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ORAZIO

TERZO ANNO

di Giacomo Marciani
a.s. 2008/2009
ORAZIO
TERZO ANNO

L’Età Augustea

Profilo di Orazio

Mecenate e la Propaganda Augustea

1. Lucio Anneo Seneca

II
Carmina
Le Odi (o Carmina, com’egli le chiama) sono state scritte dopo il 30 a.C., cioè dopo la battaglia
di Azio e la morte di Cleopatra. L’opera consta di quattro libri: i primi tre scritti nel 23 a.C. e
l’ultimo edito tra il 17 a.C. ed il 13 a.C. In quest’opera si evince una raggiunta maturità
artistica ed il superamento dello sperimentalismo nel nome di una raggiunta perfezione
formale. Caratteristiche importanti della raccolta sono il superamento in senso universale
dell’individualismo autobiografico, l’emulatio dei poeti greci della lirica arcaica e della lirica
ellenistica, l’attualizzazione del mito e della tradizione nazionale, il classicismo fatto di
equilibrio, armonia e misura, l’alto livello espressivo sul piano linguistico e letterario, la callida
iunctura, il labor limae nella valorizzazione della singola parola all’interno di un lessico
abbastanza semplice e quindi la perfetta semplicità formale, senza la quale un’opera non
potrebbe definirsi a ragione prodotto letterario compiuto. I riferimenti filosofici portanti
derivano dalla stoicismo e dall’epicureismo: si raffinano la metriòtes e l’autàrkeia nel nome
di un equilibrio interiore emancipato dai problemi dell’umanità, accetta per ciò che è, e nella
dignitosa consapevolezza dello scorrere del tempo e della naturalezza dell’avvento della
morte.
Dal punto di vista politico, a giudizio dello storico Syme, Orazio non nasconderebbe, pur
vivendo nell’età della Pax Augustea, i suoi trascorsi repubblicani, vivendoli tuttavia più come
glorificazione del passato di Roma piuttosto che come aspirazione polemica nel presente.
Inoltre, come la maggior parte dei letterati del tempo e non, anche Orazio difende la dignitosa
separatezza della cultura dalla dimensione politica, accentuandone quindi l’aristocraticismo
ed innalzandola a strumento supremo, prescindente dalle epoche, contro l’affermazione
violenta dei totalitarismi.
I temi principali sono la morte, lo scorrere del tempo, il carpe diem, l’amore, le donne
(famoso per la galleria di personaggi femminili che colorarono d’amore e passione la sua vita),
il simposio, la forza esternatrice dell’ars poetica (“non omnis moriar” e “Ho eretto un
ricordo più immortale del bronzo”), il tutto colorato dalla nostalgia e dalla malinconia che lo
resero famoso tra i critici contemporanei come il poeta autunnale per eccellenza del mondo
classico, il quale raggiunse la propria consapevolezza esistenziale e maturità artistica “quando
l’arco della vita comincia a piegare” (A.Mocchino).

***

Libro I, Ode IX – “Non Interrogare il Domani”


[Introduzione]
Il tentativo di creare un atmosfera intima, unito alle esigenze di evidenza pittorica richiamano,
in questi primi versi, la convenzione paesaggistica dell’inverno nevoso e ghiacciato
(distaccandosi dal realismo che non avrebbe potuto ritrarre in tal modo uno scenario invernale
di una regione del centro Italia). Nell’ode salta subito all’occhio una struttura sapientemente
calcolata, che proporziona tra loro argomenti quali: la descrizione paesaggistica (parallelismo
metaforico con lo stato d’animo malinconico di un poeta giunto ormai alla vecchiaia e
consapevole di non poter godere del moto circolare e di rinnovamento eterno della natura, ma
di dover supplire al moto lineare dell’effimero tempo umano), l’excursus gnomico-filosofico
(esplicitato dalle esortazioni a Taliarco, di stampo prettamente epicureo), e l’accorata e
malinconica contemplazione della giovinezza ormai sfuggitagli (descrizione dell’amore
urbano e delle gioie che fanno godere pienamente il presente all’uomo giovane).

[Traduzione]
[1]Vedi come si erge candido per la profonda neve
il Soratte, e non sostengono più il peso
gli alberi affaticati, e per il gelo

III
pungente i fiumi si sono fermati.

