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AUGUSTINIENNES
VOLUME
IV
TUDES AUGUSTINIENNES
8 rue Franois-rer
PARIS (VIIIe)
r966
mento dell'interno ci informa sull'insieme in modo pienamente soddisfacente. lVIeritava percio che quest'opera che, come vedremo, l'attestazione di un tipo di edificio dato alla Chiesa piu antica a :i\Iilano, prima che
in ogni altra sede, fosse resa visitabile a studiosi e a turisti. Il che stato
fatto, costruendo una copertura in cemento armato, che ha modificato,
favorevolmente, l'aspetto della gradinata di accesso all'attuale Cattedrale.
Diamo ora un'occhiata al battistero, quale apparso clallo scavo.
(fig. l).
Il perfetto ottagono ampio esternamente m. 19,30 fra due spigoli
opposti (m. r7 ,60 fra due lati), internamente fra due angoli opposti
ampio m. r2,80. Ogni lato esterno , in media, di m. 7,40 e ogni spigolo
ha una lesena a libro di 46 cm. di lato in media.
In ogni lato si apre all'interno una nicchia, alternamente semicircolare
e rettangolare. Le rettangolari hanno tutte una porta : le quattro porte
si volgono ai punti cardinali deviando dalla linea West-Est di 140,30'
verso Nord e l'edificio, posto, com' noto, a Sud dell'abside dell'antica
cattedrale, non orientato n sulla cattedrale, n sulle strade del centro
della citt romana.
La porta verso la basilica conserva intatta la soglia antica pur sotto
riempimenti di muratura che ne hanno rialzato il vano.
Piu importante sembra la porta orientale, che in et romanica ha avuto
un portale con strombatura fatta di arcate digradanti fra due semicolonne,
ma tutte le porte hanno subito rialzamenti e forse le due a Nord e a Sud
sono state in un certo tempo occluse 3 .
Ad ogni angolo interno, fra le nicchie, era una colonna di cui resta
solo l'ipobase. Al centro la grande ,-asca ottagona, col fondo in lastre
di marmo, e il giro di tre gradini in mattoni (un tempo rivestiti di marmo)
trovati quasi del tutto asportati. La vasca misura fra due lati opposti
m. 5,16, fra due spigoli m. 5,56 ; il lato di m. 2,14. profonda 80 cm.
dal piano di calpestio del battistero, che a m. 2,80 in media dal piano
della piazza attuale (fig. 2).
Una vasca, dunque, davvero molto ampia, piu vicina alla vasca di
un frigidarium che al fonte di un battistero, dove solo il ritmo dell'ottagono ci riannoda a valori simbolici e, insieme, ritmici rispetto all'impianto
generale dell'edificio. Attorno alla vasca, incluso nel muro perimetrale
un canale di deflusso dell'acqua, fatto di mattoni4 , in cui quattro rotture
3. Le porte settentrionale e meridionale ave\ano un protiro, che a Sud stato
pi volte rialzato. La porta occidentale conduceya alla chiesa e l'interYallo fra
battistero e basilica era stipato di tombe a cassa di mattoni con lastroni di pietra
di copertura, dis poste almeno in tre strati (secoli XIII e :s:). Il maggior numero era
in un passaggio coperto che collegaya basilica e battistero, il quale ha avuto vari
rifacimenti : almeno uno coevo al battistero, uno del :s: secolo e uno romanico.
Questo il passaggio attraverso il quale i neofiti videro il corpo di S. Ambrogio
la sera del suo transita, corne attesta Paolino (Vita Ambrosi c. 48). E forse sosto fra
questi muri, che poi accolsero in memoria di lui tante tombe.
+ Nel canaletto perimetrale della vasca sono state troYate moltissime monetine
romane, fra le quali alcuni piccoli bronzi di Valentiniano II, di Teodosio, di Arcadio,
e moite tessere di bronzo.
IL BATTISTERO DI SANT'AMBROGIO
5. Ritengo assai probabile chc l'asse \l'est-Est del battistero sia oricntato seconda
il sorgere del sole ne! giorno di Pasqua dell'anno in cui l'edificio fu costrnito.
6. A ,-eya Io stesso carattere il padmento in opera settile dell'Ursiana (l\:I. li:IAZZOTTI
J.a cripta della basilica 'isiana di Ravenna, in Felix Riwenna , r95r, fig. 4 p. 36),
costrnito snll'efrngono, n11zich snl rombo.
Per quanto mi consta non ricordo eclifici romani a pianta centrale che
abbiano la volta impostata su colonne. Nel tempio rotondo di Ostia,
in quello di Portumno, in quello di Siepe e, su tutti, nel mausoleo di Diocleziano, le colonne hanno funzione decorativa non portante. Nel tempio
di Portumno pero sostenevano nervature della volta a padiglione. Il
sistema (volte su colonne) pero presente in altri monumenti, corne nelle
terme di Diocleziano o nella basilica di l\fassenzio. Grandi mensole reggevano anche qui, sul capitello, l'imposta della volta, cos che la colonna ne
restava largamente scaricata.
Ma nei battisteri ottagonali la soluzione delle colonne angolari portanti
presente in moite sedi (comme a Frjus), a Novara, ad Albenga), anche
se sempre esistono le grandi mensole che scaricavano notevolmente la
colonna. Nel battistero del Laterano, nella sua fase precedente a quello
di Sisto III, le 8 colonne aderivano alla parete e assai probabilmente
avevano solo funzione decorativa ; corne le sette del battistero di Salona.
N el nostro battistero pero non dovevano esistere arcate concentriche alle
volte delle nicchie, corne ad Albenga e a Frjus, perch ogni spicchio di
muratura agli angoli interni della costruzione di poco piu ampio della
larghezza della base delle colonne (e quindi dei capitelli) e perch il designo
del pavimento sempre uguale a quello delle nicchie fino alla verticale di
queste basi. Poi comincia il tessuto del pavimento a rombi neri, che si
chiude in ottagono.
Non conosciamo bene la disposizione interna del mansoleo di S. Gregorio,
che De Angelis d'Ossat ha ricostruito graficamente 7 senza preveclere
colonne, ma in S. Aquilino, mausoleo annesso a S. Lorenzo, le colonne
erano previste, corne risulta <lai massi di ceppo sovrapposti alle fondazioni
contro ogni angolo 8 . Ed esse non potevano essere che decorative, non
portanti.
Ma osserrnndo le ipobasi che restano, su quella ad occidente della
porta meridionale si nota un volgare restauro del pavimento fatto in
malta signina, che copre l'ipobase stessa. Allora : le colonne c' erano, ma
non erano portanti, tanto che sono state tolte ad un certa epoca (quando
si dovuta restaurare la cattedrale ?) . Pensare che fossero state tolte se
erano solo in qualche modo portanti, mi sembra operazione un po' troppo
ardita. Colonne decorative, sono, corne abbiam visto, di regola negli
edifici a simmetria accentrata romani e paleocristiani pi antichi. E' assai
probabile che questo avvenisse anche nel nostro battistero.
Quanto alla volta impostata sopra le arcate varie soluzioni possono
essere previste : a) un raccordo angolare che porti ad una cupola (com'
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IL BATTISTERO DI SANT'AMBROGJO
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IL BATTISTERO DI SA.VT'AMBROGIO
pens di dare al luogo del battesimo l' aspetto dell' edificio sepolcrale pi
nobile del mondo antico, il mausoleo ottagonale, che aveva molti esempi
nell' architettura contemporanea : noi conosciamo quello di Spalato,
il mausoleo di Diocleziano, quello di lVIagonza, un mausoleo distrutto
alla fine del sec. III, quello di l\Iilano stessa, il ricordato mausoleo detto di
san Gregorio a S. Vittore ora distrutto, ma altri certo non mancavano.
Non dove\-a sembrar strano ai fedeli del tempo di S. Ambrogio entrare
giovani per il battesimo in un edificio che aveva la forma di una tomba,
dacch una tomba dal Redentore era stata mutata in sede della Resurrezione !
Per le considerzioni prima esposte, e per quelle che dopo queste pagine
fa Mons. Angelo Paredi, si deve ammettere che la costruzione del battistero ottagono di 1\Iilano sia avvenuta assai prima che S. Ambrogio provvedesse - a partire da poco prima il 386 - alle sue molte basiliche
suburbane, poste quasi a guardia della citt, come a Colonia erano, lungo
le strade che vi conducevano, le tombe venerate dei suoi martiri. Cosi
che il battistero di l\Iilano puo collocarsi fra il 378 (discorso sulla morte
del fratello Satiro, che lo aiutava in fabricis ecclesiae) e il 386. Aurelio
Agostino in questo battistero, compendio della dottrina battesimale
di Ambrogio, ricevette l' acqua lustrale nella notte tra il 24 e il 25 aprile,
Pasqua del 387.
***
Conosciamo pochi battisteri anteriori al IV secolo. Basti ricordare il
pi celebre, quello costantiniano del I,aterano, che circolare, e solo pi
tardi diventa ottagono, oppure il battistero della basilica episcopalis di
Aquileia, che il complesso episcopale pi antico meglio conosciuto in
Italia.
Ricostruito alla met del IV sec. 13 , ha un battistero in modesto ambiente
quasi quadrato, legato al resto delle costruzioni e non isolato, e solo la
vasca poligonale (esagonale e stellare). Anche tutti i battisteri sicuramente attestati in Siria prima del sec. v sono magari isolati o ben definiti,
ma sempre in forme tendenti al quadrilatero con o senza abside. Solo il
battistero della basilica della Vergine ad Efeso, attribuito alla met del
rv secolo, pur incorporato nella serie degli edifici annessi, irregolarmente
poligonale all'esterno ed circolare con otto nicchie all'interno 14 .
Dopo il battistero milanese, l'aula del sacro lavacro si stacca decisamente
dagli edifici connessi con la basilica e assume la definita forma di ottagono o ordinata sull'ottagono, che hanno anche i battisteri a pianta
13. :u. J'IIIIL\.BELLA Ro1m1nr, Considera:ioni sul/a basilica postteodoriana settentrionale di Aquileia, in Stud in onore di A. Calderini e R. Paribeni , :\Iilano, r956,
Yol. III, pagg. 863-87 5. Credo di aYer dimostrato che la basilic a e le opere annesse
sono del terzo quarto del IV sec. Il battistero ambrosiano non era encora nato.
q. Una silloge preziosa di dati sui battisteri noti qnella di A. KHATCI-IATRIAX,
Les baptistres palochrtiens, Paris r962.
IO
quadrata, ottagoni al secondo ordine. E ottagone sono le vasche battesimali specialmente in Lombardia e nei territori in relazione con la
diocesi ambrosiana.
Cosi a Rayenna, Ursus costruisce il battistero ottagono con le nicchie
semicircolari estradossate ; ad Aquileia, avanti alla basilica che subir
l'assalto degli Unni, l'ottagono si leva sull'impianto quadrato, che accoglie
negli angoli le nicchie semicircolari ; a Firenze, dove S. Ambrogio nel
393 porta le reliquie dei Santi Vittore ed Agricola e sosta a lungo, sorge
la grande aula ottagona che l'et romanica rivestir di marmi luminosi
e di musaici. A Roma Sisto III (432-440), modificando a fondo l'impianto
del battistero costantiniano circolare, leva il grande ottagono con il giro
di colonne attorno alla vasca.
L' esempio del grande vescovo, imitato prima nei territori della sua
giurisdizione dalla Provenza ad Aquileia ed oltre le Alpi, si estese in
tutto il mondo cristiano con variazioni in pianta e in alzato, che modificano e ravvivano il tipo iniziale, ma l' orientamento, dato dalle energie
edificatrici del suo insegnamento pastorale e dal suo esempio di costruttore,
resto ormai nell' ottagono degli edifici e delle vasche battesimali, consolidato per molti secoli.
:'vIARro l\IIRABELI,A RonERTI.
r. - S. Agostino ricevette il battesimo a Milano nella Pasqua del1' anno 387 : precisamente nella notte tra il sabato 24 e la domenica
25 aprile. Nelle Conjessioni (9, 6, 1) egli dice che lascio la villa di Cassicico ubi temp1ts adven-it, quo me nomen dare oporteret. A <lare il nome,
ad iscriversi tra i battezzandi, S. Ambrogio capitava che invitasse gi
nella festa dell'Epifania (cfr. expos. evang. sec. Luc. 4, 76). Il momento
preciso di iscriversi, nell'uso milanese del nono secolo, era la domenica
della Samaritana,come si chiamava la domenica che in antico si diceva
la prima, ed ora invece si usa dire la seconda domenica di quaresima.
Al termine della lettura del vangelo, il diacono proclarnava : Qui vult
nomina sua dare, iam offerat : chi vuol iscriversi per ricevere il battesimo
nella prossima Pasqua, venga adesso a dare il nome1.
Vi sono buone ragioni per ritenere che questa disciplina, attestata per
il nono secolo, sia gi stata in vigore a l\tiilano nel secolo quarto.
Se S. Agostino espressamente dice che lascio Cassicico e venue a
Milano (( per dare il nome )), ossia per mettersi insieme con gli altri
battezzandi competenti 2 , che cio insieme chiedevano quell'anno il battesimo, noi dobbiamo dalle sue parole et baptizati sunms (Confess. 9, 6, 2)
concludere che egli fu battezzato insieme con gli altri nella usuale ceri-
Allo scopo di rendere pii't chiare le mgio ni esposte riproduco una pianta del centra
d1: J'dilano verso l'anno r300 disegnata e pubblicata da Ugo Jllonneret de Villard
nel volume Liber Notitiae Sanctorum :i\fediolani, 1\llilano 1917 ; e un grafico di Alberto
De Capitani d' A1zago.
r. Cfr. l\1anuale Ambrosianum, ediz. l\fagistretti, vol. II, Milano, 1905, pag. 135;
Evangeliario di Busto, fol. 5or.
2. Si chiamano competenti (<de ... simul petendo atque 1mum aliquid adpetendo :
AVGUS'l'., serin. 2r6, r (P.L. 38, 1865, col. ro77). S. Agostino attesta formalmente
di aver avuto il hattesimo dalle mani <li S. Ambrogio : per illiits (i. e. Amhrosii)
ministerium: AvGrsr., epist. ad Paulinani, 147, 23, 52 (CSEI,, 34, 328).
A. PAREDI
I2
monia che si comp\a una volta all'anno, nella notte pasquale, nel battistero dove usava battezzare S. Ambrogio. Dove si trovava questo battistero ?
2. La parola cc battistero n si trova due volte negli scritti di S. Ambrogio. Spiegando il battesimo egli dice che il battistero lo si pu considerare
corne la seconda tenda, o santo dei santi, del santuario mosaico (cfr.
Hb 9, r-7) ; il secondo tabernacolo mosaico ora il battistero in quo
vos introduxit sacerdos, in quo semel in anno summus sacerdos itrare
consuevit, hoc est ad baptisterium ubi virga Aaron floruit (de sacram. 4,
r, 2) 3 . Le vicende dell'assedio alle basiliche nella settimana santa del
386 S. Ambrogio le descrisse in una lettera alla sorella Marcellina : quando
gli vennero a dire che veniva posto il sequestro alla basilica Porziana,
egli stava nel battistero : symbolum aliquibits competentibtts in baptisterii tradebam basilica (epist. 20, 4) : stava nella basilica del battistero,
cio nell'aula, nella sala, nell'ambiente del battistero 4 .
In un'altra pagina, ancora parlando del battistero, lo chiama con un
altro nome : ingressus es 1'egenerationis sacrarium (de myster. 2, 5).
3. trovava
de sacr.
de sacr.
de sacr.
de sacr.
de sacr.
de sacr.
de sacr.
de myst.
de
de
de
de
de
myst.
myst.
myst.
myst.
myst.
----3. L'opuscolo de sacramentis viene c0111unemente ora riconosciuto come autentica opera di S. Ambrogio ; cio sermones tenuti da lui ai neofiti, ma a quodam
excepti, cio non pnbblicati da lui. Per talnne recenti sconsiderate negazioni si
veda A. P.uumr, La litiwgia del de sacramcntis in Miscellanea Carlo Figini ,
Yenegono Inf. 1964, pp. 59-72.
-t Il p. O. Falier mi assicura {sua Jettera del rz-r-65) che nella maggioranza
dei mss. finora da lui esmninati pet la edizione critica dell'epistolario si legge non
in baptisteriis tradrbam basilicae, ma in baptistrrii tradebam basilica.
in ps.
13
37, ro
Come queste citazioni dimostrano, S. Ambrogio ripetutamente afferma che nel fonte il battezzando discende gi ; che, dopo, battezzato, sale fuori. In altro luogo dice che il battezzato durante il battesimo
viene lavato in tutto il corpo :
in ps. rr8, 16, 29 : nunc quoque in emngelii mysteriis recognoscis quia
baptizatus licet toto corpore, postea tamen esca spiritali
potuque mundaris.
La vasca quindi doveva avere notevoli dimensioni. Doveva essere
provvista di gradini per scendere gi nell'acqua, e per poi risalire fuori 5 .
Dato che parecchie persone \' scendevano in una stessa notte pasquale,
dobbiamo supporre che vi fosse acqua corrente, o almeno, che l'acqua
potesse essere di frequente cambiata. Dove\a essere quindi provveduta
di un canale per addurre 1' acqua, e di un canale di cleflusso. Con ogni
probabilit vi erano anche dispositivi per riscaldare l'acqua : perch a
l\Iilano nel mese di aprile un bagno frecldo non lo fa nessuno.
4. - Il battistero a Milano al tempo di S. Ambrogio doveva troYarsi nelle immecliate adiacenze della cattedrale : egli dice che i neofiti,
subito dopo aver ricevuto il battesimo, partecipavano alla celebrazione
dell'eucaristia, anda,ano all'altare. Cfr. A1vrnROS., de sacr. 3, 2, II ;
4, 2, 7 ; de myst. 8, 43 ; PAur,rn., V. A., 48. Il hattistero e la cattedrale
quindi dovevano essere due edifici complementari, contigui.
5.
Ogni citt episcopale aveva una sola cattedrale ; e quindi di
solito un solo battistero. La cc gravissima eccezione >> di un secondo hattistero nella stessa citt, corne a Ravenna e a Salona, deve spiegarsi con
l' esistenza di due diverse comunit cristiane, per esempio una cattolica e
una ariana o scismatica ; o per ragioni speciali, corne il battistero extraur-
5. Vcdi la foto dei gradini ne! lrnttistero di Cuicui (Djmila) in F. \".\X DER :\Lwm,
Saint Augustin pasteur d'mes, II, Paris 1955, pag. 145, taY. VU ; ,-edi pure Io
schema del battistero ortodosso di Salona con qnattro gradini in B. DYGGYE, History
of Salonitan Cltristianity, Oslo 195 l, fig. III, 9 ; nei mosaici bizantini raffignranti
il battesimo di Ces, qnesti nell'acqna fino al yentre o fino al petto : cfr. il mosaico
del battistero di San :i\larco a Venezia, quello del hattistero ortodosso a RaYemrn
(cfr. Garncci IY, taY. 226), quello della chiesa di Daphni in Grecia ; cfr. anche
DACL, 2, rgro, col. 36r, 362, 369, 370, 372, 37-1, 407.
A. PAREIJI
7. - Forse nel secolo quinto, e certamente prima del secolo ottavo, la ecclesia maior o catteclrale di l\!Iilano fu dedicata a Santa Tecla
e cominci a chiamarsi ecclesia sanctae Teclae. Che le due denominazioni
15
8. Item dicam si vobis placet aitdire quare ecclcsia salvatoris ubi dicitur sancta
Tcgla est 111aior illa sancte }vlarie ... : Liber Sotitiac Sanctorum 111ediolani, eiz.
:'II. IIL\GIS'tlTTI - U. IIIOXXERI\T Dl\ Vn,I,ARD, J\Iilano r9r7, col. 340 I3 ; il Liber
Sotitiae fu compilato nel I304-13rr, ma contienc 111atcriali molto antichi. Vedi i
testi di GalYano Fiamma in DE CAPITAXI, op. cit., pag. 82-83.
9. Cfr. A. SILVAGXI, Studfo ci'itico sopra le due sillogi medicvali di iscri.c:ioni cristiane 1vlilanesi, in Rivista di Archeologia Cvistianci, XV, Roma, 1938, pp. Io7-r 22 ;
249-279.
ro. Il sermone ln reparatione ecclesiae i\I ediolanensis si troya nel J\IrGxn, P.L.
57, col. 469-472. Si Yeda su questo discorso quanta scriye il DE C.\PITAXI, op. cit.,
pp. 29-35; anche Yedi F. S.\YIO, Gli antichi vescovi d'Italia, Lei Loinbardia, parte 1,
"~Jilano, Firenze 1913, pp. 172-173. I,a prima cattedrale, la chiesa maggiore
rimase sempre questa di sauta Tecla ; anche quando dal secolo nono in poi ci fu
Yicino a S. Tecla la chiesa di S. Maria :Maggiore. Questa di Santa ::\Iaria fu la cattcdrale seconda , la minore, la iemale ; precisamentc come a Roma la basilica di
Santa ::IIaria :Maggiore , o Liberiana, non soppiant mai nella qualit di chiesa
cattedrale la basilica Latcra11ense. Queste cose gi le ha dimostrate il SAVIO (cfr.
\olume citato pp. 868-869) fin da! 1913 ; eppure yari antori ancora continuano a
confonclere e dicono Santa Tecla la cattedrale seconda e Santa Maria la prima :
cfr. per esempio il I,eclercq in Dict. d'Arch. Chrt. et Lit. XI, Paris 1933, pag. ro65.
A. PAREDJ
10
8. - La stessa cattedrale, chiamata maior da S. Ambrogio, dal biografo suo Paolino, dai libri liturgici rnilanesi del nono secolo, denominata
di Santa Tecla >> nella silloge Laureshamense, comincia nel secolo nono
ad essere chiamata anche ecclesia aestiva. Essa viene indicata con questo
nome nel testamento di Ansperto dell'anno 879 (Cod. Dipl. Lang., n. 290,
col. 492) ; nell' evangeliario di Busto citato sopra, e poi nel Beroldo. La
ragione di questa nuova denominazione sta nel fatto che circa 1' anno 836
accanto alla chiesa di Santa Tecla venne costruita una chiesa pi piccola,
detta di Santa l\Iaria, o hyemalis, che serviva per l'ufficiatura nella stagione invernale, dalla terza domenica di ottobre fino al sabato santo.
9. - Nella silloge di Lorsch, dopo l'iscrizione che stava nella chiesa
di S. Tecla, segue corne seconda iscrizione milanese un epigranuna, che,
secondo il raccoglitore, composizione di S. Ambrogio ; e stava nel battistero della medesima chiesa di Santa Tecla.
VERSUS AMBROSII AD FONT. EIUSD. ECCL.
r7
giorno che si aggiunge alla settimana dell' antico testamento, del giorno quindi della risurrezione di Cristo, della Pasqua, del riposo eterno, a cui si giunge
con la salvezza che ci ha ottenuto il Risuscitato, e che ci comunica con il
battesimo, il quale viene appunto amministrato nel giorno di Pasqua.
Tutta la epist. 44 una lunga esposizione dei valori simbolici prima
del numero sette, che a S. Ambrogio sembra il numero proprio dell' Antico
Testamento ; e poi e pi ancora del numero otto, simbolo della perfezione
che abbiamo nel Testamento Nuovo. Novit ogdoaden islam, quam octavam
Latine dicinii1s, velus testamentum, siquidem ait Ecclesiastes : Da parem
illis septem, et illis quidem octo >> (Eccle. II, 2). '' Hebdomas veteris testamenti est, octava novi, quando Christus resurrexit ... (Epist. 44, 6). E ancora:
<< A biit ergo hebdomas, venit octava. A biit heri, venit liodie... A biit ergo
ille dies testamenti veteris, venit dies novus, quo testamentitni consummatum
est novum ... >>(ibidem I7) <<Inoctavo numero resurrectionis est plenitudo >> :
expos. ev. sec. Luc., 7, I73
Vedi anche : explan. ps. 47, I, 3 ; expos. ps. u8, prol.
2.
IO. - Nel I870 per sistemare le acque di scolo in piazza del Duomo
il municipio fece scavare una trincea davanti alle porte della cattedrale
milanese. Nel sottosuolo furono trovati gli avanzi di un edificio circolare
e ottogonale di et romana. Non si capi allora l'importanza di una tale
scoperta e il suo significato. In uno studio del r9I4 Ugo J.\fonneret de Villard
sostenne per il primo che in quegli avanzi si doveva riconoscere il battistero
ottogonale dell' et ambrosiana.
Nel Ig43, dovendosi preparare in quella stessa area un rifugio antiaereo,
Alberto De Capitani pot verificare i reperti del I870 e almeno iniziare
lo scavo per scoprire il battistero13 .
Nel Ig6o in occasione dei nuovi scavi per una stazione della linea
metropolitana Mario l\Iirabella Roberti comincio uno scavo nuovo. Ai
fini di questo nostro studio interessano soprattutto i risultati riguardanti non la basilica di S. Tecla, ma quelli dell' eclificio ottogonale.
Nelle irnmediate vicinanze dell'absicle della chiesa di S. Tecla venne scoperto un ampio battistero. Lo scavo del battistero fu iniziato
13. Per gli scavi del 1870 e pi ancora per quelli del 19+3 si veda il volume citato
di Alberto De Capitani d'Arzago. Lo studio di lT. :i\Io~xrm.ET DE VII,I,ARD, Note
di archeologia Lombarda, in Arch. Storico Lombardo, XI,I, Milano, r9q, pp. 5-46.
Si deve ricordare che il suo volume su la chiesa maggiore di J\Iilano il De Capitani lo
lasci> manoscritto e incompiuto : non deve quindi meraYigliare che egli basandosi
snl Sayio (op. cit. pp. 877-879) parli di un battistero accanto alla basilica vetus e di
un diYerso battistero accanto alla basilica nova (cfr. nel suo libro citato, pag. 85).
Questo duplice battistero fu immaginato dal Savio in funzione della sua teoria su la
posizione della vetus. Se avesse potuto condurre a termine il suo studio anche il De
Capitani avrebbe dovuto concludere che il battistero milanese nell'etit ambrosiana
non poteYa essere che 11110 solo, donmque fosse. Anche qnanto dice il I'erler (art.
cit. p. 166) su il battistero della vetus suppone che la vetus sia da identificare con
San Lorenzo ; e che accanto a S. I,orenzo ci fosse un battistero: cose tutte ipotetiche.
ltJ
nel maggio 1961 e compiuto alla fine del 1962. E' questo battistero
che nel medioevo venne chiamato ecclesia sancti I ohannis ad fontes.
Lo scavo rivelo un perfetto ottagono, ampio esternamente metri 19,30
fra due spigoli opposti. In ogni lato si apre all'interno una nicchia, alternamente semicircolare e rettangolare. Ad ogni angolo interno, fra le otto
nicchie, stava una colonna su base con plinto quadrato. Al centro la
grande vasca ottagona col fondo in lastre di manno, e il giro di gradini
in mattoni (un tempo rivestiti di marmo) trovati quasi del tutto asportati.
La vasca misura fra due lati opposti m. 5,16; il lato di m. 2,14 E' profonda
cm. 80 dal piano di calpestio del hattistero, che si trova a m. 2,80 in media
dal piano del sagrato della piazza attuale. Una vasca davvero molto
ampia ... Attorno alla vasca, incluso nel muro perimetrale, un canale
di adduzione dell'acqua, in cui quattro rotture simmetriche suggeriscono
bocche di adduzione, corne nelle vasche dei frigidaria delle terme ...
Un canale di scarico stato scoperto sull' asse della porta meridionale ... >>14.
Si noti la perfetta corrispondenza di questi reperti archeologici con
la descrizione dell' epigrafe : costruzione ottcora, a otto nicchie ; e
fonte ottagono.
Un battistero accanto alla cattedrale milanese con ogni probabilit esisteva da parecchi clecenni prima che S. Ambrogio fosse eletto
yescovo. Ma la iscrizione Octachorurn cla lui composta e cla lui fatta
collocare nel battistero accanto a Santa Tecla un forte argomento per
inclurci a ritenere che sia stato lui S. Ambrogio a dare a quel battistero
la forma ottagona ; o insomma almeno a ornarlo, a clargli nuovo splendore. Questo lavoro o cli innovazione o di trasformazione sommamente
probabile che sia stato fatto nei primi anni dell'episcopato di S. Ambrogio,
negli anni in cui Satiro lo coadiuvava precisamente in fabricis ecclesiae
(de exc. Sat., I, 20). Pur nelle molte opere sue queste tre parole del discorso
in morte del fratello, tenuto nel 378, costituiscono l'unico accenno che
il vescovo faccia a costruzioni da lui promosse. Sembra che a nuovi
edifici per la chiesa abbia pensato soprattutto nei primi anni del suo
episcopato (avviene cosi anche ora, di solito). Certamente egli fece costruire due nuove basiliche a Milano, la Romana (poi chiamata Nazariana)
e 1' Ambrosiana, entrambe anteriori al 386. Prima che a costruire tali due
basiliche, probabile che S. Ambrogio abbia cominciato a sistemare,
a fare, o almeno ad abbellire il battistero accanto alla cattedrale : first
things first, dicono gli inglesi.
q. Cito da J\Iario i\Irn.ABELLA ROBERTI La Cattedrale antica di 11/lilano e il sua
Battistero, in Arte I,ombarda VIII, J\Iilano r963, pp. 77-98. Ci pennettialllo di
ossenare al chiar. lllo professore che quanto egli dice a pag. gr, cio che il famoso
epigramma Octachorum fu letto da Ennoclio ne! battistero, cosa assai probabile,
clato che Ennodio Yisse a l\filano quasi Yent'anni prima di cliventare \esco\o di
Pmia ; ma 11011 provata da alcun testo di En11oclio. Che poi S. Ambrogio abbia
portato a Firenze reliquie clegli Apostoli (pag. 95) non vero : a Firenze S. Ambrogio
porto qualche reliquia dei martiri Vitale e Agricola clai lui dissepolti a Bologna
(cfr. A~!BROS., exhortatio virginitatis, Migne. P. J~. 16, 1880, col. 351) i:~tili grafici
e foto dei battisteri paleocristiani si troyauo nel yo!ume di J. G. D.wrns,. The Architectural Setting oi Baptism, I,ondon 1962.
20
A. PAREDI
I5. Testo di VOGEL : MGH, Auct. Antiq. VII, Berolini 1885, p. I57 ; cfr. anche
DAC:L, XI, Paris I933, p. 1014; SAVIO, op. cit., p. 209.
2I
Ennodio visse a lVIilano dal 496 circa fino al 513. Con il vescovo milanese
Lorenzo egli era stretto da vincoli di parentela e gli fece da segretario
e, nonostante le sue astruserie, fu considerato corne il poeta ufficiale
a lVIilano in quegli anni.
Si noti pero che i reperti ottenuti dal recente scavo di questo battistero milanese di S. Giovanni accanto a S. Tecla, secondo il 1\Iirabella Roberti, sembrano da riferire all'et di S. Ambrogio piuttosto
che al tempo di Lorenzo I, almeno per l'impianto ottagono e il pavimento musivo. Lorenzo I potrebbe aver fatto dei restauri, o una nuova
volta a mosaico.
Come si detto sopra, il battistero di Santa Tecla venne usualmente
chiamato chiesa di San Giovanni al Fonte nei documenti medievali :
cadente ormai dopo un millennio fu demolito nel 1355, o meglio nel
l4ro1s.
12. Alcuni anni dopo i lavori compiuti da Lorenzo I nel battistero di San Gioyanni, sappiamo da un altro epigramma di Ennodio
che il vesco\-o Eustorgio II (circa 5n) forse costrui e certamente provvide di nuovi impianti d'acqua il battistero di Santo Stefano. La pi antica testimonianza che possediamo della esistenza di questo secondo
ba ttistero milanese (che la tradizione posteriore afferma riservato alle
donne) appunto il seguente epigramma di Ennodio :
22
A. PAREDI
23
Una iscrizione che stava una volta su tale fonte di S. Barnaba faceva
risalire la costruzione della chiesetta al tempo di S. Protaso, vescovo
del secolo IV. Tutti ora ammettono, dopo quanto hanno scritto il De
Rossi, il Mommsen e il Duchesne, che quella iscrizione << alciatina n,
ossia una falsificazione o una esercitazione letteraria di Andrea Alciato
(1492-1550).
Scavi recentissimi nella basilica eustorgiana hanno messo in luce
nuove tombe, anche cristiane : alcune del quarto secolo. Di un battistero antico non si trovato nessuna traccia. Nessuna traccia neppure
di un qualche edificio cultuale paleocristiano. Non si capisce quindi
corne si sia potuto scrivere che i recenti scavi di S. Eustorgio danno
ora un fondamento storico alla leggenda barnabiana : gi Achille Ratti
nel 1897 disse e pnbblic che tale leggenda scientificamente insostenibile.
11 nome di Barnaba Io si legge perla prima yo!ta nei testi liturgici milanesi ne! secolo
XII inenute, cio ne! Ca!endario cosi cletto Sitoniano ( cfr. :lbGISl'RRTTI, Beroldus,
pp. 7 e 139) e poi ne! messale di Bedero (ms. ambrosiano D. 87. strp., fol. 221 r)
del secolo XII, e poi in tutti i messali posteriori. :?lfanca inyece in tutti i messali
del secolo IX e X e XI. Vedi la prefazione alla edizione recente del Sacramenta1'io
Bergomense, Bergamo 1962, pag. XXII.
I; argomento liturgico documenta in maniera indiscutibile che il de situ non
pu essere anteriore al secolo XI. Si yedano le recensioni al lrworo del Dnchesnc
in Civilt Cattol., serie XV, ml. VI, r7 giugno r893 ; e in Analecta Bolland. \'II,
l 893, pp. 454-459 : pagine ancorn utili ed efficaci.
20. Cfr. A. CALDRRIXI, G. CHIFRIC'I, C. C:rtCCHIU,LI San Lorenzo Afaggiore, :l'1ilano,
r 952, pp. 183, 49, I ro, 141 ecc.
zr. J,. A. MrRA'IORI, Anecdola q1rne ex A111b1osia11ae bibl. codicilms nunc primum
eruit ... , tom, I, :?lfc;diolni r607. pp. r74-r75.
A. PAREDI
22. MGH, Scriptor., VIII, 1848, pp. 41-42 ; Migne, P. L. 147, Paris r879, col.
833. Dopo il battesimo, continua Landolfo, i due santi cantarono il Te Deum. Questa
la pi antica attestazione milanese della leggenda dell'origine ambrosianoagostiniana del Te Deum; mentre in Francia gi ricordata in uno scritto dell'anno
859 di Hincmaro di Reims, cfr. Migne, P. L. 125, 1879, col. 290. Vedi E. KAHLER,
Studien zum Te Deum, Gottingen r958, pp. l l l-l 13. Il passo citato di Landolfo Seniore
tolto dalla sua Historia J![ediolaneiisis, che non ha niente ache fare con laDatiana
o de situ. Anche il Kahler, corne ancora il Leclercq (DACL. XV, r950, col. 2030),
cita quel passo corne se fosse da una Chronica Datii o Datiana : questo errore gi in
parecchi scrittori (il Corio, l'Alciati ecc.), corne gi spieg il Muratori nella prefazione a Landolfo (Rer. Ital. Script., IV, l 723, p. 51). Difatti una mano recenziore
al principio del ms. ambrosiano H. 89. inf., che contiene la Historia M ediolanensis,
scrisse il titolo spurio di Chronica Datii. La mano recenziore fu sicuramente quella
di Francesco Castelli (1532-1578), corne si pu vedere confrontando nel ms. il fol.
SR con il fol. IR. Invece fu il primo L. Biraghi a dare il titolo di Datiana Historia
all'opuscolo de situ civitatis M ediolani nella sua edizione del r 848. Vedi il Savio,
op. cit., pp. 661-662.
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25
A. PAREDJ
26
1893 divenne vescovo di Parma. Si era fatto conoscere con la pubblicazione di tre volumi su Ennodio nel 1886. Nel nuovo libro del 1887 il
Magani sosteneva contro il Muratori che S. Agostino era stato battezzato
il 5 maggio e non a Pasqua 24 ; e, sempre contro il Muratori, che era stato
battezzato nella chiesetta di via Lanzone. A leggere oggi le verbose
pagine del l\fagani e i suoi strambi ragionamenti ci si meravigilia corne
ci fosse gente che Io prendeva sul serio. Eppure ancora nel 1930 un uomo
corne Filippo J.VIeda in una sua monografia su S. Agostino si attiene
alle opinioni del l\fagani e si sforza di tmrnrle non del tutto improbabili.
Il p. Fedele Savio invece pubblicanclo nel 1913 la sua fondamentale
opera su i vescovi antichi di lVIilano non cita mai il nome del Magani,
neppnre quanclo parla di Ennodio e di Lorenzo I ; il che significava, a
chi voleva capire, la nessuna fiducia che i libri del l\fagani meritavano.
16. - Speriamo che tra breve tutti potranno scendere a veclere
gli avanzi del battistero paleocristiano di l\Iilano. E molti yerranno da
molte altre contrade a meditare su l'incontro della Pasqua 387 tra il
vescovo di lVrilano e il futuro vescovo di Ippona.
Lo scavo ha dato ragione non soltanto alle intuizioni dei nostri migliori
storici del settecento, ma anche ai pochi solidi dati della pi antica
tradizione milanese.
Angelo PAREDI
l\Iilano, Biblioteca Ambrosiana, Pasqua 1965*.
24. Nei martirologi a partire dalla fine del secolo X\T, e quim1i anche nel ::-Oiartirologio Romano, la ConYcrsione di S. Agostino segnnta al 5 maggio : Quaerenti
quam ob causam com,ersio S. Augustini ad dirm 5. maii recoli coepta sil, id unum
rtpo11i11ws non eo die sed Proxima 7. maii in hicronymianis iterato recurrere memoriam
. 1ugustini episcopi, q1tem la111en non esse Hipponensem alio loco oslendimus : cosi
i Rollandisti uel Jllartyrol. Roman. sclioliis historic-is instn1ctum, J3ruxelles 1940, p. r74.
::\' ei libri liturgici milancsi non c' la memoria della Comersionc di S. Agostino ;
imece la festa della sua depositio al 28 agosto c' in tutti i messali fin clal secolo
nono, ma non c' nei due eyangeliari milanesi pi nntichi : ynol dire che tale fcsta
si introclnsse a ::-Oiilano nel secolo ottavo, non molti nnni dopo che il re Lintpranclo
circa il 726 fece portare dalla Snrclegna a PaYia le reliqnic del santo: cfr. Sacram.
Bergomeme, Dergan.o r962, pp. XXIII-XXIV.
* Estrntto clall'Archivio Ston'co Lombardo, ::-Oiiscellanea in memoria del prof.
Gian Piero DOG::\ETTI, Anno XC, Srie rx, Vol. ff, 1964, (::-.Iilnno, 1967).
.A Pioneering Work
111
Augustinian Iconography *
28
R. ARBESMANN
AUGUSTINIAN ICONOGRAPHY
29
JO
R. ARBESJWAXX
A cc0-snx1 AX ICO.VUGHAPH y
Jl
and a strict mode of life ; and it was not long before men of learning
became also numerous in the Order. To be sure, this signal success
was in part due to the leading role that a number of Augustinian Hermits
played in the intellectual and spiritual history of the Church during the
fourteenth century. But over and above that, another most influential
factor must not be overlookecl, because it gave to the Order as a whole a
remarkable oneness in spirit and action, namely the conscious effort to
clraw inspiration from a more thorough study of St. Augustine's \vorks
and the great zeal in promoting his cult.
Augustinian scholarship of the fourteenth century produced, for
instance, the truly monumental work of the Milleloqitium S. A1tgitstini
by the Augustinian Hermit Bartholomew of Urbino (+ 1350). The
Milleloquium contains, beside a concordance of approximately fifteen
thousand excerpts from the works of St. Augustine grouped under about
one thousand alphabetically arranged keywords (e.g., ecclesia, /ides,
haeresis, iustitia, iustificatio, lex, praedestinatio, etc.), a regular recension
of the whole literary output of St. Augustine, an astounding accomplishment for that time. Upon examination of Bartholomew's work it becomes evident that he personally read the original works from which he
made his excerpts. For the purpose of ferreting original texts out of
the libraries he undertook journeys and spared no trouble. The Milleloquiimi S. Aitgustii, which had the special distinction of a poetic
foreword contributed by Petrarch at the author's request, was a success.
Witness of its wide diffusion and appreciation are over fifty manuscripts
still extant. It had five printings : I,yons 1555, Paris 1645, 1649 and
1672, Brixen 1734 Since the indices of the great editions of the Latin
Fathers from the J\Iaurists to the Corpus of Vienna (the edition of the
Corj>us Christianornm began only twelve years ago) are no cloubt insufficient, Bartholomew's M illeloquium S. A ugustini, clespite its defects
due to the state of scholarship at his time, is still toclay of consiclerable
value. Here we may acld that the iclea of a concordance of St. Augustine's
works had already been conceived by another Augustinian Hennit,
Agostino Trionfo (+ 1328). Trionfo's work, however, never went
beyoncl the stage of sketches. It is preservecl in Cod. Laurent. Plut.
13.15 (saec. XIV). Its title reads : Flores Beati Aug1tstini seu J.11illeloquiimi ex scriptis S. Augustini 6 . Among the fourteenth-centurytheologians of the Order who belong to the milieu created by the Milleloq11ium, we mention especially Gregory of Rimini, the most remarkable
exponent of Augustinian theology in the fourteenth century, who,
because of his intimate acquaintance with the works of St. Augustine,
has been callecl ' the best Augustine scholar of the l\Iidclle Ages ' 7 . In
6. On J3artholomew of Urbino and his 1'dilleloquium S . .Aitgustini, see R. AR1msDn A ugustiner-Eremitcnorden und dn Beginn der httmanistischen Bewegung
(Cassiciacum, YOl. XIX, Wrzburg 1965) pp. 36-54.
7. D. TR.\PP, A ugustinian Theology of the 1-lth centur.i'. in A ugustiniana 6 (r956)
}IA:-<:\,
181.
32
R. ARBESMANN
8. See the list of Augustinian works which once belonged to the library of this
house of study, in A. ZUMKELLER, Hugolin von Orvieto und seine theologische Erkenntnislehre, Wrzburg 1941, pp. 57-6r. For the libraries of the houses of study in
Padua and Siena, see D. GUTIRREZ, De antiquis Ordinis Eremitarum sancti A ugustini
bibliothecis, in Analecta Augustiana 23 (1953) 242-243 ; 302-303.
9. On Denis of Borgo San Sepolcro and his friendship with Petrarch, see ARBESMANN, Der Augustincr-Eremitenorden (n. 6 supra) pp. 16-36, and the literature cited
there.
IO. See TRAPP, Augustinian Theology (n. 7 supra) p. 189 n. 46.
AUGUSTINIAN ICONOGRAPHY
33
34
R. ARBES,WA.VN
r 5. In the course of the thirteenth century special confraternities had been formed
in many cities and towns of Italy for the express purpose of promoting the devotion
to the Blessed Virgin. Their members, the laudesi (' praisers '), assembled in the
clrnrches in the evening and sang hymns (laude) in honor of Our Lady. In time
almost every church in Florence had such a confratemity (compagnia). The most
renowned Compagnie di Laudesi, however, \Yere attached to the churches of
the religions Orders. Though they were primarily dedicated to the Blessed Virgin,
the laudesi did not confine themselves to singing 'praises ' in honor of their heayenly
patroness. Hymn-books (laudari) of the laudesi, which have been preserYed in
manuscript form, contain numerous hymns addressed to Christ and to saints, or
treat themes on the varions mysteries of the faith. Because of their connection
\Yith Santo Spirito the laudesi of that church also sang special hymns in honor of
the Roly Spirit (for a more detailed history of the Florentine laudc:,i, ineluding
those of Santo Spirito, see R. DA YIDSOHN, Fircnse ai tempi di Dante, Ital. transl.
by E. Dupr Theseider, Florence 1929, pp. 171-180). The Compagnia di Laudesi of
Santo Spirito was founded toward the end of the thirteenth century. Qyer the
door of its headquarters, on the corner of Via S. Agostino and Via Maffia, the following words were engraved in stone : Dive Marie Laudum Sanctique Spiritus
Societas (see S. BELLANDI, Rievoca::ione di mi antico Laudario di S. Spirito, in
Bollettino Storico Agostiniano 9 [1932-33] 122).
r6. One of the miniatures represents a group of Augustinian Hermits and laudesi
of Santo Spirito in the act of singing a hymn in honor of St. Augustine.
A UGUSTINIAN ICONOGRAPHY
35
Agostin doctore ii, is of special interest for us, because it praises St. Augustine's relentless struggle for the purity of the faith against the heretics
and celebrates him as' the vanquisher of every error ', a theme represented
in one of the scenes of the Munich predella 17 . The same hymn is also
found in a laudario of the Compagnia of the church of Sant' Egidio in
Florence 18 . We may reasonably assume that the devotion of St. Augustine was characteristic of all the confraternities attached to the churches
of the Augustinian Hermits in Italy. That St. Augustine was one of
the special patrons of Siena, we learn from a sermon preached by the
humanist and Augustinian friar Andrea Biglia in the church of his Order
(Sant' Agostino) in that city on the feast of St. Augustine (August 28)
before King Sigismund 19 In the course of his sermon Biglia addresses
the King thus : << Iam tibi, imperator gloriosissime, Augustinus Senenses
suos tutandos tradit, quos ferme - ita credo
post Beatissimae Virginis
praesidia unus singulari tutela commissos habet. Tantum ille debet
Senensibus, quibus Ordinem suum tantae curae et gubernationi esse
conspicit, ut nullos plus salvos cupiat quam ubi ipse quoque intelligit
nomen suum celeberrime propagatum >>20.
The veneration of St. Augustine gained a great impetus when, in
1327, the Augustinian Hermits, by a special pridlege granted them by
Pope John XXII, were appointed custodians of the body of St. Augustine in the basilica of San Pietro in Ciel d'Oro at Pavia, thus supplanting
the Canons Regular of St. Augustine to whom the care of the sacred
relie had hitherto been entrusted 21 . An inevitable result of this action
of John XXII was a feud between the two rival Orders, both claiming
St. Augustine as their true founder. The fend which grew ever more bitter,
especially during the fifteenth century, found its literary expression in a
great number of treatises and polemical pamphlets full of subtle argu~
ments and steadily moving farther away from the original question at
issue. We are looking forward to JVI. and Mme Courcelle's second volume
17. See M. and Mme Courcelle's discussion of the scene, p. 78 f., "Che frontispiece
and plate LXXIV.
18. The laudario is presened in Cod. Magliabecchianus II, I, 212 of the second
half of the fourteenth century. The hymn is nr. 77 in the collection.
19. On the jonrney to his coronation in Rome, King Sigismund stayed in Siena
from Jnly Il, 1432, to the end of the year.
20. The ser111on, carrying 110 title, is preserved in a mannscript of the Ambrosiana in Milan: Cod. Ambros. N. 280 sup., fol. 29r - fol. 3ov. The passage qnoted is
on fol. 30'". On the veneration of St. Augustine in the fourteenth century, and the
pre-eminence lus cuit attained through the Augustinian Hermits, see also F. Ro'rH,
The English Austin Friars 1249-1538, vol. I (New-York 1966) pp. 40-43.
2r. The source !11aterial relating to this important event in the history of the
Ordcr of the Augustinian Her111its has been collected by R. Maiocchi and N. Casacca,
Codex diplomaticus Ord. E.S. Aitgustini Papiae r (Papiae 1905) 13-75. As a rather
amusing curiosity we mention that an Augustinian Hermit even made John XXII
a poet on this occasion. The poem allegedly written by the pope is preserved in
MS 212 of the Bibliothque de Lyon, fol. 126 (see Catalogue Gnral des klanuscrits
des Bibliothques Publiques de France 30.1 [Paris 1900] 48).
R. ARBESMANN
in the series 22 to learn whether this rivalry is also reflected in the great
cyclic compositions of the fifteenth century.
A closing remark.
In examining the medieval sermon literature on
St. Augustine which has corne down to us, we may well be surprised that,
in their sermons, the preachers did not make use of the material they
had at their disposal in many a church and occasionally explain to their
audiences the sacred paintings and sculptures representing the saint
and his deeds. Today such explanations would be of great value. We
are thinking especially of fresco scenes which are difficult to interpret
either because of the deterioration they have suffered through the ravages
of time or because of the loss of explanatory inscriptions. Only seldom
do we have in such cases the good fortune of being aided by other sources.
