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2.1. La formazione religiosa e ideologica.

Lapprendistato letterario nella Firenze ermetica Il percorso intellettuale e poetico di Franco Fortini evidenzia sin dallinizio una caratteristica peculiare: la volont di muoversi sempre in zone di confine, estreme, in contrapposizione alle ideologie e alle poetiche dominanti. Per questo motivo egli appare come un isolato nel panorama letterario italiano e diventa inutile utilizzare categorie critiche e storico-letterarie tradizionali. La formazione culturale di Fortini si svolge nella Firenze degli anni Trenta, dove le suggestioni ungarettiane e montaliane vengono elaborate in una poetica definita da un gruppo di poeti (Luzi, Bigongiari e Parronchi) e di critici (Bo e Macr) ed merito di Zancan-Gusso aver sottolineato laffinit sul piano psicologico tra il giovane poeta e il gruppo ermetico: analoghi erano lisolamento e il senso di perdita esistenziale (1), sebbene con motivazioni diverse. Il padre di Fortini, lavvocato Dino Lattes, di genitori ebrei livornesi, era un antifascista e nel 1925 lo avevano cercato per ammazzarlo (CS p.21 ). Antifascismo ed ebraismo definiscono, dunque, il campo in cui matureranno le scelte del poeta. Le due esperienze apparivano realt contigue, poich la religione paterna era inseparabile da una persecuzione immensa e non ancora del tutto esplorata (CS p.19). Rimanendogli sempre estraneo laspetto rituale dellebraismo, linflusso negli anni si sarebbe rivelato molto profondo in una particolare percezione della storia umana. La scoperta del pensiero religioso protestante (soprattutto Kierkegaard e Barth) lo allontaneranno dalla religione estetizzante dei fiorentini, culminando nella conversione valdese del 1939. Da una parte il radicalismo del movimento poteva apparire lunico modo per sublimare quella diversit avvertita con tanta forza, dallaltra la necessit dellinesausta predicazione del modello evangelico rappresentavano un modo di relazionarsi agli altri che potesse rompere quella solitudine. Vedremo come la storia personale di Fortini intreccer i due elementi: da una parte la percezione del proprio isolamento intellettuale e la persuasione [...] che limpegno personale alla coerenza [...] sia uno degli elementi decisivi di qualunque azione che si pretenda rivoluzionaria (DI p.13) ed laspetto profetico, dallaltra la priorit data sempre alla mediazione culturale, alla educazione delle masse. Anche nella sua attivit poetica profetismo messianico e didatticismo si intrecceranno indissolubilmente. La conversione valdese segn il tentativo di uscire dal mondo piccolo-borghesedella provincia per guardare verso la grande borghesia europea(CS p.41) e lo sbocco naturale di una personalit fortemente autopunitiva, nella certezza che non ci fosse alcuna possibilit di salvezza fuor duna umiliazione non finta, dun mutamento radicale (CS p.41), che eliminasse come infetto anche il carattere gratificatorio dellesperienza artistica. molto importante sottolineare questaspetto della psicologia fortiniana, che Luperini definisce adesione a una norma costante dautorepressione e dinterdizione di ogni movimento incomposto o vitalistico (2) che permette di capire lo sforzo costante di espungere dalla poesia quanto vi fosse di decorativo o di puramente espressivo, a favore di un potenziamento del momento costruttivo e razionale (3). Nella pi impegnativa prova narrativa di Fortini, Giovanni e le mani (4), sono presenti tutti i nodi irrisolti della sua giovinezza. Il romanzo presenta kafkianamente una situazione di colpa originaria e indicibile scontata dal protagonista, Giovanni Penna, che, somatizzandosi, in una malattia lo condurr alla morte. Inserendosi nella tradizione del grande romanzo decadente, il libro, che un chiaro riflesso della crisi esistenziale vissuta dallautore in concomitanza con la guerra, mostra risultati pi complessi rispetto alla coeva produzione poetica. Vanno sottolineati quella particolare sostanza metaforica che permette una certa possibilit di entrare e uscire da essa (5) e la scrittura fredda, che impedisce il coinvolgimento emotivo nella sua compattezza monocorde e sbiadita (6). Giustamente Berardinelli nel definire il libro afferma di dover ricorrere a termini non apparentemente conciliabili come realismo esistenziale e allegorismo. Da una parte la descrittivit minuziosa (basti vedere la descrizione della stanza del dottor Milone) (7), dallaltra la presenza di metafore tipicamente esistenziali (malattia e salute, colpa e redenzione) e la possibilit di leggere tutto il romanzo in chiave allegorica. Come ha scritto Raboni esso sarebbe una sorta di allegoria mistica della fine della borghesia e della rivoluzione intesa, alla lettera, come resurrezione della carne (8). A mio parere proprio lessersi mosso sempre tra allegorismo e realismo ha permesso a Fortini di scavalcare la koin poetica dominante dei suoi anni, lermetismo, e di evitare, nello stesso tempo, le pastoie del neorealismo, da cui lo separava anche una diversa percezione della realt: Una profonda e segreta riserva, la riserva religiosa e marxista dellutopismo, gli vieta infatti, anche negli anni di pi generoso impegno storico, di trattare veramente il reale come cosa salda (9).

Se ritorniamo infatti ad esaminare levoluzione religiosa del poeta, ci rendiamo conto che la conversione valdese (e poi lapprodo al comunismo) non aveva reciso i legami con la religione paterna, inconsciamente molto forti. In una bellissima pagina ha scritto Fortini: Ora capisco che quel guardare indietro in una attitudine di amore e lacrime verso il passato e i trapassati e di tensione e riso tremante per lavvenire, quel non essere qui, era forse segno di reale appartenenza ad una tradizione dellebraismo, per quanto lintelletto la rifiutasse (CS p. 44). Una perfetta definizione anche della sua poesia, attesa messianica e memoria dei vinti(10), che innestatasi sul ceppo del marxismo si specificher come poesia dellavvento della societ senza classi e tradizione (nel senso etimologico, da trdere, tramandare), come conservazione e trasmissione di esperienze esemplari. Nello stesso giro di anni che stiamo esaminando avviene il decisivo incontro con Giacomo Noventa, modello alternativo a quello ermetico di intellettuale impegnato. Sebbene egli fosse cattolico e conservatore in politica, Fortini tramite lui apprender la necessit di un confronto continuo con la storia e inizier ad approfondire il tema della responsabilit della cultura, che diventer critica della poesia italiana contemporanea e della sua proclamata autonomia. Ancora Noventa fu esempio di intellettuale completo (con interessi filosofici oltre che politici) e , con la sua poesia dialettale, maestro di un linguaggio leggibile e trasparente, non dimentico delle sue funzioni didattiche e comunicative. Nelle pagine dedicate a Noventa ne I poeti del Novecento, Fortini scriver che la sua poesia, come ogni poesia non simbolista, esige, invece di unanalisi, un commento, unermeneutica che contribuisca al di fuori del giudizio strettamente letterario, alla notificazione e al chiarimento dei rapporti anche ideologici e dunque anche politici, che quei giudizi hanno determinato e continuano a determinare (PN p.128). Parole che, vedremo, si possono ripetere per la poesia di Fortini, almeno a partire da Poesia ed errore. Sulla Riforma letteraria ( creata e diretta da Noventa e Carocci dal 36 al 39), Fortini compie il suo apprendistato letterario e pubblica i primi lavori, tra cui spiccano alcuni saggi che, partendo dalla decisiva constatazione dei limiti della poesia (attivit intellettuale tra le altre, non privilegiata), criticano la poetica dellermetismo, accusata di sterilit, per aver rifiutato la contaminazione con la sfera etica e quella religiosa della esperienza umana (11). 2.2 Tra influssi ermetici e tensione alla storia: la prima prova poetica di Fortini La prima raccolta di Fortini, Foglio di via (12), mostra la ricerca di nuove forme espressive insieme a contenuti dettati dalla drammmatica esperienza bellica ma sono visibili ancora tracce della influenza ermetica. Ritengo che vada sottolineata la distanza di questo libro dalla produzione successiva e la semplice caratterizzazione grafica (tutti i versi iniziano con la maiuscola) mi sembra unindicazione in questo senso da parte dellautore stesso. Ancora non era avvenuta quella chiarificazione ideologica che porter Fortini a diventare comunista: allaltezza della collaborazione con il Politecnico egli un intellettuale di formazione cristiano- borghese, che ha maturato in ritardo, con la guerra, una coscienza politica (13) e per lui il marxismo un fatto culturale tra gli altri, nella convinzione che dal rinnovamento ideale della cultura e non viceversa che deve scaturire il rinnovamento della societ (14). Del surrelismo eluardiano, che proprio dalle pagine della rivista diretta da Vittorini, contribuir a far conoscere, non sottolinea lidea della gratuit della poesia in una societ liberata (La poesia non eterna. O meglio, il concetto di poesia sparir il giorno nel quale la capacit poetica di ogni uomo sar liberata. Non vi saranno pi poeti l dove tutti lo siano)(15), ma la concezione mistica del poeta come maestro di verit: Un poeta , probabilmente, un uomo che fra le cose, gli uomini, la loro storia e la lingua, intuisce rapporti diversi da quelli che altri vi leggono di consueto; rapporti, si usa dire, di fantasia, che egli esprime in modo da indurre altri a comprenderne la bellezza, vale a dire, la verit (16). Gli manca totalmente la percezione marxiana dello scontro sociale: Gli uomini gli apparivano divisi in

vittime e carnefici, oppressori e oppressi, ricchi e poveri: non in classi (UVPS p.359). evidente la presenza del repertorio formale ermetico, esibito nel primo componimento (che, importante notarlo, al di fuori delle tre sezioni che compongono il libro), quasi un tributo alla poetica dominante dei suoi anni: E questo il sonno, edera nera, nostra Corona: presto saremo beati In una madre inesistente, schiuse Nel buio le labbra sfinite, sepolti. E quel che odi poi, non sai se ascolti Da vie di neve in fuga un canto o un vento, O in te e dilaga e parla la sorgente Cupa tua, londa vaga tua del niente. (E questo il sonno, edera nera, nostra, UVPS p.5) La poesia composta da una quartina e due distici di endecasillabi, legati in unelegante tessitura da una rima (sepolti/ascolti) e da una quasi-rima (vento/sorgente). Lultimo distico a rima baciata. Spicca lidentificazione analogica (sonno-edera nera), procedimento privilegiato dalla poesia ermetica per ottenere effetti di essenzialit espressiva e brevit. La regressione a uno stato di incoscienza, di fuga dalla realt, si caraterizza come regressio ad uterum, mentre le vicende umane si confondono con la voce della natura. Lultimo verso esprime un desolato nichilismo esistenziale, la rinuncia alla vita. La poesia posta ad apertura di libro assolve ad una chiara funzione strutturale: evidenziare la radicalit delle scelte fortiniane in direzione opposta, nel senso cio del confronto con la storia, poich, come ha scritto Fortini, il vero contenuto di Foglio di via la tensione fra lesperienza di uninteriorit in dialogo e lotta col mondo (sentito come grande fantasma di un assoluto) e la coscienza sempre crescente duna tendenziale verifica dellindividuo nella storia collettiva (e della parola nella lingua) (UVPS p.360). Dove detto il rifiuto di una poesia tutta risolta nella ossessiva auscultazione della interiorit e di una verit densa e ardua a esprimersi proprio per il suo star confitta allinterno della coscienza personale e che teme di disintegrarsi al contatto coi fenomeni (17) degli ermetici. Parallela la ricerca di un linguaggio meno allusivo e pi comunicativo e, come vedremo, una decisa scelta di modi allegorici contro il simbolismo ermetizzante. Non bisogna cadere nellerrore di credere che la poesia di Fortini si adegui immediatamente alle sue premesse teoriche. merito di Pasquale Sabbatino aver analizzato a fondo le analogie formali con lermetismo: in particolare nelle giunture di aggettivo e sostantivo (che rimanderebbe a suggestioni montaliane e ungarettiane), nelluso dilatato delle preposizioni, le quali sono disponibili a una grande variet di legami, secondo uno stilema tipico del simbolismo (18). In particolare opera quelluso particolare della metafora che Friedrich ha definito metafora del genitivo con valore identificante, caratterizzanti la poesia eluardiana in particolare (19). Va rilevato luso abbastanza frequente di analogie appositive e lunione di astratto e concreto(come, per esempio: Sotto le coppe viola delle lampade /colme di condanna va una follla di schiavi, Oscuramento). Secondo Pier Vincenzo Mengaldo il distacco dallesperienza ermetica da parte di Fortini si realizza soprattutto attraverso lallargamento tonale, la moltiplicazione dei registri (20), nelluso cio di moduli espressivi diversi, come lelegia e la filastrocca, il colloquio realistico e la visione. Il libro affianca ad una pratica corale (il poeta si sente investito del compito di parlare a nome di tutti coloro che hanno vissuto lo spirito resistenziale) e al conseguente tentativo di creare un linguaggio delloggettivit senza residui, corale, da manifesto (21), il ripiegamento elegiaco (soprattutto nella seconda sezione), che dimostra una contraddizione non sanata. Questo lirismo epico a livello formale si traduce nel rifiuto sia della metrica tradizionale (restauratoria), sia del pregiudizio di chiara origine romantica e idealistica: lirrilevanza di qualsiasi convenzione metrica in nome della identit di contenuto e forma e la dissoluzione di qualsiasi metricit in ritmicit (SI p.341). Scartando lipotesi pavesiana del verso epico, Fortini utilizza i metri pi disparati, da quelli canonici (endecasillabi e settenari) allesametro barbaro e allottonario. Leffetto unificante dato da quello che

