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.. Corso di Laurea Triennale in


.. Metodi e Tecniche delle Interazioni Educative
.. Anno Accademico 2009-2010
Italian University Line .
Corso di Linguaggi Audiovisivi

IL CINEFORUM COME PRATICA FORMATIVA

Con il termine cineforum si intende un’attività che vede il binomio educazione-cinema in


modo strumentale (educare con il cinema), tematico (educare al cinema) e ambientale (educare
attraverso il cinema). Nell’orientarsi verso film dalla forte valenza formativa, la separazione fra
strumentalità, tematizzazione e ambientalismo
cinematografico ha contorni più sfumati: mostrare un
film come pratica formativa significa affinare lo “sguardo”
Ecco perché, attraverso il
per focalizzare un tema ma, al contempo, la discussione
deve tenere conto dalle scelte stilistiche (fotografia, cinema, io scopro il mio mondo
montaggio, scenografia), narrative e linguistiche del come un altro mondo. Ma, al
regista nonché l’ideologia sottostante per individuare contrario, esso ha anche il
quali modelli socio-educativi il film veicola.
potere di farmi scoprire un altro
Il passaggio dalla fruizione ludico-evasiva a quella mondo come se fosse il mio.
educativa trova un valido strumento in una scheda di
lettura adeguatamente predisposta che, prima della A. Guige
visione, costituisce valido elemento di paratesto per lo
spettatore e, dopo la visione, assolve una funzione di
metatesto offrendo spunti per il dibattito per un
confronto critico e consentendo una riflessione e un giudizio personale sulla pellicola.

Il cinedibattito, oltre ad essere un'opportunità educativa, è un luogo di socializzazione è


un'occasione per costruire cultura. Anche in questo caso un’adeguata scheda filmica è
fondamentale per favorire i processi formativi previsti.

Scheda filmica
Elaborato per l’esame di Linguaggi Audiovisivi
Modulo 3 – Analisi del Cinema e Formazione
a cura dell’ ins.te Antonina Lo Presti
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PROGETTO CINEFORUM
Nell’ambito del progetto Pensare con gli occhi rivolto a studenti di una
seconda classe di un istituto di scuola superiore, è stata proposta l’attività
di cineforum il cui ciclo è composto da 20 film di genere cinematografico,
regia, nazionalità e ambientazione storico-geografica differenti.
I film sviluppano tre linee tematiche di grande attualità: 2

LA SPIRALE DELLA VIOLENZA. CINEMA E GUERRE GLOBALI


- 11 Settembre 2001 (AA.VV., Francia, 2002)
- Paradise now (Hany Abu-Hassad, Palestina, 2005)
- Operazione Valchiria (Bryan Singer, USA, Germania, 2008)
- Rendition - Detenzione illegale (Gavin Hood, USA, Sudafrica, 2007)
- La 25ª ora (Spike Lee, USA, 2002)
- The Hurt Locker (Kathryn Bigelow, USA, 2008)

IL PAESE MANCATO. CINEMA E STORIA DELL’ITALIA CONTEMPORANEA


- Ladri di biciclette (Vittorio de Sica, Italia, 1946)
- Il sorpasso (Dino Risi, Italia, 1962)
- Romanzo criminale (Michele Placido, Italia, 2005)
- La meglio gioventù (Marco Tullio Giordana, Italia, 2003)
- Gomorra (Matteo Garrone, Italia, 2008)
- Mio fratello è figlio unico (Daniele Luchetti, Italia, Francia, 2007)
- I 100 passi (Marco Tullio Giordana, Italia, 2000)

NON GUARDARMI, NON TI SENTO. CINEMA, DIVERSITÀ, DIRITTI UMANI E SOCIETÀ


- La zona (Rodrigo Plà, Spagna, Messico, 2007)
- Si può fare (Giulio Manfredonia, Italia, 2008)
- In questo mondo libero (Ken Loach, Gran Bretagna, Italia, Germania, Spagna 2007)
- Le chiavi di casa (Gianni Amelio, Italia, Francia, Germania, 2004.)
- La sposa siriana (Eran Riklis, Israele, Francia, Georgia 2004)
- East is east (Damien O’Donnell, GB, 1999)
- Neverland – Un sogno per la vita (Marc Forster, Gran Bretagna, USA, 2004)

Scheda filmica
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Rendition - Detenzione illegale

La visione sarà preceduta dal trailer del film su http://www.mymovies.it/trailer/?id=46856 , dalla


lettura della scheda tecnica e altri elementi paratestuali che introdurranno le tematiche del film.

