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Socrate e lhonnte homme nella cultura dellautunno del Rinascimento francese e in Ren Descartes *

A Leonello Fallacara

Considerare come Descartes abbia rivissuto e utilizzato la personalit di Socrate e come in certo qual modo labbia associata ad un nuovo pubblico cui si indirizzava con i suoi scritti porta necessariamente a ripensare le forme e i modi in cui il pensatore greco alla fine del XVI e nei primi decenni del XVII secolo stato ricordato nelle culture italiana e francese, nonch la figura dellhonnte homme, contrapposto al maestro pedante 1, dotto interprete di un sapere sistematico, destinato quasi esclusivamente alla Scuola. Abbiamo pi volte ricordato come i periodi di formazione di Descartes siano stati molteplici 2, s che egli ha potuto mettere a confronto leducazione ricevuta a La Flche, profonda, viva, intensa e mai dimenticata, con la cultura della societ che, lasciato il collegio, ebbe forse modo di scoprire a Parigi 3, quindi con quella di studiosi diversamente orientati pensiamo ovviamente ad Isaac Beeckman, nonch ad altri che avr certo incontrato durante i suoi viaggi attraverso le contrade dEuropa e, infine, degli scienziati parigini che operavano intorno a Mersenne tra il 1625 e il 1628 nella capitale della sua Francia. soprattutto in questultimo periodo che il filosofo entrato in contatto con una cultura lontanissima da quella che aveva condiviso a La Flche ed anche estranea al sapere preminentemente scientifico che sino a * 1 2 3
Nel corso di questo studio citeremo vari testi del XVI e XVII sec. sia in lingua italiana che in lingua francese: li trascriveremo seguendo fedelmente la scrittura delledizione da cui li traiamo. Si vedano sotto nn. 9, 10, 11. Si veda E. LOJACONO, Quale la cultura dominante a La Flche negli anni della prima formazione di Ren Descartes?, in La Biografia intellettuale di Ren Descartes attraverso la Correspondance, a c. di J. R. ARMOGATHE, G. BELGIOIOSO e C. VINTI, Napoli, Vivarium, 1999, pp. 671-695. noto che non abbiamo nessuna sicura notizia su quel che il giovane Descartes abbia fatto negli anni immediatamente seguenti alla fine dei suoi studi a La Flche (1614), eccezion fatta per il corso di diritto seguito a Poitiers, dove nel 1616 ottenne il baccellierato in diritto canonico e civile.

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quel momento aveva privilegiato, una cultura che potremmo dire dellhonnte homme: ad essa ci pare ha portato interesse, considerandola non tanto come serie di temi da accogliere o rielaborare teoricamente, quanto espressione di una nuova sensibilit, pi atta a rivivere il sapere che andava costruendo che non quella dei dotti, con cui far sempre il possibile per mantenere proficui rapporti, ma dalla quale era ben consapevole di essersi definitivamente distaccato. Tale cultura ci apparsa variamente articolata, s che forse meglio intenderla senza cristallizzare questa o quella sua espressione, ma osservandola se pur fugacemente nelle linee del suo costituirsi, registrandone s punti di convergenza, ma anche di divergenza.

Una Koin culturale nella Respublica literaria


noto come testimonianze del tempo di cui ci stiamo occupando 4, nonch unautorevole e vasta storiografia 5, riconoscano nelle opere dei letterati e dei filosofi operanti nella Francia della seconda met del XVI secolo e nei primi decenni del XVII profonde e molteplici tracce di modelli culturali e di idee affermatisi nel nostro paese al culmine e al declinare dellet rinascimentale. Non disconosciamo certo questa presenza della nostra cultura nel fecondissimo universo intellettuale del paese oltramontano e pertanto ci par ben probabile che gli stessi temi che intendiamo qui riconsiderare acquistino maggior trasparenza, se li cogliamo al momento di questa contaminatio e li seguiamo sino alla loro pi precisa e pi salda configurazione; ci tuttavia non significa che per qualsivoglia argomento evocato non si delineino singolarit che portano a differenziare, almeno per alcuni aspetti, questi due universi culturali.

Abbiamo tenuto presente, tra laltro, linizio del capitolo sul pedantismo di Montaigne (MICHEL DE MONTAIGNE, Oeuvres compltes, Etude, Commentaire et notes par le Dr. A. ARMAINGAUD, Paris, L. Conard, 1924: Les Essais, Lib. I, Chap. XXV, Du Pdantisme), J. PELETIER DU MANS, che in Dialogue de lortografe et prononciacion franoese, dpartie en 2 livres, Poitiers, J. E. De Marnef,1550 [], p. 31, scriveva: J l le Petrarque, le Bocace et lArioste si familiers, et avec cela, me suis aproch si pres de ceus qui parlot lItalien: quil ne saurot tre que je nan usse apris quelque chose. Ricordiamo alcuni dei contributi pi significativi: P. TOLDO, Le courtisan dans la littrature franaise et ses rapports avec loeuvre de Castiglione, in Archiv fr das studium der neuren Sprachen und Literatur CIV, 1900, pp. 75-121; 313-330, e CV, III, 60-85; P. VILLEY, Les sources italiennes de la Defense et illustration de la Langue franaise de Joachim Du Bellay, Paris, Champion, 1908; P VILLEY, Les sources et lvolution des Essais de Montaigne, 1933, (2) Paris; M. . MAGENDIE, La politesse mondaine et les thories de lhonntet en France au XVII sicle, Paris, Puf, 1925, in particolare pp. 339 e sgg; E. BURY, Littrature et politesse, Linvention de lhonnte homme 1580-1750, Paris, Puf, 1996, pp. 67 e sgg; M. RICHTER, Della Casa e la fortuna del Della Casa in Francia, Roma, ed. di Storia e Letteratura, 1968.

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La filiazione delle opere di J. Du Bellay e di Pelletier du Mans per dare solo alcuni esempi dalla Prosa della volgar lingua di Pietro Bembo 6, e soprattutto dai dialoghi di Sperone Speroni 7, non pu essere dubbia, tuttavia il trionfo del volgare sul latino e la volont di comunicare nella lingua nazionale non solo sentimenti, ma anche concetti, sono sollecitati in terra di Francia da un orgoglio nazionale, da una consapevolezza della valenza politica ed istituzionale di una tale scelta, da una vocazione utopica 8 pressoch sconosciuti nei trattatisti italiani che, soprattutto per quel che riguarda la lingua, si pongono come primi ispiratori di quell orientamento. In rapporto al pedantismo Montaigne stesso che nel delineare tale comportamento, tanto significativo per la determinazione della contrapposta nozione dellhonnte homme, evoca fonti italiane:
Je me suis souvent despit, en mon enfance, de voir s comedies Italiennes tousjours un pedante (sic) pour badin, et le surnom de magister navoit guiere plus honorable signification parmy nous 9.

Certo, il pedante maschera ben presente in tante commedie ed anche in racconti del Cinquecento 10, ridondante caricatura ad uso preminentemente spetta6 7

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P BEMBO, Prosa della volgar lingua, Venegia per G. Tacuino, 1525. . SPERONE SPERONI, Dialogo delle lingue, a c. di G. DE ROBERTIS, Lanciano, Carabba, 1912; ci limitiamo a citare la conclusione: Se voglia vi verr mai Bembo che si rivolge a Lazaro, rappresentante della tradizione di comporre o canzoni o novelle al modo vostro, cio in lingua che sia diversa dalla Toscana et senza imitare il Petrarca o il Boccaccio, per aventura voi sarete buon cortegiano, ma poeta o oratore mai (p. 84). Ecco come riassume queste aspirazioni P. VILLEY in Les sources italiennes cit., p. 7: Cest toujours le mme souci damour-propre national et la mme attention tirer parti des exemples que nous donnent les Italiens. Il semblait mme quelques-uns que les destines de la puissance politique de la France et les destines de sa langues taient en quelque sorte lies ensemble. Ds 1509 Claude de Seyssel voyait dans lenrichissement de la langue un moyen pour le roi de fortifier lunit de ses tats. Un demi sicle plus tard GUILLAUME POSTEL (La republique des Turcs de [], Poitiers, E. De Marnef, 1560, 2partie, pp. 5 e sgg.) avec son imagination de visionnaire voyait dj le sceptre de lunivers entre les mains du roi trs-chrtien. MONTAIGNE, Les Essais, cit., lib. I, chap. XXV, Du Pdantisme, vol. II, p. 63. Anche in questa occasione Montaigne che tesse la tela di fondo che ci consente di tracciare la storia della nozione che ci interessa e di definirla grazie alla stessa traccia. Diremo subito per che Montaigne, pur richiamandosi a questa tradizione della commedia (cfr. nota seguente), non vi si atterr strettamente nel dipingere il suo pedante. Pensiamo ovviamente al Pedante di FRANCESCO BELO, al Candelaio di GIORDANO BRUNO (si vedano in Commedie del Cinquecento, a c. di N. BORSELLINO, Milano, Feltrinelli (537 UE), 1967, vol. II: per Belo, ad esempio, atto III, scena II, per Bruno, I, V), al Marescalco di PIETRO ARETINO (si veda in Teatro di [], a c. G. PETROCCHI, Milano, Mondadori, 1971, V, XI e segg.). Per Giambattista Della Porta si veda Olimpia in G.B. DELLA PORTA, Teatro, a c. R. SIRRI, Napoli, Istituto Orientale, 1980, vol. II, pp. 53-140, II, IV. Si tengano infine presenti i saggi di M.L.

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colare, falso e vacuo erudito, sgradevole a vedersi e cacofonico ad udirsi, nostalgico di un mondo in dissoluzione e di cui non ha neppure autentica conoscenza. Assai diverso, invece, quello rifiutato dallo stesso Montaigne, quindi da P. Charron, che ne offre limmagine pi plastica 11, e persino da C. Sorel che, pur cos aspro nei suoi attacchi al pedante 12, non raffigura un falso dotto, vuoto, incoerente, magniloquente, ma un professionista del sapere, che, nonostante il mutare del mondo, non intende abdicare alla tradizione che conosce assai bene, ma che non sa comunicare, come appunto ancora una volta dice assai bene Montaigne:
[Ce mal viene] de leure mauvaise faon de se prendre aux sciences; et, qu la mode de quoy nous sommes instruicts, il nest pas merveille si ny les escholiers ny les maistres nen deviennent pas plus habiles, quoy quils sy facent plus [doctes] 13.

Analogie e differenze sincontrano poi paradossalmente proprio tra le opere che in Italia ed in Francia hanno trattato della Corte e dei comportamenti di chi aspiraALTIERI BIAGI, Appunti sulla lingua della Commedia del cinquecento in Accademia nazionale dei Lincei, quaderno 138, Roma, 1971, pp. 253-300 e di A. STUBLE, Parlar per lettera Il pedante nella commedia del cinquecento e altri saggi sul teatro rinascimentale, Roma, Bulzoni, 1991. P CHARRON, Petit Trait de la sagesse; citiamo da La Sagesse, Paris, Fayard, 1986, che riporta a . fondo pagina i passi delled. 1601 diversi da quella del 1604. Essa comprende il Petit Trait, che stato unito alle edizioni della Sagesse (pp. 851-852): Parquoy pour les mieux cognoistre tous deux je les veux confronter en toutes choses, les representer sur le Theatre, et faire joer en chacun son personnage. Premierement, pour leurs humeurs, les inclinations, branles et mouvements de leurs esprits, le Pedant estudie principalement bien garnir et meubler sa memoire, pour en pouvoir compter et entretenir les autres: le Sage former et regler son jugement et sa conscience. Celuy-l est tousjours hors de soy, use et consomme ses propres facultez, et son vaillant interne, pour cognoistre le dehors. Cestuy-cy au rebours se tient au dedans de soy, se sert et rapporte tout le dehors son dedans, non pour lempescher et garder, et puis le produire comme celuyl, mais pour sen prevaloir en soy-mesme, reellement sen rendre meilleur, plus habille, resolu, constant, courageux. Celuy-l napprend et ne scait rien que des livres, des preceptes, des maistres, et de ce qui est expressement dress pour lenseigner: Cestuy-cy de toutes choses qui se disent, se font, se passent, grand mesnager qui fait son profit de tout, des niaiseries mesmes, choses de neant, rien ne lui eschappe quil ne releve, il apprend de soy-mesme, de lignorant, de la femme, du fol, du Pedant, et de celuy auquel il ne veut aucunement ressembler. C. SOREL, Histoire comique de Francion (circa 1623-24) in Romanciers du XVII sicle par A. Adam, Paris, Gallimard (La Plade), 1958, pp. 60- 527. Con pedante lautore indica normalmente i professori che lo esaminano e lo ammettono in una determinata classe: me laissa entre les mains des Pedants, qui ayant examin mon petit savoir, me jugerent digne de la cinquiesme Classe, encore ne fust ce que par faveur (p. 170), ma non ne nutre certo gran stima, ch, poco dopo, aggiunge (p. 171): Japris alors a mon grand regret que toutes les paroles qui expriment les malheurs qui arrivent aux escoliers se commencent par un P avec une fatalit tres remarquable: car il y a Pedant, , peine, peur, punition, prison, pauvret, petite portion, poux, puces, et punaises, avec encore bien dautres, pour chercher lesquelles il faudroit avoir un Dictionnaire, et bien du loisir. M. DE MONTAIGNE, Les Essais cit., lib. I, XXV, vol. II, pp. 71-72.

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va a conquistarvi credito e considerazione: quasi unanime tra gli studiosi che le hanno considerate lopinione che il gentilhomme franais in Traits relativi alla vita civile, come il Discours de la Cour de Claude de Chappuys (1543), il Philosophe de Court de Philibert de Vienne Champenois (1547), Le Gentilhomme di Nicolas Pasquier (1611) o lanonimo Gentilhomme franais (1612), e lHonneste homme (1630) di N. Faret, appaia come una sorta di ricostruzione del Cortegiano, i cui atteggiamenti erano stati mirabilmente codificati da Baldassarre Castiglione e, se pur con diversa incisivit, delineati nel celeberrimo Galateo di Giovanni Della Casa, nonch nella Civil Conversazione di Stefano Guazzo 14, opere sulle quali non potremo qui soffermarci per non ampliare eccessivamente il nostro contributo 15. Per il cortegiano e il gentilhomme non condizione assoluta lesser nati nobili (in proposito per N. Pasquier concede forse assai pi del Castiglione) 16, anche se, certo, preferibile che lo siano: essi debbono comunque eccellere nel maneggiar con estre14
Il Cortegiano di B. CASTIGLIONE apparso in Italia nel 1528 (Venezia, Aldo) e subito stato tradotto in francese da J. COLIN (Le courtisan nouvellement traduit de langue ytalique en franoys, Paris, J. Longis et V. Sertenas, 1537) e, poco dopo, da G. CHAPPUYS; il Galateo del DELLA CASA stato pubblicato nel 1558 (Galatheo overo de costumi, in Rime et Prose di [] Vinegia per N. Bevilacqua) e tradotto nel 1562 da JEAN DU PEYRAT (Paris, pour Jacques Kerver); La Civil Conversazione del GUAZZO stata pubblicata nel 1574 (Brescia, T. Bozzoli), quindi tradotta da G. CHAPPUYS nel 1579 (La Civil . conversation, Lyon chez J. Beraud) e, nello stesso anno, da F. de BELLEFOREST (Paris, P Cavellat). I trattati francesi che in diversa misura si richiamano ai testi italiani sono i seguenti: CLAUDE Claude, non Gabriel CHAPPUYS, Discours de la Court prsent au Roy par M. C. de Chappuys [], Paris, on le vend en la rue Neufve Nostre Dame lenseigne du Faulcheur par Andr Roffet, 1543 (B.N. F. Rs. Ye 1334); PHILIBERT DE VIENNE CHAMPENOIS, Le philosophe de Court, Lyon, J. de Tournes, 1547; FRANOIS DU SOUHAIT, Le Parfaict gentil-homme, Paris, G. Robinot, 1600; N. PASQUIER, Le gentilhomme, Paris, Jean Petis-Pas, 1611; Le gentilhomme franais, Paris, Veuve Guillemot, 1612; N. FARET, LHonneste homme ou lart de Plaire la Cour, Paris, Toussainct du Bray, 1630, edizione moderna con introduzione e note di M. MAGENDIE, Paris, Puf, 1925: citeremo sempre da questa edizione, di cui esiste anche un reprint presso Slatkine, Genve, 1970. Nel testo del Guazzo (lo citeremo nella recente ed. a c. di A. QUONDAM: STEFANO GUAZZO, La civil conversazione, Ferrara, Panini, 1993, 2 voll.) Socrate appare 7 volte e sembra introdurre un problema etico vissuto con particolare intensit ed acutezza. Nel primo libro, infatti (ed. cit., p. 103), il filosofo greco viene evocato in quanto sostenitore della necessaria omogeneit dellessere e dellapparire: Io propongo a chiunque vuol acquistare luogo di grazia nelle conversazioni che sopra ogni altra cosa [] si risolva di seguire il divino consiglio di Socrate [] procurar di esser tale quale egli desidera di parere, tesi per che gli appare di ben difficile applicazione, ed ci che precisa nel passo immediatamente seguente, ove mostra di essere perfettamente cosciente che il mondo per il quale scrive si dilettava pi di apparire che di essere (lib. I, p.114). Naturalmente la chiave di volta dellopera la concezione della conversazione, che ricorderemo alla fine del nostro discorso; qui ci limitiamo a ricordare la funzione morale della conversazione (lib. II, p.81): Io [] confermo dice Annibale che luomo non solo si spoglia della vilt e della presunzione o gonfiezza, ma si veste della cognizione di se stesso per mezzo della civil conversazione . Scrive infatti N. PASQUIER, op. cit., p. 3: Et comme ce Gentilhomme est excellent, aussi est admirable celuy qui naist de soy-mesme, lequel par la hautesse de son courage et esprit sest

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ma destrezza ogni sorta di armi 17, ma anche possedere una certa cultura, il che comporta labbandono dellorgoglio dellignoranza, di cui erano usi vantarsi i nobili dellet di mezzo e dellet rinascimentale:
Lexperience scrive infatti Nicolas Pasquier leurs apprendra que lestude des bonnes lettres est le seul et souverain remede pour attacher a cloux de diamans une forme de bien vivre, pour dompter et adoucir sa nature[...]. Le Gentilhomme sans lettres est semblable a larbre sans fruicts.