As an example we may cite an early fifteenth-century cycle in the former
church of the Augustinian Hermits (now Dreifaltigkeits-Pfarrkirche)
in Constance, a gift of King Sigismund to the friars who had been his
hosts during the latter part of the Council of Constance. Introducing
a new theme into Augustinian cyclic iconography, the artists commissioned by Sigismund pictured St. Augustine as the originator and father
of the Rule that is followed by a great number of Orders and Congregations. They developed the theme by representing,.in scene after scene,
always a group of five religious kneeling in re,erential attitude before
the towering figure of St. Augustine, clothed in his episcopal robes over
his religious habit, and receiving from his hand the Rule. Unfortunately the explanatory inscriptions perished, and we would not be in a
position to know which Orders and Congregations the artists represented
in the various scenes, if there had not corne down tous a note giving their
names. The note which may be helpful in a critical study of the cycle
is preserved in the following four manuscripts which we list according
to A. ZUMKELLER, lvianuslripte von Werken der A utoren des A ugustinerEremitenordens in mitteleuropaischen Bibliotheken (Cassiciacum, vol. XX,
Wrzburg I966) p. 527, nr. I543 :
London, British Museum, Arundel 6, a. I460, fol. 4or, in Middle High
German.
Berlin, Staatsbibliothek, Germ. Fol. 696, saec. IS, fol. 4nra, in :Middle
High German. The manuscript is now in Tbingen, Stiftung Preussischer Kulturbesitz : Depot der Staatsbibliothek, Wilhelmstrasse 32.
Danzig, Stadtbibliothek (now Biblioteka Gdanska Polskiej Akademii
Nauk), St. Marien, F. 286, saec. IS, fol. I73r - fol. I73v, in Latin; and St.
Marien, F. 300, saec. IS, fol. I88r - fol. I88v, in Latin.
W e add the incipit of the text in Middle High German according to
Arundel 6 : << Hie hieben sich an die orden die der Romisch Kunig Sigmundt hat lassen malen zu constintz in der Kirchen zu den Augustinern )).
Rudolph ARBESMANN, O.S.A.
Fordham University
22.
Scnes anciennes
de l'iconographie augustinienne Ir*
l.
Deux miniatures du xne sicle reprsentent le jeune Augustin dialoguant avec ses amis Cassiciacum; elles introduisent le Contra Academicos
sur les manuscrits d'Admont zr (r25), fol. r v 0 (Pl. II) 1 et de
Vienne roo9, fol. r r 0 (Pl. III) 2 . Les deux miniatures offrent une
ressemblance gnrale. L'une n'a pourtant pas t copie sur l'autre.
Remontent-elles un archtype commun ? Toutes deux ressortissent
l'art allemand du xne sicle et prsentent de grandes analogies de
style. D'autre part, les images du Contra F austum semblent dmontrer
l'existence d'une tradition iconographique constitue ds avant le
xne sicle pour tel ou tel trait de controvers.
La miniature d' Adrnont est la plus fidle au texte, la plus belle et la
plus originale. Le lieu du dialogue est suggr et les personnages qui y
ont pris part mis en scne selon une hirarchie qui suppose une bonne
connaissance du trait.
<< Sur mon invitation, crit saint Augustin, nous tions tous runis dans
nn lieu commode , et la suite prcise qu'il s'agit d'un pr attenant la
Cet article fait suite notre 1Jremier article portant le mme titre, paru dans
Revue des tudes augustiniennes, t. X, 1964, p. 51-71 et vingt-quatre planehes.
I. P. Bi:BERL, Die illuminierten Handschriften in Steierniark, Leipzig, 19II,
t. I, Die Stiftsbibliothellen zu Admont im Vorau, p. 49, fig. 44.
2. H.-J. HERllIAXX, Die deutschen romanischen Handschriften, Leipzig, 1926,
p. 72 et fig. 36.
3. Cf. J. et P. CouRCf,LE, Quelques illustrations du ' Contra Faiistum ' de
s. Augustin, dans Oikoumn, Studi paleocristiani pubblicati in onc,re dd Concilia
Ecumenico Vaticano II, Catania, 1964, p. 1-9 et cinq planches.
4. Aucus'l'Ix, Contra Acadcnzicos, I, 2, 5, d. P. Knoll, dans CSEL, t. LXIII,
p. 6, 18 : Cum igitur omnes hortatu meo unum in locum ad hoc congregati essemus,
ubi oportunum uisl.lm est ... ,
II
39
II. --
ACGUSTIN PRCHE.
9. 1 bid., III, 4, 7, p. 50, I4 : < Inuenimus Licentium, cui numquam sitienti Helico
subuenisset, excogitandis uersibus inhiantem... malim auribus nostris inculces
tuos uersus ... >> ; cf. III, 4,9, p. 51, 26. Sur I,icentius pote, cf. :'.1. Scruxz, Geschichte
der rimischen Litteratur, t. IV, 2, Mnchen, 1920, p. 462
ro. J. et P. COL'RCELLE, art. cit, p. 52-53 et pl. I.
r r. J. KmcI-Ixrm, Beschreibende Verzeichnisse der JVIiniati!1'en-Ha11dscll1'i/te11 dn
prrussische11 Staatshib!iothel, nt Brr{in, Leipzig, 1926, p. 6 et sniY.
trois derniers, assis en majest, crivent sous l'inspiration, tels des \'anglistes, et sont conformes la tradition du portrait d'auteur)), l'image
d'Augustin montre plus d'originalit. La scne est enferme dans un
cadre semblable celui des autres miniatures. Dans une bordure rectangulaire, deux colonnettes soutiennent une arcade ; deux ibis sont finement
dessins dans les coinons. La partie arrondie, l'intrieur de 1' arc,
est occupe par une coquille dont le centre a malheureusement t mutil ;
la partie dcoupe comportait probablement un animal dcoratif comme
ceux qui surmontent les portraits de Lon, Ambroise et Grgoire 12 . Cinq
personnages sont disposs devant un rideau suspendu une tringle, tir
vers la gauche et la droite et nou aux colonnettes.
Le style de ces lments dcoratifs, tout comme celui des figures, est
proche du groupe de miniatures carolingiennes dnomm<< groupe d' Ada )),
Ce style a vu le jour Aix-la-Chapelle dans les milieux artistiques proches
de Charlemagne. Or ginon de Vrone avait des relations avec l' Allemagne ; en 799, il Yivait et btissait Reichenau 13 ; il n'est donc pas
tonnant qu'il ait choisi un peintre du nord, mme si ce codex fut crit
Vrone.
Par leurs attitudes, le model des visages et du corps, les plis des vtements, ces cinq personnages rvlent des survivances antiques, comme il
est habituel dans l' cole d'Ada >>.Sur fond d'or, le peintre allie le rouge
au gris, l'argent au violet sombre. Les figures sont cernes de noir ; de
grands yeux aux pupilles rondes s'ouvrent dans les visages models par
des ombres vertes sur incarnat.
Augustin nimb est d'une taille un peu suprieure ceux qui l'entourent:
quatre clercs large tonsure. Assis sur une chaire surleve, garnie
d'un coussin long, il porte le pallium sur ses habits d'vque. Il se tourne
et s'incline lgrement vers le clerc qui est assis au premier plan, calame
dans la main gauche, encrier dans la droite, devant un pupitre aux
montants en forme de poissons. Le saint accompagne sa parole d'un geste
de la main droite, dont les longs doigts carts semblent argumenter.
Trois autres clercs sont debout : l'un gauche lve la main avec le
mme air d'attention respectueuse que le stnographe. Augustin ne
s'adresse donc pas seulement celui-ci, il prche. Son visage jeune est
empreint de srieux et d'autorit. Il montre sur son genou, avec la main
gauche, un livre ouvert. On y lit, dispose sur huit lignes, la premire
phrase de l'vangile selon saint Jean:<< IN PRINCIPIO ERAT VERBVl\1
E(T) VERBVl\I... >>. Le livre ouvert sur le pupitre devant le clerc porte
les premires lignes du sermon qui figure en tte de l'homiliaire :
<< AVDISTIS FF KMI )), Ce sermon pseudo-augustinien est, en effet, une
rz. Voir ce portrait de Grgoire le Grand chez A. BOI'KET, La miniatzwe carolingienne, Paris, 1913, pl. CXLVII.
13. V. Rosi,;, Ver~eichnis der lateinischcn Handsclwiften der hiJniglichen Bibliotheh
zu Berlin, t. I, Berlin, 1893, p. 83 ; l.YI. l\IA::;JI'!'IUS Geschichte der lateinischen Literatur
des Mittelalters, t. I, Mnchen, r9rr, p. 266.
II
42
III. -
AUGUSTIN CRIT.
II
43
23.
44
donc install les deux vques cte cte sur une banquette. Il les a
nimbs tous deux, vtus pareillement et dots des mmes traits. L'intitul
de la lettre qui suit : cc Aurelio episcopo Augustinus presbyter >> suffit
prciser de quels personnages il s'agit : Augustin, gauche, tend une
feuille de papyrus droule Aurelius. Cette petite scne, trs lisible en
dpit du cadre de volutes qui la presse, semble rare dans l'iconographie
augustinienne de ce temps. Nous avons pourtant vu dj, au xne sicle,
Augustin donnant un lh~re Volusien 26 . Dans les deux cas, le miniaturiste
se montre au courant du texte qu'il dcore.
IV.
Augustin \ainqueur de l'hrsie a fourni le sujet de nombreuses reprsentations. L'iconographie en est varie, de la simple prdication la
discussion passionne. Une des images les plus anciennes que nous
connaissions est une figure encore symbolique, du xne sicle, peinte
la fresque dans 1' glise de Saint-] acques des Gurets, Loir-et-Cher
(Pl. VIII). Augustin fait ici pendant saint Georges, car les deux
figures occupent chacun des brasements de la petite fentre au centre
de 1' abside. Malheureusement, si le dragon que saint Georges crase est
encore parfaitement visible, l'hrtique qui se dbat sous les pieds d' Augustin se trouve, par suite de restaurations dans la maonnerie, trop
effac pour qu'il apparaisse sur une photographie. Cette dcoration reste
nanmoins perceptible l'il nu, et conforme au dessin publi autrefois
par Clemen27 (Pl. IX).
La main divine sort du ciel pour bnir Augustin ; lui-mme esquisse
de la main droite un geste de bndiction et tient en diagonale, de la
gauche, une longue crosse. Un grand nimbe rouge met en \aleur son visage
aux traits fins, coiff d'une mitre jaune deux pointes. Les vtements
piscopaux dtaills allongent la silhouette. Mais l'intrt iconographique
de cette belle composition rside dans l'image presque efface de l'hrtique : cette petite figure nue, au profil volontairement repoussant, n'est
pas conue comme un simple attribut ; sous les pieds d'Augustin, le
\aincu se dbat et cherche discuter encore de sa main leve.
Le Sermo XLVI d'Augustin, intitul De pastoribu.s 28 , est illustr, dans
le manuscrit de Cambrai 559, fol. 57 v 0 , par une peinture d'aspect nigmatique au premier coup d'il (Pl. X). Les deux longues figures cte
II
45
29. Exactement entre la fin de 409 et le mois d'aot 410, selon A. Kuxzr,:r,MAl\X,
Die Chronologie der Sermones des heiligen Augustinus, dans Afiscellanea A r;ostiniana,
t. II, Roma, 1931, p. 443. Car ce Sermon est en rapport avec les Epist. CVI-CVIII:
nous y apprenons qu'Augustin a vainement adress deux de ses clercs l'vque
donatiste J\Iacrobius d'Hippone pour le prier de ne pas rebaptiser un de ses sousdiucres pass au parti donatiste.
30. AuGuS'l'Il\, Sermo XL VI, P.L., t. XXXVIII, 270 : Sunt pastores, qui pastorum nomine gaudere uolunt, pastoris antem officium implere nolunt .
3 r. Ezchiel, XXVII, 1-16.
32. J. PORCHER, L'enluminure franaise, Paris, 1959, p. 37 et fig. 41.
Il
47
37. Cf. At:GUS'I'IX, Con( III, rr-12, 19-21 d. I,abriolle, p. 60-63, pisode remploy par J ACQt:ES DE VORAGIXE, !ta Augustiui.
VIIIe
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2. AUGUSTIN 1'RC'HE.
1\'liniat.ure, Yal en<:ia, l Jni,ersit 181 , fol. 1, xnc s., in dit e.
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2. AUGUS'.l'IN CRI'I'.
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Miniature, Bruxelles, Bibl. Royale 0137, fol. 8 r , xn s.
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Pl. V II. -
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AUGUSTIN CHI'I'.
Bibl. Roynl e II 2;)26, fol. 1 Y", ,c1s l 20 0,
Pl. VIIJ. -
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Pl. X. -
Pl. XII. -
1. AUGUSTIN LUTTE
2. AUGUSTIN LUTTE
CONTRE LES Hl~RTIQUES.
:Minia.t u1e , l-'nris , B .N . franais 2 -l5,
fol. 65 v 0 , xy e s ., indite.
Psaume 13, 3
et l'interpolation de iRom. 3, 13-18
dans l' uvre de saint Augustin
Le seul texte augustinien renfermant la pricope Rom. 3, IO 18 se
trouve dans le Contra Cresconium I, 25 (30). Nous le transcrivons ici,
d'une manire qui permette de saisir au premier coup d'il la construction du passage paulinien.
Rom. 3, rob : Sicut scriptum est quia non est iustus quisquam
( = Ps. 13, le)
Rom. 3, II : Nonestintellegens,nonestinquirens Deum(= Ps. 13, 2b)
Rom. 3, 12 : Omnes declinaverunt, simul inidiles facti
sunt;
(= Ps. 13, 3a)
non est qui faciat bonum, non est usque ad
unum.
Ps. 13, 3b)
Rom. 3, 13 : Sepulchrnm patens est guttur eorum
(= Ps.
5, na)
linguis suis dolose agebant
(= Ps. 5, nb)
Venenum aspidum sub labiis
(= Ps. 139, 4b)
:
eorum
quorum
os
maledictione
et
amaritudiRoni. 3, 14
ne plenum est
Ps. 9b, 7a)
Rom. 3, 15 : Ve~oces pedcs eorum ad effundendum san- l
gmmm;
1(
) =Is. 59, 7-8)
Rom. 3, 16 : Contritio et infelicitas in viis eornm
[
Rom. 3, r7 : et viam pacis non cognoverunt
Rom. 3, 18 : Non est timor Dei ante oculos eornm
Ps. 35, 2)
Si 1' on excepte la citation d' Isae 59, 7-8, on remarque que le centon
renferm en Rom. 3, II-r8 est constitu d'une srie de versets psalmiques
dont les premiers sont emprunts au Psaume 13 [(1, 2a, 3, 3b). Cette
circonstance a favoris l'erreur en vertu de laquelle, partir du moment
o le centon tout entier a t incorpor dans le texte du Psaume 13, luimme, l'appellation de Ps. 13, 3 a couvert toute la pricope commenant
<< Omnes declinaverunt .. >> et se terminant ... oculos eorum >> c'est-dire le fragment de l'ptre aux Romains 3, 12 18.
50
Rom. 3, rr-r8
Les commentaires de Rom. 3, rr-r8 par les Pres latins jusqu'au dbut
du ve sicle sont peu nombreux. Si nous ngligeons les citations de versets
r. Septuaginta, ed. A. RAIILFS. X, Psalinis cum Odis. Gi.ittingen, Vandenhoeck
Ruprecht, r93r, Prolegomena p. 30-3r.
Dom Robert 'WEBER, Le Psautier Romain, Collectanea biblica latina, yoJ X, Rome
1953, p. 23 (l'interpolation est dans tous les manuscritJ> latins recenss, elle est sous
oble ds Ga).
P. HUBY - St. LYONKET, Saint Paul, ptre aux Romains (Verbu111 saltttis),
p. 144-145.
I. CALES, Le Livre des Psaiimcs I, p. 184, 6c ed. 1936.
VETUS LATINA INSTITUT, Beuron (recension des manuscrits latins de Ps. r 3, 3).
E. PODECHARD, Le Psautie1, lrc partie, notes critiques, 1949.
H. de SAINTE MARIE, Psalterium iuxta Hebraeos, Collectanea biblica latina, Yol.
XI, p. 21, Rome 1954
2. Cette recherche nous a t facilite par les fichiers de la Velus latina Institut,
grce la bienYeillance de dom Boniface Fischer, qui nous exprimons notre reconnaissance.
51
gne sur Rom. III, 5, - V, 7 d'aprs les extraits dit Papyrus n 88 748 du
1lfuse du Caire et les fragments de la Philocalie et du Vaticanus gr. 762 3 .
L'dition du texte est accompagne d'une traduction dont nous extrayons
le passage relatif la pricope Rom. 3, 9 18 :
" Ensuit~, conformment son habitude de fonder son enseignement
sur les Ecritures, (Paul) veut grouper des citations pour montrer
comment tous, Juifs et Grecs, se trouvent sous l'empire du pch.
Cela commence : > Comme il est crit qu'il n'y a pas de juste,
pas un seul <. Et mon avis, pour expliquer ce passage, comme
tous ceux o les serviteurs de Jsus-Christ, ministres du Nouveau
Testament font des citations de la loi ou des prophtes, on doit observer attentivement l'endroit o figurent ces citations et si elles sont
faites littralement ou (dans une forme modifie). (Donc, la phrase >
Il n'y a pas de juste, pas un seul ;) il n'y a pas d'homme intelligent ;
U n'y en a pas qui recherche Dieu <::,nous ne la trouvons nulle part en
ces termes. Mais nous croyons que la citation est emprunte aux
Psaumes 13 et 52, et que !'Aptre en a modifi le texte. Il est dit, en
effet, dans le Psaume 13 : > Le Seigneitr s'est pench hors du ciel vers
les fils des hommes, pour voir s'il y avait im homme intelligent ou cherchant Dieit < ; et, dans le Psaume 52 : >Dieu s'est pench hors du Ciel
vers les fils des hommes, pou1' voir s'il y avait un homme intelligent ou
cherchant Dieu < Et Paul semble avoir jug que "pour voir s'il y
avait un homme intelligent ou cherchant Dieu " tait quivalent, pour
le sens, "il n'y a pas d'homme intelligent ; il n'y en a pas qui recherche
Dieu'" - Quant > Il n'y a pas de juste, pas un seul<, c'est tir,
mon avis, de > Il n'y en a pas qui fasse le bien, non il n'y en a pas
1m seitl <. Ainsi, au point de vue du sens, !'Aptre se trouve avoir
cit deux fois ce texte : une fois, sous une forme modifie, une fois
littralement et en omettant le second "il n'y a pas "... Ensuite, il cite :
> Le venin des serpents est sous leurs lvres< ; comme (la prcdente ?)
je crois me rappeler ( ?) que cette citation vient d'un Psaume ... La
suivante : > Dont la bouche est pleine d.e maldiction et d'amertume <
parat tre du Psaume 9 ainsi conu : > Lui dont la bouche est pleine
de maldiction, d'amertume, de fourbe < Aussitt aprs nous avons :
>Les pieds sont vifs poitr rpandre le sang < : Vous trouverez cela
dans ISAE ou dans certaines ditions des PROVERBES, > Rapides
poztr rpandre le sang <, qui a t ajout, avec astriques, dans l'dition des Septante.
>La dsolation et le malheur sont sitr leurs routes<,
jusqu' maintenant, j'ignore o je l'ai lu ; mais j'imagine que c'est
crit dans un des prophtes; car j'ai l'impression que c'est dans un des
prophtes qu'il est crit : > Ils ne connurent pas la route de la paix <.
C'est dans les PSAU:VIES que se trouve : > Il n'y a pas de crainte de Dieu
devant leurs yeux <. - S'il a multipli les citations, c'est, semblc-t-il,
A.-M. LA BONNARDIRE
52
afin d'enseigner comment l'criture sait que juifs et Grecs, tous, ont
t accuss d'tre sous l'empire du pch 4.
rre
partie, p. 94-95.
53
scriptum est : " Non est timor Dei ante oculos eorum '' Haec autem
omnia testimonia videtur congregare voluisse ob hoc, ut ostenderet,
quia quod causatur " Iudaeos et Graecos omnes sub peccato esse '"
non tam suam, quam sanctae Scripturae sententiam pronuntiat .
La traduction de Rufin suit assez fidlement le texte d'Origne, jusque
dans ses hsitations et ses doutes pour identifier les divers lments du
centon Rom. 3, IO r8. Or cet effort de recherche ne semble pas, du moins
en Occident, avoir eu d'cho. Ni le texte d'Origne, ni celui de Rufin
apparemment ne furent connus de saint Jrme, si l'on en juge par la
manire assez jolie dont lui-mme prit conscience de la difficult pose
par Rom. 3, IO r8. Dans le prologue du livre seizime de son commentaire
d'Isae, Jrme flicite Eustochium de lui avoir signal l'anomalie que nous
tudions ici et il lui expose l'effort qu'il dut soutenir pour analyser Rom. 3,
IO I8:
Qua felicitate tu, filia Eustochium, me compotem esse fecisti; nam cum
anterioris libri praefatiumculam legeres, in qua asserui Apostolos et
Evangelistas ea tantum de Septuaginta interpretibus, vel suis, vel
eorum verbis ponere testimonia, quae cum Hebraico consonarent ;
si qua autem ab aliis addita sunt, omnino negligere ; illico mihi non
parvam quaestiunculam detulisti, quod scilicet octo versus qui leguntur
in Ecclesiis, et in Hebraico non habentur, tertii decimi Psalmi, Apostolus usurparit, scribens ad Romanos : Sepulcrwm ... ante oculos eorum
(Rom, 3, r3-r8). - Quod cum audissem, quasi a fortissimo pugile
percussus essem, coepi tacitus aestuare, et stuporem mentis vultus
pallore signare. Hebraeus, inquam, ex Hebraeis, secundum legem
Pharisaeus, eruditusque ad pedes Gamalielis, aut ignoravit haec, aut
eornm qui lectnri erant, abusus est ignorantia. Quorum alterum ineruditi, alterum callidi est ad malitiam, nec eius qui dixerit : " Et si
imperitus sermone; non tamen scientia n (II Cor. rr, 6), et iterum "in
simplicitate et sinceritate annuntiavi vobis verbum n (II Co1'. r, 12).
Tandem in memet reversus, unius diei spatium postulavi, ut responsio
mea nequaquam argum:entnm hnmani esset ingenii, sed fructus assiduae lectionis. Itaque omnem Scripturam mente perlustrans, animadverti, sicut omnis pene ad Romanos epistola de veteri structa est
Instrumento, sic et hoc testimonium de Psalmis et Isaia esse contextum. Nam duo primi versus : Sepulcrum ... agebant qninti psalmi sunt
(Rom. 3, 13 a). Illud autem quod sequitur : Vencnum ... eorum, centesimi tricesimi noni Psalmi est (Rom. 3, r3b). Rnrsumque quod dicitur :
Quorum ... plenum est de nono Psalmo snmptnm est (Rom. 3, 14).
Tres autem versiculi qui sequuntur : Veloces prdes ... cognoverunt,
in Isaia propheta reperi, quos in decimo sexto explanationis eius libro,
quem nunc dictare cupio, expositurus sum (Rom. 3, r5-r6-r7). Ultimus autem versus, id est octavus : Non ... eorum, in tricesimi qninti
Psalmi principio est. - Nec in hoc cuiquam videatur esse diversum,
si quod in suis lods numero dicitur singulari, ab Apostolo pluraliter
dicatur, qui scribebat ad plurimos, et in unum sensum multa cogebat
exempla. Arbitror solutam quaestionem tuam ... '
8. P. G. t. q, 929-930.
9. P.L. t. 24, c. 547-548,
A.-,W. LA BONNARD/RE
54
~,)O,
55
\T ers 398 environ, saint Augustin sait donc que Psaume 5, II" est cit
en Rom. 3, r3a.
Le second texte augustinien, beaucoup plus important, appartient
au livre Ier du Contra Cresconimn15 , Augustin s'adresse Cresconius :
Concedis enim memoratwm A postolum testimonium posuisse de Psalmis
adversus eos, qtti gloriabantur in lege et vivebant contra legem ; suit le texte
intgralement cit de Rom. 3, IO Ig. Au moment o Augustin crit ces
lignes, aprs 405, il sait et il exprime ce que Cresconius sait aussi, savoir
que la pricope Rom. 3, IO I3 est tisse de Yersets psalmiques choisis
par Paul. Mais en ce passage, il n'est aucunement question ni d'une
confrontation prcise avec le Psaume I3 ni d'une rminiscence de la
sentence du Concile de Baga que nous allons tudier. Ici, Augustin fait
tat d'un passage de la lettre de Cresconius, sans plus. Il ne re,-iendra
jamais sur cette pricope del' ptre aux Romains, en tant que telle. On peut
toutefois supposer que dans ses nombreuses citations ultrieures de la
sentence du Concile de Baga, il saura tacitement qu'il a affaire un passage de l' ptre aux Romains.
De cette analyse des six commentaires latins de la pricope Rom. 3, II
r8, nous tirerons la conclusion que les auteurs ont travaill chacun selon
son gnie et qu'ils se sont peu influencs mutuellement. Rufin videmment a connu Origne ; sans aucun doute Augustin a connu Cyprien ;
mais Jrme a fait cavalier seul. Augustin n'a profit ni du travail d'Origne, transmis par Rufin ni du commentaire d'Isae de Jrme. Si le
texte du Contra Cresconium I, 25 (30) manifeste sa science du contenu
de la pricope Rom. 3, II I8, rien ne nous permet de dceler d'o il
tient cette science et si son attention personnelle ne lui a pas suffi pour
raliser le travail d'analyse auquel tout seul Jrme avait bien su se
livrer. D'ailleurs une circonstance purement africaine - l'affaire de la
sentence du Concile de Baga
devait fournir Augustin une occasion
de relire et de rpter satit le fragment de Rom. 3, I3kI8.
II -
LA CITATION
(:~o)
A.-M. LA BONNARDIRE
ipso fratre nostro, quem Deus jaciat pacatum fratrem nostrum, ab isto Emert'.to
est dicta sententia ubi illi damnati sunt16 .
D'un style grandiloquent dont s'est souvent moqu saint Augustin,
la sentence du Concile de Baga tait tisse de rminiscences scripturaires
qui attestent l'rudition de son auteur. Comme les donatistes aimaient le
faire, Emeritus s'est inspir de saint Cyprien en lui empruntant le thme
de Dathaon, Cor et Abiron (Num. XVI), longuement voqu dans les
Lettres 67, 69 et 73 de l'vque de Carthage. Et sans doute aussi est-ce au
De zelo et livore qu'Emeritus emprunta la citation scripturaire dont il
fait le cur mme de l'anathme port contre J\Iaximianus et ses partisans. Grce aux nombreuses citations d'Augustin, le texte de la sentence
a pu tre reconstitu presque dans son intgralit. Empruntons aux
Gesta cum Emerito le fragment qui nous intresse ici :
Nec solum hune sceleris sui mors iusta condemnat ; trahit etiam ad
consortium criminis plurimos catena sacrilegii, de quibus scriptum est:
" Venenum aspidum sub labiis eorum quorum os maledictione et
amaritudine plenum est. Veloces pedes eorum ad effundendum sanguinem. Contritio et infelicitas in viis eorum, et viam pacis non cognoverunt. Non est timor Dei ante oculos eorum " Nollemus quidem tamquam proprii corporis secare iuncturam. Sed quoniam tabescentis
vulneris putredo pestifera plus habet in abscisione solaminis quam in
remissione medicaminis, inventa est causa salubrior, ne per cuncta
membra pestilens irreperet virus, ut compendioso dolore natum decidat vulnus".
On reconnat immdiatement dans la citation '' V enenum... eorum >>
le centon Rom. 3, l3b-18 = Ps. 13, 3c
Ps. 139, 4b
Ps. 9b, 7a
Is.
59, 7-8
Ps. 35, 2. C'est exactement la citation faite par saint Cyprien
dans De zelo et livore 8. Mais alors que ce dernier, comme nous l'avons vu,
entend citer l'aptre Paul, Emeritus use d'un quivoque scriptimi est,
de sorte qu'il nous est impossible de savoir s'il songe l' ptre aux Romains
ou au Psaume 13.
Quoiqu'il en soit, cette citation de la sentence du Concile de Baga va
reparatre trs frquemment dans l'uvre de saint Augustin. Nous n'indiquerons pas ici toutes les allusions augustiniennes tous les fragments
de la sentence18 , mais nous dressons le tableau des passages dans lesquels
Augustin cite textuellement ou par allusion le fragment de la sentence,
transcrit plus haut. Pour faire mieux ressortir le contenu de chacun des
passages augustiniens nous avons numr en quatre colonnes; en leur
donnant leur nom vtro-testamentaire, les lments du centon Rom. 3,
l3b-r8. Ainsi se dtachent au premier coup d'il les citations compltes
57
de celles qui ne le sont pas . .:.VIais il va sans dire qu'en tous ces textes, le
souci d'Augustin n'est pas du tout d'analyser les lment scripturaires de la citation de la sentence du concile de Baga.
Rom. 3,r3 11-r8 = Ps. r3, 3c
1
Sentence
Concile de Baga
Contra epist. Pann.
III, 7
mant Contra litt. Pet.
(1
I, 19 (2r)
404
(1
I, 20 (22)
(1
I, 24 (26)
(1
I, 27 (29)
(1 II, 14 (32)
(1 II, 52 (rzo)
aprs Contra Cresconium
(1 III, 19 (22)
405
III, 22 (25)
(1 III, 23 (26)
(1
IV, 4 (5)
(1
IV, 13 (15)
((
IV, 18 (21)
(1
IV, 23 (30)
((
IV, 31 (38)
(1
IV, 52 (62)
Y.
408 En. in Ps. 54, 26
409-410 Epistula 108, r4-15
De gestis cum Eme4r8
rito l l
24 avnl
394
h, '39 4"
1+
l' 9',
35,
Ps. 35, 2
+
+
+
Ps. 35,
Ps. 35, 2
Ps. 35, 2
Ps. 139, 4b
Ps. 9b, 71
+ Is. 59,
Ps. 139, 4b
Ps. 139, 4b
Ps. l 39, 4"
Ps. 139, 4"
Ps. 139. 4b
Ps. I 39, 4b
Ps. 139, 4"
Ps.
39, 4b
all.
ail.
all.
71 ++
1
Ps. 9b,
Ps. 9'', 7a
+
+
+
Ps. gb, 7a
Ps. g", 7"
Ps. 9", 7a
Ps. 9", 7"
+
/+
7-8 i
+
+ Is. 59,
7-8
+ Is. 59,
7-81
Is. 59, 7-8 '
Is. 59, 7-8
Is. 59, 7
+
+ Is. 59,
7-8
Ps. 35,
Nous remarquons que l'tude du fragment << Nec solum ... vulnus
(qu'il soit cit entirement ou partiellement) appartient une priode
assez resserre dans le temps et se lit seulement dans six des uvres de
saint Augustin : tel un slogan; ce fragment revient frquemment dans le
Contra litteras Petiliani (en 400-401) et dans le Contra Cresconium (aprs
405). La mme proccupation affleure au cours des annes 408-4ro dans
l' Epistula ro8 et dans l' Enarratio in Psalmun 54. Beaucoup plus tard, en
4r8 les Gesta cum Emcrito nous offrent une rtrospective de l'argumentation. Le propos d'Augustin, en tous ces passages, n'est aucunement d'ordre
exgtique, mais bien d'ordre polmique. Son art d'utiliser au mieux
contre le donatisme tous les arguments que pouvait lui fournir 1'<< affaire 11
maximianiste se rvle ici particulirement adroit. Il tire du passage de
la sentence du Concile de Baga qui fulmine la condamnation de Maximianus et de ses conscrateurs deux arguments.
r) Maximianus et ses douze conscrateurs qui ont mrit d'tre fustigs
l'aide des terribles versets emprunts Rom. 3, r3 b-r8, ont pourtant,
bien qu'ils n'aient pas respect le dlai prvu par le concile de Baga,
bnfici d'une rintgration dans leurs fonctions antrieures sans aucune
A.-M. LA BONNARD/RE
exigence de la moindre purification ; bien plus, ont t reconnus tacitement valides tous les baptmes qu'ils avaient confrs pendant leur
schisme. Augustin en formulant ce raisonnement met particulirement en
relief les cas de l\faximianus lui-mme, de Flicianus de l\fosti et de Pretextatus d' Assuras19 .
2) Un second argument, plus rare, est tir de la prsence clans la citation de Rom. 3, l3b-18 du fragment originaire d'Isae 59, 7: Veloces pedes
eorum ad ejfundendmn sanguinem. C'tait une habitude chez les donatistes
de lancer ce verset comme une injure contre les catholiques20 . Or, rtorque saint Augustin, vous-mmes, primianistes, avez utilis ce verset
contre les maximianistes, clans votre sentence du concile de Baga21 .
Cependant les maximianistes n'avaient tu personne. Ceux qui les condamnaient reconnaissaient qu'il y a une manire spirituelle de verser le sang :
ils tuaient les mes en les sduisant. Les primianistes n'ont donc pas donn
un sens concret, matriel Is. 59, 7 en le dirigeant contre Maximianus 22 .
Et puisque finalement, malgr un si grave conflit, primianistes et maximianistes se sont reconcilis, il ne faut pas dsesprer d'une rconciliation
avec les catholiques eux-mmes 23 . A ce dernier souhait, on reconnatra
la proccupation permanente qui pousse saint Augustin chercher une
solution pacifique au schisme donatiste.
r9. Contra litt. Pet. I, r9 (2r); 20 (22) ; 24 (z6) ; 27 (29). Contra Cresconium III,
23 (26); IV, 3 (4) ; 4 (6); r3 (r5); r8 (zr); 23 (30); 31 (38); 52 (62). Gesta cu111
Emerito r I.
20. Parinenianus (Contra cpistulam Parmeniani II, 3, 6); Petilianus (Contra
Cresconiits (Contra Cresconium IV, 52, 62) ; - ''vos = Malitt. Pet. II, r5, 34);
rrobius (Epistula ro8, 5, r5) ; - les donatistes (Enariatio in Psalmum 54, 26).
2I. Contra Crcsconium IV, 52 (62), Epistula ro8, 5, r 5 ;
Enanatio in Psalmum
54, 26.
Contra ep. Parm. II, 3, (7) ; - Contra litt. Pet. II, r5 (35);
Contra Cresconi11111
Enarratfo in Psalnmin 54, 26.
23. Contra Cresconium IV, 52 (62) ; - Epistula ro8, 5 (q-15).
22.
IV, 52 (62) ; -
III
LA
VERSIOK LO'.'lGUE DE
59
Psamne 13, 3
Enarratio in Psalmum
13,4
01nnes declinai'erunt, simul inutiles facti swnt id est, Iudad tales facti
sunt, quales et gentes, de quibus supra dictum est.
Non est qiti faciat bonum, non est usque ad unum, similiter ut supra
intellegendum est.
Sepulcruin patens est guttur eoruni : aut voracitas significatur inhiantis
gulae, aut in allegoria, qui occidunt et quasi devorant interfectos eos,
quibus suorum morum perversitatem persuadent. Cui simile est c
contrario quod Petro dictum est: l'dacta et mand11ca (Act ro, r3), ut in
suam fidem et bonos mores gentes converteret.
Unguis suis dolose agebant . .Cornes est voracibus adulatio et on111ibus
malis.
l'encnum aspidum sub labiis eorum. venenum dolum dicit, aspidum
antem, quia nolunt audire praecepta legis, sicut aspicles nolunt auclire
verba incantantis, quocl in alio Psalmo eviclentius dicitur (ail. au Ps.
5,
5).
faciencli.
Contritio et infelicitas in viis eorum. Omnes enim malormn hominum
viae plenae sunt laboribus et miseria. Ideo Dominus clamat : Venite
ad me, omnes qui laborai'is et oncrati estis, et ego reficiani vos. Tollite
_jugitm memn, et discite a me, qitoniam initis sum et l11tmilis corde.
htgum enim mernn lcne est, et sarcina mea levis est (Mat. r I, 28-30).
F:t viam pacis non cognoverunt, hanc utique quam Dominus, ut dixi,
60
A.-M. LA BONNARDIRE
Ps. 52, 4 parallle au Ps. r3, 3 Omnes declinaverunt, simul inutiles facti
sunt ; non est qui jaciat bonum, non est usque ad unum 25 . Qu'il y ait une
interpolation de Rom. 3, r3-r8 dans le Psaume r3, que cette interpolation
soit absente du Psaume 52, voil deux faits que les Enarrationes r3 et 52
de saint Augustin passent totalement sous silence. Nous ayons remarqu
dj que Rufin affirmait que de son temps la leon longue de Psaume r3,3
tait admise en Occident sans problme. L'attitude d'Augustin confirme
cette affirmation.
2) Saint Augustin commente - d'ailleurs trs brivement - les fragments qui s'tendent de Venenum aspidum oculos eorum - soit la citation de la sentence du concile de Baga - sans faire la moindre allusion ni
cette sentence, ni au cas des maximianistes, ni aucun aspect de la
polmique antidonatiste. On peut en dduire, sinon que 1' Enarratio in
Psalmum r3 est antrieure au concile de Baga (24 avril 394), du moins
la prise de connaissance par Augustin du dossier de ce concile (vers
400 environ).
3) Bien que saint Augustin ne nomme pas l' ptre aux Roniains, il
applique le dbut de Ps. r3, 3 aux juifs et aux gentils; dj un peu plus
haut dans l'Enarratio r3, propos de Ps. r3, 2 il avait appliqu aux juifs
le terme de filii hominum et les avait opposs aux nations idoltres.
Augustin semble donc bien connatre la relation qui existe entre le Psaume
r3 et la problmatique paulinienne de Rom. 3 ; cependant l'allusion est
trop discrte pour tre considre comme une sre rminiscence, d'autant
plus que, nous l'avons vu, les citations de ce fragment de 1' ptre aux
Romains sont rares dans son uvre.
4) Le fragment Veloces ... cognoverunt (= Is. 59, 7-8) reoit une
interprtation christique. Augustin s'intresse au terme via qui revient
deux fois et qui lui suggre de citer le texte de Matthieu II, 28-30 : Venite
ad me ... I ugum enim meurn leve est, et sarcina mea levis est.
Contra litteras Petiliani
II, 15 (34-35)
6r
A.-M. LA BO.V-YARDIRE
I\' -
Roin. 3, r3-18
*
Psaun1e 5, II: Sepulcrum patens est guttur eorum; linguis suis dolose agebant
r) Ps. 5, I I est cit dans l'Enarratio in Psalinum 5, r2 et r8, sans aucun
rapprochement ni avec le Psaume 13 ni avec l' ptre aux Romains.
2) Ps. 5, II fait partie intgrante de Ps. 13, 3 dans l'Enarratio in Ps.
r3, 429 ; dans le Contra litteras Petiliani II, r5 (34-35).
3) Ps. 5, II est cit travers Rom. 3, 13 a dans le Contra Faustum XX,
IIao et dans le Contra Cresconium I, 25 (30).
4) Ps. 5, II ne fait pas partie de la sentence du concile de Baga.
29. Il faut remarquer la similitude frappante d'exgse de sepu!crum. patens et de
linguis suis dans l' Enarratio 5, 12 et dans l' Enarratio I3, 4 (le fait de dvorer quelqu'un en le convertissant sa propre manire de Yine; utjlisation des mots voracitas
et adulatio. Cependant, dans l'Enarratio I3, 4, Augustin ne semble pas reconnatre
clans ces fragments de ce qu'il croit tre Ps. I3, 3, un verset qu'il a dj comment
comme verset Ir du Psaume 5.
30. En Contrci Faustum XX, II, Augustin remarque que !'Aptre a cit Psairnie 5,
rr
.. .an ut de vobis etiam conci111tt, quod de Prophcta ponit A postolus : sepulcruni
patens est guttur eorum ... Vers 398, Augustin sait donc que Psaume 5, r r est cit en
Rom. 3, 13 '
*
Psaume 139, 4 Il : Venenuin aspidum sub labiis eorum
1) Ps. 139, 4b est cit dans l'Enarratio in Psalmum 139, 6 o il est
comment pour lui-mme, sans aucune rfrence ni au Psaume 13, ni
Rom. 3, 13, ni la sentence du concile de Baga.
2) Ps. 139, 4b fait partie intgrante de Psaume 13, 3 dans l'Enarratio
in Psalmmn 13, 4; dans le Contra litteras Petiliani II, 15 (34-35).
3) Ps. 139, 4b est cit travers Rom. 3, 13 dans le Contra Cresconium I,
25 (30).
4) Ps. 139, 4b est un fragment de la sentence du Concile de Baga :
ce titre il est cit onze fois ..
* **
Psaume 9 b, 7 a : Quorum os maledictione et amaritudine plenum est
1) Ps. 9b, 7" est cit dans l'Enal'J'atio in Psalmum 9 1i, 25 o il est comment pour lui-mme, sans aucune rfrence ni au Psaume 13, ni Rom.
3, J4, ni la sentence du concile de Baga. Il revt d'ailleurs une leon
spciale : Cuiits maledictione os cius plenitm est et amaritudine et dola.
2) Ps. 91J, 7" fait partie intgrante de Psaunie 13, 3 clans l'Enarratio
in Psalmum 13, 4; clans le Contra litteras Petiliani II, 15 (34-35).
3) Ps. 9 1', 7 est cit travers Rom. 3, 14 dans le Contra Cresconium I,
25 (30).
4) Ps. 9 Il, 7 a est un fragment de la sentence du concile de Baga : ce
titre, il est cit onze fois.
*
1s. 59, 7-8 : Veloces pedes eormn ad ejjimdendum sangi1inem ; contritio
3) Is. 59, 7-8 appartient normalement la pricope Is. 59, 1-8 dans le
Contra epistulam Parmeniani II, 3 (6) et 3 (7) et III, 6 (29) ; dans le De
baptismo I, 19 (29) et II, 5 (6) : dans ce dernier cas, il s'agit seulement de
Is. 59, Sa.
4) Is. 59, 7-8 est cit travers Rom. 3, rr-18 dans le Contra Cresconium I,
25 (30).
5) Is. 59, 7-8 est un fragment de la sentence du concile de Baga ;
ce titre, ce verset est cit seize fois.
A partir de l'Epistula 108, vers 409, Is. 59, 7-8 disparat de l'uvre
d'Augustin pour ne reparatre qu'une seule et dernire fois dans les Gesta
cum Emerito. C'est un texte scripturaire de la polmique antidonatiste
entre 400 et 409.
* **
Psaume 35, 3 b : Non est timor Dei ante ocuJos eorum.
1) Ps. 35, 2b est cit dans l'Enarratio in Psalmu11i 35, 1-2 o il est
comment pour lui-mme, indpendamment de toute allusion soit au
Psaume 13, soit Rom. 3, 18, soit la sentence du concile de Baga.
2) Ps. 35, 2b fait partie intgrante de Psaitme 13, 3c dans l'Enarratio
in Psalmum 13, 4; dans le Contra litteras Petiliani II, 15 (34-35) 32
3) Ps. 35, 2b est cit travers Rom. 3, 18 dans le Contra Cresconium I,
25 (30).
4) Ps. 35, 2 b est un fragment de la sentence du concile de Baga : ce
titre, il est cit cinq fois.
On aura remarqu, dans les quatre notices sur les versets psalmiques
Ps. 5, II, Ps. 139, 4b, Ps. 9b, 7a, Ps. 35, 2 la totale indpendance des
quatre Enarrationes in Psalmos 5, 139, 9 b et 35 vis vis de la polmique
antidonatiste. Ce sont aussi les seuls cas o les quatre versets psalmiques
sont cits isolment.
Les conclusions tirer de cette tude sur le Psaume 13 et la pricope
Rom. 3, n-18 travers l'uvre de saint Augustin sont envisager dans
deux perspectives dont l'une est d'ordre exgtique et l'autre cl' ordre
polmique.
Au plan exgtique, saint Augustin ne s'est pas pos le problme de
l'interpolation du Psaume 13. A cet gard, il est manifeste qu'il n'a pas
connu les travaux d'Origne et de Jrme. Il est clair cependant qu'il
connat et distingue les unes des autres les pricopes cl' Isae 59, l 8,
32. Optat de iVIilve, II, 26, CSEL, t. 26, p. 65 cite Ps. 35, zb comme appartenant
au Psaume r3 : Contrivistis sexus, vexastis aetates ; vere de vobis dictum est in
Psalmo XIII: contritio ... non cognoverunt ( = Is. 59, 8), non est timor Dei ante oculos
eorum ( = Ps, 35, zb).
de Rom, 3, IO 18, de Psaume 13, 3 version longue, Il connat l'appartenance plusieurs lieux scripturaires de phrases telles que le verset d' Isae
59, 7 : Veloces pedes eorum ad effundendum sanguinem, Augustin n'est
pas sans savoir aussi que la pricope de Rom, 3, IO r8 reprsente un centon. Mais au plan exgtique, il n'a jamais ralis la synthse de toutes
ces donnes. D'ailleurs le nombre de textes consacrs ces lieux scripturaires sont rares. Particulirement la leon longue de Ps. r3, 3 ne reoit
une glose thologique que dans la seule Enarratio r3 qui reprsente un
expos absolument original et unique.
Au plan de la polmique, la frquente citation de la sentence du Concile
de Baga et les arguments qui en sont tirs par Augustin sont considrer
comme un des aspects du conflit qui mit aux prises Emeritus de Csare
et Augustin d'Hippone. Au sein de la lutte gnrale entre catholiques et
donatistes, on peut discerner des affrontements d'homme homme :
en tant que connaisseurs de la Bible, Emeri tus et Augustin s'opposaient
et osons le dire s'estimaient. Si nous avons peru dans un raisonnement
d'Augustin, le souhait d'une rconciliation entre donatistes et catholiques
analogue celle qui tait intervenue entre primianistes et maximianistes,
n'y avait-il pas l une perche tendue par Augustin Emeritus lui-mme,
auteur de la sentence du concile de Baga ? Entre les deux lutteurs on croit
deviner une sorte d'amiti dsespre, celle qui unit quelquefois de vieux
adversaires sincres mais incapables de s'entendre. Le dernier acte se joua
Caesare, le 20 septembre 418 : Emeritus brava toute crainte pour
oser entrer dans 1' glise et entendre Augustin ; Augustin dploya toute
son loquence, non pour craser, mais pour conqurir enfin ce '' frre ii
muet. Relues dans cette perspective, certaines phrases des Gesta cum
Emerito prennent tout leur sens d'mouvante sollicitude :
I I .... Frater Emerite, amplexus es fratrem tuum Felicianum tui oris
fulmine condemnatum ; agnosce fratrem tuum Deuterium tibi etiam
genere sociatnm ... r2. si ramns fractns quaesivit parvum a se fractum,
qua diligentia debet arbor ipsa quaerere ramum ex se fractum ...
l\Inlta diximns etiam fatigati, et tamen frater noster, propter quem
ista dicimus vobis et cui pariter dicimus et pro quo tanta agimus,
adhuc pertinax sistit.., Audiat Apostolum dicentem " virtus in infirmitate perficitur , Oremus pro illo, Unde scimus quid velit Deus ?
Multae cogitationes, sicut scriptum est, in corde viri ; consiliuin autcm
Domini manet in aeternum",
A.-M,
LA BONNARDIRE.
Deuterius C:tait
r. By the Academics (or Academicians) ;yi!l be meant the members of the New
Academy and more particularly Areesilas and Carneades.
2. See his Augustins Confessionen (znd ed. Giessen 1895) 17.
3, w. TrnM11E, A itgustins geistige Entwichlimg in den ersten ] altren nach seiner
Bekchrung (386-391) (Berlin 1908) II.
+ ..\..s stated by John J. O':\iEARA, The "\'oung .cl11gusline, London, Longmans,
195..f, p. 132.
68
JOHN A. MOURANT
Gilson, .Marrou, Pellegrino, O'Meara, et. al. We shall accept their verdict
as sound and limit our study to the thesis that in Augustine's conversion
the persistence of his Manicheism is greater than has been allowed and
that there was no real or substantial acceptance by him of the Academ:ic
philosophy. His Neo-Platonism is significant but may be regarded more
as an instrument for the understanding of faith than as an object of his
conversion. This last point, howeyer, will not be considered within
the limitations set in the present study.
Our procedure will be to examine and evaluate the relevant passages
from the Confessions and the philosophical dialogues of Cassiciacum,
more notably of course, the Contra Academicos.
Augustine's first explicitly noted contact with the Academics apparently occurred during his twenty ninth year. In all probability he read about
them earlier in Cicero, for at the age of rg he had read and was greatly
impressed with the Hortensius of Cicero.
However that may be, the
Academics are mentioned for the first time in the Confessions Book V. ro.
rg where Augustine describes the disillusionment he experienced with
the Manicheans following his fruitless conversation with Faustus 5 . Augustine remarks :
Etenim suborta est etiam mihi cogitatio, prudentiores illos ceteris
fuisse philosophos, quos Acadernicos appellant, quod de omnibus
dubitandum esse censuerant nec aliquid ueri ab homine conprehendi
posse decreuerant. ita enim et mihi liquido sensisse uidebantur, ut
uulgo habentur, etiam illorum intentionem nondum intellegenti.'
