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Enrico Berti Il principio di non contraddizione: storia e significato (Napoli, 14 dicembre 2000) Come avete sentito, io sono qui

non nella veste di studioso di Matte Blanco, ma in quella di studioso del principio di non contraddizione. Mi stato chiesto di illustrare il significato e la storia di questo principio e pertanto io mi devo rifare a quella che stata la sua formulazione classica, cio la formulazione che ne ha dato Aristotele. Si tratta di una formulazione nota, ma che non sempre stata riportata fedelmente; spesso stata semplificata in modo arbitrario, per esempio stata ricondotta al cosiddetto principio di identit, che in realt Aristotele ignora e che ha un significato abbastanza diverso da quello del principio di non contraddizione. In questa sede e in questa occasione, mi sembra utile proprio riportare l'attenzione alla sua formulazione originaria, e quindi originale. Mi servo tuttavia di uno studio che non recente, ma stato recentemente tradotto in italiano e, quindi, suppongo che avr nei prossimi mesi e nei prossimi anni una certa fortuna allinterno del dibattito filosofico del nostro paese: il celebre articolo sul principio aristotelico di non contraddizione scritto da Jan Lukasiewicz1. Lukasiewicz stato un grande logico polacco, uno dei maggiori logici del Novecento, il quale ancora nel 1910 ha scritto un libro sul principio di non contraddizione in Aristotele, sfortunatamente in lingua polacca, un libro che quindi ha avuto pochissimi lettori2. Egli ha poi riassunto le tesi del suo libro in un articolo in tedesco, che stato tradotto in inglese e in francese e ora finalmente esce anche in traduzione italiana3. Il lavoro una celebre esposizione e anche una critica una critica molto serrata, a volte molto dura del principio di non contraddizione, che ritengo utile prendere in esame proprio per vedere non solo qual il principio di non contraddizione formulato da Aristotele, ma anche che cosa stato detto a proposito di esso nellambito della logica del Novecento. In tal modo potremo rendere aggiornato il nostro discorso. Lukasiewicz, sulla scorta di un altro grande studioso di Aristotele, Heinrich Maier, distingue tre formulazioni del principio aristotelico di non contraddizione, che lui chiama: formulazione ontologica, formulazione logica e formulazione psicologica4. Formulazione ontologica significa concezione del principio di non contraddizione come legge della realt, come legge dellessere, cio come regola che governa l'esistenza stessa delle cose. Formulazione logica, invece, significa concezione del principio come legge del logos, che insieme pensiero ma anche linguaggio, legge che governa dunque gli enunciati. Formulazione psicologica,
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J. Lukasiewicz, Sul principio di contraddizione in Aristotele, traduzione di V. Raspa, Paradigmi, 18, 2000, pp. 389-411. 2 J. Lukasiewicz, O zasadzie sprzecznosci u Ayistotelesa. Studium krytyczne, Krakw, Polska Akademia Umieijetnosci, 1910, ristampato a cura di J. Wolenski, Warszawa, PWN, 1987. Traduzione tedesca di N. Offenberger, ber den Satz des Widerspruchs bei Aristoteles, Hildesheim, Olms, 1993. 3 J. Lukasiewicz, ber den Satz des Widerspruchs bei Aristoteles, Bulletin International de lAcadmie des Sciences de Cracovie, Classe dhistoire et de philosohie, 1910, pp. 15-38. Traduzione inglese: Aristotle on the Law of Contradiction, in J. Barnes, M. Schofield, R. Sorabji (eds.), Articles on Aristotle, III, London, Duckworth, 1975, pp. 50-62. Traduzione francese: Le principe de contradiction chez Aristote, Rue Descartes, I, 1-2, 1991, pp. 932. 4 H. Maier, Die Syllogistik des Aristoteles, 3 voll., Tbingen, Laupp, 1896-1900.

