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DIRETTIVE ATEX: MAGGIORE SICUREZZA NEGLI IMPIANTI CON

PRESENZA DI POLVERI CHE POSSONO ORIGINARE ATMOSFERE


POTENZIALMENTE ESPLOSIVE.
Dr. ing. Paolo Caselotti - Direttore Tecnico della Marelli Motori SpA

Sommario.
Appare cosa naturale e scontata emanare norme e provvedimenti volti all’attuazione d'interventi
che incrementino la sicurezza quando si vengono a trattare sostanze di per sé classificabili come
pericolose per le proprie caratteristiche, come nel caso dei gas infiammabili.
Da diversi decenni il campo delle apparecchiature elettriche destinate ad operare nelle
atmosfere potenzialmente esplosive per la presenza di gas è coperto da una normativa specifica
e da una consolidata attività di certificazione. I relativi aspetti sono quindi ormai assimilati dagli
operatori del settore.
Meno ovvio risulta immaginare situazioni di pericolo quando le sostanze trattate, per
caratteristiche intrinseche, non siano pericolose, come ad esempio le farine alimentari, e quando
le apparecchiature interessate dall’atmosfera potenzialmente esplosiva non siano elettriche.
Le direttive ATEX, operanti con valore cogente ormai da un anno, hanno contribuito a colmare
questa lacuna.
Il presente articolo riassume l’argomento delle direttive ATEX in modo schematico,
soffermandosi sul tema delle apparecchiature destinate ad operare in atmosfere potenzialmente
esplosive per la presenza di polveri combustibili, con un riferimento finale al motore asincrono,
apparecchiatura elettrica che trova applicazione in tutti i processi industriali.

1. Introduzione
Il nome ATEX è il nome non ufficiale, ma da tutti utilizzato, per indicare le direttive europee
94/9/CE e 1999/92/CE.
Il nome ATEX deriva dall’acronimo francese ATmosphères EXplosibles.
La direttiva 94/9/CE è nota anche come “direttiva sui prodotti ATEX” o “ATEX 95” dal numero
dell’articolo del trattato che istituisce la comunità europea, in cui si prevede che il Consiglio
possa adottare, mediante direttive, misure relative all’instaurazione ed al funzionamento del
mercato interno.
La direttiva 1992/92/CE è nota anche come “ATEX 137”, dal numero dell’articolo del trattato che
istituisce la comunità europea, in cui si prevede che il Consiglio possa adottare, mediante
direttiva, prescrizioni minime per promuovere il miglioramento in particolare dell’ambiente di
lavoro, al fine di garantire un più elevato livello di protezione della sicurezza e della salute dei
lavoratori.
Le due direttive definiscono le regole di sicurezza da applicare nei luoghi di lavoro con pericolo
di esplosione dovuto alla presenza di gas/vapori/nebbie o polveri combustibili.

2. La direttiva 94/9/CE
Tale direttiva è stata recepita nell’ordinamento italiano con D.P.R. 23 marzo 1998, n. 126.
E’ una direttiva di prodotto che definisce i requisiti essenziali di sicurezza applicabili agli
apparecchi (elettrici e non) ed ai mezzi di protezione che possono essere usati in atmosfere
potenzialmente esplosive.
E’ pienamente operante dal 1 luglio 2003 e richiede la marcatura CE del prodotto.
Le disposizioni della direttiva 94/9/CE non si applicano a:
• apparecchiature mediche utilizzate in ambienti medici,
• apparecchi a gas in ambiente domestico,
• apparecchi nei luoghi con presenza di materie esplosive o di materie chimiche instabili,
• dispositivi di protezione individuali (oggetto della 89/686/CEE),
• mezzi di trasporto terrestre, marittimo, fluviale ed aereo (ma non sono esclusi i veicoli
destinati ad essere utilizzati in atmosfera potenzialmente esplosiva).
Lo scopo della direttiva, come quello di tutte le direttive europee “nuovo approccio”, è garantire la
libera circolazione dei prodotti ai quali essa si applica all’interno del territorio dell’UE.
Essa prevede requisiti e procedure armonizzate per stabilire la conformità.
I requisiti essenziali di sicurezza e salute sono stabiliti anche per gli apparecchi non elettrici e per
le atmosfere potenzialmente esplosive per la presenza di polvere infiammabile, venendo così ad
ampliare il campo di applicazione delle precedenti norme nazionali.

2.1 Classificazione e procedure di valutazione della conformità


La classificazione del gruppo I si applica agli apparecchi (in sotterraneo o in superficie) impiegati
nelle miniere.
La classificazione del gruppo II si applica agli apparecchi destinati ad essere impiegati in altri
contesti (industria) con presenza di atmosfere potenzialmente esplosive.
Le procedure di valutazione della conformità sono legate al gruppo ed alla categoria di
appartenenza del prodotto.
Di seguito si riporta una tabella che schematizza il collegamento tra gruppi, categorie e livelli di
protezione:
Categoria M1 M2
Livello di
Molto elevato Elevato
protezione
Gruppo I Protezione adatta al funzionamento
Due mezzi di protezione indipendenti o
normale e a condizioni di funzionamento
Prestazioni di sicurezza garantita anche qualora si
gravose - In presenza di atmosfera
protezione manifestino due guasti indipendenti uno
esplosiva viene interrotta
dall’altro
l’alimentazione degli apparecchi

Categoria 1 2 3
Livello di
Molto elevato Elevato Normale
protezione
Gruppo II Protezione adatta al
Due mezzi di protezione
funzionamento normale e
indipendenti o sicurezza
Prestazioni di a disturbi frequenti o Protezione adatta al
garantita anche qualora si
protezione apparecchi in cui si tenga funzionamento normale
manifestino due guasti
normalmente conto dei
indipendenti uno dall’altro
guasti

La direttiva 94/9/CE descrive le procedure con le quali il fabbricante garantisce e dichiara la


