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1) Tutti i personaggi appaiono insoddisfatti, frustrati, stanchi di una vita familiare caratterizzata

da tensione, mancanza di ascolto e comprensione, egoismo, individualismo.


Tutti i membri della famiglia sognano qualcosa, desiderano trovare il loro posto nel mondo per
sentirsi appagati e apprezzati. Il loro ruolo nel nucleo familiare non li soddisfa, cercano
approvazione in attività esterne alla casa, attività diverse per ognuno di loro. Allo stesso tempo,
però, durante tutto il film, ogni personaggio pone (e si pone) le stesse domande: “come appaio
all’esterno? valgo qualcosa?”
Carlo: sognava di diventare uno scrittore, ma è finito a lavorare in una società finanziaria. Il
lavoro non lo soddisfa (non prova niente nell’ottenere un nuovo contratto) e la vita familiare
neanche. Rappresenta il classico uomo frustrato, indifferente verso la moglie, ma che tenta
comunque di dare una parvenza di normalità e felicità alla propria vita (vorrebbe organizzare
una vacanza con moglie e figli).
Giulia: il suo sogno era il teatro, ma anche lei, come Carlo, ci ha rinunciato. Lei afferma di
averlo fatto perché l’avere una famiglia non le permetteva più di recitare, ma in realtà è una
donna piena di insicurezze, come del resto gli altri personaggi. E’ una madre poco attenta,
nonostante cerchi sempre di apparire autoritaria e sicura nel proprio ruolo.
Valentina: è molto ambiziosa e desidera entrare nel mondo dello spettacolo. Per farlo è disposta
anche a scendere a compromessi. Appare come una ragazza molto sicura e determinata,
spregiudicata e a tratti cinica. Ma in alcuni episodi emerge un’inaspettata sensibilità, come
quando cerca di dialogare con la madre in merito ai suoi problemi di coppia.
Paolo: non sogna una carriera in particolare, quello che vuole è essere accettato dagli amici e,
soprattutto, conquistare la ragazza dei suoi sogni.
Alessia: sembra proprio che nel matrimonio la felicità non esista. Anche lei è delusa dalla vita e
dai ripetuti tradimenti del marito. Ma è, insieme a Valentina, l’unico personaggio coerente con i
propri desideri: la relazione extraconiugale le dà il coraggio di lasciare il marito, mentre Carlo
non riesce a trovare la forza di distaccarsi dalla propria famiglia, probabilmente a causa
dell’incidente che porta a un superficiale ricongiungimento tra i familiari.

2) La famiglia Ristuccia appartiene alla classe medio-borghese: Carlo lavora per una società
finanziaria e Giulia fa l’insegnante.
Il posizionamento dei personaggi in questa classe sociale è funzionale per la rappresentazione
della società contemporanea: il benessere economico li porta a una stabilità insoddisfacente,
nella quale, proprio in assenza di bisogni economici, emergono desideri di affermazione e
identificazione. Percepiscono le loro professioni come piatte, poco stimolanti; si sentono
anonimi. Da qui la ricerca di un’identità “altra”, che li caratterizzi come individui unici, speciali
e pieni di talento.

3) I valori presentati sono molti e ogni personaggio ne incarna uno o più di uno, ma forse
Valentina rappresenta quello dominante, ovvero la superficialità. Lei è infatti lo stereotipo della
persona estremamente attenta all’apparenza, che indossa continuamente la maschera della
sicurezza, della determinazione, della spregiudicatezza e che si interessa all’effimero successo
mediatico, pensando soltanto al presente, senza porsi il problema di cosa fare in futuro.