[5]Sciolgi il freddo con legna sul focolare


Abbondante riponendo e più generosamente
Versa vino vecchio di quarant’anni,
o Taliarco, nell’anfora Sabina:

tutto il resto lascialo agli dei. Infatti non appena costoro


[10]hanno abbattuto i venti che sul mare in burrasca
lottano furiosamente, nè i cipressi
né gli antichi frassini si agitano più.

Evita di chiederti che cosa riservi il futuro e


Qualunque giorno la Sorte ti concederà tra i guadagni
[15]Mettilo, né i dolci amori
nè le danze non disprezzare ora che sei giovane,
fino a che dall’età fiorente la vecchiaia è lontana
uggiosa. Ora i campi e le piazze
e i lievi sussurri sul fare della notte
[20]si ricerchino all’ora stabilita.

Ora anche la gradita risata dal più remoto


angolo (tradisce) la fanciulla nascosta
e il pegno strappato al braccio
o al dito che non oppone resistenza.

[Osservazioni]
Soracte: l’enjambement non determina solo l’isolamento letterario della parola, quanto anche
l’isolamento paesaggistico del monte.
Silvae laborantes: personificazione della natura, affaticata anch’essa, come l’uomo (sia fisicamente che
psicologicamente), dalla rigidezza del clima invernale.
Acuto: la callida iunctura si mostra in questo vocabolo, il quale non descrive solo un particolare
climatico, quanto anche un particolare paesaggistico in cui gli oggetti appaiono affilati e pungenti per il
gelo; si mostra quindi coerente con le teorie dell’Ars Poetica oraziana per le quali un vocabolo può per
sua natura essere abusato, ma anche sfumato, reso nuovo ed inusuale da una diversa collocazione
all’interno del verso e dagli accostamenti con le altre parole che in esso si compongono.
Thaliarche: il nome di origine greca indica per lo più una scelta letteraria, piuttosto che una reale
identità; sembrerebbe essere infatti più uno pseudonimo (“re della gioia” o “re del simposio”), che un
nome di persona realmente esistita.
Cetera: reminescenza archilochea, riferimento a tutto ciò che travalica il presente.
Fors: sfumatamene opposto alla Fortuna, questo vocabolo indica più che altro il Caso ed essendo, come
peraltro il termine “fortuna”, una vox media, può essere intesa, in base al contesto, con un accezione
positiva o negativa. Basti sapere che il termine “fortuna” ha solitamente un’accezione più positiva
rispetto al termine “fors”.
Dulcis amores…choreas: solo l’amore e la gioia dello stare insieme da all’uomo la sensazione di vivere
pienamente il presente.
Puer: la saggia malinconia del poeta permea in tutta l’opera oraziana, in ciò che viene definito come
sensibilità autunnale.
Donec…morosa: sensibilità autunnale.
Campus et aereae: allusione all’amore urbano, argomento caro anche ai poeti elegiaci.
Lenesque sub noctem sussurri: allitterazione della s onomatopeica in allusione alla complicità degli
innamorati.

[Paradigmi]
Video, vides, visi, visum, videre
Sto, stas, steti, statum, stare
Sustineo, sustines, sustinui, sustentum, sustinere
Laboro, laboras, laboravi, laboratum, laborare
Consto, constas, constiti, constaturus, constare

IV
Dissolveo, dissolves, dissolvi, dissolutum, dissolvere
Repono, repones,reposui, repositum, reponere
Deprimo, depromis, deprompsi, depromptum, depronere
Permitto, permittis, permisi, permittum, permettere
Deproelior, deproeliaris, deproeliatus sum, deproeliari
Agito, agitas, agitavi, agitatum, agitare
Sum, es, fui, esse
Fugio, fugis, fugi, fugiturus, fugere
Quaero, quaeris, quaesivi, quaesitum, quaerere
Do, das, dedi, datum, dare
Appono, apponis, apposui, appositum, apponete
Sperno, spernis, sprevi, spretum, spernere
Vireo, vires, virui, viretum, virere
Absum, abes, abfui, abesse
Compono, componis, composui, compositum, componere
Repeto, repetis, repetivi, repetitum, ripetere
Lateo, lates, latui, latum, latere
Deripio, deripis, derapi, dereptum, deridere

