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DISPENSE DI MACROECONOMIA di Valeria Costantini e Pasquale Tridico

CAPITOLO 1: LA CONTABILIT NAZIONALE 1.1. Il Prodotto Interno Lordo

La grandezza fondamentale della Macroeconomia il Prodotto Interno Lordo (PIL). Il PIL il valore di mercato di tutti i beni e servizi finali prodotti in un paese in un dato periodo di tempo. Chiariamo i vari termini che entrano in questa definizione: valore di mercato: i beni e i servizi che entrano nel PIL sono valutati ai prezzi di mercato (correnti), cio ai prezzi a cui vengono effettivamente venduti; tutti: meno quelli prodotti e venduti illegalmente; meno quelli prodotti e consumati allinterno delle famiglie; finali: la farina un bene finale se venduta come farina; un bene intermedio se venduta al panettiere per fare il pane. In questo caso il valore della farina incorporato nel valore del pane; prodotti: il PIL misura il valore dei beni e servizi prodotti in un anno, non le transazioni di un anno; cos le auto nuove che vengono vendute e acquistate fanno parte del PIL in quanto prodotte nellanno, mentre la compravendita di auto usate non registrata nel PIL; in un paese: il PIL misura ci che prodotto in Italia, non ci che prodotto da italiani. Gli italiani possono anche produrre allestero, mentre in Italia possono produrre anche soggetti stranieri. Il PIL include ci che prodotto da soggetti esteri in Italia ed esclude ci che prodotto da soggetti italiani allestero. Un esempio utile a chiarire il concetto: si supponga che in uneconomia esistano due sole imprese. La prima produce farina (mugnaio) per un valore complessivo di $50, impiegando lavoro, al quale paga salari pari a $10 e la seconda (fornaio) produce pane per un valore pari a $100, impiegando farina per un valore di $10 e lavoro, al quale paga salari pari a $40.

Qual il PIL di questa economia? Non il valore complessivo della produzione ($50+$100=$150) perch 10$ di farina sono consumati nella produzione di pane; quindi non sono beni finali. Il PIL sar dunque pari a PIL = 50 + (100 - 10) = 140$ Implicitamente, abbiamo calcolato il PIL utilizzando un metodo che viene chiamato: metodo del valore aggiunto. Il valore aggiunto da unimpresa alla produzione pari al valore della sua produzione al netto del valore dei beni intermedi utilizzati nella produzione. Nel nostro esempio il mugnaio non utilizza beni intermedi; quindi il valore netto della sua produzione coincide con il valore lordo: $50. Il fornaio, viceversa, impiega $10 di farina; quindi il valore netto della sua produzione pari a 100-10=$90. Un altro metodo per calcolare il PIL il metodo del reddito. Infatti, la differenza tra valore della produzione e valore dei beni intermedi in ogni impresa non pu che andare a remunerare i lavoratori (salari), al pagamento di imposte indirette, a profitto dellimpresa (distribuito o meno agli azionisti). Nel nostro esempio non ci sono imposte indirette e quindi la differenza in questione non pu che essere 1

pari ai salari pi i profitti: PIL = Reddito = Salari + Profitti = (10 + 40) + (40 + 50) = 140. Nel nostro esempio il reddito da lavoro rappresenta il 35,71% del PIL [(50/140)*100)], mentre il reddito da capitale rappresenta il 64,29% [(90/140)*100)].

1.2.

PIL, reddito e spesa

Nel precedente paragrafo si visto che il PIL pu essere misurato con il metodo del valore aggiunto e con il metodo del reddito. Ma il PIL pu essere calcolato anche con il metodo della spesa. Nelleconomia semplificata descritta sopra (quella con famiglie e due imprese, mugnaio e fornaio) abbiamo che la spesa per beni finali costituita esclusivamente da spesa per consumi, pari a $40 (spesa delle famiglie per la farina) + $100 (spesa delle famiglie per il pane). La spesa di $10 per lacquisto di farina da parte del mugnaio non rientra n tra le spese di consumo delle famiglie, n tra le spese di investimento del fornaio, in quanto la farina non costituisce un bene durevole ma interamente utilizzata nella produzione di una anno. Con il metodo della spesa avremo quindi: PIL = 40 + 100 = $140 Detto altrimenti: poich il PIL registra solo il valore dei beni e servizi finali e poich questi ultimi sono, nel nostro esempio, solo beni di consumo, il valore della spesa non potr che essere pari al valore dei beni di consumo. Naturalmente, nelle economie reali la spesa non costituita solo da quella per consumi delle famiglie, anche se essa fa la parte del leone (in Italia supera il 60% del PIL, negli USA vicina al 70%). Alla spesa per consumi delle famiglie bisogna aggiungere la spesa per beni di investimento, effettuata dalle imprese per lacquisto di nuovi macchinari e impianti e dalle famiglie e dalle imprese per nuovi immobili (lacquisto di vecchi immobili non una spesa registrata nel PIL, ma rappresenta un impiego della ricchezza di famiglie e imprese). A questi investimenti fissi vanno aggiunti i cosiddetti investimenti in scorte, nei quali sono compresi tutti i beni non venduti nellanno in corso e collocati nei magazzini delle aziende. In questo caso si parla di investimenti perch come se le aziende acquistassero oggi una produzione per venderla negli anni successivi, indipendentemente dalla circostanza che tali acquisti siano o meno volontari, cio che le scorte si accumulino programmaticamente o perch le previsioni di vendita non si sono realizzate. Quando la produzione corrente inferiore alle vendite correnti, le scorte si riducono: linvestimento in scorte negativo. Cos negli investimenti in scorte si registrano, effettivamente, le variazioni delle scorte. Altra componente della spesa la spesa pubblica per i beni in uso presso la Pubblica amministrazione (Stato, Regioni, Comuni, Istituti della previdenza obbligatoria, quali Inps, Inpdap ecc.), nonch per i servizi da questa acquistati, ivi compresi, ovviamente, quelli forniti dai dipendenti della Pubblica amministrazione stessa (il cui valore rappresentato dai loro stipendi). Nella spesa pubblica, in questo senso, non rientrano i trasferimenti che a titolo diverso dallo stipendio ai pubblici dipendenti la PA concede ogni anno alle famiglie (sussidi di disoccupazione, pensioni, ecc.), poich tali sussidi e trasferimenti non costituiscono immediatamente acquisto di beni e servizi. Tuttavia, essi rappresentano uscite per la PA e come tali sono contabilizzate nel bilancio pubblico. A tali spese nazionali (cio compiute da soggetti residenti per lacquisto di beni e servizi prodotti nel paese) vanno aggiunte le spese compiute da soggetti esteri per lacquisto di beni e servizi prodotti nel paese: le esportazioni. Vanno invece sottratte le spese dei soggetti nazionali (famiglie, imprese e PA) per lacquisto di prodotti esteri: le importazioni. In pratica, dunque, la voce di spesa che conta il saldo commerciale (differenza tra esportazioni e importazioni), per il quale si usa spesso lespressione esportazioni nette. Una semplicissima formula riassume tutto ci: 2

