Sie sind auf Seite 1von 94

Marc Aug. POTERI DI VITA, POTERI DI MORTE. Introduzione a un'antropologia della repressione. Raffaello Cortina Editore, Milano.

Prima edizione: 2003. Titolo originale: "Pouvoirs de vie, pouvoirs de mort. Introduction une anthropol ogie de la rpression". Copyright 1977, Flammarion, Paris. Pubblicato con il sostegno del ministero della Cultura francese. Traduzione di Annalisa D'Orsi. NOTA DI COPERTINA. La nozione di repressione non ha alcuna consistenza antropologica se viene sempli cemente usata per caratterizzare un tratto essenziale della societ occidentale o anche un insieme di forme politiche di cui la societ occidentale sarebbe la reali zzazione compiuta. Contro chi ha voluto vedere nelle cosiddette societ primitive l a differenza assoluta, la forma pura di una libert perduta, un'umanit pi preoccupata d ell'uguaglianza o pi vicina a qualche fondamentale spontaneit, Marc Aug propone una lettura attenta e fedele dei dati etnologici. Il mito del buon selvaggio, per qu anto espresso nel linguaggio del progressismo intellettuale e politico, in realt portatore di una visione della storia di tipo evoluzionistico e imperialistico. Tutte le societ sono repressive, al di l delle specifiche istituzioni che le carat terizzano. Attraverso l'esame delle societ lignatiche e dell'attuale societ dei co nsumi, si sviluppa la tesi fondamentale del saggio: l'ideologia sempre ideologia del potere. Distinguere tra ideologia dominante e ideologia dominata, sostiene Au g, pura speculazione intellettuale: l'ideologia dominante quella di tutti in ogni senso. Poich all'interno di una stessa societ l'affermazione individuale passa pe r l'emancipazione politica, nessuno pu esigere il senso senza respingere il potere , cio, in fin dei conti, senza rivendicarlo. Marc Aug Directeur d'tudes presso l'cole des Hautes tudes en Sciences Sociales di Pa rigi. Africanista di formazione, da anni si occupa di antropologia delle societ c omplesse. Tra i suoi lavori pubblicati in Italia ricordiamo "Un etnologo nel met r" (Milano 1992), "Nonluoghi" (Milano 1993), "Le forme dell'oblio" (Milano 2000), "Finzioni di fine secolo" (Torino 2001). INDICE. Introduzione. 1. I vendicatori di Laio. "Natura umana e differenze". - Repressioni. - Natura, cultura. - Ragione individuale, ragione sociale. - L'anti-Edipo. - Etnologia-pretesto e antropologia storica. 2. I totalitarismi senza Stato. "Ideologica e rapporti di potere". - Dominio, totalitarismo, simbolizzazione. - L'ideologica. - Ideologica, simbolismo e pratica sociale. - Le strutture dell'ideologica. - Contatto. - Senso e potere. 3. L'illusione individuale. "Liberalismo e repressione".

L'individuo, l'istituzione. Istituzione, funzione, dominazione. L'uno, l'altro. Il singolare plurale. SAS o la perfezione per addizione. Logica lignatica e logica della societ dei consumi.

Conclusione. Avvertenza: Tutte le note non seguite dalla sigla [N.d.A.] sono della traduttric e. *** INTRODUZIONE. I NOSTRI RITI E QUELLI DEGLI ALTRI. Viviamo in un'epoca di cui sarebbe insufficiente dire che organizzata: la riflessi one comune e gli studi dotti concordano nell'identificare e a volte nel denuncia re, con gli stereotipi del tempo, le costrizioni dell'orario; i tempi morti dell a vita professionale - quelli dove la forza lavoro si ritempra e si rigenera - n on sono che un rifugio illusorio per la vita privata e individuale: la cultura pubbl ica - lo sport, la televisione, la canzone - li occupa, come si suol dire usando una parola dagli echi stranamente guerreschi e conquistatori. In modo pi sottile , l'orario di ciascuno, persino nella sua parte non professionale, segue bene o male, tranne per qualche meandro, il corso del fiume comune: il gesto distratto con cui chi si sveglia, accendendo la radio, libera il flusso delle informazioni che gli sono state preparate, la familiarit quotidiana degli itinerari - la cono scenza intima e immediata del vagone migliore per la coincidenza, la moneta per il giornale, i pannelli pubblicitari che cambiano di tanto in tanto -, la gamma ridotta e la programmazione regolare delle distrazioni collettive (documentario, gelati, film; pre-partita, partita, intervallo, fine partita), in breve tutte l e possibilit offerte agli esperti della vita quotidiana, compongono un insieme de finito di attivit indefinitamente ritualizzate. Il cittadino medio, in questo senso cittadino modello, si applica, come padre di famiglia, lavoratore, giocatore di "tierc" (1), sportivo, automobilista - se vog liamo: come consumatore - a mettere in opera e a praticare il rito. Egli fa ci ch e va fatto quando va fatto e si presenta all'ora stabilita in ufficio o in fabbr ica, alle urne, allo stadio, alle porte di Parigi e a Merlin-Plage (2). Paga, ma quale rito si mai potuto celebrare gratuitamente? Non ha d'altronde alcuna scel ta, ma in quale societ ci si mai potuti affrancare impunemente dagli obblighi rit uali? Egli officia il rito: allaccia la cintura di sicurezza, attacca il bollo d i circolazione, limita la velocit, viaggia su due file, rispetta i sensi vietati; rappresenta: porta i capelli lunghi o corti, indossa o meno la cravatta ( una qu estione di generazione e ancor pi di classe, e anche una questione di circostanze ); in breve, egli fa come gli altri, i quali fanno come lui, e nel compiere il r ito non si distingue per nulla da coloro ai quali si oppone, quando crede di opp orsi. O altrimenti, come uno di quei fantocci che ogni societ si trova a tollerar e, diventa un deviante che verr rapidamente eliminato o assorbito, fuma nel metr, gira senza casco, esprime come pu il suo disagio e si addita da s all'attenzione d elle forze dell'ordine, dato che non si limita alle attivit strettamente marginal i di snobismo consentito, ai privilegi di casta. Tutt'al pi gli consentito sfuggire ai pericoli dell'isolamento, all'emarginazione che in tutte le societ sanziona le trasgressioni illecite, unendosi alle folle u nanimi che, messa da parte ogni divisione, acclamano negli stadi i totem glorios i della festa sportiva. Verit propriamente totemica, come quella del gallo quando calpesta il cardo scozzese o si punzecchia con esso le piume (3), come quella d ei Verts (4) quando accedono alla finale di Coppa Europa. La liturgia del Parc d e Princes (5) (cori alternati di tifosi, distribuiti sugli spalti in modo armoni osamente contrastato, bandierine e berretti dai colori adatti, slogan conosciuti

e ripresi da tutti) avrebbe indubbiamente impressionato e imbarazzato Durkheim: una festa profana, una festa sacra? Sicuramente una sacralizzazione della socie t, della citt, della nazione o di entrambe; sindaci, deputati e ministri d'ogni te ndenza lo sanno bene, qui come altrove: il calcio professionale stata una delle prime conquiste delle nuove nazioni in via di sviluppo. Ora il paradosso della civilt occidentale, che ha sempre avuto i suoi totem e i s uoi tab, i suoi dei e i suoi riti, che, in questo caso, essa ha sempre avuto anch e il culto delle differenze - di cui il suo imperialismo costituisce al tempo st esso il rovescio e il complemento. I selvaggi sono quelli che, per cos dire, fann o tutto come noi ma lo fanno diversamente. L'ambiguit sta in questo diversamente. V ecchia tradizione sociologica: per Durkheim, seguito e ripreso su questo punto d a Althusser, la religione in certo qual modo la forma pura dell'ideologia, il mi nimo sacro necessario al funzionamento del profano. La sacralizzazione, nata dal la particolare atmosfera delle riunioni episodiche di tutta la societ, mette o ri mette in moto il motore della societ - come con un giro di manovella molto simile ai giochi di prestigio con cui la nostra tradizione filosofica prova a evitare il problema in cui inciampa regolarmente: quello dell'impulso iniziale. Ma se a questo riguardo i selvaggi sono esemplari, perch essi sono anche molto diversi, p aradossalmente pi socializzati di noi; a proposito dei popoli primitivi, cos scrive Durkheim nelle "Forme elementari della vita religiosa": Il gruppo realizza in mod o regolare un'uniformit intellettuale e morale di cui troviamo soltanto rari esem pi nelle societ pi avanzate. Tutto comune a tutti. I movimenti sono stereotipati: tutti eseguono i medesimi nelle medesime circostanze, e questo conformismo della condotta esprime il conformismo del pensiero. Dato che tutte le coscienze sono trasportate dalle stesse correnti, il tipo individuale si confonde quasi con il tipo generico (6). Sotto altre forme, in un linguaggio pi sofisticato, i filosofi oggi alla moda rimangono alla moda di casa nostra ed evocano dei selvaggi meno i ndividualizzati, pi collettivi e, per meglio dire, pi coerenti di noi. Ma essi agg iungono alla descrizione di Durkheim una piccola dose di giudizio di valore che ne cambia profondamente il senso; per Durkheim, i selvaggi costituiscono un mode llo intellettuale: la forma semplice di rappresentazioni pi complesse, l'essenza del rapporto sacro/profano; per i nostri filosofi, essi costituiscono quasi un m odello morale: la forma pura di una libert perduta, che non passava per l'illusio ne individuale e per la repressione edipica. Il punto debole proprio qui. Senza per ora far commenti sulle diverse maniere co n cui gli autori descrivono e analizzano la differenza, possiamo notare che essi la collocano tutti esattamente nei punti oscuri della nostra sociologia e delle nostre societ - il rapporto dell'individuo con se stesso, il rapporto della legg e sociale con l'individuo, il rapporto della legge dei dominanti con i dominati e la combinazione di questi tre rapporti costituiscono un problema evidentemente attuale: il rapporto del s con se stesso non mai stato tanto problematico come n el momento in cui la schizofrenia appare, secondo la formula di Deleuze, come il limite del capitalismo; la generalizzazione di sistemi statali forti, la concom itante moltiplicazione di forme di contestazione e di repressione, il rapido aff inarsi dei metodi di propaganda e di pubblicit definiscono in modo potenzialmente conflittuale il rapporto della legge con gli individui che essa opprime diversa mente ma che reprime in uguale misura; le conseguenze del colonialismo e il gene ralizzarsi delle situazioni di dominazione rivelano senza mezzi termini l'imperi alismo del pensiero che accompagna (talvolta dopo averlo anticipato e annunciato ) l'imperialismo "tout court", da cui i membri delle societ dominate sono ben lon tani dal potersi sbarazzare perch esso li ha raggiunti nella loro capacit di fare e di dire: nella loro stessa capacit di vivere (7). Siamo quotidianamente messi a confronto, "hic et nunc", con l'evidenza e con il problema dell'efficacia dell'ideologia. E non si pu dire che i nostri filosofi no n se ne siano mai occupati: essi riconoscono con Deleuze e dopo Reich che il fas cismo pu essere oggetto di desiderio, con Legendre l'astuzia del discorso canonic o che conduce all'amore del censore, con Baudrillard il sistema implicito dei di scorsi ufficiali della propaganda e della pubblicit, i quali delineano e costruis cono le costrizioni cui l'uomo della societ dei consumi non pu sottrarsi. Ma quand o si tratta di esplicitare la natura di queste virt sociologiche (di queste astuzie

e di questo desiderio), l'etnologia chiamata alla riscossa. Durkheim trovava ne lla religione dei selvaggi la forma semplice del passaggio al sacro o, detto alt rimenti, il segreto al tempo stesso dell'alienazione e del funzionamento. I nost ri filosofi, invece, postulando la radicale differenza dei selvaggi, cercano pre sso di loro un esempio "a contrario": i simboli precedenti all'alienazione, i ra pporti aperti precedenti all'astrazione. Al limite, e per sbarazzarsi delle diff icolt dell'ideologia, essi ne farebbero la perversione del simbolismo. Come se l' ideologia (e le gerarchie che essa suppone) non giocasse alcun ruolo nelle socie t diverse, come se il simbolismo non operasse nella societ industriale. Spostando in questo modo il problema, esorcizzandolo come se altrove non esistesse, si evita solo di formularlo: ci si crea l'illusione di una risposta esotica a una domanda s torica. Ma cos facendo si cambia la domanda. Poich ci che si d, da qualche parte fra l'intimit relativa delle storie individuali e le nuove costrizioni di un ordine e conomico fondato in parte sulla definizione del valore-lavoro come equivalente g enerale, da qualche parte fra l'Edipo e il Capitale, non forse precisamente ci ch e si d in ogni societ: l'instaurazione e l'efficacia di un potere di cui il capita lismo non che una delle forme possibili, la pi oppressiva, forse, per molti, e la pi costrittiva, ma che non pu essere ritenuta la pi alienante se non a costo di un disconoscimento forsennato delle altre forme storiche di repressione, e che non pu essere posta alla fine del mondo (per ci stesso come assoluto della repression e) se non privilegiando una visione retrospettiva e mutilante della storia? La nozione di repressione non ha alcuna consistenza antropologica se viene usata semplicemente per caratterizzare un tratto essenziale della societ occidentale o anche un insieme di forme politiche di cui la societ occidentale sarebbe la real izzazione compiuta. A questo punto importante situare pi precisamente questo sagg io in rapporto alle riflessioni recentemente sviluppate sul tema della repressio ne. Di queste riflessioni l'etnologia non direttamente responsabile, nel senso c he rari sono gli etnologi che hanno prodotto lavori su questo tema. Essa respons abile nel modo abituale: serve da pretesto o da appoggio; in effetti degno di no ta che questa disciplina, che cerca continuamente di prendere a prestito il rigo re, il linguaggio o le intuizioni delle discipline vicine (linguistica, filosofi a, psicoanalisi), alimenti allo stesso tempo ricerche che la derubano di quel pi zzico di esotismo che le proprio e dei prestigi della distanza. Nel luogo d'inco ntro di questi due snobismi, si delinea una tentazione insidiosa e tanto pi peric olosa dal momento che essa pu esprimersi nel linguaggio del progressismo intellet tuale e politico: la tentazione di misurare le oppressioni e i sistemi repressiv i moderni occidentali sul liberalismo o l'ugualitarismo presunti degli altri, de ll'altro, nella sua differenza non pi solamente rispettata ma magnificata, propri o perch essa altra cosa rispetto all'Occidente statale e repressivo e perch, inolt re, resiste alle sue imprese dominatrici o soccombe ai suoi attacchi. Ma, con il pensare per opposizioni di termini, con il pensare le etnie contro l'Occidente, le campagne contro la citt, le societ contro lo Stato, il primitivismo contro l'E dipo, non si corre forse il rischio di sostituire all'analisi il gioco pi o meno sottile, a seconda del talento degli autori, del valorizzare esageratamente qual cosa attraverso la negazione e il rifiuto di qualcos'altro? (8) I META-ANTROPOLOGI E L'ETNOLOGIA-PRETESTO. La definizione di una nuova soggettivit all'ordine del giorno per i meta-antropol ogi francesi (9). Per questi si tratta di denunciare l'Io e, pi ancora, il Super-io c ome una creazione storicamente datata, creazione imputabile, grossomodo, allo sp irito occidentale cristiano e, nelle sue forme pi attuali, al capitalismo di Stat o. Michel Foucault ha recentemente riassunto questa posizione dichiarando: [...] l'individuo non il dato su cui il potere si esercita e si abbatte. Con le sue ca ratteristiche, la sua identit, nel suo impuntarsi su se stesso, l'individuo il pr odotto di un rapporto di potere che si esercita su dei corpi, delle molteplicit, dei movimenti, dei desideri, delle forze (10). Questo linguaggio potrebbe essere quello stesso di Deleuze, di Guattari o di Baudrillard. Ci pone un problema. Esso implica infatti che in societ diverse dalla nostra siano esistite forme di soggettivit diverse da quelle dell'individuo nel suo impuntarsi

su se stesso. Cos, Deleuze e Guattari, nel loro "Anti-Edipo" (11), contrappongono le societ moderne alle societ primitive: quelle consacrano la privatizzazione delle i stituzioni, queste istituiscono organi collettivi come la maschera. Alle prime s petta il Super-io, il complesso di Edipo, alle seconde i fantasmi di gruppo e l'in tersoggettivit. Ora, se evidente che la definizione e la formazione dell'identit d ipendono in larga misura dalle configurazioni politiche e sociali (la letteratur a consacrata alla nozione di persona a questo riguardo molto ricca), pu sembrare al tempo stesso legittimo supporre che questa formazione dell'identit sia precisa mente la peculiarit del potere (quale ne sia la forma) e il segreto della sua eff icacia; in tutte le forme del potere, la figura individuale si inscrive nella co nfigurazione complessiva che delimita la totalit del possibile e del pensabile; q uesto limite determina, propriamente, l'ideologia per effetto della quale ragion e individuale e ragione sociale tendono a identificarsi in tutte le societ. Da qu esto punto di vista, ogni interrogativo circa l'universalit dell'Edipo resta seco ndo, se non secondario; una risposta negativa non invalida in nulla l'ipotesi pe r cui, in ogni societ, repressione psichica e repressione sociale si definiscono vicendevolmente. Ma questo non il postulato dei meta-antropologi. Ci che essi res pingono, fra l'altro, nella nozione di natura umana lo schema intellettuale univ ersalistico che le corrisponde e secondo il quale forme omologhe possono e debbo no trovarsi nelle diverse culture; l'evoluzionismo latente o esplicito che sotte nde i loro discorsi pretende che la storia dell'umanit vada dal pi aperto (la soci et primitiva) al pi repressivo (lo Stato); una lettura alla rovescia del senso del la storia permette loro, un po' contraddittoriamente, di fare del secondo l'osse ssione della prima, negandogli al tempo stesso un carattere di necessit storica. Le societ primitive, in quanto societ della soggettivit esplosa e in quanto societ d el rifiuto (dello Stato), varrebbero come prova e contro lo struttural-marxismo e contro il freudo-marxismo: contro la natura umana, contro l'Edipo, contro lo Stato . I dati dell'etnologia dovrebbero costituire il perno di questa dimostrazione. E di fatto alcuni etnologi si sforzano di puntellarla con la realt delle societ che essi studiano. Alcuni americanisti, in particolare, rivendicano con Robert Jaulin la differenza assoluta e con Pierre Clastres l'anarchismo radicale delle societ p rimitive. Questa rivendicazione si riallaccia ad altre che pi da vicino interessa no le nostre societ industriali: il diritto alla differenza mette in discussione lo Stato-nazione, che viene denunciato come creazione dello spirito giudaico-cri stiano universalistico e negatore delle differenze; lo Stato appare parallelamen te come lo strumento repressivo per eccellenza, a prescindere dalle sue opzioni politiche. Queste denunce s'appoggiano su una lettura attenta delle societ primit ive o, al contrario, impongono tale lettura? Gli Indiani dell'Amazzonia sono for se i figli ingrati dello stalinismo? E' una domanda che ci si pu porre nel vedere la moda attuale dell'etnologia-pretesto e nel notare, per esempio, come certe f emministe cerchino, a dispetto dell'evidenza, di trovare nella storia e nell'etn ologia alcune societ dove il potere politico non fu sostanzialmente maschile, com e se fosse necessario aver un giorno perso il potere per poterlo rivendicare, co me se fosse necessario trovare altrove un supporto per l'esigenza attuale. Un on ore eccessivo per l'etnologia, posta come arbitro nei dibattiti attuali; un ecce ssivo disonore per gli etnologi, ai quali i meta-antropologi, con la loro lettur a facile e altezzosa, infliggono quella stessa sorte che essi rimproverano loro di infliggere a coloro che studiano: pensano al posto loro le loro pratiche e le loro produzioni - etnologi di secondo grado, insomma, e radicalmente imperialis ti, poich pretendono di esprimere l'essenziale della visione primitiva, il colmo della differenza, il senso ultimo della parola e del rito. Se tuttavia quest'argomentazione ha successo, perch essa poggia sulla scoperta, a l tempo stesso, dell'esigenza individuale e della costrizione politica (non foss e che per denunciare il carattere chiuso della figura individuale nella civilt ed ipica, la potenziale identificazione fra repressione nel senso psicoanalitico e repressione nel senso politico); il suo carattere contraddittorio deriva dal fat to che, mentre fa dell'individuo il prodotto di una costruzione ideologica, di u na costruzione del potere il quale d a se stesso l'individuo di cui ha bisogno pe r potersi esercitare, tale argomentazione, nel momento in cui smette di consider

are le nostre societ, si disinteressa del luogo e della forma del potere, del legam e necessario e di fatto sempre postulato fra costruzione individuale e costruzione sociale: ci che interessa nelle altre societ la differenza delle soggettivit, una d erenza abbastanza radicale - essa sembra sottintendere - malgrado la diversit dei poteri non ponga alcun problema. La stessa parola potere viene scartata, come se esistesse potere solo negli apparati dello Stato; presso gli autori pi caricatura li sotto questo aspetto, per esempio Baudrillard in "Lo specchio della produzion e" (12), la reciprocit e lo scambio simbolico rivendicano aggressivamente il post o delle nozioni politiche ed economiche occidentali che gli etnologi etnocentric i, in particolare d'osservanza marxista, avrebbero abbastanza scioccamente appli cato alla descrizione dell'Eden primitivo. Sotto la penna di Baudrillard, la cat tivit nelle societ praticanti la schiavit prende l'aspetto del libero contratto di mutuo sostentamento. Quanto al filone Mauss-Bataille, sfruttato con maggior sott igliezza da Deleuze, esso offre pepite meno grossolane ma dai riflessi altrettan to ingannatori: il debito e la crudelt del marchio primitivo proteggerebbero dall 'influenza totale del "socius" i flussi cifrati, ma non ancora astratti, del des iderio e delle sue produzioni. Presso i primitivi, il rapporto con il desiderio non sarebbe che la trascrizione, immediata e concreta, l'iscrizione, del desiderio stesso. L'esperienza etnologica non autorizza tali conclusioni. Essa, infatti, suggerisc e tre ordini di osservazioni che danno vita ad altrettante contro-argomentazioni . Innanzitutto, non affatto legittimo applicare indifferentemente la denominazio ne di societ primitive a sistemi sociali tanto diversi quanto, per esempio, le band e dei cacciatori-raccoglitori, le societ lignatiche o le societ di villaggio senza lignaggio. A questo proposito, le analisi dei meta-antropologi sono pi o meno so mmarie, ma esse hanno tutte un principio e una tentazione in comune: fanno della comparsa dello Stato, della figura del despota, la sola cesura pertinente della storia e tendono a considerare le societ non statali come un insieme relativamen te omogeneo. In secondo luogo, l'osservazione attenta dei sistemi di rappresenta zione e delle pratiche che queste implicano rivela, da una parte, la stretta con nessione esistente fra rappresentazioni della persona (come esse risultano dalle teorie locali dell'eredit, dello psichismo, del corpo, della forza e dell'influe nza) e rappresentazioni sociopolitiche, dall'altra parte rivela il carattere esp licitamente differenziale, implicitamente non ugualitario e manifestamente costr ittivo della configurazione complessiva in cui queste rappresentazioni si artico lano, si coniugano, si precisano e si ordinano l'una rispetto all'altra. L'esemp io delle societ lignatiche mostra come a definizioni originali della persona corr ispondano solidalmente e logicamente definizioni originali del potere: il potere si abbatte sempre su individui; e precisamente esso pu esercitarsi e venire acce ttato solo in quanto deriva dalla medesima logica, nel prolungamento delle defin izioni della persona, dell'interpretazione del quotidiano e dell'evento, della n osologia, dell'organizzazione della famiglia e degli altri gruppi sociali, della costruzione concomitante dell'individuo e del "socius". Ma questa bella logica, di cui il discorso culturalista rende parzialmente conto , non ha nulla d'armonioso se non l'ideologia che esprime o piuttosto che costit uisce. Si tratta dell'armonia stessa dell'ordine - ordine indifferentemente inte llettuale, morale e sociale. Essa individua componenti biologiche e psichiche, d efinisce linee di ereditariet e regole di eredit, riti e diagnosi, prescrive e pro scrive: in breve, stabilisce l'insieme del possibile e del pensabile. E tuttavia , ci che possibile non lo per tutti allo stesso titolo, ci che pensabile non lo pe r tutti allo stesso modo; la somma del possibile e del pensabile costituisce una sistematica delle differenze sia in modo esplicito, designando posti e ruoli (i l lignaggio, la stirpe, il villaggio, il quartiere, il padre, il figlio, lo zio, il nipote), sia in modo implicito, in quanto, designando questi luoghi rapprese ntativi, essa ne situa al tempo stesso l'altrove e stabilisce con ci stesso lo st atuto di coloro che devono tenerne conto senza potersene far carico: tutti color o che non possono riferirsi a essa se non per misurare la propria debolezza e la propria insignificanza rispetto alle linee di forza e di senso, tutti coloro ch e essa passa sotto silenzio e invita al silenzio, tutti coloro che la suddivisio ne temporale delle genealogie e la casualit delle nascite successive hanno allont

anato dalle stirpi maggiori e dai fratelli primogeniti, tutti coloro che hanno s olo un accesso effimero e passivo - per testimoniare o per subire - allo spazio del potere. Nulla indica che le teorie lignatiche della consustanzialit parziale delle persone, della solidariet economica, cerimoniale e culturale degli individu i o della circolarit dell'alleanza e dell'ereditariet si riferiscano a un'umanit pi preoccupata dell'uguaglianza della nostra, o pi vicina di quest'ultima a qualche fondamentale spontaneit. E' invece con rara minuzia e con notevole sofisticazione che esse creano sistemi di costrizione non ugualitari che producono, al di l del la differenza delle concezioni e delle definizioni, forme o piuttosto strutture ideologiche (mi riservo di precisare meglio questo termine) identiche a quelle d i qualsiasi altro tipo di societ e di potere. Infine (e questa sarebbe la terza osservazione), non affatto legittimo inferire meccanicamente il vissuto degli individui dalle definizioni della persona, le re alt dello psichismo e del sociale dalle rappresentazioni dell'ordine intellettual e o politico. Dedurre il vissuto individuale concreto dai miti d'origine, dalle cosmogonie, dalle forme rituali o dalle teorie antropologiche locali certamente sacrificare a una concezione strettamente esegetica del simbolismo. Quest'ordine intellettuale non espresso, o all'occorrenza imposto all'individuo, se non come richiamo all'ordine, allorch l'evento impone la necessit di un'interpretazione; q uest'ultima tiene conto contemporaneamente della configurazione logica complessi va (la somma del possibile e del pensabile) e della posizione degli individui in causa rispetto a questa configurazione - al primo posto di questi si trova del resto il maestro dell'interpretazione, che sia divino o che sia il capo del lign aggio. Nella misura in cui in fin dei conti l'evento a richiamare all'ordine (og ni disordine individuale, per esempio la malattia, rinvierebbe a un disordine so ciale, per esempio l'adulterio), la personalit si costruisce proprio in funzione delle costrizioni del sistema e, per quanto possibile, in previsione o in preven zione dei suoi possibili rigori; tuttavia, sempre minacciata dall'essere identif icata con dei personaggi fissi, definiti e denunciabili (come lo stregone), essa h a il dovere di prevenire incessantemente la possibile diagnosi, di essere sempre in anticipo di un'essenza; essa s'identifica dunque meno con le definizioni di quanto non vi si sottragga: le resta aperto un campo di libert e di reinterpretaz ione a condizione che non si lasci imprigionare dal discorso degli altri; tuttav ia del tutto evidente che questo grado di apertura e di libert e precisamente fun zione della posizione dell'individuo nella gerarchia del sistema; la libert nel s istema si offre a coloro che ne hanno meno bisogno, poich esso costruito per loro , come un surplus di potere. Il rapporto con il sistema - il vissuto - varia da un caso all'altro e non n in un caso n nell'altro la semplice ripetizione del sist ema; esso non vi si inscrive completamente attraverso la parola degli altri se n on nella necessit retrospettiva della diagnosi della morte - rapporto di senso ch e esprime soltanto il rapporto di forza dei viventi. LA MORTE BUONA DA PENSARE. In nessun luogo la morte , in senso stretto, pensabile. Essa l'impensabile per ec cellenza. Thomas (13) ricorda il paragone che stabiliscono i Bant a questo propos ito. La morte come la luna; chi ne ha mai visto il volto nascosto? Tuttavia, que sto impensabile buono da pensare: la morte buona da pensare come tutto ci che ess a non . Essa buona da pensare innanzitutto in quanto evento. Se la morte, come la nascita o la malattia, oggetto, nelle societ lignatiche, di inchieste e di inter rogazioni tanto minuziose, perch l'organizzazione della vita ne dipende, e pi anco ra ne dipende il chiarimento dei rapporti di forza che letteralmente costituisco no il rapporto sociale. La ricerca delle cause non senza conseguenze, ed a causa di queste che eventualmente si affrontano, allo stabilirsi di una diagnosi, lig naggi alleati, membri di uno stesso lignaggio o quartieri di uno stesso villaggi o. La sepoltura, i funerali sono preceduti da conciliaboli, da accuse, da spiega zioni, da regolamenti di conti che vengono eventualmente presentati come necessa ri alla tranquillit del defunto, ma che mirano innanzitutto al chiarimento dello squilibrio sociale (rottura di un divieto, adulterio, dissenso, aggressione medi ante stregoneria) che deve esser stato la causa della morte, a una ricomposizion

e del passato che dia senso al presente. Nessun evento contingente, la morte lo ancora meno di ogni altro. La morte prima di tutto un richiamo all'ordine, ma al l'ordine dei viventi. Essa buona da pensare anche in quanto limite - limite dell'individuo e limite de l potere. Indubbiamente questo limite pu essere spostato, differito, aggirato; tu tte le teorie della metempsicosi parziale o totale corrispondono a questa possib ilit. Ma anche laddove queste teorie esistono, esse non si applicano ugualmente a tutti gli individui; sembra piuttosto che le linee della reincarnazione tendano a coincidere con le linee della forza sociale. In un certo senso la morte fa as soluto l'individuo e l'individuo il limite del potere. Se il potere vuole sottra rsi alla dimensione individuale (la sua relativizzazione attraverso la morte), p roporzionalmente al suo carattere individuale e assoluto, esso deve gestire la morte (nel doppio senso del termine: amministrarla) e oltrepassarla, sempre al di qua o al di l della sua realt. Le teorie dell'ereditariet possono confortare questa vi sione delle cose, giacch fanno dell'individuo al potere una figura del potere eff imera sempre ricominciata, che il rito allo stesso tempo costituisce ed esprime. Dalla forma minimale del potere su alcuni alla forma assoluta del potere sugli altri, dall'iniziazione alla salita al trono, tutti i rituali mettono in scena u n passaggio attraverso la morte che appare come la condizione essenziale dell'ac cesso al potere. La letteratura antropologica abbonda di esempi spettacolari del la messa a morte simbolica degli adolescenti iniziati, dei responsabili religios i nominati, dei capi o dei sovrani saliti al potere. La morte in quanto evento e la morte in quanto limite (limite il cui scongiuro t enderebbe a definire il potere come irraggiungibile dall'evento) sono pertanto i ncessantemente messe in scena e rappresentate, scomposte, ricomposte, indagate. La morte, sotto questo aspetto, assume un carattere familiare, talvolta parodist ico: il morto maneggiato, scosso, manipolato; la morte mimata, recitata, provoca ta. Ma con questo non si vuole dire che tale aspetto familiare distingua irrimed iabilmente le societ altre dalla nostra societ. Certo, si pu contrapporre, per esempi o, all'ostentazione funeraria delle societ africane (o una volta delle nostre cam pagne) la discrezione consolidata delle nostre agenzie di onoranze funebri (14) (voi morite, al resto pensiamo noi); l'essenziale non pu essere qui, ma piuttosto n el doppio movimento, reperibile in ogni configurazione politica, che tende, da u na parte, a fare della morte il punto di partenza sociologico (e retrospettivame nte l'esito storico) di una concatenazione di cause (cos oggi ci viene insegnato a spiegare il cancro, la cirrosi, gli incidenti della strada o le fluttuazioni del la speranza di vita in termini di responsabilit morale e di stile di vita) e, dal l'altra, a identificare l'impensabile della morte con l'impensabile del potere ( a persuaderci cos fortemente, per esempio, dell'eternit degli Stati che la morte d i un capo di Stato in carica ci stupisce ancora per il suo carattere scandaloso) . La morte non la realt biologica, istituzionale e metafisica in rapporto alla qual e certe societ si rivelerebbero essenzialmente diverse dalle altre. Essa prima di tutto e dappertutto l'occasione e la provocazione, l'elemento primo e contraddi ttorio di un pensiero del potere che non pu eliminarla se non al prezzo della sua realt e della sua efficacia. Nessuna societ ha mai potuto risparmiarsi una rifles sione sulla morte; questa riflessione, in cui s'incrociano senza confondersi la dimensione individuale e la dimensione politica, essa stessa, per ogni potere, u na questione vitale. I MARXISTI E L'IDEOLOGIA DEGLI ALTRI. Qui si tratta, chiaro, di denunciare l'utilizzo fatto dai meta-antropologi di ma teriali etnologici frammentari, falsi o discutibili per stabilire una radicale e irriducibile "differenza" tra, da un lato, le societ primitive, che sarebbero esse nzialmente caratterizzate dall'assenza di repressione psichica e sociale e, dall 'altro, le societ statuali che si definirebbero per la chiusura progressiva della f igura individuale su se stessa e il totalitarismo repressivo di un'istituzione p olitica irreversibilmente costituita come significante assoluto. Ma questa denun cia ha senso solo in funzione di un dibattito pi generale centrato sullo statuto

teorico della nozione di ideologia - dibattito di cui si trova eco all'altra est remit della gamma teorica, presso coloro che non sono sedotti dall'apatia teorica d i Lyotard e non rinunciano n a teorizzare la pratica n a dirsi marxisti. Alcuni pa ssaggi dell'opera di Jacques Rancire ("La leon d'Althusser") (15) hanno avuto il m erito di chiarire i termini del dibattito; per Rancire non si tratta certo di ric ongiungere Deleuze e Nietzsche, la libido e il risentimento; il ricorso alla "Ge nealogia della morale" (16) ai suoi occhi solo una procedura universitaria, un u lteriore abbandono alle delizie della speculazione pura, il segno di un'impotenz a a scongiurare i fantasmi della metafisica che molto assillano anche il pensier o marxista e in particolare il discorso filosofico di Althusser. Ora, se Rancire ri mprovera ad Althusser di riprodurre un modello di analisi ereditato dal discorso metafisico sulla societ e da una sociologia borghese di tipo durkheimiano, precisame nte perch rifiuta la concezione althusseriana di un'ideologia in generale, che assi curerebbe, in tutte le formazioni sociali, la coesione dell'insieme a costo di u n effetto di opacit. Per Althusser, infatti, la diversit radicale delle societ senz a classi e delle societ di classe non toglie che n le une n le altre potrebbero sus sistere senza ideologie concepite come sistemi di rappresentazioni. La suddivisione in classi aggiungerebbe semplicemente al principio di deformazione ineluttabile proprio dell'ideologia in generale un secondo principio di deformazione specific o a questa divisione, sovradeterminando la funzione del primo e mirando a stabil ire a vantaggio della classe dominante una rappresentazione mistificata e mistif icante del sistema sociale. Il problema delle differenze dunque anche al cuore del dibattito marxista, ma co rrisponde in realt a due questioni ben distinte: la prima concerne lo statuto del l'ideologia nelle societ di classe e nelle societ senza classe; la seconda concern e direttamente le classi stesse e le particolari ideologie di cui sarebbero port atrici. Rancire rimprovera ad Althusser di definire il concetto di ideologia nell a sua generalit prima di definire quello di lotta di classe. Per lui la struttura d ella societ sono i "rapporti di produzione" che caratterizzano un modo dominante d i produzione, ossia le forme sociali di appropriazione dei mezzi di produzione che sono delle forme di appropriazione di classe. Detto altrimenti, per Rancire l'esp ressione ideologie di classe ha un solo senso, quella di ideologia di societ di clas se ha un senso equivoco e quella di ideologia della societ in generale o di ideolog ia in generale non ne ha nessuno, se non (ma questa un'altra storia) il senso pol itico e strategico di una costruzione intellettuale tendente a consolidare l'aut orit del comitato centrale del Partito comunista francese. Althusser e Rancire si ritroverebbero per d'accordo con i meta-antropologi della l ibido nell'ammettere l'esistenza di una frattura radicale (e reperibile a partir e dal dibattito sul concetto di ideologia) fra due diversi tipi di societ: per il primo, l'ideologia delle societ di classe aggiunge un effetto di mistificazione all'effetto di opacit prodotto dall'ideologia in generale, mistificazione present e solo nelle societ di classe (la religione sarebbe, da questo punto di vista, la prima forma generale dell'ideologia); per il secondo, per definizione, non esiste ideologia nelle societ senza classi. Rancire non precisa che cosa intenda per soc iet senza classi, ma la sua analisi del feticismo permette di supporre che ne amm etta l'esistenza; la manifestazione-dissimulazione (il feticismo) dei rapporti d i produzione non significa per lui un'opacit della struttura sociale in generale: p roprio l'efficacia dell'opposizione di classe lavoratori/non-lavoratori che contr addistingue tutte le societ di classe. Cos, per Althusser, l'opacit ideologica delle societ senza classi non rinvia a rapporti di potere ma a una sorta di minimo vit ale sociologico (la coesione sociale) e per Rancire le societ senza classi sono vo tate alla trasparenza; estesa al di l delle societ di classe, l'efficacia della st ruttura (cio dei rapporti di produzione) diventa un concetto perfettamente indeter minato - oppure determinato come il sostituto di una figura tradizionale della m etafisica: genio maligno o astuzia della ragione. Ecco dunque respinti, assegnati alla metafisica ed estromessi dal campo della storia - per la pi grande felicit o la pi grande ironia degli esperti di primitivit - qualche societ, qualche continen te, qualche millennio. Non si discuter qui del concetto di classe. Si ricorder semplicemente che un antro pologo marxista come Pierre-Philippe Rey ha dovuto proporne una ridefinizione pe

r poter render conto delle forme di sfruttamento e di controllo della riproduzio ne sociale che la sua analisi delle societ lignatiche gli faceva scoprire. Quanto ci proponiamo un po' diverso: anche se si ammette che a dargli troppa estension e s'indebolisce il valore euristico e operativo del concetto di classe, e se si preferisce riservarne l'impiego all'analisi delle societ dove l'opposizione lavor atori/non-lavoratori pertinente, si dovr riconoscere che l'esistenza del potere ( sociale, economico, religioso, politico) anteriore alla comparsa delle classi e, a dire il vero, completamente indipendente da quest'ultima. Da questo punto di vista, i rapporti di classe sarebbero solo una forma dei rapporti di potere. L'e sempio delle societ lignatiche ci invita a definire l'ideologia non come il cement o delle societ ma come la sistematica dei rapporti di potere e ad ammettere al tem po stesso che non esiste n societ senza potere, n potere senza ideologia. Esso ci f ornisce forse cos anche il mezzo per scoprire e analizzare la causa di un'efficac ia che nulla deve a un effetto illusorio. L'analisi delle societ lignatiche autor izza a mettere in discussione tanto le teorie di spirito funzionalista, che anal izzano l'efficacia ideologica in termini di coesione sociale, di immaginario e d i mistificazione (come fa Althusser), quanto quelle che rifiutano l'ideologia e la sua efficacia ad alcuni tipi di societ (come fanno, con spirito apparentemente diverso, la nuova antropologia nietzschiana da una parte e il contro-althusseri smo marxista dall'altra). Infine, e contemporaneamente, essa suggerisce che la d istinzione fra ideologia dominante e ideologia dominata una mera speculazione in tellettuale, essendo proprio del potere imporre a quegli stessi che ne saranno s empre solo gli utenti l'ideologia che gli ha permesso di affermarsi e di riprodu rsi. Non si vuole dire con questo che le classi o i gruppi dominati non possano esprimersi all'interno dell'ideologia del potere e, in certi periodi storici, so vvertirla - cambiando contemporaneamente il rapporto di forza e il rapporto di s enso. Si proporr, a partire dall'esempio dei lignaggi, una distinzione fra i conc etti di ideologica e di ideologia per introdurre l'ipotesi fondamentale di quest o saggio: l'ideologia sempre ideologia del potere in qualsiasi tipo di societ; es sa s'impone, si esprime e si riproduce attraverso strutture d'ordine sintattico che sono omologhe da una societ all'altra e che spiegano, da una parte, come ogni individuo formuli e provi a risolvere i suoi problemi d'ogni genere nella logic a dell'ideologia del potere e, dall'altra, come i dominati vivano nell'ideologia dei dominanti, pur esprimendo, senza illusione n ambiguit, la loro protesta o, pe r lo meno, la loro situazione. Tutte le societ sono repressive e impongono allo stesso tempo un ordine individua le e un ordine sociale. Tale , almeno, l'ipotesi che sar sostenuta in tre momenti successivi. Una prima parte prover a identificare il percorso e a distinguere gli a priori e le implicazioni della meta-antropologia di oggi; in una seconda part e si prover a descrivere le figure principali dell'ideologica lignatica e, al di l di questo, a proporre un'analisi strutturale dell'ideologica in generale; infine, attraverso l'analisi dei discorsi ideologici dell'attuale societ dei consumi, si suggerir, pi precisamente, che l'ideologia capitalista funziona a partire da un'i deologica che non formalmente diversa da quella delle societ lignatiche. Cos dovre bbe delinearsi un'antropologia della repressione, un'antropologia del potere e d ei poteri che non sarebbe esclusivamente n sociale, n religiosa, n politica, n eco ancor meno una sintesi di questi diversi punti di vista, ma che, al contrario, muov erebbe da un'analisi differenziale delle logiche esplicite e implicite nelle pra tiche che possono essere attuate e nei discorsi che possono essere portati avant i nelle diverse societ concrete. Capitolo 1. I VENDICATORI DI LAIO (1). Natura umana e differenze. REPRESSIONI. In senso lato, se seguiamo Laplanche e Pontalis, il termine repressione si applica a un'operazione psichica che tende a far scomparire dalla coscienza un contenut o spiacevole o inopportuno: un'idea, un affetto eccetera. In questo senso la rim

ozione sarebbe una particolare forma di repressione. Nel senso pi stretto, privil egiato da questi autori, il termine repressione designa solamente alcune operazi oni che corrispondono all'accezione del senso lato e si distinguono dalla rimozio ne in virt del carattere conscio dell'operazione e per il fatto che il contenuto r epresso diventa semplicemente preconscio e non inconscio (2). Comunemente, impieghiamo il termine repressione anche per designare l'azione di un individuo su un secondo individuo, l'uno soggetto e l'altro oggetto della repre ssione. In questo senso, nel significato comune del termine, i genitori reprimon o certe velleit dei figli, li educano "contro" certe tendenze. Ancora in questo s enso, il potere politico reprime con la forza le manifestazioni sovversive, la p olizia reprime le infrazioni del codice stradale; da questo punto di vista la di stinzione tra prevenzione e repressione un po' artificiale; la differenza di gra do, non di natura; la prima ha senso solo in rapporto alla seconda; una perfetta riuscita della prima implicherebbe l'interiorizzazione generalizzata delle cost rizioni oppure un obbligo assoluto della seconda, in ogni caso il regno dell'ord ine. Il gendarme pu piazzarsi prima della sommit di una salita o prima di una svol ta, giocare un ruolo dissuasivo, oppure pu appostarsi dopo l'una o l'altra, e gioca re un ruolo repressivo: in entrambi i casi la saggezza che si ritiene ispiri deriv a dal timore o, al di l di questo, dall'amore. La repressione si esercita sugli i ndividui presi uno per uno; quel figlio o quell'allievo a venire punito e che si sa o si crede oggetto di un'attenzione esclusiva. Le condanne, quando c' giudizi o, dosano individualmente la repressione, dalla sospensione della pena alla mort e. Ma la repressione non mai fantasiosa, per lo meno non nel suo principio espli cito; il figlio ben educato e il figlio martire vengono educati e martirizzati i n nome di una sistematica dell'educazione, meccanica o sregolata che sia. L'ogge tto della repressione nel senso comune al tempo stesso individuale e collettivo nella misura in cui il giudizio da cui la repressione deriva non mai una pura in venzione personale; per quanto vittima di una tirannia particolare, l'individuo sempre vittima di un sistema. Sotto questo aspetto, la repressione nel senso comune non diversa dalla repressi one in senso analitico. Quest'ultima, nel senso stretto citato sopra, corrispond e a un'esclusione fuori dal campo della coscienza presente e non al passaggio da un sistema (preconscio-conscio) a un altro (inconscio). Laplanche e Pontalis os servano a questo proposito che, dal punto di vista dinamico, [...] le motivazioni morali svolgono nella repressione un ruolo predominante (3). Le motivazioni mora li rimandano con ogni evidenza a un dato sociale. Fra la repressione in senso an alitico, l'autorepressione e la repressione nel senso comune non c' dunque soluzi one di continuit: la repressione nel senso comune va oltre il suo oggetto occasio nale, l'individuo, poich si esercita in nome di un sistema contro delle deviazion i; l'autorepressione si esercita in nome di un sistema che deborda e ispira lo p sichismo individuale; poich essa prende di mira delle deviazioni in rapporto alle norme di un sistema interiorizzato, prende di mira virtualmente tutti i deviant i. E' il medesimo totalitarismo a ispirare la legge dei vincitori quando si applica ai vinti, la legge dei dominanti quando si applica ai dominati. La situazione d i dominazione stabile solo nel momento in cui l'ideologia dei vincitori viene ac cettata dai vinti; il ricorso alla forza rimane, dal punto di vista dei vincitor i, sempre possibile e a volte necessario; ma esso implicitamente presente nella stessa legge del vincitore, costitutivo, in qualche modo, della sua efficacia e del discorso sempre trattenuto, contenuto ma riconosciuto, che la garantisce. Il fatto che la situazione di dominazione nata tanto dall'aggressione quanto dalla repressione nel senso comune; le forze di aggressione si trasformano rapidament e in forze dell'ordine; ma prima di tutto esse sono forze la cui evidenza e mate rialit non possono essere messe in dubbio. I militari usano belle parole per qual ificare le azioni improvvise, risolute, brutali, d'urto che devono suscitare sorpr entire lo sfruttamento; parole di sempre, almeno di pi d'un secolo, nella nostra tr adizione guerresca; abbastanza vecchio da aver udito i professionisti dell'ultim a guerra coloniale, l'odierno lettore degli archivi coloniali, dei rapporti degl i amministratori e degli ufficiali pu stupirsi nello scoprirvi, paradossalmente, come l'eco di discorsi pi recenti. Una volta creato l'urto, una volta che il rapp

orto delle forze viene incontestabilmente stabilito, il nuovo ordine vuole esist ere con tutta la forza dell'evidenza; pi ancora dell'abitudine, di cui partecipa e con cui vorrebbe confondersi, esso tende a diventare una seconda natura, inevi tabile, necessaria e senza passato. Il nuovo ordine, con la sua sola esistenza, pone anche un problema intellettuale a coloro ai quali imposto e vuole imporsi; pone un problema che implica l'ordin e antico, per il fatto stesso dell'efficacia della violenza da cui deriva; tende a fondare la realt della sua vittoria come verit naturale. La cannoniera testimon ia una realt di cui il missionario spiega la verit; per il colonizzatore (sempre p ronto a parlare della sua missione civilizzatrice), l'efficacia non sostituisce la legittimit, vi si identifica; e ogni sforzo di civilizzazione, sforzo tutto somm ato impari, tende a far accettare questa identit ai non-civilizzati. Ma la prova di forza e la sua conclusione tendono da sole a imporre questa identit; poich il con tatto culturale, per tornare al pudico linguaggio dell'antropologia, un contatto impari e una violenza, il nuovo ordine s'impone come ordine morale e come ordin e intellettuale; l'etnocidio sicuramente una delle figure repressive della domin azione; probabilmente, gli individui e le collettivit dominate non potranno pi sba razzarsi dell'ideologia dei dominanti; la risposta alle provocazioni della viole nza e dell'ideologia sar con ogni probabilit segnata essa stessa dal marchio della repressione: una risposta dei vinti ed la disfatta ci che essa deve innanzitutto spiegare. Tutti i sincretismi sono illusioni: reinseriscono i problemi individu ali, moltiplicati e complicati dall'evidenza di nuove sventure, in una problemat ica sociale che attribuisce ai nuovi arrivati e alla loro forza, anche per oppor visi, pi di quanto spetti loro effettivamente. Il missionario parla al tempo stes so dell'uomo e della societ, collegando la felicit del primo ai cambiamenti della seconda: combattendo le credenze nella stregoneria (e, per far prima, per essere meglio ascoltato, anche per tradizione professionale, combattendo gli stregoni stessi, come se questi esistessero ma avessero trovato il loro signore), egli ch iama in causa, insieme all'ordine sociale e alla ragione individuale che a esso si appoggia, la ragion d'essere dell'individuo e della societ; il cristianesimo s i presenta come l'insieme delle istruzioni d'uso delle forze della dominazione, la Bibbia come il segreto del potere bianco. Molti di coloro che, all'invito dei nuovi signori, hanno volto lo sguardo alla fonte luminosa del nuovo potere, si sono rovinati la vista senza perdere la speranza e continuano a cercarsi altri s oli e nuovi dei. NATURA, CULTURA. Che si applichi allo psichismo individuale, a gruppi o a popoli, la repressione rinvia alle lotte degli uomini fra loro, alle ideologie che producono e che subi scono, a una storia che non la storia naturale della specie. La storia naturale conosce solamente lunghi periodi che scandiscono l'evoluzione delle specie o gli sconvolgimenti dell'universo terrestre. Con una sorta d'inversione paradossale, le imprese materialistiche che cercano di fare della storia umana un epifenomen o della storia naturale costringono se stesse a ridurre la prima a uno scontro d i entit, a un combattimento pi o meno manicheo fra principi contraddittori e compl ementari; tutto accade come se la riduzione della cultura alla natura lasciasse libero il campo a uno spiritualismo mascherato ma forsennato che sostituisce ai misteri divini quelli della genetica, cercando alle frontiere dell'inesplicato i principi di spiegazione del sociale e del politico. Un'intera corrente dell'odi erna letteratura in scienze sociali sembra obbedire, a diverso titolo, a un dopp io orientamento: quello del neoevoluzionismo e quello del rifiuto della dicotomi a natura/cultura - doppio orientamento che corrisponde d'altronde al rigetto glo bale dello strutturalismo e del marxismo come principi di spiegazione delle soci et. Seguiamo, nel suo discorso utilmente divulgatore, il cantore eloquente e sinteti co della moda antropologica, Edgar Morin (4). Il paradigma perduto quello che de clinava insieme natura e cultura, individuo e societ. L'esempio delle societ anima li, ci ricorda Morin, mostra abbastanza chiaramente come il sociale non sia iden tificabile con l'umanit. Mentre le formiche, le api, le termiti sono a lungo appa