***

Libro I, Ode XI – “Leuconoe”


[Introduzione]
Questa è una delle odi più famose del corpus graziano, in quanto contenente la celeberrima
formula del carpe diem. I versi sono rivolti, probabilmente in risposta ad alcune domande
durante un convivio, a Leuconoe, uno dei tanti amori di Orazio, il cui nome si pensa essere più
fittizio (“dal candido pensiero”) che reale (anche per esigenze metriche, è infatti un coriambo,
piede che si ripete tre volte in ogni esclepiadeo maggiore). La struttura dell’ode appare divisa
in due parti: nella prima (1-6 vv.) il pacato ed affettuoso rimprovero alle ansie della donna
concentrata ad impadronirsi di un futuro inaccessibile ed indeterminabile, e l’esortazione a
godere di ogni istante come fosse l’ultimo, vengono espressi con un ritmo sintattico lento, dai
periodi ampi ed articolati. Nella seconda parte invece il ritmo cambia, si fa più serrato, i versi si
riducono, i verbi vengono accostati paratatticamente nell’enunciazione di un programma di
vita al quale il poeta pretende l’assenso di Leuconoe. I ripetuti enjambement inoltre,
prolungando ed inarcando la misura della riflessione, conferendo una profondità meditativa al
colloquio, sembrano alludere alla continua riserva di sorprese rappresentata dal futuro.

[Traduzione]
[1]Tu non indagare, poiché non è lecito saperlo, quale fine a me, a te
Gli dei daranno, o Leuconoe, né i Babilonesi
Calcoli tentare. Com’è meglio sopportare tutto quello che accadrà,
sia che Giove ti abbia dato molti inverni, sia l’ultimo,
[5]che ora su opposte scogliere fiacca il mare
Tirreno; sii saggia, filtra il vino, e in uno spazio breve
Contieni la tua lunga speranza. Mentre parliamo invidioso è volato via
Il tempo: cogli l’attimo, facendo il meno possibile affidamento a quello che verrà.

[Osservazioni]
Ne quaesieris: il verbo quaerere veniva spesso utilizzato per indicare la consultazione degli indovini.
Fas: detiene un senso propriamente religioso, sebbene Orazio non pensi ad una vera e propria punizione
divina quanto all’impossibilità di concentrarsi sul presente e poterne cogliere l’attimo.
Quem mihi, quem tibi: l’antitesi pronominale allude ad una qual certa vicinanza amorosa; era infatti
d’uso comune consultare gli astri per delineare il futuro della relazione.
Babylonios: l’astrologia era nata in Mesopotamia inferiore; i numeri, cioè i calcoli astrologici,
mettevano in relazione la data e l’ora di nascita con le costellazioni, in modo da leggere negli astri il
futuro; sebbene le filosofie più accreditate sconsigliassero l’affidarsi ad una tale pratica, la consultazione
astrologica era tanto in voga al tempo, che persino le classi dirigenti vi facevano affidamento.
Plurie hiemes: con inverni il poeta allude agli anni e al moto circolare delle stagioni e della natura,
opposto al moto lineare del tempo umano.

V
Tributi: la dottrina epicurea concepiva il destino come assegnato fin dalla nascita, una volta per tutte.
Tyrrhenum: mare per antonomasia nella cultura latina.
Vina liques: i romani erano soliti filtrare il vino in un vaso di metallo forato, detto colum nivarium, che
aveva lo scopo, oltre di depurarlo, anche di rinfrescarlo (nivarius).
Spem longam reseces: la metafora si regge su un paragone con la vita agreste; si tratta infatti di spuntare
i rami che, se messi a confronto con la brevità della vita umana, risultano essere troppo lunghi, e quindi
più esposti alle avversità delle intemperie.
Invida: l’aetas, personificata, sottrae il piacere alla vita umana.

[Paradigmi]
Quadro, quaeris, quaesivi, quaesitum, quaerere
Scio, sciis, scivi, scitum, scire
Do, das, dedi, datum, dare
Tempto, temptas, tempravi, temptatum, temptare
Sum, es, fui, esse
Patior, patiris, passum sum, pati
Tribuo, tribuis, tribuis, tributum, tribuere
Debilito, debilitas, debilitavi, debilitatum, debilitare
Sapio, sapis, sapii/sapui, sapere
Liqueo, liques, liqui (licui), liquere
Reseco, resecis, resecui, resectum, resecere
Loquor, loqueris, locutus sum, loqui
Fugio, fugis, fugi, fugiturus, fugere
Carpo, carpis, capsi, carptum, carpere

***

Libro I, Ode XXXVII – “Ora Bisogna Bere!”


