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Giuseppe Lorizio

Certezza della fede e debolezza della ragione: il contesto culturale contemporaneo e la questione di Dio*

Modernit e post-modernit: la frammentazione del sapere

Per comprendere la rottura/continuit tra modernit e post-modernit prendiamo in prestito dallarte un richiamo, che si presta alla lettura trasversale della Fides et Ratio, che tenteremo in questa sede. Vogliamo richiamare alla memoria la stanza della Segnatura1 di Raffaello nella quale si trova laffresco sulla Scuola di Atene2. Laffresco stesso interessante il commento che ne fanno le

* Relazione tenuta nel marzo 1999 nell Aula magna della Pontificia Universit Lateranense.
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Raffaello diede principio allimpresa capitale della sua breve vita negli ultimi mesi del 1508, incominciando dalla Stanza di mezzo, detta della Segnatura. Il nome ha fatto pensare a taluno che la sala fosse sede dellomonimo tribunale ecclesiastico, mentre altri la credono destinata a studio e biblioteca privata di Giulio II. Vari indizi danno ragione a questi ultimi: innanzi tutto i soggetti degli affreschi, dove la giurisprudenza occupa un posto secondario rispetto alla teologia, alla scienza e alla poesia; poi un passo del Giovio, dal quale si apprende come la camera attigua, detta poi dellIncendio, fosse il triclinium penitior, ossia la sala da pranzo privata del papa, che difficilmente simmagina in comunicazione con unaula di tribunale, ed infine un documento contemporaneo in cui quella camera vien chiamata libraria. Forse il nome di Stanza della Segnatura deriva solo dal fatto che il pontefice vi usava firmare o sigillare (signare) gli atti ufficiali. Secondo il Giovio, amico e protettore di Raffaello, di cui scrisse per primo una breve vita in latino, il programma, ossia i temi scritti delle varie composizioni svolte poi pittoricamente da Raffaello, fu compilato ad praescriptum Julii pontificis, e non v motivo per dubitarne, ma assai probabile che il papa abbia dettato solo i soggetti da affrescare sulle pareti, mentre i particolari saranno stati da lui affidati al sottile ingegno di qualche umanista e teologo di chiarissima tendenza neoplatonica ficiniana, filosofia non estranea al Sanzio, il quale da giovane aveva frequentato la corte di Urbino, dove questa corrente di pensiero era tenuta in alta stima. Possiamo riassumere il programma nel seguente schema: glorificare sulle quattro pareti, in altrettante storie (come si diceva allora, ossia composizioni ricche di figure) le tre Idee platoniche supreme del Vero, del Bene e del Bello, corrispondenti alle facolt fondamentali dellanima umana: noetica, etica ed estetica. Queste medesime categorie vengono ripresentate sulla volta con crescente chiarezza prima nelle allegorie dei riquadri sui pennacchi, e poi, pi in alto, come simboli inequivocabili nelle figure dei tondi, dove le si vedono personificate in forma dindividui. Si ha cos una trascrizione pittorica dellitinerario della mente del saggio, dalla oscura e difficile conoscenza delle idee nel mondo fenomenale, alla immediata e chiara contemplazione di esse nellempireo sognato da Platone. In uno schema siffatto, e trattandosi di neoplatonismo cristiano, le tre Idee diventano quattro, poich vi un Vero naturale, accessibile allintelletto umano, e uno rivelato da Dio, superiore alla ragione. A questi due modi del Vero sono dedicate le due pareti maggiori della Stanza, dove il primo rappresentato nella Scuola dAtene e il secondo nella cosiddetta Disputa del Sacramento.

La scena unassemblea di filosofi e scienziati antichi presieduta da Platone ed Aristotele si svolge sotto gli archi e le volte di una grandiosa basilica, che ricorda quella di San Pietro nel progetto del Bramante, al quale

monache di Vitorchiano dentro la presentazione delle Stanze delle Logge di Raffaello, a cura dei Musei Vaticani pu essere unottima introduzione al documento dal punto di vista dellarmonia tra fede e ragione cos come perseguita da sempre dalla Chiesa cattolica. Questo luogo artistico ha una valenza particolare perch si situa cronologicamente proprio allinizio di quella modernit, che la Fides et Ratio descrive come un momento piuttosto drammatico del rapporto tra fede e ragione, cio come il momento in cui si data la separazione fra il sapere e il credere3, quando appunto larmonia stabilita nel Medioevo dalla grande Scolastica, viene ad interrompersi e a subire delle fratture. Ci sarebbe da chiedersi come mai quelle buone intenzioni espresse pittoricamente, in quel consesso di filosofi chiamati a rendere onore alla Fede e allEvangelo, oggi siano spettatrici per una malaugurata e paradossale prospettiva rovesciata di una frattura4. Questo rapporto fra Chiesa cattolica e filosofia moderna e contemporanea ha del paradossale, ma si tratta del paradosso capace di destare stupore e suscitare attenzione in chi disposto a leggere e interpretare senza fuorvianti precomprensioni tale vicenda. Allorch infatti la ragione esprime la propria presunzione di conoscere il tutto5 e quindi assume un atteggiamento di dominio sul reale e lumano, il Magistero della Chiesa l a ricordarle i propri creaturali limiti e a farle prendere coscienza della propria radicale infermit6, quando invece la ragione si autoflagella ritenendosi incapace di conoscere alcunch ed assumendo un atteggiamento rinunciatario di fronte alle grandi domande

infatti il Vasari ne attribuisce il disegno. Di questa notizia vasariana si molto discusso, ma evidentemente a torto, poich, intorno al 1510 Raffaello possedeva solo modeste nozioni di architettura, e da s non sarebbe stato capace dimmaginare un edificio come quello della Scuola dAtene, allora senza esempio in Italia. Nellesatto centro prospettico della composizione, Platone ed Aristotele dominano lassemblea dei saggi disposti in gruppi, a seconda delle varie discipline, alcuni riconoscibili con sicurezza, grazie a qualche attributo caratteristico (come Pitagora col diatessaron e il cinico Diogene con la sua scodella, sbracato sulla scalea), altri solo in modo ipotetico. Socrate, dal profilo silenico, discute a sinistra con Alcibiade, Platone regge in mano il Timeo ed indica con la destra lempireo delle Idee, ultima realt, mentre Aristotele (con l Etica) tiene la palma stesa fra cielo e terra, a mostrare come lIdea non abbia esistenza propria e concreta, ma sincarni solo negli individui che lattuano in maniera pi o meno perfetta. Aristotele da la destra a Platone e ci significativo per il carattere filosofico del programma qui svolto dallUrbinate. In origine anche la Scuola dAtene, come la Disputa, era costruita ad emiciclo: sul cartone autografo dellaffresco, conservato nella Biblioteca Ambrosiana di Milano, il primo piano vuoto nella parte centrale. I due Trionfi del Vero si dovevano completare e contrapporre a vicenda: nella conoscenza teologica, lo sforzo del pensiero umano da solo non basta, e ledificio della sua scienza sarebbe incompiuto se non lo coronasse la Rivelazione soprannaturale. Nella conoscenza della natura, invece, lindagine umana pu avanzare la pretesa della esaustivit, ma non supera i limiti della ragione. Questeffetto di contrappunto voluto fra i due affreschi si in seguito attenuato per la introduzione tra i personaggi della Scuola dAtene, del filosofo pessimista Eraclito, seduto in primo piano, accanto a un blocco di marmo, intento a scrivere su un foglietto col capo poggiato sulla mano. Lesame tecnico della figura mostra che essa fu aggiunta quando laffresco era gi terminato, su nuovo intonaco. La data di questa modifica individuabile nellagosto del 1511. 3 Cf FeR 45-48. 4 ovvio che la frattura non si realizza immediatamente o in un momento preciso, ma risulta prevalentemente nel momento della modernit compiuta e quando, appunto, la modernit insieme si compie e poi lascia spazio a quella che si chiama la post-modernit. 5 Cf F. ROSENZWEIG, Sulla possibilit di conoscere il tutto, in La stella della redenzione, a cura di G. BONOLA, Marietti, Genova 19983, 3-23. Dora in poi SR.

metafisiche, che comunque abitano la coscienza di ogni essere pensante chi sono? da dove vengo e dove vado? perch la presenza del male? cosa ci sar dopo questa vita7 allora la Chiesa l a ricordarle che non pu abdicare al proprio ruolo e alle proprie prerogative e a spronarla perch osi lavventura del sapere (baster ricordare le critiche al fideismo da parte del Magistero ecclesiale). La Fides et Ratio muove piuttosto nella seconda direzione, senza naturalmente dimenticare i rischi derivanti da assurde pretese razionalistiche, e quindi incoraggia il pensiero ad esprimersi al meglio in questo momento di trapasso culturale, che lencinclica non esita a definire di postmodernit, indicandone limiti e potenzialit8. Da questo punto di vista va certamente salutato con interesse il fatto che, quando appunto si accinge ad offrire indicazioni relative al postmoderno, lenciclica adotti un approccio tale da dirimere lannosa questione che vede contrapporsi il fronte di coloro che leggono la formula (ed evidentemente anche il suo contenuto) in senso meramente congiunturale, sostenendo quindi che il termine stia a designare un fenomeno passeggero o una sorta di moda culturale, priva di prospettive di lungo respiro, e quanti al contrario ritengono che il postmoderno sia invece il nome, se non di una nuova epoca, dato limbarazzo stesso a trovare una parola adeguata per questo nostro tempo (postmoderno infatti dice semplicemente rapporto di contiguit cronologica e di superamento antitetico della modernit), almeno di un momento di trapasso epocale, tale da incidere profondamente sulla cultura e sulle coscienze dei nostri contemporanei. Fides et ratio, pur con le dovute cautele, non ha timore di parlare di epoca della postmodernit, nella quale emergono fattori autenticamente nuovi, capaci di determinare cambiamenti significativi e durevoli (FeR 91). E in questa prospettiva la parabola del trapasso dalla modernit alla postmodernit9 sembra potersi adeguatamente, anche se non esaustivamente, designare nei termini del passaggio dal sistema al frammento, e, in
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Un esempio fra tutti la critica al razionalismo contenuta nella Dei Filius del Vaticano I. FeR 1. 8 Cf FeR 91. La nostra epoca stata qualificata da certi pensatori come lepoca della post-modernit. Questo termine, utilizzato non di rado in contesti tra loro molto distanti, designa lemergere di un insieme di fattori nuovi, che quanto ad estensione ed efficacia si sono rivelati capaci di determinare cambiamenti significativi e durevoli. 9 Su moderno e postmoderno: AA. VV., Modernit. Storia e valore di unidea, Brescia 1982; M. FERRARIS, Tracce. Nichilismo, Moderno e Postmoderno, Milano 1983; R. GUARDINI, La fine dellepoca moderna, Brescia 1960; J. HABERMAS, Il discorso filosofico della modernit, Roma-Bari 1987; M. HEIDEGGER, Lepoca 6 dellimmagine del mondo in ID., Sentieri interrotti, trad. it. a cura di P. CHIODI, La Nuova Italia, Firenze 1991 , 71-101; J. LE GOFF, LEuropa medievale e il momdo moderno, Bari 1994; K. LWITH-L. STRAUSS, Dialogo sulla modernit, Roma 1994; G. LORIZIO, Per una lettura simpatica del pensiero moderno in prospettiva teologico-pastorale in M. SIMONE (ed.), Il Concilio venti anni dopo. Le nuove categorie dellautocomprensione della Chiesa, Roma 1984, 109-120; ID., Dalla storicit alle storie. Nichilismo, ermeneutica e debolezza del pensiero in E. CATTANEO (ed.), Il Concilio venti anni dopo,cit. 154-166; ID., Prospettive teologiche del postmoderno, cit.; J.-F. LYOTARD, La condizione postmoderna. Rapporto sul sapere, Milano 1981; ID., Il postmoderno spiegato ai bambini, Milano 1987; T. MALDONADO, Il futuro della modernit, Milano 1987; P. POUPARD (ed.), Parlare di Dio alluomo postmoderno. Linee di discussione, Roma 1994; P. ROSSI, Paragone degli ingegni moderni e postmoderni, Bologna 1989; E. TROELTSCH, Lessenza del mondo moderno, Napoli 1977; G. VATTIMO, La fine della modernit. Nichilismo ed ermeneutica nella cultura contemporanea, Milano 1985; J. VERHAAR, Aspetti del postmoderno, in La Civilt Cattolica 146 (1995), I, 135-142. Per la critica