rse, da una parte, come eccezioni e, dall'altra, come esempi di antisociet, in qu anto mosse dalla forza del cieco istinto, sembra oggi, in particolare grazie al contributo dell'etologia, che esistano vere e proprie societ animali dove si ritr overebbero le caratteristiche che venivano usate per definire le altre societ uma ne: base territoriale, gerarchia (con i conflitti e i rapporti interindividuali di sottomissione/dominio che le corrispondono), solidariet, cooperazione, ricchez za di comunicazioni (segni, simboli, riti). La societ appare dunque come una dell e forme dell'autoorganizzazione dei sistemi viventi, autoorganizzazione il cui pri ncipio di funzionamento legato alla coppia competizione/solidariet. La sociologia appare al tempo stesso come una scienza naturale. Morin reintroduce la coppia complementarit/antagonismo per qualificare il rapport o societ/individuo nella societ degli antropoidi avanzati: da una parte la diversi t degli individui a nutrire la diversit dei ruoli e degli status ("caid" (5), serv itori, devianti, marginali); dall'altra, la societ dispone di modelli ["patterns"] superindividuali (classe, ruolo) che permangono stabili nel tempo mentre gli ind ividui, con l'invecchiare, cambiano di ruolo. C' dunque oscillazione fra sistemi a gerarchia morbida (che permettono un grande sviluppo dell'individualit) e siste mi a gerarchia forte (dove il pieno sviluppo individuale pi raro e pi marcato - co me nel caso del "caid"). Cos il rapporto individuo/societ colto come un rapporto co mplesso di determinazione reciproca: [...] individuo e societ diventano parte integ rante l'uno dell'altra in un rapporto di simbiosi (6). Tutto ci non accade senza i nsuccessi e senza perdite, senza rumore, per riprendere un'espressione felice di M orin; ma, nell'insieme, tutta la storia dell'umanit o tutta l'evoluzione verso l' umanit pu essere analizzata e descritta in termini di equilibri compromessi e ritr ovati. Morin cita Hegel che si stupiva che un'astuzia della Ragione inducesse l' individuo a credere di operare per i suoi fini personali mentre obiettivamente l avorava per l'interesse collettivo; egli si accontenta di attribuire a questa as tuzia della Ragione un indice di complessit che non contraddice, in ultima analisi, il finalismo complessivo della procedura. A quest'altissimo livello di analisi, l'individuo e la societ sono intesi, a disp etto delle loro reciproche determinazioni, come entit separate: l'individuo affro nta, all'occasione, altri individui; la gerarchia dei ruoli consente la competiz ione fra individui; la societ nasce e si rafforza da questi scontri. Quest'analis i, in termini di equilibri instabili e di crescente complessit, si applica altret tanto bene alle societ umane storiche (la citazione di Hegel ne il segno); che ri entri nel campo dell'idealismo finalista o in quello della socio-biogenesi materia lista, essa fonda la definizione dell'individuo su quella della societ, poich l'in dividuo, forte o alienato che sia, lo strumento di una storia che lo supera; l'i ndividuo forte (la forza la forma cruda e il nome materialistico dell'integrazio ne) libero di affermarsi in un ruolo che gli preesisteva; ma forte o debole che sia, comunque alienato (l'alienazione la forma raffinata e il nome idealista del l'integrazione), gioca secondo le regole di una sceneggiatura a lunga scadenza. Alla filosofia spetter dire se questa sceneggiatura stata gi scritta, se il prodot to del caso (la sua continuit per noi dipenderebbe da un'illusione retrospettiva) o se inscritta nelle necessit della materia o della vita. Uscito dall'ambito dei primati, Morin ci inizia in seguito ai meccanismi pi sotti li della protosociet. A questo punto, ci fornisce gli elementi di un'analisi della repressione; tuttavia, in ragione della prospettiva esclusivamente evoluzionisti ca e della problematica posta in termini di entit antitetiche, egli si interessa agli aspetti repressivi solo in quanto gli mostrano il mutuo complicarsi dell'ap parato sociale e dell'organizzazione individuale, in una prospettiva al tempo st esso finalistica e meccanicistica. Cosa sono infatti questi aspetti? Il cambiame nto bio-antropo-sociale (la societ interviene sempre di pi nel processo della riprod uzione biologica); il mito biofamiliare (la Sacra Famiglia diventa il cemento comu nitario mitico della societ reale); l'integrazione socioculturale (la mitologia i ntegra dal punto di vista noologico la societ e l'uomo nel mondo); il dominio della classe maschile per mezzo della religione (la classe maschile occupa le posizion i chiave magico-religiose, monopolizzando il commercio con gli spiriti che terro rizzano le donne e i bambini) (7). Tutto sommato, e per ciascuno di questi aspett i, Morin s'interessa solamente dei rapporti fra "l"'individuo (8) e "la" societ,

del rapporto fra codice culturale e codice genetico: ogni ontogenesi individuale riceve stimoli e inibizioni da parte dell'eredit culturale, ogni cultura intervi ene per coorganizzare e per controllare l'insieme della personalit. Questa ossessione del complementarismo finalista spiega forse come l'analisi sci voli o svanisca al sopraggiungere dei tempi forti del ragionamento. Morin evoca la nascita del mito biofamiliare, ma non ci dice nulla della sua struttura n dell e sue condizioni di efficacia; Deleuze e Guattari si preoccuperanno precisamente della validit generale del pap-mamma e della sua relazione con le forme sociali di repressione - relazione che Morin presenta molto velocemente come di riflesso, d i rimando; allo stesso modo si riferisce alla credibilit e alla forza di persuasi one del settore magico-religioso come alla virt soporifera dell'oppio: Qui come al trove, magia, mito e rito sono dotati di una tale credibilit, di una tale forza d i convinzione nei loro ordini o nei loro divieti, questi sono cos profondamente i ntroiettati da rendere accessorie e talvolta anche inutili la repressione o la p unizione, e il sistema non adopera alcuna coercizione fisica, nessun imprigionam ento (9). Complessivamente, il dominio degli adulti maschi sulle donne e sui bamb ini riposerebbe sulla forza fisica e su una manipolazione molto machiavellica de ll'oppio religioso. Senza insistere sulla rapidit del ragionamento che sacralizza un sociopolitico di c ui ci piacerebbe sapere che cosa sia prima di essere sacro e che fa della credib ilit la spiegazione della credenza, noteremo che la descrizione dell'umanit come o scillante fra l'entit individuale e l'entit sociale ha per interesse e per scopo q uello di definire la protosociet come quella formazione sociale dove la repressione sociale era al minimo: certo, essa era dominata gerarchicamente da una classe ma schile, ma non subiva n lo sfruttamento di una classe straniera n la schiavit parassit ria di un potere statuale poliziesco o burocratico (10). L'armonia relativa, inso mma, in questa mira tautologica, l'assenza della costrizione: una societ caratter izzata dalle sue mancanze; i cacciatori-raccoglitori non avevano lo Stato; le so ciet statali hanno perso il paradigma iniziale; felice assenza in un caso, irrime diabile perdita nell'altro, e dall'uno all'altro caso svolgimento della storia u niversale, poich Morin passa direttamene dall'evocazione dei cacciatori-raccoglit ori a quella della citt-Stato dove appaiono contemporaneamente (e, beninteso, all a fin fine complementarmente) la repressione, la storia e la coscienza individua le. Non si sa pi, a questo punto, se invidiare o compiangere i gruppi etnici isol ati di cacciatori-raccoglitori ancora presenti su questa terra; soprattutto non si sa dove situare le societ senza citt e senza Stato che non si dedicano alla rac colta; non si sa che cosa rappresentino, nella terminologia dell'autore, n la domi nazione n la classe n la protosociet. A dir poco, l'antropologia di Edgar Morin non sociologia. Pascal laico, Morin conduce la sua riflessione di buon passo e non senza eloquen za verso l'evocazione ultima del mistero originario. (L'apertura, abisso sull'ins ondabile e il nulla, ferita originaria del nostro spirito e della nostra vita, a nche la bocca assetata e affamata attraverso la quale il nostro spirito e la nos tra vita esprimono i desideri, respirano, si abbeverano, mangiano, baciano) (11). Ma per chi non intende cominciare dall'analisi dell'insondabile, questa rifless ione inconfutabile ha il merito essenziale di lasciar apparire sulla sua scia, i ncessantemente allargata, gli scogli che essa ha superbamente ignorato: il rappo rto individuo/societ, che ci piacerebbe comprendere nella sua forma plurale e con creta di rapporto di gruppo e di classe; il rapporto dell'individuo e della soci et con l'ideologia che ordina il loro rapporto; il rapporto fra dominanti e domin ati cos come si esprime e si svolge in particolare nell'ideologia che essi condiv idono. Il nostro problema, infatti, non quello di situare in una luce metafisica il rapporto fra l'entit individuale e l'entit sociale, un rapporto di equilibrio antagonistico nella scala scelta da Morin, ma quello di discernere nel codice cu lturale delle societ date tutto ci che determina anticipatamente l'individuo a non poter pensare la propria persona, comprendere la propria vita e governare il pr oprio destino se non ricorrendo alle categorie dell'ordine stabilito, che sempre gerarchico. E' il gi dato, il gi presente, l'ideologico (che comprende anche il s ociopolitico) a costituire e informare l'adesione prima, quella che non viene ma i rimessa in causa. L'astuzia della ragione di cui bisogna rendere conto (e che an

che un'astuzia della ragione primitiva) quella che costringe l'individuo a non per cepirsi, a non comprendere le alee della sua vita e a non definire i suoi intere ssi se non nelle categorie che fondano e anche interpretano la realt dell'ordine sociale in cui si inserisce. Il suo destino individuale non pu esser compreso se non nei termini del suo destino sociale - della sua ragione sociale. Si tratta di dire il luogo strategico che costituisce il corpo ideologico di una data societ; l'astuzia della ragione non che una metafora e la ragione sociale non caduta dal cielo; corpo di rappresentazioni dove si coniugano tanto l'ordine po litico ed economico quanto l'ordine individuale, l'ideologia ideologica proprio in quanto formula in un medesimo discorso le leggi della riproduzione sociale e quelle del perpetuarsi degli individui; al tempo stesso verit di una gerarchia e verit per tutti, presentata come verit di tutti, l'ideologia sempre l'ideologia de i dominanti, ma anche il discorso, la pratica, il riferimento e la risorsa o il riflesso dei dominati. Del tutto giustamente, Roland Barthes sottolinea nel "Pia cere del testo" il carattere contraddittorio dell'espressione ideologia dominante; non esiste, infatti, alcuna ideologia dominata: Dalla parte dei 'dominati' non c ' niente, nessuna ideologia, se non appunto - ed l'ultimo grado dell'alienazione - l'ideologia che sono costretti (per simbolizzare, dunque per vivere) a riprend ere dalla classe che li domina... (12). I dominanti hanno sempre ragione - ragion e sociale e individuale. RAGIONE INDIVIDUALE, RAGIONE SOCIALE. Possono essere presi in considerazione tre livelli di analisi. La relazione fra ordine familiare e ordine sociale in generale, l'inscrizione sistematica della v ita individuale - dalle origini alla morte - in un codice dal significato e dall e implicazioni sociali, la disuguaglianza sociale all'interno delle societ posson o essere studiate, da una parte, nei loro rapporti reciproci, dall'altra nel lor o rapporto con le diverse forme politiche. Sul primo punto, la letteratura consa crata alle societ non industriali rara. Partiremmo volentieri da un'osservazione e da un commento che tuttavia pretendono di essere l'espressione di un imperativ o sovversivo attuale e interno alla civilt occidentale. Guattari scrive in "Una t omba per Edipo": Siamo tutti dei gruppuscoli (13); e Deleuze, nell'introduzione, c ommenta: L'io fa parte piuttosto di quelle cose che bisogna dissolvere, sotto l'a ssalto congiunto delle forze politiche e analitiche. La frase di Guattari 'siamo tutti dei gruppuscoli' segna bene la ricerca di una nuova soggettivit, soggettiv it di gruppo, che non si lascia rinchiudere in un tutto forzatamente pronto a ric ostituire un Io, o peggio ancora un Super-io, ma che si estende su pi gruppi nell o stesso tempo, divisibili, moltiplicabili, comunicanti e sempre revocabili (14). Per coloro che hanno un poco di familiarit con le rappresentazioni caratteristic he delle societ lignatiche, tale ideale di soggettivit libera ricorda pi o meno que ste ultime: legame con i gruppi, addizione di componenti, combinazioni instabili , identit gruppuscolare da una parte, ma anche costrizioni correlate a queste defin izioni di un'identit per mezzo dell'alterit. I confini dell'etnologia e dell'analisi costituiscono una sorta di Capo Horn epi stemologico e bisogna essere grati a Deleuze e Guattari per aver affrontato cora ggiosamente, da navigatori solitari, queste regioni perturbate. Noi ci accontent eremo qui di segnalarne qualche punto degno di nota. Marcuse, in "Eros e civilt", collega la comparsa del senso di colpa a una forma specifica (propria delle soc iet industriali) di repressione; nella nostra societ oliata, dove l'interlocutore ufficiale sempre affabile e privo di responsabilit, l'aggressivit gira a vuoto e s i ritorce contro colui che la sente e che non pu esprimerla: Colpevole non la repr essione ma l'individuo represso (15). Rovesciamento notevole, in effetti: ricorda quello che Nietzsche attribuisce al prete della "Genealogia della morale" (16) dove quest'ultimo rinvia a se stesso l'uomo del risentimento che cerca altrove p iuttosto che in s la causa del male di cui soffre; si vedr pi avanti come questo ca povolgimento dello schema persecutorio possa anche caratterizzare il messaggio c ristiano nei confronti della logica dei sistemi di lignaggio africani; i giochi e le poste in gioco ideologici si ritrovano forse, almeno nelle forme, in contes ti sociali e storici diversi.

Marcuse sostiene, come del resto Freud, la tesi dell'esistenza di un Edipo repre ssivo per definizione in ogni formazione sociale; se si interessa all'origine de lla civilt repressiva, egli si interessa anche all'origine della repressione pres so l'individuo (ontogenesi), e distingue la repressione addizionale (le restrizioni rese necessarie dal dominio sociale) (17) dalla repressione fondamentale, cio dall e 'modificazioni' degli istinti strettamente necessarie per il perpetuarsi della razza umana nella civilt (18); quale che sia la formazione sociale, c' nell'indivi duo la presenza di un Super-io che lo obbliga a obbedire ai dettami della realt; il pensiero di questa realt ne anche, notiamolo, in qualche misura il passato, po ich la coscienza nasce da una lunga dipendenza nei confronti delle influenze social i e culturali interiorizzate e integrate dal Super-io, mentre il senso di colpa nasce dalla trasgressione o dal desiderio di trasgredire, in particolare nella s ituazione edipica. Quest'analisi della repressione consiste essenzialmente in du e commenti che fa il suo autore: da una parte c' un legame essenziale fra repress ione individuale e repressione sociale, entrambe dipendenti da uno stesso princi pio di realt ([...] nel nostro tentativo di mettere in luce la portata e i limiti della repressivit che domina nella civilt contemporanea, dobbiamo descriverla nei termini dello specifico principio di realt che ha retto le origini e lo sviluppo di questa civilt. Gli abbiamo dato il nome di principio di prestazione per dare r ilievo al fatto che, sotto il suo dominio, la societ si stratifica secondo le pre stazioni economiche competitive dei suoi membri...) (19); dall'altra parte, forme di organizzazione sociale diverse da quelle della nostra societ e altri principi di realt hanno potuto e possono permettere un migliore sviluppo degli individui, una repressione minore. ([...] per un lungo tratto, gli interessi del dominio e gli interessi dell'insieme coincidono; l'utilizzazione vantaggiosa dell'apparato produttivo soddisfa pienamente i bisogni e le facolt degli individui) (20). In Deleuze e Guattari (21) si assiste a un tentativo di radicalizzazione di ques ta distinzione. Essi rifiutano di fare dell'Edipo la repressione fondamentale. A ffermano, come il Nietzsche della cattiva coscienza, che questa pianta non cresc e sul terreno selvaggio. Edipo non installato nella macchina territoriale selvagg ia. Non lo per natura, sembrerebbe, poich le condizioni sociali della riproduzione non permettono la comparsa di un complesso familiare come microcosmo espressivo. Deleuze e Guattari non negano che esista una repressione fondamentale legata all a comparsa del "socius" ma si sforzano, come Marcuse, di specificarla. Edipo sem pre presente e sempre assente, un'ombra assente i cui spostamenti segnano tuttav ia le grandi tappe dell'umanit fino al giorno in cui, al termine del suo cammino, essa si rivela finalmente per quello che : il segno e lo strumento della repress ione assoluta; Edipo diventa Edipo il giorno in cui lo Stato diventa capitalista . Qual il principio di questi spostamenti dell'Edipo? Deleuze e Guattari provano a rispondere alla domanda gi posta da Reich (Perch gli uomini combattono per la lo ro servit come se si trattasse della loro salvezza?) (22) e fondano il loro proget to di creare una psichiatria risolutamente materialistica sulla categoria di prod uzione desiderante. La produzione sociale la stessa produzione desiderante nelle condizioni determinate dal campo sociale che essa attraversa. Le macchine sociali costituiscono una metamorfosi della produzione desiderante, delle macchine deside ranti primordiali; la rappresentazione sempre una rappresentazione-rimozione dell a produzione desiderante ma in modi diversi secondo i grandi tipi di formazione sociale considerati. E' a questo punto, d'altronde, che si manifesta l'evoluzion ismo degli autori e la stretta relazione che essi stabiliscono fra l'istituzione dell'Edipo e la forma sociale, fra il rapporto con il desiderio e il rapporto c on il potere; secondo loro, esiste infatti un coefficiente di affinit pi o meno gran de fra le macchine sociali e le macchine desideranti, a seconda che siano pi o me no vicine le une alle altre e, se esistono veramente repressione e rimozione nel le societ primitive, i loro codici canalizzano e controllano i flussi del desiderio attraverso un sistema della crudelt che pi vicino alle macchine desideranti di quan to lo sia il capitalismo. Edipo sempre innanzitutto il rappresentato spostato del desiderio. Ci che deve esse re rimosso nel caso delle societ primitive il complesso germinale, la filiazione inte siva. Griaule d a Nietzsche l'impulso iniziale che permette alla macchina di Deleu ze di funzionare. Griaule o piuttosto il mito dogon. Poich se "L'Anti-Edipo" ci r

icorda con un'insistenza forse inutile che alleanza e discendenza devono essere comprese insieme (dal momento che solo la prima permette alla seconda di estende rsi e di iscriversi sul corpo pieno della terra), esso trova nel mito l'evocazione di uno stato anteriore alla comparsa del "socius" e dell'alleanza. In principio , ci insegnano i Dogon tradotti da Griaule, tradotto a sua volta da due etnologi contemporanei (23), era la filiazione intensiva (e la produzione desiderante, a ggiungono Deleuze e Guattari). In principio era l'indifferenza, lo stato primord iale dove non potevano distinguersi n i sessi n le generazioni; era l'Uno, o piutt osto l'Uno-Due originario, "il" o "i" gemelli. Ogo, al termine della sua rivolta , parte con un pezzo di placenta nel quale cerca di trovare la sorella gemella i n formazione. Ma Amma trasforma in terra umida e sanguinante questa placenta che essa stessa una metamorfosi della madre di Ogo. Il mito autorizza la distinzion e fra stirpe germinale, continua e intensiva, e stirpe somatica, discontinua ed estensiva. Il figlio il fratello genetico o germinale della madre. Somaticamente , il figlio non il fratello della madre; non pu dunque sposarla; ci che rimprovera allo zio materno di non averla lui stesso sposata; non perch l'incesto con la so rella sia un sostituto dell'incesto con la madre, ma perch esso il modello intensi vo dell'incesto (24). Lo zio non pu sposare la sorella, non pi di quanto il nipote possa sposare la madre: in ogni caso, la filiazione germinale intensiva che deve essere rimossa. La proibizione dell'incesto non implica dunque alcuna reiezione del nome del padr e; Edipo solo l'immagine trasfigurata e spostata di quanto realmente proibito; la rimozione prolunga la repressione e le consente di far presa sul desiderio. La fi gura edipica diventa il rappresentato spostato del flusso germinale che il rapprese ntante del desiderio. In effetti Edipo, ci dicono gli autori dell'"Anti-Edipo", n on ancora questo rappresentato spostato (e non lo sar mai pi, dal momento che, nel le due tappe successive, occuper posizioni diverse). Quanto alla ragione della ri mozione della filiazione intensiva, deve essere trovata nel terrore che il socius p rimitivo prova nei confronti dei flussi non codificabili. Il "socius" inizia con la differenza, la differenza nominata e i ruoli attribuiti, con la necessit dell'al leanza; il verbo (la memoria della parola che costituisce l'alleanza) non al pri ncipio del mondo, ma al principio della societ. Deleuze e Guattari possono pertanto ricostituire gli spostamenti dell'Edipo che corrispondono ad altrettanti cambiamenti nell'evoluzione politica dell'umanit, ma che hanno tutti in comune il fatto di essere segnati (sotto l'effetto di non si sa quale coscienza) dall'ossessione delle origini, la filiazione intensiva, e d al presentimento della fine, la decodificazione generalizzata, la schizofrenia l imite del capitalismo. Nella formazione imperiale l'incesto ha cessato di essere il rappresentato spostato del desiderio per diventare la rappresentazione rimuov ente stessa (ruolo che svolgeva l'alleanza nella formazione primitiva). E' in rea lt Luc de Heusch, con le sue analisi dell'incesto reale nei reami interlacustri d ell'Africa orientale, a fornire qui l'argomento: l'incesto, nelle sue forme conc rete (matrimonio con la sorella agnatizia) o simboliche (unione con donne del cl an della madre considerate come piccole madri), il privilegio del re - interdetto agli altri, a tutti gli altri, in qualche modo proposto loro come il modello del l'impensabile, l'assoluto della proibizione e dell'inversione (per quanto il re sia, per definizione, un modello di potenza sessuale e di fecondit, n le sorellast re n la madre devono mettere al mondo figli dopo la sua salita al potere). Con il capitalismo, la cellula edipica arriva al termine della sua migrazione e divent a il rappresentante del desiderio stesso. E' perch la famiglia viene estromessa dal campo del sociale (poich essa non ha pi, come nella societ primitiva, la stessa es tensione di un campo politico ed economico di cui assicura direttamente la ripro duzione) che l'intero campo del sociale pu esercitarsi, ribaltarsi su di essa e far ne un microcosmo espressivo; le persone private diventano le immagini delle pers one sociali, costituendo la famiglia un sottoinsieme su cui si esercita l'insieme del campo sociale: Edipo la nostra formazione coloniale intima che corrisponde al la forma della sovranit sociale (25). L'insieme del percorso strabiliante compiuto dall'Edipo e da Deleuze caratterizz ato da due elementi essenziali: il principio assoluto, l'inizio, quello dove tut to flusso e materia, desiderio dice Deleuze, ma indubbiamente un desiderio pi vicin

o all'energia che alla vita, allo slancio che alla coscienza; il principio socia le, successivo, il quale implica il controllo del flusso, un minimo repressivo d estinato a complicarsi e a ingrandirsi attraverso l'azione di una rimozione pi pr ofonda e di una repressione pi arbitraria (lo Stato sostituirebbe la sua assiomati ca ai codici primitivi ). In un certo senso l'umanit va dal concreto (la codificazio ne dei flussi sul corpo pieno della terra ancora una reale prossimit allo stato p rimordiale, il minimo repressivo necessario all'estensione della discendenza e a lla designazione dei ruoli, la lava canalizzata ma ancora ardente, l'uno ancora attaccato all'altro e da esso definito) all'astratto (la macchina moderna decodi fica i flussi sul corpo pieno del capitale denaro (26); la propriet privata, la ric chezza, la merce, le classi: tutte realt astratte che consacrano il fallimento de i codici; alla confluenza dei due flussi - di produttori e di denaro - il capita lismo astratto manipola e riterritorializza a pieno ritmo, macchina impazzita ch e ritrova al termine del suo percorso l'ossessione delle origini - quella dell'a ssenza dei codici, dei tagli in tutti i sensi, dell'indifferenziazione - e che p roduce in serie, con una sorta di vertiginosa fuga in avanti, assiomi arbitrari che l'aiutano a differire il suo limite assoluto: quello della schizofrenia). Tr a questi due stadi, la macchina imperiale, che rimane il modello e l'ideale di o gni forma statale, conserva le comunit territoriali ma le assembra, le surcodific a e si appropria del surplus di lavoro. Ci che ci interessa in questa sede, indipendentemente dalle riletture intelligent i, dalle intuizioni spesso inquietanti e dall'estrema abilit di Deleuze e di Guat tari, sono i pochi frammenti etnologici che le sorreggono e l'ambigua antropolog ia che esse autorizzano. Poich le societ primitive (intendiamoci: quelle che gli etn ologi studiano ancora oggi, anche solo per impietosirsi a causa della loro pross ima scomparsa) esistono per farci toccare con mano i residui o le vestigia della macchina per codificare i flussi, della macchina ossessionata e segnata (come t estimoniano i miti che ne costituiscono la memoria) dalla filiazione intensiva. Ecco dunque l'etnologia (se non gli etnologi) investita di un compito sorprenden te: testimoniare per tutta l'evoluzione di tutta l'umanit; le origini erano ieri e ieri ancora oggi, ma accanto. Ancora cos vicini (a qualche migliaio di chilometri ) alle nostre origini, siamo dunque (con lo Stato capitalistico che ci viene pre sentato come la fine dell'umanit e il senso ultimo e retrospettivo della storia) cos vicini anche alla fine di tutto? L'etnologia esiste solo per testimoniare di una "chance" irrimediabilmente perduta, a portata di mano eppure intoccabile e i nvisibile? L'etnologo, novello Orfeo, non pu volgersi verso ci che ama se non a pr ezzo di farlo morire una seconda volta? Orfeo troppo preoccupato del suo desider io... L'etnologia di Deleuze e Guattari ci propone, con il suo eclettismo sottil e, una visione dell'altro che ci parla soprattutto di noi. Essi hanno indubbiame nte premura di seppellire l'altro, ma solo perch s'interessano soprattutto alla n ostra stessa fine; sono poco preoccupati di distinguere fra i diversi altri, ma perch ci vedono ugualmente asserviti all'arbitrio dello stesso Stato; hanno premu ra di farla finita con l'altro, insomma, dal momento che si tratta di celebrare la nostra propria fine... Deleuze e Guattari: la strana alleanza, nel capitolo Se lvaggi, barbari, civilizzati, del pessimismo e della militanza. Con qualche infedelt, essi ricavano nell'"Homme" e in poche altre opere, che hann o tutte in comune di non essere mai inintelligenti, la sagoma inquietante e vaga di un'antropologia che essi hanno suscitato da una parte, e sollecitato dall'al tra. Antropologia di una societ primitiva indifferenziata (anche se, per un istan te, una sorte particolare viene assegnata al cacciatore amazzonico, al paranoico d ella boscaglia) che definita dalla sua globalit, dalla sua omogeneit e che analizz ata a partire dalle sue rappresentazioni: societ soggetta a un discorso che la es prime e la riflette mascherando al tempo stesso la specificit delle sue forme rep ressive. Durante il viaggio che li conduce dai selvaggi ai civilizzati, Deleuze e Guattar i fissano qualche immagine apparentemente istantanea del paesaggio etnologico. C ome per qualsiasi appassionato di foto (e di viaggi), queste istantanee, moltepl ici e diverse, acquisiranno senso e sapore solo a conclusione del viaggio; ma fo rse i loro autori ne erano consapevoli al momento stesso dello scatto e hanno as saporato in anticipo il futuro momento dello sguardo retrospettivo - ossessionat

i essi stessi da questo futuro anteriore di cui fanno (o di cui si fa al loro se guito) l'ossessione e la delizia dei selvaggi. Sfogliamo l'album dell'"Anti-Edip o". L'ANTI-EDIPO. - Mitologie, maschere. La maschera l'organo che non dipende dall'uno o dall'altro individuo, che non di pende da una persona individuale; un organo istituito collettivamente. Le interd izioni, legate per esempio all'iniziazione (non vedere, non parlare), riguardano individui che, in una determinata circostanza, non godono di un organo colletti vo. Cos si contrappongono le societ primitive, pi vicine alle macchine originarie, e per le quali le unit non sono mai nelle persone, dove i fantasmi sono fantasmi di gr uppo, e le nostre societ moderne, che consacrano la privatizzazione degli organi che corrisponde alla decodificazione dei flussi divenuti astratti. La persona privata u n centro individuale di organi: a ciascuno il proprio ano, tanto per cominciare (27). Questa analisi dev'essere messa in rapporto con quella dell'autonomia apparente del microcosmo espressivo, del triangolo edipico nelle nostre societ. Sono la privati zzazione delle persone e l'isolamento del triangolo che permetterebbero il ribal tarsi delle figure sociali sulla figura familiare e che farebbero delle persone private, alla fin fine, delle immagini delle persone sociali. Il riferimento a L each (28) non chiarisce granch la contrapposizione cos stabilita fra due tipi di s ociet. Se l'immagine di Pap, nel triangolo moderno, rivestita di immagini sociali, n on affatto evidente che il ruolo sociale paterno non faciliti e non orienti tale investimento. L'immagine del padre nei "Thibault" (29) sarebbe stata impensabil e, letteralmente, a Boulogne-Billancourt (30) o in una fattoria bretone; l'inter ferenza fra ambiente familiare e ambiente sociale molto ampia; l'ambiente famili are in senso lato, ancora estremamente presente e pregnante, almeno nelle societ europee, contribuisce ampiamente a questa interferenza; Ego sar certamente meno t entato di scoprire un padre nel suo colonnello che di diventare ufficiale (o obi ettore di coscienza) perch suo padre era un militare - ribaltamento forse, ma nel l'altro senso, e parziale. Quanto a Leach, il quale sottolinea in effetti come l e persone nelle societ non industriali siano a titoli diversi inscritte in gruppi , egli mette bene in evidenza la socializzazione "a priori" di ogni persona indi viduale: in una societ matrilineare, per esempio, mio padre mio padre ma anche il rappresentante di un lignaggio che alleato al mio (quello di mia madre). In que sto caso la persona privata a tal punto l'immagine di una persona sociale che il ruolo e la funzione del padre come alleato vengono ereditate nel suo lignaggio; d 'un colpo solo il figlio eredita una sistemazione rispetto ai diversi gruppi soc iali di riferimento che deve e sempre dovr meno all'et che alla posizione di parte nza, all'inscrizione, attraverso l'alleanza, nella gerarchia sociale. E' esattam ente perch, come osservano Deleuze e Guattari, nella macchina territoriale la ripr oduzione sociale o economica non mai indipendente dalla riproduzione umana, dall a forma sociale di questa riproduzione (31) che l'assiomatica sociale si esercita con rigore sulle determinazioni familiari. Indubbiamente Deleuze e Guattari sono ansiosi di trovare innanzitutto nella societ primitiva uno stato di societ e di umanit dove la soggettivit di gruppo possieda un a realt, dove l'Io (e non solo il Super-io) non esista in quanto tale. Ma, indubb iamente, si pu rimproverare loro di non trovare questa esplosione della soggettiv it in societ diverse dalla nostra se non a prezzo di un'interpretazione strettamen te esegetica delle loro rappresentazioni e dei loro simboli - un tipo di interpr etazione di cui essi, altrove, denunciano giustamente la ristrettezza. Non infat ti sicuro che si possa dedurre dai tratti costitutivi della nozione di persona l a realt vissuta dall'individuo, n dalle evocazioni del mito, sia pur "gurmanc", le realt sociali o i fantasmi di gruppo. Privilegiando tale metodo di analisi, ci si troverebbe fortemente a disagio a dar valore a una favola di Esopo o alle evoca zioni nostalgiche dell'Aristofane del "Banchetto".

- La territorialit.

Questa nozione, precisano gli autori, non deve essere intesa come principio di r esidenza o di ripartizione geografica. Essi sanno, con Engels, che occorre la co mparsa dello Stato perch sia la terra, e non pi il popolo, a essere suddiviso. La terra, nella macchina territoriale selvaggia, serve piuttosto come superficie d'i scrizione; essa stessa indivisibile ma sopra di essa si iscrivono le relazioni conne ttive, disgiuntive e congiuntive di ogni segmento con gli altri; la macchina terr itoriale declina i lignaggi sul corpo pieno della terra (32). Una tale descrizione, oltre a fare allusione a un tipo molto particolare di societ (lignatico-segmentar ia), corrisponde solo molto relativamente alla verit dei fatti; in numerose socie t segmentarie difficile stabilire una corrispondenza regolare fra l'organizzazion e sociale, il ruolo dell'alleanza e della discendenza, e la loro iscrizione sull a terra. Ma la nozione di territorialit consente agli autori di introdurre un'anali si dei rapporti dell'alleanza e della discendenza che corrisponde al carattere l etteralmente meccanicistico del loro intento e al connesso evoluzionismo in tre tappe (alle tappe Selvaggi, Barbari, Civilizzati corrisponderanno in seguito tre corpi pieni: la terra, il despota, il capitale). - L'alleanza, la discendenza.

Anche in questo caso si fa riferimento a Leach. E' risaputo infatti che Leach ha criticato la nozione di discendenza o di filiazione complementare (33) proposta da Meyer Fortes (34). Ma Leach e gli autori dell'"Anti-Edipo" non parlano davve ro della stessa cosa. Leach, che si sforza di distinguere i tipi di relazione ch e possono collegare un individuo rispettivamente al gruppo del padre e al gruppo della madre, fa proprio della trasmissione dei poteri mistici ("mystical") una ca ratteristica del legame di alleanza. Deleuze e Guattari, una volta riconosciuto il fatto evidente che la discendenza non pu essere estesa se non attraverso l'all eanza (nel senso di alleanza matrimoniale tra gruppi), si sforzano soprattutto d i distinguere due tipi di capitale (capitale fisso dalla parte della discendenza , capitale circolante dalla parte dell'alleanza) e due memorie (memoria biofilia tiva da una parte, memoria di alleanza e di parola dall'altra). Ora, per Leach, ancora una volta, la relazione pi mistica e allo stesso tempo pi strutturale (involo ntaria e legata alla natura delle cose) si trova dal lato dell'alleanza. Inoltre, l'incorporazione (dal lato della discendenza) da lui presentata come possibilmen te parziale: il rapporto di discendenza e il rapporto di alleanza possono dunque i nvestire contemporaneamente una medesima relazione; il secondo non meccanicament e il mezzo di estensione del primo, ma allo stesso titolo di questo un mezzo per comprendere e per qualificare la relazione. Le cose si complicano ulteriormente per il fatto che gli autori attingono a ling uaggi diversi e opposti. Vogliono infatti che le necessit dell'alleanza possano e ssere espresse in termini di debito e non di scambio, ma allo stesso tempo cerca no di comprendere i rapporti tra alleanza e discendenza in termini di determinaz ione e di dominio. Le evoluzioni della macchina nietzschiano-marxista cos costitu ita ci vengono cos descritte e tradotte: la produzione registrata nel reticolo del le disgiunzioni filiative sul "socius" (35). Ma, affinch le connessioni del lavoro s iano registrate in questo reticolo, occorre un legame di alleanza o un connubio d i persone compatibile con le disgiunzioni della filiazione (36). Prima traduzione : la parentela dominante ma determinata a esserlo da fattori economici e politici (37 ; quest'affermazione, indubbiamente attribuita un po' frettolosamente ai marxist i, i quali non sanzionerebbero la determinazione per mezzo del politico, viene e splicitata in una nuova formula, che apparir, mi pare, eretica o oscura al tempo stesso sia ai marxisti sia agli etnologi: la discendenza esprime ci che dominante , l'alleanza esprime ci che determinante o, meglio, il ritorno del determinante ne l sistema determinato di dominanza (38). In realt, la sola determinazione per Deleuze e Guattari (e questa determinazione pu render conto della diacronia, delle scivolate, dei riaggiustamenti, ma non del le transizioni n del cambiamento) la macchina stessa o, meglio, i flussi del desi derio primordiale che i codici sociali, quali che siano, devono per obiettivo e

per ragion d'essere canalizzare, governare, orientare. Qui si trova forse anche il senso della critica che essi fanno dell'ideologia sc ambista di Lvi-Strauss, per lo meno quando parlano della circolazione delle donne come di un sistema fisico, di un qualche cosa che dell'ordine di un flusso di ener gia (39). Per il resto, e cercando delle argomentazioni in un'antropologia concet tualmente abbastanza povera a questo riguardo, essi affermano che un sistema di parentela non una struttura ma una strategia (come se la seconda non avesse biso gno della prima) e tendono a identificare la chiusura dei sistemi complessi con la coscienza che di essa sviluppano o meno gli individui. Ci non impedisce loro d i concludere che non vi sia ragione alcuna per pensare che lo scambio sia l'inco nscio del desiderio; nessuna ragione in effetti, ma non si vede con quale maggio r fondamento il debito sarebbe la coscienza di questo desiderio. Marcare il debi to, dare all'uomo una memoria, fosse pure con la violenza sadica della mano che marchia e dell'occhio che trae godimento, non forse instaurare un sistema del pa ssaggio e della trasmissione la cui iscrizione non formalmente diversa da quella dello scambio? Non d'altronde quanto sembra indicare l'utilizzo dei segni (+) e (meno) di Lvi-Strauss, al quale Deleuze e Guattari rimproverano solo il caratter e metaforico. Che non vi sia realmente alcuna ideologia scambista nei diversi tipi di societ primi tive - nel senso che lo scambio sarebbe psicologicamente la verit e il fine delle pratiche matrimoniali -, che insomma lo scambio non abbia se non una verit statis tica e approssimativa, pi che probabile e tutte le strategie matrimoniali di accu mulazione ne sono un segno abbastanza chiaro; le diverse forme del pegno nelle s ociet africane mostrano abbastanza chiaramente come il debito sia molto consapevo lmente e molto esplicitamente la verit e il linguaggio della relazione fra gruppi o fra individui. Ma n Deleuze e Guattari n gli etnologi che ne traggono ispirazio ne accetterebbero di considerare il debito come l'ideologia del cumulo e l'accum ulazione come la verit dei selvaggi. Per loro, il tema del debito semplicemente p i adatto di quello dello scambio a esprimere la concezione di una societ in perpet uo slittamento, non controllando che per met, e non correggendo che "in extremis" , il gioco impreciso dei suoi meccanismi approssimativamente complementari. Il d ebito serve curiosamente a meccanizzare e al tempo stesso a psicologizzare la ra ppresentazione del dinamismo sociale. - La storia.

Le societ primitive hanno certo una loro storia, ma una storia molto meccanicisti ca, molto meccanica. Per un'ironia che sembrer amara agli antropologi dinamisti, a Lv -Strauss che Deleuze e Guattari attribuiscono il riconoscimento del fatto storic o nelle societ primitive; questa storia non del resto niente pi che il segno dell'e vento, pura contingenza. La macchina deleuziana, che sotto questo aspetto non pu n on ricordare quella di Morin, con le sue complementarit antagonistiche e i suoi f allimenti, si adatta benissimo a questa storia che , per cos dire, una storia dell '"equilibrio malgrado tutto". Non stupisce allora che il modello segmentario la seduca. - La societ segmentaria. Si fa riferimento, naturalmente, a Evans-Pritchard e ai Nuer. L'esistenza di un duplice apparato, tribale e di lignaggio (che oppone i segmenti in quanto unit fil iative genealogiche e i segmenti in quanto unit territoriali tribali), fornisce un e sempio ideale di macchina: il cos e cos il motore della diacronia, giacch rende pi c omplessi la circolazione e l'arresto dei flussi. L'essenziale infatti il meccani smo di fusione/scissione; pi esattamente, la descrizione di questo sistema meccan ico approssimativo mostra in questa approssimazione il segreto della sua perseve ranza, e l'analisi del suo doppio apparato (tribale e di lignaggio) consente di scoprirgli o di infondergli un'anima; la fondamentale divisione del sistema l'an ima della macchina materiale, che gli consente di funzionare "contro" l'oggetto delle sue ossessioni. Se il sistema segmentario viene presentato come rinascente dalle sue rovine, in effetti queste continue rinascite sono tanto sussulti cont

ro una doppia minaccia quanto espressioni di una doppia ossessione. Prima ossess ione: quella del Barbaro Imperiale, o meglio, oppure ugualmente (poich la minacci a al tempo stesso interna ed esterna), quella del cambiamento di macchina (o di regime); gli organi dei capi sono mantenuti in una relazione d'impotenza con il g ruppo, essendo tale mantenimento al tempo stesso l'espressione e lo strumento del l'ossessione. Deleuze e Guattari citano Jeanne Favret che scrive (in "L'Homme", a prile 1966) che il timore il motore dell'insieme segmentario; ma del timore dell a scissione che evidentemente parla Jeanne Favret! E' molto significativo che, s egnalando come in questi sistemi la funzione politica non si eserciti se non denunc iando la propria impotenza (41), gli autori facciano riferimento nella stessa not a a Favret e a un articolo di Clastres sulla "chefferie" indiana (42); sarebbe s tato necessario precisare che il riferimento alla prima valeva per la segmentari et, mentre il riferimento al secondo valeva per il potere in una societ che non ha nulla di segmentario. Resta che, indipendentemente dal fatto di sapere se press o i Nuer o presso gli Indiani dell'Amazzonia la funzione essenziale dello sdoppi amento del sistema in un caso, e della "chefferie" nell'altro, sia quella di den unciare l'impotenza del potere (cosa che io non credo), ci si pu rammaricare che la macchina segmentaria venga presentata come il modello di ogni macchina selvag gia, e il modello nuer (con il suo sdoppiamento) come il modello di ogni macchin a segmentaria. Seconda ossessione: quella dei flussi decodificati. Lo scambio, il commercio, l' industria non sono ignorati ma scongiurati affinch i flussi di scambio e di produzion e non vengano a spezzare i codici a vantaggio delle loro quantit astratte o fittiz ie (43). Ci sarebbe molto da dire su questa allusione fatta da Deleuze e Guattari al modo in cui la differenza trattata da parte delle societ primitive. Il mercante e il fabbro non si trovano sempre in una situazione subordinata e non sono i soli a essere trattati diversamente. La macchina di lignaggio, per attingere un moment o a questo linguaggio, passa il suo tempo a marcare e a coniugare le differenze: tra sessi e tra generazioni, va da s, ma anche tra stirpi e tra fratelli; essa p assa anche il suo tempo a trattare in modo sottile la differenza: integrando o f acendo schiavi, combinando tutte le forme di alleanza e tutte le forme di dipend enza concepibili, indebitando gli uni a vantaggio degli altri; la capacit delle s ociet lignatiche di praticare il commercio senza rinunciare al loro sistema di co dificazione e, meglio, di servirsi del primo per rinforzare il secondo, dimostra ta in modo quanto mai evidente dalle societ africane, in particolare da quelle co stiere. Deleuze e Guattari, che danno prova di una diabolica prontezza quando si tratta di anticipare le obiezioni e di trasformare le contraddizioni in parados si, evocano del resto tutto quanto nelle formazioni primitive abbozza gi le formazi oni dispotiche. Si spingono fino ad ammettere che l'ossessione possa nascere da un ricordo: Non sempre facile sapere se si tratta di una comunit primitiva che rep rime una tendenza endogena, o che si ritrova bene o male dopo una terribile avve ntura esogena (44). Ci si vuole forse dire che alcune societ sono meno primitive di altre, gi in cammino verso (o di ritorno da) la Barbarie? E non avremmo forse vogli a di rispondere che vorremmo proprio sapere a che punto delle loro ossessioni so no precisamente tutte queste societ e che vorremmo proprio sapere se Deleuze e Guat tari parlino metaforicamente o meno, e chi sono alla fine questi selvaggi i cui presentimenti assomigliano cos tanto alle avversioni e alle disillusioni di chi l i descrive? L'ossessione dei flussi decodificati non diversa dalla prima; si tratta di un'al tra figura del presentimento che sembra decisamente essere l'anima del materiali smo radicale. Non certo il pi piccolo paradosso dell'evoluzionismo di Deleuze e G uattari quello di costruire una storia dell'ossessione su di una fisica del desi derio. Ora questo paradosso (che raddoppia l'esistenza della coppia antinomica o ssessione/contingenza) si regge su principi e comporta conseguenze che non sono privi di effetti sul modo di procedere antropologico: implica, da una parte, che le societ non statali tendono all'uguaglianza, dall'altra che esse rifiutano la storia. Questa tendenza e questo rifiuto si esprimerebbero simultaneamente attra verso il rifiuto del potere. La nozione di plusvalore di codice (la forma primitiva del plusvalore) che trae ispi razione da Mauss e dal suo spirito della cosa donata rafforza inoltre l'immagine d

i una societ primitiva dall'economia fredda, senza moneta e mercato, senza relazione mercantile scambista (45); non che Deleuze e Guattari ignorino l'uso gerarchico che si fa del plusvalore di codice, ma, attribuendone l'appannaggio alle societ pr imitive, essi situano queste ultime dalla parte fredda della disuguaglianza, come f anno per la storia e per l'economia. In effetti, tale freddezza caratterizza ugu almente queste societ nei confronti della storia: o quest'ultima si apparenta all e disfunzioni interne che sono, alla fine, il segreto del funzionamento della ma cchina, oppure fa irruzione dall'esterno, ma sempre viene scongiurata e respinta (rifiuto del potere, del commercio e della tecnica). - Lo Stato. La minaccia endogena (quella che suscita l'ossessione) proviene in realt dall'est erno (dalla conquista). L'ossessione e la contingenza, ovvero la coppia mostruos a dell'"Anti-Edipo": [...] la morte del sistema primitivo viene sempre dal di fuo ri, la storia storia di contingenze e di incontri. [...] Ma questa morte che vie ne dal di fuori, quella stessa che saliva da dentro (46). I biondi conquistatori di Nietzsche arrivano improvvisamente, eppure li si attendeva da sempre. Il prim itivo, come la Bella Addormentata nel Bosco nel suo castello, dorme con un occhi o solo. Con l'arrivo dei conquistatori una cesura radicale che si instaura. Allo stesso modo, lo Stato moderno sar radicalmente distinto dallo Stato barbarico. D eleuze e Guattari sfumano per queste contrapposizioni e ci spiegano al contempo i l carattere radicale delle cesure e la comparsa delle nuove ossessioni, le osses sioni-ricordo: la formazione selvaggia continua ad assillare la formazione barba rica e quest'ultima assilla a sua volta lo Stato moderno. Per evocare la prima o ssessione-ricordo, si fa riferimento a Marx e al modo di produzione asiatico; lo Stato s'instaura sulla base delle comunit rurali primitive, ma si distingue da q ueste per due punti essenziali: tutte le filiazioni primitive sono subordinate all a macchina dispotica, a causa della residenza o territorialit dello Stato; attraver so l'abolizione dei debiti, esso subordina a s tutte le alleanze primitive; lo St ato il creditore infinito che rende eterno il debito. Cos i segni astratti si sos tituiscono ai segni fisici primitivi: la deterritorializzazione che, attraverso il gioco della surcodificazione (la discendenza del despota dal dio, l'alleanza de l popolo con il despota), crea la pseudoterritorialit, poich il corpo pieno del desp ota si sostituisce a quello della terra. Solo il capitalismo realizzer la congiun zione del flusso dei produttori e del flusso di denaro, imponendo al tempo stess o un'assiomatica dei flussi decodificati e una regolazione di questi flussi (47) c he prendono il posto dei codici territoriali e della surcodificazione dispotica. La sostituzione dei codici da parte dell'assiomatica la grande cesura storica; anche il grande principio di analisi differenziale delle societ, che giustifica l 'esistenza dell'antropologia in quanto scienza specifica di societ specifiche e r elativamente identiche a causa di questa specificit condivisa (l'utilizzo della c odificazione, l'ossessione dei flussi decodificati). Di fatto, non c' mai stata c he questa cesura che gi traduce nelle sue determinazioni trascendenti la formazio ne barbarica. Quest'ultima assilla a sua volta lo Stato moderno come il modello ineguagliabile: la formazione dispotica asiatica [...] costituisce sul fondo il s olo taglio per tutta la Storia, poich anche l'assiomatica sociale moderna non pu f unzionare che resuscitandola come uno dei poli tra cui si esercita il suo propri o taglio (48). Al termine della storia la medesima indifferenziazione di partenza ; non c' che un solo Stato, come non c'era che una sola societ primitiva; lo stato capitalista e lo stato socialista sono altrettanto dilaniati fra il significante dispotico, che adorano, e la figura schizofrenica che li trascina, fra il sovracc arico paranoico reazionario e la carica sotterranea, schizofrenica e rivoluziona ria: Democrazia, fascismo o socialismo, quale di queste forme non assillata dall'U rstaat come modello ineguagliabile? (49) Il terreno cos circoscritto al contempo un terreno che scotta e che inganna. Vi s i oppongono, in una maniera spesso implicita ma ogni giorno pi manifesta, una vis ione manichea dell'evoluzione e un'interpretazione dialettica della storia. Si p ossono citare dei nomi, ovviamente, a proposito di ciascuna delle due tendenze, ma ci non significa che ciascuna di esse sia veramente omogenea n che ogni individ

uo si identifichi completamente con l'una o con l'altra. Il confronto nondimeno reale e pu essere individuato a partire da diverse linee di sfaldamento. Aggiungi amo che, in qualche modo (tanto storicamente quanto oggettivamente), il neoevolu zionismo dell'antropologia generale responsabile del neoculturalismo in etnologi a, al prezzo di alcune contraddizioni intellettuali spesso presentate come parad ossi o come esempi della complessit del reale. ETNOLOGIA-PRETESTO E ANTROPOLOGIA STORICA. Deleuze e Guattari trovano nella riflessione antropologica un pretesto per sogna re la storia degli uomini, qualche rima e qualche ritmo per il loro grande poema della memoria e dell'ossessione. L'etnologia francese non ha sempre avuto il co raggio dei gemelli dogon e non si mai completamente distaccata dalla discendenza griauliana intensiva; prendendo a prestito a loro volta il procedere tortuoso d ella spirale, Deleuze e Guattari si esponevano al rischio di fare del mito quell 'uso strettamente semiotico che condannano altrove; in questo modo, non parlano forse essi stessi il linguaggio dei miti? Cosa sono o chi sono questo desiderio e questo "socius", questo desiderio venuto da fuori e questo "socius" che non se mbra affiorare alla coscienza se non per reazione contro il desiderio che lo inv este, lo assilla e lo sovrasta? Il "De Rerum Natura" di Deleuze e Guattari purtr oppo pi vicino a Morin che a Lucrezio; non si accontenta della declinazione degli atomi e della casualit degli incontri: la visione macchinata del "socius" ci rip orta al funzionalismo slittante ma controllato delle complementarit antagoniste. Se nondimeno colpisce il contrasto fra il pessimismo soddisfatto di Deleuze - ch e in poche parole stabilisce la necessit di ci che - e l'ottimismo impaziente di M orin - che sarebbe stato d'accordo con Baudelaire per cercare del nuovo nel fond o dell'ignoto e che aderisce (avendola forse anticipata) alla parola d'ordine d' inselvatichimento della vita proposta da Moscovici -, indubbiamente perch Morin n on si rassegna cos facilmente alla non esistenza dell'individualit; il rapporto in dividuo/societ al principio (e costituisce la fine) della sua riflessione. Nell'" Anti-Edipo" l'individuo scompare sin dal principio, come se venisse rifiutato da lla societ primitiva; ma possono i suoi autori legittimamente dedurre dalla nozione di persona la realt individuale e interindividuale, e dal mito la societ? Il "soc ius", creatore dei miti che lo riflettono, cos'altro , dunque, se non il soggetto di una storia che si riduce alle sue ossessioni e alla necessit della loro reali zzazione - a un gran spavento? L'etnologia-pretesto, a sua volta, si nutre del recupero di vitalit di Nietzsche; ci che essa ha prestato (un racconto dogon, una zucca, qualche Indiano...) le vi ene reso cento volte. Essa pu ripartire con il piede giusto; ha un antenato, una garanzia e un metodo: Nietzsche, Deleuze e la lettura retrospettiva. A questo pu nto non teme pi i grandi principi. Sostituisce alle contrapposizioni politiche (n el senso in cui si oppongono sistemi come il capitalismo e il socialismo) delle contrapposizioni tecniche (mondo industriale/mondo non industriale), le quali re lativizzano o cancellano le prime; e questa cancellazione comoda: ben vista dall 'estrema sinistra, non rischia di essere riprovata dal tecnocraticismo ben pensa nte. Successivamente, essa reintroduce una contrapposizione di forma politica (S tato/assenza dello Stato) che elimina le opposizioni interne ai due tipi di soci et. Essa pu quindi abbandonarsi (pi o meno, a seconda del temperamento degli autori ) alle delizie pi sofisticate dello spiritualismo frivolo: l'evocazione dei parad isi perduti e l'esaltazione del presentimento. Naturalmente tutti sanno che la formazione selvaggia pu essere crudele; ma questa stessa crudelt, per l'etnologia-pretesto, prossima all'indifferenziazione origin aria e serve a imporre l'uguaglianza. L'ombra dello Stato segue ovunque questa f ormazione selvaggia dal fascino incerto e le serve da spalla. La formulazione es tetico-parigina contrapporr cos le societ del marchio a quelle della scrittura. Il marchio, la tortura, le scarificazioni vogliono indicare a ognuno la sua uguagli anza rispetto agli altri: la formazione primitiva o la comunit delle uguaglianze imposte. Evidentemente si pone allora la questione di sapere se questo veramente l'obiettivo del ricorso alla violenza e al marchio. Anche in Durkheim violenza e dolore segnano il passaggio dell'individuo alla dimensione sociale; pi esattame