infine, significa concezione del principio come legge che riguarda le credenze, cio le opinioni, i modi di pensare. Ritengo utile fare questa distinzione, perch credo che specialmente la terza formulazione sia quella che qui pu interessare di pi. Ma cominciano dalla prima, che per Aristotele quella pi importante e sulla quale si fondano anche le altre. Non c dubbio che per Aristotele il principio di non contraddizione innanzitutto una legge della realt, che riguarda il modo di essere delle cose, delle cose reali. La formulazione, celeberrima, contenuta nel IV libro della Metafisica e dice: a nessun oggetto pu appartenere e non appartenere la stessa caratteristica nello stesso tempo e sotto lo stesso aspetto5. Queste ultime precisazioni, nello stesso tempo e sotto lo stesso aspetto sono di importanza fondamentale, perch, qualora non ricorrano queste condizioni, lappartenenza e la non appartenenza della stessa caratteristica allo stesso oggetto non d luogo ad alcuna contraddizione e dunque non costituisce uninfrazione della regola, dellimpossibilit sancita dal principio in questione. Ci che veramente impossibile, che a uno stesso oggetto appartenga e non appartenga una stessa propriet nello stesso tempo, ripeto, e sotto il medesimo aspetto. Prima di commentare questa formulazione, ricordo brevemente anche le altre due, perch bene averle presenti tutte e tre per fare i necessari confronti. La seconda, cio la formulazione logica, che pure desumibile dal testo di Aristotele, viene formulata da Lukasiewicz, credo del tutto correttamente, in questo modo: due enunciati contraddittori non possono essere veri contemporaneamente6. Si parla di due enunciati. La seconda formulazione, dunque, ha a che fare non pi con gli oggetti, con le cose, bens con gli enunciati. Due enunciati contraddittori sono due enunciati che rispettivamente affermano e negano, cio uno afferma e l'altro nega, lappartenenza di una medesima caratteristica ad un medesimo oggetto nello stesso tempo e sotto lo stesso aspetto. Questi enunciati, dice Aristotele, non possono essere entrambi veri: uno dei due non importa quale, anzi non si sa quale deve essere vero, mentre l'altro deve essere falso. evidente che la validit di questa seconda formulazione si fonda sulla validit della prima, perch riguarda la verit degli enunciati e per Aristotele la verit non altro che la fedelt degli enunciati allo stato delle cose, la conformit degli enunciati con lo stato delle cose, con la realt. Il motivo per cui due enunciati contraddittori non possono essere entrambi veri, dunque, dato dal fatto che nella realt ad uno stesso oggetto non pu appartenere e non appartenere la medesima caratteristica. La terza formulazione, quella psicologica, riportata anchessa correttamente da Lukasiewicz nel modo seguente: due atti di credenza (cio due modi di pensare, potremmo dire due opinioni) corrispondenti a due enunciati contraddittori non possono sussistere contemporaneamente nella medesima coscienza7. Ci significa che nessuno pu contemporaneamente ritenere e non ritenere Aristotele usa il verbo hypolambanein, che vorrebbe dire assumere, e quindi giudicare , nessuno pu contemporaneamente assumere e non assumere che una certa caratteristica appartenga a un certo oggetto. Questa formulazione detta psicologica perch riguarda le credenze, cio le assunzioni che si fanno nella coscienza. Anchessa ha il suo fondamento, cio la sua base, nella prima, perch il motivo per cui due opinioni contraddittorie, due credenze contraddittorie,
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Aristot. Metaph. IV 3, 1005 b 19-20. Aristot. Metaph. IV 6, 1011 b 13-14. 7 Aristot. Metaph. IV 3, 1005 b 23-24.