Can one say more of this statement than that Augustine's limited
knowledge of the Academics may have influenced his decision to reject
the l\fanicheans ? Considering the final remark in his statement that
" etiam illorum intentionem nondum intellegenti ", it would be difficult
to infer much more than that he had become interested in the Academics,
but certainly not that he had embraced their cause. The indecisiveness
of Augustine relative to the Academics is evident again at the close of
Book V. 14 25 of the Confessions when he declares :
itaque Academicormn more, sicut existimantur, dubitans de omnibus
atque inter omnia fluctuans manichaeos quidem relinquendos esse
decreui, non arbitrans eo ipso tempore dubitationis meae in illa secta
mihi permanendum esse, cui iam nonnullos philosophos praeponebam :
quibus tamen philosophis, qnod sine salutari nomine Christi essent,
curationem languoris animae meae conmittere omnino recusabam 1
5. The statement in the Confessions " nmlta philosophorum legeram memoriaeque
mandata retinebam" (V. 3. 3) refers to the mathematici according to R.P. A. Solignac,
S. J. See his note in the uvres de saint Augustin. Les Confessions. Vol. 13.,
Coll. Bibliothque _l ugustinienne. Paris, Descle De Brouwer, 1962, p. 82 (This
collection will be abbreviatecl hereafter as B.A.)
6. B.A., 13, p. 498.
7. Ibid., pp. 5u-512.
69
This passage deserves some comment. First, the phrase " that time
of my doubt " may be taken to mean his increasing doubts of the Manicheans and all that they believed, rather than a position of philosophical
doubt like that of the Academics 8 . Second, it may be observed that
Augustine says quite explicitly that he ' refused altogether to commit
the cure of (his) sickly soul to those philosophers who were without the
health-giving name of Christ 9 ". Taking this statement in conjunction
with the concluding sentence of this chapter in which he declares his
resolution to be a catechumen in the Catholic Church would seem to
indicate at least a nominal tie with Christianity rather than any conversion or adherence to the cause of the Academics10 .
We would contend that at this stage in his development Augustine
is still fundamentally a religious rather than a philosophical thinker.
True, he had been strongly influenced several years earlier by the reading
of Cicero's Hortensius but the extent of this influence is difficult to determine. We believe that the more reasonable conjecture is that this
early philosophical interest was soon replaced by the strength of his
Manichean conversion and was not effectively revived again until his
reading of the " libri Platonicorum ". Finally, the strength of this
rejection of the Aca<lemics should be noted in the phrase " conmittere
omnino recusabam " 11 .
In the Confessions VI. r. r Augustine notes that his mother found
him in despair of discovering the truth and that he informed his mother
that although he was no longer a Manichean he was not yet a Catholic
Christian12 . There is no indication here that he had embraced any
particular philosophical position. That he had despaired of finding
the truth does not imply that he had accepted the Academic philosophy.
The mood of a sceptic is usually not one of despair. Furthermore,
Augustine's comment that although his conversion had not yet been
accomplished, it had already corne about to such an extent that he was
freed from error even though he had not yet attained the truth13 , would
hardly have been made if he had embraced the cause of the Academics.
For the Academics in his eyes were equally in error. The reference to
truth in his comment is a reference to Christian truth. The whole statement represents a definite stage in the progress of Angustine's conyersion to Christianity. The mood of despair is struck again in the closing
sentence of the Confessions VI. 2.2 but the reference in the statement
" qui dubitabam de illis omnibus et inueniri posse uiam uitae minime
8. Ibid.,p.5r2.
9. Ibid.
ro. Statui ergo tamdiu esse catechumenus in C8tl10lica ecclesia mihi a parentilms
conmendata, onec aliquid ccrti ch1ceret, quo cursum dirigerem (Ibid.).
1 I. Ibid.
.
I2. Ibid., p. 516.
r3. Ibid,
70
JOHl'-7 A. MOURAXT
14 Ibid., p. 520.
I 5. Ibid., p. 556.
r6.
imrno quaeramus diligentius et non desperemns.
(J,oc. cil.)
period of time. Although the final act of the conversion process may
appear climactically, it is only the end result of a protracted process of
religious development. Also it is necessary to emphasize that in the
religious conversion the whole being of the individual is caught up in a
manner that is not found as a rule in the changes that may develop in
our philosophical or other convictions. In the case of Augustine, we
'vould argue, the transition psychologically and religiously was effected
primarily from Manicheism to Christianity. Philosophy played only
a secondary and subordinate role in his conversion. Initially with the
Academics what philosophy supplied was a means of escaping from Manicheism. Neo-Platonism contributed the more positive fonction offering
precisely that intellectual explanation that would make Christianity
more intelligible. The real conversion embodying the whole person of
Augustine was from one religious sect to another. The key to that
conversion was the grace of God, not the Academy Old or New.
Hence, it is necessary to consider in more detail the actual causes at
work leading Augustine away from Manicheism as well as toward Christianity. The arguments of the Academics certainly may have played an
important role, but there were other factors present. Testard notes the
importance of the role of Cicero and observes that a knowledge of Cicero
wonld have given Augustine a picture of the physical world as aesthetic,
orderly, rational and religions, such as Cicero presented in the De N atura
Deorimi 17 . This is quite possible but in the absence of any evidence that
Augustine had ever read this work it must remain uncertain. Also,
the notion of the rational and orderly nature of the universe was to be
found in other philosophers, notably the Stoics with whom Augustine
was acquainted.
***
To obtain a more adequate pictnre of Augustine's conversion from
l\Ianicheism and also of the influence of the Academics upon him, it is
necessary to consider more fully at this stage of our inqniry the basic
attractions that Manicheism had for Augustine, the motivations that
led him to an acceptance of Manicheism18 . The conversion to lVIanicheism
like the conversion to Christianity was gradual rather than sudden. Augustine seems to haye been attractecl first to the methocl, then to the
philosophy, and finally to the religion and mythology of the l\1anicheans 19 .
For our purposes we may indicate the following basic motivations that
lecl Augustine to accept their doctrine.
17. TES'L\RD M. Saint Augushn et Cicron, (Paris: :f;tudes Augustiniennes, 1958.)
rS. \\'e may speak of a conYersion to Manicheism even though it in no way
resembled in fenor, intensih', and influence that conversion to Christianitv. It
should also be noted that Augustine never became one of the elect of the :\fani~heans
hut as an anditor was always more or Jess upon the periphery of this sect.
19. An extensive account of Augustine's :Manicheism is to be found in ALFARIC,
P. L' Lz>olution intellectuelle de saint Augustin (Paris : 1918). For a summary
nccount see the article by Dr, ,'wton lEGJS, The :'1ind oj St. Augustine, in :Wedievnl
Studies, 6 (I9H), pp.r-2,
JOHN A. MOURANT
72
73
the early years at Carthage. This was the period when he may have
looked upon Christianity as a superstition and at least its influence upon
him appears to have declined. The later alleged scepticism of Augustine
might be regarded more as the strategy of the rhetorician turning the
tables of doubt upon the Manicheans and using their own tactics to refute
them. Just as earlier Augustine had been persuaded of Manicheism by
their rhetorical ability to refute the beliefs of others and more notably
Christian beliefs.
Next, we should like to point out that in the very period in which
Augustine was supposed to have been caught up in the doubts of the
Academics certain doubts which he felt about Christianity were removed.
Sorne of these doubts were removed as he heard Ambrose preach, " et
magis magisque mihi confirmabatur omnes uersutarum calumniarum
nodos, quos illi deceptores [Manicheans] nostri aduersus diuinos libros
innectebant, posse dissolui " 24 . He confesses his embarrassment at
having misunderstood the meaning of the statement " for men to be made
by Thee to Thy Image" and to have thought of it in materialistic terms25 .
It may be argued that the failure of philosophy to have taken a strong
hold upon him is revealed in the easy and unquestioned acceptance of
the Manichean accusations against Christianity, of their false interpretations of Christian doctrines. Consequent upon the preaching of Ambrose
there is initiated a gradual intellectual conversion to Christianity :
itaque confundebar et conuertebar et gaudebam, deus meus,
quod ecclesia unica, corpus unici tui, in qua mihi nomen Christi
infanti est inditum, non saperet infantiles nugas neque hoc haberet in doctrina sua sana, quod te creatorem omnium in spatium loci
quamuis summum et amplum, tamen undique terminatum membrorum humanornm figura contruderet. 2 6
It was through Ambrose that he learned to interpret correctly the
Old Testament and to follow the rule that " littera occidit, spiritus autem
uiuificat " 27 He no longer found anything offensive in Christian doctrine
when it was interpreted in a spiritual sense even though he did not comprehend its meaning.
74
]OHS A. JfOURANT
75
JOHN A. MOURANT
* **
Continuing with the analysis of the Confessions, we find no explicit
references to the Academics in Book VII. The early chapters of this
book are concerned with certain doubts and difficulties which he hacl
become aware of in lVIanicheism. He observes that the materialism of
the Manicheans kept him from an adequate conception of the self and
of God 38 Despite his efforts to avoid a materialistic outlook, he continued
to think of God and the self in terms of corporeal entities. He concluded
that whatever could not be defined spatially was nothing 39
77
]OH~Y
A. MOURANT
49. It may be suggested that the strength of l\lanicheism is also evient in the
severity of Augustine's recriminations against this sect in comparison with his
consideration of the philosophers. The treatment of the Acaemics, as we shall
note later, is some\vhat ambhalent. The treatment of the Neo-Platonists is
generally favorable.
79
The entire chapter shows that the :Manichean heresy was viviclly
before him. The final act of grace not only couverts him to Christianity
but liberates him from one of the more pernicious moral doctrines of the
JVIanicheans that had long stood in his way.
After his conversion and during the beginning of his stay at Cassiciacum, Augustine writes very movingly of his reading of the Psalms of
David 51 . He expresses strongly his indignation with the Manicheans
as well as his pity for them. The whole account in this chapter shows
clearly that he was preoccupied with the JVIanicheans and not the Academics. The references to the JVIanicheans are quite explicit 52 . This is
true also in the statement : " o si uiderent internum aeternum, quod ego
quia gustaueraum 53 ... The" they" in this case does not refer to both
the Academics and the Manicheans as Sciacca maintains 54 . The context
is the commentary on Psalm 4 and the reference in the preceding paragraph
has been to the Manicheans. Also the reference to the eternal light is
from Eph. 5. 8. and this would seem to rule out any implication of a
connection with the Academics or the Plotinian notion of light.
Furthermore, in a letter to Secundinus Augustine notes that he left
the Manicheans through fear :
Ego enim fateor, timore Manichaeos cleserui, sed timore illorum
verborum quae per apostolum Paulum prolata sunt : Spiritus, inquit,
manifeste dicit, qitia in novissimis temporib-us rccedent quidam a fide,
attendentes spiritibus seductoribus et doctrinis daemoniorum in hypocrisi
mendaciloquontm, cauteriatam habentes conscientiain suani, prohibrntes
mtbere, abstinentes a cibis quos Deus creavit ad percip:ndum cum
gratiaruin actione fidelibus, etiis qui cognoz'eru.nt nritatem. Omnis enn
creatztra Dei bona est, et nihil abiiciendwn quod cwn gratiarmn actione
percipitur. [I Tim., IV, 1-4]. 55
80
JOHN A. MOURANT
* **
Such we find to be the evidence of the Confessions. Is it possible,
however, to maintain this interpretation without serious modification in
the light of the evidence of the dialogues of Cassiciacum ? Even though
we reject the thesis of Alfaric that these dialogues demonstrated that
Augustine was first converted to philosophy and then to Christianity,
is there not sufficient evidence to show unequivocally that Augustine
was converted to the Academics prior to his conversion to Christianity
in 386 ? We think not. The dialogues of Cassiciacum may be expected
to cause more difficulty because their composition antedates that of the
Confessions. They are doser to the events of the critical years than are
the Confessions which were written some ten years later and in retrospect.
On the other hand, it can be argued that for this very reason the Confessions may be said to present a greater objectivity and to represent a more
mature judgment on the part of the author. However that may be, the
evaluation of the evidence of the dialogues will be limited principally
81
JOHX A. 1110G1?,1ST
06. B. ci.. 4, p.
28.
Two points need to be made with respect to the record of the dialogue
itself. First the references to the Academics are concerned principally
with Augustine's contention that since the Academics cannot find truth
or wisdom, the happy life is not possible for them 71 This contention is
a reflection of Augustine's judgment of the Academics rather than an
historical statement of their position. For the Academics held that the
proper end of the philosopher is that of quietude or tranquillity (ataraxy),
a state of mental rest that follows the suspension of judgment and the
acceptance of the probable 72 . This also seems to be Augustine's inter67. In tllis dialogue as well as in the Contra Academicos, Trygetius criticizes
the ActHlernics and assists Augustine in the arguments used against them. The
De /Jeala iita was completed shortly after Augustine's thirty second birthday.
lt \\'as written during the composition of the Contra ,l cade micas and is the first of
his \\orks to be completed and transmittcd to posterity. The De pulchro et apto
is lost.
68. 1 bid., p. 248.
69. Ibid., p. 228.
70. Tl';STARD l\L, Saint .J. ugustin et Cicron, p. 34r.
7 r. B.A. 4, pp. 246, 248.
72. Good statements of the position held by the Academics are to be founcl in
Sextus Empiricus, Out!ines oj Pyrrhonism, The Loeb Classical Library, Translated
by R. G. Bury, (London and Cambridge: r955, Heinemann and Han-arcl l'niYersity
Press), pp. 9, r 9, 2 r.
JOHN A. l\/fOURANT
For, notvdthstanding the presence of elements that suggest a Platonie or neo-Platonic origin, thoughts distinctly and exclusively Christian
are not only clearly discernible, but predominate throughout the
entire dialogue 80 .
The references to the Academics in this dialogue are few and may be
dealt with briefly. In chapter four during the opening of the discussion
on the problem of order, Licentius remarks that poetry cannot divert
him from philosophy as much as a doubt of discovering the truth 81 .
Trygetius then observes that now Licentius is not an Academic, although
he had formerly been accustomed to defend them zealously 82 .
This passage could be interpreted to imply a reflection of a position
held by Augustine some years earlier. For Licentius is much too young
at the time of this remark to be regarded as ever having defended the
sceptics so zealously. It is more likely, however, that the statement
reflects the position of Romanianus, the father of Licentius. Romanianus,
the close friend of Augustine, had been converted to l\fanicheism by
Augustine. Following Augustine's rejection of Manicheism, Romanianus
hesitated to follow his friend's example and embrace Christianity. Instead he adopted the position of the Academics. Our conjecture would
be that it was Romanianus who zealously defended the Academics in his
conversations with Augustine and that he probably found their doctrines
useful in resisting the efforts of Augustine to convert him to Christianity.
The stubborness of Romanianus and the fact that he did not become a
Christian until much later testifies to the strength of Augustine's earlier
convictions for the truth of Manicheism and his ability to communicate
such convictions to his friends. The persistence of Romanianus in resisting conversion to Christianity and in using the Academic philosophy
to this purpose may also be said to be reflected in the fact that the Contra
Academicos is addressed to Romanianus. The refutation of the Academics
is drected primarily to him and the desire of Augustine to convert him
to Christianity.
A similar purpose is not evident in any role that could be assigned to
Licentius. Licentius was apparently never converted to Christianity
despite the appeals of Augustine and Romanianus 83 . This would rule
out any consideration that he was meant to represent Augustine, although
his enthusiasm, his love of poetry, his concern with the problem of order
and evil, are representative of similar interests on the part of Augustine.
In both this dialogue and in the Contra Academicos Licentius and Tryge-
80. Fathers of the Church, Writings of St. A ug11sli11e, Volume r, trnnslated ]Jy
Robert P. Russell, O. S. A., (New York: HJ48), p. 231.
Sr. B.A. 4, p. 318.
82. Tum Trygetius gaudentibus verbis : Habemus, inquit, iam, quod plus est,
Licentium non Academicum ; eos enim ille studiosissime defendere solebat. (Ibid.)
83. Cf. Letter 32 \\Titten in 396 by Paulinus and Thernsia and addressed to
Romnnianus. W1itings of St. Augustine, Fathers of the Chunh, trnnslnted hv
Sister \Vilfri! Prsons, (New York; r951), Volume 9, p. rrq,
86
tius are treated as students with the neecl of students for discipline and
philosophy. Their representation of the position or character of Augustine
himself must always be carefully restricted.
Onr analysis of the Contra Academicos will be concerned with what light
the dialogue throws upon the relations of Augustine to the Academics
rather than with any cletailecl study of Augustine's statements and refutations of their arguments. 'vVe hope to show that the evidence of the
dialogue supports the conclusions we have already argued for concerning
Augustine's relation to the Academics.
The Contra Academicos was written while Augustine was already a
Christian. The dialogue itself reveals this sufficiently. In addition
there is the fact that the De ordie, a strongly religious dialogue \.Vas
composed at the same time. Finally, the De beata vita was written before
the Contra Academicos and it is equally a religious dialogue. All this
leaves little to be said for Alfaric's thesis that Augustine was not a Christian at the time. The purpose, then, of Augustine in the Contra Academicos is not the refutation of the Academics as a condition for his own
acceptance of Christianity, but rather the refutation of the Academic
doctrine as an obstacle to the acceptance of Christianity by others, and
notably by Romanianus his friend.
Although the thesis of Alfaric is no longer acceptecl, it has left its mark
upon the interpretation of Augustine's intellectual development. As
we have seen this interpretation takes the form of assigning certain fixed
stages to Augustine's intellectual development. A recent example of
this type of interpretation is found in Fr. Kavanagh's introduction to his
translation of the Contra Academicos. Fr. Kavanagh writes :
After an interval of thirty-five years, Augustine tells in retrospect
that his chief need at that time was the removal of all cloubt of the
possibility of fincling truth : ' Therefore at the beginning of my conyersion I wrote three books so that those things which blocked my
way at the threshold, might not prove an obstacle to me '. ' The three
books against the Academics' were, then, Augustine's farewell letter to
the philosophy which he had followecl last, a philosophy that had the
aim to justify doubt as to one's ultimate attitude. '' ''
We have already argued that Augustine did not wholly accept the
Academic position for any period of time and that there is no real
evidence to show explicitly that he was actually converted to their position. It may be significant to observe that in this quotecl statement
from Augustine he refers to the " beginning of my conversion " and not
" before " his conversionR.5. The use of " before " would have indicated
84. Faihers oi the Clmrcli, Fritin/;s oj Si. A 11gusli11r, Volnmc 1, translat<:l by
Denis J. Kayanagh, O. 8. A. (Xe" \'ork : 1948), p. 89.
85. The original statc:ment reacls : l'nde tria confoci \'Olnmina in initio con\ersionis meae, ne impedimenta nobis essent, qnae tamqnam in ostio contrndicebant.
Et utique fuerat remoyenda inyeniendae clesperntio yeritatis, quae illorum Yidetur
argumentationibus robornri. (B. A. 9, p. r .fo),
88
JOHN A. MOURANT
87. John J. O'MIURA, St. Augustine A gains/ the A cade mies, Ancient Christian
vVriters, Vol. IZ (Westminster, Mrl., 1950), p. 170, n. 3. O'J'IIEARA observes that this
is suhstantiated in III. 43 and Augustine's statemcnt : "Apud Platonicos me interim
quod sacris nostris non repugnet reperturum esse confido. "
88. Cf. B. A., 4, pp. I 8, 20 where he recounts how, after he hacl gh-en up the profession of rhetoric, lie retired to Cassiciacum and devotecl himself to philosophy.
The whole passage is more clearly relevant to Neo-Platonism, particularly in the
reference to this philosophy freeing him from the materialism of the l\Ianichean
superstition. Cf. also the Confessions, 7. zoff.
89. Although the context might indicate Neo-Platonism, the worcl Augustine
uses is " stucliosissimc " \Yhich might hest he renrlered as " a devotion to learning ".
qo. B. A. 4, p. 60.
89
9r. On the snbject of friendship and its importance and influence in the life of
Augustine, see Sister M.A. :\IcN.IARA, Friends and Frirndship for Saint A ugustinr. (New York: Alba Ronse, r964i.
92. B .\. 4, pp. 60, 62.
93. See also the Confessions 2. 3, 3. TI, and 4.7.
94. B. A. 4, p. 66.
95. Ibid., p. 72. The t\\o <lefects are l\fanicheism and Academicism.
90
JOHX A. AfOURAXT
He fears that Romanianus mav have returnecl to the ::.\fanichean superstition, although he was an aiherent to the Xew ..i..cademy, 'seeking
and doubting ', when he departed from Milan. This disputation was
to disabuse him of Skepticism. Approximately four years later,
..i..ugustine cornposed the treatise, Tite Tme Religion, and cleclicate{l
it to Romanianus. He devotes all of the ninth chapter to a refntation
of ::.\Ianicheism. 0 "
This concurs with our own judgment on the purpose of the dialogue. It
also gives added confirmation to our contention of the strength of the
l\fanichean heresy and the great hold it must have exercised upon Augustine.
The statement of the rage of Romanianus at the Academics 97 , may
just as \Yell be a reflection of Augustine's own attitude towarcl the Academics. As such it could then be argued that Augustine was enraged at
them because he had been deceived into accepting their doctrine. On
the other hancl, it might be argued that he was simply enraged with
their attempted cleception but that he hacl not acceptecl their doctrine.
Of greater significance, however, is the further comment of Augustine
that the rage of Romanianus was the more spontaneous because of his
great love of the truth. Fndoubtedly this also reflects Augustine's
own passion for the truth. This great love of Augustine for the truth
makes it difficult to reconcile his position \Yith any adherence at any
time to the position taken by the Academics.
At the conclusion of this exhortation to Romanianus to embrace philosophy, Augustine cautions him not to accept as certain anything which
cannot be known as truly as mathematical propositions 98 . Similarly
he is cautionecl not to clespair of discovering the truth, and he is aclmonished
that such knowleclge will be even more manifest than that of numbers.
The Scriptural injunction in this context seems to imply that by philosophy and truth Augustine means here Christian truth and philosophy.
The conclusion of this exhortation as well as the dialogue as a whole
seems to reflect then a proselytizing note on the part of Augustine. It
shows a concern not merely to refute scepticism to his own satisfaction
and to make his own position clear but to win over one of his closest
friends.
After a further summary discussion of the arguments of the Academics,
Augustine appears to inclicate that he hacl accepted rather explicitly
the Academic cloctrine 99 . Fr. Kavanagh translates this passage :
:\ncl do you not know that as yct I have nothing \Yhicl1 I can regard
as certain, but that, on account of the arguments and clisputations
of the .-\caclemics, 1 am hindered from searching for it ?... ' 0 0
96. Op. Cil., p. q1, note 2.
97. n ..\. 4, p. 7-1
98. Ibid.
99. Tune crgo ncscis, nihil me certnm adlmc lrnberc quod sentiam, sed ah eo
quncrendo Academicornm argnmentis atque disputationibus impcdiri '(Ibid., p. 08).
100. Op. rit., p. r57.
<)I
Fr. Kavanagh correctly observes that the phrase " as yet " may mean
" up to the present moment in my life, or it may mean up to the present
moment in the debate ". And he argues that the doubt expressed is
methodical rather than real vvhich wonld be in conformity with the
generally accepted opinion that Augustine was a Christian at this time
and not an Academic101.
The closing sentence of this chapter " Nam ignoratio veri, aut mihi,
sil illi fingebant, peculiaris est, aut certe utrisque communis " 102 , raises
a point that is pursued by Augustine more fully in Book III1 3 . The
point is that the Academics were not sincere in their pretendecl scepticism
and that they chose such names as " truth-likeness " (" verisimile ")
and " probable " (" probabile ") to conceal the truth from others104 .
As
".\.ugustine states the issue :
Itaque reponde, quaeso, utrum tibi videantur Academici habuisse
certam de veritate sententiam, et emn temere ignotis vel non purgatis
animis prodere noluisse ; an vero ita senserint, ut eornm disputationes
se hahent. 1 n'
No definite answer is given to this question in Book II., but in Book III.
Augustine presents a more detailed account of this problem, the analysis
of which has an important bearing upon his relations with the Academics.
*
Turning to Book III. of the Contra Academicos our major concern will
be the attitude of Augustine tovvarcl the Academics rather than any
extensive analysis of the arguments he uses in refuting their position.
Augustine's attitude seems to be clearly ambivalent. At times he is
sharply derisive and derogative of the Academics. He observes that
they have achieved only a second rate standing in relation to all other
philosophers, and that their so-called wisdom is little better than ignorance
for they are never able to take a definite position on any issue and are
incapable of learning anythingl0 6 .
Of the arguments used in the refutation of the Academics, one of the
more significant is that basecl on the existence of clialectical truths. In
particular Augustine appeals to the truths of disjunctive propositions
and their certitude107 . Such certitude is similar to that which can be
1or. Ibid.,notc5.
I02. B. A. 4, p. IOO.
103. Jbid., pp. I<)O-T98.
104. Ibid., p. ro4. See nlso C1c1mo, .lrndrm. 2.ro.32.
105. B. A.. 4, p. ITO,
106. Ibid., pp. qo-144. Cf. C1crmo, Arad. r. fr. 20 (:.\Iller).
IO. Ibid., p. 1 . The somce for these arguments is to he founrl in Crc1mo
Dr Academ. 2.94f.
JOHN A. MOURANT
()2
discoyered in mathematical propositions and which Augustine hacl remarked upon earlierios_
The rejection of the Academic position reaches its highest pitch in
chapter fifteen in which Augustine develops the consequences of the
doctrine of the" probable" as it is applied to the field of moral judgments.
The very intensity of Augustine's attack upon the Academics at this
point can only be accounted for on the assumption that he has accepted
Christianity and that his criticism is directed from this position. Even
so his emotions seem to be somewhat mixed:
Tmn vero tam multa mihi et tam capitalia in istos venerunt in
mentem, ut iam non riderem, sed partim stomacharer, partim dolerem
homines doctissimos et acutissimos in tanta scelera sententiartum et
flagitia devolutos. ''
A little later the attack upon the Academics mounts in its intensity.
The doctrines of the Academics are ridiculous yet entail the most serious
consequences :
Jllud est capitale, illud formidolosum, illud optimo cuique metuendum, quod nefas omne, si haec ratio probabilis erit, cum probabile
cuiquam visum fuerit esse faciendum, tantum nulli quasi vero assentiatur, non solum sine sceleris, sed etiam sine erroris vituperatione commitat. Quid ergo ? Haec illi non viderunt ? Imo solertissime
prudentissimeque viderunt ... 110
Consiclering the significance and the centrality of the moral problem
for Augustine, and also his own guilt feelings in this respect, is it not
strange that had he ever embraced their doctrine he would not have
said soin very explicit terms ? Certainly he showed no hesitancy in setting
clown the absurdities and evils of the Manichean doctrine that he had
held forsome nine years. \Vhythen should henot han been consistent and
stated clearly his guilt in accepting the Academic doctrine ? The answer
can only be that he never actually adhered to the Academic cause and
\Vas neYer converted to their position as he vvas to lVIanicheism and to
Christianity.
Furthermore, it would appear very likel:r that his own ambivalent
attitude toward the Academics kept him from embracing their doctrine.
In part this ambivalence stemmed from a certain loyalty he felt to Cicero
coup1ed with his own instinctive distrust of the Academic doctrine.
l\fore significantly Augustine's attitude was no doubt dictated by his
difficulty in assessing the true position and motiYes of the Academics.
Quid igitur placuit tantis viris perpetuis et pertinacibus contentionibus agere, ne in quemquam cadere veri scientia videretur ? Audite
108. Ibid., p. 1 62.
109. ibid., pp. r8o,
1 rn.
Ibid., p. rS<i.
182.
93
iam paulo attentius non quid sciam, sed quid existimem : hoc enim a(l
ultimum reservabam, ut explicarem, si possem, quale mihi vidcatur
esse totmn Academieormn consilium. 111
Augustine's answer is that the Academics were crypto-Platonists.
That they possessed a secret doctrine and did not seriously believe that
which they taught publicly.
This notion of a secret doctrine imputed to Arcesilas does not seem
to be substantially founded.
It was apparently based upon certain
statements by Diodes of Cnidus which were adopted and popularized
by Cicero and then by Sextus Empiricus. It was variously held that
Arcesilas merely assumed the position of a Skeptic to escape the criticisms
of Zeno and the Stoics, to maintain the purity of the Platonic teaching,
or that according to Sextus Empiricus " The Academics' scepticism vvas
merely a means of testing the fitness of their pupils for admittance to
their mysteries " 112 .
\Vhateyer may be the validity of the historical sources and the explanations of this secret doctrine of the Academics, its importance for our
consideration lies in the fact that Augustine, whether he fully accepted
it or not, did take the time and the trouble to set it clown in some detail.
This would seem to reflect either his acceptance of the doctrine or his
ambivalent attitude toward the Academics. Certain points can be
singled out in his account of the development of this doctrine that will
justify our contention.
In his brief history of the Platonic Academy he observes particularly
the relation of Zeno the founder of the Stoic school to the Platonic Academy. He expresses his belief that Zeno was held suspect by the Platonists for the pernicious doctrine he taught :
Quamobrem cum Zeno sua quadam de munclo, et maxime de anima,
propter quam vera philosophia Yigilat, sententia clelectaretur,
dieens eam esse mortalem, nec quidquam esse praeter hune sensibilem
mundum, nihilque in eo agi, nisi corpore (nam et Deum ipsum ignem
putabat) ... 113
His statement that Arcesilas wisely and cleverly concealed the doctrine
of the Academy and developed his own mode of disputation in order to
refute those who had too readily accepted such false doctrines114 , undoubtedly reflects his own fear of the danger of such teachings115 . He also
observes that the teachings of the New Academy originated in the need
to combat the views of Zeno, whereas the earlier Academics had no need
] bid., pp. I 86, 188,
Quoted from KA\'AXAGH, op. Cit., p. 21411.
rr3. Ibid., p. r90. Cf. Conf. 4. 15. 24 for Augustine's acceptance of a similar
Yiew.
I 14. B. A., 4, p. 190.
i 15. J<;,en in the period immediately after his co1n-ersio11 Augustine was wrestling
with philosophical solutions to the problems of the nature of the soul and of God.
III.
112.
}OH~V
A. MOL'RAST
192.
<JS
soon found himself in a similar position vis vis the Academics. For
supposing that the Academics held a secret doctrine, it was not revealed
to Augustine. Once more his position is that of an auditor rather than
one of the elect. However, the deception in each case (if it was a cleception by the Acaclemics) was soon cliscerned by Augustine and does much
to account for the vigor and even rancor at time of his criticism of both
sects. On the other hand, assuming that the Academics clid not holcl
a secret doctrine and that Augustine knew this, then their scepticism
contributed to that intellectual despair Augustine felt of ever attaining
the truth at that time when he realized he coulcl no longer accept the
alleged truths of Manicheism.
* **
After weighing all these alternative interpretations of Augustine's
attitude toward the Acaclemics, I think his statement toward the close
of the dialogue sufficiently re-affirms the ambivalence of his attitude and
also his conviction that the truth can be foundllH.
Thus to the extent that the Academics acceptecl or claimecl a knmvledge
of the truth (Platonism) they tendecl to escape Augustine's direct criticism.
On the assumption that they helcl no secret doctrine they are snbject
to his bitterest criticism. In any event his basic difference with them
is that although they might daim to know truth, they resort to clialectic
to show that it cannot be attained. Such a sceptical position, we have
arguecl, coulcl not have been maintainecl by Augustine. Although he
was clisturbecl at times by their arguments and cleterrecl from the pursuit
of human wisclom, now, in the year of his conversion he feels that in the
present clisputation he has sufficiently protectecl himself against the
reasonings of the Acaclemics. The conclusion of the long clebate with
the Acaclemics reveals quite clearly that this dialogue has been concluctecl
within the context of Augustine's Christian faith.
::\ulli autem dubium est gemino ponclere nos impelli ad cliseendum,
anctoritatis atque rationis. lviihi autem eertum est nusquam prorsus
a Christi auctoritate diseedere non enim reperio valentiorem. 120
Since this was the state of mincl and the position of Augustine in his
thirty thircl year, it is clear that at this time he vrns neither an Acaclemic
nor a Platonist, although philosophically he might be best clescribecl as a
Neo-Platonic Christian. In view of our contention that his :.\1anicheism
was far more persistent than is usually acceptec1, the major doubts of
JOHN A. MOURANT
MOURANT.
<;8
li. KEVANE
going on with his review. This was in the years A.D. 426-427 3 . Book
III had been broken off, for some unknown reason, in chapter 25 at the
quotation from St. Matthew on the woman and the three measures of
meal. This evidence of a plan of composition that endured so strongly
in his memory for three decades stands as a mute answer to the question
already noted, whether Augustine composed his works badly 4 . He
finished Book III, therefore, and added Book IV entirely new to complete
the treatise he had had in mind for so many years. " The first three
books ", he says, " help to understand the Scriptures, while the fourth
concerns the right way of communicating to others what we have
understood " 5 . This in itself is a perfectly clear statement of the nature
and purpose of his treatise, and, coupled with the title he gave to it,
probably left no doubt in the minds of his contemporaries, constantly
preoccupied as they were with the state of the pagan civilization and the
relationship of the New People of God to it, as to the precise object he
had in mind in writing it.
When was the work begun ? Approximately thirty years earlier, as one
of Augustine's first undertakings after his episcopal consecration. He
wrote his Ad Simplicianum to his close friend, the successor of St. Ambrose
as Bishop of Milan, in mid-395, the first of his works as a bishop himself.
Then followed the Contra Epistolam M anichaei and the Sermo de agone
christ1:ano ; and apparently he was working on Books I and II of the De
doctrina christiana throughout the year 396 6 .
A separate question concerns the fact and date of publication. Although some have questioned the fact, Augustine himself bears witness,
in the Contra Faustum, written in 397-398, to a first edition of the De
doctrina christiana already in circulation 7 .
Dom De Bruyne in 1913
held for two editions, one in 396 and the other in 426-7 ; during his
Retractationes Augustine \vould have corrected and amplified the first
3. See the comprehenshe study of the \'arions dates of composition and publication of the t\\'o editions of De doctrina christiana by Joseph M.rn1'IX, Sancti Aurelii
A ugustini De doctrina chrisliana, Turnholti 1962, "Praefatio" vn-xrx " Quando
quattuor libri De doctrina christiana incohati sint et perfecti ". And Seraphin us
Z.\RB, Ch1onologia operum S. Augustini, Romae 1934, rg; 40-42.
4. See note r, above, and H.-I. MARROU, Saint Augustin et la fin de la culture
antique, Paris 1958, 61, " Saint Augustin compose mal ''. ;\farrou revokes his earlier
position in his admirable Retractatio, 665-672 : " Jugement d'un jeune barbare "
(665) ; "J'ai dpouill peu peu l'orgueil du moderne, cet orgueil propre au barbare
qui mprise ce qu'il ignore; peu peu je suis dennu sensible cet art si parfaitement
sr de ses moyens, qui \'ite tout effet facile et vise charmer en surprenant "
(666). Perhaps the best answer to the question is that of Andr lYL\.KDOUZE, " Saint
Augustin ou le rhteur canonis ", in B1letin de /'Association Guillaume Bud
(1955), 37-41
5. Retractationum libri duo, 2, 4, l ; P.L. 32, 63r.
6. Both Joseph l'vfoR'l'IK and S. ZARB, op. cil., agree on this date for the first portion
of Augustine's treatise.
7. See Contra Faustum J\1anichaciwz 22, gr; P.I,. 42, 461 : iam in quibusda111 libris,
quos de Doctrina Christi ana praniotavi ...
99
IOO
E. KEVANE
IOI
adolescent young people in mind when writing his treatise. The purpose is
explicitly an educational one for Christian youth. This could be deduced
from his lengthy treatment of the preparatory disciplines in Book II and
his reservation of the formal discipline of rhetoric for youthful studies in
Book I\' 22 . But there is also his explicit statement in the matter. In
fact, he is concerned throughout with two age groups among his students
of the Scriptures : the adolescents, as he states or implies throughout ;
and older men preparing for the priesthood, who receive particular attention in Book IV23 .
This light on the persons for whom Augustine is composing his treatise
enables us to ask who they are whom he is directly addressing. The
key again is contained in the very first sentence, in the word praecepta.
" There are certain rules for teaching the Scriptures ", he writes, " and I
see that a treatise on them can be prepared with propriety for students
of the Sacred Book " 24 . He speaks of " the type of procedure which I
have taken upon myself to develop in the present work " 25 . "I should not
be criticized ", he states, " if I explain not only what I understand, but
also the principles of human teaching that assist the understanding " 26 .
And he compares himself in the De doctrina chitistiana to the teacher of
reading who uses a set of rules to impart the ability to read : " so he who
learns the pedagogical rules that we are attempting to teach in this book
will need no other person to uncover the meaning that lies hidden " 27 .
The formal object of Augustine's treatise is " knowledge ", the third of
the seven steps toward wisdom, knowledge in the sense of the process
of formal education and academic teaching 28 . He expounds the varions
kinds of rules and procedures to be followed by teachers who are developing in their students a systematic method for understanding the
Scriptures rightly29 . Thus it is a teaching that prepares each student
to become a teacher himself : one " who treats and teaches the Sacred
Scriptures "30
22. See Book II, cc. 16-42 ; Book IV, 3 (4) : satis est, ut adolescentuloritm ista sit
l, 8, 34 ; 2, 4, 18 ; Quintilian, Instihtlio oratoria, 3, 8,
69-70. Augustine's great Roman predecessors did not have a different idea in mind.
23. This becomes clear in the early chapters of Book Four, for example, 4, 3, 4.
24. Prooemium l : Sunt praecepta quaedam tractandcwum scripturarum. P1aecepta
and tractare are teclmical words of the Classical edncational system.
25. Prooemium 2.
26. Prooemium 8.
27. Prooemium 9 : praecepta, quac conamur tradere. For a detailed study of this
intention of Augustine in composing his treatise, see Peter BRUNNER, Charismatische
102
F:. REVANE
103
E. KEVANE
37. J. RIES, La Bible chez saint Augustin el che7 les Manichens, in Revud des
tu.des Augustinimncs, 9 (1963), 2rr. See p. 205: "Two treatises by Augustine sound
the death-knell of the moclernism of that day : De {<enesi ad litteram, the decisiYe
refutation of the cosmogony of Mani ; and De docfrina c!wisliana, the rnin of the
exegesis of the African Manicheans ".
3il. Ulrich DucHROW, Zunz Prolor; i'on Augustins "De doctrina christiana '', in
Vigiliae Christianae, 17 (1963), 165.
39. M.L.W. LAISTXI\R, ChYistianity and Pagan Culture in the Later Roman Empire,
Ithaca, New York I95r, 68.
40. Ibid., 7r.
4r. Ibid., 69.
42. D.\V. ROBI\RTSOX (transL), Saint Augustine : On Christian Doctrine, Ne''
York 1958, IX.
43. Ibid., X.
44. Christine Mohrmann writes, with ample justification, " Few of _Augustine's
works have been so clifferently, and often so wrongly interpreted ". Etudes sur le
Latin des Chrtiens, Roma 1961, Vol. I, 358.
45. M. Col\!IEAU, La rhtorique de saint Augustin d'aprs les " Tractatus in ]ohannein ",Paris 1930, 21-22. See also J. GARCIA }IME::-<Ez, La Rct6rica de San Ag11sti11 :J'
su patrimonio cldsico, in La Ciudad de Dios, 7r (1955), rr-32.
105
46. Thrse FRAXCEY, Lis ides littvair,s de s. Augustin dans le " De doctrina
christiana ", Saarbrcken 1920, 6. Francey (ibid.) aclmits that Augustine's title is
a puzzle " .. le titre ne semble gure annoncer une exposition de principes littraires". Neither does it seem to annou11ce a treatise on exegesis, or a" Hermeneutics
'1nd Homiletics ". E\erything turns, as 've shall see, on the meaning of the word
doctn:na. See also ::vI.\Y.L. LAISTNER, Christianity and Pagan Culture, Ithaca,
Ne\\' York l95r, 70-71, for a similar " exrrggerated classicism " : " Augustine ...
very rarely makes rr direct quotation from his pagan sources. Nevertheless, his debt
to Cicero is not superficial ; for the parallelism in thought beh\een the classical
theory of oratory and Augustine's theory of Christian preaching can be traced right
through the book ". And, interestingly, he cites with approYal, and against 1Iarrou,
the same " exaggerated classicism ''in Sister Thrse Sullivan : "This has been brougt
out clearly by Sister Thrse Sullh-an in her edition of the fourth Book of De doctrina
(Catho!ie Unh-ersity of America : Patristic Studies XXIII [19301, 8-13). Greatly
as I admire M.H.I. J\Iarrou's book .. ., he seems to me to exaggernte the originality
of the De doctrina christiana ... " (132).
47. See J. ROZ, "El 'De doctrina christiana' o la ret6rica cristiana ",in Estudios
Cldsicos, 3 (1955-1956), 452-453. He cites H.I. J\IARROF, Saint Augustin et la fin de
la culture antique, Paris 1958, 519 : "The De doctrina christiana is therefore something
new. lt is definitely different (as a rhetoric) from the teaching of the classical schools ...
It is this seeoncl alternatfre, the method of free imitation, that becomes for Augustine
the normal thing. One senses that in his view they are fe\Y who can profit in practice
from that other method, the technical formation at the hands of a teaeher of rhetoric.
For Van der Meer, see his Augi!st-ine the Bishop, London 1961, 405-406. And for
Mohnnann, see the chapter, "Saint Augustine and the 'Eloquentia' ",in her tudes
sur le Latin des Chrtiens, Roma 1961, Vol. I, 351-370. "It was thought ", she writes,
"that he expressly recommended the study of classical oratory to young religions ... "
It is Marrou's " great merit " that " he breaks with this tradition " and calls Book
VI " reyo!utionary " (358).
48. See J,ouis D. McN1rn-, The Relation of Cicero's Rl1etoric Io A ugustinc, in Restarch
Studies of the State Collegc of W!ishington, 25 (1957), 5-13.
49. See Andr MA::-mouzi;;, S. Augustin ou le 1'hteur canonis, in Bulletin de
!'Association Guillaume Bud (1955), 37-41.
50. See Joseplrns DEL To:\, De loquendi genere grandi sancti A ugitslini, in Latini/as, r r (1963), 245-254.
ro6
E. KET'ANE
51. See Franz Xaver }\GGERSDORFER, Der hPilig,, Aui;ustimts als Piidagoge und
seine Betleutuni; fr die Gesclziclite der Bildung, Freiburg im Breisgan 1907, n8, for
the state of the question and the bibliography on the point at that' date. And HenriIrne M.\RROU, Saint Augustin et la fin de la culture antique, Paris r958, 332, for
his statement of the question and the relevant literature. For a more recent redew of
the controversy and its literature, see U. DoMiNGUEZ DEL VAL, Cu.ltiwa y formaci6n
inte/ectual en los J\fonasle1'ios agustinianos de Tagaste, Cartago e Hipona, in La Ciudad
de Dias, 169 (1956), 449-450; among the authors noted, he cites one, the patrologist
B. Altaner, who follmvecl earlier the" traclitional \'iew" of Eggersdorfer then changecl
in the later editions of his Patrology to that of l\Iarrou.
52. EGGERSDORFER, op. cit., r 17. In this he himself is following Gaston BorssmR,
La jin du paganisme, Paris r89r, Vol. I, 243 : " Ce trait<" (the De docfrina chYistiana)
est un !ivre d'ducation; mais il ne s'adresse pas tout le monde; saint Augustin ne
\'eut lever que des clercs ". For the essential pedagogical practices, Eggersdorfer
analyzes Book II of the De doctrina chi'istiana, citing from the earlier German editions the statement of A ugustine's intention gfren by Otto \VILL~L\.:\'X, The Science
of Education in ils Sociological and H istorical A spccts, Latrobe, Pennsyl\' ania 1930,
Vol. I, r87 : " The cleverest and most dispassionate treatment of the subject (the
conflict between ancient pagan education and the principles of Christianity) is
found in the \York De doctrina christia11a (Book II, written abont 396), where St.
Augustine outlines, from the \iewpoint of Holy \\'rit, a system of secular stuclies
that lias exercised upon the succeediug ages a powerful influence ".
53. EGGERSDORFER, op. C'it., 145. It is clear that Eggersdorfer is not accurately
represented when he is listecl with those who see the De doctrina christiana simply
as a " Hermeneutics and Homi!etics ". l\ggersdorfer is the pioneer modern Augustinian scholar in the stndy and recognition of St. Augustine as an eclucator. For another
statement of his position, see ibid., r 40 : the De doctrina christia11a "ist also in Wirklichkeit " Fin Buch iiber Erzielmng ', enger genommeu eine Studienordnung fiir
Kleriker ".
5-f. H.-I. ::.\Ll.RTWr, op. cil., 332.
107
ripened in his thought, in which St. Augustine expounds for us the full
essentials of the position he reachecl at the end of his life on intellectual
culture, on its place in man's life, on its purpose, its techniques and its
methods " 55 . This intellectual culture is to be a Christian culture,
without compromise : Doctrina christi:ana, the title of his book, means
" Christian culture " 56 . " Let us analyze immecliately the significance of
this expression. There is more involvecl than simply to adopt a type of
intellectual life that does not conflict with the demands of Christianity,
that can be harmonized with it, that leaves open the possibility of the
Christian life. Augustine insists upon much more than that. He wants
a culture that is strictly subordinatecl to Christianity : all the manifestations of intellectual life ought to serve the life of religions faith, and
indeed to be nothing else than a fonction of this life of faith " 57 . Hence,
Marron concludes, " The De doctrina christiana is the fondamental charter
of Christian culture " 58 . And this is " a culture entirely consecrated to
God " 59 .
The crux of the matter is the evidence Marron adduces for the fact
that St. Augustine intencls this Christian culture for all Christians, for
the laity as well as for the clergy 60 . " Defined by such a program (namely
the purged and Christianizecl order of studies and the central place given
to the Bible), this culture perhaps will appear to be not only Christian,
but rather definitely ' clerical '.
I am certainly the first to see how
this program reflects the influence of Augustine's character as an ecclesiastic. I recognize there the apostolic spirit, the concern for apologetics,
the severe churchly practicality of the great bishop. But nevertheless it
would be a misconception to believe that this program was destined only
for ecclesiastics " 61 .
" One must recognize that for St. Augustine it is all human culture as
such that gravitates around the stucly of the Bible, and that this is the
55. Ibid. For :i'llarrou's concept of " cnlture ", see his " Introduction ", III-1\" ;
it is a concept \Yhich has overtones of the understanding of culture as a static persona! quality, with a corresponding tenclency to miss the dynamic concept of culture
as a modng social phenomenon, ha,ing therefore a Itlturgeschichte ; and hence also
to miss the dynamic agency in the social process of culture called education ; and
for Christian culture, a Christian education of youth.
56. Ibid., 339: "Augustine's concept of intellectual culture ... is summarized in one
word, the yery one that he selected as the title of the work devoted ex professa to
this snbject, dnclrina clzristim?a, une culture chrtienne ".
57. Ibid., 339.
58. Ibid., 4 r 3. See 1 bid., 339-345, for ::-.rarrou's documentation of his thesis.
" I do not seek here ", he says, " to impose a persona! impression on my reacler.
St. Augustine has expressecl his teaching on this point with ail clesired precision and
rigor ". (343) ::Yiarrou points out qui te correctly that Augustine's Book I, from heginning to end, is a documentation of this concept of anthentic Christian culture.
59. 1 bid., 342, with the references to Augustine's two letters on his philosophy of
culture, Epis!. 26 and Epist. rr8.
60. See ibid. esp. 380-386 ; 506-507 ; 638 ; but also passim: ?iiarrou's massiYe work
might well be said to support his thesis on prnctically eyery page.
6r. Ibid., 380.
108
E. KEVANE
only culture he admits for the Christian intellectual.. For him, no other
culture is legitimate " 62 . lVIarrou is clear on the fact that Augustine
expects his Christians to participate in all the works of civil society, and
that he intends that they have a suitable intellectual preparation for all
such tasks and callings. The time is past when a Tertullian called for
Christian abstention from the activities of the earthly city. " Augustine
lives and thinks in the century of Theodosius, in a society that has become
officially Christian.
He ne\'er for a moment dreams of forbidding the
technical studies necessary for future attorneys, medical doctors, civil
servants, and so on... But, considered in their technical aspect, these
studies properly speaking do not constitute a culture " 63 . For his personal culture, the Bible includes all that any Christian, whether clergyman
or layman, needs to know.
" Let him look at the culture of paganism :
whatever is harmful, in it, the Bible condemns ; whatever is useful in it,
is found also in the Bible, and in addition a wealth of things to be found
nowhere else ... " 64
With this Marrou cornes to his inferences and conclusion. " The De
doctrina christiana, therefore, is not a simple manual De institutione
clericorum : there is nothing specifically ecclesiastical in this program of
culture. And this is made clear by the fact thn.t Augustine did not have
to wait to enter the ranks of the clergy at Hippo in order to recognize its
necessity " 65 . lVIarrou points out rightly that this program dates from
Augustine's life as a Catholic layman, when he saw clearly that the laity,
obliged to assist the Church and to share the apostolate, cannot do so
without this Christian culture.