conformità alla direttiva stessa.
Di seguito si riporta una breve sintesi limitata ai casi più comuni:
Gruppo e Categoria Procedure di valutazione della conformità
a) Esame CE del tipo da parte di un Organismo Notificato (all. III della
Gruppo I direttiva).
Categoria M1 b) Utilizzo della procedura relativa alla garanzia qualità produzione (all. IV
e della direttiva).
Gruppo II
Categorie 1D e 1G In alternativa al punto b) si può adottare la procedura relativa alla verifica su prodotto
(all. V della direttiva).
Per gli apparecchi elettrici (ed i motori a combustione interna):
a) Esame CE del tipo da parte di un Organismo Notificato (all. III della
direttiva).
fGruppo I b) Utilizzo, da parte del fabbricante, di un sistema di garanzia della qualità
Categoria M2 dei prodotti approvato da un Organismo notificato (all. VII della direttiva).
e
Gruppo II In alternativa al punto b) , che è tipico per le produzioni di serie, si può adottare la
procedura relativa alla conformità al tipo (all. VI della direttiva).
Categorie 2D e 2G
Per gli apparecchi non elettrici:
a) Controllo della fabbricazione interna (all. VIII della direttiva)
b) Presentazione della documentazione tecnica ad un Organismo Notificato
Gruppo II Applicazione della procedura relativa al controllo di fabbricazione interna
Categorie 3D e 3G (all. VIII della direttiva).
2.2 La marcatura CE e la dichiarazione di conformità
Dopo avere svolto le procedure per garantire la conformità ai requisiti essenziali della direttiva, il
fabbricante appone la marcatura CE sul prodotto e redige la dichiarazione CE di conformità che
accompagnerà, assieme alle informazioni fornite (manuale), il prodotto stesso.
Se un organismo notificato interviene nella fase di controllo della produzione, il numero di
identificazione dell’O.N. deve seguire la marcatura CE, come riportato nell’esempio sottostante:
0722 .
marcatura CE numero di identificazione O. N. (0722 = CESI)
Sono inoltre previste:
• una marcatura specifica relativa alla protezione contro l’esplosione:
simbolo + simbolo del GRUPPO (I o II) + CATEGORIA (M2 o 2) + (solo per gruppo II): lettera G e/o D
Esempio:
II 2 D
marcatura specifica di D = polveri (G = gas)
protezione dalle esplosioni categoria
gruppo
• una marcatura supplementare
♦ nel caso delle costruzioni elettriche per atmosfere potenzialmente esplosive per la
presenza di polveri, la marcatura è richiamata dalla EN 50281-1-1
Esempio:
IP 65 T135°C .
grado di protezione temperatura massima superficiale

♦ nel caso delle costruzioni elettriche per atmosfere potenzialmente esplosive per la
presenza di gas, la marcatura è richiamata dalla serie di norme EN 50014
Esempio:
EEx d II B T4 ..
simbolo che indica che il prodotto è classe di temperatura (T4 = 135 °C)
conforme ad una o più norme della serie sottogruppo del gas (per protezioni d, i oppure q)
tipo di protezione (d) gruppo
• gli estremi del certificato (ad es. per le costruzioni che richiedono l’esame CE del tipo da
parte di un Organismo Notificato).
Si riportano esempi della marcatura di
motori elettrici (per cat. 2D e 2G) e di una
dichiarazione CE di conformità:
2.3 Alcune definizioni
Atmosfera potenzialmente esplosiva: atmosfera che potrebbe diventare esplosiva.
Atmosfera esplosiva per la presenza di gas: miscela composta da aria (in condizioni
atmosferiche) e da gas/vapori/nebbie infiammabili in cui, dopo l’accensione, la combustione si
propaga nella miscela non combusta.
Atmosfera esplosiva per la presenza di polveri: miscela composta da aria (in condizioni
atmosferiche) e da polveri/fibre infiammabili in cui, dopo l’accensione, la combustione si propaga
nella miscela non combusta.
Modo di protezione: misure specifiche che sono applicate alla costruzione per evitare
l’accensione dell’atmosfera circostante.
Polvere: piccole particelle solide che si depositano sotto il proprio peso, ma che possono restare
sospese nell’aria per un certo tempo.
Polvere combustibile: polvere che può bruciare (o diventare incandescente) nell’aria e potrebbe
originare miscele esplosive in condizioni atmosferiche normali (di pressione e temperatura).
3
Polvere conduttrice: polvere con una resistività uguale od inferiore a 10 Ωm.
Temperatura di accensione di una nube di polvere: temperatura minima di una parete interna
calda di una camera di combustione in cui si verifica l’accensione nella nube di polvere presente
nell’aria in essa contenuta.
Temperatura di accensione di uno strato di polvere: temperatura minima di una superficie calda
alla quale si verifica l’accensione in uno strato di polvere di spessore specificato depositato su
questa superficie calda.
Custodia a tenuta di polvere: custodia in grado di impedire la penetrazione di tutte le particelle di
polvere visibili.
Custodia protetta contro la polvere: custodia in cui la polvere non penetra in quantità sufficiente
per interferire con il funzionamento sicuro dell’apparecchiatura ed è impedito l’accumulo di
polvere all’interno della custodia in un punto in cui si possa verificare un pericolo di accensione.
Temperatura massima superficiale: massima temperatura raggiunta dalla custodia nelle
condizioni stabilite prive di polvere.
Temperatura superficiale massima ammessa: massima temperatura che la custodia può
raggiungere in servizio evitando l’accensione. Dipende dal tipo di polvere, dallo spessore del
suo strato e dall’applicazione di un fattore di sicurezza.
Organismo Notificato: Organismo al quale l’autorità nazionale (in Italia il Ministero delle attività
produttive) ha conferito compiti relativi alla valutazione della conformità alla direttiva 94/9/CE.

3. La direttiva 1999/92/CE

3.1 Generalità
Tale direttiva rientra nell’ambito della direttiva 89/391/CEE in materia di sicurezza dei lavoratori
sui luoghi di lavoro, recepita in Italia con il noto D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626.
Il D.Lgs. 12 giugno 2003, n. 233 (entrato in vigore dal 12 settembre 2003 e relativo
all’attuazione della direttiva 1999/92/CE) introduce il “Titolo VIII-bis Protezione da atmosfere
esplosive” nel citato D.Lgs 626/94.
La direttiva in oggetto stabilisce le prescrizioni minime per la tutela della sicurezza e della salute
dei lavoratori che possono essere esposti al rischio di atmosfere esplosive, con riferimento a
diversi tipi di attività dato che il rischio di esplosione (che generalmente è connesso all’impianto
in sé per la presenza di gas, come nel caso di impianti chimici e petrolchimici, o ad ambienti con
presenza di polveri combustibili, come nei silos) dipende sia da cause elettriche che da cause
non elettriche.
Sono esclusi dal campo di applicazione di tale direttiva:
• i locali medici,
• gli apparecchi a gas in ambiente domestico,
• la produzione/la manipolazione/l’uso/lo stoccaggio/il trasporto di sostanze esplosive o
chimicamente instabili,
• l’industria estrattiva (miniere),
• i mezzi di trasporto terrestre, marittimo, fluviale ed aereo (per i quali esistono disposizioni
specifiche).
Tale direttiva:
• obbliga il datore di lavoro ad elaborare un documento sulla valutazione dei rischi di
esplosione;
• prescrive che a partire dal 30 giugno 2003:
- i luoghi di lavoro utilizzati per la prima volta dopo il 30 giugno 2003 debbano soddisfare le
prescrizioni minime della direttiva;
- le attrezzature già utilizzate o a disposizione dell'impresa/stabilimento prima di tale data,
debbano soddisfare i requisiti minimi di cui all'allegato II, parte A;
- le attrezzature da utilizzare nelle aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive che
sono a disposizione dell'impresa o dello stabilimento per la prima volta dopo il 30 giugno
2003, debbano soddisfare i requisiti minimi di cui all'allegato II, parti A e B.
• prescrive che entro il 30 giugno 2006 i luoghi di lavoro che comprendono aree in cui possono
formarsi atmosfere esplosive già utilizzati prima del 30 giugno 2003 debbano soddisfare le
prescrizioni minime stabilite dalla direttiva;
• indica i gruppi e le categorie di apparecchi e sistemi protettivi da utilizzare in ogni zona.
Viene richiesto al datore di lavoro:
• una valutazione complessiva del rischio di esplosione, considerando gli ambienti ove può
manifestarsi l’atmosfera esplosiva,
• la classificazione delle zone con pericolo di esplosione (zone 0,1,2 in presenza di gas e 20,
21, 22 in presenza di polveri), sulla base della frequenza e della durata con cui si vengono a
manifestare le condizioni di atmosfera esplosiva,
• adozione, sulla base della valutazione del rischio effettuata, di tutte le misure tecniche ed
organizzative atte ad evitare la formazione e l’accensione di un’atmosfera esplosiva e,
dall’altro, a ridurre gli effetti di un’esplosione per preservare i lavoratori da ogni rischio. Tali
misure dovranno essere regolarmente riesaminate ed aggiornate (soprattutto nel caso di
cambiamenti rilevanti).
Esempi di misure organizzative sono:
• istruzioni operative (per posto di lavoro/attività),
• qualifica addetti,
• formazione (di cui si dovrà dare evidenza del contenuto, frequenza, partecipanti),
• regole per il corretto utilizzo delle attrezzature mobili in zone potenzialmente esplosive,
• misure per l’utilizzo, da parte dei lavoratori, unicamente di indumenti di protezione adeguati
all’impiego,
• organizzazione dei servizi di manutenzione, ispezione e controllo,
• sistema di autorizzazione dei lavori,
• segnalazioni delle zone potenzialmente esplosive.
Nella valutazione dei rischi il datore di lavoro deve tenere conto di:
• probabilità e durata della presenza di atmosfere esplosive,
• probabilità della presenza, dell’attivazione e dell’efficacia di fonti di ignizione (comprese le
cariche elettrostatiche),
• l’entità degli effetti prevedibili.
Per le aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive il segnale di avvertimento da usarsi è il
seguente (con lettere e bordo neri su fondo giallo):

