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Libera Scuola di Filosofia del Sannio. III incontro 11 Aprile 2012, Convitto Nazionale P.

Giannone OLTRE LUMANISMO, LUOMO 1. Perch questincontro?

Com nato il tema del presente incontro? Da un articolo apparso su Liberal di Giancristiano Desiderio, Lhomo tecnologicus, postato sul gruppo Facebook. Giancristiano prendeva spunto da un pensatore poco noto ai pi, Gnther Anders, a me molto caro. Non illustro larticolo perch qui abbiamo lautore in carne ed ossa che potr intervenire. Il post ha avuto ben 93 commenti, molti dei quali miei, di Nicola De Ieso, di Dolores Morra, di Mario Fragnito, Antonio Furno. Loggetto del contendere era, diciamo rozzamente, la tecnica. Di qui lidea lanciata di dedicare questincontro al superamento di ogni umanismo, poich lassunto dei miei interventi che sia questa la radice malata da curare del nostro tempo, con una scaturigine greca e una realizzazione moderna, che data, a mio avviso, a partire dalla filosofia di Cartesio e Bacone, senza la quale non si sarebbe potuto realizzare la rivoluzione industriale cos come si realizzata, fondata da una parte sulla concezione meccanicistica delluniverso e delluomo (di matrice cartesiana), dallaltra sullidea che il sapere sia funzionale al potere, al dominio sulla totalit dellente (di matrice baconiana).
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Le cose che dir oggi, nel mio percorso personale, si integrano con quanto discusso il 23 scorso allinterno di Paradoxa, in cui ho letto e commentato Fine della filosofia e compito del pensiero di Martin Heidegger. Riflessione quanto mai provocatoria nel momento che ad invocare il superamento della filosofia chi ha avuto lardire insieme ad altri, cio tutti voi presenti, di immaginare una Scuola di filosofia Ma de hoc satis Teoricamente questo dittico andrebbe integrato con un terzo momento di riflessione che dovrebbe indagare gli ambiti operativi di un pensiero post-filosofico e post-metafisico e le sue possibili applicazioni. In poche parole: possibile abitare poeticamente la dimora che ci stata data, la TerraPatria? 2. Anders e luomo antiquato

Dicevamo di Anders. Pensatore anomalo, doccasione, come volle definirsi. Allievo di Heidegger, costretto, come la sua futura moglie, Hannah Arendt, a fuggire in America in quanto ebreo tedesco. Il suo capolavoro Luomo antiquato, in due volumi di epoche diverse. Il secondo dedicato a La terza rivoluzione industriale. Il retro di copertina recita: Una filosofia della tecnica. Dove il genitivo, evidentemente, tanto oggettivo quanto soggettivo, per quanto possa apparire scandaloso. Per Anders, infatti, luomo non pi il soggetto della storia. Le sua ossessione fu la bomba atomica e i problemi ontologici, etici e politici che essa pone.
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Premessa doverosa: la rivoluzione industriale, dopo la rivoluzione del neolitico, la pi grande rivoluzione della storia dellumanit, al cospetto della quale le cosiddette rivoluzioni politiche (americana, francese, russa) diventano insignificanti. Essa divide la storia dellumanit, modifica le strutture antropologiche, sociali, etiche, politiche. Noi ci siamo dentro. La stiamo vivendo e per questo difficile comprenderla. Eppure dobbiamo fare questo sforzo. Nel saggio La storia I scrive Anders a mo di epigrafe: La politica il nostro destino Leconomia il nostro destino La tecnica il nostro destino (1815) (1845) (1945)

