon, ibid., t. II (1768), pp. 285-287.
7. En attendant la thse de :t-L H.-J. '-\Iartin, on consultera ses deux articles
Un grand diteur parisien au XVJJc sicle, Sbastien Cramoisy, Gutenberg-]ahrbuch
1957, pp. 179-188, et L'dition parisienne au XVJJc sicle, quelques aspects conomiques, Annales 7, 1952, p. 304 (pour les Compagnies cle Libraires).

LE SAINT AUGUSTIN DE LA TYPOGRAPHIE VATICANE

225

imprimeur avis et puissant et des savants de premier ordre, jsuites


pour la plupart, tels les Pres Sirmond et Petau1 .

III. LA SUCCESSION DES CORRECTORES ROMANI


Bien qu'absorb par des tches administratives, G.B. Bandini n'avait
rien perdu de cette curiosit qui faisait jadis l'admiration de son an
Latino Latini 2 , et charg de publier les uvres des autres, il ne renonait
pas l'ide d'diter lui-mme des textes antiques. Les quelques lettres
que lui a envoyes le P. Sirmond entre 1609 et l6II, donc juste aprs son
retour en France, nous permettent non seulement de connatre les proccupations du savant jsuite au moment o, plus de cinquante ans, il
va commencer sa fconde production scientifique, mais aussi de dcouvrir
les projets que caressait l'administrateur de la Typographie Vaticane.
Au dbut du xvne sicle on ne disposait que d'une dition d'Ennode,
trs mauvaise, parue dans les 111onumenta Sanctorum Patrum Orthodoxographa de J.J. Grynaeus (Ble, ex officina Henricpetrina, 1569) 3 . Bandini
avait report dans les marges de son exemplaire 4 les principales leons
du Vat. lat. 3803, prparant ainsi une dition qu'on avait mme commenc
d'imprimer 5 . On comprend son mcontement lorsqu'il apprend que le
P. Sirmond va publier Ennode Paris. Le jsuite lui exprime ses trs

r. Cet accord est en quelque sorte matrialis sur la page de titre d'un exemplaire
des S. Aurelii .Augustini ... sermones novi numero XL publis par Sirmond (Paris
r63r) consen- la I3ibliothque de la Sorbonne. L'imprimeur y a inscrit ex dono
Sebastiani Cramoisy et l'ex-libris du Collge de Clermont, Collegii Parisiensis
Societatis Iesu est de la main du P. Petau.
2. Lettre de Latini Pinelli, du 7 septembre l59I (Ambras. D. 169 inf., f. 295v) :
non ho truouato piu diligente bracco in truouar Jibri nuoui et uecchi, e saper quai
stampa sia migliore con pi aggiunte et in che forma .
3. Sur les ditions anciennes d'Ennode, excellente tude de F. Vogel, dans son
dition, 1\1. G.H., A.A., t. 7 (1885), pp. XI,IX-LI.
4. Bandini a seulement conserv les pages qui contiennent le texte d'Ennode;
elles constituent maintenant l'imprim vatican R. G. SS. Padri, II. 54. Il a t signal
par J\Iercati, Op. min., t. 2 (St. e T., 77), p. 315, n. 2, qui attribue par erreur les
annotations Latini.
5. Cf. l'indication trouve dans le Conto del Sr Gio. Battista Bandini, stampatore Vaticano, l599-r6rn
(A. St. Roma, F. Camerale III, b. 2080) : Ennodio
in 30 mezza gre fogli cinque a sc. cinque no rooo . L'Ennode ne figure pas dans l'inYentaire de r 6ro, ce qui indique peut-tre 1' ab an don de l'entreprise.

lG

PIERRE PETlTMENGJN

vifs regrets pour ce malentendu (il avait cru quel' entreprise tait abandonne depuis longtemps), et il l'invite continuer son travail, en invoquant
le principe, assez neuf pour l'poque\ d'une rpartition gographique
des ditions :
" L'editione sua servir all'Italia, si come quella del Padre Schotto
in Fiandra e Germania, che pet ci credo 11011 lasci di comminciarla
et affrettarla con tutto che fosse auuisato che la mia staua in ordine
pet la stampa '.
Finalement l'anne l6II ne vit paratre que deux ditions d'Ennode,
celle de Sirmond chez S. Cramoisy et celle du P. Andr Schott, un jsuite
lui aussi, Tournai chez N. Laurentius : Bandini avait renonc.
Nous retrouvons encore Bandini dans une entreprise qui nous concerne
plus directement, la publication du De gestis Pelagii de S. Augustin.
Aprs les recherches de C.F. Urba3 , on connat bien la tradition manuscrite
de ce trait : un manuscrit du treizime sicle, le Laurcntianus Pl. 18 dext.,
4 (sigle L), quatre autres du quinzime sicle, le Laur. Pl. 12, 6 (L1), les
Laur. Faesulani IO, (F) et 15 (F1) 4 , enfin l'Urbinas 84 (U) 5 . Quatre copies
du dix-septime sicle se trouvent la Vaticane (Barberinianus lat. 705 :
B; Ottobonianus lat. 783 : 0), Florence (Riccardianus 23rr: R) et Paris
(Bibliothque Nationale, lat. 2097 : P) 6 . L'dition princeps, due Marc
Welser, parat Augsbourg, (ad insigne pignus) en l6II : une autre dition,
indpendante, est publie Combre en 1619 au milieu des uvres posthumes du thologien Francisco Suarez 7 .
r. Sur le cloisonnement qui apparat au xvne sicle entre les productions nationales, on pourra voir I,. Febvre et H. J. Martin, L'apparition du l'ivre, Paris 1958,
pp. 356 et 495-6.
2. Lettre du rcr aot r6r I; Vat. lat. 6zor, f. 268 1'.
3. Elles sont rsumes dans la prface du CSEL, t. 42 (1902), qu'il a publi avec
F. Zycha. B. Altaner, Augustin in der griechischen Irche bis ait/ Photius, Hist.
Jahrbuch 7r, r952, pp. 53-54 a montr que Photius deYait utiliser une traduction
grecque de ce trait; elle n'est pas conserve.
4. Les manuscrits de Florence sont dcrits dans les catalognes de A.-:H. Bandini,
Catalogus codicum latinorum Bibliothecae lvlediceae Laurentianae, Florence, t. 1,
r774, c. ro-II (L 1 ; le de gest. Pel. occupe les ff. rr7"-r42"), t. 4, 1777, c. 530-533
(L ; ff. 73"-89v) ; Bibliotheca Leopoldina Laurentiana, t. 2, Florence 1792, c. 608619 (F; ff. 200'-215v) etc. 629-632 (F 1 ; ff. 20]"-221").
5. Description dans C. Stornaiolo, Codices Urbinates Latini 1-600, Rome 1902,
pp. roz-3 (le de gestis Pelagii occupe les ff. r4zr-r63').
6. Le Paris. Lat. 2097 est dcrit dans P. Lauer, Cat. des mss. latins de la Bibliothque Nationale, t. 2, Paris r940, p. 319. Les trois autres appartiennent des fonds
dont on n'a pas encore publi les catalogues. G. Lmni, Catalogus cod. mss. qui in
bibliotheca Riccardiana ... adservantur (l,ivourne r756) ne semble pas mentionner
l'actuel Riccard. 23rr, qui est un recueil factice (discours, pomes, relations sur des
vnements du dbut dn xvnc sicle) ; le texte cl' Augustin occupe les ff. 3-36.
P, O et B ne comprennent que le de gestis Pelagii.
7. Il s'agit de R.P. Francisci Suarez de diuina gratia pars prima continens Prolegomena se:.: et duos priores z,ibros de necessitate diuinae gratiae ad lwnesta opera, Conimbricae .. ., apucl Didacum Gomez cle Loureyro Acaclemiae Typographum, anno
Domini l6r9. Je n'ai pas pu consulter cette dition, mais seulement la rimpression
de Mayence parue en r620, sumptibus Hermanni Mylii Birckmann.

LE SAINT AUGUSTIN DE LA TYPOGRAPHIE VATICANE

227

Ce que nous apprend Sirmond, c'est que Bandini, trs li la Toscane\


fut le premier dcouvrir le trait de S. Augustin dans l'abbaye des
chanoines rguliers de Fiesole :
vli rallegro del felice incontro che V.S. h fatto del libro di S. Agostino de gestis Pelagii, perch sar opera utile e grata a tutti. Para
bene di darlo in luce quanto prima, et so che se fosse la sorte venuta
di qua, non tardarebbe il Sigr Nic. Fabio di accopiarlo con alcune
homilie et altri fragmenti che vuol' stampare del medesimo santo "'

Bandini finalement ne se dcida pas publier cet indit, et la charge fut


confie un savant parisien, peut-tre Sirmond lui-mme. Malheureusement, au cours de l'impression, un incident vient tout compromettre :
Di S. Agostino de gestis contre Pelagium hauer inteso V.S. la
disgratia qui sopragiunta mentre si stampaua, corne si guast un foglio
della copia in tal'modo che bisogn riscriuere in Firenze per supplire
al mancamcnto, et inter moras comparsa in tanto la stampa di
Augsburg et hora s'aspetta l'altra d'Italia, che sar come si spera pi
corretta et con annotationi ""

A une poque o n'existaient pas nos moyens de reproduction, la


perte de quelques pages dans une copie entrainait un retard de plusieurs
mois : tout le monde n'avait pas la gnrosit du cardinal Sirleto, qui une
fois n'hsita pas envoyer sur le champ l'original un diteur anxieux4 !
Les Florentins se montrrent d'ailleurs serviables : tout invite . croire
que le Par. lat. 2097, dont la reliure porte les armes des Mdicis, est la
copie complte qu'ils envoyrent alors Paris 5 .
Un point reste obscur dans la lettre de Sirmond : quelle est donc cette
dition commente qui devait paratre en Italie? L'avis au lecteur de
:Marc Welser complique encore le problme en nous appreirnnt que
c'taient deux ditions (( extrmement soignes >> qui se prparaient l'une
Rome, et 1' autre Florence 6 . Welser prsente la sienne comme un travail
prliminaire, qui veut simplement mettre le texte nu la disposition
des lecteurs (son attitude me semble irrprochable et pourrait servir

J. Il est originaire de Castello prs de Florence ; il a t chanoine de la cathdrale


de Pise, etc.
2. I,ettre du r9 juillet 1609; Fat. lat. 6201, f. 272".
3. I,cttre du rer aot r6rr ; Vat. lat. 6201, f. 268.
+ Cf. une lettre clu bndictin Jacques de Billy Sirleto, clu 19 juillet 1580 (Vat.
lat. 6r93, f. 590) : Accepi enim non coclicis tui exemplum, quocl tamen magnum
fuisset, sed codicem ipsum ... (il s'agissait d'un manuscrit contenant les pomes de
S. Grgoire de Naziance).
5. Le manuscrit est complet; il ne peut donc s'agir de la premire copie envoye
it Sinuond.
6. Avis au lecteur, f. A 3": Romae quidem et Plorentiae accuratissimas eclitiones,
commentariis illustratas, apparari ferebatur ... '"

