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Lettura modale dellargomento ontologico di Anselmo

di Alessandro Pizzo

Il problema di discutere razionalmente lesistenza di Dio (dimostrare in maniera oggettiva che Dio esista in re, attualmente, come esistono il sole e le stelle) esula dalla versione storiografica che possibile attribuire ad Anselmo dAosta. Infatti, a dispetto della comune credenza al riguardo, non allesistenza reale tende largomento anselmiano, ma alla verifica della legittimit teologica, razionale, anche solamente logica, di (dellidea di) Dio1. Questa la lettura che vorremmo proporre in questa sede, e vorremmo farlo sulla scorta della logica modale. Dunque, erroneamente Kant, ad esempio, interpreta largomento quale dimostrazione (errata), su base ontologica (forse, considerata errata proprio perch di carattere metafisico), dellesistenza di Dio (la quale, peraltro, non sufficiente allo scopo in quanto postula pi semplicemente unesistenza ideale, solo possibile dunque, rispetto alla quale nulla pu dirsi sulla sua esistenza reale o attuale2). Infatti, presupposto del Proslogion, cos come di gran parte della riflessione filosofica medievale, non tanto dimostrare che Dio esista, quanto legittimare (razionalmente) lidea stessa di Dio, vedere se e come tale idea sia coerente con un impianto di fede comunque preesistente (porre la questione sulla fondatezza dellidea di Dio al cospetto della ragione)3. Senza tener conto di questi elementi si corre il rischio di equivocare sul senso (come sullimportanza, anche storiografica) dellargumentum proposto da Anselmo. Allora, bene precisare ancora quanto segue: (a) il presupposto della fede non inficia la prova perch se la fede in Dio gi agente, ci non comporta non utilizzare una metodologia che rispetti i criteri logici (vincolanti per qualsiasi pensiero e legati alla dimensione umana della ragione); (b) la prova non volta a confermare lesattezza di una credenza (lesistenza di Dio quale principio), ma a verificare se in qualche modo la fede in Dio possa essere incoerente con linsieme delle credenze di chi ha una fede (dunque, preesistente alla prova);

R. G. Timossi, Prove logiche dellesistenza di Dio da Anselmo dAosta a Kurt Gdel. Storia critica degli argomenti ontologici, Marietti, Genova, 2005, pp. 20 - 1. 2 Perch il possibile, infatti, sia reale necessario che si accordi con le sue condizioni materiali le quali, per, nel caso della divinit, sono indisponibili, lasciando irrisolta la questione dellesistenza di Dio. 3 Scrive, infatti, E. Gilson, Lo spirito della filosofia medievale, Morcelliana, Bescia, 1969, p. 70: per un filosofo cristiano, quale SantAnselmo, domandarsi se Dio , domandarsi se lEssere esiste, e negare chEgli sia, affermare che lEssere non esiste.
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infine, (c) scopo ultimo della prova certamente costituito dalla determinazione del carattere epistemico dellidea di Dio (se, cio, possa o debba essere considerata, per chi gi crede, unidea anche solo possibile oppure necessaria). Perch porsi il problema dellesistenza di Dio? Forse, perch centrale a tutto larchitrave culturale del Medioevo, di una filosofia che non pu concedersi il lusso di riflessioni pagane. Questa questione va, dunque, affrontata con gli strumenti propri delluomo coevo: la fede da un lato e la ragione dellaltro (il nesso ineludibile, quanto ambiguo, di fides et ratio). Pertanto, ragionando luomo secondo le leggi della logica, leggi per il retto pensare4, diventa interessante studiare come si configuri il ragionamento di Anselmo. Ma ci comporta, in primo luogo, e in una maniera rilevante, affrontare (anche solo a livello elementare) la problematica delle conoscenze logiche (lo stato dellarte logica) nel periodo in cui Anselmo scrive (fine XI secolo). Infatti, si pu essere tentati di affermare che poco si conoscesse di logica durante il Medioevo, e che quanto fosse conosciuto (logica vetus) distasse tanto da quella che comunemente consideriamo essere logica (la cd. logica modernorum). Ma anche vero che un decisivo impulso agli studi sulla logica delle proposizioni (e ben prima di Frege, Russell et alii), e sulle loro determinazioni modali, venne proprio dalla riflessione medievale5, alla quale concorsero, in misura maggiore rispetto allevo moderno, la specificit della riflessione teologica coeva e la necessit di non distinguere laspetto sintattico da quello semantico (per meglio dire, la considerazione della inscindibilit di sintassi, semantica e metafisica, questultima la principale dimensione della riflessione filosofica invece negata dalla logica moderna6)7. Senza il Medioevo, infatti, la logica moderna non avrebbe mai potuto avere luogo n caratterizzarsi per le sue presupposizioni e per la sua elaborazione a partire dalla logica antica8. Un caso certamente emblematico di ci costituito, ad esempio (e a proposito, nel nostro caso), dalla logica delle modalit. La fondazione della considerazione logica delle modalit caratterizza molti teologi medievali alla ricerca delle propriet (possibili; necessarie; contingenti) degli enti in relazione allEssere (in quanto tale e nella qualit di causa sui). Ad una considerazione modale non sfugge, ad esempio,
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E. Agazzi, La logica simbolica, La Scuola, Brescia, 1990, p. 31. G. Nuchelmans, La semantica delle proposizioni, in AA. VV., La logica nel Medioevo, Jaca Book, Milano, 1999 p. 115 e sgg. Anche: S. Knuuttila, Logica modale, in AA. VV., La logica nel Medioevo, Jaca book, Milano, 1999 p. M. Marsonet, La metafisica negata: logica, ontologia, filosofia analitica, F. Angeli, Milano, 1990. Assai efficacemente, infatti, scrive L. M. de Rijk, Le origini della teoria delle propriet dei termini, in AA. VV., La