3.2 Prevenzione e protezione


Le misure per la protezione contro le esplosioni sono quelle che:
prevengono
a. impedendo la formazione di atmosfere esplosive pericolose (misura primaria);
b. impedendo l’accensione di atmosfere esplosive pericolose (misura secondaria),
proteggono
c. riducendo gli effetti delle esplosioni ad un livello accettabile mediante misure di protezione
costruttive, così da salvaguardare la salute e la sicurezza dei lavoratori (misura terziaria).
a. La formazione di atmosfere esplosive viene impedita:
• evitando o limitando la presenza di sostanze infiammabili;
• mantenendo la concentrazione di tali sostanze al di fuori dei limiti di esplosione (ciò è
particolarmente difficile da realizzare per le polveri, che tendono comunque a formare
depositi in mancanza di un sufficiente movimento dell’aria, depositi che possono poi
originare miscele esplosive a seguito della formazione di vortici);
• mediante inertizzazione, ossia riducendo l’ossigeno presente nell’aria (ad es. in impianti
chiusi con l’immissione di gas inerti);
• impedendo o limitando la formazione di atmosfere esplosive nell’aria circostante gli
impianti mediante impianti ermetici ed adottando, qualora non fosse possibile impedire la
fuoriuscita delle sostanze infiammabili, adeguate misure di aerazione. Nel caso delle
polveri esse devono essere aspirate all’origine; devono essere inoltre impediti in modo
sicuro pericolosi depositi e la formazione di vortici che possono originare nubi di polvere
sollevando la polvere depositata.
b. L’accensione di atmosfere esplosive viene impedita:
• evitando la presenza di fonti di ignizione o riducendone la probabilità (probabilità di una
coincidenza nel tempo e nello spazio di un’atmosfera esplosiva pericolosa e di una fonte
di ignizione).
In base alla classificazione in zone, le fonti di ignizione devono senz’altro essere evitate nelle
seguenti condizioni:
per le zone 0 e 20: funzionamento normale (senza disfunzioni)
disfunzioni prevedibili
disfunzioni che si generano raramente
per le zone 1 e 21: funzionamento normale (senza disfunzioni)
disfunzioni prevedibili
per le zone 2 e 22: funzionamento normale (senza disfunzioni)
c. Gli effetti delle esplosioni sono ridotti con misure che limitano gli effetti di un’esplosione a
dimensioni non pericolose e quindi con:
• costruzione resistente alle esplosioni (normalmente pressioni di 8÷10 bar; valori superiori
nel caso di polveri di metalli leggeri);
• scarico della pressione di esplosione, che consiste nell’aprire l’impianto, orginariamente
chiuso sede dell’esplosione, per breve tempo o permanentemente in ambiente ed in
direzione non pericolosi, limitando così i valori di sovrapressione (le sostanze liberate non
devono mettere in pericolo le persone o danneggiare l’ambiente);
• soppressione delle esplosioni mediante immissione di materiali antincendio in recipienti od
impianti in caso di esplosioni;
• prevenzione della propagazione di fiamme ed esplosioni mediante isolamento
dell’esplosione; nel caso delle polveri, apparecchi rivelatori attivano:
- barriere estinguenti (immissione di sostanze antincendio nelle condutture),
- valvole di chiusura,
- deviatori di esplosione.

3.3 Valutazione dei rischi


La procedura di valutazione deve essere condotta per ogni processo di lavorazione o di
produzione, così come per ogni conduzione di funzionamento dell’impianto a partire dalle
seguenti condizioni:
• normali condizioni di funzionamento (compresi i lavori di manutenzione),
• messa in servizio e fuori servizio,
• avarie o difetti prevedibili,
• uso difettoso ragionevolmente prevedibile.
La manutenzione comprende:
• la messa in servizio,
• la riparazione,
• l’ispezione e il controllo delle installazioni.
Durante tali attività il rischio di infortunio aumenta e quindi:
• i lavori devono essere autorizzati,
• le attività devono essere affidate unicamente a personale qualificato,
• ove possibile, devono essere isolate meccanicamente e/o elettricamente attrezzature e parti
d’impianti che, se attivate accidentalmente, possono innescare un’esplosione,
• deve essere esclusa la presenza di atmosfere esplosive pericolose,
• devono essere adottati adeguati sistemi di schermatura per quei lavori che producono
scintille (es.: saldatura, molatura) con eventuale attivazione di un servizio di vigilanza
antincendio.
Al termine dei lavori le normali misure di protezione contro le esplosioni devono essere attivate.