228

PIERRE PETITMENGIX

d'exemple, mme cle nos jours1 . Il a adopt un apparat double, qui spare
nettement les conjectures clu matriel manuscrit 2 : les menclations
cl' Antoine Welser sont rejetes en bas cle page, tandis que clans les marges
il reproduit les variae lectiones cle la copie qu'on lui avait envoye de
Rome3.
Cette copie tait trs proche des deux manuscrits vaticans B et O,
comme le prouve le fait que les marges de l'dition princeps reproduisent
fidlement 4 les variantes ou les corrections qui apparaissent clans celles
cle B et O. Un examen plus approfondi montre qu'elle se rapprochait
plus de B que de 0 5, et cela n'a rien d'tonnant. B est le document premier, non pas une simple copie de quelque vetus exemplar, mais le manuscrit
cle la future dition commente romaine. Le scribe de B, nous devrions
plutt dire l'diteur inconnu, a pris pour base de son texte le manuscrit
F 6 , alors Fiesole, mais les variantes qu'il relve dans les marges, et ses
annotations dans F lui-mme (o il comble plusieurs lacunes) montrent
qu'il a utilis d'autres manuscrits, en particulier L 1 . Nous n'avons conserv
que le texte et l'(( apparat critique ii des marges, mais il y avait srement
aussi une introduction qui devait occuper les 5r premiers folios du manuscrit, maintenant disparus 7 , et un commentaire auquel renvoient des
signes conventionnels dans la marge, complts, jusqu'au chapitre x
(f. 65v), par des lettres insres dans le texte.
Le manuscrit 0 est une copie calligraphique de B; le travail du scribe
a t revu par un correcteur qui a complt plusieurs lacunes. 0 omet
tous les signes de renvoi, et ne reproduit que le texte et l'apparat de B ;
l'occasion il apporte de nouvelles conjectures, gnralement notes
dans la marge de droite. Certaines apparaissent aussi dans les bas de

1. Les archologues ont maintenant l'habitude de communiquer clans un rapport


prliminaire les premiers rsultats de leurs fouilles, sur lesquelles ils reviennent
ensuite dans une publication dfinitive ; mais quand aurons-nous des ditions,
mme provisoires, des manuscrits dcouverts N ag-Hammadi ?
2. Elles sont numrotes, tandis que les variantes marginales sont introduites
par des lettres.
3. Sur les rapports de \Velser avec l'Italie, on pourra Yoir G. Gabrielli, Marco
Welser Linceo Augustano. Rend. Ace. Xaz. Lincei, VI, 13, r937, pp. 74-99. Le saYant
d'Augsbourg tait aussi en trs bons termes avec Sinnond, comme le prouvent des
lettres datant des annes 16ro-1614, publies dans les Opaa de Sirmond, t. 4, Paris
1696, cc. 717-723.
+ Il arrive pourtant que des leons signales dans B et 0 soient omises par \Velser;
ainsi en XXVI, 51 (p. ro5, 1. 4), il ne note pas la variante: alias esse >l (au lieu de :
velle).
5. En xxxv, 66 (p. 121, 1. 21), \\'elser a, comme B, dans le texte: nescio quo;,
et dans la marge : a nescio ; 0 offre seulement le texte {< a nescio quo , sans
variante.
6. Urba a tabli ce point, mais il n'a pas remarqu que certaines notes marginales
de F sont de la main qui a crit B. Je n'ai pu identifier l'criture; ce n'est pas celle
de G.-B. Banclini.
7. Le manuscrit commence actuellement au f. 52 et se termine au f. So.

LE SAINT A UGUSTI:V DE LA TYPOGRAPHIE F ATICANE

229

pages de Welser1 , d'autres au contraire lui sont propres 2 . B, 0 et l'dition


de W elser reprsentent en somme trois tats de 1' dition romaine ; il y en
eut mme un quatrime puisque le texte de Suarez remonte en dfinitive
B, comme le prouvent des allusions aux variae lectiones de la copie
qu'on lui a envoye 3 . Toutefois Suarez innove, d'abord en introduisant
une nouvelle division en chapitres qu'il estime plus rationnelle 4 , et surtout
en ne reproduisant pas exactement le texte et l'apparat romains: dans les
cas vidents, << ubi res clara uidebitur )}, il ne communique pas au lecteur
toutes les donnes dont il dispose ; en revanche, si le texte lui parat
douteux ou corrompu, il indique les variantes, et rdige mme de petits
commentaires critiques 5
Les deux manuscrits R et P ne descendent pas de F mais de L 1 , comme
l'a montr Urba 6 Toutefois eux aussi ne sont pas de simples copies, mais
bien des exemplaires manuscrits d'une dition critique, celle qui s' laborait Florence. Les variantes, au lieu d'tre notes dans les marges,
sont regroupes la fin dans quelques pages de Variae lectiones ex
collatione M1\!ISS quae extant in tribits bibliothecis Serenissimi M agni
Ducis 7 . Il est assez facile d'identifier les manuscrits utiliss, comme on
le voit par les exemples suivants :
Cap. XII' ( = XI, 26 ; p. 79, 1. 2 r) Quae in illis capitulis tacebatur.
Ex tertio ( = F) ; primus et secundus in nullis
L1. F1) ; quartus
in ullis
L, o in a t ajout dans la marge).
Cap. xxv ( = XXIV, 48 ; p. 102, 1. 24) Subsequtionem eius abiecerimus erroris.
Ex primo ( = L'). Secundus et tertius habent subiectionem ( = F 1 F),
quartus subsectioncm
L).

Parfois la leon indique pour le quatrime manuscrit ne correspond pas


avec celle de L; mais la discordance s'explique en gnral par une mlec-

r. Par exemple en XXXIII, 58 (p. IT4, 1. 6) : audacia, ou en XXVI, 5r (p. 105,


1. 14) : breuis. \Velser ne s'inspire pas cle 0 car, clans ce cas, il aurait inscrit dans les
marges ces conjectures ron1aines .
2. Par exemple en VI, 16 (p. 69, 1. 8) : anathematiza, ou en xx, 44 (p. 99, 1. 5) :
prosequutionibus, correction que reprendra Urba.
3. Ainsi en III, 8 (p. 59, 1. r4), propos de moueri, il note: ita plane legendnm est,
non moneri prout addebatur in margine.
+ Il garde toutefois en marge la numrotation traditionnelle. Les chapitres
qu'indique Urba dans son dition sont ceux de \Velser (et de tous les manuscrits,
sauf L 1 , Pet R), mais la diYision en paragraphes est une innovation, qui ne repose
sur rien dans la tradition manuscrite.
5. Cf. son intressante prface, reproduite dans Urba, op. cit., pp. xv-xvr.
6. Op. cil., p. xu. Il a aussi propos une identification des rnss cits dans les
variae lectiones.
7. I,e titre est celui donn dans P (par une main diffrente de celle qui a crit
le texte des variae lectiones). Par suite de la disparition d'un folio (aprs le f. 35),
on ne peut dire ce qu'avait R. De toute faon Pet R sont des copies, et non l'original
de l'dition florentine.
8. I,a numrotation c1!".S chapitres dans Pet Rest eelle de U: cf. plus bas pp. 230-r,

PIERRE PETITMENGLY

ture de L, riche en abrviations1. Remarquons enfin que les identifications


proposes s'accordent parfaitement avec la formule ((in tribus bibliothecis ...
Magni Ducis )) : au dbut du xvne sicle F et F 1 se trouvaient l'abbaye
de Fiesole, L1 la Bibliothque Laurentienne et L celle de Santa Croce.
Il s'y trouvaient dj tous au xve sicle, comme en tmoignent les
diffrents inventaires du temps 2 , et cette poque, 1' Ur binas appartenait
dj aux collections des Ducs d'Urbino 3 . Ce fait nous invite rflchir
sur la diffusion du De gestis Pelagii au Quattrocento. Urba a montr, par
la critique interne, que tous les manuscrits du xve taient copis sur L,
ou drivs de lui, ou remontaient un mme archtype. On peut, me
semble-t-il, supposer raisonnablement que tous ces manuscrits de facture
florentine 4 remontent en fait L, sur la foi d'un cas tout fait parallle,
celui de Tertullien. La source est l manifestement unique, puisqu'il s'agit
de manuscrits imports 5 ; aprs la mort de leur dcouvreur, Niccolo
Niccoli, les exemplaires sont conservs dans un couvent de Florence,
non pas Santa Croce, mais San Marco ; et tout au long du sicle on en
excute des copies pour l'abbaye de Fiesole, pour la Laurentiana et
pour les Ducs d'Urbino.
Sans doute les uvres de Tertullien forment un corpus qui n'a pas t
rompu, tandis que le De gestis Pelagii se trouve dans chaque manuscrit
associ d'autres uvres. Il faut toutefois remarquer que, dans les
diffrents manuscrits, notre trait est toujours accompagn par l'une
ou 1' autre, et parfois la totalit des uvres qui 1' entourent dans la seconde
partie de L 6 . De plus, le fait que L1 ait adopt une numrotation des
chapitres diffrente de celle de L ne prouve rien contre notre hypothse,
au contraire les initiatives du copiste de L1 s'expliquent par les indications

r. Ainsi en xxxv, 60 (p. I I 5, 1. 13), l' abrdation Pj; (propter) est interprte
comme : Pelagius per.
2. On consultera le catalogue de la bibliothque de I'iesole publi dans Bandini,
Bibl. Leopoldina Laur., t. 3, 1793, c. 529 (n XLVII = F) etc. 530-1 (no LII = F1);
celui de la Laurenziana (30 octobre r496) dit par E. Piccolomini, Intorno aile
condfrioni ed alle viccnde della Libr. 1\Ied. Privata, Arch. Star. Ital., 30 srie, r874-75,
p. 104 (la description : Augustinus contra. peifidiam Arrianonmz, a.rnrro correspond
L', qui commence ainsi : Aurelii Augustini Ipanensis Episcopus contra Sermones
sen perfidiam Arrianorum incipit) ; enfin celui de Santa Croce (;-ers 1430), dit
par C. 1fazzi, L'Inventmio quattrocentistico della Biblioteca di S. Croce in Ffren~e,
Riv. delle Biblioteche e degli Archivi 8, 1897, pp. ro2-ro3 (n 193
L).
3. Cf. le catalogue publi dans C. Stornaiolo, Codi ces ['rbi11ates Graeci, Rome 1895,
p. LXVI (n 55 = U).
4. An moins en ce qui concerne la dcoration ; cf. P. d' Ancona, La ininiatHra
fiorentina, t. 2, Florence 1914, n 540 (F), 542 (P), 1178 (U) et 1436 (L').
5. Cf. E. Kroymann, Die Tertullian-Ueberlieferung in Italien, Sb. Wien t. 138, 3
(r898), et R. Sabbadini, Le scoperte dei codici latini e greci ne' secoli XIVe XV, t. 2,
Florence 1914, pp. 255-6. Je reprendrai le sujet dans ma thse sur La transmission

et l'tude de Tertullien.
6. On le constate facilement en se reportant anx descriptions cites supm p. 226,
n. 4 et 5. L a t crit par quatre mains diffrentes : a) ff. r-55"; b) 55'-()8r; c) IOT
153" (Ran<lini, ff. ro8-162) ; <l) 155-186 (Ban<lini, 164-fin).