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SCHEDA TECNICA
Titolo originale Rendition
Lingua originale: Inglese
Anno: 2007
Paese USA, Sudafrica
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Durata: 120 m.
Formato: Colore
Audio: Sonoro
Genere: Thriller
Regia: Gavin Hood
Sceneggiattura: Kelley Sane
Produttore: Steve Golin
Produttore esecutivo: Toby Emmerich
Casa di produzione: Anonymous Content, Dune Films, MID Foundation, New Line Cinema
Distribuzione (Italia): Eagle Pictures
Interpreti e personaggi  Reese Witherspoon: Isabella Fields El-Ibrahim
 Jake Gyllenhaal: Douglas Freeman
 Meryl Streep: Corrinne Whitman
 Alan Arkin: Senator Hawkins
 Peter Sarsgaard: Alan Smith
 Omar Metwally: Anwar El-Ibrahim
 Rosie Malek-Yonan: Nuru El-Ibrahim
 Hadar Ratzon: Safiya
 Moa Khouas: Khalid El-Emin
 Zineb Oukach: Fatima Fawal

Fotografia: Dion Beebe


Montaggio: Megan Gill
Scenografia: Barry Robison
Costumi: Michael Wilkinson
Musiche: Paul Hepker, Mark Kilian

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TRAMA DEL FILM

Anwar El-Ibrahim (Omar Metwally), ingegnere di origine egiziana che


risiede da 20 anni in America, scompare improvvisamente dall’aereo che lo
stava riportando dalla moglie Isabella (Reese Whiterspoon), cittadina
americana, durante il volo che dal Sud Africa lo avrebbe portato a 5
Washington D.C. In realtà l’uomo è stato prelevato dai servizi segreti, la CIA,
che lo hanno trasferito in Egitto per essere interrogato, in quanto sospettato
di essere complice di un terrorista che ha appena compiuto una strage in una
piazza, uccidendo anche un agente statunitense. A disporre il protocollo della
“rendition” è stata Corrine Whitman (Meryl Streep), decisa a qualunque
costo a far luce sull’atto terroristico. Incaricato di supervisionare
l’interrogatorio, che ben presto supera i limiti della vera e propria tortura, è
l’agente Douglas Freeman (Jake Gyllenhaal), diviso tra compiere il suo dovere
e la sua etica umana. Mentre in patria Isabella si scontra con l’omertà che
circonda la sparizione del marito, aiutata soltanto dal suo vecchio amico Alan
(Peter Sarsgaard), la vita dell’uomo sembra essere legata soltanto ad un filo…

Fa da sfondo alla trama principale una sfortunata storia d'amore tra la


figlia di un collaboratore antiterrorismo USA, egiziano, ed un giovane che
appartiene alla flangia terrorista della Ghiad islamica, più per vendicare la
morte del fratello che per profonda convinzione.

Fra colpi di scena e scelte narrative che rendono visibile solo alla fine
una realtà drammatica, il film è una commovente testimonianza del conflitto
interiore che assale l’uomo di fronte al compimento del proprio destino, a
prescindere da quale parte della barricata si trova e a prescindere dalla
volontarietà delle sue scelte.

Lo spettatore, giunto alla fine della pellicola, ha la sensazione di


essersi distratto e di essersi perso qualcosa. Qualcosa che va rivisto
immediatamente. Assolutamente.

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IL REGISTA
Regista, sceneggiatore e attore sudafricano, di
formazione losangelina, Gavin HOOD ha saputo sfruttare la
drammaturgia audiovisiva imparata negli States per applicarla
con brio e intelligenza al suo primo film di successo, Il suo nome
è Tsotsi, ambientato nella sua terra d'origine, premio Oscar
6
come miglior film straniero.

