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Michela Dongu

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Il Giardino dei Pensieri - Studi di storia della Filosofia Dicembre 2008 Michela Dongu
Una introduzione filosofica Presentazione in PowerPoint Kierkegaard e il cinema scandinavo [Vedi Cinema, Kierkegaard]

Sren Kierkegaard

1. Impronte biografiche Sren Kierkegaard nasce a Copenhagen il 5 maggio 1813. Il cognome, letteralmente, significherebbe cimitero (il giardino della chiesa il luogo in cui vengono sepolti i defunti, tutto intorno alla chiesta principale), anche se recenti interpreti ne hanno modificato lallusione mostrando come esso in realt potrebbe alludere alla "masseria della chiesa", dove veniva offerto cibo ai poveri. Probabilmente, allora, il cognome gli deriv dai suoi parenti, di condizioni umilissime, che avrebbero ricevuto queste offerte dalla comunit. Educato in un clima di austera religiosit pietista e gravato del timore di aver subito una maledizione derivante da unantica bestemmia del padre (quando aveva 11 anni) o dallaver molestato la domestica, poi madre di Kierkegaard, subito dopo la morte della prima moglie, Kierkegaard vede morire tra il 1819 e il 1839 due fratelli, tre sorelle, la madre e quattro anni dopo il padre (1838). Si convince allora che la maledizione annunciata dal padre peser per sempre anche sulla sua vita: "Scoppi allora il grande terremoto, la tremenda rivoluzione che improvvisamente mi impose una nuova, implacabile spiegazione generale dei fatti [] Mi sentii avvolto da un silenzio di morte [] una colpa doveva sovrastare su tutta la famiglia, la punizione di Dio doveva incombere". Sar questo senso di colpa, la colpa del padre, a gravare sulla sua esistenza e ad influenzare gran parte delle sue scelte future. Sren descriver sempre la sua come uninfanzia infelice, in cui evidente il "non essere come gli altri": grav sempre su di lui loscura minaccia del padre, convinto che n Sren n il fratello Peter Christian, unico reduce della maledizione, avrebbero superato i trentanni. Intanto, inquadriamo storicamente lautore. Quando Kierkegaard nacque, nel 1813, era l'epoca del l Trattato di Kiel. Nel periodo delle Guerre napoleoniche, quando la Danimarca cerc di rimanere neutra, continuando a commerciare sia con la Francia che con il Regno Unito ed entrando a far parte della Lega della neutralit armata insieme a Russia, Svezia e Prussia, il Regno Unito intese tale alleanza come un segno di ostilit e per due volte, nel 1801 e nel 1807, attacc Copenhagen. Con il primo scontro riusc a sconfiggere la flotta danese, mentre nel corso del secondo provoc l'incendio e la distruzione di ampie zone della capitale. Questi eventi condussero allo scoppio della cosiddetta Guerra delle cannoniere - cos denominata per lutilizzo da parte dei danesi di piccole imbarcazioni dotate di cannoni - tra Danesi ed Inglesi: il controllo da parte inglese del tratto di mare tra Danimarca e Norvegia si rivel infine disastroso per l'economia dell'Unione Scandinava e, nel 1813, la Danimarca-Norvegia fin in bancarotta. L'Unione tra Danimarca e Norvegia si sciolse appunto con il Trattato di Kiel. Stipulato nel 1814, la pace prevedeva la restituzione da parte del re danese della Norvegia al regno di Svezia in cambio dei possedimenti svedesi della Pomerania (attuale territorio tedesco) che tuttavia rimase alla Prussia. La Norvegia dapprima si rese indipendente, quindi elesse come suo re Cristiano VII di Danimarca e infine entr a far parte di una nuova unione con la Svezia, che dur fino al 1905. Rimasero domini danesi lIslanda, la Groelandia, e le Isole Fr er. Sono questi, dunque, anni particolarmente importanti per la Danimarca. I moti rivoluzionari del 48 influenzarono decisamente anche le sorti della Danimarca,