Luomo viene descritto, in una contrifigurazione parodistica di una celebre affermazione heideggeriana, pastore dei prodotti, i quali esigono di essere consumati, ossia distrutti. La funzione delluomo divenuta esclusivamente questa. Le cose sono divenute beni di consumo, il cui prototipo sono le armi. Anche qui con una citazione leopardiana, Anders assimila moda e guerra. Anders formula allora limperativo categorico dellera tecnica: Agisci in modo che la massima della tua azione possa coincidere con quella dellapparato, di cui sei o sarai parte.
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La terza rivoluzione industriale presenta il solo apparente paradosso di uomini che, lungi dal voler distruggere le macchine, come i luddisti allalba della prima rivoluzione industriale settecentesca, vogliono essere sicut machinae. La conseguenza dellera tecnica rispetto alla storia che diventiamo tutti astorici. La nostra storia si tramutata in una ininterrotta storia della cancellazione istantanea del presente, vale a dire in una storia che non diventer mai consapevole di s. Per cui non c neanche pi bisogno di dimenticare. Latteggiamento di Anders stato definito da Bobbio principio-disperazione. Ma in realt il fascino di questo pensatore di aver alternato nel corso della sua vita azione, militanza e pensiero. Dimostrando, nella prassi, di non essere disperato, o meglio di esercitare quello che Gramsci chiamava ottimismo della volont. Ma proprio per questo gli appariva urgente pensare. Scrive nellepigrafe del libro (e vorrei che questa fosse anche la mia risposta allinterrogativo che si sono posti Giancristiano e Amerigo sul senso del pensare oggi): Cambiare il mondo non basta. Lo facciamo comunque. E in larga misura questo cambiamento avviene persino senza la nostra collaborazione. Nostro compito interpretarlo. E ci, precisamente, per cambiare il cambiamento. Affinch il mondo non continui a cambiare senza di noi. E, alla fine, non si cambi in un mondo senza di noi. I STEP - DISCUSSIONE
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La Lettera sullumanismo di Heidegger