Raboni definisce declamato astratto, accompagnato dalla violenza percussiva della sillabazione (22). Lo schema metrico (privilegiato luso della quartina) assolve una funzione fortemente costruttiva. Lo strumento musicale pi attivo in Foglio di via literazione e la funzione di legante, pi che essere affidata alle rime, data alle anafore e alle epifore. Walter Siti, a proposito della poesia neorealista, ha scritto che la ripetizione serve per suggerire la declamazione e tendere il tono della pronuncia (23). Non bisogna dimenticare che ci troviamo di fronte anche ad un procedimento tipico della retorica tradizionale e delle scritture religiose: le figure della ripetizione arrestano la corrente della informazione e concedono il tempo di gustare emozionalmente il contenuto dellinformazione che viene appunto accentuato e posto in evidenza per limportanza che deve assumere (24). Vengono, dunque, privilegiati quegli espedienti che permettono la creazione di una gerarchia fra i vari elementi di contenuto e la trasparenza del messaggio. La grossa novit sottolineata con forza dallo stesso Fortini (UVPS p.360) la priorit data alla lingua contro lassolutezza della parola ermetica (-simbolista), intesa come logos: quella che Remo Pagnanelli definisce prosasticit diffusa che contrasta la Parola, centro del verso e acme del coincidere significante-significato (25). Questa la premessa necessaria per la graduale sostituzione di procedementi basati sul simbolo, che per gli ermetici rappresentava la possibilit di creazione di unoggettualit non dimostrativa, come ha scritto Ramat (26), con procedimenti allegorici. A questa altezza la scottante attualit della materia trattata, lurgenza espressiva, impediscono, per, quella distanza che approder al cosiddetto classicismo fortiniano e che proprio nella allegoria avr il suo strumento privilegiato. In un saggio del 1950 intitolato Kafka e la critica delle cose (DI pgg. 103-110), nellanalizzare lopera dello scrittore praghese, Fortini ne sottolinea il carattere di parabola (e non di poesia), che richiederebbe un commento perpetuo che a poco a poco si incrosti nel testo medesimo ed entri progressivamente a farne parte (DI p.104). Lopera di Kafka sarebbe lunica ad avere, nel mondo moderno, dichiaratamente per oggetto il sumbolon [...], cio affermare un mondo nel quale ogni cosa e parola [...] sono segno e sintomo e spia di altro (DI p.107). Egli avrebbe volontariamente scelto di rifiutare il linguaggio poetico perch la poesia [...] non simbolica (ibid.) Il poeta colui che accetta al pi lallegoria, ma non pu non voler conferire un significato assoluto, definitivo alle sue parole (DI p.108). Riassumendo abbiamo due serie: parabola/simbolo e poesia/allegoria ,quasi una ironica inversione della tesi crociana. Non ci interessa notare che tradizionalmente la parabola viene considerata un genere allegorico e che lopera di Kafka ritenuta la pi grande costruzione allegorica del900. importante invece sottolineare laspirazione, secondo Fortini, da parte del poeta ad un significato definitivo delle proprie parole, che una decisiva dichiarazione di poetica contro lo slittamento dei significati del simbolismo e della poesia polisensa. La prima prova poetica di Fortini un tentativo, come abbiamo visto, solo in parte riuscito di adeguarsi a questa poetica, tanto vero che egli stesso non rifiuta luso del simbolo. 2.3. Il simbolismo naturale di Foglio di via. I temi della veglia, della prigionia e del viaggio Ne La rosa sepolta troviamo in chiusura due versi che recitano: Ma il pi distrutto destino libert. Odora eterna la rosa sepolta. (La rosa sepolta, UVPS p.41, vv. 9-10). Per la prima volta usata limmagine della rosa (tra le fonti privilegiate di questo simbolo bisogna senzaltro annoverare Eluard), destinata a diventare emblema di tutta la poesia fortiniana, veicolo di molteplici suggestioni e proprio per questo simbolo. Essa comparir sempre, come ha scritto Alberto Asor Rosa, come immagine di apparente serenit in mezzo al deserto e allo squallore, ed sempre metafora particolarmente impegnativa, non puramente ornamentale, cio simbolica in senso forte, non

immediatamente n strettamente allegorica (27). Il sasso (= pietra) rappresenta il simbolo opposto alla rosa: lelemento che blocca i processi vitali o la vita reificata, sempre collegata ad esperienze di morte (Mordere laria mordere i sassi da Canto degli ultimi partigiani, UVPS p.24). La pietrificazione dellesistenza (vedi La citt nemica, UVPS p.3) si pone come momento regressivo del rifiuto della lotta. Laltro simbolo utilizzato da Fortini, che abbiamo gi incontrato, ledera, che ha la funzione di evocare immediatamente una situazione negativa, collegata al sonno (come nella prima poesia del libro) ed allo smarrimento (Per una cintura perduta nel bosco, UVPS p.45 e Canzone per bambina, UVPS p.55). Lipotesi tutta da verificare che nella poesia di Fortini scorra una vena sotterranea che non rifiuta una utilizzazione molto controllata di un ristretto ventaglio di simboli (quasi tutti ripresi dal mondo naturale e attinti a un patrimonio tradizionale), che per necessario sottolineare, altrimenti resterebbero incomprensibili alcuni svolgimenti futuri della sua opera come La poesia delle rose. Ad un livello diverso opera un simbolismo delle stagioni che ritroveremo fino allultima produzione fortiniana. Linverno il momento della desolazione, del dolore e della morte e il lessico invernale(28) (freddo, neve, gelo, acqua gelata, notte, buio, silenzio , sonno) ricorre a connotare situazioni regressive (E questo il sonno edera nera) o di sofferenza (Valdossola, Basilea 1945) o di ripiegamento (tutto il ciclo delle Elegie). Il campo semantico della primavera (sole, prati, luce, ecc.) sempre legato a situazioni di speranza di vita (vedi in particolare vice veris). Secondo Di Girolamo siamo di fronte ad un mondo poetico ridotto allessenzialit, in cui al paesaggio, alle stagioni, al giorno e alla notte che affidata la metafora della vita e della morte, dellamore e dellodio (29). Foglio di via vive della tensione tra laimmediatezza espressiva e il filtro della cultura letteraria dellautore. Non si pu non vedere, per esempio, nellimmagine della veglia alla finestra (Di Natale, E guarderemo) unaltra suggestione eluardiana (Le front aux vitres comme font les veilleurs de chagrin, in Premirement). A proposito di questa immagine Fortini ha scritto che non solo unattesa damore , attesa del giorno e della luce, dove si dia fine allera dellamore notturno per un amore solare che unisca , come dir un giorno, la rue lternel, per la rose che sia publique (30). La veglia alla finestra sar unimmagine ricorrente nella poesia fortiniana (la ritroveremo, per esempio, in Quando ai dossi dei monti, UVPS p.68 , ne Le stagioni, UVPS p.70, ne La posizione, UVPS p.277) emblema di attesa (=incapacit di agire) ma anche veglia (Ma altri occhi sono fissi ai vetri, altre unghie / incidono i ghiaccioli, / altri uomini contano le stille / delle gronde e resistono alla notte, Tu guarda e vedi, UVPS p.76, vv.22-25). Questa figura si intreccia a quella del prigioniero-servo, pure ricorrente nella poesia di Fortini, ancora una volta con sfumature diverse. In una poesia come Dico a te (in Poesia ed errore) viene detta la condizione di servit del poeta nella societ neocapitalista: Il bene che abbiamo voluto: permesso di cantare / nella cella dellergastolo. / La poesia vino di servi (Dico a te, UVPS p.93, vv.4-7). La colpa del poeta quella di essere destinato a non modificare lo stato di cose presenti, perch la poesia non muta nulla. Il poeta colui che in qualche modo perpetua linganno, additando, da servo, una libert irrangiungibile. Ma in Une tache de sang intellectuel, con la stessa immagine allegorica del poeta-prigioniero, che parla dalla segreta (v.8), Fortini suggerisce la possibilit che questa condizione sia pi propizia alla comprensione della realt della falsa libert dei viventi / impetuosi ancora tra le vendemmie (vv.18-19), perch preserva integra la speranza (e vedremo come questa dialettica tra crollo delle certezze e maggior vigore della speranza, tematica paolina, sar alla base di Paesaggio con serpente): A voi il fuoco felice e il vino fraterno a me la speranza acuta dentro la notte. (Une tache de sang intellectuel, UVPS p.89) Il tema del prigioniero che paradossalmente comprende di pi la realt una formidabile allegoria dellintera poesia fortiniana, che si , sin dallinizio caratterizzata per la tensione tra contenuti

rivoluzionari e forma morta, ridotta a maniera. La migliore esplicitazione di tutto ci Fortini la dar in un epigramma non a caso rivolto a Pasolini (la cui poesia, come ha mostrato Luperini, rappresenta la reale antitesi di quella fortiniana)(31): Pi morta di un inno sacro la sublime lingua borghese la mia lingua. Non conoscer che me stesso ma tutti in me stesso. La mia prigione vede pi della tua libert. (Diario linguistico, OI p.116) Parlando della prova narrativa, Giovanni e le mani, contemporanea a Foglio di via, ho scritto che essa appare pi matura delle poesie perch intreccia allegorismo e realismo, mentre nelle poesie il realismo delle situazioni legate alla guerra si adegua ad una forma che utilizza ancora soluzioni ermetiche e simboli naturali. Lunica poesia che si presta ad una lettura figurata, allegorica Foglio di via , la poesia pi complessa del libro: Dunque nulla di nuovo da questaltezza Dove ancora un poco senza guardare si parla E nei capelli il vento cala la sera. Dunque nessun cammino per discendere Se non questo dal nord dove il sole non tocca E sono dacqua i rami degli alberi. Dunque fra poco senza parole la bocca. E questa sera saremo in fondo alla valle Dove le feste han spento tutte le lampade. Dove una folla tace e gli amici non riconoscono. (Foglio di via, UVPS p.39) abbastanza evidente lallusione allesperienza dellautore che per un certo periodo (32), si trov tagliato fuori dalla lotta partigiana. Ma lo stesso Fortini ad autorizzare una lettura figurata della breve poesia quando la descrive come una piccola discesa allAde (UVPS p.359). Dunque alla situazione della veglia alla finestra, alla figura del prigioniero-servo, bisogna aggiungere quella del viaggiatore. Nel paesaggio irreale (e il paesaggio in questo caso ha una valenza chiaramente allegorica, figurata, come ha scritto Garboli del paesaggio fortiniano in genere)(33) si sconta la distanza dal centro, che pu essere raggiunto solo attraverso un sentiero buio (dove il sole non tocca). Ma il cammino deve essere intrapreso non per giungere ad un luogo di grazia ma per ritrovare loscurit, il silenzio e la cecit degli amici (il legame passaggio-paesaggio caratterizzer la poesia di Fortini fino alle ultime prove). Una sorta di allegoria, dunque, dellincontro mancato del poeta intellettuale con il popolo. Questo tipo di poesia conclusiva [...], trasparente, sospesa, tutta negazioni, in limine mortis (34), la ritroveremo spesso nella produzione successiva. Una poesia dai modi obliqui, con il prevalere della tonalit dellangoscia: potremmo definirla allegorismo espressionistico. Il termine espressionismo non casuale: ritengo infatti, sulla scorta di unindicazione di Garboli (35), che luso specifico del linguaggio da parte di Fortini sia pi riconducibile, almeno per quanto riguarda le prime due raccolte, ad unarea che genericamente potremo definire espressionista, includendovi Boine, Jahier (la cui poesia, ha scritto Fortini, si poneva come unalternativa alla poesia pura del gusto novecentesco e al neosimbolismo degli ermetici) (PN p.13), la poesia allegorica di Rebora (e va sottolineata tra laltro nella poesia di Fortini una peculiarit stilistica che egli stesso rinveniva nel poeta milanese, cio il fatto che le sue poesia sono strutturate, in genere, spesso su di un ma avversativo che segna il passaggio da una positivit a una negativit o inversamente) (PN p.35). Sono daccordo con Mengaldo nel ritenere, invece, il rapporto di Fortini col surrealismo molto problematico. Abbiamo detto della influenza eluardiana (soprattutto nel recupero di alcune situazioni simboliche e di simboli veri e propri come la rosa) ma vedremo anche come il percorso della poesia fortiniana sia soprattutto caratterizzato dalla limitazione di quegli elementi (luso della metafora e della

analogia, la libert linguistica, luso indiscriminato di simboli) che maggiormente defininiscono a livello formale il surrealismo. Inoltre la presa di distanza avverr anche sul piano della poetica. Come ha scritto Mengaldo il rapporto poesia/politica come sar impostato da Fortini lesatto rovescio del mito surrealista della poesia come immediatezza, e verit pratica (36). Siti ha scritto che fin dal primo libro Fortini si separa dal tono medio neorealista; se quello ossessionato da una coazione ad abolire le distanze, per Fortini la distanza un dato iniziale (37). Vedremo ora come luso di moduli allegorici permetter di dar forma a questa distanza, veicolo di spersonalizzazione e di controllo emotivo della materia. 2.4 La poesia dellerrore/errare: dialogo con lattualit e primi esperimenti allegorici Tredici anni separano Foglio di via dalla seconda raccolta poetica, Poesia ed errore (38)(e il titolo chiaramente un richiamo polemico al Posie et vrit 1942 di Eluard, oltre che a Goethe). Fortini ha attraversato i dieci inverni (1946-1956), anni in cui le rovine che avevamo intorno come lallegoria di un riscatto possibile sparivano per dar luogo ad una citt opulenta e meschina (DI p.30): la fine del sogno rivoluzionario che aveva infiammato lultima parte dellesperienza resistenziale. Ci troviamo di fronte un poeta molto diverso, maturato attraverso esperienze intellettuali decisive. Fortini chiarisce la sua impostazione ideologica in senso marxista, prendendo le distanze dallilluminismo vittoriniano che aveva caratterizzato lesperienza del Politecnico. La cultura esistenziale si arricchisce con la scoperta di Lukcs, dal quale apprender lo strettissimo legame che corre tra eredit (tradizione) e prospettiva e la necessit di misurarci con le massime dimensioni della storia umana e con le massime possibilit delluomo (VP p.209). ancora la scoperta del comunismo maoista, che significava la possibilit di correggere quanto di adialettico fosse nel marxismo occidentale. Quando Fortini riprender la collaborazione con una rivista tipica del marxismo critico come Ragionamenti (1955-1957) le direttive del lavoro saranno ben definite: la prospettiva quella di un confronto antidogmatico fra i fondamenti del pensiero marxista e la pi avanzata cultura scientifica, filosofica, letteraria delloccidente borghese, che da un lato proceda oltre lorizzonte culturale-letterario del Politecnico, dallaltro contesti la politica culturale dello stalinismo e del togliattismo (39). Ma, come sempre, il realismo politico di un Lukcas e di un Mao sono bilanciati dal utopismo socialista, venato di misticismo di Simone Weil, che Fortini traduce (nel 1951 Lombra e la grazia, nel 1952 La condizione operaia, nel 1954 La prima radice). Nelle poesie di Poesia e errore evidente un maggior grado di politicizzazione, che si traduce da una parte in un pi evidente ideologizzare, dallaltra in un serrato confronto con la storia di quegli anni. Nella edizione originaria il libro si presentava addirittura come un diario, disponendo tutte le poesie in una trama cronologica, risultando un continuum narrativo, un racconto del protagonismo del poeta (40). il momento del rifiuto del canto, della poesia volutamente brutta, che , paradossalmente, a livello formale segna un uso pi massiccio di forme e metri tradizionali e una maggiore utilizzazione della rima (vedi, per esempio, Domenica delle palme, UVPS p.140 e Quand le rossinhol, UVPS p.142). Fortini ha scritto delle poesie del periodo 40-55 che ricorrono a due forme metrico-prosodiche: la prima era di una apparente immediatezza epigrafica, da parola dordine, da singulto o grido; la seconda di accettazione della decorazione letteraria, dellartificio, dellarcaismo deliberato (41). La quartina resta la struttura pi utilizzata ma va rilevata, a livello metrico, una netta riduzione del verso breve, molto utilizzato in Foglio di via, a vantaggio di un verso che si muove intorno alla misura dellendecasillabo o il verso lungo (anche di 17-18 sillabe). Raboni ha scritto che queste poesie che ricorrono ad una versificazione faticosamente, volontaristicamente paludata, a una sorta di carduccianesimo procurato, fra impennate retoriche e enjambments meccanici, allinterno di un disegno metrico riempito a freddo di aggettivi, vocativi, interrogativi aulici (42). Alla certezza di un imminente rivolgimento radicale che modificasse i rapporti del dopoguerra segue una fase di frustrazione e il poeta che aveva potuto parlare a nome di un popolo intero ora non ha pi una comunit sicura in cui riconoscersi. In queste poesie c una drastica perdita della coralit che era una delle caratteristiche principali di Foglio di via. Sabbatino ha definito Poesia ed errore unopera parlante, con