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trasformata, nel 1853, con lentrata in vigore della legge sulla libert di commercio, in una vera e propria democrazia liberale. Proprio in questi anni Copenhagen, da cittadina di provincia, si accingeva a divenire una moderna metropoli, dotata di fabbriche e case per i lavoratori (Arbeiterwohnung). Allet di 17 anni, il giovane Kierkegaard siscrisse alla facolt di teologia di Copenhagen. Negli anni dellUniversit particolarmente significativo fu il contatto con docenti idealisti come Heiberg, fondatore di un circolo in cui lo stesso Kierkegaard entr con entusiasmo e dal quale usc ben presto deluso. Intanto, leggeva con entusiasmo testi teologico-filosofici che si riproponevano di conciliare ragione e rivelazione, ma era ardente lettore anche di opere letterarie e poetiche, mitologiche e popolari. Pubblicava articoli sulla condizione femminile e si mostrava sempre piuttosto conservatore nei confronti della possibilit dellemancipazione della donna, di cui mai si pose realmente il problema della portata storico-sociale. Nel 1840 si laure con una dissertazione dal titolo Sul concetto di ironia con particolare riguardo a Socrate, che considera come il vero fondatore della morale e il vertice della saggezza. Tra il 1841-42 fu nel pubblico berlinese di Schelling. Tuttavia, a parere di Kierkegaard, Schelling non avrebbe inteso la rivelazione di per se stessa, ma in rapporto alla speculazione: la filosofia il vero organo della scienza teologica. Con ci, Schelling sarebbe rimasto incastrato nellimmanenza e nel panteismo e avrebbe fatto coincidere la rivelazione con la filosofia positiva. Dio, uomo e creato entrerebbero nel movimento dialettico di opposizione, realizzazione e superamento, divenendo cos delle semplici idee, oggetto e fine della speculazione. Dopo un primo spontaneo interesse nei confronti della filosofia idealista, Kierkegaard verr presto pervaso da un forte sentimento di noia. Affermer infatti in una lettera a suo fratello: "Schelling ciancia in modo assolutamente insopportabile. Io sono troppo vecchio per ascoltare lezioni, ma Schelling troppo vecchio per darle: tutta la sua dottrina delle potenze tradisce la pi alta impotenza". Scriveva, frattanto, la sua opera pi conosciuta, Aut-Aut (Enten-eller), terminata nel 43. Dopo questa breve esperienza idealista, rimase a Copenhagen e visse con una rendita lasciatogli dal padre, assorto nella scrittura dei suoi libri. Nella sua vita si distinguono scarsi episodi, apparentemente insignificanti: nel 1840 il fidanzamento, mandato poi a monte, con la diciottenne Regina Olsen, figlia del consigliere di Stato, conosciuta tre anni prima; lattacco, peraltro, pi che rivolto ai suoi scritti mirato a mettere in ridicolo labbigliamento e i suoi difetti fisici, di un giornale satirico "Corsaren" di cui per anni si dolse; la decisione di non diventare pastore e infine la polemica con lambiente teologico di Copenhagen, contro lallora suo maestro Mynster e specialmente contro il teologo Martensen, di cui Kierkegaard aveva seguito le lezioni nel 1837-38. Questi avvenimenti, apparentemente insignificanti, celano una personalit intimamente provata, che si sente costantemente minacciata "dallalto" e che prova paura nei confronti di scelte decisive. In questo senso il rapporto col padre, autoritario e superstizioso, rappresenterebbe una delle chiavi di lettura attraverso cui possibile vedere riflesse, come in uno specchio, alcune delle scelte pi significative, biografiche ed intellettuali, di Kierkegaard. Per anni, gli studiosi hanno dibattuto circa la decisione del filosofo danese di rompere il fidanzamento con Regina Olsen, che poi sposer Fritz Schlegel e morir nel 1904. Alcuni hanno analizzato la questione proprio a partire dalla complessa psicologia del rapporto col padre. Pi in generale si pu dire che, coerentemente alle linee essenziali del suo pensiero, tale rottura ha significato una presa di posizione netta nei confronti della sessualit, per Kierkegaard vissuta come peccato infamante, trasmessogli dal padre e mai realmente assolvibile. Nel suo Diario, egli parler infatti di un "grande terremoto" (1835) e di "una scheggia nelle carni" che si sono prodotti ad un certo punto nella sua vita e che egli

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non stato in grado di distinguere con precisione. Sarebbe un tale rivolgimento, non riferibile a nessun evento particolare, ad aver sconvolto tutta la sua vita: dalla decisione di interrompere il rapporto con Regina Olsen sino alla scelta di non intraprendere la carriera di pastore (come la sua laurea avrebbe fatto supporre) n qualunque altra: "Da quel momento io ho scelto. Quella dolorosa sproporzione con le sue sofferenze [] io lho considerata come il mio pungolo nella carne, il mio limite, la mia croce. Ho pensato che fosse questo il prezzo con cui Dio ha voluto vendermi una forza di spirito senza pari tra i contemporanei. () Senza osare di fare appello a rivelazione o a cose simili, io ho capito me stesso nel senso di voler accentuare, avvalorare, in un tempo guasto e demoralizzato, il "generale", di renderlo amabile e accessibile per tutti gli altri che fossero capaci di realizzarlo, ma che dal tempo sono stati sviati alla caccia del singolare, dello straordinario" (Diario, 1846). Questa profonda crisi interiore si riflette nella scelta di pubblicare i suoi libri sotto pseudonimi diversi. Kierkegaard mor l11 novembre 1855, a soli 42 anni, dopo aver scritto una copiosa mole di opere. Tra le tante ricordiamo, oltre al gi citato Aut-Aut, anche La malattia mortale, Il concetto di angoscia, Timore e tremore. Ci che resta del suo tragico amore per Regina, sono le parole racchiuse nel suo Diario, quando nel 1849 scrive: "Amata, essa lo era. La mia esistenza esalter la sua vita in modo assoluto. La mia carriera di scrittore potr anche essere considerata come un monumento a sua lode e gloria. Io la prendo con me nella storia. E a me, che malinconicamente non avevo che un desiderio, cio dincantarla: l, nella storia, questo non mi sar negato, l io avanzo al suo fianco. Come un maggiordomo, la porto in trionfo dicendo: Prego, fate un po di largo per lei, per la nostra cara, lamabile, la piccola Regina!"