Il debutto nel mondo dello spettacolo


Nato e cresciuto a Johannesburg, si laurea in legge
all'università del Witwatersrand, poi decide di trasferirsi negli
Stati Uniti per approfondire gli studi sul cinema. Qui i primi Gavin Hood
passi sono quelli di Hood attore; lo vediamo in: Curse III: Blood
Sacrifice (1991) di Sean Barton, nel primo e quinto episodio della
saga American Kickboxer (1991 e 1995), in The Sheltering Desert FILMOGRAFIA
(1992) nello sci-fi Project Shadowchaser II (1994), in Human Lungometraggi da regista
Timebomb (1996), e nel fantasy per famiglie Beings (1998), dove
compare anche Malcolm McDowell. Dopo Incubo in alto mare  Verdetto bianco
(1998) e l'insuccesso di Traitor's Heart (1999), prende la (A Reasonable Man, 1999)
decisione di dedicarsi a tempo pieno alla regia cinematografica.  Avventura nel deserto
(W pustyni i w puszczy, 2001)
Dai primi cortometraggi all’oscar  Il suo nome è Tsotsi
Smessi i panni di interprete, dirige un cortometraggio (Tsotsi, 2005)
commissionato dal dipartimento della salute del Sudafrica e nel
 Rendition - Detenzione illegale
1998 il secondo corto The Storekeeper, per il quale viene
nominato all'Oscar. L'anno dopo realizza il suo primo (Rendition, 2007)
lungometraggio, Reasonable Man – Verdetto bianco, legal thriller  X-Men le origini: Wolverine
di cui è anche sceneggiatore e attore. Nel 2001 si imbatte in un (X-Men Origins: Wolverine, 2009)
progetto europeo, In Desert and Wilderness, tratto dal racconto
dello scrittore Henryk Sienkiewicz, che Hood decide di girare
interamente in lingua polacca. Nel 2005 arriva la svolta: Il suo
nome è Tsotsi, film che scrive e dirige con grande passione, vince
l'Oscar come miglior film straniero.

Da Rendition alle origini di Wolverine


Due anni dopo debutta ad Hollywood con Rendition – Detenzione illegale, sospeso tra il cinema d'inchiesta
il thriller classico. Malgrado la qualità del lavoro e il cast stellare (Meryl Streep, Jake Gyllenhaal e Reese
Witherspoon), la pellicola risulta un flop al botteghino. Mettendo da parte i toni impegnati, Hood decide di
accostarsi ad un cinema surreale e fantasioso come quello di X-Men: Wolverine(2009). Sulla sceneggiatura
di David Benioff, Hood dà vita al capitolo sulla nascita del personaggio interpretato da Hugh Jackman nato
dalla penna creativa della Marvel.
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RECENSIONI

L'unica anarchia possibile è quella del potere, tuonava al secolo un intellettuale


come Pier Paolo Pasolini, affermazione appropriata e puntuale per descrivere i
nostri tempi e il film di Gavin Hood, premio Oscar come miglior film straniero 7
con Tsotsi. Rendition, letteralmente "consegna" rende pubblica un'aberrante e
poco conosciuta consuetudine che il governo degli Stati Uniti adotta nei
confronti dei cittadini sospettati di terrorismo. La consegna straordinaria, infatti,
è quella che vede coinvolto nel film Anwar El – Ibraimi (Omar Metwally),
cittadino egiziano da anni residente in America e occupato nel settore
dell'ingegneria chimica, precipitosamente arrestato dopo il ritorno da un viaggio
di affari e trasferito in gran segreto in una località islamica per essere torturato e
ridotto a condizioni disumane. Ad assistere al macabro spettacolo è chiamato
Douglas Freeman (Jake Gyllenhall), agente della Cia addetto al reperimento delle
informazioni durante gli interrogatori. Capo d'accusa: relazioni con frange del
fondamentalismo radicale. Incipit kafkiano per un thriller classico e pieno di
suspence, che assottiglia una volta ancora il limite fra documentario e finzione,
lanciando un appello ai diritti umani che è insieme monito e condanna. Con un
punto di vista piuttosto imparziale, Hood restituisce bene l'atmosfera presente
nella polveriera orientale, montando il "girato" di due continenti e intrecciando
le ragioni degli uni e degli altri, senza sbilanciarsi, né prendere parte. Attacchi
terroristici, intrecci amorosi, congiure internazionali e veti politici, il tutto per
una spy story che strapperebbe anche qualche applauso, se non nascondesse al
suo interno peccaminose analogie con la realtà, piuttosto cruda, che si è
palesata al mondo intero dopo l'undici settembre. Dal punto di vista narrativo
tutto fila liscio, se si trascura qualche piccolo particolare che lascia qualche vuoto
in sceneggiatura, riempito però dalla potenza evocativa delle immagini.
Necessario e incredulo al punto giusto, lascia riflettere sul caos anarchico che
gestisce il nostro tempo. Da vedere.