Tali conoscenze per non debbono esaurirsi nellambito della parola, ma tradursi nellazione non pour discourir, mais pour les mettre en oeuvre 18, ci che, secondo una diversa concezione rispetto al Castiglione, lo porta a privilegiare il sapere scientifico e a consigliare la rinuncia dello studio del latino, del greco ed anche delle altre lingue, ch quella nazionale gli appare affatto sufficiente 19. Luno e laltro debbono esser di gradevole aspetto, ma soprattutto partecipare del dono di una grazia di gesto e di parola che, soprattutto per Castiglione, il segno che meglio definisce il cortegiano, il punto di convergenza delle linee che lo configurano:
Avendo io [...] pi volte pensato meco onde nasca questa grazia, lasciando quelli che dalle stelle lhanno, trovo una regula universalissima, la qual mi pare valer circa questo in tutte le cose umane [...] fuggir quanto pi si po, e come un asperrimo e pericoloso scoglio la affettazione; e, per dir forse una nova parola, usar in ogni cosa una certa sprezzatura, che nasconda larte e dimostri ci che si fa e dice venir fatto senza fatica e quasi senza pensarvi 20.

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appuy sur sa propre vertu; nella pagina seguente accetta che sia personne ne de bas lieu, qui par ses vertueux et honorables deportemens sest rendu Gentilhomme. B. CASTIGLIONE, Il libro del Cortegiano [], a c. B. Maier, III ed., Torino, Utet, 1981: l. I, XLV, p. 169. Di fronte allobiezione del Bembo, che avrebbe voluto privilegiare le lettere sulle armi, il Conte cos risponde: Anzi allanima ed al corpo appartiene la operazion dellarme [] non voglio, messer Pietro, che voi di tal causa siate giudice, perch sareste troppo suspetto ad una delle parti; ed essendo gi stata questa disputazione lungamente agitata da omini sapientissimi, non bisogno rinnovarla; ma io la tengo per diffinita in favore dellarme e voglio che l nostro cortegiano, poich io posso ad arbitrio mio formarlo, esso ancor cos la estimi; N. Pasquier allinizio di Le Gentilhomme cit. scrive: sa principalle profession doit estre au maniement des armes avec une honneste ialousie dhonneur. N. PASQUIER, Le Gentilhomme, cit., pp.13 e 15. Ivi: Pasquier infatti (pp.16-17) raccomanda di abbandonare lo studio del latino e del greco qui lesloigne autant de la cognoissance des sciences quil en doit estre proche quand il se retrouve en aage destre employ ed aggiunge: toutes les langues sont dune mesme valeur (ci si contrappone a quanto si legge nel Cortegiano: si veda I, p. 44). B. CASTIGLIONE, Il Cortegiano, cit., I, XXVI, pp. 127-128 e 133. Su sprezzatura si veda lo straordinario saggio di CRISTINA CAMPO: Con lievi mani, in Gli imperdonabili, Milano, Adelphi, 1987, pp. 97-111. Ecco come C. Campo definisce sprezzatura (pp. 98-100): La parola sorella, eleganza, non sembra riconoscere alla sprezzatura la sua qualit creativa, la sua fresca fiamma comunicante; piglio la confina nella deliberazione, disinvoltura la dissolve nel gesto. Noncuranza pi

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Ricerca di apparente spontaneit, esito dinteriore disciplina, dominio di s, maschera che cela faticosa educazione, nonchalance o negligence, come traducono sprezzatura Montaigne 21 e N. Faret che, a loro volta, unitamente ad Honor dUrf, intravvedono nel gentilhomme chi sa mettere al bando ogni forma di affettazione:
Toutes les bonnes parties que nous avons alleguees scrive infatti Faret , sont tres considerables en un Gentil-homme; mais le comble de ces choses consiste en une certaine grace naturelle, qui en tous ses exercices, et jusques ses moindres actions doit reluire comme un petit rayon de Divinit, qui se voit en tous ceux qui sont nays pour plaire dans le monde [...]. Il y a une reigle generale qui sert sinon lacquerir, du moins ne sen esloigner jamais. Cest de fuir comme un precipice mortel cette malheureuse et importune Affectation 22.

Latteggiamento invece verso il Principe nelluno e nellaltro caso lungi dallessere univoco: da una parte infatti il Castiglione, Philibert de Vienne, N. Faret per non proporre che alcuni esempi prescrivono al Cortegiano o al Gentilhomme di adeguarsi ai costumi della Corte 23 e, soprattutto, di compiacere al Principe, visto religiosamente (quasi adorare il Principe, scrive il trattatista italiano), ma dallaltra sembrano avvertire linsussistenza di questetica conformista, meramente prescrittiva, quasi dimentica del soggetto, rivendicano la dignit degli studi che hanno compiuto, quindi la positiva strumentalit del loro sapere:
Voglio adunque che l cortegiano, oltre lo aver fatto ed ogni d far conoscere ad ognuno s esser di quel valore che gi avemo detto, si volti con tutti i pensieri e forze dellanimo suo ad amare e quasi adorare il principe a chi serve sopra ogni altra cosa; e le voglie sue e costumi e modi tutti indrizzi a compiacerlo. Il fin adunque del perfetto cortegiano [...] estimo io che sia il guadagnarsi per mezzo delle condicioni attribuetegli da questi signori talmente la benivolenzia e lanimo di quel principe a cui serve, che possa dirgli e sempre gli dica la verit

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affine ma non riempie della sprezzatura che la forma cava, negativa e dunque solo momentanea. Sprezzatura in realt un intero atteggiamento morale che, come la parola, necessita di un contesto []. Sprezzatura un ritmo morale, la musica di una grazia interiore; il tempo [] nel quale si manifesta la compiuta libert di un destino, inflessibilmente misurata, tuttavia, su unascesi coperta. Due versi la racchiudono, come un astuccio lanello: Con lieve cuore, con lievi mani/ la vita prendere, la vita lasciare []. MONTAIGNE, Essais, cit., lib. III, IX, vol. VI, p. 43: Mon dessein est de representer en parlant une profonde nonchalance et des mouvements fortuites et impremeditez, comme naissans des occasions presentes o anche ibid, chap. X, p.157: De vray, je lay veu mesme, maintenant une grande nonchalance et libert dactions et de visage au travers de bien grands affaires et espineux. N. FARET, Lhonneste homme, ed. 1925 cit., pp. 18 e 20. Si vedano osservazioni di E. Bury, La littrature, cit., pp. 48 e sgg. Scrive infatti PHILIPPE DE VIENNE: Un homme ne peult estre bon courtisan sil ne sait ce qui plait et est trouv bon la court (cit. da P. TOLDO, Le courtisan, cit., p. 84).

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dogni cosa che ad esso convenga sapere, senza timor o periculo di despiacergli; e conoscendo la mente di quello inclinata a far cosa non conveniente, ardisca di contradirgli, e con gentil modo valersi della grazia acquistata con le sue bone qualit per rimoverlo da ogni intenzione viciosa ed indurlo al camin della virt 24.

Lequivocit ci pare evidente: prima un asservimento sino alladorazione, quindi per quanto gentile unazione educativa della persona stessa in cui il cortigiano aveva accettato di alienarsi. Analoga divergenza nel celebre testo di N. Faret, dove, ad apertura del trattato, si presentano Principi e Corte come astri del cielo e lhonneste homme (spesso si dice, e non ci par senza significato, il gentil-homme) come personaggio che, sopra ogni altra cosa, ambisce a divenire piacevole ed accetto al Sovrano: Les Princes et les Grands sont autour du Roy comme de beaux Astres, contemplati da celui qui veut se rendre agreable dans la cour 25. Ribadito, quindi, che la servitude y est tellement necessaire quil semble que la libert quon sy reserve, soit une usurpation que lon fait sur lauthorit du Souverain, qui a pour son plus noble objet la gloire destendre son empire sur les volontez [...] de ses sujets, se ne avverte la frustrazione (combien plus douce et plus tranquille est la vie des Sages, qui ont premierement la paix avec eux mesmes), ma non si rinuncia alla cortigiania e, giustificandola sulla base di una visione politica che non ci pare traspaia dal Cortegiano (le bien du Prince ne se separe point de celuy de lEstat), si riscatta la condizione di servit, attribuendo al cortigiano un compito educativo non cos preciso come quello immaginato dal Castiglione, ma pur sempre improntato ad un interesse politico, illuminato da una finalit etica:
[...] estant vray aussi que chaque chose tend une fin, comme au comble de sa perfection, quel plus digne object peut avoir le Sage Courtisan que la gloire de bien servir son Prince, et daymer ses interests plus que les siens propres [...]. Quiconque cherche du bien contre son devoir, merite de rencontrer un mal certain ou un bien dangereux 26.

Nonostante anche nel nostro paese il disprezzo delle corti fosse da tempo assai diffuso ed espresso talvolta anche in termini di particolare crudezza ne son prova gli scritti di Enea Silvio Piccolomini 27e di Tommaso Garzoni 28, a noi pare che le tesi denigra24 25 26 27
Il Cortegiano, cit., II, XVIII, pp. 220-221; IV, V, p. 457. N. FARET, Lhonneste, cit., p. 7. Si veda ivi, pp. 34, 35, 36, 37. E. S. PICCOLOMINI, De Curialium miseriis epistola, a c. di W. P. Mustard, Baltimore, The Hopkins Press, 1978 (si tratta di una lettera a J. Eich del 1444). Ne esiste anche una versione italiana di non facile reperimento: Le miserie della vita di Corte di E.S. PICCOLOMINI (trad. di G. PAPARELLI), Lanciano, Carabba, 1943. Su questa breve opera si veda dello stesso traduttore Il De Curialium Miseriis di Enea Piccolomini e il Misaulus di Ulrico Von Hutten in Italica, XXIV, n. 2, 1947, pp. 125-135. Si veda E. GARIN, Ritratto di Enea Silvio Piccolomini, in La Cultura del Rinascimento italiano, Firenze, Sansoni, 1961, pp. 38-59. T. GARZONI, La Piazza universale di tutte le professioni del mondo, Venezia, Somascho, 1585 (citiamo da ed. Venetia, Baglioni, 1610), p. 229v: la Corte rappresentata come un Collegio dhuomini

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torie della corte che leggiamo nei trattatisti francesi, da Alain Chartier 29 a Eustache de Refuge a Nicole Faret 30, possano avvertirsi come pressoch autonome: ci parso fatto predominante che esse siano inserite in tuttaltra prospettiva rispetto a quella che il Castiglione aveva delineato nel suo testo che, per altri ben numerosi aspetti, era stato assunto come modello. Il letterato italiano sembra infatti trascendere il presente, scrivere per un universo fantastico, configuratosi nella sua mente allorch assai giovane era rimasto profondamente impressionato dalle corti di Mantova ed Urbino: dalle costruzioni che le racchiudevano traduzione concreta e stabile della visione armonica e matematica del reale , dallo splendore degli interni, dalla grazia dei signori e dei cortigiani che le abitavano, da un mondo almeno inizialmente pi visto forse che realmente vissuto, al quale ha amato attenersi nel tracciare limmagine di un cortigiano che si determinasse in rapporto a quello spazio edenico di cui serbava struggente quanto immaginario ricordo 31. Chi aveva potuto prendere visione del testo prima che vedesse la luce era rimasto esitante di fronte allatmosfera rarefatta ed irreale in cui si vagheggiava che il cortigiano dovesse formarsi 32, tanto che il Castiglione avvert lesigenza di risponder loro:
depravati, una raunanza di volpi malitiose, un theatro di pessimi satelliti, una scuola di scorrettissimi costumi et un refugio di disonestissime ribalderie [] Quivi ogni qualit di virt patisce i suoi carnefici e tiranni et in somma tutta la disgratia e tutto il male del mondo versa in Corte (230r). A. CHARTIER, Le Curial, texte franais du XV sicle avec loriginal latin publi dapres les manuscrits par F. Heuckenkamp, Slatkine reprints, Genve, 1974 (ed. di Halle, 1899). Citiamo da A. CHARTIER, Les Oeuvres de Maistre Alain Chartier clerc, notaire et secretaire des Roys Charles VI et VII, Paris, Pierre Le-Mur 1617, pp. 391-401: p. 399: La Cour, affin que tu lentendes, est un Couvent des gens qui soubs faintise du bien commun se assemblent pour eux entretromper. Car il ny a gueres de gens qui ny vendent, achettent ou eschangent aucunesfois leurs rentes ou leurs propres vestemens. Car entre nous de la cour nous sommes marchans affaictez qui acheptons les autres gens et aucunesfois pour leur argent leur vendons nostre humanit precieuse. In questo passo ci pare siano anche racchiusi una confessione personale, un tratto autobiografico, da cui si trae il disagio di questa coscienza della corte come luogo ove si smarrisce la nostra migliore umanit. Su Eustache de Refuge e N. Faret si vedano sotto nn. 34 e 35. Cos scrive CESARE VASOLI, La cultura delle Corti, Bologna, Cappelli, 1980, p. 72: Il quadro tracciato ne Il libro del Cortegiano vuol essere la rappresentazione quanto si vuole idealizzata e nostalgica del mondo cortigiano urbinate degli anni del suo servizio alla corte del Montefeltro e dei della Rovere. Lo notarono anche trattatisti contemporanei, quali T. GARZONI e PELEGRO DE GRIMALDI ROBIO. Questultimo sembra aver composto i suoi Discorsi nei quali si ragiona di quanto far debbono i Gentilhuomini ne servigi dei loro Signori per acquistarsi la grazia loro, Genova, Bellomo, 1543 (citiamo dalledizione veneziana instantia di M. Pelegro de Grimaldi, 1544 Roma, Biblioteca Alessandrina, A a 39), con lintento di contrapporsi allautore del Cortegiano ed in luogo delle eccelse trattazioni del Castiglione proporre alcun sodo e vivo consiglio a chi dovesse servire qualche Signore (p. 10r). Poco prima (pp. 6v-7) aveva assai significativamente scritto: Da [] Messer Baldassar Castiglione, huomo che fu veramente, mentre che ei visse, ornatissimo di molte vert, et hora morto resta anchora di chiara fama, non si pu per raccor cosa, che ci possa esser di molto aiuto. Perciocch egli ha voluto formare un cortegiano s fatto, ch impossibile ch altri ne divenga mai tale. T. Garzoni sembra fargli eco allorch inizia il 62 Discorso della Piazza cit., osservando: Benche il Casteglioni habbia composto quel suo libro del Cortegiano in tanta eccel-

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Altri dicono che, essendo tanto difficile e quasi impossibile trovar un omo cos perfetto come io voglio che sia il cortegiano, stato superfluo il scriverlo, perch vana cosa insegnar quello che imparar non si po. A questi rispondo che mi contentar aver errato con Platone, Senofonte e Marco Tullio, lassando il disputare del mondo intelligibile e delle idee; tra le quali, s come, secondo quella opinione, lidea della perfetta repubblica e del perfetto re e del perfetto oratore, cos ancora quella del perfetto cortegiano 33.

Su tuttaltra linea i trattatisti francesi, che sin da Alain Chartier (XV sec.) avevano presentato la corte come luogo di reciproci inganni, della mera apparenza, dove difficile sarebbe stato ottenere successo e riconoscimenti, volendo nel contempo mantenere virt e saggezza, s che appariva folle chi, potendo condurre altra vita, avesse scelto quella del cortigiano, il che ci pare assai efficacemente riassunto in questo passo di Eustache de Refuge:
Lhomme de bien croira que cest le bannir de la Court que de lattacher a suyvre toutes les inclinations des Princes, lesquelles le plus souvent se trouvent hors des termes de raison et de prudhommie... A la verit celuy qui veut mener une vie du tout innocente et eloignee du train ordinaire de vivre des hommes, lesquels sont faultiers et subiects a leur passions, il fera beaucoup mieux de ne point se jetter la Court, qui est, sil nous fault ainsy parler, une grande putain laquelle corrompt aucunes foys les plus entiers et les plus chastes 34.

Rappresentazione della Corte cui non sembra rinunciare N. Faret, nonostante il suo honneste homme non abbia altro fine che quello di ottenervi riconoscimento e successo:
LEnvie, lAvarice, et lAmbition qui la suivent par tout, regnent particulierement avec elle auprs des Roys, o elles attirent de tous costez un nombre infiny de ces esprits mercenaires, qui le dreiglement dune convoitise insatiable ne permet pas de se contenir dans une vie pleine de douceur et de tranquillit, pour les jetter dans les tumultes dont les grandes Cours, comme de grandes mers sont continuellement agites. Cest l que ces Furies sement la haine et la discorde parmy les plus proches, ourdissent des trahisons de toutes parts, et font germer des semences de bassesse et et de lachet dans les ames mesmes qui naturellement navoient que des impressions de generosit 35.
lenza et perfettione, che, si come mai si trovar loratore di M.Tullio ornato di quelle qualit, che in lui ricerca, cos n pi n meno si veder quel perfetto Cortegiano, che egli dipinge. B. CASTIGLIONE, Il Cortegiano, cit., lettera dedicatoria, III, pp. 78-79. EUSTACHE DE REFUGE, Le Traict de la Court, I ed. 1616, II pars, p. 104 (B.N.F. Res. *E 3443); questo lincipit: Entre toutes les sortes de conversations la plus meslee et ensemble la plus difficile et espineuse est celle de la Court. Analoghi giudizi si possono leggere nel (Le) Misaule ou haineux de Cour [], Paris, G. Linocier, 1585 (attribuito al traduttore del Castiglione, G. CHAPPUIS). N. FARET, Honneste, cit., p. 8 (limmagine della Corte come mare agitato forse tratta dal De curialium di Piccolomini, che insiste a lungo su di essa).