non possono trovarsi contemporaneamente nella stessa coscienza deriva dal fatto che, se ci accadesse, si verificherebbe proprio ci che la prima formulazione esclude, cio che due caratteristiche opposte apparterrebbero contemporaneamente a uno stesso oggetto, il quale in tal caso sarebbe costituito dalla coscienza, cio dal soggetto pensante. Vediamo ora come sono state discusse tutte e tre queste formulazioni nel corso del tempo, perch esse sono state sempre al centro di un ampio dibattito. La prima formulazione, quella ontologica, stata negata per la prima volta da Hegel (per fortuna ci sar poi Antimo Negri che ci parler della dialettica hegeliana, il che mi esime dal soffermarmi troppo a lungo sulla posizione di Hegel). Per quanto mi riguarda, mi limito soltanto a dire che non sempre Hegel nega il principio di non contraddizione, per qualche volta effettivamente lo fa qualche volta soltanto, non sempre e quando lo fa va incontro a non poche difficolt8. Pi recentemente, invece, e direi in maniera molto pi agguerrita dal punto di vista logico, il principio di non contraddizione nella sua formulazione ontologica stato negato appunto da Lukasiewicz, nellarticolo che ricordavo prima. Il logico polacco infatti afferma che tale principio non vale sempre, anzi in qualche caso falso, perch ci sono oggetti contraddittori. Egli fa un esempio di oggetto contraddittorio: il pi grande numero primo. Questo un oggetto, e qui Lukasiewicz precisa che cosa intende per oggetto, cio assume il concetto di oggetto che stato proposto dal filosofo austriaco Alexius Meinong, il quale fu suo maestro. Per Meinong oggetto tutto ci che non nulla. Allora fra gli oggetti rientrano non solo gli oggetti reali, quelli di cui abbiamo percezione nella nostra esperienza, ma rientrano anche le costruzioni mentali, perch esse sono qualche cosa, non sono nulla. Ebbene a questo tipo di oggetti che appartengono quelli che Lukasiewicz chiama gli oggetti contraddittori. Se noi diciamo il pi grande numero primo, usiamo unespressione di cui comprendiamo perfettamente il significato, perch sappiamo che cosa vuol dire il pi grande, sappiamo che cosa vuol dire numero primo, e quindi non abbiamo difficolt a capire l'espressione il pi grande numero primo" e a costruire mentalmente questo oggetto. Esso per un oggetto impossibile, intanto perch non esiste il pi grande numero, in quanto la serie dei numeri infinita, e poi perch, se anche prendessimo come numero linfinito, dellinfinito non si pu dire n che un numero primo n che non lo . Quindi il pi grande numero primo un oggetto contraddittorio. Altrettanto si potrebbe parlare di un circolo quadrato. Anche l'espressione circolo quadrato perfettamente intelligibile, perch sappiamo che cosa vuol dire circolo e sappiamo che cosa vuol dire quadrato, tuttavia il circolo quadrato un oggetto impossibile, un oggetto contraddittorio. A questa obiezione mi sembra, tuttavia, possibile rispondere che i cosiddetti oggetti contraddittori, menzionati da Lukasiewicz quali esempi di smentite, di violazioni del principio di non contraddizione nella sua formulazione ontologica, non sono oggetti reali, mentre la formulazione in questione del principio aristotelico si chiama ontologica proprio perch si riferisce ad oggetti reali. Per quanto riguarda gli oggetti reali, del resto, lo stesso Lukasiewicz scrive: In effetti non ci noto nemmeno un caso di contraddizione esistente nella realt. In generale impossibile supporre che possiamo mal incontrare una contraddizione
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A questo proposito mi permetto di rinviare al mio articolo La critica di Hegel al principio di contraddizione, Filosofia, 31, 1980, pp. 629-654, ripreso in E. Berti, Contraddizione e dialettica negli antichi e nei moderni, Palermo, Lepos, 1987, pp. 177-207.

nella percezione. La negazione presente nella contraddizione non percepibile9. Dunque lo stesso Lukasiewicz ammette che nella realt empirica, quella che pu essere da noi percepita, non esistono oggetti contradditori. Perci, secondo me, egli non ha ragioni valide per concludere che il principio di contraddizione nella sua formulazione ontologica falso. Veniamo ora alla formulazione logica. Abbiamo visto che essa riguarda la verit degli enunciati: impossibile che due enunciati contraddittori siano contemporaneamente veri. Anche questa formulazione stata messa in discussione, anzi stata esplicitamente contestata da un grande filosofo del Novecento, Edmund Husserl, il padre della fenomenologia. Gi nella sua opera forse pi famosa, nelle Ricerche logiche, Husserl scrisse: Nel medesimo individuo, o ancor meglio nella medesima coscienza, non possono permanere per un tratto di tempo, per quanto possa essere breve, atti di credenza contraddittori. Ma questa realmente una legge? si domanda Husserl possiamo realmente esprimerla come fornita di una generalit illimitata? Dove sono le induzioni psicologiche che