interlocutori precisi (Ai critici progressisti, Ai poeti giovani, Agli amici, ecc.) (43). La raccolta si presenta priva di un centro unificante: alle descrizioni realistiche di vita cittadina (legate a Milano dove Fortini si era trasferito definitivamente nel 1948), si affiancano le elegie fiorentine, alle dichiarazioni di poetica le poesie dei destini generali. La poesia di Fortini trae forza proprio dalle contraddizioni cui d luogo e cos la necessit del confronto con la storia (Complicit, UVPS p.151, Tomba dei Rosenberg p.152) si scontra con la paura della propria insufficienza (Weltgescichtlich p.193). Il contrasto maggiore si avverte tra le poesie politiche e quelle contenute nella sezione In una strada di Firenze, che presenta il Fortini pi chiaramente elegiaco, non privo per di lamentosit e ripetizioni ermetico-montaliane (44). Il percorso di Fortini pu considerarsi come una lotta di liberazione dalla citt della sua giovinezza, la citt nemica, che sar sempre caratterizzata come luogo di regressione e chiusura, allegoria di staticit e di sonno. Firenze una grande allegoria (e non un simbolo perch legata alla esperienza dellautore), nel senso che la citt non mai vista nella sua esistenza reale ed evoca immediatamente nelle poesie uno stato danimo che di chisura, di rinuncia. Non sar certo un caso che proprio per una poesia di ambientazione fiorentina venga recuperata una forma metrica rigidamente strutturata come la sestina, di origine provenzale (Sestina a Firenze UVPS p.109). Lo stesso Fortini scriver: Non avevo neanche quindici anni che gi mi erano state prte tutte le interpretazioni, gli ingredienti del mito; che, da allora, mi si frapposto fra la realt (visiva o intellettuale) della Toscana e di Firenze e ogni tentativo di verit ulteriore (I p.248). Firenze , dunque, una citt allegorica, esattamente come la Cina un paese allegorico (QF p.190 sgg.): entrambe evocano immediatamente una situazione mentale. Firenze, per, nasconderebbe anche luoghi dove attingere una segreta unit con la natura: In una strada di Firenze c una porta che d in un cortile di pietra. Graffiti antichi sono sulle pareti: Ercole e lIdra, Amore, corone di foglie, allori incisi e roseti. Non so chi sia nella casa.come una chiesa tranquilla. In alto il cielo riposa. Ogni cosa al suo luogo. Quando torno a Firenze, se vo per quella strada, nel cortile entro e guardo: passano in alto le nuvole naturali, come monti si ombrano le pareti. Anche in me stesso quelle nuvole passano, anche in me stesso stanno quelle pareti. Per questo guardo e guardo quel silenzio, le corone di edera antichissime e credo che una rosa esiti dentro il sasso. (In una strada di Firenze, UVPS p.118) A questa poesia Berardinelli dedica unanalisi che secondo me ha bisogno di una fondamentale correzione. Egli la considera la tipica presentazione di unallegoria, con unintonazione volutamente prosastica, un linguaggio tanto chiaro e diretto da toccare il pleonasmo [...]. Il lettore non viene fatto indugiare presso la connessione delle parole e delle immagini ma viene condotto per mano lungo il percorso di una parabola (45). Ma come possibile considerare parabola, cio esperienza condividibile, un momento magico di unione con la natura, il rovesciamento del soggetto nelloggetto naturale (Anche in me stesso quelle nuvole passano) ? Inoltre Berardinelli non sottolinea la presenza di un procedimento sinestetico (per questo guardo e riguardo quel silenzio), che decisamente raro nella poesia fortiniana, procedimento tipicamente simbolista in stridente contrasto con il tono prosastico della composizione. Il ricorso al mito, luso del pleonasmo, a mio modo di vedere, caratterizzano la poesia in senso ironico. Se vero che Firenze il luogo della regressione, Fortini attua una sorta di parodia (secondo modi che ritroveremo a livello pi complesso ne La poesia delle rose e ne Il falso vecchio) dei luoghi comuni della poesia ermetica. Inoltre la presenza dei simboli delledera, del sasso e della rosa evoca subito una situazione di sonno, morte e vita. Definendole allegorie complesse, Berardinelli spiega che il sasso vita morta e indurita, esistenza sigillata e reificata, limite soggettivo, passato consolidato, pietra tombale immobilit. La rosa possibilit di vita, immagine di perfezione e utopia, figura di ricomposizione unitaria delluomo, in quanto senso e in quanto ragione (46). Ma egli stesso nello scrivere che il verso finale condensa significati pi complessi e non decifrabili immediatamente, ammette che la rosa e il sasso (e ledera) sono simboli e non allegorie. Utilizziamo la buona definizione di Jacomuzzi, che descrivendo il simbolo nella poesia montaliana, scrive che nella sua figura tipica esso implica

un rapporto naturale di somiglianza fra limmagine significante e il suo ulteriore significato simbolico, fondato sullesperienza sensibile, dei sensi esterni o della interna associazione della memoria (47). Cos il sasso pu essere la vita reificata, perch la caratteristica comune ad entrambi laridit ; la rosa pu diventare immagine di perfezione e pienezza in quanto un fiore pesante, corposo, gravido dessenza, con molti petali (48). Non dimentichiamo infine che la superiorit romantica del simbolo era decretata prorio dalla la sua funzione di rimando allinfinito, impedendo cos una completa razionalizzazione del significato. La mia ipotesi che ogni qual volta Fortini utilizzer procedimenti tipici del simbolismo lo far in maniera consapevole e con un sottile gioco ironico (componente della sua poesia che non mai stata sufficientemente messa in rilievo): non bisogna dimenticare, infatti, che la parallela attivit di critico letterario gli permette sempre una conoscenza profonda di quegli strumenti. Una diversa utilizzazione di simboli allinterno di una struttura allegorica presente nella prima poesia della raccolta: Quella era la montagna che vedevo dalla finestra e questo era il sentiero dove tornavo la sera. Quella era la croce e questa la fontana di pietra che gelava quando veniva la neve. Era il tempo che si stava insieme senza sapere. Ora che conosciamo non sha tempo di rimanere. La strada va nella valle la sera va nella notte. Noi si deve camminare. Quello era il mio paese. (Quella era la montagna, UVPS p.65) Quattro quartine di versi irregolari, lanafora a legare le prime due e lossessiva ripetizione dei giunti verbali. I luoghi descritti sono quelli della giovinezza del poeta ma tutti gli elementi hanno una immediata valenza simbolica, che rimanda alla visione del mondo dellautore (la finestra come diaframma fra lio e le cose e il topos dellattesa, il sentiero buio, la croce, la neve). Come in Foglio di via si addita la necessit di un percorso (che stavolta per centrifugo). Lesperienza personale del poeta, la volont di fuggire dai luoghi della giovinezza per assolvere il proprio compito, diventa indicazione di un percorso che tutti devono compiere: lio diventa un io esemplare (49). Una sorta di ansia percorre lintero libro e il tema del viaggio caratterizza molte poesie (A met, UVPS p.90, Poesia di Natale, p.94). Avevo gi detto a proposito di Foglio di via che la figura del viaggiatore puntella tutta lopera di Fortini. In Logoi Christou (UVPS p.96) il viaggio si rivela salvifico (sebbene Fortini abbia sempre dichiarato il concetto di salvezza estraneo alla sua formazione). Ne Le stagioni (UVPS p.70). Fortini giustappone allesperienza della ciclicit naturale il percorso orizzontale di un io emblematico che prima, nella protezione domestica, vive una situazione di assoluta perfezione (Dentro la casa ero quieto / nel mio giardino ero in fiore,v.5-6, immagine che rimanda ancora una volta ad Eluard: Tout au long des branches / mes feuilles renaissent / mon chemin est couronn / de bien-etre ensoleill, Mes heures) e poi scopre la ineludibilit della scelta etica, volontaristica (Ora mi tocca lasciare / il luogo che mera pi caro, vv.9-10), poich quello stato edenico di accordo con la natura, si rivela come dimenticanza (Hai dormito, / mi dico, ha dormito per tutta lestate, vv.16-17). Dopo la figura di colui che veglia, il prigioniero-servo e il viaggiatore troviamo la figura del dormiente (tra laltro va ricordato che sulla prima edizione di Foglio di via era stampata una figura di dormiente disegnata da Fortini stesso). Il tema sonno vs. veglia forse, a livello simbolico, quello pi caratteristico e duraturo della poesia fortiniana. Torniamo a Le stagioni. Allestate si contrappone il simbolo complesso dellinverno, che da una parte indica glaciazione, fine della dialettica

storica, dallaltra si pone come momento della massima purezza intellettuale e esistenziale (50). Dunque, il momento di maggior pericolo (sono morti gli amici e orrida cosa vivere, v.29) anche il momento in cui la scelta appare ineludibile e si riattiva il circuito speranza-utopia (vedrai domani alla prima luce ci desteremo / a lavarci nei fontanili, vv.30-31). Il gelo invernale segna lesasperazione di tutte le contraddizioni: Agro inverno crepiti il tuo fuoco incenerisci inverno i boschi i tetti recdi e brucia inverno. Pianga chi piange chi ha male pi male chi odia odii pi forte chi tradisce trionfi: questo lultimo testo il decreto del nostro inverno. (Agro inverno, UVPS p.124, vv.1-6)

Il testo stesso riflette nella forma la durezza degli anni. Ma come ha sottolineato Siti, tanto pi si fedeli alle radici della speranza quanto pi disperatamente si vive la negazione (51). Nel sistema fortiniano non troveremo mai una cristallizzazione delle posizioni: la storia, la vita umana, la stessa poesia sono dialettiche per intima essenza: Vedi questo pezzo di legno secco che la mano tocca, non molto pesante, per bruciarlo in mezzo a questaria dinverno. Se domandi perch scrivo le parole e ascolto dove le scrivo gli accordi e i riposi, e come mai questo piacere e fatica, guarda questo pezzo di legno, la scheggia che la mano tocca, il secco della corteccia, e vedrai che una facile allegoria. (Una facile allegoria, UVPS p.133, vv.1-9) La poesia si presenta come un insegnamento. Dopo una serrata contrapposizione tra la vita cittadina, descritta con parole aspre e tono martellante, e la pace dei boschi, cui corrisponde un tono pi rilassato (II e III) scatta la similitudine annunciata nella prima parte: Legna e carbone, calore futuro, disgregata vivezza! Inariditi morendo per stagioni e stagioni diverremo realt compatte leggere, arderemo sino al nido dellambra, alla fibra del tarlo. (vv.48-51) Il tono si innalza (per effetto in particolare della paronomasia preziosa ambra/tarlo) per comunicare una verit: le parole del poeta sono come il legno secco che bruciando d calore. Malgrado il tono visionario di alcuni versi e luso del simbolo lesegesi risulta infatti vincolata: per interpretare correttamente queste parole bisogna presupporre la conoscenza della riflessione fortiniana, soprattutto sul concetto di tradizione, debitrice di Lukacs. Come Fortini scriver nel 1975: La traslazione latto -morale, istituzionale, pratico- col quale la individualit disfatta del morto e la sua opera, giusta o ingiusta, visibile o invisibile, vengono fatte passare dalla memoria al giudizio storico e insieme vengono versati nella oggettualit di tutti, nelloblio che conserva oltre ogni giudizio (QF p.49). La poesia si rivela come uno degli strumenti privilegiati, per il suo carattre cerimoniale e la sua dimensione pubblica, ad attuare questa traslazione. Infatti i versi finali di Una facile allegoria cos recitano: e quella che ora ti reco quasi opaca eco sar lo strido duno spirito, un grido acuto e sommesso nel cuore degli altri. (Una facile allegoria, vv.56-58) Limmagine fortemente simbolica della morte che diventa vita altrui (nelle sue varianti del ramo che bruciando d calore e del seme che morendo porta frutto) di chiara derivazione evangelica. Unaltra poesia contenuta nella stessa sezione e che utilizza un simile procedimento allegorico Parabola, che nel titolo dichiara la sua appartenenza ad un genere codificato della tradzione, cristiana in particolare: Se tu vorrai sapere chi nei miei giorni sono stato, questo di me ti potr dire. A una sorte mi posso assomigliare che ho veduta nei campi: luva che ai ricchi giorni di vendemmia fu trovata immatura e i vendemmiatori non la colsero e che poi nella vigna smagrita dalle pene dellinverno non giunta alla dolcezza non compiuta la macerano i venti.