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Come si sar notato, queste nostre prime considerazioni hanno costantemente inteso il testo del Faret come epilogo della trattatistica francese 36 ispirata in preminenza dallopera del Castiglione: non siamo infatti riusciti ad intravvedervi segni di un rinnovamento particolarmente significativo, a ravvisarvi lapertura di un universo chiuso ad uomini che non gli appartengono e tanto meno una nuova concezione dellhonnte homme 37. Faret, infatti, pi di N. Pasquier, che lo precede di alcuni decenni, stima tres necessaire que celuy qui veut entrer dans ce grand commerce du monde soit nay gentil-homme et dune maison qui ait quelque bonne marque 38, non avverte, a differenza di Montaigne e della Marchesa di Rambouillet (1588-1665) 39, un orizzonte pi ampio di quello della Corte, che pur disprezza: lhonneste homme che delinea devessere essenzialmente uomo darmi 40 e la sua formazione culturale, nonostante per certi tratti sispiri a Montaigne, appare assai ristretta e meramente strumentale ai risultati cui mira: La plus part des autres choses precisa infatti lautore qui luy sont requises, ne sont estimes necessaires, quentant quelles servent dornement celle-cy, et quelles luy peuvent donner quelque lustre, pour la faire reluire avecque plus desclat 41. Netta e maliziosa appare poi la sua polemica contro gli esprit forts quindi anche contro P. Charron , identificati senza alcuna riserva con gli atei pi impenitenti, che negherebbero ci che pare evidente persino agli uccelli. Faret evoca assai spesso la virt, ma la sua etica da una parte etica del riconoscimento, delladeguazione ad un universo costituito nei suoi valori, e dallaltra essenzialmente fonda36
In ci ci stacchiamo notevolmente dallinterpretazione di J. Mesnard, che assegna a Faret un rle dinventeur; si veda: J. MESNARD, Honnte homme et honnte femme dans la culture du XVII sicle, in Prsences fminines (Actes de London), Paris-Seattle-Tbingen, PFSCL, Biblio 17, 36, 1987, ripreso in La Culture du XVII sicle, Paris, Puf, 1992, pp. 142-159 (noi citiamo da Biblio, p. 17). A questo proposito ci allontaniamo dallinterpretazione che di tale testo d E. Bury, ai cui studi dobbiamo moltissimo. Si veda Littrature, cit., in particolare pp. 61-63. vero che subito dopo attenua questa necessit, ma pur vero che, quasi correggendo una tale attenuazione, aggiunge: Nantmoins faut avour que ceux qui sont de bon lieu ont dordinaire les bonnes inclinations, que les autres nont que rarement [] Et la Noblesse, qui comme une belle lumire esclaire toutes leurs actions, les excite la vertu par ces exemples domestiques ou les retire du vice par la crainte de linfamie (N. FARET, Lhonneste, cit., pp. 9 e 10). TALLEMANT DES RAUX, Historiettes, d. tablie et annote par A. ADAM, Paris, Gallimard (La Pliade), 1967-1970, 2 vol.: I, p. 444. La marchesa di Rambouillet interruppe M. dAndilly qui faisoit le professeur en amiti e voleva insegnarle tale scienza, dicendogli: Bien loing de ne pas faire toutes choses au monde pour mes amys, si je savois quil y eust un fort honneste homme aux Indes, sans le connoistre autrement, je tascherois de faire pour luy tout ce qui serait son advantage. Quoy! sescria M. dAndilly, vous en savez jusques l! Je nay plus rien vous monstrer. N. FARET, Honneste, cit., p. 12: Or, comme il ny a point dhommes qui ne choisissent une profession pour semployer, il me semble quil ny en a point de plus honeste, ny de plus essentielle un Gentil-homme que celle des armes. Ibidem.

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ta sui misteri della fede, ch senza tali principi non sarebbe possibile probit alcuna e senza probit non si riuscirebbe in alcun modo ad apparire agrables, neppure ai malvagi 42: un discorso ove non emerge mai una sentita esigenza di una dimensione che non sia mera esteriorit e, assai significativamente, non si d traccia n diretta n indiretta di Socrate, il filosofo cui proprio in quegli anni una vasta letteratura si richiamava assai frequentementte, esaltandone la figura sommamente emblematica di forma di vita e di un singolare atteggiamento di fronte alla speculazione 43.

Lhonnte homme e Socrate


La vastissima dossografia socratica, che in varie forme sempre stata motivo di riflessione e ispirazione della cultura occidentale, ha conosciuto forse il suo momento di massima fecondit tra il Sancte Socrates ora pro nobis erasmiano 44 e il Socrates sanctus paederasta di Mattia Gesner (XVIII sec.) 45 che, nonostante il titolo, pu situarsi al 42 43
Ivi, p. 32. In linea di massima in queste nostre osservazioni sul rapporto tra la cultura italiana e quella francese sulla fine del XVI e linizio del XVII sec. ci accordiamo con quanto ha scritto R. Pintard in un suo articolo del 1936, Linfluence de la pense philosophique de la Renaissance italienne sur la pense franaise, in Revue des Etudes italiennes, II, 1936, pp. 194-227: in particolare pp. 203-205. Il celebre passo di Erasmo si trova nel Convivium religiosum, che fa parte dei Colloquia: si veda in DESIDERI ERASMI ROTERDAMI, Opera Omnia, a c. di L. E. HALKIN, F. BIERLAIRE, R. HOVEN, North-Holland Publishing Company, Amsterdam, 1972, I, III, p. 254. Sulla straordinaria immagine di Socrate in Erasmo, si veda J. B. PINEAU, Erasme, sa pensee religieuse, Paris, 1923, p. 50, n. 19; G. CALOGERO, Erasmo, Socrate e il nuovo testamento, Roma, Acc. Naz. dei Lincei, 1972; L. G. CHRISTIAN, The figure of Socrates in Erasmus Works, in Sixteenth Century Journal, III, 2, 1972, pp. 1-10; R. MARCEL, Saint Socrate patron de lHumanisme, Revue int. de philosophie, V, 1951, pp. 135-143. IO. MATTHI GESNERI Socrates sanctus paederasta. Corollarium de antiqua asinorum honestate, Traiecti ad Rhenum, ex officina J. Van Scoonhoven, 1761 (visto nelled. del 1769). Si tratta, malgrado il titolo, di un processo affatto assolutorio. Allinizio si pone il quesito: Unum crimen est, quod, varie iactatum, et plus semel non sine specie in scenam reductum saepe me solicitum habuit. Fuerit ne impuro ac detestabili puerorum amori deditus? Hoc enim si verum sit, actum est profecto de virtute viri, indignus est, cujus cum honore nomen usurpetur. Enumerate per le fonti che hanno diffuso questa malignit, lautore conclude che Socrate non si sarebbe macchiato di colpa alcuna, ch in Grecia al suo tempo era possibile una santa pederastia: Cum enim fuerit, quod adhuc probatum est, in Graecia paiderasteia quaedam honestissima, et sancta adeo, qua ad virtutem, bellicam praesertim, et quidquid pulchrum est, incitari homines crederentur, cum nomina erontoset similia turpitudinem nondum haberent; cum illud paiderastein res esset adeo honesta, ut quem ad modum capital Romae erat servo, si militarat, ita Solonis lege multaretur quinquaginta plagis publice, qui servus amare liberum puerum auderet: haec ita se cum haberent omnia, nemo jam debet mirari, adolescentulorum esse amorem professum Socratem, fecisse illum, quae ante dicta sunt, eaque scripsisse tanquam Socratis dicta Platonem,

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vertice delle glorificazioni del filosofo greco, iniziatesi in et umanistica con la breve biografia (1440) di Giannozzo Manetti 46 e i vari richiami di Marsilio Ficino 47. In questo vastissimo arco di tempo, sulla scia del grande Erasmo, appar certo che Socrate anche se spesso sovrastato da Seneca 48 ha conosciuto uno dei momenti di massima fortuna, non solo come simbolo di ogni umana virt, ma anche come modello quasi istituzionale di una concezione delluomo che, nella sua ascesa al sapere, ha saputo mantenere i tratti della pi quotidiana umanit, liberandosi in gran parte dalleredit del cortigiano-gentiluomo italiano: pensiamo soprattutto allopera di Montaigne, di Pierre Charron, di Franois La Mothe Le Vayer, di Pierre Bardin e, in misura per assai meno rilevante di quanto spesso si pensi, a quella di Guez de Balzac, tutti autori che in diversa misura ci conducono a Descartes e, per quel che riguarda lhonneste homme, preparano limmagine pi ampia e pi precisa, ma assai diversa, che sar quella del Chevalier de Mr 49.

Montaigne
Si ma sant me rid et la clart dun beau jour, me voyl honneste homme 50

Jean Starobinski, in unintervista di alcuni anni or sono, forse leggermente eccedendo, diceva:
quae ex Phaedro commemoravimus. Di questo libretto esiste anche una trad. francese con testo a fronte: Socrate et lAmour Grec. Dissertation de [], Paris, Liseux, 1877. JANNOTIUS MANETTI Vita Socratis, prima edizione a c. di M. MONTUORI (a pp. 10-11 il curatore d notizia di tutti i codici che ha collazionato), Firenze, Sansoni, 1974. Questa breve vita che, nonostante manoscritta, ha conosciuto larga diffusione, stata composta nel 1440. Oltre che in diversi luoghi della Teologia Platonica, Socrate esaltato dal Ficino nella lettera allinsigne teologo Paolus Ferobantis, che si legge in MARSILI FICINI, Opera [], Basileae, ex Officina Henricpetrina, 2 voll., 1576, I, p. 868, dove Socrate presentato come se prefigurasse Cristo: Nisi verteret, optime Paule, fore nonnullos, qui vel pravitate ingenii, vel parvitate iudicij, alio quam nos loquamur sensu captent, singula demostrarem, Socratem et si non figura qua Iob atque Ioannes Baptista, tamen adumbratione forte quadam Christum salutis authorem, quasi (ut ita loquar) praesignavisse []. Si veda J. EYMARD DANGERS, Recherches sur le stoicisme aux XVI et XVII sicles, ed. L. ANTOINE, New-York, G. Olms, 1976, che nei suoi notevolissimi studi sulla diffusione dello stoicismo in questo torno di tempo ha rivolto quasi esclusivamente la sua attenzione a Seneca studiandone la presenza in Guez de Balzac, F. Senault, F. La Mothe Le Vayer, N. Caussin e nello stesso Descartes, senza quasi mai ricordare Socrate. Si veda, tra laltro, ANTOINE GOMBAUD (CHEVALIER DE MR) Oeuvres, Paris, F. Roches, 1930, 3 voll.: III vol. Discours I e II, De la vraie Honntet et Suite de la vraie Honntet, pp.69- 84, nonch Discours V et VI, Le Commerce du monde e Suite du Commerce du monde, pp. 139- 174. MONTAIGNE, Essais, cit., lib. II, XII, vol. IV, p. 24.

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[Montaigne] forse il primo a cogliere la distinzione, centrale nei secoli successivi, tra esistenza pubblica e privata. Tra luomo che si presenta agli altri, che vive per la gloria, e luomo senza particolare lustro che vive con se stesso 51.

Questa la diversa dimensione nella quale siscrive una figura che tra la fine del XVI e linizio del XVII sec. emerge per tanti aspetti diversa da quella del gentilhomme, determinata da una certa immagine di Socrate, non perch, come talvolta si detto, questo o quellautore si identifichi con il filosofo greco e neppure perch lo stesso filosofo sia visto come honneste homme, ma perch rappresenta un atteggiamento verso lesistente, una forma del vivere, in cui la filosofia pu riscattarsi dal pedantismo e svolgersi pi nella familiare conversazione che nella dotta lezione:
Le plus fructueux et naturel exercice de nostre esprit scrive infatti Montaigne, ricordandosi assai probabilmente di S. Guazzo 52 cest mon gr la conference. Jen trouve lusage plus doux que daucune autre action de notre vie; et cest la raison pourquoy, si jestois asture ( cette heure) forc de choisir, je consentirois plustost, ce crois-je, de perdre la veu que louir ou le parler 53.

Lopera di Montaigne non opera teorica, non rappresenta concetti, non definisce lhonnte homme o lhonntet, come faranno poi N. Faret o il Chevalier de Mr, ma gli d vita, lo considera un suo interlocutore familiare, personaggio che forse gi aveva intravvisto nel suo mondo e chegli comunque stima possibile ed auspicabile. Noi possiamo vederlo direttamente solo attraverso alcune annotazioni, ma, assai pi spesso, indirettamente, come riflesso dellimmagine di Socrate negli Essais compare 113 volte 54 , che per dobbiamo saper ridurre a forme pi adeguate alluomo comune 55 e alla lettura che lio narrante fa di se stesso.

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FRANCO MARCOALDI, Il balcone di Montaigne (intervista a J. STAROBINSKI), La Repubblica, 15 febb. 1992, p. 27. anche lopinione del Doct. Armingaud: si veda nota introduttiva al cap. III, III libro, Essais, cit., vol. V, pp. 71-72, nota a nostro parere assai pregnante ed illuminante; egli infatti precisa: Montaigne nous dcrit donc ici un homme du monde un peu diffrent de lhonnte homme du XVII sicle; il nen achvera la peinture que dans le chapitre VIII (De lart de confrer), mais il est le premier crivain franais qui ait trait la question. Enfin, il a esquiss, ici et dans dautres chapitres, les traits dun autre homme de socit ou, si lon veut, dun homme dune autre socit, et qui nest autre que lui-mme: cest un homme aux moeurs fraternelles et vraiment sociables, qui sait frayer, quand il le faut, avec les gens simples []. Anche P. Villey (Les sources et lvolution cit., p. 457) attesta S. Guazzo come fonte dellautore degli Essais. Essais, cit., lib. III, VIII, vol. V, p. 305. Si vedano anche il cap. III (De trois commerces) dello stesso libro. Si veda R. E. LEAKE, D. B. LEAKE et A. E. LEAKE, Concordances des Essais de Montaigne, Genve, Droz, 1981, 2 voll. Si veda anche E. MARCU, Rpertoire des ides de Montaigne, Genve, Droz, 1965. MONTAIGNE, Les Essais, cit., lib. III, V, vol. V, p. 237: Socrates estoit home (sic) et ne vouloit ny estre ni sembler autre chose.

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Socrate o meglio una certa immagine di Socrate, distinta dalle vaste speculazioni platoniche, acquista lo statuto di modello 56 per ledificazione del nuovo universo culturale quale sintravvede al declinare dellet rinascimentale da parte di chi non si riconosce pi nel sapere degli scolastici n in quello delle erudite e metafisiche speculazioni di ispirazione neoplatonica (une philosophie ostentatrice et parlire) 57, senza peraltro identificarsi con i vari movimenti prettamente scientifici che venivano costituendosi un po dovunque nel continente europeo 58. Nella consapevolezza della radicale trasformazione dei valori tout crolle autour de nous 59 cui assisteva e che contribuiva a esacerbare, privo di fiducia nelle istituzioni e in particolare nella corte, il Prigourdin, rinunciando a modelli esteriori, tende a trovare in se stesso Jay mes loix et ma court pour juger de moy 60 lo spazio ancora non sufficientemente esplorato, ove esercitare la sua riflessione, scoprire unesistenza equilibrata, conquistare une sagesse gaye et sociale 61:
Il est temps de nous desnouer de la societ puis que nous ny pouvons rien apporter [...] Nos forces nous faillent; retirons les et resserrons en nous 62.

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Cos anche M. MAGENDIE: Il (Montaigne) prend Socrate pour modle (La politesse, cit., p. 388) e T. Gregory. Si veda: T. GREGORY, Per una lettura di Montaigne (testo italiano della prefazione allantologia degli Essais di MONTAIGNE, pubblicato nella Biblioteca Universal del Circulo de lectores a c. MARIA DOLORES PICAZO e ALMUDENA MONTOJO a Barcellona nel 1997), nonch Giornale critico della Filosofia italiana, vol. XVII, anno LXXVI (LXXVIII), maggio-agosto 1997, pp. 145-164: p. 149; alcune delle citazioni pi significative ci sono state suggerite da questo saggio. Si vedano anche le pagine che E. Faye consacra alla figura di Socrate in Montaigne: E. FAYE, Philosophie et perfection de lhomme. De la renaissance Descartes, Paris, Vrin, 1998: in particolare pp. 211-217. MONTAIGNE, Essais, cit., lib. I, XXXIX, vol. II, p. 338. In realt qui Montaigne si riferisce specificatamente a Plinio il giovane e, stranamente, a Cicerone, ma proprio in quanto la philosophie parlire contrapposta alla sua naisve philosophie, questa ci pare contrapporsi ad ogni sapere pi fondato sulla parola che sulla concreta esperienza interiore. Si veda anche ivi, lib. III, II, vol. V, p. 38: Les autres forment lhomme; je le recite et en represente un particulier bien mal form, et lequel, si javois faonner de nouveau, je ferois vrayement bien autre quil nest. Ivi, lib. I, XXXIX, vol. II, p. 334: Il y a des sciences steriles et pineuses, et la plus part forges pour la presse (per il mondo): il les faut laisser ceux qui sont au service du monde. Ivi, lib. III, IX, vol. VI, p. 39: Or tournons les yeux partout: tout crolle autour de nous; en tous les grands estats, soit de Chrestient, soit dailleurs, que nous cognoissons, regardez y: vous y trouverez une evidente menasse de changement et de ruyne. Ivi, lib. III, II, vol. V, pp. 46-47: Nous autres principalement, qui vivons une vie prive qui nest en montre qu nous, devons avoir estably un patron au dedans, auquel toucher nos actions, et, selon iceluy, nous caresser tantost, tantost nous chastier. Jay mes loix et ma court pour juger de moy. Si veda sotto, n. 83. MONTAIGNE, Essais, cit., lib. I, XXIX, vol. II, p. 324. Ricordiamo anche il celebre passo della arriereboutique, ivi, lib. I, XXIX, vol. II, p. 320: Il se faut reserver une arriereboutique toute nostre, toute franche, en laquelle nous establissons nostre vraye libert et principale retraicte et solitude. En cette-cy faut-il prendre nostre ordinaire entretien de nous nous mesmes, et si priv que nulle acointance ou communication estrangiere y trouve place.

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Egli inizia cos un nuovo itinerario pratico-teorico di cui avverte loriginalit e in una certa misura la responsabilit, come ben si coglie da questo passo di una sua lettera a M.me Estissac:
Cest [une entreprise] si fantastique et a un visage si esloign de lusage commun que cela luy pourra donner passage []. Et puis, me trouvant entierement desgarny et vuide de toute autre matiere, je me suis present moy-mesmes moy, pour argument et pour subject. Cest le seul livre au monde de son espece, dun dessein farouche et monstreus 63.

Egli si muove dunque in una rinnovata concezione della coscienza di s, dellIo, si presenta a se stesso (je me suis present moy-mesme a moy... la plus grande chose au monde cest savoir estre soy) 64, innalza lautentica lettura di s a valore (je nenseigne poinct, je raconte) 65, a inusitato campo teoretico della speculazione:
Je mestudie plus quautre subject. Cest ma metaphisique, cest ma phisique [...] Je ne peints pas lestre, je peints le passage 66.