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logica nel medievo, Jaca Book, Milano, 1999, p. 71: fin dallundicesimo secolo la relazione tra pensiero e linguaggio fu un tema centrale del pensiero medievale () si riteneva che il pensiero fosse ristretto nei limiti del linguaggio dalla sua stessa natura; si presumeva che pensiero e linguaggio fossero in relazione luno con laltro e con la realt nei loro elementi e nella loro struttura. In ultima analisi, linguaggio, pensiero e realt erano ritenuti logicamente coerenti. 8 J. Pinborg, Logica e semantica nel Medioevo, Boringhieri, Torino, 1989.

largumentum anselmiano, non fossaltro che perch la ricerca sulla coerenza dellidea di Dio riposa sulle considerazioni a met strada tra la metateoria del modo delle enunciazioni teologiche (la classica distinzione tra modalit de re e modalit de dicto) e la teoria delle propriet modali di Dio (assai affini ad una modalit di stati di cose). Non costituisce tuttavia una novit la lettura logico modale che presentiamo, ma sicuramente innovativa la sua considerazione: quella che (in certa misura e sotto la giusta ottica) consente di precisare, chiarire, il senso complessivo della prova di Anselmo, nella cornice storiografica appena (forse, anche malamente) indicata. Per il nostro lavoro, costituisce fonte privilegiata la proposta di Kordig (1981). Lesame dellargomento tende a distinguere tra due parti del medesimo: 1. da un lato, la versione classica secondo la quale a partire dalla stipulazione (minima) del nome del principio (Quo maius) si giunge alla sua possibilit ideale la quale, proprio in virt della definizione iniziale, deve coincidere con lesistenza reale, pena altrimenti la contraddizione, dato che pensare allesistenza di un Essere maggiore di quello ideale vuol dire che lEssere maggiore ideale non tale9 (principio, sul quale si appunteranno gli strali di Kant, Ryle e Gdel, consistente nellequipollenza, logica per, forse non anche metafisica, tra exsistentia in intellectu e exsistentia in re); 2. dallaltro lato, invece, la distinzione tra secondo e terzo capitolo del Proslogion perch mentre il secondo capitolo intende la prova nella versione classica, il terzo mette in luce gli aspetti modali che intendiamo presentare. Infatti, mentre la versione cd. classica presta il fianco ad una serie di obiezioni, tutte comunque riconducibili a quella relativa al salto compiuto dalla mera possibilit logica (esistenza possibile) allesistenza reale (esistenza attuale)10, la seconda versione esente da queste critiche in quanto