Nel 1946, Martin Heidegger, privato della cattedra per la sua iscrizione al Partito Nazionalsocialista, risponde alla lettera di un suo ammiratore francese, Jean Beaufret, in relazione alleco suscitata dalle posizioni espresse da JeanPaul Sartre in Lessere e il nulla, ispirate, a detta del filosofo francese, a Essere e tempo di Heidegger. La posizione sartriana andava evolvendosi verso un esistenzialismo impegnato, assolutamente umanistico, come lautore stesso disse in una celebre conferenza. Heidegger ha modo, dunque, di chiarire lequivoco sulla sua opera del 1927. Essa non unopera esistenziale, poich lindagine sullesistenza era propedeutica allunica indagine che interessasse il pensatore tedesco, quella sullessere. Ovviamente non posso seguire tutta largomentazione della Lettera. Heidegger vi afferma per risolutamente che qualunque umanismo, dallUmanesimo in senso stretto alla filosofia di Marx oblia lessere e pensa solo lente, e lessere stesso in base allente, arrivando a pensarsi come padrone dellente. Tutta la filosofia occidentale, metafisica, da Platone a Nietzsche dispiega un soggettivismo metafisico il cui esito estremo la volont di potenza nicciana e la sua concreta realizzazione il dominio tecnoscientifico del mondo, ivi compreso luomo stesso, ridotto, alla stregua del resto, a giacimento, fondo. Non ripeter per lennesima volta il celebre verso di Hlderlin, ma anche in Heidegger, come in Anders, evidente che, accanto ad una visione
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apocalittica, scorre una filamento stellare di speranza: Linarrestabilit dellimpiegare e il ritenimento di ci che salva si passano accanto come, nel corso degli astri, le traiettorie di due stelle. Prima di avviare la seconda parte della discussione, vorrei ricordare che, dopo il mio intervento alla Luidig, Luigi Furno scrisse un pezzo sulfureo su BMagazine, in cui tra le altre cose intelligenti, cui ho cercato di rispondere, riteneva che proprio il nazismo di Heidegger, da me tenuto fuori dalla discussione ma evocato, fosse uno dei centri del problema. Non credo sia opportuno discuterne in questa sede, ovviamente. La mia posizione, andersiana, sempre stata chiara: Anders scrisse, senza neanche citarlo, di un pensatore tanto grande dal punto di vista speculativo quando mediocre da quello umano. Era un uomo ambizioso, che fece patti col demonio pur di raggiungere, lui di famiglia umile, una posizione prestigiosa. Ma il suo pensiero rivoluzionario, eversivo, lunico vero pensiero anarchico mai prodotto, come ha scritto Schurmann, nulla ha a che fare con la follia nazista. La controprova? A chiamarlo in Francia, a sdogarnarlo nel dopoguerra fu un grande capo partigiano, un leader del maquis francese, il capitano Alexandre, ovvero il poeta, immenso, Ren Char, incarnazione di ci che pu essere un pensiero poetante allaltezza del tempo. II STEP - DISCUSSIONE 4. Oltre lumanismo
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Raccontare unaltra storia dellOccidente diventa decisivo per poter sperare un altro Occidente, dopo il tramonto della sua configurazione che ha il fondamento del pensiero greco, nella prassi romana, nella svolta scientifica del XVII secolo (Cartesio e Bacone), il suo compimento nella rivoluzione industriale ancora in corsa. Appare necessario, dunque, mettere in discussione lumanismo, l che il vero fondamento occulto dellOccidente. Per andare verso linumano o lesaltazione della barbara brutalit? No, certamente. Ma per pensare (attraverso un pensiero non pi filosofico, non pi metafisico) in maniera pi essenziale luomo e la sua vicinanza allessere, la sua esistenza cos peculiare. Io credo che molte delle cose annunziate da Heidegger siano divenute pratiche di molte persone, inconsapevoli di essere avanguardie di un altro mondo possibile, di un nuovo inizio. Ma sono anche convinto che, allo stesso modo in cui non sarebbe avvenuta la rivoluzione industriale senza quella rottura che radicalizzava antichissime intuizioni, realizzata da Cartesio e Bacone, cos la possibilit avvenire di un altro mondo non ci sarebbe senza pensatori dellabisso e della rinascita come Heidegger. Vedete, il rischio maggiore, ripete continuamente Heidegger, la distruzione del mondo, per dirla in parole povere, sia nelle forme per tanti anni temute del conflitto nucleare che della quotidiana distruzione di risorse a causa degli stili di vita occidentali, oramai planetarizzati. Ci che da tempo
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minaccia luomo di morte e di una morte che concerne la sua stessa essenza lingannevole convinzione che, attraverso la produzione, la trasformazione, laccumulazione e il governo delle energie naturali, luomo possa rendere agevole a tutti e in genere felice la situazione umana (Perch i poeti?). In termini non solo heideggeriani, potremmo dire che lumanismo perdita dellessenza (Wesen, si dice in tedesco, essentia o quidditas in latino). E qual lessenza delluomo? Se tale destino, lim-posizione, il pericolo estremo non solo per lessenza delluomo ma per ogni disvelamento come tale, un tale mandare potr ancora chiamarsi un concedere? Certo e pienamente, nel caso che in questo destino abbia a crescere anche ci che salva. Ogni destino di un disvelamento accade a partire dal concedere e in quanto concedere []. In quanto cos adoperato e salvaguardato luomo traspropriato allevento (Ereignis) della verit. Ci che concede, quello che invia nel disvelamento in questo o quel modo, come tale ci che salva. Questo infatti fa s che luomo guardi alla dignit suprema della sua essenza e vi ritorni. Questa dignit consiste nel custodire la disvelatezza e con essa sempre anzitutto lessernascosto di ogni essenza su questa terra (La questione della tecnica) Che cosa sta accadendo, che cosa potrebbe accadere nella deposizione di ogni umanismo? Che luomo si scopre custode della totalit dellente, scoprendo in questo modo la sua vera essenza. Non
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c nulla di astratto in tutto questo, ma un mutamento radicale, essenziale appunto, di pratiche quotidiane. Lo dir con i versi di un grande e sconosciuto poeta in Italia, Arsenij Tarkovskij:
Dir di pi: tu che ascolti hai ragione, io sentivo un quarto di suono, vedevo in penombra, ma non umiliai n uomini n erbe, non offesi con lindifferenza la terra avita; mentre sulla terra lavoravo, accogliendo il dono dellacqua gelida e del pane fragrante, su di me il cielo infinito indugiava, sulle mie maniche cadevano stelle.