nte, l'accesso al sacro (attraverso l'educazione e il dolore) che impone la legg e sociale all'individuo e gliela fa accettare. Ma l'accesso al sacro non implica da solo alcuna uguaglianza: al contrario, impone e fa accettare la legge profan a, la quale non affatto ugualitaria. Neppure la logica dell'inscrizione ha qualcosa di ugualitario, e questo il motiv o per cui la conclusione dell'eccellente opera di Adler e Zemplni (50), "Le Bton d e l'aveugle", non sembra procedere necessariamente dal complesso della loro anal isi. Per loro la macchina divinatrice una macchina per pensare; la divinazione viene definita come un'istituzione sociale destinata a orientare le scelte, tanto degl i individui quanto della collettivit, un'istituzione per decretare ogni sorta di decisioni - in merito a un semplice viaggio oppure ai riti pi solenni.... Le categ orie prese in considerazione per l'interrogazione si manifestano sul suolo sotto forma di tre o quattro archi di circonferenza progressivamente costituiti attra verso l'inscrizione di risposte parziali ottenute per sorteggio. Il divino munda ng fa dunque ricorso a un procedimento assolutamente statistico e aleatorio che gli impedisce di far intervenire nella sua diagnosi o nelle sue prescrizioni nul l'altro se non le sue personali intuizioni e la sua indiscutibile conoscenza deg li affari pubblici o privati. Ci che conta che la divinazione fa intervenire e in scrive sul suolo, in ogni occasione, per quanto limitata essa sia, un insieme di categorie perfettamente conosciute da tutti (le potenze legate alla terra, lo s pazio socioreligioso del villaggio, le componenti della persona, la rappresentaz ione del corpo, la stregoneria eccetera); cos si manifestano, da una parte, la so lidariet ontologica e storica dell'individuo e della societ, dall'altra, il legame funzionale dell'insieme delle categorie la cui inscrizione necessaria per produ rre un messaggio. Anche altre analisi delle societ lignatiche manifestano questa solidariet e questo legame. Turner, citato da Deleuze e Guattari, parla della divinazione come di u na forma di analisi sociale; si vedr pi avanti che l'esempio delle societ lagunari propone a sua volta una logica delle rappresentazioni e una definizione sociale dell'individuo. Ma tale logica non implica alcuna uguaglianza di fatto o di diri tto, anzi. Per poter parlare di uguaglianza (almeno di uguaglianza potenziale) g li etnologi hanno bisogno del fantasma dello Stato e del mito del presentimento. Secondo Adler e Zemplni, la societ mundang, tanto attraverso il ricorso al proced imento probabilistico quanto attraverso la selezione delle categorie (non tutte le categorie rituali rientrano nel codice divinatorio), avrebbe voluto limitare il campo d'esplorazione della divinazione e l'affinamento della tecnica divinato ria allo scopo di scongiurare la minaccia di un Sapere illimitato di cui una cla sse di sacerdoti e di sapienti avrebbe assunto il monopolio. Gli autori contrapp ongono questa prudenza e questa ammirevole prescienza ai testi sacri della tradi zione giudaica, la quale, esprimendo il carattere assoluto della volont divina, h a consentito lo sviluppo di un corpo di commentari rabbinici: essi, cos, rivelano chiaramente la natura del sottile legame che unisce la filosofia materialistica del desiderio allo spiritualismo neoculturalista degli etnologi dell'etnocidio; formulano nei termini di Deleuze sia il tema della prescienza dei selvaggi, pi v olte espresso da Clastres, sia il tema della tradizione giudaico-cristiana negat rice delle differenze, orchestrato da Jaulin. L'etnologia del presentimento deriva in effetti da una lettura retrospettiva del la storia: questa lettura legittima se il capitalismo al contempo la fine del mo ndo e della storia, il rovescio di tutte le forme sociali; ma nella misura in cu i questa definizione del capitalismo poggia sull'analisi delle societ primitive, tale ragionamento nel suo complesso si avvicina molto alla tautologia. Di fatto, se i primitivi presentono perch l'etnologo sa; se vivono nel futuro anteriore pe rch l'etnologo crede di conoscere il presente. Allo stesso modo la logica della m archiatura, la quale manifesterebbe sia l'ugualitarismo sia le ossessioni della societ primitiva, pone forse molti problemi ai propri teorici: bisogna che la cod ificazione non sia esaustiva (prossima dunque all'assoluto statale); bisogna che non sia una scrittura (adatta a comporre delle leggi e un'assiomatica); bisogna che non sia discriminatoria (strumento, in questo caso, della disuguaglianza). Quanto all'antropologia economica influenzata dal marxismo, essa ha cercato le d ifferenze interne dal lato delle societ un po' affrettatamente presentate come in

differenziate; ma bisogna notare, da una parte, che l'attenzione da essa rivolta ai modi di produzione e alla loro articolazione (grossomodo, la sua problematic a althusseriana) l'ha indotta a trascurare il rapporto dell'individuo con la soc iet e l'insieme della sfera delle rappresentazioni (trattate frettolosamente in u no stile molto funzionalista) e, dall'altra, che alcuni suoi riferimenti ai rapp orti di classe sono riutilizzabili nell'ottica apolitica modernista. Se non stat o inutile porre il problema dei rapporti di classe nelle societ lignatiche, ci dov uto al fatto che le differenziazioni interne in questo tipo di societ non si ridu cono n all'opposizione anziani/giovani, in termini puramente cronologici, n all'op posizione uomini/donne. Il dibattito attualmente riprende, per quanto concerne s ia la struttura interna delle societ lignatiche sia le rappresentazioni, l'ideolo gia e l'efficacia dei simboli; se rischia di superare il suo quadro iniziale (qu ello di queste societ) e di assumere veramente valore antropologico, le domande p oste da Deleuze e da Guattari, bisogna riconoscerlo, saranno servite a qualche c osa. E tuttavia resta il fatto che, oggigiorno, si va delineando un'opposizione che r iproduce in qualche modo, pur cambiandone i termini, quella fra strutturalismo ( con i suoi rimandi alle relazioni interindividuali e allo spirito umano in gener ale) e funzionalismo d'ispirazione britannica (che rinviava alle relazioni di gr uppo, alla storia e alle conseguenze del contatto). La moda antropologica attual e ha ucciso il padre e rinnegato lo strutturalismo ( proprio per questo che gli r esta legata mediante una discendenza storica le cui tracce sono facilmente reper ibili). I suoi modelli sono tuttavia meno linguistici che biologici e psicoanali tici; essa parla in termini di specie, s'interessa ai rapporti individuo-societ ( in quanto entit) e alle tappe di un'evoluzione - questo rapporto e queste tappe e ssendo concepiti in termini di equilibrio e disequilibrio. L'antropologia storic a mantiene la necessit dell'analisi in termini di classe (rifiutandosi di conside rare l'evoluzione e la specie come suo oggetto specifico), s'interessa ai rappor ti fra gruppi e a una storia concepita in termini di dominio e di rottura. La co ntrapposizione delle classi alla specie, della dialettica all'equilibrio, della dominazione alle trasformazioni non basta, forse, a costituire un'antropologia d ella repressione individuale e sociale. Ma essa costituisce un baluardo contro l e illusioni retrospettive e contro l'uso metaforico del linguaggio. L'etnologia-pretesto nutre la sua rappresentazione degli altri e del passato con lo spettacolo dell'attualit. Attribuire a questi altri un presentimento legittimar e la retrospettiva come metodo; affermare la loro differenza denunciare l'unifor mit industriale; evocare la loro autenticit (la loro vicinanza a uno stato di natu ra rinvigorito da Nietzsche) sottolineare l'artificiosit delle costruzioni della civilt industriale. Tradotta in termini di programmi d'azione, questa visione del le cose invita alla reazione (a reagire per tornare ai mestieri artigianali, a d enunciare l'attivit intellettuale in quanto tale), al particolarismo (la localizz azione dell'autenticit, il conservatorio degli elementi antichi e tipici che devo no essere resuscitati) e alla natura (poich rifiutare la distinzione natura/cultu ra porta a scindere la cultura e a opporre la buona cultura, quella autenticai c odici - alla cattiva, quella snaturata, astratta - l'assiomatica). Nella misura in cui queste tre parole d'ordine si combinano, esse danno vita a un discorso po litico inquietante che di fatto presente nella vita intellettuale francese. Di f atto solo perch ciascuno degli intellettuali interessati lavora in un settore del imitato e si specializza, chi nel desiderio, chi nella differenza, chi nel prese ntimento; si tratta forse di una qualche forma di pigrizia intellettuale che ci preserva dalle sintesi terrificanti. Quanto alla carovana deleuziana, essa passa a gran velocit da un castello all'altro, tonitruante e fracassante, facendo vaci llare gli edifici invecchiati e fragili; se abbaio (tanto vale lo dica io stesso ) perch essa rischia di lasciarsi dietro qualche bisognoso della scienza umana, q ualche "bricoleur" del desiderio il quale, rimasto senza pi fiato per seguirla, s i accontenter di attizzare le ceneri nei punti dove essa si depositata, e di mane ggiare con molta imprudenza degli esplosivi abbandonati ma non disinnescati. Un "bricolage" inoffensivo forse, se non apportasse delle risposte cos facili ai gua i della contemporaneit, e cos in accordo, in fin dei conti, con l'esaltazione comu ne dell'altrove e del passato che costituisce il diversivo per eccellenza di ogn

i genere di responsabili del presente. E' perch hanno in testa l'assiomatica statuale che Deleuze e Guattari possono con trapporvi la codificazione primitiva. Non dunque inutile ritornare brevemente su questa codificazione e osservare perch, come e per chi funziona. La codificazion e, anche quando si inscrive nella piena carne o sulla piena terra, forse solo un a modalit dell'assiomatica prodotta da ogni costruzione sociale. Forse non necess ario camminare a ritroso per analizzare le societ non statuali, e neppure invocar e gli spiriti per ridare vita alle ipotesi materialistiche. Il desiderio, l'osse ssione, il giudeocristianesimo: dei misteri per quanto ignoriamo e dei nomi su q uesti misteri - l'oscurantismo? Capitolo 2. I TOTALITARISMI SENZA STATO. Ideologica e rapporti di potere. DOMINIO, TOTALITARISMO, SIMBOLIZZAZIONE. L'interpretazione teorica in antropologia si d sempre un quadro di riferimento ne l quale essa cerca d'inscrivere le realt di cui fa il suo oggetto, una totalit sig nificante alla quale rapporta le sue osservazioni e le sue descrizioni. L'interp retazione culturalista e l'interpretazione strutturalista hanno in comune che le loro totalit significanti sono, da un punto di vista strettamente sociologico, r elativamente parziali: esse si applicano meno alle societ che alle configurazioni intellettuali e mentali attraverso le quali le societ esprimono, contemporaneame nte, la loro originalit e universalit. Sia che ricostruiscano stili culturali contra stanti, differenti e irriducibili gli uni agli altri in un caso, o la logica inc onscia del pensiero selvaggio, dei sistemi di parentela e dei miti nell'altro, e sse non si occupano n dei rapporti di efficacia all'interno di una data societ n de lla spiegazione storica di una particolare configurazione. Altri due tipi di totalit servono di riferimento per la riflessione antropologica . La totalit funzionale, che ha orientato l'essenziale della letteratura anglosas sone, permette di non escludere i problemi dell'efficacia; tutta una generazione di antropologi britannici ha potuto ironizzare sul gusto esclusivo dell'antropo logia francese ispirata a Griaule per l'osservazione dei sistemi di pensiero, de lle cosmogonie e cosmologie; lo studio pi sistematico dell'ammezzato e dei piani intermedi, per riprendere un'immagine spiritosa di Mary Douglas, non sfugge nece ssariamente al gioco speculare della riflessione in cerchio - giacch l'analisi di ogni singolo livello rischia, da questo punto di vista, di esprimere soltanto, in un linguaggio specifico, le caratteristiche di qualsiasi altro livello; comples sivamente, tuttavia, l'ideologia intesa nel discorso funzionalista come operante a vantaggio dell'ordine sociale: viene ammesso un ordine di priorit, il quale ri nvia a uno schema interpretativo di tipo durkheimiano; il sacro rimane l'astuzia del profano e il sociale la totalit in cui si ordinano e si annullano definitiva mente gli scarti individuali e le aberrazioni sociologiche. Si conoscono almeno due versioni di totalit riduzioniste, una economicistica e l' altra psicoanalitica. La totalit riduzionista che serviva da riferimento, a lungo molto contestato, al Freud di "Totem e tab" invade da qualche tempo l'orizzonte epistemologico dell'antropologia francese. A questo proposito bisognerebbe parla re di genetismo; un evento primordiale - in Freud, l'assassinio del padre - permet te di pensare tutti gli altri eventi - ci che alcuni chiamano storia - come altre ttante metamorfosi del primo. Tutta la storia ridondante, espressiva, ripetizion e dell'atto originario; in rapporto a questa totalit di partenza (l'evento unico e fondatore), se ci pu essere spiegazione storica, non potrebbe esserci un senso della storia - se non un senso a ritroso, un senso retrospettivo nato dalla decr ittazione dell'evento ridondante che ne viene a significare un altro. Cos Ren Gira rd pu parlare di unit dei rituali, intendendo con questa espressione che tutti i rit uali studiati dall'etnologia costituiscono altrettante ripetizioni del sacrifici o primordiale attraverso il quale stata istituita, in tutte le societ, la societ. Che cosa ne oggi, nell'antropologia francese, del ricorso a queste differenti to talit? Innanzitutto le diverse tendenze teoriche hanno almeno un punto in comune:

che esse scoprano nelle attuali figure repressive l'esito d'un infelice percors o dell'umanit giudaico-cristiana o che, ricorrendo alla teoria classica del feedb ack, si sforzino di comprendere meglio i modi di produzione non capitalistici pe r affinare la teoria dei modi di produzione e la comprensione della societ indust riale, nostalgiche o progressiste che siano, esse si lanciano tutte " la recherch e du temps perdu". Dalla parte di Nietzsche, stranamente alleato su tale questione tanto con Freud quanto con un surrogato edulcorato di Rousseau, l'etnologia-pretesto e la meta-a ntropologia pongono la riflessione sociologica sotto il segno della disillusione - dissolvimento delle illusioni del senso e della storia; divise tra l'individu alismo legato al rifiuto dello Stato e il biologismo legato a una teoria confusa del desiderio, esse instaurano bene o male una problematica della coscienza che tende a sfumare in una teoria della deriva. Con un'alchimia di cui detengono il segreto, l'etnologia-pretesto e la meta-antropologia trasformano la minaccia de l caos che ci promette Girard in speranza e la storia in "pas de deux" (1), osci llando con una grazia un po' aggressiva fra la nostalgia e la speranza apocalitt ica. Nostalgia di una societ primitiva (come esse definiscono indifferentemente, lo abbiamo visto, gli Indiani dell'Amazzonia o le societ segmentarie africane), n ella quale, ci viene assicurato, l'individuo in quanto tale non esiste, nella qu ale le unit non sono mai delle persone (Deleuze-Guattari). Speranza in un rovesciam ento delle concezioni della persona: L'io fa piuttosto parte di quelle cose che b isogna dissolvere... (Deleuze commentando Guattari). Fino a oggi ci si sforzati d i mostrare ci che, nella letteratura antropologica, serviva da giustificazione al la nostalgia che d origine a una tale speranza: pezzi di miti, elementi di teoria sociale, la descrizione di alcune pratiche istituzionali riferite a un insieme supposto indifferenziato, il "socius" primitivo, ulteriormente definito attraverso le rappresentazioni mitiche che si ritiene proponga di se stesso. Griaule, la f enice dell'etnologia francese, rinasce dalle sue ceneri - meno rigoroso (poich Gr iaule parlava di una societ) e anche poco sociologico -, riducendo l'individuo al la persona e la societ al suo discorso, come se la societ in quanto tale parlasse, come se l'identificazione dei locutori, dei portavoce e degli ascoltatori fosse accessoria, come se la parola s'identificasse con il linguaggio e il linguaggio con un simbolismo strettamente esegetico. Dalla parte di Marx, l'influenza di Althusser, considerevole nella corrente antr opologica, oscilla fra il riduzionismo storicistico o economicistico e la totali t funzionale: fra determinazione e dominazione. Storia ed etnologia pongono al marxis mo il seguente problema: come conciliare la determinazione dell'economico con la molteplicit delle formazioni sociali e delle forme di dominio ideologico che l'e sperienza ci rivela? La corrente althusseriana suggerisce una soluzione: definir e ogni formazione sociale come l'articolazione di diversi modi di produzione in s enso lato. Il modo di produzione in senso stretto si definisce attraverso la comb inazione delle forze di produzione (oggetto di lavoro e mezzo di lavoro) e dei r apporti sociali di produzione; esso pu essere individuato e osservato a condizion e di venire ritagliato dalle sovrastrutture che sono ritenute corrispondergli. Q uanto alla formazione sociale, essa costituisce la sola realt sociale globale e c oncreta osservabile. Le differenti istanze sovrastrutturali della formazione socia le non sono pertanto la risultante meccanica dell'infrastruttura osservabile, be ns la combinazione delle sovrastrutture deducibili rispettivamente da ciascuno de i modi di produzione in senso stretto. La totalit concreta della formazione socia le puntellata dalla realt strutturale e astratta dei modi di produzione in senso lato e dalla fantomatica articolazione delle loro sovrastrutture virtuali. Diffidare delle apparenze: proprio questo sembra essere il presupposto che il ma rxismo condivide con lo strutturalismo allorch sia l'uno sia l'altro ne fanno la materia prima della loro analisi, chi per scoprirvi il gioco di una determinazio ne dell'economico, chi per decifrarvi la struttura inconscia di cui le apparenze non sarebbero che una realizzazione parziale. Come in quelle immagini dove l'in treccio dei rami e delle nuvole disegna e dissimula al tempo stesso la figura da scoprire (il lupo o il pastore, il gatto o il topo), la complessit sociale, in d efinitiva, in ultima analisi, non rivelerebbe sotto la sua fronzuta abbondanza che la traccia di un percorso o l'abbozzo di una struttura. E se l'apparenza, invec

e, come la lettera rubata, non si desse che per quello che essa , l dove si trova? Apparenza e verit, verit dell'apparenza - accecante, forse, a forza di essere ver a, ma non nascosta, n mascherata, n invertita? Povere astuzie, invero, come quelle dei sistemi in cui la minaccia di segmentazione non verrebbe scongiurata che da ll'uso pi o meno machiavellico di credenze di cui gli stessi uomini sarebbero tan to le vittime quanto i manipolatori - cos, per l'antropologia britannica, i giova ni, in rapporto alle credenze di stregoneria, sarebbero manipolatori quando sono lele (ma destinati a una vecchiaia pi ingenua), sarebbero vittime quando sono ya o o cewa (ma destinati a una pi lucida maturit). Eppure il marxismo si ferma qua e rimane funzionalista allorch fa della parentela un linguaggio o delle credenze n ella stregoneria un'inversione, sacrificando alla smania di far dire a ci che si esprime altra cosa rispetto a ci che espresso. Non mancano tuttavia i segni che dovrebbero trattenere l'etnologo dal sacrificar e alla falsa sottigliezza dei rovesciamenti di prospettiva. Uno di essi, forse i l pi evidente, stato battezzato ancora prima di essere stato studiato, come se fo sse urgente dargli un nome per evitare che sia percepito; i riti di inversione o d i ribellione, non appena vengono chiamati in questo modo, non possono pi venir pres entati che per quello che devono essere se non devono significare nulla: l'inver so d'un diritto, una ridondanza appena paradossale, uno scherzo, una catarsi, un recupero; l'"imagerie" psicologista o politicista si sbarazza con qualche consi derazione selvaggia di una realt che dovrebbe allertare il semplice buon senso. S ollevati e resi obbedienti gli schiavi del re per essersi visti accordare, alla sua morte, qualche giorno di allegrezza istituzionale? La tensione fra i sessi m essa in sordina, resa appena percepibile, mediante lo scambio rituale di qualche verit poco amena e la parziale inversione del costume? Poich qui la stranezza: ne i riti d'inversione non si dice altro che la verit; la verit di coloro che, abitua lmente, la subiscono e che, dicendola, continuano a subirla: lo schiavo agni sa e dice che, in tempi normali, viene maltrattato, considerato un nulla; sa che mo rir; ma sa anche (ed il solo a dirlo) che il re morto veramente morto. Cos i giova ni e le donne, cos i sudditi al momento della salita al trono d'un capo o d'un pr incipe: la marea degli insulti, degli avvertimenti, dei rimproveri non veicola a ltro che verit; nessuno ingannato, nessuno s'illude n sul potere n sui potenti, n su gli altri, n su di s. Questi lampi di lucidit possono almeno illuminarci su un punt o: la dominazione non passa attraverso un gioco di illusioni. Gli uomini non viv ono alla rovescia il rapporto con le loro condizioni di esistenza. Eppur si muove: la societ funziona (noi conosciamo e riconosciamo come tale questo truismo dopo Lvi-Strauss) e le persone vanno avanti; Les braves gens! (2) dice l'Imperatore che le guarda e le manda a morire. E tuttavia essa devia: talvolta la societ sfugge al potere che la incarnava. Come possono potere e lucidit coesistere all'interno del la dominazione ideologica, come possono sorgere la rivolta o la rivoluzione malg rado questa dominazione? Ma, innanzitutto, di quale dominazione si parla? Nella sua forma pi elaborata (qu ella che Maurice Godelier le ha dato dopo qualche saggio e qualche rimorso), la nozione si applica a una istanza della societ di cui ci viene detto che funziona al t empo stesso come infrastruttura e come sovrastruttura. La gerarchia dei livelli de ve essere interpretata come una gerarchia di funzioni, non come una gerarchia di istituzioni. Allo stesso tempo, per funzionare come infrastruttura, il livello do minante deve occupare il posto dei rapporti di produzione. Niente di strano quindi (ed proprio il caso delle societ primitive, ci dice Godelier) che i rapporti di parentela possano funzionare come infrastruttura e far parte integrante dei rapp orti di produzione. Nella logica di questa interpretazione Godelier pu rimprovera re a Lvi-Strauss di definire in modo troppo ristretto l'infrastruttura quando que sti parla del suo primato e rimproverare agli antropologi althusseriani di definir e in modo troppo istituzionale e troppo meccanico il sistema delle istanze. In s non c' niente di scandaloso nel voler conciliare gli inconciliabili; indubbia mente proprio questo il solo tipo di volont intellettuale intelligente che si pos sa concepire. Resta per il fatto che la costruzione di Godelier, la quale ispira una giusta consapevolezza delle difficolt e una notevole intuizione del modo in c ui debbano risolversi, pecca per il suo carattere incompiuto. Godelier non coere nte con se stesso quando conserva la metafora delle istanze verticali (3): qual

dunque il posto che occupano le relazioni di parentela quando si identificano co n i rapporti di produzione? Questo luogo dove infrastruttura e sovrastruttura si ide ntificano, non si definisce pi evidentemente in termini di verticalit. Tanto vale ammettere, quindi, che il suo dominio orizzontale. Come dire altrimenti che non la p arentela in quanto tale a esser dominante (ammesso che lo sia) ma discorsi o pra tiche nei quali i riferimenti alla discendenza e all'alleanza hanno un ruolo sta tisticamente dominante? La dominazione cos intesa non si identifica con un posto nella struttura della produzione: cos i rapporti di produzione, nelle societ ligna tiche o nelle bande dei cacciatori-raccoglitori, non si identificano con i rappo rti di parentela in enunciati o in pratiche che ammettono e implicano anche altr i riferimenti e la cui articolazione, d'ordine sintattico, costituisce la strutt ura di ogni dominazione. Qui si sceglier di prendere le societ alla lettera e si partir da ci che esse danno a vedere. Tuttavia, si eviter di dare uno statuto particolare alla nozione di dom inazione; quest'ultima non potrebbe avere che un'esistenza per cos dire statistic a all'interno di enunciati o di pratiche la cui esistenza costituisce ogni vero dominio e la cui articolazione o sintassi costituisce la particolare configurazi one ideologica di una data societ. Che il potere domini una tautologia che ci si esimer dal formulare, una volta ammesso che, effettivamente, in societ diverse, l' istituzione politica pu, da una parte, controllare pi o meno tipi diversi di attiv it e, dall'altra, ritagliare pi o meno istituzioni differenti. Dire che la politic a dominante nella Grecia antica, la Chiesa nel Medioevo e la parentela nelle soc iet africane equivale ad ammettere, in termini di istituzioni, un intreccio, in c iascuno dei casi considerati, dell'istituzione in questione con le altre e, in t ermini di funzione, il suo intervento in attivit che dipendono anche da un'altra istituzione. Quanto alle istituzioni, esse non sono mai completamente confuse e sarebbe una petizione di principio a farci definire l'istituzione del capo di li gnaggio come interamente derivante dalla logica della parentela. L'IDEOLOGICA. Quanto al potere, in nessun luogo esso si identifica con la sola istituzione pol itica: il potere non si comprende se non attraverso la logica complessiva che si tua le une in rapporto alle altre, in modo molteplice e differenziale, non solo le diverse varianti istituzionali di una societ, ma anche quelle intellettuali, m orali e metafisiche. E' a questa logica complessiva che abbiamo proposto di dare il nome di ideologica o logica delle rappresentazioni. L'ideologica sarebbe per tanto al tempo stesso la somma del possibile e del pensabile per una data societ, una somma che costituisce una totalit virtuale la quale non si attualizza mai se non in enunciati parziali per l'interpretazione, la descrizione o la giustifica zione di un dato evento. Che cosa significano la possibilit e la realt di enunciati di questo tipo? Esse in dicano innanzitutto il carattere ideologico dell'esistenza sociale. Se l'economi a, la parentela, la mitologia sono in ugual misura simboliche, come dice Lvi-Straus s, ci non , dal nostro punto di vista, nel senso che esse sarebbero, ciascuna indi pendentemente dalle altre, l'oggetto di rappresentazioni di cui ci sforzeremmo d i pensare la logica intrinseca, anche a costo di definire ulteriormente l'ordine degli ordini, il sistema dei sistemi dove l'architettura dello spirito umano si rivelerebbe con quella delle sue produzioni, ma nel senso che, definite contemp oraneamente come organizzazione e come rappresentazione, promosse contemporaneam ente all'esistenza intellettuale e a quella sociale, contemporaneamente teoriche e pratiche, esse devono venire intese, attraverso le catene sintattiche che le articolano "all'interno di una data societ", come al tempo stesso rapporti di sen so, rapporti di efficacia e rapporti di potere. L'ordine ideologico non un ordine deduttivo meccanico. Se rimaniamo fedeli alla metafora marxista delle istanze, dobbiamo ammettere che all'interno stesso delle forze di produzione, attraverso la mediazione dei mezzi di lavoro, penetra una part e di questa arbitrariet relativa mediante la quale si definiscono le sovrastruttu re e la loro relativa autonomia. Questa constatazione ancora pi vera nel caso dei rapporti sociali di produzione, per cui non si tratta di suggerire che possano

essere definiti indipendentemente dalle forze di produzione; tuttavia, non per q uesto si pu dire che essi ne siano integralmente determinati nella forma. Se part iamo, al contrario, dalla considerazione delle sole condizioni materiali della p roduzione in un momento e in un luogo determinati - oppure, facendo astrazione d ai dati umani che segnano ogni ecologia, se partiamo da un punto zero puramente astratto e speculativo (l'infrastruttura secondo Lvi-Strauss) - constatiamo che l 'ideologica non pu costituirsi (o, dal punto di vista del suo osservatore, essere compresa) se non a partire da due somme e da due arbitrariet. La prima somma non riguarda che termini logicamente compatibili, e cio intellettualmente e material mente coerenti. A partire da un dato ambiente naturale, alcune tecniche di produ zione, alcuni stili di residenza, alcune modalit di raggruppamento sociale sono c oncepibili e realizzabili, altri no. La compatibilit di cui si parla in questa se de duplice: complessivamente si tratta di una compatibilit tecnica fra i dati nat urali e l'organizzazione umana; nei dettagli le compatibilit sono pi sottili: da u na parte c' una seconda esigenza di compatibilit fra organizzazione della produzio ne e organizzazione sociale, dall'altra, se ad alcune configurazioni economiche o sociali possono corrispondere delle rappresentazioni dello psichismo o dell'or ganizzazione somatica, non avrebbe alcun senso decidere "a priori" se queste ult ime sono compatibili o no con le condizioni naturali o materiali della produzion e; certo , in compenso, che esse non costituiscono per questo la rappresentazione in un altro linguaggio delle configurazioni economiche o sociali. L'organizzazi one in patrilignaggi o matrilignaggi non pregiudica in nulla n la natura dei pote ri psichici attribuiti ad alcuni individui, n il senso della loro influenza, n in generale le grandi linee del sistema di rappresentazione dell'ereditariet; il ten tativo di Leach di fare di questo tipo di rappresentazione un'espressione strutt urale delle categorie dell'incorporazione e dell'alleanza, oltre a soffrire di u na certa mancanza di rigore concettuale, si scontra, su questo punto, con l'evid enza dei fatti. Bisogna ammettere, al contrario e all'inverso, che le teorie loc ali dell'ereditariet e dell'influenza qualificano e condizionano differentemente, a seconda delle societ, le relazioni della discendenza con l'alleanza e il senso della discendenza doppia (4). La somma delle compatibilit non corrisponde n a un ordine di generazione n a un ordine speculare, ma all'assunzione, a partire dalla compatibilit essenziale - fra condizioni materiali e modelli tecnici di organizz azione del lavoro - della molteplicit non infinita dei possibili. La prima arbitrariet costitutiva dell'ideologica legata al fatto che, all'interno dei principali paradigmi di riferimento di una data societ (componenti psichiche , poteri e influenze, componenti biologiche, modalit sociali di relazione, istitu zioni giuridico-economiche, relazioni economiche, attivit economiche) non compaio no tutti gli elementi possibili (compatibili). In societ con ambienti naturali e storici sostanzialmente equivalenti, anche geograficamente vicine, troviamo diff erenze considerevoli per ci che riguarda la discendenza, le regole di alleanza, l 'organizzazione del lavoro, gli stili di residenza eccetera. Nel sudest della Co sta d'Avorio, nei secoli diciottesimo e diciannovesimo, gli Alladiani coltivavan o la manioca, fabbricavano il sale, pescavano in mare e commerciavano con gli eu ropei; gli Ebri, stanziati nel nord della laguna, coltivavano la manioca, pescava no in laguna, commerciavano un poco con le regioni dell'interno, solo indirettam ente con gli europei, e praticavano la guerra con maggior vigore rispetto ai lor o vicini stanziati sulla riva del mare. In parte, queste attivit sono individuali o implicano solo una ridotta collaborazione (pesca in piroga, con la lenza o co n piccole reti, coltivazione della manioca); in parte necessitano di un raggrupp amento di forze che nelle due societ palesemente avvenuto su basi diverse: presso gli Alladiani la corte a riunire sotto l'autorit di uno stesso uomo la sua discend enza agnatizia e quella degli uomini del suo matrilignaggio e a costituire il qu adro normale di attivit come la fabbricazione del sale e il commercio dell'olio d i palma. La regola di residenza vuole che un figlio viva presso il padre pur app artenendo al lignaggio dello zio paterno; tuttavia essa non vale se non per i ca pi di lignaggio: il successore viene a occupare la sedia del predecessore (lo zi o materno o il cugino uterino) nella corte di quest'ultimo; patrivirilocalit ["pa tri-virilocalit] e semiarmonia ["hmi-harmonie"] (o parziale disarmonia) definiscon o cos una forma di potere e una forma di organizzazione economica. Presso gli Ebr

i la disarmonia totale e il nipote lavora per lo zio; quanto alle attivit colletti ve, esse mettono in gioco l'organizzazione in classi di et per il grande luogo di pesca del villaggio, il lignaggio per i luoghi di pesca meno importanti. Nessun a determinante necessit tecnica pu spiegare la particolare ragione di questo o que l modo di raggruppare le attivit, di questo o quel modo di esercitare il potere. Gli Alladiani avrebbero potuto fabbricare il sale nel quadro del lignaggio e gli Ebri ripartirsi i loro grandi luoghi di pesca fra lignaggi o fra quartieri d'uno stesso villaggio. Si tratta, del resto, di possibilit che sono state realizzate in certe epoche e i n determinate circostanze: nel diciannovesimo secolo, con la crescita della doma nda di olio di palma, i commercianti alladiani hanno tendenzialmente costituito corti omogenee dal punto di vista del lignaggio; i matrimoni con donne dida patr ilineari portatrici di dote o con le schiave hanno permesso di aggirare la regol a di disarmonia rispettandone al tempo stesso il contenuto formale. In alcuni vi llaggi ebri le diverse sezioni del grande luogo di pesca collettivo erano attribu ite ai quartieri di villaggio invece che alle classi di et. Queste diverse modali t non impediscono che la dimensione lignatica s'imponga, presso tutti, nella defi nizione dei canali di distribuzione e di circolazione; ma anche in questo caso c ompaiono differenze che nessuna necessit economica o sociale ha imposto a priori: presso gli Alladiani, un figlio era tenuto per un lungo periodo della sua vita a consegnare il prodotto della propria pesca al padre, il quale aveva a sua volta de gli obblighi di ridistribuzione nei confronti del rappresentante del proprio mat rilignaggio; il raggiungimento dell'et adulta, della piena cittadinanza, comportava u n riorientamento delle prestazioni; presso gli Ebri, la prima fase era limitata a lla prima infanzia. Sotto questo aspetto altre soluzioni o una ripartizione inve rsa delle soluzioni adottate da ogni societ sarebbero state ugualmente concepibil i. Stabilire la somma del pensabile e del possibile per una data societ non signi fica dunque indicare in termini assoluti quanto non le possibile sul piano intel lettuale o materiale. Ogni societ sa che i suoi vicini pensano in modo diverso. Ma, a questo punto, arriviamo alla seconda somma e alla seconda arbitrariet costi tutive di ogni ideologica. Si tratta, per una data societ, della totalit dei legam i sintagmatici che essa stabilisce fra i diversi elementi paradigmatici accertat i al suo interno. Questa totalit si esprime in termini di necessit, e questa neces sit si presenta indifferentemente come individuale e sociale, biologica e psicolo gica, giuridica e metafisica. La somma dei sintagmi ammissibili - degli enunciat i formulabili o dei comportamenti praticabili - indubbiamente impossibile da sta bilire in modo esaustivo, ma la sfera del possibile si delinea e s'impone con ma ggior fermezza per ciascun individuo proporzionalmente alla sua esperienza intel lettuale e sociale: le diagnosi, le indagini, i riti, le cerimonie, le incertezz e della vita individuale e collettiva, gli insegnamenti pi o meno istituiti (a pa rtire dagli indovinelli, dai racconti, dalle iniziazioni) circoscrivono con un t ratto sempre pi netto, in ogni caso, i limiti di quanto enunciabile e possibile. Ci che conta non tanto conoscere la somma, per definizione astratta, di ci che pu e sser detto o fatto, quanto il non ignorare ci che non pu essere n detto n fatto. Prendiamo come esempi di enunciati parziali quelli che presso gli Alladiani rigu ardano le credenze nella stregoneria; un enunciato di questo tipo pu far interven ire un numero rilevante di elementi paradigmatici (vedi la figura 1 - qui omessa ). In tutte le lingue della laguna, il concetto di stregone (nel senso di "witch", come contrapposto a "sorcier") viene espresso anteponendo alla parola che signi fica uomo il nome del potere di aggressione che si accompagna alla qualit di strego ne. Si dir in alladiano: "awa wro", uomo d'"awa"; ci sono altri tipi di poteri ps ichici rispetto a quello attribuito allo stregone, e in particolare il "seke", f orza difensiva che si presenta di primo acchito come il suo inverso e che distin gue la persona dell'antistregone ("witch-doctor"); l'"awa" ritenuto attaccare un a delle istanze psichiche della sua vittima, quella che pi prossima al principio vitale e del sangue, "ee"; esiste un'altra istanza psichica, il "wawi", che rite nuta invece portare il potere di aggressione o di difesa, stabilire la relazione con gli altri; un enunciato sul potere di stregoneria far spesso intervenire la nozione di sangue ("nkre"), una delle componenti biologiche della persona, essen do questo potere ritenuto capace di privare di sangue la sua vittima. Il potere

non pu esercitarsi senza distinzioni: la sua sfera d'azione limitata al matrilign aggio dell'aggressore ("etyoko"), la vittima essendo necessariamente un membro d el matrilignaggio ("etyoko wi") dell'aggressore. Alcune regole secondarie spiega no in che modo uno stregone possa anche attaccare, con l'aiuto di un altro streg one ( il tema della societ degli stregoni e del debito cannibalico), qualcuno di e straneo al proprio lignaggio. Ma l'enunciato pi immediato non mette in gioco che la relazione "etyoko wi"; mentre ne esistono altri ("w"; "ebiw") che mettono in gi oco altri partner e altri tipi di influenza. I casi di stregoneria sono spesso c onclamati per questioni di eredit ("adya") o di successione che mettono in gioco il possesso della sedia del lignaggio ("abu") e la gestione del tesoro del ligna ggio ("obii wakre"). Questi sono gli elementi fondamentali di ogni prediagnosi ( formulata o solo pensata) quando una morte o una malattia appaiono sospette - ch e il caso, pi o meno, di ogni morte e di ogni malattia. Un enunciato parallelo po tr chiamare in causa il potere difensivo ("seke") addetto alla protezione dell'"e e", trasmesso con lo sperma ("ake n'du": acqua dell'uomo) lungo la linea agnatiz ia diretta (nonno, padre, figlio) ed esercitato preferibilmente a beneficio di q uest'ultima. Un altro enunciato potr chiamare in causa il potere di maledizione ( "aeda") del padre sul figlio (nel senso del rappresentante del matrilignaggio del p adre - il padre stesso oppure, se morto, il suo erede - sul bambino di un uomo d el matrilignaggio) e di conseguenza la relazione "ebiw", il pi delle volte in meri to a una questione di residenza (di corte: "db") o di ridistribuzione dei prodotti della pesca. Tutti questi esempi sono tanto pi frammentari in quanto dovrebbero essere messi i n relazione con i tipi di malattia e di morte che gli corrispondono, dal momento che nell'eziologia locale questa corrispondenza precisa e sofisticata al tempo stesso. E' opportuno soprattutto notare che alcune correlazioni sono impossibili : l'awa non si trasmette di padre in figlio, non si esercita su un ebiw; il poter e di maledizione non pu essere evocato in merito a una relazione interna all'etyo ko eccetera. "A priori", tutte le diagnosi sono possibili ma, a partire da un el emento di interpretazione, non sono pi possibili tutte le connessioni. Si compren de allora che ogni parola conta e che il peso del silenzio bilancia quello della parola. Ma si noter anche come l'arbitrariet delle correlazioni proprie di una da ta societ sia al tempo stesso riconosciuta come contingente e vissuta come necess aria. Gli Alladiani sanno perfettamente che presso i Dida patrilineari il potere di st regoneria pu venire esercitato dal padre sul figlio; lo sanno tanto bene che spes so hanno sposato donne dida per ricreare a proprio vantaggio le condizioni di un potere residenziale pi forte. Ma sanno anche, e meglio ancora, che in se stesso un potere vale l'altro: assegnare una dote a una donna dida e sposarla significa eliminare i rischi di un potere rivale (quello del lignaggio della donna); sign ifica al tempo stesso attribuire al potere del padre sui figli una maggior liber t ed estensione, e cio pi anonimato: nessuno si prende il rischio di definire un po tere senza concorrenza. Che le parole si applichino a relazioni e che queste non definiscano rapporti di senso se non in quanto si applicano a rapporti di forza cosa che gli Alladiani hanno sempre saputo, i pi ricchi e i pi potenti fra loro e ssendosi sempre sforzati di creare le condizioni della sinonimia o dell'accumulo dei poteri, cio quelle del massimo potere. Per quanto riguarda le formule, le me sse in relazione sintagmatica, queste possono piegarsi a tutti i rapporti di for za, definendo con rigidezza ma in modo vario chiavi d'interpretazione utilizzabi li da quei soli individui che hanno il potere di imporne l'arbitrariet, un'assiom atica il cui senso non deve esser cercato se non dalla parte di coloro che ne de tengono il controllo. Non esiteremo dunque a usare l'espressione totalitarismo di lignaggio per indicare che nessun evento individuale pu sfuggire all'interpretazione e che nessuna inte rpretazione esce dal quadro delimitato dal sistema legnatico. La legge sociale trattando dell'eredit, della residenza, dei doveri economici - allo stesso tempo legge individuale, biologica e fisiologica. L'eziologia delle malattie rinvia a i divieti la cui trasgressione (sociale) viene sanzionata (biologicamente), all' ereditariet dei poteri e degli attributi psicologici, essa stessa legata alle reg ole giuridiche della discendenza e dell'alleanza, ai rapporti di forza che la te

oria della stregoneria informa e mette in scena al di qua delle peripezie della vita di lignaggio. Ma la concezione della vita che pu derivarne non per questo pa ssiva o fatalista; se ogni cosa pu sempre essere spiegata, non mai dato nulla. L' origine della malattia, della morte o, pi in generale, dell'evento, viene rapport ata a una causa esterna e, quando si tratta di eventi infausti, all'azione di un agente malevolo. La gente dell'entourage, da questo punto di vista, costituisce una griglia di interpretazioni alla quale tutti possono far riferimento, se non sono liberi di usarla a proprio piacimento (5). IDEOLOGICA, SIMBOLISMO E PRATICA SOCIALE. A questo punto si possono ricordare alcune precisazioni teoriche gi menzionate. I l problema del simbolismo si trova all'incrocio di numerose attuali ricerche di antropologia. In questo campo, la tradizione francese manifesta di volta in volt a o un eccesso o una mancanza. La tradizione di Griaule offriva pi una sociologia dell'anima che una sociologia degli uomini; la pi recente tradizione strutturali sta ha progressivamente costituito un'antropologia dell'intelletto e delle confi gurazioni mentali; l'antropologia economica di orientamento marxista pare spesso ingombra, a conclusione dei suoi sforzi per articolare i modi di produzione, di una sovrastruttura di cui si sbarazza volentieri, facendone semplicemente una ra ppresentazione rovesciata dei rapporti sociali reali. Il termine rappresentazione p one dei problemi; con qualche approssimazione si potrebbe dire che viene general mente impiegato nel senso di Durkheim, dove il sacro la rappresentazione del pro fano e allo stesso tempo, in qualche modo, la sua astuzia: la deviazione per il sa cro fa passare la legge sociale. Dio e la societ sono un tutt'uno, ma perch si adora Dio che si accettano le regole sociali. Il sacro funziona per il profano poich l o traduce. Useremo qui il termine rappresentazione in un altro senso. Ogni organizzazione sim ultaneamente rappresentazione di se stessa (sia che riguardi la parentela, l'eco nomia o la politica). E' proprio, mi pare, ci che intende Lvi-Strauss quando, nell '"Introduction l'oeuvre de Marcel Mauss" (6), definisce la cultura come un insie me di sistemi simbolici, fra i quali annovera indifferentemente il linguaggio, l e regole matrimoniali, le relazioni economiche, la scienza, l'arte, la religione . Sennonch, in Lvi-Strauss i simboli cos intesi rimandano alle strutture inconsce, qu elle strutture dello spirito umano che sono all'opera in realizzazioni parziali (i miti, le strutture della parentela) indipendentemente dalla loro localizzazio ne. La domanda che viene posta qui un po' diversa e pu essere formulata in molti modi: che cos' la struttura di una simile totalit? Che cos' l'efficacia simbolica i n una data societ? Il concetto di ideologica o di logica delle rappresentazioni designa la coerenza dei diversi ordini di rappresentazioni (nel senso non speculare) in una data soci et. Se appartiene all'ordine del simbolico o, pi esattamente, a quello della simbo lizzazione, perch l'ideologica la condizione e lo strumento di una pratica (d'int erpretazione), e a questo titolo essa viene utilizzata sempre parzialmente (per l'interpretazione di un determinato evento) e tuttavia sempre in rapporto alla l ogica complessiva soggiacente alle espressioni simboliche della societ, perch, ins omma, essa non ha che un uso diacronico: il senso definitivo dell'interpretazion e non appare se non al termine di un processo di enunciazione soggetto a ritocch i, a contraddizioni e a rielaborazioni, in funzione delle reazioni che provoca d a parte di coloro che si riferiscono, pur da punti di vista diversi, alla stessa ideologica. Nel caso di una malattia, per esempio, la diagnosi fa riferimento a l simbolismo complessivo della persona e dei poteri ma non ne fa che un uso sett oriale; pi esattamente, coloro che formulano una diagnosi utilizzano settori dive rsi del simbolismo complessivo; e queste diverse scelte (evidentemente legate al le rispettive posizioni sociali dei diversi locutori) costituiscono ed eventualm ente esprimono dei conflitti. Se Ego si ammala, pu accusare lo zio materno di att accarlo (si parler allora di stregoneria ed Ego sar considerato una vittima); pu an che essere accusato di aver mancato di rispetto all'erede del padre e di aver pe rtanto attirato la maledizione di quest'ultimo (sar allora considerato colpevole) ; pu anche essere accusato di aver attaccato pi duramente di quanto gli fosse cons

entito e di essersi scontrato con difese legittime. Il rapporto di senso s'impon e cos come un rapporto di forza (ma anche la forza significante e significata); s e il rapporto di forze cambia, cambia pure il senso. Il senso sempre retrospetti vo. Sotto questo aspetto, la simbolizzazione appare come l'attuazione dell'ideologic a. In numerose analisi del simbolismo l'attenzione si concentra pi sul simbolo ch e sul processo di simbolizzazione; il tratto comune a queste diverse analisi, di conseguenza, che esse vertono su figure fisse; questo immobilismo dipende talvo lta dalla realt stessa dell'oggetto studiato, istituzionalizzato e ritualizzato ( gesti compiuti, parole pronunciate nel corso di una consacrazione, di un'iniziaz ione... ), ma, in ogni caso, lo sforzo intellettuale di simbolizzazione non pu es sere compreso se non al termine della sua creazione, sotto forma di rapporti simb olici diretti (del tipo significante/significato: bianco = purificazione, nero = pericolo o lutto) e di rapporti intersimbolici (la giustapposizione di diverse c oppie significante/significato costituisce un insieme specifico, e si pu parlare, con Luc de Heusch, di una struttura simbolica dell'incesto reale o, con Rodney Needham, di una struttura simbolica della sinistra e della destra). Le stesse os servazioni varrebbero per tentativi analitici come quelli di Beidelman a proposito del simbolismo nuer, che conducono a fare dell'ambiguit dei temi simbolici (la l ancia come pene socializzato, il bue come toro socializzato) un'espressione rido ndante dell'ambiguit delle relazioni sociali. Il simbolo, tuttavia, rimanda ad al tra cosa che a un'altra figura di se stesso; i Greci designavano con il nome di s imbolo le parti troncate di un braccialetto la cui riunione provava, all'occorren za, l'identit dei partner uniti da una relazione (simbolica o reale) di commercio . Allo stesso modo, mi sembra che l'interpretazione ideologica debba essere comp resa in relazione a due totalit: quella della logica globale, che costituisce la somma di tutti i discorsi socialmente possibili (giacch ciascuno di questi discor si stabilisce una relazione sintattica fra differenti ordini di rappresentazioni , una serie di accordi nel senso grammaticale del termine); quella dell'interpre tazione definitiva, della totalit lineare, della diagnosi compiuta, della necessi t retrospettiva che, conclusi gli scontri, le suggestioni e i silenzi, identifica il senso e la forza e non pu essere compresa se non in occasione di eventi concr eti e specifici. Diciamo, riferendoci al linguaggio qui utilizzato, che i simbol i sono dalla parte degli elementi paradigmatici appartenenti all'ambito della pr ima arbitrariet evocata sopra, mentre la simbolizzazione uno dei processi di conc atenamento sintagmatico attraverso cui si definisce l'ideologica. Il nostro proposito risulter forse pi chiaro se lo mettiamo in relazione con le ip otesi di Leach in "Nuove vie dell'antropologia" (7). Secondo Leach, i figli di u na coppia possono essere assegnati al gruppo di ciascuno dei genitori sia tramit e incorporazione, permanente o parziale, sia tramite alleanza. Le relazioni d'in corporazione verrebbero simboleggiate ed espresse in termini di sostanza fisica (ossa, carne, sangue), mentre le relazioni di alleanza verrebbero simboleggiate ed espresse in termini sovrannaturali ("mystical") d'influenza e di potere. Qui si tratta di sostituire al modello metaforico di Leach, che riduce il simbol ismo a una figura (8), un rapporto d'ordine sintattico. La descrizione del simboli smo elementare della societ alladiana potrebbe presentarsi come una serie spezzet tata di rapporti duali speculari: sangue = discendenza agnatizia, forza difensiv a = discendenza agnatizia, stregoneria = matrilignaggio, potere di maledizione = matrilignaggio paterno, forza lavoro = figli degli uomini del matrilignaggio. S embra sia pi interessante e maggiormente rivelativo del gioco ideologico ricostit uire la somma degli enunciati possibili, degli enunciati impliciti e degli enunc iati sostenibili e plausibili. Questi enunciati, l'abbiamo visto, si formano a p artire da serie paradigmatiche che corrispondono ai diversi ordini di rappresent azioni concepibili ed esistenti (per esempio, i poteri psichici, le componenti c he costituiscono la persona, le relazioni sociali, le attivit economiche). Qualsi asi elemento di ciascuna di queste serie pu venir messo in rapporto con qualsiasi altro elemento di una serie diversa: del potere di stregoneria (awa) si pu dire che attacca una delle istanze psichiche (ee) di un uomo dello stesso matrilignag gio (etyoko) dell'aggressore in occasione di una questione di eredit (adya); del seke (potere di difesa) si pu dire che si trasmette con il sangue (nkre) lungo la

linea agnatizia; della maledizione (aeda) si pu dire che si esercita sul figlio d i un uomo del matrilignaggio (ebiw) in relazione a questioni di residenza o di pr estazioni di lavoro eccetera. Ma questa teoria ideologica, che in qualche modo stabilisce una somma di costriz ioni intellettuali, riempita di silenzi che esprimono costrizioni sociali; pi esa ttamente, l'ideologica metonimica: non esprime la dipendenza dei giovani se non enunciando la legge degli anziani; parla in modo universale, parla a tutti come se parlasse di tutti; si rivolge a tutti, ma in particolare a coloro di cui non parla e a cui la parola negata. Parla degli anziani, cio di coloro che non sono n ecessariamente vecchi ma che molto probabilmente lo diventeranno (9): al limite, diventeranno vecchi perch sono anziani potenziali. La longevit si accompagna alla forza che viene ereditata tendenzialmente lungo la linea agnatizia dei primogen iti. Il primogenito possiede una posizione sociale che non lo condanna all'asten sione e al silenzio; tenuto a essere prudente, ma sa vedere con chiarezza (la ch iaroveggenza anche un attributo della forza). L'evento pu rimettere in causa le p retese all'anzianit, ma alcuni individui sono inscritti nel disegno delle stirpi come anziani infinitamente pi plausibili di altri. Coloro che sono troppo lontani dalla seniorit ["sniorit"] verticale (l'appartenenza a una stirpe maggiore) o oriz zontale (l'ordine delle nascite) non costituiscono, a prescindere dalla loro et e ffettiva, anziani veramente credibili. Eredit ed ereditariet, leggi sociali e legg i biologiche si sovrappongono per costituire altrettante linee di forza. Le rego le della presa di parola sono incluse nelle regole sintattiche. Ogni parola comporta un rischio: colui che parla si scopre; questo vero anche de lle azioni; ma i rischi non sono uguali; una posizione sociale forte consente al la parola e agli atti di esprimersi pi liberamente. Una buona conoscenza della pr opria posizione rispetto ai diversi mondi che compongono il proprio entourage in senso lato necessaria all'individuo che, novello Ulisse, sa che la forza non es clude l'astuzia, che l'arte di convincere non si identifica con l'eloquenza e ch e l'arte del saper vivere si lega in larga misura alla capacit di lasciare che le cose maturino. Le costrizioni relative e continue che pesano sulla vita individ uale, sullo sfondo, non possono essere comprese se non all'interno del sistema i nterpretativo in cui funzionano, ma esse non definiscono meccanicamente le condo tte da tenere. Nessuno ha da solo l'intero dominio, non fosse altro perch nessuno ne ha il completo controllo, della produzione dei segni (degli eventi, signific anti per definizione). Tutti sanno che atti ed eventi verranno interpretati seco ndo una logica costrittiva ma non meccanica, che lascia al tempo il suo ruolo (c ' un tempo dell'evento, un tempo dell'interpretazione o delle interpretazioni, a volte un tempo della conferma, dell'invalidazione o dell'aumento della complessi t). L'atto accenna prima di esprimere. Il significato al passato ma anche al plur ale: alla merc del futuro, dell'evento e dunque, in parte, degli altri. L'ideolog ica corrisponde a una visione relativamente deterministica ma assolutamente esis tenzialista della vita. Di qui la necessit pratica di misurare i suoi segni: le sue parole, azioni, ricch ezze. Il gioco complesso e ponderato dell'ostentazione e della discrezione corri sponde a un obbligo di natura (si d sempre a vedere) e a delle strategie pratiche (lasciar vedere, lasciar intendere). Nella festa ostentativa (la festa delle ri cchezze ebri, per esempio), l'individuo ricco mette in mostra, pi che la sua ricch ezza personale, quella dei suoi lignaggi di riferimento; in questo modo, egli pa rla discretamente della sua ricchezza e aggressivamente della sua influenza soci ale; il discorso (la diagnosi, il consiglio, l'accusa) usa giri di parole (litot i, metonimie, silenzi): queste pratiche sono tutti tentativi che traggono senso, r etrospettivamente, dalle risposte che sollecitano. Su questo punto non si pu che convenire con le osservazioni molto stimolanti che Pierre Bourdieu (10) consacra alle pratiche che si definiscono per il fatto che la loro struttura temporale, o vvero il loro orientamento e il loro ritmo, costitutiva del loro senso; Bourdieu sottolinea giustamente come sia necessario, affinch il sistema funzioni, che gli agenti non ignorino gli schemi che organizzano i loro scambi, senza per questo ric onoscere completamente la logica esplicitata dal modello meccanico dell'antropolog o. Eppure, non si pu forse ammettere che lo schema tenda a identificarsi con il m odello nello spirito del virtuoso maestro della sua 'arte di vivere', come dice an

cora Bourdieu, il quale pu servirsi di tutte le possibilit offerte dall'esistenza simultanea di costrizioni logiche e di zone sociali d'indeterminazione, per poco che la sua posizione sia, quella s, chiaramente determinata e adatta a favorire l'interesse per i suoi propositi e la credibilit delle sue azioni? In generale, la distinzione fra schema e modello non del tutto compatibile con i l concetto di ideologica. L'osservatore non pi in grado dell'attore di stabilire la somma del possibile e del pensabile. Pu solo constatare, con l'attore stesso, la necessit delle verit retrospettive, delle totalit lineari compiute. Con lui pu co mprendere la logica delle forze in gioco. L'antropologo pu discernere, come fa l' attore, il carattere non meccanico dei modelli d'interpretazione di cui egli ste sso prova a interpretare la logica. E solo provando a formulare le leggi di comp osizione del discorso o della pratica ideologica, le strutture (sintattiche) ele mentari dell'ideologica che supporr essere all'opera in ogni ideologica che egli stabilir un'ipotesi propriamente antropologica, generalizzata e applicabile a ogn i forma di societ e di potere. Il paragone che Bourdieu tratteggia fra le moltepl ici possibilit della pratica sociale e l'infinita molteplicit delle corrispondenze suono-senso, determinate nel cervello, secondo Chomsky, dalla combinazione di u n sistema di strutture e di un sistema di regole, forse non , da questo punto di vista, del tutto convincente: l'ordine e la teoria della pratica compongono inna nzitutto una teoria dell'ordine sociale; e i percorsi che portano dall'ordine so ciale all'ordine intellettuale e a quello individuale non sono illimitati: si pu essere tentati di trovarne la traccia e il senso. Tali percorsi non costituiscon o per questo un repertorio di soluzioni tipiche cui chi agisce non avrebbe che da attingere, n un programma predeterminato da un meccanismo semplice; bisogna semplic emente riconoscere localmente lo stesso grado di libert relativa al modello indig eno e al modello dell'osservatore (si tratta, di fatto, dello stesso modello) e, a un livello maggiore di riflessione, considerare che le forme del potere (iden tiche, in questo caso, alle sue pratiche), le forme di relazione che esso impone al pensiero della pratica e alla pratica del pensiero, esse stesse confuse, son o in numero limitato, indipendentemente dall'immensa variet delle scelte paradigm atiche e dal carattere non meccanicistico delle combinazioni sintagmatiche. Se ci si attiene provvisoriamente alle analisi precedenti, si ricorder, per lo me no come un primo elemento di conclusione, che la logica lignatica una logica tot alitaria in un triplice senso: 1) Essa pensa insieme l'individuo e la societ in termini tali che l'individuo cos tretto a pensare il suo divenire in rapporto agli altri (altri selezionati e pri vilegiati). 2) Essa costituita da diversi ordini di riferimento, i quali si declinano ciascu no per proprio conto (costituendo dei paradigmi) e si accordano o si coniugano gli uni con gli altri (costituendo dei sintagmi). La sintassi logica si confonde cos c on la pratica sociale; le regole sintattiche costituiscono la teoria di tutti i discorsi e di tutte le pratiche possibili, non nel senso che il discorso rispett a la sintassi, ma nel senso che le combinazioni che esse autorizzano (e, implici tamente o esplicitamente, quelle che proibiscono) definiscono le leggi della pre sa di parola e, al tempo stesso, i limiti del diritto e del senso. 3) Essa costituisce ogni societ come umanit. Ogni societ lignatica riconosce e resp inge la diversit delle altre. Non se ne serve che per assoggettarla: lo schiavo c onsente ai potenti di moltiplicarne le possibilit di costrizione e di accumulo de l sistema. Il totalitarismo logico-sociale non toglie nulla alle difficolt della pratica e a ll'angoscia del vivere. La tendenziale identificazione dell'ordine sociale, dell 'ordine individuale e dell'ordine intellettuale mette a confronto le pratiche co n i temibili rischi della necessit retrospettiva e ineluttabile. Nessuno al ripar o dal rischio, ma gli individui sono diversamente armati per fronteggiarlo e que sta disuguaglianza , in ultima analisi, sociale. LE STRUTTURE DELL'IDEOLOGICA. - Rapporti di forza e rapporti di potere.