4) Gli ambienti presentati sono diversi e caratterizzanti per ogni membro della famiglia. Oltre a
quelli relativi al lavoro e allo studio, si individuano luoghi di ricerca della propria affermazione
al di là della famiglia. I personaggi femminili, in particolare, frequentano questi luoghi con un
fine preciso: Giulia frequenta il teatro per riscattarsi come attrice; Valentina la scuola di ballo
per affermarsi come starlette.
Ma l’ambiente principale è sicuramente la casa. Una casa in cui i momenti vissuti in comune
sono rarissimi: la maggior parte dei luoghi casalinghi viene vissuta in solitudine, escludendo gli
altri da quello che si sta facendo, pensando, sognando. I figli, in particolare (ma questa è forse
una caratteristica tipica dell’adolescenza), sentono le proprie stanze come luoghi privati, in cui
ogni intrusione non autorizzata (o anche il solo lasciare la porta aperta) viene pesantemente
sanzionata.
I membri della famiglia sembrano per lo più incontrarsi raramente e per caso.
Alla fine del film questo scenario pare cambiare: la casa è addobbata a festa per il rito del
Natale, tipico simbolo di riunione familiare, di felicità. In realtà, dopo questo bel quadretto,
Carlo si rifugia in bagno per chiamare Alessia, uscendo dallo spazio comune.
Dall’altra parte c’è la casa al mare di Alessia. Questa viene vissuta con tranquillità e
spensieratezza, anche se solo per un giorno, come se fosse un non-luogo, un’isola lontana dalla
routine e dai problemi quotidiani.

5) Molti oggetti possono essere presi come esempio di simbolo dell’epoca attuale. Per citarne
tre: il telefonino (ogni personaggio ne possiede uno); le auto (modelli usciti negli ultimi anni);
gli oggetti in casa di Stefano (arredamento moderno).
Tre oggetti che contribuiscono a dare valore ai personaggi: i vestiti succinti di Valentina
(espressione estetica del suo sogno); le sigarette fumate da Giulia con mani tremanti (simbolo
del suo nervosismo e della sua insicurezza); le fedi alle dita di Carlo, Giulia e Alessia
(formalmente sposati, ma in realtà desiderosi di scappare).

6) L’aspetto principale che il testo fa emergere è quello della ricerca della propria identità in
una società che non è più portatrice di valori stabili e definiti. L’instabilità sociale si riflette sulla
vita delle persone, le quali, disorientate, cercano goffamente di affermarsi nei confronti di se
stesse e degli altri, di fare “qualcosa di importante”. Nonostante le continue frustrazioni,
delusioni e insicurezze, c’è sempre una spinta a ricercare comprensione e affetto negli altri.
Spinta evidenziata dalle domande che più volte ricorrono nel film: “come mi vedi?” “cosa pensi
di me?” “valgo ancora qualcosa?”. Domande che mostrano, inoltre, tutta l’insicurezza dei
personaggi presentati, i quali hanno la funzione di rappresentare una gamma di identità
ambivalenti (sempre alla ricerca di un equilibrio tra ciò che “dovrebbero” essere e ciò che
“vorrebbero” essere), ma riscontrabili nella nostra società. L’uomo frustrato e stanco, la donna
insicura e insoddisfatta, la ragazza che si preoccupa solo del proprio aspetto e pronta a tutto pur
di “fare la velina”, il ragazzo che cerca l’approvazione dei coetanei, il padre separato che non
riesce a vedere la figlia (Stefano). Un po’ stereotipati forse, ma comunque identificabili come
molto simili a persone reali. Anzi, il fatto che siano così stereotipati aiuta il lettore a prendere le
distanze dai personaggi, a vederli inizialmente come molto distanti da sé, per poi rendersi conto
che invece quelli siamo davvero noi!