2. Questioni di stile: dalle lettere ai diari Il senso della filosofia kierkegaardiana racchiuso nella forma dialogica con cui egli si rivolge al suo pubblico. In questottica, la prospettiva che ne emerge appare verosimilmente contraddittoria: da un lato Kierkegaard scrive testi di natura religiosa pubblicati a sua firma ed autore di un importante diario, non destinato alle stampe, da cui si ampiamente attinto per la comprensione della struttura del suo pensiero; daltra parte, egli pubblica quasi tutti i suoi scritti nellanonimato pi completo, pur, come nel caso di Aut-Aut, trattandosi di opere in forma dialogica espresse in formulazioni stilistiche quali le epistole. Appare anzitutto fondamentale chiarire che, sebbene lo stile kierkegaardiano sembri impulsivamente steso di getto, in realt frutto di scelte stilistiche accurate: Kierkegaard ha sempre riconosciuto a se stesso le qualit del vero poeta e del vero artista. Ha sempre riconosciuto in s la forza del vero scrittore e ha cercato di vivere la sua vita pubblica in maniera coerente a quanto riportato nei suoi scritti. 2.1 La scelta degli pseudonimi Sul frontespizio dei suoi libri, compaiono i nomi di autori sempre diversi. Cos, per citare le opere maggiori, Il concetto di angoscia era firmato Vigilius Haufniensis, cio colui che vigila ad Haufnia, l'antico nome di Copenaghen; Timore e tremore da Johannes de Silentio, La ripetizione da Constantin Constantius; gli Stadi sul cammino della vita furono attribuiti a Hilarius il Rilegatore, le Briciole filosofiche a Johannes Climacus e Anticlimaticus lo pseudonimo utilizzato per La malattia mortale, Victor Eremita quello utilizzato in Aut-Aut. Appaiono poi una miriade di articoli e interventi pubblicati sui giornali dell'epoca che Kierkegaard scrisse sempre sotto falso nome. Lutilizzo degli pseudonimi, apparso ai pi come un gioco, in stile ironico e satirico, dal punto di vista stilistico assume un significato molto pi esteso. Il ricorso agli pseudonimi si giustifica infatti nellottica di conservare un

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certo distacco dalloggetto trattato e dal lettore medesimo, ma anche nel fare i conti con la scelta di non identificarsi con nessuna posizione definitiva, che un po latteggiamento che sempre Kierkegaard conserv (perch sempre luomo posto al bivio, nella contraddizione, nella possibilit e sta a lui riuscire a vedervi dentro). Inoltre lo pseudonimo, artificio letterario tipicamente romantico, la maschera dietro la quale si nasconde lautore. Non a caso, Kierkegaard fa ampio ricorso alla metafora, come mondo che non si svela mai completamente, ma rimane sempre nellorizzonte della finzione, del ricorso ad immagini pi o meno riferibili al reale. E considerato il fatto che, secondo Kierkegaard, il mondo una maschera (dal punto di vista religioso, sociale, politico) della vera realt del singolo, tale scelta appare giustificata e plausibilmente coerente. Inoltre c un altro orizzonte di senso entro il quale appare e si svela il gioco delle maschere: quello che riguarda primariamente il suo ruolo di scrittore che sceglie di apparire un uomo ozioso e spiritoso, ma che in tale maschera cela la sua realt malinconica, disperata e nello stesso tempo irriverente nei confronti della involuzione demagogica e conformistica della cultura e della politica del suo tempo. Linganno, dunque, attiene completamente alle scelte stilistiche e le giustifica. 2.2 La Diaristica Kierkegaard autore di un Diario, non destinato al pubblico, che ha condizionato fortemente linterpretazione delle sue opere e del suo pensiero. Lutilizzo di un diario, autoreferenziale, intimo e personale, non esclude largomentazione filosofica. La scrittura autobiografica infatti, lungi dal detenere una posizione assolutistica rispetto al pensiero, pu essere intesa come luogo di riorganizzazione di idee e osservazioni quotidiane, tradotte in linguaggio, e custodite nel ricordo intimo. Kierkegaard, allora, ha probabilmente utilizzato la diaristica per trasmettere il senso del singolo come unico detentore di conoscenze personali e nello stesso tempo di incertezze. Quelle incertezze, scissioni, contrazioni, daltra parte, che sono sempre state alla radice del suo pensiero e della sua vita. 2.3 Le epistole filosofiche Kierkegaard non certo lunico filosofo ad avere utilizzato la forma epistolare per veicolare contenuti filosofici. Nel filosofo danese presente una tensione costante dovuta al suo personale rapporto con la filosofia socratica. In Socrate, Kierkegaard aveva individuato il primo filosofo che realmente fosse stato in grado di comprendere il singolo e la sua specificit. Sulle questioni stilistiche socratiche, si era soffermato nella tesi di laurea, trattando del concetto di ironia. Lironia e la maieutica allora potrebbero essere la chiave di volta entro cui si potrebbe comprendere il tentativo kierkegaardiano di esposizione epistolare. Infatti le epistole presuppongono un dialogo, seppur immaginario, con lintestatario della lettera, con cui si condividono idee, espressioni, ritagli di vita. Perch allora non favorire il dialogo, alla maniera platonica? Perch nel dialogo platonico il referente visibile, presente a se stesso, a volte capace di controbattere alle accuse mosse dal suo interlocutore. La lettera, invece, consente la riflessione sullistante del silenzio, del vortice di pensiero che si svolge intimamente nel tempo di chi scrive e che preseleziona mentalmente il contenuto di quelle medesime riflessioni. Lutilizzo dellironia socratica (distinta dallironia romantica che tende allinfinito), in particolare, il metodo dellinterrogazione costante che crea listante del vuoto, del momento critico-negativo, senza soluzioni. Kierkegaard dichiar, ne Il mio punto di vista, pubblicato volutamente postumo, di intendere come il mio lettore il singolo, e non la massa, la folla anonima, il pubblico. , quello di Kierkegaard, come dice Cantoni, "un parlare di s e per s, perch costantemente attinge al

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fondo della proprie unica e inconfondibile singolarit eccezionale". Sotto tutti gli aspetti delineati, Kierkegaard si avvicina pi a Nietzsche che a Marx: la linea di confine tra aforisma e lettere e/o diari sfuma nella prevaricazione del singolo sul tutto, su quella filosofia, hegelianamente intesa, come assoluta, anche perch pu prevaricare lambito personale di discussione interiore e assurgere allinfinito, in cui le sfumature del singolo sono cancellate dal Tutto. Kierkegaard e Nietzsche sono cos, in modo radicalmente diverso, tra i pi forti critici della ragione storicistica del loro tempo e la loro critica riguarda il mondo artificioso su cui la cultura in parte si struttura.