Y = C + I + G + SC (1.1) Y = PIL C=SPESA PER CONSUMI PRIVATI I=SPESA PER INVESTIMENTI PRIVATI IN BENI DUREVOLI +VARIAZIONI DELLE SCORTE G=ACQUISTI PUBBLICI SC=ESPORTAZIONI NETTE (o saldo commerciale)=X-M X=ESPORTAZIONI M=IMPORTAZIONI Abbiamo visto sopra che il PIL pu essere misurato con il metodo del reddito e quindi uguale alla somma di tutti i redditi. Possiamo avere due casi: (i) tutti i profitti sono distribuiti (via dividendi azionari) alle famiglie; (ii) una parte dei profitti non viene distribuita, ma trattenuta dalle imprese per finanziare direttamente gli investimenti. Nel primo caso, il reddito che effettivamente disponibile per gli usi decisi dalle famiglie tutto il reddito prodotto. Nel secondo caso, vanno sottratti i profitti non distribuiti dalle imprese, che possiamo anche considerare risparmio di impresa. In entrambi i casi vanno aggiunti i trasferimenti alle famiglie, ma vanno immediatamente sottratte le imposte dirette e indirette, nonch i contributi sociali obbligatori (per esempio, i contributi pensionistici) versati alla PA. Nel primo caso la formula per il reddito disponibile sar: YD = Y + TR T YD= REDDITO DISPONIBILE TR=TRASFERIMENTI T=IMPOSTE + CONTRIBUTI SOCIALI Nel secondo caso, invece avremo: YD = Y - Sf + TR - T (1.3) (1.2)

dove Sf rappresenta il profitto non distribuito ovvero il risparmio di impresa. Una volta che abbiamo il reddito disponibile delle famiglie possiamo suddividerlo nei due modi in cui le famiglie possono impiegarlo, cio per consumi e per risparmi. Nel caso (i) abbiamo: Y + TR - T = C + S C=CONSUMO S=RISPARMIO Nel caso (ii), invece, dovremo distinguere in prima battuta tra risparmio delle famiglie (che indicheremo con Sh) e il gi indicato risparmio delle imprese (Sf): Y - Sf + TR - T = C + Sh per sufficiente portare Sf a destra, sommarlo a Sh e indicare la somma con S per ottenere nuovamente la (1.4). Ora S star a indicare il risparmio privato complessivo e non pi il risparmio delle 3 (1.4)

famiglie. A livello aggregato perde importanza sapere quali siano i soggetti privati che contribuiscono al risparmio. Uguagliando le espressioni (1.2) e (1.4) otteniamo: C + S = YD = Y + TR T da cui: C = YD - S = Y + TR - T S (1.5)

sostituendo C nella definizione del PIL (1.1) con lespressione a destra nella (1.5), otteniamo: Y = Y + TR - T - S + I + G + SC quindi: S = I + (G + TR - T) + SC (1.6)

dove con (G + TR - T) = DB indichiamo il disavanzo del bilancio pubblico. Da questultima espressione ricaviamo uninformazione importante e cio che il risparmio privato finanzia tanto le spese di investimento delle imprese, quanto il disavanzo pubblico quanto le esportazioni nette. Abbiamo gi detto che SC = X - M. Riscrivendo la (1.6) con (X M) al posto di SC e spostando M al primo membro, otteniamo: S + M = I + (G + TR - T) + X A sinistra nellidentit troviamo le risorse, costituite dal risparmio nazionale pi le importazioni, mentre a destra troviamo gli impieghi, investimenti privati interni, disavanzo pubblico ed esportazioni. Quanto detto poche righe fa dovrebbe rendere chiaro il motivo per cui chiamiamo S + M le risorse e I + (G + TR - T) + X gli impieghi. IL PIL E UNA BUONA MISURA DEL BENESSERE ECONOMICO? Il PIL non misura la salute dei cittadini, ma paesi con un PIL elevato possono permettersi miglior assistenza sanitaria. Il PIL non misura la qualit dellistruzione, ma paesi con PIL pi elevato hanno generalmente istruzione di qualit pi elevata. Daltra parte la crescita del PIL pu comportare una riduzione del tempo libero, della qualit dellambiente e non comprende le attivit svolte allinterno della famiglia. Quindi il PIL solo una misura approssimativa del benessere di un paese, ma si tratta di unapprossimazione accettabile e, di fatto, accettata.

1.3.

PIL reale e PIL nominale

Quando si fanno confronti tra i PIL di anni diversi, ci che interessa separare le variazioni dovute a cambiamenti dei prezzi dalle variazioni dovute a cambiamenti nelle quantit prodotte. A questo fine, quindi, non ha molto senso confrontare i PIL espressi ai valori di mercato correnti in ciascun anno. Tali 4

valori, infatti, cambiano anche perch cambiano i prezzi. Si rivela perci necessario valutare i PIL di anni diversi con i prezzi di un solo anno (detto anno base). Possiamo allora definire il: PIL NOMINALE AL TEMPO T
Pt Yt = Pti Yti

(1.7)

che misura il valore monetario corrente della produzione aggregata nellanno t. Analogamente, definiamo il PIL REALE AL TEMPO t:
P0Yt = P0i Yti

(1.7)

che misura la produzione aggregata dellanno t a prezzi costanti, quelli dellanno 0. Per studiare la crescita economica, si guarda allandamento nel tempo del PIL reale. Il tasso percentuale di crescita tra lanno (t n) e lanno t sar espresso da:

