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Scheda filmica
Elaborato per l’esame di Linguaggi Audiovisivi
Modulo 3 – Analisi del Cinema e Formazione
a cura dell’ ins.te Antonina Lo Presti
..
.. Corso di Laurea Triennale in
.. Metodi e Tecniche delle Interazioni Educative
.. Anno Accademico 2009-2010
Italian University Line .
PROGETTO CINEFORUM
Nell’ambito del progetto Pensare con gli occhi rivolto a studenti di una
seconda classe di un istituto di scuola superiore, è stata proposta l’attività
di cineforum il cui ciclo è composto da 20 film di genere cinematografico,
regia, nazionalità e ambientazione storico-geografica differenti.
I film sviluppano tre linee tematiche di grande attualità: 2
Scheda filmica
Elaborato per l’esame di Linguaggi Audiovisivi
Modulo 3 – Analisi del Cinema e Formazione
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Rendition - Detenzione illegale
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.. Corso di Laurea Triennale in
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.. Anno Accademico 2009-2010
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SCHEDA TECNICA
Titolo originale Rendition
Lingua originale: Inglese
Anno: 2007
Paese USA, Sudafrica
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Durata: 120 m.
Formato: Colore
Audio: Sonoro
Genere: Thriller
Regia: Gavin Hood
Sceneggiattura: Kelley Sane
Produttore: Steve Golin
Produttore esecutivo: Toby Emmerich
Casa di produzione: Anonymous Content, Dune Films, MID Foundation, New Line Cinema
Distribuzione (Italia): Eagle Pictures
Interpreti e personaggi Reese Witherspoon: Isabella Fields El-Ibrahim
Jake Gyllenhaal: Douglas Freeman
Meryl Streep: Corrinne Whitman
Alan Arkin: Senator Hawkins
Peter Sarsgaard: Alan Smith
Omar Metwally: Anwar El-Ibrahim
Rosie Malek-Yonan: Nuru El-Ibrahim
Hadar Ratzon: Safiya
Moa Khouas: Khalid El-Emin
Zineb Oukach: Fatima Fawal
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TRAMA DEL FILM
Fra colpi di scena e scelte narrative che rendono visibile solo alla fine
una realtà drammatica, il film è una commovente testimonianza del conflitto
interiore che assale l’uomo di fronte al compimento del proprio destino, a
prescindere da quale parte della barricata si trova e a prescindere dalla
volontarietà delle sue scelte.
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.. Anno Accademico 2009-2010
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IL REGISTA
Regista, sceneggiatore e attore sudafricano, di
formazione losangelina, Gavin HOOD ha saputo sfruttare la
drammaturgia audiovisiva imparata negli States per applicarla
con brio e intelligenza al suo primo film di successo, Il suo nome
è Tsotsi, ambientato nella sua terra d'origine, premio Oscar
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come miglior film straniero.
Pierpaolo Simone
http://www.mymovies.it/dizionario/recensione.asp?id=46856
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.. Anno Accademico 2009-2010
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Rendition - Detenzione illegale
“Il diritto di punizione corporale che un uomo esercita su di un altro è una delle piaghe della società; è un
mezzo sicuro per soffocare ogni germe di civiltà e di provocare la sua decomposizione” scrisse Dostoevskij,
eppure a distanza di più di un secolo, spesso proprio in nome di quella “civiltà”, le torture continuano ad
avvenire. Uno dei contesti è la “extraordinary rendition”, una pratica che consente il rapimento di cittadini
stranieri residenti negli USA considerati una minaccia per la sicurezza nazionale, per essere detenuti e
sottoposti a punizioni corporali in segrete prigioni oltreoceano. Il film di “Gavin Hood”, (Miglior film straniero
agli Oscar 2006 con “Tsotsi”) parte da questo per realizzare un film corale su come il clima di pregiudizio e
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morte che si respira nei paesi, e nelle civiltà, più coinvolte nella drammatica situazione geopolitica mondiale,
si rifletta direttamente nelle vite di normali cittadini.
Un tema importante che interessa, emoziona e suscita sempre riflessione. Sotto questo punto di vista infatti,
a meno che non si abbiano già avute altre sollecitazioni in proposito, “Rendition” è un film interessante e
grosso modo efficace. E a voler scavare più a fondo, però, che qualcosa comincia a scricchiolare. Dopotutto,
noi, con “questo” presente conviviamo già da diverso tempo, ed è abbastanza legittimo che si ambisca alla
visione di qualcosa di più: più radicale, più originale, più profondo, a prescindere dalla prospettiva scelta.
