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Marco Tullio Cicerone (Arpino 106 - Formia 43 a.C.

)
VITA.
C. nasce da una famiglia agiata equestre: dunque un "uomo nuovo": egli sar il primo della sua famiglia ad accedere alle magistrature: lo dovr al proprio talento, ma anche agli appoggi che, sin dall'adolescenza, trover presso le famiglie nobili. C. compie studi di retorica e filosofia a Roma, discepolo del giurista Q. Muzio Scevola e ascoltatore assiduo di Marco Antonio e di Licinio Crasso, i due oratori pi apprezzati nel senato e fra il popolo. Nella casa di Scevola, venne a contatto con l'aristocrazia intellettuale romana raccolta intorno al "circolo degli Scipioni" (Scevola era il genero di Lelio), al cui interno erano difesi e salvaguardati i valori della gravitas, della dignit personale, ma anche il gusto della cultura. Queste impressioni giovanili s'imprimerannoduraturamente nell'animo di C.: verso la fine della sua vita, ogni voltp che vorr animare, in un dialogo, l!sue idee pi ca-re',metter in scena le figure di quel mondo che sar per lui una specie di et aurea della repubblica, un'et della quale egli aveva conosciuto solo il crepuscolo. C. vedeva anche, intorno a s, il quadro animato degli scrittori, dei poeti, dei filosofi, dei grammatici venuti dalla Grecia, che a nessuno sarebbe pi venuto in mente di bandire, e di cui anzi i pi nobili romani ricercavano la compagnia: il poeta Archia, i filosofi Diodoto e Fedro, stoico il primo, epicureo il secondo, Filone di Larissa, rappresentante della "Nuova Accademia", che avrebbe avuto su di lui una notevole influenza.
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Questi primi studi furono interrotti dalla Guerra sociale, alla quale C. partecip nello Stato maggiore di Pompeo Strabone e poi in quello di Silla. Non appena concluso questo servizio militare, obbligatorio per chi volesse avviarsi alla carriera politica, C. cominci a intervenire ai dibattiti nel Foro:- nell'8~_~~~:~~~a l0:ICI~I~ come avvocato e un anno dopo difende Sesto Roscio, accusato di~ f~ _ ~'1( contro importanti esponenti del regime sillano. Vinse la causa del proprio TPAblMCfJTo cliente ma, probabilmente su consiglio di coloro che avevano utilizzato il suo AlLp. fl-li~l~ giovane ingegno, part per l'Oriente per farsi dimenticare e rimanere in attesa che Silla abbandonasse il potere. Tra il 79 e il 77 compie, dunque, il viaggio ln Grecia e in Asia, dove studia filosofia e retorica per migliorare il proprio linguaggio. Nel 75 diventa questore in Sicilia e nel 70 gli verr chiesto di sostenere l'accusa di concussione dei siciliani contro l'ex governatore Verre("Verrine"): il processo non era limitatamente giudiziario, ma aveva implicazioni politiche, dato che tramite Verre veniva messo in discussione l'intero sistema del regime oligarchico: C.