direzione antropologica, dalla figura dell uomo col suo bel ramo di palma, che procede attraverso lesercizio di una ragione capace di vincere ogni battaglia, all io polvere e cenere10, conscio della propria radicale caducit e temporalit, nonch della infermit del proprio pensiero e della propria ragione in ordine alla conoscenza della verit. Dunque, una volta fatta, per, questa scelta di campo tra una post-modernit congiunturale e una post-modernit epocale, ci sono una serie di indicazioni dalle quali si evince la coscienza della complessit della situazione. Questo termine scrive il Papa stato dapprima impiegato a proposito di fenomeni d'ordine estetico, sociale, tecnologico. Successivamente stato trasferito in ambito filosofico, restando per segnato da una certa ambiguit11 che conferisce al termine una polisemia possibile perch ciascun contesto poi determina anche il significato del termine. Non sar forse fuori luogo richiamare previamente il fatto che come tutti i nomi collettivi, anche il postmoderno unifica fenomeni eterogenei e ha, perci, uno spettro semantico tanto ampio quanto equivoco, ragione non ultima della sua fortuna (come, vent'anni fa, la categoria della secolarizzazione). A ben guardare, infatti, l'odierno discorso sul postmoderno esprime pi una tendenza che non i suoi esiti definitivi, dicendo qualcosa sul distacco rispetto al gi della precedente fase [...], ma tacendo sulla portata del non ancora [...] e sul grado di continuit o rottura tra le due epoche12. Se il termine post-moderno viene inteso nell'accezione di anti-moderno, allora questo elemento presente nel DNA del cattolicesimo ufficiale e nella cultura che da esso promana13. Ma il rapporto fra pensiero cristiano e filosofia moderna abbisogna - a nostro avviso - di un lungo processo di revisione storiografica, tale da attivare un atteggiamento di prossimit simpatetica accanto a quello di distanza critico-profetica, che tende a prevalere, prevaricando anche nella teologia14

alla nozione di secolarizzazione cf: H. BLUMENBERG, La legittimit dellet moderna, Genova 1992. Per la discussione con K. Lwith cf Aut Aut 222 (1987) 60ss. 10 Cf F. ROSENZWEIG, Cellula originaria de La stella della redenzione in ID. La scrittura. Saggi dal 1914 al 1929, a cura di G. BONOLA, Citt Nuova, Roma 1991, 243. 11 FeR 91. 12 P. VANZAN, Quali linee e soggetti per una nuova evangelizzazione del mondo post-moderno, in La Civilt Cattolica 139 (1988), II, 247. 13 Si pensi al Sillabo [cf DS 2980, dove si condanna la seguente proposizione: Romanus Pontifex potest ac debet cum progressu, cum liberalismo et cum recenti civilitate sese riconciliare et componere.] e allAntimoderno di Maritain, questo testo del 1922 cerca di ripristinare la rinascita del tomismo, che faccia in qualche modo da scudo, da contrafforte, da baluardo nei confronti del modernismo dilagante. 14 Qui, tuttavia, ci stiamo appellando anche alla ricerca filosofica non nellintento di individuare unadeguata infrastruttura concettuale attraverso la quale esprimerci nel momento speculativo del nostro teologare, bens intendiamo situarci al livello del cosiddetto momento positivo della ricerca, che comprende in primo luogo lauditus fidei e le sue esigenze, ma che non ci sembra debba escludere lauditus temporis, ossia unadeguata lettura e interpretazione del contesto nel quale situare il nostro sapere. Tale attenzione al contesto non potr non avere delle ricadute sulla speculazione teologica e sulle sue espressioni. Se lattenzione al momento contestuale dovr essere assunta da ogni settore del sapere teologico, essa interpella in maniera particolare la teologia fondamentale, la quale tradizionalmente si situa in posizione di frontiera e che non pu certo appiattirsi nel ruolo di porgere gli elementi introduttivi alla dogmatica. Intendiamo misurarci con lappello rivolto da Franz Rosenzweig ai teologi, affinch filosofeggino, ma in modo del tutto nuovo rispetto al passato:

la concezione, dallaltra parte sempre antimoderna, di un rapporto critico, dialettico, in cui si esercita il pensiero credente nel suo carattere profetico, di istanza critica, di discernimento, come quello operato, per esempio, da Augusto Del Noce15 nel momento in cui ha tratteggiato lesito della modernit profeticamente intravedendo la deriva nihilistica della modernit che la Fides et Ratio denuncia in maniera molto forte in diversi punti, da Cartesio a Nietzsche. Questa sarebbe la parabola della modernit, cos come la descrive Del Noce, che non dimentica laltro percorso possibile che da Cartesio conduce a Rosmini. Tuttavia sembra anche plausibile una lettura del post-moderno che non lo situa soltanto contro il moderno. Infatti sicuramente il postmoderno fa parte del moderno. Si deve diffidare di tutto ci che acquisito, anche solo da ieri [...]. Un'opera pu divenire moderna solo se prima postmoderna. Inteso in questo senso, il postmodernismo non il modernismo giunto alla fine, ma il modernismo allo stato nascente - e questo costante16 In rapporto al post-moderno come prodotto dal grembo della modernit e suo esito, la cultura cattolica ci sembra coltivare allo stadio attuale della riflessione un atteggiamento di comprensibile distanza, che si manifesta:

come diffidenza nei confronti della rassegnazione alla debolezza del pensiero; come difesa dalla ricorrente tentazione gnostica, che sembra accomunare espressioni delle filosofie e delle nuove religiosit;

come tendenza espressa in tentativi di impostazione e di matrice diversissima allo oltrepassamento del nichilismo;

come custodia gelosa dei misteri speculativi e della metafisica.

Oggi, per giungere a liberarsi dallaforisma, quindi proprio per mantenere la sua scientificit, la filosofia esige che i teologi filosofeggino. Certo, i teologi in un senso nuovo. Perch, come mostreremo, il teologo che la filosofia esige in nome della propria scientificit a sua volta un teologo che esige la filosofia, in nome della propria onest intellettuale [SR, 113]. 15 Cf A. DEL NOCE, Lidea di modernit, in AA. VV., Modernit. Storia e valore di unidea. Contributi al XXXVI Convegno del Centro di Studi filosofici di Gallarate (23-25 aprile 1981), Morcelliana, Brescia 1982, 2643. Dello stesso autore cf anche; II problema dellateismo. Il concetto di ateismo e la storia della filosofia come problema, II Mulino, Bologna 1964; Riforma cattolica e filosofia moderna. I, Cartesio, II Mulino, Bologna 1965; Lepoca della secolarizzazione, Giuffr, Milano 1970; ID., Da Cartesio a Rosmini. Scritti vari, anche inediti, di filosofia e storia della filosofia, Giuffr, Milano 1992. Riguardo al nostro tema in Del Noce cf AA.VV., Augusto del Noce. Il problema della modernit, Studium, Roma 1995. 16 J. F. LYOTARD, Il postmoderno spiegato ai bambini, cit., 21-22.

Epocale o congiunturale che sia, il passaggio dalla modernit compiuta al cosiddetto postmoderno fa registrare una svolta di notevole portata nel rapporto fra il pensiero credente e la cultura laica. Se, infatti, nella contrapposizione radicale agli esiti razionalistici della modernit, la Chiesa, la teologia e la cultura cattolica hanno dovuto custodire e difendere a denti stretti il senso del mistero e del soprannaturale, ridimensionando le pretese di una ragione totalizzante e totalitaria, che si espressa nella forma delle ideologie egemoniche, ora - a giudicare dai termini con cui si conduce in Italia il dibattito sulla religione - le posizioni sembrano invertirsi. La Chiesa, la teologia e il pensiero credente si trovano nella paradossale situazione di dover difendere la ragione e le sue possibilit in ordine alla conoscenza del Vero, in un sempre pi serrato confronto con atteggiamenti e teorie rinunciatarie e debolistiche, che la condannano al relativismo e allo scetticismo, forme anchesse meno forti di quel prospettivismo nichilistico che - secondo Nietzsche - avrebbe caratterizzato quelli che per lui sarebbero stati i prossimi due secoli. Non si tratta n di seguire le mode passeggere, n di andare contro corrente ad ogni costo. La ricerca della verit, presente nelle diverse espressioni e formulazioni storiche, ma che pur sempre le trascende, fa s che la Chiesa e il pensiero che in essa si esprime, nonostante ritardi e incomprensioni, si ponga a difesa delluomo e della sua dignit, sia allorch mette in guardia la ragione dalle sue stesse prevaricazioni, sia allorch ne custodisce il valore e ne alimenta le possibilit. E da questo punto di vista la cultura autenticamente generata dal cristianesimo avr sempre e comunque qualcosa da dire nella storia alluomo di ogni tempo e di ogni condizione. Agitare, nellattuale momento storico, il fantasma di una nuova e forse pi subdola ideologia sembra prematuro e controproducente, anche perch ci condurrebbe alla contrapposizione di fronti, nella quale continuerebbe a perpetrarsi la deprecabile scissione fra sapere e credere, tra fede e cultura, tra pensiero credente e cultura laica, con risultati devastanti non solo per il mondo della cultura, ma anche per levangelizzazione. Si tratta piuttosto di rilevare le possibilit di incontro e di mettere in guardia dai rischi che il coinvolgimento in tale dibattito comporta per il sapere credente. La cautela del serpente non va disgiunta dalla semplicit e dallottimismo della colomba, latteggiamento criticoprofetico non deve far dimenticare lesercizio della simpatia e della solidariet nei confronti di quanti cercano la verit con cuore sincero a qualsiasi credo appartengano. Proprio il Papa ci suggerisce di trattare le correnti di pensiero che si richiamano alla postmodernit con unadeguata attenzione. Ma in che modo possiamo leggere e prestare attenzione adeguata a questo contesto, culturale e filosofico, nel senso delle sue possibili aperture e chiusure alla rivelazione del Dio di Ges Cristo? Possiamo registrare sempre a partire da una riflessione feconda su Fides et Ratio due elementi che ci aiutano a dirimere il bandolo di questa matassa ancora non cos lontana perch se ne possa dare uno sguardo prospettico ma non tanto vicina da non poterne focalizzare gli elementi.