(P0Yt P0Yt n )
P0Yt n

*100

dove tanto il PIL dellanno t quanto quello dellanno (t n) sono espressi nei prezzi dellanno base. Facendo il rapporto PIL nominale e PIL reale, otteniamo il DEFLATORE del PIL che misura la variazione del prezzo della produzione aggregata tra lanno base e lanno t. Tutto ci appare assai semplice, ma in effetti non lo , perch la composizione fisica del PIL cambia nel tempo: nuovi beni e servizi entrano in produzione e altri ne escono. Molti beni, grazie al progresso tecnologico e al cambiamento dei gusti, cambiano di contenuto. Le automobili di oggi hanno contenuti tecnologici incomparabili con quelli delle automobili di 40 anni fa, e il loro prezzo di oggi dipende anche da questi maggiori contenuti. Dire che il prezzo di unautomobile variato in 40 anni dellx% non certo preciso, poich lauto di oggi quasi un altro bene rispetto allauto di 40 anni fa. Il deflatore del PIL non altro che un numero indice dei prezzi. Da esso non si ricava esattamente il tasso di inflazione. Questultimo, infatti, viene in genere misurato con la variazione dellindice dei prezzi al consumo (IPC). La differenza tra IPC e deflatore del PIL risiede nel fatto che non tutti i beni e servizi registrati nel PIL entrano a far parte del paniere dei consumi delle famiglie, o vi entrano in proporzioni diverse da quelle con cui entrano nel PIL. Inoltre, i consumi contengono anche beni importati, che quindi non sono prodotti allinterno del paese e non sono registrati nel PIL. Quando i prezzi dei beni importati variano in modo molto differente rispetto ai prezzi interni, deflatore del PIL e IPC divergono. Al contrario, quando tali variazioni sono uniformi, i due indici appaiono allineati.

1.4.

Altre misure del reddito macroeconomico

Il PIL non lunica misura del prodotto o del reddito macroeconomico. Come si gi detto, esso include i redditi guadagnati in un certo paese (lItalia, per esempio) dai residenti esteri ma esclude i

redditi dei cittadini italiani ma guadagnati allestero. Se al PIL sommiamo i redditi netti dallestero cio il saldo tra redditi dei cittadini italiani allestero e redditi esteri in Italia - otteniamo il prodotto nazionale lordo o PNL: PNL = PIL + redditi netti dallestero. In paesi molto grandi, come gli USA o lUnione Europea la differenza tra PIL e PNL minima (3-4%), perch i redditi dei residenti allestero sono di dimensione molto simile a quella dei redditi degli stranieri allinterno di tali paesi. Per paesi pi piccoli i due valori possono essere molto diversi. Si pensi al caso di paesi caratterizzati da forte emigrazione e scarsa immigrazione, dove poche sono le imprese estere che vi stabiliscono i propri impianti. Per simili paesi avremo un PNL significativamente pi grande del PIL (ad es. Sri Lanka). Al contrario, paesi caratterizzati da consistente immigrazione e da una forte capacit di attrarre imprese estere avranno un PIL ben maggiore del PNL (ad es. Singapore). adesso venuto il momento di spiegare il significato dellaggettivo lordo che compare tanto nel PIL quanto nel PNL. Esso sta a indicare che il valore della produzione (interna o nazionale che sia) viene calcolata al lordo degli ammortamenti, cio di quelle spese che sono volte a reintegrare il capitale che annualmente si logora (e quindi perde valore) nei processi produttivi. Gli ammortamenti rappresentano una stima della perdita di valore dello stock di capitale nel corso di un anno e perci vengono anche chiamati consumo di capitale fisso. Sottraendo al PNL gli ammortamenti otteniamo una misura della produzione al netto di tali consumi di capitale fisso: una misura che si chiama prodotto nazionale netto (PNN) PNN = PNL ammortamenti Considerato che gli ammortamenti variano da una quota del 7% a una del 10% del PNL, il PNN rappresenta dal 90% al 93% del PNL. Infine, bisogna tenere conto del fatto che le imposte che incassa la Pubblica Amministrazione sono di due tipi: le imposte dirette e le imposte indirette. Le prime colpiscono tutti i redditi, da lavoro, da impresa o finanziari, con aliquote (percentuali) variabili secondo regole fissate nelle leggi tributarie. Le seconde, invece, si pagano quando si effettuano transazioni. Per esempio, ogni volta che compriamo un litro di benzina paghiamo 1$, ma al gestore della pompa di benzina rimangono circa 45 centesimi; i restanti 55 sono accise sui carburanti, cio imposte indirette che incassa lo Stato (lIVA o imposta sul valore aggiunto un altro esempio di imposta indiretta che grava su tutte le transazioni). Vi quindi una differenza consistente, almeno in questo caso, tra ci che il consumatore paga e ci che limpresa incassa. Poich tale differenza non percepita dallimpresa essa non pu fare parte dei redditi che limpresa stessa distribuisce. Daltra parte, la Pubblica amministrazione pu sussidiare i prezzi di alcuni prodotti di cui vuole incoraggiare il consumo. In questo caso il prezzo percepito dal produttore maggiore di quello pagato dai consumatori e la differenza tra i due (ovviamente moltiplicata per la quantit) costituisce reddito distribuibile dallimpresa. Insomma, per avere una misura corretta del reddito nazionale o RNL, al PNL dobbiamo sottrarre le imposte indirette e sommare i contributi alla produzione: RNL = PNL - imposte indirette + contributi alla produzione. Naturalmente, se al reddito nazionale lordo sottraiamo gli ammortamenti, otteniamo il reddito nazionale netto o RNN RNN = RNL - ammortamenti

CAPITOLO 2: DALLA CONTABILIT NAZIONALE AL MODELLO IS-LM 2.1. Principali identit

Riprendiamo alcune delle identit di contabilit nazionale introdotte nel primo capitolo, ma con riferimento ora a uneconomia chiusa agli scambi con lestero e trascurando i trasferimenti alle famiglie da parte della Pubblica Amministrazione. Lidentit tra reddito e spesa sar: Y=C+I+G (2.1)

Il reddito pu essere impiegato per consumi, risparmi (privati) e pagamenti dimposte: Y = C + SP + T (2.2)

Infine, il risparmio privato uguale alla somma di investimenti privati e disavanzo pubblico: SP = I + (G - T ) (2.3)

Ma da (2.1) si ha I = Y G - C. Perci, sostituendo in (2.3) e semplificando si ottiene: SP = Y - C - T Infine, sostituendo questultima espressione in (2.2) ricaviamo: Y - C - T = I + (G - T ) o anche (Y - C - T) + (T - G) = I (2.5) (2.4)

Tanto la (2.4) quanto la (2.5) rappresentano un conto risorse - impieghi. Dalla (2.5) emerge che il risparmio privato (Y -C -T ) e risparmio pubblico (T - G) finanziano gli investimenti privati: S=I (2.6)