accett, correndo il rischio di separarsi dai suoi protettori. Ortensio Ortalo, pi anziano di C. e oratore rinomato per il suo talento, assunse il compito della difesa. C. port avanti le cose in tal modo, riun testimonianze cos schiaccianti, che Verre non os neppure perorare la s a causa e se ne and in esilio dopo un solo giorno di dibattimento. Ed~le el 69, pretore nel 66/ C. ele na delle consultazioni a cui gli consentito di partecipare co e ca a schiacciante maggioranza di voti. Per lui, sono ora schiera e i Iie obili ma, oltre ai popolo, che sensibile alla sua parola, le li - " "ordine equestre del quale egli stesso originario. Nel pe . i Ie ,C. ronuncia un discorso importante, il "Pro lege Manilia", a favore eli conferire a Pompeo poteri straordinari in Oriente, dove la guerra co itridate si prolunga da tempo. Gli aristocratici erano ostili a questa legge, er timore di queste insolite procedure. Ma l'assemblea popolare segu il pare e di c., e la legge fu approvata. Nel 63 diviene finalmente console, e nel periodo della sua carica si schiera con fermezza contro un altro progetto che ledeva gli interessi dell'aristocrazia, una legge aqrara appoggiata sottobanco da Cesare. Le quattro orazioni sulla legge agraria (De lege agraria), di cui possediamo solo una parte, sbarrarono la strada a questa mozione. Lo stesso anno C. ebbe la responsabilit di difendere l'o dine contro. una pericolosa congiura ordita da L. Sergio Catilina ("Catilinarien) con l'aiuto di alcuni altri nobili che speravano di ripetere, a proprio vantaggio, l'avventura di Silla. La situazione a Roma si presentava estremamente complessa. Catilina poteva contare sulla complicit di numerose personalit, alcune delle quali si sottrassero quando si' trovarono di fronte al pericolo. Ma fd necessaria tutta l'energia del console (il suo collega era sospetto di simpatie a favore del congiurati), per evitare che Roma fosse incendiata e le maggiori autorit dello Stato assassinate. I o.-- IO l? ~o rJV.. "IHt~o C. ebbe dunque la meglio e, sostenuto da un senatoconsulto, fece giustiziare i congiurati che era stato possibile arrestare. Gli altri, compreso Catilina, perirono sul campo di battaglia ai primi dell'anno successivo. (VILI NO PIS1"()IA) In quel momento, C. poteva dire di aver realizzato intorno a s l'unione di tutte le "persone oneste", gli Optimates, ma il trionfo non fu di lunga durata. Dopo il consolato di Cesare (nel 59), le violenze del partito popolare condotto da P. Clodio Pulcro, allora tribuno, portarono alla messa sotto accusa dell'ex console, per aver fatto giustiziare, senza processo, dei cittadini. La coalizione degli Optimates non fu in grado di resistere alla volont dei triumviri, Cesare, Pompeo e Crasso e, mentre Cesare si avviava verso la Gallia di cui s'iniziava la conquista, C. fu costretto in esilio in Grecia (marzo 58). x,. Torna tuttavia a Roma l'anno seguente e cerca di allacciare rapporti con il triumvirato. Fu questa, per lui, l'occasione di un'intensa attivit oratoria:
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ringraziamenti ufficiali, invettive al senato contro coloro che l'avevano trd' (In Pisonem, ",). -h "L01JTlLO P 1501i(' Ma in una repubblica lacerata da ambizioni feroci, pi che altro si dedica a scrivere le sue opere maggiori, non partecipando che marginalmente alla vita polttlca: nel 55 pubblica il "De oratore", nel 51 port a l:ermine il "De 5TATO ~republica". Nel 51 governatore in Cilicia. (ASIA l'-t(NO~E) Jl eE5A Rt v'5 fDM{JEO In seguito allo scoppio della guerra civile, nel 49, dopo molte esitazioni si unir al partito del senato, capeggiato da Pompeo. Quando quest'ultimo viene sconfitto, C. ottiene facilmente il perdono di Cesare. Nel frattempo, divorzia dalla moglie Terenzia e sposa Publilia. Nel 45 gli muore la figlia Tullia; inizia l composizione di una lunga serie di opere filosofiche. Nel 44, morto Cesare, rientra nella vita politica e comincia la sua lotta contro Antonio ("Filippiche"). Ma dopo il voltafaccia di Ottaviano, che stringe il II triumvirato, il suo nome (crC[RefJE) viene inserito nelle liste di proscrizione: muore nel 43 sotto i colpi dei sicari di Antonio.