Ho dedicato, come molti di voi, la mia estate rigenerante non solo a rimettermi in connessione con la creazione, con la terra, laria, lacqua, gli alberi, le stelle, ma anche a proseguire nel mio percorso di comprensione, che oramai da molti anni gira intorno a poche, decisive questioni. Tra i libri letti, uno mi ha consentito di fare la sintesi di tante riflessioni. Si intitola Dallecologia allecosofia. Lo ha scritto Luciano Valle. Ecco, io credo che il tempo sia maturo perch unantica saggezza, cancellata dalla filosofia, una sophia torni ad incontrare la dimora, loikos di tutti noi, che da secoli non abitiamo poeticamente ma deprediamo con istinto suicida. In questo libro trovo una visione che posso condividere senza il rischio di cadere da un eccesso allaltro. Non nascondo che, infatti, alcune impostazioni ecologiche radicali vogliono passare da un antropocentrismo, in cui luomo centro e scopo del creato, ad un ecocentrismo, oserei dire
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leopardiano, in cui luomo o uno dei tanti elementi dellambiente o addirittura un danno di cui si auspica la sparizione. No, io sono convinto che abbandonare lumanismo, lantropocentrismo, restituisca alluomo un compito grande. Perch, e anche in questo sono debitore ad Heidegger, resto convinto della differenza ontologica delluomo, per me testimoniata non dalla ragione o dal linguaggio bens dalla capacit, credo di poter dire senza tema di smentita unica, di trascendere le leggi del mondo, la pesantezza, la chiamava Simone Weil, in virt della grazia. E per questo che noi siamo custodi, pastori. Lecosofia, come possibile sintesi, di un nuovo pensiero poetante e di un nuovo ethos radicale, prima di tutto un nuovo modo di vedere o, meglio, di porsi in ascolto della realt nella quale siamo immersi, con le sue zone dombra e di mistero che vanno gelosamente tutelate, senza lasciarsi divorare da quel demone faustiano del fare che pare invece reggere le sorti dellOccidente e le nostre vite spesso devastate. Il silenzio, la lentezza, il raccoglimento, labbandono Per una mistica che non sia rinunzia al mondo ma vita compiuta. Luomo nuovo, luomo del post-umanismo, luomo capace di custodia, troverebbe naturale elaborare anche una nuova tecnica che non sia pro-vocazione che violenta la Natura ma ampliamento organico delle sue capacit. Amo fare, con Illich, lesempio di una tecnica umana sconfitta da una in-umana: la bicicletta nei confronti della macchina. Luomo del post-umanismo, ed altro argomento di polemiche sempre proficue sul gruppo,
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troverebbe naturale de-crescere. Vedete, c una frase terribile di Friedrich Nietzsche. Nel pensare la sua scoperta pi abissale, la volont di potenza, vera essenza del mondo, scrive: Avere e voler avere di pi, in una parola la crescita ci la vita stessa. In realt, Nietzsche e tutti gli apologeti della crescita ininterrotta confondono la vita con la volont di potenza, cio compiono quella soggettivizzazione dellesperienza che Heidegger ha genialmente riconosciuto tratto caratteristico dellOccidente metafisico che si compie, appunto in Nietzsche. In realt, lunica cosa che cresce indefinitamente, caro Giancristiano, il tumore. Noi cresciamo, poi la crescita si ferma, ed inizia linvecchiamento e la morte. Siamo creature, per fortuna, docili fibre dellUniverso. Luomo divenuto il tumore di quella Terra-Madrepatria che dovrebbe custodire. Il mio amico e maestro Marco Guzzi ama ripetere che questo che stiamo vivendo un tempo apocalittico. Nel duplice senso della fine possibile e del disvelamento. Qualcosa in qualche luogo che ancora non sappiamo sta nascendo per portare al mondo una rivoluzione che ci ridoni la nostra umanit spodestata dalla Tecnica. Dove cercare gli annunzi di questa lieta novella? Heidegger molto chiaro su questo. Nella poesia Liberata dalla lettura tardoromantica, essa, nelle sue vette, capace di sprigionare la potenza di un altro sguardo sul reale, non rapace, non dominatore. Poeticamente abita luomo. Ecco, il mio auspicio contribuire in questa piccola provincia della
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Palestina, dellItalia, alla salute delluomo, alla sua rinascita. III STEP - DISCUSSIONE

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