Il primo elemento ci avverte della situazione di frammentazione che la post-modernit introduce nella cultura. E se la cultura frammentata perch luomo lo , il soggetto si ritrova frammentato e nel frammento17. La frammentazione del sapere il segno di una profonda crisi di senso, una drammatica perdita del centro. Lesperienza, appunto, quella di un sapere ideologicamente organizzato, sistematico, monolitico, che caduto e si frantumato. Non si da pi un centro, tutti i centri sono in frantumi. Ognuno ritrova nelle proprie mani niente pi che un segmento, nel quale non riesce a percepire alcun rimando al tutto, alla globalit, all'orizzonte di senso. Possono in qualche modo questi segmenti costituire una linea, disegnare una figura, inserirsi in un contesto? Nel tempo della povert18 e della perdita del centro19, possibile un qualche orientamento? Oppure il nostro sar sempre e comunque un eterno precipitare? Le risposte negative non mancano di esercitare una notevole presa sui nostri contemporanei. Concludendo un articolo di commento alla recente rappresentazione della Walkiria alla scala, mentre segnalava la concezione ciclica del tempo presente in tutta la tetralogia wagneriana e metaforicamente espressa da quell'oggetto simbolico che l'anello [L'anello dei Nibelunghi il titolo dell'intero ciclo], un articolista, colto e ben informato, cercava di decifrare il sistema tonale dell'intero ciclo, rilevando come Das Rheingold [= L'oro del Reno, titolo della prima opera] inizi in mi bemolle maggiore, mentre Gtterdmmerung [Il crepuscolo degli dei, ultima opera del ciclo] si chiuda in re bemolle maggiore, sostenendo che con questo abbassamento di tono Wagner come se dicesse: Tutto ritorna all'origine, ma ad un gradino pi basso di decadenza rispetto all'origine, e terminava il pezzo con queste parole: Ma soltanto Wagner, chiudendo il ciclo ad anello, ci ha insegnato che la storia un'illusione, e gliene siamo grati20. Non si tratta, come si pu facilmente constatare, di posizioni nichilistiche espresse solo in ambito intellettuale ed accademico, bens di mentalit e modi di pensare diffusi, che il teologo, in quanto credente che cerca di pensare, non pu ignorare o facilmente sorvolare. La domanda di senso che il segmento di storia consegnato a ciascuno di noi certamente contiene esige anche delle risposte plausibili e significative, anche se non sempre facili da esprimere e comunicare.

Cf FeR 81: E da osservare che uno dei dati pi rilevanti della nostra condizione attuale consiste nella crisi del senso. I punti di vista, spesso di carattere scientifico, sulla vita e sul mondo si sono talmente moltiplicati che, di fatto, assistiamo allaffermarsi del fenomeno della frammentariet del sapere. Proprio questo rende difficile e spesso vana la ricerca di un senso. Anzi cosa anche pi drammatica in questo groviglio di dati e di fatti tra cui si vive e che sembrano costituire la trama stessa dellesistenza, non pochi si chiedono se abbia ancora senso porsi una domanda sul senso. 18 Come scriveva lHeidegger degli Holzwege: .. e perch i poeti nel tempo della povert?. La parola tempo allude allepoca di cui noi oggi facciamo ancora parte. Con la venuta e il sacrificio di Cristo ha avuto inizio, secondo la concezione storica di Hlderlin, la fine del giorno degli Dei. caduta la sera. Da quando i tre che sono uno: Ercole, Dioniso e Cristo, hanno lasciato il mondo, la sera del tempo mondano va verso la notte. La notte del mondo distende le sue tenebre. Ormai lepoca caratterizzata dallassenza di Dio, dalla mancanza di Dio. [M. HEIDEGGER, Perch i poeti?, in Sentieri interrotti, cit., 247]. 19 Cf H SEDLMAYR, Perdita del centro. Le arti figurative del diciannovesimo e ventesimo secolo come sintomo e simbolo di un epoca, Borla, Roma 1983.
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Il Sole-24 ore del 4 dic. 1994.

Laltro elemento focale ce lo suggerisce Fides et ratio al numero 3721 quando parla della gnosi storica e cita Colossesi 2, 8: Badate che nessuno vi inganni con la sua filosofia e con vuoti raggiri alla tradizione umana secondo gli elementi del mondo e non secondo Cristo. Sono davvero attuali, le parole dellApostolo, se le riferiamo alla post-secolarizzazione come ritorno del sacro sia a livello massivo (i vari essoterismi) sia a livello culturale (neo-paganesimo)22. Proprio lorizzonte filosofico contemporano post-heideggeriano si coniuga con riferimenti e tematiche chiaramente neo-pagani, per cui, paradossalmente, ma significativamente, la connotazione post-cristiana di queste filosofie si attua in forme pre-cristiane, che conviene smascherare ed attentamente meditare, anche nella prospettiva positiva ispirantesi al carattere di avvento della cultura odierna rispetto allEvangelo. A mettere in guardia i credenti da un troppo ingenuo irenismo nel confronto col cosiddetto pensiero laico dominante proprio un filosofo che, pur non ritenendosi credente, partecipa attivamente al dialogo con teologi e filosofi cattolici. In uno dei saggi contenuti nel volumetto intitolato I nuovi pagani, Salvatore Natoli cos si esprime: Da molti anni in discussioni private e pubbliche noto che lermeneutica sempre di pi applicata alla fede. Questa prassi antica e ben consolidata. Pi arrischiato invece quellatteggiamento, non so quanto involontario o intenzionale che fa valere o tratta la fede come unermeneutica. La mentalit ermeneutica mette in moto una circolarit infinita. Essa, creando un ambito costante di rinvii, elude il punto fermo. Nel senso che il punto fermo non pi unorigine, non pi un principio, ma una decisione, vuoi della comunit, vuoi dei soggetti. In tale modalit si dissolve la fede. sempre pi difficile trovare il credente. Tutti i credenti stanno diventando ermeneutici. Quando dicono a me che io sono credente comincio a capire che non sono credenti loro23.

A Natoli si potrebbe obiettare che c ermeneutica ed ermeneutica e che non sembrano troppo facilmente assimilabili le posizioni di un Gadamer, di un Ricoeur e di un Pareyson, proprio in ordine a quellistanza del punto fermo, sulla quale giustamente invita a riflettere. Ed proprio questa istanza che ci sembra di dover raccogliere come elemento irrinunciabile per chi dal punto

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Nellaccennare a questo movimento di avvicinamento dei cristiani alla filosofia, doveroso ricordare anche latteggiamento di cautela che in essi suscitavano altri elementi del mondo culturale pagano, quali ad esempio la gnosi. La filosofia, come saggezza pratica e scuola di vita, poteva facilmente essere confusa con una conoscenza di tipo superiore, esoterico, riservato a pochi perfetti. E senza dubbio a questo genere di speculazioni esoteriche che san Paolo pensa, quando mette in guardia i Colossesi: Badate che nessuno vi inganni con la sua filosofia e con vuoti raggiri ispirati alla tradizione umana, secondo gli elementi del mondo e non secondo Cristo (2, 8). Quanto mai attuali si presentano le parole dellApostolo, se le riferiamo alle diverse forme di esoterismo che dilagano oggi anche presso alcuni credenti, privi del dovuto senso critico. Sulle orme di san Paolo, altri scrittori dei primi secoli, in particolare santIreneo e Tertulliano, sollevano a loro volta riserve nei confronti di unimpostazione culturale che pretendeva di subordinare la verit della Rivelazione allinterpretazione dei filosofi. 22 Cf il mio Prospettive teologiche del post-moderno in Rassegna di Teologia 30 (1989) 539-559. 23 S. NATOLI, I nuovi pagani. Una nuova etica per forzare le inerzie del tempo, Il Saggiatore, Milano 1995, 137.

di vista credente intende dialogare con la cultura e la filosofia laica. Cedere al prospettivismo significa infatti rinunciare proprio a quel punto fermo ed affatto soggettivo, che per Natoli deve caratterizzare chi crede. Lunicit e luniversalit dellevento Cristo non consente in nessun modo che il Risorto venga inserito come elemento di un pantheon politeistico, nel quale tutte le divinit sacre e profane (e di conseguenza tutte le fedi o non-fedi) hanno uguale cittadinanza. Questa cattura neo-pagana del cristianesimo si fa strada nelle coscienze e nella mentalit delluomo contemporaneo, disposto ad accogliere e/o tollerare levangelo, a condizione che non si proponga nella sua radicalit assoluta ed imprescindibile. N chi sinceramente ritiene di poter pensare nellorizzonte credente pu dimenticare lassunto di Rosenzweig, il quale faceva nascere la sua opera fondamentale La stella della redenzione dal puro e semplice punto di Archimede della Offenbarung als Orientierung24 (Rivelazione come orientamento).
In questo senso lincipit dellenciclica pu davvero costituirne la chiave di lettura pi adeguata: La fede e la ragione sono come le due ali con le quali lo spirito umano s'innalza verso la contemplazione della verit25. Il testo, infatti, da un lato costringe ad evitare ogni forma di integralismo, sia da parte della fede nei confronti della ragione (integralismo fideistico), sia da parte della ragione nei confronti della fede (integralismo razionalistico), ma nello stesso tempo propone una visione contemplativa della verit, nella quale vengano dissolte tutte le forme di pensiero dominante o calcolante e si esprima in tutta la sua arricchente potenza il pensiero meditante, che se davvero tale non potr non assumere come proprio punto di Archimede la Rivelazione, che, nel quadro della Fides et ratio, chiamata al ruolo di principio orientante non solo il sapere teologico, ma anche quello filosofico. Quasi parafrasando il noto testo di Rosenzweig, Giovanni Paolo II, cos si esprime: La Rivelazione cristiana la vera stella di orientamento per l'uomo che avanza tra i condizionamenti della mentalit immanentistica e le strettoie di una logica tecnocratica; l'ultima possibilit che viene offerta da Dio per ritrovare in pienezza il progetto originario di amore, iniziato con la creazione. All'uomo desideroso di conoscere il vero, se ancora capace di guardare oltre se stesso e di innalzare lo sguardo al di l dei propri progetti, data la possibilit di recuperare il genuino rapporto con la sua vita, seguendo la strada della verit. Le parole del Deuteronomio bene si possono applicare a questa situazione: Questo comando che oggi ti ordino non troppo alto per te, n troppo lontano da te. Non nel cielo perch tu dica: Chi salir per noi in cielo per prendercelo e farcelo udire s che lo possiamo eseguire? Non di l dal mare, perch tu dica: Chi attraverser per noi il mare per prendercelo e farcelo udire s che lo possiamo eseguire? Anzi, questa parola molto vicina a te, nella tua bocca e nel tuo cuore, perch tu la metta in pratica (30,11-14)26.

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F. ROSENZWEIG, Cellula originaria de La stella della redenzione, cit., 242. FeR 1. 26 FeR 15.