I reami dell'Africa orientale, nell'evocazione che ne fa Luc de Heusch, hanno af fascinato Deleuze; egli crede di scoprirvi l'essenza del despota e il senso dell a fondamentale rottura con la quale viene abolita l'esistenza della terra come c orpo pieno e come superficie d'iscrizione. Il corpo pieno del despota darebbe il cambio alla terra quando lo Stato si sostituisce al "socius" primitivo. Ma che cosa ci rivela invece l'antropologia africanista? Che tutti i tratti attraverso i quali si pretende di definire l'originalit del despota sono attestati in forme di potere estremamente diverse. Non alla maniera di presentimenti o di rimorsi m etafisici con i quali il potere esprimerebbe la sua impotenza, n come una surcodif icazione distinta da altre forme d'inscrizione, ma in quanto strutture elementari di ogni relazione politica e anche di ogni rapporto sociale (giacch nessuna form a sociale sfugge alla dimensione del potere che definisce e mette in atto le sue gerarchie). Reami, "chefferies" e lignaggi dipendono comunque da queste struttu re elementari dell'ideologica di cui abbiamo cercato di mostrare fino a questo m omento il carattere sintattico, che ordinano in enunciati pensabili ed enunciabi li le condotte definite possibili; a questo livello di analisi non esiste pi alcu na distinzione pertinente tra forma e contenuto, tra dire e fare, tra grammatica e diritto di parola, non pi che tra i diversi sensi della parola struttura presi in considerazione rispettivamente dall'antropologia funzionalista e dall'antrop ologia strutturalista. Le strutture dell'ideologica si presentano infatti contemporaneamente come modi di dire e modi di fare. La teoria della stregoneria che definisce un senso privi legiato di esercizio e di trasmissione del potere di stregoneria non pu essere co mpresa senza riferimento alla teoria delle istanze psichiche e dell'esercizio e della trasmissione degli altri tipi di influenze; le regole d'uso dei termini ch e corrispondono ai concetti di stregoneria, antistregoneria, maledizione, potere di di esa, sono quindi implicate dalla semplice caratterizzazione di questi poteri. Dir e il senso privilegiato (plausibile) della trasmissione, significa anche orienta re la pratica di coloro i quali, a seconda della loro posizione rispetto alle li nee di trasmissione (linee di forza e di senso, stirpi sociali), si trovano o me no nella situazione, eventualmente, di accusare, protestare, sottintendere o tac ere. Comunque, una volta sopraggiunto l'evento (morte, malattia, sventura) che f a scattare pratiche istituzionali quali l'interrogazione del cadavere, la consul tazione di chiaroveggenti, la riunione di lignaggi alleati, l'indagine delle cla ssi di et, la sepoltura, i funerali... la griglia del rapporto di forze, il cui l egame con quella dei rapporti sociali esplicito e manifesto, viene utilizzata co me strumento per decifrare il senso che questo evento sottintendeva; di qui, tut ta una serie di altre pratiche dipendenti eventualmente dalla totalit lineare ric ordata sopra, al termine delle quali tutte le condotte e tutte le pratiche tragg ono il loro senso retrospettivamente dalla loro inscrizione finale nella griglia d'interpretazione. Ogni gesto, ogni parola costituisce un rischio teorico; ogni riferimento alla teoria gi un'iniziativa pratica. Strutture del dire e del fare, le strutture dell'ideologica esprimono il dominio di coloro che dominano ma informarlo il discorso e la pratica di tutti: esse co stituiscono al tempo stesso l'espressione e l'efficacia della dominazione. Si tr atta, a questo, punto, di non confondere due distinte questioni; la prima riguar da la ragione (storica) della dominazione di un gruppo o di una categoria dati i n una determinata circostanza; la seconda concerne l'efficacia della dominazione e della repressione, il fatto che i dominati subiscono, accettano e pure condiv idono il sistema ideologico che costituisce e rende eterna la loro situazione. L 'analisi di queste strutture ideologiche non , a rigore, interessata se non dalla seconda questione. La prima questione riguarda un altro tipo di analisi, almeno per alcuni dei suoi aspetti; questo non vuol dire che l'analisi ideologica non sia interessata dal cambiamento: definire l'ideologica di una data societ non sig nifica descrivere un sistema chiuso di rappresentazioni da cui essa non potrebbe affrancarsi; tutto lascia pensare invece che la parola e la pratica dei dominat i si esprimano all'interno del sistema in cui essi devono inserirsi fino a quand o non lo sovvertono, e tale espressione un segno da cui l'analisi del cambiament o non pu fare astrazione; inoltre, in tutte le situazioni pudicamente caratterizz ate dall'antropologia come situazioni di contatto, la reazione ideologica delle po

polazioni dominate - pratiche di resistenza, di ripiego, di collaborazione, tent ativi d'interpretazione della nuova situazione, di prese in prestito dallo stran iero invasore o dal passato mitico - deve essere analizzata come la pratica stes sa del cambiamento e non come la semplice rappresentazione che se ne farebbero c oloro che lo subiscono senza averne il controllo. Sicuramente l'analisi dell'ide ologica lignatica in crisi non pu stabilire da sola la spiegazione storica dell'i mperialismo occidentale coloniale o neocoloniale da cui essa stessa dipende; ma sarebbe ugualmente insufficiente affermare che l'ideologica lignatica in crisi c i parla del colonialismo e dell'imperialismo - tale affermazione, che sembra a pri ma vista evidente, sottintende in modo insidioso che alcune pratiche non fanno c he rappresentarne delle altre, che laggi non si suona che la stessa aria di qui, se mplicemente con un po' pi di noncuranza, di fantasia o di note stonate. Al contra rio, essa un luogo della storia e della pratica attuali: non rappresenta che se st essa, come tutte le ideologiche; la novit (ma questo non riguarda solo le societ l ignatiche) l'estendersi dell'orizzonte politico all'insieme del mondo; il fatto nuovo, trattandosi delle societ lignatiche e di alcune altre, che niente nel loro divenire implicava a cos breve scadenza una tale estensione: per un periodo esse sono state dunque condannate alla reazione. Da qui a pensare la loro pratica in termini di riflessi e il loro avvenire in termini di sviluppo, non c' che un pas so, passo compiuto allegramente da numerosi osservatori ed esperti presto stupit i, quindi scoraggiati, dalle forme aberranti o caricaturali che assume ai loro o cchi un'evoluzione ritenuta inevitabile (il che un truismo) e concepita come lin eare (il che una sciocchezza). Analizzare l'ideologica di una societ significa dunque analizzare tutta questa so ciet o, pi precisamente, l'organizzazione dei poteri che la costituiscono e dei po teri che essa istituisce, in tutti i loro aspetti, compresi quelli pi problematic i. L'analisi ideologica non pu specificarsi in un'antropologia politica, in un'an tropologia religiosa o in un'antropologia economica; per definizione, essa respi nge queste distinzioni; ma le analisi globali dell'economia e della storia, che la riguardano nella stessa misura in cui i fenomeni che queste studiano su grand e scala influenzano progressivamente i dati locali, evidentemente non si riducon o a essa. I territori dello storico, dell'economista e del sociologo si confondo no in luoghi determinati e circoscritti, ma i loro principi esplicativi restano distinti su pi vasta scala. Si potrebbe senza dubbio assegnare alla storia e all' economia lo studio dei rapporti di forza e all'antropologia quello dei rapporti di potere; se i secondi dipendono in modo quanto mai evidente dai primi, essi no n si inscrivono nella loro stessa durata: il potere non mai tanto repressivo com e alla vigilia del suo crollo; non mai tanto tentato di servirsi della forza com e quando la sua debolezza diventa palese, quando il mutamento dei rapporti di fo rza diventa a tutti evidente. Precisiamo ancora che i poteri non vanno tutti all o stesso passo del potere; dei sintagmi sono ancora o gi formulabili, pensabili e messi in opera quando la rivoluzione delle istituzioni si gi o non si ancora rea lizzata: l'istituzione non che un elemento della sintagmatica del potere e indub biamente pi vulnerabile di altri, malgrado la sua resistenza, all'evoluzione dei rapporti di forza. Quanto all'analisi di queste forze, essa si riferisce alla lu nga durata e talvolta ai diversi spazi: l'evoluzione delle curve demografiche, l e trasformazioni dell'attivit economica, l'ascesa di nuove classi, lo stato del m ercato internazionale non compaiono nella configurazione locale dei poteri e nel la coscienza degli attori sociali che al termine della loro azione strutturante, q uesto termine avendo esso stesso la propria durata e non essendo mai immediato: la messa alla prova dei poteri precede la crisi del potere; una contraddizione t otale fra i poteri e il potere non , letteralmente, pensabile, e l'effetto di riv oluzione o di sovversione del potere un effetto di rottura; ma la flessibilit sin tattica dell'ideologica le permette di reggere nell'attesa della rottura: sotto Lu igi Quattordicesimo il gentiluomo borghese ricco ma ridicolo; lo snobismo dei "p arvenu" che non sono ancora arrivati l'inversione permanente ma alla rovescia, i l plagio, la caricatura, il mimetismo, la debolezza e la forza relativi di color o che si trovano in posizione di forza ma non hanno n il potere n tutti i poteri; l'aspetto del rapporto di forza fuorvia, dato che si riflette nello specchio del potere: immaginare M. Jourdain (11) al potere indubbiamente molto difficile, ma

pur sempre meno difficile, agli occhi dei piccoli signori o degli aristocratici in rovina che gli spillano denaro, che farne l'arbitro delle eleganze. Se nessu no presta attenzione alla propria prosa (gli viene cos naturale!) perch vuole fare dei versi. L'Occidente, oggi, non si stanca delle eccentricit dei suoi re-negri o dei suoi emiri; queste rassicurano, inquietano, affascinano. L'antropologia ideologica tende a ricostituire la configurazione del potere e de i poteri in un luogo e in un momento determinati. Postula anche che configurazio ne e pratica dipendano da strutture omologhe in tutti i tipi di societ; questa om ologia, d'ordine pratico e sintattico, di per s un oggetto distinto da quello del la storia e dell'economia, ma vi si integra e ne dipende. L'analisi ideologica p u vertere indifferentemente, a differenza dell'analisi strutturalista, sulla real t di una determinata societ o sulla realt comparativa di diverse societ; essa deve r iguardare simultaneamente, a differenza dell'analisi storicistica o economistica , la realt individuale e la realt sociale. Infine, per essa, contatto e cambiament o sono oggetti di analisi antropologica. Il potere non potere, riconosciuto ed e fficace, se non in quanto riesce ad apparire, pi o meno approssimativamente, come la somma dei poteri. Non si pu concepire in modo duraturo un potere istituito co ntro uno dei poteri che dovrebbero costituirlo. Questi poteri, di cui abbiamo ri cordato la diversit e la convergenza a proposito delle societ lignatiche, concerno no tutti i rapporti di senso e d'interpretazione: del s con il s, del s con l'altro , del s con gli altri e degli uni con gli altri. Quale che sia il grado d'indipen denza o d'autonomia istituzionale di questi poteri, la logica delle loro relazio ni esplicite e implicite a costituire, in senso proprio, la logica del potere st esso. Questa ideologica sembra strutturarsi secondo tre modalit complementari, tr e regole sintattiche pratiche. La prima di queste la messa in relazione o sdoppiamento, attraverso la quale s'i mpone una dialettica dell'interno e dell'esterno e si esprime la vulnerabilit ape rta dell'individuo; la seconda la metonimia, attraverso la quale s'impone una di alettica del singolare e del plurale e si esprime il carattere naturale delle co strizioni gerarchiche; la terza l'inversione, attraverso la quale s'impone una d ialettica del medesimo e dell'altro e si esprime il carattere non individuale de l potere. - Il doppio. L'identit, nelle societ lignatiche africane, si definisce sempre in modo relativo: in relazione all'altro (padre, nonno, antenato) che interviene parzialmente nel la costituzione della persona biologica e psichica (in termini di eredit), in rel azione a coloro (parenti, alleati, membri della stessa classe d'et) la cui azione o reazione influisce non solo sul comportamento della persona ma sulle sue comp onenti (in termini d'entourage). Sotto questo aspetto, le credenze nella stregon eria rappresentano il complesso pi spettacolare; la malattia e la morte vengono s pesso attribuite all'azione di un altro, il quale, secondo la teoria locale, pu e ssere situato in termini sociali rispetto alla vittima. Abbiamo gi insistito, qui e altrove, sulla costrizione sociale che impone questi tipi di credenza: presso gli abitanti delle lagune della Costa d'Avorio, il primo a essere sospettato (i l capo del matrilignaggio del morto) anche il solo che pu decidere se il cadavere sar interrogato o no. Sono molti gli esempi che esprimono la necessit di distingu ere fra sospetto e accusa e che invitano a riconoscere i legami teorici e pratic i esistenti nelle societ locali fra poteri psichici ("mystical", dice Leach) e po tere politico. Le teorie dell'influenza e della forza psichica, dei poteri spiri tuali di aggressione di difesa non descrivono i margini del sistema o i marginal i del potere ma il sistema e il potere stesso. Cos, il rapporto del s con il s semp re gi un rapporto del s con l'altro e il rapporto con l'altro sempre gi un rapporto sociale inscritto nella configurazione politica. Allo stesso modo, il biologico sempre gi parte anche dello psichico; la salute del corpo e dello spirito alla m erc d'un potere esterno; lo psichico fa parte ancora del Sociale, tanto che ogni disordine del primo rimanda a un disordine del secondo; i turbamenti somatici o psichici rinviano sempre a una perturbazione dell'ordine sociale dove normalment e si situano le relazioni padre/figli, zio/nipoti, sposo/sposa, le relazioni fra

alleati, fra membri dello stesso lignaggio, co-residenti, membri d'una stessa g enerazione eccetera. L'identit sempre minacciata non solo nel suo equilibrio o ne lla sua esistenza, ma nella sua stessa definizione: un "awa wro" (stregone) mort o, o pi esattamente il suo "wawi" (questa parte dello psichismo che si sposta in d oppio su altri per attaccarli o difenderli), pu imbattersi in una donna incinta e sostituirsi o integrarsi al bambino che essa porta in grembo; i segni scoperti a lla nascita di un bambino possono rivelare che egli incarna parzialmente un ante nato scomparso - la stessa regola vale nel caso del figlio maggiore del figlio m aggiore di un morto; ma capita che il cambiamento d'identit avvenga durante la vi ta di un individuo il quale eredita lo "wawi" del fratello o del nonno prima del la loro morte. Come dire che la forza fisica e morale non mai indipendente dal potere che l'esp rime o che, in ultima analisi, la vera forza sempre legittima. Una posizione soc iale forte autorizza solo una rivendicazione d'influenza e d'autorit che, isolata , diventa sospetta e pu essere messa in discussione e denunciata se non poggia su una realt istituzionale: la dipendenza psicologica e la sottomissione sociale so no tanto pi irreversibili dato che tendono a corrispondere agli stessi tipi di re lazione sociale. Poich i sistemi che permettono di misurare forza, influenza e po tere sono essenzialmente schemi d'interpretazione dell'evento, l'individuo costa ntemente invitato a rapportare le incognite della sua esistenza, compresi i fatt i della sua vita biologica pi intima, alla condizione della sua situazione e dell e sue relazioni sociali. Misura dell'altro e misurata sull'altro, l'identit non s i costituisce se non rischiando di perdersi; ma essa non si costruisce mai se no n in rapporto allo sguardo e alla posizione degli altri: nel loro sguardo si leg gono, s'indovinano o si apprendono l'interpretazione di comportamenti dal senso fondamentale e il verdetto che foggia retrospettivamente la verit della persona; quanto alla posizione degli altri, essa definisce di rimando le diverse situazio ni di cui l'individuo deve tener conto per definire, insieme alla sua posizione strutturale, la sua identit. Non senza rischi: il margine d'incertezza che separa la definizione meccanica dell'identit personale dalle ipotesi plausibili non si riduce che alla sperimentazione, in funzione delle lezioni dell'evento, degli at teggiamenti e delle reazioni dell'entourage; significativo che, in numerose soci et africane, il termine che designa una delle presunte istanze dell'apparato psic hico connoti la nozione d'ombra aggettata: un elemento essenziale dell'identit pe rsonale non si manifesta cos se non alla luce del giorno, nello sguardo degli alt ri; e se scompare, una volta sopraggiunta la notte, per unirsi alla battaglia de lle ombre, alla vita notturna in doppio i cui risultati non si misurano, a lungo t ermine o d'improvviso, se non quando tornato il giorno. Nella congerie dei sogni , che la prudenza ordina di ricordare e interpretare, chi saprebbe distinguere a colpo sicuro la traccia delle aggressioni subte da quella delle aggressioni comp iute o tentate? I fantasmi notturni aggiungono un dubbio a tutti quelli che l'in dividuo pu avere sul proprio conto e che, in definitiva, solamente la coscienza e la pratica degli altri dissiperanno. L'ordalia e l'autopsia cercano di scoprire all'interno del corpo il marchio (il riflesso interiore o la traccia fisica) rivelatore di una natura e di un'identit; la letteratura africanistica ricca di informazioni riguardanti poteri ("ker" pe r gli Alur, "tsav" e "swem" per i Tiv... ) simultaneamente fisici, psichici e po litici che possono ancorarsi alla carne stessa, nell'intimit viscerale dei loro d etentori, pur non essendo necessariamente acquisizioni di sempre o per sempre. P resso gli abitanti delle lagune ivoriane la capacit di rigettare facilmente, di v omitare il veleno della prova ordalica, dimostra meno l'innocenza che la forza, ma s'intende che quest'ultima, quand'anche costituisca l'essenziale del senso e dell'identit della persona, proviene da un altro luogo e va altrove, si intende a nche che la prestanza e la buona salute diurne e quotidiane sono indizio di una vittoria incessantemente riaffermata nel combattimento notturno delle vite in do ppio; la forza stessa si manifesta incessantemente, il che equivale a dire che s i manifesta attraverso il rapporto con gli altri e che tale manifestazione quell a stessa del potere. L'individuo si sa e si sente sempre gi sociale. - La metonimia.

Ma dove si situa l'altrove in rapporto al quale l'individuo si definisce, si cos truisce e si cimenta nell'esistenza sociale? Questo altrove stesso descritto, in dicato e orientato dalle linee di forza e di senso che tracciano le teorie local i dell'ereditariet, dell'eredit e della successione. Non si rompe il lignaggio, dice la teoria della laguna, giustificando cos la trasmi ssione orizzontale dell'eredit e della successione (da primogenito di stirpe a prim ogenito di stirpe, con ritorno alla stirpe maggiore allorquando si esaurita la l ista dei primogeniti di stirpe). Tuttavia, da una parte la stirpe maggiore resta preponderante e la segmentazione minaccia pertanto che l'allargamento della cat ena genealogica tenda a rendere inoperante la gerarchia delle stirpi, dall'altra parte la teoria passa sotto silenzio - appunto perch parla in termini di stirpi - tutti i non primogeniti la cui probabilit di accedere all'eredit e alla successi one diminuisce in proporzione diretta con l'allontanamento dalla stirpe maggiore , con l'allontanamento dal primogenito della propria stirpe e con l'ampiezza del la catena genealogica. Da ci si traggono almeno due insegnamenti: la segmentazione lignatica un principi o di ordine; lungi dall'intervenire necessariamente contro l'ordine esistente, e ssa utile alla riaffermazione del principio di anzianit; in secondo luogo, le reg ole di successione e di eredit formulano in un linguaggio universalistico, al sin golare-plurale (come l'etnologo che parla di zio e di nipote, di padre e di figl io), principi che riguardano in modo diverso coloro di cui parlano e coloro a cu i si rivolgono. Per la maggior parte degli individui i problemi di eredit non con cernono che qualche bene particolare; l'accesso alla piena cittadinanza, che si re alizza progressivamente sotto il controllo di un anziano (presso gli abitanti de lla laguna, il padre o l'erede del padre), ben pi significativa, giacch consacra i l raggiungimento dell'autonomia relativa, l'accesso diretto alla produzione e la possibilit, offerta con l'autorizzazione a sposarsi, di avere figli e di crearsi un ambito di produzione e di autorit relativamente indipendente; questo accesso assomiglia molto, per certi versi, a un'eredit: infatti, un individuo non acquisi sce il diritto di esercitare i suoi doveri paterni fin quando il padre non rinun cia ai propri; ma questa stessa rinuncia non interessa che le prestazioni ordina rie. L'affrancamento dei figli comporta per loro l'obbligo di versare prestazioni al proprio matrilignaggio, di modo che, per i capi di matrilignaggi potenti, la rinuncia ai diritti paterni produce come normale contropartita un rafforzamento dei diritti avuncolari. La successione e l'eredit in linea materna non interessano che un numero molto li mitato di individui, sebbene la formulazione della regola possa lasciar intender e che tutti i rappresentanti di una stessa generazione debbano avervi accesso pr ima che i membri della generazione precedente possano avanzare pretese. Ma quest a indicazione ugualitaria della regola non corrisponde ad alcuna realt; la vera d istinzione fra maggiori e cadetti non una questione di generazione: essa si appl ica all'ordine delle nascite in uno stesso gruppo di fratelli, all'ordine delle stirpi all'interno di uno stesso lignaggio. La sola conseguenza del linguaggio u niversalistico della regola che esso non esclude nessuno a priori; la regola ste ssa non deve essere considerata al di fuori del suo rapporto con le altre norme, in particolare quelle dell'ereditariet; quando un giovane viene scelto a spese d i un altro pi attempato, quando una stirpe viene favorita a spese di un'altra meg lio situata, non si tratta di un'eccezione rispetto a una regola definita in man iera esclusivamente giuridica; di fatto, si pu dire indifferentemente che nessuna istituzione assolutamente autonoma o che nessuna regola strettamente esclusiva; la costrizione nasce dal rapporto intellettuale postulato fra diversi elementi; la posizione sociale uno di questi, ma non si manifesta pienamente se non in ra pporto alle altre caratteristiche (salute, fortuna, intelligenza...) dell'indivi duo che la occupa e di coloro che possono avanzare pretese su di essa; tutte que ste caratteristiche non vengono osservate, analizzate e interpretate se non in q uanto segni che rimandano agli altri elementi costitutivi dell'identit individual e, soprattutto le diverse forze ereditate per via agnatizia o per via uterina. I l vero potere l'accumularsi in uno stesso individuo di tutti questi elementi; ma se i fatti manifestano un certo scarto fra collocazione ideale e la situazione

reale degli individui (accade che un fratello minore si dimostri per esempio mol to pi adatto del maggiore alla gestione del lignaggio), questo scarto potr essere ridotto cambiando la posizione sociale degli individui interessati, non per mezz o di un colpo di forza giuridica ma attraverso la sottomissione all'ordine del p otere. E' evidente che questa logica delle cose lascia uno spazio alle strategie della pratica; ma questa evidenza non contraddice affatto quella della potenzia le identificazione fra ordine delle cose, ordine intellettuale e ordine sociale. Essa rammenta piuttosto l'istituzione della guerra tra fratelli nemici e l'indi fferenza mostrata dai reami dell'Africa orientale verso la persona del sovrano, per poco che sia riaffermata l'identit del potere. Se il discorso sull'eredit e sulla successione non parla che dei punti forti del sistema, quantomeno esso si applica a tutti; l'universalit del suo disegno, la no n esclusione sul piano teorico degli individui (la maggioranza) situati a lato d elle linee di forza sono ci che determina la sua efficacia. Pi precisamente, la pr atica di coloro che non ereditano nulla e che non succedono ad alcuno si definis ce nel silenzio del discorso che parla della gestione dei beni e delle persone; l'universalit teorica del diritto all'eredit o alla successione afferma implicitam ente l'universalit del dovere di sottomissione; se la teoria del diritto prescriv e la pratica del dovere, parlando solo dei luoghi (o degli individui) in cui for za e senso si concentrano e rispetto ai quali devono situarsi (o agire) tutti gl i altri. L'eredit, inoltre, non si legittima se non attraverso il suo rapporto fo ndamentale con l'ereditariet, e tutte le teorie della trasmissione delle influenz e, buone o cattive che siano, parlano al singolare-plurale: il potere di difesa, si dir, si trasmette di padre in figlio presso gli abitanti delle lagune, oppure di nonno in nipote; ma per essere pi precisi occorre distinguere la linea cos def inita relativizzando al tempo stesso il rigore della trasmissione: la linea di t rasmissione non passa che per gli anziani (padre, figlio primogenito del padre, figlio primogenito del primogenito del padre...) ma questo ordine di trasmission e non che virtuale, preferenziale; l'evento, la constatazione di un'insufficienz a invitano a reinterpretare una situazione di cui la teoria riuscir sempre a rend er conto, poich interpretare la sua prima funzione e poich le catene sintagmatiche dell'interpretazione correggono l'effetto paradossale di questo o quell'element o rispetto alla concatenazione inizialmente prevista, cambiando anche alcuni ele menti messi in relazione con esso. In termini di forza, tutti i rovesciamenti d' interpretazione sono possibili; e questo vale anche per le forze di aggressione (trasmesse per via uterina). Ma comunque sia, la linea di forza sempre distinta. E' particolarmente degno di nota che presso gli Ashanti la pratica del matrimoni o con la cugina incrociata patrilineare caratterizzi le famiglie principesche, l e quali cercano di riprodurre nella persona del nipote (primogenito) la formula psichica completa del nonno paterno, con tutti i poteri che gli sono associati e , pi ancora, con tutta l'ambiguit che corrisponde a questo accumulo. La teoria del potere vuole che poteri distinti e qualificati (quelli della linea agnatizia e quelli della linea uterina) s'intersechino negli uomini che esercitano il potere - potere al contempo inqualificabile e indenunciabile. Parlare di poteri parlar e del potere; praticare il matrimonio con la cugina incrociata patrilineare crea re le condizioni della discendenza unica e cumulativa del potere; descrivere i p ercorsi rispettivi di ciascun principio spirituale esprimere l'efficacia del lor o accumulo, il carattere inqualificabile del potere. Parlare dell'ereditariet par lare dell'eredit; parlare degli stregoni parlare dei lignaggi; ma anche: produrre una diagnosi su una malattia intervenire nella politica lignatica o di villaggi o, particolarmente in materia di gestione di beni o di organizzazione del lavoro ; interrogare un cadavere chiamare in causa l'organizzazione politica del lignag gio. L'ideologica descrive la semplicit lineare delle cause per indicare la compl essit cumulativa degli effetti. E' il discorso sulle cause che invita a vivere l' evento come effetto; in questo senso l'ideologica gi metonimica e la metonimia in quanto affermazione della causa per parlare dell'effetto non che l'equivalente quantitativo dello sdoppiamento o della concezione persecutoria del male testimoni ata dalla pratica di lignaggio: l'ambiguit e la forza del potere rimandano alle r ispettive singolarit dei diversi poteri. L'ideologica metonimica in un altro senso, pi ampio o pi approssimativo, ma abbastan

za strettamente solidale con il primo: attraverso la descrizione della parte (le linee selezionate della trasmissione dei poteri) che essa traccia i contorni de l tutto (la totalit gerarchizzata dell'ordine sociale); descrizione e disegno cor rispondono ad altrettante pratiche nella misura in cui la condotta di ogni attor e sociale informata dal suo rapporto con gli altri attori; la forza degli uni fa la legge di tutti, ma il margine d'incertezza proprio della relazione in doppio e il carattere interpretativo (e, in questo senso, metonimico) del sistema impongon o agli attori, con una posizione incerta rispetto alle linee di forza e di senso in rapporto alle quali si situano, una vera e propria pratica sperimentale; la ma ggior parte delle pratiche sociali consiste, vero, in pratiche per le quali il t empo costitutivo del senso, per riprendere l'espressione di Bourdieu; il caratte re problematico e rischioso di qualsiasi iniziativa sociale abbastanza generalizza to: si tratta sempre, per gli attori, di affermarsi senza mostrarsi troppo, di e sistere senza provocare - cosicch l'evocazione delle sineddochi della teoria soci ale ci introduce abbastanza logicamente a quelle stesse pratiche descrivibili in termini retorici come la litote o l'inversione... Resta il fatto che la gerarchia sociale, nelle sue manifestazioni e nelle sue co strizioni pi concrete, si esprime nel linguaggio dei poteri in termini di identit pi o meno forte. Il vero potere l'accumulo dei poteri; presso gli abitanti delle lagune ivoriane, la sola identit quella della linea agnatizia che attraversa i ma trilignaggi nei suoi punti di forza, dove essa interseca le linee di forza della discendenza uterina: linea agnatizia in cui si riproducono con alternanza, come fossero la sostanza stessa del loro psichismo e della loro forza, i nomi dei pr imogeniti delle diverse generazioni. Le combinazioni possono variare ma la diver sit degli esempi africani pu essere espressa con un'unica constatazione: l'ideolog ica ncora la legittimit sociale nell'intimit fisiologica del corpo individuale. Pi e sattamente, con un movimento doppio e complementare, fa del corpo individuale il significante della regola e dell'anomalia sociali, e al tempo stesso fa dell'or dine sociale il significante dell'ordine naturale inscritto nei corpi individual i. La logica dell'interpretazione sociale esprime dunque simultaneamente il cara ttere sociale delle incognite individuali e il carattere naturale della gerarchi a sociale. Queste due figure non descrivono esattamente n un'andata e ritorno n un cerchio, b ens la convergenza asintotica delle dimensioni naturale e culturale dell'individu alit. Se l'esigenza di senso incontra cos facilmente l'esigenza dell'ordine, se l' ordine intellettuale e l'ordine sociale tendono tanto facilmente a confondersi ( a questo proposito, si parla in antropologia di rapporti fra il potere e il sacr o), perch l'esistenza individuale di per s non ha alcun senso e perch il primo rapp orto intellettuale anche il primo rapporto sociale; esiste una complicit iniziale ed essenziale fra l'esigenza individuale di questo rapporto fondamentale e l'au torit sociale che s'instaura e si riproduce tanto pi facilmente dato che fonda com e verit naturale la realt del potere sociale. Se il potere sempre possibile perch i l senso sempre necessario. Questa necessit non determina il grado di costrizione e di disuguaglianza del sistema sociale, ma spiega come, malgrado la diversit dei regimi politici e delle forme di repressione, il rapporto fra i poteri e il pot ere sia sempre postulato - al di l delle apparenze a volte immediate - come signi ficativo e costitutivo di ogni forma di costrizione. Il sistema africano delle classi d'et a questo proposito molto eloquente. Mentre l'etnologia lo presenta talvolta come una compensazione degli effetti della gera rchia di lignaggio, esso sembra piuttosto rafforzarne gli effetti; l'istituzione delle classi d'et non una realt politica dissociabile dall'organizzazione in lign aggi: appartiene allo stesso sistema; in Africa occidentale le classi d'et non so no mai tanto sviluppate, sofisticate e importanti nella vita politica come quand o si afferma anche la gerarchia intra- e interlignatica. Le variazioni della cos trizione e della gerarchia hanno per pendant un gioco (gioco di parole e gioco i stituzionale) sulla nozione di et. In societ come quelle dida e alladiana (quest'u ltima pi gerarchica della prima), anche in alcuni gruppi ebri, le classi d'et raggr uppano veramente individui della stessa et, ciascuna classe comprendendo un inter vallo di tempo che va dai tre ai quattro anni; il potere di villaggio associa un capo villaggio (il capo di un lignaggio nel caso degli Alladiani, il pi vecchio

del villaggio negli altri casi) a un consiglio di anziani che rappresenta l'auto rit dei lignaggi; il campo d'intervento di questo potere interessa alcune delle r elazioni al tempo stesso interne al villaggio e fra i lignaggi; l'autonomia dell 'istituzione politica molto ridotta; l'organizzazione lignatica garantisce l'int era funzione politica senza l'intervento di un'istituzione specifica; che tanto le relazioni di discendenza quanto quelle di alleanza definiscono l'essenziale d el campo sociale; le classi d'et intervengono in situazioni rituali determinate ( in particolare il matrimonio, la sepoltura, i funerali) al fianco di uno dei par tner coinvolti in termini di discendenza o di alleanza; l'individuo si inscrive progressivamente nel campo sociale e politico in funzione di dimensioni personal i di cui la sua educazione e il suo entourage lo invitano a decifrare le caratte ristiche e gli effetti sulle reazioni del suo corpo e sulle incertezze della sua vita psichica e biologica. All'altro capo del mondo della laguna, presso gli Ebri orientali e gli Ati, l'isti tuzione di classi d'et gioca un ruolo molto pi importante. Tuttavia, nessun sistem a di trasformazioni che metta in rapporto di reciproco equilibrio l'organizzazio ne in classi d'et e l'organizzazione in lignaggi potrebbe render conto della strut tura di questa nuova configurazione: pi la classe d'et esercita un ruolo politico i stituzionalizzato, pi si accentua la gerarchia fra i lignaggi; il principio ligna tico e il principio delle generazioni non si bilanciano: si rinforzano a vicenda. Le classi d'et sono divise in sottoclassi. Nella configurazione politica ati il po tere politico appartiene effettivamente, per un certo periodo, a una data classe d'et e, pi esattamente, a una sottoclasse maggiore, ma da una parte la "chefferie " stessa non pu essere ricoperta che dal rappresentante del matrilignaggio dal ba stone d'oro con il quale essa si identifica, dall'altra parte la gerarchia inter na alla classe d'et riguarda il primato delle linee agnatiche maggiori: l'et socia le a servire da principio per il raggruppamento degli individui - et sociale o et relativa che situa, gli uni rispetto agli altri, tutti gli abitanti del villaggi o in termini di discendenza agnatizia e tutti i fratelli agnatizi in termini di et reale. I figli maggiori appartengono necessariamente alla classe d'et alterna r ispetto a quella del padre, i fratelli di uno stesso padre non potendo appartene re alla medesima sottoclasse d'et, di modo che i figli minori si ripartiscono, al l'interno della stessa classe d'et, in sottoclassi diverse da quella del fratello maggiore e, all'occorrenza, nella classe d'et che non pi alterna rispetto a quell a del padre. Il capo di una classe d'et necessariamente il capo della sottoclasse maggiore e il capo del villaggio necessariamente il capo della classe d'et al po tere. Cos, la persona del capo si colloca nel punto d'incontro di una linea agnat izia maggiore e della linea uterina maggiore del lignaggio che detiene la "cheff erie". Tutte le regole di reclutamento delle classi d'et, tutte le regole di eser cizio del potere del villaggio, l'intera, minuziosa organizzazione dei sistemi l ineari (basati sull'et reale) e ciclici (basati sull'et sociale) descritti in part icolare da Denise Paulme (12) possono essere ricondotti a un principio di organi zzazione sistematica dell'accumulo di poteri. Tutti passano per le classi d'et; c iascuno afferma la sua solidariet con i suoi promotori; tutti conoscono le stesse prove e superano le stesse tappe. Ma questo linguaggio condiviso e queste prati che comuni assegnano a ciascuno il proprio posto e mantengono stabile il potere. - L'inversione. "Inversione, perversione". Mai i riti sembrano indicare qualcosa con tanta insistenza come quando danno l'i mpressione che i ruoli s'invertano; contro il susseguirsi dei giorni, al di l del la soglia che separa il profano dal sacro, i significati immediati, le pratiche ammesse, gli atteggiamenti appropriati di colpo s'invertono: lo scambio punto pe r punto dei segni fasti e nefasti, della destra e della sinistra, del maschile e del femminile, dell'autorit e della dipendenza pare costituire, al di l delle pra tiche, un modo di dire le cui modalit ci sorprendono e di cui ci sfugge l'oggetto . I funzionalisti hanno cercato di definire questo oggetto, gli strutturalisti d i comprendere queste modalit; e bisogna proprio ammettere che gli uni e gli altri ci lasciano insoddisfatti. Fra i primi, alcuni ritengono che i riti di travesti

mento esprimano la protesta o la resistenza delle donne alla dominazione maschil e; per altri, e anche per gli strutturalisti (si pensi in particolare a Lvi-Strau ss, soprattutto al corso tenuto al Collge de France nell'anno 1974-1975), non si tratta di fare delle figure d'inversione altrettante forme di resistenza: con Gl uckman (13) fanno notare come l'esecuzione dei riti funzioni a vantaggio dell'or dine stabilito, con Norbeck (14) come il travestimento riguardi i due sessi e av venga nei due sensi, con Lvi-Strauss come, attraverso il clawnismo rituale, gli u omini si sforzino di assimilare la femminilit nella propria umanit. Restano ancora due domande, che riguardano l'una la pertinenza e l'estensione de l concetto d'inversione, l'altra il senso di pratiche di cui n i riduzionismi fun zionalisti n le costruzioni strutturaliste possono rendere conto completamente. I nnanzitutto, si pu rigorosamente parlare d'inversione a proposito dei riti di tra vestimento sessuale e di ribellione politica? E inoltre, sono assimilabili o compa rabili questi due tipi di riti? Le analisi di Lvi-Strauss si limitano ai riti di travestimento, mentre il repertorio stabilito da Norbeck arriva ad abbracciare n on solo i riti d'inversione politica ma addirittura altre forme di conflitti rit ualizzati e di comportamenti paradossali rispetto alle norme quotidiane. Prima di stabilire quale rapporto di senso possa rappresentare il capovolgimento delle relazioni di genere e delle relazioni di potere, bene sottolineare il car attere relativo - sul piano logico e sociologico - di questo capovolgimento. All o stesso modo, abbiamo proposto di considerare le relazioni caratterizzate dallo sdoppiamento (quelle che informano le credenze nella stregoneria) come incluse nel campo delle strutture sintagmatiche della logica e della pratica sociali: lo stregone non che in parte l'inverso dell'uomo normale; le coppie d'opposizione nott e/giorno, ubiquit/localit, cannibalismo/non-cannibalismo non esprimono che un aspe tto del mondo della stregoneria; quest'ultimo, sotto ben altri aspetti, rende cont o molto direttamente dei rapporti di forza sociali, diurni e quotidiani: la pote nza, la ricchezza, il potere si spiegano anche mediante il possesso delle forze che rendono lo stregone potente. L'ambiguit si rivela ambivalenza allorch a una in terpretazione esegetica si sostituisce, punto per punto, una logica dei discorsi articolabili e delle pratiche realizzabili, dei rapporti di senso e di forza. Che cosa ne , dunque, del concetto d'inversione quando si applica alle pratiche r itualizzate descritte dall'antropologia? Capita che il discorso locale renda con to direttamente di questa ambivalenza, che il concetto di potere di aggressione si scomponga da solo in significati puramente quantitativi, in pure e semplici val utazioni del rapporto di forza, del peso corrispettivo di ciascuno degli element i messi in relazione. I Ge e gli Watchi del sudest del Togo non distinguono, com e fanno gli abitanti della laguna ivoriani, fra un potere d'aggressione e un pot ere di difesa; esplicitamente lo stesso potere ("aze") a servire allo stregone e a colui che deve proteggersi. Nella regione di Anfouin, il "vodu" Akpaso detto essere un "vodu" d'"aze", ma con questo bisogna intendere che esso serve tanto a d attaccare quanto a difendersi; la potenza relativa di ogni rappresentazione di Akpaso pu essere misurata con precisione, dato che ci sono sedici metamorfosi di Akpaso e ciascuna di esse costituisce un ricettacolo pi o meno grande di poteri pi o meno importanti: ogni metamorfosi differisce da quella precedente mediante l 'aggiunta d'un elemento supplementare. Akpaso acquisito per eredit o per acquisto : in tutti i casi si trasmette di individuo in individuo; comprare un Akpaso, "a fortiori" un Akpaso che possieda la totalit dei suoi poteri, costa caro. Quanto ad Akpaso stesso o al potere che esso incarna, gli informatori possono dire che n on rifiuta n il bene n il male. Quando Akpaso protegge un cortile (la collocazione del suo altare, non lontano dall'ingresso del cortile, rende questa protezione m olto evidente), gli stregoni che desiderano attaccare devono domandargli il perm esso di farlo - permesso che si ritiene ottengano pi facilmente se possiedono ess i stessi un Akpaso e con molte pi difficolt se l'Akpaso che protegge colui che vog liono attaccare pi forte del loro. Ogni cosa una questione di forza, di una forza che non si tratta di qualificare quanto di misurare. Altre distinzioni talvolta presenti nella letteratura antropologica vengono d'un sol colpo a cadere. L'"aze" rimane un potere psichico individualizzato, ma non viene distinto da quello posseduto dal "vodu" inteso come divinit e come rapprese ntazione materiale di questa. L'aze si eredita, ma il "vodu" che l'incarna pu ess

ere acquisito. La distinzione fra "witchcraft" e "sorcery" appare pertanto relat ivizzata agli occhi dell'antropologo, mentre agli occhi delle popolazioni locali le possibilit d'interpretazione dell'evento sono continuamente moltiplicate. Ogn i enunciato che fa intervenire il concetto d'"aze" riguarda pi oggetti di quanti non ne designi espressamente: se, al limite, si pu dire una cosa e il suo contrar io, perch il linguaggio dell'"aze", linguaggio ideologico, metonimico. Linguaggio cinico del rapporto di forza, linguaggio metonimico del rapporto ideologico, il linguaggio della stregoneria non forse molto vicino, in definitiva, a quello de i rituali d'inversione? Tanto pi le astuzie di Akpaso indurrebbero a sottolineare q uesta prossimit dato che rammentano con la loro apparente ingenuit - di fatto evid entemente provocatoria - i miseri trabocchetti posti in alcuni rituali d'inversi one e in altre pratiche simboliche al fine di distogliere i cattivi spiriti, gli stregoni o gli dei dall'azione. Per disarmare gli spiriti malintenzionati; colui che possiede un Akpaso gli offr e delle uova: dono dal duplice uso, giacch i possessori d'"aze" sono molto golosi di uova; se si presentano all'ingresso del cortile che vogliono attaccare, essi si attarderanno, si pensa, davanti all'altare presso il quale esposta la loro l eccornia preferita: il tempo d'un pasto e il loro corruccio si placher; Akpaso li disarmer con dolcezza, senza tradire nessuna delle solidariet apparentemente contra ddittorie che lo legano ad avversari devoti. La descrizione dello spirito di com promesso del dio, della golosit e dell'ingenuit degli stregoni nonch dell'astuzia d el devoto ad Akpaso fa sorridere i suoi stessi autori; tutto ci, nella loro mente , non che un modo di dire, un modo di dire senza proclamare verit straordinarie, un modo di esprimere qualcosa senza forzare con avvertimenti ultimi, secondo una pratica propriamente metonimica: il dono al dio destinato a coloro di cui deve scongiurare la minaccia; se si presta attenzione al fatto che uno stregone capac e ritenuto essere a sua volta devoto di Akpaso, questo gioco di senso sulla caus a e sull'effetto costituisce da solo un fenomeno molto vicino ai riti cosiddetti d'inversione: insomma il ricettacolo di tutte le minacce a venir preso come pro tettore, a essere pregato e ringraziato. Allo stesso tempo, potenze conosciute c ome temibili e credute tali verrebbero giocate con trucchi elementari. Di un gioco in effetti si tratta, attestato in numerose pratiche sorprendenti ch e appaiono tutte come sovvertimenti dei rapporti di forza e dello spirito di ser iet: in numerose societ africane, alla morte d'un gemello, si sotterra anche un'im magine dell'altro gemello, lo si fa in maniera esplicita e ufficiale affinch il m orto, tratto in inganno, non torni a cercare il sopravvissuto; si dona un figlio a un'altra famiglia al fine di preservarlo dagli attacchi di uno spirito malevo lo la cui potenza stata comprovata dalla morte di precedenti bambini; si offrono al dio protettore del vaiolo gli alimenti che gli sono proibiti affinch si allon tani, deluso, e porti via con s l'epidemia. Tutti comportamenti attraverso i qual i il simbolico tende a identificarsi con il parodistico, giacch ogni cosa accade come se, nei momenti limite, quelli in cui sono in gioco la vita e la morte dell 'individuo o dei gruppi, si dovessero manifestare in modo quasi ludico uno scher no e una qual perversione dei rapporti abituali; con questo scherno e con questo sovvertimento gli attori sembrano rischiare il tutto per tutto in un atto estre mo che, dal loro punto di vista, non pu suscitare che la complicit o lo scatenarsi di coloro che fanno finta d'ingannare. Nei riti detti d'inversione, in generale, ci si trova a confronto proprio con un sovvertimento dell'identificazione postulata abitualmente fra rapporto sociale e rapporto di senso piuttosto che a un'inversione di questi rapporti. L'inversion e sociale non mai lo stretto equivalente dell'inversione logica (che inverte l'or dine dei termini di una data proposizione e ne inverte al tempo stesso il senso) , n dell'inversione grammaticale (che scompiglia l'ordine analitico delle parole in una frase senza tuttavia mutarne il senso). La proposizione tutti i matti sono cattivi l'inverso della proposizione tutti i cattivi sono matti; l'identit di senso fra due proposizioni inverse non pu essere postulata o suggerita se non dall'app arato repressivo di un sistema almeno potenzialmente totalitario, quando questo tende a identificare deviazionismo politico e anormalit psichica e a suggerire, p er esempio, indifferentemente, che tutti gli oppositori sono violenti e che tutt e le violenze sono proprie dell'opposizione. Quanto allo snobismo dell'inversion