[Introduzione]
La gioia preannunciata nell’epodo IX, scritto nel 31 a.C. a celebrazione della vittoria di Azio
(il 2 settembre del 31 a.C. Antonio e Cleopatra erano stati sconfitti da Ottaviano), trova in
quest’ode la sua massima espressione. Alla fine dell’estate del 30 a.C. era giunta a Roma la
notizia dell’avvenuta morte di Antonio e Cleopatra. Orazio esordisce qui con una reminescenza
del greco Alceo: il poeta greca aveva infatti iniziato il proprio componimento invitando ad
ubriacarsi forsennatamente nel celebrare la morte del tiranno Mirsilo. In quest’ode alcuni critici
videro un forte arricchimento della dimensione epico-celebrativa che avvicina Orazio alla
poetica di Pindaro; il cui virtuosismo erudito e la cui tensione ermetica vengono tuttavia
sostituite qui dall’enfasi di un pathos strabordante, ma allo stesso tempo contenuto: è il piacere
del convito la gioia ricercata da Orazio in quest’ode, e non lo stravolgimento mentale auspicato
dal greco Alceo. E’ da notare inoltre un tratto non inconsueto nella tradizione letteraria latina:
sebbene le tensioni propagandistiche impersonassero nelle figure di Cleopatra e Antonio il
negativo modello di vuota sfarzosità effeminata, combattuto proprio in quel periodo dalla
politica attenta agli antichi mores di Ottaviano, non viene negato, ma anzi esaltato il
riconoscimento della dignità e della grandezza degli avversari nel momento più cruciale
della loro sconfitta.

[Traduzione]
[1]Ora bisogna bere, ora bisogna con piede libero
pestare la terra, ora degni dei Salii
ornare le immagini degli dei
con cibi sarebbe tempo, oh amici.

[5]Prima non era lecito trarre il Cecubo


dalle cantine avite, durante tutto il tempo che per il Campidoglio
le regina una folle rovina
e disgrazia per la potenza tramava.
con il suo gregge contaminato di vergognosi
[10]uomini dal morbo, sfrenata

VI
nello sperare ogni cosa e dalla dolce fortuna
inebriata. Ma spense la frenesia

l’unica nave salvata a stento dagli incendi


e la sua mente invasata dal vino Mareotico
[15]ricondusse alle vere paure
Cesare dall’Italia incalzando

con la flotta lei che fuggiva, come un falco


le dolci colombe o la lepre l’agile
cacciatore nei campi dell’innevata
[20]Tessaglia, per mettere in catene

Un prodigio letale; che più dignitosamente


volendo morire e non
ebbe paura della spada e non in nascosti
lidi con la veloce flotta si riparò;

[25]ebbe il coraggio anche di guardare la reggia rovesciata


con volto sereno, il forte e feroce
serpente prendere in mano, per
con tutto il corpo bere il nero veleno,

più fiera quando ebbe deciso di morire,


[30]evidentemente vietando dalle implacabili Liburne
di essere condotta, privata (del regno) al superbo trionfo
non (essendo lei) una donna qualsiasi.