Se, infatti, lEssere pensato perfetto, perch coerente con la sua definizione di Ente massimamente perfetto, pena la contraddizione, non pu che anche esistere attualmente (questultimo, infatti, finirebbe con lessere pi perfetto di quello solo pensato). 10 Una cosa lesistenza ideale (solo possibile), altra, invece, quella reale (fattuale). Illegittimo, secondo Kant, il passaggio dalla prima, sulla quale nulla pu eccepirsi, alla seconda, che resta, dunque, essendo tale salto non valido, tutta da dimostrare. V. E. Kant, Critica della ragion pura, Laterza, Roma Bari, 1996, p. 379: facile vedere che il concetto di un essere assolutamente necessario un concetto puro della ragione, cio una semplice idea, la cui realt oggettiva ben lungi dallessere provata dal fatto che la ragione ne ha bisogno. Da questo fraintendimento kantiano, mai infatti Anselmo tenta di dimostrare razionalmente lesistenza ontologica di Dio, vertente su un salto solo possibile, ma non affermato dallAostano, nata la definizione (anacronista) di argomento ontologico.

non predica lesistenza quale attributo della perfezione, ma appunta la propria analisi sulla modalit dellesistenza11 (se, cio, lesistenza di Dio vada considerata necessaria, possibile o contingente12). Come sappiamo, in un ruolo a volte misconosciuto, ma del tutto simile a quello svolto dal sofista nellelenchos aristotelico13, la prova prende le mosse dalla sfida posta al credente dall insipiente14 che nei Salmi 13 e 52 afferma inopinatamente, osa dire15, che Dio non esiste. Allora, bene, secondo Anselmo stipulare una definizione minima di Dio, o attribuire al medesimo principio un altro nome Ci di cui non possibile pensare alcuno di maggiore (lEssere rispetto al quale non si pu pensare nulla di superiore), aliquid quo nihil maius cogitari potest16, lidea di una intensit di essere oltre il quale non ne pensabile una maggiore17, a most perfect being18. Tale Essere , allora, quanto si dice, in termini deontici, un ente deonticamente perfetto. In quanto tale, tale ente deve esistere. Ma il deve (Ought) implica, principio comune in etica e presente anche in Kant, potere (Can). Allora, lesistenza di Dio anche possibile. Ma se possibile che Dio esista, allora necessario che Dio esista. Dunque, Dio esiste necessariamente. Questo il flusso di pensiero che conduce Anselmo ad asserire lesistenza necessaria di Dio. Ma, andiamo con ordine. Articoliamo largomento di Anselmo in due parti. Stante G per la proposizione Dio esiste, abbiamo, allora: (I) (a) OG; S. Galvan, Introduzione alle logiche filosofiche II: applicazioni filosofiche della logica deontica, ISU, Milano, 1987, p. 127. 12 Scrive I. Sciuto, Introduzione a: Anselmo, Proslogion, Rusconi, Milano, 1996, p. 36: largomento del secondo capitolo non valido, perch intende lesistenza come un predicato reale, che aggiunge perfezione al soggetto () invece largomento del terzo capitolo valido perch usa il concetto di esistenza necessaria, che un vero predicato. 13 I. Sciuto, Introduzione a: Anselmo, Proslogion, Rusconi, Milano, 1996, p. 38. V. anche R. G. Timossi, cit., p. 81: si capisce subito come lintenzione del nostro pensatore sia quella di formulare una dimostrazione per confutazione, di dar vita cio al classico procedimento elenctico dei maestri di dialettica con il quale per provare la verit di una determinata tesi si dimostra la contraddittoriet della tesi opposta. 