LE SAil',lT AUGUSTIN DE LA TYPOGRAPHIE VATICANE

231

ou la prsentation du manuscrit de Santa Croce1 . Il y aurait, je crois,


une tude attachante faire sur ces manuscrits pour montrer comment
les copistes du xve sicle ragissaient devant un modle de lecture difficile
et faisaient, leur manire, uvre d'diteur.
Jusqu'aux 'l\Iauristes le texte de Welser, souvent reproduit, va faire
autorit ; sa premire rimpression, clans 1' dition des Opera omnia
parue Paris en 1614, prsente une petite amlioration : une douzaine de
corrections prsentes comme Observationes D. Laurentii Pignoria in
librum S. Augustini de gestis Pelagii missae ab illustri vira Marco Welsero
praefecto Augustae Vindelicorum ad episcopum Atrebatensem, comprenons
H. Ottemberg2
I,a grande nouveaut de 1' dition parisienne consiste en un certain
nombre de pices indites >J, ajoutes la fin du dixime tome, celui
des sermons. A part une homlie De Seminatore verbi (actuellement
sermon 150), qui avait dj t publie comme Tractatus de Epicureis
et Stocis 3 , toutes ces pices seront reprises dans 1' dition des Sermones
novi numero XL donne en 1631 par le P. Sirmond. Celui-ci d'ailleurs
s'explique, clans son Avis au Lecteur, sur 1' origine des indits de 1614 ;
il s'agit de textes qu'il avait dcouverts, mais qui ont t publis contre
son gr.
" Quae nos itidem causa (l'intrt des sermons comme document
historique) permouit, vt in hune Libellum quo frui 011111ibus possis,
Sermones etiam illos conferremus, qui postrema editione Parisiensi
nobis expressi, sed praeter votum excusi fuerant, un cum fragmentis
Nicolai Fabri, quae et ipsa, hucusque manca et lacera, nunc tandem
aliorum ope codicum pristinam ad 1-?peciem et nitorem expleuimus 4
En m'aidant des indications contenues dans l'dition de l63r (celle
de r6r4 reste muette sur ce point), j'ai essay de prciser pour chaque
sermon ou fragment de sermon le manuscrit utilis 5 ; le tableau suivant
rsume ces recherches 6 .

I. L' fait commencer le chapitre IV en III, I I (p. 6r, 1. n) : au mme endroit,


L note en marge : cap. 4. L 1 met une tte de chapitre en xxv, 50 (p. rn3, 1. 20) :
L prsente l un alina et une lettre orne, comme un dbut de chapitre. V regroupe
les chapitres XXVII et xxnn (p. rn5, 1. r7-r8) : L 1 a voulu corriger son modle
qui, par suite d'une erreur du scribe, a fait un chapitre <l'une ligne seulement.
0
To111e 7, p. 590.
3. f.;dition <le Plantin, t. 6, pp. 363-365, et dj d. d'rasme, t. 6 (1528), pp. 6or-

605.
4. Ayis an lecteur, f. a iijr.
5. Une aide trs prcieuse m'a t apporte par l'article de C. Lambot, Les manuscrits des sermons de Saint A ur:nstin utiliss par les l'.1 aiwistes, J'vl lanr:es]. de Ghellinck,
Gembloux r95r, t. r, pp. 251-263 et par son dition des cinquante premiers sermons
(Corp. Christianoriiin, t. 4r, r96r).
6. I,es rfrences sont faites aux lignes de l'dition Lambot pour les cinquante
premiers sermons, aux colonnes et aux lignes de la P.L., t. 38-39, pour les antres
(on notera qu'une dition bien meilleure du sermon 358 a t donne par C. I,ambot,

S.A. Aur;11stini srrmones seTer:ti il11oi/e11ir:inti 1

1~trecht

r950, pp. r44-q9).

PIERRE PETITJ1fE:VGLV

232

EDITION DE 1614
Pages

Titre
De luctatione Jacob.

Incipit
Haec maxime regula

De eo in Esaia quod scriptunz est : Qui autem In omnibus lectionibus


dediti erunt mihi, possidebunt terram et
inhabitabunt montem sanctum meum. Et ex
A postolo : Has ergo promissiones habentes,
carissimi, mundemus nos ab omni coinquinatione carnis et spiritus, perficientes sanctificationem in timore Dei.

390-393

Possidius de quinque porticibus ubi multi- Nec auribus nec cordibus


tudo languentium iacebat, et de piscina Siloe.

393-395

Sermo S. Augustini habitus in Basilica resti- Cantantes Dominum


tuta die Munerum.
Sermo B. Augustini Episcopi de nuptiis filii Nuptias filii regis
[des.] Ego homi ... (c. 565,
regis, habitus Carthagine in restituta.
1. 14 a fine)

398-399

De contemptu mundi.

Loquar caritati

Sermo contra quoddam dictum Maximini Quid est quod audiuimus


Arrianorum Episcopi qui cum Segisuulto
Comite constitutus in Africa blasphemabat.
habitus de hoc quod refert Euangelista Saluatorem dixisse, Qui credit in me, non credit in
me, sed in eum qui me misit.
Sermo habitus ad mensam S. Cypriani. De S. Agnoscit fides vestra
Laurentio.

------------------------ Quoniam
------------11
402-403
Sermo B. Augustini Episcopi. De Alleluia.
placuit domino .
1

LE SAINT A UGUSTLV DE LA TYPOGRAPHIE T'ATICANE

.MANUSCRITS UTILISS

EDITION DE 1631
Numro
actuel

------~~

------~--

Num.

Indication des sources


Berlin, Staatsb., Phil. 1712, ff.
19-26
CC 16, perdu

vetus exemplar nostnmi


codex Sancti Vietoris
codex Bibliothecae
torium)

45

12

125

15

19

233

regiae

(Collec- Paris. lat. 2030, ff. 17- 19r

pas d'indication

Berlin, Staatsb., Phil. 1712, ff.


3ov-39

codex S. T'incentii M etensis

? (sans doute un ms. des Tract.


in Iohannem; cf. D.F. Wright,
j.T.S., n.s. 15, 1964, pp. 324-6)

ex vet. codice Pithoeano

Paris. lat. 1771, ff. 43-45v

codex Collegii N avarrici

non identifi

90

14

ex eodem volumine Corbeiensi, ex quo Paris. lat. 13387, ff. 5P-56v


V aleriani olim homilias descripsimus.
Sed mutilus erat fine auulso.
Quod ergo deerat supplementum ad Paris. lat. rr703, ff. 163-165v
nos postea missum est ex alio codice
eiusdem 1\llonasterii.

345

32

...L

ex vet. codice Pithoeano

Paris. lat. 1771, ff.7r-So,.

140

16

ex vet. codice H. F.

ms. deN. LeFvre,nonidentifi

et altero S. Vietoris

Paris, Arsenal, 1io6, ff. 369v-37rv

ex cod. Bibliothecae regiae, et aliis.

Paris. lat. 2030, ff. 345v-346v


? (sans doute mss des collections
S. Catholici Patres ,, ou Tripartite >i.)

ex vet. codice JVI onast. Cellensis.

? (sans doute un ms. de la collection S. Catholici Patres")


Paris. lat. 2030, ff. 272-273r
Paris, Arsenal, 506, ff. 22Sv-229v

305

26

256

18

et aliis

PIERRE PETITMENGIN

EDITION DE 1614
-

--------~-~~-~---

Titre

Pages

403

Incipit

Homilia de Circumcisione Domini die Kaland. Admonemus charitatem


Ianuar.

4o3-4o5

De eo quod scriptum est in Ecclesiastico, Cum diuinae scripturae (1. I)


Ficlem posside cum proximo in paupertate [des.] temporalia ferebat (1.
167)
ipsius, ut et bonis eius perfruaris.
non rapinam (1. 213)
~des.] sint mecum (finis)

405-407

De pace et charitate.

Curam nostram (init.)


[des.] Deum timetis (c. 1589,
1. 18 a fine)
Quid per emptionem (c.
1593, 1. 5)
[des.] litigando ami tti tur
(c. 1593, 1. 5 a fine)

4o7-4o<)

De eo quod commonemur ab scandalis mundi Divinae lectiones


cauere.

400-410

Fragmenta diversornm sermonum. I

In his duobus (c. 1304, 1. 15


a fine)
[des.] necesse est minuantur
(c. 1307, 1. r8 a fine).

411

II.

verbi gratia amas (1. 27)


[des.] quidquid te delectat
(1. 76)

4n-412

III.

quas amabas (1. 128)


[des.] in charitate (1. 227)
in Domino (1. 275-6)
[des.] redemptoris (finis)

412-413

l\T,

et sal vum facere (1. 19)


ides.] facite ex amore (1. 173)

413-.p4

V.

in remissionem peccatorum
(c. 1594, 1. 13 a fine)
[des.] vera Florentia (finis)

LE SAINT AUGUS'TJN DE LA TYPOGRAPHIE T'ATICANE

MANUSCRITS UTILISS

EDITION DE r63r
Numro

actuel

--- - - " - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -

Num.
198

41

358

Indication des sources


(il n'a t retrouv aucun ms. de
ce sermon)

7 -" ex vet. eodice Pithoeano

11

36

ex 1et1istiss. eodice scripto in covtice,

Genve, ms. lat. r6, ff. 8".

et altero S. Vietoris (DD. r2)

ibid., f" I2
Paris, Arsenal, 506, ff. 252-254r

ex eodice in cortice scripto,

Genve, ms. lat. r6, ff. 19-22'"

et altero
359

235

37

s"

Vietoris

codex in co1'tice

IO. II

Paris. Arsenal, 506, ff. 369"-37rv


ibid., f. 27

(cf. pins has le fragm. Y)

8r

33

titulum ex uetustissimo codiee ad- ibid., ff. 3 rv-39v


scripsimus

288

23

11etustissimi libri fmgmenta

ibid., ff. 2-4 \'

codex re gi us

Pai'is. lat. 2030, ff. 307-309r

codex S. T'ictoris DD. T2

Paris, Arsenal, 506, ff. 394"-397r

fragmenta in volumine corticeo

Genve, ms. lat. 16, f. 5

codex S. Vietoris CC. r6

perdu

(cf. fragment ci-dessus)

ibid., ff. 6. 7

2I

2I

ibid., f. 81'
20

359

37

ex antiq1t'issimo codiee in
scripto,
et altero S. Vietoris (CC. r6)

cortice ibid., ff. r6-r9r

perdu

prior pars edita est sermone XCI. de


Diversis ...
integrum rcprarscntavimus qualem,
exhibuit codex in cortice exaratus
ibid., ff. 28-3!"