3.4 Documento sulla protezione contro le esplosioni


Nel “Documento sulla protezione contro le esplosioni” che il datore di lavoro è tenuto ad
elaborare e tenere aggiornato (quando modifiche, ampliamenti o trasformazioni rilevanti
interessano i luoghi di lavoro, le attrezzature o l'organizzazione del lavoro) sono precisati:
• i rischi di esplosione (loro individuazione e valutazione),
• le misure adottate per raggiungere gli obiettivi delle direttive,
• la ripartizione in zone dei luoghi ove possono formarsi atmosfere esplosive,
• i luoghi in cui si applicano le prescrizioni minime dell’allegato II della direttiva
• come i luoghi e le attrezzature di lavoro (compresi i dispositivi di allarme) sono concepiti,
impiegati e mantenuti in efficienza,
• come sono stati adottati gli accorgimenti per l’impiego sicuro di attrezzature di lavoro.
Tale documento deve fornire un quadro d’insieme dei risultati della valutazione dei rischi e dei
provvedimenti di protezione adottati sul piano tecnico ed organizzativo.
Una struttura tipica di tale documento comprende:
• descrizione dei posti di lavoro e delle aree,
• descrizione delle fasi del processo e/o delle attività,
• descrizione delle sostanze impiegate/elenco dei parametri di sicurezza,
• presentazione dei risultati dell’analisi dei rischi,
• misure di prevenzione/protezione dalle esplosioni (tecniche ed organizzative),
• realizzazione delle misure di protezione contro le esplosioni,
• coordinamento delle misure di protezione contro le esplosioni (se nello stesso luogo di lavoro
operano lavoratori di diverse aziende),
• appendice (raccolta di certificazioni, dichiarazioni di conformità, ecc.).

3.5 Prescrizioni minime


Le prescrizioni minime da adottare per le aree con pericolo di esplosione sono riportate
nell’allegato II A della 1999/92/CE e contemplano:
provvedimenti organizzativi:
• formazione professionale in materia di protezione dalle esplosioni dei lavoratori che operano
in luoghi dove possono formarsi atmosfere esplosive,
• istruzioni scritte ed autorizzazioni al lavoro,
misure di protezione (che vanno programmate per il massimo pericolo possibile):
• sistemi per la rimozione di fughe e di emissioni (intenzionali o no) di sostanze
(gas/vapori/nebbie o polveri) combustibili che possono originare atmosfere esplosive o, se ciò
non fosse realizzabile, per il loro contenimento sicuro;
• utilizzo di adeguati indumenti di lavoro che non producano scariche elettrostatiche,
• utilizzo di impianti, attrezzature e dispositivi di collegamento che non costituiscano rischio
(anche se essi non sono compresi nella 94/9/CE);
• adozione di dispositivi ottici/acustici per allertare i lavoratori del raggiungimento di condizioni
di atmosfera potenzialmente esplosiva e quindi loro allontanamento;
• verifica preventiva della sicurezza dell’intero impianto per quanto riguarda le esplosioni e
mantenimento nel tempo (con verifiche effettuate da personale con specifica competenza);
• progettazione, costruzione, montaggio, installazione e funzionamento delle attrezzature di
lavoro e dei loro dispositivi di collegamento in modo da minimizzare i rischi di esplosione.
Deve inoltre essere assicurato, nell’eventualità del verificarsi di una esplosione, il controllo/il
contenimento della sua propagazione all’interno del luogo di lavoro;
• adozione di sistemi di protezione per le condizioni di emergenza o di funzionamento anomalo.
I criteri di scelta degli apparecchi e dei sistemi di protezione avviene in base alle categorie di cui
alla direttiva 94/9/CE, una volta sia stata eseguita la classificazione dei luoghi.

3.6 La classificazione dei luoghi


La classificazione dei luoghi è l’attività fondamentale per la scelta e l’installazione delle
apparecchiature da impiegarsi con sicurezza in tali luoghi.
Riferimenti normativi per la classificazione delle aree sono :
EN 60079-10 Costruzioni elettriche per atmosfere esplosive per la presenza di gas –
Parte 10: Classificazione dei luoghi pericolosi.
EN 50281-3 Costruzioni per atmosfere esplosive per la presenza di polvere combustibile –
Parte 3: Classificazione dei luoghi dove sono o possono essere presenti
polveri combustibili.
Elementi che concorrono nello stabilire la possibile presenza di un’atmosfera esplosiva sono:
- possibile frequenza (probabilità) e durata dell’emissione,
- portata e concentrazione,
- velocità di emissione,
- ventilazione,
- altri fattori.
Evidentemente vale il principio di sicurezza che gli impianti che trattano o tengono in deposito
sostanze infiammabili devono:
• essere progettati affinché le zone a maggior rischio (zone 0 e 1) siano ridotte al minimo
possibile sia come numero che come estensione;
• essere eserciti e mantenuti in modo da ridurre al minimo le emissioni.
Non si devono poi eseguire successive modifiche senza l’accordo con i responsabili della
classificazione in quanto esse potrebbero invalidare la classificazione stessa dei luoghi
pericolosi.
Classificazione delle aree con pericolo di esplosione:
Luogo in cui è presente in permanenza o per lunghi periodi o frequentemente
Zona 20 un’atmosfera esplosiva costituita da nube di polvere combustibile in aria
(Zona 0) (da una miscela di aria e di sostanze infiammabili sotto forma di gas, vapore o
nebbia)
Luogo dove è probabile la formazione occasionale, durante il funzionamento
Zona 21 normale, di un’atmosfera esplosiva costituita da nube di polvere combustibile in aria
(Zona 1) (da una miscela di aria e di sostanze infiammabili sotto forma di gas, vapore o
nebbia)
Luogo dove, durante il funzionamento normale, non è probabile la formazione di
Zona 22 un’atmosfera esplosiva (o se ciò dovesse verificarsi sarebbe un evento poco
frequente e di breve durata) costituita da nube di polvere combustibile in aria
(Zona 2) (da una miscela di aria e di sostanze infiammabili sotto forma di gas, vapore o
nebbia)
Nella classificazione delle aree per atmosfere esplosive per la presenza di polvere si tiene conto
di:
• combustibilità della polvere (che può essere confermata da prove di laboratorio);
• caratteristiche del materiale (dimensioni delle particelle, temperatura minima di innesco della
nube e dello strato, contenuto di umidità, resistività elettrica);
• regime di funzionamento e di manutenzione dell’impianto;
• identificazione:
- dei punti ove possono essere presenti contenimenti di polveri o sorgenti di emissione di
polvere,
- della possibilità di formazione di strati di polvere;
• probabilità di emissione della polvere dalle sorgenti e quindi di formazione di miscele
esplosive di polvere/aria.
Risulta quindi possibile identificare le zone e definirne le estensioni.
Per le atmosfere potenzialmente esplosive per la presenza di polveri si citano alcuni esempi di
luoghi che possono essere pertinenti alle varie zone:
Zona 20: interno di sistemi di contenimento, sistemi di trasporto, silos, filtri, miscelatori, macine,
essiccatoi, tramogge, ecc.
Zona 21: luoghi vicini ai punti di riempimento e svuotamento senza sistemi di aspirazione; zone
circostanti portelle di contenitori con all’interno una nube esplosiva e soggette a
frequenti aperture, ecc.
Zona 22: luoghi vicini ai punti di riempimento e svuotamento con sistemi di aspirazione, depositi
di sacchi di polvere che si possono rompere durante la movimentazione, ecc.
La scelta degli apparecchi avverrà quindi in funzione di un corretto abbinamento zona /categoria:
Categoria costruzione Categoria costruzione
Zona Idonea con Zona Idonea con
Idonea Idonea
ridondanza ridondanza
0 1G - 20 1D -
1 2G 1G 21 2D 1D
3D (polveri non conduttive) 2D, 1D
2 3G 2G, 1G 22
2D (polveri conduttive) 1D