“Rendition” invece vive nell’equilibrio, nel dire e non dire, nel fare e non fare. I fondamentalisti ci sono, ma in
fondo è un po’ “integralista” anche il comandante della polizia egiziana che vuole un matrimonio combinato
per la figlia. Le torture avvengono, ma a ordinarle non è l’americano (che invece ha crisi di coscienza e
diventa eroe), ma l’arabo, e lo schifo per una pratica del genere non è assoluto, ma anche e soprattutto
legato al fatto che chi la subisce è in realtà innocente (ed in più ha una moglie incinta che lo aspetta assieme
ad un altro figlio). Non c’è vera denuncia, ma semplice voglia di strizzare un occhio alla volta, a chiunque
voglia sentirsi toccato, ma non troppo. Un “modo di fare” confermato dalla scelta dello sfasamento temporale
delle storie, già visto ultimamente in “Babel”: in questa decisione non c’è una scelta tendente a mettere in
risalto un contenuto (sia esso l’irrazionalità delle azioni umane in questo periodo, l’universalità del dolore o il
chi sia davvero eroe ai nostri giorni), ma solo a sorprendere uno spettatore che potrà pensare: bello, non ci
avevo pensato. Così fosse si tenga conto del fatto che gli autori avevano fatto di tutto, con precise scelte sia
di montaggio che narrazione, affinché “non ci si potesse pensare”. Alle grida dell’islamico che parla con
veemenza ai prossimi terroristi vengono incrociate le immagini delle disgustose punizioni corporali subite del
sequestrato: normalmente questo significa contemporaneità degli eventi. E così succede anche in altri
frangenti del racconto quando le due storie si mischiano. Non c’è poi nessuna scelta registica o di
sceneggiatura che possa lasciare intuire, anche per un solo momento, che si corra in due momenti differenti,
così come manca una ragionevole spiegazione su uno dei punti principali su cui si fonda il film: che
connessione c’era tra il sequestrato e “quelle telefonate”?
All’acqua di rose anche alcuni passaggi come la facilità con cui un possibile terrorista se ne esca da un a
prigione che si suppone speciale, il mancato immediato controllo delle persone che questo, sotto tortura,
suggerisce come suoi complici (si aspetta davvero un giorno se può costare vite umane?). Gavin Hood con la
sua regia non riesce oltretutto a creare bei momenti di suspanse o a coinvolgere più di tanto. Il suo cinema
compassato, ma fluido, è ormai superato: il linguaggio visivo di oggi è quello dei reporter, più violento non
tanto nelle immagini, quanto nel modo di proporle. Digitale, frenesia, rumore. Se si pensa al primo attacco
alieno di Spielberg in “La guerra dei mondi”, al Cuaron di “I figli degli uomini”, all’ultimo “The bourne
ultimatum” di Greengrass o alle prime sequenze di “The Kingdom”, la differenza emerge in maniera palese.
Certo, non si può pretendere da chiunque realizzi un film sull’attualità, un grande film, ma la concorrenza sul
tema comincia ad essere alta e non vale la pena accontentarsi del minimo come invece “Rendtition” fa.
Andrea D’Addio
http://filmup.leonardo.it/rendition.htm
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Gavin Hood a Hollywood ci arriva con Oscuro rapimento targato Cia
l'Oscar vinto con Tsotsi. Come l'omonimo di Maurizio Cabona Il Giornale
Robin, ruba ai ricchi per dare ai poveri.
Rendition - Detenzione illegale (ma meglio sarebbe
Solo che qui si ruba visibilità. Allora al suo «Rapimento») di Gavin Hood evoca nella finzione un
Sudafrica, ora ai presunti terroristi che fatto dei tanti, per lo più rimasti senza eco, degli
ultimi sei anni. Nella realtà ne è noto uno più degli 9
con le "extraordinary rendition" della Cia
altri: accadde a Milano, quando la Cia rapì Abu
vengono deportati in stati in cui la Omar, portandolo in Egitto, dove fu torturato dalla
tortura è sopportata e supportata. La polizia locale e poi rilasciato. Differenza fra questo
Whiterspoon è la dolce e caparbia moglie episodio e quello del film? A Milano e al Cairo
c'erano magistrati con qualche potere; non
di un americano di origine egiziana sotto
nell'imprecisato «Nord Africa» di Rendition. Dunque
torchio. Gyllenhall, un analista promosso qui inquisitore, torturatore e liberatore di un
agente sul campo perché il suo capo è egiziano (Omar Metwally), immigrato negli Stati
morto in un attentato. Il Sistema fa schifo Uniti, è sempre e solo un agente della Cia (Jake
Gyllenhall). Il caso poi esploderà sulla stampa
e ce lo ricorda un efficace dialogo tra la
americana, perché la moglie (Reese Witherspoon)
direttrice dei servizi Meryl Streep e del malcapitato, cittadina degli Stati Uniti, s'è rivolta
l'assistente politico Peter Sarsgaard: la al portaborse (Peter Sarsgaard) di un senatore (Alan
Arkin), rivale della funzionaria della Cia (Meryl
prima brandisce il rapporto sull'11
Streep) che autorizzò il rapimento di Stato. Morale:
settembre, il secondo la Costituzione. giustizia c'è per gli stranieri che hanno un santo in
Indovinate chi perde. Guantanamo, Abu paradiso.