3. Il rapporto con la letteratura del suo tempo: tra romanticismo e simbolismo Il risveglio romantico, identificabile nello stadio estetico dellimmediatezza, non esaurisce le possibilit dellesistenza e contempla anche lo scacco etico e il paradosso dello stadio religioso. La profonda indole malinconica, la natura intimistica, leducazione severa e la capacit di autoanalisi fino alla sofferenza, fanno di Kierkegaard un pensatore profondamente radicato nel romanticismo, di cui formula in maniera originale i contenuti. Il romanticismo si era infatti ampiamente diffuso anche in Danimarca e faceva capo soprattutto alla rivista Athene, nata allinizio del secolo e redatta da Molbech. Circolano in particolare miti e immagini classicamente romantiche come quella di Faust, di Don Giovanni e dellEbreo errante (tre figure, non a caso, centrali in Kierkegaard) rivissuti come tre momenti della demonicit. Kierkegaard sar attento lettore di Goethe e del Faust, la sua opera pi celebre completata nel 1831, in cui si narra la lotta interiore con il diavolo e la salvezza finale, giustificata dagli angeli come aspirazione allinfinito e in cui si trova un primo abbozzo alla questione del dubbio. Kierkegaard amer anche il Don Giovanni, opera musicale di Mozart edita nel 1787, il cui protagonista continuamente intento alla seduzione delle donne; e la vicenda dellEbreo errante che, secondo la leggenda, colp Ges sulla via della crocifissione e venne condannato a camminare sulla terra sino al tempo della seconda venuta di Cristo. Dagli anni '20 agli anni '40, si fa sempre pi vivo un realismo poetico dovuto anche alla situazione politica in cui la Danimarca si trovava. Organo di questo nuovo clima la rivista Harpen, con cui si chiude definitivamente il breve, ma intenso periodo del romanticismo danese. Contro gli esiti romantici di esaltazione panteistica della natura e contro il realismo poetico, Kierkegaard andr elaborando una personale ricerca dellindividuo, condotta attraverso il contatto diretto alla Bibbia. Nella lettura biblica, condotta attraverso lapporto della letteratura pietista e mistica, Kierkegaard individua lambito del contrasto tra uomo e Dio, lassolutezza della parola di Dio e la finitezza delluomo, gravato dal peccato. La questione centrale cui Kierkegaard interessato dunque il cristianesimo: dal debutto giornalistico del 1834-'36 sino alla critica ad Andersen e allUltimatum che conclude AutAut, il nocciolo centrale dellinteresse kierkegaardiano rivolto alla religione. Ma quella di Kierkegaard, una ricerca intima nella religiosit: la vigilanza nellattesa, la pazienza salvifica, la sofferenza illuminata dalla gioia futura, la colpa, delineano il quadro entro cui la vita delluomo pu essere intesa e correttamente interpretata. Questi i temi dei Discorsi edificanti, in cui la questione religiosa posta come stabile fondamento contro la falsa sicurezza e la superficialit dellesistere, e di tutta una serie di scritti dedicati alla questione religiosa (Discorsi cristiani del '48, Tre Discorsi del '49, Due piccole Dissertazioni e La malattia mortale). Tuttavia, quando accuser Lutero di non aver esposto con sufficiente chiarezza il