4. Normativa di riferimento
Si riporta a titolo esemplificativo una lista di norme (con particolare riferimento a quelle relative
alle costruzioni elettriche).
Atmosfere esplosive – Prevenzione dell’esplosione e protezione contro l’esplosione
EN 1127-1 Parte 1: Concetti fondamentali e metodologia
Atmosfere potenzialmente esplosive. Termini e definizioni per apparecchi e sistemi di protezione
EN 13237 destinati ad essere utilizzati in atmosfere potenzialmente esplosive
Costruzioni non elettriche per atmosfere potenzialmente esplosive – Parte 1: Metodi di base e
EN 13463-1 requisiti
Costruzioni non elettriche per atmosfere potenzialmente esplosive -
prEN 13463-x con x = 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8 per i modi di protezione rispettivamente “fr”, “d”, “g”, “c”, “b”, “p”, “k”
EN 50014 Costruzioni elettriche per atmosfere esplosive. Regole generali

EN 13980 Atmosfere potenzialmente esplosive – Applicazione dei sistemi qualità

Costruzioni elettriche per atmosfere esplosive per la presenza di gas:


EN 50015 Costruzioni immerse in olio “o”
EN 50016 Modo di protezione a sovrapressione interna “p”
EN 50017 Costruzioni a riempimento pulv “q”
EN 50018 Custodie q prova di esplosione “d”
EN 50019 Modo di protezione a sicurezza aumentata “e”
EN 50020 Modo di protezione a sicurezza intrinseca “i”
EN 50021 Modo di protezione “n”

EN 60079-10 Parte 10: Classificazione delle aree nei luoghi con pericolo di esplosione
Parte 14: Impianti elettrici nei luoghi con pericolo di esplosione per la presenza di gas (diversi dalle
EN 60079-14 miniere)
EN 60079-17 Verifica degli impianti elettrici nei luoghi con pericolo di esplosione

Costruzioni per atmosfere esplosive per la presenza di polvere combustibile:


EN 50281-1-1 Parte 1-1: Costruzioni elettriche protette da custodie. Costruzioni e prove
EN 50281-1-2 Parte 1-2: Costruzioni elettriche protette da custodie. Scelta, installazione e manutenzione
Parte 2-1: Metodi di prova – Metodi per la determinazione della temperatura minima di accensione
EN 50281-2-1
della polvere
EN 50281-3 Parte 3 : Classificazione dei luoghi dove sono o possono essere presenti polveri combustibili
Costruzioni elettriche per l’uso in presenza di polvere combustibile. Parte 2: Metodi di prova.
EN 61241-2-2 Sezione 2: Metodo per la determinazione della resistività elettrica di strati di polvere
5. I rischi di esplosione da polveri combustibili

5.1 Introduzione
Molti prodotti in polvere, come le farine, gli zuccheri e le granaglie o la polvere di legno possono,
in particolari situazioni, formare atmosfere esplosive che, se innescate, causano violente
esplosioni.
La polvere di grano in sospensione all’interno di un silo può raggiungere una concentrazione tale
che si può innescare una esplosione anche con un apporto minimo d’energia, a causa di una
scintilla o di un superficie calda.
Esempi di polveri combustibili che possono originare una esplosione sono:
• sostanze organiche naturali (cereali, zucchero,…)
• sostanze organiche sintetiche (plastiche, prodotti chimici e farmaceutici),
• carbone,
• metalli (alluminio, magnesio, zinco, ….)
Presenza o formazione di miscela polveri/aria si verifica, ad esempio, nelle attività di:
• macinatura o setacciatura,
• riempimento o svuotamento di serbatoi,
• essiccazione.
La concentrazione di polveri può essere notevolmente alterata dalla presenza di vortici e di
depositi.
Esempi di settori in cui possono originarsi atmosfere potenzialmente esplosive per la presenza di
polveri sono pertanto:
• agro-alimentare: durante il trasporto e lo stoccaggio dei cereali esiste la possibilità che
possono formarsi nubi di polveri che possono poi originare esplosioni;
• legno: le polveri delle lavorazioni possono originare miscele esplosive polvere/aria nei filtri
(sistemi di abbattimento) o nei silos; la granulometria è variabile a seconda della lavorazione
eseguita (ad es. la levigatura produce polvere molto fine);
• metallurgico: nei trattamenti di smerigliatura di pezzi (specialmente nel caso dei metalli
leggeri) si produce polvere metallica, con rischi di esplosione particolarmente nei separatori;
• farmaceutico: l’impiego di additivi e coadiuvanti, come il lattosio, può determinare la
formazione di atmosfere potenzialmente esplosive,
• tessile: ad es. nel processo di “flocking”.