e grammaticale, ancora M. Jourdain a esserne, suo malgrado, l'eroe: Bella marches a d'amore, i vostri occhi morir mi fanno. Notiamo che l'inversione grammaticale e sige uno sforzo di memoria da parte dell'ascoltatore (e del locutore), giacch la frase non si rivela come enunciato significativo se non quando l'ultima parola s tata definita e pronunciata. L'inversione sociale, dal canto suo, sembra oscilla re da un'inversione all'altra - al tempo stesso pare ammettere che le verit sono paradossali e che possono invertirsi (in un certo senso il re schiavo e, per un momento, lo schiavo pu essere re) e suggerire che, in definitiva e retrospettivam ente, non viene mai significato, in tutti i sensi della parola, che l'ordine nor male delle cose: Bella marchesa, i vostri occhi mi fanno morire d'amore. Soffermiamoci, tuttavia, sul carattere paradossale e retrospettivo delle verit ri tuali. Questo carattere vale tanto per i rituali detti d'inversione politica qua nto per i rituali detti d'inversione sessuale; di per s pare dimostrare la loro p rofonda identit. Prenderemo come esempio uno dei rituali politici di un reame (il r eame agni dell'Indni studiato da Claude-Hlne Perrot) (15) e un rituale di travestime nto sessuale di una societ strutturata in "chefferie" che ho studiato personalmen te (la societ mina del sud del Togo); le verit che l'uno e l'altro sembrano sugger ire e mettere in scena sono innanzitutto paradossi: esse si scontrano con l'opin ione comune e talvolta arrivano a invertirla. Alla morte del re agni, gli "aburua" prendono possesso della corte regale. Gli " aburua" sono i figli di padre e di madre schiavi, in contrapposizione agli indiv idui liberi di nascita, agli schiavi veri e propri ("kanga") e agli "auroba" (in dividui di cui solo la madre schiava). Gli "aburua" o, piuttosto, un certo numer o di essi, conosciuti in anticipo (hanno per madri le schiave entrate pi anticame nte nella corte regale), ricostituiscono un'immagine e una parodia dell'apparato regale: viene designato un re, che deve essere eloquente e capace di sostenere il suo ruolo con brio; lo circondano e l'accompagnano una regina, dei servitori e dei portatori di bastone. Tuttavia i "kanga" cercano di sfuggire ai carnefici de l re, poich un certo numero di essi deve essere messo a morte e sepolto insieme a l defunto. L'"aburua" s'identifica con il re, di cui prende il posto quanto ad a bbigliamento, mimica e condotta: indossa i gioielli del re, sottrae dal suo lett o di morte dei panni di cui si riveste, danza la danza regale il cui solo accenn o normalmente mette a repentaglio la vita di chiunque non sia il re; portato sul catafalco del re e pu costringere il giovane fratello del re defunto a portarlo; rispetta le interdizioni alimentari del re e, come lui, non pu spostarsi da solo , n posare il piede nudo sul suolo. L'"aburuahene" (letteralmente, il re - "ehenne" - figlio di schiavi) e i suoi co ntrollano l'ingresso del cortile dei funerali; non contenti d'identificarsi con il potere regale, essi lo spingono ai limiti, dando mostra di una smisuratezza c he il potere legittimo non pu permettersi: possono insultare, colpire e spogliare i principi. Il momento di smisuratezza pi ancora un momento di verit; i figli deg li schiavi denunciano il dispregio nel quale sono ordinariamente tenuti; pronunc iano minacce e rimproveri in confronto ai quali il loro abituale riserbo pu passa re per dissimulazione dei rapporti reali; allo stesso tempo, sono i soli a procl amare la morte del re, della quale nessuno ha diritto di parlare. Uomo di una ve rit che assomiglia insieme alla caricatura e alla sfida, il falso re beve e si ri mpinza con i suoi compagni quando il resto della societ digiuna e tace, provocand o la spoglia del re e invitandola a venire a condividere il suo pasto (Tu che non sei morto, alzati, vieni dunque a mangiare con noi, ora), Don Giovanni di un fes tino dalla fine inevitabile: al termine dell'interregno, il falso re messo a mor te. Un falso re in effetti, poich altri hanno in mano il controllo di un potere che p i messo da parte che veramente messo in discussione. A partire dalla fine della p rima parte dei funerali, viene nominato un sostituto (che pu essere il presunto e rede) per sbrigare le faccende di ordinaria amministrazione; il grande intendent e convoca i notabili, inventaria davanti a loro i beni regali, chiude certe stan ze del palazzo in attesa di rendere i conti e fare un nuovo inventario al cospet to del nuovo re. Il re di parata non ha accesso n ai beni n agli affari: rappresen ta il potere, ma questa rappresentazione anche un gioco della verit. Consideriamo direttamente i giochi d'inversione ai quali si consacrano, nel paes

e mina, le donne di Avlekete, "Avlekete si"; la regione mina-ge, nel sudest del Togo, tuttora il luogo di una organizzazione religiosa rigorosa e al contempo sp ettacolare. Bench, indubbiamente, non siano contemporanee n abbiano la stessa orig ine, l'organizzazione in patrilignaggi ("k[c]ta") (15 bis) e l'organizzazione in conventi si sovrappongono oggi - e senza dubbio da lunga data - in modo sistema tico. Molti lignaggi hanno un convento consacrato a uno o a pi "vodu", un luogo d i culto e di formazione riservato, nel paese mina, all'educazione delle ragazze o per lo meno di alcune ragazze del lignaggio o di figlie di donne del lignaggio . Le sacerdotesse di Avlekete sono scelte in base alle stesse condizioni (una ma lattia il segno della loro elezione e appartengono a un lignaggio particolare), ma il loro ruolo interessa l'insieme della comunit del villaggio. In confronto ag li altri "vodu", Avlekete di per s e per molti aspetti un "trickster", una divini t paradossale; potente ma buffone, rappresenta innanzitutto, insieme alle istituz ioni che gli sono collegate, la presa in giro del culto, in un certo senso l'inv ersione dell'inversione. Tutti i conventi si presentano, materialmente, come alt rettante soglie al di l delle quali le pratiche si specificano, quando non s'inve rtono: i fedeli devono camminare a piedi nudi, a torso nudo; i gesti che normalm ente vengono compiuti con la mano destra sono compiuti con la sinistra; tutti i "vodu", insomma, hanno proprie esigenze e interdizioni. Con Avlekete proibito pr oibire; il solo divieto che pesa sulle sacerdotesse di Avlekete quella di rispet tare i divieti. Esse non hanno alcun divieto proprio. Tuttavia sono tenute a non rispettare gli usi degli altri, pena il rischio di ammalarsi, al pari di quelli che trasgredisc ono i loro divieti. Cos, quando nella boscaglia, ai crocicchi, s'imbattono in un sacrificio offerto a qualche divinit, esse devono appropriarsene, se pu essere anc ora consumato, oppure disperderlo colpendolo sette volte con il piede se stato o fferto da troppo tempo. Nella vita di tutti i giorni, esse assumono un comportam ento maschile, e pi ancora che maschile, provocatorio; partecipano alle riunioni degli uomini, che allietano con le loro spiritosaggini e i loro interventi inopp ortuni; parlano a voce alta e forte. Possono, di diritto, intervenire in qualsia si cerimonia. Le loro danze sono all'insegna del travestimento sessuale: coperte di vestiti maschili, esse maneggiano con vigore, ritmo, insistenza e precisione evidenti simboli fallici. Un tempo (dato che su questo punto, come per buona parte del rituale agni, l'oss ervazione si riduce alla raccolta delle testimonianze orali), le donne di Avleke te - la cui azione originale anche perch concerne l'intero villaggio - avevano du e attivit principali: regolarmente (una volta ogni sette mesi lunari) esse si fac evano carico di ripulire e purificare il villaggio - "du me grado": riparare, ri pristinare ("grado) in ("me") il villaggio ("du"), oppure "du me pl[c]p[c]": spa zzare nel villaggio -, una purificazione intesa simultaneamente in senso stretto e in senso figurato. In caso di epidemia, e in particolare in caso di vaiolo, e rano incaricate dai rappresentanti di tutti i conventi di portare offerte sacrif icali al "vodu" responsabile; ma queste offerte erano anche provocazioni: si tra ttava di offrire al dio del vaiolo gli alimenti che gli erano proibiti, di modo che questi, deluso, prendesse la fuga, portando con s l'epidemia di cui era al co ntempo simbolo, ricettacolo e rimedio. Ancora una volta, identit dei contrari ed evocazione della causa per esprimere gli effetti definiscono un rituale apparent emente irrispettoso, un'astuzia simbolica, la cui sola spiegazione pare trovarsi nella situazione limite, la crisi della societ e del potere. L'interregno e l'epidemia hanno infatti in comune che mettono in discussione dir ettamente il potere; il vuoto di potere di per s abbastanza temibile, per non par lare della morte del re; ma in diverse societ questo divieto riguarda anche la mo rte del capo o di certi notabili, e per un certo periodo pu persino corrispondere a una pura e semplice dissimulazione. I disordini simbolici che accompagnano qu este morti si associano talvolta a disordini reali; la guerra di successione pu e ssere una vera e propria istituzione. Quanto all'epidemia, essa rappresenta una minaccia di estinzione demografica e costituisce da sola una negazione del poter e; una parte della societ rischia di non poterle sfuggire se non attraverso la fu ga e la dispersione che consacrano il crollo o, almeno, il rovesciamento del pot ere istituito. Che cosa rappresenta lo scambio dei ruoli politici e sessuali di

fronte a tali disordini? Il re figlio di schiavi (aburuahene) si afferma libero in contrapposizione alla su a condizione di figlio di schiavi; allo stesso tempo si afferma re rispetto alla c ondizione di uomo libero; e, sempre allo stesso tempo, parodistico, provocatore e, in qualche modo, senza misura rispetto alla condizione regale: dice crudament e la verit del potere regale, insulta il cadavere del re, abusa visibilmente dell a sua posizione privilegiata. Le donne di Avlekete si affermano maschi rispetto al la loro condizione di femmine; allo stesso tempo si affermano divine rispetto alla c ondizione maschile: sfuggono ai divieti degli altri uomini, intrattengono con la divinit rapporti di familiarit e, nelle circostanze drammatiche, vengono inviate a contrastare la sciagura e la rovina, quale avanguardia della societ. Tuttavia, esse sono paradossali ed eccessive tanto rispetto alla condizione maschile quant o rispetto alla condizione divina. Nelle assemblee degli uomini si comportano co me nessun uomo mai oserebbe e potrebbe fare; nei confronti degli dei, sono porta trici di un'eterna provocazione e s'arrischiano, eventualmente, a scacciarne uno dal villaggio. La struttura di quanto si chiama inversione, nei due casi, sembra piuttosto poters i scomporre in una serie di rovesciamenti parziali che costituiscono altrettanti sovvertimenti del rapporto normale - sovvertimenti che confermano e rafforzano le risoluzioni prese, che chiamano in causa in un caso gli uomini liberi e il re , e nell'altro il potere maschile e il potere degli dei (vedi la figura 2). FIGURA 2. FIGLIO DI SCHIAVI ---> libero re "--- libero re ---> PROVOCATORE DEL RE DONNA ---> uomo prete "--- uomo prete ---> PROVOCATORE DEL DIO -------------------------------------------------Nessuno statuto pi definibile nell'interezza della sua esigenza intellettuale dal momento che si definisce anche per mezzo del suo contrario - il contrario che l o rivela per ci che anche e che dissimula l'ordinamento della norma quotidiana. S oltanto questa messa a giorno o a nudo fa parte integrante dell'istituzione del potere; di qui la tentazione, cara alla tradizione funzionalista, di presentarla come la valvola di sicurezza di questo potere, lo sfogo delle tensioni, il cata lizzatore della violenza..., circoscrivendo in questo modo un altrove del potere che la condizione stessa del suo esercizio e della sua continuit, la sua assicur azione contro ogni rischio e, in qualche modo, l'humus dell'ecosistema politico. Ma non esiste un altrove del potere; e nemmeno esiste veramente la sua inversion e. Semplicemente occorre, affinch il potere sia credibile, che esso non si riduca alla persona di chi lo esercita o che questa persona non sia affetta dalle vici ssitudini che fanno ordinario l'individuo. Doppia passivit: il peso del potere gr ava sulle spalle del capo o del responsabile in modo molto concreto; ha un'evide nza materiale e naturale che non pu essere negata, non pi di quella delle rocce o dei grandi alberi, che si pu solamente controbilanciare sorreggendo, trasportando il titolare della carica, in modo da evitargli ogni movimento, ogni fatica supp lementare e fatale, ed eventualmente alleggerendolo di parte del carico delegand o alcuni dei suoi poteri. Il peso lordo del potere, la sua inerzia, ha per corol lario la passivit del titolare, nominato suo malgrado, coperto di divieti e stran amente irresponsabile. Cos, tutti i rituali d'inversione sembrano avere in comune un ruolo politico esse nziale, anche quando vertono in primo luogo sul rapporto fra generi: essi metton o in scena il potere. Cos facendo, manifestano tre tratti che sono comuni a ogni potere - tratti complementari, il cui amalgamarsi d l'illusione di un'inversione sistematica: la passivit del potere, il cinismo dell'ideologia del potere e il ca rattere non individuale del potere. Questi tratti si combinano per costituire un a struttura ideologica, nel senso che abbiamo conferito a questo termine, ma ess

i non sono semplicemente espressivi e devono essere compresi mediante le pratiche che mettono in atto e che li definiscono. Questa struttura potrebbe indubbiamente definirsi, in termini analitici, come st ruttura "perversa". Concorrono a questa definizione il ruolo della feticizzazion e (nei riti detti d'inversione, l'altro, che si imita o che si prende in giro, r idotto a un oggetto simbolo: un vestito, un emblema fallico eccetera), l'ambival enza del tema della morte (respinta e riconosciuta), la deviazione del rapporto n ormale in un rapporto parossistico essenzialmente segnato dalla mutazione della f igura del potere (ridotta, da una parte, alla passivit totale - il cadavere del r e bistrattato, l'altare del dio sbeffeggiato - e, dall'altra, alla caricatura da i comportamenti spettacolari di coloro che recitano il potere). Chi mette in opera questa struttura? Essa istituzionale e viene messa in opera d al potere, ma il soggetto ne apparentemente escluso: chi il soggetto, colui che interpreta ora il potere (lo schiavo-re) ora il sacrilegio (la donna-uomo che sp regia gli dei) o colui che sopporta, fino al ristabilirsi dell'ordine delle cose , l'aggressione sadica del suo doppio caricaturale? Questa scomparsa dell'Apro, che Deleuze, nella sua notevole postfazione al "Vendredi" di Michel Tournier, ri tiene essere la caratteristica della perversione, della desoggettivizzazione perv ersa, non forse essenziale all'autorappresentazione del potere nei suoi riti, dov e n vittima n complice funzionano come degli altrui? Il mondo perverso - scrive Deleuze - un mondo dove la categoria del necessario ha completamente sostituito quella del possibile. Questo mondo non forse esattament e quello del potere, quello dove esso si rifugia (sviluppando i temi della passi vit e della morte) e quello a partire dal quale s'impone, imponendo agli altri qu esto passaggio dalla categoria del possibile a quella del necessario che l'event o (l'altrui assoluto, il possibile assoluto) pu incessantemente rimettere in disc ussione? Di qui probabilmente l'importanza degli apparati di prevenzione e d'int erpretazione nell'organizzazione di ogni potere. "La passivit del potere". Se la passivit, doppione logico della materialit del potere, veramente costitutiva del potere dispotico, come ha osservato Deleuze, lo anche di ogni potere dirett amente o indirettamente legato all'istituzione politica, qualsiasi essa sia. Il re agni coperto di divieti che anche il falso re temporaneo a sua volta rispetta ; sotto questo aspetto, l'inversione totale e rigorosamente logica (il re schiav o, lo schiavo re). Tuttavia si ritrova qualcosa di questa passivit nell'obbligo d i provocazione delle donne di Avlekete, delega del potere nei punti caldi in cui l'ordine sociale si rivela strettamente sottomesso all'ordine naturale: esse no n hanno il diritto di non provocare, sono tanto libere quanto la calamita o il p arafulmine; questa provocazione obbligatoria strutturalmente legata alla passivi t e alla pratica del potere (ci ritorneremo). Notiamo, tuttavia, che abbondano gl i esempi che permettono di collegare passivit e provocazione di questo genere a f orme diverse di potere politico o di poteri specifici. Il capo di guerra di una classe d'et ebri designato a sua insaputa dagli anziani; i membri della sua classe d'et, informati della scelta degli anziani, lo sorprend ono all'alba, lo afferrano e lo trascinano a forza alle cerimonie che consacrera nno la sua nuova posizione. Quest'ultima, a sua volta, corrisponde a una moltepl icit di divieti e alla moltiplicazione dei pericoli corsi; come se l'irresponsabi lit dell'individuo crescesse con il suo valore simbolico: portatore di tutte le i nsegne guerriere, il capo di guerra non combatte; per lo meno, dietro i combatte nti, attorniato, protetto, portato; ma la sua morte o la sua cattura significa l a disfatta: dunque l'oggetto privilegiato degli attacchi nemici; la sua sola esi stenza, resa pi solenne dagli emblemi che sfoggia (il cappello, la sciabola, la c ollana eccetera), li provoca, li attira e li sfida. Il signore della pioggia ("l amutyiri"), presso i Samo dell'Alto-Volta, generalmente designato sin da prima d ella nascita dal signore della terra ("tudana"), sette anni dopo la morte del pr ecedente titolare della carica. Viene sempre scelto nello stesso lignaggio dopo numerose consultazioni. Nel corso di questi sette anni, un parente del defunto c he ha assunto la carica. Il nuovo lamutyiri non entra in carica se non sette ann i dopo la sua designazione; durante questo nuovo periodo di sette anni il tudana

ad assicurare l'interim del signore della pioggia. Cos si afferma, insieme alla complementarit dei due poteri (che del resto in altri villaggi vengono assunti da lla stessa persona), la possibile permutazione delle persone. Il lamutyiri non u n capo villaggio, non ha alcun mezzo di costrizione; l'autorit politica in senso stretto appartiene piuttosto all'insieme dei pi vecchi del villaggio; resta per il fatto che il lamutyiri un personaggio di avanguardia, il quale per funzione va incontro all'evento; la configurazione complessiva del potere associa nel consig lio di villaggio i decani dei lignaggi al lamutyiri, il quale consulta gli indov ini, identifica i mali, le colpe e i rimedi, organizza i grandi rituali e convoc a i consigli di villaggio. Quest'autorit indiretta, delegata e provocatrice lo po ne anche nella posizione di potenziale capro espiatorio (proprio come i re di Es iodo e di Omero studiati da Vernant); per funzione, egli si sottomette alla sanz ione dell'evento. Questo carattere aperto e rischioso dell'incarico spiega ed es ige la passivit del personaggio; quanto alla sua ambiguit (Tyiri, sei tu il capo il mucchio di immondizie -, quello che raccoglie e prende tutto su di s...), essa deriva piuttosto dall'ambivalenza che caratterizza l'esistenza storica: come il capo politico, il signore della pioggia condannato a vedersi confermato, sostenu to e riconosciuto dall'ordine naturale. Presso i Mossi dell'Alto-Volta, il canto d'investitura del Moro-Naba, effettivo sovrano di un vero e proprio reame, espr ime sotto la parvenza d'una stessa ambiguit, e in termini identici, una stessa "o uverture" sulla storia e una stessa dipendenza dall'evento: "Tu sei un escremento, tu sei un mucchio d'immondizia, tu vieni per ucciderci, tu vieni per salvarci" (16). Franoise Hritier, da cui prendiamo in prestito la descrizione e l'analisi del ruol o del lamutyiri (17), sottolinea tutti gli aspetti involontari e passivi del suo incarico. Tali aspetti riguardano la nomina del titolare della funzione: Il bamb ino viene immobilizzato, rivestito delle vesti-insegne della sua carica, la sua testa viene rasata per la prima volta e i suoi capelli conservati (come lo saran no durante tutta la sua vita, per essere sepolti insieme a lui); di traverso sul le sue gambe viene distesa la bambina, appartenente al lignaggio del tudana e sc elta da quest'ultimo secondo le stesse modalit, che sar la sua sposa legittima e c he condivide con lui la responsabilit della venuta della pioggia.... Ma tali aspet ti riguardano anche tutta l'esistenza del lamutyiri, il quale non mai padrone dei propri movimenti, non pu lasciare il suo villaggio, non ha diritto di correre e d eve persino camminare con precauzione; come il re agni, non pu percuotere il suolo o camminare a piedi nudi, non pu danzare con i giovani suoi coetanei n mostrarsi a capo scoperto, non pu lavarsi prima della notte o lasciarsi tagliare i capelli p i di una volta all'anno. Il potere, nelle sue diverse modalit, posto sotto il doppio segno, essenziale ed esistenziale, della vita e della morte. La morte il suo diritto ultimo e anche c i da cui protegge gli altri - con la sua azione sugli dei, sulla natura e sui nem ici. Essa anche, in modo pi sottile, una delle sue componenti: bisogna che il pot ere sia come morto, per lo meno che colui che lo incarna sia gi passato attravers o la prova della morte, perch l'esercizio del potere non sia pi toccato dalla mort alit dell'individuo. I rituali moltiplicano le varianti simboliche intorno al tem a della morte: dal punto di vista del potere, la persona tanto buona da pensare qu anto lo sono i miti. Ma questi esercizi di stile e di pensiero non sono privi di effetti pratici: essi stabiliscono al contempo la materialit e la trascendenza d el potere; lo fanno valere come si fanno valere l'evidenza e il peso delle cose, con tutta la brutalit del reale che non deve n spiegazioni n giustificazioni; allo stesso tempo, essi fanno di chi esercita il potere il simbolo di quest'ultimo, relativizzando fino al limite estremo (quello, largamente attestato, della messa a morte del capo) l'importanza della sua identit personale. In questo senso, i t emi del cinismo ideologico, della passivit del potere e del carattere non individ uale del potere personale sono strettamente correlati.

"Il cinismo ideologico". L'insediamento di un capo Yao, cos come viene descritto e analizzato da Gluckman, manifesta vistosamente questa correlazione; il futuro capo prima di tutto ogget to di un insegnamento intensivo da parte degli Anziani, insegnamento realista che gli espone i pericoli della funzione e le insidie della vita di villaggio. La cr uda realt dei rapporti di forza viene espressa, insieme alla pesante passivit del potere, dai riti che seguono questo primo insegnamento: il futuro capo viene pre so a pugni e gettato a terra dal capo di un villaggio vicino; muore ritualmente; lo si veste come un cadavere, lo si cosparge di farina e si attende il momento della sua risurrezione. Quest'ultima seguita da un periodo di reclusione in cui un nuovo insegnamento viene impartito al pretendente. Alla fine, gli viene data da c onsumare della carne umana (la letteratura etnologica non si pronuncia sul carat tere simbolico o reale di questa carne): se la vomita, egli afferma il suo carat tere fausto e forte. Anche in questo caso il discorso ufficiale non nasconde nulla della realt dei rap porti di forza; allo stesso tempo la pratica del potere, aggravata dal peso mort o e dal silenzio del capo o del re, sfida l'ordine delle cose con qualche parola e con qualche gesto singolari, con una serie di trasgressioni che, come quelle delle sacerdotesse di Avlekete, possono passare per specifiche del suo carattere transindividuale. La provocazione (la perversione) delle regole abituali un alt ro aspetto della passivit del potere, strettamente legato alla persona stessa del re o del capo che chiamata a relativizzare da s il carattere assoluto delle cost rizioni che impone alla vita sociale, come per esprimerne simultaneamente l'arbi trariet e la necessit; la logica perversa del potere indica che i contrari non pos sono identificarsi che in se stessi, non per gli stessi: le differenze si trovan o sempre dalla parte della cultura e pi precisamente da quella del sociale; ma al lo stesso tempo esse devono avere l'evidenza del naturale, la pesantezza del rea le. Indubbiamente, questo il senso delle situazioni limite in cui possono essere dette le altre verit, quelle verit-sfida che sono proprie del potere: il re duro, odiato dai suoi sudditi, dai suoi alleati, gli uomini sfruttano le donne, il di o la causa del male - sfide, ma non rivendicazioni, sfide all'iniziativa di un p otere che le assume, le proclama e le manipola con rude franchezza. Il potere no n reclama l'amore; perci viene caratterizzato in alcuni rituali dai simboli usual i dell'obbrobrio, del disgusto e dell'impurit. Nelle monarchie dell'Africa orient ale, il re si presenta come il trasgressore per eccellenza; Ren Girard ha perfett amente ragione quando dice che la pratica dell'incesto regale deve esser messa i n relazione con le altre trasgressioni: consumo di cibi proibiti, atti di violen za, bagni di sangue, utilizzo di droghe malefiche (come nella cerimonia dell'Inc wala dello Swaziland, dove il compimento dei riti di trasgressione-provocazione ritenuto fortificare il "silwane" del re). Queste trasgressioni si ritrovano dap pertutto (bisogna ripetere che non caratterizzano solo il potere regale), ma non possono venire interpretate n come puro gioco simbolico n come segno d'impotenza. Esse non sono un puro gioco simbolico; la concezione del gioco simbolico corrisp onderebbe al punto di vista di Ren Girard, secondo cui la dualit dei ruoli assunti dal re africano pu essere ricondotta alla coppia di opposti sacrificato/sacrific atore. Nell'Incwala il re apparirebbe in definitiva come il maestro di un gioco che consiste essenzialmente nel ripetere il sacrificio originario: quello che ha instaurato l'ordine sociale e posto l'esistenza delle differenze. L'ordine deri vato originariamente dalla violenza, e le trasgressioni del re sarebbero tutti p retesti simbolici per aggredirlo simbolicamente allo scopo, in definitiva, di sa crificarlo e sostituirlo - giacch l'ordine riappare con la metamorfosi del sacrif icato in sacrificatore: Ogni re africano un nuovo Edipo, che deve rappresentare d i nuovo il suo stesso mito dall'inizio alla fine, perch il pensiero rituale vede in questa rappresentazione il modo di perpetuare e rinnovare un ordine culturale sempre minacciato dalla disgregazione (18). Dal re si esigerebbe insomma che com pisse ritualmente quanto ha miticamente compiuto una prima volta. Il tema dell'i ncesto regale, analizzato da Luc de Heusch, non giocherebbe da questo punto di v ista che un ruolo secondario, atto semplicemente a rafforzare l'efficacia del sa crificio - anche se, in alcuni contesti di naufragio rituale, l'incesto ha potut o sopravvivere mentre s'inabissava, insieme al sacrificio, il ricordo dell'event

o primordiale. Per Ren Girard il padre meno importante dell'assassinio. Tuttavia, egli si attiene troppo facilmente a una concezione riduttiva del rituale e a un a visione genetica della storia; il rito non viene compiuto in un momento qualsi asi; non tratta qualsiasi materia; si cura prima di tutto dell'efficacia; e la s ua efficacia non pu essere puramente simbolica: il rito deve affrontare la sanzio ne del reale e, pi esattamente, quella dell'evento; che miri a evitare quest'ulti mo oppure a suscitarlo, vi si confronta, e insieme a esso vi si confrontano tutt i coloro che vi partecipano. La realt che lo concerne non semplicemente quella de l passato lontano (del mito) oppure prossimo (quello delle tensioni da disinnesc are, quello dell'escalation della violenza), ma quella del futuro immediato: del l'epidemia, della guerra, della presa del potere. Le trasgressioni legate all'es ercizio del potere si inscrivono nella totalit lineare menzionata sopra e sono so ttoposte alla sanzione dell'evento e dell'interpretazione retrospettiva. "Il carattere non individuale del potere: l'alleanza, la morte". Esse non indicano con questo l'impotenza del potere, ma ne sottolineano il carat tere non individuale. Il re, il capo del villaggio, il capo di una classe d'et, i l signore della pioggia suggeriscono che il potere che essi rilevano viene da pi lontano di loro stessi e che questa lontananza d precisamente la misura della lor o potenza straordinaria. Come le trasgressioni o le inversioni dicono il vero, cos gli scopi proclamati dal potere sono i suoi veri scopi: il mantenimento dell'ord ine sociale, in particolare nei periodi di "interim" e di guerra, la regolazione dell'ordine meteorologico, la lotta contro lo scatenamento delle epidemie sono, per il potere, imperativi assoluti e smisurati in rapporto alla dimensione fini ta e al destino effimero dell'individuo. Perci, la passivit e i pesi del potere si presentano come un altro aspetto della sua transindividualit; da questo punto di vista, le pratiche matrimoniali straordinarie e i riti che circondano la morte degli individui che incarnano il potere affrontano pi da vicino delle altre invers ioni e trasgressioni i rapporti fra istituzione e persona. Pi esattamente, alcune pratiche matrimoniali e alcune pratiche di messa a morte simbolica o reale sugge riscono che l'individuo incaricato del potere non un individuo come tutti gli al tri - cosa che conduce, in termini esegetici, a interpretazioni sofisticate del potere personale, dell'eredit, della successione e, in termini pratici, a una dif esa dell'istituzione, alla riaffermazione di una relativa non responsabilit del r esponsabile, in parole chiare: alla costituzione di una capacit di difesa e di re azione dell'istituzione del potere di fronte alle smentite dell'evento. Occorre, insomma, che colui che esercita un potere o il potere sia sempre legittimato (a ll'occorrenza condannato) a esercitarlo e che con questo le insufficienze dell'i ndividuo non danneggino il potere pi di quanto le incertezze dell'evento danneggi no i suoi agenti. Qua non si tratta di funzionalismo, ma della logica del potere: logica simultane a dei suoi discorsi e delle sue pratiche. Difficilmente l'individuo finito pu ide ntificarsi con l'assoluto del potere e far pesare le sue costrizioni. Questa fin itezza, perci, viene rifiutata alle persone che hanno l'onere del potere: esse no n nascono e non muoiono come gli altri. Il carattere eccezionale della loro nasc ita legato a pratiche matrimoniali particolari e l'incesto reale ne l'esempio pi spettacolare; queste pratiche, se in parte sfuggono alle regole imposte ai comun i mortali, si affidano agli stessi elementi, agli stessi paradigmi, e si costrui scono secondo gli stessi tipi di regole sintagmatiche che definiscono e compongo no l'insieme delle logiche sociali. Per il potere, ricondurre l'alleanza alla filiazione stabilire simultaneamente l 'eternit delle persone e relativizzare l'identit degli individui. E' gi stato fatto notare che le teorie pi elaborate dell'ereditariet, nelle societ lignatiche, rigua rdano di preferenza i primogeniti e contribuiscono cos a costituire linee dominan ti e punti forti di discendenza: il caso delle societ lagunari e delle societ akan (matrilineari); un legame privilegiato unisce il nonno al figlio primogenito de l proprio primogenito, il quale ritenuto riprodurre in parte, per mezzo della tr asmissione agnatizia, la formula biopsichica del nonno (da cui del resto prende il nome). La pratica matrimoniale pu rendere sistematica questa definizione e rid urre al minimo il ruolo dell'alleanza nella costituzione dell'identit personale.

Presso gli abitanti delle lagune della Costa d'Avorio, quando un padre d al figli o una schiava o una straniera patrilineare portatrice di dote, egli assicura in teoria la trasmissione simultanea dei principi agnatizi e uterini di cui il dete ntore alla persona del proprio nipote agnatizio; ottiene questo risultato (che i n una societ disarmonica corrisponde a vantaggi cumulativi dal punto di vista del l'organizzazione della produzione e dell'eredit) per mezzo di una specie d'incest o simbolico: suo nipote in un certo senso anche il nipote uterino (la schiava o la straniera non avendo pi un'identit lignatica) e il figlio (dato che ha acquista to o dotato egli stesso la madre, la quale chiama pertanto il suo acquirente padr e). Questi, del resto, pu ancora eliminare una mediazione e sposare lui stesso la schiava o la straniera acquistata (vedi la figura 3 - qui omessa). Le origini del figlio di una schiava sono per connotate in modo peggiorativo nei matrilignaggi, per i quali, se le donne non servono che a situare gli uni in rap porto agli altri gli uomini e i loro status, delle virt specifiche si legano nond imeno alla trasmissione uterina pura. Molti conflitti d'interpretazione sono cos so rti dalle possibilit offerte ai trafficanti della costa attraverso l'estensione d el commercio con l'Europa. Un risultato praticamente identico e teoricamente meno attaccabile ottenuto attr averso il matrimonio preferenziale con la cugina incrociata patrilineare nella m isura in cui esso permette di restringere lo scambio matrimoniale a due lignaggi e di concentrare completamente sulla persona del nipote agnatizio le virt e i pr incipi trasmessi dal nonno lungo due linee (vedi la figura 4 - qui omessa). Ques to matrimonio, che tende alla costituzione di una linea di discendenza forte e in tensa, significativamente prescrittivo ma limitato alle famiglie principesche nel la societ ashanti. Troviamo una rottura ancora pi radicale nei reami dell'Est africano: si sa che il principe che accede al potere deve sposare la sorella agnatizia (una delle figl ie di una delle concubine del padre), ma non deve darle figli. La regina-madre e la regina-sorella-sposa si trovano cos, per il tempo di un regno, integrate nell a configurazione del potere; ma nessun vincolo d'alleanza si costituisce e neppu re si profila. La madre e la sorella-sposa del re defunto scompaiono con lui. La perennit della discendenza agnatizia va di pari passo con una relativa indiffere nza nei confronti dell'identit del re: la guerra dei fratelli nemici, alla morte del re regnante, se tende ad assimilare il potere alla forza (sottomettendolo de liberatamente alla sanzione dell'evento), definisce anche i limiti della legitti mit, che non sono quelli degli individui ma quelli della discendenza agnatizia. G li uomini che prendono il potere non sono mai i figli della sposa del padre; cia scuno condanna alla castit e alla sterilit la madre e la sua sorella-sposa. La sol a stirpe a riprodursi e a poter essere identificata quella degli uomini: lo scon tro dei fratelli nemici non mette tanto in risalto il valore degli individui, qu anto il primato dell'identit filiativa legata alla discendenza senza alleanza (ve di la figura 5 - qui omessa). Il problema dell'incesto simbolico o reale non ci interessa in questa sede se no n per il posto che occupa nella teoria e nella pratica del potere, sotto forme d iverse che hanno in comune di relativizzare la nozione di identit individuale qua ndo essa deve essere applicata alla persona del capo. Colui che comanda gli uomi ni o che interviene in modo decisivo negli eventi che essi affrontano si protegg e in qualche modo dall'immensit dei suoi compiti fondando la sua identit su quella di un'entit pi ampia rispetto all'individuo. Come l'Uomo-Dio dei cristiani, egli tende, al limite, a riprodurre la persona del suo creatore. Non nasce veramente. E' gi nato da sempre. Similmente, egli non muore. Ed indubbiamente questa l'origine della tendenza a r ammentarci che gi morto da sempre. La nomina, l'intronizzazione, l'iniziazione pa ssano attraverso un'immagine della morte che esprime meno la nascita a un nuovo stato, meno un rinnovamento e una risurrezione di quanto non costituisca una pro va il cui esito non viene scoperto che nelle sorti della vita futura. Al di qua della nascita (alcuni riti, per esempio quelli d'iniziazione senufo, mettono in scena un nuovo parto) o, lo stesso, al di l della morte, colui che avanza provoca e si espone. Il colmo della provocazione raggiunto con la morte volontaria del Maestro dell'Arpione presso i Dinka (19). Il rituale agni ci propone due temi in

trecciati: quello del potere subto e della morte negata (rituale del re), quello del potere recitato e della morte provocata (rituale del figlio di schiavi); ma i due rituali sono inseparabili e il rituale del re esso stesso una provocazione ; ognuno sa, malgrado il silenzio ufficiale, che il re morto come ogni altro uom o e che il tema della morte negata non , al di l della particolare sorte degli ind ividui, che la risposta estrema o l'estrema provocazione del potere: la morte, i n se stessa, una sfida incessante alla credibilit del potere e all'efficacia del rito. Allo stesso modo, la morte volontaria dei Maestri dell'Arpione provoca pi i l futuro di quanto non neghi la morte - giacch tale provocazione non caratterizza pi il solo individuo, ma anche la stessa istituzione: Le loro morti devono essere o devono apparire intenzionali, e devono rappresentare l'occasione per una form a di solennit pubblica. [...] La morte decisa liberamente, bench riconosciuta come morte, li dispensa in questo caso dall'ammettere la morte involontaria che tocc a agli uomini comuni e alle bestie (20). Mary Douglas, che cita queste righe di L ienhardt (21), indica a giusto titolo che l'analisi del rito sfocia nel problema della sua efficacia. Sennonch, decisamente influenzata da Durkheim, essa distingue tra l'efficacia mat eriale del rito (la sanzione mediante l'evento) e l'efficacia propriamente simbo lica (legata all'atto rituale stesso e alla presa di coscienza che l'intera soci et realizzerebbe da s in questa occasione). Si ritrova in questa distinzione una t endenza ricorrente in antropologia: pensare il rito e l'istituzione, da una part e, per quanto esprimono e, dall'altra, per quanto realizzano; a volte accade che questa distinzione, operante all'interno di uno stesso campo, lo suddivida e si a pplichi allo stesso tempo alle funzioni che le suddivisioni adempiono agli occhi d egli osservati e all'interesse che esse presentano per l'osservatore; cos la reli gione viene talvolta contrapposta alla magia come l'espressione all'efficacia, e questo in un duplice senso: attraverso la religione le societ locali si rapprese nterebbero l'ordinamento del mondo e della societ, attraverso la magia i membri d i queste societ riterrebbero di poter agire gli uni sugli altri e anche sulla nat ura. Dal punto di vista dell'osservatore, la religione consentirebbe una buona c onoscenza delle strutture empiriche della societ, mentre la magia consentirebbe d i comprendere le sue tensioni interne, i suoi conflitti, le sue zone d'ombra. In Mary Douglas la distinzione assume una venatura di giudizio in parte morale e i n parte estetica; per lei la preoccupazione utilitaristica ha qualche cosa di vo lgare e di interessato a cui non si pu ridurre il senso del rito; il vecchio Maes tro dell'Arpione che d il segnale per essere ucciso non ha nulla dell'esuberanza d i un san Francesco d'Assisi che si avvoltola tutto nudo nella sporcizia e fa buo na accoglienza a sorella Morte. Ma entrambi sfiorano gli stessi misteri. [...] S e taluni sono tentati di considerare il rituale come una lampada magica che bast a strofinare per ottenere beni e un potere illimitato, il rituale mostra loro l' altro lato della medaglia. Se la gerarchia dei valori era bassamente materialist ica, eccola scalzata, in maniera drammatica, dal paradosso e dalla contraddizion e (22). E' evidente che, in queste righe, Mary Douglas costruisce da sola l'opini one che poi si diverte a demolire; l'aspettativa che nasce dal rito non ha nient e di basso; quanto alla gerarchia dei valori, non c' pi senso a chiamarla materiali stica di quanto ce ne sarebbe a decretarla spiritualistica; questo linguaggio un po ' banale significa semplicemente che i riti dinka e il prete dinka sono altretta nto degni d'interesse e di stima dei "nostri" riti e dei "nostri" mistici. E ne siamo profondamente convinti. Ma la dignit del rito non in nulla inficiata dalla sua finalit prospettiva. - Il rito come scommessa. C' di pi: questa finalit prospettiva inseparabile dai temi trattati dal rito, insep arabile anche dalla sua struttura cerimoniale. Che inverta o che provochi, che s fidi o che supplichi, il rito fa una scommessa fondamentale, impegna celebrante e celebrato nella logica irreversibile dell'evento il cui esito non conosce al m assimo che un'alternativa: la vita o la morte. Poich ha il controllo della sua mo rte, il Maestro dell'Arpione insegna ai Dinka qualche cosa sul suo potere (deve trattenere l'ultimo respiro affinch il suo spirito si trasmetta intatto al succes

sore), qualche cosa sulla loro comunit (sono tutti radunati attorno a lui; Girard insiste sull'importanza dell'unanimit che presiede a ogni sacrificio rituale di questo tipo), qualche cosa, insomma, "sul" potere (che supera di gran lunga tutt e le provocazioni e tutte le "mises" concepibili). Ma questo significato interamen te rivolto al futuro che lo avverer: l'aspettativa che il rituale instaura rivolt a alla persona del successore, alla fortuna della comunit e, per dirla tutta, all 'efficacia del rito. Di pi: il tempo del rito sottoposto alla logica della totali t lineare; ogni tappa del tempo cerimoniale costituisce in quanto tale un giudizi o retrospettivo sulle tappe precedenti. La carica di Ayiwe (23), presso gli Ibo di Asaba, era una carica essenziale; i suoi diversi altari assicuravano la prote zione dei cittadini di Asaba (all'occorrenza la loro sopravvivenza quando veniva no feriti), allontanavano le minacce della guerra o, eventualmente, garantivano la vittoria. Se il detentore dell'ufficio moriva mentre era in carica, si suppon eva che avesse infranto uno dei numerosi divieti associati a quest'ultima: la su a spoglia veniva allora gettata nel bosco dell'abominio, e l'infamia che si legava al suo nome ricadeva sulla sua famiglia per diverse generazioni. In questo modo il rito stesso a recare incessantemente la prova della sua fondatezza e della q ualit del suo responsabile. La logica dell'evento inscritta nel rituale stesso. I riti in generale, e in particolare i riti detti d'inversione, sono dunque a lo ro volta costituiti nel tempo; non possono essere colti e compresi se non attrav erso questa apertura sul futuro, questa attesa della risposta e della verit retro spettiva che caratterizzano le pratiche ideologiche. La litote, l'allusione, il sottinteso, l'insieme delle astuzie simboliche, la cui ingenuit perversa pu di pri mo acchito sorprendere, si accumulano nelle pratiche d'inversione che costituisc ono, in qualche modo, un caso limite. Non c' soluzione di continuit fra pratiche t anto diverse e poste tanto differenziate come non piangere la morte di un gemell o, affidare il proprio bambino a una famiglia estranea, o dare a un "vodu" i cib i che gli sono proibiti. Tutte queste pratiche sono al contempo una risposta all 'evento e, letteralmente, una provocazione nei confronti del futuro; insieme all 'importanza della posta cresce il ruolo dell'ostentazione rituale; il potere min acciato dall'epidemia o dalla morte ritualizza spalle al muro, lascia dire (e in q ualche modo proclama esso stesso) l'arbitrariet del potere divino e del potere po litico: nel rito d'inversione si manifesta l'altra verit dei rapporti sociali, il volto nascosto del potere s'illumina e tuttavia questa rivelazione non che un i nvito alla smentita dell'evento. Nel momento stesso in cui il potere esprime la sua passivit ed eventualmente la mette in scena, nel momento stesso in cui il tit olare della carica esprime la sua non responsabilit (rifiutando il titolo che lo opprime), quando la sua stessa individualit si nasconde dietro le magie della dis cendenza, tutto il sistema del potere si appella contro questa modestia e si sot topone alla sanzione di un evento che ha talvolta anche la speranza di controlla re o di creare, e il mezzo per farlo: la morte del falso re agni sanziona logica mente l'intronizzazione del vero re - e, di qui, l'immortalit del re. L'ideologica, nel complesso, tende all'interpretazione o alla prevenzione di div erse categorie di eventi. Le strutture ideologiche che abbiamo appena elencato e analizzato prescrivono l'attuazione intellettuale e sociale di queste pratiche; esse si combinano in differenti pratiche istituzionalizzate che dipendono tutte da una sintassi comune, per quanto poi il carattere degli eventi che rispettiva mente controllano conferisca loro forme, ritmi e modalit di funzionamento diversi . Nella figura 6 (qui omessa) sono rappresentate schematicamente le diverse cate gorie di eventi che individui, gruppi o la societ nel suo insieme potrebbero dove r interpretare, prevenire o modificare. L'evento in questione pu essere unico o r icorrente, imprevedibile o prevedibile. Ma le combinazioni consentite da questa duplice distinzione si complicano per il fatto che un medesimo evento pu venire c onsiderato come unico o ricorrente a seconda che lo si consideri dal punto di vi sta di un individuo o di un gruppo determinati oppure dal punto di vista dell'in sieme della societ. Va da s che una tappa iniziatica o una malattia ben precisa, che costituiscono un evento unico per un gruppo e per un individuo, sono dal punto di vista della so ciet eventi ricorrenti; prova di questa ricorrenza sono le costanti del rituale e l'esistenza di una eziologia specifica. Va da s che, se la morte di ogni individ

uo unica, la morte un evento quasi quotidiano; la morte in quanto fenomeno ricor rente sottoposta a un rituale stabilito, ma ogni morte mette in gioco, a partire da questo rituale, un tentativo d'interpretazione specifico che condizionato al contempo dall'indagine retrospettiva e dall'attesa prospettiva. Inversamente, g li eventi regolarmente ricorrenti e totalmente ritualizzati e formalizzati, come le cerimonie di purificazione legate a un determinato periodo del calendario ag ricolo, possono dar luogo in determinate circostanze a interpretazioni particola ri: le condizioni meteorologiche del momento, la personalit del celebrante, gli e venti dell'anno trascorso influiscono sul senso di un rituale, il quale deriva c ontemporaneamente dal passato e dal futuro. A parte tutte queste riserve o tutto questo relativizzare, si potr, dal punto di vista di un Ego indifferenziato, distinguere fra quattro tipi di pratiche ideolo giche pi o meno formalizzate corrispondenti a diverse categorie di eventi. La mor te in quanto evento unico e imprevedibile (a) d luogo a indagini, talvolta a inte rrogazioni del cadavere, eventualmente ad accuse (in particolare di stregoneria) che danno adito, se nessuna persona influente vi si oppone, al corso relativame nte libero della totalit lineare e della logica retrospettiva. La malattia e la m orte in quanto eventi ricorrenti e imprevedibili (b) hanno dato luogo a procedur e simboliche molto formalizzate - l'organizzazione metodica della divinazione o dei funerali. Presso gli Alladiani della Costa d'Avorio, la sepoltura, insieme a tutte le inda gini che la precedono e che la seguono, sarebbe da classificare nella prima cate goria, mentre i funerali che mettono in scena la diagnosi compiuta apparterrebbe ro alla seconda. Eventi unici e imprevedibili (c) come le iniziazioni, l'avanzam ento delle classi d'et, la designazione dei capi delle classi di et possono essere considerati prevedibili e ricorrenti dal punto di vista dell'istituzione (d); n ondimeno si distinguono in quest'ultima categoria pratiche come i rituali agrari stagionali (perfettamente ricorrenti e regolari) e i rituali d'intronizzazione legati a problemi di successione che vengono completamente istituzionalizzati pe r alcuni loro aspetti, ma che in ogni caso chiamano in causa individualit irripet ibili e mettono in gioco eventi incomparabili. Da questo punto di vista, il colm o del paradosso o del bizzarro raggiunto mediante l'istituzionalizzazione della guerra di successione - la guerra dei fratelli nemici - nei reami dell'Africa or ientale. Questa guerra, insomma, rappresenta il pi compiuto sforzo simbolico form ale per conciliare l'eternit dell'istituzione (e la formalizzazione del rituale) con la logica dell'evento (e lo stabilirsi di una verit retrospettiva). La morte volontaria del Maestro dell'Arpione rappresenterebbe inversamente, da questo pun to di vista, il pi compiuto sforzo simbolico formale per integrare l'evento parti colare nella categoria del prevedibile e ridurre la vicenda individuale all'eter nit dell'istituzione. In un caso come nell'altro, per eccesso o per difetto, la n ozione di individualit che viene meno. Lo schema che abbiamo abbozzato e commentato non vuole stabilire una tipologia d egli eventi e delle pratiche rituali. Al contrario, essa intende sottolineare la continuit strutturale che unisce queste pratiche e la complementarit dei punti di vista (individualizzante o generalizzante) che qualificano questi eventi. La pe culiarit dei rituali propriamente politici forse appunto che essi impongono la fu sione dei punti di vista: poich il titolare della carica non un individuo come tu tti gli altri, allo stesso titolo degli altri (un tema che rimanda a quelli dell a passivit e dell'inversione), l'evento che lo riguarda , pi d'ogni altro, unico e ri corrente al tempo stesso; vero allora che il rito ripete il rito (da cui la tent azione, per il filosofo, di pensare che esso ripeta il mito o l'evento originari o); anche vero che la persona ripete la discendenza e che i vanti plebei dell'al leanza vengono meno nella trasmissione da uomo a uomo delle cariche e degli embl emi; ma anche vero che la dipendenza dall'evento, dal futuro prossimo o lontano, segna il potere (che se ne smarca per quanto gli possibile - individualmente e proprio attraverso la disindividualizzazione dei personaggi che lo incarnano e c he lo esercitano - ma che al tempo stesso gli rinnova in ogni istante, in quanto essenzialmente necessario, il suo appello e la sua fiducia). Questo evento pu es sere l'esterno assoluto (l'aggressione) o l'esterno che ogni societ racchiude in s (l'epidemia, l'azione delle fazioni rivali); pu anche essere (forse favorito dag

li sconvolgimenti demografici o da altri sconvolgimenti indotti dall'esterno ass oluto e dall'esterno relativo) il passaggio all'azione dei dominati, la cui luci da parola e le cui pazienti derisioni aspettano d'invadere un giorno il rituale che le accoglie e, nel duplice senso del termine, le contiene. CONTATTO. - Sincretismi e messianismi. Il problema del contatto costituisce in qualche modo una pietra di paragone per la definizione delle strutture dell'ideologica. Abbiamo indicato sopra che l'ana lisi ideologica era interessata dal cambiamento per due ragioni di fatto: la par ola e la pratica dei dominati o dei marginali si esprimono e si inscrivono nella struttura d'inversione dell'ideologica; le popolazioni aggredite dalla forza ma teriale e dall'imperialismo spirituale del colonizzatore rispondono per quanto p ossono in maniera logica. L'ordine pensato (ordine intellettuale) e l'ordine vis suto (ordine sociale) sono effettivamente inseparabili: l'immaginario individual e e il simbolismo sociale derivano da essi. I cambiamenti subiti dall'ideologica lignatica al contatto con il colonizzatore e, pi in generale, con la societ indus triale, non sono il riflesso, il contraccolpo o l'espressione ideologica di camb iamenti realmente avvenuti altrove, a un altro livello (per riprendere la metafora verticale) della realt sociale: sono il prodotto attivo di due lotte, di due ten tativi. Da una parte, il colonizzatore arriva con le sue istruzioni d'uso; detto altrime nti, combatte direttamente le rappresentazioni della societ colonizzata; questo v ero dell'azione missionaria cristiana, che nega la verit, la fondatezza di tali r appresentazioni e sostituisce i propri miracoli, quelli veri, ai miracoli locali , quelli falsi. Ma le affermazioni dei missionari non avrebbero alcuna possibili t d'essere recepite se, parallelamente, la prova di forza non volgesse sistematic amente a favore del colonizzatore. Quest'ultimo prova in modo quanto mai evident e la sua forza; l'azione brutale, il dispiego della forza non comportano semplic emente la sottomissione, ma anche la convinzione che, in effetti, il colonizzato re bianco possieda i segreti della potenza. La cannoniera, nella bassa Costa d'A vorio, la prova chiara dell'esistenza del Dio della Bibbia. Con abilit, i mission ari pi intelligenti e, significativamente, i profeti locali non contestano l'esis tenza, la realt dei geni locali o degli stregoni ("witches"); contestano la loro fo rza, come se essa non fosse che un accenno o un'approssimazione della vera forza : il potere bianco. Dall'altra parte, le popolazioni locali non si accontentano di subire e di regis trare la forza altrui, il potere venuto da un altro luogo: cercano di comprender la. Comprendere per controllare (per prevenire, per attenuare, per piegare) era gi la ragion d'essere dell'ideologica tradizionale. Per gli straordinari mutament i apportati all'entourage dell'individuo essa si trova messa a confronto con pro blemi nuovi. L'ideologica inserisce l'ordine individuale in un ordine sociale. A bbiamo visto come essa sia unica (ricorso e riferimento dei dominanti e dei domi nati, tale da assicurare al tempo stesso la dominazione dei primi sui secondi) e sovradeterminata, per quanto, funzionando colpo su colpo, essa prescriva, pi di qu anto non esprima, la pratica degli uni e degli altri, la vita dei gruppi e quell a degli individui. Per questa stessa ragione, a causa delle sue debolezze e dell e sue lacune, improvvise o graduali che siano, a causa della sua incapacit di spi egare gli sconvolgimenti delle gerarchie e dei rapporti di forza, essa si rivela vulnerabile al cambiamento (e, in questo senso, rivelatrice del cambiamento). T uttavia, reagisce al cambiamento nella misura in cui , per definizione, esigenza di controllo intellettuale. A proposito dei movimenti millenaristici della Melan esia, Peter M. Worsley ha perfettamente mostrato come essi non costituiscano aff atto delle fughe irrazionali fuori dalla realt, secondo l'espressione di Lintos, quanto piuttosto un tentativo sistematico e talvolta disperato di comprendere il nuovo ambiente. E' forse in questa prospettiva che conviene studiare i sincretismi e i messianis mi nati nel periodo coloniale e le loro metamorfosi attuali. Infatti (ed questo