(Parabola, UVPS p.129) Il poeta si rivolge al lettore in una lingua piana che affida la sua poeticit a blande inversioni e ad unanafora negli ultimi due versi. Sei settenari si alternano ad altrettanti endecasillabi. Scartato luso della rima, in sostituzione troviamo una non significativa consonanza (sapere/ dire/ assomigliare). evidente la ripetizione ossessiva della consonante v (la troviamo nove volte), che evoca il soffiare del vento, elemento non di mutamento ma di distruzione. Il linguaggio di elementare oggettivit: Il lettore non viene fatto indugiare presso la connessione delle parole e delle immagini, ma viene condotto per mano lungo il percorso di una parabola. Il procedimento di tipo brechtiano, rimanda al teatro epico [...]. Il lettore non chiamato ad emozionarsi, a fantasticare o ad associare liberamente. invece posto allesterno delle cose che vengono dette [...]. Il lettore deve essere spettatore rilassato e giudice (52). Sono parole che Berardinelli riferisce ad unaltra poesia ma che mi pare chiariscano molto bene il peculiare uso dellallegoria da parte di Fortini. Il parallelismo uomo- natura non immediato perch luva non viene utilizzata nella sua simbologia canonica ma necessita di una mediazione intellettuale (A una sorte mi posso assomigliare) e, forse, rimanda alla parobola evangelica della vite e dei tralci (Gv, 15, 1-8). La rosa si presentava come simbolo nella sua interezza (e rinviava ad una nebulosa di significati) ed era immediatamente evocativa. In questo caso invece instaurata una relazione tra il significato e il significante che lo supera e giustifica, che si colloca al di sopra della immediatezza delle analogie sensibili per lintervento e la mediazione di un referente convenzionale che richiede al lettore una complicit di natura schiettamente intellettuale o di informazione storica a colmare lo spazio trai due termini e la loro eterogeneit (53). La natura cerimoniale del fare poetico, la preminenza data alla razionalit comunicativa, luso di similitudini molto controllate, il ricorso a procedimenti allegorici riconducono ad una concezione del linguaggio radicalmente antisimbolica. Nella bellissima Ai poeti giovani incontriamo una dichiarazione di poetica che illustra perfettamente questo atteggiamento nei confronti della lingua: Noi dunque conosciamo che la rosa una rosa, la parola una cosa, il dolore un discorso, che la voce pi sola accorda molte grida, che ogni cuore ricorda quante anime ha percorso. Ma stretti allignoranza, al pianto e alla vendetta impotente crediamo che il male in bene torni... Il vero altrove: e aspetta dessere amato, viene e va, come il mattino che per noi prega il giorno. (Ai poeti giovani, UVPS p.141) I primi due versi risultano essere la palinodia del discorso sul linguaggio di Dieci Inverni(DI p.21 ss.). Ma per capirne il valore dobbiamo far riferimento ad un altra pagina di quel libro, dove Fortini scrive: Le nostre parole significano sempre altro da quello che intendono dire, e cos gli atti, le speranze, le vite, tutto, son figura di altro e un oggetto rimanda allaltro, ad un continuo diverso, in un riverbero dimmagini [...]. Eppure luomo non pu indefinitamente rimaner sospeso nel rinvio delle immagini, nel flusso indefinito dei suoi segni; e deve riassumere o almeno credere di riassumere, e in quella credenza, come in un anticipo di morte, placarsi un attimo (DI p.172). La realt si mostra simbolica per intima costituzione ma dovere dellintellettuale-poeta compiere una scelta a favore della leggibilit del mondo. Ai poeti giovani latto di accusa contro le poetiche che, credendo nella possibile identificazione di parola e cosa, affidano alla poesia una funzione salvifica, spostando allinterno del suo campo tutti i conflitti , che invece sono al di fuori (Il vero altrove). A partire dal 1955 Fortini inizia una saltuaria collaborazione con la rivista Officina (diventandone redattore per i due numeri della seconda serie del 1959)(54). A muoverlo verso la rivista era linteresse per il suo antiermetismo e antinovecentismo non pi realistico, volontaristico, e per la sua ripresa del discorso noventiano (55). Il lavoro della rivista era volto, oltre alla revisione del nostro 900, alla elaborazione di una poesia dichiaratamente antilirica, elaborazione che Fortini aveva gi intrpreso da molto

tempo e che si pone come naturale conseguenza della sua concezione del linguaggio della poesia, a cui prima abbiamo accennato, e della sua funzione non privilegiata rispetto agli altri campi della attivit umana: Cera la diffusa inebriante impressione che fosse possibile scrivere di tutto, e cio coprire, con unabbondante produzione di versi, un vasto arco di generi extralirici: lepigrammatico, lepico, il drammatico, il moralistico, il narrativo, il didascalico, il satirico, eccetera (56). Le poesie della sezione I destini generali (molte delle quali apparse su Officina) sono quelle dove il confronto con la storia contemporanea, la polemica in versi, linvettiva, trovano forma pi compiuta, in netta antitesi, per, allo sperimentalismo pasoliniano. Una poesia come Foglio volante (UVPS p.166) inizia con le parole di Bulgnin (Bisogna dedicare / una particolare / attenzione / allestensione / della coltivazione/della barbabietola da zucchero), dove i primi due versi sono settenari rimati. Ha scritto Mengaldo: qui il contrasto, sottolineato dalla parodistica rima ecolalica, fra il banale programma economico e la sillabazione poetica che falsamente lo nobilita in una pronuncia lapidaria, unimmediata figura formale del giudizio in controluce che misura la validit del pragmatismo post-staliniano sullintera storia del socialismo (57). Mengaldo ne conclude che il linguaggio fortiniano non mai mimetico ma sempre tende a mettere una distanza rispetto alla materia, anche la pi attuale o prosaica. Cerchiamo di sintetizzare. Gli anni Cinquanta sono un periodo di grossi cambiamenti nella poesia fortiniana con il superamento definitivo di ogni influsso ermetico anche se sopravvive un uso molto razionalizzato di un ristretto numero di simboli. Il superamento ottenuto con luso di un ampio registro stilistico (nella direzione indicata dallesperienza officinesca), rese omogene da un parlato poetico in cui talvolta irrompe il linguaggio visionario delle origini, una ulteriore riduzione dello spessore metaforico del linguaggio, il privilegiamento della similitudine sullanalogia. Inoltre Fortini inizia ad utilizzare moduli espressivi allegorici che nella produzione successiva diventeranno la cifra stilistica dominante. 2.5. Gli anni Sessanta: la scoperta di Brecht e la poesia apocalittica I primi anni Sessanta segnano la presa di coscienza da parte della sinistra italiana della definitiva irregimentazione delle istituzioni politiche, sindacali, culturali del movimento operaio entro il piano del capital, e di conseguenza, la dissoluzione dei margini possibili per una pratica anticapitalistica allinterno di quelle istituzioni (58). Nella storia intellettuale di Fortini risultano decisive da una parte la scoperta di Benjamin (la raccolta di scritti Angelus Novus, a cura di Renato Solmi, esce del 1955), che era lesempio di un modo nuovo di legare lesperienza religiosa e il materialismo, dallaltra la traduzione delle poesie di Brecht (59), che con la sua estetica antilirica, presentava lopzione per una poesia fortemente didattica e, con il suo comunismo pratico, mostrava la via pi sicura per superare le rigidezze del marxismo occidentale. La terza raccolta organica di Fortini, Una volta per sempre (60) mostra ancora lessenza dialettica della sua poesia. Se in Poesia e errore abbiamo notato lemergere di modalit allegoriche accanto allesortazione, allinvettiva, alla realistica descrizione della vita cittadina, qui da una parte assistiamo al compimento di quella tensione verticale, escatologica, che era presente gi in Foglio di via (per esempio in La gioia avvenire), dallaltra la maggiore consapevolezza dei limiti della poesia si traduce nella ricerca di una lingua fortemente prosastica, secondo il modello brechtiano. Raboni ha sottolineato la riabilitazione della metafora, il fatto cio che il detto della poesia sta o pu stare altrove che non si dice (61). Abbiamo visto come le premesse di questo atteggiamento fossero gi nella raccolta precedente: la grossa novit nel diminuire del riferimento allattualit. I modi privilegiati, secondo Berardinelli, sono loccasione autobiografica, la visione profetica e il ricordo simbolico-sapienziario (62), a cui bisogna aggiungere quello allegorismo ricco di guglie e picchi espressionistici, e solo falsamente prosastico(61), che caratterizza, per esempio, la prima poesia della raccolta: tutto chiaro ormai, le parole dei libri diventate tutte vere. Tutti gli altri lo sanno. Thanno detto di fare due passi avanti in mezzo al cortile dacqua e vento, di lumi gialli prima dellalba. Vedi cani maestri con grembiali di cuoio scaricare quarti umani per le celle refrigerate e crusca sotto i ganci cromati. Gli scontrini li timbrano alla porta dove a battenti aperti aspetta un camion. Era giorno, i postini sgrondavano gli incerati nelle guardiole. (Lora delle basse opere, UVPS p.203) la denuncia disperata e spietata dellinferno neocapitalistico (63). Le frasi scandite in un regime fortemente paratattico suggeriscono lassoluta nitidezza e irrevocabilit della allucinante situazione: esseri bestiali (i cani maestri) scaricano membra umane destinate a divenire cibo. Si avverano le profezie dei

critici del capitale (le parole dei libri diventate / tutte vere), poich non solo il lavoro umano viene coinvolto nel processo di reificazione e trattato come cosa ma letteralmente luomo nella sua interezza diventa merce. Con terribile ironia la stessa immagine del macello viene ripresa in Ringraziamenti di Santo Stefano: Principi potenti cuoi principi unghie di marmo signori di tutti noi voi di invisibili armi voi che ci avete creati ciechi e quieti come le merci sigillate nei mercati come visceri lerci dei macelli, che vanno nei vostri splendidi autoclavi sazi nei doponatali vi ringraziano gli schiavi. (Ringraziamenti di Santo Stefano, UVPS p.209) Due polarit opposte del fare poetico fortiniano per comunicare la stessa desolante certezza: nella prima poesia la lingua si pietrifica, le rime e le assonanze sono insignificanti. La carica emotiva tutta affidata alla violenza delle immagini. Nella seconda invece le parole riproducono mimeticamente la condizione umana descritta: le rime assolvono una funzione portante, suggerendo lidentificazione uominimerci (cuoi/noi, autoclavi/schiavi), che ruota intorno alla rima centrale merci/lerci. Il linguaggio esplode secondo modalit che saranno tipiche della neo-avanguardia, con luso di audaci analogie (principi/cuoi, principi/unghie di marmo). Lo svolgimento della poesia fortiniana mostrer di privilegiare la prima maniera ma Una volta per sempre caratterizzata proprio da un uso differenziato del mezzo linguistico e poesie come .. Ringraziamenti di Santo Stefano (o Endsolung p.208) anticipano i modi che troveremo ne La poesia delle rose. La terza raccolta di Fortini segna una decisa riduzione del riferimento allattualit e, nello stesso tempo, evidente lo smaltimento dei toni elegiaci, che costituivano il momento del rifiuto della storia. La spaccatura che era evidente (rimandiamo alle Elegie di Foglio di via e alla sezione In una strada di Firenze di Poesia ed errore) nella passata produzione sembra sanarsi. Prendiamo per esempio una poesia come Mattina di luglio: Nulla flette al largo la riga vergine della mattina e nulla nellaria trema se non fili o la timida vertigine delle fogliuzze dei salici. Chi rema va in un medio placido sulla voragine. I primi gridi si isolano. Noi ci siamo venduti alla paura, a vizi inavvertiti, alla speranza, alla piet. (Una mattina di luglio, UVPS p.207) La tessitura regolare, di tre terzine, con la rima trema/ rema e la paronomasia vergine/vertigine/voragine a legare le prime due strofe, scandite nei due versi iniziali su quattro accenti forti. La prima strofa rappresenta il momento della contemplazione apparentemente serena del paesaggioteatro. Il v.6 introduce lelemento di tensione e lultima strofa (differenziata tipograficamente)presenta lesigenza collettiva del giudizio, con un ritmo martellante ottenuto con i tre accenti forti e il quinario finale tronco. La contemplazione del paesaggio (che chiaramente un paesaggio mentale, la traduzione allegorica di una situazione concreta) non , come vuole Di Girolamo, affettuosamente distaccata (65) ma stimolo per un giudizio etico-politico. evidente il debito nei confronti della poesia brechtiana, che rappresenta laltra polarit della poesia fortiniana di questi anni. La traduzione di Brecht permette a Fortini di affrontare in modo nuovo alcuni problemi. Prima di tutto la poesia non rimata con ritmi irregolari del poeta tedesco si presentava come il modello pi compiuto di un superamento della tradizione con la creazione, per, di nuove regole metriche. Nel 1958 era uscito un saggio di Fortini che empiricamente cercava di indicare un comun denominatore metrico della poesia contemporanea, che veniva individuato nellutilizzazione di una metrica basata non pi sul numero di sillabe ma sulla ricorrenza di accenti forti o centroidi (tre o quattro, pi raramente cinque). Ancora, parlando dellimmagine brechtiana, Fortini scrive che essa allopposto di quella che per via analogica tenta lidentificazione della parola e della cosa. Significante e significato debbono rimanere distinti e distinguibili (66). Dunque, il modello di una poesia radicalmente antisimbolica, a partire dalla riflessione sul linguaggio. Dopo aver sottolineato il carattere fortemente razionale e dunque traducibile delle immagini utilizzate da Brecht, Fortini fa unaffermazione che anche una dichiarazione di poetica: 2 Si giunge cos a vedere che la pi alta poesia di Brecht [...] si fonda [...] non tanto su di una tensione fra lingua sociale e parola privata, n fra ci che detto e ci che taciuto, quanto piuttosto fra un

universo storico, culturale, ideologico, gi costituito e presupposto (nel caso specifico: quello insieme rivelato e fondato sul pensiero marxista) ed unoccasione, una situazione, un esempio (67). quella dialettica sistema ideologico/poesia che abbiamo sottolineato essere una delle premesse fondamentali delluso di moduli allegorici da parte di Fortini. Se la caratteristica fondamentale dellallegoria di indicare come deve procedere linterpretazione, ecco che, nel nostro caso, essa viene guidata dallopera saggistica e critica che Fortini ha sempre portato avanti con la poesia. A livello stilistico le maggiori novit sono contenute nelle sezioni intitolate Traducendo Brecht, con luso di un registro sapienziario dal tono dimesso. Davvero valgono per queste poesie le parole che scriveva Di Girolamo, quando parlava della conquista finale di una lingua media [...] che riesce ad assorbire senza eccessivi rischi di rigetto il contenuto prosastico (68). La gronda, uno dei maggiori risulatati del Fortini poeta, si innesta sul filone pi chiaramente allegorico della sua produzione: Scopro dalla finestra lo spigolo duna gronda, in una casa invecchiata, ch di legno corroso e piegato da strati di tegoli. Rondini vi sostano qualche volta. Qua e l, sul tetto, sui giunti e lungo i tubi, gore di catrame, calcine di misere riparazioni. Ma vento e neve, se stancano il piombo delle docce, la trave marcita non la spezzano ancora. Penso con qualche gioia che un giorno, e non importa se non ci sar io, baster che una rondine si posi un attimo l perch tutto nel vuoto precipiti irreparabilmente, quella volando via. (La gronda, UVPS p.238) La sintassi razionalizzata al massimo, il linguaggio estremamente realistico e, talvolta, basso, poich realismo e allegoria non si contraddicono. Luna costruita con i materiali dellaltro (69). Siamo di fronte ad un uso nuovo dellallegoria da parte di Fortini. Luperini per spiegarlo ricorre al concetto di allegoria vuota, come utilizzato da Lukcs . Vediamo di cosa si tratta. Analizzando lo svolgimento della poesia montaliana Luperini vi scorge unevoluzione : ai modi simbolici di Ossi di seppia gi nella seconda raccolta si sostiuscono le allegorie precarie (la donna-angelo, languilla), ancora positive, e per dir cos, piene (70). Anche Satura presenterebbe un allegorismo tutto al negativo, ma ancora giudicante e capace di messaggio (71). Lestrema poesia di Montale (gli ultimi tre libri), disincantata e nichilista, ricorrerebbe alla allegoria vuota, poich : caduta ogni illusione di incarnazione nel valore della storia [...] questultima tende a presentarsi come datit aneddotica [...]. Lallegoria vuota tende, alla fine, a negare anche se stessa: cio, qualsiasi possibilit di discorso (72). Ma altrove sembra che Luperini intenda con questo concetto la semplice mancanza di chiavi di lettura prestabilite. A proposito de La gronda di Fortini scrive che: la casa potrebbe essere la casa del capitalismo in cui tutti abitiamo, cos come la rondine pu essere la rondine della rivoluzione. Ma tutto questo lasciato al lettore e lallegoria resta, appunto, vuota (73). In sintesi mi pare il concetto viene usato con sfumature diverse. Lallegorismo fortiniano evita il vuoto perch si presenta non solo come aspirazione ad un significato delle vicende umane, anche le pi insignificanti, ma come certezza che questo significato esiste (e viene detto nella contemporanea produzione saggistica). Per Montale questa tensione destinata sempre ad essere frustrata, poich : La storia disumana/ anche se qualche sciocco cerca di darle un senso (Postilla a Una visita). Vedremo poi come Paesaggio con serpente viva proprio della tensione fra crollo delle certezze e necessit di dare risposta a tutte le domande di sempre. Il senso esiste/e lo conoscerenno scriver Fortini e la nostra ignoranza avr comunque un senso nel disegno della storia, nellattimo che giustificher tutto il passato e lo riscatter. Luperini si augura la definizione di una tipologia dellallegoria novecentesca. A mio parere evidente come luso che ne fanno Montale e Fortini sia radicalmente opposto: Accentuando [...] il potere distruttivo che nella forma allegorica in quanto tale, lultimo Montale implicitamente denuncia unestraneazione del mondo che tutti ci riguarda: mentre rispecchia una condizione di oggettivazione reificante, anche la conosce- e la fa conoscere (74). Siamo nella linea tracciata da Benjamin, che riteneva la potenziale carica demistificante dellallegoria la sua caratteristica pi importante. Ma il confronto ravvicinato con lopera fortiniana ci ha messo di fronte ad un altro uso dello stesso strumento, finalizzato alla distanziazione dal contenuto , alla spersonalizzazione e alla chiarezza del messaggio. Ritengo che la categoria critica di allegoria di Luperini