5.2 Meccanismi dell’esplosione.


In una esplosione si origina un rapido aumento della temperatura o della pressione o di entrambi
i parametri.
Normalmente per attivare l’esplosione di polveri in aria è richiesta più energia che con gas o
vapori.
In una nube di polvere che sta infiammandosi:
• all’aria aperta si genera una fiammata,
• in ambiente chiuso la reazione esotermica provoca un aumento di pressione. Lo spostamento
d’aria, generato dall’onda di pressione, solleva le eventuali polveri depositate, con
contemporanea estensione della combustione all’intero volume.
In recipienti di forma poco allungata la velocità della fiamma resta contenuta a qualche decina di
m/s al massimo e la pressione massima raggiunge i 7÷10 bar (nel caso delle polveri dei metalli
leggeri fino a 20 bar).
In una condotta l’espansione dei gas può determinare una velocità di propagazione della fiamma
molto elevata, di diverse centinaia di m/s e sovrapressioni di diverse decine di bar.
Perché sia possibile una combustione devono verificarsi in contemporanea le tre condizioni del
“triangolo del fuoco”:
prodotto combustibile + gas comburente (ossigeno dell’aria) + fonte innescante.
Perché si verifichi una esplosione da polveri occorre che si verifichino contemporaneamente le
condizioni seguenti:
• la polvere deve:
- essere combustibile,
- poter formare una nube,
- avere una idonea granulometria (normalmente dimensioni inferiori ai 200 µm),
- essere in concentrazione tale da essere nel campo di esplosività,
• l’atmosfera in cui si genera la nube di polvere deve contenere sufficiente comburente
(ossigeno dell’aria),
• la nube di polvere deve andare a contatto con una causa di innesco di sufficiente energia e
con temperatura sufficientemente alta perché si verifichi la reazione di ossidazione,
responsabile della combustione, ad una velocità sufficiente,
• la combustione si deve propagare nella miscela non combusta. Se tale combustione
esplosiva si verifica in un volume confinato (quale quello di un silo o di una apparecchiatura),
viene a generarsi calore più rapidamente della sua dissipazione, con il raggiungimento di
alte temperature e conseguente rapido aumento della pressione e formazione di un’onda
che si propaga nell’ambiente.
Pertanto ogni materiale solido che può bruciare in aria, se ridotto in polvere può potenzialmente
originare una esplosione, con una velocità di reazione funzione della granulometria.
Il pericolo delle polveri deriva quindi dalle condizioni specifiche, in particolare di confinamento e
di concentrazione, che possono crearsi all’interno degli impianti.
Molti fattori hanno influenza sulla violenza di una esplosione di polvere. Il primo e più ovvio è il
materiale stesso della polvere. Alcuni materiali che non sono considerati combustibili nella
normale forma di manufatti, come l’alluminio, sono capaci di esplosioni ad alta pressione quando
sono nella forma di polvere.
Nel caso delle polveri di leghe d’alluminio, il loro abbattimento con trattamenti a secco e a umido
genera una ulteriore situazione di pericolo dovuta alla formazione di idrogeno formato in seguito
alla reazione delle polveri d’alluminio con l’acqua.
La dimensione delle particelle di polvere gioca pure un importante ruolo nel determinare la gravità
di una esplosione. Un combustibile solido brucia solo in superficie quando è esposto all’aria.
Una nube di particelle di polvere molto fini ha una superficie di reazione maggiore di una nube di
particelle più grossolane.
Più sono piccole le dimensioni delle particelle, più a lungo la polvere resta in sospensione; infatti
la velocità di sedimentazione della polvere varia in funzione della sua granulometria:
Dimensioni particelle (µm) 200 100 50 10 1
Velocità di sedimentazione (m/s) 1,2 0,3 0,03 0,003 0,0003
Quasi tutte le polveri organiche con granulometria inferiore ai 100 µm si comportano in fase
dispersa come un gas infiammabile.
L’umidità, favorendo la formazione di aggregati di dimensione superiore, attenua il pericolo.
La condizione della polvere dispersa a formare una nube realizza una condizione assai critica
essendo combustibile e comburente intimamente a contatto tra loro e quindi in condizioni ottimali
per una loro reazione una volta che sia avvenuta l’ignizione di tale miscela.
L’esplosione si può verificare solo quando la concentrazione di polvere raggiunge un valore che
3
dipende dalla natura del materiale (in genere con un limite minimo di 20÷60 g/m e con un valore
3
massimo di 2÷6 kg/m ).
Le concentrazioni esplosive minime delle polveri con granulometria inferiore ai 100 µm sono
3
dell’ordine di 20÷100 g/m , corrispondente a nubi di polvere relativamente dense.
La polvere reagisce in modi differenti, a seconda che sia sotto forma di deposito o di nube
sospesa.
Gli strati di polvere sono responsabili di iniziare combustioni senza fiamma su superfici calde,
mentre una nube di polvere che è stata accesa localmente o attraverso il contatto con una
superficie calda può esplodere immediatamente.
Gli strati di polvere presentano i seguenti rischi:
• a seguito di un’esplosione primaria possono sollevarsi strati di polvere sotto forma di nubi che
a loro volta possono originare esplosioni secondarie;
• possono essere innescati dal calore dell’apparecchiatura su cui c’è il deposito, con rischio di
incendio;
Gli strati, i depositi e i cumuli di polvere combustibile sono pertanto una possibile fonte di
atmosfera esplosiva e presentano un notevole potenziale esplosivo.
E’ infatti da tenere presente che per la maggior parte delle polveri infiammabili il deposito di uno
strato di polveri dello spessore di 1 mm regolarmente distribuito al suolo può risultare sufficiente
per generare, mediante un vortice, un ambiente con atmosfera potenzialmente esplosiva.
Principali parametri di esplodibilità di una nube di polvere sono:
MIT (Minimum Ignition Temperature, ossia minima temperatura d’accensione): è la
temperatura al di sopra della quale è possibile il fenomeno di accensione delle polveri dal
quale si avvia l’esplosione;
LEL (Lower Explosion Limit, ossia concentrazione minima di esplodibilità): è la concentrazione
3
(g/m ) al di sopra della quale l’esplosione può avvenire;
MIE (Minimum Ignition Energy, ossia minima energia d’accensione): è l’energia più bassa,
ottenuta con una scarica elettrostatica, con la quale si può avere l’accensione delle polveri
da cui si avvia l’esplosione.
A puro titolo indicativo dell’ordine di grandezza, si riportano come esempi valori desunti da
pubblicazioni:
3
farina di soia: MIT = 550°C, LEL = 60 g/m , MIE = 100 mJ;
3
zucchero: MIT = 330°C, LEL =15 g/m , MIE = 30 mJ.

5.3 Cause d’innesco.


Esempi di fonti d’ignizione sono elencati nella EN 1127-1:
- superfici calde
- fiamme e gas caldi
- impianti elettrici
⋅ scintille di origine elettrica (contatti elettrici (interruttori), contatti striscianti (collettori),
connessioni allentate),
- scintille di origine meccanica
⋅ in funzionamento normale (es. molatrice),
⋅ in funzionamento anomalo (per mancanza di lubrificazione, sfregamento tra parti rotanti,
urti)
- scintille di origine elettrostatica
- correnti elettriche vaganti; protezione contro la corrosione catodica,
- energia irradiata
⋅ ultrasuoni ⋅ radiazioni elettromagnetiche ⋅ radiazioni ionizzanti
- reazioni chimiche
- compressione adiabatica, onde d’urto, fuoriuscita di gas,
- fulmini.
Particolare attenzione dovrà essere quindi adottata per evitare:
• lavori a caldo e condotte di aria calda,
• fiamme o scintille dovute a lavori di taglio, affilatura, saldatura, ecc.,
• sigarette,
• impianti elettrici non conformi alla normativa applicabile,
• sorgenti di calore causate da attriti.

5.4 Protezione (principi)


Le misure di prevenzione hanno lo scopo di ridurre la possibilità di una esplosione:
- evitando gli accumuli di polvere,
- abbattendo le polveri con appositi sistemi di filtraggio,
- eliminando le possibili cause d’innesco.
Le misure di protezione si propongono invece di ridurre gli effetti di una esplosione; esempi
sono:
- la separazione degli impianti a più alto rischio,
- lo sfogo dell’esplosione (venting),
- la soppressione dell’esplosione (ad es. con polveri estinguenti).