" Let us guard against useless surprise
at this. It is a mere modern idea, one that appears to me quite foreign
to the Patristic Age, to distinguish between a religions culture reserved
solely for the clergy and a profane culture that would be legitimate for
the laity... Augustine rejects this hypothesis with indignation " 66 .
" It is an error frequently committed to see in Book IV of the De doctrina
christiana a simple treatise on homiletics " 67 . And in his Retractatio,
his mature reconsideration of his own book, Marrou gives his position
formal re-statement. " I maintain ... that Augustine's treatise is not a
simple manual of hermeneutics and homiletics for the use of the clergy,
but rather that it defines the normal type of higher Christian culture . I
still consider my demonstration valid. Apart from the ' philosophical '
vocation, there is no other Christian culture that is legitimate. And in
62. 1 bid.
63. Ibid., 380-381 ; and :.\Iarrou cites De doctrina christma, 2, 25, 39-2, 26, 40.
64. Ibid., 38r, citing De doctrina christiana z, 42, 63.
65. Ibid.
66. Ibid., 383, citing Augustine's Sermon r7, 8, in G. \IORIK, Sancti Attgustini
Serinones post }'vfaurinos reperti, Miscellanea Agostiniana, Roma r930, Vol. I, 88.
See Marron, ibid, 384-385, for a discussion of the laymen in all walks of life who
formerl part of Augustine's circle. They were interested in the study of " theology "
and \Yere devotecl to the pursnit of Christian culture.
67. Ibid.., 50C>.
IO<)
fact that culture was spread in Augustine's day very extensively among
the Christian elite, outside the ranks of the clergy "68.
There is another group of scholars who place their evaluation of Augustine's intention in the De doctrina christiana, and the fundamental nature
of his treatise, in a different context. It is that of the field of education,
formally as such, with its concept of humanizing purposes and procedures,
its design and content of the curriculum, and its set of methods, motives
and ideals in teaching6 9 .
Eggersdorfer, although with the restriction noted above, does so already.
He calls St. Augustine" the founder of Catholic education " 70 , and relates
his Christian philosophy of God and the soul to his educational theory
and curricular practice. " In fact ", he writes, " this philosophical position gave Augustine a stable norm for choosing which sciences and disciplines should find place upon his order of studies. This decision was not to
be left to mere custom, nor even to practical utility. What the young
person should use as the means of educating his mind was rather to be
determined by one all-important question : How is each discipline related
to the uniquely real truth and how is it suitable for leading the mind to
that truth ? ... It was this pedagogical position of Augustine that became
significant for the history of education " 71 . " Augustine ", Eggersdorfer
concludes, " extablishes by this speculative philosophizing what is actually
a systematic order and plan for the sciences and disiplines of the field
of education " 72 .
Professor Wilhelm Whr, standing in the strong tradition of German
historiography and Kultiirgeschichte, writes in measured terms. " As
Augustine influenced v.,r estern thought for eight centuries by his apologetical writings and his City of Gad, so too he dominated the educational
institution of Western Christendom by his foundational work, the De
doctrina christiana, ' On Christian Education ', written out of his rich
personal experience in the matter. In it he gives his general theory of
education; uniting Christianity and the classical pedagogical heritage,
and providing the detailed design of the curriculum for the Cathedral
Schools which he personally established 73 . " Hence '', he concludes,
68. Ibid., 638. l\Iarrou is replying in particular to P. de I,abriolle, a supporter of
Eggersdorfer's Yiew, writing in the journal des Savants (1938), 149-150.
69. Marron. of course, is close to this group with his constantly recurring theme of
" Christian culture ". But for some reason, somewhat of a puzzle, he seems studiously
to ayoid the field of education as such. In his short popular work, St. Augustine and
his Influrnce throup;h the Ages, New York 1957, 55, he does incleed speak of the" special place (which) must be ghen to what we may call his educational works, such as
De catechfrcindis vu di bus, a little book of elementary religious instruction, or his
De doctrina christiana, a thesis on Christian education ... "
70. F.X. EGGERSDORIIER, op. cit., 105.
7r. Ibid., 42.
72. Ibid., 6+
73. \Vilhelm v,-1m, Das abendlandische Bilditn{{S'ldSnl im lvlittelalter, Munich 1950,
20-2!.
ll
L. HEVANE
" every treatise on medieval education must begin with the masterful
figure of the African Church Father. This is true not only because he
stood on the boundary of the epochs, unique in reflecting in his personal
and intellectual destiny that twilight between the culture that precedecl
and that which was to follow, but also because Augustine was in a twofolcl sense the lawgiver of the entire educational life of the early Middle
Ages. For he legislated both the very iclea of the educational theory,
and an actual part of the essential institutional aspects of the educational
practices " 74 .
Professor cl' Arcais in Italy agrees. " St. Augustine, one can say, was
the first to construct an explicit treatise of Christian peclagogy, a systematic discussion of the pnrposes, content and practical aspects of the
educational process " 75 Victorino Capnaga, in a perceptin treatment
that sees the relationship between eclucational process and cultural outcome, terms the De doctrina christiana " a manual of Christian cultural
formation " 76 . Jean Leclercq speaks of Augustine's " great work on
Christian education, the De doctrina christiana " 77 .
In the English-speaking world the same position is well represented.
" In his De doctrina christiana ", writes Edward Kennard Rand, " Augustine explicitly recognizes the value of the arts as a precursor of the higher
studies of clivinity ; he recommencls that the learner begin the difficult
programme early, and pursue it vigorously and steadily. Now this is
precisely the plan of Plato and Cicero, a curriculum of two parts, an introduction and a fulfillment " 78 . Professor Rand tenus it " a splenclid
programme of Christian humanism " 79 , one in which St. Augustine
subscribes to the basic positions in the Christian education at which
St. Jerome also had arrived 80 . In England John Baptist Reeves gave
Rand's insight a more explicit and cleveloped statement. "St. Augustine"
he writes, " was a professor of the liberal arts before his baptism, and
continuecl to practice his profession to the end of his life, and for generations afterward " 81
" As a Christian teacher he took his disciples
74. Ibid., 20 ; note the characteristic German use of the \\'ord " culture " as a
social heritage and process, a meaning quite distinct from its usage to denote one's
JeyeJ of Bildung, an acquired persona! qnality. lloth meanings lul\'e come to attach
almost equally to the use of the word " culture " in English.
75. Giuseppe Flores d'ARCAIS, La pedagogia nel pensiero cristiano, Grande Antologia Filosofica, Vol, V, 64I.
76. Victorino C.\PAX.\G,\ in his " Introducci6n general ", Ob ras de San A gustin,
~Iadrid 1950, Vol. 1, r++
77. Jean LECLERq}, The Love of Lrarning and the Dcsire for Gad, New York 1961,
217.
78. Edward KEXXARD RAXD, Foundcrs of the Middle Ar;es, New York 1928 and
1957, 228.
79. Ibid., 270.
80. See ibid., 269.
8r. John Baptist RI<:EVES, St. Augustine and Humanism, in Martin D' ARCY
(ed.). A Monument to Saint Augustine, London 1930, 126. This book has been rcissued, Ne\\' York 1957, under the title St. Augustine and Humanism.
111
112
E. KEVANE
hue ".
92. F.X. l~GGERSDORFJW, op. cil., 123.
93. This may be taken as an indication that the Prooemium was written as part
of the first edition of 296-397, against the view of Ulrich DFCHRO\\", Zum Prolog
von Augustins De doctrina christiana, in lgiliae Christianae 17 (1963), 165-172,
who envisages the opponents of Augustine's approach to the Scriptures through a
lmman doctrina as a group of monks in Cassiau's circle. " Eine Bezugnahme auf
Cassian ist natrlich nur dann mglich, wenn der Prolog nicht zum ersten, 396 /7
verffentlichten Teil yon De doctrina christiana gehrt, sondern erst mit dem Schluss
II3
Yon Buch III und Buch IV etwa 426 /27 geschrieben ist. Dies scheint nur m der
Tat der Fall zu sein ". (169) In fact, however, Augustine himself (Book 4, 1, 1)
seems to state that he wrote the Prooemium in connection with the first eclition. It
appears more correct, al! things considerecl, to retain this position with Peter BRUXXER, Charismatische und methodische Schriftauslegung nach Augustins Prolog ,;,u
De doctrina christiana ",in Kerygma und Dogma, l (1955) 59-69, 85-103.
94. The cletailed commentary upon and ex p1'ofesso study of Augustine's Prooemiitm is the monograph by Peter Brunner, cited in the preceding note. For the
current of anti-intellectualism and opposition to doctrina and formal education
among the early Christians, see the excellent synthetic chapter iri v,-miam Barclay's
work, cited in note 91 above. In fact the pagan educators had to contend with the
same sentimentalism, as Quintilian makes clear, II, cc. l 1-12 ; see his heavy irony
in conclusion, 2, 12, 12 " Still let me congratulate these gentlemen on attaining
cloquence without inclustry, methocl or stncly ". (H.E. Butler, transl., Cambridge
1958, 278). On Augustine's Proocmium. see also Alfred de S.\DOUS, Sancti Augiistini
de doctrina christiana, Paris 1847, 9-19; and H.I. J\faRROU, Saint Augustin et la fin
de la cultiwe antique, Paris 1958, 239; 389; and especially 181-186, where he discusses
the intellectual component of culture. There is a pointed contemporary rele\ance
in Augustine's Proocmium that Werner J aeger expressess lucidly in his Early Christianity and Greeh Paideia, Cambridge, l\Iassachnsetts 1961, 72-73 ; "The Christians
of higher cultural ambition and greater political foresight conld not follow such
mass instincts ; rather, they rose to the occasion under a wise leadership, and instead
of rejecting this culture out of hand the y made a supreme effort to clistinguish ...
They felt that... if Christianity pro\ed un able to take over cultural and intellectual
leadership, eyen its external political victory, of which they felt certain in the long
run, would be illusory. It was not enough to coin slogans and to proclaim Christ the
new pedagogne of humanity, as Clement of Alexandria had doue, and Christianity as
the only trne paideia. Christians had to show the formative power of their spirit in
works of snperior intellectual and artistic caliber and to carry the contemporary
mincl along in their enthusiasm. That new enthusiasm might become the creatiYe
new force that was needed, but it would never achieve its goal without passing
through the severest training of han cl and min cl, just as the ancient Greeks had had to
learn the hard way. They had to start from the elements and then builcl man np
systematically. What they needecl was the kind of school that would teach them
that. In a word, they had to build up a Christian paideia ". This states qnite precisely
both the nature and purpose of Augustine's De doctrina christiana and its abiding
relevance for contemporary questions and problems in Christian education.
95. See Paul AGASSE, criture sainte et vie spirituelle, in Dict. de Spiritualit,
fasc. 15, 1958, col. 155-158, for an excellent study of Augustine's elimination of
secularism and atheism from education by means of the principles and purposes
laid d0\n1 for it in Book One. " One basic principle is his guide : a truly Christian
culture cannot be one that is simply juxtaposed to a pagan culture that 'Youk1 be
valid and self-sufficient in its o'vn order" (col. 156). True humanism is determined
by the concept of man and his last end : hence Augustinc's concern to illuminate
the entire matter of educational purposes by means of the content and object of
faith. " Augustine intends tlrnt profane culture be subordinated to the life of religions faith and thus permit man to reach his last end. In this perspective, it becomes
eyident that man must seek in Divine Reyelation his criterion for judging values,
recognizing that the truth of all affirmations concerning man is to be found in the
higher order of the Absolute. And the ,,.ay to this discoyery is no other than the
folloing of Christ ". (col. 156-157) Por detailed discussions of Augustine's exclusion
of secularism, see H.-I. M.\RROU, op. cit., 184, 329, 334-339, 341-342, and 343, Marrou's
summary of Book One.
96. Perhaps the best study of Augustine's program of catharsis and Christianization of the human arts, sciences and disciplines remains that of F.X. Eggersdorfer,
already cited; see also H.-I. l\L\RROl', op. cil., passim ; esp. 407, for a chart of Angustine's curriculum and the three basic changes that he introduced. For the new philosophical spirit animating the teaching of the arts and sciences, see F. AM:l';ruo,
Il" De }vlusica " di S. Agostino, Torino 1939, l-34; Rudolf LOREXZ, iDie !Vissenscha/tslehre Augustins, in Zeitschrift fr Kirchengeschichte, 67 (1955-6), 28-60, 21225 r. See also Eugene KE\'AXH, . Augustine the Educator, \Yestminster, l\Iarylanr1,
i964, Chapter 6, 149-186, "The Culture of the Human Arts and Disciplines".
E. KEVANE
II6
the present, with its scriptural " introductions " and " commentaries ",
back into the past. Augustine is actually writing about the use of all
the academic and pedagogical procedures of ancient education, especially
those of the grammaticus, upon a new object of study, the Sacred Literature
of the People of God that is largely replacing the litterae, Homer and the
Authors, of the older pagan system of education. The paideia or humanistic formation by means of the classical literature becomes accordingly
a Christian paideia, a Christian humanism, or, in contemporary terminology, a Christian education of youth. This is a practical and vital teaching
because it relates to the life of faith, to a life that fulfills the Great Commandment97.
Book IV : The Christian Teacher and Preacher
Preface, l (1) - I (2).
Section
(3) - 6
97. See F.X. J.;;GGBRSDORFJ~R, op. cit., 141-153, 109-123, 141-153, on the replacement of Homer by the Bible. Fggersdorfer points out that Augustine was much
concerned to defend the literary \'alue of the Sacred Scriptures, precisely because
of his educational plan. The Bishop of Hippo is cominced that " the Bible is yery
well suited ... to occupy the central position on the program of studies ''. (123)
"From the very beginning of his treatise (I, l (r)), Augustine lays it down that the
core of Christian education is the tractatio Scripturarum, a teaching of and by means
of the Scriptures ". (141). Eggersdorfer perceh-es accurately the technical meaning
of tracta1'e and tractatio in classical education. See Ernst Robert CuRTrus, Europaische Literatur und lateinisches JY!ittelalter, Bern 1948, Kap. r r, 208-218, " Poesie
und Philosophie ", on the way classical teachers used their literature in teaching ;
and 81 : " Durch seine Bekehrung \Yar er (Augustinus) zur Einsicht gelangt, dass alle
Bildungsarbeit in den Dienst des Glaubens treten msse. Er hatte der Bibel eine
Rhetorik eigener Art zuerkannt ". See H.-I. MARROU, op. cit., 494-498, and Chapter V,
" La Bible et les lettrs de la dcadence ", 469-503 passim. Also, especially for the
significance of Augustine's biblical program in education for history and salvaton
history, see Eugene Kevane, op. cit., Chapter 7, 187-256, " Christian Doctrine : The
Renewal of Sacred History ".
II7
A better position has now been reached, one that stands in the light of
the actual plan and content of the four books of St. Augustine's treatise,
for addressing the questions raised by the several interpretations, and for
reaching some kind of conclusion on the nature, occasion and purpose of
the De doctrina christiana.
In the first place, there is no doubt that Augustine's work is a treatise
in the general area of what >ve today call exegesis, containingprecepts and
methods for understanding and interpreting the Scriptures. His entry
into lVIanicheism had been occasioned by his distaste for the literary style
98. It seems not guite exact to cal! " The fourth book of Christian Knowledge "
"The Handbook for l'reachers ", as Van der Meer does in his Augustine the Bishop,
London 1961, 405. Throughout Book Four, the words doclor and docere predominate,
especially in connection ,\-ith the first purpose and style of discourse, and praedicarc
is found only rarely. H.I. Marron is exactly precise in his remark, op. cil., 638 :
" Seule l'loquence est plus particulirement rsen-e l'f~glise enseignante, mais
le 1. IV traite, en plus de l'homiltique, de tout le problme de l'expression .littraire ", with references to his O"wn pp. 506-507. Indeed, as Augustine says, he is
concerned with discourse and eloquence in all forms and occasions, inclurling conversation and the apostolate of the pen.
99. See, on Book Four in general, H.-I. MARROU, op. cil., 505-540, "L'~loquence
Chrtienne ". On the conflict throughout classical education behveen rhetoric and
philosophy, see H. von AR:"<"BI, Leben und Werke des Dio von Prusa. Nlit einer Ein-
II8
E. KEVANE
of the Scriptures, their lack of Ciceronian polish100 . At the tiine Manicheism attracted him with its promise of all knowledge and all wisdom by
means of a purely rational exegesis of the Bible. Gradually he became
disillusioned with the sect, however, and when he broke with it at last,
the Bible was directly involved. For he abandoned Manicheism by means
of the first principle of his Catholic exegesis, the discoyery of the fact that
the Bible is one inspired whole, that the Roly Spirit is the author of both
of the Testaments that have wrought a wonderful, divinely-planned
succession into the panorama of human history101 . He began forthwith a
series of exegetical works designed to defend the Scriptures against the
Manicheans, bringing three factors to bear : the lucid fondamental philosophical thinking, missing in Manicheism, of his new Christianized use of
reason, or " Christian philosophy " ; the sound exegesis which sees the
Scriptures from within the faith and the authority of the Catholic
Church 102 ; and his own vast learning and culture, his unrivalled possession
of the educational and cultural heritage of civilization. Augustine used
all three as one instrument to achieve one purpose : a pastoral care that
saw the indispensable role of religions truth in the salvation of souls.
The De doctrina christiana stands squarely among these biblical treatises
and exegetical works, primarily directed against lVIanicheism, that characterize the first decade of his Catholic life, and which actually form a
somewhat neglected, although vitally significant phase and expression of
his conversion103 . As a result of this cleep and passionate interest in the
Bible and his declication to the exposition of Catholic truth in its regard,
Augustine achievecl a unique place in the history of biblical exegesis and
roo. See Confessions III 5 (9) ; John K. Rv.1.x (transi.), Thi! Confessions of St.
Aur;ustine, New York 1960, 82 : "\Vhen I first turnecl to that Scripture, I dicl not
feel towards it as I am speaking now, but it seemed to me unworthy of comparision
with Cicero's writings. 1\Iy swelling pride turned away from its humhle style ... "
ror. See Julien RIES, La Bible che:: Saint Augusjin et chez les ]l,Janichhns, III :
Orientations actuelles de la recherche, in Revue des Etudes A ugustinienncs, ro ( r96-t),
318: " Ds l'instant de sa rupture ayec le manichisme Augustin croit que la Bible
est un tout ".
ro2. See his famous statement, written about A.D. 396, in Contra Epis!. qnam
vacant Fundanienti : Ego vcio evangdio non credernn, nisi 111c catllolicac ecc!tsiae
commoveret auctoritas ". (P.L. 42, 176).
ro3. This has been studied in the excellent articles by Julien Rms, op. cil., in
Revue des tudes Augustiniennes, 7 (1961), 23r-243; 9 (r963), 2or-2r5; and IO (r96.f),
309-329. This perspecti\-e leacls to a new and broader Yiew of Augustine's conyersion.
It was not the naturalistic " Yolution intellectuelle " that Alfaric imagined, but a
genuine -vvork of Gocl by the light of faith, as Boyer smv. At the same time, it was a
two-fold learning process on Augustine's part, and the De doclrina chrisliana reflects
them both. The first was the study of the Bible, reflected in his exegetical \nitings
that have been analyzed in recent decades alioye ail by Pincherle ; and the second
\vas Augustine's study of the tradition of the Church, \Yhich it has been the merit
of Altaner to analyze as a particular ohject of research,
II9
ro4. In addition to Ries' research citecl in the preceding note, see G. :\IoRD:
(ed.) 1fiscel!anea Agostiniana, Vol. II, Stu.di Ap;ostiniani, Rome 1931, termed by
Rrns (op. cil., 9 (1963), zrn), "l'ounage monumental et le plus utile ... Une Yritable
mine des questions exgtiques augustiniennes ". For Augustine's exegesis in particular, see Maurice PoxTE'f, L'exgse de saint Augustin pJ'dicateur, Paris 1945 ;
:\I. Co:m:Ar, Saint Augustin e;rgte du Il' mngile, Paris 1930 ; and in gcneral,
Lope CII,T.ERUIU,o, San A r;ustin y la Hib/ia, in Balhino :\L\RTIX (ed.), Obras de San
A gustin, l\Iadrid 1957, Vol. XV, 3-46.
105. :\I.J. LAGRAXGE, Les Rr'tractations ext'gtiques de saint Aug11sti11, in G. M01ux
Studi A gostiniani, Roma r93 r, 394106. See for example the detailed study of these correspo11c1e11ce, with parallel
colunms and charts, in Ioseplrns Zi:;JK, De S. Aureli Aup;ustini praecept.is rhetoricis.
\nclobonae 1898, esp. rn5-rn6; Thrse FRAXCF.Y, J,es ides littraires des. Augustin
dans le" De doctrina christiana ", Saarbriicken 1920, esp. Ch. II, 22-4r, "L'apport
de Cicron et de Quintilien dans le " Doctrina christiana " ; and J oseplrns DF.r, Tox,
De loqitendi genere grandi sancti Au gi1sti11i, in Latini tas l l ( i 963), 245-254. For Marron's opposition, admitted by himself to he somewhat polemical, to the many
anthors who st\1dy these corresponcknces, see op. cil., 519ff., esp. note 2, p. 521,
E. KEVANE
IZO
book on rhetoric, for Augustine himself says so explicitly107 . The solution to this problem appears to lie in the fact that Cicero's works, in
particular the Orator which Augustine is using quite visibly as his model,
are likewise not textbooks on rhetoric. They are elevated philosophical
discussions of education as a whole, of the educational principles and
ideals that express the Classical culture at its best and in its highest
aspiration. This becomes clear in his many passages on eloquentia as a
complete ideal of humanity and as a fully-developed paideia or approach
in education for perfected manhood108 . It seems correct to say, therefore,
with J. Oroz109 and lVIandouze110 , that the De doctrina christiana is not
a " Christian rhetoric " in the sense of an " exaggerated classicism ". But
it is a " Christian rhetoric " when rhetoric is taken in its hroader Ciceronian sense as a complete paideia, a fully developed theory and practice
of humanism in education. Seen in this perspective, the De doctrina
christiana is the fulfilllment of the rhetorical and philosophical ideals of
classical education, rather than a " revolutionary " departure from them,
as Marron would have it111 .
ro7. See 4, r, 2 : " In the first place, I wish by these prefatory ''ords to preclude
any false expectations on the part of my readers, who might perhaps think that I am
going to present the precepts of the science of rhetoric that I learned and taught
in the secular schools. I admonish that no such treatise on rhetoric be expecterl of
1ne
1
'.
ro8. See CICERO, De inventione I, 4, 5-5, 7 (Rhetoric, the culture of the "ord of
lrnman communication, is the secret of man's conquest of ci dlization) ; Brutus 7,
26-29 (Epquentia is the full y educated condition or state. that giYes ciyic leadership
and the happy life) ; De oratore I, 6, 20-23 (the orator must haYe uniyersal knowledge
and education) ; I, il, 34 ; I, 13, 59 (the orator is defined by his ability de omnibus
rebus copiosr dicere) ; I, 16, 72 (perpolitus omnibus artibus) ; II, l, 5 (the fully-educate(1
orator possesses all wisdom as well as the techniques of eloquence) ; II, ro, 40 (the
orator cannot be a mere specialist) ; II, 36, 153 (rhetorical education promises et
bene vivendi et copiose dicendi rationenz) ; III, 14, 54-55 (elucation without Yirtue is
the arming of madmen); III, 16, 60-61; III, 32, 126-131 (the ideal of universal learning) ; III, 35, 142-143 (the Yision of a complete elucation, philosophical anl rhetorical at the same time).
ro9. See Jos ROZ, El 'De doctrina c1z1,istiana ' o la retrica cristiana, in Estudios
Clcisicos, 3 (1955-1956), 452-459.
r ro. See Andr l\1AXDOUZE, S. Aul{itstin ou le rhteur canonis, in Bulletin de
!'Association Guillaume Bud (1955), 37-41.
III. See H.-I. l\fARROU, op. cit., 514-531, on Augustine's new Christian approach
to eloquence. l\Iarrou notes that Augustine resenes a certain place for the study
of rhetoric as in the schools of the past on his plan of the curriculum, but only for
young people, adulescentuli. " But, and this seems to me a Yery important point,
this formation is not indispensable, anl Augustine refuses to impose it on al! Christian intellectuals. For he conceiyes another way of acqniring the power of eloquence ...
Such, briefly, is Augustine's position. It is expressed with perfect clarity in his texts.
I am not sure, however, that its truc significance has been appreciated up to this
point. Augustine's position, I would say, is lefinitely revolutionary, nettement rvolutionnaire, and represents a remarkable innoYation in the history of culturP. Very
modern in its inspiration, it breaks with a centuries-long tradition ... " (515) It seerns,
however, that Marron does not consider sufficiently the practical pastoral purpose
that Augustine harl in mind when he drew up this guide for Christian elucation. He
IZI
E. KEVA:VE
I22
the root meaning and the first meaning, and hence the field of education,
as if there can be a Christian culture for persons on a purely individual
basis, without the dynamic social agency of Christian teaching, Christian
schools and schooling, to shape and to form, in the active sense of paideia,
this Christian culture of human persons. By way of exception, an<l in
the case of a genius like Augustine, indeed ; but Augustine himself again
seems to have had something quite different in mincl.
"DoarRINA "
The solution to this problem is contained in two considerations : the
worcl doctrina, whch Augustine personally chose, vdth all deliberateness,
as the title of his work115 ; and the manner in which this word expresses
accurately the full content and visible formal object of the four books of
the De doctrina christiana consiclered as a whole116 .
The word doctrina derives from doctor, and this in turn of course from
docere, the active process of teaching. The original meaning is the active
one of teaching and instructing, the living activity of the teacher in the
classroom117 . " Action, activity and eYent are indicated ... in the forTHE lVIEANING OF THE \VoRD
rr5. \on/ra Fa11stu111 22, 91 ; I'.L. 42, 461 : in quibusdam libris quod De doctrina
christiana paenolai'i ... See Christine :i\IoHrnIA:-<:-<, Ji.tu des sur fr Latin des Chrtiens,
Rome 196r, Vol. I, 358 "Dr doctrina christiana, his, for us, somewhat misleading
title ".One can think, hmve\er, that it need not be misleading at all, but quite precisely informatfre concerning the nature and purpose of his treatise.
I r6. It is of course impossible to understand Augustine's mind and intention in
this \York \vhen its books are Yie\\'ed in separation and eyen isolation, as if Book I
were a" Summary of Theology ", Book II to be forgotten, Book III a "Hermeneutics ", and Book IV " the first manual of Christian rhetoric ", as Sister Thrse
Sullfran tenus it in her separate edition, S. A urrlii A ugustini De doclrina ch1'istiana
liber quartus, \Vashington 1930, "Preface ", p. II. Such approaches oyerlook the
masterful and brilliantly unified plan of composition that Augustine hnrl in mim1
for the work as a \\hole, am1 can be omitted here.
117. See Lmns and SHORT,_.../ Latin Dicti'.o11a1'y, Oxford 1879, 1958, 605; doctrina,
from doclo1', meaning " teaching, instruction " ; transferred sense, objecth-ely, " the
knowledge imparted by teaching, i.e., science, erm1ition, learning " ; sul)jectkely,
" the habit produced by instruction ". Also Kendig BRFBAKER Ct:LLY (ed.), The
Westminster Dictionarv of Christian Education, Philadelphia 1963, 209 : " The word
' doctrine ' is deri\ed from the Latin doctrina, with which the Vulgate inyariahly
translated didache and didaskalia, each of which bore the hrnfol meaning of the
act or actfrity of teaching and of what is tanght. In ecclesiastical usage, ' doctrine '
has retained these two meanings. On the one hand, it means teaching, instruction,
and edification ; on the other, the teachings of God's \\'ord or fo the Church ''.
On didachr, see Gerhard Kr'fl'EL (ed.) Theologtsches TYorterbuch zum Neuen Testament,
Stuttgart 1035. 166-167; Jean-Paul AFDE'l', La Didache: Instructions des Aptres,
Paris 1958,chap. 4, 91-103, " Le titre "; and Walter BAl:ER, Grifchisch-Drutsches
li' ortcrlmch 'Ll den Schriften des N euen Testaments und der brigen urchristlichen
Literatur, Berlin r95tl, didache, col. 381-'.2 " r. Akt der Unterv;eisung, des Unterrichts (Plato, Phaedr. 275A; r Cor. T 4, 6; 2 Tit. 4, 2; Mark 4, 2 and l 2, 38). 2. Pass.,
die (durch UntenYeisung yermittelte) Lehre ... " And ERXOU'f-MEIU,E'r, Diction11airr
Etymologique de la Langue Latine, Paris 1959, rSo : Docerc is the equivalent of the
cluster of Creek \\ords around and behind didache ; its <1erhatiYes include doctnr,
" the one \Yho te aches ", and r!octrina : teaching, knowledge. and culture th us ac<]Uired. Aud attention is drawn to the parallel, tondrrr, tonsor, and lonstrina, the
operntion, work, or aC'ti\ity thcreof.
123
Christian Education" is more comprehenshe, including Jearning as well, and emphasizing eyen hetter the actiYe sense of doctrina, the classical concept of paideia as a
lrnmanizing, a shaping unto perfection, of the whole person. So too \\' ebster :
teaching is " the act of profession of instructing ; also that wihch is taught " ;
edncation is " the act or process of educating ; discipline of mind or character
through study or instruction ". It is important to preserye a scholarly approach in
the matter, choosing the English word that com-eys best the rneaning Augustine
himself had in mind when he selected the word doctrina. for his title. The present
shonld not be read back into the past, nor should nntipathy to Catholic edncntion
tor1ay be allowed to play a rolc in the matter.
124
E. KEVANE
Tr:ST.\RD,
125
the Greek paideia ; and it is the meaning of the English word '' education '',
at least apart from the recent aberration of wachsen-lassen associated
with the Rousseau-Dewey approach. In qua [scil. eloquentia], Cicero
says again, quia 7'is magna est in honiinum ingeniis, eo multi etiam sine
This is
doctrina aliquid omnium generum atque artium consequunturl 2 6.
the same contrast, recurring constantly in Cicero, between ingenium or
natura as given, and doctrina, the educational process that shapes and
forms the naturally given. So too : Habebat hoc a natitra ipsa, quod a
doctrina non facile posset127 . Again the sharp contrast of natura and
doctrina, putting the latter word on a par with paideia in the Greek language, and denoting human cultivation, per artes et praecepta, of human
nature as given. Quam scientiam V arro noster acceptam ab illo auctamque
per sese, vir ingenio praestans omnique doctrina, pluribus et illustrioribus
literis explicavit128 . Doctrina is a humanizing paideia, an educational
process adcled to the natural endowment of talent.
The meaning of doctrina emerges clearly from another direction when
it is used to denote the process of schooling, as such, which youngsters
receive. Repetamque, Cicero writes, non ab incunabulis nostrae veteris
puerilisque doctrinae quemdam ordinem praeceptorum, sed ea, etc129 . Here
he uses doctrina explicitly to denote the process of education received in
his boyhood and youth, with its textbooks and praecepta. Cicero states
that his De oratore is not intended to furnish a guide for stuclying rhetoric
and its rules in the classrooms of a school. The relevance to St. Augustine's De doctrina christiana, with its avowed purpose of laying down
praecepta quaedam, is clear. Again : Opinio fuit, L. Crassum non plus
attigisse doctrinae, quam quantum prima illa puerili institutione potuisset130 .
Doctrina means " early education ", in the precise sense of the Greek
paideia. Frequently doctrina means simply " formal education " as such
and as a whole : Neque enim apud homines res est ulla difficilior [quam
126. De oratore 2, 9, 38 ; see also De oratore 2, 29, J 26 : .4 dmirari soleo, quod, cum
inter vos in dicendo dissimlimi sitis, da !amen uterque 1estrum dicat, ut ei nihil
nequc a natura dencr;atwm neque a doctrina non delatu111 esse videatur, where doctrina
is usetl with the meaning of the Greek paideia.
127- Brutus 29, 112.
128. Brutus 56, 205. Cicero says the same of Pompey, Brutus 6S, 240: Q. Pompeius
sumnzo studio dicendi multaque doctrina, incredibili lahore atque industria.
129. CICERO, De oratore I, 6, 23.
130. De oratorc 2, r, r. See also De oratore 2, 25, 109: Deinde genere ipso doctrinam
redolet n:ercitationemque paene puerilcm ; De oratorc 3, 9, 38 : traditur littcris doctrinaque puerili ; De oratore 3, 3I, 48 : praetereamus if;ur praecepta Latine loquendi, quae
pucrilis doctrina tradit; De oratore 3, 31, 125. Sit modo is qui dicet aut scribe! institutus
liberaliter cducatione doctrinaque puerili et /lagret studio et a naturn adiuvetur. This is
one of the rare instances where Cicero uses educatio, \Yhich ordinarily means in classical Latin the nourishment of biological life in the home and at the hauc1s of the mother.
See Bnilus 58, 2 l I for the Gracchi, non ta111 in grnnio educatos quam in sermone matris.
But there is no hint of the confusion, common in the pedagogy of today, between
" nurture " ancl paleia or doctrin<1 ; the latter llenote a formational process that
proceec1s per artes d prnecepta.
l 2(!
cloqucntia] neque maior ncquc quae plnra adiumenta doctrinae desideret 131 .
Finally, says Cicero, Erant multi qui ... nos incensos studio dicendi a doctrina
deterrerent 132 .
One can go further. There seem to be concrete instances where Cicero
uses doctrina as the translation of the word paideia, frequently in his mind
and in the Greek texts he uses when composing his own works. Nain
vetus quidem illa doctrina, he writes, eadeni videtur et recte f acndi et bene
dicendi magistra, neque disiitncti doctores sed eideni erant vivendi praeceptores
atque dicendi 133 . Here he is discussing the Greek educational system of
pre-Socratic times, prior to the separation of philosophy and rhetoric :
this is simply the paideia of the Greeks, rendered by the word doctrina. So
too concerning Cato : Quid enim lvf. Catoni praeter liane politissimam
doctrinam transinarinam atque adventitiam defuit 134 ? This educational
process with its resultant humanizing polish and perfection coming from
across the sea is nothing other than the Greek paideia, and the word is
translated into Latin by doctrina. ~Veque enim ignora, et quae bona sint
[dona naturae], jieri meliora passe doctrina, et qiiae non optima, aliquo
modo acui ta1nen et corrigi possc135 . Again doctrina is used for the precise
concept expressed by the Greek paideia, " education " as a developmental
and humanizing process added by men to human nature as given. Speaking of Athens, Cicero mentions the itberrimas artes qu.ae... arcessivisti
ex urbe ea quae domus est semper habita doctrinae 136 . Seen in the light of
Jaeger's study of paideia, it seems clear that Cicero is using doctrina as
the direct translation of that richly comprehensive Greek term for education and culture. Quani ob reni recte vides, Catule, Cicero says in a
fitting conclusion for this survey of his usage of doctrina, nihil enim isti
131 De oratore 3, 22, 84. For the same use of doct1 ina to deuote "formai cducatiou"
as snch, see Oral or 42, 143 : ,J tque haud scia an pleriquc nostrorum orntor11111 ingenio
plus valuerit qua111 doctrina. \Yhere doctrina is simply paideia, the process and result
of education as a whole, as distinct from natural ahility. See also Orator 48, r6r.
c\.nd De oratore z, 54, 2 18, "herc Caesar, discussing hnmor, uses doctrina sin1ply to
mean paideia, the process of education as a whok ; Quare miki quidcm nu/Io modo
;;idetar doclrina ista res passe Ira di. See also Orator 3, r 3 ; 5, 1 7 ; De oratore r, r, 6 ;
r, r 6, 75 ; r, r 7, 79 ; 2, 39, r 62 (\\here doctrina is the acti\c process of educational
formation that uses the arles Zibera/es as its instruments).
132. De oratorc 2, l r ; St. Augustine may well han had this passage of Cicero in
mind \Yheu \\Tting the Prooemium for his De doctrina christiana.
133. De oratorc 3, 15, 57.
1 3+. De oratore 3, 33, r 35 ; see also De oratorE 3, 5, 2 r, \Yhere doctrina is synonymons
\Yith paideia also in this, that it is a unified educational process that gathers the
hranches of knm\'ledge into a single \Yisdom. And De oratore 2, 3, r r, a succinct summary of the field and process of education as a wl10le, parallel to Brutus 6, 22. Doctrina
stands for paideia, the objective educational entity that de,elops ingeniinn by means
of its Yarions scholastic exercitatioues und procedures. Like\Yise De oratore r, 32, r45,
where doctrina denotes education us sucl1, with ull its teaching and artcs and prneccpta and exercitationcs. This again is the reality termed paideia by the Greeks.
135. De oratore r, 25, lr5.
136. Brutus 97, 332.
r~oeb
E. J<EVANE
128
Co~cr.us10:\'
129
set of pedagogical instruments and curricular content the Sacred Scriptures primarily, and with them certain works of the Fathers. It centers
the actual practice of teaching upon the Bible, which replaces Homer and
the literature of the Graeco-Roman paideia and doctrina. This places
before the students a new paradigm of human perfection, Christ the Lord,
with an entire new set of Christian models and examples, as well as principles and ideals. Thus there is ncit only a new doctrine, the content of
the faith summarized in Book I, but also a new doctrina, a new active
educatioi:J.al dynamism, formative as a paideia in the Christian sense14s.
This transforms the ancient paganism and transvalues its classical humanism, the paideia and the doctrina of the civilization that is ending, and
establishes the new Christian humanism in education to which the future
belongs149 .
is not a practical guide, in this sense, for teachers : Jllud tamen quod iani ante diximus
meminerimus, nihil nos praecipiendi causa esse dicturos atque ita potius acturos ut
existimatores videamur loqui, non rnagistri.(Orator 3r, II2). Augustine states explicitly
that his intention is precisely the opposite : his treatise will explain " certain rules,
praecepta, for teaching the Scriptures ". (Preface, r.) Unlike Cicero, who wants to
appear as a critic rather than a teacher, Augustine affirms his explicitly educational
intention at the outset.
148. See Book 4, 6, 9, 4, 7, 21 ; 4, 14, 3r. The Bible, \vith its stilus vcnerabilis, is
the prototype of al! these literary and educational qualities, 4, 6, 10. A fruitful
comparative analysis of Augustine's other writings on education vdth his comprehensive ex professa treatise, the De doctrina clwistiana, can be made, but it would go
far beyond the scope of the present study. See De civitate Dei XI, cc. 2-3, where Augustine states succinctly his master plan for the Christian education of youth. The
entire De ordine relates to the De doctrina christiana, which is in a true sense simply
the full development of the principles contained in the earlier treatise. See also
Confessions, Book I-III ; De vera religione 24, 45-40, 74 ; De magistro ; De quantitate
animae ; and the discussions of science and \Ysdom on his De Trinitate, Books XII,
XIII and XIV.
149. The Christian hmnanism of St. Augustine is a large topic in its own right,
and a discussion of it wonld transcend present limits. The humanistic implications
of the De doctrina christiana are apparent from the moment that it is seen in the
perspective of the classical Graeco-Roman paideia, the humanizing process or
" humanism " that fonns the proper content, activity, and purpose of schools and
schooling. Augustine's treatise is a program for Christian humanism in the sense that
is proper to education, the process of development and formation toward an ideal
of human perfection. This is the Christian purpose of education clarified in Book I,
and achieved by the Christianized means of the propaideia established in Book II
and the Biblical paidcia of Book III. From the beginning of his thought and planning
in the Dialogues of Cassiciacmn, furthermore, to the end in Book IV and in the
Retractationes, Augustine's humanism in education possesses, despite all development,
explicitation and ripening, an abidingly eonsistent Christian character and authenticity. Education is never conceived in the Pelagian sense as man's " grace " unto
himself and his own self-achieved renewal and salvation. It is fundamentally wrong
to <livide Augustine's life as a Christian into two opposed periods, the first a "philosophical " one characterized by a special kind of " good " humanism that some call
" secular " and others " Christian ", and the second an "ecclesiastical" one in his
years as pricst and bishop, characterized by a ncw, different and Jess praiseworthy
humanism. These misconceptions have their roots in a more fundamental misreading
of his \vorks in relationship to his conversion. For one example of this exaggeratecl
IJO
li. KEVANE
Thus the four books of the De doctrina christiana reflect a unified plan
of composition, strongly consistent and brilliantly lucid, Augustine's
exposition of his program for Christian education150 . Doctrina means
didsion of Augustinc's thought into opposed" philosophical" and" ecclesiastical"
periods and humanisms, sec the othen.-ise meritorious work of Franz Georg nIAnm,
Augustin und das anti!?r Rom, Stuttgart 1955, 213, construeting a development from
" Christian Humanism" of the " philosophical period "into " die christliche Intransigenz" of the later period. See in general 208-214, " Das Romproblem als Problem
des christlichen Humanismus ", \Yhich appears to miss entirely \Yhat Da\\"son calls
" The Historie Reality of Christian Culture ". This equating of " Christian Humanism " with the secular lmmanism of the classical past, supposecUy represented hy a
" philosophical period " in Augustine's work, emasculates the De doctrina christiana
and indeed the entire Patristic Age in its gradua! development of a Christian solution
for the problems of paideia, education and culture ; and it sets the stage for a fundamental misunderstanding of the Christian Era as a whole, from the Fathers through
the schools and universities of Christendom that applied and developed the Patristic
philosophy of culture, to the contemporary Church embattled in the deep waters of a
resurgent secularism and atheism. The truth of the matter is quite different : Augustine's Christian Humanism is the same in his De ordinc written as a Catholic layman as
it is in his De doctrina christiana. His conversion was a con,ersion to the Catholic
faith, not to philosophy in the secularized sense. Erich Dr:<iKr;1m strikes the heart of
the matter accurately in his work, Die Anthropologie A ugustius, Stuttgart 1934,
50-59 : " Augustins \Vissenschaftsbegriff ". " Die Wissenschaft ", he points out,
"ist eingegliedert in das religise Le ben. Sie hat kein Eigenwert ". (5r) And he cites
De doctrina christiana II, 7, 9ff. The whole of human life is under the authority of
the Bible and in its service, as the fulfillment of the Great Commandment. But this
is exactly the Christian humanism of his writings as a layman, in the so-called " philosophical period " : " Das winl schon De ordine II, 9, 26: De nwsica V, 5, ro; De
Mor. eccl., r, 2, 3, gefordert ".(Ibid.)
150. It is one thing, of course, to draw up a philosophical plan for the Christian
education of youth and a program for a Christianized order of studies ; it is quite
another thing to organize and operate the scholastic institutions \Yhich put the program into actual operation. Considerable research has been done on the question
whether there were Catholic schools in the Patristic Age ; it would go beyond the
present scope to detail the matter here. See I{ugene KEV.\XE, Augustine the Educator,
\Vestminster, nfaryland 1964, 388 for the references to the work of Gustave Ilardy
on the point, and H.-I. M.umOl', Saint Augustin i't la fin de la c1tlt1tre antique, Paris
r958, 39+-401, for !lis opposition " la thse formule par Bardy ". Marron holds
that the Fathers of the Clrnrch stood on principle for retaining " toute la tradition
des coles paennes " for the formation of the Christian intelligence. Then, " une
fois deye1iu un homme cultiY ",the intelligence can enter upon its Christian acti\ity,
utilizing what it finds serviceable for nnderstanding Scripture and for the progress
of the soul to\Yard perfection. (394-395) " No properly Christian education \Yas
foreseen (by the Fathers), no teaching or plan of studies alrcady inspired by Christianity, ordained in advance to that Christian culture which such an education should
prepare ". (395) But this seems to be an Ull\Yarranted transposition from the d.:
jacta social situation of the Barly Church to the order of Christian principles in the
matter. It seems, furthermore, to be in open contradiction \Yith the known facts
about Patristic thinking on the matter, clearly Yisible in hoth St. Jerome and St.
Augustine. In fact, Marron himself seems to find Book II of De doctrina christiana
embarrassing for his extremism in the matter. (See 398) In the real crux of the question, he misses the catharsis of the artes by the Christian philosophy of God and the
soul (407) ; Eggersdorfer's insight on this Yital point is more accurate and comphensive. In short, Catholic schools had to be concei ved mentally before the y could be
built physically in order to exist as institutions that historians eau document and
IJI
simply paideia in the comprehensive sense understood by classical antiquity. Doctrina christiana denotes an educational approach large enough
to admit into its content and its procedures the entire natural and supernatural heritage of mankind. If as a result of Werner Jaeger's work the
word " paideia ", preserving its full original meaning, were to corne into
the English language, one would translate De doctrina christiana as " On
Christian Paideia ". As it is, the most valid and expressive word we
have is " education ", taken in its comprehensive and actiYe sense of
both instruction and formation : " On Christian Education ".
And since the Bible is the literature of the People of God, corresponding
to the merely human literatures of the natural peoples that they use in
fonning their youth to their cultural yalues and ideals, it is rightly taken
as the chief instrument of this education, as Augustine saw, replacing
Homer, Vergil and the auctores at the core of the curriculum and at the
center of the educator's intererest. When this intention to plan and
program an education under Christian auspices is properly considered,
together with the practical measures regarding the Bible that follow as
a logical consequence, a certain conciliation of the varions contrasting
views of the De doctrina christiana becomes possible. It is indeed " the
charter of Christian culture ", as l\farrou sees it but not merely because
it reflects Augustine's view of culture, or his personal acquisition of culture
as a Christian convert and intellectual: it is this charter primarily because
it programs the social process of Christian education which alone is the
adequate cause of Christian culture, whether for persons on any general
scale, or for society in the sense of the Christendom yet to be formed.
And a hermeneutics, a handbook for preachers, the first textbook of
exegesis ? It is all of these in a sense, and bears some of their marks,
because it launched all of these upon their development in the Western
and Christian civilization to corne, and where they stand now fully
elaborated. But the De doctrina christiana is not any one of them as
the y ha ye corne to exist after the processes and experiences of the Christian Era. A " Christian rhetoric " ? In the sense that " rhetoric " denoted
escribe. The fact that the Church of the Martyrs and the Fathers clicl not and coule!
not commancl the social resources for the institutionalization inyo]yecl should not leacl
to illogical conclusions on the principles inYolYed. These principles can indeed be
documented. The De doctrina christiana is one of the most fully developecl I'atristic
documents in the matter, and one 'diich guided a certain incipient institutional
practice of Christian education e\en in Augustine's lifetime. To admit that Augustine
laid out a practical philosophy of the curriculum, as :Marron does (39-1) (as Eggersdorfer, \Viihr, Bolgar and many other scholars haye seen without puzzling inhibitions
in the matter) and yet to deny or studiously to a\oicl any corresponcling edncational
proccss, seems some\Yhat inconsistent and e\en implausible when teachers and
schoolmen are known at first hancl. See Otto \VILOL\XX, The Science of Education,
J,atrobe, Penn. 1930, Vol. I, ch. 17, 191-HJ5, "The Early Christian School System".
Perhaps the most balancerl suney of the question \vhethcr there were Catholic
schools in l'atristie times is that of \Villiam lLrncr,.\ Y, Educatioual Jdeals in the
,1 ncient Wol'ld, London r9yJ, 238-25 1.
132
E. KEVANE
r33
156. See Karl JASPERS, The Origin and Goal of Histnrv, London 1953, 25-26. The
new comparative study of chilizations, the result of the exploration of the world by
Europeans in modern times, and organized into a ne\Y discipline and brunch of learning during the last fifty years or so, throws new light on St. Augustine's De doctrina
clwistiana. This makes it possible to see its nature more clearly and to understand its
purpose more comprehensiyely.
157. " The Genius of the \\'est "
the title of the percepthe study by Erwin
Roderich Yon KIENI'fz, .J ugustinits : Gcnius des A brndlande, \Vuppertal r947.
L'loge de Thodose
dans la Cit de Dieu (V, 26, 1)
Sa place, son sens et ses sources
Y.-M. DUVAL
I36
I. -
L'LOGE DE THODOSE
137
trs bien qu'un repre ait t introduit cet endroit 5 , car le dveloppement
prend brusquement une direction nouvelle. Le nom de Thodose est en
effet introduit, de faon incidente, comme celui du vengeur de Gratien.
Mais seule la mort malheureuse de ce dernier avait quelque rapport avec
l'argument dvelopp dans ce chapitre6.
Augustin est en train de montrer que la diversit des rgnes des empereurs chrtiens rvle, la fois, que les biens temporels ne sont pas refuss
celui qui honore le vrai Dieu 1' exclusion des dmons - qui seraient
seuls capables, selon les paens, de procurer le bonheur sur cette terre 7 - et
qu'il ne faut pas se convertir au vrai Dieu pour des motifs temporels 8 :
aprs avoir combl de biens Constantin, Dieu n'accorde Jovien qu'un
rgne trs court, et Il laisse assassiner Gratien par un tyran. On pourrait
s'attendre ce que cette revue des empereurs chrtiens et de leurs rgnes,
5. Sur ce point, voir H.-I. l\'1ARROU, La division en chapitres des liires de la Cit
de Dieu, in lvl langes de Ghellinck, I, Gembloux, 1951, pp. 235-249.