giustificano la sua induzione? Non possono forse esistere o non sono mai esistiti uomini che talora hanno ritenuto vere nello stesso tempo due cose opposte, ad esempio perch ingannati da false argomentazioni? Sono state avviate indagini scientifiche per accertare se qualcosa di simile non accada fra i dementi. E forse, anche nel caso delle contraddizioni esplicite, che ne degli stati di ipnosi, del delirio da febbre, etc.? Tale legge sarebbe valida anche per gli animali?10. Come sentite, Husserl dubita che questa legge abbia un valore illimitato e cita alcuni esempi, su cui ritorneremo perch riguardano anche la formulazione psicologica, cio la demenza, lo stato di ipnosi, il delirio, in cui si assisterebbe ad altrettante violazioni del principio di non contraddizione. L'indicazione pi interessante che si desume da questo passo l'allusione all'inganno derivante da false argomentazioni. Prescindiamo per il momento da stati patologici come il delirio, la febbre, la demenza e consideriamo la possibilit che una persona in condizioni perfettamente normali professi inconsapevolmente due enunciati tra loro contradditori come risultato di una falsa argomentazione. In questo caso, sulla base della formulazione logica del principio di non contraddizione, Aristotele mette in atto quel procedimento logico che i Greci, gli antichi, per primi hanno chiamato confutazione. Che cos' la confutazione? dice Aristotele la deduzione di una contraddizione11. Quando cio in una discussione una discussione di tipo dialettico naturalmente, cio non in una semplice conversazione, ma in una discussione in cui si fronteggiano due interlocutori che professano tesi opposte e ciascuno dei due cerca di prevalere sullaltro argomentando si vuole confutare il proprio interlocutore, una delle tecniche per prevalere di fare al proprio interlocutore un serie di domande a cui egli dia certe risposte e dedurre poi dalle risposte che egli stesso d una conclusione che sia in contraddizione con l'opinione da lui sostenuta. Questo ci che troviamo in tutti i dialoghi di Platone contenenti le discussioni fra Socrate e i suoi interlocutori. Socrate infatti confutava i suoi interlocutori, cio deduceva dalle loro affermazioni, ottenute come risposte alle sue domande, una

Lukasiewicz, Sul principio cit., p. 409. E. Husserl, Logische Untersuchungen, Halle, Niemeyer, 1900-1901, I, p. 82, trad. it Ricerche logiche, Milano, Il Saggiatore, 1968, I, p. 99. 11 Aristot. An. Pr. II 20, 66 b 6-11.
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contraddizione12. Ora, questo che cosa significa? Che possibile, s, professare enunciati tra loro contraddittori in modo implicito, cio non essere consapevoli della loro contraddittoriet. Qualora per un interlocutore, attraverso domande, risposte e deduzioni, ci faccia vedere che dalla posizione che noi professiamo deriva necessariamente una contraddizione, allora egli ci ha confutato e, se la discussione si svolge lealmente, chi stato confutato riconosce d essere stato confutato, cio riconosce che la sua posizione era contraddittoria e perci la considera falsa, cio la abbandona. Una tesi confutata viene abbandonata proprio perch non pi ritenuta conforme alla realt, non pi ritenuta vera. In questo modo, dunque, il principio di non contraddizione nella sua formulazione logica consente di riconoscere che possano esistere delle contraddizioni nel pensiero o nel linguaggio, per anche ci che ci permette di togliere queste contraddizioni, cio di esplicitarle, di riconoscerle come tali e perci di considerarle come opinioni false. Il principio logico di non contraddizione ci che rende possibile la confutazione. Questa una delle ragioni per cui, ad esempio nel caso di Hegel, quando Hegel nega il principio di non contraddizione, di fatto si preclude la possibilit di confutare. Perch, se possibile contraddirsi, se normale contraddirsi, se la contraddizione ha lo stesso valore della non contraddizione, allora non ha pi senso confutare, cio mostrare che il proprio interlocutore in contraddizione. Sempre questa formulazione logica nel corso della storia ha avuto importanti sviluppi e importanti conseguenze. Per esempio, nel Medioevo c un filosofo del secolo XIV di cui ignoriamo il nome, ma che lautore di unopera la quale per molto tempo stata attribuita a Duns Scoto, ma non di Duns Scoto; non si sa di chi sia, l'autore perci viene chiamato pseudo-Scoto. Ora, questo pseudo-Scoto ha formulato un teorema, della cui validit nessun logico ha mal dubitato, il cosiddetto teorema dello pseudo-Scoto, in cui si dimostra che all'interno di un sistema logico cio un sistema costituito da una serie di assiomi, da una serie di premesse evidenti e da una serie di inferenze ad esse coerenti possibile che sia presente anche una contraddizione, per la conseguenza di questa presenza che la contraddizione rende possibile dimostrare qualsiasi tesi e anche la sua opposta, cio tutto e il contrario di