7) Non credo che siano presenti nel testo valori non chiaramente identificabili; piuttosto ci
sono valori ambivalenti e questa ambivalenza è dovuta proprio al caos presente nella società
odierna.
Ad esempio la famiglia tradizionale è vista in due modi differenti. Da una parte rappresenta un
punto di riferimento ideale, al quale tutti si aggrappano, per lo più in modo formale e non
sostanziale; dall’altro essa passa in secondo piano rispetto a un altro valore, l’autostima
(comprendendo in questo termine tutte le spinte verso la ricerca della propria
identità/individualità): Giulia vuole presentarsi come madre autoritaria e moglie che esercita dei
diritti sul marito, quando in realtà non ha il controllo né sui figli né sul coniuge. Infatti:
Valentina è libera di dormire fuori casa quando vuole, di rispondere con arroganza, di
comportarsi come crede senza ricevere alcuna punizione effettiva al di là delle urla della madre;
Paolo può tranquillamente rubare denaro dal conto della madre e organizzare un festino a base
di sostanze stupefacenti in casa, proprio grazie alla mancanza di controllo da parte dei genitori;
Carlo si lascia trasportare da una relazione extraconiugale perché in casa non trova ciò che nel
suo immaginario rappresenta la famiglia e Giulia, nonostante sia stata la prima a tradire il
marito, pretende che lui le sia fedele.
L’incoerenza di Giulia si ripresenta in più occasioni e manifesta la difficile gestione
dell’equilibrio tra ciò che è socialmente rilevante (come le cose dovrebbero essere) e le pulsioni
individuali. Ad esempio, durante una furiosa litigata con il marito, si possono individuare due
comportamenti del tutti incoerenti: prima Giulia spiega (piuttosto animatamente) ai figli che le
tensioni tra coniugi sono del tutto normali e che tutto tornerà a posto, ma poi cerca di cacciare di
casa il marito; in seguito dice a Carlo di non voler escludere i figli dalla discussione perché
fanno parte della famiglia, ma poi chiude la porta in faccia a Paolo, eliminando di fatto lui e
Valentina dalla discussione.
Anche Carlo, però, dimostra di non riuscire a barcamenarsi tra i due poli (famiglia tradizionale-
spinta all’individualismo/autostima): egli cerca di convincere la famiglia a partire per una
vacanza tutti insieme, ma poi, nell’evolversi della storia, risulta evidente che non ha la minima
idea di ciò che pensano, fanno o sognano i propri figli; anzi, pare proprio non esserne
interessato.
Un altro personaggio, pur essendo secondario, permette di presentare un altro problema molto
attuale relativo alla perdita dei valori familiari tradizionali. E’ Stefano, il presentatore grazie al
quale Valentina otterrà un lavoro in televisione, il quale rappresenta il classico padre separato a
cui la ex moglie non permette di vedere i figli. Stefano vorrebbe veder crescere sua figlia, sente
questa volontà come un diritto. Diritto che gli viene negato in forza della maggiore importanza
tuttora data al ruolo della madre: è lei che, nella maggior parte dei casi giudiziari, ottiene
l’affidamento e il ruolo del padre viene così spogliato della sua rilevanza.
Nel contesto creato da questi personaggi si colloca un altro valore fondamentale: l’amore. Non
solo si cerca di essere amati, ma ancora di più si cerca qualcuno da amare. Torna ancora Giulia,
personaggio complesso, nel quale si possono individuare molte delle ambivalenze presenti nel
film. La sua dichiarazione d’amore al regista dello spettacolo teatrale risulta patetica: non tanto
perché lei viene respinta (il regista è omosessuale), quanto perché è evidente che Giulia non è
innamorata. Si convince di esserlo perché vorrebbe esserlo, non importa di chi. L’amore è visto
come un sentimento basilare della vita, talmente esaltato nella nostra società (e nel film, anche
se in modo implicito) da diventare qualcosa che tutti si sentono in diritto di avere/provare, ma
che raramente viene davvero sperimentato. Valore percepito come fondamentale, ma quasi mai
presente in quanto i sacrifici che comporta sono troppo pesanti per persone che vogliono
mantenere la propria individualità.
Per quanto riguarda i valori negativi (tenendo presente la doppia interpretazione di quelli già
citati) il più evidente è sicuramente la superficialità, incarnata in particolare da Valentina,
stereotipo della ragazza egocentrica e narcisista, spasmodicamente attratta dal mondo dello
spettacolo.
Dal mondo dello spettacolo in generale, non da una carriera specifica: qualsiasi lavoro va bene
purché permetta visibilità, fama, successo. In questo senso il mondo dello spettacolo non è un
fine, ma un mezzo per raggiungere popolarità e per sentirsi unici, importanti.
Per arrivare a “essere qualcuno” Valentina è pronta a tutto: il rispetto per il proprio corpo è un
valore che non potrebbe essere più lontano da lei, come del resto il duro lavoro, il sacrificio,
l’acquisizione di competenze specifiche; sfrutta la propria avvenenza per raggiungere il risultato
nel più breve tempo possibile. In questo senso, in lei come negli altri personaggi, risulta
totalmente assente il ricorso alla pazienza, tipica delle società passate: “tutto e subito” è il
motto; non l’impegno continuativo in vista di un risultato appagante (in quanto tale e in quanto
frutto di duro lavoro), ma l’appagamento delle proprie pulsioni emotive. E’ il Mè a prevalere,
non l’Io, nonostante il continuo scontro tra le due componenti (scontro che, in Valentina, pare in
realtà non avvenire).
8) Il valore su cui si regge il testo è quello dell’autostima (ricerca della propria identità, di
caratteristiche e talenti peculiari). Le azioni dei personaggi sono finalizzate al raggiungimento di
quest’ultima, anche se tutto ciò passa in realtà attraverso l’approvazione degli altri. Infatti,
nonostante l’individualismo che caratterizza i personaggi e il loro ideale risultato (l’autostima
appunto), è impossibile raggiungere da soli l’equilibrio: esso risulta quindi dalla commistione
tra spinte individuali e approvazione da parte degli altri.