5.5 Temperatura d’ignizione.


La temperatura di ignizione di una nube di polvere è generalmente compresa tra i 300 ed i 600 °C
mentre quella di uno strato di polvere è generalmente più bassa (normalmente 200 ÷ 500 °C).
A titolo puramente esemplificativo riportiamo alcuni dati indicativi (°)
Sostanza Temp. ignizione nube (°C) Temp. ignizione strato 5 mm (°C)
Frumento 430 210
Granoturco 400 250
Legno 420 220
Sughero 460 210
Alluminio 560 320

5.6 Incidenti causati da polveri combustibili.


Le prime registrazioni ufficiali di esplosioni causate dalla presenza di grandi quantità di polveri
combustibili, particolarmente nel settore delle polveri alimentari e delle miniere di carbone,
risalgono ad oltre 200 anni or sono (ad esempio nel 1785 a Torino con una esplosione di polveri
di farina e nel 1887 in Germania nei mulini della Weser di Hameln).
Tra gli eventi più recenti possiamo citare, come esempio, quelle avvenute:
• nel 1977 in silos a Westwego (USA), con 36
morti (foto accanto);
• nel 1982 a Mertz (Francia) nei silos di stoccaggio
di orzo e malto;
• nel 1982 a Boiry Ste-Rictrude (Francia), nei silos
di stoccaggio dello zucchero cristallizzato;
• nel 1997 nei silos del porto di Blaye (Francia),
con 11 morti;
• nel 1998 a Haysville – Kansas, nell’impianto
elevatore della De Bruce Grain), con 7 morti e 10
feriti.
Sono inoltre note esplosioni avvenute nelle segherie e dovute alla presenza di polveri di legno
aspirate dal luogo di lavorazione e trasmesse a mezzo di condotte nei depositi di stoccaggio.
Da esami statistici emerge che i settori agroalimentare e delle lavorazioni del legno sono quelli
che numericamente danno il maggior contributo alla casistica delle esplosioni da polveri.
Nelle miniere di carbone esistono due pericoli: presenza del gas metano (firedamp) e della
polvere di carbone. Il gas metano è assorbito nelle porosità del carbone ed occorrono fino a
1000 ore affinché il carbone estratto si liberi completamente dal metano.
La causa delle esplosioni avvenute in passato in miniera era principalmente legata al fatto che il
carbone, estratto ma lasciato nella miniera fino al giorno dopo, liberava metano che poi poteva
essere innescato dai lavoratori che riprendevano il lavoro il giorno successivo. L’esplosione del
metano poteva poi innescare l’accensione della polvere di carbone, con effetto ancora più
devastante rispetto all’originaria esplosione.
Nel campo delle polveri in agricoltura si sono registrati negli USA nell’ultimo decennio 115
esplosioni con 16 morti e 137 feriti. Tali esplosioni hanno interessato prevalentemente gli
elevatori di grano (47%) e i sistemi di alimentazione dei mulini (21%).
In Europa una statistica su 400 esplosioni nelle industrie agroalimentari riporta tra le prime voci
di impianti coinvolti in esplosioni (coprenti comunque il 65% degli eventi) i trasportatori/elevatori
(26,7%), i silos (22,9%) ed i frantoi (18,1%).
Da un esame delle esplosioni per polveri avvenute nel Nord America, sono state individuate le
seguenti principali cause d’innesco, responsabili di oltre i 2/3 degli eventi esplosivi:
• scintille di origine meccanica (30%),
• scintille di natura elettrostatica (9%)
• fiamme libere e saldature (13%),
• attrito (9%)
• punti di combustione senza fiamma (9%)
I tipi di polvere maggiormente coinvolti nelle esplosioni risultano essere relativi a cereali, legno,
metalli e materiali sintetici.

(°) Dati non ufficiali. Per la stessa sostanza ci sono variazioni nei valori, dipendendo dalle condizioni di prova. Le tabelle reperibili in
letteratura riportano, a parità di sostanza, valori tra loro differenti.
(°)
6. Costruzioni elettriche protette da custodia (grado di protezione IP ) e con limiti della
temperatura superficiale

6.1 Generalità
Le cause di innesco della polvere combustibile da parte di un’apparecchiatura elettrica sono:
• temperatura della superficie dell’apparecchiatura superiore alla temperatura di accensione
della polvere;
• scintille che possono avere origine da:
- parti elettriche quali contatti/contatti striscianti,
- scarica di una carica elettrostatica accumulata,
- azioni meccaniche od attrito;
• energia irradiata (ad es. radiazione elettromagnetica),
Nel caso delle costruzioni elettriche protette da custodie, la protezione contro l’accensione si
basa su:
• limitazione della penetrazione di polvere nella custodia, che sarà:
- “a tenuta di polvere” (IP 6X) per le apparecchiature destinate nella zona 21 (e 20) e per
quelle destinate nella zona 22 ma con presenza di polveri conduttrici,
- “protetta contro la polvere” (IP 5X) per le apparecchiature destinate nelle zone 22 con
polveri non conduttrici;
• limitazione della temperatura della costruzione elettrica,
Dovranno inoltre essere evitate all’esterno della custodia tutte le altre sorgenti di accensione
(scariche elettrostatiche e formazione di scintille).
La custodia dovrà inoltre avere una sufficiente resistenza all’urto così da mantenere dopo
l’evento il grado di protezione richiesto dal modo di protezione.

6.2 Limitazione della temperatura della costruzione elettrica


Per le costruzioni elettriche la norma EN 50281-1-2 stabilisce che la temperatura massima
superficiale sia determinata con un margine di sicurezza rispetto alla temperatura minima
di accensione della polvere (quando verificata conformemente ai metodi specificati nella
EN 50281-2-1) sia per le nubi che per gli strati di polvere fino a 5 mm di polvere.
Presenza di nubi di polvere: la temperatura massima superficiale della costruzione non deve
superare i 2/3 della temperatura di accensione espressa in °C della miscela polvere/aria
interessata:
2
Tmax = TCI
3
ove TCI è la temperatura di accensione della nube di polvere.
Presenza di strati di polvere: la temperatura massima superficiale della costruzione (verificata in
accordo all’art. 10 della EN 50281-1-1) non deve superare un valore inferiore di 75 K rispetto alla
temperatura minima di accensione per un spessore di 5 mm dello strato della polvere
interessata:
Tmax = T5mm – 75K
ove T5mm è la temperatura di accensione di uno strato di 5 mm.
Per aumenti dello spessore degli strati di Riduzione della temperatura massima 250°C <= T5mm < 320°C

polvere nel campo dai 5 ai 50 mm, la superficiale ammessa per l'aumento 320°C <= T5mm < 400°C
400°C <= T5mm
di spessore degli strati di polvere
norma EN 50281-1-2 fornisce come guida 350

l’andamento della curva di riduzione della 300

massima temperatura superficiale 250


ammissibile dell’apparecchiatura per le °C
200
polveri aventi temperature di innesco di uno
spessore di 5 mm superiori ai 250°C. 150

La norma prevede che per temperatura di 100

accensione di uno strato inferiore ai 250°C 50

(o se sussistano dubbi sulla applicazione del 0

grafico) si ricorra ad indagini di laboratorio. 0 10 20 30 40 s (mm) 50

(°) Norma EN 60529 “Gradi di protezione degli involucri”; EN 60034-5 “Gradi di protezione degli involucri delle macchine elettriche
rotanti - Codice IP”)
La temperatura massima superficiale ammessa della costruzione è rappresentata dal valore
minimo tra quelli ottenuti per la presenza di nubi di polvere e strati di polvere.