Pierpaolo Simone
http://www.mymovies.it/dizionario/recensione.asp?id=46856

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Rendition - Detenzione illegale
“Il diritto di punizione corporale che un uomo esercita su di un altro è una delle piaghe della società; è un
mezzo sicuro per soffocare ogni germe di civiltà e di provocare la sua decomposizione” scrisse Dostoevskij,
eppure a distanza di più di un secolo, spesso proprio in nome di quella “civiltà”, le torture continuano ad
avvenire. Uno dei contesti è la “extraordinary rendition”, una pratica che consente il rapimento di cittadini
stranieri residenti negli USA considerati una minaccia per la sicurezza nazionale, per essere detenuti e
sottoposti a punizioni corporali in segrete prigioni oltreoceano. Il film di “Gavin Hood”, (Miglior film straniero
agli Oscar 2006 con “Tsotsi”) parte da questo per realizzare un film corale su come il clima di pregiudizio e
8
morte che si respira nei paesi, e nelle civiltà, più coinvolte nella drammatica situazione geopolitica mondiale,
si rifletta direttamente nelle vite di normali cittadini.
Un tema importante che interessa, emoziona e suscita sempre riflessione. Sotto questo punto di vista infatti,
a meno che non si abbiano già avute altre sollecitazioni in proposito, “Rendition” è un film interessante e
grosso modo efficace. E a voler scavare più a fondo, però, che qualcosa comincia a scricchiolare. Dopotutto,
noi, con “questo” presente conviviamo già da diverso tempo, ed è abbastanza legittimo che si ambisca alla
visione di qualcosa di più: più radicale, più originale, più profondo, a prescindere dalla prospettiva scelta.
“Rendition” invece vive nell’equilibrio, nel dire e non dire, nel fare e non fare. I fondamentalisti ci sono, ma in
fondo è un po’ “integralista” anche il comandante della polizia egiziana che vuole un matrimonio combinato
per la figlia. Le torture avvengono, ma a ordinarle non è l’americano (che invece ha crisi di coscienza e
diventa eroe), ma l’arabo, e lo schifo per una pratica del genere non è assoluto, ma anche e soprattutto
legato al fatto che chi la subisce è in realtà innocente (ed in più ha una moglie incinta che lo aspetta assieme
ad un altro figlio). Non c’è vera denuncia, ma semplice voglia di strizzare un occhio alla volta, a chiunque
voglia sentirsi toccato, ma non troppo. Un “modo di fare” confermato dalla scelta dello sfasamento temporale
delle storie, già visto ultimamente in “Babel”: in questa decisione non c’è una scelta tendente a mettere in
risalto un contenuto (sia esso l’irrazionalità delle azioni umane in questo periodo, l’universalità del dolore o il
chi sia davvero eroe ai nostri giorni), ma solo a sorprendere uno spettatore che potrà pensare: bello, non ci
avevo pensato. Così fosse si tenga conto del fatto che gli autori avevano fatto di tutto, con precise scelte sia
di montaggio che narrazione, affinché “non ci si potesse pensare”. Alle grida dell’islamico che parla con
veemenza ai prossimi terroristi vengono incrociate le immagini delle disgustose punizioni corporali subite del
sequestrato: normalmente questo significa contemporaneità degli eventi. E così succede anche in altri
frangenti del racconto quando le due storie si mischiano. Non c’è poi nessuna scelta registica o di
sceneggiatura che possa lasciare intuire, anche per un solo momento, che si corra in due momenti differenti,
così come manca una ragionevole spiegazione su uno dei punti principali su cui si fonda il film: che
connessione c’era tra il sequestrato e “quelle telefonate”?
All’acqua di rose anche alcuni passaggi come la facilità con cui un possibile terrorista se ne esca da un a
prigione che si suppone speciale, il mancato immediato controllo delle persone che questo, sotto tortura,
suggerisce come suoi complici (si aspetta davvero un giorno se può costare vite umane?). Gavin Hood con la
sua regia non riesce oltretutto a creare bei momenti di suspanse o a coinvolgere più di tanto. Il suo cinema
compassato, ma fluido, è ormai superato: il linguaggio visivo di oggi è quello dei reporter, più violento non
tanto nelle immagini, quanto nel modo di proporle. Digitale, frenesia, rumore. Se si pensa al primo attacco
alieno di Spielberg in “La guerra dei mondi”, al Cuaron di “I figli degli uomini”, all’ultimo “The bourne
ultimatum” di Greengrass o alle prime sequenze di “The Kingdom”, la differenza emerge in maniera palese.
Certo, non si può pretendere da chiunque realizzi un film sull’attualità, un grande film, ma la concorrenza sul
tema comincia ad essere alta e non vale la pena accontentarsi del minimo come invece “Rendtition” fa.