CONSIDERAZIONI SUL PERSONAGGIO STORICO E SUL SUO PENSIERO POLITICOFILOSOFICO. *Degno testimone e protagonista del tramonto della repubblica, C. fu !-politicamente un conservatore "moderato": l'idea che cercher di difendere nel corso della sua carriera sar quella dell'egemonia di un blocco sociale ("concordia ordirtlumn), sostanzialmente la classe possidente dei senatori e dei cavalieri: c., grande avvocato e manipolatore delle parole, rivela la sua ars dicendi come una tecnica sapiente e produttva, funzionale al dominio dell'uditorio e, quindi, ottimo strumento politico. Il fine dell'oratoria e della filosofia ciceroniane quello di dare una solida base ideale, etica, politica a una classe dominante il cui bisogno di ordinare non si traduca in ottuse chiusure (ma rispettasse gl'ideali del!' "humanitas"), cui l'ossequio per la tradizione antica non impedisca l'assorbimento della cultura greca. Quindi l'intero operato di C. si pu interpretare come la ricerca di una difficile situazione di equilibrio fra istanze di ammodernamento e necessit di conservazione delle leggi tradizionali. La stessa collaborazione con i triumviri fu una risposta al bisogno -di un governo autorevole e anche in questo caso C. si preoccup di mantenere saldo il potere del senato. A C. mancarono le condizioni per crearsi il seguito clientelare o militare necessario a far trionfare la sua linea politica; inoltre sottovalut il peso che gli eserciti personali avrebbero avuto nella soluzione della crisi; infine non tenne conto del fatto che i ceti possidenti avrebbero potuto ritenere che le loro esigenze fossero meglio qerantlte dalla politica di Cesare. *Fedele alla tradizione come visto, C. non pu immaginare un mondo dove l'impegno nella gestione deila cosa pubblica non sia il valore supremo. Ed forse qui che si situa i! centro e il fine ultimo di tutti i suoi pensieri. Ci, ad
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esempio, spiega le sue opzioni filosofiche, la rip g a za che pro a ei "confronti dell'epicureismo, non perch Epicuro facesse del iacere il bene supremo, ma perch giudicava la felicit incompatibile eo la pa eeipazione ai pubblc affari. Allo stesso modo; le sue simpatie per lo stoicismo si rivolgevano a quegli aspetti della dottrina che mettevano in luce l'importanza delle virt sociali, la giustizia, l'umanit, il coraggio civico, la devozione alla patria. Durante il viaggio in Grecia, C. aveva seguito gli insegnamenti dei filosofi e, fedele alla sua prima vocazione, quello del nuovo capo dell'Accademia, Antioco di Ascalona, successore di Filone di Larissa. In questo modo diede inizio alla formazione di quella che possiamo definire la sua dottrina filosofica: un "probabilismo pragmatico" che subordinava la conoscenza teorica (giudicata, nella maggior parte dei casi, inaccessibile nella sua perfezione) all'efficacia e soprattutto al valore morale dell'azione. Cos egli risolveva, a suo modo, il problema dell'eloquenza, rispetto ai termini della questione posti da Platone: non era pi necessario ut:!izzare tecniche di persuasione troppo sofisticate per arrivare alla verit; la verit equivale a ci che onesto (ci che conviene). Un'ulteriore elaborazione consentiva inoltre di risolvere lo scetticismo degli accademici, grazie alle soluzioni "medie" immaginate da Panezio, secondo H quale il bene perfetto del saggio stoico, situato troppo al di sopra della portata umana, era sostituito dal concetto c: azione "appropriata" e di "dovere" . ~ In seguito, nel suo "De OfficEs~',C. esporr questa dottrina di Panezio le-ne far un testamento filosofico dedicato al figlio Marco. E' evidente, in tal modo, come possa essere giustificato (e in una certa misura, anche criticato) l'epiteto di "eclettico" affibbiato al C. filosofo, laddove per questo eclettismo non era fatto di elementi presi di qua e di l, bens era una sintesi autonoma operata in funzione di bisogni spirttuali ben definiti e soprattutto in funzidne della necessit di giustificare l'azione.