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cristianesimo e di aver manomesso alcuni scritti, come la Lettera di Giacomo, Kierkegaard sta gi prendendo posizione rispetto alla Chiesa ufficiale. Ci che rimane il Lutero che, dai mistici e dai Padri della Chiesa, si ricollega ai testi di Paolo; ci che rimane una personale lettura del cristianesimo, critica nei confronti della teologia lontana dalla vita e incapace di stimolare la singolarit umana; ci che rimane, e che sar una costante del suo pensiero, una generale contrapposizione alle posizioni ufficiali della filosofia e della teologia, contrapposizione che diverr sempre pi radicale nel corso degli anni e che lo condurr alla rottura definitiva con Hegel e con Martensen. La battaglia contro la Chiesa luterana danese sar inasprita da Kierkegaard dalla pubblicazione della rivista Il momento, in cui critica fortemente gli apparati istituzionali della chiesa ufficiale e la sua mondanizzazione. Sar, quello proposto da Kierkegaard, un nuovo modo di intendere il cristianesimo, lontano dagli schemi formali della Chiesa ufficiale. Il filosofo danese non intende tuttavia presentarsi come vero cristiano, ma solo spiegare cos il cristianesimo, a partire dal suo principale punto di riferimento, cio il singolo, la sua decisione personale: "So cos il cristianesimo: riconosco io stesso la mia imperfezione come cristiano, ma io so cos il cristianesimo". Sar questo nuovo approccio, anticlassico e informale, alla cristianit, a condurre Kierkegaard oltre i sentieri romantici e ad indirizzarlo ad una prosa, nonostante i sempre pi forti punti di convergenza, pi filosofica che letterario-estetica. 4. La rottura con Hegel e con lidealismo Alla luce di quanto detto, il confronto con Hegel appare inevitabile. Sono almeno tre gli ambiti entro cui poter valutare la forte critica operata da Kierkegaard nei confronti della filosofia idealistica hegeliana. - Il primo ambito concerne il rapporto tra esistenza/pensiero ed esistenza/sistema. Lesistenza era stata intesa da Hegel come momento di sviluppo dellIdea. Infatti la Logica hegeliana (distinta nelle tre parti della dottrina dellessere, della dottrina dellessenza e della dottrina del concetto), delinea uno sviluppo necessario della razionalit e mostra come le determinazioni del pensiero siano indipendenti dal soggetto e siano quindi "oggettive". Per Kierkegaard (Briciole di filosofia e Postilla non scientifica) lesistenza non pu essere inglobata nel sistema, cio pervenire al sistema dellessere, ma pu solo corrispondere al singolo, non coincide con il concetto perch un singolo uomo non ha esistenza concettuale. Non pu esserci un sistema dellesistenza, ma solo del pensiero. Ma siccome lesistenza un modo di essere proprio delluomo, proprio delluomo come - con parole heideggeriane - Dasein, cio essere-gettato-nel-mondo, quindi esser posto da altro e quindi contingenza e rapporto col trascendente, essa indeducibile dal pensiero, ma sempre realt singola. In questo senso, il filosofo speculativo non intende la vita reale, parla della vita ma non vive. - Il secondo ambito concerne il concetto, fondamentale in Hegel, di mediazione. Nella Logica, Hegel definiva lidentit come unit col contrario, come differenza, e sosteneva che nessuna cosa pu essere se stessa senza essere connessa anche a ci che non . Lopposizione per Hegel una "relazione immanente" e implica che tutte le cose sono in se stesse contraddittorie. A questo concetto si richiama anche Kierkegaard rovesciandolo. Alla filosofia che ha voluto cercare di conciliare il cristianesimo e di plasmarlo sulle sue fondamenta, Kierkegaard oppone un cristianesimo critico, basato sulla contraddizione di cui anche Cristo segno (muore e risorge per luomo, leterno nel tempo). La cristianit dunque deve essere intesa non come dottrina, bens come possibilit dello scandalo, del paradosso e dellassurdo che include lincertezza della fede che nessuna argomentazione o dimostrazione razionale pu eliminare. Dunque contro la mediazione hegeliana,

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Kierkegaard oppone laccettazione del paradosso come atto di decisione e di scelta di dipendenza da Dio. - Il terzo ambito riguarda leterna questione del rapporto tra fede e ragione. Kierkegaard accusa Hegel di aver travisato il cristianesimo: Hegel avrebbe infatti tentato di conciliare ragione e fede, senza intendere che in realt la fede paradosso e quindi non pu essere giustificata razionalmente.

5. Il concetto di possibilit e lesistenza Kierkegaard ha cercato di ricondurre lesistenza umana alla categoria della possibilit. Ricordiamo per un momento il significato kantiano del termine, necessario per la comprensione della filosofia contemporanea. Quando Kant parla di possibilit (chiedendosi nella Critica della ragion pura come siano possibili la matematica e la fisica pure e i giudizi sintetici a priori) allude al fatto che i dati si fondano sullesperienza ed un problema come al concetto possa corrispondere (anche se non necessariamente) loggetto. Kierkegaard ribalta questottica di matrice kantiana, sostenendo invece che il possibile non ci che diventa necessario per il fatto che si realizzi e apre la categoria del possibile al futuro, affermando che le possibilit sono infinite e possono non essere realizzate. Ogni possibilit infatti non solo possibilit-che-s, ma anche possibilit-che-non, implica dunque la minaccia del nulla e la nullit di ci che possibile. Questo aspetto fondamentale per comprendere le successive argomentazioni del filosofo danese. Egli infatti non riconosceva ununica possibilit, un unico compito, ma sempre e solo il disagio di dover scegliere tra possibilit diverse, senza riconoscersi in nessuna. Questo profondo dissidio interiore doveva condurre Kierkegaard a rivendicare, contro loggettivismo hegeliano, la singolarit delluomo.

5. Il singolo come categoria universale di interpretazione della realt Nel singolo, come concretamente esistente, Kierkegaard individua la rottura definitiva con lidea idealista secondo la quale si dovrebbe intendere la realt come un unico processo dialettico di sintesi degli opposti. Kierkegaard afferma invece: "La verit una verit solo quanto una verit per me", screditando in tal modo lipotesi che la verit possa essere intesa come oggetto del pensiero. Il cristianesimo ha condotto allesaltazione del singolo uomo e lha ricondotto alla sua dimensione pi autentica, quella appunto della singolarit. Attorno alla concezione espressa sul cristianesimo, ruota infatti la categoria del singolo con la sua profondit e i suoi limiti: "Per me, non personalmente ma in quanto pensatore, il problema del singolo la cosa pi decisiva". Parlare di umanit, come genere, dunque un travisamento filosofico e sociale che impedisce ogni religiosit: "il singolo la categoria attraverso la quale, dal punto di vista religioso, devono passare il tempo, la storia, il genere umano". Solo Socrate, afferma Kierkegaard, stato in grado di comprendere il singolo che maieuticamente raggiunge lo stadio religioso. Il singolo dunque la chiave di volta per tutelare luomo dai processi distruttivi che lo minacciano: lanonimato e il conformismo. Alluomo della folla si oppone la figura personale di quelluomo che sa e vuole rischiare come spirito libero, di quelluomo che, nel vasto ventaglio di possibilit dellesistenza, non fugge, ma sceglie.