La scelta di porre al centro la rivelazione ci sembra oltremodo significativa e tale da conferire al percorso un reale e decisivo orientamento, capace di interpellare il pensiero filosofico della modernit compiuta e della postmodernit, che non di rado affronta con le proprie categorie e le proprie metodologie proprio questa tematica fondamentale della teologia cristiana. E tuttavia questa scelta non implica una vera e propria svolta, bens include una posizione ben nota in campo cattolico in ordine al problema della verit, secondo cui questa si definisce per la sua capacit di adaequatio rei et intellectus. Ecco come si esprime il documento a questo proposito: Questo ruolo sapienziale non potrebbe, peraltro, essere svolto da una filosofia che non fosse essa stessa un sapere autentico e vero, cio rivolto non soltanto ad aspetti particolari e relativi siano essi funzionali, formali o utili del reale, ma alla sua verit totale e definitiva, ossia all'essere stesso dell'oggetto di conoscenza. Ecco, dunque, una seconda esigenza: appurare la capacit dell'uomo di giungere alla conoscenza della verit; una conoscenza, peraltro, che attinga la verit oggettiva, mediante quella adaequatio rei et intellectus a cui si riferiscono i Dottori della Scolastica. Questa esigenza, propria della fede, stata esplicitamente riaffermata dal Concilio Vaticano II: L'intelligenza, infatti, non si restringe all'ambito dei fenomeni soltanto, ma pu conquistare la realt intelligibile con vera certezza, anche se, per conseguenza del peccato, si trova in parte oscurata e debilitata27.

Lorizzonte rivelativo lungi quindi dallescludere quello adeguativo lo include e lo potenzia, sicch la verit come revelatio comprende ed esige la verit come adaequatio come sua condizione di possibilit e di capacit di attingere la cosa stessa e non semplicemente il suo manifestarsi. Risulta programmatico e decisivo quel passaggio dellenciclica nel quale, dopo aver messo in guardia dalladozione di un pensiero meramente fenomenista e quindi relativista, viene affidato agli intellettuali cattolici un compito tanto arduo quanto affascinante e comunque imprescindibile: quello di percorrere senza cedimenti il travagliato, ma non impossibile cammino, che dal fenomeno conduce al fondamento, dal significato al senso, dalla serie dei come a quella dei perch: Una grande sfida che ci aspetta al termine di questo millennio quella di saper compiere il passaggio, tanto necessario quanto urgente, dal fenomeno al fondamento. Non possibile fermarsi alla sola esperienza; anche quando questa esprime e rende manifesta l'interiorit dell'uomo e la sua spiritualit, necessario che la riflessione speculativa raggiunga la sostanza spirituale e il fondamento che la sorregge. Un pensiero filosofico che rifiutasse ogni apertura metafisica, pertanto, sarebbe radicalmente inadeguato a svolgere una funzione mediatrice nella comprensione della Rivelazione28.

Il termine metafisica cui lenciclica fa riferimento in diversi cruciali passaggi, ha fatto sobbalzare la saccenteria di non pochi filosofi nostrani, che ritenevano ormai archiviata non solo la parola, ma anche ci che essa esprime. Anche qualche teologo ha ritenuto di dover intravvedere nelle
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FeR 82.

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scelte di fondo della Fides et Ratio ladozione di categorie obsolete ed inadeguate ad esprimere in termini oggi accettabili il rapporto fede/ragione. Certo limpostazione di fondo del documento si pone in continuit con le scelte operate dal Magistero ecclesiale nella modernit compiuta ed in questo senso il riferimento al pensiero del grande Tommaso dAquino determinante. Ci preme tuttavia far rilevare, in primo luogo, come latteggiamento verso la modernit, che pure viene ampiamente descritta nella prospettiva della lacerazione fra sapere e credere, che in essa si prodotta, non sia solo quello negativo del rifiuto e della critica radicale, in quanto ad una attenta osservazione, anche nella riflessione filosofica di coloro che contribuirono ad allargare la distanza tra fede e ragione si manifestano talvolta germi preziosi di pensiero, che, se approfonditi e sviluppati con rettitudine di mente e di cuore, possono far scoprire il cammino della verit. Questi germi di pensiero si trovano, ad esempio, nelle approfondite analisi sulla percezione e l'esperienza, sull'immaginario e l'inconscio, sulla personalit e l'intersoggettivit, sulla libert ed i valori, sul tempo e la storia. Anche il tema della morte pu diventare severo richiamo, per ogni pensatore, a ricercare dentro di s il senso autentico della propria esistenza. Questo tuttavia non toglie che l'attuale rapporto tra fede e ragione richieda un attento sforzo di discernimento, perch sia la ragione che la fede si sono impoverite e sono divenute deboli l'una di fronte all'altra29.

In secondo luogo, e a proposito del pensiero di Tommaso, non ci sembra irrilevante come esso venga proposto in prima istanza come un modello di rapporto davvero dialogico con orizzonti e prospettive culturali e religiose diverse: Un posto tutto particolare scrive il Papa - in questo lungo cammino spetta a san Tommaso, non solo per il contenuto della sua dottrina, ma anche per il rapporto dialogico che egli seppe instaurare con il pensiero arabo ed ebreo del suo tempo. In un'epoca in cui i pensatori cristiani riscoprivano i tesori della filosofia antica, e pi direttamente aristotelica, egli ebbe il grande merito di porre in primo piano l'armonia che intercorre tra la ragione e la fede. La luce della ragione e quella della fede provengono entrambe da Dio, egli argomentava; perci non possono contraddirsi tra loro30.

Inoltre nel richiamo alla metafisica e allontologia, che un autentico percorso speculativo esige e di cui unadeguata intelligenza della fede ha bisogno, lenciclica, mentre ribadisce la necessit del ricorso alla filosofia dellessere, invita anche a evitare di cadere in sterili ripetizioni di schemi antiquati31, in quanto, allorch cristianamente intesa ed indagata, essa mostra un profondo carattere dinamico, ispirandosi non ad una nozione sostanzialistica dellessere stesso, ma allatto dessere (= actus essendi), come unautentica interpretazione del pensiero di Tommaso impone.

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FeR 83. FeR 48. 30 FeR 44, sottolineatura mia. 31 FeR 97.

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Infine nellindicare correttamente il cammino percorso dalla filosofia cattolica nella modernit compiuta, dopo aver indicato il ruolo fondamentale della rinascita del tomismo, lenciclica enumera una serie di percorsi alternativi, ma altrettanto importanti, attraverso i quali si espresso il fecondo rapporto tra fede e ragione: Il rinnovamento tomista e neotomista, comunque, non stato l'unico segno di ripresa del pensiero filosofico nella cultura di ispirazione cristiana. Gi prima, e in parallelo con l'invito leoniano, erano emersi non pochi filosofi cattolici che, ricollegandosi a correnti di pensiero pi recenti, secondo una propria metodologia, avevano prodotto opere filosofiche di grande influsso e di valore durevole. Ci fu chi organizz sintesi di cos alto profilo che nulla hanno da invidiare ai grandi sistemi dell'idealismo; chi, inoltre, pose le basi epistemologiche per una nuova trattazione della fede alla luce di una rinnovata comprensione della coscienza morale; chi, ancora, produsse una filosofia che, partendo dall'analisi dell'immanenza, apriva il cammino verso il trascendente; e chi, infine, tent di coniugare le esigenze della fede nell'orizzonte della metodologia fenomenologica. Da diverse prospettive, insomma, si continuato a produrre forme di speculazione filosofica che hanno inteso mantenere viva la grande tradizione del pensiero cristiano nell'unit di fede e ragione32.

Non difficile scorgere le figure di Rosmini, Blondel, la Stein dentro questa rapida ma efficace carrellata di prospettive. Lapertura di questa pagine risulta ancor pi incisiva, se letta alla luce di unaffermazione importante, posta in apertura del cap. V della Fides et ratio, dove sembra riecheggiare il detto di Blondel concernente lo stato che deve caratterizzare un autentico rapporto tra teologia e filosofia, a proposito della quale il filosofo rivendica una radicale libert: Non libera nisi adjutrix, non adjutrix nisi libera: La Chiesa non propone una propria filosofia n canonizza una qualsiasi filosofia particolare a scapito di altre. La ragione profonda di questa riservatezza sta nel fatto che la filosofia, anche quando entra in rapporto con la teologia, deve procedere secondo i suoi metodi e le sue regole; non vi sarebbe altrimenti garanzia che essa rimanga orientata verso la verit e ad essa tenda con un processo razionalmente controllabile. Di poco aiuto sarebbe una filosofia che non procedesse alla luce della ragione secondo propri principi e specifiche metodologie. In fondo, la radice della autonomia di cui gode la filosofia da individuare nel fatto che la ragione per sua natura orientata alla verit ed inoltre in se stessa fornita dei mezzi necessari per raggiungerla. Una filosofia consapevole di questo suo statuto costitutivo non pu non rispettare anche le esigenze e le evidenze proprie della verit rivelata33.

Le tre vie di accesso al mistero

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FeR 59.

FeR 49.

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Vorremmo indicare, ora, tre vie attraverso le quali questuomo contemporaneo, post-moderno, complesso e frastornato, pu accedere al mistero del Dio di Ges Cristo. A partire proprio dalle esigenze della cultura contemporanea le chiamiamo: via dellinteriorit, via della alterit, via della gratuit.

La via dellinteriorit

Il primo elemento che emerge, lelemento dellinteriorit. Sappiamo quanto sia sensibile luomo contemporaneo al messaggio che proviene dalla spiritualit, dalla mistica, come modalit attraverso cui incontrare se stesso. Al di l delle fuorvianti appropriazioni neo-gnostiche riteniamo, tuttavia, che la via dellinteriorit sia da sempre indicata come una delle vie attraverso le quali questo incontro tra noi e il Dio di Ges Cristo si pu realizzare. Molto intelligentemente Fides et ratio pur aprendosi con il riferimento al gntis seaton34, scolpito sullarchitrave del tempio di Delfi, prende le distanze da interpretazioni neo-pagane dandone una corretta interpretazione al numero 15 col tema sopra sviscerato della rivelazione come stella di orientamento. Facciamo eco al Noli foras ire, in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas35 agostiniano analizzando la lezione di un filosofo poco conosciuto, che ci sembra esprimere - in termini spesso radicali e difficilmente condivisibili - la tendenza del pensiero contemporaneo a tematizzare linteriorit come luogo in cui attingere la salvezza. Riteniamo che la proposta di un filosofo unilateralmente dedito alla elucidazione dellimmanenza come fondamento di ogni manifestazione dellessere, possa in qualche modo offrire un apporto decisivo, anche se non esclusivo, al nostro interrogarci sulle attese di salvezza presenti nel pensiero contemporaneo. Unavvertenza preliminare risulta tuttavia necessaria a guidare una corretta comprensione dei contenuti fondamentali di questa filosofia dellimmanenza, o se si preferisce della interiorit, la quale non si svolge assolutamente nei termini dellimmanentismo materialista, ma al contrario fa propria la concezione opposta dello spiritualismo, che impregna tutta la realt anche nei suoi aspetti pi materiali ed esteriori. Parafrasando e capovolgendo un famoso verso di Peguy, possiamo dire che assistiamo in questo caso alla presa di coscienza del carnale, che esso stesso spirituale36, e che quindi trova il suo fondamento ed il suo fine nella realt intima ed invisibile.