[Osservazioni]
Nunc: in anafora, ripetuto tre volte, vuole sottolineare l’intensità ritmica della gioia.
Est bibendum: l’invito a bere non è finalizzato allo stordimento, come intendeva Alceo, ma bensì ad una
danza gioiosa.
Pede libero: allude alla danza sfrenata di chi non ha più pensieri.
Saliaribus…dapibus: allusione al lectisternium, cerimonia durante la quale venivano poste attorno al
banchetto le immagini degli dei.
Tempus erat: l’unione di nunc e di un imperfetto allude alla gioia per qualcosa che si aspettava da
tempo.
Caecubum: vino prodotto nella zona tra Gaeta e Fondi.
Regina: non allude solo all’impronunciabilità del nome di una figura tanto odiata, ma anche, affiancato a
Capitolio, all’idea della monarchia, ancor più invisa al popolo romano.
Impotens: traduce il greco akratès, che appartiene al linguaggio etico-morale e significa “incapace di
autocontrollo”.
Fortunaque dulci ebria: la propaganda di Ottaviano condannava la sfrenata ubriachezza di Antonio,
Cleopatra e della corte egiziana.
Vix…ab ignibus: non corrisponde alla realtà storica, in quanto la flotta di Cleopatra scampò quasi
interamente alla sconfitta di Azio; qui Orazio vuole alludere al ridimensionamento del potere di
Cleopatra.
Mareotico: vino prodotto a Mareia, città non lontana da Alessandria.
Ab Italia…adurgens: non corrisponde esattamente alla realtà storica in quanto trascorse un anno tra la
battaglia di Azio e la discesa di Ottaviano in Egitto.
Accipiter…columbas: la similitudine delle colombe risale all’Iliade, e venne poi ripresa da Eschilo nelle
Supplici e da Virgilio nell’Enedie.
Leporem…Haemoniae: la similitudine del venator che segue le orme della preda era stata suggerita da
un epigramma di Callimaco; inoltre la Tessaglia viene chiamata Haemonia da Haemon, padre di Tessalo,
e definita nevosa per convenzione letteraria.
Ensem: la spada sta ad indicare per metonimia l’avanzata dell’esercito romano in Egitto.
Nec…oras: era abitudine degli sconfitti cercare rifugio nel Mar Rosso, tentativo non riuscito per gli
sconfitti arabi di Petra.
Serpentis: serpentes; la coppia di serpenti era un simbolo sacro nella cultura egizia.

VII
Deliberata morte ferocior: la regina riacquista tutta la propria fierezza, una volta vista tramontare ogni
possibilità di accordo con Ottaviano e reso impossibile il suo trionfo davanti a quegli stessi cittadini che
aspirava a sottomettere al proprio potere.
Saevis…Triumpho: i Liburni, popolo il lirico dell’Adriatico, avevano insegnato ai romani a costruire
navi agili e veloci, mentre le navi della flotta egiziana erano già risultate inadeguate al confronto.

[Paradigmi]
Sum, es, fui, esse
Bibo, bibis, bibi, bibitum, bibere
Pulso, pulsas, pulsavi, pulsatum, pulsare
Orno, ornas, ornavi, ornatum, ornare
Depromo, depromis, deprompsi, depromptum, depromere
Paro, paras, paravi, paratum, parare
Contamino, contaminas, contaminavi, contaminatum, contaminare
Spero, speras, speravi, speratum, sperare
Minuo, minuis, minui, minutum, minuere
Lympho, lymphas, lymphavi, lymphatum, lymphare
Redigo, redigis, redegi, redictum, redigere
Volo, volas, volavi, volatum, volare
Adurgeo, adurges, adurgui, adurgitum, adergere
Do, das, dedi, datum, dare
Pereo, peris, perii, peritum, perire
Quaero, quaeris, quaesivi, quaesitum, quaerere
Expavesco, expavescis, expavi, expavitum, expavere
Lateo, lates, latui, latum, latere
Reparo, reparas, reparavi, reparatum, reparare
Audeo, audes, ausus sum, audere
Iaceo, iaces, aicui, iaciturus sum, iacere
Viso, visis, visi, visum, visere
Tracto, tractas, tractavi, tractatum, tractare
Cobibo, combibis, combibui, combibitum, combibere
Delibero, deliberas, deliberavi, deliberatum, deliberare
Invideo, invides, invisi, invisum, invidere
Deduco, deducis, deduci, deductum, deducete

***

Libro I, Ode XXXVIII – “Odio il Lusso di Persia”


[Introduzione]
Quest’ode funge da congedo al primo dei quattro libri. In essa Orazio definisce ciò che non vuole
essere descrivendo ciò che non vuole avere: il lusso, lo sfarzo non sono indispensabili alla vita,
vanno contro la lezione epicurea della moderazione, poiché non alimentano il godimento di una vita,
ma spesso lo ostacolano. I versi sono diretti al puer che sta, secondo il poeta, imbandendo con un
atteggiamento eccessivamente zelante, ed attento ai particolari. Non si sa se il poeta volesse invitare
alla poetica essenziale o avesse in mente qualcos’altro, di meno allusivo (i poeti del tempo se avevano
in mente una tematica non ne celano il contenuto dietro una complicata simbologia, ma tendono a
renderne manifesti gli accenni).

