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Pur essendo laureato in teologia non intraprende la carriera di pastore alla quale la sua laurea lo
abilitava. Inizia a scrivere ma dichiara di porsi in un rapporto poetico con la scrittura cioè in un
rapporto di distacco e lontananza. Scrive molti libri utilizzando pseudonimi diversi proprio per
sottolineare il distacco tra se stesso e le forme di vita che descriveva. Le opere principali e più
conosciute sono Aut - aut (1843) e Timore e tremore (1843).
La verità del singolo : il rifiuto dell’hegelismo e “l’infinita differenza qualitativa” tra Dio e
l’uomo
Kierkegaard è il filosofo che con maggiore determinazione propone un rifiuto della filosofia
hegeliana, allora imperante nelle università europee, comprese quelle della Danimarca, la patria di
Kierkegaard. Molti sono i punti di contestazione della filosofia di Hegel.
1) L’esistenza per K. è costituita da alternative inconciliabili rispetto alle quali la sintesi
conciliatrice della dialettica di Hegel non ha alcun potere di mediazione. La filosofia hegeliana
appare dunque a Kierkegaard antitetica e illusoria rispetto al proprio punto di vista sull'esistenza. Le
possibilità esistenziali che nella vita concreta sono in contrapposizione (aut – aut) infatti non
possono assolutamente essere conciliate o mediate nella sintesi di cui parla Hegel (et – et).
2) K. pone la singolarità dell’individuo al di sopra dell’universalità dell’Assoluto di Hegel. Di
fronte alla Ragione hegeliana, che assorbe completamente e dissolve in sé gli individui concreti, il
filosofo danese presenta l'istanza del «singolo», cioè dell' individuo esistente come tale. Hegel
infatti aveva considerato la specie, l’umanità più importante del singolo (egli diceva “non mi
interessa il profilo del tuo naso” in quanto l’individuo si annullava nel principio supremo che era
l’Assoluto e che tendeva solo ad attuare se stesso) mentre. il singolo individuo per K. è una
realtà irriducibile a qualsiasi altra.
3) K. ritiene che la filosofia debba qualificarsi come riflessione soggettiva connessa con
l’esistenza che l’individuo si trova ad affrontare cioè una riflessione in cui il singolo uomo è
direttamente coinvolto e che proprio per questo non è oggettiva e disinteressata, ma appassionata.
Hegel invece concepisce la filosofia come scienza oggettiva cioè distaccata e disinteressata dagli
eventi concreti in cui si sostanzia l’esistenza individuale.
4) K. rifiuta l’identificazione hegeliana tra finito e infinito, tra uomo e Dio. La radicale adesione di
Kierkegaard al cristianesimo si spiega col fatto che, a suo parere, la religione cristiana ha
valorizzato meglio di altre forme culturali l’esperienza del singolo e ha indicato la possibilità per
l’uomo di raggiungere la liberazione dall’angoscia in cui l’uomo è condannato a vivere.
Kierkegaard non nega il concetto di Assoluto, verso il quale l’uomo, spinto dalla coscienza della
propria finitezza, si sente attratto; ma quest’assoluto esiste solo come totale trascendenza, è una
realtà che è completamente al di là della dimensione umana e che l’uomo, con le sue deboli forze
intellettuali, non può comprendere. Il rapporto del singolo con l’Assoluto è allora, secondo
Kierkegaard, di assoluta separazione: il singolo si rapporterà all’Assoluto con angoscia e timore,
conscio della sua piccolezza e, contemporaneamente, dell’immensa potenza di tale realtà. In Hegel,
il rapporto del singolo con l’Assoluto si realizzava gradualmente in modo positivo, fino a
raggiungere uno stadio di piena immedesimazione. Hegel infatti, al contrario di Kierkegaard, non
concepiva l’assoluto come totalmente separato dall’individuo, ma lo considerava coincidente con
esso. Di conseguenza in Hegel c’è l’incapacità di cogliere l’infinita differenza qualitativa che
separa il finito dall’infinito e quindi l’uomo da Dio.
L’angoscia L’angoscia di cui parla Kierkegaard è il sentimento della possibilità, cioè quello stato
d’animo esistenziale che sorge dinanzi alla “vertigine della libertà” e alle infinite possibilità
negative che incombono sulla vita e sulla personalità dell’uomo. Infatti “nel possibile, tutto è
possibile” anche e soprattutto il negativo. Per questo ogni possibilità favorevole è spesso annientata
dall'infinito numero delle possibilità sfavorevoli.
È quindi l'infinità, o indeterminatezza delle possibilità a rendere l'angoscia insuperabile, e a farne
la condizione fondamentale dell'uomo nel mondo. L’ angoscia è diversa dalla paura che si prova al
cospetto di una situazione determinata e ad un pericolo preciso. Essa è puro sentimento della
possibilità, della libertà di potere, di ciò che non è ma può essere in futuro.
Inoltre, essa è un sentimento tipicamente umano. Tant’è che viene provata solo da chi ha spirito:
“più profonda è l’angoscia più grande e l’uomo”. Inoltre, se è vero che la povertà spirituale sottrae
l'uomo all'angoscia, non bisogna dimenticare che l'uomo sottratto all'angoscia è schiavo delle
circostanze che lo sospingono di qua e di là senza meta. L'angoscia è dunque la più gravosa e al
tempo stesso la più necessaria tra le categorie umane. L’unico modo efficace per contrastare
l’angoscia e i suoi tormenti non è l’accortezza umana, ma la fede religiosa in Colui al quale “tutto è
possibile”.