7. Il motore elettrico per atmosfera potenzialmente esplosiva per la presenza di polvere


combustibile
La norma di riferimento specifica per la progettazione e costruzione (oltre a quella generale
EN 50014) è la
EN 50281-1-1 “Costruzioni elettriche destinate all’uso in ambienti con presenza di polvere
combustibile – Parte 1-1: Costruzioni protette da custodie – Costruzioni e prove”
Normalmente non sono realizzati motori di categoria 1D (destinati all’uso nella Zona 20).
I motori di categoria 2D (destinati all’uso nella Zona 21) devono essere approvati da un Ente
Notificato (mediante esame CE del tipo) (vedere § 2.1).
I motori di categoria 3D (destinati all’uso nella Zona 22 e con presenza di polvere non
conduttrice) non necessitano di approvazione da parte di un Organismo Notificato ma comunque
devono essere progettati e costruiti dal fabbricante conformemente alle specifiche Norme di
riferimento.
Tutti i motori, compresi quelli di categoria 3D, devono essere marcati CE in accordo alla direttiva
94/9/CE e devono essere accompagnati dalla dichiarazione CE di conformità.
Tra le prescrizioni (EN 50281-1-1) previste nella progettazione e costruzione dei motori elettrici
destinati all’uso in ambienti con presenza di polvere combustibile si ricorda:
• il grado di protezione deve essere tale da impedire la penetrazione della polvere all’interno
della custodia:
- per la Categoria 2D: a tenuta di polvere IP 6X (tipico IP 65),
- per la Categoria 3D: protette contro la polvere IP 5X (tipico IP 55);
• la temperatura massima superficiale non deve essere superiore al valore della classe di
temperatura del motore (che dovrà essere inferiore, con il previsto margine di sicurezza, alla
temperatura di ignizione del deposito di polvere, vedasi § 6.2);
• la resistenza d’isolamento superficiale della ventola e del copriventola (se non metallici) non
deve essere superiore ad 1 GΩ,
• il materiale della ventola e del copriventola, se realizzati in lega leggera, non deve contenere
più del 6% di magnesio,
• la ventilazione esterna deve avere un grado di protezione minimo IP 20 sul lato di ingresso
dell’aria ed IP 10 sul lato di uscita dell’aria,
• le distanze in aria tra ventola e parti fisse (copriventola) devono essere pari ad almeno 1/100
del massimo diametro della ventola (con un minimo di 1 mm ed un massimo di 5 mm),
• la custodia ed il copriventola devono essere costruiti soddisfacendo le prescrizioni relative
alla prova all’urto,
• le entrate di cavo e di tubo devono essere costruite e fissate in modo da non alterare il grado
di protezione contro la polvere della costruzione e devono soddisfare le prescrizione della
EN 50014,
• gli elementi di connessione per la messa a terra devono essere correttamente progettati e
dimensionati.
Il motore deve inoltre:
• essere correttamente scelto della categoria idonea alla zona di installazione:
Categoria motore elettrico
Zona
Idonea Idonea con ridondanza

20 1D -
(Normalmente non realizzati)
1D
21 2D (Normalmente non realizzati)
3D (polveri non conduttive) 2D
22 1D (Normalmente non realizzati)
2D (polveri conduttive)
• essere fatto funzionare entro le sue caratteristiche nominali;
• essere correttamente installato:
- agevolando l’accesso per l’ispezione, la manutenzione e la pulizia del motore,
- proteggendolo contro le influenze esterne (ad es. sollecitazioni chimiche, meccaniche),
- prevedendo le adeguate protezioni contro le sovracorrenti ed i guasti elettrici,
- eseguendo correttamente le connessioni elettriche (compresa la messa a terra),
- adottando cavi di alimentazione adeguati,
- utilizzando entrate di cavo adeguate alla categoria del motore ed al grado di protezione,
- chiudendo tutte le entrate di cavo non utilizzate con tappi adatti.
• essere sottoposto a periodiche ispezioni e manutenzioni da personale qualificato,
Devono inoltre essere seguite le istruzioni del fabbricante.
Si rammenta che nei luoghi con pericolo d’esplosione l’impianto di messa a terra oltre al suo
ruolo tradizionale (protezione delle persone contro i contatti indiretti) assume un ruolo
fondamentale nel prevenire la formazione di scintille pericolose che potrebbero innescare
un’atmosfera esplosiva.
L’impiego di un convertitore di frequenza per alimentare un motore asincrono comporta:
• riduzione del raffreddamento nel caso di motori autoventilati e funzionamento a frequenze
(velocità) basse;
• aumento delle perdite dovute all’alimentazione non sinusoidale che comporta aumenti della
sovratemperatura rispetto all’alimentazione da rete sinusoidale;
• specifica generazione addizionale di
Alimentazione da inverter
calore, particolarmente nella gabbia Esempio di variazione della coppia motrice
rotorica e nella struttura dei supporti come C/Cn
(esecuzione IC 411 - autoventilata)
risultato delle armoniche di corrente, 1

• tensioni indotte nel rotore che possono


originare correnti nei cuscinetti, 0,8

• sollecitazione dielettriche del sistema


d’isolamento.
Il controllo della generazione del calore si 0,6

ottiene con una curva di caricabilità (coppia in


funzione della frequenza) del motore che deve 0,4
tenere conto del tipo di convertitore di 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100
f (Hz)
frequenza e della classe di temperatura.
Un motore classificato per utilizzo in atmosfere potenzialmente esplosive per la presenza di
polveri combustibili e destinato ad essere alimentato da inverter deve essere necessariamente
ordinato per tale tipo di alimentazione, precisando inoltre il campo di variabilità della frequenza e
la caratteristica del carico.
Il motore dovrà recare una targa specifica relativa all’alimentazione da inverter e specificante i
limiti del campo di impiego.

Bibliografia
- “Direttiva 94/9/CE” del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 marzo 1994
- “Direttiva 1999/92/CE” del parlamento Europeo e del Consiglio del 16 dicembre 1999
- “Guida alla ATEX” (prima edizione)
- “Guida di buona pratica a carattere non vincolante in vista dell’attuazione della direttiva 1999/92/CE
relativa alle prescrizioni minime per il miglioramento della tutela della sicurezza e della salute dei
lavoratori che possono essere esposti al rischio di atmosfere esplosive”
- Norme EN (vedasi § 4)
- U. Bisignano , C. Esposito, G. Marena, A Mazzei, N. Mazzei, G. Mazzoli .
“Valutazione del rischio infortunistico derivante da esplosioni di sostanze in polvere durante la
manipolazione e lo stoccaggio”
- Gino Ronchail “Studio del fenomeno dell’esplosione di polveri nell’industria agro-alimentare”
- Bartec “Dust explosion protection”
- Stahl “The basic of dust-explosion protection”
- Gambica/Rema “Application of the ATEX Directives to Power Drive Systems”
- “United States Agricultural Dust Explosion Information”
- National Materials Advisory Board “Classification of dusts relative to electrical equipment in Class II
Hazardous locations”, “Prevention of grain elevator and mill explosions”

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