6. Voici la fin du ch. 25 et le dbut du ch. 26 (BA n 33, p. 752, l. 19- p. 754, l. ro) :
Gratianum ferro tyrannico permisit (Deus) interimi, longe quidem mitius quam
Magnum Pompeium colentem velut Romanos deos. Nam ille Yindicari a Catone non
potuit, quem civilis belli quodam modo heredem reliquerat ; iste (Gratianus) autem,
qumnyis piae animae solacia talia non requirant, a Theodosia yindicatus est, quem
regni participem fecerat, cum pan-ulum haheret fratrem, avidior fidae societatis
quam nimiae potestatis. (ch. 26) Unde et ille non solum Yivo seryavit quam dehehat
fidem, yerum etiam post ejus mortem pulsum ah ejus interfectore 1faximo Valentinianum ejus pan-ulum fratrem in sui partes imperii tamquam Christianus excepit
pupillum ... Nous reviendrons dans la seconde partie sur les sources des informations
historiques concernant Thodose (cf. p. 144-168). Est-ce cause de sa felicilas, tant
yante par Cicron, que Pompe est ici nomm aYec quelque ironie ? (cf. de imp.
Cn. Pomp. r6, 47 sq., avec la mention du fait que, comme Thodose bientt, mme
les vents lui obissent ~ 48).
7. Ci. Dei, V, 25 (p. 752, 1. l-7) : ,. Nam bonus Deus, ne homines, qui eum crederunt
propter aeternam Yitam colendum, has sublinlates et regna terrena existima1'ent
passe neminnn consequi nisi daeinoni bus supplice!, quod hi spiritus in talibus vale1ent,
Constantinum imperatorem non supplicantem daemonibus, sed ipsum verum Deum
colentem tantis terrenis implevit munerihus quanta optare nullus auderet ...
L'essentiel de l'argumentation a t mis en italique. Sur le portrait de Constantin
qui vient ensuite (l. 8-r5), Yoir la note de G. BARDY, p. 752, n. I.
8. Civ. Dei, V, 25 (p. 752, l. 15-19) : Secl rursus ne imperator quisqnam ideo
Christi anus esset, ut felicitatem Constantini mereretur, cum propter vitam aeternam
quisque deheat esse Christi anus, J odanum mnlto citius quam Julianum abstulit ;
Gratianum ferro tyrannico permisit interimi... >) (suite du texte cite supra, 11. 6).
Jovien est mort brusquement 33 ans, au dbut de 364, aprs huit mois de rgne
peine. La cause immdiate de sa mort ? : indigestion on asphyxie par un brasro
(cf. Jrme, Chronique, ad ann. 364 ou Ep. 60, r5 JUliodo1e, d. J. LABOUR'.!', Belles
Lettres, Paris, t. III, p. 105, 1. 16-17 ; Ammien l\farcellin, Res gestae XXV, ro, 13,
dit. ROLFE, II, p. 562. Julien, au temps de son sjour Lutce, a\-ait failli tre
asphyxi de la mme faon : Misopogon 341 D-342 A, dit. C. LACOilIBRADE, Belles
Lettres, Paris 1964. p. 162). Rufin (Hist. Eccl., II, r fin, PL 21, c. 508C) ne parle
pas de la cause de sa mort, mais Jovien est un empereur chrtien, orthodoxe, ce qui
ne va pas sans quelque exagration. Cf."' PrG,\XlOL, op. cil., pp. 147-8 et le point
de vue arien chez Philostorge, VIII, 6, GCS 2r, dit. J. BIDEZ, p. 107), qui, au sujet
de la mort de Jovien (VIII, 8 ; p. 108, 1. 20 sq.), n'a aucunement l'attitude qu'il
aura pour celle de Thof1ose (ef. infra, n. 33 ad finem).
Y.-M. DUVAL
***
En ralit, ces dernires lignes forment galement la conclusion des
cinq premiers livres de la Cit de Dieu, tout entiers centrs sur la question
du bonheur ici-bas 12 . Le problme pos par le vrai bonheur des empereurs
chrtiens (ch. 24) et leur sort diffrent sur cette terre (ch. 25) ne font
qu'illustrer une parole vanglique qui forme la trame de ces cinq premiers
livres : <<Dieu fait lever chaque jour son soleil sur les bons et les mchants)>
(Mat. 5, 45). Dieu accorde ses bienfaits temporels, sur cette terre,
n'importe qui, sans y attacher une marque de sa faveur. Le verset, cit
ds les premires pages du livre I, est rpt ou rappel cinq ou six
reprises, en rponse la thologie paenne de la rtribution qui ne voit
clans le culte des dieux que le moyen de se procurer le bonheur sur cette
terre 13 .
Tout l'effort de l'auteur de la Cit de Dieu au long de ces premiers livres
a consist, en maintenant avec toute son poque que 1' essentiel pour
9. Nous montrerons dans notre deuxime partie que l'~loge lui-mme (V, 26, r)
exploite les mmes thmes. (Voir aussi n. 33).
ro. Cf. supra, p. 137 et n. 6.
II. Ciu. Dei, V, 26, 1 fin (p. 758, 1. 16 sq.)
"Haec ille (Theodosius) secum et
si qua simila (quae con1111emorare longum est) hona opera tulit ex isto temporali
vapore cujuslibet culminis et sublimitatis hmnanae ; quorum operum merces est
aeterna /chcitas, cujus dator est Deus solis yeraciter piis. Cetera yero \'tae hujus
Yel fastigia yel subsidia, sieut ipsum mundum, lucem, auras, terras, aquas, fructus
ipsiusque hominis animam, corpus, mentcm, ,-itam, bonis malisque largitur ; in
quibus est etiam quaelibet imperii magnitm1o, quam pro temporum gubernatione
dispensat . ~nr bonis mahsque, yoir n. 13 ; sur l'ensemble c1e ce texte, ,-oir, n. 35
et 36.
12. Cf. Ep. Filmus (dit. dom L\MBOT, in Rc11, Bi'n, 5r (1939), pp. rr2-rr3
reprise dans BA n 33, p. 170, d'aprs laquelle nous citons) : Quorum (codicum)
contineat qninque libros priores qnibus ad \ersus eos est disputatum qui felicitati
ilae lmjus non plane deorum sed dae1nonioru111 cultum prodesse contenduut ... "
r 3. Le texte de JJ,.i al. 5, 45 est cit, ds le dbut du li ne premier, ceux qui s'tonnent que des impies et des ingrats aient profit de la fayeur accon1e par les Barbares
au nom chrtien durant le sac de la Ville (I, 8 : p. 2 ro). On le retrome sous forme
d'allusion en III, 8 (p. 432-4), et il sera exploit rien moins que 'inq fois dans les
livres IV et V: IV, 2 fin (p. 536) ; IV, 33 dbut (p. 63..i) : " ... ,erus Deus ... dat regna
terrena et bonis et malis; V, 16 (p .. 712) ; ibi (dans l'antre yie) non oritur sol s1tper
bonos el malos, sed sol jnstitiae (cf. l'ilal . ..J, 2) solos protegit bonos ... ;V, 18 (p. 728
en bas) : " ... 11011 pro terrenis et temporalilms l>encfidis, qune dhina proyirlentia
permixte bonis maJisq ue concedit ... ; V, 26, r fin (texte cit supra, n. r 1).
3<)
***
Ce thme du bonheur est donc un des fils conducteurs de ces premiers
livres 19 . Mais on comprend qu' Augnstin, arrfr an terme de cette premire
partie de son uvre, rassemble leur faisceau et les entrelace une dernire
r + Quelques textes sur l'importance du bonheur, dans ces premiers lines :
IV, 23, r (p. 598 en haut) : Quis optat aliqnid propter aliud qnam ut felix fiat ;
IV, 23, z (p. 602) : Kou enim qnispiam resisteret Fe/icitati (desse), nisi, \:!t:Oll
Frnm :-;ox 1'01'EST, qui esse Yellet infe/ix ; IV, 23, 4 (p. 604) : Quis enim ab aliquo
deo nisi felicitatem \'elit accipere Yel quod ad jelicitatrm existimat pertinere ? ;
IV, 25 (p. 608) : Illi non sufficiat ad colendum Deus dator felicitatis, cui non sufficit
ad accipiendam ipsa fclicitas. Cui autem sufficit (NO::\ Exnr HABET HO:YIO QUID
.UIPI,n:S OPTARE DEBEAT), serdat uni Deo datori felicitatis; V, prambule (p. 643) :
Quoniam co11stat 011111ium rerum optandarum ple11itndinem esse felicitatem, quae non
dea est, sed donum Dei, et ideo nullum deum colendum esse ab hominibus nisi
qui potest eos facere felices ... Cette problmatique est classique. Cf. R. HOLTE
Hiatitude et Sagesse, Paris, 1962, 3e partie, pp. 193 sq.
r5. Il faudrait tout d'abord citer l'ensemble du chapitre 8 du line I (pp. 2ro sq.)
aYec la note complmentaire de G. BARDY sur La distribution des biens temporels
(pp. 767-9) qui utilise surtout des textes trangers la Cit de Dieu. Celle-ci contient
cependant, ds les premiers lines, plus d'une affirmation du mme genre : II, 23, 2
(p. 386) : Ne nragni pendamus lerrenam felicitatem quae sicut Mario malis etiam
plerumque conceditur, nec eam rursus quasi malam arbitremur, cum ea multos
etiam pios ac bonos unius Yeti Dei cultores invitis daemonibus praepolluisse videamus 1), C'est dj la thse de la fin du line V. De mme, cf. II, 23, I (p. 382) : tempoialem ... felicitatem ; III, r7, 2 dbut (p. 472) : Uhi erant illi dii (des paens), qui
propter exiguam fallacemquc mimdi hujus felicitatem colendi existimantur ... ? 1)
16. Civ. Dei, V, rr (p. 688) : Deus ... cujus sunt participatione fclices quicumque
sunt veritate, non vanitate felices ... ; V, r6 (p. 712) : Illa cidtas (Dei) sempiterna est ...
ibi est vera et plena felicitas, non clea sed donum Dei ; V, 18 (p. 718) : Felices,
vel nos vel filios nostros, non divitiae terrenae faciunt aut no bis vhentibus amittendae,
aut nabis mortuis a quihus nescimus vel forte a quihus nolumus possidendae, sed
Deus fclices facit qui est nze11tiuin vera opulentia . Citons l'autre extrmit de la
Cit de Dieu, au mome11t justement o il est question de sa fin : XXII, 30, (BA
n 37, p. 707) : tune .. , plena, certa, secura, sempiterna felicitas, etc. .
r7. Civ. Dei, IV, 23, 2 (p. 600) : Quo modo ibi esset vera felicitas ubi vera non
erat pietas? Pietas est enim verax veri Dei cul tus, non cultus falsorum tot cleorum
quot daemoniorum ... Cf. V, 2 r, dbut (p. 738 en bas - texte cit, infra, 11. 2 r
dbut).
r8. Alors que les paens l'attribuent leurs dieux. Cf. III, r8 (p. 4R4 en bas) ;
III, 20 (p. 492 en bas) ; III, 2 r (p. 494-6), etc.
19. Nous ne suivons ici d'ailleurs que le mot fe/icitas, puisque c'est le titre de
fclix qui introduit en V, 24 (p. 748 - cf. infra, n, 27) le dveloppement sur le vrai
bonheur des empereurs chrtiens. Il va de soi qu'il faudrait, si nous voulions tudier
la notion mme du bonheur, qui est l'objet mme du dbat de ces cinq premiers
livres, examiner des mots comme beatitudo, laetitia, munera, bona, calamitas, etc.
Y.-M. DUVAL
20. Cf. Civ. Dei, IV, 33, dbut (p. 634) : t Deus igitur ille felicitatis auctor et
dator, quia solus est yerus Deus, ipse dat regna terrena et bonis et malis (cf. supra,
n. 13), neque hoc teme1'e et quasi fortuito, quia Deus est, non fortuna, sed pro rerum
ordine ac temporum occulte nobis, notissimo sibi ; (... ) felicitatem vero non dat nisi
bonis ... Cf. V, 21 fin (p. 742 en haut).
2r. Civ. Dei, V, 21, dbut (p. 738) : " Quae cum ita sint, non tribuamus dandi
regni atque imperii potestatem nisi Deo vero, qui dat felicitatem in regno coelorum
solis piis ; regnum vero terrenum et piis et impiis, sicut ei placet, cui nihil injuste
placet ... I,a suite du texte, sur les divers empires antrieurs l'Empire romain,
mriterait d'tre cite, fortement crite qu'elle est (p. 740).
22. Civ. Dei, V, 21 (p. 740 m) : (Aprs avoir trait des empires successifs) :
Sic etia111 hominibus : Qui (dedit regnum) Mario, ipse Gaio Caesari ; qui Augusto,
ipse et Neroni ; qui Vespasianis, vel patri, vel filio, suavissimis imperatoribus, ipse
et Domitiano crudelissimo; et, ne per singulos ire necesse sit, qui Constantino Christiane, ipse apostatae Juliano, cujus egregiam indolem decepit amore dominandi
sacrilega et detestanda curiositas ... Cette srie d'antithses oppose bons et
" mauvais empereurs, qui Dieu a accord indistinctement le pouyoir. Il s'agit
toujours du : Dieu fait lever son soleil sur les bons et les mchants (Cf. supra,
n. r3).
23. Civ. Dei, V, 22, dbut (p. 742) : Sic etiam tempora ipsa bellorum ... ut alia
citius, alia tardius finiantur . V, 22, fin (p. 744) : Haec ideo commemoro quoniam
multi (... ) si temporibus christianis aliquod bellum panlo diutius trahi vident, ilico
in nostram religionem protervissime insiliuut (... ) Recolant igitur qui legerunt,
quam diuturna bella, quam variis eventis, quam luctuosis cladibus a veteribus sint
gesta Romanis ... .
24. A laquelle est consacr le chapitre 23.
25. Civ. Dei, V, 23, ad f. (pp. 746-8) : Cum statuisset (Deus) inruptione barbarica graviora pati dignos mores hominum castigare, indignationem suam tanta
mansuetudine temperavit ut illum (Radagaisum) PRUIO faceret mirabiliter vinci,
L'LOGE DE THODOSE
ne veut pas que l'homme place dans le bonheur terrestre son souverain
bien et Il l'invite se tourner vers les biens de l'autre vie 26 .
Contre les paens qui attaquent les tempora christiana, l'ensemble de la
dmonstration avait t men l'aide d'exemples pris l'histoire antrieure au Christ et dont certains ont t voqus nouveau dans les
premires pages de cette conclusion. Mais il s'agit de montrer galement
que la mme loi de rpartition des biens terrestres continue tre observe
l'poque chrtienne 27 et que le titre de felix, que les empereurs chrtiens
portent eux aussi 28 , doit tre maintenant entendu en un sens chrtien.
Le chapitre 24 limine donc pour ce titre l'interprtation qui n'y verrait
que la felicitas terrena 29 . Il insiste sur ce qui, non pas constitue, mais
prpare la vraie flicit chez les empereurs chrtiens justes, clments,
doux, humbles, pnitents 30 : << De tels empereurs chrtiens, nous les pro-
26. Civ. Dei, Y, 23, fin (p. 748) ... ut ab his qui non pervicaciter contendunt,
sed prudenter adtendunt, nec propter praesentes necessitates vera religio deseratur,
et magis aeterna1T vitae expectatione teneatur i>. I,a fin du texte cit la note suivante
est explicite.
27. Civ. Dei, V, 24, dbut (p. 748-750) : Neque enim nos Christianos quosdam
imperatores ideo felices dicimus, quia vel diutius imperarunt, vel imperantes filios
morte placida reliquerunt, vel hastes rei publicae domucrunt, vel inimicos cives
adversus se insurgentes et cavere et opprimere potuerunt. Haec et alia vitae hujus
aerumnosae vel munera vel solacia quidam etiam cultores daemonum accipere
meruerunt, qui non pertinent ad regnum Dei, quo pertinent isti. Et hoc ipsius
misericordia factum est, ne ab illo ista qui in eum crederent velut summa bona
desiderarent ... Je ne cache pas que c'est pour essayer de comprendre l'enim du
dbut de ce chapitre et le rapport du titre de felices dcern aux empereurs avec les
chapitres antrieurs que plusieurs des pages qui prcdent ici ont t crites. Si le
lien entre le ch. 25 et 26 tait assez lche (cf. supra, n. 6), l'enim du ch. 24 tait au
premier abord assez surprenant.
Remarquons que les traits du bonheur terrestre des empereurs rassembls 1c1
conviennent assez bien Thodose, mais ils peuvent concerner tout aussi bien
Constantin (cf. ch. 25, dbut). Le quosdam initial est restrictif : nul mot de Constance
par exemple, et Valens l'arien est svrement jug plus loin (ch. 26 - texte cit,
infra, p. 162). I/assurance donne par Augustin que les empereurs chrtiens pertinent
ad regnum Dei ne concerne donc que ceux qui ont mrit cette vraie flicit qui est
prcise ensuite.
28. Sur ce titre de felix partir de Commode, cf. R. CAGXAT, Cours d'pigraphie
latine, p. 159 et n 2 (cit par G. BARDY, p. 748, n. l). On trouvera un exemple d'attention, trs malicieuse, cette titulature de la part des chrtiens cl' Antioche chez
Ammien Marcellin, Res gestae, XXIII, l, 5. Sur la double pithte piits, felix introduite
par Commode, cf. J .M. HEER, Der historisclie Wert dei' Vita Comnzodi, in Philo!.
Suppl. IX (1901), p. 89 (cit par H. BLOCH, A new document of the last pagan revival
in the West, in Harvard Thcological Review 38 (1945), p. 202, n. 12). L'insistance
d'Augustin sur les empereurs vraiment pieux (veraciter piis, in V, 26, r ad finem,
p. 758 Texte cit n. II} s'explique peut-tre par rfrence cette titulature.
Cf. V, 19 (p. 734 m.).
29. Cf. n. 27.
30. Civ. Dei, V, 24 (p. 750). Texte cit pour l'essentiel n. 33. La puret d'intention
est essentielle. Toutes ces belles actions doivent tre accomplies, non propter ardorem
inanis gloriae i>, comme le faisaient les anciens Romains (cf, de Civ. Dei V, 12 sq.),
sed propter caritatem felicitatis aeternae (p. 750 ad f.). Tel Thodose (cf. V, 26,
r, ad f. - texte cit n. II ; quorum (bonorum) operum merces est aeterna felfritas ... >).
Y.-Nl. DUVAL
31. Civ. Dei, V, 24, fin (p. 750 en bas) : Tales C'hristianos imperatores didmus
esse felices interim spe, postea re ipsa futuros, cum id quod expectamus advenerit .
L'expression intcrim spe est rapprocher du spe salvi facti sumus de saint Paul
(Rom. 8, 24). Cette opposition spe / re est cardinale chez Augustin pour l'apprciation
du temps prsent. Voir, par ex., de Civ. Dei, XV, 18 (BA no 36, pp. u6-118) o,
aprs avoir rappel que c'est in spe que vit l'homme, fils de la rsurrection, Augustin
cite Rom. 8, 24-25, avant de dfinir les membres de la Cit d'en haut sur cette terre :
la socit (< quae non secundum hominem in re felicitatis humanae, sed secundum
Deum vfrit in spe felicitatis aeternae >l. De mme XIX, 20 (BA n 37, p. 138 en
haut et n. r, tout le livre XIX, consacr la pax, tant aussi celui de la beatitudo
(cf. XIX, l ; p. 38).
3 2. Cf. n. 30 fin.
33. On peut, en effet, renvoyer pour presque toutes les qualits numres dans
cette page l'un ou l'autre des pisodes de l'loge de Thodose que nous tudierons
plus loin. Nous faisons donc suivre les diffrentes parties du texte des renvois possibles:
De civ. Dei, V, 24 (p. 750) : Sed felices eos dicimus si juste imperant, si inter linguas
sublimiter honorantium et obsequia nimis humiliter salutantium non extolluntur,
sed se homines esse meminerunt (cf. infra, p. 162 : Attitude vis vis des hrtiques
et des catholiques, b, textes de Rufin et d'Augustin). - Si suam potestatem ad Dei
cultum maxime dilatandum majestati ejus famulam faciunt >l (cf. injm, p. 163 :
Attitude vis vis des paens). - (< Si Deum timent diligunt colunt; si plus amant illud
regnum ubi non timent habere consortes l (cf. infra, p. 162 : Attitude vis vis des
hrtiques et des catholiques, b (?),et de Civ. Dei, IV, 33, p. 634 - suite du texte cit
11. 20).
<c Si tardius vindicant, facile ignoscunt; si eandem vindictam pro necessitate
regendae tuendaeque rei publicae, non pro saturandis inimicitiarum odiis exerunt ;
si eandem veniam non ad inpunitatem iniquitatis, sed ad spem correctionis indulgent;
si quod aspere coguntur plerumque decernere, misericordiae lenitate et beneficiorum
largitate compensant >l (cf. infra, p. 164 : L'affaire de Thessalonique, b, p. 165 ;
La clmence de Thodose, p. 160 et n. 95; Les guerres civiles, p. 160 et n. 98).
Si
luxuria tanto eis est castigatior quanto posset esse liberior ; si malunt cupiditatibus
pravis quam quibuslibet gentibus imperare . (Cette dernire composante adapte
l'adage stocien qui fait du sage matre de lui-mme, le matre de l'univers. Augustin a
d'ailleurs cit, au sujet de l'ambition, une strophe d'Horace qui rend un son voisin :
I,atius regnes avidum domando / Spiritum, quam si Libyam remotis / Gadibus
jungas et uterque Poenus / Serviat uni (Od. II, 2, q-12
Cil'. Dei, V, 13 ; p. 704).
Aucune allusion la vie morale de Thodose dans l'loge d'Augustin, ni dans l' Histoire de Rufin. Philostorge accuse cependant Thodose de dbauche et y voit la cause
de sa mort: XI, 1 fin, dit. J. BIDEZ, GCS, 21, p. 134, 1. 6 sq. De Jovien, Ammien
}farcellin dit qu'il tait vina Venerique indulgcns, mais ajoute : quae vitia impcriali
7Jerecundia forsitan correxisset (XXV, ro, 15, d. ROLFE, II, pp. 562-4). - En ce qui
concerne la dernire condition de saint Augustin, on la dirait presque rajoute
puisque l'numration est interrompue pour rappeler la ncessit de la puret d'intention (cf. texte cit, n. 30) : (< Si pro suis peccatis lmmilitatis et miserationis et orationis
sacrificium Deo suo vero immolare non neglegunt (cf .infra., p. 167-8: L'affaire de
Thessalonique, d, pisode qui, comme ici, figure la fin du tableau des nvres de
Thodose). On comprend sans peine qu'une telle page ait enthousiasm Bossuet
prcepteur d'un roi chrtien (cf. Barn.y, p. 86. n. r, citant G. Col\IBS).
L'JiLOGE DE THODOSE
C'est donc bien le thme de la flicit qui permet de situer cet loge
de Thodose, aussi bien dans le contexte prochain des chapitres consacrs
aux empereurs chrtiens que dans la conclusion gnrale des cinq premiers
livres. Contrairement ce que proclament leurs adeptes, qui voient dans
leur abandon la vraie cause du sac de Rome, comme dans leur culte antrieur la raison de 1'extension de l'Empire romain, les dieux paens sont
incapables de procurer la flicit terrestre. Cette flicit terrestre mme
ne peut tre le but suprme du chrtien, puisqu'elle est donne par Dieu
aussi bien au paen qu'au chrtien, au juste qu' l'impie ; elle peut mme
tre donne tel chrtien et refuse tel autre, tandis qu'Il rserve
cc aux bons, pour l'autre vie, des biens dont les mchants ne jouiront pasas)),
Le chrtien n'agit que par amour de la flicit ternelle et l'empereur chrtien Thodose 1' a bien compris et montr par sa vie. Il reste donc tudier
cet loge en lui-mme, maintenant que nous en avons prcis la place et
le rle dans l'conomie de ces cinq premiers lines.
34. I,eurs rgnes divers vont montrer, comme nous l'avons vu (p. 137 sq.) que le
chrtien peut obtenir de Dieu des biens terrestres minents, mais qu'il n'honore
pas Dieu, de faon intresse, pour les obtenir. Textes cits 11. 7 et S. Nous revenons
ainsi, aprs avoir montr le chemin qui y conduit, ces derniers chapitres du li ne V.
35. Civ. Dei, V, 26, r, fin (p. 758) : Haec ille (Theodosius) secum et si qua simili a,
quae commemorare longum est, bona opera tulit ex isto temporali \apore cujuslibet
culminis et sublimitatis humanae ; quorum operum merces est aeterna felicitas,
cujus dator est Deus solis veraciter piis >l.
36. Civ. Dei, V, 26, I, fin (p. 758 en bas) : c1 Cetera vero vitae hujus vel fastigia
,el subsidia, scut ipsum mundum lucem auras terras aquas fructus ipsiusque hominis anilnam corpus sensus mentem vitam, bonis malisque largitur ; in quibus est
etiam quaelibet imperii magnitudo, quam pro temporum gubernatione dispensat .
37. Civ. Dei, V, 26, 2, dbut (p. 760) : Proinde jam etiam illis respondendum esse
video, qui manifestissimis documentis, quibus ostenditur, quod ad ista temporalia,
quae sola stulti concupiscunt, nihil deorum falsorum numerositas prosit, confutati
atque comicti, conantur asserere 11011 propter vitae praesentis utilitatem, sed
propter eam quae post mortem futura est, colendos deos. >1 I,es premires lignes
contiennent une dernire allusion aux adversaires combattus dans les cinq premiers
livres, la dernire annonce le sujet des livres VI X. Mmes formules ds I, 36 (p. 300).
38. Civ. Dei, I, 8, r (p. 210 fin). t< Placuit qnippe divinae Providentiae praeparare
in posterum bona justis, quibns non fruentur injusti. .. >l,
Y.-M. DU VAL
II. -
A la lumire de cette enqute pralable, on se trouve amen se demander si les pisodes de la vie de Thodose, qui, la diffrence de celle de
Constantin, n'appartenait pas encore au mme point la lgende en ce
dbut du ve sicle, n'ont pas t choisis et narrs en fonction de la thse
thologique qui donne son unit aux cinq premiers livres de la Cit de
Dieit. Or, sur ce point, Augustin avait des prdcesseurs, sinon des modles,
en dehors mme du biographe de Constantin et de l'auteur du de mortibus
persecutorum.
Nous nous proposons ici de montrer que, pour la majeure partie de
son texte, Augustin s'est report Rufin d'Aquile, le traducteur et le
continuateur de 1' Histoire Ecclsiastique d'Eusbe. La chose, qui ne semble
pas avoir t releve 39 , n'a rien en soi d'impossible. Si la traduction de
l'uvre d'Eusbe est commence Aquile en 401-2, lors de la premire
invasion de l'Italie par Alaric 40 , elle n'a pas d attendre de nombreuses
annes pour tre complte par les deux livres qui sont la part propre de
Rufin 41 . Nous le trouvons en effet occup par d'autres traductions dans les
annes qui suivent 42 . De toute faon, l'ouvrage est termin a\ant 4n,
date de la mort du protg de Mlanie l' Ancienne, en Sicile 43 , donc avant
415, date laquelle saint Augustin a pu l'utiliser pour ce livre V de la
Cit de Dieu 44 .
Il est dj sr qu'Augustin a utilis aussi bien la traduction d'Eusbe
que les deux livres de Rufin en 42r. C'est en effet cette date qu'Augustin
rpond aux questions de Paulin de Nole Sitr les soins donner aux morts.
Dans cette lettre-opuscule, la traduction de Rufin est explicitement
L'LOGE DE THODOSE
nomme4 5 et un autre de ses ouvrages est exploit, de faon assez surprenante46. On trouve, en outre, d'autres traces de l'utilisation de l'Histoire
Ecclsiastique de Rufin dans l'uvre ultrieure de saint Augustin47.
Peut-on remonter plus haut que 421 ? Nous croyons pouvoir le montrer
en nous fondant sur ce chapitre du livre V de la Cit de Dieu. Nous tudierons donc les diffrents pisodes de la vie de Thodose qu'a retenus
Augustin, en les comparant ce qu'en avait dit Rufin avant lui. A titre
de contre-preuve, nous citerons, en note, dans tous les cas o la chose
sera possible, le texte d'un autre historien ecclsiastique, le prtre Paul
Orose 48 . Son tmoignage est particulirement prcieux, puisqu'il est disciple
de saint Augustin. Ainsi apparatra mieux, par diffrence, le fait que Rufin
et Augustin ne refltent pas simplement, chacun de leur ct, une tradition ecclsiastique dj constitue leur poque.
45. De cura pro mortuis gcrenda, VI, 8 et VIII, IO (BA u 0 2, pp. 480 et 488) :
Allusion Eusbe, HE, V, r, aYec l'introduction suivante: Legimus in Ecclesiastica
historia quam graece scripsit Eusebius et in Latinam linguam vertit Rufjinus ...
Sur la date de ce trait-lettre d'Augustin, voir P. COURCELLE, Les lacitnes de la
correspondance entre saint Augustin et Paulin de Nole, in REAnc. 53 (r95r), pp. 253300, repris dans Les Confessions de saint Augustin dans la tradition littraire, A ntcdents et Postrit, Paris, 1963, p. 595 sq.
46. Au moins pour nous, modernes : I"e de cura, XVII, 21 (pp. 514-6) utilise,
comme s'ils' agissait de propos rapports par oral, le texte del' Historia monachorum, I
(PL 21, c. 391-2), comme l'a dmontr P. COURCELLE, Possidius et les Confessions
de saint Augiistin : emprunts et complments, in Rech.SR, 39 (1951), pp. 428-442,
repris dans Les Confessions dans la tradition littraire .... , p. 616 et n. 6. Sur Jean de
Lycopolis et Thodose, voir, infra, p. 151 sq. et n. 69 sq.
47. M. VILLAIN, art. cit., p. 210, cite le de Haeresibus, 83 (PL 42, c. 46) o EusbeRufin sont nomms. En revanche il ne peut s'agir de la traduction de l'Histofre
Ecclsiastique (ni mme, d'aprs le contexte, de l'uvre grecque) dans le De doctrina
christ., II, 39, 59 (PL 34, c. 62) puisque les deux premiers livres de cet ouvrage et
une partie du troisime sont de 396 ou 397 (Cf. Retractationes, II, 4, r; PL 32, c. 631).
Le nom d'Eusbe est seul nomm et il doit s'agir du Liber de situ et nominibus
Zocorum hebracorwm dans 1' adaptation de ... Jrme ! En revanche, la Cit de Dieu,
XXI, 6, 2 (BA n 37, p. 400 et n. r) semble bien driver de ce que Rufin lui-mme
rapporte des stratagmes utiliss dans les temples d'Alexandrie (II, 23 ; c. 530 C).
J'ai l'intention de revenir sur une autre utilisation trs intressante : celle
de Rufin, Hist. Eccl., I, 32, 36 ; II, 2 dans Cit de Dieu, XVIII, 52 (BA n 36,
pp. 674, avec ses prolongements - ou, l'influence directe de Rufin - chez Quodvultdeus, Liber Promissionum, I, 31 ; III, 36 ; et aussi III, 42 (dit. R. BRAUN,
coll. Sources Chrtiennes n ror-102, r>aris, 1964, pp. 65, 67-68, 69-70 et pp. 222,
558, 570).
48. Son Adversus Paganos est crit, la demande mme d'Augustin, aprs son
retour (416) de Palestine et il utilise plus d'une fois les cinq premiers livres de la
Cit de Dieu qu'il est charg de complter (Cf. l'inde,1' de ZANGEllIEISTER, CSEL 5,
p. 700, et pour notre priode, infra, n. 55 et 58). Son indpendance, pour l'poque
rcente, n'en est que d'autant plus remarquable et doit souligner d'autant mieux
les rapports entre Rufin et Augustin. Nous recourerons galement, titre de confirmatur, aux historiens ecclsiastiques grecs, - qu'Augustin ne peut avoir connus dessein surtout de montrer que, malgr leur propre utilisation connue ou avoue
de Rufin, malgr leur caractre " ecclsiastique , ils sont souYent moins proches
de l'historien latin que ne l'est Augustin.
10
Y.-1Vl. DUVAL
146
Une dernire remarque : elle est i;mpose par notre double propos qui
n'est pas seulement de dcouvrir les sources de cet loge, mais aussi d'en
dgager le sens. Qu'on ne s'attende pas trouver un plagiat pur et simple
dans le texte d'Augustin. Celui-ci est capable de modeler sa matire, mais
celle-ci, semble-t-il, lui a t le plus souvent fournie ou suggre par Rufin,
et non pas seulement par la rumeur publique. Nous tudierons au contraire, chaque tape, ce trayail de refonte personnelle et il ne tardera
pas nous apparatre que celui-ci est command par un dessein thologique assez prcis.
A. -
Nous serions bien mal clairs sur les raisons qu'eut Gratien de s'associer
l'espagnol Thodose, dont il avait fait tuer le pre quelques annes auparavant, ou mme seulement sur les circonstances de cette lvation et les
vnements qui la suivirent, si nous n'avions que Rufin et Augustin pour
nous renseigner 49 Encore le premier lie-t-il bien ce choix la mort de
Valens. Augustin, en revanche, ne retient presque du texte de son prdcesseur que l'un des motifs noncs et qui n'est autre qu'un motif religieux50
RuFrn, Hist. Eccl., II, 13,
(P.L. 21, c. 523 A-B) :
... Igitur Gratianus cum fratrc admodum parviilo, post patrui necem,
Orientis quoque suscepit imperium.
(Suit un portrait du prince o Rufin
souligne sa pit, puis) ( 14) : Quique videns utile virum annis matu-
fin.
L'LOGE DE THODOSE
ticipnn,
Bien que la mort de Gratien 5 1, dont est en train de parler saint Augustin
et dont Rufin va parler aussitt aprs le texte que nous avons cit, soit
explique de la mme faon par les deux crivains (Rufin : a lVIaximo
tyranno ... suorum magis proditione quam vi hostium peremptus est 52 =
Augustin : ferro tyrannico interimi 53 ), on pourrait abandonner comme
peu probantes des ressemblances textuelles comme regni participem
qui est technique, mais bien courante, ou l'indication sur l'ge de Valentinien II qui, de part et d'autre, est parvulus et donc incapable d'assumer
les affaires d'Orient. La citation scripturaire de Rufin semble au contraire
fournir un indice plus prcieux.
Rufin fournit, en effet, une double explication l'association de Thodose
l'empire : l'une est d'une sagesse toute humaine, l'autre s'appuie sur un
conseil de !'criture. Augustin semble bien ne retenir que la seconde et
il insiste sur le ct religieux de cette opration politique. La nimia
potestas serait une tentation d' hybris chez un chrtien ; quant la jida
societas, elle est peut-tre une allusion la suite du mme verset de
l' Ecclsiaste qui clbre les bienfaits de l'union de deux amis 54 .
B. -
L'USURPATION DE MAXIME.
5 r. Sur la mort de Gratien, voici l'avis d'Orose tout d'abord : :Maximus ...
Gratianum Augustum subita incursione perterritum atque in Italiam transire
meditantem dolis circumveutmn interfecit fratremque ejus: Valentinianum Augustum
Italiaexpulit. (VII, 34, 9-ro; p. 524, 1. 5-II). Ton diffrent, mais donnes analogues,
chez Jrme, Ep. 60, 15, Hliodore (LABOUR'!', III, p. 105, 1. 22-25).
52. RUFIN, Hist. Eccl., II, 14 fin (c. 523 B-C).
53. AUGUSTIN, Civ. Dei, V, 25 ad finem (p. 752 fin). Texte cit supra, 11. 6).
54. Selon la Vitlgate : Melius est ergo duos esse simul quam unum; habent enim
emolumentum societatis suae . Dans le commentaire sur l' Ecclsiaste de Jrme
(PL 23 (1845), c. 1046-7) on trouve : Meliores duo quam unus; quibus est merces
bona in labore suo . Suit une interprtation que l'on retrouye chez Ambroise, Ep. Sr,
3 (PL 16 (1845), c. 1273), bien que le texte scripturaire soit lgrement diffrent.
55. Mme impression chez Orose (cf. fin du texte cit n. 51) qui doit dpendre
ici de saint Augustin (cf. encore, n. 58). Rien, chez lui non plus sur l'arianisme de
Justine. l\fais, au chapitre suivant (VII, 35, 1-5 ; pp. 525, 1. I - 526, 1. 12), Orose
reprend toute l'affaire de l'usurpation de lfaxime et s'tend longuement sur la
guerre et son issue (cf. in.fra, n. 60).
148
Y.-M. DUVAL
L'I~LOGE DE THJ~ODOSE
C. -
LA MORT DE YALE)JTINIEN.
AUGUSTIN, Ibid.,
32 (c. 538 C) :
Sed ille (Theodosius) nihilo segnius inflarnmatus ad ultionem, arma contra Eugenium, qui in
locum defuncti s u b s t i tu t u s est, corripit ...
Certes, les deux historiens n'en savent pas plus que nous sur la mort de
Valentinien 61 . D'autres historiens anciens cependant n'prouvent aucune
------,,.---60. Mme silence, par rapport Orose (VII, 35, ro ; p. 527, 1. r6 sq.) sur la mort
de Victor, le fils de Maxime et le dpart de Valentinien pour la Gaule (alors que
l'vque d'Hippone insistera tout l'heure sur la clmence de Thodose
cf. infra,
p. r6o et n. 95); surtout, mmes motifs donns l'action de Thodose, bien qu'Augustin renchrisse : l o Rufin voit de la reconnaissance ( bonitatis ac beneficiorum
memor), Augustin vante le dsintressement. Or, nous avons not que celui-ci ne
fut pas pur et qu'il tarda se manifester ... puisque Gratien tait mort depuis 383
(cf. n. 58). Tous deux passent sous silence Aquile. Rufin reviendra simplement
plus loin II, 32 (cf. texte cit, p. r5r) sur le fait que ce fut une victoire non sanglante
(cf., sur ce point, n. 68).
6r. Rufin l'avoue : caussis etiam nunc latentibus Jl. 1'Iais, au schma quidam ...
alii ... nonnulli ... de Rufin correspond, mme s'il ne le recouvre pas entirement,
le sii1e ... sive,,. vel,,, ct',l\.ugustin.
150
Y.-M. DUT'AL
hsitation 62 et il faut au moins noter l'accord avec lequel Rufin et Augustin prouvent le mme scrupule. On remarquera aussi qu'une fois de
plus Augustin, qui a eu dbattre du suicide dans le premier livre de la
Cit de Dieu6 3 , se garde bien de mentionner ici le bruit qui courut sur la
mort de Valentinien. Surtout, il est notable que les deux historiens regardent l'avnement d'Eugne d'un point de vue chrtien qui traduit une
fidlit la dynastie thodosienne bien postrieure aux vnements
dcrits. Sur le moment Ambroise reconnatra le pouvoir d'Eugne comme
tout fait lgitime. Leur jugement s'exprime en des termes analogues
(Eugenium, qui... substitutus est
Eugenium, qui ... fuerat su.brogatits)
en deux phrases qui, de part et d'autre, dcrivent l'attitude de Thodose.
Selon eux, d'aprs la suite de leurs textes respectifs, c'est d'ailleurs plus
le paen que l'usurpateur qui est combattu par Thodose 64 . Or, Eugne
tait chrtien 65 ! Il est facile de souponner que les snateurs paens de
Rome avaient, sur la lgitimit de cette accession au pouvoir, un jugement tout diffrent. L'absence de lettres de Symmaque pour cette priode,
de la part d'un homme qui s'tait ouvertement compromis au temps de
Maxime, s'explique sans cloute par le soin que prit son diteur faire
disparatre ces pices dangereuses. On devait y trouver trop de traces
des relations entre Symmaque et celui que Rufin et Augustin appellent
un usurpateur 66 . Rufin nous prsentera d'ailleurs peu aprs le dfenseur
62. Chez Orose (VII, 35, ro; p. 528, 1. r-4), tout est dcrit comme une machination.
I/historien avoue ne rapporter qu'une tradition (ut femnt), mais il ne prend pas
soi)l de rapporter les autres: (Valentinianus) in Galliam transiit : ubi cum tranquilla
republica in pace ageret, apud Viennam dolo Arbogastis comitis sui, ut ferunt,
strangulatus atque, ut voluntariam sibi conscivisse mortem putaretur, laqueo
suspensus est. Mme si l'on peut penser ici une utilisation cl' Augustin
(cf. ZANGEMEIS'l'ER, CSEL 5, p. 528, appai-atus fontimn), il n'en reste pas moins
qu'il se conduit son gard avec une indpendance plus grande que celle dont
avait fait montre Augustin par rapport au texte de Rufin. Deux tapes galement
chez Jrme, Ep. 60, 15 Hliodore (LAnOURT, III, p. ro5, 1. 28-29). Pour Socrate
(Hist. Eccl., V, 25 ; PG 67, c. 652 A), Valentinien est trangl par ses chambellans,
soudoys par Eugne et Arbogast. Il n'y a non plus aucun doute de la part deThodose
clans l'attitude dcrite par Thodoret (V, 24, 16; p. 327, 1. 6-7). Philostorge est encore
plus net (XI, 2; p. 132-3), le complot devient rocambolesque. L'opinion de Claudien
(I vo Cons. Hon., \'. 7 5-76, 93-97) est claire aussi, mais on peut la trouver sujette
caution de la part de ce courtisan. Pour le pote paen galement, Thodose est
l'instrument des dieux (cf. ibid., v. 98-100).
63. De Civ. Dei, I, 22, l sq.
64. Cf., pour Rufin, Hist. Eccl., II, 33, fin (c. 540 B-C) ; pour Augustin, infra.
p. r58-r59 et n. 92, la mention des statues de Jupiter riges contre Thodose dans les
dfils des Alpes. Orose ne parle pas non plus des opinions religieuses d'Eugne.
Celui-ci, d'aprs lui, n'est d'ailleurs qu'un prte-nom ; le pouyoir rel est exerc
par le barbare et paen' Arbogast (VII, 35, l r ; p. 528, 1. 5-8 ; 12, p. 529, 1. 3-4).
65. Cf., par ex., Ambroise, Ep. 57 (PL 16 (r845), c. rr748, en particulier les 5-6,
c. r 176 A-B) Sur la reconnaissance d'Eugne par Ambroise, Yoir J.-R. P.\T..\>IQUB,
op. cit., pp. 269-277 et en particulier pp. 274 sq.
66. Cf. O. SEECK dans sa Prface l'dition des u1rcs de Symmaque clans les
MGH, Auct. Antiq., t. VI, r, p. LVIII en bas.
L'I:LoGE DE THI:onosE
151
acharn du paganisme que fut Nicomaque Flavien 67 . Thodose, au contraire, est l'empereur chrtien qui combat sous l'inspiration divine,
en l'occurrence, avec les promesses inspires du moine Jean.
D. -
"\UGUSTIN, Ibid.,
(p. 754, 1. 17-21 et 1. 25-27)
Au sujet de Nfaximc : ~on est lapsus
(Theodosius) ad cmiositates sacrilegas atquc in licitas, sed ad ] ohannem in Aegypti eremo constitutum",
quem Dei servum p1ophetandi spiritii
praeditum fama crebrescente cliclicerat. misit atque ab eo nuntium
victoriae certissimum accepit.
67. ReFr:---, Rist. Ecc/., II, 33 (c. 539 B) - Texte cit, infrn, p. r53 et n. 73.
68. On a remarqu comment Augustin, dans ce texte soign de la Cit de Dieu,
vite le terme monachus que lui offrait deux reprises R ufin. Il le remplace par la
priphrase in ereino constitutus. Paulin de ::\Iilan fera la mme chose dans la page
applique de sa Prface de la Vita A mbrosii, alors mme qu'il s'agit d'Antoine et
de Paul, les pres des moines (in eremo positi ; PL 14 (r8.t5), c. 27 A), mais clans le
courant de son rcit, le mot inonaclms apparat ( 22, c. 34 C-D ; la fin du mme
chapitre (c. 35 B), un autre emploi reproduit les paroles de Thodose: Cf. infra, n. I I 4).
69. Augustin a omis cette mention, inutile son propos, de la diffrence entre
les deux victoires, l'une non sanglante, la seconde coteuse en sang. Rufin, comme
Orose, a l'air d'ignorer que la reddition de Maxime Aquile fut prcde d'une
campagne sanglante dans la valle de la Save (cf. par ex., Pacatus, Paneg. Tlieod.
34-36, dit. Ed. GALI.I>TIER, Paris, Belles Lettres, 1955, pp. 100 sq. o le massacre
est certainement grossi - cf. ibid., p. 102, n. 4). Beaucoup de sang, ds cette restauration
<le Valentinien II, cbez Jrme, Ep. 60, r5 Hliodore (I,.rnot:RT, III, p. 105, !. 26).
Y.-M. DUJ.'AL
Orose ne connat ni le moine Jean ni, surtout, la teneur de ses prophties, puisqu'il
insiste plusieurs reprises sur le fait que les Yictoires de Thodose ne furent pas
sanglantes (VII, 35, 5-9, p. 526, 1. r r - p. 527, 1. r4, pour l\Iaxime ; VII, 35, r9-20
p. 53r, 1. 7-r5 au sujet d'Eugne. - De mme pour :Mascezel, quelques annes plus
tard (VII, 36, 5 fin; p. 534, 1. 8-9). Il y a l tout un thme sur les guerres des princes
chrtiens. cf., V, 32, 5sq. (p. 337-9) ; VII, 6 et 8 (pp. 447-8 et 448-9). Quant aux
dix-mille Goths massacrs la Rivire Froide, cf. infra, n. 77 et r73, fin.
70. SOZOMNE, Hist. Eccl., VII, 22, 7-8, GCS 50, dit. J. BIDEZ-G.-C. HANS~mx,
p. 336, 1. r sq.), L'historien nous parle de !'Eutrope mme qu'attaquera Claudien
(cf. n. suivante). Voir galement Thodoret, V, 24, 2 (p. 324, 1. ro-r6).
71. Cr,AUDIEN, In Eutrop., I, 312-3: .. .inter proprias laudes AegJPtia jactat/
Somnia prostratosque canit se vate tyrannos ; allusion analogue en II, 37-40.
72. Voir la fin de la note complmentaire 7r de BARDY (BA n 33, p. 833, au
sujet du de Cura XVII, 2r). Je me demande cependant si la rserve ne concerne
pas plus Paulin que l'ermite, dans la faon dont Augustin, la fin de son entretien
imaginaire, se fait adresser le conseil de ne pas se poser des questions inutiles ...
- Sur le dbut de ce de Cura, XVII, 21, cf. supra, n. 46.
On ne peut refuser de faon catgorique que la Cit de Dieu dpende dj ici de
l' Historia Monachorum. Celle-ci, dans le premier texte cit ci-dessous, donne beaucoup plus de dtails que !'Histoire Ecclsiastiqite ; mais, Augustin, son habitude,
a pu les omettre et n'en tirer que le fama crebrescente qui n'a pas son quivalent
dans !'Histoire Ecclsiastique : Hist. monach., r dbut (c. 39r en bas) : Evidenter
namque et Dominus prophetiae gratiam contulit : ita ut non tantum civibus et
provincialibus suis, si forte percontarentur, futura praedicaret, sed et imperatori
Theodosia, vel quos belli exitus habiturus esset, yeJ quibus modis victoriam caperet
de tyrannis, sed et quot irruptiones passurus esset gentium barbararum saepe
praedixit. Ibid., I, fin (c. 404-5) : Ut autem coepimus velle ab eo (Johanne) proficisci,
datis nabis benedictionibus : ' Pergite, inquit, in pace, filioli. Hoc tamen scire vos
vola, quod hodierna die victoriae religiosi Principis Theodosii Alexandriae nuntiatae
sunt de Eugenio Tyranno. Necesse est ergo et ipsum Theodosium non multo post
propria morte vitam finire ' >>. Cependant quelques parallles textuels sont plutt
en faveur d'un recours l' Histoire Ecclsiastique : spiritu prophetico, responsis /
prophetandi spiritu, prophetico 1'esponso. Je suis le premier reconnatre qu'ils sont
bien menus. Il faut, pour trancher la question, examiner la suite du texte et l'opposition avec les consultations faites par les paens.
L'LOGE DE THODOSH
153
E.
Celle-ci revt, dans un tel contexte religieux, une trs grande importance et l'on comprend qu'Augustin lui ait consacr la majeure partie
de son loge de Thodose. Tous les historiens ecclsiastiques se sont tendus sur cette journe, ou plutt, ces deux journes (S-6 septembre 394) 75 .
nfais, lorsqu'on compare tous leurs rcits, on s'aperoit que c'est de Rufin,
une nouvelle fois, que se rapproche le plus saint Augustin, bien qu'il
dispose d'autres informations et, en particulier, d'aprs ce qu'il affirme
lui-mme, de tmoignages oculaires.