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6. Analisi di unopera: Aut-aut Pubblicata sotto lo pseudonimo di Victor Eremita, lopera viene scritta interamente a Berlino e pubblicata nel 1843, subito dopo la rottura del fidanzamento con Regina Olsen. Cos come si racconta nella premessa, sarebbe stato Victor Eremita a rinvenire per caso i manoscritti nel nascondiglio di un vecchio secrtaire acquistato da un rigattiere, e ad averli pubblicati. Solo nel 1851, quattro anni prima della sua morte, Kierkegaard ne confesser la paternit. Aut-Aut il titolo italiano che traduce il tedesco Enten-Eller. Aut-Aut significa "o... o" in tutti i suoi significati: esclusivo (o questo o quello), alternativo (vuoi questo vuoi quello), disgiuntivo (questo oppure quello), limitativo (questo, o almeno quello), negativo (n questo n quello). La versione italiana consta di cinque volumi, ma lopera distinta in due parti: nella prima sezione, si distingue in particolare la sezione intitolata Gli stadi erotici immediati, in cui si commenta il Don Giovanni di Mozart, e il Diario di un seduttore, la parte pi letta e che conobbe maggior diffusione, in cui si descrive larte oratoria della seduzione; della seconda parte, fanno parte le Lettere dellAssessore Guglielmo ad A e Lequilibrio tra lestetico e letico nellelaborazione della personalit, in cui viene rilevata limportanza della scelta. Se la prima parte tesa, ironicamente, a delineare la vita di piacere romantica, nella seconda parte i toni si allontanano dall'ironia e vi si contrappone lelogio dellaltruismo, della misura e dellimpegno famigliare del Consigliere di Stato Wilhelm, critico nei confronti della filosofia fuori dal presente ed esaltatore della persona concreta che letica configura nel suo valore assoluto. Il matrimonio diviene, opposto allarte della seduzione del Don Giovanni, il fine pi alto ed elevato. 6.1 Gli stadi dellesistenza Nella categoria del singolo, risorto dalle ceneri accumulate dalla teologia tradizionale, il pensiero kierkegaardiano si svolge attraverso la delineazione di tre stadi dellesistenza umana. Essi non rappresentano una successione cronologica, ma un mutuo rapporto e unesigenza interna di completare le possibilit di esistenza. Lo "stadio", infatti, non ha nulla della fenomenologia dialettica idealistica dei gradi (come strada dritta, priva di ostacoli), ma assomiglia ad una strada tortuosa, imprevedibile e scoscesa. Da qui la caduta e lo sconfinamento da uno stadio allaltro. Tale passaggio, di fondamentale importanza, avviene non attraverso la necessit di sviluppo della ragione, ma come possibilit della decisione. Nella decisione il singolo compie il salto, la scelta; nella ripresa egli realizza la sua vera essenza, riannodando il suo passato in vista dellavvenire. I tre stadi individuati da Kierkegaard sono lo stadio estetico, lo stadio etico e lo stadio religioso. 6.2 Lo stadio estetico. Figura metaforica: il seduttore Lo stadio estetico rappresentato da Kierkegaard dalla figura fondamentale del seduttore. I testi in cui Kierkegaard tratta la questione dellestetico sono il Diario di un seduttore, il Don Giovanni e In vino veritas. Nel primo testo, il seduttore il tipico esteta decadente (come sar Oscar Wilde): dedito ai piaceri, gode la fatalit e la tragicit dellesistenza e si pone in contrasto con la societ e con il mondo circostante. simile al personaggio de Il ritratto di Dorian Gray, che cede lanima pur di rimanere giovane e attraente. Nel Don Giovanni, invece, il seduttore esprime il desiderio sensuale ed la personificazione della carne contro lo spirito: simile al Faust di Goethe, il tipico eroe romantico che vende lanima al diavolo, allontanandosi dal cristianesimo, ma, con la conversione, si eleva allinfinito sollevato dagli angeli. Nel testo In vino veritas, si racconta invece di un tipico convivio, alla maniera