tutto. In questo modo un sistema logico che contenga in s una contraddizione diventa un sistema banale, perch non dice nulla di rilevante, nel senso che dice tutto e il contrario di tutto. Dal punto di vista scientifico, per esempio, un sistema logico che contenga una contraddizione un sistema del tutto inutilizzabile, che non ci fornisce nessuna informazione riguardante la realt13. Il teorema dello pseudo-Scoto stato usato da Karl Popper, il grande epistemologo austriaco, in un celeberrimo articolo intitolato Che cos la dialettica?, apparso nella rivista Mind del 194114. Larticolo nelle sue intenzioni voleva essere contro la dialettica, non solo la dialettica hegeliana, ma specialmente gli sviluppi che della dialettica hegeliana erano stati dati dal marxismo e pi precisamente dal materialismo dialettico. In esso Popper sostenne
Anche per la descrizione di questo procedimento si veda il mio libro citato, Contraddizione e dialettica negli antichi e nei moderni, pp. 115-126. 13 Cfr. ivi, pp. 259-260. 14 K. R. Popper, What is Dialectic?, Mind, n. s. 49, 1940, traduzione italiana in Id., Congetture e confutazioni, Bologna, Il Mulino, 1972, II, pp. 531-570.
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che il materialismo dialettico non poteva in nessun modo fare scienza, giustificare la scienza, perch non riconosceva la validit logica del principio di non contraddizione. Se si ammette che le contraddizioni possano esistere nella realt osserva Popper non pi possibile fare scienza, perch non pi possibile distinguere la verit dallerrore, distinguere ci che reale da ci che non lo : la scienza diventa impossibile. L'articolo di Popper ebbe un notevole impatto, non subito, ma dopo la fine della guerra. Infatti nel campo dei filosofi marxisti vi furono paecchie reazioni, per esempio di logici come Aidukjewicz, Jaskowskj, Kraiewskj, tutti polacchi della Repubblica Popolare. Il dibattito si svolse prevalentemente nella rivista di filosofia della Germania orientale, la Deutsche Zeitschrift fr Philosophie. In fondo tutti questi filosofi marxisti cercarono di mostrare che le contraddizioni di cui parlano Hegel, Marx e il materialismo dialettico, non sono contraddizioni logiche, non violano dunque il principio di non contraddizione, ma sono semplicemente dei conflitti, degli antagonismi tra forze opposte, e lesistenza di conflitti, di antagonismi, di contrasti, possibile nella realt e non ha nulla di contraddittorio dal punto d vista logico. Quindi direi che il dibattito che si avuto su questa formulazione alla fine non ha sostanzialmente intaccato la validit del principio15. stato fatto per anche di pi, specialmente negli anni settanta e ottanta del Novecento, cio si sono costruite delle logiche, dei sistemi assiomatico-deduttivi, in cui si creato lo spazio per alcune contraddizioni: sono le cosiddette logiche para-consistenti. Un sistema di logica paraconsistente famoso stato elaborato dalla cosiddetta scuola australiana di Routley e Meyer, e un altro dalla scuola brasiliana di Newton Da Costa. Che cosa hanno fatto questi logici? Hanno mostrato che possibile costruire un sistema di logica al cui interno c' posto per alcune contraddizioni, cio per enunciati tra loro contraddittori, senza che ci produca le conseguenze rovinose teorizzate dal teorema dello pseudo-Scoto, cio senza che l'intero sistema venga banalizzato. Ma come possibile ci? La cosa possibile grazie ad una particolare tecnica logica che stata sviluppata in America dalla scuola di Pittsburg, la logica della rilevanza, in base alla quale non tutte le proposizioni, non tutti gli enunciati contenuti in un sistema, sono rilevanti, cio hanno delle implicazioni per lintero sistema. Questo fa s che le contraddizioni logiche possano essere circoscritte a una regione particolare del sistema e in tal modo esse non producano conseguenze sull'intero sistema. In tal modo lintero sistema rimane coerente, e quindi non banale, pur contenendo alcune contraddizioni16. Questo dal punto di vista logico ammesso da tutti e, a mio modo di vedere, non una smentita del principio di non contraddizione, proprio perch la contraddizione viene accettata nella misura in cui si riesce a isolarla, si riesce a circoscriverla, cio a farle perdere qualsiasi rilevanza per l'intero sistema. Dunque le logiche para-consistenti dimostrano che sono possibili delle contraddizioni logiche. Insomma certamente possibile formulare una contraddizione logica, possibile inserire questa contraddizione in un sistema, per a condizione che essa non abbia rilevanza, non abbia implicazioni per lintero sistema, altrimenti i suoi effetti sarebbero rovinosi. Veniamo infine alla formulazione psicologica del principio di non
Cfr. L. Colletti, Materialismo e dialettica, in Id., Intervista politico-filosofica, RomaBari, Laterza, 1975, pp. 86-91. 16 Cfr. lantologia curata da D. Marconi, La formalizzazione della dialettica, Torino, Rosenberg & Sellier, 1978.