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*In tutto questo, C. resta romano, nonostante la sua immensa cultura greca. Dopo il soggiorno atenlese, recatosi a Rodi, ritrov il rtore Molone, che aveva frequentato gi a Roma e dal quale, facendo tesoro delle esperienze oratorie gi fatte, accett, con r.laggiore docilit e anche con pi largo profitto, alcune lezioni. La sua eloquenza, appasslonata e sensibile, era naturalmente incline a una violenza espressiva che l'avvicinava all'asianesimo. A Rodi, e senza dubbio anche sotto l'influenza del pensiero stoico che Posidonio insegnava in quel periodo nell'isola, essa si addolc, temper la sua veemenza. *l:Jn'ultima notazione, sulle stile: in generale la prosa di C. risulta sintatticamente assai complessa e aritmicamente scandita, ma insieme limpida ed attentissima alle sfumature di sigq!ficato. C., del resto, codifica quello che sar il linguaggio della filcsofia e in generale della cultura latina.

OPERE. *Oratoria. L'attivit oratoria di C. si intreccia inevitabilmente con le vicende politiche di Roma negli ultimi cinquanta anni di repubblica. Queste le tappe: - nell'Sl egli debutta nel foro come avvocato; - nell'80, durante la -dittatura di Lucio SiIla, C. si espone accettando di difendere Sesto Roscio, accusato di parricidio da alcune potenti figure amiche del dittatore. 11 padre di Sesto Roscio era stato ucciso su mandato d due suoi parenti, in combutta con Lucio Cornello, liberto di Silla: gli assassini, per avere le mani pulite, decisero di sbarazzarsi del figlio accusandolo di avere ucciso il padre. C. dovette stare molto attento nell'accusare personaggi vicini al potente dittatore e, per non sembrare sovversivo, copriva di lodi Silla: il bravo avvocato non era ostile al buon governo sillano ma, come molti, avrebbe preferito porre un freno agli arbitri, e alle proscrizioni. L'orazione "Pro Roscio Amerino" ebbe successo e Sesto Rosclo fu ritenuto innocente. - nel 70 i siciliani gli proposero d! sostenere l'accusa nel processo da essi intentato contro l'ex qovernatore Verre, che aveva sfruttato la provincia pensando solo ai propri interessi. C. raccolse le prove in tempo brevissimo, il che permise di anticipare i tempi del processo: al dibattito, C. non fece in tempo a esibire tutte le p'ove che aveva raccolto e organizzato: dopo solo _ pochi giorni Verre fU'Jg dall'Italia e venne cdndannato in contumacia.t~~i~~dt Successivamente C. pubblic le "Verrinae" che si rivelarono come un Il documento storico di grande importanza per conoscere i metodi di cui si serviva l'amministrazione romana nelle province (diventare governatore di una ricca provincia era un'occasione dalla quale si potevano trarre grandi profitti grazie allo sfruttamento), La vittoria su Ortensio, difensore di Verre, fu anche una vittoria in campo letterario: lo stile delle "Verrinae" gi completamente maturo, C. ha eliminato alcune esuberanze, il periodare armonioso, architettonicamente complesso, ma la sintassi estremamente duttile e, se l'occasione lo richiede, C. nor. fugge dall'uso di un fraseggio ccf1ciso e martellante. - nel 66 C., pretore nel senato, parla a favore del progetto di legge presentato dal trlbun Maniliol che prevedeva la concessione a Pompeo di poteri straordinari su tutto l'Oriente. minacciato tra le altre cose da Mitridate, re del Ponto ("Pro lege Manilia"). Parlando di fronte al popolo in favore di tale legge, C. insist sull'importanza del tributi che affluivano dalle province d'Oriente; la popolazione di Roma sarebbe stata privata di tale beneficio