[Traduzione]
[1]Odio, ragazzo, i lussi Persiani,
non mi piacciono le corone intrecciate con filo di tiglio;
smetti di cercare dove la rosa
tardiva indugia.

[5]Al semplice mirto nulla che tu ti affanni ad aggiungere


con troppa premura voglio: né a te che servi
è sconveniente il mirto né a me che sotto un denso
pergolato bevo.

VIII
[Osservazioni]
Persicos apparatus: i lussi persiani erano proverbiali, così come il rifiuto dello sfarzo orientale era un tema
tradizionale nella letteratura greco-latina.
Odi: così come il successivo displicent, non va tradotto letteralmente poiché in italiano assumerebbe un valore
eccessivamente forte.
Puer: non è il puer impersonale della tradizione antica, ma il vero interlocutore (un coppiere) di Orazio.
Nexae philyra coronae: dalla corteccia di tiglio si ricavavano fili che servivano ad intrecciare ghirlande
raffinatissime.
Rosa: nel primo autunno le rose tardive erano rare nell’antichità e ricercate come ornamento prezioso dei
banchetti.
Allabores: composto probabilmente coniato da Orazio, con il significato di “affaticarsi di più”.
Me…bibentem: la sobrietà oraziana respinge lo sfarzo, non la comodità ed il piacere.

[Paradigmi]
Odio, odis, odivi/odi, osum, odire
Displiceo, displices, displicui, displicitum, displicere
Mitto, mittis, misi, mittum, mittere
Sector, sectaris, sectatus sum, sectari
Moror, moraris, moratus sum, morari
Curo, curas, curavi, curatum, curare
Ministro, ministras, ministravi, ministratum, ministrare
Dedeceo, dedeces, dedecui, dedecitum, dedecere
Bibo, bibis, bibui, bibitum, bibere

***

Libro II, Ode VII – “A un Amico Ritrovato”


[Introduzione]
Fu grazie all’amnistia concessa da Ottaviano nel 29 a.C. (probabilmente data di composizione
dell’ode) a permettere il ritorno a Roma di Pompeo Varo, amico di vecchia data di Orazio.
Probabilmente nel 44 a.C., anno dell’uccisione di Cesare, i due amici si arruolarono
nell’esercito dei cesaricidi Cassio e Bruto; si sarebbero poi salvati a stento durante la battaglia
di Filippi del 42 a.C., sulle cui sventure/fortune ironizza il poeta attraverso una reminescenza
archilochea su una storia di diserzione. Dopo la battaglia i due amici avrebbero intrapreso
strade profondamente diverse: l’uno alla corte di Ottaviano, l’altro arruolato prima tra i
repubblicani, poi al servizio di Sesto Pompeo, figlio di Pompeo Magno, nemici politici di
Ottaviano. Tra le rievocazioni drammatiche e nostalgiche dei tempi che furono si celebra con
gioia il ricongiungimento dei due amici: le immagini simposiastiche si alternano
continuamente ai tragici ricordi del passato, culminando, alla fine dell’ode, nel richiamo
esplicito all’oblio assicurato dal vino e alla gioia della follia che lo accompagna.

[Traduzione]
O tu tante volte con me alla soglia della morte
condotto sotto il comando di Bruto,
chi ti restituì come cittadino
agli dei della patria e al cielo d’Italia,

Pompeo mio, il più caro dei miei compagni?


Con il quale tante volte il giorno che indugiava bevendo
ruppi coronato da lucidi
capelli di unguento siriano.

Con te i Filippi e la celere fuga


Soffrii lasciato indignamente lo scudo,
quando fu infranta la virtù, e minacciando
il turpe suolo toccarono con il mento.

Ma velocemente in mezzo ai nemici da Mercurio

IX
fui sottratto nella densa nube, terrorizzato;
tu, riassorbendoti nella guerra
dall’onda con i suoi flutti ribollenti sei preso.

Dunque offri a Giove il sacrificio promesso


E stremato dalla lunga guerra il fianco
Riposa sotto il mio alloro, e non
Risparmiare le anfore a te destinate.