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contraddizione, secondo la quale impossibile ritenere, impossibile credere, opinare, enunciati tra loro contraddittori. Abbiamo visto che Husserl avanza dei dubbi anche su questa formulazione, citando stati di ipnosi, di delirio, di demenza, mentre chiaro che nella formulazione aristotelica il principio si riferiva a condizioni di assoluta consapevolezza e normalit. Ora, che ci possano essere della opinioni contraddittorie in uno stesso soggetto, nella mente di una stessa persona, di per s appunto possibile, ma questo fatto non ha implicazioni per quanto riguarda la validit logica e la validit ontologica del principio di non contraddizione. Io credo che proprio in questo modo, forse, si apre la via per ammettere la possibilit di contraddizioni nell'inconscio, proprio perch non si tratta di contraddizioni professate consapevolmente, con l'intenzione di attribuire uguale valore di verit a due opinioni tra loro contraddittorie, ma di contraddizioni professate inconsapevolmente, o in condizioni patologiche. Del resto che in certe condizioni sia possibile ammettere la contraddizione era stato ampiamente sostenuto e dimostrato, e forse sarebbe il caso che anche nei dibattiti su Matte Blanco si tenesse conto di questo, dalla cosiddetta matematica intuizionistica dellolandese Luitzen Brouwer. Questi, che era un matematico, dimostr che il principio di non contraddizione, e il principio del terzo escluso che da esso deriva direttamente, sono validi solo per i sistemi finiti. Supponiamo per esempio che i numeri non siano una serie infinita e consideriamo un insieme finito di numeri. Ecco, per un insieme finito di numeri noi possiamo affermare che ciascuno di essi o pari o dispari, non pu essere contemporaneamente pari e dispari. Questo vale per per i numeri finiti, perch dell'infinito non possiamo dire n che pari n che dispari. Dunque, disse Brouwer, il principio del terzo escluso vale per i sistemi finiti, mentre nei sistemi infiniti non vale17. Si spiega forse cos il riferimento di Matte Bianco all'inconscio come insiemi infiniti18. Ma, a mio modo di vedere, e di questo poi eventualmente discuteremo, nemmeno questa una vera e propria violazione del principio di non contraddizione. Infatti la formulazione che ne d Aristotele vale per tutto ci che determinato. L'infinito, un sistema infinito, o una grandezza infinita per Aristotele qualche cosa di indeterminato. Apeiron sinonimo di aoriston: infinito significa anche indeterminato; e ci che indeterminato, appunto, non determinato n in un modo, n nel modo opposto. Aristotele esprimeva a suo modo questa concezione dicendo che l'infinito, ovvero l'indeterminato, pu esistere solo potenzialmente e che la potenza sempre potenza dei contrari. Se prendo il concetto di numero e non lo determino, non considero cio un numero determinato, ma il numero in generale, non posso pi dire n che pari, n che dispari, proprio perch indeterminato. Aristotele aveva approfondito questo problema parlando dei contingenti futuri nella famosa discussione se domani ci sar o non ci sar una battaglia navale (De interpretatione 9). Oggi non posso dire che vero n l'enunciato che dice domani ci sar una battaglia navale, n l'enunciato che dice domani non ci sar una battaglia navale, perch pu
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L. E. J. Brouwer, Collected Works, ed. by A. Heyting, Amsterdam-Oxford-New York, 1975. 18 I. Matte Blanco, Linconscio come insiemi infiniti. Saggio sulla bi-logica, nuova edizione a cura di P. Bria, Torino, Einaudi, 2000. Ringrazio il prof. Bria per avere ricordato nel suo saggio introduttivo la mia relazione al Seminario Interdisciplibare di Epistemologia e Scienze Psicologiche, A partire dalla logica aristotelica della non-contraddizione, in M. Giordano (a cura), Episteme e inconscio, Lecce, Milella, 1991, pp. 1-24.