se Mitridate avesse continuato la sua azione. In realt, a essere minacciati dalla situazione che si veniva a creare in oriente erano soprattutto gli appartenenti al ceto finanziario e imprenditoriale, cui C. era legato. C. era completamente contrario a qualstas progetto di distribuzione delle terre pubbliche ai ceti meno abbienti; egli cominciava a vedere IC1ViiJ d'uscita dalla crisi che minacciava la repubblica nella concordia tra ceto ebbier.tl, senatori e cavalieri (concordia ordinum). - C. divenne console nel 63 e soffoc la congiura di Catilina ai danni dello stato: da allora in poi sarebbe stato il teorizzatore di quella "concordia
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ordinum" che lo aveva portato al potere. Le pi celebri orazlonl consolari di C. sono le 4 "Catilinarie", con le quali egli svel le trame sovversive che il nobile decaduto aveva ordito una volta vistosi sconfitto nella competizione elettorale, lo costrinse a fuggire da Roma e giustific la sua decisione di far giustiziare i suoi complici senza processo. Nella I Catilinaria C. fa uso di un artificio retorico chiamato prosopopea (personificazione) della patria, che immaginata rivolgersi a Catilina con parole di biasimo. - nel 62 C. compose la "Pro Archia poeta", l'orazione pronunciata in difesa del poeta Archia, venuto a Roma nel 102 e accusato di usurpazione della cittadinanza romana. Essa celebre per l'appassionata difesa della poesia che contiene e per la rivendicazione della nobilt degli studi letterari. - richiamato dall'esilio nel 57, trova Roma in preda all'anarchia: si fronteggiavano le opposte bande di Clodio e di Milone (amico personale di C.). Fu in tale clima che nel 56 c., trovandosi a difendere Sestio ("Pro Sestio"), un tribuno accusato da Clodio di atti di violenza, espose una nuova versione della propria teoria sulla concordia dei ceti abbienti. La concordia ordinum si era rivelata fallimentare: C. ne dilata ora il concetto in quello di consensus omnium bonorurn.s clo la concordia attiva di tutte le persone agiate e possidenti, amanti dell'ordine politico e sociale. I boni, una categoria che attraversa verticalmente gli strati sociali esistenti, senza identificarsi con alcuno di essi in particolare, saranno d'ora in poi il principale destinatario della predicazione etio politica di C.. Il dovere dei boni 'quello di non rifugiarsi egoisticamente nel perseguimento dei propri interessi privati, ma di fornire sostegno attivo agli uomini politici che rappresentano la loro causa. L'esigenza di un governo pi autorevole spinge tuttavia C. a desiderare che il senato e i boni si affidino alla guida di personaggi eminenti e illustri: questa teoria verr approfondita nel"De . republca" ed la principale causa che port C. ad avvicinarsi al triumvirato. Il I bravo C. cerca di fare in modo che il potere dei triumviri non prevarichi su quello del senato ma si mantenga nei limiti delle istituzioni repubblicane. - tra le orazioni anticlodiane occupa un ruolo particolare quella in difesa di Marco Celio Rufo ("Pro Celio Rufo"), un giovane brillante e amico di C.. Celio era stato l'amante di Clodia e ora lo avevano accusato di tentato avvelenamento nei confronti di quest'ultima. Attaccando Clodia, in cui indic l'unica regista di tutte le congiure contro Celio, C. ebbe modo di sfogare il suo rancore nei confronti del fratello di lei: la donna descritta come una persona infima e viene accusata pure di rapporti incestuosi. Tramite la descrizione della vita di Celio , C. ha modo di dipingere uno spaccato della