Questo ripiegarsi su se stesso non esclude tuttavia laltro che, al contrario, complementare oggetto di ricerca, sia perch egli studia anche per piacere allhonneste homme 67, sia perch senza laltro non sarebbe possibile il dialogo che, come abbiamo visto 68, costituisce lesercizio pi fecondo dellingegno, sia, infine, perch mancherebbe lintimo profondo piacere dellamicizia:
Si si bonnes enseignes je savois quelquun qui me fut propre, certes je lirois trouver bien loing; car la douceur dune sortable et aggreable compaignie ne se peut assez acheter mon gr. O un amy! 69.

assolutamente sulla scia del filosofo greco, che pur non approva incondizionatamente 70, che lautore degli Essais fissa gli esiti pi fermi della sua riflessione: da 63 64 65 66 67 68 69 70
Ivi, lib. II, VIII, vol. III, pp. 119-120 (abbiamo preferito, per quel che riguarda i termini desgarny e monstreus, la lezione delled. 1588). Ivi, lib. I, XXIX, vol. II, p. 324. Ivi, lib. III, II, vol. V, p. 42. Ivi, lib. III, XIII, vol. VI, p. 314 e III, II, vol. V, p. 38. Ivi, lib. III, IX, vol. VI, p. 87: Outre ce profit que je tire descrire de moy, jen espre cet autre que, sil advient que mes humeurs plaisent et saccordent quelque honneste homme avant que je meure, il recherchera de nous joindre. Si veda sopra, n. 53. MONTAIGNE, Essais, cit., lib. III, IX, vol. VI, pp. 87-88. Due le riserve di Montaigne sul filosofo che ammira comunque come il pi saggio tra gli uomini: in primo luogo di esser rimasto eccessivamente legato alla sua citt (ce que Socrate fit sur sa fin, destimer une santance dexil pire quune santance de mort contre soi, je ne serai, mon avis, jamais ny si cass ny si estroitement habitu en mon pas que je le fisse Ivi, lib. III, IX, vol. VI,

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una parte il superamento della mera singolarit, la possibile universalit del suo pensiero e, dallaltra, lincertezza del sapere come sola possibile certezza. On demondoit Socrates do il estoit. Il ne respondit pas: dAthenes, mais: du Monde 71, cosmopolitismo senza dubbio profondamente radicato e teoricamente giustificato anche nel Prigourdin:
Non parce que Socrate la dict scrive infatti Montaigne mais parce quen verit cest mon humeur, et lavanture non sans quelque [excez], jestime tous les hommes mes compatriotes, et embrasse un Polonois comme un Franois, postposant cette lyaison nationnale luniverselle et commune. Je ne suis guere feru de la douceur dun air naturel 72.

Concezione universale delle possibilit della sua coscienza chaque homme porte la forme entiere de lhumaine condition 73 -, cui Montaigne perviene nel superamento di pregiudizi, delle autorit tenute a determinati particolari riti culturali, dellidiota stupore di fronte a costumi che paiono estranei, ch, proprio muovendo dalla sua coscienza, si dice convinto che chaque usage a sa raison 74. Paradossalmente la ragione, che libera dalla tirannia dellangusta visione particolare delle cose, dai riti e dai costumi, non ha per la forza di dar certezze, se non quella per cui solo sappiamo di non sapere, come appunto aveva detto Socrate:
Le plus sage homme qui fut onques, quand on luy demanda ce quil savoit, respondit quil savoit cela, quil ne savoit rien 75,

conferma della convinzione che secoli di incessanti ricerche non hanno portato luomo sincero con se stesso en conscience a riconoscere di non aver appreso che la consapevolezza della propria debolezza: lignorance qui estoit naturellement en nous, nous lavons, par longue estude, confirme et avere 76. Ci tuttavia ben lontano dall

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p. 69) e, in secondo luogo, di esser caduto in estasi (rien ne mest facheus a digerer en la vie de Socrates que ses ecstases et ses daemoneries Ivi, lib. III, XII, vol. VI, p. 422). Ivi, lib. I, XXVI, vol. II, p. 124. Si tratta di un topos della dossografia socratica, ma Montaigne lha assai probabilmente tratto da Cicerone, Tusculanae Disputationes, V, 37 (si veda ed. con testo a fronte a c. E. NARDUCCI, trad. L. ZUCCOLI CLERICI, Milano, Rizzoli, 1996, p. 544: Socrates quidem cum rogaretur cuiatem se esse diceret, Mundanum, inquit). MONTAIGNE, Essais, cit., lib. III, IX, vol. VI, p. 68. Ivi, lib. III, II, vol. V, p. 39. Ivi, lib. III, IX, vol. VI, p. 99: La diversit des faons dune nation autre ne me touche que par le plaisir de la varit. Chaque usage a sa raison. Tutta la pagina particolarmente significativa. Ivi, lib. II, XII, vol. III, p. 404. Il passo tratto dagli Academicorum libri di Cicerone, I, 4. Ivi, lib. II, XII, vol. III, pp. 402-403; qualche riga sopra aveva appunto scritto: Je croy quil me confessera, sil parle en conscience, que tout lacquest quil a retir dune si longue poursuite, cest davoir appris reconnoistre sa faiblesse.

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indicare uno stato di ottusit, unassenza di ogni luce, limpossibilit di ogni azione costruttiva, ch, ben allopposto, apre ad un atteggiamento critico di fronte al reale, al giudizio stesso sul potere delle nostre facolt:
Car cela, destablir la mesure de nostre puissance, de connoistre et juger la difficult des choses, cest une grande et extreme science, de la quelle ils (i pirroniani da cui evidentemente prende qualche distanza) doubtent que lhomme soit capable[...]. Lignorance qui se sait, qui se juge et qui se condamne, ce nest pas une entiere ignorance: pour lestre il faut quelle signore soy-mesme 77.

La figura di Socrate, la cui anima la pi prossima a quella perfezione che Montaigne dice di aver conosciuto 78, attraversa dunque tutti gli Essais e proprio nelle ultime pagine il filosofo greco appare particolarmente presente, soprattutto nellimmagine che ci hanno consegnato Platone (Convito) e Senofonte (Simposio), nonch Diodoro Siculo e Diogene Laerzio 79, un Socrate coraggioso, che non esita a rischiare la propria vita pur di salvare quella di Alcibiade e dello stesso Senofonte, di grande forza fisica, di estremo dominio di s, capace di affrontare ogni disagio, imperturbabile nella gioia e nel dolore, ma soprattutto filosofo tra gli uomini, che trae esperienza dal quotidiano, che sa sorridere, giocare con i fanciulli:
Il ne refusoit ny jouer aux noysettes avec les enfans, ny courir avec eux sur un cheval de bois; et y avoit bonne grace, car toutes actions, dict la philosophie, sient egalement bien et honnorent le sage 80.

La dimensione del suo pensiero coincideva con la ricerca stessa, ove provava piacere come il cacciatore nella caccia 81: mai dunque ammantato dalla boria del possesso della verit, sempre umano, quasi questuante della parola dellaltro per esercitare la missione che soprattutto sentiva come sua, far discendere la filosofia dal cielo alla terra 82. Lhonneste homme montaignano si costituisce dunque su questo sfondo socratico, non appare identico allo stesso Montaigne o al filosofo greco, ch la figura che il Prigourdin cerca di delineare ben lontana dal corrispondere a unimmagine mitica, ma piuttosto una persona che riflette alcune delle virt addensate ed estreme 77
Ivi, lib. II, XII, vol. III, p. 408. In questo fondamentale luogo della sua opera Montaigne argomenta sullo sfondo della classificazione delle tre filosofie (la dogmatica, laccademica, la scettica), che leggiamo allinizio degli Schizzi pirroniani di SESTO EMPIRICO (si vedano nelled. a c. di A. RUSSO, Bari, Laterza, 1988): Quiconque cherche quelque chose, il en vient ce point: ou quil dict quil la trouve ou quelle ne se peut trouver, ou quil en est encore en queste (ivi, pp. 406-407). MONTAIGNE, Essais, cit., lib. II, XI, vol. III, p. 217. I testi cui ci riferiamo sono anche riportati nellAntologia a c. di G. GIANNANTONI: Socrate, tutte le testimonianze: da Aristofane e Senofonte ai Padri cristiani, Bari, Laterza, 1971. MONTAIGNE, Essais, cit., lib. III, XII, vol. VI, p. 407. Ivi, lib. II, XIII, vol. III, p. 418: en cette chasse de la vrit. CICERONE, Tusculanae, lib. 5, p. 8: ed. cit., pp. 454-455.

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nel lontano maestro di vita: il desiderio di sapere, complementare alla convinzione che non potr mai essere soddisfatto, la conversazione e non le aride regole logiche lattacco allalbero di Porfirio negli Essais esplicito e perentorio 83 come privilegiato procedimento propedeutico, un rifiuto dellautorit e quindi assoluta libert di scegliere 84, una saggezza limitata, alla portata delluomo, gaia e sociale 85. Un uomo, dunque, pi teso alla ricerca del saper vivere che alle speculazioni fisiche e metafisiche, tenuto al quotidiano, insomma lontanissimo dal gentilhomme, ch Montaigne sente solo pena per chi si educa per servire un altro: Il y a de quoi plaindre les hommes qui auront vivre avec un homme et luy obeyr, lequel outrepasse et ne se contante de la mesure dun homme 86; ben altro luomo nuovo con cui egli ama intrattenersi. Egli stesso lo presenta:
Les hommes de la societ et familiarit desquels je suis en queste, sont ceux quon appelle honnestes et habiles hommes: limage de ceux [cy] me degouste des autres [...] La fin de ce commerce, cest simplement la privaut, frequentation et conference: lexercice des ames sans autre fruit 87.

Non si tratta solo di auspici, di mere creazioni dellimmaginazione: uomini di tal fatta gi esistevano e certo potremmo individuarli nella cerchia degli amici dello stesso Montaigne, esistevano nella societ che ha conosciuto ed esisteranno, anche se non protagonisti, in quella dei primi decenni del XVII secolo; la loro dimensione prima lautenticit, nonch un desiderio disinteressato di sapere, non per la scuola, come appunto ebbe a scrivere Nicolas Vaquelin des Yveteaux (1567-1649): Instruis-toi pour le monde et non pour lEcole, avrebbe anche potuto aggiungere: non par lEcole.

Charron
La Sagesse (1601 e 1604) di Pierre Charron sembra percorrere le stesse linee ispiratrici di Montaigne: ben frequenti, infatti, sono i luoghi di questopera che possiamo riportare agli Essais, tuttavia a noi pare che il fossato con la cultura della tradi83
MONTAIGNE, Essais, cit., lib. III, XIII, vol. VI, p. 305: Une pierre cest un corps. Mais qui presseroit: Et corps quest-ce? Substance Et substance quoy? ainsi de suitte, acculeroit en fin le respondant au bout de son calepin. On eschange un mot pour un autre mot, et souvent plus incogneu. Je say mieux que cest quhomme que je ne say que cest animal, ou mortel, ou raisonnable. Pour satisfaire un doubte, ils men donnent trois: cest la teste de Hydra. Ivi, lib. II, XVII, vol. IV, p. 241: Ainsi jarreste chez moi le doubte et la libert de choisir. Ivi, lib. III, XIII, vol. VI, p. 424. Queste sono le parole che chiudono gli Essais: Les plus belles vies sont, a mon gr, celles qui se rangent au modelle commun et humain, avecq ordre, mais sans miracle et sans extravagance [] une sagesse gaye et sociale. Ivi, lib. III, XIII, vol. VI, p. 423. Ivi, lib. III, III, vol. V, p. 85.

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zione si faccia in essa ancor pi ampio, che il suo autore sia pervenuto a rappresentare le nuove idee con maggior plasticit, diremmo quasi teatralit spesso infatti egli ricorre al teatro e al rapporto maschera-volto quali metafore per esprimere il suo pensiero 88 , di quanto non abbia fatto il Prigourdin e, infine, che da tale scritto, pi ancora che dal testo montaignano, Descartes abbia tratto motivi di ispirazione 89. Il richiamo alla coscienza certo fondamentale e comune ai due grandi saggisti, ch anche lopera di Charron sapre e si chiude in termini assolutamente socratici, con linvito al lettore a riportarsi a questo luogo della speculazione come a condizione prima per percorrere un iter, che nel suo caso mira essenzialmente alla scoperta della virt, mentre in Descartes assumer tuttaltra direzione, con la rinuncia ad una ricerca specificatamente etica e lesasperazione almeno su questo terreno metafisica, che lo condurr agli esiti pi sconvolgenti e rivoluzionari, rispetto alla tradizione, cui in questambito si poteva pervenire.
Il se faut donc persuader que la vertu ne cherche point un plus ample ny plus riche Theatre, pour se faire voir, que sa propre conscience [...] se remettre devant les yeux que lon vient en ce monde comme une Comedie, ou lon ne choisit pas le personnage que lon veut jour, mais seulement lon regarde bien jour celuy qui est donn 90.

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Come stiamo per mostrare, la dimensione stessa della coscienza sembra attuarsi nella tridimensionalit di uno spazio teatrale, mentre falsit e autenticit, esteriorit e interiorit, sono rappresentate come maschera e volto. Si veda P CHARRON, La Sagesse, cit., lib. II, III, p. 418: ansi les actions de . vertu ne sont souvent que masques, elles en portent le visage, mais elles nen ont pas lessence. Pi avanti accenneremo a vari luoghi dellopera charroniana che con grande probabilit hanno ispirato lautore del Discours. estremamente probabile che Descartes abbia posseduto la Sagesse sin dal 1619. F. DE BUZON ha preso conoscenza di un esemplare di questo testo, probabilmente la terza ed. (1607), dedicata al filosofo da un amico: nella pagina di guardia infatti si legge: Doctissimo amico grato et minori fratri Renato Cartesio ded. P. Johannes B. Molitor S.J. exeunte anno 1619. Si veda: Un exemplaire de la Sagesse de P Charron offert Descartes en 1619, . Archives de Philosophie, 55, mars 1992, Bulletin cartsien, XX, pp. 1-3. F. De Buzon giustifica lespressione minori fratri come un gesto familiare dellamico. Per quel che riguarda tesi della Sagesse cui ci pare Descartes si sia ispirato in alcune sue opere, soprattutto della prima maturit, assai succintamente riservandoci di soffermarci pi avanti su quelle pi pertinenti al tema che stiamo trattando ricordiamo una rappresentazione teatrale del mondo, comune a tutta quella et (Universus mundus exercet histroniam, Sagesse, cit., lib. II, II, p. 393), regole di comportamento assai simili a quelle che Descartes (Morale par provision) traccer nel Discours (ivi, lib. II, VIII, p. 496), un campo epistemico tutto compreso nella coscienza, entro il quale pu percorrersi il cammino dallIo a Dio (ivi, Prface, p. 45), lutilit dei viaggi (ivi, lib. III, XIV, p. 696), la forza conoscitiva della lumire naturelle: Petit Traict de Sagesse (ivi, p. 844). Sulla presenza di Charron in Descartes si veda: J. R. MAIA NETO, Charrons poch and Descartes cogito: the sceptical base of Descartes refutation of scepticism, in The Return of Scepticism from Hobbes to Descartes, a cura di G. Paganini, Dordrecht-Boston-London, Kluwer, 2003, pp. 81-113. P CHARRON, La Sagesse, ed. cit., allinizio (p. 44) assai esplicitamente scriveva: Le plus eccellent . et divin conseil, le meilleur et plus utile advertissement de tous, mais le plus mal pratiqu, est de

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Coscienza come teatro metafora la troveremo anche in La Mothe Le Vayer 91 che iscrive la speculazione di Charron in una dimensione affatto mondana: questi non rifiuta la rivelazione, ma ne delimita il campo; lui, che non intendeva preparare luomo per il chiostro noi aggiungeremmo e neppure per la corte , ma per il mondo e la vita civile 92, precisa con assoluta chiarezza che la speculazione scetticheggiante non riguarda in alcun modo le verit di fede, ma che, per quanto riguarda i nostri pensieri, il nostro opinare, essi sono nostri e liberi: les penses, opinions, jugement sont tous nostres et libres 93. Come stato detto 94, il ricordo di Socrate attraversa tutta lopera di Charron: anche se meno frequenti che in Montaigne, nella Sagesse i richiami al filosofo greco sono infatti particolarmente significativi e in armonia con i temi avanzati, tra cui dominante ci par quello che potrebbe dirsi pedagogico. Socrate, Coriphe des sages 95, infatti al centro dellopera per la sua capacit dialogica, per la sua arte, che non consiste tanto nel porgere verit compiute o nel presentare un sapere come se lo generasse egli stesso, quanto nel portare attraverso il dialogo laltro, linterlocutore, a scoprirli in se stesso, les enfanter: questa limmagine del filosofo greco che ispira anche la distinzione tra esprits foibles et esprits forts, ch veramente deboli sono quelli che, essendo tali, recitano la parte dei forti e indossano una maschera per celare il loro vero volto, forti invece quelli che, consci della loro debolezza, in luogo di rimuoverla, la innalzano a momento genetico della loro sensibilit e della loro scienza:
Ils (quelli che presumono di sapere) tiennent honte et foiblesse cette surceance (sospensione della certezza) pource quils ne savent que cest, et napperoyvent que les plus grands en ont fait profession, ils rougiroyent, et nauroyent jamais le cueur de dire franchement: Je ne sais, tant ils sont frapps dopinion et presomption de science, et ne savent pas quil y a une sorte dignorance et de doute, plus

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sestudier et apprendre se cognoistre: cest le fondement de sagesse et acheminement tout bien: folie non pareille que destre attentif et diligent cognoistre toutes autres choses plutost que soy mesme: la vraye science et le vray estude de lhomme, cest lhomme; la Metafora della coscienza come teatro si legge in Petit Traict de Sagesse, d. Fayard cit., p. 800. Si veda F. LA MOTHE LE VAYER, De lIgnorance louable, in Cinq autres dialogues: La conscience de lhomme estant comme son Theatre, p.100, ed. 1606. CHARRON, La Sagesse, cit., prface, p. 32: Si jeusse entreprins dinstruire pour le cloistreil meust falu suyvre, adamassim, les advis des theologiens, mais nostre livre instruit la vie civile et forme un homme pour le monde, cest dire la sagesse humaine et non divine. Ivi, II, 2, p. 386. Si veda, ad esempio, G. PAGANINI: Sages Spirituels Esprits forts. Filosofia dellEsprit e tipologia umana nellopera di Pierre Charron, in AA.VV. La saggezza moderna. Temi e Problemi di Pierre Charron (atti del convegno di studi in onore di Giampiero Stabile), Napoli-Roma, ESI, 1987, pp. 113-156: p. 123. P CHARRON, La Sagesse, cit., lib. II, II, p. 410: Cest cette grande qualit et suffisance de Socrate, . le Coriphe des sages, par ladeveu de tous [] il nenfantoit point, mais servant de sage femme faisoit enfanter les autres.

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docte et assure, plus noble et genereuse que toute leur science et certitude: cest ce qui a rendu Socrates si renomm et tenu pour le plus sage: cest la science des sciences et le fruit de tous nos tudes[...]. Je diray ici que jay fait graver sur la porte de ma petite maison que jay fait bastir Comdom lan 1600, ce mot, Je ne say 96.