FeR 1. AGOSTINO, Le Confessioni (a cura di C. CARENA), Roma 1965, III, 6. Cf anche le Esposizioni sui Salmi, 74,9; FeR 15. 36 I versi di Charles Peguy suonano: Car le surnaturel est lui-mme charnel / Et larbre de la grace est racin profond / Et plonge dans le sol et cherche juasqu'au fond / Et l'arbre de la grace est lui-mme ternel / Et l'ternit mme est dans le temporel / Et l'arbre de la grace est racin profond / Et plonge dans le sol et touche jusqu'au fond /
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Ma, oltre che allimmanentismo materialista, la filosofia di Michel Henry37 si contrappone (senza tuttavia assumerne esplicitamente come interlocutori gli esponenti) allaffermazione della trascendenza radicale, di cui portatore il pensiero dispirazione ebraica, cos come si trova espresso nellopera di E. Levinas. Sicch se la pi importante opera del pensatore di Kaunas pu legittimamente sottotitolarsi Saggio sullesteriorit, nel caso del filosofo di Montpellier dobbiamo parlare di pensiero dellinteriorit38. Mentre la porta del santuario, nel finale de La Stella della Redenzione, si

Et le temps est lui-mme un temps intemporel (CH. PEGUY, ve, in ID., Oeuvres potiques compltes, Paris 1957, 1039s). 37 Data la scarsa frequentazione di questa filosofia, ne diamo una bibliografia di riferimento quasi completa, in modo da offrire materiali per l'ulteriore approfondimento di queste pagine: Opere filosofiche di M. HENRY: L'essence de la manifestation, Paris 1963, 2vv.; Philosophie et phnomnologie du corps. Essai sur l'ontologie biranienne, Paris 1965; Marx. I: Une philosophie de la ralit. II: Une philosophie de l'conomie, Paris 1976; Gnalogie de la psychanalys. Le commencement perdu, Paris 1985; La barbarie, Paris 1987; Voir l'invisible. Sur Kandinsky, Paris 1988; Phnomnologie matrielle, Paris 1990; C'est moi la vrit. Pour une philosophie du christianisme, Paris 1996. Articoli e saggi di carattere filosofico: Le bonheur chez Spinosa, in Revue d'Histoire de la Philosophie 39-40 (1944) 187-225; 41 (1946) 67-100; Le concept d'me a-t-il un sens?, in Revue philosophique de Louvain 64 (1966) 5-33; Introduction la pense de Marx, in Revue philosophique de Louvain 67 (1969) 241-266; Forces productives et subjectivit, le socialisme selon Marx, in Diogne 88 (1974) 95-118; Le concept d'tre comme production, in Revue philosophique de Louvain 73 (1975) 79-107; Phnomnologie de la conscience, Phnomnologie de la vie, in AA. VV., Sens et Existence. En hommage Paul Ricoeur, Paris 1975, 138-151; La mtamorphose de Daphn, in Les tudes philosophiques 32 (1977) 319-332; Qu'est que cela que nous appellons la vie?, in Philosophiques mai (1978) 133-150; La rationalit selon Marx, in AA. VV., Rationality today, Ottawa 1979, 116-135; Thodice dans la perspective d'une phnomnologie radicale, in Archivio di filosofia 56 (1988) 383-393; Acheminement vers la question de Dieu: preuve de l'tre ou prouve de la vie, in Archivio di filosofia 58 (1990) 521-531; La parole de Dieu: un approche phnomnologique, in Archivio di filosofia 60 (1992) 157-163; Qu'est-ce qu'une Rvlation?, in Archivio di filosofia 62 (1994) 51-57. Romanzi: Le jeune officier, Paris 1954; L'amour le yeux ferms, Paris 1976; Le Fils du Roi, Paris 1981 (tutti editi da Gallimard). Studi su Michel Henry: J. COLETTE, L'essence de la manifestation, in Revue des sciences philosophiques et thologiques 51 (1967) 39-52; P. D. DOGNIN, Le Marx de Michel Henry, in Revue thomiste 4 (1977) 610-624; A. DOMINGUEZ, Une phnomnologie de l'intriorit. La philosophie de Michel Henry. Tesi dottorale difesa nel 1968 presso l'Universit Cattolica di Lovanio (non pubblicata); ID., Michel Henry, un filosofo de la immanencia, in Pensamiento 34 (1978) 145-176; G. DUFOUR-KOWALSKA, Michel Henry lecteur de Matre Eckhart, in Archives de philosophie 36 (1973) 603-624; ID., Marx ou l'anti-marxisme, in Contrepoint 22-23 (1976) 247-249; ID., Michel Henry au miroir de Marx, in Critique 360 (1977) 489-504; ID., Un concept de la dialectique, in Revue de thologie et de philosophie 4 (1977) 296-306; ID., Le Marx de Michel Henry et la question de l'idologie, in Archives de philosophie 41 (1978) 641-657; ID., Michel Henry, un philosophe de la vie et de la praxis, Paris 1980; J. LACROIX, Un philosophe du sentiment: Michel Henry, in ID., Panorama de la philosophie franaise contemporaine, Paris 1966, 164-170; G. LORIZIO, La parousia dell'Assoluto nel pensiero di Michel Henry, in ID.(ed.), Morte e sopravvivenza, Roma 1995, 73-106; J. L. PETIT, Autour du Marx de Michel Henry, I: Marx et l'ontologie de la praxis, in Revue de Mtaphysique et de Morale 82 (1977) 365-385; J. RACETTE, La philosophie du corps de Michel Henry, in Dialogue 7 (1968-9) 391-409; J. TEXTIER, Autour du Marx de Michel Henry, II: Marx est-il marxiste?, in Revue de Mtaphysique et de Morale 82 (1977) 386-409; X. TILLIETTE, La rvlation de l'essence. Notes sur la philosophie de Michel Henry, in AA. VV., Manifestation et Rvlation, cit., 207-236; ID., Michel Henry: L'amour les yeux ferms, in Revue des Deux-Mondes, vol. I (1977) 505-508; ID., Corpo oggettivo, corpo soggettivo, in AA. VV., Il corpo, perch? Saggi sulla struttura corporea della persona, Brescia 1979, 53-65; ID., Une nouvelle monadologie: la philosophie de Michel Henry, in Gregorianum 61 (1980) 633-651; ID., Michel Henry: la philosophie de la vie, in Philosophie 15 (1987) 3-20; G. VAN RIET, Une nouvelle ontologie phnomnologique. La philosophie de Michel Henry, in Revue philosophique de Louvain 64 (1966) 436-457. 38 Un breve, ma interessante saggio di Jacques Colette propone una serie di considerazioni molto pertinenti riguardo ad un possibile confronto tra i due filosofi, a partire dalla comune contrapposizione nei confronti del pensiero heideggeriano nella sua ripresa della prospettiva trascendentalista, che in un certo senso lo accomuna ad alcuni esiti

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schiude verso lesterno e verso la vita che fuori di esso di esprime, la fatica speculativa di Henry intraprende il cammino inverso che dallesteriorit porta allinterno del santuario della coscienza, cercando di raggiungere il luogo in cui lessenza stessa si manifesta nella sfera pi intima della soggettivit. Il punto di partenza del pensiero di Michel Henry va situato ben oltre gli esiti heideggeriani della filosofia trascendentalista. Come qualsiasi lettore avvertito potr facilmente notare, si tratta infatti della tematizzazione del nucleo centrale del pensiero moderno, la soggettivit, in unottica del tutto diversa da quella assunta dalle filosofie che questepoca ha prodotto. In questo senso Henry, in uno dei suoi lavori pi recenti, parla di cominciamento perduto39 della modernit, ma gi le prime righe de Lessence de la manifestation, riproponendo unosservazione heideggeriana40, rimandano al cogito come allimprescindibile riferimento costante di tutto il cammino da percorrere. La questione fondamentale quella dellapparire, ovvero della manifestazione dellessere, per cui il filosofo di Montpellier non teme di affermare il primato della fenomenologia sullontologia. Egli infatti si domanda: come, infatti, una qualunque cosa potrebbe essere per noi e cosa potremmo sapere noi a suo riguardo se essa non apparisse, se lapparire non avesse gi stabilito il suo regno? La validit del principio della fenomenologia dunque completa: tanto apparire, altrettanto essere41.

Lattenzione precipua alla tematica della manifestazione non deve tuttavia indurre a ritenere la strutturale visibilit dellessere, al contrario ci che si manifesta in primo luogo, ossia fondamentalmente, linvisibile, in quanto il contenuto stesso della rivelazione la vita, la quale nella sua invisibilit tuttaltro che un nulla fenomenologico: Ora, - scrive Michel Henry - non certamente lorizzonte di visibilit in cui consiste il mondo, e neppure tutto ci che in esso si d nella forma di fenomeno esterno o di oggetto. Ci che si rivela a noi prima di tutto la nostra propria vita, e ci avviene appunto fuori e indipendentemente da questo orizzonte di luce. La vita prova se stessa immediatamente, senza distanza, senza che si scavi al suo interno nessuno scarto che la separerebbe da s, senza che nessuno sguardo possa mai penetrare in lei per scoprirla in un qualunque Di-fuori, nella forma di di fronte o di oggetto. La vita in s estranea al mondo, acosmica - e, se il mondo designa un orizzonte estatico di

della filosofia kantiana [Cf J. COLETTE, L'essence de la manifestation, in Revue des sciences philosophiques et thologiques 51 (1967) 39-52]. 39 lo stesso sottotitolo della Genealogia della Psicanalisi a contenere questa formula. 40 Henry riporta prima in tedesco, quindi in francese un'espressione di Essere e tempo, dove Heidegger afferma che Cartesio lascia indeterminato il modo di essere della res cogitans, il senso stesso dell'essere del sum. Il filosofo di Montpellier ritiene al contrario di doversi concentrare sull'essere dell'ego: je, moi, che costituir il tema della sua ricerca (cf M. HENRY, L'essence de la manifestation, cit., 1). 41 M. HENRY, Genealogia della Psicanalisi, trad. it. cit., 9.

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visibilit, essa invisibile. Nessuno ha mai visto la vita n la vedr mai. Chi mai ha visto la propria pena, la propria angoscia, il proprio amore? Chi mai ha visto Dio?42.