Suivons le rcit de saint Augustin :
73. RUFIN, Hist. Ecc/., II, 33 (c. 539 A-B) : At Pagani, qui errores suos novis
semper erroribus animant, inno,are sacrificia et Romam funestis victimis cruentare,
inspicere exta pecudum et ex fibrarum praescientia securam Eugenio victoriam
nuntiare. Superstitiosius haec agente et cum omni animositate Flaviano, tune
Praefecto, cujus assertionibus (magna erat ejus in sapientia praerogativa) Engenium
victorem fore pro certo praesumpserant. Cela par opposition Thodose que Rufin
nous a montr jenant et priant devant les reliquaires des martyrs et des saints
(texte cit, p. 154). - Sur la science de Flavien, voir J\IACROBE, Sat. III.
74. Ibid. (c. 540 1~-C) : quibus (paganis) spes vana et falsa divinatio minus in
interitu contulit poenae quam pudoris servavit in vita >). L est la cause du suicide
de Flavien selon Rufin (texte, n. 94).
75. Rufin, suivi par Augustin, ne parle que d'une journe ; Orose, Socrate, Sozomne, Thodoret, de deux. Cf. A. BRASSEUR, Le songe de Thodose le Grand, in Latomus 2 (1938), p. 192 (cit par G. BARDY, BA n 33, p. 756, n. r). Pour Rufin, cf.
infm, n. 163. Aucun dtail chez Philostorge (XI, 2 ; p. r33, 1. 18), qui ne signale que
l'pret du combat.
Y.-M. DUT'AL
r. -
H.TFIN,
_-\UGUS'.l'IN,
Ibid.,
L'J{LOGF, DE THJ{ODOSE
r55
Augustin concentre en une courte phrase de nombreux dtails circonstancis de Rufin. Le premier concerne la force de l'arme ennemie. Augustin l'estime trs puissante, ce qu'il peut bien avoir dduit des indications
de Rufin. Celui-ci racontera, en effet, peu aprs la scne de la prire de
Thodose, qu'il fallut s'ouvrir un chemin travers des c: milliers d'ennemis ii 79 Orose, au contraire, s'il insiste sur l'avantage qu'avaient les partisans d'Eugne pour les positions, semble reconnatre la supriorit numrique de Thodose 80
Le second texte de Rufin prsente un bel exemple d'histoire difiante
Cette prire dramatique de l'imperator chrtien, debout sur le haut d'un
rocher lev, au beau milieu de la bataille, fait songer, la fois, Mose
priant Dieu sur une colline pendant qu'Isral combat les Amalcites 81 , et
la devotio (si secus, in me vindica ... !) d'un consul romain devant le double
front des armes. Ces deux archtypes font certes souponner une mise
en scne complaisante ; ils ne devraient pas cependant conduire conclure
d'emble un pur artifice littraire 82 , si les mmes vnements ne nous
78. A la suite de cela Rufin met dans la bouche de Thodose la parole Ju psalmiste (Ps. r r3,ro) : Ne forte dicant Gentes, ubi est Deus eorum ! Cela est assez
proche d'Ambroise, de Obitu Theod. 7 (PL 16, c. 1388-9) : Cum Jocornm angustiis
et impedimentis calonum agmen exercitus paulo serhrs in aciem descenderet, et
inequitare hostis mora belli videretur, desilivit equo princeps, et ante aciem solus
progrediens, ait : Ubi est Theodosii Deus ? ( ... ) Quo dicto excitavit omnes et exemplo omnes armavit . On remarquera que le moment choisi pour cet appel Dieu
est diffrent : Thodose descend du col et il vient se placer devant son arme qui a
du mal se ranger en bataille. Ambroise ne dit rien de ce qui s'est pass au col
lui-mme. Il ne parle pas non plus, ici, du vent qui se leva dans le fond de la valle,
un peu plus tard (cf. f11. Ps. 36, 25; PL J4 (1845), c. 980 A-B, Cf. 1jm, p. 156 et
11. 87).
79. RuFrx, Hist. Eccl., II, 33 (c. 540 A-B) : Bacnrius ... aginina.hostium conferta
el constipata perrumpit. Iter per millia 1'uenti11111 ad ipsum tyrannmn, ruptis agminilms
et acervatim fnsis stragibus, agit ...
80. ROSE, A dv. Pag., VII, 35, 13 (p. 529, 1. 5-8) : I\ngenius atque Arbogastes
instructas acies campis expedierant, arta Alpium latera atque inevitabiles transitus
praemissis callide insidiis occuparant, etiamsi numero ac viribus impares foJ'ent,
sola tamen belli dispositione <'ictores . Le forent est ambigu, d'autant plus qu'en VII,
35, 13 (p. 528, 1. 8-9) Arbogast rassemble des innumeras inviclasquc copias. - Thocloret, aprs le rcit de la premire journe qui a vu la perte d'un grand nombre d'auxiliaires, insiste it plusieurs reprises sur la faiblesse numrique de Thodose (V, 24,
0, p. 325, 1. 22 sq.; rr, p. 326, 1. 7 sq.).
8r. Exode 17, 8-12. I,e rappel cle l'Ancien 'festament est fait deux reprises par
Ambroise au sujet de la mme bataille: Ep. 6r, 3 (c. rr87 A-B) : ... ut Yideremus
nostro tempore quoc1 in Scripturarum lectione miramur ... ; Ep. 62, 4 (c. rr88 C) :
" Victoria tua antiqua more vetustisque miraculis, qualis sancto 111o1>si et sancto
J esu Nave et Samueli atque David, non humana aestimatione, sed coelestis gratiae
effusione tibi collata censetnr ... .
82. Thodose est nn chrtien, mais 011 nous le montre galement fru d'histoire
romaine. Cf. A. PIG.\XIOI,, op. cil., p. 210, 11. 64.
C<
Y.-J1". DCV AL
Le vent miraculeux
AUGUSTIN,
83. Sur ce songe, (Thodore Y, 24, 5 sq). voir les remarques d'A. BRASSEUR,
art. cit., p. 192-4. Chez le mme Thodoret, (V, 6, .r) Thodose a dj eu un songe peu
avant son association l'empire (cf. aussi V, 73, ad finem).
84. OROSR, Adv. Pag., VII, 35, 14-15 (p. 529, !. 9- p. 530, l. 3): Theodosius in
summis Alpihus constitutus, expers cibi et somni, sciens quod destitutus suis, nesciens
quod clausus alienis, Dominum Christum solus solum qui posset onmia, corpore
humi fusus, mente caelo fixus orabat. Dehinc, postquam insomnem noctem precum
continuatione transegit et testes propemodum quas in pretium praesidii caelestis
adpenderat lacrimarum lacunas reliquit, fiducialiter arma corripuit solus, sciens
se esse non solum, signa crucis signum proelio dedit ac se in bellum, etiamsi nemo
sequeretur, victor futurus, inmisit >l. La fin de ce texte effets valait d'tre cite
puisqu'elle nous montre en Thodose un notIYeau Constantin. I,e rappel est explicite,
dans la bouche mme de Thodose, chez Prudence, Contra Symmachum, I, 464-9
(dit. LAVAREXXE, Belles Lettres, Paris, p. l5r-2). Il faut rapprocher de cette mention
de la Croix lors de la bataille de la Rivire Froide, la comparaison que fait Thodose,
chez Thodoret (V, 24, 4; p. 324, l. 23-26), entre l'tendard de la Croix du Christ et
celui d'Hercule (cf. infra, n. 03).
85. Cf. n, 76 ad finem.
86. Orose, qui a plac la prire de Thodose dans la nuit du 5 au 6 septembre
- sans parler ici d'un engagement dans la journe du 5 - , signale, avant de parler
du fameux vent ( ille et ineffabilis turbo ventomm >) VII, 35, r7, p. 530, !. 6 sq.),
la reddition ( = trahison) d' Arbitius qui tait post en embuscade au sommet du
col. (ibid., 16, p. 530, !. 3 sq.).
87. Rufin ne note que la vanit des efforts des soldats d'Eugne, Augustin y
ajoute les impressions des soldats (de Thodose) qui lui ont racont que leurs traits
s'envolaient de leurs mains pour atteindre leurs adversaires. Orose (VII, 35, 18,
p. 530, 1. n-p. 531, 1. 4) est proche ici d'Augustin qu'il amplifie (cf. cependant
Ambroise in Ps. 36, 25, PL, q (1845) c. 980 A).
L'LOGE DE THODOSE
JS
ipsorum tela in eorum corpora retorqueret. Unde et poeta Claudianus,
quamvis a Christi nomine alieuus,
in ejus tamen laudibus dixit :
0 nimium dilecte Deo, cui militat
aether
Et conjurati veniunt ad classica
venti !
(III Cons. Hon. 96-98)
Bien que le doute soit plus que lgitime en d'autres cas analogues 88 ,
nous verrons plus loin qu'un appel semblable des tmoignages oculaires
a toute chance de devoir tre pris en considration 89 . Nous ne devons donc
pas souponner trop vite que le prsent tmoignage direct de soldats a
t invent de toutes pices par Augustin. Rien n'oblige, cependant,
croire qu'Augustin ne connat l'existence de ce vent que par des sources
orales. Claudien, qu'Augustin cite ici, en parle de la mme faon dans les
quelques vers qui prcdent ceux qu'Augustin lui a emprunts : r< L' Aquilon, en lanant du haut des montagnes ses tourbillons glacs, renversa
1' arme ennemie. Il retourna les traits contre leurs auteurs, repoussa leurs
javelots de sa tempte90 i>. Le tmoignage des soldats, comme celui qu'il
a pu lire chez Claudien, apporte Augustin la confirmation de ce qu'il
trouvait chez Rufin.
Mais, de plus, l'appel au tmoignage de Claudien s'explique lui-mme
de faon assez vraisemblable, si l'on se rapporte ce que disait Rufin
de la tempte subite : Les paens ne croiront peut-tre qu'avec peine
ce qui se passa . Augustin est trop heureux de citer le tmoignage de
quelqu'un qui n'est pas inconnu des milieux romains pour lesquels il
crit et qui tait pourtant, selon lui, a Christi nomine aliemts91 Comme
88. Cf. P. Couucm,r,1;, Emprunts et complments de Possidius, lac. cit., p. 616, et
n. 3 sq.
89. Nous verrons plus loin que c'est ce tmoignage direct que saint Augustin
doit ses prcisions sur les statues de Jupiter.
90. CI.AUDIHN, III Cons. Hon., 93-95 : ... Gelidis Aquilo de monte procellis /
Obruit adversas acies, revolutaque tela / Vertit in auctorcs, et turbine reppulit
hastas >>.
gr. Au sujet des vers de Claudien, cits dans la Cit de Dfru, il faut tout d'abord
remarquer que le dilecte de Claudien n'est pas Thodose, comme le dit Augustin,
mais ... Honorius, qui porte bonheur son pre (cf. ibid., v. 89, 93); puis, qu'Augustin
(ou quelqu'un avant lui ? ? ?) limine deux hmistiches trop paens : 0 nimium
dilecte Deo, cui fundit ab antris / Aeolus armatas hiemes, cui militat aether ... >>
(v. 96-97) o nous retrouvons d'ailleurs la mention des vents.
Est-ce de tels vers qu'Augustin infre que Claudien est un pai'.en ? I,a chose ne
me parat plus douteuse, malgr quelques oppositions, depuis P. FARGUES, Claudien,
tude sur sa posie et son temps, Paris, 1933, p. 160 sq., et, en tout cas, l'avis d'Augustin est net. Quant son expression a Christi nomine alienus, elle peut tre explique
par la distinction que fait Orose entre alienus et inimicus: Unus Deus unam fidem
tradidit, unam Ecclesiam toto orbe diffudit : hanc aspicit, hanc diligit, hanc defendit ;
quolibet se quisq11is nomine tegat, si !mie non sociatur, Alienus , si hanc impttgnat,
Inimicus est . (VII, 33, 17 ; p. 520, 1. 8-II). Cette distinction rendrait vains les
efforts de BIRT (dit. des Carmina de Claudien, in 1VIGH, Auct. Antiq., t. X, Praef.
p. LXII -- cf. P. FARGUES, op. cit., p. 156 et n. r). F,Jle rendrait compte mme des
Y.-JJ. DUVAL
158
pomes d'inspiration chrtienne que l'on trouve dans son uvre, si l'on prouvait
qu'ils sont bien de lui (Cf. I'. FARGUI<;S, op. cit., p. 159 sq.). - Orose, au sujet de la
Ri\-ire Froide rapporte les mmes yers que saint Augustin, en les donnant comme
ceux d'un poeta eximius sed paganus pervicacissimus . (VII, 35, z r ; p. 53r-2).
La prsence du mot par;anus s'explique ici la fois par la date un peu plus tardive
(.p7) et, surtout, par la qualit littraire moindre du texte d'Orose. Comme l'a
montr :Mlle . DE:lfOUGEO'.t (Remarques sur l'emploi de Paganzis, in 11Ilanges
A. CU,DERINI et R. PARIBE::n, I, Milan, 1956, p. 345), le mot paganus ne se trouve
que trois fois dans le texte de la Cit de Dieu (V, 23 ; VIII, z6 ; IX, 9). Augustin
vite longtemps ce mot vulgaire. Si les titres des chapitres du Breviculus contiennent
souvent eu reYanche ce mme terme, ce n'est pas une preuve, comme serait prte
l'admettre ::\Ille DI<:nIOl'GEOT (ibid., p. 346, ri. 77), qu'ils ne sont pas de saint Augustin
lui-mme. Cela provient du fait que ces titres ont t composs, par saint Augustin,
en mme temps que sa lettre Firmus, aprs l'achvement de la Cit de Diett,
c'est--dire l'poque mme o, selon l'enqute de Mlle DE:\IOUGl>OT, l'emploi de
pa;1.anus se gnralise chez Augustin comme chez les autres crivains. Sur le Breviculus, cf. H.-I. l\faRROU, article cit la n. 5 et r57. -- Cf. n. 68 la remarque sur
l'emploi de monaclrns.
92. Civ. DG'i, V, 26, 1 (p. 756) : Victor autem sicnt crcdiderat et praedixerat,
J otis si111ulacra, quac advcrsus cum fuerant ncscio qui bus ritibus vclut consecrata. et
in Alpibus constituta, deposuit eorumque fulmina, quod aurea fuissent, jocantibns
(qnocl illa laetitia permittebat) cursoribns et se ab eis fnlminari yclJe clicentibus
hlariter benigneqne donaYit . Aucune mention de ces statues ni chez Ambroise
(E.p. 6r, 3, c. I 187 A-R: nulli Yertices montium ad\-entus tui curnum rctardarent ... ),
ni chez Orose (VII, 35, 13 ; p. 529, 1. 5-7 : Eugenins atque Arbogastes ... arta Alpium
latera atque ine\itabiles transitns praemissis callide iusidiis occuparant i:), ni chez
Socrate (V, 25, PC 67, c. 652 B-C) et Sozomne (VII, 22, 6 ; p. 335, 1. 21 sq.),
ni, hien entendu, chez Claudien (ln l'rob. et Olyb. cons., lo+-r10: congestis scopnlis;
semirutae tnrres a\ulsaque moenia i>; II fo Cons. Hon., 89-92 : muuitis lacis; seopulis
rcnss ; I r- Cons. Hon., 103: clansos montes i>). La plupart parlent pourtant des
passages fortifis, mesure que l'on twait prise autrefois contre les incursions barbares
(cf. Ambroise, de Ere. Satvri, I, 31 m., PL 16 (r845), (', 1300 B-C).
93. Tm~;ODORE'.t, Hist. Eccl., V, 24, 4 (p. 324, 1. 23-26) et V, 24, 17 (p. 327, 1. Ssq.).
Voir H. Br,OCH, A new document of the last pagan revival in the West, in Hai'vard
Thcological Revi,;w 38 (1945), pp. 199-244, surtout pp. 236 sq. ; et, The pagan revival
in the rVest at the end of the fourth century, in A. ::\fo:\IIGI,IANO, The conflict bctwecn
L'LOGE DE THODOSE
159
rvle qu'on avait consacr Jupiter, contre Thodose, des statues riges
dans les Alpes. Or Rufin, s'il ne parle pas explicitement de ces statues,
et encore moins de ce que Thodose en fit aprs la bataille, n'est pas
sans connatre leur existence. Il semble bien y faire allusion, dans un
passage qui ne parat pas avoir t remarqu. Rufin dclare, en effet,
que '' ds que Thodose, appuy sur le secours de la vraie religion, commena s'approcher des dfils des Alpes, les dnions qui on sacrifia
en vain tant de victimes, furent les premiers s'enfuir, alarms qu'ils
taient par la conscience de leurs mensonges ))94 , c'est--dire, de leur fausse
prdiction de la victoire d'Eugne. Pour un chrtien du ve sicle, Jupiter
ne peut tre qu'un dmon et Augustin a trs bien senti l'allusion qui a
chapp aux lecteurs des sicles postrieurs. Il greffe donc cet endroit
du rcit de Rufin l'anecdote des foudres d'or qui lui a sans doute t
conte par les soldats mentionns plus haut et que le texte de Rufin lui
remet en mmoire.
rGo
4. -
Y.-J1!. DUVAL
La clmence de Thodose:
95. Civ. Dei, \-, 26, I (p. 756, suite) : " Inimicorum suorum filios, quos, non
ipsius jussu, belli abstulerat impetus, etiam nondum Christianos ad ecclesiam
confugientes, Christianos hac occasione fieri voluit et Christiana caritate dilexit,
nec privavit rebus et auxit honoribus ~. Cela ne s'applique pas an fils de Maxime !
(cf. supra, n. 60).
96. PAULIN de MILAX, Vita A mbrosii, 3r, fin (c. 38 A) : " ad tuitionem eorum qui
ad ecclesiam confugerant etiam ipse (Ambrosius) Aquileiam perrexit precandum
pro eis . Paulin utilise ici deux lettres d'Ambroise que nous possdons (Ep. 6r, 7
et 62, 3 - Sur le tribun Jean cit Ep. 62 et VA, 3r, cf. infra, p. 178 et n. r7r et
r72). I,a clmence de Thodose en 388 est clbre par Pacatus dans son Pangyrique de 389 ( 44, 45-46) et Symmaque, qui avait pris parti pour l\faxime, lui dut
la vie. Claudien la chante lui aussi (IV Cons. Hon., II3 sq.). Quant Ambroise,
il en fait l'un des leit-motiv de son de Obitu Thcod. ( 4 fin, r2, 13, r6, r7, 33 etc).
en la donnant en exemple au fils de Thodose. Ambroise revient sur le mme sujet
un peu plus tard: in Ps. 37, r9 (PL 14, c. 10r8 B -Cf., pour la date, J .-R. P.\I,ANQUE,
op. cit., p. 552 - Dans un sens diffrent, l\I. PETSCHEXIG, CSEL 62, p. r50, n. ad
lac.). Voir encore, l\I. Pm,r,EGRr:-<o, Paolino di l\Hlano, Vita di S. Ambrogio, Roma
(r96r), p. 96, n. 7 fin, dont nous n'avons malheureusement pu disposer qu'aprs
la fin de ce travail.
97. Sur la poursuite de la carrire de Nicomaque Fla\ien junior, cf. PAULYWrssov,\, RE, VI, 2, r909, n 15, c. 251 r-2 ; O. SEECK, uvres de Symmaque dans
les NIGH, Auct. Antiq., t. VI, r, p. LIX, n. 244-7, anc la remarque de la fin de la
n. 244 , . DI<;;-.rnuGIWT, o.c., p. III et n. 90, p. 213 et n. 486. L'auteur, qui cite
d'autres textes, et en particulier Prudence, Contra Symm., I, 6r6-62r, ne voit dans
cette clmence qu'habilet politique (pp. 109-rr o). Certes, mais pourquoi refuser
toute composante religieuse dans cette mesure qui fut certainement complexe,
pourquoi ce baptme forc ?
98. Civ. Dei, V, 26, r (p. 756 suite) : < ln neminem post victoriam pri\atas inimicitias valere permisit. Bella civilia non sicut Cinna et l\Iarius et Sulla et a!ii tales
nec finita finire voluerunt, sed magis doluit exorta quam cuiquam nocere voluit
termina.ta .
99. Cf. de Civ. Dei, III, 27-29. On trounra cependant chez Pacatus, Paneg., 46,
(dit. GALLE1'IER, pp. r r 2-3), non seulement une opposition analogue entre Thodose
et i\Iarius, Cinna, etc., mais aussi l'ide {cf. Civ. Dei, III, 29, p. 514) que Rome a
plus souffert des guerres civiles sous Csar et Sylla que des invasions carthaginoise
L'LOGE DE THODOSE
161
F. -
LA
et gauloise. (Roma) cui damna graviora scissus in partes civium furor quam portis
imminens Poenus aut receptus muris Gallus intulerat ; cui Alliensi die Emathia
funestior, Cannis Collina feralior ... L'allusion l':f:mathie concerne Pharsale
(contra, GAr,r,m'n;R, p. II 3, n. I). - Sur le problme de la guerre ciYile chez les empereurs chrtiens, voir, dans la tradition d'Augustin, sans doute, Orose, VII, 35, 6-9
(pp. 526-7), 20 (p. 533, 1. II sq.). Cf. n. 69. fin.
100. I,'affaire de Thessalonique (II, I8), les mesures contre les hrtiques et les
paens, les diverses affaires religieuses d'Orient s'intercalent leur place chronologique entre les deux guerres contre les usurpateurs (Maxime, I7 ; Eugne, 31-33).
Si, partir du 19 qui va nous occuper ici, le rcit s'attache des faits d'ingale
importance, son plan n'est pas moins net: le 19 concernait tout d'abord les affaires
chrtiennes et les rapports avec les hrtiques : ceci est trait dans les 20 (Apollinaire) et 21 (les successions piscopales). Le reste ( 22-30) concerne les lois antipaennes dont il est question de faon gnrale dans la deuxime partie du 19.
Rufin ne parle pas du fait que Thodose eut plus d'un gard, avant son retour en
Orient de 391, pour le paganisme, ni ne signale que l'une des plus fameuses lois
a t donne Aquile, sur le chemin du retour (Cod. Tlzeod. XVI, lO, II, le 16
juin 391). Elle entrainera la ruine du temple de Srapis Alexandrie, dcrite
pourtant longuement aux 22-23.
lOI. Ou plutt, et c'est un indice supplmentaire, toutes les activits militaires
que Hujin rapportait. Rien n'est dit, par exemple, de l'activit de Thodose sur les
frontires de l'Est.
102. Ensslin cite entirement ce passage en conclusion de son ouvrage (p. 87)
et commente (p. 88) : Der Kirchenvater hat hier den eigentlichen Wesenszug des
Kaisers wenn auch vielleicht mit einer leichten Verlagerung der Gewichte klar
herausgestellt. Christ sein und Kaiser sein war nach des Theodosius eigener Auffassung ein ihm von Gott erteilter untrennbarer Auftrag, und daraus ergab sich fr
11
Y.-M. DUl'AL
162
RGFI:\',
Ibid.,
II,
I<),
Ibid.,
(p. 758, J. I-6} :
(a) Inter haec omnia, ex ipso initio
iinperii sui, non quievit justissimis
et rn.isericordissimis legibus adversus impios Jaboranti ecclesiae subvenire quam Yalens liaereticis favens
Arianis vehcmenter adflixerat.
AUGUS'l'IX,
L'LOGE DE THODOSE
19,
(C. 526 B) :
suite,
AUGUSTIN, Ibid.,
(p. 758, ], 6-9) :
q3.
Y.-M. DUVAL
L'LOGE DE THODOSE
l\Iais Rufin n'est pas oubli pour autant. Aprs l'avoir dlaiss pour le
dbut de sa prsentation des faits, Augustin revient lui pour la dernire
scne de ce dernier pisode. Plus que tout autre, ce passage nous permet de
juger du travail de l'auteur de la Cit de Dieu et de voir en pleine lumire
la thse qu'il veut dfendre en ces pages.
PAULINDEMII,AN,
V.A.
Ibid.,
(p. 758, 1. 9-If) :
AUGUS'I'IN,
Ibid., II, r8
(c. 525 B-C) :
RUFIN,
(a) Per idem tempus subreptione quaclam daemonis, turpis macula religioso principi
musta est. Etenim, cum apucl
Thessalonicam, seditione
exorta, quidam ex militaribus vir impetu fuisset populi furentis extinctus,
(b) Promisc:rat enim illi im- ( b) cui jam episcoperator se veniam daturum pis intercedentibus
cidbus supradictae civitatis. f'romiserat indulgentiam,
(c) tumultu quo- (b) Ob hoc, cum a sacerclorumdam, qui ei co- tibus Italiae argueretur,
haerebant, vindicare compuls11s est
(d) Qnod factum ubi cognovit sacerdos, copiam imperatori ingrecliendi ecclesiam denegavit, nec prius dignum judicavit coetu ecclesiae vel
sacramentorum communione
qnam publicam ageret poenitentiam. Cui imperator contra asserebat David aclulterium simul et homicidium
perpetrasse. Sed responsum
illico est : " Qui secutus es errantem, sequere corrgentem " Quod ubi audivit clementissimus imperator, ita
snscepit animo nt publicam
poc11ite11tiam non abhorreret.
r66
Y.-:lT. DLTAL
vention des vques d'Italie (du Nord) 113 suivit le crime et prit la forme
d'une rprimande. Augustin, sans mme se demander o se trouve ce
moment Thodose, lui fait promettre tout d'abord l'indulgence, comme
Paulin, et il explique son revirement par l'action de son entourage.
Paulin avait prsent les choses de la mme faon, mais avec quelques
diffrences de dtails fort importantes pour notre propos.
Si Paulin, en effet, souligne qu'il y eut changement de dcision, il
dclare qu'il se fit l'intrieur du Conseil del' empereur, l'insu d'Ambroise
auquel promesse, dit-il, avait t faite ; mais il ne met aucunement hors de
cause 1' empereur lui-mme, comme Augustin a tendance le faire en rejetant toute la responsabilit sur l'entourage de Thodose. Ces courtisans,
loin d'agir secrtement (occulte) comme chez Paulin, manifestent maintenant grands cris (tumultu) et le forcent presque (compulsus est) svir.
Il n'y a encore l, de la part d'Augustin, qu'un gauchissement des renseignements que lui fournissait - non sans erreur - Paulin. Car ce dernier
a, lui-mme, mal interprt la lettre d'Ambroise Thodose, lorsqu'il a
mentionn une promesse faite l'vque de l\Iilan 11 4.
r13. Ces ,ques d'Italie (du Nord) sont ceux qui sont groups autour d'Ambroise
(cf. Ep. 5r, 6; c. u6r B-C- Cf. n. IJ 5). Rufin tient-il ces renseignements de Chromace (vque cl' Aquile depuis 388) qui assistait sans cloute an concile auquel participaient galement des vques gaulois et qui tait runi l\Iilan au moment o y
L'IiLOGE DE THliODOSE
Y.-M. DUT'AL
r68
CONCLUSION
Un certain nombre de conclusions s'imposent, en ce qui concerne
saint Augustin, tant pour la comprhension de la premire partie de la
Cit de Dieu, pour la saisie du dessein d'Augustin 118 et l'examen de sa
mthode de travail 119 , que pour la prsentation qu'il fait des vnements,
avec ses erreurs, ses dformations, et aussi ses apports la connaissance
des faits de la fin du rve sicle120.
Chemin faisant, de plus, les sources elles-mmes d'Augustin nous ont
fourni quelques indications qu'il nous faudra mettre davantage en lumire121. Elles ne sont pas sans intrt, en effet, tant pour l'histoire gnrale que pour la datation de la Vita Ambrosii de Paulin de Milan 122 .
la scne qui le suivit (cf. siipra, n. r r4), Paulin utilise aussi la lettre 40 d'Ambroise
Thodose o l'empereur est dj reprsent sous les traits de David, qui entend
les remontrances de Nathan (Ep. 40, 22; c. 1ro9 A-B). Il semble mme que, lors dn
sermon, Thodose a d sentir !'allusion devenir claire partir du moment surtout
o Ambroise a repris !'exemple de David et l'a dvelopp peu prs de la mme manire
que dans sa lettre (Ep. 41, 25; c. lI20. - A partir du 26, l'vque s'adresse direcment l'empereur : c. 1120 B).
- La contamination par Paulin des lettres 40 et 41 a t vue par M. P1'r,LEGRIXO,
(op. c., pp. 14-5) qui note le got de Paulin pour le paralllisme rhtorique : on peut
justement appliquer cette remarque notre petit dialogue et donc tendre cette
utilisation par Paulin la lettre 51 !
rr7. Libido dominandi ct de la supeibia ou de 1'1:mpia curiosilas. Voir le texte
clbre du de Civ. Dei, XIV, 28 sur les deux amours, o la premire partie, qui snnole
les livres I-V, retient comme trait distinctif de la cit tenesfl'e , la dominandi libido,
tandis que la deuxime partie, qui concerne les livres VI-X, retient la supnbia,
intellectuelle (BA n 35, pp. 464-6). Sur cet orgueil de l'esprit, en particulier devant
l'Incarnation, voir G. MADEC. Connaissance de Dieu et Action de grces. Essai sur
les citations de l'p. aw: Romains I, rS-25 dans l'u11re de saint Augustin, in Recherches
Augustiniennes, II, Paris, r962, pp. 273-309.
n8. Infra, pp. 171-175 et surtout p. 173. r~e sens de cet loge est alors clair.
r r9. Infra, p. r69.
120. Infra, p. r75-176.
I2I. Infra, p. l76-r77.
r22. Infra, p. l77-r78 et surtout p. 178-r79.
L'LOGE DE THODOSE
169
* **
Pour qui s'intresse la Cit de Dieii et la mthode de travail d'Augustin,
le problme auquel la rponse de notre tude peut tre la plus nette
concerne la ralit de l'utilisation des textes de Rufin et de Paulin de
.1Iilan dans cet loge de Thodose. Laissons de ct, ici, le biographe d'Ambroise : son nom a dj t cit et il ne nous offre qu'un champ de rflexion
trop restreint, puisque son tmoignage 11' est utilis qu'en un seul passage 123 .
IO
Y.-M. DUVAL
1 24. Par exemple, sur le choix de Thodose par Gratien (p. r 46-7), la mort <1e
Valentinien (p. r49), les consultations du moine Jean (p. r5r-3), etc.
125. Par exemple, sur la mort de Valentinien (p. r49), sur l'usurpation d'Eugne
(p. r50).
r26. Par exemple, pour l'attitude de Thodose ds it Yis des hrtiques et des
orthodoxes (p. 162).
r 27. La succession des deux d,eloppements sur la politique religieuse de Thodose
(p. r 6r-r64).
L'J;LOGE DE TH!~ODOSJ~
171
128. Grce au l'. Cl. :C.Io;rntsmn', j'ai pu consulter la fin de ce tra\ail la thse
de doctorat en thologie de (;ratien R.\SPUDIC, Les lhnents apologtiques dans
l'Histoir ecclsiastique d'Eusbe, Lyon, s.d. (1938), mentionne par M. VILLAC\"
(art. cit., p. 165, n. 2). L'auteur consacre une quarantaine de pages (pp. 171-215)
aux relations entre l'Empire et le christianisme d'aprs l' HE. J'en cite la dernire
phrase qui ouyre une perspecthe inhabituelle, et, mon sens, assez juste : (< Ce n'est
pas, nous le rptons, Constantin qui smn-e proprement le christianisme, mais c'est
le christianisme qui sauye Constantin de ses ennemis, et, par l'intermdiaire de
Constantin, l'Hmpire Romain. C'est bien l, nous Youlons le croire, l'aboutissement
de l'HE (p. 2 r5). De mme (p. ro): (<Dans l'HE l'yque de Csare prtend mettre
la Rome impriale deYant ce dilenme : ou le christianisme ou la ruine. Je n'ai pas
cru de\oir corriger mon propre texte, car la tendance de Rufin ne me semble pas
aussi nettement tranche, mais nous sommes bien cependant dans la mme atmosphre, comme le montre le jugement sur le dsastre cl' Andrinople. (Un chapitre (6)
de cette thse a t imprim J ,y on, en H)39, par les soins des dit. Bosc Frres
:\I. et l~. RIOU, 64 p. - Notre premire citation figure la p. 60).
Sur la pense politique d'Hnsbe, voir J. Smrxf,LI, Les vues historiques d' Eusbe
de Csare durant la priode prlnicenne, Paris, 1961, pp. 388 sq. ; F.-E.CRAXZ, De
Civitate Dri XI", 2 and A 11g11sti'.nes Jdea of Christian Society, in Spcculum, 1950,
pp. 2 r5-225 (en trad. fran. dans Rev. lit. A ur;., 3, 1957, pp. 15-27, surtout pp. 24-27)
dont la deuxime partie oppose Augustin Eusbe. Du mme, Jnr;dom and l'olil.1
in Eusebius of Caesarea, in HTHR, 45, 1952, pp. 47-66.
129. RrFIX, His!. Eccl., I, 1 et 4 - Cf. M. VII.LAIX, art. cil., p. 189-190.
130. Ibid., II, r (c. 507) : Post Juliani necem tandem cfrile nabis Joyiani reparatur imperium. Is namque sub uno eodem tempore imperator et confessor et male
illati extitit depulsor erroris
r3r. Ibid., (c. 507 C) : Rufin se fait l'cho d'une tradition (dicitur, perhbentur)
selon laquelle J oyien aurait tout <1' a bord refus la dignit impriale qui lui tait
offerte an milieu de l'anne paenne de Julien, en proclamant qu'il tait chrtien,
et qu'il n'aurait accept que cleyant les protestations des ses collgues qui s'crirent:
Xous aussi, nous sommes chrtiens ' Ht l'historien poursuit .: Denique statim
aclfuit ei divina clementia contraque omnem spem, cum clausi unclique hostilms
tenerentnr nec evaden<li facultas ulla suppeteret subito emissos a barbaris oratores
aclesse dclent pacemque deposcere, exercitui quoque inedia consumpto cibos
ceteraque necessaria in mercimoniis polliceri omnique hnmanitatc nostrorum temeritatem emenclare . On comparera ce miracle la protestation de foi de Thodose
it la Rhire Froide, suiyie, elle aussi, aussitt, rl'un effet clatant (cf. p. 156).
132. I,a fin de ce mme chapitre (Ibid., II, I,; c. 508 C) dveloppe uneimagerle
srnit aprs la tempte : Fhi, in Yiginti et novem annos pace composita, ad Roma111u11 regressus est (J ovianus) solum clar-iorquc lux nostro se orbi ex orientis partibus
oborta diffudit, rem publicam quasi post nimias procellas 011111i mocleratione aggreditnr reparnre ... On ne souponnerait gure lire ces seules lignes, que la paix
signe avec les Perses fut une lourde capitulation. Ce chapitre dpend de Grgoire de
~aziance, Or. v, 15 (P. G. 35, col. 681-683 Jl). Saint Augustin sera beaucoup plus
explicite (cf. n. l +7).
172
Y.-M. DU V AL
la mort, mais aussi la dfaite de l'Empire devant les Barbares Andrinople133 ; en Occident, dans l'action de Valentinien II et de Justinel3 4
Il n'en reste pas moins que la figure et le rle de Thodose dominent ce
second livre et lui donnent son aspect triomphal : c'est le catholique
Thodose qui succde en Orient l'arien Valens et qui, cc ds le dbut de
son rgne )) 135 , y favorise le catholicisme. Lorsqu'il intervient en Occident,
il y rtablit et la foi catholique et le pouvoir de Valentinien II 136 . La guerre
contre le second usurpateur devient une vritable croisade contre le
paganisme. Thodose consulte nouveau en gypte, le moine Jean,
l'interprte mme de Dieu, avant de partir pour l'Occident o l'attendent,
non pas des rivaux, ni mme des ennemis, mais les Paens 137 . Deux
religions s'affrontent et, finalement, si les dmons s'enfuient parce qu'ils
connaissent leur dfaite prochaine, leurs servants -les soldats d'Eugne s'inclinent devant les manifestations surnaturelles de la protection
divine 138 . Tant dans la prparation 139 que dans le droulement de la
bataille, l'empereur chrtien apparat comme l'humble serviteur de Dieu,
qui attend tout de Lui et s'identifie avec Sa cause: Ne forte dicant Gentes,
ubi est Deus eorwm 140 ! On ne sera donc pas surpris que le dernier chapitre
de Rufin soit presque exclusivement politique. C'est qu'Empire et Catholicisme s'identifient ds lors. L'historien nous rapporte les mesures que
Thodose prit la veille de sa mort pour confrer le pouvoir ses fils. De
telles mesures ne devraient gure concerner directement l'histoire ecclsiastique ... ! Et il termine son uvre par cette phrase, qui, semble-t-il,
dvoile bien la thse qu'il veut dfendre : une fois prises les mesures de
passation de pouvoirs ses fils, <c ipse (Theodosius), Romano imperio
feliciter gubernato, ad meliora migravit, cum piissimis principibus percepturus praemia meritorum 141 ii. O est la jelicitas et quelle est-elle! Sans
doute Rufin, comme Ambroise et comme Augustin, place-t-il Thodose
au ciel, mais le bonheur dont il parle est d'abord et avant tout l'heureux
rgne terrestre que cet empereur a connu cause de sa foi, partant
cause de la protection divine qui continue s'exercer sous ses successeurs. Le blocage du politique et du religieux est un fait naturel, qui ne
pose mme aucun problme Rufin. Il est en effet symptomatique
que ces lignes terminent un ouvrage crit au moment o les frontires de
l'Empire craquent 142 , et o se prpare cette invasion qui dferlera bien133. Ibid., II, 13 (c. 523 Cet 524 A). Cf. supra, n. rn6.
134 Ibid., II, i5-16 (c. 523 C-525 A).
135. Ibid., II, 19. Cf. supra, p. 162.
136. Ibid., II, 17 (c. 525 A-B). Cf. supra, p. 148. Il faut remarquer l'ordre dans
lequel Rufin prsente ces deux oprations.
r 37. Ibid., II, 32-33 (c. 538 C-540 C). Cf. suprn, pp. 150.
138. Ibid., II, 33 ; c. 539 B-C (cf. supra, p. 159) et c. 540 B : Aprs la tempte
soudaine : fracto ad\ersariornm anima seu potius divinitus repulso., .. .
139 Ibid., II, 33, dbut (c. 539 AB). Cf. texte cit, p. 154 en haut.
140. Ibid., II, 33 m. (c. 540 A) C'f. n. 78.
r.p. Ibid., II, 34, (c. 540 C-D).
q2. Cf. le dbut de la pr(face gnrale de Rn fin (PL 2 r, c. 461) : tempore quo
dirnptis Italiae claustris, .\Jarico r1nce, Gothorum se pestifer morbus infurUt ...
L'LOGE DE THODOSE
73
174
Y.-!11. DUVAL
147. Selon la rtorsion annonce au contraire dans la lettre r38, 3, 16 (texte cit
la note prcdente), Augustin montre que c'est sous Hadrien (Civ. Dei, IV, 29 ;
p. 620 en bas) et cause de Julien (ibid., p. 622) qne les frontires de l'Empire ont
recul. Il prend soin de disculper Jovien qui fut oblig de pallier la tmrit de
Julien : L'oracle du dieu Terme cessit Juliani temeritati et J oviani necessitati :
(ibid., p. 622). Rufin parlait aussi de tenzeritas (cf. n. 131).
148. Civ. Dei, I, 36 dbut (p. 300) : Mihi quaedam dicencla sunt aclversus eos
qui Romanae rei publicae clades in religionem nostram referunt, qua diis suis
sacrificare prohibentur ... ; IV, 2 dbut (p. 532) : " Promiseramus ergo quacdam
nos esse dicturos adyersus eos qui Rornanae rei publicae clades in religionem nostrarn
referunt et cornmemoraturos (... ) quae illa civitas pertulit Yel ad ejus imperium provinciae pertinentes, antequam eonnn sacrificia prohibita fuissent ... .
q9. Civ. Dei, IV, 3, (p. 538 ad f.) : Quapropter si Deus Yerns colatur eique
sacris veracibus et bonis moribus serviatur, utile est ut boni longe lateque dizt regnent ;
ncquc hoc tam ipsis quam illis utile rst, qui bus regnant. Nam, quantum ad ipsos pertinent, pietas et probitas eormn, quae magna doua Dei sunt, sufficit eis ad veram
felicitatem, qua et ista vita bene agatur et postea percipiatur aeterna . Cf. de mme
Ep. 138, 2, 15, (ibid., p. 141, 1. I6-p. 142, 1. 2).
150. Civ. Dei, V, 17, l (p. 714) : Quantum pertinet ad hanc vitam mortalem,
quae paucis diebus ducitur et finitnr, quid interest sub cujus imperio Yivat homo
moriturns, si illi qui imperant ad impia et iniqua non cogant ? De pareilles affirmations n'ont pas tre dtaches de leur contexte, bien entendu 1
r5r. Civ. Dei, V, r7, 2 (p. 716):" Quid intersit ad incolumitatem bonosque mores,
ipsas certe hominum dignitates, quocl alii vicerint, alii victi sunt, omnino non video,
praeter ilium gloriae lmmanae inanissimum fastum ....) Augustin exerce sa rflexion
sur une histoire de la Mditerrane de\enue peu peu romaine. En dirait-il autant
de la conqute par les Barbares ?
r52. Qui est donc celle de leur salut religieux.
L'JiLOGE DE THODOSJ:,'
175
rvolu 1 53, la fonction impriale, qui peut tre exerce par un chrtien
pour le bien gnral, n'a pas valeur absolue : celui qui l'exerce doit tout
d'abord songer son propre bonheur vritable. Celui-ci ne peut se trouver
que clans la soumission Dieu et la reconnaissance que tous les dons
viennent de lui 154 . Si l'on y prte attention, le tableau des qualits de
1' empereur chrtien idal est constitu surtout de qualits morales individuelles ; celles-l mme dont la fonction impriale, avec toutes ses
sductions et ses dangers, pourrait amener oblitrer le sens ou mme
ngliger l' existence 155 . I/ loge de Thodose semble bien illustrer la
mme thse. Le bonheur de Thodose est celui qu'il gote au ciel et non
pas seulement le gouvernement heureux qu'il a procur son peuple.
Ce bonheur qu'Augustin lui attribue, comme Rufin, et sans doute clans le
sillage de son Histoire 156 , au terme de son loge, lui provient en fait de
cette foi et de cette pit qui sont signales dans le titre du Brevicius 157 .
Ds lors, cette page n'est d'abord, ni un pangyrique, ni un crit apologtique, mais, avant tout, un document thologique.
***
Pour la connaissance, clone, de l'histoire, il semble qu'on ne puisse faire
simplement crdit Augustin sans, pour chaque fait, examiner soigneusement son tmoignage. Paradoxalement cependant, celui-ci semble
devoir tre reu lorsqu'Augustin est le seul nous mentionner un fait
ou lorsqu'il se rfre explicitement une source d'information orale.
La chose se prsente par deux fois ici : Augustin en appelle au tmoignage
153 Voir en particulier de Civ. Dei, IV, 7 fin (p. 550) : Quamquam Romanum
imperium afflictum est potius quam mutatum, quocl et aliis ante Christi nomen
temporibus ei contigit et ab illa est afflictione recreatum, quod nec istis temporibus
desperandum est. Quis enim de hac re novit voluntatcm Dei ?
154. Civ. Dei, V, l<J (p. 734) : Illi qui vera pietate praediti bene vivnnt, si habent
scientiam regendi populos, nihil est felicius rebus humanis, quam si, Deo miserante,
habeant potestatem. Tales autem virtutes suas, quantascumque in hac vita possunt
habere, non tribuunt nisi gratiae Dei, quod eas, yolentibus, eredentibus, petentilrns,
dederit...
155 Civ. Dei, V, 24 (p. 750). Cf. n. 33. Augustin le signale d'ailleurs ds le dbut.
On remarquera la fois la parent et la diffrence de cet idal aYec celui que les
pangyristes et les philosophes proposent l'empereur du IVe sicle. Voir A. PrGAXIOL, op. cit., pp. 309-3ro. On trouyerait certaines esquisses ds le Pangyrique de
Trajan de Pline le Jenne. Mais il faut souligner ici le rle donn aux vertus de religion
et la puret d'intention, rappele au terme de ce tableau (cf. n. 30). Les mmes
notions peuvent rece\oir des contenus trs diffrents.
r56. Ne serait-ce pas encore, en effet, sous l'influence de Rufin qu'Augustin aurait
achev son portrait de Thodose ? Cf. supra, n. II, dbut du texte cit. Mais cet
exemple montrerait la perfection combien le mme contenu matriel peut recevoir
un sens diffrent. Il ne s'agit plus de la mme flicit. C'est un peu le traitement
qu'Augustin a fait subir l'ensemble du texte de Rufin.
157. BA 11 33, p. 642, ou CC 47, p. XIII: De fidc et pietate Theodosii Angusti.
Sur ce sommaire joint la lettre Fimrns, voir H.-I. )L\RROU, La division en chapitres
des livres de la Cil/ de Dieu, in ,WJlanges de G/idlinc/1, I, pp. 237-238.
Y.-M. DUVAL
1' rection et la dmolition de statues de Jupiter dans les Alpes. Or, ces
faits seront confirms par d'autres tmoignages, ceux de Claudien et de
Rufin pour le moins 158 . On peut aussi lui faire confiance pour le sort
rserv aux fils des vaincus du 6 septembre 394. L'histoire gnrale nous
permet une nouvelle fois de vrifier son assertion pour une bonne part159.
Il n'en est plus de mme lorsqu'Augustin s'accorde avec Rufin ou
ou Paulin. Il n'a pas cherch, en effet, faire uvre d'historien mais
semble s'tre content de rpter ses devanciers. Son tmoignage ne saurait
ds lors faire nombre avec le leur. Il y a mme plus : la manire dont,
pour l'affaire de Thessalonique, il suit tantt Paulin, tantt Rufin, ne
semble pas devoir tre interprte d'un point de vue strictement historique160. Si Augustin choisit, en effet, entre deux versions des faits, ce
n'est pas essentiellement parce que celle de Paulin lui semble plus vraisemblable que l'autre - pourquoi, en ce cas, ne la suivrait-il pas jusqu'au
bout ? -. :Mais son choix est dirig par la thse qu'il veut dfendre :
celle de 1' empereur dont la vritable (( flicit ii est toute spirituelle et
intrieure. Les donnes de Paulin comme celles de Rufin sont refondues
et interprtes d'un point de vue que l'on peut appeler hagiographique
ou mme, comme nous 1' avons dit, thologique.
Cette tendance l'hagiographie a dj t signale chez Rufin comme
chez Paulin 161 et nous avons eu l'occasion d'en relever plus haut l'un ou
l'autre trait. Nos deux historiens semblent cependant sortir grandis de
l'examen auquel nous avons soumis certains de leurs textes. Si l'on peut
reprocher Rufin162 , par exemple, d'avoir bloqu en une seule les deux
journes de la Rivire Froide, il faut cependant reconnatre que les diverses phases de ces deux journes, telles que nous les connaissons par
d'autres sources, sont discernables dans son rcit 163 . Les contemporains,
I 58. Un paen et un chrtien. L'un et l'autre pour le vent subit (cf. p. r 56-157 et
n. 90), Rufin pour les statues, selon nous (cf. p. 159 et n. 94).
r59. Cf. n. 97.
160. Cf. p. r65-r68 et n. rq sq.
r6r. J.-R. PAT,ANQUE, op. taud., p. 415, qui ragit cependant juste titre contre
le discrdit dans lequel avait t tenu cet ounage de Paulin. Mais quel dommage
que ce dernier ne nous ait pas parl davantage des uvres d'Ambroise, quand ce
ne serait que de celles qu'il avait lui-mme copies sous la dicte d'Ambroise !
162. Sur Rufin historien, voir les rserves de M. VILL.UX, art. cit., p. r86, mais
aussi ses louanges : p. 207 sq. L'auteur ne s'est malheureusement gure intress
la description des affaires d'Occident.
163. RUFIX, Hist. Eccl., II, 33 (c. 539 B-540 A) : L'arrive des troupes de Thodose
au col, la disposition des troupes d'Eugne: un corps en embuscade au col (coltocatis
insidiis), le reste de l'arme au bas de la descente (ipsi exspectant) ; les phases de la
bataille : la reddition du corps en embuscade, le massacre de Goths, la prire de
Thodose, l'attaque dcisive de ses troupes et en particulier de Bacurius, suhie du
lever d'un yent violent.
En dehors de l'erreur de chronologie, et sans doute lie elle, la maladresse de
Rufin consiste penser - ou montrer - que l'ensemble des troupes de Thodose
a eu le temps de se dployer dans la plaine, une fois parvenu au bas de la descente ...