vada usata con molta cautela. Non bisogna dimenticare, tra le altre cose, che essa fu elaborata da Benjamin per unificare i fenomeni artistici delle avanguardie e, in epoca recente, in Italia diventata la bandiera del recupero di istanze neoavanguardistiche. Inevitabilmente siamo ricondotti ai presupposti linguistici della poesia della neo-avanguardia, cio alla fiducia nel potere eversivo generale della distruzione particolare della semantica del linguaggio (75). Fortini invece, dopo la sua prima esperienza poetica, ha intrapreso un percorso che, data per scontata la compromissione della lingua con le classi dominanti e quindi la sua inautenticit, e rifiutata lopzione noventiana del dialetto, tendesse alla radicale riduzione di tutti gli elementi espressivi da una parte e dallaltra contro la mimesi veristica affermasse la necessit della astrazione (OI p.93). Ha scritto Luperini in proposito: La forma, infatti, per Fortini [...] non solo anticipazione di un nuovo assetto sociale, anche attributo della classe dominante. Per questo, i versi di Fortini esprimono un tentativo permanente di esorcizzare la forma, riducendola a maniera, essiccandola in retorica, mortificando ogni sua vitalit, ripudiando qualunque tentazione avanguardistica o sperimentale (76). 2.6. Un esperimento simbolico-allegorico: il rituale visionario ne La poesia delle rose Anche nellanalisi dellopera pi anomala del Fortini poeta, La poesia delle rose (UVPS pgg.262-269) ci sembra che altre suggestioni critiche siano meglio utilizzabili di quella di Luperini. Il poemetto diviso in sette parti pi unappendice viene descritto dallautore stesso come frutto di un scelta non preordinata di tensione, di andirivieni lungo la diacronia della lingua italiana (77). La libert linguistica viene bloccata dalla rigorosa struttura metrica: tutti i versi (che ruotano intorno alla misura dello endecasillabo) sono organizzati in ottava. A livello formale sono evidenti la difficolt semantica delle singole frasi dominate dalle frequenti inversioni, il recupero dellanalogia, luso frequente di interrogazioni, lassociazionismo di stampo surrealista (sono considerazioni di Asor Rosa): tutti procedimenti che Fortini, come abbiamo visto, aveva gradualmente elimininato o razionalizzato. In particolare il recupero di modi surrealisti dimostrerebbe secondo Pagnanelli che non esiste passaggio sostitutivo da surrealismo [...] al brechtismo, quanto uninfluenza maggiore di questultimo (78). Pi in generale dimostra, secondo me, che il sistema poetico fortiniano si regge sulla contraddizione e ha sempre volutamente evitato la cristallizzazione formale sin dalle prime prove, ricorrendo a moduli espressivi diversi e affidando lunitariet dei libri ad un ristretto numero di temi. Secondo Zancan-Gusso la presenza di elementi ermetizzanti serve a Fortini per congelare e straniare le residue qualit espressive del linguaggio letterario, pur di sottrarlo allintegrazione nel circolo comunicativo neo capitalista (79). La giustificazione teorica di questo atteggiamento la troviamo in un famoso passo del saggio Astuti come colombe: Mi chiedo se non si debba cercare di preservare le residue capacit rivoluzionarie del linguaggio in una nuova estraneazione, diversa da quella brechtiana ma su quella orientata. Le poetiche dellocculto e dellermetico potrebbero essere paradossalmente, e fra scoppi di risa, riabilitate (VP p.51). La poesia delle rose segna lesplodere di quegli elementi simbolici che abbiamo visto scorrere nellopera fortiniana, sempre controllati. Ma il poeta stesso parlando del poemetto lo definisce una allegoria di un itinerario di salvezza, dalleros orgiastico alla apocalissi religiosa, alla discesa agli inferi dellinconscio fino alla accettazione della storia e della contraddizione (80). Ci troviamo di fronte ad un uso nuovo dellallegoria? Come possibile conciliarlo con lanalisi che abbiamo fatto finora sottolineando la razionalit comunicativa, la mortificazione della lingua, ecc.? Proviamo a leggere il poemetto utilizzando la categoria di rituale visionario di Angus Flechter. Lo studioso stesso ammette che quando lallegoria diventa veramente apocalittica cessa di essere pura allegoria e viene invece a partecipare dellordine superiore del linguaggio, che possiamo forse chiamare linguaggio mitico (81). Il rituale visionario di Fletcher presenta pi di un analogia con il metodo mitico di Eliot ma nel nostro caso si presta perfettamente ad unapplicazione pratica. Gli esempi riportati di rituale visionario sono tra gli altri la discesa di Enea agli inferi e il viaggio de La Divina Commedia: un percorso dalla tenebre alla luce. Il modello cristiano di queste visioni chiaramente LApocalisse. Fortini utilizza lo schema della discesa agli Inferi cui segue la visione, il momento salvifico. Il luogo che introduce alla visione (Villa Borghese nella ricostruzione dellautore) una citazione con venature ironiche dellhortus conclusus (isolato dal mondo della vigile realt)(82), caratteristico delle allegorie medievali. Subito la rosa si presenta come il simbolo centrale e il centro semantico del poemetto, soprattutto delle prime quattro parti. Simbolo degradato allinizio (rose di polvere, I, v.1, rose contuse, v.8), privato del suo potere vitale e metamorfico, costretto alla morte rituale nella terza parte (Smaglia le carni la rosa, si sbrana, III, v.16), divorata da una bestia, simbolo assoluto di negativit (e qui sfami / a questo pasto di rose, bestia, stracciate, III, v.24) dopo un rito orgiastico condotto da una figura positiva (sorella / deresia, impietrita negazione, II,

vv.12-13), trasformatasi in giovane strega. La quarta parte rappresenta il momento salvifico della resurrezione. Il simbolo risorto si presenta come centifolia rosa indivisa (IV, v.15). la fine della alienazione storica (83). La coerenza della visione esigerebbe la chiusura del poemetto ma nella terza strofa della quarta parte assistiamo ad una ricaduta verso il basso e il linguaggio si fa fortemente espressionistico. Seguendo le indicazioni della nota di Fortini: la ricerca di unit del genere umano attraverso uno spasimo volontaristico, che elimina la dialettica storica, si rivelata mito (UVPS p.368). La quinta parte rappresenta il momento pi caotico, con le catene di immagini dominate da una paratassi assai vistosa, quasi a segnalare lassenza (la perdita) di una logica articolata secondo le gerarchie del pensiero (84). la descrizione del mondo moderno, tecnologico e scientista, che contamina anche il simbolo salvifico (E meteoriti di ferro mentale / filano sui continenti, tangono / campi magnatici di rose sopite, V, vv.9-11). Il mondo senza speranza percorso da figure spettrali (uomini opachi avviati sui lastrici, V, v.8). Come ha scritto Luciana Ceccarelli: Fortini non pu credere liberatoria una prospettiva scientisticamente organizzata quando il presente tecnologico gli appare gi lultima forma di dominio repressivo (85). La sesta parte segna il punto pi basso della parabola: le rose sono distrutte, incenerite (restano solo carboni di rose, VI, v.1). Questa la vera discesa allAde, che viene detta in tutta la violenza sadica delle immagini e ricorrendo ai nomi di mitici dannati e delle Erinni. annunciata la futura trasformazione degli uomini in larve murate nel sottosuolo. Il movimento regressivo viene bloccato nella settima parte, cos come si pone fine allo slittamento dei significati, allorgia metamorfica (Torna uno il vero? Fuggite, allegorie, VII, v.4). Da una parte si respira quasi un senso di sconfitta per la scelta della ragione, simboleggiata dal gelo e dalla spina nella consueta contrapposizione con la rosa e dallaltra viene riconosciuta da parte del poeta la propria demenza , per la quale viene chiesto diritto di esistenza. Loriginalit del poemetto consiste prima di tutto nellaver coniugato due modi espressivi apparentemente lontani: Fortini innesta su una struttura allegorica elementi chiaramente simbolici, secondo i moduli tipici della apocalittica. Al simbolismo consueto che attinge soprattutto dalla sfera naturale, si aggiunge quello che possiamo definire simbolismo degli sconvolgimenti cosmici, cio il verificarsi di fenomeni opposti rispetto al corso naturale delle cose, e il simbolismo teriomorfo, nellintervento in particolare dellessere mostruoso che divore le rose. Fletcher sottolinea che la visione allegorica si distingue decisamente dal sogno in quanto organizzata ritualisticamente, conformandosi cos piuttosto alle fantasticheri della personalit compulsiva e ossessionale (86). Il rito culmina in un momento di particolare intensit (simbolo di centro) come nel Paradiso la visione della Rosa Mistica (a cui chiaramente Fortini allude nel suo poemetto): la visione apocalittica finale ha sempre lo stesso carattere culminante: sembra lo specchio di una speranza assoluta, o meglio di un assoluto esaudimento dei desideri, nella vita o nella morte (87). Fortini ha piegato un linguaggio e un modulo espressivo radicato nella tradizione religiosa alla veicolazione di contenuti nuovi. Ancora una volta siamo obbligati a leggere la poesia tenendo ben presente la contemporanea elaborazione teorica dei saggi raccolti nel 1965 in Verifica dei poteri, lopera in cui pi chiaramente visibile linfluenza di Benjamin: Linnesto paradossale di una tensione escatologica in una prospettiva che pure si voleva marxista presuppone una polemica antistoricistica e antiprogressista e uninsistenza sullimmagine della redenzione che richiamano le Tesi sulla filosofia della storia di Benjamin (88). La lettura de La poesia delle rose obbligata, anche se il ricorso alla simbologia permette una maggiore libert. Ma il ricorso di Fortini ad una forma espressiva allegorico- simbolica non deriva dalla volont di affermare la potenza creatrice dellartista ma dalla volont di ancorare il testo allextra-testo, perch, come scrive Fletcher, bisognerebbe essere sempre disposti a riconoscere che questa verit visionaria discende dalla propria volont di accettare un dato complesso di dottrine (89). Il corrispettivo teorico de La poesia delle rose un saggio del 1963, La mani di Radek, invito a sottendere ad unazione realmente rivoluzionaria una nozione di storia come durata e intermittenza, sulla scorta delle Tesi di filosofia della storia. Due le riflessioni di Benjamin che Fortini maggiormente sviluppa: la prima riguarda il nesso tra sviluppo tecnico e sfruttamento della natura, la seconda linevitabilit di una concezione del tempo come omogeneo, se alla base vi una nozione di progresso indefinito. Il desiderio e la separazione di cui Fortini si augura la fine allinizio della quarta parte del poemetto sulle rose , a mio modo di vedere, non solo il sogno di pacificazione finale degli uomini ma anche di accordo tra uomo e natura. La rosa stessa viene a simboleggiare tra le altre cose lo sfruttamento cui luomo sottopone la natura, asservendola al proprio benessere. In tutta la poesia e la saggistica fortiniana circola un sentimento