accadere sia l'una che l'altra cosa. Ecco che nella potenza sono compresenti non solo i contrari, ma addirittura i contraddittori, l'affermazione e la negazione. Perch la potenza, appunto, non ancora realt determinata. Ci che determina l'atto: l'atto decide quali dei due corni dell' alternativa contenuta nella potenza si realizza. Nel passaggio all'atto solo uno dei due contraddittori diventa reale, l'altro no. Ma nella fase della indeterminatezza essi possono benissimo coesistere. Io adesso non entro nel merito della bi-logica di Matte Blanco e quindi della logica dell'inconscio, per ho l'impressione che, dal punto di vista logico, possibile ammettere sia logiche del tutto incontraddittorie, cio sistemi di logica del tutto privi di contraddizioni, sia logiche che ammettono la contraddizione, cio sistemi che la contengono. Per anche queste ultime, per poter avere un senso, devono essere formulate in maniera non contraddittoria. La stessa contraddizione rilevabile, riconoscibile, se viene formulata in maniera non contraddittoria, cio se tutti i termini usati per formularla sono usati con un significato determinato e non anche col significato ad esso opposto. Quindi, in un certo senso, c' una specie di meta-logica, di logica di secondo livello, per cos dire, che governa sia le logiche della non contraddizione sia le logiche della contraddizione. Ed a questo livello superiore, a questo livello meta-logico che continua ad essere valida la formulazione aristotelica del principio di non contraddizione. Del resto molto significativo che Lukasiewicz vi leggo soltanto le battute finali del suo articolo dopo aver contestato e negato sia la formulazione ontologica, sia quella logica, sia quella psicologica del principio aristotelico di non contraddizione, concluda cos: Il principio di contraddizione non ha certamente valore logico vedete, egli contesta che abbia valore logico perch pu valere solo come assunzione (cio non pu venire rigorosamente dimostrato), ma proprio per questo gli spetta un tanto pi importante valore etico-pratico19. Cosa vuoI dire valore etico-pratico? Andiamo a vedere: Il principio di contraddizione scrive ancora Lukasiewicz l'unica arma contro l'errore e la menzogna. Se non riconoscessimo questo principio, e ritenessimo possibile la contemporanea affermazione e negazione, non potremmo difenderci dalle asserzioni false o menzognere di altri. Un uomo accusato falsamente di omicidio non troverebbe alcun mezzo per dimostrare la propria innocenza in tribunale. Egli potrebbe tuttal pi solo produrre la prova che non ha commesso nessun omicidio, ma questa verit negativa, se il principio di non contraddizione non vale, non pu eliminare la sua contraddittoria positiva []. Da qui si vede che la necessit di riconoscere il principio di non contraddizione un segno dellimperfezione intellettuale ed etica delluomo. Luomo, in altre parole, secondo Lukasiewicz ha bisogno del principio di non contraddizione, altrimenti non riesce pi a distinguere la verit dallerrore, non riesce pi a conoscere la realt. Perci e alla fine c un inno alla scienza Aristotele diventato il fondatore e il promotore di unopera culturale sistematica e scientifica. In ci egli forse ravvis una consolazione per lavvenire e per la futura grandezza del suo popolo. Dovette premergli di tenere alto il valore della ricerca scientifica. Insomma, se si abbandona il principio di non contraddizione, si deve rinunciare a questa grande impresa che caratterizza la civilt, che la ricerca scientifica. A me pare che, con conclusioni di questo genere, anche Lukasiewicz in fondo riconosca che, pur essendoci casi in cui la contraddizione possibile, la
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Lukasiewicz, Sul principio cit., p. 409.

realt nel suo complesso governata dalla non contraddizione piuttosto che dalla contraddizione.

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