A livello contabile - lo si gi detto nel primo capitolo - lidentit si realizza grazie al modo in cui vengono contabilizzate le scorte. Resta da chiedersi se luguaglianza tra risparmi e investimenti pu essere garantita come equilibrio tra scelte di risparmio e scelte di investimento. La questione della massima rilevanza in quanto senza lequilibrio tra risparmi e investimenti non pu realizzarsi neanche lequilibrio tra domanda e offerta aggregata, su cui pure abbiamo fondato lanalisi dei due capitoli precedenti. In effetti la (2.1) pu essere reinterpretata come unequazione che rappresenta la domanda aggregata, suddivisa nelle sue componenti: AD = C + I + G (2.7)

Luguaglianza tra (2.7) e (2.2) esprime luguaglianza tra reddito e spesa. Poich la (2.6) non altro che una manipolazione delluguaglianza tra (2.1) e (2.2) ovviamente lo anche delluguaglianza AD = Y; ma allora: AD < Y allora I < S AD > Y allora I > S Poich il valore delle scorte semplicemente Y -AD, evidente che contabilizzare le scorte come investimenti, cio come spesa, implica che luguaglianza contabilmente sempre verificata. Ma le scorte possono essere desiderate o indesiderate. La presenza di scorte non desiderate segnale di una situazione non di equilibrio. I soggetti economici cambieranno comportamenti. La domanda allora : i mercati finanziari sono in grado di coordinare risparmi e investimenti in modo che AD = Y sia un equilibrio e non solo unidentit contabile? Con riferimento al lungo periodo, la risposta al quesito positiva. Il risparmio si risolve interamente in offerta di fondi mutuabili, gli investimenti si risolvono in domanda di fondi mutuabili, e il mercato dei fondi mutuabili perfetto. In un contesto simile il prezzo dei fondi mutuabili - cio il tasso di interesse reale (r = i -p) - consentir di equilibrare risparmi e investimenti. Ora complichiamo un po le cose considerando gli effetti della politica fiscale sul livello di reddito (e quindi sul livello della domanda aggregata). Poniamo in primo luogo la variabile consumi C non pi come esogena ma come funzione essa stessa del livello di reddito (Y) disponibile e del livello di tassazione:

C = f (Y , T )

(2.8)

Poniamo poi due casi distinti: i) limposizione in soma fissa rispetto al reddito (T dato); ii) limposizione in soma variabile e dipende dal livello del reddito, ovvero esplicitiamo laliquota dimposta t. i) imposizione in somma fissa
Y =C + I +G

C = c(Y T )

I=I
In questo caso i consumi sono una quota del reddito, ovvero il consumatore decide quanta parte del reddito consumare e quanta parte risparmiare. La proporzione tra consumo e risparmio descritta dal coefficiente c che rappresenta la propensione al consumo. Il reddito da considerare per non il reddito complessivo (Y) ma il reddito disponibile (al netto dellimposizione fiscale T). Dal sistema di equazioni sopra descritto si ricava la formulazione del reddito come funzione dei consumi e della imposizione fiscale:

Y=

1 ( I + G cT ) (1 c )

(2.9)

Dalla 2.9 si ricavano due informazioni importanti: i) il valore del moltiplicatore del reddito (o moltiplicatore keynesiano) pari a 1/(1-c); ii) il valore del moltiplicatore della tassazione pari a c/(1-c). Il moltiplicatore della tassazione nel caso di imposizione in somma fissa minore del moltiplicatore della spesa pubblica che pari a 1/(1-c), ovvero 1 c > (1 c ) (1 c ) dal momento che c < 1 , ovvero la propensione al consumo positiva ma minore di 1.

Che cosa implica tutto questo? Che se il governo decide di aumentare le tasse (T) per finanziare la spesa pubblica (G), laumento di spesa pubblica produrr un aumento di reddito maggiore rispetto alla riduzione di reddito che deriva dalla tassazione. ii) imposizione proporzionale In questo caso alle tre equazioni del modello in somma fissa va aggiunta lequazione che identifica il livello di tassazione, ovvero T = tY La funzione del reddito espressa nella 2.9 diventa allora funzione anche dellaliquota di imposta Y= 1 ( I + G) 1 c(1 t ) (2.10)

La presenza dellaliquota di imposta al denominatore fa diminuire il valore del moltiplicatore in proporzione al livello di tassazione. In termini grafici il modello reddito-spesa con la presenza di tassazione pu essere rappresentato dai grafici 1 e 2 a seconda che si tratti di imposizione fissa o proporzionale. Grafico 1 Modello reddito-spesa con tassazione in somma fissa
C, I Y di equilibrio -cT (C+I+G)' (C+I+G) G Y di equilibrio con finanziamento della spesa pubblica in deficit e non tramite tassazione YE YE' YE'' Y

45

Grafico 2 Modello reddito-spesa con tassazione in somma proporzionale


C, I Y di equilibrio (C+I+G)' 1/(1-c(1-t)) (C+I+G) G 1/(1-c) Y di equilibrio con finanziamento della spesa pubblica in deficit e non tramite tassazione YE YE' YE'' Y

45

2.2.

Il modello IS-LM

Nel modello reddito-spesa esaminato nel capitolo precedente si assumeva che gli investimenti fossero una variabile esogena. In realt la spesa per investimenti dipende dal tasso di interesse. quindi necessario introdurre la relazione tra investimenti e tasso dinteresse nel modello. Cos facendo avremo che una componente di AD, cio della spesa aggregata, dipende dal tasso di interesse (i). Ne segue che avremo un valore di equilibrio (sul mercato dei beni) di Y per ogni dato valore di i. Vale a dire che, per ogni valore del tasso di interesse, possiamo individuare un valore del PIL compatibile con lequilibrio sul mercato dei beni o, equivalentemente, con luguaglianza di risparmi e investimenti. Questa relazione di equilibrio tra Y e i graficamente rappresentabile come una curva: la curva IS (investimenti-risparmio). Per determinare quale, tra i tanti possibili, sia leffettivo valore di equilibrio di Y necessario sapere quale sia il valore effettivo di i. Per trovare questo valore si cercher di individuare la relazione esistente tra tasso di interesse ed equilibrio del mercato monetario. Scopriremo cos che esiste un valore di equilibrio di Y (sul mercato monetario) per ogni dato valore di i tale per cui la domanda di liquidit uguale allofferta di moneta. Questa relazione di equilibrio tra Y e i graficamente rappresentabile come una curva: la curva LM (liquidit-moneta). Lintersezione tra curva IS e curva LM nello spazio (Y, i) ci fornir i valori del tasso di interesse e del PIL compatibili con lequilibrio simultaneo del mercato dei beni e di quello della moneta. Analiticamente, tale risultato sar ottenuto risolvendo simultaneamente un sistema di due equazioni, una che rappresenta la relazione IS, e laltra che rappresenta la relazione LM.