In questo passo ci pare si possa facilmente scorgere la forza dirimente del rifiuto del pedante: anche per Charron non il ridicolo personaggio delle commedie italiane, ma il dotto che non sa usare la scienza, cio e lo afferma in termini espliciti lesprit foible, mentre lesprit fort, nella misura in cui la possiede, sa gestirla, goderne, trarne i giusti vantaggi, farsi pi abile 97. La separazione tra le due culture la pi netta che si possa immaginare, ch principe dei pedanti, dei dogmatici, proprio Aristotele, il corifeo dei dotti, intesi evidentemente come pedanti 98. A suo avviso nelleducare si possono seguire diverse vie, o attraverso la parola, mediante precetti, lezioni ex cathedra o la conversazione con honnestes et habiles hommes, o attraverso gli esempi. Nellambito della parola Charron, senza esitazione alcuna, sceglie la conversazione, il dialogo, rifacendosi in modo diretto, anche per quel che riguarda il metodo, a Socrate:
Il faut resveiller et eschauffer leur esprit par demandes, les faire opiner les premiers, et leur donner mesme libert de demander, senquerir, et ouvrir le chemin quand ils voudront [...] Cette faon dinstruire par demandes est excellement observe par Socrate (le premier en cette besogne) comme nous voyons par tout en Platon, ou par une longue enfileure de demandes dextrement faittes, il mene doucement au giste de la verit [...] Or ces demandes ne doivent pas tant tre des choses de science et de memoire, comme a t dit, que des choses de jugement 99.

Questo dialogo dovrebbe portare linterlocutore a superare i riti, i legami tribali, le superstizioni, a scoprire ancora una volta secondo il notissimo insegnamento di Socrate, che gi abbiamo visto in Montaigne luniversalit del pensiero 100. Risvegliare la mente significa aprirla qui ne demande rien ne sait rien , esorcizzarla da idioti stupori: 96 97
Ivi, lib. II, II, p. 402. Ivi, Prface, pp. 38-39: Lesprit foible ne sait pas posseder la science, sen escrimer, et sen servir comme il faut, au rebours elle le possede et le regente [] lesprit fort et sage la [science] manie en maistre, en jouyt, sen sert, sen prevaut son bien et advantage, forme son jugement, rectifie sa volont, en accomode et fortifie sa lumiere naturelle [] tels esprits foibles de nature, preoccupez, enflez [] comme ennemis formels de sagesse, je fay la guerre par exprez en mon livre, et cest souvent sous ce mot de pedant []. Ivi, lib. II, II, p. 401: Aristote prince des dogmatistes et affirmatifs: Le Dieu des Pedants. Ivi, lib. III, XIV, p. 697, ma si vedano pp. 695-698, dove in breve, ma assai efficacemente, sono respinti i diversi metodi di istruzione e spiegati i motivi del privilegio assegnato al metodo socratico-dialogico. Ivi, lib. III, XIV, p. 699: Cest en ce sens que Socrate le sage se disait citoyen du monde.

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Les plus belles ames et les plus nobles sont les plus universelles et plus libres: par ce moyen lesprit se roidit, apprend a ne sestonner de rien 101.

Sviluppando questa tematica, che coinvolge anche le religioni, Charron raggiunge forse il pi alto e pericoloso momento della sua speculazione: il suo saggio, anche se per mera opportunit, ha da seguire i costumi del suo paese, teoricamente per deve sapersene staccare, superarli, vagliarli attraverso la variegata visione della diversit, giudicare, acquisire un atteggiamento critico, costruirsi una sua interiorit, che lo porr in grado di guardare ed agire nel mondo con sovrano distacco 102. questa la condizione che diremmo dellessere per s tre soi -, anchessa tratta da una visione pedagogica che rifiuta lautorit, ch sottomettersi ad essa sarebbe come decadere ad una condizione animale se laisser conduire comme un buffle 103 . Una fiducia nelluomo, che preannuncia quella che sar di Shafetsbury e di Rousseau e che non concede nessuna compressione della sua natura: il saggio si costituisce solo per s, aiutato s dal dialogo, ma non dal timore di leggi, di magistrati, di pedanti che lo distruggerebbero 104. In questa autonomia egli raggiunge il pi alto sapere che senza ipocrisie, senza maschere, luomo autentico pu vantare, cio quello di Socrate, che come abbiamo visto Charron fa completamente suo 105. Saper formarsi autonomamente allinterno della propria coscienza e per la stessa coscienza, innalzarsi ad una visione universale delle cose, distaccarsi dai riti, dai costumi di un solo paese, vivere nellassoluta integralit la propria condizione di uomo 106: tutto ci porta allautentica preudhommie, alla virt che costituisce la premire et fondamentale partie de la sagesse. Neppure per lautore della Sagesse pensiamo di proporre lhomme de bien, modello etico delineato nel cono dombra dellastorica visione di Socrate, come perfettamente coincidente con quellhonneste homme, rappresentante di un ceto nuovo, che forse per il suo stesso costituirsi aveva spinto Charron, interprete del suo tempo, alla composizione dellopera: insistiamo nel voler proporre non un concetto, o soltanto un concetto, ma intravvedere uomini con i quali egli poteva concretamente pensare di costituire una minima respublica literaria, dove intessere feconde conver101 Sia questa che la precedente cit. tratta da ibidem, p. 699. Nel lib. II, II, p. 391, Charron aveva 102 103 104 105 106
scritto: le vray moyen dobtenir et se maintenir en ceste belle libert de jugement, et qui sera encores une autre belle leon et disposition la sagesse, cest davoir un esprit universel. T. Gregory ha scritto in proposito pagine particolarmente efficaci; si veda: T. GREGORY, Etica e Religione nella critica libertina, Napoli, Guida, 1986, in particolare pp. 96-100. CHARRON, La Sagesse, cit., lib. III, XIV, p. 700. Ivi, Petit Traict, p. 843: je veux en mon sage une preudhommie essentielle et invincible qui tienne de soy mesme. Si veda sopra n. 95. La Sagesse, cit., lib. II, III, p. 420: Tout homme doit estre et vouloir estre homme de bien, pource quil est homme, qui ne se soucie de lestre est un monstre [].

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sazioni che, come quelle socratiche, avrebbero condotto gli interlocutori a conquistare una sempre pi profonda conoscenza di se stessi. Pur apparentemente semplici, le condizioni essenziali per il raggiungimento dellautentica preudhommie cio essere essenzialmente uomo, vivere secondo natura e ragione 107 sottintendono, per una loro pi precisa definizione, ulteriori svolgimenti teorici: esse evocano per atteggiamenti quotidiani di estrema linearit, secondo un linguaggio che Charron credeva fosse stato anche di Socrate, i cui propositi si diceva fossero tra i pi simples et naturels, fondati su similitudes et inductions vulgaires, assai simili a quelli tenuti dai contadini e, soprattutto, intesi a proporre regole del bien vivre 108. Cos lautore della Sagesse, tra le righe delle sue affermazioni teoriche pi ambiziose, introduce regole morali di percezione immediata, quali essere liberi, franchi, sorridenti, gioiosi, uniformi e costanti nellazione, e soprattutto moderati 109, sposta il fulcro delle ambizioni dallesterno allinterno, dal mondo degli altri a quello che solo ci appartiene, alla vita privata, riconosce ed espunge come passione viziosa ci per cui il gentilhomme pensava di potersi dire honneste, cio lonore e lapprovazione degli altri 110. Lhomme de bien deve poi saper anche abbandonare laltera ambizione di pervenire alla conoscenza perfetta delle cose umane e divine, non deve quindi ascriversi tra presuntuosi Teologi e Filosofi, ma ricordare sempre la massima socratica sapere di non sapere e in questa umile saggezza iscrivere e mantenere la propria curiosit. Non un disprezzo assoluto verso le scienze, ma un richiamo moderato a non stimarle troppo n troppo poco e, soprattutto, a saper scegliere tra di esse: trascurare quelle che pretendono di inoltrarsi in alte speculazioni, concedere una certa attenzione alle scienze naturali, ma privilegiare assolutamente le pratiche, e vivere soprattutto quelle che mirano al bene delluomo, insegnandogli a ben vivere e a ben morire 111.

107 Ivi, lib. II, III, p. 422: Or le Patron et la regle pour lestre, cest cette Nature mesmes qui requiert
si absolument que le soyons, cest di-je cette equit et raison universelle qui claire et luit en chacun de nous, oppure ancora pi efficacemente poco dopo (ivi, p. 424): la doctrine de tous les Sages porte que bien vivre, cest vivre selon nature, que le souverain bien en ce monde, cest consentir nature, quen suyvant nature, comme guide et maitresse lon ne faudra jamais. Ivi, lib. II, III, p. 425. Ivi, lib. II, III, p. 419: la vraye preudhomie, que je requiers en celuy qui veut estre sage, est libre et franche, masle et genereuse, riante et joyeuse, gale, uniforme, et constante, qui marche dun pas ferme, fier, et hautain, allant tousjours son train []. Si vedano in particolare ivi, lib. I, LX, pp. 361-364: LHonneur disent aucuns et mal, est le prix et la recompense de la vertu [] Lhonneur est tant estim et recherch de tous, que pour y parvenir lon entreprend, lon endure, lon mesprise toute autre chose, voire la vie [] Le desir dhonneur et de gloire, et la queste de lapprobation dautruy, est une passion vitieuse. Scrive lautore nella Prface: Nous ne prenons icy ce mot (sagesse) subtilement au sens haultain et eslev des Thologiens et Philosophes, pour une cognoissance parfaicte des choses divines et humaines, ou bien des premires et plus hautes causes et ressorts de toutes choses: laquelle rside en lentendement seul. Per raggiungere la saggezza occorre ottemperare a due condizioni: se

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Lhomme de bien o honneste homme, interlocutore concreto che Charron intravvede nella societ che lo circonda, devessere innanzi tutto un esprit libre da superstizioni, da dogmatismi ed anche dal primato delle religioni, aperto, in grado sempre di poter juger, il che precisa in termini assai piani, familiari non vuol dire resoudre, affirmer, determiner [...], mais examiner, peser, balancer les raisons et contreraisons de toutes parts, le poids et merite dicelles, et ainsi quester la verit 112.

Pierre Bardin (1590-1637)


Le Lyce di P. Bardin 113 sembra porsi come esemplare per la tematica che stiamo trattando, anche se non pu dirsi che, nel suo insieme, questa seria conversazione cos la definisce il suo autore nella prefazione 114, ricca comunque di spunti interessanti, possa assumersi come svolgimento adeguato di quanto avanzato allinizio dellopera. Non pu non impressionare la nettezza con cui nella prefazione si coniuga apertamente il filosofo greco con lhonneste homme:
La Grece ne savoit point devant Socrate sous quelles regles il falloit vivre pour meriter le tiltre de lHonneste Homme et lon navoit encore veu que des foibles principes de la Science de bonnes moeurs: que sil se trouvoit des Esprits qui eussent quelque teinture de la Sagesse cestoit moins par leur estude que par le bonheur de leur naissance. Le Genie de ce Philosophe fut si puissant, ou pour mieux dire il sattacha si fort a se reconnoistre: et les autres aussi, quil descouvrit tout le bien quun homme est capable de faire naturellement et jusqu quel degr dexcellence la vertu pouvait eslever son esprit 115.

Tra le molteplici testimonianze su Socrate che lerudito Bardin conosceva presceglie inizialmente quelle che lo presentano come il pensatore che ha portato la filosofia morale alla perfezione, levatrice spirituale, di cui nessun giovane che intenda porsi alla ricerca della verit avrebbe potuto fare a meno 116, ed egli evidentemente cerca di imitarlo, proponendosi come guida al giovane Timandre, con cui converser attraversando luoghi ameni durante le diverse passeggiate raccontate nel corso dellopera.
bien connatre et tre modr en tout. Tutto il cap. LXI del I libro poi dedicato a tale tema; limitiamoci a questa tesi (p. 366): Cest dommage et folie dy [alla scienza] employer tant de temps, de despence et de peine, comme lon fait. Ivi, lib. II, II, p. 386. P BARDIN, Le Lyce de Sv. Bardin ou en plusieurs promenades il est trait des connoissances, des actions . et des plaisirs dun Honneste Homme, 2 voll., Paris, Camusat, I vol. 1632, II vol. 1634. Per quel che riguarda il primo volume, citiamo dalled. di Rouen, chez la veuve du Bosc, 1641. Ivi, s.p., ma p. 17: ny dialogue, ny declamation [], mais conversation serieuse. Ivi, Prface, p.10. Ivi, pp. 11-12.

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Perfettamente consapevole del divario che pu sussistere tra rappresentazione concettuale e realt sociale, si ripromette, in termini affatto espliciti, di prospettare lexemplaire et le patron dhonneste homme nella forma pi concreta possibile:
Ie nay point resolu demployer mes imaginations la composition dun modele fantastique et qui svanouroit en sortant de la pense, pour ne pouvoir subsister dedans la nature des choses: ie veux faire un Honneste homme reellement, et ie desire que ny la raison ny lusage ny trouvent rien redire 117.

Con non minore esattezza e radicalit di Charron lo distingue dal gentilhomme, prendendo di mira quella stessa nozione donore, cui costantemente si richiamava chi poneva a fine della sua esistenza di plaire la Cour:
Ils adorent un Idole invisible quils appellent lHonneur et quoy quon ne sache pas ce que cest, ils ont soin deslever des fortes et hautes murailles et de creuser des fosss larges et profonds, afin de le conserver l dedans avec des armes quils ont exquisement forges pour tuer les hommes et il y en a qui ne craignent de hazarder leur vie pour leur emporter cet Honneur 118.

Infine, pur non immediatamente raccordata a queste prime immagini, la figura del pedante anche in questo caso evocata per definire negativamente quella del maestro nuovo delineata con una precisione concettuale ed una pertinenza tali da renderla forse ancora pi esemplare di quelle, pur efficacissime, che abbiamo posto in luce nei testi di Montaigne e di Charron: il pedante di Bardin viola la prudenza letteraria, cio una disposizione dellingegno che porta ad adattare le letture al mutare dei tempi, a diverse situazioni, insomma a non sentirsi soggetto ad Autori. Chi possiede quella prudenza, a differenza del pedante, si sente libero, ansioso di esercitare un proprio giudizio, come, ad esempio, hanno saputo fare uomini quali Aristotele e Seneca 119. Nonostante queste tesi, in gran parte addensate allinizio del testo, ma presenti talvolta anche in successive conversazioni, non ci parso di aver individuato nellin117 Ivi, p. 13. 118 Ivi, p. 19. Quasi in prossimit della fine dellopera come fa notare anche M. MAGENDIE,
Politesse, cit., p. 376 Bardin prender le distanze con ugual precisione anche dallhonneste homme di Faret. Si veda Le Lyce, cit., II vol. (1634), p. 959: Les courtisans qui ne rapportent leurs actions quau bien de leur reputation ont quelque raison de studier particulierement. Proponiamo comunque il passo, che ci pare particolarmente efficace; si veda ivi, pp. 333-334: La prudence litteraire cest une adresse desprit qui sait approprier lusage du temps et des occasions ses lectures, et qui ne se tient point si fermement attache aux sens des Autheurs, quelle ne considere si leur opinions ont est raisonnables [] ceux qui sont despourveus de cette Prudence sont appelez dordinaire Pedans [] le Pedantisme est une humeur formaliste et scrupuleuse, qui ne se depart iamais de ce qui est escrit, soit bien, soit mal, et il y a des Courtisans qui en sont infectez aussi bien que certains Theologiens, Iurisconsultes, Medecins et dautres qui enseignent les sciences.

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sieme del dialogo unordinata sequenza di argomentazioni che in qualche modo ne costituissero un coerente svolgimento e neppure di riconoscere, nei pur frequenti richiami a Socrate 120, limmagine del filosofo sage femme: non il dialogo socratico, infatti, comera stato ben interpretato da Charron, rappresenta qui la via maestra per pervenire a virt e conoscenza, ma la considerazione di esempi che ispirano nella vita atteggiamenti civili e umani. Emerge pertanto nozione centrale su cui ruotano gran parte delle conversazioni la Prudenza, s che Aristotele prende il sopravvento su Socrate, un Aristotele spesso citato come ispiratore di determinate concezioni morali e difeso anche per le sue discusse opinioni sullopportunit di una selezione genetica dellumanit 121: prudenza che assomma in s tutte le virt (forza, temperanza, giustizia) 122 e che tale perch sa scoprirne i fini e ordinare i mezzi che esse debbono adottare per raggiungerli; essa risiede pertanto nellintelletto, come Minerva che illumina lazione di Ulisse 123. Non si possiede per natura, ma si apprende con lesperienza, sia mediante la semplice conversazione, non tanto dialogica quanto informativa:
par la frequente conversation de ceux qui sont dans les grands employs, si lon a gagn leur confidence, on se peut rendre savant dedans les affaires 124,

sia soprattutto attraverso la storia, che diviene fonte prima per la formazione dellhonneste homme. Sin dallinizio Bardin si era ripromesso di presentare les actions sia degne di lode che di biasimo de ceux qui ont paru dessus les grands theatres du monde 125. Allinizio lo sa ci avrebbe potuto indurre allimitazione, che in un primo tempo sarebbe forse potuta apparire servile, ma poi si sarebbe trasformata in emulazione generosa: come la vigna prima si appoggia al tronco, quindi lo supera, cos anche il giovane, prima portato ad imitare, preso poi dallardore, tende a superare gli stessi esempi che ha imitato 126.

120 Non manca, ad esempio, il topos del filosofo che non sa di non sapere; si veda ivi, pp. 161-162: 121 122 123 124
Socrate le premier de tous en fit une tres franche confession, ne se vantant que de savoir une chose, qui estoit de ne savoir rien de tout. Ivi, p. 335. P Bardin si era interessato alle scienze e non pare che fosse digiuno di matematica. Sta di fatto . che questo accentrarsi delle virt nella sola prudenza egli lo rappresenta mediante una non breve metafora fondata sullottica. Si veda ivi, p. 224. Ivi, p. 230. Per la metafora della Minerva, si veda p. 9 Ivi, p. 274. Ma le pp. 272-276 sono tutte da leggere: vi si trovano anche interessanti osservazioni su Venezia, di cui si riconosce la straordinaria bellezza ma, in armonia con una concezione dei viaggi non concedere troppo alle opere darte, ma considerare soprattutto i costumi delle genti , si raccomanda di trarre esperienza dal suo governo: Il y prendra plaisir voir ceste mutuelle conspiration des volonts maintenir la forme de lEstat et comme la libert y respire sans crainte parmy des conditions entierement ingales (276). Ivi, p. 14. Per tutto questo si veda ivi, pp. 14 e 15.

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Le testimonianze tratte dalla storia pepiniere tres-fertile de bon conseils pour toutes sortes daffaires 127 prevalgono dunque sulla stessa ragione e Francesco Guicciardini e Jacques-Auguste de Thou divengono testi fondamentali di riferimento: non scavo dialettico nellanimo dellinterlocutore, ma ostensione di azioni, di comportamenti, come fonte prima di persuasione alla saggezza, alla prudenza nellazione:
La raison mesme ne peut avoir de tmoin plus exprs pour confirmer ce quelle propose, que quelque exemple tir de lHistoire; ce qui fait que tous ceux qui ont lintention de persuader quelquun, luy alleguent plutost des exemples que des raisons 128.