9) La scena che riassume la visione prospettata dall’autore è quella iniziale, in cui la voce
narrante racconta i pensieri dei personaggi. Ognuno con la propria vita, le proprie paure e i
propri problemi, in una rappresentazione dell’egoismo e dell’individualismo tipici della società
postmoderna.

10) L’immagine finale della famiglia riunita per il Natale riassume l’idea di fondo del film: una
casa addobbata a festa, un brindisi e facce sorridenti. A parte una: è proprio la faccia di Carlo a
dare senso all’immagine. Apparenza e realtà sono condensate nel fotogramma: la prima
rappresentata dal fatto che a una prima occhiata si potrebbe vedere una famiglia felice; la
seconda proprio dal sorriso triste del padre, che esprime tutta la falsità dei membri della
famiglia.

11) Il finale del film non è una vera conclusione, bensì lascia aperte molte questioni.
Il riavvicinamento in seguito all’incidente è solo superficiale: la famiglia si è solo
apparentemente riunita, il quadretto natalizio non convince nessuno. E l’intenzione dell’autore è
proprio questa: lasciare un alone di indeterminatezza, perché questo tipo di dinamiche familiari
e sociali non si risolvono così facilmente. Tutto ciò fa prospettare una società in cui l’incertezza
la fa (e la farà) da padrona, in cui le confuse personalità individuali non troveranno una stabilità,
proprio a causa della mancanza di obiettivi sicuri, di mete condivise, di valori certi e universali.

12) La visione dell’autore è, se non pessimistica, quantomeno realistica. Infatti egli fa confluire
nei personaggi tutte le caratteristiche peculiari della società odierna, anche se ciò porta alla
creazione di stereotipi. Credo comunque che la stereotipizzazione sia funzionale per quanto
riguarda l’iniziale processo di distacco dai personaggi e il successivo riconoscimento di alcune
caratteristiche in se stessi o in persone conosciute.

13) Posso dire di trovarmi in completo accordo con la posizione dell’autore. Nonostante non
tutte le madri siano nevrotiche, non tutte le figlie narcisiste e superficiali, ecc, credo che la
descrizione della nostra società sia molto fedele a ciò che accade realmente.
Purtroppo non posso che trovarmi d’accordo anche rispetto alle prospettive future indicate nel
testo: i processi sociali rappresentati sono in via di sviluppo e non vedo margini di
miglioramento in un futuro a breve termine. Il distacco dai valori tradizionali; la tendenza
all’individualismo; il prevalere delle pulsioni e dei desideri; i continui conflitti tra tendenza
all’omologazione e ricerca di un’identità unica, altruismo ed egoismo, essere e apparire; la
molteplicità di ruoli che siamo chiamati a interpretare… sono tutti aspetti destinati a
caratterizzare sempre di più la società in cui viviamo.

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