23b

PIERRE PETITME.\TGIX

En regardant ce tableau, on comprend pourquoi Sirmond dsavoue la


publication de I6I4. Son dition de r63I se recommande par la sret
du jugement en matire d'authenticit et par la prcision des commentaires
historiques ; et avant tout elle offre des textes complets. En I6I4 les
imprimeurs parisiens, toujours l'afft de l'indit, n'avaient pas hsit
publier des fragments en dsordre, des travaux prparatoires une
dition plutt qu'une dition digne de ce nom. Ce fait, qui devait scandaliser Sirmond, est trs favorable pour nous, d'abord parce qu'il nous
permet de saisir sur le vif le labeur du jsuite, qui identifie peu peu les
fragments et les complte avec l'aide du Collectorium de Roberto de' Bardi 1
ou de manuscrits de Saint-Victor2 , et ensuite parce que les textes publis
en r6r4 ne sont pas composites mais selon toute vraisemblance la transcription directe d'un manuscrit 3 (que nous avons, pour chaque sermon, indiqu
par une croix dans le tableau des pp. 232-235).
Un des manuscrits utiliss a dj toute une histoire ; il s'agit de la
partie gnevoise du S. Augustin sur papyrus (Genve, ms. lat. r6 ; Lowe,
C.L.A. t. 5, n 6r44 ). En r530 le manuscrit se trouvait Lyon o Claude
Bellivre le voit et l'analyse 5 ; la fin du sicle Nicolas Le Fvre l'acquiert,
ou tout au moins en dispose assez longuement, comme en tmoignent
les notes qu'il inscrit dans les marges. Il en tablit une transcription,

r. Sur ce recueil, on pourra voir G. Pozzi, Roberto de' Bardi e S. A gosi'ino, Italia
med. e itman. I, 1958, pp. 139-153. Sirmond n'a trouv que les deux premires parties
dans le Paris. lat. 2030, mais il a obtenu singularum deinde omnium (partium)

Indicem ... ex Cancellaria Parisiensi , c'est--dire l'inventaire qui termine la table


mthodique de Jean de Fait (le Paris. lat. 2032 se trouvant alors au Collge de Foix,
Toulouse, on peut supposer que le Paris. lat. 203r tait l'exemplaire de la Chancellerie).
2. I,e manuscrit DD 12, maintenant Paris, Arsenal 506, contient des sermons
prlevs sur les cinq parties du Collectorium. I,e manuscrit CC r6 n'a pas t retrom-
(mme aprs les recherches de :M. Ouy sur la bibliothque de Saint-Victor : voir,
au Cabinet des Manuscrits de la Bibliothque Nationale, la reproduction annote
par ses soins du catalogue de Grandrue), il contenait la collection de diversis c1.u
ms. 40, de Troyes ; cf. C. Lambot, Les manuscrits des sermons ... , pp. 256-257.
3. C'est sfar pour les sermons dits d'aprs le manuscrit de Genve; un sondage
effectu sur les ff. 32-33 (sermon Sr) m'a montr que la transcription est dans
l'ensemble fidle (les lacunes sont indiques quand la restitution n'est pas vidente),
mais que l'orthographe est normalise (paululum au lieu de paulolmn, etc.), et qu'il
y a des omissions ou des transpositions injustifies.
4. De la longue bibliographie cite par Lowe, op. cit., p. 59, on retiendra surtout
H. Bordier, Rcstitiition d' nn ms. du V Je sicle mi pa1ti entre Paris et Genve ... dans
les tudes palographiques et kisto1'iques sur des papyrus dn VJe sicle, Genve r866,
pp. rn7-154. On ajoutera la notice de H. Aubert, dans la Bibl. cole des Chartes 70,
1909, pp. 257-262, et les tudes que nous citons dans les notes suivantes,
5. On se reportera l'article trs intressant de C. Perrat, Les humanistes amateurs
de papyrus, Bibl. Jlcole des Chartes rng, r95r, pp. l86-r92. Cette partie du ms. se
trouvait dj Lyon au rxe sicle, puisqu'elle a t annote par Florus, mais cela
ne veut naturellement pas dire que le ms. provienne du scriptorium lyonnais ; cf.
C. Samaran, Codex Phiinarconens1'.s .Sur l'histoire du ms. de S. A iigitstin sur pvp;rns,
dans tudes mrovingiennes. Actes des foiwnes de Poitien 1er_3 mai 1.9!!2 (Paris
1953). pp. 28r-3.

LE SAIXT A UGUSTIX DE LA TYPOGRAPHIE VATICAXE

237

sans doute incomplte!, dont il enyoie un exemplaire Sirmond le 1er


fvrier 1599 2 . Augustinien fervent, il pensait sans doute encore vers 1609 3
donner une dition de ces fragments, mais charg de l'ducation de
Louis XIII 4, il doit renoncer tout travail d'rudition et meurt en 1612
sans avoir ralis son projet. Une autre pice publie en 1614 provient
de lui, le sermon de Seminatore verbi, qu'il avait dcouyert dans un volume
crit en lettres capitales, c'est--dire, sans doute, en onciales 5 : si ce manuscrit ne se retrouve pas, la transcription imprime pourrait peut-tre
rendre service un diteur de S. Augustin.
Les autres manuscrits ont t dcouverts par Sirmond, dont la curiosit
restait toujours en veil : il commence bien sr par fouiller la Bibliothque
du Collge de Clermont 6 , il explore la collection de Pierre Pithou (t 1596),
une des plus fameuses de l'poque, malheureusement disperse aujourd'hui; lorsqu'il prpare son dition de Valrien de Cimiez (parue en 1612),
il n'a garde de laisser chapper un sermon de S. Augustin qui suivait les
uvres de celui-ci clans un codex de Corbie, et c'est sans doute en tablissant le texte de Pierre de Celle (publi en 1613) qu'il est amen s'intresser la bibliothque de Montier la Celle, prs de Troyes, o. il dcouvre
le sermon 256.
L'intrt de Sirmond pour S. Augustin ne faiblit jamais, comme le
prouve ce petit pisode de coopration internationale. En 1644, un modeste
rudit romain, Giovanni Battista Mari, chanoine de Sant' Angelo in
Pescheria, avait repris le flambeau des scholastici V aticani et publi
r. Rien n'indique qu'il ait pris eopie cl es fragments publis par Bordier en r 866,
et identifis par R. Beer, Die Anecdota Borderiana A1tgustineischcr Scrmonen, Sb.
Wm, t. rr3, r886, pp. 679-690.
2. Cf. la lettre publie par L. Delisle clans sa brochure A Gaston Boissie1 ... r5 aot
1903. Deux lettres de N. Le Fvre au P. Sirmond, p. r8 : Je vous envoie aussi les
Fragmentz cles Sermons cle sainct Augustin tirs cl'un exemplaire escrit en escorce,
en lettres capitales, fors le dernier de seminatore verbi, qui est cl'un exemplaire escrit
en parchemin, mais aussi en lettres capitales . Il avait clj envoy Sirmoncl, le
2 octobre r596, une liste, assez incomplte, des sermons indits contenus clans le
manuscrit (id., ibid., pp. r 5-6).
3. Voir la lettre de Sirmoncl Banclini que nous citons sitpra p. 227. Franois
Le Bgue dit dans sa biographie (N. Fabri opuscula, Paris 16r4, f. i 3') : (antiquos
patres), ut erat antiquitatis diligens scrutator et adsertor, summopere venerabatur
maxime D. Augustinum, cuius lectioni adsidue inhaerebat .
4. Cf. A. Anis, David Rivault de Fleiwance et les autres prcepteurs de Louis X Il I,
Paris 1893, pp. 78-95.
5. Voir plus haut n. 2 ; la lettre du 2 octobre r596 (Delisle, op. cit., p. 16) prcise:
Ex conciliorum codice capitalibus litteris scripto qui olim Henrici J\Iemmii fuit,
nunc est praesiclis Buchartii : sermo cle seminatore yerbi... . C'est ce mme ms.
que remonte la copie conserve dans le ms. 64r de la Coll. Dupuy, ff. 2-3 (cf. f. 2 :
ex v. c. l\Iem. litteris capitalibus scripto , et f. 3" : Explicit de Seminatore yerbi
sermo pulcherrimus ) ; l'criture me parat celle de Le Pne (cf. une lettre autographe du 8 septembre r603, Coll. Dupuy, 490, f. r79).
6. C'est peut-tre l qu'il a trouv le ms. S. Vincent-ii JV!etensis ; on sait qu'un
certain nombre de mss de cette abbaye sont passs au Collge de Clermont, pour
arriver finalement la Staatsbibliothek de Berlin ; cf. V. Rose, Die 111'eennan-H andschriften des Sfr Thomas Phillipps, Berlin r893, index, p. 513.

PIERRE PETITMENGIN

sept sermons indits, d'aprs un manuscrit de la Vaticane provenant


de Sainte-\farie-des-Martyrs1 et un autre de la Bibliothque Barberini
(671, olim xrv. 44; Lowe, C.L.A., t. I, n 64) 2 . Le dernier de ces sermons
concernait S. Jean-Baptiste. Aussitt Sirmond envoie Mari un sermon
indit sur le mme saint, tir du Collectoriitm de R. de Bardi3 , et Mari le
publie firement en 1647: de tous ceux qu'il a dits, c'est le seul que la
critique considre aujourd'hui comme authentique4.
La multiplication des ditions partielles ou des opera omnia augmentes
d'un ou deux indits rendait difficile la situation des rudits qui n'taient
jamais srs de possder un S. Augustin complet. C'est pour leur venir
en aide quel' oratorien Jrme Viguier conut le projet de son Supplment,
qu'il publie en 16545 Le tome qui aujourd'hui intresse le plus les augustiniens est le second, o Viguier donne des uvres indites (ou prtendues
telles 6 ), en particulier l'Opus iniperjectmn contra ]ulianum, publi pour
la premire fois en entier 7 Le tome I, au contraire ne contient pas d'indit,
part le speculum pseudo-augustinien 8 ; il constitue simplement un
r. Il s'agit du l"at. Lat. 5696 ; cf. l'inscription du f. Av publie par A. Poncelet,
Catalogus codicum hagiographicornm lat. Bibl. l'at., Bruxelles 1910, p. 135
., Les sermons dits par Mari sont tous des pseudo-augustiniens :
r. App. 3r7 (P.L., t. 39, c. 2352-4), trom- dans le Fat. Lat. 5696, ff. 5''-6 1 ;
2. App. 227 (ibid., c. 2163-4), mme ms., ff. 6'-7r ;
3. Un sermon que je n'ai pas identifi (Inc. Sancta festiuitas beatissimorum
martyrum), mme ms., ff. 7-Sr ;
4. App. r42 (ibid., c. 2022-5 = Csaire, sermon 199 :i\Iorin), d'aprs le Barb.
lat. 671, ff. 97-99v ;
5. App. 90, l-5 (ibid., c. 1918-9 = Csaire, sermon 168, 1-5) : ibid., ff. 93-94r,
donn co111111e humilia sancti Fastini et avec l'incipit Proxime est, f.c.,
quod die tertia .
6. App. 137 (ibid., c. 2015-7; de S. Jrme, d'aprs ll. Capelle, Rev. Bn. 3(;,
1924, l65-I80) ; ibid., ff. 94V-96r,
7. App. 186 (ibid., c. 2094-5) : ibid., ff. III"-rr1'v;
8. App. 200 (ibid., c. 2I 18-9) : ibid., ff. lII"-II3'
3. Il s'agit du sermon 380 (P. L., t. 39, c. 1675-83), publi d'aprs le Paris. lat.

2030, ff. 312v-316 1' .


4. Cette remarque se fonde sur les indications de la Clauis Patrum Latinoru1n. 2
et dn Ver.c:eiclmis der Sigel fiir f{frchensclwiftsteller 2 de la Velus Latina.
5. La deuxime dition, de r655, ne se distingue que par des corrections clans
la typographie.
6. Par exemple il se trompe en publiant comme indite une lettre adresse
:i\Iacrobius, qui figurait dj chez Erasme et Plantin, mais avec l.Iaximinus comme
destinataire (n 203 = 23 des Mauristes). I>lus grave serait le problme des falsifications de Viguier, dont la bonne foi a t ~arfois mise en doute ; cf. pour le cas de
documents mrovingiens, J. Havet, Bibl. Ecole des Chartes, 46, r885, pp. 205-27 r.
7. Viguier a utilis le ms. de Troyes 40 ; cf. J. de Ghellinck, G'ne dition on une
col/i:ction mt'divale .. (cit p. 199, n. 2), p. 78. Claude :i\Inard, Andaegavensis expropraetor >), comprenons lieutenant de la pr,t d'Angers, axait publi les deux
premiers livres en 1617 cl' aprs un manuscrit de la cathdrale cl' Angers. Ce manuscrit
est le Paris. lat. 2100, comme veut bien me le confirmer JH. J. Vezin qui prpare
l'dition de l'inYentnire de 1472 (cf. Archives de :i\Iaine-et-I,oire, 16 G. II, f. 190).
8. Clavis Pair. Latin. n 384 ; Viguier le publie d'aprl:s un egreg(ius) cod(ex)
:i\Iemmian(us) ... manu Theodulfi Aure!ianensis episcopi... exaratus , c'est--dire
notre Paris. lat. 9380.