di orrore per la modernit industriale e tecnologica, cui contrappone un progresso non modernoe non fondato sul benesser (VP p.49). Quando la sua utopia assumer contorni pi concreti sar il vagheggiamento di uno stato di radicamento (per usare unespressione di Simone Weil) in un luogo, con un recupero dei valori della societ preindustriale (VP p.42) e per una conferma basta leggere una poesia come A Cesano Maderno (UVPS p.255). La critica alla democrazia capitalistica (ma anche alla socialdemocrazia), necessariamente tecnologica e scientista (VP p.92), vuol dire anche riaffermazione di un telos nel processo storico: La nozione di storia come durata e intermittenza, come alternanza di quantitativo e qualitativo, come rifiuto della continuit, finalismo, prospettivismo, prepara la fine della storia a noi nota (VP p.98). Dunque, il marxismo deve recuperare la carica utopica delle origine, se non vuol essere una semplice propaggine delle filosofie borghesi. La fine della storia (= fine della lotta di classe) sar anche il presupposto per un rapporto finalmente compiuto con il passato, perch, come scriveva Benjamin, solo allumanit redenta tocca interamente il suo passato (90). Come in Dante, la centifolia rosa indivisa unit di tutti i passati, che finalmente rivivono non pi come memoria spettrale e persecutoria, come colpa (VP p.100): La fine della storia come fine della lotta di classe e come unit del genere umano praticher la sola conservazione possibile del passato: quella che lo distrugge in quanto passato e lo fa presente (ibid.). La definizione che Raboni ha dato de La poesia delle rose quando lo considera il contributo di Fortini alla discussione suscitata in Italia dalle (e intorno alle) nuove avanguardie (91), ci permette di abbozzare anche unaltra analisi. Il poemetto potrebbe essere visto come un cedimento tattico alla poetica della neo-avanguardia per mostrarne tutto il limiti, nella tendenza, accentuando lautosufficienza delloperazione sul linguaggio [...], a chiudersi su di s, secondo un modo che presuppone gi data, nella complessit storico-sociale circostante, lintegrabilit del proprio discorso, la collocazione del proprio microcosmo (VP p.81). Riprodurre mimeticamente le contraddzioni della realt a livello linguistico vuol dire dimenticare che la lotta contro la mercificazione delluomo si conduce non a colpi di poesia ma con martelli reali (Breton) (OI p.112). Sembra, dunque, che nel momento di maggior tensione verticale Fortini avverta il rischio di una posizione profetico-messianica che annulli la dialettica storica (e riproponga lillusione di una salvezza tutta interna alla poesia) e torna a scegliere coscientemente la lenta costruzione della ragione che non d gioia (il gelo) ma neanche un appagamento illusorio e il momento etico (il volere): ci che sinteticamente viene definito il dente della storia. Anche Asor Rosa ritiene che il finale della poesia (Viva la rosa della primavera. E viva lerba, il fiore, i baci, il dolore, VII, vv.23-24) vada letto in chiave ironica. 2.7. Il compiuto allegorismo di Questo muro Nel 1970 esce la traduzione del Faust di Goethe, dopo un lavoro di cinque anni (92). Abbiamo visto di volta in volta come le poesie di Fortini filtrassero le sue esperienze intellettuali (da alcune situazioni eluardiane alla totalit di Lukcs, dalla sintesi di materialismo e misticismo di Benjamin alla sapienza cinese di Brecht). Limportanza della traduzione di Goethe nella poesia di Fortini la possiamo riassumere in tre punti. La traduzione si presenta come un vero e proprio trattato di una metrica nuova, come ha scritto Raboni, secondo il quale evidente una valorizzazione espressiva degli accenti delle singole parole come unit singole di senso allinterno dellunit metrica casual che le ospita (93). Il poeta tedesco inoltre si presentava come lesempio pi compiuto di un classicismo gnomico e vedremo che questa diventer la cifra stilistica dominante dellultimo Fortini. Infine il Faust rappresenta un unicuum nella poesia occidentale, perch, quando gi si andavano affermando poetiche centrate sul simbolo, proponeva una ripresa dellallegoria. Esso delude qualsiasi estetica dellunit di forma e contenuti e si presenta come una successione di quadri ,con una grande variet di ritmi e di situazioni linguistiche, e una frequente enunciazione di sentenze e di giudizi filosofici che commentano lazione (94). Dieci anni dopo Una volta per sempre esce Questo muro (95), che raccoglie le poesie dal 1962 al 1972. Il libro si presenta ancora una volta privo di un centro tematico. Secondo Berardinelli ci troviamo di fronte a uno stile costruito sulla contraddizione, sullo sdoppiamento, sullo schema dellallegoria e della parabola (96). Nelle poesie di Questo muro viene ripreso e portato a compimento il lavoro stilistico iniziato con le poesie brechtiane di Una volta per sempre. Il verso si distende e torna spesso a coincidere con la frase. Le frasi sono strutturate in maniera elementare (soggetto, verbo, complemento): basti vedere poesie come

La linea del fuoco, Dopo una strage, A Vittorio Sereni, i primi tre componimenti de Il falso vecchio. In questo modo gli stessi rari enjambments acquistano maggiore potenza (come per esempio: La sola cosa che importa /il movimento reale che abolisce/lo stato di cose presente, Gli ospiti, UVPS p.309, vv.3-4). Vanno ancora sottolineati: la rarefazione degli aggettivi [...] e in genere dei qualificativi, e lorientamento per un tipo di elocuzione che, articolandosi sulla dinamica dei nessi immediati verbo-sostantivo (cos spesso astratto) e sullevidenza delle giunture sintattiche, tende ad assorbire il pi possibile nella pronuncia poetica la perentoriet denotativa del discorso assertivo (97). Enrico Testa lo porta ad esempio di anti-macrotestualit, in opposizione a libri come Il galateo in bosco di Andrea Zanzotto o Il congedo del viaggiatore cerimonioso di Giorgio Caproni. Questo muro sarebbe caratterizzato da una variet di temi e di motivi cui corrisponderebbe una notevole apertura compositiva. Inoltre mancherebbero quelle catene isotopiche, sia spazio-temporali che di personae (98), che costituiscono un macrotesto. Testa sottolinea una caratteristica decisiva della poesia di Fortini, che abbiamo rilevato in tutta la sua opera e non si tratta semplicemente come vorrebbe il poeta stesso di mancanza di controllo critico che si limiterebbe alla singola composizione (Il mio controllo critico, ha scritto Fortini, si limita alla singola posizione) (99) ma della volont di non investire il testo di autonomia. Alla base dellanti-macrotestualit dei libri di Fortini, come scrive Testa, pare esservi un deciso rifiuto dellidea del libro come entit autosufficiente, con quanto di mistificante essa pu condurre con s in termini di un troppo reciso congedo dallextratesto [...]. Se la parola poetica si muove, oscillando tra la realt, la biografia e la storia, tra i generi, le retoriche e gli stili, e precisando su questo margine sdrucciolevole, inutile e pericoloso - sembra dire Fortini- consegnarla ai testi, che come specchi, sia pure anamorfici, si richiamano lun laltro, creando lillusione della separatezza e della conclusivit (100). Questa lunga citazione era necessaria per capire un altro aspetto di quello che abbiamo definito allegorismo fortiniano. Il poeta pi di una volta ha dimostrato di possedere quel controllo critico che gli avrebbe permesso la creazione non solo di poesie incatenata (come La poesia delle rose o Il nido) ma il controllo di unintera raccolta. Creare, per, un testo chiuso, circolare, avrebbe significato riprorre in maniera obliqua una concezione salvifica della poesia, rendendola autosufficiente. Questo muro, a mio modo di vedere, si presenta spaccato in due: da una parte le poesie fino al 69, dallaltra quelle fino al 72. Che cosa accade in questo breve lasso di anni? Fallisce lincontro con la storia. lo stesso Fortini a scrivere: Tra il 68 e il 70 pensavo di dimettere laccento del rammarico e della profezia [...] per riflessioni e ricerche pi modeste. Non avevo ancora preveduto il mutamento o disfacimento dei rapporti politici, lalterarsi del movimento della Nuova Sinistra nel giro di pochi anni (QF p.VI). E il titolo della raccolta, tra gli altri significati, potrebbe anche rappresentare la coscienza di questa spaccatura (anche se il limmagine del muro nasce prima di tutto dallesperienza quotidiana dellautore: quello di fronte alla sua casa milanese, guardato per trentanni, simbolo del limite) (ER p.127). La prima sezione, intitolata La posizione, lunica strutturata intorno ad un tema unitario, quello della lotta, e presenta una serie di testi dove, con stile allegorico, detto il clima di scontro frontale che segna lapertura degli anni 60. Pasolini leggeva in queste poesie lossessione di guerra guerreggiata (in poesie come La linea del fuoco, Discorso del governatore, Le difficolt del colorificio, ecc.) che caratterizzerebbe lintera personalit di Fortini e scriveva che tale guerra metaforica appare curiosamente arcaica. Essa ricorda la povera guerra partigiana e addirittura la guerra del 15-18, con le sue trincee, le sue fucilazioni, i suoi addii (101): Le trincee erano qui. C ferro ancora tra i sassi. Lottobre lavora nuvole. La guerra fin da tanti anni. Lossario in vetta. Siamo venuti di notte tra i corpi degli ammazzati. Con fretta e con piet abbiamo dato il cambio. Fra poco sar lassalto. (La linea del fuoco, UVPS p.275)

La prima strofa costituita da frasi che coincidono con il verso. La durezza della situazione suggerita anche dalla ripetizione ossessiva della r. Ai due novenari iniziali segue un ottonario sdrucciolo, per dire lottobre che, nella simbologia fortiniana tempo dattesa. Berardinelli legge nella poesia una metafora del ritorno alla lotta che ha segnato lapertura del decennio sessanta (102). Ne La posizione esibita la violenza dei tempi: Noi ci troviamo in questo momento in corsa in una lunghissima curva della pista: che la pianura di nebbia fetida, chioschi, conigli sbranati, fari. Precipita la notte e incanta la regione. Le auto multicolori emettono appelli. Bruciano filamenti doro. Oh, essere vivi ci caro. E se altre notizie volete possiamo dirvi che su nel cielo il freddo animale immaginario piange. E se trove taluno nel portabagagli una testa recisa che apre e chiude sempre pi lente le labbra talaltro avr i giornali o i mirtilli duna volta. Noi porteremo a termine comunque il compito vegliando questo nel piccolo sonno oramai riunito popolo. (La posizione, UVPS p.277) Ancora una novit nelluso del registro allegorico: la citazione (il freddo animale immaginario), che Fortini, ricorrendo allinterpretazione di un passo dantesco, spiega essere la costellazione dei Pesci; ma qui anche il pesce acrostico cristiano (UVPS p.369). Questo uno dei casi in cui il referente nozione culturale, storica o geografica o della tradizione laica o scritturale, per la quale pu accadere che il poeta stesso si faccia esegeta o glossatore a confermare la natura convenzionale o a disilludere qualsiasi tentativo di lettura analogica o simbolista (103). Lindicazione del pesce come simbolo cristiano permetterebbe di interpretare la misteriosa testa recisa come un allusione a San Giovanni Battista, che nel deserto predicava la necessit della veglia inesausta data la vicinzanza del regno dei cieli. Ma la testa recisa potrebbe anche essere emblema di Orfeo, il mitico cantore tracio, e dunque allusione alla impossibilit del canto (poich la testa apre e chiude sempre pi lente le labbra). Unico compito della poesia rimarrebbe la veglia (che rimanda chiaramente al topos fortiniano della veglia alla finestra). Discorso del governatore (UVPS pp.276) anticipa luso della prosopea che troveremo in maniera pi compiuta ne Il falso vecchio. A parlare una non meglio definita figura che simboleggia la reazione, il potere. Linvito che egli rivolge ai suoi commensali quello di chiudere gli occhi (non meglio / fingere che nulla sia stato?, vv.16-17) e a non guardare quei fuochi sulla montagna (v.18), riferimento alla storia e al mito della resistenza. Luso della prosopopea, oltre a mostrare una tensione alla polifonia, al contrappunto delle voci, che porta ad una pi esibita teatralit delle situazioni (che diventer una delle modalit dominanti dellultimo Fortini), anche, non dimentichiamolo, una modalit allegorica, ed la via pi sicura per raggiungere quella spersonalizzazione dellespressione poetica, quella distanza dalla materia che abbiamo visto essere una delle pi profonde aspirazioni di Fortini. Questo non grido di vittoria costituisce con le due poesie che la precedono un piccolo ciclo della rivolta: Questo non grido di vittoria n grido di vinti. Il clamore che odo di gente ubriaca. Chiunque per leterno venga con me. Ciascuno uccida il fratello ciascuno lamico ciascuno il vicino. (Questo non grido di vittoria, UVPS p.284)

Secondo Berardinelli il piccolo ciclo rappresenta il momento cataro della purezza, della opposizione settaria e potrebbe essere letto come una sorta di allegoria del momento ascetico-negativo delle origini della nuova sinistra (104). La poesia in questione costruita tutta con passi scritturali, come avverte Fortini in nota. A proposito della tecnica utilizzata da Elio Pagliarani ne gli Epigrammi ferraresi, tecnica di montaggio (e non di collages), utilizzata per arrivare ad un messaggio diverso dalloriginale ma nello stesso tempo facendo agire di contrasto il mondo ideologico o religioso delloriginale (in quel caso le prediche del Savonarola), ha scritto Luperini: Lo straniamento resta bens, ma prodotto per altre vie: [...] dal silenzio soprattutto della pagina bianca intorno a un verso isolato o a un piccolissimo gruppo di versi, che carica di tensione e talora di violenza la citazione, conferendola forza drammatica e/o epigrammatica quasi per un uso alternativo di questo artificio che, nato dal grembo della poesia simbolista e postsimbolista, viene ora energicamente sottratto allallusivit lirico-evocativa della sua origine (105). Parole che si possono tranquillamente ripetere per la poesia di Fortini che monta anchessa passi della tradizione religiosa cristiana violentemente profetici. Tra laltro luso di una spaziatura diversa dalla norma sembra teso proprio a valorizzare il silenzio, il raccoglimento della pagina bianca e a conferire maggiore risonanza alle singole frasi. Il montaggio dei passi biblici ha una forte effetto di contrasto in questo caso perch essi vengono posti in un contesto ideologicamente diverso (come avveniva in parte per La poesia delle rose con luso dello schema apocalittico). Allegorismo espressionistico, prosopopea, montaggio sembrano tutte tecniche convergenti verso la spersonalizzazione della espressione poetica o, al limite, verso la creazione di un io emblematico. In questa direzione va anche lartificio del rifacimento (che in Paesaggio con serpente diventer centrale): Dopo una strage (UVPS p.285) la trascrizione di una poesia di Lu Xun, il grande scrittore cinese che sar una delle guide intellettuali dellultimo Fortini. Collegata a quellallegorismo didascalico che abbiamo analizzato in Una volta per sempre Unaltra allegoria : Un piccolo luccichio nella mattina e il piccolo raggio di vetro dove si flette il ramo ebete primaverile. questo laddio, verit? Ah, ma sul punto ormai di consolarti nega e ragiona la pi giusta lacrima. Devi saperlo, un vivace saluto laddio. Il ramo, che mor, lo sa. (Unaltra allegoria, UVPS p.281) Ancora una volta linvito quello a imparare dalla natura. La verit , aspirazione pi profonda dellanimo umano, non pu morire ma come il ramo che secca e poi rifiorisce. Ma la similitudine avviene su un piano perfettamente razionale: la fusione con la natura come era esibita, per esempio, ne In una strada di Firenze impossibile perch luomo che personifica la realt e le conferisce parola. Come scrive Fortini in Per tre momenti: [...]. senza mente, una pianta che pazienta, poco diversa dallinsetto e dal rettile. Sono io che la mia forma effondo in quella definita forma e ingenuo credo realt la metafora. (Per tre momenti, UVPS, p.292,vv.14-19) La personificazione della natura avviene sempre in maniera molto controllata e anche, in parte ironica, contro il panismo di marca simbolista o orfica che tende ad unidentificazione immediata. A questo punto evidente che Questo muro si presenta come la raccolta pi compiutamente