societ romana del suo tempo, e si sforza di giustificare agli occhi della giuria i nuovi costumi che la giovent ha assunto da tempo e che possono destare scandalo solo allo sguardo di moralisti troppo severi e attaccati al passato. C. qui ci propone un originale modello culturale, teso a ricondurre i nuovi comportamenti all'interno di una scala di valori che continui ad essere dominata dalle virt della tradizione, spogliate tuttavia del loro eccesso di rigore e rese pi flessibili alle esigenze di un mondo sentito consapevolmente in trasformazione. 6

- gli scontri tra le bande di Clodio e di Milone durarono ancora a lungo e nel 52 Clodio rimase ucciso. C. si assunse la difesa di Milone, accusato di avere ucciso il rivale. L'orazione composta da C. ("Pro Milone") considerata uno dei suoi capolavori, per l'equilibrio delle parti e l'abilit delle argomentazioni, basate sulla tesi della legittima difesa e sulla esaltazione del tirannicidio. C. davanti ai giudici, per, fece un fiasco completo: gli cedettero i nervi a causa della situazione di estrema tensione in cui si trovava la citt e cos Milone dovette fuggire in esilio. - dopo la vittoria di Cesare, C. ne ottenne il perdono: netta speranza di rendere il regime meno autoritario cerc forme di collaborazione e accett di perorare di fronte al dittatore le cause di alcuni pompelanl pentiti. Le "orazon! cesariane" ("Pro Marcello" ...) si collocano tra il 46 e il 45 e sono caratterizzate da un'abbondanza di elogi a Cesare la cui completa sincerit piuttosto difficile ammettere. - dopo la morte di Cesare, per indurre il senato a dichiarare guerra ad Antonio, C. pubblic le "Filippiche" (44), in numero forse di 18. *Retorica: Abbiamo visto in quale misura l'arte oratoria, in C., sia stata legata all'azione; chiaro, dunque, che nessuno meglio di lui era in grado di elaborare una teoria romana dell'eloquenza, come mezzo di espressione e come strumento politico. Le prime riflessioni al riguardo risalgono alla sua giovinezza; ma, in qetl'epoca, egli non ha ancora concepito il problema in tutta la sua ampiezza. - Ancora troppo vicino ai suoi maestri greci, per i quali l'eloquenza era una "tecnica" fra le altre, aveva scritto un manuale scolastico, il "De inventione".

- Solo nel 55, quando le circostanze lo sollecitarono a riflettere sulla reale funzione dell'eloquenza all'interno della citt, compose il "De oratore", un'opera in forma dialogica, "platonica" ma con contenuti romani: Crasso e Antonio sono i principali interlocutori. Il tema non l'eloquenza in quanto tale n le regole per praticarla, ma la persona stessa dell'oratore, assunto come ideale civico e umano, uomo potltco della classe dirigente, guidato dalla "probitas" e dalla "prudentia": egli dovr servirsi della sua abilit non per scopi demagogici, ma per invogliare alla volont dei "boni". Il vecchio problema di Catone riproposto in termini nuovi, ma. equendo il medesimo spirito. Per C. l'oratore s un pensatore universale, che deve conoscere a fondo tutto ci su cui si pu trovare in obbligo di parlare (e in ci C. si avvicina alle tesi di Platone), ma deve superare anche tutte le tecniche particolari, essere un artista della parola per persuadere con la grazia, e al tempo stesso essere un filosofo per scoprire ogni volta le ragioni profonde delle cose. Il I libro tratta cos proprio della preparazione generale dell'oratore (appunto soprattutto filosofica, con predilezione per la filosofia morale); il II dell'invenzione, della disposizione, della memoria; il III della elocuzione e dello stile.