Comme si Arbogast, qui avait prvu d'enfermer Thodose, avait t dispos leur en
laisser le temps. Orose dit bien que les caya!iers Goths avaient t envoys en avant
L'LOGE DE THODOSE
177
plus avertis que nous, les remarquaient sans doute, de mme qu'ils
comprenaient demi mot que l'allusion la fuite des dmons, lors de
1' arrive de Thodose auprs des dfils des Alpes, visait les statues
de Jupiter qu'on y avait consacres164 et leur vaine protection. L'examen
de 1' pisode de Thessalonique, o les dtails les plus prcis voisinent
avec les raccourcis et les tlescopages de faits, nons a amen aux mmes
constatations165 . Dans les deux cas Rufin tait bien inform et, compte
tenu de l'objet de son uvre, qui est d'abord d'dification, il a conserv
la teneur des faits.
La mme probit peut tre releve chez Paulin 166, mme si l'on peut
prendre en dfaut, notre avis, la faon dont il utilise les documents qu'il
possdait. A la diffrence de M. J.-R. Palanque, en effet, nous pensons
que Paulin connat la lettre 5r d'Ambroise Thodose 167 . C'est elle plus, mme, que le De obitit Theodosii - qui est chez Paulin la source
d'une erreur dans l'expos des vnements qui ont prcd le massacre
de Thessalonique, ainsi que d'une dramatisation littraire des rapports
de Thodose et d'Ambroise. Du point de vue historique, on peut nouveau reprocher Paulin ces erreurs ou cette prsentation. Mais il n'en faut
pas moins louer la faon dont le biographe, pour des faits dont il n'avait
pas t le tmoin 168 , a recouru, ici comme pour d'autres vnements,
aux documents crits qu'il pouvait juger les plus srs et les mieux appropris l'objet de sa biographie, savoir les lettres mme d'Ambroise169.
(VII, 35, 10 ; p. 53 l, 1. 9 sq). Ils se firent tailler en pices au fur et mesure qu'ils
sortaient de la passe, sans avoir le temps, sans doute, de se dployer et c'est ce qui
dut freiner la descente du reste de l'anne (cf. Ambroise, de Obitu Theod., 7-Texte
cit, supra, n. 78).
164. Cf. supra, p. 158-159 et 11. 92 sq.
165. Cf. supra, p. 165-168. L'pisode est racont, d'ailleurs, sa place chronologique:
lors du retour de Thodose vers l'Orient, aprs sa victoire contre Maxime et son
triomphe Rome (cf. II, 17 fin). llfais, entre la fin aot 389, o Thodose quitte
Rome ( 17 fin : Atque Ipse, posteaquam Romam illustri triumpho invectus est, ad
propria rursus regna remeavit), et 391 ( r9 dbut : Igitur ad Orientem regressus ... ),
Rufin ne trouve que cet pisode de Thessalonique raconter ( 18). L'affaire de
Callinicon (Paulin, Vita A mbrosii, 22-23 - Sur la date, cf. J .-R. PALANQUE, op.
cit., pp. 523-4) est omise. D'autres chapitres fourniraient des exemples analogues
de blocages de faits l'intrieur d'un mme pisode (voir, par ex., Rufin, Hist.
Eccl., II, IO, ou, comme l'a dj not J .-R. PALAXQUE, op. cit., pp. 408-9, les chapitres
relatifs aux affaires milanaises de 386).
166 Dj souligne par J.-R. PALANQUE, op. cil., pp. 421-3. - Cf. supra, n. 16r.
167. Cf. n. I q et n6.
r68. Paulin ne semble appartenir l'entourage d'Ambroise qu' partir de 395.
I4e premier tmoignage personnel se trouve au 32, aprs la mention de la mort
de Thodose. tait-il de Florence et aurait-il suivi Ambroise en 394, comme le
voudrait J .-R. PALANQUE (op. cil., pp. 409-410), ou aurait-il dj t, l\Iilan, le
tmoin, plus lointain ou plus jeune, d'un certain nombre d'vnements ? L'ensemble
de ses renseignements sur l'activit d'Ambroise Florence peut ayoir t recueilli
en 405, lors du repli devant Radagaise.
169. L'tude la plus prcise de cette utilisation des lettres d'Ambroise se trouve
maintenant chez l\I. PI,LLEGRINO, op. cil., pp. 13-15. L'auteur n'envisage pas le cas
de la lettre 51, mais nous croyons avoir montr plus haut (n. rr6) que les procds
utiliss pour l'emploi des autres lettres concordaient avec ce que nous trouvons
dans ce rcit de 1' affaire de Thessalonique.
12
r78
Enfin, si, comme nous ne sommes pas seul le penser 170 , Augustin a
bien, dans ce cinquime livre de la Cit de Dieu, utilis le texte de Paulin,
il faut en tirer pour cette Vita A mbrosii une conclusion qui ne semble
jamais tre venue l'ide de personne. On sait que l'indice le plus sr dont
nous disposions pour dater l' uvre de Paulin est une allusion une prfecture du prtoire de Johannes, qui tait tribun en 394 171 . Or ce Johannes a
t prfet d'Italie deux reprises, en 412 et 422 172 .0n inscrivait donc,
jusqu'au dbut du sicle, la Vita Ambrosii entre ces deux dates1 73,
mais l'on a eu tendance depuis lors retenir la deuxime date 17 4. Le
L'LOGE DE THODOSE
179
texte de saint Augustin, crit en 415, nous oblige revenir, de faon ferme,
au premier17 5. L'apport serait de maigre importance si cette datation
n'obligeait tirer les consquences qui en dcoulent, et, en particulier,
rYiser du mme coup toutes les donnes prosopographiques de la Vita.
Yves-Marie DUVAI<.
29 Dcembre 1965.
rSz
A. ETCHEGARAY
AUGUSTIN ET RASJV!E
>l
LES SOURCES
A. ETCHEGARAY
If?4
Par ailleurs nous savons qu' la mme poque, rasme apprenait aussi
le grec. Introduit la lecture de saint Paul par John Colet lors de son premier sjour en Angleterre (1499-1500), et pouss par ses lectures d'Augustin
pntrer la pense de l' Aptre, il se fit un devoir d'en connatre la
langue. On le voit aussi se familiariser avec la philosophie stocienne
travers des crivains latins comme Cicron, Snque, voire Augustin 16
et 1' on retrouvera dans toute son uvre une profonde sympathie pour
cette philosophie populaire.
B -
STRUCTURE
rasme ne songea pas rdiger son Enchiridion sous forme d'un petit
trait )) bien charpent. Sa propre tournure d'esprit ne l'y portait pas 17 ;
de plus les manuels qu'il avait lus et relus tout au long de sa formation
religieuse (1488-1493) comme les Regulae de Guarino de Verona, le De
educatione liberorum d'Aeneas Silvio Piccolimini, la Lettre de Francesco
Filelfo Matteo Triviano sur la pdagogie des enfants, n'taient pas
en fait des cc traits ii de pdagogie 18 . Enfin, il faut reconnatre que les
uvres d'Augustin qui ont servi rasme pour rdiger son Enchiridion
ne brillaient pas non plus par la clart de leur construction 19 .
Pour le titre Enchiridion, rasme en explique lui-mme le choix son
ami de Saint-Omer : cc Enchiridion, hoc est, pugiunculum modo quemdam
excudimus, quem nunquam de manu deponas )). L'allusion la lettre
de Laurentius cite par Augustin en tte de son De /ide, spe et caritate
est vidente : cc Enchiridion, ut dicunt, habeas et de tuis manibus non
recedat ii. Mais rasme vise aussi l"Eyxstpiiov de Flavius Arrianus.
Alors qu'il s'applique l'tude du grec, notre humaniste veut montrer
qu'il est dj capable de tirer parti du double sens du mot cc enchiridion ))
en prsentant son livre comme un cc manuel )) et comme une arme pour le
combat chrtien.
Les grandes lignes de la premire partie de l'Enchiridion semblent tires
des trois livres du De imitatione Christi. Les chapitres I et II sont inspirs
par le livre premier qui traite du cc combat spirituel i>; les chapitres III-V
cc
p. r5r.
18. Dans la Tabula librorum praecipue legendorum de }EAX DE l\fOMBAER, un
grand ami d'rasme, on trouve cits Petrarque, Pic de la Mirandole, Campanella
et huiusmodi innumerorum (P. DrmoxcxrE, art. Dvotion moderne, dans Dict. de
Spirit., t. 3, col. 742).
19. Cf. H.-I. MARROU, Saint Augustin et la fin de la culture antiq11e (Paris, 1958,
4 d.) p. 54-76. Voir, aussi p. 74-75, o il est question de la ,, compositio chez
Snque, propos de l\L Ar,BER'I'Ixr, La composition dans les ouirnges philosophiques
de Snque (Paris, 1923).
AUGUSTIN ET RASME
185
C -
E?.IPRUNTS ET RJ\IINISCEXCES 22 :
r.
Le prologue de 1' Enchiridion - nous 1' avons dj signal les prfaces de 1' Enchiridion et du De catech. rndibits d'Augustin :
Enchiridion :
Prol. 1!.,}flagitasti non mediocri studio, frater in Domino dilectissime, ut
tibi compendiarum quan1da111 uiuencli
rationem praescriberem, qua itistructus, posses ad mentem Christo digna1il
peruenire... Quo mihi carior es, hoc
impensius gratulor tuo tam salutari
proposito, quod, spero, uel citra nostram operam fortimabit prouehctque
ipse, qui dignatus est excitare. Ego
tamen nimis qua.in libens panti uel
homitii tam amico, uel tam pia postulanti ... Immo uotis communibus benignum illum Iesu Spirit= :imploremus, ut et mihi scribenti suggerat
salubria, et tibi ea reddat efficacia.
(t. s, col. r-z).
voque
De catechizandis ritdibus :
r. Petisti me, frater Deogratias, ut
aliquid ad te ... scriberem. - z. Ego
uero 11011 ea tantum qua.ni f amiliariter
tibi, sed etiam quam matri Ecclesiae
uniuersaliter debeo, caritatc et seruitnte complellor, si quid per operam
meam q11am Domini nostri largitate
possum exhibere, idem eos Dominus
quos mihi fratres fecit, adiuuari
iubet, nullo modo recusare, sed potius
prompta et deuota uoluntate suscipere.
- II, 3. (in fine) ... quae Deus suggesserit disseremus. 4 (PL. 40, 309-311).
Enchiridion :
r, + \'is enim tibi, ut scribis, librum
a me fieri, quem Enchiridion (ut
dicunt) habeas ... - .5 Certum uero
propriumque fidei catholicae funda111entum Christus est. (PL. 40, 232-233).
I,
P. D1:noxcxrn, Les thmes del' Imitation, dans Rev. d'Hist. Eccl. (Louvain)
p. 289-332. Parmi les sources de la deuotio moderna r1 P. Debongnie signale
de faon trs gnrale, saint Augustin, dans la partie affective de ses apocryphes
plus. que dans les traits authentiques . (Art. Dvotion moderne, dans Dict. de Spiritualit, t. 3, col. 742).
2r. I,a plupart des manuscrits d'pictte (u) appartiennent au xc sicle. Cf.
J. SOUILH, Epictte, Entretiens, d. Belles Lettres, 1948, t. I, p. LXX\'.
22. Pour la confrontation des textes, nous adopterons le procd de la mise en
colonnes parallles; mais il nous faut mertir le lecteur qu'il ne s'agit pas de parallles
textuels au sens strict, pour les raisons indiques ci-dessus (cf. p. oo). Ce sont les
emprunts d'ides et de thmes que nous youlons souligner.
20.
1940,
A. ETCHEGARAY
r86
z. - rasme termine le ch. I, <c Yigilandum esse in uita )), par une allusion
au prologue du De agone christiano de saint Augustin. D'aprs la rhtorique
des anciens, l'introduction et la conclusion ont une mme intention 2 3.
Enchiridion :
Cap. II. Nemo hic non uicit, nisi qui uincere noluit. Auxiliatoris benignitas nulli
defuit unqua:m : si caueris ne benignitati illius desis ipse, uicisti. Pro te
pugnabit, et liberalitate:m sua:m tibi
pro :merito i:mputabit. Victoriam omnem illi feras acccptam oportet, qui
primus et solus a peccato iln:munis,
peccati tyrannidem oppressif, ueru:m
ea tibi non sine tua continget indust1ia.
Nam qui dixit, '' Confidite, quia ego
uici mundu:m )) : :magno te uult animo
esse, nonsecuro. Ita demu1111l'incemiis,
si illius exemplo pugnabimus. (t. 5,
col. 6B.)
De agone clw. :
2. Sed habemus :magistrum qui
nobis demonstrare dignatus est quomodo inuisibiles hastes uincantur.
De illo enim dicit Apostolus : << Exuens
carne, principatus et potestates exemplauit, fiducialiter triu:mphans eos in
semetipso )). Ibi enim uincuntur inimicae nobis inuisibiles potestates
ubi uincuntur inuisibiles cupiditates.
Et ideo quia in nobis ipsis uinci:mus
temporaliu:m rerum cupiditates, necesse est ut in nabis ipsis uincamus et
illu:m qui per ipsas cupiditates regnat
in homine. (PL, 40. 29r).
II,
3.
Parmi les leitmotiv de la spiritualit augustinienne et de la deuotio
moderna, l'humilit occupe une des premires places :
Enchiridion :
Cap. II. Balbutit nobis Diuina sapientia, et ueluti mater quaepiam officiosa,
ad nostram infantiam uoces acconmiodat.
Lac porrigit infantulis in Christo,
olus infim1is. Tu uero festina adolescere, et ad solidwn propera cibwn.
Demittit i lla sese ad tuam humilitatem,
at tu contra ad illiu.s s11blimitatem
adsurge. (t. 5, col. 8 F).
De catechi.Jandis rudibus :
15. Hinc ergo factus est paruulus
in media nostrum, tanquam nutrix
fouens filios suos. Nu:m enim delectat,
nisi amor inuitet, dec1trtata et mutilata
ue1ba immimniware ? (PL. 40, 322).
De agone christictno :
xxxm. 35. Ista fidei simplicitate et
sinceritate lactati, nutriamur in Christo
et cum paruuli sumus maiorum cibos
non appetamus, sed nutrimentis saluberrimis crescamus in Christo ... (PL.,
x,
40, 309-3ro).
4.
On ne troitve la paix qtt' en Dieit ; tous ceux qui la cherchent ailleurs
se trompent. Voil une ide reprise trs souvent par Augustin et qui rejoint
en partie celle du dtachement des biens temporels en faveur chez les
philosophes stociens :
Enchiridion militis clwistiani :
Cap. III. Pax igitnr summmn illud
est bonitm, ad quam sua studia, mnndi
quoque amatores referunt, sed falsam,
ut dictum est... Christus enim un us
eam donat, " quam mundus non potest
Enchiridion ad Laurentimn :
63. Pax ista praecellit, sicut
scriptum est, omnem intellectuin ,
neque sciri a nabis, nisi cum ad ea
itenerimus potest. Quomodo enim
pacificantur caelestia nisi nobis, id
XVI,
23. '' Orationis quot sunt partes ? Quattuor ... ad impellendos animos duae, principium et peroratio (Crcfmox, Parti lianes oraloriac r, 4, d. H. Bornecque, coll.
Belles Lettres, p. 3).
Ar:GUSTI.V ET JiRASME
De continentia :
i8. Prorsus ista duo ambo sitnt
houa : et spiritus bonmn est et caro
bonum; et homo qui ex utroque constat,
uno imperantc, alio seruiente, utique
bonum est, sed mutabile bonmu ...
Languorem autem istum culpa meruit,
natura non habuit. Ouam sane culpam per lauacrmn regenerationis Dei
gratia fidelibus iam remisit.... In
tali autem pugna sanitas erit tota
uictoria, nec temporaria sanitas, sed
aeterna., ubi non solum finiatur hic
languor, uerum etiam deinceps mlus
orialttr ... sanat languores cum desideria praua compescit... Hoc fit in
agone certantibus in quo a nobis
noster per eius adiutorimn 1tincend11s
est morbus. (PL 40, 360).
VII,
r88
A. ETCHEGARAY
6. -
Enchiridion ad Laurentium
xxn, 8 I. Dua bus ex causis peccamus :
aut nondum uidendo quid facere
debeamus, aut non faciendo quod
debere fieri iam uidemus, quorum
duorum illud ignorantiae malum est,
hoc infirinitatis ... sed profecto uincimur, nisi diuinitus adiuuemur ut
non solum uideamus quid faciendum
sit, sed etiam accedente sanitate,
delectatio iustitiae uincat in nobis
earum rerum delectationes, quas uel
habere cupiendo uel amittere metuendo
scientes uidentesque peccamus ,, (PL
40, 27r).
7 -
Comment l'humaniste qu'est rasme, aurait-il pu vaincre la tentation de paraphraser un texte fameux cl' Augustin sur le sens chrtien de
la rhtoriqite ?
Enclziridion :
Cap. VIII. Sunt enin1 et philosophis
quidam fines imperfecti, ac medii,
in quibus non oporteat consistere,
quibusque conueniat uti, non frui.
Verum quae media sunt, non eodem
modo omnia, aut co11fe1'unt aut officiunt
ad Clwistwn eunribus ... Et quamquam
omnis eruditio potest ad Christum
referri, alia tamen alia propiore uia
conducit. Ab hoc fine, mediormn
omniun1 utilitatem, aut inutilitatem,
metire. Litteras amas, recte, si propter Christum ... Quod si litteras expetis,
ut illis adiutus, Clwistum in arcanis
litte1'is latentein clarius perspicias,
De doctrina clwistiana :
II, 40, 6o-6r. Plzilosop!zi autem qui
AUGUSTIN ET RASME
perspectum ames, cognitmn atque
amatUlll co111111unices, aut fruaris,
accinge te ad studia litterarUlll... Si
tibi confidis, et ingens in Christo
lucrum speras, perge tamquam audax
mercator longius etiam in Gentilium
litteris peregrinari, atque aegyptias
opes, ad dominici templi honestamentum
conuertere" (can. 4, t. 5, col. 25 D-F).
Confessiones
Mihi autem displicebat,
quod agebam in saeculo, et oneri
mihi emt ualde non iam inflammantibus
cupiditatibus, ut solebant, spe honoris
et pecuniae, ad tolerandam illam seruitutem tam grauem.
1'', 2, 2. In illis annis unam habebam ...
sed unam tamen, ei quoquc seruans
tari /idem. (PL. 32, 749 et 693-694).
VIII, I, 2.
30. RASll,
De catechi-:andis rudibus :
vrr, r r : quod 111axin1e commendandum
A. ETCHEGARAY
190
Enchiridion
Cap. x. Atque adeo isto titulo uel
infelicissimus est diues, quod amicos
ne disgnoscere quidem queat. Alius
in sinu odit, ut tenacem, alius inuidet,
ut opulentiori ... Quod si maxime sit
qui diuitem sincere diligat, ille tamen
non potest quemquam non habere
suspectum... Quiquid igitur comrnoditatis uidentur adducere, id fere
fucatmn, umbraticmn, praestigiosumque est : at uerorum malorum plurimum adferunt, uerorum bonorun1
plurimmn adimunt... Quibus de causis
et spinas appellat Christus, quod
omnem anni tranquillitatem, quam
nihil hoinzni dulcius, mille citris dilaniant ... Desines igitur mirari pecuniam,
si uera bona cum falsis, si fucata
commoda cmn ueris incommodis diligenter expenderis. Si summum ill-ud
bonitin contemplari atque amare condidiceris, quod unmn quod adest, etiam
si reliqua omnia defuerint, abunde
explet animum hominis (t. 5, col. 60
E-F, 6r A, 62 A).
De disciplina christiana
7. Quomodo enim socialis erit
felicitas tua, quam torquet felicitas
aliena ? Nonne cimz coeperit ditesccre
iticinus tuus, et incipere quasi surgere
et ire post te, times ne... sequatur
te, times ne transeat te ? (IX, 9-ro)
Corrumpunt bonos mores colloquia
mala : sepi aures tuas spinis. Sepi,
et spinis sepi, ut ille qui importune
intrare ausus fuerit, non solum repellatur, sed etiam coinpungatur ... Auarus
es, pecuniam amas : beatus esse uis ?
Deum tuum ama. Pecunia te non
f acit beatum ; tu eam f acis ornatam,
non illa te beatwn... respice, et uide
qitantmn intersit inter pecuniain tuam
et Deum tuum. Pulchrior est iste sol
quam pecunia tua, et tamen sol iste
non est Deus tuus. Porro si pulchrior
est lux ista quam pecunia tua, quantum
pulchrior est qui fecit hanc lucem ?
(Pl 40, 673-67 4).
YII,
Enchiridion ad Laiirentimn
74 Iam uero qui eimi, in quem
peccanit, hominem rogat, si peccato
suo mouetur ut roget, 11011 est adhuc
deputandus inimicus, ut eum diligere
sit difficile, sicut difficile erat quando
inimicitias exercebat. Quisquis autein
roganti et peccati sui poenitenti non
ex corde dimittit, nullo modo existimet
a Domino peccata sua dimitti, quoniam
mentiri ueritas non potest (PL, 40, 267).
XIX,
E-F).
AUGUSTI1\' ET RASiVIE
I9I
et grecque, afin de mieux comprendre le message de l'vangile 31 . Le renouveau de la catchse n'aura clone lieu que par un ressourcement biblique
et patristique, compte tenu aussi, comme l'a enseign saint Augustin,
de ce que le paganisme a eu de meilleur.
D -
CONCLUSION
Dans son Enchiridion rasme recourt clone maintes fois aux textes
augustiniens ; il les paraphrase selon son habitucle 32 , ou les transpose clans
son latin lui. Cependant cette inspiration augustinienne apparat
limite et contrarie. En effet rasme semble ne retenir de la morale de
saint Augustin que ce qu'elle a de commun avec le stocisme. Alors qu'Augustin sut, grce son gnie philosophique et sa connaissance approfondie des critures, proposer une vritable synthse de la morale chrtienne33, notre humaniste, malgr son intention de raliser quelque chose
de semblable, n'offre comme morale chrtienne qu'une doctrine qui demeure incontestablement plus proche du stocisme que de l'augustinisme.
II. - La Dilucida et pia explanatio Symboli, quod Apostolorum
dicitur, Decalogi praeceptorum et Dominicae precationis )).
A -
STRUCTURE ET SOURCES
Le titre de 1' ouvrage, en dtaillant les trois parties, indique suffisamment que 1' auteur s'est conform aux formules traditionnelles du Moyen
Age34.
3 r. Et prophetas sanctos, Christum, Apostolos in colloquium adscisce. In primis
autem Paulum tibi facito familiarem ... Atque ut intelligant calumniatores quidam,
qui summam existimant religionem, nihil bonarum litterarum scire, quocl politiorem
ueterum litteraturam per adolescentiam sumus amplexi, quod utriusque linguae,
graecae pariter ac latinae mecliocrem cognitionem non sine mnltis uigiliis nobis
peperimus ... ut dominicum templum ... exoticis opibus pro uirilms exornaremus,
quibus et generosa ingenia passent ad diuinarum scripturarum amorem inflmnmari
(Enchiridion, c. 13, d. cit., t. 5, col. 66 A-C).
32. La verdadera ocupaci6n para un espiritu como el suyo consista en parafrasear : llenar lagunas, sua\izar pasajes abruptos, ordenar lo clesorclenaclo, clesmaraiar Io enredaclo, cleshacer nudos, aclarar Io que estaba obscuro (Allen, 7ro, 26) ...
Pulir y ajustar era precisamente el trabajo que le placia. Es muy caracteristico y mny
explicable que parafrasease todo el Nuevo Testamento, saho el Apocalipsis (J. HurzrxG.\, Erasmo, d. cit., p. 150).
33. Cf. R. HoLTE, Batitude et sagesse. Saint Augustin el le problme de la jin de
l'homme dans la philosophie ancienne, Paris, tudes Augustiniennes, J962, p. 193-300.
34. Cf. le programme du Concile de Tortose (1429): J. D. MANSI, Collectio maxima
conciliorwn omnimn, t. 28, col. I 146. Cependant rasme ne suit pas strictement
l'ordre presque universel l'poque : il insre les sacrements clans le Symbole. On
notera aussi qu'il vite soigneusement, mme dans le titre (Symboli qztod Apostolontm dicitur), de cautionner la lgende des douze Aptres qui auraient compos le
Symbole a\ant de se sparer (Cf. Rc:FIX, Co111. in 5;11111>. Apost. 3, PL. 21, 337).
Iy2
A. ETCHEG/lRA Y
rasme assure que sa source principale est le<< Trait de saint Cyprien))
sur le Symbole 35 : il s'est tromp sur l'authenticit de ce livre 36 , puisqu'il
s'agit de la fameuse Expositio in Symboluni A postolorum de Rufin
d' Aquile ; mais il ne s'est pas mpris sur les qualits de 1' ouvrage3 7 .
Pour les prceptes du Dcalogue )), il s'est servi de l'opuscule de saint
Thomas d'Aquin In Symbolitm Apostolornm scilicet Credo in Demn ))
expositio, tout en formulant une rserve sur son authenticit 38 . Quant
au Pater)), rasme s'excuse de ne pas s'y attarder et renvoie le lecteur
au commentaire de saint Cyprien39 .
Mais il faut ajouter ces sources l'inspiration augustinienne. En 1533,
il y a dj quatre ans qu'rasme a fini son dition du Corpus augustinien :
on comprend qu'il soit imprgn de la doctrine de l'vque d'Hippone.
Dans l'ouvrage qui nous occupe, nous allons voir qu'il s'est servi de nouveau de l'Enchiridion ad Laurentium et du De catechizandis rudibus,
mais aussi du De fide et symbolo, du Sermon 212 in traditione symboli ))
et des De symboli ad catechwnenos libri JV40.
35. Si post multos tamque celebres Ecclesiae auctores, quorum Cyprianus sic
primus inter Latinos hoc tractauit argmnentum, ut praecurrentem hactenus nemo
potuerit assequi, commentarer aliquid in Symbolum Apostolorum >) (Symbolum,
pro!., d. cit., t. 5, col. 1133-1134). .
36. I,e 31 juillet r5r9 J,ouvain, Erasme cri\ait : Symbolum ficlei, quod in
euulgatis pariter ac descriptis uoluminibus Cypriani titulum hactenus possidet,
contra opera diui Hieronymi fertur Rufini nomine>) (lettre ait cardinal Laurent Puc,
d. cit., t. 3a, col. 478-D). En q98 on avait imprim ce texte Oxford, o rasme
arriverait l'anne suivante, mais en l'attribuant saint J rome : Exposicio in
Symbolo Apostorum (J. G. Snroi>xxmLD1x Xotitia sur ~ufin, reproduite clans P.L.
zr, 17). Toutefois, une anne aprs la lettre Pucci, Erasme faisait imprimer ce
commentaire parmi les unes de saint Cyprien (d. Froben, Ble, 1520, p. 35 r
et suiv.). Dans le Symbohtm rasme ne fait jamais allusion son inauthenticit.
37. Homo emunctae naris >)dit de lui dom Prudence i\Iaran (Praefatio aux mres
de saint Cyprien, reproduite dans P.L. 4, II) ; est-ce une fine allusion au fameux
portrait d'rasme par Hans Holbein ?
38. An Thomas Aquinas addiderit, subdubito ... Quamquam hoc opusculum licet
eruclitum ac pium, non uidetur esse Thomae Aquinatis >) (Symbolum, cat. 4, d.
cit., t. 5, col r 16.r F-r 162 A). Dans le catalogue de J. de Mombaer (cf. note r8) on
trome saint Thomas d'Aquin ou ses apocryphes littraires (P. DEBOXGNIE art.
Dvotion moderne, dans Dict. de Spirit., t. 3, col. 742). J. G. Schonnemann cite une
Expositio Symboli et Orationis Dominicae sans date, ni lieu, pi imprimeur, et il
ajoute que ce sont deux opuscules de saint Augustin suivis de aliquot Thomae
Aquinatis et Henrici de Hassia, idem pene argumentum concernentibus et iisdem typis expressis >) (l'v'otitia litteraria in S. A ugustinum, reproduite clans P.L. 47, col. 192).
39. De precatione dominica non disseram pluribus. In promtu sunt in hanc
piorum et eruditorum hominum commentarii, praecipue cliui Cypriani >) (Symbolum,
eat. 6, d. cit., t. 5, col, rr96 E).
40. rasme tient pour authentiques les sermons II, III et IV (P.L. 637-668),
il les a imprims au t. 9 de son corpus augustinien. Les mauristes ne l'ont pas suivi :
Sequuntur alii de Symbolo sermones tres, Augustinum, cui hactenus aclscripti in
ante editis fuerunt, haudquaquam no bis repraesentantes, secl oratorem genere dicendi
ernditione et ingenio mnlto inferiorem >) (P.L. 40, 637-638). Les critiques modernes
sont de l'avis des mauristes.
AUGUSTIN ET RASME
193
EMPRUNTS ET RMINISCENCES
Symbolum
Catechesis III. Hic erat primus gradus
ad cognitionem Dei. Successit lex,
quae mentis lmmanae caliginem nonnihil adiuit, se ea praeterquam quod
uni genti data est, per typos et aenigmata nobis Deus delineauit, praeparans
animos hominUlll ad lucem euangelicam, quae per Filium nabis illuxit.
Naturali lumine ad fastum abusi
sunt philosophi, lex plerisque iudaeis
fuit maioris impietatis occasio... Post
orbem mirabilite1' condituin, post legem
diuinitus datam, post prophetas diuinitus afflatos, misit unicum Filium
factum hominem (t. 5, col. n51 B-C).
Enchiridion ad Laurentium :
rr8 Sed cum in altissimis
ignorantiae tenebris, nulla resistente
ratione secundum carnem uiuitur,
haec sunt prima hominis. Dtinde
cum per legem cognitio fuerit jacta
peccati... Harum quatuor differentiarUlll prima est ante legem, secunda
sub lege, tertia sub gratia, quarta in
pace plena atque perfecta. Sic est et
Dei populits ordinatus per temporimi
interualla... Nam fuit primitus ante
legem, secundo sub lege quae data
est per Moysen, deinde sub gratia
quae reuelata est pe1' primum JJiediatoris aduentum. Quae quidem gratia
nec antea defuit quibus eam oportuit
impertiri, quamuis pro tcmporis dispensatione itelata et occulta " (PL 40,
XXXI,
287).
z
Dans la christologie, Rufin (le cc Cyprien )) d'rasme) ne semble pas
tre parfaitement orthodoxe sur la question du Christ, Fils de Dieu4 2 ,
rasme, sagement, prfre 1' autorit doctrinale de saint Augustin :
Symbolum :
Cat. III : Augustimts in libella de
Symbolo pro una uoce duas ponit :
" Et in I esum Christum Filium
eius unigenitum, unicum Dominum
nostrum '" Sed quoniam ex interpretatione non Iiquet an ita legerit,
probabile est " unigenitmn " additum,
ab aliquo, qui conatus sit explanare.
quare dixisset '' unicum " (t. 5, col.
n53 C).
De fide et symbolo :
Credimus etiam in Iesum Christum Filium Dei, Patris unigenitum,
id est unicmn, Dominum nostrum
(PL 40, 183).
III, 3.
41. Il est question du Christ con1111e chef, parce qu'il est" oint (Comnz. in Sy111b.
A.post., 6, P.L. zr, 345-346).
42. Il est bien probable que Rnfin, en composant son Comm. in Symb. Apost., a
eu sous les yeux les Catecheses ad illuminandos 5 et r r de saint Cyrille de Jrusalem.
L'dition des uvres de Rufin par Domenico Vallarsi (Verona, 1745), reproduite
dans la P.L .. cite les passages parallles du Commentaire sur le Symbole. Or, dj
de son vi\-ant, l'orthodoxie de Cyrille de Jrusalem avait prt discussion; il n'emploie jamais le terme 6oocrto et parfois ses expressions ne sont pas trs nettes. Cf.
J. LEBO", La position doctrinale de saint C;.rille de Jrusalem dans les luttes provoques
par l'arrianisme, clans Rev. d'Hist. Eccl. r924, p. 203-210 et 357-366.
A. ETCHEGARAY
194
De fide et symbolo
per acloptionem filiorum, sicut apostolica doctrina comrnendat (PL 40, 185).
Cat.
IV :
inhinnanu;-et
eum qui sic
beneficiis ad
uocauit ? (t.
De cat. rud :
7 : Et ipsum Dewn, quoniam prior
dile:rit nos, et Filio suo non pepercit,
IV,
AUGUSTIN ET RASME
HJ5
Cette phrase d'rasme montre que sa spiritualit a volu. Les souffrances physiques, les dsillusions, la mort de ses amis les plus chers
l'ont dtach de ce qui passe4 5 , et l'ont douloureusement rapproch de
ce qu'il y a de plus profond dans le message vanglique, la vie en communion avec Dieu, la rponse d'amour l'amour de Dieu, voqu ci-dessus
dans un registre augustinien. En 1501, au contraire, dans l' Enchiridion
militis christiani, tout en s'inspirant de la << Vision d'Ostie J>, il ne parvenait pas dpasser le plan intellectuel et ne pouvait suivre son modle
dans les lans de 1' amour :
Enchiridion :
Conjessiones :
IX, X, 24-25. Cumque ad eum finem
4
Plus loin dans le Symbolum, rasme reprend l'ide d'Augustin sur
le caractre biblique de la catchse :
Symbolum :
Sermon 212:
u65 B).
A. ETCHEGARAY
196
Syniboluin
Cat. IV : Quidam interpretantur uiuos,
pios ; mortuos, impios ; uerum id
coactius est. Symbolo, quod simplicibus est paratum, conueniunt simplicia.
P1,obabiliits est, mortuos accipere eos,
qui ante iudicii diem excesserunt e
corpore : nam simul ut reuixerint,
iudicabuntur ; uiuos uero quos ille
dies in carne 1tiuentes dcprehendct (t.
5. col. u65 B).
De Symbolo ad cateclzumenos :
12. Inde uenturus iudicare uiuos
et mortuos. Viuos qui superfuerint,
mortuos qui praecesserint. Potest et
sic intelligi : uiuos, iustos ; mortuos,
iniustos. Vtrosque enim iudicat, sua
cuique retribuens (PL 40, 634).
IV,
De fide et Symbolo :
r5. Credimus etiam inde uenturum conuenientissimo tempore et iitdicaturum uiuos et mortuos. Sine istis
nominibu~ iusti et peccatores significentur, s1ue quos tune ante mortem
in terris inuentiwus est appellati sunt
uiui, mortui uero qui in eius aduentu
resiwrecturi sunt (PL 40, 188).
VIII,
De cat. rudibus :
XIX, 3r ; XX, 34 ; XXII, 39 Duae ita-
AUGUSTIN ET l~RASME
r97
C -
De cat. rudibus :
53. Praedictum est non solum
a prophetis, sed ab ipso Domino Iesu
Christo, quod Ecclesia eius per imiuersum orbe111 terrarum esset fut1tra, per
sanctorum martyria passionesque disseminata ... P1'aedictuin est etiam quod
schismata et haereses ex eius Ecclesza
essent exiturae, et sub eius nomine
pr1' loca, ubi possent, suam, non Christi,
gloriam quaesiturae... (xxrv, 44) per
quorum adite1'sitates magis magisque
exerceretur Ecclesia et probaretur
atque illustraretur et doctrina eius
et patientia (PL. 40, 346, 341).
XXVII,
CONCI,USIO:N'
ETCHEGARAY CRFZ.
2.
200
PIERRE PETJTMENGJ;V
I. L'IMPLANTATION
zor
r. L'histoire <1e cette entreprise est faite par I,. Dorez, Le ca1'dinal NI arcello
Cervi ni et l'impri1Jlerie Rome (1 139-1:J:)O),1VIEFR I 2, 1892, pp. 289-313, que complte
utilement l'tude de P. Paschini, Un cardinale editore, NI arcello Cervini, clans son
lfrre Cinquecento ro11lano e riiorma cattolica, Rome 1958, pp. 183-217 (il s'agit d'un
article puhli d'ahord dans la lvfiscellanea ... Luir;i Ferrari, Florence 1952, pp. 3834 r3).
2. De cette poque date l'imentaire des manuscrits latins rdig par F. Ruano
(actuellement Fat. lai. 3967 3969), qui sera encore en usage lorsqu'on entreprendra
l'dition de S. Augustin ; sur ce catalogue, cf. mes Recherches sur l'orr;anisation de
la Bibliothque Vaticane .. ., kIEFR 75, 1963, pp. 564-6.
3. Sur cet index (publi en dcembre 1558, mais appel communment index
de 1559 ), on se reportera de prfrence :.\I. Scaduto, Laine:: e l'indice del 1559.
Lnllo, Sabunde, Savonarola, Erasmo, Arcli. Hist. Soc. Ics11 24, 1955, pp. 3-32.
4. Il vaut la peine de citer le texte de la condamnation (d'aprs F.H. Reusch,
Die Indices librorum prohibitornin des sech.;e/mten Jahrhunderls, Tbingen 1886,
p. r83): (prohibitur) Desiderius Erasmus Roterodamus cum uniYersis commentariis,
annotationibns, scholiis, clialogis, epistolis, censuris, versionibus, libris et scriptis
snis, etiam si nil penitus contra religionem \'el de religione contineant >!,
5. I.,e texte en est publi dans Reusch, ibid., p. 208, mais ce savant s'est tromp
en la datant du 24 juin 1561 ; cf. J. Hilgers, Der Index del' verbotenen Bcher ...
rechtlichhistorisch gew1rdir;t, Fribourg en Rrisgau r904, p. S.
202
PIERRE PETITJ11!ENGIN
203
1. C'est Vlimmerius qui, mec Jean Coster, ach\e la rdition des Opera (t. X,
sermons), commence par :\fortin Lipsius ; elle parat en 1569 Ble, chez Frohen ;
cf. Opus epistolar11111 D. Erasmi (d. Allen), t. 3, Oxford r9r3, p. 185, et C. I,ambot,
Jean Flilmnerius diteiw de sermons de saint .1 ugustin, Annales Soc. Roy. Arch. de
Rru:relles 50, r961, pp. 144-149.
2. Cf. les comptes pnblis par G. Beltrani, La tipografia romana dfretta da Paolo
Jianu~:io (extrait de la Rivista Europea, Florence, septembre 1877), p. 18 : Panl
::\fanuce achte un exemplaire du de Civitate Dei per copia alla stampa ,le IO octobre
T 562.
3. C'est la seule dition patristique romaine de quelque importance qui ne sera
pas violemment critique par les savants protestants.
4. Sur la premire, on pourra Yoir H. Hopf!, Beitriige zur G.:schichte der Sixtof\te111 .0nti111:schen Vulgata, I"ribourg en Br. 1913, pp. 77-ror et H. Quentin, Jvlinoire
sur l'tablissement du texte de la Fulfiale, Rome-Paris 1922, pp. 160-168. Sur la
seconde, L. von Pastor, Geschiclztc der Ppste, t. 8, Fribourg en Br., 1920, p. 146, n. 3,
donne une premire orientation ; le ms. 9 de Viterbe (72 du catalogue de Dorez,
Rei'lti: des Bibl. 5, r 895, p. 253) contient des documents de premire main, surtout
des procs-verbaux, qui s'chelonnent entre 1568 et 1577.
5. Cf. les notes des bndictins Prospero ::\fartinengo, de Brescia, Vat. lat. 12607,
ff. qo-154 (Thophylacte) et Hilarion, de Gnes : Vat. lat. 6149, ff. r-q, 90-1 ro
(Chrysostome) et Vat. lat. 12607, ff. 130-138 (Thophylactc).
6. On regrette de ne pas trouyer yoqu cet aspect de l'activit du cardinal Sirleto
clans le livre de G. Denzler, I<ardinal Guglielmo Sirleto, l\lunich 1964.
7. Cf. les lettres de Plantin Arias l\lontanus, en dcembre 1575 (Coinspondance
de Clwistophe Plantin, t. 5, All\ers 1915, p. 97) et un correspondant non identifi,
en 1579 (date trs douteuse; ibid., t. 6, 19r6, p. 126).
8. Elles sont copies sur les Va.t. lat. 495 et 499, qui pour les lettres l03, 104, 179,
r8o, 206, 237 et 263 sont mme les seuls tmoins dont nous disposions; cf. A. Goldbacher clans CSEL, t. 58, pp. :s::s:v-:s:xn. Plantin remercie le P. de Gracye clans une
lettre durer janyier r575 (Corr. de Plantin, t. 4, 1914, p. 223).
PIERRE PETITMENCJN
r. D'o l'enthousiasme du \'ienx Pier Vettori qui dans une lettre du 30 novembre
1577 compare Grgoire XIII Lon X, le pape qui l'on doit les six premiers
lines des Annales de Tacite ... Original dans Reg. lat. 2023, ff. 380-382r ; le texte
est publi cl' aprs une copie dans A. Theiner, Annales Ecclesiastici, t. 2, Rome r 856,
pp. 3.p-3.
2. Cf. Pastor, Geschichte der Papste, t. 9 (1923), p. r79 et ss. et sur le collge grec,
l'article de V. Peri, Inizi e finalit erumenir-Jze del Collegio greco, paratre clans un
\'Olume de Studi e Testi consacr l'attitude du Saint Sige <leYant les glises grecques sous le pontificat de Grgoire XIII.
3. En fait on ne publia gure que les Actes du concile de Florence, mais ce choix
est significatif ; cf. V. Laurent, L'dition p1'inceps des Actes du Concile de Florence
(1577), Orient. Christ. Period. zr, 1955, pp. 165-189,
4. Cf. H. Hopf!, Beitriir;e zur Geschiclzte der Si:rto-K!ementinischen Vulgata,
pp. r r9-r25.
5. Cf. les ddicaces Grgoire XIII qui prcdent l'dition de Cassien (Rome,
D. Basa, r580), f. t 3" et les Homiliae deccm de 8. Jean Chrysostome (Rome, F.
7.:annetti, r581), f. t 3. Une tude complte denait aussi s'intresser la Typographie
orientale mclicenne.
6. Cf. P.-M. Baumgarten, Neue Kunde von alttn Bibeln, t I, Rome 1922, p. ro5.
7. Cf. pour Chacon, :u. Petschenig, CSEL, t. 17, pp. ClX-CX, et pour le S. Ambroise,
C. Schenkl, ibid., t. 32, r, p. LXXVIII, ou O. Faller, t. 73, p. 60*. La critique des
:\Iauristes (P.L. t. 14, c. 18) tait dj trs sYre. On trouyera quelques passages
significatifs comments dans le li\re, assez clceyant du reste, de C. Dejob, De
l'influence du Concile de Trente sur la litthature et les bean:r-arts chez les peuples
catholiques, Paris r884, pp. 06-99.
205
'.206
PIERRE PETITMENGJN
TYPOGRAPHIA VATICAl\A
DIVIXO CONSILIO A SIXTO V. PONT. 111AX.
INS'l'ITVTA AD SANCTORVM
PA'l'RVM OPERA RESTITVENDA
CATHOLICAMQ. RELIGIONEM TOTO
TERRARVM ORBE PROPAGANDAJ\11
207
correctores juste en dessous du cc Salone sistino ,,, c'est--dire l'emplacement de l'actuelle salle de lecture 1 .
Ce fait rappelle opportunment qu'il existait une troite collaboration
entre la Bibliothque rorganise et l'Imprimerie nouvellement cre :
c'est la premire qui devait alirnenter la seconcle 2 . Pourtant Sixte-Quint
institue une administration distincte pour la Typographie : dans sa bulle
Aeterna mtmensi Dei du 22 janvier 1588, qui rorganise les dicastres
romains, il institue une congrgation cc pro Typographia Vaticana deputata ,, 3 , la quatorzime, qui groupe cinq cardinaux, le bibliothcaire
Antonio Carafa (t 1591), Franois de Joyeuse (t 1615), Costantino Sarnano
(t 1595), Scipione Gonzaga (t 1593) et Benedetto Giustiniani (t 1620).
C'est un organisme de dcision ; le vrai travail sera effectu par un
collge de correcteurs, dont la bulle prcise qu'ils doivent tre trs savants,
bien connatre les langues, et provenir de tous les pays chrtiens. Nous
avons conserv diffrentes demandes adresses des nonces ou des
Universits catholiques, on y trouve numres les qualits exceptionnelles
que devaient possder les correcteurs, et aussi les avantages exceptionnels
qui les attendaient 4 . Le Collge devait compter huit membres : deux
Italiens, deux Allemands, deux Franais et deux Espagnols. Nous n'en
avons malheureusement identifi qu'un seul, le thologien belge Henri
Gravius, envoy par l'Universit de Louvain 5 .
Le travail des correcteurs tait soumis aux cardinaux, et en cas de
difficult majeure, ceux-ci devaient recourir au Pape, qui n'hsitait pas
statuer sur des problmes de critique textuelle :
208
r. Id., ibid. On peut rapprocher les ordres donns par Sixte-Quint en tte du
sixime tome du S. Ambroise (cits clans H. Quentin, J1fmoire ... , p. 18r).
2. Cf. Reusch, Die Indices, p. 454 il est yrai que l'index n'interdit expressment
que les ditions, ou plutt les versiones >l, faites ab haeresiarchis Yel etiam ab
haereticis >l.
3. J,'diteur, Pietro Ridolfi, vque de Venosa, s'exprime ainsi dans l'.cl.rgumentu111
in omncs libros .. ., quo eorum ordo correctionisque ratio exponitur, t. I, r588, p. r57 :
quaedam enim superuacanea, falsoque acliecta praeciclimus ; quaedam, quae
deerant, suppleuimus, alia Yero menclose mutata ac reiecta restituimus, etc. .
4. On se reportera aux tudes trs dtailles de Hopf!, Beitrgc, pp. r28-r58 et
de Quentin, i'vlmoire .. ., pp. 170-192.
5. Basa dit fort discrtement dans la ddicace cln t. 4 (r59r), f. $z'": opus ... nonnihil oh tcmporis difficultatem intcrmissum >).
6. Bullarium Romanum, t. ro, pp. Sr-3. Le texte est cit et abondamment comment par P.-:.\L Baumgarten, Ncue Kunde von alten Bibeln, t. I, p. 135 et ss.
209
Caetani en ont fait partie dans les annes 1593-1596 1 , et entre 1604 et
1606, les cardinaux Jacques Davy Du Perron, Robert Bellarmin, Pompeo
Arigone et Bartolomeo Cesi 2 . Par contre partir de nombreux documents,
brefs de nomination, rles de la famille pontificale, mandats de paiement,
etc., il est possible de reconstituer un tableau d'effectifs presque complet3
pour le collge des correctores V aticani (\-oir le tableau pp. 210-2n) ; un
simple coup cl' il permet de voir que le recrutement a t vraiment international : les Espagnols qui jouaient un rle prpondrant vers 1580
ont cd leur place aux Franais et, dans une certaine mesure, aux Grecs.
Un autre changement, presque aussi important, c'est que l'imprimeur
Domenico Basa, entran dans la faillite de la banque Ubertini, rompt
son contrat dans l't 1595 Il aurait d verser 35 ooo cus la Chambre
Apostolique 4 , mais il russit en dfalquer de grosses sommes5 et
ramener sa dette I I ooo cus, qu'il paya en offrant la Camera tout son
stock de livres. Un chirographe du 13 janvier 1596 6 rorganise les finances
de la Typographie, qui passent sous le contrle direct de la Chambre
apostolique ; celle-ci nomme un comptable, Hermes Cavaletti, un garde
du magasin des livres, Gian Francesco Olignano, et un imprimeur qui
n'est autre que Basa lui-mme, en qui le Pape avait toute confiance.
11
PIERRE PETITMENGIN
210
LES EFFECTIFS DE
P. ADMINISTRATIF
Dates
Imprimeur
garde-magasin
l\IORIK'
D. BASA
1593
secrtaire
BANDINI 6
VOSSIUS'
1
BRESSIEN'
1594
1595
D. BASA 1
1596
OLIGNAN0 1
1597
B. BASA'
I598
LRENZINI"
1599
BANDIN1 3
1600
1601
i602
UGONI0 16
r603
1604
Giu. S.
1605
MAU RA
1606
1607
1608 IV
BAKDIJ\Tf
UGONIO
BANDINI
Giu.
S. MAUR
1609
LORENZINI 4
1610
BANDINI 4
1
J.
z. Bernardo Basa est d'abord nomm avec Luigi Zauetti par chirographe du 27
novembre 1596, mais Zanetti se retire, et il reste seul (chirographe du 29 novembre
1596) ; cf. A. St. Roma, Foudo Camerale III, b. 2080, Copia dti Chirografi, if. 7-8.
3. Cf. le registra dei mandati 1599-1600 (A. St. Roma, mme dossier) la date dn
24 mai 1599 (f. 15v).
2rr
IPOGRAPHIE VATICANE
PERSONNEL SCIENTIFIQUE
correcteurs
1
ROCCA"
MEZI0 5
LAMATA 6
CIPRIANI"
AURY'
1
MANUCE 10
TROIANI'
'
11
AGEI,LIO 1 "
SPONDE 13
CAROFILO 1 5
BO NAFE
l'lUAi\1 14
PROVOST 18
!
1
AGEI,I,IO
CAROFIT,O
PRIAM
PROVOST
'tROIANI
212
PIERRE PETITMENGLV
Suite dr s noies
6. Correcteur nomm par lu. bulle Inter graitissimas quas du 20 aoftt 1593 ; cf.
p. 208, n. 6.
