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Scienza

Un mondo di parole
Mark Pagel, New Scientist, Regno Unito

Se lo scopo dellevoluzione delle lingue favorire la comunicazione, allora perch sono cos tante e cos diverse tra loro? Un parallelo con la biodiversit aiuta a capirlo
er gli appassionati di lingue, la costa nordorientale della Papua Nuova Guinea come un negozio di caramelle ben fornito. Persone che parlano korak vivono accanto ad altre che parlano brem, a loro volta vicine a chi parla wanambre, e cos via. Una volta ho conosciuto un uomo originario della zona e gli ho chiesto se era vero che dalle sue parti bastava fare pochi chilometri per incontrare una lingua diversa. No, ha risposto, le nostre lingue sono molto pi vicine. Oggi nel mondo si parlano settemila lingue diverse. Ci sono quindi settemila modi per dire buongiorno o sembra che stia per piovere. Un unico mammifero parla pi lingue del numero di specie mammifere che esistono sulla terra. Inoltre, queste settemila lingue rappresentano solo una parte di quelle parlate nel corso della storia. Per mettere in prospettiva questa diversit, basta pensare che un gorilla o uno scimpanz prelevato dal suo branco e trasferito in qualsiasi altro posto dove vive la sua specie saprebbe comunicare. E lo stesso saprebbe fare un asino, un grillo o un pesce rosso, ma non un essere umano. Questo dato sottolinea laffascinante paradosso alla base della comunicazione umana. Se il linguaggio si evoluto per permetterci di scambiare informazioni, perch
WALkER AND WALkER (GEtty IMAGES)

non capiamo la maggior parte degli altri abitanti della terra? NellAntico testamento la domanda al centro dellepisodio della torre di Babele. A un certo punto gli esseri umani, che parlavano tutti la stessa lingua, ebbero la bizzarra idea di collaborare alla costruzione di una torre che li avrebbe portati in paradiso. Infuriato per il tentativo di usurpare il suo potere, Dio distrusse la torre. Poi, per essere sicuro che non ne costruissero unaltra, sparse gli uomini su tutta la terra e li confuse dandogli lingue diferenti. Secondo lepisodio della torre di Babele, le lingue esistono per impedirci di comunicare. La cosa sorprendente che forse non unipotesi lontana dalla realt.

Ai poli e ai tropici
diicile risalire allorigine del linguaggio. Secondo i reperti fossili, dal punto di vista anatomico, i nostri antenati hanno acquisito la capacit di parlare tra 1,6 milioni e seicentomila anni fa. Ma le prove certe del fatto che la capacit di parlare fosse usata per esprimere delle idee complesse le troviamo solo nella cultura pi raffinata e nelluso del simbolismo degli esseri umani moderni. Questi si difusero in Africa tra i duecentomila e i centosessantamila anni fa, e sessantamila anni fa cominciarono a lasciare quel continente per sparpagliarsi nel resto del mondo. In quel periodo si formarono nuove lingue perch, quando un

gruppo si separava da un altro e occupava nuove terre, il suo linguaggio cambiava per adattarsi alle necessit del luogo. Ma la diversit pi grande delle societ umane e delle lingue non si veriica dove le persone sono pi sparpagliate, ma dove sono pi vicine. La Papua Nuova Guinea un esempio classico. Il suo territorio abbastanza limitato ospita tra le ottocento e le mille lingue, il 15 per cento di quelle parlate sul pianeta. Questa diversit linguistica non dipende dalle migrazioni o dallisolamento geograico dei vari gruppi. Anzi, persone che vivono cos vicine hanno deciso di dividersi in molte comunit, conducendo vite talmente separate e distinte da non riuscire pi a comunicare. Perch? Rilettendoci mi venuto in mente lo strano parallelo tra la diversit linguistica e quella biologica. Secondo un principio noto in ecologia come regola di Rapoport, la diversit tra le specie biologi-

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che maggiore vicino allequatore e diminuisce avvicinandosi ai poli. Potrebbe essere lo stesso anche per le lingue? Per veriicare questipotesi, io e lantropologa Ruth Mace, dellUniversity college London, abbiamo studiato la distribuzione di cinquecento trib native americane prima dellarrivo degli europei e labbiamo usata per calcolare il numero di gruppi linguistici diversi per unit di supericie a ogni grado di latitudine. Abbiamo scoperto che la loro distribuzione corrispondeva alla regola di Rapoport. Probabilmente la corrispondenza tra la diversit biologica e le culture con lingue diverse non casuale. Per sopravvivere in un ambiente diicile come quello dei poli, gli animali devono percorrere lunghe distanze lasciando poco spazio per la nascita di nuove specie. Lo stesso succede ai gruppi umani che vivono nelle regioni settentrionali pi estreme: devono attraversare vaste aree geograiche

per trovare cibo a suicienza, un fatto che provoca una maggiore sovrapposizione di lingue e di culture. Allestremit opposta gli assolati tropici sono la culla di numerose specie biologiche, e questa ricchezza ambientale ha consentito anche agli esseri umani di nutrirsi facilmente e di suddividersi in molte societ. Questo non spiega perch gli esseri umani desiderano formare tanti gruppi distinti. Per le specie biologiche che vivono ai tropici, la diversit vantaggiosa perch permette a ognuna di adattarsi alla propria nicchia ecologica. Ma gli esseri umani occupano tutti la stessa nicchia, e dividersi in tanti gruppi culturali e linguistici comporta una serie di svantaggi, come una circolazione pi lenta delle idee, delle tecnologie e delle persone, e rende le societ pi soggette ai rischi e alla cattiva sorte. Non sarebbe meglio formare un gruppo pi ampio con una lingua comune?