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- La riflessione di C. sull'eloquenza trov espressio e, i (46), che un quadro degli oratori romani dalle origi i combattono gli "attivisti", ma forse pi correttamente si re e a postzone intermedia tra quelli e gli "asiani", teorizzando, per cos dire, la "situazionale" dell'oratore. - L' "Orator" (46), infine, opera pi tecnica, che affronta particolare il problema del ritmo e dello stile nella prosa. in modo tutto

*Politica. C., sin dalla sua giovinezza, era stato attratto dalla filosofia. Questa aveva nutrito la sua eloquenza. Quando l'attenuarsi forzato della sua attivit politica gli concesse qualche respiro, egli volle trasporre, nella cornice della realt romana, i dibattiti del pensiero filosofico greco. Partendo dalle cose pi urgenti, in una citt in piena decomposizione politica, scrisse - il "De republica" (tra il 54 e il 52), in 6 libri, un trattato sullo Stato, il cui proposito era ispirato dal celebre dialogo di Platone. Noi ne conosciamo solo una parte (buona parte dei primi 2 libri e frammenti degli altri), trasmessaci principalmente da un palinsesto scoperto nel 1822 da Angelo Mai. L'opera , pi specificamente, costituita da 3 dialoghi, tenuti in 2 giorni, a ognuno dei quali sono dedicati 2 libri. Delle tre ferme di governo (monarchia, aristocrazia, democrazia) nessuna buona ed esaustiva per se stessa: ideale la Repubblica romana, in cui queste tre forme trovano giusto temperamento ed equa applicazione ("regime misto") nella "collaborazione" tra consolato, senato e comizi (tuttavia, in verit, viene preferita la repubblica aristocratica dell'et scipionica) [I libro]; inoltre, la costituzione' romana supera le altre perch non si deve ad uno solo, ma opera di pi generazioni e di molti uomini d'ingegno [Il libro]. Nel III libro si disputa del fondamento della costituzione: se, cio, essa debba basarsi sulla giustizia o sull'utilit e sul diritto del pi forte. Argomento dei libri IV e V sono invece le istituzioni morali e politiche, la scienza del governo e i doveri de! "princeps" (ma i.1singolare si riferisce piuttosto al "tipo" dell'uomo politico eminente: C. sembra pensare pi ad un'elite di personaggi eminenti che si ponga alla guida del senato e dei "boni"), visto - utopisticamente - come un "dominatore asceta", Infine, nel VI libro, si tratta della felicit riservata dopo la morte agli uomini che hanno ben meritato della patria ("Somnium Scipionis"). - "De legibus" (52-7). Forse erano 6 libri, ma ce ne sono pervenuti 3, e per giunta non interi. C. tratta del diritto razionale e naturale, e del concetto di giustizia da cui derivano le leggi. Esse hanno quindi in se stesse la ragione che vincola l'uomo al loro rispetto. Nella pratica, C. trova che le "dodici tavole" sono il non plus ultra (libro I). Negli altri 2 libri, contenuta una serie di prescrizioni religiose e civili, scritte nel latino arcaico della primitiva legislazione romana.
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Filosofia. - "Accademica" (45). E' un'opera dialogica composta in due tempi. C. compose prima 2 dialoghi ("Catulus" e "Lucullus"), che rifuse, poi, in una II ed., in 4 libri con altri personaggi, Attico e Marrone. A noi pervenuto il II libro della I ed. ("Accademica priora") e il I - incompleto - della II ed. ("Accademica posteriora"); vi si tratta del problema della conoscenza secondo lo spirito della "nuova accademia": l'uomo non pu arrivare alla conoscenza, ma deve accontentarsi della "verosrmqllanza". - "De finibus bonorum et malorum" (45). Dedicata a Bruto, un'opera dialogica in 5 libri, in cui appunto si tratta dell'essenza del sommo bene e del sommo male. In ordine a tale problema, esposta nel I libro la teoria epicurea (confutata nel II): sommo bene la volutt con i piaceri dello spirito, sommo male il dolore; nel III svolta la teoria stoica (confutata nel IV): sommo bene l'onest e la sapienza. Il V libro contiene il pensiero di C., ed un'esposizione delle dottrine accademiche e peri patetiche, secondo cui il sommo bene si consegue solo vivendo secondo la legge naturale, che esige la salvaguardia dell'animo mediante la virt e quella del corpo mediante la soddisfazione degli appetiti naturali.