Si tratta, come si pu facilmente constatare da questi brevi ma pregnanti testi, di una fenomenologia tutta particolare, che, proprio per restare fedele radicalmente alla nozione stessa di fenomeno, finisce col respingere quasi tutte le tesi della fenomenologia classica da Husserl ad Heidegger, da Scheler a Merleau Ponty43. Levento originario (Ur-faktum) consiste dunque nella manifestazione e nel suo darsi come vita, il fondamento di ogni possibile fenomeno sta dunque nella rivelazione patetica e inestatica della vita44. Ma, nonostante le suddette distanze, lappello della fenomenologia del XX secolo ad andare alle cose stesse (zu den Sachen selbst!) viene assunto decisamente e radicalmente dal filosofo di Montpellier. E qui la cosa stessa appunto la vita, che si manifesta nella sua nudit e nella sua immediatezza. In rapporto alla realt propria di Dio noi non sappiamo nulla se non nella misura in cui Egli stesso si rivela. Nel tentativo di risposta alla domanda: come Dio si manifesta a noi? vengono quindi a coincidere la questione fondamentale della fenomenologia e quella della teologia, per cui, nella prospettiva di Henry, la teologia non possibile se non in rapporto alla rivelazione ossia se non in quanto fenomenologia. Muovendosi in questa direzione Michel Henry ritiene che si debba reinventare e quindi riscrivere una filosofia del linguaggio in generale, riscattando la parola da ogni residuo di visibilit, quindi da ogni permanenza ellenica ed occidentale, nel senso suddetto. Pertanto ogni Parola si costituisce come parola della vita, la quale manifesta la stessa vita nellautorivelazione patetica della soggettivit assoluta che il Dire. La Verit e la Via non possono quindi che condurre alla Vita: Ogni Parola la parola della vita. Ci che si mostra in questa Parola, ci che si rende manifesto, la stessa vita, lautorivelazione patetica della soggettivit assoluta che il Dire. Ci che essa dice, essa stessa, la determinazione patetica di cui ogni forma della vita lautorivelazione. Ci di cui parla, di essa stessa, di questa determinazione che essa stessa. Essa non dice quello che dice a partire da altra cosa di cui parla, essa parla a partire da se stessa. Ecco dunque cosa significa Parola della Vita: far vedere mostrando in ci che dice ci di cui parla. Far vedere: rivelare, nellauto-rivelazione patetica della vita, nella modalit in cui tutte le cose si presentano in noi, prima di ogni vedere concepibile, fuori di ogni mondo possibile. In quello che essa dice: nella sua carne sofferente. Ci di cui essa parla: questa propria carne. Cos della sofferenza, del dolore, chiaro a se stessa in quanto oscuro, ossia rivelato a lei stessa nella sua affettivit e tramite essa, in quanto dolore. Il linguaggio il linguaggio della vita reale.[...] lessenza originaria della Verit la Vita e il logos non altro che vita. Il Verbo che viene in questo mondo non il logo greco, la venuta nel mondo essa stessa in quanto tale. Ci che viene nel mondo piuttosto si sottrae, la vita

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Ib. Cf Ib., 7. 44 Cf Ib., 11.

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nascosta. [...] Questa vittoria contro se stessa nellimplosione invincibile del suo pathos che vive lArci-rivelazione e, in questo modo, la Via che conduce fino ad essa - La Verit e la Via indissolubilmente congiunte45.

Alla luce di queste suggestive espressioni, Henry ripensa il metodo fenomenologico liberandolo dalla comprensione greca del logos, fondata sulla verit della percezione, che attraverso il Medioevo giunge alla modernit ed alla fenomenologia contemporanea. Lidentit ultima del logos e del fenomeno non potr infatti essere pensata in termini formali, perci solo quella che Henry definisce una fenomenologia materiale sar in grado di riconoscere nella materialit fenomenologica della pura fenomenalit, nella modalit del suo effettuarsi fenomenologico, la maniera in cui essa manifesta: la natura stessa del suo Dire e cos lessenza dello stesso logos. Sar dunque la Parola della Vita, che pronunciando lInvisibile lo riveler nella stessa essenza della Vita. Nellultimo libro di M. Henry Cest moi la vrit. Pour une philosophie du christianisme si tratta della verit nel cristianesimo. Non intende risolvere la questione se il Cristianesimo sia vero o falso, ma semplicemente mostrare la particolare forma di verit di cui Cristo portatore. Si tratta di un libro difficile e certo non in tutto condivisibile. Richiamiamo solamente un passaggio, in cui Henry si interroga sulla salvezza che il Cristianesimo propone in termini di seconda o nuova nascita (o rinascita) delluomo, in quanto figlio di Dio. La contrapposizione fra la verit del mondo (in particolare quello moderno) e la Verit della vita risulta radicale e frontale, ed appunto tale profondo contrasto che consente di scoprire Ges come il Cristo.

La via dellalterit

La seconda via, dellalterit, si situa proprio nel carattere trascendente dalla rivelazione. La rivelazione ci data come manifestazione del totalmente altro che irrompe nella storia. Non la risposta alle nostre domande, ai nostri quesiti; non neppure il messaggio che viene perch ci siamo attrezzati a riceverlo; quandanche avessimo assunto tutti gli accorgimenti possibili, atti a disporci a ricevere lautomanifestazione di Dio in Cristo, Dio, resta libero di manifestarsi o non manifestarsi. Di fatto si manifestato, e si manifestato irrompendo nella storia, quindi proponendosi a noi come il totalmente altro. Un primo luogo, cui ci sembra di dover prestare la nostra attenzione e nel quale si manifesta una forma di attesa di salvezza nella filosofia recente, pu essere individuato nellattenzione, molto viva nel dibattito attuale, verso il pensiero ebraico ed alcune sue figure rappresentative. merito del pensiero di ispirazione biblica, ebraico e cristiano, aver offerto una riflessione profonda

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M. HENRY, Phnomnologie matrielle, cit., 131-133.

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sullintersoggettivit e la reciprocit, tale da escludere ogni ritorno allegoit e rendere possibile un autentico atteggiamento di accoglienza della(A)altro46. Se lesserci heideggeriano continua a muoversi in un orizzonte fondamentalmente soggettivistico, da cui non riescono a sottrarlo neppure le suggestive pagine, poetiche e filosofiche insieme, prodotte dalla cosiddetta Kehre, non cos in autori come Buber47 e Levinas, che si situano nellorizzonte neo-ebraico, e come Gabriel Marcel48, che elabora una filosofia dellesistenza di chiara ispirazione cristiana. Ci soffermeremo soprattutto sul pensiero levinasiano49, che si situa esattamente agli antipodi di ogni concezione soggettivistica, elaborando una eterologia, ricca di spunti per una filosofia dellaccoglienza. Il punto di vista di questo autore complesso e insieme affascinante quello delletica, il cui primato sullontologia risulta chiaramente affermato in ogni pagina sia delle sue opere pi propriamente filosofiche che di quelle comunemente definite confessionali. La Torah e il Talmud sono le fonti inesauribili di questo pensiero, che merita tutta la nostra attenzione anche perch assume come prospettiva privilegiata quella della(A)ltro. Si tratta di capovolgere tutto litinerario della filosofia occidentale, che dalla Ionia a Iena (Rosenzweig)50 non sa pensare se non in termini di soggettivit. Il nichilismo, pratico e speculativo, che sembra sempre pi caratterizzare la post-modernit, non solo filosofica, frutto di questa direzione impressa al pensiero che non sa pensare altrimenti e alluomo che non sa essere altrimenti, dove lavverbio significa semplicemente dal punto di vista altrui, assumendo laltro come punto prospettico del nostro fare e del nostro dire. Lespressione mettersi nei panni dellaltro non qui soltanto metaforica. La(Altro) infatti irrompe nella mia esistenza provocando la mia responsabilit ed esigendo risposte che giungono alla denucleazione dellio, al proiettarlo fuori di s, appunto nellaltro, il cui volto mi interpella scardinando tutte le mie pre-comprensioni intenzionali. Lesperienza del lager costituisce lorizzonte storico ed esistenziale entro cui questo pensiero si situa. In questo senso lebreo coscienza critica della nostra civilt occidentale e della nostra Europa, sicch Levinas dedica una delle sue opere principali, significativamente intitolata Altrimenti che essere o al di l dellessenza,

Per ulteriori approfondimenti cf X. TILLIETTE, Dall'uno all'altro. Solitudine e intersoggettivit, in ID., Il Cristo dei non credenti e altri saggi di filosofia cristiana, a cura di G. LORIZIO, Roma 1994, 143-172. 47 Cf M. BUBER, Il principio dialogico, Milano 1959. 48 Cf G. MARCEL, Giornale metafisico, Roma 1966; ID., Il mistero dell'essere, Torino 1970. 49 Ricordiamo le opere fondamentali: E. LEVINAS, De l'existence l'existant, Paris 1947 (trad. it. di F. SOSSI, Casale Monferrato 1986); ID., Totalit et Infini. Essai sur l'extriorit, L'Aia 1961 (trad. it. di A. DELL'ASTA, Milano 1980); ID., Autrement qu'tre ou au-del de l'essence, L'Aia 1978 (trad. it. di S. PETROSINO-M. T. AIELLO, Milano 1983); ID., De Dieu qui vient l'ide, Paris 1982 (trad. it. a cura di S. PETROSINO), Milano 1983; ID., Dio la morte e il tempo (a cura di S. PETROSINO), Milano 1996. La bibliografia levinasiana stata compilata da R. BURGGRAEVE ed apparsa in Salesianum 39 (1977) 633-692 e 44 (1982) 459-478. Un'opera complessiva molto utile come introduzione al pensiero di Levinas : G. MURA, Emmanuel Levinas: ermeneutica e separazione, Roma 1982. 50 SR, 12.

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alla memoria degli esseri pi vicini tra i sei milioni di assassinati dai nazionalsocialisti, accanto ai milioni e milioni di uomini di ogni confessione e di ogni nazione, vittime dello stesso odio dellaltro uomo, dello stesso antisemitismo51.

Il razzismo antisemita dunque il paradigma di ogni pensiero egocentrico, che costituendosi in sistema, non si fa scrupolo di sopprimere il diverso o di soggiogarlo. A condizione di pensare altrimenti possibile il vero esodo del soggetto, che non percorre pi litinerario di Ulisse, il quale al termine del lungo viaggio si ritrova nella sua stessa casa, allo stesso punto di partenza, bens il cammino di Abramo, che esce dalla propria terra affidandosi completamente allAltro che lo conduce non pi presso il s52, ma nel luogo che gli ha preparato. Letica non scritta su tavole morte, e tanto meno in trattati teorici, essa rivelata nel volto dellaltro, che la traccia dellAltro o dellInfinito. In particolare lo sprovveduto, il povero, lo straniero, il diverso, la vittima portano impresso nel loro sguardo il comandamento originario: Tu non mi ucciderai!, che non va inteso soltanto nel senso della soppressione fisica opera del carnefice, bens di ogni atteggiamento che porta allaffermazione di noi stessi, prevaricando sugli altri e non mettendoci al loro servizio. La(A)ltro misura di tutte le cose. Pertanto non sar autenticamente accogliente latteggiamento di chi esercita lospitalit solo verso persone in grado di ricambiare il suo gesto, magari offrendo semplicemente una presenza gratificante. La sua irruzione nella mia vita viene piuttosto a destabilizzare il mio ego ed in quanto tale questo incontro porta lesperienza della pura trascendenza, non riconducibile ad alcuna attesa previa. In questo senso Levinas invita a rompere con una concezione dellamore, inteso platonicamente come nel mito riportato nel Convivio, dove leros non fa che ricongiungere due met originariamente appartenenti allo stesso essere, allo stesso androgino primordiale. Se cos fosse, lamore sarebbe semplicemente il nome di una forma di egoismo, perch in esso luomo in fondo cerca e trova se stesso e non la(A)ltro nella esteriorit del suo essere diverso. La bont e quindi lamore consistono nellandare l dove non lha preceduta nessun pensiero illuminante - cio panoramico -, nellandare senza sapere dove. Avventura assoluta in unimprudenza primordiale, la bont proprio la trascendenza. La trascendenza trascendenza di un io. Solo un io pu rispondere allingiunzione di un volto53.