2.3.

La IS e il mercato dei beni

Riprendiamo il modello reddito-spesa con la presenza del settore pubblico visto nel precedente capitolo. Sostituiamo, per lipotesi di investimento esogeno I = I , con lipotesi che linvestimento sia funzione del tasso di interesse. Ipotizziamo che questa funzione sia lineare:

10

I = I qi I rappresenta una componente autonoma dellinvestimento, una componente non dipendente dal tasso di interesse. Tale componente, in realt, tende a catturare analiticamente lidea che la spesa per investimenti anche influenzata dalle aspettative che le imprese hanno circa la possibilit di vendere le merci da loro prodotte. Tanto pi ottimistiche sono tali aspettative e tanto maggiore sar I . Graficamente la relazione rappresentabile come una retta, la cui intercetta con lasse delle ascisse costituita da I e la cui inclinazione rispetto allasse delle ordinate q (1/q rispetto allasse delle ascisse). Tanto maggiore q, quindi, e tanto maggiore linfluenza che il tasso di interesse esercita sulla spesa per investimenti (grafico 3). Grafico 3 relazione degli investimenti
i

i0 i1 I

I0

I1

Vediamo adesso come si relaziona il tasso di interesse che si ricava dalla funzione degli investimenti con il livello del reddito (per semplicit non consideriamo la spesa pubblica).
Y =C+I

I = I qi

C = C + cY
Dal sistema a tre equazioni si pu ricavare il reddito come funzione del tasso di interesse

Y=

1 ( I + C qi ) (1 c )

(2.11)

Questa relazione decrescente tra reddito e tasso di interesse viene definita scheda IS (eq. 2.11) e ci dice che una riduzione del tasso di interesse fa aumentare gli investimenti, che a loro volta sono una componente positiva del reddito, quindi un aumento degli investimenti produce un aumento del reddito. Cos si pu passare dal grafico 3 che identifica la relazione degli investimenti, al grafico 4 che mette in relazione il reddito con il tasso di interesse. 11

Grafico 4 scheda IS
i

i0 i1 IS

Y0

Y1

2.4.

La LM e il mercato della moneta

La ragione per cui si guarda al mercato monetario per determinare il tasso di interesse che, nel breve periodo almeno, il tasso di interesse sembra essere il prezzo che equilibria il mercato della moneta piuttosto che il prezzo che equilibria il mercato dei fondi mutuabili. Del resto, in questo e nel precedente capitolo si visto che lofferta di fondi mutuabili, cio il risparmio, nel breve periodo dipende principalmente dal livello del reddito e non dal tasso di interesse. Secondo Keynes - leconomista che pi di ogni altro ha contribuito allo studio del breve periodo - il tasso di interesse il prezzo della rinuncia alla liquidit, ovvero della rinuncia alla principale caratteristica della moneta, che, appunto lattivit pi liquida che vi sia nelleconomia ma che non frutta interessi. Quando gli individui devono scegliere il loro portafoglio di attivit, rinunciano alla moneta nella misura in cui ricevono un interesse soddisfacente dal possesso di attivit meno liquide, come i depositi bancari remunerati o i titoli obbligazionari. anzi ragionevole supporre che la rinuncia alla liquidit sar tanto maggiore quanto pi elevato il tasso di interesse. Questultimo pu essere visto anche come il costo opportunit del detenere moneta: tenendo moneta gli individui rinunciano allinteresse che fruttano attivit meno liquide e pi rischiose. La condizione affinch esista una certa preferenza per la liquidit che vi sia incertezza circa il livello futuro del tasso di interesse. Ci, infatti, introduce un elemento di rischio associato alla rinuncia alla liquidit. Inoltre, lincertezza sul futuro del tasso di interesse la stessa incertezza circa landamento del prezzo dei titoli (che correlato inversamente con il tasso di interesse). Naturalmente, pi alto il tasso di interesse oggi, pi basso il prezzo dei titoli e pi appetibili risulteranno essere i titoli fruttiferi e pi elevato sar quindi il costo opportunit di detenere moneta. Ma un tasso di interesse elevato oggi pu generare anche aspettative di ribasso e quindi di prezzi dei titoli pi elevati in futuro. Il che pu rafforzare la spinta ad acquistare titoli oggi per rivenderli domani, ottenendo un guadagno speculativo. Al contrario un tasso di interesse basso oggi pu spingere gli speculatori a vendere titoli in attesa che il loro prezzo si riduca in futuro. La vendita di titoli, naturalmente, si trasforma in domanda di moneta liquida oggi. La preferenza per la liquidit dunque connessa strettamente a un movente tipicamente speculativo per detenere moneta. Detto in altri termini, la domanda dellattivit pi liquida, la moneta, sar una funzione inversa del saggio di interesse. Ma, come sappiamo, la moneta non viene tenuta dai soggetti economici soltanto per gli usi speculativi. Essa viene tenuta anche per effettuare le transazioni, cio gli acquisti di beni e 12

servizi, acquisti che non avvengono, ovviamente, nello stesso momento in cui si percepisce il reddito. La domanda di moneta per motivi transattivi strettamente collegata al livello del reddito. Essa sar tanto pi elevata quanto pi elevato il livello del reddito. La domanda complessiva di moneta (L) sar, allora, la somma di due componenti: L1, la domanda per fini transattivi, che dipende dal livello di Y e L2, la domanda per fini speculativi, che dipende dal tasso di interesse.
L = L1 (Y ) + L2 (i ) Ponendo la funzione di domanda di moneta in forma lineare si avr
+

L = kY + L hi

(2.12)

Per livelli di reddito dati (ovvero tenendo costante Y) si pu tracciare sul piano (L, i) la relazione tra tasso di interesse e domanda di moneta: Grafico 5 domanda di moneta
i

i0 i1 L

L0

L1

Dalla funzione di domanda di moneta si arriva poi alla definizione di equilibrio sul mercato della moneta e alla scheda LM. Ipotizzando che la Banca Centrale possa controllare perfettamente lofferta di moneta (che diventa quindi variabile esogena), il mercato della moneta sar descritto dalla funzione di domanda di moneta (eq. 2.12) e dalla condizione di equilibrio con offerta di moneta. L D = kY + L hi domanda di moneta offerta di moneta

LS = M

La condizione di equilibrio sar data dalleguaglianza tra le due equazioni (offerta = domanda ovvero LS=LD).