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platonica, di cui entra a far parte il seduttore intellettuale solo nellultima parte della cena. Il Don Giovanni di questo testo non il seduttore sensuale, ma il seduttore intellettuale, raffinato e colto. Il seduttore, sia egli sensuale o intellettuale, incarna per Kierkegaard luomo storico che vive nellattimo, nel momento del piacere e non trova mai appagamento reale, perch ha sempre necessit di rinnovamento e di nuove possibilit di godere. La vita estetica dunque una vita superficiale dellinteriorit: lio non domina le sue sensazioni e si perde nellattimo in cui tutto finisce, aprendosi al nulla. Lesteta gode della rappresentazione della vita, gode della conquista, ma non realizza mai se stesso n il suo desiderio, che rimane sempre inappagato e aperto, proprio perch non si traduce mai in realt. Lo stadio estetico rappresenta pertanto lorizzonte della possibilit senza realizzazione, della molteplicit e dellillusione, della mancanza di completezza e di determinatezza finita, dellassenza di storia perch implica il vuoto ripetersi di se stesso in istanti sempre uguali. 6.3 Lo stadio etico. Figura metaforica: il marito a questo punto che Kierkegaard si serve di una nuova figura metaforica, quella dellassessore Guglielmo, il marito. Guglielmo, in Aut-Aut, si rivolge al seduttore intellettuale e cerca di persuaderlo alletica, tentando di dimostrare che non si pu vivere costantemente nellattimo, ma che necessario sentire la responsabilit etica della propria vita e scegliere. Solo nelletica, luomo esce dallo stadio estetico (in cui solo nellattimo, natura) e diventa ci che diventa, raggiungendo cos la sua vera libert. Se lo stadio estetico era contraddistinto da una continua sete di rinnovamento, lo stadio etico ha come sua peculiarit il momento della ripetizione e della continuit. La temporalit ha durata, sviluppo e d senso al passato, presente e futuro. Il matrimonio rappresenta in questo senso il vertice delletica, perch colui che sa vedere poesia anche nel quotidiano e nella norma. La polemica qui condotta contro lestetismo decadente, teso a rivendicare la passione dei rapporti occasionali ed extraconiugali, senza alcun legame fisso. Il suo protagonista luomo dissenziente, scisso e insofferente, che non si riconosce in alcun ruolo o funzione allinterno della societ. Kierkegaard rivendica contro questo tipo di estetismo letica del buon marito come atteggiamento di chi persevera nelle proprie risoluzioni e trova conforto in esse, senza andare alla costante ricerca di piaceri sempre diversi e senza soggiacere allo scoraggiamento. In questo senso, lordinario e il comunitario diventano parte del tutto universale e non rivendicano nessuna eccezionalit rispetto al tutto, ma vivono nella loro moralit come fonte naturale di stabilit. 6.4 Lo stadio religioso. Figura metaforica: il cavaliere della fede e Abramo Lo scopo dellAssessore Guglielmo quello di ridurre allassurdo latteggiamento estetizzante attraverso il ricorso allimmagine delletica salda del marito e del padre, in contrasto con lincostante spirito davventura dellesteta. Il passaggio dallo stadio etico a quello religioso non si compie per contrasto (cos come nemmeno dallo stadio estetico a quello etico), ma pone questioni cruciali che investono lesistenza umana nella sua pi profonda interiorit. Infatti la vera scelta etica di s passa anche attraverso laccettazione dolorosa della colpa propria e della specie umana, cio attraverso il pentimento come espressione dellamore per Dio. In Timore e Tremore, opera del 1843, apparsa qualche mese dopo luscita di Aut-Aut, Kierkegaard accentua, attraverso lelogio ad Abramo, la sofferenza malinconica trasmessa dal padre: Abramo riceve da Dio lordine di uccidere il figlio Isacco e di infrangere la legge per la quale vissuto. Il comando divino di uccisione del figlio si oppone alla natura etica della legge. Tra i due stadi, etico e religioso, pertanto, non vi pu essere conciliazione, ma

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solo dissociazione, se non vero contrasto. Se leroe tragico Agamennone, che ha ucciso la figlia Ifigenia per difendere la patria, un sacrificio che rimane morale in quanto tale, perch implica la presa di responsabilit nei confronti del proprio popolo, Abramo rappresenta invece la figura che si eleva sulla morale umana, accettando la fede. Luomo che ha fede infatti sceglier luccisione del figlio, seguendo il comando divino anche se in contrapposizione alla norma morale. Il paradosso di Abramo spiega come la fede sia in grado di invertire lordine della morale e di porre il singolo al di sopra della norma universale. Il mondo umano, quello delletica e della libert della ragione si distingue cos dal mondo di Dio, mondo nascosto della coscienza: "Leroe tragico rinuncia a se stesso per esprimere il generale; il cavaliere della fede rinunzia al generale per diventare il Singolo. Il Cavaliere della fede sa ch magnifico appartenere al generale. Egli sa ch bello e benefico essere il Singolo che traduce se stesso nel generale [] Ma egli anche sa che al di sopra di questo si snoda una vita solitaria, stretta e dirupata; egli sa com terribile esser nati solitari e messi fuori dal generale, dover camminare senza incontrare nessun compagno di viaggio []. Umanamente parlando egli pazzo e non pu farsi comprendere da alcuno" (Timore e tremore) La fede conduce ad un dissidio totale col mondo e il rapporto di fede un rapporto di solitudine tra Dio e luomo. Solitudine dal mondo, con tutte le sue false certezze. Con la fede luomo accetta di vivere senza alcuna garanzia se non quella interiore. La mancanza della certezza di correttezza dellazione umana conduce allangoscia dellincertezza, unica assicurazione possibile del mondo della fede. La fede in questo senso paradosso e scandalo e Cristo il segno di questo paradosso, perch soffre come un uomo ma parla come Dio. Luomo allora posto di fronte al bivio: credere o non credere. Da un lato luomo a dover scegliere, dallaltro ogni sua iniziativa esclusa perch Dio sceglie per lui. La fede in quanto tale salto nellassurdo, presuppone il riconoscimento da parte delluomo dellimpotenza delle proprie forze e il riconoscimento della contraddizione che per propria dellesistenza umana tutta.

7. Langoscia e la disperazione Nel Concetto di angoscia (1844) e La malattia mortale (1849), Kierkegaard affronta la radicale incertezza umana. Langoscia, assimilata allo "svenimento femminile", generata nelluomo dal possibile che lo costituisce. Essa strettamente connessa al peccato originale e non si riferisce a nulla di preciso, ma attiene alluomo come sua condizione propria, pi che esclusivamente derivante dal peccato. Tutto ci che non fede, peccato e tutte le cose del mondo finito vengono corrose dallangoscia. Essa il puro sentimento della possibilit, possibilit della libert. Adamo non sa ci che pu, ma possiede nella forma della pura possibilit il suo potere. Tale possibilit langoscia che sempre legata al futuro, mai al passato. Essa infatti si riferisce a ci che non , ma pu essere. sempre legata alla condizione umana ed strettamente connessa alla coscienza della morte. Inoltre il possibile infinito e onnipotente: ogni possibilit favorevole alluomo annientata dallinfinit di possibilit sfavorevoli. Anche nel Concetto dellangoscia, Kierkegaard utilizza tre immagini simboliche: il demoniaco, il genio e il genio religioso. - Il demoniaco lespressione delluomo che vive chiuso in se stesso, avvolto nella propria individualit. Egli teme leterno e non libero. Simbolicamente Bruto ed Enrico V ne costituiscono le figure storiche per eccellenza. - Il genio invece colui che vive nella temporalit, ma sempre rivolto allesterno; suscita la meraviglia degli altri ma non arriva mai a se stesso. La figura simbolica in questo caso