Lio cos pensato viene da Levinas interpretato come ostaggio nelle mani della(A)altro. io, vale a dire eccomi per gli altri, che perde radicalmente il suo posto - o il suo riparo nellessere - che entra

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E. LEVINAS, Altrimenti che essere o aldil dell'essenza, a cura di S. PETROSINO, Milano 1983, V. Per un approfondimento di questa tematica cf P. RICOEUR, S come un altro (a cura di D. IANNOTTA), Milano 1993. 53 E. LEVINAS, Totalit e Infinito, cit., 313.

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nellubiquit che anche unutopia54. Il Re mendicante che bussa alla porta della mia soggettivit esige lospitalit, che non consiste solo nellassunzione di un atteggiamento di buona educazione o di elemosina. Laltro come lo straniero lospite, verso il quale sono tenuto a esercitare il primo dovere etico: lospitalit. La sua condizione di apolide, di senza patria, che lo fa straniero in ogni Paese qualunque esso sia, universalizza lesigenza dellaccoglienza55. Levinas riprende lospitalit esercitata da Abramo verso i tre misteriosi visitatori. La traccia degli dei fuggiti, che Heidegger scorgeva nella poesia56, diviene, nel pensiero levinasiano, traccia del totalmente Altro, presente nel volto dellaltro, che rende manifesta la Trascendenza, rivelando la Torah. La presenza dellAltro nel volto dellaltro da ritenersi nel senso di una luce riflessa, obliqua, unesperienza che richiama quella dei posteriora Dei, nel famoso brano dellEsodo, che pure Cohen aveva commentato57: LAltro come traccia. Non la traccia che lascia limpronta delle dita, dei passi, ma la traccia che lui stesso o che siscrive nel volto. Essenzialmente fuggitiva e traccia cancellata, come una traccia che si cercato di confondere, e che non pi che la rovina duna traccia, illeggibile e indelebile. conforme alla natura della traccia che essa sia allusiva e nascosta [...]58.

Il tema della traccia rimanda a quello della gloria. A questo proposito Levinas richiama il nascondersi di Adamo nelleden, nel tentativo di sottrarsi a Dio che lo cerca: La gloria si glorifica attraverso luscita del soggetto fuori dagli angoli bui del quanto a s che offrono - come i cespugli del paradiso in cui si nascondeva Adamo mentre udiva la voce dellEterno Dio percorrendo il giardino dal lato in cui sorge il sole - una scappatoia alla convocazione in cui si mette in moto la posizione dellIo allinizio e la possibilit stessa della origine59.

Ma di fronte alla(A)altro che mi interpella, la soggettivit del mio io, priva di vie duscita che le consentano in qualche modo di imboscarsi: laccoglienza della(A)ltro dunque la prima responsabilit etica, il primo dovere, non estrinsecamente inteso come obbedienza ad una legge convenzionale, bens inscritto nella stessa traccia che la(Altro) porta sul proprio volto. Se le spalle che Dio mostra a Mos, si possono interpretare come la stessa Torah, che Dio ha donato e continua a

ID., Altrimenti che essere, cit., 228. X. TILLIETTE, Il discorso lancinante di Emmanuel Levinas, cit., I, 21s. 56 Cf M. HEIDEGGER, Sentieri interrotti, cit., 247ss. 57 Cf H. COHEN, Religione della ragione dalle fonti dell'ebraismo, Cinsiello Balsamo 1994, 158. Abbiamo presentato questo testo classico del pensiero neo-ebraico in G. LORIZIO, Ragione e Rivelazione tra Ebraismo e Modernit, in Rassegna di teologia 36 (1995) 97-105. 58 X. TILLIETTE, cit., 25s. 59 E. LEVINAS, Altrimenti che essere..., cit., 181-182.
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donare al suo popolo, allora il primo comandamento e la sua attuazione nella nostra vita, altro non che lespressione della gloria di Dio che ci concessa, mentre abitiamo la contingenza della storia. Come il rapporto con lAltro trascendente, cos quello con gli altri, risulta sempre a-simmetrico e mai paritario: non vi reciprocit tra la mia solitudine radicale e lirruzione dellaltro, che sconvolge la mia esistenza soggettiva. Questi, nella prospettiva levinasiana, ha sempre e comunque il primato, il suo punto di vista, la sua cultura, il suo orizzonte, per quanto immensamente distanti dai miei, richiedono comunque un atteggiamento di profonda e radicale accoglienza. Lapertura della soggettivit non costituisce dunque una sorta di hobby, cui dedicare magari il proprio tempo libero e quanto rimane delle proprie energie dopo una giornata o una settimana di duro lavoro. Essa dovr al contrario costituire una dimensione originaria della nostra esistenza autenticamente intesa: ne va infatti della nostra apertura allAltro, che viene a redimere la nostra vita: ne va cio della stessa redenzione. Lispirazione ebraica di questo pensiero - come di quello di Rosenzweig, - resta radicalmente fedele allunica alleanza, che per questi autori quella che per noi lantica. Onde evitare lerrore di facili trasposizioni in chiave cristiana, sar bene richiamare un passaggio della Stella della redenzione, nel quale il Cristianesimo chiamato a svolgere un ruolo missionario nei confronti dellebraismo. Sono parole dure, che non possiamo tralasciare in nome di un dialogo, che altrimenti rischierebbe di diventare irenico: [...] in questo frattempo il mondo intero si riempito dellidea messianica e delle parole della dottrina e dei comandamenti; quellidea e queste parole si sono diffuse fino ad isole lontane e tra molti popoli di cuore incirconciso e di carne incirconcisa; ora tutti i affaticano sulle parole della Torah e con il problema della loro validit; e gli uni sostengono che quei nostri precetti sono certo veri, ma non sono pi in vigore, mentre altri sostengono che vi sono nascosti dei misteri e che nulla vi deve essere inteso secondo il semplice senso letterale, che un giorno il Messia venuto ed ha svelato il mistero. Ma solo quando verr infine il vero Messia e questo gli riuscir e sar elevato e sublime, allora tutti costoro faranno ritorno a casa e riconosceranno che ci era frutto di illusione60.

Interessante il recupero della tematica del dialogo e del rapporto in orizzontale che possiamo derivare dalla lettura di questi testi. Corrobora la nostra convinzione il significativo richiamo che fa il Papa al n. 3361 della Fides et Ratio, quando parla della necessit di impostare la ricerca della verit a partire da un atteggiamento dialogico, cio di apertura allalterit.

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SR, 359. L'uomo, per natura, ricerca la verit. Questa ricerca non destinata solo alla conquista di verit parziali, fattuali o scientifiche; egli non cerca soltanto il vero bene per ognuna delle sue decisioni. La sua ricerca tende verso una verit ulteriore che sia in grado di spiegare il senso della vita; perci una ricerca che non pu trovare esito se non nell'assoluto.(28) Grazie alle capacit insite nel pensiero, l'uomo in grado di incontrare e riconoscere una simile verit. In quanto vitale ed essenziale per la sua esistenza, tale verit viene raggiunta non solo per via razionale, ma anche mediante l'abbandono fiducioso ad altre persone, che possono garantire la

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Anche la ragione ha bisogno di essere sostenuta nella sua ricerca da un dialogo fiducioso, da unamicizia sincera. Il sospetto e la diffidenza, che a volte circonda la ricerca speculativa, per cui i filosofi e i teologi, come i capponi di Renzo, sanno solo litigare, vivendo in una situazione molto precaria entrambi, dimentica linsegnamento di filosofi antichi, i quali ponevano lamicizia come uno dei contesti pi adeguati per il retto filosofare.

La via della gratuit. Fenomenologia del dono e metafisica della carit


Indichiamo lultima direzione, nella via del dono e della gratuit, dove interviene lorizzonte sapienziale, che proprio dellEnciclica e che si respira quasi ad ogni pagina del testo della Fides et Ratio, e al quale dedica anche una trattazione specifica, quando parla della sapienza. Questa sapienza un dono che viene dallalto. interessante come proponga Tommaso come modello di colui che sa far maturare la scienza in sapienza; gli sforzi umani di ricerca della verit risultano alla fine vani, se non gratuitamente ci donata la verit. Il mondo e la cultura contemporanea riverberano particolarmente il tema della gratuit Situiamo la riflessione su un piano volutamente, anche se non esclusivamente,metafisico, nei termini di una ripresa filosofica della tematica della carit62. Ci che rimane non pensato nellattuale areopago filosofico - a detta di Jean-Luc Marion63, lultima figura che chiameremo in causa in questo nostro breve viaggio - lagape. Se, infatti, il pensiero ebraico e la coscienza dellolocausto ci pone al riparo da ogni possibile idolatria sistematica, esso - almeno nella sua espressione levinasiana - non sembra

certezza e l'autenticit della verit stessa. La capacit e la scelta di affidare se stessi e la propria vita a un'altra persona costituiscono certamente uno degli atti antropologicamente pi significativi ed espressivi. Non si dimentichi che anche la ragione ha bisogno di essere sostenuta nella sua ricerca da un dialogo fiducioso e da un'amicizia sincera. Il clima di sospetto e di diffidenza, che a volte circonda la ricerca speculativa, dimentica l'insegnamento dei filosofi antichi, i quali ponevano l'amicizia come uno dei contesti pi adeguati per il retto filosofare. 62 Interessante la posizione di Marion circa la metafisica, lucidamente espressa in una recente conferenza romana: la metafisica si costituisce come scienza unificata soltanto dal momento in cui il concetto determina lente e lo porta su se stesso. Ma questa realizzazione impedisce tanto laccesso allente in s, quanto allessere che si sottrae alla rappresentazione. Da ci proviene il paradosso della modernit: finch la metafisica non ha n nome, n costituzione, affronta bene il suo ruolo ontico e ontologico, ma non appena un concetto di ente gli assicura un nome e un sistema, sottomette il suo ruolo ontico e ontologico allesigenza trascendentale. Da cui un altro paradosso: finch non c metafisica, la domanda metafisica resta aperta, per chiudersi non appena c una metafisica. In poche parole, la metafisica non si costituisce che perdendosi, e non si raggiunge che ignorando se stessa [J. L., MARION, La scienza sempre cercata e sempre mancante, 16. Relazione tenuta al Congresso Internazionale di Studi Rosminiani nel novembre 1998 (pro manuscripto)]. Chiss se questa retromarcia speculativa deriva dalla presa di coscienza del carattere non propriamente rigorosamente filosofiche dei primi scritti, oppure dallaccusa di fideismo che qualche critico ingeneroso gli ha rivolto, del resto anche la personalit dei filosofi resta misteriosamente irriducibile e fin troppo spesso indecifrabile. Tra i suoi lavori segnaliamo: J.-L. MARION, L'idole et la distance, Paris 1977 (trad. it. di A. DELL'ASTA), Milano 1979; ID., Dieu sans l'tre, Paris 1982 (trad. it. di A. DELL'ASTA), Milano 1984; ID., Prolgomnes la charit,
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immunizzarci adeguatamente dal rischio dellalienazione. A chi gli chiedeva se bisogna considerare epifania dellInfinito anche il volto del carnefice, il buon Levinas non poteva rispondere che col silenzio, impostogli dalla sua stessa visione etica. Oltre questo silenzio sbigottito e impotente, si pone la possibilit di declinare speculativamente la rivelazione in senso iconico ed agapico. la direzione entro cui si situa la filosofia di ispirazione cristiana64, di cui il pensiero di Marion si propone come espressione, significativa ed insieme problematica, nel nostro tempo. Le vicende della nozione di Dio nel pensiero del Novecento filosofico sembrano percorrere un triplice esodo o subire una triplice metamorfosi, ma si tratta di istanze che hanno caratterizzato lintero percorso della metafisica cristiana attraverso i secoli: in primo luogo si tratta di liberare il discorso su Dio dalle reti ousiologiche, ossia di pensare Dio al di l dellessenza (come diceva Levinas e suggerisce Marion), superando la metafisica sostanzialistica; in secondo luogo la nozione di Dio va liberata anche dallinclusione ontologica, per cui non si sa dire altro che Dio lessere, spesso entificandolo e cadendo nelle aporie di quella onto-teologia tanto deprecata da Heidegger65; infine si tratta di pensare Dio come amore agapico, inclusivo (e non esclusivo) sia dellorizzonte ousiologico che di quello ontologico.