Grahib, sequestri illegali: troppo vicini e Gavin Hood, autore di Tsotsi (premio Oscar), è
sudafricano, quindi ha cultura inglese. E infatti nel
sconvolgenti, il cinema non li ha ancora
suo film, denso e teso, coerente e misurato, non ci
metabolizzati. Rendition è convenzionale sono né buoni, né cattivi. Gli antagonisti hanno pari
e la catarsi individuale lenisce i sensi di dignità di nemici, sono sullo stesso piano etico e
colpa, ma per la prima volta il mostro si politico. Basterebbe questo perché Rendition
auspichi l'incontro, non lo scontro di civiltà.
guarda allo specchio.
Per trovare un film di spionaggio a questo livello,
senza assurdità da 007, occorre risalire a Syriana di
Boris Sollazzo Stephen Gaghan; o, prima dell'11 settembre 2001, a
Da Rolling Stone, marzo 2008 Spy Game di Tony Scott. Meno complesso di loro,
Rendition è quindi più efficace.
da Il Giornale, 29 febbraio 2008
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CONFERENZA STAMPA
Hood: Sapevo quel che dicevano i giornali, e poco più. Mi è arrivato il copione poi, e tutto è partito da lì, solo
un lavoro di documentazione rigoroso, ho scovato i documenti ufficiali, delle storie, e ho fatto un pò un collage
di personaggi diversi.
Sane: Ma lei vuole conoscere i miei segreti! Non vale! A parte gli scherzi, ho costruito separatamente le due
storie e poi le ho combinate insieme, ovviamente avvalendomi del consiglio e dell'esperienza di Hood.
Sane: Speriamo quantomeno di stimolare un dibattito. Il film esce in un momento in cui questa è una
Hood: Si, avevamo paura che il tempo necessario a finire la realizzazione del film fosse sufficiente a rendere il
problema marginale, non di interesse. Invece questo dibattito a preso sempre più piede, si è affermato come
punto centrale del dibattito pubblico. Speriamo veramente che aiuti il pubblico a porsi domande.
Hood: Non spieghiamo appositamente la vicenda delle telefonate. Il punto non è se quel personaggio sia
colpevole e innocente, ma stimolare la domanda se si ritengono leciti tali metodi. A me per esempio non
piacerebbe fare il lavoro che fa la Streep, quello di dover evitare un nuovo 11 settembre,che pure ha un senso,
ma per il quale occorre sempre scendere a compromesso e per il quale occorre una freddezza glaciale.
Hood: L'intenzione non era quella di dare l'immagine di un bel quadretto familiare. Volevamo fissare il
momento nel quale tutti i personaggi devono in qualche modo fare i conti con un passato che non può non
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SCHEDA DI DISCUSSIONE
(dopo la visione del film)
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Con quale scena termina?
Quali codici visivi e sonori ha usato il regista nella scena/e che vi è piaciuta di più?
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Commenta la scena in cui Corrinne Whitman (Meryl Streep), direttrice dei servizi segreti,
oppone il rapporto sull’11 Settembre ai diritti sanciti dalla Costituzione americana sostenuti da
dall’assistente politico Alan Smith (Peter Sarsgaard): facendo riferimento anche agli articoli
della sezione “Recensione” che condividi, secondo te quale messaggio ideologico cerca di
veicolare il regista?
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Conosci la vicenda di Abu Omar? Ritieni sia fattibile un parallelismo fra le due vicende?
Assumi il ruolo di “critico per un giorno” e scrivi una tua personale, breve, recensione al film
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