Tra le varie fonti socratiche il Protagora platonico assume pertanto particolare valore: Bardin, infatti, appoggiandosi anche sul mito di Prometeo ed Epimeteo 129, ha privilegiato la cultura sulla natura. Certo, per formare il saggio non si pu prescindere totalmente dalla natura, nessuna azione culturale sarebbe possibile se non si desse una positiva disposizione naturale 130; senza lesperienza per mai si potrebbe aspirare a divenire quellhonneste homme 131 chegli si qui proposto di rappresentare. Luomo dunque educabile disciplinable e pu apprendere ad affermarsi, non tanto nelle corti, che anche Bardin non ama 132, ma in una nuova corte, quella ben pi ampia ed umana della vita civile. A Juan Huarte 133, che aveva appunto sostenuto che ogni ispirazione poteva trarsi dalla natura, vien contrapposta infatti lesperienza della vita e della storia:
On ne me sauroit persuader que les premiers hommes qui nestoient instruits que de la Nature, fussent aussi adviss que lont est ceux de derniers aages[...]. Ceste vertu, disoit le pote Afranius, eut lUsage pour pere et la Memoire lenfanta 134.

Questuomo, delineato dunque nella concretezza della vita civile, impronta la propria azione ad una honnestet che, lungi dallessere determinata nel privato, allarga la sua azione alla vita in comune, alla vita sociale, ch le parti debbono essere per il tutto e non il tutto per le parti 135. 127 128 129 130
Ivi, p. 262. Ivi, p. 258. Ivi, p. 9. Ivi, p. 253: Il est necessaire quen la composition de cette Vertu, la Nature y apporte du sien et que nostre raison y contribu aussi de son industrie: de celle l dpend la disposition, sans laquelle on ne sauroit devenir Prudent, et celle-cy applique la forme de la Prudence dessus ceste disposition naturelle. Il faut estre nay propre recevoir linstruction dautruy, do nous sommes appelez disciplinables. Ivi, p. 251. Ivi, p. 243: anche per Bardin la corte il luogo o les coups se tirent sous le masque. J. HUARTE, Examen de ingenios para las sciencias [] en Bilbao, por Mathias Mares, 1580, cap. IV, pp. 30 sgg. (Bardin lo cita esplicitamente). P BARDIN, Le Lyce, cit., p. 252. . Ivi, pp. 21-22.

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La Mothe le Vayer (1588-1672)


Lazione culturale di La Mothe Le Vayer si svolge in un ampio arco di tempo, s che la maggior parte delle sue opere appaiono quando gi la prima speculazione cartesiana si conclusa ed anche dopo la stessa morte dellautore delle Meditationes. Ci atterremo pertanto ai Dialogues apparsi, secondo R. Pintard e le sue prove son parse inoppugnabili , nel 1630 e nel 1633 136 e che pertanto Descartes pu aver conosciuto al momento stesso della redazione della Recherche de la Vrit par la lumire naturelle e allorch stava riordinando i suoi appunti in vista della Prface ai suoi Essais scientifiques, cio il Discours de la Mthode. Ricordiamo comunque incidentalmente che, se la nostra ricerca potesse spaziare oltre il primo Descartes, avremmo modo di notare quanto vasta e spregiudicata sia stata la prospettiva entro la quale lautore di De la vertu des payens ha considerato la personalit di Socrate. Proprio in questopera, cui ha lavorato alla fine del II decennio del secolo 137, in un non breve paragrafo dedicato integralmente al filosofo greco, di cui a nostro avviso si avvarr anche Franois Charpentier per La Vie de Socrate 138, La Mothe, dopo aver iniziato ripetendo i soliti topoi (Socrate, filosofo dalla vita esemplare, ha abbandonato la curiosit per i cieli, accentrato la speculazione sulluomo, fondato la ricerca morale) 139, interrompe improvvisamente le sue considerazioni per dichiarare che alcuni curiosi, che furtivamente avevano letto i fogli che via via inviava alleditore, lo accusavano di presentare il filosofo come se fosse il grande protomartire Santo Stefano 140, quindi riprende il paragrafo richiamando alcune delle testimonianze avverse al filosofo, quali quelle risalenti alle Nuvole di Aristofane e, soprattutto, alla porfiriana (fine III secolo) vita di Socrate che, ripresa da alcuni padri della Chiesa, come Gregorio Nazianzo, Cirillo di 136 Quatre dialogues faits limitation des anciens par ORASIUS TUBERO. I. De la Philosophie sceptique.
II. Le Banquet Sceptique. III. De la vie prive. IV. Des rares et eminentes qualitez des Asnes de ce temps. A Francfort, par Iean Sarius. MDVI; Cinq autres dialogues du mesme autheur, faits comme les precedents limitation des anciens. I. De lignorance louable. II. De la Divinit. III. De lopiniastret. IIII. De la Politique. V. Du Mariage. A Francfort, par Iean Sarius. MDVI. Per la datazione si veda: REN PINTARD, La Mothe le Vayer, Gassendi, Guy Patin. tudes de bibliographie et de critique, suivies de textes indits de Guy Patin, Paris, Boivin, s.d., ma 1943, p. 12. Per comodit del lettore citeremo i Dialoghi da F. LA MOTHE LE VAYER, Dialogues faits limitation des anciens (1630-31, Paris, Fayard, 1988) e le altre opere da F. LA MOTHE LE VAYER, Oeuvres, nouvelle dition revue et augmente (7 voll. in 14 parti), Dresde, Michel Groell, 1756-1759 (Slatkine Reprints, Genve, 1970, 2 voll.). Essa apparve nel 1642 a Parigi presso led. F. Targa. F. CHARPENTIER, La Vie de Socrate: citiamo dalla III ed., Amsterdam, aux dpens dEtienne Roger, 1699 (I ed. Paris, A. Sommeville, 1657). Si veda in Oeuvres, cit., II, pp. 146-147. Ivi, II, p. 148: Comme les dernieres feilles de ce Livre rouloient sous la Presse, on ma donn avis que quelques personnes qui avoient eu la curiosit de les voir msure quon les tiroit, stoient scandalises de ce que jcris ici lavantage de Socrate, comme si je lavois voulu galer ntre grand Proto-Martyr Saint Etienne; ce qui est trs loign de mon intention.

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Alessandria, Teodoreto di Ciro, fonte del maggior numero di maldicenze che nei secoli siano state diffuse sul padre dei filosofi 141, per rintuzzarle e mantenere Socrate sul piedistallo su cui le prime osservazioni lavevano posto. La sua giustificazione par quasi storicistica: i Padri che hanno lanciato tante invettive contro il filosofo (iracondo, incline allubriachezza, bigamo, mulierosus, immodicus in rebus venereis, sospetto anche di pederastia, idolatra) vivevano in un tempo in cui gli empi pagani erano giunti a raffrontare luomo, che fosse Socrate, Epitteto o Apollonio, a Ges Cristo, s che si pu comprendere come essi, per rispondere a s folli opinioni, si siano sentiti quasi obbligati a diffamare tutti i pensatori pagani, senza neppure far eccezione per leccellentissimo Socrate 142. Per quanto riguarda le due accuse pi infamanti, la pederastia (un crime scrive lo stesso La Mothe atroce) e lidolatria, egli le rovescia completamente: nel primo caso la speculazione di Socrate aveva posto come suo primo oggetto il genere umano, quindi, se ha amato qualche suo seguace, non lha fatto che al fine di riscattarlo dai vizi e indirizzarlo allo studio della bella Filosofia 143; nel secondo caso egli, che non aveva che la Foi implicite, ha compiuto un gran passo verso lautentica fede, negando il politeismo e riconoscendo la legge di natura come unica divinit, senza pertanto violare la legge dello stato con lintroduzione di un nuovo culto, scelta daltronde che gli cost la vita, ci che in un certo qual senso pu portare a considerarlo come un martire 144. Infine, con lultimo sacrificio del gallo ad Esculapio tanto riprovato, il filosofo non avrebbe esercitato che quella ironia che gli era consueta e manifestato il suo sollievo per esser giunto alla fine di tutti i suoi mali, proprio come 141 Abbiamo visto SOCRATIS SCHOLASTICI et HERMIAE SOZOMENI Historia ecclesiastica graece et latine
Henricus Valesius [..] adnotationibus illustravit. Cantabrigiae, Typis academicis, 1720: a p. 201, II col., si legge: Nam Porphyrius quidem in libris quos scripsit de historia philosophica, Socratis philosophorum omnium excellentissimi vitam ridicule traduxit: eaque de illo scriptis prodidit, quae nec Melitus unquam nec Anytus, Socratis accusatores, contra illum dicere ausi fuerunt. Socratis, inquam, quem omnes Graeci mirantur ob modestiam et justitiam aliasque virtutes. Le testimonianze di Porfirio si possono leggere in Porphyrii Philosophi platonici Opuscula selecta, iterum recognovit A. NAUCK, Lipsiae, in aedibus B. G. Teubneri, 1886 (ristampa G. Olms, Hildesheim, 1963). Utilizziamo con notevole profitto la raccolta a cura di G. GIANNANTONI: Socrate, tutte le testimonianze, sopra cit. Sulle testimonianze di Teodoreto di Ciro si veda M. NINCI, Aporia ed entusiasmo. Il mondo materiale e i filosofi secondo Teodoreto e la tradizione patristica, Roma, ed. di Storia e letteratura, 1977. Le fonti che hanno diffuso queste accuse a Socrate sono anche menzionate allinizio del Socrates [] paederasta, cit. LA MOTHE, De la vertu, cit., in Oeuvres, cit., II, p. 148, II col., ove cos conclude: Et certes je crois que dans un temps pareil au leur, nous serions encore obligs den user de la sorte. Ivi, p. 149, II col.: Il faut juger plus sainement des choses [] jamais homme ne fit profession daffectionner le genre humain avec tant dardeur que lui. Mais ctoit pour lui imprimer lamour de la vertu, le retirer du vice, et le porter la recherche de cette belle Philosophie. Ivi, p. 150, II col. Qui La Mothe, ribattendo a Lattanzio (De falsa. [] l. 3, cap. 20), che rimproverava a Socrate il sacrificio ad Esculapio, esclamava: Certes il y a de quoy stonner quaiant reconnu ailleurs comme le dernier supplice de Socrate ne vint que davoir voulu abolir la multitude des Dieux, il lui fasse ici apprehender de la sorte ceux des Enfers.

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Seneca anche qui il saggio greco ed il precettore di Nerone appaiono vicini che, in procinto di morire, secondo quanto racconta Tacito, gett acqua sui servi che lo assistevano e grid che offriva quel liquore a Giove suo liberatore 145. Prima del quarto decennio del secolo, nelle opere apparse con date fantasiose e con il nome di Orasius Tubero, La Mothe si era comunque gi richiamato assai spesso a Socrate: sulla falsariga di Charron laveva evocato, quasi ad apertura del primo dialogo, come un filosofo scetticheggiante, che solo sapeva di non sapere (hoc unum scio, quod nihil scio, hoc unum certi, nihil esse certi) 146 e che, come ogni filosofo autentico, si sentiva non cittadino di una repubblica particolare, ma del mondo 147. Un pensatore che, pur non schiavo del consenso popolare 148, cercava laltro ed avvertiva come missione trasmettere lansia della ricerca del sapere, pur consapevole che nella sua forma assoluta tale sapere non si sarebbe mai potuto raggiungere 149. Luomo, che concepito come capable de raison et de discours e la cui incertezza, lungi dallesser grezza ed ottusa, appare discoru et raisonnable 150, non pu attuarsi attraverso linsegnamento dei Philosophes Cathedrans (106), Pedans dogmatiques o Pedans ergotistes 151, cio quei maestri che non si affidano ad une logique modeste et dou-

145 Ivi, p. 151, I col. 146 Dialogues, De la philosophie sceptique (ed. Fayard, 1968), cit., p. 27; in un dialogo successivo, De 147 148
lignorance louable, in Dialogues, cit., p. 234, Socrate sar considerato esplicitamente il padre dello scetticismo: Socrate et Pirrhon, entre autres se peuvent nommer les fondateurs de lEpoch. Ivi, De la vie prive, p. 141. Proprio in risposta ad Eudosso rappresentante della tradizione che sosteneva il valore del giudizio del popolo, Ephestion, portavoce di La Mothe, ribatte: Socrate, vostre compte, estoit bien abus, nommant les opinions vulgaires des Lamies, ou Loups garous, dont on fait peur aux petits enfans?. Ci concediamo qui una citazione da unopera pi tarda (De la conversation et de la Solitude, operetta compresa in Opuscules ou petits traictez, apparsi a Parigi presso A. De Sommaville nel 1644), ma stimiamo che questa convinzione, qui cos eloquentemente espressa e la cui origine socratica dichiarata, sia stata alla base anche dei Dialoghi: car comme les Diamans ne se polissent que par dautres Diamans, les esprits ne se perfectionnent [] que par la frequentation dautres esprits. Cest ainsi quun simple Corroyeur nomm Simon se rendit excellent Philosophe sans sortir de sa boutique, par les propos que Socrate y tenoit ordinairement ses disciples aiant accoustum de sy aller reposer e poco dopo: Or, outre lutilit si vidente que nous retirons de la conversation pour ce qui touche la culture de lesprit, elle a tant de charmes dailleurs connus de tout le monde, quon peut dire quelle est la perfection des autres plaisir de la Vie (Oeuvres cit., I, pp. 370 e 372). Per quanto riguarda la condizione delluomo, si veda De lignorance louable, in Dialogues, cit., p. 224: I filosofi, e tra essi Socrate, ont bien dfiny lhomme par capable de raison et de discours, mais non pas de science, laquelle nestant que des choses universelles et infaillibles [] qui evidente che il rifiuto di La Mothe riguarda la concezione aristotelica della scienza na nulle convenance avec nostre nature singuliere et caduque. Ivi, p. 223. Si vedano queste espressioni nel Banquet sceptique, Dialogues, cit., p. 106, nonch nellIgnorance, cit., pp. 221 e 234.

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teuse, ma alla peripatetica, hyperphysique, magistrale et pedantesque, ch scienza pi vacua ed arrogante non pu immaginarsi (lattacco alla logica aristotelica e forse anche ai summulisti, pur non chiamati direttamente in causa, pare spietato). Essa, la sola conservataci integralmente, ma non per questo la migliore, ch la stoica, se la possedessimo, la sovrasterebbe, non che un insieme di sofisticherie, di vuote sottigliezze, una prevaricazione sullo stesso sapere fisico, come se la ragione sfuggisse allumano per rifugiarsi nel chimerico 152. Non sar per sufficiente non appartenere al mondo dei dotti per esser considerato in grado di assumere la formazione delluomo come La Mothe la concepisce, ch solo potr farlo chi sa applicarsi alla sua opera con dolcezza e moderazione e, esperto della propria debolezza, non ambisce alla verit, ma alla verosimiglianza; La Mothe, infatti, a differenza di Montaigne e di Charron, non collega indissolubilmente la Pdanterie ad una professione, a una condizione sociale, ma ad uno stato danimo, come scriver pi tardi nel Discours sceptique:
Ce qui sappelle Pdanterie dans sa signification abusive, quoy quordinaire, est un vice desprit plutt que de profession, puis quil y a des pdans de toute robe et de toutes conditions, depuis la Pourpre jusqu la bure et au droguet [...] 153.

Questo netto rifiuto di criteri della verit, che per secoli erano stati alla base del pensiero occidentale e su cui ancora si fondava linsegnamento nei Collegi, non significava tuttavia unapocalittica caduta nel nulla, ma semplicemente linstaurazione di un nuovo gesto del saggio verso chi intendeva orientarsi tra gli uomini, un gesto non altezzoso, ma piano, modesto, che non trascendeva la conversazione, ma che trovava in essa, nella sua stessa articolazione esito di una logica naturale 154, la via per determinare non tanto il vero, quanto ci che solo poteva esser stimato verisimile, un

152 Lattacco alla logica aristotelica, gi preannunciato con il rifiuto delle categorie, si legge in De la
Philosophie sceptique, cit., p. 28; esso appare poi ampio ed apertissimo nellIgnorance louable (risposta di Melpoclitus a Telamon, che laveva magnificata come la scienza detentrice delle regole del vero sapere); ne diamo alcuni passaggi (ivi, pp. 242-250): Aristote a assujety toute la Physique la Dialectique (p. 244); on pourroit dire que la Philosophie dAristote, et nommment sa Logique, ne sest sauve de cette mer dignorance que comme la moins solide et la plus legere, ainsi quune planche de bois que le flot du temps, et les ondes des siecles passez ont jette successivement jusques nous, pendant que ce qui estoit de plus de poids se perdoit dans les abymes (p. 245); ces sophisteries sont comme les toiles daragnes subtiles et artificieuses, mais dailleurs absolument inutiles. Elles sont plus seantes en la bouche dune Reine de Saba [] quen celle dun philosophe serieux (p. 247). Si veda Oeuvres, cit., II, p. 312. In effetti la contrapposizione che poneva La Mothe era tra Logique artificielle e Logique naturelle. Si veda De lignorance, cit., p. 249: Celuy qui se sert de la Logique artificielle, si on loste de ses formalits, de ses termes recues, et de sa table des modales, il demeure tout nud et hors de combat; mais le Logicien naturel subsiste par ses propres forces, ne peut jamais perdre ses armes, et a tousjours dequoy attaquer et se deffendre.

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gesto che assumeva particolare senso e vigore nel momento in cui, almeno nella societ, cadeva il discredito sulle antiche tecniche della ragione e si cercavano altre vie anche l dove non si avvertiva il fascino del sapere matematico: gesto certo innovatore, anche se affondava le radici nella grecit, riprendendo in particolare linsegnamento di chi La Mothe stesso diceva il padre dei filosofi 155, Socrate.

Dic aliquid contra, ut duo simus 156


Dalla lettera dellAutore premessa ai suoi Dialoghi sembra che La Mothe Le Vayer, nonostante la concezione aristocratica del sapere che professa 157, si rivolga in queste sue prime opere allhonnte homme con levidente intenzione di educarlo, s che possa pi agevolmente riconoscere lignoranza del mondo e conseguentemente difendersene. Lo avverte infatti minacciato dai pregiudizi causati dalla tirannia del tempo e dei costumi, nonch dagli errori e dalle stoltezze da cui nessuno esente, n gli uomini del volgo, n i cavalieri, n i magistrati, n i contadini, e dai quali un honneste homme amateur de la verit ne saurait trop prendre leur contrepied et trop sen carter 158. Questo honnte homme non certo chi aspira a brillare in societ ma, al contrario, chi sa vivere soddisfatto di s in una oisivit casanire 159, schivo degli onori, dei vantaggi, dei piaceri, che di solito compensano chi ricopre prestigiose cariche pubbliche. Nella sua prospettiva e qui Seneca prende il sopravvento su Socrate luomo e il filosofo si avvicinano, in quanto luomo si compie autenticamente nella personale riflessione, nella solitude studieuse ove, almeno per quel che riguarda il possibile, non si d pi differenza tra gli uomini. Non si prendono di mira ovviamente le differenze sociali, ma sul piano culturale lambito dellesprit si delinea come una dimensione assolutamente libera, dissolta da ogni sorta di vincoli, solo dipendente da una disposizione della volont: vivere autenticamente il desiderio
de penser sainement des choses, estre esclaircy des abus qui sy trouvent, penetrer, autant que faire se peut, lessence de ce dont les autres ne voyent que les ombres et les simulacres.