14 Scrive I. Sciuto, Introduzione a: Anselmo, Proslogion, Rusconi, Milano, 1996, p. 34: linsipiente colui che non comprende ci che dice, separando parole e pensiero. Per questo pu dire ma non pensare che Dio non esiste. Invece, R. G. Timossi, cit., p. 83: la nostra opinione che linsipiens non sia n un razionalista logico sul tipo dei logici pagani (es. gli aristotelici e gli scettici), n un ateo teorico che nega lesistenza di Dio con precise argomentazioni (es. il sofista Prodico di Ceo), bens larchetipo dellateismo pratico, cio di chi ritiene semplicemente di poter fare a meno di Dio nella propria vita quotidiana. Lateo pratico, in altre parole, colui che, senza preoccuparsi dellesistenza di Dio, organizza la propria vita privata e pubblica prescindendo dallesistenza di qualsiasi Principio assoluto. Questa figura sempre esistita, anche ai tempi della composizione dei Salmi, epoca nella quale non vi era sostanzialmente traccia degli atei teorici. 15 I. Sciuto, Introduzione a: Anselmo, Proslogion, Rusconi, Milano, 1996, p. 32. 16 Anselmo, Proslogion, Rusconi, Milano, 1996 p. 96. 17 S. Vanni Rovighi, Studi di filosofia medievale I. Da SantAgostino al XII secolo, Vita e Pensiero, Milano, 1978, p. 38. 18 C. R. Kordig, A Deontic Argument for Gods Existence, in Nos, 15, 1981, p. 207.
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(b) OGMG; (c) MG. Gli operatori O e M sono operatori modali (luno deontico, laltro aletico), agenti su proposizioni, che stanno, rispettivamente, per lobbligatoriet e per la possibilit. La catena (a) (c) uninferenza costituita da due premesse e una conclusione. La prima premessa (a) vera. Infatti, se Dio lessere pi perfetto, allora (logicamente) deve esistere (se non altro come effetto della definizione di Dio quale ente deonticamente perfetto). Anche la seconda premessa vera. Infatti, se Dio deve esistere, allora (anche) possibile che Dio esista. Se le premesse sono vere, largomento valido e ha una conclusione vera. Dunque, (logicamente) possibile che God exists19. La seconda parte dellargomento comincia dalla precedente conclusione per inferirne la necessit desistenza (se si fermasse qui Anselmo non avrebbe detto nulla di pi di Gaunilone, non andando in nulla oltre lobiezione delle Isole fortunate). Allora, abbiamo: (II) (d) MG; (e) MGLG; (f) LG. In questo caso, L sta per la necessit modale. Come abbiamo visto, la prima premessa vera per come dimostrato nella parte (I) dellargomento. Vera anche la seconda premessa. Infatti, se lesistenza di Dio (logicamente) possibile, anche (logicamente) necessaria, otherwise, God wuold be contingent20. Avremmo, cio, la contraddizione logica (data dalla condizione contingente): MG&MG ( possibile che: Dio esista e non esista). Invece, proprio per via della definizione iniziale di Dio come essere deonticamente perfetto il principio non contingente: (MG&MG) (non: possibile che Dio esista e non esista). Ci vuol dire che lesistenza necessaria (logicamente) superiore allesistenza meramente contingente.
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Ibidem.