allegorica di Fortini, sia per luso di una lingua discorsiva sia per il ricorso ai generi allegorici che ho cercato di evidenziare. Eppure Questo muro ad unattenta lettura si rivela lopera poetica pi ambigua di Fortini. Ha scritto Mengaldo che il discorso fortiniano pu recuperare tatticamente [...] certi valori di densit e oscurit del linguaggio ermetico: posto naturalmente che tali valori non alludono pi a uninsondabilit individuale e a una nozione della poesia come corpo separato, ma cifrano la complessit della situazione storica e la derivante necessit di messaggi ambivalenti e mascherati (106). La raccolta piena di strane apparizioni animali. In Lerba e lanimale (UVPS p.279) (anomala composizione di quattro strofe di nove endecasillabi luna), la natura che il poeta cerca di penetrare, si personifica in un animale (ma tutto resta sospeso in un atmosfera onirica che dissolve i contorni), foca o medusa o sirena o serpente, che svolge una funzione di illuminazione: Se vuoi sapere tu devi restare / tutta la notte molto attentamente / sveglio e i rumori tra i sassi ascoltar (vv.33-35). il tema della veglia che ricorre in tutta lopera di Fortini. Ma animali ricorrono in altre poesie come La posizione, Ancora la posizione, In memoria III. Con lesibizione delle proprie viscere essi definiscono subito una situazione di violenza sadica ed stato Giacomo Magrini a notare come queste poesie portino a compimento un uso del simbolismo del corpo da parte di Fortini che era iniziato con La poesia delle rose, il passaggio cio dellattenzione e della parola poetica dallesterno allinterno (107). Fortini recupera anche i modi favolistici di alcune poesie di Foglio di via (come Canzone per bambina). Ne Il merlo (UVPS p.289) viene messo in scena un dialogo tra il poeta e luccello che lo invita unambigua resurrezione. lo stesso Fortini a ricordare il ruolo delluccello nella fiaba e nella leggenda, la funzione di messaggero e di incarnazione del doppio (SI p.16). Ancora una volta viene esibita la tentazione di regressione. Ritroviamo i simboli negativi dello smarrimento (il bosco) e del sonno (ledera). Il verso centrale quello che dice: risorgere /, lo sai, di chi nulla ricorda (vv.23-24). Proprio in questo giro di anni Fortini inizier una violenta polemica contro la diffusione della memoria involontaria ad opera soprattutto dei mass-media: Il genere di vita quotidiana ormai solidamente costituito nelle societ urbane del moderno universo tecnologico di produzione e consumi ha creato nel giro di un cinquantennio le condizioni perch in masse grandissime di uomini gli episodi della emergenza della memoria involontaria si moltiplichino e dilatino sino ad occupare una larghissima parte della vita psichica di altrettanto riducendo e svalutando la funzione del ricordo. (I p.134) Ricorrendo ad un tono favolistico e a modi simbolici (come non vedere poi unallusione al tordo e al rose garden dellodiato Eliot dei Quattro quartetti?) si presenta la tentazione di una salvezza personale, ottenibile solo a prezzo di emarginare il ricordo, cio la storia, a patto di interpretare lallusione alla Irlanda di morti senza nessun riferimento allattualit; ma allet delle invasioni scandinave e dellEvangelario di Kells (UVPS p.369) E lattualit evocata in absentia la tragica ralt irlandese che alla fine degli anni 60 avrebbe portato sullorlo della guerra civile. La tentazione regressiva raggiunge lapice in una poesia non a caso collegata a Firenze, San Miniato. la certezza della solitudine e dellimpotenza che spinge il poeta a scrivere: Non conosco nessuno, nessuno mi conosce. Se i morti vedessero, vedrebbero come me. (San Miniato, UVPS p.295, vv.1-2) Ma nel componimento pi impegnativo di tutta la raccolta, che anche un manifesto di poetica, viene ribadita la coscienza di far parte comunque del movimento della storia e messo in pratica il messaggio di Una facile allegoria: la sorte del poeta si compir solo attraverso la sua scomparsa, la sua morte individuale. Il presente (UVPS p.302) in modi allegorici suggerisce la compenetrazione di presente, passato e futuro, in un dialogo serrato tra storia, coscienza e natura, dove ancora una volta ad un simbolo naturale affidato il compito di riassumere in unimmagine la concezione della vita (e della morte) di Fortini: Seguo il segno che una mano armata incide / sulla scorza del pino / e prepara il fuoco dellambra dove star visibile (Il presente, vv.21-23). E il simbolo eucarisitico ritorna in due varianti: ne Il seme (Non ancora luglio / non ancora scaldato asciutto assoluto / il seme), ne Gli ospiti (fra poco mangeranno la nostra verit!).

La perdita di centralit della tensione escatologica, che era stata fatta esplodere ne La poesia delle rose, la premessa dellultima poesia fortiniana, che diventa colloquio attento col presente, nellascolto della pluralit delle sue voci, nella lettura dei suoi palinsesti (PN p.169), ma anche un particolare percezione della realt come teatro, che sar alla base di Paesaggio con serpente: vedi Piazza Madonna (Questo teatro di spiriti accaniti), Le belle querce (Senza parlare mi dicono / che il senso della scena vuole molta attenzione), Aspettando il dentista (una commedia / tutto). Siamo lontani dai modi di Poesia ed errore, con il suo incessante confronto con lattualit. Mengaldo vede la grande novit di Questo muro nel diminuire della politicit esplicita o immanente a favore di quella implicita- trascendente, nel fatto che la violenza storica tanto pi vi incombe quanto pi materialmente assente, cifrata (108). Eppure nella raccolta per la prima volta troviamo un inserto prosastico dal contenuto esplicitamente politico, legato alla tragedia del Vietnam (che ha anche la funzione di mostrare i limiti della poesia: alcuni contenuti di scottante attualit hanno bisogno di unaltra strumentazione retorica per essere detti). Giovanna Gronda per prima ha sottolineato la spaccatura in due momenti che caratterizza il libro: il primo fino al 68, caratterizzato da una relativa univocit del punto di vista, il secondo a partire dal 70, dominato dal senso crescente della contraddittoriet del reale (109). Le motivazioni addotte sono di natura stilistica e psicologica. A mio modo di vedere il trauma invece di carattere storico, legato alla fine delle speranze rivoluzionarie culminate nel 68. Nella seconda parte colpisce, infatti,lassenza di composizioni politiche (tranne le rilevanti eccezioni de Il registratore e Un comizio), che in modi allegorici avevano dominato la prima parte (soprattutto la prima sezione). caduta la tensione della lotta e si afferma la coscienza del carattere privato e inessenziale della pratica poetica. La poesia di Fortini passa da quella sua condizione di tesa angoscia fin troppo carica di oltranza agonistica a un singolare atteggiamento di chiusura come in un doloroso ripiegamento di autonegazione (110). 2.8. Il falso vecchio, allegoria di una sconfitta storica. La scoperta del ruolo marginale della poesia Il falso vecchio (UVPS p.317) recupera lartificio della prosopopea: la figura del vecchio stata introdotta nella poesia finale della sezione Versi per un destinatario: Ma io // a una a una connetto / le parole come un vecchio / che picchia sopra i legni / per costruire una barca inutile (Per un giovane capo, vv.13-17). Queste poesie vanno lette anche come una parodia del mito della vecchiaia del Montale di Satura (dove circola per tutto il libro la mitologia della vecchiaia come ironia, saggezza, leggerezza, tristezza, ossia un luogo comune, mitologico appunto) (NSI p.110). Il parlante non mai nominato o presentato come personaggio ma suo lo sguardo che osserva la scena del mondo, sua la voce che lo descrive (111). La caratteristica essenziale del falso vecchio quella disponibilit ad osservare con calma, lungamente la realt, ad accettarla per come essa , senza sottoporla a giudizio (112). Ovvero tutto lopposto dellatteggiamento etico di Fortini che muta, come abbiamo visto, automaticamente losservazione del reale (sia esso natura o vita umana) in giudizio. A parlare, ricordiamolo, non il poeta ma una maschera. Lunica cosa che li accomuna il rifiuto della civilt tecnologica. Ci che nettamente li separa latteggiamento nei confronti della storia, il cui rifiuto evidente nel vecchio (Ho portato con me sotto il primo sottoscala / le ceneri di Alessandro, il pianto di Rachele. / Il verbo al presente mi permette di scomparire,IV, 5-7). Lunica felicit umanamente raggiugibile gli sembra essere la salute fisica (Sono contento di essere ancora vivo, X, 7) Lo sprofondamento nella propria individualit non pu che condurre al cinismo. Ma, secondo un tipico modulo fortiniano, Il bambino che gioca (UVPS p.330) blocca questo movimento: viene recuperata la dialettica della speranza, emblematizzata dal bambino che educa il vecchio (che immagine specularmente opposta al vecchio che costretto ad affrontare un esame come uno scolaro impreparato de Lesame) e, dopo aver presentato le ferite di una grave sconfitta politica, viene riproposta la possibilit dellutopia. Ha scritto la Gronda che ci che Fortini rifiuta e deride unimmagine della vecchiaia come resa incondizionata alla realt in quanto tale, passiva accettazione del presente (113). Se nella figura del bambino sapiente leggiamo anche unallusione al paedogeron, egli potrebbe rappresentare un emblema dellunione dei contrari (in questo caso la conoscenza di colui che ha esperienza e la vitalit, lentusiasmo del bambino). E il sogno dellunificazione dei contrari sembra essere abbastanza forte nel Fortini di queglanni, se , come vedremo, Lordine e il disordine segna laspirazione alla conciliazione tra il tempo ciclico della natura e quello direzionale della storia umana.Il bambino che gioca mostra anche in maniera evidente come il modello brechtiano abbia agito su Fortini. La situazione ripresa da Il ladro di ciliege del poeta tedesco (114), che, come ha scritto Fortini, si basa su una tensione fra essere e dover essere, fra regola e eccezione, che fonda una nuova regola (115). La costante attenzione alla poesia di Brecht ha permesso levoluzione verso una poesia politica che, paradossalmente, ha pochissimi riferimenti allattualit, ma la d sempre per presupposta. Inoltre, Fortini,

come ho gi scritto, fa proprio quel rimando continuo tra situazioni e sistema ideologico che caratteristico dellultimo Brecht. Scrive ancora a proposito de Il ladro di ciliege: In un contesto ideologico e morale diverso da quello che Brecht presuppone, il giovane ladro di ciliege, potrebessere limmagine di una indifferente vitalit, un allegro tramp... Essenziale invece, qui, il carattere di apparizione profetica del ladro-non- ladro [...]. Ma essenziale anche la mancanza di commento, dunque la inesauribilit della parabola (116). Queste parole permettono di misurare appieno levoluzione dellallegorismo fortiniano: partito da un uso dellallegoria finalizzato alla chiarezza del messaggio (lo stile parabolare) approda ad unallegoria priva di commento ma che, nello stesso tempo, viene guidata nellinterpretazione dal riferimento al sistema ideologico e morale dellautore. Contemporaneamente tramite lallegoria lesperienza del poeta diventa emblematica, cio condividibile, e le situazioni arrivano a quella astrattezza, che Fortini considerava meta del suo lavoro (v.Per una poetica in nuce, OI p.93). Lo stesso movimento del Falso vecchio visibile nellultima sezione del libro, Di maniera e dal vero, dove si delineano alcune caratteristiche dellultima poesia di Fortini: la natura come rifugio estremo, un senso diffuso di teatralit, un linguaggio che acquista qua e l una finta immediatezza da classico. La visione netta e brillante in unarea che non si sa pi se completamente reale o assolutamente astratta (117). Prendiamo ad esempio una poesia come Il sole scalda: Il sole scalda le piastrelle del terrazzo ma le terrecotte sono molli di mattino. Isole e pini dal mare colore turchino e le api mulinano nei calici aromatici. Il piede sullorlo di marmo. Piacere preciso che la mente turbata non vuole ricevere. Dalla valletta dacacie un genio gentile spira calma. bella la ragazza, egualmente cos misurata. Fresca la sua caviglia nel mezzod. La mente turbata dalleco del secolo atroce intenda a poco a poco la benevolenza della luce. (Il sole scalda, UVPS p.337) Il tono della composizione di tre quartine (tranne i versi finali) chiaramente prosastico. La tessitura fonica molto ricca, anche se dissimulata sotto lunderstatement della pronuncia. I vv.1-10 costituiscono il momento narrativo- descrittivo: un mattino destate in un paesaggio marino. Ma lio narrante rifiuta la serenit e il piacere di questa situazione a differenza della ragazza che riflette la misura del paesaggio, la sua perfezione e la sua freschezza. Gli ultimi due versi introducono il giudizio: capiamo che la resistenza alla gioia motivata eticamente. Anche il tono si innalza. Tornano i due temi ossessivi della poesia fortiniana, la natura e la storia, che abbiamo visto sempre incontrarsi in maniera conflittuale. Come ha scritto Luperini a proposito di unaltra poesia: I due ordini, in effeti, sono appunto quello della perfezione e dellimperfezione, del bene e del male: concetti di natura etica e razionale, non immagini. Il rapporto orizzontale, confidenziale e sensuale col reale -tipico del simbolismo- sostituito da uno verticale, o concettuale, che distingue, correla e contrappone due ordini diversi: quello dellallegoria (118). Il rischio della contemplazione naturale quello della distrazione dai veri scopi, dallobbedienza alla norma etica (uno dei temi di Paesaggio con serpente) ma, nello stesso tempo, la natura anche un possibile paradigma di perfezione [...] apparenza, ma anche possibile futura sostanza (119). Perci diventa giusto per la mente turbata intendere la benevolenza della luce. Vengono in mente le considerazioni di Fortini sulla poesia come attributo delle classi dominanti e la sua funzione di anticipo, tramite la forma, della societ liberata. Il sole scalda pu essere anche letta , dunque, come unallegoria della poesia. Il cugino (UVPS p.334) rappresenta uno dei migliori risultati di Fortini nelluso di uno stile allegorico o meglio nella traduzione in parabola della storia individuale (120). Mentre della bella analisi