13

i=

(L M ) k Y+ h h

equilibrio sul mercato della moneta

Grafico 6 la scheda LM
i LM i1

i0

Y0

Y1

Cosa ci dice questa relazione: allaumentare del reddito aumenta la domanda di moneta per transazioni e, data lofferta di moneta, si ha un eccesso di domanda; gli agenti desiderano tenere pi moneta per effettuare transazioni di quanta sia a disposizione e per procurarsela venderanno dei titoli provocando un eccesso di offerta sul mercato dei titoli. Leccesso di offerta di titoli provoca una riduzione del prezzo dei titoli e quindi si dovr avere un aumento del tasso di interesse. Lequilibrio si raggiunge quando il tasso di interesse salito al punto in cui coloro che detengono moneta a fini speculativi sceglieranno di tenere titoli, e quindi a cedere moneta in cambio dei titoli offerti da quanti hanno bisogno di mezzi di pagamento per le transazioni.
Grafico 7 il modello IS-LM
i LM i*

IS

Y*

14

Considerando insieme le due schede IS e LM, possibile formulare il cosiddetto modello IS-LM che identifica le condizioni di equilibrio simultaneo sul mercato dei beni e su quello della moneta. Ricordando che: la scheda IS rappresenta linsieme di combinazioni di valori di Y e i per cui il reddito uguale alla domanda aggregata (AD) la scheda LM rappresenta la combinazione di valori di Y e i che portano allequilibrio sul mercato della moneta linterazione tra i due mercati ci dar la condizione di equilibrio macroeconomico.

CAPITOLO 3: LE FLUTTUAZIONI ECONOMICHE, LA DOMANDA E LOFFERTA AGGREGATE 3.1. Crescita economica e fluttuazioni

tradizione suddividere la Macroeconomia in due campi di studio distinti: la crescita e le fluttuazioni. Si tratta di una tradizione conveniente, anche se la separazione netta finisce per far passare in secondo piano la stretta interrelazione che esiste tra i due macro-fenomeni esaminati. Con lo studio della crescita si mette a fuoco landamento delleconomia nel corso dei decenni, analizzando le forze che stanno alla base di tale andamento. Al centro dellattenzione sono laccumulazione del capitale fisico (macchinari, impianti e infrastrutture), lo sviluppo delle conoscenze tecnologiche e le relative applicazioni, la crescita della popolazione, laccumulazione delle capacit tecniche e scientifiche dei lavoratori (ovvero laccumulazione del capitale umano). Questi fenomeni cambiano lentamente nel tempo o, comunque, hanno effetti sul sistema economico dilazionati nel tempo. Per questa ragione, generalmente, lo studio della crescita viene anche definito analisi di lunghissimo periodo. Se la crescita si concentra sulle tendenze di lunghissimo periodo, trascura invece le fluttuazioni che il PIL, il tasso di disoccupazione e linflazione mostrano trimestre dopo trimestre, a seguito di piccoli e grandi shocks che colpiscono leconomia. Per usare unespressione tipica della statistica delle serie temporali, possiamo dire che lo studio della crescita mette a fuoco il trend delleconomia; mentre lo studio delle fluttuazioni mette a fuoco gli scostamenti dal trend. Le fluttuazioni possono essere regolari, oppure (e pi spesso) irregolari. Nel primo caso il PIL assumer un andamento ciclico regolare intorno al trend; nel secondo si avranno invece cicli irregolari. Con lo studio delle fluttuazioni (o, come spesso si dice, del ciclo) si cerca di spiegare le cause e le conseguenze dei movimenti del PIL intorno al suo trend di crescita e quindi lattenzione rivolta a periodi di tempo molto pi corti di quelli esaminati nello studio della crescita. Le fluttuazioni sono inoltre caratterizzate da movimenti congiunti del PIL e di altre variabili, come i consumi, gli investimenti, linflazione, la disoccupazione, ecc. Tali movimenti congiunti vengono detti co-movimenti. Le variabili che hanno co-movimenti che vanno nella stessa direzione dei movimenti del PIL si dicono variabili pro-cicliche. Tra queste i consumi e gli investimenti. Tra le variabili anti-cicliche troviamo invece il tasso di disoccupazione.

3.2.

Misurare il ciclo e il trend

Come possibile leggere nei dati relativi al PIL le tendenze di lunghissimo periodo e le fluttuazioni cicliche? Ovviamente, le osservazioni che compongono una serie temporale contengono tanto una componente di ciclo quanto una componente di trend. Al fine di separare la componente di lunghissimo 15

periodo dalle fluttuazioni cicliche necessario innanzitutto individuare il trend nella serie temporale del PIL. Per fare ci, si cerca di trovare la retta che consente meglio di interpolare osservazioni disponibili. Poich tali osservazioni spesso descrivono una crescita esponenziale, prima di interpolare i dati con una retta necessario estrarre i logaritmi dei valori osservati. La retta interpolante rappresenta il trend, cio landamento di lunghissimo periodo del fenomeno analizzato, mentre le fluttuazioni saranno misurate dagli scostamenti dal trend, cio dalla differenza, in ogni momento del tempo tra i logaritmi dei valori osservati e i valori di trend corrispondenti (anchessi in logaritmi).

Grafico 8 andamento del PIL nel lungo periodo: trend e fluttuazioni


Andamento del PIL nel lungo periodo 3000 2500 2000 1500 1000 500 0 1965 fluttuazioni intorno al trend 1970 1975 1980 1985 1990 1995 2000 2005 2010 TREND

3.3.

Domanda e offerta aggregata

Fin dallanalisi del funzionamento di un semplice mercato gli economisti sono abituati a distinguere le forze che agiscono dal lato della domanda da quelle che agiscono dal lato dellofferta. Anche in Macroeconomia si fa qualcosa del genere distinguendo tra domanda aggregata e offerta aggregata. Mentre lanalisi della crescita avviene esclusivamente dal lato dellofferta, poich si riconosce che soltanto le forze che influenzano lofferta aggregata hanno impatto sullandamento delleconomia nel lunghissimo periodo, lanalisi delle fluttuazioni non pu prescindere dallo studio anche delle forze che si trovano dietro la domanda aggregata. Infatti, il modello utilizzato per lo studio delle fluttuazioni si chiama proprio modello di domanda e offerta aggregata o AD-AS (Aggregate Demand - Aggregate Supply), in cui figurano una curva di domanda aggregata e una curva di offerta aggregata. Le due curve esprimono diverse relazioni tra livello generale dei prezzi e livello del PIL (o tra i logaritmi di tali variabili). Nonostante la similitudine con lanalisi microeconomica dei mercati, le curve AD e AS non sono costruite per semplice aggregazione di curve di domanda e offerta individuali. In effetti, in microeconomia ci che conta sono i prezzi relativi: il P che troviamo nel classico grafico di domanda e offerta il prezzo di un bene relativamente a quello di un altro bene. Il P che troviamo nel grafico di 16