C. R. Kordig, A Deontic Argument for Gods Existence, in Nos, 15, 1981, p. 208.

Allora, pu dirsi che if it is logically possible that God exists, it is logically necessary that God exists21. Dunque, la premessa (e) vera. Di conseguenza, pertanto, vera anche la conclusione: necessario che: Dio esista; dunque, necessarily, God exists22. Lautore da noi preso in considerazione conclude che cos presentato largomento non assume lesistenza quale predicato della perfezione (del principio cui sogliamo attribuire il nome Dio), ma solo che, per di pi dimostrandolo razionalmente, necessary existence is better than contingent exsistence23. Dunque, Dio deve (Must) esistere. Certamente, due sono i passi problematici di tale lettura logico - modale, e che rinviano a due questioni che rimangono sullo sfondo del discorso teologico di Anselmo (e, forse, di tutta la riflessione medievale incentrata sulla interdipendenza tra logica, metafisica e teologia24). Le premesse (b) ed (e), sulle quali si regge lintero argomento, presentano i seguenti aspetti discutibili: (1) un (non del tutto legittimo) passaggio dalle modalit deontiche (da O) alle modalit aletiche (a M); e, (2) il trasferimento della propriet aletica dalla possibilit alla necessit. In merito a (1), ci sentiamo di dover dire che per quanto possa costituire un passaggio logico non del tutto legittimo in letteratura, dato che presupporrebbe comunque delle modalit ibride (o, al minimo, iterate), senza distinzione alcuna in termini di forme logiche tra le une e le altre, anche vero che alcuni autori lo ritengono legittimo, fornendo anche dimostrazioni logiche della sua verit25, evitando, data la natura necessitante di OG, di dover giustificare direttamente la possibilit di G26. In merito a (2), ci limitiamo ad osservare come il passaggio dalla possibilit alla necessit meno pacifico in logica dellinverso, ma, anche in questo caso, non sono certo mancati gli autori che hanno dimostrato la sua plausibilit logica. Daltronde, tanto (1) quanto (2) sono relativi alla questione se, e sino a che punto, la definizione iniziale (lEssere di cui impossibile pensarne uno maggiore) sostiene il gioco inferenziale. Infatti, essa garante della verit di (b) e di (e) perch, rispettivamente, (logicamente) se Dio lessere deonticamente perfetto, allora Egli deve esistere e la sua esistenza essere non contingente (ovvero, necessaria).
Ibidem. Supra. 23 Ibidem. 24 Ancora L. M. de Rijk, op. cit. p. 71: nel pensiero medievale, i punti di vista logico semantici e metafisico sono, in conseguenza della percezione della loro interdipendenza, completamente mescolati. 25 Al riguardo, osserva S. Galvan, Aspetti problematici dellargomento modale di Anselmo, in Rivista di Storia della Filosofia, 3, 1993, pp. 604 605 come la giustificazione delle due premesse si regga sui sistemi deontici KT5Q, che si basano sulla riduzione modale di Anderson, e per i quali vige il teorema - ponte OAMA (comunque non accetto in tutti i calcoli deontici). Al riguardo, v. R. Poli, La logica deontica: dalla fondazione assiomatica alla fondazione filosofica (I), in Verifiche, 3, 1982, pp. 346 8. 26 S. Galvan, op. cit., p. 605.
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La definizione iniziale, accettata per reggere il gioco dellinsipiente, cui in definitiva spetta lonere della prova, funziona, garantendo validit, e, dunque, verit, alle parti (I) e (II) dellargomento. Tuttavia, ci comporta unaltra questione, distinta ma a questa strettamente collegata, secondo la quale a far problema il logicamente che consente i passaggi inferenziali. Infatti, quanto logicamente anche realmente? Cosa ci autorizza a sostenere che lideale corrisponda al reale? Quanto si dice essere logicamente pu quindi anche dirsi in termini fattuali? Di fronte a tali rilievi problematici assume forma la reale portata della prova di Anselmo: non dimostrazione, bench razionale, dellesistenza attuale di Dio, ma dimostrazione della sua possibilit logica: intento di Anselmo, cio, non quanto credono i suoi detrattori, dimostrare per via razionale lesistenza reale di Dio, ma dimostrare per via razionale lesistenza ideale di Dio al cospetto delle verit di fede e a partire dal contro - esempio negativo asserente la sua non esistenza. Infatti, sensato ritenere che noi non pensiamo in abstracto, ma allinterno di un reticolo sistematico di condizioni epistemiche27. Allora, la prova non dimostra che Dio esista in re, ma che la sua