LE SAINT AUGUSTIN DE LA TYPOGRAPHIE J."ATICANE

239

recueil de textes difficiles trouver, un supplment dans 1' esprit de


notre moderne Patrologiae Latinae Supplementum.
" in animum induxi Augustinianorum Operum Supplementum edere,
quod omnibus satis esset, ita ut quisquis hoc sibi compararet, nihil
quod ad editos diuini Doctoris tractatus sibi deesse gratularetur ,, '
Ilfalheureusement Viguier n'indique pas toujours de faon explicite
l'dition qu'il reproduit, ce qui rend son ouvrage peu utilisable 2 Afin
d'en faciliter la consultation, j'ai pens utile d'tablir la liste de ses
sources, qui dresse en quelque sorte le bilan de cent annes de recherches
sur les uvres de S. Augustin. L'dition indique n'est pas forcment
celle qu'a reproduite l'imprimeur de Vignier, ruais celle o l'uvre a t
publie pour la premire fois.
pp.

l-108.

pp. 109-357.
pp. 358-388. pp. 388-393. pp. 388-390
p.

390

pp. 391-392
pp. 392-393

Serrnones noui = Sermones noui nitmero XL. .. collecti


studio et opera ]. Sirmondi.
Paris, l63r.
Serrnones D. Aurelii Augustini ( ... ), opus de diversis
a Theologis Lovaniensibus editi
d. de Plantin, t. ro,
pp. 446-614.
Horniliae undecirn ex codice rnanuscripto Bibliothecae
Carthusianae rnaioris desurnptae = d. de Paris (curn
insigni rnagnae navis), 1586, t. ro, pp. 355-375.
Quatre sermons tirs de Sanctorum Patrum Augitstini,
Fulgentii et Anselmi Monimcnta (d. W. Chalrner),
Paris, 1634.
op. cit., pp. 121-129 (Hugues de Saint-Victor, de quinque
septenis, ch. 5, P.L., t. 175, c. 4ro-414) 3 .
op. cit., pp. 129-132 (Sermon pseudo-august., app. 240 ;
P.L., t. 39, c. 2r89-2r90).
op. cit., pp. r6o-r66 (App. r29, ibid. c. 2001-2003
= Csaire, sermon r92 l\Iorin).
op. cit., pp. 166-172 (App. 130, ibid. c. 2003-2005
Csaire, sermon 193 J\forin) 4 .

Avis au lecteur, f. e ij'.


Cela excuse un peu ceux qui prsentent connue dits par Viguier des textes
qu'il a seulement republis.
3. Ce sermon, le suhant et le tractatus de septem donis anlient t communiqus
par J\Inard (donc, sans doute, tirs d'un manuscrit d'Angers) ; cf. lu prface, p. 8.
4. Ces deux: homlies de Csaire ont t pu1ilies par Mnard qui prcise (p. 157) :
de codice vetustissimo vitarum et homiliarum quem cum ceteris aliquot retecula
nostra custodit, oculis ingesserunt se homiliae duae nomen praeferentes doctoris
ineomparnbilis de Calendis Immariis .Je n'ai pas russi it retrouver ce ms. it la Eibliothque d'Angers, ni celle de Rouen, qui a recueilli les mss de Mnard (cf. J. Vezin,
Les sc1iptoria d'Angers au X Je sicle, Positions de thses del' cole des Chartes,
I958, p. 132).
I.

2.

240

pp. 393-394.
pp. 394-398.
pp. 398-403.
pp. 403-41r.
pp. 413-434. pp. 435-513. -

PIERRE PETITNIESGI.Y

Sermon 272 : tir des uvres de Fulgence, et revu sur


un manuscrit 1 .
Sermons app. 317, 227, 137, 186, 200 = G.B. JUari,
S. Aurelio A itgustino sermones aliquot adscripti. - Rome
1644 (sermons l, 2, 6, 7 et 8 de cette dition).
Sermon 380 = G.B. l\Iari, S. Aurelii Augustini ...
sermo in natali S. ]oannis Baptistae. - Rome 1647.
Tractatus de septem vitiis = W. Chalmer, op. cit.,
pp. 75-rr3 (Hugues de Saint-Victor, Allegoriae in Novum
Testamentum II, 3-14, P.L., t. 175, c. 774-789).
De gestis Pelagii = d. de M:. Welser (Augsbourg,
l6rr).
Aliquot epistolae quae in editione Basileensi desiderantur = d. de Plantin, t. 2, pp. 317-370.

Les travaux des correctores romani, jamais imprims, n'ont laiss aucune
trace dans ce bilan, mais par un heureux revirement du sort, ils vont
jouer un rle dans la nouvelle phase de l'dition de s. Augustin, celle
domine par l'rudition bndictine2 Les missaires des Mauristes3 qui
exploraient les bibliothques romaines jugrent plus pratique de copier
des collations existantes que d'en tablir de nouvelles. Un de leurs dossiers,
qui forme actuellement le Paris. Lat. rr646, renferme une copie, trs
mticuleuse, des Vat. lat. 4991 et 4992. Un coup d'il sur notre tableau II
montre qu'elle n'est pas complte : il y manque le relev des variantes
pour les Epistulae (tome 2 de l'dition Plantin), et pour le De civitate Dei
(tome 5). Les :JVIauristes ont d cependant avoir connaissance de ces
variae lectiones puisqu'ils les invoquent dans les apparats critiques qu'ils
ont rdigs pour ces deux uvres 4 .
I. La notice de Vignier ( Sermo hic in codice Cellensi num. 163 nuper in lucem
Yenit cum iis Beati Fulgentii tractatibus quos edidit ... PetrusChiffletius) yeutsans
doute dire qu'il a reyu sur un manuscrit de Montier la Celle le texte publi par Chifflet
dans ses Fulgentii Ferrandi opera, Dijon 1649, pp. 73-74 I,e texte de Chifflet reprend
d'ailleurs celui donn par Sirmoncl (S. Fulgentii opera, Paris 1612, pp. 257-259).
2. Les tudes fondamentales sont celles cle R. Knkula, Die Mauriner Ausgabe
des Augustinus. Ein Beitrag zur Geschichte der Kirche ~uv Zeitalter Ludig xn.
Sb. Wien, tt. l2I, 5 (1890), 122, 8 (1890), 127, 5 (1892), 138, 5 (1898), et clu P. cle
Ghellinck, Patristique et 1v!oyen-Age, t. 3, pp. 412-475. Il faut toutefois noter que
sauf pour les Sermons (cf. p. 231, n. 5), on ne possde pas encore un inYentaire
systmatique de la documentation manuscrite dont disposaient les l\Iauristes.
3. Sur leur acfrdt on Yerra Kukula, op. cit., t. 121, p. 81 et cle Ghellinck, op. cil.,
pp. 437-8.
+ Dix J'aticani, des Emendationcs Henrici Grauij et des Emendationes Emanuelis
Sa (cf. supra, pp. 215, n. 6 et 216, n. 3) sont mentionnes clans la liste nomina
Coclicnm MS. ad quos Epistulae D. Aug. hoc 2 tomo contentae collatae sunt
(Paris. lat. u648, f. z6v ; cf. Kukula, op. cit., t. 127, p. 29), et leurs leons apparaissent frquemment dans les tableaux des variantes (-ibid., ff. 35-409). Le cas est
moins net pour le De ci vitale Dei, car si les Treclecim (coclices) mss Vaticanae Bibliothecae figurent bien clans le conspectus siglorum (Paris. lat. II655, f. 2 ; Kukula,
op. cit., t. 138, p. 66), ils ne sont pas reprsents clans l'apparat que nous avons
conserv (ibid., ff. 16-90).

LL'

SAI~VT

AUGUSTIN DE LA TYPOGRAPHIE VATICANE

241

U rba, ne connaissant que les manuscrits vaticans et 1' dition imprime


des :Uauristes, avait un peu lgrement accus ceux-ci de falsification1 . Si
Sponde n'a collationn que quatre manuscrits du de bono coniugali, et
que les J\Iauristes indiquent un texte revu sur cinq V aticani, cela peut
tenir une erreur de leur part, mais aussi au fait qu'ils auraient examin
un manuscrit supplmentaire. 1'.,n feuillet retrouv clans leurs dossiers
montre que la deuxime solution est la bonne : les bndictins ont consult
quelques manuscrits du fonds Urbinate, entr la Vaticane en 1658,
donc bien aprs l'poque des correctores, et l'un cl' eux, l'actuel Urb. 82,
contient justement le de bono coniugali 2 .
Il faut toutE:fois constater que ce cas est d'une importance trs limite,
et de surcrot exceptionnel. Au Vatican, les Bndictins n'ont pratiquement fait de collations originales que pour les traits de S. Augustin
qui n'avaient pas t vus par les scholastici Vaticani, c'est--dire ceux
compris clans les tomes r, 9 et ro de l'dition des Lovanistes 3 . Pour tous
les autres, ils se sont fis aux relevs dj existants, qu'ils n'ont sans
doute pas, en dpit des affirmations optimistes de Kukula 4 , reyus sur
les originaux : comment auraient-ils pu retrouver les manuscrits utiliss
jadis par Aury, alors que celui-ci n'indique pas leurs cotes ? Antoine
Durban a srement rvis avec soin les collations qu'il allait envoyer
Paris, mais c'tait seulement pour s'assurer de leur conformit avec les
Vat. lat. 4991-4992 5 . En dfinitive, les notes de Sponde, d' Aury, de Priam
ont t la source essentielle des JYiauristes pour les manuscrits vaticans ;
elles ont ainsi contribu l'laboration d'un texte qui, clans bien des
cas, reste encore le meilleur dont nous disposions 6 .

r. Urba, Bcitrtge, pp. 2, 47, 52, etc. Kukula, op. cit., t. 138, pp. 6-9 l'a corrig,
mais est peut-Hre tomb dans un excs i11Yerse.
2. Le Paris. lat. r 1654, f. 9 (au f. ro est un mot explicatif d' A. Durban, publi
par Kukula, op. cil., t. 127, pp. 25-26) contient des variantes du de catechi:andis
rudilms (d'aprs l' Urb. 76), du de continentia, de bono coniugali, de sancta virginitate
(d'aprs l' Urb. 82) du de patientia (d'aprs 1' Urb. 84) et du de Trinitate (d'aprs
l' Urb. 79).
3. Le cas est diffrent pour les mss. de la Reine de Sude, qui, Christine vivant
encore, n'taient naturellement pas an Vatican. Les 1''.I:auristes ont en particulier
utilis pour les Enarrationes les Regin. lat. 30 (cf. Paris. lat. 11658, ff. 303-314) et
102 (ibid., ff. 315-328).
4. op. cit., t. 127, p. 25.
5. C'est ce que me semble prouver l'examen des feuillets intercalaires ajouts
aux collations originales (Paris. lat. rr646, ff. r26r, 175, zr6, 224-5, 259Y).
6. Sur les mrites compars de l'dition des :uauristes et de celle toujours inacheYe
clu CSEL, on verrn l'tude trs nuance du P. rle Ghe!linck, op. cit., t. 3, pp. 475-483.