il fatto degno di nota), numerosi movimenti sincretici sono sopravvissuti alle c ondizioni che li hanno visti nascere: cos che altrove sono stato indotto a evocar e il ruolo e l'organizzazione attuali dello harrismo apparso in Costa d'Avorio n el 1913. Questo esempio e le precedenti riflessioni consentono forse di relativi zzare l'opposizione stabilita da Sundkler ("Bantu Prophets in South Africa", 194 8) fra chiese di tipo etiope e chiese di tipo sionista. Le prime corrisponderebbero a una dominazione principalmente culturale ed esprimerebbero di rimando un'oppos izione di tipo culturale; le seconde avrebbero cause ed espressioni pi sociali. L e prime, fortemente segnate dall'apporto cristiano, verrebbero sostenute da una certa lite della societ dominata; le seconde, pi sincretiche, avrebbero una base pi popolare. E' basandosi pi o meno su questa distinzione che ricercatori francesi c ome Claudine Vidal, Grard Althabe e Jean-Pierre Dozon contrappongono, nello Zaire , movimenti religiosi come il kimbanghismo e il kitawala. Il primo, di stile etio pe, normalmente sfociato nella costituzione di una chiesa di Stato; il secondo sc omparso nella bufera che ha provocato la scomparsa di Lumumba. Jean-Pierre Dozon (24) svolge, da questo punto di vista, una critica interessant e di un articolo di Bastide (Messianisme et dveloppement conomique et social, CIS, 1 961), il quale, pur sottolineando che la via religiosa la sola via di protesta p raticabile per i popoli colonizzati, evoca il paradosso per cui un movimento mes sianico, efficace durante il periodo coloniale, deve, dopo l'indipendenza politi ca, integrarsi nella societ globale, e dunque identificarsi con l'ordine stabilit o, a costo di diventare reazionario. Al contrario, Dozon suggerisce che l'indipe ndenza non un limite, ma un elemento rivelatore: il divenire dei movimenti relig iosi dopo l'indipendenza che essi sembravano invocare ci informa oggi sul loro p recedente contenuto ideologico, politico e sociologico. E' cos possibile una lett ura retrospettiva. Ma una cosa ammettere che i movimenti sincretico-messianici sono, come tutte le manifestazioni simboliche, produzione, reazione e creazione, che sono prima di t utto pratiche e in quanto tali possono essere oggetto di studio, altra cosa fare della loro ultimissima metamorfosi l'espressione del loro senso e della loro ve rit. La chiesa harrista in Costa d'Avorio oggigiorno estremamente difficile da qu alificare e si possono concepire molti scopi per i profetismi odierni; un person aggio come l'attuale profeta Atcho non privo di ambiguit n di ambivalenze. Ma, qua lsiasi cosa avvenga in seguito, sono proprio le ambivalenze a essere oggi signif icative e in qualche modo efficaci. Esse, del resto, sono essenziali per il profe tismo, che non s'identifica totalmente n con la visione religiosa n con la visione politica della societ. Il profeta africano si sforza di comprendere, di restituir e un ordine logico a situazioni parziali, e in particolare individuali, colpite da una situazione globale perturbata. Il profeta non n un uomo politico, n un miss ionario. E perch parla all'individuo della sua sventura individuale, del suo diso rdine interiore, che gli parla anche dell'ordine sociale - fedele, in questo, al lo spirito dell'ideologica tradizionale. Henri Desroches parla dello scacco a cu i sono condannati tutti i messianismi; il fatto che, comunque, la promessa del m essianismo , per ciascuno, personale: essa si misura sulla scala della vita umana individuale, e muore molte volte con ciascuno dei suoi adepti. Una visione stre ttamente politica delle cose non mai veramente messianica, dato che sacrifica la dimensione individuale: le sue scadenze non si trovano necessariamente a portat a dell'individuo. Non a tutti i militanti viene promessa la rivoluzione e questa lacuna cronologica pu, in qualche modo, costituire il limite di credibilit o di e fficacia delle dottrine rivoluzionarie; il riformismo segue il rivoluzionario co me la sua ombra, al margine di ogni progetto radicale, la sua coscienza temporal e, la sua cattiva coscienza e la sua esigenza laica, se vero che l'esigenza indivi duale legittima e che la vita individuale un assoluto. I sincretismi nati dalla dominazione e le loro promesse rispondono anche e innan zitutto all'oppressione vissuta da ogni individuo, al bisogno di comprendere pro vato da ciascun individuo. Il reame evocato dalla visione religiosa non di quest o mondo. Ma il messianismo africano ha i piedi per terra; si cura meno di rivela re un altro mondo che di comprendere il nuovo mondo: di reinserire l'ordine indi viduale nell'ordine sociale e quest'ultimo nell'ordine del mondo. Annuncia la pr ossima realizzazione, su questa terra, dell'ordine nuovo; costituisce la societ a

ttuale come futuro significante di una rivoluzione gi significata; tale annuncio vale per tutti gli individui viventi. Nel 1914 Harris annuncia ai Neri della Bas sa-Costa che sette anni pi tardi sarebbero stati come i Bianchi. Wait and see: la leg ge pragmatica del profetismo. Che le disillusioni siano ineluttabili, che la spe ranza riscaturisca nel corso di una stessa vita (gli harristi rinvieranno la pri ma scadenza di fronte all'evidenza dei fatti) o che sia riaffermata da una nuova generazione indifferente alle disillusioni di quella precedente, non toglie nul la all'identificazione della vita con l'attesa e della salvezza individuale con il cambiamento sociale. Per concludere su questo punto in modo concreto, evocheremo, sull'esempio della bassa Costa d'Avorio, gli aspetti ideologici della violenza coloniale, del sovve rtimento cristiano e della strategia di sviluppo e di integrazione politica attu ale. - L'esempio dello harrismo. Nel diciannovesimo secolo le popolazioni lagunari - principalmente gli Alladiani del litorale situato a ovest dell'odierna Abidjan, gli Avikam della regione di Bandama (all'estremo ovest della civilt di tipo akan e matrilineare in ambito pat rilineare), gli Ebri e gli Abour situati a est dell'odierna Abidjan e alla foce de lla Como - praticavano il commercio con l'Europa. Traendo vantaggio dalla loro po sizione di intermediarie, le popolazioni costiere si arricchirono malgrado fosse ro le popolazioni dell'interno a fornire la maggior parte del prodotto di esport azione: l'olio di palma. Sennonch, alla fine del secolo la politica francese mut; le imprese commerciali europee si insediarono localmente, imponendo direttamente il loro prezzo d'acquisto ai produttori e assicurando esse stesse lo smercio de i prodotti lavorati. Presenza amministrativa e presenza militare coincidono con questo insediamento. I francesi passarono dallo sfruttamento economico indiretto , che li accomunava agli inglesi e al quale gli abitanti della costa erano assoc iati, allo sfruttamento diretto, insieme a quanto esigeva violenza per assicurar e sottomissione e rendimento. In principio, l'aggressione ideologica (il cristianesimo) parve non avere seguit o, i missionari non trovarono eco. Ma l'evidenza della forza bianca s'impose rap idamente. Dal 1880 al 1910 la repressione fu severa in Costa d'Avorio e coloro c he non ne furono le vittime principali (per esempio gli Alladiani) ne furono i t estimoni, giacch il colonizzatore reclutava forze ausiliarie presso i capi conver titi alla sua causa. Occorreva sia pensare sia comprendere la disfatta degli uni e la vittoria schiacciante degli altri: un'ideologica che, sotto diversi aspett i, una logica delle forze non pu che fallire nel rendere conto del proprio scacco e dell'impotenza che esso manifesta. E' una storia che perdura: contemporaneame nte, vengono meno il quadro in cui si inscrivono i fatti da spiegare e i princip i esplicativi. I profeti, e Harris per primo, prendono atto innanzitutto dello scacco nero. Har ris viene dalla Liberia, andr fino in Ghana, ma in bassa Costa d'Avorio che conos cer il successo. In Liberia ha fatto l'esperienza della forza bianca inglese e, l ungi dall'opporvisi, vuole metterla a servizio degli africani. La forza di cui s i tratta, allora, non semplicemente la forza militare, la quale non altro che un aspetto di una forza pi fondamentale il cui segreto si trova nella Bibbia. In og ni villaggio avikam o alladiano Harris sfida geni e stregoni ad attaccarlo. Non mette in discussione la loro realt, ma la loro forza. Imprigionato dai francesi a Grand-Bassam, lascia credere in una sua evasione miracolosa, ma le sue stesse e vasioni, come i suoi miracoli, ricalcano quelli della tradizione cristiana. L'Af rica il nuovo inizio del mondo ma un nuovo inizio accelerato, e un mondo cristia no; Harris annuncia che in sette anni i Neri saranno come i Bianchi: i segni del la ritrovata potenza nera saranno bianchi. Non insister qui sul personaggio di Harris e sui dettagli della storia dello harr ismo (25). Dopo la sua espulsione dalla Costa d'Avorio (1914), lo harrismo conos ce alterne fortune; parecchi aspiranti profeti, dal destino pi o meno effimero, s i raccomandano a Harris. Persino i pastori protestanti; un francese, il pastore Benot, si reca in Liberia per strappare un messaggio a Harris (che forse un falso

) nel quale questi consiglia agli ivoriani di aderire alla chiesa metodista wesl eyana; tuttavia, nel 1928 Salomon Dagri e Jona Ahui, l'attuale papa dello harrismo ortodosso, ottengono da Harris risposte che negano validit alle dichiarazioni de l pastore Benot. L'atteggiamento delle autorit amministrative francesi stato tanto incerto e ambiguo nei confronti dello harrismo quanto lo era stato nei confront i del suo fondatore. Harris era stato considerato al tempo stesso pericoloso e u tile. Pericoloso, perch si circondava di cattivi spiriti anglofoni, impiegati di imprese commerciali giunti da territori assoggettati all'altra potenza coloniale . Utile, nella misura in cui faceva bruciare i feticci, istintivamente e sottilm ente percepiti dai colonizzatori come i loro nemici pi tenaci, utile anche nella misura in cui, rimandando i suoi fedeli indifferentemente all'una o all'altra de lle chiese cristiane, identificava l'adesione alla liberazione e prendeva atto d ella fine della prova di forza. Dopo aver differito le scadenze, la chiesa harrista, con l'indipendenza, dovette riconoscere che i tempi erano maturi. Essa celebra oggi con entusiasmo la polit ica di sviluppo del presidente Houphout Boigny. In un certo senso, avrebbe potuto costituire una specie di kimbanghismo ivoriano. All'inizio ha fatto reclute fra i piccoli "lettrs" (26), per riprendere un'espressione locale; stata molto vicin a allo R.D.A. (27); inoltre i suoi rapporti con il cristianesimo sono, come si v isto, molto stretti. Ma, su questo terreno, essa ha subto la concorrenza degli st essi protestanti, malgrado il cattolicesimo apparisse progressivamente nella pol itica della Costa d'Avorio come la religione del potere. Di modo che, oggigiorno , lo harrismo, diffuso nella met meridionale del paese, soprattutto la religione degli emarginati e dei poveri. Di conseguenza, pare esserci talvolta un contrasto e quasi una contraddizione fr a la richiesta degli adepti dello harrismo o di coloro che, pur non essendo harr isti, si rivolgono ai suoi profeti, e il messaggio ufficiale della chiesa. La ch iesa harrista non una sola; oggigiorno parecchi profeti pretendono di essere i l egittimi rappresentanti dello harrismo. Tutti hanno in comune (con il pi importan te fra loro, Atcho, autorit laica dello harrismo ortodosso rappresentato da Jona Ahui) di glorificare l'azione governativa e di non profetizzare che il presente. I discorsi ufficiali, le circolari, i sermoni riprendono temi di attualit (lo sv iluppo, le lottizzazioni, la felicit dell'uomo ivoriano e la profonda saggezza del capo di Stato). Lo stile spesso parodistico, le formule stereotipate. Le rivendi cazioni immediate (la creazione di una strada, il riconoscimento ufficiale delle doti terapeutiche del profeta) sono espresse nella lingua ufficiale, il frances e, e nei termini che sembrano adatti: quegli stessi che il Potere utilizza per p romettere. Quanto al Potere, esso esita a rispondere favorevolmente alle richieste dei rapp resentanti della religione locale. Certo, il ministro senza portafoglio assiste alla festa annuale del profeta-guaritore Atcho, a Bregbo; il profeta insignito d ell'Ordine nazionale; certo, in principio, si convenuto che una cattedrale harri sta dovrebbe figurare a Abidjan a fianco dei nuovi edifici religiosi cattolici e protestanti. Tuttavia, questa cattedrale non mai stata realizzata (nemmeno le a ltre, del resto), e Bregbo non mai stata riconosciuta come complemento ufficiale dell'ospedale psichiatrico di Bingerville. Lo harrismo ufficiale celebra l'avve nto di tempi nuovi, ma gli individui che si rivolgono ai profeti e ai guaritori vogliono comprendere questi tempi nuovi e conoscere la causa delle sventure che li opprimono: sventure di sempre (malattia, sfortuna, morte) e sventure moderne (disoccupazione, insuccessi scolastici, rivalit professionali). Agli occhi dei no n-harristi, gli harristi rimangono i detentori delle forze antiche. Lo schema pe rsecutorio (che invita l'individuo a cercare sempre altrove da s la causa delle p roprie eventuali sventure) all'opera nella richiesta rivolta al profeta Atcho, p roprio come era ed ancora all'opera nell'interrogazione del cadavere o nell'accu sa di stregoneria. Il profeta proclama la virt dell'attuale felicit, ma quelli che fanno ricorso a lui gli chiedono di spiegare le nuove sventure (le quali, del r esto, non comportano la scomparsa delle altre). Cos, c' sempre dalla parte dello h arrismo, delle sue istituzioni e dei suoi personaggi una potenzialit sovversiva i ndipendente dalle sue posizioni ufficiali e legata alla situazione di coloro che ricorrono a esso.

Albert Atcho, profeta-guaritore di Bregbo, un piccolo villaggio ebri a est di Abi djan, riassume queste ambiguit e queste contraddizioni. E' in certo qual modo il garante laico e terapeutico della chiesa harrista. Per quanto non sia collegato alla gerarchia della chiesa in senso stretto, Atcho ne la figura pi prestigiosa. Deve la sua fama alle sue guarigioni - e anche, bisogna dirlo, ai suoi testimoni esterni, i quali confermano, agli occhi dei fedeli e dei malati, la sua credibi lit: le autorit politiche, che non possono non essergli grate del fatto di vedere nell'avvento del nuovo potere la realizzazione delle promesse divine, gli etnolo gi, per curiosit professionale, e qualche curioso, dato che questa etnologia non n lontana n di difficile accesso, conferiscono il suo stile alla predicazione di A tcho, esplicitamente edificata sul linguaggio e sullo sguardo degli altri. Atcho stato e resta in primo luogo un guaritore. Ma la guarigione mette in gioco l'intera concezione della persona; il guaritore africano innanzitutto un indovi no che scopre la ragione sociale della malattia e non guarisce l'individuo se no n indirettamente, per quanto riesce a distinguere e ridurre il disordine sociale che all'origine di tale malattia; la prova migliore di questo che la morte ogge tto delle stesse indagini compiute per le malattie. Essenzialmente, agli occhi d i molti di coloro che sono ricorsi a lui, Atcho un "witch-doctor". Tuttavia, sot to la doppia pressione dell'influenza cristiana e della situazione politica attu ale, tende a modificare lo schema rappresentazionale della malattia e della mort e, dell'individuo e della societ, che corrispondeva all'ideologica tradizionale e che ancora ispira la maggior parte delle richieste che gli sono rivolte e dei c asi che gli vengono sottoposti. Tale lieve trasformazione si traduce in diversi modi. Innanzitutto il ricorso al la confessione si generalizza. La confessione tradizionale verteva su punti molt o specifici (adulterio, rottura di un particolare divieto). Oggi essa tende a di ventare il rimedio dei malati e lo strumento della loro guarigione. Gli Alladian i, indubbiamente perch, data la loro quasi insularit, hanno un'organizzazione soci ale e spaziale rimasta a lungo intatta, conducono sempre al cospetto di Atcho in dividui sospettati di aver causato ad altri malattie o di averli fatti morire. M a nel paese ebri, dove l'organizzazione di villaggio e lignatica stata molto pi co lpita dalla conquista, dall'espansione di Abidjan e dall'espansione delle cultur e industriali, sono i malati che, di loro iniziativa oppure incoraggiati dai gen itori, vengono a confessarsi, come se il loro male non provenisse che da loro st essi. Questo atteggiamento corrisponde all'insegnamento di Atcho e dei suoi rapp resentanti: il male e la malattia continuano a rimanere una sola e medesima cosa , ma questa cosa opera del malato stesso; se confessa le sue menzogne, il malato espeller al tempo stesso la sua malattia. Si afferma cos un capovolgimento delle concezioni della persona (tradizionalmente concepita come composta da istanze psichiche collegate ma relativamente autonom e, vulnerabili agli attacchi esterni ed eventualmente mobili) che anche la rappr esentazione di un cambiamento della societ e della logica sociale. Mettere in dis cussione le rappresentazioni tradizionali della stregoneria (uno stregone ritenu to esercitare il suo potere all'interno del suo matrilignaggio) significa infatt i mettere in discussione la concezione stessa del lignaggio e dei rapporti inter e intralignaggi. Tutta una parte dell'ideologica tradizionale cade quando l'insc rizione del destino individuale nella societ non viene pi concepita in primo luogo come inscrizione all'interno di un lignaggio - con le definizioni e le costrizi oni che vi corrispondono. Atcho vuole creare un individuo che non sia pi definito dal suo entourage e dalle sue eredit, che sia separato dalle sue inscrizioni tradizionali e che stabilisca soltanto in rapporto a se stesso la sua relazione con il mondo esterno e con le incertezze della vita. Bene che vada, se non si riesce a inculcare il senso del peccato, si stabilir l'evidenza dello scacco: si dir al malato che lui stesso ha attaccato un'altra persona ma che questa era troppo forte per lui. Come profeta, Atcho prende atto del disfacimento degli universi antichi, nel quale vede il segno - differito da Harris - dell'avvento di una nuova era - la bianch ezza per i Neri, cos come l'incarnano il presidente, i suoi ministri e il profeta , egli stesso imprenditore, uomo d'affari la cui riuscita moderna funge da prova e da testimonianza. Come terapeuta, Atcho d l'ultimo tocco, con le sue diagnosi, a

questa disgregazione: invece di essere l'entourage tradizionale a manifestarsi nella malattia dell'individuo, la mediocrit dell'individuo stesso, gi nuovo (causa di se stesso) ma ancora vecchio ("witch" svalutato, nel nuovo linguaggio: diavo lo), a manifestarsi nelle difficolt del rapporto con l'entourage. Questa rottura della relazione rappresentata simbolicamente nell'immaginario di Bregbo dai guerr ieri di Dio, che tagliano la strada dello stregone aggressore, ma tutto il rovesc iamento si trova nella diagnosi che fa della vittima un colpevole. Se lo stregon e viene vinto, ci significa che l'entourage in quanto tale non esiste pi. L'indivi duo le cui sventure manifestavano la struttura invitato a sentirsi manifestato d alla destrutturazione. Se non ha pi una relazione efficace con l'entourage, quest a carenza rimanda a un'altra relazione, quella dell'individuo con se stesso e co n il mondo nuovo che lo circonda. L'individuo solo al mondo. Chiede spiegazione al profeta delle nuove sciagure. S e non vuole mettere in discussione la societ, il profeta tenuto a non rimandare l 'individuo se non a se stesso. Ma la sua figura pu essere sopraffatta dalla richi esta che gli viene rivolta, segnata dall'evidenza di altre sciagure dopo la parz iale cancellazione del mondo antico. Ci nonostante, la logica delle rappresentazi oni cambia senza arrivare a ordinarsi in una figura stabile e coerente. SENSO E POTERE. - Il senso e il tempo. Tutte le osservazioni fatte fino a questo punto, siano esse destinate a una riev ocazione critica dei temi antropologici di moda o a una ripresa rapida delle nos tre analisi del sistema lignatico, sollevano il problema del tempo e delle conce zioni del tempo, pi esattamente quello della memoria e dell'oblio. Il concetto di memoria riunisce in un certo qual modo i concetti di repressione individuale e di repressione sociale; memoria individuale e memoria sociale si alimentano l'un l'altra e spesso sono entrambe arbitrariamente selettive. La memoria l'espressi one pi immediata della costrizione; ogni promemoria un richiamo all'ordine, richi amo di un evento, di una promessa, pi generalmente: di un'origine. Chi t'ha fatto re? L'individuo si sa, si crede o si teme segnato dal suo passato, a meno che l'ass enza di qualsiasi evento che lasci un segno nella sua esistenza tolga a quest'ulti ma ogni senso. L'origine servile si traduce nel nome o s'inscrive nella carne. I l ricordare si coniuga volentieri all'imperativo: ricordati di fare questa o que st'altra cosa (cio di ricordarti il passato come costrizione); smetti di rivendic are e di esaurire tutto il senso dell'esistenza ("memento mori"). I messianismi e i profetismi coniugano la costrizione al futuro anteriore, differendo la compa rsa dei segni che esprimeranno, giunto il momento, una necessit ancorata nel pass ato. L'antropologia, essendo "ricerca del senso (quantunque si tratti del senso che g li altri danno alla loro esistenza), non pu non essere una riflessione sulle orig ini (quantunque si tratti delle origini che gli altri si riconoscono o che si in ventano). Mettiamo insieme tutti i temi e ritroviamo le loro costanti: Morin evo ca i rapporti complementari del codice culturale e del codice genetico, la stimo lazione dell'ontogenesi da parte dell'eredit culturale. Marcuse fa risalire la st oria umana a due origini: l'origine della repressione individuale e l'origine de lla civilt repressiva (che conduce alla repressione addizionale). Il Super-io, dove s i accumulano gli effetti dell'ontogenesi e della cultura, obbliga l'individuo a obbedire ai dettami della realt: la realt pensata che s'identifica con la realt pas sata. Adamo, Prometeo, Ogo: tutte le origini sono simbolizzate da passati di riv olta e di rottura - passati tuttavia incessantemente riattualizzati (mitizzati, ritualizzati, celebrati) come se il limite della rivolta fosse quello stesso del senso legato alla costrizione, come se il bisogno di comprendere e di giustific are esigesse che il passato abolito non venisse per questo dimenticato. La prima rottura, la rottura iniziale , evidentemente, la nascita stessa; di qui, indubbi amente, il fatto che il senso dell'esistenza sia tanto spesso cercato indietro, prima della nascita; nel mito di Er e nei suoi omologhi africani, l'oblio delle scelte che precedono la nascita non mai totale: occorre un minimo di memoria e d

i responsabilit per mantenere il senso dell'esistenza sociale. Poich di senso e di societ che si tratta; al limite estremo di questa tentazione logica, e necessari o che la nascita sia un errore affinch l'esistenza abbia un senso; il peccato ori ginale un'esigenza di senso; tutti i Prometeo sono al contempo eroi logici ed er oi sociali - o, come si detto, dei civilizzatori. Logica storica e logica mitica si confondono nella misura in cui l'ordinamento v igente deve essere pensato. Che la storia abbia un senso l'esigenza di ogni soci et odierna. Tutte le societ hanno bisogno di una storia e di fare una memoria per co loro che le costituiscono; l'ordinamento sociale ha bisogno, per essere logico ( per imporsi), dell'ordine cronologico; la storia forse non se non la storia dell a creazione del senso e delle sue costrizioni (anche se questo senso e queste co strizioni rimandano a costrizioni pi fondamentali). Immaginare (o credere di scop rire) una societ primitiva senza costrizione come definirla senza memoria e senza storia; sarebbe anche come definirla alogica, priva di senso dal suo stesso pun to di vista - un limite intollerabile e impensabile. Perci l'antropologo che vuol e cancellare il passato per sopprimere la costrizione e tuttavia conservare il t empo per salvare il senso si rifugia nel mito del presentimento. Il senso che no n pu nutrirsi di passato deve essere nutrito con il futuro: la pratica primitiva trae il suo senso dal futuro che essa rifiuta; nulla ha di anteriore se non il s uo futuro; [...] contro la legge di Stato che si pone la legge primitiva, scrive C lastres. Ma questo un mito di etnologo o un'etnologia mitizzata, un mito di chi, facendo dello Stato un'origine assoluta, lo concepisce come peccato capitale e costringe se stesso a risalire la storia controcorrente per illudersi di compren derla e affermare che altri l'hanno rifiutata. Le societ (e parimenti gli individui) intrattengono con il loro passato rapporti diversi, ma sempre necessari, di eredit o di rifiuto: di pensiero. La rivoluzione la sola storia al presente: con essa la storia cronachistica acquista un senso; esistono giornate rivoluzionarie. Indubbiamente, il passato pu spiegare o autori zzare la rivoluzione, ma essa ne scaturisce con tanta forza da conferire senso, di rimando, al passato: retrospettivamente necessaria, fra le sue possibilit la r ivoluzione quella che si realizzata, e con questo anche la pi vera, quella meglio a utenticata - almeno per colui che abbraccia con lo sguardo tutto un periodo stor ico. Questa riorganizzazione del passato costituisce del resto una minaccia per la rivoluzione: dal momento in cui rid senso al passato, essa si costituisce come riferimento per il futuro, come passato virtuale, certo costrittivo e, in qualc he modo, buono da pensare, ma solo fin tanto che non verr assoggettato a una nuov a necessit retrospettiva. Allo stesso modo, per l'individuo, il buon tempo esattame nte il tempo morto, il passato lontano della giovinezza perduta e delle rivolte fallite, delle guerre, delle sofferenze sordide e delle avversioni quotidiane tr asformate in celebrazioni folcloriche e ciarliere - o ancora la pace geometrica, pettinata e rastrellata, dei cimiteri militari, che suscita e intrattiene, con il silenzio del rispetto, il flusso dell'emozione. E' il passato superato e, per cos dire, "d-pens" (28); non rimane pi nulla da fare o da comprendere - passato buo no per pensare tutto, come ci sono delle domestiche tuttofare. Forse la rivoluzi one riesce a evitare di essere recuperata solo controllando questa produzione in cessante del passato, pensandola incessantemente: questa potrebbe essere la gius tificazione di un attivismo dell'intelligenza e della pratica che porrebbe tutto il senso nel presente e che costituirebbe la rivoluzione permanente. La lotta per il senso una lotta sociale ed una lotta con la storia. Non si pu ris crivere la storia ma la si pu reinterpretare: il senso della storia non arbitrari o ma relativo all'attualit che tuttavia ne deriva; si pu sapere a colpo sicuro che il movimento kimbanghista poteva diventare una chiesa di Stato dal momento che quanto successo; con questo, non detto che esso non fosse, ai suoi tempi, suscet tibile di altre analisi o di altre ipotesi; la sua verit storica oggi consolidata ma un cambiamento storico (per esempio la scomparsa di questa chiesa o una sua maggiore integrazione nell'apparato dello Stato) potrebbe sfumare questa verit. L 'attitudine politica o filosofica che consiste nel riprendere in considerazione, facendosene carico, gli elementi passati, nel ripensare la storia, non dunque t otalmente arbitraria, anche quando mitizza o inventa questa storia, poich con la sua sola esistenza essa le attribuisce una possibilit supplementare. Va da s, tutt

avia, che la storia non potrebbe interamente dipendere dall'attualit e che esiste un confine fra le metamorfosi storiche di un'istituzione, le quali rivelano pro gressivamente la sua complessit e le sue potenzialit, e le ricostruzioni arbitrari e che modellano il passato sulle esigenze del presente. In ogni caso, l'esigenza del senso passa attraverso un pensiero del passato. All'estremo limite dittator iale di questa esigenza la macchina di Orwell, che cancella o ricompone il passa to secondo la richiesta del potere. La chiesa non ignora nulla circa la necessit di riscritture. Passato il tempo del la conquista, dei feticci bruciati e dei battesimi di massa, arriva il tempo del la riflessione, del recupero ideologico, dell'elaborazione della storia. In tutt a la letteratura religiosa consacrata all'etnologia si trovano due affermazioni complementari: innanzitutto, le credenze indigene sono interessanti; esse non so no n assurde n irragionevoli; i pagani credono in Dio; il politeismo solo un'appar enza. Con maggiore o minore abilit e fortuna, si arriva a scoprire nel dio degli altri tratti che non lo discostano troppo dal dio cristiano; la letteratura prot estante inglese dedicata agli Ashanti condisce il "kra" (una delle istanze psich iche dell'individuo) in tutte le salse, traducendolo con anima o con angelo custode. Seconda affermazione, che complementare alla precedente e ne relativizza la por tata: a un certo punto, il pensiero indigeno ha subto una deviazione che lo ha po rtato al feticismo, una specie di peccato originale supplementare; occorre dunqu e separare il grano dal loglio, astrarre dal guazzabuglio indigeno gli elementi compatibili con l'idea di un Dio unico e immateriale, e imporre ai nuovi catecum eni un'altra storia. La Bibbia, che sia letta o meno, il simbolo del nuovo inizio. Bisogna ripartire da zero, anche a costo di bruciare le tappe. In materia di religione, ontogenesi e filogenesi s'identificano. La sorte dell'umanit e quella di ciascun individuo sono legate. Ogni conversione implica, dovrebbe implicare, un cambiamento di sto ria. Si tratta proprio, anche in questo caso, di rifare una memoria, che elimini quella vecchia. L'imposizione di un nuovo passato si esprime nel costituirsi di una nuova territorialit, di uno spazio (la chiesa o il tempio, la diocesi, Roma) e di un tempo (il calendario, le festivit comuni, un percorso individuale - il b attesimo, la comunione). La chiesa , da questo punto di vista, rivoluzionaria piu ttosto che evoluzionista; essa crea in modo rivoluzionario le condizioni di una nuova memoria che, una volta compiuta la rivoluzione (cadute in un giorno le pot enze che incutevano timore), torna a essere tradizione e costrizione, verit di og ni eternit. Occorre sempre un passato di ricambio per fare il cambiamento. Ci son o sempre vecchi conti da regolare, persino con Confucio. L'esempio ivoriano ci propone delle societ lignatiche inscritte nello spazio (ter ritorio tribale, terreno del villaggio, terra del lignaggio) e nel tempo (catene genealogiche dove si leggono, insieme al gioco delle alleanze, la trasmissione delle eredit, la circolazione delle forze ereditarie, il senso delle reincarnazio ni); esso ci propone al tempo stesso una visione senza sfumature dell'aggression e occidentale e della deterritorializzazione legata all'apparato dello Stato: fisi camente, territorio e terreno si cancellano per lasciar posto alle grandi tenute necessarie all'estensione delle culture industriali; le sigle misteriose dietro alle quali si profilano, senza veramente nascondersi, il potere statale e i cap itali stranieri segnano il nuovo spazio che non viene pi misurato con il metro de lle frontiere etniche o di villaggio. Parallelamente, e ormai in atto da molto t empo, aumenta l'erosione delle strutture lignatiche, delle rappresentazioni che vi corrispondono e delle logiche individuali che da esse traevano la loro ragion d'essere. Colpito fisicamente, il lignaggio si sfilaccia, non s'aggrappa pi alla terra che gli viene sottratta, non coniuga pi tanto facilmente, tanto logicament e, l'alleanza con gli altri lignaggi; il potere amministrativo e il potere relig ioso (comprese le forme sincretiche che non possono svilupparsi lontano dal pote re politico) pesano nello stesso senso delle costrizioni materiali (esodo in cit t, disoccupazione, scolarit irregolare) e tendono a creare un individuo solitario affrancato dai vincoli di solidariet del lignaggio: vietare l'interrogazione del cadavere, denunciare o trasformare le credenze nella stregoneria, dimenticare o far dimenticare le costrizioni dell'inscrizione genealogica non significa passar e al setaccio l'intatta profondit del sistema, distruggerne, con un solo gesto, l

a logica e la natura. I tempi nuovi sono giunti, proclama lo harrismo; siamo com partecipi del peccato originale, ricorda la Bibbia. L'uomo ivoriano, che sia pro letario o imprenditore, un uomo solo, suggeriscono i messaggi ufficiali, i regol amenti dei concorsi di reclutamento, il catasto, i procacciatori d'impiego e la violenza anonima degli edifici di Abidjan. L'ivoriano senza passato. Evocando questi cambiamenti di tempo, constatiamo la cancellatura delle inscrizio ni e il gioco apparentemente disordinato delle riterritorializzazioni. Non per ques to ci siamo avvicinati alle analisi dell'"Anti-Edipo". A dire il vero, ce ne dif ferenziamo su tre punti che conviene, per concludere, riprendere e approfondire. In primo luogo, l'assiomatica non il privilegio della societ statuale e si pu, pe r esempio, parlare con rigore di assiomatica di lignaggio. L'opposizione codice/ assiomatica non pertinente. In secondo luogo, la struttura simbolica - e la sua efficacia repressiva - identica in tutti i tipi di societ. Insomma, la filiazione intensiva pu rientrare nel campo di un'analisi diversa da quella dell'"Anti-Edip o": lungi dall'essere l'ossessione scongiurata dagli spostamenti dell'Edipo, ess a pu apparire come l'espressione e la pratica del potere, e non (oppure non solam ente) come l'evoluzione dell'indifferenziazione originaria ma come l'esigenza li mite di un potere che per farsi accettare e comprendere (per comprendersi esso s tesso) deve imporsi come naturale, al limite (e al di l) del senso comune e del s enso "tout court". - Al di l del senso: la necessit. Le ingiunzioni delle societ lignatiche sono arbitrarie. A qualche chilometro di d istanza, nel mosaico lagunare, esse cambiano senso, senza che nessuno ne tragga motivo di stupore. Un Alladiano matrilineare e attento alle minacce del suo matr ilignaggio sa che un Dida, invece, pu temere tutto dal proprio patrilignaggio. Le strategie matrimoniali e i calcoli economici tengono conto delle molteplici pos sibilit offerte dalla combinazione dei diversi assiomi. Sposare una donna dida al fine di trattare suo figlio come un nipote senza permettergli di dimenticare i suoi doveri filiali, dare al proprio figlio una sposa schiava al fine di attribu irsi a un tempo i diritti dello zio e quelli del nonno sulla sua progenie, combi nare, coniugare, manipolare: questo virtuosismo non possibile se non a partire d a dati discordi, opposti e molteplici. Indipendentemente da queste combinazioni, la logica lignatica di una determinata societ propone una quantit considerevole ( ma niente affatto illimitata) di assiomi che combinano a loro volta gli elementi paradigmatici forniti dalle rappresentazioni della persona, della malattia, del la stregoneria, dell'ordine sociale eccetera. Ritroviamo a questo punto la nozio ne di ideologica come logica sintagmatica. Ci che conta che la natura di un event o e la posizione di colui che prende la parola possono invalidare o modificare u na diagnosi o un'affermazione che erano state in un primo tempo accettate, e che la riserva di proposizioni formulabili (non tutte lo sono) abbastanza ricca e v ariegata da consentire tutte le inversioni di formulazione. La posizione di Ego in una costellazione lignatica gli impone costrizioni e definizioni, ma nessuna costrizione meccanica, nessuna definizione automatica. Nulla sicuro, tutto possi bile (giacch il limite di questa libert consiste, come nel capitalismo, nella costri zione complessiva del sistema e nella sua gerarchia globale). Gli assiomi hanno sempre un soggetto e un oggetto universali; l'assiomatica di l ignaggio, come tutte le ideologie, parla al singolare/plurale. L'etnologo che si accontenta di raccogliere quanto gli informatori gli dicono sulle regole di all eanza, di eredit e di successione rischia seriamente di comporre un quadro abbast anza distante dalla realt, ma il discorso che raccoglie non necessariamente ingan natore; per lo meno, non necessariamente destinato a suo uso esclusivo e non lo inganna pi di quanto non inganni gli altri, coloro ai quali pi specificamente dest inato. L'individuo si concepisce come uomo e concepisce la sua societ come umanit: le regole della sua societ si presentano come analitiche o come normative; parla no dell'ereditariet o dell'eredit, del corpo individuale o del corpo sociale (la d istinzione fra descrizione e norma sarebbe estremamente relativa, dal momento ch e quest'ultima traduce esigenze che sono le stesse dell'essere e dell'esistenza) ; in questo stesso modo esse l'aiutano, lo spingono a non definirsi se non come

illustrazione particolare di verit universali; si tratta dell'astuzia, l'abbiamo visto, dell'ideologica, che parla a tutti come se parlasse di ciascuno, mentre i nvece i suoi silenzi riguardano la gran massa di coloro ai quali essa si applica senza parlarne. La parola del potere sa che il linguaggio di cui si serve fatto anche di silenzi, inversioni, litoti e allusioni. Essa non mai tanto efficace c ome quando si fa quasi silenzio; allo stesso modo, la pretesa di potere non mai tanto arrogante come quando mostra tutto ci che, da parte del pretendente, riguar da gli altri, spetter agli altri. Nelle societ lignatiche come nelle altre, l'univ ersalizzazione dei soggetti maschera la personalizzazione del potere e la gerarc hizzazione degli individui. Della successione nei lignaggi lagunari ci viene ric ordato che passa di stirpe in stirpe, orizzontalmente, per cui queste stirpi non sono troppo numerose - un numero eccessivo provocherebbe normalmente la segment azione; ma l'uguaglianza relativa delle stirpi significa la subordinazione dei c adetti a cui il potere, nella sua peregrinazione orizzontale, non arriver mai. No n siamo cos lontani dall'uguaglianza dei cittadini nelle societ liberali. Non sicuro, tuttavia, che le parole maschera e inganno non siano in questo caso impr oprie e metaforiche. All'eterno complotto del potere occorrono ragioni fondamental i: se l'esistenza individuale dell'uomo problematica, la sua esistenza sociale p one un diverso e medesimo problema. L'uno non meno metafisico dell'altro. Le for me sociali pi oppressive sono anche una risposta (per quanto perversa) a un'esige nza di senso. Si sa che l'istituzione politica corrisponde in linea di principio a rapporti di forza ancorati nel controllo della produzione; dal controllo all' istituzione, per, sono concepibili parecchie mediazioni, e di fatto si scoprono n elle societ esistenti; ma quale che sia il gioco tra la realt economica e l'istitu zione politica, il potere, indubbiamente perch si rivolge agli individui concreti e si esercita attraverso individui concreti, ha bisogno di imporsi logicamente; l'evidenza logica, da questo punto di vista, per esso pi necessaria della giusti ficazione morale; e pi ancora dell'evidenza logica, necessaria l'evidenza dell'es istenza e dell'essere. Il fatto che il potere si eserciti attraverso individui m ortali di per s contraddittorio - agli occhi di coloro che lo esercitano come agl i occhi di coloro che lo subiscono; il carattere assoluto del potere (le costriz ioni di un potere non dispotico sono, ciascuna per conto proprio, assolute) e il carattere mortale della vita umana non sono pensabili insieme. Quanto alla filiazione intensiva, essa la stirpe germinale dove l'indistinzione dei corpi corrisponde all'inesistenza della morte. Se mettiamo da parte per un i stante la sistematica simbolica di Deleuze e Guattari, che cosa constatiamo? Pi l 'apparato politico si rafforza e diventa autonomo, pi esso si esprime in forme pr ossime alla filiazione intensiva. Per evitare che ogni potere risulti scandaloso e intellettualmente insopportabile, occorre che il capo sia immortale, sempre l o stesso (il re morto, viva il re), oppure che il potere esista indipendentement e da coloro che lo esercitano (la presenza reale di Dio costituisce il potere de lla Chiesa). O il despota sempre lo stesso e fa, costituisce il potere, o il pot ere sempre lo stesso e pu incarnarsi in diverse figure effimere. La seconda soluz ione al contempo pi religiosa, pi feticistica (ci possono essere ricettacoli del p otere) e meno stabile della prima (pu esserci competizione per il potere); del re sto, pu benissimo arricchirsi dei suoi vantaggi. La seconda soluzione corrisponde a un trattamento simbolico della morte; necessario relativizzare l'individuo pe r salvare il carattere assoluto del potere: per relativizzarlo necessario ammett ere che si reincarni o, per lo meno, che alcune delle sue componenti ritornino, che la figura individuale non sia altro che la combinazione effimera (ma non cas uale) di elementi di uno stesso ceppo, destinati ad andate e ritorni infiniti. L 'affermazione dell'eternit e il trattamento della morte suppongono una teoria del l'alleanza; pertanto vediamo quest'ultima affinarsi, complicarsi, strutturarsi c on l'ordine politico. La teoria dell'alleanza pi sofisticata nelle societ lignatic he che nelle bande di cacciatori-raccoglitori; con la teoria dell'ereditariet, es sa assicura da una parte la permanenza dello stock genetico del lignaggio, dall' altra la trasmissione, il ritorno regolare degli elementi che definiscono il san gue, la forza, l'identit e il potere; occorre notare che proprio nei sistemi poli tici forti che la pratica matrimoniale si sistematizza in relazione a ci; nei lig naggi lagunari si ammette che la forza del nonno, cos come il suo nome, si trasme

ttano di preferenza al primogenito del figlio primogenito; nelle famiglie princi pesche ashanti, ci ricorda Rattray, il matrimonio di un principe con la cugina i ncrociata patrilineare ha esplicitamente lo scopo di riprodurre nella persona de l nipote la formula biopsichica del nonno, la quale caratterizzata da due princi pi, trasmessi uno per via agnatizia, l'altro per via uterina. Al limite, l'inces to come negazione della morte (cio dell'individuo), esigenza di senso e verit del potere. Il limite viene raggiunto con il sistema dispotico. L'incesto reale si presenta proprio per quello che : il rifiuto di individualizzare la figura del potere. Nei reami interlacustri, il re sposa la sorella agnatizia, un'unione reale che rima ne parzialmente simbolica: la sorella non dar figli al fratello. Troviamo un'unio ne ancora pi reale nell'antico Egitto: il Faraone sposa la sorella e nascono dei figli. L'incesto con la sorella certo un privilegio del re, ma svolge la funzion e di rimuovere l'immagine dell'intensit originaria? Non sar piuttosto che la ribad isce come privilegio e definizione del potere? Il "ka", il doppio che sopravvive alla morte del corpo, prima di tutto un privilegio del re; ed anche un attribut o divino. L'intensit e l'incesto non vengono negati, scongiurati, ma rifiutati, c ome l'immortalit, a coloro che dipendono dal potere (29). L'intensit pertanto Dio, compreso nel mito dogon; il potere regale dialoga con gli dei e tratta simbolic amente la morte. Niente di meno individuale n di pi sacro del potere personale! O altrimenti Dio a fianco del governo, il potere a fianco dei potenti, il potere da prendere, da afferrare, per chi osa e pu. Ma, anche quando il potere da prend ere, legittimo e legittimante, occorre della forza a chi se ne impadronisce - la spiegazione della forza rimanda al trattamento del destino e del caso, dell'ere ditariet e della morte. Meglio ancora (surlegittimazione, suresplicazione) che il potere sia di colui che lo prende e che tuttavia siano sempre gli stessi a esse re adatti e autorizzati a prenderlo. La guerra dei fratelli nemici, la guerra di successione nei reami interlacustri indica con sufficiente chiarezza che l'iden tit individuale del despota importa poco, a condizione che venga affermata la sua permanenza, la sua identit essenziale. Una ridondanza sociologico-politica vorr i noltre che lo stesso simbolo del potere ne sia il ricettacolo - come il tamburo degli Ankole il cui possesso legittima il possessore. L'indifferenziazione delle generazioni, la negazione della morte, la negazione d ell'assoluto individuale (solo la morte fa l'individuo) sono necessari alla veri t e alla realt del potere; la sua divinizzazione, il suo carattere sacro, non che uno degli aspetti di questa necessit. Lo Stato moderno non sfugge a questa esigen za logica, ma deve superare due scogli comparsi nella storia dell'umanit: la mort e di Dio e la mortalit dell'uomo; affinch il potere sia possibile, credibile, occo rre che, anche se Dio morto, non tutto sia consentito; se la misura dell'individ uo d la misura dell'uomo, e la morte quella dell'individuo, ogni potere diventa t anto pi improbabile e difficile quanto pi la morte di Dio rende la sua sacralizzaz ione artificiale. L'ordine laico si vede attribuire il compito assurdo ed eroico di coniugare ateismo e potere. E' proprio dal lato del potere, tuttavia, che, u na volta reso l'individuo alla sua pienezza assoluta, bisogna trovare il senso e la legittimit della societ. Pertanto, il trattamento della morte, che costituisce il tema centrale delle ideologie lignatiche e di quelle dispotiche, cede il pos to al trattamento della storia che sottende e anima le grandi ideologie contempo ranee. Da qualche parte nella "Condizione umana" (30), un eroe di Malraux si chi ede per quale motivo i comunisti debbano adoperarsi per la realizzazione di una rivoluzione presentata come ineluttabile; la risposta gi nella domanda: la necess it della rivoluzione offre precisamente all'azione tutto il senso che la rende po ssibile. Il colmo della filiazione intensiva non verr trovato dal lato dei balbet tamenti dinastici dello Stato moderno, per quanto molto significativi (la moglie di Pern, il clan Kennedy, Gandhi figlio, il delfino di Franco, l'amicizia concla mata dei grandi di questo mondo, che forse un giorno finiranno per diventare cug ini), ma dal lato di questa eternit anonima del Potere inqualificato che porta il governo francese a riconoscere gli Stati, e non i regimi. L'individuo, la persona, l'entit: questa progressione quella stessa dell'aumento della complessit della pol itica. Crescente astrazione, certo, ma anche, dal punto di vista politico, maggi ore intensit e disindividualizzazione.