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- "Tusculanae disputationes" (45). Dedicato a Bruto, un dialogo in 5 libri, uno per ogni giorno, ambientato nella villa di Tuscolo. Si segue il metodo accademico peri patetico di esame delle opinioni diverse, dimostrandone la parziale falsit e ricavandone ci che v' di pi veroslmlle. Il problema quello della felicit. Nei primi 4 libri si parla di ci che impedisce all'uomo di essere felice: il timore della morte (ma la morte un bene, che l'anima sia immortale o no, perch d eterna beatitudine); il dolore (il peggiore dei mali: ma la ragione lo sconfigge con la sopportazione ed il "buon senso"); la tristezza ed i turbamenti dello spirito (fondati su passioni e false opinioni, che la ragione per rimuove). Il V libro mostra come la virt sola basti alla vita felice, affrancando l'uomo da timori, dolore e sofferenza; chi la possiede forte, magnanimo, impassibile, invincibile. - "De officiis". Trattato dedicato al figlio Marco: i primi 2 libri trattano "dell'onesto e dell'utile" (Panezio), il IIldelloro conflitto (Posidonio). C. cerca, in definitiva, nella filosofia, i fondamenti di un progetto di vasto respiro, indirizzato alla formulazione di una morale della vita quotidiana che permette all'aristocrazia romana di riacquistare il controllo sulla societ. - I 3 dialoghi di argomento religioso e teologico: "De natura deorum", dedicato a Bruto, in 3 libri (nel I Velleio espone la dottrina epicurea sull'esistenza degli dei e la loro natura; nel II L. Balbo espone la dottrina stoica a riguardo: il pi interessante, in particolare per la parte che descrive l'ordine e le bellezze dell'universo, concepito finalisticamente come destinato al bene dell'uomo,
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secondo una Provvidenza invisibile, ma indubitabile; nel III A. Cotta - a di C. - presenta una visione scettico-razionalistica del problema: pro applicato alla teologia, senza H dogmatismo ateo egli e i i panteistico degli stoici); "De divinatione" I in 2 libri, sul a vali . , Il' divinatoria, che C. considera un'impostura; I1De fato", dove si esamina il problema del rapporto tra fato e libero volere, e si espone una tesi - peraltro non originale - contraria al fatalismo stoico. - "Cato maior de senectute", dedicato ad Attico (44). Si finge che Catone il censore, giunto in venerabile et, esalti alla presenza di Lelio e di Scipione Emiliano, attraverso numerosi esempi, la saggezza e i beni spirituali della vecchiaia: l'operosit non interrotta, l'integrit delle forze e dello spirito, i godimenti spirituali non certo inferiori a quelli dei sensi, la contemplazione serena della morte. - "laelius de amicizia" (44). Dinanzi a C. Fanno e M. Scevola, Lelio esalta l'amicizia: il dialogo si immagina avvenuto in occasione della morte di Scipione Emiliano. Viene affermato il valore morale dell'amicizia e si sostiene che colui che intende l'amicizia in modo utilitaristico concepir nello stesso modo anche la morale, co non disinteressatamente (e questo in polemica con gli epicurei). *Epistolario. Si compone, nella forma in cui ci tramandato, di 16 libri "Ad familiares" (parenti e amici, dal 62 al 43 a.C.); 16 libri "Ad Atticum" (il migliore amico di C.:68-44 aI.~C.);3 libri "Ad Quintum fratrem" (dal 60 al 54) e 2 libri "Ad Marcum Brutum". Il tutto per un totale di 900 lettere circa, in cui la variet dei contenuti, delle occasioni e dei destinatari si rispecchia fedelmente in quello dei toni. Si tratta - bene sottolinearlo - di lettere "vere", che perci ci mostrano un C. "privato, non ufficiale", nonch uno spaccato importantissimo (un documentario, qlras) della Roma del tempo. *Poesia. Alcuni poemi: una traduzione in versi dei "Fenomeni" (poema astronomico, d'ispirazione stoica, scritto dall'alessandrino Arato), un poemetto epico dedicato alla vita e alle gesta del suo nobile concittadino C. Mario ("Marius") e un poemetto, ancora, dedicato alla propria attivit nel periodo del consolato ("De consulatu meo"), Sono generalmente opere di poco valore artistico, se non per la pi mobile struttura dell'esametro.

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