10

PIERRE PETITMEliGJN

IV. DE L'ART DE FAIRE DES COLLATIONS


La difficult que nous avons eue identifier les manuscrits utiliss
par Sirmond et exploiter les papiers des Mauristes nous rappelle le fait
qu'au xvne sicle mme les meilleurs savants ne respectaient pas des
rgles que nous jugeons lmentaires, et nous invite interroger une
nouvelle fois les collations des correctores Romani, comme des documents
sur l'histoire de la mthode philologique.
Le mpris que Lachmann et ses disciples professaient pour les copies
de basse poque ne les aurait pas, je crois, dtourn d'utiliser des textes
qui ne nous sont transmis que par des ditions du xvre sicle, comme le
De ieiunio de Tertullien, ou le Carmen de Ingratis de Prosper d'Aquitaine.
Mme lorsque la tradition ancienne est bien fournie, on a tort de ngliger
les travaux des rudits d'autrefois; les exemples rassembls par G. Pasquali
dans une tude reste fameuse, Recentiores, non deteriores1, montrent que
bien souvent les ditions ou les collations des humanistes, en nous permettant de remonter des manuscrits disparus, font faire des progrs dcisifs
l'histoire comme 1' tablissement des textes antiques.
Tout le problme consiste savoir si le tmoignage dont nous disposons
est assez exact et assez complet pour nous permettre une reconstitution
de sa source ; autrement dit, il faudrait connatre, pour chaque cas, la
mthode que l'rudit a suivie dans son travail. Le problme est presque
insoluble lorsqu'on n'a devant soi qu'un texte nu, sans variantes ni
commentaires ; la prsence d' adversaria ou de variae lectiones nous donne
dj une certaine prise sur l'diteur 2 ; le cas de loin le plus favorable
est celui o l'on dcouvre les travaux prparatoires de l'rudit. Par exemple, lorsqu'on tudie l'dition de S. Cyprien parue chez Paul Manuce en
r563, il est impossible de dire si une leon nouvelle provient ou non du
Codex Veronensis, employ alors pour la premire fois et perdu depuis ;
c'est la dcouverte de la collation originale de L. Latini qui permet
maintenant d'envisager une rponse cette question 3 .
Mme lorsqu'on a la chance de saisir 1' activit philologique pour ainsi
dire sa source, il s'avre difficile de fixer le degr de confiance qu'on peut
accorder l'humaniste. Le cas des transcriptions est relativement simple.

1. G. Pasquali, Storia della tradizione e critica del testa', Florence r962, chapitre 4,
pp. 4r-ro8.
2. C'est sur elles que se fonde, en grande partie, J. Ruysschaert, Juste Lipse et les
Annales de Tacite. Une mthode de critique texhtclle au XVJe sicle, Louvain, 1949
(pour la collation lipsienne, on yerra spcialement les pp. rr3-r26).
3. Cf. G. Mercati, D'alcimi nuovi sussidi per la critica del testa di S. Cipiiano,
dans Opcre minori, t. 2 (St. e T. 77), pp. r65-r84 et 221-225.

LE SALVT AUGUSTIN DE LA TYPOGRAPHIE VATICANE

243

Naturellement un rudit peut modifier l'orthographe et mme la grammaire de son modle, comme cet excellent Padre Giuvenale qui corrigeait
le latin des auteurs de basse poque cits par Baronio 1 , ou ventuellement
contaminer deux traditions 2 : il sera alors un mauvais >> copiste, mais
l'important est qu'il reste un copiste, c'est dire qu'il reproduise avec
plus ou moins de fidlit le modle qu'il a sous les yeux.
Le problme se complique dans le cas des collations. A premire vue
il s'agit d'une opration simple
<cil suffit de comparer les textes>> - ,
mais lorsqu'on essaie d'en dmonter le mcanisme, par exemple pour
l'adapter aux possibilits d'une machine lectronique3, on s'aperoit qu'il
est bien plus complexe que celui de la copie4. On lit d'abord un premier
texte, en principe celui collationner5 ; on le retient ; on lit ensuite le
texte de base ; on compare les leons et, en cas de divergence, on note la
premire avec, le cas chant, indication de sa source ; si on ne l'inscrit
pas directement sur l'dition de rfrence, il faut aussi prciser la localisation du passage, et parfois reproduire le texte de base.
A tous ces stades surgissent des risques d'erreur, aujourd'hui comme
au xvre sicle. Il existe toutefois une grande diffrence entre l'attitude
des humanistes et la ntre : leur poque, comme d'ailleurs dans toute la
priode qui a prcd Lachmann, on s'intresse moins aux manuscrits
qu'aux leons dont ils sont porteurs: d'o un certain manque de prcision
dans les rfrences, qui pourra aller jusqu' la cc fraude>> (dans la mesure o
l'on ne distinguera pas entre une leon du manuscrit et une conjecture
tire de cette leon 6 ), et surtout un grand clectisme dans le choix des
variantes : un diteur sera tent de ne pas relever celles qui n'apportent
rien de nouveau ou rien de bon la constitution du texte 7 .
Les thoriciens du temps, qui s'tendent volontiers sur le iudicii1m et
l' emendatio 8 , ne proposent pas de solutions aux problmes de la collation,
I. Voir G. Calenzio, La vita e gli scritti del card. C. Baronio, Rome 1907, p. 249.
Baronio rtablit les textes originaux.
2. P. Batiffol, La Vaticane de Paul III Paul V, Paris 1890, pp. 49-51, cite
l'exemple d'un scribe qui << combine deux exemplaires pour obtenir une copie plus
lisible .
3. On se reportera l'article de J. Froger, La collation des manuscrits la machine
lectronique, Bull. Inst. Rech. Rist. Textes 13, 1964-1965, pp. 135-171 ( l'heure
actuelle, la machine ne peut collationner que des transcriptions qui lui sont confies
par le philologue).
+ Nous nous fondons sur l'analyse de l'acte cle copie qu'a donne A. Dain dans
Les manuscrits 2 , Paris 1964, pp. 41-46.
5. Cf. Pasquali, op. cit., p. 63.
6. Id., ibid., pp. 70-71, se fondant essentiellement sur H. Blass, Die Textesquellen
des Silius Italicus, ]ahrbcher fr classische Philologie, Suppl. 8, 1875-1876. p. 189
et SS.
7. Il n'est donc pas licite de tirer des arguments ex silentio ; cf. H. Trankle, d. de
Tertullien, Adv. Iudaeos, Wiesbaden, 1964, pp. xcrx-c.
8. Cf. J. de \Vouwer, De Polyinathia tractatio, d. de Leipzig 1665, pp. 158-205
(la premire dition date de 1606). Le De arte critica de G. Schoppe (1597) ne parle
gure que de la critique conjecturale.

PIERRE PETITMENGI.V

ils ne semblent mme pas se clouter que cette humble besogne puisse en
poser. L'apprenti philologue n'est d'ailleurs pas plus gt aujourd'hui :
on lui dit simplement que les collations doivent toujours tre exactes1
et qu'en gnral elles ne le sont pas 2 , et il doit se forger lui-mme sa
mthode, ce qui ne va pas sans difficult ds qu'il y a plus d'un manuscrit
collationner ... Nous voudrions essayer de prsenter ici la rponse qui
fut donne jadis par les correctores Romani ces problmes de dontologie
et cl' organisation du travail que nous rencontrons maintenant encore.
Les Vat. lat. 4991 et 4992 nous offrent un terrain cl' observation privilgi : plus de 1500 pages de collations, dues quatre savants au moins,
et portant sur un comme sur treize manuscrits (clans le cas extrme de
la Cit de Dieu). Aucun des exemples que nous connaissons n'offre des
conditions aussi favorables. Ceux que cite Pasquali consistent en gnral
clans la collation d'un seul manuscrit, le Blandinius vetustissimus cl'Horace,
le Lodensis du de Oratore etc. 3 . Les Castigationes et Variae Lectiones que
les Lovanistes adjoignent presque chaque tome de leur S. Augustin
portent sur plusieurs manuscrits, mais elles ne prsentent qu'un choix
de variantes, et non des collations originales. Dans le cas de James 4 ,
nous disposons de tous les documents souhaitables mais bien qu'ils' agisse
d'un travail cl' quipe, la mthode est unique, dicte par 1' autoritaire
Protobibliothecarius. Le cas le plus voisin du ntre me semble celui des
collations de la Vulgate excutes par des moines cassiniens vers 1565,
mais il ne nous reste qu'une petite partie de leurs travaux, et de surcrot
la plupart des bibles mdivales examines alors ne se retrouvent ni au
Mont-Cassin ni ailleurs 5 .
Au contraire presque tous les manuscrits utiliss par les correctores
n'ont pas quitt la Vaticane, et il aurait t souhaitable non pas cl' ouvrir
le procs des rudits romains, comme aurait eu tendance le faire la
critique hautaine et sre de soi du xrxe sicle6, mais de tenter une exprience : collationner avec le texte de Plantin, au moins pour quelques
traits, les manuscrits consults jadis et comparer les mthodes employes
et les rsultats obtenus. Le temps m'a manqu, cc cum in procinctu
regressus mei in Galliam essem )), pour reprendre 1' excuse d'un des scholastici7, et j'ai d me limiter des sondages.
Deux rsultats en ressortent immdiatement : les collations sont parfois
inexactes, elles ne sont jamais vraiment exhaustives. A dire le vrai, on
1. C'est pratiquement tout ce que dit par exemple B.A. yan Groningen, Trait
d'histoire et de critique des textes grecs, Amsterdam 1963 (cf. p. 82).
2. Cf. Pasquali, op. cit., p. 73.
3. On pourrait ajouter aujourd'hui les Notae Cantilliacenses tudies par J. Perret
dans ses Recherches sur le texte de la Germanie, Paris 1950, pp. 3-12.
4. Voir l'article de N. Ker cit plus haut, p. 234, n. l.
5. La meilleure tude de ces Yariantcs se trouye dans H. Quentin, J11moire sur
l'tablissement du texte de la Vulgate, Rome - Paris, 1922, pp. 148-160.
6. Cf. H. I. Marron, De la connaissance historique, Paris 1954, p. 97 et ss.
7. Ces paroles sont de Sponde; cf. Vat. lat. 4991, f. 689v (prface de son Auctarium).