Oggi, come sempre, per i governanti, ma anche per i governati, si tratta di salv are la coppia senso/societ; forse significativo, da questo punto di vista, che la filosofia, riflessione sull'essenza dell'uomo, faccia posto o assegni un posto alle scienze umane, riflessione sulla societ. Comunemente si ritiene l'idea di in dividuo una creazione occidentale (come se le teorie della persona in quanto con divisione e in quanto eredit nelle societ non occidentali comportassero l'assenza di un vissuto individuale, di interessi e di strategie individuali); ma quest'id ea non mai stata tanto elaborata quanto nel diciottesimo secolo, al momento dell a rinascita della filosofia politica, della riaffermazione dell'idea nazionale e del corpo sociale. E' che si tratta di relativizzare questo concetto nel moment o stesso in cui lo si riafferma; come se esso non fosse stato utilizzato se non per ricavarne i principi (libert, uguaglianza) che, in fin dei conti, conferiscon o senso al "socius" che lo limita. L'aspetto pi puro dell'individualit dal lato de lla felicit e della fusione con la natura: a esso il diciottesimo secolo d forma e promette il suo paradiso perduto, la sua isola solitaria; l'individuo politico il cittadino, colui che deve ammettere la necessit logica di un contratto sociale e l'esistenza di un potere statale che n le rivoluzioni o le restaurazioni, n i c olpi di Stato o le destituzioni metteranno in discussione. L'individuo, una crea zione dell'Occidente? Mai nella storia folle tanto docili e immense avranno subto la legge dell'uniforme e del massacro con tanta rassegnazione o entusiasmo come dal giorno in cui venne diffusa la parola d'ordine di libert individuale. Parola d'ordine, in effetti. Poich ateo, poich trae il suo senso dalla storia, lo Stato moderno, intensit assoluta del potere impersonale, gioca con un virtuosismo ampli ficato il gioco dell'illusione individuale, del singolare-plurale nel quale hann o sempre dato ottima prova i poteri politici, fossero anche quelli di lignaggio. Non sorprende che i vendicatori di Laio vogliano, con la morte di Edipo, quella dell'Io e del Super-io. Nessun potere trover da ridire. L'individuo e il potere r imangono antinomici. Non si pu dar senso all'uno senza toglierlo all'altro. Oppur e bisogna destreggiarsi, distribuire, dosare, come fanno gli indovini, i chiarov eggenti, i capi di lignaggio o come fanno, altrettanto bene, qui e ora, i teoric i liberali dell'illusione individuale. Capitolo 3. L'ILLUSIONE INDIVIDUALE. Liberalismo e repressione. Per ogni sistema sociale, il pericolo l'individuo, la radicalit della rivendicazi one individuale, l'originalit irriducibile. La stessa ideologia contrattuale amme tte, al limite del suo sforzo teorico di accomodamento con l'esigenza individual e, che la libert di ciascuno finisce dove comincia quella degli altri; punto cont rattuale che non definisce confini, punto di confine che non impone costrizioni. L'INDIVIDUO, L'ISTITUZIONE. L'istituzione vive di ruoli e di status, di personaggi di cui l'abito definisce in larga misura il valore e quasi l'identit; essa impone a coloro che ne fanno pa rte costrizioni formali pi forti e pi numerose di quelle subite dagli altri membri della societ. Queste costrizioni valgono come definizioni e l'opinione comune se ne fa qualche idea in modo caricaturale, rappresentandosi il carattere e persin o il fisico del colonnello, del maresciallo, del gesuita e del seminarista. L'es ercito, la chiesa: al loro interno, l'individuo rappresenta l'antagonista irridu cibile e necessario. Essi non possono impedire all'individuo di esistere (non po ssono impedirsi di esistere) ma possono giocare sulle modalit e sulle definizioni della sua esistenza; questi alti luoghi istituzionali sono per eccellenza i luo ghi in cui l'esistenza precede l'essenza: datemi dei bambini, ne far dei soldati. La vocazione, la chiamata proveniente da un altro luogo, significa anche questo s uperamento dell'individuo nella sua realizzazione istituzionale; l'ideale di ogn i corporativismo (l'ordine dei medici, da noi, difficilmente si rassegna a vederlo indebolirsi senza poter trovare un rimedio) respingere l'individuale in un'orig ine che gi e anche un altrove (la vocazione) al fine di realizzarlo in un ruolo (

una missione). Questo superamento dell'individuo attraverso il suo ruolo e, al d i l di questo, attraverso l'istituzione, tipico dell'esercizio del potere: il pot ere non pu venire esercitato integralmente da individui (interamente mortali), no n fosse altro perch esso stesso potere di vita e di morte. Potere "tout court" co me quello dell'esercito e della chiesa (che l'abbiano esercitato o che lo eserci tino ufficiosamente o ufficialmente) e che perci nega l'assoluto individuale: da una parte il costume e la gerarchia esteriorizzata, il superindividuo che si con sola della sua mortalit amministrando ed eventualmente realizzando quella degli a ltri, dall'altra il sottoindividuo, a cui viene sottratta la sua unica identit quella della sua morte biologica, inscritta nella sua carne forse, virtualmente presente, ma solo nella sua ora - e a cui viene rifiutata la libert di scelta, ovve ro, ancora una volta, non la libert ma l'identit, la scelta della morte: il suicid io un peccato mortale. Ammiriamo per un istante il cinismo del linguaggio, la fran chezza sempre troppo evidente del potere: il potere di dare la morte certamente anche un potere di vita, non gi quello di lasciare la vita - non sto usando un pl eonasmo - ma quello di ordinarla, di conferirle senso e realt, di rifiutarle l'as soluto individuale; quanto al peccato mortale, esso non fa morire, tutt'altro; s e esistono peccati mortali, appunto per evitare che l'individuo possa cavarsela con la morte, sia egli destinato a un nuovo inizio del ciclo oppure a una second a vita senza altra individualit che la traccia uniforme e indelebile del peccato della prima vita; la Chiesa pu anche rinunciare all'Inferno senza che cambi il su o sistema repressivo; tutti i suoi peccati sono originali: il peccato mortale, c ome il peccato originale, quello dell'individuo. Il divieto preesistente alla co lpa; Adamo che ha scelto la propria mortalit; essa colpa e non sanzione. Ogni potere potere di morte. Il potere sulla morte, capace di negarla (potere de l prete) o di differirla (potere del medico) , come il potere di morte (quello de l militare, del magistrato, del politico, con cui, del resto, pu essere identific ata la figura del prete o del militare), un potere sulla vita. Il potere in ques to senso l'assoluto dell'ideologia; tutti gli uomini sono mortali, quindi Socrat e un uomo... Al fondo del sillogismo la solitudine attenta di ciascuno, mai cos p rossima alla sorte comune, alla sorte degli altri, mai cos universale e pronta a re cepire il discorso al singolare/plurale a partire da questa insormontabile preoc cupazione, da questa interrogazione su una fine di cui il potere pu avvicinare o differire la scadenza e alla quale pu anche conferire o rifiutare il senso. La mi a morte, la morte: l'assoluto contro la statistica; il non senso contro il senso della storia e del presente: del potere. Quale altra risorsa per il potere, al limite, se non condannare a morte? Risorsa che sarebbe irrisoria se, appunto, no n decidesse del senso e della scadenza. La morte la sanzione pi grave del crimine, e il crimine pi grave quello dell'indiv idualit; non solo quello del fuori legge di piccolo calibro, ma anche quello dei gr andi attori: coloro che traggono dal loro ruolo pi di una personalit, come una nuo va e irrecuperabile individualit, trascendente la legge. Ora, la gerarchia non co nferisce autorit se non in quanto impone la disciplina. L'esercito e la Chiesa ha nno due ossessioni: l'eroe e il santo. Non forse l'eroe un fellone o un ribelle in potenza (quanti generali, quanti capitani...)? Non sfiora forse il santo in o gni istante l'eresia? De Gaulle e Giovanna d'Arco sono due aspetti diversi dell' ambiguit del potere: entrambi condannati dal potere da cui dipendono, uno lo recu pera, l'altro viene recuperato. Parole piene di sollecitudine, cariche d'affetto , qualificano le varianti minori dell'eroismo e della santit: il cattivo soggetto e l'inquieto. Il fatto che bisogna adattarsi; nei casi eccezionali la tenerezza recupera ben pi della forza; preso nel modo giusto, compreso, il testone pu essere un combattente magnifico; solo necessario riprenderne il controllo periodicamente. Quanto alla Chiesa, essa ha per gli afflitti al limite dell'eresia un'incessant e sollecitudine, pi vigile e suscettibile, tuttavia, quando investe i membri dell 'apparato: la gerarchia pu richiamarli all'ordine, se essi sbagliano, o escluderl i dall'ordine, se perseverano nell'errore. Per l'istituzione, l'individuo, interlocutore obbligato, diviene un valido inter locutore se pu essere colpevolizzato. La colpa la sola modalit tollerabile dell'es istenza individuale, la colpa con il suo corollario - versione sociale dell'indi vidualit disprezzata: l'isolamento. Insieme alla colpa compaiono i diversi marchi

dell'individualit colpevole, le sue modalit gerarchizzate, la progressione della sanzione. L'immagine del destino nell'al di l - quella che oggi la Chiesa tende a c ancellare, almeno nelle sue realizzazioni pi intellettuali, ma con la quale essa ha a lungo regnato - quella di un'individualizzazione mediante la colpa, inverso della colpevolizzazione dell'individuo; una volta messi da parte gli estremi de l male e della santit (che possono essersi confusi in principio: Lucifero - il pr imo individuo? - era un angelo amato da Dio), il purgatorio assegnato agli uni e agli altri in ragione dei loro errori: a ciascuno secondo le sue colpe; ciascun o non che le sue colpe. Di qui l'occasione insperata che rappresentano per le istituzioni repressive le grandi sciagure, quelle che, come la morte, colpiscono tutti e ciascuno, materia le bell'e pronto per l'elaborazione ideologica - dono di Dio, flagello di Dio. E ' cos che, per il potere politico, ci che si perde all'esterno si recupera all'int erno. Rendere la Comune responsabile delle disfatte dell'Impero e l'ateismo dell e debolezze dell'Esercito equivale a far interiorizzare la disfatta, a farne l'aff are di ciascuno, a farne una questione di conversione. In Francia, terra di missi one (colonia interna), la Chiesa non ha bisogno di profeti indigeni, di un Harris o di un Atcho; essa si fa carico della totalit del messaggio; per lo meno questo era il caso ancora negli anni Quaranta, quando cantavamo - in processioni che d iscendevano verso una delle croci di missione che punteggiano e delimitano la Br etagna a partire dal diciassettesimo secolo: Dio di clemenza, o Dio vincitore / S alva, salva la Francia in nome del Sacro Cuore (1). Non si trattava di salvare la Francia dalla disfatta (la disfatta era gi un fatto reale, come nel 1870), bens d alle cause della disfatta; l'ateismo e il socialismo (o la pigrizia spirituale c he ne permette la comparsa e lo sviluppo) sono il peccato di ciascuno: inversame nte, la salvezza dell'individuo s'identifica con la salvezza nazionale, con l'or dine ritrovato. E' l'evento che crea la colpa che consente al Potere di avere a che fare con individui colpevoli; non rimane al Potere che creare questo evento per chiudere il cerchio della repressione. Pi diventa teso il rapporto potere/ind ividuo (laddove il punto estremo di questa tensione il sistema carcerario), pi l' individuo deve essere colpevolizzato (i cattivi trattamenti avviliscono, il pate rnalismo ospedaliero rende infantili); questo punto estremo anche un punto di ro ttura: la colpevolizzazione passa attraverso la dominazione ideologica, ma quand o questa si risolve in violenza, essa viene vissuta come oppressione. Ci non equi vale a dire che la differenza fra repressione e oppressione passa per la presa d i coscienza di coloro che ne sono l'oggetto. Da una parte, la repressione non ne cessariamente vissuta in maniera incosciente; l'efficacia simbolica non implica l'incoscienza, ma corrisponde a una coscienza parziale, parcellizzata, a impasse logiche e a rapporti di forza e di senso che non sono immediatamente superabili . Dall'altra parte, l'oppressione violenta testimonia l'esistenza di un rapporto di forza che esige di essere interpretato e non solo concepito; la controviolen za reattiva pu condurre a impasse tanto dal punto di vista del rapporto di forza quanto dal punto di vista del rapporto di senso. L'istituzione si spinge fino a sfidare l'individualit, fino a sfidarla (colmo del cinismo teso al recupero) a sopportare quelle prove al termine delle quali l'or dine individuale sar salvato e tuttavia in linea con l'ordine istituzionale. Qui si trova il principio di tutte le iniziazioni, applicabile ai ribelli pi convinti , quelli di cui non bisogna assolutamente lasciar perdere il valore. Il rapprese ntante dell'istituzione abbozza un movimento propriamente religioso, e pi precisa mente pascaliano: quello dei gradi di verit; l'istituzione divina: un po' di rifl essione ce ne allontana, un po' pi di riflessione ci fa riavvicinare; tale il pun to d'arrivo e il segreto di tutte le iniziazioni. L'ufficiale del "commando" pre ferisce un rivoltoso, un comunista, a un pappamolla: nella speranza di canalizzare la sua energia, certo, e di innalzarla a un altro grado d'individualit, che anch e il buon grado dell'istituzione; questo personaggio ben descritto in "RAS" (2), ma molti uomini di una certa generazione ne hanno conosciuti di simili. La cosc ienza che pu essere coinvolta nel gioco che essi giocano (senza che questo termin e metta in causa totalmente la loro coscienza e la loro buona fede) non limita assol utamente l'efficacia della loro prestazione: affare di malafede sartriana alla con fluenza di due individualit (definite, in una situazione concreta, dalla reciproc

it antagonistica di ostentazioni fisiche e morali) dove s'annida precisamente, pe r un periodo, la ragione istituzionale. Allo stesso modo lo sceriffo o l'eroe de l western, nelle opere classiche che celebrano l'epopea eroica e conformista, si offre e poi si impone allo sguardo degli altri (la folla sbiadita e passiva dei fattori, dei bottegai, del barbiere e del carpentiere), da cui ricava tutta la sua forza; ma non si fa riconoscere come individuo se non nel momento in cui s'i mpone come personaggio, come rappresentante dell'ordine nuovo o ristabilito: fin e dei disordini nelle campagne o nei saloon, dei furti di bestiame o della giust izia sommaria. Improvvisamente, l'individualit degli elementi anonimi della folla ignava sale di un grado (il vile dalla coscienza sporca la perde e guadagna una stella), mentre crollano nella polvere gli avventurieri di un tempo, presi nell a trappola della sfida individuale, sconcertati dallo sguardo di quell'uomo che gli assomiglia, venuto per ucciderli o morire, e per morire. Infatti, li ritrovi amo pi tardi questi giustizieri o questi criminali, a volte riconoscibili nella b izzarra figura di un solitario dal passato pesante, la cui morale personale aggiun ge alcuni conformismi contraddittori e disarmonici: attraverso queste fessure (l a nostalgia, l'amicizia, la fatica...) s'insinua il disincanto e si riversa la m orte; i tempi sono cambiati, la giustizia non ha pi bisogno di giustizieri, n l'avve ntura di colt d'oro; cambiato anche il tempo dei registi, sono cambiate le prese di coscienza, e le crisi di coscienza che dominano le riprese: sul grande scher mo del western decadente l'eroe smitizzato (ovvero semplicemente disistituzionaliz zato) si sente come perso, si stupisce di aver fatto cos bene, di aver creato l'o rdine che credeva di difendere, e che lo esclude - mezzo sorpassato di una fine sempre superata, come i ribelli di cui l'Esercito si serve in tempo di guerra (i l buon tempo). Esiste, in termini sociali, una problematica dell'individuo che raddoppia la pro blematica della repressione. L'individuo isolato pu essere ricondotto alla massa - la quale gli conferisce il minimo vitale e il massimo auspicabile di senso, di simbolismo; l'individuale e il gregario sono le due figure estreme del sociale, il quale esige che esse non siano se non l'inverso e il diritto di una medesima realt. Ci che non tollerabile, dal punto di vista sociale, l'associazione delle i ndividualit senza ritorno alla massa - cosa che ben avvertono le istituzioni repr essive dal momento in cui si forma una coalizione; ogni tentativo di sindacalizzaz ione nell'Esercito o nella Chiesa comporta il rischio di fazione, di ribellione o di eresia. Se il gruppuscolo, quale che sia, irrita e inquieta, perch cumula vu lnerabilit e spirito critico, Davide sociologico, irrispettoso, libero, irrespons abile. Da questo punto di vista, notevole l'interesse dei gruppi femministi nella socie t contemporanea. Se effettivamente esiste una condizione femminile in rapporto a una normalit maschile, essa consiste nel fatto che ogni donna, in quanto donna e, d iciamo pure, per definizione, vive la repressione individuale essenziale; ci che appunto le viene rifiutato la condizione individuale: in quanto donna, essa gi de stinata dalla nascita a un ruolo sociale minimo, definito in termini molto pi ris tretti e rigidi rispetto a quello dell'uomo, ed evidentemente legato alla sua qu alit di riproduttrice. Lo status della donna sterile, nelle societ lignatiche afri cane, mostra abbastanza chiaramente come questa repressione fondamentale non sia una prerogativa dell'Occidente cristiano o capitalista. E' a questa fondamental e repressione che risponde l'aggregarsi di alcune donne in quanto donne su basi che non sono immediatamente politiche. Tale aggregazione costituisce la protesta i ndividuale essenziale e si rivolge indifferentemente a tutte le societ esistenti. Aggiungiamo che n la storia n l'etnologia forniscono esempi di societ in cui la nor malit giuridica e ideologica non sia stata maschile, e che questo non ha nulla di sbalorditivo: tutti i poteri (e non c' societ senza potere) limitano l'affermazion e individuale assoluta; e questa limitazione si applica con maggior rigore alle donne, che sono lo strumento necessario della riproduzione sociale. Se la donna , in termini ideologici, un essere sociale per natura, essa non pu rifiutare la su a qualit naturale di riproduttrice sociale, la sua qualit sociale di riproduttrice naturale, ovvero la sua definizione in termini di ruolo, se non perdendo ogni i dentit individuale tollerabile: sar ridicola (zitella), pericolosa (strega) o verr eliminata (in convento). La societ esige che l'essenza (sociale) della donna prec

eda la sua esistenza; l'ordine inverso non pu essere che maschile; non stupisce c he la protesta pi radicale sia, di rimando, una protesta sessista: la repressione individuale ancorata al rapporto dei sessi. Ancora pi evidente che l'esigenza di una concezione libera un'esigenza profondamente individuale. Ci non significa ch e i problemi delle donne non siano anche problemi politici, n che tutte le donne abbiano gli stessi problemi; ma i problemi di tutte le donne derivano senza ecce zione dal fatto che a esse non dato di essere individui allo stesso titolo degli uomini. Nessuna protesta di gruppi era mai stata tanto appropriata al proprio o ggetto quanto quella dell'M.L.F. (3); in quanto tale e, paradossalmente, per i s uoi aspetti pi sessisti, che essa supera l'esigenza femminista radicalizzando la rivendicazione individuale. Indubbiamente, si potrebbe dire altrettanto - senza per questo esaurire il fenomeno - delle rivendicazioni autonomiste. Un'altra questione sapere se il gruppo, da solo, non ricominci la societ - perden do quindi una parte della sua individualit critica a vantaggio del suo totalitarism o. Un regime un po' rigido gli conviene pi di un regime troppo liberale: ingrandi rsi sarebbe la sua tentazione peggiore, la sua peggior debolezza, ed indubbiamen te l'istinto di sopravvivenza politica - ovvero, pi giustamente, l'esigenza di ri flessione critica - che lo spinge a un'incessante segmentazione. Un partito di p ortata nazionale mal si adatta al gioco delle tendenze, ma libera di tanto in tant o piccoli raggruppamenti che entrano nel gioco indefinito delle fissioni, delle scissioni e delle ricomposizioni. Il carattere negativo della critica, l'assenza di proposte, sono questioni comun emente sollevate dai sostenitori dell'ordine quando parlano a coloro che lo cont estano o, piuttosto, di coloro che lo contestano. Il linguaggio della responsabi lit, in compenso - quello dei partiti o dei sindacati -, parler di volont di dialog o o almeno di confronto, di proposte o almeno di controproposte. Questo linguagg io si rivolge al contempo al Potere, all'interlocutore in rapporto al quale occo rre situarsi, e alla massa (o alle masse: questa messa al plurale di un termine ge nerale ha paradossalmente l'effetto di sfumarlo, di individualizzarlo e di nobil itarlo, come se rivolgersi alle masse popolari fosse rivolgersi a ciascuno di co loro che costituiscono la massa). Nella misura in cui questo linguaggio suscetti bile di essere recepito e accolto dalla massa, esso stabilisce con l'interlocuto re ufficiale, il Potere, una sorta di connivenza, un altro dialogo (quello vero) al di qua e al di l del linguaggio. Beninteso, ci che dico conta soprattutto per quel che viene inteso dal nostro pubblico comune. I grandi dialoghi politici (co mpresi i grandi scontri) contano per i loro sottintesi - sottintesi che non pogg iano sul tenore del discorso, ma sul suo pubblico. Un ministro degli Interni non farebbe proprio l'anticomunismo primario e logoro in una conversazione privata, m a in una conversazione di questo tipo egli ammetterebbe forse che conta innanzit utto l'interesse della questione esposta pubblicamente. Perci, su questo piano ch e gli verr risposto; anche i dirigenti del P.C. parlano di anticomunismo primario , quasi riconoscessero la possibilit di un comunismo secondario o superiore. Sapp iamo bene che non lo ammettono - lo si vede chiaramente in occasione di altri di battiti - ma il discorso esplicito deve sempre essere rivolto al terzo termine, a quella maggioranza che sempre silenziosa in queste occasioni, a cui bisogna fa r percepire, sperare di far percepire, la non credibilit del discorso dell'avvers ario rispetto ai propri criteri di credibilit: come discutere seriamente con un P otere tanto incoerente? A quali miserie si ridotto! Eccetera. Questo scarto fra il linguaggio politico e il linguaggio pubblico abbastanza riv elatore. Fra tendenze politiche la discussione argomentata (sar facile per la pro paganda avversaria presentarla come speciosa, sofisticata, distante dalle realt); n el dibattito pubblico le differenze vengono meno: le coalizioni maggioritarie al potere concordano nel dirsi unanimi; quando rivelano un punto di disaccordo per ch il loro dibattito interno gi molto avanzato. La sinistra usa a sua volta, quand o occorre, questo linguaggio unanimista, e non fa eccezione per l'estrema sinist ra che, in tempo di elezioni, parla indifferentemente con la voce di Krivine o d i Laguillier (4), prima di ritornare ai suoi veri dibattiti. L'individuo - la te ndenza - riconosciuto nel dibattito professionale, tecnico, specialistico. Ma co n la massa (le masse non organizzate) si viene rinviati all'individuo gregario. Questo sarebbe il momento per introdurre la questione se la vera distinzione fra

destra e sinistra non passi per una diversa definizione del ruolo del partito, del programma e dell'educazione. Certo che l'indifferenziazione viscerale e greg aria serve il Potere, quale che sia, e tutte le sue forme istituzionali. Ma anch e certo che essa serve in primo luogo il capitalismo. Oggi di buon gusto non evo care le differenze fra le democrazie popolari dell'Est e le societ liberali dell' Ovest se non in termini tecnici: capitalismo di Stato in un caso, capitalismo pr ivato nell'altro, dove la relativit della distinzione dipende dalla forte presenz a nel mercato mondiale e da un espansionismo certo nel primo caso, dal ruolo dir igenziale e spesso dirigistico dello Stato nel secondo. Non sacrificheremo qui c he il tempo di una parentesi al punto di vista di Sirius, alla tentazione di una scorciatoia storico-sociologica (che consente ad alcuni di mettere sullo stesso piano capitalismo europeo e capitalismo americano, socialismo e capitalismo, o ancora bande di cacciatori-raccoglitori indiane e lignaggi africani): dal punto di vista della libert individuale, e in nome del primato delle libert reali sulle libert formali, il potere di sinistra in quanto tale tende indubbiamente a una su reducazione, a un'integrazione ragionata, iperragionata, in un sistema di costri zione logica, di verit storica (e in questo senso totalitario); in nome del prima to delle libert formali, il potere di destra tende a una sottoeducazione, all'int egrazione con dolcezza, che va da s, in un sistema di necessit evidenti e naturali ; il socialismo, indubbiamente, differisce la scadenza rivoluzionaria totale e l a riconciliazione delle libert; ma il capitalismo che riafferma incessantemente e suggerisce indefinitamente che tutto va gi per il meglio nel migliore dei mondi possibili, identificando il necessario e il possibile, il minimo e il massimo, i l desiderio e la legge; in questo senso, oggi come ieri, la natura a destra. ISITTUZIONE, FUNZIONE, DOMINAZIONE. Ritroviamo a questo punto l'oggetto di questo saggio, che di analisi sociologica e non di proposizione politica - per quanto questa distinzione sia possibile e sostenibile: suggerire che l'efficacia ideologica e le strutture di repressione simbolica (nella misura in cui questo termine connota simultaneamente quelli d'i ntegrazione individuale e d'integrazione sociale) siano omologhe in tutte le for me sociali , in parte, ritornare a Durkheim, analizzare l'ideologia come una cost rizione strutturale indifferenziata, non farne n il prodotto n la posta della lott a di classe, grossomodo cadere sotto il colpo delle critiche che Rancire rivolge ad Althusser (5); anche opporsi ad alcune analisi dell'attuale antropologia gene rale (molto generale!) le quali, rimproverando al marxismo, da una parte, di cre dere al senso della storia, dall'altra di proiettare sulle societ primitive le cate gorie che gli servono per analizzare la nostra societ capitalistica, non sono poi da meno nel fare di queste societ (che si guardano bene dal descrivere e dal loc alizzare) l'immagine invertita della nostra, il ricettacolo privilegiato di un a rmamentario simbolico suscettibile di aiutarle a scongiurare la comparsa della le gge (Baudrillard) (6). Ritorneremo in seguito all'allegrezza teorica che permette di coniugare il simbolo e l'ossessione per rifiutare il senso alla storia. Rest a il fatto che, per quanto le produzioni della meta-antropologia contemporanea s iano rigorose e documentate in modo disuguale, esse hanno in comune (7), in nome della differenza irriducibile, la tendenza a contrapporre un tipo di societ a un altro, e pi esattamente una categoria ideologica a un'altra, il codice all'assio matica (Deleuze) o il simbolo al segno (Baudrillard). Noi cerchiamo qui di rifiu tare tutte le contrapposizioni che sono appena state ricordate; se la logica ide ologica sistematica, le costruzioni (comprese le costruzioni nel senso grammatic ale del termine) ideologiche possono al contempo dipendere da strutture omologhe e costituire delle pratiche antagoniste, essere al contempo strutturate e struttur anti; possono anche essere passibili dello stesso tipo di analisi, quali che sian o le forme di societ, dal momento che costituiscono queste forme e che hanno in c omune, attraverso la molteplicit delle loro differenti realizzazioni formali, il fatto di dire, imporre e istituire l'integrazione differenziale degli individui nel corpo sociale - il che implica anche un modo di dire e di istituire l'indivi duo. Non si tratta allora di analizzare le "funzioni" dell'ideologia (funzioni d 'integrazione eccetera); non c' l'ideologia "e" le sue funzioni, la societ "e" l'i

deologia, l'individuo "e" la societ; niente esiste prima di niente, n storicamente n logicamente; si tratta di estrinsecare le regole di concordanza che autorizzan o, in una data societ, la costituzione di tutti i discorsi sostenibili e, anche, di tutte le possibili condotte; si tratta anche, con ci stesso, di estrinsecare l a logica naturale, ammessa, implicita, delle differenze interne quando queste non costituiscono l'oggetto di categorizzazioni esplicite. Il concetto di causalit strutturale, sul quale Baudrillard ironizza pesantemente in "Lo specchio della produzione", cerca di rendere conto dei cambiamenti di eff icacia ideologica. Baudrillard, lui, si accontenta di nominare quanto avrebbe di fficolt a designare: la rottura dello scambio simbolico mediante il quale caratteri zza la societ primitiva, o ancora la frattura del cristianesimo. Deleuze e Guattari si vantano di non avere mai incontrato uno schizofrenico; Baudrillard, lui, ha incontrato due primitivi, Mauss e Bataille; forte della loro conoscenza pu decret are che i primitivi non hanno inconscio, n economia, n lavoro, n potere. Lo scambio simbolico punto e basta, che si tratti del rapporto con gli dei, del rapporto c on lo schiavo o del rapporto con la sopravvivenza biologica (Mangiare, bere, vive re sono per i primitivi innanzitutto atti che si scambiano; se non possono scamb iarsi, non hanno luogo) (8). Lasciamo questo: Baudrillard approda nondimeno a un punto interessante quando denuncia il mantenimento, da parte di Godelier (per il quale i rapporti di parentela funzionano a un tempo come elementi dell'infrastru ttura e come sovrastruttura) (9), del linguaggio delle istanze. Egli rimprovera i nsomma all'antropologo che riconosce la diversit primitiva il linguaggio del marx ista che mantiene il termine rapporti di produzione pur ammettendo che nelle socie t primitive essi non appaiono come separati dai rapporti sociali, politici, religi osi (10). A partire da "Antropologia e marxismo", Godelier (11) si spinto un po' pi lontano, parlando del modo di produzione come di una gerarchia non gi di istitu zioni ma di funzioni. Non si vede pi, di fatto, quale sia pertanto l'interesse de l linguaggio delle istanze. Se tutto funzione, tanto vale fare a meno delle stru tture e della loro gerarchia amovibile e trasformabile. La nozione di dominazione forse non necessita di questa pesante meccanica; quando Godelier scrive che, per esser dominante, un'istanza deve al tempo stesso essere plurifunzionale e occupare il posto dei rapporti di produzione o funzionare come rapporto di produzione, eg li designa una coniugazione di funzioni che costituisce semplicemente la funzione politica in senso lato - coniugazione di cui forse possibile render conto in alt ri termini. Abbiamo definito i poteri di morte come poteri sulla vita. L'ideologia liberale predica la separazione dei poteri e ufficialmente allontana dal potere alcune is tituzioni (l'Esercito, la Chiesa); noto che questa separazione e questa distinzi one sono relative e a volte formali; questo non autorizza a considerarle puro tr avestimento: esse delimitano un luogo dove si gioca una vera e propria battaglia politica; la repressione liberale non si confonde con l'oppressione fascista. M a la separazione istituzionale dei poteri non di per s il contrario del totalitar ismo; non solo perch esiste realmente o ufficialmente comunicazione fra i poteri (un ministro degli Interni esprime la sua opinione su una questione trasmessa alla giustizia e, comunque, questa trasmissione legale ed esprime il collegamento de lle componenti dell'ordine), ma anche perch la logica stessa dell'ordine pu metter e in relazione aspetti molto contrastati della vita individuale (la malattia, la vita sessuale, la religione, i rapporti giuridici) anche a costo di assegnare c iascuno di questi aspetti a giurisdizioni o a istanze differenti. Il totalitaris mo pu essere policefalo. Il dibattito sul problema dell'aborto mostra bene, per ese mpio, dove si situa il potere medico e in che cosa esso ha potuto e pu ancora ess ere assimilato a un potere definito in modo pi ampio; non solo l'aborto a essere in causa: il medico pu trovarsi nella difficile situazione della scelta (Salvate i l bambino!); il rispetto della vita allora sottinteso in modo quanto mai evidente d a una definizione molto costrittiva, molto parziale e molto istituzionale sia de lla vita sia del rispetto; questa definizione dipende dal potere del cristianesi mo, pi esattamente dell'istituzione ecclesiastica cattolica, potere la cui effica cia ancestrale non pi assolutamente n immediatamente legata alle credenze professate da coloro che lo subiscono. Parecchie malattie continuano a essere vissute come peccato e i successivi passaggi dell'istanza religiosa (che perdona), dell'ista

nza medica (che ha potuto praticare il raschiamento senza anestesia) e dell'ista nza giuridica (che condanna) chiudono, al limite, il cerchio di un totalitarismo senza debolezze. E' l'individuo che d (e non sempre prende) la misura del totalitarismo. L'individ uo sa, impara a sapere, quello che pu dire e quello che non pu dire, quello che pu fare e quello che non pu fare (cio, anche, il confessabile e l'inconfessabile, il proferibile e il non proferibile). Parafrasando Lacan: il potere strutturato com e un linguaggio. La trappola del potere si apre con le parole e si richiude sull a frase. Ogni linguaggio chiama del resto il potere, dal momento che non esprime e non impone a ciascuno se non il senso comune, lasciando all'individualit il rico rso e la risorsa rara dello stile e della poesia. Pi le catene sintagmatiche nell e quali si esprimono questo sapere e questo potere integrano dei paradigmi, pi il sistema complessivo tende verso il totalitarismo, e viceversa. A un estremo, gl i enunciati che impongono la connessione di tutti gli ordini paradigmatici (ordi ne biologico, ordine psichico, ordine economico, ordine sociofamiliare, ordine s ociale, ordine giuridico, ordine politico, ordine religioso...), inscrivendo l'i ndividuo in una totalit irriducibile a una delle sue componenti. All'altro estrem o, soltanto il grido dell'individuo solo, urlo di piacere o di sofferenza, di es istenza. Sotto questo aspetto, e per ragioni gi ricordate, molte societ non industriali (e, in modo esemplare, le nostre societ lignatiche) sono totalitarie; tutte le socie t o pi esattamente tutti gli ordini politici in senso lato tendono al totalitarism o; ma la detotalitarizzazione corrisponde a un accorciamento dei sintagmi, a una r eale frattura fra gli ordini paradigmatici, all'eliminazione di certe colonne pa radigmatiche dal concatenamento necessario dei sintagmi possibili; quando l'ordi ne sociale si libera dell'ordine naturale, l'ordine individuale ha maggiori prob abilit di liberarsi dell'ordine sociale - senza che scompaiano con ci stesso i ris chi e le ragioni dell'oppressione: il potere ha sempre bisogno di affermare se s tesso come naturale e l'autorit laica tentata di reinventare le astuzie di Dio. S i pu cos concepire la dominazione come statisticamente corrispondente all'ordine par adigmatico pi frequentemente attestato negli enunciati sintagmatici possibili, ma questa nozione non forse cos significativa come si potrebbe credere, dal momento che l'articolazione di quest'ordine con gli altri che conta ed il numero di con catenamenti possibili che d la misura relativa della dipendenza o dell'autonomia individuale. Se c' un senso della storia, esso si trova al contempo nel maggior c ontrollo dell'uomo sulla Natura (controllo affermato in ogni forma sociale e che appare, allo stesso modo della costrizione sugli individui, come il minimo soci ale necessario) e nel maggior controllo dell'individuo sulla Societ; questo secon do movimento, contrario al precedente, dialetticamente legato a esso; tale contr addizione si esprime nelle contraddizioni del potere laico, il quale pu tendere v erso l'assolutismo in proporzione alla sua laicit e assumere la forma mostruosa d elle dittature moderne. Quanto alla determinazione in ultima analisi, non c' bisogno di sofismi o di casist ica per comprendere ci che essa designa nella problematica marxista (N il Medio Evo poteva vivere di cattolicesimo n l'Antichit di politica) (12); quando Baudrillard sostiene che, se vero che nessuna societ pu vivere senza economia, molte cose potre bbero, allo stesso titolo, ricoprire il ruolo di istanza determinante: il lingua ggio per esempio (13), si sbaglia. A partire da un dato linguaggio sono astrattam ente concepibili (14) numerose forme sociali, cosa che non vera per l'ecologia e per le condizioni materiali della produzione. Ed ancora meno vera per quanto ri guarda le forze di produzione, le quali corrispondono al tempo stesso alle condi zioni naturali e alle condizioni demografiche e sociali del loro sfruttamento, d efinendo insomma simultaneamente questa soglia minima di controllo (della natura ) e di costrizione (sugli individui) che definisce il "socius". Senza dubbio, occorre nondimeno ricordare che la determinazione da parte dell'in frastruttura nel senso stretto del termine (il senso di Lvi-Strauss) una determin azione negativa; quanto all'infrastruttura in senso marxista, essa comporta gi, l o si visto, elementi di relativa arbitrariet, i quali sono collegati agli altri e lementi da una logica (ideologica) che non si riduce alla costrizione economica, giacch lo stesso ordine economico piuttosto uno di questi elementi. Determinazio

ne negativa degli elementi compatibili da parte delle condizioni naturali della produzione (nel senso in cui determinate condizioni ecologiche rendono impossibi li certe attivit economiche) e compatibilit reciproca dei diversi elementi determi nati come compatibili: tale al tempo stesso la doppia relazione e la doppia rela tivit che conferiscono senso e limiti alla determinazione da parte dell'economico . La relazione di compatibilit reciproca fra gli elementi negativamente determina ti come compatibili con l'infrastruttura in senso stretto non ha nulla di meccan ico, ma non acquista senso e non pu avere origine se non a partire dalla presa in considerazione e dalla messa in opera delle condizioni materiali della produzio ne: nel controllo tecnico della natura che cominciano, si esprimono e si identif icano simultaneamente l'ordine storico, l'ordine intellettuale e l'ordine social e. In una societ storica concreta queste condizioni materiali possono costituire esse stesse il prodotto di una storia e, in quanto tali, gravare in termini non esclusivamente economici sulla logica delle pratiche e dei discorsi. Resta il fatto che la formula di Godelier (I rapporti di produzione [...] non app aiono come separati dai rapporti sociali, politici, religiosi, di parentela) insu fficiente: a questa stregua i rapporti sociali, politici eccetera non appaiono p i separati dai rapporti di produzione. Al tempo stesso, cade l'obiezione di Baudr illard (secondo cui non ci sono pi rapporti di produzione, poich essi sono indefin ibili in quanto tali): i rapporti di produzione esistono veramente nelle societ p rimitive (cos come i rapporti sociali, politici eccetera.); non si confondono con altri rapporti, per esempio, con quelli di parentela; ritagliano "dei" rapporti di parentela, e anche "dei" rapporti religiosi e politici, cos come i rapporti d i parentela ritagliano "dei" rapporti economici, "dei" rapporti religiosi eccete ra, senza che, con questo, alcuni di essi si confondano completamente con gli al tri. Non c' dunque dominazione della parentela, ma un collegamento sistematico e totalizzante dei diversi ordini paradigmatici corrispondenti simultaneamente all a rappresentazione e al controllo della natura e degli uomini. L'UNO, L'ALTRO. IL SINGOLARE PLURALE. Da noi, anche da noi, il potere liberal-capitalista ha bisogno di natura e di ev idenza. La destra rimanda i suoi lettori, i suoi consumatori (noi tutti) a un mo ndo mitico di personaggi infraindividuali o sovraindividuali: il suo eroe ha una famiglia come noi (e lo vediamo nell'intimit con la sua signora, a casa sua, dav anti alla t.v., in "Paris-Match" o in "Jours de France", questi settimanali che sfogliamo per lo meno nella sala d'attesa del dottore, per rilassarci); meglio a ncora, ha un carattere, un lato teatrale, un profilo, un accessorio simbolico: i l cappello di Pinay o il freddo humour di Jobert. Questo vale per la classe poli tica, che si cerca di rendere bonaria, inoffensiva e persino, come fosse un atto re o un cantante, affascinante (dopo tutto, tutto questo non che politica) quand o non si ha bisogno di distruggerla; il carisma di Mitterrand o le sfuriate di M archais, per i quali sono gi pronti dei sostituti, dei passati su misura da utili zzare con cautela (poich, insomma, alcune stelle della Quinta Repubblica brillava no gi sotto la Quarta e non tutti gli uomini del potere sono stati eroi di guerra ). L'essenziale che sul volto dei personaggi si fondano e si confondano le figur e contraddittorie dell'immediatezza e della distanza; che, al tempo stesso famil iari e irraggiungibili, le individualit del potere, in proporzione alla conoscenz a intima che ci viene rivelata, non siano individui come gli altri. Quanto ai su perpersonaggi, ai miti viventi, ne abbiamo conosciuti in Francia (Ptain, de Gaull e) che raggiungevano prima della morte le grandi figure in costume (Luigi Quatto rdicesimo, Napoleone) dei libri di storia delle classi primarie, nei quali molto scarso il senso dei cambiamenti di regime. L'individuo solo (con questo termine non si intende l'uomo o la donna senza fami glia o senza amici ma colui o colei che, senza alcuna relazione istituzionale, a nche antagonistica, con il potere, si definisce al contempo come maggioritario e silenzioso) nato per la repressione. Gli si propone il modello bonario del gran de uomo politico, che ha, come quello degli eroi dei film, un lato molto realist ico. Il tal dei tali sembra molto vero, molto naturale, alla t.v.; d'altronde si a pplica, migliorando la sua dizione fino a lasciare cadere, con una calma compost

a, solo parole levigate e regolari, bolle arrotondate, lavorate, soffiate dall'a rco della bocca, cristallo il cui suono puro non inganna. Nel cielo delle idee e nelle paludi della politica non coglie che evidenze. Al tempo stesso, irraggiun gibile ineguagliabile e, per cos dire, impensabile a furia di essere presente, di essere "tout court", tanto mitico quanto il principe Malko (15) o Hubert Bonnis seur de la Bath (16). Potete anche denunciare la sua politica (o la politica), l a sua persona (o i politici) ed essere scombussolati se per caso - queste cose a ccadono: ci si mostra, si inaugura, si cena in citt - l'incarnazione del Potere v i incrocia e vi porge la mano. Potete, voi studenti contestatori, irrigidirvi e rifiutare la mano, navigare in pieno simbolismo a vele spiegate, ma vi sentirete pur sempre a disagio davanti a questo individuo in carne e ossa il cui stupore stanco vi riduce tutto d'un tratto alla mediocrit, alla presunzione, alla scorret tezza cattiva, al vuoto astio. Non pi simbolo, ma concretezza, una cos modesta con cretezza: la stessa differenza che c' fra la morte e un cadavere, fra la rivoluzi one e uno sparo. Sennonch, in fin dei conti, nella vita comune (quella che passa veloce e in cui n on rimane senza fiato che l'individuo) non s'incontra tutti i giorni il presiden te della Repubblica; ai livelli inferiori della gerarchia, i capi si curano meno di essere umani, concreti, unici (molto spesso si conoscono fin troppo bene le lo ro miserie, i loro tic e le loro cravatte) che di guadagnare in potenza simbolic a (Rispettate almeno la veste che porto, ripete meccanicamente il vescovo Louis Jo uvet in "Drle de drame", e questo non buffo se non per il fatto che l'ha scambiat a con una gonna scozzese. Non rispettate la veste che non porto, dice il president e in maglione, volendo indubbiamente suggerire che l'abito non fa il presidente. A partire da questa affermazione dovrebbero potersi studiare i rituali d'invers ione). L'evidenza quotidiana dei passaggi di potere pi dura e meno "coquette"; il presidente-direttore generale viene poco a contatto con la folla (non ci sarebb e folla) e il caposervizio non al vostro servizio, bench egli possa operare anche nell'inversione e nei jeans sbiaditi a partire dal preciso momento in cui si co nvince della realt del suo potere - sia pure parodistico e, per esempio, accademi co. L'illusione di un vero dialogo con il Potere non si ritrova che nella solitudine , davanti alla radio, alla televisione - gli animatori fingono di resuscitarla a ogni istante; oppure, ancora, nella folla solitaria, nel treno, nel metr, attrav erso ci che rivela del machiavellismo della politica internazionale il cinismo af fascinante delle spie da romanzo. La letteratura di massa, come si suol dire, pr esenta individui eccezionali (di una perfezione per addizione sulla quale ritorn eremo) ai quali si rivelano, alla fine delle loro avventure planetarie, i retros cena, le regole segrete del grande gioco politico. SAS al tempo stesso Machiavel li, Nixon e Tarzan, poich il colmo della beffa (essendo la regola del genere che le preoccupazioni strettamente umanitarie o morali appaiano come ingenue) anche il colmo della seriet: il cinismo ha ragione, ma le sue ragioni, come quelle del cuore, non devono essere conosciute. Tra Miromesnil e Chausse d'Antin, quante Yalta a ccettate, quanti omicidi compiuti, quanto disgusto sublimato. Le otto di sera. L'ora di ristorare le forze, di riprodurre la forza lavoro. L'o ra delle notizie, anche. A volte, l'ora del discorso. Il presidente o l'aspirant e alla presidenza appare sullo schermo, semplice e distinto. Dice: Buona sera sig nora, buona sera signore. Questo singolare universale, questo universale al singo lare in effetti ben strano (17); se ne riconosce l'intenzione, o piuttosto la si intuisce; essa disturba; da sola, costituisce un prodigioso bricolage metafisic o, la trinit moltiplicata all'infinito, ma ad altezza umana; signore (o signora), sono io: l'ascoltatore (o l'ascoltatrice, salutata per prima, prima di lui, all'i nverso delle formule stereotipate del genere Signori e Signore); sono io, io che s eguo e tutti gli altri: io, evidente (mi si interpella, dunque sono), e tutti gl i altri, poich so bene che anche loro sono all'ascolto. La formula abbozza il lim ite impossibile dello spossessamento e dell'eccedenza individuali, che dipende d alla mistica essenziale, essenzialista (Ama il prossimo tuo come te stesso). Il pr esidente o l'aspirante alla presidenza parla ancora, cerca il mio sguardo, e pre cisa in una frase le dimensioni della metonimia: Ho voluto guardare la Francia di ritto negli occhi; ed me che guarda! Lui lo Stato, la Francia sono io. La Francia

la si conosce: ogni francese ha imparato a riconoscersi nelle sue qualit fondame ntali e nei suoi difetti recuperabili. Forza Francia! Madre delle arti, delle ar mi e delle leggi, alchimista dai sottili talenti che tramuta le disfatte in vitt orie, i disordini in ordine; Francia, paese dell'ordine che vive sulla reputazio ne del 1789 - a questo punto una parentesi, una precisazione: che non si veda in queste parole alcuna particolare ironia; la Francia qui non che esemplare. De G aulle prima dei cinesi e prima di SAS ha ridotto gli scontri ideologici all'urto di egoismi nazionali; non rimane che pensare a cosa possa essere un egoismo nazion ale. L'equazione Francia = io, simbolo di tutte le banalit (li si vinti, li si vin cer ancora), nondimeno una formula mirabile; che ciascun individuo porti in s e pr enda su di s, esprima e assuma gli errori e le sventure della collettivit, ecco, p roprio il rovesciamento metafisico essenziale: quello del cristianesimo, della p ubblicit, della propaganda e del potere. Il vero politico sa, come hanno sempre saputo i politici delle societ lignatiche, che fondamento del potere sulla societ il potere su ciascuno degli uomini presi individualmente nella loro realt sociale, mentale e biologica. Il Potere esige ch e Ego sia responsabile e risponda di tutto quanto accade alla sua societ, nella s ua societ. Inversamente, ma in modo complementare, tutto ci che accade a Ego rigua rda la societ. C' inflazione ed Ego spreca (se ha una coscienza - coscienza, termi ne dalle connotazioni contemporaneamente intellettuali e morali -, egli tradurr: io spreco, dunque c' inflazione). Forse resister a questa semplificazione; l'infla zione non lo tocca sempre nell'intimo. La sua resistenza sar minore quando lo si colpir nel corpo: Ego ha mal di pancia, se ne occuper l'ospedale, malgrado il defi cit della previdenza sociale - il concetto di deficit applicato a servizi pubbli ci ha obiettivi ed effetti che superano di gran lunga il calcolo economico; esso fa dell'utente un consumatore scorretto (se non consumasse troppe medicine...) e dello Stato un'entit estranea a coloro la cui aggregazione presumibilmente lo c ostituisce, un'entit nondimeno benevola, che tappa i buchi creati dagli individui nel bilancio, che riversa dall'esterno una inestinguibile manna per porre rimed io agli abusi di un consumo individuale eccessivo. Esteriorizzato e moralizzator e, esso coinvolger ciascuno di noi nel tentativo di colpevolizzazione: duecento m orti sulle strade e voi non mettete la cintura di sicurezza! - anche lo speaker guarda la Francia diritto negli occhi. Degli incidenti sul lavoro, altrettanto m ortali (18), non parler cos spesso (19), poich, essendo di genere diverso, sono anc he pi difficili da mettere al singolare/plurale. La dattilografa o il capo contab ile non si sentono facilmente responsabili di un'esplosione di grisou o del crol lo di un ponteggio. Inoltre, l'evidenza degli errori e delle insufficienze tecni che trasforma spesso gli accenni di colpevolizzazione in protesta, in contestazi one: l'incidente sul lavoro vissuto raramente in solitudine, in quanto produce u na solidariet professionale immediata, a caldo. Al limite fra lavoro e consumo, i l camionista, molto spesso coperto d'insulti perch anche un "utente" della strada come gli altri, esemplare, anonimo, individualizzato dai suoi errori. Lui avreb be dovuto rallentare, loro avrebbero potuto segnalare la svolta. Non conosciamo il primo pi di questi altri misteriosi. Da questo singolare a questo plurale la transizione d'altronde facile: i camioni sti sono sorprendenti, i camionisti vanno troppo veloce, il camionista ha preso male la curva. La logica dell'ideologia capitalistica binaria: essa procede allo stesso tempo p er prescrizione e per proscrizione. Tutto accade come se occorresse al contempo che il cittadino consumasse e si sentisse colpevole per questo. La macchina, pri ma dell'ultima crisi, era l'oggetto di una pubblicit sistematica di cui certi tem i vengono oggi attenuati a vantaggio di altri: si parla meno di velocit, un po' p i di economia, sempre di nervosismo, di comfort, di libert; l'automobile inoltre u n'industria nazionale, un simbolo di riuscita nazionale. Parallelamente, si svil uppata in fretta la tematica della prevenzione stradale: luci puntate sugli inci denti, sui morti e sui feriti, sui pirati della strada, certo, ma ancora di pi su lle intime debolezze di ciascuno: visione incerta di sera, sensazione illusoria di guida facile dopo una bevanda alcolica, gusto della velocit, voglia di dormire . La loro evocazione a proposito degli incidenti altrui tende a sottolineare la potenziale colpevolezza di tutti e di ciascuno. Gli incidenti succedono solo agli

altri, si ritiene pensino gli imprevidenti a cui viene ricordato come, al contra rio, siano parti in causa negli incidenti degli altri. Questa colpevolizzazione intensa ed estesa, le moralit parziali e vigorose che tali debolezze suscitano in m olti (i quali denunciano le imprudenze o l'incapacit degli altri e li giudicano i n base alla loro condotta) (20) non interessano al Potere fino al momento in cui, come dicono quelli che ne hanno diverse, ciascuno ha la sua macchina. Poich la macc hina, questo sogno di evasione individuale, di libert individuale, si generalizza, essa deve essere luogo e materia di repressione; nulla di quanto individuale pu e ssere estraneo al Potere, e la condotta automobilistica un'espressione dell'inti mit individuale; essa tradisce il nervosismo o traduce il sangue freddo, si fa me no sicura di s con l'et; prolungamento del corpo (maschile, il pi delle volte), la guida uno stato d'animo. Facile quindi immergerla nei simboli repressivi; la mac china simbolica della prevenzione-repressione stradale coi suoi segni imperativi si rivolge a tutti e interpella ciascuno. Gli agenti in moto che Cocteau aveva trasformato in angeli della morte spuntano d'un tratto nei retrovisori; il fluss o delle macchine rallenta, si dispone in file, si mette in ordine; ognuno, quind i, teme di essere quello che un gesto imperativo sta per sottrarre dal flusso e che sa (malgrado, a volte, i dinieghi, le spiegazioni, le proteste educate) di a vere torto, che sa come una mancanza recente e gi quasi dimenticata, messa da par te, lo incalzi da dietro, lo sorpassi e lo blocchi nella sua individualit una vol ta tanto riconosciuta, ma riconosciuta colpevole. Fermato, pu liberarsi per un mo mento della cintura che lo fissa al suo posto e nel suo ruolo (sicurezza obbliga toria, tant' vero che n la sua salute n la sua vita gli appartengono: esse ci costa no abbastanza care), ma non se ne libera che per soffiare in un palloncino, per esprimere con un sospiro il suo grado di alcolizzazione e di colpa. Respiro e sp irito ancora confusi sono l'oggetto di un giudizio di Dio, da cui l'individuo us cir discolpato solo se i rivelatori che gli insegnano a conoscersi non cambiano c olore. Tutte le sostanze che penetrano nel corpo si prestano al trattamento ideologico - tutto ci che si ingoia o si fuma, s'insinua, si mescola al sangue e al respiro o rode i polmoni, il fegato, le viscere: le analisi degli escrementi e delle sec rezioni, le analisi del sangue e le radiografie rivelano strane presenze interne , e il male cresce nel corpo come il frutto di una mostruosa fecondazione. Masch ile o femminile che sia, il corpo si lascia penetrare e invadere. Che una nota d i biasimo si leghi al consumo di certe sostanze (e le conseguenze supposte nefas te della loro assunzione bastano alla formulazione di questo biasimo): l'evidenz a della sofferenza far il resto - il resto, cio l'identificazione del male fisico e del male morale. Tuttavia (per quanto riguarda, per esempio, l'alcol e il taba cco), da una parte questa sofferenza pu essere quella degli altri, dall'altra gli inviti al consumo sono molteplici. Per colui che beve senza danno, l'apprension e sostituisce la sofferenza (mantenuta a volte dalla fitta fuggevole in un punto a sinistra, a destra, un po' pi in basso, o dalla palpazione disincantata di un dottore che ne ha viste ben altre) e la commiserazione sostituisce la colpa (for te del sostegno di una pubblicit che invita "anche" a bere: chi beve, beve con ra gionevolezza e in ogni caso meno di un altro che, invece, un incosciente). Cos si delinea lo spazio angusto in cui prova a infilarsi con un po' di vergogna l'ind ividuo stretto fra prescrizione e proscrizione, malato di desiderio - malato di un desiderio di cui gli viene detto a sufficienza che non ne conosce se non le m etamorfosi estreme (beve per dimenticare), un desiderio che non riesce a definir e e rifiuta di qualificare, come sempre. E' cos che si sviluppano le provocazioni-repressioni della societ liberale; gli sn obismi non nascono se non con lo snobismo inverso e contrario; la crescita dello snobismo gastronomico si accompagna all'ossessione della linea. Il vecchio cogn ac un simbolo di virilit, ma solo la purezza delle acque minerali garantisce ques ta propriet interna il cui pensiero apparenta Evian a Lourdes e la cui ossessione conforta le grandi equazioni nosologico-repressive: pulizia = purezza, malattia = male. Il cuore dell'uomo pieno di immondizia, scrive Pascal. Vittel, Contrex, Perrier rincarano la dose: tutto il corpo dell'uomo pieno di immondizia, di tos sine che lo invadono, lo appesantiscono, lo bloccano. La pubblicit per le acque m inerali accosta, in disegni approssimativi o fotografie ritoccate, l'uomo che fa

bene pip, con un getto la cui parabola esprime un'arrogante virilit, a colui che nulla pu e il cui volto esprime con sufficiente chiarezza come sia roso dalla sti zza e dall'angoscia. Queste immagini toccano abbastanza da vicino l'intimit biolo gica ed evocano malattie abbastanza frequenti e dolorosamente reali, mortali, af finch la loro subdola efficacia sia fuori di dubbio: su parecchi tavoli di bevito ri di vino, una bottiglia d'acqua minerale non iniziata, o appena iniziata, scon giura l'angoscia, simbolo feticcio di una societ dei consumi contrari. Consumi al plurale, dato che l'opposizione non fra consumo e astensione bens fra consumo vo lgare e consumo di lusso: consumare meno consumare meglio o pi caro. L'acqua mine rale pi cara del vino da tavola, il pane dietetico pi caro della "baguette", i prodo tti scremati pi cari degli altri, le sigarette senza nicotina pi care delle Gauloi ses. Queste differenze non sono prive di effetti. E' chiaro che il binomio prescrizione/proscrizione, il "double bind" (21) di cui parlano i sociologi, non nasce dal complotto deliberato di qualche volont sogget tiva: il monopolio Renault, il ministro degli Interni, il monopolio dei tabacchi , Gault et Millau eccetera. Ma questi nomi sono anche il simbolo di un sistema d i segni e di costrizioni; designano altrettanti portavoce di un'ideologia di fun zionamento (individuale e sociale) le cui configurazioni contano tanto quanto i temi; i temi hanno in comune il fatto di toccare l'intimit biologica dell'uomo e dunque di concernere specificamente ogni singolo individuo, giacch trattano del c onsumatore in generale, del consumatore al singolare/plurale; le configurazioni hanno in comune la loro polarit. Nella nostra societ senza obbligo religioso le co ntraddizioni individuali, che sono tutte delle figure del rapporto con gli altri (l'un-l'altro, interno-esterno, piacere-sofferenza, vita-morte, desiderio-altro desiderio), sono sufficienti, come nelle societ lignatiche, all'elaborazione e a ll'efficacia della costrizione sociale. SAS O LA PERFEZIONE PER ADDIZIONE. L'eroe della letteratura di massa, cio dei romanzi di spionaggio, ha la caratteri stica di cancellare le contraddizioni. Superindividuo, raggiunge la perfezione p er addizione. Prodotto del consumo eccessivo (SAS, OSS 117 fanno tirature record e ravvicinate, e ogni copia letta da molti), il superuomo del consumo l'eroe di tutti i consumi, uomo dell'accumulo, non della contraddizione. SAS viene sempre dipinto in modo realistico; principe e agente segreto ma non per questo meno uo mo: le sue armi, le sue bibite, i suoi itinerari e le sue attivit sessuali costit uiscono l'oggetto di descrizioni tecniche e minuziose; nessun dettaglio delle su e avventure inverosimile; l'inverosimiglianza, non immediatamente percepibile, n on nasce che dall'accumulo incessante di performance incompatibili o contradditt orie; nell'immediato questo accumulo si presenta come il culmine della virilit, d el coraggio, dell'intelligenza. SAS un essere naturale; la sua spigliatezza non acquisita, lui di razza; tuttavia la sua naturalezza deriva anche da un accumulo di saperi; padroneggia tutte le tecniche; la sua cultura non si limita alla con oscenza della sua panoplia professionale; spara con il fucile, con la pistola, c on il bazooka, guida macchine, aerei, elicotteri, ma parla anche diverse lingue, conosce il cuore dell'uomo e conosce i retroscena della politica mondiale. In l ui sovrannaturale e sovraculturale si confondono. Sfugge alle costrizioni fisiol ogiche; certo non privo di debolezze - bisogna che rimanga umano; gli capita di farsi intrappolare, di perdere una battaglia, di soffrire, di farsele suonare e fa rsi rovinare; ma recupera all'istante e ritrova, con il suo dinamismo, la sua presta nza intatta e senza macchia. Fa l'amore per umanit, all'occasione, e non senza co ndiscendenza, non avendo mai incontrato donna che non anneghi subito nei rifless i dorati del suo sguardo chiaro; non si pu negare che abbia solo l'imbarazzo dell a scelta; non conosce affatto l'imbarazzo e non sceglie che il suo momento; sedu ce tutte le donne - per tenerezza, per sadismo, per caso - ma generalmente padro ne del suo desiderio si sa anche astenere, a costo di far soffrire quelle che so gnano di essere appagate da lui, che si offrono a volte per spiarlo o per tradir lo ma il cui piacere, certo, non inganna. Almeno in via generale, da qualche tem po SAS diventato forse pi passivo e al tempo stesso pi sensibile alle grazie femmi nili, anche esotiche; nei suoi ultimi romanzi subisce pi con sorpresa che con con