Una risposta a questa domanda sta emergendo con la constatazione che, nella storia umana, ci sono sempre stati dei conlitti. Da quando i nostri progenitori hanno cominciato a lasciare lAfrica, sessantamila anni fa, gli esseri umani sono sempre stati in lotta tra loro per il controllo del territorio e delle risorse. Nel mio libro Wired for culture spiego come, di conseguenza, abbiamo acquisito una serie di tratti che aiutano il nostro particolare gruppo a prevalere sugli altri. I due tratti fondamentali sono la tendenza a fare gruppo, cio ad associarci con persone con cui condividiamo unidentit precisa, e la xenofobia, cio la tendenza a demonizzare chiunque sia esterno al gruppo. In questo contesto, le lingue agiscono come potenti ancore sociali della nostra identit tribale. Il modo in cui parliamo ci ricorda chi siamo e, cosa altrettanto importante, chi non siamo. Chiunque parli il nostro particolare dialetto la pubblicit vivente dei valori e della storia culturale che condividiamo. Inoltre quando delle comunit diverse vivono molto vicine tra loro, luso di lingue diferenti un sistema eicace per evitare di essere spiati o di lasciar trapelare informazioni importanti agli estranei. A sostegno di questa tesi ho trovato i resoconti di alcuni antropologi su certe trib che hanno deciso di cambiare lingua solo per distinguersi da quelle vicine. Un gruppo di parlanti selepet della Papua Nuova Guinea ha cambiato la parola no da bia a bune per distinguersi dagli abitanti di un villaggio vicino. Un altro gruppo ha invertito i nomi maschili e quelli femminili: lui diventato lei, uomo diventato donna, madre diventato padre, e cos via.

Estinzione
Gli abitanti della Papua Nuova Guinea non sono gli unici a usare la lingua come un marcatore didentit. In tutto il mondo le lingue servono per capire chi fa parte della propria trib. Abbiamo una chiara consapevolezza, a volte ossessiva, di come parlano le persone intorno a noi e adattiamo il linguaggio per distinguere il nostro particolare gruppo dagli altri. In modo simile a quello che successo tra i due gruppi che parlavano selepet, molte variazioni ortograiche che distinguono linglese americano da quello britannico la tendenza a eliminare la u in parole come colour sono emerse allinizio dellottocento quando Noah Webster compil il primo American dictionary of the english language, sottolineando che in quanto nazione indipendente, il nostro onore ci impone di adottare un sistema
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nostro, sia per la lingua sia per il governo. Luso della lingua per deinire lidentit di gruppo non un fenomeno recente. Analizzando il modo in cui le lingue si sono diversiicate nel corso della storia umana, io e i miei colleghi abbiamo tracciato gli alberi genealogici di tre grandi gruppi linguistici: le lingue indoeuropee, le lingue bantu africane e quelle polinesiane dellOceania. Questa ilogenesi, che ricostruisce la storia di ogni gruppo facendolo risalire a un antenato comune, permette di vedere quante volte una lingua contemporanea si separata o ha divorziato da quelle collegate. Abbiamo scoperto che alcune lingue hanno alle spalle molti divorzi, altre ne hanno meno. Quando una lingua si stacca da unaltra, per un breve periodo subisce rapidi cambiamenti. La stessa cosa succede durante levoluzione biologica ed conosciuta come evoluzione puntuazionale. Quindi pi divorzi ha avuto una lingua, pi il suo vocabolario diferisce da quello originario. La nostra analisi non ci ha permesso di capire perch una lingua arrivata a dividersi in due. La migrazione e lisolamento dei gruppi sono cause possibili, ma almeno in parte alcuni cambiamenti linguistici sono avvenuti per permettere ai parlanti di afermare la propria identit. C stata una vera e propria guerra delle parole. Cosa succeder in futuro? Il mondo in cui viviamo molto diverso da quello dei nostri antenati. Per gran parte della nostra storia le persone hanno conosciuto solo chi faceva parte del loro gruppo culturale e i vicini pi immediati. La globalizzazione e la comunicazione digitale ci hanno permesso di essere pi collegati e ci hanno reso culturalmente pi omogenei, sottolineando i vantaggi di riuscire a capirsi. Il risultato unestinzione in massa delle lingue, simile alle grandi estinzioni biologiche del passato. Anche se le lingue contemporanee continuano a evolversi e a divergere luna dallaltra, oggi il numero delle lingue minoritarie estinte supera quello delle lingue che nascono. Ogni anno scompaiono tra le trenta e le cinquanta lingue, perch i giovani delle piccole societ tribali adottano quelle maggioritarie. Questa perdita supera in percentuale il calo di diversit tra le specie biologiche provocato dalla scomparsa di alcuni habitat e dal cambiamento climatico. Solo quindici lingue, delle settemila esistenti, sono parlate dal 40 per cento della popolazione. La maggior parte delle lingue ha pochissimi parlanti. Ma questa omogeneit di lingue e culture si sta realizzando a un ritmo molto pi lento di quello che si potrebbe avere, grazie