Su questo piano non si danno differenze tra gli uomini, ch poco dopo precisa: 155 Si veda, ad esempio, De la philosophie sceptique, cit., pp. 20 e sgg. 156 La Mothe riporta questo passo di Seneca (De Ira, III, cap. 8) allinizio del Banquet sceptique
(Dialogues, cit., p. 69) come conclusione del rifiuto delloratore Coelius di un adulatore che lopprimeva con i suoi riconoscimenti. Ci mostra quanto la sensibilit di La Mothe fosse lontana dagli atteggiamenti che i Cortigiani non potevano non tenere con il loro principe. In De la philosophie sceptique, cit., p. 23, a seguito di unopinione di Seneca scrive: Les sentimens des Sages soient aussi differens que ceux de la multitude, que le mouvement des planettes [] est contraire celuy des innombrables estoilles. Lettre de lAutheur, in Dialogues, cit., p. 14. Dialogue sur le sujet de la vie prive, in Dialogues, cit., p. 114.

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[...] Le Gentilhomme, lArtisan, le Prince, le Magistrat, le Laboureur ne sont cet gard quune mesme chose, togis isti, non judiciis distant 160.

Nonostante lopera di La Mothe le Vayer ambisca sostanzialmente a demistificare i falsi consensi ad esempio quello sul sommo bene o le false virt, si costituisca cio in una dimensione preminentemente etica, quel chegli auspica per il suo interlocutore non soffre di aprioristiche preclusioni, anzi appare aperto a qualsivoglia ricerca che non si arresti alle mere apparenze, alle ombre e, almeno come ambizione, miri alla stessa essenza delloggetto cui porta interesse, come appunto scrive: lessence de ce dont les autres ne voyent que les ombres et les simulacres. La ricerca devesser dunque premio a se stessa e chi la conduce, pur non disdegnando la compagnia, deve, come Socrate 161, saper anche raccogliersi in una solitudine ni facheuse ni chagrine, ma felice e feconda, ed in essa, sprezzando il consenso della turba, trovare motivo di gioia interiore e profonda. Non a caso dunque proprio il Dialogue sur le sujet de la vie priv porta in esergo il passo del Tieste di Seneca: Illi mors gravis incubat/ Qui notus nimis omnibus/ Ignotus moritur sibi 162, che come noto sar anche uno dei motti prediletti da Ren Descartes: alla fine del suo viaggio in Francia, allatto di imbarcarsi di nuovo per i Paesi Bassi, egli annot infatti queste parole, il 10 nov. 1644, nellAlbum amicorum di Corneille di Montigny de Glarges.

Socrate e Lhonnte homme in Descartes


Comme elle est forte en France au dbut du XVII sicle linfluence exerce sur les esprits par la vie rudite! 163

Studiosi quali J. Sirven e H. Gouhier hanno ipotizzato la presenza di Socrate nelle opere giovanili di Descartes: Sirven ha supposto che il gnie che nel sogno raccontato dal Baillet 164 sospinge con forza il giovane filosofo l dovegli sarebbe voluto andare volontariamente non fosse che una reminiscenza del dai160 I passi citati sono tratti da De lignorance, cit., pp. 48 e 49. 161 De lignorance, cit., p. 213: Socrate mesme, tout amateur des compagnies quil estoit, preferant
le bien et linstruction des hommes son propre contentement, navoit-il pas son Demon saturnien, qui luy donnoit ses grandes abstractions desprit de vingt-quatre heures, comme en tombent daccord les plus nobles Platoniciens?. De La vie prive, cit., p. 114. Il passo tratto dal Tieste di Seneca, vv. 400-403; Descartes, come noto, inserir questi versi anche nella lettera a Chanut dell 1 nov. 1646 (AM., VII, p. 201). R. PINTARD, Le libertinage rudit dans la premire moiti du XVII sicle, Paris, Boivin, 1943, 2 voll., I, p. 79. Sogno narrato da A. Baillet (Olimpica) dell 11 nov. 1619 (AT., X, p. 186).

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mon socratico, mentre Gouhier giunto ad attribuire ad ispirazione socratica il rifiuto gi in atto nei primi pensieri cartesiani di tutte le spiegazioni fondate sullocculto, sullarcano o comunque sullAlchimia, su qualsivoglia forma di Magia e sullAstrologia 165. Assai pi pertinentemente lautore de la Pense mtaphisique de Descartes si poi soffermato in un suo articolo del 1951 166 sui primi espliciti riferimenti di Descartes a Socrate, quelli che sincontrano nelle Regulae:
Si Socrates dicit se dubitare de omnibus, hinc necessario sequitur: ergo hoc saltem intelligit, quod dubitat; item, ergo cognoscit aliquid posse esse verum vel falsum, etc.: ista enim naturae dubitationis necessario annexa sunt. Neque enim illas petitiones tantum, quae ab aliis fiunt, inter quaestiones numeramus; sed de ipsa etiam ignorantia, sive potius dubitatione Socratis quaestio fuit, cum primum ad illam conversus Socrates coepit inquirere, an verum esset se de omnibus dubitare, atque hoc ipsum asseruit 167.

Il primo testo pone la notissima tesi socratica dellignoranza quale diretto oggetto di riflessione, il secondo come supporto ad un chiarimento sullarte di porre le domande. H. Gouhier nota felicemente che luno e laltro appaiono come luci che rievocano ricordi su cui si poi costituita la certezza del Cogito 168. Quel che ha colpito Descartes in questa asserzione socratica proposta da tante fonti dossografiche, in primis da Cicerone e da Diogene Laerzio 169, e che era stata alla base delle riflessioni di Charron e di La Mothe, la possibilit di trarne conclusioni non solo gnoseologiche, ma anche ontologiche. Il rovesciamento che osserviamo nella prima citazione dallignoranza al sapere non gli appare tesi chiusa in s, ma in un certo qual modo aperta al coinvolgimento dellio che argomenta, s che attraverso la stessa argomentazione non acquisisce solo la certezza che una forma di sapere possibile, ma che egli stesso pu essere quella fonte di sapere:
Dans le cas de Socrate scrive Gouhier tout se joue sur le plan de la connaissance de soi dfinie en fonction de la question qui suis-je et en aucune manire de la question suis-je? 170.

165 J. SIRVEN (abb), Les annes dapprentissage de Descartes, Albi, Impr. cooprative du Sud-Ouest, 166 167 168 169 170
1928, p. 131; per H. GOUHIER si veda: Les premires penses de Descartes. Contibution lhistoitre de lantirenaissance, Paris, Vrin, 1958, pp. 57 e 116. H. GOUHIER, Pour une histoire des Mditations Mtaphysiques, in Revue des sciences humaines 1951, pp. 5-29: in particolare pp. 10-11. R. DESCARTES, Regulae ad directionem ingenii, AT., X, p. 421, ll. 19-23, e p. 432, ll. 24-27. H. GOUHIER, Pour une Histoire, cit.: Le Cogito cartsien est n, semble-t-il, dune rflexion sur lignorance socratique. DIOGENE LAERZIO, Vite dei filosofi, a c. M. Gigante, Bari, Laterza, 2000, 2 voll., I, p. 59. H. GOUHIER, Pour une histoire, cit., p. 11.

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Certo in Socrate il dubbio appare come un dato e non linizio di un procedimento che nel suo articolarsi incontra e supera diverse resistenze, come sar nella Recherche e nelle Meditationes; ci non toglie tuttavia che in questi richiami socratici possa intravvedersi un principio generante i corrispondenti svolgimenti delle Meditationes e a nostro avviso della Recherche: quel che infatti suggeriscono Gouhier e, ben pi recentemente, Jean-Luc Marion, anche se questi commenta pi la contestualit della prima citazione che la citazione stessa, al cui proposito si limita ad annotare che essa tributaria di una dossografia che consente di trattare Socrate come uno scettico radicale 171. Scettico radicale Socrate era apparso a Francisco Sanchez 172 (Descartes assai probabilmente lo conosceva) ed anche, se non soprattutto, a La Mothe Le Vayer che, come abbiamo visto, non aveva esitato a considerarlo insieme a Pirrone tra i fondatori della filosofia scettica 173. A noi par certo che, oltre alle fonti dossografiche, Descartes abbia avuto presenti anche queste rinnovate radicali interpretazioni, che nelle loro formulazioni non contenevano per pressoch nulla che sollecitasse gli svolgimenti e le aperture che ci parso di poter cogliere nella rilettura cartesiana del Socrate che sa solo di non sapere: il fatto che egli li abbia portati a compimento ci pare ulteriore segno delloriginalit e indipendenza del suo pensiero. Descartes non accoglie certo in blocco limmagine di Socrate quale appariva nella ricostruzione dinsieme che ne avevano proposto autori quali Montaigne, P. Charron, P. Bardin o F. La Mothe Le Vayer: difficile infatti pensare che, mentre stava immaginando il suo Monde, egli potesse sentir affinit per un filosofo che aveva abbandonato lo studio del cielo e mostrato, se non avversione, almeno accentuato disinteresse per le scienze matematiche; daltra parte la stessa rappresentazione dello scettico radicale, che abbiamo appena ricordato, ci pare accolta soprattutto come 171 R. DESCARTES, Rgles utiles et claires pour la direction de lesprit. Traduction [] et annotations
conceptuelles par J. L. MARION avec notes mathmatiques de P. COSTABEL, La Haye, Nijhoff, 1977, pp. 244 e 252-253. A p. 244 il commentatore sostiene che nel passaggio del primo richiamo (p. 421) si ritroverebbero tutti gli elementi svolti nelle sei Meditationes: le doute comme ouvrier de la premire certitude, lexistence du sujet dpendant de celle de Dieu et y conduisant, lexistence du sujet comme cogitatio spare du corps, enfin lego comme antrieur au monde quil reconstitue. Mais il ny manque que lenchanement des thmes en une series et nexus, cest--dire lessentiel; et si manque un tel enchanement, cest parce que napparat pas encore, derrire la dralisation pistmologique, la ngativit ontique du connu; laquelle, pourtant, progresse la mesure mme de la premire. FRANCISCI SANCHEZ, Quod nihil scitur (1 ed. 1581, Lugduni, apud A. Gryphium). Citiamo da Opera medica. His juncti sunt tractatus quidam philosophici non insubtiles, Tolosae Tectosagum, apud P Bosc, 1636, p. 86: in sapienti illo, proboque viro Socrate (licet et Pyrrhonii, Academici, . et Sceptici vocati, cum Favorino id etiam assererent) qui hoc unum sciebat, quod nihil sciebat. J. Moreau ha richiamato giustamente lattenzione su F. Sanchez, ma non ha considerato questo aspetto; comunque si veda: J. MOREAU, Sanchez prcartsien, in Revue philosophique de la France et de ltranger, 1967 (92), pp. 264-270. Si veda sopra n. 146.

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pretesto per dar inizio ad unavventura teoretica indirizzata verso mete assai lontane dalla speculazione terrestre del filosofo greco 174. Rimossi per questi aspetti avversi a gran parte dei suoi autentici interessi, pensiamo che Descartes non sia stato del tutto sordo a quella cultura che si era ampiamente ispirata allimmagine di Socrate qual era venuta imponendosi in Francia tra la fine del XVI e linizio del XVII sec.: ci appare chiaramente sia negli ulteriori richiami al filosofo greco che troviamo nella Correspondance, sia, soprattutto, nella Recherche de la vrit dove, se pur indirettamente, riaffiorano non pochi temi trattati al declinare del Rinascimento francese e che prefigurano, anche se solo parzialmente, il modello dellhonnte homme cui questopera indirizzata. Nella Correspondance Socrate direttamente citato quattro volte 175 e in un solo caso davvero significativamente, cio nella lettera ad Elisabetta dellottobre-novembre 1646, in cui risuona leco di una filosofia gioiosa, ispirata da Socrate cos comera apparso a Montaigne, e si evoca con tanta insistenza e pertinenza il daimon socratico, da far stimare non priva di fondamento la notizia del Baillet, secondo la quale lautore del Discours avrebbe composto un opuscolo dal titolo De Deo Socratis 176, tanto pi che la presentazione del filosofo greco, avverso alla superstizione (deisidaimonia) e umanizzante (exantroposantos) la filosofia per modestia e semplicit, quale appariva nel De Genio Socratis di Plutarco, non pu non aver impressionato il giovane Descartes 177. 174 Questa nostra impressione ci par confermata dal passaggio relativo a Socrate che si legge nella lettera a Huygens del 31 luglio 1640 (AM., IV, p. 129). Qui il sapere di non sapere richiamato come esempio di autentica ignoranza, ch tale era ad avviso di Descartes quella dellimpudente nemico Jan Janz Stampoien, cui qui si riferisce. 1) A Huygens, 31 luglio 1640, AM., IV, p. 129 (si veda nota precedente); 2) a Mersenne per Hobbes, AM., IV, p. 333: nessun significato, Socrate solo un nome utilizzato come esempio; 3) a Huygens, 17 febb. 1645, AM., VI, p. 202: mais en me souvenant que Socrate ne fit jamais de vers que lorsquil fut proche de sa mort: pensando che ci potesse esser di cattivo augurio non ha composto a sua volta versi come quelli che lamico gli aveva ispirato; 4) ad Elisabetta, ottobrenovembre 1646, AM., VII, pp. 194-195, 2 volte (Elisabetta poi nella risposta del 29 nov. 1646, AM., pp. 228-229, riprende lesempio del gnie de Socrate); commentiamo tale lettera nel testo. A. BAILLET, Vie, cit., II, p. 408: Lon nous parle encore dun autre trait de M. Descartes, intitul De Deo Socratis, o il examinait ce que pouvait tre cet Esprit familier de Socrate, qui fait le sujet de lentretien des curieux depuis tant de sicles. Mais il parat que ctait un bien dj alin, lorsque son auteur fit le voyage de Sude. Aussi ne se trouva-t-il point parmi les autres dans linventaire que lon fit de ses crits aprs sa mort. Comme il est tomb en dautres mains que celles de M. Clerselier, nous ne pourrons contribuer sa publication que par des prires, pour porter ceux qui en sont devenus les matres lui procurer le jour. Ci si riferisce a passi del De Genio Socratis, 580b-590b, riprodotti nella raccolta di testimonianze a c. di G. GIANNANTONI, cit. Lo scritto nella sua interezza si pu leggere con testo greco a fronte in PLUTARQUE, Oeuvres morales, VIII, texte tabli et traduit par J. Hani, Paris, Les Belles Lettres, 1980 (Le Dmon de Socrate, pp. 39-129). Gi dalla fine del XVI sec. esistevano traduzioni latine del testo di Plutarco, che era stato tradotto da Aimyot. Che nella prima met del XVII sec. si prestasse particolare attenzione al Daimon anche attestato dal fatto che F. Charpentier, che ha composto la sua

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Dalla lettera ad Elisabetta traspare continuamente lauspicio di una speculazione non sofferta, sospinta dallappagamento autonomo del ricercare la verit, anche se essa dovesse condurre a conclusioni destinate ad attenuare considerevolmente la nostra gioia iniziale 178: certo larticolazione del discorso pu prestarsi ad equivoco, s che ha tratto in inganno un valido interprete del suo pensiero, quale Jean Laporte, giunto a sospettare il peccato di superstizione proprio in un testo dove lautore si dichiara un esprit qui suit la vraie raison e, consapevole del pericolo di esser mal interpretato, mette pi volte in guardia il lettore dallattribuire a superstizione quella sicurezza che si avverte nellazione, qualsivoglia essa sia, quando la si compie con gran gioia nel cuore, tanto che aggiunge forse paradossalmente ci gli sembra valere anche l dove la Fortuna regna sovrana, persino nel gioco dazzardo. Abbandonato il paradosso, Descartes associa per assai adeguatamente questo suo sentimento al significato che assegna al daimon, non inteso per come lo presenta Platone nellApologia n come linterpreta Teocrito nelloperetta di Plutarco, cio come una guida della propria vita, una visione divina, la quale camminandogli avanti gli faceva luce 179, ma, pi semplicemente e laicamente, come un forte convincimento che quel ch intrapreso senza ripugnanza, con la libert che di solito si associa alla gioia, destinato al successo. Losservazione lo nota ancora una volta pertinentemente H. Gouhier 180 riguarda les entreprises de lesprit e il demone socratico chiamato a designare uno stato danimo entro il quale, fiduciosi nelle proprie forze e liberi, si compie quanto si progettato. Non a caso il destinatario di questo messaggio Descartes lo sottolinea non un esprit faible che stimerebbe affetto da superstizione chi avverte il daimon in questi termini, ma Elisabetta, un esprit fort, non condizionato da autorit alcuna e felice di poter inoltrarsi attraverso un commercio intellettuale in ignoti territori del sapere. Nella Recherche, opera incompiuta, iniziata a nostro avviso nel 1633 e conosciuta solo dopo la morte dellautore, lhonnte homme appare esplicitamente gi dal titolo,
La Recherche de la Vrit par la lumire naturelle qui toute pure, et sans emprunter le secours de la Religion ni de la Philosophie, determine les opinions

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Vie de Socrate nel quarto decennio del XVII sec., dedica oltre dieci pagine alla quaestio (si veda ed. cit., pp. 98-114). I passi sottolineati nel testo si vedano in Testimonianze cit., p. 340. A Elisabetta, 6 ottobre 1645, AM., VI, p. 312: [] voyant que cest plus grande perfection de connatre la vrit, encore mme quelle soit notre dsavantage, que lignorer, javoue quil vaut mieux tre moins gai et avoir plus de connaissance. Per Platone si veda Apologia, 31d; per il De Genio cit. si veda in Testimonianze, cit., p. 337. Il verso cit. da Plutarco una parafrasi del verso omerico dellIliade, XX, 95. Sul De Genio Socratis si veda: G. MAMELI LATTANZI, Il De Genio Socratis di Plutarco, Roma, Ist. Poligrafico dello Stato, 1933, nonch D. A. STOIKE, De Genio Socratis in Plutarchs Theological Writings Early Christian Literature, ed. by H. D. BETZ, Leiden, E. Brill, 1975, pp. 236-247. Si veda il bel saggio Les confidences du Discours de la mthode. Un homme content, in H. GOUHIER, Essais sur Descartes, Paris, Vrin, 1937, pp. 55-65: p. 60.