LE SAINT AUGUSTIN DE LA TYPOGRAPHIE VATICA,\'E

245

pouvait s'en douter, car Aury, l'occasion, reconnat trs franchement


qu'il n'arrive pas lire certains mots 1 , et Sponde, dans l'expos mthodologique qui prcde ses collations, nous prvient qu'il a commis des
omissions, volontaires ou non :
Ceterum in Yariis Lectionibus colligendis multas aperte erroneas
nec paucas leves consulto omisi, ne labor in immensum inutiliter
cresceret. Nec dubito quin aliquae effugerint, vel divagatione mentis,
dum minus attente coadjutorem legentem auscultavi (quod etiam
attentissimis accidere consuevit) vel frequentissimis et importunis
strepitibus advenientium ad Bibliothecam Vaticanam. Illud certe
firmiter assevero, nihil me unquam scienter 01nisisse, quod alicuius
loci emendationi vel apertiori dilucidationi nonnihil conferre putaverim,
sed et permulta scrupulose relegisse et adnotasse quae absque vel
minima jactnra omitti poterant "'

Sponde parat assez satisfait de sa conscience professionnelle, mais lorsque


la dcouverte d'un autre manuscrit 1' oblige relire les six lhTres contre
Julien, son assurance disparat quelque peu, car il constate qu'il a laiss
chapper un certain nombre de leons donnes par le nouveau codex
et dj prsentes dans ceux qu'il avait examins 3 .
De plus, lire les collations, on s'aperoit que, sauf celles de Priam dont
nous reparlerons plus loin, elles ne constituent pas des documents originaux. Regardons les ,-ariantes notes pour la premire Lettre de
S. Augustin (Vat. lat. 4991, f. rr) :
salutationis officium] salutationis obsequium 2
sanctarum studio te curam] sanctarum te curam 4
forte domino adiuuante] forte deo adiuuante 3, etc.
Comment Aury a-t-il pu indiquer du premier coup, sans aucune adjonction
ni rature, qu'une leon tait donne par 2 manuscrits, une autre par 4,
une autre par 3 ? C'est tout simplement qu'il a transcrit les indications
portes dans les marges de son exemplaire de travail 4 . Les collations
dont nous disposons sont des copies, une sorte de premire publication.
Ce fait nous permet de comprendre l'nervement de Sponde lorsque,
arriv la fin de son travail, il a connaissance d'un nouveau manuscrit,
sorti des profondeurs de la bibliothque secrte : il doit non seulement
en relever les variantes, mais encore reprendre entirement, pour les
traits qu'il contient, la mise au net de la collation. Il le fait pour ceux du

r. Cf. Vat. lat. 499r, f. 576 (lTrba, op. cit., p. 54) : multa sunt vocabula quae
non potui legere aut intelligere propter difficultates ab bredationum .
2. T"at. lat. 4991, f. 591.
3. Vat. lat. 4991, f. 691' : factumque est ut eadem conferendo cum aliis quattuor
codicibus multa qnoque in illis ei similia repererim, quae pariter adnotavi, cum
aut antea snbterfugissent aut prae le,itate mihi snperflna visa essent .
+ Celui qui transcrit les Yariantes n'est pas forcment celui qui les a inscrites ;
certains dtails me feraient penser qu' Aury a seulement recopi les notes qu'il
trouvait dans les marges du tome 2 : cf. infra p, 246, n, 8, et p. 250, n. 2,

PIERRE PETTTJl[ENGIN

tome 6, mais se contente ensuite, taedio victus )), de rdiger un A uctarium


qui ne contient que les leons propres au nouveau tmoin1 .
Thomas James travaille d'une faon tout fait semblable : il note
d'abord les variantes dans les marges d'une dition imprime, puis les
retranscrit sur des cahiers. Malheureusement, moins fortun que N. Ker,
je n'ai pas su retrouver l'dition lyonnaise de 1586 utilise par les correctores2. Toutefois nos collations constituent, selon toute vraisemblance,
des transcriptions compltes et non un choix de variantes 3 , et le matriel
notre disposition est assez important pour qu'on puisse tenter de
reconstituer la marche du travail.
La premire opration consistait collationner l'un aprs l'autre les
manuscrits vaticans avec le texte de l'dition des Lovanistes. Il semble
qu'au dbut Sponde se soit fait aider par un collaborateur qui lisait
haute voix le texte du manuscrit 4 ; aprs il ne parle plus que de (( lire )>
les textes, ayant sans doute abandonn un procd qui, comme notre
collation au magntophone, devait entraner d'assez nombreuses erreurs
ou omissions. En principe on collationnait le manuscrit dans son entier5 ;
toutefois quand deux tmoins offrent un texte trs voisin, Sponde adopte
une procdure simplifie : il s'en tient au meilleur et ne consulte l'autre
que lorsque le premier diffre de l'dition imprime6.
Il serait possible de dterminer le rythme de travail de certains correcteurs. Par exemple Bressieu, au moins au dbut, indique les limites
de sa tche journalire, comme le fera plus tard J ames 7 . Dans sa collation
des tomes 3 et 4, Aury note soigneusement les dates auxquelles il commence et finit l'examen de chaque trait 8 . Il est vraisemblable qu'il a
transcrit les variantes ds que la collation d'une uvre tait acheve ;
son travail est en effet partag en une suite de petits fascicules, chacun
r. Cf. Vat. lat. 4991, f. 689' (Urba, op. cit., pp. 60-61).
Cf. supra p. 222, n. 5.

2.

3. James au contraire n'a transcrit qu'une petite partie des leons qu'il mait
notes dans les marges de ses ditions ; on le voit en comparant ses Vindiciae A mbrosianae (Oxford, Queen's College, ms. 245) et son exemplaire de traYail, une rimpression parisienne de l'dition de Sixte-Quint, maintenant partage entre Queen's
College (cote: 62. E. 6 et 7) et la Bodleian Lihrary (Anet. S r. 21).
4. Il l'indique dans la partie de sa prface que nous ayons publie plus haut la
page prcdente.
5. Sponde emploie sonYent la formule : i< perlegere a capite ad calcem (par exemple, Vat. lat. 499r, f. 69rv).
6. Dans sa prface la collation du De peccatorum 111eritis, il explique ainsi sa
position : Porro B et y. ferme similia reperi. Ideoque y. (quod Yidetur antiquius)
diligenter cum impresso conferens habui quoque eodem tempore B prae oculis,
ita ut cum aliquid reperirem in y. diversum ab impresso, consulerem et B., in quo et
aliquando quaedam reperi diversa a y., etc. (T'at. lat. 4991, f. 635 ; Frba, op. cil.,
p. 70).
7. Vat. lat. 499r, f. 133: primo die qui fuit 12. aprilis 1595 ; f. 133'": i< 2 die qui
fuit r3. aprilis . Pour James, cf. Ker, art. cit, p. 18.
8. Il ne le fait pas dans la collation des Lettres (tome 2 de l'dition Plantin; Vat.
lat. 4991, ff. l - 125) ; c'est une des raisons qui me font supposer qu'il s'agit <l'une
simple transcription.

LE SA TNT A UGUSTI1V DE LA TYPOGRAPHIE VATICANE

247

avec sa foliotation propre. Sponde au contraire, s'il a fait lui-aussi ses


collations trait par trait, n'a d excuter sa copie calligraphique qu'aprs
avoir vu un tome entier.
Jean Priam adopte, lui, une technique tout fait diffrente. Charg
de collationner le texte du De civitate Dei sur treize manuscrits, il note
sur un premier cahier (primus codex) les diffrences entre le texte imprim
et le manuscrit n r. Lorsqu'il est arrh la fin du premier livre, il prend
le manuscrit n 2, ouvre une second cahier, et commence une nouvelle
collation (toujours pour le livre I). Deux cas se prsentent alors. Si le
deuxime manuscrit prsente une variante qui se trouve dj dans le
premier, Priam inscrira, dans son premier cahier, la mention 2
ct de la leon ; si la \ariante est au contraire nouvelle, il la notera en
entier dans son << secundus codex )). Les cahiers deviendront de plus en
plus minces, jusqu'au treizime qui ne renfermera que les quelques leons
propres au treizime tmoin. Une fois qu'il a collationn le livre I avec
tous les manuscrits, Priam reprend son premier cahier et s'attaque aux
variantes du manuscrit r pour le livre II et ainsi de suite jusqu'au livre
XXII.
Les seules innovations, c'est que les manuscrits 6 et ro (Vat.
lat. 437 et une dition ancienne qui portait alors la cote Vat. lat. 433)
ne reparaissent plus aprs le livre 11 , et qu' partir du livre III, Priam
se limite cinq tmoins qu'il collationnera entirement2 .
Ce systme vite l'tape intermdiaire des notes marginales et ne
comporte pas d'ambiguts. Lorsqu'on lit dans le premier cahier: jHgissetl
confugisset et compleri] repleri z. 4. 8. 9. II. rz. 13 3 , on voit tout de suite
que la premire variante est propre r, tandis que la seconde est aussi atteste dans sept autres manuscrits. La difficult vient du fait qu'on ne sait
jamais dans quel cahier une leon peut bien apparatre. Lorsqu'il collationnait son treizime manuscrit, Priam devait sans cloute passer sans
arrt d'un cahier l'autre pour retrouver celui o il avait dj not une
variante ...
Si original qu'il soit clans sa mthode de travail, Priam n'innove pas
quand il s'agit de prsenter ses collations. Les exemples que nous avons
cits montrent que, comme Aury, il suit le procd habituel l'poque :
il donne d'abord le texte de Plantin, puis indique la leon du manuscrit.
La citation est en gnral large, englobant des mots qui ne varient pas
et servent seulement limiter ou localiser la variante (par exemple :
se perferre gestirent] se praeferre gestirent 4 ). Les rfrences en effet ne

r. On le constatera en regardant les cahiers 6 et ro (Vat. lat. 4992, ff. 465-467


et 496-498).
2. Il obit une dcision prise par la eongrgation des cardinaux ; \'Or plus haut
p. 217, n. r.
3. Vat. lat. 4992, f. 135" (exemples tirs de Civ. Dei I, 5 et 6). C'est nous qui introduisons les crochets droits ; les correctores ont pour habitude de noter sur deux
lignes le texte de base et la yariante.
4. T'ai. lat. 4991, f. 557" (Anry).

PIERRE

PRTITNIEXGI~Y

sont pas toujours d'une prcision extrme. Elles sont donnes par rapport
au livre et au chapitre de 1' uvre, et la page et la colonne de 1' dition.
Ce n'est que peu peu qu'Aury en viendra indiquer les lettres qui
partagent les colonnes dans les ditions anciennes1 . Priam le fait ds le
dbut, prcisant mme p(rincipiuni), m(edium), f(inis); dans sa collation
des Enarrationes, il ira jusqu' indiquer la ligne de la subdivision. On aura
donc des rfrences de ce type :

(Enarr. in Ps. XLIX) Pag. r94. Col. A. 3a.


ibi iam esset] ibi iam essemus 2 .
Sponde a, lui, respect ds le dbut cette extrme prcision dans la
rfrence au texte imprim. Elle lui tait indispensable, car non seulement
il ne fait pas tat de la division en chapitres qui, nous dit-il, varie d'tm
manuscrit l'autre3 , mais encore il ne cite pas le texte reu; ses collations,
rdiges comme un apparat critique ngatif, ne se conoivent que par
rapport 1' dition lyonnaise. Prvoyant les difficults que pourraient
rencontrer les usagers, il a pris la peine d'exposer ses principes en une
page qui vaut la peine d'tre reproduite (nous y avons ajout des soustitres) :
(rfrences au texte de l'dition)
(les lettres) Porro in sequentibus Yariis Lectionibus, litterae maius-

culae Latinae quae ponuntur in margine significant spatia illa quae in


eodem codice impresso distinguntur iisdem litteris maiusculis intercolnmnaribus, A. B. C. D.
(les nombres) Notae vero arithmeticae quae in principio cujusque
Variae Lectionis ponuntur, denotant versus sive lineas eorundem
spatiorum codicis impressi.
(" apparat ngatif) Hune enim modum et faciliorem et compendiosiorem adinveni, quo celerius omnia conficerem, ncmpe ut notato
numero versuum apponerem duntaxat lectionem exemplarium manuscriptorum. Quam si conferas ad codicem impressmn, mox videas ex
similitudine verborum, quid ab invicem differant.
(mthode de reprage rapide) Ne vero tempus protrahendum esset
in num.erandis iisdem versibus, confeci chartulam (qualem habes hic
in margine) cujus numeri exacte respondent versibus ejnsdem Editionis
Lugdnnensis, qui in singulis spatiis sunt 18, nisi ubi forte Typographorum incuria eaedem litterae majusculae brevius vellongius spatium
comprehendunt ; tune enim et illam ego diversitatem sum necessario
seeutus, ut omnia suis apte responderent nnmeris.
(dlimitation de l'unit critique)

Ceterum ubi incipio aliquid notare, scito praecedentia verba eoclem


modo legi in mannscriptis quo in dicto codice Lugdunensi ; itemque
l. Cette habitude typographique mriterait d'tre smne aujourd'hui encore ;
tous ceux qui ont eu chercher une rfrence dans l'Jtrr Jtalicum cle P.O. Kristeller
(t. I, I,eyde 1963) n'en disconYiendront pas ...
2. f'af. lat. 4992, f. I3l''.
3. Vat. lat. 4991, f. 605v: illucl hic notare dsum est quocl superius omisi, me tam
in praecedentibus quam subseqnentibus lectionibus cli\'ersis colligendis minime
adtendisse distinctioni capitum librorum, tum quod scripti coclices saepius cle illis
inter se multum \'ariant, tum quocl saepissime nulla agnoscant >>.