di Lenzini condivido la definizione della poesia come messa in scena di un movimento regressivo, non sono daccordo con le sue considerazioni conclusive, quando scrive che nei suoi versi [...] si tradotta la lingua limpida dellutopia, e la speranza sepolta attende il tempo che si realizzi (121). Se vero che questo il momento della sconfitta, Fortini lo allegorizza con limmagine del rifiuto, del silenzio (e non gli rispondevo, v.2). Scrive Lenzini che alla fine della poesia la realt esterna [...], viene del tutto negata: resta solo un corpo (v.13) le cui sensazioni occupano tutto lo spazio della coscienza (122). lo stesso processo di rifiuto del reale e di rifugio nella corporeit che agiva ne Il falso vecchio e che ritroveremo in Paesaggio con serpente ne Il nido. In tutta la seconda parte della raccolta si respirano una calma, una pazienza diversa: la certezza della marginalit e deperibilit propria e delle parole letterarie (123). Sul piano formale prevale un atteggiamento che stato definito manieristico o classico, a seconda degli elementi sottolineati. Berardinelli ritiene che a Fortini una lezione di maniera provenga da scrittori (Virgilio, Goethe, Baudelaire) nei quali il senso tragico della catastrofe, della rovina, della fine di un intero universo sociale e culturale, si accompagna ad una vocazione alla luce (124). Se si accentuano invece (secondo le indicazioni di Fortini stesso) lintenzione comunicativa, comiugata ad armonia ed organicit dellopera, la sua poesia pu essere definita classica: Al servizio di una maturit di esperienza e di una trasmissione di valori etici (pietas, disciplina, autocontrollo, rinunzia) stanno alcuni principi stilistici quali lossequio alle norme della tradizione, luso della attenuazione o litote, la separazione dei generi e degli stili, la regolarat, la compiutezza (NSI p.262). Quale delle due categorie si prediliga (che comunque hanno in comune lattuazione di quella esigenza del distacco dalloggetto e dallumida immediatezza dellespressiondi cui parlava Mengaldo) (125), non bisogna commettere lerrore di generalizzarle, fino a renderle omnicomprensive di tutta lultima produzione fortiniana, che si regge su fortissime antinomie e contraddizioni. Possiamo solo aggiungere che, contemporanemamete alla ricerca poetica, anche nella forma- saggio Fortini in quegli anni ricerca una forma modulare che coniugasse chiarezza e ed essenzialit. Nella poesia questa ricerca parte dal presupposto che la forma letteraria che lascia trasparire al massimo gli elementi extratestuali e quindi riduce al minimo il proprio indice di rifrazione anche quella che pi potentemente ed economicamente li estrania (QF p.149, corsivo dellautore). Il componimento che chiude il libro, Lordine e il disordine (UVPS p.352) una prosa poetica intessuta di una complessa simbologia di cui Fortini non ha suggerito le chiavi in nota, in stridente contrasto con il tono medio dominante nella seconda parte e con la prosa politica di Un comizio. Il componimento dimostra come sempre in Fortini elementi simbolici e linguaggio alto siano pronti ad irrompere. Questo laspetto dialettico del suo sistema poetico. Gli elementi che subito connotano la situazione sono la valletta di pasqua, che rimanda ad una condizione di transito e la biscia (poi chiamata serpe), che non viene connotata negativamente. Lanimale pesante che vola forse unallusione al pesce acrostico cristiano (vedi La posizione, UVPS p.277) e dunque a Cristo. Il Disegno rimanda a Da Praga: Gli elementi lavorano, il disegno / si compie dei cristalli o si disgrega (UVPS p.253), riferimento alle operazioni alchimistiche ma anche, chiaramente, ad una concezione escatologica della storia umana. La morte del serpe premessa del Disordine. Linvito finale quello di reggere insieme sia la ragione dellordine che la dimostrazione del disordine. Luno che in s si contraddice, e tu fissalo: finch non sia pi uno. E poi torni ad esserlo, e ti porti via. Sembra unallusione al moto perpetuo del mondo che limmaginario pagano simboleggiava con luoroboros, il serpente che si mangia la coda. Lunit di tutte le cose (il cerchio), che si dispiega nella molteplicit delle trasformazioni cicliche (il serpente, legato ai culti lunari, era anche simbolo delle fasi della luna) per tornare sempre in se stessa (la congiunzione della coda con la testa), conciliando cos uno e molteplice. Laltra grande suggestione operante potrebbe essere la teoria delleterno ritorno di Nietzche. In Cos parl Zarathustra il filosofo ricorre allimmagine del serpente che si infila nella bocca delluomo come simbolo della circolarit e dellanello eterno (126). La biscia decapitata (quindi il cerchio che non si chiude) simboleggia una concezione lineare del tempo (verso il Disegno). Ma linvito a conciliare due tempi: quello lineare, appunto, e quello ciclico. Vedremo che Paesaggio con serpente partir proprio da questa premessa: il tema centrale della raccolta sar tempo della storia, direzionato vs. tempo della natura, circolare e quindi sempre uguale.

NOTE AL SECONDO CAPITOLO 1- M. Zancan - M. Gusso, Franco Fortini, in Dizionario critico della letteratura italiana, a cura di V. Branca, Torino, UTET, 1986, vol.II, p.261. 2- R. Luperini, La lotta mentale. Per un profilo di Franco Fortini, Roma, Editori Riuniti, 1986, p.22. 3P.V. Mengaldo, Introduzione a F. Fortini, Poesie scelte (1938- 1973), Milano, Mondadori, 1974, p.17. 4- Il romanzo esce nel 1948 con il titolo Agonia di Natale, Torino, Einaudi. Cito dalla ristampa che recupera il titolo voluto dallautore, Giovanni e le mani, Torino, Einaudi, 1972. 5- G. Raboni, Prefazione a F. Fortini, Giovanni e le mani, op.cit., p.VIII. 6- A. Berardinelli, Franco Fortini, Firenze, La Nuova Italia, 1973, p.38. 7- F. Fortini, Giovanni e le mani, op.cit., p.95. 8- G. Raboni, Franco Fortini, in I contemporanei, Milano, Marzorati, 1974, vol.V, p.965. 9- P.V. Mengaldo, Introduzione, cit., p.18. 10- A. Berardinelli, Franco Fortini, op.cit., p.13. 11- Vedi in particolare Solitudine di Quasimodo, La riforma letteraria n.28, 1939. 12 - F. Fortini, Foglio di via e altri versi, Torini, Einaudi, 1946. 13- V. Carini-C. Di Girolamo, Franco Fortini, Belfagor n.3, 1977, p.281. 14- Carini- Di Girolamo, Franco Fortini, cit., p.282. 15- Eluard- La poesia non sacra (intervista a cura di F. Fortini), Il Politecnico n.29, 1946. 16- F. Fortini, La poesia libert, Il Politecnico, n.8, 1945. 17- S. Ramat, Ermetismo, in Dizionario critico della letteratura italiana, op.cit., vol.II, p.198. 18- P. Sabbatino, Gli inverni di Fortini. Il rischio dellerrore nella cultura e nella poesia, Foggia, Bastogi, 1982, p.30. 19- H.Friedrich, La struttura della lirica moderna, Milano, Garzanti, 1983, p.223 20- P.V. Mengaldo, Introduzione, cit., p.16. 21- A. Berardinelli, Franco Fortini, op.cit, p.25. 22- G. Raboni, Temi resistenziali e stile da traduzione in Foglio di via, in AA.VV., Per Fortini, a cura di C. Fini, Padova, Liviana, 1980, p.159. 23- W. Siti, Il neorealismo nella poesia italiana 1941-1956, Torino, Einaudi, 1980, p.39. 24- H. Lausberg, Elementi di retorica, Bologna, Il Mulino, 1990, p.132. 25- R. Pagnanelli, Fortini, Ancona, Transeuropa, 1988, p.33. 26- S. Ramat, Ermetismo, cit., p.144. 27- A. Asor Rosa, Fortini e le rose, in AA.VV., Per Franco Fortini, op.cit., p.26. 28- V.Carini- C. Di Girolamo, Franco Fortini, cit., p.303. 29- ibid. 30- F. Fortini, Introduzione a P.Eluard, Poesie, Milano, Mondadori, 1985, p.50. 31- Vedi R. Luperini, Leredit di Pasolini e quella di Fortini, in La lotta mentale, op.cit., pgg.38-52. 32- Vedi F. Fortini, Sere in Valdossola, Venezia, Marsilio, 1985. 33C.Garboli, Le poesie parallele, in AA.VV., Per Fortini, op.cit., p.83. 34- A. Berardinelli, Franco Fortini, op.cit, p.22. 35- C.Garboli, Le poesie parallele, cit., p.82. 36- P.V.Mengaldo, Divagazioni in forma di lettera, in AA.VV., Per Fortini, op.cit., p.145. 37- W.Siti, Il neorealismo..., op.cit., p.176. 38- F. Fortini, Poesia ed errore, Milano, Feltrinelli, 1959, poi Poesia e errore, Milano, Mondadori, 1969. 39- A. Berardinelli, Franco Fortini, op.cit., p.40. 40- P.Sabbatino, Gli inverni di Fortini, op.cit., p.155. 41F.Fortini, Metrica e biografia, Quaderni Piacentini, n.s., n.2, 1981, p.111. 42- G.Raboni, Franco Fortini, cit., p.967. 43- P.Sabbatino, Gli inverni di Fortini, op.cit., p.157. 44- R. Pagnanelli, Fortini, op.cit,, p.65. 45- A. Berardinelli, Franco Fortini, op.cit., p.69. 46- A. Berardinelli, Franco Fortini, op.cit., p.70. 47- A. Jacomuzzi, La poesia di Montale, op.cit., p.69. 48- A. Asor Rosa, Fortini e le rose, cit., p.25. 49- V.Carini-C.Di Girolamo, Franco Fortini, cit., p.304. 50- R. Pagnanelli, Fortini, op.cit., p.37. 51- W. Siti, Il neorealismo..., op.cit.,p.177. 52- A. Berardinelli, Franco Fortini, op.cit., p.69. 53- A. Jacomuzzi, La poesia di Montale, op.cit., p.72. 54- Per la storia della rivista vedi G.C. Ferretti Officina, Torino, Einaudi, 1975. 55- G.C. Ferretti, Officina, op.cit., p.7. 56- G.C. Ferretti, Officina, op,cit., p.56. 57P.V.Mengaldo, Introduzione, cit., pgg.19-20. 58- Carini- Di Girolamo, Franco Fortini, cit., p.292. 59-B. Brecht, Poesie e canzoni, Torino, Einaudi, 1959. 60- F. Fortini, Una volta per sempre, Milano, Mondadori, 1963. 61- G. Raboni, Franco Fortini, cit., p.969. 62- A. Berardinelli, Franco Fortini, op.cit., p.95. 63- R. Pagnanelli, Fortini, op.cit., p.78. 64- A. Berardinelli, Franco Fortini, op.cit., p.95. 65- CariniDi Girolamo, Franco Fortini, cit., p.306. 66- F. Fortini, Prefazione a B. Brecht, Poesie e canzoni, op.cit., p.XIV. 67- F. Fortini, Prefazione a B. Brecht, Poesie e canzoni, op.cit., p.XV. 68- Carini-Di Girolamo, Franco Fortini, op.cit., p.305. 69- A. Berardinelli, Franco Fortini, op.cit., p.101. 70- R. Luperini, Lallegoria del moderno, op.cit., p.297. 71- ibid. 72- ibid. 73- Isabella Vicentini, Colloqui sulla poesia, Torino, Nuova ERI, 1991, p.107. 74- R. Luperini, Lallegoria del moderno, op. cit., p.293. 75- G. Barberi-Squarotti, Dai post-ermetici alla postavanguardia, in Letteratura italiana contemporanea, diretta da G. Mariani e M. Petrucciani, Roma, Lucarini, 1984, vol.III, p. 522. 76- R. Luperini, La lotta mentale, op.cit., p.19. 77F. Fortini, Metrica e biografia, cit., p.113. 78- R. Pagnanelli, Fortini, op.cit., p.33. 79- Zancan-Gusso, Franco Fortini, cit., p.264. 80- F. Fortini, Metrica e biografia, cit. , p.113. 81- A. Fletcher, Allegoria: teoria di un modo simbolico, Roma, Lerici, 1968, p.239. 82- A. Fletcher, op.cit., p.321. 83- A. Berardinelli, Franco Fortini, op. cit., p.107. 84- A. Asor Rosa, Fortini e le rose, cit., p.144. 85- L.

Ceccarelli, Il coraggio di esitare, Paragone n.388, 1982, p.70. 86- A. Fletcher, Allegoria, op.cit.,p.322. 87- A. Fletcher, op.cit., p.328. 88- Zancan -Gusso, Franco Fortin, cit., p.264. 89- A. Fletcher, Allegoria, op.cit., p.330. 90- W. Benjamin, Angelus Novus, op.cit., p.76. 91- G. Raboni, Franco Fortini, cit., p.969. 92-J.W.Goethe, Faust, Mondadori, Milano, 1970. 93- G.Raboni, Franco Fortini, cit., p.957. 94- F.Fortini, Introduzione a J.W.Goethe, Faust, Milano, Mondadori, 1982, p.LV. 95- F. Fortini, Questo muro, Milano, Mondadori, 1973. 96- A.Berardinelli, Franco Fortini, op.cit., p.145. 97P.V.Mengaldo, Introduzione, cit., p.17. 98- E. Testa, Il libro di poesia, Genova, Il Melangolo, 1982, p.137. 99- F. Fortini, Notizie e dichiarazioni di scrittori, Rassegna della letteratura italiana, LXXXVII, s.3, 1981, p.438. 100- E. Testa, Il libro di poesia, op.cit., p.139. 101- P.P.Pasolini, Il caos, Roma, Editori Riuniti, p.121. 102- A.Berardinelli, Franco Fortini, op.cit., p.148. 103- A. Jacomuzzi, La poesia di Montale, op.cit., p.77. 104- A. Berardinelli, Franco Fortini, op.cit., p.148. 105- R. Luperini, Introduzione a E. Pagliarani, Epigrammi ferraresi, Lecce, Piero Manni, 1987, p.8. 106P.V.Mengaldo, Introduzione, cit., p.122. 107- G.Magrini, Il corpo nella poesia di Fortini, in AA.VV., Per Fortini, op.cit., p.126. 108- P.V. Mengaldo, Divagazioni in forma di lettera, cit., p.90. 109- G. Gronda, Il falso vecchio: connessioni intertestuali in una sezione di Questo muro,in AA.VV., Per Franco Fortini, op.cit., p.141. 110- G.Zagarrio, Febbre, furore e fiele, Milano, Mursia, 1983, p.555. 111- G. Gronda, Il falso vecchio..., cit., p.92. 112- G.Gronda, Il falso vecchio..., cit., p.96. 113G.Gronda, Il falso vecchio..., cit., p.111. 114- Vedine la traduzione di Fortini in F. Fortini, Il ladro di ciliege e altre versioni, Torini, Einaudi, 1982, p.102. 115- F. Fortini, Introduzione a B. Brecht, Poesie e canzoni, op.cit., p.XVIII. 116- ibid. 117- A. Berardinelli, Franco Fortini, op.cit., p.155. 118R.Luperini, La lotta mentale, op.cit., p.105. 119- R. Luperini, La lotta mentale, op.cit., p.108. 120L.Lenzini, Il tempo della traduzione. Su Fortini, in Quattro studi sul tradurre, a cura di G.Lonardi, Verona, 1983,p.124. 121- ibid. 122- L.Lenzini, cit., p.123. 123- A. Berardinelli, Franco Fortini, op.cit., p.146. 124- A. Berardinelli, Franco Fortini, op.cit., p.143. 125- P.V. Mengaldo, Introduzione, cit., p.15. 126- F.Nietzche, Cos parl Zarathustra, Milano, Adelphi, 1986, p.193 sgg.

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