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que doit avoir un honeste homme, touchant toutes les choses qui peuvent occuper sa pense, et penetre jusque dans les secrets des plus curieuses sciences 181,

come destinatario del dialogo mediante il quale egli dovrebbe poter raggiungere tutte le conoscenze di cui sar capace. Nel corso dellopera riappare direttamente in tre altre occasioni: innanzi tutto allinizio, ove si prefigura ignaro del sapere tradizionale (buona cosa non aver impiegato un tempo eccessivo sui libri intesi come autorit ed essersi impegnato ad agir bene nella vita); in secondo luogo l dove si suppone non debba conoscere il greco e il latino e, infine, ove immaginato tanto lontano dalla follia e cos prossimo alla razionalit che si sentirebbe offeso se solo si ricorresse allipotesi di questaberrazione per mostrare la non attendibilit dei nostri sensi (stessa tesi ritroveremo nelle Meditationes) 182. Al di l di queste citazioni dirette, lhonnte homme intravvisto da Descartes nel contesto del dialogo rivela una sua specificit: appare infatti non solo estraneo al gentilhomme, ma anche, almeno in gran parte, allhonneste homme di Faret, che ha seguito una formazione adeguata alla pur tanto sprezzata corte, e neppur del tutto aderente alla figura che in una certa misura completa ed amplia quella della tradizione che muove da Montaigne. Anchegli siscrive nella dimensione del privato e pur in forma assai attenuata mira ad apprendere a condursi 183 nellesistenza, ma lungi dal limitare i suoi interessi al solo saper vivere e saper morire 184, si mostra innanzi tutto avido di raggiungere, attraverso la sua autonoma ragione, conoscenze autentiche di evidente natura metafisica, come quelle che investono la divinit e lesistenza dellanima 185, cui cercher di pervenire nellambito della stessa coscienza, cio attraversando quello stesso spazio interiore che labbiamo visto era stato delineato da P Charron: .
Par la cognoissance de soy lhomme monte et arrive plustost et mieux la cognoissance de Dieu, que par toute autre chose, tant pour ce quil trouve en soy plus de quoy le cognoistre, plus de marques et traicts de la divinit quen tout le reste quil peut cognoistre; que pource quil peut mieux sentir, et savoir ce qui est et se remue en soy, quen toute autre chose 186.

181 Se pur indirettamente, a noi pare che lhonnte homme appaia anche nel titolo che Descartes
avrebbe voluto dare al Discours: Le Projet dune Science universelle, qui puisse lever notre nature son plus haut degr de perfection. Plus, la Dioptrique, les Mtores, et la Gomtrie, o les plus curieuses matires que lauteur ait pu choisir, pour rendre preuve de la Science universelle quil propose, sont expliques en telle sorte, que ceux mmes qui nont point tudi les peuvent entendre ( Mersenne, mars 1636, AM., I, p. 301). I concetti cui alludiamo sono svolti nella Recherche, cit., pp. 503 e 511. Lautore del dialogo infatti include espressamente tra le cose che intende insegnare senza nulla prendere da altri toute la science qui luy est necessaire la conduite de sa vie (ivi, p. 496, ll. 1617). Si veda sopra n.106. Recherche, cit., p. 504. P CHARRON, Sagesse, cit., lib. I, I, p. 45. .

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Traccia, questa, di per s gi rivoluzionaria, ch, com ben noto, la scolastica stimava scandalo procedere verso Dio muovendo dallio e non dal mondo, ma che per lautore della Sagesse rimarr solo relativa alla quaestio morale, cio chiusa in s, ch Charron non compie neppure un passo sulla via che qui invece, nella Recherche, lhonnte homme percorrer guidato dal saggio Eudosso. Il dialogo rispecchia un movimento che gi si prodotto (Eudosso divenuto saggio) ed un altro in fieri (Poliandro, lallievo che in procinto di apprendere): il maestro, che non collima perfettamente con la figura dellhonnte homme, appare piuttosto un personaggio speculare a Descartes stesso, ha ricevuto uneducazione tradizionale che non si sente di disprezzare, perch lo dice con evidente ironia lo ha almeno posto in una condizione dincertezza che gli ha aperto uno spazio per una sua ricerca personale; lha compiuta, si liberato innanzi tutto dei pregiudizi e, quindi, ha potuto raggiungere un sapere preminentemente metodico 187, che gli consente di affrontare anche le situazioni pi perigliose. Ora un saggio che ha saputo limitare le sue conoscenze a quelle sole che sono concesse alla mente umana, mentre altri o sono convinti di possedere un sapere assoluto o non sanno porre freni alla loro curiosit: vive dunque come un re in un paese appartato, aperto a nuove culture e pronto a indicare, a chi non sia vittima di ogni sorta di pregiudizi, la via per pervenire ad una forma di sapere adeguata alle nuove culture che sono venute imponendosi in contrapposizione a quelle dei pedanti. Anche se nella Recherche Socrate citato una sola volta, per di pi come filosofo assolutamente scettico 188, ci pare poter dire che limmagine del filosofo greco, quale era stata tracciata dagli autori sopra considerati, appare assai adeguata allhonnte homme configurato da Descartes, eccezion fatta per quellapertura verso ogni forma di sapere che solo sua invenzione: lhonnte homme chegli intravvede infatti fiducioso di pervenire al sapere indipendentemente da insegnamenti estranei alla sua ricerca personale, attento allesperienza quotidiana 189, modesto e familiare nei modi e, soprattutto, convinto che lunica possibilit di comunicare convinzioni stia nella conversazione, nel dialogo. Sin dal prologo della sua opera il filosofo francese propone infatti lhonnte conversation come la miglior via per comunicare verit che si sforzato di rendere utili a 187 Di fronte allesasperazione dellargomento scettico, giudicato da Epistemone assai pericoloso,
Eudosso rassicura il lettore: Javoue quil y aurait du danger pour ceux qui ne connoissent pas le gu []. Come dire che il metodo (guado) consente a chi lo possiede di proporre e quindi superare anche le situazioni teoriche apparentemente pi avventurose (Recherche, cit., p. 512). Cos laveva rappresentato La Mothe Le Vayer (si veda sopra n. 146). Qui nella Recherche Epistemone, personaggio emblematico del sapere scolastico, cita Socrate come filosofo affatto scettico appena intravvede che il dialogo tra Eudosso e Poliandro sta portando allannullamento della dottrina tradizionale: Ces doutes si generaus nous menoient tout droit dans lignorance de Socrate ou dans lincertitude des Pyrroniens (Recherche, cit., p. 512, ll. 16-19). Ivi, p. 503: Pour les sciences, qui ne sont autre chose que les jugemens certains que nous appuions sur quelques connaissances qui precede, les unes se tirent des choses communes et desquelles tout le monde a entendu parler, les autres des experiences rares et estudies.

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tutti gli uomini 190: onesta conversazione, come gi l aveva definita un personaggio di S. Guazzo, quando era stato richiesto di meglio definire che cosa dovesse intendersi per civile 191, e come, forse sulla scia del trattatista italiano, lavevano prescelta Montaigne, che aveva parlato tra laltro dexercice des mes sans aucun fruit 192, P. Charron, P. Bardin, per il quale la conversazione strumento privilegiato per la conoscenza dellaltro 193, e infine La Mothe che come abbiamo visto la illustra con la pi eloquente metafora che sia stata immaginata per affermare il primato di questa forma di comunicazione 194. Je desire... que nous nous entretenions, dice Eudosso a Poliandro, utilizzando con gran pertinenza un verbo che, soprattutto nel XVII sec., comportava la mutualit del rapporto, quasi un legame causale tra i partecipanti alla conversazione, i quali non solo parlano ma, parlando, coinvolgono laltro ed in una certa misura ne sono coinvolti, specie quando il colloquio si restringe a due soli interlocutori: la conversazione si rivela cos dialogo in un senso vicinissimo a quello che era stata la maieutica socratica, interpretata e pressoch teorizzata da P. Charron come unautentica opzione pedagogica e didattica (faon dinstruire par demandes excellement observe par Socrate), alternativa a quella utilizzata dalla tradizione 195. Vi sono momenti in cui il dialogo cartesiano appare assai vicino a quello socratico, innanzi tutto l dove, quasi ossessivamente, Eudosso esige lattenzione di Poliandro o questi chiede di esser condotto per mano da chi lo interroga o, infine, ove si raccomanda di non superare nella risposta i limiti impliciti nella domanda, o si affida al modo stesso dellinterrogazione la possibilit di liberare il buon senso 196. questo il luogo in cui Descartes si contrap190 Ivi, p. 498: ll. 6-18: pour cet effait, je nay point trouv de stile plus commode que celuy de ces 191
conversations honnestes, o chacun dcouvre familiarement ses amis ce quil a de meilleur en sa pense. Ricordiamo (si veda sopra n. 14) che lopera del Guazzo aveva conosciuto due versioni nel solo 1579 ed era largamente nota a tutti gli autori del tardo rinascimento francese. Questa la risposta di Annibale: il viver civilmente non dipende dalla citt, ma dalle qualit dellanimo. Cos intendo la conversazione civile non per rispetto solo della citt, ma in considerazione de costumi e delle maniere che la rendono civile [] voglio che la conversazione civile sia onesta, lodevole e virtuosa (La civil conversazione, cit., p. 40). MONTAIGNE, Essais, cit., III, III, vol. V, p. 85: La fin de ce commerce, cest simplement la privaut, frequentation et conference: lexercice des mes sans aucun fruit. P BARDIN, Le lyce, cit., I, p. 139: Socrate ne pensoit pas voir un beau iuene homme qui se tint . long-temps devant luy, cause quil demeuroit dans le silence, et il luy dit: Parle afin que je te voye, en quoy il donnoit entendre que lhomme nest point ct exterieur qui nous en paroist, mais lame qui est au dedans, dont il faut que nous prenions connoissance par la parole laquelle pour cette consideration iappellorois volontiers le visage de nostre ame. Si veda sopra n. 149. Si veda sopra n. 99. Lattenzione richiesta da Eudosso varie volte, ad es. Recherche, cit., p. 509, ll. 10-11 (il faudra icy que vous me prestiez votre attention); p. 514, ll. 1-5; p. 515, ll. 8-9. Poliandro chiede che Eudosso continui a condurlo per mano: p. 520, ll. 16-17. errore, anche se pu essere fruttoso,

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pone, pi radicalmente e pertinentemente di quanto non abbia fatto Charron, alla forma dinsegnamento seguita nei Collegi: egli, infatti, ad una delle considerazioni sugli esiti che si possono raggiungere attraverso il dialogo fa seguire quasi immediatamente un netto rifiuto della logica, colonna portante della lectio tradizionale 197. Ecco come i due passi si susseguono:
Non possum, quin hic te subsistere faciam, non ut te a via abducam, sed ut addam animum, et perpendendum exhibeam, quid sanus sensus, rite modo gubernetur, efficere valeat [...] Atqui cuncta haec dicuntur peragunturque, sine Logica, sine regula, sine argumentandi formula, solo lumine rationis et sani sensus, qui ubi solus per se agit, erroribus minus est obnoxius, quam cum mille diversas regulas, quas artificium et desidia hominum, ad illum corrumpendum potius quam reddendum perfectiorem, invenerunt, anxie observare studet 198.

In termini generali, per Descartes indubbiamente sufficienti, il rapporto tra la sua opera e il dialogo socratico dunque trasparente, il che non significa per che laccostamento possa andar oltre, cio che ad unanalisi pi ravvicinata i procedimenti seguiti appaiano assolutamente gli stessi: Socrate-Platone ci limitiamo qui a ricordare il Menone, ma potremmo evidentemente richiamarci a molti altri luoghi dei dialoghi platonici 199 fa prima in modo che linterlocutore avanzi tesi che il saggio emenda e corregge sino a che non venga alla luce la verit ricercata 200; nel caso della Recherche,
superare i limiti impliciti nella quaestio: p. 520, ll. 25-28; infine, per la liberazione del buon senso, si veda sotto n. 198. Anche nel 1638 Descartes mostra di apprezzare il dialogo, se non altro come migliore strumento per far accettare le proprie dottrine; si veda a Mersenne, 11 ott. 1638, AM., III, pp. 78-79: Sa faon dcrire si riferisce ai Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze di Galileo par dialogues[] aide beaucoup faire valoir sa marchandise. Forse egli rivela qui quella che era stata la sua intenzione nel 1633-34, posta che questa sia la data di composizione della Recherche, allorch aveva immaginato di comunicare la sua filosofia in forma dialogica. Recherche, cit., p. 521: A questo punto non posso fare a meno Eudosso che parla di interrompervi, non per distrarvi dal vostro cammino, ma per incoraggiarvi e per farvi riflettere su ci che pu il buon senso, purch sia ben guidato []. E ci si dice senza ricorso alla Logica, senza una regola, senza formule di argomentazione, ma al solo lume della ragione e del buon senso, il quale meno esposto agli errori quando opera da solo e di per s, che quando si sforza ansiosamente di osservare mille regole diverse inventate dallartificio e dalla pigrizia degli uomini pi per corromperlo che per perfezionarlo. Questa non che una ripresa delle ancor pi particolareggiate censure che investiranno anche lAlbero di Porfirio: si veda ivi, pp. 514 e 522-524. Si veda soprattutto, per la differenza tra lelenco e il metodo maieutico, il magistrale saggio di G. VLASTOS, The Socratic elenchus, in Oxford Studies in Ancient Philosophy, 1, 1983, pp. 27-84. Ci in perfetta sintonia con la teorizzazione del metodo maieutico quale appare nel Teeteto, 150c: E dunque affidati a me che sono figliolo di levatrice e ostetrico io stesso; e a quel che ti domando vedi di rispondere nel migliore modo che sai. Che se poi, esaminando le tue risposte, io trovi che alcuna di esse fantasma e non verit, e te la strappo di dosso e te la butto via, non sdegnarti con me come fanno per i loro figlioli le donne di primo parto; ci conclude Socrate-

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invece, il procedimento quasi opposto: il maestro pone le tesi e lascia che linterlocutore renda evidenti le difficolt che incontra ad accettarle, quindi lo guida perch possa superarle, il che equivale ad aiutarlo a dissipare ogni ombra che impedisca alla lumire naturelle qui appare identica al sanus sensus (bon sens) di manifestarsi. In altri termini, nella Recherche il Saggio conosce la via da seguire e la indica allallievo che, qualora essa sia ben determinata, sar in grado di continuare a percorrerla da solo. Il procedimento diverso, ma il fine lo stesso: condurre chi estraneo alla cultura delle scuole ad avvicinarsi alla verit, e Descartes pensa di averlo raggiunto:
Quid tibi, Epistemon dice Eudosso -, de iis, quae Poliander modo dixit, videtur? In toto eius ratiocinio ecquid claudicare, vel sibi non constare reperis? Crediderasne fore ut, qui illitteratus esset, nullamque studiis dedisset operam, tam accurate ratiocinaretur, et per omnia sibi consentiret? 201,

il che costituisce il programma enunciato allinizio del Dialogo:


[...] je me suis propos denseigner en cet ouvrage, et de mettre en evidence les veritables richesses de nos ames, ouvrant un chacun les moyens de trouver en soy mesme, et sans rien emprunter dautruy, toute la science qui luy est necessaire la conduite de sa vie, et dacquerir par appres par son estude toutes les plus curieuses connoissances, que la raison des hommes est capable de posseder 202.

Come gi accennato, lancor giovane filosofo, quando pensava di determinare un metodo per la ricerca della verit alludiamo alle Regulae ad directionem ingenii vissuto a Parigi al centro di un turbinio di correnti e di tendenze culturali, la cui traccia sempre ritrovabile nei vari momenti della sua speculazione: non stato estraneo pur con non poche riserve alla moda della curiosit, ha abbracciato con entusiasmo la cultura degli artefici della rivoluzione scientifica ho iniziato, scrive, l dove Vieto ha finito, Keplero stato mio maestro 203 , rimasta dominante in tutto larco della sua esistenza, non si certo dimenticato della scolastica, che ha saputo utilizzare con particolare sottigliezza, ad esempio nelle Obiezioni e Risposte e nella pur tarda polemica con Henry More.
Platone al fine di liberare la verit (trad. di MANARA VALGIMIGLI in PLATONE, Opere, a c. di F. ADORNO, Bari, Laterza, 1966, 2 voll., I, pp. 278-279). Recherche cit., p. 522, ll. 1-5: Eudosso: Che vi pare, Epistemone, di ci che Poliandro ha detto ora? Trovate in tutto il suo ragionamento qualcosa di zoppicante o di inconseguente? Avreste mai creduto possibile che un uomo illetterato e privo di studi ragionasse con tanta precisione e fosse sempre cos coerente con se stesso in tutte le cose?. Ivi, p. 496, ll. 13-20. Si veda lettera a Mersenne, 31 marzo 1638 (AM., II, p. 213): je commence par o Viete avait fini; poco dopo, ivi, p. 216: Kepler a t mon premier matre en Optique et je crois quil a t celui de tous qui en a le plus su par ci-devant.

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Ettore Lojacono

Con questo nostro contributo abbiamo inteso mostrare come Descartes, senza rinunciare, anche in questo caso, a suoi apporti personali, abbia riconosciuto nella cultura del tardo rinascimento francese motivi le cui potenzialit speculative, lungi dallesser esaurite, gli davano occasione per inusitati ulteriori svolgimenti teorici, dalla stessa opzione scettica e relativa immagine di Socrate alla generale mappa della coscienza e dei percorsi che in essa si potevano ascrivere, alle diverse forme da seguire per la formazione delluomo, sino al nuovo pubblico cui indirizzare il discorso filosofico: tutti aspetti delle sue scelte che abbiamo pi volte richiamato. Non potremmo chiudere per il nostro discorso senza ricordare che Descartes non stato neppure insensibile al richiamo di Montaigne, di Charron e di La Mothe Le Vayer alluniversalit del sapere come dimensione ove il pregiudizio non sarebbe potuto sussistere e, quindi, alla natura razionale delluomo, come par mostri questa sua risposta a Burman:
et ego ita scripsi meam philosophiam, ut ubique recipi possit, vel etiam apud Turcas, ne ulli offendiculo sim 204.

ETTORE LOJACONO

204 DESCARTES, Responsiones Renati Des Cartes ad quasdam difficultates ex Meditationibus ejus, etc., ab
ipso haustae (Entretien avec Burman), in Correspondance, ed. AT. cit., V, p. 159.

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