JJ~

SAIXT AUGUSTLY DE LA TYPOGRAPHIE VATICA:VE

249

ubi desino, sequentia Iegi sicut in eodem codice impresso, etiamsi


aliquando sensus deesse videatur, - nisi forte sit aliqua inversio
verborum aut quid ejusmodi, facile omnibus cognitu.
(abriations usuelles)
In principio singularum variarum lectionum, cum inter numeros
arithmeticos inveneris hanc sy llabam i b., scito significare ibidem, hoc est
eam Iectionem respondere eidem versui, quem antea immediate notavi.
Quod idcirco aclmoneo, ne aliquanclo illucl ib. abinadvertentibus sumatur
pro numero 16. Secl et cum diversa lectio incipit in fine versus, tune
non raro aclclicli numero arithmetico, in fi. Cum vcro incipit in principio
versus, tune frequenter acldidi in pr.
(mots cits en abrg)
Et cum vides verba truncata, aut litteras simplices cum puncto
adjuncto, intellige ita legi in coclicibus manuscriptis sicut legitur
in codice impresso verbis per eas litteras aut syllabas incipientibus,
nisi forte praecesserit alia similis diversa lectio ex alio codice manuscripto immediate ante notato.
(indication des lacunes)
Cum nonnulla verba quae sunt in impresso desunt in manuscripto,
iis supposui lineam, ut dignoscantur facilius. Et cum cleest tantum
unum verbum, frequenter apposui has voces ante vel post, nt significem deesse illud verbum quod est ante vel post illud aliud quod tune
noto.
Secl haec omnia longe faciliora sunt usu quam dictu. Volui tamen
ea monere, etsi videantur superflua, ne aliqna species difficnltatis
re111aneret 1 .
La volont que Sponde a cl' tre clair et cl' envisager tous les problmes
mritait d'tre mise en lumire. Peut-tre y a-t-il au xv1e et au xvne
sicles des savants qui travaillent avec une mthode comparable, je n'en
connais en tout cas aucun qui ait eu l'ide de la formuler avec cette
rigueur.
Si nous examinons en elles-mmes les solutions que propose Sponde,
il est clair que certaines sont rprouves par les thoriciens modernes,
par exemple l'usage de l'initiale suivie d'un point pour remplacer un mot 2 ,
et que d'autres pourraient tre amliores : au lieu de souligner les mots
omis, il aurait d plutt distinguer les mots latins qu'il emploie, lui,
et qui n'appartiennent pas au texte des variantes3. Toutefois, si le propre
d'un bon apparat critique est de (( satisfaire (ces) deux exigences : il
faut qu'il soit parfaitement clair, et il ne doit pas tre touffu ii 4 , on peut
dcerner un satisfecit Sponde qui a su prsenter avec clart ses collations (ne lui demandons pas l'impossible, c'est--dire un classement des
manuscrits), et surtout viter l'ambigut. D'une indication comme celle-

r. l'at. lat. 4991, f. 591r (texte publi en partie dans erba, op. cit. pp. 58-59).

O. Stiilrlin, Prahtische Editionstechnih, J,eipzig 1914, p. 91 ; A. Delatte et


A. SYeryns, Emploi des signes critiques et disposition de l'apparat critique dans les
/dit ions savantes de textes grecs et latins 2 , Bruxelles 1938, 51.
3. Cf. Stiihlin, op. cit., p. 90.
4. Delatte et Snryns, op. cit., 20.
2.

z-o
J

PIERRE PETITMENGIN

ci cc Pag. 279. col. r. D. 4. Haec enim gratia baptiz. p. y ))1 , on peut conclure
en toute certitude que dans le de peccatorum meritis et remissione I, IX, ro
(C.S.E.L. t. 60, p. II, 1. 13), l o l'dition lyonnaise lit Hac enim gratia
baptizatos, les Vat. lat. 445 et 501 ont pour texte Haec enim gratia
baptizatos.
On aura remarqu que Sponde se sert de lettres grecques pour dsigner
les manuscrits tout comme Priam utilise des chiffres. Cette faon d'individualiser les tmoins n'est pas une innovation puisqu'on rencontre dj
l'emploi de tels sigles dans l'dition de la Vulgate que Robert Estienne
publie en 15342 Toutefois cet usage ne s'tait pas encore impos : Aury
par exemple se contente d'indiquer le nombre des tmoins en faveur
d'une leon 3 , et une vingtaine d'annes plus tt un aussi bon philologue
que P. Chacon avait mme pris le parti de ne rien signaler du tout4 .
Une fois de plus Sponde a choisi la solution qui sera celle de l'avenir.
Il est difficile de dire ce qu'aurait valu l'dition vaticane de S. Augustin
si elle avait t mene bien. Les diteurs auraient-ils tabli un texte
satisfaisant partir de la masse de variantes dont ils disposaient ? on ne
le sait. Il n'est mme pas sr qu'ils auraient fait bnficier le lecteur de
leur documentation. Peut-tre auraient-ils rdig des listes de variantes
la faon des Lovanistes5, ou simplement not quelques rares leons
dans les marges, comme on fit dans la deuxime dition de S. Grgoire
pour laquelle Aury avait travaill pendant prs d'un an 6 .
Quoi qu'il en soit, nos collations n'ont pas servi, sinon comme une
source, parmi tant d'autres, de l'dition bndictine. L'chec mme d'une
entreprise voulue par la Papaut et continue pendant plus de dix ans
me semble un fait non sans importance dans l'histoire de la Contre-Rforme. On a russi, au prix de quels efforts, donner une dition cc dfinitive l>, celle de la Vulgate sixto-clmentine, mais il n'a pas t possible
de constituer une patrologie, comme le feront plus tard les Mauristes.
Sans doute, en ne consultant les manuscrits que l o le textus i-ulgatus
tait manifestement corrompu, ou mieux, en appliquant les mthodes
rat. lat. 4991, f. 635r.
Cf. H. Quentin, Mmoire ... , pp. IIo-rrr.
3. C'est la pratique d'Hentenius dans son dition de la Vulgate, parue en 1547
(cf. Quentin, op. cit., p. r 33). Les manuscrits utiliss sont dsigns par leurs cotes
au dbut de la collation des Epistulac (Vat. lat. 499r, f. r) : autre particularit qui ne
s'accorde pas avec la mthode d'Aury.
+ Avis au lecteur de l'dition de Cassien (1580) : ex quorum collatione (il
s'agit de 8 mss de la Vaticane) innumerabilia loca sunt in hac editione restituta, sec1
ea adnotare non fuit consilium, in immensum enim volumen excresceret ... .
5. On se souvient de la dsinvolture, bien significathe, avec laquelle les I_,ovanistes (ou Plantin ?) interrompent leurs Castigationes et Variae Lectiones : reliqua
pleraque huius tomi (le neuvime) sunt etiam subsidia lVIS. exemplarium emendata,
sicut et tomus decimus, sed propter varias occupationes eae castigationes non sunt
ad calcem tomorum suorum transcriptae >l (tome 9, p. 502).
6. I,a discordance me semble particulirement nette entre l'effort (cf. supra
p. 219, n. 3) et le rsultat.
T.

2.

LE SAINT A [TGUSTIN DE LA TYPOGRAPHIE VATICANE

25r

expditives de Sixte-Quint ou de Pietro Ridolfi, il aurait t possible


sinon d'diter, au moins d'imprimer toutes les uvres des Pres, mais
c'est justement ce qu'on refuse. L'chec du S. Augustin tient des raisons
scientifiques tout autant que financires ou administratives. En cette
fin du seizime sicle1, la mthode philologique accomplit un progrs
remarquable, sur lequel nos collations portent tmoignage. Aussi bien
les correctores Romani que Thomas James, leur adversaire acharn,
veulent faire le tour du matriel manuscrit et en donner un inventaire
aussi exact que possible. C'est la difficult et l'ampleur de la tche qui
ont entran l'abandon de l'entreprise. Sans doute, comme les Mauristes
n'ont pas manqu de le remarquer, les 1085 leons que James relve
dans ses Vindiciae Gregorianae sont le plus souvent sans importance et
ne contribuent gure l'tablissement du texte de S. Grgoire2, et l'on
pourrait adresser un reproche analogue aux collations romaines de
S. Augustin. Cela n'enlve rien au mrite de James et des scholastici
V aticani; leurs travaux nous montrent que bien avant J. A. Ernesti ou
F.A. Wolff3, il y a en des savants pour se rendre compte qu'il faut
sparer la recensio et l'emendatio d'un texte, et que la seconde n'est
lgitime que si la premire a dj t mene bien.
Pierre PETITMENGIN

1. Cette poque est dcis\e, connue l'ont bien pressenti le P. de Ghellinck, Patristique et lvloyen Age, t. 3, p. 400 et A. Dain, Les manuscrits, p. 163.
2. Sancti Gregorii ope1a, t. I, Paris 1705, pp. IV-Y ( = P.L., t. 75, c. 21-24).
3. S. Timpanaro, La genesi del metodo del Lachmann, Florence 1963, pp. 23-25,
minlyse briyement l'attitude de ces sanints.

Table des Matires

l\IIRABEUA RonERTI Mario : Il Battistero di Sant' .Ambrogio a


JYiilano ......................................... .

J - IO

PAREDI Angelo: Dove fu battezzato Sant' Agostino ........ .

II -

ARBESMANN Rudolph : A Pioneering Work in Augustinian


Iconography .................................... .

27 - 36

26

CouRCEI,LE Jeanne et Pierre : Scnes anciennes de l'iconographie augustinienne


II ....................... .
I.,A BNNARDIRE A.-lVI. : Psaitme 13,3 et l'interpolation de
Rom. 3,13-18 dans l'uvre de saint Augustin ........ .

49 - 65

MOURANT John A. : Augustine and the Academics

67 - 96

KE\'AN Eugene: Augustine's De doctrina christiana : A Treatise on Christian Education . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

97 - 133

DUVAL Yves-1\Iarie: L'loge de Thodose dans la Cit de Dieu


(V, 26, r). Sa place, son sens et ses sources . . . . . . . . . . .

135 - 179

ETCHEGARAY CRUZ Adolfo : Prsence de saint Augustin dans


l'Enchiridion et le Symbolum d'rasme . . . . . . . . . . . . . .

181 - 197

PE'rITMENGIN Pierre : A propos des ditions patristiques de la


la Contre-Rforme : le "saint Augustin" de la Typographie Vaticane . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

199 - 251

CET

OUVRAGE

o'JMPRHIER LE

SUR

LES

17

PRESSES

J\TJ\

ACHEVJ'.;

DCEMBRE

DE

1966 -

L'IMPRJMERIE

DE L'JNDPENDANT A CHATEAU-GONTIER
DPOT LGAL

4" TRIMESTRE 1966

Imprim en France

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