7. Maurice Bressieu, clerc du diocse de Grenoble, nomm le 19 no\embrc 1593 en
remplacement de Grard Vossius, dmissionnaire (ASV, Segretaria clei Brevi, t. 209,
f. 12)).
8. Christophe Auty, nomm le 8 novembre 1594 dans un poste nouveau cr
pour lui (ASV, Brevi, t. 227, f. 15 ; supplique au f. 16) ; sur lui, voir p. 218, n. 8.
9. Giovanni Domenico Troiani supple Bressieu, souvent parti en !<'rance, et on
finit par lui crer un poste stable de scriptor supranumerarius (Morin, Opuscula et
epistolae, p. 338) ; cf. Baumgarten, Neue Kunde von alten Bibeln, t. I, pp. 139 et 148.
r o. Alde Manuce le jeune, nomm en remplacement d' Angelo Rocca le 18 mai 15<J5
(ASV, Brevi, t. 227, f. 163).
l r. Cipriani apparat pour la dernire fois dans les Ruoli en mai 1596 (Peri, Due
protagonisti, p. 230) ; j'ai suppos qu'ensuite le poste n'a plus t pourvu.
12. Antonio Agellio nomm le ler mars 1599, d'aprs Baumgarten, op. cit., t. 1,
p. r48. Comme il porte parfois dans les documents le titre de soprastante alla
stampa , j'ai suppos qu'il anlit recueilli la succession, assez honorifique, d' Alde
lVIanuce.
13. Henri de Sponde, clerc du diocse d'loron, nomm le 15 juin r601 en remplacement de C. Aury, dcd (ASV, Brevi, t. 309, f. 259) ; on verra sur lui infra
p. 219, n. 4.
14. Jean Priam nomm le 7 octobre 1602 en remplacement de Francisco Lamata,
parti pour Saragosse (ASV, Ilrevi, t. y26, f. 87).
15. En remplacement de Federico lVIezio, devenu \que de Termoli, on a nomm
par brefs du 5 dcembre 1602 (ASV, Brevi, t. 328, ff. 42 et 44) deux correcteurs qui
se partagent son traitement : Giovanni Matteo Carofilo " greco reoit les 8 scudi al
mese , et Giovanni Bonafde (Bonaf), clerc du diocse de Zante, la parte di
palazzo .
16. Pompeo Ugonio, nomm en remplacement de .l\Iorin le 22 novembre 1603
(Vat. lat. 14475, f. 45, original ; ASV, Brevi, t. 339, f. 378, minute).
17. D'aprs Baumgarten, op. cit., p. r39, Bressieu repart dfinitivement en France
en r 604, et Giulio Cesare Santa JI.Laura lui succde ; celui-ci en tout cas tait en
fonction en 1605 puisqu'un bref lui permet d'ajouter son poste de correcteur celui
de scrittore grec, qu'avait son pre Giovanni Santa Ilfaura (ASV, Brevi, t. 353, f. 310,
sans doute du 13 janvier 1605).
18. Jean Provost, clerc du diocse de Bordeaux, nomm le 31 aoflt 1606 en remplacement de Sponde (ASV, t. 411, f. l).
rg. Tous les personnages figurant sur cette ligne sont nomms dans le rapport
Torres , de mai 1608, cf. infra, p. 222, n. 3.
213
Dsormais la Typographie Vaticane n'est plus une entreprise commerciale vivante, mais une organisation bureaucratique, un des services
de la Curie. Peu importe qu'en 1599 ce soit un savant de talent, Giovanni
Battista Bandini1 , qui en assure la direction administrative. Le malheureux
s'puise rdiger des inventaires, des prises en compte, des mandats
de paiement ... En 1596, simple correcteur, il n'avait pas hsit protester
contre le monopole de la Typographie en matire de livres religieux, qu'il
estimait injuste et nfaste 2 ; devenu directeur des ventes, il s'efforcera
d'assurer la plus large diffusion aux livres de son imprimerie, et essaiera
notamment de conclure des accords avec les Moretus, pour qu'ils reproduisent Anvers les principales publications romaines 3 : peine perdue
pour la simple raison que, au moins jusqu'en 1608, presque rien ne sort
de la lourde machine administrative qu'est devenue la Typographie.
Le cas des ditions patristiques permet de saisir l'cart entre les projets
ambitieux et les ralisations des plus modestes. Nous avons la chance
d'avoir conserv une sorte de programme dans une lettre que le secrtaire
de la Typographie, Pierre Morin, adressa en 1593 un de ses suprieurs,
le cardinal Federico Borromeo4 . Aprs avoir dress un rapide bilan de
la production patristique (o, comme de juste, il rserve la plus belle
part aux savants romains), il envisage les domaines explorer. Supersunt... praeclari aliquot scriptores excudendi Graece, SS. Athanasius,
Gregorius Nyssenus, Ioannes Chrysostomus, item Theodoritus et Origenis
octo libri ad versus Celsum ... )). Tous ces auteurs seront publis dans la premire moiti du xvrre sicle, mais en Allemagne, en France, ou en Angleterre5; il ne semble pas qu'on ait entrepris au Yatican ne serait-ce que des
travaux prparatoires une dition 6 .
PIERRE PETTTMENGTN
f. 2II).
Cf. V. Peri, Il numero dei concili (cit supra p. 205, n. 3), pp. 459-460.
5. Cf. C. I<ambot, Le catalogue de Possidius et la collection cartlwsienne des sermons
de S. Augustin, Rev. Bn. 60, 1950, pp. 3-7.
6. Suppositions d'A. \Vilmart, La collection des trente huit homlies latines de Saint
Jean Chrysostome, Journ. Theol. Siudies 19, 1917-8, p. 312, n. r, et r1e C. Lambot,
rrrl. citf, p. 4, n. 2.
llf.,
215
une Bible tire mot mot de toutes les uvres d'Augustin ))1 ; il envoie
des chantillons de son travail Rome et russit intresser le cardinal
Sirleto ce projet d'une Biblia Aug1~stiniana 2 : elle ne vit jamais le jour,
peut-tre parce que le Vetus Testamentmn secundum Septuaginta latine
reddit1mz (r588) de Flaminio Nobi1i 3 lui avait coup l'herbe sous les pieds
en utilisant dj beaucoup de textes augustiniens.
A Rome, on donne des ditions courantes, en format de poche, des
uvres les plus lues 4 , mais on ne se limite pas l ; on conoit le projet
de publier la Typographie Vaticane non pas une simple rimpression
de l'dition Plantin, mais un nouveau texte, tabli sur de nouveaux frais.
Le P. de Ghellinck attribue cette initiative Sixte-Quint. C'est possible,
probable mme, car l'autre grande dition de la Stamperia Vaticana,
celle des Conciles, a t commence sur son ordre 5 ; de plus, parmi les
correctores qui arrivent Rome en r590-r, il y a l'un des diteurs Lovanistes, Henri Gravius, et nous avons conserv des notes critiques qu'il
avait rdiges pour amliorer son texte des Lettres 6 Toutefois les premiers
documents explicites que nous connaissions datent de r593, donc du
pontificat de Clment VIII.
On consulta alors quelques savants de renomme internationale, non
pour les prier de rechercher des manuscrits, comme on avait fait une
Yingtaine d'annes plus tot pour l'dition du Dcret de Gratien 7 , mais
r. Reg. lat.
2.
Hendrik van Grave ( Gravius), (1536-1591), pro/essor te Leuven, prefect van de Vatikaanse bibliotheeh .. ., Meded. Nederlands Hist. lnst. te Ronze, rue S., t. IO, r959, pp. 227234, et de F. Claeys Bouuaert, Un thologien belge du. XVIe sicle, Henri Gravius,
Rev. Hist. Eccl. 57, r962, pp. 863-871 (sur Je destin de ses livres, on verra infra
p. 219, n. 6 et p. 222, n. 5).
7. Voir l'article trs instructif de \V. Schelhass, Wissenschaftliche Forschmigen
1mter Gregor XIII fr die Neuausgabe des gratianischen Dekrets, Papsttum 1md
J<aisntum (l\Ilanges l', Kelir), ::\fonich r926, pp. 574 et ss,
2r6
PIERRE PETITMENGIN
2r7
r. Par exemple lorsqu'on fixa les manuscrits du de Ci vitale Dei qui seraient choisis
pour tre collationns: cf. Vat. lat. 4992, f. 132' (Urba, Bcitriige .. ., p. 56).
2. Cf. la lettre de ::\forin an cardinal Borromeo reproduite supra p. zq.
3. Cf. l\iorin, Opuscula et epistolae, p. 337 : apucl Illustrissimum Dominum Carclinalem Veronae, qui Yestri sacri con ventus in praesentia Princeps est, ac sententia
Yestra huic eclitioni praefectns (lettre au carc1. Caetani, de 1595), et la note, au dbut
d'un feuillet de collations : ex mandato clni Cardinalis Veronensis cl. 1Iarinus
i Ranaldi!, custos bibliothecae, mihi cledit quartum tomum operum d. Augustini
inquinatum et contaminatum die lunae 25. J ulii r 597 (Vat. lat. 4991, f. 403r). On se
souyient que c'est chez le carrlinal Valier lui-mme, au Palais de Venise, qu'est
cens se drouler son dialogue Philippus siue De Laetitia Christiana, si caractristique
de l'poque ; cf. A. Dnpront, Autour de Saint Filippo 1\Teri . de l'optimisme chrtien,
JIEFR 49, 1932, pp. 219-259.
+ Il s'agit de la rdition lyonnaise de l'dition lo\aniste, parue en 1586 apm1
Ioannem Quaclratum >l. Urba, op. cil. pp. 18-21, raconte agrablement l'affaire,
mais il se trompe sans cloute en disant que la Bibliothque Vaticane ne possdait
pas l'dition cle Plantin; ce que voulaient les scholastici, c'tait un exemplaire eux,
pour y porter leurs collations.
5. Cf. H. Quentin, J1frmofre .. ., pp. 166-168.
6. I./article fondamental du P.F. Ehrle, Zur Gescltichte dn Katalogisierung da
l"atikana, Rist. ]ahrbuclt, rr, 1890. pp. 718-727 est paru un an aprs le tra\ail
cl'Urba, qui l'a peut-tre suscit.
7. Cf. supra p. 201, n. 2.
8. Voir mes Recherches sur l'orr;a-nisation de la Bibliothque !' aticane, 111EF R 75,
1963, spcialement pp. 587-600.
'.2I8
PIERRE PETITMENGJN
que recense Urba sont compris entre les Vat. lat. 250 et I3I9 ; ils se trouvaient donc dans la bibliothque publique, qui comprenait les 2490 premiers
numros. Il aurait t extraordinaire qu'il n'y et pas de S. Augustin
dans la partie secrte : de fait un correcteur plus curieux que les autres,
ou mieux vu des employs, a finalement accs ce domaine rserv et
dcouvre pour les six livres contre Julien << aliud exemplar eiusdem operis
in codice non compacto, qui est in ultima camera secreta bibliothecae
Vatic. in armario viciniori fenestrae ultimae laeua manu cum ingrederis.
Estque in Indice eiusdem Camerae notatus num. 97 )) 1 . En se reportant
au plan que nous avons publi ailleurs 2 , on voit que cette indication dsigne
trs clairement un manuscrit de l'Armoire des livres du Cardinal Carafa,
qui malheureusement semble avoir disparu, lorsqu'on a intgr le contenu
de la << Secreta >> dans le fonds gnral.
La bibliothque publique a, elle-aussi, t rorganise vers r6I2 ;
par suite d'un dmnagement les manuscrits compris entre les numros
r458 et 2490 ont chang de cotes 3 . Un correcteur signale qu'il a dcouvert
un abrg du De natura boni << in codice notato numero 2052 ll, cette
rfrence est exacte, seulement elle ne dsigne pas l'actuel Vat. lat. 2052
(Cosmographia Claudii Ptolemaei), mais le Vat. lat. r792 4 . Si l'on ajoute
quelques erreurs invitables, dues soit Urba 5 , soit aux correctores
eux-mmes 6 , on conoit qu'il y aurait encore moyen d'amliorer notre
connaissance de la << Vorlage >> de 1' dition Yaticane ; mais ce travail
minutieux ne se justifierait sans doute pas dans la mesure o pour ainsi
dire tous les manuscrits utiliss sont encore accessibles aujourd'hui,
ce qui rend inutile de recourir des collations, si fidles soient-elles 7 .
Il me semble par contre intressant d'identifier les diffrents scholastici.
Urba n'en a identifi qu'un, Christophe Aury 8 , qui il attribue les
r. J'ai. lat. 4991, f. 691'", (Urba, Beitriige .. ., p. 72).
ZHJ
PIERRE PETJTMENGIN
220
(Adresse, au uerso)
Al Molto Illustre et Reverendo
Signore
Il Signore Gio. Battista Bandini,
Canonico di S. Pietro et Correttore
della Bibliotheca et Stampa Vaticana.
Roma.
r. Sur cette dition in-8 de Grgoire le Grand (1608-1613), Yoir plus bas, p. 223,
n.
l.
221
Les collations des quatre premiers traits ont t crites par une main
diffrente de celle d'Aury et que j'attribuerais, sous toutes rserves,
?.Iaurice Bressieu1 , puis recopies dans une criture calligraphique2 . Enfin
certains dtails dans la technique de la collation3 me feraient volontiers
supposer qu'Aury n'a pas effectu lui-mme la collation du tome 2, mais
qu'il s'est born transcrire les variantes notes par un autre, peut-tre
Alde le Jeune.
En combinant les renseignements fournis par Sponde, les indications
tires des collations elles-mmes, et ce que nous savons sur les effectifs
de la Typographie, on peut arriver dresser le tableau suivant :
COPII~
COLLATIONS
To::.m
CORRECTEURS
des MAURISTES
Pai'is. Lat.
DATES
TTat. Lat.
II646
--II
III
?
ff. 132-253 M. Bressieu ( ?) 12.rv.1595 ff. 257-399 C. Aury [et X 8.I. l 596-24.VI.1597
ff. I0-1G1r
IV
ff. 16rv-288r
VI
VII
11601
VII
(Auct.)
VIII
V
]. Priam
25.n.1597 1598
IO.X.
ff. 387r-394 V
ff. 338r-387r
ff. 395-.p4
I602 ( ?)-1608 ( ?)
1
r. Les lettres autographes de Bressieu consenes la Bibliothque Nationale, Coll.
Dupuy, vol. 663, ff. 24 et 134, sont d'une dizaine d'annes antrieures, et se prtent
mal une comparaison avec des collations crites la va vite. Sur Bressieu, successeur de Ramus au Collge de France, on se reportera A. Lefranc, Histoire du
Collge de France, Paris r893, pp. 224 et 233. - Latini n'avait jamais sentito alcuno
pi espedito (Ambras. D. 169 inf., f. 192 ; lettre Pinelli du 27 septembre 1856).
2. Bressieu , qui a y ait d'abord collationn une dition parisienne pour le de
doctr. chr. I (cf. Vat. lat. 4991, ff. 133-135), adapte sa collation au texte des Loyanistes
(ib., ff. 140-q3) ; ce re]ey est lui-mme transcrit par une main que je n'ai pas identifie (ff. r37-139). Pour doctr. II-IV, les Locut., le de /ide et l'Ench., on n'a que la
collation de Bressieu, faite directement sur l'dition Plantin (ff. r50-r55, 163-165,
etc), et la copie ealligraphique (ff. 145-147, 147-q9, etc). Il est possible que le dbut
des collations du de Trin. soit d aussi Bressieu, l'critue typique cl' Aury ne
commenant qu'au second feuillet (f. 258).
3. Cf. infra p. 245, n. 4.
'.222
PIERRE PETJTivfENGJN
223
PIERRE PETJTMENGJN
de 1586), avec deux manuscrits dont l'un est vraisemblablement Bodley 136 (Sum.
Catal., n 1900), qui a t donn par James la Bodleian en l6or ; le texte du de
Fide (au moins du f. 76 au f. 78'") y a t enrichi de rfrences aux pages et paragraphes d'une dition, qui n'est pas celle de 1586. Pour rendre le de Fide Fulgence,
Jam es utilise le tmoignage d'un manuscrit de ::\Ierton College, actuellement JY! erton
College 16 (cf. f. 246'").
225
r. Cet accord est en quelque sorte matrialis sur la page de titre d'un exemplaire
des S. Aurelii .Augustini ... sermones novi numero XL publis par Sirmond (Paris
r63r) consen- la I3ibliothque de la Sorbonne. L'imprimeur y a inscrit ex dono
Sebastiani Cramoisy et l'ex-libris du Collge de Clermont, Collegii Parisiensis
Societatis Iesu est de la main du P. Petau.
2. Lettre de Latini Pinelli, du 7 septembre l59I (Ambras. D. 169 inf., f. 295v) :
non ho truouato piu diligente bracco in truouar Jibri nuoui et uecchi, e saper quai
stampa sia migliore con pi aggiunte et in che forma .
3. Sur les ditions anciennes d'Ennode, excellente tude de F. Vogel, dans son
dition, 1\1. G.H., A.A., t. 7 (1885), pp. XI,IX-LI.
4. Bandini a seulement conserv les pages qui contiennent le texte d'Ennode;
elles constituent maintenant l'imprim vatican R. G. SS. Padri, II. 54. Il a t signal
par J\Iercati, Op. min., t. 2 (St. e T., 77), p. 315, n. 2, qui attribue par erreur les
annotations Latini.
5. Cf. l'indication trouve dans le Conto del Sr Gio. Battista Bandini, stampatore Vaticano, l599-r6rn
(A. St. Roma, F. Camerale III, b. 2080) : Ennodio
in 30 mezza gre fogli cinque a sc. cinque no rooo . L'Ennode ne figure pas dans l'inYentaire de r 6ro, ce qui indique peut-tre 1' ab an don de l'entreprise.
lG
PIERRE PETlTMENGJN
vifs regrets pour ce malentendu (il avait cru quel' entreprise tait abandonne depuis longtemps), et il l'invite continuer son travail, en invoquant
le principe, assez neuf pour l'poque\ d'une rpartition gographique
des ditions :
" L'editione sua servir all'Italia, si come quella del Padre Schotto
in Fiandra e Germania, che pet ci credo 11011 lasci di comminciarla
et affrettarla con tutto che fosse auuisato che la mia staua in ordine
pet la stampa '.
Finalement l'anne l6II ne vit paratre que deux ditions d'Ennode,
celle de Sirmond chez S. Cramoisy et celle du P. Andr Schott, un jsuite
lui aussi, Tournai chez N. Laurentius : Bandini avait renonc.
Nous retrouvons encore Bandini dans une entreprise qui nous concerne
plus directement, la publication du De gestis Pelagii de S. Augustin.
Aprs les recherches de C.F. Urba3 , on connat bien la tradition manuscrite
de ce trait : un manuscrit du treizime sicle, le Laurcntianus Pl. 18 dext.,
4 (sigle L), quatre autres du quinzime sicle, le Laur. Pl. 12, 6 (L1), les
Laur. Faesulani IO, (F) et 15 (F1) 4 , enfin l'Urbinas 84 (U) 5 . Quatre copies
du dix-septime sicle se trouvent la Vaticane (Barberinianus lat. 705 :
B; Ottobonianus lat. 783 : 0), Florence (Riccardianus 23rr: R) et Paris
(Bibliothque Nationale, lat. 2097 : P) 6 . L'dition princeps, due Marc
Welser, parat Augsbourg, (ad insigne pignus) en l6II : une autre dition,
indpendante, est publie Combre en 1619 au milieu des uvres posthumes du thologien Francisco Suarez 7 .
r. Sur le cloisonnement qui apparat au xvne sicle entre les productions nationales, on pourra voir I,. Febvre et H. J. Martin, L'apparition du l'ivre, Paris 1958,
pp. 356 et 495-6.
2. Lettre du rcr aot r6r I; Vat. lat. 6zor, f. 268 1'.
3. Elles sont rsumes dans la prface du CSEL, t. 42 (1902), qu'il a publi avec
F. Zycha. B. Altaner, Augustin in der griechischen Irche bis ait/ Photius, Hist.
Jahrbuch 7r, r952, pp. 53-54 a montr que Photius deYait utiliser une traduction
grecque de ce trait; elle n'est pas conserve.
4. Les manuscrits de Florence sont dcrits dans les catalognes de A.-:H. Bandini,
Catalogus codicum latinorum Bibliothecae lvlediceae Laurentianae, Florence, t. 1,
r774, c. ro-II (L 1 ; le de gest. Pel. occupe les ff. rr7"-r42"), t. 4, 1777, c. 530-533
(L ; ff. 73"-89v) ; Bibliotheca Leopoldina Laurentiana, t. 2, Florence 1792, c. 608619 (F; ff. 200'-215v) etc. 629-632 (F 1 ; ff. 20]"-221").
5. Description dans C. Stornaiolo, Codices Urbinates Latini 1-600, Rome 1902,
pp. roz-3 (le de gestis Pelagii occupe les ff. r4zr-r63').
6. Le Paris. Lat. 2097 est dcrit dans P. Lauer, Cat. des mss. latins de la Bibliothque Nationale, t. 2, Paris r940, p. 319. Les trois autres appartiennent des fonds
dont on n'a pas encore publi les catalogues. G. Lmni, Catalogus cod. mss. qui in
bibliotheca Riccardiana ... adservantur (l,ivourne r756) ne semble pas mentionner
l'actuel Riccard. 23rr, qui est un recueil factice (discours, pomes, relations sur des
vnements du dbut dn xvnc sicle) ; le texte cl' Augustin occupe les ff. 3-36.
P, O et B ne comprennent que le de gestis Pelagii.
7. Il s'agit de R.P. Francisci Suarez de diuina gratia pars prima continens Prolegomena se:.: et duos priores z,ibros de necessitate diuinae gratiae ad lwnesta opera, Conimbricae .. ., apucl Didacum Gomez cle Loureyro Acaclemiae Typographum, anno
Domini l6r9. Je n'ai pas pu consulter cette dition, mais seulement la rimpression
de Mayence parue en r620, sumptibus Hermanni Mylii Birckmann.
227
228
PIERRE PETITMENGIX
d'exemple, mme cle nos jours1 . Il a adopt un apparat double, qui spare
nettement les conjectures clu matriel manuscrit 2 : les menclations
cl' Antoine Welser sont rejetes en bas cle page, tandis que clans les marges
il reproduit les variae lectiones cle la copie qu'on lui avait envoye de
Rome3.
Cette copie tait trs proche des deux manuscrits vaticans B et O,
comme le prouve le fait que les marges de l'dition princeps reproduisent
fidlement 4 les variantes ou les corrections qui apparaissent clans celles
cle B et O. Un examen plus approfondi montre qu'elle se rapprochait
plus de B que de 0 5, et cela n'a rien d'tonnant. B est le document premier, non pas une simple copie de quelque vetus exemplar, mais le manuscrit
cle la future dition commente romaine. Le scribe de B, nous devrions
plutt dire l'diteur inconnu, a pris pour base de son texte le manuscrit
F 6 , alors Fiesole, mais les variantes qu'il relve dans les marges, et ses
annotations dans F lui-mme (o il comble plusieurs lacunes) montrent
qu'il a utilis d'autres manuscrits, en particulier L 1 . Nous n'avons conserv
que le texte et l'(( apparat critique ii des marges, mais il y avait srement
aussi une introduction qui devait occuper les 5r premiers folios du manuscrit, maintenant disparus 7 , et un commentaire auquel renvoient des
signes conventionnels dans la marge, complts, jusqu'au chapitre x
(f. 65v), par des lettres insres dans le texte.
Le manuscrit 0 est une copie calligraphique de B; le travail du scribe
a t revu par un correcteur qui a complt plusieurs lacunes. 0 omet
tous les signes de renvoi, et ne reproduit que le texte et l'apparat de B ;
l'occasion il apporte de nouvelles conjectures, gnralement notes
dans la marge de droite. Certaines apparaissent aussi dans les bas de
229
PIERRE PETITMENGLY
r. Ainsi en xxxv, 60 (p. I I 5, 1. 13), l' abrdation Pj; (propter) est interprte
comme : Pelagius per.
2. On consultera le catalogue de la bibliothque de I'iesole publi dans Bandini,
Bibl. Leopoldina Laur., t. 3, 1793, c. 529 (n XLVII = F) etc. 530-1 (no LII = F1);
celui de la Laurenziana (30 octobre r496) dit par E. Piccolomini, Intorno aile
condfrioni ed alle viccnde della Libr. 1\Ied. Privata, Arch. Star. Ital., 30 srie, r874-75,
p. 104 (la description : Augustinus contra. peifidiam Arrianonmz, a.rnrro correspond
L', qui commence ainsi : Aurelii Augustini Ipanensis Episcopus contra Sermones
sen perfidiam Arrianorum incipit) ; enfin celui de Santa Croce (;-ers 1430), dit
par C. 1fazzi, L'Inventmio quattrocentistico della Biblioteca di S. Croce in Ffren~e,
Riv. delle Biblioteche e degli Archivi 8, 1897, pp. ro2-ro3 (n 193
L).
3. Cf. le catalogue publi dans C. Stornaiolo, Codi ces ['rbi11ates Graeci, Rome 1895,
p. LXVI (n 55 = U).
4. An moins en ce qui concerne la dcoration ; cf. P. d' Ancona, La ininiatHra
fiorentina, t. 2, Florence 1914, n 540 (F), 542 (P), 1178 (U) et 1436 (L').
5. Cf. E. Kroymann, Die Tertullian-Ueberlieferung in Italien, Sb. Wien t. 138, 3
(r898), et R. Sabbadini, Le scoperte dei codici latini e greci ne' secoli XIVe XV, t. 2,
Florence 1914, pp. 255-6. Je reprendrai le sujet dans ma thse sur La transmission
et l'tude de Tertullien.
6. On le constate facilement en se reportant anx descriptions cites supm p. 226,
n. 4 et 5. L a t crit par quatre mains diffrentes : a) ff. r-55"; b) 55'-()8r; c) IOT
153" (Ran<lini, ff. ro8-162) ; <l) 155-186 (Ban<lini, 164-fin).
231
605.
4. Ayis an lecteur, f. a iijr.
5. Une aide trs prcieuse m'a t apporte par l'article de C. Lambot, Les manuscrits des sermons de Saint A ur:nstin utiliss par les l'.1 aiwistes, J'vl lanr:es]. de Ghellinck,
Gembloux r95r, t. r, pp. 251-263 et par son dition des cinquante premiers sermons
(Corp. Christianoriiin, t. 4r, r96r).
6. I,es rfrences sont faites aux lignes de l'dition Lambot pour les cinquante
premiers sermons, aux colonnes et aux lignes de la P.L., t. 38-39, pour les antres
(on notera qu'une dition bien meilleure du sermon 358 a t donne par C. I,ambot,
1~trecht
PIERRE PETITJ1fE:VGLV
232
EDITION DE 1614
Pages
Titre
De luctatione Jacob.
Incipit
Haec maxime regula
390-393
393-395
398-399
De contemptu mundi.
Loquar caritati
------------------------ Quoniam
------------11
402-403
Sermo B. Augustini Episcopi. De Alleluia.
placuit domino .
1
.MANUSCRITS UTILISS
EDITION DE 1631
Numro
actuel
------~~
------~--
Num.
45
12
125
15
19
233
regiae
pas d'indication
non identifi
90
14
345
32
...L
140
16
ex vet. codice H. F.
et altero S. Vietoris
305
26
256
18
et aliis
PIERRE PETITMENGIN
EDITION DE 1614
-
--------~-~~-~---
Titre
Pages
403
Incipit
4o3-4o5
405-407
De pace et charitate.
4o7-4o<)
400-410
411
II.
4n-412
III.
412-413
l\T,
413-.p4
V.
in remissionem peccatorum
(c. 1594, 1. 13 a fine)
[des.] vera Florentia (finis)
MANUSCRITS UTILISS
EDITION DE r63r
Numro
actuel
--- - - " - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
Num.
198
41
358
11
36
ibid., f" I2
Paris, Arsenal, 506, ff. 252-254r
et altero
359
235
37
s"
Vietoris
codex in co1'tice
IO. II
8r
33
288
23
codex re gi us
perdu
ibid., ff. 6. 7
2I
2I
ibid., f. 81'
20
359
37
ex antiq1t'issimo codiee in
scripto,
et altero S. Vietoris (CC. r6)
perdu
23b
PIERRE PETITME.\TGIX
r. Sur ce recueil, on pourra voir G. Pozzi, Roberto de' Bardi e S. A gosi'ino, Italia
med. e itman. I, 1958, pp. 139-153. Sirmond n'a trouv que les deux premires parties
dans le Paris. lat. 2030, mais il a obtenu singularum deinde omnium (partium)
237
PIERRE PETITMENGIN
239
l-108.
pp. 109-357.
pp. 358-388. pp. 388-393. pp. 388-390
p.
390
pp. 391-392
pp. 392-393
2.
240
pp. 393-394.
pp. 394-398.
pp. 398-403.
pp. 403-41r.
pp. 413-434. pp. 435-513. -
PIERRE PETITNIESGI.Y
Les travaux des correctores romani, jamais imprims, n'ont laiss aucune
trace dans ce bilan, mais par un heureux revirement du sort, ils vont
jouer un rle dans la nouvelle phase de l'dition de s. Augustin, celle
domine par l'rudition bndictine2 Les missaires des Mauristes3 qui
exploraient les bibliothques romaines jugrent plus pratique de copier
des collations existantes que d'en tablir de nouvelles. Un de leurs dossiers,
qui forme actuellement le Paris. Lat. rr646, renferme une copie, trs
mticuleuse, des Vat. lat. 4991 et 4992. Un coup d'il sur notre tableau II
montre qu'elle n'est pas complte : il y manque le relev des variantes
pour les Epistulae (tome 2 de l'dition Plantin), et pour le De civitate Dei
(tome 5). Les :JVIauristes ont d cependant avoir connaissance de ces
variae lectiones puisqu'ils les invoquent dans les apparats critiques qu'ils
ont rdigs pour ces deux uvres 4 .
I. La notice de Vignier ( Sermo hic in codice Cellensi num. 163 nuper in lucem
Yenit cum iis Beati Fulgentii tractatibus quos edidit ... PetrusChiffletius) yeutsans
doute dire qu'il a reyu sur un manuscrit de Montier la Celle le texte publi par Chifflet
dans ses Fulgentii Ferrandi opera, Dijon 1649, pp. 73-74 I,e texte de Chifflet reprend
d'ailleurs celui donn par Sirmoncl (S. Fulgentii opera, Paris 1612, pp. 257-259).
2. Les tudes fondamentales sont celles cle R. Knkula, Die Mauriner Ausgabe
des Augustinus. Ein Beitrag zur Geschichte der Kirche ~uv Zeitalter Ludig xn.
Sb. Wien, tt. l2I, 5 (1890), 122, 8 (1890), 127, 5 (1892), 138, 5 (1898), et clu P. cle
Ghellinck, Patristique et 1v!oyen-Age, t. 3, pp. 412-475. Il faut toutefois noter que
sauf pour les Sermons (cf. p. 231, n. 5), on ne possde pas encore un inYentaire
systmatique de la documentation manuscrite dont disposaient les l\Iauristes.
3. Sur leur acfrdt on Yerra Kukula, op. cit., t. 121, p. 81 et cle Ghellinck, op. cil.,
pp. 437-8.
+ Dix J'aticani, des Emendationcs Henrici Grauij et des Emendationes Emanuelis
Sa (cf. supra, pp. 215, n. 6 et 216, n. 3) sont mentionnes clans la liste nomina
Coclicnm MS. ad quos Epistulae D. Aug. hoc 2 tomo contentae collatae sunt
(Paris. lat. u648, f. z6v ; cf. Kukula, op. cit., t. 127, p. 29), et leurs leons apparaissent frquemment dans les tableaux des variantes (-ibid., ff. 35-409). Le cas est
moins net pour le De ci vitale Dei, car si les Treclecim (coclices) mss Vaticanae Bibliothecae figurent bien clans le conspectus siglorum (Paris. lat. II655, f. 2 ; Kukula,
op. cit., t. 138, p. 66), ils ne sont pas reprsents clans l'apparat que nous avons
conserv (ibid., ff. 16-90).
LL'
SAI~VT
241
r. Urba, Bcitrtge, pp. 2, 47, 52, etc. Kukula, op. cit., t. 138, pp. 6-9 l'a corrig,
mais est peut-Hre tomb dans un excs i11Yerse.
2. Le Paris. lat. r 1654, f. 9 (au f. ro est un mot explicatif d' A. Durban, publi
par Kukula, op. cil., t. 127, pp. 25-26) contient des variantes du de catechi:andis
rudilms (d'aprs l' Urb. 76), du de continentia, de bono coniugali, de sancta virginitate
(d'aprs l' Urb. 82) du de patientia (d'aprs 1' Urb. 84) et du de Trinitate (d'aprs
l' Urb. 79).
3. Le cas est diffrent pour les mss. de la Reine de Sude, qui, Christine vivant
encore, n'taient naturellement pas an Vatican. Les 1''.I:auristes ont en particulier
utilis pour les Enarrationes les Regin. lat. 30 (cf. Paris. lat. 11658, ff. 303-314) et
102 (ibid., ff. 315-328).
4. op. cit., t. 127, p. 25.
5. C'est ce que me semble prouver l'examen des feuillets intercalaires ajouts
aux collations originales (Paris. lat. rr646, ff. r26r, 175, zr6, 224-5, 259Y).
6. Sur les mrites compars de l'dition des :uauristes et de celle toujours inacheYe
clu CSEL, on verrn l'tude trs nuance du P. rle Ghe!linck, op. cit., t. 3, pp. 475-483.
10
PIERRE PETITMEliGJN
1. G. Pasquali, Storia della tradizione e critica del testa', Florence r962, chapitre 4,
pp. 4r-ro8.
2. C'est sur elles que se fonde, en grande partie, J. Ruysschaert, Juste Lipse et les
Annales de Tacite. Une mthode de critique texhtclle au XVJe sicle, Louvain, 1949
(pour la collation lipsienne, on yerra spcialement les pp. rr3-r26).
3. Cf. G. Mercati, D'alcimi nuovi sussidi per la critica del testa di S. Cipiiano,
dans Opcre minori, t. 2 (St. e T. 77), pp. r65-r84 et 221-225.
243
Naturellement un rudit peut modifier l'orthographe et mme la grammaire de son modle, comme cet excellent Padre Giuvenale qui corrigeait
le latin des auteurs de basse poque cits par Baronio 1 , ou ventuellement
contaminer deux traditions 2 : il sera alors un mauvais >> copiste, mais
l'important est qu'il reste un copiste, c'est dire qu'il reproduise avec
plus ou moins de fidlit le modle qu'il a sous les yeux.
Le problme se complique dans le cas des collations. A premire vue
il s'agit d'une opration simple
<cil suffit de comparer les textes>> - ,
mais lorsqu'on essaie d'en dmonter le mcanisme, par exemple pour
l'adapter aux possibilits d'une machine lectronique3, on s'aperoit qu'il
est bien plus complexe que celui de la copie4. On lit d'abord un premier
texte, en principe celui collationner5 ; on le retient ; on lit ensuite le
texte de base ; on compare les leons et, en cas de divergence, on note la
premire avec, le cas chant, indication de sa source ; si on ne l'inscrit
pas directement sur l'dition de rfrence, il faut aussi prciser la localisation du passage, et parfois reproduire le texte de base.
A tous ces stades surgissent des risques d'erreur, aujourd'hui comme
au xvre sicle. Il existe toutefois une grande diffrence entre l'attitude
des humanistes et la ntre : leur poque, comme d'ailleurs dans toute la
priode qui a prcd Lachmann, on s'intresse moins aux manuscrits
qu'aux leons dont ils sont porteurs: d'o un certain manque de prcision
dans les rfrences, qui pourra aller jusqu' la cc fraude>> (dans la mesure o
l'on ne distinguera pas entre une leon du manuscrit et une conjecture
tire de cette leon 6 ), et surtout un grand clectisme dans le choix des
variantes : un diteur sera tent de ne pas relever celles qui n'apportent
rien de nouveau ou rien de bon la constitution du texte 7 .
Les thoriciens du temps, qui s'tendent volontiers sur le iudicii1m et
l' emendatio 8 , ne proposent pas de solutions aux problmes de la collation,
I. Voir G. Calenzio, La vita e gli scritti del card. C. Baronio, Rome 1907, p. 249.
Baronio rtablit les textes originaux.
2. P. Batiffol, La Vaticane de Paul III Paul V, Paris 1890, pp. 49-51, cite
l'exemple d'un scribe qui << combine deux exemplaires pour obtenir une copie plus
lisible .
3. On se reportera l'article de J. Froger, La collation des manuscrits la machine
lectronique, Bull. Inst. Rech. Rist. Textes 13, 1964-1965, pp. 135-171 ( l'heure
actuelle, la machine ne peut collationner que des transcriptions qui lui sont confies
par le philologue).
+ Nous nous fondons sur l'analyse de l'acte cle copie qu'a donne A. Dain dans
Les manuscrits 2 , Paris 1964, pp. 41-46.
5. Cf. Pasquali, op. cit., p. 63.
6. Id., ibid., pp. 70-71, se fondant essentiellement sur H. Blass, Die Textesquellen
des Silius Italicus, ]ahrbcher fr classische Philologie, Suppl. 8, 1875-1876. p. 189
et SS.
7. Il n'est donc pas licite de tirer des arguments ex silentio ; cf. H. Trankle, d. de
Tertullien, Adv. Iudaeos, Wiesbaden, 1964, pp. xcrx-c.
8. Cf. J. de \Vouwer, De Polyinathia tractatio, d. de Leipzig 1665, pp. 158-205
(la premire dition date de 1606). Le De arte critica de G. Schoppe (1597) ne parle
gure que de la critique conjecturale.
PIERRE PETITMENGI.V
ils ne semblent mme pas se clouter que cette humble besogne puisse en
poser. L'apprenti philologue n'est d'ailleurs pas plus gt aujourd'hui :
on lui dit simplement que les collations doivent toujours tre exactes1
et qu'en gnral elles ne le sont pas 2 , et il doit se forger lui-mme sa
mthode, ce qui ne va pas sans difficult ds qu'il y a plus d'un manuscrit
collationner ... Nous voudrions essayer de prsenter ici la rponse qui
fut donne jadis par les correctores Romani ces problmes de dontologie
et cl' organisation du travail que nous rencontrons maintenant encore.
Les Vat. lat. 4991 et 4992 nous offrent un terrain cl' observation privilgi : plus de 1500 pages de collations, dues quatre savants au moins,
et portant sur un comme sur treize manuscrits (clans le cas extrme de
la Cit de Dieu). Aucun des exemples que nous connaissons n'offre des
conditions aussi favorables. Ceux que cite Pasquali consistent en gnral
clans la collation d'un seul manuscrit, le Blandinius vetustissimus cl'Horace,
le Lodensis du de Oratore etc. 3 . Les Castigationes et Variae Lectiones que
les Lovanistes adjoignent presque chaque tome de leur S. Augustin
portent sur plusieurs manuscrits, mais elles ne prsentent qu'un choix
de variantes, et non des collations originales. Dans le cas de James 4 ,
nous disposons de tous les documents souhaitables mais bien qu'ils' agisse
d'un travail cl' quipe, la mthode est unique, dicte par 1' autoritaire
Protobibliothecarius. Le cas le plus voisin du ntre me semble celui des
collations de la Vulgate excutes par des moines cassiniens vers 1565,
mais il ne nous reste qu'une petite partie de leurs travaux, et de surcrot
la plupart des bibles mdivales examines alors ne se retrouvent ni au
Mont-Cassin ni ailleurs 5 .
Au contraire presque tous les manuscrits utiliss par les correctores
n'ont pas quitt la Vaticane, et il aurait t souhaitable non pas cl' ouvrir
le procs des rudits romains, comme aurait eu tendance le faire la
critique hautaine et sre de soi du xrxe sicle6, mais de tenter une exprience : collationner avec le texte de Plantin, au moins pour quelques
traits, les manuscrits consults jadis et comparer les mthodes employes
et les rsultats obtenus. Le temps m'a manqu, cc cum in procinctu
regressus mei in Galliam essem )), pour reprendre 1' excuse d'un des scholastici7, et j'ai d me limiter des sondages.
Deux rsultats en ressortent immdiatement : les collations sont parfois
inexactes, elles ne sont jamais vraiment exhaustives. A dire le vrai, on
1. C'est pratiquement tout ce que dit par exemple B.A. yan Groningen, Trait
d'histoire et de critique des textes grecs, Amsterdam 1963 (cf. p. 82).
2. Cf. Pasquali, op. cit., p. 73.
3. On pourrait ajouter aujourd'hui les Notae Cantilliacenses tudies par J. Perret
dans ses Recherches sur le texte de la Germanie, Paris 1950, pp. 3-12.
4. Voir l'article de N. Ker cit plus haut, p. 234, n. l.
5. La meilleure tude de ces Yariantcs se trouye dans H. Quentin, J11moire sur
l'tablissement du texte de la Vulgate, Rome - Paris, 1922, pp. 148-160.
6. Cf. H. I. Marron, De la connaissance historique, Paris 1954, p. 97 et ss.
7. Ces paroles sont de Sponde; cf. Vat. lat. 4991, f. 689v (prface de son Auctarium).
245
r. Cf. Vat. lat. 499r, f. 576 (lTrba, op. cit., p. 54) : multa sunt vocabula quae
non potui legere aut intelligere propter difficultates ab bredationum .
2. T"at. lat. 4991, f. 591.
3. Vat. lat. 4991, f. 691' : factumque est ut eadem conferendo cum aliis quattuor
codicibus multa qnoque in illis ei similia repererim, quae pariter adnotavi, cum
aut antea snbterfugissent aut prae le,itate mihi snperflna visa essent .
+ Celui qui transcrit les Yariantes n'est pas forcment celui qui les a inscrites ;
certains dtails me feraient penser qu' Aury a seulement recopi les notes qu'il
trouvait dans les marges du tome 2 : cf. infra p, 246, n, 8, et p. 250, n. 2,
PIERRE PETTTJl[ENGIN
2.
3. James au contraire n'a transcrit qu'une petite partie des leons qu'il mait
notes dans les marges de ses ditions ; on le voit en comparant ses Vindiciae A mbrosianae (Oxford, Queen's College, ms. 245) et son exemplaire de traYail, une rimpression parisienne de l'dition de Sixte-Quint, maintenant partage entre Queen's
College (cote: 62. E. 6 et 7) et la Bodleian Lihrary (Anet. S r. 21).
4. Il l'indique dans la partie de sa prface que nous ayons publie plus haut la
page prcdente.
5. Sponde emploie sonYent la formule : i< perlegere a capite ad calcem (par exemple, Vat. lat. 499r, f. 69rv).
6. Dans sa prface la collation du De peccatorum 111eritis, il explique ainsi sa
position : Porro B et y. ferme similia reperi. Ideoque y. (quod Yidetur antiquius)
diligenter cum impresso conferens habui quoque eodem tempore B prae oculis,
ita ut cum aliquid reperirem in y. diversum ab impresso, consulerem et B., in quo et
aliquando quaedam reperi diversa a y., etc. (T'at. lat. 4991, f. 635 ; Frba, op. cil.,
p. 70).
7. Vat. lat. 499r, f. 133: primo die qui fuit 12. aprilis 1595 ; f. 133'": i< 2 die qui
fuit r3. aprilis . Pour James, cf. Ker, art. cit, p. 18.
8. Il ne le fait pas dans la collation des Lettres (tome 2 de l'dition Plantin; Vat.
lat. 4991, ff. l - 125) ; c'est une des raisons qui me font supposer qu'il s'agit <l'une
simple transcription.
247
PIERRE
PRTITNIEXGI~Y
sont pas toujours d'une prcision extrme. Elles sont donnes par rapport
au livre et au chapitre de 1' uvre, et la page et la colonne de 1' dition.
Ce n'est que peu peu qu'Aury en viendra indiquer les lettres qui
partagent les colonnes dans les ditions anciennes1 . Priam le fait ds le
dbut, prcisant mme p(rincipiuni), m(edium), f(inis); dans sa collation
des Enarrationes, il ira jusqu' indiquer la ligne de la subdivision. On aura
donc des rfrences de ce type :
JJ~
249
r. l'at. lat. 4991, f. 591r (texte publi en partie dans erba, op. cit. pp. 58-59).
z-o
J
PIERRE PETITMENGIN
ci cc Pag. 279. col. r. D. 4. Haec enim gratia baptiz. p. y ))1 , on peut conclure
en toute certitude que dans le de peccatorum meritis et remissione I, IX, ro
(C.S.E.L. t. 60, p. II, 1. 13), l o l'dition lyonnaise lit Hac enim gratia
baptizatos, les Vat. lat. 445 et 501 ont pour texte Haec enim gratia
baptizatos.
On aura remarqu que Sponde se sert de lettres grecques pour dsigner
les manuscrits tout comme Priam utilise des chiffres. Cette faon d'individualiser les tmoins n'est pas une innovation puisqu'on rencontre dj
l'emploi de tels sigles dans l'dition de la Vulgate que Robert Estienne
publie en 15342 Toutefois cet usage ne s'tait pas encore impos : Aury
par exemple se contente d'indiquer le nombre des tmoins en faveur
d'une leon 3 , et une vingtaine d'annes plus tt un aussi bon philologue
que P. Chacon avait mme pris le parti de ne rien signaler du tout4 .
Une fois de plus Sponde a choisi la solution qui sera celle de l'avenir.
Il est difficile de dire ce qu'aurait valu l'dition vaticane de S. Augustin
si elle avait t mene bien. Les diteurs auraient-ils tabli un texte
satisfaisant partir de la masse de variantes dont ils disposaient ? on ne
le sait. Il n'est mme pas sr qu'ils auraient fait bnficier le lecteur de
leur documentation. Peut-tre auraient-ils rdig des listes de variantes
la faon des Lovanistes5, ou simplement not quelques rares leons
dans les marges, comme on fit dans la deuxime dition de S. Grgoire
pour laquelle Aury avait travaill pendant prs d'un an 6 .
Quoi qu'il en soit, nos collations n'ont pas servi, sinon comme une
source, parmi tant d'autres, de l'dition bndictine. L'chec mme d'une
entreprise voulue par la Papaut et continue pendant plus de dix ans
me semble un fait non sans importance dans l'histoire de la Contre-Rforme. On a russi, au prix de quels efforts, donner une dition cc dfinitive l>, celle de la Vulgate sixto-clmentine, mais il n'a pas t possible
de constituer une patrologie, comme le feront plus tard les Mauristes.
Sans doute, en ne consultant les manuscrits que l o le textus i-ulgatus
tait manifestement corrompu, ou mieux, en appliquant les mthodes
rat. lat. 4991, f. 635r.
Cf. H. Quentin, Mmoire ... , pp. IIo-rrr.
3. C'est la pratique d'Hentenius dans son dition de la Vulgate, parue en 1547
(cf. Quentin, op. cit., p. r 33). Les manuscrits utiliss sont dsigns par leurs cotes
au dbut de la collation des Epistulac (Vat. lat. 499r, f. r) : autre particularit qui ne
s'accorde pas avec la mthode d'Aury.
+ Avis au lecteur de l'dition de Cassien (1580) : ex quorum collatione (il
s'agit de 8 mss de la Vaticane) innumerabilia loca sunt in hac editione restituta, sec1
ea adnotare non fuit consilium, in immensum enim volumen excresceret ... .
5. On se souvient de la dsinvolture, bien significathe, avec laquelle les I_,ovanistes (ou Plantin ?) interrompent leurs Castigationes et Variae Lectiones : reliqua
pleraque huius tomi (le neuvime) sunt etiam subsidia lVIS. exemplarium emendata,
sicut et tomus decimus, sed propter varias occupationes eae castigationes non sunt
ad calcem tomorum suorum transcriptae >l (tome 9, p. 502).
6. I,a discordance me semble particulirement nette entre l'effort (cf. supra
p. 219, n. 3) et le rsultat.
T.
2.
25r
1. Cette poque est dcis\e, connue l'ont bien pressenti le P. de Ghellinck, Patristique et lvloyen Age, t. 3, p. 400 et A. Dain, Les manuscrits, p. 163.
2. Sancti Gregorii ope1a, t. I, Paris 1705, pp. IV-Y ( = P.L., t. 75, c. 21-24).
3. S. Timpanaro, La genesi del metodo del Lachmann, Florence 1963, pp. 23-25,
minlyse briyement l'attitude de ces sanints.
J - IO
II -
27 - 36
26
49 - 65
67 - 96
97 - 133
135 - 179
181 - 197
199 - 251
CET
OUVRAGE
o'JMPRHIER LE
SUR
LES
17
PRESSES
J\TJ\
ACHEVJ'.;
DCEMBRE
DE
1966 -
L'IMPRJMERIE
DE L'JNDPENDANT A CHATEAU-GONTIER
DPOT LGAL
Imprim en France