Andrea D’Addio
http://filmup.leonardo.it/rendition.htm

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Gavin Hood a Hollywood ci arriva con Oscuro rapimento targato Cia
l'Oscar vinto con Tsotsi. Come l'omonimo di Maurizio Cabona Il Giornale
Robin, ruba ai ricchi per dare ai poveri.
Rendition - Detenzione illegale (ma meglio sarebbe
Solo che qui si ruba visibilità. Allora al suo «Rapimento») di Gavin Hood evoca nella finzione un
Sudafrica, ora ai presunti terroristi che fatto dei tanti, per lo più rimasti senza eco, degli
ultimi sei anni. Nella realtà ne è noto uno più degli 9
con le "extraordinary rendition" della Cia
altri: accadde a Milano, quando la Cia rapì Abu
vengono deportati in stati in cui la Omar, portandolo in Egitto, dove fu torturato dalla
tortura è sopportata e supportata. La polizia locale e poi rilasciato. Differenza fra questo
Whiterspoon è la dolce e caparbia moglie episodio e quello del film? A Milano e al Cairo
c'erano magistrati con qualche potere; non
di un americano di origine egiziana sotto
nell'imprecisato «Nord Africa» di Rendition. Dunque
torchio. Gyllenhall, un analista promosso qui inquisitore, torturatore e liberatore di un
agente sul campo perché il suo capo è egiziano (Omar Metwally), immigrato negli Stati
morto in un attentato. Il Sistema fa schifo Uniti, è sempre e solo un agente della Cia (Jake
Gyllenhall). Il caso poi esploderà sulla stampa
e ce lo ricorda un efficace dialogo tra la
americana, perché la moglie (Reese Witherspoon)
direttrice dei servizi Meryl Streep e del malcapitato, cittadina degli Stati Uniti, s'è rivolta
l'assistente politico Peter Sarsgaard: la al portaborse (Peter Sarsgaard) di un senatore (Alan
Arkin), rivale della funzionaria della Cia (Meryl
prima brandisce il rapporto sull'11
Streep) che autorizzò il rapimento di Stato. Morale:
settembre, il secondo la Costituzione. giustizia c'è per gli stranieri che hanno un santo in
Indovinate chi perde. Guantanamo, Abu paradiso.
Grahib, sequestri illegali: troppo vicini e Gavin Hood, autore di Tsotsi (premio Oscar), è
sudafricano, quindi ha cultura inglese. E infatti nel
sconvolgenti, il cinema non li ha ancora
suo film, denso e teso, coerente e misurato, non ci
metabolizzati. Rendition è convenzionale sono né buoni, né cattivi. Gli antagonisti hanno pari
e la catarsi individuale lenisce i sensi di dignità di nemici, sono sullo stesso piano etico e
colpa, ma per la prima volta il mostro si politico. Basterebbe questo perché Rendition
auspichi l'incontro, non lo scontro di civiltà.
guarda allo specchio.
Per trovare un film di spionaggio a questo livello,
senza assurdità da 007, occorre risalire a Syriana di
Boris Sollazzo Stephen Gaghan; o, prima dell'11 settembre 2001, a
Da Rolling Stone, marzo 2008 Spy Game di Tony Scott. Meno complesso di loro,
Rendition è quindi più efficace.
da Il Giornale, 29 febbraio 2008

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CONFERENZA STAMPA

Come si è iniziato a interessare all'argomento?