Sicch, piuttosto che pensare Dio senza lessere, bisogna avere il coraggio di pensarlo oltre lessere, il che consente il superamento di ogni idolatria, anche speculativa. In questa prospettiva filosofica la differenza lascia cos il posto alla distanza e la sacralit neopagana chiamata a dissolversi

Vesoul 1986; ID., Filosofia e rivelazione, in Studia Patavina 36 (1989) 425-443; ID.,Esquisse d'un concept phnomnologique du don, in Archivio di filosofia 62 (1994) 75-94. 64 Sulla filosofia cristiana ci siamo espressi in pi occasioni, qui rimandiamo semplicemente ad alcune letture sull'argomento: AA. VV., Pour une philosophie chrtienne, Paris - Namur 1983; M. BLONDEL, Le problme de la philosophie catholique, Paris 1932; L. FOUCHER, La philosophie catholique en France au 19me sicle, Paris 1955; E. GILSON, L'Esprit de la philosophie mdivale, Paris 1932: (Le probleme de la phil. Chrtienne, 1-20; La notion de phil. Chrtienne, 21-44); ID., Christianisme et Philosophie, Paris 1949; ID., Le philosophe et la thologie, Paris 1960; L. LABERTHONNIRE, Essais de philosophie religieuse, Paris 1903; ID., Le ralisme chrtien et l'idalime grec, Paris 1904; A. LEONARD, Penses des hommes et foi en Jsus-Christ. Pour un discernement spirituel chrtien, Paris - Namur 1980; J. MARITAIN, De la philosophie chrtienne, Paris 1933; R. MEHL, La condition du philosophe chrtien, Neuchatel 1947; M. NDONCELLE, Existe-t-il une philosophie chrtienne?, Paris 1956; A. RENARD, La querelle sur la possibilit de la philosophie chrtienne, Paris 1941; P.THEVENAZ, La condition de la raison philosophique, Neuchatel 1960; C. TRESMONTANT, Les origines de la philosophie chrtienne, Paris 1962; R. VANCOURT, La phnomnologie et la foi, Tournai 1953; ID., Pense moderne et philosophie chrtienne, Paris 1957. Oltre alla monumentale: E. CORETH - W. M. NEIDL-G. PFLIGERSDORFFER (edd.), Christlische Philosophie im katholischen Denken des 19. und 20. Jahrunderts, Graz-Wie -Kln 1987, band 1: Neue Anstze im 19. Jahrhundert; 1988, band 2: Rckgriff auf scholastisches Erbe; 1990, band 3: Moderne Strmungen im 20. Jahrhundert. 65 Cf M. HEIDEGGER, Identitt und Differenz, Pfullingen 1957, in particolare il saggio Die onto-theo-logische Verfassung der Metaphysik.

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dinanzi alla kenosi. Il pensiero rivelativo recupera cos una dimensione iconica66, abbandonando lidolo e le sue pretese egemoniche. Ecco come Marion svolge la propria critica allidolatria filosofica, chiamando in gioco la rivelazione cristiana ed i suoi eventi fondamentali: [...] avanziamo una prima domanda: lIncarnazione e la Resurrezione del Cristo investono il destino ontologico o restano un avvenimento puramente ontico? E poi questaltra: unobiezione allindipendenza ontologica di Dio strettamente legata allanteriorit irrefutabile del soggiorno divino che dovrebbe accoglierlo; ma appunto, in che cosa pu dipendere Dio dal soggiorno che Gli prepara lumanit (in questa o quella figura della storia del mondo)? In realt, un idolo dipende interamente da questo presupposto, in quanto lo riflette, gli d un nome e vi trova il proprio volto. Ma lannuncio ebraico e la rivelazione cristiana mettono in gioco, sullo sfondo di una critica allidolatria di cui il pensiero moderno non ha ancora potuto fare a meno, una venuta del Dio fra i suoi che si attesta persino quando i suoi non lo ricevettero (Gv 1, 11). Lassenza del soggiorno divino pi che limitare o impedire la manifestazione, ne diventa invece la condizione - come distruzione di ogni idolo che abbia preceduto limpensabile - la caratteristica - Dio solo pu rivelarsi nel momento e nel luogo in cui nessun altro ente divino pu esistere - e persino il rischio pi grande - Dio si rivela spogliandosi della gloria divina67.

La rivelazione allora puro dono e questa sua caratteristica fondamentale ha valenza speculativa, ossia mette in gioco lo stesso pensiero, chiamato a regredire dalla metafisica, superando la differenza ontologica68, e preoccupandosi del darsi stesso dellamore originario ed originante: Solo la distanza pu dare allessere che la vanit divenga dono senza ragione, poich solo lei, che si abbandona in questi doni, sa riconoscere nella Gelassenheit unicona della carit69. La prospettiva sopra indicata di un dono che non ammette alcuna forma di scambio risulta qui rovesciata e contraddetta, in quanto si d una dimensione autentica della restituzione: [...] il dire Dx i o impone di ricevere il dono, e - poich il dono avviene solo nella distanza - di restituirlo. Restituire il dono, giocare in ridondanza la donazione impensabile qualcosa che non si dice, ma si fa. Alla fine dei conti, lamore non si dice, ma si fa. Solo allora pu rinascere il discorso, ma come un godimento, un giubilo, una lode70.

Il tema dellattesa si coniuga con la metafora dellin-crocio. Qui si tratta dellin-crocio dellEssere, al quale dedicata una lunga sezione del libro Dio senza essere, e la cui realizzazione viene riconosciuta come appartenente solo a Dio:

Una ripresa di questa prospettiva in chiave cristologica in: C. SCHNBORN, L'icona di Cristo. Fondamenti teologici, Cinisello Balsamo 1988; C. GRECO, Ges Cristo, icona del Dio invisibile, in ID., Cristologia e Antropologia. In dialogo con Marcello Bordoni, Roma 1994, 156-180. 67 J. L. MARION, L'idolo e la distanza, trad. it. cit., 218. 68 Ib., 236. 69 Ib., 249. 70 J. L. MARION, Dio senza essere, trad. it. cit., 135.

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In-crocio dellEssere: sino a questo punto non si intravvede chi possa realizzarlo se non Dxo. i E dunque, dato che solo Dxo i potrebbe realizzarlo e dato che, nel migliore dei casi, Dxo, i possiamo intravvederlo solo negli spazi di tempo intermittenti lasciati dalle nostre idolatrie, negli intervalli dei nostri giochi di specchi, sui margini dellabbagliamento solare nel quale culminano i nostri sguardi, evidente che questo in-crocio possiamo scorgerlo solo a momenti. Infatti ci che in-crocia lEssere, eventualmente, si chiama agape. Lagape sorpassa ogni conoscenza, con uniperbole che la definisce e, indissolubilmente, ne preclude laccesso. Lin-crocio dellEssere si gioca al nostro orizzonte, innanzitutto perch solo lEssere apre lo spazio nel quale appaiono gli enti; in secondo luogo perch lagape non ci appartiene di per s. Noi dipendiamo - in quanto enti - dal governo dellEssere. E non accediamo neppure in quanto peccatori allagape. Lin-crocio dellEssere, dunque, ci eccede e ci sfugge [...]71.

Dio senza essere, allora, ben lungi dal costituire una professione di ateismo, neppure metodologico, non significher che la spoliazione del divino e la sua inanizione. Marion - sulla scia di Blondel72 recupera la tematica eucaristica, inserendola nel suo discorso fenomenologico, che a questo assume sembianze teologiche: LEucaristia diventa cos il banco di prova di ogni sistematica teologica, perch, conglobando tutto, lancia al pensiero la sfida pi decisiva73. Il filosofo tenta di mettere in luce la dimensione rivelativa del mistero eucaristico, attraverso il concetto di presenza come dono, in un saggio fuori testo, che richiama (nel titolo soltanto) le riflessioni di Derrida, ma che pu essere letto come prezioso contrappunto alla tematica del dono senza presente, che caratterizza il commercio in cui esercita i propri calcoli la ragione economica: qui al contrario il dono al presente, in quanto realizza la presenza dellAltro nella storia e nella vita di ciascuno. Latteggiamento adorante di fronte al pane e al vino, consegnati per noi, realizza la presenza del Signore e vince ogni idolatria religiosa e speculativa: Solo nella preghiera diventa possibile una spiegazione, cio una lotta tra lumana incapacit di ricevere e linsistente umilt di Dio che non cessa di colmare. E se non sar sconfitto in questa lotta, il pensiero non riuscir mai a vincere speculativamente74.

Conclusione

Ib., 137. Cf a proposito di Blondel, M. ANTONELLI, L'Eucaristia nell' "Action" (1893) di Blondel. La chiave di volta di un'apologetica filosofica, Milano 1993; H. VERWEYEN, Maurice Blondels Philosphie der Offenbarung im Horizont postmodernen Denkens, in Archivio di filosofia 62 (1995) 423-437. 73 J. L. MARION, Dio senza essere, trad. it. cit., 193. Cf l'intero capitolo, intitolato Del sito eucaristico della teologia (ib., 169-189). 74 Ib.., 218-219.
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Concludiamo dando ancora spazio allarte, stavolta ci lasciamo suggestionare dalle pennellate scritte non pi sulle volte intonacate ma sulla carta bianca dei fogli di Jean Paul Richter. Il testo posto da Sedlmaier come appendice alla perdita del centro: In questo secolo si scatenato il diavolo, ma si scatenato anche lo Spirito Santo. Siamo, ahim, alle soglie di tempi duri, frane e slavine precipitano insieme. Verranno alcuni decenni in cui chimica, fisica, filosofia e politica si congiungeranno insieme per stracciare il velo di Iside dellapparenza anche televisiva, di quella silenziosa e alta figura di dea per la figura di Iside stessa. Siamo nel tempo, appunto, in cui domina lapparenza, in cui vige la legge del pi forte, non dal punto di vista dei muscoli, ma dal punto di vista dellimmagine, e allora in questepoca dobbiamo essere capaci di esercitare il discernimento, tenendo presente che il cuore umano si polverizza, ma non si polverizzer mai la meta di esso. Invece di migliorare lepoca, ciascuno lavori a migliorare se stesso. Ognuno seguiti a lavorare e a scavare in silenzio, con la lampada sulla fronte, nel buio del suo ripiano, nel pozzo della sua miniera, senza preoccuparsi delle acque che rumoreggiano intorno75.

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H SEDLMAYR, Perdita del centro, cit., 335-336.

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