domanda e offerta macroeconomiche, invece, rappresenta il livello generale dei prezzi. Inoltre, in microeconomia la curva di offerta ha senso solo in un contesto di concorrenza perfetta; in macroeconomia la si pu costruire anche in un modello di concorrenza imperfetta. Il modello AD-AS prende le mosse dal modello IS-LM laddove per il livello dei prezzi non pi considerato esogeno ma determinato endogenamente. Considerando il modello IS-LM che rappresentato da un sistema di equazioni a due equazioni e due incognite (Y e i), aggiungendo una incognita, data dal livello dei prezzi P, rende necessario introdurre una nuova equazione che rappresenta il mercato del lavoro, affinch il sistema risulti determinato.

3.4.

La AD

Essa non spiegabile come una curva di domanda individuale; non c sostituzione tra beni pi costosi e meno costosi, perch in macroeconomia lunico bene che conta il PIL, cio un bene composito e, naturalmente, un aumento del livello generale dei prezzi non spinge a sostituire la domanda di PIL con la domanda di qualcosa daltro. Per capire in cosa consista la curva di domanda aggregata conviene ripartire dalle identit di contabilit nazionale. Sappiamo che, considerando per semplicit uneconomia chiusa, deve valere la condizione PIL = Y = AD = C + G + I Come facciamo a ricavare una relazione tra reddito (Y) e livello dei prezzi (P)? Possiamo ipotizzare che G sia autonomamente decisa dal governo; ma C e I plausibile abbiano una relazione con il livello dei prezzi (P). Tale relazione prende fondamentalmente due canali: leffetto ricchezza (o effetto Pigou) e leffetto tasso di interesse (o effetto Keynes). In primo luogo, intuitivo che la spesa per consumi dipenda, oltre che ovviamente dal reddito disponibile anche dalla ricchezza. Una componente della ricchezza (finanziaria) costituita dalla quantit di moneta disponibile. Ci che conta per la spesa la quantit di moneta in termini reali, ovvero il potere dacquisto della moneta: M/P. Se P scende, con M costante, allora M/P sale. Quindi una diminuzione del livello generale dei prezzi fa aumentare la ricchezza reale, quindi C sale. Ne segue che al diminuire di P la domanda aggregata aumenta perch aumenta C e quindi un pi basso P compatibile con un pi alto Y. Un ragionamento un po pi complesso consente di intuire anche leffetto Keynes. Una diminuzione di P abbiamo visto che, con M costante, allora M/P sale; ma la quantit di moneta domandata dagli individui (in termini reali) invariata, se Y non cambiato. La maggior ricchezza reale verr dirottata verso lacquisto di titoli: B (che costituiscono un impiego alternativo alla moneta liquida). Conseguentemente il prezzo dei titoli salir: PB sale. La ben nota relazione inversa tra prezzo dei titoli e tasso di interesse comporter, allora, una diminuzione del tasso di interesse: i. Poich il tasso di interesse rappresenta anche il costo che gli imprenditori devono sopportare per finanziare i propri investimenti, una diminuzione di i porter a un aumento degli investimenti I. Al diminuire di P la domanda aggregata aumenta dunque anche perch aumenta I. Anche per questa via un pi basso P compatibile con un pi alto Y. Per rappresentare la curva AD dobbiamo rimuovere lipotesi di prezzi esogeni, e possiamo inserire il livello dei prezzi come variabile che influenza lofferta reale di moneta, dove M/P diventa appunto lofferta reale, con M dato (offerta nominale).

17

i=

coefficiente

k h {

Y+

L (M / P ) h 14243
int ercetta

equilibrio sul mercato della moneta con prezzi variabili

Grafico 9 costruzione della curva AD di domanda aggregata


LM2 i LM1 i2 i1 i0 LM0

IS

Y2 P

Y1

Y0

P2 P1 P0 Y2 Y1 Y0 Y AD

Un aumento del livello dei prezzi fa ridurre il valore dellofferta reale di moneta e quindi fa aumentare lintercetta della funzione LM sulle ordinate (la LM si sposta verso lalto). Infatti, un aumento di P riduce lofferta di moneta in termini reali e determina per un dato livello di reddito (reale) una situazione di eccesso di domanda di moneta reale che provoca un aumento del tasso di interesse di equilibrio sul mercato della moneta (aumento della domanda di moneta per scopi transattivi).

18

3.5.

La AS

Costruzione della curva di offerta aggregata AS. Dalla teoria microeconomica sappiamo che limpresa massimizza il profitto producendo la quantit di output per la quale il costo marginale uguaglia il ricavo marginale; in un mercato perfettamente concorrenziale il ricavo marginale coincide con il prezzo, che per limpresa dato, cosicch la condizione di massimo profitto coincide con P=CMg. Considerando il solo lavoro come input produttivo variabile, la condizione di equilibrio sul mercato del lavoro diventa

CMg =

dCT dCV d (WN ) dN = = =W dY dY dY dY

(3.1)

Se il lavoro il solo input produttivo variabile, allora il costo del lavoro il solo costo variabile e corrisponde al prodotto del salario medio (W) con il numero di lavoratori (N). Considerando che nel breve periodo in concorrenza perfetta anche il prezzo del lavoro (ovvero il salario medio W) dato per limpresa, il termine W esce dal calcolo della derivata. Considerando poi la condizione di equilibrio del mercato, ovvero P=CMg, la (3.1) diventa

P =W

dN dY

(3.2)

Dalla (3.2) possibile ricavare la funzione di domanda di lavoro per limpresa riportata nel grafico 10.

dY W = dN P

(3.3)

Questa funzione di domanda di lavoro costituisce la base per costruire la curva di offerta aggregata di beni per ogni dato livello di salario monetario. Questultimo viene assunto come determinato in sede di contrattazione e dunque rigido nel breve periodo (dato che i contratti di lavoro e i rispettivi livelli salariali sono oggetto di contratti di lunga durata). Assumendo quindi W come esogena del modello, W , allora il salario reale W/P varier al solo variare del livello dei prezzi, ed quanto si pu vedere nel grafico 10.