Con il Massico che dono l’oblio le coppe a due anse


riempi fino all’orlo; dal fondo capiente
delle conchiglie gli unguenti (versa). Chi di palustre
appio si affretta ad intrecciare corone

e chi di mirto? Chi Venere capo


del simposio eleggerà? Certamente io non con maggior moderazione
dei Traci mi darò all’orgia: quando si ritrova un amico
è dolce per me la follia.

[Osservazioni]
Saepe: indica numerose circostanze ignote, oltre a quella della battaglia di Filippi.
Dis patriis: gli dei Penati.
Prime: valore qualitativo, più che quantitativo.
Malobathro: profumo orientale, per questo detto “siriaco”, che si ricavava dalle foglie di cassia.
Philippos: luogo del celebre scontro fra Macedonia e Tracia, dove nel 42 a.C. ebbe fine il sogno dei
cesaricidi.
Minaces…mento: riconoscimento del valore dei caduti.
Mercurius celer: parodia degli dei salvatori degli scritti omerici.
Denso aere: secondo tradizione gli dei salvavano i propri beniamini nascondendoli dentro una nube; è
questo il caso anche di Enea giunto a Cartagine.
Sub lauru mea: non si allude all’alloro della fama poetica, in quanto non riguardava in alcun modo
l’amico in questione né sarebbe stato cortese che il padrone di casa elogiasse se stesso quando non era
nemmeno lui il festeggiato.
Cadus: grecismo da kàdos.
Capacibus de conchis: le conche erano dei vassoi a forma di conchiglia da quali venivano versati
unguenti pregiati.
Udo apio: l’appio veniva usato per intrecciare corone e ghirlande per i conviti.
Venus: nel gioco dei dadi il colpo fortunato veniva detto colpo di Venere e quello sfortunato canis.
Arbitrum bibendi: nei conviti l’arbitro decideva con il lancio dei dadi la quantità e la qualità del vino.
Bacchabor Edonis: gli edoni abitavano a oriente del fiume Striamone, presso la catena del Pangeo,
sacro a Bacco; erano famosi per le loro intemperanze durante i banchetti, spesso trasformati in sfrenate
orge dionisiache.

[Paradigmi]
Deduco, deducis, deduci, deductum, deducete
Duco, ducis, duxi, ductum, ducere
Redono, redonas, ridonavi, redonatum, ridonare
Moror, moraris, moratus sum, morari
Frango, frangis, fregi, fractum, frangere
Corono, coronas, coronavi, coronatum, coronare
Sentio, sentis, sensi, sensum, sentire
Relinquo, relinquis, reliqui, relictum, relinquere
Tango, tangis, tetigi, tantum, tangere
Paveo, paves, pavi, paventum, pavere
Suffero, suffers, sustuli, sullatum, sufferre
Resorbeo, resorbes, resorbui, resorbitum, resorbere
Fero, fers, tuli, latum, ferre
Obligo, obligas, obligavi, obligatum, obligare
Reddo, reddis, redditi, redditum, reddere
Depono, deponis, deposui, depositum, deponere

X
Parco, parcis, peperci, parsum, parcere
Destino, destinas, destinavi, destinatum, destinare
Expleo, exples, explevi, expletum, explere
Depropero, deproperas, deproperavi, deproperatum, deproperare
Curo, curas, curavi, curatum, curare
Dico, dicis, dixi, dictum, dicere
Bibo, bibis, bibi, bibitum, bibere
Bacchor, baccharis, bacchatus sum, bacchari
Recipio, recipis, recepi, receptum, recipere
Sum, es, fui, esse

***

Libro II, Ode X – “L’Aurea Mediocritas”