Da sapere
La distribuzione delle lingue corrisponde a quella delle specie biologiche descritta dalla regola di Rapoport: maggiore allequatore e minore verso i poli. Fonte: New Scientist

Polo nord

Lingue dei nativi americani prima dellarrivo degli europei

Specie mammifere

Equatore
1 2 3 4 5 0,6 0,5 0,4 0,3 0,2 0,1 0 Numero di lingue o specie, per intervalli di 1 di latitudine, in rapporto alla supericie del territorio (dati del Nordamerica)

allimportante ruolo psicologico svolto dalle lingue nel delineare i territori e le identit culturali. Una conseguenza che le lingue resistono alla contaminazione, e i parlanti guardano con sospetto lintroduzione delle parole straniere, come testimoniano le proteste degli inglesi e dei francesi per i cosiddetti americanismi. Un altro fattore importante il ruolo dei nazionalismi per salvare le lingue in via di estinzione, che pu dare origine a scelte politiche come quella del Galles di rendere obbligatorio linsegnamento del gallese ai ragazzi ino a sedici anni.

Una morale positiva


La resistenza al cambiamento lascia spazio alla diversit linguistica interna. Linguaggi di strada come lhip hop, per esempio, sono fondamentali per affermare lidentit di gruppi speciici, mentre i mezzi di comunicazione di massa gli permettono di raggiungere facilmente il loro pubblico naturale. Un altro esempio quello del globish, una forma ridotta dinglese composta da appena un migliaio di parole e da poche strutture linguistiche sempliicate. Si evoluto naturalmente tra le persone che viaggiano molto, come i diplomatici e gli uomini dafari. Quando si parla globish i madrelingua inglesi sono svantaggiati perch usano parole e strutture grammaticali che gli altri non capiscono. Ma sembra inevitabile che, nel corso del tempo, ununica lingua sostituir le altre. In termini evoluzionistici quando ci sono due soluzioni ugualmente valide a un proble-

ma, una delle due tende a prevalere. Lo si vede gi nel modo standardizzato a livello mondiale di dire lora, di misurare i pesi e le distanze, di indicare il formato dei cd e dei dvd, dei voltaggi e delle frequenze elettriche. Forse ci vorr molto tempo, ma le lingue seguiranno la stessa strada: sono tutti strumenti di comunicazione validi, quindi alla ine uno sostituir gli altri. Quale sar? Oggi 1,2 miliardi di persone, pi o meno un sesto della popolazione mondiale, parla il cinese mandarino. Subito dopo vengono lo spagnolo e linglese con quattrocento milioni di parlanti ciascuno, seguiti dal bengali e dallhindi. Il mandarino sembra il favorito nella gara per diventare la lingua mondiale. Ma la maggioranza delle persone studia linglese come seconda lingua. Anni fa, in una lontana zona della Tanzania, ho rinunciato a parlare swahili perch il mio interlocutore ha alzato una mano dicendo: Il mio inglese molto meglio del suo swahili. Linglese gi la lingua franca del mondo, quindi se dovessi scommettere su quale sar quella che alla ine sostituir le altre non avrei nessun dubbio. Nella continua guerra delle parole inevitabile che ci siano delle vittime. Quando una lingua si estingue non perdiamo solo un modo diverso per dire buongiorno, ma anche un po di diversit culturale. Ogni lingua svolge un ruolo fondamentale nellafermazione di unidentit culturale, la voce interna portatrice dei ricordi, dei pensieri, delle speranze e delle paure di un particolare gruppo di persone. Se scompare una lingua, si perde anche tutto questo. Credo per che il futuro monolinguistico non sar cos brutto come sostengono i catastroisti. convinzione difusa che la lingua che parliamo determini il nostro modo di pensare. Di conseguenza la scomparsa di una diversit linguistica signiicherebbe anche la perdita di stili di pensiero unici. Non sono daccordo. La nostra lingua determina le parole che usiamo, ma non limita i concetti che siamo in grado di capire. Quindi potremmo trarre anche unaltra morale, pi positiva, dalla storia della torre di Babele: se tutti parlano la stessa lingua, per lumanit sar pi facile collaborare alla costruzione di qualcosa di grande. E in efetti oggi sono proprio i paesi che hanno una minore diversit linguistica ad aver ottenuto pi successi. u bt
LAUTORE

Mark Pagel un biologo britannico e insegna alluniversit di Reading. Il suo ultimo libro Wired for culture (W.W. Norton & Company 2012).

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