senso libert che qualche anno fa non avrebbe tollerato. Ne subisce pi di quante no n se ne prenda. Ma ci non va visto come un effetto dell'et: SAS immortale e non in vecchia; egli segue l'attualit, da Cuba al Libano, dallo Zaire al Cile, ma sono g i pi di dieci anni che si mantiene all'apice della maturit conquistatrice (quarant' anni...). Semplicemente, segue la moda cos come l'attualit; diventato, anche lui, un consumatore di erotismo, un "amateur" di esibizionismo, di colpi di frusta e fellazioni. Anche in questo campo tenuto a essere esemplare e a non vivere di im maginazione. Tutti questi episodi gli passano sopra senza lasciargli un segno. S enza memoria n fatica, egli si ritrova nuovo al principio di ogni capitolo. Distribuisce la morte come l'amore: senza piacere n compiacimento, ma generosamen te. Esplode in ogni istante (pioggia di sperma, di pallottole, di colpi) ma al r iparo dalle conseguenze. Non uccide se non costretto. In queste occasioni prova un profondo disgusto per ci che fa, che piuttosto un disgusto per coloro che ucci de. La morte degli altri deriva da una necessit che a volte favorisce senza per q uesto confondersi con essa, ma i morti stessi - vili, delatori, traditori, sadic i - sono ignobili e brutti: l'orrore dei cadaveri esprime il fetore delle anime; e quei morti, spesso, sono di colore o, peggio ancora, meticci - meticci, sangu e misti immischiati in ci che non li riguarda e che vogliono, tuttavia, credersi parte in causa. SAS razzista, di un razzismo che trasuda a ogni pagina ma non ma i oggetto di teorizzazione, che sembra scaturire in modo naturale dalla triste c onstatazione delle evidenze; diciamo che SAS meno razzista del suo autore, Nettu no di questo oceano di sesso e di sangue dove naviga la fragile barchetta della libert che minaccia a ogni momento di finire nelle mani viscide di libanesi libid inosi, di neri bestiali, di asiatici viziosi, di uomini panciuti dal sorriso cru dele, sensuale e scaltro, ma trasudante angoscia quando la paura fa stralunare i l loro sguardo sfuggente, quando, precedendo di una frazione di secondo la pallo ttola precisa della sua pistola ultrapiatta, li trapassa lo sguardo d'acciaio di Sua Altezza Serenissima. Allietano questa fauna, riposo del guerriero, fantasma del lettore, esca eterna della spia, a momenti tanto cieca quanto Guignol davan ti al gendarme, delle donne, tutte le donne, ammirevoli creature, sensuali per d efinizione, animali per natura, sopraffatte dagli eventi, dominate da un corpo ( corpo splendido, sodo, provocante) con cui credono di poter giocare fino al mome nto in cui restano vittime delle sue esigenze (corpo insaziabile, affamato, bruc iante) o dei colpi a volte mortali, sempre gravi, della forza maschile (corpo an sante, slogato, abbattuto, deformato-ripugnante). L'umanit esotica non che il sottoprodotto dell'umanit; la femminilit non che il sot toprodotto della mascolinit. Fascismi esotici e comunismi esotici hanno in comune la loro essenziale mancanza di seriet: essi abbozzano in politica una pretesa di efficacia occidentale tanto ridicola quanto la pretesa pi fondamentale della sot to-umanit esotica di umanit "tout court" e di bellezza, in confronto allo splendor e senza pari del grande sogno biondo nordico. Alcuni abbozzi pi riusciti (SAS ha sempre il suo cubano, il suo libanese e anche il suo negro) non attenuano in nulla il manicheismo complessivo; allo stesso modo, alcune donne raggiungono talvolta la grandezza virile. In questa giungla vischiosa, che gli ispira necessariamente pi disgusto e indifferenza che odio, SAS, temibile felino, s'aggira silenzioso e at tento, senza curarsi delle erbe che calpesta, dello spavento che sparge, della p reda che abbatte. Cerca la sua vera preda, la quale pu farsi cacciatore. Angelo s terminatore, Ponzio Pilato del grilletto, san Michele Karateka, uccide senza spo rcarsi le mani, senza mettere altra attenzione che quella tecnica, fino al giorn o in cui si scontra con altri grandi rappresentanti della lotta dei valori che, pure loro, hanno seguito la pista. Certamente la lotta politica; SAS un agente d ella CIA, ma i grandi agenti segreti dell'Est e dell'Ovest hanno in comune la lo ro calma autorit, la forza fredda e la determinazione. Si conoscono e si stimano, individuano e apprezzano da conoscitori le tracce delle loro rispettive imprese . Neppure la spia sovietica uccide volentieri, essa possiede la stessa eleganza felina e raffinata che fa il fascino di SAS - l'eleganza prodotto di cultura, ma che esprime una superiorit di natura, quell'eleganza che d la stirpe: fra di loro si stabilisce, se non una simpatia, almeno la complicit delle grandi fiere. Di questo mondo senza Dio, questi eroi sono i santi laici e senza fede; il solo dio a essere evocato (il Vecchio, il Padrone a capo dell'organizzazione) colleri

co e cinico come un dio omerico; il solo vero dio la necessit, l'ineluttabile iro nia che impone la vita agli uomini, la societ all'individuo e l'Occidente al mond o. Ma la ragione di queste insensatezze non si discute. SAS non offre ai suoi le ttori lo spettacolo debilitante della minima crisi di coscienza; se gli succede di preferire i suoi avversari ai suoi alleati, fa in modo di aiutare i primi sen za tradire i secondi. Le sue occasionali qualit - un'ombra subito fugata di stanc hezza, un pizzico di scetticismo, la sensibilit alla bellezza d'un viso, al fasci no d'un bambino, alla crudelt della vita - lo distinguono sottilmente dai suoi om ologhi e rivali, pi meccanicamente duri, pi rigidamente convinti della bont della l oro causa, pi settari e meno morali. Cos, la causa senza ragione per la quale si b atte appare progressivamente giustificata: ha l'evidenza di fatto di una realt na turale e l'esistenza di diritto del male minore; ha per se stessa questa parvenz a di distanza e di humour che mostra il suo agente speciale, il quale ne relativ izza la fondatezza ma al tempo stesso la addobba con le grazie insidiose dell'in telligenza. Mai tanto brutale quanto potrebbero far credere le sue funzioni, mai tanto debole come potrebbero far credere le situazioni d'impotenza in cui a vol te si trova, SAS un seduttore; non mai quello che si crede; quando la sua masche ra cade, lui non rivela che un'altra maschera; come i dottori, sa che meglio nas condere la verit a coloro che non la possono sopportare e mente parecchio a color o che ama un poco; ma nulla, nel suo gioco, assomiglia allo scrupolo o all'indec isione. Nemmeno le incertezze della pratica lo sottopongono alla prova della con traddizione. Beve e fa a pugni, fuma e corre, mangia e nuota; il suo corpo glori oso a immagine del suo spirito, che non conosce n la fede n il dubbio. Come non de siderare questa invulnerabilit? Ma come immaginarla? Immagine deludente di una pe rfezione irraggiungibile, Malko, Coplan, Bonnisseur de la Bath ignorano in modo cos provocatorio le leggi della gravit biologica e sociale, disprezzano in modo co s superbo il binomio prescrizione/proscrizione (obbediscono sempre ma si concedon o tutto) che ne ricordano e ne esprimono in ogni istante la necessit per tutti gl i altri. I loro autori, del resto, aspirano a loro volta allo humour e invitano a sognare allegramente i fantasmi che essi destano. LOGICA LIGNATICA E LOGICA DELLA SOCIETA' DEI CONSUMI. Questo uno-due repressivo, che scongiura e conforta l'eroe della letteratura a u so popolare, Baudrillard l'ha descritto nella "Societ dei consumi", dove, gettand o le premesse della sua critica dell'economia politica del segno, analizza alcun i temi del codice repressivo liberale. Ma gi la lettura della "Societ dei consumi" ispirava un senso misto di piacere, di interesse e di fastidio di cui la letter atura meta-antropologica doveva, di l a poco, aiutare a precisare le ragioni. Bau drillard evoca, per esempio, il tema dell'automobile e della circolazione, e deg li imperativi contraddittori a esso attribuiti ([...] promozione senza limiti del consumo individuale, appelli disperati alla responsabilit collettiva e alla mora lit sociale, obblighi sempre pi pesanti...) (22). Egli collega questo contrasto al fatto che il consumatore gi, poich consuma, all'apice della responsabilit sociale: non gli si pu chiedere un'altra forma di responsabilit senza creare una contraddiz ione. Questa contraddizione verrebbe d'altronde percepita in quanto tale dal con sumatore, almeno in modo confuso: I milioni di consumatori, in virt di una qualche parte del loro subcosciente sociale, hanno una specie di intuizione pratica di questo nuovo stato del lavoratore alienato, essi quindi traducono spontaneamente come mistificazione l'appello alla solidariet pubblica, e la loro tenace resiste nza su questo piano non fa che tradurre un riflesso di difesa "politica" (23). L' automobile , in effetti, uno di quei settori autonomi, parcellizzati, dove la repre ssione pu funzionare per il Potere con tanta pi efficacia da presentarsi immediata mente come apolitica. La contestazione del consumatore (e per esempio i segnali che si fanno gli automobilisti con i fari, come tante strizzatine d'occhio compl ici, per avvisare della presenza della polizia lungo la strada) si disperde, si smorza e perde vigore, per quanto lui accetti la separazione di generi che gli v iene imposta: io sono un oppositore, ma vado troppo veloce. E se vero che l'ecce sso di velocit non deriva da una guida rivoluzionaria, anche vero che la repressi one poliziesca sulla strada rappresenta, prolunga o precede una repressione pi pr

ofonda. E un po' ci che sottolinea Baudrillard quando nota: Non sommergendo gli individui sotto il comfort, la soddisfazione, lo standing che il consumo smorza la virulen za sociale (ci legato alla teoria ingenua dei bisogni e non pu rinviare che all'as surda speranza di rendere le persone pi misere per vederle ribellarsi), piuttosto "addestrandoli alla disciplina inconscia di un codice" [...] (24). Ma questo cod ice, non forse esattamente quello di ogni sistema sociale, il codice del potere, del sapere e della parola, l'ideologia? Baudrillard stesso stabilisce il parall elo fra i rituali gerarchici o religiosi delle societ primitive e il consumo che pu s ostituirsi da solo a tutte le ideologie e, alla lunga, assumere da solo l'integr azione di tutta una societ (25). Questo parallelo, affrettato e frequente nella "S ociet dei consumi", deve metterci in allerta. E' degno di nota che i paragoni con le societ primitive vengano cos spontanei a un autore che intende evocare i carat teri specifici della societ dei consumi, salvo non menzionare l'economia delle so ciet primitive, come alcuni meta-antropologi contemporanei, se non a partire dall 'unico articolo di Marshall Sahlins scritto in francese, dove quest'ultimo si az zardava a qualificare i cacciatori-raccoglitori, condannati dal loro stile di vi ta al consumo immediato, come prima societ dell'abbondanza (26). Non si possono pre ndere le societ primitive come esempio di una cosa e al tempo stesso del suo cont rario, postulare contemporaneamente a loro riguardo la funzione integrativa dei riti e la trasparenza dei rapporti sociali: affermare che il consumo una forma i deologica specifica non equivale ad affermare che esso costituisce un'ideologia del potere strutturalmente e funzionalmente diversa dalle altre: anzi, il contra rio. Del resto, l'individualit di sintesi, il cui sviluppo, per non dire la genesi, vien e legato da Baudrillard all'azione della pubblicit, non pu non evocare qualcosa di gi noto, di gi incontrato. L'astuzia della pubblicit, ci dice Baudrillard, consist e nel fatto che essa non si rivolge mai all'uomo solo, ma all'uomo nella sua rela zione differenziale: [...] essa convoca sempre i vicini, il gruppo, l'intera socie t gerarchizzata nel processo di lettura e di interpretazione, nel processo di sfr uttamento da essa instaurato (27). Ma arrivare a ognuno in funzione degli altri, identificare assimilando, non forse il processo stesso di ogni ideologia? Baudri llard commenta una formula pubblicitaria superriflessa: Personalizzate voi stessi i l vostro appartenere a voi stessi! (28): per lui, la persona, in quanto mito della tradizione occidentale, appena stata spazzata via dal nostro universo funzionale ( 29). Si prova a ricostituire questo essere, perduto a causa della forza dei segn i, con la logica delle differenze molteplici ma non infinite degli oggetti di co nsumo: si personalizza la macchina, il colore o il taglio dei capelli eccetera; ricostituendo a partire da questi diversi elementi un'individualit sintetica e ar tificiale. Ma non forse normale che la pubblicit ci presenti come dato il risulta to a cui mirano tutte le ideologie? Individui che sono cos simili da dover rivend icare la loro identit (anche se sono cos diversi da credere alla loro somiglianza) . Anche il membro del lignaggio si definisce mediante la somma delle costrizioni poste dall'entourage. Bisogna allora pensare che l'ideologia del consumo agisca in senso contrario al cristianesimo quando esso erode le articolazioni della so ciet lignatica? Il cristianesimo cancella le differenze legate all'inscrizione de ll'individuo nel tempo e nello spazio; deterritorializza. Ma queste stesse differe nze si trovano in relazione sistematica: l'una si definisce per mezzo dell'altra ; il registro delle differenze non illimitato e le strategie sociali contribuisc ono a creare situazioni: se l'individuo del lignaggio quello che , perch "dov'", al l'incrocio delle linee di sangue e di forza, dell'alleanza e della discendenza, dell'ereditariet e dell'eredit. L'ideologia lignatica intrattiene con l'individuo un rapporto paragonabile a quello che l'ideologia del consumo intrattiene con l'in dividualit di sintesi; il "bricolage" sintetico parte del suo discorso esplicito. Inoltre, n l'anonimato del consumatore n quello del soggetto (30) di lignaggio (cos come lo ritraggono le teorie generali e "a priori", indifferenziate, dell'eredit ariet, della malattia o della morte) stanno a significare l'indifferenziazione de lle situazioni. Da nessuna parte le teorie della persona parlano degli individui reali pi di quanto parlino dei rapporti di forza sociali di cui esse sono un ele mento.

In ci consiste l'insufficienza di una teoria della repressione binaria del tipo p rescrizione/proscrizione. Non tutti sono integrati allo stesso titolo in questo sistema binario - e le modalit d'integrazione fanno a loro volta parte del sistem a: proprio qui la difficolt circolare di ogni sistema, quella che Bourdieu affron ta quando si rif a Weber per sottolineare il ruolo delle classi strutturanti o qu ando rammenta i virtuosi del sistema. Per Baudrillard, cos come il Medio Evo si e quilibrava su Dio e sul Diavolo, il consumo inseparabile dalla sua denuncia, che egli finemente qualifica come residenza secondaria dell'intellettuale (31). Baudr illard ha certamente ragione quando traccia questo parallelo Dio/Diavolo, Consum o/Denuncia, e ricorda, citando Stuart Mill, che ai nostri giorni il semplice fatt o di dare esempio di anticonformismo, il semplice rifiuto di piegare le ginocchi a davanti agli usi in se stesso un servizio (32), ma nel farlo tocca un aspetto i mportante del problema fondamentale della struttura e dell'efficacia ideologiche (quello dell'inversione, ritualizzata o meno) che non specifico della societ dei consumi. Con il consumo e la sua denuncia, come con Dio e il Diavolo, ci trovia mo gi al di l della bipolarit prescrizione/proscrizione, nell'astuzia del discorso chiuso in cui il negativo non mai l'inverso. Denunciare il consumo consumare lus suosamente; parlare del Diavolo parlare di Dio; parlare degli stregoni parlare d ei lignaggi, non nei termini di un inverso che riflette un diritto, bens di uno d egli elementi di un concatenamento sintattico. Se il linguaggio delle istanze ci condanna a una descrizione meccanica dell'efficacia ideologica, l'opposizione d ell'inverso e del diritto o quella del pro e del contro ci condanna a definizion i tautologicamente funzionalistiche dell'inversione. La letteratura etnologica a bbonda di tautologie di questo tipo che giustificano le credenze con le loro fun zioni e spiegano le funzioni con le credenze. L'inversione pone problemi in primo luogo perch non mai veramente inversione. Gli snobismi forniscono la prova che le inversioni non sono mai totali e che forman o un sistema con il resto. Le societ lignatiche ci forniscono a questo proposito tanti esempi quanti la societ dei consumi: per alcuni bene lasciar intendere che sono forse stregoni; la loro posizione li mette al riparo da ogni accusa, non tr aggono dalle voci che il prestigio che vi associato: passano dalle voci alla fam a. Ma il vecchio miserabile o l'ultimogenito di un ramo cadetto non avanzano di queste pretese se non per rovinarsi. Da noi il grande politico pu mettersi un mag lione, l'uomo ricco o influente pu fare allusioni colte alla sua natura modesta, passando discretamente e alternativamente da una parte all'altra della barriera con un movimento, propriamente, di seduzione (no, no, io non sono colui che cred ete... n cos semplice, n cos complicato) (33); ma l'uomo senza mezzi (senza mezzi pe r pagare o farsi intendere - mezzi: parola mirabile) non deve manifestare la sua natura ambiziosa (i suoi discorsi e la sua condotta sarebbero fuori luogo, se n on addirittura inquietanti) n vantare la sua modestia (i suoi discorsi sarebbero in certo qual modo ridondanti, pleonastici, oppure ugualmente inquietanti: sospe tti d'inversione). All'uomo modesto (anche in questo caso si ammirer con un termine d'uso comune la confusione delle connotazioni finanziaria e morale) la parola r ifiutata: gli rimane solo la parodia, che non ancora l'inversione quanto piuttos to la forma elementare dell'individualit di sintesi. Applicata allo studio delle societ in via di sviluppo nell'area d'influenza occidentale, l'analisi dei comporta menti parodistici consentirebbe forse di eliminare lo sviluppo delle illusioni s ovraculturali, delle illusioni etnocentriche e dei razzismi latenti. Nella societ lignatica come nella societ dei consumi il sistema prescrizione/prosc rizione non prescrive n proscrive a ciascuno allo stesso modo; l'uomo davvero ric co pu veramente esprimere la sua ricchezza e indifferentemente cenare con un'insa lata di pomodori o con i piatti pi costosi in un tre stelle parigino; la sua disc rezione sempre relativa; rapportata alla sua posizione, essa piuttosto una forma di ostentazione indiretta: un modo di dire. Similmente, il ricco della laguna c he espone la sua fortuna agli occhi degli altri, consacrando il suo status di ad ulto e di anziano potente, espone allo stesso tempo quella del suo entourage, pr endendo a prestito per l'occasione stoffe e oro dal tesoro del suo lignaggio, da quello del padre, eventualmente anche da quello della moglie; attraverso una sp ecie di metonimia sociologica, egli esprime, pi che la sua fortuna, la sua influe nza sociale; guadagna in potere quanto tace in possesso; ma l'uno sempre il gara

nte o il segno dell'altro. Quanto vero dell'ostentazione economica vero dell'ost entazione oratoria o pi semplicemente del diritto di parola. Jean-Louis Bory pu pa rlare per s, ma pi difficilmente per gli altri; invano Jean-Paul Sartre prova a fa rsi incolpare: se, fino a un certo punto, la loro parola gira a vuoto, perch una delle loro individualit viene loro sottilmente rifiutata, rimandata alla totalit d el personaggio che significa altra cosa (pi e meno) nella societ ufficiale; non si rifiuta al primo la sua qualifica di omosessuale, n al secondo quella di "gauchi ste", ma viene loro rifiutato il sintagma complessivo al quale essi vorrebbero i ntegrare questo elemento della loro personalit. E' normale che uno scrittore o un a rtista abbia comportamenti ritenuti originali: un'opinione comune, alimentata, c ondivisa del resto da molti scrittori o artisti. Si pu indifferentemente fare la somma delle tesi ammissibili e ammesse riguardanti le deviazioni delle professioni marginali o fare il conto di coloro che possono, senza veramente urtare, affermar e tesi e ostentare condotte inverse rispetto a quelle normalmente ammesse: si ritrov er, si ridefinir sempre la logica di una sintassi che designa anche l'identit diffe renziale dei locutori. Se l'espressione "savoir-vivre", a proposito delle societ lignatiche, pu applicars i altrettanto bene al codice delle buone maniere e, letteralmente, all'arte dell a sopravvivenza, perch il diritto alla parola, all'ostentazione, alla potenza e a l potere non viene riconosciuto a tutti; alla morte di un Alladiano, il cadavere pu essere interrogato; le sue risposte affermative o negative (si ritiene che fa ccia avanzare o indietreggiare coloro che lo portano e che, in qualche modo, son o i suoi portavoce silenziosi) possono condurre all'accusa di un individuo - gen eralmente, secondo la teoria, di un individuo del suo lignaggio. Ma il capo di l ignaggio, che uno dei sospettati pi plausibili - giacch il potere d'aggressione si trasmette di preferenza dallo zio materno al figlio primogenito della sorella p rimogenita -, anche colui che accorda o rifiuta il diritto di interrogare il cad avere. Se rifiuta, ci pu essere una specie di mezza confessione, ma una confession e in guisa di atto di forza: nessuno, a meno che non abbia qualche precisa ragio ne per credere alla debolezza del capo e alla propria posizione di forza, si arr ischier ad accusarlo, tanto pi che, sempre secondo la teoria, colui che si ritiene erediti il potere nefasto di aggressione anche ritenuto ereditare di preferenza (per via agnatizia, questa volta) il potere di difesa: al limite il potere inqu alificabile, o addirittura ineffabile. Non si accusa impunemente un uomo forte ( di una forza costituita al tempo stesso da potenza psichica e potere sociale) e un'accusa si volge facilmente contro colui che la pronuncia. Cos, esiste una sort a di snobismo della forza che induce alcuni anziani del lignaggio a lasciare int endere di possedere un potere sulla natura intorno al quale meglio non porsi dom ande; questo tipo di suggerimento attestato abbastanza spesso nell'etnologia afr icanista. Coloro che, troppo sensibili al prestigio della potenza, lasciano inte ndere senza essere nella posizione di farsi ascoltare finiscono per essere compr esi fin troppo bene e per costituire degli accusati ideali. Per un quadro superiore (34), SAS pu essere divertente, eccitante, stupido o odioso , ma non , a dire il vero, affascinante; questo lettore ha un'esperienza diretta di paesaggi esotici, di jet, di hostess, di grandi alberghi di lusso internazion ali, perfino di erotismo; il potere del libro limitato, o mutato, dalla conoscen za del lettore che ne fa una lettura, come si suol dire, di secondo grado. Quest a distanza diminuisce evidentemente con lo status sociale del lettore. Ci vero di ogni consumo e Baudrillard lo dice molto bene: Il consumo, al pari della scuola, un'istituzione di classe: non solo c' di fronte agli oggetti una disuguaglianza in senso economico [...] ma pi profondamente c' una discriminazione radicale nel s enso in cui solo certi accedono a una logica autonoma, razionale, degli elementi dell'ambiente [...] Allo stesso modo il sapere e la cultura non sono, per color o che non ne hanno la chiave, vale a dire il codice che ne permette l'uso legitt imo, razionale ed efficace, che l'occasione di una segregazione culturale pi acut a e pi sottile, poich il sapere e la cultura non appaiono allora, ai loro occhi e nell'uso che essi ne fanno, che come un marra supplementare, come una riserva di potere magico, invece di essere l'opposto: un tirocinio e una formazione oggett iva (35). Tutto questo senz'altro vero, ma vale anche per le societ lignatiche. An che nella societ lignatica (e noi sosterremmo volentieri che ci vale anche per ogn

i tipo di societ) la posizione all'interno del sistema e la conoscenza del sistem a sono legati; il potere deriva dalla percezione della logica delle differenze e la percezione funzione della posizione. Il potere, in questo senso, una questio ne di punti di vista. Non bisognerebbe tuttavia dedurne che una minoranza di spiriti forti detiene il potere e gioca cinicamente possibilit di un sistema cui non aderisce. I virtuosi sono per un verso i pi convinti della verit naturale del sistema, per lo meno degl i aspetti del sistema che rafforzano la loro qualit di virtuosi. I credenti sono i primi a farsi beffe della superstizione. Le distanze prese rispetto alla lette ralit della fede (in qualunque campo) sono altrettanti gradi di approfondimento d i questa fede. A una certa distanza, le verit parziali appaiono pi manifestamente legate le une alle altre, in questo senso meno assolute, ma questa visione, lung i dall'impedire l'adesione al quadro complessivo, la rafforza e la rende pi compl essa. Il virtuoso non prende le distanze che all'interno del sistema che consacr a il suo virtuosismo - il quale non altro che la presa di coscienza del caratter e sistematico del sistema. C' dunque una distinzione da fare, da una parte fra i diversi tipi di insiemi ideologici dove pu esercitarsi il virtuosismo, dall'altra fra i diversi totalitarismi che prendono posto all'interno di ciascuno di quest i insiemi. Certo cos che i sintagmi formulabili in una societ lignatica e in una s ociet come la societ capitalista liberale francese hanno contenuti diversi; la soc iet lignatica stabilisce relazioni precise ed esplicite fra campi che la nostra s ociet generalmente tiene separati (economia, biologia, religione); ma pure nella nostra societ le relazioni stabilite fra questi diversi campi differiscono a seco nda delle posizioni socioculturali degli individui. Questa diversit si misura sul la lunghezza delle catene sintagmatiche tollerate dalla norma; nelle societ ligna tiche questa lunghezza quasi illimitata; in questo senso, e perch in esse la logi ca persecutoria ribalta l'ordine individuale sull'ordine sociale e questo sull'o rdine del mondo, tali societ sono pi totalitarie della nostra. Ma in entrambi i ca si bisogna parlare anche di totalitarismo differenziale: per alcuni le catene so no pi corte, pi frammentarie che per altri e, se vero che il diventare autonomo di un qualsiasi settore di attivit o di rappresentazione pu portare a una sorta di f eticizzazione eminentemente repressiva (il linguaggio comune evoca del resto con forza le persone che non vivono che per il loro mestiere, lo sport, i loro bamb ini...), ancora pi vero che la frattura delle relazioni fra diversi settori di ra ppresentazione comporta una relativa liberazione dell'individuo. Si ha cos come u n doppio movimento. Il codice delle societ industriali perde rubriche o le separa , almeno agli occhi di coloro che pensano di dominarlo: il virtuosismo si eserci ta in una sfera pi ristretta rispetto a quella dell'ideologica lignatica; allo st esso tempo, coloro che non hanno la chiave del codice adoperano sintagmi pi lungh i, pi pesanti, e mischiano ancora Dio, la loro famiglia e i loro peccati con i lo ro problemi materiali o con i loro voti. L'autonomizzazione del politico in rapp orto alla religione pu benissimo non rappresentare un ostacolo alla dittatura, ma dialetticamente legata alla liberazione ideologica, e cio alla riaffermazione in dividuale. Questa constatazione non assolutamente estranea al problema del rapporto fra sci enza e ideologia. Non lo si evocher in questa sede se non in quanto esso tocca il problema della repressione in senso lato. La scienza tende a totalizzare le div erse logiche che scopre. Che la logica di una scienza non sia estranea a quella di un'altra scienza, e quanto postula ogni scienza, per quanto essa sia poi inca pace di controllare il passaggio da una logica all'altra - da un certo ordine de l mondo, per esempio quello della materia, a un altro, per esempio quello dell'e nergia. Di questa mancanza si potuto fare virt, e Durkheim, quando affermava che la causa determinante di un fatto sociale dovrebbe essere ricercata esclusivamen te nei fatti sociali antecedenti, giustificava il suo rifiuto della psicologia d ichiarandola tanto inutile per la spiegazione etnografica quanto lo erano la fis ica o la chimica per la spiegazione dei fatti organici. Da allora abbiamo assist ito a una compenetrazione delle diverse discipline, per esempio alla comparsa di una chimica organica la cui esistenza dovrebbe rendere gli osservatori pi ottimi sti riguardo al futuro delle reciproche relazioni fra le scienze umane. Le nuove configurazioni, i nuovi oggetti di scienza o di sapere costituiscono da soli un

progresso della scienza: la scoperta di una logica pi profonda e pi sottile, o pi precisamente un approfondimento delle logiche esistenti. Ma la scienza resta totalizzante mentre l'ideologia si vuole totalitaria. Tali s ono le loro rispettive definizioni e in questo consiste la loro fondamentale dif ferenza. La scienza non potrebbe realizzarsi come sapere totale se non dominando contemporaneamente l'infinito dell'universo e l'assoluto della coscienza nel mo mento strettamente impensabile e, si potrebbe dire, divino della fine o del nuovo inizio del mondo. L'ideologia, al contrario, poich urta direttamente con l'eviden za della coscienza, da cui essa stessa deriva, tenuta a far saltare il proprio l imite e ad affermarsi come verit totale, modellando, come si suol dire, gli animi o le coscienze. Le scienze umane, e in ogni caso l'antropologia, hanno per oggetto essenziale e, oserei dire, unico lo studio di questo cortocircuito. Esse non son o scienze (ma allora nel pieno senso del termine) che in proporzione al loro sce tticismo. Esse devono restare morali nel doppio senso del termine. Altrimenti po ssono perfettamente fare da intermediario a un superamento della scienza da part e dell'ideologia - che realizza a perfezione il suo totalitarismo quando d alla s cienza dell'eretica, della borghese o della proletaria. E' proprio perch l'ideologia sempre ideologia del potere, perch non esiste potere senza assoluto pi di quanto non esista societ senza potere e perch i rapporti di cl asse non sono che una modalit dei rapporti di potere che non c' alcun bisogno di c ontrapporre su questo punto Marx a Durkheim: l'ideologia lignatica, l'ideologia cristiana o l'ideologia del consumo si vogliono tutte totalitarie; tutte hanno v oluto sottomettere la figura individuale alla figura sociale, parlare al singola re/plurale, giocare d'astuzia con il nome proprio in nome del senso comune; esis te dunque davvero una struttura ideologica in ogni formazione sociale; ma le cos trizioni che si esprimono nell'ideologia e per il suo tramite differiscono da un a societ all'altra e all'interno di una stessa societ. All'interno di una stessa s ociet non c' posto per una controideologia in senso stretto, ma per spostamenti id eologici che manifestano al contempo la pressione dei repressi e i nuovi accenni di repressione; gli snobismi e le condotte d'inversione non sono trucchi meccan ici del potere, ma figure provvisorie e difensive della dominazione, nelle quali pu leggersi anche la contestazione dei dominati. L'ideologia dominante quella di tutti in ogni senso; cos, la disuguale sistematizzazione delle costrizioni testi monia al tempo stesso una disuguale inserzione nell'insieme e la possibilit di un a lotta per la presa di coscienza, la presa di parola e la presa del potere. Non c' opposizione fra lotta di classe e affermazione individuale: la prima la condi zione della seconda e la seconda il senso della prima. Nessuno pu contestare ad a lcuno l'esigenza immediata e assoluta di senso e di esistenza: la storia e la lo tta di classe muoiono con l'individuo; ma la libert passa attraverso l'uguaglianz a; nessuno pu esigere il senso senza respingere il potere, cio, in fin dei conti ( e qualsiasi cosa ne dicano i ricchi beneficiari dell'insularit individuale), senz a rivendicarlo. CONCLUSIONE. E, per finire, esorcizzare colui che, per primo, ha declinato insieme individuo, natura e societ: di Rousseau scacciare il rousseauismo. Rousseau conosce il piac ere fisico dell'immersione nella natura - al ritmo regolare dell'acqua del lago di Bienne, ferma l'attenzione sulle sue sole sensazioni, fino a dissolversi in e sse, corpo anonimo e conduttore come vorrebbe Lyotard, e non essere ben presto p i che pulsare del sangue nelle arterie, rumore mescolato d'acqua e di sangue, fus ione, intensit -annichilimento. E' l'ultimo respiro dell'uomo solo. Questi non ritorna a se stesso che per trova re gli altri. La costrizione altrui, che gli tanto pesata, gli occorre pensarla per ammetterla. Se il "Discorso sull'origine e i fondamenti della disuguaglianza " (1) fa della disuguaglianza una delle molle della storia, il "Contratto social e" (2) sovrappone a questo pessimismo una seconda lettura del fenomeno sociale: l'affermazione di un contratto sociale si applica alle implicazioni logiche (e i deologiche) di ogni regime esistente, di ogni societ concepibile. In questa oscillazione si percepiscono i limiti dell'immaginazione politica come

della realt sociologica, nonch quelli della pi pura libert individuale: ciascuno pu scomparire; questa cancellazione non n un'analisi n un programma. Rousseau, lui, qualsiasi cosa si dica, si guardato dal proiettare sui selvaggi (ch e egli non identifica con il primo stato di natura) il suo desiderio di fuga, il suo rifiuto del presente, i suoi sogni di fusione e di effusione. Le societ che gli etnologi studiano non offrono l'esempio di una individualit spezzettata o con divisa, di una maggior prossimit a qualche intensit prima. Che siano diverse, evid ente. Che siano altre, una menzogna. Ogni individuo vive la sua storia con quella degli altri e muore solo. Il Potere per sopravvivere a questa contraddizione cerca di farne la sua materia. La stor ia di questi tentativi, di queste logiche, la storia del Potere: la storia. NOTE. INTRODUZIONE. Nota 1. "Tierc": gioco pubblico di scommesse settimanali basato sul pronostico de i primi tre classificati in una corsa. Nota 2. Merlin-Plage: luogo di villeggiatura in Vandea, sulla costa atlantica. Nota 3. Il gallo e il cardo sono, rispettivamente, emblemi della Francia e della Scozia, e in questo senso sono stati utilizzati nel mondo sportivo. Nota 4. Verts: squadra di calcio del Paris Saint-Germain. Nota 5. Parc de Princes: stadio di Parigi. Nota 6. E. Durkheim, "Forme elementari della vita religiosa", trad. it. Edizioni di Comunit, Milano 1963, p. 7. Nota 7. [...] dans leur savoir-faire et dans leur savoir-dire, au sens fort du te rme: dans leur savoir-vivre. Nota 8. Jeu du repoussoir et du faire-valoir: letteralmente, gioco del respingere e del valorizzare. Nota 9. Con questa espressione s'intendono quei filosofi la cui riflessione si c ostruisce in parte a partire dai materiali forniti dall'antropologia sociale; pr esso alcuni etnologi questa riflessione filosofica sembra dominare la descrizion e stessa delle societ studiate: all'occasione, chiamer l'etnologia che ne risulta e tnologia-pretesto. La meta-antropologia e l'etnologia-pretesto sono complici (ogg ettivamente e soggettivamente): possiamo dire indifferentemente che la prima pog gia sulla seconda o che la seconda scritta sotto dettatura della prima. [N.d.A.] Nota 10. In "Hrodote", I, primo semestre 1976, passim. [N.d.A.] Nota 11. G. Deleuze, E. Guattari, "L'anti-Edipo: capitalismo e schizofrenia", tr ad. it. Einaudi, Torino 1975. Nota 12. J. Baudrillard, "Lo specchio della produzione", trad. it. Multhipla, Mi lano 1979. Nota 13. L. V. Thomas, R. Luneau, "La terre africaine et sa religion", Larousse, Paris 1975, passim. [N.d.A.] Nota 14. "Thanatopraticiens": letteralmente, gli esperti della morte. Nota 15. J. Rancire, "La leon d'Althusser", Gallimard, Paris 1974, passim. Nota 16. E Nietzsche, "Genealogia della morale", trad. it. Adelphi, Milano 1988. CAPITOLO 1. Nota 1. Laio: nella mitologia greca, re di Tebe e padre di Edipo. Edipo uccise i l padre e spos la madre ignorando chi fossero veramente. Nota 2. J. Laplanche, J.-B. Pontalis, "Enciclopedia della psicoanalisi", trad. i t. Laterza, Roma-Bari 1973, p. 537. [N.d.A.] Nota 3. Ibidem, p. 538. Nota 4. E. Morin, "Il paradigma perduto: che cos' la natura umana?", trad. it. Fe ltrinelli, Milano 2001. [N.d.A.] Nota 5. "Caid": in Nord Africa, funzionario musulmano che riunisce gli attributi di giudice, amministratore e capo della polizia. Nota 6. E. Morin, op. cit., p. 41. Nota 7. Ibidem, p. 165.

Nota 8. Maschile. [N.d.A.] Nota 9. E. Morin, op. cit., p. 165. Nota 10. Ibidem, p. 170. Nota 11. Ibidem, p. 210. Nota 12. R. Barthes, "Il piacere del testo", trad. it. Einaudi, Torino 1975, p. 32. [N.d.A.] Nota 13. E Guattari, "Una tomba per Edipo. Psicoanalisi e metodo politico", trad . it. Giorgio Bertani Editore, Verona 1974, p. 329. [N.d.A.] Nota 14. Ibidem, p. 11. Nota 15. H. Marcuse, "Eros e civilt", trad. it. Einaudi, Torino 1964, p. 89 [N.d. A.] Nota 16. E Nietzsche, "Genealogia della morale", trad. it. Adelphi, Milano 1988. Nota 17. H. Marcuse, op. cit., p. 65. Nota 18. Ibidem. Nota 19. Ibidem, p. 73. Nota 20. Ibidem, p. 74. Nota 21. G. Deleuze, E Guattari, "L'anti-Edipo: capitalismo e schizofrenia", tra d. it. Einaudi, Torino 1975. [N.d.A.] Nota 22. Ibidem, p. 32. Nota 23. A. Adler, M. Cartry, La transgression et sa drision, in "L'Homme", luglio 1971. [N.d.A.] Nota 24. G. Deleuze, F. Guattari, op. cit., p. 177. Nota 25. Ibidem, p. 302. Nota 26. Ibidem, p. 298. Nota 27. Ibidem, p. 158. Nota 28. E. R. Leach, "Nuove vie dell'antropologia", trad.it. il Saggiatore, Mil ano 1973. [N.d.A.] Nota 29. R. M. Du Gard, "I Thibault", trad. it. C.D.E., Milano 1965. Nota 30. Boulogne-Billancourt: cittadina situata alla periferia di Parigi. Nota 31. G. Deleuze, F. Guattari, op. cit., p. 299. Nota 32. Ibidem, p. 161. Nota 33. Filiazione complementare: Nozione elaborata da Fortes per mettere in luc e che ogni individuo appartenente a un gruppo di discendenza unilineare gode di ampie reti di relazioni interpersonali con la linea di discendenza alla quale eg li non appartiene (in U. Fabietti, F. Remotti, "Dizionario di antropologia", Zani chelli, Bologna 1997, p. 306). Nota 34. E.R. Leach, op. cit., capitoli 1 e 5. Nota 35. G. Deleuze, E Guattari, op. cit., p. 163. Nota 36. Ibidem. Nota 37. Ibidem. Nota 38. Ibidem. Nota 39. Ibidem, p. 175. Nota 40. Ibidem, p. 170. Nota 41. Ibidem, p. 168. Nota 42. "Chefferie": in Africa, unit territoriale sulla quale si esercita l'auto rit di un capo tradizionale. Corrisponde all'inglese "chiefdom"; in italiano potr emmo tradurre con potentato. Nota 43. G. Deleuze, F. Guattari, op. cit., p. 170. Nota 44. Ibidem, p. 220. Nota 45. Ibidem, p.p. 166-167. Nota 46. Ibidem, p. 219. Nota 47. Ibidem, p. 298. Nota 48. Ibidem, p. 297. Nota 49. Ibidem. Nota 50. A. Adler, A. Zemplni, "Le bton de l'aveugle", Hermann, Paris 1972. [N.d.A .] CAPITOLO 2. Nota 1. "Pas de deux": passo a due, balletto.

Nota 2. Les braves gens, usava dire Napoleone. Potremmo tradurre: Avanti!, All'attacc o, miei prodi!. Nota 3. Quest'osservazione si riferisce ai testi pubblicati fino a "Antropologia e marxismo", trad. it. Editori Riuniti, Roma 1977. [N.d.A.] Nota 4. Discendenza doppia (o bilineare): [...] s'intende un sistema di parentela fondato sia su gruppi di discendenza matrilineare sia su quelli di discendenza patrilineare: ogni individuo appartiene ai due gruppi di discendenza unilineari, materno e paterno, simultaneamente, bench persegua scopi differenti relativament e ai diversi ruoli esplicati dai due gruppi (in U. Fabietti, F. Remotti, "Diziona rio di antropologia", Zanichelli, Bologna 1997, p. 240). Nota 5. Per maggiori dettagli su questo punto, vedi M. Aug, "Thorie des pouvoirs e t idologie", Hermann, Paris 1975. [N.d.A.] Nota 6. M. Mauss, "Sociologie et anthropologie", Presses universitaires de Franc e, Paris 1968. Nota 7. E. R. Leach, "Nuove vie dell'antropologia", trad. it. il Saggiatore, Mil ano 1973. Nota 8. Per una critica del simbolismo cos concepito vedi D. Sperber, "Per una te oria del simbolismo", trad. it. Einaudi, Torino 1981. [N.d.A.] Nota 9. Le nozioni di giovane e anziano si riferiscono a 'et sociali', senza rifer imento stretto all'et biologica degli individui (in U. Fabietti, "Storia dell'antr opologia", Zanichelli, Bologna 2001, p. 222). Nota 10. P. Bourdieu, "Per una teoria della pratica", trad. it. Raffaello Cortin a, Milano 2003. [N.d.A.]. Nota 11. M. Jourdain il protagonista della commedia di Molire "Le Bourgeois Genti lhomme". Rappresenta il classico "parvenu" con aspirazioni nobiliari. Nota 12. D. Paulme, "Classes et associations d'ge en Afrique de l'Ouest", Plon, P aris 1972. [N.d.A.] Nota 13. M. Gluckman, "Custom and Conflict in Africa", Blackwell, Oxford 1955; I d., "Order and Rebellion in Tribal Africa", Free Press, New York 1963. [N.d.A.] Nota 14. E. Norbeck, African rituals of conflict, in "American Anthropologist", 65 , 1963, p.p. 1254-1279. [N.d.A.] Nota 15. C.-H. Perrot, Be di Murua: un rituel d'inversion sociale dans le royaume agni de l'Indni, in "Cahiers d'Etudes Africaines", 7, 27, 1967. [N.d.A.] [Nota 15. Nella versione originale la [c] una "c" rovesciata] Nota 16. Citato da R. Girard in "La violenza e al sacro" (trad. it. Adelphi, Mil ano 1980, p. 154) e tratto dal film di J. Rouch e D. Zahan, "Moro-Naba"; citato anche da L. Makarius, Du roi magique au roi divin, in "Annales", 1970, p. 685. [N. d.A.] Nota 17. F. Hritier, La paix et la pluie, in "L'Homme", 13, 3, 1973. [N.d.A.] Nota 18. R. Girard, op. cit., p. 153. [N.d.A.] Nota 19. I Maestri dell'Arpione sono un clan sacerdotale ereditario dinka. Nota 20. M. Douglas, "Purezza e pericolo", trad. it. il Mulino, Bologna 1993, p. 119. [N.d.A.] Nota 21. R.G. Lienhardt, "Divinity and Experience", Clarendon Press, Oxford 1961 . [N.d.A.] Nota 22. M. Douglas, op. cit., p. 270. Nota 23. Vedi M.-F. Obi, tesi di dottorato, Universit de Paris Sorbonne, 1976. [N .d.A.] Nota 24. J.-P, Dozon, Les mouvements politico-religieux. Syncrtismes, messianismes , no-traditionalismes, in M. Aug (a cura di), "La Construction du monde", Maspero, Paris 1974. [N.d.A.] Nota 25. Sullo harrismo e sul personaggio di Atcho, vedi l'opera collettiva C. P iault (a cura di), "Prophtisme et thrapeutique", Hermann, Paris 1975. [N.d.A.] Nota 26. "Lettrs": letterati. Nota 27. R.D.A.: Rassemblement Dmocratique Africain, partito africano fondato nel 1947. Nota 28. "D-pens": gioco di parole. "Depens" significa speso, ma il termine francese composto dal prefisso "de" e da "pens", che significa pensato. Nota 29. Il divieto universale dell'incesto precisa, di norma, che le persone co nsiderate come genitori e figli o fratelli e sorelle, anche solo nominalmente, n

on possano avere rapporti sessuali e ancora meno sposarsi. In alcuni casi molto noti, quali l'antico Egitto, il Per precolombiano, e anche diversi reami dell'Afr ica, del sudest asiatico e della Polinesia, l'incesto veniva definito molto meno rigorosamente che altrove. Tuttavia, anche in questi casi, il divieto esisteva, poich l'incesto consentito era limitato a una minoranza, la classe dirigente (ec cetto, forse, nell'antico Egitto, dove potrebbe essere stato pi diffuso); d'altra parte, non si poteva sposare una qualsiasi parente stretta, ma solo la sorellas tra, oppure, in caso di matrimonio consentito con una vera sorella, solo la magg iore, giacch quello con la minore era ritenuto incestuoso (C. Lvi-Strauss, La famill e, in "Annales de l'Universit d'Abidjan", serie F, tomo 3, 1971). [N.d.A.] Nota 30. A. Malraux, "La condizione umana", trad. it. Bompiani, Milano 1997. CAPITOLO 3. Nota 1. Ma cantavamo: Cattolico e bretone sempre al posto dell'abituale e francese sempre. Questo ufficialmente, per iniziativa della gerarchia; indubbiamente essa sperava pi nel popolo bretone che nell'altro, poich pi puro, meno misto, pi prossimo alle inscrizioni originarie, esso rivelava pi facilmente il luogo e la molla del la seconda deviazione - come i Bant di padre Tempels. [N.d.A.] Nota 2. Yves Boisset, 1973 [N.d.A.]. Si tratta di uno dei primi film francesi ad aver affrontato il tema della guerra d'Algeria. E' la storia di tre giovani sol dati di leva che finiscono in un battaglione disciplinare. Sono ribelli, e il lo ro comandante deve addestrarli per formare un'unit scelta. Presi nell'ingranaggio della guerra, della tortura e delle morti, questi refrattari diventeranno, loro malgrado, degli assassini. Nota 3. M.L.F. la sigla del Mouvement de libration des femmes. Nota 4. Krivine e Laguillier sono i due leader trotzkisti della lista di estrema sinistra francese. Nota 5. J. Rancire, "La leon d'Althusser", Gallimard, Paris 1974. [N.d.A.] Nota 6. J. Baudrillard, "Lo specchio della produzione", trad. it. Multhipla, Mil ano 1979, p. 58. [N.d.A.] Nota 7. Con l'eccezione (se ne chiamer fuori lui stesso) di J.-F. Lyotard, la cui constatazione serena (Non ci sono societ primitive) dovrebbe mettere a disagio i n eoculturalisti. Vedi J.-F. Lyotard, "Economia libidinale", trad. it. Colportage, Firenze 1978. [N.d.A.] Nota 8. J. Baudrillard, op. cit., p. 72. Nota 9. Ibidem, p. 66. Nota 10. Ibidem, p. 67. Nota 11. M. Godelier, "Antropologia e marxismo", trad. it. Editori Riuniti, Roma 1977. [N.d.A.] Nota 12. J. Baudrillard, op. cit., p. 67. Nota 13. Ibidem, p. 68. Nota 14. Indubbiamente non vero il contrario. [N.d.A.] Nota 15. Si tratta del protagonista della serie di romanzi di spionaggio scritti da Gerard de Villiers. Il principe austriaco Malko Linge, in codice SAS (Sua Al tezza Serenissima), un agente segreto della CIA che accetta pericolose missioni internazionali per potersi permettere la ristrutturazione dell'antico castello d i famiglia. Nota 16. E' il protagonista di un'altra serie di romanzi di spionaggio, scritti da Jean Bruce. D'origine francese e nobiliare, Hubert Bonnisseur de la Bath, in codice O.S.S. 117, un agente segreto dell'Office of Strategic Service, e success ivamente della CIA. Nota 17. E' il linguaggio degli oroscopi e di Madame Soleil. Ogni mattina le sta zioni periferiche (che sono al centro dell'informazione) chiariscono, per un gio rno, i misteri e le promesse dei segni zodiacali. Ma in questa predizione segno dopo segno tutto si svolge come se gli altri, la maggioranza, tutti coloro che c ondizionano la storia del portatore del segno, non avessero segno. La metonimia corrisponde cos simultaneamente a una negazione e a una promozione dell'altro - s emplice entourage o strumento del destino. [N.d.A.] Nota 18. Meno morti, pi invalidi. [N.d.A.]

Nota 19. Recentemente, grazie ad alcune iniziative individuali, sono stati maggi ormente pubblicizzati. Le risposte ideologiche, che verranno, saranno interessan ti da interpretare. [N.d.A.] Nota 20. Gioco di parole. "Conduite" significa al tempo stesso condotta e guida. Nota 21. "Double bind": doppio vincolo, indica un dilemma. Nota 22. J. Baudrillard, "La societ dei consumi: i suoi miti e le sue strutture", trad. it. il Mulino, Bologna 1976, p. 108. [N.d.A.] Nota 23. Ibidem, p. 108. Nota 24. Ibidem, p.p. 124-125. Nota 25. Ibidem, p. 125. Nota 26. Dopo di allora apparsa, presso Gallimard ("Age de pierre, ge d'abondance ", 1976), la traduzione di "Stone Age Economics", la cui prefazione meta-antropol ogica (di Pierre Clastres) un modello di voracit recuperatrice [N.d.A.]. Vedi M. S ahlins, "L'economia dell'et della pietra: scarsit e abbondanza nelle societ primiti ve", trad. it. Bompiani, Milano 1980. Nota 27. J. Baudrillard, "La societ dei consumi: i suoi miti e le sue strutture", cit., p. 78. Nota 28. Ibidem, p. 114. Nota 29. Ibidem, p. 115. Nota 30. Gioco di parole. "Sujet" significa al tempo stesso suddito e soggetto. Nota 31. J. Baudrillard, "La societ dei consumi: i suoi miti e le sue strutture", cit., p. 292. Nota 32. Ibidem, p. 268. Nota 33. Il gioco delle vesti a cui si dedicano gli ecclesiastici da qualche ann o costituisce a questo proposito un notevole esempio di inversione-seduzione. [N .d.A.] Nota 34. "Cadre suprieur": gioco di parole. Aug parla di un alto dirigente ma allu de allo stesso tempo a un punto di vista diverso, pi elevato. Nota 35. Non significativo che Baudrillard abbia bisogno della nozione di "mana" per descrivere la logica del consumo? [N.d.A.]. J. Baudrillard, "La societ dei c onsumi: i suoi miti e le sue strutture", cit., p.p. 70-71. Nota 1. J.-J. Rousseau, "Discorso sull'origine e i fondamenti della disuguaglian za", trad. it. Laterza, Roma-Bari 1997. Nota 2. J.-J. Rousseau, "Il contratto sociale", trad. it. Laterza, Roma-Bari 199 7.

Das könnte Ihnen auch gefallen