esistenza in intellectu non incoerente, n mina la relativa coerenza, delle credenze epistemiche di quanti gi credono. Non si tratta, a ben vedere, di convincere gli atei, ma solo di dimostrare che la credenza in Dio logicamente possibile (per gli atei) e necessaria per i credenti (tanto nei confronti di Gaunilone quanto nei confronti dellinsipiente). Solo cos si spiega come mai Gaunilone sbagliasse bersaglio e come erroneamente Cartesio e gli altri epigoni moderni abbiano frainteso il senso della prova di Anselmo. Senso che una presentazione che si giovi della moderna formalizzazione logico modale ha il pregio di scoprire, assicurandone una adeguata comprensione28. Tuttavia, data lenorme fecondit del tema in oggetto, che ha interessato in molti, logici e filosofi, essendo (lidea di) Dio in gioco29, si potrebbe aggiungere la seguente difficolt ulteriore: largomento di Anselmo non presenta la sua maggiore debolezza dal punto di vista dellinferenza, che come abbiamo visto non presenta difficolt di rilievo, ma da quello dellinterpretazione delle premesse e dalla loro giustificazione30. Come si vede, infatti, risolvere questa problematica coinvolge, sia pur limitatamente, il ragionamento modale in virt del quale Dio deve esistere. Ma
Per questa ragione non appare errata ma non condivisibile la conclusione di S. Galvan, Aspetticit., p. 606 secondo la quale largomento di Kordig sia teoreticamente fallace, bench mantenga intatta la sua validit pratica (il significato che assiologicamente vi si attribuisce in quanto credenti). Infatti, come abbiamo inteso sostenere in queste pagine, scopo di Anselmo non la dimostrazione in re dellesistenza di Dio, ma la dimostrazione della sua possibilit epistemica (o, logica), e limpossibilit (contemporanea), perch metterebbe capo ad unincoerenza insostenibile, di crederVi e di affermare che Dio non esiste. 28 Forse, anche per via del particolare rapporto che lega i vari modali: aletici; deontici; epistemici. Al riguardo, si consideri: G. H. von Wright, An Essay in Modal Logic, North Holland, Amsterdam, 1951. 29 E. Bencivenga, Dio in Gioco. Logica e sovversione in Anselmo dAosta, Boringhieri, Torino, 2006. 30 S. Galvan, Aspetti problematici dellargomento modale di Anselmo, cit., p. 592.
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questa problematica, oltremodo interessante, non la si potuta affrontare in questa sede, e la elenchiamo solo al fine di fornire una panoramica quanto pi esaustiva (certo, non completa) dellinsieme di tematiche (e problematiche) che largomento anselmiano comporta. Infine, vorremmo collocare questa lettura modale della prova di Anselmo allinterno delle nostre ricerche di logica deontica. Brevemente, come lo stesso fondamento logico modale in Anselmo dimostra, successivamente allXI sec., in una tendenza culminante nel XIV sec., la logica medievale supera la posizione di sudditanza nei confronti della logica antica conosciuta (logica vetus), portando avanti un rinnovamento dellars logica, comportando la nascita dello studio consapevole della logica delle proposizioni e innovando in profondit la logica modale, specie dopo Aristotele31 e, in modo particolare, se applicata alle proposizioni. Questo sviluppo della logica medievale, congiunta ai coevi sviluppi delletica (col passaggio dalletica aristotelico tomista, percepita come teleologica, ad una sorta di etica deontologista32), rende conto dellinterpretazione offerta da Knuuttila che vede nel tramonto del Medioevo il luogo (insieme problematico) del sorgere della considerazione logica dei concetti deontici, la fine del Medioevo come punto dinizio della storia della logica deontica33. Lo studio logico modale dellunum argumentum di Anselmo consente allora di cogliere i prodromi di questo successivo sviluppo della logica deontica (delle modalit deontiche, distinte da quelle aletiche).

Processo che trova giustificazione nella dimensione metafisica della filosofia medievale dato che la considerazione modale consente di distinguere attributi e concetti che sono possibili, necessari, contingenti o reali (W. Carnielli C. Pizzi, Modalit e multimodalit, Boringhieri, Torino, 2001). 32 N. Wyatt, Medieval Deontic Logic and Scotus on the Will, in Eidos, 1, 1999. 33 S. Knuuttila, The Emergence of Deontic Logic in the Fourtheenth Century, in R. Hilpinen (eds.), New Studies in Deontic Logic, Reidel, Dordrecht, 1981, p. 236.

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