Hood: Sapevo quel che dicevano i giornali, e poco più. Mi è arrivato il copione poi, e tutto è partito da lì, solo

successivamente ho iniziato a documentarmi con attenzione.


10
Sane (sceneggiatore): Non ho fatto un lavoro di intervista con i protagonisti di vicende del genere. Ho fatto

un lavoro di documentazione rigoroso, ho scovato i documenti ufficiali, delle storie, e ho fatto un pò un collage

di personaggi diversi.

Ci può dire come ha costruito la sceneggiatura?

Sane: Ma lei vuole conoscere i miei segreti! Non vale! A parte gli scherzi, ho costruito separatamente le due

storie e poi le ho combinate insieme, ovviamente avvalendomi del consiglio e dell'esperienza di Hood.

Crede che avrà un forte impatto sull'opinione pubblica?

Sane: Speriamo quantomeno di stimolare un dibattito. Il film esce in un momento in cui questa è una

problematica estremamente sentita e il dibattito è apertissimo.

Hood: Si, avevamo paura che il tempo necessario a finire la realizzazione del film fosse sufficiente a rendere il

problema marginale, non di interesse. Invece questo dibattito a preso sempre più piede, si è affermato come

punto centrale del dibattito pubblico. Speriamo veramente che aiuti il pubblico a porsi domande.

Non le sembra che il finale sia un po' vago?

Hood: Non spieghiamo appositamente la vicenda delle telefonate. Il punto non è se quel personaggio sia

colpevole e innocente, ma stimolare la domanda se si ritengono leciti tali metodi. A me per esempio non

piacerebbe fare il lavoro che fa la Streep, quello di dover evitare un nuovo 11 settembre,che pure ha un senso,

ma per il quale occorre sempre scendere a compromesso e per il quale occorre una freddezza glaciale.

Non trova però che il lieto fine sminuisca un pò l'impatto drammatico?

Hood: L'intenzione non era quella di dare l'immagine di un bel quadretto familiare. Volevamo fissare il

momento nel quale tutti i personaggi devono in qualche modo fare i conti con un passato che non può non

cambiarli, che si porteranno dietro per tutta la vita.

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SCHEDA DI DISCUSSIONE
(dopo la visione del film)

Con quale scena inizia il film?

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Con quale scena termina?

C’è un “filo” che le unisce?

Quale tecnica di narrazione usa il regista?

Quale frase vi ha maggiormente scosso emotivamente?

Quali codici visivi e sonori ha usato il regista nella scena/e che vi è piaciuta di più?

Commenta la frase del film:


« Dammi una sola ragione per cui sia valsa la pena utilizzare una tortura che ha creato dieci,
cento, mille, nuovi nemici »
Facendo riferimento anche agli articoli della sezione “Recensione” che condividi, secondo te
quale messaggio ideologico cerca di veicolare il regista?

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Commenta la scena in cui Corrinne Whitman (Meryl Streep), direttrice dei servizi segreti,
oppone il rapporto sull’11 Settembre ai diritti sanciti dalla Costituzione americana sostenuti da
dall’assistente politico Alan Smith (Peter Sarsgaard): facendo riferimento anche agli articoli
della sezione “Recensione” che condividi, secondo te quale messaggio ideologico cerca di
veicolare il regista?
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Leggi qui ( http://www.repubblica.it/2008/02/sezioni/spettacoli_e_cultura/rendition-


italia/rendition-italia/rendition-italia.html ) l’approfondimento di Claudia Morgoglione:

Presentato "Rendition" di Gavin Hood, con Gyllenhaal e la Whiterspoon: storia


di un uomo rapito illegalmente. Ispirata a una vicenda che riguarda anche l'Italia...

Le torture e i sequestri della Cia


Arriva da Hollywood il film-verità
Il magistrato Spataro, titolare dell'inchiesta Abu Omar: "Una ricostruzione attendibile"
Appello a D'Alema e Bonino: "Difendere i diritti umani anche al di là della moratoria"

Conosci la vicenda di Abu Omar? Ritieni sia fattibile un parallelismo fra le due vicende?

Assumi il ruolo di “critico per un giorno” e scrivi una tua personale, breve, recensione al film

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