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Intervista su Prosa in prosa

a cura di Francesco Pontorno

cfr. http://www.pordenonelegge.it

risposte di Marco Giovenale

[long version]

Cos’è la prosa in prosa?

La prosa in prosa è la cosa che da diversi anni scrivono alcuni autori che dunque – non casualmente – si sono
trovati a fare un libro assieme; grazie all’ospitalità della collana fuoriformato de Le Lettere. Non che scrivano
(tutti loro) solo così. Ma scrivono spesso e volentieri così. L’occasione per riunire un certo numero di brani in
un unico volume era decisamente ghiotta. (Dopo e durante esperienze singole dei singoli autori. Vanno infatti
sottolineate uscite di loro testi in prosa – o anche in prosa – con editori come Arcipelago, La camera verde,
Lavieri, Oedipus; o in rete, su Nazione indiana, gammm.org, e Biagio Cepollaro E-dizioni, in particolare).

L'espressione “prosa in prosa”, assunta come titolo, è stata coniata tempo fa dallo scrittore e critico francese
Jean-Marie Gleize.

Se facciamo riferimento a tutta una tradizione di “poesia in prosa”, per certi aspetti, o di metatestualità o di
prosa filosofica o di prosa d'arte per altri, o di prosa breve narrativa per altri ancora, siamo del tutto fuori
strada. Non si tratta di questo.

Nel merito, e restringendo il campo a narrativa e poesia in prosa: (1) se la narrativa narra, la prosa in prosa
tratta e manipola modi di deviazioni più o meno forti dal narrare e tramare (plot, personaggi, sequenza)
tradizionali o usuali; (2) se la poesia in prosa si svincola dalla necessità dell’a-capo per mantenere tuttavia
alcuni (riconoscibili) “marcatori del poetico”, la prosa in prosa si sottrae precisamente a questi. Si sottrae ai
bibelots (gingilli) metrico-ritmici, rimici, ecc.: così come, in senso ampio, predilige la denotazione piuttosto che
la connotazione; la procedura invece dell’intenzionalità del “poeta”; l’installazione o esecuzione di una pagina
piuttosto che la declamazione o performance; un limpido e complesso aleatorio “sought” (=cercato) invece del
semplice objet trouvé (“found”): ossia – direi non troppo celiando – preferisce Google al (pur amato) Merzbau.

In ciò, si distingue e distacca anche dalla magmaticità-matericità di altre esperienze di scrittura di ricerca
nell’ambito della prosa, che pure hanno costituito e costituiscono una grande ricchezza del panorama
novecentesco (pensiamo ad Antonio Pizzuto o a Gianni Toti). C’è una assertività/serietà, nel campo della
prosa di autori anche grandi o immensi (per dire: la tragedia e comedìa e il collasso-dispendio linguistico della
potentissima babele di Emilio Villa) che nella prosa in prosa non necessariamente compare, di fatto. (Qui/ora).

C’è una tradizione – quasi tutta transnazionale – a cui fate riferimento, chi sono i vostri phares?

Ognuno di noi può certo parlare per la propria esperienza. Io ho elencato nomi tante volte e non voglio
appesantire il mio intervento con una lista dettagliata, che risulterebbe – senza note in margine – noiosa.
Però, ecco: “non istituzionalmente” (ossia fuori da un campo già battezzabile prosa in prosa, eppure assai
vicino o sovrapposto a quello) voglio fare l’elogio – scontato, certo – di Rosselli, Balestrini, Porta, Perec,
Barthes, Beckett, Kafka. E poi devo – volentieri e “istituzionalmente” – citare almeno Gleize, Christophe
Tarkos, e Charles Bernstein, Jeff Derksen, Rodrigo Toscano, Jim Leftwich, Ron Silliman, tra molti che
andrebbero nominati. Voglio poi con energia e senza dubbio aggiungere Carlo Bordini, un genio della prosa (e
dei versi).

Nel volume, risvolto, introduzione, note di lettura, spiegano genealogia, forma e forza politica della
vostra scrittura e certo ne annunciano (e anche di più) i contenuti. Viene in mente una domanda
precisa e fantasma, cortocircuitante e regressiva: fatta salva la matrice concettuale, come
spieghereste a chi non vi ha letto di cosa parlano le prose in prosa?

Mi troverei nella stessa difficoltà di uno che dovesse spiegare “di cosa” parla Mal vu mal dit, di Beckett. O le
Storie di cronopios e famas di Cortàzar. “Di cosa” + “esattamente” + “parlano” questi due libri?

Bel problema. Ora. Se vogliamo che la letteratura faccia anche problema e implichi un gesto ermeneutico del
lettore non pregarantito dallo scrittore o da un genere o da un tema, ecco che con Prosa in prosa ci troviamo
di fronte alla cosa giusta.

D’altro canto, contraddicendomi bellamente, potrei con sicurezza sottoscrivere l’elenco di temi fatto da Andrea
Inglese; o quello fulminante di Gherardo Bortolotti: «Vita, amore, merce, morte. Le solite cose».
È così, in sostanza.

Prosa in prosa contiene un Fotoromanzo e in esso sono frequenti i riferimenti al flusso di immagini
che percorre ogni nostro giorno. In che modo la vostra scrittura si rapporta con i media visivi e con le
arti visuali e no?

Mio padre è stato un buon anzi forse ottimo fotografo (anche se non ha fatto “la carriera” del fotografo) e
questo mi ha – per anni – ragionevolmente tenuto lontano dalla fotografia praticata. Fin quando ho (ri)preso a
scattare e lavorare (con) le immagini, specie con alcune macchine digitali. Adesso il mio laborintus fotografico
talvolta mi prende/impegna quasi più intensamente di quello della scrittura. Non starò a dilungarmi sulle
ragioni, che un giro su Google evidenzierebbe – legate a varie iniziative mie e/o con altri.

Questa è un’antologia?

Lo è, ad intra, come selezione di testi scritti da noi sei redattori del sito www.gammm.org; mentre non lo è, ad
extra, perché non include varie voci, testi e autori, che sicuramente nel campo della prosa in prosa si
muovono, si sono mossi, si muoveranno. Uno per tutti, l’appartatissimo validissimo Roberto Cavallera.

Cosa pensate delle classifiche di qualità?

Sono un’opportunità per aprire spazi ed eco e dunque ascolto per autori e testi che i radar della grande
distribuzione e le fanfare delle major editoriali sdegnano scriteriatamente. L’unica cosa che però a volte mi
stupisce è quanto poco noi lettori (mi includo nella critica) osiamo, nel segnalare e nel promuovere. Ci sono
molte più anse nascoste, di qualità, di quelle che di volta in volta affiorano alla vista – portate (meritoriamente)
in luce dalla classifica Pordenonelegge/Dedalus. Ma – mi auguro – il tempo e soprattutto il diversificarsi dei
canali distributivi del testo (magari non più solo cartaceo) potrà probabilmente introdurre collegamenti,
aperture, varianti inattese, attenuando le nostre distrazioni. Certo è che già ora grazie a Dedalus escono in
evidenza belle & nuove occasioni di lettura, e dunque “scoperte”: incontri effettivi con opere che le classifiche
quantitative dei quotidiani o dei siti o di tv e radio escludono per statuto (uno statuto-macchina, singolarmente
protervo).

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