Grafico 10 curva di domanda di lavoro


W/P

(W/P)0 (W/P)1 dY/dN

N0

N1

19

Dato il livello di salario monetario W , il salario reale W / P aumenter se il livello dei prezzi diminuisce e diminuir se i prezzi aumentano. Come si vede dal grafico 10 un aumento dei prezzi (con P0<P1) produce una riduzione del salario reale da (W/P)0 a (W/P)1 e di conseguenza un aumento della domanda di lavoro (e quindi un aumento delloccupazione data lipotesi di concorrenza perfetta).

Grafico 11 costruzione della curva AS di offerta aggregata


P W/P

IV
AS (W/P)0 (W/P)1

P1 P0

dY/dN

Y0 Y Y0 Y1

Y1

Y Y Y0 Y1

N0

N1

Y=f(N)

III

II

Y0

Y1

N0

N1

Utilizzando il grafico 10 si pu costruire quindi la curva di offerta aggregata (grafico 11). Partendo dal I quadrante, un aumento dei prezzi produce una riduzione del salario reale, quindi un aumento delloccupazione (N). Essendo il lavoro il solo input produttivo, laumento di N produce un aumento della produzione (funzione della produzione quadrante II). Il quadrante III consente di proiettare sullasse delle ascisse il livello di output (Y) corrispondente a ciascun livello di occupazione, in modo da poter costruire il quadrante IV, ovvero la curva di offerta aggregata AS, che definisce una relazione positiva e crescente tra livello dei prezzi e livello di produzione aggregata.

20

3.6.

Il Modello AD-AS

La AS descrive quindi la relazione tra output e livello dei prezzi compatibile con la massimizzazione del profitto da parte delle imprese. In linea astratta possiamo dire che tale relazione pu essere ad elasticit nulla, loutput non varia per niente al variare dei prezzi; ad elasticit infinita, i prezzi non variano per niente al variare delloutput; ad elasticit finita, output e prezzi sono positivamente correlati. evidente che quando ci si trovi di fronte a una AS verticale (caso 1, Grafico 12), eventuali spostamenti della AD non hanno alcun effetto su Y. Con una AS orizzontale (caso 2, Grafico 13) spostamenti della AD non hanno alcun effetto su P, ma hanno effetto su Y. Nel caso in cui la AS sia crescente (caso 3, Grafico 14), gli spostamenti della AD hanno effetto sia su P che su Y. E chiaro, allora, che nel primo caso lo studio di cosa sta dietro alla AD poco importante, mentre massimamente importante nel caso (2); nel caso (3) contano sia la AS che la AD. Il caso (1) descrive il lungo periodo, in cui i prezzi sono perfettamente flessibili e leconomia produce esattamente il livello di PIL potenziale o naturale, che corrisponde al livello di produzione che garantisce la piena occupazione di tutti i fattori produttivi (quindi anche della forza lavoro). Tale livello corrisponde a quello di trend relativamente allanno considerato. Ovvero il livello che - data la disponibilit di capitale fisico e umano e data la tecnologia - leconomia sceglierebbe di produrre. La perfetta flessibilit dei prezzi fa s che, nel lungo periodo qualsiasi shock che colpisca la domanda aggregata pu essere accomodato da aggiustamenti dei prezzi e salari, cosicch le imprese possono produrre esattamente livello naturale di PIL. Il caso (2) rappresenta invece il breve periodo, in cui i prezzi sono completamente rigidi, perch le imprese e lavoratori non aggiustano prezzi e salari. Infine, il caso (3) rappresenta il medio periodo, in cui i prezzi si aggiustano parzialmente. Il medio periodo costituisce, in effetti il nesso tra breve e lungo periodo e quindi consente di spiegare la transizione dal breve al lungo periodo. Prima di chiudere su questo punto, opportuno precisare che le fluttuazioni - nella realt - non finiscono mai con il ritorno delleconomia al livello di output (di lungo periodo) iniziale. E ci per due ragioni. La prima che, come si pu vedere nel Grafico 8, la linea che descrive i valori effettivi del PIL passa da sopra a sotto il trend e viceversa senza fermarsi su di esso. La seconda che quando tale linea comunque passa per il trend, il corrispondente valore del PIL diverso da (in genere superiore a) quello corrispondente al passaggio precedente. Considerando il grafico 14, ovvero il livello di equilibrio con AS-AD di medio periodo possibile analizzare la presenza di disoccupazione involontaria sul mercato del lavoro. Per disoccupazione involontaria si intende il numero di persone che sono in cerca di occupazione e che non trovano impiego sul mercato del lavoro. Se il punto di incontro tra AD e AS corrisponde ad un prezzo e ad una quantit di reddito di equilibrio inferiore al livello di reddito potenziale, allora si determiner disoccupazione involontaria. Il livello di reddito potenziale YP infatti proprio quel livello di reddito corrispondente alla piena occupazione di tutta la forza lavoro.

Grafico 12 Modello AD-AS nel lungo periodo (caso 1)


P AS

P3 P2 P1

AD3 AD2 AD1 Y* Y

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Grafico 13 Modello AD-AS nel breve periodo (caso 2)


P

P*

AS AD3 AD2 AD1 Y1 Y2 Y3 Y

Grafico 14 Modello AD-AS nel medio periodo (caso 3)


P

AS

P3 P2 P1

AD3 AD2 AD1 Y1 Y2 Y3 Y

Guardando il grafico 15 si parte dal I quadrante dove disegnato lequilibrio sul mercato dei beni. Il punto di equilibrio definisce livello dei prezzi P* e output di equilibrio Y*. Proiettando sul quadrante II il livello di output possiamo poi trovare sulla funzione di produzione dellimpresa (quadrante III) il livello di occupazione corrispondente a Y*, rappresentato da N*. Proiettando ora il livello di occupazione effettivo N* sul quadrante IV (che rappresenta il mercato del lavoro) si pu vedere come il livello di occupazione effettivo N* sia minore del livello di piena occupazione NP. Ripercorrendo i quadranti in senso inverso possibile identificare sulla curva di offerta aggregata AS quale sia il livello dei prezzi compatibile con la piena occupazione. Se la domanda aggregata inferiore al livello di pieno impiego (come nel grafico) allora ci sar spazio per manovre di politica economica che possano stimolare la domanda aggregata fino a spingerla in ADP ovvero in corrispondenza della piena occupazione.

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Grafico 15 Modello AD-AS e disoccupazione involontaria


P W/P

I
AS W/P* W/PP ADP P* AD Y* Y YP Y* Y* YP Y Y YP N*

IV

NS

PP

dY/dN

NP

Y=f(N)

II

III

Y*

YP

N*

NP

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