[Introduzione]
Sebbene al grande latinista Giorgio Pasquali l’ode parve poco originale e di routine, il
classicismo oraziano, la dedica a Lucio Licinio Murena e la scottante attualità del tema sono tali
da rivendicare il valore di questi versi. Di certo il materiale di riferimento non si può dire di
prima mano, ma idee, impressioni ed immagini possono essere riproposte con sensibilità e
contestualizzazioni differenti: in questo consiste non solo il classicismo (prettamente di
ispirazione greca) di Orazio, ma la continuità dialogica mai interrotta fra poeti di diverse età e
appartenuti a stagioni poetiche non solo differenti, ma anche notevolmente distanti. In secondo
luogo, la dedica a Lucio Licinio Murena, console nel 23 a.C., poi ucciso in fuga per la
partecipazione alla congiura ai danni del principe, screditerebbe la severità di Pasquali, in
quanto Orazio non si sarebbe banalmente esercitato su un tema genericamente interessante, ma
lo avrebbe circostanziato da un ispirazione non occasionale. Infine l’ode si rivelò di scottante
attualità, in quanto la Pax Augustea aveva imposto dei limiti che imponevano, non un banale
servilismo, ma un accorta circospezione quanto più ci si avvicinava al potere. Per riuscire nel
raggiungimento dell’aurea mediocritas Orazio delinea anche l’ideale membro dell’aristocrazia
augustea: un uomo cautus, tutus, sobrius, animosus e fortis.
Il tema dell’aurea mediocritas, dove aurea è un chiaro riferimento all’età dell’oro, durante la
quale l’uomo viveva felice in un’abbondanza spoglia di qualsiasi superbia e degno per questo di
essere ammesso al quotidiano cospetto degli dei, era stato già affrontato da Aristotele
(metriòtes nell’Etica Nicomachea), da Archiloco, da Cicerone (il giusto mezzo nel De Officiis)
e da Virgilio (la giusta misura nell’Eneide).

[Traduzione]

[Osservazioni]
Rectius vives: inizia qui la composizione ad anello che si chiuderà concretizzandosi nel contrahes vela.
Necque…necque: la vita come navigazione è un topos letterario che suggerisce la mesòtes aristotelica;
inoltre qui la doppia negazione sconsiglia sin da subito le due rotte che la vita può prendere, le rotte
esagerate dell’alto mare e delle secche.
Procellas: tempeste politiche.
Auream: l’aggettivo appartiene al linguaggio d’amore e a quello moralistico.
Tecti: sineddoche per domus.
Aula: grecismo da aulè, che vuol dire “corte di un palazzo reale”, da cui deriva l’aggettivo italiano
aulico.
Ingens pinus: l’enjambement rafforza il significato.
Celsae…turres: una volta arrivati in alto, non si può far altro che cadere; un passo di Erodoto indica,
secondo tradizione, che la caduta dei grandi viene causata dall’invidia degli dei.
Montis: montes.
Sperat…pectus: cuore del messaggio stoico ed epicureo; nella cattiva sorte il cambiamento è presagio di
miglioramento e ravviva la speranza, nella buona sorte il cambiamento incute timore.
Informis: informes; l’inverno è squallido poiché sottrae bellezza alle cose; anche Virgilio nelle
Georgiche intende l’aggettivo con questa accezione.
Tendit Apollo: come nel libro I dell’Iliade il dio delle pestilenze non scossa sempre dardi mortiferi.

XI
Contrahes…vela: si chiude qui la composizione circolare, con l’immagine del marinaio esperto che con
il vento in poppa raccoglie le vele; l’uomo previdente è quindi capace, durante questa navigazione che è
la vita, di limitare le conseguenze degli incidenti quando questi vengono presagiti.

[Paradigmi]
Vivo, vivis, vixi, victum, vivere
Urgeo, urges, ursi, urgere
Horresco, horrescis, horrui, horrescere
Premo, premis, pressi, pressum, premere
Diligo, diligis, dilexi, dilectum, dirigere
Careo, cares, carui, cariturus, carere
Obsolesco, obsolescis, obsoleti, obsoletum, obsolescere
Invideo, invides, invisi, invisum, invidere
Agito, agitas, agitavi, agitatum, agitare
Decido, decidis, decidi, decisum, decidere
Spero, speras, speravi, speratum, sperare
Metuo, metuis, metui, metutum, metuere
Preparo, preparas, preparavi, preparatum, preparare
Reduco, reducis, reduxi, reductum, reducere
Submoveo, submoves, submovi, submotum, submovere
Sum, es, fui, esse
Taceo, taces, tacui, tacitum, tacere
Suscito, suscitas, suscitavi, suscitatum, suscitare
Tendo, tendes, tetendii, tentum, tendere
Appareo, appares, apparui, apparitum, apparere
Contraho, contrahis, contraxi, contractum, contrahere

XII

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