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L'invisibilit del traduttore: una storia della traduzione Lawrence Venuti Roma, Armando, 1999 [ed. or.

The Invisibility of the translator (1989)], pag.114-115: Nel 1820 John Hookham Frere, che in seguito pubblicher le sue traduzioni di Aristofane, recens sfavorevolmente sulle pagine della rivista Quarterly Review, fermamente conservatrice. le versioni fatte da Thomas Mitchell di The Acharnians e The Knights, in quanto difensore tory della teoria letteraria neoclassica e dell'autorit tradizionale di aristocrazia e chiesa anglicana (Sullivan 1983b, pp. 359-367). Per Frere il difetto principale della traduzione di Mitchell era nel discorso drammatico arcaico, lo stile della nostra commedia antica all'inizio del XVI secolo, mentre il linguaggio della traduzione deve, riteniamo, essere il pi possibile un elemento puro, impalpabile e invisibile, strumento del pensiero e del sentimento, e niente di pi; non deve mai attrarre l'attenzione su di s; per questo devono essere il pi possibile evitate tutte le espressioni idiomatiche che sono eccezionali di per se', sia antiche che nuove, tutte le importazioni da lingue straniere e le citazioni. [...] tali espressioni, come [Mitchell] ha talvolta ammesso, per esempio solus cum solo, petits pates ecc., hanno l'effetto immediato di ricordare al lettore che sta leggendo una traduzione, e [...] l'illusione di originalit che la piega vivace o naturale che una frase immediatamente precedente poteva avere suscitato, viene fatta istantaneamente svanire. (Frere 1820, p. 481) (..) pag. 118-119: Il principio sul quale si basa la teoria di Frere quello che oggi riconosciamo come centrale nella storia della traduzione scorrevole: umanesimo liberale, soggettivit vista allo stesso tempo come autodeterminante e determinata dalla natura umana, individualistica seppure differenziata per genere, che trascende la differenza culturale, il conflitto sociale e i mutamenti storici per rappresentare ogni sfumatura del carattere umano {ibidem). Come le precedenti versioni di questo principio, quella di Frere potrebbe sembrare democratica per il fatto che si richiama a ci che comune all'umanit, a un'essenza senza tempo e universale, ma che in effetti implica quell'ingannevole addomesticamento che gli permise di inserire nel testo straniero la sua moralit sessuale conservatrice e il suo elitarismo culturale. Egli manifest chiaramente il fastidio per la volgarit materiale dell'umorismo di Aristofane, come per il suo realismo grottesco, e sent il bisogno di segnalarne l'incoerenza con l'intenzione generale dell'autore: i versi estremamente grossolani erano compromessi forzati [...] che furono inseriti evidentemente con lo scopo di acquietare la parte volgare del pubblico durante quei passaggi in cui la loro rabbia, impazienza o delusione poteva presumibilmente esplodere (ivi, p. 491). Di qui, scartando quei passaggi, affermava Frere il traduttore fa, al posto dell'autore, semplicemente quello che egli stesso avrebbe fatto volentieri per s, se non fosse stato spesso nella necessit di indirizzarsi esclusivamente alle classi pi basse (ibidem). La difesa di Frere della strategia scorrevole era basata su uno snobismo borghese, in cui il conservatorismo morale e politico allora in ascesa nella cultura inglese si risolveva nell'esigenza di un Aristofane espurgato che rappresentasse la permanente divisione di classe dell'umanit, quella che Frere descrisse come quel vero umorismo comico che egli indirizzava alla parte pi intelligente e raffinata del suo pubblico (ibidem). Per Frere, le persone di gusto e di giudizio, alle quali l'autore occasionalmente si rivolge, formano, in tempi moderni, il tribunale cui deve far riferimento il suo traduttore (ibidem). L'Edinburgh Review critic l'Aristofane di Mitchell sulla base di affermazioni filosofiche e politiche simili, bench formulate con una differenza esplicitamente "liberale". Aristofane, secondo il recensore, si rivolgeva al pubblico facendolo sentire democraticamente inserito -

All'autore non bastavano i sorrisi delle poche persone colte: egli doveva essere tutt'uno con il clamore della folla - e poich doveva provvedere a soddisfare tutti i gusti, il commediografo cominci ad assumere diverse funzioni sociali, autore di pubbliche satire, giornalista di Stato, critico dei periodici (Edinburgh Review 1820, p. 280): un Aristofane modellato a immagine e somiglianza dell'Edinburgh come rivista liberale. Diversamente da Frere, questo recensore accoglie con sollievo il fatto che Mitchell non ha intenzione di pubblicare un Aristofane per famiglie, alludendo al titolo dell'edizione espurgata di Shakespeare fatta da Thomas Bowdler (Bowdler 1818), senza ritenersi dunque offeso dal linguaggio di Mitchell. Il problema per il critico dell' Edinburgh era piuttosto la descrizione di Mitchell del pubblico [di Aristofane], come sempre composto di una mera "folla", pronta soltanto "alla baldoria insensata della vacanza" e totalmente incapace di apprezzare il pregio di una pi alta qualit (Edinburgh Review 1820, p. 275). Qui la posizione liberale del recensore rivela la stessa contraddizione tra umanesimo ed lite culturale che emergeva in Frere: la commedia di Aristofane non potrebbe essere totalmente priva di attrazione per la mente filosofica che esplora i principi della natura umana, o del gusto colto che si delizia nel trionfo del genio (ivi, p. 277). Le qualit che distinguono Aristofane come autore un poco al di sopra della comprensione grossolana di una mera folla, e capace di guadagnarsi un applauso pi prezioso dell'urlo incolto dell'acclamazione plebea corrispondono, prevedibilmente, alle caratteristiche del discorso trasparente: tanto chiaro quanto evidente, incisivo eppure sontuoso, potente ed etico, quell'infallibile scorrevolezza e abbondanza (ivi, pp. 278, 282).

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