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rappresentata da Napoleone. - Infine il genio religioso colui che riconosce la propria colpa di fronte a Dio, sente langoscia come ponte tra tempo ed eterno ed libero, in quanto sente la sua responsabilit e la sua consapevolezza dolorosa, eppure, nellattimo, realizza il contatto tra immanente e trascendente. Nessuna figura simbolica, in questo caso, ma solo un forte richiamo alla missione che Kierkegaard stesso dichiara di aver perseguito nella sua tormentata esistenza intellettuale e umana. Se langoscia la condizione in cui luomo posto dal possibile che si riferisce al mondo, la disperazione invece quella condizione in cui luomo posto dal possibile che si riferisce alla sua interiorit. La disperazione infatti riguarda il rapporto dellio con se stesso: sia che luomo tenti di essere se stesso, come finito, sia che tenti di rompere il rapporto con s, egli condannato alla disperazione, alla malattia mortale, perch conduce al vivere la morte dellio. Nel primo caso infatti luomo si rende conto della sua insufficienza, nel secondo invece rompendo con se stesso, urta con limpossibilit fondamentale del suo essere costitutivo. Avere coscienza della disperazione, lunico modo per luomo di diventare spirito. Lio sintesi sempre instabile, sempre precaria di finito e infinito, di necessit e libert, ma coscienza di tale rapporto, unit riflessa e dialettica. Nella Malattia mortale, la disperazione diviene condizione esistenziale delluomo in quanto tale (e non pi momento dialettico terminale della vita estetica). Essa nasce sempre da se stessi, dal fatto che luomo non accetta la propria natura di essere derivato e posto da altro. Il disperato cerca cos linfinito, negandosi come finitezza attraverso lillusione del pensiero; oppure si getta nel finito della temporalit e della mondanit e si nega allinfinit. Tale la malattia ed mortale perch in essa il singolo prova il tormento "di non poter morire", di non poter affermare n cancellare la propria individualit. Contro la disperazione umana, la soluzione rappresentata da Dio: la fede leliminazione della disperazione, perch in essa luomo riconosce la sua dipendenza da Dio, pur orientandosi verso se stesso. La fede sostituisce alla disperazione la speranza e la fiducia in Dio, il solo che pu trovare, per ogni singolo uomo, una possibilit in grado di salvarlo. la tavola della salvezza alla quale il naufrago pu aggrapparsi.

8. Eredit kierkegaardiane nel mondo filosofico Da queste ricche suggestioni, nel Novecento prender avvio quel movimento filosofico denominato Esistenzialismo. Si svilupper tra Francia e Germania e conter, tra le sue fila, importanti filosofi come Martin Heidegger e Jean Paul Sartre. La domanda fondamentale "che cos lessere" e Heidegger distinguer tra essere, in senso ontologico, ed ente che, in senso ontico, sar luomo gettato nel mondo e nel suo rapporto con gli altri enti (Esserci, Dasein). Ma se Heidegger si rifiuter sempre di considerare la sua come una filosofia esistenziale o esistenzialistica, sar la conferenza del 47 di Sartre, dal titolo Lesistenzialismo un umanismo, ad inaugurare una lunga stagione esistenzialista che condurr la filosofia esistenziale al successo, facendola divenire un fenomeno "alla moda". Vale solo la pena di ricordare che lesistenzialismo fu un fenomeno tanto filosofico (Heidegger, Marcel, Sartre, e molti altri) quanto letterario (Camus, Moravia). Tra i temi ricorrenti, di ascendenza kierkegaardiana, lesistenzialismo si servir soprattutto della critica allanonimato e alle chiacchiere del mondo quotidiano, rivitalizzer la posizione del singolo e della sua interiorit, descriver lesistenza umana dispersa nella banalit e incapace di assumersi il rischio di una decisione personale.

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Bibliografia essenziale - S. Kierkegaard, Aut-Aut, Mondadori, Milano, 1993. Raccolta di scritti pseudonimi, senza dubbio il testo pi conosciuto del filosofo danese in cui viene affrontata la questione degli stadi dellesistenza. - S. Spera, Introduzione a Kierkegaard, Laterza, Bari, 1983. Lutilit di questo testo legata principalmente al livello sintetico di trattazione con cui si affrontano, in tre capitoli, gli aspetti principali concernenti la figura di Kierkegaard dal profilo biografico-culturale sino allesito politico delle sue opere. - P.P. Rohde, Kierkegaard mit Selbestzeugnissen und Bilddokumenten, Rowohlt, Hamburg, 2006. Il testo, in lingua tedesca, propone interessanti immagini legate alla biografia di Kierkegaard, come la famosa caricatura proposta nel giornale satirico Corsaren. Pu essere un utile supporto per completare la presentazione del filosofo danese. - R. Cantoni, La coscienza inquieta. Sren Kierkegaard, Il Saggiatore, Milano, 1976. Remo Cantoni, uno dei principali interpreti italiani di Kierkegaard, propone in questo testo unanalisi puntuale, sotto il profilo antropologico-morale, degli aspetti fondamentali del pensiero del filosofo danese.

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